Luisa&Edoardo

di noemi cullen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una macabra novità ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Una macabra novità ***


Buonasera!Dopo tantissimo tempo ritorno su efp e con un racconto tutto mio.Spero vi piaccia e...mi scuso in anticipo per eventuali errori di grammatica e/o battitura.
Con questo...buona lettura!


No.Desidera.Questo è nella sua natura.
E come cominciamo a desiderare Clarice?
Cerchiamo fuori le cose da desiderare?
Il desiderio nasce da quello che osserviamo ogni giorno.
Hannibal Lecter,Il silenzio degli innocenti (1991)





La pioggia bagna il corpo seminudo di Maria Luisa Stronardi,23 anni,abbandonata sul marciapiede ,con ancora gli occhi aperti,verso un cielo che non l’ha protetta, non quanto doveva.
Mentre i flash delle macchinette fotografiche vanno in sincronia con i tuoni,e i cartellini degli indizi vengono posti attorno a lei,l’idea generale che vaga nella testa della gente sembra la stessa:si è buttata dalla finestra,quella del secondo piano,ancora aperta,con le tende di lino bianco che volano e si bagnano con la pioggia che ora aumenta sempre di più.
Nessuno qui aveva mai visto un corpo morto, di questo ne potevo essere sicuro, e ciò aumentava il silenzio.Il tempo sembrava bloccarsi, ed è in questi momenti che la tristezza ti assale.Ti rendi conto che le macchine continuano a girare affollate per le strade,la pioggia continua,la gente esce ed entra nel supermercato accanto,i camion continuano a trasportare le merci anche mentre una persona è morta.Lei è ferma,ma il mondo continua a girare.E questo ti fa concludere amaramente che anche tu,alla fine,avrai la stessa fine.
Arriva l’ambulanza.La gente in strada si sposta,chi se ne va parlando fitto,sconvolta,aspettando il Piccolo,il giornale della città, di domani mattina per risolvere i propri dilemmi, chi si scosta semplicemente, tenendo il collo più lungo,insistendo a sapere qualcosa di più.
Mancano due tiri per finire la sigaretta.
L’autobus arriva da San Cilino, lo vedo,e  mi accosto per fargli cenno.Quando salgo, lascio cadere il mozzicone a terra e seduto, torno a guardare dal vetro la scena.
Il corpo è avvolto da una coperta argentea, in barella, e viene caricato nel veicolo.

