La speranza non muore mai di RyodaUshitoraITbis (/viewuser.php?uid=1119582)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le ferite del passato ***
Capitolo 2: *** Le preoccupazioni di una madre ***
Capitolo 3: *** Questioni di famiglia ***
Capitolo 4: *** La verità viene a galla ***
Capitolo 5: *** Il seme della speranza ***
Capitolo 6: *** Wilde e figlio ***
Capitolo 7: *** Il tempo dell'addio ***
Capitolo 8: *** Il passaggio nell'aldilà ***
Capitolo 9: *** Ultime volontà ***
Capitolo 10: *** Addio, Viola ***
Capitolo 11: *** Dietro lo scudo del dolore ***
Capitolo 12: *** L'ultimo addio ***
Capitolo 13: *** Un cucciolo in lutto ***
Capitolo 14: *** Speranza ***
Capitolo 1 *** Le ferite del passato ***
Capitolo
I
Le
ferite del passato
(dal
punto di vista di Nick)
Sono
seduto a bordo di un aereo. In prima classe, naturalmente. Mio figlio è
seduto
sul sedile alla mia destra e sta schiacciando un pisolino. Gli voglio
bene; è
tutto ciò che mi ricorda della mia compagna morta lo scorso anno. È
stato
ingiusto il modo in cui Anabel Skye se n’era andata. Aveva ricoperto
l’incarico
di agente federale per molti anni, perciò il pericolo aveva fatto parte
a lungo
della sua vita. L’ho conosciuta tredici anni fa e non aveva lasciato il
ZCIS
neppure dopo che il suo partner era rimasto ucciso in azione. Non le
piaceva
molto parlare di lui, ma avevo scoperto che era un coniglio di nome
Jack
Savage. Avevo intuito che c’era stato qualcosa fra loro, dal modo in
cui lei
parlava di lui, ma non sono mai riuscito a saperne di più. Non mi era
sembrato
giusto chiederle ulteriori informazioni, soprattutto dopo che io e
Anabel ci
eravamo messi insieme. Abbiamo avuto un figlio meraviglioso di nome
Robin. Ha
undici anni ora, ma non ha ancora provato sulla sua pelliccia le
difficoltà di
essere una volpe come è successo a me quando avevo la sua età.
Anabel
non se n’era andata mentre stava compiendo il suo dovere. Nessuno si
aspetterebbe mai di morire mentre sta facendo qualcosa di così banale
come
attraversare una strada. Eppure, è così che è andata: un vecchio
montone aveva
superato il semaforo rosso e l’aveva investita in prossimità di un
incrocio. Può
sembrare una piccola consolazione il fatto che sia morta sul colpo, ma
in
realtà non sarebbe dovuta morire affatto. Non esistono parole adatte
per casi
del genere. Non ho avuto neppure la possibilità di piangere disperato
mentre
stringevo fra le mie zampe il suo corpo senza vita, dal momento che non
ero lì
al momento dell’incidente. Fortunatamente, Robin era a casa a studiare
con il
suo tutore. Come potete ben immaginare, ne uscimmo entrambi con il
morale
devastato. Ho amato profondamente Anabel.
A
volte ho come l’impressione che il destino sembra provarci gusto nel
privarmi
di tutto ciò che amo.
Questo
spiega il motivo per il quale mi trovo a bordo di un aereo diretto a
una città
nella quale avevo giurato di non fare mai più ritorno, dopo tutto
quello che
era successo quindici anni fa.
In
quella città avevo provato un altro dolore; avevo perso qualcosa
d’importante
senza che io avessi dovuto venirne a conoscenza. O almeno, così avrebbe
dovuto
essere. Di norma non avrei mai ringraziato Ben per la sua passione
quasi ossessiva
per i pettegolezzi, ma in quell’occasione avevo dovuto ascoltare ciò
che aveva
da dirmi.
Lei
non voleva che lo sapessi. Era evidente. Il modo in cui aveva agito
era una
prova lampante che la sua carriera veniva prima di qualsiasi altra
cosa. A dire
il vero, non ero arrabbiato per quello che aveva intenzione di fare, ma
per il
modo con cui aveva intenzione di pugnalarmi alle spalle. Non avrei mai
immaginato che avrebbe potuto essere così sleale. Se ne avessimo
parlato prima,
avrei potuto capirla. Ero convinto che la nostra relazione avrebbe
potuto
resistere a quella prova. Ma avevo giurato a me stesso che non sarei
mai più
tornato alle mie vecchie, disoneste maniere; invece, lei sembrava
averle prese
a cuor leggero.
Quindici
anni fa, diedi l’addio a Zootropolis. Non volevo farci mai più ritorno,
neppure
quando arrivai in Messigatto e stavo cercando di mettere insieme i
pezzi del
mio cervello per prendere una decisione sulla prossima destinazione.
C’erano
soltanto due mammiferi che sapevano dove fossi diretto. Uno era il solo
amico
che abbia mai avuto in vita mia: Fred Fennecson, in arte Finnick, un
piccolo
fennec che era stato la mia spalla per anni. L’altra era mia madre,
Viola
Wilde.
Mia
madre è il motivo per cui sto tornando a Zootropolis, la città della
perdita.
Ieri
ho ricevuto una telefonata da Finnick. Mi disse che mia madre stava
morendo per
colpa di un tumore al cervello, incurabile e allo stadio terminale. Lo
sapeva
da almeno un anno, ma aveva sperato di guarire grazie alle cure mediche
che stava
ricevendo. Non ha mai voluto dirmelo e confesso di essermi arrabbiato
con
Finnick per avermi tenuto all’oscuro della cosa per così tanto tempo.
Lei aveva
deciso di sospendere la terapia e Finnick mi aveva chiamato per
avvertirmi che
i medici le avevano detto che le rimanevano al massimo altre tre
settimane di
vita.
Voglio
molto bene a mia madre, sebbene non sia mai stato un granché come
figlio. Se lo
avessi saputo prima, avrei pagato qualsiasi cifra pur di fornirle tutte
le cure
mediche di cui avrebbe avuto bisogno.
Ma
l’ho saputo troppo tardi; ora, tutto quello che posso fare è infrangere
la
promessa che avevo fatto a me stesso tempo addietro e tornare per dirle
addio
nella maniera più meritevole possibile.
Anche
a costo di ritrovarmi faccia a faccia con lei.
Sono
pronto.
Lo
spero, almeno.
******
Nick
sospirò malinconico mentre guardava fuori dal finestrino. Il sole aveva
cominciato a sorgere. Il loro viaggio stava per giungere a termine.
Robin
continuava a dormire seduto alla sua destra e Nick lo lasciò riposare;
suo
figlio ne aveva bisogno. Avrebbe dovuto affrontare due eventi
importanti in un
solo giorno: visitare una grande città a lui sconosciuta e conoscere
per la
prima volta la sua nonna paterna.
“Gentili
passeggeri, è il capitano che vi parla.” comunicò una voce maschile
dagli
altoparlanti, “Abbiamo iniziato la discesa. Le manovre di
atterraggio
saranno ultimate entro quindici minuti.”
Nick
continuò a guardare fuori. I grattacieli del Distretto centrale di
Zootropolis
si ergevano maestosi alla vista, mentre il sole del mattino rifletteva
i suoi raggi
facendo splendere le superfici di vetro.
“Svegliati,
Robin.” disse Nick mentre scuoteva leggermente la spalla del figlio.
“Siamo
già arrivati, papà?” domandò la giovane volpe dopo aver sbadigliato.
“Ci
siamo quasi.” rispose Nick mentre Robin si sporgeva in avanti per
guardare
meglio fuori dal finestrino.
“Sono
cresciuto qui.” affermò Nick con un lieve sorriso. Nonostante tutto il
dolore
che aveva provato, conservava ancora dei ricordi felici.
“La
manovra di atterraggio ha avuto inizio.” annunciò il capitano.
L’aereo
iniziò la discesa sulla pista di atterraggio dell’aeroporto cittadino
di
Zootropolis, dislocato qualche chilometro a nord del Distretto di
Rainforest,
sul versante settentrionale della città. Mentre guardavano in basso,
Nick e
Robin riuscirono a scorgere le cime degli alberi e le macchine addette
al
mantenimento del clima tropicale e all’apporto d’acqua piovana nel
distretto.
L’aereo stesso fu colpito dalla pioggia mentre ultimava la manovra di
atterraggio attraverso gli ampi spazi fra un albero e l’altro.
Come
annunciato, l’aereo ultimò l’atterraggio e completò l’agganciamento al
terminal.
“Siamo
arrivati all’aeroporto cittadino di Zootropolis. Vi ringraziamo per
aver scelto
un volo della Zootopia Airlines. Vi ricordiamo gentilmente di non
dimenticare
il vostro bagaglio personale al momento dell’uscita dall’aereo.”
“Andiamo,
figliolo.” disse Nick a Robin. Qualche istante dopo, la porta del
terminal
aeroportuale si aprì; le due volpi percorsero il tunnel che li avrebbe
condotti
al check-in e compirono i loro primi passi insieme a Zootropolis.
“I
vostri passaporti, prego.” esclamò l’addetto al check-in. Nick tirò
fuori i due
passaporti dalla tasca interna della giacca e li consegnò
all’impiegato, che li
aprì dinanzi a loro.
Il
primo apparteneva a suo figlio Robin e riportava i seguenti dati:
Robin
Skye
Data
di nascita: 26/06/2023
Specie:
vulpes vulpes
Colore
degli occhi: azzurri
Colore
della pelliccia: rossa
Segni
particolari: nessuno
Nazionalità:
messigattese
L’impiegato
controllò la foto presente sul documento e la scansionò. Dopodiché
toccò al
passaporto di Nick:
Nicholas
Johnathan Hood
Data
di nascita: 14/01/1984
Specie:
vulpes vulpes
Colore
degli occhi: verdi
Colore
della pelliccia: rossa (naturale), nera (tinta)
Segni
particolari: nessuno
Nazionalità:
zootropolitana, messigattese
“Qual
è il motivo della sua visita a Zootropolis?” domandò l’addetto al
check-in dopo
aver ultimato la scansione dei passaporti.
“Motivi
familiari.” spiegò Nick con un tono più brusco di quanto avesse voluto.
“Motivi
familiari.” ripeté l’impiegato prima di consegnare i documenti e
salutare le
due volpi.
******
Oh,
non ve l’ho detto? Io non sono Nicholas Piberius
Wilde. Nick Wilde se n’è andato quindici anni fa, quando sono partito
per il
Messigatto. Per essere più precisi, ho cambiato il mio nome in Nicholas
Johnathan Hood subito dopo la mia partenza. Nick Wilde era morto tre
settimane
prima di allora, quando qualcuna che amavo aveva deciso di piantarmi
una lama
nel cuore; evidentemente, il mio amore per lei non era corrisposto. Se
lei mi
avesse davvero amato, non mi avrebbe mentito. Non mi avrebbe colpito
alle
spalle in maniera così infida. Non avrei neppure dovuto ascoltare la
verità
dalla bocca di Ben.
Forse
è meglio partire dal principio.
Tutti
conoscono la storia della volpe e della coniglietta che hanno salvato
la città
dalla minaccia dei predatori resi selvaggi da una vice-sindaco
malvagia. La
coniglietta aveva convinto la volpe che poteva essere migliore di
com’era, e
così sono diventato il suo partner nella Polizia di Zootropolis dopo
aver
perpetrato per anni lo stereotipo della volpe truffaldina per le strade
oscure
della città. Ammetto che ero piuttosto bravo. Oh, certo, fra noi
abbiamo scherzato,
abbiamo riso e qualche volta abbiamo persino pianto.
Alla
fine ci siamo innamorati. Ma i sentimenti che provavo per lei erano più
forti
di quelli che lei provava per me.
Per
quale altro motivo Judy Hopps avrebbe deciso di pugnalarmi alle spalle
con la
decisione di abortire nostro figlio? Se non fosse stato per Benjamin
Clawhauser, il centralinista del Dipartimento di Polizia di Zootropolis
e
amante incallito del gossip, non lo avrei mai scoperto. Mi confrontai
con lei
qualche tempo dopo, nel giorno in cui lei aveva fissato la pratica
abortiva. Lo
avevo scoperto soltanto perché avevo aperto la sua casella di posta
elettronica, una cosa che non avevo mai fatto prima di allora. Ma dopo
aver
sentito quello che aveva avuto il coraggio di dirmi, mi ero sentito
sprofondare
nella disperazione più cupa.
Lei
non mi aveva dato alcun motivo valido per credere che lo stava facendo
per la
sua carriera. So bene che aveva lavorato sodo tutta la vita per entrare
in
polizia. Capisco perfettamente che le avevo detto delle cose cattive e
dolorose,
arrabbiato com’ero per ciò che voleva farmi. La verità è che io
desideravo
avere un figlio, e non sapevo se un simile miracolo sarebbe accaduto di
nuovo.
Avrei rispettato la decisione di Judy di ricorrere all’aborto, di
aspettare
fino a quando saremmo stati più sicuri della nostra relazione e del
nostro
lavoro. E non mi sarei di certo opposto se avessi saputo che il parto
avrebbe
potuto pregiudicare la sua salute. Ma lei non è mai venuta da me per
parlarne.
Non ne avevamo neppure discusso, perché pensavamo che una volpe e una
coniglietta non avrebbero mai potuto avere dei cuccioli. Ammetto che ci
fu una
mancanza di comunicazione da parte mia, ma lei avrebbe dovuto comunque
confidarsi con me. Sarei stato contrario all’aborto, ma avrei
rispettato la sua
decisione se solo lei non si fosse comportata in maniera così subdola,
infima e
meschina. Le dissi tutto questo in preda a una rabbia cieca.
Per
tutta risposta, lei mi colpì con violenza.
Non
sto parlando di un semplice schiaffo. Mi diede un pugno. Con quel
gesto,
compresi ciò che lei pensava davvero di me.
Lei
non mi aveva mai creduto. È stata tutta una finzione.
Feci
i bagagli e me ne andai. Dormii nel furgone di Finnick per tre
settimane,
mentre mi licenziavo dalla polizia. In quel lasso di tempo, Judy aveva
tentato
di contattarmi, ma ero così arrabbiato e deluso che non volli
ascoltarla in
alcun modo. Per quanto mi riguardava, tutto quello che avrebbe voluto
dirmi mi
avrebbe fatto persino più male di un calcio sui denti. O di un pugno. O
qualsiasi altra cosa.
Dopo
essermi licenziato (il capitano Bogo non ebbe nulla da ridire a
riguardo),
prelevai tutti i soldi che avevo messo da parte e andai all’aeroporto.
Non
prima di aver detto addio a mia madre e a Finnick, naturalmente. In
tutta
franchezza, non avevo alcuna idea di dove andare e non sapevo neppure
per
quanto tempo sarei stato via, ma mi imbarcai nel primo aereo diretto a
Città
del Messigatto e non mi voltai più indietro.
Fino
a oggi.
E
per quanto riguarda la pelliccia nera e il cambio del nome? Potrei
dirvi che
l’ho fatto per nascondere meglio le mie tracce, ma in realtà è più una
cosa da
‘nuovo me stesso’. Come ho già detto, Nicholas Piberius Wilde scomparve
quel
giorno. Nonostante tutto, sono diventato il direttore generale della
Hood
Enterprises, una piccola società di successo specializzata
nell’industria
dell’intrattenimento e nella costruzione di parchi di divertimento; non
sono così
difficile da rintracciare, insomma. Eppure, a Judy non è mai
importato. Si è
semplicemente arresa. Non che m’importi, ora. Finché ha fatto quello
che ha
fatto, nel mio cuore c’era posto solo per lei. Per molto tempo non sono
riuscito a fidarmi più di nessuno, fino a quando ho conosciuto Anabel.
Solo lei
e Robin sono riusciti a rimettere insieme i pezzi del mio cuore
infranto.
******
Nick
sospirò tristemente dopo essere uscito dall’aeroporto e
aver chiamato un taxi.
“Tutto
bene, papà?” domandò Robin. Nick lo guardò e abbozzò
un sorriso forzato.
“Sì,
sto bene.” rispose alla fine.
Non
appena arrivò il taxi, Nick aprì la portiera e fece entrare Robin per
primo.
L’autista scese dal mezzo e aprì il bagagliaio per consentire a Nick di
mettervi
le poche valigie che aveva portato per il viaggio. Dopo aver chiuso il
portello
posteriore, Nick lanciò un’ultima occhiata al terminal dell’aeroporto
ed entrò
nel taxi.
“Dove
volete che vi porti?” domandò il cavallo addetto alla guida del mezzo.
“Al
1955 di Cypress Grove Lane, nel Distretto di Rainforest.” rispose Nick.
Note
dell’autore: Gentili
appassionati di Zootropolis,
rieccomi con una nuova storia. Anzi… con la traduzione di una nuova
storia!
Ebbene
sì, il vostro amico Dario ha deciso di tradurre un’altra fanfiction,
intitolata Grief's Reunion e
scritta in inglese a opera
di Giftheck, un disegnatore e scrittore di fanfiction britannico; egli
mi ha
gentilmente dato il permesso di pubblicare la mia traduzione della sua
storia e
spero vivamente che anche voi possiate apprezzarla quanto il
sottoscritto.
Come
dichiarato dallo stesso autore, questa storia trae ispirazione da I
Will
Survive, l’ormai celebre e controversa storia a fumetti realizzata
dall’artista
brasiliano William Borba; tuttavia, contrariamente alla mia precedente
fanfiction intitolata La via del perdono, essa si sviluppa in
una linea
temporale totalmente diversa. È ambientata nella Zootropolis del 2034,
ben
diciotto anni dopo gli eventi del film e quindici anni dopo le vicende
di I
Will Survive. Se siete arrivati fin qui, avrete senz’altro compreso
che in
questa storia Nick è una volpe di cinquant’anni che si ritrova ad
affrontare i
demoni del suo passato dopo essere riuscito a rifarsi una vita
all’estero,
mentre Judy… beh, scoprirete che cosa le è successo nel prossimo
capitolo!
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
I di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-1-Trust-682527260
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e vi auguro una
buona
lettura. A presto!
|
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Capitolo 2 *** Le preoccupazioni di una madre ***
Capitolo
II
Le
preoccupazioni di una madre
(dal
punto di vista di Judy)
Sapete
cosa mi piace di questo lavoro?
Assolutamente
nulla.
Sono
una coniglia di quarantadue anni, non ho un compagno e sono il capitano
del
Dipartimento di Polizia di Zootropolis. Anni fa, tutto ciò che
desideravo era
fare la differenza. Cambiare le cose. Rendere il mondo un posto
migliore. Sono
sempre stata più brava a fare il mio lavoro per le strade piuttosto che
bloccata dietro una scrivania.
Eppure,
eccomi qua. Sono a capo del Distretto in cui diciotto anni prima ho
iniziato a
lavorare come ausiliaria del traffico costantemente messa sotto torchio
dai
suoi superiori.
Ora
tutto questo non ha più alcun senso.
Okay,
non è del tutto esatto. E neppure giusto. Ma ho trascorso molti anni a
tentare
di correggere gli errori che ho commesso in passato.
Sulla
scia della partenza di Nick, ho fatto tutto il possibile per tentare di
rintracciarlo in modo da potergli spiegare tutto. Non sono orgogliosa
del modo
in cui ho fatto precipitare le cose. Aveva avuto ragione: avrei dovuto
parlare
con lui. Ma era andato troppo oltre con quello che mi aveva detto quel
giorno.
Avevo intuito che fra noi si era come spezzato qualcosa d’importante.
Volevo
disperatamente sistemare tutto e rimettere a posto le cose. Non era
stata la
prima volta in cui Nick si era allontanato da me, eppure non sono stata
capace
di rintracciarlo; sembrava sparito dalla circolazione. Sua madre e il
suo amico
Finnick si sono rifiutati categoricamente di dirmi dov’era diretto.
Dal
momento che ero troppo sconvolta dopo il litigio con Nick, dovetti
spostare
l’appuntamento per la pratica abortiva di qualche giorno. Non riuscivo
né a
dormire né a mangiare in modo adeguato. Probabilmente tutto questo
avrebbe
potuto uccidere il cucciolo che portavo in grembo. In ogni caso, decisi
di
fissare un nuovo appuntamento per l’operazione.
E
accadde l’impensabile.
******
Qualcuno
bussò alla porta.
“Avanti.”
Judy staccò lo sguardo dalla sua scrivania e si tolse gli occhiali da
lettura.
La porta si aprì e l’agente Stan Fangmeyer entrò nell’ufficio. Di
solito la
tigre aveva sempre un’aria divertita stampata sul volto, ma non questa
volta.
Dietro di lui c’era…
Non
è facile descrivere il mammifero in sua compagnia. Aveva la pelliccia
di un
marrone chiaro. Un paio di occhi color lavanda come quelli di Judy. Un
paio di
orecchie appuntite come le sue, ma più corte. Un muso allungato. Aveva
una
corporatura più alta e dinoccolata. Indossava un paio di jeans e una
maglietta,
con una giacca appoggiata sulle sue spalle.
Aveva
stampata sul volto un’espressione arrabbiata, tipica di chi ce l’ha con
sé
stesso per essere stato colto con le zampe nel sacco.
Di
nuovo.
“Grazie,
agente Fangmeyer.” esclamò Judy con un sospiro rassegnato. “Puoi
lasciarci soli
per un momento?”
“Certo,
capitano.” Fangmeyer lasciò la stanza dopo aver chiuso la porta dietro
di lui.
Judy si alzò dalla poltrona e si avvicinò al giovane mammifero,
nonostante
fosse costretta ad alzare lo sguardo per fissarlo negli occhi. Incrociò
le
zampe e lo fissò severamente.
“Allora?”
domandò Judy.
“Allora
cosa?” esclamò l’interrogato di rimando.
“Non
rispondermi in questo modo!” lo sgridò Judy con un tono tagliente.
“Dimmi che
hai combinato questa volta. Hai rubato qualcosa? Sei rimasto coinvolto
in una
rissa? Non hai la pelliccia arruffata e non hai le manette ai polsi,
perciò
dimmi che non hai fatto nulla di illegale, per favore!”
“Perché
ti interessa?” chiese il giovane mammifero in un impeto di ribellione.
“Forse
ti sto mettendo in imbarazzo, capitano?”
“Mi
interessa perché sono tua madre, Nicholas!”
******
Ebbene
sì, sono una madre. E lui è… beh, nessuno è mai
riuscito a capire come chiamare questo miracolo della genetica. Alcuni
lo hanno
definito ‘voniglio’ o ‘conilpe’. Due termini più appropriati potrebbero
essere
‘leponide’ o ‘caniride’. In realtà, neppure i medici che lo hanno fatto
nascere
e che si sono presi cura di lui nelle prime ore di vita avevano avuto
idee
precise a riguardo.
Comunque
sia, Nicholas Hopps è il figlio che avevo provato a non far nascere.
Ammetto di
esserci andata vicina. Ma quando ero in ospedale, avvenne qualcosa. Non
so
spiegare che cosa sia successo, ma fui vittima di un violento attacco
di
panico. Più tardi il dottore mi disse che, in qualche modo, il cucciolo
che
portavo in grembo aveva provocato un incremento dell’attività ormonale
nel mio
corpo. Disse anche che, a causa dell’accresciuta condizione di stress,
non
sarebbe stato prudente procedere con la pratica abortiva finché non
avessi
avuto la certezza che attacchi simili non si sarebbero ripetuti. I
conigli
hanno un battito cardiaco estremamente accelerato e il dottore temeva
che la
tensione causata dall’intervento, insieme all’avvenuto episodio di
panico,
avrebbe potuto causarmi un arresto cardiaco.
Non
ci avevo mai neppure pensato.
Non
so se sia stato proprio quell’episodio a farmi cambiare idea, o il
fatto che la
mia famiglia da Bunnyburrow sia riuscita a convincermi. Forse, in
qualche modo,
il mio cucciolo non ancora nato aveva capito cosa stessi per fare ed è
riuscito
a fermarmi. Probabilmente è stato l’effetto combinato di tutte e tre le
cause.
Lui
è un sopravvissuto.
Lui
fa parte della famiglia Hopps.
Ed
è mio figlio. Nostro
figlio.
******
“Hai
quattordici anni, per l’amor del Cielo.” esclamò Judy esasperata con le
zampe
incrociate. “Non m’importa nulla del fatto che tu possa mettermi in
imbarazzo
nella mia posizione; sono preoccupata per l’aspetto della tua natura di
volpe.”
Judy
si appoggiò sulla scrivania.
“Ho
cercato in ogni modo di comprenderlo.” esclamò la coniglia, “Ho cercato
di
convincerti ad aprirti con me e a confidarti su quello che ti passa per
la
testa. Se continui così, finirai in galera.”
O
peggio.
“E
sarai proprio tu a sbattermi dentro? Bella madre che sei.” la provocò
Nicholas
in tono canzonatorio sul punto di andarsene.
“Torna
indietro, Nicholas. Non abbiamo ancora finito.” ringhiò Judy.
Nicholas
tirò fuori uno sbuffo dal naso e tornò sui suoi passi. “Che cosa hai
intenzione
di fare? Mettermi in punizione?” domandò beffardo.
“Farò
di peggio.” esclamò Judy in tono accigliato. “Ti manderò da tua nonna.”
Dopo
aver udito quelle parole, gli occhi di Nicholas si alzarono leggermente.
******
Nicholas
sa bene che non avrebbe mai potuto scherzare con sua nonna Bonnie. Non
chiedetemi come faccia, ma è in grado di incutere il timore di Dio
anche nel cuore
del mammifero più spavaldo. Non ha esitato a farlo con papà le poche
volte in
cui aveva oltrepassato il segno.
Il
suo comportamento è peggiorato da quando avevamo saputo che l’altra sua
nonna
stava morendo. Lo so, lo so: perché non ho interrotto ogni legame con i
Wilde
dopo quello che era successo? Che mi piacesse o no, Nicholas è anche suo
figlio e aveva il diritto di conoscere i suoi nonni paterni. O, per
meglio
dire, sua nonna.
Nick
non aveva mai voluto dirmi cosa fosse successo a suo padre. Era sempre
stato un
argomento scottante e Nick aveva sempre cambiato discorso. D’altro
canto, sua
madre è la volpe più dolce che io abbia mai conosciuto. Nonostante i
suoi…
problemi di comportamento… Nicholas aveva avuto modo di conoscerla bene
negli
ultimi anni.
Da
quando aveva appreso delle condizioni di Viola, Nicholas era diventato
più cupo.
Questo perché lei non riusciva più a ricordare chi fosse. Eppure lui
continua a
fare visita a casa sua, nella vana speranza che la sua presenza potesse
in
qualche modo allontanare il male che la stava consumando.
Si
fida di lui perché si comporta come Nick quando aveva la sua età. Tale
padre,
tale figlio. È un ricordo doloroso.
Mi
manca?
Sì,
mi manca da morire.
Ma
sono anche arrabbiata per il modo in cui mi ha lasciata.
I
cinici all’esterno potrebbero domandarsi se tutto ciò che mi importava
fosse
far estorcere denaro a Nick per il mantenimento di Nicholas.
Francamente, non
mi è mai interessato. Non ho mai preteso un solo centesimo da Nick. Ma
mi
sarebbe piaciuto fargli sapere chi fosse suo figlio. Con l’influenza di
una
figura paterna, Nicholas sarebbe cresciuto in maniera molto diversa. In
fondo,
Nick sapeva bene come comportarsi di fronte alle avversità della vita.
Avrebbe
potuto aiutare Nicholas a superare i momenti difficili che stava
passando.
Nick
non è qui per aiutarci, in ogni modo. Avrei dovuto confrontarmi con
lui, invece
di agire alle sue spalle come ho fatto. Dopo tutto quello che avevamo
passato,
è come se fossi tornata al giorno in cui ci eravamo conosciuti.
Non
dimenticherò mai il dolore che ho visto nei suoi occhi. Neppure il
sangue che
colava dalla sua bocca nel punto in cui l’avevo colpito.
Non
ho mai avuto modo di scusarmi per quello che gli avevo fatto. Non mi
sarei mai
permessa di fare una cosa del genere, ma ero spaventata e quando siamo
in preda
al panico, tutti noi facciamo delle cose che non ci sogneremmo mai di
fare.
Eppure
non avrebbe mai dovuto dirmi le cose che mi ha detto. E non se ne
sarebbe mai
dovuto andare.
Sono
successe un sacco di cose che non sarebbero mai dovute succedere.
Eppure, è
così che sono andate le cose. Perciò, eccomi qui, a capo del Distretto
Uno dopo
che Bogo aveva accettato la promozione a commissario e con un figlio
indisciplinato che assomiglia più a suo padre di quanto vorrei.
******
“Senti…”
iniziò Judy, “lo so che è difficile.”
“No,
non lo sai.” protestò Nicholas.
“Che
cosa?”
“Non
lo sai affatto!” ripeté Nicholas alzando il tono della voce, “Tu
non
sei lo scherzo della natura che non sarebbe mai dovuto venire al mondo!”
“Non
sei uno scherzo della natura!” ribadì Judy colta alla sprovvista da
quell’ammissione.
“Oh,
davvero? Come mi definiresti, allora? Non sono una volpe e neppure un
coniglio.
Ho provato a essere entrambi. Sai come mi hanno chiamato alcuni miei
cugini
l’ultima volta che mi hai mandato a casa di nonna Bonnie e nonno Stu?
‘Mostro!
Scherzo della natura! Fenomeno da baraccone! Abominio! Non saresti mai
dovuto
nascere!’ Tu non sai come mi sono sentito perché sei troppo impegnata
nel tuo
lavoro!”
“Ci
ho provato, Nicholas! Ho provato a essere lì per te!”
“Il
tuo lavoro non te lo ha permesso.”
“No,
sei stato tu!” protestò Judy puntando un dito contro suo
figlio, “Come
avrei potuto essere lì per te quando tu stesso non me lo hai permesso?!”
Nicholas
aprì la bocca per ribattere, ma preferì lasciar perdere. Judy gli si
avvicinò e
appoggiò le mani sulle sue spalle.
“Io
sono tua madre.” disse, “Tu vieni prima di tutto e
tutti, non
importa quello che faccio qui dentro. Ho provato a essere lì.
Ma tu sei chiuso
in te stesso proprio come lo era tuo padre.”
Nicholas
sbuffò contrariato.
“E
quando avrò modo di sapere qualcosa di più su di lui? Mi hai
detto che
se n’è andato prima che io nascessi, ma ho anche saputo che voi due
avete avuto
un litigio. Ho sentito queste voci l’ultima volta che sono stato a
Bunnyburrow.”
“È…
è complicato. Un giorno ti dirò ogni cosa, ma ora sei troppo…”
“Troppo
giovane e troppo litigioso.” concluse Nicholas con parole che aveva già
sentito.
“Mi
dispiace, figliolo.” esclamò Judy, “Credimi. Lo so che è per te è
ancora più
difficile da quando hai capito che nonna Viola sta…”
Nicholas
preferì distogliere lo sguardo.
******
Ho
fatto del mio meglio. Non è facile essere una madre single, alle prese
con un
figlio indisciplinato e con i doveri che ho in qualità di capitano del
Corpo di
Polizia di Zootropolis. Sono sola fin dal giorno in cui Nick se n’è
andato.
Eppure, ho provato a uscire con altri mammiferi. Nicholas aveva bisogno
di una
figura paterna nella sua vita e, per quanto mi sia guardata attorno,
non sono
riuscita a trovare nessuno in grado di ricoprire quel ruolo. Alla fine,
ho
fatto l’unica cosa che avevo giurato di non fare mai più dopo la
partenza di
Nick.
Mi
sono arresa.
Perciò,
eccomi qua. Sono la poliziotta più anziana del Distretto a parte il
commissario
Bogo, sono una madre e, se non fosse per mio figlio, sarei
terribilmente sola.
È così. In momenti come questo, mi sento più sola che mai. Riesco solo
a
immaginare come Nicholas debba sentirsi in questi momenti.
A
volte la solitudine mi fa provare una grande rabbia dentro. Sono
arrabbiata con
Nick per avermi lasciata. Sono arrabbiata con me stessa per averglielo
permesso. Sono arrabbiata per non averci provato abbastanza. Sono
arrabbiata
per aver fatto precipitare le cose in questo modo. Eppure, è così che è
andata.
