Lithium

di anaFuZy 14
(/viewuser.php?uid=879359)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lithium ***
Capitolo 2: *** Heart box ***
Capitolo 3: *** Smells like teen...wolf ! ***



Capitolo 1
*** Lithium ***


Capitolo 1
 
Le lancette dell'orologio, posto poco lontano rispetto all'uscio della porta, avrebbero in pochi istanti segnato le tre del mattino.
Nella stessa postazione da almeno cinque ore a quella parte, potè constatare controllando per la prima volta l'ora da quando aveva preso a cercare qualcosa in proposito di erbe mediche e malattie lupesche, Stiles si lasciò andare allo schienale della sedia girevole.
Un sospiro dolorante mal trattenuto gli ricordò di non aver ancora terminato un importante progetto scolastico che dal soprannaturale non poteva che essere più lontano.
Era certo che, quella volta, il professor Finstock lo avrebbe cacciato dalla sua classe e, nel migliore dei casi, lo avrebbe rimandato nella sua materia.
Passandosi le mani sul viso, in segno di sconforto, sentì l'improvvisa necessità di urlare a pieni polmoni.
A peggiorare la sua situazione fu la totale assenza di caffeina, l'ultima sua possibilità di rimanere in piedi e terminare quel dannato compito.
Possibilità che si vide sottrarre ore ed ore prima quando suo padre, preoccupato per la sua incolumità, aveva nascosto ogni fonte della bevanda esistente in quell’abitazione.
Nel, piuttosto fallimentare, tentativo di cercare una soluzione che non implicasse ripetere l'anno o morire per mano sua o di suo padre tornò con lo sguardo sullo schermo del computer dove capeggiava, in grassetto, una sola scritta.
Quasi a deriderlo, la suddetta aveva preso a lampeggiare allegramente, rammentandogli che "la sua ricerca non ha ottenuto alcun risultato".
Con un'espressione crucciata degna del Sourwolf sbuffò avvilito, la sua attenzione catturata momentaneamente da una delle canzoni che, in riproduzione automatica, riempiva la stanza.
Note soffuse d'introduzione alla chitarra furono successe dalla voce dell'artista, che cantava di un amore contestato dalle "altre persone".
Gli venne da ridere al pensiero di come Lydia Martin, sua cotta secolare, fosse diventata prima una sorta di amore platonico non corrisposto e poi una semplice amicizia disinteressata e senza secondi fini.
Gli capitava spesse di pensare, inconsapevolmente, al periodo in cui ancora soffriva della vicinanza tra la ragazza e Jackson Whittermore, suo storico ragazzo.
Aveva passato interi pomeriggi a rimproverarsi per il suo aspetto ed il suo modo di fare, così sciatto, prima di capire che era il suo carattere, nella totalitarietà del suo io, a non essere compatibile con quello autoritario ed intransigente della ragazza.
Fu interrotto dai suoi pensieri dallo squillare del telefono, che aveva momentaneamente interrotto il decorso della melodia.
Lo prese svogliatamente, rispondendo senza neppure leggere il mittente che divenne palese nello stesso momento in cui Scott abbaiò il suo nome dall'altro capo del telefono.
Stizzito allontanò l'apparecchio da sé.
Quando, non molto dopo, poté constatare assoluto silenzio provenire dall'altro capo della conversazione si decise a riavvicinare il telefono.
"Sai, fratello, non credo di esser diventato sordo tutto all'improvviso dovresti seriamente controllare il tuo tono di voce. Capisco che per voi sacchi di pulci possa risultare difficile avere autocontrollo in prossimità della luna piena ma pur non avendo un udito sens-"
Il suo sproloquio venne interrotto da un basso ringhio, seguito da un silenzio inusuale.
"Hey, sei ancora lì ? Si può sapere cosa sta succedendo ?" chiese perplesso, controllando svariate volte lo schermo del cellulare pensando ad una possibile interferenza.
"Scott ? Ma che-" saltò letteralmente in piedi, sentendo qualcosa sbattere violentemente contro la finestra.
"Sei tu ? Sei qui fuori, vero ? Dimmi che è così, perché potrei star iperventilando proprio in questo momento e non credo possa in qualunque caso essere d'aiuto" bofonchiò, afferrando d'istinto la mazza.
"Stiles, è strettamente necessario che tu mantenga la calma in questo momento, okay ? Non muoverti, non fare rumore e non azzardarti neppure lontanamente ad aprire porte o finestre finché non saremo arrivati" disse con voce ferma Lydia.
"Lydia ? Lyds, sei lì ? Si può sapere cosa sta succedendo ?!" chiese, abbassando di colpo la voce.
"Stiles! Smetti di iperventilare, ora! Ho bisogno che tu rimanga lucido perché abbiamo bisogno del tuo aiuto. Quindi apri bene le orecchie e stammi a sentire.
Non ho idea di come e se sia effettivamente possibile una cosa del genere ma u-u-un emissario, credo, una strega.
Ha colpito Derek con un incantesimo ed ora lui-"
Un suono strozzato lo sconvolse ancor più di quanto avrebbe creduto, non era chiaramente da Lydia apparire...spaventata, avrebbe azzardato.
Si impose di fare chiarezza e, velocemente, si occupò di serrare ogni via d'uscita o meglio, in quel caso, d'entrata.
Il respiro, inizialmente affannato si placò, permettendogli finalmente di deglutire.
"Cosa gli è successo ? Cos'è successo a Derek ?" proferì Stiles in un sussurro, muovendosi verso la stanza di suo padre.
"L-lui-" un insieme di voci soffuse quanto concitate si fece udire in secondo piano, prima di essere surclassate da una forte e decisa.
"Stiles, non abbiamo molto tempo. Saremo lì tra poco meno di un’ora. Sei circondato. Si tratta di un branco di beta, puoi ancora sviare. Non dare il minimo segno di vita, ti spiegheremo tutto una volta arrivati. A dopo."
La voce, Scott, non gli lasciò il tempo di ribattere che riattaccò.
Imprecando tra i denti aprì l'anta dell'armadio, afferrando la pistola dello sceriffo e dirigendosi a passo felpato verso il piano inferiore.
"Ah no, non mi farò ammazzare in questo modo, non prima di aver concluso con la lista delle cose da fare prima di morire" disse Stiles ad alta voce.
Non lo avrebbe mai ammesso eppure la sensazione di solitudine che impregnava le mura della stanza gli metteva soggezione, e non aveva certamente bisogno di altra ansia.
Oh no signori, anche le sue ansie ormai soffrivano d'ansia ed avere un attacco di panico con dei vicini poco graditi alla porta non era auspicabile.
Scrollò le spalle, ormai intorpidite e si diresse verso lo scantinato dove, da qualche tempo a quella parte, lui ed il branco avevano nascosto alcune armi in caso di necessità.
Scese con lentezza le scale, evitando accuratamente di incappare in qualche asse malandato che avrebbe potuto costargli la vita.
“Andiamo, con calma. Puoi farcela, devi sono scendere là sotto e prendere quante più armi ammazza-mannari possibili” disse a denti stretti, iniziando a muoversi nel buio più totale della stanza.
Aveva passato intere giornate in quel posticino angusto ma asciutto, dopo la morte di sua madre, lo conosceva come le sue tasche e-
“Oh seriamente ?! Ma quando la smetterò di parlare troppo presto ? Beh pensare- OH CAZZO !” con il tono di voce ridotto ad un flebile urlo che di virile non aveva neppure l’ombra, Stiles si tappò la bocca con forza.
In lontananza, dalle inferiate poste alla finestra, aveva chiaramente avvistato qualcosa di luminoso nel mezzo della boschiglia.
Qualcosa di azzurro e poco pacifico.
Sentiva distintamente le mani tremare con violenza inaudita sul calcio della pistola, rischiando di perdervi la presa e farla cadere in terra.
Doveva fare qualcosa, e doveva farlo alla svelta.
Non si era mai confrontato con un branco di beta rabbiosi in prossimità della luna piena.
Non si era mai confrontato con un branco che non fosse il suo.
E non aveva intenzione, in quel momento, di iniziare a provare il brivido della caccia sulla sua pelle.
