Queen of Jerusalem

di Eilan21
(/viewuser.php?uid=167267)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Jer

San Giovanni d'Acri

Settembre 1217


Le prime navi della flotta cominciarono a delinearsi all'orizzonte, con le galee che punteggiavano di scuro il mare azzurro di Outremer. Con il vento a favore, ben presto le imbarcazioni si fecero più vicine, a centinaia, a migliaia, le vele gonfie di vento e le polene scolpite a guisa di creature marine.

Yolande aveva solo cinque anni allora, ma non dimenticò mai lo stupore che provò nell'ammirare quello spettacolo affascinante e inquietante allo stesso tempo. Ricordava che la sua balia, una ragazza francese di nome Yvonne, l'aveva portata nel cortile più alto del castello, dove si erano radunate buona parte delle dame e dei paggi di corte. Yolande, in braccio a Yvonne, ascoltava distrattamente le chiacchiere eccitate delle dame intorno a lei. La sua attenzione era tutta su quel nugolo di navi che sciamavano sulle limpide acque del mare che le era tanto familiare. Quelle navi trasportavano un grande esercito, lo aveva sentito dire. Ma per esserne del tutto sicura chiese a sua cugina Anais, di cui si fidava ciecamente e nei confronti della quale provava un'adorazione infantile. Anais era grande ai suoi occhi, aveva già dodici anni. E per Yolande era perfetta in tutto.

Anais...” la chiamò allungando una manina verso di lei e toccandole la spalla. Anais alzò gli occhi e le sorrise.

Cosa c'è Yolande? Vuoi scendere? Vuoi che ti prenda in braccio io?”

La bambina annuì, contenta. Voleva bene a Yvonne, ma preferiva sempre la compagnia di Anais a quella di chiunque altro. La ragazza allungò le braccia e Yvonne le consegnò la piccola regina di Gerusalemme, che si strinse alla cugina e aspirò il profumo dei suoi capelli d'ebano. Anche se erano figlie di due fratelli, Yolande e Anais non potevano essere più diverse l'una dall'altra. Anais aveva ereditato la bellezza materna: la pelle olivastra e gli occhi scuri e intensi, che la facevano sembrare una saracena. Sua madre, Albiria d'Altavilla, era la figlia del re Tancredi di Sicilia, ultimo re della dinastia Altavilla che si era visto rubare il trono dall'usurpatore Enrico di Svevia.

Yolande invece era di costituzione esile e delicata. I suoi capelli biondi e la pelle chiara erano un retaggio della madre che non aveva mai conosciuto: Maria, regina di Gerusalemme prima di lei, che era morta pochi giorni dopo la sua nascita, consumata dalla febbre puerperale.

Anais, è vero che il re d'Ungheria è su quelle navi?” chiese Yolande scostandosi dal viso un ricciolo biondo che era sfuggito alle trecce.

Sì è vero, mon petite oiseau. I re sono finalmente pronti a cominciare la santa crociata.”

Yolande ci rifletté qualche istante, portandosi un dito alla guancia. “Ma perché hanno bisogno di tante navi? Cosa se ne fanno?”

Yvonne rise e le diede un buffetto sulla guancia.

Il re non è solo, votre altesse. Ci sono tanti nobili e tanti soldati che lo accompagnano.”

E perché i re sono venuti tutti ad Acri? Non si trovavano bene nei loro regni?”

Oui, anche troppo bene. Ma se non fossero venuti qui non potrebbero strappare il Santo Sepolcro agli infedeli.”

Le navi erano ormai prossime alle mura della città, e Yolande le guardava affascinata. Non aveva immaginato che fossero così grandi! E il re d'Ungheria si trovava su una di queste... la bambina cercò di indovinare quale. Scoprì che bastava cercare i vessilli che garrivano al vento, anche se ondeggiavano talmente forte che era difficile fissarvi sopra lo sguardo. Sapeva che lo stemma di suo padre era uno scudo a settori bianchi e azzurri, ma quelli che individuò non li conosceva.

Anais, a chi appartiene quello stemma con i leoni che stringono un cuore?”

Quello su uno sfondo a strisce bianche e rosse? Non saprei...”

Io lo so, vostra grazia”, intervenne un giovane paggio. “Quelle sono le truppe del re Andrea d'Ungheria, alleato di vostro padre in questa nuova crociata. E lì ci sono le truppe del duca Leopoldo VI d'Asburgo. Si uniranno alle truppe di vostro padre e a quelle di Ugo di Cipro proprio qui, ad Acri. Ecco, vedete che le porte della città vengono aperte. Vostro padre e Ugo si stanno recando a dare il formale benvenuto ai re crociati...”

Yolande li osservò rapita per qualche istante, prima di rivolgersi di nuovo alla cugina.

E pensi che riusciranno a liberare Gerusalemme questa volta?” Il suo tono era colmo di infantile ardore. Forse era ancora troppo giovane per comprendere l'importanza della città santa, del suo valore economico, strategico e militare. Ma era abbastanza grande da comprendere ciò che quella città, ambita dall'intera cristianità, significava per la sua corona.

Ci riusciranno”, rispose Anais fiduciosa, “toglieranno la città santa agli infedeli. Non possono fallire.”




Nota dell'autrice: Premetto che questa storia può considerarsi un esperimento, nel senso che anche avendo chiara la trama, non so ancora bene come debba svilupparsi. Forse vi chiederete come mai abbia deciso di trattare un personaggio storico così particolare come Isabella II, aka Yolande, effimera regina di Gerusalemme. Ebbene, la curiosità per questo personaggio (forse il primo personaggio storico a cui mi sia interessata) nasce dalla lettura in giovane età di un bellissimo romanzo di Bianca Pitzorno chiamato “La bambina col falcone”, ambientato all'epoca di Federico II, e in cui personaggio molto marginale è appunto Yolanda di Brienne. Per me questa regina rappresenta un po' l'emblema di tutte le donne dimenticate dalla storia, schiacciate dagli uomini e dal contesto in cui vivevano. Probabilmente questa sarà una long breve, non so ancora quanto, e non so nemmeno se potrà interessare a qualcuno. Però, dopo anni di tentennamenti, ho deciso di iniziarla proprio con l'intento di dar voce a quelle figure storiche femminili che nelle pagine dei libri di storia non hanno trovato posto. Che dire, spero che vi piaccia e che vorrete farmi sapere che ne pensate.

Un abbraccio a tutti

Eilan


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Jer




San Giovanni d'Acri

Maggio 1223


Nel sole accecante del maggio siriano Yolande si schermò gli occhi con la mano, divertita. La più giovane delle sue dame, che aveva solo otto anni, giocava nel giardino del castello con uno dei cagnolini bianchi che erano i preferiti della piccola regina. Lei, Isabella, da tutti chiamata Yolande, non molto più grande della sua piccola dama Mariam.

Aveva compiuto undici anni l'autunno precedente, ma era regina di Gerusalemme da quando aveva pochi giorni. Undici anni di regno, la cui reggenza aveva portato sulle sue spalle il padre Jean.

La piccola Mariam tirava un bastoncino al cane, poi quando questi si rifiutava di mollarlo, lei lo rincorreva. All'ombra del muro che gettava solo poca ombra sulla terra assolata, le altre dame di Yolande ricamavano e spettegolavano, mentre il gelsomino rampicante che i giardinieri avevano piantato in tutto il giardino spandeva il suo dolce profumo.

Io dico che questa ennesima guerra non ci sarà. Fidatevi di me quando lo dico. Figurarsi, i re cristiani sono ancora troppo umiliati dall'esito infausto della quinta crociata per pensarci!” stava dicendo Agnes, la moglie di Raoul di Saint Omer, il siniscalco del regno di Gerusalemme. Con i suoi trentadue anni era una delle dame più anziane del seguito di Yolande.

Ti stai forse riferendo al padre della regina, Agnes? O al mio?” intervenne maliziosamente la ventunenne Marie di Poitiers, figlia minore di Boemondo IV, principe di Antiochia.

Perdonami Yolande... non intendevo certo biasimare tuo padre...” si affrettò a giustificarsi Agnes, rossa in viso, scoccando contemporaneamente un'occhiataccia a Marie, alla quale non aveva evidentemente intenzione di chiedere scusa.

Non era un mistero per nessuno che il padre di Yolande, Jean di Brienne, fosse stato uno dei capi, insieme a re Andrea di Ungheria, al re Ugo di Cipro, al Duca Leopoldo d'Austria e al principe Boemondo IV, padre di Marie, della disastrosa quinta crociata.

Yolande prese la mano della sua dama fra le sue, rassicurandola con una dolcezza che le era propria: “Nessuno potrebbe mai crederti capace di sottintesi maliziosi Agnes. Nessuno che ti conosca come ti conosco io, perlomeno” aggiunse scoccando una bonaria occhiata di rimprovero a Marie, che continuò a sorridere divertita riportando lo sguardo sul tamburo sul quale stava ricamando un motivo floreale.

Yolande sospirò: sapeva che Marie poteva essere molto pungente e testarda quando voleva. La gentilezza non era nella sua natura, ma era pur sempre la più alta in rango tra le dame della regina, e perciò le altre cercavano di non contraddirla troppo.

Suvvia, non litigate voi due” intervenne placidamente Anais, continuando a dare punti, interrompendosi solo per dare di gomito a Marie, che finse di non accorgersene. “Sappiamo bene che se la guerra è fallita non è colpa di mio zio Jean, e nemmeno di tuo padre, Marie. I principi che hanno partecipato hanno messo il loro cuore e la loro fede in quest'impresa, rischiando la loro vita per liberare la Città Santa. Non si può che ammirarli.”

Sempre conciliante, pensò Yolande sentendo crescere l'ammirazione che provava per la cugina. Poteva affermare tranquillamente che Anais era la sua più grande amica. Erano cresciute insieme tra i palazzi reali di Acri e Tiro. Anais aveva nove anni più di lei, era vero, ma questo non aveva impedito loro di legare. Per Yolande, Anais era la sorella che non aveva mai avuto. Ammirava tutto in lei: il suo carattere dolce e gentile – per la verità molto simile al suo. Ma Anais era anche forte e determinata, molto più di Yolande, che per sua natura era mite. E poi era bellissima: bruna come Yolande era bionda, aveva le forme sensuali e piene di una saracena, tanto che nessun uomo poteva fare a meno di voltare lo sguardo quando lei passava. In confronto a lei l'undicenne ragazzina impallidiva. Dal viso grazioso e dai lineamenti delicati, Yolande era però ancora troppo acerba per essere definita una bellezza. Il suo vero punto di forza erano i lunghi capelli di un biondo dorato, talmente lunghi, poiché non glieli avevano mai tagliati, da arrivarle oltre la vita.

E di chi è la colpa Anais?” chiese un'altra giovane dama. “A parte degli infedeli, ovviamente.”

Lo sappiamo tutte di chi è” s'intromise di nuovo Agnes. “Dell'imperatore, ecco di chi è!”

Di Federico di Svevia?”

E di chi se no? Aveva promesso di mandare rinforzi, ma non l'ha mai fatto. Per questo la crociata è fallita. Onorio avrebbe voluto scomunicarlo.”

Chi è Onorio?” chiese Mariam, che si era avvicinata con il cagnolino in braccio, ormai stanco di giocare, e aveva sentito solo l'ultima parte della discussione.

E' il Papa, sciocchina” rispose Agnes dandole un buffetto sulla guancia. Mariam porse il cagnolino a Yolande, che se lo mise in grembo. Il cane si acciambellò poggiandole il muso umido sul braccio. Gli altri cagnolini, che riposavano ai piedi delle dame, berciarono un po' a quel favoritismo, chiedendo di essere anche loro presi in braccio, ma Mariam li zittì seccamente e con tanta autorevolezza che tutti gli animali si accucciarono di nuovo senza protestare. Yolande appariva divertita, mentre considerava la figuretta della più giovane delle sue dame. Mariam era una figlia illegittima di un dignitario del regno e della sua schiava saracena, ma la bambina era stata battezzata cristiana, e così Yolande aveva potuto esaudire la richiesta di suo padre di prenderla nel suo seguito, un onore che era a molti sembrato anche troppo per un'illegittima per metà saracena.

Per dare a Cesare quel che è di Cesare” intervenne Anais, citando il Vangelo. “Innocenzo III e poi Onorio avevano proibito a Federico di partecipare alla crociata, a causa delle sue ben note posizioni antipapali.”

Ma da che parte stai?” Marie era scandalizzata. Il trono di Gerusalemme poi, la riguardava da vicino, perché suo padre aveva sposato in seconde nozze la zia di Yolande, Melisende.

Dalla parte di chi vuole restituire Gerusalemme alla sua legittima sovrana, naturalmente” rispose Anais senza scomporsi.

Ti ringrazio, cugina” sorrise Yolande chiedendosi se fosse un peccato tanto grave non desiderare con fervore smodato che Gerusalemme le venisse restituita.

Non che ne sarebbe stata scontenta, naturalmente. Come tutti i fedeli si augurava che la Città Santa tornasse in mano cristiana. Ma come aggiunta al suo regno la desiderava poi tanto? Yolande aveva stabilito già tempo addietro che la risposta era no. Forse perché non avendola mai visitata non provava un attaccamento simile a quello che si prova per un luogo caro. Tiro e Acri erano la sua casa. Quest’ultima era divenuta la capitale del regno dopo la perdita di Gerusalemme. E poi c'erano Jaffa, Arsuf, Caesarea, Sidone e Beirut. Ed anche città minori come Ascalona e alcune altre fortezze interne, per non parlare della sovranità sui su Tripoli e Antiochia, i cui governanti, il conte di Tripoli e il principe di Antiochia erano suoi vassalli diretti.

Anche se molto più piccolo rispetto ai grandi regni europei ed anche ad alcuni sultanati confinanti, Yolande amava il suo regno. Ed Acri in particolare: le sue spiagge bianche, il suo mare azzurro e blu, talmente trasparente che ogni singola roccia sul fondo era perfettamente visibile; le sue torri, le sue cupole, i suoi minareti; i suoi profumi – in particolare quello del gelsomino dei suoi giardini e degli agrumi dei suoi aranceti - i suoi colori caldi e il suo sole sempre splendente.

Per favore, ora basta con questi discorsi seri” proclamò solennemente Yolande, con un tono che non ammetteva repliche. “Parliamo di qualcosa di più leggero, con questo caldo non sono proprio dell'umore per i discorsi di guerra!”

Parole sante!” approvò Anais.

Giusto! Perché non parlare d'amore? Per esempio chi sarà scelto come futuro re consorte del nostro regno...” disse una dama, accennando con il capo a Yolande.

Lei si schermì con la mano: “Non credo che mio padre abbia fretta di trovarmi marito...”

Oppure potremmo chiedere alla nostra Marie cosa si prova ad essere sposata con un principe armeno”, Agnes non perse l'occasione di lanciare una frecciatina alla sua rivale.

Come con chiunque altro uomo, suppongo” rispose Marie fumando di sdegno, ma cercando di non darlo a vedere. Marie di Poitiers aveva sposato Thoros di Armenia, un figlio cadetto della regina Isabella di Armenia, che era tra le altre cose anche la sorella minore di Stefania, seconda moglie del padre di Yolande.

Tutti sapevano che Thoros e Marie, di un paio d'anni più grande del suo sposo, erano una coppia male assortita. Erano sposati da tre anni e non era ben chiaro se non avessero figli perché non erano in grado di averne o perché condividevano raramente il talamo nuziale. Yolande riteneva più probabile la seconda ipotesi.

Mentre il punzecchiarsi e il chiacchiericcio delle sue dame proseguiva in sottofondo, Yolande, stufa, se ne estraniò, dedicandosi al suo lavoro di ricamo, interrompendosi solo per dare qualche istruzione a Mariam, che, seduta accanto a lei, stava iniziando a impratichirsi con i rudimenti del ricamo.


Quella sera Yolande si ritirò presto nelle sue stanze. Anche con il calar del sole il caldo non concedeva tregue, così ordinò di lasciare aperte le finestre della sua camera. Mentre sedeva alla toeletta, con la sua ancella personale che le pettinava i lunghi capelli, Yolande si chiese se dovesse considerarsi un'orfana. Al ritmo dei movimenti della spazzola e delle mani di Eufemie, anche i pensieri di Yolande vagavano. Pensava a sua madre Marie, che non aveva mai conosciuto, e che l’aveva preceduta sul trono.

Suo padre Jean, che era riuscito ad elevarsi da figlio cadetto di un nobile francese a consorte della regina di Gerusalemme, era sempre stata una figura sfuggente per lei. Lo aveva visto di rado da quando era nata. Dopo solo due anni dalla morte di sua madre suo padre si era risposato con la principessa Stefania di Armenia, che gli aveva dato solo un figlio morto in fasce. Dopo sei anni di matrimonio, nel 1220, la principessa era morta, e suo padre si era trovato di nuovo vedovo. Ma ormai aveva cinquantatré anni, ed era improbabile che prendesse una terza moglie ed avesse altri figli. Perciò Yolande, con tutta probabilità, non avrebbe mai avuto alcun fratello o sorella.

Di tanto in tanto Jean tornava a Gerusalemme – di cui dopotutto era il reggente - per incontrare la figlia ed occuparsi degli affari di stato, ma quei momenti erano davvero rari, e il consiglio comunque governava efficientemente anche in sua assenza, in attesa che la regina fosse in età da marito. Quando ciò fosse avvenuto lei sarebbe stata incoronata, la reggenza di suo padre avrebbe avuto termine e lei e suo marito avrebbero governato insieme su Gerusalemme, proprio come avevano fatto prima di lei la sua prozia Sybille con il marito Guy, sua nonna Isabella I con i suoi quattro mariti e sua madre Marie con suo padre Jean. Gerusalemme vantava una lunga tradizione di regine regnanti.

