La stirpe di Scar

di PaikeApirana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Siku Ya Oracle ***
Capitolo 2: *** L'annuncio ***
Capitolo 3: *** Discendenti ***
Capitolo 4: *** Mwezi ***
Capitolo 5: *** Attenzioni ***
Capitolo 6: *** L'incontro ***
Capitolo 7: *** Amici ***
Capitolo 8: *** Bugie ***
Capitolo 9: *** Il messaggero (parte I) ***
Capitolo 10: *** Il messaggero (parte II) ***
Capitolo 11: *** Promessa ***
Capitolo 12: *** Ricordi ***
Capitolo 13: *** Le storie dei nomi ***
Capitolo 14: *** Colloqui notturni ***
Capitolo 15: *** Crescita ***
Capitolo 16: *** Il principe (parte I) ***
Capitolo 17: *** Il principe (parte II) ***
Capitolo 18: *** Re Simba ***
Capitolo 19: *** La prova della criniera ***
Capitolo 20: *** Dubbi ***
Capitolo 21: *** Mia ***
Capitolo 22: *** Decisioni difficili (parte I) ***
Capitolo 23: *** Decisioni difficili (parte ll) ***
Capitolo 24: *** Decisioni difficili (parte III) ***
Capitolo 25: *** Ti amo ***
Capitolo 26: *** Amore e dolore ***
Capitolo 27: *** Confronto ***
Capitolo 28: *** Scontro (parte I) ***
Capitolo 29: *** Scontro (parte II) ***
Capitolo 30: *** Tre iene ***
Capitolo 31: *** Un nuovo branco ***
Capitolo 32: *** La roccia degli amanti ***
Capitolo 33: *** L'attacco ***
Capitolo 34: *** Una nuova regina ***
Capitolo 35: *** Risveglio ***
Capitolo 36: *** Il duello ***
Capitolo 37: *** Polvere ***



Capitolo 1
*** Siku Ya Oracle ***


Il profumo dei funghi e delle erbe invase le narici del mandrillo, mentre all’orizzonte il sole scompariva oltre quella distesa sempre più arida e sterile che un tempo era stato il regno di Mufasa. Sospirò pensando ancora una volta al suo amico e al suo cucciolo. Chissà, forse quell’anno, durante Siku Ya Oracle, sarebbero stati proprio loro a rivelargli il futuro di Scar e del loro regno.

Man mano che le lingue di rosa e arancio sparivano assieme al sole e la notte scendeva sulle terre del branco, il cielo si trapuntava di stelle. Rafiki le guardò speranzoso, preparandosi mentalmente a quel momento di comunione con gli Spiriti Antenati. L’imponente baobab su cui era appartato, fungeva ponte tra il mondo terreno e quello celeste, a cui lui sarebbe asceso temporaneamente quella notte.

Inalò ancora una volta la mistura di funghi ed erbe, lasciando che gli pizzicasse le narici, per poi chiudere gli occhi.
Sembrò che il baobab si sollevasse, sempre più in alto, fino alla costellazione del leone, al concilio dei grandi re del passato.

Rafiki vide quella costellazione animarsi e staccarsi dalla volta blu cobalto, assumendo le fattezze di re Ahadi, padre di Mufasa e di Scar. La pelliccia dorata e la criniera nera splendevano di un’aura chiara ed effimera, che non permise allo sciamano di dispiacersi per il fatto che quella volta ad accoglierlo nel mondo degli antenati ci fosse stato lui e non suo figlio.

Emanava regalità e potenza. Persino quando prese a camminare in una piana polverosa e desolata appariva maestoso.
Un turbine vorticò accanto a lui, sollevando dei minuscoli granelli che presero poi la forma di un leone magro. La sua criniera non era molto folta, come invece quella di Mufasa, e somigliava a quella di Ahadi…a quella di Scar.

Rafiki dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per reprimere un moto di rabbia, al pensiero del leone che stava distruggendo il suo regno, disprezzando il Cerchio della Vita. Se si fosse lasciato andare alle emozioni terrene, gli antenati lo avrebbero scagliato fuori dal regno celeste prima che lui potesse terminare la visione.
Ahadi e il leone di polvere camminarono fianco a fianco, mentre il mandrillo li guardava ancora seduto sul suo baobab, sospeso sopra il mondo terreno. Il paesaggio attorno ai due cambiò radicalmente, facendosi sempre più verde e rigoglioso. Si potevano scorgere imponenti cascate alle loro spalle, sentire lo scroscio dei fiumi, i passi delle gazzelle e i barriti degli elefanti.

Scese la notte in quella terra fertile e la luna risplendette sopra i due leoni. Lentamente, però, si dischiuse nella sagoma di una splendida leonessa candida come la punta del Monte Sacro.
Andò incontro al leone di polvere, per poi scambiare con lui tenere effusioni.

-Quando il Re Polvere siederà sul trono a fianco della Luna, scesa sotto forma di leonessa, le loro terre non temeranno né nemici, né carestia. La loro discendenza regnerà nei secoli- annunciò solennemente Ahadi.

Rafiki stentava a capire. Quella più di tutte le visioni che aveva avuto sembrava incomprensibile, soprattutto viste le condizioni sempre peggiori delle terre del branco.
Sperò che ci fosse altro da vedere, qualcosa che potesse fare un po’ di luce nella sua mente offuscata da mille pensieri. Ma il Ruggito degli Antenati che riecheggiò nelle sue orecchie, quasi assordante, segnò la fine della sua permanenza in quel mondo ultraterreno. Anche Ahadi, il leone di polvere e la leonessa luna si unirono al coro dei ruggiti, catapultando Rafiki di nuovo nel regno dei vivi.

Il mandrillo ebbe l’impressione che il baobab decrescesse tutto di un colpo. Ricadde sul suo legno duro, riaprendo gli occhi con un ansimo. Prese dei profondi respiri, come se fosse rimasto in apnea sott’acqua tutto quel tempo, avido d’aria.
L’odore dei funghi e delle erbe ormai era quasi del tutto scemato tra le fronde dell’albero, ma Rafiki ancora non sapeva dare un senso a ciò che aveva visto.
Il Re Polvere e la Luna avrebbero regnato su terre prospere e senza nemici… ma chi erano? Perché Ahadi li aveva chiamati così?

-Polvere…polvere, polvere…- mormorò tra sé Rafiki cercando di dare un senso a quella parola e al suo significato. Si grattò nervosamente i peli candidi che gli incorniciavano il viso, per poi realizzare di colpo una cosa: Taka, il vero nome di Scar, significava polvere, detrito, scarto… La parte finale del Cerchio della Vita.
Sgranò i suoi occhi dorati, guardando tra le fronde fitte del baobab in cerca della luna. Ormai però stava già albeggiando e gli astri notturni fuggivano via dal sole, facendogli vedere di nuovo le terre sempre più desolate che erano la sua casa.

Scar era il Re Polvere? Cosa voleva dire la luna sotto forma di leonessa? E soprattutto, era davvero la stirpe di quel leone avido che avrebbe regnato sulle terre del branco?

-Perché?- chiese Rafiki con le lacrime agli occhi guardando l’ultima stella nel cielo, che resisteva temeraria alla luce del sole –Perché ci fate questo Grandi Re? Forse lassù non vedete la sciagura che ci ha portato il vostro Re Polvere? Cosa mai potrà venire di buono dalla fine del Cerchio, dai detriti?-

Spazio autrice: Bentrovati a tutti? Cosa pensate di questa visione che ha avuto Rafiki? Come pensate che reagirà Scar sapendo di essere destinato a generare una stirpe che regnerà nei secoli? Oppure il nostro caro mandrillo ha capito fischi per fiaschi?
Voglio sapere le vostre teorie. Sono curiosa. Non siate timidi.
P.S. I nomi di Taka e Nuka hanno significati un po’ diversi in questa storia, rispetto a quelli originali.

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Capitolo 2
*** L'annuncio ***


Il giorno seguente, nella tarda mattinata, Rafiki si diresse alla Rupe dei Re, per annunciare a Scar e alle altre leonesse del branco ciò che la sua visione gli aveva rivelato. 

Camminò in mezzo all’enorme branco di iene, molte delle quali erano intente a spolpare carcasse. L’anziano sciamano non aveva mai visto tanti animali uccisi in un giorno solo. 

Era conscio che la bilancia dell’Equilibrio tra prendere e dare stava pericolosamente pendendo da un lato a ritmo preoccupante. Di quel passo, a forza di prendere dalla Terra, essa non avrebbe più avuto niente da dare a quelle grasse iene che in quel momento banchettavano allegre. Eppure Ahadi aveva parlato di tempi di abbondanza e pace… Come era possibile?
Solo alcuni dei fidati seguaci di Scar alzarono lo sguardo verso Rafiki, ma non gli mostrarono alcuna deferenza e presto tornarono a mangiare. 

Stava per salire sulla scalinata rocciosa che portava alla Rupe, quando una vocina candida e pregna di curiosità si fece sentire tra le sue zampe. 

-Tu sei lo sciamano?- chiese un cucciolo di iena –E’ vero che questa notte hai visto il futuro e stai per raccontarlo al nostro re?- 

Rafiki guardò quel cucciolo negli occhi, non riuscendo a reprimere un leggero sorriso quando vide il ciuffetto nero della sua codina muoversi allegramente. I suoi occhioni guizzavano da lui al suo bastone quasi con ammirazione. 

-Uno dei Grandi Re del Passato mi ha fatto intravedere uno squarcio del futuro- confermò facendo sorridere il cucciolo –Ma lascia che il vecchio Rafiki ti dica una cosa che ha appreso negli anni-. 

Gli prese la testolina bruna del pelo da cucciolo, per poi avvicinare il suo orecchio dritto e trepidante alle labbra. –Mentre uno sciamano ha bisogno che delle vecchie salme reali gli diano visione del futuro, a un animale con un po’ di cervello basta guardare il giorno presente per conoscere il domani. Lo trovo più facile e molto meno criptico di tutte le profezie che possono sussurrare gli antenati- disse facendo ridacchiare il cucciolo. 

Ogni tanto secondo lui era utile smorzare tutta quella deferenza nei confronti degli Antenati, in modo che i posteri sapessero agire anche senza il loro consiglio. Il futuro esisteva per rinnovare il passato. 

-Ma allora a che serve il Giorno dell’Oracolo?- domandò poi la piccola iena. 

Rafiki si appoggiò al suo bastone e guardò in alto verso la punta della Rupe, dove Scar rimirava il regno che aveva agognato fin da subito. La sua criniera poco folta e il fisico magro, tuttavia, non gli conferivano nemmeno la metà della regalità di suo fratello. 

-Negli ultimi anni è diventata più una tradizione che uno spunto per la guida dei sovrani, che spesso sanno agire da soli- disse tornando a guardare il cucciolo –Ma non tutti sono abbastanza lungimiranti da vedere il futuro con i propri occhi- 

Tutto ciò suonava contraddittorio alle sue stesse orecchie. Aveva visto un futuro di prosperità, per un regno in cui avanzava la carestia. 

-Hai visto un futuro brutto, sciamano?- chiese il piccolo di iena. 

-Non ne sono sicuro…-ammise il babbuino. Mentire non era un dovere contemplato dal suo ruolo di sciamano. Essendo un interprete tra il mondo dei vivi e gli Antenati, era suo compito inviolabile tradurre correttamente a entrambi o avrebbe perso per sempre l’accesso al mondo celeste. 

-Se guardo il presente posso vedere il futuro…- ripeté la piccola iena, pensieroso –Sembra che stia peggiorando… Le terre del branco non erano così quando siamo arrivati- 

-E non hai tutti i torti, piccolo. Cacciare troppo fa male alla terra- disse Rafiki, scompigliandogli i ciuffi scuri sulla testa –Sei sveglio. Come ti chiami?-

-Asante- rispose quello, gonfiando il petto al complimento. 
-Allora, Asante, ti consiglio di continuare a guardare il presente e di agire adesso per non farlo peggiorare- disse sperando che capisse. 

Lo vide annuire vigorosamente, mentre lui scalava le rocce per raggiungere il re. A ogni masso che scalava però, in lui cresceva l’impulso di correre indietro o di mentire. Tutto pur di non raccontare la sua visione in cui quel leone e la sua discendenza regnavano per i secoli a venire. Secoli… secoli interi di Scar alla Rupe dei Re. 

Tuttavia si ripeté che sarebbe stato un sacrilegio mentire sulla visione, sul dono concesso dagli Antenati. 

-Rafiki- la voce di Sarabi lo distolse dai suoi pensieri. Non si era nemmeno accorto di essere arrivato in cima, mentre la sua mente rimescolava le immagini di Ahadi, del Re Polvere e della Leonessa Luna, cercando di trovare un altro senso a tutto. 

-Sarabi- la salutò abbracciandola, mentre le altre leonesse osservavano tutto dietro di loro. 

-Che notizie porti dal mondo celeste?- chiese la leonessa, forse sperando che fosse stato il suo compagno a svelargli il futuro. 

-Tempismo perfetto, Rafiki!- disse Scar sopraggiungendo quasi di corsa, ansioso di conoscere il responso –Stavo giusto pensando a te. Ebbene?- 

Gli artigli del leone graffiavano con trepidazione la roccia sotto le zampe, mentre Scar sedeva composto sfoggiando un sorriso sardonico. Sotto quel portamento fiero, tuttavia, l’anziano mandrillo scorse un forte nervosismo, quasi come se il leone avesse paura di ciò che avrebbe detto. 

Lo sciamano sospirò, stringendosi al suo bastone, per poi alzare la testa e guardare il re negli occhi: -Ebbene, sire, vostro padre mi ha fatto dono di vedere il vostro futuro. Voglio citarvi le sue stesse parole: “Quando il Re Polvere siederà a fianco della Luna, scesa sotto forma di leonessa, le loro terre non temeranno né nemici, né carestia. I loro discendenti regneranno nei secoli”- 

Un mormorio si accese tra le leonesse, che mai avevano sentito un responso tanto criptico. Solo una si fece avanti con il muso sereno, senza manifestare la minima confusione alle parole di Rafiki. 

-Che splendida notizia, mio re!- esclamò Zira, la compagna di Scar, avanzando impettita tra le altre leonesse –Non è ovvio? Tu, Taka, sei il Re Polvere e io la tua regina, una leonessa nata in un plenilunio. La nostra discendenza è destinata alla gloria!- 
Andò a mettersi al suo fianco, sfregandosi nella sua criniera color catrame con affetto. 

Era vero. Lo stesso Rafiki aveva fatto nascere la leonessa proprio in una notte di luna piena. 

-Hai ragione- ammise il re, allargando il suo sorriso –Mio fratello e il suo povero figlio non hanno avuto un destino altrettanto glorioso. La loro stirpe è stata stroncata tristemente. Ma la mia… Oh no! La mia è destinata a imprimersi nella roccia e nel tempo! Nulla la ostacolerà! E con essa… io diverrò immortale!-

-Sì, mio re- concordò Zira, ghignando quasi quanto lui –A tal proposito… Sono incinta-. 

-Quale meravigliosa notizia, mia regina!- esclamò Scar, ormai sempre più euforico. Ma non era felicità per essere padre, quella che Rafiki vedeva nei suoi occhi, era brama. Non di potere ma di immortalità. 

-Tali notizie vanno festeggiate! Sarabi, prepara un’altra battuta di caccia! Voglio che portiate più prede di quante ne abbiate mai prese sotto tutto il regno di Mufasa!- ordinò, prima di avviarsi di nuovo verso la punta e ruggire, seguito da Zira. 

-Scar, abbiamo cacciato abbastanza per oggi. Sempre più mandrie stanno scomparendo per i ritmi di caccia insostenibili. Di questo passo non…!- iniziò l’ex regina. 

-Non hai sentito Rafiki? Sotto i miei discendenti queste terre non conosceranno la carestia! Secoli di gloria e abbondanza attendono questo regno! E’ più di quanto quell’inetto di Mufasa abbia mai ottenuto nella sua reggenza pateticamente prudente. Ora andate! Meno prendete, meno le iene vi lasceranno- ruggì il leone sfoderando gli artigli e mostrando le zanne ingiallite. 

Nei suoi occhi brillava un’euforica follia che terrorizzò Rafiki. Per la prima volta, il babbuino rimpianse di non aver mentito.

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Capitolo 3
*** Discendenti ***


Con l’avanzare dei giorni le terre del branco scivolarono sempre di più nel baratro che Rafiki aveva previsto. Un manto plumbeo avvolse i cieli, oscurando il sole ma rifiutandosi di riversare la pioggia sul terreno sempre più arido e sterile.

Gli alberi divennero dei lugubri scheletri rattrappiti, salvo l’imponente baobab dello sciamano, l’unica punta di verde in quella landa grigia. Le stagioni smisero di scorrere, persino distinguere il giorno dalla notte era quasi impossibile, come se il dominio di Scar gli avesse trascinati in un eterno presente. Un presente di fame e sofferenza…

Tuttavia il re non sembrava curarsene, troppo occupato a crogiolarsi nei suoi sogni di gloria dal giorno in cui il babbuino gli aveva detto la profezia.
A nulla servirono tutti i riti dello sciamano per cercare di capire come le parole di Ahadi potessero essere così in contrasto con la realtà. Nessuna risposta era arrivata dai Grandi Re.

L’unica cosa che consolava un po’ Rafiki e le altre leonesse era la stessa discendenza di Scar. Infatti, Nuka, il figlio primogenito, non sembrava rispondere alle aspettative del padre.

Per il re era diventata un’ossessione avere una discendenza forte e numerosa che completasse la profezia. Il cucciolo gracile, un po’ spelacchiato e non tanto sveglio che Zira aveva generato non gli bastava di certo. Lo guardava con delusione e fastidio, talvolta persino con disgusto, non importava quanto Nuka si impegnasse per compiacerlo, nei modi teneri e impacciati di un cucciolo di un mese.
Lo scacciava continuamente, ruggendogli davanti o mostrando gli artigli. Il cucciolo ben presto divenne terrorizzato dal suo stesso padre.

-Tutto ciò è una vergogna, Zira!- aveva urlato una volta Scar alla sua compagna, dopo l’ennesimo tentativo di Nuka di avvicinarsi a lui –Io sono il Re Polvere! Ho bisogno di una discendenza che imprima la sua impronta nei secoli e tu me l’hai negata generando questo… coso! Non è un erede accettabile. Dovrò trovare qualcun altro che compia il tuo lavoro-.

Da quel giorno in poi, il re divenne quasi ostile alla sua regina, giudicandola vecchia e inadatta a generare dei cuccioli forti e degni di una profezia. A sua volta, Zira sfogò la frustrazione per i costanti rifiuti di Scar sul suo stesso cucciolo.
Entrambi facevano quasi pena, mentre mendicavano a Scar anche solo un grammo del suo affetto.

La brama di generare una stirpe generò sempre di più, mentre Scar pensava a una leonessa abbastanza giovane e sana da concepire eredi degni. La sua follia toccò il culmine quando la sua scelta ricadde su Nala e provò a insidiarla.
Fortunatamente ciò non accadde: Sarabi riuscì a proteggere la giovane leonessa e farla scappare al di là delle terre del branco, in cerca di aiuto.

Un ruggito furioso aveva attraversato tutte le pianure in secca quando le iene erano tornate a mani vuote dal loro re, dicendo che Nala aveva ormai varcato i confini delle terre del branco.

Tutti i sudditi di Scar avevano visto i suoi occhi verdi brillare di furore, mostrando i capillari rossi del sangue, mentre malediceva la giovane leonessa e la sua discendenza negata.

-Ma non importa…- aveva detto poi, quasi in un sussurro, per poi far esplodere di nuovo una voce tonante –Forse non sarà Nala a darmi dei cuccioli, e nemmeno Zira! Ma in un modo o nell’altro, io sarò immortale! E avrò una stirpe secolare, mentre il vostri patetici lignaggi scompariranno nell’oblio!-

Le sue parole avevano terrorizzato le leonesse, sempre più stanche e affamate, soprattutto Kula, un’altra giovane leonessa dell’età di Nala.
Sarabi e le altre leonesse erano state sul punto di mandare via anche lei, per proteggerla da Scar, ma non ce ne fu bisogno.
 
Nala tornò assieme a Simba, incredibilmente vivo, che era salito al trono come legittimo re. Tuttavia si dimostrò misericordioso con Scar, Zira e i loro seguaci, esiliandoli fuori dalle terre del branco.

La profezia del Re Povere, fu interpretata negli anni a venire come un semplice malinteso tra Rafiki e gli Antenati. Non c’era dubbio che era la stirpe di Mufasa quella destinata alla grandezza e alla gloria nelle terre del branco.

Il babbuino preferì illudersi di aver inteso male le parole di Ahadi, pur di non farsi divorare dal dubbio che le sue parole si sarebbero compiute un giorno o l’altro.
Seppellì quella visione in un angolo remoto della sua mente, ignaro di quanto fosse andato vicino a capirne il significato.

Spazio autrice: Ciao a tutti! Scusate il capitolo un po' riassuntivo, ma volevo arrivare a quello in cui introduco il mio OC, ovvero quando inizia la nostra vera storia. Considerate questi tre capitoli come una breve introduzione. Chi è il Re Polvere? Spodesterà Simba? Come troverà la sua Regina Luna? Fatevi sotto con le teorie :)

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Capitolo 4
*** Mwezi ***


Dopo più di un’ora di cammino, nella terra arroventata comparvero i primi ciuffi gialli, tra i quali si muovevano in caccia piccoli roditori e serpentelli.

Nuka dovette stare attento a dove metteva le zampe per non pestare qualche animaletto velenoso, ma cercava di mantenere un passo leggero, in modo da potersi avvicinare a qualche topolino e mangiarlo. Non toccava cibo dalla sera precedente e quel giorno, alle prime luci dell’alba, i suoi genitori lo avevano mandato a cercare una nuova pozza dell’acqua, dopo che quella vicino al termitaio si era prosciugata.
Pensando alle termiti, il giovane leone avvertì di nuovo un prurito insopportabile su tutto il corpo.

-Maledetti insetti!- ruggì sommessamente mentre prendeva a mordersi e graffiarsi forsennatamente dove prudeva.

Dopo pochi secondi però si ricordò delle parole di sua madre l’ultima volta che l’aveva visto grattarsi: -Smetti subito con questo comportamento patetico! Vuoi essere il degno successore di tuo padre sì o no? Un vero re sopporta la fame, la sete e il dolore!- aveva detto colpendolo con la zampa –Tu invece non resisti nemmeno a un prurito e ti gratti come uno sciacallo. Sei una vergogna! Devi diventare più forte-

Zira era severa con quel cucciolo di appena cinque mesi, ma Nuka la preferiva a Scar o ai suoi seguaci, sia leoni che iene. Suo padre quasi lo terrorizzava: ogni tipo di approccio era accolto con ruggiti e frasi persino più crudeli di quelle della sua compagna.

Nonostante tutto, però, il giovane leone non smetteva di sognare il giorno in cui, una volta cresciuto, avrebbe fatto ricredere i suoi genitori, diventando più forte e sconfiggendo Simba, il leone che li aveva esiliati. Ogni giorno controllava i progressi della sua criniera, che per il momento si limitava a ciuffi scuri e ispidi, e si allenava nella caccia alle termiti.

I risultati erano ancora scarsi, ma guardando l’immagine di un imponente e maestoso leone, che la sua ombra ingigantita proiettava sul terreno arido, i suoi sogni si affermavano con più forza nella sua mente.

-Un giorno- disse aumentando il passo –mio padre e mia madre saranno orgogliosi di me!-

Camminò ancora per mezz’ora, inorgogliendosi quando si rese conto che aveva smesso di sentire la terra bruciargli sotto le zampe. I cuscinetti ustionati sembravano diventati insensibili a quel calore infuocato e lui stava diventando resistente al dolore! Era un altro piccolo passo.

Alzando gli occhi dal terreno, Nuka si accorse di essere arrivato davanti a una foresta. Il confine tra gli alberi e la terra secca era segnato da un sottile tappeto di erba. Si precipitò ad annusarla curioso, scodinzolando per l’euforia.

Aveva un odore buono, fresco e particolare, di gran lunga migliore di quello delle alghe melmose nel fiume che divideva la terra di Simba. E gli alberi… erano persino più alti delle giraffe, di cui Nuka aveva visto solo gli scheletri, ricoperti di rampicanti e con una chioma imponente e verdeggiante. Del tutto diversi dagli arbusti secchi, grigi e rattrappiti che il cucciolo aveva sempre visto.

Se c’erano tante piante, l’acqua non doveva essere molto lontana. Prima di andare a cercarla, però, il cucciolo decise che si poteva concedere un po’ di riposo e fare qualcosa che aveva sempre sognato. Si buttò in quel tappeto morbido e fresco, all’ombra dei rami verdi degli alberi, rotolandosi e godendosi le carezze degli steli d’erba.

Fece capriole, vi si sfregò con tutto il corpo, immergendovi anche il muso. Credette di essere in paradiso, fino a quando, rotolando a pancia all’aria non incontrò il muso di una iena e di una piccola leonessa dalla pelliccia candida.

-Ehi ciao!- gli sorrise quella all’improvviso.

Nuka ruggì per la sorpresa, facendo un salto indietro.
Gli altri due cuccioli scoppiarono a ridere alla sua reazione.

-Scusa non volevo spaventarti- disse la leoncina ridendo sotto i baffi.

-Non… Non mi hai spaventato!- ringhiò Nuka ricomponendosi. Meno male che sua madre non lo aveva visto. –Mi avete solo colto di sorpresa-

-Certo, certo- ribatté il cucciolo di iena, prima di avvicinarsi a lui e annusarlo –Non sei delle terre alluvionali tu, vero?-

Nuka appiattì le orecchie sulla testa e ringhiò, tentando di sembrare minaccioso: -No, io sono del branco del Grande Scar! Voi chi siete?-

-Ehi non c’è bisogno di essere aggressivi- disse la piccola leonessa facendosi avanti e mostrando i suoi occhi azzurri –Io sono Mwezi. Mia madre è il capobranco dei leoni delle terre alluvionali. E lui invece è Asante, il mio migliore amico-

-Che ci fai nel nostro territorio?- chiese Asante, lievemente accigliato.

-Io… cercavo dell’acqua- disse Nuka, abbassando leggermente la guardia. Cercò di assumere una posa fiera e regale, sedendosi e gonfiando il petto, ma quando sentì di nuovo il prurito delle termiti, non seppe resistere. Si grattò convulsamente di nuovo, facendo ridere Asante.

-Sembri uno sciacallo con le pulci!- disse tra le risate la iena, prima che Mwezi lo spintonasse e si avvicinasse a Nuka per annusarlo.

Il suo sguardo sembrava apprensivo, quasi preoccupato. Nuka si sentì leggermente imbarazzato. Non c’erano altri cuccioli nel branco e non riceveva quel tipo di attenzioni da nessuno, nemmeno dai suoi genitori. Non sapeva cosa aspettarsi.

-Sei pieno di termiti- disse la leoncina bianca –Ma io so come fare! Vieni con noi, c’è tanta acqua per pulirti e levarti le termiti!-
Aveva un tono pimpante e giocoso che Nuka non aveva mai sentito, ma gli piaceva.

-Mwezi, non credo sia una buona idea- disse Asante guardando Nuka con sospetto –Non sappiamo se…-

-Io sono la principessa- disse la piccola, ergendo fieramente il collo e affiancando Nuka –Mio il regno, mie le regole. Ora andiamo dai! A proposito come ti chiami?-

-N…Nuka- rispose il giovane leone, sorpreso da tanto entusiasmo. Prese a seguire Mwezi, osservando curioso il suo manto bianco, mentre si addentravano nella foresta verdeggiante. I leoni del suo bianco avevano tutti colori sulla tonalità del marrone e del grigio, monotoni quanto il paesaggio smorto e arido, lui stesso aveva una pelliccia grigia e polverosa. Invece, in quel posto tutto era colorato e sgargiante, talmente tanto che quasi ne restava abbagliato.

Il bello però arrivò alla fine della lingua boscosa, quando si ritrovò davanti a una pianura sconfinata e completamente verde, attraversata da enormi fiumi.
Si incantò a guardare quel nuovo mondo, così diverso dalla sua casa, e non si accorse che Mwezi ed Asante erano andati più avanti, proprio sulla sponda di un ruscello dalle acque immobili su cui galleggiavano ninfee rosa e bianche.

-Vieni Nuka!- lo chiamò la giovane leonessa, che era già al centro del fiume, con le zampe completamente.
Nuka non se lo fece ripetere due volte. Corse sul morbido tappeto d’erba, prima di saltare nell’acqua bassa. Bevve avidamente, finché un’onda non lo investì in pieno, inzuppandolo dalla testa alla coda.

A pochi passi da lui, Mwezi e Asante sorridevano appena maliziosi. Il giovane leone raccolse subito la sfida e ricambiò gli schizzi. Non aveva mai giocato con l’acqua, non ne aveva mai vista tanta, ma lo adorò. Era divertente e gli piaceva il fresco della pelliccia bagnata. Non si accorse del tempo che passava, troppo occupato a divertirsi per la prima volta dopo tanto tempo.
Quando i cuccioli uscirono dall’acqua, esausti e zuppi, Mwezi e Asante presero a rotolarsi nella fanghiglia.

-Avanti Nuka!- lo esortò lei –Il fango serve a uccidere le termiti rimaste e proteggere dai parassiti-.

-Va bene- disse il leoncino imitando i suoi due nuovi amici. In breve furono tutti e tre imbrattati di fango e Nuka si accorse di non sentire più alcun tipo di prurito. Questo posto è il paradiso, pensò.
-Grazie mille, Mwezi- disse, osservando la cucciola, la cui pelliccia candida era ormai scomparsa sotto uno strato marrone.

-Figurati- rispose lei –Non c’è acqua da dove vieni tu?-

-No- ammise lui, abbassando la testa –Io vengo dalle terre aride e lì non c’è quasi niente da mangiare, né acqua per la mia famiglia-.
Quel posto bellissimo apparteneva già a un altro branco di leoni, quindi lui non sarebbe potuto restare a lungo e avrebbe dovuto cercare un’altra pozza d’acqua per la sua famiglia.

-E perché…?- iniziò Asante con uno sguardo di nuovo sospettoso, ma Mwezi lo precedette e disse con un sorriso: -Potrei chiedere a mia madre di accogliervi qui! Qui c’è cibo e acqua in abbondanza!-

-Lo faresti davvero?- chiese Nuka speranzoso. Asante d’altra parte sembrava contrariato dalla sua decisione, ma lei non dette peso alla sua occhiata sbigottita.

-Certo! Lo chiederò oggi a mia madre quando torno a casa. Tu intanto potresti avvertire la tua famiglia, così ci incontriamo di nuovo domani- disse Mwezi annuendo vigorosamente. Sfoggiò un ampio sorriso quando vide la coda di Nuka muoversi allegra.

-Sarebbe perfetto!- esclamò –Grazie Mwezi! Ma… perché fai questo per me? Ci siamo appena conosciuti-

-Mia madre dice che la vita non è una retta di indifferenza, ma un cerchio in cui tutti siamo legati- disse la cucciola orgogliosa –Se oggi io ti aiuto e mi lego a te in amicizia, un giorno tu mi potresti aiutarmi quando sarò regina-.

Nuka sorrise. Avrebbe voluto dire di essere anche lui un principe, ma preferì non farlo, prima voleva che fossero i suoi genitori a riconoscerlo come tale. Era sicuro che sarebbe stato così una volta che avrebbe raccontato loro ciò che aveva scoperto. Sì, glielo avrebbe detto domani, quando sarebbe tornato con Scar e Zira per incontrare la madre di Mwezi.
Non era ancora re, ma già si era trovato una preziosa alleata! Stava facendo progressi rapidi!

-Va bene allora. Tornerò domani. Grazie ancora a tutti e due!- esclamò contento, salutandoli con un ampio sorriso.
Corse verso casa, rinvigorito dall’acqua e dai giochi, attraversando veloce la terra rovente felice come non lo era mai stato. Quella era stata la giornata migliore della sua vita e non era ancora finita!

-Oggi ti renderò orgoglioso, papà- si disse.

Spazio autrice: Ehilà! Che ve ne pare del capitolo? Sapete che cosa vuol dire Mwezi in Swahili? Cosa penseranno Scar e Zira della scoperta di Nuka? Ha finalmente trovato la Luna della profezia? Come reagirà Scar? Fatemi sapere le vostre opinioni.

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Capitolo 5
*** Attenzioni ***


Nuka giunse al termitaio zuppo di sudore, ma con un sorriso da orecchio a orecchio. Corse in mezzo alle iene senza alcun riguardo per le loro zanne scoperte grondanti di saliva. Quello era un momento troppo importante per fermarsi a chiedere scusa o dare spiegazioni.

Gettò solo una rapida occhiata a un trio di iene che leccava le pareti di una colonna del termitaio, raccogliendo gli insetti con la lingua. Mangiare gli insetti era il più basso livello di umiliazione che un carnivoro, leone o iena, potesse raggiungere. Spesso toccava ai membri inferiori del branco o agli sconfitti in un combattimento, ma vista la foga e la disperazione con cui quelle iene cercavano di acchiappare gli insetti, Nuka pensò che morissero di fame e basta.

Presto non avranno più fame, quando Mwezi e sua madre ci accoglieranno nel loro territorio, e sarà tutto grazie a me!

Il cucciolo arrivò fino alle colonne più alte del termitaio, che si innalzavano sottili e scomposte verso il cielo azzurro, tutto il contrario degli alberi imponenti, maestosi e lussureggianti che aveva visto. Era affascinate, tuttavia, pensare come entrambi fossero nati da cose minuscole e apparentemente insignificanti .
 Che fosse anche questo legato al Cerchio della Vita? Nuka non sapeva niente in merito, visto che secondo i suoi genitori erano solo sciocchezze.

 Le gallerie e le camere sotto di esse erano l’unico posto dove si potesse trovare un po’ di refrigerio, malgrado il fastidioso brulicare delle termiti sulle pareti.

Dormire con quello zampettio continuo talvolta risultava faticoso, ma non se la pancia era vuota da uno o due giorni. A quel punto il corpo esigeva riposo e poteva capitare, se troppo indebolito, non riuscisse a svegliarsi mai più e l’animale scivolava nella morte senza nemmeno accorgersene.

Nuka scacciò quei pensieri dalla sua mente e si diresse alla camera del re, suo padre, che a volte condivideva con Zira. Le decine di tunnel e cunicoli che si aprivano sulle pareti non rappresentavano un problema per lui, avendoli esplorati tutti, alla ricerca di qualcosa da fare o da mangiare.

Arrivato all’entrata della camera principale, vide i suoi genitori intenti a spolpare le ossa di due uccelli uccisi da poco con estrema calma, come se cercassero di far durare a lungo quel pasto e illudersi che fosse più grande e sostanzioso.

-Padre!- gridò il cucciolo correndo verso di lui. Sfortunatamente non vide una roccia affiorante e ci inciampò con la zampa, cadendo rovinosamente nella polvere e rotolando fino al cospetto di suo padre.

Del pulviscolo grigio finì sulla carne che stava mangiando Scar, che scoccò un’occhiata micidiale a suo figlio, socchiudendo gli occhi verdi e scoprendo una zanna affilata. Un ringhio sommesso uscì dalla sua gola, ma fu sufficiente a scacciare tutto l’entusiasmo di Nuka.

-Nuka!- ruggì sua madre, adirata. Sembrava che tutto ciò che desse il minimo fastidio al suo compagno la facesse infuriare.

-Spero che tutto questo entusiasmo abbia un motivo valido e utile- disse Scar senza ammorbidire il suo sguardo. Per un attimo, il cucciolo si sentì incapace di spiccicare una sola parola, pietrificato da quegli occhi verdi dal taglio affilato.

-Allora?- lo incalzò sua madre con un ruggito non molto forte –Hai trovato un’altra pozza d’acqua?-

-I… io … no … cioè sì!- disse Nuka vedendo il lampo d’ira negli occhi di sua madre e la zampa pronta ad alzarsi –Ho trovato … una pianura alluvionale non molto lontano da qui-

-Allora perché ci hai messo tanto a tornare?- chiese Zira, senza alleggerire il tono, mentre Scar aveva almeno smesso di scoprire le zanne.

