Narcissism - la corte delle Fate

di Nidafjollll
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 01: Promessa ***
Capitolo 3: *** 02: la Sposa ***
Capitolo 4: *** 03: Bagno ***
Capitolo 5: *** 04: Sila ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


00: "Prologo"
 





Fate.
Deliziose creature vestite di colori sgargianti, portatrici di bontà e custodi di tutto ciò che vi era di più puro e bello al mondo.
Sempre al fianco degli umani, col tempo, vennero sempre più delineate come umili e servizievoli – pronte ad accorre in aiuto dei loro protetti per porre fine alle loro disgrazie e preoccupazioni.
Iniziarono ad essere venerate ed osannate e le loro gesta ben presto trascritte e riportate in grossi tomi e leggende.
Nessuno aveva mai messo in dubbio le loro intenzioni, abilmente mascherate con un dolce sorriso.
Nessuno aveva mai osato – nemmeno per un momento – descrivere, o solo immaginarle in vesti maligne.
Certo, sì, c'erano state un paio di volte nella storia scrittori che avevano raccontato di fate maligne o particolarmente capricciose, ma la cosa era finita lì. Nemmeno gli autori stessi credettero molto all'originalità di una 'fata cattiva'.
Era risaputo, ormai. Sia grandi che piccini riconoscevano la loro bontà; simbolo indiscusso di benevolenza.
...ed era per questo motivo che, fino ad ora, gli umani venivano considerati stupidi e inetti.
Le fate non erano poi così buone come volevano far credere.
Le fate non erano amiche degli umani; questi erano fin troppo sciocchi e mai si sarebbero sporcate con loro.
Tutto ciò che si conosceva di esse era soltanto una mera ed effimera illusione, creata e voluta da loro stesse.
Le fate avevano denti affilati e sguardo malizioso che faceva impazzire i mortali.
Le fate erano egoiste.
Le fate erano il male.

*
 

Questa non è l'ennesima favola su fate e principesse che si aiutano l'un l'altra.
Se state cercando un racconto che parli di una bella fanciulla alla ricerca del vero amore, affiancata da un aiutante magico – da una dolce e innocua fatina; questa non è la storia che fa per voi.
Abbiamo fate, sì.
Abbiamo principesse.
Ma non abbiamo il lieto fine, non abbiano amore né felicità.
Avremo fate, elfi, folletti che banchetteranno col sangue e stringeranno alleanze nefaste.
Avremo sadici giochi e un'autodistruttiva scalata al potere.
Questa non è la classica fiaba per bambini, questa è una storia scritta interamente col sangue.

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Capitolo 2
*** 01: Promessa ***


01: Promessa






 

Una leggera corrente d'aria fresca entrava dalle finestre spalancate della stanza, smuovendo di poco le tende leggere e solleticando infidamente il corpo nudo di Mirajane; unica erede in vita della nobile famiglia - ormai caduta in disgrazia - degli Ypselanti.
La giovane stava in piedi su una pedana in legno, i piedi nudi e le braccia alzate in una rigida postura; pareva quasi non sentire le blande folate di freddo, essendo ormai abituata alle basse temperature.
Due ancelle vestite di veli e ornate di gioielli le giravano intorno, spalmando sulla sua pelle una lozione profumata alla lavanda e camomilla.
Erano scrupolose nel loro lavoro, non trascuravano nessun angolo e parte.
La pelle della loro giovane padrona era molto sensibile e necessitava costantemente di rimanere ben idratata - specie se il clima era secco e caldo.
Una terza domestica, dall'aria più anziana, fece scendere delicatamente Mirajane dalla pedana, accompagnandola a sedere su un piccolo sgabello in legno per iniziare a spazzolare i suoi lunghi capelli.
La ragazza chiuse gli occhi, beandosi di tutte le cure che stava ricevendo. In particolar modo amava molto sentire le setole morbide della spazzola tra i suoi capelli.
Erano il suo orgoglio.
Lunghi, morbidi e dello stesso colore degli abissi – una tonalità, invece, assai insolita tra gli abitanti delle Colline*.
Urla e schiamazzi cominciavano man mano a sentirsi sempre più, fuori dalla finestra aperta, segnando ufficialmente l’inizio dei festeggiamenti per Beltane*.
Per tutta la giornata si era assistito ad un via vai di servitori e dame che preparavano cibo, ghirlande e tiravano fuori gli abiti più belli da poter sfoggiare.
Nella comunità del mondo magico Beltane era la festa simbolo per eccellenza di rinascita… e ottima stagione per i matrimoni.
Cadeva nel mese di maggio, periodo in cui il grande Dio risorgeva con tutta la sua luce dopo aver dormito sotto terra per tutto l'inverno.
Piccoli focolari venivano accesi lungo le colline al calar del sole, attorno cui la comunità si riuniva per essere benedetta, mangiare e ballare fino all'alba.
Mirajane, a dispetto della maschera fredda e impassibile che esibiva sul viso, non vedeva l'ora di unirsi ai festeggiamenti. Da dove veniva lei feste così grandi e belle non ve n'erano molte.
Era il suo primo Beltane. E anche la sera del suo matrimonio.
Ormai era pronta.
Il suo corpo minuto e abbronzato era decorato da eleganti ghirigori di tintura bianca che si intravedevano sotto la veste di veli avorio che indossava.
I capelli erano stati acconciati in una mezza crocchia, decorati da perle e fiori colorati, mentre gli occhi erano stati lasciati così com’erano.
La ragazza, inizialmente, aveva insistito affinché fossero almeno un minimo truccati con del kajal, ma le sue ancelle si erano ritrovate tutte d'accordo sul fatto che i suoi occhi, talmente neri e grandi da risultare due pozze stagnanti, facevano già il loro figurino senza alcun bisogno di trucco.
Un ultimo ritocco alle labbra tinte di bianco e lasciò finalmente la stanza.
Con al seguito le sue fidate ancelle raggiunse a passo spedito il piccolo salotto al piano inferiore, dove trovò già ad attenderla i suoi genitori.
Come d'abitudine, Eris, la madre, aveva dipinta sul viso un'espressione di totale fastidio malcelato.
Era bellissima come sempre; la copia più invecchiata della figlia, solo con una punta di cattiveria in più nello sguardo.
Al suo fianco, Gavriel, era tutto tranne che bellissimo.
Aveva la pelle squamosa e secca, di un colorito che tendeva all'azzurro e piccole branchie in bella vista sotto le orecchie.
Tutti nella famiglia Ypselanti avevano branchie, in realtà, ma le due donne di casa erano abili a camuffarle tra i lunghi capelli. Inoltre, loro, non avevano nemmeno le squame.
Erano mennow*.
Creature acquatiche dalle leggere caratteristiche di pesce - da non confondere assolutamente con le sirene.
Solitamente le mennow femmina preferivano gli uomini umani o di altre specie, essendo i loro maschi spesso brutti e deformi, ma Eris non fu dello stesso avviso - stranamente.
Certo, Gavriel non era questo granché, ma compensava con cieca obbedienza e indole gentile.
Mirajane stessa adorava suo padre, e suo padre adorava lei.
Esaudiva ogni suo capriccio e desiderio, difendendola e rincuorandola quando la madre la rimproverava troppo duramente o castigava.
Con un rapido sguardo, la matriarca, concentrò su di sé l'attenzione e si prese tempo per esaminare attentamente la figlia.
"Sei in ritardo," sibilò soltanto, infine, non sprecandosi in alcun complimento. "Come sempre, d'altronde."
Mosse le labbra rosse in una smorfia, lasciando intravedere i denti lunghi e affilati, e senza lasciar il tempo a nessuno di aprir bocca, uscì dalla stanza.
In circostanze normali la ragazza si sarebbe sentita irritata o mortificata dalla mancata attenzione e premura dalla madre ma quella serata era troppo importante per lei per lasciarsela rovinare.
In realtà, era una serata importante per tutta la famiglia.
Un'occasione che capitavano una volta sola nella vita.
Mirajane stava per sposarsi; un matrimonio assai vantaggioso per la famiglia Ypselanti.
La mente di tutto ciò era stata, ovviamente, Eris che dopo millemila tentativi era riuscita ad attirare l'attenzione di colui che era uno dei più importanti Lord delle terre di Shide* - un certo Mellos Tysho.
Come ci fosse riuscita era un mistero perfino per il marito; fatto sta che dopo un'ultima disperata lettera dal testo criptato e segreto l'attenzione dell’uomo fu calamitata.
La sete di potere dell'infida mennow era tanta e non appena ottenuto l'invito ufficiale a Corte - dove risiedeva il suo futuro genero - si montò la testa, facendo fare altrettanto alla figlia, riempiendola di promesse di potere e ricchezza.
Solamente cedendo sua figlia a uno dei capi dello Shide, Eris, avrebbe avuto finalmente modo di sfuggire una volta per tutte al controllo e alle tasse salate imposte alla sua famiglia come punizione dalla Regina del Mare.
La figlia - a dispetto di quello che si poteva credere - non ribatté quello che pareva essere il suo destino, anzi, se possibile, ne fu ancor più entusiasta.
Se tutto andava come doveva si sarebbe ben presto trovata nella lussureggiante Corte delle fate con tutti gli agi e comodità che le sarebbero spettati, scappando dalla rigida disciplina di sua madre e a tutti gli obblighi cui era costretta.
Certo, il clima non era dei migliori per un abitante del mare come lei, ma era sicura di riuscire ad abituarsi.
Con addosso gioielli e in tasca oro, Mirajane, si sarebbe abituata perfino a vivere nel deserto.


