L'arte di sopravvivere di Sabriel Schermann (/viewuser.php?uid=411782)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Sapore della Speranza ***
Capitolo 2: *** Le Fiamme e le Tenebre ***
Capitolo 3: *** Questione di Sangue ***
Capitolo 4: *** Sono qui per te ***
Capitolo 1 *** Il Sapore della Speranza ***
Il
Sapore della
Speranza
Sindy
tremava dentro a quel furgone, mentre le curavano le ferite, nonostante
fosse
piena estate.
Presto
avrebbe dovuto lasciare quel posto, quella città che
l’aveva accolta, che tanto
le aveva donato quanto tolto: non aveva più lacrime da
versare, temeva di
averle ormai terminate tutte, eppure gli occhi le bruciavano ancora,
così tanto
che avrebbe voluto strapparseli di dosso e se avesse potuto avrebbe
squarciato anche
la propria pelle e cavatosi il cuore dal petto, pur di farlo
sopravvivere.
Lei
e Rickard vivevano sotto lo stesso tetto ormai da un anno, pur essendo
semplici
amici e forse anche un po’ fratelli. Non di quelli che da
bambini passano le
giornate a sottrarsi i giocattoli: lui era stato per lei il compagno di
cui
aveva disperatamente bisogno, colui che l’aveva salvata dalla
monotonia e dalla
solitudine in cui era incappata da tempo.
Correndo
verso la baita, lo aveva trovato lì, riverso supino a terra,
col battito
cardiaco talmente debole da crederlo esanime. Lui, il suo eroe,
il
ragazzino che aveva conosciuto nei bagni della scuola, il giovane con
cui aveva
condiviso le risate più serene della sua esistenza, era
disteso ai suoi piedi,
tra la vita e la sua antitesi, a causa del suo egoismo.
Colui
che era stato il suo collega per quattro intensi e lunghissimi anni se
ne stava
in piedi immobile, osservando la scena sbalordito, in pena per
l’amico, ma
forse di più per la sua partner, ormai frammentata in tanti
minuscoli pezzetti di
speranza. Le sue urla rauche si mescolavano al frastuono delle sirene
della
polizia, il giubbotto antiproiettile che le avevano dato quando
l’avevano trovata
era impregnato di sangue, non si sapeva se della donna o
dell’amico.
Tante
piccole cellule danzavano insieme, forse per l’ultima volta.
Forse Rickard non
sarebbe mai più esistito al mondo, forse la benda
improvvisata che Sindy gli
aveva avvolto intorno al braccio martoriato non era servita a nulla,
forse il
suo corpo aveva perso troppo sangue per permettere al cuore di
continuare a
battere. Le grida della giovane, mescolate al suo pianto disperato,
esprimevano
tutto il dubbio che porta le persone a perdere la ragione.
Quando
portarono via il corpo del ragazzo, Derek temette che la collega
potesse soffocare
con le sue stesse lacrime. La vide aggrapparsi ai paramedici come un
affamato
si aggrapperebbe a colui che osa privarlo dell’ultimo boccone
di cibo
rimastogli.
Tutto
pareva senza speranza, ma Derek era convinto che, semmai Rickard avesse
spirato,
lei sarebbe stata in grado di ricominciare e trovare un altro fedele
compagno
di viaggio.
In
fondo, il suo passato glielo aveva insegnato a sue spese.
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Capitolo 2 *** Le Fiamme e le Tenebre ***
Le
Fiamme e le
Tenebre
Conoscere
il fratello maggiore di Rickard non fu una grande sorpresa per Sindy:
abitando
nella stessa città, aveva più volte avuto
occasione di incontrarlo e notò che
da vicino appariva esattamente come pareva da lontano. Quando gli
strinse la
mano, la giovane intravide alle sue spalle una fanciulla dal viso
affabile sorriderle
debolmente.
Sapeva
bene di chi si trattasse: aveva da poco perso il fratello in un
incendio e la
foto del ragazzo, insieme a quella delle altre vittime, campeggiava in
prima
pagina su tutti i quotidiani della zona.
Avrebbe
voluto esprimerle il proprio dispiacere, ma non aveva intenzione di
tirar fuori
argomenti gravosi anche in occasione della festa di Rickard,
né riaprire
profonde ferite probabilmente appena rimarginate.
«Tu
sei la ragazza di mio fratello, giusto?» sbraitò
David dopo essersi presentato,
sorseggiando una lattina di birra chiara. Più lo osservava e
più Sindy si
convinceva che nascondesse qualcosa, uno di quei segreti che
solitamente si tacciono
fin sul letto di morte.
