L'erede del tempo

di Volerofinoatoccareilcielo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


*Attenzione*
Prima di iniziare farvi continuare con la lettura volevo dire due cosucce:
1) grazie per aver iniziato a leggere questa storia, sto lavorando da un po' ed è bello mostrare a tutti voi i frutti del mio lavoro
2) anche se in questa storia ci saranno nuovi personaggi, non preoccupatevi, alla fine di tutto ritroveremo i nostri eroi come li ha lasciati Rick ne "Il sangue dell'Olimpo", senza cose extra.
Detto questo vi lascio alla lettura.

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Stavano correndo a perdi fiato in quella foresta che non conosceva fine. Erano giorni che stavano cercando di allontanarsi il più possibile per salvarli, ma non era ancora abbastanza
-Amy, corri, sono dietro di noi...- disse il ragazzo con il fiatone, mentre sia lui che la ragazza aumentavano sempre di più la velocità. 
Amy era la classica ragazza che ti lasciava a bocca aperta ed aveva qualcosa di interessante che ti spingeva a conoscerla meglio. I suoi capelli neri arrivavano fino alle spalle e la sua pelle era bronzea, come se fosse perennemente abbronzata. Aveva un sorriso di quelli che ti facevano sognare, uno di quelli che ti può rallegrare la giornata, uno di quei sorrisi che faresti di tutto per non spegnere. Molti la ammiravano per i suoi occhi verde speranza, dentro quei occhi ci si perdeva, era una ragazza calma e tranquilla, non si arrabbiava per nulla, era indifferente a molte persone ma non era scorbutica o acida. Non avrebbe rischiato la vita per nessuno, tranne che per pochi ragazzi che erano diventati la sua famiglia dopo che quella sua naturale l’aveva abbandonata. Era anche molto atletica e sveglia, la sua arma preferita era l’arco, ma se la cavava bene anche con la spada.
Il ragazzo, invece, si chiamava Andreas e sembrava il fratello della ragazza, ma solo nell’aspetto, in realtà erano legati da un sentimento più profondo di quello tra due fratelli. Era il tipico ragazzo che tutti descriverebbero sbruffone: sfrontato, arrogante e assolutamente infantile... Con i suoi lineamenti fieri e i capelli a spazzola dava l’impressione di uno molto sicuro di sé e delle proprie capacità. La carnagione era abbronzata come quella della ragazza e metteva in risalto i suoi occhi verdi; quel verde intenso macchiato da pagliuzze dorate che ricordavano le chiome bagnate dalla luce del sole.  I capelli neri e a spazzola, quel viso così accattivante, eppure quelle labbra perfette, che volevano essere baciate da molte ragazze e che raramente si incurvavano in un sorriso. Poche persone erano riuscite a conquistargli il cuore, ed erano le uniche per cui Andreas sarebbe morto o avrebbe ucciso. La sua arma era una falce che si trasformava in una spada al comando del ragazzo, ma si portava sempre dietro un pugnale che aveva dentro la scarpa, in caso di emergenza e soprattutto perché la falce era un pochino ingombrante e molto visibile.
Entrambi i ragazzi avevano una collanina di metallo con 3 piastrine, come quelle dei militari, una di quelle era molto rovinata, mentre l’altra era di un colore particolare: quella del ragazzo era di un nero pece e quella della ragazza era di un blu molto scuro. La prima piastrina quella rovinata aveva scritto su di essa i nomi dei due ragazzi e una data abbastanza recente, entrambi avevano la stessa data segnata, ma scritta con caratteri diversi. La seconda piastrina invece era sempre di un grigio metallico, ma non era rovinata come la prima, su entrambi i ragazzi c’era scritta una parola in greco antico “εὐδαιμονία”, si pronuncia eudaimonia e significa “ricerca costante della felicità”. L’ultima piastrina era quella che i ragazzi avevano differente, o per meglio dire il colore era differente, Andreas ce l’aveva nera, mentre Amy ce l’aveva blu, la piastrina era lucida e con niente scritto sopra. Anche se si poteva percepire che quella era la più importante tra tutti, e quella che emanava un potente potere magico.
-Prova ad utilizzarli...- provò a dire con affanno Amy. Ma Andreas non ebbe il tempo di fare nulla che da dietro un albero apparve la testa di un mostro ed entrambi bruscamente cambiarono rotta. Cercarono di scappare più lontano possibile. Ma era tardi erano circondati. E dire che mancava così poco. Si fermarono tutti e due, si guardarono e schiena contro schiena decisero che era il momento di attaccare. Sarebbero morti se questo voleva dire salvare loro la vita.  
 
Rachel si alzò di scatto da dentro la cabina. Aveva un brutto presentimento e percepiva qualcosa di strano nell’aria. Si mise le ciabatte al volo e, silenziosa come un gatto, seguì il presentimento. 
Non era un presagio del tutto negativo, era solo il solito forte senso di angoscia che la costringeva ad alzarsi e farsi una passeggiata. Seguì quel presagio fino ai margini del campo dove stava la barriera, sicura che come ogni sera quell’angoscia sarebbe terminata lì e le avrebbe permesso di dormire di nuovo. Ma quella volta non fu così.
L’alba stava per spuntare dal lago quando raggiunse il limite del campo, dietro di lei una figura la stava seguendo già da un po’ di tempo e lei se ne era accorta quasi subito
-Esci fuori, mi metti ansia se stai lì nascosto- disse la ragazza schietta come sempre. E da dietro le tenebre una figura apparve seguita da una seconda che la ragazza non aveva sentito. Il primo era un ragazzo mingherlino che aveva capelli neri e mossi, gli occhi scuri con aloni neri intorno ad essi e vestiva con un giubbotto da aviatore con sotto una maglietta del campo che cercava in tutti i modi di nascondere con il giubbotto. Il secondo era il suo esatto opposto. Alto, pelle abbronzata, biondo e occhi azzurri. Indossava la maglietta del campo, senza niente sopra, dei pantaloni marroni chiaro lunghi e un paio di ciabatte. Dalle tenebre apparvero Nico Di Angelo e Will Solace.
-Che ci fate voi qui? - chiese Rachel mentre si avvicinano
-Noi...- stava per dire Will prima che Nico lo interrompesse
-Ho percepito della morte e volevo sapere- disse prima di spostare Rachel e superare la barriera, estraendo pure la spada nera che aveva legata alla cintura.
-Scusalo, ma quando percepisce una cosa del genere diventa scorbutico- lo scusò Will, come se Nico non fosse sempre scorbutico con le persone del campo, prima che sia lui che la ragazza seguissero Nico.  
Appena usciti dai confini del campo camminarono per altri 5/7 minuti prima che tutti e tre si fermassero all’improvviso inorriditi da ciò che vedevano. In mezzo a degli alberi c’erano due ragazzi in una pozza di fango e sangue. Attorno ai quali c’erano ceneri di mostri che avevano sicuramente ucciso loro. Come un buon medico Will si avvicinò ai due, seguito da Nico, mentre Rachel andava a chiamare aiuto.
In automatico Will si avvicinò per primo alla ragazza, aveva una brutta ferita al braccio, un lungo taglio che partiva dalla fronte e attraversava l’occhio destro fino ad arrivare alla mascella. Dal naso usciva del sangue, ma non sembrava rotto o cose del genere. Will le mise due dita sul collo per sapere se fosse morta. Era ancora viva. Appurato che la ragazza non fosse morta, si avvicinò al ragazzo.
Il ragazzo aveva una brutta ferita alla gamba e al fianco. Il petto all’altezza delle costole era ridotto male, simbolo che aveva sicuramente qualche costola rotta. Sul viso non era tagliato o cose del genere, aveva solo una vecchia cicatrice, ma niente di preoccupante.  Dalla bocca usciva del sangue e i denti ne erano macchiati. Anche con lui Will poggiò due dita sul collo per sentire i battiti, ma all’improvviso il ragazzo aprì gli occhi.
Successe tutto molto velocemente: al ragazzo spuntò all’improvviso una falce in mano, con cui cercò di ferire Will, ma con i riflessi pronti Nico lo difese. Lo scontro del bastone della falce e della lama nera dello Stinge produsse un suono che svegliò la ragazza. Appena aperto gli occhi notò subito le due armi e i tre ragazzi e le loro posizioni e si mise in posizione anche lei di attacco. Ma non riusciva a stare bene in piedi a causa delle ferite, anche il ragazzo aveva qualche difficoltà a tenere la falce, ma comunque non dava segni di arrendersi. Restarono in quella posizione di stallo per alcuni lunghissimi e interminabili minuti, fino a che non arrivarono Rachel con altri due ragazzi, su un centauro.
Quando Rachel arrivò con Percy Jackson, Annabeth Chase e Chirone videro che i quattro semidei si stavano per ammazzare, o almeno due di quelli: Andreas teneva la lama della falce a pochi centimetri dalla faccia di Will che non osava muoversi, Nico che aveva la sua spada sul manico della falce e la teneva distante dalla faccia del figlio di Apollo e Amy che stava ai piedi di Andreas con una mano sul braccio.
-Hey tu deponi le armi- disse Chirone avvicinandosi. Quel ragazzo aveva un’aria strana, da come si poneva a come li fissava: li fissava in modo rabbioso e allo stesso tempo di attesa. Mentre il corpo diceva il contrario degli occhi: aveva un atteggiamento rilassato e una postura incurvata in avanti (e non era per il peso della falce), voleva dare la sensazione di spavalderia e superiorità. Una superiorità che sapeva di possedere e che avrebbe fatto inginocchiare tutti hai suoi piedi. Chirone lo vedeva, vedeva in lui un avversario imbattibile e un alleato importante. Vedeva in quel ragazzo un grande eroe, ma anche un grande male che poteva opprimere il ragazzo. 
La ragazza, invece, esprimeva anche lei un’aria strana. Ma non di quelle che ti fanno mettere sull’attenti pronti a combattere un nemico, non la ragazza dava una sensazione di angoscia e di caos. Confusione, ecco cosa esprimeva la ragazza. Anche lei aveva un atteggiamento rilassato e di calma. Una calma superiore, che nascondeva sicuramente qualcosa, qualcosa di pericolo e antico. 
In entrambi i ragazzi c’era qualcosa di antico e di burrascoso.
Chirone si girò verso Percy e Annabeth, anche loro guardavano i ragazzi ed erano pronti ad attaccare in caso di pericolo.
Andreas fissò i nuovi arrivati con aria di sfida. Posò lo sguardo prima su Chirone, poi su Annabeth, successivamente su Percy (dove si soffermò) ed infine su Rachel. Guardò poi negli occhi chiari di Will e in quelli scuri di Nico. Lì fissò tutti e sei con aria di superiorità e depose la falce solo dopo le parole di Amy
-Andy, siamo feriti- disse la ragazza come se quella fosse l’unica ragione per cui non lottare. Come se il fatto che erano in inferiorità numerica, o che dovevano sfidare un centauro e Percy Jackson, fosse una cosa da niente, anzi fosse una cosa che avrebbero fatto a occhi chiusi e che si sarebbero divertiti nello sconfiggerli. 
-Mi presento sono Chirone e questo è il Campo Mezzosangue. Un luogo per semidei, come voi. Vi prego di seguirmi all’interno per curarvi, ma prima vi chiedo il favore di consegnarci le vostre armi e di arrendervi- disse Chirone muovendosi in direzione dei due feriti per prendere le loro armi...Ma si fermò quando il ragazzo iniziò a dire:
-Non diciamo stron...- cercò di dire, ma venne interrotto dalla voce della ragazza che sovrastò la sua
-Certamente- poi tirò la spada ai piedi di Chirone e fissò il ragazzo in attesa che lo facesse anche lui. Ma Andreas non lo fece e, con sorpresa di tutti, mise il broncio e incrociò le braccia, come un bambino che non vuole mangiare le verdure.
-Muévete y no hacer el nene como siempre, nos sirve el ayudo de estos boludos. Piensa a los chicos...*-lasciò in sospeso la frase come se Andreas conoscesse già la risposta. Con molta riluttanza e con una faccia che avrebbe preferito ingoiare vivo un topo, anche Andreas tirò la sua falce ai piedi di Chirone e alzò le mani in segno di resa. -Da dove venite? E che razza di lingua era quella?!- chiese Percy non riuscendosi a trattenere
-Veniamo da molto lontano e quello era spagnolo- rispose la ragazza con un sorriso enigmatico. Prima di altre domande però tutto il gruppo iniziò a camminare in direzione del campo. Era pericoloso restare fuori così a lungo, non erano dentro i confini del campo e non avevano la protezione del pino. 
Quando Percy si avvicinò ad Andreas lui sì scansò velocemente per non farsi toccare o aiutare
-Non toccarmi Percy Jackson- disse il ragazzo con una mano sul fianco, per poi mettersi a camminare dietro il resto del gruppo seguito da Percy. 
Arrivati alla barriera i due ragazzi feriti si fermarono e guardarono gli altri semidei come se fosse scontato il motivo per cui non potevano entrare. 
Annabeth iniziò a muovere il cervello e si chiese dentro di sé perché non potevano entrare. Da quando li aveva incontrati aveva una brutta sensazione e l’aria che emanava quel ragazzo le ricordava tanto la paura e il timore che aveva provato durante la battaglia contro Crono. E gliele ricordava così bene, che anche a distanza di anni, la ragazza ebbe il timore e paura di un ragazzo appena incontrato. Non si fidava di lui e neanche della sua amichetta
-Io non posso entrare- disse il maschio interrompendo i pensieri di Annabeth per farle porre la domanda  
-Voi siete semidei, giusto? - chiese Annabeth intuendo per prima il motivo per cui non poteva entrare. La prima a parlare fu Amy
-Conviene che ci presentiamo, io sono Amy Dalila Velasco, figlia di Eris dea della discordia e del caos- disse con aria fiera la ragazza. Percy guardò Annabeth, non capiva perché avesse fatto una domanda del genere. Se non fossero semidei allora perché erano stati inseguiti da dei mostri. 
Ma allora per quale motivo il ragazzo non poteva entrare? 
La risposta arrivò pochi attimi dopo quando il ragazzo si presentò, scioccando e spaventando tutti i presenti
-Io, invece, sono Andreas Arias Santiago, figlio di Crono, Titano del tempo-
  
* Muévete y no hacer el nene como siempre, nos sirve el ayudo de estos boludos. Piensa a los chicos = Muoviti e non fare il bambino come sempre, ci serve l’aiuto di questi idioti. Pensa ai ragazzi…
 
Spazio Autrice
Buongiorno, buon pomeriggio e buona notte a tutti voi lettori. Mi presento mi chiamo Voleròfinoatoccareilcielo e sono una nuova scrittrice su Efp e Wattpad (si pubblico questa storia anche lì, anche se sotto il nome: Volerofinoalcielo).
Parto subito col ringraziarvi per aver aperto questa storia e vi ringrazio in anticipo se decidete di recensire. Detto questo vi spiego un secondo, in poche parole, la storia e cosa succederà in futuro negli spazi autrice, per chi li volesse davvero leggere. 
Rick Riordan è uno dei miei autori preferiti e ho letto tutte le sue saghe che ha scritto e leggerò quelle che scriverà, ho letto da Percy Jackson a Magnus Chase, alle Sfide di Apollo e ho letto anche la saga sui fantomatici dei egizi. Ma questa storia parla di un’avventura avvenuta subito dopo la saga degli Eroi dell’Olimpo e prima delle Sfide di Apollo, infatti non ci saranno riferimenti alle altre saghe (nessun dio nordico o egizio, o di quel fantastico dio chiamato Apollo).
Detto questo, nei futuri spazi autrice ci saranno alcuni dei miei pensieri che mi sono venuti in mente mentre scrivevo e alcune spiegazioni, con qualche accenno su quello che succederà in futuro. Sinceramente non so proprio cosa aspettarmi da voi lettori, è la mia prima storia che pubblico e l’unico mio desiderio è farvela piacere e farvi divertire mentre la leggete, nient’altro, per questo vorrei leggere i vostri pensieri nelle vostre recensioni o nei vostri commenti.
Ora però vi lascio andare e vi ringrazio ancora per aver letto fino a qui quello che ho scritto.
Buongiorno, buon pomeriggio e buonanotte a tutti voi.
Baciusssss

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


-Io sono Andreas Arias Santiago, figlio di Crono Titano del tempo- disse Andreas scioccando i presenti e spaventando a morte Chirone. Come era possibile che un ragazzo potesse essere figlio del Titano del tempo. Come poteva essere possibile che lui avesse un fratello mezzo umano. Crono non si sarebbe mai unito ad una mortale e soprattutto come avrebbe potuto fare se si trovava richiuso. Dall’aspetto Andreas poteva sembrare un ragazzo di 19/20 anni, ma forse, pensò Chirone, che poteva avere più anni di quelli che dimostrava.
Il primo che si mosse fu Percy che tolse il cappuccio da Vortice e puntò la sua arma sotto il collo di Andreas che non fece neanche un passo indietro, per niente spaventato dalla lama del più forte semidio esistente
-Non mentire, non siamo in vena di scherzi- ringhiò Percy tra i denti, se era davvero così avrebbe ucciso quel ragazzo e avrebbe vendicato tutti i suoi amici morti per mano del Titano, a partire da Luke
-Non sto mentendo, sono davvero figlio di Crono- rispose il ragazzo con una calma assoluta
-Dimostralo- disse Nico e senza che nessuno se ne rendesse conto il ragazzo aveva preso la spada ed adesso era lui a puntare Vortice contro Percy
-Ma che...? - 
-Ve l’ho detto sono figlio di Crono- 
-Mi spieghi che hai fatto?!?- chiese Annabeth non trovando una spiegazione per quello che era appena successo. L’attimo prima Percy stava puntando la lama contro il ragazzo e l’attimo dopo la situazione si era capovolta
-Semplice, ho bloccato il vostro tempo e mi sono mosso- disse il ragazzo come se fosse stato una cosa da nulla. Ma non era così. Dentro di lui stava soffrendo come un cane, era davvero faticoso bloccare il tempo e ancora di più era faticoso bloccare il tempo di 6 persone contemporaneamente. Togliendo il fatto che era anche ferito, l’aver bloccato il tempo gli aveva richiesto molte più energie del normale. Ma il suo onore non lo permetteva, non gli permetteva di mostrare questo dolore e quindi da fuori era solo un ragazzo ferito che stava puntando una spada contro il grande Percy Jackson
-Sentite, non sono venuto qui per attaccarvi, abbiamo un problema e ci serve il vostro aiuto- disse Andreas ridando la spada a Percy e allontanandosi da lui così che tutti capissero che non voleva davvero fare del male. 
Il primo a riprendersi fu Will che disse
-Io, Will Solace figlio di Apollo, autorizzo Andreas Arias Santiago a entrare nei confini del campo...- poi rivolto ai suoi amici disse
-... è sera tardi, loro due sono feriti e non possiamo intraprendere adesso una conversazione di questo rango. Domani mattina parleremo alla Casa Grande con anche il Signor D presente- poi senza dire un’altra parola si girò e iniziò a camminare in direzione dell’Infermeria, se doveva curare quei due doveva preparare gli attrezzi necessari e abbastanza ambrosia per le ferite.
-Facciamo come dice. Rachel e Nico accompagnateli in infermeria, Annabeth e Percy, voi invece tornate nelle vostre case, non voglio che usciate fino a domani mattina, sono stato chiaro?!!- disse l’ultima frase guardò negli occhi Percy come a volergli intimare di ascoltarlo se non voleva avere brutte sorprese
-Chiaro- risposero in coro e seguendo le indicazioni, fecero come aveva detto Chirone. Chi doveva andare in infermeria andò in infermeria e che doveva andare a dormire andò ognuno nella sua casa per dormire. Anche se ne Annabeth ne Percy chiusero occhio quella notte, ritrovandosi a pensare a quell’orribile guerra contro Crono. Anche se intenzionalmente, Andreas, aveva riaperto una ferita che si stava richiudendo a poco a poco.
E mentre i suoi ragazzi si dividevano, Chirone corse in direzione della casa grande. Doveva assolutamente mandare un messaggio agli dei, se era vero quello che pensava allora erano tutti in grave pericolo.
 
-Non mi piace- disse improvvisamente Nico rompendo il silenzio che si era creato nell’ infermeria. Erano rimasti solo Nico e Will svegli per controllare i feriti, che dopo averli fatti distendere con l’aiuto di Rachel si erano addormentati come ghiri e la ragazza era ritornata nella sua caverna per tornare a dormire.
-Chi? Il ragazzo o la ragazza? - chiese Will, anche se sapeva già la risposta, gli piaceva parlare con Nico, sentire la sua bassa e cupa voce. Poteva parlare con il figlio di Ade per ore, se solo avesse voluto, anche se sinceramente stando in compagnia del ragazzo gli piaceva fare qualcos’altro. A quei pensieri arrossì e per cercare di non farlo vedere all’attento figlio di Ade iniziò a riordinare le garze
-Il ragazzo- rispose Nico spostando gli occhi da Will ad Andreas per fulminarlo con lo sguardo
-Perché? - 
-Ho una brutta sensazione, sono pericolosi, molto...- iniziò a spiegare Nico riferendosi anche alla ragazza. Da quando li aveva visti aveva una bruttissima sensazione, aveva percepito la morte vicino a loro e non solo perché avevano ucciso dei mostri, ma perché percepiva la morte in loro. Come quando si sente l’odore del sudore su una persona dopo allenamento, Nico sentiva l’odore della morte su quei ragazzi 
-Io non mi fido della ragazza, ha degli strani simboli- disse, invece, Will sorprendendo Nico, che lo fissò con aria interrogativa. Non capiva di che genere di simboli stesse parlando Will, allora quest’ultimo mostrò a Nico alcuni simboli sul braccio della ragazza. Dei simboli confusionari, che non avevano né un inizio né una fine, non avevano forma come se un artista avesse buttato su una tela della vernice in maniera caotica. Si, quei simboli era un caos vero e proprio.
-Sono solo dei semplici tatuaggi...forse un po’ strani con delle forme strane. Ma la capisco è come se io mi tatuassi un teschio perché mio padre è il Re degli Inferi, sua madre è Eris la regina del caos, è ovvio che siano così…caotici- aveva risposto Nico aggrottando la fronte per l’ultima parola che aveva detto
-No, ti stai sbagliando, questi non sono tatuaggi, o almeno non sono tatuaggi normali- disse Will facendo vedere a Nico che quelle forme non erano fatte con l’inchiostro. Sembravano fatte con dei marchi di ferro, come quelli che usavano i Romani per gli anni di servizio.
-Stanno nascondendo qualcosa, e non mi piace... poi che è figlio di Crono, questa storia mi puzza...- disse Nico iniziando a pensare che come suo padre aveva deciso di tenere segreta la sua presenza nel Casinò, forse gli dei avevano deciso di tenere segreto un figlio di Crono. Non era sicuro di questa storia, ma sicuro sarebbe andato a fondo... e poi Chirone non aveva vietato a lui di non uscire dalla sua cabina
-Devo parlare con mio padre- decise per poi scomparire tra le ombre. Will si girò appena in tempo per ricevere uno dei rari e fugaci baci di Nico che lo facevano bloccare sul posto per la sorpresa. Ma questa volta Will restò bloccato non perchè Nico lo avesse baciato, cosa che naturalmente era normale in quanto stavano insieme e avevano fatto altro... ma perchè Nico era penna andato negli Inferi a parlare con suo padre. Capite SUO PADRE. Will iniziò a pensare mentre rimaneva a vederlo andare via
-Aspetta non an...- cercò di dire, ma era troppo tardi. Ormai era l’unico sveglio nell’infermeria.
 
