L'ultimo saluto

di shaolin7272
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Autore: Shaolin7272

Fandom: Squadra Speciale Cobra 11

Titolo: L'ultimo saluto

Personaggi: Ispettore Capo André Fux, Ispettore Capo Semir Gerkhan , Otto Herzberger , Dieter Bonrath Commissario Anna Engelhardt, Andrea.

Rating : Giallo

Note dell'autore: I personaggi principali non sono miei e non mi appartengono, ma sono di diritto a Marc Conrad e Hermann Joha e alla rete RTL. Questa storia non è a scopo di lucro.

A parte i personaggi di : Camill Fux, Infermiera Beate, Dottor Ariel che sono di mia pura invenzione e qualsiasi analogia con fatti, luoghi reali e persone, vive o scomparse è assolutamente casuale.

L'ULTIMO SALUTO

Capitolo 1

Era una gradevole giornata di sole, calda per essere a fine settembre, e per l’ispettore Gerkhan, alla guida della sua BMW F30 grigia, sarebbe stata anche bellissima, se il suo compagno di viaggio non fosse stato di pessimo umore.

“Spiegami perché dobbiamo andare noi a raccogliere la deposizione.” chiese l’ispettore Fux, spegnendo nervosamente il cellulare che continuava a squillare “Non potevano andarci Herzberger e Bonrath? In fondo si tratta di un loro caso, no?”

“Sì, è vero André, hai perfettamente ragione, ma voglio ricordarti che dobbiamo ringraziarli per averci coperto con la Engelhardt. E poi è questione di pochi minuti, qualche domanda, prendiamo nota e torniamo in ufficio.” Spiegò Semir cercando di mantenere un tono paziente.

“Lo sai che non mi piacciono gli ospedali, odio l’odore che c’è. E comunque spettava a Otto e Dieter.” Ribadì Fux.

“Lo so! Cambiando discorso, perché non rispondi al telefono?”

“E’ Tania, mi sta perseguitando, vuole sapere quando ci rivediamo.”

“E dove sta il problema? Mi sembrava ti piacesse o sbaglio?”

“Ci siamo visti una decina di volte e si è messa strane idee in testa.”

“Tipo avere una relazione?” Scherzò Gerkhan.

“Già!”Asserì lugubre André.

Semir scosse la testa “Sai non è poi tanto male uscire con la stessa donna per un periodo più lungo delle tue quattro settimane. Potrebbe avere i suoi lati piacevoli, dovresti provare.” Gli consigliò pensando alla sua relazione con Andrea che durava ormai da qualche anno.

L’amico gli lanciò un’occhiataccia facendo un versaccio.

“Va bene, ho capito, mi faccio gli affari miei. Di cosa possiamo parlare. Ah sì, hai visto la partita ieri sera?”

“Non mi piace il calcio, lo sai, guardo le partite in ufficio con voi solo per non fare l'asociale.”

“André! Sei impossibile!” Esclamò Gerkhan alzando gli occhi scuri al cielo. Poi sottovoce “Sarà una lunga giornata.”

“Guarda che ti ho sentito.”

Semir non rispose contento di essere arrivato davanti al Koln Klinik.

“Sai almeno dove dobbiamo andare?”

“Sì, quarto piano, ortopedia.” Disse Gerkhan scendendo dall’auto con una forte tentazione di strangolare il compagno.

Per fortuna la deposizione era stata breve come aveva previsto Semir e se la cavarono in un quarto d’ora. L’unico inconveniente fu all'uscita dall’ospedale, perdendosi nei labirinti dei corridoi facendo così innervosire ancora di più André.

“Te l’avevo detto che dovevamo prendere l’ascensore a sinistra.” Protestò schiumante di rabbia Fux aprendo l’ennesima porta e rimanendo sorpreso di trovarsi di fronte un donnone arcigno che li guardava in cagnesco. Solo dopo aver spiegato un po’ vergognosamente che si erano persi l’infermiera si rilassò e diede le indicazioni necessarie per tornare all’ingresso principale.

