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Questa storia è nata molto tempo fa, in un periodo della mia vita in cui
avevo un rapporto con la scrittura troppo scostante per portare a termine
qualcosa. Chiedo personalmente scusa a tutti i lettori che hanno seguito
“Impulso” con passione. È anche grazie a voi se ho deciso di riprendere in mano
questa storia e questi personaggi che mi sono sempre rimasti dentro, nonostante
tutto.
Se qualcuno tra voi conosce la storia nella sua versione originale, be’,
non aspettatevi che “Eclipse” sia una sua copia fedele. Anzi, tutt’altro: a
rimanere invariata è solo la trama principale, a grandi linee.
Questa è la storia di Rose Weasley, una ragazza abituata ad avere tutto
che si ritrova a non avere più niente. Non ha più una reputazione. Non ha più
amici. Non ha più una famiglia.
È la storia di una ragazza che impara, purtroppo, quanto siano
determinanti le etichette che ti cuciono addosso gli altri.
Ed è anche una storia d’amore, sì. L’amore tra due ragazzi che si sono
sempre ostacolati l’un l’altro, fino allo sfinimento, per seguire la tradizione
illogica iniziata dai loro genitori.
Lascio che sia la storia stessa a rivelarsi a voi. Spero che sia di vostro
gradimento.
Eclipse
Perché,
durante l’eclissi, sole e luna s’incontrano
La vita mi ha insegnato tante cose, ma
solo una è la più importante.
La vita mi ha insegnato che le certezze
sono tutto. Sono le fondamenta del mio piccolo mondo fatto di finzioni.
Mi chiamo Rose Weasley
e di certezze, una volta, ne avevo
tante, ma due erano quelle che pensavo mi sarei portata dietro sempre. Prima
fra tutte, la mia etichetta, che mi tiene compagnia da quando sono nata. Solo
in pochi si rivolgono a me con il mio nome di battesimo – sono la “Figlia dei
Salvatori del Mondo Magico” per chiunque.
Tra le cose che la vita mi ha
insegnato, quella che detesto di più è che non sei tu a decidere chi sei, ma le
etichette che ti affibbiano gli altri. Ci illudiamo di essere padroni di noi
stessi, di poter scegliere il nostro posto nel mondo. Sbagliato. Sono gli altri a farlo al posto tuo.
Seconda certezza: i miei cugini. La mia
famiglia. Tutto il mio mondo si
reggeva sulla convinzione che loro non mi avrebbero mai lasciata sola. Mai.
Ma poi arriva un giorno in cui ti
svegli e le certezze crollano. Le fondamenta cedono e il tuo mondo si sgretola.
La vita mi ha insegnato che quel giorno
arriva per tutti.
Ho combinato un disastro. O meglio, una
catastrofe. Il mondo di plastica che mi ero impegnata a plasmare con cura si è
sciolto fino a non esistere più.
Chi l’avrebbe mai detto che un bacio
dato alla persona sbagliata avrebbe scatenato tutto questo?
*
Trecentosessantaquattro ore e venticinque minuti
dopo il fatto, ero ancora sulla bocca
di tutti.
I bisbigli fanno rumore. Assordano. Si
muovono, di lingua in lingua, tra i corridoi di Hogwarts.
A volte mi raggiungono, mi colpiscono in faccia, ma tendenzialmente sussurrano
tutti alle mie spalle. Ed è difficile captarle, le voci, eppure fanno rumore.
Per esempio, ora. Sono dentro la mia
stanza, più morta che viva, ho la
testa schiacciata sotto il cuscino, ma li sento. So che dietro la porta,
qualche metro più in là, i miei cugini stanno sussurrando. Lo sento, il mio nome, e più mi tappo le orecchie, mi
premo contro il cuscino, più i mormorii si trasformano in urla.
Sono passate trecentosessantaquattro
ore e venticinque minuti, e Dominique continua ancora a rivolere la sua
reputazione indietro. “Dovrei odiarti, Ro. Dovrei odiarti, cazzo! Ti decidi a
muovere il culo?”
Mia cugina non è mai stata il massimo
della finezza. In questo momento, sta camminando avanti e indietro per la
stanza producendo gli stessi rumori che farebbe un elefante. Se non fossi sotterrata
da queste coperte, potrei vederla saltellare mentre cerca di infilarsi una
minigonna di due taglie in meno. “Cioè, io dico. Sono passate due cazzo di
settimane e la puttana della scuola sei ancora tu?”
Emetto un mugolio contrariato. Lei
frena. “Hai ragione. Scusa, Ro, è che proprio non l’accetto. Andiamo, sono io
quella che scopa ogni sera con qualcuno di diverso! Mi hai fregato la
reputazione. E per chi, poi? Per quel coglione di Malfoy!”
“Dom, ti
giuro che se non taci…” sono costretta a levarmi di dosso le coperte e
riaffiorare. Se questa pazza continua a urlare, sentiranno tutti.
“Merci
monDieu, ti sei decisa
ad alzarti. Rosso fuoco o bordeaux?” mi chiede, ma non aspetta la risposta e si
passa il solito rossetto acceso sulle labbra. Rossetto che, per intenderci, non
passerebbe inosservato nemmeno in discoteca.
Dominique è sempre stata mia amica,
come tutti gli altri cugini. Ma lei, a differenza loro, è restata al mio fianco
e non potrò mai ringraziarla abbastanza per questo. Se una volta eravamo semplicemente
amiche, adesso siamo legate indissolubilmente, per
quanto diverse possiamo essere l’una dall’altra.
La cosa più divertente è che non me lo
sarei aspettata da Dom, forse perché indossa
continuamente una maschera da ragazza superficiale che impedisce di scavare a
fondo per rendersi conto di chi è veramente.
Me lo sarei aspettata, invece, da Al.
Dopo che mia cugina si è infilata nella
gonna di vinile, si è passata l’eyeliner almeno quarantatré volte e ha sorriso
accattivante allo specchio, usciamo.
Sia chiaro, io odio uscire dalla mia
stanza. Ormai vivo praticamente rintanata lì: mangio, studio e… be’, non faccio
molto altro. Vivo praticamente come un vegetale, ma mi sta bene così – cento
volte meglio di dover affrontare gli altri, i loro bisbigli, e soprattutto
Lily. In questi giorni, sono riuscita a inventare sette percorsi diversi per
evitarla. Ho imparato a memoria l’orario delle sue lezioni e i momenti di tempo
libero che potrebbe passare in Sala Comune. Dire che sono ossessionata è un
eufemismo, ma potete biasimarmi?
Io e Dominique abbiamo sincronizzato i
nostri orari e modificato le nostre tabelle di marcia in modo da uscire dalla
nostra stanza per affrontare le lezioni con circa trentatré minuti di ritardo.
Sono serviti parecchi calcoli e tentativi per decretare il tempo esatto
necessario alla Sala Comune dei Grifondoro di
svuotarsi. Certamente, tutto ciò comporta qualche ammonizione disciplinare e la
perdita di concetti importanti spiegati nella prima ora di lezione, soprattutto
perché molto spesso i trentatré minuti si trasformano in ore: se due settimane
fa ero in grado di rispettare le regole e adattarmi agli orari, buttando giù Dom, la dormigliona, dal letto, ora la situazione è
completamente affidata nelle sue mani. La motivazione di alzarmi dal letto la
mattina si è completamente disintegrata, e l’indifferenza verso qualsiasi cosa,
scuola inclusa, è aumentata, non lasciando spazio ad alcune responsabilità.
“Oh, no.”
Dominique blocca di colpo la sua
falcata elegante, costringendomi a sbattere contro la sua schiena. “Che c’è?”
sbotto, ma non è necessario che lei mi risponda: oltre la sua spalla, in fondo
alla stanza, si staglia il trio malefico dei fratelli che avevo l’intento di
evitare fino alla morte. I Potter.
Sia io, sia Dominique restiamo
paralizzate. Hogwarts è un posto gigantesco: anche se
non sembrerebbe, risulta facile evitare certe persone, soprattutto se ne si ha l’intenzione. Per questo motivo non ci saremmo mai
aspettate che i nostri piani architettati alla perfezione, tutti volti a non
incontrare i Potter, avrebbero portato a un fallimento di questo tipo: un
incontro agghiacciante in Sala Comune. Secondo i miei calcoli, ovviamente,
dovrebbero essere tutti occupati – Lily a Pozioni, Al a Erbologia,
James a… volare, o organizzare scherzi, per esempio.
Lily alza lo sguardo da terra e
incrocia il mio. Un brivido celere percorre la mia spina dorsale, prima che io
possa rapidamente voltare gli occhi e dare una leggera spintonata a Dom, per riportarla alla realtà e supplicarla di andarcene
prima che sia troppo tardi.
“Dominique!”
Oh, merda. La voce di Lily è la stessa
di sempre, trasparente e infantile, leggermente acuta: così tremendamente
lontana dal suo carattere, mascherato con astuzia. Da due settimane a questa
parte, mi sono convinta di aver perso completamente il mio coraggio da Grifondoro, dato che sussulto ogni qualvolta una persona mi
rivolge la parola o mi sfiora. In questo momento, quindi, il cuore mi sprofonda
nello stomaco e mi preparo a essere colpita, anche se vorrei essere ovunque
tranne che qui. Prima che Dom possa rispondere,
sempre che abbia l’intenzione di farlo, LysanderScamandro si alza dal divanetto per raggiungerci.
Lysander è la seconda e
ultima persona che mi rivolge ancora la parola, quindi chiudo sempre un occhio
quando viene a trovarci nella Torre dei Grifondoro,
anche se è una Serpe. Ormai sono sicura che la Signora Grassa abbia un debole
per lui, sennò non saprei spiegarmi come fa a essere qui così spesso.
Sembriamo due eserciti schierati per il
combattimento, tre contro tre. Dom incrocia le
braccia, ferma sul posto, e sfida Lily con lo sguardo. Io mi sto sentendo male
e immagino anche Lys, dato il colorito verdastro che
sta assumendo il suo volto. Se non fosse assolutamente ridicolo e fuori luogo,
gli stritolerei la mano.
“Vedo che hai iniziato a capire quale
sia il tuo posto nel mondo, Dominique” sorride Lily, di un ghigno disarmante,
pronta a sferrare il suo colpo. “E ti sei avvicinata ai tuoi simili: le puttanelle.”
Sapere che Lily – la stessa persona con
la quale ho condiviso ogni attimo della mia vita, la stessa a cui ho fornito i
miei insegnamenti più fraterni e sinceri, la stessa che mi sostiene da quando
siamo piccole – mi definisce una “puttanella”
fa meno male di quanto credessi. Incasso il colpo e resto in silenzio: so di
essermelo meritato, so di essere nel torto, per questo le sue parole non mi
scalfiscono.
Dominique, al contrario, è livida, ma
non può permettere a nostra cugina di averla vinta. Raddrizza ancora una volta
le spalle, cerca di darsi un contegno, ed esclama con voce piatta: “Vedo
anch’io, Lily, che hai iniziato a frequentare sempre di più i tuoi simili.
Soprattutto i coglioni” e riserva un
cenno del capo a James Sirius, “e i codardi.” Conclude, gelando Albus con lo sguardo.
C’è qualche attimo di silenzio, poi Lysander annuisce convinto. “Quello che ha detto lei!” urla
e ci trascina via da lì, strattonandoci per le braccia.
Una volta fuori, lui e Dominique
esplodono in una risata sincera e cristallina. “Ma hai visto che faccia che ha
fatto!”
“Sembrava una scena da film” affermo,
ma non riesco a condividere la loro gioia. Appoggio la schiena contro la parete
del corridoio e respiro a fondo, rammentando gli occhi smeraldo bassi e
malinconici di Al. Poi aggiungo, con voce sottile: “Grazie, ragazzi. Non so
proprio cosa farei senza di voi.”
“Non fare la sdolcinata che mi metto a
piangere!” ride Dom, stringendomi in un abbraccio. Lys si asciuga, di nascosto, gli occhi con un fazzoletto, e
non posso fare a meno di unirmi alla risata della mia amica.
Sono le situazioni
come queste che ti fanno capire chi è davvero tuo amico, e chi non lo è mai
stato.
Corriamo a lezione, tutt’e tre in
direzioni opposte, e dentro di me inizio a elaborare una scusa plausibile.
L’ennesima a cui i professori non crederanno. Chiudono un occhio perché sono
Rose Weasley, ma mi domando quanto tempo manchi al
giorno in cui scriveranno a mia madre. Comunque sia, quando lo faranno, sarà la
mia fine. Meglio non pensarci.
Irrompo alla lezione di Pozioni sotto
lo sguardo allibito del professor Queeny, che
stranamente non dice niente, se non “Buongiorno, signorina Weasley!”.
Seguo diligentemente ogni parola che
esce dalla sua bocca, non perché sono una secchiona, ma perché mi aiuta a
distrarmi dai bisbigli alle mie spalle. Immagino già le teorie che stanno
diffondendo gli studenti alle mie spalle – l’ultima che ho sentito è che sono
arrivata tardi perché occupata in uno sgabuzzino con due ragazzi fidanzati (in contemporanea, sì). La lezione di
Pozioni, poi, è la peggiore, dato che ci sono anche i Serpeverde…
e loro sì che sanno dove colpire.
Al termine della lezione, mi fingo
indaffarata a sistemare le mie cose in modo da essere, come sempre, l’ultima
che esce dall’aula. Faccio per alzarmi, finalmente, quando il professor Queeny dice: “Signorina Weasley,
mi scusi, le dispiacerebbe trattenersi un attimo?”
Cazzo. Questa è la volta buona che mi
espellono. Sono stata un’illusa a credere di averla passata liscia fino ad
adesso. Probabilmente mia madre è già al corrente di tutto e, quando tornerò a
casa, troverò le mie valigie sull’uscio. Oddio. Dove andrò a stare? Potrei
chiedere una mano a qualcuno, forse, ma a chi…
“In bocca al lupo, Weasley.”
Una voce sarcastica, dietro di me, mi
fa sobbalzare, interrompendo il flusso dei miei pensieri.
Riconoscerei ovunque
la voce di ScorpiusMalfoy.
Lo ignoro, aspetto che esca dall’aula e
mi avvicino a Queeny trattenendo a stento le lacrime.
“Professore, mi dispiace tantissimo di essere arrivata in ritardo a lezione, la
prego, mi perdoni, le prometto che farò dei compiti in più, qualsiasi cosa, non
mi cacci da Hogwarts, la prego, la prego Professore.”
Queeny sgrana gli occhi,
spaventato dal mio fiume in piena, e mi dà un colpetto sulla spalla. “Si
tranquillizzi, signorina! Volevo solo chiederle come stava e passarle gli
appunti delle lezioni che ha perso.” Sorride e mi passa un plico di fogli.
Il caro e vecchio professore… per
qualche motivo, il suo gesto mi commuove e non riesco a fermare le lacrime che
mi scendono sul volto. Prima una, poi due, poi non mi concedo di andare oltre e
le asciugo con la manica della divisa. A commuovermi non è solo il gesto, ma il
fatto che avessi sempre relegato Queeny tra quei
professori anonimi e senza personalità, quando in realtà è il primo e l’unico
ad avermi dato sostegno. “Non so come ringraziarla” ricambio con un sorriso
incerto e, senza dargli il tempo di aggiungere altro, me ne vado.
Confusa e smarrita, vado a sbattere
contro il petto di qualcuno.
“Smettila di provarci con me, Weasley” uno sguardo grigio e divertito mi squadra da capo
a piedi.
“Prego?” esclamo, posata, nascondendo
il mio uragano di sentimenti.
Scorpius preferisce cambiare
discorso. “Queeny non fa fermare mai nessuno. Che altro guaio hai combinato?” sghignazza,
e comprendo il significato di “altro”.
Deglutisco. “Nessun guaio.” Aggiungo:
“Smettila di essere irritante, Malfoy”.
“Smettila di essere acida, Weasley”.
“Smettila di essere ovunque” borbotto,
e aggiungo: “Malfoy”.
“Guarda che ero qui appositamente per
te” fa un sorriso storto, “Volevo che mi dicessi che lettera arriverà ai tuoi
genitori.”
“Nessuna”
sibilo. “Sono Rose Weasley.”
“Non ne andrei tanto fiero, se fossi in
te” afferma, tuttavia sento dal suo tono che scherza, che gli piace usare la
sua pungente ironia su di me. “Allora, cosa voleva dirti?”
“Perché ti interessa?”
“Scorpius!”
una voce mielosa e irata al tempo stesso ci fa voltare. Lily sta correndo verso
di noi.
“Io vado” lo avverto. E fuggo.
La verità è che posso scappare dai miei
problemi finché voglio, ma non potrò mai scappare da me stessa.
*
Osservo le gocce di pioggia battere
contro la finestra.
Il cuore mi rimbomba ancora nel petto, e
non posso fare a meno di pensare a lui.
Cosa mi è preso,
quella sera?
Penso ai suoi occhi
grigiastri, ai capelli spettinati che aveva stamattina. Penso alla nostra
competitività, che ci ha sempre tenuti così lontani
ma uniti al tempo stesso…
“Dominique. Secondo te ne è valsa la
pena?”
Mia cugina corruga la fronte e increspa
appena le labbra in un sorriso compassionevole.
Non risponde, Dominique. Non ce n’è
bisogno.
Nessun bacio vale la pena di perdere la
tua famiglia.
E forse il fatto che
la luna non potesse mai avere il sole era il motivo per cui lo amava così tanto
“Giù, giù, giù!”
Nessuno avrebbe mai
creduto possibile che la Sala dei Corvonero si
sarebbe trasformata nell’ambiente adatto alla festa del secolo.
Ma soprattutto,
nessuno avrebbe mai creduto possibile che io, Rose Weasley,
avrei perso il controllo.
“Vai col settimo
giro, Potter!”
A sfidarci, attorno
al tavolo, siamo rimasti solo io e mio cugino James. Lo sfiora un attimo di
esitazione, ma
subito dopo versa il Firewhiskey nei nostri due bicchieri. Dopo averli sbattuti
l’uno contro l’altro, è di più il whiskey che cade sul pavimento che quello che
beviamo.
Mi reggo ad Al, che è
a metà tra il disperato e il preoccupato: non riescono a calmarlo neanche i
miei abbracci smielati.