Domenica mattina 
Ore 6.35
Mi preparo un caffè dalla macchinetta in tazza grande, amaro, per svegliarmi meglio.Fuori il tempo si è rasserenato.La finestra che da alla cucina,è scavata nel muro,sporgente, ed è comodo sedersi dentro.Lo facevo sempre,quando prendevo il caffè.Con il giornale sulle ginocchia, cerco di capire, guardando il portone del civico 107, le novità non riportate.
Niente scoop,niente rivelazioni della polizia, ne dalla scientifica.Tutto giace, e al solo pensiero mi torna in mente il viso della ragazza,visto dall’alto,con gli occhi sbarrati e la pioggia che le scende sulle guance di marmo.
Secondo il giornalista di cronaca nera, la famiglia della vittima sarebbe arrivata a Trieste per la mattinata.Sarebbero entrati nell’abitazione con due carabinieri,per recuperare gli effetti personali.
Un po’ presto, visto l’iter burocratico.
L’idea di fondo era sempre la stessa.Suicidio.
Senza rendermene conto guardo la finestra da cui si sarebbe buttata.E’ chiusa,le tende bianche coprono la visuale.Tutto sembra vuoto e lugubre,come l’intero condominio,ormai in mano a universitari ubriachi ed affittuari ingordi della rendita mensile,che grazie a quelle quattro mura che si reggono per miracolo,riescono a campare.
Il portone si apre, e cattura la mia attenzione.Una donna mora, alta, con il viso impassibile esce con una scatola piena di oggetti.Un carabiniere dietro di lei porta una valigia rossa, e da come la trasporta, sembra essere pesante.Caricano tutto in una pegeout piccola,color grigio topo.Dentro c’è un uomo, dai capelli e barba lunga moro,con gli occhiali da sole.La figura femminile Sarà forse la sorella maggiore del cadavere,Elena Stronardi,di anni 29,operatore sanitario,sposata e con un figlio piccolo?
Allungo lo sguardo,e dal sedile sembra proprio esserci un bambino in seggiolino.La donna stringe la mano al carabiniere in divisa e i due si separano.
Mentre lei sale in auto,seguo velocemente il carabiniere.Il marciapiede, che funzionava da parcheggio, su cui era caduta la ragazza, era stato liberato(per la felicità di chi,a differenza mia,non ha il posto privato)e si era accostata solo la pegeot grigia,non la pattuglia.La cerco, ed eccola, l’isolato più avanti, di fronte al centro estetico.Le macchine partono in contemporanea,ma mi soffermo ad osservare quella di Elena Stronardi e marito.Sulla strada, intravedo Aurora, in leggins e canotta nera camminare rapida con le cuffie alle orecchie,la coda bionda corta che scondinzola a ritmo.Una cosa che aveva unito me ed Aurora era proprio l’amore per la cura di sé, a partire dal fitness e dalla palestra.Io però avevo detto no oggi, non me la sentivo.
Lei alza il viso, e il suo sorriso le riempie le guance rosa confetto.Le sorrido anche io in risposta, bevendo l’ultimo sorso di caffè.La sento poco dopo per le scale,il suo respiro affannato ma regolare.Mi innervosisce.
-Buongiorno Amore!Già letto il giornale?-si avvicina e mi bacia la guancia felice.Quando si gira alzo gli occhi al cielo.
-Stavo leggendo le notizie riguardante la ragazza di fronte.
-Oh.sì-si spalma su una fetta biscottata un po’ di marmellata con fare pensoso- prima quando sono uscita  ho visto i carabinieri entrare in appartamento.Ma ci pensi?Io vengo a convivere da te da appena due giorni,e avviene un omicidio!Agghiacciante.-morde la fetta.
-Chi ti ha detto che è omicidio?-gli chiedo.
Mi guarda sbattendo le palpebre-Non lo so,sparavo.Non ho seguito la vicenda.
-E’ suicidio.è stato confermato oggi.
-Oh,cavolo.Povera ragazza.-afferma tristemente.Ma poi scuote la testa e riprende i suoi pensieri-Io vado in doccia.Ricordati che a pranzo siamo dai miei-si avvicina
-Certo-sorrido.Le accarezzo un fianco,e lei si china per baciarmi.Quando mi stacco dalle sue labbra, il nervosismo mi passa in un lampo.Aurora aveva il dono magico di agitarmi e calmarmi immediatamente.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


-Ogni volta che ci sarà un litigio in famiglia,tu dovrai seguirmi.Qualsiasi cosa tu faccia,riesci a tranquillizzare mamma!Se reagisse così ogni volta che Francesco fa qualche bravata…- Sorrido soddisfatto, guardando dritto la strada, mano nella mano sul cambio,mentre attraversiamo in macchina la costiera.Il profumo dei capelli di Aurora,e il loro colore biondo,si amalgama perfettamente con i colori del tramonto.I finestrini abbassati, l’aria fresca e sprezzante ci agita le camice di lino. -Tua madre alla fine,su questi aspetti,è come te.E poi non c’era molto da dirle.Lo hai visto, quel marciapiede è sempre invaso di bottiglie di vetro rotte, chiazze di vomito…non sono ragazzi a posto quelli. -Lo so lo so.Ma vallo a spiegare alla mamma!Ora che ci abito io lì, una ragazza si suicida .Mette i brividi no? -Viviamo insieme però, non è così?E’ casa mia, non può succedere nulla-le stringo la mano,guardandola per poco prima di tornare con il viso alla strada. -Niente di niente!-sospira appagata-Che dici se ci fermiamo sulle rive?E’ da tanto che non facciamo una passeggiata!-rivela sognante. -Dovremmo sì.. Prima di prendere la strada per casa, cambio direzione per inserirmi in città.Superata Piazza Unità troviamo parcheggio velocemente.Camminiamo insieme ,la stringo sulla vita a me, ci godiamo quel nostro momento di relax,uno dei pochi visti gli impegni lavorativi che spesso ci riempiono anche i weekend. Anche se, devo ammetterlo, quello che rovina sempre tutto sono io.Aurora ha gli orari fissi in ambulatorio,e le conferenze di dermatologia a cui partecipa sono rare,non perché non fosse brava o perché non si facciano,ma perché è lei stessa, spesso, a rifiutare per me. Io sono legato invece ai miei obblighi di investitore bancario,a passare le giornate in ufficio,a vestire i completi lunghi anche d’estate, a portare le cravatte asfissianti,i gemelli coordinati e le scarpe di pelle sempre lucide. Ma cerchiamo di non farci pesare i nostri ritmi.Dividiamo casa e lavoro, come se fossero due vite diverse,come se fossimo due persone diverse.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Mi sveglio assonnato,per colpa di quella dannata sveglia e il suo bip bip stridulo,da farti girare i nervi già la mattina.
Aurora sembra sparita.
La conferma mi viene da un biglietto lasciato sul tavolo della cucina.
Arrivo per pranzo. Venerdì cena con Fede e Valentina?
-Ma io a pranzo non ci sarò-affermo a voce alta a mò di risposta,accendendo la tv con un sospiro.Mi siedo ,godendomi la colazione già pronta e il giornale.
Secondo l’articolo in prima pagina,la ragazza qui di fronte non si è suicidata.
Non ho tempo di leggere oltre,ricordandomi di un file da completare a computer.
In orario riesco a fare tutto,e mi porto il giornale in auto,pronto da leggere in pausa pranzo.
Il tempo è sereno,e alle 13 stacco veloce,salutando i colleghi,isolandomi dal gruppo che va a pranzare nei ristoranti in viale,e mentre bevo il mio calice di vino rosso ,sotto i portici,aspettando da mangiare,riapro il giornale alla prima pagina.
Il mistero di Luisa Stronardi si infittisce.
L’autopsia rivela:non si è suicidata.Al via le indagini del GIP.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


