La speranza non muore mai

di RyodaUshitoraITbis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le ferite del passato ***
Capitolo 2: *** Le preoccupazioni di una madre ***
Capitolo 3: *** Questioni di famiglia ***
Capitolo 4: *** La verità viene a galla ***
Capitolo 5: *** Il seme della speranza ***
Capitolo 6: *** Wilde e figlio ***
Capitolo 7: *** Il tempo dell'addio ***
Capitolo 8: *** Il passaggio nell'aldilà ***
Capitolo 9: *** Ultime volontà ***
Capitolo 10: *** Addio, Viola ***
Capitolo 11: *** Dietro lo scudo del dolore ***
Capitolo 12: *** L'ultimo addio ***
Capitolo 13: *** Un cucciolo in lutto ***
Capitolo 14: *** Speranza ***



Capitolo 1
*** Le ferite del passato ***


Capitolo I

Le ferite del passato

 

(dal punto di vista di Nick)

 

Sono seduto a bordo di un aereo. In prima classe, naturalmente. Mio figlio è seduto sul sedile alla mia destra e sta schiacciando un pisolino. Gli voglio bene; è tutto ciò che mi ricorda della mia compagna morta lo scorso anno. È stato ingiusto il modo in cui Anabel Skye se n’era andata. Aveva ricoperto l’incarico di agente federale per molti anni, perciò il pericolo aveva fatto parte a lungo della sua vita. L’ho conosciuta tredici anni fa e non aveva lasciato il ZCIS[1] neppure dopo che il suo partner era rimasto ucciso in azione. Non le piaceva molto parlare di lui, ma avevo scoperto che era un coniglio di nome Jack Savage. Avevo intuito che c’era stato qualcosa fra loro, dal modo in cui lei parlava di lui, ma non sono mai riuscito a saperne di più. Non mi era sembrato giusto chiederle ulteriori informazioni, soprattutto dopo che io e Anabel ci eravamo messi insieme. Abbiamo avuto un figlio meraviglioso di nome Robin. Ha undici anni ora, ma non ha ancora provato sulla sua pelliccia le difficoltà di essere una volpe come è successo a me quando avevo la sua età.

Anabel non se n’era andata mentre stava compiendo il suo dovere. Nessuno si aspetterebbe mai di morire mentre sta facendo qualcosa di così banale come attraversare una strada. Eppure, è così che è andata: un vecchio montone aveva superato il semaforo rosso e l’aveva investita in prossimità di un incrocio. Può sembrare una piccola consolazione il fatto che sia morta sul colpo, ma in realtà non sarebbe dovuta morire affatto. Non esistono parole adatte per casi del genere. Non ho avuto neppure la possibilità di piangere disperato mentre stringevo fra le mie zampe il suo corpo senza vita, dal momento che non ero lì al momento dell’incidente. Fortunatamente, Robin era a casa a studiare con il suo tutore. Come potete ben immaginare, ne uscimmo entrambi con il morale devastato. Ho amato profondamente Anabel.

A volte ho come l’impressione che il destino sembra provarci gusto nel privarmi di tutto ciò che amo.

Questo spiega il motivo per il quale mi trovo a bordo di un aereo diretto a una città nella quale avevo giurato di non fare mai più ritorno, dopo tutto quello che era successo quindici anni fa.

In quella città avevo provato un altro dolore; avevo perso qualcosa d’importante senza che io avessi dovuto venirne a conoscenza. O almeno, così avrebbe dovuto essere. Di norma non avrei mai ringraziato Ben per la sua passione quasi ossessiva per i pettegolezzi, ma in quell’occasione avevo dovuto ascoltare ciò che aveva da dirmi.

Lei non voleva che lo sapessi. Era evidente. Il modo in cui aveva agito era una prova lampante che la sua carriera veniva prima di qualsiasi altra cosa. A dire il vero, non ero arrabbiato per quello che aveva intenzione di fare, ma per il modo con cui aveva intenzione di pugnalarmi alle spalle. Non avrei mai immaginato che avrebbe potuto essere così sleale. Se ne avessimo parlato prima, avrei potuto capirla. Ero convinto che la nostra relazione avrebbe potuto resistere a quella prova. Ma avevo giurato a me stesso che non sarei mai più tornato alle mie vecchie, disoneste maniere; invece, lei sembrava averle prese a cuor leggero.

Quindici anni fa, diedi l’addio a Zootropolis. Non volevo farci mai più ritorno, neppure quando arrivai in Messigatto e stavo cercando di mettere insieme i pezzi del mio cervello per prendere una decisione sulla prossima destinazione. C’erano soltanto due mammiferi che sapevano dove fossi diretto. Uno era il solo amico che abbia mai avuto in vita mia: Fred Fennecson, in arte Finnick, un piccolo fennec che era stato la mia spalla per anni. L’altra era mia madre, Viola Wilde.

Mia madre è il motivo per cui sto tornando a Zootropolis, la città della perdita.

Ieri ho ricevuto una telefonata da Finnick. Mi disse che mia madre stava morendo per colpa di un tumore al cervello, incurabile e allo stadio terminale. Lo sapeva da almeno un anno, ma aveva sperato di guarire grazie alle cure mediche che stava ricevendo. Non ha mai voluto dirmelo e confesso di essermi arrabbiato con Finnick per avermi tenuto all’oscuro della cosa per così tanto tempo. Lei aveva deciso di sospendere la terapia e Finnick mi aveva chiamato per avvertirmi che i medici le avevano detto che le rimanevano al massimo altre tre settimane di vita.

Voglio molto bene a mia madre, sebbene non sia mai stato un granché come figlio. Se lo avessi saputo prima, avrei pagato qualsiasi cifra pur di fornirle tutte le cure mediche di cui avrebbe avuto bisogno.

Ma l’ho saputo troppo tardi; ora, tutto quello che posso fare è infrangere la promessa che avevo fatto a me stesso tempo addietro e tornare per dirle addio nella maniera più meritevole possibile.

Anche a costo di ritrovarmi faccia a faccia con lei.

Sono pronto.

Lo spero, almeno.

******

        Nick sospirò malinconico mentre guardava fuori dal finestrino. Il sole aveva cominciato a sorgere. Il loro viaggio stava per giungere a termine. Robin continuava a dormire seduto alla sua destra e Nick lo lasciò riposare; suo figlio ne aveva bisogno. Avrebbe dovuto affrontare due eventi importanti in un solo giorno: visitare una grande città a lui sconosciuta e conoscere per la prima volta la sua nonna paterna.

Gentili passeggeri, è il capitano che vi parla.” comunicò una voce maschile dagli altoparlanti, “Abbiamo iniziato la discesa. Le manovre di atterraggio saranno ultimate entro quindici minuti.”

Nick continuò a guardare fuori. I grattacieli del Distretto centrale di Zootropolis si ergevano maestosi alla vista, mentre il sole del mattino rifletteva i suoi raggi facendo splendere le superfici di vetro.

“Svegliati, Robin.” disse Nick mentre scuoteva leggermente la spalla del figlio.

“Siamo già arrivati, papà?” domandò la giovane volpe dopo aver sbadigliato.

“Ci siamo quasi.” rispose Nick mentre Robin si sporgeva in avanti per guardare meglio fuori dal finestrino.

“Sono cresciuto qui.” affermò Nick con un lieve sorriso. Nonostante tutto il dolore che aveva provato, conservava ancora dei ricordi felici.

La manovra di atterraggio ha avuto inizio.” annunciò il capitano. L’aereo iniziò la discesa sulla pista di atterraggio dell’aeroporto cittadino di Zootropolis, dislocato qualche chilometro a nord del Distretto di Rainforest, sul versante settentrionale della città. Mentre guardavano in basso, Nick e Robin riuscirono a scorgere le cime degli alberi e le macchine addette al mantenimento del clima tropicale e all’apporto d’acqua piovana nel distretto. L’aereo stesso fu colpito dalla pioggia mentre ultimava la manovra di atterraggio attraverso gli ampi spazi fra un albero e l’altro.

Come annunciato, l’aereo ultimò l’atterraggio e completò l’agganciamento al terminal.

Siamo arrivati all’aeroporto cittadino di Zootropolis. Vi ringraziamo per aver scelto un volo della Zootopia Airlines. Vi ricordiamo gentilmente di non dimenticare il vostro bagaglio personale al momento dell’uscita dall’aereo.

“Andiamo, figliolo.” disse Nick a Robin. Qualche istante dopo, la porta del terminal aeroportuale si aprì; le due volpi percorsero il tunnel che li avrebbe condotti al check-in e compirono i loro primi passi insieme a Zootropolis.

“I vostri passaporti, prego.” esclamò l’addetto al check-in. Nick tirò fuori i due passaporti dalla tasca interna della giacca e li consegnò all’impiegato, che li aprì dinanzi a loro.

Il primo apparteneva a suo figlio Robin e riportava i seguenti dati:

 

Robin Skye

Data di nascita: 26/06/2023

Specie: vulpes vulpes

Colore degli occhi: azzurri

Colore della pelliccia: rossa

Segni particolari: nessuno

Nazionalità: messigattese

 

L’impiegato controllò la foto presente sul documento e la scansionò. Dopodiché toccò al passaporto di Nick:

 

Nicholas Johnathan Hood

Data di nascita: 14/01/1984

Specie: vulpes vulpes

Colore degli occhi: verdi

Colore della pelliccia: rossa (naturale), nera (tinta)

Segni particolari: nessuno

Nazionalità: zootropolitana, messigattese

 

“Qual è il motivo della sua visita a Zootropolis?” domandò l’addetto al check-in dopo aver ultimato la scansione dei passaporti.

“Motivi familiari.” spiegò Nick con un tono più brusco di quanto avesse voluto.

“Motivi familiari.” ripeté l’impiegato prima di consegnare i documenti e salutare le due volpi.

******

         Oh, non ve l’ho detto? Io non sono Nicholas Piberius Wilde. Nick Wilde se n’è andato quindici anni fa, quando sono partito per il Messigatto. Per essere più precisi, ho cambiato il mio nome in Nicholas Johnathan Hood subito dopo la mia partenza. Nick Wilde era morto tre settimane prima di allora, quando qualcuna che amavo aveva deciso di piantarmi una lama nel cuore; evidentemente, il mio amore per lei non era corrisposto. Se lei mi avesse davvero amato, non mi avrebbe mentito. Non mi avrebbe colpito alle spalle in maniera così infida. Non avrei neppure dovuto ascoltare la verità dalla bocca di Ben.

Forse è meglio partire dal principio.

Tutti conoscono la storia della volpe e della coniglietta che hanno salvato la città dalla minaccia dei predatori resi selvaggi da una vice-sindaco malvagia. La coniglietta aveva convinto la volpe che poteva essere migliore di com’era, e così sono diventato il suo partner nella Polizia di Zootropolis dopo aver perpetrato per anni lo stereotipo della volpe truffaldina per le strade oscure della città. Ammetto che ero piuttosto bravo. Oh, certo, fra noi abbiamo scherzato, abbiamo riso e qualche volta abbiamo persino pianto.

Alla fine ci siamo innamorati. Ma i sentimenti che provavo per lei erano più forti di quelli che lei provava per me.

Per quale altro motivo Judy Hopps avrebbe deciso di pugnalarmi alle spalle con la decisione di abortire nostro figlio? Se non fosse stato per Benjamin Clawhauser, il centralinista del Dipartimento di Polizia di Zootropolis e amante incallito del gossip, non lo avrei mai scoperto. Mi confrontai con lei qualche tempo dopo, nel giorno in cui lei aveva fissato la pratica abortiva. Lo avevo scoperto soltanto perché avevo aperto la sua casella di posta elettronica, una cosa che non avevo mai fatto prima di allora. Ma dopo aver sentito quello che aveva avuto il coraggio di dirmi, mi ero sentito sprofondare nella disperazione più cupa.

Lei non mi aveva dato alcun motivo valido per credere che lo stava facendo per la sua carriera. So bene che aveva lavorato sodo tutta la vita per entrare in polizia. Capisco perfettamente che le avevo detto delle cose cattive e dolorose, arrabbiato com’ero per ciò che voleva farmi. La verità è che io desideravo avere un figlio, e non sapevo se un simile miracolo sarebbe accaduto di nuovo. Avrei rispettato la decisione di Judy di ricorrere all’aborto, di aspettare fino a quando saremmo stati più sicuri della nostra relazione e del nostro lavoro. E non mi sarei di certo opposto se avessi saputo che il parto avrebbe potuto pregiudicare la sua salute. Ma lei non è mai venuta da me per parlarne. Non ne avevamo neppure discusso, perché pensavamo che una volpe e una coniglietta non avrebbero mai potuto avere dei cuccioli. Ammetto che ci fu una mancanza di comunicazione da parte mia, ma lei avrebbe dovuto comunque confidarsi con me. Sarei stato contrario all’aborto, ma avrei rispettato la sua decisione se solo lei non si fosse comportata in maniera così subdola, infima e meschina. Le dissi tutto questo in preda a una rabbia cieca.

Per tutta risposta, lei mi colpì con violenza.

Non sto parlando di un semplice schiaffo. Mi diede un pugno. Con quel gesto, compresi ciò che lei pensava davvero di me.

Lei non mi aveva mai creduto. È stata tutta una finzione.

Feci i bagagli e me ne andai. Dormii nel furgone di Finnick per tre settimane, mentre mi licenziavo dalla polizia. In quel lasso di tempo, Judy aveva tentato di contattarmi, ma ero così arrabbiato e deluso che non volli ascoltarla in alcun modo. Per quanto mi riguardava, tutto quello che avrebbe voluto dirmi mi avrebbe fatto persino più male di un calcio sui denti. O di un pugno. O qualsiasi altra cosa.

Dopo essermi licenziato (il capitano Bogo non ebbe nulla da ridire a riguardo), prelevai tutti i soldi che avevo messo da parte e andai all’aeroporto. Non prima di aver detto addio a mia madre e a Finnick, naturalmente. In tutta franchezza, non avevo alcuna idea di dove andare e non sapevo neppure per quanto tempo sarei stato via, ma mi imbarcai nel primo aereo diretto a Città del Messigatto e non mi voltai più indietro.

Fino a oggi.

E per quanto riguarda la pelliccia nera e il cambio del nome? Potrei dirvi che l’ho fatto per nascondere meglio le mie tracce, ma in realtà è più una cosa da ‘nuovo me stesso’. Come ho già detto, Nicholas Piberius Wilde scomparve quel giorno. Nonostante tutto, sono diventato il direttore generale della Hood Enterprises, una piccola società di successo specializzata nell’industria dell’intrattenimento e nella costruzione di parchi di divertimento; non sono così difficile da rintracciare, insomma. Eppure, a Judy non è mai importato. Si è semplicemente arresa. Non che m’importi, ora. Finché ha fatto quello che ha fatto, nel mio cuore c’era posto solo per lei. Per molto tempo non sono riuscito a fidarmi più di nessuno, fino a quando ho conosciuto Anabel. Solo lei e Robin sono riusciti a rimettere insieme i pezzi del mio cuore infranto.

******

         Nick sospirò tristemente dopo essere uscito dall’aeroporto e aver chiamato un taxi.

         “Tutto bene, papà?” domandò Robin. Nick lo guardò e abbozzò un sorriso forzato.

“Sì, sto bene.” rispose alla fine.

Non appena arrivò il taxi, Nick aprì la portiera e fece entrare Robin per primo. L’autista scese dal mezzo e aprì il bagagliaio per consentire a Nick di mettervi le poche valigie che aveva portato per il viaggio. Dopo aver chiuso il portello posteriore, Nick lanciò un’ultima occhiata al terminal dell’aeroporto ed entrò nel taxi.

“Dove volete che vi porti?” domandò il cavallo addetto alla guida del mezzo.

“Al 1955 di Cypress Grove Lane, nel Distretto di Rainforest.” rispose Nick.



[1] Acronimo per Zootopia Criminal Investigation Service.



Note dell’autore: Gentili appassionati di Zootropolis, rieccomi con una nuova storia. Anzi… con la traduzione di una nuova storia!

Ebbene sì, il vostro amico Dario ha deciso di tradurre un’altra fanfiction, intitolata Grief's Reunion e scritta in inglese a opera di Giftheck, un disegnatore e scrittore di fanfiction britannico; egli mi ha gentilmente dato il permesso di pubblicare la mia traduzione della sua storia e spero vivamente che anche voi possiate apprezzarla quanto il sottoscritto.

Come dichiarato dallo stesso autore, questa storia trae ispirazione da I Will Survive, l’ormai celebre e controversa storia a fumetti realizzata dall’artista brasiliano William Borba; tuttavia, contrariamente alla mia precedente fanfiction intitolata La via del perdono, essa si sviluppa in una linea temporale totalmente diversa. È ambientata nella Zootropolis del 2034, ben diciotto anni dopo gli eventi del film e quindici anni dopo le vicende di I Will Survive. Se siete arrivati fin qui, avrete senz’altro compreso che in questa storia Nick è una volpe di cinquant’anni che si ritrova ad affrontare i demoni del suo passato dopo essere riuscito a rifarsi una vita all’estero, mentre Judy… beh, scoprirete che cosa le è successo nel prossimo capitolo!

Come è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:

Pagina DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/

Capitolo I di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-1-Trust-682527260

Storia completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501

 

Questo è quanto. Vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e vi auguro una buona lettura. A presto!


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Capitolo 2
*** Le preoccupazioni di una madre ***


Capitolo II

Le preoccupazioni di una madre

 

(dal punto di vista di Judy)

 

Sapete cosa mi piace di questo lavoro?

Assolutamente nulla.

Sono una coniglia di quarantadue anni, non ho un compagno e sono il capitano del Dipartimento di Polizia di Zootropolis. Anni fa, tutto ciò che desideravo era fare la differenza. Cambiare le cose. Rendere il mondo un posto migliore. Sono sempre stata più brava a fare il mio lavoro per le strade piuttosto che bloccata dietro una scrivania.

Eppure, eccomi qua. Sono a capo del Distretto in cui diciotto anni prima ho iniziato a lavorare come ausiliaria del traffico costantemente messa sotto torchio dai suoi superiori.

Ora tutto questo non ha più alcun senso.

Okay, non è del tutto esatto. E neppure giusto. Ma ho trascorso molti anni a tentare di correggere gli errori che ho commesso in passato.

Sulla scia della partenza di Nick, ho fatto tutto il possibile per tentare di rintracciarlo in modo da potergli spiegare tutto. Non sono orgogliosa del modo in cui ho fatto precipitare le cose. Aveva avuto ragione: avrei dovuto parlare con lui. Ma era andato troppo oltre con quello che mi aveva detto quel giorno. Avevo intuito che fra noi si era come spezzato qualcosa d’importante. Volevo disperatamente sistemare tutto e rimettere a posto le cose. Non era stata la prima volta in cui Nick si era allontanato da me, eppure non sono stata capace di rintracciarlo; sembrava sparito dalla circolazione. Sua madre e il suo amico Finnick si sono rifiutati categoricamente di dirmi dov’era diretto.

Dal momento che ero troppo sconvolta dopo il litigio con Nick, dovetti spostare l’appuntamento per la pratica abortiva di qualche giorno. Non riuscivo né a dormire né a mangiare in modo adeguato. Probabilmente tutto questo avrebbe potuto uccidere il cucciolo che portavo in grembo. In ogni caso, decisi di fissare un nuovo appuntamento per l’operazione.

E accadde l’impensabile.

******

Qualcuno bussò alla porta.

“Avanti.” Judy staccò lo sguardo dalla sua scrivania e si tolse gli occhiali da lettura. La porta si aprì e l’agente Stan Fangmeyer entrò nell’ufficio. Di solito la tigre aveva sempre un’aria divertita stampata sul volto, ma non questa volta. Dietro di lui c’era…

Non è facile descrivere il mammifero in sua compagnia. Aveva la pelliccia di un marrone chiaro. Un paio di occhi color lavanda come quelli di Judy. Un paio di orecchie appuntite come le sue, ma più corte. Un muso allungato. Aveva una corporatura più alta e dinoccolata. Indossava un paio di jeans e una maglietta, con una giacca appoggiata sulle sue spalle.

Aveva stampata sul volto un’espressione arrabbiata, tipica di chi ce l’ha con sé stesso per essere stato colto con le zampe nel sacco.

Di nuovo.

“Grazie, agente Fangmeyer.” esclamò Judy con un sospiro rassegnato. “Puoi lasciarci soli per un momento?”

“Certo, capitano.” Fangmeyer lasciò la stanza dopo aver chiuso la porta dietro di lui. Judy si alzò dalla poltrona e si avvicinò al giovane mammifero, nonostante fosse costretta ad alzare lo sguardo per fissarlo negli occhi. Incrociò le zampe e lo fissò severamente.

“Allora?” domandò Judy.

“Allora cosa?” esclamò l’interrogato di rimando.

“Non rispondermi in questo modo!” lo sgridò Judy con un tono tagliente. “Dimmi che hai combinato questa volta. Hai rubato qualcosa? Sei rimasto coinvolto in una rissa? Non hai la pelliccia arruffata e non hai le manette ai polsi, perciò dimmi che non hai fatto nulla di illegale, per favore!”

“Perché ti interessa?” chiese il giovane mammifero in un impeto di ribellione. “Forse ti sto mettendo in imbarazzo, capitano?”

“Mi interessa perché sono tua madre, Nicholas!”

******

         Ebbene sì, sono una madre. E lui è… beh, nessuno è mai riuscito a capire come chiamare questo miracolo della genetica. Alcuni lo hanno definito ‘voniglio’ o ‘conilpe’. Due termini più appropriati potrebbero essere ‘leponide’ o ‘caniride’. In realtà, neppure i medici che lo hanno fatto nascere e che si sono presi cura di lui nelle prime ore di vita avevano avuto idee precise a riguardo.

Comunque sia, Nicholas Hopps è il figlio che avevo provato a non far nascere. Ammetto di esserci andata vicina. Ma quando ero in ospedale, avvenne qualcosa. Non so spiegare che cosa sia successo, ma fui vittima di un violento attacco di panico. Più tardi il dottore mi disse che, in qualche modo, il cucciolo che portavo in grembo aveva provocato un incremento dell’attività ormonale nel mio corpo. Disse anche che, a causa dell’accresciuta condizione di stress, non sarebbe stato prudente procedere con la pratica abortiva finché non avessi avuto la certezza che attacchi simili non si sarebbero ripetuti. I conigli hanno un battito cardiaco estremamente accelerato e il dottore temeva che la tensione causata dall’intervento, insieme all’avvenuto episodio di panico, avrebbe potuto causarmi un arresto cardiaco.

Non ci avevo mai neppure pensato.

Non so se sia stato proprio quell’episodio a farmi cambiare idea, o il fatto che la mia famiglia da Bunnyburrow sia riuscita a convincermi. Forse, in qualche modo, il mio cucciolo non ancora nato aveva capito cosa stessi per fare ed è riuscito a fermarmi. Probabilmente è stato l’effetto combinato di tutte e tre le cause.

Lui è un sopravvissuto.

Lui fa parte della famiglia Hopps.

Ed è mio figlio. Nostro figlio.

******

“Hai quattordici anni, per l’amor del Cielo.” esclamò Judy esasperata con le zampe incrociate. “Non m’importa nulla del fatto che tu possa mettermi in imbarazzo nella mia posizione; sono preoccupata per l’aspetto della tua natura di volpe.”

Judy si appoggiò sulla scrivania.

“Ho cercato in ogni modo di comprenderlo.” esclamò la coniglia, “Ho cercato di convincerti ad aprirti con me e a confidarti su quello che ti passa per la testa. Se continui così, finirai in galera.”

O peggio.

“E sarai proprio tu a sbattermi dentro? Bella madre che sei.” la provocò Nicholas in tono canzonatorio sul punto di andarsene.

“Torna indietro, Nicholas. Non abbiamo ancora finito.” ringhiò Judy.

Nicholas tirò fuori uno sbuffo dal naso e tornò sui suoi passi. “Che cosa hai intenzione di fare? Mettermi in punizione?” domandò beffardo.

“Farò di peggio.” esclamò Judy in tono accigliato. “Ti manderò da tua nonna.”

Dopo aver udito quelle parole, gli occhi di Nicholas si alzarono leggermente.

******

Nicholas sa bene che non avrebbe mai potuto scherzare con sua nonna Bonnie. Non chiedetemi come faccia, ma è in grado di incutere il timore di Dio anche nel cuore del mammifero più spavaldo. Non ha esitato a farlo con papà le poche volte in cui aveva oltrepassato il segno.

Il suo comportamento è peggiorato da quando avevamo saputo che l’altra sua nonna stava morendo. Lo so, lo so: perché non ho interrotto ogni legame con i Wilde dopo quello che era successo? Che mi piacesse o no, Nicholas è anche suo figlio e aveva il diritto di conoscere i suoi nonni paterni. O, per meglio dire, sua nonna.

Nick non aveva mai voluto dirmi cosa fosse successo a suo padre. Era sempre stato un argomento scottante e Nick aveva sempre cambiato discorso. D’altro canto, sua madre è la volpe più dolce che io abbia mai conosciuto. Nonostante i suoi… problemi di comportamento… Nicholas aveva avuto modo di conoscerla bene negli ultimi anni.

Da quando aveva appreso delle condizioni di Viola, Nicholas era diventato più cupo. Questo perché lei non riusciva più a ricordare chi fosse. Eppure lui continua a fare visita a casa sua, nella vana speranza che la sua presenza potesse in qualche modo allontanare il male che la stava consumando.

Si fida di lui perché si comporta come Nick quando aveva la sua età. Tale padre, tale figlio. È un ricordo doloroso.

Mi manca?

Sì, mi manca da morire.

Ma sono anche arrabbiata per il modo in cui mi ha lasciata.

I cinici all’esterno potrebbero domandarsi se tutto ciò che mi importava fosse far estorcere denaro a Nick per il mantenimento di Nicholas. Francamente, non mi è mai interessato. Non ho mai preteso un solo centesimo da Nick. Ma mi sarebbe piaciuto fargli sapere chi fosse suo figlio. Con l’influenza di una figura paterna, Nicholas sarebbe cresciuto in maniera molto diversa. In fondo, Nick sapeva bene come comportarsi di fronte alle avversità della vita. Avrebbe potuto aiutare Nicholas a superare i momenti difficili che stava passando.

Nick non è qui per aiutarci, in ogni modo. Avrei dovuto confrontarmi con lui, invece di agire alle sue spalle come ho fatto. Dopo tutto quello che avevamo passato, è come se fossi tornata al giorno in cui ci eravamo conosciuti.

Non dimenticherò mai il dolore che ho visto nei suoi occhi. Neppure il sangue che colava dalla sua bocca nel punto in cui l’avevo colpito.

Non ho mai avuto modo di scusarmi per quello che gli avevo fatto. Non mi sarei mai permessa di fare una cosa del genere, ma ero spaventata e quando siamo in preda al panico, tutti noi facciamo delle cose che non ci sogneremmo mai di fare.

Eppure non avrebbe mai dovuto dirmi le cose che mi ha detto. E non se ne sarebbe mai dovuto andare.

Sono successe un sacco di cose che non sarebbero mai dovute succedere. Eppure, è così che sono andate le cose. Perciò, eccomi qui, a capo del Distretto Uno dopo che Bogo aveva accettato la promozione a commissario e con un figlio indisciplinato che assomiglia più a suo padre di quanto vorrei.

******

“Senti…” iniziò Judy, “lo so che è difficile.”

“No, non lo sai.” protestò Nicholas.

“Che cosa?”

“Non lo sai affatto!” ripeté Nicholas alzando il tono della voce, “Tu non sei lo scherzo della natura che non sarebbe mai dovuto venire al mondo!”

“Non sei uno scherzo della natura!” ribadì Judy colta alla sprovvista da quell’ammissione.

“Oh, davvero? Come mi definiresti, allora? Non sono una volpe e neppure un coniglio. Ho provato a essere entrambi. Sai come mi hanno chiamato alcuni miei cugini l’ultima volta che mi hai mandato a casa di nonna Bonnie e nonno Stu? ‘Mostro! Scherzo della natura! Fenomeno da baraccone! Abominio! Non saresti mai dovuto nascere!’ Tu non sai come mi sono sentito perché sei troppo impegnata nel tuo lavoro!”

“Ci ho provato, Nicholas! Ho provato a essere lì per te!”

“Il tuo lavoro non te lo ha permesso.”

“No, sei stato tu!” protestò Judy puntando un dito contro suo figlio, “Come avrei potuto essere lì per te quando tu stesso non me lo hai permesso?!”

Nicholas aprì la bocca per ribattere, ma preferì lasciar perdere. Judy gli si avvicinò e appoggiò le mani sulle sue spalle.

“Io sono tua madre.” disse, “Tu vieni prima di tutto e tutti, non importa quello che faccio qui dentro. Ho provato a essere lì. Ma tu sei chiuso in te stesso proprio come lo era tuo padre.”

Nicholas sbuffò contrariato.

“E quando avrò modo di sapere qualcosa di più su di lui? Mi hai detto che se n’è andato prima che io nascessi, ma ho anche saputo che voi due avete avuto un litigio. Ho sentito queste voci l’ultima volta che sono stato a Bunnyburrow.”

“È… è complicato. Un giorno ti dirò ogni cosa, ma ora sei troppo…”

“Troppo giovane e troppo litigioso.” concluse Nicholas con parole che aveva già sentito.

“Mi dispiace, figliolo.” esclamò Judy, “Credimi. Lo so che è per te è ancora più difficile da quando hai capito che nonna Viola sta…”

Nicholas preferì distogliere lo sguardo.

******

Ho fatto del mio meglio. Non è facile essere una madre single, alle prese con un figlio indisciplinato e con i doveri che ho in qualità di capitano del Corpo di Polizia di Zootropolis. Sono sola fin dal giorno in cui Nick se n’è andato. Eppure, ho provato a uscire con altri mammiferi. Nicholas aveva bisogno di una figura paterna nella sua vita e, per quanto mi sia guardata attorno, non sono riuscita a trovare nessuno in grado di ricoprire quel ruolo. Alla fine, ho fatto l’unica cosa che avevo giurato di non fare mai più dopo la partenza di Nick.

Mi sono arresa.

Perciò, eccomi qua. Sono la poliziotta più anziana del Distretto a parte il commissario Bogo, sono una madre e, se non fosse per mio figlio, sarei terribilmente sola. È così. In momenti come questo, mi sento più sola che mai. Riesco solo a immaginare come Nicholas debba sentirsi in questi momenti.

A volte la solitudine mi fa provare una grande rabbia dentro. Sono arrabbiata con Nick per avermi lasciata. Sono arrabbiata con me stessa per averglielo permesso. Sono arrabbiata per non averci provato abbastanza. Sono arrabbiata per aver fatto precipitare le cose in questo modo. Eppure, è così che è andata.