La partita di Quidditch
contro i Serpeverde è tra meno di una settimana e
sono un fascio di nervi per plurimi motivi. Innanzitutto, volerò vicino a Scorpius e Lily. Poi, tutta Hogwarts
mi guarderà. E, in più, devo essere concentrata e vincere, sennò Potter avrà un
motivo in più per odiarmi.
Contrariata, mi trascino in Sala Grande
nel momento stesso in cui i Grifondoro iniziano a
mangiare. Me ne sarei stata volentieri in camera, ma quando mi colpisce una
fame da lupi è difficile resistere ai crampi. Strizzo gli occhi per capire dove
sedermi, e, non appena noto che Dominique mi ha riservato un posto accanto a
lei, mi nasce un sorriso spontaneo sulle labbra. “Domani iniziano gli
allenamenti, Ro” mi avverte, “Secondo quel coglione di James è la “partita del
secolo”.”
Non avevo dubbi: secondo lui, tutte le
partite di Quidditch sono “del secolo”. James si
nutre di Quidditch e di scherzi – d’altronde, con zio
Harry e zia Ginny come genitori, non è che abbia
molte alternative. James… gli lancio
un’occhiata fugace. Sta ridendo a bocca aperta, divertito come al solito.
Inspiro profondamente e mi costringo a distogliere lo sguardo per non soffrire
oltre. Una volta, il posto accanto a lui era sempre riservato a me.
Improvvisamente Fred, seduto – o
meglio, stravaccato – davanti a noi, sventola la forchetta in aria: “Non
deludetemi, cugine”. Noto che si è sporcato il maglione con del sugo e mi lascio sfuggire una smorfia disgustata, mentre lui ride di
gusto – fortuna che a Fred non importano certe cose, sennò mi odierebbe anche
lui.
“E come potremmo deluderti?” sbuffa
Dominique. “Siamo bravissime. Un talento puro.”
E modeste,
soprattutto.
In realtà, non posso contraddire mia cugina: mio padre sostiene che il Quidditch scorra nel sangue Weasley.
Tutti noi sappiamo giocare piuttosto bene. Io sono stata l’ultima ad
avvicinarsi a questo sport, soprattutto per colpa di mia mamma, che l’ha sempre
considerato una distrazione dagli studi. Quando i miei cugini ci giocavano, mi
tenevo distante, a sfogliare un libro; poi, una mattinata d’inverno, James mi
aveva costretta a cavalcare una scopa e afferrare una Pluffa
e il resto è storia. Il Quidditch è l’unica cosa che
riesce a farmi sentire libera da tutte le preoccupazioni che mi schiacciano
sulla terraferma.
Mia madre, inizialmente, non poteva accettare
che cavalcassi una scopa, ma alla fine si era inorgoglita vedendo i risultati e
mi aveva spinto a dare del mio meglio nelle partite. “Poveri illusi, non ci
batterete mai” esclama Roxanne, apparendo dal nulla dietro
il fratello e appoggiandosi sulla sua spalla col mento. “Non con una Cercatrice
come me nella squadra avversaria.”
“Che paura, Serpe” borbotta Fred.
“Staccati.”
Lei non lo ascolta – come sempre,
d’altronde – e continua. “Il destino è segnato: vinceremo la Coppa!”
“Ti sei dimenticata del nostro
Cercatore” trilla Dominique, legandosi distrattamente le ciocche bionde in una
treccia disordinata. “Non vi lascerà mai vincere.”
Roxanne fa il suo sorriso
malandrino, un po’ storto, e mi fa un cenno. “Ro? Possiamo parlare?”
Sgrano gli occhi. “Dici a me?”
Esplode nella sua risata scoppiettante.
“Conosci altre Ro, forse?”
“Vabbè” mormoro, “dimmi pure.”
“In privato”
strizza l’occhio, scombina i capelli a Fred e mi prende sottobraccio, com’era
solita fare.
“Rose, ti
riaccompagno in stanza. Non sei in te.”
La voce di Albus è sovrastata dalle urla scatenate degli studenti, che
stanno buttando all’aria ogni cosa capiti loro sotto tiro per ballarci sopra.
Faccio finta di non averlo sentito e mi dirigo al centro della pista
improvvisata, trascinando Lily con me.
“Adoro quando ti
lasci andare!” chioccia la mia cuginetta, danzandomi attorno.
E proprio nel
baccano, proprio nel mezzo del divertimento, proprio quando riesco finalmente a
sentirmi libera e leggera…
Ecco che si avvicina ScorpiusMalfoy.
Appena siamo fuori, al sicuro da
sguardi indiscreti, comincia a parlare: “Sei molto triste, vero, Rose?”
Vorrei mentirle, anche se non ce n’è
bisogno – mi sento confusa e indecisa sul da farsi. Cosa vuole da me Roxanne? È la più solitaria, tra i cugini, o meglio è
l’unica che si è costruita molte amicizie al di fuori del “clan Weasley-Potter”, come ama chiamarlo lei stessa.
Ciononostante, siamo sempre state vicine, soprattutto d’estate… ed è l’unica
che non mi ha tolto il saluto.
Annuisco piano. Stranamente, lei mi
stringe in un abbraccio fraterno. “Lo sai che io ci sono. Ci sono sempre
stata.”
“Perché mi dici questo?” tentenno.
“Perché non mi odi come gli altri?”
Ci sediamo sull’erba umida, vicino alla
capanna di Hagrid, e mi rivolge un sorriso illuminato
dalla luna. “Nessuno ti odia per quello che hai fatto, cuginetta. È solo che
Lily ha più potere di te.”
“Mi dispiace, Xanne”
mormoro. “Mi dispiace così tanto.”
“Amore, torno tra
pochissimo. Devo sbrigare una faccenda.”
Scorpius si è avvicinato
all’orecchio di Lily.
Il mio mondo
s’incrina.
Inizio a barcollare,
non so se per l’alcol o per la scena a cui sto assistendo.
Mi convinco di essere
pazza: li ho sempre visti insieme, e non mi era mai capitato nulla di simile.
Eppure, ora, sembra
proprio che la gelosia mi stia divorando lo stomaco.
“Non devi dirmelo” dice, “so che sei
dispiaciuta. Ma, vedi, Rosie, non dovresti nemmeno esserlo... sono cose che
capitano tutti i giorni. Eri ubriaca. Non eri in te.”
“Io...”
Non mi dà il tempo di dire nient’altro.
Roxanne si fa seria e mi afferra saldamente le mani,
guardandomi negli occhi: “Rose, c’è una cosa che devo dirti. Ma prima devo
sapere la tua versione della storia. Devi confermarmi… quello che ho già
intuito da sola.”
Sbatto le palpebre, allibita. Non ho
voglia di tirare fuori quella storia, non ho voglia di rievocare i fatti, di
pensare alle labbra di Scorpius sulle mie. “Cosa vuoi
che ti dica? Ci siamo baciati. Anzi, l’ho baciato io. Lui…” mi s’incrina la
voce e non riesco più a proseguire.
Mia cugina annuisce, comprensiva e
compassionevole: “Proprio quello che pensavo.” Dopodiché, socchiude gli occhi e
inspira a fondo, come se avesse paura di dirmi qualcosa – o come se cercasse il
modo adatto per dirmelo. “La colpa non è
tua.”
Inarco un sopracciglio. “Dove vuoi
arrivare?”
“A LorcanScamandro, ovviamente” scuote la testa, pensierosa.
La sua risposta mi lascia spiazzata.
Anche se ancora non capisco, però, la domanda che mi preme più farle non
riguarda Lorcan, Lily, o chicchessia. “Roxanne, perché lo stai facendo?”
“Oh, andiamo. Mi stai simpatica. Sei la
mia famiglia! Perché non dovrei farlo?” inclina il capo.
“Anche gli altri sono miei cugini ed
erano i miei più grandi amici. Al, per esempio.”
Sospira. “Il fatto è che loro non
capiscono. Io sì. So esattamente cosa provi.”
“In che senso? Come puoi?”
“Sono anch’io la Weasley
sbagliata, Ro” pronuncia queste parole con amarezza incredibile. “Dovresti
saperlo. L’unica Serpeverde, la delusione della
famiglia. Non ho nemmeno i capelli rossi...”
Quando il Cappello Parlante aveva
urlato: “RoxanneWeasley,
SERPEVERDE!”, in effetti, tutta la Sala si era ammutolita. La figlia di due Grifondoro, una Weasley, Serpeverde. Nessuno se l’aspettava e Roxanne
aveva paura di scriverlo ai suoi genitori, che apparentemente non le avevano
fatto pesare la cosa, ma ogni Natale nonna Molly si lascia scappare – o meglio,
lo fa di proposito – che tutti i Mangiamorte erano Serpeverdi e tutti gli AurorGrifondoro, cosa non vera, per altro.
“Ci piaci così” le sorrido.
“Non è vero” mormora, “Se vi sto
simpatica, è solo perché assomiglio ai Malandrini, nonostante la mia Casa.”
Roxanne è scatenata,
irrefrenabile, divertente, un uragano di guai, ma allo stesso tempo furba,
ambiziosa, precisa. Un po’ maliziosa, a volte. Difficilmente dice la verità, ma
so di poterle credere, so che mi vuole bene. “Pensavo che te ne fregassi.”
“Eccome se lo faccio” ridacchia,
facendo spallucce. “Non ho tempo di prestare attenzione a stupidi pregiudizi!
Torniamo a noi.”
So che è ferita, ma so anche che è
storia passata – andiamo, noi abbiamo sempre abusato di averla in famiglia.
Soprattutto Hugo e Lucy, un po’ deboli, dicono a chi li disturba “guarda che
mia cugina è Serpeverde” –, quindi passiamo al
presente. Abbassa la voce. “Il fatto è che, Rose, Hogwarts
non parla male di te per un bacio. È
un bacio, andiamo! Tutti facciamo cose di questo tipo, di continuo, soprattutto
se ubriachi…” Mi guarda dritto negli occhi. “LorcanScamandro, Rose. È colpa sua. È andato a dire a chiunque che vi ha visto scopare, non scambiarvi
un bacio.”
*
Mio padre mi aveva avvisato fin dal
Primo Anno di stare alla larga da ScorpiusMalfoy – e io avevo obbedito pazientemente, prendendo le
sue parole alla lettera. Quando lo guardavo, non vedevo né un ragazzo, né un
possibile amico, ma solamente qualcuno da battere
a ogni costo.
Nel corso degli anni ci siamo
ostacolati a vicenda, ognuno preso a essere migliore dell’altro. Era come se
mandassimo avanti una tradizione illogica, iniziata dai nostri genitori.
Studiavamo gli uni i voti dell’altro, con invidia
e sprone a dare di più, sempre di più.
Non posso nemmeno contare quante
nottate ho passato in bianco a studiare con il solo scopo di battere Malfoy. Non mi ero mai presa la briga di conoscerlo per
davvero, ma ero sicura di detestarlo con tutto il mio cuore – forse perché
l’uno mostrava all’altra solamente il lato più fiero, cinico, saccente, e odioso.
Nel momento stesso in cui Lily si era
fidanzata con lui, però, avevo iniziato a vederlo sotto una luce diversa.
Certo, era sempre il nemico da sconfiggere, e certo, continuavo a detestarlo,
ma ho iniziato a farmi più domande sul suo conto. E, soprattutto, ho iniziato a
notare quanto fosse maledettamente attraente, con quel ciuffo ribelle e le
spalle larghe.
Lily mi parlava di uno Scorpius a me sconosciuto, uno Scorpius
dolce, gentile. Ogni qualvolta li vedessi insieme, era come se una morsa mi
stringesse lo stomaco – e ne avevo parlato con Al, che aveva sorriso eloquente
e detto che tifava per il nostro matrimonio fin da quando avevamo dodici anni.
Nonostante tutto, mai avrei pensato di
essere capace di una cosa simile. Ho
provato, più volte, a ricostruire dettagliatamente gli eventi, io che sfioravo
le labbra di Scorpius e Lorcan
che rideva, divertito, dietro l’angolo, minacciandomi che Lily avrebbe saputo
tutto in pochi minuti. Ho provato a ripercorrere gli attimi che precedevano il
bacio, le mie parole balbettate: “Mi vedrai sempre come una Weasley,
non è così?”. Ma più ci penso, più penso agli occhi confusi di Scorpius e al suo indietreggiare, più penso alle sue
sopracciglia aggrottate e al suo smarrimento, e più mi sembra di rammentare un
sogno e non la realtà.
*
LorcanScamandro
è disteso sui gradini dell’ingresso, le mani affondate nelle tasche dei jeans
neri, intento a socchiudere gli occhi e godersi i raggi del sole che gli
lambiscono il viso. È il classico bello e dannato, il tipo di cattivo ragazzo
che porta solo guai – e sono convinta che tutte le ragazze di Hogwarts abbiano una pericolosa e irrazionale cotta per
lui.
Ho come l’impressione che mi stia
aspettando da un po’. Quando mi vede arrivare come una furia, gli occhi
fiammeggianti e la bacchetta saldamente impugnata tra le dita, non è
minimamente scosso. Anzi, mi sorride sornione. “Oh, finalmente! Aspettavo
questa visita da un bel po’. Come va, Rosie?”
Rosie. È l’unico a chiamarmi
ancora così. È da quando ho undici anni che ho proibito a chiunque di usare
quel soprannome odioso e di sostituirlo, piuttosto, con “Ro”. Lui, ovviamente,
non mi ha ascoltato, dato che ama infastidirmi… be’, ama infastidire un po’
tutti, in realtà.
“Scamandro”
sentenzio, “sei un uomo morto.”
Mi scaglio contro di lui, la bacchetta
che sfiora la sua gola e il mio naso a un centimetro dal suo. “Cosa credevi di fare?” continuo,
imperterrita, versandogli addosso tutta la rabbia e il risentimento che ho
covato in due settimane. “Che cazzo credevi di fare, Scamandro!
Dimmi cosa cazzo ti ha spinto a rovinarmi la vita!”
Lorcan non è minimamente
scalfito, anzi, ha l’espressione di chi si sta divertendo un mondo: sorriso
storto, fossette annesse, occhi brillanti. “Wow. Stavo iniziando a credere che
ti avessero Smistata nella Casa sbagliata, dopo tutti quei giorni che hai
passato a nasconderti. Volevo addirittura proporti di venire a Serpeverde! Avrei condiviso volentieri la camera con te,
Rosie… e invece, ecco spuntare il tanto decantato coraggio Grifondoro!”
Nessuno al mondo riesce a infastidirmi
come Lorcan. Trattengo il respiro e subito dopo passo
all’attacco. “Sei una testa di cazzo, Scamandro!”
“E tu sei sempre più fine, Rosie”
allunga una mano per sfiorare una ciocca dei miei capelli rossi, caduti a
cascata sul suo petto. Mi ritraggo, disgustata, la bacchetta sempre puntata
alla sua gola, e dico a denti stretti: “Non osare
chiamarmi così.”
Mi chiedo cosa potrebbe cancellargli
quell’odiosa espressione soddisfatta sul volto. Forse solo una Maledizione
Senza Perdono potrebbe farlo. Ripenso alla dolcezza di Lys…
come diavolo possono due gemelli essere tanto diversi?
“Oh, giusto, non sei più abituata a
sentire il tuo vecchio soprannome. Perdonami, volevo essere garbato, ma se
insisti userò il tuo nuovo nomignolo…” esclama, sprezzante, per poi sussurrare:
“E ti chiamerò troia.”
Mi ribollono nel sangue umiliazione,
rabbia, confusione, e odio, odio puro. Nessuno può permettersi di ferire il mio
orgoglio, soprattutto non LorcanScamandro.
Fisso il mio sguardo nel suo e perdo il controllo. “Stupeficium!”
Vola qualche metro più in là e atterra
sul terreno in modo sgraziato. Il petto mi si gonfia d’orgoglio, perché sono
finalmente riuscita a togliergli dal volto quell’espressione soddisfatta e
fiera. Ora è maledettamente incazzato.
Balza in piedi, passandosi una mano tra i capelli biondo sporco, e per un
attimo temo che tirerà fuori anche lui la bacchetta. “Smettila di giocare a
fare la bambina cresciuta.”
Le sue parole mi scivolano addosso, e
lo raggiungo nuovamente con una falcata. “Stupef…”
“Signorina Weasley!”
Merda. Mi fermo sul posto,
gli occhi sgranati e un’espressione colpevole dipinta sul volto. A parlare è
stata la preside McGrannitt, spuntata non si sa come
dal nulla. Questa è la volta buona che mi espellono sul serio.
“Mi vuole spiegare cosa sta succedendo
qui? Perché ha la bacchetta rivolta contro il signor Scamandro?”
Il viso mi si tinge dello stesso colore
dei capelli. “Io… ehm… stavo solo…” balbetto inutilmente.
“…Scherzando!” stranamente e
illogicamente, Lorcan accorre in mio aiuto, vedendomi
in palese difficoltà. Gli lancio una stilettata con gli occhi e lui prosegue,
amabile. “Ci scusi, Signora Preside, non intendevamo fare nulla di male. Sa che
Rose si fa prendere facilmente la mano, no?”
Avrei qualcosa da ribattere, anzi,
avrei molto da ribattere, ma sono
costretta a tenere a freno la lingua e annuire affabile. Nella mia testa sto
pianificando il modo adatto per ammazzare Lorcan e
programmando di imparare l’AvadaKedavra, ma ora, davanti alla McGrannitt,
devo essere la solita e perfetta Rose Weasley. Se mia madre lo viene a sapere…
“Lo spero vivamente” la McGrannitt stringe gli occhi con l’aria di una che non si è
bevuta una sola delle parole di Lorcan. “Altrimenti
mi vedrò costretta a contattare i vostri genitori. Il che sarebbe davvero un
peccato, visto che sono in ottimi rapporti. Vedete di seguire il loro esempio.”
Non aggiungiamo altro, né io né Lorcan. La preside fa per andarsene, ma prima di lasciarci
aggiunge: “Signorina Weasley, quasi dimenticavo:
quella puntata al petto è una spilla da Prefetto. Agisca di conseguenza.”
