Conversazioni

di Yurha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

Il cellulare appoggiato sulla scrivania squillò.
Mike lo prese e, senza guardare il display, rispose con voce alquanto annoiata e leggermente infastidita, pensando che dall’altra parte del telefono ci fosse per l’ennesima volta il suo Assistente, che gli chiedeva dove poteva trovare precisamente lo scatolone contrassegnato AV-0435SSDY situato nella sezione prove del polveroso archivio al piano interrato della Procura distrettuale di Lower Manhattan.
Mentre si dondolava sulla poltrona con la sua pallina da baseball bianca in mano, sospirò. «Cutter.»
«Sai, ho avuto un’interessante conversazione con Dekker questo pomeriggio.»
Mike sussultò e spalancò gli occhi nel sentire una voce familiare che gli parlava direttamente da Los Angeles.
Appoggiò in tutta fretta la pallina sul piano della scrivania, vicino al porta penne, e si mise seduto composto, come se lei fosse apparsa proprio in quel momento davanti a lui.
«Connie! Ciao, come st..»
«Zitto e non divagare. Tanto non mi compri con i tuoi convenevoli, Michael Cutter.» disse lei con tono di ripresa, interrompendolo. «Da quello che ho capito dalla conversazione col mio attuale capo, sembra proprio che QUALCUNO abbia detto che ho l’abitudine di fare di testa mia e sabotare i casi per soddisfare un qualche tipo di mio istinto umanitario. Credo che il giusto termine che Dekker abbia usato sia stato ‘mina vagante’. In ogni caso, in questo momento sono in mezzo al traffico e per passare il tempo, ho provato ad immaginare quale uccellino abbia mai potuto cantare.» spiegò con tono sarcastico, facendogli capire la situazione.
Mike ebbe un tuffo al cuore e, per istinto, deglutì e si schiarì flebilmente la voce.
Si sentì immediatamente colto in fallo. Chiuse gli occhi e sospirò. «Aspetta Connie, posso spiegarti tutto.»
«Hai un minuto da ora, Michael Cutter. Usalo a dovere e non sguinzagliare la tua retorica da avvocato affermato.» disse lei seriamente, mentre il suo Io interiore rideva divertito dalla sua reazione.
«Okay, ascolta. Mentre Dekker era qui a New York in visita, una sera siamo usciti a cena e ad un certo punto, in mezzo ad uno dei tanti discorsi, mi ha chiesto di descriverti sia come persona, che come carattere e personalità. Ha voluto sapere sia il buono che il cattivo di te, dicendomi che se lo sarebbe tenuto per sé e che tutto quello che avrei detto, gli sarebbe servito come quadro generale per impostare un qualunque tipo di collaborazione con te.»
«Mike, non gli avrai anche rivelato di Rafa Alvarez e di tutta la storia di quel bastardo di Woll?» chiese preoccupata.
«No! Assolutamente no, quel verme di Marcus Woll non mi è neanche mai passato per il cervello, figurati! Sarei stato un vero cretino se gli avessi detto una cosa del genere, devi credermi!»
«Però gli hai detto di Rafa e cosa ho fatto per lui.»
Mike sospirò grattandosi la tempia. «Va bene, questo lo ammetto. Ho pensato che spiegandogli come andò quel caso, capisse il tuo buon cuore, ma evidentemente Dekker lo ha interpretato nel modo sbagliato. Che devo dirti.. Succede.» rispose cercando di difendersi, senza successo, però.
«Ah-Ah, certo.. Trova una scusa migliore, signor Cutter.» ripose lei, facendo finta di non credere alle sue parole, tenendolo per un pò sulle spine.
«Hey, così però mi sento offeso. Pensi che io abbia spettegolato con quello che è tutt’ora il tuo capo, alle tue spalle?» disse lui, buttandosi indietro sulla sua poltrona e guardando fuori dalla finestra del suo ufficio tutte le luci che illuminavano la città. «Non ho mai fatto una cosa del genere e non ho intenzione di farla in un futuro, chiaro?»
«Certo, come se non ti conoscessi.» rispose lei alzando un sopracciglio, divertita. «Guarda che sono a conoscenza delle tue chiacchierate con Jack sul mio conto, cosa credi?»
Mike fu sorpreso di ciò. Si fermò e per un momento guardò il suo cellulare in modo strano.
«Mike? Ci sei? Oh, andiamo.. Davvero pensavi che non lo sapessi? Certe cose ti si leggono perfettamente in faccia.»
Lui sospirò scuotendo la testa. “Incredibile. In quest’Ufficio non si può nascondere proprio nulla..!” «Okay, okay, d’accordo. La verità?»
«Sai, il tuo minuto di spiegazione è passato da un pezzo, ma fortunatamente per te, per alcuni di noi il tempo è relativo, quindi.. Puoi continuare.» disse lei con un mezzo sorriso, sempre più divertita.
«Potrei o.. Non potrei aver detto qualcosa circa la tua tendenza a credere all’innocenza dei ragazzini, degli incapaci mentali e degl’indigenti.»
Lei ne fu sorpresa, tanto che il sorriso sparì all’istante dalle sue labbra. «Mike! Quello non era necessario, perché lo hai fatto?!» esclamò.
«Aspetta, aspetta, posso spiegare anche questo.» rispose lui velocemente, preoccupato che lei se la fosse presa di più.
«Sai, più parli, più mi devi delle spiegazioni e comunque, non sono più sicura che la relatività del tempo riguardi anche me.» rispose Connie scherzando ma con tono serio.
«No, ti prego, lascia che ti spieghi.»
«D’accordo, allora ti lascio ancora un minuto, ma questa volta scegli bene le tue parole, perché potrei davvero prendermela seriamente, anzi, potrei addirittura bloccarti e cancellare il tuo numero.»