Non appena Nicholas ha lasciato l’ufficio, torno alla mia scrivania, apro uno dei cassetti e tiro fuori una bottiglia di whisky. Non sono abituata a bere e non è neppure una cosa che faccio spesso, ma quando capisco che le cose stanno per diventare troppo complicate per me, non riesco a trovare un’alternativa migliore.

Non questa volta, però. Ripongo la bottiglia nel cassetto, lo chiudo a chiave, mi alzo dalla sedia e vado a guardarmi nello specchio a parete che ho in ufficio.

Ho quarantadue anni, ma a volte sembra che ne dimostri almeno dieci di più. Di certo mi sento così.

******

Il cellulare di Judy vibrò. Fece ritorno alla scrivania e lo afferrò. Era un messaggio da parte di Nicholas:

Sto andando a casa di nonna Viola. Vienimi a prendere quando hai finito.



Note dell’autore: Rieccomi a voi con il secondo capitolo!

Se siete arrivati fin qui, avete capito che la Judy Hopps di questa storia è una coniglia di quarantadue anni che è riuscita a salire di grado fino a sostituire Bogo in qualità di capitano del Corpo di Polizia di Zootropolis; tuttavia, si è ritrovata con una vita sentimentale pressocché inesistente e ha dovuto crescere da sola un figlio che, senza la guida di una figura paterna, è venuto su indisciplinato e pieno di dubbi sulla sua identità. Inoltre, nella linea temporale di questa fanfiction gli eventi di Born To Be Alive non si sono mai verificati, per cui Judy non ha potuto procedere con l’aborto e non ha mai conosciuto Shay. Spero di essere stato chiaro!

Come è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:

Pagina DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/

Capitolo II di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-2-Chief-Concern-682547666

Storia completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501

 

Questo è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e vi auguro una buona lettura. A presto!


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Capitolo 3
*** Questioni di famiglia ***


Capitolo III

Questioni di famiglia

 

(dal punto di vista di Nick)

 

Il taxi si fermò in Cypress Grove Lane. Nick alzò lo sguardo sulla casa condominiale in cui era cresciuto. L’appartamento era situato all’interno di un gigantesco ceppo d’albero artificiale. Le pareti che si intravedevano attraverso le ‘radici’ erano dipinte di un verde sbiadito e il complesso aveva degli ingressi a livello della strada per gli appartamenti posti al piano terra, ciascuno dei quali aveva un piccolo portico. Nick fissò la porta d’ingresso della casa che aveva il numero civico 1955. La casa stessa era una delle più spaziose del complesso ed era composta da tre camere da letto, una cucina e un soggiorno. Nick ricordava che una delle camere era utilizzata da suo padre – quando era ancora vivo – come studio dove poteva lavorare ai suoi abiti senza essere costretto ad andare a Happytown o alla sua sartoria.

Molti ricordi erano legati a quel posto. Nick si chiedeva se sua madre, a distanza di quindici anni dall’ultima volta in cui era stato lì, avesse riverniciato e sostituito la sgargiante carta da parati del corridoio, che lo aveva ironicamente ispirato nella scelta di indossare sempre camicie a manica corta in stile pawaiano quando era più giovane.

“Tu abitavi qui, papà?” domandò Robin.

“Sì, figliolo.” rispose Nick, “Ho vissuto qui per molto tempo.”

******

Perché ci ho messo così tanto a tornare qui? Certo, parlavo con mia madre al telefono tutti i weekend e le spedivo lettere e cartoline. A volte, quando Finnick mi diceva che era in difficoltà economiche, le mandavo anche del denaro. Le ho anche proposto più di una volta di venire a trovarmi in Messigatto, ma lei aveva sempre rifiutato.

Avrei dovuto infrangere la mia promessa tempo fa.

So bene di non essere stato un granché come figlio. Dovrò vivere il resto dei miei giorni con questo rimorso.

Sono titubante: mamma vorrà davvero rivedermi? Sarà delusa? Che cosa devo aspettarmi?

******

Nick pagò la corsa e uscì dal taxi, prima di prendere i bagagli. Fissò il complesso ancora una volta.

“Cosa c’è, papà?” domandò Robin.

“Andiamo.” esclamò finalmente Nick. Aprì di scatto il cancello che separava il complesso condominiale dalla strada con una zampa e attraversò il portico con Robin al seguito. Diede una rapida occhiata a un vaso sotto il portico, vicino al cancello d’ingresso. Quando era cucciolo, Nick teneva nascosta una chiave sotto quel vaso, da usare nei casi di emergenza. Nick si domandò se quella chiave fosse ancora lì in modo da poterla usare per aprire la porta, ma non gli sembrò la cosa migliore da fare e preferì posare a terra la valigia e suonare il campanello.

Nick riuscì a scorgere del movimento. Sembrava che la figura dietro la porta si muovesse in modo traballante. La coda di Nick toccò terra e le sue orecchie si appiattirono sulla sua testa in previsione del peggio.

La porta si aprì e apparve la figura di un’anziana volpe di sessantasette anni. La sua pelliccia si era ingrigita e indebolita. I suoi occhi erano arrossati. Le sue zampe tremavano leggermente.

“Sì?” domandò con gli occhi fissi su Nick.

“Ciao, mamma. Sono a casa.”

******

 Sembrava malata. Molto malata, intendo. Non credevo che mangiasse in modo adeguato: era più magra rispetto all’ultima volta che l’ho vista. Il senso di colpa aveva iniziato a tormentarmi di fronte a quella vista. Le sue zampe tremavano, a dimostrazione del fatto che la malattia aveva preso il controllo del suo sistema motorio. I suoi occhi sembravano piuttosto malridotti e mi domandavo se riuscisse a vedermi. Mi ricordai che la mia pelliccia nera avrebbe potuto rendere le cose più complicate per lei. Per fortuna la tinta non era permanente: qualche doccia e sarei tornato al mio vecchio colore naturale.

Non appena la sua voce tremante si fece sentire, abbandonai quei tristi pensieri.

******

“… Nicholas?” chiese Viola strizzando gli occhi, “Nicky?”

Nick sorrise, sebbene potesse sentire le lacrime inumidirgli gli occhi. Sebbene stentasse a crederci, Viola si avvicinò e si aggrappò a lui. Quindi lo strinse a sé in un abbraccio caloroso.

“Nicky! Sei a casa!” disse l’anziana volpe mentre bagnava di lacrime la giacca di Nick, “Sei tornato…”

“Mi dispiace solo che sia avvenuto in questo modo.” rispose Nick mentre ricambiava l’abbraccio con cautela, come se avesse paura di farle male.

Dopo qualche istante, Viola si staccò da Nick e iniziò a guardare Robin, il quale era rimasto timidamente in disparte. Viola lo guardava come se lo avesse già visto da qualche parte, ma non riusciva a ricordare.

“Mamma, lui è mio figlio Robin.” disse Nick nella speranza che il suo tono calmo potesse aiutarla a ricordare. Viola si accovacciò leggermente e un sorriso caldo ma forzato comparve sul suo volto.

“Ciao, Robin.” esclamò Viola con le braccia allargate in attesa di un abbraccio. Robin sembrava titubante, ma una leggera spinta di suo padre lo convinse a fare un passo avanti e a lasciarsi avvolgere dall’abbraccio della nonna. Viola lo abbracciò forte, come se non avesse mai visto un cucciolo prima di allora. Robin sembrava un po’ spaesato mentre riceveva quelle attenzioni.

Viola lo lasciò andare e si alzò goffamente in piedi. Dopodiché entrò in casa.

“Non restate impalati in veranda, voi due. Entrate.” disse sorridendo debolmente. Nick prese la valigia e Robin lo seguì. Mentre si affiancava a sua madre, Nick le appoggiò la zampa sulle spalle, con un gesto che voleva essere gentile e rassicurante.

******

Mi dice cose che già sapevo: sta soffrendo così da un anno. Nel suo tipico stile, non mi aveva detto nulla perché non voleva che mi preoccupassi. Aveva iniziato a capire che la sua salute stava peggiorando quando veniva colpita da violenti mal di testa che le facevano vedere le cose in maniera oscura e sfocata. Poi erano cominciati i tremori e l’instabilità motoria. Nei momenti peggiori, mamma mi confida da non riuscire più a ricordare le cose. Era andata da un dottore e si era sottoposta a una serie di esami clinici.

Sono un po’ arrabbiato con Finnick per non avermelo detto prima. Era chiaro che sapeva tutto, ma mamma mi confidò che gli aveva chiesto di non dirmi nulla a meno che le cose non si fossero aggravate. Finnick ha sempre avuto un occhio di riguardo per lei.

Mi dice che nell’ultimo anno riceve aiuto in casa da un giovanotto che viene a trovarla regolarmente. Come è nella mia natura sospettosa, nutro subito dei seri dubbi sulle intenzioni di quel giovane mammifero non ancora conosciuto. Mi dice che fa difficoltà a riconoscerlo, ma sapeva che aveva la pelliccia di color ruggine come quella di una volpe, ma che era troppo basso per una volpe della sua età. Aveva ipotizzato che facesse parte di qualche specie particolare. Ma per lei non era importante: Finnick veniva a trovarla ogni volta che poteva, e quando lui non poteva esserci, questo giovane sconosciuto le faceva compagnia e svolgeva quelle faccende che mamma non poteva più fare per colpa della sua invalidità fisica.

Le chiedo perché non ha voluto dirmi nulla. Seriamente.

Mi ha detto che dovevo condurre la mia vita e che sapeva che questa città mi aveva causato troppi ricordi dolorosi. Non voleva essere un peso per me.

Troppo tardi. Ho il dovere di assistere mia madre, colei che mi ha cresciuto al meglio delle sue possibilità senza il supporto di mio padre, nelle ultime settimane che le restano prima che il tumore decida di portarla via da me per porre finalmente fine alla sua sofferenza.

Almeno ha potuto conoscere personalmente suo nipote. Spero davvero che la malattia non sia crudele al punto di portarle via questo ricordo, perché era palese che l’aveva già derubata di così tanti momenti, compresi quelli in cui aveva parlato ed era stata in contatto con Robin.

******

“Nicky… il nero non ti si addice per niente.” confessò Viola.

Nick abbozzò un sorriso.

“Ti riferisci alla pelliccia? Oppure al completo?”

“A entrambi.” rispose Viola, “Per quanto fossero sgargianti quelle camicie che indossavi, almeno erano colorate. Sembri vestito per un funerale.”

“Forse lo sono.” ammise Nick.

“Non il mio, spero.” esclamò l’anziana volpe, “So che sta arrivando la mia ora, ma non voglio ancora che tu mi pianga. Desidero essere ricordata per come ero ai vecchi tempi. E quella tintura nera sulla tua pelliccia è orribile. Sei molto più bello nel tuo colore naturale.”

Nick non seppe come replicare, ma poteva sentire le sue orecchie arrossarsi leggermente.

“Tuo figlio…” continuò Viola mentre guardava suo nipote, “Ah, non sarò più in grado di vederlo bene, ma posso affermare che ha il tuo stesso sguardo. Non i tuoi occhi, però. Sua madre aveva gli occhi azzurri?”

“Era una volpe artica.” rispose Nick. Generalmente le volpi artiche hanno gli occhi azzurri.

“Era?” esclamò Viola fermandosi per un istante. Nick la guardò sconsolato: sua madre avrebbe dovuto sapere che Anabel era una volpe artica. Nick le aveva parlato di lei in passato. Era un altro segno evidente che il tumore stava inesorabilmente divorando la sua memoria.

“È forse qualcosa che avrei dovuto sapere?” domandò Viola intuendo l’espressione di Nick attraverso i suoi occhi resi offuscati dalla malattia, “Mi dispiace tanto, Nicky.”

“Non ha importanza, mamma.” disse Nick scuotendo la testa nel tentativo di ricacciare indietro le lacrime.

Viola rimase silenziosa per qualche minuto, prima di riprendere la conversazione.

“Non ti sei ancora visto con quella coniglia?” chiese, “Ho dimenticato il suo nome… Julia? Julia Potts?”

Il volto di Nick s’incupì leggermente, ma sapeva che non avrebbe dovuto far capire a sua madre che la sua domanda lo aveva scosso.

“No, mamma.” rispose, “Ci siamo lasciati, ricordi? È per questo motivo che me ne sono andato.”

“Ah, giusto.” annuì Viola, “Uhm… che cosa ha fatto questa volta?”

Nick spostò lo sguardo su Robin. Meno cose sapeva a proposito di Judy Hopps, meglio era.

“Credo sia meglio che tu non lo sappia.” rispose Nick scrollando le spalle.

“Dev’essere stato qualcosa di terribile.” esclamò Viola, colpendo involontariamente un nervo scoperto. Nick lasciò cadere quell’argomento spinoso nel vuoto.

******

Mi offro di stare da lei. Dopo tutto, sono io che ho l’obbligo morale di assisterla; non Finnick, al quale avevo chiesto fin troppi favori, e neppure qualche estraneo raccattato per strada.

Naturalmente, mamma insiste sul fatto che non ha bisogno di un badante, ma le ricordo che io e Robin non abbiamo altro posto in cui stare. In verità potrei tranquillamente permettermi di soggiornare in qualche hotel. Detesto farla sentire in colpa, specialmente nelle sue attuali condizioni di salute, ma devo tenerla d’occhio. Alla fine riesco a convincerla e offre a me e a Robin la stanza degli ospiti, ricavata da quello che una volta era lo studio di mio padre.

Dopo esserci sistemati, preparo il pranzo per tutti. Mamma insiste sul fatto che sono ospite in casa sua, ma come potrei lasciare che si sforzi così? Perciò, la tengo fuori dalla cucina e le chiedo di tenere compagnia a Robin. Riesco a sentirli mentre giocano a carte in soggiorno.

Ad un tratto, sento aprirsi la porta d’ingresso. Dopo tutto, la cucina è collegata direttamente al corridoio. Non so se la mamma e Robin lo abbiano sentito, ma io sì. Pertanto, mi dirigo verso la porta e vedo un giovane mammifero, che non avrà più di quattordici anni, davanti al portone della casa di mia madre, con la chiave in mano. Il vaso doveva essere stato spostato. È chiaro che sa bene che la chiave era sotto di esso.

Non saprei proprio come descriverlo. Indossa un paio di jeans, una maglietta e un giubbotto marrone. La sua pelliccia è di un colore marrone chiaro e le sue orecchie hanno la punta di un marrone scuro, esattamente come le mie. Il suo muso è palesemente più corto del mio, ma il suo naso è, come dire… come quello di una volpe. Le sue orecchie sono piuttosto curiose: sono più lunghe rispetto a quelle di una volpe e sono appuntite. I suoi occhi sono di un color lavanda, dettaglio decisamene insolito per un canide.

******

Con una mossa fulminea, Nick annullò la distanza fra lui e il giovane mammifero prima che quest’ultimo potesse allontanarsi. In maniera tutt’altro che delicata, Nick gli afferrò le braccia e lo spinse contro uno dei pilastri della veranda.

“Chi diavolo sei? Che cosa ci fai qui?” domandò Nick, “Ti avverto: lo saprò se menti.”

“Stavo per chiederti le stesse cose!” replicò il giovane mammifero con una smorfia, mentre Nick lo teneva bloccato sul pavimento.

“Non so a che gioco tu stia giocando, ma sappi che da adesso in poi mi prenderò cura io di mia madre.” disse Nick. Il giovane ibrido spalancò gli occhi colto di sorpresa. Subito dopo, Nick si ritrovò con la zampa dell’intruso – più simile a quella di un coniglio che a quella di una volpe – contro il suo petto e fu sbalzato indietro.

Quel gesto improvviso colse Nick impreparato e il giovane mammifero poté liberarsi dalla sua presa, ma Nick si rialzò prontamente e dopo averlo agguantato, lo trascinò nuovamente a terra.

“Toglimi le zampe di dosso!” minacciò Nicholas, “Lasciami andare! Mia madre è il Capo della Polizia!”

“Non m’importa neppure se tua madre è il coniglio pasquale!” replicò Nick con un grugnito stizzito mentre gli teneva bloccate le zampe con il suo peso, “Perché hai provato a fuggire? Che cosa stai nascondendo? Se hai derubato mia madre, sappi che te la farò pagare cara!”

“Lei è mia nonna!” sbottò il giovane ibrido. Quell’ammissione lasciò Nick paralizzato sul posto.

“Io…” esclamò con il fiato corto, “Tu… puoi perdonarmi?”

“Sì, certo…” disse Nicholas mentre si metteva a sedere, “Non avevo idea di chi fossi finché non hai detto di essere il figlio di nonna Viola. Ciao, papà.”



Note dell’autore: Eccoci arrivati al terzo capitolo!

Che altro posso aggiungere… il povero Nick ha dovuto sopportare due colpi difficili da mandar giù a livello psicologico, dal momento che ha rivisto sua madre segnata dalla malattia e ha avuto un primo incontro alquanto scioccante (soprattutto per lui!) con quello che è a tutti gli effetti il suo primogenito. Ad ogni modo, nei prossimi capitoli avrete modo di assistere all’evoluzione del rapporto fra Nick e Nicholas.

Come è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:

Pagina DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/

Capitolo III di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/art/Survival-3-Family-Matters-682711031

Storia completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501

 

Questo è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e vi auguro una buona lettura. A presto!


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Capitolo 4
*** La verità viene a galla ***


Capitolo IV

La verità viene a galla

 

(dal punto di vista di Nick)

 

Non era possibile

Non poteva essere vero.

Non potevo credere che… questo giovanotto…

Sta cercando di imbrogliarmi. Deve essere così.

Perché io so che lei l’aveva fatto. Ci era riuscita. Aveva abortito.

Non poteva esserci altra spiegazione.

Dev’essere senz’altro un imbroglio. È chiaro che ho a che fare con un dilettante che non sa di non poter truffare un truffatore. O per meglio dire, un ex-truffatore.

******

Il giovane ibrido si alzò in piedi ringhiando di rabbia.

“Tu sei il codardo che ha abbandonato mia madre mentre era incinta di me.” sentenziò.

Nick era troppo scosso per abbozzare una risposta.

“Dì qualcosa!” esclamò Nicholas.

“Judy Hopps… è tua madre?” fu tutto ciò che Nick riuscì a chiedere.

“Certo che lo è!” rispose il giovane mammifero in tono annoiato mentre i suoi occhi color lavanda guardavano Nick con evidente disprezzo.

******

Allora è vero.

Riesco a scorgerlo nei suoi occhi.

Quegli occhi assomigliano molto ai suoi, non soltanto per il colore.

Quegli occhi traboccano di confusione, dolore, tradimento.

Sapevo bene cosa stava provando, perché in questo momento sto provando le stesse sensazioni.

******

“Come ti chiami?” domandò Nick.

“Perché t’interessa?” replicò Nicholas.

“Perché per me sarebbe più semplice chiamarti con il tuo nome.”

Fra i due calò un silenzio gelido. Fu Nicholas a riprendere il filo del discorso.

“Sono Nicholas.” rispose, “Nicholas Hopps. E tu sei Nick Wilde, il padre peggiore del mondo.

******

Lei gli aveva dato il mio nome? Perché? Che cosa aveva avuto in mente?

Ci penso per un istante, ma poi preferisco lasciar perdere. Non ha alcuna importanza. Ciò che conta è che Judy non sembra che gli abbia detto la verità.

Se Judy vuole giocare a questo gioco, allora ha scelto l’avversario sbagliato contro cui giocare.

E ho l’intenzione di fargli conoscere esattamente tutti i dettagli della sua nascita, nonostante tutto…

******

“Papà? Che sta succedendo?” domandò una voce tremante alle spalle di Nick. Lui e Nicholas si voltarono verso Robin, che aveva sentito tutto ed era venuto a vedere cosa stesse succedendo. Dietro di lui c’era Viola.

“È lui.” ammise l’anziana volpe, “Questo è il giovanotto che viene a darmi una mano in casa. Ma perché lo tieni bloccato?”

Nicholas sembrava completamente sbalordito dinanzi alle figure presenti dinanzi a lui; dopodiché cacciò un ringhio. Nick lo lasciò andare di colpo, come se la sua stessa pelliccia gli avesse bruciato le zampe.

“Oh, allora è così che stanno le cose, vero?” domandò Nicholas mentre Nick ritornava a prestargli attenzione.

“Hai preferito scappare e fare un figlio con qualcun’altra piuttosto che prenderti cura del figlio che hai avuto?” chiese con rabbia, “Sei patetico.”

“Tu lo sapevi?” domandò Nick a sua madre mentre cercava di tenere i suoi sentimenti sotto controllo.

“Sapere cosa, figliolo?” esclamò Viola.

“Tu sapevi che lui… chiunque fosse… è tuo nipote?” domandò Nick rivolto a Nicholas.

“No.” affermò Viola, “Hai avuto un altro figlio?”

“No. Sì. Non lo so!” rispose Nick in modo confuso, “È il figlio di Judy!”

******

Lei non aveva abortito.

Lei non era andata fino in fondo!

Come ha potuto non dirmi nulla?

Come ha potuto tenermelo segreto per quindici anni?

Era ovvio che mamma non potesse saperlo. Forse Judy non l’aveva mai più vista dopo che i suoi primi tentativi di cercarmi erano falliti. Forse mia madre le aveva ordinato di non farsi mai più vedere alla sua porta. Oppure lei lo sapeva ma il tumore le aveva portato via anche quei ricordi… non lo so proprio!

Finnick lo sapeva? Ne dubito, ma non si poteva mai sapere.

Una cosa è certa; se loro non lo sapevano, lei aveva almeno potuto dirglielo! Io lo avrei saputo. Avrei potuto cambiare idea molto tempo prima. Probabilmente avrei continuato a odiarla per quello che aveva fatto, ma sarei tornato per lui e in un mondo ideale, noi due avremmo potuto passarci sopra per il suo bene.

******

Nick tirò fuori il cellulare e chiamò Finnick.

Ehilà, Nick. Sei tornato?” esclamò Finnick.

“Tu lo sapevi?” domandò Nick.

Sì, sapevo che tua madre stava morendo, ma lei mi ha chiesto di non dirti…

“Non sto parlando di quello! Sapevi che Judy aveva avuto il cucciolo?”

Per qualche istante non si udì alcun suono dall’altro capo della conversazione.

Merda… sei sicuro?” disse Finnick.

“Lo sto guardando in questo istante!” gridò Nick, “Dimmi che non lo sapevi!”

Accidenti, Nick!” replicò Finnick, “Mi fa piacere sentire che quindici anni non hanno offuscato la tua diffidenza nei confronti dei tuoi amici! No, non lo sapevo! Non ho visto il Giocattolino per quindici anni, e una volta che te ne sei andato, la Grande Famiglia mi ha tagliato fuori, perciò non ho potuto sapere nulla neppure da loro! E sai bene che io non mi fido mai delle notizie che circolano; anche se me lo fossi trovato davanti, non avrei mai potuto riconoscerlo!

Nick emise un cupo brontolio.

Che cosa hai intenzione di fare?” domandò Finnick.

“Non lo so, Fin.” rispose Nick mentre si teneva una zampa sulla testa, “Non lo so proprio.”

… D’accordo. Beh, lascerò tutto a te.” disse Finnick, “Ma se dovessi avere bisogno di me… sai dove trovarmi.

La conversazione terminò e Nick restò a fissare la schermata del dispositivo.

“Non è possibile che tu me lo abbia tenuto segreto… per quindici anni.” disse Nick, “Ho bisogno di risposte.”

Nicholas restava immobile a fissare Nick con disprezzo.

“Non vuoi parlare? Benissimo.” disse Nick mentre si avvicinava a Nicholas, dopo che quest’ultimo si era alzato da terra, “Mamma, torna dentro.”

“Oh.” esclamò Viola, “Beh… ecco…”

“Per favore, mamma.” disse Nick, “Non so se le cose peggioreranno oppure no, ma preferirei che tu non sia qui a guardare.”

“Vuoi che dia un’occhiata a Robin?”

“No, mamma.” esclamò Nick scuotendo la testa, “Non è che io non ti creda, ma…”

“La mia memoria non funziona più come dovrebbe e sono debole.” disse Viola accigliata, “Ho capito.”

“Non era questo che intendevo, mamma.” confessò Nick.

Viola emise un debole sospiro dalle narici.

“Fai ciò che pensi sia giusto, figliolo.” disse l’anziana volpe sul punto di andare, ma Nick le si parò davanti.

“Ti voglio bene, mamma.” disse Nick tenendole le spalle, “Qualunque cosa accada, ricordatelo.”

Viola diede un breve abbraccio a suo figlio, dopodiché Nick la lasciò andare e la vide tornare in soggiorno. Una volta che si era chiusa la porta, tornò da Nicholas.

“Dobbiamo chiarire la situazione, qui.” disse Nick.

“Non ho nulla da dirti.” rispose Nicholas.

“D’accordo.” affermò Nick, “Abbiamo molte cose da dirci, e sono noto per essere un gran parlatore bravo ad avviare discorsi, quando sono in vena. Ora ti chiederò una cosa.”

Nicholas continuava a essere chiuso nel suo silenzio.

“Ascoltami bene.” disse Nick, “Le cose saranno più semplici se tu mi aiuterai. Pensi che io sia un codardo? Allora dammi l’occasione per dimostrarti che hai torto.”

“… che cosa vuoi da me?”

“Il numero di cellulare di tua madre.” rispose Nick, “Immagino che l’abbia cambiato. Io avrei fatto così. In questo modo potrai sentirci entrambi. Naturalmente, potrei andare al Distretto Uno e parlare direttamente con il capitano. Ma il piano che ho in mente faciliterà le cose a tutti noi.”

******

Confesso di non sapere se quello che sto facendo sia una buona idea oppure no. Ma penso che sia venuto il tempo che io abbia un nuovo incontro faccia a faccia con Judy.

Non mi aspettavo che Nicholas mi avrebbe dato il suo numero di cellulare, ma il fatto è questo: ha fatto qualcosa di inaspettato. Forse non è irrecuperabile come avevo temuto in un primo tempo.

Continua a fissare Robin, che ora si trova dietro di me, mentre si tiene stretto alla mia coda che emerge dalla giacca del completo. Non sono sorpreso. Il giovanotto è chiaramente arrabbiato e in guerra con sé stesso, e Robin riesce a capirlo. Lo sarei anch’io al suo posto. Ha bisogno di risposte esattamente come ne ho bisogno io.

******

Nick prese il cellulare che aveva nascosto nel taschino interno della giacca e digitò il numero che Nicholas gli aveva dato. Poteva sentire il telefono squillare mentre lo teneva attaccato all’orecchio.

Hopps.” esclamò una voce femminile dall’altra parte.

“Dobbiamo parlare.” disse Nick, “Sarò nell’ultimo posto in cui ci siamo parlati quindici anni fa. Per favore, in nome di tutto ciò che amiamo, non rendere le cose più complicate di quanto già non lo siano.”

Ci fu una breve pausa.

Ma chi parla?

“La mia voce non dev’essere cambiata così tanto, non credi?” ribadì Nick, “Così mi ferisci, carotina.” Nick ebbe come un sussulto interiore per le parole che aveva scelto, ma decise di andare avanti ugualmente, “Sarò lì tra venti minuti.”

… Nick?

“Tra venti minuti, carotina. Porterò anche Nicholas con me.”

Con quelle parole, Nick pose fine alla chiamata e richiamò immediatamente Finnick.

Ehi, ti è già mancato il suono della mia voce?

“Puoi portare il furgone in Cypress Grove?”

… sta per succedere, allora?” disse Finnick.

“Sì.” rispose Nick, “Questa cosa è andata avanti per troppo tempo.”

Sarò lì immediatamente.” affermò Finnick prima che la conversazione s’interrompesse.

******

Finnick ha tenuto fede alla sua parola: è arrivato in neanche cinque minuti. Nicholas entra nel furgone di sua spontanea volontà. Forse è consapevole di ciò che sta per accadere, che deve essere lì per essere testimone dell’evento imminente.

In un certo senso, la cosa divertente è che Robin ha voluto sedersi accanto a Nicholas. All’inizio mi è apparso sorpreso, ma ho potuto scorgere un sorriso sulla sua bocca; un sorriso autentico, seppur breve e tremolante. Dopo aver catturato la mia attenzione, ritorna a guardarmi con attenzione. Forse non nutre solo disprezzo nei miei confronti come avevo immaginato all’inizio. Non posso biasimarlo per il suo modo di comportarsi, e immagino che non riesca neppure a incolpare Robin per la situazione: dopotutto, nessuno può chiedere di venire al mondo.

A un certo punto, il cellulare di Nicholas vibra; dopo averlo afferrato e aver digitato un breve messaggio, lo rimette in tasca.

Domando a Finnick se non gli dispiace dare un’occhiata a Robin mentre io e Judy saremo impegnati a discutere. Come è nel suo modo di fare, asserisce con un grugnito. Per quanto possa essere scontroso, so che Robin starà bene con lui. In fondo, mi ha preso con sé quando io ero solo un cucciolo che aveva visto il suo sogno andare in frantumi. Può sembrare un tipo rude, ma ha un cuore d’oro.

Non provate a dirglielo apertamente, però. Vi strapperà via la faccia a morsi.

Eccoci qua, dunque. Una grande famiglia tutt’altro che felice sta per… beh, non so proprio cosa succederà. Andrò incontro all’ennesimo disastro? Riceverò un altro pugno in faccia? Oppure verrò arrestato per rapimento di minore e aggressione?

Ora è troppo tardi per tornare indietro. Nel bene e nel male, io e Judy stiamo per rientrare nelle rispettive vite.



Note dell’autore: Con questo siamo arrivati al quarto capitolo!

Dopo un iniziale – e più che comprensibile, vista la situazione! – momento di sbandamento dovuto alla sorpresa, Nick è riuscito a far girare gli ingranaggi nella sua testa e a ideare un modo per avere nuovamente un incontro con Judy. Come potete benissimo intuire, il confronto fra i due dopo ben quindici anni sarà inevitabile.

Come è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:

Pagina DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/

Capitolo IV di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-4-Truth-Will-Out-682812749

Storia completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501

 

Questo è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e vi auguro una buona lettura. A presto!

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Capitolo 5
*** Il seme della speranza ***


Capitolo V

Il seme della speranza

 

(dal punto di vista di Judy)

 

Nicholas aveva scoperto chi fosse sua nonna soltanto cinque anni fa.

All’inizio, non ho avuto il coraggio di presentarmi da sola a casa sua. Pensavo che Viola mi avrebbe fatto capire che non sarei mai stata la benvenuta, dopo il nostro ultimo incontro seguito alla partenza di Nick. Ma quando sono andata a trovarla con Nicholas, nonostante non mi avesse offerto il più caloroso dei benvenuti, non fu così severa come avevo temuto. Sebbene fosse stata piuttosto fredda con me, fu molto dolce con Nicholas.

