Um (die) Welt

di Sonrisa_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Unkwnow - Let's start ***
Capitolo 2: *** We've come a long way from where we began ***
Capitolo 3: *** Unknown - The end, a new beginning ***
Capitolo 4: *** Wanderlust ***
Capitolo 5: *** Unknown - Memories hurt me ***
Capitolo 6: *** Maybe we are perfect strangers, maybe it's not forever ***
Capitolo 7: *** Verständnislosigkeit ***
Capitolo 8: *** Complicated ***



Capitolo 1
*** Unkwnow - Let's start ***


Unknown - Let's start.




Il vento gelido soffiava implacabile ed impetuoso, mentre le note di musica classica riempivano la stanza. Un tempo non avrebbe resistito più di qualche ora in un posto così inospitale -preferiva di gran lunga i posti caldi ed accoglienti- ma per il bene della missione si era dovuto sacrificare.
Eh, già... La missione.
Si rendeva conto della gravità delle sue azioni, non era un incoscente, ma...

«Non vi era altra scelta. Se una pianta malata non può guarire, va estirpata alle radici *.» 
Avvertì una presenza alle sue spalle e, con estrema lentezza, si voltò.
«Teletrasporto... Pessima caratteristica della vostra specie. Quante volte dovrò ripetere che lo odio?» sospirò stanco.
«Se anche voi ne foste capace, non sareste della stessa opinione, sapete?»
«Non usare quel tono con me.» lo ammonì severo, riducendo gli occhi a due fessure «Piuttosto, perché sei qui?»
«Tutto è pronto.»
Annuì lentamente, assorbendo la notizia: il momento era arrivato.
«I tecnici vi attendono nella sala della macchina. Vogliono lasciare a voi l'onore di avviare il processo preliminare.»
«Non lo definirei un vero e proprio onore. Quello che andremo a fare avrà conseguenze terribili...» fece una pausa, prendendosi un paio di secondi per riflettere ancora «Eppure è necessario e me ne assumo ogni colpa.» sentenziò, alzandosi.
Non sarebbe tornato sui suoi passi.






Ebbene sì! Non è un miraggio, questa è veramente quella long! So che l'inizio è decisamente corto, ma il prossimo capitolo sarà davvero molto, molto più lungo, tranquilli.
Fatemi sapere le vostre prime impressioni, ci tengo! :3
Purtroppo non ho idea di quando potrò aggiornare... Maggio sarà un mese estremamente pieno di impegni, primo fra tutti un esame molto importante...!
Marty
* la frase non è mia

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Capitolo 2
*** We've come a long way from where we began ***


We’ve come a long way from where we began



Il tramonto rendeva tutto più suggestivo. Nonostante si trovasse lì da settimane - più di due mesi ormai- non poteva far altro che rimanere a bocca aperta davanti a quei paesaggi mozzafiato.
L'Africa era davvero stupenda!
Non credeva di poter vedere posti così affascinanti... Era incredibile pensare a quante bellezze potessero essere presenti nel mondo e lei era animata dal desiderio di ammirarne il più possibile. Sorrise, sdraiandosi sulla sabbia per godersi al meglio quell'atmosfera estremamente rilassante. Lo scrosciare delle onde del mare la cullava con dolcezza, mentre i ricordi si facevano strada nel suo cuore e nelle sua mente.
Il periodo subito dopo la battaglia finale era stato molto complicato per lei, così come per le sue amiche. La felicità dovuta alla vittoria e all'aver salvato la Terra era stata immensa, ma  difficoltoso
era stato uscire dall'ottica della guerra, soprattutto per via della paura di nuovi possibili attacchi, rimasta dietro l'angolo per i mesi seguenti con incubi ricorrenti.
Sfiorò con la punta delle dita la propria voglia- inspiegabilmente ancora presente sul suo corpo così come in quelli delle sue amiche-: il segno del suo essere diversa.
"Speciale." si corresse, permettendo che dalle sue labbra uscisse una risatina. Dopo essersi arrese all'evidenza di dover vivere con quelle voglie per il resto della vita, Ryo e -soprattutto- Keiichiro l'avevano ripetuto fino alla nausea durante quegli anni cercando di tirar loro su di morale. Si erano arrabbiate tanto quando l'avevano scoperto:  sarebbero dovute rimanere così per sempre? Arrendersi alla consapevolezza di dover rimanere delle mutanti non era stato facile, era stato un qualcosa che avevano accettato con estrema difficoltà.
Però era inutile continuare a serbare rancore e, contagiate dall'entusiasmo -inscalfibile- di Purin, avevano accettato anche quell'inconveniente. Invano avevano cercato di capire il motivo dell'inspiegabile e duratura presenza di quelle voglie, ma le attrezzature dei due scienziati non avevano più rilevato la presenza di alieni o chimeri.
Si alzò all'improvviso, iniziando a passeggiare lungo la battigia: pensare alla battaglia lasciava sempre un alone di malinconia nel suo animo...
«Retasu!»
Una calda voce la chiamò, distogliendola dai suoi pensieri.
«Almas, ciao!» lo salutò lei con un sorriso sincero.
Il ragazzo la raggiunse in pochi secondi, abbracciandola di slancio.
Un tempo la ragazza sarebbe arrossita per un contatto del genere -e anche tanto-, ma ormai si era abituata al fare spontaneo ed espansivo del ragazzo, uno dei compagni di quell'avventura che l'aveva vista protagonista negli ultimi mesi e con il quale aveva instaurato un profondo legame.
«Ti ho cercata dappertutto, mi hai fatto preoccupare!» esclamò il giovane dai capelli scuri.
«Oh, scusami...» mormorò la ragazza sinceramente dispiaciuta.
Gli anni erano passati, ma Retasu rimaneva quella sensibile, dolce e disponibile ragazza di sempre.
«Hakuna matata[1]!» disse il ragazzo africano nella sua lingua natale, sminuendo l'accaduto con un gesto della mano «Avrei dovuto immaginare che ti trovassi sulla spiaggia...» aggiunse con un sorriso, riprendendo a rivolgersi a lei in inglese.
«È talmente bella che risulta difficile rimanerne lontani... Mi sembra incredibile riuscire a vedere tali meraviglie con i miei occhi! L'Africa è davvero incredibile!» rispose la ragazza riprendendo a passeggiare.
«Come ti è sembrato il Santuario Chumbe Reef?»
«Oh, la barriera corallina è meravigliosa! Ancora non riesco a credere di aver fatto un' escursione snorkeling, io fino a poco tempo fa non entravo in acqua!»
«Hai superato uno dei tuoi limiti, sono contento per te.» mormorò Almas con un sincero sorriso «Sai, è bello sentirti parlare in questo modo. Quando si pensa al continente africano si è portati a pensare ad aspetti negativi, è importante capire che l'Africa è anche altro.» aggiunse seguendola.
Per pochi secondi Retasu riuscì a cogliere un velo di tristezza nei profondi occhi scuri del ragazzo.
«Concordo.» sospirò «Ma sono sicura che le cose cambieranno!» gli sorrise fiduciosa «Quando le mie amiche vedranno le foto dei luoghi meravigliosi che ho visto, vorranno visitare al più presto questi posti!» esclamò, strizzandogli l'occhio.
Almas rise.
«Allora aspetto tutte e cinque al più presto!»
«A proposito di loro, devo correre al bungalow! Scusami!»
«Salutamele! Ci vediamo più tardi per la cena!» la salutò, scompigliandole i capelli con fare affettuoso.
Retasu si congedò con un rapido inchino, per poi incamminarsi con una certa fretta verso il bangalow che condivideva con Ranya, un'esuberante ragazza indiana, e con Andrine, una giovane norvegese piuttosto taciturna.
Anche quest'ultime erano state selezionate, proprio come lei, per quel viaggio alla scoperta della Tanzania per giovani fotografi. Negli ultimi cinque anni Retasu si era dedicata completamente alla sua grande passione: la fotografia. Aveva studiato molto e partecipato a numerosi corsi per affinare sempre di più la propria tecnica ed alla fine il suo duro lavoro era stato premiato: aveva avuto l'opportunità di partecipare ad un viaggio di tre mesi in Tanzania
sotto la guida di un famoso fotografo giapponese e in compagnia di altri giovani ragazzi, che, proprio come lei, nutrivano un profondo e sincero interesse per la fotografia.
Quando, l'anno prima, aveva ricevuto la notizia, sentimenti contrastanti si erano fatti strada nel suo animo: da una parte la felicità per l'aver raggiunto quell'importante obbiettivo, dall'altra una grande ansia. Sarebbe riuscita a stare lontana dal Giappone e dalla sua famiglia per così tanti mesi? Insomma, stare per tre mesi dall'altra parte del mondo, in un continente a lei sconosciuto e con nessuno dei suoi amici o parenti non doveva essere tanto semplice...
Le sue amiche avevano colto questo suo disagio e le erano rimaste vicine, sostenendola in quelle settimane di insicurezza, certe che Retasu sarebbe riuscita ad affrontare quella prova, nonostante i timori della ragazza.

«E se fallissi miseramente?» aveva detto un giorno di tanti mesi prima.
«E se invece si rivelasse una bella avventura?»
«Questa potrebbe essere una grande occasione per te!»
«Magari all'inizio ti sembrerà difficile, ma poi sarai felicissima di aver vissuto questa esperienza!»
«Abbi un po' di fiducia in te stessa! Sii ottimista!»
Le parole delle sue amiche erano riuscite a darle un po' più di fiducia, ma Retasu non era ancora del tutto convinta sulla scelta da prendere, così era entrato in azione Ryou.
Si trovavano sulla spiaggia, era l'ultima serata di una mini vacanza che le cinque Mew Mew, Ryou e Keiichiro si erano presi per il compleanno della piccola Purin.
Il biondo le si era avvicinato mentre lei era intenta a scrutare il cielo notturno, lontana dal falò.
«Avrai freddo.» le aveva detto, porgendole un telo da mare per coprirsi meglio.
Retasu l'aveva preso, ringraziando il ragazzo con un sorriso. Non c'era stata nessuna traccia di batticuore quando le loro mani si sfioravano o quando capitava che i loro sguardi si incrociassero. Ma d'altronde questo non capitava più da un po'...
La giovane era rimasta sollevata quando se n'era resa conto. Quella sua grande cotta per il bel biondo americano era svanita piano con il passare del tempo, trasformandosi in un forte affetto fraterno.
I due erano rimasti per un paio di minuti seduti vicini senza dire nemmeno una parola, limitandosi ad ascoltare il canto incessante del mare.
«Ancora non hai preso una decisione definitiva?» aveva chiesto Ryou all'improvviso, guardandola.
Retasu aveva sospirato, stringendo le gambe al petto.
«Ad essere sincera ancora no... Ho tempo fino a mercoledì per dare una risposta. So che potrebbe sembrare infantile, ma il pensiero di partire per un posto così lontano da sola mi fa paura.»
Ryou le aveva rivolto un sorriso:
«Cosa ti trattiene dal rinunciare?» le aveva chiesto.
La ragazza si era voltata verso di lui, stupita da quella domanda. Solitamente le era stato chiesto cosa la trattenesse dall'accettare!
«Spesso ci limitiamo a guardare qualcosa solo da un punto di vista, dimenticando che ci sono tante prospettive diverse. Quello che mi hai detto tu risponde alla domanda "cosa ti trattiene dall'accettare?", ma nonostante questa tua paura tu non hai ancora rinunciato. Cosa ti trattiene dal farlo?»
Non le occorse tempo per pensare, le parole le uscirono da sole:
«Non ho ancora rinunciato perché questo rappresenta quello che vorrei fare in futuro. All'inizio pensavo che fosse solo un hobby passeggero, invece crescendo si è fortificato sempre più. Quando impugno la macchina fotografica mi sento completa, capisco che faccio bene ad inseguire questo sogno.»
Retasu aveva preso una manciata di granelli di sabbia, per poi lasciarli scivolare via fra le dita «Sono consapevole che sia stupido essere indecisi, se credo che questo sia quello che voglio fare. Ma ho paura di non essere pronta... Non ho nemmeno diciotto anni, sarò capace di affrontare un simile viaggio?»
«L'età è solo un numero, non credo che occorra che ti ricordi cosa abbiate fatto quando non eravate che delle ragazzine, giusto?»
Retasu aveva annuito, imbarazzata, mentre Ryou si era alzato all'improvviso, mettendosi davanti a lei per guardarla negli occhi.
«Tu hai le capacità per fare grandi cose, Retasu, e inoltre hai un vero talento per la fotografia. Non ti sottovalutare, sarebbe un peccato. Non ti sto dicendo di partire oppure no, ma ti consiglio di riflettere bene su questa scelta. Non voglio che tu abbia dei rimpianti. Ricorda: pensare di non farcela non è un buon motivo per non provare.»


Ricordare quel discorso aveva fatto spuntare sul volto di Retasu un grande sorriso che perdurò per tutto il tragitto fino al bangalow.
«Hujambo! [2]» esclamò, entrando nell'abitazione.
Ranya le venne incontro, ricambiando il saluto calorosamente.
«Io vado a fare una passeggiata, ti ho lasciato il pc acceso!» le disse con un sorriso.
«Grazie mille del pensiero! Ma... dov'è Andrine?» domandò Retasu, guardandosi attorno alla ricerca dell'amica norvegese.
«È uscita con Xavier!» esclamò con un sorriso Ranya «Te l'avevo detto che fra i due sarebbe scoppiata la scintilla dell'amore! Dobbiamo farci dire tutto stasera al falò!» aggiunse facendole l'occhiolino.
Retasu rise, posando la tracolla con la macchina fotografica sul tavolino accanto l'entrata.«Ci vediamo più tardi a cena?» chiese l'indiana, infilandosi frettolosamente le infradito.
«Certo, vi raggiungo io direttamente al ristorante.»
«A dopo allora!»
Retasu sorrise, sapeva che Ranya era uscita per concederle una maggiore privacy con le ragazze.
E lei che si era preoccupata di non riuscire a trovarsi bene con i suoi compagni di avventura!
Aveva trovato davvero degli amici preziosi!
Ogni giorno che passava rafforzava l'idea di aver fatto bene a partire. Non avrebbe mai ringraziato abbastanza Ryou, Keiichiro e le sue amiche per averla spronata a dovere...
Bevve un sorso d'acqua e prese il pc, desiderosa di chiacchierare un po' con le altre.




Immaginò la musica che si propagava per la stanza, il riflettore che la illuminava, quel bel tutù bianco tanto desiderato e la corona di fiori sul capo.
Con la coda dell'occhio lanciò una fugace occhiata alla sua immagine riflessa allo specchio, imponendosi d'esser più aggraziata per poter interpretare al meglio quella creatura bella quanto leggiadra.
Le sue gambe si muovevano veloci, mentre il suono dei suoi passi riecheggiava nella sala ormai vuota.
“Più leggera, più aggraziata.” si disse, continuando a danzare, immaginando quella musica che oramai conosceva a memoria. Quando terminò con un arabesque penchée[3] un po' troppo traballante per i suoi standard, si affrettò a tornare in posizione, prima di un'eventuale caduta che avrebbe potuto compromettere la sua presenza al saggio di dicembre.
Sospirò.
Non andava bene, doveva essere più leggiadra, molto più leggiardra. Un battito di mani attirò la sua attenzione, facendola trasalire.
«Pardon, Minto. Non credevo fossi così presa da non accorgerti di me.» le sorrise una giovane dai lunghi boccoli color del miele.
«Tranquilla Charlotte. Credevo di essere rimasta sola ormai, tutto qui.»
«Stavi ancora danzando? Ma come fai? Al solo pensiero di quello che ci attenderà nelle prossime seettimane, mi stanco.» scherzò la giovane, poco più grande di lei.
«Sono più resistente di quanto si pensi. E poi interpretare la Sylphide non è una cosa semplice, voglio farla nel migliore dei modi.» ribatté Minto, avvicinandosi alla sbarra dove aveva lasciato il proprio scaldacuore «Come mai sei ancora qui?» le chiese poi.
«Stavo parlando con Pauline e Julie per organizzare gli ultimi preparativi della festa a sorpresa per Mirea.» le disse la francese, aggiustandosi il cerchietto con un enorme fiore variopinto.
«Pensavo avessimo organizzato già tutto.» osservò Minto, inarcando le sopracciglia.
«Abbiamo deciso di vederci stasera a casa di Laurent per mettere a punto gli ultimi preparativi.» spiegò l'altra.
«Capisco... Vieni a prendermi tu?»
«Mais oui, bien sûr, mademoiselle![4]» esclamò la biondina, facendo una piroetta.
Minto le sorrise.
«Vado a cambiarmi, ci vediamo dopo.»
«Ti aspetto, così ti accompagno a casa?»
«No, non preoccuparti, torno a piedi.»
«Sicura?»
Minto annuì e, dopo averla salutata con un rapido gesto della mano, scomparì dietro la porta dello spogliatoio.
Una volta entrata nel camerino si abbandonò su una delle numerose panchine, rendendosi conto di quanto fosse effettivamente stanca. Si tolse le punte, lasciandosi sfuggire un lieve mugolio di dolore, per poi riporle con cura nel borsone. Non era pentita della sua scelta, tutt'altro!
Era pienamente soddisfatta di essersi trasferita anni prima a Parigi per poter inseguire il suo sogno e diventare una famosa ballerina, ma le prove degli ultimi tempi la stavano distruggendo. Ma se questo era il prezzo da pagare, l'avrebbe pagato con piacere. Avrebbe interpretato la Sylphide al Palais Garnier, il suo sogno si sarebbe realizzato di lì in poche settimane! Cosa avrebbe potuto desiderare di più?
Sorrise entusiasta: tutti i sacrifici degli ultimi anni sarebbero stati ripagati in una sola, magica, serata.
Riusciva già ad immaginarsi su quel palco...
Ormai erano mesi che si allenava più degli altri in vista del saggio di dicembre. La Sylphide era simbolo di leggerezza e grazia e lei voleva renderla al meglio.
Sapeva che era stata scelta perché era la più minuta e leggera fra le ragazze, ma temeva che parte della sua bravura poteva essere attribuita al suo DNA modificato con quello del lorichetto blu.
Molti dicevano che, quando ballava, pareva volasse tanto era leggera.
Minto non avrebbe sopportato che tutti i traguardi raggiunti fossero dovuti al suo corredo genetico modificato. Lei aveva tutte le carte in regola per diventare una brava étoile senza l'aiuto di qualche aiuto indesiderato.
Con un gesto deciso della mano liberò definitivamente i suoi bei capelli scuri dallo chignon e prese la piccola pochette per riporre le sue forcine. Nel farlo, però, qualcosa cadde da una delle grandi tasche del borsone. All'apparenza poteva benissimo sembrare una semplice foto, ma per Minto non lo era; infatti si piegò rapidamente per recuperla e, attenta a non rovinarla, la prese fra le mani.
Era da tempo che non la osservava, ricordando gli avvenimenti che l'avevano resa così importante...

Era stata chiara: quella mattina non voleva nessuno in aeroporto.
Probabilmente non l'avrebbe ammesso tanto facilmente, ma le sue amiche le sarebbero mancate, quindi si era premurata di salutare loro, Ryo e Kei il pomeriggio precedente al Café.
Il suo intento era stato quello di rendere tutto naturale: niente abbracci o saluti particolari, quindi niente lacrime, soprattutto perché se Ichigo si fosse messa a piangere, avrebbe creato un effetto domino trascinando sicuramente Retasu ed era probabile che anche a lei stessa non riuscisse a rimanere indifferente.
Si era avvicinata alle ampie vetrate dell'aeroporto, pensando che, finalmente, di lì ad un paio di ore avrebbe rivisto il caro fratello a Francoforte, così come anche i suoi genitori: la città tedesca era infatti scalo obbligatorio per raggiungere la capitale francese.
Parigi: ecco la sua meta.
Con la mente era già nella bella Ville Lumière, fu per questo che, probabilmente, non si era accorta della furia rossa che le si stava avvicinando correndo. L'impatto non era stato fortissimo, ma Minto, colta di sorpresa, aveva perso l'equilibrio e si era ritrovata per terra.
«Minto! Finalmente ti ho trovata!»
«...Ichigo? Che ci fai qui?! Ti sembrano cose da fare? Ci stanno guardando tutti! Levati di dosso, subito.»
La rossa aveva sbuffato e gonfiato le guance, senza però allentare l'abbraccio.
«Innanzitutto non ci sta guardando nessuno -è troppo presto e l'unico pensiero delle persone sarà quello di tornare a letto- e poi questo sarebbe il tuo ringraziamento? Che ingrata che sei! Sono le cinque e mezza del mattino, per riuscire a venire qui ho messo sette sveglie. Ti rendi conto del trauma che ho subito?!»
«E pensa che è stata la prima ad arrivare, ci teneva tanto a salutarti.» aveva aggiunto una terza voce.
«Sì, okay... Questo è solo un dettaglio.» aveva mormorato la rossa, imbarazzata, asciugandosi furtivamente delle lacrime.
«Purin? Anche tu qui? E meno male che credevo di esser stata chiara!» aveva borbottato Minto, poi, colta da un pensiero improvviso si era voltata.
«Retasu? Onee-sama? Ma allora ci siete tutte!»
«Eh, già!» aveva riso dolce Retasu, mentre la modella le aveva rivolto un sorriso.
«Ma davvero pensavi che non saremmo venute?» aveva esclamato la biondina, aggrappandosi al braccio della ballerina.
Minto aveva scosso la testa, fingendosi esasperata, ma in realtà era rimasta piacevolmente sorpresa ed era felice. Ciò era dimostrato dal fatto che stesse ancora ricambiando l'abbraccio di Purin e Ichigo. Zakuro doveva aver intuito lo stato d'animo dell'amica e le due si erano scambiate un lungo e profondo sguardo. Anche Retasu, così sensibile com'era, aveva capito, infatti aveva sorriso dolcemente, per poi unirsi all'abbraccio, seguita a ruota dalla modella.
«Fate un bel sorriso, su!» aveva esclamato la verde, cogliendo un po' di sorpresa tutti.

Click!

Ed ecco la storia di quella foto...
Probabilmente non era la foto più bella che avessero -Minto aveva un'espressione tra il sorpreso e lo sconvolto, Ichigo aveva gli occhioni pieni di lacrime, Purin aveva i capelli completamente spettinati, Retasu aveva gli occhi lucidi, segno che di lì a poco si sarebbe messa a piangere, mentre Zakuro, probabilmente l'unica effettivamente presentabile, era per terra vicino a loro-, ma per la giovane ballerina aveva un valore particolare.
Ciò, infatti, era dimostrato dal fatto che la portasse sempre con sé.
Persa in questi pensieri, finì di vestirsi ed uscì.
Parigi le piaceva sempre di più, pian piano si era abituata sempre maggiormente a quella città così diversa dalla sua Tokyo. L'aria iniziava a diventare sempre più fredda con il passare dei giorni, segno che di lì a poco sarebbe arrivato dicembre e, con esso, il Natale. Minto amava la Ville Lumiére durante il periodo natalizio, quando si rivestiva di un'atmosfera magica. L'arrivo di dicembre, però, comportava anche qualcos altro: il saggio di fine anno. La Sylphide doveva essere rappresentata alla perfezione, quindi era necessario impegnarsi ancor di più.
Quasi non si accorse di essere giunta in quella che, da un paio di settimane, era la sua nuova casa. Aveva da poco compiuto i diciotto anni, diventando quindi maggiorenne in Francia, e aveva lasciato i dormitori della scuola, per risiedere in una casa tutta sua.
Dopo essersi chiusa la porta alle spalle, controllò l'ora e decise di preparare il suo thé, mentre aspettava che il pc si accendesse.
Finalmente si sarebbero "riviste".




