Invincibili

di Ghil
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pinguino Verde Fosforescente [Armin] ***
Capitolo 2: *** Candore [Nathaniel] ***
Capitolo 3: *** Dancing In The Mirror, Singing In The Shower [Lysandro] ***
Capitolo 4: *** Figli di Nettuno [Dake] ***
Capitolo 5: *** Sole all’orizzonte [Castiel] ***



Capitolo 1
*** Pinguino Verde Fosforescente [Armin] ***


rating: verde

genere: Slice of Life, comico

personaggi: Armin, Candy

coppie: het

avvertimenti: nessuno

prompt: cerotto

conteggio: 368

data di scrittura: 18.01.2017

Pinguino Verde Fosforescente

Ti facevano male gli occhi già da prima – probabilmente perché avevi passato effettivamente troppo tempo davanti alla PSP, anche per i tuoi standard – e, di conseguenza, la testa aveva preso a lamentarsi, ma non bastava.

Nel pomeriggio dovrai andare dall’oculista, che ti dirà, per l’ennesima volta, che hai bisogno di mettere gli occhiali, se vuoi calmare il mal di testa. E tu sei ormai psicologicamente pronto a ignorare tuo fratello e la sua probabile reazione, che starà nel mezzo tra il prenderti in giro e il prodigarsi per trovare il paio di occhiali che meglio si addice al tuo volto, ma non bastava ancora.

Hai un labbro spaccato, ma non importa, perché cadendo sei atterrato sui polsi e ti sei stracciato qualche milione imprecisato di cellule, aprendoti il palmo e formando così una ferita sanguinante in uno dei posti più scomodi per averne. Ma non basta nemmeno questo.

Avevano definito un giorno dell’anno come quello più sfortunato e triste. Quale era già?

Ora lei – la grazia di uno zombie in overdose di antidolorifici e l’energia di un furetto – si stava prodigando a medicarti dopo esserti finita addosso.

« Oddio, scusami Armin! Mi dispiace così tanto. Scusa, scusa, scusa… Sono troppo distratta. »

Si era solo spostata, non ti aveva nemmeno lasciato il tempo di alzarti che già, frenetica, ti aveva chiesto scusa almeno cinque volte, aveva tirato fuori dalla tasca dei jeans un fazzoletto di stoffa, l’aveva bagnato con l’acqua della bottiglietta che teneva nello zainetto e ti aveva tamponato prima il labbro e poi la mano con esso. Dopo, sempre coi suoi modi goffi ma veloci, aveva preso dal portafogli un cerotto – rischiando nel frattempo di rovesciare tutte le monete che conteneva – e te lo aveva messo sul palmo.

Guardi la tua mano medicata. Un pinguino. Un pinguino verde fosforescente. Non capisci se sia ridicolo o carino.

E poi lei non c’è più, andata via esattamente come era arrivata. Esattamente nel modo che ti aveva colpito la prima volta che l’avevi vista.

E la sua assenza ti fa capire che non è più un giorno così malvagio, perché tu hai un cerotto verde fosforescente a forma di pinguino. Il suo cerotto.

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Capitolo 2
*** Candore [Nathaniel] ***


rating: verde

genere: Slice of Life, fluff

personaggi: Nathaniel, Candy

coppie: het

avvertimenti: /

prompt: /

conteggio: 487

data di scrittura: 06.05.2017

Candore

La porta di legno scuro della stanza era chiusa e, accanto, l'armadio con le ante a specchio occupava lo spazio rimanente del muro. Davanti ad esso era incastonata la finestra dalle tende bianche, ricamate con filo color granata a motivi geometrici. Le pareti erano azzurrine e quella del lato sud era quasi interamente coperta da una immensa libreria ricolma di tomi che però lasciava spazio, esattamente nel suo centro, a una grande scrivania ordinata.

Nella parete di fronte stava un quadro che tu avevi dipinto – la raffigurazione di una rivisitazione mitologica: Eco e Narciso felicemente innamorati e il sorriso di Era nel cielo. Immediatamente sotto c'era il letto dalle coperte verde scuro e, attaccato, il comodino.

Sul letto eravamo sdraiati noi due, guardavamo un film. Il computer era sul tuo grembo e la mia tempia sulla tua spalla – il mio zigomo era contenuto nella conca tra la tua spalla e il tuo petto. Ero sdraiata su di te, pacida di tepore e drogata dal tuo odore, che aleggiava in tutta la stanza. Un odore discreto, che sapeva di pulito e che mi faceva sentire al sicuro e protetta.