 

Il sole era ormai tramontato e i festeggiamenti di Beltane erano entrati nel vivo, attirando a Tir Nam Beo* tutti gli abitanti della comunità magica.
Esattamente dietro la grande collina che ospitava il gran Palazzo Reale delle fate vi era un focolare dalla maestosità immane; le alte fiamme scarlatte squarciavano violentemente l’oscurità del buio, regalando luce e calore.
Tutt’attorno al grande fuoco sacro vi erano alti maypole - pali in legno ornati da fiori, edera e frutta matura - attorno cui gli esseri fatati ballavano con lascivia e allegria, brindando con del fresco sidro.
Danzavano tutti, nessuno escluso.
Vi erano graziose fate e pixie* mezzi svestiti - gli occhi neri come catrame e le orecchie affilate, folletti* e goblin* ubriachi, qualche puck* dispettoso e qualche abitante del Mare che spiccava tra la folla.
Gli unici a non essere ancora presenti alla grande fiera era la nobile Famiglia Reale, in elegante ritardo come da protocollo.
Mirajane era a dir poco euforica. 
Ferma al fianco dei suoi genitori si godeva con lo sguardo ogni ballo e danza, bramando con tutta sé stessa di potersi unire a loro.
Eris, invece, sembrava tutto fuorché euforica. Dire che era infastidita e irritata era riduttivo; fulminava con lo sguardo cattivo qualunque essere osasse solo avvicinarsi in prossimità sua o di sua figlia.
Odiava mescolarsi al popolino e odiava ancor di più dover assistere ai loro primitivi festeggiamenti.
Il suo piede iniziò a battere freneticamente a terra, in evidente segno di noia.
“Lord Mellos quando diavolo ha intenzione di presentarsi?” sbottò inviperita, “Devo attendere ancora a lungo? A saperlo non avrei lasciato la residenza così presto.”
Gavriel, al suo fianco, tentò di calmare la moglie con una premurosa pacca sulla spalla, ma tutto ciò che ottenne fu uno sguardo assassino. Ritrasse immediatamente la mano, come scottato.
“Stai dritta composta, mento in fuori e togli quella disgustata espressione di gioia dal volto” ordinò subito dopo la donna, girandosi in prossimità della figlia e colpendole la schiena con la mano a costringerla in una rigida postura.
Mirajane in tutta risposta sbuffò e fu solo grazie al miracoloso e tempestivo richiamo di trombe starnazzanti che si non si beccò una ramanzina sulle buone maniere da Eris.
Tutti i presenti ammutolirono all’istante.
Il Re era finalmente arrivato.

 

Petali colorati segnavano elegantemente il sentiero imboccato dalla nobile Famiglia Reale.
Primo rispetto a tutti vi era il sommo Re Aras; una fata ormai anziana, certo, ma dalla bellezza disarmante. I capelli corvini erano sistemati indietro e tenuti fermi dalla grossa corona dorata e brillante che aveva sul capo.
Gli occhi tondi e furbi si posarono immediatamente sulla famiglia Ypselanti.
Questi ultimi, umilmente si esibirono in un profondo inchino, non osando nemmeno per un istante ad alzare lo sguardo.
Due passi dietro al Re vi era l’affascinante moglie, Cyra.
A differenza del marito aveva lo sguardo tagliente e sottile, attorniato da boccoli argentei che ricadevano morbidi sulle spalle, fino ad arrivare alla vita sottile. Non si era premurata più di tanto ad acconciarli, preferendo di gran lunga lasciarli liberi e sciolti - decorati soltanto da piccole trecce ornate di piccoli fiori.
Successivamente, al loro seguito, vi erano i loro sei figli; ognuno agghindato e dotato di una bellezza diversa e particolare.
Chi avrebbe mai detto che le fate potessero essere talmente belle?
Per tutta la sua giovane vita aveva avuto la ferrea certezza che solo le sirene potessero vantare tanta bellezza e fascino - esseri superiori, in grado di far ammattire gli uomini con un solo sguardo e di ucciderli con un solo canto.
Tuttavia, ora che era attorniata da fate non poteva far altro che ammettere il suo sciocco errore.
Certo, le sirene erano famose per la propria bellezza, ma nemmeno le fate e il popolo delle Colline era da meno.
Accerchiata da tale bellezza Mirajane si sentì in imbarazzo e poco all’altezza. Forse avrebbe dovuto osare un po’ di più per riuscire a calamitare al meglio l’attenzione di tutti.
La musica e i balli ripresero dopo poco, dopo un cenno silenzioso della mano del Re che, dopo uno sguardo gentile verso il suo popolo andò a sistemarsi con la moglie su dei troni di legno e arbusti.
Mirajane e i suoi genitori finalmente si sciolsero da quel rigido inchino, riuscendo a captare la vicinanza di una fata straniera.
Una fata anziana, si direbbe. I capelli parevano fili di pura seta bianca, lisci e lunghi, acconciati in uno chignon basso e gli occhi, di un colore violaceo, erano grandi e all’apparenza gentili.
Certo, era un po’ avanti con gli anni ma anche lui era dotato di un fascino non indifferente; un fascino che riusciva ancora a calamitare l’attenzione di lascive pixie nude.
Dagli abiti che indossava e dall’oro che lo agghindava si direbbe che godesse di una certa importanza. Quindi quando s’inchinò davanti al cospetto di Mirajane ne furono tutti un po’ stupiti.
“E così voi sarete mia moglie.” disse soltanto, un sorriso furbesco a increspargli le labbra.
Alla giovane mennow si gelò il sangue nelle vene. “Moglie?” balbettò, presa in contropiede. Una raffica di pensieri le invase prepotente la mente.
Moglie? di un vecchio? giammai!
A guardarlo si direbbe che la fata avesse il triplo dei suoi anni - se non di più. Certo, Mirajane era entusiasta di sposarsi ma aveva dato per scontato che suo futuro marito avrebbe avuto un’età simile alla sua.
Chissà se sua madre lo sapeva.
Quando provò a girarsi in direzione della madre, uno sguardo pieno di suppliche e interrogativi, ricevette soltanto uno schiaffo che le riportò il volto in direzione del suo promesso.
Se Eris era stupita non lo dette a vedere; giovane o vecchio che sia non avrebbe cambiato proprio nulla: sua figlia lo avrebbe sposato ugualmente.
“Lord Mellos, presumo” sorrise falsamente, abbassando il capo in segno di rispetto. “Quale squisita sorpresa.”
Le due creature si concentrarono in una breve chiacchierata di presentazioni, dove Gavriel venne brevemente presentato e presto accantonato assieme alla figlia, la quale era ancora visibilmente scossa dalla recente scoperta.
Per tutta la discussione, tuttavia, Mellos non tolse lo sguardo da Mirajane. Ripercorse famelico tutta la sua silhouette più e più volte, assaporando solamente il momento nel quale sarebbe stato solo con lei.






***



Glossario fatato:
 

Shide: mondo celtico, parallelo a quello umano, un posto felice dove vi risiedono tutti gli esseri fatati. Talvolta descritto anche come l'oltretomba celtico.

popolo delle Colline / Popolo: chiamato anche 'piccolo popolo', sono gli abitanti dello Shide, composto da fate, elfi, folletti, nani e tutto il resto di esseri fatati.

mennow'donna del mare', esseri fatati dalle caratteristiche di pesce (alcuni hanno la coda, come le sirene, alcune no). Le femmine prediligono i maschi umani o di altre specie, dato che i maschi mennow spesso sono deformi.
A differenza delle sirene non divorano gli umani; se veramente affezionate provano affetto per loro.

Tir Nam Beo: letteralmente 'Terra della Vita' - luogo facente parte di Shide e dove risiedono le fate.

Pixie: simili a fate e folletti, sono estremamente belli. Ricompensano e si prendono cura di chi li tratta bene e puniscono chi manca loro di rispetto. La loro razza è la più piccola.
Si divertono a far perdere gli umani nei boschi, perciò essi devono indossare gli abiti al contrario.

Folletti: essere piccolo e burlone, agile e sfuggente, spesso in grado di volare. Ben conosciuti per la loro malizia, il loro scherzare e la loro suscettibilità. Non sono immortali.

Goblin: spiriti maliziosi e burloni che si prendono gioco di chi entra in contatto con loro. Barbari, crudeli e poco civilizzati, spesso malvisti dalle altre razze.

Puck: spirito ingannatore dei boschi e delle foreste, solitamente maligno e dall'aspetto mutevole. Di notte inganna e attira umani nelle foreste - molto spesso trasformandosi in cavallo e facendosi cavalcare da sciocchi,  portandoli in laghi e facendoli annegare.

