L'amore a zonzo

di Gra Gra 96
(/viewuser.php?uid=120278)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Biblioteca ***
Capitolo 2: *** Torre di Astronomia ***
Capitolo 3: *** Corridoio del terzo piano ***
Capitolo 4: *** Infermeria ***



Capitolo 1
*** Biblioteca ***


Capitolo I: Biblioteca
 
Severus Piton ne aveva ufficialmente abbastanza. Era stufo di collezionare stupidi bigliettini di pronta guarigione; stufo di ricevere  a iosa la nomea di eroe del mondo magico; stufo di essere osservato dai passanti con occhi colmi di ammirazione. Per non parlare poi di tutte quelle inutili discussioni che era stato costretto a intrattenere con Potter, il quale ormai pendeva letteralmente dalle sue labbra e si affannava a ricercare il suo perdono per avere dubitato della sua fedeltà. E avrebbe preso seriamente in considerazione la possibilità di chiedere una cella isolata ad Azkaban se Molly gli avesse chiesto ancora una volta, soffocando le lacrime, di raccontarle del suo imperituro amore per Lily. Basta. 
Se avesse anche solo lontanamente immaginato come sarebbe stata la sua vita dopo che tutti avessero scoperto la verità sul suo conto, avrebbe certo trovato il modo di lasciare le penne tra le spire di quel maledetto serpente. E invece gli toccava continuare a vivere in un mondo ossessionato dalla sua melensa storia. 
Improvvisamente un baluginio nell’aria interruppe il corso dei suoi pensieri. Si trovava a passeggiare nel parco di Hogwarts e gli era sembrato di intravedere qualcuno materializzarsi in prossimità del cancello.
La figura in questione aveva una folta zazzera di capelli neri e un paio di occhi verdi che non lasciavano adito a dubbi di sorta: era quella scocciatura perenne di Potter.
«Professor Piton, che coincidenza! Stavo cercando proprio lei!» esclamò infatti.
«Non oggi, Potter!» replicò lui, affrettando il passo nella direzione opposta. E per sicurezza scagliò anche un Petrificus Totatalusin direzione del tanto detestato studente. Avergli salvato la vita per amore di sua madre non faceva di lui automaticamente il suo pupillo, a differenza di quanto tutti erano inclini a credere di quei tempi. Accelerando il passo per evitare altri spiacevoli incontri, si diresse in biblioteca, unico vero anfratto di pace per la sua anima stanca e tormentata. Non appena fu dentro una ventata di serenità lo invase nel profondo. Circondato dai libri, silenziosi e amati compagni, avrebbe potuto finalmente assaporare un po’ di quel silenzio che tutti concorrevano a sottrargli.
La biblioteca era sempre deserta in quel periodo dell’anno. Agosto privava Hogwarts della sua componente più rumorosa: gli studenti. E i lavori di ristrutturazione, presidiati a turno dal corpo docente, al momento interessavano altre ale del castello. Lui, in qualità di miracolato, era stato esentato da qualsiasi incombenza di ordine pratico. Anche in considerazione del fatto che i Medimaghi gli avevano prescritto diverse settimane di assoluto riposo per riprendersi completamente dagli effetti nefasti del veleno di Nagini. 