Non
appena Nicholas ha lasciato l’ufficio, torno alla mia scrivania, apro
uno dei
cassetti e tiro fuori una bottiglia di whisky. Non sono abituata a bere
e non è
neppure una cosa che faccio spesso, ma quando capisco che le cose
stanno per
diventare troppo complicate per me, non riesco a trovare un’alternativa
migliore.
Non
questa volta, però. Ripongo la bottiglia nel cassetto, lo chiudo a
chiave, mi
alzo dalla sedia e vado a guardarmi nello specchio a parete che ho in
ufficio.
Ho
quarantadue anni, ma a volte sembra che ne dimostri almeno dieci di
più. Di
certo mi sento
così.
******
Il
cellulare di Judy vibrò. Fece ritorno alla scrivania e lo afferrò. Era
un
messaggio da parte di Nicholas:
Sto
andando a casa di
nonna Viola. Vienimi a prendere quando hai finito.
Note
dell’autore:
Rieccomi a voi con il secondo capitolo!
Se
siete arrivati fin qui, avete capito che la Judy Hopps di questa storia
è una
coniglia di quarantadue anni che è riuscita a salire di grado fino a
sostituire
Bogo in qualità di capitano del Corpo di Polizia di Zootropolis;
tuttavia, si è
ritrovata con una vita sentimentale pressocché inesistente e ha dovuto
crescere
da sola un figlio che, senza la guida di una figura paterna, è venuto
su indisciplinato
e pieno di dubbi sulla sua identità. Inoltre, nella linea temporale di
questa
fanfiction gli eventi di Born To Be Alive non si sono mai
verificati,
per cui Judy non ha potuto procedere con l’aborto e non ha mai
conosciuto Shay.
Spero di essere stato chiaro!
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
II di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-2-Chief-Concern-682547666
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e
vi
auguro una buona lettura. A presto!
|
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Capitolo 3 *** Questioni di famiglia ***
Capitolo
III
Questioni
di famiglia
(dal
punto di vista di Nick)
Il
taxi si fermò in Cypress Grove Lane. Nick alzò lo sguardo sulla casa
condominiale in cui era cresciuto. L’appartamento era situato
all’interno di un
gigantesco ceppo d’albero artificiale. Le pareti che si intravedevano
attraverso le ‘radici’ erano dipinte di un verde sbiadito e il
complesso aveva
degli ingressi a livello della strada per gli appartamenti posti al
piano terra,
ciascuno dei quali aveva un piccolo portico. Nick fissò la porta
d’ingresso
della casa che aveva il numero civico 1955. La casa stessa era una
delle più
spaziose del complesso ed era composta da tre camere da letto, una
cucina e un
soggiorno. Nick ricordava che una delle camere era utilizzata da suo
padre –
quando era ancora vivo – come studio dove poteva lavorare ai suoi abiti
senza
essere costretto ad andare a Happytown o alla sua sartoria.
Molti
ricordi erano legati a quel posto. Nick si chiedeva se sua madre, a
distanza di
quindici anni dall’ultima volta in cui era stato lì, avesse
riverniciato e
sostituito la sgargiante carta da parati del corridoio, che lo aveva
ironicamente ispirato nella scelta di indossare sempre camicie a manica
corta
in stile pawaiano quando era più giovane.
“Tu
abitavi qui, papà?” domandò Robin.
“Sì,
figliolo.” rispose Nick, “Ho vissuto qui per molto tempo.”
******
Perché
ci ho messo così tanto a tornare qui? Certo, parlavo con mia madre al
telefono
tutti i weekend e le spedivo lettere e cartoline. A volte, quando
Finnick mi
diceva che era in difficoltà economiche, le mandavo anche del denaro.
Le ho
anche proposto più di una volta di venire a trovarmi in Messigatto, ma
lei
aveva sempre rifiutato.
Avrei
dovuto infrangere la mia promessa tempo fa.
So
bene di non essere stato un granché come figlio. Dovrò vivere il resto
dei miei
giorni con questo rimorso.
Sono
titubante: mamma vorrà davvero rivedermi? Sarà delusa? Che cosa devo
aspettarmi?
******
Nick
pagò la corsa e uscì dal taxi, prima di prendere i bagagli. Fissò il
complesso
ancora una volta.
“Cosa
c’è, papà?” domandò Robin.
“Andiamo.”
esclamò finalmente Nick. Aprì di scatto il cancello che separava il
complesso
condominiale dalla strada con una zampa e attraversò il portico con
Robin al
seguito. Diede una rapida occhiata a un vaso sotto il portico, vicino
al
cancello d’ingresso. Quando era cucciolo, Nick teneva nascosta una
chiave sotto
quel vaso, da usare nei casi di emergenza. Nick si domandò se quella
chiave
fosse ancora lì in modo da poterla usare per aprire la porta, ma non
gli sembrò
la cosa migliore da fare e preferì posare a terra la valigia e suonare
il
campanello.
Nick
riuscì a scorgere del movimento. Sembrava che la figura dietro la porta
si
muovesse in modo traballante. La coda di Nick toccò terra e le sue
orecchie si
appiattirono sulla sua testa in previsione del peggio.
La
porta si aprì e apparve la figura di un’anziana volpe di sessantasette
anni. La
sua pelliccia si era ingrigita e indebolita. I suoi occhi erano
arrossati. Le
sue zampe tremavano leggermente.
“Sì?”
domandò con gli occhi fissi su Nick.
“Ciao,
mamma. Sono a casa.”
******
Sembrava malata. Molto malata, intendo. Non
credevo che mangiasse in modo adeguato: era più magra rispetto
all’ultima volta
che l’ho vista. Il senso di colpa aveva iniziato a tormentarmi di
fronte a
quella vista. Le sue zampe tremavano, a dimostrazione del fatto che la
malattia
aveva preso il controllo del suo sistema motorio. I suoi occhi
sembravano piuttosto
malridotti e mi domandavo se riuscisse a vedermi. Mi ricordai che la
mia
pelliccia nera avrebbe potuto rendere le cose più complicate per lei.
Per
fortuna la tinta non era permanente: qualche doccia e sarei tornato al
mio
vecchio colore naturale.
Non
appena la sua voce tremante si fece sentire, abbandonai quei tristi
pensieri.
******
“…
Nicholas?” chiese Viola strizzando gli occhi, “Nicky?”
Nick
sorrise, sebbene potesse sentire le lacrime inumidirgli gli occhi.
Sebbene
stentasse a crederci, Viola si avvicinò e si aggrappò a lui. Quindi lo
strinse
a sé in un abbraccio caloroso.
“Nicky!
Sei a casa!” disse l’anziana volpe mentre bagnava di lacrime la giacca
di Nick,
“Sei tornato…”
“Mi
dispiace solo che sia avvenuto in questo modo.” rispose Nick mentre
ricambiava
l’abbraccio con cautela, come se avesse paura di farle male.
Dopo
qualche istante, Viola si staccò da Nick e iniziò a guardare Robin, il
quale
era rimasto timidamente in disparte. Viola lo guardava come se lo
avesse già
visto da qualche parte, ma non riusciva a ricordare.
“Mamma,
lui è mio figlio Robin.” disse Nick nella speranza che il suo tono
calmo
potesse aiutarla a ricordare. Viola si accovacciò leggermente e un
sorriso
caldo ma forzato comparve sul suo volto.
“Ciao,
Robin.” esclamò Viola con le braccia allargate in attesa di un
abbraccio. Robin
sembrava titubante, ma una leggera spinta di suo padre lo convinse a
fare un
passo avanti e a lasciarsi avvolgere dall’abbraccio della nonna. Viola
lo
abbracciò forte, come se non avesse mai visto un cucciolo prima di
allora.
Robin sembrava un po’ spaesato mentre riceveva quelle attenzioni.
Viola
lo lasciò andare e si alzò goffamente in piedi. Dopodiché entrò in casa.
“Non
restate impalati in veranda, voi due. Entrate.” disse sorridendo
debolmente.
Nick prese la valigia e Robin lo seguì. Mentre si affiancava a sua
madre, Nick
le appoggiò la zampa sulle spalle, con un gesto che voleva essere
gentile e
rassicurante.
******
Mi
dice cose che già sapevo: sta soffrendo così da un anno. Nel suo tipico
stile,
non mi aveva detto nulla perché non voleva che mi preoccupassi. Aveva
iniziato
a capire che la sua salute stava peggiorando quando veniva colpita da
violenti
mal di testa che le facevano vedere le cose in maniera oscura e
sfocata. Poi
erano cominciati i tremori e l’instabilità motoria. Nei momenti
peggiori, mamma
mi confida da non riuscire più a ricordare le cose. Era andata da un
dottore e
si era sottoposta a una serie di esami clinici.
Sono
un po’ arrabbiato con Finnick per non avermelo detto prima. Era chiaro
che
sapeva tutto, ma mamma mi confidò che gli aveva chiesto di non dirmi
nulla a
meno che le cose non si fossero aggravate. Finnick ha sempre avuto un
occhio di
riguardo per lei.
Mi
dice che nell’ultimo anno riceve aiuto in casa da un giovanotto che
viene a
trovarla regolarmente. Come è nella mia natura sospettosa, nutro subito
dei
seri dubbi sulle intenzioni di quel giovane mammifero non ancora
conosciuto. Mi
dice che fa difficoltà a riconoscerlo, ma sapeva che aveva la pelliccia
di
color ruggine come quella di una volpe, ma che era troppo basso per una
volpe
della sua età. Aveva ipotizzato che facesse parte di qualche specie
particolare. Ma per lei non era importante: Finnick veniva a trovarla
ogni
volta che poteva, e quando lui non poteva esserci, questo giovane
sconosciuto
le faceva compagnia e svolgeva quelle faccende che mamma non poteva più
fare
per colpa della sua invalidità fisica.
Le
chiedo perché non ha voluto dirmi nulla. Seriamente.
Mi
ha detto che dovevo condurre la mia vita e che sapeva che questa città
mi aveva
causato troppi ricordi dolorosi. Non voleva essere un peso per me.
Troppo
tardi. Ho il dovere di assistere mia madre, colei che mi ha cresciuto
al meglio
delle sue possibilità senza il supporto di mio padre, nelle ultime
settimane
che le restano prima che il tumore decida di portarla via da me per
porre
finalmente fine alla sua sofferenza.
Almeno
ha potuto conoscere personalmente suo nipote. Spero davvero che la
malattia non
sia crudele al punto di portarle via questo ricordo, perché era palese
che
l’aveva già derubata di così tanti momenti, compresi quelli in cui
aveva
parlato ed era stata in contatto con Robin.
******
“Nicky…
il nero non ti si addice per niente.” confessò Viola.
Nick
abbozzò un sorriso.
“Ti
riferisci alla pelliccia? Oppure al completo?”
“A
entrambi.” rispose Viola, “Per quanto fossero sgargianti quelle camicie
che
indossavi, almeno erano colorate. Sembri vestito per un funerale.”
“Forse
lo sono.” ammise Nick.
“Non
il mio, spero.” esclamò l’anziana volpe, “So che sta arrivando la mia
ora, ma
non voglio ancora che tu mi pianga. Desidero essere ricordata per come
ero ai
vecchi tempi. E quella tintura nera sulla tua pelliccia è orribile. Sei
molto
più bello nel tuo colore naturale.”
Nick
non seppe come replicare, ma poteva sentire le sue orecchie arrossarsi
leggermente.
“Tuo
figlio…” continuò Viola mentre guardava suo nipote, “Ah, non sarò più
in grado
di vederlo bene, ma posso affermare che ha il tuo stesso sguardo. Non i
tuoi
occhi, però. Sua madre aveva gli occhi azzurri?”
“Era
una volpe artica.” rispose Nick. Generalmente le volpi artiche hanno
gli occhi
azzurri.
“Era?”
esclamò Viola fermandosi per un istante. Nick la guardò sconsolato: sua
madre
avrebbe dovuto sapere che Anabel era una volpe artica. Nick le
aveva
parlato di lei in passato. Era un altro segno evidente che il tumore
stava
inesorabilmente divorando la sua memoria.
“È
forse qualcosa che avrei dovuto sapere?” domandò Viola intuendo
l’espressione
di Nick attraverso i suoi occhi resi offuscati dalla malattia, “Mi
dispiace
tanto, Nicky.”
“Non
ha importanza, mamma.” disse Nick scuotendo la testa nel tentativo di
ricacciare indietro le lacrime.
Viola
rimase silenziosa per qualche minuto, prima di riprendere la
conversazione.
“Non
ti sei ancora visto con quella coniglia?” chiese, “Ho dimenticato il
suo nome…
Julia? Julia Potts?”
Il
volto di Nick s’incupì leggermente, ma sapeva che non avrebbe dovuto
far capire
a sua madre che la sua domanda lo aveva scosso.
“No,
mamma.” rispose, “Ci siamo lasciati, ricordi? È per questo motivo che
me ne
sono andato.”
“Ah,
giusto.” annuì Viola, “Uhm… che cosa ha fatto questa volta?”
Nick
spostò lo sguardo su Robin. Meno cose sapeva a proposito di Judy Hopps,
meglio
era.
“Credo
sia meglio che tu non lo sappia.” rispose Nick scrollando le spalle.
“Dev’essere
stato qualcosa di terribile.” esclamò Viola, colpendo involontariamente
un
nervo scoperto. Nick lasciò cadere quell’argomento spinoso nel vuoto.
******
Mi
offro di stare da lei. Dopo tutto, sono io che ho l’obbligo morale di
assisterla; non Finnick, al quale avevo chiesto fin troppi favori, e
neppure
qualche estraneo raccattato per strada.
Naturalmente,
mamma insiste sul fatto che non ha bisogno di un badante, ma le ricordo
che io
e Robin non abbiamo altro posto in cui stare. In verità potrei
tranquillamente
permettermi di soggiornare in qualche hotel. Detesto farla sentire in
colpa,
specialmente nelle sue attuali condizioni di salute, ma devo tenerla
d’occhio. Alla
fine riesco a convincerla e offre a me e a Robin la stanza degli
ospiti,
ricavata da quello che una volta era lo studio di mio padre.
Dopo
esserci sistemati, preparo il pranzo per tutti. Mamma insiste sul fatto
che
sono ospite in casa sua, ma come potrei lasciare che si sforzi così?
Perciò, la
tengo fuori dalla cucina e le chiedo di tenere compagnia a Robin.
Riesco a
sentirli mentre giocano a carte in soggiorno.
Ad
un tratto, sento aprirsi la porta d’ingresso. Dopo tutto, la cucina è
collegata
direttamente al corridoio. Non so se la mamma e Robin lo abbiano
sentito, ma io
sì. Pertanto, mi dirigo verso la porta e vedo un giovane mammifero, che
non
avrà più di quattordici anni, davanti al portone della casa di mia
madre, con
la chiave in mano. Il vaso doveva essere stato spostato. È chiaro che
sa bene
che la chiave era sotto di esso.
Non
saprei proprio come descriverlo. Indossa un paio di jeans, una
maglietta e un
giubbotto marrone. La sua pelliccia è di un colore marrone chiaro e le
sue
orecchie hanno la punta di un marrone scuro, esattamente come le mie.
Il suo
muso è palesemente più corto del mio, ma il suo naso è, come dire… come
quello
di una volpe. Le sue orecchie sono piuttosto curiose: sono più lunghe
rispetto
a quelle di una volpe e sono appuntite. I suoi occhi sono di un color
lavanda,
dettaglio decisamene insolito per un canide.
******
Con
una mossa fulminea, Nick annullò la distanza fra lui e il giovane
mammifero
prima che quest’ultimo potesse allontanarsi. In maniera tutt’altro che
delicata, Nick gli afferrò le braccia e lo spinse contro uno dei
pilastri della
veranda.
“Chi
diavolo sei? Che cosa ci fai qui?” domandò Nick, “Ti avverto: lo saprò
se
menti.”
“Stavo
per chiederti le stesse cose!” replicò il giovane mammifero con una
smorfia,
mentre Nick lo teneva bloccato sul pavimento.
“Non
so a che gioco tu stia giocando, ma sappi che da adesso in poi mi
prenderò cura
io di mia madre.” disse Nick. Il giovane ibrido spalancò gli occhi
colto di
sorpresa. Subito dopo, Nick si ritrovò con la zampa dell’intruso – più
simile a
quella di un coniglio che a quella di una volpe – contro il suo petto e
fu
sbalzato indietro.
Quel
gesto improvviso colse Nick impreparato e il giovane mammifero poté
liberarsi
dalla sua presa, ma Nick si rialzò prontamente e dopo averlo
agguantato, lo
trascinò nuovamente a terra.
“Toglimi
le zampe di dosso!” minacciò Nicholas, “Lasciami andare! Mia madre è il
Capo
della Polizia!”
“Non
m’importa neppure se tua madre è il coniglio pasquale!” replicò
Nick con
un grugnito stizzito mentre gli teneva bloccate le zampe con il suo
peso,
“Perché hai provato a fuggire? Che cosa stai nascondendo? Se hai
derubato mia
madre, sappi che te la farò pagare cara!”
“Lei
è mia nonna!” sbottò il giovane ibrido. Quell’ammissione lasciò Nick
paralizzato sul posto.
“Io…”
esclamò con il fiato corto, “Tu… puoi perdonarmi?”
“Sì,
certo…” disse Nicholas mentre si metteva a sedere, “Non avevo idea di
chi fossi
finché non hai detto di essere il figlio di nonna Viola. Ciao, papà.”
Note
dell’autore: Eccoci
arrivati al terzo capitolo!
Che
altro posso aggiungere… il povero Nick ha dovuto sopportare due colpi
difficili
da mandar giù a livello psicologico, dal momento che ha rivisto sua
madre
segnata dalla malattia e ha avuto un primo incontro alquanto scioccante
(soprattutto
per lui!) con quello che è a tutti gli effetti il suo primogenito. Ad
ogni
modo, nei prossimi capitoli avrete modo di assistere all’evoluzione del
rapporto fra Nick e Nicholas.
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
III di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/art/Survival-3-Family-Matters-682711031
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e
vi
auguro una buona lettura. A presto!
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Capitolo 4 *** La verità viene a galla ***
Capitolo
IV
La
verità viene a galla
(dal
punto di vista di Nick)
Non
era possibile
Non
poteva essere vero.
Non
potevo credere che… questo giovanotto…
Sta
cercando di imbrogliarmi. Deve
essere così.
Perché
io so che lei
l’aveva fatto. Ci era riuscita. Aveva abortito.
Non
poteva esserci altra spiegazione.
Dev’essere
senz’altro un imbroglio. È chiaro che ho a che fare con un dilettante
che non
sa di non poter truffare un truffatore. O per meglio dire, un
ex-truffatore.
******
Il
giovane ibrido si alzò in piedi ringhiando di rabbia.
“Tu
sei il codardo che ha abbandonato mia madre mentre era incinta
di me.”
sentenziò.
Nick
era troppo scosso per abbozzare una risposta.
“Dì
qualcosa!” esclamò Nicholas.
“Judy
Hopps… è tua madre?” fu tutto ciò che Nick riuscì a chiedere.
“Certo
che lo è!” rispose il giovane mammifero in tono annoiato mentre i suoi
occhi
color lavanda guardavano Nick con evidente disprezzo.
******
Allora
è vero.
Riesco
a scorgerlo nei suoi occhi.
Quegli
occhi assomigliano molto ai suoi, non soltanto per il colore.
Quegli
occhi traboccano di confusione, dolore, tradimento.
Sapevo
bene cosa stava provando, perché in questo momento sto provando le
stesse
sensazioni.
******
“Come
ti chiami?” domandò Nick.
“Perché
t’interessa?” replicò Nicholas.
“Perché
per me sarebbe più semplice chiamarti con il tuo nome.”
Fra
i due calò un silenzio gelido. Fu Nicholas a riprendere il filo del
discorso.
“Sono
Nicholas.” rispose, “Nicholas Hopps. E tu sei Nick Wilde, il padre
peggiore del
mondo.
******
Lei
gli aveva dato il mio nome? Perché? Che cosa aveva avuto in mente?
Ci
penso per un istante, ma poi preferisco lasciar perdere. Non ha alcuna
importanza. Ciò che conta è che Judy non sembra che gli abbia detto la
verità.
Se
Judy vuole giocare a questo gioco, allora ha scelto l’avversario
sbagliato
contro cui giocare.
E
ho l’intenzione di fargli conoscere esattamente tutti i dettagli della
sua
nascita, nonostante tutto…
******
“Papà?
Che sta succedendo?” domandò una voce tremante alle spalle di Nick. Lui
e
Nicholas si voltarono verso Robin, che aveva sentito tutto ed era
venuto a
vedere cosa stesse succedendo. Dietro di lui c’era Viola.
“È
lui.” ammise l’anziana volpe, “Questo è il giovanotto che viene a darmi
una
mano in casa. Ma perché lo tieni bloccato?”
Nicholas
sembrava completamente sbalordito dinanzi alle figure presenti dinanzi
a lui;
dopodiché cacciò un ringhio. Nick lo lasciò andare di colpo, come se la
sua
stessa pelliccia gli avesse bruciato le zampe.
“Oh,
allora è così che stanno le cose, vero?” domandò Nicholas
mentre Nick
ritornava a prestargli attenzione.
“Hai
preferito scappare e fare un figlio con qualcun’altra piuttosto
che
prenderti cura del figlio che hai avuto?” chiese con rabbia, “Sei
patetico.”
“Tu
lo sapevi?” domandò Nick a sua madre mentre cercava di tenere i suoi
sentimenti
sotto controllo.
“Sapere
cosa, figliolo?” esclamò Viola.
“Tu
sapevi che lui… chiunque fosse… è tuo nipote?” domandò Nick rivolto a
Nicholas.
“No.”
affermò Viola, “Hai avuto un altro figlio?”
“No.
Sì. Non lo so!” rispose Nick in modo confuso, “È il figlio di Judy!”
******
Lei
non aveva abortito.
Lei
non era andata fino in fondo!
Come
ha potuto non dirmi nulla?
Come
ha potuto tenermelo segreto per quindici anni?
Era
ovvio che mamma non potesse saperlo. Forse Judy non l’aveva mai più
vista dopo
che i suoi primi tentativi di cercarmi erano falliti. Forse mia madre
le aveva
ordinato di non farsi mai più vedere alla sua porta. Oppure lei lo
sapeva ma il
tumore le aveva portato via anche quei ricordi… non lo so proprio!
Finnick
lo sapeva? Ne dubito, ma non si poteva mai sapere.
Una
cosa è certa; se loro non lo sapevano, lei aveva almeno potuto
dirglielo! Io lo
avrei saputo. Avrei potuto cambiare idea molto tempo prima.
Probabilmente avrei
continuato a odiarla per quello che aveva fatto, ma sarei tornato per
lui e in
un mondo ideale, noi due avremmo potuto passarci sopra per il suo bene.
******
Nick
tirò fuori il cellulare e chiamò Finnick.
“Ehilà,
Nick. Sei tornato?” esclamò Finnick.
“Tu
lo sapevi?” domandò Nick.
“Sì,
sapevo che tua madre stava morendo, ma lei mi ha chiesto di non dirti…”
“Non
sto parlando di quello! Sapevi che Judy aveva avuto il cucciolo?”
Per
qualche istante non si udì alcun suono dall’altro capo della
conversazione.
“Merda…
sei sicuro?” disse Finnick.
“Lo
sto guardando in questo istante!” gridò Nick, “Dimmi che non lo sapevi!”
“Accidenti,
Nick!” replicò Finnick, “Mi fa piacere sentire che quindici anni
non
hanno offuscato la tua diffidenza nei confronti dei tuoi amici! No, non
lo
sapevo! Non ho visto il Giocattolino per quindici anni, e una volta che
te ne
sei andato, la Grande Famiglia mi ha tagliato fuori, perciò non ho
potuto
sapere nulla neppure da loro! E sai bene che io non mi fido mai delle
notizie
che circolano; anche se me lo fossi trovato davanti, non avrei mai
potuto
riconoscerlo!”
Nick
emise un cupo brontolio.
“Che
cosa hai intenzione di fare?” domandò Finnick.
“Non
lo so, Fin.” rispose Nick mentre si teneva una zampa sulla testa, “Non
lo so
proprio.”
“…
D’accordo. Beh, lascerò tutto a te.” disse Finnick, “Ma se
dovessi avere
bisogno di me… sai dove trovarmi.”
La
conversazione terminò e Nick restò a fissare la schermata del
dispositivo.
“Non
è possibile che tu me lo abbia tenuto segreto… per quindici
anni.” disse
Nick, “Ho bisogno di risposte.”
Nicholas
restava immobile a fissare Nick con disprezzo.
“Non
vuoi parlare? Benissimo.” disse Nick mentre si avvicinava a Nicholas,
dopo che
quest’ultimo si era alzato da terra, “Mamma, torna dentro.”
“Oh.”
esclamò Viola, “Beh… ecco…”
“Per
favore, mamma.” disse Nick, “Non so se le cose peggioreranno oppure no,
ma
preferirei che tu non sia qui a guardare.”
“Vuoi
che dia un’occhiata a Robin?”
“No,
mamma.” esclamò Nick scuotendo la testa, “Non è che io non ti creda,
ma…”
“La
mia memoria non funziona più come dovrebbe e sono debole.” disse Viola
accigliata, “Ho capito.”
“Non
era questo che intendevo, mamma.” confessò Nick.
Viola
emise un debole sospiro dalle narici.
“Fai
ciò che pensi sia giusto, figliolo.” disse l’anziana volpe sul punto di
andare,
ma Nick le si parò davanti.
“Ti
voglio bene, mamma.” disse Nick tenendole le spalle, “Qualunque cosa
accada,
ricordatelo.”
Viola
diede un breve abbraccio a suo figlio, dopodiché Nick la lasciò andare
e la
vide tornare in soggiorno. Una volta che si era chiusa la porta, tornò
da
Nicholas.
“Dobbiamo
chiarire la situazione, qui.” disse Nick.
“Non
ho nulla da dirti.” rispose Nicholas.
“D’accordo.”
affermò Nick, “Abbiamo molte cose da dirci, e sono noto per essere un
gran
parlatore bravo ad avviare discorsi, quando sono in vena. Ora ti
chiederò una
cosa.”
Nicholas
continuava a essere chiuso nel suo silenzio.
“Ascoltami
bene.” disse Nick, “Le cose saranno più semplici se tu mi aiuterai.
Pensi che
io sia un codardo? Allora dammi l’occasione per dimostrarti che hai
torto.”
“…
che cosa vuoi da me?”
“Il
numero di cellulare di tua madre.” rispose Nick, “Immagino che l’abbia
cambiato. Io avrei fatto così. In questo modo potrai sentirci entrambi.
Naturalmente, potrei andare al Distretto Uno e parlare direttamente con
il capitano.
Ma il piano che ho in mente faciliterà le cose a tutti noi.”
******
Confesso
di non sapere se quello che sto facendo sia una buona idea oppure no.
Ma penso
che sia venuto il tempo che io abbia un nuovo incontro faccia a faccia
con
Judy.
Non
mi aspettavo che Nicholas mi avrebbe dato il suo numero di cellulare,
ma il
fatto è questo: ha fatto qualcosa di inaspettato. Forse non è
irrecuperabile
come avevo temuto in un primo tempo.
Continua
a fissare Robin, che ora si trova dietro di me, mentre si tiene stretto
alla
mia coda che emerge dalla giacca del completo. Non sono sorpreso. Il
giovanotto
è chiaramente arrabbiato e in guerra con sé stesso, e Robin riesce a
capirlo.
Lo sarei anch’io al suo posto. Ha bisogno di risposte esattamente come
ne ho
bisogno io.
******
Nick
prese il cellulare che aveva nascosto nel taschino interno della giacca
e
digitò il numero che Nicholas gli aveva dato. Poteva sentire il
telefono
squillare mentre lo teneva attaccato all’orecchio.
“Hopps.”
esclamò una voce femminile dall’altra parte.
“Dobbiamo
parlare.” disse Nick, “Sarò nell’ultimo posto in cui ci
siamo parlati quindici anni fa. Per favore, in nome di tutto ciò che
amiamo,
non rendere le cose più complicate di quanto già non lo siano.”
Ci
fu una breve pausa.
“Ma
chi parla?”
“La
mia voce non dev’essere cambiata così tanto, non
credi?”
ribadì Nick, “Così mi ferisci, carotina.” Nick ebbe
come un sussulto interiore per le parole che aveva scelto, ma decise di
andare
avanti ugualmente, “Sarò lì tra venti minuti.”
“…
Nick?”
“Tra
venti minuti, carotina. Porterò anche Nicholas con me.”
Con
quelle parole, Nick pose fine alla chiamata e richiamò immediatamente
Finnick.
“Ehi,
ti è già mancato il suono della mia voce?”
“Puoi
portare il furgone in Cypress Grove?”
“…
sta per succedere, allora?” disse Finnick.
“Sì.”
rispose Nick, “Questa cosa è andata avanti per troppo tempo.”
“Sarò
lì immediatamente.” affermò Finnick prima che la conversazione
s’interrompesse.
******
Finnick
ha tenuto fede alla sua parola: è arrivato in neanche cinque minuti.
Nicholas
entra nel furgone di sua spontanea volontà. Forse è consapevole di ciò
che sta
per accadere, che deve essere lì per essere testimone dell’evento
imminente.
In
un certo senso, la cosa divertente è che Robin ha voluto sedersi
accanto a
Nicholas. All’inizio mi è apparso sorpreso, ma ho potuto scorgere un
sorriso
sulla sua bocca; un sorriso autentico, seppur breve e tremolante. Dopo
aver
catturato la mia attenzione, ritorna a guardarmi con attenzione. Forse
non
nutre solo disprezzo nei miei confronti come avevo immaginato
all’inizio. Non
posso biasimarlo per il suo modo di comportarsi, e immagino che non
riesca
neppure a incolpare Robin per la situazione: dopotutto, nessuno può
chiedere di
venire al mondo.
A
un certo punto, il cellulare di Nicholas vibra; dopo averlo afferrato e
aver
digitato un breve messaggio, lo rimette in tasca.
Domando
a Finnick se non gli dispiace dare un’occhiata a Robin mentre io e Judy
saremo
impegnati a discutere. Come è nel suo modo di fare, asserisce con un
grugnito.
Per quanto possa essere scontroso, so che Robin starà bene con lui. In
fondo,
mi ha preso con sé quando io ero solo un cucciolo che aveva visto il
suo sogno
andare in frantumi. Può sembrare un tipo rude, ma ha un cuore d’oro.
Non
provate a dirglielo apertamente, però. Vi strapperà via la faccia a
morsi.
Eccoci
qua, dunque. Una grande famiglia tutt’altro che felice sta per… beh,
non so
proprio cosa succederà. Andrò incontro all’ennesimo disastro? Riceverò
un altro
pugno in faccia? Oppure verrò arrestato per rapimento di minore e
aggressione?
Ora
è troppo tardi per tornare indietro. Nel bene e nel male, io e Judy
stiamo per
rientrare nelle rispettive vite.
Note
dell’autore: Con
questo siamo arrivati al quarto
capitolo!
Dopo
un iniziale – e più che comprensibile, vista la situazione! – momento
di
sbandamento dovuto alla sorpresa, Nick è riuscito a far girare gli
ingranaggi
nella sua testa e a ideare un modo per avere nuovamente un incontro con
Judy.
Come potete benissimo intuire, il confronto fra i due dopo ben quindici
anni
sarà inevitabile.
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
IV di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-4-Truth-Will-Out-682812749
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e
vi
auguro una buona lettura. A presto!
|
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Capitolo 5 *** Il seme della speranza ***
Capitolo
V
Il
seme della speranza
(dal
punto di vista di Judy)
Nicholas
aveva scoperto chi fosse sua nonna soltanto cinque anni fa.
All’inizio,
non ho avuto il coraggio di presentarmi da sola a casa sua. Pensavo che
Viola
mi avrebbe fatto capire che non sarei mai stata la benvenuta, dopo il
nostro
ultimo incontro seguito alla partenza di Nick. Ma quando sono andata a
trovarla
con Nicholas, nonostante non mi avesse offerto il più caloroso dei
benvenuti,
non fu così severa come avevo temuto. Sebbene fosse stata piuttosto
fredda con
me, fu molto dolce con Nicholas.