 
Nella contea di Jacksonville, in Oregon, sorge sull’anonima collina la casa del mistero, accerchiata da un’area circolare di 3 chilometri di diametro dove accadono fenomeni davvero strani. Questa casa, originariamente costruita per essere usata come magazzino all’inizio secolo scorso, in una notte del 1907 venne colpita da uno fenomeno stranissimo che ne modificò visibilmente la struttura, come se ci fosse stata una scossa di terremoto nella zona: il problema è che il terreno e tutti gli alberi circostanti erano rimasti intatti. Lo scienziato Lister, dopo 40 anni di ricerche, scoprì apparentemente qualcosa di impressionante ma bruciò tutte le prove prima della sua morte, affermando che il mondo non è ancora pronto per una scoperta del genere. 
Per dei semplici mortali questa era solo una stupida leggenda metropolitana che si raccontava durante i falò per spaventare qualcuno. Ma per qualcuno che supera, con la vista, la foschia quella non era una semplice casa/magazzino era una vera e propria base per mostri di ogni genere. Partendo dalla villa fino ad un’estensione di 3 km, tutta quella terra brulicava di mostri antichi che si raggruppavano o litigavano. Sembrava un secondo Tartaro da quante creature ci fossero. Si raggruppavano tutti attorno alla casa, come in ascolto di ordini.
All’interno la villa era spoglia, non c’erano ne mobili ne quadri, non c’era niente, a parte una poltrona dove stava seduto un ragazzino che emanava un’aria inquietante
-È arrivato il momento. Muoviamoci- la sua voce era un suono duro e freddo che ricordava le pietre taglienti o il rumore della grandine che picchia sui vetri, troppo inquietante per un ragazzino. 
-Come voi desiderate mio signore- rispose piano un uomo alto e robusto con voce roca, davvero molto roca. Poi con il suo vocione uscì dalla villa e sull’uscio della porta urlò a tutti i mostri che aveva di fronte
-Preparatevi. Domani partiremo alla volta per distruggere il Campo Mezzosangue-
 
 
Amy si ricordava la prima volta che Andreas le aveva rivolto la parola ed era stato in quel momento in cui il bellissimo rapporto tra i due era nato.
Amy era domenicana o per meglio dire suo padre era domenicano, lei era nata in America e con il padre si era trasferita nella Repubblica Domenicana quando aveva solo 1 anno. Non aveva mai conosciuto sua madre e fino agli 8 anni, non sapeva neanche come si chiamasse, suo padre non le aveva mai rivelato niente della dea, l’unica cosa che le avesse detto era che avevano gli stessi occhi inquietanti che quando lo fissavano, lo mettevano in soggezione. Eris, la dea del caos e della discordia, si era innamorata di Gonzalo Velasco o per meglio dire si era innamorata della follia di quell’uomo, adorava il caos incompleto della sua mente e adorava il fatto che i suoi occhi lo facevano impazzire ancora di più. Una volta l’uomo glielo aveva detto “i tuoi occhi sono fatti di caos puro che mi stanno facendo perdere la testa ancora di più”. Grazie a quella frase Eris si era così perdutamente innamorata di quell’uomo che aveva deciso di fare una figlia con Gonzalo Velasco e dalla loro unione nacque Amy. La bambina era identica al padre, tranne che per gli occhi, aveva gli occhi inquietanti di sua madre che facevano impazzire, e non nel senso buono della parola, l’uomo. Il padre aveva resistito, sotto quel suo sguardo così inquietante, solo per 6 anni e durante un viaggio con la sua nuova compagna, la segretaria dello psichiatra di Gonzalo, l’avevano abbandonata. Erano diretti a casa loro, nella Repubblica Domenicana, e l’aereo prima della sua destina finale avrebbe fatto scalo ad Havana in Cuba. Era successo tutto molto velocemente ed Amy si era ritrovata sola tra le strade di Cuba, senza più un padre o una madre, senza più una casa o un posto dove tornare. Era rimasta sola e abbandonata.
La pioggia picchiettava senza tregua sulla finestra e grosse gocce percorrevano il vetro, creando piccoli disegni astratti. Il vento batteva forte sulla finestra e Andreas continuava a guardare fuori pensieroso, chiedendosi se in un giorno di pioggia come quello la sua piccola Brioche non stesse avendo freddo. Pioveva ormai da alcuni giorni e gli mancava particolarmente, suo nonno gli aveva vietato di andare a giocare fuori con la pioggia e lui non poteva disubbidire a suo nonno. Brioche era una piccola gattina che aveva trovato un paio di settimane prima in una piccola soffitta in un palazzo ormai abbandonato ed era diventata uno splendido compagno per passare il tempo. Era un piccolo gatto persiano, dal manto bianco come le nuvole, con orecchie nere e due meravigliosi occhi color topazio. Il piccolo Andreas amava nascondersi i pezzi di carne, rubati al nonno nelle tasche, e portarli al gattino che lo aspettava ogni mattina in panciolle su un piccolo cuscino polveroso, regalatogli da Andreas. Sospirando uscì dalla sa camera e andò in salone dove suo nonno stava dormendo sul divano e visto che anche sua madre a lavoro, adesso aveva via libera. Sarebbe tornato prima che l nonno si svegliasse, ma adesso aveva un piccolo gattino da curare, andò in cucina prese una scatoletta di tonno e in silenzio uscì di casa senza sbattere la porta. Chiuso nel suo impermeabile verde camminò di corsa alcuni isolati e arrivò di fronte ad u vecchio palazzo malandato ed entrò da una delle finestre rotte, la pioggia continuava a cadere anche dentro il palazzo a causa del tetto rotto, ma Andreas non ci fece caso. Corse su per le scale, saltò qualche scalino rotto ed arrivò in soffitta, dove doveva esserci il gattino. Ansimando per la corsa, Andreas aveva osservato lo spazio polveroso attorno a lui, con aria interrogativa e ansiosa. Aveva una brutta sensazione, ma la scacciò spostando un ciuffo di capelli bagnati dalla fronte
-Brioche- aveva chiamato il gattino a bassa voce per paura che qualcuno potesse sentirlo, anche se quella paura era infondata, si aspettava che il gattino gli corresse incontro con la coda rialzata, attirato dall’odore del tonno. Ma questa volta non fu così, la soffitta era piuttosto silenziosa e Andreas venne attirato da qualcosa che si muoveva nell’ombra, con il cuore in gola Andreas posò la scatoletta per terra e si avvicinò lentamente al rumore. Era sempre più vicino e…niente, in quell’angolo così buio non c’era niente. Sospirando provò a girarsi e andarsene, ma una piccola figura nera gli saltò addosso atterrandolo, gli puntò quello che sembrava un coltello di plastica alla gola e avvicinò il suo viso a quello del ragazzo chiuso nel suo impermeabile verde. Verde come quegli occhi che lo stavano fissando ad una distanza minima, Andreas riusciva solo a sentire i respiri affannosi di quella figura dagli occhi verdi, fino a che un altro rumore attirò l’attenzione di entrambi
-Meow- il miagolio di Brioche che si avvicinava alla scatolina di tonno fece sobbalzare entrambi i bambini che separarono i loro sguardi verdi
-Sei qui anche tu per uccidermi. Come quei mostri e quei…quei…- disse la bambina quasi scoppiando a piangere per la disperazione e, allontanandosi da Andreas, si mise le mani sulle orecchie come a scacciare rumori terrificanti e inesistenti. Andreas fissò la bambina e notò che aveva gli abiti sporchi e sdruciti, la pelle rovinata e i capelli tutti scompigliati, aveva un pessimo odore, ma sotto tutto quello sporco, il figlio di Crono, dovette ammettere che era proprio carino. Aveva corti e asimmetrici capelli neri, lineamenti ispanici e due occhi verdi che risplendevano su quella figura così piccola e sporca. Andreas ci si immerse in quegli occhi e continuò a fissarla mentre la ragazza camminava avanti e indietro preoccupata e ansiosa, si vedeva che non dormiva da molto tempo o se avesse dormito sarebbe stato male. Il bambino vide il caos nei suoi occhi e venne colpito dalla complessità che nascondevano, vide anche che quella complessità stava facendo impazzire la ragazza. Andreas conosceva quel caos, quella paura e capì che era la stessa che provava lui quando si svegliava da un incubo, ma quella volta Andreas vide che la ragazza non si era ancora svegliata, che stava vivendo in quell’incubo. Sua madre, ogni volta che aveva si svegliava urlando di notte, lo consolava e gli poggiava la fronte sulla sua, come a sostenerlo e a consolarlo. E spinto da non so che cosa Andreas bloccò la ragazza poggiando le mani sulle sue spalle e poggiò la sua fronte sulla quella della bambina
-Tranquilla…tranquilla. Io non ti farò mai del male, non posso farti del male, io voglio proteggerti- le disse Andreas per farla calmare e calde lacrime le iniziarono a scorrere sulle guance, per la prima volta da quando il padre l’aveva abbandonata si sentiva in pace e tranquilla. Quando quel bambino aveva poggiato la sua fronte sulla sua la sua mente si era placata e per la prima volta sentiva solo silenzio e nient’altro, finalmente qualcuno era riuscito a placarla e a darle pace.
Andreas ed Amy si erano conosciuti in un giorno di pioggia, in un palazzo malandato e polveroso, in un luogo che puzzava di sporco e di tonno, si erano conosciuti e non si erano più separati. Amy dopo molte peripezie giuridiche era andata a vivere ufficialmente con Andreas e la sua famiglia, non si erano separati e c’erano sempre stati l’una per l’altro, c’erano stati quando la famiglia di Andreas era morta in un incidente, ogni volta che un mostro attaccava uno dei due, ogni volta che un assistente sociale cercava di prendere uno dei due. C’erano sempre stati l’uno per l’altra, non si erano mai separati ed avevano affrontato tutto insieme. Erano legati da un sentimento più forte dell’amicizia, da un sentimento più forte di quello che legava due fratelli, un sentimento anche più forte dell’amore. Erano legati da qualcosa che nessuno sapeva spiegare, qualcosa di davvero unico e che li univa sin da piccoli.
 
 

Spazio Autrice
Buongiorno, buon pomeriggio e buona notte a tutti voi lettori.
Eccomi col secondo capitolo, spero vi sia piaciuto e che non sia una cosa così orribile. Prima di tutto mi scuso per averlo postato a così tarda sera, ma non mi è stato possibile farlo prima, non so quando lo leggerete, ma spero che comunque non vi abbia fatto attendere molto.
In questo capitolo, a parte un mini pezzo di Solangelo (una delle mie ship preferite) volevo parlarvi di Andreas ed Amy, questi due nuovi personaggi che ho inventato di mio pugno. Il racconto del loro primo incontro avevo intenzione di farlo tra un paio di capitoli, ma mi è venta voglia di parlarvene in questo capitolo. Sono davvero emozionata sapete, la loro storia è tratta (in linea generale) da una storia vera che mi è successa e quindi si…il rapporto tra Andreas ed Amy è davvero importante e spero di avervelo descritto nel miglio modo possibile.
Un’altra storia tratta da qualcosa di vero, è la leggenda della casa del mistero dell’Oregon. Ok si, non è tratta da una storia vera, ma da una leggenda metropolitana Newyorkese (me la sono fatta raccontare da una vera americana, quindi se in futuro andaste in Oregon, potete davvero trovarla). Naturalmente il “tratto da una storia vera” o il “tratto da una leggenda”, non è che ho ricopiato parola per parola la storia, ho preso solo spunto da queste due storie e le ho cambiate per farle combaciare con la storia. Comunque ho approffitatto della leggenda per anticiparvi un secondo il nostro fantomatico nemico che fa tremare anche gli dei dalla paura e niente, non vi faccio più spoiler ne anticipazioni.
Voglio concludere questo luuuunghissimo spazio autrice con 2 domande.
Quale è il vero rapporto tra Andreas ed Amy e cosa li lega davvero, a parte il tempo?
Chi è questo nuovo personaggio e come mai è così spaventoso (anche se dal capitolo non si può capire molto?  
Ora però vi lascio andare e vi ringrazio ancora per aver letto fino a qui quello che ho scritto.
Buongiorno, buon pomeriggio e buonanotte a tutti voi.
Baciusssss

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Annabeth quella mattina era pensierosa, erano passati due giorni dalla notte dove aveva incontrato quei due ragazzi e ancora non si erano svegliati, Will aveva detto che era normale, forse avevano utilizzato molta energia e avevano bisogno di recuperare. Ma ad Annabeth non importava molto, voleva parlare con quei ragazzi, scoprire come poteva essere un figlio di Crono? Come aveva fatto a stoppare il tempo? E soprattutto se gli dei sapevano della loro esistenza? 
All’ultima domanda cercò di rispondersi da sola, molto probabilmente gli dei sapevano dell’esistenza di Andreas, era ovvio, sua madre non poteva non saperlo. Ma sicuramente non volevano farlo sapere a loro, per questo il signor D se ne era andato nel pomeriggio stesso del giorno in cui avevano incontrato i due ragazzi. Ma allora perché nascondere l’esistenza di questi semidei (anche se uno era tecnicamente metà Titano)? Perché non dire a tutti loro di un figlio di Crono?
Tante domande frullavano nella testa della figlia di Atena che cercava disperatamente una risposta. Era così concentrata a trovare una soluzione a questi quesiti che non si era resa conto delle 4 persone che la chiamavano e stavano venendo nella sua direzione.
Il primo era un ragazzo alto, piazzato e con i lineamenti asiatici, aveva i capelli cortissimi e neri e gli occhi castani, a mandorla. Accanto a lui mano nella mano c’era una ragazza che era il suo esatto opposto, un po’ bassetta, aveva la pelle color cioccolato, i capelli castani e ricci e gli occhi ambrati, sembravano fatti d’oro.
Vicino alla coppia camminava un ragazzo alto e atletico, con i capelli biondi e gli occhi azzurro ghiaccio, nascosti dietro un paio di occhiali. Per ultima c’era una ragazza dai lineamenti latini, i capelli neri e gli occhi marrone scuro.
-Annabeth- salutò, la bionda, Hazel 
-Ciao ragazzi, siete in anticipo, vi aspettavamo domani- ricambiò il saluto la greca ai 4 amici romani. Dopo essersi riscossa dai suoi pensieri Annabeth si era ritrovata davanti: Jason Grace, figlio di Giove, fratello di una sua amica d’infanzia e fidanzato della sua migliore amica; Hazel Levesque, figlia di Plutone nonché una sua grande amica; Frank Zhang, figlio di Giove, fidanzato di Hazel e pretore romano; e per ultima, ma non per importanza, una delle sue migliori amiche Reyna Ramírez Avellano, figlia di Bellona e pretore di Roma. Annabeth sorrise pensando al perché erano venuti i 4 romani e per un attimo si distrasse da tutte le domande che le stavano tormentando. Ma fu solo un attimo. In un attimo le domande cancellarono il pensiero che i suoi amici erano arrivati fino al Campo Mezzosangue perché di lì a pochi giorni ci sarebbe stata la sua festa di compleanno. 
-Ve lo hanno detto? - chiese la ragazza sospirando e guardando negli occhi scuri di Reyna che annuì e disse
-Piper, ieri, siamo venuti il prima possibile, siamo preoccupati di come possiate sentirvi tu e Percy-
-Vogliamo delle risposte, io più di tutti, ma come al solito la fortuna gira lontano da noi perché i nostri due giovani stranieri non si sono ancora svegliati- 
-Sai, credo che ti sbagli- Annabeth quella frase se l’era sentita dire poche volte, raramente sbagliava e se lo faceva nessuno aveva il coraggio di dirglielo, nessuno a parte le sue migliori amiche. Infatti, Reyna stava fissando un punto dietro le spalle di Annabeth, guardava uno straniero appena uscito senza maglietta dall’infermeria
-Non sono del Campo, ma lui non mi pare di qui...- senza ascoltare altro la bionda però si mosse veloce in direzione dell’infermeria, con al seguito i 4 romani. Finalmente la sua sete di curiosità si sarebbe placata.
 
Andreas si era svegliato da circa 5 minuti quando una bomba bionda gli esplose vicino riempiendolo di domande di cui lui neanche sapeva tutte le risposte. In linea generale Annabeth, o così aveva capito che si chiamava, gli stava chiedendo da dove veniva, come aveva fatto a nascere, se sapeva perché gli dei avessero tentato di nascondere la sua esistenza e soprattutto se conosceva un certo Luke Castellan. Non gli piaceva quella ragazza, per il solo fatto che non gli stava lasciando un minimo di aria e lo stesse guardando come se avesse commesso qualche crimine nei confronti della bionda.  E Andreas odiava essere giudicato per crimini che non aveva commesso, non che lui fosse del tutto innocente, ma sicuro non aveva fatto niente a quella ragazza. Mentre lo continuava a tartassare di domande, Andreas ormai seduto sul letto in cui aveva dormito, spostò la sua attenzione sui 4 ragazzi dietro di lei. Tutti e 4 avevano una maglietta viola con la scritta “Campo Giove” e una specie di tatuaggio con delle lineette. Erano romani quindi... Andreas odiava i romani. Anche se lui era greco sapeva dell’esistenza di quel campo, ma non ci aveva mai voluto mettere piede, quella specie di buffoni romani erano dei greci fatti male. Ecco che cosa erano i romani, persone che avevano tentato di essere come greci ma avevano fallito miseramente. Il ragazzo storse la bocca, già non gli piacevano i romani se poi si mettevano anche a fissarlo male gli piacevano ancora di meno. Il primo ragazzo, quello che lo fissava proprio male, era un biondino con gli occhiali e una stupida cicatrice sul labbro, Andreas gli scoccò un’occhiataccia che aveva vari significati, ma quello che esprimeva di più era “Se continui a fissarmi così di disintegro”. 
Il secondo era sempre un ragazzo che lo fissava con aria molto confusa e diffidente, era sicuramente asiatico dati i suoi lineamenti e con la sua mole copriva per metà una ragazza come a volerla proteggere, ci stava sicuro insieme alla bassetta riccia che lo fissava con aria enigmatica come se stesse cercando di capire ma senza fare domande (era quella che gli piaceva più di tutti tra i 3 che aveva visto). Per ultima fissò una ragazza dai lineamenti ispanici e il suo fiato si mozzò un secondo quando i loro sguardi si incrociarono. Aveva occhi scuri e penetranti che lo stavano fissando con aria severa e solenne, sembrava che lo stessero studiando cercando di trovare un suo punto debole. Ma non erano solo gli occhi che attirarono l’attenzione di Andreas, anche la pelle abbronzata, i capelli lunghi e neri, i lineamenti latini e la postura solenne e autoritaria, fecero ghignare internamente il ragazzo. Quella ragazza emanava una certa aria di forza e di coraggio che fecero incuriosire di Andreas.
-Hey romana, di dove sei? - chiese riferendosi a Reyna
-Con chi ce l’hai?!- chiese Hazel sentendosi chiamata in causa
-Tranquilla non con te piccoletta, ma con l’altra- il tono da sbruffone e superiore fece imbestialire di più tutti i presenti, chi era quel ragazzo che si credeva chi sa chi e pensasse che tutto gli era dovuto.
A rispondere fu la diretta interessata alla prima domanda del greco
-Dovresti prima presentarti e poi fare domande, si chiama educazione- disse Reyna mettendo lentamente una mano dietro la schiena per prendere, in caso di risposta o movimento strano del ragazzo, un coltello che aveva infilato nella cintura
-Hai ragione, mi scuso per la maleducazione, io sono Andreas Arias Santiago, figlio di Crono, Titano del tempo e tu sei? -
-Reyna Ramírez-Avellano, figlia di Bellona e pretore di Roma-
-Di dove sei? - continuò a chiedere il ragazzo con aria di sfida
-Porto Rico- rispose la ragazza serrando la presa sul manico del coltello
-Ah, entonces vos hablas español, yo soy de la magnífica Cuba, somos vecinos de casa*- disse il ragazzo in spagnolo e con grande sorpresa di tutti Reyna rispose in quella lingua, anche se la pronuncia era leggermente diversa, quella di Andreas era un pochino più dolce di quella di Reyna, invece in quella della romana non si pronunciava la “r”
-Si también yo hablo español, pero no bien como vos. Y decime porqué estás acá y como es posible que eres un hijo de Crono*- 
-Simple mi papá hizo sexo con una mortal y yo nací después este “acto”, y estoy acá porque la chica atrás de mi que duerme me obligó a decir a estos boludos que están en peligro*- alla parola “boludos” Reyna strinse di più la presa sul manico, aveva appena detto che i suoi amici erano degli idioti e Reyna odiava chi offendeva le persone a lei care. Ma sorvolò velocemente perché Andreas aveva detto un’altra cosa che non piacque alla ragazza, doveva dire ai suoi amici che erano in pericolo, ma da cosa? Stava per chiederglielo in spagnolo quando si ricordò della presenza di Annabeth e degli altri e capì che loro non parlavano spagnolo e che quindi non avevano capito niente di quello che aveva detto
-Che...- provò a chiedere Frank quando Andreas iniziò a dire
-Ah, verdad ustedes no entendiste nada, que pelotudos…Visto che non avete capito vi do l’onore di ripeterlo nella vostra lingua. Ho detto che sono venuto qui perché la ragazza dietro di me che sta ancora dormendo mi ha obbligato ad accompagnarla e che siamo arrivati fino in questo campo schifoso perché siete in pericolo e vi siamo venuti ad avvertire. Ma da come ci avete trattato l’altra sera e come mi state fissando in questo momento...espero que esta guerra los matan a todos*-disse il ragazzo spiegando in grosso modo il motivo del loro arrivo al Campo Mezzosangue. Annabeth stava per dire qualcosa, ma Reyna si mosse prima che qualcuno potesse dire o fare qualcos’altro. Con una velocità sorprendente estrasse il coltello dalla dietro la schiena e lo puntò alla gola di un sorpreso Andreas, non si aspettava una mossa del genere, non gli pareva di aver detto qualcosa di strano in spagnolo e neanche in inglese, allora perché quella ragazza lo aveva attaccato
-Ma che...-
-5, in 2 frasi hai offeso i miei amici 5 volte e questo non te lo faccio passare, forse tagliandoti la lingua sarai anche più educato- sibilò Reyna a pochi centimetri dalla bocca del ragazzo che non rispose e continuò a fissarla negli occhi scuri. Andreas poté vedere le leggere sfumature chiare in quegli occhi così scuri, “erano bellissime” si ritrovò a pensare il ragazzo, ma si riscosse quasi subito e con uno sforzo immane capovolse la situazione.
L’attimo prima la portoricana gli stava puntando un coltello alla gola, l’attimo dopo era completamente distesa sotto di lui ed il coltello legato alla cintura della ragazzina scura con i ricci che da dietro al cinese si era spostata dall’altra parte dell’infermeria. 
-Cosa? Come? Ma che...?!?!!- cercò di formulare Hazel che non ci aveva capito niente, stessa cosa Frank, Jason ed Annabeth che erano paralizzati dalla situazione e si stavano rendendo conto che non avevano più neanche loro le armi addosso e che si trovavano ai piedi di Hazel anche quelle. Ma l’attenzione di Andreas non era sui 4, ma era concentrato sulla ragazza sotto di lui che lo stava fissando prima con aria sorpresa e poi con aria di sfida come se stesse valutando l’idea di tirare un calcio nelle palle al ragazzo e poi tiragli un pugno, o era meglio prima il pugno e poi il calcio.
-Sono figlio di Crono tesorino, non mi fregherai mai, io fermo il tempo- bisbigliò il ragazzo nell’orecchio di Reyna. Si, la ragazza aveva deciso, prima il calcio. Ma prima che potesse attaccare il ragazzo in qualunque maniera, venne sorpresa una seconda volta in meno di 30 secondi
-Odio davvero i romani- sussurrò Andreas a pochi centimetri dalle sue labbra prima di unirle a quelle di Reyna. La ragazza era imbarazzata e sconvolta, non si sarebbe mai aspettata un bacio dopo una frase del genere, era completamente rossa in viso. Le sue labbra sapevano di metallo ed erano calde, molto calde, ma il bacio fu freddo e senza sentimento. Però anche se la stava baciando in maniera apatica, era comunque dolce e allo stesso tempo deciso. Molto deciso. Andreas stava per schiudere le labbra per approfondire il contatto, ma una voce nuova richiamò l’attenzione di tutti
-Andreas...- disse Amy svegliatosi in quel momento e osservando i due ragazzi nel letto accanto al suo. In effetti la situazione poteva essere parecchio fraintendibile: Andreas senza maglietta su una ragazza e la stava baciando. Ditemi voi se questa situazione non poteva non essere fraintesa
-Amy...posso spiegare- disse Andreas iniziando a sudare freddo e tirandosi immediatamente in piedi e allontanandosi il più possibile da Reyna ancora sconvolta sul letto 
-Andreas...muori- rispose la ragazza senza ascoltare quello che gli stava per dire il ragazzo. Poi all’improvviso nella mano della ragazza comparve una piccola lama appuntita che tirò in direzione del ragazzo a pochi centimetri dalla sua testa mancandolo davvero di pochissimo. Senza avere il tempo di respirare la ragazza tirò altre due lamette che costrinsero Andreas a spostarsi per non essere colpito, ma una fitta lo costrinse a rifermarsi, sicuramente non era guarito del tutto.
Lo voleva davvero uccidere pensarono Annabeth e i 4 romani mentre Amy continuava a tirare per tutta l’infermeria quelle piccole lame e mancando di pochissimo il ragazzo che stava cercando di spostarsi come meglio poteva, aveva alcune difficoltà, per non farsi colpire. 
 