Così, afferrato alla rinfusa un volume non ancora spulciato, stava per immergersi nella lettura, quando un colpo di tosse gli fece realizzare di non essere solo. Alzò il capo e il suo sguardo si inchiodò sulla fonte del rumore. 
Era lei, ancora pienamente assorta nella lettura, la fronte corrucciata nell’atto di concentrarsi. Un ricciolo castano le scivolava ribelle lungo il viso e la ragazza lo scostava via con la mano ogni qualvolta le ostacolava la vista. 
Hermione Granger. La guerra l’aveva cambiata. Ne portava i segni ovunque: sulle braccia, ricoperte di cicatrici; sulle guance, un tempo rosee, ora scarne e ossute;  negli occhi, che avevano assunto una profondità sconcertante. 
Per quanto si sforzasse, Severus non riusciva proprio a far combaciare l’immagine della ragazzina saccente che lo aveva infastidito a lezione per sei anni consecutivi con quella della donna fiera e combattiva che gli stava innanzi. E silenziosa.
La signorina Granger aveva sempre avuto evidenti difficoltà a tenere a freno la lingua, come lui stesso le aveva fatto notare nelle più disparate occasioni. Si intrometteva nei discorsi altrui, interveniva a lezione quando le era stato espressamente richiesto di tacere, elargiva consigli non desiderati. Una vera piaga! Adesso, invece, si era rinchiusa volontariamente in un silenzio che cozzava con tutti i lati della sua personalità.
Era stata una delle poche persone, se non l’unica, rifletteva Severus, a non congratularsi con lui per il coraggio dimostrato nell’attività spionistica a danno del Signore Oscuro. Che non l’avesse in simpatia gli era fin troppo chiaro, e certamente dimostrava più coerenza di tanti suoi compagni a non fargli le feste dopo avere passato anni a detestarlo, ma in fondo sentiva che non si trattava solo di questo. Qualcosa durante la guerra doveva averla ferita molto in profondità, più di quanto lei stessa si rendesse realmente conto, più di quanto i suoi stessi amici fossero in grado di comprendere. 
Senza rendersene conto Severus continuò a osservarla per tutto il pomeriggio, assorto nella contemplazione di un contegno a cui non riusciva a dare spiegazione. Fu come vederla per la prima volta e se ne appuntò nella mente ogni singolo gesto: dai fremiti inconsulti che la scuotevano di tanto in tanto ai sospiri tristi con cui scandiva il trascorrere del tempo. Ne era come ammaliato, dimentico di qualsiasi dettaglio in quella stanza che non la riguardasse.
Sussultò pesantemente quando lei richiuse con forza il libro e si diresse verso l’uscita.
Fu solo allora che Hermione si accorse di essere in compagnia. Gli occhi della ragazza guizzarono per un istante in direzione del suo professore, poi tornarono ad abbassarsi. Con il libro ancora stretto saldamente tra le braccia, si congedò con un rapido: «Buonanotte, professor Piton». 
L’incanto si spezzò e Severus si riscosse da quel languido torpore di cui era caduto preda: «Buonanotte, signorina Granger». 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Torre di Astronomia ***