Rabbrividisco. Non appena se ne va,
realizzo in che guai mi sto cacciando da quando, quella sera, ho baciato Scorpius. Saltare le lezioni e tentare di ammazzare alunni
di certo non si addice alla Prefetto-perfetto Rose Weasley
di una volta… Mi domando in cosa mi sto trasformando, se in una versione
migliore o peggiore di me stessa. Per la prima volta, inizio a pensare che
l’espulsione da Hogwarts rappresenterebbe una manna
dal cielo – se me ne andassi da qui, forse, potrei finalmente iniziare tutto di
nuovo, da qualche altra parte. Certo, questo significherebbe dire addio
definitivamente anche ai pochi che mi restano accanto, ma onestamente inizio a
pensare di non avere più scelta.
La rabbia di qualche secondo fa si sta
esaurendo per lasciare spazio unicamente alla rassegnazione. Mi giro verso Lorcan, rendendomi conto che ormai non ho più armi. “Dimmi
solo perché l’hai fatto.”
Scamandro sembra, in qualche
modo, sorpreso dalla mia domanda. Per una volta, non sorride compiaciuto.
“Perché il fine giustifica i mezzi. Dovresti conoscermi, Rosie, no?”
“Dio Santo, Scamandro,
se non la smetti con quel soprannome…”
“Tranquilla, ti tirerò fuori dai guai
quando il mio piano sarà completato.”
“Ma che cosa stai dicendo?” ho la voce
stanca. La verità è che sì, conosco LorcanScamandro e conosco i suoi piani subdoli per ottenere
qualcosa, ma non credevo che sarei mai diventata vittima di uno dei suoi
progetti meschini. In più, non ne vedo il senso.
“Niente che ti possa riguardare”.
“Mi riguarda eccome, visto che sono io nella merda!”.
“Prima o poi dimenticheranno. Quando il
mio piano sarà attuato, ti tirerò fuori. Fino ad allora... in bocca al lupo,
Rosie. O meglio: in bocca ai lupi”.
Se ne sta andando e non ho nemmeno la
forza di fermarlo. Non ho la più pallida idea di cosa fare: parlargli è stato
totalmente inutile, non ho neanche scoperto il motivo per cui abbia detto ad
ogni mago che sono andata a letto con Scorpius.
Mi guardo attorno e vedo solo solitudine. In mezzo a folle e folle di
studenti, mi sento incredibilmente isolata. Tutti mi fissano e, per quanto
cerchi di evitarli, i loro sguardi sono eloquenti. Non serve che aprano bocca
per capire cosa passa loro per la mente: Rose è una puttana, Rose è una traditrice,
Rose non si merita di essere figlia di Ron e Hermione.
Ho passato sedici anni della mia vita a
prestare attenzione a ogni mia minima mossa e dettaglio della mia figura per
non deludere le aspettative di tutti. Ho nascosto ogni mio difetto e aspirato a
una perfezione impossibile, plasmandomi pian piano un mondo di plastica, finto
ma bellissimo da vedere. Sono stata diligente, studiosa, educata, posata… il
tutto perché fissata con quest’idea di essere perfetta. La perfetta Rose Weasley.
Ho sempre riflettuto sulle mie azioni e
difficilmente mi sono abbandonata all’impulsività.
L’unica volta che è successo, è
scoppiato il finimondo.
Sospiro. Mi chiedo se sia davvero
giusto che sia un solo, banale errore a distruggere per sempre l’immagine di
noi stessi che ci eravamo creati con tanta cura.
Note dell’autrice
Eccoci al nuovo capitolo!
Finalmente pare si sia fatta chiarezza su quanto successo e sul motivo per cui
Rose è tanto disprezzata dagli studenti di Hogwarts.
Chissà cos’ha in mente
quella Serpe di LorcanScamandro…
Scusate se i primi
capitoli risultano brevi, prometto che nel corso della storia si allungheranno.
Spero di aver suscitato
un po’ di curiosità in voi lettori! Grazie a tutti coloro che hanno iniziato a
seguire questa storia. Vi do un abbraccio!
Lei non lo sapeva, ma
brillava come solo il sole sapeva fare
Quando, alle quattro di un pomeriggio
sonnacchioso, mi rendo conto di dover andare ad allenamento, non provo il
solito brivido di eccitazione che mi percorre tutta al pensiero di giocare a Quidditch. Al contrario, all’idea di dover volare accanto a
tutti gli altri mi sento mancare l’aria.
Stritolando il manico della scopa come se fosse l’arma che avrei utilizzato per
compiere un delitto di sangue, procedo a passo svelto verso il Campo di Quidditch scortata dalla mia guardia di fiducia, ossia
Dominique. Lysander è già seduto sugli spalti, un
puntino informe all’orizzonte, che i miei occhi miopi distinguono appena per i
capelli biondo sporco.
L’odore dell’erba fresca e tagliata di
recente mi pervade, facendomi ritrovare un po’ dell’emozione perduta. Alzo lo
sguardo, puntandolo sulla maestosità del campo, e ancora una volta resto senza
fiato. Quando si sale nel cielo, tutti i problemi restano sulla terra, non è
così?
Ferme all’ingresso dello spogliatoio,
io e Dominique captiamo, nascoste, le chiacchiere dei nostri compagni di
squadra. Chiacchiere che, aggiungo, avrei preferito non sentire.
“Io l’avevo sempre intuito che c’era
qualcosa di strano in quella famiglia. Soprattutto in Rose.”
“Sì, be’, non diciamoci cazzate: tutti
ci aspettavamo che l’avrebbe fatto. Solo i professori credono che quella sia
una santarellina.”
“È la sua facciata, ragazzi. È lei la
mente dietro a tutte le cattiverie di James, ed è lei la pecora nera del clan
Potter-Weasley… però, in effetti, non mi sarei
aspettata che sarebbe caduta così in basso.”
“Un conto è che Dominique Weasley faccia la troia, un conto è che lo faccia Rose. E
con Malfoy, poi, tra tutti!”
“Povera Lily. È l’unica sana in quella
famiglia di matti.”
Spalanco la porta dello spogliatoio e
tutti si ammutoliscono. Domi è sorpresa dal mio gesto, abituata alla mia
indifferenza mascherata ad arte, ma mi segue senza fiatare. Non voglio dare
loro la soddisfazione di rispondere indietro e di avere qualcosa in più di cui
parlare.
Sorrido grottescamente, però, non
riuscendo a trattenermi del tutto: “Avete comunque bisogno di me per vincere
questa partita. Eviterei certi commenti, se volete che mi presenti sabato
prossimo.”
Nello spogliatoio non fiata nessuno. Mi
sistemo rapidamente, lego in una crocchia distratta i capelli, e volo via senza
aspettare la mia amica.
Appena i miei piedi si staccano dal
terreno, inizio a ridere irrefrenabilmente. Niente può scalfirmi da quassù.
Come dice sempre James: “Respira questa libertà, Ro! Non è pazzesco?”. Sento i
suoi occhi addosso mentre volteggio per allenarmi, sento l’applauso timido di Lys dalle scalinate, sento i Bolidi liberati da Lily, ma è
come se non li sentissi veramente. È come se fossi stata catapultata altrove,
in un posto magico cosparso d’azzurro.
Quando i miei compagni mi raggiungono in
aria, l’astio che ci consuma si prende una pausa per lasciarci giocare. Mentre
passo la Pluffa e sfreccio da una parte all’altra,
però, mi rendo conto che le urla concitate di James Sirius
mi colpiscono una ad una come frecce nel petto. Non perché sono cattive, ma
perché mi era mancato molto il suono della sua voce e il suo fare entusiasta,
il che mi spezza il cuore.
Mi spezza il cuore perché sto volando e
sono sola. Sola non perché ho
un’intera scuola contro, sola non
perché Lily non mi rivolge più la parola, sola non perché i miei compagni di squadra sparlano di me in
spogliatoio, ma sola perché James e Albus Potter mi
hanno resa tale, abbandonandomi alla deriva e scegliendo la sorella.
E più fingo di concentrarmi, più segno
punti ed evito Bolidi indesiderati, e più in realtà sto faticando a respirare,
perché mi sembra di vedere ovunque i capelli corvini di James svolazzare
ribelli. Avevamo un’intesa tutta nostra, due spiriti ribelli che avevano
trovato il proprio complementare, io che ero ciò che lui voleva essere, lui che
era ciò che io non sarei riuscita a diventare mai.
Urla, James, sgrida chi sbaglia, si
incazza perché un Serpeverde ci sta osservando,
riserva parole amare a tutti, eppure dietro i suoi rimproveri io scorgo solo
l’orgoglio di un Capitano disposto a tutto per vincere.
Menomale che,
volando, i problemi sarebbero spariti.
Non posso fare a meno di domandarmi
perché diavolo entrambi abbiano smesso di parlarmi e starmi vicino, loro che
hanno sempre giurato che sarebbero finiti ad Azkaban per me. Avevo un rapporto
speciale con tutti e due, ma di natura estremamente diversa: Albus era la mia persona e anima gemella, James era la mia
roccia. La cosa divertente è che si detestano a morte, e l’unica cosa a tenerli
uniti ero io – ora, invece, credo che a tenerli uniti sia l’odio nei miei
confronti.
La delusione scotta rovente, dato che
hanno scelto la strada più facile e non
quella più giusta. Un vero amico affonda nella merda con te, se necessario.
Un vero amico perdona. Un vero amico non farebbe mai quello che hanno fatto
loro due.
“Bel tiro, Rose!”
Improvvisamente mi blocco, quelle tre
parole hanno colpito più forte delle altre, costringendomi a immobilizzarmi a
mezz’aria.
“Anche se si può fare certamente di
meglio. IMPEGNATEVI DI PIÙ, CRETINI!” James sembra pentirsi subito del suo
cedimento, ma sono bastate quelle tre illusorie parole per farmi risvegliare.
Vorrei gridargli che mi manca e che è uno stronzo e che la prossima volta la Pluffa gliela tiro in faccia, ma al posto di fare tutto ciò
plano a terra, abbandono la scopa sul prato e me ne vado.
*
“Ma dove cazzo stai andando?”
“Ah, adesso hai deciso di rivolgermi la
parola?” sibilo, senza voltarmi a guardare James.
“Torna indietro.”
“No, non puoi più darmi ordini. Sono
uscita dalla squadra.”
“Che
cosa?”
“Sto andando ad avvisare la McGrannitt. In bocca al lupo a trovarne una brava come me
entro sabato, Potter.”
“Non oseresti.”
“Non sfidarmi.”
Dentro le mura del Castello, sbattuto
il portone, mio cugino James e il Quidditch sono solo
un vago ricordo.
*
Dominique e Lysander
non hanno accolto bene la mia decisione. La prima sta alternando l’inglese al
francese in maniera concitata, e presumo mi stia riservando parecchi insulti.
Il secondo, invece, è accasciato a terra e continua a domandare a bassa voce
dove sia finita la vecchia Rose Weasley.
La verità è che non lo so nemmeno io.
“Abbandonare la squadra di Quidditch, Rose! Ho capito tutto, ma adesso hai davvero
superato il limite, cazzo.”
Non so rispondere, quindi me ne resto
zitta a osservare l’andatura di Domi che percorre la riva del Lago con angoscia
crescente. Se devo essere sincera, mi rendo conto di aver esagerato. Non avrei
mai voluto mollare la squadra, in realtà; solo che… sentire quel “Bel tiro,
Rose!” mi ha destabilizzato, per qualche motivo. Per l’ipocrisia della
situazione, probabilmente. In quel momento, ho sentito di voler ferire mio
cugino, di colpirlo nel suo tallone d’Achille – e non è stato difficile identificarlo.
Mi torturo l’orlo della gonna e sputo
il rospo. “Ragazzi, non ho parlato alla McGrannitt.
Non ancora, almeno.”
“Merci
monDieu!” strepita
Dominique, attirando l’attenzione di qualche studente curioso. Nel frattempo, Lysander recita una preghiera silenziosa, rivolto al cielo,
per ringraziare qualche entità divina. Lo sento distintamente sussurrare “non
l’abbiamo persa” per quattro o cinque volte.
“Il fatto è che…” tentenno,
torturandomi una ciocca ribelle scivolata dalla coda di cavallo. “Non so, mi
sembra ridicolo e umiliante giocare con delle persone che mi odiano, e per un
Capitano infame.”
“Dominique non ti odia” si affretta a
rassicurarmi Lysander, pensando di farmi stare
meglio.
“Ro, James non è un infame solo con te.
Lo è con tutti.” Sentenzia Dom, tagliente. “Sai cosa
trovo ridicolo io, invece? Che tu debba rinunciare alla tua passione perché hai
paura di affrontarli.”
La mia amica accompagna la frase con un
gesto eloquente, un dito teso a indicare indistintamente lo spazio circostante,
come a sottolineare che intende tutti coloro che studiano a Hogwarts.
Ho paura di affrontare tutti. Dominique
ha ragione.
Sospiro. “James non è mai stato un
infame con me, però. Non ci sono abituata. Dovete darmi… tempo.”
Lysander allunga un braccio e
mi stringe le spalle teneramente. Gli abbracci di Lys
sono sempre goffi e impacciati, ma sanno di casa e non c’è niente di più bello.
“Ascoltami, Rose. Hai commesso un errore. L’hai riconosciuto. Hai chiesto
scusa. I tuoi amici si sono rivelati delle merde. Cazzi loro! Chi ci ha perso davvero qualcosa, qui, non sei tu.” Fa
una breve pausa per guardarmi dritto negli occhi. “So quanto tu fossi legata a
quel coglione di Potter e ad Albus… però, se continui
a starci male, dai loro soddisfazione. Dovresti semplicemente fregartene,
iniziare una nuova vita, con me e Dom pronti a
sostenerti. E per quanto riguarda il Quidditch… c’è
davvero bisogno che te lo dica? Sei un mostro lassù, Rose. Non sprecare il tuo
talento.”
Al termine del discorso incoraggiante
di Lysander, io e Dominique rimaniamo ammutolite.
“Tre” esclamo, basita, rivolgendole uno sguardo complice.
Lui aggrotta la fronte e inclina il
capo. “Tre?”
“Hai detto tre parolacce, Lys. Oh mio Dio, Domi, dici che lo stiamo trascinando sulla
cattiva strada?”
“Assolutamente sì!” lei si abbandona a
una risata cristallina, unendosi al nostro abbraccio.
Schiacciata tra i loro corpi, mi
ritrovo a pensare che siano le mie due stampelle
personali. Sorrido senza motivo e mi abbandono contro la spalla di Lysander.
Si può sempre tornare a brillare. Mia
madre me lo ripete in continuazione. L’importante è rialzarsi da ogni caduta.
Con loro al mio fianco, forse, potrei
anche farcela.
Il cielo improvvisamente grigio e il
nevischio che volteggia nell’aria mi ricorda che manca sempre meno alle vacanze
di Natale, vacanze che avrei trascorso, come ogni anno, alla Tana con i miei
cugini. Il mio terrore è che lo scandalo del fattaccio si diffonda anche tra i
nostri genitori… quello sì che sarebbe un grave problema. Non oso nemmeno
immaginare cosa penserebbero di me, e non so neanche la fiducia di chi tradirei
di più. Di mia madre, che mi ha sempre raccomandato di essere onesta e leale
con gli amici e la famiglia? Di mio padre, che da quando sono nata mi intima di
stare alla larga dai Malfoy? Di zio Harry, che,
quando ha scoperto l’esistenza di un’amicizia profonda tra suo figlio e Scorpius, è stato zitto e strano per una settimana
abbondante?
È Lily ad impugnare il manico del
coltello, e sta a lei la scelta di vuotare il sacco o meno.
Il mio piano è quello di stare il più
lontana possibile da casa, oppure nascondermi invisibile sotto il mio albero
preferito a leggere. In altre occasioni mi sarei trasferita volentieri dagli Scamandro – due inverni fa, io, Albus
e Dominique l’avevamo fatto –, ma adesso anche casa loro si è trasformata in
terreno nemico. Vedere Lorcan mattina e sera sarebbe
peggio di avere a che fare con Lily alla Tana.
Mentre siamo distesi sul prato, mi
viene in mente che domani avrò compito di Trasfigurazione. Nonostante questo,
me ne resto lì, a fianco ai miei amici, fregandomene – mal che vada, starò
alzata la notte.
Dominique, abbracciata a Lysander con gli occhi chiusi, sembra quasi una bambina, e
non la ragazza facile che tutti vorrebbero farsi. E che tutti si fanno, in
realtà. Lys dev’essere l’unico con cui non ha mai
combinato niente… e il solo pensiero di vedere loro due insieme in quel modo mi fa ridere.
Mi alzo sui gomiti e sto per proporre
ai miei amici di spostarci e andare in un luogo più caldo, quando vedo, da
lontano, due occhi verdi e malinconici fissarmi.
Gli occhi smeraldo di AlbusSeverus Potter sono
indistinguibili e invidiati da molti – è stato l’unico, tra i tre fratelli, ad
averli ereditati. È appoggiato contro un albero, circondato dai suoi Serpeverde preferiti: Malfoy, Zabini e Rosier. Manca solo il
portiere Nott all’appello e la combriccola è al
completo. Una combriccola che io, personalmente, non ho mai approvato: li
distingue tutti un atteggiamento altezzoso, sprezzante, che tende a umiliare
gli altri. Al non è come loro, o almeno credevo che non lo fosse: è sempre
stato buono come il pane, una persona premurosa e affettuosa, anche se
maliziosa.
Non partecipa alla conversazione
agitata dei suoi amici e resta con lo sguardo fisso su di me. Mi domando quale
sia il suo problema e perché non la smetta di farmi sentire così sospesa a
metà.
Mentre io e gli altri cugini ci siamo
nettamente avvicinati solo nel periodo della preadolescenza, James compreso, Al
e io siamo stati inseparabili da quando eravamo in fasce. Siamo – eravamo? –
talmente legati che zia Ginny è sempre stata sicura
che avrebbe dovuto affrontare, prima o poi, un incesto in famiglia (cosa che,
ovviamente, non le fa particolarmente piacere). Il rapporto tra me e Al,
tuttavia, non sfiora affatto il romantico, anche se credo che lui sia la mia
anima gemella e che nessun ragazzo, nemmeno il mio futuro marito, potrà essermi
vicino quanto lo è lui. Basta un solo sguardo per cogliere cosa prova l’altro.
È inspiegabile, quasi, quanto gli voglia bene.
Ho sempre dato per scontato che saremmo
sempre stati uno al fianco dell’altro e non mi aveva mai sfiorato la
possibilità che, un giorno, la nostra amicizia sarebbe finita. E, ora, è come
se mi avessero strappato via la mia metà, una metà così diversa e così uguale.