-Perché … mi sono fermato a bere in un fiume e a giocare un po’ con Asante e Mwezi…- iniziò ancora Nuka, prima di essere bruscamente interrotto da sua madre.

-Pensi che noi qui abbiamo tempo per farti giocare!?- ruggì, facendo acquattare il cucciolo sul pavimento, spaventato –Saresti dovuto tornare subito indietro! Piccolo st… -

-Ferma!- la richiamò Scar con un tono deciso, frenando il tentativo di Zira di compiacerlo disciplinando il loro cucciolo. Fissò Nuka con le orecchie alte sopra i ciuffi di criniera catrame, attente, sfoggiando uno sguardo che sembrava quasi curioso.

-Chi è Mwezi?- chiese con voce atona.

-È… la figlia della regina di quelle terre, una leoncina della mia età con il pelo bianco- spiegò Nuka. Quando vide suo padre sgranare gli occhi per la sorpresa e incurvare la bocca in un sorriso sempre più ampio, il cucciolo sentì il cuore gonfiarsi di gioia e soddisfazione. Decise quindi di andare avanti, acquistando sicurezza e dicendo la notizia migliore:-Mwezi mi ha detto che chiederà a sua madre di farci andare a vivere in quelle terre e di dirti di andare domani al confine per incontrarla-.

Il sorriso di Scar si allargò ancora, mentre tirava Nuka a sé con la zampa. All’inizio il cucciolo ne fu spaventato, ma l’attimo dopo suo padre passò la lingua su tutto il suo muso, abbracciandolo. Non lo faceva da quando era piccolo, prima che lo ritenesse un erede indegno.

La felicità di Nuka crebbe ancora quando sentì i complimenti di suo padre. –Bravo! Che cucciolo geniale che sei, Nuka! Questa è la migliore notizia che potessi mai portarmi. Lo sapevo che in fondo avevi del potenziale!- disse con una voce dolce e affettata, che fece sorridere il cucciolo –Domani andremo a conoscere la tua nuova amica e sua madre e forse avremo una casa nuova e migliore di questo postaccio-.

-Bene…papà- disse Nuka, appena timoroso di pronunciare quella parola troppo affettuosa, ma suo padre rispose con delle fusa che gli scaldarono il cuore.

-Bravo, il mio ragazzo-disse Scar prima di interrompere l’abbraccio, guardandolo con un sorriso dolce e affettuoso –Perché non vai ad avvisare le iene e i leoni della tua scoperta? Sicuramente ne saranno contenti. E dì loro di prepararsi per domani-

Il cucciolo annuì vigoroso. Il suo sogno si era finalmente realizzato! Ora però non c’era tempo per le chiacchiere! Doveva eseguire l’ordine di suo padre e tenersi stretta la sua fiducia finalmente guadagnata. Corse fuori dalla camera principale, andando ad avvisare tutti.

-Finalmente!- esclamò Scar alzandosi in piedi, con gli occhi che sfavillavano trionfanti –Finalmente la profezia, il mio destino, si compirà!-

-Di cosa parli?- chiese Zira, turbata dall’accenno della profezia. Dopo che Nuka si era rivelato indegno e Scar aveva iniziato a cercare leonesse migliori per avere cuccioli forti, lei era stata messa da parte, sia come regina, che come amante. Temeva più di tutto il ritorno di quella solitudine.

-Non è ovvio?- fece Scar, ghignando –Mwezi, una leonessa candida il cui nome significa luna, sarà colei che mi permetterà di regnare incontrastato, che imprimerà la mia stirpe nella storia e nella roccia!-

I suoi occhi verdi fissavano un punto indefinito, mentre i sogni di gloria e potenza si accavallavano nella mente del leone. Il suo ghigno non accennava a diminuire e gli artigli grattavano la terra con trepidazione.

-Ma … è solo una cucciola dell’età di Nuka- disse Zira sempre più spaventata, ora che si rendeva conto di quanto la profezia potesse essere concreta e di quanto lei non fosse implicata.

-Aspetterò. Cosa sono pochi mesi in confronto a secoli? All'immortalità?- rispose Scar per niente scalfito da quel fatto –Non appena sarà grande, la reclamerò come mia e insieme daremo vita a una discendenza secolare-.

Abbassò solo un attimo lo sguardo, notando il muso affranto di Zira. Non lo avrebbe mai seguito se non l’avesse fatta sentire parte della sua scalata al potere e, inoltre, si era dimostrata utile in più di un’occasione. Era un’alleata che non poteva perdere.

-Mentre tu, Zira- le disse in tono mellifluo, avvicinandosi e portando la bocca vicino al suo orecchio –Tu sarai la mia regina e regnerai al mio fianco. Un re può avere più di una leonessa per la sua discendenza, ma solo una può essere degna di essere la mia regina devota-.

Si sfregò su di lei dolcemente, finché lei non ricambiò. Non riusciva a farne a meno: l’approvazione e l’amore di Scar, erano un bisogno morboso per lei e quella era una delle poche volte in cui gli concedeva simili effusioni.

-Seguimi, Zira- le disse ancora –e governeremo insieme quelle pianure alluvionali, per poi muovere guerra a Simba e prenderci anche il suo regno. Saremo inarrestabili, insieme!-

-Sì- rispose la leonessa e Scar guardò compiaciuto l’ambizione nei suoi occhi. Oh come voleva che la sua Mwezi, la sua Luna, fosse già pronta quanto lui a compiere la profezia.

Spazio Autrice: Ciao a tutti! Eccovi un altro capitolo! Scar sembra aver trovato la sua Luna, finalmente, anche se è solo una cucciola e Zira ha acconsentito a non essere la madre degli eredi di Scar. Lui e Mwezi regneranno insieme come ha detto Ahadi nella profezia? E Nuka? Finalmente ha ottenuto l’approvazione del padre, ma non sa niente della profezia …
Fatemi sapere nelle recensioni o via mail se vi piace o se avete delle domande. Inoltre, se volete ho una storia fantasy completa sul mio profilo. Se vi piacciono i draghi credo che sia adatta a voi!

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Capitolo 6
*** L'incontro ***


Mwezi sedeva composta accanto a sua madre, protetta da due imponenti elefanti e affiancata da Asante, proprio nella lingua di erba dove aveva incontrato Nuka il giorno prima.

Aspettava con ansia di scorgere il suo amico avanzare all’orizzonte tremolante per la canicola assieme alla sua famiglia. Forse era riuscita a procurare a sua madre nuovi preziosi alleati.

La osservò, risalendo lungo la sua pelliccia quasi color papaia fino al suo muso dai tratti dolci, che tuttavia la regina Furaha sapeva contrarre in modo da farlo apparire inflessibile come la sua volontà. Quello che Mwezi scorse, fu uno sguardo ieratico e attento, mentre scrutava l’orizzonte.

Non era stata molto entusiasta, quando la leoncina gli aveva raccontato di essersi avvicinata così tanto al confine del regno, ma non aveva protestato quando le aveva chiesto di aiutare la famiglia di un cucciolo in difficoltà.

Tuttavia, aveva comunque voluto portarsi una scorta di un paio di elefanti, tre delle sue leonesse più fedeli e alcune iene della famiglia di Asante.

-Molti leoni non rispettano l’autorità di una regina senza re- aveva detto alla figlia –Mai abbassare la guardia con gli estranei.

Mwezi faticava a credere come qualcuno potesse anche solo osare contraddire una leonessa dal carattere di sua madre: gentile e amorevole, ma anche indomita e severa. Se provocata, Furaha sapeva ruggire anche più forte di un maschio adulto.

-Dovrebbe essere già qui- borbottò Asante –Continuo a dir che non sia una buona idea.

-Perché sei così noioso?- chiese Mwezi –Stiamo aiutando una famiglia in difficoltà e potremmo avere un nuovo compagno di giochi! Dovresti essere contento.

-Sono solo prudente- rispose la piccola iena a tono –Tu invece ti sei messa a giocare con un perfetto estraneo. Se fosse stato un po’ più grande ti avrebbe spezzato in due.

-Sono una leoncina socievole- ribatté la cucciola bianca –Mentre tu sei peggio di un leopardo a volte: scontroso e sempre diffidente.

-Cuccioli- li richiamò Furaha, con voce austera che non ammetteva repliche, senza spostare lo sguardo dall’orizzonte –Sono arrivati.

Iniziarono a scorgere le sagome di un gruppo di leoni e iene che si faceva sempre più definito nell’aria tremolante. Un leone magro, dalla criniera più buia della notte, guidava il branco, seguito da una leonessa color sabbia dal muso tagliente nei tratti e un cucciolo grigio dai ciuffi di criniera scarmigliati. Nuka.
Mwezi avrebbe voluto salutarlo e corrergli incontro, ma si impose di mantenere una posa composta come si addiceva a una principessa.

Gli elefanti della scorta presero ad allargare e sventolare le orecchie, rimanendo però calmi all’apparenza, in un silenzioso avvertimento. Al minimo segnale di pericolo sarebbero stati pronti a caricare.

Con un barrito sommesso uno di loro, Jelani, impose al branco del nuovo venuto di fermarsi, proprio dove incominciava a crescere l’erba verde.
 
Scar obbedì e si sedette di fronte a Furaha, chinando la testa in segno di rispetto alla sovrana nel modo in cui si usava tra pari.
-Affermi dunque di essere un re, straniero- constatò la leonessa studiandolo con due occhi freddi e azzurri come l’aria notturna –Eppure non mi sembra di averti mai visto nei regni limitrofi-

-Un re in disgrazia è pur sempre un re- disse Scar mostrando un tono cordiale. Il suo sguardo cadde sulla pallina bianca accanto alla regina e dovette contenersi per non sfoggiare un sorriso compiaciuto alla vista di Mwezi, la sua luna. Aveva gli stessi occhi azzurri della regina, ma i suoi erano più grandi e con un taglio molto più dolce. Il suo manto candido, celestiale, puro era una gioia per i suoi occhi abituati al grigio e alla sabbia.
Sarà una splendida leonessa un giorno, pensò guardando il fisico tonico e sinuoso di Furaha e pensando che le sarebbe somigliata, e quel giorno sarà mia.

Si affrettò a nascondere i suoi pensieri, iniziando a vezzeggiare la cucciola in un tono che pareva sincero: -E questa deve essere la giovane principessa che si è offerta di aiutare il mio povero branco e la mia famiglia. Desidero subito ringraziarti, una simile gentilezza e sproporzionata in meglio per una cucciola della tua età.

-Non ho ancora acconsentito- intervenne Furaha, lapidaria, spostando l’attenzione dal sorrisetto di sua figlia al suo cipiglio indagatore –Chi sei e da dove vieni?-

Scar si era già inventato una bugia credibile, o meglio, aveva ritoccato un po’ la verità, in modo che anche Nuka fosse inconsapevole della mistificazione e aveva anche istruito Zira a fingere qualche lacrima in alcuni passaggi del racconto.

Invece fu tutto vano. Prima che cominciasse a raccontare, una delle iene espose alla regina una versione della storia molto più breve, incisiva e vera: -E’ Taka, meglio noto come Scar, figlio di Ahadi, fratello regicida di Mufasa. Esiliato dal nipote Simba, re della Rupe dei Re.

Le sue parole fecero calare un silenzio pregno di tensione. Furaha spostò inavvertitamente una zampa davanti a sua figlia, mentre la iena che aveva parlato si metteva sopra il suo cucciolo.Un elefante barrì, mentre leoni e iene facevano oscillare nervosamente le code. Sarebbe bastato un ordine della regina e la scorta sarebbe scattata.

-Non smentisci?- gli chiese la leonessa scoprendo appena le zampe.

-Ebbene no- disse Scar essendo ormai stato riconosciuto –Ma se mi permettessi di… -

-L’incontro si chiude qui!- sentenziò Furaha alzandosi in piedi sulle zampe –Non andrò certo contro il volere di un sovrano mio pari, e mio vicino, per ospitare nelle mie terre un regicida, un assassino del suo stesso fratello.

Mwezi sgranò gli occhi a quelle parole e arretrò di qualche passo, quando sua madre disse che quel leone dall’aspetto e dai modi gentili era stato capace di uccidere.

Arretrò ancora quando la leonessa accanto a lui prese a ringhiare rabbiosamente verso sua madre, che però non sembrava affatto scalfita dalla sua minaccia e mantenne la sua posa fiera e ieratica.
Gli elefanti fecero oscillare minacciosi le proboscidi. Asante le venne vicino, come per proteggerla, mentre le iene facevano lo stesso con Furaha, scoprendo le zanne.

-Possibile che bisogni sempre ricorrere alla forza bruta?- fece Scar inarcando il sopracciglio sfregiato.

-Dimmelo tu- rispose Furaha, sempre algida e stoica, conscia però dell’ironia delle sue parole. –Mettiamola così, Scar: tu e i tuoi siete liberi di prendere dal mio territorio ciò che volete, purché nessuno vi veda o senta persino il vostro odore. In tal caso sarei costretta a fare qualcosa di spiacevole … più per te che per me-

Scar sgranò gli occhi indignato e furioso almeno quanto Zira per quella minaccia, e la sua rabbia crebbe ancora quando Furaha, girandosi per andarsene, raccolse Mwezi in bocca per portarla via. Gli sembrava di vedere il suo destino allontanarsi nuovamente e scivolare via dalle sue zampe. E lui non poteva fare niente!

Non è finita qui Furaha. Le tue frecciatine non proteggeranno la piccola e dolce Mwezi dal suo destino.

Quando suo padre dette il segnale al branco di tornare indietro, accompagnato da ringhi e mormorii di malcontento, Nuka vide sgretolarsi tutto ciò che credeva di aver ottenuto. Fu terrorizzato dall’idea di essere di nuovo ritenuto inutile e un erede indegno, non dopo quanto aveva lottato!

 Guardò un’ultima volta la sua amica bianca, prima che sparisse con sua madre e la scorta nella foresta. Gli sembrò che lo salutasse con un movimento quasi impercettibile della zampa.

Spazio autrice: Non garantisco di mantenere questo ritmo serrato! Oggi è un caso eccezionale! Detto questo? Che ve ne è parso? Come vi è sembrata Furaha? I piani di Scar sembrano di nuovo andati in fumo. Come farà a rimediare? E Rafiki? Saprà qualcosa delle vicende del regno vicino? Fatemi sentire i vostri pareri e le vostre teorie più assurde, potrebbero ispirarmi qualcosa per la storia! E ripeto che se vi piace il fantasy, nel mio profilo c’è una storia già completa!

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Capitolo 7
*** Amici ***


Quando tornarono alla tana, una buca tra le radici di un gigantesco albero, Mwezi venne adagiata sul giaciglio di foglie secche e sua madre cominciò a pulirla come se niente fosse successo, mentre entravano anche le altre leonesse del branco. La luce che filtrava tra le radici nodose e intricate, formava un mosaico luminoso che cambiava a seconda della posizione del sole e che sembrava trattenere il calore durante la notte, quando la luna baciava il manto candido della principessa.

La piccola leonessa non sapeva bene cosa fare o dire. Era dispiaciuta dal fatto che Nuka non sarebbe più potuto venire a giocare con lei, spaventata dal fatto che suo padre avesse ucciso un altro leone e confusa sul fatto che sua madre fosse arrabbiata o meno.

Temeva di farla arrabbiare con una domanda, quindi si lasciò leccare e pulire dalla testa alla coda in silenzio. Tuttavia durò solo fino a quando Furaha non prese a solleticarle il pancino bianco con il muso, facendola ridere a crepapelle.

-Mamma basta!- implorò la cucciola tentando di scacciarla con le zampine, ma l’austera regina volle continuare ancora un po’ quel momento di tenerezza.

-Come stai, cucciola mia?- le chiese poi a bruciapelo, guardandola con apprensione materna –Ti sei spaventata oggi con quel leone cattivo?

-Ehm… ecco io…- iniziò Mwezi non sapendo cosa dire –Non lo so. Non sembrava cattivo e nemmeno Nuka, il cucciolo. Io… avevo pensato che potevamo essere amici

-Ricorda, Mwezi- le disse sua madre dandole una leccata sul muso –Non sempre le cose sono come appaiono e ti assicuro che Scar è un leone cattivo, nonostante i suoi modi amichevoli. Io voglio solo proteggerti. Lo sai questo vero?

La cucciola annuì. Non era un segreto per nessuno che la regina delle pianure alluvionali tenesse a sua figlia più di qualsiasi altra cosa al mondo.

-Allora promettimi che non ti avvicinerai più al confine- le disse Furaha facendosi più severa, ma conservando uno sguardo amorevole e materno –e che non andrai mai in giro da sola finché non sarai grande

-Va bene- disse Mwezi poco convinta –Te lo prometto, mamma

La leonessa fece le fusa a quella risposta e si sfregò su sua figlia con tutta la testa, stringendola tra le zampe mentre entrambe si lasciavano andare a un pisolino pomeridiano.

***

I giorni che seguirono all’incontro con la regina Furaha, Nuka vide suo padre tornare scostante come prima e il barlume di affetto che credeva di aver ottenuto evaporare come l’acqua di un ruscello in quelle terre.

Riuscì a trovare un’altra pozza dell’acqua, lì dove parte del corso di un fiume, che poi andava nelle terre alluvionali, si distaccava in un braccio scheletrico per abbeverare un piccolo lembo di terra arido.

Un varano sbucato fuori da una roccia mentre lui beveva l’acqua, più fangosa e scura di quella del fiume di Mwezi, per poco non lo aveva morso, ma non rappresentò certo un problema per sua madre, che anzi riuscì persino a ucciderlo e mangiarlo.

Ovviamente non aveva mancato di ammonire Nuka per la sua codardia, sfoggiando il suo talento naturale per farlo sentire in colpa. D’altro canto suo padre non fu molto entusiasta della sua scoperta. Rimaneva spesso e a lungo nella sua caverna del termitaio, sdraiato e con il muso contratto in un ringhio frustrato o a volte ruggendo a pieni polmoni per qualche motivo che suo figlio non capiva.

Che fosse arrabbiato con lui?

Nuka cercava di non pensarci, passando fuori dalla tana quanto più tempo possibile. Cercava delle prede un po’ più grosse delle termiti da portare a suo padre, ma non trovava niente e non aveva abbastanza coraggio da tentare di catturare un serpente.

Così un giorno decise di fare qualcosa di avventato e andare contro il volere della regina Furaha.

Varcò il confine erboso e si addentrò una seconda volta tra gli alberi lussureggianti, cercando una preda più grassa. Non osò andare nell'ampia pianura, rimanendo tra le ombre degli alberi per non farsi scoprire

-Potrei dire a mio padre che ho sfidato la regina e gli ho portato un dono! Questo sì che lo renderebbe orgoglioso!- disse tra sé e sé annusando il terreno alla ricerca di una roditore –E finalmente dimostrerò quanto sono coraggioso, forte, determinato…

-Stupido- disse una voce alle sue spalle, facendolo saltare e strillare per la paura. Asante, il cucciolo di iena, ringhiava sommessamente verso di lui. Vedendo che era solo, Nuka si affrettò a imitarlo, incerto però su cosa fare.

-Nessuno sfida la regina- disse Asante –Se non te ne vai subito chiamo mia madre, il capo dei ricognitori. Hai sentito sua maestà, qui non c’è posto per dei tiranni assassini come tuo padre.

-Rimangiatelo!- ordinò Nuka scoprendo improvvisamente le zanne –Mio padre era un grande re, destinato a grandi cose! È Simba che ci ha caciati e costretti alla fame. È lui il tiranno che ha cercato di uccidere mio padre.

-E lui prima aveva ucciso il suo stesso fratello- rispose Asante avvicinandosi. I due cuccioli iniziarono a fronteggiarsi girando in cerchio, imitando inconsciamente gli adulti.

-E’ una bugia!- ruggì Nuka sfoderando le piccole unghie. Quando la iena si avventò su di lui accolse volentieri lo scontro, cercando di morderlo e graffiarlo mentre lui gli ordinava di andarsene. Tuttavia non essendo allenato a combattere e indebolito dalla mancanza di cibo sostanzioso, il giovane leone non impiegò molto ad andare a terra.

-Non è una bugia!- gli disse Asante tenendolo fermo –Mia madre prima era fedele a lui e anche io ho vissuto nelle terre del branco mentre lui le distruggeva, rendendole addirittura peggiori delle terre esterne. Quando poi abbiamo scoperto cosa aveva fatto a re Mufasa, la mia famiglia ha disertato e abbiamo raggiunto le terre alluvionali, dove ci ha accolto Furaha.

Nella mente di Nuka si era insinuata una punta di dubbio, ma in quel momento era troppo concentrato sul suo orgoglio ferito e lottava con tutte le sue forze per rialzarsi.

-Asante!- lo richiamò tutto a un tratto la voce di Mwezi, la cui pelliccia candida si scorgeva già a diversi metri tra il verde del bosco. –Lascialo. Gli fai male- disse ancora all’amico, che acconsentì di malavoglia.

Il cucciolo di leone aveva le lacrime agli occhi per l’umiliazione subìta e per ciò che la iena aveva detto su suo padre. Non poteva essere vero!
Lottò per non singhiozzare, mentre cercava di frenare i suoi stessi pensieri. Lui non poteva essere il figlio di un assassino, ma anche se così non fosse stato, lui era un erede idegno, come gli rammentava sempre Zira. Dopo la storia del varano e quella sconfitta da una iena, forse avevano ragione... Non poté fare a meno di pensare che qualsiasi cosa fosse suo padre, lui era comunque un cucciolo sbagliato e di scarso valore

Quando però cedette, piangendo e vergognandosi di essere così patetico, Mwezi gli si avvicinò senza timore, abbracciandolo e lasciandolo sfogare sulla sua spalla. Con una zampina gli dava piccole pacche sulla schiena, che tuttavia risultarono molto confortanti, mentre emetteva dolci fusa dalla gola dall’effetto calmante.

Dapprima sorpreso, Nuka si abbandonò a quel contatto, lasciando che le sue lacrime bagnassero il pelo morbido di Mwezi in cui il suo muso sembrava affondare. Fu la prima volta dopo tanto tempo che il cucciolo sperimentò dell’affetto vero.

Si sfogò per qualche secondo e quando fu più tranquillo Mwezi ruppe l’abbraccio per guardarlo con i suoi occhioni azzurri. Non sembrava infastidita, come invece lo sarebbero stati i genitori di Nuka.

-Va meglio?- gli chiese.

-Sì… g…grazie- balbettò lui tirando su col naso. Anche Asante malgrado tutto sembrava dispiaciuto di averlo fatto piangere, lo si capiva dalle orecchie e dalla coda bassi oltre che dall’espressione. Borbottò delle scuse senza tuttavia guardare il leoncino nei suoi occhi rossi.

-Prego- disse Mwezi con un sorriso –Mi dispiace che tu non possa venire a vivere qui… Ma… se vuoi possiamo essere ancora amici

-Anche se suo padre è cattivo?- fece Asante in tono scettico. Le sue parole trafissero il cuore di Nuka come il morso di un serpente velenoso. Non voleva credere che tutta l’ammirazione per suo padre fosse stata sprecata in quegli anni, che il leone nobile e fiero di cui aveva sempre sentito parlare da sua madre non fosse mai esistito.

-Nuka non è cattivo. È questo che conta…Vero?- disse la leoncina guardando il cucciolo con una punta di dubbio.

-No… io…io non sono cattivo- disse. –Davvero possiamo essere amici?- chiese poi quasi incredulo. Nessuno gli aveva mai proposto una cosa del genere. Non poteva negare che fosse attratto dalla prospettiva di avere altri cuccioli per amici.

Mwezi annuì, sempre sorridente, e Nuka dovette ammettere che era contagiosa. Asante si limitò a uno sbuffo e ad alzare gli occhi al cielo, ma poi si avvicinò, contagiato a sua volta.

-E va bene ci sto anche io…- disse –Magari potresti…pff…venire a giocare con noi ogni tanto. Ma tuo padre e i suoi seguaci sono banditi, lo sai-

-Sì… lo so- disse Nuka appena amareggiato, ma segretamente curioso di sapere come sarebbe stato venire a giocare lì con loro in quel paradiso.

-Ora devo andare. Mia madre mi aspetta- disse Mwezi guardando le pianure verdeggianti –Puoi tornare domani se vuoi.

-Io… va bene ci sto- disse Nuka annuendo con un piccolo sorriso.

-Mi sa che dovrai levarti di nuovo le termiti- lo prese in giro Asante e solo a sentirle nominare, Nuka prese a grattarsi, facendo sghignazzare gli altri due cuccioli.

Ora però anche lui doveva tornare a casa da suo padre, a pregarlo di smentire tutte le cose cattive che Asante aveva detto su di lui.

Spazio Autrice: Salute a tutti! Nuovo capitolo in edizione speciale dedicato al mio lettore Herc. Spero vi sia piaciuto!

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Capitolo 8
*** Bugie ***


Il termitaio quel pomeriggio era più silenzioso del solito, salvo gli sporadici aliti di vento che echeggiavano tra le pareti brulicanti di insetti. La mente di Scar invece era tutto il contrario: mille pensieri correvano e si accavallavano gli uni sugli altri, mentre cercava di mettere insieme un nuovo piano.

Doveva disfarsi in tutti i modi di Furaha, l’ultima cosa che si frapponeva tra lui e il suo destino, Mwezi, la sua Luna. Ma come poteva fare? Come poteva avvicinarsi a una delle due?

Un ringhio di frustrazione lasciò la sua gola, per poi placarsi solamente quando il leone iniziò a immaginare come sarebbe stata la candida leonessa una volta cresciuta.

Nemmeno Nala, la più bella e giovane leonessa del suo vecchio branco, aveva una pelliccia così lucida e pura. E Scar scommise persino che sarebbe stata morbida come l’erba in primavera, l’esatto opposto del pelo ispido e ruvido di Zira.

Tuttavia il leone si guardava bene dal dirlo, per tenersi stretta l’unica alleata con un po’ di materia grigia. Gli andava bene che governasse al suo fianco, purché lui potesse sempre usare Mwezi per generare la sua stirpe.

Maledisse ancora la regina delle terre alluvionali per aver ostacolato il suo destino e averlo trattato con tanta sufficienza. Il fatto che poi stimasse quel micio spelacchiato di suo nipote lo faceva bruciare di vendetta. In fin dei conti però doveva ringraziare Simba: senza il suo esilio non avrebbe mai trovato Mwezi.
Perso nei suoi pensieri non si accorse di Nuka che entrava nella sua camera, mentre lui era sdraiato in mezzo agli ossi spolpati fino al midollo.

-Padre, oggi… sono andato nelle terre alluvionali- iniziò lui titubante ma con un leggero sorriso sul muso –Ho rivisto Mwezi e Asante.
Scar sbuffò, quasi invidioso dell’occasione avuta dal figlio. Se fosse stato lui abbastanza vicino, avrebbe afferrato la candida principessa per la collottola, per portarla al termitaio e usarla come ostaggio contro Furaha.

-Ah sì?- ringhiò sommessamente –Beh scusami se non salto dalla gioia. La mia povera schiena…
Si girò in modo da dare a Nuka le spalle, mentre sentiva la rabbia e la stizza crescere in lui.

-Hanno detto… che posso tornare da loro a giocare se voglio- continuò Nuka e Scar dovette ammettere che quel giorno era più testardo del normale. Di solito, quando lasciava intendere che non voleva essere disturbato, il cucciolo se ne andava e lo lasciava solo.

Voleva ruggirgli di andare via e lasciarlo meditare sui suoi piani, quasi geloso del fatto che lui avesse la possibilità di entrare in quelle terre rigogliose, bere l’acqua dagli enormi bacini e, soprattutto, avvicinarsi alla sua Luna, proprio sotto il naso di Furaha.

L’ultimo pensiero si inchiodò nella sua mente. Un’idea prese pian piano forma, divenendo sempre più precisa e concisa.

Con calma, e sfoggiando un finto sorriso comprensivo, talmente ampio da fargli socchiudere i suoi occhi taglienti, si girò verso Nuka, che sembrava ancora timoroso della sua possibile reazione.

-Ma davvero?- fece, mostrandosi di colpo più interessato –Oh che cari cuccioli. Scommetto che l’idea è stata di Mwezi, non è vero? È una principessa così gentile

-Sì è così- disse Nuka, facendo oscillare la coda contento. Ricambiò il sorriso di suo padre e si avvicinò di un paio di passi a lui.

-Lo immaginavo- continuò Scar –Dovremmo ricambiare la sua cortesia, non credi? Magari invitandola qui da noi per cena o… -pensò a qualcosa che piacesse ai cuccioli- per giocare a nascondino nel termitaio con lei. Che ne dici?

I suoi occhi verdi brillavano già all’ipotesi di un successo così semplice, ma le parole del cucciolo delusero tutte le sue speranze: -Non… non credo che accetterebbe. Sembra che tu non piaccia molto alla mamma di Mwezi e ad Asante.

Nuka chinò un po’ la testa, aspettandosi un rimprovero, ma proprio in quel momento la mente contorta di suo padre ebbe un altro picco di ingegno.

Fece scomparire rapidamente il suo muso, mutando, più veloce di un lampo, la sua espressione nel più profondo dispiacere.

-Nuka…- uggiolò tirando a sé il cucciolo –Non crederai davvero a tutte quelle cose cattive che dicono quella regina invidiosa e una famiglia di iene traditrici sul tuo povero papà, vero? A volte sono un po’ severo con te, per educarti bene, ma non penserai davvero che sia così cattivo?

Cercò con tutte le forze di spremersi qualche lacrima dagli occhi, ma il cucciolo grigio aveva già abboccato all’amo dopo le sue parole. Aveva abbassato la testa, pentito dei suoi stessi pensieri, mentre sentiva la zampa del padre accarezzargli la schiena.

-No, ma… Asante dice di averti visto distruggere le terre del branco…- sussurrò con gli occhi lucidi.

-Oh, ma non sono stato io, Nuka!- disse Scar simulando un tono ferito –Io cercavo di rimediare al terribile operato di mio fratello Mufasa. Purtroppo non ci sono riuscito, lo riconosco e me ne pento, ma giuro che ho sempre fatto il possibile e dato tutto me stesso. Quanto a Mufasa… beh…avevo paura che facesse del male alla tua
mamma… così ho…-

Rilasciò un sospiro sonoro, fingendo di ricomporsi, mentre Nuka lo osservava sempre più dispiaciuto e al contempo sollevato dalle sue parole.

-Ascoltami Nuka- continuò suo padre tirandolo ancora più vicino a sé, quasi ad abbracciarlo –Questo… Asante e le altre iene come lui, stanno solo cercando di gettare fango su di me, così da avere i favori di Mwezi solo per loro quando sarà regina. Ma tu non vuoi perdere la sua amicizia, vero?

Nuka scosse la testa deciso, ricordandosi quanto fosse stato bello e confortante l’abbraccio della piccola leonessa e quanto si fosse divertito nel fiume con lei. Scar sorrise e annuì compiaciuto, dandogli persino una leccata sulla fronte.

-Bravo il mio ragazzo- gli disse –Allora non lasciare che quei traditori o re cattivi come Simba e Furaha si mettano tra te e la tua amica! Soprattutto però, promettimi che ti fiderai sempre di me, il tuo papà.

Il cucciolo annuì vigorosamente e promise:- Te lo giuro papà, ti sarò sempre fedele e non lascerò mai vincere i cattivi.

Qualche complimento di Scar, che gli dette il permesso di andare a giocare con Mwezi quando voleva, bastò a mandare il cucciolo in visibilio. Non aveva mai ricevuto tanto affetto in una volta sola. Era il suo sogno più grande che si realizzava! Si ripromise di non dubitare mai più di suo padre, un leone buono che aveva ucciso solo per proteggere la sua compagna e che aveva persino tentato di rimediare a degli errori altrui.

-Quindi quando posso andare a giocare con Mwezi!- chiese scodinzolando e appoggiandosi alla sua criniera liscia e scura. Sognava sempre di averne una così una volta grande.

-Quando vuoi, cucciolo. Anzi non vedo l’ora che torni a raccontarmi come vi siete divertiti e quali animali nuovi e strani hai visto- rispose Scar, assecondando il bisogno d’affetto di Nuka –Voglio che quando torni mi racconti tutto ciò che hai visto!

Il cucciolo annuì ancora con forza, sfregandosi nella sua criniera, ignaro di essere diventato una spia nel territorio di Furaha.

Spazio autrice: Ciao a tutti! Non sono molto sicura di come mi sia venuto Scar in questo capitolo. A voi come sembra? Malvagio e macchinoso al punto giusto? Se avete dei suggerimenti, ne ho un gran bisogno. Non siate timidi! A proposito, chi ha colto la citazione del cartone orginale?

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Capitolo 9
*** Il messaggero (parte I) ***


Il giorno seguente fu Scar stesso a svegliare Nuka con insolita dolcezza, ricordandogli che non poteva mancare all’appuntamento con la sua nuova amica.

Il cucciolo non poteva essere più felice di quella sveglia, ma si chiedeva come mai il padre fosse tanto interessato alla sua amicizia con Mwezi. Si sentiva ancora in colpa per aver pensato, anche solo per un secondo, che lui fosse il mostro che Furaha e Asante avevano dipinto, ma fortunatamente sembrava essersi dimenticato tutto.

-Bene, Nuka- disse Scar, con lui sulla soglia del termitaio –Va’ e divertiti pure tutto il tempo che vuoi con la dolce Mwezi. Stasera mi racconterai tutto con calma.

-Va bene, papà- disse il cucciolo –Farò anche rimangiare ad Asante tutto quello che ha detto su di te!

Suo padre ridacchiò, forse la decisione nella sua voce lo aveva colpito piacevolmente, e ciò scaldò il cuore a Nuka. Gli posò una mano sulla testa, scompigliandogli i ciuffi già ricci e scarmigliati, dicendo:- Non importa, Nuka. Non voglio che poi vada a lamentarsi da Furaha e ti impedisca di vedere la tua amica. Gli antenati mi fulminino, prima che il mio passato intralci le amicizie di mio figlio!

Quelle parole riempirono il cucciolo di nuova ammirazione. Suo padre si preoccupava di lui! Prima ancora del suo stesso onore. Ebbe la conferma che quella sarebbe stata una giornata bellissima, quando sua madre arrivò a dargli una leccata su tutto il muso. Avrebbe pianto volentieri dopo aver ricevuto tanto affetto in una volta sola, ma si trattenne e subito corse verso il confine del regno di Mwezi, approfittando del terreno ancora fresco nelle prime ore della mattina.

Zira lo guardò allontanarsi, gioioso come non lo aveva mai visto. La sua mente però era ben lontana da suo figlio, come sempre era fissa su Scar e sui suoi piani. Si era piegata al fatto che il leone che amava più di ogni cosa al mondo, un giorno avrebbe preso come concubina una leonessa molto più giovane e bella di lei, ma nel suo cuore conservava ancora la flebile speranza che ella non avrebbe mai potuto sostituirla come compagna e regina di Scar. Voleva illudersi che lui l’amasse con la stessa misura in cui lei amava lui.

-Cosa farai quando sarà il momento e dovrai dire a Nuka della profezia?- chiese.

-Quando avrò abbastanza informazioni sul regno di Furaha e sui suoi guardiani, quando Mwezi sarà grande, attaccherò col mio esercito e prenderò ciò che mi spetta. Nuka capirà e si adatterà alla nuova situazione … altrimenti dovrò bandirlo- disse con la massima calma, quasi stesse parlando del tempo e non di suo figlio.

Zira non sapeva cosa dire o pensare. Forse una volta aveva amato Nuka, prima che divenisse la causa per cui Scar la rifiutava, ma nel profondo qualcosa le diceva che non era colpa del cucciolo, che non aveva chiesto niente del genere il giorno della sua nascita. In quel momento però non aveva importanza. Il giovane leone era troppo piccolo per capire la profezia e c’era il rischio che non accettasse di fare la spia per loro, se avesse saputo i progetti del padre.

Sua madre poteva solo sperare che un giorno avrebbe capito e accettato come aveva fatto lei, risparmiandosi l’esilio. Nessuno può sfuggire al proprio destino, si disse prima di rientrare nel termitaio.

***

-Mwezi!- chiamò Nuka, arrivato senza fiato al prato di confine, ormai senza fiato per la corsa. Avrebbe voluto attraversare la foresta e abbeverarsi al fiume, ma aveva paura ad avventurarsi in quel territorio straniero senza la principessa.