D’istinto prese il cellulare, illuminando in minima parte lo spazio intorno a sé.
Guardò l’ora, deglutendo rumorosamente quando notò esser passata poco più di una mezz’ora dalla chiamata di Scott.
Doveva solo mantenere la calma, i suoi amici stavano arrivando e lo avrebbero salvato da quel branco di pazzi affamati e poco inclini al dialogo.
“Ma che diamine, neppure con il marchio di Caino mi avrebbe perseguitato ogni forma di creatura esistente” proferì con una smorfia, poco deciso se per la situazione piuttosto surreale in cui ancora una volta si era cacciato o per il sudore freddo che aveva preso a bagnargli la fronte.
Disgustato si ripulì con un lembo della felpa.
Si guardò le mani, tendenti all’azzurrognolo dal freddo e gelide come non mai.
“Se solo ricordassi dove...” si mosse con discrezione, usando la debole illuminazione del telefono per orientarsi.
Avvistò, a portata di mano, dei proiettili imbottiti di strozzalupo e sentì l’ombra della divina provvidenza coprirgli le spalle per qualche istante.
“Allora lassù qualcuno che tiene a me c’è davvero” sghignazzò il ragazzo, allungandosi ad afferrare la scatola in legno.
L’aveva ormai per le mani quando qualcosa che prima non aveva notato gli cadde all’occhio, portandolo a bloccarsi nella medesima posizione.
Sperando d’aver avuto un abbaglio si mosse e velocemente si appropriò della scatola, continuando a dare le spalle alla porta d’entrata che ricordava di aver socchiuso alle sue spalle.
“Non può essere...” piagnucolò Stiles, stringendosi nelle spalle e chiudendo gli occhi di scatto.
Continuando a ripetere le stesse parole in una litania infinita azzardò uno sguardo alle sue spalle, socchiudendo un occhio.
Con la vista periferica catturò chiaramente un dettaglio fondamentale che, se notato a tempo debito, non lo avrebbe lasciato così tranquillo: la porta era aperta abbastanza da permettere ad un corpo sottile di scivolarvi attraverso ma non sufficiente dal non dare nell’occhio.
Come aveva potuto essere così incauto ?
Scott, come Lydia, gli aveva imposto di non farsi notare ma, con grandi probabilità il branco era stato attirato dal battito fuori controllo del suo cuore.
Era tutto completamente inutile, lo era stato sin dal principio.
Loro sapevano, eccome se sapevano della sua presenza e non vedevano l’ora di coglierlo di sorpresa e godersi la sua giovane carne.
Stiles Stilinski odiava ammettere di tenere a quel branco di imbranati più di quanto avrebbe dovuto ma non si sarebbe mai tirato indietro dalla possibilità di salvare le loro chiappe mannare.
Accennò un sorrisino sbilenco e premette l’opzione “invio”.
“Tardi. Non venite.”
Abbandonò il telefono sul tavolo e prese un respiro profondo.
Tre.
Due.
Uno.
Nello stesso istante in cui si voltò, pronto a sparare, la porta venne aperta di colpo e tre figure fecero la loro comparsa in tutta la loro fierezza.
Due dei tre erano piuttosto giovani, all’incirca della sua stessa età o poco più e sembravano aver ricevuto “il dono” da poco tempo; troppo poco affinché potessero controllare i loro istinti.
Deglutì rumorosamente e puntò l’arma sui nuovi arrivati, con espressione determinata.
“Fatevi sotto ! Avanti, cosa aspettate eh ?!” urlò al loro indirizzo il ragazzino, ricevendo in risposta uno sguardo divertito dal più anziano dei tre e dei bassi ringhi intimidatori dai due.
“Interessante. Non sei ancora svenuto, stramazzando  come un sacco di patate; devo concedertelo moccioso hai coraggio ma non ti basterà.”
Il ghigno dell’uomo fu accompagnato dall’attacco dei due che, repentinamente gli furono addosso.
Il rumore della sua arma che cadeva in terra fu attuito, alle sue orecchie, dalla forte presa sul suo collo niveo che lo portò a boccheggiare in cerca d’aria.
“H-ho...ar-ria...non...res-pir” cercò di liberarsi, colpendo alla rinfusa l’aria scalciando a vuoto.
“Fai ciao ciao al mondo dei vivi, moccioso” disse l’uomo con un sorriso di scherno per poi coprirgli gli occhi con una mano.
Occhi che sentì farsi progressivamente più umidi, e che con grandi probabilità non avrebbe mai più riaperto.
Pensò a sua madre, Claudia, e sorrise teneramente al pensiero di poterla riabbracciare ancora una volta dopo ben dieci anni da quando aveva lasciato lui e suo padre, continuando a proteggerli e vegliando su di loro.
Credette di essere effettivamente passato all’altro mondo quando sentì la presa sul suo collo scomparire e due braccia stringerlo come se fosse un oggetto estremamente prezioso e delicato.
Sospirò di piacere, appoggiando la testa al petto della figura e lasciandosi cullare leggermente così come spesso accadeva quando, da bambino, si lasciava stringere dallo sceriffo dopo l’ennesimo incubo.
Inavvertitamente aprì gli occhi, pensando ad un istinto vitale ma a stupirlo fu l’effettiva riuscita dell’azione e, con ancora maggior stupore, si perse in due profondi quanto preoccupati occhi verdi.
“Chi sei, un angelo ?” chiese, dandosi dello stupido perché era evidente che stava avendo un’allucinazione sensoriale.
Di per contro l’altro sorrise, un sorriso appena accennato ma estremamente felice, e gli carezzò il viso con il dorso della mano ed avrebbe mentito a se stesso nel dire che non gli aveva vagamente ricordato...
“Derek ! Derek, dove sei finito accidenti a te ! Dobbiamo trovare Stiles, se l’hanno anche solo sfiorato io giuro che-” stava urlando l’inconfondibile voce del suo migliore amico e Stiles pensò di essere completamente impazzito.
Il ragazzo che ancora lo teneva tra le sue braccia sbuffò, distogliendo lo sguardo dal suo il tempo necessario per urlare all’altro dove si trovava e che Stiles era vivo e vegeto e-
Oh.
Che fosse appena rinato in una vita che non conosceva fine ?
Il giovane gli si rivolse nuovamente guardandolo con occhio critico, in cerca di ferite o qualsiasi altra forma di cicatrice.
Quando fece per parlare i due furono travolti da una furia dagli occhi rossi che si gettò addosso a Stiles, stringendolo con affetto ed eccessivo trasporto.
“...Scott ?” sussurrò interdetto Stiles, riconoscendo il profumo che il suo migliore amico era solito portare, rimanendo inizialmente immobile in quello strano abbraccio.
Il moro lo allontanò dal suo corpo, piazzandoselo davanti e stringendogli il viso tra le mani.
“Stiles, mi hai fatto perdere cento anni di vita con quello stupido messaggio ! Non provarci mai più, intesi ?” sbuffò con il suo tipico sguardo da cucciolo indifeso per poi buttarsi nuovamente tra le sue braccia.
Stiles, ancora confuso quanto perplesso, gli passo una mano tra i capelli come d’abitudine sentendolo rilassarsi tra le sue braccia.
“Sto ancora sognando o sei solo una visione ?” chiese con voce roca Stilinski, mettendo su un’espressione accigliata quando sentì l’altro ridere.
“Cosa c’è di così divertente ?” biascicò mettendo su un broncio offeso, ottenendo in risposta qualche sbuffo ed una risata schernitrice.
“Si può sapere cos’è preso a Stilinski ? Sta delirando” proferì una figura che, a malincuore, riconobbe sotto il nome di Jackson.
“Che ci fai qui ?” chiese d’impulso Stiles, percependo uno spostamento d’aria alla sua destra, dove poco prima aveva sostato il ragazzo-angelo.
Jackson lo guardò male, voltandosi pronto ad andarsene.
“Siamo venuti qui per salvarti, razza di idiota”.
Un silenzio tombale calò nella stanza quando un ringhio di messa in guardia si levò al suo fianco e due profondi occhi azzurri squadrarono Jackson e Scott quasi a volerli trafiggere.
Stiles lo guardò dal basso, estremamente stupito.
“Sei un licantropo ?” provò, stupito, avendo ormai capito di essere vivo più che mai.
“Non un qualsiasi” si intromise Scott.
“Lui è Derek”





