Away from the angel

di Napee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Romeo e Giulietta ***
Capitolo 2: *** 2. Fan... tastic! ***
Capitolo 3: *** 3. Bollori ***



Capitolo 1
*** 1. Romeo e Giulietta ***






•       Romeo e Giulietta 









Il tempo pareva essersi fermato in quel piccolo negozio di libri sull’angolo dell’incrocio.
La modernità e la tecnologia investivano le strade e i palazzi intorno. Li cambiavano, li mutavano, ma quella piccola bottega di legno scuro con quell’insegna verde spento e pallido, aveva un fascino tutto suo.
Restava sempre la stessa, come se fosse incantata da una magia strana che impediva al tempo di correre via.
Restava un punto fermo della città, un luogo dove ritrovare sé stessi e le buone vecchie abitudini.
Un luogo strano, ammantato dalla magia dei libri e delle parole, dove mille e più avventure, mille e più persone risiedevano lì per chiunque volesse interessarsi a loro o alla loro storia.
I personaggi s’intrecciavano fra quelle piccole quattro mura, litigavano furiosamente, inscenavano violente battaglie, ma anche storie d’amore strappalacrime e baci appassionati.
Un numero incalcolabile di emozioni risiedevano fra quelle parole che chiedevano solo di essere lette. I manoscritti dalle copertine vecchie e consunte profumavano di pelle, di cuoio, di storie e di lacrime emozionate. Come spugne, assorbivano i sentimenti dei temerari che avevano sfogliato le pagine e li restituivano a chiunque fosse stato abbastanza attento da apprezzarle.
La vecchia lampadina ronzava di quando in quando, rendendo l’ambiente soffuso e in penombra estremamente intimo e privato.
Chiunque riusciva a sentirsi a proprio agio lì dentro. Forse era il fascino di quel luogo mistico e antico che lasciava un sapore di favole non raccontate e misteri, forse grazie alla spensieratezza che aleggiava fra quelli scaffali o il profondo senso di pace che il silenzio regalava ai giovani avventurieri che vi entravano.
L’odore dei vecchi libri e delle pagine ingiallite si mescolava con quello zuccheroso e dolce di qualche leccornia che il proprietario metteva a disposizione dei clienti.
Una dolce coccola che chiunque poteva concedersi dopo le grandi emozioni che le pagine unte di parole regalavano. Talvolta una tentazione bonaria che si trasformava in un peccato innocente.
Il negozio non era molto grande e il profumo di qualche biscotto riempiva quelle quattro mura con celerità.
Non era molto ordinato. Talvolta qualche manoscritto giaceva abbandonato a terra o su una poltrona soffice.
Qualche altro libro era messo dritto sullo scaffale, impilato accanto ad un altro messo nello stesso identico modo. E si issavano come soldati di un piccolo plotone, ritti e ordinati. Quasi disciplinati.
Altri invece erano sdraiati sulla copertina, accumulati gli uni sopra gli altri fra gli scaffali come i caduti di una guerra appena combattuta.
I libri che non avevano trovato una collocazione sugli scaffali di legno invece, erano stati ammassati un po’ ovunque.
Una pila di tre libroni voluminosi era stata poggiata sulla scrivania e sulla sua sommità svettava un volume aperto a chissà quale pagina.
Non vigeva un ordine particolare sugli scaffali. L’anarchia regnava fra quelle pagine ricche di storie da raccontare, ma il proprietario, sempre così gentile e cortese, riusciva a trovare sempre ciò che il cliente stava cercando. Come per magia.
Da un po’ di tempo a quella parte però, il negozio chiudeva prima del previsto e una tenda scura veniva posta davanti all’ampia vetrata per impedire ai curiosi di sbirciare.
Alcuni ci avevano provato, ma si erano ritrovati davanti al naso uno sconosciuto con gli occhi di un rettile che, guardandoli in cagnesco, li aveva spaventati talmente tanto da metterli in fuga.
La maggior parte dei clienti invece aveva ipotizzato un grande cambiamento in corso nel negozio o dei lavori di ristrutturazione. Almeno questo era quello che Azraphel, il proprietario, aveva lasciato intendere.
In realtà, su quella pila di libri sopra la scrivania, fra le pagine ingiallite  e le parole scure che s’intrecciavano nella carta fragile, un bagliore strano luccicava. Come tante lucciole poggiate sulle pagine, le parole iniziarono a brillare fino a riempire il negozio di luce.
Con un balzo tracotante, una figura scura e longilinea si arrampicò fra le pagine, scalò le parole una ad una fino a che non riuscì ad aggrapparsi al bordo della copertina con una mano affusolata.
Con forza riuscì a tirarsi su e pian piano la figura emerse dal libro.
La luce mistica che aveva ammantato quel luogo venne meno. Qualche pianta ornamentale iniziò a tremare spaventata dalla presenza di quel losco figuro.