“Potter, basta fissarla! Ho capito che
è figa, ma non penso tu abbia molte speranze!”
La voce odiosa di Zabini
è percepibile fino a qui, dato che, come sempre, ha urlato a squarciagola per
fare il fenomeno da baraccone.
Albus sobbalza sul posto,
scuotendosi tutto come se fosse stato svegliato di soprassalto da un incubo.
Sposta lo sguardo da me, puntandolo piuttosto in direzione dei Serpeverde, e sghignazza sibilando qualcosa che non riesco
a sentire.
“Che codardo” afferma Dominique, che
fino a un secondo fa stava sonnecchiando beatamente. “È sempre stato una
pecora, Albus. Senza un gruppo di bulli non riesce a
stare, vero?”
Anche lei era amica di Albus, prima del fattaccio. Erano sicuramente legati, anche
se non al nostro livello. Mi chiedo se anche lei soffra per come lui si sta
comportando o se non gliene freghi niente. Le sue parole nascondono, però, una
tristezza malinconica e amara.
“Sappiamo come è fatto, Dom… quante volte gliel’ho detto che non deve stare con
quei coglioni? Eppure non ascolta!”
“D’altronde è una Serpe di merda”
sentenzia Dominique, tagliente.
Lysander salta sul posto:
“Ehi! Anche io sono un Serpeverde.”
“Sì, scusami” si affretta a dire lei,
“è che sono incazzata.”
Lys, ovviamente, non se
l’è presa. Si accarezza pensoso il mento, con fare da filosofo, e dopo un
minuto afferma: “Albus ha bisogno di sentirsi accettato
in un gruppo. Per questo non posso biasimarlo. Per il fatto di avere tradito
Rose, certo che posso. Però si vede lontano miglia che è molto pentito, ma è
troppo vigliacco per chiedere scusa.”
“Pentito?!” quasi mi soffoco con la mia
stessa saliva e inizio a tossire irrefrenabile.
Scamandro fa spallucce.
“Questa è la mia impressione. Però chissenefrega, anche se si fosse pentito.
Ormai è un po’ tardi, no?”
Vedo la figura di Al, lì, in mezzo agli
altri, con un libro di Trasfigurazione in mano. Lasciato un po’ in disparte, ma
comunque partecipe. Ombroso, silenzioso, ma dolce. “No, non sarebbe mai troppo
tardi. Sotto sotto so che lo perdonerei sempre.”
Non rispondono, Lysander
e Dominique. Dentro di me, so che stanno pensando la stessa esatta cosa.
*
I bui corridoi di Hogwarts mi inghiottono.
Non sto capendo
molto, ma il mio punto fisso è una schiena larga che mi supera di qualche
metro.
Giriamo, giriamo,
giriamo.
Cosa sto facendo?
Dove mi trovo?
Perché lo sto
seguendo?
Quando si volta a
guardarmi, capisco che è solo l’inizio della fine.
Aspettavano tutti che facessi un passo
falso. Ecco qual è la spiegazione. Era impensabile, umiliante, che la figlia
dei Salvatori del Mondo Magico fosse perfetta, o, perlomeno, normale. Per i
ragazzi della mia età, che si sono sentiti inferiori da quando, al Primo Anno,
ho varcato le soglie di Hogwarts, questo mio piccolo
errore significa una sola cosa: rivincita.
Come se questo provasse che non c’entra
niente il passato, che anche se sono intelligente e carina e Grifondoro audace, ho rovinato la mia famiglia. Che loro,
nonostante non c’entrino niente con i Potter e i Weasley
e gli Auror, sono meglio di me.
Che io sono una semplice viziata nata
fortunata.
Ho sempre detestato i riflettori
puntati addosso. Negli articoli di giornale, appaio in continuazione. Mi
definiscono “la perfetta combinazione di un Hermione
inflessibile e un Ron coraggioso”. Non ho mai
compreso cosa volesse dire, fatto sta che la fama che mi aleggia attorno mi ha
portato sfortune a destra e a manca, data la situazione in cui mi ritrovo. Perché
pensate che sia legata unicamente ai miei cugini? O almeno, ad alcuni di loro?
Loro capiscono. È impossibile trovarsi degli amici qualsiasi, perché se ti
frequentano è solo perché sperano di essere invitati a pranzo a casa, dove
possono conoscere i Salvatori del Mondo Magico.
Sono felici di essere superiori a me.
Se ne vanno in giro dicendo: la Weasley ha fatto
questo, ma chi si crede di essere, non merita quello che ha.
Ogni errore dei
membri della nostra élite è cento volte più grande.
Hogwarts significa casa per
tutti. La felicità si respira in ogni stanza del castello, perché, nonostante
le avversità, la gente è contenta di stare qui. Credo di essere l’unica a considerarla
una prigione. A volte preferirei essere una Babbana
qualunque. Mi piacerebbe dimenticare la magia che appanna la vita di noi maghi,
essere un adolescente normale: fare la fila per i concerti, andare alle partite
di calcio solo per vedere quello che ti piace, vestirsi alla moda, studiare
letteratura e andare in una scuola solo di mattina. Chissà come sarebbe:
magari, adesso, sarei sul letto di casa mia a pensare ad uno ScorpiusBabbano che ha promesso
di venire più tardi per finire un progetto di... scienze, ecco. Come nei
romanzi che mia mamma nascondeva nello scaffale più alto. E poi saremmo andati
a prendere un gelato e, magari, due maghi ci sarebbero passati accanto e noi
avremmo riso di nascosto commentando il loro look strambo.
Ma è ora di tornare al mondo reale.
Probabilmente, nel mondo Babbano immaginario
esisterebbe anche una Lily cheerleader pronta a tutto per togliermi Scorpius.
Ma poi, perché mi faccio questi film
mentali? Dopotutto, non devo essere così intelligente come sembra. E,
soprattutto, uno ScorpiusBabbano
sarebbe ancora più cretino dell’originale.
“Che fai, Weasley, mi segui?”
Il ghigno di Malfoy è a metà tra il curioso e l’infastidito.
È bello, bello come
la luna, ché una parte di lei è sempre nascosta.
“Mi vedrai sempre e
solo come una Weasley, non è così?”
Non mi chiamerà mai
Rose.
Al termine del compito di
Trasfigurazione, mi chiedo come farò a spiegare a mia mamma che la media si è
abbassata di mezzo voto. La cosa che mi brucia più di tutte, però, è la
soddisfazione stampata sul volto di Malfoy, che ha
preso ancora una volta il massimo. Vediamo
come ti tolgo quell’espressione al compito di Pozioni, stronzo.
Depressa, mi aggiro per i corridoi di Hogwarts solitaria, senza un obiettivo preciso – neanche
quello di nascondermi in camera a piangere. Mentre cammino lentamente,
svoltando l’angolo, sento la voce di Albus. Mi
paralizzo sul posto e mi addosso alla parete, indecisa sul da farsi. Se
continuo a procedere verso questa direzione, mi vedrà di sicuro.
Ancora acquattata contro il muro,
giunge alle mie orecchie un’altra voce maschile che non mi è nuova, solo che
non riesco ad associarla ad un volto.
Okay, so che non si fa. So che è
violazione della privacy e che è maleducato e irrispettoso da parte mia
appiattarmi contro il muro per origliare. Però si tratta del mio migliore amico
che ha deciso di tradirmi, quindi penso di avere tutto il diritto di
comportarmi male nei suoi confronti. Magari questa conversazione mi sarà utile
a capire perché diavolo abbia preso le difese della sorella, che ha sempre
odiato a morte: e se stesse trafficando droga? Se gli stesse chiedendo delle
pillole per suicidarsi? Se stesse per compiere un omicidio? Se avesse rubato...
“Non possiamo” sussurra Albus. “Se ci scopre qualcuno, è la fine.”
Oddio. Mi rendo conto che
non dovrei ascoltare questa conversazione e faccio dietro-front, quando...
“Non oso immaginare cosa penserebbe
Rose, che è la mia migliore amica, figurati tutti gli altri. Pensano di avere
al loro fianco il bravo e innocente Al, e invece...”
Il mio cuore perde un battito. La mia migliore amica. All’improvviso,
gli occhi mi pizzicano e si riempiono di lacrime. La mia migliore amica. Mi considera ancora così, allora? E perché
non mi parla più? Ma soprattutto, cosa sta nascondendo?!
Mi blocco, terrorizzata. Spaccia. Si
droga. E ruba. Ed è un mafioso. Oddio, devo tirare fuori il mio amico da questo
guaio. Non può essere un criminale. Gli insegnerò qual è la retta via. Al, ci
sono io con te. Ti perdono.
“Ma cosa stai dicendo? Smettila subito”
attacca l’altro, “non stiamo facendo niente di male. Niente, okay?”
“Blaze...”
BLAZE? Aspettate un momento, Nott? Lui ha la faccia da cattivo ragazzo. Anche se in
realtà mi ha sempre ispirato simpatia: tra tutti i membri della combriccola di
Al, è sicuramente il più pacato e, perlopiù, spiritoso.
Cerco di mandare giù un groppo alla
gola. Tutto ciò mi fa capire quanto, ormai, io e Al siamo distanti, e quanto
poco sappia di lui. È davvero finita, quindi. Eppure… e se questo segreto barra
affare di droga centrasse col motivo per cui non mi parla più? Ma che senso
avrebbe? A dire la verità, non mi immagino Albus
farsi in vena, anche se avrebbe potuto iniziare a farlo per essere accettato
nel gruppo, ancora una volta.
Un improvviso silenzio cala e mi sento
raggelare. Non mi è chiaro quale sia il mio compito: è ancora mio dovere
proteggerlo da tutto e da tutti, come ho sempre fatto?
La vecchia Rose sarebbe uscita allo
scoperto, avrebbe picchiato Nott e portato Albus in… infermeria, tipo. Mi sembra un buon piano.
Mi sporgo leggermente per valutare la
situazione, e quello che vedo mi sorprende. O, meglio, mi dissesta
completamente.
BlazeNott
e Albus Potter si stanno baciando.
Sono seduti vicini, completamenti
assorti l’uno nell’altro, Albus che affonda le mani
nei capelli castani di Nott ed è libero, spensierato,
felice.
Mi allontano cercando di fare il meno
rumore possibile.
Note dell’autrice
Ciao a tutti! Grazie di
aver proseguito la lettura fin qui.
Spero che questo
capitolo tutto dedicato ai fratelli Potter sia stato all’altezza delle vostre
aspettative.
Qualcuno si aspettava
che Albus celasse un segreto del genere?
Che c’entri qualcosa
con il motivo per cui non parla più a Rose?
The sunloved the moon
so much he diedevery night to letherbreath
Il professor Longbottom
sbatte le palpebre non appena gli chiedo se posso fermarmi qualche minuto per
parlare. Non riesco a interpretare la sua espressione, ma si affretta a sorridere
e a invitarmi a sedere più vicino.
“Ciao, Rose. Vuoi una caramella?”
Il professore di Erbologia
è uno dei miei preferiti, soprattutto perché passa sempre il Natale a casa
nostra e ci dà anche un regalo. In sua presenza, mi sento sempre a mio agio: a
volte mi dimentico di star parlando con un professore.
In questo momento, però, sono un po’
tesa. Lui aspetta che io inizi a spiccicare parola, ma, quando vede che non ne
ho l’intenzione, mi poggia la mano sul braccio e dice, con fare premuroso:
“Come stai, Rose? Che succede?”
Mi trema il labbro inferiore, così lo
mordo per farlo smettere. Dopodiché prendo coraggio e affermo sentenziosa:
“Sono stata Smistata nella Casa sbagliata.”
Per qualche assurdo motivo, lui scoppia
a ridere. Io resto estremamente seria e, di fronte al suo atteggiamento ilare,
faccio per alzarmi. Venire qui, dopotutto, non è stata una grande idea. Il
professore sembra pentirsi della sua reazione e si riprende subito. “Scusa, non
volevo prenderti in giro. Perché dici così?”
“Perché sta andando tutto storto. E non
so cosa fare. E non sono coraggiosa. Affatto.”
“Cosa ti dice di non esserlo?”
“Tu e i miei genitori e i miei zii
avete salvato il mondo, professore. Salvato.
Il. Mondo. Avete affrontato Voldemort senza tanti
preamboli. Mentre io… mi sento… così sbagliata. Per colpa di uno stupido
pettegolezzo, non riesco più ad andare avanti, e stanno succedendo un sacco di
cose e così in fretta, e io non so come comportarmi. Non ho coraggio di
affrontare niente.”
Prendo una pausa dal mio fiume in
piena, poi proseguo. “Quindi non sono Grifondoro. Ma
se non sono Grifondoro, non so che altro potrei
essere. Chi sono davvero io, professore?”
Contrariamente a quanto mi aspettavo,
lui sorride bonario e mi dà un buffetto sulla testa: “Quando avevo la tua età,
ero convinto di essere stato Smistato nella Casa sbagliata. Avevo paura di ogni
cosa, Rose, anche delle più piccole e insignificanti.”
“Tu?!”
“Sì, proprio io” fa una risata e guarda
assorto un punto lontano, rammentando i vecchi tempi in cui era giovane. “E sai
qual era il problema? Non credevo abbastanza in me stesso. Tu sei una ragazza
brillante, sveglia, e, soprattutto, coraggiosa. Devi esserne cosciente, Rose.”
Scuoto la testa, contrariata. “Le tue
sono solo parole per farmi stare meglio. Se fossi così tanto coraggiosa, non
avrei paura di affrontare… tutto quanto.”
“Ed è proprio qui che sbagli!” esclama.
“Non è coraggioso chi non ha paura, ma chi va avanti comunque, anche con la
paura addosso.”
Resto in silenzio ad osservare i lacci
delle mie scarpe. Ho sempre dato per scontato che avere coraggio significasse
non avere paura… ma non sono poi così sicura che mentre zio Harry affrontava Voldemort non ne avesse, di paura.
“Ciò non toglie che va tutto storto,
professore, e io non so cosa fare.”
Sospira a lungo, non risponde subito.
Si alza dalla cattedra e misura le parole con attenzione. “Be’, hai cercato di
sistemare le cose?”
La sua è una domanda innocente e
legittima, ma ha l’effetto di un tornado. Mi ferisce e destabilizza,
lasciandomi ammutolita.
No.
Io non ho provato a sistemare le cose.
Ho lasciato che l’onda degli eventi mi
travolgesse, mi sono fatta risucchiare in un vortice morboso e mi sono nascosta
da tutti.
Non ho chiesto scusa a Lily.
Non ho chiesto scusa a Scorpius.
Non ho chiesto scusa a nessuno.
Ho preteso che loro si avvicinassero a
me, quando sono sempre stata io nel torto. Ho subito senza fiatare e mi sono
lamentata, e lamentata, e lamentata, senza fare niente di concreto.
Loro mi hanno tolto il saluto, ma anche
io l’ho tolto a loro.
Questo perché non so come si faccia ad
aggiustare una cosa così grande e così catastrofica.
Glielo dico e lui fa un altro dei suoi
sorrisi dolci. “Si deve sempre provare a risolvere, però! Per quanto sia
difficile, devi raccogliere tutto il coraggio che hai e andare avanti, per
sconfiggere le tue paure.”
“Ma, professore…”
Lui mi interrompe bonario. “Se devo
essere sincero, ho notato uno strano comportamento nelle ultime settimane.
Tutta quella tensione, nelle mie lezioni… E poi, proprio oggi, Albus è venuto a parlarmi. Mi ha fatto un discorso molto
simile al tuo, sai?”
Rimango di sasso. Albus?
“Gli amici sono la cosa più importante
che abbiamo in questo mondo, Rose! Inizia a piccoli passi. Vedrai che andrà
meglio. Credi in te stessa.”
Annuisco piano, non del tutto convinta.
Ma mi sento un po’ meglio: il professore ha un effetto estremamente calmante.
Dovrei venire più spesso qui. “Grazie mille, Neville… ehm, professor Longbottom!”
Gli sfugge un sorriso intenerito. “Ah,
Rose, un’ultima cosa” dice. “Non potrei ancora dirtelo, in realtà, ma… hai
fatto un compito eccellente. I miei complimenti.”
Mi scalda il cuore. Era da parecchio
che non sentivo dei complimenti sinceri e sentiti. Solitamente, gli altri
professori sembrano dei robot quando dicono di aver apprezzato il mio lavoro… a
lui, invece, brillano gli occhi.
“Ho sempre amato Erbologia”
ammetto. Vorrei trattenermi, ma non posso fare a meno di fargli la domanda che
mi preme di più. “Ehm, scusa la domanda, ma, cioè, ecco, io… ehm… sono andata
meglio di Malfoy?”
Esplode in una risata scoppiettante.
“Sei proprio figlia di tuo padre, eh?”
*
Mi sveglio alle tre e cinquantadue di
notte nel divanetto della Sala Comune, coperta alla buona dal famoso Mantello
dell’Invisibilità che devo ancora restituire a James, al quale appartiene.
Mi ero fermata qui per studiare, ma ho
preso sonno utilizzando, come cuscino, il libro di Pozioni. Quando mi alzo, mi
rendo conto di essere sveglia e scattante. Ho ereditato da mia madre i disturbi
di sonno: o dormo troppo, o dormo troppo poco. In più, fosse per me, dormirei
durante il giorno e sfrutterei la notte per fare altro.
La Sala è immersa nel buio della notte,
la luce fioca della luna lancia qualche raggio sui mobili di ciliegio. Faccio
per affacciarmi alla finestra, quando il mio stomaco inizia a brontolare.
Ma perché cavolo ho
saltato la cena anche oggi?!
Anche se non dovrebbe essere così, dato
che sono un Prefetto, andare alle cucine di notte è per me un’abitudine
costante. Ho sempre fame, ventiquattr’ore su ventiquattro, e non riesco a stare
senza cibo, quindi sono obbligata ad andarci anche a orari improbabili.
Mi avvolgo con il Mantello
dell’Invisibilità, onde evitare incontri spiacevoli con la preside, e mi dirigo
alle cucine.
Una volta dentro, mi accorgo che fa
così strano vedere le Cucine vuote, senza le allegre voci degli Elfi Domestici
a riscaldarle – tuttavia la cosa più
strana di tutte è che ScorpiusMalfoy è seduto su un bancone e sta addentando un panino,
in un pigiama di seta blu notte.