David
aveva cinque anni in più di Rickard ed era un ragazzo
piuttosto alto, con spalle
grosse e capelli color gianduia perennemente spettinati. Sul volto
campeggiava un’espressione
inebetita, come a voler nascondere la propria complicità,
specialmente per
quanto riguardava la questione dell’incendio della casa nel
bosco.
Sindy
lo aveva visto più volte discutere vivacemente con Lukas in
mezzo alle vie
della loro piccola cittadina, o fumare insieme durante le tiepide notti
d’estate.
Ritrasse
la mano con espressione imbarazzata: «Oh no, io sono solo
un’amica» rispose in
fretta, «ci siamo conosciuti a scuola» aggiunse,
come se ciò implicasse una possibilità
estremamente modesta di poter formare una coppia. Sindy sapeva che le
relazioni
di Rickard non erano mai durate più di trenta giorni.
Cercò istintivamente il
ragazzo con lo sguardo, trovandolo in un angolo della sala a
confabulare con un
paio di amici.
«Tra
un paio di settimane ci sarà il funerale»
mormorò d’improvviso Alex, ancora
nascosta dietro le spalle di David, con lo sguardo al suolo.
«Se vuoi venire…».
La
sua chioma, di un delicato color arancio, ondeggiava ai leggeri
movimenti del
busto.
Quell’invito
giunse completamente inaspettato: Sindy aveva sempre creduto fossero
troppo
diverse per potere creare qualsiasi tipo di legame. Non capiva nemmeno
come
quella donna potesse starsene lì, davanti a lei, a
trangugiare placidamente una
bevanda quando il corpo di suo fratello era stato avvolto dalle fiamme
con
tutta probabilità mentre lui era ancora in vita.
«Ma
certo» rispose Sindy in tono poco convinto, «conta
pure sulla mia presenza»
aggiunse, con la speranza di rendere il tutto un po’
più credibile.
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Capitolo 3 *** Questione di Sangue ***
Questione
di
Sangue
Appena
Sindy apprese la notizia corse di fretta fuori dal dipartimento di
polizia,
raggiungendo il marciapiede sconnesso nel tentativo di evitare i
passanti. Li
poteva udire protestare animatamente alle sue spalle, ma poco le
importava in
quel momento. Il proprio corpo era ormai così leggero da
poter librarsi nel
cielo, ma quando le gambe cedettero a causa della stanchezza,
capì subito di
non essere in grado di raggiungere l’ospedale a piedi. Ci
mise qualche minuto a
chiamare un taxi, ma ne valse la pena: l’ospedale distava
solamente un quarto
d’ora dall’angolo della strada in cui si trovava.
Era
seduta alla sua scrivania quando Derek le si avvicinò quel
pomeriggio,
offrendole un pacchetto di gallette che lei gentilmente
rifiutò.
«Da
quant’è che non mangi qualcosa?» le
chiese preoccupato il collega, quasi
rimproverandola.
«Non
ho fame» rispose Sindy di rimando, allontanandosi e
raggiungendo il corridoio
ormai vuoto.
«Ho
delle faccende da sbrigare» mormorò, come
giustificandosi.
«Ho
sentito i genitori di Rickard questa mattina» la
fermò l’uomo appena in tempo,
«l’ospedale
dice che forse il sangue non basta». La vide bloccarsi e
impallidire improvvisamente.
Il collega le spiegò che probabilmente i medici dovevano
richiederne altro, ma
non si sapeva quanto tempo ci avrebbe impiegato ad arrivare.
«Non
sopravvivrebbe senza altro sangue» dichiarò Derek
sconsolato, appoggiandosi a
uno degli ampi tavoli dell’ufficio. Poi la vide fuggire via e
riuscì chiaramente
a immaginare quale fosse il suo obiettivo.
Quando
la giovane vide il medico sfilarsi il camice, spalancò la
porta del piccolo
studio come uno squilibrato che ha tutt’altro che buone
intenzioni. L’uomo fece
in tempo a vederla inginocchiarsi ai suoi piedi con le mani giunte,
supplicandolo
di prendere il proprio sangue. Comprese immediatamente di chi si
trattasse: la
vedeva tutti i giorni da una settimana, ripetendo ogni volta la stessa
routine.
Si accovacciava accanto al letto di uno dei pazienti che aveva in cura,
stringendogli la mano portandosela a una guancia, disperandosi.
Tentò
di spiegarle che non sarebbe stato semplice, bisognava assicurarsi che
fosse in
salute e che i gruppi sanguigni fossero compatibili.