ll rumore delle chiavi mi irrita. Il chiavistello viene tolto,la chiave della porta blindata gira,due volte,fino ad un clic sordo.
Aurora entra a casa con la sua  anormale vivacità post lavoro.
-Amore sono a casa!-
Come se non l’avessi sentita.
Prendo il borsone della palestra ed esco dalla camera da letto.
-In tempo per…vai già via?
-Ho bisogno di scaricare.Non prepararmi nulla per cena.
-Va bene…-risponde sbigottita davanti al frigo aperto.
-Per la cena di venerdì non si fa più nulla.Hanno organizzato il convegno di Tessalonica per venerdì.Se riesci ci mettiamo a computer e prenotiamo i voli,sai che non sono brava in queste cose.
-Quando pensi di tornare?
-Domenica pomeriggio in teoria.
-Vedremo cosa c’è di disponibile.Non prendo le chiavi visto che ci sei.
Potevo notare le sue sopracciglie,le tipiche sopracciglie di chi adesso ti fa quelle domande stupide e insensate.Prima che possa farlo,mi avvicino,con la mano sulla guancia e gli lascio un bacio sulle labbra.
-A dopo.-le dico,sorridendo di poco.
-A dopo-imita,mentre apro la porta di casa.-Hai visto il giornale che ti ho lasciato stamattina?-mi parla dietro-
-Sì.L’ho già buttato-e con un sospiro mi chiudo la porta alle spalle.
Alla fermata,il tempo si imbruttisce.Un tuono in lontananza fa vibrare la sigaretta.Una ragazza,attraversa la strada,si avvicina a me,o meglio,al tabellone degli orari,da un rapido sguardo,e si allontana di alcuni passi.
Torno a guardare l’appartamento di Luisa Stronardi.Il nastro rosso e bianco che cicondava il punto in cui era caduta svolazzava avanti e indietro.Con la coda dell’occhio potevo vedere i capelli castani della ragazza distante pochi passi da me,fare lo stesso movimento.
L’autobus arriva e mi riposiziono al mio solito posto.Guardo la finestra dell’appartamento,quella da cui è presumibilmente caduta la ragazza, e la tenda,seppur gli infissi chiusi,sembra muoversi allo stesso modo.
La seguo con lo sguardo fin qundo mi sparisce dalla vista.
......

Mi tiro indietro i capelli con le dita,per togliermi l’acqua in eccesso della doccia.Sul divano faccio zapping in TV. Dietro di essa la porta della camera da letto è aperta.Vedo Aurora tabanare con il mio portatile sul letto,seduta a gambe incrociate.
Le finestre sono tutte aperte.Aurora ci tiene che l’aria circoli per tutte le stanze,come per la luce soffusa.Dice che placa i sensi ,evita che entrino troppe zanzare.
Il telegiornale locale riporta l’intervista fatta alla sorella minore Stronardi.Trattiene nei suoi grandi occhi azzurri,i lacrimoni di chi non vuole vedere in faccia la realtà.
Mi colpisce il suo percing al naso. La sorella morta,lo portava uguale.
-Crede alla posizione della polizia Rachele?
-Io, mia sorella,mamma e papà vogliamo solo la verità.Sapere che qualcuno le abbia fatto del male, ci fa male.Pensare come lei si sentisse in quegli attimi, sola e senza i suoi affetti,dilania tutti. Aspettiamo solo giustizia.