Mi fermo sul posto e poi mi ricordo che
non può vedermi. Mi dico che questo è il momento giusto per andarmene, facendo
finta di non aver visto niente. Sul serio, sarebbe sbagliato starmene qui.
Cioè, non posso stare con Malfoy alle quattro di
mattina, in una cucina, da soli. Sul serio, va decisamente contro le mie
morali, soprattutto dopo il casino successo. Eppure le mie gambe sembrano
muoversi da sole e prendono posto vicino a lui, a debita distanza.
D’altronde quando mi
ricapita di beccare Malfoy infrangere le regole?
Dopo essermi seduta facendo attenzione
a non fare rumore, esclamo: “ScorpiusMalfoy beccato alle quattro di notte nelle Cucine! Quanti
punti ti costerebbero? Io direi una cinquantina, come minimo.”
Il suono della mia voce lo fa balzare
in piedi e stringere una mano contro il petto, terrorizzato. “Per Salazar, Weasley! Sei tu?”
Ha riconosciuto la
mia voce.
Be’, non dovrei dare troppa importanza alla cosa, dato che non c’è niente di
così speciale nel riconoscere una voce. Giusto?
Mi levo di dosso il mantello e faccio
un sorriso a trentadue denti, divertita. “Per caso è avanzato qualcosa anche
per me?”
“Cosa diavolo ci fai qui?” risponde
lui, ignorando la mia domanda, ancora mezzo sconvolto dalla mia comparsa
improvvisa. Si riaccomoda sul bancone e alza gli occhi al cielo come se non
fosse contento di vedermi.
“Potrei fare la stessa domanda a te, a
dire il vero.”
“Non dirmi che stai organizzando
qualche scherzo come al solito.”
“E con chi dovrei organizzarlo, scusa?
Non so se hai notato che io e James non ci parliamo più.”
“Si è reso conto anche quell’idiota che
è meglio starti lontano…”
“Dai, Malfoy,
passami qualcosa da mangiare!”
“Non prendo ordini da una Weasley.”
“Da Lily sì, però! Ti ricordo che siamo
imparentate, zerbino.”
“Non ricordarmelo, per cortesia.
Ignorare la cosa mi aiuta a non vomitare.”
“Cretino.” Sentenzio e lancio un
incantesimo per prepararmi un panino al prosciutto. Sento gli occhi di Malfoy addosso, ma stranamente stasera lo odio un po’ meno
del solito – forse perché ho scoperto che abbiamo in comune il fatto di andare
in cucina alle quattro di notte.
“Allora” dice dopo, tipo, cinque minuti
di silenzio.
“Allora?” chiedo, titubante. Mi sento
svenire e cerco di nascondere come meglio posso la paura che menzioni il
fattaccio. Sento che potrei morire se lo facesse. A dire la verità, ci sarebbe
una cosa che mi preme chiedergli, ossia se è al corrente del fatto che tutti
pensano che siamo andati a letto insieme. Probabilmente lo è, dato che ha più
contatti col mondo esterno rispetto alla sottoscritta. Comunque, preferisco
restarmene zitta: tanto, anche se lo sapesse, cosa gli cambierebbe? Per scopare
ci vogliono due persone, eppure tutte le colpe sono ricadute su di me. Quindi,
be’, sono io l’unica nella merda.
“Sabato c’è la
partita.”
Ma che cazzo, sembra che lo facciano
tutti apposta a menzionarla di continuo. Partita di là, partita di qua. Ieri ho
mandato Dominique ad avvisare James che ero ancora in squadra, ma lei mi ha
detto che non è esploso di gioia come avrei sperato. Anzi, ha fatto un cenno
del capo che, secondo lei, trasudava tristezza.
“Non dirmelo! Potter è impazzito.
Abbiamo allenamento ogni giorno. Perché la chiamano tutti la partita del
secolo, poi?”
Dovrei essere spaventata o perlomeno
sorpresa dal fatto che io e Malfoy stiamo avendo una
tranquilla conversazione seduti sul bancone delle cucine alle quattro di notte.
“Allenatevi quanto volete, tanto è inutile” ribatte, sarcastico. “Ed è la
partita del secolo perché, be’, vi annienteremo in modo epico.”
Siamo solo un Serpeverde
e una Grifondoro, un Malfoy
e una Weasley, che battibeccano. È così strano e così
ovvio al tempo stesso.
Gli occhi grigiastri di Scorpius sono fiocamente illuminati dalla luce di alcune
candele. Anche al buio, o quasi, è impossibile non notare quanto sia bello. Fa
un sorriso sghembo, convinto di avermi zittito con la sua battuta, e la
fossetta sulla guancia sinistra diventa più marcata. È davvero un peccato che
sia così stronzo.
“Come no, Malfoy.
Nei tuoi sogni.”
“Vuoi scommettere?”
“E cosa scommetti? Uno zellino?”
ribatto, ironica.
“No, non c’è gusto!” si fa serio e
sposta i capelli biondo cenere dagli occhi. Guardo altrove. “Se vincono i Serpeverde, dovrai urlare a tutta Hogwartsche non abbiamo fatto sesso.”
Rabbrividisco e arrossisco insieme.
Resto zitta per qualche secondo, disorientata. “Lo sai?”
Scorpius inclina la testa,
divertito. “Lo so cosa? Stavo solo
scherzando! È ovvio che non abbiamo fatto sesso.”
Okay, non lo sa.
Fantastico.
“Forse è meglio se ti dico una cosa...”
“Non dirmi qualcosa tipo: “Sono incinta
di tuo figlio” perché potrei morire. Sul serio, per quanto fossi ubriaco, sono
sicuro che non lo abbiamo fatto.”
Non capisco perché debba rendere ogni
cosa così tremendamente imbarazzante. Sento che potrei sprofondare. “Non sono
incinta di tuo figlio! E so che non
sono stata con te, ma... be’, come dire. Tutta la scuola lo pensa.”
Alza le sopracciglia fino
all’attaccatura dei capelli – insomma, si fa per dire. “Molto divertente,
Rose.”
Mi ha chiamato per nome.
Mi ha chiamato per nome.
Mi ha chiamato sul serio per nome?
È una delle prime volte in cui lo fa.
Registro mentalmente il modo in cui lo pronuncia, il suo modo di arrotolare la
r e allungare il suono della s, come se volesse conservare il più possibile
nella sua bocca il suono del mio nome.
Potrei morire, ma adesso non ho tempo
per pensarci. Anzi, non dovrei nemmeno pensarci! “Sul serio. È stato Lorcan a diffondere la
notizia... quindi noi tre siamo gli unici a sapere la verità. Be’, immagino che
lo sappia anche la tua ragazza.”
Pronuncio quell’appellativo caricandolo
di più disprezzo e distacco possibile. Lily Potter si è trasformata nella sua
ragazza, non è più mia cugina. Annuisce. “Perché l’ha fatto?”
Faccio spallucce. “Non lo so, ha un
piano o qualcosa del genere.”
“Dio, quel figlio di puttana non mi è
mai stato simpatico” grugnisce.
Freddo e imperturbabile, ScorpiusMalfoy affronta il
problema come ogni altra cosa nella vita: come se non lo riguardasse, e,
soprattutto, come se non gliene fregasse un cazzo.
“E come dovrei
vederti, scusa?”
Penso a mia cugina
Lily, al suo braccio esile sempre avvinghiato a quello di Malfoy.
Penso a Scorpius, al suo modo di accarezzarle i capelli ramati e a
trattarla come una principessa.
Penso a lui che mi
insulta, evita, ignora, disturba.
È un ipocrita.
E lo sono anche io.
“Sono una ragazza
anche io.”
L’alcol deve avermi
ucciso il cervello.
Basta un passo per
annullare la distanza che c’è tra noi due.
Bastano delle labbra
che si sfiorano per cambiare tutte le carte in gioco.
“Non importa” aggiunge dopo qualche
attimo di silenzio, “me ne fotto di quello che dice la gente.”
“Sì, tu puoi anche fottertene” sbotto,
brusca, “ma io no.”
“Ma sei impazzita?!”
“Ma se sei stata tu quella che...!”
inizia, non riuscendo a trattenersi, ma poi sembra pentirsene. Sono stata io ad averlo baciato, ecco
cosa voleva dire. “Senti, mi dispiace. Dobbiamo fare qualcosa.”
Improvvisamente ci ritroviamo complici
in un affare più grande di noi.
Mi spinge via in malo
modo.
Il punto in cui mi ha
toccato scotta ancora rovente.
Cosa ho fatto?
“Oddio, io…”
“Guarda un po’ chi si
vede!”
La voce di Lorcan annuncia l’alba della tragedia.
“Chissà cosa penserà
la tua amichetta.”
“Se Serpeverde
vince, dirai a tutta Hogwarts la verità. Se Grifondoro vince, la dirò io.”
“Ti prego, non farlo!
È stato un errore.”
“Troppo tardi,
Rosie.”
“Sei un degno codardo” arriccio il
naso. “Ti hanno Smistato nella Casa giusta.”
“Paura di perdere, Weasley?”
“Affatto” esclamo. “Inizia già a
scrivere il tuo discorso.”
“Che succede qui?”
Il suono tonante della voce di Gazza ci
distrae dalla nostra conversazione. Afferro svelta il Mantello
dell’Invisibilità e cerco di coprire entrambi, ma distanti come siamo è
impossibile. Sono costretta a rannicchiarmi accanto a Scorpius,
le nostre teste che si sfiorano. Non ho coraggio di guardarlo e sento di essere
arrossita. Il mio mignolo, involontariamente, tocca il suo e faccio un gesto
brusco dettato dal panico. Malfoy mi intima di
smetterla posandosi un dito davanti alle labbra.
“Signor Weasley!
Signor Potter! So che siete voi due.”
Gazza ha ovviamente pensato che si
tratti dei miei cugini Fred e James. Di sicuro non si aspetterebbe di trovare
in una situazione del genere i due Prefetti di Grifondoro
e Serpeverde. Gli bastano due passi per arrivare esattamente
davanti a noi. Disperata, strizzo gli occhi in preda al terrore, per poi
scorgere l’espressione divertita di Scorpius e alzare
gli occhi al cielo. Ma fa sul serio?!
Tre minuti dopo, Gazza decide
finalmente di mollare l’osso. Ho contato ogni secondo che mi separava dalla
libertà con angoscia e, dopo che se n’è andato, balziamo giù dal bancone con
estrema attenzione.
Sarà la milionesima volta che rischio
di essere beccata da Gazza mentre non rispetto le regole, ma di sicuro non mi
sarei mai aspettata che un giorno sarebbe successo con Malfoy
come complice.
“Devo accompagnarti ai Sotterranei,
vero?” sbuffo.
Lui fa un sorriso sghembo ed eloquente.
Dopo esserci salutati in un modo
piuttosto imbarazzante, a metà tra l’astioso e il connivente, torno al dormitorio
con un pensiero fisso: o sabato vinco quella partita, o sarò ancora più fottuta
di quanto non sia già.
*
Non è coraggioso chi
non ha paura, ma chi va avanti comunque, anche con la paura addosso.
Albus è gay.
Faccio ancora fatica a realizzarlo, non
perché non me l’aspettassi, ma perché ho sempre pensato che, se lo fosse stato,
me l’avrebbe detto – lo avevo sempre dato per scontato: niente segreti tra di
noi.
Certo, non ha mai avuto una ragazza e
nemmeno ne ha mai commentata una. A parte questo, però, non avevo mai scorto
altri segnali.
Sento un fastidio continuo alla bocca
dello stomaco, perché avrei voluto che me lo confessasse. Pensavo che si
fidasse di me, che non mi considerasse alla stregua di tutti gli altri. Anche
se ormai io e lui non siamo che polvere e cenere.
Vorrei che Albus
fosse consapevole che io non mi permetterei mai di giudicarlo. Una parte di me
sa che, se anche si convertisse al Lato Oscuro, gli vorrei bene e non
cambierebbe niente, fra noi.
Dai brandelli di conversazione tra lui
e Nott mi è parso subito chiaro che lui si ripudia… e
il tutto perché gli piacciono i ragazzi.
Mi immagino Albus
tentare di fare coming out, a casa. Non oso pensare
alla reazione di James… e di Lily. E di tutti gli altri.
Me lo immagino mentre si inventa gli
scenari più pessimisti e disparati di cosa potrebbe succedere, disperandosi.
Forse, Nott è
la sua spalla su cui piangere.
Vorrei esserlo io.
Ed è per questo che la mattina mi
presento a fare colazione allo stesso orario di tutti gli altri. Mi risuonano
in testa le parole del professor Neville, e mi convinco che devo provare ad
affrontare le mie paure, e soprattutto devo provare ad aggiustare le cose.
Dominique mi fa un cenno con la mano ma
io supero il tavolo dei Grifondoro a testa alta,
dirigendomi da un’altra parte.
Ossia, al tavolo dei Serpeverde.
Ad ogni passo, mi ripeto che niente
andrò storto, che ce la posso fare, che devo credere in me stessa. Ad ogni
passo, conquisto fiducia. Ad ogni passo, raggiungo una versione migliore di me
stessa.
I Serpeverde
sono increduli. Anzi, non solo i Serpeverde. Tutta la
Sala Grande è girata ad osservarmi, sprofondata nel silenzio più teso che io
abbia mai percepito.
Distinguo l’espressione terrorizzata di
Lysander, che tuttavia sventola la mano nella mia
direzione e intima al ragazzo al suo fianco di farsi più in là per farmi
spazio. Quando prendo posto, ho tutti gli occhi puntati addosso, avidi, in
attesa di assistere allo spettacolo più emozionante dell’anno.
“Ciao, Albus.”
È seduto esattamente di fronte a me, con
Malfoy e gli altri vicino. Non ho tempo di osservare
le loro reazioni, ma sento perfettamente, da sotto il tavolo, il calcio di Lysander.
Il mio amico non risponde. Tiene lo
sguardo basso, concentrato a osservare il bacon abbrustolito servitogli da un
Elfo Domestico.
Qualche posto in là, Lorcan osserva la scena gelato sul posto. Qualcosa è andato
storto nel tuo piano, Scamandro?
“Sai, è inutile fare di tutto per
essere accettato nel gruppo se il primo a non accettarti sei tu.”
Il mio tono non è velenoso o
sarcastico, ma sinceramente affettuoso. È evidente che gli sto parlando come se
tra noi nulla si fosse rotto. Albus solleva
impercettibilmente il capo, rifiutandosi però di guardarmi. Se lo conosco
ancora bene, tuttavia, so di averlo colpito nel punto giusto.
“Hai preso le difese di tua sorella e
non posso biasimarti per questo. Ma ti consideravo il mio migliore amico, Albus. E hai preferito compiere la scelta più facile.”
Ancora nessuna reazione. Lysander, al mio fianco, continua a sventolarsi la mano davanti
al viso per non svenire. Malfoy è imperturbabile come
al solito, mentre Nott sembra addolorato, quasi
avesse capito tutto.
“Spero che un giorno cercherai anche tu
di riaggiustare la nostra amicizia.”
Non ho le forze di aggiungere altro. E,
proprio quando ho perso la speranza, Albus alza gli
occhi dal piatto tuffandoli nei miei.
Quel verde smeraldo una volta tanto
familiare ora è come se non lo riconoscessi più.
Mi fredda con lo sguardo, Albus. Gli bastano poche parole. “Vattene. Qui non sei la
benvenuta.”
Penso che normalmente una risposta del
genere mi avrebbe fatto infuriare, scalpitare, perdere le staffe – per questo
motivo, credo, Lysander mi stritola il braccio. Al
contrario, in questo momento mi sento calma. Ferita, certamente, ma non
incazzata – la rabbia ha lasciato spazio alla delusione più profonda. “Ti
ricordi quando tutti dicevano che eri un vigliacco e io ti difendevo sempre,
perché non ho mai creduto che lo fossi veramente? Be’, adesso devo ricredermi.”
Faccio per alzarmi e andarmene, perché
la mia missione si è rivelata un fallimento. Più guardo Albus
e più quel ragazzino che mi prendeva la mano per andare a lezione scompare. Lysander, però, si schiarisce la voce e balbetta: “Lei è
con me, può stare qui.”
Mi sento così fiera le rare volte in
cui Lys tira fuori gli artigli. Gli rivolgo un
sorriso e addento la mia brioche fumante, ma Albus
non intende cedere: “Sei una Grifondoro. E
soprattutto una bugiarda. Ripeto che
non sei la benvenuta, qui.”
Mi convinco di essere finita in un
incubo. Al non può davvero star pronunciando quelle parole. Non oserebbe.
Raddrizzo le spalle e, indicando la mia spilla da Prefetto, dico con quanta più
arroganza mi è possibile: “I Prefetti vanno rispettati, non insultati con
offese che inneggiano all’odio tra le Case, Albus. Meno dieci punti ai Serpeverde.”
Tra le Serpi nasce un violento baccano,
tra chi grida all’ingiustizia e chi declama di voler picchiare “quell’idiota di
Potter”. L’unico serafico, nella folla, è Lorcan, che
si gode la scena a braccia conserte.
C’è qualcun altro di estremamente
tranquillo, qui. Qualcuno che ha evidentemente un piano in testa – ovvero, Malfoy, che alza la voce ed esclama: “Complimenti, Weasley. Meno venti
punti ai Grifondoro per avere abusato del tuo compito
di Prefetto, un gesto dettato da irrazionalità e perdita di controllo, come
sempre.”
“Scusa?!”
Se prima riuscivo a mantenere un
architettato atteggiamento composto, ora Malfoy mi fa
implodere. Dal tavolo dei Grifondoro si elevano
strepiti e urla. In un momento di silenzio, però, sono io a levare la voce:
“Vogliamo raccontare a tutti dov’eri ieri alle quattro di notte, Malfoy? Perché non penso che te la caveresti con venti
punti.”
Scorpius strabuzza gli occhi
e finalmente si lascia scalfire da qualcosa, al posto di restare fastidiosamente
impassibile. “Ma se c’eri anche tu con me!”
Oh cazzo. Oh cazzo oh cazzo
oh cazzo. Non appena pronuncia quella frase, ci rendiamo conto entrambi, con
una smorfia di terrore, di che cosa può sembrare quanto ha detto.
La Sala Grande esplode in esclamazioni
scioccate. Tutti iniziano a scambiarsi sguardi sconvolti. Qualcuno,
addirittura, si passa degli zellini, urlando di aver
vinto la scommessa.