angolo autore
So...non chiedete perché, è da giorni che quest'idea mi vortica in mente quindi ecco qui.
La prassi la conoscete, vi attendo nelle recensioni u.u
A.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Heart box ***


Nel capitolo precedente


Un silenzio tombale calò nella stanza quando un ringhio di messa in guardia si levò al suo fianco e due profondi occhi azzurri squadrarono Jackson e Scott quasi a volerli trafiggere.
Stiles lo guardò dal basso, estremamente stupito.
“Sei un licantropo ?” provò, stupito, avendo ormai capito di essere vivo più che mai.
“Non un qualsiasi” si intromise Scott.
“Lui è Derek”





Capitolo 2



Stiles si lasciò andare ad una sonora risata che, nel notare la serietà nello sguardo dei componenti del branco, andò affievolendosi fino a soffocare nella tensione più completa.
“Avanti ragazzi ho quasi rischiato di morire per asfissia, non sono mnemonicamente regresso e l’ultima volta che ho controllato sono certo di avervi lasciato con un Derek adulto e tutto muscoli” provò quindi a dire il ragazzino sotto lo sguardo sconcertato di Allison e quello divertito di Erica.
Gli altri presenti si limitarono a lanciarsi occhiate confuse e piuttosto allibite, confondendo maggiormente il figlio dello sceriffo che domandò, per la seconda volta in poco tempo, cos’avesse detto di così strano per evocare in loro una simile reazione.
E se solo avesse avuto la possibilità di percepirlo la risposta sarebbe stata sotto il suo naso, sotto forma di un battito piuttosto accelerato proveniente dalla singola persona nella stanza che non aveva mai dato prima segno di provare emozioni.
“Derek, che ne diresti di accompagnare Stiles di sopra nella sua stanza ? Noi dobbiamo assolutamente chiamare Deaton e comunicargli che i tre beta sono fuori gioco, vi raggiungeremo subito” disse con voce zuccherosa Erica facendo un poco velato occhiolino al ragazzo.
Non avendo colto il suo sguardo interessato e malizioso Scott si propose di farlo al suo posto nella speranza di riuscire a passare del tempo con il suo migliore amico.
A discapito del suo tentativo Lydia si frappose, affondando le sue unghie laccate nel braccio dell’alfa, sussurrando a denti stretti ed un finto sorriso di cortesia che anche Derek aveva bisogno di riposarsi per un po’ e che quell’occasione cadeva a pennello.
“Già, non preoccuparti Scott, Stiles è in buone mani tutto sommato” ghignò allusiva Erica all’indirizzo del giovane mannaro.
Per tutta risposta Derek annuì solenne, piegandosi all’altezza di Stiles e prendendolo tra le sue braccia a mo di sposa, intenzionato ad abbandonare la stanza il più in fretta possibile.
Alla mossa del moro Stiles sussultò sentendo le guance andare a fuoco dal profondo imbarazzo, che lo portò a strepitare e tirare pugni all’aria con il solo risultato di rischiare di far cadere entrambi.
“NO HEY, seriamente ragazzone- che poi, ha senso che continui a chiamarti così ? Sembri anche più giovane di me e la metà del te di sempre- non ho bisogno che mi porti di sopra così; riesco ancora a camminare” disse Stilinski lamentoso, guardando con aspettativa Lydia che, come nulla fosse, lo ignorò.
Oltraggiato come non mai incrociò le braccia al petto, imprecando tra sé e sè.
A sorprenderlo fu il mannaro che con una disinvoltura che non gli apparteneva lo strinse ancor più al suo petto, sorridendogli dolcemente così come avrebbe fatto con un cucciolo.
Sbatté le palpebre svariate volte, senza mai distogliere lo sguardo dal viso dell’altro, come incantato.
Se poco prima aveva creduto che qualcuno potesse vegliarlo dall’alto ora credeva che, qualcuno di altrettanto interessato alla sua vita, sembrava divertirsi a capovolgere poche delle certezze caratterizzanti la sua vita.
Quello non poteva essere Derek, insomma.
Derek non sorrideva, e se lo avesse mai ipoteticamente fatto non era chiaramente rivolto a lui ma a quella Brenden o come aveva detto di chiamarsi.
Chi sei tu e cosa ne hai fatto di Derek Hale ? Pensò concitatamente.
“Per quanto ricordi mi sono semplicemente svegliato” parlò per la prima volta Derek, ridacchiando nel contempo- cosa che non aveva fatto altro se non aumentare lo sconcerto dell’umano.
Questi, che in un primo istante ne aveva sbirciato il viso rilassato con evidente perplessità, sembrò allora realizzare.
“L’ho detto ad alta voce non è così ?” chiese ironicamente, prendendosi la radice del naso tra l’indice ed il pollice.
“Immagino sia così” rispose però Derek con un ghigno invidiabile.
Sembrava volerlo trapassare da parte a parte ed ebbe modo di accorgersene quando egli portò il naso nell’incavo del suo collo, inspirando a fondo.
Impossibilitato nel muovere un solo muscolo Stiles si limitò a gelare sul posto, rosso in viso, quando suddetto Hale strofinò il naso sulla pelle sensibile sotto al suo orecchio.
Riuscì a riprendere controllo delle sue azioni solo quando l’altro aumentò la presa sul suo fianco passando le labbra sulla linea delicata della sua mascella.
Si forzò ad abbandonare la piacevole sensazione del suo corpo a contatto con quello del lupo, avanzando a passo deciso verso la sua stanza.
“Non ricordavo che la strada tra la cantina e la mia stanza durasse tanto” finse disinvoltura, apparendo agli occhi del giovane Derek come null altro che tenero.