«Perdonami, Connie, è stato un pensiero di mezzo secondo, istantaneo, che sul momento mi parve un’ottima idea, ma col senno di poi, ammetto di aver commesso solo un grande errore di valutazione.» cominciò, alzandosi poi dalla sua poltrona ed iniziando a girare per il suo ufficio, come faceva di solito quando era nervoso.
«Okay, vai avanti.»
«Nel momento in cui Dekker disse di sperare in una collaborazione lunga e pacifica con te, il mio cervello ha subito realizzato che, quando Jack ti ha salutata per l’ultima volta, ha detto che ti avrebbe ripresa a lavorare qui se avessi mai cambiato idea, così mi è venuto in mente che se il tuo lavoro a Los Angeles fosse andato male, saresti tornata qui a New York ed avresti potuto anche salvarmi da questa intollerabile tortura che è diventata la mia routine.» disse cercando di spiegarsi nel modo giusto.
Connie capì ciò che voleva dire e, sentendo il tono di voce ed il tentativo di copertura da parte di Mike, scoppiò a ridere il più silenziosamente possibile, per fargli credere che fosse ancora seria.
Si schiarì la voce, riprendendo il suo tono formale e serio. «Sai, mi sto sforzando di pensare che tu non ti sia bevuto del tutto il cervello, Michael Cutter, sia per ciò che hai detto a Dekker, che per aver ammesso il tuo tentativo di sabotaggio della mia carriera a Los Angeles.» rispose sorridendo divertita dalla sua probabile espressione di colpa che aveva stampata in faccia.
«Mi dispiace tanto, ma sono davvero quasi giunto alla pazzia. Una o due settimane dopo che sei andata via, Jack mi ha appioppato un Assistente fresco di Yale che pensa davvero di essere già un grande legislatore navigato, tanto che in aula, si mette ad obiettare al mio posto, tirando fuori delle motivazioni completamente assurde e a caso. Ho già pagato non so più quante multe per oltraggio alla Corte e Jack continua a minacciarmi di tenerlo a bada.»
«Davvero? Allora te la passi peggio di quel che pensavo.» rispose sghignazzando.
Mike sospirò frustrato. «Non immagini quanto. Si spruzza addosso come minimo due litri di colonia, ha i capelli che dire ‘incollati alla testa’ è un mero eufemismo, odia qualunque tipo di sport, tranne i tornei di Scarabeo e di scacchi, sempre che si possano definire ‘sport’  e, come se non potesse andare peggio, indossa camice e cravatte dal colore che, a confronto, gli evidenziatori sono dei pastelli per bambini dell’asilo e guarda E!Entertaiment e Fox News!» esclamò con tono disperato.
Connie fece una pausa e ci pensò un secondo, aggrottò le sopracciglia confusa dalla sua ultima affermazione. «Ma anche tu guardi Fox News..» disse, non capendo il motivo per cui quel fatto fosse stato classificato nella categoria ‘come-se-non-potesse-andare-peggio’.
«Si, ma io guardo solo le notizie di attualità, politica e finanza, mentre quel fantoccio viziato guarda esclusivamente i pettegolezzi sulle celebrità. Pensa, ogni volta che entra nel mio ufficio, se è accesa la televisione, fa una smorfia schifata, cambia canale ed alza il volume a livelli che neanche mio nonno all’epoca del trombone acustico!» disse sempre più disperato. «Connie non puoi davvero capire.. Mi chiama Mikey, capisci? Mikey!!» esclamò poi, facendole trattenere a stento una risata. «E vuoi sapere il peggio-del-peggio-del-peggio di tutto ciò?»
Lei, continuando nel tentativo di trattenere le sue risate, provò a tenere un tono serio. «C’è anche di peggio?»
«Non rispetta neanche lo spazio personale nel bagno degli uomini! Continua a buttare l’occhio nella mia parte e a fare commenti completamente inopportuni, per di più prendendomi in giro! Giuro, mi sento.. Mi sento violato.» concluse, buttandosi di nuovo sulla sua poltrona, appoggiando la fronte nella sua mano, poi, dopo una pausa, sospirò. «In tutti questi anni come avvocato e Procuratore, mi sono sempre chiesto cosa potesse portare una persona ad essere uno spietato assassino ed ora credo di averlo finalmente capito. Anzi, sai cosa faccio? Mollo tutto e vado a fare il difensore al Legal-Aid, tanto la paga è quella, dollaro più, dollaro meno.»
«Dài Mike, non sarà COSÌ male. Forse cerca solo la tua stima.» rispose lei, dopo essersi ripresa da tutte quelle risate interiori.
Mike sospirò ancora. «O forse cerca solo un’accusa di molestie.. No, hai ragione. Magari tanto male da andare al Legal-Aid, no.. Se invece lo ammazzassi, tu mi rappresenteresti in una causa probono? In fondo potrei essere discolpato per temporanea infermità mentale. Sarebbe un caso facile e veloce.»
Lei rise ancora una volta silenziosamente, dopo aver ascoltato le assurdità sul suo Assistente.
«Non starai esagerando un pochino per cercare di farti perdonare o cercare di farmi tornare a New York con una scusa?» chiese infine, scherzando.
«Assolutamente no, anzi, sto minimizzando parecchio la situazione.» rispose lui, passandosi la punta delle dita sulla fronte. «Connie, ti prego, anzi no, immaginami ai tuoi piedi, in ginocchio supplicante sui carboni ardenti. Potrai avere il mio ufficio, la mia poltrona, la mazza da baseball autografata, le palline, le prove repertate sullo schedario, il mio appartamento con tutto ciò che contiene, tutto quanto! E farò anche tutto ciò che vuoi per tutto il tempo che vorrai, solo..»
Lei aggrottò le sopracciglia per come tenne in sospeso la frase. «Solo?»
Mike sospirò ancora una volta prima di continuare quasi sussurrando. «..Torna da me, ti prego..»