L’uomo si issò completamente e riuscì ad uscire dal manoscritto ostentando disinvoltura.
Si sistemò gli occhiali scuri sul naso e stirò con le mani la giacca in pelle sgualcita. I capelli rossi dal ciuffo antigravità svettavano perfettamente acconciati nonostante lo sforzo della risalita.
Si guardò intorno come a voler cercare qualcosa. Girò su sé stesso gettando lo sguardo un po’ ovunque e poi sospirò rumorosamente appena si rese conto che ciò che stava cercando non era lì con lui.
Si voltò nuovamente verso il libro le cui parole ancora rilucevano di bagliori mistici e infilò il braccio fra le pagine facendolo affondare fino al gomito.
Un’espressione di sofferenza gli stropicciò il viso, mentre compiva quello sforzo faticoso.
“Se non riesci a risalire, perché non vai tu per primo così poi ti spingo?” Berciò scorbutico alla stanza vuota.
Una nuova figura emerse dalle pagine. Più goffo e rotondo, biondo di capelli e con i vestiti eleganti dai colori pastello. Il secondo uomo faticò ad uscire dal libro se non fosse stato per l’aiuto essenziale del compare, la mano tesa del primo infatti era stato un appiglio necessario per riuscire a farlo uscire dal libro nel quale erano entrati.
“Non è educato caro, però grazie per il tuo aiuto.” Trillò il secondo uomo con un sorrisetto dolce sulle labbra.
L’altro roteò gli occhi al cielo conscio che, dietro le lenti scure, il suo gesto sarebbe stato nascosto.
“Ti è piaciuto Romeo e Giulietta?” Chiese il primo curioso, chiudendo il manoscritto e lisciandone la copertina con una dolce carezza come a volerlo ringraziare.
“Mi è piaciuta la fine.” Confessò l’uomo dai capelli rossi con un sorrisetto divertito sulle labbra.
In effetti, era la verità che stava rivelando al suo compare. La storia che il mortale di nome Shakespeare aveva scritto non lo aveva entusiasmato poi tanto. Eccezione fatta per i vari omicidi che si erano susseguiti e l’astio che intercorreva fra le due famiglie.
Tutto sommato si era un po’ annoiato ad entrare in quel libro che l’angelo considerava un vero e proprio capolavoro.
A dirla tutta, si era divertito di più quando erano entrati nell’ Inferno de La Divina Commedia, con tutte quelle torture e quelle imprecazioni si era sentito davvero a casa.
Lo aveva quasi commosso rivedere l’inferno, la sua vecchia dimora, prima che Satana decidesse di ristrutturare.
“Era un po’ troppo romantico tutto il resto…” si giustificò infine il demone, alzando le spalle con noncuranza.
L’angelo ripose il libro su uno degli scaffali e si voltò a guardarlo con biasimo.
“È una tragedia che parla di due ragazzi innamorati, un po’ di romanticismo ci doveva essere, non trovi?” Chiese retoricamente ridendo, ma ricevendo in risposta soltanto un grugnito poco convinto.
“Mancava un po’ di sesso.” Constatò il demone, attendendo con pazienza il momento esatto in cui le guance dell’angelo sarebbero andate a fuoco.
E la reazione non tardò ad arrivare: la faccia dell’angelo si colorò repentinamente di scarlatto in pochissimi secondi tanto che il demone ebbe il timore che la sua testa potesse esplodere per il troppo violento afflusso di sangue.
“N-non… puoi-…” balbettò timidamente sospirando in imbarazzo.
“Santo cielo…” bisbigliò fra sé e sé allontanandosi da quella situazione e rifugiandosi in quei biscotti abbandonati sul tavolo nell’angolo dell’ingresso che erano stati ignorati per tutti quel tempo.
“Andiamo, angelo! Non dirmi che non ci hai mai pensato?!” Chiese retoricamente il demone ridendo sotto i baffi, ma quando la risposta offesa e indignata dell’angelo non giunse alle sue orecchie, fu costretto a farsi attento e vigile.
Incrociò le braccia al petto e si poggiò con la spalla ad uno scaffale di legno pieno di libri di cui ignorava il contenuto.
“Angelo?” Lo chiamò curioso per confermare che le sue erano solo infondate fantasie e che aveva solo capito male, ma quando il biondo si voltò rivelando la bocca piena di biscotti, la faccia più colpevole che gli avesse mai visto le guance rosse come pomodori maturi, capì che forse aveva inteso bene. E per poco non gli venne un mancamento!
Da quando un angelo pensava ad una cosa così rozza e impura come un’atto carnale di piacere?
“Azraphel? Davvero?”
“Non ne vado fiero ok?” Sbottò infine deglutendo il malloppo di biscotti che si era spinto in gola senza contare che il corpo che aveva in dotazione non poteva morire, ma poteva benissimo soffocare.
“Non ne dubito, ma adesso voglio sapere ogni cosa…” rispose mellifluo il demone, sorridendo con malizia e leccandosi le labbra come se stesse per gustarsi un piatto succulento.
Azraphel sospirò alzando le braccia in segno di resa. Sapeva già che la conversazione in cui Crowley lo stava per trascinare sarebbe stata ridicolmente imbarazzante.