Per essere giusta con lui, Yolande doveva ammettere che la storia di suo padre dimostrava la sua abilità nel tracciare da solo il proprio destino.

Jean di Brienne era nato secondo figlio di Erard II, Conte di Brienne e di Agnes de Montfaucon, nella lontana Francia. Suo padre lo aveva destinato alla carriera ecclesiastica, una prospettiva che non piaceva affatto al giovane Jean, che aveva preferito divenire cavaliere, e che in quarant'anni di battaglie e tornei si era guadagnato una notevole reputazione. Quando nel 1208 gli inviati del regno di Gerusalemme erano giunti in Francia per chiedere al re Filippo Augusto di scegliere tra i suoi baroni un marito per la regina di Gerusalemme Marie, questi aveva scelto proprio Jean di Brienne, promettendo di supportarlo nella sua nuova dignità. Due anni dopo i suoi genitori si erano sposati; a quel tempo sua madre aveva diciotto anni e suo padre quaranta. Dopo due anni era nata lei, la loro unica figlia.

Quando il fratello maggiore, il primogenito Gautier, che era succeduto al padre come conte di Brienne, era morto nel 1205, sua moglie Albiria d'Altavilla aveva dato alla luce un figlio nato postumo, anche lui chiamato Gautier, che era succeduto al padre. Ma Gautier lasciava anche una figlia di appena due anni: Anais. Quando era nata Yolande, ed era stato necessario stabilire il suo seguito di dame, balie e pedagoghi, Jean aveva offerto alla nipote di nove anni un posto tra le dame della neonata regina di Gerusalemme. E almeno di questo Yolande sarebbe sempre stata grata a suo padre: di averle donato la sua amatissima Anais.


Quando, due giorni dopo, un paggio informò Yolande che era giunto un messaggio di suo padre, lei non se ne stupì. Suo padre le scriveva sovente, così allungò automaticamente la mano verso il ragazzino per farsi consegnare la lettera. Ma la ritirò quando si accorse dell'espressione imbarazzata di questi.

Cosa succede Philippe?” chiese confusa.

Scusatemi Vostra Grazia, credo di essermi spiegato male. Non ho una lettera di vostro padre... mi hanno solo chiesto di riferirvi il suo messaggio. Sarà qui tra due giorni.”

Yolande ne rimase sorpresa. Come mai quell'arrivo inaspettato e frettoloso? Una cosa era certa: quando suo padre diceva che avrebbe fatto una cosa, la faceva.

E infatti si presentò ad Acri due giorni dopo, puntuale. Dopo aver parlato con i dignitari e il consiglio si recò direttamente da sua figlia, raggiungendola nelle sue stanze.

Padre...” mormorò Yolande con una piccola riverenza, stando nel centro del suo salotto. Jean le andò incontro e l'abbracciò, baciandola su entrambe le guance.

Figlia cara, sei cresciuta molto dall'ultima volta che ti ho vista. Quando è stato... due anni fa.”

Ricordate bene, padre” rispose doverosamente Yolande.

Jean passò a salutare la nipote Anais, che stava in piedi un passo indietro la sua signora.

Ora vorrei parlare un momento solo con mia figlia, se non vi dispiace” annunciò rivolto alle dame. Siccome tecnicamente solo la regina aveva il potere di congedare il suo seguito, le signore attesero che Yolande annuisse col capo, prima di uscire dalla stanza per lasciare un po' di riservatezza a padre e figlia.

I due si sedettero l'uno di fronte all'altra, davanti al grande camino di pietra lavorata, spento a causa del caldo stagionale.

Come stai? Ti trovo bene!” iniziò Jean scrutandola sommariamente. “Come procedono i tuoi studi? I pedagoghi mi dicono che hai imparato alla perfezione il latino e la langue d'oil.”

Oui mon pere... ma sapete che ho una predilezione per la langue d'oc. Sarà sempre la mia prima lingua.”

Yolande conosceva anche un po' di arabo, che le aveva insegnato una delle sue balie saracene quando era piccola.

Temo che dovrai imparare anche il volgare di Sicilia, e quello di Germania” commentò Jean.

Sì lo so che non comprendi di cosa sto parlando”, aggiunse notando la perplessità di Yolande. “Abbi un attimo di pazienza e ti metterò al corrente. Lo scorso marzo ho avuto un incontro molto importante a Ferentino...”

Ferentino?” chiese Yolande, alzando un sopracciglio. Non aveva mai sentito nominare quel luogo.

E' una piccola cittadina dell'Italia centrale. All'incontro erano presenti il Papa, il Gran Maestro dell'ordine degli Ospedalieri, il precettore dei Templari e l'Imperatore Federico II.”

Avete discusso della Crociata?”

Sì, si è parlato anche di questo. La sesta Crociata avrà luogo presto, e vedrai che riusciremo a strappare Gerusalemme agli infedeli. Ma per acconsentire a prendervi parte l'Imperatore ha posto una condizione...”

Quale?”

Sai che ha perduto la moglie Costanza da poco meno di un anno. Ha solo un figlio legittimo e aspira a fare un buon secondo matrimonio. Per farla breve, ti vuole in moglie, e sia io che Papa Onorio abbiamo dato il nostro consenso.”

Yolande rimase a bocca aperta: avrebbe sposato l'imperatore del Sacro Romano Impero, nonché re di Sicilia?

Ma... perché vuole me?” chiese in un soffio.

Perché è un uomo avido, che ha ben poco di spirituale. Se impegnerà le sue risorse in questa guerra vuole in cambio il regno di Gerusalemme, che tu gli porti in dote.”

Quando... quando dovrei sposarlo?”

Oh sei ancora troppo giovane, e inoltre ci vorrà del tempo per organizzare la crociata. Abbiamo sottoscritto un contratto che stabilisce il vostro matrimonio al compimento dei tuoi tredici anni.”

Ma... padre! Io non capisco”, disse Yolande, a cui non era sfuggito il tono poco lusinghiero con cui Jean aveva parlato dell'imperatore. “Federico è il nemico, lo è sempre stato. È un uomo la cui fede è a dir poco è dubbia. È colui che ha impedito il successo della vostra impresa...”

Jean fece un sorriso amaro, lisciandosi la corta barba grigia. “Tutto vero, figlia mia. Hai acume. Ma ora, per un amaro scherzo del destino, Federico ci serve per riprendere Gerusalemme. Senza di lui tutto è perduto. Dovrai compiere questo sacrificio, per il tuo regno e per il tuo popolo. Sei pronta a farlo?”

Seguirono alcuni momenti di silenzio in cui padre e figlia si guardarono negli occhi.

Come se potessi scegliere... pensò Yolande.

Sì, padre” disse infine ad alta voce, chinando la testa. “Sono pronta a farlo.”


Più tardi, nella sicurezza della sua camera, Yolande pianse a calde lacrime tra le braccia di Anais, che la teneva stretta carezzandole i capelli. Mai come in quel momento sua cugina sembrava una bambina smarrita.

Suvvia cara, non sarà così terribile sposarlo, no?”

Sì che lo è!” esclamò l'altra, piccata. “Oh Anais, ho sempre saputo di dovermi sposare ma... non lui!”

E chi allora?”

Yolande si tirò su, mettendosi a sedere sul letto. Asciugandosi gli occhi arrossati di pianto con la manica dell'abito, cercò di calmarsi, perché il suo discorso suonasse più coerente possibile.

Riflettici: che cosa accomunava Folco di Anjou, Guy di Lusignano, Humprey di Toron, mio nonno Conrad del Monferrato, Henri di Champagne, Amalrico di Lusignano?” disse enumerando tutti i consorti delle precedenti regine di Gerusalemme, inclusi i quattro mariti di sua nonna Isabella.

Non erano monarchi” mormorò Anais, cominciando a comprendere.

Esatto! E' sempre stato così Anais!” continuò Yolande, infervorandosi. “La regina regnante sposa un nobile, non un re! Né tanto meno un imperatore. E questo perché deve poter governare il suo regno insieme al proprio consorte, che non ne ha altri da amministrare; il re consorte deve vivere qui e dedicarsi esclusivamente a Gerusalemme. Ma io sto per sposare un sovrano notevolmente più potente di me, che è re di Germania e di Sicilia... nonché imperatore del Sacro Romano Impero. Sarò io a dover lasciare la mia casa, il mio paese! Non governerò mai il mio regno, non sarò mai una vera regina per la mia gente.”

Yolande dovette interrompersi, perché un nodo di pianto minacciava di soffocarla.

Quando si fu calmata aggiunse. “E più di ogni altra cosa, più del pensiero che sarò regina solo di nome, che sarà qualcuno in mia vece a governare... più di tutto mi mancherà la mia terra, il suo mare, il suo sole...”

Anais l'abbracciò di nuovo e nel farlo le fece una promessa che si sarebbe rivelata disastrosa per entrambe.

Almeno di una cosa puoi star certa Yolande: io non ti lascerò mai. Dovunque tu andrai, io ti seguirò.”


Jean di Brienne decise di fermarsi a Acri più del solito. Trascorreva molto tempo preso dagli affari di stato, ma riuscì comunque a dedicare un paio di giornate ad andare a caccia con il falco insieme alla figlia e al suo entourage. Le aveva portato in dono addirittura due girifalchi, i falchi bianchi d'Islanda, meravigliosi e nobili uccelli che da soli valevano quanto un piccolo castello. Yolande ne era stata deliziata, più che se avesse ricevuto un qualsiasi gioiello. La sua voliera era già piena, ma due falchi belli come quelli erano una rarità.

Ho saputo che ha ventotto anni”, stava dicendo Agnes mentre tendeva il cestino a Mariam. Quella mattina passeggiavano nel frutteto, che era pieno di colori e di profumi da inebriare i sensi. “Quindi quando vi sposerete ne avrà trenta.”

E' vecchio!” esclamò Mariam scandalizzata, scuotendo la testa e facendo ondeggiare la treccia scura. “Come puoi sposare un uomo così vecchio, mia signora?”

Anais ridacchiò: a una bambina di otto anni un uomo di ventotto doveva apparire decrepito.

Non esserne sorpresa Mariam” le disse gentilmente. “Pensa che i genitori della nostra regina avevano più di trent'anni di differenza quando si sono sposati.”

Guarda Mariam, lì ci sono dei fichi maturi. Santo Cielo, sono davvero belli!” intervenne Yolande.

Mariam si allontanò un po' indispettita, sicura che fosse stata liquidata perché considerata troppo piccola per i discorsi sugli uomini.

Yolande sospirò. “Spero che la differenza di età non ci impedirà di avere un matrimonio sereno”, disse filosoficamente.

Dicono che sia molto affascinante, se può consolarti”, ammiccò Agnes. “Certo se non consideriamo i suoi capelli rossi!”

Bé, è un degno erede di suo nonno, il Barbarossa”, osservò Anais.

Non mi interessa il suo colore di capelli, purché sia un buon marito. Credo di ricordare che abbia un figlio, Enrico...”

Sì, ha un anno più di te, ed è stato incoronato re di Germania l'anno scorso per volere paterno.”

E della sua defunta moglie cosa sapete?”

Cos'è cugina, temi il confronto?” Marie prese per la prima volta la parola, con un'espressione maliziosa sul viso.

Non stuzzicarla, Marie!” la rimprovero Anais.

So io qualcosa su Costanza d'Aragona” disse Agnes, constatando con sollievo che nemmeno stavolta Yolande si era offesa per gli scherzi di Marie. “Era la figlia del re d'Aragona e di una principessa castigliana. Ha sposato l'imperatore quando era ancora solo re di Sicilia e di Germania, e aveva ben dieci anni più di lui.”

Santo Cielo!” Marie apparve scandalizzata. “Non mi farei mai convincere a sposare un ragazzino con la metà dei miei anni.”

Un ragazzino, hai detto bene Marie. Lui non aveva neppure quindici anni all'epoca...”

Yolande e Anais si scambiarono uno sguardo divertito. Davvero Agnes concordava con Marie? Avevano forse capito male?

Hanno avuto solo un figlio?” si affrettò a chiedere Yolande prima che le due dimenticassero la ritrovata concordia e cominciassero di nuovo a becchettarsi.

Agnes annuì. “Solo Enrico. Anche se...” dovette interrompersi perché Mariam si stava avvicinando trionfante, il piccolo cesto colmo di fichi. Venne frettolosamente allontanata con la scusa di andare a portarli alle cuoche perché ne facessero della marmellata e farsi dare un altro cestino per raccogliere dei cedri. Mariam brontolò un po' ma alla fine obbedì.

Agnes aspettò che i passetti della bambina si fossero persi in lontananza prima di continuare, abbassando il tono come se si trattasse di una cospirazione.

Ha almeno altri tre figli illegittimi. Il primo, Federico di Pettorano, lo ha avuto solo un anno dopo il legittimo Enrico. E altri due, Enzo e Caterina, hanno appena otto e sette anni. Gli ultimi due li ha avuti da una figlia del duca di Spoleto.”

Marie si portò una mano alla bocca. “E' un licenzioso dunque?”

Agnes parve esitare. “Non voglio parlar male del fidanzato della regina...”

Ti prego Agnes, continua. Qualsiasi cosa sia, devo saperla. La scoprirei comunque una volta sposati, perciò preferisco essere preparata.”

Dicono che segua la moda saracena, come tutti i sovrani siciliani. Dicono che abbia un harim.”

Yolande e le sue tre dame rimasero alcuni secondi senza parole, a bocca aperta.

Scusatemi” disse infine Yolande, con un filo di voce. Era sbiancata in viso, e appariva davvero scossa. “Ho bisogno di stare da sola.” E, dando le spalle alle altre, si allontanò in fretta, lasciandole imbarazzate e dispiaciute.

Era seduta su una panchina di marmo un po' appartata già da diversi minuti quando Anais la raggiunse. Yolande alzò lo sguardo.

Posso sedermi?” chiese Anais.

Yolande le fece un cenno d'assenso, indicando il posto accanto a lei.

Ho mandato Agnes, Marie e Mariam a raggiungere le altre dame. Credo che ora stiano spettegolando tutte insieme in attesa del pranzo. Siamo solo noi due, se può consolarti.”

Yolande accennò un sorriso. “Ti ringrazio per la tua sensibilità. Mi sento molto sciocca, a dire il vero.”

E perché mai?” chiese sedendosi.

Perché sarò diventata lo zimbello delle mie dame, a quest'ora. E perché me la sono presa tanto.”

Anais le posò una mano sul braccio. “Loro ti sono affezionate, cugina. Non devi temere il loro giudizio.”

Un harim! Il mio futuro marito tiene un harim come gli infedeli! Come potrò tollerare una simile umiliazione?”

Anais sospirò pesantemente. “Non lo so, te lo dico con sincerità. Suppongo che, non avendo altra scelta, dovrai abituarti.”

Suppongo di sì”, lo sguardo di Yolande era perso nell'orizzonte, verso il mare. In quel momento stava passando una nave dalle vele gialle che solcava la distesa azzurra e piatta con il favore del vento di levante. “In fondo, come dici tu, non ho altra scelta. Come sovrana di Gerusalemme, devo fare la mia parte. E nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile, no?”



Nota dell'autrice: Non ho molto da dire su questo capitolo se non grazie di vero cuore a tutti coloro che hanno letto e recensito :)

A presto

Eilan


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Jer





San Giovanni d'Acri

Giugno 1225


Uno straniero che per la prima volta avesse posato lo sguardo su Acri non avrebbe potuto trattenere un commento di ammirazione. Il gioiello della corona brillava come una perla rara nel diadema del regno di Gerusalemme, e il suo palazzo reale non poteva essere da meno, concepito per essere quanto di più lussuoso si potesse immaginare. Immenso e magnificamente decorato: i giardini curati fin nei minimi dettagli, i frutteti traboccanti di deliziosa frutta variopinta, i colonnati costruiti secondo la moda araba, i mosaici colorati e le fontane zampillanti erano solo alcune delle meraviglie che colpivano lo sguardo. Non a tutti era dato di ammirare anche i lussi che si celavano all'interno del palazzo, come gli hamam - le grandi stanze con enormi vasche in cui si riversava acqua calda per mezzo di fontanelle a forma di animali, piastrellate con mosaici dagli intricati disegni e circondate da colonnati di marmo.

Ed era qui che Yolande aveva trascorso il tempo in attesa del matrimonio con l'imperatore. In vista di questo importante avvenimento erano arrivati a corte nuovi maestri incaricati di insegnare alla regina il volgare di Germania e quello di Sicilia, perché era del tutto probabile che il suo futuro marito la portasse con sé durante i suoi spostamenti tra i suoi due regni. Yolande aveva saputo che Federico aveva una predilezione per il suo regno siciliano, che amava le meraviglie di quel regno così simile al suo; questo l'aveva rincuorata un poco, perché come lui era abituato a vivere in un regno in cui si era a stretto contatto con i saraceni, così lo era lei; come lui era innamorato di una terra dal clima caldo e ricco di delizie per la vista e il palato, così lo era lei. Poteva darsi davvero che il loro matrimonio sarebbe iniziato con il piede giusto.