Chirone incontrò Will a metà strada tra l’infermeria e la Casa Grande, lo vide camminare nella sua direzione e chiamarlo
-Chirone...i due ragazzi si sono svegliati- gli disse per poi andare in infermeria seguito dal centauro. 
Durante il percosso parlarono delle condizioni dei due pazienti. Il figlio di Apollo raccontò delle brutte ferite fresche che aveva dovuto curare appena erano entrati in infermeria. Aveva disinfettato il viso della ragazza, la gamba e il fianco del ragazzo. Li aveva ripuliti dal sangue con l’aiuto dei suoi fratelli e dopo aveva dato dell’ambrosia ad entrambi per cercare di far rimarginare le ferite e riaggiustare le ossa. Sulla ragazza aveva funzionato, ma sul ragazzo...
-In che senso il corpo ha rigettato l’ambrosia?!-
-Si la vomitata l’attimo dopo che gliel’ho fatta ingerire, come se non potesse sopportarne il sapore, può essere perché tecnicamente non è un...semidio- spiegò Will
-Capisco e adesso come stanno le ferite? - chiese Chirone curioso 
-Bene direi, con i tagli ho fatto alla vecchia maniera e li ho ricuciti io, per le costole spero guariranno, ho visto che comunque ha una guarigione molto veloce, i tagli stamattina erano quasi del tutto guariti e per una persona normale non sarebbe stato possibile-
-Che succede Will? - chiese Chirone vedendo l’espressione pensierosa di Will, molto probabilmente stava ripensando a qualcosa che non andava bene, aveva quell’espressione strana che aveva ogni volta che voleva dire: “È successo qualcosa, ma non so se lo devo dire se è importante o no”. La conosceva bene quell’espressione, ce l’avevano molti dei suoi semidei quasi sempre, per questo richiese se c’era qualcosa che gli voleva dire, qualsiasi cosa
-... potrebbe farci capire chi o cosa è- lo spronò Chirone
-In effetti c’è una cosa...- disse Will tentennando 
-Continua-
-... quando ho misurato la pressione dei ragazzi per vedere come stavano dopo averli guariti, non l’ho sentito...-
-Cosa?!?!-
-...il cuore di Andreas, il cuore del figlio di Crono non batteva-
 
 
 
*Ah, entonces vos hablas español, yo soy de la magnífica Cuba, somos vecinos de casa = Ah allora anche tu parli spagnolo, io sono della magnifica Cuba, siamo vicini di casa
 
*Si también yo hablo español, pero no bien como vos. Y decime porqué estás acá y como es posible que eres un hijo de Crono = Si anche io parlo spagnolo, però non bene quanto tu. E dirmi perché stai qui e come è possibile che sei un figlio di Crono
* Simple mi papá hizo sexo con una mortal y yo nací después este “acto”, y estoy acá porque la chica atrás de mi que duerme me obligó a decir a estos boludos que están en peligro = Semplice mio padre ha fatto sesso con una mortale e io sono nato dopo questo “atto”, e sono qui perché la ragazza che dorme dietro di me mi ha obbligato a dire a questi idioti che sono in pericolo
* Ah, verdad ustedes no entendiste nada, que pelotudos […] espero que esta guerra los matan a todos = Ah, vero non avete capito niente, che coglioni […] spero che questa guerra vi uccida tutti.
 
Curiosità: mi scuso per chi ha studiato o studia spagnolo, le frasi che ho scritto forse non sono grammaticalmente giuste nello “spagnolo” della Spagna, ma grazie alla globalizzazione c’è stata una bella insalatona linguistica per questo ci sono alcune differenze di pronuncia (anche se penso che non abbiate letto con la pronuncia giusta) o di scrittura (ad esempio modi di dire o tipi di offese) nelle diverse parti del mondo dove si parla lo spagnolo. Parlando per esperienza personale ho visto come cambia lo spagnolo dell’America latina allo spagnolo della Spagna, ora non dico che è completamente diverso, ma ci sono delle differenze. Se desiderate informazioni in più su quelle differenze di pronuncia su questo link https://youtu.be/RDZNExgogoU potete avere tutte le informazioni che desiderate sul tipo di accento e pronuncia. In futuro, nel resto della Fanfiction scriverò di nuovo in spagnolo (tranquilli frasi semplici e metterò comunque la traduzione a fine capitolo) e ci saranno dei fraintendimenti tra i protagonisti, tipo sul modo di dire di una certa cosa e mi piacerebbe che ricordaste che ci sono queste differenze linguistiche anche nella realtà. Ora però vi lascio perdere e finisco questo momento “curiosità” e vi lascio leggere lo spazio autrice.
Angolo autrice
Buongiorno, buonasera e buon pomeriggio a tutti voi lettori. Sono tronata con questo nuovo capitolo che spero abbia soddisfatto tutti. Devo essere sincera con voi, inizialmente i ragazzi romani non dovevano esserci in questo capitolo, ma poi ho pensato che se utilizzavo un altro capitolo per l’arrivo di Jason e gli altri, si sarebbe allungata troppo la storia, quindi ho deciso di metterli in questo capitolo.
NON UCCIDETEMI, Reyna è uno dei miei personaggi preferiti di tutte le saghe di Rick e quindi mi spiace che si sia trovata in quella “spiacevole” situazione. Ora a parte gli scherzi, mi è venuta sul momento l’idea del bacio e mentre la scrivevo stavo pensando che la storia era troppo piatta e quindi che ci doveva essere una scena un po'…come dire…Trash. E quindi, BOOM, ecco il bacio. Non so come la prenderete, vorrei sapere le vostre reazioni nei commenti, ma comunque spero vi sia piaciuta l’idea, ce ne saranno altre di idee come questa nei futuri capitoli che mi verranno in mente proprio mentre sto scrivendo e non posso fare a meno di non  scriverle.

Ora partiamo con le domande che vi lasceranno in sospeso e che spero vi faranno pensare a cosa potrebbe succedere nei futuri capitoli:
Amy ucciderà davvero Andreas o qualcun altro (chiamato Reyna) lo ucciderà per primo?
Perché il cuore di Andreas non batteva quando Will voleva sentirlo?
E come mai Andreas odia così tanto i romani?
In tutti i casi vi ringrazio per aver letto fino a qui e ricordate di commentare che mi fa piacere sapere cosa ne pensate.
Buongiorno, Buonasera e Buon pomeriggio a tutti voi lettori.
Baciusss

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Erano seduti intorno al tavolo da ping-pong tutti ansiosi per le rivelazioni, tutti i capo-cabina stavano aspettando che uno dei ragazzi iniziasse a parlare. Amy indossava la maglietta del campo mezzosangue, quella arancione con il pegaso sopra, per mostrare ai semidei del campo che era dalla loro parte come alleata e non come nemica.
Andreas aveva, invece optato per la sua maglietta blu anche se ancora sporca di sangue, la preferiva al colore arancione della maglietta del campo mezzosangue che a parer suo stonava con i suoi occhi, una cosa che sorprese tutti era che il figlio di Crono aveva un occhio nero e nessuno sapeva chi glielo avesse fatto, Leo aveva scommesso per Regina, ma la ragazza aveva giurato di non averlo mai toccato
- Vogliamo iniziare, non abbiamo tutta la giornata- disse, o per meglio dire urlò, Clarisse rompendo il silenzio nella sala. Clarisse non aveva ancora deciso se quei ragazzi le piacevano o no, era molto più propensa a odiarli a causa del teorico padre di Andreas la sua adorata Silena era morta e il suo ragazzo era quasi impazzito. Ma una cosa aveva imparato dalla sua amica morta, non giudicare una persona dalle apparenze, e quindi aveva deciso di aspettare prima di giudicare i due estranei. Ma non poteva aspettare in eterno, per questo aveva urlato.
-Si avete ragione, scusate- disse Amy per poi voltarsi verso Andreas che sospirò e iniziò a parlare.
-Bene, voglio precisare una cosa però prima di tutto: io non sono come mio padre, non dico ci essere migliore, ma vorrei essere giudicato per quello che ho fatto io e non mio padre-
-Si certo- disse Chirone a nome di tutto il campo, e anche se Andreas non ci credette molto, date le facce dei ragazzi continuò
-Visto che molti non mi conoscono, mi ripresento, sono Andreas Arias Santiago e sono figlio di Crono…- poi indicò la sua vicina e disse
-… lei è Amy Dalila Velasco ed è una figlia di Eris, dea della discordia e del caos-
-Oye amigo, questo lo sapevamo già, il campo è piccolo e le voci girano veloci- disse Leo, sapevano già i loro nomi e tutti nel campo erano andati in infermeria, facendo impazzire i figli di Apollo, perché erano tutti curiosi di vedere questi stranieri
-Lo so, ma qualcuno mi ha detto che devo essere educato o mi taglia la lingua- ribatté Andreas. Seduta su una poltroncina lontana dal tavolo, Reyna arrossì leggermente ricordandosi che era stata lei a minacciarlo. Hazel affianco a lei bisbigliò
-Ma gli hai fatto tu l’occhio nero? Dopo quello che è successo ne avresti tutto il diritto-
-No, ma mi sarebbe piaciuto- rispose Reyna osservando da lontano il ragazzo e l’occhio gonfio e violaceo che aveva.
-Come è possibile che sei figlio di Crono- chiese Annabeth curiosa di sapere tutta la verità
-Sei una figlia di Atena e non sai come nascono i bambini, tua madre non ti ha spiegato che non escono dalla testa, ma nascono dopo un atto chiamato…-
-So come nascono- lo interruppe Annabeth, la stava prendendo in giro e lei odiava che qualcuno la prendesse in giro, chiunque gli avesse fatto l’occhio nero era appena diventato il suo eroe preferito
-Se lo sai allora non credo sia logico porsi la domanda su come io sono venuto al mondo-
-Crono è stato rinchiuso per secoli fino a che…-
-Luke Castellan non lo ha liberato, si lo so- disse Andreas con aria svogliata interrompendo Chirone che cercava di essere il più razionale e gentile di tutti. Ma il figlio di Crono aveva detto il nome che per il campo era un po' tabù. Luke Castellan, colui che aveva scatenato una guerra, ma che poi alla fine si era sacrificato per salvare tutti. Un eroe agli occhi della maggior parte dei semidei al campo, e per altri qualcosa in più di un eroe. Come per Annabeth, Luke era la sua famiglia e il suo nome pronunciato con così tanta svogliatezza la fece angosciare ed innervosire, ma non pronunciò una parola.
-E allora come…? -
-È successo più o meno 20 anni fa, quando un ragazzo di nome Luke Santiago, essendo troppo curioso è entrato in contatto con un’antica bara d’orata che emanava un potere troppo potente per un semplice umano come lui-
-Santiago…. Dove ho gia sentito questo cognome!?- Chirone cercando di ricordarsi quel cognome che aveva un non so che di conosciuto
-A parte che è il mio cognome, è anche quello di mio zio Read Santiago un figlio di Ares- disse Andreas voltandosi verso Clarisse che con gli occhi sgranati si alzò in piedi, sbattendo le mani sul tavolo e urlando
-Tu sei il nipote di Reed…quel Reed, uno dei più grandi eroi che ci sono stati in questo campo, uno dei figli di Ares più rispettati di tutti i tempi-
-Chi è?!?- chiese Percy che non aveva capito niente di quello che aveva detto Clarisse che troppo fomentata non si era riuscita a spiegare bene
-Era un figlio di Ares che 25 anni fa era il capo della sua cabina. Era un ragazzo molto coraggioso e forte, era tecnicamente perfetto in combattimento con qualunque arma a corpo a corpo, nessuno era mai riuscito a batterlo. Era rispettato e amato…-
-Un figlio di Ares amato e rispettato, stento a crederci- bisbigliò Percy a Piper facendola sghignazzare, Chirone lo sentì e prima di continuare gli scoccò un’occhiata di rimprovero
-Un anno prima della sua morte era partito per un’impresa segreta e non aveva più fatto ritorno, quando ho mandato qualcuno ad avvertire la sua famiglia mortale ho scoperto che era morto insieme al fratellastro mortale, Luke, più piccolo di lui di 1 anno- finì Chirone con aria cupa, era stato molto affezionato a Reed, che era stato uno dei suoi migliori allievi
-E che missione era? - chiese Annabeth mentre si ripeteva in testa le parole chiavi di quello che aveva detto Chirone, così da riuscire a capire in fretta e a ricordarsi tutto. Le parole erano: Santiago, Missione e aveva anche la sensazione che una parola chiave potesse essere Luke. Ma non ne era molto sicura
-A questo posso rispondere io- disse Amy che fino a quel momento non aveva detto una parola e stava osservando bene Andreas per vedere come si comportava
-20 anni fa, Reed, era riuscito a sapere dell’esistenza di alcuni figli dei 3 pezzi grossi, figli di Ade per l’esattezza- guardò negli occhi tutti i semidei cercando di leggere le loro emozioni e continuò a parlare
-Subito Reed pensò che la prima grande profezia si stesse realizzando, quella che riguardava un figlio dei 3 pezzi grossi e quindi partì per cercarlo e proteggerlo, doveva farlo arrivare al campo per allenarlo e fargli compiere la sua profezia-
-Indovino un po’, non riuscì a trovarlo- disse Leo già stanco di quella storia, voleva tornare da Calypso il prima possibile e raccontarle la barzelletta che gli era venuta in mente
-Al contrario, riuscì a trovarlo, ma qualcosa gli impedì di prenderlo, e quel qualcosa era...-
-Mio padre- la interruppe Andreas
-O per meglio dire il corpo di mio padre - continuò il figlio di Crono cercando di spiegarsi meglio:
-Molti non sanno che Crono sapeva che, dopo essere stato sconfitto dagli dei, qualcuno lo avrebbe liberato dalla sua prigionia nel Tartaro e sarebbe risorto, e quel qualcuno si sarebbe chiamato Luke- un sospiro e dei mormorii seguirono le sue parole e non gli permisero di continuare, ma quando Annabeth zittì tutti Andreas continuò 
-Luke Santiago era una persona curiosa e gelosa, gelosa di suo fratello maggiore e del fatto che era un figlio degli dei, e curiosa perché guardando attraverso la foschia riuscì ad arrivare fino a Crono. Il Titano pensò che lo avrebbe liberato era lui e quindi dopo averlo manipolato (promettendogli poteri più grandi di quelli di suo fratello) riuscì ad impossessarsi del suo corpo. Ma il corpo di Luke Santiago era mortale e non riuscì a reggere la potenza del Titano, per questo Crono venne di nuovo rinchiuso nella sua prigione fino a Luke Castellan-
-E tu come sei nato scusa?!- chiese Piper confusa di come fosse possibile la nascita del ragazzo.
-Nel periodo in cui Crono stava nel corpo di mio padre mortale, si è innamorato di mia madre e sono nato io, avevo meno di un anno quando quel corpo mortale è morto e zio Reed ha sacrificato la sua vita per rinchiudere di nuovo Crono-
-Ma quindi tu sei un mortale, non un semititano come vuoi farci credere-
-E qui ti sbagli id… AHIO- la parola non lasciò mai le sue labbra perché Amy gli pestò il piede facendogli rendere conto che stava per dire qualcosa di inopportuno
-Volevo dire, qui ti sbagli figlio di Poseidone. Mio padre è Crono, sono nato dall’unione di Crono e mia madre, non da Luke Santiago. Anche se ho preso il suo cognome-
-Perché hai preso il suo cognome? - chiese Leo
-Ma perché vogliono una spiegazione per tutto- borbottò Andreas ed Amy, sentendolo, decise di sviare il discorso
-Davvero vi interessa perché abbiano lo stesso cognome. Forse è più interessante chiedere il motivo per cui noi siamo qui o perché fino all’altro ieri non sapevate nemmeno dell’esistenza di noi due- disse acida Amy facendo pensare ai semidei del campo che forse aveva davvero ragione, che non era importante il cognome di Andreas, ma il perché della sua presenza. Ad Annabeth scappò un sorrisino, quella ragazza ci sapeva fare davvero con le parole, con due semplici frasi era riuscita a distogliere l’attenzione dal passato del ragazzo e l’aveva rivolta al futuro che li attendeva.
Amy ed Andreas non avevano molto tempo, per cui non lasciarono neanche un secondo, ai semidei, di assimilare quello che avevano detto, e subito la figlia di Eris caricò il cannone e sganciò la seconda bomba della giornata, dopo a quella naturalmente della storia di Andreas
-Siete in pericolo- disse attirando l’attenzione di tutti i presenti
-Siete in pericolo voi ed il campo romano-
-Spiegati meglio per favore-
-Certamente, un matto psicopatico ha intenzione di uccidere tutti i semidei, in particolar modo vuole distruggere i campi, e…- non finì la sua spiegazione che venne interrotta da Clarisse che non si fidava per niente di quello che stava dicendo la ragazza
-Come sapete tutto questo? -
-Lo sappiamo perché…- iniziò Amy ma vanne di nuovo interrotta, però questa volta non per porgere una domanda
-Hanno sterminato metà di noi- la interruppe Andreas sbattendo arrabbiato una mano sul tavolo. Perché ancora non si volevano fidare i loro? Perché ancora non capivano la gravità della situazione?!
Andreas aveva risposto alle domande sul suo passato, si era aperto e si era fidato di loro, perché allora questi idioti non lo volevano ascoltare.
La sua casa era stata distrutta, i suoi amici erano morti, la sua ragazza lo aveva tradito e dopo tutto questo, dopo che si era attraversato tutto il paese rischiando la vita, quegli stupidi semidei avevano dubitato della sua parola. Lui era Andreas Arias Santiago, figlio di Crono, lui aveva distrutto i giganti Anteo e Tizio e aveva aiutato a uccidere gli altri giganti che avevano tentato di distruggere il suo campo, lui aveva fondato da solo a 14 anni un campo e lo aveva difeso da solo contro un esercito (per 2 volte). Quindi come si permettevano quei semidei a dubitare di lui, se avessero dubitato di lui sarebbe stato come dubitare di un dio
-E questo sarà il vostro stesso destino o peggio- continuò il ragazzo furioso
-Sterminati?!!-
-E poi chi sono questi noi? -
Andreas non sopportava queste domande, a lui se gli avessero detto “vi stanno per sterminare tutti” non ci avrebbe pensato 2 volte e avrebbe preparato una difesa. Perché allora questi scemi non lo facevano e continuavano a fare domande, mancavano solo un paio di giorni e anche per questo campo sarebbe stato la fine. Prima di infuriarsi davvero e prima che potesse dire qualcosa, però, qualcuno gli prese la mano per farlo calmare. Andreas voltò di scatto la testa e incontrò gli occhi calmi di Amy che lo fissavano tranquilli che riuscirono a placarlo. Quando Andreas si sedette con ancora le mani unite a quelle di Amy, quest’ultima iniziò a parlare
-Molti di voi, forse non sanno dell’esistenza di un secondo campo per semidei greci-
-Impossibile, i satiri avrebbero percepito la sua presenza- disse Chirone sicuro di quello che diceva, e se anche i satiri non potevano percepire la presenza di quel campo gli dei lo avrebbero di sicuro avvertito se c’erano dei loro figli in un campo senza protezione. Perché di sicuro non avevano la barriera di Thalia che li proteggeva.
Andreas ghignò
-Davvero? E per caso voi sapevate forse dell’esistenza mia o di quella di Amy? Se aveste lasciato finire la mia compagna vi stava per dire che i semidei nel mio campo sono figli di dei minori a cui nessuno importa- disse Andreas che sorrise internamente. Finalmente quel campo si rendeva conto che non era l’unico luogo dove i semidei potevano sopravvivere e soprattutto si potevano rendere conto che se non fosse stato per lui quei poveri ragazzi sarebbero morti.
-Non è vero che non ci importa di loro. Solo…-
-Solo COSA!! Se non fosse stato per me e Andreas semidei figli di dei minori sarebbero morti e a voi non sarebbe importato nulla- disse Amy che per la prima volta da quando era arrivata, aveva alzato la voce e si era arrabbiata
-Ci sono dei ragazzi figli dei alcuni dei minori. Noi non sapevamo…-
-Non lo sapevate. Figli di Eris o di Iride sono morti perché voi siete troppo “importanti” per abbassarvi al nostro livello, proprio come i vostri genitori. Alcuni dei minori, ma chi vi credete di essere- Amy sembrava davvero arrabbiata, ma dopo aver guardato con aria truce ogni semidio presente nella stanza e aver zittito tutti, sospirò e si calmò. Se lo era tenuto dentro per molto tempo e non parlava solo a nome suo, ma anche a nome dei suoi fratelli e dei ragazzi al campo, nessuno si meritava di essere escluso solo perché era di una categoria “inferiore”. Perché si, avevano chiamato i loro genitori: “dei di serie B” e loro li avevano definiti semidei inutili che non vanno neanche salvati. Dentro di sé, infatti, Amy aveva pensato che il Campo Mezzo sangue si meritasse di essere attaccato e distrutto. Ma come al solito Andreas l’aveva fatta ragionare e le aveva ricordato che tra i due quello “cattivo” era lui e che lei non poteva permettersi di avere quei pensieri. Amy si voltò proprio in direzione del ragazzo che continuò al posto suo
-Ho costruito il campo con l’aiuto di Amy e pochissimi altri nostri amici quando avevo 14 anni ed ha potuto iniziare ad ospitare semidei figli di dei minori solo durante l’estate dei miei 15 anni. Ho deciso di chiamarlo ελπίδα -
-Perché l’avete chiamato “speranza”? - chiese Samantha, capo cabina della casa di Nike, curiosa di sapere il perché di questo nome così strano per un campo di semidei greci
-Non è importante, se sopravviviamo ve lo raccontiamo un altro giorno, ma adesso dovete pensare all’imminente battaglia-
-Quale battaglia?!-
-Tra due giorni verrete attaccati da forze molto potenti che hanno deciso di distruggerci- rispose Andreas anche se non sopportava quel genere di domande, ma si era reso conto che Amy non era in condizioni di continuare fino a che non si sarebbe calmata, lo aveva capito dallo sguardo e non si tirava in dietro. 
Resistette all’impulso di arrabbiarsi e sospirò, doveva riuscire a parlare da solo con Chirone e quell’ Annabeth, erano gli unici che potevano riuscire a capire che stava succedendo senza fare troppe domande e soprattutto erano gli unici che potevano ideare un piano decente per sopravvivere. 
Annabeth guardò negli occhi del ragazzo e cercò in tutti i modi di decifrarli per capire le vere intenzioni di Andreas, ma era indecifrabile, come se mostrasse solo quello che voleva lui. La figlia di Atena socchiuse gli occhi e lasciò perdere per un momento quello che stava pensando e pochi millisecondi dopo iniziò a ragionare su quello che avevano detto i ragazzi mettendo insieme i pezzi. C’era un secondo campo mezzo sangue che era stato attaccato e distrutto da un pazzo che voleva uccidere tutti i semidei, e che tra 2 giorni quel pazzo sarebbe arrivato lì insieme al suo esercito di mostri e avrebbe distrutto tutto e tutti.  Bene doveva ideare un piano e la cosa più logica era quella di chiedere aiuto alle uniche due persone che lo avevano già affrontato, ma chiedere aiuto così esplicitamente avrebbe messo in ridicolo lei e il campo e quindi disse
-Come avete vinto voi? -
Finalmente una domanda intelligente.  Ma per la solita fortuna dei ragazzi, Andreas ed Amy non sapevano come rispondere a questa domanda, perché in realtà loro non avevano vinto. Non erano riusciti a battere il nemico, e anche se lo avessero battuto, non potevano definirsi vincitori. Perché i vincenti non fanno morire degli innocenti, dei vincenti non permettono che la loro casa venga rasa al suolo, i vincenti non perdono la speranza guardando in faccia il nemico e arrendendosi alla sconfitta. Per questo loro non potevano dire che avevano vinto, perché la realtà era ben diversa
-Non abbiamo vinto, siamo sopravvissuti- disse Andreas facendo paralizzare Annabeth che non si spiegava il perché di quella risposta. In che senso erano sopravvissuti, come avevano fatto a sopravvivere e non vincere. Quei due ragazzi non sembravano per niente persone che scappavano di fronte ad un nemico e da come ne avevano parlato, chiunque li avesse attaccati sembrava qualcuno che non lasciava sopravvivere nessuno. Quindi perché Andreas aveva utilizzato proprio quelle parole “sopravvivere” e non aveva detto che avevano vinto
-Più o meno un mese fa, qualcuno di davvero importante per noi, ci ha traditi e ci ha attaccati…non sappiamo in che modo sono state distrutte le mura o con quale arma, ma quando siamo arrivati al campo di fronte a noi c’era la distruzione- disse Amy che aveva lo sguardo lontano perso nei ricordi di quella battaglia che aveva portato alla morte delle sue sorelle e del suo primo grande e unico amore. Andreas annuì e con sguardo e voce dura disse
-Amy ed io eravamo in missione quando siamo stati avertiti dell’attacco, ma siamo arrivati tardi, i nostri amici non erano riusciti a difendersi e quando siamo entrati in battaglia noi due, i nostri amici stavano soltanto cercando un modo per non morire. È successo tutto molto velocemente, mentre Amy e pochi altri continuavano a combattere io mi sono fatto strada attraverso i nemici e sono arrivato al traditore e l’ho affrontato, ma ho perso- raccontò stringendo i denti e i pugni, ancora gli bruciava il fatto che avesse perso contro di lei
-Il traditore o per meglio dire la traditrice…-
-Amy! - la interruppe Andreas facendo di no con la testa, non voleva che Amy pronunciasse il suo nome
-Scusa…è una semidea molto potente, il fatto che avesse quel tipo di potere ci sorprese anche a noi, la conoscevamo da anni, era una nostra carissima amica. Forse è per questo che ci ha risparmiato la vita, perché forse ci voleva ancora…- continuò Amy, ma vene interrotta di nuovo da Andreas che voleva andarsene subito, aveva bisogno di sfogarsi un pochino e non poteva farlo se stava fermo in quella stupida stanza circondato da idioti che non si fidavano di lui e di Amy.
-Voleva ancora torturarci, era troppo facile ucciderci quel giorno, per questo ci ha risparmiato la vita. Ma è stato un errore, io la ucciderò. Giuro sullo Stige che la ucciderò…- poi si girò verso Amy e fece una X all’altezza del suo cuore e mimò con le labbra la frase in greco antico “σταυρό στην καρδιά” che voleva dire “croce sul cuore”, e voltandosi di nuovo verso i semidei intorno al tavolo concluse raccomandandoli su quello che stava per succedere
-Il 12 luglio vi attaccherà un esercito di mostri capitanati da questa ragazza, a lei ci penserò io, ma voi dovete difendervi, preparate una difesa e mandate via chi non sa combattere. Se non sarete pronti, morirete tutti- disse per poi alzarsi e uscire dalla Casa Grande. Aveva bisogno di aria e voleva andare a tirare pugni a qualcosa, almeno si sarebbe sfogato un po' e allo stesso tempo si sarebbe allenato.
 Il ricordo della sua ragazza che lo tradiva e vendeva il campo al nemico lo aveva fatto infuriare. L’avrebbe uccisa, anche se questo voleva dire che a morire oltre a lei c’era anche una parte del suo cuore.
 