Non
le ho certamente proibito di dirlo a Nick, ma ha sempre detto che non
era
compito suo parlargli di nostro figlio. Tuttavia, non ha mai nascosto
la sua
insofferenza nei miei confronti. Ciò nonostante, mi diede il numero di
cellulare di Nick.
Ho
tenuto quel numero per anni, ma non l’ho mai chiamato. Ci sono andata
vicino,
ma la vergogna e la rabbia hanno sempre avuto la meglio e io…
Io
ero… ero troppo spaventata per affrontare quello che sarebbe potuto
accadere.
Sono
una codarda. La peggiore di tutte. Mi sono sentita esattamente come al
termine
di quella conferenza stampa, avvenuta diciotto anni fa.
Poi
avevo scoperto che Viola era malata di cancro. Lo stesso giorno in cui
l’ho
saputo, cercai di chiamare Nick. Aveva tutto il diritto di saperlo.
Viola
mi aveva fatto giurare che avrei mantenuto il segreto. Mi disse che, se
da un
lato spettava soltanto a me dirgli di nostro figlio, dall’altro era suo
diritto
decidere di rivelargli che stava morendo oppure no.
Fu
un fatto sconvolgente, soprattutto per Nicholas, quando Viola iniziò a
dimenticare le cose. Inizialmente furono dettagli in apparenza
insignificanti,
ma un paio di mesi fa, quando sono andata a prendere Nicholas, mi aveva
riconosciuta… e mi aveva trattata come se mi fossi presentata a lei per
la
prima volta. Come se nulla fosse successo. Ricordava che Nick se n’era
andato,
ma non ricordava più per quale ragione.
Un
mese fa, stentava a riconoscermi. Non aveva più idea di chi fosse
Nicholas, se
non che era il giovanotto che veniva a darle una mano nelle faccende di
casa.
Fa
male, ma credo che faccia più male a Nicholas: lei è l’unico legame che
ha con
suo padre. Non aveva semplicemente deciso quanto fosse forte quel
legame, e ora
lo stava vedendo scivolare via.
******
Judy
alzò lo sguardo sull’orologio alla parete. Segnava le 13 e 15. Non
aveva ancora
pranzato, eppure non sentiva i morsi della fame.
Ciò
nonostante, sentiva che doveva mettere qualcosa sotto i denti.
Quindi,
posò il rapporto che stava leggendo sulla sua scrivania, si alzò dalla
sedia e
si diresse verso la porta. Scese al piano terra e continuò a camminare
fino
alla mensa della centrale.
“Capitano.”
esclamò l’agente Higgins con un borbottio non appena la vide passare.
“Higgins.”
rispose Judy con un cenno del capo.
Fece
il suo ingresso in mensa. Diversi agenti erano intenti a consumare il
proprio
pasto. Ciascuno di essi le offrì un cenno del capo mentre Judy
proseguiva verso
il bancone. Mentre saliva sullo scaffale riservato ai mammiferi di
taglia
piccola, Judy diede un’occhiata al menù del giorno.
L’odore
proveniente dalla cucina era tutt’altro che invitante e Judy sentì il
suo
stomaco chiudersi.
Saltò
giù dallo scaffale e uscì dalla mensa. Si diresse verso il centralino e
lì vide
Clawhauser seduto dietro di esso.
******
Benjamin
Clawhauser è il centralinista del Distretto Uno, nonché il divulgatore
cronico
di qualunque pettegolezzo. Sapete, quando avevo scoperto le cose che
aveva
detto a Nick, mi arrabbiai con lui, ma non riuscii a esserlo a lungo,
perché
vedere Clawhauser arrabbiato è un evento talmente raro da essere quasi
scioccante. Mi disse alcune verità spiacevoli da sentire: se amavo
davvero
Nick, allora che motivo avevo avuto di procedere con l’intervento a sua
insaputa? Mi disse che mi considerava un’amica, ma che avevo deluso
profondamente lui e tutti gli altri agenti. Per due mesi si era
rifiutato di
rivolgermi la parola. Alla fine, Bogo lo costrinse a darci un taglio;
era una
cosa che non aveva mai fatto con lui prima di allora, perché preferiva
tenerlo
buono al centralino, e in seguito ci convinse a fare pace, se così si
può dire.
Dopodiché, avevo iniziato a mostrare i segni della gravidanza, e
Clawhauser fu
uno dei primi ad accorgersi della cosa. Potete dire tutto ciò che
volete su di
lui e sulla sua fisicità tonda e avvolgente, ma Clawhauser possiede un
senso
dell’olfatto eccezionale. Quando era vicino a me, riusciva a intuire
che il mio
odore era cambiato. Aveva avuto la conferma che avevo deciso di tenere
il
cucciolo. Mi chiese se Nick ne era a conoscenza e io gli risposi che
ormai lui
se n’era andato, anche se avevo provato a cercarlo. Lui accettò il
fatto
compiuto, anche se penso avesse capito che non avevo fatto tutto il
possibile
per rintracciarlo. Se non altro, avevamo ripreso a parlarci.
Ora
siamo di nuovo amici, ma non come dovremmo essere. Forse il fatto che
gli sia
superiore di grado ha come innalzato una barriera fra noi.
Perché
sembra che io abbia il potere di tenere lontani tutti quelli a cui
tengo?
Comunque,
avverto Clawhauser che sarei uscita fuori per un po’. Lui annuisce
allegramente
e mi ritrovo fuori dalla centrale, quando sento il telefono vibrare e
poi
squillare sulle note di ‘Hope is Eternal’, l’ultimo singolo di Gazelle.
Lo tiro
fuori e lancio un’occhiata allo schermo.
Contatto
sconosciuto.
Esito
a rispondere, non solo perché Mr. Big, prima della sua morte avvenuta
quattro
anni fa, era solito usare questo metodo per chiamare. Non mi aveva mai
chiesto
dei favori – secondo il suo codice d’onore era in debito con me per
aver
salvato la vita a sua figlia Fru-Fru diciotto anni fa – ma avevo sempre
il
timore di sentire la sua voce, anche perché questo avrebbe messo a
rischio la
mia carriera – se quelli dell’Ufficio Affari Interni lo avessero
scoperto,
sarei stata come minimo licenziata, se non addirittura finita in
prigione.
In
ogni caso, decido di rispondere.
******
“Hopps.”
disse al telefono.
“Dobbiamo
parlare.” esclamò una voce maschile dall’altro capo della linea
telefonica,
“Sarò nell’ultimo posto in cui ci siamo parlati quindici anni fa.
Per favore,
in nome di tutto ciò che amiamo, non rendere le cose più complicate di
quanto
già non lo siano.”
“Ma
chi parla?” domandò Judy.
“La
mia voce non dev’essere cambiata così tanto, non credi?” fu la
risposta, “Così
mi ferisci, carotina. Sarò lì tra venti minuti.”
Judy
scoprì l’identità del suo interlocutore non appena il suo vecchio
soprannome
era spuntato fuori durante la conversazione.
“…
Nick?” esclamò.
“Tra
venti minuti, carotina. Porterò anche Nicholas con me.”
La
conversazione ebbe fine in quel momento e Judy rimase a fissare il suo
telefono.
******
Lo
sa. Per l’amor di Dio, sa tutto.
Che
cosa faccio? Non sembra che Nick stia minacciando Nicholas, ma sono
comunque
sua madre e sono preoccupata per lui. Cosa potrebbe fargli Nick? Cosa
poteva dirgli?
Mando
un messaggio a Nicholas e gli chiedo se sta bene e se è ferito. Dopo
pochi
minuti, ricevo la risposta.
‘Tranquilla,
sto bene. Non sono tenuto in ostaggio.’
Questo
non mi rasserena affatto. Al contrario, mi sento investita da una forte
tensione.
Cosa mai potrebbe dire Nick a Nicholas mentre lo sta portando nel mio
appartamento?
Provo
a richiamare Nick, ma parte la segreteria telefonica. Deve aver spento
il
cellulare.
Torno
dentro a dico a Clawhauser che sarei andata a casa per il pranzo e che
lo avrei
contattato nel caso avessi avuto bisogno di assistenza. Non che stia
pensando
che le cose sarebbero andate male come l’ultima volta.
Clawhauser
sembra preoccupato. Potrebbe aver ipotizzato che sono un po’ sotto
stress per
via del mio odore. Gli dico che è tutto a posto, ma non credo che
l’avrebbe
bevuta. Tuttavia, decide di non indagare oltre.
Salgo
in macchina e torno a casa.
Casa
mia si trova a tre isolati di distanza dalla centrale, al primo piano
di un
complesso residenziale. Vivo lì da sedici anni. Nick e io l’avevamo
acquistata
insieme. Io avevo scelto le decorazioni della camera da letto
principale e del
bagno, mentre lui quelle del soggiorno e della cucina; di conseguenza,
quelle
stanze hanno una carta da parati di un verde sgargiante, nello stesso
stile
delle camicie pawaiane che lui era solito indossare.
******
Judy
guardò fuori dalla finestra del suo appartamento mentre un furgone
dall’aspetto
familiare parcheggiava a lato della strada. Avrebbe riconosciuto
ovunque quel
mezzo grazie all’inconfondibile motivo sulla carrozzeria: quel furgone
apparteneva a Finnick, il fennec amico di vecchia data di Nick.
La
portiera posteriore si aprì e Judy poté vedere Nicholas uscire. Quindi
si aprì
anche la portiera laterale e vide uscire una volpe in completo nero e
con la
pelliccia nera. Essa si girò in direzione del furgone e disse qualcosa
al
conducente, dopodiché chiuse la portiera e il furgone poté ripartire.
******
Nick
aveva un aspetto diverso. Desiderava davvero non essere trovato? Oppure
si
trattava di un effetto della sua nuova identità? Quella pelliccia nera…
lo
preferivo con il suo rosso naturale.
Mentre
vedo Nicholas entrare nello stabile, Nick si ferma per un momento e
volge lo
sguardo dritto verso la finestra.
Quello
sguardo è diretto a me.
Avverto
un peso insopportabile allo stomaco. Ho paura di quello che succederà
dopo. Mi
urlerà contro? Mi insulterà in qualche altro modo?
Non
credo che questo possa accadere. Se lo avesse voluto, avrebbe rapito
Nicholas e
costretto me a un confronto con lui.
Che
significa? A che gioco sta giocando?
Nick
distoglie lo sguardo dalla finestra ed entra nell’edificio. Sento
aprirsi la
porta dell’appartamento mentre Nicholas entra in casa. Gli vado
incontro:
sembra stia bene, ma scorgo uno strano sguardo nei suoi occhi.
Lo
abbraccio forte. Lo sento irrigidirsi fra le mie braccia, come se
quelle
attenzioni non fossero desiderate. Probabilmente è così, ma non
m’interessa: lo
abbraccio ugualmente.
Poi
anche Nick entra in casa.
Sembra…
un pezzo grosso. Il completo che indossa pare nuovo e di ottima
fattura. I suoi
occhi sono nascosti da un paio di occhiali da sole. Ha sempre avuto
l’abitudine
di non far mai sapere agli altri cosa stesse pensando. All’improvviso,
torno
indietro col pensiero a quell’evento avvenuto proprio qui, quindici
anni fa.
Forse un po’ prima di allora, prima che fosse scoppiato tutto questo
pandemonio.
Non
sembra arrabbiato. Semmai, sembra un po’ giù di morale. Questo riesce
ad
allontanare la rabbia che ho nutrito per lui in questi anni per aver
lasciato
che si allontanasse da me.
Forse
non sono mai riuscita ad essere davvero arrabbiata con lui, dopo tutto.
Ha
appena appreso che sta per perdere sua madre per colpa di una malattia
incurabile e, allo stesso tempo, ha scoperto che non ho abortito e che
di
conseguenza ha un figlio di cui ha ignorato l’esistenza per ben
quindici anni.
Però,
in certi casi, è proprio la tempesta che non riesci a vedere a
infliggerti il
colpo più doloroso. Ed è proprio di questo che ho paura.
******
Judy
si staccò da Nicholas, che sembrava essere stato colpito da qualcuno
piuttosto
che abbracciato amorevolmente da sua madre.
“Hai
deciso di non cambiare le decorazioni, a quanto vedo.” commentò Nick
osservando
la carta da parati con il motivo a foglia tropicale.
“Mi
piaceva così.” rispose Judy, “Mi ricordava di…” non riuscì a completare
la
frase e anche Nick non proferì parola. La sua faccia mantenne
un’espressione
neutra, mentre volgeva lo sguardo verso la cucina e si soffermava su un
bicchiere della credenza.
“Non
hai cambiato neppure le stoviglie.” disse Nick mentre prendeva il
bicchiere
dalla credenza posta sopra il lavandino e lo riempiva d’acqua. Si
avvicinò a
Judy e glielo porse. La coniglia fissò la zampa di Nick per un istante
prima di
prendere il bicchiere.
“Grazie.”
sussurrò Judy. Nick la guardò dall’alto attraverso le lenti dei suoi
occhiali
da sole.
“Siediti
accanto a me.” disse Nick non appena si fu seduto sul divano. Si sporse
in
avanti con i gomiti piantati sulle ginocchia con fare pensieroso,
mentre Judy
si sedette anch’essa sul divano a una certa distanza da lui.
Entrambi
aprirono la bocca per dire qualcosa.
Nicholas
era rimasto a guardarli in silenzio, poi emise un lamento di scherno e
filò
dritto nella sua stanza. Judy fece per seguirlo, ma Nick le bloccò il
polso per
fermarla. Judy si girò verso di lui nel tentativo di fargli capire che
avrebbe
dovuto lasciare la presa, ma vide che Nick stava scuotendo la testa.
“Lascialo
stare.” le disse. Nick mollò la presa sul polso di Judy e lei tornò a
sedersi.
“Che
cosa gli hai detto?” domandò Judy mentre tentava di mantenere un tono
della
voce che sembrasse amaro.
“Gli
ho fatto una semplice richiesta.” rispose Nick, “Di rimanere qui a
sentirci.
Immagino che alla fine abbia preferito non volerci ascoltare.”
Fra
i due s’innalzò un muro di silenzio.
******
Desiderava
parlare… ma eravamo entrambi senza parole. E non si era ancora tolto
gli
occhiali.
Che
cosa gli dico?
Dovrei
dirgli che mi dispiace? È così. Ho commesso alcune stupidaggini quando
ero più
giovane. Non rimpiango affatto di aver avuto Nicholas, ma avrei dovuto
prima
andare da Nick. Ero più giovane ed ero in preda al panico. Nick non è
stato
d’aiuto, questo è sicuro, ma…
Riesco
a sentire una grande tristezza salirmi fin dallo stomaco, mentre crollo
in
preda alla rabbia e all’amarezza.
Prima
che potessi accorgermene, le lacrime cominciano a scendere dagli occhi
e tutto
viene a galla.
******
Judy
iniziò a singhiozzare. Nick fu colto di sorpresa e all’inizio non
sapeva cosa
fare, ma alla fine si protese in avanti e le mise una zampa sulla
schiena.
“Su…”
disse Nick con gentilezza, “Ero venuto preparato per… non so per cosa,
a essere
onesti, ma non per questo.”
“Mi…
dispiace…” disse Judy in lacrime.
Gli
occhi di Nick si spalancarono dietro gli occhiali da sole, anche se
Judy poté
notare soltanto il leggero inarcamento delle sopracciglia.
“Mi
dispiace di non essere venuta da te prima… mi
dispiace di non essere stata coraggiosa come avrei dovuto essere… mi
dispiace
per averti fatto credere che la mia carriera veniva prima di quello che
provavi
per me… mi dispiace per averti colpito… mi dispiace di averti cacciato
via… mi
dispiace di non averti trovato per dirti la verità… e…
mi dispiace di non aver neppure provato a risistemare le cose fra noi…”
“Beh,
non sono venuto qui aspettandomi che ti scusassi.” esclamò Nick mentre
aggrottava le sopracciglia dietro gli occhiali.
“È
stato…” iniziò Judy, “… forse è stato in fondo alla mia mente per tutti
questi
anni. C’è questa voce dentro di me che mi suggerisce che dovrei essere
arrabbiata con te… ma anche tu dovresti avercela con me. Hai
tutto il diritto di odiarmi per quello che ti ho fatto.” ammise Judy
mentre
tentava di asciugarsi gli occhi, “E hai tutte le ragioni di rigettarmi
le mie
scuse in faccia.”
“Ecco,
qui ti sbagli.” ribadì Nick.
Nel
sentire quelle parole, Judy trattenne il respiro e guardò Nick.
Gli
occhi di Judy gli scrutarono il viso in cerca di qualcosa. Nick restava
imperscrutabile come sempre con indosso quegli occhiali.
“Sai,
dopo tutto questo tempo, non riesco proprio a odiarti.” disse Nick,
“Credevo di
poterlo fare, e pensavo di esserci riuscito, ma dopo aver visto quel
giovane
mammifero… Nicholas… e dopo averti visto in questo stato… non lo so… la
mia
rabbia è come svanita. La cosa divertente è… che sembra sia già
successo
diciotto anni fa.”
Nick
si scrollò le spalle.
“Forse
sono un po’ troppo sensibile alle lacrime di coniglio.” Nick tentò di
fare una
battuta, meritandosi un singhiozzo soffocato da parte di Judy. Lei
sapeva che
Nick si stava riferendo a quella volta sotto il ponte, quando lei si
era
avvicinata a lui per porre rimedio alle incomprensioni che si erano
frapposte
fra loro dopo quella disastrosa conferenza stampa in cui Judy aveva
involontariamente etichettato tutti i predatori della città come
potenziali
belve feroci.
“Tu…
ti sei fatto una famiglia?” domandò Judy.
Nick
riprese a guardarla in faccia, mentre i suoi occhi dietro gli occhiali
da sole
restavano fissi su quelli di lei.
“Sì.”
ammise Nick, “Dal momento che dovremo essere onesti fra noi… è così.”
Judy
rimase silenziosa per un istante, mentre una lacrima le solcava
silenziosa il
viso.
******
Non
avevo neppure considerato il fatto che Nick fosse stato capace di
andare avanti
con la sua vita. Ma come avrei potuto aspettarmi il contrario, quando
io stessa
avevo provato a fare lo stesso? Come posso avercela con lui? È come se
la
rabbia che provavo si fosse disciolta nella disperazione. O forse mi
ero
semplicemente convinta che quella che provavo fosse rabbia.
Sono
davvero una coniglia ottusa.
Per
quanto desideri fermare le lacrime, non ci riesco. Continuano a
scendere.
Sono
una coniglia stupida ed emotiva.
******
Nick
sospirava con aria pesante.
“Per
molto tempo, ho brancolato nel buio dopo che me ne sono andato. Poi un
giorno,
ho conosciuto questa volpe. Anabel… è stata fantastica. Mi ha reso
nuovamente
felice in un modo che non provavo da molto tempo. Non ti mentirò: l’ho
amata.
L’ho amata così intensamente perché non avrei mai pensato che sarei
tornato ad
amare di nuovo, dopo di te.”
Nick
abbassò la testa.
“Non
è durato a lungo.” ammise con una risatina che sembrava più un
singhiozzo
soffocato, “Come può durare a lungo un rapporto in cui sono coinvolto
io?”
“Che
cosa è successo?” domandò Judy.
“È
morta.” rispose Nick, “L’anno scorso. Un vecchio montone l’ha investita
con la
macchina mentre stava attraversando la strada. Non l’ha neppure visto
arrivare.”
“Oh…
Oh, Nick… mi dispiace tanto.” disse Judy mentre altre lacrime le
solcavano il
volto.
“Abbiamo
un figlio.” riprese Nick, “Si chiama Robin. Non l’ho portato con me,
nel caso
in cui le cose fossero andate per il peggio. Fin gli sta dando
un’occhiata. Se
lo conosco bene, allora è probabile che lo stia iniziando alla sua
prima truffa
dei ghiaccioli.” scherzò Nick nel tentativo di alleggerire un po’
l’atmosfera,
“Vorrei che tu lo incontrassi. Per quello che vale, non ho mai
scaricato su di
lui i problemi che ho avuto con te. Sa che sono nato qui a Zootropolis
e che ho
amato qualcun’altra prima di sua madre, ma è soltanto un cucciolo.
Immagino che
sia lo stesso motivo per cui non hai detto a Nicholas perché me ne sono
andato.”
Nick
lasciò cadere le braccia fra le sue ginocchia con un singhiozzo.
“Ho
tracciato questo discorso di fantasia in maniera ben delineata nella
mia testa.
‘Una bugia mascherata a fin di bene è pur sempre una bugia.’ e tutto il
resto.”
continuò Nick, “Ma ho avuto il tempo di rifletterci sopra lungo la
strada fino
a qui, e mi sono reso conto che non è la strategia migliore; non è
qualcosa che
Robin o Nicholas devono sapere adesso. La verità farebbe loro soltanto
del
male.”
Judy
fissava le sue zampe a terra.
“Torniamo
a quello che hai fatto… il modo in cui hai agito alle mie spalle.”
disse Nick,
“Ero arrabbiato con te quando ci siamo confrontati. Anzi, ero
furibondo. Avrei
dovuto almeno tentare di capire la tua situazione. Un caso di
ibridazione come
nostro figlio… non è certo qualcosa che capita tutti i giorni e non so
neppure
quanti incroci volpe-coniglio esistano al mondo. Avrei dovuto intuire
quanto
fossi spaventata.”
Judy
continuava a guardare Nick.
******
Non
mi aspettavo di sentire quelle parole da Nick. Eppure ha ragione.
Quando
appresi la notizia che ero incinta di Nicholas, andai innanzitutto dal
mio
dottore. Superammo le domande e le prove del caso, ma quando gli dissi
che il
mio compagno era una volpe e che Nick fosse l’unico mammifero con cui
sia mai
andata a letto… beh, inizialmente il medico aveva riso, pensando che
stessi
scherzando. Non era concepibile che una volpe potesse mai ingravidare
una
coniglia. Non era possibile. Almeno, era questo ciò che pensavamo
entrambi.
Ma
aveva comunque prelevato dei campioni da analizzare, per meglio
mettermi a mio
agio.
Durante
la seconda visita non aveva riso. Non riusciva a spiegare come fosse
successo,
e neppure ad abbozzare una teoria, eppure era un dato di fatto: ero
incinta di
una volpe. In più, ero incinta di due mesi e mezzo. Il normale periodo
di
gestazione di una coniglia è di cinque mesi. Le volpi, invece, hanno un
periodo
di gestazione che è quasi il doppio; pertanto, ho tenuto Nicholas in
grembo per
sette mesi.
La
mia immaginazione iniziò a galoppare dopo aver udito la conferma del
medico,
nonostante i suoi tentativi di calmarmi. Avevo paura di far nascere una
specie
di mostruosità, o che il cucciolo sarebbe nato morto, o che mi avrebbe
uccisa
durante il parto. Il dottore aveva fatto del suo meglio per
rassicurarmi che
niente di tutto quello che temevo si sarebbe verificato, ma io ero un
caso
unico. Nessuna coniglia si era mai fatta ingravidare da una volpe prima
di
allora, perciò non c’era modo di sapere cosa sarebbe successo.
Di
certo sarebbe capitato un evento unico nel suo genere.
Mesi
dopo, capii che il mio non era l’unico caso in città. Molti ibridi
erano
rimasti nascosti durante il caso degli Ululatori Notturni, e in più non
si
trattava di ibridi di ‘ovvia’ natura. Fu in qualche modo… rassicurante
per me
sapere di non essere la sola. Per esempio, durante le mie indagini,
appresi
dell’esistenza di un ibrido lepre-lupo, i cui genitori erano rimasti
uccisi
durante i tumulti scoppiati a Zootropolis in seguito al caso degli
Ululatori
Notturni. Non c’era quasi alcun articolo o saggio che trattasse il tema
degli
ibridi, a parte alcuni documenti scientifici molto rari che, in tutta
onestà,
ho trovato così poco credibili che avrebbero potuto avere un qualche
valore
solo nel caso dell’Echidna della mitologia classica.
******
“Sai,
persino nelle volte in cui non avrei voluto, ho pensato a quel giorno
per molto
tempo.” confessò Nick, distogliendo Judy dai suoi pensieri, “Qualcosa
si era
come spezzato fra noi e le cose non sarebbero dovute precipitare fino a
questo
punto. Forse è davvero troppo tardi per rimettere tutto a posto.”
“No.”
esclamò Judy scuotendo la testa.
“Anche
se ci comportassimo in maniera civile, anche se tornassimo a essere
amici,
anche se la cura dovesse essere lenta e lunga, le cose tra noi non
torneranno
mai più com’erano prima.” disse Nick, “Però posso provare a rendere le
cose fra
noi un po’ meno complicate.”
Judy
continuò a guardarlo in faccia.
“Ti
devo anche delle scuse, eccome se te le devo.” confidò Nick, “Non avrei
mai
dovuto darti della bugiarda o dell’assassina di cuccioli. Non avrei
dovuto mai
accusarti di pensare soltanto alla tua carriera. Non avrei mai dovuto
dirti che
avrei voluto non averti mai incontrato. Non avrei mai dovuto dirti che
per me
eri come morta.”
Nick
digrignò i denti. Si tolse gli occhiali da sole e li posò sul tavolo,
consentendo così a Judy di tornare a vedere i suoi occhi verdi per la
prima
volta dopo quindici anni. Lei riconobbe in quegli occhi il dolore e il
rimpianto: il suo sguardo era uguale a quello che lei stessa aveva ogni
volta
che si guardava allo specchio.
“Una
parte di me stesso tiene ancora molto a te dopo tutti questi anni,
Judy.” disse
Nick, “Immagino che sia la stessa parte che avevo scambiato per odio.
Desidero
davvero che fra noi le cose tornino ad andare per il verso giusto, ma
so che
non è così. Ci sarà da lavorarci sopra.”
Judy
si asciugò la lacrima.
“Possiamo
ritornare a essere amici, almeno?” domandò la coniglia.
Nick
sbuffò attraverso il naso.
“Sai
una cosa?” disse, “Tu sei alle prese con un figlio ribelle e io con una
madre
in punto di morte… penso che abbiamo entrambi bisogno di un amico, in
questo
momento.”
******
Se
non altro, è un inizio. Penso che possiamo lavorarci sopra. Che Nick
possa
approfondire la sua conoscenza con Nicholas. Non mi aspetto certo di
rimettermi
insieme a Nick. Questo è fuori discussione, è caduta troppa acqua sotto
i punti
perché possa accadere, ma penso di poter relazionarmi meglio con Nick
come
amico piuttosto che come qualcuno che mi odia.
Sento
Nicholas che apre la porta. È immobile sulla soglia e sta facendo
qualcosa che
non faceva da tanto tempo, da quando era ancora un cucciolo.
Sta
piangendo.
Ma
i suoi occhi… sono ricolmi di rabbia. Non l’ho mai visto così
arrabbiato.
Oddio…
ci ha sentiti? Ha sentito quello che ha detto Nick?
Prima
che io possa alzarmi per andare a consolarlo, corre verso la porta
d’ingresso,
la apre e scappa via. Questa volta Nick non mi impedisce di seguirlo,
ma prima
ancora che potessi scendere giù per le scale, Nicholas se n’era già
andato.
Note
dell’autore: Ed
eccoci arrivati al quinto capitolo!
Si
dice che il tempo sia in grado di curare qualsiasi ferita; dopo
quindici anni
di lontananza, Nick e Judy sono riusciti ad andare oltre il rancore e
la
tristezza, ponendo le prime basi per la ricostruzione di un rapporto
che
sembrava perduto per sempre. Peccato che Nicholas non abbia saputo
resistere
alla tentazione di ascoltare ciò che i suoi genitori si sono detti. Vi
anticipo
che il prossimo capitolo sarà interamente dedicato a lui.
Per
finire, una doverosa precisazione. Come sapete, nei mammiferi la durata
della
gestazione varia a seconda della specie. Per esempio, nei conigli dura
circa un
mese; nelle volpi, invece, la gravidanza dura poco meno di due mesi.
Dal
momento che il mondo di Zootropolis è popolato da animali
antropomorfi,
l’autore della storia originale ha voluto allungare i tempi della
gravidanza di
Judy per avvicinarla il più possibile agli standard umani. Questo
spiega perché
la nostra coniglietta ha tenuto in grembo Nicholas per sette mesi.
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
V di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/art/Survival-5-Hope-Is-Eternal-683186843
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e
vi
auguro una buona lettura. A presto!
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Capitolo 6 *** Wilde e figlio ***
Capitolo
VI
Wilde
e figlio
(dal
punto di vista di Nicholas)
Nicholas
aveva potuto sentire ciò che Nick e Judy si erano detti perché era
rimasto
dietro la porta, che era socchiusa quel tanto che bastava perché i
suoni
provenienti dal divano di fronte alla porta della cucina potessero
raggiungere
la sua stanza. Aveva ascoltato la conversazione dopo aver sentito sua
madre,
che non aveva visto piangere da molto tempo, scoppiare in lacrime.
All’inizio,
Nicholas pensava che era successo per qualcosa che Nick le aveva detto,
ed era
più che pronto ad aprire la porta e dargli una dose della sua stessa
medicina.
Poi
aveva sentito le scuse che Judy aveva fatto a Nick:
“Mi
dispiace di non essere venuta da te prima… mi dispiace di non essere
stata
coraggiosa come avrei dovuto essere… mi dispiace per averti fatto
credere che
la mia carriera veniva prima di quello che provavi per me… mi dispiace
per
averti colpito… mi dispiace di averti cacciato via… mi dispiace di non
averti
trovato per dirti la verità… Hai tutto il diritto di odiarmi per quello
che ti
ho fatto.”
Perché
sua madre si stava scusando? Con lui fra tutti i mammiferi? Nicholas
credeva
ancora che fosse stato Nick ad andarsene all’insaputa di sua madre.
Anche se
immaginava che lei non lo capisse come avrebbe dovuto, Nicholas era
convinto
che lei non aveva alcuna ragione per sentirsi in colpa per quanto fosse
successo. Perciò, il giovane ibrido avvicinò l’orecchio alla fessura
della
porta. Poté sentire molte parole che per lui risultarono quasi prive di
significato.
Finché
non sentì Nick scusarsi con Judy.
“Non
avrei mai dovuto darti della bugiarda o dell’assassina di cuccioli. Non
avrei
dovuto mai accusarti di pensare soltanto alla tua carriera. Non avrei
mai
dovuto dirti che avrei voluto non averti mai incontrato. Non avrei mai
dovuto
dirti che per me eri come morta.”
Assassina
di cuccioli.
Nicholas
sentì riecheggiare quelle parole nella sua mente. Tanti altri ricordi
tornarono
a galla.
Non
saresti mai dovuto venire al mondo.
Scherzo
della natura.
Le
connessioni mentali presero forma così facilmente e così rapidamente
che
all’inizio Nicholas non riusciva a capire che cosa potessero
significare.
Poi
le parole assunsero il loro significato e la mente di Nicholas giunse
alla
seguente conclusione:
Mia
madre non voleva farmi nascere.
Nicholas
aveva finalmente compreso il tutto. Con quella consapevolezza, provò un
turbinio di emozioni differenti.
Rabbia.
Tradimento. Disgusto. Dolore. Indifferenza.
******
So
di essere… unico nel mio genere. Mi aveva già fatto sentire solo. Ho
sempre
pensato che mia madre non mi avesse mai capito.
Ora
capisco il perché.
Mia
madre voleva uccidermi prima che io potessi nascere.
Mio
padre se n’era andato perché lei aveva provato a nascondergli la
verità, ma
questo non giustifica affatto la sua fuga, il suo rifiuto a vivere
nello stesso
stato, figuriamoci nella stessa città, insieme a colei che
all’apparenza gli
aveva spezzato il cuore. Per questa ragione, lui non sapeva neppure che
io
esistessi.
Mia
madre è una bugiarda, e mio padre un codardo.
La
mia mente galoppa all’impazzata. Sento dapprima il sangue scorrermi
freddo
nelle vene, poi lo sento caldo. Il solo pensare mi rende arrabbiato e
amareggiato. Sento lacrime di rabbia cadermi sul viso mentre apro la
porta.