Jean di Brienne non era più tornato a Gerusalemme dalla sua ultima visita, due anni prima. Era stato in Francia, e poi in Inghilterra, fino a spingersi, qualche mese dopo, fino a Santiago di Compostela, dove il re Alfonso IX di Leon gli aveva offerto in moglie sua figlia minore Berenguela. Yolande non lo avrebbe mai creduto possibile, ma alla non più verde età di cinquantaquattro anni suo padre si era risposato con una principessa di appena vent'anni. Aveva scritto una lettera alla figlia per annunciarle personalmente la notizia, e con l'occasione le aveva inviato un dono di nozze: un pendente a forma di croce e un paio di orecchini d'oro con tante piccole ametiste e perle, nel tipico stile della moda bizantina. Si andarono ad aggiungere al suo corredo, che le serve avevano già cominciato a preparare, insieme alle lenzuola di lino ricamate e ai servizi di piatti in oro e argento. Anche Federico le aveva inviato diversi gioielli, e ammirandone la bellezza Yolande non aveva potuto scacciare la sensazione di venire comprata. Il suo regno per un mucchio di pietre luccicanti.

Nell’ottobre di quell’anno la piccola regina avrebbe compiuto quattordici anni ed erano dunque iniziate le lunghe trattative per fissare una data per le nozze e la minuziosa organizzazione del viaggio che l’avrebbe infine portata in Italia. Dopo un lungo tira e molla fu decisa la data del 25 agosto per la cerimonia per procura; dopodiché la regina e neo imperatrice sarebbe salpata per il regno siciliano del suo sposo. Se le correnti fossero state propizie sarebbero giunti a destinazione nei primi giorni di novembre. E cioè in tempo per evitare l’inizio dell’inverno, stagione niente affatto favorevole alla navigazione.

Era un giugno già molto caldo e assolato, e quella mattina la regina era uscita dal palazzo con un piccolo seguito: Anais, Mariam e due guardie di scorta. Si era diretta alla cattedrale di San Giovanni Battista godendosi il sole che scomparve non appena varcò la soglia del portale di pietra. L'interno della chiesa era fresco e in penombra, ma ancora sufficientemente luminoso grazie ai grandi archi e alla cupola in stile romanico.

Yolande fece cenno alla sua scorta di aspettarla fuori ed entrò solo con Anais e Mariam. La chiesa era semideserta a quell'ora del mattino, e i pochi fedeli assorti in preghiera si alzarono per un breve inchino alla regina che sia avviava lungo la navata centrale. Alcuni sacerdoti la notarono e in pochi secondi un cerimonioso Jacques de Vitry le andò incontro pieno di ossequi. Yolande lanciò un'occhiata al vescovo di Acri, suo confessore, che le porgeva la mano e, senza dire una parola, si chinò a baciargli l'anello. Dopodiché il vescovo si inchinò alla sua regina. Era così: il potere ecclesiastico veniva prima di quello temporale. Per tutti i principi della cristianità, tranne forse il suo fidanzato. Yolande si chiese cosa il vescovo pensasse realmente di Federico, noto per sfidare spesso l'autorità papale.

Venite da questa parte, mia regina. Il confessionale è a vostra disposizione.”

Vi ringrazio, vostra eccellenza.”

Il confessionale era una struttura ancora più adombrata del resto della cattedrale, e il legno di cui era fatta emanava un buon odore di cera appena passata.

Il vescovo si accomodò e tracciò nell'aria il segno della croce, mormorando le parole di rito.

Potete parlare liberamente con me, mia signora. So che sono dieci giorni che non vi confessate. Quali peccati avete commesso? Quali ombre gravano sul vostro cuore?”

Ombre, dite bene eccellenza”, mormorò Yolande, aggiustandosi il velo che le copriva i capelli.

Sapete che il mio matrimonio con l’Imperatore si avvicina, ed io… temo per la riuscita di questa unione.”

E perché mai mia regina? Questa unione è voluta da Dio, da Sua Santità e anche di vostro padre. E Dio ci ha comandato di onorare il padre e la madre, non scordatelo. Dunque voi state compiendo la volontà del Signore e obbedendo a vostro padre. State facendo ciò che il vostro ruolo vi impone e ciò che una brava figlia farebbe.”

Questo è vero, vescovo de Vitry, ma sono preoccupata per ciò che si dice del mio fidanzato, della sua… mancanza di fede. Sapete che anche Sua Santità si è scontrato con lui su questo.”

Il Vescovo sospirò. “Siete perspicace mia signora. Più di quanto ci si potrebbe aspettare da una giovane della vostra età. Ma avete ragione: la fede dell’Imperatore è traballante, lo è sempre stata. E la vicinanza degli infedeli di cui si circonda non lo aiuta. Ma forse è proprio per questo che il Signore lo ha messo sulla vostra strada. Voi potete riportarlo sulla retta via.”

E come potrei mai, eccellenza?” esclamò Yolande, attonita, quasi scandalizzata a quella prospettiva.

Con l’esempio della vostra fede naturalmente! La vostra devozione non può non ispirarne altrettante nel vostro sposo.”

Yolande si chiese come il Vescovo potesse pensare possibile una cosa del genere, soprattutto conoscendo l’indole di Federico. E soprattutto come poteva pensare che lei, che aveva la metà dei suoi anni potesse avere una qualche influenza sul marito, quando non sembrava esserci riuscita neppure la sua prima moglie Costanza, che di anni ne aveva il doppio di lui.

Ma De Vitry non sembrò notarlo, mentre la esortava a confessarle altri peccati e lei diligentemente eseguiva. Ascoltò distrattamente anche le penitenze che le venivano assegnate e mentre si congedava dal religioso e tornava dove le sue dame e la sua scorta l'attendevano, continuò a rimuginare sul fatto che, oltre alla riconquista di Gerusalemme con l'inizio della nuova crociata, il Papa potesse aspettarsi da questo matrimonio anche un riavvicinamento di Federico alla Chiesa.


Il 25 agosto, la data che Yolande aveva atteso e temuto allo stesso tempo, infine giunse. La popolazione di Acri si era riversata nelle strade per godersi lo spettacolo senza precedenti, e il suo vociare era udibile perfino attraverso le finestre del palazzo reale. Una folla festante in attesa che gridava il suo nome. Yolande si sentì stringere lo stomaco.

La sua cameriera Philippa le stava finendo di spazzolare i capelli davanti allo specchio.

Siete emozionata, bambina mia?” le chiese l’anziana donna, con un sorriso che le illuminò il volto rugoso.

Yolande deglutì visibilmente, annuendo.

Forse voi non lo sapete, ma sono stata io a preparare vostra nonna, per tutte e quattro le sue nozze, molti anni fa.”

Davvero?”

E’ così. E lasciatemi dire che voi le assomigliate moltissimo. Non portate solo il suo nome, avete anche i suoi stessi capelli, la sua bellissima chioma dorata, e il vostro viso mi ricorda così tanto il suo. Lei era emozionata come lo siete voi ora quando sposò il suo primo marito; e anche se non avrebbe dovuto lasciare la sua casa, come state per fare voi, l’attendeva lo stesso il gravoso compito di regnare. Era così giovane e così inesperta, proprio come lo siete voi. Ma è stata un’ottima sovrana ed ha assolto il suo compito con devozione e abilità. E voi farete esattamente lo stesso, fidatevi di me.”

Yolande si voltò, facendo bloccare Philippa con la spazzola a mezz’aria. La giovane regina aveva gli occhi lucidi e afferrò il fragile braccio dell’anziana cameriera.

Oh Philippa, come vorrei che potessi venire con me in Italia.”

La donna sorrise commossa. “Lo vorrei tanto anch’io bambina mia. Ma guardatemi: il mio volto porta i segni del tempo come nessuna delle vostre cameriere e ho visto più inverni di quanti possa contarne. Ho avuto cura di vostra nonna e di vostra madre dopo di lei; erano care al mio cuore come lo siete voi, e a entrambe sono sopravvissuta. Sono troppo anziana per affrontare un viaggio simile. Ci sarà Eufemie a vegliare su di voi in vece mia. E vostra cugina sarà al vostro fianco, non siete contenta?”

Certo che lo sono”, rispose la regina voltandosi di nuovo verso lo specchio. “E’ solo che vorrei tutta la mia corte con me. O meglio ancora… vorrei non dover lasciare Gerusalemme.”


La brezza leggera e calda che veniva dal mare scuoteva delicatamente la chioma dorata di Yolande, che brillava al sole come oro filato. Ancora per poco l'avrebbe lasciata sciolta: una volta che avesse pronunciato i voti nuziali, la pudicizia imponeva che li intrecciasse o li annodasse sul capo. Il velo candido che li copriva vibrava con la brezza gentile, tenuto fermo solo dal soggolo e dal cerchio d'oro e rubini che le cingeva la fronte. L'abito leggero di seta e mussola era intessuto con fili d'oro, e il lungo e pesante mantello di ermellino era trapunto di pietre preziose. Le dame di Yolande, dispiegate intorno a lei come un prolungamento del suo corpo, erano vestite con altrettanto sfarzo ed eleganza, ma non c'era da dubitare su chi fosse la sovrana tra di loro. Il sole che, in quel torrido giorno di agosto, si rifletteva sul mare cristallino lo faceva risplendere come un diamante dalle mille sfaccettature.

Le quattordici galee inviate dal suo fidanzato per portarla in Italia avevano gettato l’ancora due giorni prima, tra la curiosità della folla che riempiva il porto. La flotta, il cui comando era stato affidato al Conte Enrico di Malta, era qualcosa che nella sua imponenza i suoi sudditi non vedevano dai tempi dell’ultima crociata. A bordo della nave ammiraglia aveva viaggiato l’Arcivescovo Giacomo di Capua, che avrebbe rappresentato Federico nello sposalizio per procura. Il corteo reale procedeva tra le grida festose della folla, assiepate ai lati del lungo tappeto di fiori che era stato sparso sul cammino della regina. La porta della chiesa era ancora chiusa e sotto l’arco del grande portale di bronzo intagliato stavano il Vescovo de Vitry con un gran sorriso sul volto magro e un uomo di mezza età che Yolande immaginò essere l’Arcivescovo di Capua. La folla che avrebbe assistito quel giorno alle nozze non aveva mai assistito ad un matrimonio per procura, una pratica comune in occidente, ma del tutto inusuale a Gerusalemme. Anzi, la maggior parte di loro si chiedeva come potesse una coppia separata da mezzo Mar Mediterraneo a venire unita in matrimonio.

Yolande percorse gli ultimi metri che la separavano dalla chiesa con il cuore in gola e si fermò accanto all’ecclesiastico. Le sue dame posarono delicatamente a terra il velo che avevano sorretto durante il percorso e rimasero in piedi dietro di lei.

De Vitry pronunciò le formule di rito, chiedendo il consenso degli sposi, dopodiché l’Arcivescovo mise l’anello al dito di Yolande. Quando il celebrante dichiarò la coppia unita in matrimonio, si levarono grida di giubilo dalla folla.

Yolande stentò a credere che fosse fatta: era una donna sposata senza neppure aver mai visto in volto suo marito.

Tuttavia non ci fu molto tempo per elaborare quel cambiamento, perché il rito doveva proseguire. I due ecclesiastici si fecero da parte, lasciandola al centro della scena. Yolande salì ancora due gradini, poi batté sull’imponente portone intagliato che la sovrastava.

Una voce si levò dall’interno: “Chi chiede di essere ammesso nella casa del Signore?”

La tua serva, Isabella”, rispose lei, con voce alta e ferma, come mai avrebbe creduto di essere capace.

Alle sue parole i pesanti cardini girarono e i due battenti di ferro battuto lentamente si aprirono, mentre sembrava che tutti intorno stessero trattenendo il fiato. Marie e Anais si avvicinarono a lei e con pochi gesti esperti le tolsero il velo con il soggolo e il cerchio d’oro. Più nulla rimase sul suo giovane capo pronto ad accogliere la corona. Yolande prese un profondo respiro e entrò nella chiesa gremita di nobili e dignitari seduti ai loro posti. Tutti si voltarono a guardare la sua sagoma che si stagliava sullo sfondo della luce accecante che proveniva dall’esterno. I suoi occhi impiegarono qualche secondo ad abituarsi a quella penombra. Seguita dalle sue dame, dall’Arcivescovo di Capua e dal Vescovo de Vitry, la futura regina si avvicinò all’altare con passo misurato, avvolta da un religioso silenzio. Se avesse chiuso gli occhi avrebbe anche potuto immaginare la chiesa deserta e le panche vuote. Riuscì a lanciare qualche occhiata distratta intorno a sé e riconobbe tra le prime file suo cugino Baliano Conte di Sidone, il padre di Marie, Boemondo principe di Antiochia e il Conte di Tripoli Raimondo. E anche un paio di file di volti a lei completamente sconosciuti: dovevano essere i dignitari siciliani mandati da Federico con le galee per assistere all’incoronazione.

Dopo non vide più nulla se non il volto sorridente di Simone di Maugastel, l’Arcivescovo di Tiro, nonché cancelliere del regno, che le tese la mano perché baciasse l’anello. Yolande si inginocchiò, mentre le dame sistemavano il mantello lungo la navata. La giovane regina pronunciò la formula del giuramento che aveva imparato a memoria. Giurò di difendere e proteggere il regno di Gerusalemme da ogni nemico, interno ed esterno; di votare la sua vita a questo compito che Dio aveva voluto affidarle. Giurò di essere sempre fedele alla sua corona e di mettere sempre il bene del regno e del suo popolo prima della sua stessa vita. Cosa che – non poté evitare di pensare con una certa ironia – stava già facendo.

Uno dei ministranti porse quindi la corona all’Arcivescovo di Tiro. Yolande la riconobbe alla prima occhiata: era la corona indossata da sua madre e da sua nonna prima di lei. D'oro, traboccante di gemme – rubini, ametiste, ambra, granato e smeraldi - e con quattro croci, anch'esse in oro e gemme, che svettavano alte su ciascun lato. Le venne posta sul capo e lei ne saggiò la pesantezza. Seguirono lo scettro e l’orbe terracqueo, che tenne sollevati con mani appena tremanti. Infine si alzò in piedi e si voltò verso la folla, mostrando i simboli del suo potere. Era qualcosa che non si sarebbe aspettata, ma un’emozione improvvisa ed intensa la invase. Gli occhi le si riempirono di lacrime e un sorriso radioso le illuminò il volto, mentre le grida e le acclamazioni della nobiltà del suo regno le risuonavano nelle orecchie come riverberi di gloria.

Yolande poteva vedere sui loro volti la sincera felicità che provavano nell’avere di nuovo una sovrana incoronata; una sovrana che stava per legare gli interessi del regno di Gerusalemme a quelli dell’uomo più potente del mondo, qualcosa che nessun re dei regni d’oltremare aveva mai realizzato. Riponevano davvero in lei le loro speranze.


Le acclamazioni festose dei suoi sudditi, accalcati sul molo e nelle strade circostanti il porto alla partenza della flotta si erano lentamente assiepate, mentre le persone diventavano sempre più lontane, fino a diventare piccoli puntini variopinti e sfocati. La sagoma di Acri, i suoi tetti, i campanili delle chiese, con le campane che non avevano smesso di suonare a festa da quando era stata incoronata, tutto scomparve all’orizzonte mentre le galee solcavano le acque prendendo il largo. Yolande stava appoggiata al parapetto di poppa, avvolta in un mantello perché il vento era forte, nonostante il sole non fosse ancora del tutto calato. Anais osservava anche lei Acri sparire all’orizzonte, gli occhi arrossati, i lunghi capelli neri che le sbattevano sul viso. Teneva protettivamente un braccio intorno alle spalle della più giovane cugina. Entrambe stavano dando il loro silenzioso addio alla terra che le aveva viste crescere.




Nota dell'autrice: Grazie a tutti coloro che hanno letto e recensito fin'ora e spero che questo nuovo capitolo sia di vostro gradimento ^_^

Una piccola curiosità: non avendo indizi su come potesse presentarsi la corona del regno di Gerusalemme ho preso spunto da una famosa corona più o meno contemporanea, quella del Sacro Romano Impero, modificandola un po'.

Alla prossima

Eilan

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo III ***


Jer





Yolande aveva percorso il tratto di mare tra Gerusalemme e Cipro più di una volta nella sua vita e non pativa particolarmente il mal di mare, certamente non come molte sue dame che, in balia delle onde, trascorrevano tutto il tempo sotto coperta, sdraiate e sofferenti nelle loro cabine.

Ma fu lo stesso segretamente grata quando avvistarono terra. Già da lontano i contorni dell’isola apparvero inconfondibili e familiari ai suoi occhi: il porto della grande città di Kyrenia, la capitale, su cui primeggiava l’imponente fortezza bizantina affacciata sul mare, dalle torri squadrate, puntellate di feritoie per gli arcieri, e dalla pianta a forma di ferro di cavallo. Il castello era situato in un punto strategico per respingere gli attacchi dei nemici, e infatti l'isola non era mai stata conquistata in tutta la sua storia. Cipro rappresentava un punto strategico per i commerci e gli scambi tra l’occidente e Outremer e aveva fatto gola a molti. Per questo ogni costa dell’isola era costellata di rocche e fortezze che ne difendevano il perimetro grazie alle loro mura alte, massicce e prive di appigli, e alle loro posizioni costiere, aiutate da torri che alle loro spalle svettavano sulla cima delle montagne, affidabili come sentinelle silenziose. A Yolande piaceva quell’isola, per certi aspetti molto diversa dal suo regno, per altri molto simile. Gerusalemme affacciava sul mare, ma era circondata dal deserto; il suo clima era perennemente torrido e le brezze che lo battevano aspre e calde. Cipro possedeva un clima più mite, costiero, attraversato da brezze marine, umide e salmastre. La sua vegetazione era ricca di boschi e l’entroterra quasi interamente montuoso, con le aspre rocce macchiate del verde degli alberi e dei cespugli in fiore.