Angolo autrice
Buongiorno, buonasera e buon pomeriggio a tutti voi lettori. Sono tronata con questo nuovo capitolo che spero abbia soddisfatto tutti, mi dispiace da morire se non sono riuscita ad aggiornare domenica scorsa, ma avevo particolarmente da fare. Vi prometto che non succederà più, e per farmi perdonare aggiungerò due capitoli oggi (anche se è sabato).
Comunque, sarò breve in questo spazio autrice...
Stiamo iniziando a conoscere meglio la storia di Andreas ed Amy e il motivo per cui sono andati al campo mezzosangue e soprattutto abbiamo capito come è nato Andreas e la sua storia familiare.
Secondo voi chi è la traditrice e che rapporto ha con Andreas?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo…per farmi perdonare per il ritardo vi anticipo che ci sarà un piccolo flashback sul passato di Andreas ed Amy. Bene non vi dirò altro.
 Vi ringrazio per aver letto fino a qui e ricordate di commentare che mi fa piacere sapere cosa ne pensate.
Buongiorno, Buonasera e Buon pomeriggio a tutti voi lettori.
Baciusss

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Il Campo ελπίδα nasceva nascosto dietro una collina del ‘Parco Cabrillo National Monumental’ a 1 ora di macchina dal centro di San Diego. Costruito in meno di un anno con un aiuto speciale da parte di alcuni dei minori, il campo iniziò ad ospitare semidei figli di quest’ultimi che il Campo mezzo sangue non cercava nemmeno, in quanto non percepivano la presenza debole di semidei figli di naiadi o dei minori. Il campo era parecchio grande e Andreas aveva deciso di costruirlo basandosi su un modello medievale di un castello: la prima cinta di mura aveva due entrate una a nord e una a sud e due torrette di vedetta; dopo 15 metri dal primo muro, ce ne era un secondo un po' più basso che faceva da seconda difesa e aveva 4 portoni che permettevano l’entrata ai semidei. All’interno della seconda cerchia iniziava la vera e propria zona abitativa del campo. Superando la seconda entrata nord, subito, sulla sinistra c’erano le stalle dove i semidei del campo custodivano i cavalli e gli unici 2 pegasi che il campo si poteva permettere, vicino alle stalle c’era anche la fucina che veniva utilizzata solo per aggiustare le armi, non costruirle. Continuando sempre sulla sinistra c’era l’armeria che si trovava vicino all’Arena dove i ragazzi si allenavano e facevano le varie e poche gare del campo. Alla destra, appena dopo l’entrata nord, c’erano la mensa e l’infermeria, due luoghi in cui i semidei non portavano armi (regola speciale decisa dal consiglio del campo). Andreas aveva deciso anche di costruire un’abitazione speciale per i membri del consiglio dove i ragazzi si ritrovavano per decidere le varie questioni e dove si incontrava chiunque dovesse partire per una qualsiasi missione. Quest’abitazione si trovava di fronte all’entrata est e stava sia vicino all’infermeria che vicino alle varie cabine dove dormivano i semidei. In tutto erano 20 le cabine, una per ogni dio minore o ninfa che aveva un figlio nel campo, dall’altra parte del campo, all’altezza delle cabine, c’erano all’incirca 20 templi sempre per gli dei minori che avevano offerto il loro aiuto per la costruzione del campo e che li continuavano ad aiutare per il benessere dei loro figli. Separato dagli altri templi ce ne era uno costruito per Crono dove Andreas andava ogni volta che aveva bisogno di pensare, come se il padre lo aiutasse a ragionare in maniera lucida. Vicino ai templi i ragazzi, sotto le varie richieste dei figli di, avevano deciso di creare anche un luogo dove potevano meditare senza che qualche dio li ascoltasse, per questo vicino ai templi c’era una zona meditativa. Vicino alle cabine c’era anche la così detta “area giochi” dove i semidei del campo si divertivano giocando a pallavolo, basket o ping-pong o a calciotto e altri vari sport. Il centro del campo, nel punto più centrale di tutti, c’era il falò dove i ragazzi passavano ogni notte prima di andare a dormire e si divertivano raccontando storie e cantando canzoni, l’unico posto dove riuscivano a separarsi dal resto del mondo. Vicino alle cabine, nascosto sottoterra, c’era un tunnel segreto che portava alla spiaggia dietro al campo e che i ragazzi del campo utilizzavano per avere un po' di intimità tra di loro, infatti questo tunnel lo conoscevano solo i membri più anziani.
Andreas era un po' il capo nel campo, ma mai aveva imposto le sue decisioni agli altri semidei, per questo aveva formato un consiglio con tutti i ragazzi più anziani che avevano il compito di aiutarlo nella gestione del campo. Lui e i suoi amici se la dovevano cavare da soli, in qualunque questione, senza l’aiuto degli dei o di addestratori, ma sin dalla creazione del campo, mai i ragazzi si erano lamentati o avevano avuto seri problemi di gestione. In tutto i membri del campo erano 9, tra cui Andreas ed Amy, le decisioni le prendevano in maniera democratica con votazioni e avevano deciso le regole in base al tipo di persone che arrivavano in modo da creare così un campo piuttosto pacifico e tranquillo. Di tutte le regole, quella più importante di tutte, quella che indipendentemente da tutto dovevano rispettare era: “Non dovrete mai rivelare informazioni legate al campo ελπίδα per tutta la vostra vita”.
Che Andreas fosse un duro ormai era un dato di fatto, anche il più ottuso degli individui lo avrebbe capito alla prima occhiata: atteggiamento da sbruffone e sguardo minaccioso facevano cambiare strada alla gente che lo incrociava. Un tipo del genere dava l’impressione di poter sopportare di tutto senza problemi, e certo un mostro o due non gli avrebbero mai potuto impensierirlo tanto. Infatti, dopo essere tornato da una missione di ritiro era tornato al campo, non aveva quasi fatto caso ai due mostri che girovagavano intorno ai confini del suo campo. Solo dopo 14 mostri e due feriti in 4 giorni si era iniziato a lamentare al consiglio straordinario e aveva cercato di convincere gli altri membri del consiglio per riuscire ad avere il permesso per partire per una missione. Sapendo però che Andreas era una delle persone più forti esistenti al campo avevano deciso, di comune accordo, che potevano partire ufficialmente per la missione. Mai decisione fu più sbagliata di quella che presero. La mattina dell’12 giugno, Andreas e la sua migliore amica Amy partirono e non fecero neanche un giorno di viaggio che il campo li richiamò perché erano sotto attacco. Ma non arrivarono in tempo. Avevano appena superato i confini della California inseguendo un mostro che li avrebbe portati dritto da colui che li stava inviando al campo, era un piano semplice e Andreas decise di partire solo con Amy, in quanto era l’unica con cui poteva affrontare tutto. La missione era iniziata bene, poco prima di partire entrambi i ragazzi avevano salutato i loro amici e le persone che amavano, e come sempre, senza dire più niente erano partiti. Erano passate precisamente 3 ore di viaggio quando ricevettero la chiamata di una delle sorelle di Amy, l’avvertiva che il campo era stato attaccato e che non riuscivano a difendersi. I due ragazzi si scambiarono solo uno sguardo, e dopo aver rubato un’auto erano tronati al campo in fretta e furia lasciando perdere il mostro, che stava sorridendo in quanto aveva svolto il suo lavoro e aveva tenuto Andreas Arias Santiago lontano dal campo per l’inizio dell’attacco. Quando arrivarono i due ragazzi videro la distruzione e per poco non si arresero soltanto guardando il loro campo distrutto, le due cinte di mura sfondate e che una quantità troppo grande di mostri per essere contata si stava riversando nel campo. L’arena era stata distrutta come i templi e le stalle, i mostri erano quasi arrivati fino alle cabine dove i pochi ragazzi che erano sopravvissuti stavano cercando di difendersi e non farli arrivare alle cabine e al passaggio segreto dove sicuramente si stavano nascondendo i più piccoli che non sarebbero riusciti a combattere. Andreas ed Amy girarono introno al campo e uccisero i pochi nemici che stavano cercando di entrare nelle altre entrate, infatti erano riusciti a sfondare solo le mura ovest e un pezzo di quelle nord e stavano entrando da quel tratto distrutto. I due ragazzi corsero fino all’entrata segreta ed entrarono, nel tunnel sottoterra incontrarono gli spaventati semidei che stavano cercando di pregare gli dei per la loro salvezza, appena videro il figlio di Crono e la figlia di Eris urlarono, ma resesi conto che erano loro due corsero ad abbracciare la ragazza. Solo la piccola Apple corse da Andreas e gli raccontò che era successo, abbracciandogli una gamba, i due ragazzi più grandi si fissarono e ordinarono ai più piccoli di non fare rumore e di restare lì, e gli promisero che sarebbero tornati in poco tempo. Con aria severa Andreas attraversò di corsa la galleria seguito da Amy che sorrise rassicurante ai bambini ed entrambi uscirono. Appena fuori dalla botola videro solo un cadavere e delle polveri, e lontano sentirono le urla dei loro amici che si stavano avvicinando. Non ebbero neanche il tempo di piangere Alessandro morto per difendere la botola, che corsero ad aiutare gli amici. Solamente quando li raggiunsero la situazione cambiò, i mostri iniziarono ad avere davvero paura quando videro la furia di Andreas ed Amy che li stavano disintegrando senza difficoltà, e anche i ragazzi del campo vedendo i due nuovi arrivati lottare senza esclusione di colpi iniziarono a trovare il vigore che avevano perso e riiniziarono a lottare con la stessa grinta di Amy ed Andreas.
-Ci hanno tradito, hanno distrutto le mura dall’interno- disse Aaron, un figlio di Iride e membro del consiglio
-Chi è stato? - chiese rabbioso Andreas, avrebbe scatenato la sua rabbia su quel bastardo che li aveva traditi
-Si trova tra la prima e la seconda cinta, sotto la torre di vedetta- rispose il figlio di Iride bloccando con la sua lancia le zanne di un mostro che stava cercando di azzannarlo. Andreas girò la testa e cercò lo sguardo di lei, ma non lo trovò, o per meglio dire non la vide proprio, il ragazzo aggrottò le sopracciglia e sperò vivamente che non fosse morta perché sennò non sapeva davvero che avrebbe fatto. Al suo posto però incontrò gli occhi lucidi di Amy che lottava vicino a Mary una delle sue sorelle
-Vai- gli gridò lei e senza aspettare oltre il figlio di Crono fermò il tempo e iniziò ad infilzare i mostri paralizzati nel tempo. Per i semidei non era passato neanche un millisecondo, ma per Andreas erano passati ben 10 minuti, aveva distrutto da solo 1/3 dell’esercito che li stava attaccando, i ragazzi del campo fissarono il loro amico correre tra le file ormai sfoltite e attaccarono anche loro.
Andreas stava superando il tempio di suo padre quando una fitta alla testa gli fece sputare del sangue dalla bocca, era stato un’incosciente a bloccare il tempo per una così lunga durata, ma ormai era fatta, doveva arrivare assolutamente a quel traditore.
Mentre si faceva largo tra le fila nemiche a suon di falce, superò molti più cadaveri di quanti volesse ricordare, superò i corpi dei suoi compagni e la sua rabbia per il traditore aumentò sempre di più.
Conoscete la sensazione di quando vi sentite persi, la sensazione di quando il mondo vi crolla addosso e non riuscite più a respirare per quanto è pesante l’aria del mondo appena controllato. Il respiro gli si mozzò e il cuore gli si spezzò nell’esatto momento in cui i loro sguardi si incontrarono Andreas sentì un CRACK, il crack del suo cuore che si spezzava e la delusione e la tristezza si impossessarono di lui. Aveva raggiunto il traditore, o per meglio dire la traditrice, e appena aveva scoperto la sua identità, il mondo di Andreas era crollato. Perché proprio lei l’aveva tradito, perché di tutte le persone del campo lei, Andreas si era promesso che l’avrebbe difesa fino alla morte, e adesso lei lo aveva tradito costringendolo a scegliere se lasciarla andare o ucciderla.
Scelse male e per una volta si pentì davvero di avergliela data vinta. La lasciò andare e appena la ragazza scomparve i mostri cessarono di arrivare e i restanti divennero presto cenere sotto le lame dei semidei. Avevano perso tutto, tutto quello che avevano era stato distrutto, la loro casa, la loro vita, i loro amici e la loro fiducia. Andreas tornò dal gruppo che aveva combattuto e vide che la maggior parte stava piangendo ed era seduta triste da una parte, Amy era separata dal gruppo inginocchiata vicino al corpo di una ragazza e piangeva, piangeva come se non ci fosse stato un domani, perché il suo domani era morto con quella ragazza, accanto a lei c’era un ragazzo che piangeva in silenzio, con una mano sulla spalla della ragazza. Andreas la raggiunse e si inginocchiò di fronte a lei, a separali solo il corpo della ragazza morta, nell’esatto momento in cui Amy alzò gli occhi, il figlio di Crono si pentì della scelta che aveva fatto. Aveva lasciato andare colei che aveva spezzato il campo e soprattutto colei che aveva spezzato Amy. Strinse i denti e i pugni e si maledì per quella scelta stupida, Andreas quel giorno non pianse e non versò neanche una lacrima mentre venivano bruciati i drappi o cercavano di capire cosa si potesse fare. Non pianse, ma soffrì nella stessa maniera degli altri, forse anche di più degli altri, perché il suo dolore era come una costola rotta, da fuori non si vedeva niente, ma ogni respiro faceva un male indescrivibile.
 
 
Andreas tirò un altro pugno al manichino dell’arena del Campo Mezzo sangue, aver parlato del suo passato e di quello che era successo al suo campo, gli aveva fatto ricordare lei e il dolore che aveva portato. Strinse di più i pugni e continuò a colpire sempre più forte, ad ogni pugno nella sua mente venivano ricordati gli occhi tristi dei suoi compagni o le lacrime sui loro volti, ad ogni pugno la sofferenza si impossessava di lui e lui la riversava su quel povero manichino che era stato sfigato a capitare tra le grinfie di Andreas.
Non sapeva da quanto tempo stesse combattendo, sentiva soltanto il sole caldo che piccava sulla sua testa e il sudore che gli scendeva lungo il petto e la schiena, anch’essi toccati dal calore del sole in quanto non aveva la maglietta. Stava per tirare l’ennesimo pugno al manichino quando un coltello gli passò a pochi centimetri dalla testa e si andò a piantare proprio al centro della testa del fantoccio. Il ragazzo si girò di scatto per vedere chiunque avesse tirato quel coltello, era stato davvero un pazzo incosciente a tirare quella lama contro Andreas, anche se non con l’intenzione di colpirlo. Il figlio di Crono girò la testa e vide due occhi scuri divertiti che appartenevano ad una ragazza che conosceva più o meno bene, in quanto era la causa del suo occhio nero. A pochi metri da lui la romana figlia di Bellona sorrideva nella sua direzione, contenta che il coltello che aveva appena lanciato fosse andato dove doveva andare
-Dovresti metterti delle protezioni, rischi sennò di non poter combattere se ti ferisci le mani- gli disse la ragazza indicando con un cenno del capo le mani di Andreas, il ragazzo non se ne era reso conto ma aveva le nocche tutte spezzate e doloranti, con alcuni rivoli di sangue che gli colavano dalle mani. Il figlio di Crono non se ne era reso conto, troppo concentrato sui ricordi e i pensieri per rendersi conto che si stava facendo del male da solo
-Che vuoi romana, non sono in vena di battutine- rispose Andreas girandosi e andando a prendere uno straccio con cui asciugarsi il sudore, stava vicino alla maglietta sporca che si era tolto quando appena entrato nell’arena. Sperava di poter stare un po' da solo per questo era venuto ad allenarsi all’ora di pranzo mentre tutti gli altri stavano a mensa a mangiare, ma il suo piano era fallito quando quella romana aveva messo piede nell’arena.
Reyna vide il ragazzo piegarsi per prendere un asciugamano che gli serviva per asciugarsi e osservò con attenzione il corpo di Andreas e dovette ammettere che il figlio di Crono era oggettivamente bello. Aveva un fisico asciutto e nerboruto, e decisamente non stonava con il viso accattivante e bello da mozzare il fiato, soprattutto quando ghignava e le mostrava due fossette adorabili. La mandibola pronunciata, l’accenno di barba che stava venendo fuori perché non si radeva da un pio di giorni, quegli occhi verdi e quei capelli neri, tutto di lui le era sembrato incantevole e seducente appena lo aveva visto fuori da quell’infermeria. E adesso che stava mostrando il suo corpo atletico bagnato dal sudore, Reyna, pensò che fosse molto più che seducente e incantevole, era davvero bello. La ragazza notò che il ragazzo aveva anche 3 tatuaggi sul corpo, e si chiese perché non li avesse notati prima, “Perché eri concentrata sulle sue labbra premute sulle tue o su quegli occhi così ipnotici”, le disse il suo subconscio, ma scacciò quei pensieri arrossendo e concentrandosi sui tatuaggi che aveva il ragazzo. Il più grande lo aveva sulla schiena, erano due ali di drago, una per spalla, e la particolarità erano che entrambe le ali erano chiuse, sotto di esse avevano una scritta in spagnolo che diceva “Cuando lleve el momento empieza a volar y se libero*”. Il secondo invece lo aveva sul bicipite ed era un simbolo piuttosto strano, così strano che Reyna non riuscì a capire che cosa rappresentasse, aveva anche una scritta in greco che complicò la “traduzione” della romana. Il terzo e ultimo tatuaggio lo vide quando il ragazzo si girò nella sua direzione e vide il petto scolpito, si trovava all’altezza del cuore ed era un orologio a cipolla, di quelli di vecchia data che si aprivano e chiudevano: era aperto e mostrava l’ora con i numeri romani, la catenella che era appesa alla parte superiore era piuttosto corta e aveva legati 4 ciondoli con 4 simboli diversi. Una mela, un cuore, una stella e un pesce. Non aveva né scritte né niente e Reyna fissò l’ultimo tatuaggio un pochino più intensamente, come a voler imprimersi quell’orologio nella mente. La figlia di Bellona notò che il ragazzo aveva anche delle cicatrici sulla schiena causate da vecchi tagli delle molte battaglie e anche sul petto ne aveva alcune, una in particolare attirò l’attenzione di Andreas, era sul pettorale sinistro ed era a forma di X, ne aveva una molto grossa all’altezza del fianco, attraversava il bacino, passava sull’inguine e scendeva giù fino a… A distrarla da tutto fu Andreas che la guardò a sua volta, ripetendo di nuovo la domanda che le aveva posto
-Che c’è romana? -
-Ho un nome lo sai vero-
-Bueno perdoname, che vuoi Reyna Ramírez-Arellano- scherzò il ragazzo senza però sorridere facendo sbuffare la ragazza che scosse la testa e alzò gli occhi al cielo
-Caro Andreas Arias Santiago sono venuta qui perché ho dimenticato la mia spada ieri quando sono venuta a sbollire la mia rabbia- rispose la ragazza con lo stesso tono di Andreas che questa volta ghignò mostrandole le sue fossette
-Chi ti ha fatto l’occhio nero? - chiese lei avvicinandosi al figlio di Crono e cercando la sua spada tra le armi che erano appoggiate dove il ragazzo aveva appoggiato la sua maglietta e l’asciugamano
-Amy, anche lei doveva sbollire la sua rabbia, e ha trovato prima me che l’arena- rispose lui indicando l’occhio e sospirando perché non era colpa sua se aveva quell’occhio nero
-Perché non ti prendi un po' di ambrosia, sparirebbe in un paio di ore-
-Non la riesco a bere, mi viene da vomitare appena la ingerisco, poi mi piace l’occhio, mi dà l’aria di uno che fa molte risse- disse il ragazzo allargando il ghigno
-Non ti serve l’occhio nero- pensò ad alta voce Reyna, ma prima che il ragazzo potesse dirle qualunque cosa lei lo anticipò chiedendogli
-Che ci fai anche tu qui, invece? -
-Ho bisogno anche io di sfogarmi- rispose il ragazzo mentre la ragazza si girava e prendeva in mano una spada
-Ah, sì?!- e la conversazione finì lì, perché la ragazza si girò all’improvviso attaccando, con la spada che aveva in mano, il povero ragazzo che preso alla sprovvista fece un passo indietro per schivare.  Fissò la romana incuriosito e un pochino arrabbiato per l’attacco a sorpresa, ma non ebbe neanche il tempo di capire perché stesse facendo tutto quello che la ragazza lo riattaccò e questa volta il ragazzo si difese trasformando la collanina che portava in una falce e subito dopo la falce in una spada. Parò il fendente della ragazza e glielo restituì con la stessa foga che stava utilizzando la figlia di Bellona, che le era preso di punto in bianco. Tra i due nacque un vero e proprio scontro, entrambi i ragazzi paravano e attaccavano nella stessa maniera, ma Andreas era in difficoltà e lentamente la romana lo stava spingendo verso il muro. Appena la schiena di Andreas toccò il freddo muro si distrasse un secondo, permettendo alla romana di imprimere più forza nel colpo successivo. Il rumore delle spade che cozzavano inondò l’arena, le due spade formarono una X tra i due ragazzi, a separarli solo le due lame. Entrambi avevano il fiatone e dopo pochi secondi in quella posizione Reyna disse
-Secondo te se combatti in questo modo riuscirai a vendicare i tuoi amici- gli disse a bassa voce, il ragazzo ringhiò e la spinse via per poi tentare di colpirla con la sua lama, ma il movimento era mosso dalla rabbia e la ragazza che invece stava combattendo tranquilla riuscì a schivare quel colpo inutile e in poche mosse riuscì a disarmare il ragazzo senza difficoltà
-Non puoi scendere in battaglia in queste condizioni- gli disse puntando la lama alla gola del ragazzo che ancora con il fiatone la fissava torvo
-E te che ne sai…-
-Lo so perché ti sei appena fatto disarmare senza difficoltà, guarda non ho neanche il fiatone- lo interruppe la ragazza e abbassò l’arma. Andreas fece un paio di passi indietro e continuò a fissare negli occhi la ragazza, incatenò il suo sguardo a quello della figlia di Bellona e ci si perse. Nella sua espressione severa, Andreas, lesse determinazione e comprensione, lesse che la ragazza forse poteva capirlo. Iniziò a toccarsi la mascella e pochi minuti dopo di silenzio totale, ringhiando disse
-Io li devo vendicare capisci. I miei amici, gente che si fida di me…Ci hanno distrutto, ci hanno spezzato e io devo vendicarli- sputò fuori il ragazzo abbassando la testa e fissandosi le mani, Reyna lo guardò in silenzio cambiando espressione, non ce l’aveva più severa, adesso era più comprensiva. Capiva come si sentiva il ragazzo, ma se fosse entrato in battaglia in quelle condizioni, sarebbe morto dopo pochi minuti e senza risolvere la situazione in cui si trovava il suo cuore.
-Mi sento così impotente ogni volta che ripenso a quella battaglia, se solo fossi stato più veloce, forse a quest’ora i miei amici sarebbero ancora vivi e io… io…- non riuscì a completare la frase che serrò gli occhi e i pugni. Non avrebbe pianto, lui non era tipo da piangere di fronte alle altre persone, no lui era quello freddo e tenace, che non si mostrava mai debole di fronte a nessuno, ben che meno di fronte ad una romana come lei. Reyna fissò il ragazzo e con sguardo dolce gli posò una mano sulla spalla del ragazzo e lo costrinse ad alzare lo sguardo, i loro occhi si incatenarono di nuovo e Reyna a quella vicinanza notò che erano più chiari di quello che avesse mai potuto immaginare
-Crucciarsi non cambierà le cose, il mondo non è gentile con nessuno...- strinse di più la mano sulla spalla, come a costringere il ragazzo ad imprimersi nella memoria quelle parole e con un sospiro gli disse
-…tutti compiono degli errori. Ciò che conta è come vi poniamo rimedio-
L’espressione di Andreas non cambiò, ma nei suoi occhi, Reyna, lesse gratitudine e vide che la tristezza che aveva il ragazzo da quando era arrivato lentamente stava scomparendo. Reyna indietreggio per poi voltarsi e uscire dall’arena, ma pochi passi prima dell’uscita una voce la bloccò
-Gratias tibi, gratias tibi valde*-disse Andreas in latino sorprendendo la ragazza che non pensava sapesse parlarlo, anche se però era un latino molto grezzo e la pronuncia non era delle migliori. Reyna si girò e gli sorrise enigmatica
-Io stavo soltanto riprendendo la mia spada- rispose lei per poi girarsi e uscire dall’arena. La ragazza ormai era distante, ma se si fosse girata avrebbe visto uno dei rari sorrisi di gratitudine che si stava allargando sul viso di Andreas, e questo qui non era un ghigno. Peccato che la ragazza non si girò, occupata a far rallentare il cuore che stranamente le batteva un po' più velocemente del normale.
 