“Sarà che non ci sei passato da un po’” fece spallucce, seguendolo ed andando a sedersi sul suo letto.
Stiles lo perforò con lo sguardo, gettandosi a sedere scompostamente sulla sedia.
“Fai pure con comodo” sbuffò annoiato, maledicendo il computer quando si accorse di aver erroneamente malomesso il cavo di ricarica.
Accese la spia dell’alimentatore, rassettando gli appunti sparsi per tutto il ripiano e cercando di trovare loro un ordine.
Si era quasi dimenticato della presenza dell’altro ragazzo nella sua stanza finché non sentì chiaramente il suo alito caldo sul collo.
“Cosa stavi cercando?” gli domandò con un sorriso innocente, gli attenti occhi verdi puntati sui molteplici fogli.
“Ecco stavo...stavo cercando delle informazioni riguardo...si insomma, riguardo all’Aconito” balbettò Stiles fissando insistentemente la porta della stanza.
“Ma che fine avranno fatto quelli là, tsk” aggiunse, alzandosi nel poco velato tentativo di mettere una certa distanza tra lui e Derek.
“Ed a cosa dovrebbe servirti ?” chiese irrequieto Hale che per la prima volta da quando aveva fatto la sua comparsa in quella casa sembrava a disagio.
Quello di cui Stiles non si accorse, nel rispondere che Deaton ne aveva necessità, fu lo sguardo vuoto e la smorfia ferita e sofferente sul viso del nuovo ragazzo.
“Se ne hai necessità potrei aiutarti...” disse piano Derek, con gentilezza.
Stiles continuò a muoversi per la stanza, seccato, ignorando il tentativo dell’Hale di rendersi utile.
Incassando la testa tra le spalle con stanchezza Derek si sedette a terra, spalle al muro.
Dopo interminabili minuti passati in silenzio il mannaro drizzò le spalle.
“Stanno tornando” ebbe il tempo di proferire che Scott, accompagnato da Lydia e Jackson fece la sua entrata nella stanza.
“Che fine avevate fatto ? Sarà mezz’ora che vi aspettiamo” sbottò acidamente Stiles, mandando all’aria un plico di fogli poggiati in bilico sulla scrivania.
Scott, ugualmente, non sembrava molto più calmo e con un ringhio gutturale ordinò a Jackson di portare Derek a prendere alcuni cambi e quanto necessario per passare qualche notte a casa Stilinski.
“Come sarebbe a dire ? Vorrei ricordarti, Scott, che la casa è ancora intestata a mio nome- beh quello di mio padre- e che in quanto proprietario secondo in linea sono io a decidere chi deve sostare nella mia abitazione” ostentò finta calma il figlio dello sceriffo.
“Jackson fa come ti ho detto. Stiles siediti, io e Lydia ti spiegheremo tutto.”
Jackson sospirò affranto e, con in viso un’espressione degna del migliore dei drama, fece a Derek cenno di seguirlo.
Sebbene apparisse particolarmente stanco e nervoso il beta rifiutò categoricamente di muoversi, piantando i piedi a terra.
Stiles guardò incredulo Scott ordinare a Derek di andare con Jackson, rifacendosi anche alla sua influenza di Alpha.
Cosa che parve inutile, poiché Derek si intestardì al punto di correre qua e là per la stanza.
Il cellulare di Stiles, abbandonato in cantina, annunciò l’arrivo di un nuovo messaggio e Lydia, notandolo, si passò una mano tra i capelli.
Lanciò il proprio telefono a Stiles che dopo aver rischiato di farlo cadere non una ma ben due volte la guardò interrogativo.
Lei accennò con un gesto eloquente della testa al telefono.
Quando l’umano, dopo aver letto il breve messaggio che recitava un semplice ‘Stilinski ordina a Derek di andarsene’, le chiese il perché lo avrebbe preso a calci.
Continuarono a lanciarsi qualche occhiata prima che la ragazza perdesse la pazienza, sbottando un muto “Fallo. E. Basta.”
Alzando le mani in segno di resa, più impaurito che convinto, Stiles si rivolse ai licantropi, sentendo l’impellente impulso di scoppiare a ridere di fronte alla scena che gli si parò davanti.
Derek, in tutta la sua aria d’innocenza, sedeva regalmente sulla schiena dell’alpha, rassettando le piaghe venute a crearsi sulla maglietta.
“Hem” si schiarì la voce Stiles, richiamando l’attenzione dei due su di sè “Derek” la voce si fece fievole “vai pure” aggiunse, evitando il suo sguardo.
Nello stesso istante i due mutaforma presenti nella stanza all’in di fuori dello stesso beta percepirono chiaramente i nervi del lupo distendersi ed un senso d’obbedienza e sottomissione farsi strada in lui.
Scott focalizzò la propria attenzione sulla figura di Stiles, in viso un espressione scioccata.
“In più il tuo loft non dista molto da qui e credo ti serva qualche cambio per questi giorni, sempre che tu non abbia intenzione di farti arrestare dallo sceriffo per essere girato nudo in casa” si intromise Lydia sorridendo.
Derek ricambiò in minima parte, e con un sospiro si alzò pronto a seguire ‘quello che puzzava di Kanima’.
Prima di poter varcare la soglia si diresse verso Stiles, abbracciandolo di sfuggita, scomparendo poi rapidamente alla loro vista.
“Ora qualcuno ha intenzione di spiegarmi cosa diamine sta succedendo oppure chiedo troppo ?” ridacchiò istericamente Stiles dopo aver udito indistintamente la porta di casa venir aperta e richiusa.
“Abbiamo molto di cui discutere” affermò con rinnovata serietà Lydia e, appoggiata da Scott, si sedette al posto del lupo.
“Vi ascolto”