La piccola Mariam, che non era mai stata sull’isola, aspirò a pieni polmoni. “Cos’è questo profumo?” esclamò eccitata.

Pino”, mormorò Yolande, socchiudendo appena gli occhi. “Pino e cipressi.”

E’ inconfondibile”, commentò Anais con un sorriso.

La flotta gettò le ancore al largo, mentre la nave maestra faceva il suo ingresso in porto fendendo le acque azzurre puntellate in lontananza di macchie più scure, laddove le rocce conferivano al mare un colore blu cobalto che sfumava nel turchese.

Yolande scese a terra con il suo seguito composto da nobili, dignitari, soldati e solo poche dame, tra cui la fedele cugina e Mariam, che non smetteva di guardarsi intorno rapita e le cui ciocche di capelli crespi stavano sfuggendo da sotto il velo.

La fortezza che dall’esterno appariva tanto minacciosa, austera e spoglia, all’interno era all’opposto: ampi cortili con grandi archi a decorarne le volte, palme che svettavano verso il cielo muovendosi dolcemente al vento e gelsomini che si arrampicavano sui muri. La regina Alix aveva portato con sé un pezzo di Gerusalemme - un pezzo di casa sua - quando aveva sposato il re ed era divenuta sovrana di Cipro.

Le porte della sala del trono si aprirono mentre un araldo annunciava solennemente: “Sua Grazia Isabella II, regina di Gerusalemme.”

Yolande avanzò nella stanza fino a fermarsi proprio ai piedi del trono, su cui sedeva la regina circondata dai suoi tre figli, simile a una chioccia che proteggeva i suoi pulcini. Sul trono più piccolo, accanto a lei, sedeva il suo nuovo marito con aria quasi smarrita, come se non facesse ancora parte di quel quadretto familiare e si sentisse lievemente a disagio.

La regina scese dal suo scranno e corse ad abbracciare la nipote con trasporto.

Mia cara”, le disse stringendola a sé. “Come sei cresciuta! Eri ancora una bambina l’ultima volta che ti ho vista ed ora sei sposata e in procinto di raggiungere tuo marito. Mi sento così vecchia!”

Tu mai, zia Alix. Sei sempre così bella e giovane”, rispose Yolande asciugandosi una piccola lacrima di commozione. Alix era quanto di più simile a una madre avesse mai conosciuto e l’affetto per lei era profondo e sincero, ricambiato da quella zia che l’aveva sempre trattata come una dei suoi figli.

Minore di tre anni di sua madre Marie, Alix era figlia di sua nonna Isabella e del suo terzo marito, il Conte di Champagne. Era andata in sposa al re di Cipro, che l’aveva lasciata vedova nel 1218. A trent’anni era davvero ancora giovane e molto bella, Yolande non lo aveva detto solo per cortesia.

I tre giovani cugini le andarono incontro e la salutarono a turno. Marie, la primogenita, aveva pressappoco la sua età e assomigliava a sua madre, con portamento fiero e sguardo attento. La sua omonima Isabelle aveva nove anni e la salutò con calore e senza timidezza. L’ultimogenito, Henri, di otto anni, era schivo e silenzioso, forse troppo grande per stare attaccato alle sottane della madre, come in effetti faceva. Ma era chiaro che Alix era molto protettiva nei confronti di questo unico figlio maschio, re di Cipro da quando era in fasce. Sua zia aveva combattuto molto per ottenere la reggenza del regno alla morte del marito, ma governava con successo e polso fermo da otto anni, affiancata da sempre dal cancelliere del regno, Philippe d’Ibelin.

Ti presento mio marito, Boemondo”, aggiunse Alix facendo un gesto verso il giovane che si era appena alzato e si chinava a baciarle la mano.

Vostra Grazia… è un onore.

Vi conosco di fama naturalmente, messere”, disse Yolande cortesemente. “Vostra sorella Marie è una delle mie più care amiche e una tra le mie più leali dame. Mi ha parlato tanto di voi e delle vostre imprese.”

Boemondo assomigliava molto alla sua altezzosa sorella minore e ne condivideva il bell’aspetto, ma Yolande non era sicura che avesse altrettanto carattere, nonostante fosse l’erede del principato di Antiochia e ora nuovo principe consorte di Cipro. In ogni caso da come sua zia guardava il suo nuovo marito, di qualche anno più giovane di lei, era evidente che ne fosse innamorata. La loro era più che una mera unione politica studiata a tavolino: si era trasformata in qualcosa di più, almeno da parte della regina.


Alix aveva organizzato un banchetto per dare il benvenuto a sua nipote e alla delegazione di Gerusalemme e di Sicilia che aveva messo piede sulle sue sponde, e non aveva badato a spese, invitando molti nobili del suo regno e ostentando tutta la ricchezza della sua piccola ma florida isola.

Yolande aveva avuto lo scranno d’onore accanto a sua zia e al suo consorte, affiancata dall’Arcivescovo di Capua e dagli altri suoi nobili e dignitari. A fianco di Boemondo sedeva il Cancellierie di Cipro, Philippe d’Ibelin, un uomo alto e magro dai capelli grigi. Yolande lo osservò per qualche momento, mentre sorseggiava una coppa di vino. L’uomo sembrava assente, lo sguardo adombrato e la fronte corrugata. Si chiese cosa passasse per i suoi pensieri, e perché in quell’occasione che tutti sembravano considerare festosa lui non si divertisse affatto, nonostante il cibo abbondante, il vino che scorreva a fiumi, le canzoni dei menestrelli e le buffonate dei giullari.

Tutto bene?”, le chiese Anais poggiandole una mano sul braccio e facendola trasalire. “Sembri assorta nei tuoi pensieri.”

Non è niente”, rispose lei con un sorriso rassicurante. Poi accettò l’invito di un nobile siciliano a ballare e non pensò più allo strano sguardo di Ibelin.


Ebbe la risposta alla sua tacita domanda quella sera, quando nel castello immerso nel silenzio, Yolande se ne stava in camera sua ed Eufemie la preparava per la notte. Sua zia Alix venne a trovarla nel bel mezzo della sua toeletta. Anche se non era ancora abbigliata per la notte, indossava una veste da camera morbida di colore verde scuro, che si intonava alla sua carnagione chiara e alla morbida treccia bionda che le scendeva elegantemente sulla spalla.

Sei molto stanca?” le chiese. “Non troppo per una partita a scacchi spero…”

Yolande sorrise. Era stata sua zia ad impratichirla in quel gioco che era la sua grande passione. In occasione del suo settimo compleanno le aveva fatto dono di una scacchiera d’ebano, i cui pezzi erano intagliati con le sembianze di Riccardo Cuor di Leone e i suoi crociati per i bianchi, e di Saladino e le sue schiere per i neri. Le sembrò di essere ritornata bambina mentre, seduta al tavolino davanti al camino spento, muoveva le pedine d’alabastro sulla scacchiera, chiacchierando e confidandosi con Alix come aveva sempre fatto.

Allora… sei preoccupata per questo matrimonio?”

Yolande sorrise nervosamente. “Sì”, ammise senza tanti giri di parole. “Mentirei se dicessi il contrario. D’altronde tutti sanno quali siano le inclinazioni di mio marito.”

Alix rimase in silenzio qualche momento, assorta. “Non sei una sciocca, nipote mia. Non ti ho mai mentito e non vedo la necessità di iniziare ora. Hai ragione su Federico, ma io confido che vedrà in te ciò che vedono coloro che ti amano. Me per prima.”

Allungò una mano attraverso la scacchiera e prese quella di Yolande. Lei ci si aggrappò come avrebbe voluto fare ogni giorno della sua vita, come se quella mano fosse l’ancora di salvezza di cui aveva avuto sempre bisogno e la bussola che l’avrebbe guidata attraverso il mare in tempesta che incombeva all’orizzonte.

Dimmi una cosa: cos’era quell’espressione sul volto di Ibelin stasera?”

L’hai notata vero? Immaginavo di non poterti nascondere a lungo le mie angustie e le nubi che si stanno addensando sul mio regno. Sei troppo sveglia, hai preso da me.”

E’ così grave, dunque?” chiese Yolande.

Alix alzò le spalle. “Spero di no. Ma Ibelin sta sfidando la mia autorità. Vuole la reggenza del regno che è mia fin dalla morte di mio marito. Vuole sfidarmi e la cosa mi sta facendo impazzire. Ma devo mantenere la calma, perché se lascio il timone di questa nave affonderà e non posso contare su nessun altro per la sopravvivenza di Cipro.”

E tuo marito?”

Alix sospirò e si passò le mani sul volto. “E’ per lui che sto affrontando il tradimento di Philippe. Per affidare la cancelleria del regno a Boemondo. Ecco quello che Philippe non mi perdona, ecco perché vuole prendersi tutto.”

Lo ami molto?”

Yolande si stupì nel vedere sua zia, normalmente misurata e dignitosa, arrossire come una ragazzina.

Il nostro è stato un matrimonio politico, come lo è stato quello con il mio primo marito, Hughes, ma è stato con Boemondo che ho scoperto il significato della parola amore. Mi ha chiesto di concedergli la cancelleria di Cipro e non posso dirgli di no.”

Yolande si chiese se sua zia non stesse mettendo in gioco troppo per Boemondo. Rischiava addirittura di perdere la reggenza per lui e per le sue ambizioni. Che l’amore la stesse spingendo a compiere mosse incaute e precipitose? Ed era poi un amore corrisposto o c’era solo del calcolo nelle mosse di Boemondo?

Credi che potrebbe accadere anche tra me e Federico?”, azzardò speranzosa Yolande. “Che possa nascere un sentimento sincero?”

Alix sembrò strappata alle sue riflessioni dalla voce della nipote. “Ma certo mia cara, come vedi il Signore riserva sorprese anche in matrimoni puramente dinastici”, la rassicurò distrattamente.


I giorni trascorsi a Cipro furono gioiosi e spensierati per Yolande, ma anche stranamente per le sue dame, in particolare per Anais, che sembrava improvvisamente meno entusiasta di lei di arrivare in Puglia. O forse, pensò Yolande, lo era sempre stata e lei era stata troppo presa dai suoi personali timori per rendersene conto.

Sua zia Alix aveva organizzato diversi intrattenimenti per lei e il suo seguito, e da perfetta sovrana qual’era non aveva mai manifestato in pubblico alcun segno della difficile situazione politica che animava la corte, tra i nobili schierati dalla parte della regina e di Boemondo, e quelli avversi allo straniero e fedeli a Philippe. Eppure Yolande era sicura che quello stato di incertezza doveva pesare molto sul suo cuore, più di quanto lei avesse dato a vedere quando avevano toccato l’argomento.

Chi dovrà prendere la decisione finale?” chiese Yolande ad Alix un giorno in cui, con poco seguito, si erano addentrati nei boschi a est di Kyrenia per una caccia con il falco.

La giovane regina di Gerusalemme era stata entusiasta di quell’occasione per far volare il suo girifalco, ma anche gli altri suoi falchi che erano rimasti fin troppo tempo nelle voliere. Il paggio saraceno le porse il grande falcone bianco, che passò da un guanto a un altro affondando gli artigli nel cuoio e sbattendo le grandi ali. Per evitare di venire inavvertitamente colpita in viso, Yolande si voltò e osservò Mariam: quella mattina l'aveva condotta con sé alla voliera e le aveva regalato uno dei suoi falchetti dal piumaggio lucente spruzzato di grigio e marrone, che la ragazzina teneva ora sul guanto di cuoio con infantile orgoglio. Anais invece sfoggiava un bellissimo sparviero, simile a quello che anche la regina Alix aveva con sé. Seguendo i falchi e i loro percorsi di caccia il gruppo si era inerpicato lungo il fianco della montagna fino a giungere in cima e aveva sostato alla torretta di guardia: da lassù la vista era splendida ed abbracciava gran parte del versante orientale dell’isola e del suo mare blu zaffiro.

Il Papa”, le rispose Alix con lo sguardo fisso nel cielo punteggiato di morbide nuvole bianche alla ricerca di un segno del ritorno del suo falcone. “La questione è nelle sue mani già da un mese. Sarà lui che dovrà esprimersi in mio favore o a favore di Philippe.”

Sei preoccupata per il suo giudizio? Vorrei tanto poterti aiutare in qualche modo…”

Forse puoi”, disse lei guardandola negli occhi.

Se intendi che dovrei rivolgermi a Federico, temo che speri invano. Lui è l’ultima persona che Onorio ascolterebbe. Non ha alcuna influenza sul Papa.”

Lo so bene nipote mia, non sono una sciocca. Conosco le posizioni anticlericali di tuo marito. Era a tuo padre che pensavo, lui è tenuto in gran considerazione da Sua Santità. Gli consegneresti una lettera da parte mia in cui gli spiego la situazione e chiedo il suo appoggio? Porta dalle mani della sua adorata figlia potrebbe forse avere più peso.”

Yolande sorrise, allungando una mano inguantata e poggiandola su quella di sua zia, che stringeva nervosamente le redini del cavallo.

Qualsiasi cosa posso fare per te, zia, sai che la farò.”

La regina sorrise di rimando, sospirando come se un po’ della tensione presente in lei si fosse allentata.

Ho visto che Anais ha scelto di essere al tuo fianco anche in questo viaggio…”, commentò dopo qualche minuto di silenzio.

Non mi avrebbe lasciata per niente al mondo”, rispose Yolande prendendo la preda che il suo falco le offriva e porgendola al suo paggio perché la riponesse nel carniere, senza dimenticare di dare all’animale il boccone migliore. “Mi fido di lei più di chiunque altro – insieme a te zia, s’intende.”

Se ha scelto di trovarsi faccia a faccia con il nemico della sua famiglia pur di starti vicina, puoi star certa che ti ama molto.”

Cosa intendi dire?”

Non ti hanno mai raccontato la storia della famiglia materna di Anais? La famiglia di Federico, gli Hoenstahufen, ha spodestato dal trono di Sicilia gli Altavilla. Enrico, il padre di tuo marito, usurpò il trono allo zio materno di Anais, Guglielmo, costringendo la sua famiglia alla prigionia e poi all'esilio in Francia, dove poi Albiria sposò tuo zio Gautier. E il giovane re Guglielmo fu castrato ed accecato per ordine di Enrico, un uomo a dir poco crudele, così che non potesse più generare eredi e reclamare quel trono ingiustamente sottrattogli.”

Yolande ascoltò inorrdita l'enumerazione di quel lungo elenco di atrocità che Anais doveva conoscere bene, ma che non aveva mai espresso di fronte a lei, tenendo tutto per sé fin dal momento in cui aveva saputo che lei era stata promessa a Federico. Se prima aveva attribuito grande importanza all’affetto e alla lealtà che Anais le dimostrava, ora acquisivano ancora più valore alla luce di quelle rivelazioni. Forse ora comprendeva in parte la ragione per cui sua cugina non aveva fretta di trovarsi faccia a faccia con l'imperatore.


Lasciare Cipro e sua zia Alix, all’alba di una settimana più tardi, fu forse ancora più difficile che lasciare Gerusalemme. Yolande stava lasciando l’unica madre che avesse mai conosciuto e non si vergognò di piangere a calde lacrime, con Anais che la teneva stretta mentre i singhiozzi la squassavano.



Nota dell'autrice: Ciao a tutti, spero che il capitolo, anche se di passaggio, vi sia piaciuto. Ci tenevo a raccontare la tappa, realmente avvenuta, di Yolande da sua zia Alix, personaggio che ritengo importante nella sua storia personale, in quanto il fatto che Yolande abbia lasciato l'isola in lacrime è storicamente vero; per cui ho immaginato che questa zia per lei fosse una figura fondamentale, forse una sostituta della madre mai conosciuta. È anche l'occasione per lei di scoprire qualcosa di più sui rapporti che intercorrono tra la famiglia di Anais e quella di Federico – un passato non facile (sul fatto che Enrico, padre di Federico, fosse un uomo estremamente crudele ne sono piene le pagine dei cronisti, come dimostra anche il suo trattamento della famiglia Altavilla – nonostante sua moglie Costanza fosse anche lei un'Altavilla). Nel prossimo finalmente i due sposi si conosceranno di persona... ci saranno sorprese?

Grazie a tutti coloro che recensiscono/seguono/leggono

Alla prossima

Eilan


Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


Jer




Castello di Oria

9 novembre 1225


Yolande non era sicura di cosa provasse nei confronti di suo marito, e neppure di cosa pensasse di lui. Fin dal momento in cui aveva messo piede nella Cattedrale di Brindisi il giorno precedente, con il cuore in gola e i palmi delle mani sudati, lo aveva giudicato enigmatico ed ermetico. Si era ritrovata al suo fianco sentendosi completamente fuori posto e incredibilmente a disagio. Sentiva sulle spalle il peso degli sguardi dell’intera cattedrale gremita di nobili siciliani e tedeschi, consapevole che non le avrebbero concesso alcuna attenuante. Lei era la straniera, la seconda moglie, la regina di un regno talmente piccolo che a paragone dell’impero del potente marito quasi scompariva. E a confronto con la loro defunta e amata imperatrice Costanza d’Aragona, cos’era lei se non un’insignificante ragazzina che cercava di prendere il suo posto? Yolande avrebbe giurato di poter sentire i loro pensieri, li sentiva strisciare addosso come brividi agghiaccianti. La sua incoronazione, le nozze per procura erano niente in confronto a quella prova. Solo qualche mese prima era stata felice ed orgogliosa del calore dimostratole dai suoi nobili e del suo popolo. Ma lì era a casa sua. Qui percepiva solo freddezza, gelo e giudizi bisbigliati a mezza bocca.