Sotto di me sentivo la solidità del tuo corpo, l'ampiezza del tuo petto e la tonicità delle tue cosce. La mia mano era infilata sotto la tua maglia, le mie dita accarezzavano la sericità della tua pelle. Il tuo petto si alzava e abbassava ritmicamente.

Sentivo il battito del tuo cuore con la guancia e il tuo respiro sul mio naso. Un momento cristallizzato nel tempo. Perfetto nel suo candore.

Mi risvegliai qualche ora dopo. Il film era finito e tu stavi leggendo e scrivendo qualcosa al pc, diedi un’occhiata al monitor e con uno sbuffo di divertimento constatai che lavoravi ancora al nostro progetto: un gioco dal nome imbarazzante. A metà tra un giallo e un rosa, esattamente i nostri due tipi di libri preferiti. La protagonista era una ragazza che si era improvvisata detective e che doveva trovare il colpevole di un crimine e, ovviamente – per mio volere –, tutti gli indagati erano bei ragazzi. Tu, per amor mio, avevi accettato il patto e stavi già scrivendo la storia del terzo episodio.

Sfregai la guancia sul tuo petto, fregandomene del trucco che mi ero dipinta il volto, e tu mi stringesti il fianco con la mano con cui mi cingevi.

« Svegliati che ti porto a casa, gatta » ridacchiasti. Mugugnai, saggiai con le mie dita la carne del tuo stomaco e ti diedi un lieve bacio sulle labbra. Tutto di te sapeva di miele e mi immersi nel liquido denso di cui era fatto il tuo sguardo.

« Ti amo », « Anch'io ».

Poco dopo eravamo sotto casa mia, ti diedi un bacio, uscii dalla macchina e aspettai che te ne andassi, salutando con la mano anche quand'eri lontano.

Entrai in casa senza svegliare nessuno e mi misi sotto le coperte.

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Capitolo 3
*** Dancing In The Mirror, Singing In The Shower [Lysandro] ***


rating: verde

genere: Slice of Life, comico

personaggi: Lysandro, Candy

coppie: het

avvertimenti: /

prompt: doccia

conteggio: 579

data di scrittura: 28.08.2019

Dancing In The Mirror, Singing In The Shower

Lysandro cantava sempre.

Canticchiava tra le labbra mentre leggeva, seguiva le parole con la bocca quando ascoltava la musica, fischiettava piano se per troppo tempo non parlavamo quando andavamo a fare una passeggiata e tamburellava il tavolo con le dita quando eravamo seduti a mangiare: nella sua testa c’era sempre musica.

Una volta aveva cercato di descrivermi quella costante melodia paragonandola al rumore di sottofondo nei negozi, solo che era creato dal suo inconscio e spesso era più forte dei rumori esterni. Io lo prendevo in giro chiedendogli dove fosse il bottone per spegnere la radio.

Vivendo con lui, però, mi ero accorta di una cosa: ironicamente, non cantava sotto la doccia. Quando l’acqua si accendeva non sentivo più quella costante vibrazione che avevo imparato ad associare al piacere di stare con lui.

Avevo deciso di stuzzicarlo un po’ appena ne avessi avuta l’occasione. Ovvero appena fosse uscito dal bagno.

« Come mai non canti sotto la doccia? »

L’avevo preso di sorpresa. Era evidente dall’arco accentuato delle sue sopracciglia decolorate, dagli occhi aperti, la bocca socchiusa e le guance che cominciavano a prendere un colore rosa bellissimo.

Vedendolo, il mio ghigno si ampliò, pregustando una bella scenetta e un altro motivo per stuzzicare il mio fidanzato. Lui, per tutta risposta, si voltò e prese a frizionarsi i capelli con l’asciugamano e andò verso la nostra camera, per vestirsi.

« Io non canto sotto la doccia, vero. Io canto davanti allo specchio e poi, sotto la doccia… ballo. »

Immaginandomi la scena, i miei occhi si illuminarono di meraviglia e aspettativa: non l’avevo mai visto ballare disinvolto. Un’idea si formò nella mia mente.

Lysandro, in allerta a causa del mio silenzio prolungato, si voltò e lesse sul mio volto che non pensavo meraviglie a suo vantaggio e aprì la bocca per cercare di evitare il peggio, ma lo anticipai.

« Oh, sì, invece » Feci, consapevole dei miei occhi luccicanti.

« Ti prego » Tentò un passo verso di me.

« Oh, tanto non te ne ricorderai e non noterai nemmeno la videocamera. »

Lysandro chiuse gli occhi e una mano arrivò al suo viso, massaggiando la fronte in un segno di pensieri fastidiosi. In quel momento mi ricordò fortemente Nathaniel e capii di aver esagerato.