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Capitolo 2
*** 2. Fan... tastic! ***


2.      Fan...tastic!




Azraphel poggiò il libro sullo scaffale in legno scuro e sospirò rumorosamente. Sembrava che quello che stava per fare gli stesse costando in secoli di pudicizia e riservatezza.
Crowley quasi se ne dispiacque. Quasi però.
L’idea di vedere cosa nascondeva l’angelo aveva suscitato la sua curiosità scatenandola in un’esplosione incontenibile di bisogno di sapere. Soprattutto se si trattava di sesso!
Un argomento tanto scabroso e peccaminoso non era proprio tipico di un angelo! Sarebbe potuto cadere per una tale oscenità se Colui che tutto vede e tutto sa avesse saputo o visto.
Evidentemente Azraphel sapeva il fatto suo ed era un grado di nascondere ciò che voleva anche agli occhi del Sommo.
Lo osservò appropinquarsi verso la scrivania sulla quale giaceva ancora aperto Romeo e Giulietta. Aprì un cassetto sotto lo sguardo attendo del demone e ne estrasse l’intero contenuto.
Crowley studiava ogni sua mossa con trepidante attesa. Non vedeva l’ora di sapere, di conoscere gli oscuri segreti del sesso di Azraphel se avesse mai fatto sesso… o qualunque cosa lo eccitasse!
Gli prudevano le mani dall’impazienza e quell’angelo tergiversava lento e cadenzato, come se avesse bisogno di tempo per ponderare la scelta di svelargli quello che si preannunciava come un segreto succulento.
Poggiò i documenti sulla scrivania e i suoi occhi blu li studiarono per qualche istante.
Erano documenti vari riguardanti la sua attività e il registro dell’inventario. Crowley ne prese qualcuno in mano e curiosò fra quei fogli pieni di numeri e nomi, mentre l’angelo lo guardò confuso in silenzio.
“Se questa roba ti eccita…” azzardò il demone alzando le spalle.
“No, no… è che tengo l’ingresso nel cassetto in modo che nessuno lo trovi.” Spiegò l’angelo arrossendo leggermente con fare colpevole.
Crowley si domandò da chi avrebbe dovuto nascondere un qualcosa che sembrava così importante per lui. Come prima risposta che si dette fu sé stesso. C’erano cose che Azraphel non aveva piacere di condividere con lui forse… gli sembrava poco plausibile dato che l’angelo tendeva sempre a condividere più sé stesso di quanto Crowley volesse sapere.
Anche quell’ingresso segreto di cui stava parlando dopotutto era un mistero che Crowley aveva ignorato fino a quel momento.
Era certo di conoscere Azraphel piuttosto bene come era certo di essere l’unico ad avere dei segreti con lui.
Niente di serio ovviamente, qualche tentazione di troppo, qualche vizio e qualche divertimento che sicuramente l’angelo non avrebbe mai visto di buon occhio.
Per un secondo gli venne in mente che potesse temere silenziosamente il suo giudizio. Forse l’idea di mettersi completamente a nudo con un demone lo intimoriva… anche se si conoscevano dalla nascita del mondo, forse l’angelo aveva ancora qualche remora nei suoi riguardi…
Dubitare di lui, della sua onestà come del suo comportamento e della sua amicizia era un po’ meschino da parte di Crowley. Se ne pentì all’istante infatti.
Forse la notizia che un’essere vivente puro e candido come Azraphel avesse mai pensato al sesso nella sua vita lo aveva sconvolto più di quanto si aspettava.
Perché dopotutto era una notizia sconvolgente! Quando mai si era sentito di un angelo che pensava al sesso?!
Era oro per le sue orecchie! La madre delle tentazioni che gli veniva mostrata davanti agli occhi come già compiuta.
Tentare un angelo era quanto di più difficile ci fosse nel suo lavoro. Era raro che creature celesti così pure cadessero nelle grinfie e nei trucchetti dei demoni.
Non pensava che Azraphel fosse stato tentato… anche perché il demone tentatore sulla terra era lui!
E forse era proprio questo che più lo sconvolgeva, il fatto che fosse caduto in tentazione da solo e avesse ceduto agli istinti di quel corpo umano che aveva in dotazione.
Ancora si sentiva ferito per non aver saputo prima di quel segreto. Non che l’angelo avesse dovuto confessarglielo per forza, ma era come un frutto succulento che gli era stato negato da chissà quanto tempo e aveva sempre avuto sotto al naso.
Si sentiva raggirato, ecco.
Ragionandoci un po’ sopra, gli sembrava plausibile invece che volesse nascondere il tutto ai suoi superiori piuttosto che a lui.
Se si trattava di una debolezza che poteva macchiare l’immacolata figura dell’angelo - come qualcosa di così scabroso come il sesso - aveva molto più senso invece che avesse paura di ritorsioni di quel damerino di Gabriele e tutta la sua combriccola di angeli con l’ego più sviluppato delle ali.
Alzò le spalle con menefreghismo scacciando via quei pensieri ed osservò l’altro che estraeva una chiave dalla forma antica dal cassetto.
Attaccata alla chiave con un piccolo cordino, vi era una porticina scura in legno che pendeva oscillando instancabile.
Azraphel la separò dalla chiave con cura e la poggiò per terra di fianco a Crowley. Di colpo la porta divenne di dimensioni reali sotto ai suoi stessi occhi.
Il demone ghignò divertito vedendo l’abile trucchetto che l’angelo aveva messo in pratica. Non ce lo faceva proprio a dilettarsi di magie e trucchetti simili con un fine talmente meschino ed egoistico come quello di mentire.
“Ingegnoso…” Constatò sfilando la chiave dalle mani dell’amico.
Azraphel arrossì ancora di più. Stavolta, oltre alle sue guance, anche le orecchie ed il collo si dipinsero di rosso fuoco.