«La
prego, sono una donatrice universale» rantolò
Sindy e solo in quel momento il
medico si accorse che stava piangendo. «Devo salvarlo, la
prego» lo supplicò
ancora in un singhiozzo.
Le
lacrime sembravano tracciare una scia di fuoco sulle sue guance.
«Lei
è chiaramente sotto peso, signorina»
asserì l’uomo, «non posso accettarlo, mi
dispiace» terminò duramente. Fece per
allontanarsi, quando sentì due tenaglie
stringergli forte le caviglie, rischiando di farlo ruzzolare
all’indietro.
«Per
favore!» gridò la donna con voce tremante. Il suo
petto si alzava e abbassava
aritmicamente.
«Non
posso infrangere le regole» sbraitò il medico con
aria stanca, «e ora esca dal
mio ufficio!».
La
vide alzarsi lentamente a testa bassa, per poi lanciargli
un’occhiata
infuocata: «Se Rickard morirà sarà
soltanto colpa sua!» sibilò la ragazza, i
capelli arruffati e gli occhi arrossati dal pianto.
L’uomo
ebbe l’impressione di aver appena sfidato Lucifero in persona.
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Capitolo 4 *** Sono qui per te ***
Sono
qui per te
Sindy
aveva sempre avuto il sospetto che Rickard fosse omosessuale, pur non
avendo
mai avuto occasione di convalidare la propria ipotesi. Non aveva
impiegato
molto tempo a capire che ultimamente il rapporto dell’amico
con Den si era incrinato
terribilmente.
Tra
di loro si era creato un legame particolare: quando erano insieme,
apparivano
entrambi spensierati come due neonati che sperimentano il mondo per la
prima
volta. Quel giorno Sindy provò a fare qualcosa che
desiderava fare da tempo, ma
che aveva sempre evitato per lasciare all’amico il tempo
necessario per
comprendere e accettare la sua vera natura.
In
tutta risposta, lui corse via dalla stanza con le lacrime agli occhi,
allontanandosi il più possibile da quel posto e da lei. Non
desiderava altro
che fuggire lontano o magari scomparire per sempre, per non dover
sopportare i
giudizi della gente, quei commenti silenziosi che trafiggono
l’animo a
tradimento e quegli sguardi, che paiono godere profondamente nel farlo,
credendo sia giusto così.
Sindy
lasciò trascorrere un’ora, poi si
accomodò sul letto disfatto, provando a chiamarlo
al telefono.
Quando
sentì una suoneria vivace provenire proprio dalla stanza in
cui si trovava,
pensò che avrebbe dovuto immaginare che Rickard avesse
lasciato il cellulare a casa,
dove lo dimenticava sempre.
Impaziente,
decise di uscire a cercarlo, temendo il peggio. Uno scoppiettante
temporale
estivo cominciò a inumidirle i vestiti leggeri, ma
proseguì comunque in
direzione del bosco, addentrandovisi in breve tempo fin nel suo cuore.
Le
fronde degli alberi trattenevano leggermente la pioggia scrosciante,
facendola di
tanto in tanto rabbrividire, riportandole alla mente quelle stelle,
che, tempo
addietro, parevano ardere come il suo corpo sdraiato al suolo.
Inaspettatamente,
giunse a un spiazzo di pietra riparato.
Avvicinandosi,
lo riconobbe, accovacciato a terra tremante, la testa infilata tra le
gambe.
Istintivamente
gli si avvicinò, accostando il capo del ragazzo al proprio
petto, come faceva
sempre quando voleva dimostrargli il suo affetto più
sincero, posandogli un
lieve bacio sui capelli umidi e carezzando dolcemente il viso bagnato
dalle lacrime.
«Non
sei solo» gli sussurrò all’orecchio,
stringendolo più forte. Non sapeva se il
giovane avesse udito le sue parole, forse la pioggia era troppo
rumorosa per
poterglielo permettere. Lo sentì gemere leggermente in un
singhiozzo. «Sono
qui, Rickard» mormorò appoggiando la schiena alla
parete di roccia.
Osservò
le gocce di pioggia posarsi leggere sul terreno, come un’ape
su di un fiore,
abbandonandolo poi, portandone via per sempre un po’ con
sé. Non le importava
come avrebbe reagito la gente, i suoi genitori, gli amici. Lei sarebbe
stata lì
per lui e lo avrebbe protetto dalle malelingue ogni volta che ne avesse
avuto
la possibilità. L’importante era che Rickard ne
fosse consapevole, perché Sindy
sapeva bene che un solo minuto più tardi, sarebbe forse
stato troppo tardi per
dirlo.
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