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Capitolo 3
*** 02: la Sposa ***


02: “la Sposa



 



Il sole era ormai sorto da un po' e, nonostante ciò, a Corte ancora tutto era immerso in un rilassante silenzio.
I festeggiamenti di Beltane erano durati sino all'alba e solo allora il popolo iniziò pian piano a ritirarsi. I reali e i Lord della Corte tornarono a palazzo per dormire e riposare, mentre gran parte del popolino decise di dormire direttamente a terra, vicino le braci ormai cenere di quelli che furono i grandi focolari.
Tuttavia, a palazzo, non tutti dormivano.
Servitori e ancelle si muovevano furtivi per i corridoi in marmo, a piedi nudi, intenti a completare le loro odierne faccende di routine - a loro non era permesso riposare.
Mirajane era una di loro.
Sveglia; gli occhi vispi e per nulla stanchi fissi immobili a scrutare l'alto soffitto adornato da veli colorati.
Come poteva dormire? Accanto a lei vi era il corpo nudo del suo, ormai, sposo che dormiva con un'espressione disgustosamente rilassata in viso.
Se osava soltanto ripensare agli ultimi avvenimenti della notte scorsa, Mirajane, rischiava di vomitare.
Sua madre non si era fatta scrupoli in merito, mentre Gavriel soffriva in silenzio per il tragico destino dell'amata figlioletta.
La vera sorpresa fu quando il sommo Re in persona diede la sua benedizione alla coppia e si offrì di celebrare lui stesso le nozze in quella che era la notte perfetta per le unioni.
La parte peggiore, tuttavia, non furono le nozze... ma quel che arrivò dopo.
Lord Mellos, dopo un veloce tour per le colline e dopo aver salutato i genitori della consorte, decise di ritornare a Corte prima del previsto per consumare le nozze. Accadimento che la giovane Mirajane non prese per nulla bene, ma che - ahimè - non poté in alcun modo impedire.
Così, ora, la neo sposa si trovava nuda e arrabbiata nel proprio talamo nuziale, coperta soltanto da leggere lenzuola, mentre pensava e ripensava a come sarebbe stata la sua vita d'ora in poi.
Magari posso soffocarlo con un cuscino mentre dorme, pensò.
Ma con la stessa fugacità di cui era arrivato, quel pensiero svanì in un battito di ciglia.
Non era un'assassina e, di certo, non era una sciocca. Ucciderlo il primo giorno a Corte sarebbe stata una mossa troppo azzardata; l'avrebbero sicuramente incolpata di tale misfatto e avrebbe passato delle giornate non tanto piacevoli.
E come se non bastasse, da quel che aveva capito, Mellos era amico intimo del Re. Ucciderlo era un'opzione da scartare... per ora.
Indispettita dai suoi stessi pensieri, Mirajane, si concesse di distrarsi un po'. Lanciò un'ultima occhiata disgustata al vecchio marito e si alzò dal letto.
Non avrebbe permesso a quel viscido di toccare o guardare ancora il suo corpo nudo, quindi si intrufolò furtiva nella piccola cabina armadio - ben rifornita.
Lord Mellos non era di certo uno sciocco impreparato e aveva già rifornito l'armadio dei più bei e pregiati abiti.
Con un po' di fatica la giovane mennow si ritrovò a non disdegnare affatto quello che era il dono di suo marito.
Decise di restare sul semplice, ma non troppo. Scelse una veste bianco avorio lunga e trasparente, composta da più strati di veli - un abito che le permetteva di mostrare a tutta la Corte le proprie grazie.
Sogghignò; suo marito non sarebbe stato felice della scelta, ma poco importava.
All'interno della cabina vi era anche uno scaffale colmo di gioielli.
"Il vecchio ha pensato proprio a tutto..." sussurrò con contentezza e schifo allo stesso tempo, mentre con un dito affusolato ispezionava la superficie liscia e luccicante di una spessa collana dorata.
Beh, una cosa positiva quel matrimonio l'aveva portata; la ricchezza di a cui tanto ambiva era letteralmente sotto i suoi cupi e ingordi occhi.
Dalla vasta collezione scelse una cavigliera in oro con perle che ciondolavano e tintinnavano tra loro, tre anelli, orecchini di perle e una collana. Indossò il tutto e andò a rimirarsi allo specchio.
Era bellissima. Si complimentò con sé stessa per la propria bellezza e, presa una spazzola, uscì dalla cabina per indirizzarsi a sedere alla sua personale toeletta.
Ad attenderla, però, trovò Mellos seduto sul letto. Ancora nudo. Ancora felice.
Un grugno infastidito uscì prepotente dalle labbra della giovane; il solo guardarlo le provocava rabbia e disgusto.
Quest'ultimo, dall'altro canto, si esibì in un malizioso sorriso, prendendosi dei secondi per rimirare con soddisfazione la sua bella mogliettina.
Mirajane semplicemente lo ignorò e andò a sedersi alla toeletta, davanti lo specchio, iniziando a spazzolarsi con cura i capelli; lo sguardo della fata a bruciarle la schiena.
"Non ho diritto ad una serva?" sbottò all'improvviso ella, sbuffando e lanciando per terra la spazzola. "Non ho forse diritto a qualcuno che mi vesta e spazzoli per me i capelli? In fondo sono la sposa di un Lord."
Il marito sorrise ancora una volta; non era affatto indispettito dall'arroganza della mennow, anzi, ne era quasi affascinato.
"Ma certo, mia cara" disse soltanto, alzandosi dal letto e incamminandosi in direzione della porta.
Bussò due volte e quest'ultima immediatamente si aprì, rivelando la presenza di una giovane fanciulla dai capelli rossastri che si esibì in un profondo inchino.
"Costei è Nyra," spiegò, "Tua ancella personale."
Mirajane annuì soddisfatta.
"Da oggi in poi ogni tuo desiderio è un ordine per me, mia amata. In cambio vorrei solamente che tu segua delle... regole."
In tutta risposta ottenne l'ennesimo sbuffo della mattinata: "Che genere di regole?"
"Te le spiegherò col tempo, non preoccuparti, ora goditi la tua prima mattinata da Lady."
Con poche rapide falcate raggiunse la moglie e la baciò, cogliendola impreparata e facendo scorrere una mano sul suo piccolo seno sodo al disotto del vestito.
Non ci vollero molti secondi prima che Mirajane si ribellasse e, per tutta risposta, ottenne un morso violento sul labbro.
Il vecchio Lord si staccò da ella con sguardo famelico e un rivolo di sangue a macchiargli le labbra; aveva morso con talmente tanta ferocia il labbro della consorte da farlo sanguinare.
Lei, in risposta, lo guardò furente; una mano sul labbro leso.
"Ora andò a farmi un bagno, tu goditi la compagnia di Nyra. Al mio ritorno ci spetta la colazione" sogghignò melliflua la fata, indossando una veste in cotone e incamminandosi verso il bagno; sbattendo la porta alle proprie spalle.
Mirajane era a dir poco adirata. Come si permetteva quel viscido di toccarla senza il suo consenso e, perdipiù, di ferirla?
Preoccupata si avvicinò allo specchio a controllare il labbro mentre la sua nuova ancella accorse in suo aiuto.
"Mia Lady, permettetemi di esservi utile." cinguettò con voce sottile e posando una mano pallida sulla spalla della propria padrona per attirarne l'attenzione.
La mennow si girò a fissarla in silenzio.
L'ancella era vestita di un semplice abito bianco, corto e fasciato in vita da un nastrino oro. Aveva lunghi boccoli ramati che le incorniciavano il viso paffuto a forma di cuore e grandi occhi castani.
Non era una fata. Cos'era allora?
"A che razza appartieni?" domandò a bruciapelo Mirajane, incuriosita.
La serva sorrise e abbassò gli occhi. "Sono un'umana, mia signora."
Tutto si aspettava, ma non un'umana. "Come, scusa? Un'umana? Ho sentito bene?"
Quel farabutto di suo marito non poteva trovare di peggio!
Un umana. In cosa mai le sarebbe stata d'aiuto una debole e fragile umana?
La poveretta era in palese disagio. "Sono una changeling*, portata qui e allevata quando ancora ero in fasce".
La mennow era sbigottita. Si prese la testa tra le mani e sospirò.
Mellow l'aveva fatto apposta ad affibbiarle un'umana. Una comune mortale poteva niente a confronto con le altre creature; erano facilmente spezzabili e la loro mente soggiogabile. Tramite Nyra lui l'avrebbe spiata e controllata.
Se lo sarebbe dovuto aspettare.
"Okay, d'accordo," sospirò esasperata. "Cerca di renderti utile, almeno."
L'ancella non se lo fece ripetere due volte e, preso un fazzoletto di cotone dalla tasca, andò a ripulire il sangue dal labbro della Lady. Successivamente applicò sulla ferita una pomata, con lo scopo di rimarginare ben presto la carne lesa.
Guardando il suo labbro Mirajane si pentiva amaramente di non aver soffocato la fata mentre dormiva. Se lo sarebbe meritato eccome, quel bastardo.