Le frasi da copione.
Quelle consigliate dagli avvocati, quelle che la gente vuole sentirsi.
Giro lo sguardo quando l’oleandro in terrazza cade per il vento. Aurora scappa a recuperarlo, facendolo tornare dritto.
Il mio sguardo si fulmina sulla stessa ed ennesima finestra. Per un attimo è come se tornasse viva.I tuoni ne illuminano i vetri.
-Vieni ad aiutarmi?-mi chiede, prendendomi per una mano.
Mi riprendo, sorrido, spengo la tv e mi lascio trascinare sul letto.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


I successivi giorni con Aurora passano sereni.Quando uno dei due se ne deve andare,anche se per pochi giorni,cerchiamo di dedicarci più tempo possibile l’uno per l’altra.Lei riesce a prendersi cura di me come poche persone sono mai riuscite nella loro vita.A lavoro continuano i pettegolezzi.E’ Tommaso ,il ragazzo delle polize al primo piano,a riferirci che il proprietario dell’appartamento di fronte al mio,ha deciso di vendere.Nessun universitario vuole più entrarci.Ha annullato l’assicurazione all’immobile,ora che nessuno le la può più distruggere con segni di vomito e birra sui muri.
-Non ha neanche l’idea di una casa abitabile quella!Non è vero Edoardo?E’ quella di fronte a te mi pare...-
-Sì.Non si può nemmeno definirla casa.4 piani di immondizia e muffa.-
-Ah sì?-
-Ci ho avuto degli affari tempo fa, molto tempo fa.E al primo sguardo,mi sono promesso di non entrarci mai più.-
A orario di cena,parcheggio l’auto in garage ed esco in strada verso il supermercato. Io ed Aurora usiamo spesso festeggiare i nostri traguardi lavorativi con una bottiglia di vino rosso.Il nostro primo incontro nel bar sotto i portici,il nostro primo appuntamento,il fidanzamento,la prima cena a casa mia…in mezzo a noi c’era sempre una bottiglia di vino rosso.Seppur quest’ultimo di supermercato, cerco di prendere il più pregiato con la promessa di prenotarmi altre 6 bottiglie di Asti il prossimo mese.Per attraversare la strada, decido di fare il bravo, e mi avvicino alle strisce.Lascio un’occhiata veloce, alla porta di ingresso del drasticamente famoso condominio.Un moto di agitazione,di brividi, mi prevale.Era impossibile vederlo in maniera diversa.Il proprietario aveva fatto bene a metterlo in vendita.
Mi siedo in terrazzo, finalmente in tuta da ginnastica, accendendomi la sigaretta.Appoggio il braccio sullo schienale dell’altra sedia, e immediatamente Aurora ci si siede sopra,appoggiando la testa sulla mia spalla.
Sorrido mentre lo fa.E’ più forte di lei,appena vede un mio braccio libero, si avvicina,e ci si avvolge, spesso addormentandosi.
-Da quando hai ripreso a fumare?
-Come sempre Auri.Come sempre.
-Sembrava che avessi iniziato seriamente…allora era solo una mia impressione!-Sospira.-Vengono Franz ,Fede e Tommaso per la partita questo weekend?Ho visto l’alcool.
-No.-rido-Non c’è nessun campionato nemeno-Auri che hai?
-Hai comprato…
-Per tenerle in vetrina!Tra un mese finisce l’estate,ci sta qualche superalcolico,ogni tanto,da offrire agli amici.
-Si sì.Ma bho, non mi sei mai sembrato uno da superalcolici.-Stringo con le dita la sigaretta.
-Infatti ho specificato" per gli amici".
Lei si stringe più a me, chiudendo gli occhi.Lo sguardo si posa di nuovo sulla finestra di Luisa Stronardi.
Mi alzo, agitato,spegnendo la sigaretta sul posacenere.
-Andiamo in camera?Che dici?-non le lascio comunque molta scelta.
Mi segue,e seduti controllo per un ultima volta se la prenotazione dei voli è corretta.Da quando è stata costretta,per errore suo, a dover rimanere una settimana in più a Berlino,due anni fa,Aurora pretende che ogni volta sia io a verificare che ogni cosa sia al suo posto.
Check-in fatto, spegniamo tutto e ci sdraiamo, tentando di dormire.
Il vento aumenta,a raffiche,e con le finestre aperte, almeno io, riesco a sentire il rumore quasi sinistro, del nastro delimitatore, oltre la strada.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Alle 6 scarse il taxi arriva sotto casa.Accompagno Aurora fino all’uscio.
-Ci sentiamo appena arrivo.
-Come al solito.
-Come al solito-mi bacia,e la lascio andare.
Mi chiudo la porta alle spalle,nervoso di essermi svegliato così presto,di mal umore,e completamente impreparato alle mie 7 ore di lavoro,le ultime della settimana.
Il giornale lo butto direttamente in pattumiera.Lascio perdere gli yogurt magri,il pane tostato,la spremuta d’arancia di Aurora,per riempirmi di caffè,come ero solito fare da single.Questi momenti,da un certo punto di vista,potevano essere interessanti.Con una donna, in particolare con una come Aurora,condividere gli spazi poteva risultare nauseante con il tempo.Il fatto che fosse ipocondriaca,come la madre,non migliorava le cose.