Entrambi mi fissano come se fossero sorpresi del fatto che li avessi
sentiti.
Corro
verso la porta d’ingresso e la spalanco. Non ho idea di dove stia
andando, e la
cosa non m’interessa affatto. Tutto quello che desidero è fuggire
lontano da
loro.
******
Nicholas
corse giù per le scale del condominio fino al piano terra. Poteva
sentire Judy
gridargli in lacrime di tornare indietro, ma decise di ignorarla. Dopo
aver
aperto il portone principale ed essere uscito, attraversò la strada di
corsa.
Le macchine inchiodarono bruscamente mentre Nicholas tagliava loro la
strada.
Almeno un paio di conducenti uscirono dai rispettivi mezzi per dirgli
qualcosa
di poco garbato, ma li sentì a malapena. Non prestò alcuna attenzione a
ciò che
lo circondava, poiché la sua sola preoccupazione era continuare a
correre.
Alla
fine, le sue gambe cominciarono a cedere per la stanchezza e si vide
costretto
a rallentare la sua corsa.
******
Penso
di essere da qualche parte nel Distretto di Savanna Central, a
sud-ovest del
centro cittadino. Questa zona è una discarica a cielo aperto. C’è un
negozio
abbandonato a lato della strada. L’insegna è ormai sbiadita, la vernice
si sta
staccando e tutto quello che riesco a leggere è ‘e figlio – Abiti per
tutti’.
Le finestre sono sbarrate, perciò non riesco a vedere l’interno, ma la
serratura
della porta sembra essersi arrugginita.
È
abbastanza facile entrare là dentro e sono sicuro che nessuno verrebbe
a
cercarmi qui. Mentre apro la porta, sento suonare il campanello sopra
di essa.
A
giudicare dall’interno, sembrerebbe una specie di negozio di sartoria.
Ci sono
manichini di tutte le taglie, anche se gli abiti su di essi sono
impolverati e
divorati dalle tarme. Ci sono ragnatele ovunque.
Sento
la rabbia ribollirmi dentro. Vedo un manichino dalle dimensioni di una
volpe e
lo faccio oscillare fino a farlo cadere a terra. Poi ne vedo un altro
delle
dimensioni di un coniglio. Gli assesto un calcio e lo butto sul
pavimento
accanto all’altro.
Sto
tremando. Le lacrime mi scendono dagli occhi. Nonostante quello che ho
fatto,
non mi sento affatto meglio.
Il
codardo.
La
bugiarda.
Li
odio! Li odio entrambi!
Qualcosa
cade dal bancone e finisce proprio in mezzo ai manichini. È un
volantino
pubblicitario. Il mio sguardo cade su di esso: è pieno di macchie di
umidità,
ma riesco ancora a leggere il testo.
‘Suit-topia
di Wilde e figlio: vestiti per tutti i mammiferi e per tutte le
occasioni.’
Prendo
il volantino e alzo gli occhi in alto.
Wilde
e figlio.
Sento
lo stomaco chiudersi e strappo il volantino in due.
Mi
fa male il petto. Sento che il mio cuore è sul punto di scoppiare,
mentre
sembra che i miei polmoni stiano andando a fuoco. Crollo sulle
ginocchia.
Il
mio orecchio si contrae mentre sente il suono di una radio della
polizia
all’esterno.
******
“Qui
è l’agente Delgato in Jackalberry Avenue. Ho ricevuto la segnalazione
di un
furto presso la sede di un negozio di sartoria in rovina.” disse
Delgato rivolto
alla radio trasmittente, “Il sospetto è descritto come una lepre dalle
orecchie
corte e dalla pelliccia marrone chiaro.”
“10-4.”
replicò Clawhauser.
Delgato
rimise il dispositivo nella cintura e si avvicinò alla porta. Riuscì ad
aprirla
senza fatica e vide Nicholas accovacciato sul pavimento.
“Oh,
sei tu.” si lamentò l’agente, “Tua madre non sarà così benevola questa
volta.”
“Vattene.”
esclamò Nicholas.
“Non
posso farlo.” replicò Delgato, “Devo portarti dentro. La violazione di
domicilio è un crimine. Finora te la sei cavata con poco perché
tecnicamente
non avevi ancora infranto la legge, ma…”
“Ti
ho detto VATTENE!” gridò Nicholas.
“D’accordo,
ora basta.” esclamò l’agente Delgato mentre metteva mano alla sua
cintura.
Nicholas scattò in piedi come se volesse combattere contro il leone che
aveva
di fronte. Delgato inarcò un sopracciglio incuriosito.
Dall’esterno
si poté udire lo stridio degli pneumatici sull’asfalto. Delgato emise
un
ringhio visibilmente seccato. La porta del negozio si aprì dopo poco
tempo e il
campanello suonò non appena una volpe dalla pelliccia nera fece il suo
ingresso.
“Spero
che non ci sia alcun problema qui, agente.”
******
Sento
le mie orecchie drizzarsi, così come la mia pelliccia.
È
lui.
Mi
alzo e mi avvento su di lui con i pugni ben stretti per poterlo colpire.
Il
poliziotto, che chiaramente non se l’aspettava, mi afferra per la
collottola.
Mi dice di non fare l’idiota, perché avrebbe preferito non aggiungere
aggressione e percosse all’elenco dei capi d’imputazione. Cerco di
divincolarmi
dalla sua morsa, ma è del tutto inutile, così smetto di opporre
resistenza e il
poliziotto mi lascia cadere a terra e si gira verso l’intruso.
******
“Mi
scusi, signore, ma questi sono compiti della polizia.” disse Delgato,
del tutto
ignaro del fatto che si stava rivolgendo a Nick.
“Certo,
è così.” replicò la volpe, “So bene che lei sta solo facendo il suo
dovere e
tutto il resto, ma se ben ricordo, violazione di domicilio significa
entrare in
una proprietà privata senza il permesso del proprietario.”
“Lei
sarebbe il proprietario?” domandò Delgato con una punta di sarcasmo
nel
tono della sua voce. Nick si limitò a rispondere con una risatina.
“Sei
peggio del tuo capo.” esclamò, “Avresti fallito in una simulazione. La
mia
pelliccia tinta di nero è un travestimento così efficace? Sul serio?
D’accordo,
ti renderò le cose un po’ più semplici. Sai chi è il proprietario
legalmente
registrato di questo edificio?”
“Posso
accedere a quei registri.” disse Delgato, “Giù alla centrale. Ora la
invito
gentilmente a uscire di qui e a lasciarmi fare il mio lavoro, prima di
arrestare anche lei.”
“Questo
è certo, ma prima permettimi di risparmiarti la fatica di dover
compilare i
moduli per il rilascio sia per lui che per me.” disse Nick, “Questo
posto era
di proprietà di Johnathan Wilde, diversi anni fa. Dovrebbe essere
accaduto
circa quarantacinque anni fa, fino a quando decise di fuggire, senza
lasciare
nulla a sua moglie e a suo figlio. Non è durato a lungo da solo, perché
è stato
ucciso. Si è scoperto che aveva contratto enormi debiti e che il suo
creditore
aveva esaurito la pazienza. Non ha mai voluto modificare il suo
testamento, nel
quale cedeva la proprietà a suo figlio, il quale non la desiderava
neppure e
non voleva averci nulla a che fare. Naturalmente, il creditore era agli
ordini
di un certo boss della malavita nel Distretto di Tundratown, ma questa
è tutta
un’altra storia. Fino a oggi, questo negozio appartiene a lui. Il che
significa
che questa proprietà appartiene a me.”
Delgato
impiegò pochi istanti per capire cosa Nick avesse voluto dire.
“…
Wilde?” esclamò stupefatto.
“Il
solo e unico.” disse Nick, “L’unica differenza è che il cognome ora è
‘Hood’,
non ‘Wilde’.”
“Nick
Wilde… Brutto figlio di una…” esclamò Delgato scuotendo la testa e
stentando
ancora a crederci. Prese la radio trasmittente dalla sua cintura.
“Centrale,
potete cercare l’indirizzo e risalire al legittimo proprietario?”
domandò
l’agente.
“Certo.”
fu la risposta, “Questa è la posizione in cui ti trovi ora?”
“Confermo.”
disse Delgato, “421 di Jackalberry Avenue.”
Ci
fu una lunga pausa. Durante quel lasso di tempo, Nicholas non staccò
gli occhi
da Nick.
“Qui
Centrale all’agente Delgato, abbiamo le informazioni richieste.”
disse
Clawhauser.
“Allora?”
“Beh,
per tutte le ciambelle alla crema… questo posto è di proprietà di
Nicholas Piberius
Wilde.” confermò Clawhauser, “Guarda un po’ che coincidenza!”
“10-4.”
rispose Delgato prima di rivolgere la sua attenzione a Nick, “Bene,
questo
cambia un po’ le cose. Desideri sporgere denuncia?”
“…
Ciò implicherebbe il fatto che non gli ho mai dato il permesso di
essere qui.”
affermò Nick, “E sicuramente saresti consapevole di chi avrei
denunciato se lo
facessi, vero?”
Delgato
sbuffò seccato.
“Beh,
immagino che dovrò andare a compilare i documenti, allora.” disse
l’agente dopo
essere uscito dall’edificio.
“So
che lo farai.” esclamò Nick, mentre osservava Delgato rimettersi alla
guida
della sua volante.
“Delgato
a centrale, 10-40 sull’irruzione. Sto tornando alla base.”
“10-4.
Datti una mossa!” fu la risposta.
Una
volta che l’agente Delgato se ne fu andato, Nick tornò da Nicholas.
“Quello
lì è tutto muscoli e niente cervello.” esclamò Nick ridacchiando e
scuotendo la
testa. Tuttavia, non poté riprendere il discorso, poiché Nicholas
riuscì nel
suo precedente intento e sferrò un pugno dritto sulla guancia di Nick.
Quest’ultimo cadde rovinosamente a terra.
“Okay,
me lo sono meritato.” commentò Nick massaggiandosi la guancia.
“…
come mi hai trovato?” domandò Nicholas guardando Nick dall’alto in
basso.
“Grazie
allo scanner della polizia.” rispose Nick andando dritto al sodo mentre
si
rimetteva in piedi, “Il mio vecchio amico Finnick – il fennec che ci ha
dato
uno strappo fino a casa di tua madre – ne ha uno. Lui e io lo usavamo
per
tirarci fuori dai guai nei giorni in cui ero un volgare truffatore di
strada.
Ha anche un disturbatore di frequenze incorporato, anche se non sono
sicuro che
funzioni ancora.”
Nick
si era rimesso in piedi e si scrollò un po’ di polvere di dosso.
“Senti,
figliolo.” disse, “Capisco come tu debba sentirti.”
“No,
non è vero!” protestò Nicholas, “Mia madre mi dice la stessa cosa!
Nessuno lo
sa, perché nessuno è come me!”
“Esattamente.”
ribadì Nick facendo un passo avanti, “Sei unico. Speciale. Un miracolo,
se mai
ci avessi creduto. Questo non significa che io non sappia come ti senti
perché
non sai quale sia il tuo posto nel mondo.”
“Io…”
Nicholas si preparò a controbattere, ma si fermò quando aveva compreso
esattamente quello che Nick volesse intendere.
“Quanto
a tua madre, aveva avuto paura di ciò che sarebbe potuto succedere se
avesse
portato a termine la gravidanza.” disse Nick, “Non c’è altra
spiegazione. Era
terrorizzata, ora che ci ripenso. Avrei dovuto essere stato più
comprensivo in
quel momento, ma tutto ciò a cui ero riuscito a pensare era stato il
modo in
cui lei aveva deciso di agire alle mie spalle.”
Le
orecchie di Nick si abbassarono per la vergogna, mentre ripensava a ciò
che era
accaduto quel giorno.
“Ha
pur sempre cercato di abortire.” ribadì Nicholas con un ringhio, “Lei
non mi ha
mai voluto.”
“Okay,
allora rispondi a questa domanda.” disse Nick, “Se tua madre non ti
avesse
davvero mai voluto, allora perché, dopo che non aveva potuto procedere
con
l’aborto e aveva deciso di portare a termine la gravidanza, non ti ha
semplicemente dato in adozione, se significavi davvero così poco per
lei?”
Nicholas
rimase silenzioso.
“Sai
com’era agitata tua madre dopo averti visto fuggire via?” domandò Nick,
“Pensava che avresti fatto qualcosa di avventato, come buttarti sotto
un treno
o gettarti nel fiume. Devo ammettere che anch’io avevo pensato la
stessa cosa.”
“Allora
perché non è qui?” chiese Nicholas, “Era troppo impegnata a dare ordini
ai suoi
sottoposti per fargli fare il suo lavoro?”
“Probabilmente
sta venendo qui in questo momento.” ipotizzò Nick scrollandosi le
spalle, “Ci
siamo divisi per ritrovarti. Fin non era lontano e così abbiamo
iniziato le
ricerche in questa parte del distretto. Abbiamo intercettato la
comunicazione
di Delgato con lo scanner e siamo venuti direttamente qui.”
Nick
sospirò.
“Sono
davvero dispiaciuto che tu abbia sentito quello che è successo in quel
modo,
soprattutto perché non eri ancora pronto ad accettarlo.” disse, “La
verità è
che se tu avessi deciso di rimanere nella tua camera, il nostro
discorso
sarebbe venuto fuori in maniera diversa. Non è che tu non avresti
dovuto
conoscere la verità, ma avresti dovuto ascoltarla solo al momento
giusto. So
bene cosa voglia dire desiderare… no, bramare di essere accettati, di
far parte
di qualcosa. Non so se tua madre ti abbia mai raccontato la storia di
quello
che mi è successo quando avevo nove anni.”
******
Mi
racconta tutto. Mi dice che quando aveva nove anni, aveva desiderato
fare parte
di un gruppo, perciò si era arruolato nei Junior Scout Ranger. Ma il
gruppo in
questione diffidava delle volpi e gli aveva messo una museruola. Da
quel
giorno, aveva imparato che se per il resto del mondo una volpe poteva
essere
soltanto una creatura inaffidabile, allora non avrebbe avuto senso
fingere di
essere qualcos’altro.
Mi
confessa che quel pensiero lo aveva tenuto isolato nell’oscurità per
molto
tempo, fino al giorno in cui aveva conosciuto la mamma, che aveva
squarciato
quell’oscurità con la sua luce.
Se
lei aveva portato la luce nella sua vita oscura, allora perché se n’era
andato?
Dice
che se n’era andato perché aveva bisogno di spazio e, mentre viveva in
Messigatto, aveva infine deciso di non tornare mai più qui, perché la
città gli
aveva arrecato troppo dolore.
Oh,
questo sì che mi fa sentire meglio. Avrei voglia di dargli un altro
pugno.
******
“Non
sono come mio padre. Se avessi saputo che tua madre non aveva abortito,
che ti
aveva messo al mondo, sarei tornato qui immediatamente.” disse Nick,
“Mi
sarebbe piaciuto molto fare parte della tua vita negli ultimi
quattordici
anni.”
“Giusto…
e che cosa avresti fatto con la tua compagna e tuo figlio?” domandò
Nicholas.
“Li
avrei portati con me.” rispose Nick, “Non sarebbe stato così difficile:
sia io
sia Anabel siamo originari di Zootropolis.”
“E
cosa avresti fatto con la mamma?”
“Io…”
Nick si fermò a pensarci su, “Non lo so. Forse avrei fatto la stessa
cosa che
ho fatto oggi. O forse no. È inutile cercare di indovinare cosa sarebbe
potuto
succedere.”
Entrambi
contrassero le orecchie quando sentirono il suono della sirena di
un’auto della
polizia venirgli incontro, mentre gli pneumatici stridevano
sull’asfalto.
“Direi
che si tratta di tua madre.” commentò Nick, “Sembra che la sua guida
non sia
migliorata poi tanto in questi anni.”
“Come
fai a scherzare in questa situazione?” domandò Nicholas.
“È
solo il mio metodo personale per gestire meglio le emozioni che sto
provando.”
rispose Nick scrollandosi le spalle. Si voltò nuovamente verso Nicholas.
“Ascoltami.”
disse, “Sei in uno stato emotivo turbolento. Cerca solo di non far
passare a
tua madre un altro momento difficile. È profondamente rammaricata per
gli
errori che ha commesso in passato. Direi che è il suo tallone
d’Achille. Sappi
solo che tu non fai parte di quegli errori.”
La
porta si aprì di nuovo e Judy entrò dentro l’edificio. Nicholas rimase
immobile
sul posto mentre sua madre si lanciava verso di lui, abbracciandolo
ancora più
forte di prima. Non disse una parola, ma Nicholas si accorse delle
lacrime che
gli inzuppavano il giubbotto. Lei lanciò uno sguardo a Nick, il quale
si limitò
a sollevare le zampe.
******
Se
ne va dopo quel momento, dicendo che doveva tornare a casa per
occuparsi di sua
madre. La mamma è visibilmente agitata. Mi dice che mi avrebbe
raccontato la
verità quando sarei stato più grande e meno in guerra con me stesso.
Nutro
ancora del risentimento nei suoi confronti per ciò che voleva fare, ma
riesco a
comprendere un po’ meglio la sua situazione. In questo momento sono
meno
propenso a perdonare Nick Wilde per essere fuggito all’estero.
Mi
riporta a casa. Vado in camera mia senza dire una parola e ci rimango
per il
resto della giornata, a parte per la cena, che consumo in silenzio
prima di
tornare a stendermi sul mio letto.
Speravo
che per un po’ il destino avrebbe smesso di essermi così sfavorevole,
qualsiasi
altra cosa avesse in serbo per me.
Ma
era chiaro che aveva ben altri progetti.
Note
dell’autore: E
questo era il sesto capitolo!
Fin
dai capitoli precedenti erano state gettate tutte le premesse perché
Nicholas
ricevesse una bella batosta sul piano emotivo. Fortuna ha voluto che
Nick sia
riuscito anche in questo caso a gestire la situazione con la sua
consueta
abilità dialettica, gettando altresì alcune luci sul proprio passato,
sebbene i
rapporti con il suo primogenito siano ancora piuttosto tesi… come è
logico che
sia.
Vorrei
anche rendervi partecipi di una piccola curiosità. Durante le prime
fasi della
produzione del film, si era pensato di introdurre il personaggio del
padre di
Nick ed erano state abbozzate delle scene in cui lui e suo figlio
cercavano di
ottenere – senza successo! – il prestito necessario per aprire una
sartoria.
Pertanto, secondo gli intenti dell’autore della storia originale,
questo spiega
come mai Nick sia il proprietario di una sartoria in disuso da anni.
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
VI di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-6-Wilde-And-Son-s-684118709
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e
vi
auguro una buona lettura. A presto!
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Capitolo 7 *** Il tempo dell'addio ***
Capitolo
VII
Il
tempo dell’addio
(dal
punto di vista di Judy)
Sono
passati tre giorni da quando io e Nick ci siamo rivisti per la prima
volta dopo
quindici anni. Nonostante… tutto quello che è successo… abbiamo deciso
di
affrontare le cose un passo alla volta.
Sarò
onesta: amo ancora Nick. Per un po’ di tempo, avevo confuso i miei
sentimenti
di odio nei suoi confronti per essersi allontanato da me, ma ora mi
rendo conto
che mi è mancato terribilmente.
Che
cosa importa ciò che provo per lui adesso? Ci siamo fatti del male l’un
l’altro
in modi che forse non potranno mai essere superati. Ecco perché Nick ha
detto che
per noi era ormai troppo tardi per tornare a essere una coppia.
Mentirei a me
stessa se negassi che, nonostante quello che ci siamo detti, sono
terrorizzata
da ciò che potrebbe accadere. Non voglio pensare che non potremmo
neppure
essere in grado di restare in buoni rapporti, anche se entrambi abbiamo
provato
troppo dolore per poter anche solo sperare di ritornare insieme come
coppia.
Ma
devo almeno provarci. Devo dimostrargli che voglio tentare di rimettere
a posto
le cose fra noi, e credo che anche lui, dal suo punto di vista, voglia
fare un
tentativo in tal senso.
Non
avrei mai dovuto comportarmi in quel modo. Lo so bene. So che quello
che ho
fatto è stato sbagliato… anzi, sbagliatissimo. Ero terrorizzata da
quello che
sarebbe potuto succedere con la nascita di un figlio che fosse un
ibrido fra
predatore e preda. Mi sono comportata in maniera avventata e mentre
pensavo che
non avrei dovuto dire nulla a Nick, era chiaro che lui la pensava
diversamente,
ma nel mio stupore causato dal panico non me ne sono neppure resa
conto. Quando
Nick e io ci siamo confrontati, all’inizio mi sono sentita molto
turbata per
quello che mi stava dicendo, ma un panico irrazionale è stato fonte di
un’ondata altrettanto irrazionale di rabbia. Questo non giustifica la
mia
reazione grave ed eccessiva, neppure lontanamente. Nick si è reso conto
che ha
sbagliato a dirmi le cose che mi ha detto, ma so di essere ancor più
nel torto
per averlo tenuto all’oscuro di tutto e per quello che gli ho fatto di
rimando.
In
confronto, quello della conferenza stampa è stato un piccolo incidente
di
percorso. Fino a quel momento, non avrei mai immaginato che sarei
potuta cadere
ancora più in basso. Posso solo sperare che Nick abbia accettato le mie
scuse,
anche se credo non sarebbe mai abbastanza neppure se trascorressi il
resto dei
miei giorni a scusarmi con lui.
Credetemi,
non sono riuscita a vedere la fine del tunnel per mesi dopo la partenza
di
Nick. Credete che le parole di Clawhauser fossero state dure? La mia
famiglia
non avrebbe potuto essere più delusa di me. Non avete idea di quanto mi
sia
vergognata dopo aver parlato con mia madre. Non ha detto nulla di male,
soltanto la verità. Mi disse che io e Nick avremmo dovuto discutere
della
questione dei cuccioli molto, molto tempo prima, che se mi fossi
sentita a
disagio sarei dovuta andare prima da lui e poi da lei, che non avrei
mai dovuto
perdere le staffe con Nick – non importava quanto fossi in preda al
panico – e
che avrei dovuto fare di più per cercare di chiarirmi con lui e
scusarmi prima
che se ne fosse andato. Aveva avuto ragione. Quello che ho fatto è
stato
totalmente fuori dal normale per me.
Dopo
la nascita di Nicholas, ho sofferto di una grave forma di depressione
post-partum. Vorrei essere chiara, però: non ho mai pensato di fare del
male a
mio figlio. Il solo pensiero non mi è passato neppure per l’anticamera
del
cervello, anche se all’inizio ho avuto grosse difficoltà a creare un
legame con
lui. Mi chiusi in me stessa e divenni lunatica, a volte ossessiva e
quasi
sempre scontrosa. Più di una volta il capitano Bogo fu costretto a
rimproverarmi per essere stata troppo lenta o troppo coinvolta
emotivamente sul
posto di lavoro. A volte avevo tentato di rintracciare Nick e… non
avevo idea
di cosa sarebbe potuto succedere se l’avessi trovato. Gli avrei urlato
contro?
Sarei crollata dinanzi a lui? Non ci avrei neppure provato?
Sono
stata messa in congedo per un paio di mesi dopo che Bogo mi aveva
sottoposta a
perizia psichiatrica. Mia madre venne a Zootropolis e rimase nel mio
appartamento per aiutarmi, e alla fine riuscimmo a cavarcela. Avevo
pensato di
lasciare la polizia in quel momento e di tornare alla fattoria, ma la
mamma
riuscì a farmi desistere da quell’intento.
Quando
ritornai in centrale, Bogo mi fece lavorare a turni ridotti,
affidandomi
principalmente compiti d’ufficio. All’inizio mi sentivo frustrata, ma
ripensandoci capisco perché l’aveva fatto. Voleva preservare la mia
salute
psichica. Alcuni mesi dopo mi confidò che se mi avesse fatto lavorare
subito a
pieno regime, probabilmente avrei avuto un esaurimento nervoso e questo
non
avrebbe giovato a nessuno, neppure a me e certamente non a Nicholas; ma
gli
eventi recenti mi avevano fatto capire che avrei rischiato di
vanificare tutti
i miei sforzi, come mi era già successo in passato. Non potevo
permetterlo. Non
era di certo il modo migliore di crescere un cucciolo, tanto meno uno
speciale
come Nicholas. Perciò, rimasi francamente di stucco quando Bogo mi
raccomandò
per una promozione nel giorno del sesto compleanno di Nicholas.
Accettai quella
proposta con entusiasmo, nel tentativo di colmare il vuoto che
avvertivo dentro
di me. In seguito ottenni in successione i gradi di Maggiore,
Colonnello e
Ispettore. Il ruolo di vicecapitano sarebbe andato a me oppure a uno
fra gli ispettori
Grizzoli e Higgins. Il primo venne promosso a Capitano del Distretto
Tre a
Tundratown, mentre il secondo rifiutò l’incarico perché aveva preferito
dedicare più tempo alla sua famiglia. Quando Bogo venne da me, anch’io
fui in
procinto di rifiutare quella promozione, ma lo stesso Bogo mi disse che
il
Distretto Uno avrebbe avuto bisogno di un nuovo capitano perché lui
sarebbe
stato promosso a commissario entro pochi anni. Seppur riluttante,
accettai quel
nuovo incarico, ma fu terribile: avrei dovuto sopportare lo stesso
carico di
lavoro di Bogo e avrei dovuto dedicare meno tempo a Nicholas. A volte
tornavo a
casa la sera tardi e me ne andavo già la mattina presto.
Se
non fosse stato per Fru-Fru, per la quale Nicholas era come un secondo
figlio,
avrei dato le dimissioni. Sarei tornata a Bunnyburrow per diventare una
coltivatrice di carote, in modo da poter dedicare più tempo
all’educazione di
Nicholas. Alla fine Fru-Fru riuscì a convincermi che tutto sarebbe
andato per
il meglio.
Nel
mio tentativo di continuare a svolgere il mio lavoro, avevo dimenticato
quale
fosse il mio obiettivo primario.
Avevo
dimenticato che volevo fare tutto il possibile per rendere il mondo un
posto
migliore.
******
Purtroppo,
il mondo non era diventato affatto un posto migliore. Non per quelli a
cui
tenevo di più.
Sono
una pessima madre. Ho fatto del mio meglio con Nicholas, ma il lavoro
di
capitano richiede molte ore, il che significa che non posso trascorrere
più
tempo con lui. Ci sono giorni in cui penso seriamente di smetterla con
il
lavoro. Per quanto riguarda Nick, al momento Nicholas non vuole nemmeno
rivolgergli la parola. Lo accompagno a casa di Viola e mi accorgo in
prima
persone di quanto si siano aggravate le sue condizioni nelle ultime
settimane.
Non riesce più neppure a ricordare correttamente il mio nome, sembra
che non
abbia mai sentito parlare della cospirazione seguita al caso degli
Ululatori
Notturni e a volte chiama per errore Nick ‘John’ e Robin ‘Nick’.
Robin
sembra un bravo cucciolo. È un po’ timido nel relazionarsi con gli
altri
mammiferi, anche se sembra che per Nick non sia un problema serio.
Almeno
Nicholas riesce a sopportarlo. È strano pensare che quei due siano
fratellastri.
Qualunque
cosa sia successa fra me e Nick, loro sono del tutto innocenti e
abbiamo deciso
entrambi di tenerli fuori da tutto questo il più possibile.
Nick
e io ci siamo raccontati un po’ di cose. Mi dice che ha fondato una
compagnia
specializzata nella costruzione di parchi di divertimento. Questo
coincide con
quello che avevo saputo di lui anni fa: una volta mi aveva detto che
stava
risparmiando il denaro accumulato grazie alle sue truffe per aprire un
parco a
tema intitolato ‘Wild Times’ qui a Zootropolis. ma questo prima che lo
avessi
colto nel sacco all’inizio della mia carriera di poliziotta.
Io,
invece… beh, ho detto a Nick la verità, ma solo in parte; infatti sono
stata
tenente per un bel po’ di tempo dopo che lui se n’era andato, anche se
ero già
stata raccomandata per la promozione. All’inizio, non passavano giorni
in cui
non riuscivo neppure a trovare la forza di lavorare, talmente mi
sentivo a
pezzi. Bogo l’aveva capito: si accorgeva sempre di tutto quello che
passava per
la mente degli agenti sotto il suo comando. Non sono diventata capitano
per
almeno sei anni dopo la partenza di Nick.
È
passato almeno un anno da quando sono diventata il capitano del
Distretto Uno,
e non si è trattato di qualcosa che avevo scelto di essere dall’oggi al
domani.
Sapevo a cosa sarei andata incontro, e ne ho parlato a lungo con la mia
famiglia.
Mamma mi ha offerto il suo supporto. Papà, invece, è stato più cauto in
proposito. I miei fratelli e le mie sorelle erano divisi. Alcuni mi
avevano
consigliato di lasciar stare. Altri, invece, aveva detto che quella
scelta
sarebbe spettata soltanto a me. Altri ancora mi avevano consigliato che
sarebbe
stato meglio tornare a casa, sia per me sia per Nicholas.
Sono
preoccupata di dire tutto questo a Nick: forse avrebbe cambiato idea e
mi
avrebbe accusato di mettere la mia carriera davanti al benessere di
Nicholas,
come aveva fatto quindici anni fa. Ma non lo dice. Annuisce e confessa
che a
volte anche lui preferisce gettarsi anima e corpo nel lavoro.
Sentirmelo dire
da lui non mi fa affatto sentire meglio.
C’è
ancora un po’ di attrito fra me e Nicholas. Ha evitato di dirmi
qualsiasi cosa
fosse successa durante la sua fuga e, a volte, ha preferito
spontaneamente
evitare di ritrovarsi con me nella stessa stanza. Nick dice che ha solo
bisogno
di un po’ di tempo per metabolizzare gli effetti di tutto quello che
gli era
capitato.
Tutto
quello che posso fare è aspettare che Nicholas si apra e dirgli che,
qualsiasi
cosa accada, rimane sempre mio figlio e gli voglio bene.
******
Mi
sveglio dal mio sonno agitato sulle note di ‘Hope is Eternal’. Mentre
allungo il
braccio sul comodino, afferro il cellulare e trattengo un grosso
sbadiglio.
Vedo che sono le cinque del mattino.
La
mia sveglia non si sarebbe attivata prima di altri trenta minuti.
Mi
siedo sul letto e mi accorgo che sto ricevendo una chiamata. Leggo il
nome
‘Nick’ sul display.
Decido
di rispondere.
******
“Nick…”
sbadigliò Judy, “È un po’ troppo presto per…”
“Se
n’è andata.” tagliò corto Nick. Judy si stropicciò gli occhi; in
quel
momento la sua mente non aveva registrato le parole della volpe.
“Carotina?”
disse Nick con la voce che pareva soffocata dall’emozione.
“Chi
se n’è andata?” domandò Judy ancora stordita.
“Mia
madre… lei…” disse Nick, “È morta nel sonno.”
All’improvviso
Judy si svegliò completamente.
“Un
dottore è uscito di casa mezz’ora fa… Ero entrato in camera sua per
tenerla
d’occhio e…” riuscì a dire Nick prima di fermarsi.
“Oh…
Oh, Nick…” esclamò Judy mentre una lacrima le scendeva sul volto, “Mi
dispiace
tanto…”
******
Nick
mi racconta che si era addormentata nel suo letto, ma quando Nick era
andato
nella sua stanza per controllare se stesse bene, si era accorto
immediatamente
che qualcosa non andava. Cercò di capire di cosa si trattasse, e quando
aveva
provato a svegliarla, si era accorto che non stava respirando. Il suo
corpo era
freddo.
Viola
Wilde se n’era andata per sempre.
Gli
chiedo se desidera che io vada a casa di sua madre. Mi risponde che non
è
necessario.
Eppure
sento il dovere di farlo. Ci saranno molte cose da fare, questioni da
sistemare
e non voglio che Nick affronti tutto questo da solo. Glielo dico chiaro
e
tondo.
Non
appena termina la chiamata, vado nella stanza di Nicholas, che si trova
accanto
alla mia camera da letto. Lui sta ancora dormendo. Apro la porta con
delicatezza e mi avvicino al suo letto.