Capitolo II: Torre di Astronomia

L’anno scolastico era appena iniziato e Severus già vagheggiava con nostalgia la quiete e il silenzio che permeavano il castello durante la stagione estiva. Quei fastidiosi ragazzini schiamazzavano ovunque, rendendogli difficile, se non impossibile trovare un angolo di pace per estraniarsi da una realtà avvertita come soffocante.
La conferma della nomina a preside di Hogwarts aveva reso tutto più complicato: programmi scolastici da approvare, insegnanti da coordinare, lavori di ricostruzione da presidiare. Quantomeno gli era stata risparmiata la seccatura di tornare a rivestire i panni di insegnante di pozioni. 
Mentre rimuginava su quanto amaramente ingiusta fosse la vita, i suoi passi lo portarono a tradimento nel luogo dove meno avrebbe desiderato trovarsi: la torre di Astronomia.
Il sangue gli si gelò nelle vene e potenti capogiri lo costrinsero a crollare sugli scalini. Quel pensiero che continuava a tormentarlo senza tregua da più di un anno si accanì ancora una volta contro la sua fragile psiche. Lì aveva ucciso Albus. Ed era inutile ripetersi che aveva compiuto quell’ignobile gesto sotto esplicita richiesta del suo mentore, che lo aveva fatto per una ragione importante, che aveva risparmiato a un giovane innocente il peso di un assassinio sulla coscienza.
Draco non si era macchiato di omicidio, ma lui sì, e avrebbe dovuto farci i conti ogni giorno della sua vita. Chiudendo gli occhi poteva ancora intravedere chiaramente il volto esangue di Silente, la sua supplica accorata e infine il lampo verde che aveva posto fine ad una più che centenaria esistenza. Aprì gli occhi di scatto e si rimise in piedi con fatica: il veleno del serpente non lo aveva ucciso per puro miracolo, ma certo gli aveva sottratto buona parte del vigore di un tempo. Sostenendosi con il corrimano, cominciò a salire lentamente i gradini, uno a uno. Man mano che si avvicinava alla sommità della scalinata, la sua risoluzione assumeva contorni più definiti: per troppo tempo era stato messo in fuga dai suoi demoni interiori, adesso era venuto il momento di affrontarli a testa alta, dimostrando di possedere davvero quel coraggio che molti gli avevano attribuito da qualche tempo a questa parte.
Severus aveva immaginato spesso il vuoto angosciante che avrebbe avvertito una volta giunto sulla torre, ripercorrendo gli ultimi passi di Silente verso la morte. Ciò che non aveva previsto era la fitta di profondo livore che lo trapassò da parte a parte. A ridosso del telescopio, due ragazzi si stavano baciando appassionatamente.
Non era insolito, girovagando per il castello, cogliere gli studenti in effusioni compromettenti. Normalmente si sarebbe limitato a separare la coppietta con un preciso colpo di bacchetta e a sottrarre punti ad ambedue le case.
Stavolta invece non riuscì a proferire la benché minima parola né ad articolare un singolo gesto. Hermione giaceva schiacciata contro la parete e teneva gli occhi serrati. Del signor Weasley, girato di spalle, intravedeva una porzione di schiena e ne intuiva il movimento delle mani sul corpo della ragazza. La testa del rosso si muoveva febbrile, testando varie angolature alla ricerca della più congeniale al suo scopo. Mentre una rabbia immotivata si impadroniva di lui, Severus fece in tempo a soffermarsi per qualche istante sull’espressione della Granger mentre baciava il suo fidanzato: annoiata, infastidita, distante. La sua bocca si muoveva meccanicamente, ma senza pathos. Le braccia cadevano rigide lungo il corpo, non fingevano neanche un trasporto che non c’era. Le palpebre chiuse significavano volontà di estraniarsi da quel momento insoddisfacente. Tutto il corpo di Hermione tradiva nella sua interezza la distanza mentale che la separava dal suo appassionato interlocutore. 
Un accenno di sorriso si dipinse sul volto di Severus. Impugnò la bacchetta e con un incantesimo ben calibrato scagliò Weasley all’altro capo della stanza. Hermione soffocò una risatina che non sfuggì allo sguardo del suo professore.
«Venti punti in meno a Grifondoro», sibilò Severus.
Poi scomparve nella tromba delle scale con un elegante svolazzo del mantello nero. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Corridoio del terzo piano ***