Mi avvicinai e posi una mano sulla sua spalla.

« Non lo farò. »

Lui mi guardò sorpreso: non era solito che io desistessi dai miei propositi e da quel gesto capì, Lysandro, che lui era più importante per me della mera soddisfazione di curiosità.

Sorrise con un’espressione che diceva: questa volta l’hai scampata per un soffio. Un appunto bonario, rispetto a quanto sapevo che era in grado di farmi sentire in colpa.

Sorrisi consapevole in risposta e, mentre mi avvicinavo per prendere il mio bacio di ricompensa, lui – traditore, mi fece il solletico.

Un urlo di sorpresa e terrore mi uscì dalle labbra prima che potessi fermarlo e scappai fuori dalla stanza, chiudendo la porta dietro di me.

« La videocamera sarà lì quando ormai non te ne ricorderai più » urlai alla porta.

In risposta ebbi solo la sua risata. Sbuffai – forse un po’ divertita – e stavo andando via quando sentii che la sua costante melodia era ricominciata. E capii.

Aveva accettato il mio sacrificio e aveva fatto in modo di non rifiutarlo per non offendermi, ma mi aveva permesso comunque di fare come volevo.

Forse davvero non avrei messo la videocamera: sarei entrata di soppiatto in bagno.

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Capitolo 4
*** Figli di Nettuno [Dake] ***


rating: verde

genere: Slice of Life

personaggi: Dake, Candy

coppie: het

avvertimenti: /

prompt: mare, ansia

conteggio: 787

data di scrittura: 28.08.2019

note: grazie Fujiko91

Figli di Nettuno

Uno dei vantaggi della città in cui vivevamo era il mare.

Era sempre nero, la spiaggia era corta, faceva freddo nove mesi all’anno e gli altri tre avevi comunque i brividi... eppure c’era il mare e la maggior parte delle attività cittadine si svolgeva attorno a quella distesa arrabbiata d’acqua salata.

Le onde erano costantemente turbolente, dispotiche e irascibili: erano perfette per essere cavalcate, non domate, ma stuzzicate, per l’ebbrezza del precario equilibrio e della sensazione inebriante dello sfiorare e tagliare un gigante immortale.

Nonostante tutto questo, non avevo mai imparato a nuotare, avevo vissuto poco da piccola in quella città, e una volta tornata, da più grande, era ormai troppo tardi e mi ero rassegnata ad abbandonarmi ammollo solo per mezzo di un galleggiante.

Era piacevole stare su quella piccola, umida, ventosa spiaggia. Sembrava quasi ironico, eppure quel clima da naso gocciolante era il mio preferito: avevo le punta delle dita che lentamente si infreddolivano, mentre, con abitudine, giravano le pagine del libro che stavo leggendo.

Un sorriso era sulle mie labbra e, frequentemente, i miei occhi ardivano di guardare il mare, seguendo una figura familiare che avrei preferito non veder rischiare così spesso avventatezze. E ogni volta sentivo una morsa al petto.

« Sciocco, incosciente, impulsivo, ottimista! Saresti potuto morire! »

« Eppure sono vivo, no? »

Lui si divertiva, lui era un semidio, lui era bellissimo e lui era il mio ragazzo. La preoccupazione che mi faceva provare mi avrebbe accorciato la vita.

Eppure si divertiva, si emozionava così tanto – ed era bellissimo. Sembrava creato solo per fare quello, per tutta la sua vita. Aveva un corpo abbronzato, bello, scolpito, coperto solo dalla muta attillata a mezze maniche. Non un filo di grasso o gonfiore sui muscoli grazie alla dieta vegana, alla scelta astemia e ai fermenti lattici che giornalmente prendeva. I capelli biondi bagnati, tirati indietro con una mano noncurante, cadevano a ciocche sulla fronte. Gli occhi chiari, ridenti, orgogliosi mi guardavano e la bocca sorrideva raccontando un sogno invincibile.

Come poteva, quell’immagine di vita e potenza e forza, essere davvero in pericolo di fronte al mare che era casa sua?

« Ricorda però che non sei immortale, e nemmeno figlio di Nettuno, e che se cadessi e ti facessi davvero male, io non saprei come aiutarti, come salvarti: non so nuotare! »

I suoi occhi si addolcirono subito, si avvicinò e mi baciò la fronte, stringendomi con un braccio al petto. Mi sentivo così al sicuro tra le sue braccia, annusando l’odore salmastro direttamente dalla sua pelle.

Con l’altra mano teneva ancora la tavola con la quale aveva rischiato di ammazzarsi su un’onda che si era infranta troppo presto.