Ahhhhh, che bello poter pubblicare di nuovo! Mi è proprio mancata la mia droga preferita xD
Tra il lavoro, le vacanze e tutto il resto, non ho proprio avuto tempo per scrivere un accidente di niente.. >.<
Poi, però, ieri sera mi sono messa a guardare in streaming L&O: LA e mi è venuta in mente questa 'piccola' FF a sfondo Fluff, così, andando a prendere il portatile di corsa, ho pensato: "Ma si, che diamine! Buttiamoci a pesce in un'altra avventura con i nostri eroi preferiti!" xD
Spero vi piaccia! =D
Un abbraccio a tutti,
°Yurha°

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

Lei sorrise per il modo in cui le chiese di tornare a New York da lui, ma oggettivamente non poteva mollare tutto come se nulla fosse stato.
«Mike, anche se ti immagino in ginocchio davanti a me che mi consegni le chiavi del tuo regno privato e lavorativo, non posso tornare a New York. La mia vita ora è qui, a Los Angeles. Anche se volessi, non potrei abbandonare tutto, ho degli obblighi importanti. Senza contare che sono ancora arrabbiata con te per ciò che hai detto a Dekker.» rispose con espressione divertita, prendendolo in giro sull’ultima parte della frase.
«E dai, perdonami. Giuro che in quel momento non sapevo a cosa stavo pensando.» disse Mike sorridendo.
«Lo immagino, signor ‘non-sapevo-a-cosa-stavo-pensando’, e ti dico anche che questa frase è la stessa che usi con Jack quando arrivano le inevitabili conseguenze di uno dei tuoi colpi di testa.»
Mike appoggiò entrambi i piedi sulla scrivania, facendo reclinare la poltrona e prendendo a dondolarsi appena. «..Comunque, parlando d’altro. Hai ricevuto il mio regalo?» chiese con nonchalance, riprendendo la pallina da baseball e rigirandola nella mano.
Connie sospirò chiudendo gli occhi, poi sorrise. «Sei sempre il solito. Quando non ti interessa più il discorso, cambi soggetto come niente.»
«Questa volta tocca a me dirti di non divagare, Consuela Rubirosa. Allora lo hai ricevuto?» chiese ancora con mezzo sorriso.
«Certo che l’ho ricevuto. È difficile non notare un fattorino con in braccio due dozzine di rose rosse che urla nel bel mezzo dell’ufficio di avere una consegna a mio nome.. Davanti a tutti, compreso il Procuratore Capo Hardin.» rispose sorridendo divertita e dolcemente al ricordo, ma anche provando di nuovo l’imbarazzo di quel giorno. «Giuro che avrei voluto sprofondare. Con quel gesto hai dato il via al gossip da ufficio nei miei confronti.»
«E io giuro che ho esplicitamente richiesto la discrezione più assoluta.» disse Mike con un leggero sarcasmo nella voce, mentre sorrideva divertito.
«Ma tu pensa. Mi sono trasferita a 2500 miglia a Sud-Ovest degli Stati Uniti e ancora non riesco a scampare alle tue buffonate. Incredibile, vero?» rispose ridendo.
«Guarda che lo so che vivi per le mie buffonate, signorina Rubirosa.» disse divertito.
«Su questo punto avrei da dire un paio di cosette..»
«Oh, andiamo. Tu sei come l’irraggiungibile déa ed io sono come lo zelante eroe, che fa l’impossibile per compiacerti, ma alla fine, come succede il più delle volte nella mitologia, l’eroe ci rimette le penne nel tentativo di compiacere o viene bellamente ignorato dalla déa in questione, qualunque cosa lui faccia. Però.. È alquanto triste la mitologia, non trovi?» concluse provando a tenere un tono scherzosamente solenne.
«Quindi tu saresti.. come uno zombie-stalker?» rispose lei dopo un paio di secondi di silenzio.
Lui rise. «Esatto. Ah, a proposito di azioni illegali, lo sai che parlare al cellulare mentre si è alla guida, è una di queste?»
«Tu hai mai visto il traffico di Los Angeles nell’ora di punta? Non ha proprio nulla a che fare con quello di New York, credimi. Sono ferma da più o meno un’ora proprio al di fuori del parcheggio esterno della Procura e poi sei collegato al bluetooth dell’auto.»
«Ti stai proprio dando alla pazza gioia, allora. Aspetta un secondo.. Sono al bluetooth dell’auto?! I passeggeri delle auto vicino alla tua avranno sentito tutto?» chiese, realizzando che una telefonata col vivavoce auto equivaleva al parlare al microfono in mezzo a Times Square a capodanno.
«Bhè, a giudicare dalle loro facce divertite, sembra proprio di si, anche perché alcuni hanno i finestrini abbassati.» rispose dopo essersi guardata un secondo intorno.
«Sai cosa ti dico? Chi se ne frega, io mi sto divertendo a farti compagnia in mezzo al traffico, anche perché, tenendo occupata la linea, non rischio un’ennesima chiamata da parte del mio Assistente, che, per la cronaca, ho spedito giù nell’archivio a cercare uno scatolone che forse non esiste neanche più dopo l’alluvione di qualche anno fa. Ma tornando un secondo a noi.. Non eri arrabbiata con me, circa cinque minuti fa?»
«Non te la sarai mica presa per la mia insinuazione, che poi, effettivamente, si è rivelata esatta. Dai, abbiamo passato di molto peggio negli anni trascorsi insieme.»
«E se ti dicessi che me la sono presa, che succede?» chiese col tono esatto che userebbe un bambino arrabbiato.
Lei rise. «Ti direi che non mi interessa. Ce l’ho con te, ricordi?» scherzò Connie, passandosi una mano nei capelli e spostandoli di lato.
«Giusto, giusto.. Ma cos’è questo fastidioso beep che sento?» chiese confuso, aggrottando le sopracciglia.
«Scusami, è l’avviso di chiamata. C’è Dekker sull’altra linea.»
«Chiudigli la chiamata, ora è il mio turno di parlare con te.» disse sorridendo.
«E se fosse importante?» chiese, anche lei sorridendo, nel sentire la sua voglia di continuare la conversazione.
«Stai per caso dicendo che io non lo sono? Lui ti vede e ti parla tutti i giorni, io invece no.»
«Allora te lo dirò domani, non appena ti chiamerò.» rispose sorridendo sempre di più nel sentire quanto lui desiderasse sentire la sua voce.
Lo sentì ridere sommessamente. «Tratterrò il respiro fino a quel momento, mia ex Assistente Procuratore Esecutivo.» disse facendo dondolare ancora la poltrona di pelle nera.
«Me lo prometti?»
«Certamente.»
«Ora devo andare.» disse, allungando la mano per chiudere la chiamata.
«Aspetta ancora un secondo.»
«Si?»
Mike ebbe un secondo di esitazione, ma subito ci ripensò. «No, niente. Ti auguro una buona serata e una buonanotte, Connie Rubirosa.»
Lei rise sommessamente, dolcemente, capendo cosa ci fosse nascosto in quella semplice frase e nel suo ripensamento. «Lo so. Mi manchi tanto anche tu, Michael Cutter. Ciao.»