 

Il tintinnio delle perle ai piedi risuonava per tutto l'intero corridoio in marmo pallido.
Mirajane, cogliendo la sua ancella in un momento di distrazione, sgattaiolò fuori dalla propria stanza; lontana dal marito e alla scoperta di quella che sarebbe stata la sua nuova casa.
La Corte era ancora invasa da un alone di torpore, gran parte dei nobili ancora riposava e in giro si vedevano soltanto servi e servitrici. Ve n'erano per ogni razza; riconobbe pixie, puka*, boogie* e qualche fifinella*.
Nessun umano.
Solo a lei, sventurata, era capitata una changeling come serva!
In quel momento - molto probabilmente - Nyla e Mellow la stavano cercando.
Poco importava. Di certo l'ultima cosa che desiderava era fare colazione con quel vecchio che si era sposata.
L'unica cosa che non disdegnava di lui era la sua ricchezza.
Con un sorriso sollevò le mani minute davanti al viso ad ammirare i tre grossi anelli in oro massiccio che portava.
Luccicavano più del sole.
Rapita a contemplare l'oro non si rese più conto di dove stava andando e, in pochi minuti, si ritrovò la strada tagliata da due giovani fate dall'aspetto niente male.
Erano alti, slanciati e dall'aspetto simile. Probabilmente fratelli, pensò.
Entrambi con capelli corvini, sbarazzini, da cui spuntavano lunghe orecchie. Il primo aveva occhi verdi come la più cupa delle foreste, mentre il secondo li aveva di un brillante e cupo rosso sangue.
A guardare gli abiti che indossavano e l'oro che portava ciascuno di essi dovevano essere sicuramente di nobile famiglia.
"Beh, salve" sorrise melliflua Mirajane, gli occhi pieni di malizia. Era una donna ormai sposata, certo, ma nulla le impediva di avere qualche flirt extra-coniugale.
I due sconosciuti rimasero abbastanza interdetti da tale intraprendenza e squadrarono la fanciulla ciascuno con uno sguardo differente.
Il primo era palesemente divertito, il secondo infastidito.
Prima che uno dei due potesse anche solo aprir bocca vennero interrotti da un urletto strozzato della giovane.
Una mano apparsa dal nulla le tirò con violenza i capelli turchesi; Lord Mellos si era palesato dietro di lei come un'ombra e, dopodiché, la costrinse con la forza a chinare il capo, esibendosi lui stesso in un mezzo inchino.
"Vostre maestà, perdonate l'audacia di mia moglie. E' nuova a palazzo e ancora non conosce l'etichetta." si affrettò a spiegare.
Mirajane si morse la lingua. Non solo era incappata nei giovani principi, ma era anche stata trovata dal suo aguzzino.
Occhi verdi parve preoccupato per la giovane mennow, così si avvicinò e con forza tolse la mano del Lord dalla sua testa. "Non c'è nulla di cui preoccuparsi, è piacevole incontrare un volto nuovo. Con chi ho l'onore di parlare?"
"Lady Mirajane Ypselanti, dalle fredde terre del Mare." la presentò il marito, con punta d'orgoglio.
"Non parlavo con te." lo rimbeccò immediatamente il principe, trasformando il proprio sorriso da divertito in infastidito, smorzando del tutto l'umore del suo interlocutore.
La ragazza sorrise soddisfatta nel vedere il marito ammutolito. Un bello spettacolo.
"Io sono Sting," si presentò finalmente il giovane reale. "E questo è mio fratello minore, Alek." concluse indicando la giovane fata dagli occhi rossi che ancora non aveva parlato; sul volto ancora lo sguardo infastidito.
Mirajane sorrise e si esibì in un elegante inchino, protendendosi un po' troppo fino a rivelare la sua scollatura ai due principi.
Stando ai nomi quelli che aveva davanti erano il secondogenito e terzogenito del Re. Certo, sarebbe stato meglio se si fosse imbattuta nell'erede al trono ma... nemmeno loro erano male.
Alek non si levava dalla faccia quella smorfia indispettita, mentre il fratello maggiore era molto più socievole e accondiscendente. E poi i suoi occhioni verdi erano talmente magnetici da calamitare su di sé tutta l'attenzione.
Lord Mellow parve accorgersi dell'interesse della moglie nei confronti del principe così - cercando di essere il più educato possibile - cinse con un braccio la vita sottile della fanciulla e la avvicinò a sè.
"Noi stavamo andando a fare colazione," spiegò con un falso sorriso a increspargli le labbra. "Vogliono le vostre maestà unirsi a noi?"
Tutti captarono il fastidio e la falsità velata da cortesia del Lord.
In un primo momento Sting fu tentato di accettare l'invito ma - visto il broncio del fratello e la sua promessa al padre di stare fuori dagli affari altrui - declinò con galanteria l'invito.
Mirajane ne fu mortificata, mentre il marito tirò un sospiro di sollievo dallo scampato pericolo.
Congedata, la coppia, fu libera di andarsene per la propria strada, lasciando ai due principi il ricordo degli occhi scuri e supplicanti che la ragazza indirizzò loro prima di essere trascinata via.


 

...uno schiaffo.
"Questo per essere scappata dalla stanza senza permesso." tuonò alterato Mellow, colpendo il viso della moglie e sfogando così tutta la sua rabbia.
...due schiaffi.
"E questo per aver fatto la puttana coi principi!"
...tre schiaffi.
Quest'ultimo schiaffo non lo giustificò nemmeno, e fu talmente forte che fece cadere per terra Mirajane.
Sentiva il sapore metallico del sangue in bocca e, per la rabbia, si morse la lingua e conficcò le unghie nei palmi delle mani, cercando di sopprimere l'istinto impellente di alzarsi e colpire a sua volta quel viscido vecchio.
Non se lo aspettava di essere picchiata, ma doveva prevederlo. La prossima volta non sarebbe stata tanto sciocca da farsi cogliere impreparata.
L'anziana fata alzò la mano per tirare un quarto schiaffo, ma poi l'abbassò.
Esaminò con rabbia le guance arrossate della mennow e notò che stava iniziando a perdere sangue dagli angoli della bocca.
Decise di fermarsi; tuttavia non voleva rovinare quel capolavoro di volto che possedeva Mirajane. Si appuntò mentalmente di colpirla in posti celati, la prossima volta.
Soddisfatto della punizione infertale si girò, dandole le spalle e puntando gli occhi su Nyla - accucciata nell'angolo da cui aveva assistito a tutta la raccapricciante scena ed essere stata, in primis, vittima dello sfogo di Mellos.
"Dalle una lavata, rendila presentabile e dopodiché rendile noti i suoi doveri." impartì severo, incamminandosi verso la porta d'uscita.
Quando rimasero sole, Mirajane urlò. Urlò e si alzò, lanciando contro la porta la sedia in legno della toeletta.
Come osava? Come osava? COME OSAVA?
Dire che era furente era riduttivo.
Senza che potesse controllare le proprie emozioni si ritrovò il viso bagnato dalle lacrime e intenta a strappare le lenzuola del letto, rendendole miseri brandelli.
Nyla, dal canto suo, non sapeva come tranquillizzare la giovane padrona così si limitò semplicemente ad ubbidire al Lord, andando in bagno e riempiendo la vasca di acqua calda e latte di capra.
La giovane Lady, stranamente, non fece storie e si fece accompagnare nella vasca e ripulire dal sangue.
Rimase a mollo nell'acqua, immobile, a pensare alla sua vendetta mentre la sua ancella le passava sulle spalle nude un olio profumato.
Si dovette ripetere per l'ennesima volta che no, non poteva ucciderlo.
Ma allora cosa fare? Cosa poteva fare lei, piccola creatura, contro una vecchia e potente fata che era il doppio della sua stazza?
Meditò a fondo senza trovare una reale e concreta soluzione. Di una cosa, tuttavia, era sicura: le serviva grande pazienza e un piano a lungo termine per potersi sbarazzare di lui.
Inoltre si interrogò sulla frase che aveva detto: doveri? A quali doveri doveva mai adempiere? Insomma, anche se a malincuore era la moglie di uno dei più importanti Lord delle Terre di Sidhe. Mica si aspettavano da lei qualcosa! Fare la moglie non era già un compito abbastanza arduo?
"Senti Nyla," sussurrò, sovrappensiero. "Cosa intendeva il bastardo quando ha parlato di doveri?"
L'umana la guardò stupita. "Non lo sapete?"
"Se lo sapessi pensi ti starei facendo domande?"
"Beh, mia signora," iniziò cauta. "Da quando avete messo piede a Corte siete la nuova dama da compagnia della principessa Sila, consorte dell'erede al trono."
Per Mirajane fu come ricevere uno schiaffo. "Sila? Intendi Sila Misjelres della Corte Aqua? Da quando è sposata col principe?"
"Da un paio di mesi la Corte Seelie* e la Corte Aqua hanno deciso di allearsi, unendo i figli maggiori a nozze." spiegò brevemente Nyla, non smettendo un attimo di massagiare le spalle della padrona. "Pare che il Re sappia dei buoni rapporti fra voi e la principessa, così ordinò di avere voi come sua dama. Infondo siete entrambe della stessa razza, no?"
La mennow semplicemente non rispose.
Conosceva bene Sila, sì, ma non poteva di certo dire che appartenevano alla stessa razza o che scorresse buon sangue tra di loro.
Sila era una sirena*. La più infida sirena che conoscesse, e scoprire di doverle fare da dama fu solo l'ennesima pugnalata del giorno.





 

***

Glossario fatato:

Changeling: spesso le fate scambiavano di nascosto i propri neonati con neonati umani, crescendoli come propri nello Shide.

Puka: spiriti che portavano fortuna o sfortuna, con l'abilità di cambiare forma. Si divertono a sussurrare consigli malevoli alle orecchie degli umani e commettere loro innumerevoli dispetti.

Boogie: folletti perlopiù inoffensivi ma dal comportamento meschino.

Fifinella: folletto femminile, dispettoso e dal viso animalesco.