 
Gratias tibi, gratias tibi valde*= Grazie, grazie di cuore
Cuando lleve el momento empieza a volar y se libero*= Quando arriva il momento inizia a volare e si libero

 
Spazio autrice
Buongiorno, buonasera e buon pomeriggio a tutti voi lettori. Sono tronata con questo nuovo capitolo che spero abbia soddisfatto tutti, e ora ne parleremo così potrete ascoltare le cazz..volevo dire le perle di saggezza su questo capitolo di questa pazza di un’autrice come meee.
Partiamo dal presupposto che ho adorato scriverlo, anche se ci ho messo un pochino per quanto riguarda la battaglia e spero di averla descritta bene facendovi capire appieno le cose, non sarà la prima e ultima battaglia che scriverò e questo è il test di prova per quanto riguarda la parte del combattimento.
Ho diviso il capitolo in due parti, la prima era uno sguardo al passato sul campo “speranza”, mentre la seconda parla dell’inizio del rapporto con Reyna.
*si nasconde dietro un muro*
Reyna è il mio personaggio preferito di tutta la saga e il fatto che Rick l’abbia voluta lasciar sola mi ha davvero dispiaciuto, per questo ho pensato:
“se Reyna, come ha detto Afrodite/Venere, non si metterà con un semidio, forse potrebbe mettersi con un semititano e BOOM ecco Andreas come nuovo personaggio (che all’inizio doveva essere il figlio di una delle dee vergini che non era Atena, ma avevo già accantonato quest’idea prima di decidere la storia di del figlio di Crono).
Non mi uccidete vi prego e non mettete di leggere la storia, che non è diventata una storia d’amore, principalmente è di avventura e azione, ma naturalmente c’è anche la parte sentimentale, comica e romantica.
Vi fccio alcune domande prima di lasciarvi andare…
Perché se Andreas odia tanto i romani sa parlare latino?
E perché mai ha lasciato andare la traditrice, per poi pentirsene?
Lo scoprirete se continuerete a leggere, ricordate di commentare e…
Buongiorno, Buonasera e Buon pomeriggio a tutti voi lettori.
Baciusss
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Il 12 luglio per qualunque essere umano era un giorno come un altro. Un giorno d’estate (o di inverno, per quanto riguarda l’altra parte dell’emisfero). C’era chi stava morendo di caldo, chi di fame, chi di sonno e chi stava morendo di ansia.
Il 12 luglio era un giorno normale per tutti, ma non per Percy Jackson e i suoi amici, non era un giorno normale perché era il primo compleanno di Annabeth dopo la guerra contro Gea e il ritorno di Leo con Calipso.
Per una volta Annabeth sperava di passare un compleanno in santa pace, mangiare la sua torta in santa pace e festeggiare con i suoi amici. Ma anche questa volta qualcosa andò storto, qualcosa che nessuno poteva immaginarsi.
Il 12 luglio il Campo Mezzo sangue fu attaccato e per poco non fu raso al suolo.
Ma partiamo dall’inizio di quel compleanno.
Come gli avevano detto i due stranieri, alle prime luci dell’alba un esercito di mostri sarebbe spuntato ai confini del campo e li avrebbero attaccati. E così fu, quando il sole iniziò a sorgere in lontananza tra gli alberi si iniziarono a vedere figure di mostri terrificanti che correvano per distruggere il campo. I più veloci di quelle creature si staccarono dal gruppo e iniziarono a caricare la barriera, che per la fortuna dei poveri semidei, stava funzionando
-Non reggerà a lungo, appena arriverà lei si scatenerà il pandemonio- disse Andreas avvicinandosi ad Annabeth che si trovava nelle file indietro cercando di trovare una soluzione per riuscire a difendere tutti. Cavoli era sopravvissuta a due guerre e infinite battaglie, non poteva certo morire lì e soprattutto non in quel giorno. Accanto a lei c’erano Reyna e Frank, che anche lui aveva un minimo di strategia militare e cercava di aiutarla in ogni modo.
-Hai detto che se colpiamo il loro capo se ne andranno- chiese Annabeth che stava cercando un modo per salvare il campo e cercare di far sopravvivere tutti. Era molto stressata, nessuno poteva capire che razza di responsabilità aveva e, anche se stava cercando di mantenere la calma, stava morendo di paura e ansia. Avrebbe tanto voluto Percy accanto a lei, ma lui aveva il suo lavoro da fare, e di certo non poteva fermarsi adesso. Doveva aiutare Piper a far sgomberare il campo di “battaglia” a chi non poteva combattere e metterli al sicuro, mentre gli altri si mettevano in posizione di difesa e/o preparavano le trappole.
-Si- rispose convinto Andreas. Annbeth osservò quel ragazzo misterioso con molta attenzione, lo guardò bene negli occhi e si chiese come mai sembrava così sicuro? Come era possibile che non avesse paura scendere in battaglia o morire? Annabeth osservò gli occhi lucenti di Andreas che risplendevano sotto l’elmo dorato e per un attimo desiderò avere la sicurezza e l’audacia che trasmettevano il suo sguardo. Ma il pensiero dell’imminente battaglia la fece tornare a concentrarsi sul piano che doveva creare.
-Perché...? - iniziò a chiedere Frank che ancora non capiva come quel ragazzo sapesse tutte quelle cose, ma venne interrotto dalla voce di Annabeth che continuò a chiedere
-Ne sei sicuro al cento per cento? -
-Certamente! Quei mostri li giù sono come delle abejas*e se ammazzi la loro regina allora muore tutto l’alveare. Il loro obbiettivo oggi è solo distruggere e spaventare, non conquistare, il vero attacco non sarà qui e non sarà oggi- disse Andreas, Annabeth non aveva capito cosa significasse la parola “abejas” però riuscì ad arrivare al significato: quei mostri erano come delle api, e quando ad un alveare togli la sua regina, quell’alveare crolla.
-Va bene, ho trovato...- affermò Annabeth distendendo una cartina del campo e dei confini. Quell’esercito aveva sbagliato ad attaccare il campo perché Annabeth lo conosceva come le sue tasche e nessuno la batte sul suo territorio.
-... Percy e Piper sono andati con i bambini e chi non poteva combattere nei bunker dei ragazzi di Efesto. Li avrebbero condotti lì e poi sarebbero tornati a combattere. Ho detto a Leo e ai suoi fratelli di seminare delle trappole il giro con l’aiuto dei figli di Hermes. Tutti gli altri si stanno già disponendo per la battaglia. Ci divideremo in due gruppi, il primo sarà il grosso del nostro esercito che cercherà in tutti i modi di difendere il campo, voglio sicuro a capo dell’“esercito” Clarisse affiancata da Percy e Jason...- iniziò a spiegare Annabeth mentre mostrava sulla cartina dove si sarebbero posizionati i ragazzi per combattere. Il punto era proprio vicino al lago delle canoe a metà tra il pino di Thalia e le cabine. Vicino anche all’armeria dove i figli di Efesto avevano creato dei “giocattolini”. Il piano era che non nessuno si sarebbe mosso fino a che i mostri non avrebbero rotto la barriera e sarebbero caduti nella prima linea di trappole che avevano installato i figli di Efesto
-...il secondo gruppo, invece, sarà composto da pochissime persone che mireranno alla “regina”. In questo gruppo ci sarai, ovviamente, tu, Andreas...- continuò a dire Annabeth mentre alzava gli occhi per vedere come avrebbe reagito il ragazzo
-Non combatterò questa battaglia se non con Amy al mio fianco, non mi importa se voi morite o no, ma lei oggi non morirà- disse Andreas mentre si toglieva l’elmo e se lo metteva sotto il braccio
-Tranquillo, anche lei ci sarà nel gruppo, e oggi nessuno morirà- rispose Annabeth
-Bene, ma non essere così speranzosa...- riabbatté Andreas prima di girarsi e andarsene per andare a parlare con Amy di chissà che cosa.
Reyna lo fissò fino a che non scomparve dalla sua visuale, come faceva ad essere così calmo prima di una battaglia? Perché non aveva paura? Perché nei suoi occhi così enigmatici e ipnotizzanti non aveva visto neanche un live cenno di panico o paura? Forse proprio perché erano enigmatici che non era riuscita a vedere niente, era riuscita solo a rimanere incatenata a quelle iridi così... A distrarla dai suoi pensieri sugli occhi del ragazzo di Annabeth che continuò mentre elencava i nomi degli altri del gruppo
-Nella squadra ci sarete anche tu, Reyna, ed Hazel, e per ultima ci sarò io. Voglio vedere in prima persona quel ragazzo e quello che fa. Ci muoveremo su dei pegasi, almeno saremo più veloci e potremmo riuscire ad individuare prima chi comanda e attaccarla senza interferire troppo con i nostri compagni. Tu Frank lotterai insieme agli altri, sul campo sarai tu lo stratega, perché io sarò da un’altra parte, quindi in caso succed...-
-So cosa devo fare- disse Frank arrossendo per l’enorme responsabilità che gli stava affidando Annabeth
-Bene, prepariamoci, non credo che reggerà ancora per molto la barriera- affermò Annabeth e come per confermare quelle parole si sentirono i ruggiti di più mostri che sbattevano sulla barriera al confine del campo.
 
-Quindi che intenzione hai? - chiese Amy quando vide avvicinarsi il suo partner
-Riguardo a cosa? - domandò di rimando Andreas mentre l’affiancava. Dovevano andare a scegliere il pegaso con cui la loro squadra avrebbe attacco lei. Si incamminarono fianco a fianco mentre parlavano della battaglia imminente e di come si sentivano. Le circondò le spalle con un braccio e lei fece lo stesso con i fianchi di lui, si amavano, come si amano due fratelli.
-Sai di chi sto parlando. Di...-
-Non pronunciare il suo nome per favore-
-Okis okis*, comunque che intenzioni hai? -
-Ho intenzione di ucciderla ecco che cosa farò- ruggì Andreas
-Non ci sei riuscito l’ultima volta, ti ricordo- gli ricordò dura Amy che l’ultima volta per colpa di quello stupido non ci rimanevano secchi tutti
-Lo so, ma questa volta sarà diverso. Ci riuscirò. Ce la devo fare- rispose Andreas cercando di convincere più sé stesso che la ragazza che aveva vicino
-Bueno, allora cerca di non fallire- disse Amy entrando nella scuderia e separandosi da lui per andare a scegliere il suo pegaso di battaglia. Camminò un po’ tra i cavalli alati e puntò lo sguardo su un bellissimo pegaso con il manto grigio pomellato e la criniera si un grigio scuro tendente al nero. Quel cavallo emanava un’aria di liberata e potenza che fecero decidere la ragazza. Sarebbe stato quello il suo pegaso, aveva deciso. Senza più osservare nient’altro a parte il cavallo si avvicinò e nell’attimo stesso in cui posò una mano sul muso dell’animale, un’altra la posò al tempo stesso. Amy si girò di scatto e vide chi gli volesse fregare il pegaso
-Non ci provare Andreas l’ho visto prima io- disse la ragazza girandosi in direzione del suo migliore amico e guardandolo in cagnesco. Quel ragazzo faceva sempre così, sin da quando erano piccoli, qualcun altro desiderava qualcosa e lui la prendeva prima togliendola a quella povera persona. Lo faceva con tutti, aveva la mania di volersi impossessare di cose che non erano sue. Come stava facendo adesso con quel cavallo
-Non dire stupidaggini, l’ho visto prima io, quando hai visto che mi stavo spostando verso di lui allora ti sei mossa pure tu- ribatté il ragazzo girandosi in direzione dell’amica e iniziando a battibeccare come una coppia di anziani che si conoscono da molto tempo. Era una lite amichevole, ma nessuno dei due voleva demordere, si stavano per mettere le mani addosso (se non si fosse risoluto a parole, le botte avrebbero decretato il vincitore), quando una voce all’ingresso della scuderia li fece fermare entrambi
-Vi pare il momento di scherzare, dobbiamo andare in battaglia e potremmo morire- disse Reyna sull’uscio della porta dell’armeria. Indossava l’armatura da battaglia, un bellissimo mantello rosso che si muoveva al vento e portava i capelli legati che le ricadevano su una spalla, aveva le braccia incrociate al petto in segno di rimprovero. Non le poteva il caso che quei due si mettessero a litigare, non prima di una battaglia e sicuramente non dopo aver amoreggiato l’attimo prima. Il ricordo di loro due così vicini le procurò un lieve bruciore allo stomaco ma non ci fece molto caso, era sicuramente l’ansia da battaglia.
Amy guardò la figura che li aveva sgridati. Era quella Romana che aveva baciato Andreas. Come si permetteva a parlargli in questo modo, doveva portar loro rispetto e poi non si doveva immischiare. In realtà lei e Andreas non stavano litigando, quello era il loro modo per distrarsi dalla battaglia, se avessero avuto la mente libera avrebbero potuto concentrarsi meglio e combattere senza farsi prendere dal panico. Quindi che cosa cavolo voleva quella ragazza? Stava per risponderle male quando Andreas la precedette
-Si hai ragione, ci dispiace, vado a scegliere un altro pegaso- Amy non poteva credere alle proprie orecchie. Non riusciva a credere che proprio Andreas, il suo Andreas, avesse risposto così a una romana e aveva rinunciato ad una cosa che voleva tutti i costi. Ma che cosa cavolo gli stava succedendo? si chiese Amy mentre fissava il suo amico scegliere un pegaso nero come la pece. Si voltò anche a fissare la romana che stava vicino ad un pegaso bianco, che dall’espressione che notò Amy, anche lei era sorpresa della risposta del ragazzo e… era un pochino arrossita??!?!? Ma che cosa cavolo era successo tra que Andreas e la romana in due giorni?!
 
L’esercito del Campo Mezzosangue capì che quella battaglia non si sarebbe conclusa bene quando, aspettando con le armi pronte, videro ergersi su quella massa informe di creature terrificanti la figura di una ragazza. Era bellissima, forte e terrificante. Ecco cosa pensarono tutti quanti alla vista della ragazza, tutti a parte Andreas ed Amy che sapevano bene che sotto quell’aspetto così perfetto era in realtà un mostro senz’anima. In mezzo a quella massa nera di mostri, lei risplendeva alta, indossava un mantello sontuoso e montava un magnifico destriero bianco dalla criniera argentea. Dritta altera…sembrava una regina! I suoi occhi incutevano terrore e tutto in lei sembrava spaventoso.
Hazel sentì Andreas ringhiare al suo fianco mentre guardava con odio il viso della ragazza, lo sguardo dei due ragazzi si incatenò e la regina sul destriero bianco sorrise alla vista del semi-titano. Chissà se si conoscevano?
-Molto bene, vedo che vi siete preparati al mio arrivo- iniziò a dire la ragazza con un’espressione divertita, molto probabilmente non le importava niente che davanti aveva un esercito di semidei addestrati. Perché tanto sapeva già quale sarebbe stato l’esito della battaglia e che sicuramente avrebbe portato distruzione e terrore in quel campo. Il suo sorriso, o per meglio dire ghigno, si allargò quando vide Percy Jackson vicino ad Annabeth Chase mentre si tenevano per mano, sarebbe stato divertente vederli agognare di dolore mentre distruggevano la loro preziosa casa che avevano protetto per moltissime volte di fila.
-Sapete, oggi mi sento magnanima visto che ho avuto la fortuna di incontrare anche dei bellissimi romani…e che romani. Un figlio di Giove, una di Plutone e due bellissimi pretori. Che onore…- disse la ragazza mentre il suo cavallo camminava sull’aria, perché si quel cavallo non aveva le ali eppure riusciva a camminare sull’aria, un po’ come faceva Arion su ogni tipo di terreno.
-…comunque, arrendetevi a me e bla bla bla. Sicuro sapete anche voi come continua questa predica e a me non va proprio di dirvela- disse la ragazza mentre muoveva la mano come se quel discorso l’avessero obbligata a dirlo e lei avesse preferito invece annientare tutti. Per la gioia della ragazza Percy urlò
-Non ci arrenderemo, non è nel nostro stile-
-Ah Percy Jackson, uno dei più grandi semidei della storia, vedi a me piacciono i ragazzi come te, che non si arrendono, che hanno il coraggio di ridere di fronte alla morte e che anche in situazioni così pericolose rimangono carini e sexy…- Hazel arrossì, non le pareva il caso che in una situazione del genere una ragazza si mettesse a dire certe cose e soprattutto non ad un ragazzo fidanzato. Che razza di persona è quella che lo fa?! Andreas girò la testa in direzione di Annabeth che stava guardando davvero storta quella ragazza
-Mi piacciono davvero tanto può confermartelo Andreas, lui è proprio come te sai…-
-Jo Offerson Marx…- la chiamò Andreas con una punta di dolore nella voce, come se soffrisse mentre pronunciava il nome della ragazza. Hazel si sentì un po' meno spaventata quando sentì il nome di quella ragazza, come se quell’aria di mistero che avvolgeva il suo nome si fosse improvvisamente cancellata lasciando solo la sensazione di puro terrore che incuteva.
-Smettila di dire stronzate e fatti sotto- ruggì Andreas improvvisamente indurendo sempre di più il viso e la voce
-Hai ragione mi sto perdendo in chiacchiere, è arrivato il momento di distruggervi. Addio- finì di dire Jo mentre alzava un dito al cielo e intorno a lei si iniziavano a creare dei fulmini neri
-Arriva- sussurrò Andreas sguainando la spada e salendo sul suo pegaso. Lo sguardo di Hazel corse a Frank e vide che anche lui la fissava augurandole buona fortuna con gli occhi, Hazel si toccò il cuore dove conservava ancora il mozzicone di legno legato alla vita del suo ragazzo. Sorrise per incoraggiarlo e anche lui di rimando allargò la sua bocca nel suo solito sorriso da bambino, ma Hazel vide negli occhi il terrore che stava provando.
Un rombo enorme spezzò quel silenzio e i ruggiti dei mostri invasero il campo.  “Ti amo” mimò Frank prima di girarsi e posizionarsi per combattere. Hazel gli avrebbe voluto rispondere che anche lei lo amava, ma non avevano tempo, le prime trappole stavano già esplodendo e i mostri sopravvissuti attaccavano i semidei.
Hazel salì in groppa al suo pegaso, le sarebbe piaciuto combattere insieme ad Arion, ma non sarebbe stato possibile in quanto doveva aiutare Annabeth in aria e il suo cavallo non sapeva volare, sfoderò la sua spada da cavallerizza e aspettò il segnale di Annabeth che la squadra doveva partire.
-Bene. ANDIAMO- urlò Annabeth dopo aver finito di salutare Percy, indossò il suo elmo e salì sul suo cavallo mentre la squadra partiva e superava l’esercito di mostri ed andava a uccidere Jo Offerson Marx.
-Andiamo ad uccidere la mia ragazza- disse Andreas seguendo Annabeth con il suo cavallo alato.
 
 
 
*Abejas = api
* Okis Okis =Ok ok. In America latina è comune che viene utilizzato questo termine al posto del classico OK.

 

 

Spazio autrice

Buongiorno, buonasera e buon pomeriggio a tutti voi lettori.

Eccomi a voi con questo nuovo e lunghissimo capitolo.

LA battaglia sta per iniziare, il campo mezzosangue sta per essere attaccato e chissà cosa stanno facendo i nostri fantastici eroi.

Prima di lasciarvi andare ho alcuni appunti da fare su questo capitolo.

Il primo è si riferisce al numero 12, il numero 12 è un numero importante nella mia vita e dopo un paio di ricerche ho scoperto che anche in alcune culture lo è, in particolare nella cultura greca, il numero 12 rappresenta gli dei dell’Olimpo. Approfittando anche che il 12 luglio era il compleanno di Annabeth, ho deciso che l’attacco al Campo mezzosangue poteva essere quel giorno e che quindi la nostra povera figlia di Atena non avrebbe passato neanche questa volta un compleanno tranquillo.

Il secondo appunto è quello sul rapporto tra Andreas ed Amy e…niente in realtà non ho un appunto da fare, volevo solo farvi vedere quanto questi due ragazzi si conoscono e che non è tutto rosa e fiori nel loro rapporto.

Il terzo e l’ultimo punto su cui vorrei fermarmi è quello su Jo. Partiamo dal presupposto che ho adorato scrivere il personaggio di Jo e nei prossimi capitoli vedrete quanto bello è questo nuovo nemico che devono affrontare inostri eroi. Se alcuni di voi se lo stanno chiedendo…Jo non è il “bambino” che ho descritto nel secondo capitolo, il bambino è un altro nemico. Detto questo vi lascio le domande di routine e dopo vi saluto…

Perché Jo ha quegli incredibili poteri (cavallo che vola senza ali, fulmine nero, …)? Di chi mai sarà figlia?

Il piano di Annabeth funzionerà ho il Campo Mezzosangue verrà distrutto?

Chi morirà in questa battaglia?

Se lo vorrete scoprire continuate a commentare, votare, consigliare ad amici e parenti e soprattutto continuate a leggere questa storia.

Buongiorno, Buonasera e Buon pomeriggio a tutti voi lettori.

Baciusss

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Andreas si ricordava come se fosse stato ieri il giorno in cui aveva conosciuto il suo primo amore, ed in effetti era stato il ieri, ma di 3 anni prima. Andreas aveva conosciuto Jo in un giorno autunnale, ma le aveva rivolto per davvero la parola soltanto in estate, quando il caldo era così intenso da riuscire a sciogliere anche i cuori più freddi. 