Capitolo III: Corridoio del terzo piano
 
Severus Piton era conscio del fatto che pattugliare i corridoi di notte non rientrasse nella novera dei suoi compiti da preside. Eppure quasi ogni sera, allo scoccare della mezzanotte, sentiva come fluirgli dentro una spirale di irrequietezza che lo spingeva a vagabondare per il castello come un sonnambulo. Avvolto in quella spessa coltre che era il suo mantello, si immergeva languidamente nelle tenebre senza neanche l’ausilio di un Lumos
Mentre attraversava a passo felpato un corridoio del terzo piano, rabbrividì per uno spiffero di vento autunnale.
Perché mai abbandonava il caldo rifugio delle sue coperte per avventurarsi in futili perlustrazioni? Almeno Potter, pensò a denti stretti, aveva sempre avuto uno scopo ben preciso a orientare il suo peregrinare sconsiderato per il castello.
Lui invece vagava alla cieca, senza una meta, senza una ragione, per il puro gusto di affondare nel buio della notte. 
Fu soltanto quando giunse in prossimità dell’aula di Incantesimi che cominciò a comprendere il senso nascosto dei suoi vagabondaggi notturni. Non era solo. Nel buio impenetrabile di quella notte ottobrina – non un raggio di luna penetrava dalla finestra – avvertì chiaramente una presenza alla sua destra. 
«Lumos», sussurrò all’indirizzo della sua bacchetta. E il guizzo di luce rivelò una ragazza con gli occhi pieni di lacrime accovacciata a ridosso della parete. Hermione alzò istintivamente un braccio per ripararsi da quella pioggia di scintille.
E altrettanto impulsivamente Severus le afferrò con delicatezza la mano e la aiutò a tirarsi su. Fu attraversato da una piccola scossa di energia e lasciò subito andare la presa, facendo anche un passo indietro. 
«Professor Piton, so bene che non dovrei essere in giro a quest’ora», mormorò la ragazza abbassando gli occhi. «Sono mortificata, mi creda».
E senza riuscire a trattenersi, scoppiò nuovamente in lacrime, nascondendosi il viso con entrambe le mani. L’eco dei suoi singhiozzi risuonava nel corridoio. 
«Hermione… Signorina Granger», si corresse. «Non è da lei violare una regola della scuola. Per quanto sia restio ad ammetterlo, deve avere avuto le sue buone ragioni per farlo». 
La ragazza smise per un attimo di piangere e levò il capo nella direzione del preside. I suoi occhi color nocciola, che un attimo prima si erano aperti in fiumi di struggente dolore, adesso tradivano smarrimento e confusione. Fece per aprire bocca, ma poi si richiuse subito nel suo silenzio. Stettero immobili a guardarsi, quasi intenti a soppesare la prossima mossa. 
Fu Severus a prendere parola per primo, ma lo fece voltandosi di spalle. Non era in grado di reggere a lungo lo sguardo di quegli intensi occhi screziati di pianto.
«Non ti riconosci più, Hermione», esordì, passando direttamente al ‘tu’. «La guerra ti ha cambiata molto più di quanto pensavi fosse umanamente possibile. Il dolore, la paura, l’orrore sono penetrati così in profondità nel tuo animo da stravolgerlo completamente. E adesso che tutto è finito, che la gente ricomincia a vivere la quotidianità, che le case vengono ricostruite mattone per mattone, che tutti cercano disperatamente di andare avanti e di dimenticare il passato, adesso tu non sai più chi sei e non sai più cosa vuoi. Mi sbaglio?»
Hermione scosse la testa. «Perché gli altri vanno avanti mentre io rimango ferma? Abbiamo vissuto le stesse esperienze, affrontato gli stessi incubi».
«Ciascuno attraversa il dolore a modo proprio. I più desiderano soltanto dimenticare l’orrore vissuto e lasciarsi trasportare da sentimenti estemporanei di gioia e sollievo. Altri incarcerano la propria anima in un anfratto di sorda disperazione, senza nessuna feritoia attraverso cui fare penetrare un barlume di luce, di speranza», e qui fece una pausa significativa, mentre una smorfia malinconica gli si dipingeva sul volto ripensando al suo passato.
«Tu sei diversa, Hermione», riprese. «Tu affronti il dolore di petto, senza paura. Ti scagli con coraggio contro i tuoi fantasmi, li attraversi e li superi. E se nel farlo ti capita di mettere tutto il resto in discussione, beh, sarà pure fisiologico».
La ragazza apparve visibilmente colpita da quelle parole che sembravano avere avuto accesso ai recessi più insondabili del suo cuore. Sfiorò lievemente il braccio del suo ex professore per indurlo a voltarsi.
«E se avessi messo troppe cose in discussione? Me stessa, le mie ambizioni, il mio futuro. Persino Ronald…» confessò amaramente. 
«Niente sarà più come prima», mormorò Severus guardandola dritta negli occhi. Pozze di petrolio che affondavano in un pallido castagneto. L’intensità di un istante. Severus si chinò e depose un soffice bacio sulle labbra di Hermione.
Lei non si ritrasse, ma anzi adagiò il capo con abbandono sul petto dell’uomo. 
Rimasero in quella posizione a lungo, fino a quando l’incanto non venne spezzato dal passaggio del Barone Sanguinario, le catene tintinnanti al seguito.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Infermeria ***