Seelie: nome comunemente usato per catalogare gli esseri 'buoni' del Piccolo Popolo.

Sirena: creatura mezzo pesce e mezzo donna, sempre bellissime dal canto ipnotico. Su di loro vi sono molte leggende: chi le dipinge come buone, chi come feroci predatrici che attiravano uomini umani per cibarsene.
Generalmente molto egocentriche e vanitose.

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Capitolo 4
*** 03: Bagno ***


03: “Bagno





 

Vomitò.
Mirajane era china sul pavimento freddo, nuda, al buio e aggrappata con le mani ai bordi del gabinetto. La grande vetrata del bagno era aperta, lasciando entrare un leggero venticello che a contatto con la sua pelle le provocò un leggero tremore.
Solo la luna era testimone di tale miseria; la ragazza si chinò nuovamente scossa da un nuovo conato di vomito, accompagnato da una serie di brividi.
Cercava di fare il minimo rumore possibile. Mellos non si era nemmeno accorto della sua mancanza quando, furtiva e in preda al panico, scappò in bagno per rimettere qualsiasi cosa avesse nello stomaco.
Stremata si lasciò cadere a terra, raggomitolandosi in un intreccio e nascondendo il viso nell’incavo del braccio. Lontana dagli occhi e dalle orecchie di chiunque altro si lasciò andare ad un pianto silenzioso e liberatorio, lasciando in quelle lacrime tutto il male e risentimento che aveva provato in quei pochi giorni.
Assurdo!
Tutta la situazione aveva dell’assurdo.
Certo, Mirajane era a conoscenza dei suoi doveri da moglie - sua madre l’aveva preparata e istruita personalmente sin dal suo primo menarca - ed era conscia di dover soddisfare i bisogni carnali del suo sposo ma… a conti fatti era tutt’altra cosa.
Scioccamente ed ingenuamente aveva fin troppo sottovalutato la cosa e, ora, si ritrovava il corpo dolorante che la punzecchiava infido ad ogni movimento azzardato.
Era forse questo il ‘sesso’ di cui tutti parlavano e di cui non potevano farne a meno?
La ragazza era sicura di poterne fare a meno, allora.
Da quel poco della sua esperienza una cosa l’aveva appresa: a godere di piacere erano solo i maschi, signori. Mentre le dame dovevano sottostare a quella danza erotica che di piacevole aveva ben poco, secondo lei.
Con gesto delicato si portò lentamente la mano ad accarezzare il ventre indolenzito. Ricominciò a piangere e si morse il labbro inferiore con rabbia.

Passarono interi minuti, forse anche un’ora, prima che Mirajane ritrovasse di nuovo la forza di alzarsi da quel freddo pavimento.
Esausta si portò dinanzi al grande specchio in bagno ad osservare silenziosa la ragazza che ricambiava il suo sguardo cupo e triste al di là della superficie lucida dell’oggetto.
Gli occhi erano arrossati e gonfi - colpa del pianto, e i capelli scuri arruffati e con qualche nodo in bella vista. Il volto palesemente segnato dalla rassegnazione e stanchezza pareva più pallido, nonostante la carnagione abbastanza scura di lei.
Non si riconosceva in quel riflesso. Non era lei.
In soli due giorni e due notti suo marito era riuscito a piegarla; la vita a Corte non era come si aspettava.
Forse sua madre poteva impegnarsi di più e trovarle un partito migliore.
Invidiava Sila, quella stronza. A Mirajane sarebbe semplicemente bastato sposare un qualsiasi principe e sarebbe stata contenta. Invece no. Uno spocchioso Lord le era toccato. Uno spocchioso Lord che aveva il pieno e totale controllo sulla sua vita.
Almeno se fosse stata principessa un po’ di libertà sarebbe riuscita a conquistarla.
Forse era meglio farsi un bagno e svuotare la sua mente da tutti quei pensieri.
Sfortunatamente, però, della sua ancella non v’era traccia; era notte fonda e sicuramente era nei suoi alloggi a riposare.
E forse era meglio così…


 

Filamenti densi e lattiginosi danzavano lenti per l’intera stanza, lasciando nell’aria un piacevole odore di marijuana.
L’incenso bruciava più che mai, facendo inebriare il giovane principe che, seduto su di una poltrona rinfoderata, sorseggiava con aria pensierosa il suo vino.
Parte del dolce nettare rossastro colò dal calice di cristallo che teneva, andando a sporcarsi la gola e il colletto della camicia bianca che indossava.
Che scocciatura, pensò.
Ormai la luna era alta nel cielo e alla Corte regnava il silenzio; tutti - perfino la servitù - erano tra le calde braccia del grande Dio dei sogni.
La sua mente ormai era annebbiata, pensieri poco lucidi gli ronzavano per la testa; la brocca di vino era quasi del tutto vuota. Per terra, addormentate e ubriache vi erano tre danzatrici mezze nude.
Tuttavia a fargli compagnia c’erano anche i suoi due fratelli: Sting e Elyas, il maggiore tra tutti loro - anch’essi addormentati in angoli diversi della stanza.
Molte cose c’erano da dire su Elyas… era il maggiore, certamente, ma non l’erede al trono. Era un bastardo e il suo sangue non era puro; in lui c’erano tratti da pixie, proprio come sua madre - l’amante ufficiale del Re.
Anche il suo aspetto era particolare, rispetto i suoi fratelli. In lui prevalevano i tratti della madre; infatti aveva un viso spigoloso e grandi occhi languidi neri come il catrame. Le orecchie non erano lunghe e affilate, ma si camuffavano bene tra i suoi lunghi riccioli violacei. Era il più alto e il più snello, il più irresponsabile e il più lascivo.
Era raro vederlo a corte, solitamente impiegava il suo tempo a compiere avventure a dorso del suo fedele destriero per tutte le terre di Sidhe. Essendo un bastardo non aveva doveri seri a cui adempiere, perciò si viveva la vita tra lusso e agiatezza come più preferiva.
“Alek…”
A parlare fu proprio Elyas, destatosi dal suo sonno, richiamando l’attenzione del fratello più piccolo che ancora era intento a sorseggiare vino.
Il principe in questione semplicemente non rispose.
“Alek, cazzo, dobbiamo dare una ripulita.” bofonchiò il maggiore, ancora assonnato ma con punta di preoccupazione nella voce. “Se tua madre domani dovesse trovarci così tu e Sting finirete in grossi guai.”
Non aveva del tutto torto. Il giorno seguente ci sarebbe stata la luna piena, un evento che a Corte veniva festeggiato con un banchetto periodico e vari rituali che cominciavano sin dal mattino, appena poco dopo il sorgere del sole.
Quella di domani sarebbe stata una luna dei fiori*, la favorita nella comunità magica.
Alek sbuffò. Si era completamente dimenticato di quella ricorrenza.
La situazione in quel momento non era una delle migliori; era completamente ubriaco e poco lucido - così come i suoi due fratelli, soprattutto Sting che ancora dormiva indisturbato. La stanza era piena di fumo di oppiacei e incenso e le tre cortigiane col quale si erano divertiti tutta sera erano prive di conoscenza stese sul freddo pavimento.
Dovevano dare una ripulita.
“Tu sveglia Sting, del resto mi occupo io.” biascicò il minore, alzandosi finalmente dalla poltrona e andando a riposare il suo bicchiere ormai vuoto vicino alla coppa di vino su un tavolino.
Con passo un po’ barcollante si avviò verso la porta di camera sua, richiamando con un gesto della mano le due guardie al suo servizio.
“Sbarazzatevi di loro.” disse. “E se osate soltanto riferire qualcosa a mia madre, la Regina, mi accerterò di tagliarvi la lingua io personalmente.” minacciò duro, lo sguardo di sangue ridotto a due fessure taglienti.
E mentre Elya svegliava loro fratello e le guardie si accingevano a scortare fuori le donne svenute, Alek spalancò tutte le finestre della sua camera per permettere al fumo che aleggiava tutt’attorno di uscire.
Se necessario avrebbe dormito quella notte con le ante spalancate.
Sting era sveglio, ora. Un po’ ubriaco, ma sveglio.
“Proporrei un bel bagno, che dite?”