Mugugnando infastidita, si girò dall'altra parte quando avvertì la coda della micina sul proprio collo. La gattina però non si lasciò intimidire e, dopo essersi acciambellata sul petto della padroncina, strofinò il suo musino sul naso della giovane.
«Possibile che tu non mi faccia dormire nemmeno quando ho la febbre?» mormorò la ragazza ancora con gli occhi chiusi.
Per tutta risposta la micina miagolò.
«Sì, ho capito, Straw... Mi alzo, mi alzo.» sbuffò la giovane dai capelli rossi, stiracchiandosi.
Strawberry, questo il nome dell'animale, miagolò soddisfatta scendendo dal letto con un rapido balzo, seguita a ruota dalla ragazza abbastanza intontita.
Ichigo diede da mangiare alla gattina, lasciandole una carezza e poi si diresse nel bagno per sciacquarsi il viso. La febbre doveva essere scesa perchè si sentiva un po' più in forze rispetto a quella mattina; anche il volto aveva un aspetto migliore rispetto ai giorni precedenti constatò guardandosi allo specchio...
Si sedette sul divano mentre Strawberry, finito di mangiare, le si accoccolò sul ventre, facendole le fusa. La giovane sospirò, accarezzandola con amore. All'improvviso la micina si voltò per guardarla con i suoi grandi occhioni rosa e miagolò.
«Oh, non ti preoccupare Straw. Va tutto bene...» provò a rassicurarla.
Portò lo sguardo all'esterno sulle strade della caotica Londra, senza però vederla realmente. Quanto le mancava la sua Tokyo... Si era trasferita nella capitale inglese da un paio di mesi e la nolstagia della sua famiglia, della sua casa, dei suoi amici e del Cafè era davvero forte. Aveva lasciato il Giappone per seguire Masaya, ma anche per cercare la sua strada. Quando era una Mew Mew aveva uno scopo: salvare la Terra.
Si era sentita utile ed importante in quel periodo, ma quando era ritornata una normale (sempre se poteva definirsi tale, dato che aveva ancora i suoi poteri) adolescente, aveva dovuto inizare a pensare a qualcosa di molto importante: il suo futuro.
Zakuro aveva una carriera di modella e personaggio televisivo già avviata e stava per cimentarsi nella recitazione; Minto era una ballerina di grande talento e, naturalmente, non aveva esitato nel decidere verso dove indirizzare la propria vita; Retasu aveva intrapreso gli studi di fotografia, seguendo il suo sogno; Purin, invece, aveva scoperto il mondo della ginnastica artistica, decidendo, grazie anche alle sue grandi doti, di dedicarsi a quello sport.
E lei? Lei cosa ne avrebbe fatto della sua vita? Verso dove l'avrebbe indirizzata?
Le sue amiche avevano ben chiaro cosa volevano fare, stavano inseguendo i loro sogni e le loro aspirazioni.
Possibile che solo lei non fosse riuscita a capirlo?
Si era ritrovata totalmente impreparata.
Smarrita.
Aveva temporeggiato un po' durante il liceo, dicendosi che, prima della fine della scuola, sarebbe riuscita a decidere cosa fare nella sua vita... Invece nulla. Si era sentita veramente giù, possibile che non avesse un sogno da realizzare? Si era sentita vuota.
I suoi genitori in primis, ma anche i suoi amici e Masaya le erano stati vicini, cercando di coinvolgerla nelle loro attività e l'ex leader delle Mew Mew era loro grata per questo. Aveva provato di tutto, dal cake design alla pittura, provando anche a diventare una speaker radiofonica, ma nulla...
Quindi aveva deciso di recarsi a Londra dove Masaya si trovava già da un po' di tempo: sentiva che, cambiare aria, l'avrebbe aiutata. Infatti così era stato: dopo alcune settimane Aoyama le aveva comunicato che sarebbe partito per un paio di giorni verso Sumatra e le aveva proposto di seguirlo.
All'inizio l'idea l'aveva lasciata un po' perplessa, ma poi aveva deciso di accettare il suo invito. Una volta giunti sul posto, quello che una volta era considerato un piccolo smeraldo fra l'Oceano Pacifico e l'Oceano Indiano, Ichigo era rimasta a bocca aperta.
«Bella, vero? E dire che oramai sono andati perduti più di dodici milioni di ettari di foresta per colpa della deforestazione e ciò ha provocato la riduzione dello spazio vitale di tutte le specie viventi, in particolare delle tigri.[5]» le aveva spiegato il ragazzo «Pensa che negli anni '70 si stimavano più di mille esemplari della sottospecie della tigre di Sumatra, mentre ora ne esistono poco meno di quattrocento. Se non si interviene seriamente cercando di contrastare il bracconaggio, questa specie rischierà seriamente l'estinzione.[6]» aveva aggiunto molto amareggiato, mentre erano diretti in una area protetta dedicata alle tigri.
Lì avevano conosciuto la piccola Jaya, una tigrotta di poche settimane, rimasta senza la madre dopo che essa era stata uccisa da alcuni bracconieri senza scrupoli. La cucciola non avrebbe vissuto a lungo senza le sue cure, nonostante tutte le attenzioni dei volontari dell'area protetta, infatti si rifiutava di mangiare e stava iniziando a perdere peso sempre più rapidamente.
Innaspettatamente, proprio Ichigo l'aveva salvata.
Una notte si era intrufolata nella sala dove si trovava la tigrotta e, dopo aver vinto la paura iniziale dovuta alla vicinanza con un esemplare di una delle specie più pericolose del mondo, aveva provato a instaurare una sorta di comunicazione. All'inizio si era sentita una perfetta idiota nel cercare di conversare con una tigre, per di più considerando il fatto che Jaya continuasse a guardarla con i grandi occhioni gialli senza far nulla.
"Possibile che proprio quando vorrei che i miei poteri funzionino, non riesco a comunicare con un felino?" si era detta, abbattuta.
Poi, però, la tigrotta aveva risposto ed Ichigo si era sentita la persona più felice della Terra. Aveva passato tutta la notte con lei e la gioia che aveva provato quando, nei giorni successivi, la piccola aveva ripreso a mangiare e acquisire peso, era stata immensa. Era stata utile!
La felicità era stata tale, da farla piangere.
Aveva scoperto cosa fare nella vita grazie ad una tigre.
In un modo del tutto assurdo, aveva trovato la sua via.
Ecco il suo segreto, non l'aveva detto a nessuno, ma sospettava che Masaya e le sue amiche avessero intuito qualcosa. Il miagolio acuto di Strawberry la riportò alla realtà, facendole capire che era giunto il momento della chiacchierata con Zakuro, Minto, Retasu e Purin.




I suoi occhi erano intenti ad osservare fuori, dove un vento impetuoso impazzava da ore e la pioggia non cessava di cadere. All'ennesimo tuono, strinse maggiormente il manico della tazza in ceramica piena di caffè: non le erano mai piaciuti i temporali, specialmente se perduravano nella notte, facendola svegliare.
Come se non bastasse, poi, era da un po' di tempo che si sentiva inquieta, aveva una brutta sensazione che, nell'ultimo periodo, era aumentata sempre più.
"Che stia per succedere qualcosa?" si chiese, ravvivandosi i capelli con un gesto della mano.
Il suo istinto sbagliava raramente ed ora le suggeriva di stare all'erta.
Il suo pensiero, protettivo come quello di una sorella maggiore, andò a loro: la piccola Purin, la dolce Retasu, la cara Minto e la grintosa Ichigo.
Il suo sguardò si posò quasi automaticamente su una delle poche foto presenti nella camera. Tutte insieme, vicine, sorridenti. Che bella sorpresa le avevano fatto quel giorno...
Era il suo compleanno, il primo che avrebbe festeggiato a Los Angeles senza di loro, dalla nascita della loro amicizia. Era pronta a passarlo con Ryo e Keiichiro - avrebbe voluto anche le sue amiche, ma non se la sentiva di chiedere loro di raggiungerla in America, solo perché lei era impossibilitata a tornare in Giappone- invece...!
Era uscita di casa e le aveva trovate davanti la porta, pronte a trascorrere una giornata insieme, dopo tanto, troppo tempo. Ritornò al presente e con un sospiro si incamminò al piano inferiore, verso la cucina, mentre il rumore dei tacchi dei suoi stivali riecheggiava nella casa vuota. Un tempo non le sarebbe sembrato così strano essere sola in casa, ma negli ultimi tempi le cose erano cambiate e lei si era abituata a condividere la casa e la quotidianità con qualcuno. Lo stesso qualcuno che, in quel momento, si trovava in Giappone.
Il suo sguardo si accigliò per un paio di secondi pensando a Ryo e Kei: possibile che quei due stessero nascondendo loro qualcosa? Bevve un ultimo sorso di caffè, pensando a come la battaglia contro gli alieni fosse stata un punto di svolta nella sua vita.
Prima era un lupo solitario, perfettamente autosufficiente ed indipendente, ora invece si ritrovava con un fidanzato, un amico che reputava al pari di un fratello maggiore e quattro fantastiche ragazze che ormai erano diventate sue sorelle. Una guerra le aveva regalato una famiglia, assurdo vero?
Era incredibile pensare a come le cose potessero cambiare.
Le sue labbra si aprirono in un sorriso e la ragazza si accinse a recuperare il tablet dalla borsa: aveva voglia di sentirle.
Tamburellò sul tavolo in attesa che si stabilizzasse la connessione e si aprisse la finestra delle chat con quattro volti familiari.
«Possibile che tu sia sempre in ritardo?!»
«Dai, Minto! Perché devi essere sempre polemica?»
«Forse perché, anche se gli anni passano, tu rimani sempre la solita ritardataria, Ichigo?»
«Ma non mi sembra il caso di farne una tragedia! E poi Zakuro è entrata in chat dopo, perché te la prendi solo con me?»
«Da Zakuro onee-sama sono le otto di mattina, da te sono le cinque del pomeriggio. Lei si sarà svegliata da poco, tu dovresti essere già attiva da un bel po'.»

«Dai ragazze! Non mi sembra il caso di iniziare una discussione per un sciocchezza del genere. Purin, dammi una mano, per favore!»
«Retasu ha ragione! Non ci sentiamo da tanto tempo, smettetela!»

Zakuro si soffermò ad osservarle per un paio di secondi, prima di salutarle. Ichigo e Minto discutevano animatamente, ma quello era il loro modo per dirsi "ti voglio bene", Retasu tentava di farle calmare e Purin cercava di darle una mano. Sembrava di averle accanto, anzi di essere tornata al Café.
Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Tanzania e Cina improvvisamente non le parevano più così lontane.
«Guardate un po'! Belle, vero? L'ho fatto prima della gara!» trillò all'improvviso Purin con un sorriso, ottenendo l'attenzione di tutte e mostrando le sue mani «Queste siamo noi: rosa per Ichigo, viola per Zakuro, blu per Minto, verde per Retasu e giallo per me!» spiegò, facendo riferimento ai diversi colori delle sue unghie.
«E' un modo per farci sentire in colpa per non esser riuscite a venire?» scherzò Ichigo, nel tentativo di smorzare quel nodo alla gola chestava attanagliando un po' tutte.
«Ma no!» rise Purin, cogliendo il disagio delle sua amiche «E' un modo per dirvi che vi voglio bene e che mi mancate.» mormorò sincera.
«Penso di parlare a nome di tutte se dico che ciascuna di noi sente la mancanza delle altre.»
Il sussurro di Retasu fu accolto da un sospiro generale.
«Ma tra un po' ci vediamo, no?» esclamò Purin.
«Ma certo!» disse Zakuro.
«La sottoscritta si esibirà al Palais Garnier nei panni della Sylphide a dicembre. Quale migliore occasione per stare insieme e godere della magnifica Parigi nel periodo natalizio?»
Continuarono a parlare per un bel po' e Zakuro si tranquillizzò nel vederle così serene e felici.
Retasu descriveva i luoghi che aveva visto con gli occhi che le brillavano, mostrando loro le foto fatte fino a quel momento, Purin spiegava con entusiasmo lo svolgimento della gara da poco conclusa, Minto raccontava con soddisfazione i progressi a danza e di come, pian piano, il balletto stesse prendendo forma, Ichigo invece parlava dell'ultimo corso di medicina veterinaria che aveva seguito.
«E tu, Oneesama? Tutto bene?» le chiese Minto.
«Sembri stanca...» osservò Ichigo, sgranocchiando un biscotto.
Zakuro scrollò le spalle.
«È stato un periodo stressante tra le prove del film, sfilate e servizi fotografici. Tutto qui, non vi preoccupate.» disse.
«Hai bisogno di una vacanza.» commentò Purin «Se torni in Giappone sarò lieta di farti compagnia. Voglio andare a mare! Anzi, andiamo insieme da Retasu in Tanzania e portiamo con noi anche Minto ed Ichigo, così finalmente facciamo una vacanza tutte insieme!»
Divertita ed intenerita, Zakuro stirò le labbra in uno dei suoi rari sorrisi.
«A proposito, tu non dovresti andare a letto?» si informò la modella alzando un sopracciglio.
La biondina scosse la testa.
«Voglio continuare a parlare con voi. Posso dormire più tardi.» disse «Per favoooore!» aggiunse.
«Zakuro ha ragione, ormai da te è l'una passata...» osservò Minto dando un'occhiata all'orologio.
«Ma non è giusto!» sbuffò la ragazzina incrociando le braccia al petto.
«Dai, tanto tra un po' ci vediamo!» cercò di persuaderla Ichigo.
«E poi ciascuna di noi deve andare adesso...» aggiunse Retasu con un sorriso dolce.
Purin sospirò, abbassando la testa in un segno di resa.
«D'accordo...» sussurrò «Ma dovete promettermi che presto passeremo tanto tempo insieme!»
«Promesso!» esclamarono all'unisono.



Purin le fissò seria, poi sorrise, mandò loro un bacio ed augurò buonanotte, incurante del fuso orario. Spense il computer con un sospiro e si stropicciò gli occhi stanchi, per poi buttarsi sul letto. Dalle stanze vicine non si udiva alcun rumore, segno che le sue compagne erano già nel mondo dei sogni. La competizione internazionale e la relativa festa per la loro medaglia d'argento le avevano distrutte...
Nonostante la stanchezza, era soddisfatta di sé e delle scelte fatte finora. Qualche anno prima aveva scoperto la ginnastica artistica ed era rimasta talmente affascinata da decidere di praticare quello sport a livello agonistico. Era stato un po' complicato, aveva dedicato anima e corpo a quello sport per raggiungere determinati obbiettivi ed alla fine ci era riuscita! Era entrata nella nazionale giapponese!
Che soddisfazione per lei, dopo tutti i sacrifici fatti, primo fra tutti la lontananza dai suoi fratellini e la sua sorellina che si erano traferiti dal padre in Cina. Nonostante fosse praticamente indipendente, a dispetto della sua giovane età, Keiichiro aveva deciso di prenderla sotto la sua custodia.
Con uno sbadiglio si sporse verso la valigia, lasciata aperta accanto al letto, alla ricerca del pigiama.
Quando lo trovò, si cambiò velocemente e si sciolse i capelli, iniziando a pettinarli e con la scusa si diede anche un rapido sguardo allo specchio: i capelli si erano allungati in quegli anni, il corpo da bambina si stava trasformando e le forme morbide tipiche dell'adolescenza si intravedevano sotto la camicia da notte.
Solo gli occhi, come dicevano gli altri, erano rimasti sempre gli stessi: grandi, vispi, allegri ed espressivi.
Ad essere sinceri, però, la giovane non si vedeva chissà quanto cambiata, come erano solite dirle le sue amiche, Ryo e Keiichiro. Si sentiva sempre la solita Purin, con qualche anno in più, sì, ma sempre con la grande voglia di sorridere, divertirsi e giocare. Il cambiamento esteriore non era stato granchè notato, forse perché graduato o forse perché, alla fine, anche le sue compagne l'avevano vissuto contemporaneamente con lei.
«Sì, ho capito... È tardi e vado a letto.» borbottò a sé stessa dopo l'ennesimo sbadiglio.
Spense la luce e si tuffò sul letto, ma sbattè al comodino con il braccio, facendo cadere una pochette e tutto ciò che vi era dentro. Si voltò ed allungò la mano per raccogliere le varie cose sparse sul pavimento, quando, all'improvviso, un bagliore attirò la sua attenzione. Purin si sporse ancora di più, fino a quando le sue dita non raggiunsero quel piccolo oggetto, illuminato dalla luce della luna che filtrava dalle finestre.
Non dovette accendere la luce per capire di cosa si trattasse, riconoscendolo subito quando lo ebbe fra le dita: la sua spilla Mew Mew.
Nonostante ormai fosse quasi inutile, se la portava sempre dietro, chissà, forse per permettere a lui di riconoscerla se davvero era così tanto cambiata...
Se la rigirò fra le dita, lasciando che quel piccolo oggetto la riportasse indietro nel tempo... I ricordi risalenti a quel periodo erano frammentati, del resto era ancora una bambina: strani mostri, orecchie strane, i loro nomi, la preoccupazione per i suoi fratellini, la grinta messa in ogni battaglia, lo scontro finale e tutto il dolore che aveva comportato, un paio di occhi arancioni...
Questi ultimi erano ciò che ricordava meglio.
“Taruto.” pensò, stringendo al petto quella spilla. E con l'immagine di due grandi occhioni arancioni, così particolari e forse per questo indimenticabili, si addormentò.



«Sicure che non sia più in linea?» domandò Ichigo.
Minto annuì.
«Secondo voi se l'è presa? Per la nostra assenza alla gara intendo...» mormorò Retasu.
«Non credo, non sarebbe da lei. Sa che non l'abbiamo fatto di proposito.» disse Zakuro, accavallando le gambe.
«Piuttosto... A che punto è il regalo?» s'informò la morettina.
Ichigo esibì uno dei suoi sorrisi migliori.
«Ta dan!» esclamò la rossa, visibilmente orgogliosa del suo lavoro «Questo è lo schizzo, ditemi cosa ne pensate.»
«A me piace!» iniziò Retasu «E sono convinta che piacerà anche a lei.» aggiunse.
«Di certo sarà un modello unico.» disse Minto.
Zakuro si limitò ad annuire.
Il disegno era davvero ben fatto, Ichigo aveva un bel talento[7].
Il body da gara era di un bel giallo canarino, un colore caldo e solare che descriveva perfettamente Purin, poi sulla parte sinistra del petto vi erano quattro cuori, l'uno dentro l'altro, verde, blu, viola e rosa, mentre sul dietro vi era rappresentata una scimmietta. Ecco il loro regalo, un modo particolare per scusarsi dell'assenza alla gara, ma anche per farle capire che le sarebbero state sempre vicine.



«Notizia dell'ultima ora: anche l'Uruguay è stato interessato per la seconda volta dal fenomeno che, da tempo, sta caratterizzando alcune zone del nostro pianeta. Gli scienziati escludono reali pericoli, ma...»
Keiichiro spense la tv, senza curarsi di ascoltare la fine della notizia. Oramai non vi era settimana che passasse senza un avvenimento del genere. Scese di fretta le scale ed aprì la porta del laboratorio, ma Ryo parve non accorgersene, continuando ad osservare con attenzione i monitor dei computer.
«Novità?» chiese il moro, entrando nella stanza.
L'altro scosse la testa, passandosi stancamente una mano fra i capelli biondi.
«E se ci fossimo sbagliati?» chiese Kei «Del resto non abbiamo prove che confermino la nostra teoria.»
«Non credo proprio.» mormorò l'altro, digitando qualcosa sulla tastiera.
«Però non è che sia un fenomeno troppo strano e poi...»
«Lo so, ma voglio ugualmente tenere la situazione sotto controllo.» lo interruppe.
«I tuoi timori sono anche i miei. Ti conosco, so a cosa stai pensando.» disse Kei apprensivo «Ma ora è meglio andare a letto, hai bisogno di dormire.»
Ryo provò a ribattere, ma Kei fu più veloce: «Una bella dormita non può che farti bene, sei distrutto non concluderesti niente stando qui in queste situazioni. Domani mattina riprenderemo a monitorare la situazione.»
Il biondo annuì stancamente, arrendendosi: era distrutto, non avrebbe resistito a lungo sveglio.
Varcò la soglia della stanza pensando a loro: Ichigo, Minto, Retasu, Purin e Zakuro.






[1] Hakuna matata
Anche se credo che il suo significato sia piuttosto scontato non credo esista qualcuno che non abbia mai visto il Re Leone sappiate che è swahili e significa "nessun problema".
[2] Hujambo
Significa "ciao" in lingua swahili, la lingua ufficiale -oltre all'inglese- della Tanzania.
[3] Arabesque penchée:
il corpo è inclinato in avanti e una gamba è tesa all'indietro a raggiungere la linea verticale dell'asse. https://legalballerina.files.wordpress.com/2012/11/152629874842196761_hfvylsk2_c.jpg
[4]"Mais oui, bien sùr, mademoiselle!
credo sia scontato, ma non si sa mai. In francese significa "ma sì, certo, signorina!"
[5] e [6] notizie trovate sul sito del WWF

[7] in uno degli ultimi episodi dell'anime (non ricordo quale, pardon) si vede Ichigo che disegna, quindi ho pensato che potesse creare lei lo schizzo del body, nonostante anche Retasu sia brava in questo campo.


Il titolo del capitolo viene da un verso della canzone "See you again" di Wiz Khalifa ft. Charlie Puth.


Ciaoooooooo!
E con oggi, la vostra cara(?) Sonrisa_ compie tre anni su Efp! *fuochi d'artificio*
Finalmente sono riuscita ad aggiornare! *esulta*
Mi dispiace averci messo tanto, ma, questi due mesi sono stati molto impegnativi tra partenze, concorsi, esami, saggi e molto altro ancora... Scrivere questo capitolo (poco meno di 6000 parole) è stato complicato, quindi spero vi sia piaciuto! ^^
Ho deciso di dedicare un piccolo spazio ad ogni ragazza, ma la paura dell'OOC era sempre dietro l'angolo (soprattutto per Zakuro).
L'unica della quale sono veramente soddisfatta è Retasu... Sarà che per certi versi siamo molto simili, sarà anche la passione per la fotografia, ma scrivere su di lei e descrivere lei è stato molto più naturale. Per quanto riguarda Ichigo, invece, tutti i suoi problemi sono stati anche i miei. Mi spiego meglio: le altre hanno sempre dimostrato una particolare attitudine o caratteristica, Retasu la fotografia, Minto la danza e così via.
Con la Mew rosa sono andata quasi in panico, così ho deciso di inserire questa confusione nella fic, credendo che potesse essere una buona idea.
Comunque, lascio a voi l'ultima parola! ;)
Cosa ne pensate? A parer vostro sono riuscita a caratterizzare bene i personaggi o sono caduta nell'OOC?
Sono molto curiosa di conoscere le vostre impressioni sul dialogo Ryo/Keiichiro... ;3
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito lo scorso capitolo e chi ha messo la fic fra le seguite! <3
Un abbraccio forte!
A presto (spero),
Marty

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Capitolo 3
*** Unknown - The end, a new beginning ***


Unknown - The end, a new beginning



Capitava spesso che si perdesse nei suoi pensieri, contemplando il paesaggio all'esterno.
La lunga distesa bianca sembrava estendersi per sempre, parendo una morbida coperta di neve infinita, così come il cielo, un manto grigiastro che spesso offriva spettacoli meravigliosi. Amava la natura fin dalla gioventù e ricordava con piacere i viaggi compiuti intorno al mondo.
Quali bellezze i suoi occhi avevano visto...
Il solo ricordarle faceva riaffiorare un sorriso nostalgico sulle sue labbra. Era proprio per questo suo amore che aveva preso quella difficile decisione e continuava a perseguire nonostante il piano potesse sembrare assurdo, sbagliato, irrealizzabile.
«È per un bene più grande. Una pianta malata, impossibilitata a guarire, va estirpata.» mormorò, forse per convincersi meglio e mettere a tacere quella vocina odiosa che ricompariva per il semplice gusto di insinuare in lui il dubbio.
“Non può essere giusto, è un massacro.” ripeteva lei saccente, facendo ritornare a galla tutte le incertezze.
Le stesse che si erano dimostrate compagne fedeli durante le prime settimane, quando il piano era solo un'idea e la sua realizzazione una semplice utopia.
Ma ora no.
Ora il progetto era reale, i suoi effetti sarebbero stati tangibili.
Un chiacchiericcio fastidioso si levò dall'esterno della stanza e si ritrovò a sospirare. Quegli alleati, per quanto potessero essere utili e forti, si dimostravano fin troppo rumorosi ed irrispettosi. Dopo pochi secondi due figure si teletrasportarono nel suo ufficio.
«Usare una porta è troppo complicato per le vostre menti acute?»
«Il sarcasmo non fa per te.»
«Bisogna usare il "lei", non il "tu", idiota! Siamo creature ben educate, noi.» bisbigliò, poi si fermò «Ah, no. Com'è che ci chiamate voi? Oh, giusto! Alieni.» aggiunse a voce alta.
«Non fate di tutta l'erba un fascio e, soprattutto, non paragonatemi a quella marmaglia di esseri che abitano il globo, ritenendosi evoluti. Vi ho sempre portato rispetto, è così difficile ricambiare?» sbottò «C'è un valido motivo che vi abbia spinto a venire qui oppure siete stati guidati dalla semplice voglia di interrompere la mia quiete?»
«I tecnici vi mandano i dati raccolti finora.» borbottò uno dei due, porgendo un raccoglitore.
«Grazie, ora potete tornare ad allenarvi.» li congedò.
I due scomparvero senza tante cerimonie, lasciandolo nuovamente solo mentre le note di Blue Danube riempivano la stanza. Canticchiando il famoso motivetto, iniziò a leggere ed osservare i vari fogli con attenzione.
“Tutto sta andando alla perfezione.” pensò “Se i dati dovessero continuare ad essere positivi, potremo dare inizio alla fase due prima del previsto.”
La fine avrebbe dato vita ad un nuovo inizio.