Non le ho certamente proibito di dirlo a Nick, ma ha sempre detto che non era compito suo parlargli di nostro figlio. Tuttavia, non ha mai nascosto la sua insofferenza nei miei confronti. Ciò nonostante, mi diede il numero di cellulare di Nick.

Ho tenuto quel numero per anni, ma non l’ho mai chiamato. Ci sono andata vicino, ma la vergogna e la rabbia hanno sempre avuto la meglio e io…

Io ero… ero troppo spaventata per affrontare quello che sarebbe potuto accadere.

Sono una codarda. La peggiore di tutte. Mi sono sentita esattamente come al termine di quella conferenza stampa, avvenuta diciotto anni fa.

Poi avevo scoperto che Viola era malata di cancro. Lo stesso giorno in cui l’ho saputo, cercai di chiamare Nick. Aveva tutto il diritto di saperlo.

Viola mi aveva fatto giurare che avrei mantenuto il segreto. Mi disse che, se da un lato spettava soltanto a me dirgli di nostro figlio, dall’altro era suo diritto decidere di rivelargli che stava morendo oppure no.

Fu un fatto sconvolgente, soprattutto per Nicholas, quando Viola iniziò a dimenticare le cose. Inizialmente furono dettagli in apparenza insignificanti, ma un paio di mesi fa, quando sono andata a prendere Nicholas, mi aveva riconosciuta… e mi aveva trattata come se mi fossi presentata a lei per la prima volta. Come se nulla fosse successo. Ricordava che Nick se n’era andato, ma non ricordava più per quale ragione.

Un mese fa, stentava a riconoscermi. Non aveva più idea di chi fosse Nicholas, se non che era il giovanotto che veniva a darle una mano nelle faccende di casa.

Fa male, ma credo che faccia più male a Nicholas: lei è l’unico legame che ha con suo padre. Non aveva semplicemente deciso quanto fosse forte quel legame, e ora lo stava vedendo scivolare via.

******

Judy alzò lo sguardo sull’orologio alla parete. Segnava le 13 e 15. Non aveva ancora pranzato, eppure non sentiva i morsi della fame.

Ciò nonostante, sentiva che doveva mettere qualcosa sotto i denti.

Quindi, posò il rapporto che stava leggendo sulla sua scrivania, si alzò dalla sedia e si diresse verso la porta. Scese al piano terra e continuò a camminare fino alla mensa della centrale.

“Capitano.” esclamò l’agente Higgins con un borbottio non appena la vide passare.

“Higgins.” rispose Judy con un cenno del capo.

Fece il suo ingresso in mensa. Diversi agenti erano intenti a consumare il proprio pasto. Ciascuno di essi le offrì un cenno del capo mentre Judy proseguiva verso il bancone. Mentre saliva sullo scaffale riservato ai mammiferi di taglia piccola, Judy diede un’occhiata al menù del giorno.

L’odore proveniente dalla cucina era tutt’altro che invitante e Judy sentì il suo stomaco chiudersi.

Saltò giù dallo scaffale e uscì dalla mensa. Si diresse verso il centralino e lì vide Clawhauser seduto dietro di esso.

******

Benjamin Clawhauser è il centralinista del Distretto Uno, nonché il divulgatore cronico di qualunque pettegolezzo. Sapete, quando avevo scoperto le cose che aveva detto a Nick, mi arrabbiai con lui, ma non riuscii a esserlo a lungo, perché vedere Clawhauser arrabbiato è un evento talmente raro da essere quasi scioccante. Mi disse alcune verità spiacevoli da sentire: se amavo davvero Nick, allora che motivo avevo avuto di procedere con l’intervento a sua insaputa? Mi disse che mi considerava un’amica, ma che avevo deluso profondamente lui e tutti gli altri agenti. Per due mesi si era rifiutato di rivolgermi la parola. Alla fine, Bogo lo costrinse a darci un taglio; era una cosa che non aveva mai fatto con lui prima di allora, perché preferiva tenerlo buono al centralino, e in seguito ci convinse a fare pace, se così si può dire. Dopodiché, avevo iniziato a mostrare i segni della gravidanza, e Clawhauser fu uno dei primi ad accorgersi della cosa. Potete dire tutto ciò che volete su di lui e sulla sua fisicità tonda e avvolgente, ma Clawhauser possiede un senso dell’olfatto eccezionale. Quando era vicino a me, riusciva a intuire che il mio odore era cambiato. Aveva avuto la conferma che avevo deciso di tenere il cucciolo. Mi chiese se Nick ne era a conoscenza e io gli risposi che ormai lui se n’era andato, anche se avevo provato a cercarlo. Lui accettò il fatto compiuto, anche se penso avesse capito che non avevo fatto tutto il possibile per rintracciarlo. Se non altro, avevamo ripreso a parlarci.

Ora siamo di nuovo amici, ma non come dovremmo essere. Forse il fatto che gli sia superiore di grado ha come innalzato una barriera fra noi.

Perché sembra che io abbia il potere di tenere lontani tutti quelli a cui tengo?

Comunque, avverto Clawhauser che sarei uscita fuori per un po’. Lui annuisce allegramente e mi ritrovo fuori dalla centrale, quando sento il telefono vibrare e poi squillare sulle note di ‘Hope is Eternal’, l’ultimo singolo di Gazelle. Lo tiro fuori e lancio un’occhiata allo schermo.

Contatto sconosciuto.

Esito a rispondere, non solo perché Mr. Big, prima della sua morte avvenuta quattro anni fa, era solito usare questo metodo per chiamare. Non mi aveva mai chiesto dei favori – secondo il suo codice d’onore era in debito con me per aver salvato la vita a sua figlia Fru-Fru diciotto anni fa – ma avevo sempre il timore di sentire la sua voce, anche perché questo avrebbe messo a rischio la mia carriera – se quelli dell’Ufficio Affari Interni lo avessero scoperto, sarei stata come minimo licenziata, se non addirittura finita in prigione.

In ogni caso, decido di rispondere.

******

“Hopps.” disse al telefono.

Dobbiamo parlare.” esclamò una voce maschile dall’altro capo della linea telefonica, “Sarò nell’ultimo posto in cui ci siamo parlati quindici anni fa. Per favore, in nome di tutto ciò che amiamo, non rendere le cose più complicate di quanto già non lo siano.

“Ma chi parla?” domandò Judy.

La mia voce non dev’essere cambiata così tanto, non credi?” fu la risposta, “Così mi ferisci, carotina. Sarò lì tra venti minuti.

Judy scoprì l’identità del suo interlocutore non appena il suo vecchio soprannome era spuntato fuori durante la conversazione.

“… Nick?” esclamò.

Tra venti minuti, carotina. Porterò anche Nicholas con me.

La conversazione ebbe fine in quel momento e Judy rimase a fissare il suo telefono.

******

Lo sa. Per l’amor di Dio, sa tutto.

Che cosa faccio? Non sembra che Nick stia minacciando Nicholas, ma sono comunque sua madre e sono preoccupata per lui. Cosa potrebbe fargli Nick? Cosa poteva dirgli?

Mando un messaggio a Nicholas e gli chiedo se sta bene e se è ferito. Dopo pochi minuti, ricevo la risposta.

‘Tranquilla, sto bene. Non sono tenuto in ostaggio.’

Questo non mi rasserena affatto. Al contrario, mi sento investita da una forte tensione. Cosa mai potrebbe dire Nick a Nicholas mentre lo sta portando nel mio appartamento?

Provo a richiamare Nick, ma parte la segreteria telefonica. Deve aver spento il cellulare.

Torno dentro a dico a Clawhauser che sarei andata a casa per il pranzo e che lo avrei contattato nel caso avessi avuto bisogno di assistenza. Non che stia pensando che le cose sarebbero andate male come l’ultima volta.

Clawhauser sembra preoccupato. Potrebbe aver ipotizzato che sono un po’ sotto stress per via del mio odore. Gli dico che è tutto a posto, ma non credo che l’avrebbe bevuta. Tuttavia, decide di non indagare oltre.

Salgo in macchina e torno a casa.

Casa mia si trova a tre isolati di distanza dalla centrale, al primo piano di un complesso residenziale. Vivo lì da sedici anni. Nick e io l’avevamo acquistata insieme. Io avevo scelto le decorazioni della camera da letto principale e del bagno, mentre lui quelle del soggiorno e della cucina; di conseguenza, quelle stanze hanno una carta da parati di un verde sgargiante, nello stesso stile delle camicie pawaiane che lui era solito indossare.

******

Judy guardò fuori dalla finestra del suo appartamento mentre un furgone dall’aspetto familiare parcheggiava a lato della strada. Avrebbe riconosciuto ovunque quel mezzo grazie all’inconfondibile motivo sulla carrozzeria: quel furgone apparteneva a Finnick, il fennec amico di vecchia data di Nick.

La portiera posteriore si aprì e Judy poté vedere Nicholas uscire. Quindi si aprì anche la portiera laterale e vide uscire una volpe in completo nero e con la pelliccia nera. Essa si girò in direzione del furgone e disse qualcosa al conducente, dopodiché chiuse la portiera e il furgone poté ripartire.

******

Nick aveva un aspetto diverso. Desiderava davvero non essere trovato? Oppure si trattava di un effetto della sua nuova identità? Quella pelliccia nera… lo preferivo con il suo rosso naturale.

Mentre vedo Nicholas entrare nello stabile, Nick si ferma per un momento e volge lo sguardo dritto verso la finestra.

Quello sguardo è diretto a me.

Avverto un peso insopportabile allo stomaco. Ho paura di quello che succederà dopo. Mi urlerà contro? Mi insulterà in qualche altro modo?

Non credo che questo possa accadere. Se lo avesse voluto, avrebbe rapito Nicholas e costretto me a un confronto con lui.

Che significa? A che gioco sta giocando?

Nick distoglie lo sguardo dalla finestra ed entra nell’edificio. Sento aprirsi la porta dell’appartamento mentre Nicholas entra in casa. Gli vado incontro: sembra stia bene, ma scorgo uno strano sguardo nei suoi occhi.

Lo abbraccio forte. Lo sento irrigidirsi fra le mie braccia, come se quelle attenzioni non fossero desiderate. Probabilmente è così, ma non m’interessa: lo abbraccio ugualmente.

Poi anche Nick entra in casa.

Sembra… un pezzo grosso. Il completo che indossa pare nuovo e di ottima fattura. I suoi occhi sono nascosti da un paio di occhiali da sole. Ha sempre avuto l’abitudine di non far mai sapere agli altri cosa stesse pensando. All’improvviso, torno indietro col pensiero a quell’evento avvenuto proprio qui, quindici anni fa. Forse un po’ prima di allora, prima che fosse scoppiato tutto questo pandemonio.

Non sembra arrabbiato. Semmai, sembra un po’ giù di morale. Questo riesce ad allontanare la rabbia che ho nutrito per lui in questi anni per aver lasciato che si allontanasse da me.

Forse non sono mai riuscita ad essere davvero arrabbiata con lui, dopo tutto.

Ha appena appreso che sta per perdere sua madre per colpa di una malattia incurabile e, allo stesso tempo, ha scoperto che non ho abortito e che di conseguenza ha un figlio di cui ha ignorato l’esistenza per ben quindici anni.

Però, in certi casi, è proprio la tempesta che non riesci a vedere a infliggerti il colpo più doloroso. Ed è proprio di questo che ho paura.

******

Judy si staccò da Nicholas, che sembrava essere stato colpito da qualcuno piuttosto che abbracciato amorevolmente da sua madre.

“Hai deciso di non cambiare le decorazioni, a quanto vedo.” commentò Nick osservando la carta da parati con il motivo a foglia tropicale.

“Mi piaceva così.” rispose Judy, “Mi ricordava di…” non riuscì a completare la frase e anche Nick non proferì parola. La sua faccia mantenne un’espressione neutra, mentre volgeva lo sguardo verso la cucina e si soffermava su un bicchiere della credenza.

“Non hai cambiato neppure le stoviglie.” disse Nick mentre prendeva il bicchiere dalla credenza posta sopra il lavandino e lo riempiva d’acqua. Si avvicinò a Judy e glielo porse. La coniglia fissò la zampa di Nick per un istante prima di prendere il bicchiere.

“Grazie.” sussurrò Judy. Nick la guardò dall’alto attraverso le lenti dei suoi occhiali da sole.

“Siediti accanto a me.” disse Nick non appena si fu seduto sul divano. Si sporse in avanti con i gomiti piantati sulle ginocchia con fare pensieroso, mentre Judy si sedette anch’essa sul divano a una certa distanza da lui.

Entrambi aprirono la bocca per dire qualcosa.

Nicholas era rimasto a guardarli in silenzio, poi emise un lamento di scherno e filò dritto nella sua stanza. Judy fece per seguirlo, ma Nick le bloccò il polso per fermarla. Judy si girò verso di lui nel tentativo di fargli capire che avrebbe dovuto lasciare la presa, ma vide che Nick stava scuotendo la testa.

“Lascialo stare.” le disse. Nick mollò la presa sul polso di Judy e lei tornò a sedersi.

“Che cosa gli hai detto?” domandò Judy mentre tentava di mantenere un tono della voce che sembrasse amaro.

“Gli ho fatto una semplice richiesta.” rispose Nick, “Di rimanere qui a sentirci. Immagino che alla fine abbia preferito non volerci ascoltare.”

Fra i due s’innalzò un muro di silenzio.

******

Desiderava parlare… ma eravamo entrambi senza parole. E non si era ancora tolto gli occhiali.

Che cosa gli dico?

Dovrei dirgli che mi dispiace? È così. Ho commesso alcune stupidaggini quando ero più giovane. Non rimpiango affatto di aver avuto Nicholas, ma avrei dovuto prima andare da Nick. Ero più giovane ed ero in preda al panico. Nick non è stato d’aiuto, questo è sicuro, ma…

Riesco a sentire una grande tristezza salirmi fin dallo stomaco, mentre crollo in preda alla rabbia e all’amarezza.

Prima che potessi accorgermene, le lacrime cominciano a scendere dagli occhi e tutto viene a galla.

******

Judy iniziò a singhiozzare. Nick fu colto di sorpresa e all’inizio non sapeva cosa fare, ma alla fine si protese in avanti e le mise una zampa sulla schiena.

“Su…” disse Nick con gentilezza, “Ero venuto preparato per… non so per cosa, a essere onesti, ma non per questo.”

“Mi… dispiace…” disse Judy in lacrime.

Gli occhi di Nick si spalancarono dietro gli occhiali da sole, anche se Judy poté notare soltanto il leggero inarcamento delle sopracciglia.

“Mi dispiace di non essere venuta da te prima… mi dispiace di non essere stata coraggiosa come avrei dovuto essere… mi dispiace per averti fatto credere che la mia carriera veniva prima di quello che provavi per me… mi dispiace per averti colpito… mi dispiace di averti cacciato via… mi dispiace di non averti trovato per dirti la verità… e… mi dispiace di non aver neppure provato a risistemare le cose fra noi…”

“Beh, non sono venuto qui aspettandomi che ti scusassi.” esclamò Nick mentre aggrottava le sopracciglia dietro gli occhiali.

“È stato…” iniziò Judy, “… forse è stato in fondo alla mia mente per tutti questi anni. C’è questa voce dentro di me che mi suggerisce che dovrei essere arrabbiata con te… ma anche tu dovresti avercela con me. Hai tutto il diritto di odiarmi per quello che ti ho fatto.” ammise Judy mentre tentava di asciugarsi gli occhi, “E hai tutte le ragioni di rigettarmi le mie scuse in faccia.”

“Ecco, qui ti sbagli.” ribadì Nick.

Nel sentire quelle parole, Judy trattenne il respiro e guardò Nick.

Gli occhi di Judy gli scrutarono il viso in cerca di qualcosa. Nick restava imperscrutabile come sempre con indosso quegli occhiali.

“Sai, dopo tutto questo tempo, non riesco proprio a odiarti.” disse Nick, “Credevo di poterlo fare, e pensavo di esserci riuscito, ma dopo aver visto quel giovane mammifero… Nicholas… e dopo averti visto in questo stato… non lo so… la mia rabbia è come svanita. La cosa divertente è… che sembra sia già successo diciotto anni fa.”

Nick si scrollò le spalle.

“Forse sono un po’ troppo sensibile alle lacrime di coniglio.” Nick tentò di fare una battuta, meritandosi un singhiozzo soffocato da parte di Judy. Lei sapeva che Nick si stava riferendo a quella volta sotto il ponte, quando lei si era avvicinata a lui per porre rimedio alle incomprensioni che si erano frapposte fra loro dopo quella disastrosa conferenza stampa in cui Judy aveva involontariamente etichettato tutti i predatori della città come potenziali belve feroci.

“Tu… ti sei fatto una famiglia?” domandò Judy.

Nick riprese a guardarla in faccia, mentre i suoi occhi dietro gli occhiali da sole restavano fissi su quelli di lei.

“Sì.” ammise Nick, “Dal momento che dovremo essere onesti fra noi… è così.”

Judy rimase silenziosa per un istante, mentre una lacrima le solcava silenziosa il viso.

******

Non avevo neppure considerato il fatto che Nick fosse stato capace di andare avanti con la sua vita. Ma come avrei potuto aspettarmi il contrario, quando io stessa avevo provato a fare lo stesso? Come posso avercela con lui? È come se la rabbia che provavo si fosse disciolta nella disperazione. O forse mi ero semplicemente convinta che quella che provavo fosse rabbia.

Sono davvero una coniglia ottusa.

Per quanto desideri fermare le lacrime, non ci riesco. Continuano a scendere.

Sono una coniglia stupida ed emotiva.

******

Nick sospirava con aria pesante.

“Per molto tempo, ho brancolato nel buio dopo che me ne sono andato. Poi un giorno, ho conosciuto questa volpe. Anabel… è stata fantastica. Mi ha reso nuovamente felice in un modo che non provavo da molto tempo. Non ti mentirò: l’ho amata. L’ho amata così intensamente perché non avrei mai pensato che sarei tornato ad amare di nuovo, dopo di te.”

Nick abbassò la testa.

“Non è durato a lungo.” ammise con una risatina che sembrava più un singhiozzo soffocato, “Come può durare a lungo un rapporto in cui sono coinvolto io?”

“Che cosa è successo?” domandò Judy.

“È morta.” rispose Nick, “L’anno scorso. Un vecchio montone l’ha investita con la macchina mentre stava attraversando la strada. Non l’ha neppure visto arrivare.”

“Oh… Oh, Nick… mi dispiace tanto.” disse Judy mentre altre lacrime le solcavano il volto.

“Abbiamo un figlio.” riprese Nick, “Si chiama Robin. Non l’ho portato con me, nel caso in cui le cose fossero andate per il peggio. Fin gli sta dando un’occhiata. Se lo conosco bene, allora è probabile che lo stia iniziando alla sua prima truffa dei ghiaccioli.” scherzò Nick nel tentativo di alleggerire un po’ l’atmosfera, “Vorrei che tu lo incontrassi. Per quello che vale, non ho mai scaricato su di lui i problemi che ho avuto con te. Sa che sono nato qui a Zootropolis e che ho amato qualcun’altra prima di sua madre, ma è soltanto un cucciolo. Immagino che sia lo stesso motivo per cui non hai detto a Nicholas perché me ne sono andato.”

Nick lasciò cadere le braccia fra le sue ginocchia con un singhiozzo.

“Ho tracciato questo discorso di fantasia in maniera ben delineata nella mia testa. ‘Una bugia mascherata a fin di bene è pur sempre una bugia.’ e tutto il resto.” continuò Nick, “Ma ho avuto il tempo di rifletterci sopra lungo la strada fino a qui, e mi sono reso conto che non è la strategia migliore; non è qualcosa che Robin o Nicholas devono sapere adesso. La verità farebbe loro soltanto del male.”

Judy fissava le sue zampe a terra.

“Torniamo a quello che hai fatto… il modo in cui hai agito alle mie spalle.” disse Nick, “Ero arrabbiato con te quando ci siamo confrontati. Anzi, ero furibondo. Avrei dovuto almeno tentare di capire la tua situazione. Un caso di ibridazione come nostro figlio… non è certo qualcosa che capita tutti i giorni e non so neppure quanti incroci volpe-coniglio esistano al mondo. Avrei dovuto intuire quanto fossi spaventata.”

Judy continuava a guardare Nick.

******

Non mi aspettavo di sentire quelle parole da Nick. Eppure ha ragione.

Quando appresi la notizia che ero incinta di Nicholas, andai innanzitutto dal mio dottore. Superammo le domande e le prove del caso, ma quando gli dissi che il mio compagno era una volpe e che Nick fosse l’unico mammifero con cui sia mai andata a letto… beh, inizialmente il medico aveva riso, pensando che stessi scherzando. Non era concepibile che una volpe potesse mai ingravidare una coniglia. Non era possibile. Almeno, era questo ciò che pensavamo entrambi.

Ma aveva comunque prelevato dei campioni da analizzare, per meglio mettermi a mio agio.

Durante la seconda visita non aveva riso. Non riusciva a spiegare come fosse successo, e neppure ad abbozzare una teoria, eppure era un dato di fatto: ero incinta di una volpe. In più, ero incinta di due mesi e mezzo. Il normale periodo di gestazione di una coniglia è di cinque mesi. Le volpi, invece, hanno un periodo di gestazione che è quasi il doppio; pertanto, ho tenuto Nicholas in grembo per sette mesi.

La mia immaginazione iniziò a galoppare dopo aver udito la conferma del medico, nonostante i suoi tentativi di calmarmi. Avevo paura di far nascere una specie di mostruosità, o che il cucciolo sarebbe nato morto, o che mi avrebbe uccisa durante il parto. Il dottore aveva fatto del suo meglio per rassicurarmi che niente di tutto quello che temevo si sarebbe verificato, ma io ero un caso unico. Nessuna coniglia si era mai fatta ingravidare da una volpe prima di allora, perciò non c’era modo di sapere cosa sarebbe successo.

Di certo sarebbe capitato un evento unico nel suo genere.

Mesi dopo, capii che il mio non era l’unico caso in città. Molti ibridi erano rimasti nascosti durante il caso degli Ululatori Notturni, e in più non si trattava di ibridi di ‘ovvia’ natura. Fu in qualche modo… rassicurante per me sapere di non essere la sola. Per esempio, durante le mie indagini, appresi dell’esistenza di un ibrido lepre-lupo, i cui genitori erano rimasti uccisi durante i tumulti scoppiati a Zootropolis in seguito al caso degli Ululatori Notturni. Non c’era quasi alcun articolo o saggio che trattasse il tema degli ibridi, a parte alcuni documenti scientifici molto rari che, in tutta onestà, ho trovato così poco credibili che avrebbero potuto avere un qualche valore solo nel caso dell’Echidna della mitologia classica.

******

“Sai, persino nelle volte in cui non avrei voluto, ho pensato a quel giorno per molto tempo.” confessò Nick, distogliendo Judy dai suoi pensieri, “Qualcosa si era come spezzato fra noi e le cose non sarebbero dovute precipitare fino a questo punto. Forse è davvero troppo tardi per rimettere tutto a posto.”

“No.” esclamò Judy scuotendo la testa.

“Anche se ci comportassimo in maniera civile, anche se tornassimo a essere amici, anche se la cura dovesse essere lenta e lunga, le cose tra noi non torneranno mai più com’erano prima.” disse Nick, “Però posso provare a rendere le cose fra noi un po’ meno complicate.”

Judy continuò a guardarlo in faccia.

“Ti devo anche delle scuse, eccome se te le devo.” confidò Nick, “Non avrei mai dovuto darti della bugiarda o dell’assassina di cuccioli. Non avrei dovuto mai accusarti di pensare soltanto alla tua carriera. Non avrei mai dovuto dirti che avrei voluto non averti mai incontrato. Non avrei mai dovuto dirti che per me eri come morta.”

Nick digrignò i denti. Si tolse gli occhiali da sole e li posò sul tavolo, consentendo così a Judy di tornare a vedere i suoi occhi verdi per la prima volta dopo quindici anni. Lei riconobbe in quegli occhi il dolore e il rimpianto: il suo sguardo era uguale a quello che lei stessa aveva ogni volta che si guardava allo specchio.

“Una parte di me stesso tiene ancora molto a te dopo tutti questi anni, Judy.” disse Nick, “Immagino che sia la stessa parte che avevo scambiato per odio. Desidero davvero che fra noi le cose tornino ad andare per il verso giusto, ma so che non è così. Ci sarà da lavorarci sopra.”

Judy si asciugò la lacrima.

“Possiamo ritornare a essere amici, almeno?” domandò la coniglia.

Nick sbuffò attraverso il naso.

“Sai una cosa?” disse, “Tu sei alle prese con un figlio ribelle e io con una madre in punto di morte… penso che abbiamo entrambi bisogno di un amico, in questo momento.”

******

Se non altro, è un inizio. Penso che possiamo lavorarci sopra. Che Nick possa approfondire la sua conoscenza con Nicholas. Non mi aspetto certo di rimettermi insieme a Nick. Questo è fuori discussione, è caduta troppa acqua sotto i punti perché possa accadere, ma penso di poter relazionarmi meglio con Nick come amico piuttosto che come qualcuno che mi odia.

Sento Nicholas che apre la porta. È immobile sulla soglia e sta facendo qualcosa che non faceva da tanto tempo, da quando era ancora un cucciolo.

Sta piangendo.

Ma i suoi occhi… sono ricolmi di rabbia. Non l’ho mai visto così arrabbiato.

Oddio… ci ha sentiti? Ha sentito quello che ha detto Nick?

Prima che io possa alzarmi per andare a consolarlo, corre verso la porta d’ingresso, la apre e scappa via. Questa volta Nick non mi impedisce di seguirlo, ma prima ancora che potessi scendere giù per le scale, Nicholas se n’era già andato.



Note dell’autore: Ed eccoci arrivati al quinto capitolo!

Si dice che il tempo sia in grado di curare qualsiasi ferita; dopo quindici anni di lontananza, Nick e Judy sono riusciti ad andare oltre il rancore e la tristezza, ponendo le prime basi per la ricostruzione di un rapporto che sembrava perduto per sempre. Peccato che Nicholas non abbia saputo resistere alla tentazione di ascoltare ciò che i suoi genitori si sono detti. Vi anticipo che il prossimo capitolo sarà interamente dedicato a lui.

Per finire, una doverosa precisazione. Come sapete, nei mammiferi la durata della gestazione varia a seconda della specie. Per esempio, nei conigli dura circa un mese; nelle volpi, invece, la gravidanza dura poco meno di due mesi. Dal momento che il mondo di Zootropolis è popolato da animali antropomorfi, l’autore della storia originale ha voluto allungare i tempi della gravidanza di Judy per avvicinarla il più possibile agli standard umani. Questo spiega perché la nostra coniglietta ha tenuto in grembo Nicholas per sette mesi.

Come è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:

Pagina DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/

Capitolo V di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/art/Survival-5-Hope-Is-Eternal-683186843

Storia completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501

 

Questo è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e vi auguro una buona lettura. A presto!




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Capitolo 6
*** Wilde e figlio ***


Capitolo VI

Wilde e figlio

 

(dal punto di vista di Nicholas)

 

Nicholas aveva potuto sentire ciò che Nick e Judy si erano detti perché era rimasto dietro la porta, che era socchiusa quel tanto che bastava perché i suoni provenienti dal divano di fronte alla porta della cucina potessero raggiungere la sua stanza. Aveva ascoltato la conversazione dopo aver sentito sua madre, che non aveva visto piangere da molto tempo, scoppiare in lacrime. All’inizio, Nicholas pensava che era successo per qualcosa che Nick le aveva detto, ed era più che pronto ad aprire la porta e dargli una dose della sua stessa medicina.

Poi aveva sentito le scuse che Judy aveva fatto a Nick:

“Mi dispiace di non essere venuta da te prima… mi dispiace di non essere stata coraggiosa come avrei dovuto essere… mi dispiace per averti fatto credere che la mia carriera veniva prima di quello che provavi per me… mi dispiace per averti colpito… mi dispiace di averti cacciato via… mi dispiace di non averti trovato per dirti la verità… Hai tutto il diritto di odiarmi per quello che ti ho fatto.”

Perché sua madre si stava scusando? Con lui fra tutti i mammiferi? Nicholas credeva ancora che fosse stato Nick ad andarsene all’insaputa di sua madre. Anche se immaginava che lei non lo capisse come avrebbe dovuto, Nicholas era convinto che lei non aveva alcuna ragione per sentirsi in colpa per quanto fosse successo. Perciò, il giovane ibrido avvicinò l’orecchio alla fessura della porta. Poté sentire molte parole che per lui risultarono quasi prive di significato.

Finché non sentì Nick scusarsi con Judy.

“Non avrei mai dovuto darti della bugiarda o dell’assassina di cuccioli. Non avrei dovuto mai accusarti di pensare soltanto alla tua carriera. Non avrei mai dovuto dirti che avrei voluto non averti mai incontrato. Non avrei mai dovuto dirti che per me eri come morta.”

Assassina di cuccioli.

Nicholas sentì riecheggiare quelle parole nella sua mente. Tanti altri ricordi tornarono a galla.

Non saresti mai dovuto venire al mondo.

Scherzo della natura.

Le connessioni mentali presero forma così facilmente e così rapidamente che all’inizio Nicholas non riusciva a capire che cosa potessero significare.

Poi le parole assunsero il loro significato e la mente di Nicholas giunse alla seguente conclusione:

Mia madre non voleva farmi nascere.

Nicholas aveva finalmente compreso il tutto. Con quella consapevolezza, provò un turbinio di emozioni differenti.

Rabbia. Tradimento. Disgusto. Dolore. Indifferenza.

******

So di essere… unico nel mio genere. Mi aveva già fatto sentire solo. Ho sempre pensato che mia madre non mi avesse mai capito.

Ora capisco il perché.

Mia madre voleva uccidermi prima che io potessi nascere.

Mio padre se n’era andato perché lei aveva provato a nascondergli la verità, ma questo non giustifica affatto la sua fuga, il suo rifiuto a vivere nello stesso stato, figuriamoci nella stessa città, insieme a colei che all’apparenza gli aveva spezzato il cuore. Per questa ragione, lui non sapeva neppure che io esistessi.

Mia madre è una bugiarda, e mio padre un codardo.

La mia mente galoppa all’impazzata. Sento dapprima il sangue scorrermi freddo nelle vene, poi lo sento caldo. Il solo pensare mi rende arrabbiato e amareggiato. Sento lacrime di rabbia cadermi sul viso mentre apro la porta. Entrambi mi fissano come se fossero sorpresi del fatto che li avessi sentiti.