-Ehi Mwezi! Sono Nuka. Avevi detto che potevo tornare oggi- continuò a chiamarla, scrutando tra gli alberi in cerca della sua pelliccia candida. Tuttavia non scorse niente e iniziò a pensare di essere arrivato troppo presto.

Un fruscio catturò la sua attenzione, un cespuglio proprio ai piedi di un imponente e nodoso tronco. Si acquattò sull’erba rigogliosa, credendo di assumere la posa corretta e non rendendosi conto di quanto invece fosse sgraziato e scomposto. Si avvicinò di qualche passo, sfoderando silenziosamente gli artigli, preparandosi a balzare sull’inconsapevole preda.

Troppo tardi notò i due occhioni azzurri che lo sbirciavano da dietro la corolla di un fiore scarlatto. Una leoncina dal mantello marrone gli saltò addosso e insieme rotolarono nell’erba. La presa delle zampine della cucciola era salda e placcava Nuka in modo che non potesse contrastare con le sue zampe.
Solo quando lo bloccò sotto di sé, ridacchiando, il cucciolo riconobbe il suo sguardo.

-Mwezi?- chiese confuso dal suo pelo marrone, notando solo alcune macchie di bianco superstite.

-Proprio io!- disse lei facendolo rialzare –Mi sono rotolata nel fango, così non si vede il mio pelo bianco e quell’avvoltoio chiacchierone mi lascia in pace

-Di chi parli?- fece ancora Nuka. Le poche volte in cui aveva visto un avvoltoio aveva dovuto correre come un matto per non farsi prendere e mangiare.

-Un ambasciatore da un regno vicino, un bucero insopportabile. Peggio di un avvoltoio. Starà qui per qualche giorno e oggi mia madre gli ha chiesto di tenermi d’occhio- rispose la cucciola roteando gli occhi –Asante lo ha distratto, così mi sono camuffata e sono corsa da te

Nuka non poté fare a meno di sentirsi lusingato da tante attenzioni. Era amico di Mwezi da pochi giorni, ma già l’adorava e moriva dalla voglia di giocare con lei come aveva fatto il primo giorno. Inoltre per il momento Asante non si vedeva

-Grazie, Mwezi- disse appena imbarazzato –Che cosa facciamo ora?

-Ti andrebbe di andare a caccia di pennuti?- fece lei con un sorriso furbo, che il suo amico ricambiò. Non riusciva mai a prendere niente nelle terre aride, ma lì sarebbe sicuramente stato più fortunato.

I due corsero nella foresta e poi nella pianura verdeggiante, in un’erba talmente alta e fitta che Nuka faceva fatica a vedere il pelo marrone della sua amica. Si innamorò però del solletico degli steli, della frescura di quell’ambiente rigoglioso, dei colori vividi e del profumo dei fiori che gli inebriava le narici. Come era possibile che un mondo talmente ricco vivesse proprio accanto al suo?

Al passaggio dei due leoncini, l’erba si piegava mite, senza però schiacciarsi completamente al suolo, producendo un debole fruscio che era quasi una musica per Nuka, mentre alcune cavallette saltavano al di sopra degli steli, fuggendo aggraziate e agili come gazzelle.

Mwezi d’un tratto si fermò al confine dell’erba alta, poco prima della riva di una pozza di abbeveraggio, la più grande che Nuka avesse mai visto. Imponenti ippopotami e maestosi elefanti vi sguazzavano placidamente, schizzandosi qualche volta a vicenda. I rumori delle piccole onde che provocavano e l’odore di bagnato fecero venire sete al cucciolo grigio, tuttavia non osò uscire dal suo nascondiglio quando vide un bucero dalle piume azzurre e il becco arancio intento ad ammonire Asante dall’alto di una roccia.

Aveva un portamento fiero e regale, ma solo cinque minuti della sua voce quasi stridula e gracchiante allo stesso tempo, bastarono a far venire mal di testa a Nuka.
-Spero tu sia consapevole, giovanotto, che se la principessa Mwezi dovesse incappare in qualche pericolo e ferirsi, la responsabilità ricadrebbe anche su di te…-disse ad

Asante ripiegando le ali dietro la schiena. La giovane iena si limitò ad alzare gli occhi al cielo, prima di scorgere Mwezi in mezzo all’erba e farle un occhiolino.
La sua espressione si indurì appena quando vide Nuka assieme a lei.

-Ti va di provare a prenderlo?- fece la principessa e il cucciolo annuì.

-Prima io- fece le. Si avvicinò di un passo al confine dell’erba, quasi strisciando sulla pancia. Aspettò pazientemente che il bucero si girasse, prima di uscire allo scoperto e fare qualche altro passo.

Le spalle fecero su e giù un paio di volte, prima che Mwezi spiccasse un balzo e afferrasse il pennuto tra le zampe, ancora intento a sgridare Asante. La giovane iena scoppiò a ridere, mentre i due cadevano in acqua.

Il manto di Mwezi tornò di nuovo a splendere sotto il sole, mentre il fango aggrovigliato ai suoi peli veniva lavato via, almeno in parte. La leoncina non poteva fare a meno di seguire l’esempio di Asante, orgogliosa del fatto che il suo attacco fosse riuscito.

-Vostra grazia!- la ammonì il bucero rimessosi in piedi, guardando ora le sue piume bagnate, ora la pelliccia ancora sporca di Mwezi –Il vostro comportamento è riprovevole, molto riprovevole! Guardate come avete ridotto la vostra pelliccia e le mie povere piume!

-Rilassati, Zazu, si asciugheranno tra poco- rispose lei con noncuranza andando da Asante, che si sfregò su di lei per farle i complimenti.

-Comunque sia, tutto ciò non si addice a …-riprese Zazu raggiungendoli sulla riva e rivolgendo loro uno sguardo di profondo disappunto. I due però avevano già smesso di ascoltarlo. Mwezi fece un cenno a Nuka nell’erba, era il suo turno.

Il leoncino, cercò di imitare Mwezi, ma la fretta di impressionare gli altri cuccioli fu la sua rovina. Uscì dall’erba troppo presto. Zazu lo vide e lui non fece in tempo a balzargli addosso sfoggiando un ruggito battagliero. Il pennuto volò fuori dalla sua traiettoria, con un grido spaventato, perdendo un paio di piume.

-Ma insomma! Che cosa vi prende a voi cuccioli oggi?!- sbraitò rifugiandosi sul ramo di un albero. Quando però i suoi occhi si posarono su Nuka, la sua espressione mutò. –Io ti conosco forse? Tu, lì, con il pelo scarmigliato!- fece in tono inquisitore –Hai un’aria fin troppo familiare. Non sei delle terre di Furaha, vero?

Nuka non sapeva cosa dire e nemmeno i suoi amici. Non potevano dirgli che era uno straniero e farlo cacciare, ma anche inventarsi una bugia sarebbe stato rischioso. Tuttavia non dovettero fare niente di tutto ciò. A quanto pare anche Zazu conosceva i genitori di Nuka.

-Ora ricordo!- disse sgranando gli occhi e indurendo la sua espressione –Tu sei il figlio di quel tiranno di Scar! Vostra grazia, allontanatevi subito da quel leone! Potrebbe essere pericoloso!

Spazio Autrice: Non poteva certo mancare Zazu in questa storia! Come vi sembra che sia venuto? Secondo voi cosa lo ha mandato a fare Simba nelle terre di Furaha?
Il pennuto più fastidioso della savana però ora ha scoperto chi è Nuka e lo ritiene un pericolo. Come faranno lui e Mwezi a spiegargli che sono amici? E per quanto riguarda la profezia?
Restate sintonizzati e fatemi sapere le vostre opinioni! A presto!

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Capitolo 10
*** Il messaggero (parte II) ***


Prima che Nuka potesse fare qualcosa, Zazu planò giù dall’albero per beccargli la testa. Non faceva molto male, ma era fastidioso e persistente. Non importava quanto il cucciolo cercasse di scacciare il pennuto, quello tornava sempre alla carica, beccandogli anche altre parti del corpo.
 
-Allontanati dalla principessa!- continuava a dire, facendolo lentamente indietreggiare. Il leoncino era troppo preso a cercare di scacciarlo per chiedersi come facesse quel pennuto a conoscere suo padre.
 
Qualche ruggito frustrato lasciò la sua gola, di poco dissimile a un miagolio, e anche le sue unghiate sembravano inefficienti contro Zazu.
 
Fortunatamente, Mwezi venne in suo aiuto, afferrando la coda piumata di Zazu. Nuka si allontanò ringhiando verso l’uccello, mentre si massaggiava la testa dolorante per le boccate. La leoncina candida, continuò a tirare le piume della coda, incurante delle proteste del messaggero, prima di scagliarlo lontano e mettersi accanto a Nuka.
 
-Lascialo stare, Zazu!- disse decisa –Lui è amico mio e di Asante! Non è come suo padre
 
Il giovane leone avrebbe voluto ribattere, essendo il suo sogno più grande somigliare a suo padre, ma decise di trattenersi per non peggiorare la situazione.
 
Il bucero scosse le penne per ripulirsi dalla polvere, squadrando i due cuccioli con gli occhi socchiusi in un’espressione critica.
 
-Vostra madre, sua regalità, sa del vostro così detto amico?- chiese scettico.
 
Nuka vide un lampo di terrore passare attraverso gli occhi azzurri di Mwezi alla menzione di sua madre. In un attimo sembrò perdere tutta la sua sicurezza e, deglutendo, disse: -C… certo che lo sa! Ed è completamente d’accordo. Vero Asante?
 
La piccola iena fece una faccia che pareva dire: “che c’entro io?”. I suoi occhi guizzarono da Zazu a Mwezi e per un attimo Nuka temette che avrebbe smentito la bugia, impedendogli di tornare ancora nelle terre alluvionali.
 
Invece, dopo essere stato incalzato da Zazu, la giovane iena rispose: -Oh… sì certo! La regina Furaha ha detto di voler concedere a Nuka il beneficio del dubbio. Potrà giocare con noi, fintanto che dimostrerà di non essere come Scar.
 
Gli attimi di silenzio di Zazu sembrarono interminabili, come se stesse ponderando se credere ai due cuccioli o andare a riferire tutto alla regina. Gonfiò il petto bianco per assumere una posa ancora più fiera, senza ammorbidire la sua espressione.
 
-Vedremo se sarà così- disse soltanto, risalendo sulla roccia per guardare i cuccioli dall’alto –Sappi che ti terrò d’occhio per tutta la mia permanenza qui, giovanotto
 
Nuka ricambiò il suo cipiglio, scoprendo un po’ i denti, prima che Mwezi lo invitasse a ripulirsi un po’ nella pozza dell’acqua.
 
-Mi devi un grosso favore, Mwezi- mormorò Asante alla leoncina, prima di schizzarla copiosamente con la zampa.
 
I due sembravano quasi fratelli, sempre insieme, sempre a coprirsi le spalle a vicenda… Il cucciolo grigio dovette ammettere di invidiare quella complicità che li univa e che lui aveva solo immaginato. Forse era per la sua amica che la iena aveva mentito, non certo per lui, visti i loro rapporti.
 
Eppure ciò non coincideva con quanto aveva detto suo padre Scar: se Asante voleva i favori di Mwezi solo per sé, avrebbe fatto meglio a dire a Zazu la verità e farlo bandire per sempre.
 
-Asante- chiese, interrompendo i suoi giochi con la leoncina –Perché mi hai aiutato?
 
La iena lo guardò con un’espressione neutra, prima di avvicinarsi e mettergli una zampa sulla spalla con fare amichevole. Quel gesto sorprese Nuka ancora più del fatto che avesse mentito per lui.
 
-Tuo padre è stato cattivo ma… tu sembri un cucciolo a posto- disse un po’ più titubante. Forse anche lui non era molto abituato a simili dimostrazioni di affetto o forse quelle parole gli costavano particolarmente visti i loro primi incontri.
 
-Ma dovresti migliorare il tuo agguato- disse con più sufficienza, spostando l’attenzione su un altro argomento.
 
-Posso insegnartelo io!- cinguettò Mwezi, schizzando un po’ d’acqua sul muso di Nuka –Mamma mi dà sempre tanti consigli per quando anche io andrò a caccia. Prima però è meglio che ti leviamo le termiti
 
Concluse la frase con una risatina e Nuka dovette guardare la sua zampa posteriore per capirne il motivo. Ringhiò debolmente per l’imbarazzo e la frustrazione. Ormai si grattava talmente tanto e spesso che non se ne accorgeva nemmeno.
 
Come il primo giorno in cui aveva incontrato i suoi amici, iniziò una battaglia nell’acqua. Vedendo che Nuka non era molto bravo nemmeno nella lotta, Asante e Mwezi ne approfittarono per dargli qualche consiglio anche su quello.
 
I colpi non erano molto forti: qualche morsetto non doloroso e dei graffietti, anche se Zazu sembrava particolarmente apprensivo quando era la principessa a lottare.
 
-Attenti! No, no, no! Rischiate di ferirvi, vostra grazia!- diceva, sbattendo freneticamente le ali.
 
In un duello con Mwezi, Nuka riuscì finalmente a mettere a frutto qualcuno dei suoi consigli, rotolando con lei nell’acqua bassa per un po’, finché non riuscì ad atterrarla. Mettendole una zampa sul muso in modo da girarlo e facendo forza, riuscì a finire sopra di lei.
 
-Bravo Nuka!- disse lei contenta, mentre il cucciolo grigio aveva un’espressione trionfante ma quasi meravigliata da sé stesso. I suoi occhi rossi poi però furono catturati da quelli azzurri di Mwezi, che l’acqua placida lambiva dolcemente, facendo galleggiare i suoi peli candidi in una effimera nuvola. Sembrava bella come un sogno.
 
-Ma mai distrarsi!- fece Asante alle sue spalle, prima di buttare anche lui in acqua. La sua risata quasi sguaiata contagiò anche Nuka e Mwezi, prima che decidessero di provare di nuovo degli agguati.
 
Si avviarono alla riva della pozza, con il cucciolo grigio che si scuoteva il pelo per essere certo di aver tolto tutte le termiti. Non poteva descrivere il suo sollievo nel non sentire più il loro prurito.
 
Zazu però gli atterrò davanti proprio quando stava per uscire dall’acqua. Aveva la stessa espressione di quando lo aveva riconosciuto, ma prima che Nuka potesse dirgli di togliersi di mezzo, quello gli puntò contro l’ala con fare accusatore.
 
-Ti avverto, caro il mio micio spelacchiato, la principessa Mwezi sarà presto promessa al principe Kopa, figlio di Simba. Il vero re della Rupe dei re- disse in un tono che doveva sembrare solenne ma che il cucciolo trovava solo ridicolo.
 
Aveva voglia di chiudergli il becco per sempre solo per aver nominato Simba, ma si trattenne ancora. Non voleva passare dei guai o perdere i suoi amici, le prime gocce di pioggia dopo tutta la sua vita di siccità.
 
 -Scusa non ho tempo per ascoltare le tue chiacchiere da pennuto. Devo andare a esercitarmi con l’agguato- disse soltanto, prima di balzare oltre Zazu e correre nell’erba verso Mwezi e Asante. Non sarebbe stato certo quell’avvoltoio colorato e logorroico a rovinargli quella giornata meravigliosa.

Spazio autrice: Salve a tutti! E così anche Asante sembra aver accettato Nuka nel gruppo. Ma cosa accadrà quando il cucciolo racconterà al padre che la sua Luna predestinata è stata promessa a qualcun'altro? Gli dirà della profezia? Che ne sarà dell'amicizia tra i tre cuccioli? Fatemi sapere cosa ne pensate.

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Capitolo 11
*** Promessa ***


Solo all’imbrunire Mwezi, Asante e (purtroppo) Zazu, riaccompagnarono Nuka al confine della foresta. Un tramonto infuocato stava accendendo il cielo di arancio e giallo, mentre il sole morente ingigantiva le ombre dei bassi e rinsecchiti arbusti.

Il cucciolo grigio dovette ammettere di non essere mai tornato a casa così tardi, ma suo padre gli aveva dato il permesso.

Stava ancora ridendo e scherzando con gli altri due cuccioli per tutto quello che avevano combinato nel resto della giornata, quando Zazu ruppe il loro divertimento con quella sua voce fastidiosamente odiosa: -Eccoci qui, ormai siamo arrivati per cui lo spelacchiotto grigio può tornare a casa da solo. Andiamo principessa.

-Zazu, facci salutare Nuka!- lo rimbeccò Mwezi . Per un momento Nuka notò l’impressionante somiglianza con l’espressione di Furaha nel cipiglio della sua amica, ma si augurò che non diventasse altrettanto austera e, a suo dire, antipatica.

Il bucero si posò su un ramo proprio sopra le loro teste, tenendo fissi i suoi occhi inquisitori sul figlio di Scar. Con le ombre che si allungavano sempre di più, tuttavia, risultava quasi invisibile, salvo per il suo sporgente becco arancio.

-È stata una bella giornata oggi. Ci siamo divertiti vero?- chiese Mwezi –Soprattutto quando Nuka a fatto l’agguato a un sasso!

-Ti ho detto che sembrava un topo!- rispose il leoncino, esasperato, pur senza riuscire a trattenere un sorriso. Un simile errore a casa gli sarebbe costato una grossa sgridata di sua madre, ma lì persino lui rideva dei suoi sbagli ed era bellissimo.

-A parte gli scherzi sei migliorato nell’agguato… un pochino- fece Asante, prima che Zazu tossisse rumorosamente –Ora però è meglio andare a casa, anche io devo tornare alla mia tana.

-Va bene- disse Nuka –Posso tornare domani?

-Sì certo!- disse Mwezi, per poi dargli un buffetto col muso sulla guancia, in segno di saluto. Il cucciolo grigio ricambiò volentieri, già scodinzolante all’idea di poter ritornare. Asante, invece, fu un po’ più restio a fare un saluto affettuoso e gli dette semplicemente una spallata amichevole, che quasi mandò in terra il leoncino. Un po’ sorpreso, chiedendosi cosa significasse quel gesto, Nuka cercò di fare altrettanto con uguale energia, ma la giovane iena si scostò appena.

-Ci vediamo domani, Nuka!- lo salutò Mwezi addentrandosi di nuovo nella foresta, ora più scura e spettrale.

-A domani!- rispose lui, mentre anche Zazu spariva tra gli alberi indefiniti con un breve frullare d’ali.
 


Il cucciolo grigio tornò a casa quando ormai il sole era quasi scomparso e le stelle avevano preso a baluginare nella volta blu cobalto. Quasi tutte le iene e i leoni si stavano preparando per andare a dormire e Nuka si augurò di non disturbare il sonno di suo padre entrando.

Male che vada gli racconterò tutto domattina presto, prima di tornare da Mwezi, pensò.

La sua corsa tuttavia fu frenata quando una iena gli pestò intenzionalmente la coda.

-Ahi!- fece il cucciolo girandosi per trovarsi i ciuffi della criniera di Shenzi a un passo dal suo muso. Il suo sguardo era privo della solita cattiveria sorridente, sembrava seria.

-Lasciami, Shenzi! Devo andare da mio padre- le ordinò il cucciolo cercando di non sembrare spaventato. La iena però sembrò ignorarlo bellamente.

-Voglio solo sapere una cosa, Nuka. Tu sei amico anche della piccola iena di nome Asante, giusto?- gli chiese, socchiudendo appena gli occhi. Il leoncino annuì. –E oggi lo hai visto giusto?- fece ancora Shenzi.

-Sì perché?

-Hai visto anche sua madre?- chiese la iena lasciandogli la coda e accigliandosi lievemente. Il suo muso in quel momento aveva un’espressione quasi malinconica. Tuttavia bastò che il cucciolo scuotesse la testa perché si allontanasse con un leggero sbuffo.

Nuka e Shenzi non erano mai stati in buoni rapporti, un paio di volte lei lo aveva scacciato malamente, minacciando di morderlo, per cui il giovane leone non si prese la briga di chiederle cosa le fosse preso o se conoscesse la madre di Asante.

Corse all’interno del termitaio, fino alla camera di suo padre. Fu contento come non mai di trovarlo ancora sveglio insieme a Zira.

-Guarda chi è tornato!- disse Scar sfoderando un sorriso che scopriva ogni singola zanna –Ti sei divertito oggi con la dolce Mwezi?

-Sì tantissimo, papà!- trillò contento il cucciolo andando a sfregarsi sulle sue zampe, per la prima volta senza venirne scacciato.

-Bene, bene…- mormorò lui senza però ricambiare l’affetto del cucciolo –Io e la mamma ti aspettavamo per sapere tutto quello che hai fatto oggi. Non è vero, Zira?

-Assolutamente. Su Nuka raccontaci- gli disse lei, sdraiata tra gli ossi, con un tono affabile, invitandolo tra le sue zampe.

Il cucciolo non si fece pregare e subito si mise a raccontare la sua giornata, cominciando da quando Mwezi aveva buttato in acqua Zazu. Si permise tuttavia di modificare un po’ la realtà per fare una bella figura, dicendo che anche lui era riuscito nel suo agguato.

-Aspetta un secondo!- lo bloccò Scar prima che passasse ai suoi esercizi nell’erba alta –Sicuro che quel bucero si chiamasse Zazu? Come era fatto?
Anche lui in quel momento aveva un vistoso cipiglio. Le pupille si erano ristrette, nonostante la poca luce, e la voce lasciava trasparire la rabbia del leone.

-Aveva le piume blu e il becco arancio e sì, si chiamava Zazu. Mwezi diceva che era peggio di un avvoltoio, per quanto era fastidioso, e aveva ragione- disse il cucciolo cercando di smorzare la tensione e andare avanti col racconto. Il suo sorriso nervoso però cadde sotto lo sguardo di Scar.

-E che ci faceva nel regno di Mwezi?- chiese ancora, sfoderando un artiglio.

-Non lo so… Mwezi ha d-detto che era un a-ambasciatore- rispose il cucciolo balbettando e sentendo sua madre agitarsi. Doveva trovare qualcos’altro da dire.

-Mi ha detto solo che… che Mwezi era- si sforzò di ricordare la parola –promessa al principe Kopa ... figlio di Simba- disse quasi sussurrando l’ultima parte.

A quel punto Scar esplose in un ruggito furibondo, scagliando lontano gli ossi con la zampa. I suoi occhi verdi sembravano quasi brillare nell’oscurità, mentre il ruggito era amplificato dalle gallerie. Spaventato, Nuka si strinse contro la pelliccia di Zira, che però non gli prestò attenzione.

-Scar, calmati!- gli disse, alzandosi e lasciando rotolare per terra Nuka –Mio re, non è ancora deciso niente! Il tuo destino non è ancora stato rubato. C’è tempo per risolvere le cose.

Il leone ansimò per qualche istante, riprendendo fiato dopo lo sfogo. Lasciò che Zira si sfregasse nella sua criniera, mentre la sua mente correva frenetica in cerca di una soluzione. I suoi occhi ricaddero su Nuka, raggomitolato a terra con le orecchie pendenti, spaventato. Senza di lui non sarebbe riuscito nel suo intento …

-Perdonami Nuka- disse staccandosi da Zira e andava verso di lui –Sono solo arrabbiato con la mamma di Mwezi. Una cucciola come lei non si merita certo un destino così … Sai cosa vuol dire che Mwezi è promessa?

Il cucciolo scosse la testa e Scar gli si avvicinò con un muso falsamente triste. Per un momento si godette quel potere che aveva su di lui, il potere di modellarlo al suo volere come un misero pezzo di argilla bagnato, solamente usando le parole. Sì, gli serviva Nuka, sarebbe stato il suo soldato più fedele proprio perché inconsapevole di esserlo e perché troppo bisognoso di affetto.

-Vuol dire che sarà costretta a diventare la compagna del figlio di Simba, il re che ci ha esiliati. Verrà mandata lontano lontano, a servire quel borioso rampollo reale e suo padre. Povera cara … - disse forzando un singhiozzo –Da sola con tutti quei leoni cattivi, superbi e lussuriosi.

-Non possiamo fare niente?- mormorò Nuka ad occhi sgranati, andando proprio dove Scar lo voleva. Mentre suo figlio era spaventato per la sua amica, dentro di sé il leone rideva.

-Beh io non posso avvicinarmi, lo sai. Mi dispiace, Nuka. Non sembra esserci niente da fare. A meno che … No è impossibile- disse, distogliendo lo sguardo e fingendo un tono sconfortato.

-Cosa?- supplicò il cucciolo alzandosi in piedi.

 È anche troppo facile, pensò suo padre. –A meno che tu, il suo caro amico, non vegli su di lei e non la protegga da quei leoni- disse Scar –Pensi di poterlo fare, Nuka? Affronteresti quei leoni per proteggere la tua amica, quando quel Kopa verrà a prenderla? Naturalmente potrei dire alle iene di aiutarti, se…

-Lo farò- rispose il cucciolo gonfiando il petto e cercando di assumere un tono solenne –Non ti deluderò, padre! Diventerò forte come vuoi tu e sconfiggerò quei leoni per proteggere Mwezi e per vendicarti.

-Sei degno figlio di tuo padre- disse Zira e leccando la guancia a Nuka.

-Che leone coraggioso!- disse Scar sorridendo, orgoglioso di sé stesso e del suo operato.

Spazio Autrice: eccoci qui con un nuovo capitolo! Altre bugie nella mente del povero Nuka, riuscirà mai a vedere la realtà o vivrà sempre nella menzogna? E Zazu? Riferirà tutto a Simba? Succederebbe un putiferio in tal caso! Adesso poi ci si mette anche Shenzi con i suoi segreti!
Sto pensando di fare degli aggiornamenti regolari ogni domenica, salvo imprevisti. Se l'idea vi piace perché la storia vi appassiona fatemelo sapere con una recensione o con un messaggio. Anche se avete delle critiche costruttive siete i benvenuti!

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Capitolo 12
*** Ricordi ***


Rafiki modellò la figura di un giovane leone ancora privo di criniera con la polvere di zafferano, proprio sotto la figura di suo padre Simba. Un altro membro della stirpe reale si aggiunse alla grande famiglia dipinta sul ramo del possente baobab, una nuova speranza per il futuro.

Sorridendo, il vecchio mandrillo segnò la fronte del leoncino con del succo scuro, per richiamare al ciuffo castano che adornava la testa di Kopa, unico tratto che lo distingueva dal padre.

Il suo carattere doveva ancora finire di delinearsi, avendo il cucciolo meno di due mesi, ma Rafiki poteva già distinguere la vivacità di Simba, seppure appena mitigata. Forse avrebbe preso più da sua madre Nala.

- Congratulazioni, Mufasa – disse sorridente, conscio che gli spiriti erano sempre in ascolto sul baobab, il ponte tra i due mondi – Sei diventato nonno di uno splendido principe che un giorno ti renderà orgoglioso.

Una lacrima scivolò silenziosa lungo la sua guancia azzurra, pensando a quanto ormai fosse lontano il tempo in cui temeva la distruzione della sua casa per colpa di Scar e della sua follia. Ne aveva fatta di strada il giovane figlio di Mufasa, percorrendo una strada lunga e tortuosa, ma adesso, davanti al giovane principe Kopa si spalancava l’infinito.

Un giorno sarebbe stato lui il custode dell’Equilibrio e del Cerchio della Vita.

Un improvviso frullare di ali interruppe i suoi pensieri nostalgici. –Salute a te, Rafiki!- disse formalmente Zasu posandosi su un ramo sopra la testa del babbuino.

- Salute a te, Zazu!- ricambiò lui alzandosi in piedi –Che notizie porti dalle pianure alluvionali? La regina Furaha ha acconsentito a promettere sua figlia? Dimmi com’è?

Si diresse verso tutti i gusci e la frutta cava dentro cui teneva le spezie colorate e i succhi che usava per dipingere, mettendoli in ordine in modo da scegliere i migliori per rappresentare la futura regina accanto a Kopa. Era la prima volta da che ne aveva memoria che due branchi di leoni si univano per controllare un territorio tanto grande.

- Una piccola scapestrata, non c’è che dire. Sicuramente non ha preso dalla madre, così austera e ligia al dovere, l’osservanza delle regole. A tratti il suo comportamento sfocia nella maleducazione, ma non più di quanto facesse Simba alla sua età. In compenso sembra gentile e simpatica con tutti gli animali e i cuccioli con cui gioca. Inoltre è di una bellezza sopraffina. Oserei dire celestiale, visti i suoi splendidi occhi azzurri e il manto di un bianco più puro persino delle zanne di un elefante!- iniziò a dire Zazu.

Rafiki aveva lasciato che quasi tutte le sue parole entrassero da un orecchio e uscissero dall’altro, conscio di quanto il bucero sapesse essere logorroico. Lo lasciò gesticolare e starnazzare indisturbato fin quando non disse il colore della piccola leonessa. Candido più di una zanna d’elefante, come la luna.

Possibile che sia…?, si chiese improvvisamente terrorizzato da un fantasma.

- Zazu – disse interrompendo la sua descrizione del regno di Furaha – qual era il nome della leoncina?

- Mwezi- fece il bucero in tono un po’ incerto, come se fosse confuso dall’espressione scossa dello sciamano –C’è qualche problema, Rafiki?

- N-no- balbettò lui, strofinandosi il naso con le dita mentre cercava di riordinare i pensieri. Le terre di nessuno non erano molto distanti dal regno di Furaha…

- Hai notizie di Scar e dei suoi?- chiese in tono serio, guardando il maggiordomo di Simba con un’espressione che lo invitava a una risposta concisa. Purtroppo per lui, l’abitudine di parlare a dismisura sembrava essere più forte di Zazu.

- Oh sì, purtroppo. Ho rivisto suo figlio, Nuka, giocare con Mwezi e il cucciolo di iena di nome Asante. Lui dovresti conoscerlo, ricordo che veniva spesso a farti visita all’albero prima che la sua famiglia decidesse di… - iniziò Zazu.

- Nuka era nelle terre di Furaha?! - esclamò Rafiki, sgranando gli occhi. Possibile che la regina non sapesse niente e avesse accolto nel suo regno Scar e il suo branco di reietti?

-  Sì, ma fortunatamente era da solo. Mwezi e Asante mi hanno assicurato che Furaha ha concesso solo a Nuka il beneficio del dubbio, per la sua giovane età. Scar, Zira e tutta la loro cricca, sono e rimarranno per sempre degli esiliati! Devo dire però che il cucciolo si è comportato… abbastanza bene. Non diresti che è figlio di Scar se guardassi i suoi modi. È fin troppo magro, gracile e persino un po’ ingenuo. Inoltre dovrebbe lavorare molto di più sul suo aspetto fisico! Non può mica presentarsi col pelo tutto in disordine davanti a una futura regina! Un po’ di decoro…! – continuò il pennuto.

Rafiki intanto si era perso nei suoi stessi pensieri. Ricordava fin troppo bene la brama di Scar di avere un erede e realizzare la profezia che lui aveva disgraziatamente annunciato. Nessuna supplica di Zira lo aveva fatto desistere dal tentativo di violare le leonesse più giovani del branco per avere un erede migliore di Nuka…

Fortunatamente non era riuscito nel suo intento né con Nala, né con Kula, ma ora la Luna della profezia era a pochi passi da lui. Perché doveva per forza essere lei, tutto combaciava! Niente avrebbe potuto fermarlo se fosse riuscito ad avvicinarsi a Mwezi.

 - Zazu! - scattò bruscamente, zittendo il bucero –Dimmi che Simba e Furaha hanno già trovato un accordo per le nozze di Kopa e Mwezi.

- T…tutto è già pronto ed entrambi i branchi sono ben disposti. Q-quello che resta da fare e far incontrare i due fidanzati quando saranno abbastanza grandi. Simba pensava di aspettare che a Kopa crescesse un po’ di criniera…  - balbettò Zazu, intimorito dal tono di Rafiki. Non lo aveva mai sentito usare un tono tanto autoritario.

- Ottimo - dichiarò seccamente lui – Questo matrimonio deve essere fatto, il prima possibile. Dobbiamo proteggere Mwezi da Scar! La profezia non deve compiersi per niente al mondo!

Prese della calce bianca, mischiandola a della linfa di baobab per renderla più appiccicosa, per poi disegnare convulsamente una giovane leonessa dalla pelle candida proprio accanto alla figura di Kopa. I suoi gesti sembravano irridere ogni insegnamento del suo maestro, il precedente sciamano delle terre del branco.

“E’ da sciocchi opporsi al destino. Non farà che avverarsi nella maniera a noi più sgradita. Solo accettandolo si possono trovare soluzioni” era solito dire lui.

Rafiki però preferiva morire piuttosto che abbandonare una leonessa giovane come Mwezi tra le grinfie di Scar! Solo gli Antenati sapevano cosa sarebbe stato capace di farle quel leone deviato!

Il senso di colpa per non aver aiutato Nala, la notte in cui era quasi successo qualcosa di orribile, lo consumava ancora dopo tanti anni e non voleva assolutamente che la storia si ripetesse con un’altra leonessa persino più giovane.

- Non starai sul serio dicendo che…? – iniziò Zazu, sfregandosi nervosamente le ali. Anche a lui la prospettiva di secoli in cui la stirpe di Scar regnava incontrastata faceva rivoltare lo stomaco.

- Sì Zazu. Credo che sia lei la Luna di cui mi parlò Ahadi durante Siku Ya Oracle- annuì lo sciamano, dando gli ultimi ritocchi al muso della leoncina –Ma se Kopa crescerà forte come suo padre, Mwezi, le terre del branco e le pianure alluvionali, saranno al sicuro. Per sempre.

-Che gli Antenati ti ascoltino!- mormorò il bucero –Devo dirlo a Simba?

- No, meglio non farlo preoccupare. Al massimo consiglia a lui e Furaha di rafforzare la sorveglianza ai confini con le terre di nessuno, in modo da tenere d’occhio Scar e i suoi –sentenziò ancora il babbuino. Osservando poi la futura coppia reale che aveva disegnato. A guardarli sembravano perfetti insieme: Mwezi, pallida e dolce come la luna, Kopa, luminoso e vivace come il sole con la sua pelliccia dorata. Sì era così che dovevano andare le cose per il bene di tutti.

- E Nuka? - chiese ancora Zazu – E’ figlio di Scar ma… lui non sa niente di tutto questo. A me sembrava solo un cucciolo che volesse divertirsi con i suoi amici…

Quella semplice domanda riuscì ad annebbiare la mente dello sciamano con un’altra miriade di pensieri. Che ruolo aveva quel cucciolo? Era forse una spia di Scar? Oppure stava cercando di staccarsi da lui e da Zira?

Guardando una semplice piantina ancora priva di legno, spesso è difficile capire che tipo di albero sarà da adulta.

In quella situazione Rafiki capiva ancora meno dei due cuccioli, che, stando a quanto diceva Zazu, passavano le giornate a divertirsi spensierati, ignari dei loro destini scritti negli astri sopra le loro stelle.

La sagoma di un cucciolo grigio, ornato da un ricciolo ribelle di criniera, venne disegnata dallo sciamano in un ramo più distante da quello della famiglia reale. Non aveva mai ricevuto molto amore dalla sua famiglia, questo era noto a tutto il branco di Simba, e il babbuino si dispiacque del fatto che avesse dovuto seguirli anche in un posto così desolato come le terre esterne.

Scegli bene il tuo ruolo in questo intreccio di destini, lo pregò silenziosamente.

Spazio autrice: Come promesso ecco un aggiornamento di domenica! Se tutto va bene e scuola permettendo dovrei riuscire a tenere questo ritmo ogni domenica! Preparatevi perché a breve entriamo nel vivo della storia! Cosa seglierà Nuka? Quale sarà il suo ruolo in questo intreccio di destini? Mi raccomando voglio sapere anche le opinioni più assurde!

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Capitolo 13
*** Le storie dei nomi ***


Come suggerito da Rafiki, la sorveglianza di entrambi i branchi ai confini con le terre aride venne aumentata.
Salvo gli occasionali scontri con le iene e i leoni fedeli a Scar, la vita di tutti i branchi scorreva come tutti i giorni. Le guardie di Furaha, non impedirono inoltre a Nuka di intrufolarsi ancora e ancora nelle terre alluvionali e scorrazzare assieme a Mwezi e Asante.