Ciaoooo!
Dopo due mesi riesco ad aggiornare! Evvai! 
( ~'ω')~ ( ~'ω')~ ( ~'ω')~
Inizialmente questo capitolo (mi dispiace sia così breve, ma è compagno del primo) non era previsto, ma poi mi son detta: perché non inserirlo?
Smentite/confermate le ipotesi fatte? ;)
Sono curiosa...! :3
Ringrazio Rin Hikari, Glaucopide_, the_White_Rose, Jade Tisdale, Hypnotic Poison, zakuro_san e Fair_Ophelia per aver recensito lo scorso capitolo, tutti coloro che hanno messo la fic fra le seguite e chi, silenziosamente, legge, dando fiducia a questa storia! :3
Grazie, grazie, grazie! ♡
Un bacione a tutti voi,
Marty 

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Capitolo 4
*** Wanderlust ***


Wanderlust



I timidi raggi di un pallido sole dicembrino l'avevano ridestata dal sonno ancor prima che la sua sveglia suonasse strappandola dal tepore del suo letto. Già attiva e vogliosa di fare nonostante l'ora -Ichigo le aveva confidato di non riuscire a comprendere come facesse lei ad essere così pimpante di prima mattina -, si era alzata di buon umore.
Un'oretta più tardi, vestita di tutto punto, si ritrovò a sorridere alla sua immagine riflessa nello specchio terminando lo chignon che l'aveva tenuta impegnata per un buon quarto d'ora. La tv -solitamente accesa per combattere quel silenzio, a tratti assordante, che caratterizzava la casa da quando i suoi fratellini si erano trasferiti in Cina- era spenta, sostituita dalla voce della ragazza che canticchiava sommessamente il motivetto di una canzone di cui, ad essere sinceri, non ricordava nemmeno il titolo. Con un balzo scavalcò il letto ed aprì la finestra, sorridendo ad un nuovo giorno e al cielo, certa che sua madre la stesse guardando da lassù.
Un fiocco di neve si posò sulla punta del suo nasino ed il suo sorriso si ampliò ancora di più.
«Grazie mamma.» sussurrò, guardandolo come se fosse il più prezioso dei tesori ed interpretandolo come un suo regalo, una dolce carezza mattutina che la defunta donna non poteva più concedere all'adorata figlia.
Una strana euforia si era impossessata di Purin quella mattina... Aveva la sensazione che qualcosa di incredibile sarebbe accaduto.

«È per questo motivo che l'adolescenza è un periodo bellissimo.»
«Per il fatto di essere lunatici?»
aveva scherzato lei, guardandolo con scetticismo «Ieri ero entusiasta, invece oggi mi sento una pezza...» aveva mormorato, rubando un po' di crema al cioccolato rimasta nella ciotola sul bancone.
Il cuoco l'aveva guardata con dolcezza.
«Effettivamente si ha l'impressione di essere lunatici, perché l'umore cambia molto spesso nel corso della giornata ed è influenzato da tutto, dalla più banale delle cose a quella più seria. Tutto ha la capacità di farti sentire benissimo o malissimo, però ti senti così forte, libero, pieno di energia e voglia di fare...!» il cuoco aveva taciuto per qualche secondo, perso in chissà quali pensieri «Mi ricordo bene queste sensazioni, ho avuto anche io la tua età!» aveva esclamato facendole l'occhiolino «Ah, “Quindici anni, poesia di un'età che non ritorna”!» aveva cantato, facendole un baffetto di cioccolato con la saccapoche proprio sotto al naso.
La risata cristallina di Purin, proveniente direttamente dal cuore, aveva riempito la cucina del locale. Il cuoco l'aveva imitata felice, offrendo alle piccola un bel bigné, mentre lei gli sorrideva grata.
Il suo umore stava nettamente migliorando..

Meno male che c'era Keiichiro!
Nel corso degli ultimi anni la sua presenza si era rivelata davvero fondamentale per la ragazza che riponeva la sua più totale fiducia nel cuoco che l'aveva più volte aiutata e sostenuta nel delicato passaggio dalla fanciulezza all'adolescenza. Lui era l'unico a non averla mai abbandonata.
Ryo faceva spola tra America e Giappone, mentre le sue amiche inseguivano i loro sogni in giro per il mondo, come poteva tappar loro le ali?
Non provava risentimento verso il padre che risiedeva stabilmente in Cina, né verso i suoi adorati fratellini che avevano deciso di seguirlo (come biasimare quei cinque piccoletti che amava con tutto il cuore?), per quanto riguardava lei poi... Non era stata colpa sua, non era stata lei a decidere di andarsene via. Era successo, punto, ma il dolore per la mancanza della sua dolce madre era immenso.
Keiichiro era l'unico ad averle dato l'impressione di non averla mai abbandonata, badando a lei con attento affetto.
Con una piroetta focalizzò nuovamente la sua attenzione sulla sua immagine allo specchio. Non era il momento di perdersi in tristi pensieri!
Fece una smorfia e si tolse la maglia -vanificando l'impegno messo a pettinare la sua chioma ribelle-, rendendosi conto che non trasmetteva l'euforia che provava.
Aveva voglia di urlare al mondo quanto fosse felice, quindi rovistò nell'armadio alla ricerca della felpa arcobaleno, comprata qualche settimana prima in un delizioso mercatino; come se il suo sorriso non fosse una chiara dimostrazione del suo stato d'animo...




Davanti a quegli occhi chiari che lo scrutavano con estrema attenzione, si ritrovò davvero troppo esposto, vulnerabile.
E dire che si trattava della sua ragazza; lo sguardo di Zakuro non doveva di certo fargli un effetto del genere, dallo schermo di un computer poi...!
Ryou sospirò piano, passandosi la mano tra i capelli biondi e trattenendo a stento un sonoro sbadiglio. La necessità di farsi qualche -tante- ore di sonno si stava facendo davvero impellente. Sapeva che non doveva accettare la video chiamata di Zakuro a quell'ora... A New York era notte fonda, lui era troppo stanco per riuscire a nascondere la preoccupazione che lo attanagliava da settimane e lei era troppo abile per bersi le deboli scuse che lui le stava rifilando.
«Non guardarmi in quel modo, va tutto bene. Sta' tranquilla.» le disse per l'ennesima volta, sperando di sembrare convincente.
«Really? Kein Problem? Je ne suis pas naive, ránhòu dime lo que està pasando. Ima. * »
Trascorrendo parecchio tempo con lei, Ryou era stato liberamente costretto ad ampliare la propria conoscenza delle lingue, grande passione della ragazza che si divertiva a passare da una lingua straniera all'altra mentre parlava (in particolar modo con lui) o addirittura ad usare determinate parole in una specifica lingua, sostenendo che fossero molto più significative rispetto agli equivalenti nelle altre lingue.
Così, per addattarsi a quel suo modo di fare, Ryou aveva imparato il francese e lo spagnolo -riusciva a parlare abbastanza fluidamente entrambe-, conosceva qualche parola del cinese e se la cavava discretamente bene anche con il tedesco, con sommo stupore della ragazza che si era sentita davvero felice nel constatare quello che Ryou aveva fatto per lei.
Il ragazzo oramai non aveva difficoltà a capirla quando lei parlava in quel modo. Anzi, a volte si divertivano anche a discutere su banali argomenti utilizzando il maggior numero di lingue straniere possibile!
Però, in quel momento, Zakuro non si stava divertendo e Ryou l'aveva capito.
Le bugie -lei era sicura che lui le nascondesse qualcosa di importante- la infastidivano fin da sempre e lui, che con il tempo aveva iniziato ad amarla, lo sapeva.
«Ne discuteremo quando tornerai a Los Angeles, va bene?»
«Quindi c'è qualcosa di cui parlare.» osservò Zakuro.
«Perché dovrei mentirti?»
«Me lo chiedo anch'io.»
Ryou si massaggiò le tempie, sospirando leggermente.
«Mi fido di te, lo sai, e ormai posso affermare di conoscerti bene.» continuò Zakuro «Nelle ultime settimane hai contattato molte volte Kei e, per quanto sia forte il vostro legame, non credo che siano solo delle telefonate di piacere. Io so che quando si parla di voi due, per di più preoccupati e sfuggenti, c'è in ballo qualcosa di grosso.» la ragazza tacque per un paio di secondi, poi riprese: «Non voglio obbligarti a dirmelo, se non vuoi, ma non trattarmi da stupida e se veramente sta succedendo qualcosa, parlamene.»
Seguirono attimi di silenzio, durante i quali i due si guardarono negli occhi.
«Stiamo facendo delle ricerche.» rispose vago lui.
Zakuro non parlò, attendendo altre informazioni che, a quanto pareva, il suo ragazzo era restio a darle.
Da parte sua, Ryou, sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, ma non sapeva cosa dire perché, ad essere sinceri, non c'era nulla di cui parlare.
Lui e Kei non avevano scoperto nulla di significativo. Niente che potesse dare ragione alle sue preoccupazioni.
«Hai presente quello che è successo qualche settimana fa in Uruguay, poco prima in Nigeria e l'altro mese in Lituania?»
Lei annuì, capendo al volo cosa intendesse.
«Temevamo potesse significare qualcosa, ma non abbiamo scoperto nulla.» mormorò.
«Non credi siano fenomeni naturali?» chiese «Insomma, non è che sia una grande novità che la-»
«Non mi convincono i luoghi e neppure la frequenza con la quale avvengono.» la interruppe «L'intensità poi... Fattori diversi, ma troppo regolari. Ormai in tv non se parla quasi più... Le prime volte la notizia veniva annunciata, ma ormai non fa nessun effetto, proprio perché tutti credono che sia "un fenomeno naturale ed assolutamente normale".»
«Kei cosa pensa?»
«Ora anche lui mi sembra convinto che non ci sia niente da temere. Le cose sono due: o sto diventando paranoico al punto da vedere un possibile pericolo ovunque oppure sta succedendo davvero qualcosa.»
«Dopo quello che abbiamo vissuto cinque anni fa, credo sia normale il tuo comportamento. Kei è più bravo a mimetizzare le preoccupazioni dietro ai sorrisi.» fu l'osservazione di Zakuro.
Ryou scrollò le spalle, evitando ulteriori commenti.
«Non ce ne avete parlato prima perché non volevate spaventarci inutilmente?»
Il ragazzo annuì.
«Ne avete passate già troppe... Che senso avrebbe avuto mettervi in allarme inutilmente? Io stesso sto iniziando a credere di aver fatto un buco nell'acqua.» le confidò, trattenendo a stento uno sbadiglio.
Zakuro annuì un po' più serena, contenta che Ryou si fosse aperto con lei e gli rivolse un bel sorriso, quelli che al ragazzo piacevano davvero tanto.
«Grazie.»
Ryou ricambiò il sorriso, mandandole un bacio.
La comunicazione si interruppe.



Quando le prove venivano annullate per vari imprevisti dell'ultimo minuto, Minto ne approfittava per girovagare senza una meta ben precisa per Parigi, così da scoprire ogni volta un aspetto sconosciuto di quella città che l'aveva stregata fin da subito con il suo particolare fascino.
«Minto, perché quell'espressione? Ci siamo risparmiate quattro ore chiuse in teatro e ora possiamo goderci questa bella mattinata di sole, non dovresti essere triste.»
Solitamente vagava da sola per la città, ma non erano rari i casi nei quali si ritrovava a condividere quel momento con altri della compagnia. Anche se, a dirla tutta, Charlotte rimaneva la sua compagna ideale.
«Non sono triste.» puntualizzò la corvina, guardando la suddetta francese.
«Se lo dici tu, potrei anche fidarmi. Forse.»
«Ah. Ah. Ah. Tu es vraiment très sympa aujourd'hui...»
«Oh, merci beaucoup!
»
Minto le scoccò un'occhiataccia, ma Charlotte, per tutta risposta, la abbracciò di slancio da dietro.
«Se è un modo per ricordarmi la differenza di altezza che ci separa, sappilo: questo è ancora meno divertente.» sbottò la corvina, senza però separarsi dall'amica che, con il suo metro e settantaquattro, si era dovuta abbassare un bel po' per raggiungere l'altezza della nipponica.
«Ma dai, lo sanno tutti che per una ballerina è meglio avere il baricentro basso.» disse, facendole l'occhiolino «Piuttosto... Quando vedrai Zakuro? Mi farebbe piacere ricontrarla.»
Minto parve illuminarsi nel sentire il nome dell'amica.
«Ci vediamo a pranzo da me. Se ti va, prima di andare a teatro puoi raggiungerci, così la rivedi e andiamo alle prove insieme.»
«Ammettilo: tu non vedi l'ora di andare a teatro.» rise Charlotte.
«Giusto un po', forse.» ammise lei «Non mi convice abbastanza il risultato del pas de deux con Laurent...»
«Tu sei troppo severa con te stessa, fattelo dire. Non vi esce male, sai? E poi voi due avete una tale sintonia...! Tu sei perfetta per il ruolo della Sylphide e lui interpreta magistralmente il ruolo di James, quando danzate date l'impressione di essere davvero innamorati.»
«È normale sentirsi così?» chiese poi Minto, guardando negli occhi l'amica che, a quella domanda, le sorrise con tenerezza.
«Così come? Elettrizzata al pensiero di esser stata scelta come prima ballerina? Emozionata nel poter eseguire uno dei capisaldi del balletto classico? Determinata a voler essere perfetta, ma ansiosa di non riuscire a dare il massimo? Sì, è normale. Mi ricordo la mia prima volta sul quel palco come étoile... Le settimane precedenti sono state pazzesche, nel bene e nel male.» mormorò sincera, passandosi una mano fra i capelli «Un attimo prima di salire sul palco ho avuto paura di non farcela, di non essere abbastanza aggraziata, a tempo con la musica, di dimenticare i passi o di non eseguirli bene... Ma poi è andata. E bene anche.» aggiunse «Sarai meravigliosa sul quel palco, Minto. L'ansia è normale, fa parte del gioco e testimonia quanto tu consideri importante lo spettacolo. Goditi questi momenti, li ricorderai con piacere.»
Minto le sorrise, grata per quelle parole.



«Sei sicuro che sia da questa parte? Io mi ricordavo fosse più ad est...»
«Fidatevi di me.»
«L'avevi detto anche quindici minuti fa e ci hai portato da tutt'altra parte.»
«Non ti ci mettere anche tu! Cos'è questa poca fiducia nei miei confronti?»
«Sarà che oramai ti conosciamo? Sai com'è, siamo fratelli.»
Lui aprì la bocca per ribattere a tono, ma poi lo vide. Era impossibile non notare quella struttura in mezzo al parco innevato.
«Trovato! Visto che avevo ragione?»



«È perfetto!»
«Dici? Avrei potuto farlo meglio... Forse se ave-»
«Retasu, sta' tranquilla, va benissimo. A Purin piacerà tanto.» la interruppe Ichigo, mettendole le mani sulle spalle «Anche Minto e Zakuro direbbero così, se fossero qui.»
«A proposito, non sarebbe stato meglio aspettare di essere tutte e cinque?»
«Anch'io l'avrei preferito, ma hanno detto di non preoccuparsi. Per essere tutte insieme dovremmo attendere un altro po', secondo loro non vale la pena aspettare, almeno Purin può iniziare ad usarlo...» mormorò, tagliando un nastro di un arancione brillante per la confezione «E poi seguiranno in diretta l'apertura del regalo, ho portato il tablet!» aggiunse, facendole l'occhiolino.
Retasu sorrise, piegando con cura il body.
«Hai sentito Masaya?» le chiese poi, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Ieri sera abbiamo fatto una videochiamata. Breve, ma meglio che niente... Il problema è che, da quando sono tornata in Giappone siamo tornati con otto ore di differenza, quindi sentirsi risulta piuttosto complicato.» borbottò Ichigo, armeggiando con i nastrini colorati cercando di fare un fiocchetto carino.
«Si tratta comunque di dover pazientare un paio di settimane, no? Tornerà per le vacanze di Natale, giusto?»
La rossa annuì.
«Hai pensato a cosa fare dopo? Tornerai a Londra?»
La rossa non rispose subito e distolse lo sguardo dagli occhi blu dell'amica, preferendo soffermarsi sull'arredamento della camera di Retasu.
Ichigo adorava quella stanza, ritrovando proprio che rispecchiasse al massimo l'essenza dell'amica. La parete sulla quale poggiava la tastiera del letto era di un azzurro brillante, che ricordava il colore dell'acqua e di conseguenza richiamava l'amore che la ragazza provava per il mare, e su dei fili intrecciati vi erano appese tante foto.
Al contrario, quella opposta era coperta quasi interamente da un grande armadio avorio, sulle cui ante erano attaccati alcuni poster di luoghi esotici che Retasu sperava di poter visitare un giorno. Accanto alla porta vi era uno specchio dal morbido bordo irregolare e tante mensole con libri, souvenir, qualche peluche d'infanzia o creato proprio da lei; invece sulla parete opposta si trovava una scrivania ordinata proprio sotto la finestra, così da avere il massimo della luce naturale possibile, e un modesto scaffale dopo il quale vi era un piccolo balcone.
Riportò i suoi occhi sull'elemento della stanza che preferiva in assoluto: il collage di foto appese su dei fili il cui intreccio e la presenza di qualche conchiglia la facevano sembrare la rete di un pescatore.
Le foto ritraevano la famiglia, qualche paesaggio particolare e poi, naturalmente,  Ichigo, Minto, Retasu, Purin e Zakuro; la rossa si ritrovò a fissare loro cinque sorridenti a Parigi l'estate di alcuni anni fa...
«Perdonami, non volevo essere indiscreta, io...» iniziò di colpo Retasu.
«Ma no, tranquilla.» le sorrise Ichigo, continuando a non guardare negli occhi l'amica «Londra è molto bella, ma non so se riuscirò a stare lontana da casa per altri sei mesi.» ammise in un sussurro, riportando l'attenzione sull'amica.
Era naturale aprirsi con Retasu.
Ascoltava pazientemente e poi si prendeva qualche secondo per riflettere e trovare le parole adatte da dire.
Quel giorno, però, Ichigo non voleva preoccuparsi del futuro e deprimersi per non avere ancora le idee chiare. Si vergognava della sua tremenda indecisione.
Aveva trovato la sua via, un tassello del puzzle era stato messo al suo posto, non voleva preoccuparsi degli altri per il momento.
«Parliamo un po' di te!» se ne uscì all'improvviso e Retasu comprese che all'amica non facesse piacere parlare di sé al momento. 
«Hai sentito di nuovo quel fantastico ragazzo africano, Almas?» chiese poi, con un sorrisetto malizioso.
Retasu divenne completamente paonazza nel giro di pochi secondi e le lenti degli occhiali le si appannarono di colpo.
«Sì, naturalmente... Ci siamo sentiti... Ma non come pensi tu!» farfugliò, aggiustandosi una ciocca di capelli.
Ichigo la guardò intenerita, trovando il taglio a caschetto fino alle spalle che l'amica si era fatta davvero delizioso. Le metteva in risalto quel suo viso dai lineamenti delicati e permetteva che l'attenzione si focalizzasse su quei grandi occhioni azzurri che si ritrovava.
«Stavo scherzando.» rise la rossa, abbracciandola di slancio «Anche se non ci sarebbe nulla di male, sai?» aggiunse.
Retasu parve rasserenarsi, ricambiando la stretta dell'amica.
Avevano sentito molto la mancanza l'una dell'altra e ora, ritrovarsi finalmente insieme, era bello. Molto bello.
«Parlami un po' del tuo viaggio. Deve averti segnata profondamente.» disse Ichigo, allontanandosi un po' dall'amica, così da poterla guardare in volto.
Gli occhi di Retasu assunsero una luce particolare a quelle parole.
«Oh, è stato... meraviglioso! Non credevo di poter vedere luoghi così belli, conoscere persone così diverse da me, avere nuovi amici. Non ritenevo possibile sentirmi così
«Un esperienza che ha lasciato il segno, eh?»
«Esattamente! Anche se, ad essere sinceri, i primi giorni sono stati un po' difficili... Poi però mi sono sentita tanto libera, custodisco nel cuore tutto ciò che ho visto e provato, in attesa di una nuova avventura.» le confidò.
«Avventura per la quale, secondo me, non dovrai aspettare tanto.» le sorrise.
«Uh? Cosa intendi?»
«Ma hai visto gli enormi progressi che hai fatto nell'ultimo periodo? Non mi stupirei se tu fossi chiamata per una spedizione... non so... in giro per il mondo ad esempio!»
Retasu sorrise.
«Grazie, ma non sono così brava... Ci sono molti ragazzi più-»
«Retasu, tu sei molto talentuosa e hai una grande sensibilità. Non sminuirti troppo.» la interruppe Ichigo, seria «Tutti noi crediamo in te e siamo certi che tu possa diventare una grande fotografa.» aggiunse «E poi... Fidati di me! Il mio istinto dice che una nuova avventura è alle porte!» proclamò solenne.
«Se lo dici tu, mi fido.» rise l'altra.
«Brava!» si complimentò lei «Posso vedere le foto del viaggio?» le domandò poi.
Retasu annuì e un bel sorriso si dipinse sul suo volto, mentre prendeva dallo scaffale accanto la scrivania un grosso album di foto.
«Avere solo le foto in formato digitale non mi piace. Quindi ho iniziato a svilupparle, ma ancora non sono tutte... La maggior parte sono mie, ma ce ne sono anche degli altri.»
Era contenta di poter condividere e parlare di quell'esperienza con l'amica.
Prima di sfogliarlo, Ichigo percorse con le dita la scritta in rilievo che vi era sulla copertina “Tanzania: la mia grande avventura ♡” e sorrise alla verde.
«Wow...»
Il verso di ammirazione per la bravura dell'amica e di stupore per quei paesaggi che stava vedendo non poté non esser esternato.
«Dal vivo è tutto molto più bello, sai?» mormorò Retasu, forse con un po' di nostalgia per quel posto lontano che era stato casa sua per tre lunghi mesi.
«Davvero? Allora al più presto mi ci devi portare, sai?»
«Quando vuoi, io voglio tornarci assolutamente!»
Risero entrambe.
«Sei venuta davvero bene in queste foto...» osservò Ichigo, guardando le pagine piene di foto che non ritraevano più paesaggi mozzafiato o animali, ma l'amica con i suoi compagni d'avventura.
«Le ha fatte Hiroto, sai? Di alcune non ce ne siamo nemmeno accorte... Come di questa, per esempio.» disse Retasu, indicandole la grande foto sulla pagina successiva.
I cinque ragazzi che avevano preso parte a quella spedizione in Tanzania erano alle prese con tanti piccoli bambini che si contendevano le loro attenzioni.
 Ichigo riconobbe immediatamente Almas -l'unico compagno di Retasu col quale aveva parlato una sera lontana in chat-, tirato per un braccio da un gruppo di bambini, che, probabilmente, volevano giocasse con loro. Per esclusione intuì che l'altro ragazzo dai capelli scuri fosse quello australiano e sorrise nel vedere la sua espressione stupita nel constatare di esser circondato da tanti bambini sorridenti, desiderosi di farsi notare. Si focalizzò poi su una ragazza dalla pelle chiarissima-sicuramente si trattava della norvegese, Andrine- con i ricci capelli rosso ramati legati in uno chignon disordinato che la bimba sulle sue spalle cercava di sciogliere tra le risate sue e della ragazza.
I suoi occhi poi si posarono sulla figura sinuosa di una minuta ragazza dai lunghi capelli scuri e lisci -sicuramente si trattava di Ranya, l'indiana- che, per via della posa assunta nella foto, ipotizzò stesse ballando con un gruppetto di bambine dai vestiti di colori sgargianti, i capelli scuri e sorrisi luminosi.
Dopo aver osservato gli altri, Ichigo si concentrò su Retasu.
Per poter arrivare alla stessa altezza di una bimbetta dai corti ricci neri che le stava dinanzi ridendo e incespicando mentre cercava di eseguire quella che doveva essere una giravolta -o almeno così aveva intuito Ichigo osservandone la posa del busto-, la ragazza si era inginocchiata e le rivolgeva un dolce sorriso, tipico di lei.
La suoneria di un cellulare interruppe la visione delle foto e le due ragazze incominciarono a frugare ovunque alla ricerca dello smartphone.
«Trovato!» esclamò Ichigo, un secondo prima che la suoneria si interrompesse.
Sbuffando, la ragazza sbloccò il telefono cercando di capire chi l'avesse cercata.
«Era Kei, ora lo richiamo...» la rossa sussultò all'improvviso «Ma sono quasi le otto!» strepitò, portandosi le mani tra i capelli.
«Davvero?! Dovevamo essere già al Café a quest'ora!»
Mentre Ichigo continuava a ripetere "Questa è la volta buona che Minto mi amazza, me lo sento!", Retasu prese il pacchetto incartato, infilandolo nella borsa. Insieme le due si precipitarono giù per le scale.