********************************************************************



“Okay allora, fatemi capire” disse per l’ennesima volta Stiles accompagnato dagli sbuffi dei due interlocutori.
“Stavate combattendo contro Kate che, tanto per inciso, è diventata un giaguaro mannaro quando una strega da quattro soldi ha attaccato Derek con un incantesimo” iniziò il resoconto, cercando approvazione nello sguardo di Scott che annuì.
“Ed a causa della sua totale incompetenza Derek è retrocesso all’età in cui ha conosciuto la Argent; quello che però non ha senso sarebbe la reticenza che ha mostrato nei suoi confronti” snocciolò Stilinski, togliendosi la felpa e gettandola in un punto imprecisato della stanza.
“Credevo questa fase l’avessi capita mezz’ora fa, puoi darti una mossa ? Jackson non può tenere occupato Derek in eterno e lui sta già mostrando segni di impazienza” chiese annoiata Lydia dopo aver letto l’ennesimo messaggio minatorio del Kanima nei confronti di Stiles.
“Cosa ancor meno sensata” continuò il suddetto, fulminandola con lo sguardo “sarebbe l’improvviso attaccamento che ha dimostrato nei miei confronti ? Ma che senso ha, andiamo.
Non dovrebbe neppure ricordare di avermi mai incontrato, perché mai dovrebbe vedermi come la sua...sua” si rifiutò di continuare, arrossendo.
“Ancora, Stiles. La sua ancora, il perchè non lo sappiamo neppure noi ma non appena ha percepito il tuo odore sulla mia maglia- credo fosse una di quelle che ti avevo prestato- è corso qui affermando fossi in grave pericolo. Sapeva già chi fossi e dove ti trovassi, Deaton non sa cosa pensare” rispose Scott, attirandolo tra le sue braccia e giocherellando distrattamente con i suoi capelli.
“Okay, immagino possano essere gli effetti negativi dell’incantesimo ma come spieghi la necessità di contatto fisico ?” mugugnò Stiles, appoggiando la testa sulla sua spalla sotto l’occhio critico della ragazza.
“Se si tratta di un legame potente come quello tra un licantropo e la sua ancora suppongo sia sensato.
Tra l’altro credo tu debba fare del tuo meglio per evitare di respingerlo così evidentemente, ne soffre” disse la ragazza, guardandosi le unghie.
“Per quanto non mi vada a genio la cosa ha ragione, si sentiva puzza di frustrazione ed amarezza a distanza di due piani quando hai rifiutato il suo aiuto. Cerca di assecondarlo, magari con il passare del tempo capirà che non sei tu la sua vera ancora” confermò, concorde, Scott.
Al ricordo delle labbra di Derek, soffici e lisce, sul suo collo rabbrividì reprimendo pensieri di cui sarebbe potuto pentirsi.
“Non credo di riuscirci, non posso semplicemente dirgli la verità ? Se sapesse che il Derek del futuro mi odia potrebbe ripensarci” chiese speranzoso Stiles facendo gli occhioni all’amico.
Questi sospirò pesantemente.
“Sai che se dipendesse da me non gli permetterei mai di avvicinarti ma so quanto faccia male sentire una parte di te venir estirpata via, semplicemente fai del tuo meglio” disse con dolcezza, lasciandogli un bacio sulla guancia.
Di rimando il ragazzino mugolò qualcosa di incomprensibile.
“Se avete finito con le vostre effusioni tenere picci picciò credo che sia carino separarsi e dare una spiegazione a quel povero ragazzo” si intromise Lydia nella discussione dei due.
Voltandosi verso verso l’entrata i due si sentirono gelare sotto lo sguardo di fuoco di Derek che, dopo aver fatto ritorno con in spalla un borsone da basket, sembrava intenzionato ad aprire la gola dell’alpha.
Con i denti.
Prendendo il coraggio a due mani, sotto velata sollecitazione- minaccia- della banshee, Stiles si alzò andandogli incontro con un sorrisino malfermo.
“D-Derek sei tornato” disse con enfasi coprendo la risata di scherno di Jackson con un colpo di tosse.
Derek il cui battito era ancora alterato ed il respiro corto socchiuse gli occhi ignorò il ragazzo, aggirandolo e lasciando cadere la borsa in un angolo della stanza.
Stiles, stranito dal suo comportamento, chiese mentalmente aiuto ai presenti venendo immediatamente cestinato.
Jackson si preoccupò di ricordare a Scott che stavano facendo tardi, abbandonando la stanza subito dopo.
In un certo senso Stiles non si sentiva in posizione di giudicarlo, alle volte lui stesso non si sopportava.
Scott non se lo fece ripetere due volte, seguendolo a ruota dopo aver ricordato all’amico di chiamarlo di tanto in tanto.
La ragazza si trovò sola con i due e, prima di congedarsi definitivamente soli scarabocchiò qualcosa su di un foglietto.
Inutili furono le occhiate supplici di Stiles e presto si trovò solo con il mannaro.
Deglutendo si morse il labbro inferiore, la tensione nella stanza iniziava a pesare come un macigno.
“Se vuoi sistemare le tue cose c’è dello spazio nell’armadio” provò ad aprire la conversazione, ricevendo per risposta un basso mugolio d’assenso.
Mentre Derek si occupava di spostare la propria roba Stiles si interrogò su di una questione che fino ad allora non gli era passata per l’anticamera del cervello: dove avrebbe dormito ?
Il beta, percependo il nervosismo dell’altro, si bloccò e si voltò a guardarlo infastidito.
“Cosa c’è ?” sussurrò Stiles, improvvisamente colto da un’irrimediabile timidezza.
Lo sguardo del licantropo gli infondeva una certa soggezione, ora che erano soli.
L’altro lo freddò.
“Se avevi intenzione di continuare a passare del tempo tra le moine di quel McCall potevi dirlo e non sarei tornato” quasi urlò Derek, terrorizzando completamente l’umano.
“M-ma non...era per quello” balbettò quando trovò coraggio abbastanza da non perdere la propria posizione.
“Cosa, allora eh ?” lo attaccò Derek, a braccia incrociate.
In quel momento somigliava terribilmente al vecchio Derek.
“P-per il letto...insomma, ecco. Dove dormirai ?” chiese Stiles, facendo qualche passo indietro, sbattendo la schiena alla maniglia della porta.
Derek, realizzando che stava dicendo il vero, parve tranquillizzarsi all’istante.
“Non ho bisogno di dormire. Ho parlato con Jackson e continuerò delle ricerche” disse con un tono di voce più morbido.
L’altro semplicemente non ribatté, chiudendosi in bagno per cambiarsi e poi gettarsi sotto le coperte.
“Se vuoi puoi fare una doccia. Buonanotte” disse al mannaro, che semplicemente annuì.
Solo molte ore dopo, svegliandosi per andare a bere, Stiles si accorse del corpo rigido di Derek appoggiato a lato del letto rabbrividire dal freddo.
Colpevole per non essersene interessato maggiormente lo coprì alla bene o meglio con una coperta.
Pregava i mannari fossero immuni anche al freddo del pavimento.