“Allora? Dove mi porterà? Dritto all’inferno?” Azzardò il demone con un sorrisetto birichino per sdrammatizzare una situazione che si preannunciava estremato imbarazzante. Per Azraphel quantomeno. Lui invece si sarebbe divertito come un matto!
“No caro, no… è solo una stanza segreta dove tengo… tutto.” Rispose l’angelo ancora più rosso di prima. Sembrava quasi un allarme per le sfumature di rosso che la sua pelle solitamente pallida andava assumendo.
Crowley alzò un sopracciglio ed un ghigno malizioso gli si dipinse sulle labbra.
“Tutto cosa?” Chiese mellifluo, leccandosi le labbra con la sua lingua biforcuta.
Già pregustava quel che sarebbe avvenuto di lì a breve. Non sapeva cosa aspettarsi, ma poco gli importava della materia in sé, quanto il suo reale significato! Qualunque cosa ci fosse stata al di là di quella porta coinvolgeva sia Azraphel che il sesso ed era una notizia così sconvolgente e così eclatante che anche se ci fosse stato uno gnomo su un cavallo alato al di là della porta, non gli sarebbe importato poi molto.
“Tutto tutto… sì, insomma, non sono pochi!” Confessò infine l’angelo divenendo ufficialmente color porpora. Strappò la chiave dalle mani di Crowley e subito dopo si scusò per essere stato poco garbato.
Aprì la porta e condusse il demone all’interno della stanza che conteneva il suo segreto più peccaminoso.
Non era grande. Anzi, Crowley si sentiva quasi soffocare lì dentro tanto era piccola e incasinata.
Ogni parete era ricoperta di piccoli libri e fogli con milioni di parole scritte a mano con una calligrafia estremamente elegante. C’erano cumuli di fogli sugli scaffali, carte arrotolate, piccoli libri rilegati a mano, taccuini più o meno ingialliti dal tempo e un profumo d’inchiostro che riempiva l’abitacolo.
Una piccola scrivania e una sedia di legno giacevano nel bel mezzo della stanza. Sembravano sparire inghiottite dal caos che le circondava.
Azraphel aprì le braccia e si voltò nella direzione del demone con una piroetta e un sorrisetto un po’ impacciato.
“E-ecco qui…” Esordì infine aggiungendo un risolino nervoso in seguito.
Crowley si guardò intorno confuso. Si era mentalmente preparato allo gnomo e il cavallo alato, non alla versione più incasinata della libreria del suo amico.
“Già, eccolo proprio qui!” Constatò guardandosi intorno.
Prese un taccuino fra le mani e lo sfogliò distrattamente senza leggerlo davvero.
La calligrafia corretta e elegante di Azraphel svettava su ogni pagina e la riempiva completamente da cima a fondo in un’armonia di parole davvero raffinata.
“Hai un problema con la roba scritta sulla carta quando il mondo ha optato per il digitale da un pezzo ormai.” Decretò infine poggiando la spalla contro la libreria ed assumendo una posizione più rilassata.
Azraphel non capì subito il malinteso, ma quando ciò avvenne, rise divertito finché i crampi alla pancia non gli fecero venire le lacrime.
“No, non hai capito di cosa si tratta tutto questo…” tentò di spiegare, ma le risate erano più forti e sovrastavano le parole che cercavano di uscirgli dalla bocca.
E quale modo migliore di spiegarsi se non quello di metterlo davanti alla realtà dei fatti?
Prese un plico di fogli che giaceva ingiallito dal tempo su una delle tante mensole e lo mise fra le mani del demone.
“Che ci dovrei fare con questo?”
“Leggerlo.”
Il demone ghignò divertito.
“Non fa per me, angelo.”
Ma Azraphel gli riserbò uno sguardo di malcelato biasimo e si concesse di illustrargli il titolo spiccante sulla prima pagina.
“Romeo e Giulietta?!” Chiese retoricamente confuso Crowley. Proprio non riusciva a capire dove stesse andando a parare il suo amico quel giorno.
“Ma non potevi darmi quello in libreria allora?”
“Non è davvero l’opera di Shakespeare, caro. È una mia rielaborazione dei fatti avvenuti nella storia originale che penso troverai davvero più… eccitante dell’originale.” Spiegò l’angelo dissipando ogni dubbio e alludendo ammiccante con tanto di strizzata d’occhi.
Crowley attese qualche secondo in silenzio alternando lo sguardo dal manoscritto erotico che il suo purissimo amico angelo aveva scritto e quest’ultimo.
Forse troppo incredulo per realizzare davvero l’accaduto, forse troppo sconvolto dal risvolto dei fatti, Crowley aprì una pagina a caso e lesse velocemente qualche riga di sfuggita.
Richiuse velocemente sentendosi a disagio per la prima volta dopo secoli in compagnia dell’angelo.
“Hai davvero scritto una fanfiction erotica su Romeo e Giulietta?”
L’angelo avvampò d’imbarazzo per l’ennesima volta in quel pomeriggio e gli tappò la bocca con la mano come se avesse timore di essere udito da orecchie indiscrete.
“Non solo su quell’opera, ma su ogni opera che ho letto da quando sono sulla Terra.” Precisò con un sorrisetto tirato e alzando le spalle con fare innocente.
Crowley sbatté le palpebre un paio di volte. Non era certo di cosa avrebbe trovato all’interno di quel manoscritto. A giudicare da quel piccolo assaggio che si era concesso, sembrava piuttosto interessante… e una parte di sé – quella curiosa che lo aveva spinto fino a lì – era piuttosto eccitata all’idea di scoprire il concetto che l’angelo aveva del sesso. O come ci si fosse approcciato. O come aveva descritto l’amplesso.
La cosa lo confondeva e lo eccitava da pazzi, ma c’era una sola cosa da fare in quel momento.
Lanciò il manoscritto nelle mani dell’angelo e si accomodò sulla sedia in legno con i piedi incrociati sulla scrivania.
“Leggimela tu, angelo.”