 

Ripensandoci, Mirajane, decise che l’idea migliore era quella di andare nelle sale da bagno comune del palazzo. Così facendo avrebbe evitato di svegliare il suo consorte e si sarebbe svagata per un paio d’ore in quella nottata nefasta.
Con passo leggero e felpato entrò nel grande guardaroba e si vestì in fretta con una semplice e leggera vestaglia di veli color avorio. Prese la sua spazzola per capelli e abbandonò la stanza, chiudendo piano la porta alle proprie spalle.
Trovare le sale da bagno non fu un compito difficoltoso; il giorno prima Mellos si era premurato di farle fare un tour veloce dell’intero palazzo e lei era predisposta da buona memoria - nonostante il labirinto di corridoi che vi erano.
Superò un paio di guardie in armatura che facevano la ronda e finalmente si ritrovò davanti le porte dei bagni. Erano alte e spesse, in legno chiaro di betulla.
Appena entrata aloni di caldo vapore iniziarono a solleticarle il corpo, donandole immediatamente un senso di beatitudine.
La stanza era enorme, con colonne in pietra pallida alte fino al soffitto. In angoli seminascosti si potevano intravedere vasi in terracotta contenenti braci ardenti su cui erano sparse erbe aromatiche che donavano all’ambiente un leggero profumo di fiori.
La vasca era enorme, ampia e dall’acqua di un colore lattiginoso. Le pareti, invece, erano interamente ricoperte da specchi.
Le fate erano vanesie e anche il più umile dei doveri - quali fare un bagno - doveva essere uno spettacolo lascivo e unico. Ovviamente era una stanza comune, dame e signori si potevano incontrare e fare il bagno insieme; il Popolo di certo non conosceva alcun senso del pudore.
In un angolo vicino all’ingresso vi era tutto il necessario per fare il proprio bagno: saponi, olii essenziali alle erbe, creme, lozioni e qualche secchiello da poter riempire con acqua fredda dalla fontanella.
Mirajane prese l’occorrente, mettendo il tutto nel suo secchiello, si spogliò e - preso un asciugamani morbido - si incamminò in direzione della grande vasca d’acqua calda.
A quell’ora pensava di essere l’unica in quel posto, e invece, ad attenderla dentro l’acqua trovò un groviglio di corpi nudi scambiarsi baci ed effusioni roventi.
Il colmo, per Mirajane.
Vederli le fece tornare alla mente ciò che Mellos la costrinse a fare quella notte e il fastidio, la rabbia, presero il sopravvento del suo corpo.
Lasciò cadere rumorosamente il secchiello per terra; un'espressione di gelo dipinta in volto.
Ma non erano gli unici. Poco lontano vi erano altre due giovani fate di sesso maschile che si contendevano una giovane.
Il colmo, veramente.


 

Quella che Alek credeva ormai da considerarsi una serata conclusa ebbe dei risvolti.
Elyas, da solito mangia donne qual’era, per il loro bagno riuscì a sedurre ed avere la compagnia di due giovani pixie sorelle.
Sting non si tirò di certo indietro e - mentre loro fratello si lasciava andare a peccaminosi baci con una - decise di intrattenere l’altra. 
Quest’ultima, tuttavia, sembrava non le bastassero le attenzioni di Sting e cercava in ogni maniera un contatto con la pelle nuda di Alek, che guardava il tutto con sguardo impassibile.
Il suo unico scopo era quello di darsi una ripulita e rilassarsi un po’, cercando di farsi passare la sbornia - non certo un secondo round con delle pixie un po’ puttane.
All’improvviso, un rumore assordante, attirò l’attenzione dei presenti.
I due fratelli minori non faticarono a identificare l’intruso: si trattava della novella sposa di Lord Mellos, l’esotica creatura di Mare di cui non ricordavano la razza.
Elyas, invece, rimase rapito dal corpo nudo della giovine. I suoi lunghi capelli di un turchese scuro le arrivavano a solleticarle il sedere, tondo e sodo; oltre alla principessa Sila e a una delle sue ancelle non aveva mai visto capelli di un bel colore come quello.
Era di una bellezza disarmante, anche se in quel momento appariva nuda e poco curata; gli occhi erano leggermente gonfi e rossastri.
Sul volto tuttavia mostrava un’espressione di puro fastidio e schifo; le labbra carnose imbronciate all’ingiù.
Pareva non averli riconosciuti.
Sting fu il primo a parlare, anticipando Elyas che non riusciva a distogliere i suoi occhi dalla ragazza.
“Mirajane, che piacevole sorpresa trovarti qua.”
Quest’ultima lo guardò torva. Alternò lo sguardo tra lui e Alek e solo dopo aver visto i suoi glaciali occhi rossi parve riconoscere i due.
Il suo volto, dapprima, corrucciato si aprì in un sorriso.
Un falso sorriso.
“Scusate se vi ho interrotti, levo subito il disturbo.” sussurrò, abbassando la testa in un modesto inchino e girandosi di spalle pronta ad andarsene.
Mossa furba e calcolata, per lasciare i principi a rimirare il suo didietro quanto e come volessero.
“Resta,” la richiamò poco dopo Elyas.
Lei girò il viso in sua direzione, un sorriso malizioso a incresparle le labbra. Lo guardò interrogativa; ancora non sapeva chi fosse.
“Io sono Elyas, loro fratello.” si presentò rapidamente, allontanando da lui la pixie col quale era impegnato. “Prego, unisciti a noi.”
Alla fanciulla non servì sentirselo dire due volte che subito si unì a loro, entrando lentamente nella vasca.
La sua attenzione, principalmente, era rivolta a Sting - glielo si poteva leggere in volto. Infatti andò a posizionarsi tra lui e il maggiore bastardo.
Entrambi erano visibilmente rapiti dalla mennow. L’accerchiarono come si fa di consueto con un docile cerbiatto prima di saltargli alla gola.
Il minore tra i principi, tuttavia, la guardava a malapena - con sufficienza.
Certo, non poteva negare che fosse una gran bella giovine ma in lei leggeva grande ipocrisia celata da un falso sorriso e false buone maniere. Bastava vedere come li aveva guardati prima che si rendesse conto di chi avesse davanti; il suo sguardo cattivo e infastidito non gli lasciava libera la mente.
Non si fidava di lei. Ed era incredulo che i suoi fratelli fossero così pieni di loro stessi da non accorgersi che qualsiasi parola, mossa e sguardo di lei fossero una messinscena.
Destatosi dai suoi pensieri si ritrovò lo sguardo plumbeo di lei addosso. Lo squadrava con aria criptica, di chi non sapeva come comportarsi.
Alek ne aveva fin troppo.
“Io vado a dormire." sentenziò freddo, alzandosi e uscendo dalla vasca.
I suoi fratelli in tutta risposta brontolarono un po’, ma non lo trattennero; troppo impegnati a ricoprire di attenzioni Mirajane anche solo per non accorgersi delle due pixie che lanciavano sguardi di fiamme in loro direzione.
I suoi vestiti erano sporchi di vino stantio e puzzavano di fumo, così decise di lasciarli lì - qualche servo se ne sarebbe occupato. Prese solo un bianco asciugamani da avvolgersi in vita e abbandonò definitivamente la grande sala da bagno.

La sua camera ormai non puzzava più. Solo un po’, forse. E la densa cortina di fumo si era completamente dissolta.
Meglio così.
Senza preoccuparsi di vestirsi si buttò di peso sul letto morbido a baldacchino, coprendosi con un lenzuolo leggero. La sbronza gli era quasi del tutto passata e ora non voleva far altro che dormire; i suoi occhi stanchi supplicavano per un po’ di riposo.
Inevitabilmente - e senza poter fare molto per impedirlo - si ritrovò a pensare a Mirajane. E il suo sguardo magnetico fu l’ultima cosa che vide prima di addormentarsi.

 


 

 

***

Glossario fatato:

Luna dei fiori: nome con cui viene chiamata la luna piena del mese di maggio

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Capitolo 5
*** 04: Sila ***


04: “Sila


 



 

Quella mattina Mirajane si svegliò all’alba, assistita dalla sua fedele ancella, Nyla.
Il grande giorno era dunque arrivato, suo malgrado. Da quel giorno in poi sarebbe stata lei stessa una delle dame da compagnia della principessa Sila, consorte dell’erede al trono: Malakhi Mistje-Mirada.
Molte cose non andavano bene alla fanciulla; primo tra tutti trovava umiliante il fatto di trovarsi a lavorare al servizio di qualcuno. E non si trattava di un qualcuno a caso, no. Si trattava di Sila, della famiglia reale Mistjelres, una sirena alquanto infida con la quale Mirajane aveva avuto il dispiacere di avere a che fare.
I ricordi dei loro incontri erano abbastanza lontani nel tempo. Risalivano a quando la principessa ancora non era maritata e viveva alla Corte Aqua; a quel tempo anche la famiglia Ypselanti si trovava a palazzo - prima di essere banditi, e da che avesse memoria tra lei e Sila proprio non scorreva buon sangue.
Tutta questa situazione era assurda!
Proprio quando pensava di essersi - finalmente - liberata di lei eccola qua nella sua nuova dimora a renderle la vita più dura di quanto già non lo fosse.
Cercando di liberare la mente dai pensieri negativi la mennow si lavò la faccia con acqua fresca e fredda, puntando successivamente lo sguardo sullo specchio dinanzi a sé.
Aveva dormito poco quella notte, tuttavia di occhiaie non ve n’era traccia - fortunatamente. Forse era grazie al bel bagno che aveva fatto quella notte; un vero toccasana!
E ripensando al bagno fu inevitabile pensare anche a chi c’era a farle compagnia. Un sorriso malizioso si disegnò sulle sue labbra, riuscendo per un momento a svuotarle la mente dalle preoccupazioni e lasciandosi andare ai dolci ricordi sui tre principi incontrati.
Mirajane era conscia dell’effetto che faceva agli uomini, ed essendo una delle poche creature acquatiche a Corte suscitava ancora maggior curiosità.
Era conscia di aver letteralmente stregato Elya ma, purtroppo, lui non rientrava nel range a cui puntava. Sfortunatamente era un bastardo e in quanto tale non avrebbe mai e poi mai potuto ambire alla corona o a una posizione di vantaggio come i suoi fratelli.
Un vero peccato, tuttavia; con lui il gioco sarebbe stato breve e facile.
A riportarla coi piedi a terra - alla cruda realtà dei fatti - ci pensò, ancora una volta, Nyla.
Con voce debole e sottile quest’ultima l’accompagnò alla cabina armadio, mostrandole una serie di vestiti di colore verde e spiegando che tale colore era riservato alle dame da compagnia dei reali.
Tra i quattro vestiti tra cui poteva scegliere, la mennow, scelse il più trasparente. Si trattava di abito lungo fino alle caviglie, attillato sul petto, di un verde chiaro che ricordava le foglie di salvia.
“Voglio i gioielli.” impartì successivamente con tono di voce che non ammetteva repliche.
Se proprio doveva fare la dama da compagnia perlomeno si sarebbe accertata di essere la più appetitosa tra tutte loro.
Infondo, incontrando Sila, forse avrebbe incontrato anche l’erede al trono. E gli Dei non vogliano che lei venga colta impreparata!
Un sorrisino fece capolino: di certo avrebbe sfruttato la sua posizione al meglio.