Nel momento stesso in cui le aveva rivolto la parola non si erano più fermati e avevano parlato per ore e ore, anche della cosa più banale possibile come quella volta che alle 3 di notte Andreas si era mangiato un intero barattolo di burro d’arachidi perché aveva fame. E da quel momento, in silenzio, avevano legato i loro animi come mai avevano fatto con una persona. Non perché fossero simili, ma solo perché entrambi erano pronti ad autodistruggersi, lei fuoco nell'Antartide e lui fragile come una bomba pronta ad esplodere. Erano questo: due stelle che stavano per toccarsi l’attimo prima di esplodere. E nel momento stesso in cui gli occhi di Andreas si posarono su Jo, il ragazzo perse del tutto la ragione.

Ma la giornata non era mica iniziata con Andreas che sbavava dietro una ragazza, anzi in quel momento stava litigando con la sua, così detta, migliore amica.

-Eˊinutile che dici che sono ignorante! - disse Andreas entrando in uno dei bar

-Non dico che sei ignorante, è che non capisci un cazzo- rispose di rimando Amy che si mise in fila per ordinare. Quel giorno i due ragazzi avevano deciso di prendersi una pausa e di andare al centro di San Diego per rilassarsi un pochino. Ma come succedeva spesso tra i due, neanche l’ora di viaggio che separava il campo dal centro la potevano passare tranquilli senza battibeccare

 -Eˊla stessa cosa-

 -No, uno ignorante è uno che le cose non le sa, che le ignora, uno che non capisce un cazzo puoi anche spiegargliele, ma non capisce un cazzo-

-Vedi che è la stessa cosa! -

-E vedi che non capisci un cazzo! -  rise Amy sapendo di avere ragione e tentando invano di spiegare ad Andreas le sue ragioni. Avevano iniziato il viaggio parlando del più e del meno, poi però la conversazione si era spostata su la morale di una stupida storia. La storia era quella del bradipo e le banane e la morale in breve era: dare ciò che abbiamo a chi lo merita e sa come usarlo. Amy poi aveva fatto una battutina piccata in direzione di Andreas e si era subito scatenato il putiferio. Ma poi come erano arrivati a parlare del bradipo e delle banane nessuno dei due lo sapeva, ma in realtà non gli importava davvero, erano grandi amici e di certo non si sarebbero allontanati per una storiella.

-Sai vero che ti odio, io le cose le capisco, solo che non mi piace il modo in cui le dici- disse Andreas raggiungendo la ragazza. Amy sospirò, era davvero un bambino rinchiuso nel corpo di un quindicenne, quasi sedicenne a detta di Andreas. Mancava meno di un mese al 15 di ottobre, il giorno del suo compleanno e quindi voleva già essere definito sedicenne, anche se era ancora il 27 settembre

-Cosa volete ragazzi? -

-Io vorrei una donuts con la glassa sopra e un cappuccino con il latte di soia, grazie- ordinò Amy educatamente, la commessa poi si girò verso Andreas che senza sorridere le disse che voleva un caffè semplice senza zucchero né niente. Poi senza aspettare altro tempo si diresse in direzione del primo tavolo libero che aveva visto, poco distante dalla cassa e che si affacciava sulla strada che portava ad una scuola. Poveri ragazzi che ci dovevano andare, per fortuna sua madre non c’era più e suo padre era un Titano, e quindi nessuno poteva obbligarlo ad andare a scuola. Poco dopo venne raggiunto da Amy che gli aveva portato il suo caffè e anche l’ordine che aveva fatto lei, la ragazza gli posò la tazza davanti e sorrise nel costatare che Andreas era perso nei suoi pensieri. Non era raro vedere il ragazzo pensieroso, ma nell’ultimo periodo i suoi pensieri non erano rivolti a qualcosa di cattivo, ma erano rivolti soprattutto al campo e a come soddisfare quei pochi semidei che avevano deciso di seguire due quindicenni. Amy si aspettava che anche questa volta stesse pensando al campo, ma guardando meglio la sua espressione capì che non era così. Aveva un’espressione diversa dalla sua solita, questa era molto meno dura e distante, sembrava incantato da qualcosa da cui non poteva distogliere lo sguardo. Sembrava ipnotizzato. 

Amy seguì gli occhi di Andreas e vide ciò che aveva ammaliato il suo migliore amico. Era una ragazza che aveva più o meno la loro età che indossava una divisa scolastica della scuola da cui era appena uscita, la divisa era tutto sommato sobria e comprendeva cardigan felpato rosso infilato sopra alla camicia bianca con fiocco bordeaux attorno al collo. La ragazza non indossava il giubbotto perché non faceva tanto freddo per questo neanche sotto alla corta gonna scozzese non aveva indossato delle calze per restare al caldo, stava aspettando l’autobus con aria svogliata e non stava facendo caso a niente e a nessuno, Amy notò che non aveva un cellulare, di norma appena fuori da scuola si tira fuori il cellulare che si tiene nascosto, invece la ragazza stava appoggiata al palo della fermata e si guardava le unghie annoiata. La figlia di Eris girò di nuovo lo sguardo verso Andreas e sorrise, quanto lo avrebbe preso in giro per gli sguardi che stava lanciando in direzione della studentessa.

Andreas non si accorse che Amy gli poggiò il suo caffè davanti, mentre fissava i ragazzi che uscivano dalla scuola e li prendeva in giro mentalmente vide colei che non lo avrebbe fatto dormire per mesi. Era la ragazza più bella che avesse mai visto, aveva più o meno la loro età, ma emanava un’aria molto più matura. Una cascata di lucenti capelli color miele le incorniciava il viso perfetto e ne metteva in risalto i particolari. I suoi occhi erano vispi, di un azzurro acceso, ed erano contornati da una matita nera che ne esaltava ancora di più il colore. Aveva degli occhi molto grandi con tantissime ciglia, incurvate da una dose troppo eccessiva di mascara che però le davano quell’ aria da cerbiatta che stava facendo impazzire Andreas per la bellezza. Le sopracciglia erano chiare come i capelli, abbastanza sottili e ben pinzettate. Aveva un naso piccolino, un po' all’insù come fosse alla francese che le dava un aspetto ancora più grazioso. Aveva una carnagione molto chiara, e per questo spiccavano le carnose labbra screpolate, che continuava a mordersi. Il figlio di Crono si incantò a fissarle e aprì un pochino la bocca imbambolato mentre fissava quella dea che stava aspettando l’autobus. Quel giorno Andreas si innamorò per la prima volta in tutta la sua vita di una persona e per la prima volta in tutta la sua vita si sentì in pace col mondo.

Andreas per circa 10 mesi non fece altro che pensare alla ragazza che aveva incontrato e ogni volta che qualcuno del campo decideva di andare a San Diego lui lo seguiva e sperava sempre di rincontrare la ragazza che lo aveva conquistato. La rivide una calda giornata d’estate quando lui e Michele, un figlio di Zefiro, avevano deciso di andare in città per ordinare le magliette del campo con il simbolo che aveva disegnato Michele. E mentre il figlio di Zefiro ordinava e spiegava come posizionare il disegno sia davanti che dietro, Andreas stava fuori dal negozio a morire di caldo e a fare da guardia che non arrivassero mostri, anche se dubitava che un figlio di Zefiro potesse attirare tanti mostri. E mentre osservava in giro i ragazzi che camminavano o entravano nei negozi per avere un po’ di fresco, Andreas la rivide e come era successo la prima volta si incantò di nuovo. Era lì seduta su una panchina sotto un albero in mezzo alla piazza, aveva un libro in mano dove si stava appoggiando mentre scriveva qualcosa, forse una lettera. Andreas le riusciva a vedere il viso e notò che i tratti fini da bambina che aveva la prima volta che l’aveva vista, stavano sparendo lasciando posto a quelli di una ragazza che sarebbe diventata una donna davvero bella. Quanto era passato da quando l’aveva vista, quante cose erano cambiate, ormai lui era più alto e meno bambino, era diventato molto più maturo e responsabile. Ma un po' di agitazione comunque gli salì quando la ragazza alzò la testa e gli rivolse uno sguardo curioso, Andreas sospirò e cercò dentro di lui il coraggio per andarle a parlarle. Con sguardo accattivante attraversò in poco tempo la piazza e la raggiunse, le si sedette vicino e attirò l’attenzione della ragazza che con sguardo curioso e annoiato lo guardò. Andreas appena i loro occhi si incrociarono arrossì e distolse lo sguardo velocemente per concentrarlo su una singola foglia appesa sull’albero sotto cui stavano seduti tutti e due, pochi secondi dopo anche la ragazza tornò a concentrarsi sul compito che stava facendo e Andreas si maledì per la sua goffaggine, era figlio di un Titano non poteva certo arrossire di fronte ad una ragazza

-Fa caldo oggi, vero? - chiese il ragazzo per spezzare il silenzio, la ragazza si guardò intorno per poi girarsi spazientita un’altra volta in direzione di quel ragazzo che la stava distraendo, non poteva permettersi di perdere il bersaglio, non in un momento simile. Guardandolo meglio le sembrava averlo già visto, ma non si ricordava proprio dove, e mentre pensava a dove lo aveva già visto rispose alla sua domanda

-Si, molto- rispose facendo sobbalzare Andreas che non si aspettava una risposta della ragazza, staccò gli occhi dalla foglia e si voltò a guardare la ragazza che ancora lo stava fissando con aria spazientita e annoiata. Andreas arrossì di nuovo e si iniziò a guardare intorno per cercare qualcosa, qualunque cosa, pur di trovare un argomento di conversazione, ma proprio non gli veniva in mente niente, aveva la mente svuotata e non riusciva a trovare niente. Lui era un semititano, figlio del titano più grande si tutti, lui era riuscito a sopravvivere a non sapeva quanti mostri, era scappato da Cuba e aveva fondato un campo per i suoi simili dal nulla, non poteva avere niente in comune con una ragazza come lei che sembrava perfetta. 
Stava per dire qualcosa di davvero idiota come “anche a te piace l’acqua, perché io la bevo sempre, abbiamo qualcosa in comune” oppure “Anche tu respiri, visto abbiamo 2 cose in comune, BOOM siamo fatti l’uno per l’altra”, ma una margherita attirò la sua attenzione. Il fiore stava ai piedi dell’albero, proprio dietro la ragazza, era cresciuto sul terriccio sotto l’albero, dove nessun fiore poteva crescere in quanto il terreno era molto rovinato, ma quella piccola margherita aveva avuto la forza di crescere in circostanze così difficili. Andreas non la colse, non volle rovinare quel fiore tanto coraggioso, ma nel suo coraggio riuscì a trovare la forza per iniziare una vera e propria conversazione, anche se con una delle frasi più stupide del mondo

-Sai perché il Titanic è affondato-

-Perché? -

-Perché non è riuscito a rompere il ghiaccio…piacere Andreas- disse il ragazzo trovando la sua solita sfrontatezza e allungandole la mano per fargliela stringere

-Ehm…piacere Jo- rispose Jo lasciandosi scappare un sorriso, quel ragazzo che sembrava essere appena uscito dalla pubertà e aveva detto una frase davvero idiota solo per conoscerla, si trattenne dal ridere

-Quanti anni hai? - chiese la ragazza

-Ne sto per compiere 16, c’è tra tipo 6 mesi li compio, ma questi per me sono solo dettagli-

-Si, hai ragione, anche io sto per compiere 16 anni, li faccio il 16 ottobre e visto che stiamo ad aprile, manca davvero poco- Andreas fece una risatina e notò in quel momento la coincidenza, lui era nato il 15 di ottobre. Anche Jo sorrise iniziarono a parlare del più e del meno. Si raccontarono un po' di tutto anche se non andarono mai sul personale o le passioni degli altri, perché uccidere e scappare dai mostri non era di certo una passione da raccontare al primo che passava. Andreas non si chiese mai quanto ci stava mettendo Michele e non gliene importava, sapeva che il figlio di Zefiro era un precisino e che ci avrebbero messo gli anni di Zeus per tornare al campo. Per la prima volta in tutta la sua vita Andreas non stava contando i minuti cosa strana per uno che è il figlio del titano del tempo, ma sinceramente in quel momento non gliene poteva importare di meno, non gliene fregava niente del tempo che stavano impiegando per parlare, seppe solo quando quel tempo infinito finì. Aveva appena detto una battutina che aveva fatto ridere Jo, ma la ragazza aveva perso velocemente il sorriso e si era scurita il volto, stava guardando dietro la spalla di Andreas e il suo sguardo era puntato su una donna che fissava i due ragazzi con aria misteriosa e maliziosa, il figlio di Crono non ci dette molto peso, ma Jo non era della stessa opinione. Si alzò di scatto facendo cadere il suo zaino e strinse la mano a pugno, improvvisamente nella mano della ragazza comparve una spada di bronzo celeste e la lama quasi non si infilò nel naso di Andreas che si era spostato per non farsi colpire. Girò anche lui la testa in direzione della donna e vide che in realtà non era una donna, iniziò a trasformarsi. Il viso e le braccia persero a poco a poco colore, la pelle divenne pallida come gesso, gli occhi completamente rossi e i denti si tramutarono in zanne, le gambe erano mostruose, una era marrone con uno zoccolo di cavallo al posto del piede, mentre l’altra era di bronzo

-Un’empusa- bisbigliò Andreas fissando il mostro mitologico che era appena apparso, stava anche lui per estrarre la sua falce quando però Jo la attaccò cercandola di colpire. L’empusa balzò sul cofano di una macchina e lo ruppe, schivando il fendente di Jo, ma l’attenzione dell’empusa venne attirata da Andreas che ancora non si era mosso

-Arias è un piacere rivederti- disse il mostro mostrando le sue zanne in un sorriso, Jo si girò di scatto verso il ragazzo sconvolta, come se pensasse che era tutta una trappola. Andreas fissò in cagnesco l’empusa e quella rise prima però di morire in una nuvola di polvere, perché Jo aveva tirato la sua spada a mo di lancia e l’aveva colpita in pieno. Andreas si rilassò un secondo vedendola esplodere in polvere e si chiese come mai sapesse il suo secondo nome e come mai aveva detto che si erano già incontrati, ma non ebbe il tempo per pensare a due risposte logiche che la lama della ragazza gli venne di nuovo puntata contro. Andreas si sorprese e cercò di parlare, ma la ragazza gli premette la lama sulla gola ferendolo e facendogli scendere una punta di sangue, come quella che esce quando ti pungi con uno spillo.

Jo vide colare la goccia fino a che non si perse nel colletto della maglia del ragazzo e si sorprese che anche lui non fosse esploso in polvere come fanno i mostri quando il bronzo celeste li tocca, il che voleva dire che non era un mostro, ma allora perché non l’aveva aiutata e perché quell’empusa aveva detto di conoscerlo. Jo non si fidava per niente di quel ragazzo che emanava un’aria così antica e in quel momento, mentre la goccia scendeva, si ricordò dove lo vide. Era un giorno appena uscita da scuola e lui stava in un bar insieme ad una ragazza, ma era successo più o meno un anno prima, da quel giorno lo aveva visto più volte mentre girava per San Diego con altri ragazzi, ma il 60% delle volte era insieme alla ragazza del bar. Ma tutte le volte sembrava che non la vedesse e anche se si guardava sempre in torno come in cerca di qualcosa, Jo lo aveva sempre visto, ma mai i loro sguardi si erano incrociati, fino a quel giorno quando si era seduto al suo lato.

-Se potessi ti ammazzerei- disse la ragazza allontanando di pochi centimetri la spada dalla gola di Andreas che deglutì e un’altra goccia di sangue gli calò fino al colletto, ma non perse comunque il suo sorriso sbruffone

-E cosa ti frena? -

-Non voglio sporcarmi i vestiti- Andreas allargò il suo sorriso strafottente e la fissò divertito e quasi scoppiò a ridere, ma si trattenne perché aveva paura della reazione della ragazza, soprattutto perché Jo aveva una spada puntata alla gola. Andreas si chiese di chi fosse figlia  la ragazza, perché sicuramente era una semidea altrimenti l’empusa non l’avrebbe attaccata, ma non sembrava figlia di un dio maggiore altrimenti l’avrebbero attaccata più mostri o almeno un mostro più forte di una semplice empusa.

Andreas si concentrò un secondo e sentì un bruciore all’altezza del cuore e, come succedeva ogni volta che fermava il tempo, sentì la sua vita risucchiarsi e perse un po' di colorito. La ragazza non si mosse più e anche il resto del mondo intorno a sé rimase paralizzato, Andreas si alzò tolse la spada dalla mano della ragazza, la piantò vicino alla margherita, così vicino tanto che il fiore si  poteva riflettere sulla superfice della lama. Poi si sedette anche lui sotto l’albero e fece ripartire il tempo, il dolore al petto sparì e un ricolo di sangue gli cadde dal naso, ma non ci dette molto peso, era più o meno abituato, aveva già stoppato un paio di volte il tempo. Anche se era una cosa molto recente, la scoperta di questo potere.

Per Jo non era passato neanche un millisecondo per questo si sorprese e quasi si spaventò nel costatare che non aveva più sotto scacco Andreas e che non aveva più la sua spada in mano, si girò di scatto e la vide infilata sotto l’albero accanto ad un Andreas con le gambe incrociate che la fissava divertito, molto divertito

-Ma che caz…-

-Bambolina, non mi fregerai mai…- disse Andreas alzandosi e iniziandosi ad avvicinare a Jo che lo continuava a fissare con un’espressione che era un mix tra spavento, sorpresa, rabbia e sospetto molto sospetto, ma non osava muoversi perché era comunque ammaliata dagli occhi di Andreas che non staccavano lo sguardo da quello di Jo

-…io fermo il tempo. Sei un’ottima guerriera, saresti un buon elemento per il mio campo-

-Il tuo che? - chiese Jo mentre Andreas le si parava di fronte e le spiegava che cosa voleva dire, aveva il cuore in gola a stare a quella distanza da Jo e la cosa era molto piacevole, poteva vederle ogni sfumatura degli occhi azzurri della ragazza, era così vicino che riuscì a vedere il trucco che copriva un minuscolo brufolo sulla fronte, Andreas la trovò bellissima.

-Un campo per figli degli dei, come te, non so di chi sei figlia. Ma non sei sola. Tu non sei sola- scandì bene le sue ultime parole e fece crollare il muro di Jo che adesso lo fissava solo con aria sorpresa e con il cuore che le batteva più velocemente.

-ANDREAS…ANDREAS, vienimi ad aiutare con questi schifosi scatoloni- urlò dall’altra parte della strada il figlio di Zefiro che aveva uno scatolone gigante in mano e ne stava calciando uno più piccolo con i piedi

-Arrivo- rispose Andreas staccandosi da Jo e correndo ad aiutare Michele che per poco non cadeva. La ragazza lo vide allontanarsi e aspettò pochi secondi prima di correre a prendere la sua spada, ritrasformarla in un anello e raccogliere il suo zaino, mentre si tirava su la sua attenzione si focalizzò sulla margherita che aveva davanti e dopo aver visto un petalo del fiore che cadeva si girò e corse dal ragazzo che stava mettendo gli scatoloni su un’auto, Michele già stava al posto di guida ed era pronto a partire, aveva anche già acceso l’aria condizionata

-Hey ragazzo che ferma il tempo, io combatto mostri da quando ho 8 anni, i miei genitori non mi credono e non ce la faccio più. Quanto costa questo campo-

-Niente, il campo aiuta i semidei e se vuoi scappare dalla realtà, allora vieni- rispose il ragazzo prendendo una maglietta a caso e tirandogliela, la ragazza la prese al volo e fece alcuni passi indietro così da permettere a Michele di fare la retromarcia e partire a tutta birra, lasciando Jo da sola in quella piazza che si chiedeva dove stava questo campo e come lo avrebbe raggiunto. Guardò la maglietta e si osservò il braccio dove c’erano scritte delle coordinate. Jo sorrise guardando le coordinate e scuotendo la testa, con la sensazione che quel ragazzo l’avrebbe sorpresa da quel giorno in poi.

Quello fu il primo giorno in cui si incontrarono, Jo finì il suo ultimo anno di scuola e raggiunse Andreas al campo, che l’accolse a braccia aperte, passarono mesi a parlare e ad aprirsi l’uno per l’altra. Impararono ad amarsi e a capire cose l’uno dell’altra più di quanto avessero voluto, si amarono intensamente per tanti anni.

 

Spazio Autrice 

Buongiorno, buon pomeriggio e buona sera a tutti voi, sono tornata con questo salto nel passato.

In questo capitolo ho raccontato la storia di Andreas e Jo, almeno il loro primo incontro, così che tutti voi possiate capire che tipo di relazione c’è tra loro due.

Complimenti a tutti quelli che hanno capito che Andreas e Jo erano una coppia, anche se si poteva abbastanza capire. 

Che altro dire, il capitolo parla già da solo e a parte chiedervi di commentare per farmi sapere cosa ne pensate, vi lascio direttamente le 2 domande di routine:

Se per Jo è stata una salvezza il campo perché allora lo ha tradito?

Quando ha scoperto di avere i suoi poteri Andreas? (Ok questa non c’entra molto col capitolo, ma...shhhh)

Buongiorno, buon pomeriggio e buona serata a tutti

Baciusss

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


 

Annbeth non si sarebbe mai aspettata tutti quei mostri, non si sarebbe mai aspettata un attacco così potente e distruttivo. Quando si era scontrata contro Crono aveva visto un esercito di mostri che occupava New York e lo aveva sconfitto, per salvare il mondo, aveva lottato anche contro un altro esercito e contro Gea, e nessuna di quelle volte aveva così paura quanta ne stava provando adesso mentre sorvolava quell'armata di mostri, che era 10 volte peggio degli altri eserciti.

 

La prima fila di mostri era arrivata a Percy e agli altri ragazzi, le trappole dei figli di Efesto avevano fatto il proprio dovere riuscendo a sfoltire un po' dei ranghi nemici e ancora adesso stavano aiutando nelle retrovie sparando, con i loro cannoni (idea geniale di Leo, che da quando era tornato al campo si era messo in testa di voler creare una "difesa meccanica" al campo). Percy e Jason, da soli, riuscivano a tener testa a 1/3 dell'esercito dei mostri e sotto la guida di Clarisse l'armata dei semidei riusciva a distruggerne il restante. Annabeth non aveva contato quanti semidei c'erano prima del crollo della barriera, ma quelli che stavano combattendo sembravano molti, in cuor suo sperò che finita la battaglia non dovessero bruciare nessun drappo.

 

Distolse lo sguardo dai suoi amici e si concentrò nella sua missione, doveva tenere la mente fredda e non poteva certo deconcentrarsi. Volò sopra l'esercito dei mostri, senza dare molto peso a quelli che cercavano di prenderla o di colpire il suo pegaso. Il suo unico obbiettivo era la ragazza sul cavallo grigio, che stava fissando con aria divertita la squadra di Annabeth, come se sapesse già che non ci sarebbero arrivati. Più si avvicinavano a Jo, più era pericoloso volare sui pegasi, i mostri si arrampicavano gli uni sugli altri per riuscire a colpire i semidei, ma scendere non era un'opzione. Sarebbe stato un suicidio scendere dai pegasi.

 

La squadra cercò di volare più in alto possibile per evitare di più i mostri, ma così facendo si erano avvicinati troppo ai nuvoloni grigi e neri che erano sotto il controllo di Jo. Improvvisamente un fulmine si scagliò poco distante dall'ala del pegaso di Annabeth che si imbizzarrì e cercò di disarcionarla, ma la figlia di Atena non perse la presa e stringendo di più le gambe riuscì a restare in sella

 

-Dobbiamo abbassarci- le urlò Andreas per sovrastare il rumore della tempesta

-Se ci abbassiamo moriamo- gli rispose Annabeth, abbassarsi non sarebbe stata un'opzione. C'erano troppi mostri e di sicuro non sarebbero mai arrivati a Jo da terra. Ma il ragazzo aveva ragione, se continuavano a restare così in alto sarebbero stati alla mercé di Jo, doveva escogitare qualcosa sennò rischiavano di morire.