«Ichigo sta deviando la povera Retasu: ora le ritardatarie sono diventate due! Io vorrei proprio sapere che fine abbiano fatto!» sbottò Minto, ricontrollando per l'ennesima volta l'ultimo accesso online della rossa «Se per colpa loro arrivo tardi per le prove, io...» 
«Stai tranquilla, sarà questione di minuti ormai.» la interruppe Zakuro, sorseggiando del thé.
Le parole della modella, che solitamente avevano il potere di renderla calma e docile, non sortirono l'effetto sperato.
I suoi sensi erano in allerta, si sentiva inquieta e non credeva che fosse dovuto all'avvicinarsi del saggio...
«Anche tu hai una strana sensazione?» chiese la ballerina, tamburellando le dita sul tavolo della cucina.
Zakuro non rispose subito, ripensando alla conversazione avuta qualche ora prima con Ryou.
«Cosa intendi dire?» le chiese, guardandola negli occhi.
Minto non ebbe il tempo di rispondere, perché Retasu ed Ichigo comparirono di colpo sullo schermo, salutandole nervosamente.
Dalle espressioni dei loro volti, Zakuro e Minto compresero che qualcosa non andava.
«Cosa avete combinato?» domandò la corvina sospettosa.
«Noi niente!» si affrettò a rispondere la rossa con voce stridula «Ma...»
«"Ma" cosa?» la incalzò la viola, inarcando le sopracciglia, notando l'esitazione delle amiche.
«C'è stato un piccolo... come dire... imprevisto.» mormorò Ichigo ridacchiando nervosa.
«Definisci meglio questo "piccolo imprevisto", Momomiya.» disse Minto, incrociando le braccia al petto.
Il seguente silenzio imbarazzato di Ichigo e Retasu, permise alle due amiche a Parigi di sentire il vociare confuso e concitato della sala del Café.
Zakuro aggrottò le sopracciglia e la sua confusione crebbe quando riuscì a distinguere chiaramente la voce di Purin gridare quanto le fosse piaciuta quella sorpresa.
«Le avete già dato il regalo?»
«Certo che no! Con quello che è successo, poi, penso sia meglio rimandare...» bisbigliò Retasu, mostrando alle due amiche il pacchetto incartato «Il fatto è che... sono tornati
«Tornati? Chi è tornato?»
Per tutta risposta Ichigo prese il tablet in mano e lo spostò, permettendo alle amiche a Parigi di vedere chi ci fosse nel locale.
Silenzio.
Minto e Zakuro impiegarono una manciata di secondi per mettere a fuoco quelle tre figure.
«Ecco, quella è stata più o meno anche la nostra reazione.» mormorò Ichigo, alludendo alle espressioni stupite delle amiche, mentre Retasu con un sorriso leggero osservava Purin che, stretta ad un irriconoscibile Taruto -certo che era cresciuto in quei cinque anni!-, lo sommergeva di parole.
Lo sguardo della verde si posò poi sugli altri due, intenti a parlare con Keiichiro che, da perfetto padrone di casa, si stava impegnando a metterli a proprio agio.
«Ma... quando? E soprattutto: perché?» bisbigliò Minto, mentre Ichigo si affrettava a distogliere gli occhi dalla scena. La situazione era totalmente assurda. Non avrebbe mai immaginato una scena del genere; insomma lei, Retasu, Purin e Keiichiro con Kisshu, Pai e Taruto al Café?! Tranquilli come se niente fosse?!
«Al nostro arrivo al Café loro erano già qui. Quando eravamo ancora a casa per confezionare il regalo Kei ci ha chiamate, ma credevamo che fosse per comunicarci che Purin era già arrivata e che ci aspettava...» spiegò Retasu.
«Invece voleva avvisarci dell'arrivo di qualcun altro... Da quello che abbiamo capito devono essere arrivati poco prima dell'arrivo di Purin che ha pensato che loro fossero la sorpresa. È convinta che noi l'avessimo scoperto tempo fa e che non le avessimo detto nulla per farle questa sorpresa.» completò Ichigo.
«È davvero felicissima per via del loro ritorno, guardatela.» mormorò ancora la ragazza dagli occhi azzurri.
«Al contrario di voi.» rise senza trasporto Kisshu, comparendo all'improvviso a gambe incrociate fra Retasu e Ichigo e facendo sobbalzare le ragazze.
«Ma sul tuo pianeta fate sempre così?!» strepitò Ichigo, irrigidendosi «Che pessima abitudine.» commentò, voltandosi dall'altra parte.
«Purin continuava a ripetere che sareste tornati prima o poi, mentre noi ormai pensavamo di non rivedervi più.» spiegò Retasu, ottenendo l'attenzione di Kisshu che si girò a guardarla «Non è che non siamo felici di vedervi, è che non ci aspettavamo di ritrovarvi qui. Ci avete semplicemente colto di sorpresa e dobbiamo ancora metabolizzare la cosa.» mormorò, imbarazzata dal fatto che l'alieno la stesse ancora fissando.
Con suo sollievo, però, Kisshu distolse l'attenzione da lei per riporla sulle due ragazze nello schermo.
«Zakuro.» la salutò, facendole un cenno del capo e guardandola dritta negli occhi. Come dimenticare la bella ragazza lupo?
«Kisshu.» rispose lei fredda, ricambiando lo sguardo.
Lui sorrise, per poi rivolgersi alla ballerina.
«Ciao uccellino.» l'apostrofò, ricordando le ali della sua trasformazione.
«Minto. Non “uccellino”.» lo corresse aspra lei e poi, senza dargli il tempo di ribattere, chiese: «Possiamo sapere perché siete qui?»
Kisshu ridacchiò, poi fece un cenno a Pai che gli si avvicinò, seguito a ruota da Keiichiro che prese delle sedie così da far accomodare tutti i presenti.
Quando vi fu silenzio anche da parte di Purin che, vogliosa di scoprire qualcosa di più, aveva lasciato Taruto, sedendosi composta e in silenzio, Kisshu prese parola.
«Penso che vi ricordiate le motivazioni che ci spinsero anni fa a venire sulla Terra, no?»
«Certo, volevate annientare tutti i terrestri.» disse semplicemente Zakuro.
Kisshu la guardò per un paio di secondi, quasi come se si fosse aspettato una simile reazione dalla ragazza.
«Non mi stupisce una simile risposta da te.» disse infatti «ma no: io mi riferisco alla parte nobile della nostra missione.»
«Allora la mia memoria fa cilecca, perché non ricordo alcuna parte nobile nella vostra missione.» mormorò tagliente.
Kisshu la ignorò, ma gli angoli delle labbra si piegarono all'insù in un sorrisetto divertito.
«Come ricorderete, il nostro pianeta era caratterizzato da condizioni climatiche particolarmente avverse. Il ghiaccio e la neve ne ricoprivano completamente la superficie e il nostro popolo stava morendo di stenti. Fummo mandati qui proprio per cercare di salvare la nostra gente in un ultimo e disperato tentativo.» tacque per una manciata di secondi, poi riprese «Grazie alla Mew Aqua recuperata, la situazione è nettamente migliorata, garantendo alla nostra gente un futuro che, anni fa, sembrava irrealizzabile.»
«Ma è una notizia fantastica!» trillò Purin entusiasta «Sono contentissima per voi!» esclamò davvero felice, ottenendo un sincero sorriso da parte di Taruto.
«Sfortunatamente le rigide temperature hanno ridotto notevolmente la flora e fauna presenti. Difatti solo gli esemplari resistenti a quel tipo di clima sono riusciti a sopravvivere per tutti questi anni.» continuò Pai.
«Ed è per questo che siamo qui. Sulla Terra ci sono diverse specie che potrebbero vivere anche sul nostro pianeta, ripopolandolo.» aggiunse Taruto «Possiamo copiare il loro patrimonio genetico, garantendo la sopravvivenza della specie anche da noi.»
«Quindi, per portare a compimento il vostro piano, girerete per il mondo, giusto?» si intromise ancora Purin, curiosa.
Lui annuì piano, lanciando un'occhiata a Pai e Kisshu.
Il maggiore prese nuovamente parola.
«Sì, visiteremo diversi luoghi del vostro pianeta. Siamo venuti qui, perché i vostri strumenti avrebbero potuto avvertire la nostra presenza. Ci è sembrato giusto avvisarvi, così da non farvi preoccupare inutilmente.»
«Perché non ci portate con voi?» domandò ancora la bionda con entusiasmo, saltando giù dalla sedia.
«Stai scherzando?!» sbottò Ichigo, fissandola sconvolta, seguita a ruota dalle altre.
«Certo che no.» ribatté lei serissima «Volete davvero farvi scappare l'occasione di viaggiare per il mondo?» chiese, fissando le sue amiche.
«Ma ti sembra un qualcosa di fattibile?!» replicò Minto.
«Volere è potere!» sentenziò Purin «Riflettete! Per Retasu sarebbe un'ottima occasione per affinare la sua tecnica e noi riusciremmo a passare del tempo insieme! Me l'avevate promesso!»
La ragazzina si imbronciò guardando le sue amiche. Non potevano darle un'altra volta buca, le avevano promesso che sarebbero state con lei.
«Sì, ma...» iniziò Ichigo, cercando di usare bene le parole per non ferire l'amica «Purin, sarebbe un qualcosa di troppo complicato. Non puoi tirare in ballo una cosa del genere così!»
«Ma perché?» domandò la bionda, frustata «Dopo il saggio, le lezioni di Minto riprenderebbero a febbraio, quindi non si perderebbe nulla a Parigi, e Zakuro potrebbe approfittarne per prendersi quel periodo di pausa che voleva! Come ho già detto, per Retasu sarebbe un'occasione irripetibile da cogliere al volo e tu, Ichigo, potresti approfittarne per migliorare le tue... abilità.»
Dalla naturalezza e la spigliatezza con le quali parlò, sembrò quasi che Purin avesse già programmato una cosa del genere, rifletté Ichigo, per poi darsi della stupida per un pensiero del genere.
«E tu come faresti con lo studio?» domandò la rossa, cercando di trovare un pretesto per far cambiare idea all'amica.
Purin tentennò per un momento, cercando automaticamente lo sguardo di Keiichiro. Per via degli allenamenti di ginnastica artistica in vista dei campionati asiatici da poco disputati, lei si era dovuta ritirare dalla scuola, non riuscendo a conciliare le due cose, ma proseguendo gli studi in privato, anche grazie all'aiuto di Keiichiro. Avrebbe dovuto sostenere un esame a fine febbraio, così da ricominciare a frequentare le lezioni normalmente al liceo per l'inizio del nuovo anno scolastico ad aprile.
«Sono in linea con il programma, non ho trascurato nessuna materia e per l'esame che devo sostenere c'è ancora tempo... Potrei benissimo conciliare le varie cose.» mormorò.
«Studio, allenamenti e viaggi in giro per il mondo? Ne sei sicura?»
La domanda di Keiichiro non fu posta con malizia, nel tentativo di farla vacillare, ma solo col tentativo di farla riflettere con attenzione. Purin fissò negli occhi il pasticcere, poi annuì.
«Sì, sono sicura di farcela.» assicurò seria.
Il pasticcere le sorrise, conscio che la ragazza avesse inteso tutte quelle miriadi di cose che non le aveva detto a voce, ma che erano nascoste nei suoi occhi.
«E voi, invece, pensateci! Con noi sarà tutto più facile: sappiamo parlare con gli animali! Questo è il nostro pianeta! Vi saremmo utili!» esclamò poi la bionda, rivolta ai tre alieni.
Taruto fece per rispondere di lasciar perdere e non continuare a dire stupidaggini, ma Pai lo precedette:
«Sapete comunicare con gli animali?»
Purin, convinta che lui stesse valutando la possibilità di accettare la sua proposta, annuì sorridente.
«Ma solo con alcuni: io con i primati, Ichigo con i felini, Minto con gli uccelli, Retasu con i pesci e Zakuro con i canidi. In pratica con quelli appartenenti alla famiglia dell'animale con cui abbiamo fuso il nostro DNA.» precisò «E abbiamo ancora i nostri poteri!» aggiunse, guadagnandosi un'occhiataccia da Minto.
La biondina non ci fece caso, continuando imperterrita a parlare, incurante del fatto che i tre non le avessero chiesto tutti quei dettagli.
«Credevamo che dopo la vostra partenza li avremmo persi, perché non ci sarebbe stato più pericolo per la Terra, però non è stato così. I primi giorni dopo la vostra partenza credevamo che anche le nostre voglie fossero sul punto di scomparire completamente... Non si vedevano quasi più! Invece sono rimaste, come i nostri poteri...» spiegò, alzando la frangetta, in modo che si vedesse la sua «Guardate! Si vede così bene che sembra un tatuaggio!»
I tre fratelli ascoltarono con attenzione le parole della ragazza, scambiandosi una brevissima occhiata quando lei ebbe finito.
Nessuno se ne accorse, ad eccezione di Zakuro che decise di agire.
«Purin, non ci avevi detto di avere un impegno stasera?»
La piccola sobbalzò, evidentemente se n'era dimenticata...
«È vero! Natsumi mi aveva invitato a casa sua!» esclamò, portandosi le mani ai capelli.
La modella notò quanto fosse combattuta: una parte di lei voleva rimanere, l'altra raggiungere la sua amica...
Fu sul punto di aggiungere qualcosa, ma Purin si allungò a prendere il cappottino beige abbandonato su un tavolo della sala e prese parola.
«Io resto della mia idea: voglio aiutarvi.» disse seria, rivolgendosi a Kisshu, Pai e Taruto «Ma mi rendo conto di non poter costringere voi a seguirmi.» mormorò con una smorfia, guardando le sue amiche «Vediamoci domani sera qui. Porto tutti i libri di geografia che trovo, così potete decidere da dove cominciare!» esclamò poi con un sorriso smagliante, focalizzando nuovamente la sua attenzione sui tre alieni.
Senza aspettare risposta, uscì di corsa dal locale, canticchiando felice e augurando ai presenti una bella serata.
Privata dalle sue chiacchiere e allegria, l'atmosfera si fece più tesa ed estremamente silenziosa di colpo.
«Allora vi aspettiamo domani sera, va bene?» chiese cordiale Kei «Purin sarà davvero felice di darvi una mano. Vi chiedo solo un po' di discrezione nel caso ci siano ancora dei clienti.» aggiunse.
«Sì, certo.» mormorò Pai, ancora confuso per la piega che avevano preso gli eventi.
Il cuoco sorrise sollevato e i tre fratelli si congedarono con un cenno di saluto, teletrasportandosi via.
«Ma... Kei...» balbettò Ichigo, tentando di completare una frase di senso compiuto.
Tutto ciò che era successo negli ultimi venti minuti l'aveva scombussolata in maniera incredibile, in particolar modo Purin con le sue idee e il suo parlar a macchinetta.
«Non posso fare la giramondo con quei tre!» si intromise Minto.
«E io ho gli studi da fare... Non posso abbandonarli così all'improvviso!» esclamò la rossa.
«Però non è male come idea... Un'esperienza del genere è irripetibile...» mormorò Retasu che fino a quel momento era rimasta in silenzio.
«Non lo nego, ma Purin la fa troppo facile: non siamo nelle condizioni di poter prendere in considerazione questa eventualità!» ribatté nuovamente l'ex leader, prendendosi il volto fra le mani.
«Ma non possiamo lasciarla andare da sola.» osservò Retasu.
«Infatti dobbiamo farle cambiare idea... Uffa! Questa situazione è totalmente assurda e mi ha provocato un tremendo mal di testa!» piagnucolò Ichigo, chiudendo gli occhi.
Retasu sospirò leggermente, mordendosi il labbro inferiore.
Ichigo aveva ragione: lasciar perdere la proposta di Purin e farle cambiare idea pareva la scelta più ragionevole, ma la possibilità di girare per il mondo l'attirava più di quanto volesse ammettere...
«Tu cosa ne pensi, oneesama?» chiese Minto, dando per scontato che la modella considerasse assurdo anche solo prendere in considerazione l'idea.
Zakuro non rispose subito: aveva bisogno di riflettere per altri pochi attimi.
Qualcosa non quadrava, ne era certa.
L'inquietitudine, i timori di Ryou, il ritorno degli alieni... Fattori diversi che potevano essere strettamente legati fra loro.
Non le era piaciuto quello sguardo di intesa che i tre fratelli si erano scambiati, quando Purin aveva parlato dei loro poteri.
Sapeva quale era l'unico modo per vederci chiaro e decise di andare fino in fondo.
«Io parto.»
Ma quelle parole non provenivano da lei.
Ichigo prese a tossire, cercando di non soffocare con uno dei pasticcini offerti da Keiichiro che le era finito di traverso.
«Puoi ripetere?» tossì, recuperando un bicchiere d'acqua e guardando Retasu che aveva annunicato la sua decisione.
«Avete capito bene: parto con Purin per dare una mano a Kisshu, Pai e Taruto.» ripeté, cercando di nascondere quel sorriso che stava affiorando naturalmente sulle sue labbra.
L'idea di partire la elettrizzava!
«Parto anch'io.» annunciò Zakuro.
Ci furono una manciata di secondi di silenzio, poi anche Minto prese parola, dopo un profondo respiro:
«Dopotutto Purin ha ragione, dopo il saggio le mie lezioni riprenderanno a febbraio... Nel frattempo potrei dare una mano qualche volta.» rifletté con nonchalance.
Ichigo fissò le sue amiche ed aprì la bocca per ribattere, ma dalle sue labbra non uscì che un verso strozzato a metà fra la frustazione e l'incredulità.
Un minuto prima parevano tutte d'accordo nel far cambiare idea a Purin e ora si dimostravano tutte vogliose di partire. Ma cosa era successo?!
Abbandonò la testa sul tavolo, esasperata, mentre Retasu rideva discreta, lanciando uno sguardo d'intesa a Minto e Zakuro.
«Guarda che non sei obbligata a venire anche tu.» la punzecchiò la morettina, ben conscia che anche Ichigo si sarebbe convinta a partire con loro.
La rossa alzò il volto facendole una linguaccia.
«E perdermi lo spettacolo di te nel panico in mezzo alla natura selvaggia?»
«Quando saremo nella "natura selvaggia", voglio vedere chi tra noi due sarà nel panico.» rimbeccò Minto.
Purin sarebbe stata contenta: sarebbero partite tutte, finalmente di nuovo insieme.
Keiichiro, sentita la conversazione, si chiese come avvisare nel migliore dei modi  Ryou riguardo agli avvenimenti dell'ultima ora.



Lontano da occhi indiscreti, ma soprattutto dal traffico di Tokyo, i tre alieni si teletrasportarono in una zona piuttosto isolata del parco vicino al Café.
«Quanto rimpiango l'aria pulita del nostro pianeta...» borbottò Taruto, sdraiandosi sull'erba umida per poter contemplare meglio il cielo stellato.
Kisshu annuì distrattamente scrutando la volta celeste, invece Pai non diede segno di voler aggiungere qualcosa al commento del minore.
Per un paio di minuti rimasero in perfetto silenzio, ripensando all'incontro con le ex Mew Mew...
«Come vi sono sembrate? Il fatto che abbiano conservato i loro poteri confermerebbe le nostre ipotesi. Tornando domani potremmo scoprire qualcosa in più.» mormorò Kisshu, incrociando le braccia dietro la testa.
«Non credo che sospettino qualcosa, penso che siano state sincere.» fu la semplice risposta di Pai che non aveva voglia di esser loquace.
«Al contrario di noi.» borbottò Taruto, lanciandogli un'occhiataccia.
«Vi era altra scelta, forse?» chiese freddamente il maggiore «Ti ho concesso di salutarla, non mi sembra cosa da poco.» mormorò tagliente.
Colta l'allusione del fratello, Taruto si tirò su a sedere di scatto.
«Non dire stupidaggini!» s'infervorò, puntandogli il dito contro «C'era la possibilità che i loro sensori, se ancora attivi, ci rintracciassero, segnalando la nostra presenza. È stato un modo per proteggerci.» ribatté.
«La scusa dei sensori è quella che abbiamo rifilato loro, per poi ritrovarcele come compagne giramondo.» replicò l'altro «Non dimenticare la nostra missione, la nostra vera missione.» gli disse serio, fissandolo negli occhi.



Keiichiro finì di guarnire la torta, per poi osservare con attenzione il suo operato, controllando che non ci fossero delle imperfezioni o sbavature della crema.
Soddisfatto del risultato, si sciacquò le mani, dando una rapida occhiata alla tv che trasmetteva le notizie dell'ultima ora.
Anche quel giorno pareva non esserci stato niente di strano fortunatamente.
Spenta la televisione, si diresse verso il laboratorio, sperando che anche i loro computer non segnalassero anomalie, escluse quelle che avrebbero potuto riferirsi alla comparsa di Pai, Kisshu e Taruto.
La situazione degli ultimi mesi lo stava davvero sfiancando, non ne poteva più.
Ma con chi potersi confidare?
Le ragazze non sapevano nulla, dunque non potevano condividere le sue preoccupazioni, mentre con Ryou cercava di dimostrarsi sempre tranquillo e sereno.
L'affetto che nutriva per lui era immenso -oramai erano quasi dieci anni che aveva assunto il ruolo di tutore- e, anche se ormai il ragazzo era perfettamente autonomo, il suo istinto a metà fra quello paterno e fraterno aveva sempre la meglio.
Desiderava solo un po' di pace e serenità per se stesso e per colui che era diventato prima amico, poi fratello e figlioccio.
Ryou aveva sofferto tanto e, dopo tutti gli anni difficili che aveva vissuto, si meritava un po' di tranquillità.
Tutto sommato non credeva di pretendere tanto...






* «Davvero? Nessun problema? Non sono ingenua, quindi dimmi quello che sta succedendo. Ora.»
Nell'ordine: inglese, tedesco, francese, cinese, spagnolo e giapponese.


Avevo detto fine settembre/inizio ottobre e mi ritrovo ad aggiornare ora...
Che posso dire?
Innanzitutto “buona estate” ♡ e poi “scusatemi per questo enorme ritardo”.
A partire da fine settembre sono successe tante cose che mi hanno fatto perdere un po' la voglia di scrivere... Avevo deciso di prendermi una pausa da efp e fino a inizio dicembre non ho toccato per niente il capitolo, né alcuna altra fic (eccezione per una piccola Ryokuro, scritta in un momento di ispirazione improvvisa). Quando poi a dicembre ho ritrovato la voglia di scrivere, ho deciso di riprendere in mano la long, rivoluzionando quasi completamente il capitolo che avevo scritto. Il problema era che non mi convinceva mai il risultato di una specifica parte che sono riuscita a scrivere solo due settimane fa.
Insomma, avrete capito che non sono proprio un fulmine a scrivere, eh?
Ma ora basta parlare del passato!
Che ne pensate del capitolo? Vi aspettavate “il ritorno"? Condividete l'idea di Purin di partire con quei tre per girare il mondo? Al posto delle Mew Mew cosa avreste fatto?
Un ringraziamento particolare a Endorphin_94, Freya Crystal, Jade Tisdale e mobo per le recensioni dello scorso capitolo! Grazie di cuore, davvero!
Spero di non farvi aspettare troppo per il prossimo capitolo (ho già iniziato a scriverlo, don't worry)...!
Godetevi l'estate e le vacanze, vi abbraccio! ♡
Marty

Ps: Se ve lo foste chiesto, Wanderlust è una (a parer mio bellissima) parola tedesca .
Comprende due parole:
wander che viene dal verbo wandern, ovvero vagare, vagabondare... e Lust che significa voglia.
Il termine si usa per indicare il forte desiderio -quasi un'urgenza!- di esplorare e scoprire il mondo. L'ho trovata perfetta per il capitolo ♥

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Capitolo 5
*** Unknown - Memories hurt me ***


Unknown - Memories hurt me



«Com'è bella! Potrei rimanere ore ad ammirarla!»
«Non ci posso credere! La stiamo vedendo davvero!»
«I colori! Guarda che colori!»
«Devo fare delle foto, assolutamente!»
«Goditi il momento, invece! Posso procurarti tutte le foto sull'aurora boreale che vuoi, chi può dire quando la rivedrai con i tuoi occhi un'altra volta?»

«Detto da te che hai una videocamera appesa in testa per riprendere tutto...»
«Quando ero giovane io non ci si permetteva di utilizzare un tono del genere con i propri genitori, signorinella.»
«Smettetela tutti e due, eh! Non vi azzardate a rovinare questo momento con i vostri battibecchi! Voglio ricordarmelo per sempre. Finalmente una vacanza tutti insieme dopo non so quanto...!»
«Non sarà mica l'ultima, mamma! Ci aspettano ancora tante vacanze insieme e-»



Spense tutto con un gesto rabbioso che nasceva da un dolore atroce: antica ferita che non sarebbe mai guarita, stimolo a perseguire quell'assurdo fine che si era prefissato. Rivedere quei filmati faceva male, davvero, ma gli permettevano di spazzare via ogni dubbio sulla missione. Lo convincevano che si trattasse non di un massacro, ma di un'azione nobile che avrebbe anche assicurato un futuro degno e radioso a quel suo piccolo bocciolo che si apprestava ad aprirsi completamente al mondo.
«Non si poteva più andare avanti in questo modo, questa decisione cambierà tutto. E in meglio.» disse alzandosi per uscire dalla stanza «Il fine giustifica i mezzi.» mormorò poi lentamente, quasi a gustare ogni parola per imprimerla meglio nel suo animo e mettere a tacere una volta per tutte i suoi dubbi.
Che ne fosse davvero convinto o no, non ebbe importanza, difatti non tornò sui suoi passi: era troppo tardi per cambiare idea.