La vita del giovane cucciolo sembrava ancora più bella, ora che suo padre lo aveva investito della missione di proteggere la sua amica da Simba e dal suo malvagio figlio. Non avrebbe permesso a quei due tiranni di portargli via la prima amica sincera che aveva avuto, così ogni volta che ne aveva l’opportunità si allenava nella lotta e nell’agguato.

Suo padre non sembrava dare troppo peso ai suoi allenamenti impacciati tra le sterpaglie e le colonne del termitaio, dove si allenava a cacciare termiti e topolini. Sua madre, invece, trovava sempre qualcosa per cui criticarlo: “Nuka! Sei sopravento! Tutto il termitaio se n’è già accorto! E quello lo chiami agguato! Hai i passi goffi come quelli di un ippopotamo zoppo! Non catturerai mai niente se corri come una tartaruga!”.

Nuka annuiva e si scusava ogni volta, mettendo la coda tra le gambe quando Zira scopriva le zanne e gli artigli per la rabbia. Tuttavia lui non si perdeva d’animo, convinto che anche lei, come Scar, stesse solo cercando di educarlo e renderlo un leone all’altezza di suo padre.

Sì, doveva essere così! I suoi genitori gli avevano sempre voluto bene, era solo lui che doveva crescere un po’ e smettere di comportarsi come un gattino terrorizzato.
Ignaro che fossero solo illusioni alimentate dal suo stesso padre, Nuka aveva continuato a essere la sua spia involontaria e allenarsi instancabilmente sia con Mwezi che da solo.
 

Un giorno la giovane principessa aveva condotto lui e Asante sulla cima di un colle che dominava su quasi tutta la pianura allagata dai generosi fiumi. Il confine tra l’acqua e la terra sembrava dissolversi a causa delle piante che galleggiavano placide e rigogliose, subito prima delle folte e sconfinate praterie verdeggianti.

Una mandria di nuvole soffici e candide galoppava nel cielo sospinta da un vento fresco che alleviava la calura del sole.

Mwezi salì su una delle rocce grigie, quasi sul ciglio del colle, di fronte allo strapiombo che precipitava nel greto di un fiumiciattolo sottostante.

Assumendo una posa fiera e regale, vi si sedette proclamando: - Io, la regina Mwezi delle terre alluvionali ordino alla mia guardia personale Asante di cacciarmi un topo!

- Eccotelo qui! - disse la iena buttando a terra Nuka, prima di abbandonarsi a una risata sguaiata come poche. Con il passare dei giorni la sua rivalità con il leoncino era divenuta più giocosa e priva di rancore, ma per entrambi fare uno scherzo all’altro e lottare era una tentazione irresistibile.

- Zitto tu, sciacallo gobbo! – lo rimbeccò Nuka prima di iniziare una lotta accanita. Rotolarono nella polvere tra zampate e morsi leggeri, sollevando una nube grigia tutt’intorno a loro.  Rispetto al primo giorno il leoncino sembrava essersi fatto più forte, grazie alla pratica quotidiana e ai gentili consigli che Mwezi non smetteva mai di dispensargli.

- Ehi ci sono anche io! –ruggì battagliera Mwezi, prima di spiccare un balzo e buttarsi nella mischia. L’unica regola era tutti contro tutti, ma era proprio questo a rendere la sfida più divertente.

Approfittando del fatto in cui Asante e la principessa erano troppo presi dalla scaramuccia tra loro, Nuka sgusciò via dalla mischia. Si arrampicò su una roccia, più tondeggiante e con uno strano motivo cesellato sopra, per poi imitare Mwezi nel suo tono regale.

- Io, re Nuka delle terre… oh whoh- urlò di colpo interrompendosi quando il suo trono sembrò animarsi di colpo e muoversi sotto le sue zampe.

Quattro zampe e una testa rugosa sbucarono pigramente da dentro la strana roccia. Una tartaruga?, pensò sconcertato il cucciolo, sgranando gli occhi. Non immaginava che ne esistessero di così grandi!

L’animale, biascicò un paio di volte, schiudendo appena gli occhi stanchi e lasciandosi andare a un sonoro sbadiglio. Scosse un po’ il suo guscio, facendo scivolare giù Nuka, che atterrò in malo modo proprio di fronte a Mwezi e Asante.

-Buongiorno bibi Imani!- salutò il cucciolo di iena, scodinzolando.

La tartaruga si girò allora verso i tre cuccioli, sorridendo dolcemente quando li riconobbe. – Oh buongiorno, nipotini miei! Mwezi, ma come diventi sempre più bella! – disse parlando lentamente con una voce soffusa e rassicurante.

-Ci dispiace averti disturbato, bibi- rispose la leoncina – Stavamo giocando con Nuka e non ci eravamo accorti che eri qui

Bibi? pensò Nuka. Perché una iena e un leone dovevano chiamare nonna una tartaruga? Questo sì che era strano. Tuttavia non ebbe il tempo di fare una domanda che l’anziano animale rivolse a lui la sua attenzione, iniziando a vezzeggiarlo mielosamente: - Ah vedo che hai un nuovo amico! Ha l’aria di essere scapestrato e dispettoso proprio come te e Asante. Ha anche un bel nome questa pallina di pelo così carino

Nuka fece inavvertitamente un passo indietro, disarmato da tanta confidenza, quando Imani allungò il collo grinzoso per stampargli una sorta di bacio sulla fronte spettinata.

- Non dire a mamma che è qui – la supplicò Mwezi leccandole la guancia e strofinandosi sul suo carapace.

- Oh certo, certo – annuì lei sorridendo affabilmente – Non dirò all’intransigente Furaha che il figlio di Scar è qui e che tu le hai disobbedito.

I tre cuccioli sgranarono gli occhi a sentire quelle parole. Come sapeva quelle cose? Chi altro era a conoscenza del loro segreto a parte lei?

- Perché mi guardate così, cuccioli miei? – domandò Imani girandosi meglio verso di loro, sempre con un sorriso sulla bocca sdentata –Sarò anche viva dai tempi di re Moathu ma non sono mica sorda e certi uccellini hanno il vizio di parlare troppo

- Zazu! – disse Nuka alzando gli occhi al cielo. C’era solo da sperare che quel pennuto fastidioso non lo avesse spiattellato a tutti gli animali della pianura.

- Che cosa fate qui? –chiese ancora Imani, accovacciandosi.

- A dire il vero niente, bibi- disse Asante – Ma visto che ci siamo Nuka potrebbe sentire una delle tue storie!

- Sì! – esclamò contenta Mwezi, scodinzolando – E’ da tantissimo tempo che non vieni all’albero del branco a raccontare qualcosa!

- I Grandi Re del Passato reclamavano la mia attenzione, piccola mia – disse dando un bacetto anche a lei, già sdraiata e pronta ad ascoltarla – Ma penso che adesso mi lasceranno un po’ di tempo per i miei nipotini.

La leoncina fece cenno a Nuka di mettersi comodo accanto a lei. Il cucciolo inizialmente fu un po’ riluttante: avrebbe preferito allenarsi ancora nella lotta, ma l’anziana tartaruga aveva un aspetto talmente gentile e dei modi talmente affettuosi che si sentiva in colpa al solo pensiero di farla dispiacere.
In fondo non aveva mai sentito storie diverse da quelle riguardanti suo padre e la sua cacciata dalla Rupe dei Re.

Una volta accomodato, Imani iniziò a parlare: - Dunque, oggi potremmo parlare delle nostre storie e di quelle dei nostri nomi. Sapete spesso le creature che siamo non corrispondono al modo in cui gli altri ci chiamano, ma altre volte i nostri nomi rivelano su di noi cose che ignoriamo completamente. Per questo è molto importante sapere cosa significa il nome che portiamo. Tu, Asante, perché ti chiami così?

Il cucciolo di iena dovette vincere la sorpresa iniziale a quella domanda, prima di riflettere e poi parlare: -Mia madre dice che significa “grazie”. Lo ha scelto per, appunto, ringraziare gli Antenati che mi avevano fatto nascere sano e forte.

- Molto bello – rispose Imani – Ma il significato del tuo nome non è un ringraziamento solo per la tua vita, ma per quella di ogni cosa che fa parte del Grande Cerchio. “Asante” è una parola di estrema umiltà, che ricorda a tutte le creature di essere felici e di rendere grazie anche per le cose che sembrano più banali e scontate, come il cielo azzurro e la terra su cui camminiamo. Il tuo nome è un monito a non dimenticare mai la benevolenza del mondo.

Nuka trovava che ci fosse un che di ipnotico nella voce lenta e cadenzata di Imani, qualcosa che in qualche modo gli rendeva impossibile trovarla noiosa e che, insieme, aumentava la sua voglia di ascoltare.

- E tu Mwezi perché ti chiami così? - chiese alla leoncina.

Lei annuì senza mascherare il suo orgoglio, prima di raccontare: - Quando sono nata non c’era la luna nel cielo. Mamma disse che il suo spirito ha voluto ungermi con la sua essenza perché portassi pace e fecondità nel nostro regno, proprio come la luna di notte fa riposare gli animali e permette all’amore di dare nuova vita. Per questo mi chiamo Mwezi.

Nuka restò affascinato da tanto misticismo. Tutto sembrava così reale eppure lontano dal mondo in cui aveva vissuto lui, dove nessuno gli aveva mai parlato di spiriti e cose simili.

Imani annuì compiaciuta prima di rivolgersi a lui.

- Ah… io non lo so perché mi chiamo così… - confessò imbarazzato, sentendosi addosso anche gli sguardi dei suoi amici.

La tartaruga tuttavia non disse niente e il suo sorriso rimase immutato. – E’ comprensibile, molti spesso fanno confusione con Taka, quando in realtà sono due parole dai significati quasi opposti- disse pacata – Vedete ci sono tre fasi importanti nel Grande Cerchio della Vita: l’Asha, il Taka e il Nuka. La prima è la Vita, la seconda invece è la Polvere a cui tutte le creature ritornano alla fine del loro viaggio su questa terra. È lo scarto della Vita, la fine del Cerchio. Ma il Nuka, invece, è la cenere feconda, il nuovo inizio. Dalla cenere, infatti, nuova linfa scaturisce per generare nuova vita. Così dal basso in cui sprofonda con il Taka, la vita si innalza ancora dal basso con il Nuka-

Spazio Autrice: Mi scuso subito per il ritardo mostruoso con questo capitolo, ma non sono stata molto bene in questi giorni e quindi non sono riuscita a pubblicare domenica come avrei voluto. Intanto sono contenta di aver ricevuto nuove recensioni! Grazie mille a tutti! Non abbiate paura apprezzo anche le critiche ai personaggi. Detto questo, avete delle teorie? Imani vi ha aperto qualche finestra su un possibile nuovo scenario? Voglio mettere solo altri due capitoli, dopo di che la storia inizierà a entrare nel vivo e lì sì che ci saranno casini belli grossi! Diciamo che per il momento ho messo un po' di combustibile e a breve la miccia si accenderà. Stay tuned e fatemi sapere cosa pensate che accadrà.

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Capitolo 14
*** Colloqui notturni ***


Il silenzio della notte aveva sempre avuto un effetto calmante sulla regina delle terre alluvionali. Preferiva illudersi che quello fosse il momento più tranquillo e pacifico della giornata, quando il suo regno intero riposava, anche se sapeva benissimo quanto ciò non fosse vero.

Dopo il calar del sole le sue terre erano persino più animate del giorno: il mantello dell’oscurità celava le caccie più grosse, le uccisioni, le lotte e la vita segreta di molti animali. Inoltre, proprio di notte la luna, che in quel momento splendeva grande e luminosa sopra il fiume più grande della pianura, inargentando le acque, benediva le unioni degli amanti, rendendo fecondi i ventri delle madri.

Era successo con Furaha e il suo re e un giorno anche il grembo di Mwezi avrebbe ricevuto un simile dono dal candido astro che l’aveva unta del suo spirito alla nascita.

Mentre la leonessa camminava per le lande silenziose del suo regno non poté fare a meno di essere pervasa da un moto di gelosia per la cucciola. Sua figlia era tutto ciò che le rimaneva, il suo tesoro più prezioso, e già doveva pensare al giorno in cui avrebbe sposato Kopa, il figlio di Simba.

Forse se ne sarebbe andata dalla sua casa, lasciandola per vivere alla Rupe dei Re… Cosa non avrebbe dato la regina per tenere sempre con sé quel tenero batuffolo bianco che amava con tutto il cuore!

Tuttavia alla fine era giusto che Mwezi formasse una famiglia propria, come aveva fatto anche Furaha. Un giorno avrebbe dovuto lasciarla andare, ma fortunatamente, mancava ancora molto.

L’erba umida le accarezzava le zampe mentre si avvicinava alla collina dove l’attendeva Imani, lo sciamano delle Terre Alluvionali da prima ancora che regnasse il padre del compagno di Furaha.

- Mia regina- si permise di dire Kamaria, la iena a capo dei ricognitori e madre di Asante. Fino a quel momento era rimasta silenziosa come un’ombra, mentre scortava da sola la leonessa. Alla regina bastava sempre avere anche solo lei come protezione: loro due sarebbero state capaci di fronteggiare quasi ogni genere di pericolo insieme, e inoltre non conosceva animale più fedele di quella iena.

- Volete che vi lasci da sola con lo sciamano, una volta arrivate?- continuò Kamaria spostando appena dall’occhio il lungo ciuffo di criniera nera.

- No, Kamaria, non sarà necessario. Mi fido di te più di chiunque altro e Imani non è mai stata molto fiscale sulle formalità –rispose pacata la leonessa – I tuoi ricognitori hanno visto qualcosa oggi al confine con le terre di Scar?

- No, niente – rispose lei – Nessun movimento sospetto. Dubito che Scar abbia forze sufficienti per tentare un attacco, ma capisco la preoccupazione di Simba.

- Al suo posto io avrei ucciso quel traditore – ringhiò debolmente Furaha – Spero che lui e suo figlio siano buoni e saggi quanto raccontano e che facciano sentire Mwezi a casa.

Ormai stavano salendo il dolce pendio che dominava su quasi tutto il regno. A ovest, nell’oscurità, Furaha poteva ancora scorgere la sagoma imponente dell’albero che faceva da tana al suo branco. Sua figlia a quell’ora doveva essere rannicchiata tra le sue radici, scaldata dalla pelliccia delle altre leonesse, a dormire sonni tranquilli.

L’intransigente regina non vedeva l’ora di tornare laggiù per addormentarsi con quella pallina di pelo tra le zampe, come faceva sin dai tempi in cui non era più grande di un topolino.

Arrivate alla cima, Kamaria e Furaha trovarono l’anziana tartaruga intenta a contemplare un nugolo di lucciole che le vorticava attorno. Ogni piccolo insetto lasciava una scia fluorescente al suo passaggio, da cui Imani sembrava ipnotizzata.

La regina tossì sonoramente per richiamare la sua attenzione, mentre la iena sembrava quasi imbarazzata dalla scena.

- Oh scusate, non vi avevo visto! –esclamò lo sciamano girandosi di scatto verso di loro. La sua bocca sdentata si aprì in un sorriso caloroso che le stirò tutta la ragnatela di rughe del muso. – A volte mi perdo ancora ad ammirare la bellezza del mondo.

- Non fa niente, Imani – disse Furaha prima di arrivare dritta al punto –Perché ci hai chiamate?

-Sempre di corsa, eh Furaha?- la rimbeccò quasi con impertinenza –Tua figlia non noterà la tua assenza. Probabilmente dorme già come un sasso, dopo la sua lunga giornata di giochi con Asante e Nuka.

- Cosa? – scattò Furaha aggrottando la fronte. Nuka non era forse il figlio di Scar? Cosa ci faceva con sua figlia e perché Kamaria e i suoi non lo avevano visto?

- Per l’amor degli Antenati, calmati!- rispose Imani.

- Un intruso è entrato nelle mie terre- ribatté intransigente la regina –Uno che io ho espressamente bandito-. Scoccò un’occhiata a Kamaria, ma non per rabbia; stava semplicemente per ordinarle di andare con Mwezi e Asante il giorno seguente, in modo da tenere lontano Nuka, ma Imani non glielo permise.

- Ti correggo – disse –Tu hai bandito Scar e i suoi. Furaha, sappiamo entrambe che non puoi bandire un cucciolo per cose accadute prima ancora della sua nascita.

- Non posso nemmeno permettere che si intrufoli indisturbato nelle mie terre.

-Hai ragione. Ecco perché dovresti dargli il tuo permesso- rispose ancora la tartaruga sorridendo, prima di muovere qualche passo lento e incerto verso lei e Kamaria. –

Concedigli la Prova della Criniera. Permettigli di entrare nel tuo regno finché non sarà abbastanza grande da dimostrarti la sua lealtà e rinnegare i suoi genitori. E, cosa più importante, rompi il fidanzamento tra Mwezi e un leone che nemmeno conosce!

- Cosa c’entra questo? – azzardò Kamaria – E’ un’importante alleanza e avere un altro leone maschio nel branco, l’erede di Scar, potrebbe indispettire Simba e mandare tutto a monte.

- Esattamente ciò che penso io, Kamaria – rispose Furaha – Mi dispiace, Imani, ma per la prima volta non vedo un motivo per cui accogliere il tuo consiglio.

La tartaruga sospirò vedendo l’espressione grave e inalterabile come la pietra sul muso della leonessa. Trasse un profondo respiro prima di rispondere con altrettanta sicurezza e sufficienza, in modo da farsi ascoltare: -Il motivo, Furaha, è che condanni un cucciolo a vivere in lande desolate e sporche e un’altra a basare il suo destino su tradizioni in cui non hai mai creduto. Dov’è finita quella leonessa gioiosa e sprezzante di quelle stupide tradizioni di cui si innamorò re Kimba? Forse il ruolo di regina solitaria ha inasprito quella raminga figlia di nessuno che eri quando arrivasti qui. Eri molto più comprensiva quando avevi il tuo Kimba con te.

Quelle parole immobilizzarono la regina. Sentì una fitta di dolore lacerarle il cuore come tanti artigli alla menzione del compagno strappatole da una malattia. Non aveva vissuto abbastanza da veder nascere la loro Mwezi, benedetta come suo padre dalla luna.

Gli artigli scavarono ancora, fino a un angolo del suo cuore in cui sapeva che le parole di Imani erano vere. Aveva dovuto lottare con le unghie e con i denti contro altri maschi vagabondi per conservare il suo posto di regina, proteggere le terre di Kimba e la loro figlia. Forse era stato proprio questo a inasprirla: il dover piegare la propria natura per renderla più conforme a quella di una regina potente da cui guardarsi.
Socchiuse gli occhi per trattenere le lacrime, lottando per mantenersi composta, ma una perla salata scivolò ugualmente sul suo manto marrone, irrigando il terreno.

- E sia –disse con un tono malfermo – Concederò a Nuka la Prova della Criniera, ma non annullerò il fidanzamento di Mwezi. Io non potrò vincere per sempre negli scontri rituali con i vagabondi e non voglio che mia figlia respiri battaglie e sangue come ho fatto io. Al nostro regno serve l’alleanza con Simba.

- Non resta che sperare che lei e Kopa si piacciano – mormorò Imani, permettendosi un tono seccato. Se non altro aveva ottenuto metà di ciò che desiderava.

Furaha si chinò rispettosamente, volendo prendere in fretta congedo dallo sciamano e chiudere quel colloquio fin troppo stancante.
Fece per girarsi e partire, con Kamaria pronta a seguirla, quando Imani richiamò l’attenzione proprio della iena.

- Aspetta, Kamaria!- disse quando il ricordo di un’altra importante questione le riaffiorò nella mente. La iena si girò a guardarla dietro al suo ciuffo pendente, incredula che avesse parlato proprio a lei. Ancora più incredula rimase poi a sentire le sue parole: - Credo che rivedrai presto tua sorella Shenzi.

- Se è così… temo di non poter evitare uno scontro – rispose Kamaria. Dopo che lei e un gruppo di iene avevano disertato da Scar, i rapporti con la sorella si erano interrotti e ora erano schierate da parti diverse.

- Forse. Le stelle della iena mi hanno parlato in sonno- disse Imani riferendosi alla costellazione –Dopo il tuo nome, quello di tua sorella e tuo figlio, hanno detto “La morte di uno ne riunirà due”-

Il cuore della iena le affondò nel petto e persino Furaha si lasciò prendere dalla preoccupazione. Non era il giorno dell’Oracolo, perché gli Spiriti Antenati mandavano un simile presagio? Le due madri guardarono lo sciamano alla ricerca di risposte, ma l’unica che seppe dar loro non diminuì affatto la loro paura: - Credo che qualcosa si stia preparando per accadere e che abbiate fatto bene a intensificare la sorveglianza al confine con la terra di Scar.

Spazio Autrice: Buonasera a tutti! Ecco a voi un nuovo capitolo. Che ne pensate del passato di Furaha? Scusate ma non ho saputo trattenermi da chiamare Kimba il suo compagno XD. E così abbiamo scoperto che Asante ha una zia di nome Shenzi a cui forse si riunirà (?). Bah ‘ste profezie! Ne vorreste una su Nuka, dite la verità! Intanto il fidanzamento tra Kopa e Mwezi rimane. Sarà davvero lei a continuare la stirpe di Simba? Ci resta solo un altro capitolo e poi passiamo all’azione! Nell’attesa potete dare un’occhiata alla mia storia fantasy (disponibile anche in cartaceo) Lasciate un commentino per farmi sapere se la storia vi piace e ci vediamo alla prossima.

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Capitolo 15
*** Crescita ***


I mesi successivi continuarono a succedersi senza alcuna preoccupazione per i tre piccoli amici, ignari della ragnatela di segreti in cui i loro genitori li avevano intrappolati.

Tutto ciò di cui si preoccupavano era giocare spensierati ogni giorno, mentre perfezionavano ogni giorno le loro tattiche di combattimento e caccia.
Nuka non poteva negare di essere il più goffo del trio, ma le giornate in quelle terre rigogliose ebbero un effetto benefico sulla sua salute, facendogli mettere su un po’ di peso e rendendolo meno scheletrico. I suoi muscoli pian piano cominciarono a diventare più tonici e i progressi arrivarono, anche se con un po’ di ritardo rispetto ad Asante e Mwezi.

A parte qualche risata per le sue cadute più rovinose, tuttavia, nessuno dei suoi amici serbava per lui aspri rimproveri. Anzi lo incoraggiavano a ritentare ogni volta e non si stancavano mai di consigliarlo, soprattutto Mwezi.

Crescendo, il cucciolo non poté fare a meno di sentirsi sempre più orgoglioso del leone forte e impavido che stava diventando e ogni sera, all’imbrunire quando rincasava, supplicava i suoi genitori di ammirare i suoi progressi.

Tuttavia, una volta uscito dalle pianure alluvionali, Nuka aveva l’impressione di essere di colpo catapultato in un altro mondo, un mondo in cui lui tornava a essere un cucciolo patetico e non più il giovane leone che iniziava a sfoggiare i primi ciuffi di criniera.

Lo sguardo micidiale, imperioso e inclemente di sua madre lo rammolliva di colpo, mettendogli soggezione. Imbarazzato dal primo fallimento riprovava, ancora più nervoso per i suoi artigli scoperti e terrorizzato alla prospettiva di non riuscire ancora. Non riuscendo a concentrarsi, anche il secondo, il terzo e il quarto tentativo di mettersi in mostra con Zira risultavano mediocri.

La leonessa non risparmiava sbuffi di disappunto e occhiate infuocate, con gli stessi occhi che Nuka aveva ereditato. Le sue parole acide, inoltre, erano unghiate profonde al cuore di suo figlio, che vedeva infranto il suo sogno di ottenere anche il suo amore.

Scar, invece, sembrava non vedere niente di quelle maldestre mosse di agguato e attacco. Si avvicinava sempre a Nuka con un sorriso affabile, esortandolo affinché raccontasse tutta la sua giornata trascorsa con Mwezi e ciò che aveva appreso del suo regno. Lo pregava di soddisfare la sua curiosità per quella terra rigogliosa che lui riusciva solo a sognare, e Nuka ubbidiva contento.

Si illudeva che l’attenzione di suo padre fosse rivolta direttamente a lui e alla sua giornata, portandogli sempre più informazioni sul regno di Furaha. Assecondava ogni desiderio o capriccio di suo padre: se lui voleva sapere una qualsiasi cosa, Nuka glielo riferiva il giorno successivo, ricevendo come premio qualche carezza e talvolta una leccata.

Le domande su Mwezi erano le uniche che trovava un po’ strane.

“Dimmi, come sta crescendo la dolce Mwezi? È sana? La trovi bella? Il suo manto continua a essere morbido come quando era piccola?”

Nuka si domandava quale interesse potessero mai avere per Scar quelle informazioni. A volte le domande sulla sua amica erano talmente tante che il giovane leone era quasi geloso, come se la giovane principessa fosse una sorellina con cui contendere le attenzioni del padre.

Tuttavia lui rispondeva ancora, per non recargli dispiacere. Non poteva negare che Mwezi stesse crescendo in grazia e bellezza: il suo manto candido alla luce del sole era quasi abbagliante e brillava come una stella in mezzo alla pianura verdeggiante, il corpo tonico e aggraziato durante la caccia si muoveva sinuoso come quello di un leopardo.

La cosa che più colpiva Nuka però erano i suoi occhi azzurri, ammalianti e sconfinati come il cielo senza le nuvole. Non sapeva spiegarsi come, ma ogni volta che ne restava catturato, un senso di pace si impossessava di lui e niente sembrava più in grado di turbarlo.

Col passare del tempo, il giovane leone coltivò un sentimento nuovo per la principessa. Dapprima era una sensazione appena percettibile e indefinita, fragile come un germoglio appena schiuso, ma mese dopo mese, giorno dopo giorno, Nuka la sentì crescere e fortificarsi come il fusto di un giovane albero.

Prese l’abitudine di pulirsi almeno un po’ prima ogni volta che doveva andare da Mwezi, tentando di mettere in riga i ciuffi ribelli e ricciuti che avevano iniziato a crescere sul suo collo. Sua madre non perdeva occasione per criticare la sua criniera, definendola sottosviluppata per un leone della sua età e le sue parole erano un incentivo per Nuka a rendersi più presentabile.

Non riuscì mai a scrollarsi del tutto di dosso il vizio di grattarsi per le termiti, ma non se ne dispiacque tanto quando capì che il suo prurito era un modo per ottenere le premure di Mwezi.

Ogni volta che la leonessa gli era vicina, che sentiva il suo odore o sfregava il muso sul suo, in un gesto di saluto, il cuore del giovane leone prendeva a galoppare e scalpitare come una zebra impazzita.

Non sapeva ancora come nominare quella sensazione, ma di una cosa Nuka era certo: ne aveva una sete inestinguibile. La alimentava giorno per giorno con piccole attenzioni rivolte alla leonessa, timide e mai troppo slanciate per paura di sembrare sfacciato e rovinare tutto. Eppure un sorriso di Mwezi, una sua parola di ringraziamento o una sua effusione gli sembravano la ricompensa per un’impresa titanica.

Asante soleva prenderlo in giro talvolta, chiamandolo “lo zerbino della principessa”, ma col tempo Nuka aveva imparato a rispondere a tono alla iena. I loro bisticci potevano andare avanti per ore e i due amici non sembravano mai abbastanza stanchi per intraprendere una lotta.

Sotto quella perpetua rivalità, tuttavia, anche tra loro due si nascondeva un sincero affetto, che i morsi e le parole tracotanti non sembravano scalfire minimamente. Erano ormai compagni di avventure, avversari di battaglie che non avevano mai fine.

Il leone non lo avrebbe mai detto, ma Asante era uno dei principali motivi per cui ogni mattina si alzava al sorgere del sole e correva attraverso la landa sterile e arroventata dove viveva per arrivare al regno di Furaha.

Imani fu l’unica altra creatura delle terre alluvionali con cui Nuka prese una certa confidenza, arrivando a sua volta a chiamarla bibi.

Quelle terre erano il suo paradiso, il luogo che considerava davvero casa sua. Più pensava a quanto l’amasse, assieme ai suoi abitanti, più si rafforzava in lui il desiderio di difenderla contro chi minacciava di portargliela via: Simba e il suo odioso figlio Kopa.

Forte dei racconti di Scar e delle continue paure che instillava in lui, su come Kopa avrebbe portato via Mwezi per farne ciò che voleva, maltrattandola, su come la malvagità di lui e suo padre avrebbe distrutto le terre alluvionali, Nuka rinnovava ogni giorno la promessa di combattere quella stirpe malvagia con tutte le sue forze.

Sognava la gloria del giorno in cui avrebbe sconfitto Kopa e salvato Mwezi dalle sue grinfie, facendo trionfare la stirpe di Scar, il legittimo sovrano.

I pensieri di sangue e vendetta, tuttavia, venivano spazzati via come foglie al vento quando la sua mente si posava sul ricordo del muso di Mwezi, della sua voce e del suo odore. Nuka veniva allora cullato da quei pensieri in un dolce sonno, notte dopo notte, fino al giorno in cui il principe che tanto odiava non giunse a conoscere la sua futura sposa.

Spazio autrice: Buonasera a tutti! Questo è solo un capitolo di transizione che mi serve per fare uno stacco temporale di qualche mese. Finalmente vedremo Kopa? Cosa vi aspettate che accada? Saranno subito botte tra lui e Nuka? E Simba? Cosa penserà del suo giovane cugino? Fatemi sapere se l’intreccio della storia vi sta piacendo!

Alcune informazioni: d’ora in poi cercherò di aggiornare regolarmente ogni martedì sera. In secondo luogo avevo in mente di scrivere un’altra fanfiction dopo questa: film Avengers tema amore tra Loki e Sigyn, dea della fedeltà presente nel mito. Cambierò parecchie cose a livello di trama nei film e vi avviso subito che potrei rendere il nostro eroe Thor un pochino più cattivo. Scrivetemi se vi interessa avere una bozza della trama!

 

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Capitolo 16
*** Il principe (parte I) ***


- Ecco… così dovrebbe andare…- mormorava Nuka mentre cercava di lisciare il suo manto color polvere. I risultati, tuttavia, non erano dei migliori: il pelo continuava a essere segnato dai morsi e dai graffi inferti dallo stesso leone nel tentativo di alleviare il prurito delle termiti.

Passò comunque alla criniera, usando la zampa per tentare di districarla almeno in parte e renderla così più simile a quella di suo padre. I ciuffi catrame però sembravano non volerne sapere, continuando a rimanere ricci e disordinati mentre ormai gli circondavano quasi tutta la gola fino al petto.

Un pensiero soave e dolce come una carezza balenò nella mente di Nuka: come sarebbe stato avere il muso candido di Mwezi sepolto e protetto da quel morbido
cespuglio nero?

Non riuscì a trattenere un sospiro beato. Ancora una volta provò quella sensazione misteriosa al solo pensiero della principessa. Si domandava spesso cosa fosse, ma non aveva il coraggio di chiedere ai suoi genitori o ai suoi amici; il solo pensiero bastava a farlo avvampare per l’imbarazzo.

Forse potrei parlarne con Imani, pensò perdendosi a fissare l’orizzonte. Un’ultima falce di luna si stagliava ancora pallida contro l’orizzonte sempre più illuminato dall’alba. La candida leonessa emanava una luce persino più abbacinante e fulgida, secondo Nuka.

- Nuka! – ruggì d’improvviso Zira facendolo balzare di colpo in piedi. Di fronte al suo sguardo intransigente e lo sguardo rosso che sembrava scavargli fin sotto la pelliccia e la poca carne attaccata alle ossa, il giovane leone non riuscì a non incespicare nelle sue stesse parole.

- B-buongiorno mamma! T…ti è piaciuto il topo di ieri? Potrei… c-cacciarne altri quando torno oggi. O magari preferisci…?-

- Silenzio! – lo zittì immediatamente lei, come se si fosse trattato di un fastidioso moscerino – Tuo padre vuole parlarti prima che tu vada. Vedi di ascoltare attentamente e non farti ripetere tutto cento volte come al solito! Fa esattamente ciò che ti dice!

Nuka annuì, chinando appena la testa in segno di rispetto e sottomissione. Zira però non gradì: prese infatti a borbottare sommessamente, criticando il suo atteggiamento patetico e pauroso, per niente degno del figlio di un re.

Nuka si domandava se lei si fosse mai accorta che lui poteva sentirla. Forse non le importava o non si rendeva conto del fatto che ogni volta per suo figlio era come subire le punture di tanti scorpioni quante erano le sue parole.

Tutti i bei sentimenti erano di colpo evaporati come acqua del deserto di fronte a tanta spietatezza. Il giovane leone si impose di trattenere le lacrime che già gli pizzicavano gli occhi, quando vide suo padre raggiungerli.

Camminava compostamente, affiancato da due iene e Zira si spostò subito in modo da non intralciare la strada del compagno. Scar sovrastava ancora il figlio di una buona spanna, ma la crescita di quest’ultimo non era ancora finita, avendo egli poco più di un anno e mezzo.

- Perdonami se ti trattengo qualche istante, figlio – iniziò il leone con un sorriso cordiale – Volevo solo sapere da te se per caso tu e Mwezi avevate saputo niente di Simba. Ormai la nostra principessa è sbocciata in una splendida ninfea e lui e quel verme di suo figlio non aspetteranno molto a … coglierla.

Nuka era un po’ duro di comprendonio, ma cercava sempre di nasconderlo con suo padre. Sebbene non avesse ben chiaro cosa volessero dire le sue parole, si affrettò a rispondere: -No… Mwezi non mi ha detto niente e non abbiamo visto Zazu per cui…

- Capisco – mormorò Scar schioccando sonoramente la lingua –Beh, possiamo solo sperare che stiano lontani da lei ancora per un po’. Dopotutto, non ha ancora l’età per prendere un compagno. Quanto manca al compimento del suo mezzo lustro? Cinque mesi? Quattro?

- Quattro - rispose prontamente Nuka. Il mezzo lustro era il tempo in cui i cuccioli di leone diventavano finalmente adulti. Anche lui fra quattro mesi sarebbe diventato un leone a tutti gli effetti e pregava gli antenati di avere una criniera folta e liscia come quella di suo padre per quel tempo.
Sarebbe stato il leone più fiero della savana, ne era certo.

- Splendido! – rispose Scar, lasciando che il suo sorriso di zanne affilate si aprisse sul suo muso come una farfalla mortale – Grazie, Nuka. Era tutto ciò che avevo bisogno di sapere. Continua a vegliare su Mwezi come hai fatto egregiamente finora.

Suo figlio annuì, con il cuore gonfio di orgoglio per quel complimento inaspettato.

- E quando arriveranno Kopa e Simba? – chiese, prima di avviarsi verso la foresta.

- Li uccideremo – rispose semplicemente suo padre, tranquillo come se ciò fosse una cosa ordinaria – E ci prenderemo la nostra vendetta. Ma ora non preoccuparti e pensa solo a divertirti.

Nuka non se lo fece ripetere due volte e come ogni mattina corse attraverso la piana arida che lo separava dai suoi amici. Si sentì ancora più galvanizzato dalle parole di suo padre, dalla prospettiva di una gloriosa battaglia finale da cui loro sarebbero usciti vincitori. Insieme. Quella sola parola bastava a riempire il cuore e la mente del leone di felicità.

Un giorno saremo di nuovo noi i re.
 

Il suo entusiasmo, tuttavia, svanì proprio quando arrivò al confine della foresta. Fin dall’inizio notò qualcosa di anomalo, non vedendo i suoi amici lì ad aspettarlo come al solito.

- Mwezi! Asante! – li chiamò – Avanti venite fuori, giochiamo dopo a nasconderci! –

Cercò di conservare il sorriso sul muso, ma sentendo che solo gli uccellini tra i rami e il fruscio delle foglie rispondevano al suo richiamo, cominciò a preoccuparsi.

Avanzò tra gli alberi, continuando a chiamarli. Cosa poteva mai essere successo? Stavano bene? Mwezi stava bene?

- Nuka, zitto! – proruppe improvvisamente la voce di Asante. Il cuore del leone ebbe un palpito più forte quando lo vide sbucare dagli alberi a corto di fiato. Sembrava che avesse corso parecchio, ma perché? E dov’era Mwezi?