La gara regionale si sarebbe tenuta nel giro di poche settimane e ormai passavamo tutte le mattine in spiaggia: io a leggere, lui a cavalcare le onde. Non era la prima volta che mi prendevo uno spavento del genere, lui cercava di rassicurarmi, ma per me era istintivo, naturale, preoccuparmi per lui, come per lui era altrettanto istintivo e naturale eccitarsi dal senso di pericolo che surfare gli presentava.

Eravamo noi due, così: io avevo ancora il cuore accelerato dallo spavento e lui ancora la frenesia della vittoria nelle vene.

« Dovremmo proprio far qualcosa per la tua incapacità di nuotare » e mi baciò il naso con un’aria di sfida.

Sapevo – sapevo – che l’aveva detto solo per distrarmi, ma la mia reazione fu immediata e incontrollata – mi conosceva troppo bene quel semidio ottimista.

« Solo se vuoi passare in bianco il resto dell’estate! » Mi mandava in panico l’idea di essere in acqua – soprattutto in quell’acqua burrascosa – senza salvagente o perlomeno galleggiante.

La sua fu una risata piena e profonda, mi guardò con quegli occhi di Nettuno e prese le mie labbra sulle sue. Avrei dovuto tenergli il muso tutto il giorno – lo sapevo e avevo tutte le intenzioni di farlo – per quanto sapessi che, immancabilmente, la mia protesta silenziosa non avrebbe riscontrato alcun effetto: certe cose non possono essere cambiate, ci si deve convivere.

« Su, forza. Ti porto in libreria. »

Lo guardai male: non poteva pensare di potermi comprare così; mi avvicinai e gli morsi il labbro con l’intenzione di fargli male. La sua reazione fu stoica e mi imbronciai. Poi sbuffai – ridacchiai – e raccolsi le mie cose.

Arrivava il mio momento preferito della giornata: quello dove eravamo al sicuro e io mi perdevo nei labirinti delle biblioteche e lui rimaneva stravaccato su una poltrona ad aspettarmi – spesso appisolandosi, altre volte con un fortuito libro che aveva colto il suo interesse.

Il mio ragazzo era proprio incosciente, imprevedibile ed eccessivamente ottimista. Era solo un mancato figlio di Nettuno.

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Capitolo 5
*** Sole all’orizzonte [Castiel] ***


rating: verde

genere: Slice of Life

personaggi: Castiel, Candy

coppie: het

avvertimenti: /

prompt: /

conteggio: 303

data di scrittura: 31.08.2019

Sole all’orizzonte

Guardare Castiel mentre guidava era una delle cose che più mi piaceva del viaggio. I capelli ritinti neri che sotto il sole dell’orizzonte risplendevano del rosso che ormai aveva abbandonato.

Eravamo partiti. Così, semplicemente. Nel pomeriggio ci eravamo guardati negli occhi e avevamo iniziato a fare le valigie. Meta? Portogallo. Perchè sì.

Io dovevo preparare un paio di esami per la sessione di settembre, lui aveva le prove con la band: nulla importava: avevamo deciso di partire e prendere un po’ di tempo per noi. Per stare assieme e riscoprirci.

Lo stereo mandava le nostre canzoni preferite dalla chiavetta che tenevamo sempre pronta per l’occorrenza. Io canticchiavo incurante che fossi stonata. A lui piaceva avere una scusa per prendermi a volte un po’ in giro.

La sua mano che occasionalmente scivolava dal volante per poggiarsi sulla mia coscia era fredda, gelata, e mi faceva salire brividi di piacere per contrasto con l’aria calda e umida resa appena più respirabile dalla ventola della macchina che lavorava instancabilmente, ma con poca efficacia.

Era una bella sensazione essere lì. Il mio sorriso mi gonfiava le guance in maniera buffa.

« Ferma la macchina. »

Mi guardò con un sopracciglio alzato, ma poi, leggendomi i pensieri dal viso, sorrise con gli occhi e accostò.

Mi sporsi mentre lui, che già pregustava la cosa, aveva avvicinato una mano e mi tirava dalla nuca.

Fu un bacio appassionato, del quale non sapevamo di aver bisogno e che accese dentro di entrambi il calore primordiale della lussuria.

Labbra bagnate, gustose, meravigliose.

Riprendendo fiato, posai il naso sulla sua guancia, pelle liscia e barba appena accennata. Dal profondo del mio stomaco saliva quasi una risata da quanto ero felice. Mi sentivo invincibile.

Eravamo giovani, innamorati e insieme per una strada che portava da qualsiasi parte.

Tutto il resto poteva anche svanire.

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