Poco più di un mese, sto migliorando? Sempre meglio degli undici mesi che vi ho fatto aspettare per il capitolo precedente...! ^^"
Niente da aggiungere, se non un "grazie" a chi legge! :)
Auguro a tutti una piacevole fine estate (ç.ç) e buon inizio autunno!
A presto (?)
Marty

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Capitolo 6
*** Maybe we are perfect strangers, maybe it's not forever ***


Maybe we are perfect strangers,
maybe it's not forever


 
Erano passati cinque anni dall'ultima volta che aveva attraversato quelle vie, eppure aveva l'impressione di non esser mai andato via da lì. Sembrava quasi che da un momento all'altro lui dovesse attaccare le Mew Mew, ideare quache piano con Pai e Taruto per localizzare la Mew Aqua oppure studiare Deep Blue per saggiare la sua effettiva fedeltà e voglia di salvare il loro popolo.
La Terra gli faceva davvero uno strano effetto, ma le terrestri ancora di più...  Altrimenti non riusciva a spiegare né quel batticuore improvviso che l'aveva colto quando l'aveva rivista né il motivo che lo stava spingendo a recarsi da lei. Forse voleva capire se quell'attrazione che sembrava ancora nutrire per l'ex leader delle Mew Mew fosse reale o frutto di qualche strano scherzo della sua mente.
Giunse a destinazione e, attento a non farsi vedere, si nascose tra i rami dell'albero che dava sulla finestra della stanza di Ichigo. O almeno sperava che fosse ancora così. Attese qualche secondo in assoluto silenzio e si sporse in avanti, cercando di capire se la ragazza fosse lì oppure no. Vide la luce della stanza accendersi, udì la sua voce cristallina e scorse una figura femminile dietro la tenda che si spalancò all'improvviso.
Eccola lì.
I capelli rossi che le incorniciavano il volto erano sciolti, liberi di scivolarle lungo la schiena; non vi era traccia di quei buffi codini che usava anni addietro...
Kisshu sospirò lievemente.
Se la ricordava ancora come una ragazzina e, nonostante fosse un pensiero ingenuo, si aspettava di ritrovarsela ancora così, invece... Era cresciuta, proprio come le sue amiche.
La osservò rapito, seguendone attentamente i movimenti mentre gesticolava davanti a quello strano aggeggio che le aveva visto al Café.
«Scusami ancora, Minto. Avevo bisogno di parlare con te e mi sono dimenticata del fuso orario di Parigi e delle prove. Mi dispiace davvero di averti disturbato, credimi.» la sentì mormorare imbarazzata e dispiaciuta, mentre usciva e si appoggiavam alla ringhiera del balcone, sfidando il freddo di quella notte dicembrina.
«Ti ho già detto di non preoccuparti. La coreografa ha preferito dar spazio prima a Charlotte con la sua variazione. Ne avrà almeno per altri quindici minuti.»
La rossa parve rasserenarsi e le rivolse un bel sorriso.
«Senti... Per caso hai avuto una strana sensazione in questi ultimi giorni?»
Un'espressione corrucciata si dipinse sul volto di Ichigo alla domanda della ballerina.
«Strana in che senso? Cos'è successo?» chiese, inclinando la testa di lato.
Minto tacque per una manciata di secondi e quando riprese a parlare abbassò notevolmente il tono di voce, tanto che Kisshu fece fatica a sentirla.
«Da un paio di giorni è come se mi sentissi in allerta, come se... non so... ci fosse un pericolo
A quelle parole l'alieno si irrigidì e si avvicinò ancor di più, per sentire meglio il discorso delle ragazze.
«Un pericolo?» balbettò Ichigo. Il brivido che la colse sicuramente non era dovuto alle rigide temperature.
Minto sospirò e si mordicchiò il labbro inferiore, sentendosi una stupida paranoica a dar voce ai suoi pensieri.
«Proprio così. Ultimamente mi sento un po' inquieta...»
«Ma non può essere un po' di agitazione per via del saggio? Del resto si sta avvicinando.» ipotizzò la rossa.
«Semmai sarei emozionata, non agitata. Quando danzo non sento l'inquietudinepuntualizzò la corvina «E poi, se non mi avessi interrotta, mi sarei spiegata meglio.» aggiunse stizzita, dando una rapida occhiata attorno a sé, per controllare che non ci fosse nessuno a portata d'orecchio e che Charlotte fosse ancora impegnata sul palco «È come se fosse Mew Minto ad avere questa sensazione, non la normale Minto.» mormorò «Sempre se possa definirmi "normale".» aggiunse.
Ichigo la fissò per qualche secondo senza proferir parola e la ballerina si sentì ancora più stupida, pentendosi di tutto ciò che aveva detto.
Kisshu, invece, aveva trovato tremendamente interessante le parole della morettina: bisognava parlarne con Taruto e Pai il prima possibile.
«Capisco quello che intendi.» ammise improvvisamente la rossa, iniziando a giocherellare con una lunga ciocca di capelli color rubino, ottenendo la completa attenzione di Kisshu e Minto.
«A volte mi capita. Mi è successo un paio di volte a Londra, sai? Mi sentivo strana e avevo l'impressione che il mio istinto animale mi dicesse di stare all'erta.» continuò l'ex leader «Quando è la mia parte Mew ad avere queste sensazioni mi ricordo che non potrò mai essere una semplice ragazza.» aggiunse in un sussurro, dando le spalle all'albero sul quale si era appollaiato l'alieno «Ma credo fosse dovuto alla lontananza da casa, mi sentivo più vulnerabile e magari il mio istinto felino ha avuto la meglio...»
Sospirarono contemporaneamente, lei e Minto, per poi scambiarsi un'occhiata d'intesa e ridacchiare piano, seppur con una nota di amarezza ben visibile. Prenderla sul ridere era l'unico modo per tentare di superare la consapevolezza di non poter essere normali.
«Non voglio farti perdere altro tempo, poi mi sentirei in colpa... Se vuoi ci sentiamo dopo.»
«Ammettilo, vuoi interrompere la nostra conversazione così da poter sentire Masaya.» la punzecchiò la ballerina.
Ichigo arrossì, balbettando delle frasi confuse, mentre Minto rise discretamente, ma seriamente divertita.
«Se devi andare, va'; altrimenti sappi che ho ancora... cinque minuti scarsi prima di doverti lasciare.» le comunicò, dando una rapida occhiata all'orario e all'amica sul palco.
Ichigo sorrise.
«È stato strano rivederli, sai?» se ne uscì all'improvviso.
«Un tuffo nel passato, eh?»
«Esattamente... Mi è sembrato di tornare a cinque anni fa. È come se avessi rivissuto di colpo tutto quello che è successo: le battaglie, gli scontri, i momenti di sconforto, la paura... È stata una sensazione stranissima.»
«Sì, credo di capirti.»
«Sei davvero convinta di voler partire?»
«Per niente... È un'idea assurda, ma-»
«E allora perché hai detto sì?!»
«Dovresti seriamente prendere in considerazione l'idea di levarti il vizio di interrompere le persone, sai?»
«E tu quello di essere troppo acida certe volte.»
«Farò finta di non aver sentito, perché sono superiore a queste cose e non intendo abbassarmi a certi livelli.»
«E anche modesta, sai?» la prese in giro la rossa «Comunque, spiegami perché hai accettato.»
Minto fece per rispondere, ma si bloccò.
«Charlotte sta finendo. Devo andare, te lo spiego un'altra volta. Mi raccomando domani.»
Ichigo ebbe a malapena il tempo di salutare l'amica con un semplice “ciao” che la comunicazione si interruppe.
Rimase a guardare per un paio di secondi lo schermo nero, poi entrò in camera e mise in carica il tablet, rendendosi conto della batteria quasi completamente scarica. Fece per chiudere le tende del balcone, ma poi rimase a fissare l'albero difronte.
«Kisshu?» chiese piano, uscendo nuovamente «Sei lì?»
L'alieno rimase immobile: meglio ammettere di trovarsi davvero lì o no?
La ragazza socchiuse gli occhi, scrutando con attenzione i rami dell'albero nel tentativo di capire se si fosse sognata la presenza dell'alieno o se lui fosse effettivamente lì, ma a causa della mancanza di luce si arrese quasi subito.
«Solo le allucinazioni ci mancavano... Li ho visti da meno di due ore e già me li immagino fuori dalla mia finestra!» borbottò frustata e, convinta di essersi immaginata tutto, rientrò nella sua camera con uno sbuffo.



Kisshu riprese a respirare tranquillamente solo dopo aver sentito il balcone chiudersi e Ichigo tirare le tende. Inveì contro Taruto e la sua stupida idea di passare dalle ex nemiche prima di dedicarsi alla missione: che senso aveva avuto rincontrarsi dopo cinque lunghi anni? Sospirò frustato e levò gli occhi al cielo, sperando solo che le informazioni apprese spiando Ichigo che conversava con Minto potessero essere utili in qualche modo per la loro missione.


«Sai dov'è Kisshu?»
Pai scosse la testa alla domanda del minore senza neppure levare gli occhi dal monitor difronte a sé, nonostante una qualche idea gli avesse attraversato la mente.
«Novità?» chiese ancora Taruto, avvicinandoglisi e spiando la serie di dati che scorrevano veloci.
«Per il momento no, ma siamo qui da troppo poco per avere dei segnali chiari e sicuri... e poi dubito che ci siano tracce lasciate in bella mostra.»
Il fratello annuì piano, spostando lo sguardo verso le luci della città che brillavano nella notte. Stava per riaprire bocca, quando l'aria si increspò difronte a lui, rivelando il sorriso soddisfatto di Kisshu, tornato da chissà dove.
«Ho delle importanti novità: abbiamo una meta.»



Nonostante l'ora tarda e la consapevolezza che l'indomani la sveglia sarebbe suonata ugualmente, Retasu continuava a fare ciò che la stava tenendo impegnata da quando aveva finito di cenare: scribacchiava con attenzione e in modo molto ordinato degli appunti presi dal pc acceso e dai libri che ricoprivano interamente la scrivania, cercando di concentrare tutte le informazioni sulla biodiversità terrestre tra quelle pagine, così da poter avere un quadro di insieme omogeneo per il pomeriggio successivo. Mordicchiandosi il labbro inferiore aprì un'altra pagina web, così da confrontare più fonti, fermandosi un attimo con le dita a sfiorare la tastiera. E se invece si fosse rivelato tutto un'enorme pazzia, come Ichigo aveva ribadito con fermezza?
«Ancora sveglia?»
La domanda della madre la fece sussultare e fare una lunga riga storta sulla pagina prima immacolata.
«Scusami tesoro, la porta era socchiusa e ho visto che tenevi ancora la luce accesa.» mormorò la donna, entrando nella stanza «Stai studiando?» chiese poi, avviciandosi alla figlia e sbirciandone gli appunti.
«Qualcosa del genere...» rispose vaga lei, chiudendo delicatamente il quadernino e voltandosi verso la madre.
«Hai pensato a cosa fare?» domandò la donna, portando una ciocca dei corti capelli della figlia dietro l'orecchio e approfittandone per farle una lieve carezza.
«Forse...»
«Ma non me lo dirai finché non ne sarai sicura. Il tuo cuore ha già deciso, ma il tuo cervello non fa che rifletterci su facendoti venire mille dubbi, vero?»
Le labbra di Retasu si schiusero in una piccola o muta.
«Okay, ho capito. Non sono discorsi da fare a quest'ora.» mormorò la signora Midorikawa trattenendo uno sbadiglio ed arrendendosi alle risposte vaghe della giovane «Ricordati che hai diciotto anni.» disse poggiandole le mani sulle spalle «Non pensare troppo. Se hai trovato ciò che ti può rendere felice, prosegui per quella strada. Non posso darti certezze sulla riuscita del progetto che hai in mente, ma posso assicurarti che non avrai rimpianti tra qualche anno.» le sussurrò «Non devi per forza prendere giurisprudenza, solo perché ne hai parlato con me e tuo padre al tuo ritorno dall'Africa. Se senti che la tua strada è un'altra, non avere paura di dircelo, il nostro affetto per te non cambierà.» concluse, depositandole un bacio sui capelli smeraldini «Buonanotte tesoro.»
«'Notte... e grazie.» disse piano la ragazza, osservando la madre sorriderle e chiudersi la porta alle spalle. Senza saperlo, le aveva appena dato la certezza di fare la cosa giusta.



Pai fece schiocchiare la lingua infastidito, scoccando un'occhiata di sottecchi a Kisshu che, seduto con gli occhi chiusi, pareva sereno. Inutile dire che i suoi pensieri si erano rivelati esatti: il mezzano si era proprio recato da quella rossa che lui, per una serie infinita di motivi, mal sopportava.
Si pentì di essersi lasciato convincere da Taruto ad andare al Café Mew Mew: quella visita avrebbe comportato più danni che altro. Dopo quella logorante guerra di anni prima anche il rapporto fra loro aveva avuto dei forti problemi e ora aveva l'impressione che il precario equilibrio che avevano faticosamente ritrovato stesse vacillando. Inutile nergarlo: cinque anni fa la colpa di quello che era successo era prevalentemente sua. Se chiudeva gli occhi riusciva a vedere il corpo esanime di Taruto cadere con un tonfo per terra, ferito mortalmente dalla sua arma durante la battaglia finale. Lui, il fratello maggiore che doveva proteggere gli altri due, aveva permesso che venissero uccisi, anzi, era stato lui stesso carnefice del piccolo. Tutto solo per seguire Deep Blue; cieco ai piccoli segnali che i suoi fratelli avevano intravisto e sordo alle loro parole, aveva giurato fedeltà eterna a un dio fasullo, rendendosi conto dell'enorme sbaglio tardi e cercando di porvi rimedio sacrificando se stesso. Quando erano tornati in vita aveva appreso che Taruto non aveva memoria di quello scontro finale, se non di piccole scene insignificanti e mal collegate fra loro. Non sapeva se fosse merito della Mew Aqua o della stessa mente del minore, ma Taruto non ricordava di essere stato ferito mortalmente dal fratello maggiore. Un sollievo per Pai, che, però, non alleggeriva per niente il senso di colpa che da cinque anni a quella parte gravava sulle sue spalle. Nessuno sapeva di quella storia sul loro pianeta, né tanto meno Kisshu con il quale aveva ricucito con estrema fatica un rapporto che credeva di non poter più avere. Il mezzano gli aveva serbato del rancore per parecchi mesi a causa del suo comportamento sulla Terra, confessare di aver ucciso Taruto non avrebbe fatto altro che dare a Kisshu un altro pretesto per non fidarsi più di lui.
«A che pensi?»
La domanda di Kisshu interruppe il filo dei suoi pensieri.
«A come agire ora.» mormorò piano, fissando il panorama «Questo potrebbe confermare le nostre ipotesi, ma portare avanti la missione basandoci su delle sciocche sensazioni di due ragazzine mutanti...»
«Ah, già, è vero. Pai Ikisatashi si fida solo dei numeri e di dati certi, che stupido io a pensare che potesse reputare interessanti delle sciocche sensazioni di due ragazzine mutanti.» lo canzonò il fratello «Almeno ora abbiamo un area dalla quale iniziare.» disse serio, mettendosi di fronte a lui.
«Potremmo solo perdere tempo.» gli fece notare Pai. fissandolo negli occhi.
«Potremmo risolvere tutto immediatamente,» ribatté Kisshu, sostenendo lo sguardo senza problemi «Dillo che non vuoi ammettere che potrebbe essere la via giusta, solo perché non è un'idea tua.»
«E sia, proviamo facendo come dici tu.» borbottò l'altro dopo degli interminabili attimi di silenzio.
«Tanto per la cronaca: io sono contrario.» si intromise Taruto, che fino a quel momento era rimasto ad osservare i suoi fratelli in silenzio «Non potremmo semplicemente rivela-»
«Non se ne parla e su questo non transiggo.» lo interruppe Pai, intuendo già dove il minore volesse andare a parare e fulminandolo con lo sguardo «Quelli già non dovevano sapere della nostra presenza qui... La nostra vera missione deve rimanere segreta. Per di più domani pretendo che tu le faccia desistere dal partire con noi: non abbiamo bisogno del loro aiuto.»
«Agli ordini.» sibilò con astio Taruto, riducendo gli occhi a due fessure, prime di scomparire nel nulla.
«Sull'ultimo punto avrei da ridire: sono convinto che ci servano. E poi: ragazzine mutanti, quelli... hanno dei nomi, sai? Possibile che tu non riesca ancora a vederli come creature in qualche modo simili a noi?»
«Questo è stato il vostro più grande errore, tuo e di Taruto; ciò che vi ha portato a creare un legame e desiderare di tornare qui prima o poi. Inizia a vederla a modo mio e la finirai di avere nella testa quella rossa.»
«Non crederti tanto superiore a noi e smettila di...»
Kisshu non fece in tempo terminare la frase che Pai scomparve, lasciandolo solo.
«Quanto lo detesto quando fa così...!»



«Quanto lo detesto quando fa così...!»
Taruto ricomparve inviperito in una zona sconosciuta dell'immensa Tokyo.
Gliel'avrebbe detto lui stesso se non avesse disubbidito a colui che, suo malgrado, era un suo superiore in quella missione. Aveva ricordi vaghi del precedente viaggio sul suolo terrestre, ma ricordava perfettamente la testardaggine di Pai e il non cercare di comprendere mai le parole sue e di Kisshu. Ora, al pensiero di tradire in quel modo la sua fiducia (perché era soprattutto per lei che stava in pena) si sentiva male.
All'improvviso l'immagine di una lei di cinque anni prima si affiancò ad una sua immagine del presente.
Possibile che fosse cresciuta così? E possibile che lui fosse stato tanto ingenuo da credere che l'avrebbe ritrovata così come l'aveva lasciata?
Si prese il volto tra le mani e sospirò, mormorando piano il suo nome e lasciandolo in custodia al vento e alla notte che di lì a poco si sarebbe trasformata in alba. Quanto era rimasto lì?
«Oh, Purin...»



«Sei distratta.»
La voce di Natsumi era a metà fra il rimprovero e lo stupito.
Purin non rispose -anche perché quella della compagna non era proprio una domanda- limitandosi a rialzarsi velocemente dal materassino sul quale era caduta dopo aver perso la presa da una delle travi delle parallele asimmetriche.
Per la quinta volta nel corso di quella giornata.
«Non è da te.» continuò imperterrita la compagna «Dai, ti do il cambio.» aggiunse, impolverandosi le mani per iniziare l'esercizio.
Purin si fece da parte per lasciare più spazio a Natsumi che, con grazia innata, iniziò ad eseguire alla perfezione la serie di esercizi.
«Arrivo subito.» mormorò, non curandosi se la compagna l'avesse sentita o meno, correndo veloce verso gli spogliatoi sperando che l'allenatore non la vedesse.
Entrata nel bagno si sciacquò velocemente il volto fissando il suo riflesso per qualche istante.
«Rimani concentrata, Purin. Rimani concentrata.»
Niente da fare, il suo cervello trovava qualsiasi pretesto per farglielo venire in mente. Come in quel momento: fissare il borsone arancione di Haruna gli fece subito venire in mente i suoi occhi. E al pensiero di rivederlo tra qualche ora le sue gambe ebbero un fremito.
"Che mi sta succedendo?!"




«Sappi che, se è uno scherzo, non è divertente. Per nulla.»
«Già l'hai presa meglio di come mi aspettavo e non mi hai nemmeno urlato contro per averli invitati al Café stasera.»
«Sorvoliamo su questo. Non serve che ti dica quanto io sia contrario a questa decisione.»
«Purin ci tiene.»
«E io tengo a te e a tutte loro. Invitare quelli a casa non mi sembra una chissà grande idea, sai?»
Kei sospirò, fissando il biondo -furioso e preoccupato- attraverso lo schermo del computer del laboratorio.
«Si sono dimostrati piuttosto gentili nel venire ad avvisarci della loro presenza sul nostro pianeta, non penso abbiano cattive intenzioni. Non stavolta.»
«Sempre a trovare il bene negli altri...»
«E tu sempre il male.» replicò il pasticcere senza particolari inflessioni nella voce.
«Kei... scusa.» mormorò Ryo, passandosi una mano sul volto «È che... ci mancavano solo loro ora!» sbottò teso.
«Magari potremmo chieder loro un parere su-»
«No. Non abbiamo detto nulla alle ragazze, non diremo nulla nemmeno a loro. Per di più ora, dato che il fenomeno pare si sia calmato.» lo interruppe lui.
«Proprio per questo vorrei confrontarmi con loro. Magari potrebbe esserci un collegamento su questa calma e il loro arrivo.»
«"Calma" e "alieni" non stanno bene in una sola frase...» disse acido «Ma... facciamo che trovo il primo volo disponibile per Tokyo, così ne parliamo per bene di persona, okay? Tu comunque sta' attento e informarmi su tutto




Con un sorriso smagliante -che cozzava decisamente con il suo stato d'animo di quella mattina- Purin fece cadere su uno dei tavoli del Café una dozzina di volumi.
«Tra questi libri troverete sicuramente qualcosa che faccia al caso vostro! Avete già qualche idea per la nostra prima tappa?»
Pai e Taruto si scambiarono un'occhiata veloce.
«Ma siete sicure di voler venire con noi? Insomma, non vorremmo disturbarvi...» iniziò il minore incerto, sentendosi lo sguardo del fratello addosso.
«Ma quale disturbo, se possiamo aiutarvi siamo felici! Non vi saremmo di alcun intralcio, ve l'assicuro.» poi, cambiando totalmente argomento, Purin continuò: «Credo che possiate evitare i posti più freddi, o almeno rimandare la visita più in là. A me piacerebbe andare in Africa, ma anche la foresta pluviale non deve essere male! Per non parlare dell'Australia poi...!» prese un atlante da quelli presenti sul tavolo ed iniziò a sfogliarlo velocemente «Guardate che bei posti! Credo che l'Australia sia una meta perfetta per il nostro viaggio, Taru-Taru!»
Più Purin parlava, più Pai si pentiva per aver deciso di assecondare Taruto -in quel momento con le guance rosse che protestava con la ragazzina per quel nomignolo che lei si era ostinata a dargli- : se avessero evitato di presentarsi al Café, in quel momento non avrebbe dovuto ascoltare la più piccola fra le Mew Mew parlare a macchinetta sottolineando con fin troppa enfasi l'aggettivo "nostro" in riferimento al viaggio che li attendendeva. Viaggio che, senza alcun dubbio, sarebbe stato altamente più semplice senza le umane fra i piedi, checché ne dicesse Kisshu.
«Sentite un po' che dice qui: In Australia vivono più di 378 specie di mammiferi, 828 specie di uccelli, 4000 specie di pesci, 300 specie di lucertole, 140 specie di serpenti, due specie di coccodrilli e 50 varietà di mammiferi marini. Più dell'80 percento di piante, mammiferi, rettili e rane è unico al mondo e introvabile negli altri continenti. Praticamente è la descrizione perfetta di quello che cerchiamo! Tra gli animali più noti ci sono il canguro, il koala, l'echidna, il dingo, l'ornitorinco, il wallaby e il vombato.» tre secondi di pausa e sopracciglia aggrottate «Ma cos'è un vombato?»
«Un piccolo marsupiale australiano.»
La voce leggera di Retasu colse un po' tutti di sorpresa e, quando l'attenzione si concentrò su di lei, la ragazza arrossì.
«La porta sul retro era socchiusa, scusate...» mormorò imbarazzata salutando i presenti con un inchino; avvicinatasi al tavolo già ricoperto da diversi libri, ne tirò fuori altri dallo zainetto che portava sulle spalle tra cui il suo quaderno «Nonostante l'aumento dell'inquinamento, la biodiversità terrestre è alquanto ricca. Ho pensato che questi avrebbero potuto aiutarvi.» lo disse quasi a mo' di scuse, non sapendo nemmeno lei bene il perché.
«Hai fatto benissimo, nee-san!» rise Purin agguantando un volume dedicato interamente all’Australia ed iniziando a sfogliarlo avidamente, riempiendo di parole Taruto accanto a lei.