Yolande non era sciocca e non era rimasta stupita dall’accoglienza che le era stata riservata dai suoi nuovi sudditi; se lo era aspettato, nonostante Anais avesse cercato in ogni modo di rassicurarla. E si era mentalmente preparata ad affrontare la prima, durissima prova che l’aveva aspettata al suo arrivo: quella lunga passerella di fronte a quella folla ostile attraverso la navata della chiesa, solo con la sua determinazione a farle da scudo dalle migliaia di sguardi inquisitori. Era servita a poco la consapevolezza della presenza del suo seguito, delle sue dame, di sua cugina. Così come le era stato di scarso conforto rivedere suo padre dopo tanto tempo, riccamente abbigliato accanto all’imperatore, al cui confronto però impallidiva. Federico era estremamente elegante, ai limiti della superbia; l’aspetto curato minuziosamente a cominciare dalla chioma rosso fuoco e dalla barba dello stesso colore, senza un pelo o un capello fuori posto. Il suo abbigliamento era la quintessenza del lusso e della finezza. Nonostante fosse di altezza media e di corporatura non molto robusta, era imponente nella sua autorevolezza, immenso nel fascino che emanava; i suoi occhi azzurri sembravano trapassarla come lame di ghiaccio mentre la osservava per la prima volta avvicinarsi all’altare e a lui.

Yolande avrebbe voluto fuggire da quello sguardo che sembrava non celare alcuna emozione. La sua mente lavorava febbrilmente per cercare di capire cosa pensasse di lei, se lei gli piacesse, se fosse deluso dal suo aspetto, se fosse già pentito di avere sottoscritto quel dannato contratto di matrimonio, se rimpiangesse sua moglie Costanza o una delle sue numerose amanti. Si era sentita bella quella mattina, rimirandosi nel grande specchio d’argento che era stato di sua madre e che aveva portato con sé da Gerusalemme. Eufemie aveva perso molto tempo a creare un’acconciatura degna dell’occasione. Le aveva fissato le trecce ai lati del capo dopo averle intrecciate con nastri dorati che si abbinavano all’oro e rosso dell’abito da sposa e della collana di rubini. Anais l’aveva personalmente aiutata a vestirsi, gli occhi lucidi come se stesse mandando all’altare sua figlia, ripetendole quanto fosse bella mentre le drappeggiava il lungo velo bianco sulla coroncina d’oro. E Yolande aveva finito per crederci, evitando per una volta confronti con la straordinaria bellezza in fiore di sua cugina, ammantata di un abito blu bordato di verde.

Tutto questo non era bastato a confortarla mentre saliva quei pochi gradini che l’avevano condotta davanti al Vescovo di Brindisi e accanto a suo marito. Quando era venuto il momento di scambiarsi le promesse Yolande aveva cercato di tenere ferma la voce, ma non appena il sollievo per esserci riuscita l’aveva riempita, Federico l’aveva guardata abbandonando un po’ della freddezza che fino a quel momento lo aveva caratterizzato. Lei si sentì gelare: forse non era sicura di cosa pensava di suo marito, ma era molto chiaro ciò che lui pensava di lei. La delusione era evidente nel suo sguardo.


Forse l’imperatore non era al settimo cielo per la sua nuova sposa, ma i cronisti presenti alle nozze non poterono negare che avesse speso una favolosa somma di denaro per festeggiare degnamente l’unione tra l’occidente e l’oriente cristiano, un evento senza precedenti. Tre giorni di festeggiamenti erano previsti al castello di Oria, banchetti, musica, danze esotiche, spettacoli teatrali, intrattenimenti dei migliori artisti provenienti da ogni angolo dell’impero, perfino un torneo.

Per il banchetto della sera delle nozze Yolande si cambiò d’abito e si preparò ad affrontare quell’ennesima prova, non prima che suo padre fosse venuto a salutarla nelle stanze che le erano state assegnate, complimentandosi con lei per la sua forza d’animo e annunciandole la nascita di un’altra figlia, Marie, avuta dalla sua nuova moglie.

Lei si congratulò, sinceramente contenta di avere finalmente una sorella, prima di ricordarsi che probabilmente non l’avrebbe mai conosciuta. Gli consegnò la lettera di Alix, riferendogli il suo messaggio.

Credi si possa fare qualcosa per aiutarla a mantenere la reggenza?”

Ci proverò”, le rispose Jean. “Parlerò con il Papa; dovrò recarmi comunque da lui non appena saranno finiti i festeggiamenti per il matrimonio. C’è la crociata da organizzare.”

Yolande guardò suo padre: sembrava quasi euforico. Nonostante neanche questa volta avesse avuto il figlio maschio che tanto desiderava, aveva pianificato e realizzato con successo il matrimonio del secolo ed era ad un passo dal mettere in moto la tanto attesa sesta crociata. In tutto questo il problema di sua cognata doveva sembrargli di poco conto, anche se Yolande era sicura che avrebbe almeno tentato di perorare la sua casa. A Gerusalemme faceva comodo l’alleanza di un’isola dalla posizione strategica come Cipro.

Jean sorrise alla figlia, come se la vedesse solo in quel momento: “Non preoccuparti, so quanto sei affezionata a tua zia. Farò tutto ciò che posso per aiutarla.”

Ci vediamo al banchetto”, la salutò uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.

Stai benissimo” le disse Anais squadrandola con le mani sulle sue spalle. “Sei pronta ad affrontare la serata?”

Ho scelta?” sospirò Yolande.

Che ti prende?”

Io non gli piaccio, Anais”, mormorò nervosamente, passandosi le mani sulla gonna.

Non devi dire così, cara. Non farti condizionare dalle fantasie. L’imperatore è un uomo estremamente affascinante e non ha occhi che per te.”

Non mentirmi, non sono stupida!”, sbottò Yolande.

Anais rimase a bocca aperta, era la prima volta che sua cugina le si rivolgeva in quel modo. L’aveva vista triste, sconsolata, impaurita… ma mai arrabbiata. Certamente non con lei.

Scusami… scusami…” mormorò subito dopo, rifugiandosi nel suo abbraccio.

Anais la strinse a sé.

Andrà tutto bene, mon petite. Andrà tutto bene. Vedrai che lo conquisterai.”

Ora dobbiamo andare però”, le sorrise, asciugandole una lacrima e aggiustandole una ciocca della bionda chioma.


Federico l’aspettava con il suo seguito personale all’ingresso della sala grande e Yolande lo raggiunse con le proprie dame. Anche lui si era cambiato la tunica e il mantello indossati quella mattina e lei pensò che fosse l’uomo più vanitoso che avesse mai conosciuto. Ma aveva sentito queste voci su di lui, che era ossessionato dall’aspetto e dall’igiene e che addirittura si faceva un bagno completo tutti i giorni. Yolande non aveva mai conosciuto un uomo che adottasse simili abitudini e stentava a credere che fosse tutto vero.

Non sapeva cosa aspettarsi da lui, ma decise di seguire il consiglio di Anais e non avere pregiudizi dettati dalla propria paura. Perciò gli sorrise e fu stupita e felice di vedere un suo sorriso in risposta.

Moglie mia”, le disse Federico prendendole la mano. “I nostri ospiti ci attendono, non facciamoli aspettare.”

Rinfrancata dalla cordialità di suo marito Yolande ricevette con piacere le acclamazioni degli invitati all’ingresso dei novelli sposi. E non solo da parte dei nobili siriani e dal resto del suo seguito, ma anche dai nobili e dai dignitari siciliani. Prese posto sullo scranno d’onore fra il marito e il padre e centinaia di calici colmi di un corposo rosso locale si levarono a brindare a quelle nozze.

Nel grande camino di pietra lavorata ardeva un fuoco vivace e al centro della stanza dei giocolieri si esibivano in numeri strabilianti accompagnati dalla musica dei menestrelli che trovavano posto sulla balconata soprastante.

Cominciarono ad entrare le portate una dopo l’altra: zuppe di verdura e legumi, pollo ripieno e selvaggina catturata dall'imperatore stesso con i suoi adorati falconi, condita con salse raffinate che Yolande non aveva mai assaggiato. Alla sua domanda su una salsa in particolare, Federico le spiegò che si chiamava “saracena” ed era una salsa tipica pugliese, di Lucera, a base di uvetta, aceto, mandorle e spezie. A seguire arrivarono volatili laccati al miele, pesce in gelatina, insalate di verdura e frutta, erbe di campo stufate e l’arrosto di cinghiale servito intero e portato al centro della sala per essere ammirato. Quando entrarono i dolci Yolande sentì che non ce l’avrebbe fatta ad assaggiarne nemmeno un pezzo, ma cedette quando suo marito le fece portare espressamente un piatto di frittelle di formaggio, pinoli e uva passa.

Sono il mio dolce preferito, ci tengo che tu lo assaggi”, la incoraggiò. Confortata dalla sua improvvisa premura, che la fece sentire un po’ più a suo agio, Yolande diede obbedientemente un morso a quella deliziosa frittella.

A quel punto fu Jean di Brienne ad alzarsi in piedi e a dedicare il suo personale augurio agli sposi, invitando i propri servitori a far entrare i doni che Gerusalemme aveva portato all'imperatore. Servi mori entrarono portando doni esotici, come spezie, gioielli e coppe lavorate all'orientale, tappeti, cuscini, incenso e perfino dei cammelli portati a briglia dagli scudieri anch'essi mori. Yolande e la delegazione siriana erano abituati a tutto questo, ma i nobili siciliani rimasero a bocca aperta di fronte a quel lusso esotico e stravagante, mentre Federico fu entusiasta di quei doni, in particolare dei cammelli, che si avvicinò ad esaminare a lungo.

Con un ultimo cenno Jean fece entrare delle danzatrici del ventre, abbigliate all'orientale, che erano un ulteriore dono per l'imperatore e che si esibirono per lui. Da quel giorno in poi avrebbero allietato, con le loro danze sensuali, i banchetti della corte siciliana.

Brindiamo a questa sacra unione”, proclamò Jean di Ibelin, Signore di Ramla, uno dei nobili siriani al seguito di Yolande. “L'unione voluta da Dio tra l'Imperatore del Sacro Romano Impero e la nostra amata Isabella, regina di Gerusalemme!”

Nell'alzare a sua volta la coppa, Yolande notò che, ora che l'atmosfera era meno formale di quella mattina, anche i nobili siciliani sembravano più inclini ad acclamarla, non solo per l'alleanza che portava in dote, ma anche come nuova imperatrice e nuova consorte del loro amato sovrano.

I festeggiamenti durarono fino a notte fonda, finché tutti furono troppo stanchi, sazi o ubriachi e cominciarono a ritirarsi nei propri alloggi. La nuova imperatrice venne scortata dalle sue dame alle sue stanze, ma con suo grande sollievo, suo marito non venne da lei, né quella né le notti che trascorsero al castello di Oria.


Anais aveva temuto di incontrare faccia a faccia il figlio dell’uomo che aveva distrutto la sua famiglia, ma quando questo accadde non provò il risentimento che si sarebbe aspettata o che le sarebbe sembrato naturale. Ciò che l’aveva spinta ad osservarlo durante il banchetto era piuttosto curiosità per quel sovrano che all’apparenza non aveva nulla di particolare se non il peculiare colore dei capelli ereditati dal celebre nonno. Ma aveva carisma, questo Anais doveva riconoscerlo. La sua figura emanava grandezza e autorevolezza.

Più tardi era stata fra il corteo di dame che aveva accompagnato la novella sposa alle sue stanze e l’aveva preparata per la prima notte di nozze. Quando aveva lasciato la sua piccola Yolande congedandosi da lei con un lungo abbraccio, si era diretta alla sua stanza, non molto lontana da quella della giovane imperatrice.

Aveva indossato la veste da notte, sciolto i capelli e stava quasi per spegnere l’ultima candela rimasta accesa quando bussarono alla sua porta.

Anais cadde dalle nuvole quando si trovò faccia a faccia proprio con l’uomo che pensava le avrebbe suscitato repulsione al primo sguardo e che invece suo malgrado l’affascinava.

Vostra Grazia, ma… cosa ci fate qui? Dovreste essere con la vostra sposa…”, chiese confusa, battendo le palpebre nella penombra del corridoio illuminato dalle torce.

Mi fate entrare damigella? Vorrei parlare con voi”, rispose Federico con un sorriso accattivante.

Certo… entrate pure…” disse lei accennando un inchino e facendosi da parte per farlo passare. “Gradite del vino?”

Perché no?” concesse Federico accomodandosi su una sedia.

Anais versò il vino in due coppe di vetro e la porse all’imperatore, che la prese sfiorandole il dorso della mano con le dita. La ragazza ritirò la mano, imbarazzata e a disagio per la situazione che si stava creando.

Di cosa volevate parlarmi?” chiese per rompere quel silenzio e porre fine alla questione una volta per tutte.

Io volevo chiedere il vostro perdono”, fu la strana risposta che ottenne. Lei lo guardò stupita, ma Federico continuava a sorseggiare il vino come se avesse pronunciato la frase più banale possibile.

E per cosa?”

Finalmente lui sollevò lo sguardo dal vino e la guardò direttamente.

So chi siete. So cosa mio padre ha fatto a voi e alla vostra famiglia. Dovete sapere che lo rimpiango dal profondo del mio cuore.”

Voi… non dovete… non c’è ne alcun bisogno”, Anais lottò per tenere ferma la voce. “E’… è successo molto tempo fa. E gli errori dei padri non devono ricadere sui figli.”

Siete anche saggia, oltre che bellissima”, disse Federico alzandosi in piedi. Prima che lei potesse rendersene conto la sua bocca era sulla sua.

Anais lo allontanò da sé, sconvolta e con il fiato corto, passandosi il dorso della mano sulla bocca.

Vostra Grazia! Cosa… cosa volete fare? Voi vi siete appena sposato, vostra moglie è nelle sue stanze che vi aspetta!”

Lei non è niente in confronto a voi e alla vostra bellezza, impallidisce come la luna di fronte allo splendore del sole. Non sono riuscito a togliervi gli occhi di dosso da quando vi ho incontrata.”

Vi prego non dite così, Vostra Grazia!”

Non dirmi che non mi vuoi: te lo leggo negli occhi. Ogni altra donna è scomparsa dalla mia vista da quando ho visto te.”

Anais sapeva di doversi sdegnare per quelle parole, per quell’affronto verso la sua fresca sposa. Come poteva dire a un’altra donna che non ne esistevano altre quando aveva appena conosciuto colei con cui avrebbe trascorso ogni giorno della sua vita? Ma la verità è che si sentiva stranamente lusingata, euforica ed eccitata a quelle parole. Lui la desiderava davvero, ed era così… affascinante e intelligente. I suoi sensi erano ottenebrati, come se avesse bevuto troppo vino, e non oppose resistenza quando lui la baciò di nuovo, in modo lento e profondo, lasciandola quasi senza fiato.

Yolande è mia cugina… vi prego, Vostra Grazia”, fu tutto ciò che riuscì a biascicare.

Chiamami Federico”, le mormorò lui nell’orecchio, prima di portarla verso il letto.


Il corteo nuziale si trasferì a Barletta e il sollievo di Yolande per non aver dovuto affrontare fino a quel momento i suoi doveri coniugali si trasformò in preoccupazione per il disinteresse che Federico sembrava nutrire verso di lei. E anche in qualcosa che non aveva mai provato in vita sua: risentimento. Per quanto temesse la freddezza del marito, un moto di orgoglio si risvegliò in lei. Come osava Federico trattarla a quel modo? Lei era pur sempre una regina suo jure, cosa che la sua prima moglie non era stata. E ora era un’imperatrice per matrimonio. Non aveva forse diritto al suo rispetto?

Yolande sospettava che si intrattenesse con qualcuna delle sue amanti e questo era un affronto, ma non voleva esporre le sue lamentele senza prove certe. Ma Anais, Mariam e le altre sue dame non conoscevano abbastanza le dinamiche di quella corte, così decise di rivolgersi ad una delle sue nuove dame siciliane. Si trattava di una dama di circa trent’anni, alta e bionda, di nome Bianca Lancia, membro di una famiglia di piccola nobiltà, i Lancia di Vercelli, che aveva fatto strada grazie alla benevolenza dell’imperatore. Manfredi Lancia, il fratello di Madonna Bianca, era uno dei più cari amici di Federico. Yolande non sapeva molto di lei, se non che era vedova e aveva una figlia di nome Bianca come la madre che aveva dodici anni. Ma le ispirava fiducia, aveva uno sguardo sincero e un modo di parlare dolce e rassicurante. Lei la tranquillizzò prontamente, assicurandole che avrebbe indagato e l’avrebbe informata al più presto. Le era sembrata così sicura di sé, che fu stupita quando tornò alcuni giorni dopo per riferirle ciò che aveva scoperto senza quasi avere il coraggio di guardarla.

Madonna Bianca”, mormorò Yolande facendola sedere di fronte a sé. “Perché non parlate? State cominciando a farmi preoccupare…”

Vostra Grazia io non so come riferirvi la notizia che ho appreso…”

L’imperatrice la osservò tristemente, lo sguardo rassegnato che prendeva il posto di quello disincantato che più sarebbe stato consono alla sua giovane età.