Corro verso la porta d’ingresso e la spalanco. Non ho idea di dove stia andando, e la cosa non m’interessa affatto. Tutto quello che desidero è fuggire lontano da loro.

******

Nicholas corse giù per le scale del condominio fino al piano terra. Poteva sentire Judy gridargli in lacrime di tornare indietro, ma decise di ignorarla. Dopo aver aperto il portone principale ed essere uscito, attraversò la strada di corsa. Le macchine inchiodarono bruscamente mentre Nicholas tagliava loro la strada. Almeno un paio di conducenti uscirono dai rispettivi mezzi per dirgli qualcosa di poco garbato, ma li sentì a malapena. Non prestò alcuna attenzione a ciò che lo circondava, poiché la sua sola preoccupazione era continuare a correre.

Alla fine, le sue gambe cominciarono a cedere per la stanchezza e si vide costretto a rallentare la sua corsa.

******

Penso di essere da qualche parte nel Distretto di Savanna Central, a sud-ovest del centro cittadino. Questa zona è una discarica a cielo aperto. C’è un negozio abbandonato a lato della strada. L’insegna è ormai sbiadita, la vernice si sta staccando e tutto quello che riesco a leggere è ‘e figlio – Abiti per tutti’. Le finestre sono sbarrate, perciò non riesco a vedere l’interno, ma la serratura della porta sembra essersi arrugginita.

È abbastanza facile entrare là dentro e sono sicuro che nessuno verrebbe a cercarmi qui. Mentre apro la porta, sento suonare il campanello sopra di essa.

A giudicare dall’interno, sembrerebbe una specie di negozio di sartoria. Ci sono manichini di tutte le taglie, anche se gli abiti su di essi sono impolverati e divorati dalle tarme. Ci sono ragnatele ovunque.

Sento la rabbia ribollirmi dentro. Vedo un manichino dalle dimensioni di una volpe e lo faccio oscillare fino a farlo cadere a terra. Poi ne vedo un altro delle dimensioni di un coniglio. Gli assesto un calcio e lo butto sul pavimento accanto all’altro.

Sto tremando. Le lacrime mi scendono dagli occhi. Nonostante quello che ho fatto, non mi sento affatto meglio.

Il codardo.

La bugiarda.

Li odio! Li odio entrambi!

Qualcosa cade dal bancone e finisce proprio in mezzo ai manichini. È un volantino pubblicitario. Il mio sguardo cade su di esso: è pieno di macchie di umidità, ma riesco ancora a leggere il testo.

‘Suit-topia di Wilde e figlio: vestiti per tutti i mammiferi e per tutte le occasioni.’

Prendo il volantino e alzo gli occhi in alto.

Wilde e figlio.

Sento lo stomaco chiudersi e strappo il volantino in due.

Mi fa male il petto. Sento che il mio cuore è sul punto di scoppiare, mentre sembra che i miei polmoni stiano andando a fuoco. Crollo sulle ginocchia.

Il mio orecchio si contrae mentre sente il suono di una radio della polizia all’esterno.

******

“Qui è l’agente Delgato in Jackalberry Avenue. Ho ricevuto la segnalazione di un furto presso la sede di un negozio di sartoria in rovina.” disse Delgato rivolto alla radio trasmittente, “Il sospetto è descritto come una lepre dalle orecchie corte e dalla pelliccia marrone chiaro.”

10-4.” replicò Clawhauser.

Delgato rimise il dispositivo nella cintura e si avvicinò alla porta. Riuscì ad aprirla senza fatica e vide Nicholas accovacciato sul pavimento.

“Oh, sei tu.” si lamentò l’agente, “Tua madre non sarà così benevola questa volta.”

“Vattene.” esclamò Nicholas.

“Non posso farlo.” replicò Delgato, “Devo portarti dentro. La violazione di domicilio è un crimine. Finora te la sei cavata con poco perché tecnicamente non avevi ancora infranto la legge, ma…”

“Ti ho detto VATTENE!” gridò Nicholas.

“D’accordo, ora basta.” esclamò l’agente Delgato mentre metteva mano alla sua cintura. Nicholas scattò in piedi come se volesse combattere contro il leone che aveva di fronte. Delgato inarcò un sopracciglio incuriosito.

Dall’esterno si poté udire lo stridio degli pneumatici sull’asfalto. Delgato emise un ringhio visibilmente seccato. La porta del negozio si aprì dopo poco tempo e il campanello suonò non appena una volpe dalla pelliccia nera fece il suo ingresso.

“Spero che non ci sia alcun problema qui, agente.”

******

Sento le mie orecchie drizzarsi, così come la mia pelliccia.

È lui.

Mi alzo e mi avvento su di lui con i pugni ben stretti per poterlo colpire.

Il poliziotto, che chiaramente non se l’aspettava, mi afferra per la collottola. Mi dice di non fare l’idiota, perché avrebbe preferito non aggiungere aggressione e percosse all’elenco dei capi d’imputazione. Cerco di divincolarmi dalla sua morsa, ma è del tutto inutile, così smetto di opporre resistenza e il poliziotto mi lascia cadere a terra e si gira verso l’intruso.

******

“Mi scusi, signore, ma questi sono compiti della polizia.” disse Delgato, del tutto ignaro del fatto che si stava rivolgendo a Nick.

“Certo, è così.” replicò la volpe, “So bene che lei sta solo facendo il suo dovere e tutto il resto, ma se ben ricordo, violazione di domicilio significa entrare in una proprietà privata senza il permesso del proprietario.”

Lei sarebbe il proprietario?” domandò Delgato con una punta di sarcasmo nel tono della sua voce. Nick si limitò a rispondere con una risatina.

“Sei peggio del tuo capo.” esclamò, “Avresti fallito in una simulazione. La mia pelliccia tinta di nero è un travestimento così efficace? Sul serio? D’accordo, ti renderò le cose un po’ più semplici. Sai chi è il proprietario legalmente registrato di questo edificio?”

“Posso accedere a quei registri.” disse Delgato, “Giù alla centrale. Ora la invito gentilmente a uscire di qui e a lasciarmi fare il mio lavoro, prima di arrestare anche lei.”

“Questo è certo, ma prima permettimi di risparmiarti la fatica di dover compilare i moduli per il rilascio sia per lui che per me.” disse Nick, “Questo posto era di proprietà di Johnathan Wilde, diversi anni fa. Dovrebbe essere accaduto circa quarantacinque anni fa, fino a quando decise di fuggire, senza lasciare nulla a sua moglie e a suo figlio. Non è durato a lungo da solo, perché è stato ucciso. Si è scoperto che aveva contratto enormi debiti e che il suo creditore aveva esaurito la pazienza. Non ha mai voluto modificare il suo testamento, nel quale cedeva la proprietà a suo figlio, il quale non la desiderava neppure e non voleva averci nulla a che fare. Naturalmente, il creditore era agli ordini di un certo boss della malavita nel Distretto di Tundratown, ma questa è tutta un’altra storia. Fino a oggi, questo negozio appartiene a lui. Il che significa che questa proprietà appartiene a me.”

Delgato impiegò pochi istanti per capire cosa Nick avesse voluto dire.

“… Wilde?” esclamò stupefatto.

“Il solo e unico.” disse Nick, “L’unica differenza è che il cognome ora è ‘Hood’, non ‘Wilde’.”

“Nick Wilde… Brutto figlio di una…” esclamò Delgato scuotendo la testa e stentando ancora a crederci. Prese la radio trasmittente dalla sua cintura.

“Centrale, potete cercare l’indirizzo e risalire al legittimo proprietario?” domandò l’agente.

Certo.” fu la risposta, “Questa è la posizione in cui ti trovi ora?

“Confermo.” disse Delgato, “421 di Jackalberry Avenue.”

Ci fu una lunga pausa. Durante quel lasso di tempo, Nicholas non staccò gli occhi da Nick.

Qui Centrale all’agente Delgato, abbiamo le informazioni richieste.” disse Clawhauser.

“Allora?”

Beh, per tutte le ciambelle alla crema… questo posto è di proprietà di Nicholas Piberius Wilde.” confermò Clawhauser, “Guarda un po’ che coincidenza!

“10-4.” rispose Delgato prima di rivolgere la sua attenzione a Nick, “Bene, questo cambia un po’ le cose. Desideri sporgere denuncia?”

“… Ciò implicherebbe il fatto che non gli ho mai dato il permesso di essere qui.” affermò Nick, “E sicuramente saresti consapevole di chi avrei denunciato se lo facessi, vero?”

Delgato sbuffò seccato.

“Beh, immagino che dovrò andare a compilare i documenti, allora.” disse l’agente dopo essere uscito dall’edificio.

“So che lo farai.” esclamò Nick, mentre osservava Delgato rimettersi alla guida della sua volante.

“Delgato a centrale, 10-40 sull’irruzione. Sto tornando alla base.”

10-4. Datti una mossa!” fu la risposta.

Una volta che l’agente Delgato se ne fu andato, Nick tornò da Nicholas.

“Quello lì è tutto muscoli e niente cervello.” esclamò Nick ridacchiando e scuotendo la testa. Tuttavia, non poté riprendere il discorso, poiché Nicholas riuscì nel suo precedente intento e sferrò un pugno dritto sulla guancia di Nick. Quest’ultimo cadde rovinosamente a terra.

“Okay, me lo sono meritato.” commentò Nick massaggiandosi la guancia.

“… come mi hai trovato?” domandò Nicholas guardando Nick dall’alto in basso.

“Grazie allo scanner della polizia.” rispose Nick andando dritto al sodo mentre si rimetteva in piedi, “Il mio vecchio amico Finnick – il fennec che ci ha dato uno strappo fino a casa di tua madre – ne ha uno. Lui e io lo usavamo per tirarci fuori dai guai nei giorni in cui ero un volgare truffatore di strada. Ha anche un disturbatore di frequenze incorporato, anche se non sono sicuro che funzioni ancora.”

Nick si era rimesso in piedi e si scrollò un po’ di polvere di dosso.

“Senti, figliolo.” disse, “Capisco come tu debba sentirti.”

“No, non è vero!” protestò Nicholas, “Mia madre mi dice la stessa cosa! Nessuno lo sa, perché nessuno è come me!”

“Esattamente.” ribadì Nick facendo un passo avanti, “Sei unico. Speciale. Un miracolo, se mai ci avessi creduto. Questo non significa che io non sappia come ti senti perché non sai quale sia il tuo posto nel mondo.”

“Io…” Nicholas si preparò a controbattere, ma si fermò quando aveva compreso esattamente quello che Nick volesse intendere.

“Quanto a tua madre, aveva avuto paura di ciò che sarebbe potuto succedere se avesse portato a termine la gravidanza.” disse Nick, “Non c’è altra spiegazione. Era terrorizzata, ora che ci ripenso. Avrei dovuto essere stato più comprensivo in quel momento, ma tutto ciò a cui ero riuscito a pensare era stato il modo in cui lei aveva deciso di agire alle mie spalle.”

Le orecchie di Nick si abbassarono per la vergogna, mentre ripensava a ciò che era accaduto quel giorno.

“Ha pur sempre cercato di abortire.” ribadì Nicholas con un ringhio, “Lei non mi ha mai voluto.”

“Okay, allora rispondi a questa domanda.” disse Nick, “Se tua madre non ti avesse davvero mai voluto, allora perché, dopo che non aveva potuto procedere con l’aborto e aveva deciso di portare a termine la gravidanza, non ti ha semplicemente dato in adozione, se significavi davvero così poco per lei?”

Nicholas rimase silenzioso.

“Sai com’era agitata tua madre dopo averti visto fuggire via?” domandò Nick, “Pensava che avresti fatto qualcosa di avventato, come buttarti sotto un treno o gettarti nel fiume. Devo ammettere che anch’io avevo pensato la stessa cosa.”

“Allora perché non è qui?” chiese Nicholas, “Era troppo impegnata a dare ordini ai suoi sottoposti per fargli fare il suo lavoro?”

“Probabilmente sta venendo qui in questo momento.” ipotizzò Nick scrollandosi le spalle, “Ci siamo divisi per ritrovarti. Fin non era lontano e così abbiamo iniziato le ricerche in questa parte del distretto. Abbiamo intercettato la comunicazione di Delgato con lo scanner e siamo venuti direttamente qui.”

Nick sospirò.

“Sono davvero dispiaciuto che tu abbia sentito quello che è successo in quel modo, soprattutto perché non eri ancora pronto ad accettarlo.” disse, “La verità è che se tu avessi deciso di rimanere nella tua camera, il nostro discorso sarebbe venuto fuori in maniera diversa. Non è che tu non avresti dovuto conoscere la verità, ma avresti dovuto ascoltarla solo al momento giusto. So bene cosa voglia dire desiderare… no, bramare di essere accettati, di far parte di qualcosa. Non so se tua madre ti abbia mai raccontato la storia di quello che mi è successo quando avevo nove anni.”

******

Mi racconta tutto. Mi dice che quando aveva nove anni, aveva desiderato fare parte di un gruppo, perciò si era arruolato nei Junior Scout Ranger. Ma il gruppo in questione diffidava delle volpi e gli aveva messo una museruola. Da quel giorno, aveva imparato che se per il resto del mondo una volpe poteva essere soltanto una creatura inaffidabile, allora non avrebbe avuto senso fingere di essere qualcos’altro.

Mi confessa che quel pensiero lo aveva tenuto isolato nell’oscurità per molto tempo, fino al giorno in cui aveva conosciuto la mamma, che aveva squarciato quell’oscurità con la sua luce.

Se lei aveva portato la luce nella sua vita oscura, allora perché se n’era andato?

Dice che se n’era andato perché aveva bisogno di spazio e, mentre viveva in Messigatto, aveva infine deciso di non tornare mai più qui, perché la città gli aveva arrecato troppo dolore.

Oh, questo sì che mi fa sentire meglio. Avrei voglia di dargli un altro pugno.

******

“Non sono come mio padre. Se avessi saputo che tua madre non aveva abortito, che ti aveva messo al mondo, sarei tornato qui immediatamente.” disse Nick, “Mi sarebbe piaciuto molto fare parte della tua vita negli ultimi quattordici anni.”

“Giusto… e che cosa avresti fatto con la tua compagna e tuo figlio?” domandò Nicholas.

“Li avrei portati con me.” rispose Nick, “Non sarebbe stato così difficile: sia io sia Anabel siamo originari di Zootropolis.”

“E cosa avresti fatto con la mamma?”

“Io…” Nick si fermò a pensarci su, “Non lo so. Forse avrei fatto la stessa cosa che ho fatto oggi. O forse no. È inutile cercare di indovinare cosa sarebbe potuto succedere.”

Entrambi contrassero le orecchie quando sentirono il suono della sirena di un’auto della polizia venirgli incontro, mentre gli pneumatici stridevano sull’asfalto.

“Direi che si tratta di tua madre.” commentò Nick, “Sembra che la sua guida non sia migliorata poi tanto in questi anni.”

“Come fai a scherzare in questa situazione?” domandò Nicholas.

“È solo il mio metodo personale per gestire meglio le emozioni che sto provando.” rispose Nick scrollandosi le spalle. Si voltò nuovamente verso Nicholas.

“Ascoltami.” disse, “Sei in uno stato emotivo turbolento. Cerca solo di non far passare a tua madre un altro momento difficile. È profondamente rammaricata per gli errori che ha commesso in passato. Direi che è il suo tallone d’Achille. Sappi solo che tu non fai parte di quegli errori.”

La porta si aprì di nuovo e Judy entrò dentro l’edificio. Nicholas rimase immobile sul posto mentre sua madre si lanciava verso di lui, abbracciandolo ancora più forte di prima. Non disse una parola, ma Nicholas si accorse delle lacrime che gli inzuppavano il giubbotto. Lei lanciò uno sguardo a Nick, il quale si limitò a sollevare le zampe.

******

Se ne va dopo quel momento, dicendo che doveva tornare a casa per occuparsi di sua madre. La mamma è visibilmente agitata. Mi dice che mi avrebbe raccontato la verità quando sarei stato più grande e meno in guerra con me stesso. Nutro ancora del risentimento nei suoi confronti per ciò che voleva fare, ma riesco a comprendere un po’ meglio la sua situazione. In questo momento sono meno propenso a perdonare Nick Wilde per essere fuggito all’estero.

Mi riporta a casa. Vado in camera mia senza dire una parola e ci rimango per il resto della giornata, a parte per la cena, che consumo in silenzio prima di tornare a stendermi sul mio letto.

Speravo che per un po’ il destino avrebbe smesso di essermi così sfavorevole, qualsiasi altra cosa avesse in serbo per me.

Ma era chiaro che aveva ben altri progetti.



Note dell’autore: E questo era il sesto capitolo!

Fin dai capitoli precedenti erano state gettate tutte le premesse perché Nicholas ricevesse una bella batosta sul piano emotivo. Fortuna ha voluto che Nick sia riuscito anche in questo caso a gestire la situazione con la sua consueta abilità dialettica, gettando altresì alcune luci sul proprio passato, sebbene i rapporti con il suo primogenito siano ancora piuttosto tesi… come è logico che sia.

Vorrei anche rendervi partecipi di una piccola curiosità. Durante le prime fasi della produzione del film, si era pensato di introdurre il personaggio del padre di Nick ed erano state abbozzate delle scene in cui lui e suo figlio cercavano di ottenere – senza successo! – il prestito necessario per aprire una sartoria. Pertanto, secondo gli intenti dell’autore della storia originale, questo spiega come mai Nick sia il proprietario di una sartoria in disuso da anni.  

Come è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:

Pagina DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/

Capitolo VI di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-6-Wilde-And-Son-s-684118709

Storia completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501

 

Questo è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e vi auguro una buona lettura. A presto!


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Capitolo 7
*** Il tempo dell'addio ***


Capitolo VII

Il tempo dell’addio

 

(dal punto di vista di Judy)

 

Sono passati tre giorni da quando io e Nick ci siamo rivisti per la prima volta dopo quindici anni. Nonostante… tutto quello che è successo… abbiamo deciso di affrontare le cose un passo alla volta.

Sarò onesta: amo ancora Nick. Per un po’ di tempo, avevo confuso i miei sentimenti di odio nei suoi confronti per essersi allontanato da me, ma ora mi rendo conto che mi è mancato terribilmente.

Che cosa importa ciò che provo per lui adesso? Ci siamo fatti del male l’un l’altro in modi che forse non potranno mai essere superati. Ecco perché Nick ha detto che per noi era ormai troppo tardi per tornare a essere una coppia. Mentirei a me stessa se negassi che, nonostante quello che ci siamo detti, sono terrorizzata da ciò che potrebbe accadere. Non voglio pensare che non potremmo neppure essere in grado di restare in buoni rapporti, anche se entrambi abbiamo provato troppo dolore per poter anche solo sperare di ritornare insieme come coppia.

Ma devo almeno provarci. Devo dimostrargli che voglio tentare di rimettere a posto le cose fra noi, e credo che anche lui, dal suo punto di vista, voglia fare un tentativo in tal senso.

Non avrei mai dovuto comportarmi in quel modo. Lo so bene. So che quello che ho fatto è stato sbagliato… anzi, sbagliatissimo. Ero terrorizzata da quello che sarebbe potuto succedere con la nascita di un figlio che fosse un ibrido fra predatore e preda. Mi sono comportata in maniera avventata e mentre pensavo che non avrei dovuto dire nulla a Nick, era chiaro che lui la pensava diversamente, ma nel mio stupore causato dal panico non me ne sono neppure resa conto. Quando Nick e io ci siamo confrontati, all’inizio mi sono sentita molto turbata per quello che mi stava dicendo, ma un panico irrazionale è stato fonte di un’ondata altrettanto irrazionale di rabbia. Questo non giustifica la mia reazione grave ed eccessiva, neppure lontanamente. Nick si è reso conto che ha sbagliato a dirmi le cose che mi ha detto, ma so di essere ancor più nel torto per averlo tenuto all’oscuro di tutto e per quello che gli ho fatto di rimando.

In confronto, quello della conferenza stampa è stato un piccolo incidente di percorso. Fino a quel momento, non avrei mai immaginato che sarei potuta cadere ancora più in basso. Posso solo sperare che Nick abbia accettato le mie scuse, anche se credo non sarebbe mai abbastanza neppure se trascorressi il resto dei miei giorni a scusarmi con lui.

Credetemi, non sono riuscita a vedere la fine del tunnel per mesi dopo la partenza di Nick. Credete che le parole di Clawhauser fossero state dure? La mia famiglia non avrebbe potuto essere più delusa di me. Non avete idea di quanto mi sia vergognata dopo aver parlato con mia madre. Non ha detto nulla di male, soltanto la verità. Mi disse che io e Nick avremmo dovuto discutere della questione dei cuccioli molto, molto tempo prima, che se mi fossi sentita a disagio sarei dovuta andare prima da lui e poi da lei, che non avrei mai dovuto perdere le staffe con Nick – non importava quanto fossi in preda al panico – e che avrei dovuto fare di più per cercare di chiarirmi con lui e scusarmi prima che se ne fosse andato. Aveva avuto ragione. Quello che ho fatto è stato totalmente fuori dal normale per me.

Dopo la nascita di Nicholas, ho sofferto di una grave forma di depressione post-partum. Vorrei essere chiara, però: non ho mai pensato di fare del male a mio figlio. Il solo pensiero non mi è passato neppure per l’anticamera del cervello, anche se all’inizio ho avuto grosse difficoltà a creare un legame con lui. Mi chiusi in me stessa e divenni lunatica, a volte ossessiva e quasi sempre scontrosa. Più di una volta il capitano Bogo fu costretto a rimproverarmi per essere stata troppo lenta o troppo coinvolta emotivamente sul posto di lavoro. A volte avevo tentato di rintracciare Nick e… non avevo idea di cosa sarebbe potuto succedere se l’avessi trovato. Gli avrei urlato contro? Sarei crollata dinanzi a lui? Non ci avrei neppure provato?

Sono stata messa in congedo per un paio di mesi dopo che Bogo mi aveva sottoposta a perizia psichiatrica. Mia madre venne a Zootropolis e rimase nel mio appartamento per aiutarmi, e alla fine riuscimmo a cavarcela. Avevo pensato di lasciare la polizia in quel momento e di tornare alla fattoria, ma la mamma riuscì a farmi desistere da quell’intento.

Quando ritornai in centrale, Bogo mi fece lavorare a turni ridotti, affidandomi principalmente compiti d’ufficio. All’inizio mi sentivo frustrata, ma ripensandoci capisco perché l’aveva fatto. Voleva preservare la mia salute psichica. Alcuni mesi dopo mi confidò che se mi avesse fatto lavorare subito a pieno regime, probabilmente avrei avuto un esaurimento nervoso e questo non avrebbe giovato a nessuno, neppure a me e certamente non a Nicholas; ma gli eventi recenti mi avevano fatto capire che avrei rischiato di vanificare tutti i miei sforzi, come mi era già successo in passato. Non potevo permetterlo. Non era di certo il modo migliore di crescere un cucciolo, tanto meno uno speciale come Nicholas. Perciò, rimasi francamente di stucco quando Bogo mi raccomandò per una promozione nel giorno del sesto compleanno di Nicholas. Accettai quella proposta con entusiasmo, nel tentativo di colmare il vuoto che avvertivo dentro di me. In seguito ottenni in successione i gradi di Maggiore, Colonnello e Ispettore. Il ruolo di vicecapitano sarebbe andato a me oppure a uno fra gli ispettori Grizzoli e Higgins. Il primo venne promosso a Capitano del Distretto Tre a Tundratown, mentre il secondo rifiutò l’incarico perché aveva preferito dedicare più tempo alla sua famiglia. Quando Bogo venne da me, anch’io fui in procinto di rifiutare quella promozione, ma lo stesso Bogo mi disse che il Distretto Uno avrebbe avuto bisogno di un nuovo capitano perché lui sarebbe stato promosso a commissario entro pochi anni. Seppur riluttante, accettai quel nuovo incarico, ma fu terribile: avrei dovuto sopportare lo stesso carico di lavoro di Bogo e avrei dovuto dedicare meno tempo a Nicholas. A volte tornavo a casa la sera tardi e me ne andavo già la mattina presto.

Se non fosse stato per Fru-Fru, per la quale Nicholas era come un secondo figlio, avrei dato le dimissioni. Sarei tornata a Bunnyburrow per diventare una coltivatrice di carote, in modo da poter dedicare più tempo all’educazione di Nicholas. Alla fine Fru-Fru riuscì a convincermi che tutto sarebbe andato per il meglio.

Nel mio tentativo di continuare a svolgere il mio lavoro, avevo dimenticato quale fosse il mio obiettivo primario.

Avevo dimenticato che volevo fare tutto il possibile per rendere il mondo un posto migliore.

******

Purtroppo, il mondo non era diventato affatto un posto migliore. Non per quelli a cui tenevo di più.

Sono una pessima madre. Ho fatto del mio meglio con Nicholas, ma il lavoro di capitano richiede molte ore, il che significa che non posso trascorrere più tempo con lui. Ci sono giorni in cui penso seriamente di smetterla con il lavoro. Per quanto riguarda Nick, al momento Nicholas non vuole nemmeno rivolgergli la parola. Lo accompagno a casa di Viola e mi accorgo in prima persone di quanto si siano aggravate le sue condizioni nelle ultime settimane. Non riesce più neppure a ricordare correttamente il mio nome, sembra che non abbia mai sentito parlare della cospirazione seguita al caso degli Ululatori Notturni e a volte chiama per errore Nick ‘John’ e Robin ‘Nick’.

Robin sembra un bravo cucciolo. È un po’ timido nel relazionarsi con gli altri mammiferi, anche se sembra che per Nick non sia un problema serio. Almeno Nicholas riesce a sopportarlo. È strano pensare che quei due siano fratellastri.

Qualunque cosa sia successa fra me e Nick, loro sono del tutto innocenti e abbiamo deciso entrambi di tenerli fuori da tutto questo il più possibile.

Nick e io ci siamo raccontati un po’ di cose. Mi dice che ha fondato una compagnia specializzata nella costruzione di parchi di divertimento. Questo coincide con quello che avevo saputo di lui anni fa: una volta mi aveva detto che stava risparmiando il denaro accumulato grazie alle sue truffe per aprire un parco a tema intitolato ‘Wild Times’ qui a Zootropolis. ma questo prima che lo avessi colto nel sacco all’inizio della mia carriera di poliziotta.

Io, invece… beh, ho detto a Nick la verità, ma solo in parte; infatti sono stata tenente per un bel po’ di tempo dopo che lui se n’era andato, anche se ero già stata raccomandata per la promozione. All’inizio, non passavano giorni in cui non riuscivo neppure a trovare la forza di lavorare, talmente mi sentivo a pezzi. Bogo l’aveva capito: si accorgeva sempre di tutto quello che passava per la mente degli agenti sotto il suo comando. Non sono diventata capitano per almeno sei anni dopo la partenza di Nick.

È passato almeno un anno da quando sono diventata il capitano del Distretto Uno, e non si è trattato di qualcosa che avevo scelto di essere dall’oggi al domani. Sapevo a cosa sarei andata incontro, e ne ho parlato a lungo con la mia famiglia. Mamma mi ha offerto il suo supporto. Papà, invece, è stato più cauto in proposito. I miei fratelli e le mie sorelle erano divisi. Alcuni mi avevano consigliato di lasciar stare. Altri, invece, aveva detto che quella scelta sarebbe spettata soltanto a me. Altri ancora mi avevano consigliato che sarebbe stato meglio tornare a casa, sia per me sia per Nicholas.

Sono preoccupata di dire tutto questo a Nick: forse avrebbe cambiato idea e mi avrebbe accusato di mettere la mia carriera davanti al benessere di Nicholas, come aveva fatto quindici anni fa. Ma non lo dice. Annuisce e confessa che a volte anche lui preferisce gettarsi anima e corpo nel lavoro. Sentirmelo dire da lui non mi fa affatto sentire meglio.

C’è ancora un po’ di attrito fra me e Nicholas. Ha evitato di dirmi qualsiasi cosa fosse successa durante la sua fuga e, a volte, ha preferito spontaneamente evitare di ritrovarsi con me nella stessa stanza. Nick dice che ha solo bisogno di un po’ di tempo per metabolizzare gli effetti di tutto quello che gli era capitato.

Tutto quello che posso fare è aspettare che Nicholas si apra e dirgli che, qualsiasi cosa accada, rimane sempre mio figlio e gli voglio bene.

******

Mi sveglio dal mio sonno agitato sulle note di ‘Hope is Eternal’. Mentre allungo il braccio sul comodino, afferro il cellulare e trattengo un grosso sbadiglio. Vedo che sono le cinque del mattino.

La mia sveglia non si sarebbe attivata prima di altri trenta minuti.

Mi siedo sul letto e mi accorgo che sto ricevendo una chiamata. Leggo il nome ‘Nick’ sul display.

Decido di rispondere.

******

“Nick…” sbadigliò Judy, “È un po’ troppo presto per…”

Se n’è andata.” tagliò corto Nick. Judy si stropicciò gli occhi; in quel momento la sua mente non aveva registrato le parole della volpe.

Carotina?” disse Nick con la voce che pareva soffocata dall’emozione.

“Chi se n’è andata?” domandò Judy ancora stordita.

Mia madre… lei…” disse Nick, “È morta nel sonno.

All’improvviso Judy si svegliò completamente.

Un dottore è uscito di casa mezz’ora fa… Ero entrato in camera sua per tenerla d’occhio e…” riuscì a dire Nick prima di fermarsi.

“Oh… Oh, Nick…” esclamò Judy mentre una lacrima le scendeva sul volto, “Mi dispiace tanto…”

******

Nick mi racconta che si era addormentata nel suo letto, ma quando Nick era andato nella sua stanza per controllare se stesse bene, si era accorto immediatamente che qualcosa non andava. Cercò di capire di cosa si trattasse, e quando aveva provato a svegliarla, si era accorto che non stava respirando. Il suo corpo era freddo.

Viola Wilde se n’era andata per sempre.

Gli chiedo se desidera che io vada a casa di sua madre. Mi risponde che non è necessario.

Eppure sento il dovere di farlo. Ci saranno molte cose da fare, questioni da sistemare e non voglio che Nick affronti tutto questo da solo. Glielo dico chiaro e tondo.

Non appena termina la chiamata, vado nella stanza di Nicholas, che si trova accanto alla mia camera da letto. Lui sta ancora dormendo. Apro la porta con delicatezza e mi avvicino al suo letto.

Lo chiamo per nome, ma non accenna a svegliarsi.

Lo chiamo di nuovo. Brontola qualcosa sull’essere lasciato solo.