- Asante, che diamine succede? – gli domandò subito Nuka, avvicinandosi – Dov’è Mwezi? –

- Non ci aspettavamo che arrivassero così presto. Furaha non ci aveva nemmeno avvisati ma… Stamattina presto, dalle Terre vicine sono arrivati Simba e suo figlio, assieme a Zazu e alcune leonesse dell’ambasciata – disse la iena tra un ansimo e l’altro, senza apparentemente accorgersi della furia che cresceva negli occhi amaranto di Nuka –La regina ha insistito perché Mwezi mostrasse al principe Kopa il regno… -

- Dove sono adesso?!- tuonò improvvisamente il giovane leone. Se erano da soli, la sua amica era in pericolo e lui non poteva stare fermo ad aspettare con gli artigli infoderati.

- Non posso dirtelo! Mwezi mi ha mandato per avvertirti. Simba non deve sapere che sei qui o… - iniziò la iena, prima che Nuka ruggisse ancora.

- Asante, dimmi dove sono- ringhiò a denti stretti il leone.

- Come devo dirtelo, Nuka? Non posso dirti che sono alla pozza dei fenicotteri, altrimenti… Oh cavolo no! – imprecò, quando si rese conto delle sue parole e vide il suo amico sfrecciare via a tutta velocità. –Devo imparare a tenere la bocca chiusa!- si maledisse mentre seguiva Nuka.

A differenza sua, il leone grigio non sembrava provato dalla corsa fatta da poco, né si preoccupava di essere visto dalle guardie della regina. Tutto ciò che voleva era arrivare da Mwezi prima che quel principino viziato potesse farle del male.

Nella sua mente risuonavano le parole di suo padre. Sembra che il principe sarà il primo a morire.

Quando fu in vista della pozza dei fenicotteri, non tardò a riconoscere il manto candido della principessa in mezzo alle penne rosate dei trampolieri. Si acquattò nell’erba alta per avvicinarsi di soppiatto e nel frattempo ascoltava.

- Possiedi un regno molto bello, principessa Mwezi… Ma non eguaglia certo la tua bellezza – disse incerta una voce maschile, troppo giovane e acuta per appartenere a un leone pienamente adulto.

- E il tuo invece sì?- rispose Mwezi, in un tono soave ma comunque tagliente. Nuka strisciò sulla pancia, combattendo contro l’impulso di correre o balzare fuori. Doveva muoversi lentamente se non voleva essere visto.

- Personalmente… ritengo di s-sì- incespicò ancora la voce di Kopa. Sembrava quasi intimidito dalla leonessa.

Arrivato al confine dell’erba con la sabbia della pozza, Nuka finalmente poté vederlo. Una pelliccia dorata copriva il corpo longilineo ma robusto del giovane leone, ornato di una folta e ordinata criniera castana, per la quale il leone grigio non riuscì a reprimere un moto di invidia. La sua coda si agitava nervosa mentre guardava Mwezi a pochi passi da lui, attendendo una risposta.

- Quindi stai insinuando che il regno di mia madre è più brutto del tuo – rispose lei mentre si bagnava le zampe con l’acqua colorata di smeraldo dal fondale basso.

- Oh… no…no affatto! – si affrettò a rispondere lui – Perdonami io… cercavo solo di fare un complimento alla mia futura regina… -

Nuka non lesse la leggera stizza sul muso di Mwezi, ma la sola parola “mia” era bastata a fargli contrarre tutti i muscoli del corpo. Scoprì i denti e sfoderò gli artigli, preparandosi a balzare addosso al leone. Come si permetteva di venire a reclamare la sua amica come se fosse stata la carcassa di una gazzella?

Oh ma non si sarebbe avvicinato a lei, fintanto che lui avrebbe avuto fiato in corpo. Grattò il terreno con le unghie, controllando che fossero affilate e preparandosi a tingerle di rosso sanguigno.
 
Spazio autrice: DA DA DAAAAAN! Il martedì sembra essere diventato il nuovo giorno per gli aggiornamenti!
Coloro che avevano previsto un’infatuazione di Nuka per Mwezi ci hanno preso in pieno, ma riusciranno a stare insieme? Con lei che è promessa al figlio di Simba, Scar che non aspetta altro che compire la profezia, Nuka stesso che per il momento è un esiliato, la loro storia non si prospetta affatto facile. Inoltre, lei ricambierà i suoi sentimenti? E cosa accadrà adesso se Nuka aggredisce il figlio di un re?!
Stay tuned per il prossimo capitolo! Riuscirete ad aspettare fino alla settimana prossima?

Coloro che sono interessati alla mia prox storia su Loki con un Thor un po’ più malvagi possono scrivermi in privato per avere un’anteprima. Tra l’altro sapreste indicarmi un forum del fandom qui su efp in cui discutere? Non ho ben capito come funziona.

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Capitolo 17
*** Il principe (parte II) ***


Mwezi dovette ammettere che tutto sommato era divertente intimorire e spaventare quel principino. Dopo la sua ultima affermazione, contornata da uno sguardo tagliente e affilato quasi quanto quelli di sua madre, Kopa era diventato paonazzo.

Incespicava sulle parole per trovare qualcosa di meglio da dire e rimediare, pestandosi nervosamente verso le zampe, mentre la leonessa lo guardava con sufficienza dalla pozza in cui rinfrescava le zampe.

Quando però le rammentò che era destinata a diventare la sua regina, a Mwezi sembrò quasi di ricevere una zampata sul muso. Il rancore per sua madre riaffiorò di colpo. Quella stessa mattina le aveva presentato Kopa come suo futuro compagno, rifiutandosi di darle spiegazioni e costringendola a passare del tempo con lui.
Come poteva averle fatto una cosa simile? Tradire la sua fiducia in quel modo senza mai farle nemmeno un minimo accenno al futuro che lei già aveva pianificato.

Lei, indignata, inizialmente le aveva risposto che non avrebbe mai sposato un perfetto sconosciuto, ma la regina Furaha non si era scomposta, ribattendo: “Se è così, ti consiglio di sfruttare al meglio la giornata di oggi per conoscerlo. Io resterò a parlare con re Simba”.

Mwezi era letteralmente scappata fuori dalla tana, ferita da tanta freddezza e indifferenza. Non aveva mai creduto che sua madre sarebbe stata capace di usare la sua peggiore arma contro di lei e ancora non l’aveva perdonata.

A mal in cuore, aveva accettato di accompagnare il principe in un piccolo giro nel suo regno, per non indispettire suo padre il re. Anche se in quel momento era arrabbiata e ferita, la giovane leonessa non voleva mettere in cattiva luce il suo regno.

L’educazione, tuttavia, non la obbligava a fare la principessina dolce e premurosa con quel cucciolo troppo cresciuto. Aveva respinto o meticolosamente troncato ogni impacciato tentativo di Kopa di fare conversazione, usando risposte taglienti che mettevano in imbarazzo il giovane leone.

Il suo comportamento impacciato e la voce ancora troppo chiara tradivano la sua giovane età, qualche mese meno rispetto a Mwezi, anche se di aspetto sembrava più grande. Il suo corpo dalle forme ancora acerbe pareva robusto come quello del padre, da cui aveva ereditato anche i tratti dolci del muso. La sua criniera castana era liscia e ordinata, ma doveva ancora finire di avvolgergli la sommità del capo.

Più lo guardava, più la giovane leonessa pensava a quanto fosse dissimile da Nuka. Desiderava più di ogni cosa in quel momento vedere ancora il suo muso spigoloso schiudersi in un sorriso fin troppo contagioso nella sua goffaggine, e i suoi occhi rossi brillare come due fiamme ardenti. Ogni volta che si ritrovava a fissarli aveva l’impressione di essere avvolta da un tepore rassicurante, quasi il leone la stesse abbracciando.
Nei suoi sogni quel fuoco la consumava, inebriandola con ogni ricordo di Nuka.

Se non avesse avuto quel principe fastidioso tra le zampe e il rischio di una punizione di sua madre, sarebbe subito scappata dal suo migliore amico. Saltando nella sua criniera scarmigliata ma morbida. Oh quanto adorava i suoi ciuffi ribelli e l’aria buffa che gli donavano!

Spero che mi perdoni se oggi non posso venire, pensò temendo più di tutto che il suo migliore amico pensasse che lei lo avesse rimpiazzato con un altro. Nuka e Asante per Mwezi erano insostituibili, ma il primo in un modo diverso che la leonessa faticava ancora a definire. Tuttavia, aveva già dei sospetti.
 

Prese una lunga sorsata dalla pozza dei fenicotteri, mentre Kopa balbettava ancora qualche scusa e delle frasi che avrebbero dovuto impressionarla.

- Ah- sospirò –Non sono molto bravo come corteggiatore.

- No, per niente - confermò Mwezi. Tuttavia non poté fare a meno di intenerirsi vedendo come il principe avesse chinato la testa e raccolto la coda intorno al corpo, sconsolato. –Kopa… Non credo che io e te siamo fatti per stare insieme, ma non per colpa tua. Insomma… non ci conosciamo nemmeno e… tu sei più piccolo di me- gli disse in tono più dolce avvicinandosi.

- Mio padre ha detto che una volta adulti non si sentirà più la differenza- ribatté lui come se avesse sentito quella frase mille volte – Inoltre secondo il nostro sciamano siamo destinati a stare insieme. Ti prometto che non ti pentirai mai di essere la mia regina.

La sua risolutezza sembrava derivare da frasi che ormai doveva aver imparato a memoria, ma la sua cavalleria era quasi tenera per Mwezi, soprattutto considerando la sua età. La leonessa stava per chiedergli cosa pensasse lui di tutto ciò, quando un ruggito cupo e tonante eruppe dall’erba dietro il principe.

Come se i pensieri di Mwezi lo avessero evocato, Nuka saltò fuori dagli steli verdi ad artigli sguainati e denti scoperti gridando: - Sta lontano da lei!-

Kopa fu troppo lento nel reagire all’assalto. Si sarebbe trovato subito avvinghiato allo sfidante se questo non fosse caduto rovinosamente sulla pancia. Qualcosa sembrava avergli tirato la coda. Asante!

- Che ci fate voi qui? - chiese Mwezi confusa ma sotto sotto felice di vederli.

- Ho provato a fermarlo, ma… - fece per rispondere la iena mollando la coda dell’amico, che ne approfittò subito per rialzarsi.

-Tu!- ringhiò Nuka verso Kopa – Sta lontano da Mwezi piccolo tiranno.

Il principe indietreggiò terrorizzato di fronte ai denti scoperti del nuovo arrivato, che avanzava lento e minaccioso verso di lui, pronto a ritentare il suo assalto.

- Nuka, non fare sciocchezze!- lo implorò Asante – Ti stai mettendo nei guai! Non puoi minacciare così il figlio di re Simba!

Il leone grigio lo ignorò bellamente mentre continuava a spingere Kopa verso la pozza dell’acqua. –Sai chi sono? – gli chiese per poi sorridere sinistramente quando il principe scosse terrorizzato la testa – Sono il figlio del leone che tuo padre ha esiliato in una terra morta e sterile. Sono figlio di Scar e non permetterò a te o a quel tiranno di tuo padre di far del male alla mia amica e conquistare il suo regno!

Kopa non sembrava avere la minima idea di cosa stesse parlando Nuka, ma Mwezi sì. Per la prima volta fu spaventata dalle intenzioni del suo amico. Era quasi arrivata a dimenticare chi fosse suo padre e non avrebbe mai pensato che Nuka covasse vendetta per lui.
Prima che potesse fare qualsiasi cosa, si frappose tra lui e il principe.

- Nuka che stai facendo? - gli chiese preoccupata. Non aveva mai detto di essere fedele a Scar. Sapeva cosa aveva fatto? Di quali orribili crimini si era macchiato? Mwezi non riusciva ad associare un leone così spregevole all’amico che aveva davanti. Non voleva farlo.

- Ti proteggo assieme al tuo regno e vendico mio padre – disse lui risoluto, scoccando un’occhiataccia a Kopa. – Non gli permetterò di portarti via- continuò con un tono appena più dolce – Tu non sei una carcassa che altri possono permettersi di reclamare e portare alle loro tane. Nessuno può venire qui e pretenderti come regina! Sei mia amica e farò di tutto per proteggerti.

Temeva davvero di perderla? Mwezi per un momento si sentì lusingata da tutto l’affetto e la devozione sincera che Nuka mostrava nei suoi confronti, ma poi si chiese come facesse lui a sapere del matrimonio combinato

- Nuka –disse la leonessa invitandolo a guardarla – Ascolta nemmeno io voglio separarmi da te o da Asante. Non voglio essere la compagna di Kopa, ma non è colpa sua. Non ha deciso lui.

Il leone grigio la guardava confuso, ma ascoltare la voce della principessa sembrava averlo in parte calmato. Mwezi sperava di ricondurlo alla ragione in tal modo, per poi chiedergli meglio perché improvvisamente parlasse tanto di suo padre.

- Parleremo con mia madre e con Simba e li convinceremo ad annullare tutto. Vedrai andrà tutto bene- gli disse dolcemente prima di leccargli la guancia, sperando di tranquillizzarlo definitivamente.

- Uhm… Mwezi… mi sa che dovremo prima discutere di altro quando arriveremo dalla regina Furaha- disse Asante improvvisamente terrorizzato, fissando l’erba alta con le orecchie appiattite e la coda tra le zampe.

I tre leoni si girarono, prima di vedere Kamaria e il resto delle guardie iene uscire allo scoperto. La femmina a capo del gruppo aveva uno sguardo minaccioso, mentre teneva la testa bassa come per caricare e fissava ora Nuka, ora suo figlio Asante, riservando a quest’ultimo lampi di furore e disappunto silenziosi.

Il cuore di Mwezi affondò nel petto sapendo cosa significasse quello per Nuka. Era sempre stato il suo incubo peggiore che sua madre scoprisse la sua amicizia con il leone esiliato.

- Principessa Mwezi, principe Kopa- disse Kamaria, mentre le altre iene si disponevano in cerchio attorno a loro –Allontanatevi dall’intruso. E tu, figlio di Scar il tiranno, non osare muoverti e seguici dai sovrani senza scherzi, se non vuoi morire prima ancora di ricevere una sentenza.

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Capitolo 18
*** Re Simba ***


Per tutto il tragitto fino alla corte di Furaha, Nuka non riuscì a fare neanche un passo verso i suoi amici. Camminava circondato dalle iene, che facevano scattare rapide le mascelle non appena lui osava spostarsi o tentare di avvicinarsi a Mwezi.

La leonessa lo guardava con occhi pieni di angoscia, al di là della groppa ingobbita di Kamaria. Suo figlio, Asante, non riusciva ad alzare lo sguardo da terra, quasi schiacciato dalla granitica espressione di rimprovero che gli rivolgeva.

Il giovane leone si rese conto che avrebbero passato tutti dei guai per il solo fatto che lo conoscevano. Rivolse un’ultima occhiataccia al principe Kopa, che osservava il corteo a debita distanza, ancora spaventato dalla minaccia che aveva scampato poco prima.

Nuka voleva andarne fiero, ma più avanzavano verso l’albero in cui dimorava il branco dei leoni, più la paura dentro di lui cresceva. Lo avrebbero ucciso? L’intero branco lo avrebbe attaccato e linciato?

Non aveva ancora partecipato a una vera lotta, una in cui gli sfidanti non si risparmiavano e combattevano all’ultimo sangue. Il pensiero dell’inclemente regina Furaha che sfoderava gli artigli al solo scopo di dilaniarlo fu sufficiente a fargli tremare le zampe.

- Madre… Ascolta posso assicurarti che Nuka…- provò a dire Asante, timidamente. Un ringhio di Kamaria fu tuttavia sufficiente a zittirlo e fargli appiattire le orecchie sulla testa.

- Sarà la regina a decidere il suo destino – sentenziò, guardando di bieco Nuka con i suoi occhi ambrati. Poi chiese ancora al figlio –Era da solo? Hai visto delle iene con lui?

- N… no – le rispose – N…Nuka è sempre venuto da solo per giocare con me e Mwezi e non ha mai fatto male a nessuno.

- Non è ciò che ti ho chiesto – lo bloccò ancora prima che potesse continuare a smentire la pericolosità di Nuka – Volevo sapere se tua zia Shenzi o altre iene erano mai venute con lui.

Il leone grigio si ritrovò spiazzato da quella rivelazione: Asante era dunque il nipote della iena più fidata di suo padre? Perché non glielo aveva mai detto? In quel momento tuttavia gli sembrò più chiaro il motivo per il quale Shenzi un giorno lo aveva fermato per chiedergli se avesse visto la madre della piccola iena, sua sorella.

Ricordati quello che ha detto tuo padre. Kamaria e i suoi sono dei traditori che hanno disertato dal vero re, provò a dirsi. Tuttavia non riusciva a considerare Asante, il suo migliore amico, un traditore. Non lui che aveva sempre fatto il possibile per aiutarlo e nasconderlo. Non riusciva a odiarlo.

L’albero della regina si innalzava prepotente in mezzo a un cerchio di pietre sopra le quali diverse leonesse si stavano crogiolando al sole. Le radici robuste che si innestavano nel terreno erano così fitte da formare un’ottima copertura nella tana scavata tra di esse. Solo pochi raggi di sole riuscivano a filtrare in quell’antro buio dove probabilmente si trovava la regina. L’arrivo del branco di iene con i due principi e un prigioniero calamitò subito tutta l’attenzione.

Nuka fu costretto a fermarsi prima di incominciare la salita nello spazio tra due imponenti monoliti, mentre Kopa lanciava un ruggito di richiamo e si lanciava di corsa su per la terra brulla.

- Papà! – chiamò un paio di volte, prima che un imponente leone uscisse dalla camera interrata. Il possente corpo dorato era ornato da una criniera rossa come il fuoco, almeno tre volte più folta della criniera di Scar. Una simile corona non poteva che essere il marchio distintivo di un re e Nuka non impiegò molto a riconoscere Simba.

- Kopa! – rispose lui preoccupato, correndogli incontro dopo aver guardato prima suo figlio poi l’imponente scorta di iene. Lasciò che il giovane leone affondasse il muso nella sua criniera, mentre lo ispezionava in cerca di ferite e gli chiedeva se stesse bene.

Dietro di loro, Furaha era a sua volta uscita dalla tana, stagliandosi fiera e temibile sopra gli altri presenti. I suoi occhi andarono subito a Mwezi, carichi di disappunto, ma sua figlia non abbassò lo sguardo, osando sfidarla.

- Cos’è successo? – chiese poi Simba guardando suo figlio negli occhi.

- Stavo… parlando con Mwezi quando … - iniziò titubante il giovane principe, prima che Mwezi finisse per lui. - Quando è arrivato Nuka – disse la principessa prima che potesse raccontare la tentata aggressione.

 La gratitudine di Nuka per le sue parole fu spazzata via come foglie al vento quando vide la regina discendere a passi lesti verso Kamaria e le sue iene, con gli occhi fissi su di lui in un’espressione minacciosa.

- Spero che mi scuserai per l’inconveniente, Simba- gli disse mentre gli passava accanto – Speravo che mia figlia avrebbe avuto abbastanza giudizio da stare lontana dal figlio di Scar almeno per un giorno.

Il respiro delle altre leonesse e del re sembrò mozzarsi alla menzione del tiranno. In un altro momento Nuka ne sarebbe stato orgoglioso, ma il profondo ringhio che echeggiò dalla gola di Simba scacciò via qualsiasi pensiero che non riguardasse come uscire vivo da lì.

- Furaha, che significa tutto ciò? – chiese Simba mettendosi davanti a suo figlio.

- Perdonami, Simba, non volevo rovinare questa bella giornata con questioni che sapevo avresti gradito male- rispose la regina pacata. I movimenti rapidi della sua coda, tuttavia, tradivano la stizza.

Fece cenno a Kamaria di far muovere le iene, in modo che potesse avvicinarsi a Nuka e guardarlo meglio. Il leone la eguagliava in altezza, ma l’aspetto della regina la faceva sembrare più grande e imponente. Il petto era segnato da numerose cicatrici ormai sbiadite e quasi invisibili, sotto la pelliccia si potevano distinguere i muscoli tonici e le sue zanne appena ingiallite facevano intravedere la punta sotto il labbro appena contratto.
Nuka non poté trattenersi dall’acquattarsi appena, messo in soggezione dai trofei di battaglia e dalle armi di quella guerriera.  

Mwezi però colse subito l’occasione per pararsi di fronte a lui, apparentemente incurante dei soffi minacciosi di sua madre.

- Mamma, ti prego… - le disse supplichevole – Non puoi punire Nuka per delitti commessi da suo padre.

- Non è infatti ciò che intendo fare – le disse, sorprendendola, solo per poi spintonarla in malo modo. Tolta lei di mezzo, Nuka non aveva più scudi contro quella regina temibile. Per il nervosismo prese a grattare il terreno con le zampe.

Si fissarono per un lungo istante, durante il quale il leone ebbe la netta impressione di essere studiato fino al midollo come una preda agli occhi di Furaha.
Simba si avvicinò a sua volta, incrociando gli occhi ambrati con quelli del cugino. Non potevano esistere due leoni più diversi nell’aspetto, ma il colore degli occhi era lo stesso. Di fronte a lui, Nuka provò a raddrizzarsi, ricordandosi di essere in dovere di non mostrare timore nei confronti del tiranno che lo aveva bandito. Suo figlio gli era sembrato molto più facile da uccidere, ma di fronte a quel leone enorme non osava alzare nemmeno un artiglio.

- Cosa ci fai nel territorio della regina Furaha? – gli chiese. La sua voce era possente e profonda come i tuoni nella stagione delle piogge.

Nuka dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per raddrizzare la schiena e guardare il re negli occhi. Parlare però gli sembrava impossibile con tutte le cose che avrebbe voluto dire, in conflitto tra la rabbia, per tutto ciò che Simba aveva tolto alla sua famiglia e ciò che minacciava di togliergli, e la paura per il suo destino incerto.

Guardò un solo istante Mwezi e il suo volto preoccupato. Poco lontano, Asante sembrava condividere la stessa espressione. In quel momento, Nuka sentì tutto il loro affetto al punto che sembrò scoppiargli il cuore. Era per loro che veniva ogni volta, era per Mwezi che si era lanciato su Kopa. Ecco cosa doveva dire a quel leone dalla criniera cotonata.

- Vengo per i miei amici più cari. Asante e la principessa Mwezi – gli rispose, sempre in tono insicuro ma trovando il coraggio di guardare Simba negli occhi –Lei non vuole sposare Kopa e… e io non permetterò che venga costretta. Tanto meno da …  tiranni usurpatori come voi…!

Si immaginava che Simba non avrebbe gradito molto le sue parole, ma non si aspettava affatto il possente ruggito che squarciò l’aria e la zampata che gli centrò in pieno il muso, scaraventandolo a terra.

Un dolore lancinante si propagò per tutto il suo muso, mentre sbatteva sul terreno brullo. Sentì Mwezi gridare preoccupata, ma le iene che lo avevano accerchiato di nuovo non le permisero di avvicinarsi.

Il re e la regina intanto troneggiavano sopra di lui, il primo furibondo, la seconda pacata.

- Che gli antenati mi maledicano il giorno in cui ricoprirò lo stesso ruolo di Scar! – ruggì il leone, mentre Nuka si puliva il rivolo di sangue dal naso – Come osi accostarmi a quell’assassino? Come osi intrometterti nelle questioni di un altro regno? Se è con tuo padre che vuoi schierarti sarò ben felice di infliggerti la sua stessa pena!
Mwezi e Asante protestavano sonoramente, implorando grazia per Nuka, le altre leonesse e le iene parlottavano tra loro oppure scalpitavano, pronte a punirlo, ma i sovrani non sembravano curarsi di loro, troppo concentrati sul leone.

- Sono desolata, Simba – si intromise Furaha, impassibile nel volto – Ma la pena da impartire al figlio di Scar è un ambito di mia competenza.

- Mamma ti prego…!- implorò ancora Mwezi ormai in lacrime. Vederla così dette a Nuka l’impressione che il suo cuore fosse schiacciato da un macigno.

- Silenzio! – tuonò lei prima di rivolgersi ancora a Nuka – Non punirò un giovane stolto per le colpe del padre, la legge me lo impedisce. Nuka, figlio di Scar, avrai l’occasione di dimostrare il tuo valore nella Prova della Criniera. Riesci e ti concederò una qualsiasi grazia che mi chiederai, inclusa l’ammissione al mio branco. Fallisci e marcirai assieme alla tua famiglia nelle terre aride. Accetti di essere giudicato da me? O preferisci Simba?

Di nuovo le sue parole mozzarono il respiro di tutti i presenti, ad alcuni in positivo, ad altri in negativo. Nuka d’altra parte era sospeso in un limbo tra i due: se avesse fallito, non avrebbe mai più rivisto Mwezi, ma se fosse riuscito avrebbe abbandonato la sua famiglia. Tuttavia Furaha aveva detto una grazia qualsiasi…

In ogni caso, se voleva scampare a Simba, non aveva altra scelta se non accettare.

Spazio autrice: eccomi puntuale come ogni martedì! Purtroppo ragazzi vi devo dire che non sto passando un bel periodo. Sono in una fase in cui mi sembra di essere da sola a governare una nave durante una tempesta senza bussola né stelle. Ho poco chiara la direzione e a malapena riesco a evitare gli scogli. Sobbalzo e perdo il controllo, sperando di non annegare. Poi risalgo e ricomincio una giostra che sembra infinita. Cercherò di continuare a esserci per la storia, ma forse potrei saltare ogni tanto l’aggiornamento. Sono davvero desolata.

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Capitolo 19
*** La prova della criniera ***


Imani ebbe il compito di preparare Nuka ad affrontare la prova. L’anziano sciamano dovette più volte dire al giovane leone di calmarsi e stare fermo, mentre disegnava su di lui i segni rituali. I suoi artigli affilati riuscirono a delineare complesse figure su quel manto grigio con quell’intruglio arancio raccolto in un guscio cavo, nonostante il giovane leone si muovesse irrequieto e rabbrividisse leggermente ogni volta che lo toccavano. Ma le unghie di Imani si muovevano con tanta precisione quanta lentezza, eseguendo un lavoro curato nei minimi dettagli.

I muscoli di Nuka erano tutti tesi fino allo stremo. In cosa consisteva la prova? Doveva combattere? Contro chi o che cosa? Simba era riuscito a metterlo a terra con una semplice zampata…

Si vergognava di quella paura da cui non riusciva a liberarsi, attaccata al suo cuore e alla sua mente come un rampicante parassita. Non avrebbe retto uno scontro con il sovrano delle terre del branco, se era quello il suo destino Oltretutto, Imani si era rifiutata di dirgli qualsiasi cosa, rispondendo solo in maniera vaga e poco rassicurante.

“Tutta la vita è un combattimento” gli aveva risposto quando lui le aveva chiesto se dovesse combattere “Gli avversari cambiano ogni giorno e spesso diventano sempre più forti. Alcuni si insidiano persino dentro di noi”.

Nuka non aveva il tempo di decifrare quelle frasi criptiche. Se Imani si rifiutava di dargli informazioni sulla sfida con cui Furaha voleva giudicarlo, significava che era completamente da solo. Era dunque perduto? Pensò guardando il sole scendere nel pomeriggio fuori dal piccolo antro di Imani.

Le dimensioni della grotta lo costringevano a stare accovacciato, quasi completamente mimetizzato tra le rocce plumbee, mentre fuori si estendeva un mare sconfinato di erba smeraldina.

- Per curiosità, Nuka- iniziò Imani in tono sinceramente interessato, tranquilla come se stessero parlando del più e del meno - quale grazia hai intenzione di chiedere alla regina?-

- Ehm… io non ci ho pensato a dire il vero - ammise il giovane leone, mentre la tartaruga finiva di disegnare delle semicirconferenze concentrice sulla sua spalla sinistra.

Erano contornate, nella parte inferiore, da piccoli raggi lunghi quanto un artiglio di Imani. Quel disegno doveva alludere al tramonto. Sulla sua spalla destra, invece, altre semicirconferenze concentriche, contornate da altrettanti raggi, rappresentavano l’alba, mentre sulla sua fronte Imani aveva disegnato un sole.
Taka, Aisha e Nuka. Le tre fasi della vita.

- Non so nemmeno se riuscirò a superare la prova - continuò il giovane leone sentendosi torcere lo stomaco dalla paura.
Imani sembrò non badarci e proseguì cambiando argomento: - Tu e Mwezi vi siete avvicinati molto in questi mesi. Sembrate volervi davvero bene. Certo… si vede che siete legati molto anche ad Asante, ma tu e la principessa sembrate in particolare sintonia -.

Alla sola menzione della leonessa, sembrò che si fosse aperto un argine nella mente di Nuka. Una miriade di pensieri vi sgorgò dentro con prepotenza e quella dolce emozione che provava ogni volta che era con Mwezi o pensava a lei lo avvolse di nuovo. Il suo cuore sembrò alleggerirsi di colpo da tutta la paura.

Che cos’era? Proprio quella mattina aveva pensato di chiederlo a Imani… Doveva farlo in quel momento? Ne avrebbe avuto la possibilità in futuro?

Rischiava di non rivedere più Mwezi se falliva la prova, ma non poteva lasciarla, senza prima aver scoperto che cos’era quel sentimento così dolce eppure forte che lo riempiva di affetto per la giovane leonessa!

Prendendo un grosso respiro, chiese alla tartaruga: - Imani… Ultimamente ecco… io… penso molto a Mwezi e… desidero sempre stare con lei, averla vicino, sentire la sua voce, il suo profumo… Ogni volta che lascio le terre alluvionali è come se smettessi di respirare e ricomincio solo la mattina quando torno da lei. Sento la rabbia montarmi dentro al solo pensiero che Simba, Kopa o chiunque altro possa portarla via da me. Tremo solo a immaginare che possa soffrire… Sento un calore che invade il mio corpo ogni volta che mi parla, un calore dolce come una carezza… Io… Imani non so come spiegare niente di tutto questo, non so dargli un senso e potrei non saperlo mai. Puoi aiutarmi?

-Ugh quanto siete sempre melodrammatici voi giovincelli! – si permise di esclamare la tartaruga, alzando gli occhi al cielo con fare quasi esasperato – Cosa credi che ti succederà mai? L’unica cosa che mette a rischio la tua vita è la tua insicurezza.

Ultimò il suo lavoro sulla spalla del leone, che aspettava ancora una risposta alla sua domanda, leggermente imbarazzato per il rimprovero.

- Dunque- continuò l’anziano sciamano schioccando la lingua nella bocca sdentata – potrebbe essere due cose: amore o follia –

- E… e come faccio a capire quale delle due…?- chiese il leone, sorpreso e insieme segretamente contento. L’amore gli era sempre sembrata una cosa bellissima, nella sua immaginazione, ma non aveva ben chiaro come definirlo. Anche la sua esperienza sulla follia era limitata, ma il suo istinto la riteneva molto più negativa.

- La follia ti rende capace solo di rubare all’altro senza misura. Pretendi la sua compagnia, la sua fedeltà il suo corpo e la sua anima solo per appagare una sete inestinguibile e trarne piacere. L’amore, invece, ti rende capace di donare all’altro senza misura. Se ami qualcuno, pur di proteggerlo e renderlo felice, saresti disposto a dare via ciò che hai di più caro – gli rispose Imani con una seria pacatezza – Solo tu, Nuka, puoi capire quale delle due cose provi per Mwezi. Forse la prova ti schiarirà le idee…

La tartaruga rivolse il muso rugoso verso l’uscita della caverna. Il sole calante era arrivato precisamente davanti a quell’insenatura fra le rocce, illuminando della sua luce rovente e abbagliante i disegni che il leone aveva sul corpo. Era arrivata l’ora.

***

Nuka venne scortato nuovamente da Kamaria e dalle sue iene presso una zona appena meno rigogliosa del resto delle terre di Furaha, non molto lontano dall’antro in cui viveva Imani. La terra era più secca e l’erba meno colorita. Un tronco contorto, aperto in più punti come se dei giganteschi artigli lo avessero dilaniato, riusciva ancora a sostentare qualche rametto verde carico di foglie morbide.

Un cumulo di rocce quasi piatte e rettangolari fungeva da tribuna per i leoni che erano venuti ad assistere alla prova. Molti di loro, tra cui Simba e Furaha, erano sdraiati comodamente su un fianco, incenerendo però il giovane leone con lo sguardo. Asante e Mwezi, invece, appena più in basso, erano in piedi sull’orlo di alcuni massi, sporgendosi per vederlo meglio. Persino il principe Kopa, seduto accanto al padre, sembrava allungare il collo per poter avere una visuale migliore.

Kamaria prese a emettere quel verso simile a una risata caratteristico delle iene, a cui i suoi risposero con qualche uggiolio e fischio, mentre si andavano a disporre ai
piedi del cumulo di massi, senza staccare gli occhi da Nuka.

Il leone si guardò attorno, incerto su cosa fare. Avanzò di qualche passo, annusando l’aria. La sua zampa d’un tratto pestò una pietra stranamente levigata. Tuttavia, quando l’alzò per guardarla, riconobbe subito il colore candido e le lunghe zanne.

Era il teschio di un leone.

Si ritrasse subito, facendo un passo indietro e prendendo a respirare affannosamente. La sua reazione suscitò un’ondata di risatine tra gli spettatori, che però si zittirono subito, non appena sopraggiunse nell’arena l’avversario di Nuka.

Un rinoceronte mastodontico, corazzato con una pelle talmente dura e grigia da sembrare pietra, sbucò da dietro il cumulo di massi. Avanzò verso Nuka con il lungo corno ricurvo teso minacciosamente in avanti, affilato e sottile come una falce di luna.
Sulle sue spalle e sulla fronte, erano stati disegnati gli stessi simboli che aveva Nuka.

Il cuore del giovane leone sprofondò nel suo petto, mentre per ogni passo del rinoceronte, arretrava di due.

- Se passi la nostra linea – lo ammonì improvvisamente Kamaria, gelandolo –Ti uccidiamo
Con la coda dell’occhio, Nuka vide un gruppo di iene schierarsi alle sue spalle.
Il rinoceronte grattò il terreno con una zampa, prima di partire alla carica.

La terra sembrò tremare sotto il suo peso mostruoso mentre galoppava e Nuka si mise subito a correre. Le iene di Kamaria si mossero a sua volta, fiancheggiandolo e mostrando i denti candidi, mentre mantenevano la linea.
Le poche volte che Nuka si avvicinò troppo al confine, fecero scattare le mascelle nella sua direzione tentando di mordergli le zampe.
Al leone sembrava quasi di volare per quanto veloce correva. Tuttavia ciò stava già iniziando a costargli fatica.

Ripiegò verso il cumulo di massi, alla ricerca di una sporgenza abbastanza in alto da poterlo mettere al sicuro dal corno del rinoceronte.

- Corri Nuka! Attento! – gli gridavano i suoi amici dall’alto della roccia, mentre gli altri leoni se la ridevano sotto i baffi alla vista di quella fuga maldestra.
Arrivato al cumulo di massi, Nuka prese a cercare di arrampicarsi. Le rocce tuttavia, o non offrivano sporgenze abbastanza alte perché il rinoceronte potesse arrivarci.

Quella bestia enorme muggiva e sbuffava proprio sulle spalle appena coperte dalla criniera ricciuta. Il leone tentava di schiacciare il suo corpo esile contro la parete, ma un paio di volte venne colpito di striscio dal corno.

Grugnì sonoramente di dolore, lasciandosi sfuggire non di rado qualche esclamazione, ma l’adrenalina che il suo cuore pompava a ritmo serrato lo spingeva ancora a muoversi e scappare.

Balzò su una roccia appena più in basso rispetto alla sporgenza su cui si trovava. Fu l’unico caso in cui tentò di dimostrarsi un po’ più temerario, emettendo un ringhio abbastanza potente e graffiando con gli artigli la guancia del rinoceronte, il cui corno era a un soffio dal suo muso.

Quello levò al cielo un muggito di dolore, prima di dare una spallata alla roccia, facendola muovere. Nuka allora balzò sulla successiva, evitando a mala pena i morsi delle iene appostate appena sopra di lui.

Il rinoceronte intanto, continuava a scuotere i massi come se fossero stati arbusti.

Alla fine il giovane leone non ebbe altra scelta se non quella di salire sul basso albero all’inizio dell’arena, arrampicandosi più in alto che poteva.

Il suo avversario non si fece attendere, incornando più e più volte il tronco già martoriato, mentre Nuka si aggrappava a un suo ramo come se fosse la sua unica salvezza.