Vi prego, ditemi quello che sapete, non fatevi riguardi per me. Sono più forte di quanto sembri.”

Portate una coppa di vino per Madonna Bianca”, aggiunse facendo un cenno a una cameriera.

Bianca prese la coppa ingioiellata dalle mani della donna e se la portò alle labbra evitando ancora di guardare la sua sovrana negli occhi.

Vostro marito non visita il vostro letto perché ha una nuova amante”, disse tutto di un fiato.

Era quello che temevo”, disse Yolande con un filo di voce prendendosi la testa fra le mani. “E sai il suo nome?”

Si tratta di… vostra cugina.”

Cosa intendete?”

Vostra cugina, Madonna Anais di Brienne, è la nuova amante dell’imperatore.”

Il silenzio che cadde nella stanza era talmente pesante che si sarebbe potuto tagliare con una lama.

No, non è possibile”, bisbigliò Yolande scuotendo il capo. “Non è possibile… Anais non lo farebbe mai. Non mi farebbe mai questo!”

Bianca finalmente la guardava negli occhi e Yolande vi lesse desolazione, pena e compassione. Improvvisamente comprese che era tutto vero, che la sua dama non mentiva. E che era sinceramente dispiaciuta per lei.



Nota dell'autrice: Vorrei precisare che i fatti raccontati in questo capitolo sono storicamente accertati: ergo il tradimento subito da Yolande per mano di Anais è tristemente vero. Come affronterà la cosa la nostra giovane imperatrice? Starà in silenzio e subirà l'affronto o reagirà in qualche modo? Lo scopriremo nel prossimo capitolo! ;)

Federico è una figura davvero particolare come avrete notato e sono davvero curiosa di sapere cosa ne pensate di lui. Il mio giudizio su di lui è ambivalente: uomo intelligente, colto e carismatico, sovrano deciso, ma anche marito possessivo, geloso e freddo, nonché cronicamente infedele e privo di scrupoli. Spero di aver reso decentemente questo personaggio così complesso e sfaccettato.

Una piccola precisazione per chi s'intende un po' del periodo: la Bianca Lancia che qui compare non è la famosa amante di lunga data e probabile ultima moglie morganatica di Federico, bensì sua madre da cui lei prese il nome.

Ringrazio tutti coloro che leggono e coloro che sono passati a farmi sapere cosa ne pensano della storia.

Alla prossima

Eilan


Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo V ***


Jer




Non mi lascerò trattare in questo modo, padre! Io sono la sua sovrana!” gridò Yolande, fuori di sé.

Jean era quasi sopraffatto da quella furia. La sua giovane, remissiva e obbediente figlia non sembrava nemmeno più se stessa. Anche lui era furibondo per l’affronto che Yolande – e indirettamente lui stesso – aveva subito. Il nome della loro casata, l’onore di sua figlia, la sua credibilità… erano tutti appesi ad un filo per colpa di quella sgualdrina di sua nipote, quella ragazza ingrata che aveva morso la mano che l’aveva nutrita fino a quel momento. Se si soffermava a pensarci Jean si malediceva per aver aiutato sua cognata Albiria quando era in cerca di una sistemazione per Anais; si malediceva per averle dato un posto fra le dame di sua figlia, una posizione che chiaramente la ragazza non meritava di ricoprire. Era contento di non averla davanti in quel momento, perché non era sicuro che avrebbe risposto di se stesso. Ma doveva farlo, doveva essere lui a gestire la situazione, Yolande era troppo giovane ed emotiva per farlo.

Ora calmati, figlia mia. Capisco che tu sia sconvolta, e hai tutte le ragioni per esserlo. Ma dobbiamo affrontare la cosa in maniera diplomatica.”

Diplomatica? Io sono stata umiliata padre!”, disse la giovane imperatrice puntandosi un dito al petto e incrociando poi le braccia. “Sono stata umiliata il giorno stesso delle mie nozze, sono stata umiliata da mio marito e tradita da mia cugina. Come posso essere diplomatica? Non puoi chiedermelo.”

Jean sospirò, stringendole il braccio per calmarla. “Non te lo chiedo, infatti. Devi lasciare la cosa nelle mie mani, devi lasciare che sia io a parlare con Federico.”

Ma, padre…”

Non ti ascolterebbe”, tagliò corto Jean. “Devi lasciare gestire questa cosa agli uomini, è giusto così.”

Yolande lo guardò per qualche momento, poi annuì lentamente. “Hai ragione. Mio marito non ha mai dato peso alla parola della sua prima moglie, non ne darà neanche alla mia. Sono nelle tue mani.”

Saggia decisione, figliola.”

Una cosa ti chiedo, però.”

Cosa?”

Puoi pensarci tu ad allontanare Anais dalle mie dame? Io non voglio vederla mai più.”


Dopo essersi consultato con i suoi nobili Jean aveva accettato che Eudes di Montbeliard lo accompagnasse a parlamentare con Federico, all’inizio con riluttanza; ma poi aveva pensato che la mediazione di un uomo pacato come Eudes non avrebbe potuto essere più propizia nel caso si giungesse a uno scontro diretto con il genero. La situazione era estremamente tesa e delicata. Eudes era un suo parente che era divenuto principe di Galilea sposando l’unica erede al principato, Eschiva di Saint Omer. Jean riponeva molta fiducia in lui, al punto da averlo nominato Conestabile di Gerusalemme alcuni anni prima.

Federico li ricevette seduto alla sua scrivania, nel suo studio privato, dopo che il suo segretario personale li ebbe fatti accomodare. L’imperatore fece accomodare i suoi ospiti ordinando perfino del vino, come se quello fosse un incontro di cortesia. Di certo Federico, che non era uno sciocco, doveva sapere cosa bolliva in pentola e il motivo per cui il reggente e il conestabile di Gerusalemme volevano parlargli. Jean si sentì preso in giro, ma trattenne la propria rabbia e lasciò che fosse Eudes a parlare.

Vostra Grazia”, cominciò il principe di Galilea, “vi sono certamente giunte all’orecchio le calunniose voci che permeano la corte, l’affronto subito dalla nostra regina e vostra sposa… confido che capiate che non possiamo tollerarlo in silenzio. Ora, se tutto questo è solo una menzogna, una voce messa in giro dai vostri detrattori, come in effetti riteniamo, è comunque opportuno - se posso osare dare un suggerimento a Vostra Grazia - prendere provvedimenti per l’allontanamento immediato della fanciulla oggetto dello scandalo, che come Vostra Grazia certamente saprà, è una dama della camera privata dell’Imperatrice, nonché sua parente stretta.”

Federico rimase un momento in silenzio, un mezzo sorriso sul volto, lisciandosi la barba rosso fuoco. Poi unì le mani poggiandole sulla scrivania di fronte a sé.

Non si tratta di voci”, disse tranquillamente.

Come, prego…?” chiese sbalordito il Principe di Galilea. Non tentava nemmeno di negare? Di salvare le apparenze e la forma? Quell’uomo era davvero sfrontato e noncurante del giudizio altrui come gli avevano raccontato.

La fanciulla in questione è davvero la mia amante, ma non ritengo di doverne rendere conto a nessuno, tantomeno a mio suocero. In poche parole, con chi mi intrattengo sono solo affari miei.”

Ma… ma voi capite che non è questo che ci importa, non dell’amante che Vostra Grazia si sceglie”, tentò di replicare Eudes, “ma ella è la cugina carnale della nostra regina, che è stata insultata e offesa proprio quando suo marito avrebbe dovuto dedicarle le sue attenzioni… la sua prima notte di nozze, per l’amore di Cristo!”

Ora basta, cugino”, lo interruppe Jean alzandosi in piedi. “Non capisci che l’imperatore qui si sta solo prendendo gioco di noi?”

Federico osservò suo suocero, per nulla intimorito nonostante la notevole altezza di quest’ultimo gli permettesse di incombere su di lui in maniera minacciosa.

Eudes tentò di calmarlo ponendogli una mano sul braccio, ma Jean neppure se ne accorse. Era furioso, le narici dilatate e lo sguardo che sprizzava scintille.

Io esigo che vi sbarazziate immediatamente di quella sgualdrina con la quale avete osato offendere mia figlia, colei che vi ha portato in dote il regno di Gerusalemme.”

Federico si alzò a sua volta. Nonostante la bassa statura emanava più autorevolezza dell’uomo più anziano che lo superava di tutta la testa.

Questo è un avvertimento, caro suocero”, disse in tono gelido. “Non osate più darmi ordini.”

Lo faccio invece! E voi mi ascolterete… non vi permetterò di calpestare mia figlia e l’onore della mia famiglia!”

Volevo aspettare a darvi questa notizia, ma credo non ci sia motivo di farlo ulteriormente”, aggiunse Federico sbattendogli davanti un documento. “Vi tolgo la reggenza di Gerusalemme.”

La soddisfazione nel tono dell’imperatore era palpabile e Jean sentì che avrebbe potuto facilmente uccidere quell’arrogante pallone gonfiato.

Voi mi togliete la reggenza? Non erano questi i patti!”

Non abbiamo mai parlato di questo nell’accordo di nozze. Assumo io la reggenza in vece di mia moglie, com’è giusto che sia.”

Ma Ermanno Di Salza* mi aveva promesso che l’avrei mantenuta fino alla sua maggiore età! Questo è un sopruso! Dopo quello che avete fatto osate anche aggiungere altra infamia all’infamia?”

Federico lo interruppe con un gesto della mano. “Le cose stanno così. Di Salza non mi ha mai detto nulla di questo accordo e se così vi ha riferito non parlava certo a mio nome.”

Eudes si accorse che la vena sul collo di Jean pulsava pericolosamente e che il cugino era sul punto di esplodere di fronte a quei reiterati affronti.

Mio signore…” lo richiamò il conestabile di fronte alla brutta piega presa da quell’incontro. “Vi prego…”

Lasciatemi, cugino! Dirò a quest’arrogante esattamente ciò che penso di lui. Voi siete un uomo senza onore e senza Dio… non siete altro che il figlio di un beccaio!”

Il sorriso sardonico si spense immediatamente sulle labbra di Federico, che divenne terreo in volto.

Come osate…” disse in un sibilo. Poteva tollerare lo sfogo del suocero, non era un uomo da perdere le staffe facilmente. Ma quell’insulto all’onore di sua madre, alla purezza del suo sangue riaprì ferite mai del tutto guarite. Gli erano giunte fin da bambino le voci messe in giro dai nemici della sua famiglia, le voci che screditavano la rispettabilità di Costanza d’Altavilla, che mettevano in dubbio la sua paternità.

Jean non sembrava del tutto tornato in sé di fronte a quella reazione, ma certamente abbastanza per comprendere di aver oltrepassato il limite. Voltò le spalle al genero e lasciò la stanza, seguito da Eudes di Montbeliard.

Si fermò solo sulla soglia per annunciare: “Se non intendete raddrizzare il torto che mi avete fatto sappiate che mi rivolgerò a Sua Santità in persona”, e con uno svolazzo del mantello di pelliccia uscì.

Federico non tentò di aggiungere altro. Era un uomo paziente, e la resa dei conti con suo suocero era solo rimandata.


Jean di Brienne mantenne la sua minaccia e partì pochi giorni dopo per Roma insieme a pochi fedelissimi, perché il resto dei nobili di Outremer si erano affrettati a giurare fedeltà all'imperatore. La scelta non era stata difficile considerando che egli, oltre ad essere uno degli uomini più potenti al mondo, era anche il marito della loro legittima sovrana. Jean si curò poco del fatto che stesse lasciando Yolande con un marito che non la voleva e che trascorreva ogni notte intrattenendosi con sua cugina. Il corteo nuziale si trasferì a Foggia, dove una sontuosa accoglienza aspettava i novelli sposi. Federico ancora perseverava nel suo rifiuto di allontanare Anais, ma nel giro di poche settimane la situazione prese una piega inaspettata. Suo suocero aveva presentato le sue indignate proteste al papa, il quale aveva preso decisamente le sue parti. Un esito non difficile da prevedere, considerando quanto poco in simpatia il pontefice tenesse l’imperatore. Lo scandalo aveva assunto proporzioni enormi quando si era venuto a sapere dell'affronto subito dalla Regina di Gerusalemme, e i cronisti – molti dei quali non ammiravano affatto Federico e la sua licenziosità – si erano assicurati che nessuno nei regni d'occidente ignorasse ciò che era successo. Yolande era grata che tanti nobili e prelati, e perfino il popolo, avessero preso le sue difese, ma anche segretamente umiliata che quell’incidente fosse stato messo in piazza al punto che ogni uomo, donna o bambino della cristianità ne fosse al corrente. La pressione era stata tale che, per riparare all’offesa e salvare le apparenze, Federico era stato costretto ad organizzare il rientro in patria di Anais, dopo averle assegnato una cospicua dote.

Yolande persisteva nel suo ostinato rifiuto di vedere la cugina, nonostante lei avesse chiesto udienza innumerevoli volte. Tuttavia non era rimasta con le mani in mano: aveva organizzato le nozze di Anais con suo cugino Balian di Grenier, Conte di Sidone, uno dei nobili più potenti di Gerusalemme. Era arrabbiata, ferita, tradita… ma non sarebbe mai riuscita ad odiare Anais, neanche dopo tutto quello che era stata costretta a subire. Voleva ancora il meglio per sua cugina, ma la voleva anche molto lontana da lei e da suo marito. Il giorno della partenza di Anais a Gerusalemme venne e la giovane chiese di nuovo udienza alla sua sovrana.

Mia Signora, Madonna Anais chiede di nuovo di essere ricevuta”, annunciò Mariam in tono quasi di scuse. “Insiste… siete sicura che non volete riceverla?”

Yolande era seduta di spalle alla porta, di fronte al camino acceso.

Madonna Bianca si inginocchiò accanto a lei e le prese la mano. “Perdonatemi se oso, Vostra Grazia, ma voi siete tanto giovane, avete l’età di mia figlia… siete sicura che non vi pentirete di non esservi congedata da vostra cugina? Potreste non incontrarla mai più…”

Yolande fissò per qualche momento l’espressione sinceramente preoccupato della sua dama, ma il suo sguardo era vacuo e spento.

Mandatela via”, rispose infine tornando a fissare il fuoco. “Non voglio più vederla.”


Dopo la partenza di Anais Yolande sperò che non avrebbe più sentito parlare di lei. Seppe dai suoi consiglieri rimasti in patria delle sue nozze con Balian di Grenier, ma fu una notizia che assorbì solo pochi momenti della sua attenzione, presa com’era dal seguire suo marito nei suoi continui spostamenti per il regno. La sua relazione con lui era decisamente migliorata dopo che l’ombra di Anais aveva sollevato il velo che li divideva; a tratti Federico sapeva dimostrarsi premuroso, ma non perdeva mai del tutto il suo abituale distacco. Si preoccupò di non nominare mai Anais davanti a sua moglie, e Yolande credette che l'avesse dimenticata, che fosse stata solo una delle tante donne che Federico aveva avuto. Ma fu all’inizio del febbraio seguente che dovette ricredersi. L'imperatore era impegnato ad organizzare la Dieta di Cremona, occasione in cui avrebbe incontrato i Comuni Lombardi, e aveva deciso di lasciare Yolande e il suo seguito ad attenderlo nel castello di Marcina. Qualche giorno prima aveva ricevuto una lettera di suo padre che le comunicava di essere stato nominato da Onorio III Amministratore del Tesoro Pontificio; la buona notizia era seguita da una meno buona che riguardava sua zia Alix: il Papa aveva deciso poco tempo prima sulla questione cipriota e aveva tolto la reggenza alla regina madre per poterla assegnare a Philippe d’Ibelin.

Yolande era sinceramente dispiaciuta per sua zia e la tormentava il rimorso di non aver fatto abbastanza per aiutarla. Aveva deciso di scriverle una lettera e la teneva fra le mani in quel momento, rigirandola nervosamente e passando il dito sul sigillo di ceralacca su cui aveva impresso il suo stemma personale. Non le restava che cercare il segretario di suo marito perché la spedisse al più presto insieme alla posta dell’imperatore. Entrò nello studio di Federico sperando di trovarlo lì, ma la stanza era deserta. Si avvicinò alla scrivania e lasciò la missiva sulla pila di quelle che il segretario avrebbe affidato ai messi. Stava per andarsene quando l’occhio le cadde su una pergamena che Federico doveva aver terminato frettolosamente di scrivere quella mattina prima di partire. Yolande non seppe resistere alla curiosità e la prese; sapeva che suo marito si dilettava di poesia, tra le altre cose, ma quello che lesse riaprì una ferita che considerava ormai sopita.


Oi lasso, non pensai si forte mi paresse
lo dipartire da madonna mia
da poi ch’io m’aloncai, ben paria ch’io morisse,
membrando di sua dolze compagnia;
e giammai tanta pena non durai
se non quando a la nave adimorai,
ed or mi credo morire ciertamente
se da lei no ritorno prestamente.**


Yolande non riuscì a leggere oltre e gli occhi le si riempirono di lacrime. Non era difficile comprendere a chi fosse dedicata quella poesia. Anais non era stata semplicemente un’avventura, un capriccio, una delle tante. Lui l’aveva amata e l’amava ancora. Forse dopo Anais ci sarebbe stata un’altra donna che Federico avrebbe amato di un amore altrettanto intenso, ma Yolande sapeva che non sarebbe stata lei, né ora né mai.