Andreas ringhiò davanti a quegli occhi grigi che gli stavano ordinando cosa fare, ringhiò di fronte a quella ragazza che non aveva esitato un secondo di dirgli cosa fare

-Se continuiamo a restare qui prima o poi ci fulminerà tuti e ciao ciao vittoria- disse Andreas mentre un fulmine lo mancava di pochi centimetri. Come a voler confermare le parole di Andreas un fulmine colpì il pegaso di Reyna e lei cadde da esso. Sarebbe finita in pasto ai mostri se non fosse stato per Andreas che non le permise di cadere per neanche 2 metri che fermò il tempo e la prese al volo

-Grazie- borbottò la ragazza che si vergognava un po' a non essere riuscita a rimanere in sella. Reyna vide il suo pegaso cadere tra i mostri e scomparire tra quelle masse informi, povero animale non si meritava di essere la cena di alcuni mostri, ma il pensiero di Reyna fu rivolto ad Andreas che le aveva appena salvato la vita fermando il tempo ancora una volta. Non aveva ancora capito come facesse, aveva pensato che era come per Percy e Jason scagliare un fulmine o muovere le acque, era un potere divino come quello dei suoi amici, ma andava contro natura, fermare il tempo era contro natura, neanche gli dei avevano quel potere. Come era possibile quindi che un ragazzo del genere lo avesse, e sicuramente come era possibile che un ragazzo del genere non morisse utilizzando quell'incredibile e innaturale potere. Ma come la ragazza aveva imparato a sue spese non tutte le domande hanno delle risposte e questa era una di quelle domande, anche se naturalmente poteva chiedere ad Andreas se i suoi poteri nascondevano dei segreti, ma non era sicura che il ragazzo si fidasse di lei così tanto da raccontargli segreti del genere. Comunque, fu grata che il ragazzo avesse quel potere sennò a quest'ora sarebbe morta

-Glielo avevo detto a quella stup...- iniziò a dire Andreas, ma si fermò in tempo prima di offendere Annabeth, si era reso conto di chi aveva dietro. Quella romana al loro primo incontro lo aveva più o meno sorpreso riuscendo a immobilizzarlo, anche se per pochi secondi, poi naturalmente aveva rigirato la situazione fermando il tempo e divertendosi un pochino. Naturalmente l'aveva stoppato per meno di un minuto, era ancora stanco, come quando aveva fermato il tempo la prima volta di fronte quei semidei, non poteva permettersi di fermarlo per più di un minuto perchè c'era il rischio che la vita del ragazzo si accorciasse.

-Tutto bene Reyna? - chiese Hazel all'altra romana che annuì per poi alzare il pollice in direzione di Annabeth che le stava porgendo, più in alto, la stessa domanda con gli occhi. In quel momento stavano volando il pegaso della figlia di Plutone e il pegaso di Andreas vicini, un paio di metri sopra di loro c'era Annabeth che stava ancora cercando di non essere fulminata e neanche un metro più in basso c'era Amy che non aveva ascoltato Annabeth, come invece aveva fatto Andreas anche se controvoglia, e aveva deciso di volare più in basso, anche se c'era il rischio di essere presa dai mostri. Andreas la fissò e cercò i suoi occhi, non voleva che la ragazza morisse, era la persona a cui teneva di più in momento e non poteva certo permettere che morisse, non dopo che l'aveva più o meno costretta lui a partire per questa missione, l'aveva convinta lui a lottare una seconda volta contro Jo e il suo esercito, e si sarebbe sentito in colpa a vita se la ragazza fosse morta oggi. Amy lo rassicurò con gli occhi, ma non ebbe neanche il tempo di sbattere di nuovo le palpebre che un mostro le afferrò una gamba e la tirò in passo disarcionandola dal suo pegaso.

Andreas sbiancò e urlo il suo nome, più di una volta, ma la risposta che ricevette sulla salvezza della ragazza furono le ceneri di 10 mostri che erano stati sconfitti quasi subito. Amy l'ammazza demoni non si smentiva neanche questa volta. Ma non era ancora fuori pericolo, ora i mostri non cercavano più di arrivare più in alto possibile per colpire i pegasi, avevano una bella preda per terra che sembrava tanto potente e appetitosa. La ragazza cercò di muoversi per scappare da quei mostri, ma erano troppi

-AMY!!- urlò Andreas girando il suo pegaso e muovendosi in direzione della ragazza, ma Reyna sovrappose le sue mani su quelle di Andreas che tenevano le redini del pegaso e le tirò al posto del ragazzo, bloccando la creatura mitologica a metà strada. Voleva anche lei salvare quella ragazza, ma non poteva certo dimenticarsi che per fermare tutto dovevano uccidere Jo. Andreas si girò furioso in direzione della romana, come si permetteva di manovrare il suo pegaso quando al comando c'era lui, questo era anche peggio di quando la figlia di Atena gli aveva ordinato cosa fare, era come se volesse sotto intendere che Andreas non sapeva gestire le situazioni. La ragazza però non indietreggiò di fronte a quello sguardo e strinse di più la presa, non si sarebbe certo arresa anche di fronte a quello sguardo così...così...cattivo.

La voce di Amy lo fece girare

-Devi andare, devi mantenere la tua promessa- gli ricordò Amy mentre cercava di sopravvivere, Andreas scosse la testa, non l'avrebbe di certo abbandonata così

-Se non l'andiamo ad aiutare morirà- disse rivolta alle 3 ragazze che stavano guardando con sguardo perso la lotta della ragazza.

Non ci voleva proprio, il fatto che Amy fosse bloccata in quel mulino di mostri voleva significare che il piano di Annabeth era sballato, significava avere uno o due uomini in meno mentre affrontavano Jo e i suoi mostri perché di sicuro la ragazza non se ne stava da sola, doveva di sicuro avere qualche guardia del corpo o cose del genere. Doveva ideare un piano alla svelta, di sicuro non ci sarebbe andato Andreas ad aiutarla, se aveva capito bene Jo era un avversario davvero troppo forte e che lui era l'unico che le poteva tenere testa, Reyna e lei avrebbero distratto le sue guardie del corpo ed Hazel poteva certo aiutare con la sua foschia o con i vari metalli, perché se Andreas non la sconfiggeva toccava a loro due e di sicuro senza un po' di fumo negli occhi non l'avrebbero certo sconfitta, per questo si era portata dietro Hazel, così facendo poteva aiutare modificando un po' la foschia riuscendo a distrarre Jo. Prima però che Annabeth pronunciasse una parola fu Hazel a parlare che disse

-Vado io, voi siete più brave a combattere di me, riuscirete sicuramente a sconfiggerla- disse mentre si iniziava a volare in direzione di Amy.

No, Hazel non poteva andare. Annabeth strinse i denti. Era la scelta più logica in tutti i casi, se andavano o lei o Reyna significava che Hazel avrebbe dovuto affrontare Jo e le sue guardie, e su una cosa Hazel aveva ragione, lei e Reyna erano più brave di lei a combattere.

-Fa attenzione, non voglio veder piangere Frank un'altra volta- le disse Reyna facendo sorridere la ragazza

-Non ce ne sarà bisogno- le rispose Hazel atterrando vicino ad Amy ed estraendo la spada da cavallerizza. Poi fischiò e in pochi secondi apparve un cavallo dorato. Se avesse dovuto combattere per terra avrebbe voluto farlo con il suo Arion.

-Chi...? Vabbè non importa- disse Andreas rassicurato per il fatto che Amy aveva meno possibilità di morire, ma la figlia di Bellona dietro di lui aveva ragione, se avesse voluto davvero salvare Amy avrebbe dovuto uccidere Jo.

Annabeth lo raggiunse e fece montare sul suo pegaso Reyna, così che il cavallo alato di Andreas potesse andare più velocemente e raggiungere prima Jo, e così fece. Spronò il suo pegaso ad andare più velocemente ed era quasi arrivato alla ragazza, stava già estraendo la spada quando un'enorme palla di fuoco lo colpì in pieno e lo fece cadere dal pegaso poco distante dall'area dove volava Jo. Ma chi cavolo lo aveva colpito?!?!!

 

 

 

Annabeth vide cadere Andreas che stava cavalcando davanti a lei. Da dove era spuntata quella palla infuocata, non avevano solo i fulmini, adesso doveva pensare pure a non essere incenerita da delle palle di fuoco volanti. Senza pensarci due volte la ragazza decise che doveva assolutamente spostare il combattimento per terra, nello spiazzo sotto di Jo. Era sicuramente più sicuro che restare in aria e rischiare di essere fulminati e inceneriti

-Dobbiamo farla cadere. Mira al cavallo- disse a Reyna che stava già estraendo una freccia dal suo arco per puntarla in direzione di Jo e del suo cavallo. Ne scoccò 2 di fila fuori bersaglio e soltanto la terza riuscì a colpire il cavallo che nitrì e si impennò. Jo, aspettandosi di essere lei il bersaglio delle frecce, non era pronta e pur di non cadere da cavallo si sbilanciò in avanti e si aggrappò al collo dell'animale. Annabeth estrasse la spada intenzionata a ferirla e si avvicinò a grande velocità con il suo pegaso per colpirla, ma Jo fece una cosa ancor più inaspettata: saltò anche lei sul cavallo alato di Annabeth e cercò di far cadere le due ragazze. La povera creatura non riusciva a reggere il peso di 3 persone, soprattutto se si muovevano così tanto e iniziò a planare bruscamente. Nella sua mezza caduta il pegaso colpì un albero e si schiantò in una radura poco distante da dove stavano volando prima e, soprattutto, apparentemente senza mostri. 

Ancora intorpidite dallo schianto Reyna ed Annabeth si tirarono su e si misero in posizione di difesa, Jo aveva già estratto la sua spada ed era partita all'attacco. 

Era molto veloce, pensò Annabeth mentre parava un colpo della ragazza e glielo rimandava indietro con un altro fendente, che naturalmente Jo parò senza difficoltà. 

E mentre Jo parava il colpo di Annabeth anche Reyna parti all'attacco e cercò anche lei di infilzarla con la spada, tentando un affondo, ma la ragazza si spostò e tirò un calcio ben assestato sotto il mento alla figlia di Bellona che perse l'equilibrio e si sbilanciò indietro. Quindi non solo sapeva comandare i fulmini e combattere egregiamente con la spada, ma riusciva anche ad essere superiore alle due semidee in combattimenti corpo a corpo. Annabeth cercò di sfondare la sua difesa con un potente fendente dall'alto, ma Jo riuscì a difendersi e fece cozzare la sua spada d'orata con quella nera di Annabeth

-Carina la spada, dove l'hai presa? Nel tartaro? - chiese Jo con un atteggiamento divertito e per niente affaticato. Entrambe le spade tremarono quando entrambe le ragazze iniziarono a mettere più forza per cercare di far crollare l'altra. Jo era forte, davvero forte, Annabeth non aveva molte possibilità, ma per fortuna intervenne Reyna che con un movimento della spada fece allontanare le due ragazze. La figlia di Atena aveva il fiatone e anche la romana, mentre Jo non sembrava per niente stanca o affaticata. 

Ma chi era quella ragazza...un mostro?!?!! E che razza di potere aveva?!!

Senza lasciare prendere altro fiato alle due amiche Jo si slanciò in avanti e questa volta puntò Reyna, che, non aspettandosi una mossa tanto forte da parte della ragazza, non riuscì a difendere bene e cadde a terra malamente sbattendo forte la testa. Non svenne, ma poco ci mancò, vedeva tutto molto sfocato e le pulsavano moltissimo le tempie

-REYNA- urlò preoccupata Annabeth all'amica, ma non poté correre in suo aiuto perché Jo iniziò ad attaccare lei. 

Con un movimento fluido che non lasciava neanche uno spazio indifeso Jo colpì forte Annabeth che parò il colpo con difficoltà. La figlia di Atena non riusciva a reggersi bene con le gambe, che erano ancora un po' dolenti per lo schianto col pegaso. Jo ne approfittò e cercò di abbassare la sua spada fino alla fronte di Annabeth che cercava in tutti i modi con la sua di proteggersi, anche se contro aveva non solo Jo, ma anche la forza di gravità e la pressione che stava imprimendo la sua nemica.

Jo, notando che la ragazza non era molto stabile sulle gambe, decise che sarebbe stato divertente vedere quell'espressione che adorava tanto negli occhi dei suoi nemici. Quindi tirò un potente calcio, all'altezza del ginocchio, ad Annabeth che dopo aver sentito uno strano crack proveniente dalla sua gamba urlò di dolore. Era di sicuro rotta. Come da riflesso abbassò la spada e portò entrambe le mani alla gamba rotta.

Reyna anche se dolorante corse ad aiutare la figlia di Atena e placcò letteralmente Jo facendo perdere la presa sulla spada alla ragazza e facendole colpire con un piede, per sbaglio, la tempia di Annabeth che svenne. Entrambe le ragazze rotolarono vicino alle spade, e Reyna si aspettava che, come stava facendo lei, anche Jo ci mettesse di più a rialzarsi e ad impugnare la sua spada. Ma non fu così perché appena alzò lo sguardo vide Jo che torreggiava sopra di lei con un sorriso gigantesco sulle labbra.

Le stava disintegrando. E davanti a quegli occhi, Reyna iniziò a provare paura, vera paura.

 

 

Leo stava pensando di essere uno dei semidei più sfigati della storia, c'è ce ne erano di semidei sfigati, ma lui li batteva tutti. In una competizione su chi era il più sfigato, lui arrivava secondo perché era sfigato. Da quando era tornato al campo la sua vita da fantastica era tornata ad ordinaria e poi a mano a mano era peggiorata. Ma partiamo dall'inizio. Aveva salvato Calipso alla fine dell'estate precedente e dopo essere salpati da Ogigia sul suo drago avevano deciso di farsi un giretto prima di tornare al campo, perché soprattutto non erano ancora pronti per ritrovarsi con i loro amici e volevano stare un po' da soli prima del casino del loro arrivo. Girarono tutta l'Europa tra risate e mostri e dopo l'anno europeo, tornarono al campo poco prima dell'inizio dell'estate e ci fu il casino previsto, ma dopo un paio di giorni era tornata la solita vita del campo, anche se c'era ancora chi lo voleva uccidere per essere morto (come Piper o i suoi fratelli) e chi ancora non credeva al suo ritorno (Annabeth o Nico). La vita di Leo era tornata normale, con le solite costruzioni, le solite battute e i soliti combattimenti tra robot della sua casa e anche se insieme a lui ormai c'era Calipso la sua vita non poteva più essere monotona di così. Ma mai stare tranquilli se sei un semidio e soprattutto se ti chiami Leo Valdez, era tornato da più o meno 3 settimane quando erano arrivati i due stranieri e la vita monotona del campo era un po' impazzita specialmente quando dissero della battaglia imminente.

-Stai attento là fuori, per favore- gli disse Calipso poco prima della battaglia

-Tranquilla bebe*, nessuno può sconfiggere questo figaccione qui- rispose Leo indicandosi con i due pollici, sorrise rassicurante e l'abbracciò e le sussurrò all'orecchio, prima di lasciarla andare con Piper e Percy

-Da quando ho capito di amarti, niente e nessuno potrà separarci ancora- non ebbero il tempo neanche di un ultimo bacio perché Leo venne trascinato via da uno dei suoi fratelli. Calipso guardò andar via la persona che amava e iniziò a pregare gli dei che Leo tornasse sano e salvo.

Quando la barriera venne rotta Leo ingoiò la gomma che stava masticando, allora lui era letteralmente morto esplodendo, ma mai aveva avuto così paura di quanta ne stava provando in questo momento mentre i mostri li caricavano. Per fortuna molti morirono nelle trappole che avevano istallato lui e i suoi fratelli e quelli che sopravvivevano venivano disintegrati dalle lame dei semidei che stavano combattendo. Appena l'ultima trappola esplose fece un cenno con la testa ai suoi fratelli che lo raggiunsero con dei pezzi per un'arma speciale, tempo 3 minuti e i figli di Efesto assemblarono il "cannono più epico e distruttivo di tutto il mondo", nome naturalmente inventato dal bellissimo e simpaticissimo Leo Valdez.

L'arma consisteva nello sfruttare il fuoco di Leo che creava dal suo corpo, incendiare degli enormi massi per poi lanciarli contro i nemici volanti e non.

-È ora del tuo show fratellino- gli disse suo fratello maggiore prima di indossare l'elmo e scendere dalla base solida che avevano costruito per il cannone

-Fai vedere a tutti chi è che comanda- lo incoraggiò un altro suo fratello prima di scendere anche lui dalla base ed andare ad aiutare gli altri suoi fratelli per armi un po' più piccoline. Infatti, oltre ad essere super distruttivo, il cannone era anche molto ingombrante e grosso, per questo lo avevano assemblato sul momento. L'arma consisteva in un super cannone che stava appoggiato su una base di bronzo celeste, attaccato al cannone c'era anche una poltrona dove stava seduto Leo e caricava il cannone con il suo fuoco, infatti la sedia assorbiva il calore del fuoco e lo spostava fino al centro dell'arma, dove la macchina trasformava quel calore in palle di fuoco che Leo sparava. Inizialmente il figlio di Efesto le sparava un po' a caso, ma sotto consiglio di Piper, cominciò a mirare, in quanto aveva rischiato di bruciare qualche semidio. Tra cui Jason. All'improvviso sentì urlare dalla foresta e sospettò che qualcosa stava andando storto per la squadra delle sue amiche quindi decise di vedere col mirino in che situazione si trovavano. Vide che c'erano soltanto 2 pegasi che volavano, su di questi c'erano Andreas e Reyna su uno e sull'altro c'era Annabeth da sola, la pazza che aveva lanciato un fulmine degno di Zeus stava ancora volando sul suo cavallo non alato. Leo fissò bene la ragazza che in quel momento sembrava stesse ridendo e decise di tentare di colpirla, erano parecchio distanti i suoi amici, quindi doveva assolutamente tentare di colpirla, poi sarebbe stato divertente essere di nuovo l'eroe che salvava il sederino a tutti. La ragazza era parecchio distante quindi chiuse gli occhi e prese letteralmente fuoco caricando al massimo il cannone, non mirò neanche e sparò il colpo, prima la colpiva meno possibilità che i suoi amici fossero troppo vicini. Mentre la palla di fuoco volava in direzione di Jo, Leo stava vedendo col mirino la traiettoria del suo colpo e all'improvviso non c'era più Jo nella sua traiettoria, ma un ragazzo che per sua sfortuna conosceva. La palla di fuoco al posto che prendere Jo colpì in pieno il pegaso del povero figlio di Crono che aveva caricato la ragazza. Leo serrò i denti e distolse immediatamente lo sguardo, come se qualcuno stesse davvero guardando nella sua direzione

-Ay, credo che il ragazzo sarà rosso fuoco per la rabbia finita la battaglia- disse Leo sogghignando per la sua battuta, decisamente inopportuna in un momento del genere.

 

 

 

 

*Bebe = un modo spagnolo per dire Baby

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Jo torreggiava sopra Reyna con un sorriso sornione stampato in faccia. Aveva appena rotto una gamba ad Annabeth Chase, che adesso era svenuta dietro di lei, e stava per uccidere la prima semidea romana nella sua vita. Si chiamava Reyna, da quello che aveva capito, e da come era vestita Jo intuì che aveva anche un ruolo importante nel campo romano. Il prossimo della lista.

 

Reyna ringhiò e cercò di schivare un altro potente fendente di Jo, ma la spada della ragazza era troppo veloce e le procurò un taglio profondo sulla spalla, a causa del movimento improvviso e del dolore, le gambe di Reyna cedettero e cadde per terra. In lontananza sentiva le urla dei semidei che combattevano disperati i mostri, appena ne uccidevi uno ne spuntavano due e così via, riducendo allo stremo delle forze i poveri ragazzi che adesso non cercavano più di proteggere il campo, ma cercavano solo di riuscire ad uscire vivi da quella battaglia di cui ancora non si riusciva a vedere la fine. Jo caricò l'ennesimo fendente con tutta la forza che aveva, ma Reyna, trovando quel briciolo di energie che le era rimasto, frappose la sua spada riuscendo a bloccare quella della sua avversaria. Così facendo però si ritrovò a dover reggere tutto il peso della ragazza e la forza del colpo che la stava costringendo a inginocchiarsi perché le sue gambe non riuscivano più a mantenerla in piedi, schiacciate da quella ragazza che era più mostro che umana. Stettero in quella posizione per un tempo che a Reyna sembrò infinito, si dice che il tempo passi più lentamente quando stai soffrendo e Reyna capì in pieno che cosa significasse quella frase. Il dolore allucinante alla spalla, la vista sfocata che riusciva a mettere a fuoco solo gli occhi glaciali del suo avversario, le gambe doloranti che non riuscivano a reggere il suo peso, il sentire tutto ovattato perché hai sbattuto la testa e il sapore metallico del sangue in bocca. Per un breve istante pensò di arrendersi, di lasciarsi uccidere da quella ragazza, pensò che ormai non aveva più senso continuare quella battaglia e che poteva sentirsi bene se moriva cercando di proteggere i suoi amici. Ma fu solo per un istante. Lei era Reyna Ramìrez-Arellano, figlia di Bellona e pretore di Roma, era sopravvissuta a 2 guerre e aveva completato missioni impossibili, non poteva arrendersi, non poteva arrendersi di fronte a niente e a nessuno ben che meno quella stronza che continuava a sorridere mentre cercava di ucciderla

 

-Sei troppo debole romana, non hai possibilità contro di me- disse Jo aumentando sempre di più la forza e cercando di far cedere Reyna

 

-Mai- rantolò Reyna, lei non era debole e non si era mai arresa quando tutti credevano che lo avrebbe fatto, non poteva certo arrendersi, non in quel momento, non adesso. Ma anche se il suo cervello e il suo cuore dicevano di non arrendersi, il suo corpo era davvero stanco e mal ridotto, la sua gamba destra cedette e il ginocchio colpì la terra, un dolore partì dalla rotula poggiata terra e il bruciore per il sangue alle spalle le fece lacrimare ancora di più gli occhi.

 

Con un movimento fluido Jo disarmò la romana e mandò la spada lontana vicino ai piedi di Annabeth, che ancora non si riprendeva, con un calcio in pancia fece cadere del tutto Reyna che adesso la fissava con espressione terrorizzata. Eccola, l'espressione che adorava, l'espressione di pure terrore che mostravano i suoi nemici mentre la guardavano togliergli la vita, e quella volta fu molto più bello perché stava vedendo lentamente gli occhi della tigre spengersi ed essere sostituiti dagli occhi del puro terrore.

 

-Odio davvero i romani- disse Jo guardando negli occhi Reyna e cambiando l'espressione divertita a una più dura e crudele. Reyna spalancò di più gli occhi e si diede della stupida perché, prima di morire, pensò ad Andreas e al loro primo incontro, pensò che quella frase gliel'aveva già detta il ragazzo prima di baciarla su quel letto nell'infermeria.

 

Jo alzò lentamente la spada e sorrise ancora di più mentre l'abbassava velocemente in direzione del collo della ragazza dove le aveva inferto già un taglio abbastanza profondo. Reyna chiuse gli occhi e si aspettò di riaprirli nei campi elisi, ma continuò a vedere buio e sentì il rumore del ferro di due spade che cozzavano.

 

Aprì gli occhi e vide, a pochi centimetri dalla sua faccia, una lama che tremando cercava di fermare quella ragazza che adesso aveva un'espressione sorpresa e rabbiosa sul volto. Si girò di scatto verso chi impugnava la spada e incrociò gli occhi verdi di Andreas, subito la ragazza perse un battito e quasi tirò un sospiro di sollievo capendo che era arrivato lì solo per salvarla. Ma notò che il ragazzo, per la prima volta di fronte a lei, stava utilizzando un'espressione rabbiosa e nostalgica. Facendo forza con le gambe e con le braccia fece scattare le spade verso l'altro e tirò un calcio nella pancia di Jo che ormai era scoperta e con le braccia alzate. La ragazza, a causa della forza del calcio, si sbilanciò indietro e si allontanò definitivamente da Reyna, si risollevò e sul volto di Jo tornò il solito sorriso sordonico e scoppiò in una risata che fece venire i brividi alla figlia di Bellona

 

-Andy, finalmente hai fatto vedere il tuo bel visino. Sei venuto a farti prendere a calci in culo di nuovo- disse Jo sorridendo alla vista del ragazzo. Del suo ragazzo. I suoi occhi si illuminarono a vedere l'espressione di Andreas che la guardava con un misto di rabbia e nostalgia, ma Jo vi lesse dentro e vide che dietro quella maschera da guerriero c'era quella cosa che l'aveva fatta innamorare perdutamente. 

 

Si tirò su e guardò Andreas, facendo incrociare i loro sguardi e facendo legare i loro animi come succedeva quando ancora stavano insieme, quando ancora potevano amarsi liberamente. 