Nell’andarsene André con la coda dell’occhio intravide nel corridoio un uomo sulla seggiola a rotelle accompagnato da una giovane, aveva un'aria familiare, scosse la testa sospirando. Doveva andare fuori da lì al più presto, stava cominciando ad avere le allucinazioni.

All’aria aperta respirò profondamente, contento di essere all'esterno di quel posto orribile, raggiunse l’auto quasi di corsa.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Erano arrivati in ufficio senza intoppi e avevano ripreso a lavorare su un caso di traffico di droga, ma André continuava a pensare all’uomo visto in ospedale.

Non poteva essere lui, pensava, non era poi passato così tanto da quando si erano sentiti. Però facendo mente locale si accorse che la realtà era diversa, erano almeno tre mesi che non lo chiamava. E addirittura non lo vedeva dal natale passato!

“André, mi stai ascoltando?” Lo richiamò Semir, che aveva notato la fronte corrugata e gli occhi verde acqua assenti dell'amico.

Fux si riscosse dai suoi pensieri con un sorriso di scusa, non aveva sentito una sola parola di quello che aveva detto Gerkhan.

“Scusa, ero distratto, mi sono ricordato che devo fare una telefonata. Giuro che dopo ti presterò attenzione.” Disse prendendo il telefono.

Semir assentì con il capo, aveva capito che c'era qualcosa che lo preoccupava, ma decise di non fare domande, pazientare e aspettare che fosse lui a parlare al momento giusto.

Dopo aver provato diverse volte a chiamare senza ottenere risposta, André, ripromettendosi di riprovare più tardi, ritornò a lavorare cercando di concentrarsi su quello che diceva il collega.

Era quasi sera quando André prese una decisione, ormai il suo turno era finito e per una volta poteva anche uscire in orario, chiuse di scatto il fascicolo che stava leggendo e si alzò prendendo la giacca.

“Dove stai andando?” Domandò Gerkhan

“Ho da fare una cosa, ci vediamo domani.” Disse senza dare troppe spiegazioni uscendo facendo un gesto di saluto con la mano.

Arrivato davanti alla porta André indugiò un attimo prima di suonare il campanello. Attese, ma nessuno venne ad aprire. Poteva provare ad entrare e aspettare, ma poi? Suo padre poteva essere a cena fuori con qualche sua nuova conquista. Si sentiva un cretino a preoccuparsi, tutto perché aveva visto qualcuno che gli assomigliava. Si sedette sui gradini davanti alla porta riprovando a chiamarlo al cellulare. Certo era strano che lo tenesse spento per tutto il giorno. L'unica altra soluzione possibile per avere una risposta alla sua inquietudine era andare al policlinico.

Si sentiva sempre a disagio negli ospedali, nonostante il lavoro che faceva, non gli piacevano per niente. Sperava di non incontrare l'infermiera della mattina.

Si fermò al bancone esitante, per fortuna c'era una giovane donna bruna, piccolina un po' formosa con grandi occhi blu che l'accolse gentilmente.

André sfoderò uno dei suoi sorrisi assassini che tanto piacevano alle donne, guardò la targhetta appuntata sul petto dell'infermiera. Beate, nome azzeccato, forse non aveva perso del tempo inutilmente. Magari le avrebbe chiesto il numero, offerto un caffè a fine turno e poi … chissà giocare al dottore.

“Sto cercando Camill Fux.” Esordì aspettandosi una risposta negativa.

“Camill Fux? Sì è nella stanza 27, ma l'orario di visite è terminato mi spiace. Deve ritornare domani mattina.” Cinguettò la ragazza.

André impallidì, il respiro mozzato come se avesse ricevuto un pugno in pieno plesso solare.

“Mi scusi, posso sapere chi è e perché vuole vedere il signor Fux?” Domandò Beate accorgendosi del turbamento dell'uomo.

“Sono il figlio.”


 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

André tornò a casa con l'intento di tornare in ospedale il giorno successivo per parlare con il medico che aveva in cura il padre e soprattutto capire perché non l'avesse avvisato di stare male.