Gli dico che è una cosa importante. Si alza dal letto lentamente, stropicciandosi gli occhi. Gli dico che nonna Viola è morta serenamente nel sonno.

Le sue orecchie sarebbero cascate all’indietro se non si fossero drizzate in alto. Spalanca gli occhi e mi accorgo che le sue orecchie si sono accalorate lievemente.

Tutto quello che posso fare per dargli conforto è abbracciarlo. Lui è troppo sconvolto per muovere un solo muscolo.

Gli dico che sto per andare a casa di nonna Viola. Lo lascio solo in modo che possa cambiarsi, ma lo sento piangere distintamente. Nell’ascoltare il suo dolore sento come una lama che mi si pianta nel cuore.

******

Il viaggio non durò molto poiché alle prime luci del mattino le strade erano ancora deserte. Quando Judy fermò la macchina, poteva vedere che il furgone di Finnick era già sul posto. Lei e Nicholas scesero dall’auto e camminarono nella veranda dell’appartamento di Viola. Suonarono il campanello della porta e rimasero in attesa. Non passò molto tempo prima che la porta si aprisse, e lì stava Nick.

La tintura nera era scomparsa dalla sua pelliccia e aveva lasciato il posto al suo color ruggine naturale, che Judy conosceva così bene, anche se quel colore un tempo così intenso aveva iniziato a sbiadire ai lati del muso con l’età. Indossava un semplice giubbotto bianco e un paio di pantaloni; sembrava che non avesse dormito bene, dato che Judy poteva scorgere distintamente le borse sotto gli occhi e la pelliccia sotto di essi bagnata dalle lacrime versate per la scomparsa di sua madre.

“Ti avevo detto che non era necessario che tu venissi qui.” disse Nick tristemente.

“Siamo amici.” replicò Judy, “Hai bisogno di tutto l’aiuto che io possa offrirti. E poi era anche la nonna di Nicholas.”

******

Non vedevo Nick piangere da molto tempo. L’ultima volta che l’aveva fatto era stato quindici anni fa.

Ogni volta che mi vedeva sconvolta o arrabbiata, mi diceva sempre queste parole: ‘Non importa cosa accada, Carotina. Non devi mai mostrare agli altri le tue fragilità.’

Mi sento così impotente nel vederlo crollare disperato. Non dice nulla. Non ci sono parole per descrivere il dolore che sta provando.

Faccio un passo avanti, ma esito. Vorrei confortalo, ma è giusto che io lo faccia, dopo tutto quello che è successo?

Mi si spezza il cuore vederlo così. Decido di mandare al diavolo ogni tentennamento e lo abbraccio. Sembra sorpreso mentre si irrigidisce – esattamente come fa Nicholas – ma si lascia andare e crolla fra le mie braccia.

Poi inizio anch’io a piangere in silenzio.

Finnick esce dalla cucina e dice a Nick di lasciarmi entrare.

******

Nick disse a Judy e Nicholas di entrare e andò in cucina a preparare qualcosa da offrire agli ospiti. Robin lo seguì, mostrando ancora qualche segno della sua goffaggine attorno a Judy; lei gli rubò un’occhiata e poi distolse rapidamente lo sguardo mentre lo vedeva agitarsi vistosamente.

Nick ritornò in soggiorno con una tazza da caffè, che offrì a Judy, e posò un bicchiere d’acqua sul tavolo di fronte a Nicholas, prima di sedersi su una delle poltrone.

“Questo potrebbe sembrarti un po’ insensibile da parte mia, ma…” iniziò Judy, “Hai già pensato al suo funerale?”

Nick non disse nulla.

“Sai se aveva fatto testamento?” domandò Judy.

“Lo ha fatto.” rispose Nick, “Sono io l’esecutore.”

“Aveva detto come le sarebbe piaciuto essere…”

“Parlava sempre di voler essere sepolta accanto a mio padre.” disse Nick.

Fra i due calò nuovamente il silenzio.

“Nick, se c’è qualcos’altro che io possa fare…” propose Judy.

Nick non rispose subito.

“Puoi consolare nostro figlio.” disse infine. Gli occhi di Judy si spalancarono quando ebbe sentito quella risposta.

******

Questa è la prima volta che ho sentito Nick riferirsi a Nicholas come ‘nostro’ figlio e non come ‘mio’. Ma ha ragione.

Nicholas è seduto lì, con lo sguardo perso nel vuoto. Robin è seduto accanto a lui, guardando occasionalmente nella sua direzione. Finnick entra nella stanza, si siede su uno sgabello e mi fissa intensamente tenendo le braccia incrociate, come a suggerirmi che se avesse la sua fidata mazza da baseball a portata di zampa, sarebbe tentato di usarla.

Mi alzo e mi siedo accanto a Nicholas. Non alza lo sguardo. Il suo sguardo è teso, come se stesse cercando con tutte le sue forze di non piangere di nuovo. Appoggio la mia zampa sulla sua spalla e all’improvviso gli vedo versare una lacrima.

Nick lo sta guardando, sebbene lui pensi di non avere il diritto di farlo.

Con un cenno suggerisco a Nick di venire da noi. Sembra un po’ perplesso, ma sono sufficienti un sopracciglio inarcato e un cenno con la testa da parte di Finnick per convincerlo ad alzarsi. Si siede accanto a Robin, incerto sul da farsi. Robin gli si avvicina e gli suggerisce che tutto sarebbe andato bene. Nick fissa Nicholas con occhi titubanti e gli si avvicina con qualche esitazione. La sua zampa si appoggia sulla spalla di Nicholas. Sento mio figlio irrigidirsi, ma non dice nulla e non fa nulla per scostare la zampa di Nick.

Guardo sia Nicholas sia Nick e mi accorgo che lacrime silenziose cadono dagli occhi di entrambi.



Note dell’autore: Eccoci arrivati al settimo capitolo!

Cari amici lettori, mi auguro che abbiate un pacco di fazzoletti a disposizione, perché vi garantisco che da questo capitolo in avanti ne avrete bisogno. Purtroppo, a un certo momento della vita, arriva per tutti noi il momento di dire addio a una persona amata; nella storia in questione, la malattia ha svolto il suo compito e ha privato Nick Wilde della sua cara mamma. Per quanto triste e doloroso, sappiate che questo evento fornirà un’ulteriore spinta agli eventi e nei capitoli successivi sarà analizzato tramite il punto di vista di ciascuno dei quattro personaggi principali: Nick, Judy, Nicholas e Robin. Vedrete!

Come è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:

Pagina DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/

Capitolo VII di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-7-Never-Meet-Again-686865289

Storia completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501

 

Questo è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e vi auguro una buona lettura. A presto!


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Capitolo 8
*** Il passaggio nell'aldilà ***


Capitolo VIII

Il passaggio nell’aldilà

 

(dal punto di vista di Robin)

 

Non sono… mai stato un mammifero loquace. Sono sempre stato un tipo mansueto e ho sempre avuto difficoltà a farmi degli amici, nonostante mamma e papà avessero cercato di incoraggiarmi a non essere così solitario come suggeriscono gli stereotipi sulla nostra specie. Papà dice che forse il mio carattere è peggiorato dopo la morte della mamma. Non esco molto e non incontro altri mammiferi della mia età perché non vado a scuola. Mamma e papà hanno speso molti soldi pur di farmi studiare a casa.

Poi c’è tutto quello che è successo ultimamente…

Prima di questa settimana, non avevo mai incontrato la nonna faccia a faccia. Però, avevo parlato un po’ con lei tramite Muzzletime e mi era sembrata abbastanza gentile. Non era mai venuta a trovarci, anche se papà si era offerto più volte di pagarle il viaggio in modo che potesse venire a farci visita, ma rispondeva sempre che un giorno sperava che lui sarebbe potuto andare da lei. Papà si giustificava dicendo che era sempre impegnato con il lavoro, e che per questo non poteva accontentarla. La nonna mandava sempre delle lettere e dei biglietti d’auguri a me e a papà in occasione dei nostri rispettivi compleanni. Quando ho saputo che stava morendo… mi ha fatto male. È stato diverso rispetto alla mamma perché non avevo mai avuto modo di dirle addio, ma fa ancora male.

So che papà aveva amato qualcun’altra prima di aver incontrato la mamma e mi ha sempre insegnato che la cosa più importante era amare qualcuno, anche se apparteneva a una specie diversa. Ma non avrei mai immaginato che papà fosse stato innamorato di una coniglia. Non me l’aveva mai detto.

Poi c’è quel tipo, Nicholas. Porta lo stesso nome di mio padre. Il fatto è che lui è… beh, unico. Non è una volpe e neppure un coniglio, sebbene mio padre sia anche il suo e sua madre è una coniglia.

Sembra arrabbiato e triste, ma non è cattivo. Almeno credo.

Sua madre… anche lei è triste. Papà mi racconta che aveva passato dei momenti difficili mentre cercava di crescere un figlio da sola, ma mi sembra come… perduta.

******

Robin aprì gli occhi. Poteva sentire un rumore di passi proveniente dal corridoio fuori dalla stanza in cui dormiva. Diede un’occhiata all’orologio sul comodino, che segnava le 4:25.

Robin sbadigliò. Era troppo presto per svegliarsi, anche se suo padre lo aveva mandato a letto presto la sera precedente.

Poteva sentire il cigolio della porta attraverso il pianerottolo. Dietro quella porta c’era la camera da letto di sua nonna Viola.

Robin chiuse gli occhi, nel tentativo di rimettersi a dormire.

Non ci riuscì. L’orecchio di Robin parve contrarsi quando sentì quello che sembrava un suono soffocato. Mentre apriva e si strofinava gli occhi, tentò di alzarsi dal letto. Mentre spingeva leggermente la porta, Robin sbirciò fuori dalla stanza.

Poteva vedere la porta aperta dall’altra parte del pianerottolo. Quello strano suono soffocato gli giunse di nuovo alle orecchie.

A quel punto, Robin spalancò la porta e si diresse nella camera di fronte alla sua. Mentre si avvicinava, vide suo padre in ginocchio accanto al letto sul quale dormiva Viola Wilde. Il suo volto sembrava in pace. Nick, d’altra parte, aveva la testa chinata ed entrambe le sue zampe erano serrate attorno a una di quelle di sua madre.

“Papà?” chiese Robin timidamente. Nick non rispose subito; invece cacciò qualcosa che sembrava un singhiozzo soffocato.

“Papà!” ripeté Robin.

Nick si girò a guardare suo figlio. Robin poteva vedere il muso di suo padre bagnato dalle lacrime.

“Robin…” disse infine Nick, “Chiama un’ambulanza.”

******

Proprio così, lei se n’era andata.

Sono un po’ sconvolto. Non tanto quanto lo ero stato per la mamma, ma papà è molto turbato. L’ho visto piangere quando la mamma era morta, ma non pensavo che avrebbe pianto di nuovo così presto. È forse un male che io sia più turbato nel vedere papà in quello stato? È come se avessi perso un amico di penna: fa male… ma ho provato molto più dolore quando era morta la mamma.

Faccio quello che mi ha detto papà, perciò vado nella mia stanza, prendo il telefono e chiamo un’ambulanza. Chiedono quale sia l’emergenza e gli dico che mia nonna non si sveglia. Mi chiedono l’indirizzo e infine avvisano che i soccorsi sarebbero arrivati immediatamente.

L’ambulanza, con un medico a bordo, arrivò entro pochi minuti. Lascio entrare in casa il dottore e alcuni paramedici, i quali si recano subito in camera di nonna, dove papà è ancora in ginocchio, con una zampa stretta attorno alle sue.

Non appena il dottore entra nella stanza, ordina a Nick di farsi da parte per lasciarlo lavorare. Il dottore si accerta delle condizioni della nonna.

******

“Il decesso deve essere avvenuto nelle ultime due ore. Adesso sono le 4:56, perciò la dichiarerò come ora del decesso per i registri.” affermò il dottore in tono cupo, “Mi dispiace, signor Wilde.”

Nick si era sentito così frastornato che non si prese neppure la briga di contraddire il medico sul suo cognome.

******

Papà osserva mentre il dottore ordina ai paramedici di portare via il corpo della nonna. Ci vuole un po’ di tempo, ma una volta che ebbero eseguito l’ordine, il dottore parla ancora con papà.

Una volta che il dottore lascia la casa, papà si dirige in soggiorno. Per prima cosa chiama il suo vecchio amico, il fennec. Arriva immediatamente. Poi papà chiama la signorina Hopps. Le dice che nonna se n’è andata e che non c’è bisogno che lei venga a casa. In realtà, glielo leggo negli occhi: lui desidera che venga qui.

Arriva qui circa mezz’ora dopo aver ricevuto la telefonata di papà. Lui le dice, in tono leggero ma cupo allo stesso tempo, che non era necessario che venisse. Lei risponde che era ovvio che l’avrebbe fatto. Afferma che sono amici e che Nicholas era anche suo nipote.

Papà ricomincia a piangere. Sto per alzarmi per andare ad abbracciarlo, ma la signorina Hopps mi precede. L’amico di papà, che si trova in cucina, gli dice di lasciarla entrare e così fa, portando lei e Nicholas in soggiorno.

Entrambi continuano a parlare. Mi siedo accanto a Nicholas, ma gli concedo un po’ di spazio. Anche lui è triste. Sta piangendo, lo intuisco dalle lacrime che bagnano la sua pelliccia.

La signorina Hopps non gli sta prestando attenzione in questo momento. Sta ancora parlando con papà. Guardo di nuovo Nicholas, che è rimasto in silenzio per tutto questo tempo, anche se lancia un’occhiata a sua madre. Mi dispiace sinceramente per lui, ma non c’è nulla che io possa fare per aiutarlo.

Poi papà dice alla signorina Hopps di consolare il loro figlio.

Questo è la prima volta che sento papà chiamare Nicholas ‘suo figlio’.

Non ho paura di Nicholas o chissà che altro, e di certo non lo odio, ma… l’ho appena conosciuto. Non ci siamo parlati per davvero. È stato tranquillo ogni volta in cui ci siamo visti. Eppure non lo considero ancora come mio fratello.

La signorina Hopps fa del suo meglio per consolare Nicholas, ma poi saluta papà. Mi sposto leggermente dal mio posto sul divano e papà si siede tra noi, anche se non sono sicuro che dovrebbe stare lì.

Mi appoggio a papà, sperando che riesca a consolarlo; mentre lo guardo, gli dico che tutto sarebbe andato bene.

Papà si avvicina con fare esitante a Nicholas, ancora incerto sul da farsi, ma poi allunga la zampa e l’appoggia sulla spalla di Nicholas. Lui si irrigidisce un po’, ma non dice nulla e non fa nulla per respingere quel gesto affettuoso.

Papà appoggia l’altro braccio su di me e mi stringe a sé.

Vedo di nuovo papà versare altre lacrime.



Note dell’autore: Eccoci arrivati all’ottavo capitolo!

Vi siete accorti che questo capitolo è un po’ più breve rispetto ai precedenti, vero? Penso che sia dovuto al fatto che Robin non abbia avuto la possibilità di conoscere meglio la sua nonna paterna, al contrario del suo fratellastro. In ogni caso, l’autore della storia originale ha deciso di inserire questo capitolo allo scopo di fornire a Robin lo stesso spazio che ha riservato a Nicholas. Mi sembra giusto, non credete?

Come è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:

Pagina DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/

Capitolo VIII di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-8-Passing-695902263

Storia completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501

 

Questo è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e vi auguro una buona lettura. A presto!


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Capitolo 9
*** Ultime volontà ***


Capitolo IX

Ultime volontà

 

(dal punto di vista di Nick)

 

Il giorno dopo la morte di mia madre, sapevo che avrei dovuto darmi da fare per risolvere gli affari che lei aveva lasciato in sospeso. Ciò significava rintracciare il suo avvocato e informarlo della sua morte. Il problema era che ignoravo la sua identità. Avevo pensato che avesse lasciato un testamento, ma avrei dovuto scoprire con chi l’avesse redatto.

Mi faccio forza ed entro nella sua camera da letto. Per qualche istante, resto a fissare il letto vuoto, dove l’avevo trovata ieri. Il dolore rischia di sopraffarmi un’altra volta. Riesco a malapena a reprimerlo. Ho del lavoro da fare qui.

Quindi inizio a cercare per la stanza con attenzione.

Mi ritorna un ricordo in mente. C’è un piccolo armadio nella stanza, proprio accanto al letto. Sembra abbastanza ordinario, ma ricordo che quando ero piccolo, mia madre minacciò che, se mi fossi comportato male, avrebbe confiscato il mio giocattolo preferito e lo avrebbe messo in uno scompartimento all’interno di quel mobile. Ho sempre saputo che quello scompartimento era lì e che non aveva un lucchetto, ma non avrei mai potuto fare uno sgarbo simile alla mamma solo per riavere indietro il mio giocattolo.

Mi accovaccio e apro l’armadietto. Sono abbastanza sicuro che quello scompartimento è ancora lì. Ho un attimo di esitazione nel frugare al suo interno, poiché il fugace ricordo di essere sorpreso con le zampe nel sacco mi torna in mente e dal momento che mia madre non è più al mio fianco, rischio di lasciarmi sopraffare dal dolore. Decido di ricacciare indietro quella sensazione e apro lo scompartimento.

All’interno c’è una busta. Allungo la zampa e l’afferro.

Sul retro è riportata la dicitura ‘A mio figlio Nicholas’.

Mi siedo a lato del letto con gli occhi fissi sulla busta. Esito nell’aprirla. Rimango a fissare quelle parole scritte a mano per un bel po’.

Mi rendo conto che ho l’intenzione di aprire quella busta quasi con rabbia, ma nello stesso tempo non ho affatto l’intenzione di aprirla.

Le mie zampe tremano leggermente mentre il dolore minaccia nuovamente di prendere il sopravvento su di me.

Prendo un respiro profondo per infondermi coraggio e riesco ad aprire la busta con attenzione tramite uno dei miei artigli.

All’interno c’era un foglio di carta ripiegato. Sono riuscito a tirarlo fuori. Dopo aver inspirato profondamente un’altra volta, aprii il foglio e iniziai a leggerlo.

******

‘Caro Nicholas,

Se stai leggendo questa lettera, allora significa che non sono più al tuo fianco. Sarò in un posto migliore, ovunque si trovi anche il mio John.

Se, quando avrai ricevuto questa lettera, non sarai ancora tornato a Zootropolis, allora spero che tu riesca a tornare almeno in tempo per assistere al mio funerale. Sono certa che in quell’occasione incontrerai inevitabilmente la tua vecchia fiamma, Judy Hopps, e lei sarà lì per un’ottima ragione, proprio come te. Lei ha un figlio. Cercherò di non essere troppo prolissa per renderti le cose meno complicate. Il cucciolo di Judy è tuo figlio. Dopo che vi siete lasciati, lei non è riuscita ad abortire e ha scelto invece di metterlo al mondo. Lui è molto simile a te quando avevi la sua età, anche se deve sopportare l’ulteriore fardello di essere un ibrido nato dall’unione fra una volpe e una coniglia. Ho provato a raccontargli tutto ciò che potevo su di te, ma come era prevedibile è stato cresciuto solo da sua madre, e dal momento che tu non volevi che lei sapesse dove te ne fossi andato, tutto quello che ho potuto fare è dirgli che lui non era in nessun modo responsabile della tua fuga. Non ho potuto dirtelo prima, perché questa responsabilità ha gravato unicamente sulle spalle di Judy. Quando avrai letto questa lettera, tuttavia, sarà già troppo tardi. Non voglio che tu rimanga sconvolto o sorpreso quando sarai presente al mio funerale.

Se stai leggendo fra queste righe e sei già ritornato a Zootropolis per darmi l’ultimo saluto, probabilmente avrai già incontrato Nicholas e sarai già venuto a conoscenza dei particolari della sua nascita. Mi dispiace davvero di non avertelo mai potuto dire; avrei davvero tanto desiderato di dirtelo, se solo il cancro non avesse già cominciato a divorare la mia memoria.

Spero almeno di aver avuto l’occasione di incontrare Robin di persona. È sempre stato un nipotino adorabile nelle nostre chiamate su Muzzletime e nelle nostre lettere, ma vorrei che conoscesse anche il suo fratellastro.

Se hai trovato questa lettera, proverai a contattare il mio avvocato per informarlo della mia scomparsa. Ho redatto un testamento nello stesso giorno in cui ho scritto di mio pugno questa lettera, perciò dovrai assistere alla sua lettura. Il mio avvocato è una nostra vecchia conoscenza. So cosa pensi dei Donnolesi dopo tutti quei diverbi che hai avuto con Duke diversi anni fa, ma posso assicurarti che non esiste al mondo un avvocato migliore di suo padre, Archie. Lavora ancora fuori città nel suo studio a Happytown, perciò lo troverai facilmente. Dovrai informare Judy Hopps, perché le mie ultime volontà riguardano anche lei e il tuo primogenito.

Infine, voglio che tu sappia che ti ho voluto bene con tutto il cuore e che te ne vorrò per sempre. Anche se non sono riuscita a capire i motivi per i quali hai vissuto la tua vita, rimani mio figlio e nulla al mondo potrà mai cambiarlo.

Potrei essere andata via, ma sarò sempre con te. Cercami nel tuo cuore e mi troverai.

Stai attento. Stai bene. Rimani te stesso.

Per sempre tua madre,

Viola Wilde.’

******

Nick fissò intensamente quella lettera, mentre lacrime silenziose gli rigavano le guance. Nel leggere quelle righe, aveva provato qualcosa di definitivo che aveva reso la morte di sua madre ancora più tangibile per lui.

Restò impalato a guardare la lettera per qualche istante, prima che potesse sentire il rumore di qualcuno che si sedeva sul letto dietro di lui, oltre che l’odore che Nick sapeva bene appartenere a un certo fennec di sua conoscenza.

“Hai intenzione di rimanere seduto sul letto per tutto il giorno?” domandò Finnick accigliato.

“Non ti ho sentite entrare.” esclamò Nick senza voltarsi.

“Che cosa hai trovato, Nick?”

“È… personale.”

Finnick sbuffò dalle narici. Girò attorno al letto e andò a sedersi accanto a Nick.

“Ora, tu sai bene che non sono il tipo avvezzo alle sdolcinatezze o altre stupidaggini del genere.” disse Finnick, “Ma lei ti voleva bene. Non importa quanto tu sia stato cocciuto negli ultimi quindici anni.”

“Dillo pure, se questo ti fa sentire meglio.” rispose Nick con un leggero sbuffo.

“Va bene.” esclamò Finnick, “Lo faccio solo per il tuo bene. Avrei dovuto fare questa chiacchierata con te molto tempo fa, se avessi saputo che la tua cara coniglietta avesse deciso di tenere il cucciolo. Dannazione, sarei volato fino in Messigatto io stesso e ti avrei riportato indietro a forza.”

“Non lo sapevo e alla fine avevo pensato che sarebbe stato meglio così.”

“Non riesci a vedere che hai ancora il cuore a pezzi?” domandò Finnick, “Tua madre voleva disperatamente alleviare il tuo dolore, ma diceva sempre che eri troppo lontano perché lei potesse fare qualcosa. Ha rifiutato le tuo offerte perché lei non voleva i tuoi soldi, voleva che tu tornassi a Zootropolis. Immagino che non mi abbia mai detto niente di tuo figlio perché sapeva che sarei andato fin laggiù e che avrei trascinato il tuo culo triste fin qui senza aver neppure battuto ciglio.”

Ci fu un’altra risatina.

“Allora, che c’è scritto in quella lettera?” domandò Finnick.

“Come ti ho già detto, è personale.” rispose Nick.

“Nick, sai che ero legato a tua madre come lo era alla mia.” confidò Finnick, “Ci conosciamo da quando eravamo due cuccioli scapestrati e nonostante tutti i guai in cui ci eravamo ficcati, tua madre mi ha sempre accolto in casa sua con te.”

Nick non poté fare a meno di sospirare. Finnick aveva perduto sua madre quando era piccolo ed era stato preso in custodia da alcuni parenti che lo avevano trattato con un certo distacco. Viola era stata la cosa più vicina a una madre che Finnick avesse mai avuto e Viola aveva sempre dato il benvenuto al fennec.

“Come avete fatto tu e Nicholas a non incontrarvi?” domandò Nick, “Entrambi andavate a far visita a mia madre, oppure mi sbaglio?”

“Tirerò a indovinare, ma immagino che tua madre abbia avvisato la tua cara coniglietta quando venivo a trovarla.” rispose Finnick, “Ora, mi dirai che la cosa ti ha fatto piangere, oppure dovrò estorcerti la verità con le cattive?”

“Non lo faresti mai.” esclamò Nick ridacchiando.

“Okay, forse non nei confronti di un figlio in lutto.” ammise il fennec, “Ma la cosa ti ha fatto arrabbiare, e si vede. Come ti ho già detto, hai ancora il cuore a pezzi, Nick.”

La volpe scosse la testa e diede il foglio a Finnick. Dopo averla letta, il suo volto solitamente aspro si addolcì e, per un fugace attimo, Nick pensò che anche Finnick avesse pianto; era uno spettacolo a cui Nick non aveva mai assistito, ben conoscendo la tempra d’acciaio del suo vecchio amico.

 “Sii te stesso, eh?” disse Finnick mentre guardava le righe finali della lettera, “Mi sembra un buon consiglio. Lo seguirai?”

Nick non rispose e fissò invece la finestra della camera da letto.

******

Ho seguito le indicazioni di mia madre scritte sulla lettera: telefonai allo studio legale ‘Donnolesi & Co. Solicitors’ e parlai con Archie Donnolesi, la donnola che gestiva la compagnia. A differenza di suo figlio, Archie sa come parlare a un altro mammifero. Lo informo della morte… di mia madre… e accetta di incontrarmi fra qualche ora nel pomeriggio. Non appena termino la chiamata, compongo il numero della casa di Judy. Il telefono squilla per poco tempo.

******

“Pronto?” fu la risposta concisa dall’altro capo del telefono. Nicholas aveva risposto alla chiamata.

“Car… tua madre è in casa?” domandò Nick.

“No, è andata al lavoro.” rispose Nicholas.

“… giusto.” affermò Nick, “D’accordo, andrò a trovarla in centrale. C’è qualcosa che dobbiamo fare questo pomeriggio.”

“Ho capito.” replicò Nicholas prima di riagganciare.

******

Penso che sia il massimo che Nicholas mi abbia detto fin dal nostro incontro nella vecchia sartoria di mio padre.

Comunque, mi preparo per andare alla centrale di polizia. Indosso un completo elegante – camicia bianca con giacca e pantaloni rigorosamente neri – ed esco da casa di mia madre. Finnick si offre di accompagnarmi, ma gli chiedo di rimanere con Robin in casa mentre sono via. Chiamo un taxi e non passa molto tempo prima che uno spettacolo che non vedevo da quindici anni mi torni alla mente.

L’edificio della centrale di polizia non è cambiato affatto. Voglio dire, avrebbero almeno dovuto dare una mano di vernice nei quindici anni che sono passati dall’ultima volta che l’avevo visto.

Pago la corsa, esco e mi dirigo verso l’ingresso. Diamine, persino le porte scorrevoli sono rimaste le stesse.

Mentre entro nell’edificio, noto che almeno l’interno aveva avuto un intervento di riverniciatura. Getto uno sguardo al centralino e assisto a un altro spettacolo che ero sicuro che non sarebbe cambiato dopo tutto questo tempo.

Accidenti, Ben Clawhauser non sembra cambiato di una virgola, vero? Da qui, riesco a scorgere qualche pelo grigio sulla pelliccia attorno al suo muso, ma rimane un gattone troppo cresciuto, che sta canticchiando una canzone che riconosco come l’ultimo singolo di successo di Gazelle, mentre balla allegramente al suo posto, del tutto ignaro di ciò che sta succedendo qui.

Mi avvicino al bancone del centralino; Ben non si è ancora accorto che c’è un visitatore. Una volta arrivato, busso sul legno del bancone.

Ben smette di ballare e mi fissa. Per un istante, il suo volto sembra essersi bloccato per la sorpresa.

Quindi, succede.

******

“Per tutte le macchie di ghepardo!” strillò Clawhauser, “Nicholas Wilde! Sei tornato!”

Clawhauser si lanciò dall’altra parte del bancone e strinse a sé Nick in un abbraccio.

“Baffetto! Non riesco a respirare!” ansimò Nick. Il corpulento ghepardo allentò la presa e lasciò andare la volpe.

“Oh, ti sei perso un sacco di cose avvenute qui dentro!” esordì Clawhauser, “Non so quanto tu sappia, ma…”

“Credimi, amico.” disse Nick mentre si sistemava la cravatta e il colletto della giacca, “So già tutto.”

Clawhauser abbassò lievemente lo sguardo.

“Oh, ho saputo della tua povera mamma.” disse, “Mi dispiace tanto, Nick.”

L’unica risposta di Nick fu una leggera smorfia.

“Cosa ti porta al distretto oggi?” domandò Clawhauser nel tentativo di cambiare argomento dopo aver visto l’espressione abbattuta di Nick.

“Ho bisogno di parlare con car… voglio dire, il Capitano.” disse Nick.

“Allora lo sai già.” commentò Clawhauser, “Che altro hai saputo?”

“Tutto.” ribadì Nick.

“Ah.” esclamò il ghepardo prima di sporgersi in avanti, “Nick, per quello che vale, sappi che ho preso le tue difese dopo che te ne sei andato.”

Nick abbozzò un sorriso.

“Ti ringrazio, amico.” disse, “Lo apprezzo molto.”

“Per quanto riguarda il Capitano Hopps, la troverai nel suo ufficio.” disse Clawhauser, “La chiamo subito.”

Il ghepardo sollevò la cornetta del telefono. “Capitano? C’è qui Nick Wilde che desidera parlare con lei. Lo mando su? D’accordo.” Clawhauser riattaccò e si rivolse a Nick, “Conosci ancora la strada?”

“Dopo tutte le lavate di capo che Bogo mi ha fatto lassù? Certo!” ribadì Nick alzando un sopracciglio, “A proposito, come sta?”

“Beh, glielo puoi chiedere tu stesso, dal momento che è in ufficio con il capitano.”

Nick si accigliò. Tuttavia, si diresse verso la rampa di scale che lo avrebbe condotto al secondo piano. Si rivolse nuovamente a Clawhauser.

“È stato un piacere parlare di nuovo con te, baffetto.” disse Nick.

“Torna presto, manchi a tutti noi!” affermò il ghepardo, mentre vedeva la volpe salire le scale.

Nick raggiunse la porta di quello che in precedenza era l’ufficio del capitano Bogo. Sulla porta era riportata la dicitura ‘Capitano Hopps’. Poteva sentire delle voci provenire dall’ufficio, perciò Nick bussò alla porta.