Ma nella sua esagerazione,esasperazione e soffocamento,sapeva riempirmi piacevolmente le giornate.
In ufficio aspetto con una certa ansia, per tutta la pausa pranzo,e quando mi è concesso anche il pomeriggio,la sua chiamata.
Alla fine,la ricevo quando esco da lavoro,non lasciandole nemmeno uno squillo di attesa.
-Sei arrivata?
-Che tempismo! Sì, sono sopravvissuta al casino del check-out di Salonicco. Il viaggio in taxi è stato molto più confortevole,e pulito soprattutto.
-Ne sono contento.Sto uscendo da lavoro ora. Già si sente la tua mancanza.
-Amore. E’ un weekend,passerà subito. Anche tu mi manchi. La prossima settimana,visto che sono venuta fin qua, mi lasciano i turni di sera liberi! Un modo per riscattarci.
-Ne sono contento-dico,uscendo dall’ufficio. Mi incammino per ponte Rosso, sotto l’effetto della Bora. Mi fermo in mezzo al ponte,tra i passanti, quando due colleghi mi salutano da lontano.Io ricambio, ma non mi fermo solo per questo. Abbassando la mano e calando il sorriso,mi accorgo di una figura familiare.
Una ragazza,pallida da quasi confondersi con gli edifici in marmo dietro di lei,riconoscibile solo dai vestiti scuri e i capelli neri tiene la mano ad una bambina mulatta.Si avvicina,sembra venirmi incontro.
Accellero il passo e la riconosco.Elisa Stepnovich, il famoso affare che avevo raccontato proprio quella mattina a Tommaso, mi era in carne ed ossa davanti.
I suoi occhi si posano su di me solo per poco.Posso notare la silenziosa sorpresa nella sua espressione,che da superficiale come al solito,si trasforma. Sussulta,agitata e trattenendosi mi supera ,continuando la sua camminata. Giro lo sguardo, seguendola, e riconosco i due fiocchi tatuati sui polpacci scoperti. Era proprio lei.
-Edoardo?Amore sei in linea?
-Sì,scusami.Ho salutato due colleghi.-e tornato il sorriso, torno a camminare tra la folla.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Per cena decido di rifugiarmi nel supermercato di fronte casa, in cerca di ispirazione. Cammino lentamente tra gli scaffali,mentre universitari e non si affrettano alle casse. Nella testa il tarlo di Elisa Stepnovich si insidia, in maniera anomale, facendomi notare la straordinaria coincidenza di oggi.
Mi sento osservato, invaso, privo di qualcosa di cui non so nemmeno il principio. Era l’assenza di Aurora che mi trasformava così. Era la solitudine,a straziarmi,pian piano fino a farmi impazzire.
Uscito dal supermercato con in mano nulla, intento ad attraversare la strada illuminata solo dai fari delle auto, mi immergo nell’ombra accostandomi verso il muro del condominio. Il portone è aperto. Lo apro,di poco,solo per vedere la scalinata scura e diroccata.
E l’aria di quell’edificio mi entra nelle ossa, le fortifica, le anima di qualcosa, di qualcosa di pungente e adrenalinico.