◊◊◊◊◊◊◊◊◊


Palazzo Reale di Palermo

Maggio 1227


Il caldo primaverile era arrivato in Sicilia molto prima di quanto avrebbe fatto se Yolande e la sua corte fossero stati ancora a Terracina. Gli sconfinati agrumeti palermitani avevano cominciato già a dare i primi profumati frutti e ogni mattina un servo ne portava un cestino appena colto alla tavola dell’imperatrice, che sembrava apprezzarli molto. Yolande aveva lasciato il castello di Marcina non appena Margherita era stata abbastanza grande da affrontare il viaggio fino a Palermo e i rigori dell’inverno avevano lasciato posto ad un clima più mite. Yolande ne era stata felicissima: aveva mal sopportato la reclusione forzata a cui la gravidanza, scoperta poco dopo la Dieta di Cremona, l’aveva costretta. Non aveva più potuto seguire Federico nei suoi continui spostamenti e aveva percepito ancora più forte quel senso di isolamento che la circondava. Sperava che a Palermo sarebbe stato diverso e la sua prima impressione di quella città le aveva fatto ben sperare. Dopo mesi in cui aveva vissuto in castelli dalla tipica architettura occidentale, con mura alte e possenti, torri massicce, finestre strette e fredda pietra, era rimasta stupita dalla magnificenza esotica dell'immenso Palazzo Reale, dal piacevole gusto arabeggiante e dagli sconfinati giardini perfettamente curati e ricchi di palme, così simile ai palazzi che aveva lasciato in Outremer, anche se certo non ne eguagliava la finezza. Ma aveva presto scoperto che anche quel palazzo all'apparenza così bello era una prigione, lussuosa certamente, ma pur sempre una prigione. Non aveva legato molto con le sue dame siciliane, tranne Bianca che era diventata per lei un’amica quasi capace di rimpiazzare la perduta Anais. Mariam era ormai una giovane donna e lei è Yolande erano sempre più legate, unite dalle vicissitudini che avevano affrontato insieme. L’imperatrice amava poter parlare in francese con lei, senza che nessuno intorno a loro potesse capirle. Le sembrava di avere la chiave di un linguaggio segreto capace di riportarla indietro di miglia, indietro a casa sua. Tutto il resto era così nuovo ed estraneo per lei; non riusciva a comprendere il volgare di Sicilia, che le sembravo ostico e astruso. Per farsi capire dai servi e dalle dame doveva parlare in latino. Federico era spesso via e Yolande aveva ormai capito che aveva tutta l’intenzione di tenerla reclusa come aveva fatto con Costanza d’Aragona. Era un uomo complicato suo marito: non era mai crudele, ma neppure capace di gesti di tenerezza. La trattava con ogni riguardo, ma non c’era dolcezza né amore nel suo comportamento. Era però morbosamente geloso, come lo era stato anche con la sua prima moglie e aveva adottato, insieme all’harim, un’altra usanza tutta orientale: quella di tenere le proprie mogli lontane dal mondo e dalla vita politica. Ed era questo che Yolande si sentiva: una prigioniera, tenuta a forza lontana dalla sua patria e dalla sua gente. Seppure Palermo avrebbe potuto ricordarle Acri, lì non era libera di muoversi come lo era stata nella sua città natale. A volte la nostalgia per la sua vita passata era tanto forte da farle fisicamente male. La nascita di Margherita, nel novembre precedente, era stata un barlume di gioia e di luce in quel grigiore. La prima volta che l’aveva vista, così piccola e tenera, con quelle sue minuscole dita e la lanugine biondo rossiccia che le copriva la testolina era stata veramente felice come non lo era da tanto. Federico invece non era stato molto contento della nascita di una femmina, perché questo significava che Enrico, il figlio primogenito, era ancora il suo unico erede e non era in buoni rapporti con quel figlio estraniato. Ma era venuto a vedere la bambina e aveva portato ricchi doni alla moglie, tra cui delle perle in omaggio al significato del nome della piccola. Dal momento che era una femmina le aveva permesso di scegliere il nome e, dopo che Bianca Lancia gliene aveva proposti diversi, Yolande aveva scelto Margherita, perché la sua bambina le sembrava preziosa e bella come una perla.

L’imperatore era tornato a prenderle per portarle con sé a Palermo in marzo, e Yolande aveva impiegato i primi tempi del suo soggiorno siciliano ad organizzare una nursery nel palazzo e a scegliere la balia e le dame che si sarebbero occupate della piccola principessa. La nursery tuttavia non sarebbe stata occupata solo da Margherita, ma anche da un’altra bambina, il cui arrivo inaspettato aveva inizialmente turbato l’imperatrice. La figlia di Anais e Federico, che era nata l’estate precedente in gran segreto ed era stata mandata al padre perché Balian di Grenier si era rifiutato di crescere una figlia che non era sua. Federico l’aveva riconosciuta e Yolande, con gran stupore del marito, aveva chiesto di potersene occupare personalmente. L’imperatore non aveva visto motivo per declinare e la bambina era al seguito di Yolande da diversi mesi; ne era anche stata la madrina di battesimo, celebrato insieme a quello di Margherita nella sontuosa Cappella Palatina del Palazzo Reale di Palermo, rivestita di meravigliosi mosaici dorati.

Era stata lei ad attribuirle il nome Blanchefleur, che presto tutti avevano cominciato ad adattare in “Biancofiore”. Non sapeva perché lo aveva fatto, altre mogli avrebbero preteso di spedire la bambina da qualche parente o da un vassallo compiacente, o di sistemarla nel più oscuro e dimenticato dei castelli; e in effetti era proprio così per quel che riguardava i numerosi altri figli illegittimi di Federico: non aveva nessun desiderio o curiosità di incontrarli, e più lontani vivevano da lei e da sua figlia meglio era. Ma era diverso per Blanchefleur – come Yolande si ostinava a chiamarla – lei non era solo di Federico, era anche di Anais. E le restituiva la parte buona della cugina, la sua parte innocente: quella che Yolande non aveva mai smesso di amare.



*Gran Maestro dell'Ordine Teutonico che partecipò alle trattative del matrimonio tra Yolande e Federico.

**La poesia presente in questo capitolo non è scritta da me, chiaramente, ma è opera di Federico II in persona, una delle poche che ci sono giunte scritte da lui e dedicata proprio ad Anais di Brienne.



Nota dell'autrice: grazie a tutti voi che siete arrivati a leggere fin qui e che avete speso il vostro tempo a lasciarmi una recensione. Sembra scontato dirlo ma lo apprezzo davvero tantissimo! Spero che il capitolo abbastanza denso di eventi vi sia piaciuto e credo che il prossimo sarà quello finale. Ci tengo a ribadire che, come per i capitoli precedenti, mi sono attenuta rigorosamente ai fatti storici accertati, riempiendo solo le lacune che comprensibilmente secoli di storia hanno lasciato. Se vi va, fatemi sapere che ne pensate!

Alla prossima

Eilan

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


Jer




Castello di Oria, Puglia

Luglio 1227


L’estate pugliese quell’anno si stava rivelando estremamente calda, la più calda che Yolande ricordasse da quando era in Italia, del tutto simile alle roventi estati siriane. La temperatura era una delle poche cose che l’Imperatrice poteva constatare con certezza della città che due anni prima aveva visto celebrare il suo matrimonio con Federico, rinchiusa com’era ancora una volta nel castello di Oria. Solo che stavolta la sensazione di essere prigioniera era mitigata dalla compagnia di sua figlia. Yolande aveva insistito perché Federico le permettesse di portarla con sé quando aveva deciso che doveva lasciare Palermo per essere al suo fianco in Puglia, al culmine dell’organizzazione della sesta crociata.

Quando nel marzo di quell’anno Madonna Bianca aveva annunciato alla sua sovrana e alle altre dame la notizia della morte del Papa, Yolande non vi aveva attribuito particolare importanza. Si era limitata a ritirarsi devotamente presso la sua cappella privata per pregare per l’anima del Santo Padre, come ogni cristiano osservante avrebbe dovuto fare. Quello che non si era aspettata, e che forse nemmeno suo marito – con tutto il suo acume politico – aveva messo in conto, è che al soglio pontificio venisse eletto un Papa che non aveva intenzione di tollerare altri ritardi e altre scuse da parte dell’Imperatore. Erano trascorsi quindici anni da quando era stato incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero giurando solennemente di prendere su di sé il fardello della Croce e liberare Gersualemme dagli infedeli, e ancora Federico non aveva onorato la sua promessa. Onorio era stato paziente: Gregorio IX non lo era altrettanto. Aveva subito ricordato a Federico il suo impegno, e tra le sue parole la minaccia di una scomunica imminente non era neppure troppo velata. L’avvertimento aveva sortito l’effetto sperato perché, con grande stupore di Yolande, la tanto attesa sesta crociata, l’evento che era stato alla base delle sue nozze con Federico, si era finalmente messa in moto.

In tutti quei mesi l’Imperatore era stato impegnato nell’organizzazione dell’impresa e non era mai tornato a Palermo a trovare la moglie e la figlia. Ma quando era arrivato in Puglia le aveva mandate a chiamare perché lo raggiungessero. Yolande era stata contenta di arrivare a Brindisi dopo suo marito, così non sarebbe stata costretta ad assistere al suo ingresso in città seguito dal suo harim di danzatrici orientali, acrobati e giocolieri, e dal suo famoso serraglio di bestie esotiche che includeva addirittura un elefante. Federico amava mettersi in mostra, al contrario di lei, e solo una volta l’aveva convinta a salire sul trespolo innalzato sulla groppa dell’imponente elefante insieme a lui. Yolande non gradiva quello sfoggio esagerato di lusso e stravaganza, quella volontà di stupire, di essere al centro dell’attenzione. Ma era nel carattere di Federico e lei doveva prendere atto che era talmente diverso da lei da essere incapace di comprenderlo. Da parte di lui invece non c’era neppure la volontà di provare a comprenderla, di considerare i suoi bisogni. Federico apprezzava che lei fosse remissiva, quieta e non lo contraddicesse in alcun modo; Yolande si accorgeva quanta poca considerazione aveva delle sue consorti: ne aveva avuta poca di Costanza, e non appena era cresciuto abbastanza da poter fare a meno della sua influenza l’aveva tenuta rinchiusa in modo da avere totale controllo su di lei, proprio come stava facendo con lei ora. E Yolande non dubitava che avrebbe fatto lo stesso se mai avesse avuto altre mogli dopo di lei.

Quando era giunta a Brindisi con la sua scorta e il suo seguito di dame e servitori, aveva appreso con sollievo che lo scandaloso harim e il rumoroso serraglio erano stati rimandati nella fortezza di Lucera, dove solitamente si trovavano. In compenso la città era in pieno fermento. Migliaia di soldati, fanti, cavalieri, lancieri, ma anche semplici pellegrini che approfittavano della crociata per compiere il loro viaggio nella Città Santa, si riversavano da tutta Europa per le strade della Puglia, diretti all’imbarco al porto di Brindisi.

E giorno dopo giorno in quell'estate torrida quel flusso infinito di persone aumentava, insieme al caldo sempre più afoso. Yolande non poteva lasciare il castello e trascorreva la maggior parte del tempo con le sue dame e in compagnia di Margherita e Biancofiore.

Aveva deciso di ricamare una veste con il simbolo della Santa Croce che Federico avrebbe indossato sopra l’armatura, e voleva a tutti i costi terminarla prima della partenza della flotta per Outremer.

Di tanto in tanto con la scusa di mandare Mariam in città a comprare dei fili che le servivano per il suo ricamo, riceveva da lei notizie su ciò che stava accadendo e su come procedevano i preparativi, perché Federico, anche quando tornava al castello, era sempre estremamente impegnato e non aveva tempo da sprecare in chiacchiere, soprattutto in quelle che lui considerava incorreggibili e irritanti curiosità femminili.

Mariam descriveva a lei e alle dame annoiate una situazione sempre più caotica e confusionaria, tanto che cominciava a scarseggiare il posto in cui ospitare quella marea di persone, nonché le provviste con cui nutrirle. Già enormi accampamenti erano sorti intorno alla città, e anche intorno alle città vicine.

In tutto quel trambusto l’Imperatore aveva deciso di organizzare un torneo per intrattenere gli ospiti illustri che avrebbero partecipato alla crociata, tra cui il Gran Maestro dei Cavalieri Teutonici Ermanno di Salza, il Langravio di Turingia, il Duca di Limburgo, il nuovo patriarca di Gerusalemme Geroldo di Losanna e il Principe di Galilea Eudes di Montbeliard, il quale su ordine di Federico era stato rimpiazzato nel suo ruolo di Conestabile di Gerusalemme da Tommaso D’Aquino all’inizio di quell’anno. Eudes non si era dato per vinto e si era rivolto alla sua sovrana, implorandola di intercedere per lui e raddrizzare il torto che gli era stato fatto. Quella era stata l’unica volta in cui Yolande aveva affrontato suo marito su una questione politica. Non aveva mai messo bocca negli affari di un impero di cui era solo la sovrana consorte; ma era ancora la regina di Gerusalemme per suo diritto, e quando si trattava del suo regno, dei suoi sudditi, era capace di far sentire la sua voce. Aveva esercitato la poca influenza che aveva su Federico e aveva fatto in modo che Eudes venisse scelto come uno dei tre comandanti della crociata, insieme a Di Salza e Riccardo Filangieri, maresciallo del Regno di Sicilia e Luogotenente di Gerusalemme in vece dell'Imperatore.

Il torneo era gremito di persone, una folla variopinta di nobili, mercanti, borghesi, perfino il popolo. Seduta sullo scranno di legno intagliato accanto a suo marito nella balconata soprastante, Yolande osservava nelle gradinate più in basso quella folla di persone assiepate le une sulle altre. Gli ospiti d’onore del torneo erano seduti accanto ai sovrani, e Eudes di Montbeliard proprio alla sinistra della sua regina, la quale si era guadagnata la sua eterna devozione e lealtà. Il sole picchiava forte sulle teste dei presenti, smorzato solo dal baldacchino di stoffa drappeggiato sopra gli imperatori e i loro ospiti.

Yolande lanciò un’occhiata in tralice a suo marito, come sempre perfettamente abbigliato e rasato. Ma l’abito di seta damascata verde e gialla, il velo candido e le perle che indossava non la facevano affatto sfigurare accanto al suo consorte. Anzi, insieme alla pettinatura raccolta su cui Eufemie aveva lavorato a lungo, mettevano in risalto la sua persona. La maggior parte dei sudditi presenti quel giorno la vedeva per la prima volta; non aveva avuto idea prima di allora che la loro imperatrice fosse una ragazza minuta, dall’incarnato pallido e i capelli biondi, dall’apparenza angelica, delicata e un po’ ingenua. Il modo in cui appariva le fece guadagnare le simpatie del popolo, ammorbidì i loro cuori verso la giovane sovrana straniera che tanto aveva dovuto patire da quando era approdata sulle loro sponde.

Il torneo ebbe inizio e Yolande eseguì doverosamente il suo compito di madrina dell’evento, annodando nastri di seta intorno alle lance dei contendenti: la sovrana era sempre la dama i cui omaggi erano più richiesti, per ovvie ragioni gerarchiche. Il sole continuava a picchiare implacabile mentre i cavalieri si scontravano, lance in resta, uscendone trionfanti o sconfitti, esultanti o sdraiati nella polvere, tra le rumorose acclamazioni o i fischi della folla. Yolande cominciava a sentirsi debole, ma continuò a distribuire doverosamente i premi in oro e argento ai vincitori. Come ci si aspettava da lei si sforzò di mantenere un atteggiamento regale e il sorriso sulle labbra. Ma non si sentiva bene, nonostante il baldacchino sopra la sua testa. Federico se ne accorse e le si rivolse, poggiandole una mano sul braccio.

State bene? Sembrate pallida…”

Yolande si sforzò di sorridere al marito e annuì, ma non appena Federico ebbe riportato l’attenzione sul torneo, lei si sentì scivolare sulla sedia. Udì le esclamazioni di sgomento dei presenti, sentì Federico che la prendeva tra le braccia e la sollevava da terra, poi tutto divenne buio.


◊◊◊◊◊◊◊◊◊◊◊


L’episodio che aveva preoccupato tutti si era rivelato invece foriero di un’ottima notizia, per Federico e per il futuro di tutto l’impero. Yolande era di nuovo incinta e l’Imperatore sperava che questa volta sarebbe stato un maschio. Quella gravidanza, la crociata imminente… le stelle sembravano arridere allo Stupor Mundi, come era stato soprannominato Federico.

Come nella gravidanza precedente Yolande si preparava a trascorrere il tempo ricamando, leggendo e pregando. Anche se il parto di Margherita non era stato difficile, la morte di sua madre le aveva insegnato che ogni nascita era un’incognita.

In vista della partenza del marito passava molte ore a ricamarne la veste da battaglia, sperando di finirla in tempo.