“Avanti.” esclamò Judy. Nick aprì la porta ed entrò.

Lo spettacolo che Nick si trovò davanti fu il più insolito che avesse mai visto. Bogo, che indossava un completo casual, era seduto su quello che Nick considerava il lato sbagliato della scrivania. Judy, invece, era seduta sulla sedia che spettava al suo rango.

“Wilde.” annuì Bogo.

“Bogo.” esclamò Nick di rimando. Il bufalo si rivolse a Judy.

“Beh, credo che ci siamo detti tutto quello che dovevamo dirci.” Bogo si alzò e si abbottonò la giacca, “Se vuole scusarmi, ho alcune faccende che richiedono la mia attenzione.”

Con ciò, Bogo uscì dall’ufficio. Nick lo vide allontanarsi prima di rivolgere la sua attenzione a Judy, che sospirava.

“Su col morale, capitano.” disse Nick mentre si arrampicava sulla grande sedia che Bogo aveva lasciato vacante.

“Non ancora per molto.” esclamò Judy. Nick la guardò perplesso.

“Che cosa dovrebbe significare?” domandò Nick. Judy rispose facendo scivolare una lettera sulla scrivania in direzione della volpe.

******

La lettera che carotina mi passa richiede pochissimo tempo per essere letta.

È una lettera di dimissioni. Ha intenzione di lasciare il ruolo di capitano e chiede di essere declassata al grado di tenente.

Lo stesso rango che aveva quando me ne sono andato.

La lettera raccomanda anche di sostituirla con Trisha Fangmeyer, sorella dell’agente Stan Fangmeyer.

Le chiedo perché ha intenzione di fare una cosa simile.

******

“Voglio dimettermi perché è la cosa giusta da fare.” disse Judy, “Non sono una brava mammifera, Nick.” la coniglia sospirò malinconicamente, “Perché sono andata così lontano?”

“Perché il tuo obiettivo era sempre quello di rendere il mondo un posto migliore.” replicò Nick.

“Non ci sono neppure andata vicino. Non posso perseguire questo obiettivo se non riesco neppure a rendere migliore il mondo di mio figlio.” disse Judy, “Non ci riesco dal giorno in cui… abbiamo litigato. Mi sono arresa. Sono andata avanti con il pilota automatico, ottenendo una promozione dopo l’altra. Sono un’amica orribile, una pessima madre e non posso più andare avanti così. Devo sistemare tutto questo.”

Nick poteva vedere gli occhi di Judy inumidirsi di lacrime.

“Su, su…” Nick allungò una zampa verso Judy e le strinse la spalla, “Non sei cattiva come pensi, Judy.” Le orecchie della coniglia si piegarono in avanti nell’udire il suo nome, ma lei scosse la testa in segno di negazione, “Non lo sei affatto. Hai commesso degli errori nel corso della tua vita? Beh, sì, li hai commessi. Ma questo ti rende un pessimo soggetto? No, niente affatto. Se fossi davvero cattiva come hai detto, ti saresti forse resa conto degli errori che hai fatto? Non credo proprio. Nessuno che possiede un’indole malvagia ammette mai di aver sbagliato. E se tu sei davvero una mammifera orribile, allora io che dovrei essere? Sono tornato a Zootropolis soltanto per vedere in tempo mia madre, o ciò che era rimasto di lei, morire. Se fossi tornato prima, avrei scoperto la verità e sarei rimasto in città mentre mia madre sarebbe stata ancora in vita.”

“Io ti ho respinto!” protestò Judy.

“Me ne sono andato di mia volontà!” ribadì Nick.

“Per colpa di tutto quello che ho fatto!”

“Basta!” gridò Nick, “Basta così!”

Judy rimase a fissare la scrivania, mentre le lacrime le rigavano il volto.

“Non sono venuto qui per discutere su chi di noi due avesse commesso più errori, carotina.” ribadì Nick.

“Perché sei qui, allora?”

Nick fece un respiro profondo per calmarsi, prima di riprendere a parlare.

“La lettura del testamento della mamma si terrà questo pomeriggio.” disse, “Dovrai essere lì.”

******

Carotina sembra sorpresa. Le dico che ho trovato una lettera in cui mia madre ha trascritto le sue ultime volontà, alcune delle quali la riguardano direttamente.

Mi tornano alla mente le ultime parole scritte in essa.

Stai attento. Stai bene.

Rimani te stesso.

Poi ripenso alle parole pronunciate da Finnick, su come abbia ancora il cuore a pezzi dopo tutto questo tempo. Immagino che abbia ragione. Puoi anche mettere una pezza su una crepa, ma rimarrà sempre al suo posto. Non fraintendetemi: amo ancora Anabel, e se lei fosse ancora in vita, le cose ora sarebbero diverse, ma penso che lei sapesse che il mio cuore era ancora… in frantumi… dopo quello che era successo. In più di un’occasione, aveva provato a convincermi a riprendere il mio vecchio nome. Le avevo detto che ci avrei pensato.

Mi è venuta in mente un’altra cosa a proposito di tutto questo.

L’unica ragione per cui stavo così male è perché ero ancora innamorato di Judy. E se il dolore che avevo provato in passato era tornato, non poteva certo trattarsi di una semplice eco.

Questo può significare una sola cosa.

Sono ancora innamorato di Judy.

Cercate di non travisare il significato di quanto ho appena detto. Sebbene la ami ancora, sono successe troppe cose fra di noi perché possiamo anche solo pensare di tornare a lavorare insieme come è stato in passato. È passata fin troppa acqua sotto i ponti. Tuttavia, non vedo alcun valido motivo per cui noi due non possiamo tornare a essere amici, soprattutto dal momento che, in un modo o nell’altro, siamo strettamente connessi tramite nostro figlio.

Qui sto divagando. Perciò mi limito a dirle della lettera senza accennare al suo contenuto.

Non dovevo dirle altro, perciò lascio Carotina ai suoi doveri dopo averle detto dove si trova la sede legale dello studio ‘Donnolesi & Co. Solicitors’.

******

Mentre Nick usciva dalla centrale di polizia, vide avvicinarsi il furgone di Finnick. Nick raggiunse il mezzo con un’espressione leggermente accigliata.

“Cosa ti porta qui?” domandò Nick.

“Servizio navetta.” grugnì Finnick. Nick non poté fare a meno di ridacchiare, attirandosi uno sguardo irato da parte del suo vecchio amico.

“Cerca di non occupare troppo spazio.” minacciò il fennec, “Salta a bordo.”

Nick fece come gli era stato detto e si accomodò sul sedile anteriore del passeggero. Robin era seduto sul retro del furgone.

“Allora…” esordì Finnick dopo aver messo in moto, “Vuoi dirmi per quale ragione ci hai messo così tanto? Avevo iniziato a chiedermi se ti avessero tenuto in ostaggio o qualcosa del genere.”

“No.” rispose Nick scuotendo la testa, “Andiamo via di qui. Ho un appuntamento con una donnola.”

Finnick sbuffò seccato mentre si dirigeva in direzione di Happytown.

******

Ah, Happytown. Non mi è mai mancato questo posto. Nonostante il nome, nessuno è felice a Happytown. I miei genitori vivevano qui, molto tempo prima che potessero racimolare i soldi necessari per trasferirsi nel Distretto di Rainforest. Questo è il peggior distretto di tutta Zootropolis. È praticamente una baraccopoli. Mi vergogno ad ammettere che ho dovuto vivere qui prima di affittare quel grazioso appartamento a Savanna Central con carotina.

La sede della compagnia si trova a pochi isolati di distanza dalla vecchia sartoria di papà.

Chiedo ancora una volta a Finnick di badare a Robin mentre sono via. Non sembra troppo contento di giocare nuovamente alla tata, ma gli do abbastanza soldi per comprare qualcosa da mettere sotto i denti e questo sembra bastare a rasserenarlo.

Non appena mi accingo a entrare, ancora una volta le parole di mia madre mi ritornano alla mente.

Rimani te stesso.

Dal momento che sono qui, finisco col chiedermi cosa mi sia appena passato per la testa.

******

Nick si avvicino alla centralinista, una giovane volpe che poteva avere diciotto o diciannove anni al massimo; molto probabilmente era una tirocinante, aveva pensato Nick.

“Mi scusi, ho un appuntamento con Archie Donnolesi. Il mio nome è Nicholas Hood.”

La volpe lanciò un’occhiata a Nick, poi iniziò a battere i tasti sulla tastiera del suo computer.

“Sì.” esclamò la giovane tirocinante indicando il breve corridoio dietro la scrivania, “Lo troverà nell’Ufficio Due sulla destra.”

“Grazie.” disse Nick avvicinandosi all’ufficio indicatogli. Bussò alla porta.

“Avanti.” disse una voce maschile dall’altro lato della porta. Nick la aprì ed entrò.

“Ne è passato di tempo, Archie.” disse con un sorriso.

Archibald ‘Archie’ Donnolesi aveva appena passato la settantina, ma sembrava più arzillo che mai. A differenza di suo figlio Duke, non aveva un pelo fuori posto e il suo completo, sebbene fosse un po’ logoro, era comunque ben tenuto. Indossava gli occhiali, un dettaglio che si rivelò una novità agli occhi di Nick.

“Come sta tuo figlio? Non lo vedo da… beh, almeno quindici anni.” disse Nick.

“È in prigione, che tu ci creda o no.” rispose Archie.

“Che cosa ha combinato questa volta?”

“Il solito.” Archie si limitò a stringersi nelle spalle, “A volte non so proprio cosa fare con lui.” confessò scuotendo la testa, “Immagino che tu non sia venuto qui per ascoltare le storie della mia famiglia.”

Nick cambiò rapidamente espressione.

“Hai indovinato.” ammise Nick, “Sono qui per mettere in ordine gli affari che mia madre ha lasciato in sospeso.”

Archie gli consegnò una busta sigillata.

“Poiché il testamento riguarda più beneficiari, ritengo che tu abbia già informato le parti interessate che devono essere presenti alla lettura. Non è così?”

“Sì.” rispose Nick, “Ma prima di iniziare, c’è una cosa che vorrei chiederti.”

“Di che si tratta?”

Nick inspirò profondamente.

“Voglio cambiare il mio nome.”

“Ancora?” Archie inarcò un sopracciglio, “Un cambiamento non è stato sufficiente?”

“Ecco…” cominciò Nick, “Non voglio prendere un nuovo nome, desidero soltanto tornare a quello vecchio.”

Archie si limitò a fissare negli occhi Nick per un po’.

“Ascolta, c’era qualcosa nella lettera della mamma che corrisponde a verità e stamattina ho parlato con alcuni… amici che mi hanno fatto capire che sono scappato da me stesso per troppo tempo.” spiegò Nick, “Ritornare al mio vecchio nome sarà soltanto… l’inizio di un lungo processo di cambiamento.”

Archie continuò a tenero lo sguardo fisso su Nick, prima di sbuffare e di tirare fuori un documento da uno dei cassetti della sua scrivania.

 Era un modulo per il cambio del nome. Nick sapeva che con ogni probabilità l’iter burocratico avrebbe richiesto del tempo.

“Compila questo modulo e consegnalo in municipio.” disse Archie.

“Ti ringrazio.” esclamò Nick dopo aver preso il documento.

******

Dopo che Judy arrivò, si sedette sulla sedia accanto alla mia e Archie iniziò a leggere il testamento in nostra presenza.

Mamma aveva lasciato a me il suo appartamento. A Nicholas sarebbero andati i suoi risparmi. Il testamento affermava che desiderava essere sepolta nello stesso lotto dove riposa papà. Aveva anche stipulato una polizza assicurativa sulla vita che avrebbe coperto i costi del funerale.

Me ne vado appena finita la lettura del testamento. Finnick mi porta a casa e chiamo l’impresa di pompe funebri per organizzare il da farsi.

Il funerale della mamma si sarebbe svolto entro una settimana.

Per quanto riguarda me: Nicholas Johnathan Hood esce di scena, mentre Nicholas Piberius Wilde fa il suo ritorno.




Note dell’autore: Questo era il nono capitolo!

Al contrario del precedente, questo capitolo è ben più lungo e anche pieno zeppo di avvenimenti, come il testamento che Viola Wilde è riuscita a scrivere di propria zampa prima che la malattia le divorasse inesorabilmente la memoria e le dimissioni di Judy da capitano della polizia di Zootropolis. Spero che abbiate a disposizione una bella scorta di fazzoletti, perché ne avrete bisogno nei prossimi capitoli. Vedrete!

Come è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:

Pagina DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/

Capitolo IX di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-9-Letters-And-Wills-687657673

Storia completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501

 

Questo è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e vi auguro una buona lettura. A presto!




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Capitolo 10
*** Addio, Viola ***


Chapter X

Capitolo X

Addio, Viola

 

(dal punto di vista di Judy)

 

Oggi è il giorno del funerale di Viola Wilde.

In qualche modo questo fatto mi fa sembrare il tutto molto più reale.

Indosso un tailleur nero e una camicetta bianca; non è nel mio consueto modo di vestire, ma l’occasione lo richiede. L’ultima volta che l’ho indossato è stato quando il nonno è deceduto dieci anni fa. Mi guardo allo specchio.

Come ultimo tocco, attacco un piccolo giglio sul taschino.

Questo è anche il mio ultimo giorno ufficiale come capitano di polizia del Distretto Uno, ma questo mi preoccupa assai meno del funerale. Sia il sindaco sia il commissario Bogo sono stati comprensivi ed entrambi mi hanno permesso di prendere la giornata libera: Fangmeyer ricoprirà semplicemente il suo nuovo ruolo un po’ prima di quanto avesse pensato.

Per me, ciò che più conta in questo momento è essere presente per mio figlio. Sarò presente anche per il mio amico. Sarò lì per rendere omaggio alla volpe che, me ne rendo conto ora, non aveva mai rinunciato alla speranza che le cose avessero potuto migliorare.

Il telefono squilla e mi distoglie dai miei pensieri. Lo prendo e controllo l’identità di chi mi sta chiamando sullo schermo. È mia madre.

******

“Ciao, mamma.” disse Judy dopo aver premuto l’icona di accettazione della chiamata. La faccia di sua madre apparve sullo schermo.

Bonnie Hopps aveva ormai superato da un bel po’ i sessant’anni, ma Judy poteva giurare che non ne dimostrava più di cinquanta. Sullo sfondo, Judy poteva intravedere suo padre Stu, intento a fare qualcosa, ma non riusciva a vedere di cosa si trattasse.

Ciao, tesoro.” disse Bonnie, “Come stai?

“Sto bene.” rispose Judy.

Judy…” replicò Bonnie preoccupata, “Potresti anche avere quarantadue anni, ma tieni ancora le orecchie abbassate quando non stai bene.

“Poteri di mamma, eh…” esclamò Judy con una risatina.

Sì, e sai esattamente di cosa sto parlando.” disse Bonnie, “Come sta Nicholas?

“Lui è rimasto… incredibilmente sconvolto, anche se sta cercando in tutti i modi di nascondermelo. La morte della signora Wilde è stato un durissimo colpo per lui.”

Beh, mi sembra ovvio. Lei era sua nonna e anche l’unico legame che aveva con suo padre.

“Non più…” disse Judy.

So che è tornato, ma è stato via per quindici anni, tesoro.” ribadì Bonnie, “So che speri che tutto vada bene, ma non è stato presente nei primi anni di Nicholas. Come può pensare di essere un padre per lui adesso? Forse sarebbe meglio che se lui tornasse all’estero dopo il funerale.

È Judy al telefono?” domandò Stu prima di comparire sullo schermo, “Ehilà, Judy! Come va? Hai bisogno che venga con un forcone per occuparmi del tuo problema?

“Di sicuro non c’è bisogno che lo faccia proprio oggi.” rispose Judy accigliata, “Viola era la madre di Nick, non soltanto la nonna di Nicholas, e non ho intenzione di voltare le spalle a Nick quando è a terra. O quando è su di morale, per quanto mi riguarda. Ho passato quindici anni della mia vita a pentirmi dell’ultima volta che ho fatto una cosa del genere, e voi due dovreste saperlo più di tutti!”

Non lo abbiamo mai neppure pensato.” disse Bonnie, alzando una zampa come per volersi scusare, prima di lanciare un’occhiata severa a suo marito, “Né ci sentirai mai dire una cosa simile.

L’anziana coniglia sospirò.

Mi dispiace, tesoro. Non volevamo sembrare insensibili. Siamo solo preoccupati.

“Sto bene.” disse Judy ripetendo la sua precedente affermazione.

Beh, se lo dici tu… ti lascio andare adesso, Judy. Fatti forza.” esclamò Bonnie.

“Ci proverò.” replicò Judy prima di terminare la chiamata. Si diede un’ultima occhiata all’abito e sistemò la spilla, prima di lasciare la stanza e bussare alla porta della camera di Nicholas.

“Nicholas, ti sei già vestito?” domandò Judy.

Non ci fu alcuna risposta, perciò Judy aprì leggermente la porta. Nicholas era seduto sul letto in giacca e cravatta, con le zampe tra le ginocchia e la testa china.

“Ehi…” Judy entrò nella stanza e si sedette accanto a lui sul letto, “Andrà tutto bene.”

“No, non andrà bene niente.” disse Nicholas, “Nonna Viola non c’è più. Se n’è andata per sempre.”

“Cerca di non pensarla così. Potrebbe essersene andata, ma lei vive.” disse Judy posando una zampa sul petto del figlio, “Vive qui. Nel tuo cuore.”

Nicholas guardava sua madre con gli occhi gonfi di lacrime.

“Vieni qui, tesoro.” disse Judy stringendo Nicholas in un abbraccio; per la prima volta dopo tanto tempo, Nicholas ricambiò quel gesto affettuoso da parte di sua madre.

******

Il funerale di Viola si sarebbe tenuto in una cappella nel Cimitero del Grande Principe, nel Distretto di Rainforest. Come è consuetudine in quel distretto della città, la pioggia è ‘programmata’.

Conosco bene la strada: in tutti gli anni che ho servito nel Corpo di Polizia di Zootropolis, ho preso parte ai funerali di tre colleghi. Uno di essi, Leroy Wolfard, è seppellito nello stesso luogo in cui Viola avrebbe trovato riposo.

Ci vuole circa mezz’ora nel traffico di punta del mattino per raggiungere il cimitero. Quando arrivo, riesco già a vedere il furgone di Finnick parcheggiato. Spengo il motore e scendo dalla macchina dopo aver preso un respiro profondo. Nicholas mi segue. Camminiamo in silenzio verso la cappella situata al centro del cimitero. Il sacerdote, una volpe dalla pelliccia nera, è in piedi fuori dalla cappella insieme a Nick.

Nick fa un cenno a me e Nicholas mentre gli passiamo davanti.

Una volta dentro, mi accorgo che sono presenti pochissimi mammiferi in lutto. Alcune volpi sono sedute sui banchi; non riesco a riconoscerne nessuna, mentre noto Finnick seduto in seconda fila. Riesco a vedere Robin seduto in prima fila, con la testa china.

Il ministro di culto e Nick entrano. Il primo mi dice che, dietro richiesta di Nick e in qualità di madre di suo figlio, dovrei accomodarmi in prima fila accanto a lui, dal momento che è consuetudine che i familiari più stretti si raccolgano in prima fila. Scambia un cenno d’intesa con Nick e lui si accomoda fuori mentre mi siedo al posto convenuto. Robin mi guarda nervoso.

Un silenzio lungo diversi minuti scende nella cappella. Nessuno si muove. Alcuni membri della congregazione riunita si lanciano delle occhiate. Mi prendo il tempo necessario per guardarmi intorno.

Alcune delle volpi riunite hanno l’età di Viola, quindi immagino che la conoscessero bene. Altre sono più giovani, perciò potrebbero essere i loro figli.

Il sacerdote invita ad alzarci. Mentre lo faccio, guardo in direzione della porta.

Un gruppo di sei volpi portano una bara – il feretro di Viola – sulle loro spalle. Nick porta la bara in equilibrio sulla spalla destra, nella parte anteriore. La processione che trasporta il feretro si avvicina e lo pone sul cavalletto di fronte al sacerdote. Quest’ultimo entra nel pulpito e inizia a parlare.

******

“Siamo qui riuniti oggi per rendere omaggio e celebrare la memoria della nostra defunta sorella, Viola Emma Wilde.” iniziò il sacerdote, “Ha lasciato questo mondo per ricongiungersi nell’aldilà alle anime di coloro che l’hanno preceduta.”

Il ministro di culto alzò lo sguardo verso l’alto.

“Ora cederò il testimone a suo figlio, Nicholas Wilde, il quale vorrebbe aggiungere alcune parole.” disse prima di scendere dal pulpito. Nick, che si era seduto in prima fila accanto a Robin, si alzò e prese posto sul pulpito. Tutti gli occhi dei presenti erano fissi su di lui mentre spiegava un foglio di carta e lo posizionava sul piedistallo.

Quando ero un cucciolo, la mamma mi diceva sempre ‘La notte cala, ma il sole sorgerà sempre il giorno successivo’.” esclamò Nick leggendo il testo riportato sul foglio, “Per me, la notte è stata presente per molto tempo, ma lei era sempre lì a cercare di strapparmi dalle tenebre per riportarmi alla luce. Non aveva mai smesso di credere nel bene presente nel mondo là fuori. Non aveva mai smesso di credere in coloro che amava. Lei era così.” Judy riuscì a vedere le lacrime sgorgare dagli occhi di Nick, mentre il tono della sua voce vacillava, “Vedeva il bene in ognuno. Sapeva che tutti, a un certo punto della loro vita, cadono a terra, ma era sempre lì, a offrire una zampa per aiutarti a rialzarti. Per lei non doveva essere stato facile crescere da sola un figlio che aveva perduto la speranza, ma non aveva mai voluto arrendersi con me. Questo è stato il dono più grande che abbia mai potuto offrire al mondo: il dono della speranza.

Nick deglutì e lanciò un’occhiata alla bara che ospitava il corpo di sua madre.

“Era la madre migliore che un cucciolo dal cuore infranto avrebbe mai potuto avere al proprio fianco.” disse infine Nick, prima di scendere dal piedistallo e tornare al suo posto con la pelliccia del suo volto bagnata dalle lacrime. Il sacerdote fece un passo indietro.

“Grazie per le tue parole, Nicholas.” disse il celebrante, “Viola era amata da tutti coloro che l’hanno conosciuta. La sua scomparsa è una tragedia, ma dobbiamo tener presente che con la morte, termina anche la sofferenza. La vita è un inizio e la morte è una parte naturale della vita. Non dobbiamo vedere la morte come la fine di tutto, perché la morte è semplicemente il passaggio a una nuova vita. Ora vorrei leggervi un passo, prima di poter infine affidare Viola al riposo eterno.”

******

Il sacerdote legge un passaggio dal libro che sta tenendo. Rivolgo lo sguardo verso Nicholas, che tiene la testa bassa e non riesce a fermare le lacrime che gli scorrono sul viso. Il mio braccio si protende verso di lui e faccio del mio meglio per confortarlo, mentre cerco io stessa di essere forte. Il celebrante finisce di leggere il passo e annuncia che possiamo procedere alla sepoltura. Guardo Nick mentre si fa avanti con le altre cinque volpi che avevano trasportato con lui la bara di Viola sulle spalle. Le sei volpi sollevano nuovamente il feretro e il sacerdote ci invita ancora una volta ad alzarci. La processione conduce fuori la bara di Viola, seguita dal sacerdote a da tutti i presenti alla cerimonia. Sto ancora sorreggendo Nicholas mentre usciamo. Il cammino verso il luogo deputato all’inumazione non richiede molto tempo. Vedo una fossa già scavata nel terreno.

Accanto ad essa, sulla sinistra, noto una tomba con una lapide che riporta questa iscrizione:

‘Johnathan Reginald Wilde.

1967-1990.

Padre, marito, figlio.

“Un giorno il mondo sarà un posto migliore.”’

La processione si è fermata. I portatori della bara l’hanno posata delicatamente a terra. Il sacerdote riprende a parlare ancora una volta, ma non riesco a prestargli attenzione e osservo silenziosamente la bara mentre viene fatta calare nella fossa.

In quel lasso di tempo che pare interminabile, il ministro di culto conclude la sua omelia. Nick indietreggia e osserva la bara che ha raggiunto il fondo della fossa. Prende un giglio da un mazzo di fiori che era stato deposto accanto alla tomba e lo lascia cadere sulla bara. I responsabili dell’inumazione iniziano a riempire di terra la fossa, affidando il corpo di Viola Wilde al riposo eterno.

Nicholas sfugge al mio controllo e si avvicina a Nick. Per un momento, temo che possa dare inizio a un nuovo litigio.

Poi succede qualcosa di inaspettato.

Nicholas si fa avanti e abbraccia Nick.

Lo stesso Nick appare piuttosto sorpreso.

Robin è dietro di lui; il mio primo pensiero è che possa sentirsi escluso, ma a giudicare dallo sguardo che rivolge a entrambi… credo che lui abbia capito che suo padre e Nicholas avessero bisogno di vivere questo momento.

Nicholas si stacca da Nick e poi abbraccia anche Robin. Inizialmente, lui ha la stessa reazione del padre: si irrigidisce a quel contatto e poi, superato lo stupore, ricambia l’abbraccio.

Anch’io mi avvicino a Nick. Ci guardiamo negli occhi per un po’ di tempo, senza proferire parola.

Quindi Nick si fa avanti e mi abbraccia. Riesco a sentirlo singhiozzare, mentre le lacrime scendono silenziosamente sul mio volto.

Sembra che trascorra un’eternità prima di staccarci da quell’abbraccio. Nicholas e Robin ci guardano fianco a fianco. Nick mi lancia un cenno col capo ed entrambi volgiamo un’ultima occhiata sul luogo in cui Viola Wilde avrebbe riposato, Nick fa un cenno d’assenso verso il punto dove è situata la tomba di suo padre. Lo guardo mentre si ferma per un momento. Poi inizia a parlare.

“Faresti meglio a prenderti cura della mamma, d’accordo?” esclama. Fissa la lapide di John Wilde ancora per un po’, come se si aspettasse una risposta di suo padre dall’aldilà, prima di voltarsi.

Seguo Nick dal cimitero e la mia zampa è protesa in avanti in cerca della sua, ma non riesce a raggiungerla prima che possa ricadere sul mio fianco.




Note dell’autore: Eccoci arrivati al decimo capitolo!

Non vorrei recitare la parte del guastafeste, ma il funerale di Viola Wilde rappresenta il momento dell’intera storia in cui i personaggi principali saranno in qualche modo forzati a dire addio non soltanto alla povera volpe, ma anche a tutti gli errori commessi in passato, in modo da poter guardare al futuro con una maggiore consapevolezza delle proprie forze e debolezze. In questo capitolo avete potuto conoscere il punto di vista di Judy; in quelli successivi scoprirete anche quelli di Nicholas, Nick e Robin.

Come è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:

Pagina DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/

Capitolo X di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-10-Goodbye-Viola-688433898

Storia completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501

 

Questo è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e vi auguro una buona lettura. A presto!


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Capitolo 11
*** Dietro lo scudo del dolore ***


Capitolo XI

Dietro lo scudo del dolore

 

(dal punto di vista di Nicholas)

 

Una settimana.

È quanto mi ci è voluto per accettare il fatto che nonna Viola se ne fosse andata per sempre.

Ho saputo che la mamma ha rassegnato le sue dimissioni dal ruolo di capitano della polizia di Zootropolis. Mi ha detto che desidera trascorrere più tempo con me, per cercare di essere una madre migliore.

Sto cominciando a sentirmi in colpa per averla accusata di non essere stata presente per me. Ricordo cosa mi diceva nonna Viola:

“Potrei non comprendere perché abbia fatto ciò che ha fatto, ma rimane sempre tua madre e niente potrà mai cambiarlo.”

Oggi è il giorno del suo funerale e all’inizio di questa mattina, mi sveglio come intontito. Poi il sole inizia a sorgere, e con esso, il significato che questo giorno porta con sé.

******

Nicholas era in piedi di fronte al suo armadio, fissando il completo che avrebbe dovuto indossare quel giorno per il funerale di sua nonna. Si trattava di un abito nero a due pezzi corredato da una cravatta dello stesso colore, che sua madre aveva fatto confezionare apposta per lui. O almeno, era ciò che gli aveva detto all’inizio. Ma era evidente che il completo, seppur realizzato in modo impeccabile, non era stato affatto confezionato da un professionista. Inoltre, Nicholas poteva sentire un odore vago e familiare.

Quell’odore apparteneva a una volpe.

Era l’odore di Nick Wilde.

All’inizio, Nicholas si era rifiutato di indossarlo, ma Judy gli aveva detto che Nick aveva realizzato quel completo per lui perché non era stato in grado di contattare un sarto in grado di crearlo con così poco tempo di preavviso. Gli raccontò che quando Nick era più giovane, aveva creato vestiti diversi per ogni tipo di ‘lavoro’ che lui e Finnick avrebbero svolto assieme, oltre che a confezionare abiti delle dimensioni adatte per un canide destinati a sé stesso. All’apparenza, quella di confezionare vestiti doveva essere un’abilità che suo padre gli aveva trasmesso quando Nick era ancora un cucciolo.

Dopo aver preso un respiro profondo, Nicholas prese il completo dall’armadio e iniziò a cambiarsi. Una volta finito, si sedette sul letto e appoggiò le zampe tra le sue ginocchia, tenendo la testa abbassata.

Sentì qualcuno bussare alla porta.

“Nicholas, ti sei già vestito?” domandò Judy.

Nicholas non rispose. Judy aprì leggermente la porta e vide suo figlio seduto sul letto.

“Ehi…” Judy entrò nella stanza e si sedette sul letto accanto a lui, “Andrà tutto bene.”

“No, non andrà bene niente.” disse Nicholas, “Nonna Viola non c’è più. Se n’è andata per sempre.”

“Cerca di non pensarla così. Potrebbe essersene andata, ma lei vive.” disse Judy posando una zampa sul petto del figlio, “Vive qui. Nel tuo cuore.”

Nicholas guardò sua madre con le lacrime agli occhi.

“Vieni qui, tesoro.” disse Judy stringendo Nicholas in un abbraccio. Il giovane ibrido ricambiò l’abbraccio di sua madre, mentre le lacrime scorrevano silenziosamente sul suo viso.

******

Fa male. Fa davvero male. Non ho mai provato un tale dolore prima d’ora.

Perché nonna Viola era l’unico legame che avessi con mio padre? No…

Forse il fatto è che lei mi voleva bene, nonostante io sia uno scherzo della natura.