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

Il telefono fisso sulla scrivania di Connie squillò, mentre era intenta a fare delle ricerche su internet per conto del suo capo.
Rispose, appoggiando la cornetta tra l’orecchio e la spalla, così da poter continuare a digitare le parole chiave per le ricerche all’interno dell’area riservata del sito della motorizzazione statale.
«Assistente Procuratore Esecutivo Consuela Rubirosa.»
«Ciao, Assistente Procuratore Esecutivo Consuela Rubirosa.» disse tranquillamente Mike con finto tono serio e formale.
Lei scoppiò a ridere, non aspettandosi una chiamata da lui. «Dovresti sapere che questa è solo una pura formalità, Sostituto Procuratore Esecutivo Michael Cutter.» rispose divertita dal tono di lui. «Comunque, ciao anche a te.»
«È proprio ciò che stavo cercando di fare, Consuela, essere formale.» disse lui stiracchiandosi, seduto sulla poltrona, mentre sorseggiava un caffè.
«Dài, piantala. Lo sai che non mi piace il mio nome completo e poi, prima che tu vada avanti e dica qualche stupidaggine, devo avvertirti. Tutte le chiamate sui telefoni dell’ufficio sono controllate, quindi.. Sii professionale, signor Procuratore dal tono fin troppo rilassato.»
Mike fece un’espressione confusa. «Ma che.. Perché mai dovre.. Scusa, ma non è un pò illegale? E poi, proprio alla Procura di Los Angeles!»
Connie rise. Era davvero l’uomo dai mille pensieri al secondo.
«Hey, hey, tranquillo, stavo scherzando. Allora, ricominciamo: ciao Mike, come sta andando la tua giornata?»
Mike sorrise. «Mah, niente di che. Ho preso una breve pausa dallo spacchettamento di alcune cose nel mio nuovo ed enorme ufficio al quinto piano. Sai, sei la mia prima chiamata da Procuratore Capo protempore della sezione ‘Vittime Speciali’.» annunciò fiero e soddisfatto di sé stesso, sperando di averla un pochino impressionata.
«Davvero?!» esclamò lei elettrizzata a quella notizia, lasciando da parte ciò che stava facendo.
«Direi che era ora che mi promuovessero, anche se temporaneamente..»
«Mike, a questo punto devo dirtelo.» disse facendo rigirare una matita tra le dita. «In realtà mi hanno trasferita all’altro capo degli Stati Uniti perché altrimenti avrebbero promosso me al tuo posto.» scherzò, segnando poi un appunto sul suo blocco.
«Ah, allora le cose stano così.. Siamo piuttosto invidiosi, eh? Qualcuno è stato relegato ad eseguire il noioso lavoro d’ufficio?» chiese divertito alzandosi dalla poltrona e aprendo uno scatolone appoggiato su una delle sedie del tavolo ovale da conferenze.
Connie si fermò un secondo. «Touché signor Cutter. Comunque sono davvero fiera di te.» rispose con un gran sorriso sulle labbra. «Visto? Fino a ieri pensavi che la tua vita fosse finita e invece guardati oggi! Sei a capo dell’Ufficio Legale della sezione più importante della Polizia di New York!» rispose davvero orgogliosa di lui, appoggiando la matita che aveva in mano e spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, concentrandosi completamente sulla telefonata.
«Si, bhè..» disse Mike un pò giù di tono.
«Cosa? Non ne sei felice? Io al tuo posto farei i salti di gioia.»
«Non stappiamo ancora lo champagne. Io penso che tutto questo sia l’idea di ‘scherzo’ che ha il Procuratore Generale.» disse ancora buttando sulla scrivania di mogano laccato un pesante volume di giurisprudenza, per poi appoggiarsi quella stessa mano sul fianco. «Tanto valeva ordinarmi di andare in giro a piedi per Foley Square, Broadway e Central Park vestito da pollo di gomma gigante.»
«Non dire scemenze Mike. Io so che coprirai quell’incarico meravigliosamente, ed anche il Procuratore Generale lo sa, altrimenti avrebbe piazzato qualcun altro.. Tipo il tuo ex Assistente maniaco.» scherzò. «Sciocchezze a parte. Mike, tu hai la passione, hai l’onestà morale, hai un grande senso di Giustizia e, soprattutto, so che sei sensibile a certe questioni, quali, per esempio, la violenza sulle donne e sui bambini. Penso che tu sia proprio perfetto per quel posto.»
Connie lo sentì ridere sommessamente. «Grazie Connie. Significa davvero molto per me se è detto da te.. A proposito di capi scontrosi, come vanno le cose con Dekker? Meglio?»
«Meglio. Al momento è molto occupato e non ha tempo di prendersela con me o offendermi in qualche modo. Peccato per il suo tirannico divertimento..» rispose sarcastica.
«Ti ha ordinato di stare alla scrivania fino a nuovo ordine dopo quel fatto?» chiese lui, prendendo un sorso di caffè.
«Già. Sono bloccata qui come una bambina in punizione, per tutto il santo giorno e quando torno a casa devo sistemare alcune cose che sono ancora chiuse nelle scatole, cercare di montare i pezzi del nuovo salotto e in più devo recuperare altre cose da sotto il letto, tipo la ciabatta che è scappata a gambe levate l’altra sera, alcuni pezzi di intimo e cose così.» spiegò cercando di non farsi sentire dai colleghi attorno.
«Sai, non ti facevo così disordinata e poi.. Che diavolo ci fa l’intimo sotto il letto insieme alla ciabatta scomparsa?!» esclamò scoppiando a ridere.
«Credimi, è una lunga storia.»
«Okay, allora la considererò un fatto della serie ‘non chiedere, non dire’.»
Lei sorrise divertita. «Ecco, bravo.»
Dopo un secondo di silenzio, Mike prese un tono serio. «Connie?»
«Dimmi.»
«Devo chiederti una cosa che è di un’importanza a dir poco vitale per me.» disse ad un certo punto, cogliendola impreparata.
«Oh, sembra davvero una cosa seria. Devo per caso chiamare un’avvocato oppure mi stai per dire che hai ammazzato il tuo ex Assistente ed hai avvolto il cadavere in un tappeto prima di lasciare il tuo ex ufficio e devo venire lì a difenderti?» scherzò lei, pensando di sdrammatizzare una possibile situazione imbarazzante o grave.
«No, non è una cosa seria. È di più.» disse sempre con lo stesso tono.
«Okay, ti ascolto.»
«La tua prima lingua è lo spagnolo, giusto?»
«Direi di si.»
«Dici che se ti mando una mail con scannerizzate le istruzioni per montare una libreria, me le potresti tradurre? Vedi, ho perso la parte in inglese e..» disse infine riprendendo all’istante il suo tono scherzoso.
Connie scoppiò a ridere. «Sei incredibile, Procuratore Capo Cutter!» esclamò ma poi, dopo un secondo, ci pensò. «Wow, però è strano chiamarti in questo modo.»
«Bhè, sai com’è, tante persone mi chiamano in tanti modi diversi, ma devo dire che la tua voce che pronuncia il mio nome e il mio grado, è in assoluto il mio suono preferito.» rispose con tono basso e mezzo sorriso sulle labbra.
Lei sorrise dolce, mordendosi poi il labbro inferiore. «Michael, ricordi ciò che ti ho detto all’inizio della telefonata?»
«Oh, giusto! Toni professionali per chiamate professionali. Il Grande Fratello sente e osserva ogni cosa.» rispose sempre scherzoso, facendola ridere.
«Mike, però ora sono io che mi sento di dirti una cosa importante, per via del bellissimo rapporto che ho tutt’ora con te, nonostante la grande distanza che ci separa.» cominciò, cercando di essere gentile.
«Lo sai benissimo che verrei a Los Angeles in ginocchio se me lo chiedessi. 2500 miglia non sono nulla. Dài, spara. Sono tutto orecchie.»
«Okay..» cominciò, poi Mike la sentì sospirare. «Ho conosciuto una persona qualche tempo fa e ci stiamo frequentando in modo serio, sembra. Si chiama Anthony ed è un collega e amico di mio fratello Cesar.» confessò infine dicendo tutta la frase velocemente, coprendosi gli occhi con una mano, pregando chiunque ci fosse ad ascoltarla lassù, che Mike prendesse nel modo giusto quella notizia.
Ci furono un paio di secondi di silenzio, in cui lei provò ad immaginare la sua espressione in quel momento, senza riuscirci, però.
Connie sentì scoppiare un sorriso all’altro capo del telefono. «Ed ecco spiegato il fatto che la tua biancheria sia sotto il tuo letto a fare compagnia alla ciabatta fuggita e alla polvere..» rispose in tono scherzoso ma basso, cercando di mascherare la sensazione di vuoto improvviso nel cuore e sotto i suoi piedi che stava provando in quel momento. Sentì il bisogno di sedersi, quindi tornò alla sua nuova poltrona e ci si buttò sopra, facendola reclinare.
Si coprì gli occhi con una mano, scuotendo leggermente la testa, affranto.