Lo
chiamo per nome, ma non accenna a svegliarsi.
Lo
chiamo di nuovo. Brontola qualcosa sull’essere lasciato solo.
Gli
dico che è una cosa importante. Si alza dal letto lentamente,
stropicciandosi
gli occhi. Gli dico che nonna Viola è morta serenamente nel sonno.
Le
sue orecchie sarebbero cascate all’indietro se non si fossero drizzate
in alto.
Spalanca gli occhi e mi accorgo che le sue orecchie si sono accalorate
lievemente.
Tutto
quello che posso fare per dargli conforto è abbracciarlo. Lui è troppo
sconvolto per muovere un solo muscolo.
Gli
dico che sto per andare a casa di nonna Viola. Lo lascio solo in modo
che possa
cambiarsi, ma lo sento piangere distintamente. Nell’ascoltare il suo
dolore
sento come una lama che mi si pianta nel cuore.
******
Il
viaggio non durò molto poiché alle prime luci del mattino le strade
erano
ancora deserte. Quando Judy fermò la macchina, poteva vedere che il
furgone di
Finnick era già sul posto. Lei e Nicholas scesero dall’auto e
camminarono nella
veranda dell’appartamento di Viola. Suonarono il campanello della porta
e
rimasero in attesa. Non passò molto tempo prima che la porta si
aprisse, e lì
stava Nick.
La
tintura nera era scomparsa dalla sua pelliccia e aveva lasciato il
posto al suo
color ruggine naturale, che Judy conosceva così bene, anche se quel
colore un
tempo così intenso aveva iniziato a sbiadire ai lati del muso con
l’età.
Indossava un semplice giubbotto bianco e un paio di pantaloni; sembrava
che non
avesse dormito bene, dato che Judy poteva scorgere distintamente le
borse sotto
gli occhi e la pelliccia sotto di essi bagnata dalle lacrime versate
per la
scomparsa di sua madre.
“Ti
avevo detto che non era necessario che tu venissi qui.” disse Nick
tristemente.
“Siamo
amici.” replicò Judy, “Hai bisogno di tutto l’aiuto che io possa
offrirti. E
poi era anche la nonna di Nicholas.”
******
Non
vedevo Nick piangere da molto tempo. L’ultima volta che l’aveva fatto
era stato
quindici anni fa.
Ogni
volta che mi vedeva sconvolta o arrabbiata, mi diceva sempre queste
parole:
‘Non importa cosa accada, Carotina. Non devi mai mostrare agli altri le
tue
fragilità.’
Mi
sento così impotente nel vederlo crollare disperato. Non dice nulla.
Non ci
sono parole per descrivere il dolore che sta provando.
Faccio
un passo avanti, ma esito. Vorrei confortalo, ma è giusto che io lo
faccia,
dopo tutto quello che è successo?
Mi
si spezza il cuore vederlo così. Decido di mandare al diavolo ogni
tentennamento e lo abbraccio. Sembra sorpreso mentre si irrigidisce –
esattamente come fa Nicholas – ma si lascia andare e crolla fra le mie
braccia.
Poi
inizio anch’io a piangere in silenzio.
Finnick
esce dalla cucina e dice a Nick di lasciarmi entrare.
******
Nick
disse a Judy e Nicholas di entrare e andò in cucina a preparare
qualcosa da
offrire agli ospiti. Robin lo seguì, mostrando ancora qualche segno
della sua
goffaggine attorno a Judy; lei gli rubò un’occhiata e poi distolse
rapidamente
lo sguardo mentre lo vedeva agitarsi vistosamente.
Nick
ritornò in soggiorno con una tazza da caffè, che offrì a Judy, e posò
un
bicchiere d’acqua sul tavolo di fronte a Nicholas, prima di sedersi su
una
delle poltrone.
“Questo
potrebbe sembrarti un po’ insensibile da parte mia, ma…” iniziò Judy,
“Hai già
pensato al suo funerale?”
Nick
non disse nulla.
“Sai
se aveva fatto testamento?” domandò Judy.
“Lo
ha fatto.” rispose Nick, “Sono io l’esecutore.”
“Aveva
detto come le sarebbe piaciuto essere…”
“Parlava
sempre di voler essere sepolta accanto a mio padre.” disse Nick.
Fra
i due calò nuovamente il silenzio.
“Nick,
se c’è qualcos’altro che io possa fare…” propose Judy.
Nick
non rispose subito.
“Puoi
consolare nostro figlio.” disse infine. Gli occhi di Judy si
spalancarono
quando ebbe sentito quella risposta.
******
Questa
è la prima volta che ho sentito Nick riferirsi a Nicholas come ‘nostro’
figlio
e non come ‘mio’. Ma ha ragione.
Nicholas
è seduto lì, con lo sguardo perso nel vuoto. Robin è seduto accanto a
lui,
guardando occasionalmente nella sua direzione. Finnick entra nella
stanza, si
siede su uno sgabello e mi fissa intensamente tenendo le braccia
incrociate,
come a suggerirmi che se avesse la sua fidata mazza da baseball a
portata di
zampa, sarebbe tentato di usarla.
Mi
alzo e mi siedo accanto a Nicholas. Non alza lo sguardo. Il suo sguardo
è teso,
come se stesse cercando con tutte le sue forze di non piangere di
nuovo.
Appoggio la mia zampa sulla sua spalla e all’improvviso gli vedo
versare una
lacrima.
Nick
lo sta guardando, sebbene lui pensi di non avere il diritto di farlo.
Con
un cenno suggerisco a Nick di venire da noi. Sembra un po’ perplesso,
ma sono
sufficienti un sopracciglio inarcato e un cenno con la testa da parte
di
Finnick per convincerlo ad alzarsi. Si siede accanto a Robin, incerto
sul da
farsi. Robin gli si avvicina e gli suggerisce che tutto sarebbe andato
bene.
Nick fissa Nicholas con occhi titubanti e gli si avvicina con qualche
esitazione. La sua zampa si appoggia sulla spalla di Nicholas. Sento
mio figlio
irrigidirsi, ma non dice nulla e non fa nulla per scostare la zampa di
Nick.
Guardo
sia Nicholas sia Nick e mi accorgo che lacrime silenziose cadono dagli
occhi di
entrambi.
Note
dell’autore: Eccoci
arrivati al settimo capitolo!
Cari
amici lettori, mi auguro che abbiate un pacco di fazzoletti a
disposizione,
perché vi garantisco che da questo capitolo in avanti ne avrete
bisogno.
Purtroppo, a un certo momento della vita, arriva per tutti noi il
momento di dire
addio a una persona amata; nella storia in questione, la malattia ha
svolto il
suo compito e ha privato Nick Wilde della sua cara mamma. Per quanto
triste e
doloroso, sappiate che questo evento fornirà un’ulteriore spinta agli
eventi e
nei capitoli successivi sarà analizzato tramite il punto di vista di
ciascuno
dei quattro personaggi principali: Nick, Judy, Nicholas e Robin.
Vedrete!
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
VII di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-7-Never-Meet-Again-686865289
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e
vi
auguro una buona lettura. A presto!
|
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Capitolo 8 *** Il passaggio nell'aldilà ***
Capitolo
VIII
Il
passaggio nell’aldilà
(dal
punto di vista di Robin)
Non
sono… mai stato un mammifero loquace. Sono sempre stato un tipo
mansueto e ho
sempre avuto difficoltà a farmi degli amici, nonostante mamma e papà
avessero
cercato di incoraggiarmi a non essere così solitario come suggeriscono
gli
stereotipi sulla nostra specie. Papà dice che forse il mio carattere è
peggiorato dopo la morte della mamma. Non esco molto e non incontro
altri
mammiferi della mia età perché non vado a scuola. Mamma e papà hanno
speso
molti soldi pur di farmi studiare a casa.
Poi
c’è tutto quello che è successo ultimamente…
Prima
di questa settimana, non avevo mai incontrato la nonna faccia a faccia.
Però,
avevo parlato un po’ con lei tramite Muzzletime e mi era sembrata
abbastanza gentile.
Non era mai venuta a trovarci, anche se papà si era offerto più volte
di
pagarle il viaggio in modo che potesse venire a farci visita, ma
rispondeva
sempre che un giorno sperava che lui sarebbe potuto andare da lei. Papà
si
giustificava dicendo che era sempre impegnato con il lavoro, e che per
questo
non poteva accontentarla. La nonna mandava sempre delle lettere e dei
biglietti
d’auguri a me e a papà in occasione dei nostri rispettivi compleanni.
Quando ho
saputo che stava morendo… mi ha fatto male. È stato diverso rispetto
alla mamma
perché non avevo mai avuto modo di dirle addio, ma fa ancora male.
So
che papà aveva amato qualcun’altra prima di aver incontrato la mamma e
mi ha
sempre insegnato che la cosa più importante era amare qualcuno, anche
se
apparteneva a una specie diversa. Ma non avrei mai immaginato che papà
fosse
stato innamorato di una coniglia. Non me l’aveva mai detto.
Poi
c’è quel tipo, Nicholas. Porta lo stesso nome di mio padre. Il fatto è
che lui
è… beh, unico. Non è una volpe e neppure un coniglio, sebbene mio padre
sia
anche il suo e sua madre è una coniglia.
Sembra
arrabbiato e triste, ma non è cattivo. Almeno credo.
Sua
madre… anche lei è triste. Papà mi racconta che aveva passato dei
momenti
difficili mentre cercava di crescere un figlio da sola, ma mi sembra
come…
perduta.
******
Robin
aprì gli occhi. Poteva sentire un rumore di passi proveniente dal
corridoio
fuori dalla stanza in cui dormiva. Diede un’occhiata all’orologio sul
comodino,
che segnava le 4:25.
Robin
sbadigliò. Era troppo presto per svegliarsi, anche se suo padre lo
aveva
mandato a letto presto la sera precedente.
Poteva
sentire il cigolio della porta attraverso il pianerottolo. Dietro
quella porta
c’era la camera da letto di sua nonna Viola.
Robin
chiuse gli occhi, nel tentativo di rimettersi a dormire.
Non
ci riuscì. L’orecchio di Robin parve contrarsi quando sentì quello che
sembrava
un suono soffocato. Mentre apriva e si strofinava gli occhi, tentò di
alzarsi
dal letto. Mentre spingeva leggermente la porta, Robin sbirciò fuori
dalla
stanza.
Poteva
vedere la porta aperta dall’altra parte del pianerottolo. Quello strano
suono
soffocato gli giunse di nuovo alle orecchie.
A
quel punto, Robin spalancò la porta e si diresse nella camera di fronte
alla
sua. Mentre si avvicinava, vide suo padre in ginocchio accanto al letto
sul
quale dormiva Viola Wilde. Il suo volto sembrava in pace. Nick, d’altra
parte,
aveva la testa chinata ed entrambe le sue zampe erano serrate attorno a
una di
quelle di sua madre.
“Papà?”
chiese Robin timidamente. Nick non rispose subito; invece cacciò
qualcosa che
sembrava un singhiozzo soffocato.
“Papà!”
ripeté Robin.
Nick
si girò a guardare suo figlio. Robin poteva vedere il muso di suo padre
bagnato
dalle lacrime.
“Robin…”
disse infine Nick, “Chiama un’ambulanza.”
******
Proprio
così, lei se n’era andata.
Sono
un po’ sconvolto. Non tanto quanto lo ero stato per la mamma, ma papà è
molto
turbato. L’ho visto piangere quando la mamma era morta, ma non pensavo
che
avrebbe pianto di nuovo così presto. È forse un male
che io sia più turbato nel vedere papà in quello stato? È come se
avessi perso
un amico di penna: fa male… ma ho provato molto più dolore quando era
morta la
mamma.
Faccio
quello che mi ha detto papà, perciò vado nella mia stanza, prendo il
telefono e
chiamo un’ambulanza. Chiedono quale sia l’emergenza e gli dico che mia
nonna
non si sveglia. Mi chiedono l’indirizzo e infine avvisano che i
soccorsi
sarebbero arrivati immediatamente.
L’ambulanza,
con un medico a bordo, arrivò entro pochi minuti. Lascio entrare in
casa il dottore
e alcuni paramedici, i quali si recano subito in camera di nonna, dove
papà è
ancora in ginocchio, con una zampa stretta attorno alle sue.
Non
appena il dottore entra nella stanza, ordina a Nick di farsi da parte
per
lasciarlo lavorare. Il dottore si accerta delle condizioni della nonna.
******
“Il
decesso deve essere avvenuto nelle ultime due ore. Adesso sono le 4:56,
perciò
la dichiarerò come ora del decesso per i registri.” affermò il dottore
in tono
cupo, “Mi dispiace, signor Wilde.”
Nick
si era sentito così frastornato che non si prese neppure la briga di
contraddire il medico sul suo cognome.
******
Papà
osserva mentre il dottore ordina ai paramedici di portare via il corpo
della
nonna. Ci vuole un po’ di tempo, ma una volta che ebbero eseguito
l’ordine, il
dottore parla ancora con papà.
Una
volta che il dottore lascia la casa, papà si dirige in soggiorno. Per
prima
cosa chiama il suo vecchio amico, il fennec. Arriva immediatamente. Poi
papà
chiama la signorina Hopps. Le dice che nonna se n’è andata e che non
c’è bisogno
che lei venga a casa. In realtà, glielo leggo negli occhi: lui desidera
che
venga qui.
Arriva
qui circa mezz’ora dopo aver ricevuto la telefonata di papà. Lui le
dice, in
tono leggero ma cupo allo stesso tempo, che non era necessario che
venisse. Lei
risponde che era ovvio che l’avrebbe fatto. Afferma che sono amici e
che
Nicholas era anche suo nipote.
Papà
ricomincia a piangere. Sto per alzarmi per andare ad abbracciarlo, ma
la signorina
Hopps mi precede. L’amico di papà, che si trova in cucina, gli dice di
lasciarla entrare e così fa, portando lei e Nicholas in soggiorno.
Entrambi
continuano a parlare. Mi siedo accanto a Nicholas, ma gli concedo un
po’ di
spazio. Anche lui è triste. Sta piangendo, lo intuisco dalle lacrime
che
bagnano la sua pelliccia.
La
signorina Hopps non gli sta prestando attenzione in questo momento. Sta
ancora
parlando con papà. Guardo di nuovo Nicholas, che è rimasto in silenzio
per
tutto questo tempo, anche se lancia un’occhiata a sua madre. Mi
dispiace
sinceramente per lui, ma non c’è nulla che io possa fare per aiutarlo.
Poi
papà dice alla signorina Hopps di consolare il loro figlio.
Questo
è la prima volta che sento papà chiamare Nicholas ‘suo figlio’.
Non
ho paura di Nicholas o chissà che altro, e di certo non lo odio, ma…
l’ho
appena conosciuto. Non ci siamo parlati per davvero. È stato tranquillo
ogni
volta in cui ci siamo visti. Eppure non lo considero ancora come mio
fratello.
La
signorina Hopps fa del suo meglio per consolare Nicholas, ma poi saluta
papà.
Mi sposto leggermente dal mio posto sul divano e papà si siede tra noi,
anche
se non sono sicuro che dovrebbe stare lì.
Mi
appoggio a papà, sperando che riesca a consolarlo; mentre lo guardo,
gli dico
che tutto sarebbe andato bene.
Papà
si avvicina con fare esitante a Nicholas, ancora incerto sul da farsi,
ma poi
allunga la zampa e l’appoggia sulla spalla di Nicholas. Lui si
irrigidisce un
po’, ma non dice nulla e non fa nulla per respingere quel gesto
affettuoso.
Papà
appoggia l’altro braccio su di me e mi stringe a sé.
Vedo
di nuovo papà
versare altre lacrime.
Note
dell’autore: Eccoci
arrivati all’ottavo capitolo!
Vi
siete accorti che questo capitolo è un po’ più breve rispetto ai
precedenti,
vero? Penso che sia dovuto al fatto che Robin non abbia avuto la
possibilità di
conoscere meglio la sua nonna paterna, al contrario del suo
fratellastro. In
ogni caso, l’autore della storia originale ha deciso di inserire questo
capitolo allo scopo di fornire a Robin lo stesso spazio che ha
riservato a
Nicholas. Mi sembra giusto, non credete?
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
VIII di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-8-Passing-695902263
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e
vi
auguro una buona lettura. A presto!
|
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Capitolo 9 *** Ultime volontà ***
Capitolo
IX
Ultime
volontà
(dal
punto di vista di Nick)
Il
giorno dopo la morte di mia madre, sapevo che avrei dovuto darmi da
fare per
risolvere gli affari che lei aveva lasciato in sospeso. Ciò significava
rintracciare il suo avvocato e informarlo della sua morte. Il problema
era che
ignoravo la sua identità. Avevo pensato che avesse lasciato un
testamento, ma
avrei dovuto scoprire con chi l’avesse redatto.
Mi
faccio forza ed entro nella sua camera da letto. Per qualche istante,
resto a
fissare il letto vuoto, dove l’avevo trovata ieri. Il dolore rischia di
sopraffarmi un’altra volta. Riesco a malapena a reprimerlo. Ho del
lavoro da
fare qui.
Quindi
inizio a cercare per la stanza con attenzione.
Mi
ritorna un ricordo in mente. C’è un piccolo armadio nella stanza,
proprio
accanto al letto. Sembra abbastanza ordinario, ma ricordo che quando
ero
piccolo, mia madre minacciò che, se mi fossi comportato male, avrebbe
confiscato il mio giocattolo preferito e lo avrebbe messo in uno
scompartimento
all’interno di quel mobile. Ho sempre saputo che quello scompartimento
era lì e
che non aveva un lucchetto, ma non avrei mai potuto fare uno sgarbo
simile alla
mamma solo per riavere indietro il mio giocattolo.
Mi
accovaccio e apro l’armadietto. Sono abbastanza sicuro che quello
scompartimento è ancora lì. Ho un attimo di esitazione nel frugare al
suo
interno, poiché il fugace ricordo di essere sorpreso con le zampe nel
sacco mi
torna in mente e dal momento che mia madre non è più al mio fianco,
rischio di
lasciarmi sopraffare dal dolore. Decido di ricacciare indietro quella
sensazione e apro lo scompartimento.
All’interno
c’è una busta. Allungo la zampa e l’afferro.
Sul
retro è riportata la dicitura ‘A mio figlio Nicholas’.
Mi
siedo a lato del letto con gli occhi fissi sulla busta. Esito
nell’aprirla.
Rimango a fissare quelle parole scritte a mano per un bel po’.
Mi
rendo conto che ho l’intenzione di aprire quella busta quasi con
rabbia, ma
nello stesso tempo non ho affatto l’intenzione di aprirla.
Le
mie zampe tremano leggermente mentre il dolore minaccia nuovamente di
prendere
il sopravvento su di me.
Prendo
un respiro profondo per infondermi coraggio e riesco ad aprire la busta
con
attenzione tramite uno dei miei artigli.
All’interno
c’era un foglio di carta ripiegato. Sono riuscito a tirarlo fuori. Dopo
aver
inspirato profondamente un’altra volta, aprii il foglio e iniziai a
leggerlo.
******
‘Caro
Nicholas,
Se
stai leggendo questa lettera, allora significa che non sono più al tuo
fianco.
Sarò in un posto migliore, ovunque si trovi anche il mio John.
Se,
quando avrai ricevuto questa lettera, non sarai ancora tornato a
Zootropolis,
allora spero che tu riesca a tornare almeno in tempo per assistere al
mio
funerale. Sono certa che in quell’occasione incontrerai inevitabilmente
la tua
vecchia fiamma, Judy Hopps, e lei sarà lì per un’ottima ragione,
proprio come
te. Lei ha un figlio. Cercherò di non essere troppo prolissa per
renderti le
cose meno complicate. Il cucciolo di Judy è tuo figlio. Dopo che vi
siete
lasciati, lei non è riuscita ad abortire e ha scelto invece di metterlo
al
mondo. Lui è molto simile a te quando avevi la sua età, anche se deve
sopportare l’ulteriore fardello di essere un ibrido nato dall’unione
fra una
volpe e una coniglia. Ho provato a raccontargli tutto ciò che potevo su
di te,
ma come era prevedibile è stato cresciuto solo da sua madre, e dal
momento che
tu non volevi che lei sapesse dove te ne fossi andato, tutto quello che
ho potuto
fare è dirgli che lui non era in nessun modo responsabile della tua
fuga. Non
ho potuto dirtelo prima, perché questa responsabilità ha gravato
unicamente
sulle spalle di Judy. Quando avrai letto questa lettera, tuttavia, sarà
già
troppo tardi. Non voglio che tu rimanga sconvolto o sorpreso quando
sarai
presente al mio funerale.
Se
stai leggendo fra queste righe e sei già ritornato a Zootropolis per
darmi
l’ultimo saluto, probabilmente avrai già incontrato Nicholas e sarai
già venuto
a conoscenza dei particolari della sua nascita. Mi dispiace davvero di
non
avertelo mai potuto dire; avrei davvero tanto desiderato di dirtelo, se
solo il
cancro non avesse già cominciato a divorare la mia memoria.
Spero
almeno di aver avuto l’occasione di incontrare Robin di persona. È
sempre stato
un nipotino adorabile nelle nostre chiamate su Muzzletime e nelle
nostre
lettere, ma vorrei che conoscesse anche il suo fratellastro.
Se
hai trovato questa lettera, proverai a contattare il mio avvocato per
informarlo della mia scomparsa. Ho redatto un testamento nello stesso
giorno in
cui ho scritto di mio pugno questa lettera, perciò dovrai assistere
alla sua
lettura. Il mio avvocato è una nostra vecchia conoscenza. So cosa pensi
dei
Donnolesi dopo tutti quei diverbi che hai avuto con Duke diversi anni
fa, ma
posso assicurarti che non esiste al mondo un avvocato migliore di suo
padre,
Archie. Lavora ancora fuori città nel suo studio a Happytown, perciò lo
troverai facilmente. Dovrai informare Judy Hopps, perché le mie ultime
volontà
riguardano anche lei e il tuo primogenito.
Infine,
voglio che tu sappia che ti ho voluto bene con tutto il cuore e che te
ne vorrò
per sempre. Anche se non sono riuscita a capire i motivi per i quali
hai
vissuto la tua vita, rimani mio figlio e nulla al mondo potrà mai
cambiarlo.
Potrei
essere andata via, ma sarò sempre con te. Cercami nel tuo cuore e mi
troverai.
Stai
attento. Stai bene. Rimani te stesso.
Per
sempre tua madre,
Viola
Wilde.’
******
Nick
fissò intensamente quella lettera, mentre lacrime silenziose gli
rigavano le
guance. Nel leggere quelle righe, aveva provato qualcosa di definitivo
che
aveva reso la morte di sua madre ancora più tangibile per lui.
Restò
impalato a guardare la lettera per qualche istante, prima che potesse
sentire
il rumore di qualcuno che si sedeva sul letto dietro di lui, oltre che
l’odore
che Nick sapeva bene appartenere a un certo fennec di sua conoscenza.
“Hai
intenzione di rimanere seduto sul letto per tutto il giorno?” domandò
Finnick
accigliato.
“Non
ti ho sentite entrare.” esclamò Nick senza voltarsi.
“Che
cosa hai trovato, Nick?”
“È…
personale.”
Finnick
sbuffò dalle narici. Girò attorno al letto e andò a sedersi accanto a
Nick.
“Ora,
tu sai bene che non sono il tipo avvezzo alle sdolcinatezze o altre
stupidaggini del genere.” disse Finnick, “Ma lei ti voleva bene. Non
importa
quanto tu sia stato cocciuto negli ultimi quindici anni.”
“Dillo
pure, se questo ti fa sentire meglio.” rispose Nick con un leggero
sbuffo.
“Va
bene.” esclamò Finnick, “Lo faccio solo per il tuo bene. Avrei dovuto
fare
questa chiacchierata con te molto tempo fa, se avessi saputo che la tua
cara
coniglietta avesse deciso di tenere il cucciolo. Dannazione, sarei
volato fino
in Messigatto io stesso e ti avrei riportato indietro a forza.”
“Non
lo sapevo e alla fine avevo pensato che sarebbe stato meglio così.”
“Non
riesci a vedere che hai ancora il cuore a pezzi?” domandò Finnick, “Tua
madre
voleva disperatamente alleviare il tuo dolore, ma diceva sempre che eri
troppo
lontano perché lei potesse fare qualcosa. Ha rifiutato le tuo offerte
perché
lei non voleva i tuoi soldi, voleva che tu tornassi
a
Zootropolis. Immagino che non mi abbia mai detto niente di tuo figlio
perché
sapeva che sarei andato fin laggiù e che avrei trascinato il tuo culo
triste
fin qui senza aver neppure battuto ciglio.”
Ci
fu un’altra risatina.
“Allora,
che c’è scritto in quella lettera?” domandò Finnick.
“Come
ti ho già detto, è personale.” rispose Nick.
“Nick,
sai che ero legato a tua madre come lo era alla mia.” confidò
Finnick,
“Ci conosciamo da quando eravamo due cuccioli scapestrati e nonostante
tutti i
guai in cui ci eravamo ficcati, tua madre mi ha sempre accolto in casa
sua con
te.”
Nick
non poté fare a meno di sospirare. Finnick aveva perduto sua madre
quando era
piccolo ed era stato preso in custodia da alcuni parenti che lo avevano
trattato con un certo distacco. Viola era stata la cosa più vicina a
una madre
che Finnick avesse mai avuto e Viola aveva sempre dato il benvenuto al
fennec.
“Come
avete fatto tu e Nicholas a non incontrarvi?” domandò Nick, “Entrambi
andavate
a far visita a mia madre, oppure mi sbaglio?”
“Tirerò
a indovinare, ma immagino che tua madre abbia avvisato la tua cara
coniglietta
quando venivo a trovarla.” rispose Finnick, “Ora, mi dirai che la cosa
ti ha
fatto piangere, oppure dovrò estorcerti la verità con le cattive?”
“Non
lo faresti mai.” esclamò Nick ridacchiando.
“Okay,
forse non nei confronti di un figlio in lutto.” ammise il fennec, “Ma
la cosa
ti ha fatto arrabbiare, e si vede. Come ti ho già detto, hai ancora il
cuore a
pezzi, Nick.”
La
volpe scosse la testa e diede il foglio a Finnick. Dopo averla letta,
il suo
volto solitamente aspro si addolcì e, per un fugace attimo, Nick pensò
che
anche Finnick avesse pianto; era uno spettacolo a cui Nick non aveva
mai
assistito, ben conoscendo la tempra d’acciaio del suo vecchio amico.
“Sii te stesso, eh?” disse Finnick mentre
guardava le righe finali della lettera, “Mi sembra un buon consiglio.
Lo
seguirai?”
Nick
non rispose e fissò invece la finestra della camera da letto.
******
Ho
seguito le indicazioni di mia madre scritte sulla lettera: telefonai
allo
studio legale ‘Donnolesi & Co. Solicitors’ e parlai con Archie
Donnolesi,
la donnola che gestiva la compagnia. A differenza di suo figlio, Archie
sa come
parlare a un altro mammifero. Lo informo della morte… di mia madre… e
accetta
di incontrarmi fra qualche ora nel pomeriggio. Non appena termino la
chiamata,
compongo il numero della casa di Judy. Il telefono squilla per poco
tempo.
******
“Pronto?”
fu la risposta concisa dall’altro capo del telefono. Nicholas aveva
risposto
alla chiamata.
“Car…
tua madre è in casa?” domandò Nick.
“No,
è andata al lavoro.” rispose Nicholas.
“…
giusto.” affermò Nick, “D’accordo, andrò a trovarla in centrale. C’è
qualcosa
che dobbiamo fare questo pomeriggio.”
“Ho
capito.” replicò Nicholas prima di riagganciare.
******
Penso
che sia il massimo che Nicholas mi abbia detto fin dal nostro incontro
nella
vecchia sartoria di mio padre.
Comunque,
mi preparo per andare alla centrale di polizia. Indosso un completo
elegante –
camicia bianca con giacca e pantaloni rigorosamente neri – ed esco da
casa di
mia madre. Finnick si offre di accompagnarmi, ma gli chiedo di rimanere
con
Robin in casa mentre sono via. Chiamo un taxi e non passa molto tempo
prima che
uno spettacolo che non vedevo da quindici anni mi torni alla mente.
L’edificio
della centrale di polizia non è cambiato affatto. Voglio dire,
avrebbero almeno
dovuto dare una mano di vernice nei quindici anni che sono passati
dall’ultima
volta che l’avevo visto.
Pago
la corsa, esco e mi dirigo verso l’ingresso. Diamine, persino le porte
scorrevoli sono rimaste le stesse.
Mentre
entro nell’edificio, noto che almeno l’interno aveva avuto un
intervento di
riverniciatura. Getto uno sguardo al centralino e assisto a un altro
spettacolo
che ero sicuro che non sarebbe cambiato dopo tutto questo tempo.
Accidenti,
Ben Clawhauser non sembra cambiato di una virgola, vero? Da qui, riesco
a
scorgere qualche pelo grigio sulla pelliccia attorno al suo muso, ma
rimane un
gattone troppo cresciuto, che sta canticchiando una canzone che
riconosco come
l’ultimo singolo di successo di Gazelle, mentre balla allegramente al
suo
posto, del tutto ignaro di ciò che sta succedendo qui.
Mi
avvicino al bancone del centralino; Ben non si è ancora accorto che c’è
un
visitatore. Una volta arrivato, busso sul legno del bancone.
Ben
smette di ballare e mi fissa. Per un istante, il suo volto sembra
essersi
bloccato per la sorpresa.
Quindi,
succede.
******
“Per
tutte le macchie di ghepardo!” strillò Clawhauser, “Nicholas Wilde! Sei
tornato!”
Clawhauser
si lanciò dall’altra parte del bancone e strinse a sé Nick in un
abbraccio.
“Baffetto!
Non riesco a respirare!” ansimò Nick. Il corpulento ghepardo allentò la
presa e
lasciò andare la volpe.
“Oh,
ti sei perso un sacco di cose avvenute qui dentro!” esordì Clawhauser,
“Non so
quanto tu sappia, ma…”
“Credimi,
amico.” disse Nick mentre si sistemava la cravatta e il colletto della
giacca,
“So già tutto.”
Clawhauser
abbassò lievemente lo sguardo.
“Oh,
ho saputo della tua povera mamma.” disse, “Mi dispiace tanto, Nick.”
L’unica
risposta di Nick fu una leggera smorfia.
“Cosa
ti porta al distretto oggi?” domandò Clawhauser nel tentativo di
cambiare
argomento dopo aver visto l’espressione abbattuta di Nick.
“Ho
bisogno di parlare con car… voglio dire, il Capitano.” disse Nick.
“Allora
lo sai già.” commentò Clawhauser, “Che altro hai saputo?”
“Tutto.”
ribadì Nick.
“Ah.”
esclamò il ghepardo prima di sporgersi in avanti, “Nick, per quello che
vale,
sappi che ho preso le tue difese dopo che te ne sei andato.”
Nick
abbozzò un sorriso.
“Ti
ringrazio, amico.” disse, “Lo apprezzo molto.”
“Per
quanto riguarda il Capitano Hopps, la troverai nel suo ufficio.” disse
Clawhauser,
“La chiamo subito.”
Il
ghepardo sollevò la cornetta del telefono. “Capitano? C’è qui Nick
Wilde che
desidera parlare con lei. Lo mando su? D’accordo.” Clawhauser riattaccò
e si
rivolse a Nick, “Conosci ancora la strada?”
“Dopo
tutte le lavate di capo che Bogo mi ha fatto lassù? Certo!” ribadì Nick
alzando
un sopracciglio, “A proposito, come sta?”
“Beh,
glielo puoi chiedere tu stesso, dal momento che è in ufficio con il
capitano.”
Nick
si accigliò. Tuttavia, si diresse verso la rampa di scale che lo
avrebbe
condotto al secondo piano. Si rivolse nuovamente a Clawhauser.
“È
stato un piacere parlare di nuovo con te, baffetto.” disse Nick.
“Torna
presto, manchi a tutti noi!” affermò il ghepardo, mentre vedeva la
volpe salire
le scale.
Nick
raggiunse la porta di quello che in precedenza era l’ufficio del
capitano Bogo.