 

Anche Andreas si rialzò e con un movimento della mano trasformò la sua spada in una falce. Era pronto a combattere, si mise in posizione di attacco e aspettò che anche Jo si posizionasse. Con un movimento fluido anche la ragazza si mise in posizione di attacco e senza aspettare oltre attaccò. 

 

Entrambi respirarono all'unisono e con lo stesso ritmo, anche se Jo attaccava e Andreas difendeva, i loro respiri erano in sincronia. Inspiravano ed espiravano insieme, allo stesso ritmo e lo facevano senza rendersene conto, lo facevano come se fosse naturale, avere lo stesso ritmo respiratorio.

 

Andreas allargò le gambe per avere più stabilità mentre Jo abbassava la sua spada in direzione della testa del ragazzo. La lama della spada e il bastone della falce cozzarono creando un suono stridulo e ferroso.

 

Jo sorrise a cercò di aumentare la forza per far perdere l'equilibrio ad Andreas, ma il figlio di Crono lo aveva previsto e con un movimento della falce la cercò di colpire con la lama, ma lei lo schivò e Andreas riuscì ad allontanare Jo. La ragazza si toccò il collo e notò che Andreas era riuscito a ferirla e adesso dove la lama l'aveva graffiata aveva un taglio superficiale da dove scendeva un rivolo di sangue.

 

Finché la ragazza stava lontana aveva più possibilità di vincere in quanto la sua arma era molto più lunga, ma mai dire mai, infatti Jo scattò in avanti e quando Andreas tentò di colpirla lei si abbassò e l'arma del ragazzo falciò l'aria e portò via solo un  po' le punte dei capelli della ragazza. Jo dopo aver superato la lama si rialzò e tentò un affondo, Andreas riuscì a schivarlo per un pelo, ma comunque la spada di lei riuscì a ferirgli superficialmente il fianco. Il figlio di Crono strinse i denti e la colpì con il bastone della lama sulla schiena facendole perdere l'equilibrio, ma al posto che tentare di colpirla con la lama decise di allontanarsi per riprendere fiato e vedere in che condizioni fosse la ragazza. Jo non era caduta per terra, ma la spinta che le aveva dato con il bastone della sua falce le aveva fatto male alla schiena e adesso stava un po' curvata in avanti, il taglio sul collo, anche se non era profondo, continuava a sanguinare e le aveva sporcato la maglietta. Entrambi i ragazzi avevano il fiatone, ma la ragazza era un po' più stanca del ragazzo, anche se non le avevano fatto granché comunque Annabeth e Reyna erano riuscite a stancarla.

 

Stava vincendo e di questo era felice, finalmente avrebbe messo fine a quella stupida guerra ancor prima che iniziasse. Ma allora perché il suo cuore faceva male, perché al suo cuore faceva male il pensiero che stesse per uccidere la sua ormai ex ragazza. Lei aveva deciso di tradirlo, lei lo aveva abbandonato per unirsi ai suoi nemici, lei lo aveva lasciato e gli aveva spezzato il cuore eppure lui lo sapeva che non avrebbe mai potuto ucciderla. Per questo si era portato dietro Amy, almeno sperava che lei la uccidesse prima di lui, riuscendo così a mettere in pace l'animo del ragazzo. Ma così non fu, "il destino fa schifo ricordatelo sempre, ma non è detto che non può essere riscritto" gli ripeteva sempre suo nonno quando stava ancora a Cuba, e aveva proprio ragione: il destino è bastardo, e prima o poi frega chiunque. 

 

Andreas ringhiò di rabbia e chiuse gli occhi. L'avrebbe uccisa lui, era deciso da qualcosa di più grande di loro, e il figlio di Crono non si sarebbe mai tirato indietro. Mai. Non importava se amasse ancora la ragazza, se così facendo si sarebbe sentito in colpa per il resto della sua vita, Jo quel giorno doveva pagare per la distruzione e la morte che aveva portato e stava portando, doveva mettere fine a tutto questo e lo avrebbe fatto ponendo fine alla vita di Jo. Aprì gli occhi e indurì lo sguardo ancora di più, Jo aveva abbassato la guardia, avrebbe messo fine a quel combattimento adesso. La fissò con espressione truce e Jo rabbrividì sotto quegli occhi mentre il suo cuore perdeva un battito prima di iniziare a correre più velocemente. Eccola la cosa più bella che aveva Andreas, l'espressione più bella contro cui nessun uomo poteva competere, l'espressione che l'aveva fatta innamorare. Stavano a meno di 10 metri di distanza, Jo era stanca morta e aveva capito che Andreas stava per attaccare, lo avrebbe schivato, poteva farcela il ragazzo era lontano e il tempo che faceva quei passi, lei sarebbe riuscita a spostarsi di lato. Il tempo però di battere le ciglia che si ritrovò Andreas a pochi centimetri dal suo corpo. Ancora il trucchetto del fermare il tempo, quel ragazzo era proprio antico. E anche se sapeva che il ragazzo utilizzava quel trucchetto la ragazza non fece in tempo a spostare il corpo, ma riuscì comunque a parare il colpo della falce con la sua spada. La lama di ferro della spada colpì il manico della falce bloccando la lama ricurva di quest'ultima a pochi millimetri dalla testa della ragazza, restarono in quella posizione per alcuni secondi, fino a che Jo non aumentò la presa sul manico della sua spada e mettendo un po' più di forza riuscì ad allontanare la falce dalla sua testa. Ma il movimento improvviso e la stanchezza di Andreas fecero perdere la presa sulla falce che ormai era troppo pesante anche per il ragazzo che sbilanciato indietro lasciò andare la falce che di sicuro l'avrebbe fatto cadere se continuava a tenere la presa sul manico. Nello sbilanciarsi però Andreas colpì la mano della ragazza, che teneva la spada, con un calcio e le fece perdere anche a lei la presa sull'arma che finì lontano dai due ragazzi. Sia Jo che Andreas erano entrambi disarmati. Ma il figlio di Crono aveva un asso della manica che tirò fuori mentre cambiava espressione, mentre si toglieva la sua maschera e mostrava il vero volto di Andreas Arias Santiago.

 

Reyna vide che entrambi i ragazzi erano disarmati, ma che quella situazione di stallo si stava per interrompere con una vittoria di Andreas quando il ragazzo cambiando espressione estrasse un pugnale che si andò a piantare nella pancia di Jo. L'espressione nuova fece rabbrividire Reyna, ma la romana non ci fece molto caso: con quella pugnalata avevano vinto e quella battaglia si era conclusa. Andreas aveva mantenuto la promessa di uccidere la regina e tutto sarebbe finito lì in quello spiazzo poco distante dal campo.

 

Ma non fu così. Prima regola di un semidio, non cantare vittoria fino a che non vedi il tuo nemico morto, e Jo era ancora in piedi. Anche se il sangue colava sulla mano di Andreas che non aveva ancora tolto la presa dal manico del pugnale che stava ancora nella pancia di Jo, la ragazza continuava a sorridere e per poco non scoppiò a ridere. Con un calcio allontanò Andreas che cadde all'indietro vicino Reyna, ancora con quell'espressione in viso, ma che piano piano stava venendo sostituita da quella di paura.

 

-Sai io e te abbiamo sempre avuto una cosa in comune. Una cosa che legava i nostri animi anche se eravamo così diversi. La cosa che pochi uomini hanno, quella cosa che mi ha fatto innamorare di te...- iniziò a dire Jo mentre si guardava il coltello infilato in pancia

 

-...e vuoi sapere che cosa è? ...- continuò la ragazza estraendo il coltello dal suo corpo. Si fermò per pochi secondi il tempo di ascoltare una persona che le stava parlando telepaticamente, subito dopo un portale fatto di una nuvola nera bluastra si aprì alle spalle di Jo. Ma la ragazza decise di concludere prima di attraversarlo e scomparire definitivamente

 

-...la malvagità. Tu Andreas sei davvero malvagio e si è visto dalla tua espressione quando mi hai infilzata con questo coltello- disse la ragazza tirando il coltello vicino alla testa di Andreas che gli fece un taglio sull'orecchio prima di piantarsi sul terreno dietro di lui. La ragazza scomparve nell'esatto momento in cui la lama si piantò.

 

L'unica cosa che riusciva a pensare Andreas era che la ragazza era immortale.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Non riusciva a capire. Non riusciva a pensare lucidamente. Una miriade di pensieri gli frullavano nella mente e non riusciva metterli in ordine. Andreas sentiva solo suoni ovattati, riusciva a vedere solo la sua mano insanguinata che continuava a gocciolare, non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo palmo. Stava
seduto e non faceva nient’altro che guardare la mano e pensava a lei e al suo scontro appena finito. Lei era immortale. Era immortale e lui non riusciva a capire come fosse possibile. Sicuramente non si era fatta un bagno nello Stige perché sennò non poteva neanche essere ferita, sicuramente nessun dio le avrebbe concesso l’Immortalità, soprattutto per quello che aveva fatto. Allora come era possibile che era immortale?
Intanto allo spiazzo dove avevano combattuto lui e Jo arrivarono Jason e Percy, seguiti da Piper, Hazel ed Amy. Andreas non riusciva a guardare negli occhi Amy che si stava avvicinando, non aveva il coraggio di alzare gli occhi e vedere la delusione in essi. Era seduto, nel punto in cui Jo era scomparsa, con le ginocchia al petto e la testa poggiata su di esse, erano un po' allargate così da permettere ad Andreas di guardare la sua mano senza distogliere lo sguardo dal sangue che colava
-Che è successo? - chiese Jason mentre andava da Reyna per aiutarla e curarla, dietro di lui Percy corse preoccupato verso di Annabeth. Appena vista la figlia di Atena, caduta che non si risvegliava, una maschera di terrore era calata sul suo volto e senza guardare nient’altro che Annabeth, era corso da lei con un po' di ambrosia e nettare. Piper si avvicinò prima a Reyna e dopo aver aiutato Jason a fasciare la spalla della ragazza, corse da Annabeth e le steccò la gamba rotta mentre la bionda, grazie all’ambrosia, si riprendeva. Hazel osservando con attenzione i tre ragazzi riformulò la domanda. Non era giusto dire che cosa fosse successo, la situazione si poteva capire perfettamente da sola: Annabeth con una gamba rotta e svenuta, Reyna con un taglio profondo sulla spalla e con un colorito fin troppo bianco, ed infine c’era Andreas, distante dalle due ragazze, che stava seduto per terra e non si muoveva, aveva un taglio sul fianco e una mano ricoperta di sangue. Accanto al piede di Piper stava un coltello infilato nel terreno, l’arma gocciolava di sangue, chissà di chi era? E soprattutto di chi era il sangue??
Prima però che Hazel riuscisse a formulare la domanda giusta, Amy le passò di corsa di lato dandole anche una spallata, stava correndo da Andreas che aveva un’espressione persa nel nulla. Hazel non lo aveva notato, ma anche se il ragazzo fisicamente non era ferito gravemente, non si poteva dire la stessa cosa dell’animo.
Amy corse dal suo migliore amico e si inginocchiò di fronte a lui, Andreas aveva un’espressione vacua e persa nel nulla, i suoi occhi erano lontani ed Amy non riusciva a vedere vitalità in essi, come solo lei riusciva a vedere. Il verde era spento e perso, lontano. Amy aveva potuto solo immaginare la reazione di Andreas dopo aver ucciso Jo, ma la realtà era parecchio diversa da come se l’era immaginata. Non si sarebbe mai aspettata di vedere di nuovo Andreas con quegli occhi spenti e depressi, e soprattutto non per lo stesso motivo. Amy s’immerse in quegli occhi e vide che oltre quella barriera di tristezza, c’era anche un filo di delusione e dispiacere, ed in lontananza c’era una punta di rabbia. La figlia di Eris si chiese, per la prima volta dopo tanto tempo, che cosa stesse provando Andreas
-Andy…- disse la ragazza con un filo di voce e appoggiando la sua fronte su quella del ragazzo
-Andy, cariño que pasò? - cercò lo sguardo di Andreas e, anche se stavano a una distanza minima, il ragazzo abbassò il suo incapace di reggere quello di Amy
-Mi dispiace tanto- Amy non capì, ma si rese conto che al suo migliore amico serviva aiuto e che non era il momento per altre domande, anche se stava sospettando il perché delle scuse e il perché non voleva guardarla negli occhi. Lo aiutò a tirarsi su ed iniziarono ad avvicinarsi ai ragazzi che non si erano mossi per stare vicino ad Annabeth che si stava riprendendo. Jason era chino su Reyna e vicino aveva Piper che stava aiutando Percy a steccare la gamba della sua ragazza, Will le aveva insegnato qualcosa sul primo soccorso e per la prima volta le era tornato utile. Mentre Hazel era corsa in infermeria a chiamare Will e a cercare Frank
-È morta quella…quel mostro è morto- chiese Annabeth quando nella sua visuale entrarono i due stranieri. Fisicamente Andreas non aveva ferite gravi, ma si vedeva che era molto stanco. Annabeth ebbe un po' di pietà per lui, aveva lottato contro la sua ragazza, una persona a lui molto cara era più che ovvio che fosse scioccato. La figlia di Atena sapeva quanto potesse fare male combattere contro una persona cara, quando aveva combattuto contro Luke le faceva male più il cuore che le ferite fisiche. Molto probabilmente anche lui si sentiva così, con il cuore dolorante.
-Io…- ad Andreas gli morirono le parole in bocca, cosa doveva dire, Jo non era morta e lui non aveva mantenuto il giuramento che aveva fatto, la croce sul cuore stava bruciando sul suo petto, ma non era quello il vero dolore. Andreas aveva paura della reazione di Amy, della delusione e della rabbia che avrebbe scatenato nella ragazza. Ma non poteva tenerlo segreto per sempre, doveva dirglielo e lo avrebbe fatto ora. Chiuse gli occhi e scacciò la paura, un sentimento così debole non poteva certo dominarlo e influenzarlo così tanto, quindi decise di essere sincero e togliersi subito il dente. Quando li riaprì, negli occhi c’era solo rabbia, la stessa rabbia cieca che ora gli dominava il corpo e la voce
-No…Jo è ancora viva- disse rabbioso per poi girarsi verso di Amy che lo aveva lasciato e si era allontanata di un passo e adesso lo fissava delusa. Andreas lo aveva previsto e cercò di scusarsi con gli occhi, ma non pronunciò più neanche un’altra parola, non si sarebbe scusato per non aver ucciso la sua ragazza, a punirlo per non aver mantenuto la sua promessa c’era il marchio della croce che gli bruciava sul petto. Strano che non fosse morto per il giuramento sullo Stige, forse perché poteva ancora uccidere Jo, se non la avesse uccisa quel giorno, forse ci sarebbe stata una possibilità che la potesse uccidere in futuro.
Aprì la bocca per dire qualcosa ad Amy, ma qualcosa glielo impedì, o per meglio dire qualcuno. Jason era scattato in piedi e lo aveva preso per il colletto della maglietta sotto l’armatura, il romano era parecchio arrabbiato. Non solo aveva rischiato di morire molte volte quel giorno, avevano rischiato la vita anche i suoi amici e la sua ragazza, il campo, che lo aveva ospitato per tanto tempo e lo continuava ad ospitare ogni volta che Jason aveva bisogno, era stato distrutto e tutto questo perché quel ragazzo riuscisse ad arrivare a quella matta ed ucciderla. E adesso quell’ Andreas, di cui non si fidava per niente, gli veniva a dire che non era riuscito a mantenere ciò che aveva promesso e che Reyna e tutti loro avevano rischiato di morire inutilmente. Era furioso.
-Come non l’hai uccisa?!??- sbraitò Jason che teneva salda la presa sulla maglietta. In condizioni normali non si sarebbe mai permesso di sfidare così apertamente il ragazzo, ma Andreas era stanco e aveva una brutta ferita, anche se non lo voleva battere in quel modo, qualcuno doveva pur fargli capire quanto fosse stato grave non essere riuscito a mantenere la sua promessa. Percy era troppo preoccupato per Annabeth, la figlia di Atena e Reyna in quelle condizioni non potevano di certo dargli una lezione, a Piper non le avrebbe permesso di sporcarsi così le mani e di sicuro Amy non lo avrebbe mai colpito. Quindi toccava a lui. Jason era intenzionato solo a tirargli un pugno sulla mascella, neanche tanto forte, e a dargli una spinta cosi da farlo cadere di nuovo per terra. Ma non fece più niente, aveva sbagliato a sottovalutare Andreas, anche se era in pessime condizioni, infatti il ragazzo anche senza utilizzare i suoi poteri, riuscì a capovolgere la situazione a suo vantaggio. Andreas senza preavviso tirò una testata dritta sul naso di Jason che indietreggiò premendosi una mano sul naso che aveva iniziato a sanguinare, subito dopo Andreas gli tirò un pugno dritto in faccia che lo fece barcollare di più. Si sarebbe sfogato su questo idiota, aveva molta rabbia dentro di sé, lo stava per colpire una terza volta, ma Amy e la ragazza di nome Piper si misero in mezzo e gli bloccarono la visuale di Jason. Amy lo guardò con sguardo severo e Piper con sguardo truce, ma Andreas non si sentiva per niente in colpa di aver colpito quel romano, si era solo difeso dopo che lui lo aveva afferrato e aveva tutta l’aria di volerlo colpire.
-Perché lo hai colpito? - chiese Piper accusatoria mentre Jason si tirava su e si ripuliva il naso che, anche se non era rotto, continuava a sanguinare
-Perché lui lo voleva fare a me, ma io sono più furbo e forte e l’ho fatto prima- ribatté Andreas con aria di superiorità, non capiva che cosa avesse fatto di male, aveva solo tirato una testata sul naso e un pugno ad un ragazzo che lo voleva colpire, si chiama autodifesa, e l’autodifesa non era una cosa sbagliata
-Andreas- lo rimproverò Amy per quello che aveva detto, ma nessuno ebbe il tempo di dire più niente al riguardo perché Percy disse
-Spiegati perché non l’hai uccisa? - la domanda che aleggiava intorno ai ragazzi creando un’aria tesa e tirata che metteva in soggezione tutti. Andreas sospirò, come avrebbe spiegato che Jo era immortale e che non sapeva come poteva riuscire a ucciderla e che aveva incredibili poteri di cui solo i figli dei 3 pezzi grossi potevano avere. Ma non disse niente, a parlare prima fu il pretore romano che lo aiutò
-È immortale, quella ragazza è immortale. Andreas l’aveva infilzata con quel coltello…- iniziò a dire indicando l’arma che stava infilata nel terreno vicino ai piedi di un mezzo stordito Jason
-…lui l’aveva mantenuta la promessa, anzi ha salvato la vita a me e ad Annabeth. Saremmo morte se non fosse stato per il suo intervento. Ci ha salvato la vita e ha lottato senza esclusione di colpi contro Jo, ed era riuscita a batterla, ma alla fine ha vinto lei- l’espressione scioccata stava sul viso dei ragazzi.
Non venne detto più niente o almeno Andreas non ascoltò più cosa venne detto, Amy lo aveva trascinato via. Lo trascinò fin dentro il bosco e lo fece sedere su un tronco caduto, i resti della battaglia erano intorno a loro: alberi caduto, rami spezzati, graffi e tagli sui tronchi, alcune spade e scudi sparsi nel bosco. Andreas si guardò intorno e vide la distruzione che aveva portato Jo, aveva giurato che l’avrebbe uccisa e guarda invece che era successo. Un altro campo era stato perso e non sapeva quante persone erano morte nel campo.
-Raccontami di nuovo tutto per favore, da capo e senza saltare niente. Ti prego sto cercando di capire- disse Amy inginocchiandosi di fronte ad Andreas che sospirò e iniziò a raccontare. Le raccontò che dopo che una palla di fuoco lo aveva capito era precipitato poco distante dal punto in cui si trovava Jo, il pegaso era morto e lui era corso dritto da Jo uccidendo a fil di spada tutti i mostri che incontrava, anche se non erano molti. Quando era arrivato da Jo aveva salvato Reyna giusto in tempo e poi aveva iniziato a combattere contro la ragazza, alla fine dello scontro era riuscito ad infilzarla con un coltello, ma aveva scoperto che la ragazza era immortale, poi se ne era andata in una specie di nuvola nera bluastra. Poi erano arrivati loro ed era successo quello che era successo. Amy ascoltò attentamente ogni singola parola ed infine disse l’unica frase che sapeva che avrebbe aiutato Andreas ed avrebbe messo fine ai pensieri del ragazzo
-In mezzo ad ogni difficoltà, c’è un’opportunità. Noi siamo partiti per cercare questa seconda opportunità per sconfiggere Jo, non è detto per forza che la seconda opportunità fosse questo campo, potrebbe essere anche il prossimo che andremo a difendere. L’unica cosa che possiamo fare è continuare a lottare e rimanere uniti, come abbiamo sempre fatto, ci siamo sempre rialzati dopo che eravamo caduti- disse Amy abbracciando il ragazzo e appoggiando la fronte sulla sua, il loro gesto tipico.
Amy era così, riusciva sempre a trovare le parole giuste al momento giusto, riusciva a dare pace all’animo del ragazzo e c’era sempre riuscita. Andreas ancora non si ricordava quante volte era riuscita a placare il suo animo, a tranquillizzarlo in situazioni ben peggiori di quella, come quando la loro casa era stata appena distrutta o quando sua madre e suo nonno erano morti in quell’incidente. 
 
Chirone stava seduto sulla sua sedia a rotelle, aveva preferito non stare nella sua forma equina mentre i ragazzi del campo bruciavano i drappi per i loro fratelli caduti. Li stavano bruciando nell’arena distrutta, tutto il campo era stato distrutto, e i semidei erano caduti come le mura delle loro cabine. Non riusciva ancora a credere alla portata dell’attacco e ancora non riusciva a credere come avevano fatto a uscirne vivi, almeno la maggior parte. Chirone si girò in direzione dei due stranieri che stavano parlando a bassa voce tra di loro, stavano separati dagli altri semidei e non si avvicinavano, forse si sentivano in colpa per l’attacco. Anche se Chirone non capiva perché, se non fosse stato per loro sicuramente ci sarebbero stati più morti e più feriti, il campo poteva essere ricostruito e anche la barriera era ricomparsa appena erano scomparsi i mostri, quindi le uniche ferite irreparabili erano quelle causate dalla morte dei semidei e quindi Andreas ed Amy non si dovevano sentire in colpa. Chirone, però, da come parlavano, iniziò a credere che in realtà non si sentivano in colpa per i morti, anzi, iniziò a credere che stavano già progettando la loro prossima mossa. Aveva capito che non erano riusciti ad uccidere quella ragazza, che però se ne era comunque andata lasciando in fin di vita Reyna ed Annabeth. Amy annuì ad Andreas e si avvicinarono al centauro che ancora li stava fissando con aria pensierosa, nel momento stesso in cui arrivarono al centauro, anche i pretori Reyna e Frank, insieme ad Hazel, si avvicinarono a Chirone. Anche loro avevano parlato riguardo al futuro del campo Mezzosangue e volevano parlarne con il direttore
-Chirone abbiamo un piano- dissero Amy e Reyna contemporaneamente, ma il centauro alzò la mano e disse
-Non ora, non è il momento per parlarne, ne parliamo domani insieme agli altri capo cabine, ma aspettiamo almeno che facciano una buona dormita, hanno appena perso i loro fratelli e non è il momento per dare altre notizie- poi si tirò su e con le quattro zampe da cavallo si avvicinò ad un figlio di Demetra che aveva più o meno 6 anni e stava cercando di non pianger mentre osservava i drappi di 2 suoi fratelli bruciare. Quella giornata fu davvero triste e si concluse tra le ceneri e il fumo dei drappi di 7 coraggiosi semidei che erano morti mentre difendevano i loro fratelli e il campo.
 
 Spazio Autrice
Buongiorno, buon pomeriggio e buona notte a tutti voi lettori.
Sono tornata con 3 nuovi capitoli, si ero sparita da un bel pò, ma a causa di questa pandemia e altre complicazioni, non sono più riuscita ad aggiornare.
Beh che dire, i capitoli parlano da se, e non penso di voler aggiungere molto, anzi proprio niente. E' la prima battaglia che descrivo e spero di essrmela cavata bene. 
Continuo a sperare in un commento, mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensiate.
Vi lascio andare con un'unica domanda:
Secondo voi come faranno ad uccidere Jo se è immortale?
Per scoprirlo continuate a leggere.

Buongiorno, buon pomeriggio e buona notte a tutti voi lettori.
Baciussssss
 

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