La verde si ritrovò a ringraziare per la presenza di Purin che alleggeriva la tensione palpabile di quello strano gruppo che si era ritrovato al Café. Kei era in cucina intento sicuramente a creare qualcuna delle sue delizie, ma di tanto in tanto compariva in sala per controllare la situazione, mentre lei, Pai, Taruto e Purin si trovavano riuniti attorno al tavolo a consultare i vari tomi. Il maggiore dei tre alieni era ancora più riservato di quanto ricordasse e aveva dipinta sul volto un'espressione terribilmente scocciata, probabilmente dovuta ai continui battibecchi di Taruto e Purin. Determinata, però, a non lasciarsi intimidire, Retasu decise di farsi coraggio e provare a parlare con lui. Fino a qualche mese prima probabilmente non l'avrebbe fatto, ma il viaggio in Africa aveva portato alla luce un nuovo lato di lei: la voglia di sapere. Aveva appreso come ogni essere vivente potesse essere fonte di arricchimento per lei e, da quell'esperienza, si era ripromessa di non lasciarsi sfuggire nessuna possibilità di conoscenza.
«Avete già qualche idea?» domandò Retasu curiosa, cercando di avviare una possibile conversazione «Per il primo luogo da visitare, intendo.» specificò dopo qualche istante davanti l'occhiata stranita che Pai le aveva rivolto.
«Sì, l'avevo capito.» mormorò l'altro perplesso non tanto per la domanda, ma per il fatto che lei gli avesse rivolto la parola.
Retasu arrossì ed inziò a torturarsi le mani nervosamente con lo sguardo basso, capendo che lui non le avrebbe risposto e pensando che sarebbe stata migliore la scelta del silenzio da parte sua.
Fruscio di pagine.
«Europa.»
Retasu, stupita da quella risposta che credeva non sarebbe mai arrivata, alzò lo sguardo su Pai che osservava su uno dei libri presi dal tavolo l'atlante geografico del pianeta.
«È così che si chiama questo territorio, no?» le domandò, indicandolo sulla cartina.
«Uh? Sì sì, questo è l'Europa.» rispose con un secondo di esitazione, non aspettandosi la domanda, poi sorrise «Non è un continente che conosco bene...» ammise, mordicchiandosi il labbro inferiore e tamburellandosi le dita sulla guancia, mentre le informazioni che aveva letto la sera precedente si mischiavano nella sua testa «Però so che ci sono ambienti molto diversi tra loro, quindi anche la biodiversità dovrebbe essere piuttosto varia.»
Retasu stava per chiedergli perché avessero scelto proprio l'Europa, ma l'urlo di Purin la fece sussultare e voltare di scatto. La biondina aveva stampato in volto un sorriso smagliante, ridacchiava con gli occhi che le brillavano per l'entusiasmo mentre saltellava per il locale.
«Ma è sempre così incontenibile?» mormorò Pai, indeciso se: uno, fare uno sforzo e resistere ancora in quell'edificio assurdo; due, scatenare il suo potere contro quella peste bionda; tre, teletrasportarsi via e abbandonare Taruto al suo destino.
«È semplicemente euforica.» ribatté piano Retasu, guardando amorevolmente quella forza della natura che aveva come amica «Aspettava il vostro ritorno da anni, ora che siete qui è comprensibile che si comporti in questo modo»
«Mi vuoi spiegare che ti è successo ora?!» sbottò Taruto che la prese per un braccio, costringendola a fermarsi e tirandola verso il tavolo.
Con aria da cospiratrice, Purin sussurrò: «Voi sapete teletrasportarvi.»
«E questo si sapeva.»
«Quindi potete andare dove volete.» dedusse Purin.
«In un certo senso sì. Non possiamo fare spostamenti esagerati tipo tornare al nostro pianeta, ma sulla Terra dovremmo essere capaci di andare dove vogliamo.» disse Taruto, allentando piano la presa sulla vita di Purin.
«Perfetto!» trillò la ragazza, lanciando dei gridolini ed ricominciando a saltellare.
«Eh no! Mo' la pianti e ci spieghi.» sbottò Taruto esasperato, agguantandola dal maglione e tirandola di nuovo verso il tavolo «Cos'è perfetto?!»
«Faccio fatica a seguirti anch'io, Purin.» ammise Retasu.
«È presto detto: essendo a dicembre siamo prossimi al Capodanno...» iniziò, sorridendo furbetta «...con loro potremmo festeggiare l'inizio del nuovo anno ad ogni ora in un luogo diverso!» disse «Ci pensi?! Sidney, Pechino, Rio, New York e chissà quante altre città...! Nessuno al mondo può vantare di aver vissuto una simile esperienza: saremo noi le prime!» esclamò ricominciando a saltellare attorno al tavolo.
«Non so se te ne sei resa conto, ma noi non siamo qui per giocare.» la freddò Pai, impedendo ogni sorta di risposta da parte degli altri due «Abbiamo una missione da compiere, non vogliamo fare i turisti sul vostro pianeta.» sibilò.
«Guastafeste. Guarda che il nostro pianeta è molto bello, così come anche certe celebrazioni. Sarebbe un peccato perdersele.» sbuffò Purin, incrociando le braccia al petto.
Ecco, era in momenti come questo che Taruto non riusciva a capire se a trovarsi di fronte a lui ci fosse quella bimba che aveva conosciuto anni addietro o una ragazza.
«Purin, i nostri ospiti sono giunti sulla Terra per un motivo ben preciso.» si intromise Kei senza perdere il suo solito garbo, portando accanto al tavolo un carrellino con delle tazze fumanti di cioccolata calda «E tu ti sei proposta di dar loro una mano, non di stravolgere i loro piani e coinvolgerli in qualcosa che non sia legato alla loro missione.»
Purin storse le labbra, conscia di quanto fossero veritiere le parole dell'amico più grande, e si allungò verso un volume aperto sul tavolo.
«Europa, eh? Sapete, noi dovremmo essere lì tra una ventina di giorni per il saggio di Minto...» mormorò, sfogliando le pagine «Però in Australia dobbiamo proprio andarci, sappiatelo.»



Ichigo fissava la neve che ricopriva il parco Inohara senza vederla davvero. Le persone che, come lei, avevano deciso di stare lì a quell'ora erano davvero poche, complice un venticello gelido che si infiltrava fin sotto i vestiti; non era normale che, avvertendo tutto quel freddo, lei si trovasse lì seduta su una panchina a congelare, ancor di più quando si trovava a meno di dieci minuti di cammino dal Café. L'intenzione di andarci vi era stata, per poi sparire completamente quando si era ritrovata difronte a quella struttura così familiare, ma in quel momento troppo estranea. Non era riuscita ad entrarci consapevole della loro presenza lì dentro, tutto qui. All'aumentare del vento lei si decise ad inviare un messaggio di scuse a Retasu, nel quale spiegava che per via di uno spiacevole imprevisto si ritrovava impossibilitata ad arrivare al Café, così da poter alzarsi e tornare a casa.
«Anche tu non sei andata.»
Quella voce innaspettata, vicina e familiare la fece sussultare così tanto da farle quasi cadere il cellulare dalle mani.
«Kisshu...?! Ma avvicinarti come le persone normali, no, eh? Questo maledetto teletrasporto, lo detesto!»
«Guarda che non ho usato il teletrasporto, stavo camminando.» disse lui, poggiando i gomiti sulla spalliera della panchina e inclinando la testa così da avvicinarsi al volto della ragazza «Sei tu a non esserti proprio accorta che mi stavo avvicinando.»
Ichigo tacque e lo fissò di sottecchi in silenzio, per poi distogliere lo sguardo e iniziare ad aggiustare la sciarpa in modo tale da nasconderle quanto più possibile le gote, consapevole del loro rossorre.
«...Come va?» gli chiese dopo un po', schiarendosi la voce ed iniziando a torturarsi le dita coperte dai guanti sotto lo sguardo stupito di lui.
«Uhm, bene.» rispose il giovane, cercando di interpretare il comportamento della ragazza difronte a lui: aveva paura? Aveva dimenticato quello che era successo fra loro cinque anni prima? Ce l'aveva ancora con lui?
«Perché non sei andato con gli altri al Café?» gli chiese ancora lei, cercando di mantenere viva la conversazione, non sapendo nemmeno lei bene il motivo.
«Perché non ci sei andata nemmeno tu?» domandò invece di rimando lui.
«Minto dice che è maleducazione rispondere ad una domanda ponendone un'altra.» disse Ichigo, voltandosi per la prima volta verso di lui.
Kisshu stirò le labbra in un brevissimo sorrisetto, incomprensibile ad Ichigo, decidendo di sedersi accanto alla ragazza, mantenendo però un minimo di distanza di sicurezza,
"Non volevo stare con te. Eppure, appena ho scorto la tua chioma rossa, mi sono avvicinato."
 «La mia presenza sarebbe stata totalmente inutile.» buttò lì, allungando le gambe.
«A Purin sarai mancato.»
Kisshu aggrottò le sopracciglia, perplesso.
«Dubito che si sia accorta della mia assenza. La sua attenzione sarà stata catalizzata verso qualcun altro.» le fece notare.
«A lei non è mancato solo Taruto.»
«E a voi altre non è mancato nessuno di noi.»
Ichigo non rispose: cosa avrebbe potuto dire, poi? Lei aveva davvero sentito la mancanza di Kisshu e degli altri?
«È strano...» mormorò all'improvviso «...vederti così, intendo.» specificò poi, lasciando che i suoi occhi marroni vagassero sui vestiti umani che il giovane portava fino a soffermarsi sul cappello che nascondeva le orecchie.
«I nostri abiti avrebbero attirato l'attenzione e non vogliamo che accada.» spiegò lui «E poi mi piacciono... anche se sono strani.»
«Per noi erano assurdi i vostri...» ridacchiò Ichigo, ricordando gli strani indumenti dei tre alieni cinque anni prima «Non avevate mai freddo, poi?»
«L'inverno di Tokyo non ci dava alcun problema. All'epoca eravamo abituati a ben più rigide temperature...» le ricordò.
«...quindi ora va meglio da voi?»
Kisshu si limitò ad annuire, senza sforzarsi di darle ulteriori dettagli.
«E tu invece?»
«Io cosa?» balbettò Ichigo, sbattendo le palpebre.
«Perché non ti sei presentata?»
«Per illudermi che tutto possa continuare ad essere normale.»
«Allora deduco che tu abbia bocciato in pieno la proposta di Purin, vero?»
«Vorresti dirmi che non vi darebbe fastidio la nostra presenza per la vostra missione?!» chiese scettica.
«Minto dice che è maleducazione rispondere ad una domanda ponendone un'altra.» le fece il verso Kisshu, godendosi l'espressione stupita di Ichigo.
Dapprima la ragazza gonfiò le guance indispettita, poi -conscia del fatto di non avere più tredici anni- si ricompose e, lisciandosi il cappottino, mormorò sommessamente:
«Non lo so... Lei la fa troppo facile.»
«E tu troppo complicata. Non vuoi venire perché non ti interessa e hai meglio di fare o perché non vuoi trascorrere del tempo con tre alieni?»
Ichigo incassò quelle parole, fin troppo veritiere, in silenzio.
L'idea di partire la elettrizzava, come a tutte del resto, ma...
Ma aveva appena capito di voler diventare veterinaria, avrebbe dovuto studiare; ma non poteva andare a fare la giramondo con quelli che erano stati i suoi nemici; ma non poteva stravolgere di nuovo la sua vita; ma cosa avrebbe detto a Masaya?
Ma il "ma" più pesante era uno: poteva davvero deludere Purin?
La verità era che non ne avrebbe avuto il coraggio, soprattutto dopo esser mancata alla sua ultima gara... Dissuaderla era fuori discussione: aveva aspettato troppo tempo il loro ritorno e non si sarebbe separata da Taruto tanto facilmente.
La verità era che i suoi sensi più profondi la stavano spingendo ad accettare quella missione assurda... Era quasi un bisogno quello che avvertiva: era come se la sua parte animale le urlasse con tutto se stessa di partire.
Kisshu la osservò per vari secondi, domandandosi cosa le passasse per quella testolina che, probabilmente, non era mai riuscito a capire fino in fondo, cercando di interpretare ogni cambio di espressione: dall'aggrottare le sopracciglia al mordersi il labbro inferiore, dal picchiettarsi il mento con le dita ad alzare gli occhi al cielo...
Resosi conto che Ichigo si era dimenticata della sua presenza, si alzò guardandosi attorno così da accertarsi che non ci fosse nessuno che potesse vederlo teletrasportarsi via.
«Tu, Taruto e Pai avete già deciso la prima tappa?»
La domanda di Ichigo lo colse alla sprovvista, così come il tocco delicato delle sue mani che gli strinse l'avambraccio.
«Europa.» rispose senza voltarsi, nascondendo quel lieve sorriso che gli era spuntato sulle labbra chiare.
«Mi sarei aspettata qualcosa di più... esotico e anche più circoscritto.» ammise lei, arricciando le labbra «Perché proprio da lì?»
«Da qualcosa bisognava pur cominciare, no?» ridacchiò lui, girandosi per guardarla negli occhi.
«Noi dobbiamo essere lì tra un paio di giorni, per via del saggio di Minto...» ragionò Ichigo, lasciando il braccio di Kisshu «Si potrebbe tranquillamente pianificare il viaggio con calma e poi andare da Minto a Parigi. Da lì sarà più facile spostarsi, no?»
«Dubito che il passerotto voglia tre alieni al suo spettacolo.»
«Scherzi? Più persone la ammirano mentre danza più lei è felice! Ma se non vi va potreste tranquillamente continuare le vostre ricerche mentre noi saremo a teatro.»
«Chi è che ora la fa troppo semplice?» la prese in giro lui, guardandola dall'alto al basso.
Ichigo roteò gli occhi esasperata e, attorcigliandosi una ciocca rubino attorno alle dita, borbottò piccata che lei stava solo cercando di rendere la situazione più comoda per tutti.
«Ne parlerò con Pai e Taruto.» disse Kisshu «E tu faresti meglio a parlarne con le tue amiche prima.» le consigliò, incrociando le braccia al petto «Se ho capito almeno un po' quella scimmietta bionda, avrà già stabilito il prossimo appuntamento per la questione viaggio, senza sentire ragioni di alcun tipo: è decisamente una tipetta tosta.» sogghignò.
«Se così non dovesse essere potremmo vederci io e te, così da poterne discutere...» mormorò la ragazza, stritolando la tracolla della borsetta abbandonata sulla panchina «Nel frattempo io ne avrò parlato con le altre e tu con i tuoi...»
Si bloccò. Compagni? Amici? Colleghi? Effettivamente cosa legava quei tre?
«...fratelli.» le venne in aiuto Kisshu «Stasera ne discuterò con i miei fratelli, così da poterti aggiornare domani.»
«Oh... d'accordo. Perfetto... a domani allora.» rispose impacciata lei, impreparata ad una risposta del genere.
Kisshu le rivolse un cenno del capo e poi un lungo sguardo indecifrabile, prima di sparire sotto i suoi occhi, lasciandola sola.
Ichigo sospirò, abbandonandosi stancamente contro lo schienale ghiacciato della panchina.
«Cos'è appena successo?» sussurrò, alzando gli occhi verso il cielo scuro.
Aveva fatto tanto per evitarlo -perché anche, e forse soprattutto, lui c'entrava nella sua assenza della riunione al Café- per poi finire per decidere di incontrarlo il giorno successivo?
«Certo che sono proprio strana...» convenne, arricciando le labbra in una smorfia, per poi alzarsi e decidere finalmente di tornare a casa.





Per la serie "a volte ritornano", eccomi qui! :3
Vi ero mancata?
Spero di sì, o almeno un pochino!
Around the World per me è non è una fic qualsiasi, ma è la fic. La trama mi è piovuta dal cielo tanti mesi fa e ci tengo davvero a fare un bel lavoro. Purtroppo questo significa, per me, prendermi dei luuuuuuunghi tempi e se già ero lenta quando facevo il liceo è ancora troppo strano utilizzare il passato, aiuto! immaginate ora che faccio l'università... Ma mi sto impegnando. Dopo la maturità ho ritrovato l'affetto per le fic che avevo perduto negli ultimi mesi, quindi quest'estate mi sono messa d'impegno, cercando di recuperare. Spero che il risultato vi piaccia :)
In realtà l'inizio del capitolo era stato impostato l'anno scorso ve l'ho detto, sono veloce a scrivere , così come il titolo (stranamente l'ho deciso prima di scrivere il capitolo ed è un verso preso da "Perfect Strangers" di Jonas Blue), ma aspettavo un'illuminazione improvvisa per Pai, così da cercare di rendere bene un personaggio alquanto difficile da manovrare. Sta a voi dire se io ci sia riuscita o meno ^^"
Non so quando sarà il prossimo aggiornamento, spero presto, ma ancora non ho scritto nemmeno una parola del capitolo successivo...
Vi abbraccio e vi auguro "buon tutto"!
Marty

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Capitolo 7
*** Verständnislosigkeit ***


Verständnislosigkeit


 

«Certo che sei proprio strana.» affermò Minto, incrociando le braccia al petto, dopo che Ichigo ebbe esposto a grandi linee la conversazione avuta qualche ora prima con Kisshu.
La rossa si strinse nelle spalle, arricciando le labbra e iniziando a disegnare ghirigori indefiniti sul copriletto rosa della sua stanza.
Minto continuò a guardarla con cipiglio severo, Zakuro con le sopracciglia leggermente aggrottate, Retasu un po' confusa e Purin con un sorriso tranquillo.
Tutte reazione diverse che, però, la ragazza si aspettava.
«Quindi è stato lui l'imprevisto che non ti ha permesso di venire al Café?» si informò la biondina, interrompendo un silenzio che si stava protraendo troppo a lungo.
«In un certo senso...» mormorò Ichigo, conscia di non essere completamente bugiarda: lei si era bloccata a pochi minuti dal Café proprio perché il pensiero di rivederlo la mandava in agitazione. Che poi si fosse messa a chiacchierare con lui al freddo e al gelo su una panchina e che gli avesse addirittura proposto di incontrarsi il giorno successivo era tutta un'altra storia.
«Siete riusciti a chiarirvi?» chiese ancora Purin, ma notando l'espressione confusa dell'ex-leader si sentì in dovere di specificare: «Beh, cinque anni fa il suo atteggiamento nei suoi confronti era piuttosto inquietante, poi però si è sacrificato anche lui nella battaglia finale. Siete riusciti a parlare del passato? Se vogliamo partire insieme non bisogna serbare rancore.» dopo un attimo di leggera esitazione ci tenne ad aggiungere: «Ovviamente non lo dico solo per te, Ichigo nee-san.»  
«Posso ammettere di sentirmi toccata?» soffiò Zakuro.
«È che, non so... forse ero troppo piccola quando è successo tutto, ma non riesco ad avercela con loro. Alla fine mi sono convinta che, seguire il consiglio di Retasu e cercare una via pacifica, sarebbe stato meglio.»
«Nessuno può dire quello che sarebbe successo se avessimo agito diversamente.» si intromise Minto «Forse i tempi non erano abbastanza maturi e forse non lo eravamo abbastanza nemmeno noi. In fondo io, Retasu e Ichigo avevamo tredici anni, Zakuro quattordici e tu dieci. Alla fine eravamo solo delle ragazzine che da un momento all'altro si erano ritrovate con dei superpoteri e il compito di difendere la Terra.»
«Ryou e Kei dovevano essere davvero disperati se hanno affidato il destino di miliardi di persone a noi...» ridacchiò Purin.
«Non ce la siamo cavate troppo male alla fine, o no? » sorrise Ichigo, giocherellando con una ciocca di capelli.
Il sorriso, però, le tremò un po' leggendo il messaggio privato che Minto le aveva appena inviato.

Purin si sarà anche dimenticata della domanda che lei stessa ti ha posto, ma io no.22:13
Dopo voglio parlare con te di Kisshu.22:14


«Pensate mai a come sarebbe stato se i nostri DNA non fossero stati compatibili con quelli degli animali a codice rosso? Se le Mew Mew fossero state altre ragazze?» domandò all'improvviso Retasu, poggiando il mento sulle mani a coppa.
«Sono contenta di essere diventata MewPurin, anche perché altrimenti non saremo mai diventate amiche!» trillò la biondina, facendo loro l'occhiolino.
«Probabilmente risulterò smielata, ma me piace pensare che, in qualche modo, saremmo diventate amiche comunque.» mormorò dolce Retasu.
«Non so dirvi se ci saremmo trovate in ogni caso, ma credo che siamo state brave a trarre da quell'esperienza il meglio possibile.» disse Zakuro.
«Di certo io non sarei mai diventata amica di una sempliciotta come Ichigo se non fossi stata costretta a sopportarla come compagna di squadra.» sentenziò Minto, sorridendo angelica alla diretta interessata.
«È rassicurante sapere che ci saranno delle cose, nella vita, che non cambieranno mai, come la consapevolezza che tu, cara Minto, rimarrai sempre un'eterna spocchiosa assolutamente insopportabile.» le rispose Ichigo, ricambiando con lo stesso sorriso.
«Il giorno in cui cambierete questo modo, tutto vostro, di dimostrarvi affetto, mi preoccuperò.» rise Purin, per poi cercare di nascondere lo sbadiglio che affiorò spontaneo sulle sue labbra.
«Ora della nanna.» decretò Zakuro e, per la prima volta, la ragazzina non obbiettò.
«Agli ordini!» esclamò infatti, imitando il saluto militare «Non protesto solo perché sono effettivamente stanca e perché mi piace far finta di essere una brava figlioletta e tu, Zakuro nee-san, mi ricordi tanto la mamma con quella pettinatura. Sei proprio bella come lei.» disse dolce per poi tacere giusto pochi secondi, volgendo lo sguardo verso il cielo scuro della notte, sicura che lei la stesse guardando «Vi voglio bene amiche mie! Retasu, Ichigo, domani badate bene di non darmi buca: l'appuntamento con Taru-Taru, Pai e Kisshu è alle sette al Café. Buonanotte!»
Le ragazze non riuscirono nemmeno a salutare la piccola che la comunicazione con lei si interruppe velocemente.
Zakuro si guardò istintivamente allo specchio, osservando l'elaborata pettinatura che le era stata fatta per il suo imminente servizio fotografico con il desiderio di sciogliersela immediatamente.
«Aveva gli occhi lucidi.» osservò piano Minto.
«L'ho notato anch'io...» balbettò Retasu, sentendo un nodo alla gola.
«È raro che si apra con noi parlando così esplicitamente della madre...»
«Ichigo? Retasu?»
Zakuro non ebbe bisogno di dire altro, la capirono al volo.
«Vedo se mio padre è ancora sveglio, così da poterci accompagnare da lei.»
«Abbracciate quella peste da parte mia.» sorrise tirata Minto.
«Tranquilla, penseremo noi a lei.» la rassicurò Retasu, congedandosi per andare a cambiare i vestiti.
 «Per le prossime due ore sarò impegnata, ma tenetemi aggiornata tramite messaggio.» disse Zakuro, per poi salutarle con un cenno del capo e interrompere la connessione con loro.
«Minto?» la chiamò Ichigo, aggrottando le sopracciglia nel vederla fissarla concentrata.
«Io sono in pausa per mezz'ora ancora, poi sarò di nuovo alle prove fino a stasera. Avvisami appena arrivate, poi tu ed io potremo sentirci...» la ballerina fece una breve pausa, calcolando la differenza di orario tra loro, e sospirò: «Dato che dubito fortemente che tu riesca a svegliarti alle sei per parlare, direi che possiamo sentirci quando da te saranno le quattro di domani pomeriggio: io per quell'ora sarò già a teatro, ma le lezioni mattutine inizieranno solo mezz'ora più tardi. Per te va bene?»
«Ma guarda che non c'è niente di cui discut-»
«Io credo proprio di sì e poi vorrei cercare di capire che ti passa in quella testolina prima che tu possa combinare danni.»
«Grazie per la fiducia.»
«Non fare la vittima, Momomiya. E vedi di sbrigarti ad andare da tuo padre: Purin, come ti ho già detto, ha la priorità al momento. Ciao.»
Ichigo rimase imbambolata davanti allo schermo del tablet con le labbra stese in una linea dritta e le sopracciglia aggrottate, visibilmente infastidita. Si riscosse solo dopo qualche secondo, balzando giù da letto e fiondandosi giù per le scale, sperando che il padre fosse disposto ad accompagnarla a casa Fon.