Sulla porta era riportata la dicitura ‘Capitano Hopps’. Poteva sentire
delle
voci provenire dall’ufficio, perciò Nick bussò alla porta.
“Avanti.”
esclamò Judy. Nick aprì la porta ed entrò.
Lo
spettacolo che Nick si trovò davanti fu il più insolito che avesse mai
visto.
Bogo, che indossava un completo casual, era seduto su quello che Nick
considerava il lato sbagliato della scrivania. Judy, invece,
era seduta
sulla sedia che spettava al suo rango.
“Wilde.”
annuì Bogo.
“Bogo.”
esclamò Nick di rimando. Il bufalo si rivolse a Judy.
“Beh,
credo che ci siamo detti tutto quello che dovevamo dirci.” Bogo si alzò
e si
abbottonò la giacca, “Se vuole scusarmi, ho alcune faccende che
richiedono la
mia attenzione.”
Con
ciò, Bogo uscì dall’ufficio. Nick lo vide allontanarsi prima di
rivolgere la
sua attenzione a Judy, che sospirava.
“Su
col morale, capitano.” disse Nick mentre si arrampicava sulla grande
sedia che
Bogo aveva lasciato vacante.
“Non
ancora per molto.” esclamò Judy. Nick la guardò perplesso.
“Che
cosa dovrebbe significare?” domandò Nick. Judy rispose facendo
scivolare una
lettera sulla scrivania in direzione della volpe.
******
La
lettera che carotina mi passa richiede pochissimo tempo per essere
letta.
È
una lettera di dimissioni. Ha intenzione di lasciare il ruolo di
capitano e
chiede di essere declassata al grado di tenente.
Lo
stesso rango che aveva quando me ne sono andato.
La
lettera raccomanda anche di sostituirla con Trisha Fangmeyer, sorella
dell’agente Stan Fangmeyer.
Le
chiedo perché ha intenzione di fare una cosa simile.
******
“Voglio
dimettermi perché è la cosa giusta da fare.” disse Judy, “Non sono una
brava
mammifera, Nick.” la coniglia sospirò malinconicamente, “Perché sono
andata così
lontano?”
“Perché
il tuo obiettivo era sempre quello di rendere il mondo un posto
migliore.”
replicò Nick.
“Non
ci sono neppure andata vicino. Non posso perseguire questo obiettivo se
non
riesco neppure a rendere migliore il mondo di mio figlio.” disse Judy,
“Non ci
riesco dal giorno in cui… abbiamo litigato. Mi sono arresa. Sono andata
avanti
con il pilota automatico, ottenendo una promozione dopo l’altra. Sono
un’amica
orribile, una pessima madre e non posso più andare avanti così. Devo
sistemare
tutto questo.”
Nick
poteva vedere gli occhi di Judy inumidirsi di lacrime.
“Su,
su…” Nick allungò una zampa verso Judy e le strinse la spalla, “Non sei
cattiva
come pensi, Judy.” Le orecchie della coniglia si piegarono in avanti
nell’udire
il suo nome, ma lei scosse la testa in segno di negazione, “Non lo sei affatto.
Hai commesso degli errori nel corso della tua vita? Beh, sì, li hai
commessi.
Ma questo ti rende un pessimo soggetto? No, niente affatto. Se fossi
davvero
cattiva come hai detto, ti saresti forse resa conto degli errori che
hai fatto?
Non credo proprio. Nessuno che possiede un’indole malvagia ammette mai
di aver
sbagliato. E se tu sei davvero una mammifera orribile, allora
io che
dovrei essere? Sono tornato a Zootropolis soltanto per vedere in tempo
mia
madre, o ciò che era rimasto di lei, morire. Se fossi tornato prima,
avrei
scoperto la verità e sarei rimasto in città mentre mia madre sarebbe
stata
ancora in vita.”
“Io
ti ho respinto!” protestò Judy.
“Me
ne sono andato di mia volontà!” ribadì Nick.
“Per
colpa di tutto quello che ho fatto!”
“Basta!”
gridò Nick, “Basta così!”
Judy
rimase a fissare la scrivania, mentre le lacrime le rigavano il volto.
“Non
sono venuto qui per discutere su chi di noi due avesse commesso più
errori, carotina.”
ribadì Nick.
“Perché
sei qui, allora?”
Nick
fece un respiro profondo per calmarsi, prima di riprendere a parlare.
“La
lettura del testamento della mamma si terrà questo pomeriggio.” disse,
“Dovrai
essere lì.”
******
Carotina
sembra sorpresa. Le dico che ho trovato una lettera in cui mia madre ha
trascritto le sue ultime volontà, alcune delle quali la riguardano
direttamente.
Mi
tornano alla mente le ultime parole scritte in essa.
Stai
attento. Stai bene.
Rimani
te stesso.
Poi
ripenso alle parole pronunciate da Finnick, su come abbia ancora il
cuore a
pezzi dopo tutto questo tempo. Immagino che abbia ragione. Puoi anche
mettere
una pezza su una crepa, ma rimarrà sempre al suo posto. Non
fraintendetemi: amo
ancora Anabel, e se lei fosse ancora in vita, le cose ora sarebbero
diverse, ma
penso che lei sapesse che il mio cuore era ancora… in frantumi… dopo
quello che
era successo. In più di un’occasione, aveva provato a convincermi a
riprendere
il mio vecchio nome. Le avevo detto che ci avrei pensato.
Mi
è venuta in mente un’altra cosa a proposito di tutto questo.
L’unica
ragione per cui stavo così male è perché ero ancora innamorato di Judy.
E se il
dolore che avevo provato in passato era tornato, non poteva certo
trattarsi di
una semplice eco.
Questo
può significare una sola cosa.
Sono
ancora innamorato di Judy.
Cercate
di non travisare il significato di quanto ho appena detto. Sebbene la
ami
ancora, sono successe troppe cose fra di noi perché possiamo anche solo
pensare
di tornare a lavorare insieme come è stato in passato. È passata fin
troppa
acqua sotto i ponti. Tuttavia, non vedo alcun valido motivo per cui noi
due non
possiamo tornare a essere amici, soprattutto dal momento che, in un
modo o
nell’altro, siamo strettamente connessi tramite nostro figlio.
Qui
sto divagando. Perciò mi limito a dirle della lettera senza accennare
al suo
contenuto.
Non
dovevo dirle altro, perciò lascio Carotina ai suoi doveri dopo averle
detto
dove si trova la sede legale dello studio ‘Donnolesi & Co.
Solicitors’.
******
Mentre
Nick usciva dalla centrale di polizia, vide avvicinarsi il furgone di
Finnick.
Nick raggiunse il mezzo con un’espressione leggermente accigliata.
“Cosa
ti porta qui?” domandò Nick.
“Servizio
navetta.” grugnì Finnick. Nick non poté fare a meno di ridacchiare,
attirandosi
uno sguardo irato da parte del suo vecchio amico.
“Cerca
di non occupare troppo spazio.” minacciò il fennec, “Salta a bordo.”
Nick
fece come gli era stato detto e si accomodò sul sedile anteriore del
passeggero. Robin era seduto sul retro del furgone.
“Allora…”
esordì Finnick dopo aver messo in moto, “Vuoi dirmi per quale ragione
ci hai
messo così tanto? Avevo iniziato a chiedermi se ti avessero tenuto in
ostaggio
o qualcosa del genere.”
“No.”
rispose Nick scuotendo la testa, “Andiamo via di qui. Ho un
appuntamento con
una donnola.”
Finnick
sbuffò seccato mentre si dirigeva in direzione di Happytown.
******
Ah,
Happytown. Non mi è mai mancato questo posto. Nonostante il nome,
nessuno è
felice a Happytown. I miei genitori vivevano qui, molto tempo prima che
potessero racimolare i soldi necessari per trasferirsi nel Distretto di
Rainforest. Questo è il peggior distretto di tutta Zootropolis. È
praticamente
una baraccopoli. Mi vergogno ad ammettere che ho dovuto vivere qui
prima di
affittare quel grazioso appartamento a Savanna Central con carotina.
La
sede della compagnia si trova a pochi isolati di distanza dalla vecchia
sartoria
di papà.
Chiedo
ancora una volta a Finnick di badare a Robin mentre sono via. Non
sembra troppo
contento di giocare nuovamente alla tata, ma gli do abbastanza soldi
per
comprare qualcosa da mettere sotto i denti e questo sembra bastare a
rasserenarlo.
Non
appena mi accingo a entrare, ancora una volta le parole di mia madre mi
ritornano alla mente.
Rimani
te stesso.
Dal
momento che sono qui, finisco col chiedermi cosa mi sia appena passato
per la
testa.
******
Nick
si avvicino alla centralinista, una giovane volpe che poteva avere
diciotto o diciannove
anni al massimo; molto probabilmente era una tirocinante, aveva pensato
Nick.
“Mi
scusi, ho un appuntamento con Archie Donnolesi. Il mio nome è Nicholas
Hood.”
La
volpe lanciò un’occhiata a Nick, poi iniziò a battere i tasti sulla
tastiera
del suo computer.
“Sì.”
esclamò la giovane tirocinante indicando il breve corridoio dietro la
scrivania,
“Lo troverà nell’Ufficio Due sulla destra.”
“Grazie.”
disse Nick avvicinandosi all’ufficio indicatogli. Bussò alla porta.
“Avanti.”
disse una voce maschile dall’altro lato della porta. Nick la aprì ed
entrò.
“Ne
è passato di tempo, Archie.” disse con un sorriso.
Archibald
‘Archie’ Donnolesi aveva appena passato la settantina, ma sembrava più
arzillo
che mai. A differenza di suo figlio Duke, non aveva un pelo fuori posto
e il
suo completo, sebbene fosse un po’ logoro, era comunque ben tenuto.
Indossava gli
occhiali, un dettaglio che si rivelò una novità agli occhi di Nick.
“Come
sta tuo figlio? Non lo vedo da… beh, almeno quindici anni.” disse Nick.
“È
in prigione, che tu ci creda o no.” rispose Archie.
“Che
cosa ha combinato questa volta?”
“Il
solito.” Archie si limitò a stringersi nelle spalle, “A volte non so
proprio
cosa fare con lui.” confessò scuotendo la testa, “Immagino che tu non
sia
venuto qui per ascoltare le storie della mia famiglia.”
Nick
cambiò rapidamente espressione.
“Hai
indovinato.” ammise Nick, “Sono qui per mettere in ordine gli affari
che mia
madre ha lasciato in sospeso.”
Archie
gli consegnò una busta sigillata.
“Poiché
il testamento riguarda più beneficiari, ritengo che tu abbia già
informato le
parti interessate che devono essere presenti alla lettura. Non è così?”
“Sì.”
rispose Nick, “Ma prima di iniziare, c’è una cosa che vorrei chiederti.”
“Di
che si tratta?”
Nick
inspirò profondamente.
“Voglio
cambiare il mio nome.”
“Ancora?”
Archie inarcò un sopracciglio, “Un cambiamento non è stato sufficiente?”
“Ecco…”
cominciò Nick, “Non voglio prendere un nuovo nome, desidero soltanto
tornare a
quello vecchio.”
Archie
si limitò a fissare negli occhi Nick per un po’.
“Ascolta,
c’era qualcosa nella lettera della mamma che corrisponde a verità e
stamattina
ho parlato con alcuni… amici che mi hanno fatto capire che sono
scappato da me
stesso per troppo tempo.” spiegò Nick, “Ritornare al mio vecchio
nome sarà
soltanto… l’inizio di un lungo processo di cambiamento.”
Archie
continuò a tenero lo sguardo fisso su Nick, prima di sbuffare e di
tirare fuori
un documento da uno dei cassetti della sua scrivania.
Era un modulo per il cambio del nome. Nick
sapeva che con ogni probabilità l’iter burocratico avrebbe richiesto
del tempo.
“Compila
questo modulo e consegnalo in municipio.” disse Archie.
“Ti
ringrazio.” esclamò Nick dopo aver preso il documento.
******
Dopo
che Judy arrivò, si sedette sulla sedia accanto alla mia e Archie
iniziò a
leggere il testamento in nostra presenza.
Mamma
aveva lasciato a me il suo appartamento. A Nicholas sarebbero andati i
suoi
risparmi. Il testamento affermava che desiderava essere sepolta nello
stesso
lotto dove riposa papà. Aveva anche stipulato una polizza assicurativa
sulla
vita che avrebbe coperto i costi del funerale.
Me
ne vado appena finita la lettura del testamento. Finnick mi porta a
casa e
chiamo l’impresa di pompe funebri per organizzare il da farsi.
Il
funerale della mamma si sarebbe svolto entro una settimana.
Per
quanto riguarda me: Nicholas Johnathan Hood esce di scena, mentre
Nicholas
Piberius Wilde fa il suo ritorno.
Note
dell’autore: Questo
era il nono capitolo!
Al
contrario del precedente, questo capitolo è ben più lungo e anche pieno
zeppo di
avvenimenti, come il testamento che Viola Wilde è riuscita a scrivere
di
propria zampa prima che la malattia le divorasse inesorabilmente la
memoria e
le dimissioni di Judy da capitano della polizia di Zootropolis. Spero
che
abbiate a disposizione una bella scorta di fazzoletti, perché ne avrete
bisogno
nei prossimi capitoli. Vedrete!
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
IX di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-9-Letters-And-Wills-687657673
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e
vi
auguro una buona lettura. A presto!
|
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Capitolo 10 *** Addio, Viola ***
Chapter X
Capitolo
X
Addio,
Viola
(dal
punto di vista di Judy)
Oggi
è il giorno del funerale di Viola Wilde.
In
qualche modo questo fatto mi fa sembrare il tutto molto più reale.
Indosso
un tailleur nero e una camicetta bianca; non è nel mio consueto modo di
vestire, ma l’occasione lo richiede. L’ultima volta che l’ho indossato
è stato
quando il nonno è deceduto dieci anni fa. Mi guardo allo specchio.
Come
ultimo tocco, attacco un piccolo giglio sul taschino.
Questo
è anche il mio ultimo giorno ufficiale come capitano di polizia del
Distretto
Uno, ma questo mi preoccupa assai meno del funerale. Sia il sindaco sia
il
commissario Bogo sono stati comprensivi ed entrambi mi hanno permesso
di
prendere la giornata libera: Fangmeyer ricoprirà semplicemente il suo
nuovo
ruolo un po’ prima di quanto avesse pensato.
Per
me, ciò che più conta in questo momento è essere presente per mio
figlio. Sarò
presente anche per il mio amico. Sarò lì per rendere omaggio alla volpe
che, me
ne rendo conto ora, non aveva mai rinunciato alla speranza che le cose
avessero
potuto migliorare.
Il
telefono squilla e mi distoglie dai miei pensieri. Lo prendo e
controllo
l’identità di chi mi sta chiamando sullo schermo. È mia madre.
******
“Ciao,
mamma.” disse Judy dopo aver premuto l’icona di accettazione della
chiamata. La
faccia di sua madre apparve sullo schermo.
Bonnie
Hopps aveva ormai superato da un bel po’ i sessant’anni, ma Judy poteva
giurare
che non ne dimostrava più di cinquanta. Sullo sfondo, Judy poteva
intravedere
suo padre Stu, intento a fare qualcosa, ma non riusciva a vedere di
cosa si
trattasse.
“Ciao,
tesoro.” disse Bonnie, “Come stai?”
“Sto
bene.” rispose Judy.
“Judy…”
replicò Bonnie preoccupata, “Potresti anche avere quarantadue anni,
ma tieni
ancora le orecchie abbassate quando non stai bene.”
“Poteri
di mamma, eh…” esclamò Judy con una risatina.
“Sì,
e sai esattamente di cosa sto parlando.” disse Bonnie, “Come sta
Nicholas?”
“Lui
è rimasto… incredibilmente sconvolto, anche se sta cercando in tutti i
modi di
nascondermelo. La morte della signora Wilde è stato un durissimo colpo
per
lui.”
“Beh,
mi sembra ovvio. Lei era sua nonna e anche l’unico legame che aveva con
suo
padre.”
“Non
più…” disse Judy.
“So
che è tornato, ma è stato via per quindici anni, tesoro.” ribadì
Bonnie, “So
che speri che tutto vada bene, ma non è stato presente nei primi anni
di
Nicholas. Come può pensare di essere un padre per lui adesso? Forse
sarebbe
meglio che se lui tornasse all’estero dopo il funerale.”
“È
Judy al telefono?” domandò Stu prima di comparire sullo schermo, “Ehilà,
Judy! Come va? Hai bisogno che venga con un forcone per occuparmi del
tuo
problema?”
“Di
sicuro non c’è bisogno che lo faccia proprio oggi.” rispose Judy
accigliata,
“Viola era la madre di Nick, non soltanto la nonna di Nicholas, e non
ho
intenzione di voltare le spalle a Nick quando è a terra. O quando è su
di
morale, per quanto mi riguarda. Ho passato quindici anni della mia vita
a
pentirmi dell’ultima volta che ho fatto una cosa del genere, e voi due
dovreste
saperlo più di tutti!”
“Non
lo abbiamo mai neppure pensato.” disse Bonnie, alzando una zampa
come per volersi
scusare, prima di lanciare un’occhiata severa a suo marito, “Né ci
sentirai
mai dire una cosa simile.”
L’anziana
coniglia sospirò.
“Mi
dispiace, tesoro. Non volevamo sembrare insensibili. Siamo solo
preoccupati.”
“Sto
bene.” disse Judy ripetendo la sua precedente affermazione.
“Beh,
se lo dici tu… ti lascio andare adesso, Judy. Fatti forza.” esclamò
Bonnie.
“Ci
proverò.” replicò Judy prima di terminare la chiamata. Si diede
un’ultima
occhiata all’abito e sistemò la spilla, prima di lasciare la stanza e
bussare
alla porta della camera di Nicholas.
“Nicholas,
ti sei già vestito?” domandò Judy.
Non
ci fu alcuna risposta, perciò Judy aprì leggermente la
porta. Nicholas era seduto sul letto in giacca e cravatta, con le zampe
tra le
ginocchia e la testa china.
“Ehi…”
Judy entrò nella stanza e si
sedette accanto a lui sul letto, “Andrà tutto bene.”
“No,
non andrà bene niente.” disse
Nicholas, “Nonna Viola non c’è più. Se n’è andata per sempre.”
“Cerca
di non pensarla così. Potrebbe
essersene andata, ma lei vive.” disse Judy posando una zampa sul petto
del
figlio, “Vive qui. Nel tuo cuore.”
Nicholas
guardava sua madre con gli
occhi gonfi di lacrime.
“Vieni
qui, tesoro.” disse Judy
stringendo Nicholas in un abbraccio; per la prima volta dopo tanto
tempo,
Nicholas ricambiò quel gesto affettuoso da parte di sua madre.
******
Il
funerale di Viola si sarebbe tenuto in una cappella nel Cimitero del
Grande
Principe, nel Distretto di Rainforest. Come è consuetudine in quel
distretto
della città, la pioggia è ‘programmata’.
Conosco
bene la strada: in tutti gli anni che ho servito nel Corpo di Polizia
di
Zootropolis, ho preso parte ai funerali di tre colleghi. Uno di essi,
Leroy
Wolfard, è seppellito nello stesso luogo in cui Viola avrebbe trovato
riposo.
Ci
vuole circa mezz’ora nel traffico di punta del mattino per raggiungere
il
cimitero. Quando arrivo, riesco già a vedere il furgone di Finnick
parcheggiato. Spengo il motore e scendo dalla macchina dopo aver preso
un
respiro profondo. Nicholas mi segue. Camminiamo in silenzio verso la
cappella
situata al centro del cimitero. Il sacerdote, una volpe dalla pelliccia
nera, è
in piedi fuori dalla cappella insieme a Nick.
Nick
fa un cenno a me e Nicholas mentre gli passiamo davanti.
Una
volta dentro, mi accorgo che sono presenti pochissimi mammiferi in
lutto.
Alcune volpi sono sedute sui banchi; non riesco a riconoscerne nessuna,
mentre
noto Finnick seduto in seconda fila. Riesco a vedere Robin seduto in
prima
fila, con la testa china.
Il
ministro di culto e Nick entrano. Il primo mi dice che, dietro
richiesta di
Nick e in qualità di madre di suo figlio, dovrei accomodarmi in prima
fila
accanto a lui, dal momento che è consuetudine che i familiari più
stretti si
raccolgano in prima fila. Scambia un cenno d’intesa con Nick e lui si
accomoda
fuori mentre mi siedo al posto convenuto. Robin mi guarda nervoso.
Un
silenzio lungo diversi minuti scende nella cappella. Nessuno si muove.
Alcuni
membri della congregazione riunita si lanciano delle occhiate. Mi
prendo il
tempo necessario per guardarmi intorno.
Alcune
delle volpi riunite hanno l’età di Viola, quindi immagino che la
conoscessero
bene. Altre sono più giovani, perciò potrebbero essere i loro figli.
Il
sacerdote invita ad alzarci. Mentre lo faccio, guardo in direzione
della porta.
Un
gruppo di sei volpi portano una bara – il feretro di Viola – sulle loro
spalle.
Nick porta la bara in equilibrio sulla spalla destra, nella parte
anteriore. La
processione che trasporta il feretro si avvicina e lo pone sul
cavalletto di
fronte al sacerdote. Quest’ultimo entra nel pulpito e inizia a parlare.
******
“Siamo
qui riuniti oggi per rendere omaggio e celebrare la
memoria della nostra defunta sorella, Viola Emma Wilde.” iniziò il
sacerdote,
“Ha lasciato questo mondo per ricongiungersi nell’aldilà alle anime di
coloro
che l’hanno preceduta.”
Il
ministro di culto alzò lo sguardo verso l’alto.
“Ora
cederò il testimone a suo figlio, Nicholas Wilde,
il quale vorrebbe aggiungere alcune parole.”
disse prima di
scendere dal pulpito. Nick, che si era seduto in prima fila accanto a
Robin, si
alzò e prese posto sul pulpito. Tutti gli occhi dei presenti erano
fissi su di
lui mentre spiegava un foglio di carta e lo posizionava sul piedistallo.
“Quando
ero un cucciolo, la mamma mi
diceva sempre ‘La notte cala, ma il sole sorgerà sempre il giorno
successivo’.”
esclamò Nick leggendo il testo riportato sul foglio, “Per me, la notte
è stata
presente per molto tempo, ma lei era sempre lì a cercare di strapparmi
dalle
tenebre per riportarmi alla luce. Non aveva mai smesso di credere nel
bene
presente nel mondo là fuori. Non aveva mai smesso di credere in coloro
che
amava. Lei era così.” Judy riuscì a vedere le lacrime sgorgare dagli
occhi di
Nick, mentre il tono della sua voce vacillava, “Vedeva il bene in
ognuno.
Sapeva che tutti, a un certo punto della loro vita, cadono a terra, ma
era
sempre lì, a offrire una zampa per aiutarti a rialzarti. Per lei non
doveva
essere stato facile crescere da sola un figlio che aveva perduto la
speranza,
ma non aveva mai voluto arrendersi con me. Questo è stato il dono più
grande
che abbia mai potuto offrire al mondo: il dono della speranza.”
Nick
deglutì e lanciò un’occhiata alla bara che ospitava il corpo di sua
madre.
“Era
la madre migliore che un cucciolo dal cuore infranto avrebbe mai potuto
avere al
proprio fianco.” disse infine Nick, prima di scendere dal piedistallo e
tornare
al suo posto con la pelliccia del suo volto bagnata dalle lacrime. Il
sacerdote
fece un passo indietro.
“Grazie
per le tue parole, Nicholas.” disse il celebrante, “Viola era amata da
tutti
coloro che l’hanno conosciuta. La sua scomparsa è una tragedia, ma
dobbiamo
tener presente che con la morte, termina anche la sofferenza. La vita è
un
inizio e la morte è una parte naturale della vita. Non dobbiamo vedere
la morte
come la fine di tutto, perché la morte è semplicemente il passaggio a
una nuova
vita. Ora vorrei leggervi un passo, prima di poter infine affidare
Viola al
riposo eterno.”
******
Il
sacerdote legge un passaggio dal libro che sta tenendo. Rivolgo lo
sguardo
verso Nicholas, che tiene la testa bassa e non riesce a fermare le
lacrime che
gli scorrono sul viso. Il mio braccio si protende verso di lui e faccio
del mio
meglio per confortarlo, mentre cerco io stessa di essere forte. Il
celebrante
finisce di leggere il passo e annuncia che possiamo procedere alla
sepoltura.
Guardo Nick mentre si fa avanti con le altre cinque volpi che avevano
trasportato con lui la bara di Viola sulle spalle. Le sei volpi
sollevano
nuovamente il feretro e il sacerdote ci invita ancora una volta ad
alzarci. La
processione conduce fuori la bara di Viola, seguita dal sacerdote a da
tutti i
presenti alla cerimonia. Sto ancora sorreggendo Nicholas mentre
usciamo. Il
cammino verso il luogo deputato all’inumazione non richiede molto
tempo. Vedo
una fossa già scavata nel terreno.
Accanto
ad essa, sulla sinistra, noto una tomba con una lapide che riporta
questa
iscrizione:
‘Johnathan
Reginald Wilde.
1967-1990.
Padre,
marito, figlio.
“Un
giorno il mondo sarà un posto migliore.”’
La
processione si è fermata. I portatori della bara l’hanno posata
delicatamente a
terra. Il sacerdote riprende a parlare ancora una volta, ma non riesco
a
prestargli attenzione e osservo silenziosamente la bara mentre viene
fatta
calare nella fossa.
In
quel lasso di tempo che pare interminabile, il ministro di culto
conclude la
sua omelia. Nick indietreggia e osserva la bara che ha raggiunto il
fondo della
fossa. Prende un giglio da un mazzo di fiori che era stato deposto
accanto alla
tomba e lo lascia cadere sulla bara. I responsabili dell’inumazione
iniziano a
riempire di terra la fossa, affidando il corpo di Viola Wilde al riposo
eterno.
Nicholas
sfugge al mio controllo e si avvicina a Nick. Per un momento, temo che
possa
dare inizio a un nuovo litigio.
Poi
succede qualcosa di inaspettato.
Nicholas
si fa avanti e abbraccia Nick.
Lo
stesso Nick appare piuttosto sorpreso.
Robin
è dietro di lui; il mio primo pensiero è che possa sentirsi escluso, ma
a
giudicare dallo sguardo che rivolge a entrambi… credo che lui abbia
capito che
suo padre e Nicholas avessero bisogno di vivere questo momento.
Nicholas
si stacca da Nick e poi abbraccia anche Robin. Inizialmente, lui ha la
stessa
reazione del padre: si irrigidisce a quel contatto e poi, superato lo
stupore,
ricambia l’abbraccio.
Anch’io
mi avvicino a Nick. Ci guardiamo negli occhi per un po’ di tempo, senza
proferire parola.
Quindi
Nick si fa avanti e mi abbraccia. Riesco a sentirlo singhiozzare,
mentre le
lacrime scendono silenziosamente sul mio volto.
Sembra
che trascorra un’eternità prima di staccarci da quell’abbraccio.
Nicholas e
Robin ci guardano fianco a fianco. Nick mi lancia un cenno col capo ed
entrambi
volgiamo un’ultima occhiata sul luogo in cui Viola Wilde avrebbe
riposato, Nick
fa un cenno d’assenso verso il punto dove è situata la tomba di suo
padre. Lo
guardo mentre si ferma per un momento. Poi inizia a parlare.
“Faresti
meglio a prenderti cura della mamma, d’accordo?” esclama. Fissa la
lapide di
John Wilde ancora per un po’, come se si aspettasse una risposta di suo
padre
dall’aldilà, prima di voltarsi.
Seguo
Nick dal cimitero e la mia zampa è protesa in avanti in cerca della
sua, ma non
riesce a raggiungerla prima che possa ricadere sul mio fianco.
Note
dell’autore: Eccoci
arrivati al decimo capitolo!
Non
vorrei recitare la parte del guastafeste, ma il funerale di Viola Wilde
rappresenta il momento dell’intera storia in cui i personaggi
principali
saranno in qualche modo forzati a dire addio non soltanto alla povera
volpe, ma
anche a tutti gli errori commessi in passato, in modo da poter guardare
al
futuro con una maggiore consapevolezza delle proprie forze e debolezze.
In
questo capitolo avete potuto conoscere il punto di vista di Judy; in
quelli
successivi scoprirete anche quelli di Nicholas, Nick e Robin.
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
X di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-10-Goodbye-Viola-688433898
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e
vi
auguro una buona lettura. A presto!
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Capitolo 11 *** Dietro lo scudo del dolore ***
Capitolo
XI
Dietro
lo scudo del dolore
(dal
punto di vista di Nicholas)
Una
settimana.
È
quanto mi ci è voluto per accettare il fatto che nonna Viola se ne
fosse andata
per sempre.
Ho
saputo che la mamma ha rassegnato le sue dimissioni dal ruolo di
capitano della
polizia di Zootropolis. Mi ha detto che desidera trascorrere più tempo
con me,
per cercare di essere una madre migliore.
Sto
cominciando a sentirmi in colpa per averla accusata di non essere stata
presente per me. Ricordo cosa mi diceva nonna Viola:
“Potrei
non comprendere perché abbia fatto ciò che ha fatto, ma rimane sempre
tua madre
e niente potrà mai cambiarlo.”
Oggi
è il giorno del suo funerale e all’inizio di questa mattina, mi sveglio
come
intontito. Poi il sole inizia a sorgere, e con esso, il significato che
questo
giorno porta con sé.
******
Nicholas
era in piedi di fronte al suo armadio, fissando il completo che avrebbe
dovuto
indossare quel giorno per il funerale di sua nonna. Si trattava di un
abito
nero a due pezzi corredato da una cravatta dello stesso colore, che sua
madre
aveva fatto confezionare apposta per lui. O almeno, era ciò che gli
aveva detto
all’inizio. Ma era evidente che il completo, seppur realizzato in modo
impeccabile, non era stato affatto confezionato da un professionista.
Inoltre,
Nicholas poteva sentire un odore vago e familiare.
Quell’odore
apparteneva a una volpe.
Era
l’odore di Nick Wilde.
All’inizio,
Nicholas si era rifiutato di indossarlo, ma Judy gli aveva detto che
Nick aveva
realizzato quel completo per lui perché non era stato in grado di
contattare un
sarto in grado di crearlo con così poco tempo di preavviso. Gli
raccontò che
quando Nick era più giovane, aveva creato vestiti diversi per ogni tipo
di
‘lavoro’ che lui e Finnick avrebbero svolto assieme, oltre che a
confezionare
abiti delle dimensioni adatte per un canide destinati a sé stesso.
All’apparenza, quella di confezionare vestiti doveva essere un’abilità
che suo
padre gli aveva trasmesso quando Nick era ancora un cucciolo.
Dopo
aver preso un respiro profondo, Nicholas prese il completo dall’armadio
e
iniziò a cambiarsi. Una volta finito, si sedette sul letto e appoggiò
le zampe
tra le sue ginocchia, tenendo la testa abbassata.
Sentì
qualcuno bussare alla porta.
“Nicholas,
ti sei già vestito?” domandò Judy.
Nicholas
non rispose. Judy aprì leggermente la porta e vide suo figlio seduto
sul letto.
“Ehi…”
Judy entrò nella stanza e si sedette sul letto accanto a lui, “Andrà
tutto
bene.”
“No,
non andrà bene niente.” disse Nicholas, “Nonna Viola non c’è più. Se
n’è andata
per sempre.”
“Cerca
di non pensarla così. Potrebbe essersene andata, ma lei vive.” disse
Judy
posando una zampa sul petto del figlio, “Vive qui. Nel tuo cuore.”
Nicholas
guardò sua madre con le lacrime agli occhi.
“Vieni
qui, tesoro.” disse Judy stringendo Nicholas in un abbraccio. Il
giovane ibrido
ricambiò l’abbraccio di sua madre, mentre le lacrime scorrevano
silenziosamente
sul suo viso.
******
Fa
male. Fa davvero male. Non ho mai provato un tale dolore prima d’ora.
Perché
nonna Viola era l’unico legame che avessi con mio padre? No…
Forse
il fatto è che lei mi voleva bene, nonostante io sia uno scherzo della
natura.