angolino autrice
So, cosa dire.
Ho approfittato della grande nevicata per postare il secondo capitolo.
Ringrazio innanzitutto chi ha messo la storia tra le seguite, preferite e ricordate(che non nominerò per evitare di annoiarvi o dilungarmi eccessivamente) e tutti coloro che hanno recensito.
In questo capitolo molte cose potrebbero sembrare incomprensibili ma a lungo andare tutto avrà senso.
Fatemi sapere che ne pensate

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Smells like teen...wolf ! ***


A svegliare Stiles, il mattino successivo, fu il poco piacevole suono della sveglia accompagnato da un basso rantolio proveniente dall’ammasso di coperte ai piedi del letto.

Con un mugolio sommesso e lo sguardo assonnato carico di nervosismo, il giovane Stilinski fece per abbandonare il piacevole torpore delle coperte solo pochi minuti dopo, con lo scopo di raggiungere quanto più velocemente il bagno.

Distratto, nella fretta, rischiò di capitolare a terra, inciampando in un lembo della coperta scompostamente abbandonata a terra.

Non prestandovi particolare attenzione afferrò distrattamente una felpa, poggiata con un’insolita cura sullo schienale della sua sedia girevole, e se la infilò, rabbrividendo.

Al mattino, benché fossero solo i primi di settembre, l’aria pareva essersi fatta più fredda e l’aver dormito con le finestre ben chiuse non sembrava aver cambiato le carte in tavola.

Ancora immerso nelle sue misere considerazioni sul precoce arrivo dell’autunno- non poi così precoce, visto e considerato che la piccola e tranquilla Beacon Hills si trovava in prossimità di delle catene montuose- si ritrovò inavvertitamente a sbattere contro quella che credeva essere la porta del bagno, e che solo successivamente scoprì essere il petto di un giovane e non-poi-così-umano Derek.







Questi, dal canto suo, aveva appena avuto il tempo di farsi una rapida doccia prima di percepire il battito del suo umano farsi più rapido, chiaro avviso del suo imminente risveglio.

Allacciandosi in tutta fretta un asciugamano color panna in vita sorrise spontaneamente al suo stesso pensiero; “il suo umano” suonava così dannatamente bene, per il suo lupo, tanto da stordirlo.

Ricordava, sin da bambino, di esser sempre stato considerato un tipo particolarmente vispo ed intelligente, ma in principal luogo possessivo.

Sebbene prima d’allora non ricordasse d’aver mai visto il giovane che rispondeva al nome di Stiles Stilinski, un radicato senso di protezione si era risvegliato in lui non appena un dolce odore di miele e cioccolato lo aveva travolto, cogliendolo di sorpresa.

Particolare, nella sua semplicità, aveva fatto perdere un battito ad ambo le sue due nature, spingendolo a raggiungerlo di tutta fretta nell’umido e freddo scantinato.