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Capitolo 3
*** 3. Bollori ***


3.       Bollori.



Azraphel leggeva in modo davvero strano. A tratti la sua lettura era così chiara e pulita, quasi limpida, talmente tanto bella e scorrevole che le parole sembravano essere carezzate dalle sue labbra prima di uscire fuori. Erano belli quei momenti e Crowly riusciva a dipingere nella sua mente scenari suggestivi e maestosi che le frasi dell’angelo descrivevano.
I momenti intimi, quelli hot fra i personaggi erano un problema però. La lettura dell’angelo si faceva timida e insicura, pudica e vergognosa. Le parole gli si incastravano fra i denti e uscivano macchinose e a basso volume tanto che il demone dovette farsi più vicino e drizzare le orecchie per riuscire a capirlo.
E proprio su quelle parti piccanti doveva inciampare con la voce?! Proprio su quelle parti peccaminose che avevano smosso la curiosità del demone convincendolo a farsi leggere quei tomi di fanfiction che il suo amico aveva scritto.
Dopo l’ennesimo balbettio sconclusionato e l’ennesima parola mangiata, Crowley ebbe finalmente pietà di lui.
Si alzò dalla poltrona e gli sfilò il libro dalle mani. Esaminò le parole scritte sulla carta un po’ ingiallita ed un ghigno malizioso gli si dipinse sulle labbra sottili.
 
I loro corpi sin unirono in uno soltanto e le loro anime iniziarono quella danza vecchia come il mondo. Le loro mani si cercarono fameliche, le loro bocche inseguirono i loro sospiri densi di un piacere sempre più coinvolgente finché l’estasi non sopraggiunse in quei corpi stremati e soddisfatti.
 