O
forse perché l’ho vista spegnersi lentamente fino al punto da
dimenticare chi
fossi? O forse perché alla fine non c’era nulla che potessi fare per
impedirle
di lasciarci?
Non
riesco a fermare le mie lacrime. Il mio abbraccio con la mamma si fa
più
stretto.
Lei
mi lascia andare dopo un lasso di tempo che sembrava non volesse finire
mai. Mi
dice che è ora di andare. Dopo aver preso un respiro profondo e
tremante, la seguo
fuori dalla stanza e dall’appartamento, fino a che entro in macchina.
L’auto
attraversa Savanna Central e arriva nel Distretto di Rainforest, dove
si
sarebbe tenuto il funerale di nonna Viola, nel più completo silenzio.
La mamma
mi lascia solo con i miei pensieri, anche di tanto in tanto riesco a
vedere il
suo sguardo su di me. Ora, però, non ho bisogno di sentire altro.
Penso
che abbiamo impiegato circa mezz’ora per arrivare al cimitero. Al
nostro
arrivo, vediamo alcune macchine parcheggiate e quel furgone dalla
carrozzeria
inconfondibile che appartiene a quel fennec amico del signor Wilde.
Mamma
spegne il motore. Prende un lungo respiro prima di uscire dalla
macchina. Esco
e la seguo all’interno del cimitero.
Non
c’è nulla da dire. Restiamo in silenzio mentre ci avviciniamo alla
piccola
cappella posta al centro del cimitero.
Eccolo
lì… è in compagnia del sacerdote. Stanno parlando di qualcosa, quando
il signor
Wilde annuisce nella nostra direzione. La mamma ed io entriamo nella
cappella.
Non
ci sono molti mammiferi presenti al funerale. Noto che sono tutte
volpi. Mi
sento improvvisamente fuori posto. Ma sembra che la cosa non mi
sconvolga
quanto il fatto che nonna Viola non avesse molti amici. Perché? Era una
dei
mammiferi più gentili che io abbia mai conosciuto. Forse molti altri
che
sentivano la sua mancanza non sono potuti venire al funerale?
Vengo
distolto dai miei pensieri quando sento le zampe di qualcuno posarsi
sulle
nostre spalle dietro di noi. La mamma si gira e il ministro di culto ci
si
avvicina in compagnia del signor Wilde.
Il
sacerdote dice che dovremmo sederci in prima fila, dal momento che io
sono il
figlio del signor Wilde. È una sua richiesta. Il celebrante si rivolge
a lui,
gli fa un cenno e per tutta risposta, il signor Wilde si gira ed esce
dalla
porta.
La
mamma e io camminiamo nella cappella e ci sediamo in prima fila, dove è
seduto
anche Robin. Rivolge a entrambi uno sguardo colmo di nervosismo e
timidezza.
All’interno
della cappella non si sente volare una mosca. È come se tutti fossero
morti sul
momento.
Dopo
alcuni minuti, il celebrante sale sul pulpito e si rivolge ai presenti.
******
“Gentili
mammiferi qui presenti, vi invito ad alzarvi.” disse il sacerdote.
Tutti si
alzarono come richiesto e si voltarono verso l’ingresso della cappella,
mentre
sei volpi procedevano lentamente, ciascuna con la bara contenente il
corpo di
Viola Wilde appoggiata su una spalla.
Gli
occhi di Nicholas erano fissi su Nick, che gli passò davanti con la
bara in
equilibrio sulla sua spalla destra. Nicholas poteva vedere le lacrime
bagnare
il volto di suo padre.
Le
sei volpi si piazzarono di fronte all’altare e adagiarono delicatamente
la bara
sul cavalletto posto dinanzi al sacerdote. Tutte le volpi raggiunsero i
rispettivi posti a sedere, ad eccezione di Nick, che rimase di fianco
al
feretro di sua madre. Il ministro di culto avanzò di un passo.
“Siamo
qui riuniti oggi per rendere omaggio e celebrare la
memoria della
nostra defunta sorella, Viola Emma Wilde.” disse, “Ha lasciato questo
mondo per
ricongiungersi nell’aldilà alle anime di coloro che l’hanno preceduta.”
Il
sacerdote alzò gli occhi in alto.
“Ora
cederò il testimone a suo figlio,
Nicholas Wilde, il quale vorrebbe aggiungere alcune parole.” annunciò
prima di
scendere dal pulpito. Nick, che si era seduto in prima fila accanto a
Robin, si
alzò e prese il posto precedentemente occupato dal celebrante. Tutti
gli occhi
dei presenti si posarono su di lui, mentre tirava fuori un foglio di
carta e lo
adagiava sul piedistallo.
“Quando
ero un cucciolo, la mamma mi
diceva sempre ‘La notte cala, ma il sole sorgerà sempre il giorno
successivo’.”
esclamò Nick iniziando a leggere il testo riportato sul foglio, “Per
me, la
notte è stata presente per molto tempo, ma lei era sempre lì a cercare
di
strapparmi dalle tenebre per riportarmi alla luce. Non aveva mai smesso
di
credere nel bene presente nel mondo là fuori. Non aveva mai smesso di
credere
in coloro che amava. Lei era così.” il tono della sua voce aveva
iniziato a
vacillare, “Vedeva il bene in ognuno. Sapeva che tutti, a un certo
punto della
loro vita, cadono a terra, ma era sempre lì, a offrire una zampa per
aiutarti a
rialzarti. Per lei non doveva essere stato facile crescere da sola un
figlio
che aveva perduto la speranza, ma non aveva mai voluto arrendersi con
me.
Questo è stato il dono più grande che abbia mai potuto offrire al
mondo: il
dono della speranza.”
Nick
deglutì e lanciò un’ultima
occhiata alla bara di sua madre.
“Era
la madre migliore che un
cucciolo dal cuore infranto avrebbe mai potuto avere al proprio
fianco.” disse
infine Nick prima di scendere dal pulpito e tornare al suo posto con il
volto
segnato dalle lacrime. Il sacerdote fece un passo indietro.
******
Le
sue parole… hanno alimentato la sofferenza che provo dentro di me.
Perché
per la prima volta, riesco a vedere il signor Wilde sotto una luce
totalmente
diversa.
Non
vedo più il codardo che credevo che fosse.
Vedo
una volpe il cui cuore è andato in pezzi più volte di quanto avessi mai
potuto
immaginare.
È
come se tutte le tessere del mosaico iniziassero a combaciare dentro di
me. Non
fraintendetemi: sono ancora lontano da vederlo a tutti gli effetti come
mio
padre, ma… sento come se l’odio che avevo provato nei suoi confronti si
fosse
disciolto. O forse non c’è mai stato odio nel mio cuore.
Il
sacerdote riprende a parlare. Non gli presto attenzione, ma distolgo lo
sguardo
dal signor Wilde e ritorno a guardare la bara in cui riposa nonna
Viola. Non
passa molto tempo prima che possa sentire le lacrime inumidirmi gli
occhi e
chino la testa nel tentativo di nasconderle.
Prima
che potessi farlo, ci viene chiesto di alzarci. Il signor Wilde, così
come le
altre cinque volpi, si rialzano e portano nuovamente sulle loro spalle
la bara
di nonna Viola fuori dalla cappella. Il sacerdote ci precede e tutti
noi lo
seguiamo nella processione che attraversa il cimitero fino al punto in
cui
nonna Viola avrebbe finalmente trovato riposo. La mamma mi tiene ancora
il
braccio. Penso che stia cercando di confortarmi.
Le
volpi addette al trasporto della bara la adagiano nella fossa scavata
precedentemente; mentre svolgono questo compito, il sacerdote riprende
la
parola.
******
“Ora
affidiamo le spoglie della nostra sorella Viola Emma Wilde al riposo
eterno. Terra
alla terra,” il ministro di culto gettò una manciata di terra che
finisce sulla
bara adagiata sul fondo della fossa, “Cenere alla cenere,” un’altra
manciata,
“Polvere alla polvere.” un’ultima manciata di terra. Fece un cenno agli
addetti
all’inumazione, disposti in piedi ai lati della tomba, di ricoprire la
bara con
la terra rimasta.
Nicholas
rimase a guardare il procedimento di quella triste operazione per un
po’ prima
di rivolgere lo sguardo a Nick.
******
Non
so cosa mi spinge a farlo. Ma scivolo via dalla presa della mamma e mi
dirigo
dritto verso il signor Wilde. Alza lo sguardo e vedendomi arrivare,
sembra che
si aspetti una specie di scontro.
Invece,
faccio un passo in avanti e gli stringo goffamente le zampe attorno
alla vita.
Non
ho alcuna esperienza in questo genere di cose. Non ho molta forza nelle
zampe,
dal momento che sono per metà coniglio. In apparenza, sembra che stia
abbracciando mio padre con un certo riguardo.
Sento
il signor Wilde irrigidirsi nella mia stretta, ma è solo momentaneo. Le
lacrime
cadono in silenzio sul mio volto.
Il
momento ha termine e lo lascio andare. Noto che Robin è in piedi dietro
il
signor Wilde; faccio un passo verso di lui e lo abbraccio.
Robin
si comporta nello stesso modo. Si irrigidisce al contatto con me, ma
presto
ricambia il mio abbraccio.
Per
la prima volta, sento la gelosia che provavo per Robin per la vita che
aveva
vissuto insieme a mio padre diventare una voce sempre più piccola e
insignificante.
È vero che Robin avrà sempre ciò che io non ho mai avuto: un’infanzia
con un
padre al proprio fianco. Ma so per certo che nonna Viola non avrebbe
mai voluto
vedermi odiarlo per aver avuto qualcosa che mi era stato negato.
Quando
mi stacco da Robin, lui mi guarda con un’espressione confusa, ma poi la
sua
attenzione ritorna sul signor Wilde e su… mia madre?
La
mamma ha stretto il signor Wilde in quello che penso sia un abbraccio
confortante. Il signor Wilde lo sta ricambiando e sono abbastanza
sicuro che
abbia ripreso a piangere. Riesco a sentire mia madre singhiozzare in
tono
sommesso.
La
coppia alla fine si divide. Il signor Wilde guarda in direzione della
tomba
situata alla destra di quella di nonna Viola e lo vedo per la prima
volta: il
nome inciso sulla lapide è ‘Johnathan Reginald Wilde’.
Mio
nonno. Colui che era fuggito di sua volontà da suo figlio e dalla sua
compagna.
Questo
mette le cose nella giusta prospettiva.
Il
signor Wilde rimane immobile a guardare la tomba. Alla fine, rivolge a
mio
nonno una sola raccomandazione:
“Faresti
meglio a prenderti cura della mamma, d’accordo?”
Resta
a guardarla per qualche istante, prima di voltarsi.
La
mamma lo segue, mentre io e Robin camminiamo dietro di loro.
Ciò
che vedo mi sorprende.
Sia
la mamma sia il signor Wilde cercano di tenersi per zampa, ma alla fine
non ci
riescono e lasciano cadere le zampe sui rispettivi fianchi.
Note
dell’autore: Ecco
che siamo giunti all’undicesimo capitolo!
Come
preannunciato, dopo Judy è venuto il turno di Nicholas. Forse non è
ancora in
grado di considerare Nick come suo padre, ma di certo è riuscito ad
andare
oltre il proprio risentimento e ad accettare non solo lui, ma anche il
suo
fratellastro Robin, come mammiferi che hanno il pieno diritto di far
parte della
sua vita. Non siete d’accordo?
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
XI di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-11-In-Grief-We-Mend-688984671
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e
vi
auguro una buona lettura. A presto!
|
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Capitolo 12 *** L'ultimo addio ***
Capitolo
XII
L’ultimo
addio
(dal
punto di vista di Nick)
La
sveglia accanto al letto di Nick suonò. Lui tirò fuori una zampa da
sotto le
coperte e la posò su di essa, silenziandola. Si alzò lentamente e si
stiracchiò.
Si
guardò attorno nella stanza con gli occhi assonnati.
La
sua stanza.
Nick
non era più un ospite in quella casa. Ne era diventato il proprietario.
La
domanda era che cosa Nick ci avrebbe fatto, perché in quel momento non
si
sentiva affatto a casa sua. Quella era la casa di sua madre.
Nick
scostò le coperte e si alzò dal letto. Dopo essersi stiracchiato
un’altra
volta, i suoi occhi si posarono sul completo che avrebbe dovuto
indossare quel
giorno.
Meno
di due settimane fa, Viola aveva scherzato sul fatto che Nick sembrava
essere
pronto per andare a un funerale. Il fatto ironico era che oggi lo
avrebbe
fatto.
Oggi
era il giorno in cui Nick avrebbe affidato le spoglie di sua madre al
riposo
eterno.
“Tienilo
bene a mente, Wilde.” ordinò Nick a sé stesso, “Non mostrare mai a
nessuno le
tue fragilità.”
Nick
sentì una lacrima scivolargli sul viso.
“Certo,
come no…” esclamò Nick dopo essersela passata via.
Uscì
dalla camera da letto e si diresse dritto verso il bagno, fermandosi
solo per
dare un’occhiata alla vecchia stanza di Viola. A parte alcune
contenenti varie
cose che Nick aveva tirato fuori negli ultimi giorni, la camera era
praticamente
intatta. Nick non era il tipo da installare edicole o cose del genere,
ma
sentiva che una volta che avesse riordinato la stanza, sarebbe stato
meglio
lasciarla così com’era.
Allontanatosi
dalla stanza da letto di Viola, Nick andò in bagno, chiuse la porta
dietro di
sé e aprì il rubinetto della doccia.
******
Oggi
sarà il giorno peggiore di tutta la mia vita.
Peggiore
di quello dell’incidente durante quella conferenza stampa tenutasi
diciotto
anni fa.
Peggiore
di quello in cui ho dovuto scoprire la verità quindici anni fa.
Peggiore
di quello in cui ho dovuto far cremare Anabel.
Peggiore
di quello in cui sono tornato a Zootropolis ad affrontare la realtà.
Oggi
è il giorno in cui devo accettare il fatto che mia madre…
Non
avrei mai pensato che mi sarei di nuovo sentito così triste in così
breve
tempo, ma non c’è davvero paragone. Sembra che qualcuno mi abbia
strappato il
cuore dal petto.
******
Dopo
che Nick ebbe finito di farsi la doccia, tornò nella sua stanza e
iniziò a
indossare il completo, lasciando per il momento da parte la cravatta e
la
giacca, appoggiate su una sedia. Uscì dalla stanza e si diresse verso
quella
affianco, bussando delicatamente alla porta prima di aprirla.
Robin
dormiva ancora. Nick notò il completo che era rimasto appeso a una
gruccia nel
guardaroba aperto.
“Robin?”
lo chiamò Nick con gentilezza. Per tutta risposta, suo figlio si
raggomitolò
sotto le coperte. Nick entrò nella stanza.
“Robin…
alzati, figliolo.” disse Nick.
“Altri
cinque minuti…” mormorò Robin. Nick emise un suono che sembrava quasi
una
risatina. Scostò delicatamente le coperte dal letto di Robin, il quale
gemette
mentre si metteva a sedere.
“Che
ore sono?” domandò la giovane volpe.
“Le
sette.” rispose Nick lanciando un’occhiata al suo orologio da polso, “È
ora di
alzarsi e di prepararsi.”
Robin
si stiracchiò e sbadigliò acutamente. Nick arruffò la pelliccia sulla
testa del
figlio.
“Papà,
smettila…” protestò Robin, cercando di scostare via la zampa del padre,
“Mi
stai arruffando tutto il pelo.”
“Tira
fuori la coda dal letto e la smetterò.” replicò Nick. Robin sbuffò e
saltò giù
dal letto, stiracchiandosi ancora una volta.
“Oggi
è una giornata importante.” disse Nick voltandosi.
“Sì,
lo so.” esclamò Robin in tono sommesso.
Nick
lasciò la stanza e si diresse in cucina per preparare la colazione.
Riempì il
bollitore d’acqua e si preparò una tazza di caffè. Mentre il bollitore
ribolliva, qualcuno bussò alla porta d’ingresso. Nick uscì dalla cucina
e
l’aprì, guardando in basso. Finnick era in piedi davanti all’ingresso,
con
indosso un completo nero e un paio di occhiali da sole, nonostante
stesse
piovendo.
“Ehilà.”
esclamò Finnick entrando.
Nick
chiuse la porta e ritornò in cucina, mentre Robin usciva dalla sua
stanza con
indosso i pantaloni e la camicia del completo. Nick versò al figlio un
bicchiere di succo d’arancia, versò il caffè in due tazze e andò in
soggiorno.
“Non
potresti offrirmi qualcosa di più forte?” domandò
Finnick alzando un sopracciglio mentre Nick gli porgeva la tazza.
“Prima
di tutto, sai bene che mia
madre non beveva mai.” rispose Nick, “In secondo luogo, oggi spetta a
te
guidare. Perciò puoi scordarti l’alcool.”
“Gestisci
una compagnia che si occupa
di parchi a tema. Dovresti essere divertente.” commentò Finnick
fingendo di
tenere il broncio, mentre prendeva un sorso di caffè.
“Oggi
non c’è posto per il
divertimento, Fin.” rispose Nick con un sospiro, prima di bere un
goccio di
caffè, “E poi questa è una cosa che non mi riguarderà più.”
“Che
cosa dovrebbe significare?”
domandò Finnick alzando un sopracciglio.
“Ieri
ho firmato la mia lettera di
licenziamento.” affermò Nick appoggiandosi alla sedia, “L’ultimo
documento che
abbia firmato come Nicholas Hood.”
Finnick
inarcò le sopracciglia per la
sorpresa.
“Hai
lasciato il tuo lavoro?” domandò
il fennec.
“Già.”
rispose Nick, “Io e Robin ne
abbiamo parlato e ho deciso di consegnare le redini della società al
mio
vicedirettore. Quando torneremo in Messigatto, metterò in vendita
l’appartamento.”
Finnick
continuò a fissare l’amico a bocca aperta.
“Allora
hai proprio deciso di tornare sui tuoi passi?” domandò il fennec.
Gli
angoli della bocca di Nick si contrassero in una breve smorfia.
“Te
l’ho detto, Fin. Era ora che smettessi di scappare.” rispose la volpe.
“E
coma farai con Robin?” domandò Finnick fissando la giovane volpe,
intenta a
guardare indietro.
“Finora
ho sempre studiato a casa.” rispose Robin scrollandosi le spalle, “Papà
ha
detto che per me sarebbe stato meglio evitare gli stessi guai che ha
dovuto
affrontare quando era un cucciolo.”
“E
per quanto riguarda sua madre?” chiese Finnick con un grugnito, “Sarà
difficile
per lui andare a trovarla se è stata seppellita all’estero.”
“Lei
era stata cremata e custodisco ancora le sue ceneri.” rispose Nick,
“Senti,
Fin… possiamo discuterne più tardi?”
******
Finnick
lascia cadere l’argomento e nella stanza cala il silenzio. Dopo aver
finito di
bere il mio caffè, ritorno nella mia stanza da letto e finisco di
prepararmi;
anche Robin torna nella sua camera, mentre Finnick ci aspetta seduto in
salotto. Mi guardo allo specchio e per la prima volta in quindici anni,
vedo
finalmente me stesso, il mio vero io, che mi fissa.
Quelle
parole mi ritornano alla mente.
Rimani
te stesso.
Sento
una lacrima scorrere sul mio volto. Mi asciugo la faccia. Mentre guardo
l’orologio da polso, noto che l’ora di andare si sta avvicinando.
Prendo
il cellulare che si trova nella mia stanza e chiamo il sacerdote,
dicendogli
che saremmo arrivati entro qualche minuto. Una volta finito, esco dalla
stanza
e mi unisco a Finnick e Robin in salotto. Lasciamo l’appartamento in
silenzio
ed entriamo nel furgone di Finnick. Sento che Finnick mi lancia una
rapida
occhiata prima di accendere il motore e partire.
Il
cimitero non è lontano da casa. Ci vogliono solo pochi minuti. Il
sacerdote ci
aspetta al cancello d’ingresso. Mentre esco, rivolgo un cenno a Finnick
e lui
entra nel cimitero, dirigendosi verso la cappella.
******
“Benvenuto,
Nicholas.” esclamò il sacerdote, una volpe argentata, mentre porgeva
una zampa
a Nick, “Mi dispiace per la tua perdita.”
“Grazie.”
rispose Nick.
Il
sacerdote lanciò un’occhiata a Robin. “Lui è il nipote di Viola?”
domandò.
“Sì.”
rispose Nick, “E c’è qualcos’altro di cui debbo parlarle prima che
arrivi
qualcun altro.
“Vieni
dentro per un momento, così ne possiamo parlare.” disse il ministro di
culto.
Nick e Robin lo seguirono all’interno del cimitero, fino ad arrivare
sotto il
portico della cappella.
“C’è
un altro membro della famiglia che sarà presente alla funzione.” disse
Nick al
sacerdote.
“Tutti
coloro che desiderano rendere omaggio alla memoria della scomparsa
saranno i
benvenuti.” esclamò quest’ultimo, “Se fa parte della famiglia, desideri
che assista
alla celebrazione seduto in prima fila?”
“Esattamente.”
rispose Nick, “Non le sarà difficile capire chi sia, dal momento che
sua madre
è…”
“Judith
Hopps.” lo interruppe il sacerdote cogliendo Nick di sorpresa, “Sì,
sono
abbastanza vecchio da ricordare la coppia di poliziotti che pattugliava
le
strade della città dopo il caso dei Mammiferi Selvaggi avvenuto quasi
vent’anni
fa. Suppongo che suo figlio…”
“È
anche mio figlio.” disse Nick.
“Oh,
buon Dio.” esclamò il sacerdote tenendo gli occhi spalancati per la
sorpresa,
“Questo sì che è insolito. Non inaudito, ma di certo è
qualcosa che non
mi è capitato di vedere così tanto di frequente.”
Il
mammifero di chiesa si fece da parte mentre uno sparuto gruppo di volpi
entrava
nella cappella.
“Sono
gli amici di Viola.” disse Nick, “Ho incontrato alcune difficoltà nel
rintracciarli.”
“Sono
in pochi a essere presenti qui.” osservò il sacerdote.
“Alcuni
si sono trasferiti altrove, mentre altri sono già passati a miglior
vita. Non
aveva altri parenti.” fece notare Nick.
L’attenzione
della volpe era rivolta al sentiero che conduceva alla cappella, quando
vide
arrivare Judy e Nicholas. Nick rivolse un cenno a entrambi.
******
Vedere
carotina con quel vestito nero è… sembra cupa. E Nicholas… mi dispiace
davvero
che ci siamo incontrati in questo modo. Dubito davvero che tutto questo
sia ciò
che la mamma desiderava per ciascuno di noi.
Entrambi
si accomodano nella cappella. Seguo il sacerdote sulla soglia e
suggerisce loro
di sedersi in prima fila. Sento il rumore di un veicolo in
avvicinamento. Il
sacerdote si gira verso di me e annuisce, dopodiché anch’io faccio lo
stesso e
ritorno fuori.
L’auto
funebre si ferma a circa dieci metri dalla porta d’ingresso della
cappella.
Dietro di essa c’è una seconda auto, e da entrambi i veicoli escono
cinque
volpi. Vado loro incontro per salutarli e per un momento, i miei occhi
si
posano sulla bara presente nella parte posteriore dell’auto funebre.
È
in quel preciso istante che tutto diventa reale ai miei occhi. Sono
abbastanza
sicuro che avrei ripreso a piangere; per un momento sono tormentato da
singhiozzi soffocati, mentre la parte posteriore dell’auto funebre si
apre per
consentire a noi sei di portare fuori la bara con la massima
delicatezza.
Portarla
nel luogo del suo riposo eterno è tutto ciò che posso fare per mia
madre ora.
Noi
sei abbiamo il compito di portare la bara sulle nostre spalle. Sono
davanti
agli altri, con la bara in equilibrio sulla spalla destra. Camminiamo
verso
l’ingresso. Una volta dentro, scendiamo nella navata centrale in
direzione
della parte anteriore della cappella.
Noi
sei adagiamo con cura il feretro di mia madre sul cavalletto allestito
di
fronte all’altare. Gli altri cinque portatori fanno un passo indietro e
si
dirigono verso il retro della cappella per aspettare la conclusione
della
funzione. Io rimango accanto alla bara della mamma.
******
“Siamo
qui riuniti oggi per rendere omaggio e celebrare la memoria della
nostra
defunta sorella, Viola Emma Wilde.” disse il celebrante, “Ha lasciato
questo
mondo per ricongiungersi nell’aldilà alle anime di coloro che l’hanno
preceduta.”
Il
mammifero di chiesa alzò gli occhi verso l’alto.
“Ora
cederò il testimone a suo figlio, Nicholas Wilde, il quale vorrebbe
aggiungere
alcune parole.” disse prima di scendere dal pulpito. Nick, che si era
seduto in
prima fila accanto a Robin, si alzò e prese posto sul pulpito. Tutti
gli occhi
dei presenti erano fissi su di lui mentre spiegava un foglio di carta e
lo
posizionava sul piedistallo.
******
Desideravo
dire molte cose. Avevo scritto e riscritto questo discorso così tante
volte che
alla fine, dopo averlo tirato giù, non riuscivo quasi a sopportarlo.
Per la
verità, il discorso che ho preparato non è così lungo. Non ho neppure
riempito
una pagina, ma alla fine credo che tutti fossero a conoscenza delle
buone
azioni che mia madre ha compiuto nella vita. Mi sembra quasi palese.
Quindi
mi ritrovo qui, sul pulpito, a fissare il foglio contenente il mio
discorso.
Dopo averlo letto, sento che avrei potuto scrivere qualcosa di più, ma
il solo
pensiero mi arreca dolore. Sento come un coltello trafiggermi il cuore.
Prima
che possa perdere del tutto il controllo, inizio a parlare:
Quando
ero un cucciolo, la mamma mi diceva sempre ‘La notte cala, ma il sole
sorgerà
sempre il giorno successivo’. Per me, la notte è stata presente per
molto
tempo, ma lei era sempre lì a cercare di strapparmi dalle tenebre per
riportarmi alla luce. Non aveva mai smesso di credere nel bene presente
nel
mondo là fuori. Non aveva mai smesso di credere in coloro che amava.
Lei era
così. Vedeva il bene in ognuno. Sapeva che tutti, a un certo punto
della loro
vita, cadono a terra, ma era sempre lì, a offrire una zampa per
aiutarti a
rialzarti. Per lei non doveva essere stato facile crescere da sola un
figlio
che aveva perduto la speranza, ma non aveva mai voluto arrendersi con
me.
Questo è stato il dono più grande che abbia mai potuto offrire al
mondo: il
dono della speranza.
Mentre
proseguo il mio discorso, sento le lacrime tornare a bagnarmi gli
occhi. La mia
voce trema, mentre il mio sguardo torna a posizionarsi sulla tomba
della mamma.
Era la madre migliore che un cucciolo dal cuore a pezzi avrebbe mai
potuto
avere.
Dopo
aver concluso, scendo dal pulpito e torno a sedermi accanto a Robin.
Devo
ammettere che non sono riuscito a prestare attenzione alla successiva
lettura
del sacerdote, poiché i miei occhi erano fissi sulla mamma.
Il
sacerdote infine chiede a tutti i presenti di alzarsi. Torno indietro
verso la
bara della mamma e la risollevo sulle mie spalle insieme agli altri
cinque
portatori. La portiamo fuori dalla cappella e dal retro attraversiamo
il
sentiero fino ad arrivare in prossimità della fossa appena scavata. Una
volta
avvicinatisi, la adagiamo lentamente sul fondo. Il sacerdote riprende a
parlare; le sue parole segnano la fine della funzione.
Prendo
uno dei gigli che giacciono accanto alla fossa e la lancio all’interno
di essa,
mentre gli attendenti all’inumazione iniziano a riempire la fossa di
terreno,
in modo che possa riposare in pace per l’eternità.
Il
mio ultimo addio.
Resto
a guardare. Non c’è nient’altro che io possa fare. Rimpiango di non
essere
stato più presente nella vita della mamma. Sento i passi di qualcuno
venire
verso di me. Mi giro e vedo Nicholas avvicinarsi; il suo viso sembra
una
maschera di cupa determinazione. Per un momento fugace, temo che voglia
colpirmi di nuovo, come aveva fatto la prima volta in cui ci siamo
incontrati.
Quello
che fa, però, mi lascia completamente spiazzato.
Nicholas
mi abbraccia forte. All’inizio rimango immobile per lo stupore, senza
sapere
che cosa fare. Ma non dura a lungo, e alla fine ricambio quel gesto
affettuoso.
Mi
lascia andare e si dirige verso Robin per porgergli senza alcun dubbio
le sue
condoglianze, ma la mia attenzione si rivolge invece verso Judy, che è
rimasta
a guardare per tutto il tempo.
Non
c’è nulla da dire. Sono abbastanza sicuro che gli sguardi di entrambi
si
incrociano in quella che pare un’eternità. In quel preciso istante,
torno
indietro a quell’incontro di diciotto anni fa, sotto quel ponte.
L’illusione
non dura a lungo. Faccio un passo in avanti e abbraccio Judy. Questa
volta,
però, sono io a versare le lacrime.
Ho
perduto tante cose qui. Ma non ho ancora perso tutto.
Non
so per quanto tempo restiamo avvolti in quell’abbraccio, ma alla fine
lascio
andare Judy. Guardo per un attimo Robin e Nicholas, la mia sola eredità
che ho
lasciato al mondo. Ci guardano senza proferire parola. Annuisco
brevemente
verso Judy prima di voltarmi e lasciare il cimitero. Non c’è altro da
fare qui.
Tutti coloro che hanno preso parte alla funzione stanno andando via.
Ma
mentre mi accingo ad andar via, mi fermo vicino alla tomba accanto a
quella
della mamma. La tomba in questione appartiene a una volpe di nome
Johnathan
Reginald Wilde.
Era
mio padre.
Non
ho mai visitato la sua tomba da quando ero ancora un cucciolo, anche se
la
mamma lo ha sempre fatto. Fino a quando non ho fatto ritorno a
Zootropolis, non
avevo mai capito il perché.
Per
un momento, considero l’idea che, in qualche modo, John Wilde mi stia
guardando.
Quindi
rivolgo queste parole alla sua lapide: Faresti meglio a prenderti cura
della
mamma, d’accordo?
Perché
se non lo farai, ti butterò fuori dal paradiso a calci nel sedere
quando sarò
morto.
Rimango
a fissare la lapide per un altro po’ di tempo, prima di girarmi e
prendere il
sentiero che porta al cancello d’ingresso del cimitero.
Lancio
uno sguardo di traverso in direzione di Judy. La mia zampa, quasi
istintivamente, si avvicina alla sua… ma i fantasmi del passato
ritornano a
perseguitarmi per un attimo, prima di lasciarmi stare, e la mia zampa
ricade
sul mio fianco.
Note
dell’autore: Siamo
così arrivati al dodicesimo capitolo!
Dopo
il turno di Judy e Nicholas, questa volta è spettato a Nick. La nostra
volpe ha
dovuto incassare molti colpi bassi da parte di un destino che non si è
di certo
risparmiato nei suoi confronti. La scomparsa di suo padre, l’incidente
della
museruola, la conferenza stampa, la volontà – non realizzatasi – da
parte di Judy
di abortire il suo primogenito, la fuga da Zootropolis, la morte di
Anabel, il
mesto ritorno nella casa materna, la scoperta dell’amara verità a
proposito di
Nicholas… e ora, la sepoltura del feretro della sua stessa madre.
Eppure,
nonostante tutto questo, Nick è sempre riuscito a sopravvivere e a
trovare la
forza di volontà per ricominciare daccapo, ancora e ancora. Questo
dimostra
che, contrariamente alle apparenze, Nick possiede una forza di volontà
ferrea.
Non credete anche voi che sia così?
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
XII di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-12-The-Last-Goodbye-689659259
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e
vi
auguro una buona lettura. A presto!
|
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Capitolo 13 *** Un cucciolo in lutto ***
Capitolo
XIII
Un
cucciolo in lutto
(dal
punto di vista di Robin)
Mi
capita spesso di fare degli strani sogni. Sono sempre in prossimità del
mare, o
in qualche posto lontano in cui non sono mai stato. A volte vedo ancora
la
mamma nei miei sogni, ma non riesco mai a ricordare cosa voglia dirmi.