Un’insana rabbia lo aveva poi pervarso, nel constatare che la fonte di quel profumo tanto ammaliante altro non era se non costretta tra gli sporchi artigli di un altrettanto sporco licantropo.

Da allora e fino poi alla dipartita dei singoli componenti del branco i suoi ricordi si facevano confusi.

Sapeva per certo di aver scagliato lontano il corpo del mannaro, facendo perno sull’effetto sorpresa dovuto al suo arrivo inaspettato, e pochi istanti dopo il corpo dell’umano era stretto tra le sue braccia.

La pelle diafana era macchiata, in prossimità del collo, da dei segni rossi, unica traccia della sosta prolungata delle mani dell’uomo su di lui. 
Un basso ringhio, emesso dal fondo della gola, gli era sfuggito contro la sua volontà, in segno di protesta a quello scempio che occupava una così vasta porzione di pelle esposta.

Una porzione di pelle che, a gran voce, il suo lupo aveva immediatamente reclamato come propria di diritto, spingendolo ad osservare assorto quella pallida distesa costellata da nei e nulla più.

Appariva morbida al tatto, priva di imperfezioni e candida come poche; se ne sentiva irrimediabilmente attratto.

Ricordava distrattamente uno sguardo dorato incrociare il proprio, poi il nulla.

Ed ancora una volta un profondo senso di fastidio e gelosia si era fatto strada in lui, quando il giovanissimo alpha di Beacon Hills aveva travolto Stiles con un imperioso abbraccio.

McCall, così aveva detto di chiamarsi, e da allora fu certo di una cosa. 
La sua sete di sangue, se solo Scott si fosse avvicinato ancora più del dovuto, sarebbe stata soddisfatta.







Fu così che Stiles lo trovò, con solo una misera salvietta a coprirlo ed un dolce sorriso ad illuminargli gli occhi verdi.

“Non era solo un incubo” ebbe appena il tempo di sussurrare, prima di cadere svenuto tra le braccia di un allarmato quanto sconvolto licantropo.



**********************************************************






Quando Stiles si svegliò, per la seconda volta, nel giro di un’ora, sentì un lieve senso di nausea coglierlo ed una serie di puntini luminosi diffondersi in maniera disordinata e scomposta sotto alle palpebre socchiuse.

Con non poche difficoltà sbirciò tra le ciglia ciò che lo circondava, sentendo un brivido percorrere ogni singola fibra del suo corpo, da cima a fondo.

Fece per alzarsi a sedere quando delle voci a lui conosciute si diffusero per l’abitacolo, urlando a gran voce improperi ed insulti piuttosto coloriti.

Fronte aggrottata e passo malfermo, ebbe appena il tempo di raggiungere la porta della sua camera, prima di venir travolto non da uno ma bensì due paia di braccia che lo trascinarono nuovamente a sedere.

Ancora confuso e dolorante guardò, allucinato, le due figure riprendere ad insultarsi come poco prima, con a dividerli la sola sua presenza.

Si schiarì la voce, nel tentativo di attirare su di sé l’attenzione dei due che, indisturbati, continuarono a battibeccare.

Con un principio di emicrania ed il senso di nausea sempre crescente si lasciò sfuggire un singhiozzo esasperato, portando le mani a massaggiarsi le tempie doloranti.

Prima ancora di poter riflettere e prendere in mano la situazione- a prescindere dalle sue volontà, che i due ingaggiassero uno scontro all’ultimo sangue non era una realtà auspicabile- un profondo silenzio calò nella stanza.

Quando rialzò lo sguardo incrociò quello dei due che, preoccupati, sembravano aver lasciato da parte i loro rancori, pronti a venire lui incontro.

“Come ti senti ?” azzardò a domandare infine Scott, accennando un sorriso incerto.

La truce occhiata che, per tutta risposta, Stiles gli rifilò bastò a far ammutolire l’alpha che, stringendosi nelle spalle, si sedette al suo fianco.

In un gesto spontaneo, dettato dalla stanchezza e l’irrefrenabile necessità di mettere quanta più distanza tra lui ed il suo  nuovo coinquilino, Stiles poggiò la testa sulla spalla del suo migliore amico con un sospiro.

“Si può sapere cos’avete da urlare di prima mattina, voi due ?” borbottò dopo alcuni istanti, arricciando il naso.

Con uno sbuffo seccato Scott portò una mano tra i suoi capelli, accarezzandoli delicatamente, cercando nel mentre di formulare una risposta che non risultasse infantile- ciò che realmente era.

“Hale mi ha chiamato una mezz’ora fa, dicendo che eri svenuto borbottando qualcosa in proposito di un incubo e che non accennavi a svegliarti quindi-“ 

La sua spiegazione pressoché conforme alla realtà dei fatti- finse di ignorare l’occhiata scettica di Derek riguardo alla cosidetta mezz’ora di tempo- venne bloccata prima del tempo dal suddetto licantropo che si piazzò a braccia conserte al fianco di Stiles.

“Sei stramazzato a terra nel giro di pochi istanti; visto che non ti svegliavi ho chiamato questo qua, che ha preso ad insultarmi ancor prima di arrivare, accusandomi di averti ferito” sbottò con sguardo inceneritore ad indirizzo di uno scandalizzato alpha.

Questi, come una molla, all’uso di quell’appellativo pressoché sprezzante, era scattato in piedi, fronteggiando il minore.

“Vedi di portare rispetto, razza di moccioso” ringhiò a pochi centimetri di distanza dal suo viso, distorto da una smorfia schifata.

“Se solo tu guardassi all’in di là del tuo stupido naso alpha capiresti che in realtà non ho neppure sfiorato Stiles, non prima che mi svenisse tra le braccia” soffiò Derek tra i denti, affatto intimorito dal bagliore rossastro nello sguardo dell’altro.

“Okay, okay, basta così” s’intromise il padrone di casa, piazzandosi tra i due come a dividerli

“Non voglio spargimenti di sangue, ripulirlo mi toglierebbe tempo prezioso che potrei impiegare nello spiegare a mio padre cosa ci faccia qui un Derek nel pieno della pubertà e cercare di impedirgli di buttarci tutti fuori di casa, che si tratti di chiappe mannare o meno” aggiunse come a sottolineare le sue priorità, allontanandosi dai due per afferrare lo zaino e riempirlo alla rinfusa con libri che probabilmente non vedevano la luce del sole da anni.