Dopo una lunga notte insonne André avvisò Semir che sarebbe arrivato in ritardo e si avviò al Koln Klinik.

Il Dottor Matthias lo ricevette nel suo studio con una stretta di mano cordiale lo fece accomodare. Fux arrivò al punto senza indugio. “Vorrei avere informazioni sulle condizioni di mio padre.”

L'uomo si schiarì la gola “Non ci sono mai le parole giuste in questi casi. Suo padre ha un tumore al cervello, ultimo stadio.”

“Ultimo stadio? Cosa intende per ...”

“Si sta spegnendo. L'abbiamo ricoverato quindici giorni fa perché non era più autosufficiente. Non ci vede più e non è più in grado di camminare.” Lo informò il più gentilmente possibile “Ma, non sapeva che suo padre stava male?”

“L'ho scoperto per puro caso ieri, non mi ha nemmeno chiamato. Niente di niente. E da quello che intuisco, lui non ha detto a nessuno della mia esistenza.”

“A volte capita che tra genitori e figli non ci siano buoni rapporti.”

André scosse la testa “L'ultima volta che l'ho sentito stava uscendo con una donna che aveva la metà dei suoi anni e stava progettando un week end romantico. Non mi ha detto che stava male. Vorrei credere che sia per non farmi stare in pensiero, ma temo che lui si sia dimenticato di avere un figlio molto prima di ammalarsi.” Disse amaramente “Quanto gli rimane ?”

“Un mese, forse due.” Gli comunicò dispiaciuto.

“Ok” mormorò “Posso vederlo?”

“Sì, certo. Devo dirglielo, potrebbe non riconoscerla, non è sempre lucido.”

André fece un breve riso sarcastico. “Non sarebbe una novità.”

Il Dottor Matthias chiamò la capo sala per farlo accompagnare.

La stanza era in penombra, André rimase sulla soglia dietro all'infermiera che si era avvicinata al letto. “Camill, Camill?”. Mormorò la donna toccando lievemente la figura distesa.

“Ho sonno, ho tanto sonno, figliola, voglio dormire.”

“Hai una visita, solo cinque minuti, forza.”

“No, non voglio vedere nessuno, non voglio che nessuno mi veda in queste condizioni.”

“Papà!”Prese coraggio André entrando nella camera.

“André?” Chiese stupito Camill

“Sì, sono io.”

“No, va via André, va via! Vattene!” Fece l'uomo agitandosi nel letto “Non voglio che tu mi veda così, va per la tua strada ! Goditi la vita finché puoi!” Disse quasi urlando.

L'infermiera guardò André e gli fece cenno di uscire. Lui non si fece pregare. Uscì di corsa senza quasi rendersi conto di dove andava, arrabbiato, addolorato, confuso. Non era suo padre quello.


 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

La figura allampanata di Bonrath dall'aria un po' svagata bussò al finestrino dell'auto “André finalmente sei arrivato, il commissario Engelhardt ti vuole vedere subito, c'è una riunione in corso.”

L'uomo gli fece il gesto di aver capito.

“Subito!”. Disse il collega allontanandosi

André sospirò, colpendo frustrato il volante con un pugno, si era fermato giusto per qualche minuto nel piazzale solo per ricomporsi. Aveva una gran voglia di urlare. Scese dalla macchina ed entrò al distretto, Herzberger con il suo faccione imbronciato brontolò “Alla buon ora, vedi di sbrigarti il capo è nervosetto.”

Fux lo guardò truce stringendo forte i pugni digrignando i denti, solo il capo è nervoso pensò, lasciando perdere una rispostaccia salace che aveva sulla punta della lingua andò a bussare alla porta della sala riunioni.

Il commissario Engelhardt interruppe il discorso e fece un cenno di sorriso verso l'ispettore Fux e aspettò che si accomodasse al posto che Gerkhan gli aveva tenuto accanto a lui. Osservandosi intorno si accorse che nella stanza c'erano almeno una decina di agenti seduti più alcuni in piedi.