Era questo ciò che cercava di leggere con tanta pudicizia nella voce?
Non valeva nemmeno la metà dei filmini mentali che il demone si era fatto su quelle fanfiction!
Se quelle era la visione del sesso secondo l’angelo, allora mancavano un bel po’ di cosucce. A partire dall’atto pratico nemmeno vagamente accennato.
Gli venne il dubbio che forse Azraphel nemmeno sapeva come si facesse sesso. E chissà se lo aveva mai fatto prima!
La sua visione oscena dei rapporti carnali era quanto di più pudico avesse mai sentito. Non che si aspettasse un rapporto sadomaso con frustini, corde e collari di cuoio! Quello era più nelle sue idee di preliminare e si rendeva ampiamente conto che per l’angelo fossero assurdità troppo libidinose anche per la sua vergine mente.
Però il dubbio restava…
“Angelo, ma tu hai mai scopato?” La domanda gli sorse spontanea dalle labbra senza che il suo cervello potesse aggiustare quelle parole poco caste.
Azraphel infatti avvampò divenendo dello stesso colore dei capelli coperti di gelatina del demone.
Iniziò a balbettare una serie sconclusionata e infinita di frasi sconnesse intervallate ogni volta da un “che il ciel non me ne voglia!” talmente accorati che spezzarono l’entusiasmo al demone.
“Lo prendo comunque per un no, va bene?”
“Certo che no!” Sbottò l’angelo alzando le braccia al cielo con fare esasperato.
“Noi angeli siamo creature pure, non possiamo contaminarci con un gesto così rozzo e dettato dalla pura lussuria!” Aggiunse poi togliendogli di mano il pesante libro e riponendolo sullo scaffale polveroso al suo posto.
Crowley lo studiò in quel momento, posando particolare attenzione ai suoi gesti lesti e sbrigativi. Sembrava avere un sacco di fretta di uscire da quella stanza r fuggire dalla conversazione.
Il demone si sedette alla scrivania comodamente, con le gambe spalancate che penzolavano nel vuoto e il peso del suo corpo poggiato sui palmi delle mani depositate sull’altro lato della scrivania. Sarebbe dovuta essere una posa davvero sexy se solo non avesse avuto indosso i vestiti.
“Perché tanta fretta?” Chiese sorridendogli mellifluo.
“Non abbiamo niente da fare…”
Azraphel sospirò annoiato poco prima di voltarsi e avvampare nuovamente di vergogna.
Distolse lo sguardo pudico e vergine e rispose al demone mentre osservava i tomi dei libri.
“Oh Signore!” Ansimò senza aria nei polmoni. Si schiarì la voce in modo chiaro e fermo, cercando tutta la sua solita rigida compostezza che pareva sublimata via dal suo essere.
“Crowley caro, potresti metterti in una posizione più… casta?”
“Perché mai? Io mica sono casto.” Asserì il demone sorridendo e attendendo pazientemente che l’angelo acchiappasse al volo il senso delle sue parole.
Ci fu un attimo di esitazione sul viso di Azraphel. Per un secondo una domanda attraversò il suo sguardo e le sue labbra presero la forma per esplicitare il suo dubbio.
Poi però qualcosa lo aveva fatto cambiare idea e aveva negato forte con la testa prima di fare un sospiro profondo.
Crowley non poté negare di star godendo come un riccio in quel momento. Aveva scoperto da poco che provocare l’angelo deviando la conversazione in argomenti peccaminosi era davvero uno spasso e se ne rammaricava di aver fatto una scoperta di quella portata solo da pochissime ore.
Aveva passato secoli interi ad annoiarsi e proprio adesso aveva scoperto il suo hobby preferito. Ancora meglio che tentare la gente ignara!
Vedere quelle colorazioni scarlatte infiammare le guance pallide dell’angelo, sentire la sua balbuzie prendere il sopravvento e sentirlo invocare un perdono non necessario era quanto di più esilarante avesse mai visto in tutta la sia eterna vita sulla terra.
“Dovremmo uscire perché questa stanza è ubicata in un’altra dimensione e non vorrei proprio che Gabriele intercettasse la mia presenza in un luogo che non fosse la Terra.” Spiegò Azraphel invece, lasciando da parte quella domanda che era sorta poco prima.
Ma Crowley non poteva impedire che una tale disgrazia si abbattesse proprio in quel momento, quando aveva trovato un’ombra scura nella luminosa eternità dell’angelo.
“E tu digli che ti ci ho portato io.”
“Gli angeli non mentono.”
“Forse un tempo…” lo schernì il demone guadagnandosi un’occhiataccia di biasimo da quelle splendide iridi azzurre.
“Ti ricordo che per scampare all’apocalisse hai detto un mare di cazzate invece.”
“Linguaggio, Crowley caro.” Lo riprese l’angelo tornando con lo sguardo su di lui.
Stavolta mantenne gli occhi in quelli del demone con un ritrovato vigore. Crowley vide affacciarsi di nuovo nel suo sguardo quella domanda che profumava di peccato e stavolta gli offrì un terreno fertile in cui germogliare.
“Vuoi dirmi qualcosa per caso?” Chiese senza importanza, portando una mano fra le sue cosce e carezzandone l’interno di una con disinteresse.