Probabilmente, qualcosa nella sua voce lo tradì, perché Connie lo capì all’istante.
«Mike, ti prego, non fingere. So come sei fatto meglio di quanto lo sappia tu stesso e so che per te sono qualcosa di più che una semplice amica.»
«Connie, non sto fingendo. Sono davvero felice per te, potrai bilanciare definitivamente la tua vita. Dovrei davvero prenderti come esempio.» rispose con cancora la mano sugli occhi, cercando sempre di tenere un tono allegro, che a lui sembrò veritiero, mentre lei continuava a sentire quella nota discordante nella sua voce che le faceva provare della tristezza e del dolore per lui.
«No, meglio che tu non mi prenda come esempio. Io sono solo brava ad incasinare le situazioni più semplici.»
«Credimi, non è così. Tu hai l’abilità di mettere ben in chiaro i tuoi punti fermi e farli capire alle persone.» rispose, questa volta con tono serio, che non lasciava trasparire alcuna emozione. Sospirò mettendosi a guardare nel vuoto, davanti a sé. «È meglio che ti lasci continuare il tuo lavoro prima che Dekker si arrabbi di nouvo con te per colpa mia.»
«Okay. Comunque, noi siamo a posto, vero?» chiese lei gentilmente.
«‘Noi’?» chiese Mike, non capendo perché avesse usato il plurale.
«Bhè, tu sei il mio amico più caro e non voglio in alcun modo che ti allontani da me. Vorrei che tu ci fossi per me come io ci sono per te, qualunque cosa succeda.»
Lui chiuse gli occhi sentendo quella frase, sentendosi esattamente come se fosse stato tagliato fuori definitivamente da una qualunque altra relazione che non fosse stata di pura amicizia.
«Come dicevo poco fa, tu hai l’abilità di mettere molto ben in chiaro i tuoi punti fermi e farli capire alle persone.»
Con quell’affermazione, Connie capì che qualcosa in lui cambiò in modo netto.
Non era più l’uomo allegro che era fino a qualche minuto prima.
«Cosa vuoi dire con questo?» chiese, nella speranza che continuasse a parlare, almeno per farlo sfogare un pò.
«No, niente.. Senti, devo andare. Ho molte cose da sbrigare nella nuova unità.» rispose secco.
«Okay.»
«Hey.» disse seriamente. «Non lavorare troppo, quello spetta a me, chiaro?» disse ancora dopo un secondo di pausa, lasciandole sentire ancora una volta il suo tono allegro e scherzoso, ma lei ancora riusciva a sentire chiaramente quel piccolo particolare nella voce di lui.
«Mike senti..»
«Buona giornata, Consuela Rubirosa.» concluse, chiudendo immediatamente la chiamata, non lasciandole neanche il tempo di rispondere.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