Mi spiaccico una mano contro la faccia,
disperata.
Adesso tutta la
scuola pensa che io e Malfoy, ieri sera, l’abbiamo
fatto.
Di nuovo.
Note dell’autrice
Quanta tenerezza vedere
Neville nei panni di professore!
E quanto bello è stato
descrivere questo primo momento tra Rose e Scorpius,
nelle cucine.
Finalmente si sa cos’è
successo quella fatidica sera…
E sembra proprio che Rose
si sia messa ancora più nei guai, dopo quella confessione in Sala Grande!
As long as the sunshinesonedoesnotask for the moon
Le reazioni provocate da me e Malfoy hanno assunto dimensioni spropositate, dato che ora
anche Dominique è convinta che io le stia nascondendo qualcosa. “Non posso
credere che tu mi abbia nascosto di avere una storia con Malfoy!”
“Dom…”
“Alle quattro di notte. Alle quattro di
notte!” continua a ripetere, senza voler sentire ragioni. Per quanto io cerchi
di spiegarle, lei non sembra darmi ascolto. “Sai che io approvo le relazioni clandestine, Ro, però avresti
dovuto dirmelo!”
“Dom…!” la
prendo per le braccia, imponendole di smetterla di agitarsi. “Tra me e Malfoy non c’è niente, okay? Non c’è mai stato niente.”
Lei si mostra perplessa e per niente
disposta a credermi. Con fare indagatore, continua imperterrita il suo
interrogatorio: “Dov’eri ieri alle
quattro di notte, allora?”
“Alle Cucine.”
“Cosa?! E cosa ci facevi in cucina?”
“Avevo fame e, fatalità, ho trovato lì Malfoy. Non è successo nient’altro! Abbiamo solo un po’
parlato… più o meno.”
Dominique continua a mantenere le
braccia conserte e un’aria inquisitrice, ma qualcosa mi dice che crede alle mie
parole. La porta della nostra camera si spalanca con un grande baccano e spunta
il viso ilare di Lysander, che alza le braccia sopra
la testa in segno di vittoria: “Ho sentito tutto! È così romantico!”
“Lysander,
non è proprio il momento” scuote la testa Dominique. “Io e Rose stiamo
discutendo seriamente.”
Il nostro amico alza gli occhi al cielo
e ignora il commento di Dom. “Ragazze, smettetela con
queste litigate da femmine, per favore. Qui stiamo assistendo alla storia
d’amore del secolo!”
Gli lancio una stilettata, spazientita.
“Lysander, piantala.”
Il Serpeverde
è gasatissimo: non riesce a stare fermo, gli occhi gli luccicano, e sorride
come un’idiota. “Sembra di essere finiti in un romanzo. Sesso proibito, guerra
contro la mean girl della scuola, incontro notturno e
ulteriormente proibito nelle cucine… tutto questo, tra due che si sono sempre
odiati! È così eccitante che, se fossi in te, inizierei a scrivere un libro.”
Io e Dominique ci scambiamo un’occhiata
sconvolta, della serie “questo è fuori di testa”. “Sesso proibito, Lys? Sul serio?”
Lui si stravacca sopra il mio letto,
con forte disappunto da parte mia, e afferma: “Intendo il fatto. Possiamo parlare di quanto accaduto, vero, o è ancora un
argomento tabù?”
Dominique lo fulmina con lo sguardo,
facendomi sospettare che loro due ne hanno già parlato.
La verità è che non ho mai detto a
nessuno quanto successo dopo quella famigerata festa: ho solo accennato
l’accaduto a Roxanne, perché costretta, ma niente di
più. Neanche Lys e Dom, le
persone che mi sono più vicine, sanno quello che è avvenuto. Non mi hanno mai
chiesto niente, hanno sempre riposto cieca fiducia in me.
Non so se sono pronta per parlarne e
spero vivamente che non mi chiedano ulteriori spiegazioni, ma non posso
lasciare che pensino che io e Scorpius abbiamo fatto
sesso. “Mi dispiace deluderti, ma io e Malfoy non
l’abbiamo mai fatto. Per fortuna.”
Non immaginavo il peso che avrebbero
avuto le mie parole: restano zitti, incapaci di dire qualsiasi cosa, la bocca e
gli occhi spalancati. La prima a parlare è Dominique: “Che cosa? E perché tutti
lo pensano? E perché ti danno della puttana? Ma cosa è successo davvero?”
“Calma” la freno io, sedendomi sul
minuscolo spazio libero lasciato da Lysander sul
letto. “Cioè, io ero un po’ ubriaca…”
“Solo un po’?!” scoppia a ridere Lysander, alludendo allo stato in cui ero presa quella
sera.
Dominique gli intima di tacere per
farmi continuare e io proseguo: “Sì, ecco, non chiedetemi il motivo perché non
saprei rispondervi, ma, be’, quando Malfoy è sparito
dalla festa io l’ho seguito e…”
“E…?”
Sposto lo sguardo, imbarazzata. “L’ho
baciato. Lui non è sembrato molto contento della cosa. E
tuo fratello ci ha visti.”
“Louis?!” esclama Dominique, scioccata.
“No… intendo il fratello di Lysander. Lorcan ci ha visti.”
“Oddio” biascica Lysander.
Ovviamente, è perfettamente consapevole di cosa sia capace il suo gemello,
quindi si prende la testa tra le mani: “Non dirmi che è stato lui a diffondere
una falsa notizia, dicendo che vi ha visti scopare.”
Annuisco. So quanto Lysander
ci stia male ogni volta che Lorcan combina qualcosa.
Riceve molte delusioni da parte sua, ma spera sempre che lui possa cambiare.
Dal mio canto, lo dubito fortemente. “La colpa non è solo sua, però. Anche Lily
ha contribuito a diffondere la notizia.”
Prima che io e Lysander
possiamo accorgercene, Dominique esce dalla stanza con un gran trambusto,
urlando a squarciagola: “Lily Luna Potter, dove cazzo ti nascondi?!”
Oddio. Oddio oddiooddio.
“Lysander, abbiamo un problema.”
“E anche bello grande, direi.”
Dominique è la persona più irascibile e
impulsiva che conosca. Il problema è che la sua rabbia spesso sfocia in
disastri irreparabili: l’anno scorso ha mandato in infermeria uno studente che
le aveva dato solo un nove su dieci,
quando gli era stato chiesto come fosse a letto. Lei non riflette, colpisce e
basta, pentendosi spesso a posteriori delle proprie azioni.
Io e Lysander
ci affrettiamo a seguirla, per tentare di calmarla, ma lei è una furia: “Non
esiste che qualcuno tenta di sabotare la mia migliore amica!”
Strabuzzo gli occhi. Non so cosa
pensare. Il fatto è che dovrei essere spaventata, preoccupata, che so, qualsiasi cosa, ma non orgogliosa di
Dominique. Oh cazzo, mi sento davvero
orgogliosa di Dominique?!
“Ti prego, Domi, ragioniamo” balbetta Lysander, ma la mia amica ha già individuato dalla finestra
Lily e iniziato a correre come una forsennata – e né io né lui ce la caviamo
molto bene nella corsa.
Quando la raggiungiamo in giardino con
il disperato tentativo di limitare i danni, Lily è seduta accanto a Hugo e
Lucy. Poco più in là, da parti opposte, osservano la scena Albus
e James.
“Ti sfido a Duello, stronza!” scalpita Dom, avventandosi contro di lei.
Lily sbatte le palpebre un paio di
volte, per poi roteare gli occhi, infastidita. “Che teatrino patetico.”
“MonDieu, sei una stronza! Io mi rifiuto di
chiamarti cugina! Lily Luna Potter, sei l’essere più falso e schifoso che io
abbia mai conosciuto!”
“Qualcuno la fermi. Subito!”
“Va’ tu, Lys.”
“No, io mi sto godendo la scena. Va’
tu, Ro.”
Sono come pietrificata sul posto.In questo momento, si è gettata contro
Lily, puntandole la bacchetta sul petto e versandole addosso una serie
spropositata di insulti – in qualche modo, mi ricorda la sceneggiata ideata da
me e Lorcan qualche giorno fa. Lily, però, non è
posata e soddisfatta come era Scamander: anzi, si
scansa, irritata. “Si può sapere cos’hai?!”
“Tu sai la verità! E tutti la odiano
per colpa tua!”
Alza un sopracciglio, sorpresa, poi i
suoi tratti tornano gli stessi di sempre – altezzosi, vittoriosi, esplosivi.
“Oh, Dominique, è ciò che si meritano quelle come te e lei” ribatte.
Se prima Dominique era un vulcano in
eruzione, ora si trasforma nell’apocalisse – ha gli occhi infuocati di chi
vorrebbe distruggere qualsiasi cosa. Non mi era mai capitato di vederla così, e
scopro di voler indietreggiare, incapace di sostenere la situazione. Dominique
alza furiosa la bacchetta e improvvisamente la sua ira aumenta, aumenta,
aumenta. “Cruc...”
Non lo sta davvero facendo. Sto
sognando. Ora mi sveglio...
Io e qualcun altro urliamo insieme: “Expelliarmus!”,
salvando la vita di Lily, la quale, bianca come un cadavere, indietreggia.
Afferro la bacchetta di Dominique,
voltando lo sguardo su chi ha lanciato l’Incantesimo con me. James Sirius Potter.
Questo, in qualche modo, non va a genio
a Dominique. Lei, infatti, si avventa contro di lui. “Non ti devi permettere di
togliermi la bacchetta dalle mani, bastardo!”
James è livido. Si passa una mano tra i
capelli corvini e sbatte gli occhi scurissimi. “Prego?”
“Grazie, Jamie” squittisce Lily, meno
pallida, ma sempre spaventata.
“Stavi per ammazzare mia sorella,
Dominique!” scatta, stringendo Lily in un abbraccio. O la smette di fare la
vittima o, sul serio, intervengo anch’io.
“Grazie tante, avrei fatto bene”
borbotta. “Lei ti sta nascondendo la verità, Potter! Infida sguattera...”
Ha sul serio detto
sguattera?
A peggiorare la situazione, sempre se
ciò sia possibile, è una figura stoica e imperturbabile che si fa strada fra
noi. Lysander, alla vista del fratello, scuote la
testa preparandosi a incassare il colpo. Lorcan
osserva tutti noi, un sorriso storto dipinto sulle labbra, e si sofferma
qualche attimo in più sul mio viso. Dopodiché, come se fosse la cosa più
naturale del mondo, suggerisce: “È ora di smetterla con tutto questo casino.
Avete ancora una reputazione da mantenere, dopotutto. Volete essere spodestati
dal vertice della piramide, ragazzi?”
“Giuro che se avessi la mia bacchetta,
ti lancerei un AvadaKedavra”
annuncia Dominique, serrando gli occhi celesti verso Lorcan.
Sono tentata di passargliela, ma poi andrebbe ad Azkaban e non la potrei più
vedere.
“Mia cara Veela,
sarai anche coraggiosa per aver difeso l’onore della tua amichetta, ma i tuoi
atteggiamenti violenti mi ricordano molto gente come Voldemort” sorride Lorcan, e questa volta sono tentata di fargli io un AvadaKedavra. Si
scompiglia ad arte i capelli biondo sporco e, incapace di darsi un freno,
continua: “Dai, su, siete cugini! Sarà mai così difficile fare pace?”
“Sta’ zitto!” Roxanne,
improvvisamente apparsa accanto a me, si scatena. “Sul serio, Lorcan, sta’ zitto o giuro che parlo e dico tutto!”
Riuniti in un cerchio informe, siamo
tutti noi cugini – Lily, James, Albus, Dominique,
Louis, Fred, Roxanne, Lucy, Hugo, io –, i gemelli Scamandro e, nascosto un po’ più in là, sotto l’ombra di
una quercia, Malfoy. Roxanne,
sganciando la bomba, ha come dato il permesso a tutti gli altri di dare la
propria opinione.
Ed è con mia grande delusione, ma
assoluta certezza, che Hugo muove un passo verso Lily. “Smettila di farla
soffrire, Rose.”
Ognuno di loro si gira verso di me,
aspettando una risposta. Vorrei essere ragionevole e farlo riflettere, ma in
quel momento mi si annebbia la vista e, da perfetta Weasley,
divampo. “Non permetterti di dire cosa
devo o non devo fare! Sono tua sorella maggiore!”
Devo apparire sinceramente ridicola.
Hugo, il mio fratellino Grifondoro, indietreggia.
Sento la tristezza che sale e si riversa, sento di non sopportarlo più. Perché preferisce Lily? Da quando,
esattamente, la sua migliore amica è più importante di sua sorella? Gli ho
sempre regalato le mie Api Frizzole, l’ho aiutato ad
ambientarsi ad Hogwarts quando era solo un bambino,
gli ho dato ripetizioni di Pozioni quando mamma, in vista del suo primo
Scadente, era andata in escandescenze. E ora tutte queste sciocchezze
superficiali restano cosa sono sempre state: sciocchezze superficiali. Lucy, colpita dalla mia reazione,
mormora: “Forse ha ragione lui.”
Lucy e Hugo, cugina e fratello, contro di
me. E Lily, naturalmente. E James, Albus, Louis... Si
fa prima a contare chi sta dalla mia parte, piuttosto di chi non ci sta.
“Bene!” urlo, incapace di controllarmi.
“Ha ragione lui! Ha ragione Lily! Evviva! Sono una stronza traditrice che ha
fatto sesso con Malfoy! Non rivolgete la parola a
Rose La Puttana, mi raccomando! Ma sì, riuniamoci tra noi cugini, odiamola
insieme, chissà che capirà che ha sbagliato, che è una stronza…”
“Rose, basta” è Lysander
a poggiarmi una mano sul braccio, a tentare di calmarmi. Respiro a fondo. Mi
accorgo delle occhiate allibite che si scambiano alcuni, ma la maggior parte di
loro china lo sguardo a terra, abbattuto.
Lily, scioccata, fa segno al suo
ragazzo di raggiungerla. Malfoy, per tutta risposta,
scuote la testa e se ne va.
*
Non c’è niente di più umiliante che
l’essere pubblicamente e apertamente denigrata dalla tua stessa famiglia,
fratello minore compreso.
Non c’è niente di più umiliante che
ripensare agli anni in cui eri tu a dirigere i Potter-Weasley,
ad essere ammirata, rispettata come una leader.
Non c’è niente di più umiliante che
rendersi conto che oramai Lily ha preso il tuo posto e non c’è nulla che tu
possa fare per azzerare le cose.
E, soprattutto, non c’è niente di più
umiliante che realizzare di non conoscere più nessuno di loro veramente, a
partire da chi credevi essere il tuo migliore amico e alleato.
Guardo la bacchetta che stringo tra le
mie mani e si fa strada in me una constatazione sarcastica. La magia può risolvere tutto, così credono i
babbani. Forse potrei cancellare la memoria a
tutti loro, ma non penso servirebbe realmente a qualcosa – e, soprattutto,
lanciare un Oblivion a tutti è un’impresa impossibile.
“E così la regina è stata spodestata
dal trono.”
Scamandro mi fissa dall’alto,
in attesa che io sollevi la testa per degnarlo di qualche attenzione.
Sono seduta sul pavimento di un anonimo
corridoio di Hogwarts, la fronte schiacciata contro
le ginocchia, inghiottita dal mio turbinio di pensieri. Quando incrocio il suo
sguardo, mi sorprende constatare che non è curioso e soddisfatto come al
solito, ma quasi apprensivo.
“Perché non mi lasci in pace, Scamandro?”
Lui interpreta sconsideratamente la mia
domanda come un invito a restare, quindi si siede accanto a me, la schiena
addossata contro la parete. “Che vuoi farci? Ho sempre avuto un debole per le
persone vulnerabili e fallite.”
Mi volto di scatto, afferrandolo per il
colletto della camicia linda e stirata e portandomi a qualche millimetro di
distanza dal suo viso. “Io non sono come dici.” Sibilo. “Tu non mi conosci
affatto, non mi hai mai conosciuta. Sono sempre stata un passo avanti a te, Scamandro, e prima o poi scoprirò cos’hai in mente e ti distruggerò.”
“Perché ogni volta che ti incazzi con
me sembra che tu abbia una voglia matta di togliermi i vestiti, Rosie?” ribatte
lui, deformando la bocca in un riso sardonico.
Regalo un ultimo strattone al suo
colletto, facendo saltare un bottone della sua camicia, che finisce sul terreno
con un tonfo sordo. Poi ristabilisco la distanza di sicurezza, scansandomi con
disgusto. È così pieno di sé da fare schifo.
“Continua a sognare, Scamandro.”
Si morde il labbro inferiore e solleva
un angolo della bocca, imitando il sorriso sghembo di cui tutte le ragazze di Hogwarts sono innamorate. Io, per tutta risposta, mi alzo
in piedi intenta ad andarmene. Lui mi imita: misura il suo passo al mio, si
dispone al mio fianco, pronto a protrarre quella tortura.
“Che fai? La smetti di seguirmi?”
“Scusami tanto se sto andando a cena
come stai facendo tu.” Ribatte, sarcastico. “Spero di non dover assistere alla
sceneggiata patetica di stamattina. A che tavolo ti siederai oggi, ingenua
Rosie? Chi cercherai disperatamente di riavere dalla tua parte?”
“Sei un’insensibile” è tutto ciò che
esce dalla mia bocca, senza intenzione di insultarlo come sempre: ora, sono
semplicemente sincera. “Mi rendo conto che tu non sappia cosa vuol dire avere
degli amici, ma Albus mi manca. E sono cazzi miei se
cerco di riavere la sua amicizia. Anche a costo di sembrare patetica.”
Nei suoi occhi appare un barlume di
sorpresa, frettolosamente rimpiazzato dalla usuale ironia pungente: “Potter ti
muore dietro, Rosie… sta solo recitando. Ti facevo più sveglia, sai?”
“Che cosa significa?”
“Che sarai anche stata spodestata dal
trono, ma i servi di Lily non sono così fedeli come sembrano.” Enuncia,
enigmatico, facendomi l’occhiolino. “E ora perdonami, ma non vorrei che i miei
compagni mi vedessero favoreggiare per il nemico. A differenza tua, ho ancora
una reputazione, io.”