Terrorizzato, serrò gli occhi, mentre il fusto veniva scosso e schioccava man mano che il legno si spezzava. Era dunque così che finiva la sua vita?

- Nuka! – gridò Mwezi dall’alto di una roccia, sporgendosi più che poteva, come se volesse arrivargli vicino. Nuka la sbirciò appena, vedendo il suo pelo brillare alla luce del sole. – Siamo con te! Puoi farcela! Concentrati e trova una strategia!

Altri schiocchi e altri scossoni.

Sebbene la vista della leonessa e le parole della leonessa gli avessero riempito il cuore di affetto e gratitudine, non sapeva proprio come uscire da quella situazione. Non poteva certo sopraffare un bestione di quelle dimensioni! Era troppo debole…

Ma forse poteva essere furbo. Poteva cercare di far inciampare l’animale da qualche parte. Guardò l’arena, cercando un punto che potesse fare al caso suo.
Trovò, invece, qualcosa di meglio: una fenditura tra le rocce proprio sotto la tribuna. Non doveva averla notata mentre fuggiva come un pazzo. Forse poteva bloccare il corno del rinoceronte lì!

Sentì che l’albero si stava inclinando. Doveva scendere subito! Ma sotto di lui c’era la groppa del suo avversario…
Guardò un’ultima volta Mwezi, incrociando i suoi occhi. Che la sua fosse follia o amore, non sopportava di separarsi per sempre da lei, di lasciare che un altro la portasse via contro la stessa volontà della leonessa. Per lei avrebbe rischiato.
La sua espressione si fece più decisa mentre si metteva in piedi e balzava giù. Le sue zampe stettero sulla groppa del rinoceronte un solo istante, prima di toccare di nuovo terra.

Mentre l’avversario si girava, Nuka prese a correre verso la linea dell’arena, con le iene che lo aspettavano. Non andò molto veloce, conservò le energie, e non appena sentì la terra vibrare sotto i passi del gigante, cambiò direzione per dirigersi verso la fenditura.

Accelerò per mettere un po’ di distanza e così fermarsi qualche secondo proprio in quello spazio sottile tra i massi. Il sudore gli imperlò la fronte, facendo colare la tintura del disegno, mentre fissava il rinoceronte.

Sperò di aver calcolato bene il tempo, quando balzò di lato su una piccola sporgenza.

L’impatto del rinoceronte sulle rocce fece tremare l’intera tribuna, mentre i leoni e le iene si affacciavano curiosi per osservare la scena.

Con grande sorpresa di tutti, Nuka era vivo e vegeto e il suo sfidante incastrato nella fessura tra i massi.

Un silenzio grave e solenne scese su tutti i presenti, denso come la nuvola di polvere che si depositava ai piedi del rinoceronte.

Mwezi e Asante sorridevano, trattenendosi a stento dall’esultare, mentre Nuka tremava dall’euforia alla vista di ciò che era riuscito a fare.

Simba e Furaha si guardarono qualche istante. Il primo scosse leggermente il capo, in una silenziosa supplica, ma la regina non avrebbe trasgredito alle usanze. Nuka aveva superato la prova, e, nonostante fosse figlio di Scar, si era guadagnato di diritto una grazia.

- Furaha no!- tentò un’ultima volta Simba quando questa si sporse per guardare il giovane leone.

- Nuka, figlio di Scar – disse solennemente, ignorando Simba e facendo sobbalzare il giovane – Avendo superato la prova ti sei dimostrato degno di ottenere da me, la regina delle terre alluvionali, una grazia a tua scelta. Pertanto parla e sarai esaudito.

Il leone non poté credere alle sue orecchie. Ci era riuscito! Ce l’aveva fatta!

Tutto il suo corpo era percorso da respiri carichi di euforia, tremanti come se avesse avuto la febbre. Pensò a cosa volesse: diventando membro del branco di Furaha non sarebbe stato costretto a separarsi da Mwezi, mai più, sarebbe potuto stare sempre con lei.

La guardò. Gli sorrideva di cuore. Come avrebbe voluto abbracciarla e stringerla a sé!

Allora però gli tornarono in mente le parole di Imani sull’amore e la follia. Pensò che lui non voleva rubare quel sorriso dal muso di Mwezi, non lo voleva per sé, così come non voleva quegli occhi bellissimi e tutte le cose di lei che lo avevano fatto innamorare. Sì, innamorare.

Lo avvertiva nel profondo del suo cuore: non voleva rubare niente da lei, anzi sentiva soltanto il bisogno di donarle qualsiasi cosa, affinché quel muso e quegli occhi continuassero a sorridergli come in quel momento.

A lei avrebbe donato la sua grazia, perché l’amava. Avrebbe impedito al matrimonio combinato con Kopa di strappare a Mwezi il sorriso e la libertà.

- Io chiedo, regina Furaha, che la principessa Mwezi decida liberamente per proprio conto chi sposare – disse con voce ferma, guardando la leonessa bianca.

Spazio autrice: Buonasera a tutti! Oggi mi sono impegnata per sfornarvi questo megacapitolo! Che ve ne pare? Vi prego di dirmi le vostre opinioni sul finale, ci tengo! Nuka ha ceduto la sua grazia per rendere Mwezi libera dal matrimonio…ma questo vuol dire che lui resterà un reietto e non potranno più vedersi! Come la prenderà Scar?
Stay tuned per il prossimo capitolo.
P.S. Il mio periodo un po’ brutto non è ancora passato, ma mi sto impegnando per sistemare le cose e ringrazio tutti coloro che mi sono vicini. Infatti voglio dedicare questo capitolo al mio amico Lion_blackandwhite. Grazie.

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Capitolo 20
*** Dubbi ***


Kopa, in un primo momento era stato sorpreso almeno quanto il resto del branco dalle parole di Nuka. Aveva rinunciato alla sua grazia per colei che avrebbe dovuto essere la sua regina, quando invece avrebbe potuto usarla per sé stesso.

L’unica che non aveva battuto ciglio, almeno in apparenza, era stata la regina Furaha, che aveva accordato al leone il desiderio che si era conquistato.
Il padre di Kopa, d’altro canto, non era della medesima opinione e in quel momento stava discutendo animatamente con la regina.

- E’ una follia, Furaha! – ruggì – Non capisci a che gioco stanno giocando lui e quel verme di suo padre? Cercano di dividerci, perché sanno quanto forti sarebbero i nostri branchi se dovessero mai unirsi. Giochetti subdoli come questi sono nello stile di Scar!

- Non metto in dubbio la tua conoscenza dei metodi di quell’assassino, Simba, ma non è Scar ad aver superato la prova della criniera- sentenziò la regina, guardando fuori dalla sua tana tra le radici dell’albero.

Il principe Kopa seguì il suo sguardo fino a un punto della pianura in cui spiccavano, come macchie in mezzo al verde smeraldo, le sagome di Nuka, Asante e Mwezi. La regina aveva concesso al giovane leone di restare nelle sue terre almeno fino al tramonto, incaricando segretamente Kamaria di sorvegliarlo da lontano.

- Inoltre, non trovi strana la sua richiesta? – continuò poi rivolgendosi al re delle terre del branco –Se davvero agisse per conto del padre, avrebbe potuto chiedere di porre fine al suo esilio o di sposare lui stesso Mwezi, ma non l’ha fatto.

- Cerca di ingannarvi! – si ostinò a dire Simba. Kopa era quasi spaventato da quella smorfia orribile che storpiava il suo muso, di solito rassicurante e maestoso. Non lo aveva mai visto così furibondo, nemmeno quando gli aveva raccontato di ciò che era successo a suo nonno Mufasa, poco tempo addietro. In quel momento il principe aveva visto la tristezza velare gli occhi ambrati del padre, seguita poi da una scintilla di rabbia e da un basso ringhio quando aveva raccontato della battaglia. Ma niente di tutte quelle emozioni durante il racconto rassomigliava vagamente a quel furore di cui grondava re Simba in quel momento.

- Ha aggredito mio figlio, il futuro re delle terre del branco! – ruggì ancora il re, come se desiderasse a tutti i costi che Nuka venisse punito. La leonessa color papaia si voltò leggermente verso Kopa, come aspettando una sua conferma. Non mostrava uno sguardo intimidatorio, ma il giovane leone balbettò ugualmente nel dare la sua risposta.

- S…sì, ma c…credeva che io volessi fare del male a Mwezi – disse, stentando a credere alle sue stesse parole. Non era una bugia e da quando era accaduto quel…piccolo incidente, Kopa non aveva smesso un secondo di chiedersi quanto quei due leoni fossero legati tra loro.

Vedendo l’espressione sconcertata di suo padre, il principe temette di aver sbagliato a parlare a favore di quel leone, ma allo stesso tempo non aveva il coraggio di farlo condannare. Aveva visto quando Mwezi e Asante, la giovane iena, fossero legati a quel reietto… Lo avrebbero odiato sicuramente se lo avesse fatto esiliare per sempre o, peggio ancora, uccidere.

- Ecco un’altra cosa strana- disse la regina Furaha, tornando a guardare fuori verso sua figlia e i suoi amici – Forse Nuka nutre sentimenti di sincero affetto per mia figlia, ma posso assicurarti, Simba, che se si tratta di un qualche inganno ordito da lui e suo padre per far del male alla mia Mwezi, non lascerò a te l’onore di ucciderli.

- Quindi che cosa farai per adesso? – chiese il leone, quasi confortato da quella promessa di sangue.

- Per adesso niente. Lo terrò d’occhio. Molto più di quanto ho fatto prima e deciderò di conseguenza. Se però è il fidanzamento dei nostri figli a preoccuparti, sappi che c’è sempre la speranza che Mwezi scelga Kopa. Potrete venire a trovarci ogni qualvolta vorrete e accada quel che accada.

***

La sera giunse più velocemente di quanto Nuka sperasse e, come al solito, i suoi amici lo riaccompagnarono al confine del regno.

Avevano festeggiato la vittoria di Nuka mangiando insieme gli avanzi di una succulenta zebra che Mwezi aveva preso il giorno precedente. Stava diventando un’ottima cacciatrice, ovviando al problema della sua pelliccia appariscente coprendosi di fango.

Quella sera, però, Nuka era grato di poter osservare il suo manto candido brillare sotto la luce diafana della luna piena che sorgeva. Si sentiva fiero di sé stesso come non lo era mai stato: Mwezi era al sicuro dalle grinfie di quei leoni, lui l’aveva protetta col suo amore.

In quel momento però veniva la parte difficile: come poteva sapere se lei ricambiava? Come faceva a confessarle i suoi sentimenti senza rovinare il rapporto che avevano costruito in tutti quei mesi? Perché ne era certo: non avrebbero potuto più guardarsi come prima, giocare, ridere e fare battute, se lui avesse ammesso di amarla.

Forse, per il momento era meglio aspettare in silenzio. Godersi ancora un po’ quella splendida sensazione e farla crescere fino al momento opportuno. L’avrebbe amata in segreto, senza rubarle niente ma donandole tutto sé stesso, come diceva Imani, fino al giorno in cui le avrebbe chiesto di essere la sua compagna.
Mwezi era già la regina del suo cuore, poteva aspettare a chiederle di regnare con lui, una volta che suo padre si fosse ripreso il suo regno.

- Peccato che tu non possa restare – disse improvvisamente Asante, una volta che furono arrivati al confine –Al regno farebbe comodo un leone come te! Non tutti superano la prova della criniera.

Fece una smorfia e piegò la testa di lato, mentre si passava una zampa sotto al collo, imitando quello che doveva essere il verso di un leone morente. Nuka fremette di terrore al ricordo del teschio, ma si sforzò di sorridere nervosamente alla iena.

- Sono sicuro che… che un giorno troveremo il modo di stare insieme – disse. Stava per salutarli, quando una voce burbera li interruppe.

- Nuka! – lo chiamò Shenzi, la cui sagoma si distingueva appena nel buio sempre più incalzante – Nuka, tuo padre ti sta cercando. Si è fatto tardi…

Asante si era già messo davanti a Mwezi in posizione difensiva, come avrebbe fatto sua madre Kamaria con la regina, quando la iena, sua zia, fu abbastanza vicina da scorgerli nella penombra.

- Asante… - mormorò Shenzi, ammorbidendo l’espressione sul suo grugno di solito sempre corrucciato.

- Non fare un altro passo o chiamo gli altri ricognitori – sentenziò lui lapidario, come sua madre faceva con tutti i reietti – Queste sono le terre della regina Furaha, vietate agli esiliati.

Shenzi fece un altro passo avanti, guardandolo amareggiata e quasi nostalgica. Nuka non aveva mai visto nessuna delle due espressioni su quel fedele seguace di suo padre.

- E’ così che parli a tua zia, la iena che ha aiutato tua madre a crescerti? – gli chiese – Eri solo un cucciolo l’ultima volta che ti ho visto, quando tua madre ha disertato dal re… -

- Scar non era il mio re – sentenziò Asante, lottando però per tenere salda la voce e scacciare i ricordi affettuosi con la zia –La sua stupidità ci avrebbe uccisi tutti! Tu saresti dovuta venire con noi, zia…

Nuka non aveva mai visto il suo migliore amico, il burlone del gruppo, parlare con così tanta durezza, men che meno si aspettava che la usasse con un suo parente. Ancora di più lo confuse la reazione remissiva di Shenzi, che si limitò a sospirare e distogliere lo sguardo malinconico dal nipote.

- Se tua madre ti avesse raccontato tutta la verità, forse sapresti perché non sono potuta venire- mormorò prima di rivolgersi di nuovo a Nuka – Andiamo. Tuo padre ci aspetta.

Il leone si voltò verso i suoi amici, salutandoli come faceva di solito. Shenzi si incamminò, ma lui ebbe appena il tempo di fare qualche passo che Mwezi fece qualcosa di completamente inatteso: corse sulla terra nuda e secca, fino ad arrivargli alle spalle.

Nuka si girò appena in tempo per vederla affondare il muso nella sua criniera, appoggiandosi a lui. Il suo cuore prese a galoppare mentre la leonessa si strofinava nel suo pelo ispido e ruvido, ancora decorato dai segni della prova.

Avvertì il tepore del suo corpo e la morbidezza della pelliccia e, titubante, ricambiò quell’abbraccio poggiando la testa su quella della leonessa, emettendo delle fusa dal profondo della gola. Avrebbe voluto stringerla tra le zampe, ma gli sembrava così piccola e perfetta che temeva quasi di romperla o rovinarla con le sue zampe ruvide, bruciate dalla terra arroventata. Si accontentò di quella vicinanza, di sentire il respiro di Mwezi nella criniera, di poter sfregare la guancia sul suo capo e sul suo collo, seguendone le forme gentili e assaporandone il profumo. Nemmeno il fiore più bello avrebbe mai vantato quella fragranza che emanava il pelo candido della principessa, pensò.
Il primo abbraccio che gli aveva offerto Mwezi, quando erano cuccioli, era stato in grado di regalargli emozioni che non aveva mai conosciuto, ma quello ebbe mille volte lo stesso effetto.

- Grazie, Nuka – gli sussurrò nell’orecchio, ancora immersa nel nero della sua criniera. Nuka fu incapace di rispondere, quando lei si staccò piano piano da lui leccandogli la guancia.

Il leone si accorse a mala pena che anche Asante aveva varcato il confine del regno, disobbedendo alla legge, per dargli una pacca sulla spalla e dirgli:- Sei un guerriero coraggioso, amico mio.

Il suo cuore si scaldò a quelle parole di sincera stima, ma la sua mente era ancora ferma all’abbraccio della leonessa, come se quello fosse stato il suo unico ricordo da tutta la vita.

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Capitolo 21
*** Mia ***



Scar era irrequieto. Nuka non aveva mai impiegato così tanto a tornare.

- Spero che quell’inetto non si sia fatto scoprire – borbottò sotto voce Zira mentre scrutava l’immensa distesa inaridita, aspettando di vedere suo figlio e preparandosi già una bella strigliata.

- Se così fosse saremmo costretti ad anticipare l’invasione – mormorò a sua volta il leone, camminando su e giù, irrequieto e assillato da una miriade di pensieri. In quel momento Mwezi non era ancora pronta ad avere dei cuccioli e anche se fosse riuscito a uccidere Furaha non avrebbe avuto modo di legittimare il suo potere sulle terre alluvionali. Avrebbe dovuto attendere i quattro mesi che mancavano alla sua Luna per diventare una leonessa adulta, col rischio di affrontare una ribellione dei suoi nuovi sudditi o un’offensiva dal regno di Simba.

Da una parte sarebbe stato contento di porre fine a quell’attesa e vedere finalmente con i propri occhi la leonessa che gli spiriti avevano destinato a lui. Sì, Mwezi era stata creata per lui, il grande re Scar, e per lui soltanto. Sarebbe stato contento di porre fine a quell’agonia che lo consumava notte dopo notte.

Più Nuka parlava di lei, più la bramava e si struggeva per il desiderio di averla come sua concubina e compagna. Sognava il momento in cui avrebbe compiuto la profezia e generato una stirpe destinata a regnare per tutti i secoli a venire.

Tuttavia, sapeva che era meglio pazientare ancora. Per quattro mesi non avrebbe potuto mettere incinta Mwezi e legittimare così il suo potere e durante quel periodo sarebbe stato troppo vulnerabile.

Doveva tenere duro ancora per un po’. A tempo debito, poi, avrebbe reclamato come sua quella splendida leonessa che aspettava solo lui.

Il solo pensiero di stringere quel corpo giovane, candido e morbido tra le zampe bastava a fargli venire il formicolio alle zampe.

C’era solo da sperare che Nuka non si fosse dimostrato imbranato come al solito, mandando tutto a monte.

Scar non diceva niente dei suoi patetici tentativi di compiacere lui e Zira, ma gli concedeva qualche effusione giusto per assicurarsi la sua fiducia. Una volta preso il controllo delle terre alluvionali avrebbe finalmente smesso quella farsa.

Le iene fuori dal termitaio presero a ululare e ridere nel loro solito modo molesto, quando scorsero la matriarca avanzare nella notte, seguita da un leone dal passo ciondolante.

Scar fu troppo sollevato dal vederlo tornare per badare alla sua andatura scomposta e l’espressione sognante del muso di Nuka. Se era vivo c’era speranza che non si fosse fatto scoprire.

- Shenzi, perché quella faccia?- fece Banzai alla matriarca vedendo la sua espressione mesta.

- Te lo spiego dopo – lo liquidò indicando una delle caverne del termitaio a lui e a Ed, che sembrava in uno di quei rari momenti in cui non rideva scompostamente senza motivo. Prima di entrare, però, Shenzi guardò di bieco Scar, pensando però a sua sorella Kamaria e a suo nipote Asante. Non fosse stato per loro, non avrebbe mai seguito quel leone.

Sapeva quanto fosse viscido, manipolatore e spietato e la sua recente ossessione per la giovane principessa, che non era certo un segreto per lei, lo aveva reso ancora più disgustoso ai suoi occhi.

Nuka, invece, era l’esatto opposto, tanto da far chiedere alla iena se fosse effettivamente suo figlio. Lui aveva sentimenti sinceri e puri per Mwezi, e lei sembrava ricambiare. La iena lo aveva visto quella sera stessa. Tuttavia, sapeva che presto i sogni dei due si sarebbero sgretolati di fronte ai piani di Scar.

E Shenzi non poteva fare niente. Senza Scar il suo branco sarebbe stato di nuovo ridotto al più infimo livello di sussistenza. Erano esiliati da un regno e sua sorella Kamaria, che abitava in un altro vicino non voleva avere niente a che fare con loro. In quanto matriarca, la iena non poteva permettere che i suoi seguaci patissero ancora la fame.

Scar era la loro unica possibilità di sopravvivere. Lo era in quel momento come lo era stato anni addietro.

- Entriamo –disse agli amici – Non voglio essere qui quando Scar distruggerà i sogni di suo figlio.

Provava quasi pietà per Nuka, ma, di nuovo, non poteva farci niente. E aveva già troppe iene a cui pensare per preoccuparsi anche di quel leoncino tonto.
 

Nuka era ancora perso nel ricordo bellissimo di quell’abbraccio e del bacio della leonessa per badare allo sguardo assassino di sua madre.

Si riscosse solo quando suo padre gli chiese dei segni. Sarebbe stato subito orgoglioso di lui! Aveva salvato Mwezi dalle grinfie di Kopa e Simba, aveva combattuto e vinto un rinoceronte!

Iniziò subito il suo racconto, parlando in modo frenetico e confuso, prima che sua madre gli desse uno scappellotto dietro le orecchie. Almeno non aveva usato le unghie.

- Parla in una maniera che noi possiamo comprendere! – lo rimproverò. Quasi per riflesso lui chinò le orecchie e abbassò lo sguardo, in segno di scusa, anche se sapeva quanto poco importasse a sua madre delle sue scuse. Lei voleva che lui migliorasse, non che si scusasse perché, a suo dire, solo i codardi si scusano.

- Vieni dentro, Nuka. Ci racconterai tutto quando saremo sdraiati comodamente- disse suo padre, sorridendogli.

Così fecero. Il leone iniziò il racconto da quando aveva scoperto Kopa che parlava di matrimonio con Mwezi, per poi passare a quando aveva sfidato a parole Simba e poi sconfitto il rinoceronte nella prova. Si prese la libertà di aggiungere qualche particolare che lo dipingesse in modo più coraggioso ed eroico, giusto per licenza poetica.
Sua madre però mantenne un’espressione ieratica e inflessibile, come se dubitasse che Nuka le stesse raccontando la verità.

- E che cosa ne hai fatto della grazia? – chiese infine suo padre, affilandosi le unghie sulla roccia e guardandolo con curiosità.

- L’ho usata per rompere il fidanzamento di Mwezi e Kopa! Ora lei è libera e potrà sposare chi vuole. Visto, padre? Ho mantenuto la mia promessa! – disse orgoglioso il giovane leone.

- E non potevi usarla per tuo padre, invece? – ringhiò Zira, fulminandolo.

-S… sì ma… ma così Simba e Kopa avrebbero portato via Mwezi… - si giustificò. L’espressione di Zira si ammorbidì appena alle sue parole. Nuka sentì che lo squadrava
dalla testa alla coda, come se cercasse di vedere fin dentro le sue viscere e capire se stesse mentendo. Non era mai riuscito a nascondere niente a quegli occhi infuocati come la terra che ogni giorno attraversava.

- Forse finalmente stai iniziando a pensare come tuo padre, usando un po’ di cervello – disse. Quella parvenza di complimento tuttavia fu sufficiente a gonfiare a Nuka il cuore di felicità.

- Ma ora ti hanno scoperto – continuò poi Zira – Che facciamo Scar?

- Vedremo, vedremo… - mormorò il leone pensieroso – Lasciamo passare qualche giorno finché Simba non se ne va, poi prova a tornare alla stessa ora e allo stesso posto. Non credo che la dolce Mwezi abbandonerà così il suo salvatore.

Ignaro dei pensieri lussuriosi nella mente di suo padre, Nuka annuì, contento come non mai. Pensò di nuovo a come aveva salutato la principessa e all’amore che aveva scoperto di provare per lei. Sentiva il bisogno di dirglielo, di abbracciarla, baciarla a sua volta…

Lei sembrava ricambiare quel meraviglioso sentimento e il giovane leone non era sicuro di poter aspettare anche solo un giorno per potersi dichiarare e scoprire se anche lei provava lo stesso.

Non sapeva niente sull’amore, ma forse i suoi genitori sì! Dopotutto dovevano pur essersi innamorati a un certo punto della loro vita o lui non sarebbe nato.
Prendendo un grosso respiro si decise a chiedere: - Mamma, papà… come si fa a capire se qualcuno è innamorato voi? Intendo da che si capisce che uno ricambia i vostri sentimenti?

Scar guardò il figlio come se gli fosse spuntata una seconda testa. Di che diamine stava blaterando ora?

- Cosa intendi, Nuka? – chiese Zira.

- Beh ecco… io… durante la prova ho…- iniziò a balbettare il leone sentendo il cuore battere più veloce –Ho scoperto di essere innamorato di Mwezi. Imani mi ha aiutato a capirlo… Io la amo. Farei e darei qualsiasi cosa per proteggerla, voglio che sia felice e conservi il suo bellissimo sorriso sul muso, voglio sentirla ridere. Mi sento bene e in pace ogni volta che sono vicino a lei… ma non so se lei prova lo stesso. Vorrei capirlo ma non so come fare. Come posso fare a scoprire se è innamorata di me?

Scar aveva ascoltato solo la prima e l’ultima parte del discorso del figlio, ma ciò era abbastanza per farlo ribollire di rabbia. Come si permetteva quel batuffolo di spazzatura di pensare certe cose della sua luna, la sua Mwezi!

Avrebbe voluto saltargli addosso, colpirlo e urlargli con tutto il fiato che quella leonessa apparteneva a lui fin dal giorno in cui aveva emesso il primo miagolio.
 Nessuno doveva permettersi di guardare o pensare a Mwezi con desiderio! Nessuno tranne lui, il destinatario di quel dono!
Tuttavia, se avesse agito così, avrebbe perso la migliore spia che aveva nel regno di Furaha.

Si meravigliò quasi della sua stessa genialità quando trovò le parole perfette per risolvere la situazione.

- Oh povero Nuka! Povero il mio ingenuo figlio! – iniziò ridacchiando a bassa voce e avvicinandosi a lui – Dovevo aspettarmi che prima o poi accadesse, con una splendida leonessa, come sono certo che sia diventata Mwezi, ma speravo di doverti risparmiare un discorso così doloroso

- D…di che parli? – chiese Nuka, preoccupato.

- Mi duole sinceramente dovertelo dire io, Nuka, ma ...- si sporse per avvicinarsi all’orecchio del figlio e sussurrare – Mwezi non potrebbe mai avere alcun interesse, tantomeno amoroso, per te.

Sentì il respiro del figlio mozzarsi a quelle parole come se gli avesse artigliato il cuore.

- M… ma, ma perché? I… io… ci conosciamo da quando siamo cuccioli, abbiamo imparato insieme a cacciare, ridiamo e scherziamo insieme e oggi io l’ho… l’ho salvata. Ci vogliamo bene… - balbettò Nuka, sentendo già gli occhi pizzicargli.

- Tutto ciò è molto toccante, ma non potrete mai essere niente di più che amici- proseguì Scar – Insomma, guardati: sei gracile fin dal giorno in cui sei nato, la tua criniera è sotto sviluppata, il tuo pelo morsicato e scomposto, persino nella camminata sei sgraziato. Nuka, non prendere le mie parole come insulti ma, fidati, è meglio che ti dica io tutte queste cose e ti risparmi il dolore di sentirtele dire da Mwezi. Credi davvero che una creatura così bella e perfetta come lei amerebbe mai un leone come te?

- Ma… ma, lei dice sempre che sono dolce e simpatico. Dice che la mia criniera scarmigliata mi rende buffo… e – tentò ancora Nuka, mentre i suoi genitori calpestavano con forza i suoi sogni e le sue speranze.

- Un leone non deve essere buffo! – inveì sua madre, prendendo a sfregarsi sul corpo di Scar e appoggiando il muso nella sua criniera – Un leone deve essere forte, per proteggere la sua compagna, deciso per farla sentire al sicuro e incutere terrore nei rivali, e fiero e regale se vuole aspirare ad essere re, come dovrà essere per il compagno di una principessa come Mwezi. Tu credi di avere anche solo una di queste doti, Nuka?

Messo di fronte all’evidenza, Nuka ebbe solo la forza di scuotere la testa, guardandosi le zampe mentre cercava di trattenere le lacrime. Perché? Perché doveva essere così?

Tremava per la vergogna. In fin dei conti i suoi genitori non avevano tutti i torti… Forse… forse Mwezi era troppo bella, troppo buona, semplicemente troppo per lui, misero leone esiliato…

- Io mi sono innamorata di tuo padre perché aveva tutte queste qualità e anche di più – rincarò Zira, ricevendo una leccata da Scar per quell’intervento adatto. Appoggiò il muso spigoloso nella sua criniera, incurante dei singhiozzi che avevano preso a squassare il corpo di suo figlio.

- Sono sollevato che tu ti sia tolto questo peso ora – disse Scar, non potendo trattenersi dal sorridere sinistramente – Presto ti passerà, Nuka, non temere. Andrà tutto bene.

Suo figlio aveva tolto di mezzo un rivale per la principessa e ora il leone era sicuro di aver eliminato l’ultimo ostacolo che lo separava da lei. Sarai mia, Mwezi, e presto!

Spazio Autrice: Eccomi qua! Che dite sono stata troppo cattiva col povero Nuka? Troppo viscida con Scar? Fatemi sapere le vostre opinioni, sapete che ci tengo. Intanto il nostro leoncino preferito si è visto distruggere davanti agli occhi il sogno d'amore. Come reagirà? Speriamo non diventi come il padre! E Shenzi? Qualcuno ha qualche teoria su cosa possa essere successo per spingerla a seguire Scar? Non abbiate timore di scrivermi papiri voglio sapere tutte le vostre teorie!!
Ormai da un po' guardo un sacco di fumetti su Deviantart e mi viene in mente che adorerei qualche fanart su questa storia! Non è che conoscete qualcuno per caso? Restate sintonizzati per il prossimo aggiornamento la prossima settimana!

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Capitolo 22
*** Decisioni difficili (parte I) ***


Trascorsero altre due settimane prima che re Simba e la sua piccola corte decidessero di tornare nuovamente alla Rupe dei Re.

Mwezi aveva continuato a respingere i goffi tentativi di Kopa di corteggiarla, anche se con più garbo e riguardo per il giovane leone. Non gli negò la sua amicizia, ma si era ostinata a ribadire che tra loro non sarebbe mai potuto nascere altro. 

Ogni giorno era andata al confine del suo regno, dove si incontrava solitamente con Nuka. Lo aveva aspettato un po’ di tempo, prima di arrendersi alla delusione di non vederlo arrivare. Aveva cominciato a preoccuparsi sul fatto che gli fosse successo qualcosa, ma Asante l’aveva più volte rassicurata.

“Probabilmente aspetta solo che Simba e i suoi se ne vadano” aveva detto “Io farei lo stesso dopo aver ricevuto uno sguardo di fuoco come quello”.

Mwezi si era sforzata con tutta sé stessa di credergli, ma l’apprensione per Nuka non diminuiva. Il leone occupava tutti i suoi pensieri in ogni singolo momento della giornata. Voleva abbracciarlo, ridere ancora assieme a lui, rivedere i suoi occhi ambrati, sentire la sua voce, stringersi di nuovo nella sua criniera scarmigliata. Le mancava ogni cosa di lui. Sentiva come un grande vuoto dentro al suo cuore. Le effusioni che si erano scambiati al loro ultimo incontro le tornavano nei sogni ogni notte, mentre la leonessa desiderava ripetere quell’esperienza più e più volte.

Oh, Nuka, quanto mi manchi. Non ho potuto nemmeno ringraziarti a dovere per tutto ciò che hai fatto per me, pensava spesso.

Quando Simba se ne andò, Mwezi gioì silenziosamente dentro sé stessa, ignorando la promessa del leone di tornare al più presto assieme a suo figlio.

Cosa mai poteva importare alla leonessa a quel punto? Non erano più promessi e una volta raggiunta la maggiore età nessuno avrebbe più potuto costringerla a passare il suo tempo con Kopa o qualsiasi altro pretendente.

Dopo il formale commiato tra Furaha e Simba, davanti all’albero che era la dimora della regina, Mwezi cercò con lo sguardo Asante, facendogli un cenno col capo.

Finalmente potevano tornare ad aspettare Nuka quanto volevano.

La iena pareva felice quasi quanto lei, come lasciava intuire il suo scodinzolare la coda e il sorriso da orecchio a orecchio che scopriva le zanne in una buffa smorfia.
Lui e la leonessa fecero per iniziare una corsa verso il confine, finché non accadde ciò che entrambi avevano più temuto. La regina Furaha, eruppe in un potente ruggito, che rimbombò nelle cavità dell’albero e spaventò alcuni uccelli.

La sua pelliccia color papaia brillava alla luce del sole, mentre fissava la figlia con estremo disappunto. Mwezi, tuttavia, sostenne il suo sguardo con un’espressione altrettanto dura. Non l’aveva ancora perdonata del fatto di averla fidanzata con uno sconosciuto senza nemmeno chiederle la sua opinione e non aveva intenzione di farlo.

- Mwezi, entra nella tana. Devo parlarti - le ordinò, lapidaria, facendo già per voltarsi verso l’albero.

- No – ringhiò la principessa stupendo tutti i presenti, compresa sua madre.

- Smettila immediatamente- la avvertì Furaha, scoprendo leggermente le zanne, incapace di contenere la rabbia – Ho accettato i tuoi capricci finora. Adesso smetti di comportarti come una cucciola viziata e ubbidisci! Non è così che ti ho cresciuta.

- Già, mi hai cresciuta per essere la perfetta compagna di un principe straniero del quale non mi hai mai parlato! Volevi darmi via senza tanti riguardi!- le urlò la leonessa bianca, ottenendo solo un altro ruggito furioso in risposta.

Sua madre camminò a passo veloce verso di lei, grondando rabbia dagli occhi e dai denti. Asante non provò nemmeno a fermarla o a parlare in favore dell’amica, dopo che la regina gli soffio sonoramente sfoderando gli artigli. La giovane iena non l’aveva mai vista così furibonda, malgrado gli avesse incusso timore fin da cucciolo.

Guardò Mwezi supplicandola di non peggiorare la situazione, quando ormai Furaha aveva il muso a un palmo dal suo.

- Ingrata! – ruggì, ma nella sua voce c’era qualcosa di strano, una sottile crepa che nessuno dei sudditi aveva mai sentito, una crepa che crebbe man mano che la regina continuava – Lo sai che cosa ho dovuto sopportare, dopo che tuo padre è morto, per tenerti in vita? Tutti i leoni che ho dovuto affrontare da sola?! Nessuno accettava un branco guidato da una leonessa e molti hanno pensato che le nostre terre fossero una preda facile da conquistare. Ma io ho combattuto, giorno e notte per tenerti al sicuro e impedire che ti uccidessero! Io ho sempre e solo cercato di proteggerti Mwezi! I leoni solitari ti avrebbero ucciso a sangue freddo, per poi mettere incinte tutte le leonesse del nostro branco. Ci avrebbero obbligate a essere le loro compagne finché altri non avrebbero preso il loro posto. Per due anni io ho fatto di tutto per garantirti un futuro che non fosse tra le zampe di uno di quegli assassini! Sì, ho anche contrattato un fidanzamento, per trovare un leone che venisse a proteggere queste terre, un compagno che ti impedisse di fare la mia stessa vita! Ma tu non lo apprezzi, dico bene? Pensi anche tu, che io sia la regina cattiva che comanda tutti a bacchetta, non è così? Bene, figlia mia, scusa se ho evitato di dirti che se non avessi sposato Kopa, un altro leone un giorno sarebbe arrivato a spodestarmi e uccidermi. Scusami se non ti ho detto che il tuo destino, ora che sei quasi adulta, sarebbe stato quello di venire stuprata giorno e notte generare più cuccioli possibile!

Furaha, ansimò, guardando Mwezi con le lacrime agli occhi. Sua figlia in quel momento si sentì orribile per averla fatta stare così male, per averle rivolto parole tanto cattive, quando nel profondo del cuore sapeva che sua madre l’aveva sempre amata con tutta l’anima.

Le si formò uno strettissimo nodo alla gola, che sembrò impedire alle sue scuse di uscire, mentre sua madre cercava di ricomporsi e contenere il pianto.

- Va pure dal tuo amico, se è ciò che vuoi- disse la regina distogliendo lo sguardo – Vai pure a giocare con lui e dimenticati anche per oggi dei pericoli che corre un branco senza leone e senza re, il tuo branco.

Mwezi però non si mosse, colpita da quelle parole. Si sentì colpevole di essere solo una cucciola viziata e insensibile ai sacrifici fatti da chi la amava. Si odiò persino per essere stata così superficiale ed egoista.

-Vai ho detto!- le ruggì Furaha, di nuovo a pieni polmoni, facendo schioccare le mascelle. La leonessa bianca prese dunque a correre, spaventata e gonfia di tristezza.

Corse a tutta velocità, senza fare attenzione a dove andava. Attraversò quasi tutto il suo regno senza nemmeno accorgersi di Asante che galoppava dietro di lei, pregandola di fermarsi. La verità era che Mwezi voleva solo correre fino allo stremo, fino a morire.