Nei giorni a seguire, Connie chiamò Mike sia sul cellulare, che sul telefono fisso del nuovo ufficio, ma ogni volta risultavano entrambi staccati, occupati o venivano dirottati alla segreteria dell’Ufficio Legale dell’unità ‘Vittime Speciali’.

Connie chiamò per l’ennesima volta il numero del telefono fisso dell’ufficio di Mike ed anche questa volta venne deviato.
«Ufficio Legale della sezione ‘Vittime Speciali’, come posso aiutarla?» chiese una voce femminile, molto gentile.
«Si, salve. Sono l’Assistente Procuratore Esecutivo Rubirosa. Vorrei parlare con il Procuratore Capo protempore Michael Cutter. Sono giorni che provo a contattarlo, ma non riesco a raggiungerlo. Oggi è disponibile?» rispose formale, ma anche lei molto gentilmente.
«Prego, attenda un momento, Assistente Rubirosa, controllo subito.» disse la donna mettendola in attesa.
Connie si appoggiò indietro sulla sua poltrona e sbuffò guardando in alto. “Dai Mike.. Ti prego, rispondi.” pensò.
«Signorina Rubirosa, è ancora in linea?»
«Si, eccomi.» rispose prontamente, mettendosi di nuovo dritta sulla poltrona.
«Mi dispiace, ma il Sostituto Procuratore Esecutivo Cabot mi ha riferito che il signor Cutter è appena uscito per andare a casa.»
«Oh.. Di già?» chiese sorpresa di questo fatto.
«Vuole lasciare un messaggio per quando arriverà domattina?» chiese la segretaria, sempre in tono molto gentile.
«No, non è necessario, grazie. Buona serata.» rispose guardando il suo orologio al polso e facendo un veloce calcolo del fuso orario.
«Grazie, altrettanto a lei.»
Non appena attaccò la chiamata, il primo pensiero fu di preoccupazione.
Sospirò, chiudendo per una secondo gli occhi. “Mike.. Perché diavolo non rispondi alle chiamate? Ce l’hai con me?”
Prese di nuovo in mano la cornetta del telefono fisso e digitò il numero di cellulare di Mike.
Dopo qualche secondo di squilli, rispose la sua voce incisa sulla segreteria telefonica.
*«Segreteria telefonica di Michael Cutter. Per favore, lasciate un messaggio, nome e numero di telefono e sarete ricontattati entro ventiquattr’ore. Grazie.»* disse la sua voce registrata, seguita da un segnale acustico.
Sospirò. «Hey ciao, sono sempre Connie. Non ti sento da qualche giorno, va tutto bene? Volevo solo parlare un pò con te, chiederti come va il tuo nuovo incarico, sapere come stai, cose così. Ti prego, chiamami appena puoi, mi manca sentire la tua voce allegra, quella che riesce a tirarmi sempre su di morale.» disse, poi sospirò di nuovo, chiudendo gli occhi. «Il mio nome lo sai ed il mio numero lo hai. Bhè.. Buonanotte.» concluse attaccando per la seconda volta la cornetta.
Ma altri giorni passarono senza sue notizie ed in tutto quel tempo, Connie provò continuamente a cercare di contattarlo.
*«Segreteria telefonica di Michael Cutter. Per favore, lasciate un messaggio, nome e numero di telefono e sarete ricontattati entro ventiquattr’ore. Grazie.»* disse per l’ennesima volta la voce registrata, seguita poi dall’ennesimo segnale acustico.
Connie era sdraiata sul suo letto ancora vestita col suo tailleur beige, con un braccio appoggiato sugli occhi e le scarpe col tacco lanciate via appena messo piede nel suo appartamento.
Era davvero stravolta da tutto il lavoro di quel giorno.
«Ciao Mike, sono io.. Di nuovo. Immagino che tu sia fin troppo occupato se non richiami, ma vorrei davvero tanto sentire la tua voce, perché sto iniziando a deprimermi parecchio e il mio cervello sta iniziando a pensare che ti sia accaduto qualcosa.» sospirò. «Sai, effettivamente in queste settimane, a me è accaduto qualcosa. Mia madre non sta molto bene, ma lei dice che non è nulla, che è solo un pò di febbre e di non preoccuparmi, ma.. Non so, ho una strana e brutta sensazione. In questi giorni la porterò dal dottore. Comunque qui, l’unica persona che ride alle mie battute è il Detective Ricardo Morales. Quando un giorno verrai a trovarmi, te lo farò conoscere. È un uomo davvero molto simpatico e molto buono, infatti non ha il cuore di dirmi che le mie battute sono pietose.. Bhè, in ogni caso, ti supplico, chiamami. Mi manchi davvero tanto.» concluse, lasciando poi cadere il cellulare di fianco a sé e sospirando di nuovo, sconsolata.