“Come dicevo,” riprese la donna, portandosi la mano tra i capelli bruni, “l'ispettore Wolff ha ricevuto una soffiata dal suo informatore riguardante il carico di droga. La consegna sarà effettuata tramite un camion carico di frutta proveniente dall'Olanda che si fermerà nel piazzale dell'autogrill KM21, verso le 23.”

“Siamo proprio sicuri che ci sarà la consegna stasera?” Domandò in tono sarcastico André “non è la prima volta che aspettiamo fantomatici camion con partite di droga che non arrivano.”

Semir diede una leggera gomitata al compagno scuotendo la testa con uno sguardo interrogativo.

L'ispettore Wolff, un uomo calvo e tarchiato con enormi baffoni bianchi, si staccò dal muro dove si era appoggiato in disparte e intervenne. “Il mio informatore è serio e non mi ha mai dato informazioni sbagliate.”

“Sarà...” ribattè dubbioso Fux.

“D'accordo per il momento può bastare.” fece la Engelhardt bloccando sul nascere una potenziale discussione. “I dettagli precisi li avrete più tardi. Ora tornate pure a lavorare.” Concluse congedandoli.

Semir afferrò il braccio del collega fuori dalla stanza “Si può sapere cosa ti è preso?”

Andrè si divincolò “Niente, non mi ha preso nulla, non perdiamo tempo avremo da lavorare per ore.” voltado le spalle al collega e dirigendosi nel loro ufficio.

Erano le dieci di sera, Gerkhan e Fux erano sulla Mercedes CLK320 di quest'ultimo, la radio al minimo riempiva il silenzio del veicolo. André con il capo appoggiato allo schienale del sedile aveva lo sguardo perso oltre il finestrino. Semir alla fine non riuscì più a stare zitto “Che cosa ti turba Andrè?”

L'amicò si voltò a osservarlo stupito.

“Nulla, sono solo scocciato di dover stare qui tutta la notte ad aspettare un camion che probabilmente non arriverà. Preferivo passarla in altra maniera se capisci cosa intendo” Espresse con disappunto ritornando a guardare fuori.

“Balle, andiamo non è questo! Non negarlo è da ieri che sei strano!” Insistette Semir.

“Io sono sempre strano.”Ribadì con una smorfia.

“Diciamo che sei più strano del solito.” Sbottò Gerkhan posando una mano sulla spalla del collega e costringendolo a guardarlo.

“Ti ricordi ieri quando siamo finiti per errore nel reparto oncologico?”

“Sì, certo che ricordo, eri furioso, ma andiamo non mi dire che è ancora per quello.”Disse roetando gli occhi Semir

André scosse il capo “Ho scoperto che mio padre è ricoverato lì.”

“Cosa? Ma.... Come?”

“L'ho visto per caso. Non volevo crederci. Ieri sera quando sono uscito dal distretto sono andato a chiedere notizie. Non mi ero sbagliato, era lui. Stamattina sono andato dal medico che l'ha in cura.”

“E cosa ti ha detto?”

“Tumore al cervello, ultimo stadio. E' stato ricoverato perché non ci vede più e non riesce più a camminare. Ma il bello deve ancora venire, sono andato nella sua stanza lui… mi ha cacciato. Non ha voluto vedermi.” Disse André con voce incrinata.

“Forse non voleva che lo vedessi ridotto così.”

“Maledizione Semir!” Colpendo il cruscotto con rabbia “Sono suo figlio e l'ho dovuto scoprire per caso che sta male!”

“Ritorna da lui.” Esortò l'amico cercando di calmarlo,

“Non mi vuole Semir, è stato molto chiaro.”

“E tu insisti, non fare il mio errore André. Lascia da parte l'orgoglio e vai da lui.” Consigliò Gerkhan pensando a suo padre e alla sua morte senza essere riuscito a chiarirsi con lui.

In quell'istante la voce del commissario Engelhardt uscì gracchiante dalla radiotrasmittente “Il camion è arrivato, tutti in posizione.”

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