In quel momento capii che non ero rimasto sorpreso di vedere Elisa, ma l’espressione di Elisa.Quella paura, sottile, che sa di morte, girovagare di nuovo in maniera convulsa negli occhi di qualcuno.Quell’ espressione. Aveva riacceso qualcosa in me, quell’istinto animalesco che abbiamo tutti.
Un clacson suona da fuori. La testa torna in sé, e mi giro verso la strada. Ne approfitto per attraversare, mentre due autisti di due macchine lì vicino discutono animatamente.

La birra ghiacciata non funziona. Ho la possibilità di prendermi tutte quelle tisane, camomille, the, infusi e altra roba simile che occupa un intero scaffale della cucina,di Aurora,ma so che non funzioneranno.
Roba commerciale,all’uso di chi ci crede.
 E per quanto mi concentri gli occhi si spostano verso la finestra aperta che dà sulla strada. Perfino il vento, perfino le tende, perfino gli odori della cucina, la birra, seguono la scia, balzano la strada, ed entrano, si infilano nelle fessure delle serrande mezze rotte, vecchie, brutte e umide della casa del primo piano.
Ma lei non c’è.
Combatte nel mio cuore,rinchiusa.
Una Persefone senza speranza.
E il fisico richiede adrenalina. La stessa di quella notte.
Esco di casa con le chiavi strette nelle mani, come quella notte, uscendo furioso dall’auto,sbattendo lo sportello.
Lei mi aveva visto dalla finestra, la stessa in cui ci eravamo dati il primo bacio, durante un primo pomeriggio rovente,sotto i rumori della tempesta in arrivo da nord e l’odore delle nostre sigarette.
Attraverso la strada deserta, come quella notte.
Di diverso c’è solo il lampione,ora funzionante.
Non è buio come quella notte ma l’atmosfera è molto simile.
Ciò che mi divora le membra è l’assenza di rumore, mentre percorro le scale del condominio, illuminate solo dalla luna,chiarissima,specchiata su una finestrella che illumina la scalinata,con il vetro rotto.
Nessuno l’ha mai riparata,e neanche ora,sembra messa meglio.Quando piove ci entra la pioggia. Luisa mi avvisava sempre,quando venivo a prenderla. Una volta stavamo scivolando,ma ce la siamo cavata ridendo.Sapeva essere leggera,sapeva prenderti in giro,ma senza offenderti. Era un suo pregio e lo apprezzavo molto.
Non sento più vibrare i gradini,come quella notte.
Forse è per questo che odio  Aurora quando corre per le scale,salendo a casa.
La porta è aperta. Strappo i sigilli dei carabinieri.Nascondono i miei segni.Sentivo ,che quella notte, avrei avuto la forza di buttare giù quella porta. Ma non l’ho fatto perché lei mi ha aperto. Ha arretrato,nel buio,pentita di quello che aveva fatto.
Ma conoscendola,lei l’aveva fatto per i ragazzi del sesto piano,che per quanto distanti non potessero sentirci,erano gli unici che ci abitavano d’estate,e il suo senso civico e il suo altruismo,erano di più anche in questi momenti.
Non aveva chiesto aiuto,per non disturbarli.Non si sentiva un eroina,la sua autostima era nelle media delle ragazze della sua età,ma la sua bontà era di più,anche in questi momenti,di nuovo.
Il suo “di più” non l’avevo notato,mai.
Era quel qualcosa che la distoglieva dalle altre,della sua età e della mia età,erano delle qualità,o delle potenzialità che non tutti hanno ma che tutti cerchiamo. E siamo così abituati a sapere che sono rarissimi che quando li abbiamo davanti, non li riconosciamo e li perdiamo.
Solo col tempo, a volte capiamo cosa abbiamo perso.
Io avevo creduto che fosse come le altre.E questo mi aveva fatto impazzire. 
La casa è vuota,mancano solo alcune delle sue cose.La sua famiglia non la conosce,non come me, altrimenti saprebbe che la lampada all’angolo l’aveva comprata da un antiquariato,con me, per 30 euro, e il lampadario di carta a forma di fiore in cucina,invece nel negozio a due isolati più avanti. Sono pezzi suoi, non li avrebbe mai abbandonati qui.
Questo mi conferma solo ora che diceva la verità riguardo la sua famiglia. Non ci parlava tanto, se non con le sorelle,quando poteva.