*«..E sarete ricontattati entro ventiquattr’ore. Grazie.»* *Beep!*
Connie era seduta alla sua scrivania con la fronte appoggiata nella sua mano, con gli occhi chiusi.
«Mike, tu ce l’hai con me per il fatto che sto frequentando un uomo, okay, questo l’ho capito. Mi merito la tua indifferenza, in fondo ti ho confessato una cosa che magari non ti saresti aspettato così, su due piedi ed appena ho concluso quella frase, ho sentito all’istante che qualcosa in te era cambiato, ma se continui a fare così, fai sentire me una zombie-stalker con i sensi di colpa, però, che a confronto, il tuo eroe mitologico, non è nulla..» disse con tono deciso, che si ammorbidì quando ricordò la storia della déa e dell’eroe, poi sospirò. «Mi manchi tanto Michael Cutter. Spero che mi richiamerai presto.. Ciao.» disse in fine, addolcendo ancora di più il tono e chiudendo la chiamata dal suo cellulare.

Tutto quello andò avanti per settimane ed in tutto quel tempo, Connie si sentì frustrata, in colpa, furiosa, depressa, apatica.. Insomma, provò tutto un misto di emozioni che la lasciarono confusa, tanto che anche il lavoro iniziò a risentirne in modo negativo.

«Ufficio Legale della sezione ‘Vittime Speciali’, come posso aiutarla?» chiese per l’ennesima volta la segretaria.
«Buongiorno, sono ancora l’Assistente Rubirosa. Lo so, sto continuando a chiamare, ma devo assolutamente rintracciare il Procuratore Capo protempore Michael Cutter, si trova in ufficio oggi?» chiese lei sempre in tono formale, ma leggermente agitato.
«Capisco Assistente Rubirosa. Controllo subito.» disse la segretaria, mettendola per l’ennesima volta in attesa e dopo poco tornò in linea. «Signorina Rubirosa?»
«Si, sono qui.»
«Il signor Cutter è momentaneamente in riunione con i suoi Sostituti, vuole lasciare un messaggio?»
«Si. Potrebbe riferirgli che Connie sta provando a contattarlo da settimane e quella che era una cosa da nulla, ora è diventata una cosa grave e che devo parlargli con una certa urgenza?» chiese facendo un’enorme fatica a mantenere il suo tono professionale e distaccato.
«Va tutto bene, signorina Rubirosa?» chiese gentilmente la segretaria, preoccupata.
«Si, va tutto bene. Devo solo riuscire a parlare il più presto possibile con il signor Cutter.» rispose con voce leggermente tremante, poi sospirò. «Buona giornata.»
«A lei.»

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

Ormai Connie era davvero stufa di sentire quel maledetto segnale acustico e di parlare sempre dopo la voce registrata di Mike, ma se riusciva a lasciare dei messaggi, voleva dire che lui li ascoltava e li cancellava, altrimenti la casella sarebbe stata piena.
Doveva assolutamente riuscire a parlare con lui, perché si trovava in una situazione davvero disperata.
Quella volta, chiamò il numero del telefono fisso dell’appartamento di Mike, che poco prima le diede Jack, dopo giorni passati a convincere gli addetti dell’archivio a passargli un’informazione confidenziale, promettendo loro favori di vario genere.
*Beep!* sentì lei per la milionesima volta, dopo lo stesso identico messaggio registrato anche sulla segreteria di casa.
«Mike, ormai sono quasi tre mesi che provo a contattarti in qualsiasi modo. Dove sei finito..» disse singhiozzando, in lacrime. «Ora che ho davvero un gran bisogno di te, tu non ci sei..» disse ancora, cercando di tenere a bada i suoi gemiti.
Era seduta sul suo divano a due posti, in tuta, mentre stringeva a se un cuscino quadrato, con la fodera interamente ricamata dalla sua mamma con la frase ‘Te Quiero Mucho, Luz De Mi Vida’ tra due grandi cuori, messa in risalto da un nastro rosso di raso che correva lungo tutto il bordo di esso.
«È successa una cosa terribile e non so cosa fare. Mi sento sola e mi sento abbandonata. Un grande pezzo del mio cuore si è spento, è morto e non so cosa fare, né cosa pensare..» andò avanti, cercando di spiegarsi tra le lacrime che continuavano a cadere su quel cuscino che stava stringendo forte a sé. «Ti prego Mike, se sei in casa, ris..»
Connie smise di parlare, sentendo che lui, finalmente, prese in mano la cornetta.
«Dimmi cosa è successo.» disse Mike in tono serio, senza nessuna emozione nella voce, esattamente come se fosse in un contro-interrogatorio in mezzo all’aula di tribunale.
«Mike!»
«Connie, dimmi cos’è successo.» ripetè lui con tono preoccupato, questa volta.
«Mia madre.. Mia.. Lei..» sospirò. «Mike..» riuscì a dire prima di scoppiare a piangere di nuovo senza controllo.
«Connie.. Tua madre è..» rispose lui sconvolto, capendo cosa stava cercando di dirgli. «Io non so..» disse ancora, cercando intanto un modo per consolarla. «Non preoccuparti, tu non sei sola. Ci sono io e c’è l’uomo con cui hai la tua rela..»
«No, ci sei solo tu, Mike. Anthony mi ha scaricata tre settimane fa dicendomi che penso più al lavoro e a cercare te che a portare avanti la nostra relazione e che da quel momento in poi, sarei stata sola dato che come te, mi stava abbandonando anche lui, ma nell’esatto momento in cui è uscito dalla porta di casa mia, ho realizzato che nessun uomo potrà mai essere come te.»
Mike sospirò. «Connie non..»
«Tu sei gentile, comprensivo, dolce, protettivo, sempre pronto a tirarmi su di morale quando ne ho bisogno.» rispose con voce tremante e tirando su col naso.
«Connie..» ripetè lui, ma fu interrotto per la seconda volta da lei.
«Mike, nessuno è te.» ripetè anche lei, mettendosi una mano a coprirsi gli occhi, lasciando che le lacrime scivolassero copiose per il suo viso.
«Dimmi quand’è il funerale.» disse gentilmente.
«Tra due giorni.»
«Allora tra due giorni sarò lì da te, hai la mia parola. Tu, nel frattempo, cerca di stare tranquilla. Fallo per i tuoi fratelli e per tuo padre, che ne ha davvero bisogno e fallo anche per me, okay?»
«Mike, io..»
«Promettimelo.» disse lui con un tono dolce ma sicuro, facendola sentire al sicuro da tutto il male del mondo.
Lei, sentendolo, scoppiò di nuovo in lacrime e dopo poco annuì. «Okay.. Te lo prometto.»
«Brava ragazza.»