Credeva di meritarselo, per il suo egoismo e la poca considerazione avuta verso i suoi sudditi, le altre leonesse e sua madre.

Lacrime amare le annebbiarono gli occhi azzurri, fino a impedire di vedere una roccia affiorante. Inciampò malamente, battendo il muso per terra, ma la vide come una punizione ben assestata dagli spiriti per una figlia ingrata.

- Mwezi! Stai bene? – chiamò Asante prendendo ad annusarle la pelliccia candida alla ricerca di ferite.

- Vattene, Asante- uggiolò lei in lacrime – Ha ragione mia madre… Sono solo una stupida leoncina viziata, una pessima regina…

- Ma smettila! Non dire idiozie – le disse la iena prendendole il muso con una zampa – L’unico difetto che potrai mai avere come nostra regina sarà quello di essere troppo buona. L’esatto opposto di tua madre.

Si mise a ridacchiare forzatamente per smorzare la tensione, ma il muso sporco di fango di Mwezi non accennava neanche a un sorriso. Il suo amico sospirò sonoramente, mettendosi seduto davanti a lei.

- Ascolta… io capisco la preoccupazione di tua madre, ma credo che lei abbia torto su due cose- iniziò, guardandosi un paio di volte intorno, come temendo di vederla spuntare da un momento all’altro – La prima è il fatto di aver affrontato tutti i rivali da sola: aveva mia madre e le sue iene al suo fianco. Un giorno ti garantisco che tu avrai me ad aiutarti.

Mwezi abbozzò un sorriso impercettibile a quel giuramento, vedendo la iena gonfiare orgogliosa il petto.

- Inoltre, non credo che tu sarai per forza costretta a fare una vita di lotta come quella di tua madre. Chi ha detto che una regina non possa regnare da sola? Che gli altri leoni non possano imparare a temerla e rispettarla come se fosse un maschio? Il tuo regno potrebbe essere il primo ad avere una monarchia tutta al femminile! Sarebbe bello non trovi?- continuò allegro Asante, cercando di far alzare la leonessa.

- Sì, ma… Non so se sarei abbastanza forte da reggere a lungo… I leoni maschi sono fisicamente più forti delle femmine… Forse dovrei sposare Kopa e mettere al sicuro il mio regno una volta per tutte- pensò ad alta voce la leonessa, considerando davvero, per la prima volta, la possibilità di sposare quel principino.

Asante alzò gli occhi al cielo, come irritato da quel melodramma. – Oppure potresti fare una cosa intelligente e sposare il leone che ami- disse.
Le sue parole fecero scattare Mwezi, che arrossì visibilmente quando vide il sorriso furbo sul muso della iena, insieme a uno sguardo malandrino.

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Capitolo 23
*** Decisioni difficili (parte ll) ***


I giorni successivi, Asante e Mwezi attesero pazienti il ritorno di Nuka dall’alba al tramonto, senza mai vederlo. La iena continuava a punzecchiare l’amica dicendo quanto fosse palese che ne fosse innamorata, ma la leonessa non rispondeva mai. I primi giorni arrossiva un po’, con un leggero sorriso, ma quando i pensieri presero ad affollarle la mente divenne di colpo più seria. Non conosceva amore diverso da quello di sua madre e dei suoi amici e quasi temeva di associare quella parola al sentimento che si impossessava di lei ogni volta che pensava al leone dalla criniera scarmigliata.

Temeva di farlo perché credeva di non poter avere nessun futuro con Nuka. Asante le aveva detto che con lui come compagno, le loro terre sarebbero state al sicuro dagli invasori, ma come avrebbero fatto a convincere Furaha? E la famiglia di Nuka?

Al pensiero di Scar, il leone tanto odiato da due branchi, la mente di Mwezi prese a galoppare in sentieri oscuri. Doveva essere abbastanza anziano a quel punto, magari era morto. Non lo aveva più rivisto da quando era cucciola e Nuka non lo aveva mai menzionato nei loro incontri. Sarebbe stato disposto a rinnegare quell’assassino per stare con lei? E se invece avesse deciso di seguire le sue orme e diventare come lui?

No, Mwezi non voleva credere che il suo amico potesse diventare malvagio, non dopo tutto ciò che avevano condiviso.

I giorni, tuttavia, passavano e di Nuka non si riusciva a scorgere nemmeno l’ombra. La malinconia intanto si impossessava di Mwezi, mentre quei pensieri si affermavano con più forza nella sua mente e la decisione di sposare Kopa si faceva poco a poco più allettante. Magari così avrebbe anche riallacciato i rapporti con sua madre, che aveva quasi smesso di parlarle. Si stava arrendendo a poco a poco alla consapevolezza che non sarebbero mai potuti stare insieme

- Sono sicuro che arriverà – tentò di rassicurarla Asante, alla fine della seconda settimana passata ad aspettare il loro amico. Mwezi non rispose. Aveva lo sguardo assente, mentre era stesa sull’erba e rimirava i grossi banchi di nubi che solcavano il cielo, come tanti pesci vaporosi in un mare azzurro.

- Non ha senso aspettare ancora –mormorò, mettendosi a sedere – Andrò da mia madre e le dirò di mandare un messaggero per informare Kopa della mia decisione di sposarlo.

Asante rimase stupito dalla calma con cui aveva pronunciato quelle parole, non accorgendosi però degli occhi lucidi. Mai come in quel momento la sua amica gli sembrò simile a Furaha.

- Ma… Ma tu non lo ami – disse la iena, guardandola come se non la riconoscesse.

- Magari col tempo, conoscendolo, potrei imparare ad amarlo – rispose lei abbassando la voce – Ma il punto è che adesso il mio branco ha bisogno di un leone e mia madre non può continuare a lungo da sola –

-E Nuka? Abbiamo detto che lui…-

-Lui non è qui- disse Mwezi stringendo la terra tra gli artigli per contenere il dolore che quelle parole le provocavano – Anche se… anche se io ne fossi innamorata, come faccio a sapere che lui prova lo stesso? Come faccio a sapere se rinnegherebbe la sua famiglia solo per me? Non…non vedo alcun futuro per un noi e sarebbe troppo egoista continuare a illudersi in questo gioco. Non siamo più dei cuccioli, Asante. Tra soli tre mesi io sarò adulta e devo… devo pensare al bene del mio regno.

Prima che la iena potesse avvicinarsi per confortarla, avendo scorto i sottili tremiti e le lacrime, la leonessa stava già fuggendo verso la dimora di sua madre, voltando le spalle alla piana arida dove aveva conosciuto il suo amore.

Si stava forzando a fare quelle scelte, si stava forzando a essere come sua madre. In questo modo però sopprimeva il suo spirito gioioso, buono e puro che l’aveva sempre caratterizzata e che Asante aveva sempre adorato. Come le ultime braci di un fuoco, quello spirito si stava spegnendo sotto il peso delle parole di Furaha.

La iena ponderò cosa fare, guardando la distesa di terra secca da cui aveva sempre visto arrivare Nuka. Doveva essergli successo per forza qualcosa o sarebbe già arrivato. Titubante, fece un passo sulla terra arroventata, pensando ai numerosi nemici e reietti che vivevano al confine di quell’orizzonte tremolante per la canicola.

- Forse da iena riuscirò a infiltrarmi- si disse, facendo un altro passo e poi un altro ancora, finché non prese a correre verso l’orizzonte, deciso a trovare Nuka.

Sia lui che la leonessa, tuttavia, erano ignari del fatto che qualcuno avesse spiato la loro conversazione.
 

Rafiki seguì Mwezi saltando di albero in albero, purtroppo non con la stessa agilità di un tempo. I muscoli si stavano indebolendo con l’incedere della vecchiaia e acrobazie che un tempo compiva con grazia ora gli procuravano diverse fitte di dolori alle articolazioni.

Da quando, tuttavia, il giovane principe Kopa gli aveva raccontato cosa fosse accaduto nelle Terre Alluvionali, aveva voluto vedere con i propri occhi l’affetto che univa la giovane principessa restia al matrimonio e il figlio di Scar. Non credeva, infatti, che quest’ultimo fosse capace di tanta bontà per la leonessa.
La profezia di Ahadi gli era di colpo tornata in mente, assieme a una zaffata di vento gelido che lo aveva ammonito per la propria stoltezza. Come aveva fatto a non pensarci prima, quando Zazu glielo aveva detto? Come aveva potuto non considerare quella forza potentissima che muove gli astri e che già aveva iniziato a crescere in quel cucciolo grigio?

Dopo aver origliato quella conversazione tra la iena e la principessa, tutti i suoi dubbi si erano dissipati per sempre.

-Ehi, tu! Aspetta un po’. Uh… per gli antenati, sono troppo vecchio per gli inseguimenti! – disse alla principessa, arrivato al limite degli alberi subito prima di una piana erbosa, ansimando leggermente.

Mwezi si voltò sorpresa a guardare quel mandrillo, di cui nemmeno aveva percepito l’odore. A giudicare dal bastone che portava, doveva essere uno sciamano come Imani. Lo guardò, con la vista ancora annebbiata dalle lacrime, mentre scendeva lentamente dall’albero, cercando di controllare il respiro.

- Uh… cosa ti fa piangere tanto, principessa? – le chiese raggiungendola, per poi appoggiarsi con entrambe le zampe al bastone.

- Chi… chi sei e come fai a sapere…? – chiese lei di rimando, tentando di asciugarsi le lacrime.

- Il mio nome è Rafiki e sono lo sciamano della Rupe dei Re. A quanto ho sentito, sembra che hai deciso che io celebri le tue nozze col principe Kopa.

Mwezi annuì, senza la forza di rispondere e quindi ammettere di voler dimenticare per sempre i suoi sogni con Nuka. Quasi per ripicca la sua mente prese ad affollarsi dei più teneri momenti condivisi assieme al leone.

- Ma non è ciò che desideri - disse ancora la scimmia, facendo un altro passo verso di lei.

- Cosa mai può importare ciò che desidero io quando è in gioco il futuro del mio branco? – sbottò lei, non volendo prolungare ancora quell’agonia. Magari una volta compagna di Kopa sarebbe andata con lui alla Rupe dei Re e dimenticare Nuka sarebbe stato più facile.

- Importa tantissimo invece! – la rimbrottò il mandrillo dandole un leggero colpo in testa col bastone – A volte una decisione può cambiare il corso di molte vite. A volte basta un singolo desiderio puro per cambiare un cuore.

- Di… di che stai parlando? – fece la leonessa confusa, massaggiandosi un po’ la tesa.

- Ti rinfresco la memoria: un leone, cresciuto con esiliati rancorosi e pieni di odio, ha buttato via la sua unica possibilità di vendicarsi, entrando in un branco nemico, pur di liberare una leonessa da un destino a cui la stavano costringendo – disse Rafiki con un sorriso – Non capisci, principessa? Lui ti ha già scelta. Nel profondo del suo cuore ha già scelto la tua bontà rispetto all’odio dei suoi genitori e tutto perché tu hai dato a lui una goccia della forza che muove gli astri, l’amore. L’amore è l’unica cosa che può trasformare la notte in giorno, il buio in luce, il male in bene.

- Ma… allora perché non è qui?- chiese la leonessa, ammaliata e incredula di fronte alle parole dello sciamano.

-Come ho detto- riprese lui –è nel profondo del suo cuore che lui sa. Ora bisogna fare in modo che questa consapevolezza arrivi quassù-. Picchiettò col bastone sul capo di Mwezi, sfoggiando un buffo sorriso in mezzo alla gorgiera di peli candidi. – Se vuoi fare davvero ciò che è giusto per il tuo branco, non far lavorare separati mente e cuore- continuò il mandrillo- E soprattutto, principessa, non perdere la speranza.

Mwezi annuì debolmente, abbozzando un sorriso. Accettò silenziosamente di fare un ultimo tentativo e di non reprimere i suoi sentimenti per Nuka. Lo avrebbe aspettato ancora, forse sarebbe persino andata lei stessa a cercarlo, perché lo amava. Se fosse stato necessario, anche lei avrebbe combattuto come aveva fatto il leone per lei nella prova della criniera.

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Capitolo 24
*** Decisioni difficili (parte III) ***


Nuka sonnecchiava sopra una roccia poco lontano dal termitaio, ma abbastanza per essere lontano da sua madre.

Zira, infatti, non aveva perso l’occasione di criticare aspramente la criniera color catrame che si era infoltita attorno alla gola del figlio. A suo dire, era crespa e disordinata quasi quanto la testa di un cucciolo, per niente adatta a un leone quasi adulto.

Le parole che più l’avevano ferito nel profondo erano state: -Nemmeno una iena vorrebbe un compagno così ridicolo, figuriamoci Mwezi-.

Le poche volte che il leone si specchiava in un qualche specchio di acqua melmosa, riconosceva ce sua madre aveva ragione. Kopa, il principe che aveva attaccato diversi giorni addietro, mostrava già una criniera ordinata e abbastanza folta, considerando che era più giovane di lui. Nuka si ritrovò a invidiare il figlio dell’odiato nemico. Chissà, forse Mwezi avrebbe scelto proprio un leone come lui per compagno.

Una lacrima solitaria scese dall’occhio del leone, mentre si perdeva in simili pensieri. La asciugò prontamente con la zampa, quasi temesse di essere visto. Non vedere il muso candido e dolce della sua amata da giorni era una pena indicibile, ma dentro di sé pensava che sentirle dire le parole dei suoi genitori sarebbe stato molto peggio.

Per questo temporeggiava, ritardando il più possibile il giorno in cui sarebbe tornato al loro solito punto di incontro.

A suo padre aveva raccontato che voleva semplicemente essere sicuro che Simba se ne fosse andato. Scar aveva assentito, raccomandandogli però di non andare oltre la prossima luna piena.

-Senza di te chi proteggerà la cara Mwezi?- gli aveva chiesto – Hai promesso, ricordi? Devi vegliare su di lei affinché Simba non ritenti qualche giochetto e riesca a portarla via –

Nuka sentiva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per tenere al sicuro la principessa e senza chiedere niente in cambio, ma non era sicuro di riuscire a sopportare il dolore di starle accanto senza dirle quanto l’amasse o, peggio ancora, di ascoltare Mwezi rifiutarlo per il suo essere così patetico e inutile.

Sospirò, sollevando una nuvoletta di polvere arancione. La luna piena era vicina e il momento di rivederla si avvicinava. Avrebbe dovuto fare i conti con quel dolore ugualmente. Chiuse gli occhi e si rifugiò nei sogni in cui lui era una copia di Scar, con una criniera folta e ordinata, i cui peli erano smossi dal dolce respiro di Mwezi, che, abbracciata a lui, gli sussurrava parole d’amore.

-Ti amo, Nuka. Voglio stare con te per sempre – diceva, coperta dai ciuffi della sua criniera. Si immaginò che gli leccasse la guancia. Poi iniziò a dire più volte il suo nome, prima sussurrandolo dolcemente, poi crescendo di tono fino ad urlare: -Nuka. Nuka. Nuka! NUKA!-

Sentendo qualcosa colpirgli la testa il leone aprì di scatto gli occhi, trovandosi davanti chi meno si sarebbe aspettato: Asante.

- Hai il sonno pesante vedo!- gli rise in faccia – Sai da lontano mi hai fatto paura: credevo fossi tuo padre

-Che cosa…? Che ci fai qui? – gli chiese, confuso e terrorizzato all’idea che Mwezi fosse con lui. Si guardò intorno ma non la vide da nessuna parte, fortunatamente.

- Come che ci faccio qui? Sono venuto a cercarti!- rispose la iena mentre Nuka tirava un sospiro di sollievo –Sono settimane che non ti fai vedere. Ci hai fatto preoccupare. Stai bene?

-Sì, sì…- rispose Nuka mettendosi a sedere e guardando altrove –Non sono venuto solo per essere certo che re Simba se ne fosse andato.

-Sono settimane che è tornato nel suo regno, quindi puoi venire. Avanti dai incamminiamoci prima che il branco di iene si accorga che sono un intruso- disse, scendendo dalla roccia e facendo per avviarsi, dopo aver controllato che nessuno li tesse guardando.

- Ormai è tardi- disse Nuka, frenandolo – Vi raggiungo domani mattina come al solito-. Cercava disperatamente un modo per non andare con la iena, per ritardare quel momento. Asante però non si bevve la sua scusa, intuendo che qualcosa non andasse.

- Si può sapere che hai?- gli chiese girandosi verso di lui –Prima salvi Mwezi da un matrimonio combinato e poi non ti fai più vedere per settimane. Credevo che fossi innamorato di lei

Al leone si mozzò di colpo il respiro: come faceva a saperlo? Lo aveva già riferito a Mwezi? Tutte le emozioni presero a rimescolarsi in un enorme tsunami all’interno della sua mente, impedendogli di spiccicare più di qualche sillaba sconnessa.

Asante, dal canto suo, si limitò ad alzare gli occhi al cielo e sospirare, guardando l’amico con espressione eloquente: -Perché siete tutti convinti che non sia palese? Si vede lontano un miglio. Ma quello che non capisco è: cosa ci fai ancora qui se ne sei innamorato?

Mwezi non potrebbe mai avere alcun interesse per te.
Sei gracile, la tua criniera è sottosviluppata, il tuo pelo morsicato e scomposto…
Credi davvero che una creatura perfetta come Mwezi amerebbe mai un leone come te?


Tutte le parole di suo padre, gli ammonimenti di sua madre, gli rimbombarono nella mente, aprendogli tante ferite nel cuore, come se lo artigliassero ferocemente. Gli ricordavano la sua pochezza, come leone e come combattente: non sarebbe mai stato abbastanza per Mwezi. Dovette fare un grosso sforzo per trattenere le lacrime e riuscire a dire: - Non possiamo stare insieme. Lei non mi amerebbe mai…

-Cosa te lo fa dire? – chiese Asante, confuso e preoccupato per l’amico.

-Guardami, Asante- gli disse Nuka – Sono…sono un leone gracile e non all’altezza di una principessa come lei. Mwezi… Mwezi come potrebbe amarmi?
La iena tacque, fissando gli occhi lucidi del leone. Asante aveva un’espressione risoluta, forse appena intenerita dallo sfogo dell’amico, ma non si perse d’animo.

- Imani mi ha detto di averti spiegato cosa sia l’amore- gli disse – E’ il semplice atto di donare agli altri per rendere felici, una forza talmente potente da spingerti a dare la tua stessa vita per qualcun altro, giusto?

-Sì ed è ciò che provo per Mwezi ma…- iniziò il leone, ricordando le parole dello sciamano, prima di essere interrotto.

-E dimmi Nuka c’entra qualcosa l’essere brutti o belli? Esiste per caso un divieto di donare ad alcuni leoni?- gli chiese ancora la iena facendo un passo verso di lui. Messo di fronte all’evidenza, l’amico fu costretto a scuotere la testa. Ancora però gli sembrava strano che una leonessa come la sua amata si potesse accontentare di uno come lui. Come poteva essere possibile?

- Ascoltami, amico- gli disse infine Asante, risalendo sulla roccia e posandogli una zampa sulla spalla – Per quanto mi riguarda tu sei molto di più di un leone rachitico, poco aggraziato, con la criniera spettinata e mille altre cose esteriori che potrei elencare fino al mattino
Le sue parole riuscirono a strappare a Nuka una risata nervosa. Sentiva il profondo affetto dietro a quelle prese in giro.

-Sei un leone coraggioso, sveglio e buono come pochi al mondo. Devo forse ricordarti tutto ciò che hai fatto per la tua amata? La prova che hai vinto da solo?- concluse infine – Dà a te stesso una possibilità, potresti rimanere sorpreso. Ora andiamo, ti assicuro che manchi molto a Mwezi.
Senza tante cerimonie lo spinse giù dalla roccia, per poi saltare sulla sua schiena e incitarlo a vendicarsi. Il leone raccolse la sfida, accantonando per qualche momento le sue paure, mentre seguiva Asante verso il confine.

Davvero era mancato a Mwezi? Da una parte era contento di sapere che tenesse a lui, dall’altro si maledisse per averla fatta stare in pensiero.
I due amici corsero come ghepardi attraverso la piana arida, finché, quando ormai il confine rigoglioso delle terre di Furaha era visibile all’orizzonte, Nuka scorse, come un miraggio, il manto candido di Mwezi, che sembrava quasi riflettere la luce del sole.

Spazio Autrice: Finite le vacanze si torna a lavoro! Mi scuso per la lunga assenza ma spero che siate rimasti in pari con la storia miei fedeli lettori! Nei prossimi due o tre capitoli ho intenzione di essere molto dolce, ma solo per preannunciare una parte molto oscura che probabilmente mi varrà il vostro odio. Fatemi sapere cosa vi aspettate!

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Capitolo 25
*** Ti amo ***


Nel cuore e nella mente del leone grigio si scatenò un tornado di emozioni quando vide Mwezi venirgli incontro. Sorrideva raggiante, avvolta da un’aura di luce effimera che sembrava sprigionare la sua pelliccia. Forse era solo un effetto della luce e della calura ma Nuka ne rimase comunque ipnotizzato.

Quando incrociò i suoi occhi azzurri tutto il resto del mondo cessò di esistere. Le risatine di Asante si fecero lontane e poco nitide mentre si perdeva in quei laghi placidi che gli avevano sempre dato conforto. Camminò più lentamente, quasi fosse stato dentro a uno dei suoi sogni e intanto la guardava sorridere.
I tratti del suo muso si incresparono dolcemente, mentre il leone ricambiava con una buffa espressione da ebete. Era tutto come lo aveva immaginato mille volte.

Tuttavia, quando sentì la voce argentina di Mwezi ridacchiare a quel suo saluto, Nuka di colpo si riscosse. Non era un sogno, ma la realtà! Lei era lì e lui… Cosa gli era passato per la mente?

La paura, i ricordi delle parole dei suoi genitori e la consapevolezza di essere finalmente arrivato al momento rivelatore si avventarono sul giovane leone come tanti sciacalli. Si bloccò di colpo, senza osare fare un altro passo e guardando la leonessa come se fosse stata un predatore.

Tutte le belle parole di Asante venivano man mano seppellite sotto le ansie e i ricordi affastellati. Lui era un misero leone dalla criniera scarmigliata, il fisico fin troppo magro e un carattere pavido, niente che fosse anche solo lontanamente degno di Mwezi.

Se già gli aveva causato dolore il momento in cui era stato suo padre a palesargli davanti alla mente quella verità, non osava immaginare il dolore che gli avrebbe causato sentirlo dire dalla leonessa che amava.

Lei però non smise di avvicinarsi a lui. Poteva sentire il suo dolce profumo, quello che aveva impresso nella sua mente ormai da molti giorni.

Il cuore di Nuka prese a scalpitare, ordinandogli di correre via finché era in tempo, per risparmiarsi il dolore. Ma il leone era come bloccato sul posto, paralizzato. Non riusciva a muoversi a parlare o a fare qualsiasi cosa, persino respirare divenne una fatica.

- Ciao, Nuka – iniziò Mwezi fermandosi a qualche passo da lui. Il suo tono si fece insicuro, mentre tamburellava con le zampe sulla terra arida. –E’ un po’ che non ci vediamo- proseguì poi, distogliendo appena lo sguardo –E…ed è un peccato perché io avevo una cosa da dirti-.

Il cuore del leone ebbe un tuffo. Credeva di sapere di che cosa stesse parlando e temeva quelle fatidiche parole. Forse durante la sua assenza aveva rinnovato il fidanzamento con Kopa o con qualche altro leone facoltoso. Forse stava per dargli il suo addio definitivo e per tale motivo sembrava temporeggiare, facendo lunghe pause e guardando altrove.

-Avanti, Mwezi, non abbiamo tutto il giorno! – sbottò Asante, per poi ridacchiare:- Voglio vedere qualcosa di piccante dopo aver attraversato mezzo deserto!

La leonessa arrossì imbarazzata, prima di guardare di nuovo Nuka. I suoi occhi grandi e penetranti lo ipnotizzarono ancora, quasi gli leggessero nel profondo. Il giovane leone sentiva il suo cuore venire toccato da un intenso calore ogni volta che si perdeva dentro di essi.

-Ecco…è difficile…Non so davvero come iniziare- disse lei facendo un passo verso di lui. Ormai potevano sentire il respiro di uno sulla pelliccia dell’altra. Ancora un altro passo, un altro momento di esitazione e poi alla fine la principessa parlò ancora: -Ma forse è meglio se mi esprimo così…

Fu un gesto semplice, dolce e delicato come una goccia di rugiada, ma scatenò un uragano nel corpo del giovane leone. Mwuezi unì il suo naso, piccolo e rosa, a quello di Nuka, dalle forme più spigolose e taglienti. Il loro respiri si fusero, scambiandosi.

La leonessa sfregava la pelle umida e delicata sul muso del leone con gli occhi chiusi, assorta. Nuka non osò muoversi, inizialmente, sopraffatto da mille sensazioni. Come era possibile? Perché accadeva proprio a lui? Era tutto così bello…

Inebriato da quella sensazione, da quel contatto con Mwezi molto più potente di quello nei suoi sogni, tentò di rispondere a quelle effusioni. Si mosse con incertezza, quasi temendo di non poterlo fare, ma scoprì di non averne mai abbastanza, di volere di più. Smise di chiedersi come e perché; non si sarebbe perso un momento così prezioso.

Disse quelle parole tanto agognate con una voce rotta dall’emozione, ma non incerta. D’altronde cos’altro poteva significare quel gesto?

-Ti amo, Mwezi. Ti amo più di qualunque altra cosa al mondo- confessò, fermando le sue effusioni e guardandola negli occhi. Le dette tempo e modo di allontanarsi e rifiutarlo, ma quell’ultimo dubbio venne spazzato via quando la candida leonessa gli leccò il muso dal mento fino al naso.

-Anch’io ti amo, Nuka- rispose a un pelo dalla sua bocca. Nuka allora si abbandonò del tutto a quella meravigliosa sensazione, rendendo ancora più intenso il loro contatto. Prese un profondo respiro e si avventò quasi su Mwezi, sfregandosi teneramente sul suo nasino tondo e poi su tutto il suo muso morbido, il muso che aveva sempre amato. Le ripeté quanto l’amasse mille e mille altre volte ancora, quasi senza lasciarle il tempo di rispondergli.

L’eco di ogni effusione si riverberava in ogni fibra del suo corpo, facendo galoppare il suo cuore dalla gioia. Sentirono entrambi il bisogno di farsi più vicini l’uno all’altra, così Mwezi affondò il muso nella sua criniera, mentre Nuka la accoglieva nell’incavo del suo collo.
I loro petti erano a contatto, seduti l’uno davanti all’altra, e potevano sentire ognuno i movimenti e i respiri dell’altro.

-Mi sei mancato- disse Mwezi sepolta tra i suoi ciuffi catrame.

-Anche tu…- rispose lui, pentito di averla lasciata sola – Mi dispiace. Avevo paura che tu… che noi non potessimo ecco… Temevo di non essere abbastanza per te, non abbastanza forte, determinato…-

-Nuka, che stai dicendo?- disse Mwezi sciogliendosi dall’abbraccio e guardandolo stupita. Il suo leggero rimprovero si risolse i un sorriso affettuoso mentre premeva di nuovo il naso contro quello del leone. Lui la guardò sognante, ricambiando il gesto, ancora troppo sorpreso di poter veramente godere di quel contatto. Gli sembrava di essere in pace con tutto il mondo, come se avesse dimenticato che vi esistesse anche il male. 

-Io... non credevo di essere abbastanza per te- confessò -Sei troppo bella, dolce, gentile, divertente e mille altre cose per un leone debole e sgraziato come me... E pensavo che non io non potessi mai... ecco. 

Faticava ancora a credere che fosse reale, Temeva di veder Mwezi dissolversi come una nuvola dopo quelle parole, ma non accadde. La leonessa lo guardò sorpresa. 

-Ti ho mai fatto pensare una cosa simile?- gli chiese, quasi preoccupata, posando una zampa sulla sua. 

- No!- rispose Nuka -No, tu non hai mai fatto o detto niente di male. Anzi riuscivi sempre a strapparmi un sorriso e farmi stare bene. Ma mio padre ha detto... che... che non ero degno di te e mia madre... lei... Insomma mi hanno detto che un leone dovrebbe essere forte, robusto e coraggioso per meritarsi una leonessa speciale come te. Kopa sarebbe stato meglio di me in questo sens...

Venne zittito dolcemente da un'altra leccata di Mwezi proprio sulla bocca. La lingua calda lisciò poi la pelliccia sulla fronte e sulla guancia. Il muso della leonessa poi si immerse nella sua criniera fatta di morbidi rovi. Nuka rabbrividì per l'emozione sentendo il suo respiro caldo sul collo, ma non esitò ad accoglierla nell'incavo del suo collo. Strofinò il muso sulla sua testa e sul suo collo, assaporando tutto il suo calore e nascondendone il muso tra i ciuffi catrame, quasi a proteggerlo. 

- Io amo te, Nuka, non quel principino- gli sussurrò nell'orecchio scaldandogli il cuore - Non ascoltare tuo padre. Tu sei il leone più coraggioso, astuto e buono che io abbia mai conosciuto. Non pensare mai più a ciò che i tuoi genitori ti hanno detto. L'amore non è come te lo hanno spiegato.  

Prima di allora il giovane leone non si sarebbe mai sognato di andare contro il volere o le parole dei suoi genitori, ma aveva toccato con zampa quanto Scar e Zira avessero sbagliato quella volta.

Pertanto decise di fare come aveva detto Mwezi. Lei lo amava come lui amava lei e non poteva certo essere per niente! Le sue parole gentili erano nettare per lui le più dolci che avesse mai sentito in vita sua. L'amore e la felicità di quel momento sembravano troppi per il suo cuore abituato alle distaccate effusioni dei genitori. Credeva quasi di scoppiare!

-State diventando noiosi e fin troppo sdolcinati- li interruppe di colpo Asante, che li guardava fingendo disappunto –Mi fate uscire il miele dalle orecchie! Aspettate almeno di essere soli, per gli antenati!

Il suo sorriso era fin troppo evidente, malgrado cercasse di nasconderlo.

-Grazie Asante- disse Mwezi, sincera.

-Figuratevi tutti e due, ma ora sarà meglio tornare nel nostro territorio. Se non altro li avrete un luogo più comodo dove coccolarvi!- prese a ridere sguaiatamente. I due innamorati faticarono a lasciarsi contagiare, imbarazzati da quelle allusioni. Tutto ciò che volevano in quel momento era stare insieme, godere del reciproco contatto. Il resto dell’universo sarebbe potuto benissimo scomparire per loro.

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Capitolo 26
*** Amore e dolore ***


Mwezi stentava a credere che fosse andato tutto così bene, che Nuka avesse davvero detto di ricambiare i suoi sentimenti.

Appena lo aveva visto si era sentita pervasa da quel sentimento magico che avvertiva ogni volta che gli era vicino e semplicemente le parole le erano sgorgate fuori dalla bocca e il suo corpo aveva agito. Troppo a lungo aveva atteso quel momento.

Asante trotterellava contento davanti a loro, lanciandole ogni tanto occhiate complici. La leonessa si ripromise di ringraziarlo una volta sistemate le cose con Nuka. Senza di lui non è detto che loro due avrebbero mai potuto dichiararsi e tornare incolumi nelle terre di sua madre.

Si sfregò un po’ nella criniera ricciuta del leone, facendogli emettere delle fusa basse e profondi. Mwezi non era mai stata civettuola, ma se stuzzicare un po’ il leone portava a sentire i suoi occhi ambrati e qualche coccola non si sarebbe tirata certo indietro.

Quando le diede una leccata sulla guancia, la principessa sentì un piacevole tepore irradiarsi da tutto il suo corpo, mentre lei e il suo innamorato si guardavano rapiti e un po’ inebetiti dalle emozioni.

Arrivati al limitare della foresta, Asante scrutò un’ultima volta la piana arida, per essere certo di non essere seguito. Poi disse ai leoni che sarebbe andato a cercare sua madre Kamaria per parlarle di alcune questioni. Loro però non gli prestarono molta attenzione, desiderando solo stare l’uno con l’altra.

Solo quando la iena fece una battuta Mwezi arrossì visibilmente sotto la pelliccia candida. -Cercate di essere ancora solo in due quando ritorno!- ridacchiò Asante, guardando Mwezi in un ammonimento scherzoso.

Nuka vide la sua reazione e posò il suo naso su quello della leonessa, sfregandolo dolcemente. – S…sei molto carina quando arrossisci- le disse, in un modo impacciato che la leonessa trovava irresistibilmente adorabile.

Lo condusse poco lontano dal confine, a un fiumiciattolo che fuoriusciva dalle grandi pianure alluvionali e formava delle cascatelle, che scrosciavano piacevolmente.

Mwezi prese per prima posto sull’erba morbida e fresca, stendendosi su un fianco. Nuka la seguì subito, mettendosi dietro di lei in modo da farle da appoggio.

La candida leonessa fu ben contenta di quel cuscino. Fece scivolare la sua testa sulla criniera del leone, prima di adagiarla tra le sue zampe. Lo guardò con i suoi grandi occhi azzurri e gentili, come invitandolo e in quelli del suo amato si accese un lampo di desiderio.

La raggiunse nascondendo il muso nell’incavo del suo collo, che vibrò per le fusa quando Nuka respirò sonoramente nel suo collo, beandosi di quell’odore. La leonessa ebbe un fremito leggero, che non nascose affatto.

Il leone però rialzò bruscamente il muso, guardandola quasi con dispiacere, come se si sentisse in colpa.

- Perdonami, Mwezi… io…- iniziò a balbettare, evitando il suo sguardo.

-Nuka che succede?- chiese lei preoccupata –Va tutto bene?

- Sì… sì è tutto perfetto ma…- iniziò a dire, guardandola sognante, per poi incespicare di nuovo nelle parole –Prima non volevo metterti a disagio. So che il mio aspetto poco curato e l’odore poco invitante potrebbero…ecco…mettere paura o far pensare male e credimi io… -

-Nuka- lo interruppe dolcemente Mwezi – Te l’ho detto: tu sei perfetto così come sei e io ti amo. Non devi dare ascolto ai tuoi genitori.

-Tu sei perfetta- la corresse lui –Io ancora non capisco cosa tu possa vedere in me… Ciò che dice mio padre sembra molto più sensato considerando il mio aspetto…
Mwezi sospirò, poi le venne un’idea. Leccò il muso di Nuka per guardarlo negli occhi, caldi come il fuoco che sentiva ardere nel suo cuore.

-Dici sempre di essere gracile, ma qui- disse sfregandosi sulle sue spalle –io sento non pochi muscoli. Non credo saresti riuscito ad affrontare la prova altrimenti, o sbaglio?

Di fronte all’evidenza e alle sue stesse emozioni il leone scosse la testa. Mwezi allora proseguì, immergendo il muso nella sua criniera, un contatto che aveva scoperto di amare.

-Il tuo odore poi non è affatto male, sai?- gli disse nell’orecchio –Sai di…deserto ecco. Hai lo stesso odore delle pietre scaldate dal sole. Inoltre la tua criniera ricciuta mi piace molto, è morbida e calda. Ma più di tutto, io amo il leone che sta sotto.

Di nuovo le fusa, accompagnate dal muso di Nuka che si sfregava sulla sua testa. Si sdraiarono di nuovo nell’erba. La testa del leone era accoccolata sopra quella della leonessa, nascondendola quasi totalmente con la sua criniera.

- Grazie Mwezi – le disse – Ma non capisco una cosa: perché mio padre e mia madre…? Insomma perché mi hanno detto quelle cose se poi non sono vere?

- Forse non volevano che tu fossi felice…- azzardò la leonessa – Non trovo altra spiegazione. Se ti avessero voluto bene e pensato alla tua felicità non ti avrebbero detto quelle cose cattive per farti credere di non poter stare con me.

-Ma… loro mi vogliono bene! –obbiettò il leone –Magari in modo un po’ rude ma… me ne vogliono. Lo fanno solo per fortificarmi…

-Quindi per renderti più forte dovrei anche io dirti che sei brutto e incapace?- gli chiese Mwezi, guardandolo con la coda dell’occhio –So che ti ferirei così e per questo non lo farò mai, perché ti amo. Inoltre non credo tu abbia bisogno di essere ancora più forte.