Da
quando nonna Viola è morta, ho iniziato a vederla nei miei sogni, a
volte
accanto alla mamma.
Non
riesco mai a raggiungerle prima di svegliarmi.
Ho
fatto questo sogno prima di essere svegliato da lievi rumori
provenienti
dall’esterno della mia stanza. Una parte di me stesso vorrebbe
ritornare nel
sogno, provare a raggiungerle, parlare con loro, dire un’ultima volta
che
voglio bene a entrambe.
Sento
la porta bussare e non riesco a riaddormentarmi.
Sento
il cigolio della porta e tengo gli occhi chiusi il più a lungo
possibile. Non
intendo alzarmi.
Papà
mi chiama dolcemente, ma non mi muovo. Voglio solo dormire un altro
po’. Infilo
la testa sotto le coperte. Papà entra in camera e mi dice che è ora di
alzarsi.
Posso
avere almeno altri cinque minuti?
Papà
non la pensa così, perché scosta le coperte. Mi metto a sedere sul
letto e non
riesco a trattenere un lamento.
Chiedo
a papà che ore sono. Mi risponde che sono le sette in punto.
Non
faccio altro che sbadigliare. Papà replica arruffando la pelliccia in
mezzo
alle orecchie. Non lo sopporto quando fa così, è una cosa che si può
fare a un
cucciolo di sei anni al massimo e poi non fa che rovinarmi la pelliccia
sulla
testa. Cerco di respingere la zampa di papà, ma lui mi dice che avrebbe
smesso
solo se mi fossi alzato dal letto.
Non
mi resta che obbedire.
So
perché papà vuole che mi alzi e che non rimanga a oziare sul letto.
Oggi è il
giorno in cui daremo l’ultimo saluto a nonna Viola.
Mi
trascino per la stanza fino all’armadio. Indosso i pantaloni e la
camicia del
completo per il funerale ed esco dalla stanza, dirigendomi verso il
bagno prima
di ritornare a vestirmi.
******
Una
volta finito di vestirsi, Robin andò in soggiorno. Vide l’amico di suo
padre
fare ritorno in cucina. Robin rimase a guardare nervosamente Finnick,
che si
accorse della sua presenza.
“Guarda
che non ti mordo, piccoletto.” esclamò il fennec mentre prendeva posto
sul
divano, “Vieni a sederti.”
Robin
eseguì, tenendo i nervi a fior di pelle.
“Hai
mai sentito cosa diceva tuo padre ai vecchi tempi?” domandò Finnick.
“Uhm…
no.” rispose Robin, “Papà non parla molto del suo passato.”
“Figuriamoci.”
esclamò Finnick, “Il motto preferito di Nick era ‘non mostrare mai a
nessuno le
tue fragilità’.”
“Immagino…
che sia vero.” disse Robin pensandoci sopra.
“Figliolo,
non c’è nulla di male nel lasciare che gli altri notino le tue
fragilità di
tanto in tanto.” replicò il fennec, “Non so quanto fossi legato a tua
nonna,
visto che tu e tuo padre vivevate a centinaia di chilometri da qui.”
“Eravamo
in contatto su Muzzletime e lei mi spediva delle lettere e delle
cartoline.”
rispose la giovane volpe, “Ma… qualche mese fa abbiamo smesso di
tenerci in
contatto e ci scrivevamo soltanto una volta ogni tanto.”
“Non
ti sarà facile sentirtelo dire, ma devo farlo. Sono stato io a
ricordarle di
spedire quelle lettere. Alla fine sono andato contro le volontà di tua
nonna e
ho avvisato Nick che presto avrebbe lasciato questo mondo. Volevo che
entrambi
poteste dirle addio.”
“Ma
lei non mi conosceva per davvero.” obiettò Robin con gli occhi velati
di
lacrime, “Mi aveva dimenticato anche se ero proprio qui, in casa sua.”
“Non
ti addolcirò la pillola, figliolo.” lo avvertì Finnick, “Alla fine non
era più
la stessa. Ma una volta ho sentito un proverbio, secondo cui la mente
può dimenticare
qualcosa un giorno, ma il cuore non dimentica mai. Perciò, anche se lei
non
riusciva a riconoscerti mentre ti guardava negli occhi, sono sicuro che
nel suo
cuore sapeva benissimo chi fossi.”
Robin
emise un singhiozzo soffocato. Finnick si sbilanciò in avanti e lo
abbracciò
brevemente, benché si sentisse a disagio.
“Non
sono mai stato bravo in questi… m-momenti.” esclamò il fennec, “Ma Nick
è
sempre stato come un fratello per me, il che ti rende parte della mia
famiglia.
In famiglia tutti devono darsi manforte l’un l’altro. Se mai avessi
bisogno di
una spalla su cui piangere… beh, sono certo che Nick direbbe che le mie
sono un
po’ troppo basse per te. Non fargli capire che ho detto questo,
altrimenti lo
userà contro di me e sarò costretto a mordergli la faccia.”
Robin
cacciò fuori una risatina soffocata mentre si asciugava gli occhi, con
Finnick
che si concedeva un breve sorriso.
Nick
entrò nel soggiorno, portando un vassoio con due tazze di caffè e un
bicchiere
di succo d’arancia. Offrì il caffè a Finnick e il succo a Robin.
“Non
potresti offrirmi qualcosa di più forte?” domandò Finnick alzando un
sopracciglio mentre Nick gli porgeva la tazza.
“Prima
di tutto, sai bene che mia madre non beveva mai.” rispose Nick, “In
secondo
luogo, oggi spetta a te guidare. Perciò puoi scordarti l’alcool.”
“Gestisci
una compagnia che si occupa di parchi a tema. Dovresti essere
divertente.”
commentò Finnick fingendo di tenere il broncio, mentre prendeva un
sorso di
caffè.
“Oggi
non c’è posto per il divertimento, Fin.” rispose Nick con un sospiro,
prima di
bere un goccio di caffè, “E poi questa è una cosa che non mi riguarderà
più.”
“Che
cosa dovrebbe significare?” domandò Finnick alzando un sopracciglio.
“Ieri
ho firmato la mia lettera di licenziamento.” affermò Nick appoggiandosi
alla
sedia, “L’ultimo documento che abbia firmato come Nicholas Hood.”
Finnick
inarcò le sopracciglia per la sorpresa.
“Hai
lasciato il tuo lavoro?” domandò il fennec.
“Già.”
rispose Nick, “Io e Robin ne abbiamo parlato e ho deciso di consegnare
le
redini della società al mio vicedirettore. Quando torneremo in
Messigatto,
metterò in vendita l’appartamento.”
******
Sì,
è vero. Io e papà ci trasferiamo a Zootropolis. So a cosa state
pensando.
Pensate che dovrò cambiare scuola, e forse lasciare i miei amici.
Ebbene, mamma
e papà mi hanno istruito a casa. Papà mi disse che quella era la
soluzione
migliore perché in tal modo non avrei dovuto avere nulla a che fare con
i
peggiori stereotipi sulle volpi. La mamma era un po’ preoccupata perché
voleva
che socializzassi con altri mammiferi della mia età, ma papà avrebbe
provveduto
a portarmi fuori il più possibile. Ma anche così, non sono riuscito a
farmi
molti amici, tanto per cominciare.
Forse
il nostro trasferimento a Zootropolis cambierà le cose.
Non
presto molta attenzione a ciò di cui stanno parlando Finnick e papà, ma
non
passa molto tempo prima che smettano di parlare.
Ci
sono alcuni momenti in cui nessuno dice niente. Papà si alza e fa
ritorno nella
sua stanza. Finnick annuisce e gli vado dietro, dirigendomi verso la
mia
stanza. La mia giacca e la cravatta sono ancora appese nell’armadio.
Afferro
prima la cravatta e mi metto davanti allo specchietto per vedere come
fare il
nodo. Ho già fatto pratica quel tanto che basta per poterlo fare in
breve
tempo. Poi indosso la giacca. Mi do un’occhiata allo specchietto.
Sospiro tra
me e me, mentre una lacrima mi scorre lungo il viso. Mi asciugo la
guancia e lascio
la stanza, facendo ritorno in salotto, dove attendo papà.
Nulla
è detto. Papà scende e lo seguiamo fino al furgone di Finnick. I miei
occhi si
fissano per un attimo sull’opera d’arte presente su un lato del
veicolo: un
lupo guerriero che tiene fra le zampe una volpe artica.
La
mia attenzione ritorna sul furgone e mi accomodo sul sedile posteriore
dietro
papà, prima di allacciarmi la cintura di sicurezza.
Non
proferiamo parola mentre ci rechiamo al cimitero. All’arrivo, scendiamo
tutti
dal furgone. Finnick entra nel cimitero per primo, mentre io seguo
papà. Si
ferma e inizia a parlare con il sacerdote. Non li ascolto perché la mia
attenzione è tutta rivolta alle lapidi del cimitero. Ci sono così tanti
mammiferi sepolti qui. Nonna Viola sta per unirsi a loro.
Questo
pensiero continua a ronzarmi in testa mentre seguo mio padre e il
sacerdote,
che camminano in direzione della cappella.
Papà
mi stringe brevemente la spalla e lascio che lui e il celebrante
continuino a
parlare, mentre entro all’interno della cappella e mi accomodo in prima
fila.
Non posso fare altro che osservare i volti delle altre volpi che sono
entrate
nell’edificio e desiderare di trovarmi in un posto un po’ meno
affollato. Mi
lascio cadere sulla sedia.
Le
mie orecchie sussultano quando sento un rumore di passi che si
avvicina.
All’inizio penso che siano mio padre e il sacerdote, ma non appena mi
giro, mi
sento come se volessi di nuovo fuggire lontano.
Sono
la signorina Hopps e Nicholas. Sono certo che si siano accorti dei miei
sguardi
carichi di tensione, ma in realtà sembra che non ci abbiano fatto caso
e si
siedono ai rispettivi posti, lasciando un po’ di spazio fra me e loro.
Il
sacerdote ritorna sui suoi passi e ci chiede di alzarci.
Mi
giro all’indietro e vedo papà e altre cinque volpi che portano sulle
loro
spalle la bara di nonna Viola.
Riesco
a vedere l’angoscia sul suo volto, e perfino a sentirla: è come se
qualcuno mi
avesse strappato il cuore dal petto. Ancora una volta le lacrime
solcano il mio
viso.
I
sei portatori della bara raggiungono l’altare e adagiano il feretro su
un
supporto allestito per il funerale. Papà resta su un lato a guardare la
salma
di nonna Viola, mentre il sacerdote inizia a parlare.
******
“Siamo
qui riuniti oggi per rendere omaggio e celebrare la memoria della
nostra
defunta sorella, Viola Emma Wilde.” disse il celebrante, “Ha lasciato
questo
mondo per ricongiungersi nell’aldilà alle anime di coloro che l’hanno
preceduta.”
Il
sacerdote alzò gli occhi in alto.
“Ora
cederò il testimone a suo figlio, Nicholas Wilde, il quale vorrebbe
aggiungere
alcune parole.” annunciò prima di scendere dal pulpito. Nick, che si
era seduto
in prima fila accanto a Robin, si alzò e prese il posto precedentemente
occupato dal celebrante. Tutti gli occhi dei presenti si posarono su di
lui,
mentre tirava fuori un foglio di carta e lo adagiava sul piedistallo.
“Quando
ero un cucciolo, la mamma mi diceva sempre ‘La notte cala, ma il sole
sorgerà
sempre il giorno successivo’.” esclamò Nick iniziando a leggere il
testo riportato
sul foglio, “Per me, la notte è stata presente per molto tempo, ma lei
era
sempre lì a cercare di strapparmi dalle tenebre per riportarmi alla
luce. Non
aveva mai smesso di credere nel bene presente nel mondo là fuori. Non
aveva mai
smesso di credere in coloro che amava. Lei era così.” il tono della sua
voce
aveva iniziato a vacillare, “Vedeva il bene in ognuno. Sapeva che
tutti, a un
certo punto della loro vita, cadono a terra, ma era sempre lì, a
offrire una
zampa per aiutarti a rialzarti. Per lei non doveva essere stato facile
crescere
da sola un figlio che aveva perduto la speranza, ma non aveva mai
voluto
arrendersi con me. Questo è stato il dono più grande che abbia mai
potuto
offrire al mondo: il dono della speranza.”
Nick
deglutì e lanciò un’ultima occhiata alla bara di sua madre.
“Era
la madre migliore che un cucciolo dal cuore infranto avrebbe mai potuto
avere
al proprio fianco.” disse infine Nick prima di scendere dal pulpito e
tornare
al suo posto con il volto segnato dalle lacrime. Il sacerdote fece un
passo
indietro.
******
Mentre
guardavo papà pronunciare quel discorso, sentivo il cuore lacerarsi nel
petto.
L’avevo visto tentare più volte di scriverlo durante la settimana, ma
questo
non è bastato a placare il mio dolore mentre lo osservavo sul pulpito.
La
mia zampa afferra istintivamente il braccio di papà. Mi osserva mentre
mi
appoggio a lui, nel disperato tentativo di dargli un minimo di
conforto. Non
presto nemmeno attenzione alle parole del sacerdote; in quel momento,
soltanto
ci siamo soltanto io e mio padre.
Quel
momento fra noi svanisce quando il celebrante ci chiede di alzarci
un’altra
volta. Papà si alza e torna alla bara per portarla in spalla insieme
alle altre
volpi. Il sacerdote li conduce fuori e seguiamo tutti la bara fino alla
fossa
dove verrà deposta.
Il
celebrante ricomincia a parlare, mentre io resto a osservare i
portatori che
adagiano la bara nel luogo in cui nonna Viola avrebbe riposato per
l’eternità.
Gli addetti all’inumazione iniziano a riempire la fossa di terra dopo
che papà
ha lanciato un giglio al suo interno.
Il
suono di un paio di zampe che calpestano il terreno raggiunge le mie
orecchie e
guardo Nicholas che si avvicina a papà.
Oh,
no. Ti prego, Nicholas, non ricominciare. So che papà non ti piace, ma…
Ma…
Nicholas lo abbraccia.
Ci
vuole un momento, ma papà ricambia l’abbraccio. Poi si separano e
Nicholas
viene verso di me.
Mi
getta un braccio attorno al mio collo. Mi irrigidisco un po’
all’inizio, ma
dopo poco mi lascio andare e ricambio quel gesto affettuoso. Non ce
l’ho con
Nicholas e credo che nemmeno lui ce l’abbia con me.
Per
la prima volta, credo di riuscire a vederlo come mio fratello.
Quando
Nicholas mi lascia andare, ci giriamo entrambi giusto in tempo per
vedere papà
abbracciare la signorina Hopps.
Quella
visione è sufficiente per riempire di nuovo i miei occhi di lacrime.
Vorrei che
la mamma fosse qui e non è la prima volta che lo desidero; non voglio
certo
vedere la signorina Hopps ferita, ma credo che la mamma avrebbe capito
che papà
e la signorina Hopps avevano bisogno di un momento come quello.
Entrambi
si separano e si allontano, ma poi vedo papà fermarsi davanti alla
tomba
presente accanto a quella di nonna Viola. Noto le parole incise sulla
lapide:
Johnathan Reginald Wilde. Ne ho sentito parlare molto poco, ma a
giudicare
dalla sua ubicazione credo che quella sia la tomba di mio nonno.
Papà
dice qualcosa alla lapide: “Faresti meglio a prenderti cura della
mamma,
d’accordo?”
Dopodiché
si allontana. Io e Nicholas camminiamo fianco a fianco dietro papà e la
signorina
Hopps. I miei occhi osservano le loro zampe sfiorarsi, ma alla fine non
riescono a venire a contatto e ritornano al loro posto.
Note
dell’autore: Con
questo siamo giunti al tredicesimo e penultimo
capitolo!
Ebbene
sì, il capitolo successivo a quello che avete appena letto segnerà
anche la
conclusione di questa storia. Ad ogni modo, sebbene Robin non sia
riuscito a
instaurare con la nonna paterna un legame profondo come quello che il
suo fratellastro
Nicholas aveva con lei, durante il funerale ha mostrato un’empatia e
una
sensibilità a dir poco ammirevoli. Non solo, è riuscito anche ad
accettare i
futuri cambiamenti che avverranno nella sua vita – il trasferimento a
Zootropolis e l’ammissione in una nuova scuola – con una maturità che
ha del
sorprendente, considerata la giovanissima età. Non siete d’accordo con
il
sottoscritto?
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
XIII di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-13-A-Kit-In-Mourning-690078171
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e
vi
auguro una buona lettura. A presto!
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Capitolo 14 *** Speranza ***
Capitolo
XIV
Speranza
(dal
punto di vista di Judy)
Anni
fa, ho tenuto un discorso. Cominciava più o meno così:
‘Quando
ero piccola, pensavo che Zootropolis fosse un posto perfetto, dove
tutti vanno
d’accordo e ognuno può essere ciò che vuole. Poi ho scoperto che la
vita reale
è un po’ più complessa di una frase ad effetto. La vita reale è
complicata.
Tutti abbiamo dei limiti, e tutti commettiamo errori.’
Quelle
parole descrivevano alla perfezione ciò che era diventata la mia vita.
Avevo
dimenticato com’era essere me stessa per troppo tempo. Stavo
brancolando nel
buio. Avevo scelto di cambiare nei modi più sbagliati possibili perché
pensavo
che ciò che stavo facendo mi avrebbe permesso di sopravvivere.
Nei
miei sforzi per garantirmi la sopravvivenza, avevo dimenticato cosa
volesse
dire vivere. Ci sono voluti la morte di Viola Wilde e il ritorno di
Nick per
rendermene conto. Sebbene l’evento fosse stato tragico e straziante, se
non si
fosse verificato io e Nick non saremmo mai riusciti a riallacciare il
nostro
rapporto. So che sua madre voleva questo per noi.
Mi
sto adattando al mio ‘nuovo’ ruolo di tenente da circa cinque mesi.
Assumere
questo incarico è stata una delle cose migliori che abbia fatto negli
ultimi
quindici anni. Non sono più così lontana da casa come lo sono stata
prima.
Significa anche che posso essere una madre migliore per mio figlio. Il
capitano
Fangmeyer mi concede tre giorni di permesso a settimana e trascorro più
tempo
che posso con Nicholas.
Anche
lui ha iniziato a cambiare. Gli ci è voluto un po’ per abituarsi, ma ha
finalmente iniziato ad aprirsi di più ora che riceve molte più
attenzioni da
parte mia. Certo, il fatto che lui sia un ibrido rimane ancorato nei
meandri
della sua mente, ma sto facendo del mio meglio per aiutarlo, cosa che
avrei
dovuto fare fin dall’inizio. Dicevo le stesse cose anche prima, ma ora
so che
non era vero e di questo me ne rammarico; adesso il modo migliore che
ho per
scusarmi con lui è dimostrargli che posso fare tutto il possibile per
essere al
suo fianco. Non riesce ancora ad aprirsi del tutto con me, ma credo che
un giorno
ci riuscirà.
******
Distretto
Uno
“Salve,
tenente Hopps!” esclamò Clawhauser agitando una zampa dal bancone della
reception.
“Ciao,
Ben.” rispose Judy con un sorriso mentre si avvicinava alla scrivania.
“Com’è
andata?”
“Direi
che… è andato tutto bene. Penso che le cose stiano iniziando a
migliorare ora.”
“Beh,
mi fa piacere sentirlo.” considerò Clawhauser con un largo sorriso,
“Come sta
Nick Junior? Non ho visto nessuno degli altri agenti trascinarlo qui
negli
ultimi mesi.”
“Sta
bene.” ribadì Judy, “Tutto quello che è successo è stato un duro colpo
per lui,
perciò stiamo procedendo un passo alla volta. Sono riuscita a farlo
tornare a
scuola.”
“È
bello sentirtelo dire. E come sta Nick Senior?”
“Sta
bene.” disse Judy ridacchiando, “Ma non lasciare che ti senta chiamarlo
così.”
“Oh,
non avrà un soprannome per tutti gli altri e non ne avrà uno tutto per
sé dopo
quindici anni.” concluse il ghepardo con un sorriso malizioso.
Judy
ridacchiò tra sé e sé.
******
Per
quanto riguarda Nick, ha fatto ciò che agli occhi di molti sembrava del
tutto
inatteso: ha venduto le proprie azioni della compagnia che ha fondato a
Città
del Messigatto, ha ceduto il suo posto di direttore generale al suo
vice ed è
tornato a Zootropolis con Robin. Vive nell’appartamento di sua madre;
dice che
sebbene non riesca ancora a considerarlo come ‘suo’ e possa permettersi
di
vivere in una nuova casa tutta per lui, non poteva sopportare il
pensiero che
qualcuno diverso da lui andasse ad abitare nella casa in cui sua madre
l’aveva
cresciuto. Robin non è sembrato per nulla turbato dalla novità. Nick lo
ha
fatto iscrivere in una scuola elementare locale e si è già fatto
qualche amico.
Nick
ha guadagnato molti soldi dalla vendita delle sue azioni, ma ne ha
devoluto una
gran parte ai reparti di Oncologia negli ospedali della città. Mi ha
detto che
gli era sembrata la cosa più giusta da fare per evitare che qualche
altro
mammifero possa soffrire gli stessi dolori che hanno tormentato sua
madre nelle
sue ultime settimane di vita. Quanto ai soldi che gli sono rimasti…
dice che
equivale a, e cito testualmente: ‘duecento bigliettoni al giorno,
sciocchina,
per trecentosessantacinque giorni all’anno da quando ho dodici anni.’.
Ho
trovato divertente quel piccolo ricordo di uno dei nostri primi
incontri; so
che c’è un pizzico di verità in quelle parole, ma mi ha confidato che
mi ha
detto così soltanto per vedermi sorridere di nuovo. Ha depositato una
ingente
quantità di denaro in due fondi di risparmio destinati a Robin e
Nicholas.
Per
quanto riguarda ciò che Nick ha fatto dopo…
All’inizio,
una parte di me aveva sperato che noi due avremmo potuto tornare a
lavorare
insieme nel Corpo di Polizia di Zootropolis, perché credevo che per noi
sarebbe
stato più facile ricostruire il nostro rapporto se avessimo trascorso
insieme
più tempo possibile; tuttavia, Nick era stato lontano dal corpo di
polizia per
troppo tempo e credevamo che la sua età sarebbe stata una barriera
insormontabile. Invece, avevamo scoperto che non c’era un limite d’età
per gli
aspiranti poliziotti, purché avessero superato un apposito test
d’idoneità
fisica. A quanto pare, era una clausola inserita nell’iniziativa per
l’inclusione dei mammiferi portata avanti da Lionheart diversi anni fa.
Bogo ci
mise una buona parola e Nick affermò che, se tornare indietro avesse
contribuito a rendere il mondo un posto migliore, sarebbe stato più che
disposto a ripercorrere quella strada. Perciò, ora è in Accademia per
rifare i
sei mesi di addestramento necessari per entrare in polizia. Non so se
sarà in
grado di rientrare nel Distretto Uno, ma sospetto che il commissario
Bogo
voglia ritrovarlo lì; sebbene in più di un’occasione lo abbia trovato
esasperante, ha dovuto ammettere che Nick era stato un poliziotto
dannatamente
bravo.
In
quanto genitore single, Nick è autorizzato a uscire dall’Accademia ogni
sera,
in modo che possa tornare a casa per badare a Robin. Mi prendo cura di
lui nei
miei giorni di riposo; nei giorni in cui lavoro, invece, quel compito
spetta a
Finnick.
Nicholas
e Robin vanno d’accordo, anche se non parlano molto fra loro. Almeno,
non
passano il tempo a litigare come facevo io con qualcuno dei miei
fratelli
quando ero cucciola.
******
Qualcuno
bussò alla porta dell’appartamento di Judy. La coniglia andò ad aprire
e trovò
Nick ad attenderla, con indosso la divisa dell’Accademia di Polizia di
Zootropolis.
“Sai,
credo che mi faccia sembrare più giovane di quanto non sia.” osservò
Nick
mentre entrava.
“In
effetti, ti sta bene addosso.” disse Judy con una risatina facendolo
accomodare
in salotto. Seduto sul divano c’era Robin, intento a scrivere qualcosa.
“Ehilà,
campione.” esclamò Nick sporgendosi sul divano, “Che cosa hai lì?”
“I
compiti per casa.” rispose Robin senza alzare lo sguardo, “Ho capito,
papà.”
“Beh,
se è così, d’accordo.” disse Nick rimessosi in piedi. Vide Nicholas
seduto in
un angolo, con le cuffie nelle orecchie, occupato anche lui a scrivere
qualcosa.
“Che
cosa stai facendo?” gli domandò Nick.
“Un
compito per il reinserimento a scuola.” rispose Nicholas. Nick si
accigliò e
rivolse un’occhiata a Judy.
“È
qualcosa che gli hanno chiesto i suoi insegnanti. Meglio non chiedere.”
rispose
Judy scuotendo la testa.
Nick
guardò oltre le spalle di Nicholas.
“Sai,
in linea di massima può andare, ma che ne diresti di…” Nick si chinò in
avanti.
Nicholas si irrigidì mentre suo padre gli dava qualche suggerimento, ma
non
fece alcun gesto sgarbato per mandarlo via.
“Così
dovrebbe andare bene.” disse infine Nick. Nicholas non sembrava tanto
convinto
mentre guardava il compito.
“Ho
capito.” esclamò Nicholas. Nick arretrò di un passo. Ci fu un breve
momento di
silenzio prima che Nicholas riprendesse a parlare.
“Allora,
uhm… grazie.” disse goffamente.
“Nessun
problema.” replicò Nick con un sorrisetto stampato in faccia. Si
rivolse a
Robin e disse: “Forza, piccolo. Torniamo a casa.”
“Papà,
puoi chiamare ‘piccolo’ un cucciolo di sei anni.” brontolò Robin, “Ne
ho
undici, ora.” Ciò nonostante, raccolse le sue cose e uscì
dall’appartamento con
suo padre, mentre Judy li salutava. Judy ritornò da Nicholas e lo
strinse in un
abbraccio.
“Sono
fiera di te, tesoro.” disse.
“Voleva
avere la possibilità di mettersi alla prova.” esclamò Nicholas
scrollandosi le
spalle, “Nonna Viola mi ha sempre detto che avrei dovuto
concedergliela.”
“Sarebbe
stata orgogliosa di te.” ribadì Judy, “Lo sai, vero?”
Nicholas
non fu in grado di rispondere subito, poiché la ferita della sua
scomparsa non
era ancora del tutto sanata.
“Sì.
Lo so.” disse infine.
******
A
proposito di Nicholas… come ho già detto, ha iniziato ad aprirsi un po’
di più.
Ora è disposto a dare a Nick una possibilità, il che è un cambiamento
notevole
rispetto a cinque mesi fa, quando non voleva neppure parlargli e
pensava che
lui fosse soltanto un codardo. Nick sta facendo del suo meglio per
provare a
far sì che Nicholas impari a volergli bene, anche se l’attrito fra i
due non è
scomparso del tutto. Hanno solo bisogno di un altro po’ di tempo.
******
Judy
condusse l’auto fino all’ingresso della St. Barks High School, con
Nicholas
seduto sul sedile del passeggero.
“Sei
pronto?” disse Judy a suo figlio.
“Sì.”
rispose Nicholas, “Dovevo affrontarlo prima o poi. Credo che sia
arrivato il
momento.”
Judy
lo guardò con occhi pieni d’affetto.
“Ehi,
mamma…”
“Sì?”
“Lo
sai che ti adoro, vero?” disse Nicholas. Quell’affermazione fece
sorridere Judy
e le tornò in mente un ricordo risalente a molti anni prima.
“Se
lo so?” esclamò la coniglia, “Sì. Certo che lo so, figliolo.”
Nicholas
ricambiò il sorriso mentre apriva la porta, afferrava lo zaino e
scendeva dalla
macchina. Judy lo osservò oltrepassare il cancello d’ingresso e gli
rivolse un
cenno di saluto. Nicholas annuì di ricambio.
Mentre
Nicholas camminava nel cortile della scuola, una giovane lupa lo notò e
lo
fissò. Judy si accigliò nell’osservare la scena… finché non realizzò
una cosa:
la coda della giovane lupa ondeggiava, cosa che Judy riconobbe come un
segno di
felicità. La mammifera si avvicinò a Nicholas e gli diede un colpetto
sulla
spalla; Nicholas si girò e nel vederla comparve un lieve cipiglio sul
suo
volto. Quell’espressione svanì nel momento in cui la lupa disse
qualcosa che
stuzzicò la curiosità di Nicholas.
Judy
si chinò in avanti. Riconobbe quella giovane lupa, ma non riusciva
proprio a
ricordare dove l’avesse vista… si strinse nelle spalle e rimise in moto
la
macchina.
******
Per
la prima volta, Nicholas potrebbe essersi fatto degli amici a scuola e
sembra
che, dopo tutto, non sia così solo. E le cose tra me e Nick stanno
cominciando
a migliorare. Potremmo non essere in grado di cambiare il passato, ma
possiamo
andare avanti.
Perciò,
suppongo che possiate affermare che le cose stiano andando meglio di
quanto
aveste potuto sperare.
Accendo
la radio in macchina e noto che sta trasmettendo le note della canzone
che è
diventata la colonna sonora della mia vita.
******
There
are days
When
we fall
Stumbling
through the darkness
Can
you hear my call?
I
learned to love, but it didn’t last
I’m
filled with regrets about what’s past
But
at the end of the tunnel, I see a light
I
have to get back up and put things right.
You
see, hope is eternal!
It’s
not over, I can’t give up,
I
know hope is eternal!
I’ll
dust myself off and get back up.
Life
goes on
It
passes me by
Through
friendships lost
My
heart will cry
I
lost my love, I forgot to live
To
change the past, oh what I would give!
The
past won’t change, but the future can
I
hope this time it all goes to plan.
You
see, hope is eternal!
It’s
not over, I can’t give up,
I
know hope is eternal!
I’ll
dust myself off and get back up.
My
heart yearns for more
I’m
sorry I hurt you
But
this isn’t the end,
There’s
no way we’re through!
You
see, hope is eternal!
It’s
not over, I can’t give up,
I
know hope is eternal!
I’ll
dust myself off and get back up.
Hear
me! Hope is eternal!
To
my heart I’m finally listening.
Did
you know? Hope is eternal!
I
look to you, my eyes glistening.
It’s
true! Hope is eternal!
You’ve
waited too long for my apology.
Hey,
wait! Hope is eternal!
Hope
is woven into my biology.
We
can live in hope.
Hope
is eternal.
Fine
Note
dell’autore: Sulle
note dell’ultimo singolo di successo
della popstar Gazelle si conclude questa storia, fondata sì sul dolore
e sul
rimpianto per le scelte sbagliate che Nick e Judy hanno commesso in
passato, ma
anche – e soprattutto, aggiungerei! – sulla speranza e sulla volontà di
ricostruire un rapporto che sembrava irrimediabilmente compromesso.
Ho
un annuncio da fare. Dovete sapere, cari lettori e gentili lettrici,
che le
avventure di Nick e Judy e dei loro figli, Nicholas e Robin, non
sono
finite. Ebbene sì, l’autore della fanfiction originale ha scritto un
seguito
intitolato Waking Death e che intendo far leggere anche a voi…
tradotto
in italiano, naturalmente. Vi anticipo già che questo seguito è più
lungo e che
vedrà in azione alcuni personaggi del film che non hanno avuto voce
nella
storia che avete letto. Sebbene sia a buon punto, non ho ancora
completato il
mio lavoro di traduzione e revisione, pertanto comincerò a postare i
primi
capitoli a partire dal prossimo mese. Confido nella vostra pazienza e
nella
vostra comprensione!
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
XIV di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-14-Hope-690188477
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Desidero ringraziare di cuore i gentilissimi Roberto, Enzo e
Davide –
alias Redferne, EnZo89 e Plando – per aver
dedicato parte
del loro tempo libero a leggere e recensire i capitoli di questa mia
opera di
traduzione. Colgo l’occasione per ringraziare in anticipo tutti coloro
che, in
futuro, vorranno fare lo stesso. Grazie per l’attenzione e… a presto!
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