Dopo avermi superata, Lorcan raggiunge il suo posto accanto al gemello,
chinandosi per sussurrargli qualcosa all’orecchio.
Lancio un’occhiata a Lily e ai suoi
scagnozzi-cugini, con una domanda tacita a tormentarmi.
Chi è che non è così
fedele come sembra?
Chi è che sta
fingendo?
E, soprattutto,
perché?
Senza Dom a
farmi compagnia a tavola, mi sento ancora più smarrita e sola – è stata
trascinata nell’ufficio della McGrannitt d’urgenza:
per fortuna, non è stata beccata mentre tentava di ammazzare Lily, ma in camera
di un Tassorosso ad orari poco opportuni e
completamente senza vestiti. Non sono preoccupata per lei, dato che se la cava
sempre in queste occasioni.
Nessuno mi rivolge la parola, nemmeno
per pietà, e io mi sento sempre più imbarazzata ogni secondo che passa. Osservo
il cibo che ho sul piatto, scostandolo appena, e capto le conversazioni dei
miei compagni di Casa, tutti eccitatissimi per la partita. C’è chi si pregusta
la vittoria, chi è convinto che la faremo pagare ai Serpeverde,
chi sta già facendo i complimenti a James per quando afferrerà il Boccino… mi
rendo conto di quanto ciechi e ingenui siano loro tutti. Se prendessi parola,
risulterei l’unica nota stonante in quell’armonia di voci: l’unica che dubita
della nostra vittoria, l’unica ad aver notato quanto la nostra squadra sia sì
brava, ma non allo stesso livello dei Serpeverde – da
quando Nott ha preso in mano le redini della
situazione, diventando Capitano della squadra, si sono trasformati in avversari
imbattibili.
È per questo che, durante l’allenamento
notturno improvvisato dopo cena, mi sfinisco, spingendomi oltre i miei limiti.
Non posso permettere che la squadra perda alla partita di sabato, non posso
permettere di umiliarmi ulteriormente di fronte alla scuola, per quanto alcuni
potrebbero credere che ormai ci sono abituata.
Durante l’allenamento, cerco di
cancellare dalla mente tutti i bisbigli
di oggi, diventati sempre più spudorati: si mormora che io e Malfoy abbiamo una tresca amorosa, ora. Perlomeno, ho
smesso di essere l’unica colpevole, dato che le diffidenze si sono estese anche
nei confronti di Scorpius.
Anche se, a pensarci bene, le
diffidenze nei suoi confronti sono sempre state ben presenti e accese fin dal
Primo Anno. Malfoy non è certo Mr. Popolarità, anzi,
tutti lo etichettano come il Mangiamorte da evitare a
ogni costo. La verità è che la nostra generazione ha ereditato e perpetuato i
giudizi dei propri genitori, dividendo ancora una volta il mondo in brava gente
e Mangiamorte, identificati esclusivamente dal
cognome che avevano cucito addosso.
Per questo motivo, noi Potter-Weasley siamo stati posti sopra una sorta di altarino da
chiunque. Rappresentiamo l’emblema della “brava gente”, siamo il miracolo
vivente della salvezza.
Al contrario, chi, in guerra, si è
schierato nell’esercito avversario, ha generato dei figli su cui si
ripercuotono gli effetti collaterali.
Scaglio la Pluffa
con quanta più forza mi è possibile contro la porta, riuscendo a fare punto. Ho
il fiato corto, sono sudata e stremata, e ci vedo doppio. James, dal basso,
urla: “È arrivato il momento di una pausa, ragazzi!”
Accogliamo la sua concessione come un
miracolo divino e ci precipitiamo sul terreno per bere un po’ d’acqua e
riprenderci. Mi posiziono distante dagli altri, distesa sull’erba ancora
bagnata dalla pioggia di oggi pomeriggio, e cerco di riprendere fiato.
“Rose, tieni.”
Socchiudo gli occhi alla vista di un
James Potter che agita nella mia direzione uno dei suoi shake miracolosi, che
conserva con gelosia e non regala mai a nessuno – sono frutto dei suoi attenti
miscugli di Pozioni, creati di nascosto durante le lezioni.
“Grazie” dico, afferrandolo e fingendo
di non essere stranita. Trangugio la bevanda amara sperando mi passi la
tachicardia. Dopo un paio di sorsi, per fortuna, inizio a sentirmi meglio.
Mio cugino ha lo sguardo distante, come
per chiarire che quel suo gesto gentile non significa nulla, che non devo
illudermi. Lo osservo di sfuggita, i muscoli in tensione e la mascella
contratta, neanche l’ombra del solito sorriso a colorargli il volto. “Sei stata
brava anche stasera, ma non devi sforzarti troppo.”
Mi pizzicano gli occhi e devo girarmi
dall’altra parte, per evitare che mi veda in questo stato. Nonostante tutto
quello che è successo, è il solito, premuroso James. È innegabile, tuttavia,
che qualcosa è cambiato e che il nostro rapporto si è rotto, forse per sempre.
È raro che James lasci avvicinare
qualcuno, solo pochi sono riusciti ad abbattere le forti mura che si è
costruito attorno al cuore, e pensare che un giorno ero una di questi, mentre
ora non so neanche cosa stia provando, mi distrugge.
Dove prima c’era fraternità, scherzi,
giochi, complicità, ora c’è solo freddezza.
Punto lo sguardo verso il cielo
puntellato di stelle e, prima che possa impedirlo, esclamo con voce da bambina:
“James, guarda!”
Finalmente, sorride. Un sorriso che gli
prende gli occhi caramello bruciato e lo allontana, per qualche attimo, dalla
cruda realtà. “Cassiopea.”
La vista della costellazione mi riporta
a tutte quelle innumerevoli serate estive trascorse con James, stesi sul tetto
della Tana a osservare il cielo e a declamare quali fossero le stelle più belle
– e avevamo concordato, insieme, che Cassiopea era la nostra preferita. Anche
durante l’anno a Hogwarts, per organizzare scherzi
spesso ci incontravamo alla Torre di Astronomia, soffermandoci spesso a
discutere sulla volta celeste.
Ci accomunava la passione per le
stelle, passione che nessun’altro in famiglia aveva così accesa.
Adesso, forse, è l’unica cosa a tenerci
flebilmente uniti. Mezzo secondo dopo, tuttavia, il sorriso di James è
cancellato e sostituito da un’espressione dura: “È ora di tornare a giocare.”
L’ho perso veramente.
Li ho persi tutti.
Note
dell’autrice
Per favore, non ditemi che sono l’unica ad adorare
infinitamente la nostra e aggressiva Domi!
Che ne pensate dello scambio di battute tra Lorcan e Rose? E soprattutto, perché lui si ostina a
torturarla?
The Moon’s an arrantthief, and her pale fireshesnatches
from the sun
Ogni tragedia che si rispetti prevede
il coinvolgimento di morti e tentati omicidi.
Fino a quel momento, allora, la mia non
era stata una vera tragedia.
Fino a quel momento, per l’appunto.
*
Sabato mattina arriva puntuale come la
morte, tirandomi giù dal letto dopo una nottata insonne. Lo spogliatoio è
stranamente silenzioso, come se la paura di perdere avesse aspettato l’ultimo
minuto per colpire, e tra i Grifondoro non si odono
più le grida vittoriose che hanno popolato ogni luogo i giorni scorsi.
Continuo a torcermi le mani e andare
avanti e indietro, il volto una maschera di terrore e il cuore un tamburo
impazzito. Vedere che io, sempre tranquilla prima di una partita, mi sto
agitando, dà l’autorizzazione ai miei compagni di perdere il controllo – c’è
chi si strappa i capelli, chi si tortura le unghie, chi fissa il vuoto, e chi,
come me, non riesce a starsene fermo.
Mi pento di tutte quelle volte in cui
ho preso in giro e persino detestato chi definiva questa partita quella del
secolo.
Mi colpisce la realtà vividamente
concreta della situazione, e quanto dal punteggio finale dipenderà la mia
sorte.
In quel silenzio tombale, l’unico a
mantenere la parlantina vivace e l’orgoglio fiero è James, che ci ricorda di
essere guerrieri valorosi. “Lily e Fred: mirate a Flitt
e Scamandro e metteteli k.o. Canon, non devi
assolutamente avere paura della Pluffa! Devi pararla
come se ne andasse della tua stessa vita, intesi?! Cacciatori: se osate farvi
rubare quella cazzo di Pluffa, vi caccio dalla
squadra. Avete capito?!”
Annuiamo fermamente e, come
d’abitudine, esclamiamo: “Sissignore!”
“E adesso rispondete alla mia domanda:
qual è il nostro obiettivo di oggi?”
Urliamo in coro: “Stracciare quei figli
di puttana!”
James gonfia il petto di orgoglio,
annuendo convinto e ammirando la squadra eretta di fronte a lui. In qualche
modo, riesce sempre a stemprare il nostro nervosismo e a caricarci di energia.
Usciti dallo spogliatoio, ci accoglie
una folla in tripudio: i Grifondoro stanno facendo la
ola e dando il via a una serie di cori d’incoraggiamento. Gli spalti dei Serpeverde, invece, sono capitaneggiati da una combriccola
di pseudo-cheerleader di terza categoria che, alla Babbana,
indossano pompon e gonnelline inguinali.
Tutti i ragazzi esultano e schiamazzano
e si lanciano in urla tumultuose, sollevandosi in piedi e saltando
allegramente, Corvonero e Tassorosso
compresi.
Prima di innalzarci in volo, passiamo
accanto alla squadra avversaria, che ci studia in cagnesco. Faccio per
oltrepassare Malfoy, che mi sibila all’orecchio con
voce strascicata: “Paura, Weasley?”.
“Paura, io?” ribatto con un sorriso
storto. “Non mi chiamo mica ScorpiusMalfoy.”
Lily Potter non si perde un secondo di
quella scena e mi lancia uno sguardo truce. James, avvicinatosi, mi posa una
mano sulla spalla: “Rose, se la situazione si mette male, sentiti libera di
fare quella mossa.”
Scioccata, indietreggio quasi. Da
quando James è tornato a essere così amichevole? Evidentemente, non può
permettere che la nostra amicizia incrinata comprometta la partita – e
soprattutto deve essersi reso conto che siamo in difficoltà. Faccio un cenno di
assenso e un pollice in su per rassicurarlo, evitando di pensare a come la
scorsa partita mi avesse fatta salire sulle sue spalle prima di iniziare.
La mossa a cui allude James è
semplicemente una tecnica che ho appreso, o meglio, inventato io, per rubare la Pluffa alla
squadra avversaria. Tecnica un po’ difficile da mettere in pratica, ma se usata
in grado di regalarci potenzialmente un forte vantaggio.
I due Capitani si stringono la mano
prima di raggiungere le proprie rispettive postazioni.
Un fischio acuto fende l’aria e,
d’improvviso, la partita inizia sotto uno scrosciante applauso.
Anche questa volta, la telecronaca è
gestita da Jackson, Grifondoro perennemente parziale,
conosciuto per la sua passione per i pettegolezzi falsi. Oggi è persino più
allegro del solito: “A dieci secondi dall’inizio della partita, i Grifondoro mi sembrano belli carichi, aggettivo che non
posso riservare anche ai Serpeverde. Comunque, Weasley conquista la Pluffa e la
passa a Weasley, l’altro, intendo, che la ripassa a Weasley e… ma quanti Weasley ci
sono in campo?! Ah, i preservativi, questi sconosciuti!”
Jackson interrompe per un attimo il suo
sproloquio, cercando di calmare la McGrannitt, che
minaccia puntualmente di sottrargli l’incarico di telecronista. La Pluffa ci viene sottratta da Rosier,
che mira agli anelli con un sorrisetto soddisfatto – sorrisetto subito
cancellato dall’abilità del piccolo Canon, che la para con destrezza, per la
prima volta senza smorfie di terrore a deformargli il volto.
Si elevano delle urla dai Grifondoro, Jackson compreso. “Vai così, fratello! Ancora
una volta, il nostro Rosier viene sconfitto… be’, con
il cognome che si ritrova, dovrebbe esserci abituato!” L’allusione alla guerra
magica e al fatto di essere figlio di un ex Mangiamorte
non piace particolarmente alla McGrannitt, che
assottiglia gli occhi e sibila qualche frase minacciosa a Jackson. Tutti gli
studenti, Serpeverde esclusi, si fanno delle grosse
risate, mentre Jackson, fregandosene della preside, continua imperterrito: “La Pluffa torna in mano a Weasley.
Rose Weasley, dico. Passa pericolosamente vicino a ScorpiusMalfoy… che riesce a
sottrargliela! Ma come! Io, se fossi
in lei, mi darei allo sciopero del sesso. Così impari, Malfoy!”
Strabuzzo gli occhi, sconvolta non
tanto dalle parole di Jackson, quanto dal fatto che quello stronzo ha osato
rubarmi la Pluffa. Lo raggiungo a qualche metro dagli
anelli e metto in pratica la mossa,
con tutta l’intenzione di far valere il mio onore e di non farmi fregare
proprio da lui: afferro saldamente il manico della
scopa con la mano sinistra, mi giro su me stessa, e gli sottraggo la Pluffa un secondo prima che raggiunga l’area del punteggio.
“Credevi di averla vinta, Malfoy?”
Faccio in tempo a lanciare un’occhiata
al suo volto contratto in un’espressione affaticata e incazzata, prima di
squilibrarmi pericolosamente verso destra: un Bolide si è appena lanciato con
tutta la violenza possibile a qualche millimetro della mia testa. Passo la Pluffa a Dominique e guardo storto Lorcan,
il Battitore dei Serpeverde, sicura che lo scherzetto
sia opera sua.
Ma le parole di Jackson mi comunicano
che non è così.
“Ahi ahi,
ragazzi miei! Sembra proprio che Lily Potter, la Battitrice Grifondoro,
abbia casualmente sbagliato mira!”
Sgrano gli occhi, incapace di afferrare
completamente ciò che ha detto il telecronista. Dominique, a qualche metro da
me, mi sta urlando contro e capisco che devo restare concentrata: riafferro la Pluffa e mi dirigo a tutta velocità nell’area del punteggio
avversaria.
Ovviamente, a ScorpiusMalfoy non dev’essere andata giù l’umiliazione di
poco fa, dato che mi sta rincorrendo come un forsennato.
“Malfoy,
andiamo, è inutile provarci. Ti stai rendendo ridicolo.”
“Ne sei così sicura, Weasley?”
Fa uno scatto verso di me e io mi
sollevo di qualche metro per evitarlo. Nel frattempo, Jackson non sta più nella
pelle: “Cosa succede qui?! Signore e signori, sembra esserci una vera e propria
litigata di coppia sul campo! Coppia clandestina,
ci terrei a sottolineare. Rose, Malfoy, un consiglio
per il futuro: lasciate i sentimenti in camera da letto!”
Qualcuno grida a Jackson di piantarla, mentre
nella mia mente si affollano una serie spropositata di insulti e offese rivolte
a quel pagliaccio. Prima che Malfoy possa fare
qualsiasi cosa, incrocio Baston e gli passo la Pluffa.
Mezz’ora dopo, siamo cinquanta pari.
Quando lancio uno sguardo veloce verso il basso, vedo James agitarsi perché del
Boccino sembra non esserci nemmeno l’ombra. Roxy è
pronta all’attacco, gli occhi stretti a fessura e un ghigno malefico sulle
labbra.
“Malfoy passa
a Rosier… Rosier passa a
Potter… Potter passa a Zabini… evvai!
Baston conquista la Pluffa!
Svelto, la passa a Dominique Weasley, che intercetta
Rose Weasley, che va in picchiata verso Nott! Vedi di fare punto, sorella!”
Assottiglio gli occhi per capire da che
parte è pronto a sbilanciarsi Nott, se destra o
sinistra. Il portiere Serpeverde non tradisce alcuna
emozione. All’improvviso, Jackson esclama: “RoxanneWeasley ha avvistato il Boccino!”
Mi mordo il labbro inferiore e scaglio
la Pluffa, con la certezza di guadagnare punti alla
mia squadra.
Ma non saprò mai se la mia Pluffa è entrata nell’anello.
Non lo saprò mai perché, a un certo
punto, sento un dolore lancinante sulla scapola sinistra, un dolore che si
propaga fino alla testa, procurandomi un formicolio acuto in tutto il corpo.
Dopodiché, tutto ciò che riesco a
vedere è il buio più totale.
*
“Quella stronza la pagherà. Lo giuro
sulla mia vita.”
“Ssst,
Dominique!”
“Non posso perdere la mia migliore
amica. Non penso di essere pronto. Qualcuno mi passi un fazzoletto, diamine!”
“Non dà segni di vita. Non dà segni di
vita!”
“È tutta colpa vostra! Io ve lo dico,
avete la responsabilità di quanto successo. Tutti voi, dal primo all’ultimo. Se
me la lasciavate Cruciare quando era il momento, magari adesso non saremmo
qui!”
“Non ti sembra di esagerare?”
“Sono in lutto. Dovrò organizzare il
funerale di mia cugina. Non mi sembra proprio di stare esagerando, nossignore.”
Sento un miliardo di voci rincorrersi,
tutte ovattate, come se provenissero da un’altra dimensione. Ho la vista
appannata e sento una fitta che preme sulle tempie. Non riesco a muovermi, né a
parlare, né a pensare. Forse sono finita in coma.
“Ommioddio!
Avete visto anche voi?!”
“Infermiera! Infermiera! Ha sbattuto le
palpebre!”
Essere in coma è più bello di quanto
pensassi: mi sembra di galleggiare sulla superficie di un lago caldo, di
allungare il corpo a piacimento, di ammirare un cielo rosa…
D’improvviso, la superficie acquatica
si trasforma in un letto scomodo. Mugugno, contrariata, aprendo gli occhi
lentamente.
“State indietro! State indietro, ho
detto!”
La prima faccia che distinguo è quella
di Dominique, che ha le guance rigate di mascara e gli occhi rossissimi. La
seconda è quella di Lysander, che si sta asciugando
le lacrime con un fazzoletto. Ai piedi del letto, ci sono James e Albus, entrambi visibilmente angosciati.
Tossisco e appoggio le mani sul
materasso duro, cercando di sollevarmi. Devo rinunciare al primo tentativo,
perché la stanza inizia a girare pericolosamente, come se fossi a bordo di una
giostra. “Cos’è successo?” tento di esclamare, ma la mia voce esce flebile.