Capitolo IV: Infermeria
 
Severus Piton stava passeggiando avanti e indietro nel suo ufficio, riflettendo sulla possibilità di licenziare quel vecchio artritico di Argus Gazza per rimpiazzarlo con qualcuno di più valido. Il che avrebbe significato anche sbarazzarsi di quella petulante gatta che trotterellava sempre al seguito del suo padrone. Come recitava un vecchio detto babbano, avrebbe preso ‘due piccioni con una fava’. I suoi vagheggiamenti furono bruscamente interrotti dall’apparizione di Minerva McGranitt, che risaliva veloce la scala a chiocciola.
«Non ti ho sentita bussare», commentò Severus, sollevando un sopracciglio.
La professoressa lo trafisse con un’occhiata gelida. «Al bando le cerimonie, Severus! Sono venuta per riferirti che la signorina Granger ha perso i sensi durante la lezione e adesso si trova in Infermeria. Pensavo volessi saperlo».
Il preside sbiancò visibilmente e, mormorando dei blandi ringraziamenti all’indirizzo della collega, guadagnò l’uscita e corse veloce in Infermeria. 
Il cuore batteva all’impazzata all’idea che fosse successo qualcosa di brutto a Hermione.
Da quel primo bacio erano trascorsi ben due anni, i più belli della sua vita, e non avrebbe permesso a niente e nessuno di sottrargli quel barlume di felicità che, col trascorrere del tempo, si faceva sempre più tangibile.
In quella ragazza tanto più giovane di lui, con i suoi tormenti e le sue cicatrici, aveva scoperto un’anima affine. Lei era mistero, speranza e conforto. Era Hermione. 
E proprio invocando a gran voce quel nome fece il suo ingresso in Infermeria.
Madama Chips fu lesta a redarguirlo: «Professor Piton, la smetta immediatamente di urlare! I miei pazienti necessitano di quiete e riposo!»
Severus non la degnò neanche di uno sguardo e si affrettò a raggiungere il letto dove giaceva Hermione, gli occhi serrati e i capelli ondulati sparsi sul cuscino.
«Sta bene?», chiese senza voltarsi, la bocca contratta in una smorfia di terrore. 
Madama Chips gli rivolse un sorrisino sardonico. «Starebbe di sicuro meglio se tu fossi stato più attento, ma si riprenderà alla svelta».
«Più attento? Cosa accidenti intendi dire, Chips?», esclamò l’uomo sgomento.
L’infermiera scosse la testa con condiscendenza. «Non ti agitare, Severus, tra nove mesi la tua Hermione sarà di nuovo in perfetta forma!»
Poi scomparve dietro la tenda di un paziente, lasciando il preside sempre più attonito e confuso. No, si rifiutava di accettare l’ipotesi che aveva fatto capolino nella sua mente, prontamente sollecitata dalle parole di Madama Chips.
Gli svenimenti potevano essere causati da svariate patologie, non serviva essere Medimaghi per saperlo. Non si trattava necessariamente di quello. E allora perché ‘tra nove mesi’?
«Severus», il dolce sussurro di Hermione lo richiamò alla realtà.
«Come ti senti?», le chiese teneramente lui, prendendola per mano.
Le labbra della ragazza si incresparono in un timido sorriso; la mano saettò fuori dalle lenzuola per poggiarsi sul ventre, indulgendovi con tenerezza. 
Severus spalancò gli occhi dalla meraviglia e rimase in silenzio, troppo commosso per aprir bocca. In tutta la sua vita non aveva mai desiderato di diventare padre, fatta eccezione per un singolo istante: dinanzi al corpo senza vita della sua adorata Lily, riversa a terra in un vortice di capelli rossi, aveva vagheggiato su come sarebbe stato avere un figlio da lei, un essere umano in cui scoprire giorno dopo giorno la stessa scintilla vitale della madre. Potter non aveva mai potuto rappresentare tutto questo, inquinato com’era della somiglianza con James, suo acerrimo nemico.
E invece ora sarebbe diventato padre per la prima volta, padre di un figlio completamente suo, frutto del periodo più bello della sua vita. Era davvero troppo per un uomo che aveva chiuso il suo cuore in un bugigattolo oscuro per più di una decina d’anni e che solo di recente aveva scoperto la chiave per restituirgli la libertà tanto agognata.
Non riuscì a dire niente, ma i suoi occhi parlarono per lui; e Hermione, che aveva abilmente imparato a districarsi tra quelle molteplici sfumature di nero, vi lesse tutto quello che lui non era in grado di esprimere a parole. E le bastò.
Lo prese dolcemente per mano e lo accompagnò a conoscere il loro bambino. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3857963