A un certo punto non ci avevo creduto. Non credevo più a nulla di quello che diceva.
Il dubbio che fosse costruita,che si fosse inventata tutto, mi aveva sopraffatto senza un valido motivo. Mi conoscevo,lo facevo sempre,capitava con tutte prima o poi,come sarebbe capitato tra qualche mese con Aurora.
Ma con lei credevo non sarebbe successo,credevo fosse la mia svolta per migliorarmi,ma non lo era stato.
E provavo rabbia,la odiavo ancora di più quella notte,perché mi aveva ridotto come ogni volta con le altre,anzi ancora peggio,e non aveva rispettato quel patto silenzioso,che si era instaurato tra me e i suoi occhi,quando le dissi ti amo la prima volta con la speranza di averla per sempre.
La signora del piano di sopra è sveglia. Si svegliava sempre quando facevamo rumore con il letto. Eppure non avevo mai avuto il coraggio di proporle camera mia, come non l’avevo mai invitata a casa mia.
Esco velocemente,superando le scale con passo leggero, uscendo dall’edificio. L’odore di chiuso si libera dal mio corpo ,respiro,e corro verso casa mia,come un ladro,richiudendomi dentro. Non mi avvicino alle mie finestre,e tengo tutto spento,fin quando non sento il cane smettere di abbaiare e la luce della finestra sopra quella di Luisa spegnersi.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Spossato,guardando il soffitto, allungo la mano verso il cellulare,ormai stra colmo di chiamate perse. Lo spengo,dopo l’ennesima chiamata di Aurora. Finisco il gin e mi alzo, vado in cucina, e prendo il pacchetto di sigarette.
Esco in terrazzo,e ne accendo una.
E chinato,lì ,sul davanzale, mentre il vento tornava a muovere le tende,con la sigaretta in mano,lo sento. Un rumore sordo, preciso, lucido come il tocco di un orologio lontano.
Il suo cuore batteva batteva, batteva, regolare, regolare.
Proveniva dalla casa,dalla finestra difettata che si apriva sempre. A ogni battito il mio respiro aumenta.io mi animo.
Lo sento ancora,nelle mie mani,un eco lontano na nello stesso tempo vicino. Era qui, era diventato mio, lì, davanti a quella finestra dopo averla baciata come il nostro primo bacio, quando strinsi il suo collo,sempre più forte.
E lei cadde a terra.Sbiancata e senza forza,con gli occhi chiusi,come un oggetto inanimato.
-Ti avevo detto di stare zitta!Ma tu…tu non lo fai mai.-
Volevo spaccare ogni cosa,urlare ,in modo tale che finalmente mi capisse, che capisse la mia delusione,nel vedermi ridotto così,che mi entrasse in testa. Rovescio il tavolo a terra,furioso.
Entro in camera sua,strappo i fili del telefono.
Non ho nemmeno il tempo di girarmi del tutto, volevo prendere le nostre foto che teneva gelosamente nel cassetto della scrivania, che la vedo in piedi con un coltello in mano.
-Esci da questa casa.-mi disse, o una cosa simile.
Io già non ragionavo più alla sua sola vista.Le stringo il polso,fino a spezzarlo,il coltello cade e la spingo fuori la camera verso la stessa finestra, mentre con una mano le tappo la bocca così che trattenga le urla.
È quasi l'alba. Non possiamo svegliare nessuno.
Alla finestra ,sento che mi morde .Io trattengo i denti,scostando la mano. Prendo il nostro posaceneri,e la colpisco fino a farla zittire con forza, un colpo dopo l'altro. Il sangue della sua testa mi cola sulla mano,fino a cadere a gocce regolari per due piani,fino all'asfalto.
Il respiro le veniva meno. La alzo e la lascio cadere.

E’ quasi l’alba. Bussano alla porta. Una solo volta. Poi la buttano a terra.
Io alzo le mani in aria, continuando a guardare la finestra. Ora con la luce, ne intravedo il profilo.
Guardo verso la strada mentre sento il rumore delle manette.

Alla fine, anche oggi,i camion continuano a scaricare le loro merci, le macchine aumentano il traffico, la gente va avanti e indietro, chi entra ed esce dal supermercato,chi va a comprare il giornale. Sarà sempre così.

Come io, sarò ancora legato a Luisa.
Come noi, in un'altra realtà, saremo ancora innamorati.

 

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