Percepisco un fastidio al braccio e
vedo l’infermiera trafficare con una flebo e sistemarmi l’ago.
“Cos’è successo?” ripeto, più forte, ma
nessuno sembra avere l’intenzione di raccontarmelo: guardano altrove, a disagio.
L’infermiera si schiarisce la voce e mi
accarezza i capelli: “Tranquilla, Rose, non è niente di preoccupante. Sei stata
vittima di un incidente durante la partita e sei svenuta. I tuoi ricordi
potrebbero essere stati alterati, ma nel giro di cinque minuti, quando la flebo
farà effetto, sarai completamente guarita e potrai tornare nella tua stanza.”
“Vittima di un incidente…?” biascico.
La porta dell’infermeria inizia a
muoversi pericolosamente, sotto il tonfo assordante di successivi colpi.
L’infermiera alza gli occhi al cielo,
mentre da dietro alla porta si odono delle voci distanti: “Anche noi siamo
amici di Rose! Abbiamo tutto il diritto di entrare!”
Aggrotto le sopracciglia e, non appena
l’infermiera si allontana infastidita, cerco di ricostruire gli eventi che
hanno preceduto la mia perdita dei sensi. Ricordo solo, vagamente, che qualcosa
mi ha colpito alla scapola… un Bolide, forse? E perché diavolo sono svenuta?
“Devo sapere quello che è successo”
sentenzio. Mi giro verso Dom, dai cui occhi continuano
a sgorgare lacrime. Lei, per tutta risposta, si scaglia contro di me e mi
stringe fortissimo, gettandomi addosso i suoi capelli di seta: “Oh, Ro, credevo
di averti persa!”
“E chi cazzo sta battendo alla porta?”
aggiungo, turbata dai colpi continui che minacciano di buttare giù l’intero
edificio.
A rispondere, contrariamente alle mie
aspettative, è Albus. “Lorcan,
Scorpius, Fred, Roxanne… mi
sembrava di aver visto anche tuo fratello, Hugo… e Louis. Sì, be’, loro, ecco.”
Alzo un sopracciglio, indecisa per
quale dei nomi dell’elenco essere più scioccata. “E perché sono fuori?”
Lysander, che non è riuscito
nell’impresa di pulirsi tutte le lacrime, singhiozza: “Pensavamo che avresti
voluto al tuo capezzale gli amici più stretti. Volevamo esaudire il tuo ultimo
desiderio prima della morte.”
“Prima della morte?!”
La situazione è tragicomica. Continuo a
non capire niente, a vederci appannato, a distinguere appena la stanza in cui
mi trovo, e non sono così sicura del motivo per cui Albus
e James rientrano nella categoria degli amici più stretti.
Continuano a non volere incrociare il
mio sguardo e sono troppo affaticata per trovare le forze di sbraitare, così
faccio una domanda che non riguarda l’incidente, o almeno apparentemente:
“Perché cazzo Malfoy, tra tutti, vorrebbe vedermi?
Per provare la soddisfazione di trovarmi in questo stato, forse?”
Inizio a pensare che non riceverò mai
risposta, quando noto uno scambio di sguardi complici tra Lysander
e Albus, che sorridono con malizia, sul punto di dire
o fare qualcosa. Poi, all’unisono, con aria trasognante, esclamano: “È stato
lui a salvarti!”
In questo momento, non so se mi
sconvolga di più il fatto che Albus sia bipolare, il
fatto che mi stia parlando, il fatto che sia lui che Lysander
sembrino tifare per un’assurda e improbabile relazione tra me e Scorpius, o il fatto stesso che si inventino cazzate, tipo
che Malfoy mi ha salvato. Lui, salvarmi?! Se fossi
coinvolta in un incendio e avesse dell’acqua, la berrebbe.
“Mi sono stancata delle vostre cazzate.
Se non avete intenzione di dirmi cos’è successo, potete pure andarvene. Anzi, dovete andarvene.”
“E va bene!” cede Dominique. “Lo
verresti a scoprire comunque, tanto vale che te lo diciamo noi.”
“Dominique! Che ne è della nostra
promessa?!”
“Fanculo le vostre promesse del cazzo.
Le promesse fatte con i traditori non contano, e vorrei ribadire che non
approvo la vostra presenza in questa stanza, fratelli Potter. Ma tant’è.”
Scoppio a ridere, perché la rabbia
familiare di Domi, arricchita di parolacce, è una delle cose che amo di più al
mondo, soprattutto quando è volta a difendermi. Sotto gli sguardi sconcertati
degli altri, lei mi fornisce, finalmente, una spiegazione: “Ti ricordi quando
stavi per tirare la Pluffa, no?”
Annuisco. “Sì, fino a lì mi ricordo.”
Lei sospira. “Quella pute casse coullies
di Lily Potter, con la quale evidentemente zio Harry e zia Ginny
non hanno fatto un gran lavoro, ha osato… osato…
lanciarti un Bolide addosso! Non so perché tu non te ne sia accorta, forse eri
troppo concentrata a fare punto, quindi è riuscita a colpirti. E, poi, non paga
di ciò, la saloppe
ti ha Schiantato. Per questo sei svenuta e caduta dalla scopa.”
Le informazioni snocciolate da mia
cugina sono troppo per il mio cervello affaticato. Sbatto gli occhi una, due,
tre volte, senza collegare. Come se la mia mente si rifiutasse di accettare per
vero quanto ha detto. Schiudo le labbra, ma mi rendo conto di aver perso le
parole per commentare. Da quando, esattamente, Lily è diventata così violenta?
Ho baciato il suo ragazzo, Cristo! Ho sicuramente sbagliato, sono una
traditrice, ma non penso di meritare di finire in infermeria per questo.
“E adesso arriva la parte più bella!” Lysander non riesce a contenere l’eccitazione. “Mentre
stavi cadendo, un certo principe azzurro
è accorso per salvarti, afferrandoti prima che tu ti schiantassi sul terreno.
Che eroe!”
“Chi è stato?”
“ScorpiusMalfoy, cara mia!”
ScorpiusMalfoy?
Devo aver capito male. O forse sono davvero in coma e questo è tutto un sogno.
Probabile. Sono sicura che Malfoy, se avesse
l’opportunità di lasciarmi morire, la coglierebbe con piacere. O, almeno, non
interverrebbe affinché non succeda.
Mi fissano tutti in trepidante attesa.
L’unica cosa che esce dalla mia bocca, però, è: “Chi ha vinto la partita?”.
James si lascia sfuggire un mezzo
sorriso, indirizzato alla mia preoccupazione circa il Quidditch.
“Sono riuscito ad afferrare il Boccino, ma è successo un gran casino. Dopo che
mia sorella ha tentato di ammazzarti, be’, la gente si è buttata in mezzo al
campo… c’è stata una bella confusione… la McGrannitt
urlava… e ha deciso di annullare la partita, ecco.”
“Ma non è giusto!” esclamo,
improvvisamente rinvigorita e agitatissima. “Le regole dicono chiaramente che
chi riesce a prendere il Boccino…”
James mi interrompe. “Rose, non
importa. Chissenefrega della partita, sinceramente.”
Restiamo tutti ammutoliti. Cosa diavolo
succede a James Sirius Potter? Si è beccato un Bolide
in testa anche lui?
Lo guardiamo sconvolti e lui si gratta
la nuca, imbarazzato, cercando di spiegarsi: “Sì, cioè, amo il Quidditch… però la salute di Rose è più importante, ecco.”
“James Sirius
Potter ha un cuore! E chi l’avrebbe mai detto!” enuncia, velenosa e per niente
contenta, Dominique. “Comunque, siamo nei guai seri…”
“Perché?”
La porta dell’infermeria si spalanca
con un gran trambusto, impedendo a Domi di rispondermi. Ero sicura che si
sarebbero materializzate ai miei occhi le figure che Al, prima, aveva nominato,
ma alla vista della persona che irrompe nella stanza mi sento rabbrividire.
La Preside McGrannitt
ha due occhi di fuoco, le braccia conserte, e l’aria di chi ne ha davvero
abbastanza. Un Dissennatore avrebbe generato in noi
meno paura. “Signorina Weasley, vedo che si è
svegliata, finalmente!” sibila, con il tono di una che avrebbe preferito
vedermi morta, credo. “Bene bene, ora che siete tutti nella facoltà di
comprendonio, vedete di filare nel mio ufficio.”
“Tutti?” domanda Albus,
speranzoso.
“Tutti,
signor Potter.” Pronuncia queste parole con profondo disprezzo.
Oh, merda. Non è di certo la prima
volta che facciamo incazzare la McGrannitt, anzi, a
dire la verità siamo frequentatori abituali del suo ufficio – soprattutto James
–, ma mai, in sei anni in questa Scuola, l’avevo vista così turbata e delusa
dal nostro comportamento.
Ma cosa abbiamo fatto, poi?!
Per una volta che nessuno di noi
c’entra niente, dobbiamo finire tutti in ufficio?!
Oddio, sento che questa è la volta
buona che ci espellono tutti. Non oso immaginare cosa dirà mia madre.
Cinque minuti dopo, mi ritrovo
nell’ufficio della Preside seduta su una sedia a rotelle, con la flebo ancora
attaccata al braccio. Non pensavo che l’ufficio potesse ospitare così tante
persone in una volta sola: oltre a me, ci sono Albus,
James, Dominique, Lysander, Lorcan,
Lily e… Malfoy.
Non appena ho varcato la soglia, ho fissato con occhi astiosi la piccola
Potter, che mi ha restituito lo sguardo velenoso aggrappandosi a Scorpius – con mio sommo compiacimento, però, lui si è
scansato, andandosi a sedere dalla parte opposta.
Nella mia mente sto già elaborando un
piano per quando mi avranno cacciato da Hogwarts. Sto
persino considerando l’opzione di convertirmi al Lato Oscuro o qualcosa del
genere per guadagnare qualche soldo. Non sarebbe così male, no?
La McGrannitt
barra Dissennatore continua a fissarci, torva, da
dietro i suoi occhiali. Non dice assolutamente niente, il che è ancora peggio.
Inspira pesantemente e, dopo una manciata di secondi terrificanti, sembra
ritrovare la voce. “Mai, in anni e anni di carriera, mi è capitata una cosa
simile.”
Inizio a studiare i lacci delle mie
scarpe, improvvisamente molto interessanti.
“Non sapete quante volte ho meditato di
ritirarmi da quando voi ragazzi siete arrivati a Hogwarts.”
La sua confessione genera uno
sprofondamento del mio cuore nello stomaco. Ogni sua parola misurata trasuda
delusione.
“Quanto avvenuto mi conferma una volta
ancora che nessuno di voi, qui, conosce cosa sia il rispetto. Non mi riferisco al semplice rispetto delle regole,
ragazzi, ma anche al rispetto per il prossimo: per la famiglia, per gli amici,
per le persone che hanno un’autorità su di voi, me compresa.”
Mi sento proprio uno schifo. Vorrei
essere altrove. Ovunque, ma non qui.
“So quanto detestiate i paragoni con i
vostri genitori, e preferirei non farne uno. Però lasciatemi dire che, per
quante volte abbiano sorpassato anche loro il limite, non hanno mai osato usare
la violenza e la prepotenza contro nessuno.”
La McGrannitt
mi odia. Sono passata da studentessa preferita, che la passava sempre liscia, a
studentessa prossima all’espulsione.
“Sono settimane che vi comportate anche
peggio del solito, ma oggi… oggi ho assistito a qualcosa di inconcepibile. Inconcepibile! Neanche vostro nonno,
James Potter, era mai arrivato a tanto. Non mi era mai capitato di dover sospendere una partita di Quidditch
per colpa di una sorta di duello in volo, che ha tra l’altro prodotto un ferito
grave.”
La Preside resta zitta e qualcosa
dentro di me mi dice che non ha intenzione di proseguire oltre. Allora alzo la
mano, cercando di farmi coraggio. Gli altri pensano sicuramente che io sia
pazza – me lo conferma lo strattone di Dominique. La McGrannitt,
tuttavia, mi fa un cenno e io prendo parola. “Sono la prima a essere
mortificata per quanto successo, ma non posso fare a meno di notare la profonda
ingiustizia che si sta perpetrando nei confronti di alcuni di noi. Non ho la
benché minima intenzione di mancarle di rispetto, signora Preside, ma sono qui
per difendere i miei diritti, in quanto vittima di un pesante bullismo.”
Un bagliore, che non riesco a
interpretare, attraversa lo sguardo della Preside. “Lo so, Rose.” Addolcisce
appena la voce, facendomi sentire un po’ meglio. “Però, in un modo o
nell’altro, siete coinvolti tutti.”
“E in che modo, signora Preside?” dice Malfoy, che non ho ancora avuto il coraggio di guardare in
faccia. Nonostante sia uno studente brillante, non è mai stato uno dei
preferiti della McGrannitt, probabilmente per il
cognome che si ritrova. Tuttavia, in questo momento, lei sembra apprezzare il
suo intervento pacato, in quanto afferma: “Signor Malfoy,
mi dia il tempo di spiegarmi. Lei ha compiuto un gesto molto nobile, aiutando e
salvando la sua compagna, non c’è dubbio. Eppure, mi sembra che lei e la
signorina Weasley non abbiate fatto altro che
litigare per tutta la durata della partita, entrambi molto lontani dal concetto
di pace e armonia tra Case che è uno dei principi alla base di Hogwarts.”
“Scusi se la interrompo,” Dominique,
inviperita, prende parola. “Ma qui fra noi abbiamo una bulla, un’assassina, una
sfasciatrice di famiglie, una… insomma, penso abbia afferrato il concetto. E
lei pensa a rimproverare noialtri? Rose e Scorpius
non si sono mai stati simpatici, come non si sono mai stati simpatici zio Ron e Draco. Sono finiti dal
preside anche loro, per caso?”
In qualche modo, l’intervento di
Dominique fa sfuggire un sorriso misterioso alla McGrannitt,
che si cancella puntualmente dal volto. Per qualche motivo, ha sempre adorato
Domi, nonostante ne combini di tutti i colori, quindi non la critica per l’atteggiamento
supponente. “Assassina mi sembra una parola esagerata, Dominique. Comunque, per
rassicurarla, posso dirle che io e Lily ci siamo già fatte una bella
chiacchierata. È stata espulsa dalla squadra di Quidditch
e ci siamo accordate, in privato, sul modo in cui dovrà scontare la propria
punizione.”
“Espulsa?!” esordisce James,
immergendosi la faccia tra le mani. “Oddio, Minerva, non puoi farmi questo!
Come la trovo un’altra Battitrice? Lo sai anche tu che i Serpeverde…”
“Signor Potter!” lei diventa di tutti i
colori, furiosa. “Per lei sarò sempre e solamente la Preside McGrannitt, e mi deve dare del lei! Quante volte glielo
devo ricordare?!”
Premo le labbra l’una contro l’altra
per impedirmi di ridere. La spontaneità spiritosa di James avrà sempre questo
effetto: risate a crepapelle per me, ramanzine e rimproveri per la McGrannitt.
Un’altra voce strascicata si fa strada
nella folla, colui che è macchiato di più colpe di qualsiasi altro. “Potrei
gentilmente sapere cosa ci facciamo io e il mio gemello, qui?”
La McGrannitt
lo fulmina con lo sguardo, dopo essersi sistemata gli occhiali sul naso. “Bene,
vedo che non avete ancora afferrato la gravità della situazione. Evidentemente,
signor Scamandro, lei pensa che io sia stupida.
Eppure, l’ho vista confabulare più volte con la signorina Potter, nonché
litigare con la signorina Weasley. Questi due indizi
mi bastano come prove per ritenere anche lei colpevole. Lysander,
invece, non doveva essere presente, ma mi ha pregato di assistere e l’ho
accontentato.”
Lorcan incassa il colpo.
Per la prima volta, mi sembra a disagio. Sussurra appena, distante: “Io non
accetterei mai che si facesse del male fisico a Rose.”
Alzo gli occhi al cielo. Che bugiardo patentato, falso schifoso. Qualcosa
mi suggerisce che sia stato lui a dire a Lily di colpirmi… anche se,
effettivamente, è così malvagia che l’idea può esserle benissimo venuta da
sola.
La McGrannitt
appare visibilmente stanca di tutti noi, e vogliosa di giungere a una
conclusione. “Tutti i presenti sono colpevoli di qualcosa. Le vostre colpe sono
certamente di gravità diversa, ma a mio parere meritate tutti una punizione. Ho
meditato a lungo sul fatto di scrivere o meno ai vostri genitori…”
Oh, no, per Merlino, no!
“Ma sono dell’opinione che, nonostante
tutto, siate abbastanza maturi da prendervi le vostre responsabilità e riuscire
a risolvere le cose da soli. È per questo che vi do il tempo e il modo di
chiarirvi entro l’inizio delle vacanze di Natale, qualsiasi cosa sia successa
tra di voi.”
I lacci delle mie scarpe tornano a
essere interessanti.
“Adesso, per quanto concerne le
punizioni…” enuncia con fare calmo. “Rose e Scorpius,
pulirete insieme la Guferia, ogni sera, per una
settimana.”
Che cosa?!
Non solo mi è capitata la parte più
lurida di Hogwarts, dovrò anche passare del tempo con
Malfoy!
E, in tutto questo, io sono la vittima!
Tuttavia, non ho coraggio di proferire
parola. Sia io, sia Malfoy annuiamo.
“James, Lorcan.
Dopo le lezioni, vi fermerete in biblioteca a dare una mano, sistemare i libri,
consegnarli agli studenti, eccetera. Per una settimana, anche voi.”
James sbuffa rumorosamente,
contrariato. Non sono nemmeno sicura che sappia leggere.
“Lily, tu sai già cosa dovrai fare
nell’Aula di Difesa Contro le Arti Oscure, giusto?”
“Sissignora” afferma lei con aria
svogliata. Mi prudono le mani.
“Dominique, Albus:
a voi tocca il Bagno del Primo Piano.”
“Quello di Mirtilla Malcontenta?!”
strilla la mia amica, terrorizzata.
Una cosa è certa. Le punizioni della McGrannitt ci renderanno la prossima settimana un inferno.
Note dell’autrice
Ormai credo sia
ufficialmente noto a tutti che provo un odio sfrenato nei confronti della
piccola Potter.
Il suo tentare di
ammazzare Rose, però, avrà forse qualche effetto positivo…