«Mi manchi tanto mamma.» sussurrò Purin, sentendo gli occhi pizzicare.
Alzatasi barcollando dal letto, si avvicinò alla finestra e la aprì esponendosi al freddo della notte. Non si accorse di star piangendo fino a quando non avvertì le spalle tremare e un singhiozzo sfuggire dalle sue labbra. Stanca di essere forte per tutti ad ogni costo, decise di dar sfogo a tutto il proprio dolore: finché i suoi fratellini abitavano con lei aveva deciso di non mostrar mai loro la sua sofferenza, ma adesso era sola.
«Mamma, perdonami, ma ora non riesco proprio ad essere forte e sorridere. Non ce la faccio... Ti voglio qui. Con me.» mormorò, accasciandosi a terra «Ho bisogno della mia mamma.» singhiozzò, nascondendo il volto fra le mani e rannicchiandosi su se stessa.
Quando udì il campanello della porta suonare, si rese conto di non riuscire a quantificare il tempo passato a piangere in quella posizione. Le pareva fosse passata un'eternità, tanto si sentiva spossata e con le membra addormentate. Con una fatica immane si alzò, rimanendo poggiata contro il muro per qualche secondo per assicurarsi che le gambe l'avrebbero retta in piedi. Sentendo il campanello suonare nuovamente, si decise a spiare dalla finestra per capire chi potesse trovarsi fuori la sua porta e, incredula, si passò con decisione la mano sugli occhi per scacciare le lacrime ed essere sicura di avere una visione più nitida dell'esterno: erano davvero loro.
Un accenno di risata interruppe la sequenza di singhiozzi protratta troppo a lungo. Le gambe tremarono, ma Purin non ci fece caso e si precipitò come una furia al piano di sotto, spalancando la porta con uno scatto che fece spaventare le due ragazze all'esterno che trattenero a stento un grido prima che lei si scaraventasse su di loro, avvolgendole in un abbraccio e rischiando di farle cadere.
«Ma sei solo in pigiama!» esclamò esterrefatta Retasu con Purin ancora stretta al proprio corpo, cercando di togliersi la sciarpa per avvolgere le spalle tremanti della minore.
«Fila subito dentro! Se ti ammali ti giochi il viaggio attorno il mondo!» sentenziò Ichigo, sottraendosi all'abbraccio della biondina per spingerla all'interno della casa.




Masaya sospirò piano, fissando l'esterno senza vederlo davvero. Nonostante fosse passata meno di una settimana dalla partenza, aveva l'impressione di non vedere Ichigo da un'eternità. Come se non bastasse, poi, la notizia del ritorno degli alieni -gli stessi che avevano reso loro la vita così difficile negli anni precedenti- l'aveva messo in un costante stato di allerta: pensare che lei fosse così lontana, ma vicina a lui e a loro non gli piaceva per niente.
"Qualche giorno. Si tratta di resistere solo qualche giorno." si disse, adocchiando poco distante i suoi colleghi di corso e decidendo di raggiungerli.




Siamo da Purin. Tutto bene, si è appena addormentata e sembra più serena ♥ 15:22

Sentita la notifica, Minto abbandono i nastri delle proprie punte per poter recuperare il cellulare e leggere il messaggio arrivatole. Sorrise mentre digitava una veloce risposta prima di silenziare lo smartphone e finire di prepararsi per le prove. Avrebbe danzato con un peso in meno sul cuore.

Non appena le fu concessa una pausa, Zakuro si affrettò a prendere il cellulare per controllare le notifiche, sperando che dal Giappone provenissero buone notizie. Leggendo il messaggio sul gruppo non riuscì a trattenersi e emise un leggero sospiro di sollievo, grata che almeno Ichigo e Retasu fossero riuscite a stare vicino a Purin in un momento di crisi. Recuperò la propria borsa per posare il telefono e sorrise sincera.
«Mi è piaciuto questo sorriso, Fujiwara. Sarebbe perfetto se tu riuscissi a riprodurlo nuovamente sul set.»




"Siamo qui a tua completa disposizione, sia che tu voglia parlare, sfogarti un po' o semplicemente rimanere in silenzio" le avevano detto una volta entrate. Purin aveva stretto loro le mani, le aveva guardate con gli occhi lucidi, ancora gonfi per via del pianto, e aveva annuito un po' più sollevata. Dopo averle condotte in camera sua, la ragazzina le aveva invitate a mettersi a letto accanto a lei, senza lasciare le loro mani nemmeno per un secondo. Aveva bisogno di sentire calore umano attorno a sé e probabilmente Retasu e Ichigo l'avevano capito, perché avevano assecondato la piccola senza battere ciglio e senza neppure togliersi i cappotti, nonostante la notevole differenza di temperatura rispetto all'esterno. Erano rimaste sedute sul borso del letto in silenzio, mani nelle mani, fino a quando il respiro di Purin non si era fatto più pesante, segno che si fosse addormentata.
Retasu le fece una carezza lieve sul viso con la mano libera, sorridendo dolce.
«Ha una forza incredibile.» sussurrò flebile, alzando lentamente lo sguardo su Ichigo.
La rossa annuì, deglutendo piano.
«Forse certe volte ci dimentichiamo che è ancora così piccola e di quanto abbia già sofferto.»
Si mise in piedi lentamente, sottraendo la propria mano alla presa di Purin giusto per quei secondi necessari a togliersi il cappotto e lasciarlo sulla sedia della scrivania, per poi ritornare sul letto, così da dare il cambio a Retasu.
«Vorrei poter fare di più per lei...» ammise la rossa, quando l'amica la raggiunse di nuovo accanto alla ragazzina.
«Anch'io... ma non potremo mai sopperire alla mancanza della madre, possiamo solo limitarci a starle accanto e farle sentire il nostro affetto...» mormorò Retasu, assicurandosi che Purin fosse ben coperta prima di spegnere la luce dell'abat-jour.




Finito il servizio fotografico, Zakuro recuperò il cellulare per accertarsi che non ci fossero altre novità dal Giappone, pur sapendo che, essendo lì notte inoltrata, fosse poco probabile che le ragazze l'avessero ricontattata.
Ignorò le notifiche dei vari social, ma si soffermò sulla chiamata persa di venti minuti prima di Ryou. Se il ragazzo l'aveva cercata in pieno pomeriggio era successo qualcosa. O, cosa altamente più probabile, aveva parlato con Keiichiro.
Zakuro bloccò nuovamente lo smartphone, decidendo di richiamarlo non appena fosse uscita per strada; recuperò il proprio cappottino e il cappello, indossando poi gli occhiali da sole una volta uscita dall'edificio. Compose il numero di Ryou e attese che la chiamata si inoltrasse per poi mettersi in cammino senza badare alla direzione che prendeva e guardando con scarso interesse le decorazioni natalizie che abbellivano la capitale francese.
«Dammi una buona ragione che spieghi la tua scelta.» esordì il biondo, rispondendo dopo appena due squilli.
«Kei.»
«Sì, mi ha parlato e io ancora non capisco perché, oltre ad averli invitati al Café, voi abbiate anche appoggiato Purin e la sua folle idea.»
«L'intera situazione non mi piace...»
«Pensa a me! Credi che mi piaccia sapere te e le altre con quei tre?» la interruppe lui «È per questo che sto facendo la valigia: tra un paio di ore ho il volo per Tokyo.»
«Calmati.» mormorò lei «Non essere precipitoso.»
«Precipitoso io? Chi è stato ad aver accettato di partire con quelli dopo la proposta di una quindicenne?»
«Retasu ha accettato subito dopo, non potevo lasciare sole lei e Purin e poi...»
«Non credo sarebbe stato troppo difficile per te farle ragionare, sai?»
«Se mi interrompi un'altra volta faccio terminare la conversazione.» lo ammonì lei, fermandosi sul marciapiede in attesa che scattasse il verde al semaforo per i pedoni «C'è qualcosa che non mi torna.» iniziò a spiegare dopo lo sbuffò di lui «Sento che ci nascondono qualcosa. Quando Purin ha fatto riferimento alle nostre voglie è come se si fossero irrigiditi di colpo.»
Ryou si morse la lingua per evitare di commentare, attendendo pazientemente che Zakuro terminasse il discorso.
«Senti, non te lo spiegare bene, ma l'ho sentito a pelle: quei tre sanno più di quanto ci abbiano detto e non credo per niente alla storiella che ci hanno rifilato circa il copiare il codice genetico di alcuni animali, così da ripopolare il loro pianeta. Certo, potrebbe essere vero, ma secondo me c'è dell'altro.»
«Ne hai parlato con le altre?»
«Non ancora, temo che Minto non regga altre preoccupazioni ad una manciata di giorni dal suo debutto come étoile al Palais Garnier. Avevo pensato di parlarne dopo il saggio, prima dell'inizio di questo fantomatico viaggio.»
«Quindi hai deciso in completa autonomia di buttarti in una probabile missione suicida?»
«Ho fiducia nelle mie capacità e nel mio istinto. Tu no?»
«Non mi fido a sapere te e le altre con quelli
«Sono gli altri che dovrebbero preoccuparsi della mia presenza. Ti ricordo di come, a quattordici anni, io sia stata capacissima di rifilare un sinistro a Kisshu. Credo di sapermela cavare da sola.»
Si calò meglio il cappello sulla testa, mentre dall'altra parte del telefono sentiva Ryou ridacchiare piano, ma con una inspiegabile nota di amarezza.
«Ti ricordo che sono anni che non ne hai più bisogno. Hai le ragazze, Kei... e me. Basta pensare di doversela cavare per forza da soli.»
Zakuro arrestò il proprio passo per qualche istante, fermandosi sul marciapiede. "Lo so." pensò "Ma il lupo perde il pelo, ma non il vizio." si ritrovò a constatare. Sapeva che le cose ormai erano cambiate, ma pareva che certe volte lei se ne dimenticasse o che lo facesse di proposito, per ricordare a tutti -forse soprattutto a se stessa- che lei poteva continuare ad essere forte ed indipendente.
«Non te l'avrei tenuto nascosto.» chiarì, chiedendosi se Ryou avesse colto tutte le frasi e i pensieri da lei inespressi. Probabilmente sì, convenne, e non seppe se sentirsene sollevata o spaventata «Te ne avrei parlato non appena ci saremmo visti.»
«In quel caso non avresti dovuto aspettare molto: ti avrei raggiunto a Parigi domani, se i miei piani non fossero stati stravolti.»




Non sapeva dove si trovasse di preciso in quel momento; non che quella informazione avesse una grande importanza, almeno al momento. Dopo aver parlato con Ichigo aveva sentito l'impellente desiderio di ritornare alla base, illudendosi che concentrarsi sulla missione gli avrebbe permesso di togliersi dalla mente i minuti trascorsi con la ragazza. Bisognava ammettere, però, di aver sottovalutato la reazione di Pai che, pur non avendo proferito parola, gli aveva lanciato una breve ma significativa occhiata che aveva indotto Kisshu a mettere quanta più distanza possibile fra loro. Stava tentando di concentrarsi sulla missione, ma lontano dalla base e dai dati raccolti fino a quel momento avrebbe potuto davvero far poco.
Un incresparsi d'aria alla propria sinistra lo mise in un breve stato d'allerta che terminò non appena vide il fratello minore.
«Come mi hai trovato?»
Taruto sorrise tronfio, lieto che il fratello gli avesse posto una simile domanda, e indicò una pianta a poca distanza.
«Cosa sarebbe?» domandò Kisshu, rendendosi conto che, senza la segnalazione del brunetto, non avrebbe mai fatto caso a quelle tondeggianti foglie verdi che, escluso il loro essere perfettamente lucide, risultavano piuttosto banali.
«La mia ultima creazione: è capace di localizzare con precisione chiunque io voglia.» fece il piccoletto orgoglioso «O almeno è quello che sarà in grado di fare quando l'avrò perfezionata: è ancora in fase di sperimentazione. Ho impiegato un'ora abbondante per trovarti.» si ritrovò ad ammettere in un borbottio.
Kisshu osservò per un paio di secondi la pianta finché essa non sparì, risucchiata dal terreno allo schiocco di dita di Taruto.
«È stato Pai a chiederti di venirmi a riprendere?» domandò guardingo il mezzano, mettendosi seduto.
«No. Chiedermelo non sarebbe stato da lui, al massimo me l'avrebbe imposto, ma piuttosto che interpellarmi ti sarebbe venuto a cercare da solo.»
Kisshu si stupì, tutto quell'astio non era da Taruto.
«Per avercela ancora con lui ed usare un simile tono devi tenere tanto a quella scimmietta bionda.» fece con finta nonchalance, conscio di aver toccato il tasto giusto, rimettendosi supino e sghignazzando davanti all'aspettato rossore che colorò le pallide guance del fratello «Negare sarebbe inutile, sappilo.» aggiunse ancora, anticipando ogni possibile replica da parte del minore.
«Pensala come vuoi.» borbottò Taruto, incrociando le braccia al petto decisamente infastidito e alquanto pentito della propria scelta. Aveva deciso in perfetta autonomia di andare a cercare Kisshu, non solo per testare la sua ultima creazione, ma anche per assicurarsi che stesse bene. Non era intelligente come Pai, ma non aveva impiegato tanto a sospettare un possibile collegamento tra la assenza di Ichigo e quella del mezzano, convincendosi di averci visto giusto quando la mancanza di quest'ultimo si era prolungata per le ore seguenti.
«Odio quell'espressione. Su di te come su Pai, quindi non guardarmi in quel modo. Sto bene.» sentenziò deciso Kisshu facendo leva sugli avambracci per poter guardare dritto negli occhi Taruto.
«Non so di cosa tu stia parlando.» ribatté l'altro, ben conscio che il fratello fosse riuscito a seguire il filo dei suoi pensieri.
Kisshu schioccò la lingua, continuando a mantenere la stessa posizione del corpo.
«Avendo appurato come non mi stia struggendo per lei, sei libero di andartene con la coscienza pulita.»
Taruto strinse i pugni conficcando le unghie nei palmi delle mani per reprimere la voglia di colpire il fratello.
«Non ero venuto qui per questo.» replicò, aggiungendo un "non solo, almeno" nella propria mente «Volevo semplicemente stare con te.» ammise a fatica «Ma dato che non sono il benvenuto, me ne vado.» concluse, sparendo l'istante dopo.
Kisshu si ritrovò di nuovo solo.




Quando i raggi di sole iniziarono a ferirle gli occhi, Purin borbottò qualcosa di incomprensibile e si voltò dalla parte opposta dando le spalle alla finestra. Fu con quel movimento che si rese conto di essere sola nel letto. Sbattè più volte le palpebre e si mise a sedere sul materasso, cercando un segno del passaggio di Ichigo e Retasu: che si fosse sognata tutto? Aveva un così disperato bisogno di dimostrazioni fisiche di affetto da essersi immaginata la presenza delle amiche qualche ora prima?
Si alzò fortemente intontita e di malumore, reprimendo con estrema difficoltà la voglia di rinfilarsi nelle coperte e dimenticare tutte le assenze. Non ce la faceva più. Sperò che quell'improvvisa tristezza fosse causa del preciclo - ne aveva parlato una volta con le altre - così da incolpare qualcosa e non pensare di star lentamente cedendo. Valutando l'idea di chiamare la sua famiglia in Cina, optò almeno per l'inizio in un semplice messaggio di buongiorno, sperando in una rapida risposta.
Al terzo brontolio del proprio stomaco si decise a scalciare via le coperte e scendere di sotto per mangiare qualcosa, possibilmente ricco di cioccolato, così da ritrovare le forze per affrontare quel giorno. Percorse il breve tratto che la separava dalla cucina soppesando l'idea di chiedere a Keiichiro di dormire per qualche notte al Café: per lo meno si sarebbe sentita molto più spalleggiata e magari sarebbe riuscita anche a studiare di più. Così presa da quelle elucubrazioni, non fece caso al fracasso proveniente dal piano di sotto, finché, entrando in cucina, non fu accolta da due abbracci simultanei.
Oltre le spalle di Ichigo e Retasu vide la tavola imbadita.
«Buongiorno! La nostra super colazione speciale è pronta!»
Purin sorrise e strinse più forte le sue amiche.



Chiusa nella propria camera, una Ichigo piuttosto incerta fissava il cellulare col dito a mezz'aria. L'orologio da parete segnava quasi le quattro e dieci, avvertendola che, se non si fosse data una mossa, Minto avrebbe iniziato le prove e poi la loro conversazione sarebbe slittata. Ad essere sinceri, se fosse dipeso dal lei, la conversazione sarebbe potuta essere posticipata anche di un paio di mesi, ma sapeva che l'amica non sarebbe stata dello stesso avviso. Prese un profondo respiro e fece per far partire la chiamata, ma proprio quando il suo indice stava per sfiorare il display, quello si spense: aveva fatto passare troppo tempo e il cellulare si era bloccato.
«È un segno. Non devo chiamare.» disse, incrociando le braccia al petto. Del resto lei effettivamente non voleva telefonare Minto per affrontare un discorso che, oltre a metterla a disagio, non sapeva nemmeno come argomentare: Ichigo non sapeva perché si fosse messa a chiacchierare con Kisshu la sera prima -l'aveva fatto e basta- e soprattutto non sapeva perché se ne dovesse parlare. Anzi, ad essere sinceri la infastidiva parecchio dover dare certe spiegazioni -e non solo perché non avrebbe saputo cosa dire- a Minto: le pareva già di sentire la ballerina rimproverarla con il suo tono supponente.
Posò lo smartphone sul comodino, molto propensa a cercare di dimenticare tutto e tutti per un po', ma poi, conscia di non avere più tredici anni e di non potersi nascondere, lo riprese fissando lo schermo nero intensamente.
«Basta. Ora la chiamo.» sentenziò, sbloccandolo e facendo partire la chiamata.
Il primo trillò fece crollare quel minimo di coraggio che era riuscita ad accumulare, così che lei si trovasse a sperare che l'amica non rispondesse. Magari aveva già messo la modalità silenziosa al telefono e non l'avrebbe sentito...
«Buongiorno! Mi stavo giusto chiedendo se mi avresti davvero chiamato.»
Minto aveva risposto, ovviamente.
«È normale che ti avrei chiamato!» si indispettì la rossa, puntando i piedi per terra.
«Voglio crederti, fifona. Anche perché decidere di non farlo non ti avrebbe salvato.» le comunicò.
«Come stai?» chiese la rossa, tentando di far conversazione nella speranza di posticipare domande scomode.
«Bene, grazie. Ora parliamo di te, della tua testolina imprevedibile e di Kisshu.»
Minto era andata dritta al punto, ovviamente, usando un tono di supponenza tale da far levare un lamento indistinto dalle labbra della rossa che prese a torturarsele coi denti, incapace di dire alcunché.
«Sto finendo di fare lo chignon.» disse la corvina dopo un paio di secondi di silenzio assoluto, avvisandola che avevano pochi minuti prima che lei dovesse uscire dal camerino per andare sul palco.
Non udì alcun suono in risposta.
Nel tentativo di rimanere il più calma possibile, la giovane iniziò a canticchiare il motivetto del proprio assolo, sperando che Ichigo ponesse fine a quel suo fastidioso mutismo al più presto.
«Se hai deciso di non parlarmi, possiamo anche porre fine a questo mio monologo.» sbottò acida la ballerina dopo altri secondi, alché Ichigo ponderò di far terminare immediatamente la chiamata per poi scartare subito dopo l'idea: Minto non le avrebbe rivolto la parola per almeno una settimana. Anche se, a dirla tutta, forse sarebbe stato anche un bene, almeno avrebbe potuto posticipare quell'antipatico interrogatorio ad un paio di giorni... così presa da quei pensieri, la rossa quasi si perse il profondo sospiro di Minto che iniziò a parlare addolcendo lievemente il tono di voce: «Ichigo, ascoltami: io non posso obbligarti a parlarmi, ma mi interessa sapere cosa ti succede, soprattutto perché siamo lonta-»
«Credi possa combinare qualcosa?»
«Avrei ragione a crederlo?» ribatté la corvina.
Ichigo riprese col suo mutismo, pur essendo consapevole di star davvero mettendo a dura prova la pazienza di Minto.
«Devo ricordarti che quella che stiamo avendo è una chiamata intercontinentale?»
«Tu sei collegata al wi-fi del teatro e io a quello di casa mia.»
«Non mi pare un motivo abbastanza valido per farmi perdere tempo.» ribatté seccata la ballerina e Ichigo poté giurare che avesse incrociato le braccia indispettita.
«Non sono stata io a pretendere questa chiamata intercontinenale.» volle ricordare la rossa, infastidita.
«Sentimi bene, io voglio solo-»
«-capire quello che mi passa in questa stupida testolina, lo so.» la interruppe seccata «Pretendi di essere chiamata e vuoi da me risposte che non posso dare. Credi che non ne avrei parlato, se sapessi effettivamente cosa dire di quello che provo o che mi passa per la testa?!»
«È proprio questo il punto: tu non sai cosa dire perché agisci senza pensare. Dopo tutto quello che è successo cinque anni fa, non solo fra di voi, tu decidi di chiacchierare con lui tranquillamente nel parco e pensi di non dover dare spiegazioni a nessuno?»
«Sei tu che ti fissi e pen-»
«Perché non ne hai parlato con Masaya?» la interruppe Minto, certa di conoscere già la risposta.
«Come fai a-» Ichigo si morse la lingua e si corresse: «Io ho parlato con lui.»
«Non mentirmi, non ne sei capace.»
La ragazza si passò una mano fra le ciocche rubino, pentendosi ancora una volta di aver ceduto e chiamato l'amica.
«Non ne ho parlato con lui solo perché non c'è niente da dire.» sbottò.
«E ora ti stai alterando perché ho toccato un tasto dolente.» constatò tranquilla Minto «Sii sincera, su.»
«Non so di cosa tu stia parlando.» borbottò Ichigo, «E poi saranno affari miei cosa dico o no al mio fidanzato?!»
«Ovvio, di certo non voglio obbligarti a parlarne con lui. Io miravo a dimostrarti come, decidendo di non parlare con Masaya della tua chiacchierata nel parco con Kisshu, tu abbia dimostrato che ci sia qualcosa sotto: cos'è, ti vergogni ad ammettere che ti abbia fatto un certo effetto?»
«Da quando ti diverti a fare la mia psicologa?»
«Io non mi diverto né a farti da balia, né tantomeno da psicologa, ma essendo tua amica mi sento in dovere di farti notare i tuoi sbagli e le tue contraddizioni.» puntualizzò la corvina.
«Parlarci è stata una mia scelta, non devo renderne conto a nessuno.» si difese la rossa.
«Non puoi passare del tempo da sola con l-»
«Se la loro compagnia ti preoccupa perché hai accettato, persino prima di me, di partire?»
«Non cambiare discorso. Stiamo parlando di te or-»
«Ma ovvio, perché tu dovevi seguire la onee-sama, no?» la interruppe nuovamente Ichigo.
«Non capisco perché tu ora debba metterla in mezzo.» sibilò la corvina, cercando di mantenersi calma.
«Sei tu che la metti sempre in mezzo, pretendendo persino di fare la parte della onee-sama ora con me. Ma sai una cosa? Zakuro non avrebbe preteso una chiamata esigendo delle spiegazioni che non so dare: mi avrebbe dato tempo e p-.»
«Ma ti stai rendendo conto della totale insensatezza del tuo discorso?!»
«E tu ti rendi conto di non reggere il confronto con lei, quando tenti di fare la sua parte?!»
Silenzio assoluto da entrambe la parti per alcuni secondi.
«Devo andare. Ciao.» fece la ballerina freddamente, gelando la rossa ed interrompendo la chiamata.
Ichigo abbandonò la presa sul cellulare, senza curarsi di dove andasse a finire, per poi lasciarsi cadere sul letto e prendersi il volto fra le mani. Non si era mai sentita tanto meschina in vita sua: era come se avesse appena pugnalato la sua migliore amica.



Minto sostituì le ultime frasi di Ichigo con le parole in francese che seguirono al lieve bussare alla sua porta. Ponderò per un brevissimo istante l'idea di fingere di non essere in camerino, per poi rendersi immediatamente conto della sciocchezza di quella idea. Aprì la porta con uno scatto un po' violento per i propri standard, trovandosi dinanzi a due occhi scuri che la scrutavano con una leggera apprensione.
La ballerina salutò Laurent, il suo compagno nel pas de deux, sperando che il proprio stato d'animo non fosse così evidente mentre tornava davanti allo specchio per controllare le proprie condizioni. Il ragazzo schiuse le labbra come a voler dire qualcosa, ma poi parve ripensarci e decidere di ripiegare su altro, porgendo alla morettina qualcosa che era sicuro le avrebbe fatto piacere. Minto allungò il braccio verso di lui per prendere la coroncina di fiori dalle mani del giovane e sorrise mormorando un lieve merci, ricordando a se stessa dov'era e cosa sarebbe accaduto di lì a pochi giorni. Non c'era tempo per altro: alieni, viaggi, parole... tutto sparì dalla propria mente mentre assicurava con delle forcine la coroncina di fiori fra i capelli e seguiva Laurent sul palco.