O forse perché l’ho vista spegnersi lentamente fino al punto da dimenticare chi fossi? O forse perché alla fine non c’era nulla che potessi fare per impedirle di lasciarci?

Non riesco a fermare le mie lacrime. Il mio abbraccio con la mamma si fa più stretto.

Lei mi lascia andare dopo un lasso di tempo che sembrava non volesse finire mai. Mi dice che è ora di andare. Dopo aver preso un respiro profondo e tremante, la seguo fuori dalla stanza e dall’appartamento, fino a che entro in macchina.

L’auto attraversa Savanna Central e arriva nel Distretto di Rainforest, dove si sarebbe tenuto il funerale di nonna Viola, nel più completo silenzio. La mamma mi lascia solo con i miei pensieri, anche di tanto in tanto riesco a vedere il suo sguardo su di me. Ora, però, non ho bisogno di sentire altro.

Penso che abbiamo impiegato circa mezz’ora per arrivare al cimitero. Al nostro arrivo, vediamo alcune macchine parcheggiate e quel furgone dalla carrozzeria inconfondibile che appartiene a quel fennec amico del signor Wilde.

Mamma spegne il motore. Prende un lungo respiro prima di uscire dalla macchina. Esco e la seguo all’interno del cimitero.

Non c’è nulla da dire. Restiamo in silenzio mentre ci avviciniamo alla piccola cappella posta al centro del cimitero.

Eccolo lì… è in compagnia del sacerdote. Stanno parlando di qualcosa, quando il signor Wilde annuisce nella nostra direzione. La mamma ed io entriamo nella cappella.

Non ci sono molti mammiferi presenti al funerale. Noto che sono tutte volpi. Mi sento improvvisamente fuori posto. Ma sembra che la cosa non mi sconvolga quanto il fatto che nonna Viola non avesse molti amici. Perché? Era una dei mammiferi più gentili che io abbia mai conosciuto. Forse molti altri che sentivano la sua mancanza non sono potuti venire al funerale?

Vengo distolto dai miei pensieri quando sento le zampe di qualcuno posarsi sulle nostre spalle dietro di noi. La mamma si gira e il ministro di culto ci si avvicina in compagnia del signor Wilde.

Il sacerdote dice che dovremmo sederci in prima fila, dal momento che io sono il figlio del signor Wilde. È una sua richiesta. Il celebrante si rivolge a lui, gli fa un cenno e per tutta risposta, il signor Wilde si gira ed esce dalla porta.

La mamma e io camminiamo nella cappella e ci sediamo in prima fila, dove è seduto anche Robin. Rivolge a entrambi uno sguardo colmo di nervosismo e timidezza.

All’interno della cappella non si sente volare una mosca. È come se tutti fossero morti sul momento.

Dopo alcuni minuti, il celebrante sale sul pulpito e si rivolge ai presenti.

******

“Gentili mammiferi qui presenti, vi invito ad alzarvi.” disse il sacerdote. Tutti si alzarono come richiesto e si voltarono verso l’ingresso della cappella, mentre sei volpi procedevano lentamente, ciascuna con la bara contenente il corpo di Viola Wilde appoggiata su una spalla.

Gli occhi di Nicholas erano fissi su Nick, che gli passò davanti con la bara in equilibrio sulla sua spalla destra. Nicholas poteva vedere le lacrime bagnare il volto di suo padre.

Le sei volpi si piazzarono di fronte all’altare e adagiarono delicatamente la bara sul cavalletto posto dinanzi al sacerdote. Tutte le volpi raggiunsero i rispettivi posti a sedere, ad eccezione di Nick, che rimase di fianco al feretro di sua madre. Il ministro di culto avanzò di un passo.

“Siamo qui riuniti oggi per rendere omaggio e celebrare la memoria della nostra defunta sorella, Viola Emma Wilde.” disse, “Ha lasciato questo mondo per ricongiungersi nell’aldilà alle anime di coloro che l’hanno preceduta.”

Il sacerdote alzò gli occhi in alto.

“Ora cederò il testimone a suo figlio, Nicholas Wilde, il quale vorrebbe aggiungere alcune parole.” annunciò prima di scendere dal pulpito. Nick, che si era seduto in prima fila accanto a Robin, si alzò e prese il posto precedentemente occupato dal celebrante. Tutti gli occhi dei presenti si posarono su di lui, mentre tirava fuori un foglio di carta e lo adagiava sul piedistallo.

“Quando ero un cucciolo, la mamma mi diceva sempre ‘La notte cala, ma il sole sorgerà sempre il giorno successivo’.” esclamò Nick iniziando a leggere il testo riportato sul foglio, “Per me, la notte è stata presente per molto tempo, ma lei era sempre lì a cercare di strapparmi dalle tenebre per riportarmi alla luce. Non aveva mai smesso di credere nel bene presente nel mondo là fuori. Non aveva mai smesso di credere in coloro che amava. Lei era così.” il tono della sua voce aveva iniziato a vacillare, “Vedeva il bene in ognuno. Sapeva che tutti, a un certo punto della loro vita, cadono a terra, ma era sempre lì, a offrire una zampa per aiutarti a rialzarti. Per lei non doveva essere stato facile crescere da sola un figlio che aveva perduto la speranza, ma non aveva mai voluto arrendersi con me. Questo è stato il dono più grande che abbia mai potuto offrire al mondo: il dono della speranza.”

Nick deglutì e lanciò un’ultima occhiata alla bara di sua madre.

“Era la madre migliore che un cucciolo dal cuore infranto avrebbe mai potuto avere al proprio fianco.” disse infine Nick prima di scendere dal pulpito e tornare al suo posto con il volto segnato dalle lacrime. Il sacerdote fece un passo indietro.

******

Le sue parole… hanno alimentato la sofferenza che provo dentro di me.

Perché per la prima volta, riesco a vedere il signor Wilde sotto una luce totalmente diversa.

Non vedo più il codardo che credevo che fosse.

Vedo una volpe il cui cuore è andato in pezzi più volte di quanto avessi mai potuto immaginare.

È come se tutte le tessere del mosaico iniziassero a combaciare dentro di me. Non fraintendetemi: sono ancora lontano da vederlo a tutti gli effetti come mio padre, ma… sento come se l’odio che avevo provato nei suoi confronti si fosse disciolto. O forse non c’è mai stato odio nel mio cuore.

Il sacerdote riprende a parlare. Non gli presto attenzione, ma distolgo lo sguardo dal signor Wilde e ritorno a guardare la bara in cui riposa nonna Viola. Non passa molto tempo prima che possa sentire le lacrime inumidirmi gli occhi e chino la testa nel tentativo di nasconderle.

Prima che potessi farlo, ci viene chiesto di alzarci. Il signor Wilde, così come le altre cinque volpi, si rialzano e portano nuovamente sulle loro spalle la bara di nonna Viola fuori dalla cappella. Il sacerdote ci precede e tutti noi lo seguiamo nella processione che attraversa il cimitero fino al punto in cui nonna Viola avrebbe finalmente trovato riposo. La mamma mi tiene ancora il braccio. Penso che stia cercando di confortarmi.

Le volpi addette al trasporto della bara la adagiano nella fossa scavata precedentemente; mentre svolgono questo compito, il sacerdote riprende la parola.

******

“Ora affidiamo le spoglie della nostra sorella Viola Emma Wilde al riposo eterno. Terra alla terra,” il ministro di culto gettò una manciata di terra che finisce sulla bara adagiata sul fondo della fossa, “Cenere alla cenere,” un’altra manciata, “Polvere alla polvere.” un’ultima manciata di terra. Fece un cenno agli addetti all’inumazione, disposti in piedi ai lati della tomba, di ricoprire la bara con la terra rimasta.

Nicholas rimase a guardare il procedimento di quella triste operazione per un po’ prima di rivolgere lo sguardo a Nick.

******

Non so cosa mi spinge a farlo. Ma scivolo via dalla presa della mamma e mi dirigo dritto verso il signor Wilde. Alza lo sguardo e vedendomi arrivare, sembra che si aspetti una specie di scontro.

Invece, faccio un passo in avanti e gli stringo goffamente le zampe attorno alla vita.

Non ho alcuna esperienza in questo genere di cose. Non ho molta forza nelle zampe, dal momento che sono per metà coniglio. In apparenza, sembra che stia abbracciando mio padre con un certo riguardo.

Sento il signor Wilde irrigidirsi nella mia stretta, ma è solo momentaneo. Le lacrime cadono in silenzio sul mio volto.

Il momento ha termine e lo lascio andare. Noto che Robin è in piedi dietro il signor Wilde; faccio un passo verso di lui e lo abbraccio.

Robin si comporta nello stesso modo. Si irrigidisce al contatto con me, ma presto ricambia il mio abbraccio.

Per la prima volta, sento la gelosia che provavo per Robin per la vita che aveva vissuto insieme a mio padre diventare una voce sempre più piccola e insignificante. È vero che Robin avrà sempre ciò che io non ho mai avuto: un’infanzia con un padre al proprio fianco. Ma so per certo che nonna Viola non avrebbe mai voluto vedermi odiarlo per aver avuto qualcosa che mi era stato negato.

Quando mi stacco da Robin, lui mi guarda con un’espressione confusa, ma poi la sua attenzione ritorna sul signor Wilde e su… mia madre?

La mamma ha stretto il signor Wilde in quello che penso sia un abbraccio confortante. Il signor Wilde lo sta ricambiando e sono abbastanza sicuro che abbia ripreso a piangere. Riesco a sentire mia madre singhiozzare in tono sommesso.

La coppia alla fine si divide. Il signor Wilde guarda in direzione della tomba situata alla destra di quella di nonna Viola e lo vedo per la prima volta: il nome inciso sulla lapide è ‘Johnathan Reginald Wilde’.

Mio nonno. Colui che era fuggito di sua volontà da suo figlio e dalla sua compagna.

Questo mette le cose nella giusta prospettiva.

Il signor Wilde rimane immobile a guardare la tomba. Alla fine, rivolge a mio nonno una sola raccomandazione:

“Faresti meglio a prenderti cura della mamma, d’accordo?”

Resta a guardarla per qualche istante, prima di voltarsi.

La mamma lo segue, mentre io e Robin camminiamo dietro di loro.

Ciò che vedo mi sorprende.

Sia la mamma sia il signor Wilde cercano di tenersi per zampa, ma alla fine non ci riescono e lasciano cadere le zampe sui rispettivi fianchi.




Note dell’autore: Ecco che siamo giunti all’undicesimo capitolo!

Come preannunciato, dopo Judy è venuto il turno di Nicholas. Forse non è ancora in grado di considerare Nick come suo padre, ma di certo è riuscito ad andare oltre il proprio risentimento e ad accettare non solo lui, ma anche il suo fratellastro Robin, come mammiferi che hanno il pieno diritto di far parte della sua vita. Non siete d’accordo?

Come è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:

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Capitolo XI di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-11-In-Grief-We-Mend-688984671

Storia completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501

 

Questo è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e vi auguro una buona lettura. A presto!

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Capitolo 12
*** L'ultimo addio ***


Capitolo XII

L’ultimo addio

 

(dal punto di vista di Nick)

 

La sveglia accanto al letto di Nick suonò. Lui tirò fuori una zampa da sotto le coperte e la posò su di essa, silenziandola. Si alzò lentamente e si stiracchiò.

Si guardò attorno nella stanza con gli occhi assonnati.

La sua stanza.

Nick non era più un ospite in quella casa. Ne era diventato il proprietario.

La domanda era che cosa Nick ci avrebbe fatto, perché in quel momento non si sentiva affatto a casa sua. Quella era la casa di sua madre.

Nick scostò le coperte e si alzò dal letto. Dopo essersi stiracchiato un’altra volta, i suoi occhi si posarono sul completo che avrebbe dovuto indossare quel giorno.

Meno di due settimane fa, Viola aveva scherzato sul fatto che Nick sembrava essere pronto per andare a un funerale. Il fatto ironico era che oggi lo avrebbe fatto.

Oggi era il giorno in cui Nick avrebbe affidato le spoglie di sua madre al riposo eterno.

“Tienilo bene a mente, Wilde.” ordinò Nick a sé stesso, “Non mostrare mai a nessuno le tue fragilità.”

Nick sentì una lacrima scivolargli sul viso.

“Certo, come no…” esclamò Nick dopo essersela passata via.

Uscì dalla camera da letto e si diresse dritto verso il bagno, fermandosi solo per dare un’occhiata alla vecchia stanza di Viola. A parte alcune contenenti varie cose che Nick aveva tirato fuori negli ultimi giorni, la camera era praticamente intatta. Nick non era il tipo da installare edicole o cose del genere, ma sentiva che una volta che avesse riordinato la stanza, sarebbe stato meglio lasciarla così com’era.

Allontanatosi dalla stanza da letto di Viola, Nick andò in bagno, chiuse la porta dietro di sé e aprì il rubinetto della doccia.

******

Oggi sarà il giorno peggiore di tutta la mia vita.

Peggiore di quello dell’incidente durante quella conferenza stampa tenutasi diciotto anni fa.

Peggiore di quello in cui ho dovuto scoprire la verità quindici anni fa.

Peggiore di quello in cui ho dovuto far cremare Anabel.

Peggiore di quello in cui sono tornato a Zootropolis ad affrontare la realtà.

Oggi è il giorno in cui devo accettare il fatto che mia madre…

Non avrei mai pensato che mi sarei di nuovo sentito così triste in così breve tempo, ma non c’è davvero paragone. Sembra che qualcuno mi abbia strappato il cuore dal petto.

******

Dopo che Nick ebbe finito di farsi la doccia, tornò nella sua stanza e iniziò a indossare il completo, lasciando per il momento da parte la cravatta e la giacca, appoggiate su una sedia. Uscì dalla stanza e si diresse verso quella affianco, bussando delicatamente alla porta prima di aprirla.

Robin dormiva ancora. Nick notò il completo che era rimasto appeso a una gruccia nel guardaroba aperto.

“Robin?” lo chiamò Nick con gentilezza. Per tutta risposta, suo figlio si raggomitolò sotto le coperte. Nick entrò nella stanza.

“Robin… alzati, figliolo.” disse Nick.

“Altri cinque minuti…” mormorò Robin. Nick emise un suono che sembrava quasi una risatina. Scostò delicatamente le coperte dal letto di Robin, il quale gemette mentre si metteva a sedere.

“Che ore sono?” domandò la giovane volpe.

“Le sette.” rispose Nick lanciando un’occhiata al suo orologio da polso, “È ora di alzarsi e di prepararsi.”

Robin si stiracchiò e sbadigliò acutamente. Nick arruffò la pelliccia sulla testa del figlio.

“Papà, smettila…” protestò Robin, cercando di scostare via la zampa del padre, “Mi stai arruffando tutto il pelo.”

“Tira fuori la coda dal letto e la smetterò.” replicò Nick. Robin sbuffò e saltò giù dal letto, stiracchiandosi ancora una volta.

“Oggi è una giornata importante.” disse Nick voltandosi.

“Sì, lo so.” esclamò Robin in tono sommesso.

Nick lasciò la stanza e si diresse in cucina per preparare la colazione. Riempì il bollitore d’acqua e si preparò una tazza di caffè. Mentre il bollitore ribolliva, qualcuno bussò alla porta d’ingresso. Nick uscì dalla cucina e l’aprì, guardando in basso. Finnick era in piedi davanti all’ingresso, con indosso un completo nero e un paio di occhiali da sole, nonostante stesse piovendo.

“Ehilà.” esclamò Finnick entrando.

Nick chiuse la porta e ritornò in cucina, mentre Robin usciva dalla sua stanza con indosso i pantaloni e la camicia del completo. Nick versò al figlio un bicchiere di succo d’arancia, versò il caffè in due tazze e andò in soggiorno.

“Non potresti offrirmi qualcosa di più forte?” domandò Finnick alzando un sopracciglio mentre Nick gli porgeva la tazza.

“Prima di tutto, sai bene che mia madre non beveva mai.” rispose Nick, “In secondo luogo, oggi spetta a te guidare. Perciò puoi scordarti l’alcool.”

“Gestisci una compagnia che si occupa di parchi a tema. Dovresti essere divertente.” commentò Finnick fingendo di tenere il broncio, mentre prendeva un sorso di caffè.

“Oggi non c’è posto per il divertimento, Fin.” rispose Nick con un sospiro, prima di bere un goccio di caffè, “E poi questa è una cosa che non mi riguarderà più.”

“Che cosa dovrebbe significare?” domandò Finnick alzando un sopracciglio.

“Ieri ho firmato la mia lettera di licenziamento.” affermò Nick appoggiandosi alla sedia, “L’ultimo documento che abbia firmato come Nicholas Hood.”

Finnick inarcò le sopracciglia per la sorpresa.

“Hai lasciato il tuo lavoro?” domandò il fennec.

“Già.” rispose Nick, “Io e Robin ne abbiamo parlato e ho deciso di consegnare le redini della società al mio vicedirettore. Quando torneremo in Messigatto, metterò in vendita l’appartamento.”

Finnick continuò a fissare l’amico a bocca aperta.

“Allora hai proprio deciso di tornare sui tuoi passi?” domandò il fennec.

Gli angoli della bocca di Nick si contrassero in una breve smorfia.

“Te l’ho detto, Fin. Era ora che smettessi di scappare.” rispose la volpe.

“E coma farai con Robin?” domandò Finnick fissando la giovane volpe, intenta a guardare indietro.

“Finora ho sempre studiato a casa.” rispose Robin scrollandosi le spalle, “Papà ha detto che per me sarebbe stato meglio evitare gli stessi guai che ha dovuto affrontare quando era un cucciolo.”

“E per quanto riguarda sua madre?” chiese Finnick con un grugnito, “Sarà difficile per lui andare a trovarla se è stata seppellita all’estero.”

“Lei era stata cremata e custodisco ancora le sue ceneri.” rispose Nick, “Senti, Fin… possiamo discuterne più tardi?”

******

Finnick lascia cadere l’argomento e nella stanza cala il silenzio. Dopo aver finito di bere il mio caffè, ritorno nella mia stanza da letto e finisco di prepararmi; anche Robin torna nella sua camera, mentre Finnick ci aspetta seduto in salotto. Mi guardo allo specchio e per la prima volta in quindici anni, vedo finalmente me stesso, il mio vero io, che mi fissa.

Quelle parole mi ritornano alla mente.

Rimani te stesso.

Sento una lacrima scorrere sul mio volto. Mi asciugo la faccia. Mentre guardo l’orologio da polso, noto che l’ora di andare si sta avvicinando.

Prendo il cellulare che si trova nella mia stanza e chiamo il sacerdote, dicendogli che saremmo arrivati entro qualche minuto. Una volta finito, esco dalla stanza e mi unisco a Finnick e Robin in salotto. Lasciamo l’appartamento in silenzio ed entriamo nel furgone di Finnick. Sento che Finnick mi lancia una rapida occhiata prima di accendere il motore e partire.

Il cimitero non è lontano da casa. Ci vogliono solo pochi minuti. Il sacerdote ci aspetta al cancello d’ingresso. Mentre esco, rivolgo un cenno a Finnick e lui entra nel cimitero, dirigendosi verso la cappella.

******

“Benvenuto, Nicholas.” esclamò il sacerdote, una volpe argentata, mentre porgeva una zampa a Nick, “Mi dispiace per la tua perdita.”

“Grazie.” rispose Nick.

Il sacerdote lanciò un’occhiata a Robin. “Lui è il nipote di Viola?” domandò.

“Sì.” rispose Nick, “E c’è qualcos’altro di cui debbo parlarle prima che arrivi qualcun altro.

“Vieni dentro per un momento, così ne possiamo parlare.” disse il ministro di culto. Nick e Robin lo seguirono all’interno del cimitero, fino ad arrivare sotto il portico della cappella.

“C’è un altro membro della famiglia che sarà presente alla funzione.” disse Nick al sacerdote.

“Tutti coloro che desiderano rendere omaggio alla memoria della scomparsa saranno i benvenuti.” esclamò quest’ultimo, “Se fa parte della famiglia, desideri che assista alla celebrazione seduto in prima fila?”

“Esattamente.” rispose Nick, “Non le sarà difficile capire chi sia, dal momento che sua madre è…”

“Judith Hopps.” lo interruppe il sacerdote cogliendo Nick di sorpresa, “Sì, sono abbastanza vecchio da ricordare la coppia di poliziotti che pattugliava le strade della città dopo il caso dei Mammiferi Selvaggi avvenuto quasi vent’anni fa. Suppongo che suo figlio…”

“È anche mio figlio.” disse Nick.

“Oh, buon Dio.” esclamò il sacerdote tenendo gli occhi spalancati per la sorpresa, “Questo sì che è insolito. Non inaudito, ma di certo è qualcosa che non mi è capitato di vedere così tanto di frequente.”

Il mammifero di chiesa si fece da parte mentre uno sparuto gruppo di volpi entrava nella cappella.

“Sono gli amici di Viola.” disse Nick, “Ho incontrato alcune difficoltà nel rintracciarli.”

“Sono in pochi a essere presenti qui.” osservò il sacerdote.

“Alcuni si sono trasferiti altrove, mentre altri sono già passati a miglior vita. Non aveva altri parenti.” fece notare Nick.

L’attenzione della volpe era rivolta al sentiero che conduceva alla cappella, quando vide arrivare Judy e Nicholas. Nick rivolse un cenno a entrambi.

******

Vedere carotina con quel vestito nero è… sembra cupa. E Nicholas… mi dispiace davvero che ci siamo incontrati in questo modo. Dubito davvero che tutto questo sia ciò che la mamma desiderava per ciascuno di noi.

Entrambi si accomodano nella cappella. Seguo il sacerdote sulla soglia e suggerisce loro di sedersi in prima fila. Sento il rumore di un veicolo in avvicinamento. Il sacerdote si gira verso di me e annuisce, dopodiché anch’io faccio lo stesso e ritorno fuori.

L’auto funebre si ferma a circa dieci metri dalla porta d’ingresso della cappella. Dietro di essa c’è una seconda auto, e da entrambi i veicoli escono cinque volpi. Vado loro incontro per salutarli e per un momento, i miei occhi si posano sulla bara presente nella parte posteriore dell’auto funebre.

È in quel preciso istante che tutto diventa reale ai miei occhi. Sono abbastanza sicuro che avrei ripreso a piangere; per un momento sono tormentato da singhiozzi soffocati, mentre la parte posteriore dell’auto funebre si apre per consentire a noi sei di portare fuori la bara con la massima delicatezza.

Portarla nel luogo del suo riposo eterno è tutto ciò che posso fare per mia madre ora.

Noi sei abbiamo il compito di portare la bara sulle nostre spalle. Sono davanti agli altri, con la bara in equilibrio sulla spalla destra. Camminiamo verso l’ingresso. Una volta dentro, scendiamo nella navata centrale in direzione della parte anteriore della cappella.

Noi sei adagiamo con cura il feretro di mia madre sul cavalletto allestito di fronte all’altare. Gli altri cinque portatori fanno un passo indietro e si dirigono verso il retro della cappella per aspettare la conclusione della funzione. Io rimango accanto alla bara della mamma.

******

“Siamo qui riuniti oggi per rendere omaggio e celebrare la memoria della nostra defunta sorella, Viola Emma Wilde.” disse il celebrante, “Ha lasciato questo mondo per ricongiungersi nell’aldilà alle anime di coloro che l’hanno preceduta.”

Il mammifero di chiesa alzò gli occhi verso l’alto.

“Ora cederò il testimone a suo figlio, Nicholas Wilde, il quale vorrebbe aggiungere alcune parole.” disse prima di scendere dal pulpito. Nick, che si era seduto in prima fila accanto a Robin, si alzò e prese posto sul pulpito. Tutti gli occhi dei presenti erano fissi su di lui mentre spiegava un foglio di carta e lo posizionava sul piedistallo.

******

Desideravo dire molte cose. Avevo scritto e riscritto questo discorso così tante volte che alla fine, dopo averlo tirato giù, non riuscivo quasi a sopportarlo. Per la verità, il discorso che ho preparato non è così lungo. Non ho neppure riempito una pagina, ma alla fine credo che tutti fossero a conoscenza delle buone azioni che mia madre ha compiuto nella vita. Mi sembra quasi palese.

Quindi mi ritrovo qui, sul pulpito, a fissare il foglio contenente il mio discorso. Dopo averlo letto, sento che avrei potuto scrivere qualcosa di più, ma il solo pensiero mi arreca dolore. Sento come un coltello trafiggermi il cuore.

Prima che possa perdere del tutto il controllo, inizio a parlare:

 

Quando ero un cucciolo, la mamma mi diceva sempre ‘La notte cala, ma il sole sorgerà sempre il giorno successivo’. Per me, la notte è stata presente per molto tempo, ma lei era sempre lì a cercare di strapparmi dalle tenebre per riportarmi alla luce. Non aveva mai smesso di credere nel bene presente nel mondo là fuori. Non aveva mai smesso di credere in coloro che amava. Lei era così. Vedeva il bene in ognuno. Sapeva che tutti, a un certo punto della loro vita, cadono a terra, ma era sempre lì, a offrire una zampa per aiutarti a rialzarti. Per lei non doveva essere stato facile crescere da sola un figlio che aveva perduto la speranza, ma non aveva mai voluto arrendersi con me. Questo è stato il dono più grande che abbia mai potuto offrire al mondo: il dono della speranza.

 

Mentre proseguo il mio discorso, sento le lacrime tornare a bagnarmi gli occhi. La mia voce trema, mentre il mio sguardo torna a posizionarsi sulla tomba della mamma. Era la madre migliore che un cucciolo dal cuore a pezzi avrebbe mai potuto avere.

Dopo aver concluso, scendo dal pulpito e torno a sedermi accanto a Robin. Devo ammettere che non sono riuscito a prestare attenzione alla successiva lettura del sacerdote, poiché i miei occhi erano fissi sulla mamma.

Il sacerdote infine chiede a tutti i presenti di alzarsi. Torno indietro verso la bara della mamma e la risollevo sulle mie spalle insieme agli altri cinque portatori. La portiamo fuori dalla cappella e dal retro attraversiamo il sentiero fino ad arrivare in prossimità della fossa appena scavata. Una volta avvicinatisi, la adagiamo lentamente sul fondo. Il sacerdote riprende a parlare; le sue parole segnano la fine della funzione.

Prendo uno dei gigli che giacciono accanto alla fossa e la lancio all’interno di essa, mentre gli attendenti all’inumazione iniziano a riempire la fossa di terreno, in modo che possa riposare in pace per l’eternità.

Il mio ultimo addio.

Resto a guardare. Non c’è nient’altro che io possa fare. Rimpiango di non essere stato più presente nella vita della mamma. Sento i passi di qualcuno venire verso di me. Mi giro e vedo Nicholas avvicinarsi; il suo viso sembra una maschera di cupa determinazione. Per un momento fugace, temo che voglia colpirmi di nuovo, come aveva fatto la prima volta in cui ci siamo incontrati.

Quello che fa, però, mi lascia completamente spiazzato.

Nicholas mi abbraccia forte. All’inizio rimango immobile per lo stupore, senza sapere che cosa fare. Ma non dura a lungo, e alla fine ricambio quel gesto affettuoso.

Mi lascia andare e si dirige verso Robin per porgergli senza alcun dubbio le sue condoglianze, ma la mia attenzione si rivolge invece verso Judy, che è rimasta a guardare per tutto il tempo.

Non c’è nulla da dire. Sono abbastanza sicuro che gli sguardi di entrambi si incrociano in quella che pare un’eternità. In quel preciso istante, torno indietro a quell’incontro di diciotto anni fa, sotto quel ponte.

L’illusione non dura a lungo. Faccio un passo in avanti e abbraccio Judy. Questa volta, però, sono io a versare le lacrime.

Ho perduto tante cose qui. Ma non ho ancora perso tutto.

Non so per quanto tempo restiamo avvolti in quell’abbraccio, ma alla fine lascio andare Judy. Guardo per un attimo Robin e Nicholas, la mia sola eredità che ho lasciato al mondo. Ci guardano senza proferire parola. Annuisco brevemente verso Judy prima di voltarmi e lasciare il cimitero. Non c’è altro da fare qui. Tutti coloro che hanno preso parte alla funzione stanno andando via.

Ma mentre mi accingo ad andar via, mi fermo vicino alla tomba accanto a quella della mamma. La tomba in questione appartiene a una volpe di nome Johnathan Reginald Wilde.

Era mio padre.

Non ho mai visitato la sua tomba da quando ero ancora un cucciolo, anche se la mamma lo ha sempre fatto. Fino a quando non ho fatto ritorno a Zootropolis, non avevo mai capito il perché.

Per un momento, considero l’idea che, in qualche modo, John Wilde mi stia guardando.

Quindi rivolgo queste parole alla sua lapide: Faresti meglio a prenderti cura della mamma, d’accordo?

Perché se non lo farai, ti butterò fuori dal paradiso a calci nel sedere quando sarò morto.

Rimango a fissare la lapide per un altro po’ di tempo, prima di girarmi e prendere il sentiero che porta al cancello d’ingresso del cimitero.

Lancio uno sguardo di traverso in direzione di Judy. La mia zampa, quasi istintivamente, si avvicina alla sua… ma i fantasmi del passato ritornano a perseguitarmi per un attimo, prima di lasciarmi stare, e la mia zampa ricade sul mio fianco.





Note dell’autore: Siamo così arrivati al dodicesimo capitolo!

Dopo il turno di Judy e Nicholas, questa volta è spettato a Nick. La nostra volpe ha dovuto incassare molti colpi bassi da parte di un destino che non si è di certo risparmiato nei suoi confronti. La scomparsa di suo padre, l’incidente della museruola, la conferenza stampa, la volontà – non realizzatasi – da parte di Judy di abortire il suo primogenito, la fuga da Zootropolis, la morte di Anabel, il mesto ritorno nella casa materna, la scoperta dell’amara verità a proposito di Nicholas… e ora, la sepoltura del feretro della sua stessa madre. Eppure, nonostante tutto questo, Nick è sempre riuscito a sopravvivere e a trovare la forza di volontà per ricominciare daccapo, ancora e ancora. Questo dimostra che, contrariamente alle apparenze, Nick possiede una forza di volontà ferrea. Non credete anche voi che sia così?

Come è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:

Pagina DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/

Capitolo XII di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-12-The-Last-Goodbye-689659259

Storia completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501

 

Questo è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e vi auguro una buona lettura. A presto!

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Capitolo 13
*** Un cucciolo in lutto ***


Capitolo XIII

Un cucciolo in lutto

 

(dal punto di vista di Robin)

 

Mi capita spesso di fare degli strani sogni. Sono sempre in prossimità del mare, o in qualche posto lontano in cui non sono mai stato. A volte vedo ancora la mamma nei miei sogni, ma non riesco mai a ricordare cosa voglia dirmi.