Le dita smaltate di nero pece seguirono una linea curva immaginaria che lo solleticò dal ginocchio fino all’inguine. Gli occhi dell’angelo furono calamitati da quel gesto, ma quando la mano sfiorò quel posto un po’ troppo intimo per i suoi occhi, l’angelo deviò lo sguardo con le guance in fiamme.
“Sembri a tuo agio con queste… pratiche” Constatò non negando un filo di disappunto nella voce.
Crowley lo percepì lontano un miglio, vide arrivare la sua occasione d’oro come si aspetta il treno per il primo viaggio. E non aveva nessuna intenzione di perderlo! Per niente al mondo avrebbe rinunciato a quell’opportunità magica.
“Vuoi che ti insegni?” La domanda gli solleticò la gola e gli uscì melliflua dalle labbra come le fusa di un micio.
Ammiccò sorridente leccandosi il labbro superiore con la lingua biforcuta e si abbassò gli occhi sul naso quel tanto che bastava per guardare l’angelo negli occhi senza avere il filtro scuro delle lenti in mezzo.
Azraphel s’irrigidì ulteriormente e spostò il peso da un piede all’altro in evidente difficoltà.
Crowley non riuscì a credere ai suoi stessi occhi.
Davvero era riuscito a tentare l’immacolato angelo Azraphel? Non gli sembrava vera un’impresa tanto audace quanto ambiziosa.
Gli tese una mano allora in segno di aiuto. La sua offerta restava valida, ma non aveva intenzione di torturarlo troppo.
Già sapere che provasse un certo interesse per l’arte amatoria era più che sufficiente.
Azraphel allungò la propria titubante dopo averci riflettuto per qualche minuto. Le loro dita si sfiorarono con la stessa delicatezza e leggiadria di una piuma che cade lentamente al suolo.
Lasciarono  che le loro mani scivolassero l’una sull’altra piano, saggiando la morbidezza del palmo altrui e infondendo in quel contatto ogni dubbio, ogni incertezza e ogni paura.
Azraphel infine incrociò le dita con quelle del demone e si lanciò fra le sue braccia dando un bel calcio alle sue insicurezze e lasciando che la profonda e radicata fiducia che provava nei confronti del suo amico lo guidasse.
Crowley gli sorrise  dolcemente, spalancando le bracci per accoglierlo completamente. Con le sue insicurezze e con la sua pudicizia, con la sua curiosità ed il suo timore.
Abbracciò Azraphel metaforicamente e fisicamente, come a volergli trasmettere che sì, era pronto per farsi carico di tutta quell’emotività che l’angelo si portava dietro.
“Crowley caro… i-io…” balbettò con le guance in fiamme e con gli occhioni blu puntati sullo scollo della maglia del demone.
Crowley lo trovò assolutamente adorabile e quasi avrebbe ringraziato il cielo per avergli concesso una tale visione.
Gli mise una mano sotto al mento e lo costrinse ad alzare lo sguardo.
Finalmente i loro occhi s’incontrarono in un tripudio di scintille e fuochi d’artificio.
Riuscivano quasi a sentirli rimbombare… o forse era soltanto l’eco dei loro cuori impazziti.
“Non dobbiamo fare tutto adesso, possiamo andare per gradi.”
“Cosa suggerisci?”
Il demone ci pensò su senza staccare lo sguardo dal bel viso rotondo dell’angelo.
Da cosa iniziare però?
Le sue labbra erano davvero invitanti, così gonfie e rosee, piene ma piccole e teneramente imbronciate.
“Magari con un bacio?” Azzardò e Azraphel arrossì ancora impunemente, ma chiuse gli occhi nonostante la vergogna e si fidò completamente del demone.
Le labbra piccole e ruvide di Crowley si posarono sulle sue piano, con una gentilezza ed un garbo di cui non lo avrebbe mai pensato capace.
Si assaporarono piano, studiando la consistenza delle labbra altrui senza fretta e cercando di riconoscerne il sapore invitante.
Azraphel si allontanò piano lasciando che la separazione producesse un piccolo schiocco.
“Sai di mela…”
“Evidentemente sono il tuo frutto proibito.”
Azraphel leggeva in modo davvero strano. A tratti la sua lettura era così chiara e pulita, quasi limpida, talmente tanto bella e scorrevole che le parole sembravano essere carezzate dalle sue labbra prima di uscire fuori. Erano belli quei momenti e Crowly riusciva a dipingere nella sua mente scenari suggestivi e maestosi che le frasi dell’angelo descrivevano.
I momenti intimi, quelli hot fra i personaggi erano un problema però. La lettura dell’angelo si faceva timida e insicura, pudica e vergognosa. Le parole gli si incastravano fra i denti e uscivano macchinose e a basso volume tanto che il demone dovette farsi più vicino e drizzare le orecchie per riuscire a capirlo.
E proprio su quelle parti piccanti doveva inciampare con la voce?! Proprio su quelle parti peccaminose che avevano smosso la curiosità del demone convincendolo a farsi leggere quei tomi di fanfiction che il suo amico aveva scritto.
Dopo l’ennesimo balbettio sconclusionato e l’ennesima parola mangiata, Crowley ebbe finalmente pietà di lui.
Si alzò dalla poltrona e gli sfilò il libro dalle mani. Esaminò le parole scritte sulla carta un po’ ingiallita ed un ghigno malizioso gli si dipinse sulle labbra sottili.
 