Ehi ♥
Spero vi ricordiate ancora di questa fanfic... ^^"
Non aggiorno da secoli, lo so, ma il suddetto capitolo è stato abbandonato completamente nel mio anno di silenzio sul fandom, dopo averne abbozzato solo il primo paragrafo. Non riuscivo a scrivere, i personaggi non mi dicevano niente e io non riuscivo ad andare avanti. A novembre la svolta: ritorna l'ispirazione e io inizio a scrivere, ma con i miei tempi (vale a dire che sono riuscita a completarlo ed ottenere un risultato soddisfacente solo dopo l'Epifania). Perché pubblico venti giorni dopo? Perché negli ultimi tempi le ore di non-studio sono state assorbite (e lo sono ancora, forse in quantità leggermente minore) da Meteor Garden. Ringraziate dunque la febbre che mi ha colto ieri: non riuscendo a ripetere mi sono finalmente messa a rileggere tutto il capitolo, correggere alcuni passaggi e pubblicare.
Metto fine a questo mio monologo anticipandovi una novità: la long non si chiamerà più Around the World, bensì Um (die) Welt. Tecnicamente le due espressioni vogliono dire la stessa identica cosa ma, attenzione!, con la seconda abbiamo una sfumatura in più: Umwelt significa anche ambiente. Mi viene da ridere nel pensare di non aver realizzato prima che utilizzando il tedesco avrei racchiuso meglio i temi principali della long, ma meglio tardi che mai.
Mi auguro davvero che il capitolo vi sia piaciuto ♥
Spero di farmi sentire presto!
Marty

Ps: il titolo del capitolo è in tedesco, letteralmente significa "mancanza di comprensione".

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Capitolo 8
*** Complicated ***


Complicated


 
Si chiese perché tutto dovesse rivelarsi sempre complicato, in primis l'andare d'accordo con i propri fratelli. Prevedendo che il ritorno sulla Terra avrebbe messo a dura prova il delicato equilibrio del loro rapporto, aveva fatto pressioni, a loro insaputa, affinché potesse essere l'unico a partire e, a richiesta respinta, aveva ponderato anche l'idea di escludere i fratelli e reclutare altri per quella missione. Si era presto reso conto dell'insensatezza di un simile pensiero: lui, Kisshu e Taruto erano i più adatti a svolgere il compito affidato, avendo già avuto a che fare con la Terra e i suoi abitanti.
Un fruscio riscosse Pai da quei pensieri che l'avevano accompagnato per tutta la notte e per parte della mattina, rendendo vani i suoi tentativi di relegare in un angolo della propria mente il pensiero dell'assenza dei fratelli per concentrarsi sulle ricerche. Non ebbe bisogno di voltarsi: riconobbe subito la presenza alle proprie spalle.
«Taruto.» lo chiamò, senza particolari inflessioni nella voce.
Il ragazzo rispose con un mugugno non ben definito e gli si affiancò, puntando gli occhi aranciati ancora assonnati sui vari monitor per studiarne i dati.
«Kisshu?» chiese Pai, mantenendo un tono di voce neutro.
«L'ho visto ieri sera, ma non so dove sia ora.» rispose l'altro mentre, continuando ad evitare il contatto visivo, si stiracchiava.
Passarono alcuni secondi nei quali nessuno dei due proferì parola, fino a quando Pai, stupendosi di mal tollerare quella apparente calma, riprese a parlare: «Non ci sono novità per il momento.» iniziò «Ho concentrato le ricerche sulla zona consigliata da Kisshu, ma non ho trovato niente degno di nota per il momento. L'area è abbastanza estesa però, quindi avremo dei dati più attendibili tra qualche giorno.»
«Le nostre apparecchiature potrebbero avere problemi nel rilevare movimenti sospetti?»
«Non mi sento di escludere alcuna ipotesi ora, per quello che sappiamo potrebbe anche non esserci bisogno di noi qui.» mormorò, portandosi una mano tra i capelli «Tu cosa ne pensi?»
Stupito da quella domanda -aveva chiesto il suo parere perché realmente interessato, per falsa gentilezza o per tentare di rabbonirlo? -, il castano puntò finalmente lo sguardo sul fratello e ne notò immediatamente la grande stanchezza. Conoscendolo, Pai era rimasto tutta la notte sveglio; se per continuare a monitorare la situazione o perché in attesa di un ritorno suo e di Kisshu, Taruto non avrebbe saputo dirlo. Forse per entrambi i motivi.
«Al momento non abbiamo abbastanza elementi.» rispose «Quindi non saprei che dirti.»
Pai emise un leggero verso d'assenso, tamburellando le dita sulla coscia quasi in attesa di qualcosa. Rapportarsi con Taruto gli era sempre risultato più semplice rispetto all'avere a che fare con Kisshu, ma negli ultimi giorni anche gestire il rapporto col più piccolo gli era sembrato troppo difficile.
«Hai una faccia orrenda.» sentenziò il fratellino, con un accenno di ghignetto divertito molto simile a quello che metteva su da bambino «Va' a riposare, ti do il cambio.» disse, spintonandolo leggermente verso dietro.
Pai avrebbe voluto dire qualcosa, ma si limitò ad annuire, incapace di pronunciare alcunché: grazie; mi dispiace; avvisami quando Kisshu torna; scusa. Nessuna parola fuoriuscì dalla sua bocca mentre andava via, ma Taruto sembrò non aspettarsi niente di diverso perché la sua attenzione pareva essere già completamente assorbita dai monitor della stanza.
 
 
 
Purin salutò frettolosamente le compagne di squadra ancora intente a cambiarsi in spogliatoio e uscì dalla palestra con l'intenzione di raggiungere subito il Café. Aveva già chiesto a Keiichiro il permesso per rimanere a dormire da lui, e, prima di recarsi agli allenamenti mattutini, aveva preparato uno zainetto con lo stretto indispensabile, inclusi anche alcuni libri sui quali avrebbe studiato in attesa dell'incontro con Taruto e gli altri.
Quando, un po' affannata per la corsa, varcò l'entrata di servizio del Café e si avvicinò alla cucina, il suo olfatto percepì immediatamente un odore particolare.
«Ryou?» chiese stupita, arricciando il naso mentre faceva capolino dalla porta saloon.
«Si sente, eh?» rise divertito Keiichiro, alludendo al forte odore di caffè.
«Abbastanza.» ridacchiò lei, avvicinandoglisi.
«Come è andato l’allenamento oggi?»
«Tutto bene! Mi sono concentrata molto sul corpo libero oggi e non è stato facile.» rispose lei diventando particolarmente pimpante mentre si lanciava in una descrizione minuziosa di ciò che aveva eseguito, con il maggiore che la ascoltava con attenzione nonostante non fosse capace di associare tutti quei nomi ai vari movimenti «...ma se mi sforzo di seguire il tempo della musica divento molto rigida. Minto lo fa sembrare così facile e ha pure le punte ai piedi, io sono davvero pessima!»
«Il corpo libero non sarà il tuo forte, ma non puoi essere così critica nei tuoi confronti. Considera sempre che hai iniziato relativamente da poco, poi con gli esercizi alla trave sei davvero un portento e te la cavi molto bene anche con le parallele asimmetriche.»
«Io ancora mi chiedo come facciate ad atterrare in piedi, senza sentirvi male, dopo tutti quei giri.»
Il commento di Ryou, giunto lì chissà da quanto senza che lei se ne accorgesse, la fece voltare di scatto.
«Bentornato!» trillò lei, correndogli incontro e aggrappandosi a lui con le gambe a circondargli la vita e le braccia a cingergli il collo.
«Un conto era sopportarlo quando avevi dieci anni, ma ora vai per i sedici ed inizi a farti pesante, sai?»
«Tanto lo so che sei contento di vedermi.» lo rimbeccò lei, stringendolo un po' più forte «E anche io sono contenta di vederti!» precisò come se fosse davvero necessario, rimettendo i piedi per terra senza smettere di sorridere «Ma perché non ci hai detto che saresti tornato?!»
«Per farvi una sorpresa. Voi ne avete riservata una a me e io non volevo essere da meno.»
 
 
 
Quando Kisshu fece ritorno alla base Taruto era ancora seduto davanti ai vari monitor a cui, però, dava qualche svogliata occhiata dimostrandosi di gran lunga più interessato all'analisi di qualcosa che teneva fra le mani. Rendendosi conto di non essere più solo nella stanza, il minore fece sparire tutto con uno schiocco di dita.
«Tranquillo, non sono Pai. Puoi continuare a giocare con le tue piantine.» brontolò Kisshu, alzando le braccia.
«Alla buon'ora.» disse di rimando Taruto, girandosi verso di lui «Sei rimasto fino ad ora lì, su quell'albero?»
Kisshu negò con la testa, ma non fornì ulteriori dettagli, sebbene il tono del fratello fosse stato decisamente pacato e tranquillo.
«Novità?» gli domandò, avvicinandoglisi fino ad affiancarlo.
«Niente degno di nota per il momento.» rispose Taruto, alternando gli occhi dal fratello ai vari schermi.
«Nemmeno in Europa?»
Taruto scosse la testa: «Pai sostiene che ci vogliano dei giorni per avere dati più sicuri, anche se certe presenze non dovrebbero passate inosservate. Noi sappiamo che loro potrebbero essere qui, ma loro non dovrebbero sospettare di noi.»
«E se provassimo a restringere ancora di più il campo di ricerca? Da quello che ho capito Ichigo viveva da queste parti – mormorò indicando un punto su uno dei monitor – mentre Minto dovrebbe trovarsi qui.» continuò, spostando il dito più in basso «È di certo un’area più contenuta da controllare, potrei andare anche di person-»
«Lo sai che non è possibile, almeno finché non saremo sicuri di riuscire a schermare totalmente la nostra presenza.» gli fece notare il minore «Però cerco di fare come hai detto, forse le ragazze potrebbero essere davvero dei radar più efficaci.» disse, iniziando ad impostare nuovi comandi.
«Non aspetti di chiedere il parere di Pai?» domandò il mezzano.
Le dita del minore si fermarono per pochi istanti.
«La tua osservazione ha perfettamente senso.» mormorò riprendendo a digitare «Pai è stato d’accordo nel concentrarsi sull’Europa, non vedo perché non dovrebbe esserlo nel circoscrivere ancora di più la zona.» aggiunse semplicemente, ottenendo un leggero mormorio d’assenso.
Taruto trattenne il respiro per qualche secondo per poi esalare tutto d’un fiato: «...ti va di monitorare la situazione con me?»
Stranito da una proposta del genere dopo gli attriti della notte, Kisshu aggrottò la fronte, ma dopo qualche secondo gli si sedette accanto e, a quella vicinanza, non gli sfuggì il lieve sospiro di sollievo e un impercettibile sorriso; indizio che gli fece intuire come il fratello fosse riuscito a mettere una pietra sopra la discussione di qualche ora prima.
Fin dalla più tenera età Taruto non era mai stato capace di tenere a lungo il muso a lui e Pai, persino in quelle rare occasioni -Kisshu poteva giurare che non superassero la decina- in cui i fratelli maggiori si erano coalizzati per fargli i dispetti. Non appena Taruto si era fatto abbastanza grande, Kisshu aveva trovato in lui un compagno molto più apprezzabile di Pai che, crescendo, aveva iniziato a ritenere troppo infantili i giochi dei fratelli minori, trasformandosi da alleato del mezzano a bersaglio prediletto.
«Lui dov'è adesso?» chiese Kisshu, lanciando un'occhiata in tralice al minore per osservarne la reazione. Taruto era andato oltre alla loro discussione della notte, ma l’aveva visto particolarmente ostile nei confronti di Pai, quindi voleva capire se, come credeva, fosse cambiato qualcosa in quelle ore.
«L'ho mandato a riposare, è rimasto sveglio per tutta la notte.» spiegò l'altro pacato «Sai com’è fatto…» mormorò stringendosi nelle spalle.
 
 
 
Keiichiro spolverò lo zucchero a velo su una serie di tortini al cioccolato prima di consegnarli ad una cameriera di nome Ayame affinché li servisse ai tavoli, poi lanciò un’occhiata all’orologio per capire quanto tempo ci fosse a disposizione prima della chiusura. Non avendo altri dolci da preparare nell’immediato iniziò a lavare i vari utensili utilizzati, così da portarsi avanti nel lavoro.
«Vuoi una mano?» si offrì Purin, alzando la testa dal libro sul quale stava svolgendo degli esercizi di matematica.
Il castano scosse la testa: «Non preoccuparti, tu pensa a studiare. Se dovessi aver bisogno di aiuto chiamerò una delle ragazze.»
«Sono gentili e mi stanno molto simpatiche, ma non credo che riuscirò mai ad abituarmi al fatto che ci siano nuove persone qui.» ammise Purin riferendosi al nuovo gruppo di dipendenti. Akasaka aveva iniziato a prendere in considerazione l’idea di assumere nuovo personale dopo la partenza per la Francia di Minto e la decisione di Zakuro di trascorrere anche dei mesi interi a Los Angeles per concentrarsi sulla propria carriera. All’inizio Retasu, Ichigo e Purin avevano retto abbastanza bene il colpo, ma dopo qualche settimana Keiichiro aveva deciso di trovare anche altre cameriere così da alleggerire la mole di lavoro e rendere anche più flessibili i vari turni senza sovraccaricare nessuno. Ichigo e Retasu avevano smesso di essere delle dipendenti del Café poco dopo la fine del liceo e l’unica a lavorare, seppur con turni notevolmente ridotti a qualche fine settimana, ancora lì era Purin che si barcamenava prevalentemente tra studio e sport.
«Voi ragazze sarete sempre su un altro livello, ma è giusto che le cose cambino e che voi vi dedichiate a ciò che vi appassiona, soprattutto dopo esservi messe totalmente in gioco anni fa assecondando me e Ryou in una folle impresa.»
«Io non ricordo molto, sai?» mormorò la ragazzina, iniziando a giocherellare con la matita che teneva fra le dita «Più che altro immagini confuse a cui spesso non riesco a dare un ordine cronologico.»
«Eri abbastanza piccola…»
«…ma forte!» aggiunse lei ridacchiando «Mai sottovalutare una scimmietta.»
Keiichiro non rispose, sentendo quel groppo in gola che avvertiva ogni volta che ripensava a ciò che avevano fatto a delle ragazzine, investendole di una responsabilità e di un peso troppo gravoso per la loro età, violando deliberatamente il loro corredo genetico e pretendendo da loro che si occupassero di salvare il mondo. L’unica consolazione sarebbe stata sapere di apportare modifiche temporanee, una volta sparita la minaccia sarebbero spariti tutti gli effetti delle decisioni sue e di Ryou, ma i segni che quelle ragazze continuavano a portare sui loro corpi gli ricordavano di aver fallito. Ad ogni modo non ci fu possibilità di proseguire la conversazione perché Ayame entrò nuovamente nella cucina per riferire le nuove ordinazioni a Keiichiro.
 
 
 
Ichigo non era capace di quantificare il tempo passato supina a fissare il soffitto della propria camera, sapeva solo che con ogni probabilità sarebbe rimasta in quella posizione ancora per molto se la suoneria di una chiamata in arrivo non l'avesse ridestata da quello stato di trance. Alzò il busto facendo leva sui gomiti e cercò di individuare velocemente la fonte di quel suono disturbatore. Rispose senza nemmeno controllare il mittente e si stupì nel sentire la voce del fidanzato.
«Tutto bene?» chiese confusa lei, allontanando di poco il cellulare dal volto per poter controllare l’ora «Non hai lezione?»
«Quelle di stamattina sono state annullate, così ho pensato di chiamarti. Disturbo?»
«Non disturbi mai, tu.» mormorò la rossa, accennando un lieve sorriso «Quando ci vedremo?» chiese, rendendosi conto troppo tardi del tremolio della propria voce.
«...È successo qualcosa? Cos'hai?»
«Niente.» mentì lei, rannicchiandosi su se stessa «Non hai risposto alla mia domanda.» obiettò poi cercando di ridacchiare, ma fallendo miseramente.
«Presto.» rispose lui «Ora però tocca a te rispondere: Ichigo, cos'è successo?» chiese preoccupato.
Masaya udì un profondo respiro dall’altra parte, poi il nulla per parecchi secondi. Fu portato a credere che non ci fosse più linea, ma proprio in quel momento Ichigo parlò:
«Ho litigato con Minto.» rivelò sedendosi a gambe incrociate sul materasso «Le ho detto cose che non pensavo, ma che sapevo l'avrebbero ferita.» ammise, vergognandosi al pensiero di quella conversazione.
Il silenzio che ne seguì fu terribilmente duro da sostenere, ma la ragazza resistette senza aggiungere altro, in attesa di un qualunque segnale da parte del fidanzato.
«Posso sapere il perché? Non è da te.»
«Lo so.» piagnucolò lei «Ma stavamo discutendo e io... non lo so... mi sono alterata e ho agito senza pensare. Avrei voluto rimangiarmi tutto subito.»
«Hai provato a richiamarla?»
«Ha le prove ora, ma so che non mi risponderebbe comunque.» sospirò «E avrebbe ragione, nei suoi panni non risponderei nemmeno io.» biascicò.
«Non so cosa tu le abbia detto, ma presumo siano state parole pesanti.» iniziò lui dopo qualche attimo di silenzio «Ma so che te ne sei pentita.»
«Immediatamente.» confermò lei, stringendosi il cuscino al petto e sentendo gli occhi farsi lucidi.
«E allora faglielo capire, piangerti addosso non aiuterà: prova a chiamarla ugualmente e, se non dovesse risponderti, non arrenderti. Dimostra che sei davvero pentita per quello che hai detto e che vuoi rimediare, perché sai che l'hai ferita e non volevi davvero farlo. So quanto tieni a lei e anche Minto sa che le vuoi bene.» le disse, utilizzando un tono incredibilmente dolce, ma al contempo deciso «Sono certo che riuscirete a chiarirvi
Ichigo si sentì rinfrancata e finalmente sorrise.
«Lo farò, grazie. Meno male che ci sei tu.»
 
 
 
Arrivata all'ingresso del giardino imbiancato del Café, Retasu si bloccò nel vedere Ryou davanti al portone principale; un po' per lo stupore di trovarselo davanti quando credeva fosse ancora all'estero e un po' perché capì che il suo ritorno anticipato doveva essere legato al famoso viaggio.
«Bentornato!» esclamò quando lui si voltò nella sua direzione.
Il ragazzo le sorrise e le andò incontro per prenderle dalle mani una serie di libri.
«Oh, non preoccuparti Ryou, ce la faccio tranquillamente e poi bilanciano il peso di quelli che ho nello zaino.» fece lei, indietreggiando e saldando la presa dei volumi contro il petto.
Il ragazzo la seguì e, senza sentire ragioni, le sfilò lo zaino «Almeno così facciamo metà per uno.» disse caricandoselo sulle spalle «Hai svaligiato una biblioteca?» ridacchiò iniziando a camminare seguito dalla ragazza.
«In realtà più di una: volevo assicurarmi di avere quanto più materiale possibile per... beh, tu sai cosa.»
Gli occhi di Ryou si adombrarono e il ragazzo si ritrovò a sospirare: «Mi sarei aspettato un po' più di buon senso da te, Minto o Zakuro.»
«Sei arrabbiato?» volle sincerarsi lei con voce sommessa mentre abbassava lo sguardo, facendosi piccola piccola mentre si fermava nel mezzo del vialetto.
«Anche.» mormorò lui, fermandosi a sua volta.
Retasu aggrottò le sopracciglia, riportando la propria attenzione sul ragazzo che non aveva smesso di guardarla.
«Sono arrabbiato, sì. Ma anche stupito e sinceramente preoccupato.» rivelò senza vergogna, incrociando le braccia al petto
La ragazza si intenerì davanti a quella ammissione, ma si sentì anche in colpa.
«Noi vorremmo solo dar loro una mano, essere utili.» mormorò stringendosi nelle spalle.
«E avete pensato che girare per il mondo con loro fosse una buona idea.»
«Forse siamo state un po’ avventate.» riconobbe lei, trattenendo l’accenno di un risolino dinnanzi l’espressione eloquente che ebbe in risposta da Ryou «Ma non riesco a prendere in considerazione l’idea di lasciar perdere.» ammise sincera, dando voce ad una verità taciuta troppo a lungo.
«Perché?» domandò il biondo, celando dietro ad un sospiro quel brutto presentimento che la conversazione con Zakuro aveva instillato in lui. Perché aveva l’impressione di conoscere già la risposta?
«Non è facile da spiegare e so che non lo sarà nemmeno da capire.» mormorò Retasu dopo aver cercato di riordinare i pensieri «Ma è un qualcosa che ha origine nel profondo.» iniziò a fatica «Lo sai, non sono una persona intraprendente, ma è come se qualcosa dentro di me mi abbia spinto ad assecondare quella che molti potrebbero reputare una pazzia. Sento che è giusto.» continuò, in tono più sommesso «So che sembra un discorso insensato, ma… è anche per una buona causa, no?»
Ryou non rispose subito e si prese del tempo per assorbire pienamente le parole di Retasu, troppo fastidiosamente affini a quelle pronunciate da qualcun altro ore prima.
Preoccupata per quel silenzio, la ragazza schiuse le labbra per dire qualcosa, ma lui la anticipò: «A me interessa solo che voi siate prudenti.»
«Lo saremo.» assicurò lei, sorridendogli incoraggiante sperando di rassicurarlo «Abbiamo affrontato di peggio quando eravamo delle ragazzine, non devi preoccuparti.»
Quelle parole non ottennero completamente l’effetto desiderato, perché spinsero Ryou a ragionare: aveva senso arrabbiarsi per una decisione presa dalle ragazze in perfetta autonomia quando lui, non molti anni prima, le aveva rivestite di un peso enorme senza nemmeno interpellarle? Una decisione che continuava ad avere delle conseguenze su di loro anche a distanzi di anni.
«Entriamo, dai.»
 
 
 
L’aria fredda di dicembre la investì di colpo facendola rabbrividire e Minto si affrettò ad avvolgersi meglio la sciarpa attorno al collo –l’idea di ammalarsi non era nemmeno lontanamente contemplabile- cercando al contempo di non costringere i capelli sotto il tessuto per non ritrovarseli poi troppo spettinati.
«Questi sono per l’étoile più brava e bella di tutta Parigi.»
La corvina riconobbe all’istante la voce che aveva pronunciato quella frase nella sua lingua natia e sgranò gli occhioni scuri felicemente stupita di trovarsi davanti Seiji che le tendeva un bel bouquet di fiori.
«Perché non mi hai detto che saresti venuto a Parigi?» chiese cercando di fingersi indispettita, ma fallendo: la gioia di averlo vicino, dal vivo, era troppo grande e la sua espressione raggiante lo dimostrava.
«Per vederti fare quel bel sorriso.» rispose Seiji, distendendo a sua volta le labbra «E anche perché non sapevo quando sarei riuscito a liberarmi per venire: ho preso il primo volo disponibile da Francoforte e sono atterrato meno di due ore fa.»
«E… quando riparti?» domandò la ragazza in un sussurro, abbassando lo sguardo sui fiori e carezzandone i petali, preparandosi anche a “domattina” come possibile risposta.
«Fra tre giorni.» disse lui stupendola «So che sei impegnata per le prove dello spettacolo, quindi ho preferito allungare la mia permanenza qui dato che credo che potremo stare insieme solo nella tua pausa pranzo e in serata.»
Davanti all’unica persona con cui non si vergognava di mostrarsi affettuosa, Minto non ebbe tentennamenti ad azzerare la distanza fra loro e poggiare il capo sul petto del fratello.
«Mi fa piacere che tu sia qui.» ammise e, stando attenta a non schiacciare il bouquet, si strinse a lui.

 
 
 
 
 
 
 
Sto iniziando a shippare Ryou e Retasu suscitando una profonda indignazione della me seienne più di quanto io non shippi lei e Pai, sapete? E questo mi porta ad immaginare scenari non contemplabili in questa long x.x

So che per il momento non capite granché dalle mezze frasi di Taruto (ho scoperto di nutrire uno sconfinato amore per lui), Pai e Kisshu, ma ora questo alone di mistero è necessario. Sopportatemi e pazientate ♥ e qualora vi andasse di formulare supposizioni, prego, sono curiosa. ^^
Potreste anche non credermi, ma tranquilli, entreremo presto nel clou della vicenda (forse non nel capitolo successivo, ma sicuramente in quello dopo ancora)! Per il momento mi premeva riuscire a delineare un po' i rapporti più che la vicenda, ma confesso di non aver fatto un rewatch della serie negli ultimi tempi quindi la mia percezione dei personaggi è filtrata dalle fanfic che leggo e temo che la caratterizzazione di qualcuno possa non rispecchiare in pieno quella originale; ma ehi! sono passati cinque anni dagli avvenimenti dell'anime, quindi qualche cambiamento ci può stare, dai. Poi magari sono solo mie fissazioni prive di fondamento, quindi mi rimando alle vostre impressioni.
Ringrazio tantissimo Sissi1978, 19g ed Hypnotic Poison per aver recensito lo scorso capitolo!
Grazie davvero! ♥♥♥
Vi abbraccio,
Marty

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