Una volta terminati i preparativi, Mirajane, tornò nella stanza principale e ad attenderla  trovò il suo sposo. Pareva essersi appena svegliato, indossava ancora la veste da notte e sul viso aveva un’espressione ancora addormentata.
Ma appena vide la sposa s’illuminò.
“Mia cara, che incredibile visione.” si complimentò, gli occhi rosa ridotti a due fessure maliziose mentre con lo sguardo ripercorreva la silhouette sinuosa della giovine. “Vieni a salutarmi prima di andare a svolgere i tuoi doveri.”
La ragazza tentennò, indecisa. Ma non aveva altra scelta, perciò, a passo lento e strascicato si avvicinò piano al letto e a Mellos.
Quest’ultimo non perse tempo e la attirò a sé per un braccio, facendola cadere nel letto assieme a lui. In men che non si dica si ritrovò su di lei; il sorriso malizioso e lo sguardo cattivo.
La baciò con irruenza, facendo scontrare le loro bocche e insinuando la sua viscida lingua tra le labbra di lei. Nel mentre, una mano era finita a palpare con enfasi il suo seno.
“Non dimenticarti a chi appartieni e non osare mettere in imbarazzo il mio nome.” sibilò infine, con voce dura e minacciosa, staccandosi finalmente dalla ragazza e alzandosi dal letto. 
Lei era fumante di rabbia. Non solo quel viscido aveva ancora una volta abusato di lei, ma osava addirittura minacciarla. E visti i precedenti era piuttosto sicura che se solo avesse osato commettere un passo falso si sarebbe ritrovata sotto le mani violente di lui.
Fortunatamente sembrava non sapere nulla di ciò che era accaduto la sera precedente.
“Certo.” rispose semplicemente, dura, mentre abbandonava la stanza.


 

Sila era sicuramente una narcisa vanesia.
Adorava spendere ore e ore a rimirarsi allo specchio e prendersi cura di sé; la bellezza era tutto, un arma sicuramente non impassibile.
Sua madre glielo ripeteva sempre, quelle poche volte che si degnava di essere una vera e propria madre. Tuttavia Sila non la biasimava; era una regina e come tale aveva impegni più importanti che passare del tempo con la sua unica figlia.
Dettagli…
Perlomeno una cosa giusta nei suoi confronti l’aveva fatta: assicurarle un posto da regnante accanto a quello che sarebbe ben presto diventato Re delle intere terre di Sidhe. Così facendo le sirene avrebbero ben presto potuto regnare su mare e terra, incontrastati.
Ormai la giovane sirena era maritata da un bel po’ eppure lei non amava Malakhi.
Certo, era una bellissima fata… ma in lui c’era qualcosa di criptico che non riusciva a farsi andar a genio. E perdipiù era sempre impegnato da mille mila questioni di stato e riunioni; stavano insieme solo la sera, quando cercavano di concepire un nuovo erede per la famiglia.
D’altronde era quello il suo ruolo: procreare e donare alla Famiglia Reale una discendenza. Una vera noia.
Con la noia dipinta sul viso, Sila, era seduta composta alla sua toeletta in attesa della sua nuova dama da compagnia. Era in ritardo. Partiva già male - ma in fondo poteva aspettarsi solo questo da una semplice mennow.
Un sorriso tuttavia le increspò le labbra sottili; un sorriso cattivo e pieno di divertimento.
Era da anni che non vedeva Mirajane, da quando sua madre bandì da corte lei e la sua sciatta famiglia. Il motivo di tale ira da parte di sua madre nei confronti degli Ypselanti non l’aveva mai capito; ma di certo si trattava di una cosa grossa e succosa.
Si appuntò mentalmente di indagare.
Quella serata si sarebbe tenuto un Esbat* in onore della Dea e della luna dei fiori che faceva il suo ingresso. Quella era la luna prediletta in assoluto dalla regina Cyra che annualmente preparava un banchetto di fiori e dolciumi, festeggiando per tutta notte.
Sila aspettava Mirajane per iniziare i vari rituali propizi e iniziare a prepararsi per la serata. Non lo faceva di certo perché le mancasse la servitù - anzi, già aveva la sua fedele ancella; lo faceva per puro dispetto.
Più faceva lavorare la piccola mennow e più la sirena si sarebbe divertita.
Da piccole, nonostante il suo titolo da principessa, la supponente osava tenerle testa ma ora le cose erano ben diverse. Lei era nettamente superiore e avrebbe fatto sì che la sua nuova dama ricordasse da dove provenisse e qual’era il suo rango.
Proprio in quel momento si udì un leggero bussare alla porta; Sila s’illuminò.
La sua vittima era dunque arrivata.


 

Mirajane non era tipo da essere nervosa o impacciata, ma ora, dinanzi alle alte porte della stanza di Sila si sentiva piccola piccola. Le due guardie la guardavano con malizia e questo - almeno in parte - le fece riacquistare fiducia in sé.
Non poteva mostrarsi debole o inferiore a lei. Non l’avrebbe permesso ne ora ne mai.
La porta si aprì mostrando il viso grazioso di una fanciulla. In un primo momento, la mennow, pensò che fosse una sirena; ma le lunghe orecchie affilate da fata la mandarono in confusione.
Esteticamente sembrava una creatura acquatica; aveva una chioma di una chiara tonalità di azzurro e occhi limpidi e cristallini come due pozze d’acqua pura. Era alta e sinuosa, le labbra carnose, il viso a cuore e zigomi alti.
Era bellissima.
Ma non bella quanto lei, chiaro.
“Che piacevole sorpresa rivederti qui, Mira.”
A parlare non era stata la giovane alla porta, bensì Sila, che la invitò ad accomodarsi nella stanza.
La sirena era comodamente seduta su una poltrona foderata in pelle, in fondo alla stanza; la schiena dritta e lo sguardo fiero.
Non era cambiata dall’ultima volta che l’aveva vista. I suoi grandi occhi color sabbia erano sempre illuminati da punta di cattiveria e la bocca, piccola e sottile, era dipinta a formare un ghigno divertito.
I suoi lunghi capelli di cobalto erano lasciati sciolti in disordine sulle spalle gracili e sottili.
Mirajane semplicemente non le rispose, la guardò torva e successivamente si aprì in un falso sorriso.
“Ti presento Defne, la mia ancella.” sorrise falsa indicandole la fanciulla dagli occhi cristallini che le aveva aperto la porta. “E’ un ondina*, venuta direttamente con me dal Mare.”
Ecco cos’era! Un ondina; ora si spiegava le orecchie - a conti fatti si trattava di una fata, comunque.
“Direi di iniziare a prepararci in vista dell’importante serata, tu che dici?” sibilò infine, socchiudendo gli occhi in un sorriso divertito. “Vai in bagno e portami la mia brocca d’acqua.”
Un ordine.


 