Da quando nonna Viola è morta, ho iniziato a vederla nei miei sogni, a volte accanto alla mamma.

Non riesco mai a raggiungerle prima di svegliarmi.

Ho fatto questo sogno prima di essere svegliato da lievi rumori provenienti dall’esterno della mia stanza. Una parte di me stesso vorrebbe ritornare nel sogno, provare a raggiungerle, parlare con loro, dire un’ultima volta che voglio bene a entrambe.

Sento la porta bussare e non riesco a riaddormentarmi.

Sento il cigolio della porta e tengo gli occhi chiusi il più a lungo possibile. Non intendo alzarmi.

Papà mi chiama dolcemente, ma non mi muovo. Voglio solo dormire un altro po’. Infilo la testa sotto le coperte. Papà entra in camera e mi dice che è ora di alzarsi.

Posso avere almeno altri cinque minuti?

Papà non la pensa così, perché scosta le coperte. Mi metto a sedere sul letto e non riesco a trattenere un lamento.

Chiedo a papà che ore sono. Mi risponde che sono le sette in punto.

Non faccio altro che sbadigliare. Papà replica arruffando la pelliccia in mezzo alle orecchie. Non lo sopporto quando fa così, è una cosa che si può fare a un cucciolo di sei anni al massimo e poi non fa che rovinarmi la pelliccia sulla testa. Cerco di respingere la zampa di papà, ma lui mi dice che avrebbe smesso solo se mi fossi alzato dal letto.

Non mi resta che obbedire.

So perché papà vuole che mi alzi e che non rimanga a oziare sul letto. Oggi è il giorno in cui daremo l’ultimo saluto a nonna Viola.

Mi trascino per la stanza fino all’armadio. Indosso i pantaloni e la camicia del completo per il funerale ed esco dalla stanza, dirigendomi verso il bagno prima di ritornare a vestirmi.

******

Una volta finito di vestirsi, Robin andò in soggiorno. Vide l’amico di suo padre fare ritorno in cucina. Robin rimase a guardare nervosamente Finnick, che si accorse della sua presenza.

“Guarda che non ti mordo, piccoletto.” esclamò il fennec mentre prendeva posto sul divano, “Vieni a sederti.”

Robin eseguì, tenendo i nervi a fior di pelle.

“Hai mai sentito cosa diceva tuo padre ai vecchi tempi?” domandò Finnick.

“Uhm… no.” rispose Robin, “Papà non parla molto del suo passato.”

“Figuriamoci.” esclamò Finnick, “Il motto preferito di Nick era ‘non mostrare mai a nessuno le tue fragilità’.”

“Immagino… che sia vero.” disse Robin pensandoci sopra.

“Figliolo, non c’è nulla di male nel lasciare che gli altri notino le tue fragilità di tanto in tanto.” replicò il fennec, “Non so quanto fossi legato a tua nonna, visto che tu e tuo padre vivevate a centinaia di chilometri da qui.”

“Eravamo in contatto su Muzzletime e lei mi spediva delle lettere e delle cartoline.” rispose la giovane volpe, “Ma… qualche mese fa abbiamo smesso di tenerci in contatto e ci scrivevamo soltanto una volta ogni tanto.”

“Non ti sarà facile sentirtelo dire, ma devo farlo. Sono stato io a ricordarle di spedire quelle lettere. Alla fine sono andato contro le volontà di tua nonna e ho avvisato Nick che presto avrebbe lasciato questo mondo. Volevo che entrambi poteste dirle addio.”

“Ma lei non mi conosceva per davvero.” obiettò Robin con gli occhi velati di lacrime, “Mi aveva dimenticato anche se ero proprio qui, in casa sua.”

“Non ti addolcirò la pillola, figliolo.” lo avvertì Finnick, “Alla fine non era più la stessa. Ma una volta ho sentito un proverbio, secondo cui la mente può dimenticare qualcosa un giorno, ma il cuore non dimentica mai. Perciò, anche se lei non riusciva a riconoscerti mentre ti guardava negli occhi, sono sicuro che nel suo cuore sapeva benissimo chi fossi.”

Robin emise un singhiozzo soffocato. Finnick si sbilanciò in avanti e lo abbracciò brevemente, benché si sentisse a disagio.

“Non sono mai stato bravo in questi… m-momenti.” esclamò il fennec, “Ma Nick è sempre stato come un fratello per me, il che ti rende parte della mia famiglia. In famiglia tutti devono darsi manforte l’un l’altro. Se mai avessi bisogno di una spalla su cui piangere… beh, sono certo che Nick direbbe che le mie sono un po’ troppo basse per te. Non fargli capire che ho detto questo, altrimenti lo userà contro di me e sarò costretto a mordergli la faccia.”

Robin cacciò fuori una risatina soffocata mentre si asciugava gli occhi, con Finnick che si concedeva un breve sorriso.

Nick entrò nel soggiorno, portando un vassoio con due tazze di caffè e un bicchiere di succo d’arancia. Offrì il caffè a Finnick e il succo a Robin.

“Non potresti offrirmi qualcosa di più forte?” domandò Finnick alzando un sopracciglio mentre Nick gli porgeva la tazza.

“Prima di tutto, sai bene che mia madre non beveva mai.” rispose Nick, “In secondo luogo, oggi spetta a te guidare. Perciò puoi scordarti l’alcool.”

“Gestisci una compagnia che si occupa di parchi a tema. Dovresti essere divertente.” commentò Finnick fingendo di tenere il broncio, mentre prendeva un sorso di caffè.

“Oggi non c’è posto per il divertimento, Fin.” rispose Nick con un sospiro, prima di bere un goccio di caffè, “E poi questa è una cosa che non mi riguarderà più.”

“Che cosa dovrebbe significare?” domandò Finnick alzando un sopracciglio.

“Ieri ho firmato la mia lettera di licenziamento.” affermò Nick appoggiandosi alla sedia, “L’ultimo documento che abbia firmato come Nicholas Hood.”

Finnick inarcò le sopracciglia per la sorpresa.

“Hai lasciato il tuo lavoro?” domandò il fennec.

“Già.” rispose Nick, “Io e Robin ne abbiamo parlato e ho deciso di consegnare le redini della società al mio vicedirettore. Quando torneremo in Messigatto, metterò in vendita l’appartamento.”

******

Sì, è vero. Io e papà ci trasferiamo a Zootropolis. So a cosa state pensando. Pensate che dovrò cambiare scuola, e forse lasciare i miei amici. Ebbene, mamma e papà mi hanno istruito a casa. Papà mi disse che quella era la soluzione migliore perché in tal modo non avrei dovuto avere nulla a che fare con i peggiori stereotipi sulle volpi. La mamma era un po’ preoccupata perché voleva che socializzassi con altri mammiferi della mia età, ma papà avrebbe provveduto a portarmi fuori il più possibile. Ma anche così, non sono riuscito a farmi molti amici, tanto per cominciare.

Forse il nostro trasferimento a Zootropolis cambierà le cose.

Non presto molta attenzione a ciò di cui stanno parlando Finnick e papà, ma non passa molto tempo prima che smettano di parlare.

Ci sono alcuni momenti in cui nessuno dice niente. Papà si alza e fa ritorno nella sua stanza. Finnick annuisce e gli vado dietro, dirigendomi verso la mia stanza. La mia giacca e la cravatta sono ancora appese nell’armadio. Afferro prima la cravatta e mi metto davanti allo specchietto per vedere come fare il nodo. Ho già fatto pratica quel tanto che basta per poterlo fare in breve tempo. Poi indosso la giacca. Mi do un’occhiata allo specchietto. Sospiro tra me e me, mentre una lacrima mi scorre lungo il viso. Mi asciugo la guancia e lascio la stanza, facendo ritorno in salotto, dove attendo papà.

Nulla è detto. Papà scende e lo seguiamo fino al furgone di Finnick. I miei occhi si fissano per un attimo sull’opera d’arte presente su un lato del veicolo: un lupo guerriero che tiene fra le zampe una volpe artica.

La mia attenzione ritorna sul furgone e mi accomodo sul sedile posteriore dietro papà, prima di allacciarmi la cintura di sicurezza.

Non proferiamo parola mentre ci rechiamo al cimitero. All’arrivo, scendiamo tutti dal furgone. Finnick entra nel cimitero per primo, mentre io seguo papà. Si ferma e inizia a parlare con il sacerdote. Non li ascolto perché la mia attenzione è tutta rivolta alle lapidi del cimitero. Ci sono così tanti mammiferi sepolti qui. Nonna Viola sta per unirsi a loro.

Questo pensiero continua a ronzarmi in testa mentre seguo mio padre e il sacerdote, che camminano in direzione della cappella.

Papà mi stringe brevemente la spalla e lascio che lui e il celebrante continuino a parlare, mentre entro all’interno della cappella e mi accomodo in prima fila. Non posso fare altro che osservare i volti delle altre volpi che sono entrate nell’edificio e desiderare di trovarmi in un posto un po’ meno affollato. Mi lascio cadere sulla sedia.

Le mie orecchie sussultano quando sento un rumore di passi che si avvicina. All’inizio penso che siano mio padre e il sacerdote, ma non appena mi giro, mi sento come se volessi di nuovo fuggire lontano.

Sono la signorina Hopps e Nicholas. Sono certo che si siano accorti dei miei sguardi carichi di tensione, ma in realtà sembra che non ci abbiano fatto caso e si siedono ai rispettivi posti, lasciando un po’ di spazio fra me e loro.

Il sacerdote ritorna sui suoi passi e ci chiede di alzarci.

Mi giro all’indietro e vedo papà e altre cinque volpi che portano sulle loro spalle la bara di nonna Viola.

Riesco a vedere l’angoscia sul suo volto, e perfino a sentirla: è come se qualcuno mi avesse strappato il cuore dal petto. Ancora una volta le lacrime solcano il mio viso.

I sei portatori della bara raggiungono l’altare e adagiano il feretro su un supporto allestito per il funerale. Papà resta su un lato a guardare la salma di nonna Viola, mentre il sacerdote inizia a parlare.

******

“Siamo qui riuniti oggi per rendere omaggio e celebrare la memoria della nostra defunta sorella, Viola Emma Wilde.” disse il celebrante, “Ha lasciato questo mondo per ricongiungersi nell’aldilà alle anime di coloro che l’hanno preceduta.”

Il sacerdote alzò gli occhi in alto.

“Ora cederò il testimone a suo figlio, Nicholas Wilde, il quale vorrebbe aggiungere alcune parole.” annunciò prima di scendere dal pulpito. Nick, che si era seduto in prima fila accanto a Robin, si alzò e prese il posto precedentemente occupato dal celebrante. Tutti gli occhi dei presenti si posarono su di lui, mentre tirava fuori un foglio di carta e lo adagiava sul piedistallo.

“Quando ero un cucciolo, la mamma mi diceva sempre ‘La notte cala, ma il sole sorgerà sempre il giorno successivo’.” esclamò Nick iniziando a leggere il testo riportato sul foglio, “Per me, la notte è stata presente per molto tempo, ma lei era sempre lì a cercare di strapparmi dalle tenebre per riportarmi alla luce. Non aveva mai smesso di credere nel bene presente nel mondo là fuori. Non aveva mai smesso di credere in coloro che amava. Lei era così.” il tono della sua voce aveva iniziato a vacillare, “Vedeva il bene in ognuno. Sapeva che tutti, a un certo punto della loro vita, cadono a terra, ma era sempre lì, a offrire una zampa per aiutarti a rialzarti. Per lei non doveva essere stato facile crescere da sola un figlio che aveva perduto la speranza, ma non aveva mai voluto arrendersi con me. Questo è stato il dono più grande che abbia mai potuto offrire al mondo: il dono della speranza.”

Nick deglutì e lanciò un’ultima occhiata alla bara di sua madre.

“Era la madre migliore che un cucciolo dal cuore infranto avrebbe mai potuto avere al proprio fianco.” disse infine Nick prima di scendere dal pulpito e tornare al suo posto con il volto segnato dalle lacrime. Il sacerdote fece un passo indietro.

******

Mentre guardavo papà pronunciare quel discorso, sentivo il cuore lacerarsi nel petto. L’avevo visto tentare più volte di scriverlo durante la settimana, ma questo non è bastato a placare il mio dolore mentre lo osservavo sul pulpito.

La mia zampa afferra istintivamente il braccio di papà. Mi osserva mentre mi appoggio a lui, nel disperato tentativo di dargli un minimo di conforto. Non presto nemmeno attenzione alle parole del sacerdote; in quel momento, soltanto ci siamo soltanto io e mio padre.

Quel momento fra noi svanisce quando il celebrante ci chiede di alzarci un’altra volta. Papà si alza e torna alla bara per portarla in spalla insieme alle altre volpi. Il sacerdote li conduce fuori e seguiamo tutti la bara fino alla fossa dove verrà deposta.

Il celebrante ricomincia a parlare, mentre io resto a osservare i portatori che adagiano la bara nel luogo in cui nonna Viola avrebbe riposato per l’eternità. Gli addetti all’inumazione iniziano a riempire la fossa di terra dopo che papà ha lanciato un giglio al suo interno.

Il suono di un paio di zampe che calpestano il terreno raggiunge le mie orecchie e guardo Nicholas che si avvicina a papà.

Oh, no. Ti prego, Nicholas, non ricominciare. So che papà non ti piace, ma…

Ma… Nicholas lo abbraccia.

Ci vuole un momento, ma papà ricambia l’abbraccio. Poi si separano e Nicholas viene verso di me.

Mi getta un braccio attorno al mio collo. Mi irrigidisco un po’ all’inizio, ma dopo poco mi lascio andare e ricambio quel gesto affettuoso. Non ce l’ho con Nicholas e credo che nemmeno lui ce l’abbia con me.

Per la prima volta, credo di riuscire a vederlo come mio fratello.

Quando Nicholas mi lascia andare, ci giriamo entrambi giusto in tempo per vedere papà abbracciare la signorina Hopps.

Quella visione è sufficiente per riempire di nuovo i miei occhi di lacrime. Vorrei che la mamma fosse qui e non è la prima volta che lo desidero; non voglio certo vedere la signorina Hopps ferita, ma credo che la mamma avrebbe capito che papà e la signorina Hopps avevano bisogno di un momento come quello.

Entrambi si separano e si allontano, ma poi vedo papà fermarsi davanti alla tomba presente accanto a quella di nonna Viola. Noto le parole incise sulla lapide: Johnathan Reginald Wilde. Ne ho sentito parlare molto poco, ma a giudicare dalla sua ubicazione credo che quella sia la tomba di mio nonno.

Papà dice qualcosa alla lapide: “Faresti meglio a prenderti cura della mamma, d’accordo?”

Dopodiché si allontana. Io e Nicholas camminiamo fianco a fianco dietro papà e la signorina Hopps. I miei occhi osservano le loro zampe sfiorarsi, ma alla fine non riescono a venire a contatto e ritornano al loro posto.





Note dell’autore: Con questo siamo giunti al tredicesimo e penultimo capitolo!

Ebbene sì, il capitolo successivo a quello che avete appena letto segnerà anche la conclusione di questa storia. Ad ogni modo, sebbene Robin non sia riuscito a instaurare con la nonna paterna un legame profondo come quello che il suo fratellastro Nicholas aveva con lei, durante il funerale ha mostrato un’empatia e una sensibilità a dir poco ammirevoli. Non solo, è riuscito anche ad accettare i futuri cambiamenti che avverranno nella sua vita – il trasferimento a Zootropolis e l’ammissione in una nuova scuola – con una maturità che ha del sorprendente, considerata la giovanissima età. Non siete d’accordo con il sottoscritto?

Come è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:

Pagina DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/

Capitolo XIII di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-13-A-Kit-In-Mourning-690078171

Storia completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501

 

Questo è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e vi auguro una buona lettura. A presto!

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Capitolo 14
*** Speranza ***


Capitolo XIV

Speranza

 

(dal punto di vista di Judy)

 

Anni fa, ho tenuto un discorso. Cominciava più o meno così:

‘Quando ero piccola, pensavo che Zootropolis fosse un posto perfetto, dove tutti vanno d’accordo e ognuno può essere ciò che vuole. Poi ho scoperto che la vita reale è un po’ più complessa di una frase ad effetto. La vita reale è complicata. Tutti abbiamo dei limiti, e tutti commettiamo errori.’

Quelle parole descrivevano alla perfezione ciò che era diventata la mia vita.

Avevo dimenticato com’era essere me stessa per troppo tempo. Stavo brancolando nel buio. Avevo scelto di cambiare nei modi più sbagliati possibili perché pensavo che ciò che stavo facendo mi avrebbe permesso di sopravvivere.

Nei miei sforzi per garantirmi la sopravvivenza, avevo dimenticato cosa volesse dire vivere. Ci sono voluti la morte di Viola Wilde e il ritorno di Nick per rendermene conto. Sebbene l’evento fosse stato tragico e straziante, se non si fosse verificato io e Nick non saremmo mai riusciti a riallacciare il nostro rapporto. So che sua madre voleva questo per noi.

Mi sto adattando al mio ‘nuovo’ ruolo di tenente da circa cinque mesi. Assumere questo incarico è stata una delle cose migliori che abbia fatto negli ultimi quindici anni. Non sono più così lontana da casa come lo sono stata prima. Significa anche che posso essere una madre migliore per mio figlio. Il capitano Fangmeyer mi concede tre giorni di permesso a settimana e trascorro più tempo che posso con Nicholas.

Anche lui ha iniziato a cambiare. Gli ci è voluto un po’ per abituarsi, ma ha finalmente iniziato ad aprirsi di più ora che riceve molte più attenzioni da parte mia. Certo, il fatto che lui sia un ibrido rimane ancorato nei meandri della sua mente, ma sto facendo del mio meglio per aiutarlo, cosa che avrei dovuto fare fin dall’inizio. Dicevo le stesse cose anche prima, ma ora so che non era vero e di questo me ne rammarico; adesso il modo migliore che ho per scusarmi con lui è dimostrargli che posso fare tutto il possibile per essere al suo fianco. Non riesce ancora ad aprirsi del tutto con me, ma credo che un giorno ci riuscirà.

******

Distretto Uno

“Salve, tenente Hopps!” esclamò Clawhauser agitando una zampa dal bancone della reception.

“Ciao, Ben.” rispose Judy con un sorriso mentre si avvicinava alla scrivania.

“Com’è andata?”

“Direi che… è andato tutto bene. Penso che le cose stiano iniziando a migliorare ora.”

“Beh, mi fa piacere sentirlo.” considerò Clawhauser con un largo sorriso, “Come sta Nick Junior? Non ho visto nessuno degli altri agenti trascinarlo qui negli ultimi mesi.”

“Sta bene.” ribadì Judy, “Tutto quello che è successo è stato un duro colpo per lui, perciò stiamo procedendo un passo alla volta. Sono riuscita a farlo tornare a scuola.”

“È bello sentirtelo dire. E come sta Nick Senior?”

“Sta bene.” disse Judy ridacchiando, “Ma non lasciare che ti senta chiamarlo così.”

“Oh, non avrà un soprannome per tutti gli altri e non ne avrà uno tutto per sé dopo quindici anni.” concluse il ghepardo con un sorriso malizioso.

Judy ridacchiò tra sé e sé.

******

Per quanto riguarda Nick, ha fatto ciò che agli occhi di molti sembrava del tutto inatteso: ha venduto le proprie azioni della compagnia che ha fondato a Città del Messigatto, ha ceduto il suo posto di direttore generale al suo vice ed è tornato a Zootropolis con Robin. Vive nell’appartamento di sua madre; dice che sebbene non riesca ancora a considerarlo come ‘suo’ e possa permettersi di vivere in una nuova casa tutta per lui, non poteva sopportare il pensiero che qualcuno diverso da lui andasse ad abitare nella casa in cui sua madre l’aveva cresciuto. Robin non è sembrato per nulla turbato dalla novità. Nick lo ha fatto iscrivere in una scuola elementare locale e si è già fatto qualche amico.

Nick ha guadagnato molti soldi dalla vendita delle sue azioni, ma ne ha devoluto una gran parte ai reparti di Oncologia negli ospedali della città. Mi ha detto che gli era sembrata la cosa più giusta da fare per evitare che qualche altro mammifero possa soffrire gli stessi dolori che hanno tormentato sua madre nelle sue ultime settimane di vita. Quanto ai soldi che gli sono rimasti… dice che equivale a, e cito testualmente: ‘duecento bigliettoni al giorno, sciocchina, per trecentosessantacinque giorni all’anno da quando ho dodici anni.’. Ho trovato divertente quel piccolo ricordo di uno dei nostri primi incontri; so che c’è un pizzico di verità in quelle parole, ma mi ha confidato che mi ha detto così soltanto per vedermi sorridere di nuovo. Ha depositato una ingente quantità di denaro in due fondi di risparmio destinati a Robin e Nicholas.

Per quanto riguarda ciò che Nick ha fatto dopo…

All’inizio, una parte di me aveva sperato che noi due avremmo potuto tornare a lavorare insieme nel Corpo di Polizia di Zootropolis, perché credevo che per noi sarebbe stato più facile ricostruire il nostro rapporto se avessimo trascorso insieme più tempo possibile; tuttavia, Nick era stato lontano dal corpo di polizia per troppo tempo e credevamo che la sua età sarebbe stata una barriera insormontabile. Invece, avevamo scoperto che non c’era un limite d’età per gli aspiranti poliziotti, purché avessero superato un apposito test d’idoneità fisica. A quanto pare, era una clausola inserita nell’iniziativa per l’inclusione dei mammiferi portata avanti da Lionheart diversi anni fa. Bogo ci mise una buona parola e Nick affermò che, se tornare indietro avesse contribuito a rendere il mondo un posto migliore, sarebbe stato più che disposto a ripercorrere quella strada. Perciò, ora è in Accademia per rifare i sei mesi di addestramento necessari per entrare in polizia. Non so se sarà in grado di rientrare nel Distretto Uno, ma sospetto che il commissario Bogo voglia ritrovarlo lì; sebbene in più di un’occasione lo abbia trovato esasperante, ha dovuto ammettere che Nick era stato un poliziotto dannatamente bravo.

In quanto genitore single, Nick è autorizzato a uscire dall’Accademia ogni sera, in modo che possa tornare a casa per badare a Robin. Mi prendo cura di lui nei miei giorni di riposo; nei giorni in cui lavoro, invece, quel compito spetta a Finnick.

Nicholas e Robin vanno d’accordo, anche se non parlano molto fra loro. Almeno, non passano il tempo a litigare come facevo io con qualcuno dei miei fratelli quando ero cucciola.

******

Qualcuno bussò alla porta dell’appartamento di Judy. La coniglia andò ad aprire e trovò Nick ad attenderla, con indosso la divisa dell’Accademia di Polizia di Zootropolis.

“Sai, credo che mi faccia sembrare più giovane di quanto non sia.” osservò Nick mentre entrava.

“In effetti, ti sta bene addosso.” disse Judy con una risatina facendolo accomodare in salotto. Seduto sul divano c’era Robin, intento a scrivere qualcosa.

“Ehilà, campione.” esclamò Nick sporgendosi sul divano, “Che cosa hai lì?”

“I compiti per casa.” rispose Robin senza alzare lo sguardo, “Ho capito, papà.”

“Beh, se è così, d’accordo.” disse Nick rimessosi in piedi. Vide Nicholas seduto in un angolo, con le cuffie nelle orecchie, occupato anche lui a scrivere qualcosa.

“Che cosa stai facendo?” gli domandò Nick.

“Un compito per il reinserimento a scuola.” rispose Nicholas. Nick si accigliò e rivolse un’occhiata a Judy.

“È qualcosa che gli hanno chiesto i suoi insegnanti. Meglio non chiedere.” rispose Judy scuotendo la testa.

Nick guardò oltre le spalle di Nicholas.

“Sai, in linea di massima può andare, ma che ne diresti di…” Nick si chinò in avanti. Nicholas si irrigidì mentre suo padre gli dava qualche suggerimento, ma non fece alcun gesto sgarbato per mandarlo via.

“Così dovrebbe andare bene.” disse infine Nick. Nicholas non sembrava tanto convinto mentre guardava il compito.

“Ho capito.” esclamò Nicholas. Nick arretrò di un passo. Ci fu un breve momento di silenzio prima che Nicholas riprendesse a parlare.

“Allora, uhm… grazie.” disse goffamente.

“Nessun problema.” replicò Nick con un sorrisetto stampato in faccia. Si rivolse a Robin e disse: “Forza, piccolo. Torniamo a casa.”

“Papà, puoi chiamare ‘piccolo’ un cucciolo di sei anni.” brontolò Robin, “Ne ho undici, ora.” Ciò nonostante, raccolse le sue cose e uscì dall’appartamento con suo padre, mentre Judy li salutava. Judy ritornò da Nicholas e lo strinse in un abbraccio.

“Sono fiera di te, tesoro.” disse.

“Voleva avere la possibilità di mettersi alla prova.” esclamò Nicholas scrollandosi le spalle, “Nonna Viola mi ha sempre detto che avrei dovuto concedergliela.”

“Sarebbe stata orgogliosa di te.” ribadì Judy, “Lo sai, vero?”

Nicholas non fu in grado di rispondere subito, poiché la ferita della sua scomparsa non era ancora del tutto sanata.

“Sì. Lo so.” disse infine.

******

A proposito di Nicholas… come ho già detto, ha iniziato ad aprirsi un po’ di più. Ora è disposto a dare a Nick una possibilità, il che è un cambiamento notevole rispetto a cinque mesi fa, quando non voleva neppure parlargli e pensava che lui fosse soltanto un codardo. Nick sta facendo del suo meglio per provare a far sì che Nicholas impari a volergli bene, anche se l’attrito fra i due non è scomparso del tutto. Hanno solo bisogno di un altro po’ di tempo.

******

Judy condusse l’auto fino all’ingresso della St. Barks High School, con Nicholas seduto sul sedile del passeggero.

“Sei pronto?” disse Judy a suo figlio.

“Sì.” rispose Nicholas, “Dovevo affrontarlo prima o poi. Credo che sia arrivato il momento.”

Judy lo guardò con occhi pieni d’affetto.

“Ehi, mamma…”

“Sì?”

“Lo sai che ti adoro, vero?” disse Nicholas. Quell’affermazione fece sorridere Judy e le tornò in mente un ricordo risalente a molti anni prima.

“Se lo so?” esclamò la coniglia, “Sì. Certo che lo so, figliolo.”

Nicholas ricambiò il sorriso mentre apriva la porta, afferrava lo zaino e scendeva dalla macchina. Judy lo osservò oltrepassare il cancello d’ingresso e gli rivolse un cenno di saluto. Nicholas annuì di ricambio.

Mentre Nicholas camminava nel cortile della scuola, una giovane lupa lo notò e lo fissò. Judy si accigliò nell’osservare la scena… finché non realizzò una cosa: la coda della giovane lupa ondeggiava, cosa che Judy riconobbe come un segno di felicità. La mammifera si avvicinò a Nicholas e gli diede un colpetto sulla spalla; Nicholas si girò e nel vederla comparve un lieve cipiglio sul suo volto. Quell’espressione svanì nel momento in cui la lupa disse qualcosa che stuzzicò la curiosità di Nicholas.

Judy si chinò in avanti. Riconobbe quella giovane lupa, ma non riusciva proprio a ricordare dove l’avesse vista… si strinse nelle spalle e rimise in moto la macchina.

******

Per la prima volta, Nicholas potrebbe essersi fatto degli amici a scuola e sembra che, dopo tutto, non sia così solo. E le cose tra me e Nick stanno cominciando a migliorare. Potremmo non essere in grado di cambiare il passato, ma possiamo andare avanti.

Perciò, suppongo che possiate affermare che le cose stiano andando meglio di quanto aveste potuto sperare.

Accendo la radio in macchina e noto che sta trasmettendo le note della canzone che è diventata la colonna sonora della mia vita.

******

There are days

When we fall

Stumbling through the darkness

Can you hear my call?

 

I learned to love, but it didn’t last

I’m filled with regrets about what’s past

But at the end of the tunnel, I see a light

I have to get back up and put things right.

 

You see, hope is eternal!

It’s not over, I can’t give up,

I know hope is eternal!

I’ll dust myself off and get back up.

 

Life goes on

It passes me by

Through friendships lost

My heart will cry

 

I lost my love, I forgot to live

To change the past, oh what I would give!

The past won’t change, but the future can

I hope this time it all goes to plan.

 

You see, hope is eternal!

It’s not over, I can’t give up,

I know hope is eternal!

I’ll dust myself off and get back up.

 

My heart yearns for more

I’m sorry I hurt you

But this isn’t the end,

There’s no way we’re through!

 

You see, hope is eternal!

It’s not over, I can’t give up,

I know hope is eternal!

I’ll dust myself off and get back up.

Hear me! Hope is eternal!

To my heart I’m finally listening.

Did you know? Hope is eternal!

I look to you, my eyes glistening.

It’s true! Hope is eternal!

You’ve waited too long for my apology.

Hey, wait! Hope is eternal!

Hope is woven into my biology.

 

We can live in hope.

Hope is eternal.

 

Fine





Note dell’autore: Sulle note dell’ultimo singolo di successo della popstar Gazelle si conclude questa storia, fondata sì sul dolore e sul rimpianto per le scelte sbagliate che Nick e Judy hanno commesso in passato, ma anche – e soprattutto, aggiungerei! – sulla speranza e sulla volontà di ricostruire un rapporto che sembrava irrimediabilmente compromesso.

Ho un annuncio da fare. Dovete sapere, cari lettori e gentili lettrici, che le avventure di Nick e Judy e dei loro figli, Nicholas e Robin, non sono finite. Ebbene sì, l’autore della fanfiction originale ha scritto un seguito intitolato Waking Death e che intendo far leggere anche a voi… tradotto in italiano, naturalmente. Vi anticipo già che questo seguito è più lungo e che vedrà in azione alcuni personaggi del film che non hanno avuto voce nella storia che avete letto. Sebbene sia a buon punto, non ho ancora completato il mio lavoro di traduzione e revisione, pertanto comincerò a postare i primi capitoli a partire dal prossimo mese. Confido nella vostra pazienza e nella vostra comprensione!

Come è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:

Pagina DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/

Capitolo XIV di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-14-Hope-690188477

Storia completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501

 

Questo è quanto. Desidero ringraziare di cuore i gentilissimi Roberto, Enzo e Davide – alias Redferne, EnZo89 e Plando – per aver dedicato parte del loro tempo libero a leggere e recensire i capitoli di questa mia opera di traduzione. Colgo l’occasione per ringraziare in anticipo tutti coloro che, in futuro, vorranno fare lo stesso. Grazie per l’attenzione e… a presto!

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