“Che stai facendo ?” chiese ancora più adirato Derek, avvicinandosi a passo di marcia al castano, strappandogli di mano la borsa, con irruenza.

“Sto andando a caccia di vampiri-zombie assetati di sangue di anfibi” sbottò nervosamente, ricevendo in risposta lo sguardo scioccato del giovane mannaro.

“Non dire sciocchezze, non esistono gli zombie” ribatté questi, crucciato come il vecchio Derek era solito fare.

Ad occhi sgranati, incredulo del fatto che non avesse colto la chiara ironia nelle sue parole, abbandonò ogni buon proposito, superando il proprio migliore amico per raggiungere la scala che lo avrebbe condotto alla cucina.

Aveva davvero bisogno di un caffè.



*********************************************************


“Non credi di star esagerando ? Sarà il terzo caffè che prendi nell’arco di un’ora” domandò un perplesso Scott, seduto al tavolo della cucina assieme al suo migliore amico.

Stiles, chiusosi nel suo ben evidente mutismo, gli lanciò appena uno sguardo, tornando a rileggere ciò che Derek aveva scritto con dovizia di particolari la notte passata.

Sebbene si aspettasse che l’altro l’avrebbe aiutato indipendentemente dalla sua risposta non credeva di per certo che avrebbe buttato giù sei sei facciate di nozioni sull’Aconito.

Per un istante, una frazione di millesimo di secondo, si sentì davvero malvagio ripensando al secondo fine della ricerca, e dunque studiarne le proprietà così da poterlo usare per tenerlo a bada, poi, così com’era venuto, il senso di colpa era sparito.

Spirito d’autoconservazione, si ricordò, quando il moro entrò nella stanza, con sguardo apatico e disinteressato.

Solo quando lo volse verso il giovane padrone di casa improvvisato sembrò illuminarsi e, spontaneamente, Stiles ebbe come l’impressione che ciò fosse dovuto ai fogli di carta tra le sue mani.

Come un lampo a ciel sereno, poi, le parole di Lydia e Scott risuonarono nella sua mente, rammentandogli di dover cerare, quanto meno, di instaurare un rapporto amichevole con il suo ospite.

A discapito di ciò che si era prefissato incassò ancor più la testa tra le spalle, perdendosi tra le righe senza realmente leggere ciò che vi era scritto.

Si disse di ringraziare il SourWolf- poteva ancora chiamarlo così ?- e poi filare a lezione, dopotutto era ancora in tempo per entrare in seconda ora.

“Scott, puoi andare. Qui me la vedo io.” 

Non era ciò che avrei dovuto dire !

“Ne sei sicuro ? Insomma, potrei esserti utile e poi-“ iniziò a dire questi, gettando qualche occhiata al moro, notando un chiaro compiacimento nel suo sguardo vigile.

Accidenti, no ! Resta qui ti prego.

“Va’ pure” annuì, e se solo fosse stato a sua volta dotato di super-sensi avrebbe percepito Derek emanare chiaramente felicità da tutti i pori.

Complimenti Stiles, non ascolti neppure te stesso.

“Chiamami, se dovessi avere bisogno di qualcosa”  mormorò incerto, abbassando lo sguardo quasi sconfitto.

“Oh avanti, non fare quella faccia; lascia che anche gli altri godano della mia splendida compagnia” sventolò la mano, scompigliandogli i capelli; nella risata di Scott vi era ben poca allegria.

Sulla porta, lo zaino in spalla ed un accenno di sorriso, l’alpha lasciò una carezza sulla guancia dell’altro, allontanandosi velocemente verso la sua macchina.

Con un sospiro stanco Stiles richiuse la porta, cercando di far mente locale ed iniziare a scoprire qualcosa sull’improvvisa regressione dell’ampollo della famiglia Hale.

Con una sana dose di autoironia e pungente sarcasmo si disse che il detto “parli del diavolo, spuntano le corna” doveva cadergli a pennello, visto che neppure a farlo apposta- oppure sì- il giovane era silenziosamente comparso alle sue spalle, abbracciandolo da dietro.

“Finalmente sei solo mio” sussurrò contro il suo orecchio, sfiorando con il naso la linea sottile del suo collo.

Come un deja-vu ricordò della sera precedente, ed ancora una volta l’impellente bisogno di allontanarsi si fece vivo in lui.

“Okay bel ragazzone, teniamo le distanze che ne pensi ? Sai, no, in sociologia ci sono ben tre tipi di distanze; a partire da quella pubblica a quella personale di almeno due metri e me- okay, non ti piace il concetto di distanza” iniziò a straparlare,  come suo solito, interrompendosi solo quando il minore, con un ringhio infastidito, aveva affondato ancor più il naso tra i suoi capelli.

Sarebbe stata una lunga giornata, ne era certo.

“Ascolta, mi fa davvero piacere che tu non abbia più intenzione di strapparmi la gola a morsi ma io ho davvero bisogno di capire cosa stia succedendo, quindi che ne dici di spostarci sul divano ?” azzardò in un lampo di genio, pregando di poter convincere l’altro con la stessa facilità con cui vi era riuscito la sera.

Derek, dal canto suo, sembrò apprezzare di gran lunga la sua proposta, vista l’enfasi con cui lo trascinò al suddetto divano.

Ciò che Stiles certamente non aveva però tenuto in conto era stata la super-forza del minore che, dopo averlo spinto sdraiato sul divano, si era piazzato piuttosto comodamente tra le sue gambe ora divaricate, petto contro petto ed il viso nascosto nell’incavo del suo collo.

L’umano, con le guance rosse come non mai, cercò di non balbettare quando chiese all’Hale cosa stesse facendo- chiaramente fallì.

E quando si disse che le cose non sarebbero potute andare peggio, probabilmente non aveva tenuto in conto la possibilità che suo padre, allertato dalla scuola, sarebbe tornato a casa con largo anticipo.

“Credimi, non è ciò che sembra papà, posso spiegare !.”

Queste furono le ultime parole che proferì, prima che l’uomo, pallido come non mai, non rischiasse un infarto precoce.










angolino me.
Che dire, a distanza di molto ho deciso di riprendere con la pubblicazione di questa storia.
Perchè io l'abbia abbandonata, vi starete chiedendo, e temo davvero di non poter dare una risposta.
Nella speranza che qualcuno sia ancora qua, questo è quanto.
-M.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3747664