Due giorni dopo, Connie, la sorella Maria, il fratello Cesar, loro padre e qualche loro amico, si trovavano davanti la cappella situata nella zona centrale del cimitero civile di South Los Angeles.
Era vestita con un abito sbracciato nero aderente sul busto e la gonna, invece, era morbida sulle gambe, lunga fino a poco al di sopra del ginocchio.
Incrociò le braccia a sé, come per darsi conforto, mentre si guardava insistentemente attorno in cerca di Mike.
Doveva esserci sicuramente, lo aveva detto e lui manteneva sempre la parola data.
Tutti i presenti erano a pezzi e quando dopo la funzione uscirono dalla chiesetta costruita completamente in pietra grezza, Connie alzò lo sguardo e vide Mike in piedi sull’erba dall’altra parte del vialetto, all’ombra di un alto abete, con le mani nelle tasche dei suoi pantaloni formali neri e i suoi occhiali da sole scuri.
Lui sorrise leggermente, ma Connie potè percepire tutto il suo bene, il suo affetto, tutto quello che le mancò in quell’anno trascorso a 2500 miglia da lui.
Si scusò con la usa famiglia e gli amici ed andò velocemente da lui, mentre Mike, man mano che lei si avvicinava, aprì le braccia e quando lei arrivò da lui, ci si tuffò dentro, stringendolo, poi, forte a sé, appoggiando la fronte nell’incavo del collo di lui e scoppiando a piangere.
Lui ricambiò la stretta, cominciando poi ad accarezzarle dolcemente le spalle.
«Hey.» sussurrò al suo orecchio, dandole un veloce bacio sui capelli. «Sono qui, ora.»
I suoi familiari assistettero alla scena, domandandosi chi fosse quell’uomo, senza però ricevere risposta.
«Mi sei mancato così tanto.» disse col volto infossato nella giacca nera, in lacrime.
«Lo so.» rispose sempre al suo orecchio, mentre l’accarezzava e la stringeva a sé.
«In questo mese mi sono davvero sentita abbandonata da tutti. Tu eri sparito, Anthony mi ha lasciata, mia madre è morta.. Non sapevo più cosa fare, se non continuare a cercarti.»
«Mi dispiace per essere sparito in quel modo. Ho avuto davvero troppo da fare nella nuova unità. Sostituti ed Assistenti da mettere in riga, qualcuno l’ho anche dovuto perfino licenziare ed il Procuratore Generale mi ha chiamato ad Albany per giustificare tutto il mio operato. Ma ti posso giurare che tu sei stata sempre nella mia mente. Lo so, è stato davvero un’inferno per entrambi, ma soprattutto per te.» spiegò lui, staccandosi un pò e togliendosi gli occhiali da sole neri per poterla guardare finalmente negli occhi dopo così tanto tempo.
Lei ricambiò lo sguardo.
Mike, tirandole via la riga delle lacrime dalle guance con i pollici, sorrise. «Ora, in questo momento, io sono qui solo per te, Consuela Rubirosa.»
Lei sorrise lievemente. «Non ti merito, Michael Cutter. Tu sei davvero troppo per me.»
Lui fece scivolare entrambe le mani sulla sua nuca, spostandole indietro i capelli, mentre ancora la guardava negli occhi. «Mmh..» mormorò. «Probabilmente hai ragione. Neanch’io mi merito..»
Connie finalmente rise e lui fu felice di poter vedere di nuovo il suo sorriso radioso.
«Sai, forse anche il Procuratore Generale la pensa così. Se non mi licenzia appena metto piede in città, sarà un vero miracolo.»
«Perché?» chiese Connie, incuriosita dalla frase.
«Perché ho preso le ferie senza avvertire, lasciando a capo dell’Ufficio Legale della ‘Vittime Speciali’  il Sostituto Procuratore Cabot. Non ho nulla contro di lei, anzi, è un brillante avvocato con tutto quello che ne consegue, ma.. Sai com’è.. Avvocati testardi e zelanti con un brutto carattere..» scherzò, facendola sorridere di nuovo.
«Già, so esattamente com’è.» rispose con tono a metà tra il divertito e il sarcastico.
«Cosa vorresti dire con questo?» chiese lui alzando un sopracciglio, anche lui divertito.
«Voglio dire che io sono innamorata proprio di uno di quelli.» rispose, appoggiandogli le dita sotto il suo mento e trascinandolo in un dolce bacio.
«Sai Mike, dopo tutto la tua voce che pronuncia il mio nome completo, è appena diventato in assoluto il mio suono preferito.» disse lei, ricordandosi quella conversazione di quasi un mese prima, facendolo sorridere, per poi baciarlo di nuovo dolcemente.

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