Sin dal mattino il secondogenito della Famiglia Reale aveva preso parte ai riti per Esbat, assieme ai suoi fratelli.
Aveva bruciato candele dai colori sgargianti, si era purificato con dell’incenso al gelsomino e aveva pregato la Dea. La parte religiosa della giornata era volta al termine, ora si prospettava soltanto una notte di follia e divertimento - sempre con rispetto per la luna e la Dea.
Oltre a Elya, il maggiore, Sting era di certo il più allegro e ilare.
Ovviamente il più cattivo tra i fratelli era il minore: Alek, le cui gesta e crudeltà si narravano per tutta Sidhe - bastava uno sguardo di troppo e il giovane principe era capace di cavare gli occhi a chi lo guardava.
Tuttavia questa indole cattiva l’avevano tutti i suoi fratelli; perfino Malakhi che sul volto aveva sempre un’aria impassibile. Tutti ma non Sting, lui era quasi innocente - tratto alquanto raro nelle fate, di solito di indole capricciosa.
Caratterialmente si direbbe essere il più simile al padre; il Re, conosciuto da tutti per la sua bontà e saggezza. La corona non era mai stata in mani più sicure e con la sua ascesa le guerre tra gli Unseelie* e il Mare erano giunti a termine con giusti accordi.
Al popolo Unseelie erano state riconosciute terre e un proprio capo mentre al Mare era stata fatta una ghiotta offerta: il figlio maggiore delle fate come sposo per la principessa degli abissi.
Malakhi, come sempre, vedendo la sua sposa rimase impassibile con il solito sguardo di sufficienza dipinto negli occhi rossi opachi. Mentre Sting lo invidiò; quella bella sirena tutta per lui…
Essere il secondogenito era una posizione non molto comoda: aveva tutte le responsabilità e studi, proprio come il maggiore - in caso di sbalzi per il diritto al trono, ma allo stesso tempo non veniva preso in considerazione seriamente quando si trattava di questioni importanti. Era un po’ la riserva.
Una merda.
Ad ogni modo quella di oggi era stata una giornata particolarmente calma e piacevole, e la sera si sarebbe sicuramente dato al vino e all’allegria. Chissà, magari avrebbe rivisto in maniera privata la piccola Mirajane.
La sera prima aveva avuto il piacere di incontrarla alle sale da bagno; una visione. Peccato solo ci fossero i suoi fratelli, soprattutto Elya che non perse tempo a sbavarle dietro come un troll* in calore - cosa che fece anche lui, onestamente, ma in modo più discreto.
L’unico ostacolo a quella piacevole conoscenza era e rimaneva suo marito; il vecchio e grigio Lord Mellos. Un vero peccato.
Ma era sicuro di riuscire a trovare un modo per poter aggirare quella fata; d’altronde lui era un principe di sangue turchino e l'altro un semplice lord al suo comando.
“Abbiamo finito?” domandò irrequieto il principe, rivolgendosi al giovane servetto che gli sistemava l’orlo delle maniche.
Quest’ultimo bofonchiò un paio di scuse e si tirò indietro a capo chino, lasciando al suo padrone lo spazio per rimirarsi allo specchio.
I capelli neri erano arruffati ma tenuti fermi da una coroncina in edera e fiori intrecciati, lasciando sbucare dai lati le orecchie affilate. Indossava una camicia bianca con le maniche a sbuffo e sopra un completo di colore verde - proprio come i suoi occhi.
Il naso all’insù e il sorriso birichino lo facevano sembrare un folletto, ma la bellezza disarmante del giovane apparteneva a una razza nettamente più superiore.
Sua madre adorava la luna dei fiori e per l’occorrenza aveva organizzato il ‘banchetto dei fiori’, invitando la nobiltà a festeggiare e pregare la nuova luna. Si sarebbero tenute danze fino all’alba; ritirarsi prima delle luci del sole era inaudito!
Ormai il sole era calato e sin dalla sua stanza, Sting, poteva già sentire l’inizio di un valzer suonato dai musicisti di corte.
L’Esbat era iniziato.
In trepidante ed eccitato si appuntò in tutta fretta una spilla argentata raffigurante un fiore sul petto e abbandonò le sue stanze.
A differenza di Elya o Alek, lui, aveva ben poche occasioni per poter divertirsi senza il peso delle responsabilità o senza venir risucchiato in affari di stato o dispute da risolvere.
Certe volte invidiava quei due: entrambi di due ranghi diversi ma entrambi troppo lontani dalla corona che gravava, invece, sulle sue spalle.
Tuttavia quella era una serata importante per vari motivi - per il divertimento, questo senz’altro, ma avrebbe anche rivisto le sue due sorelle dopo mesi e mesi.
Le due principesse erano andate a far visita al popolo Unseelie, risiedendo nella dimora del loro capo: Jarina, una puck alquanto selvaggia ma altrettanto saggia.
Una chioma turchese, nondimeno, attirò immediatamente la sua attenzione non appena fece il suo ingresso nel grande salone del trono addobbato a festa.
Tutto attorno si fece sfocato, e gli occhi del giovane principe non videro più nessuno se non Mirajane.


 

Quella fu decisamente, ufficialmente, la giornata peggiore che Mirajane potesse mai immaginare. Dire che Sila fece i capricci era dir poco; impartì ordini per tutta la mattinata e per tutto il pomeriggio facendo ingoiare amaro alla povera mennow, ferita nell’orgoglio.
Ma si sarebbe vendicata, questo era poco ma sicuro.
Nessuno la umiliava in tal modo e riusciva a scamparla; così come l’avrebbe fatta pagare a suo marito Mellos, avrebbe fatto lo stesso con la giovane principessa.
Prima o poi.
Fortunatamente non fu costretta a servirla pure la sera. In quanto moglie di uno dei Lord di Sidhe era invitata al banchetto, dunque - con questa scusa - poté ritirarsi molto presto nelle sue stanze a sfogare la frustrazione in un bel e meritato bagno preparato prontamente da Nyla.
Rimase a mollo nell’acqua per molto tempo, lasciando la testa ciondolare sul bordo della vasca. Intanto la sua ancella provvedeva a spalmarle sul corpo una lozione alle erbe, rinfrescante.
E nel frattempo la mente della mennow vagava.
Senza che quasi se ne accorgesse si ritrovò dinanzi il grande specchio della cabina armadio, nuda e in piedi, mentre Nyla provvedeva a mescolare della tintura verde pastello da usare per dipingere il corpo della padrona con floreali ghirigori.
Avendo la pelle scura la pittura chiara risaltava maggiormente.
Successivamente la vestì con un abito bianco, semplice ma adornato da molti veli trasparenti che ricadevano leggeri sulle gambe sottili, creando una specie di vedo-non-vedo molto sensuale.
I capelli, invece, vennero raccolti in uno chignon lasciato morbido dal quale sfuggivano alcune ciocche e lasciando il collo - e le branchie - scoperti. Dei fiori colorati e foglie verdeggianti furono inseriti tra i capelli.
Infine, utilizzando la stessa pasta con cui aveva decorato il corpo, la serva, andò a colorarle le labbra, applicando poi del kajal sugli occhi plumbei.
Osservandosi con attenzione Mirajane si trovò assolutamente perfetta e sensuale; le forme del proprio corpo che si intravedevano dai veli limpidi.
Nonostante tutto tirò un sospiro di rassegnazione; ad attenderla nella stanza c’era già pronto Mellos che con poca pazienza la richiamava.
Il mattino Sila, la sera Mellos: la giovine non poteva sperare in peggio.
Svogliata si trascinò in camera, puntando lo sguardo incattivito su suo marito vestito di tutto punto e con un fiore all’occhiello.
“Bella come sempre.” sibilò mellifluo con sguardo malizioso.
Raggiunse la sua sposa e si prese del tempo per ammirarla, passando una mano famelica sul suo corpo prima di strizzarle una chiappa e lasciarle un bacio umido tra i seni.
“Stammi vicino e non osare allontanarti.” iniziò a illustrare, severo. “Se ti parlano annuisci e non fiatare; accetta i complimenti con umiltà e rimarca il fatto di essere felice con me. L’unico uomo che ti possiede.”
Mirajane storse le labbra disgustata al sentire quelle ultime frasi.
Ma parlava seriamente? No perché sarebbe potuta scoppiargli a ridere in faccia da un momento all’altro.
Annui.
“Andiamo, allora.” e così dicendo Mellos le porse un braccio.
Braccio che la fanciulla fu costretta ad accettare mentre, insieme, lasciavano le stanza incamminandosi in direzione della musica che li avrebbe portati al banchetto.

Una volta giunti a destinazione ella rimase completamente stupita, era la prima volta che vedeva la maestosa sala del trono e ora se la trovava davanti in tutta la sua magnificenza decorata da edera rampicante e fiori dai colori sgargianti.
In fondo alla sala si poteva intravedere una lunga scalinata in pietra che conduceva a due troni.
Accanto ad essi vi erano i vessilli raffiguranti lo stemma reale: una corona di spine su sfondo verde.
Tra la folla individuò facilmente Sila con la sua chioma bluastra, che la guardava divertita sventolando una mano guantata. Al suo fianco vi era una giovane fata dai capelli argentei e gli occhi rossi; l’erede al trono.
Finalmente Mirajane lo vedeva; era differente dai suoi fratelli che di aspetto somigliavano di più al padre. Malakhi, invece, rispecchiava di più le caratteristiche tipiche di sua madre.
Doveva incontrarlo. Doveva parlarci. Doveva un qualsiasi cosa, ma doveva attirare la sua attenzione.
Quasi speranzosa si girò verso Mellos: “Quello è l’erede al trono? Non me lo presenti?”
Di tutta risposta, ad ogni modo, ricevette solo una severa e dura occhiata. Un no.
Fantastico.
Doveva liberarsi di Mellos e trovare il modo di farsi presentare a Malakhi.
E quale ottimo modo di conoscere l’erede se non tramite il fratello minore?
Proprio in quel momento si accorse degli occhi color bosco di Sting che non facevano altro che sorriderle furbamente.
Sì, lui sarebbe stata un’esca perfetta.

 



 

 

***
 

Glossario fatato:

Esbat: rituali religiosi pagani/neopagani in cui si festeggia la Dea, associata alla luna ogni qualvolta vi sia luna piena. 

Ondine: fata dell’acqua.
Sono prive di anima, dal carattere mutevole: talvolta dispettose come le sirene che attirano umani in acqua per cibarsene, altre docili e amichevoli.
Risiedono in pozze d’acqua e possiedono una voce bellissima e melodiosa. Sono considerate creature di bellezza al pari di una fata o sirena.

Unseelienome comunemente usato per catalogare gli esseri ‘cattivi’ del Piccolo Popolo.

Troll: creatura umanoide che vive nelle foreste.
Descritto come ruvido, rozzo dotato di un grande naso e una coda pelosa. Di carattere molto stupido o birichino; molto puzzolente.

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