I loro corpi sin unirono in uno soltanto e le loro anime iniziarono quella danza vecchia come il mondo. Le loro mani si cercarono fameliche, le loro bocche inseguirono i loro sospiri densi di un piacere sempre più coinvolgente finché l’estasi non sopraggiunse in quei corpi stremati e soddisfatti.
 
Era questo ciò che cercava di leggere con tanta pudicizia nella voce?
Non valeva nemmeno la metà dei filmini mentali che il demone si era fatto su quelle fanfiction!
Se quelle era la visione del sesso secondo l’angelo, allora mancavano un bel po’ di cosucce. A partire dall’atto pratico nemmeno vagamente accennato.
Gli venne il dubbio che forse Azraphel nemmeno sapeva come si facesse sesso. E chissà se lo aveva mai fatto prima!
La sua visione oscena dei rapporti carnali era quanto di più pudico avesse mai sentito. Non che si aspettasse un rapporto sadomaso con frustini, corde e collari di cuoio! Quello era più nelle sue idee di preliminare e si rendeva ampiamente conto che per l’angelo fossero assurdità troppo libidinose anche per la sua vergine mente.
Però il dubbio restava…
“Angelo, ma tu hai mai scopato?” La domanda gli sorse spontanea dalle labbra senza che il suo cervello potesse aggiustare quelle parole poco caste.
Azraphel infatti avvampò divenendo dello stesso colore dei capelli coperti di gelatina del demone.
Iniziò a balbettare una serie sconclusionata e infinita di frasi sconnesse intervallate ogni volta da un “che il ciel non me ne voglia!” talmente accorati che spezzarono l’entusiasmo al demone.
“Lo prendo comunque per un no, va bene?”
“Certo che no!” Sbottò l’angelo alzando le braccia al cielo con fare esasperato.
“Noi angeli siamo creature pure, non possiamo contaminarci con un gesto così rozzo e dettato dalla pura lussuria!” Aggiunse poi togliendogli di mano il pesante libro e riponendolo sullo scaffale polveroso al suo posto.
Crowley lo studiò in quel momento, posando particolare attenzione ai suoi gesti lesti e sbrigativi. Sembrava avere un sacco di fretta di uscire da quella stanza r fuggire dalla conversazione.
Il demone si sedette alla scrivania comodamente, con le gambe spalancate che penzolavano nel vuoto e il peso del suo corpo poggiato sui palmi delle mani depositate sull’altro lato della scrivania. Sarebbe dovuta essere una posa davvero sexy se solo non avesse avuto indosso i vestiti.
“Perché tanta fretta?” Chiese sorridendogli mellifluo.
“Non abbiamo niente da fare…”
Azraphel sospirò annoiato poco prima di voltarsi e avvampare nuovamente di vergogna.
Distolse lo sguardo pudico e vergine e rispose al demone mentre osservava i tomi dei libri.
“Oh Signore!” Ansimò senza aria nei polmoni. Si schiarì la voce in modo chiaro e fermo, cercando tutta la sua solita rigida compostezza che pareva sublimata via dal suo essere.
“Crowley caro, potresti metterti in una posizione più… casta?”
“Perché mai? Io mica sono casto.” Asserì il demone sorridendo e attendendo pazientemente che l’angelo acchiappasse al volo il senso delle sue parole.
Ci fu un attimo di esitazione sul viso di Azraphel. Per un secondo una domanda attraversò il suo sguardo e le sue labbra presero la forma per esplicitare il suo dubbio.
Poi però qualcosa lo aveva fatto cambiare idea e aveva negato forte con la testa prima di fare un sospiro profondo.
Crowley non poté negare di star godendo come un riccio in quel momento. Aveva scoperto da poco che provocare l’angelo deviando la conversazione in argomenti peccaminosi era davvero uno spasso e se ne rammaricava di aver fatto una scoperta di quella portata solo da pochissime ore.
Aveva passato secoli interi ad annoiarsi e proprio adesso aveva scoperto il suo hobby preferito. Ancora meglio che tentare la gente ignara!
Vedere quelle colorazioni scarlatte infiammare le guance pallide dell’angelo, sentire la sua balbuzie prendere il sopravvento e sentirlo invocare un perdono non necessario era quanto di più esilarante avesse mai visto in tutta la sia eterna vita sulla terra.
“Dovremmo uscire perché questa stanza è ubicata in un’altra dimensione e non vorrei proprio che Gabriele intercettasse la mia presenza in un luogo che non fosse la Terra.” Spiegò Azraphel invece, lasciando da parte quella domanda che era sorta poco prima.
Ma Crowley non poteva impedire che una tale disgrazia si abbattesse proprio in quel momento, quando aveva trovato un’ombra scura nella luminosa eternità dell’angelo.
“E tu digli che ti ci ho portato io.”
“Gli angeli non mentono.”
“Forse un tempo…” lo schernì il demone guadagnandosi un’occhiataccia di biasimo da quelle splendide iridi azzurre.
“Ti ricordo che per scampare all’apocalisse hai detto un mare di cazzate invece.”
“Linguaggio, Crowley caro.” Lo riprese l’angelo tornando con lo sguardo su di lui.
Stavolta mantenne gli occhi in quelli del demone con un ritrovato vigore. Crowley vide affacciarsi di nuovo nel suo sguardo quella domanda che profumava di peccato e stavolta gli offrì un terreno fertile in cui germogliare.
“Vuoi dirmi qualcosa per caso?” Chiese senza importanza, portando una mano fra le sue cosce e carezzandone l’interno di una con disinteresse.
Le dita smaltate di nero pece seguirono una linea curva immaginaria che lo solleticò dal ginocchio fino all’inguine. Gli occhi dell’angelo furono calamitati da quel gesto, ma quando la mano sfiorò quel posto un po’ troppo intimo per i suoi occhi, l’angelo deviò lo sguardo con le guance in fiamme.
“Sembri a tuo agio con queste… pratiche” Constatò non negando un filo di disappunto nella voce.
Crowley lo percepì lontano un miglio, vide arrivare la sua occasione d’oro come si aspetta il treno per il primo viaggio. E non aveva nessuna intenzione di perderlo! Per niente al mondo avrebbe rinunciato a quell’opportunità magica.
“Vuoi che ti insegni?” La domanda gli solleticò la gola e gli uscì melliflua dalle labbra come le fusa di un micio.
Ammiccò sorridente leccandosi il labbro superiore con la lingua biforcuta e si abbassò gli occhi sul naso quel tanto che bastava per guardare l’angelo negli occhi senza avere il filtro scuro delle lenti in mezzo.
Azraphel s’irrigidì ulteriormente e spostò il peso da un piede all’altro in evidente difficoltà.
Crowley non riuscì a credere ai suoi stessi occhi.
Davvero era riuscito a tentare l’immacolato angelo Azraphel? Non gli sembrava vera un’impresa tanto audace quanto ambiziosa.
Gli tese una mano allora in segno di aiuto. La sua offerta restava valida, ma non aveva intenzione di torturarlo troppo.
Già sapere che provasse un certo interesse per l’arte amatoria era più che sufficiente.
Azraphel allungò la propria titubante dopo averci riflettuto per qualche minuto. Le loro dita si sfiorarono con la stessa delicatezza e leggiadria di una piuma che cade lentamente al suolo.
Lasciarono  che le loro mani scivolassero l’una sull’altra piano, saggiando la morbidezza del palmo altrui e infondendo in quel contatto ogni dubbio, ogni incertezza e ogni paura.
Azraphel infine incrociò le dita con quelle del demone e si lanciò fra le sue braccia dando un bel calcio alle sue insicurezze e lasciando che la profonda e radicata fiducia che provava nei confronti del suo amico lo guidasse.
Crowley gli sorrise  dolcemente, spalancando le bracci per accoglierlo completamente. Con le sue insicurezze e con la sua pudicizia, con la sua curiosità ed il suo timore.
Abbracciò Azraphel metaforicamente e fisicamente, come a volergli trasmettere che sì, era pronto per farsi carico di tutta quell’emotività che l’angelo si portava dietro.
“Crowley caro… i-io…” balbettò con le guance in fiamme e con gli occhioni blu puntati sullo scollo della maglia del demone.
Crowley lo trovò assolutamente adorabile e quasi avrebbe ringraziato il cielo per avergli concesso una tale visione.
Gli mise una mano sotto al mento e lo costrinse ad alzare lo sguardo.
Finalmente i loro occhi s’incontrarono in un tripudio di scintille e fuochi d’artificio.
Riuscivano quasi a sentirli rimbombare… o forse era soltanto l’eco dei loro cuori impazziti.
“Non dobbiamo fare tutto adesso, possiamo andare per gradi.”
“Cosa suggerisci?”
Il demone ci pensò su senza staccare lo sguardo dal bel viso rotondo dell’angelo.
Da cosa iniziare però?
Le sue labbra erano davvero invitanti, così gonfie e rosee, piene ma piccole e teneramente imbronciate.
“Magari con un bacio?” Azzardò e Azraphel arrossì ancora impunemente, ma chiuse gli occhi nonostante la vergogna e si fidò completamente del demone.
Le labbra piccole e ruvide di Crowley si posarono sulle sue piano, con una gentilezza ed un garbo di cui non lo avrebbe mai pensato capace.
Si assaporarono piano, studiando la consistenza delle labbra altrui senza fretta e cercando di riconoscerne il sapore invitante.
Azraphel si allontanò piano lasciando che la separazione producesse un piccolo schiocco.
“Sai di mela…”
“Evidentemente sono il tuo frutto proibito.”

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