Quel pomeriggio di agosto le dame riunite in giardino tentavano di combattere il caldo afoso all’ombra di una pergola ombreggiata dal profumato gelsomino che Yolande aveva fatto piantare dai giardinieri perché le ricordasse la patria lontana. L’aria era immobile, satura, la brezza assente, e l’unico suono udibile era il sommesso ronzio delle api che volavano di fiore in fiore. La balia aveva portato in giardino anche Margherita e Biancofiore, quest’ultima una bimbetta che già trotterellava in giro su gambe malferme, cadendo di tanto in tanto e venendo prontamente tirata su da una serva che la seguiva passo passo. Margherita invece, di soli nove mesi, osservava con occhi attenti i movimenti della sorellastra stando placidamente in braccio a sua madre, che aveva passato il ricamo a Madonna Bianca per prenderla prontamente dalle braccia della sua balia. Yolande ancora si stupiva dell’amore incondizionato che provava per sua figlia, quel tenero fagotto paffuto avvolto in trine e pizzi, con una cuffietta bianca ricamata che le copriva i capelli ormai tendenti decisamente al rosso. Ora che era abbastanza grande da non essere più stretta nelle fasce era libera di muovere le manine, con cui tirava le trecce ed i vestiti della madre. Yolande la lasciava fare, sopportava i suoi baci umidicci con un sorriso, perché tutto ciò che faceva sua figlia per lei era fonte di stupore e meraviglia. Federico la rimproverava spesso di essere troppo attaccata alla bambina. Si sfiorò il ventre sovrappensiero: c’era un altro bambino in arrivo, un fratello o una sorella per Margherita, forse un erede per il Sacro Romano Impero e il Regno di Sicilia, come Federico sperava, ma anche per Gerusalemme. I pensieri di Yolande furono bruscamente interrotti dal castaldo che si presentò tutto trafelato e con il fiatone.

Bianca Lancia scattò in piedi: “Come osate presentarvi in questo modo all’imperatrice?”

Chiedo umilmente perdono Vostra Grazia. Ma reco disposizioni urgenti da parte dell’Imperatore…”

Va tutto bene, Madonna Bianca”, disse Yolande alzandosi a sua volta e affidando Margherita alle braccia di Mariam. “Cosa succede, Messer Tommaso?”

E’ scoppiata una gravissima epidemia a Brindisi, fra i crociati pronti alla partenza! Si contano già diversi morti.”

Bianca si portò una mano alla bocca, mentre Mariam strinse istintivamente Margherita a sé. Le altre dame si fecero intorno all’Imperatrice, incluse le serve e la balia con Biancofiore in braccio.

Ma è terribile! Di che epidemia si tratta?”

Non so di preciso, Vostra Grazia. Chi si ammala accusa febbre alta, delirio, e non sembra in grado di trattenere nel corpo qualsiasi tipo di cibo.”

Yolande scambiò sguardi preoccupati con Mariam e Bianca, ma fu quest’ultima a parlare.

Credete che saremo al sicuro qui, Messer Tommaso? Oria sarà abbastanza distante da Brindisi?”

L’uomo scosse la testa, desolato. “Temo di no, Madonna. In ogni caso l’Imperatore non vuole rischiare la salute di Sua Grazia e della principessa. Vi comanda di prepararvi in fretta, vi scorterà entro due giorni a Otranto.”

Perché proprio ad Otranto?”

Sua Grazia tornerà qui a sovrintendere l’imbarco per la Crociata, ma ritiene che Otranto sia un luogo abbastanza distante per voi da essere al sicuro.”

Volete dire che la Crociata andrà avanti?”, intervenne Mariam dando voce alla sorpresa generale.

L’Imperatore non intende venire meno all’impegno preso con Sua Santità”, spiegò il castaldo quasi in tono di scusa. “La crociata avrà comunque luogo.”


◊◊◊◊◊◊◊◊◊◊◊◊◊


Il castello precipitò nel caos alla disastrosa notizia dell’epidemia, che dilagava più in fretta del previsto. Le cameriere e le dame del seguito dell’Imperatrice misero sottosopra gli appartamenti delle donne nella fretta di preparare tutte quelle persone alla partenza imminente. Pile di abiti, pellicce, mantelli, pianelle e veli giacevano sopra ogni superficie disponibile delle stanze, mentre bauli spalancati erano sparsi sul pavimento pronti ad essere riempiti. Una miriade di serve – praticamente tutte quelle disponibili al castello – facevano avanti e indietro sotto le direttive di Madonna Bianca, mentre Miriam sovrintendeva al bagaglio non meno ingombrante delle due bambine, che le balie si affrettavano a radunare. E poi c’erano i gioielli, gli oggetti da toeletta, i copricapi, i falchi e l’intero seguito – servi, dame, paggi, stallieri e falconieri – da organizzare.

In qualche modo tutto fu pronto per quando Federico arrivò a prendere Yolande e Margherita. Quando Yolande andò a salutarlo era ancora in abiti da cavalcata, e non si era sfilato neppure i guanti.

Partiamo subito”, la informò secco.

Non intendete neppure ristorarvi un momento?”

Non c’è tempo per inutili frivolezze.”

Yolande lo guardò stupita. “E’ così grave, dunque?”

A Federico sfuggì un mezzo sorriso. “Non mancate mai di riuscire a leggermi nel pensiero, vero? Sì è grave, più grave di quanto pensassimo, ma vi prego di tenere questa notizia per voi, per non generare panico nel vostro seguito.”

E’ terribile! Ci sono molti morti?”

A centinaia, e continuano a morire come mosche anche mentre parliamo.”

Noi siamo pronti a partire quando lo comandate, marito. Permettetemi di andare a prendere nostra figlia, poi potremo partire.”

Ma sulla porta della nursery, Yolande trovò ad attenderla Bianca, con un’espressione angosciata sul viso.

Che succede…?”, chiese l’Imperatrice guardando lei, e poi guardando Federico, che l’aveva seguita fin lì.

Vostra Grazia… la principessa ha contratto il morbo!”

Cosa? Come è possibile? Come sta?”, gridò angosciata.

Ha la febbre e ha vomitato perfino il latte. La balia è anche lei ammalata e come lei diversi servi. Anche Biancofiore mostra i sintomi del contagio. La malattia è arrivata fin qui, Vostra Grazia.”

Devo andare da lei!”

No”, disse Federico, trattenendola.

Che significa? E’ mia figlia, lasciatemi, voglio andare da lei!”

Non potete. Pensate al bambino che avete in grembo.”

Sua Grazia ha ragione, mia signora. Non potete mettere a rischio la vostra salute e quella del bambino.”

Yolande divenne isterica, cercò di scansare Bianca e cominciò a gridare. “Non mi importa niente! Lasciatemi andare da Margherita, ha bisogno di me.”

Federico continuò a trattenerla, poi per evitare che si facesse del male la strinse a sé, mentre Yolande continuava a piangere e a gridare.

Poi si rivolse a Bianca, che aveva gli occhi pieni di lacrime. “Madonna Lancia, fate scendere il seguito di mia moglie in cortile. I cavalli sono pronti e il bagaglio caricato. Partiamo subito per Otranto. Scegliete donne di massima fiducia che si occupino della principessa.”

Bianca annuì e si allontanò, non senza gettare un’occhiata preoccupata a Yolande che continuava a singhiozzare tra le braccia di Federico, ma che aveva smesso di cercare di divincolarsi.

Non temete, Margherita starà bene, guarirà. Avrà i migliori medici qui ad assisterla, si prenderanno cura di lei. E non appena starà bene potrà raggiungervi ad Otranto”, le disse Federico per rassicurarla, mentre la conduceva via con sé, ancora in lacrime.



Nota dell’autrice: Salve a tutti, originariamente questo doveva essere l’ultimo capitolo della storia, ma poi mi sono accorta che sarebbe venuto troppo lungo così ho deciso di dividerlo. Il prossimo sarà davvero l’ultimo e sarà una sorta di epilogo con un piccolo aftermath. Spero che vi sia piaciuto e se vi va fatemi sapere che ne pensate.

Alla prossima

Eilan

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Epilogo ***


Jer




Da quando Margherita era morta una luce sembrava essersi spenta in Yolande. La sua bambina adorata non era sopravvissuta che un paio di giorni alla malattia che l’aveva consumata, piccola com’era. Biancofiore invece era guarita, ristabilendosi solo lentamente ma riacquistando infine la piena salute. Il campo cristiano era stato devastato e i pellegrini che erano fuggiti terrorizzati in ogni direzione avevano diffuso il morbo in tutta la Puglia.

Federico per sfuggire al contagio e nel frattempo sovrintendere all’imbarco della crociata aveva scelto di stabilirsi con il Langravio di Turingia sull’isolotto di S. Andrea, ma si era trattato di una precauzione inutile perché entrambi si erano ammalati. Il Langravio aveva avuto la febbre talmente alta che aveva cominciato a delirare – e nel delirio vedeva un volo di colombe bianche – infine era morto appena la galea imperiale era rientrata a Brindisi, dove aveva fatto appena in tempo a ricevere l’estrema unzione da parte del Patriarca di Gerusalemme.

Federico era gravemente ammalato e si era reso conto di non poter guidare personalmente la crociata. Aveva affidato il comando della spedizione al Duca di Limburgo che era già partito con una grossa parte della flotta a metà agosto. Anche la restante parte delle galee che erano ancora nel porto di Brindisi partirono sotto il comando di Di Salza e del Patriarca di Gerusalemme, mentre l’Imperatore andava a curarsi ai bagni di Pozzuoli.

La seconda parte della flotta approdò a Cipro, dove Di Salza avrebbe dovuto incontrarsi con i baroni ciprioti e quelli di Outremer. I primi però, nello scoprire che l’Imperatore non era salpato con la flotta, decisero di ritirarsi.

Fu allora che, da Pozzuoli, Yolande ricevette una lettera di suo marito. Era la prima che le mandava da quando, poche settimane prima, le aveva scritto per comunicarle, con rammarico, della morte di Margherita. A quel rammarico Yolande non aveva creduto. A Federico non era mai importato nulla della figlia, se non per le future alleanze matrimoniali che avrebbe proficuamente potuto intrecciare grazie a lei.

In questa lettera Federico, per la prima volta da quando erano sposati, le chiedeva aiuto. Quel fatto in altre circostanze le sarebbe sembrato incredibile, lusinghiero perfino; l’avrebbe fatta sentire potente se solo gliene fosse importato ancora qualcosa.

Le chiedeva di scrivere ai suoi baroni, i baroni d’Outremer, in qualità di loro sovrana e di colei a cui dovevano lealtà; le chiedeva di convincerli a unirsi a Di Salza e a non disertare come i baroni ciprioti.

Yolande lo aveva fatto, obbedientemente aveva scritto, utilizzando i toni perentori e sottolineando l’amor patrio che padre Bernardo, il suo confessore, le aveva suggerito. E in effetti la missiva aveva sortito l’effetto sperato, perché i nobili siriani erano stati gli unici a unirsi alla spedizione: Balian di Sidone e Boemondo di Antiochia ed anche gli altri nobili, insieme ovviamente a Eudes di Montbeliard che già faceva parte della crociata.

Miracolosamente Federico era guarito dal morbo e non appena si era ristabilito aveva inviato un’ambasceria al Papa per spiegare i motivi per cui non era potuto partire di persona, ma Gregorio non aveva voluto nemmeno riceverla, tuonando che la malattia non era che l’ennesima scusa dell’Imperatore per non andare in Outremer. Tanto era il suo sdegno che in settembre aveva deciso di scomunicarlo.

Nonostante la scomunica Federico era partito lo stesso, sperando di rimettere in sesto una crociata che stentava a decollare a causa delle perdite umane e del caos creato dall’epidemia. Ma dopo i primi tentativi aveva deciso di rientrare in patria già nel gennaio del 1228.

A quell’epoca Yolande si stava lentamente riprendendo dal duro colpo della morte di Margherita, grazie alla vicinanza e alle amorevoli cure di Bianca e di Mariam. Era ormai al sesto mese di gravidanza, ma le sue dame facevano di tutto per distrarla e allietare le sue giornate con giochi, musica e battute di caccia con il falco. Federico le aveva inviato un falconiere personale e alcuni nuovi falchetti, insieme ad un nuovo splendido purosangue e diversi volumi di vite di santi e libri di preghiere con illustrazioni magistralmente dipinte dai monaci amanuensi.

Non aveva avuto tempo però di recarsi da lei perché contava, nonostante la scomunica, di partire comunque per la crociata nel maggio di quell’anno.

Aveva tentato di rientrare nelle grazie pontificie proclamandosi disposto a qualsiasi tipo di penitenza e digiuno, pur di vedersi togliere la scomunica, ma Gregorio aveva rifiutato ogni tentativo di riconciliazione, dimostrando così che non era affatto Gerusalemme ciò che gli interessava. L’unica cosa che avrebbe accettato dall’Imperatore in cambio della revoca della scomunica era la tutela pontificia sul regno di Sicilia. Questo era ciò che davvero interessava all’avido Papa: non i luoghi santi, ma il regno di Sicilia. Federico aveva recisamente rifiutato e la scomunica pendeva ancora sul suo capo.

Tutto questo giungeva a Yolande come un’eco ovattata che a malapena scalfiva la sua quotidianità da reclusa.

Ora che il pericolo di contagio era svanito e che ancora Yolande era in grado di viaggiare, Federico le aveva ordinato di raggiungerlo ad Andria, dove risiedeva mentre organizzava la partenza.

Fu lì che la mattina del 25 aprile del 1228 Yolande avvertì le prime doglie. Come per Margherita il parto fu facile e quello stesso giorno venne al mondo un maschio, roseo e in salute.

Federico ne fu felicissimo ed impose al bambino il nome di Corrado in onore del nonno di Yolande, Corrado del Monferrato, per riallacciarsi alla dinastia e al regno che un giorno il piccolo Corrado avrebbe ereditato da sua madre.

Nessuno si aspettava che questo sarebbe successo nel giro di soli sei giorni. All’inizio Yolande sembrò stare bene, fu anche abbastanza in forze per ricevere le congratulazioni per la nascita. Ma dopo due giorni si presentò la febbre puerperale, la stessa che aveva colpito sua madre Maria. La levatrice cominciò a preoccuparsi alle prime linee di febbre e fece chiamare i medici dell’imperatore. Le somministrarono tutti i rimedi che conoscevano, ma non ci fu nulla in grado di far passare la febbre. Non si poté far altro che somministrarle l’estrema unzione.

Isabella II di Gerusalemme si spense il primo maggio, dopo aver dato un ultimo saluto al figlio che aveva appena conosciuto e rivolto un ultimo pensiero alla figlia che stava per raggiungere.




APPENDICE


E dopo…?


Yolande: Yolande venne sepolta in una tomba sfarzosa nella cripta della Cattedrale di Andria, dove riposa ancora oggi, sebbene l’esatta ubicazione della sua tomba sia andata perduta.


Corrado di Svevia: il figlio di Yolande e Federico successe alla madre nel Regno di Gerusalemme a soli sei giorni di vita e alla corona paterna all’età di ventidue anni, dopo che il primo figlio di Federico, Enrico, venne deposto. Sposò Elisabetta di Baviera e fu il padre di Corradino di Svevia, ultimo sovrano della casata degli Hoenstahufen.


Federico: Federico si autoproclamò reggente di Gerusalemme in nome del figlio ancora neonato e riuscì a condurre la sesta crociata nel 1228, che si rivelò però più una missione diplomatica che una guerra, tanto che ottenne dal Sultano Malik-Al-Kamil diverse concessioni, tra cui il permesso per i cristiani di poter visitare indisturbati il Santo Sepolcro a Gerusalemme. Alla fine della crociata, mentre si apprestava a tornare in Puglia, nominò di nuovo Eudes di Montbeliard conestabile del regno di Gerusalemme. Sulla strada per l'imbarco però, la gente di Acri, ancora fedele a Yolande e furiosa per il modo in cui la loro sovrana era stata trattata, gli lanciò sterco e interiora e fu solo grazie all'intervento di Eudes e Jean di Ibelin che la rivolta venne calmata.

Federico si risposò per la terza volta con Isabella d’Inghilterra sette anni dopo la morte di Yolande e, proprio come la Yolande della mia storia ha predetto, la trattò esattamente come le mogli precedenti, tenendola rinchiusa in maniera possessiva e trattandola con freddezza e distacco. Isabella morì di parto come Yolande e fu sepolta ad Andria accanto a lei. In punto di morte della sua amante storica, Bianca Lancia, figlia di quella Madonna Bianca che nel mio racconto è la fidata dama di Yolande, probabilmente Federico la sposò morganaticamente, anche se questo è ancora dibattuto. In ogni caso la trattò finché fu in vita, come trattò le altre sue mogli.


Jean di Brienne: Deciso a farla pagare al genero per gli affronti subiti, Jean ricevette da Papa Gregorio l'incarico di comandante delle truppe pontificie e, durante l'assenza dell'Imperatore andato alla crociata, invase il regno di Sicilia. L'invasione tuttavia fallì quando il suo esercito fu sconfitto a Capua dalle truppe di Federico rientrato in Italia.


Anais di Brienne: non ci sono ulteriori notizie storiche sulla sorte di Anais, che cadde nell’oblio subito dopo il suo matrimonio.


Biancofiore: La figlia di Federico e Anais fu costretta alla morte del padre a ritirarsi nel convento dominicano di Montargis, ad Auxerre, per sottrarsi alla vendetta dei suoi nemici. Prese i voti e dimorò lì fino alla morte. Sulla sua tomba ancora oggi presente al convento è incisa la scritta “Blanchefleur, figlia dell'Imperatore Federico II, morta il 20 giugno 1279”, accompagnata da una raffigurazione di lei con una palma e il simbolo degli Hohenstaufen, l'aquila a due teste.



Nota dell'autrice: E qui ha termine la nostra storia, purtroppo non con un lieto fine, ma così è stato. Spero che l'abbiate apprezzata quanto io ho apprezzato scriverla e spero di essere riuscita a rendere una minima parte di giustizia ad una delle tante donne dimenticate dalla storia. Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno seguito/letto/recensito... la mia gratitudine in particolare va a alessandroago_94, franci893, queenjane e kamony per avermi incoraggiata con le loro recensioni.

Alla prossima

Eilan





Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3855691