Vide il leone commuoversi e leccarle la guancia con affetto, ma allo stesso tempo sembrava pensoso. Probabilmente non aveva mai considerato l’ipotesi che i suoi genitori non lo amassero, troppo perso nella sua ammirazione per loro. Mwezi sentiva che, anche se appena, si stava staccando da Scar.

-Tu mi diresti mai cose simili solo per rendermi più forte? – gli chiese ancora, spronandolo.

-No! Mai e poi mai. Mi sento orribile solo a pensarci, a pensare di renderti infelice o farti del male- le disse. Era proprio come diceva Rafiki: lui sapeva nel profondo del suo cuore e lentamente quella consapevolezza stava arrivando anche alla sua testa.

Mwezi rabbrividì al pensiero che qualcuno avesse fatto del male a Nuka, non capiva come fosse possibile. Si accoccolò meglio vicino a lui, sentendolo fare altrettanto,
come se entrambi temessero di venire separati da un momento all’altro.

- Nuka – gli disse ancora – Tra non molto saremo entrambi adulti e io dovrò scegliere un compagno… Il mio regno ha bisogno di un leone che protegga queste terre… Ecco, io mi domandavo se tu potessi… Vuoi essere il mio compagno?

Appena si girò a guardarlo, il respiro le venne rubato dal naso di Nuka, che di nuovo prese a sfregarsi sul suo. Sorpresa, restò ferma a godersi quella sensazione.

-Sì – le disse il leone, prima di leccarle la fronte –Mille volte sì.

Ancora qualche altra effusione dei due innamorati, i cui respiri ormai erano uniti. Nessuno dei due aveva mai provato una sensazione così bella. Volevano che non finisse mai.

- Questo però… significa che dovrò lasciare la mia famiglia- pensò ad alta voce il leone staccandosi appena da lei.

- Mi dispiace, Nuka – disse Mwezi – Ma loro sono degli esiliati. Assieme a loro però lasceresti le terre aride, le umiliazioni e il dolore che le loro parole ti hanno inferto e staresti con me ed Asante. Io e te saremmo compagni e non dovremmo più aspettare per vederci…

Lo vide pensare diversi minuti, con gli occhi ambrati persi nel vuoto. Per un attimo temette che non sarebbe stato capace di abbandonare Scar e Zira, che fosse troppo legato a loro, ma poi le chiese: -Pensi davvero che non mi amino?

-Se ti amassero non ti avrebbero mai fatto soffrire in qualsiasi modo e per nessun motivo- gli disse sicura –Tu sai che è sbagliato e infatti non lo faresti mai a me.
Altri secondi di silenzio, che a Mwezi parvero interminabili. La paura di perdere Nuka si acquietò solo quando il leone mise di nuovo il muso accanto al suo, sfregandosi teneramente.

-Ti prometto che ci penserò. Dammi tempo fino a domani per decidere. Ora voglio solo stare con te- le disse. La leonessa dovette accontentarsi e per tutto il pomeriggio lei e Nuka rimasero lì in quella piccola radura, al confine tra i loro due mondi, lontani da tutto e da tutti. Soli con il loro amore.

Non si accorsero del babbuino appollaiato su un albero che li spiava silenziosamente, contento di aver finalmente capito le parole di Ahadi. Forse però avrebbe dovuto dare una spintarella anche al giovane leone. Il tempo della profezia era ormai prossimo allo scadere.

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Capitolo 27
*** Confronto ***



La sera arrivò crudelmente troppo presto per i due giovani leoni.

Il loro saluto fu lungo e pregno di affetto, come se temessero di non rivedersi di nuovo. In realtà Mwezi nutriva davvero quella paura, dopo tutte quelle settimane passate senza Nuka, anche se lui aveva accettato di diventare suo compagno.

Sfregò di nuovo il muso nella sua criniera, mentre lui le leccava la testa.

Asante intanto rimaneva in disparte. Aveva insistito per accompagnare Nuka e fare con lui almeno un tratto della strada fino alla sua tana. La leonessa sospettava che ci fosse qualcosa di cui volesse parlargli, ma non aveva domandato. Si fidava della iena al punto da affidargli la sua stessa vita.

- Ora devo andare –disse a malincuore la leonessa, staccandosi dall’abbraccio –Mia madre si starà chiedendo dove sono e…devo ancora trovare il modo di dirle di noi.

Il leone annuì, incerto su cosa aspettarsi da quella regina intransigente. Non gli aveva mai fatto del male, ma sapeva di avere buone ragioni per temerla, ora che era segretamente fidanzato con la figlia.

- Ti prometto che domani tornerò – le disse sfregando un’ultima volta il naso contro il suo –Non mancherò più un giorno d’ora in poi-.
Avrebbe voluto aggiungere “e presto staremo insieme per sempre”, ma prima doveva risolvere la questione con la sua famiglia. Quel giorno con Mwezi aveva suscitato in lui molti dubbi, lasciandolo a un bivio: la leonessa che amava o la famiglia che lo aveva cresciuto.

Gli era ancora difficile credere che i suoi genitori, soprattutto suo padre, non lo amassero, ma diverse cose non gli erano chiare. Perché gli avevano mentito? Perché avevano distrutto in quel modo i suoi sogni? E perché avevano scelto proprio di essere così duri per crescerlo.
Asante era una iena forte e sana, ma sapeva da lui stesso che sua madre Kamaria, malgrado la severità non aveva mai alzato una zampa su di lui.

Quando Mwezi si avviò verso casa, Nuka sospirò. Non era la prima volta che credeva di aver trascorso il giorno più bello della sua vita assieme a quella leonessa e sperava con tutto il cuore che non sarebbe stata l’ultima.

-Andiamo?- fece Asante dietro di lui, accennando alla piana arida.

Il leone non ebbe il tempo di rispondere perché una risatina stridula si levò dagli alberi sopra la sua testa. Alzò lo sguardo e un mango gli piovve sul muso. La sua polpa molle spiaccicata per poco non gli finì negli occhi, bagnandogli il pelo.

Il suo amico non riuscì a reprimere una risata di fronte a quella vista, ma si sorpresero entrambi quando una voce gracchiante disse: -Per gli Antenati! Asante, sei proprio cresciuto dall’ultima volta che ci siamo visti!

La iena rimase in silenzio, confuso, fino a quando un mandrillo non mise il muso fuori dalle ombre degli alberi. Il suo muso si aprì allora in un largo sorriso e la coda si agitò festante.

-Rafiki! – gridò –Non ci vediamo da una vita… Come mai da queste parti?

-Beh una giovane principessa che manda a monte le nozze con l’aiuto di un reietto non è certo una notizia di tutti i giorni. Mi ha incuriosito, ecco- spiegò la scimmia balzando giù dall’albero. Nonostante le numerose lune che gravavano sulla sua schiena sembrava ancora agile. Teneva in mano un bastone, a cui erano fissati alcuni frutti e Nuka intuì che doveva essere uno sciamano.

-Voi due vi conoscete?- chiese il leone un po’ a entrambi.

-Oh sì!- esclamò Rafiki scompigliando il ciuffo sulla testa di Asante –Da cucciolo veniva spesso a farmi visita sul mio albero… quando lui e la sua famiglia vivevano ancora nei pressi della Rupe dei Re-

Nuka guardò la iena sorpreso: non gli aveva mai parlato della sua amicizia con uno sciamano, per di più lo sciamano delle terre di Simba!

- Anche tu sei cresciuto molto, Nuka. Se non sbaglio ormai sei quasi adulto- disse poi facendo un passo verso di lui. Il leone lo guardò con aria interrogativa: era sicuro oltre ogni limite di non aver mai visto il babbuino.

-Ti ho presentato io al popolo, quando regnava ancora tuo padre- disse, l’ultima parte con malcelata amarezza. –Ricordo che eri molto gracile. Tenendoti in mano avevo paura di farti male… E guardati adesso! Niente male, niente male davvero! E anche qui e qui sembra esserci qualcosa di interessante- disse picchiettando col bastone prima sul cuore e poi sulla testa.

-Quindi tu hai assistito mio padre durante la sua reggenza! – esclamò Nuka, d’un tratto pervaso da un insolito senso di gioia. Sperava che la scimmia potesse raccontargli una storia diversa su suo padre: non quella di un assassino e usurpatore, ma di un sovrano retto e saggio che aveva agito per il bene del suo popolo.

Tuttavia, appena vide l’espressione del mandrillo rabbuiarsi si accorse che non sarebbe stato così. D’altronde cos’altro poteva aspettarsi dallo sciamano di Simba?

-Sono stato purtroppo testimone di numerosi dei suoi crimini- ammise il babbuino –Ma stasera non sono qui per Scar, ma per te, Nuka-
Gli si fece più vicino, posandogli una zampa sulla spalla. La sua voce calma e insieme quasi solenne ebbe una sorta di effetto ipnotico sul leone: -Le mie parole sono poche, ma tutte importanti. Ti avvicini ormai al tuo mezzo lustro, il tempo è per te di diventare adulto. Dovrai accollarti il fardello negato ai cuccioli, quello di fare le tue scelte e vedere il mondo con i tuoi occhi, prima che con quelli di altri.

Nuka lo guardò, confuso. Asante, invece, pareva stranamente calmo, come se riuscisse a capire di che cosa stesse parlando il babbuino.

-Tu ami Mwezi, non è vero?- gli chiese d’un tratto a bruciapelo.

-S..Sì ma cosa c’entra?-

-Allora sappi che un pericolo incombe su di lei. Stanotte tu dovrai scegliere. Sarà la prima scelta importante della tua vita, Nuka. Di più non posso dirti, ma se vuoi proteggere colei che ami, fidati del tuo cuore e di coloro a cui tu sei più caro- disse Rafiki, parlando in tono improvvisamente più concitato, tanto che Nuka quasi si spaventò.

Di che cosa stava parlando? Da cosa doveva essere protetta Mwezi?

-Il tempo ormai è prossimo- concluse il babbuino –Nel tuo cuore hai già tutte le risposte che cerchi e stanotte forse dovrai tirarle fuori.

-Rafiki, ora stai iniziando a spaventare anche me- disse Asante facendo un passo avanti. Il fatto che Mwezi fosse in pericolo spaventava anche lui, che la considerava quasi come una sorella.

Nessuno dei due amici poteva immaginare quante parole premessero nella gola del babbuino per uscire. Quante cose avrebbe voluto confessare loro, avvertirli del pericolo che correva Mwezi, ora che si avvicinava il momento per lei di diventare adulta. Scar questo lo sapeva e non avrebbe aspettato un giorno più del necessario...

Tuttavia non poteva dirglielo: il destino deve realizzarsi da solo. Più si cerca di manovrarlo, più lo si deforma, finché non si avvera nella maniera più sgradita ai mortali.

Nuka doveva trovare da solo la forza per decidere di staccarsi da suo padre.

-Altro non posso dirvi- ribadì, tentando poi di rassicurare i due giovani –Ma finché siete con la principessa, lei è al sicuro.

Non aspettò le loro proteste. Rimontò sull’albero rapido quasi come quando era cucciolo.
Celato tra le ombre dei rami e delle foglie guardò un’ultima volta il leone e la iena, meravigliandosi di quanto fossero cresciuti. Forse era stata proprio la fortuita coincidenza di crescere assieme ad averli plasmati in quel modo.

 Lo sciamano non poté non ringraziare gli antenati di aver dato al figlio di Scar quella possibilità, ma ora era arrivato il momento di raccogliere il frutto di quegli anni, sperando che fossero stati abbastanza.

Spazio Autrice: Ehilà! Come state lettori! Devo dire che siamo cresciuti a dismisura! Su non siate timidi e datemi qualche consiglio, perché non sono molto convinta di questo ultimo capitolo! Pensate che sia venuto bene?
In ogni caso nel prossimo Nuka e suo padre dovranno avere per forza un confronto…o meglio dire uno scontro? Come pensate che andrà? Fatemi sapere nei commenti! Ci vediamo martedì prossimo!

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Capitolo 28
*** Scontro (parte I) ***



Il leone e la iena camminarono per un po’ nella piana arida, in silenzio. Il freddo pungolava la pelle sotto lo strato di pelliccia, mentre condensava i loro fiati in una effimera nuvoletta.

Asante non riusciva a non guardarsi intorno a ogni passo. Non era abituato a quella solitudine, all’assenza totale di rumore, e Nuka lo sapeva. Sin da cuccioli avevano ascoltato rapiti i concerti delle cicale e degli altri insetti ogni sera all’imbrunire. Crescendo, lui aveva imparato ad apprezzare il bello di entrambi.

Da un lato l’allegria di quella festa notturna nel regno di Mwezi scacciava la solitudine, ma dall’altro il silenzio del deserto era ottimo per concentrarsi e riordinare i pensieri. In quel momento Nuka aveva bisogno proprio di quello.

Il terrore che un qualsiasi pericolo potesse minacciare la sua amata era tale da contorcergli tutte le viscere. Ma perché quel cavolo di babbuino era stato così criptico?

Non poteva semplicemente dirgli cosa stava succedendo? Avrebbe protetto meglio Mwezi.

Inoltre poi c’era tutto il resto del suo discorso sulle scelte che avrebbe dovuto compiere quella sera. Riguardo a quello, però, il leone credeva di avere una mezza idea su
ciò a cui si riferiva.

Nella sua testa non faceva che ripetersi che, una volta a casa, avrebbe chiesto ai suoi genitori delle risposte, ignorando gli sguardi infuocati di sua madre. Poi avrebbe annunciato il fidanzamento con Mwezi. Almeno di quello sperava che si sarebbero rallegrati, che avrebbero ammesso il loro errore.

Guardò nel cielo, meravigliandosi della miriade di stelle che lo puntellavano ma rimpiangendo l’assenza della luna. Il suo amore già gli mancava. Un pomeriggio di coccole, solo loro due, gli sembrava troppo poco. Voleva essere di nuovo accanto a lei, sentirne il respiro nella criniera, il profumo nelle narici e la voce nelle orecchie…

Una volta risolto tutto non dovrò più fare questa maledetta strada, si disse per infondersi un po’ di coraggio, Dormirò e mi sveglierò al suo fianco…

-Che giornata eh?- fece d’un tratto Asante, che sembrava non reggere più quel silenzio assordante –I miei due migliori amici si sono messi insieme e poi è arrivato Rafiki con qualche profezia di terrore-

Sfoggiava un sorriso abbastanza nervoso, ma negli occhi il leone vi leggeva la sua supplica a parlare di qualcosa, a non farlo sentire solo in quella piana sconfinata e sterile.

-Già- rispose Nuka, prima di dargli una scherzosa spallata – Ed è tutto merito tuo. Senza di te, non avrei mai trovato il coraggio per andare dalla principessa. Ti devo un enorme favore Asante…-

-Per gli amici questo e molto di più- disse lui, poi fece una pausa –Cosa conti di fare con tuo padre? Continuerai a seguirlo?

-A essere sincero, non lo so- disse Nuka – Voglio…voglio prima capire perché mi ha mentito, perché mi ha detto quelle cose… Forse però Rafiki ha ragione: stanotte accadranno scelte importanti.

-Pensi ancora che sia un leone buono?- insistette Asante, con uno sguardo che tradiva la speranza di ricevere un no come risposta. Il giovane leone, però, era più propenso a credere che tra i suoi genitori fosse proprio Scar il buono. In fin dei conti era sempre stato lui quello che lo incoraggiava, mentre Zira non perdeva occasione per spronarlo e criticare i suoi fallimenti. Se proprio c’era qualcuno che non gli voleva bene era lei.

- Tu pensi ancora che sia stato un tiranno?- chiese alla iena.

-Non lo penso- rispose sicuro –Lo so. L’ho visto nelle Terre del Branco.

Non avevano più parlato di quell’argomento per molto tempo, da quando avevano deciso di diventare amici. In circostanze normali, Nuka gli sarebbe saltato addosso obbligandolo a rimangiarsi tutto ciò che aveva detto o persino pensato, nei confronti di suo padre. Tuttavia non voleva rovinare una bella giornata come quella.
Quindi dette all’amico una risposta neutra: - Domani mi sarà tutto più chiaro. Per il momento pensiamo a rivederci domani allo stesso posto e tenere gli occhi aperti per ciò di cui parla Rafiki. Mwezi deve restare al sicuro-.

Asante annuì con una fermezza simile a quella di sua madre. Quella raccomandazione era superflua per una iena che aspirava a entrare a far parte delle guardie. Dopo qualche istante però tornò a fare il buffone, come suo solito, per sbollire la tensione. Gonfiò il petto orgogliosamente e sfilò davanti a Nuka gongolando: -Non so se sai che sono stato nominato sua guardia personale mentre eri via.

- Allora sì che la mia amata è spacciata- lo provocò il leone, ricevendo in cambio una zampata leggera.
 

Si salutarono quando riuscirono a scorgere nelle tenebre le sinistre vette del termitaio, che svettavano nell’oscurità simili ai denti di qualche gigantesco animale. Asante preferiva non essere fiutato dalle iene e rischiare quindi di incontrare sua zia Shenzi.

Nuka avrebbe voluto maggiori dettagli sul perché di questo suo desiderio, ma per una sera i misteri erano già troppi e ora aveva altro a cui pensare.

Avvicinandosi alla sua casa notò da subito che c’era qualcosa di strano. Due iene di guardia avrebbero già dovuto venirgli incontro per accertarsi che non fosse un nemico. Inoltre i piccoli ripari situati fuori dalla tana più grande erano completamente vuoti, quando buona parte delle iene si era già coricata a quell’ora.

Nessun rumore di denti che rosicchiavano vecchie ossa, nessun russare lo accolse. Il gigantesco termitaio sembrava abbandonato, fermo in una dimensione immutabile del tempo. Nuka non riuscì a scacciare un nodo allo stomaco nel vedere la sua casa così desolata. Dove erano finiti tutti? Annusò il terreno, preoccupato, accorgendosi che l’odore delle iene e di due leoni era ancora fresco e impresso nelle rocce sedimentate dagli insetti. Non dovevano essere molto lontani.

Tendendo l’orecchio riuscì a cogliere l’eco della voce di suo padre, che si perdeva nell’immensità del deserto. Proveniva dall’altro lato del termitaio. Il tono sembrava enfatico e trascinante, ma non riusciva a cogliere le parole complete.

Affrettando il passo, fece il giro del termitaio fino a ritrovarsi alle spalle dell’intero branco di iene. Erano riunite attorno a Scar, che dall’alto di una roccia levava una voce possente e autoritaria che Nuka non ricordava di avergli mai sentito usare. Gli occhi erano infervorati, mentre scorrevano su ognuno dei suoi seguaci. Un sorriso sicuro e tracotante scopriva le zanne ingiallite, ma sempre affilate come le rocce più spigolose. Teneva il petto in fuori, sfoggiando il fisico magro ed elegante, avvolto quasi completamente nella zona anteriore, da una criniera folta e nera come il catrame.

Sotto di lui, Zira lo guardava ammaliata e quasi orgogliosa. Nuka però non riusciva ancora a capire cosa stesse dicendo. Si avvicinò, passando in mezzo alle iene e cercando di non pestare la coda a nessuno. Quando non ci riuscì tuttavia, loro sembrarono non badarci.

Gli occhi di tutti erano fissi sul re che li stava spronando dall’alto della roccia, carichi di una supplichevole speranza, derivata da tutte quelle lune di stenti a cui erano stati costretti dall’ambiente arido.

- Nelle stelle è scritto che noi dobbiamo regnare!- ruggì Scar – E grazie alla mia discendenza, presto non dovremmo più preoccuparci di sentire il più piccolo languore! Il regno di Furaha sarà nostro!-

Le iene esplosero in latrati accorati ed esultanti, che sembravano aver trattenuto fino a quel momento. Il giovane leone fu l’unico a restare in silenzio, in mezzo a quella baraonda, immobilizzato dalle parole di suo padre, che erano state come una secchiata di acqua gelida.

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Capitolo 29
*** Scontro (parte II) ***


Il tumulto dei seguaci di Scar durò ancora diversi istanti. Dall’alto della roccia il leone si ergeva fiero e composto, godendo di quel momento di potere, in cui era pienamente certo di aver catturato la lealtà di tutte le sue iene, le quali ridevano e abbaiavano eccitate e trepidanti.

Suo figlio però, sentiva solamente il rumore dei propri pensieri, che ronzavano in testa come uno sciame di api rabbiose. Cosa intendeva suo padre con quelle parole? Voleva forse attaccare il regno di Furaha? Che ne sarebbe stato di lei e soprattutto di Mwezi? Inoltre…aveva parlato della sua discendenza… Nuka si chiese se suo padre avesse scelto un ruolo per lui in quel piano che infervorava le iene e, in tal caso, quale fosse.

-E ora, miei fedeli, è tempo di dormire e ristorarci!- affermò solennemente, placando di colpo i latrati delle iene –A partire da domani cominceremo i preparativi per la conquista e voi, miei soldati, dovrete essere nel pieno delle forze! Non saranno ammessi errori, ma se riusciremo…questi anni di fame e stenti saranno solo un vago ricordo e presto vendicheremo anche l’onta arrecataci da mio nipote! Un regno due volte più grande ci attende!

Un ultimo ruggito accorato esplose tra le colonne del termitaio, mentre Scar scendeva a passi composti e regali dalla sua roccia. Non possedeva nessun regno, ma tutti, soprattutto suo figlio, lo consideravano un sovrano e tutti lo avrebbero seguito ovunque. Nuka, tuttavia, per la prima volta stava iniziando a maturare dei dubbi sul fatto che i propri desideri coincidessero con quelli del padre.

Zira si strusciò addosso al suo compagno, congratulandosi per il discorso che era riuscito a infervorare gli animi, ma lui ricambiò appena le sue effusioni provocanti, mantenendo un atteggiamento distaccato. Il loro figlio decise allora che era il momento buono per parlare loro degli avvenimenti della giornata, del suo fidanzamento con Mwezi e chiedere il perché di tutto quel clamore.

Si fece quindi largo tra le iene che rientravano nel termitaio continuando a sghignazzare e sorridere sognanti. Non colse che alcune parole, troppo occupato a raggiungere i suoi genitori, ma avrebbe giurato che riguardassero una qualche vendetta contro Simba.

-P…padre!- lo chiamò il leone, optando per una parola più formale per non interrompere la solennità di quella serata.
Scar sgranò appena gli occhi, mormorando: -Oh sei qui. Mi stavo giusto chiedendo dove fossi finito-

Non smise di camminare, guardando appena il figlio mentre si avviava verso la propria camera. Zira lo seguiva strusciandosi sul suo fianco, ma il suo compagno restava insensibile a quelle effusioni. I suoi occhi serpentini erano persi in un punto indefinito, mentre sul muso aveva un’espressione di compiacimento.

-Padre che cos’era…quell’adunanza? Di che stavi parlando di preciso?- chiese il giovane leone, camminando qualche passo dietro ai suoi genitori.

-Oh, nulla di cui tu debba preoccuparti, sta tranquillo- rispose Scar quasi con noncuranza. Arrivati nella vasta camera del termitaio, il leone andò a sdraiarsi comodamente su un fianco al suo solito giaciglio, dove, a lungo andare, la roccia friabile era stata leggermente levigata per seguire meglio le forme del suo corpo. Zira si accucciò proprio dietro di lui, affondando il muso nella sua criniera. Una sottilissima smorfia di fastidio fece trapelare il reale sentimento di Scar, ma né la sua compagna né Nuka se ne avvidero.

Quest’ultimo, infatti, si mise seduto compostamente di fronte ai suoi genitori, pronto a esporre il resoconto della sua giornata.

-Oggi pomeriggio sono andato da Mwezi e…- iniziò nervosamente e la sua esitazione lasciò a Scar il tempo di prendere la parola. Il suo muso si era illuminato non appena aveva sentito nominare la leonessa.

-Splendido!- disse, muovendo la coda per l’emozione –E come sta la nostra cara leoncina? Anzi, ormai sarebbe più appropriato dire leonessa visto che è praticamente adulta…

-Sta molto bene- rispose Nuka –siamo stati insieme tutto il tempo e …avrei qualcosa da dirvi in proposito- disse il giovane leone facendosi coraggio.

-Spero che tu non voglia ricominciare a parlare della tua inutile infatuazione- disse Scar alzando impercettibilmente gli occhi al cielo, mentre si controllava gli artigli. –Pensavo che l’argomento fosse chiuso- continuò.

Zira intanto aveva scagliato un’occhiataccia al figlio, ammonendolo per aver ripreso un discorso già finito diversi giorni prima.

Per la prima volta, però, Nuka decise di ignorarla. Quella volta i suoi genitori dovevano ascoltarlo, non avrebbe accettato di stare zitto finché non avesse fatto capire loro quanto si erano sbagliati sul suo conto.

-In realtà sì…-ammise facendosi coraggio–I miei sentimenti per Mwezi non sono mai cambiati e dopo averla rivista oggi…beh posso garantire che sono persino più forti-.

Suo padre lo guardò di sbieco, senza però perdere la sua compostezza, mentre si puliva le zampe. –Nuka mi secca molto ripetere più volte le stesse cose- disse in un sibilo velenoso –Ne abbiamo già parlato. Tu non sei e non sarai mai abbastanza per una leonessa del rango e della bellezza di Mwezi. Smettila di farti del male e di infastidirmi con queste insulsaggini e accetta il fatto di non poter avere alcun futuro con lei. Le stelle hanno predetto altro per quella creatura meravigliosa.

-Mi dispiace, padre, ma hai torto su questo- disse il giovane leone. Il suo tono si era fatto di colpo convinto, forte di tutti i ricordi della giornata, del calore emanato dal corpo di Mwezi, della tenerezza delle loro effusioni e dell’amore che si erano dichiarati.

Il silenzio che scese nella camera, però, non gli fece presagire nulla di buono. Un attimo dopo, le zampe di suo padre stavano premendo sulla sua gola, costringendolo a terra.
 

Con uno scatto fulmineo, degno di un leone ben più giovane di lui, Scar si era lanciato su Nuka appena aveva sentito quelle parole. In quel momento non era più suo figlio, ma un contendente alla compagna che anelava da anni, il premio per quell’attesa così lunga e carica di promesse.

Come si permetteva quel cucciolo troppo cresciuto, quella patetica palla di pelo scarmigliato di pensare una cosa simile!?

Premette la punta dei suoi artigli sulla sua gola, facendolo guaire. Era a tanto così da ruggirgli che Mwezi era solo e soltanto sua, che gli spiriti l’avevano creata solamente per generare una stirpe invincibile e duratura. Scar non lo avrebbe mai detto ad alta voce, ma avrebbe voluto un figlio come suo nipote, forte fin dall'infanzia e che fosse in grado di tenergli testa. Nuka non aveva mai raggiunto le sue aspettative e in quel momento più che mai si pentì di non averlo ucciso.

Un pensiero, un terrore, si affacciò di colpo alla mente del leone più anziano. La storia si stava ripetendo di nuovo... Lui ormai stava diventando vecchio, il suo manto sbiadiva davanti a quello delle nuove generazioni... Era successo con Simba e ora con Nuka

E... se avesse già rovinato tutto? , pensò. Lo aveva contraddetto per la prima volta e forse c'era un motivo... Che avessero celebrato in segreto il rito...? No non poteva essere accaduto!.
Non avrebbe permesso a Nuka di mandare a monte i piani che aveva messo a punto con così tanta cura, anche a costo di ucciderlo!

-Su che cosa avrei torto, di grazia?- gli chiese con una voce velenosa –Sul fatto che tu sia un leone misero e appena degno del nome della nostra specie o sul fatto che una leonessa come Mwezi potrebbe mai interessarsi a te?-

-Perché mi dici queste cose?!- sbottò di colpo Nuka, guardandolo dritto negli occhi come mai aveva fatto prima d’ora. Per un attimo Scar ebbe paura del bagliore di rabbia che scorgeva in fondo a quegli occhi ambrati, dietro alla tristezza che li velava di lacrime. La forza nelle zampe di suo figlio, poi, lo sorprese ancora di più.

Questo, infatti, riuscì a spingerlo in modo da fargli mollare la presa e per non ricadere a terra, Scar fece un balzo indietro, ringhiando al giovane leone grigio in avvertimento. Zira lo imitò, erompendo in un ruggito rabbioso e alzandosi di scatto in piedi. I suoi occhi indirizzavano al figlio uno sguardo carico di odio, ma Nuka non la guardava, concentrato sul padre.

-Non credo di aver fatto niente per meritare un simile trattamento!- disse deciso, imitando la postura del padre e appiattendo le orecchie sulla criniera –Se devi punirmi, padre, voglio almeno saperne il motivo e perché ti suscitano tanta rabbia le mie parole!

-Sei un leone sciocco! Questo mi fa arrabbiare!- ruggì Scar mostrando i denti –Non vuoi capire che sto solo cercando di fortificarti e risparmiarti sofferenze inutili. Ingrato di un figlio! Ti sembra questo il modo di rispondere a chi cerca di prendersi cura di te?!

-Ma tu stai sbagliando!- osò dire Nuka, sempre più preso dalla foga del momento, come trascinato dalla corrente di un fiume –Hai torto su me e Mwezi. Torto marcio!

-Mwezi non sarà MAI tua! Non ci vuole un genio per capire che nemmeno la più brutta delle iene ti prenderebbe come compagno e più impiegherai ad accettare questo fatto, più a lungo rimarrai un debole e un illuso!- ruggì, sempre più al culmine dell’ira, Scar. Quanto avrebbe voluto saltare addosso a Nuka. Mettere per sempre fine a quell’esistenza che ormai aveva esaurito del tutto la sua utilità per i propri fini e che, anzi, rappresentava un ostacolo tra lui e la sua Luna.

Tuttavia sapeva riconoscere quando era il momento per intraprendere uno scontro, durante il momento di massima debolezza di un nemico. Così aveva fatto con Mufasa, anche se con Simba si era ritrovato costretto a una battaglia corpo a corpo che aveva perso.
Si era reso conto che Nuka, forte della sua giovinezza rischiava di sopraffarlo o quanto meno di ferirlo gravemente se fosse intervenuta anche Zira. Non poteva permettersi una simile complicazione al suo piano.

-Io ti ho lasciato giocare nel regno di una leonessa che mi aveva insultato e umiliato, ti ho permesso di vivere nonostante, alla tua nascita, qualsiasi sciamano mi avesse consigliato di porre fine alla tua vita, dicendo che non saresti mai diventato un leone capace di difendere le sue terre, cosa che si è rivelata vera a quanto pare!- mentì, facendo vacillare la sicurezza di Nuka –Ma se è così che vengo ripagato, con un figlio ingrato e disubbidiente, allora vattene! Sparisci dalla mia vista e non tornare mai più!-

Il giovane leone lo guardò stralunato, come se credesse di aver capito male, come se volesse aver udito le parole sbagliate. Rivolse una rapida occhiata a Zira, cercando una sorta di conforto, la conferma alle proprie speranze, ma trovò solo un muso deformato da una smorfia ostile al pari di quella di Scar. Ansimò, profondamente ferito. Una lacrima colò giù dal suo occhio solcandogli la guancia grigia.

Un leggero scatto in avanti di suo padre, accompagnato da un ringhio, bastò a farlo scappare via. Nei cunicoli risuonò il suo singhiozzo strozzato, mentre l’eco dei suoi passi svaniva man mano che si allontanava. Scar sapeva che sarebbe corso verso il regno di Furaha, ma che gli Antenati lo dannassero se gli avesse permesso di arrivarci, di avvicinarsi ancora alla sua Mwezi!

-Zira! Chiama le iene!- ordinò – Spero per loro che riescano a uccidere almeno questo idiota…-

Spazio autrice: SCUSATEMI per la lunga assenza! Sono stata molto impegnata con la scuola e la preparazione a diverse verifiche e questo inevitabilmente mi ha distratto dai miei doveri di scrittrice. Ora che arriva la settimana di autogestione spero però di riuscire a rimettermi in pari con tutte le mie opere.
Anyway… Piaciuto il capitolo? Fatemi sapere tutte le vostre opinioni! Non siate timidi.

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Capitolo 30
*** Tre iene ***


Shenzi correva a perdifiato seguita dai suoi amici, Ed e Banzai. Alla fine, Scar aveva ordinato che andassero altre iene a inseguire suo figlio, ricordandosi che uccidere i giovani leoni non era esattamente la specialità di quei tre.
La matriarca scosse la testa, ricordando quando aveva inseguito i leoncini nel cimitero degli elefanti, violando la più antica delle leggi dettate dagli spiriti.

Cosa non l’aveva spinta a fare la fame e il desiderio di dare e a sua sorella Kamaria, all’epoca incinta, qualcosa da mangiare. Ed e Banzai avevano portato con lei quel fardello, la consapevolezza di aver commesso un’ignominia dopo l’altra contro il Cerchio della Vita per potersi sfamare. Forse non erano più nemmeno degni di abitare quella terra meravigliosa e alla loro morte le Stelle avrebbero impedito loro di entrare nel regno celeste, a causa dei loro peccati.

Ma cos’altro avrebbero potuto fare? Nel cimitero degli elefanti i morsi della fame si facevano sentire ogni giorno e il poco che si riusciva a trovare non bastava mai per tutti. Non c’erano altri territori dove un branco di iene sarebbe stato accettato.

O almeno… Shenzi non ne aveva mai trovato uno, ma sua sorella e suo figlio, Asante, sembravano essere stati più fortunati.
Pensando al nipote, la matriarca aumentò la velocità, senza mai perdere la traccia dell’odore di Nuka. Non poteva permettere che gli altri lo uccidessero.

Vero, se il piano di Scar avesse avuto successo lei e il suo branco avrebbero avuto di nuovo di che riempirsi la pancia, ma a quale prezzo? Kamaria e Asante avrebbero rischiato di morire per proteggere il loro regno e quella leonessa, Mwezi, sarebbe stata condannata a una vita con Scar. Quest’ultima cosa, tuttavia, era la meno importante per Shenzi, la quale pensava prima di tutto alla sua famiglia.

Che il suo spirito scomparisse pure nell’oblio! Senza sua sorella niente di ciò che aveva fatto fino a quel momento avrebbe avuto un senso, la sua vita non avrebbe avuto un senso! Nuka era l’unico che poteva impedire una strage.

-Eccolo!- latrò Banzai, indicando la sagoma scura di un leone che camminava a passi trascinati davanti a loro.
Shenzi si guardò intorno, ormai ridotta al fiatone. Le altre iene non erano ancora arrivate, forse avevano perso la traccia. In una piana così grande e piena di piccoli animali che uscivano dalle tane proprio di notte era facile perdersi. Fortunatamente nessuno di loro vantava la sua esperienza di matriarca.  Tuttavia, non avrebbero impiegato molto tempo a raggiungerli.

-Nuka!- gridò al giovane leone quando ormai era a pochi passi da lui.

Quello alzò appena la testa in maniera svogliata, guardando le tre iene con uno sguardo insofferente e arreso.

-Perché sei ancora qui?!- disse Banzai, ansimando per la lunga corsa. Ed, dal canto suo, articolò qualche suono scomposto e incomprensibile.

-Dove altro dovrei essere?- mormorò Nuka, guardando la polvere tra le sue zampe. Shenzi capì che Scar doveva aver palesato la sua indole nel peggior modo possibile. Fu una sorpresa scoprire di provare pietà per quel giovane leone mai veramente amato da nessuno, almeno non nel suo branco. Chissà, forse gli anni di invecchiamento la stavano addolcendo almeno un pochino, ma anche vederlo insieme alla sua Mwezi le aveva scaldato il cuore per qualche secondo. Era da quando aveva visto Asante venire al mondo che non provava una sensazione simile. Doveva ammettere che le era mancata.

-Sono un esiliato cacciato da suo padre…- continuò il leone, malinconico, lasciando che grossi lacrimoni gli inzuppassero il muso -Dove altro potrei vivere se non qui in mezzo al…niente, in mezzo alla polvere come dice il mio nome.

-Puoi andare da Mwezi- gli disse Shenzi -Sono sicura che lei metterà una buona parola con sua madre e farà in modo che ti accetti nel branco. Non ci sono altri maschi nel loro branco per cui credo che avrebbero bisogno del tuo aiuto per difendere il territorio.

-Sì…forse… Però- mugugnò il leone, senza dar segno di volersi muovere. Shenzi, Banzai ed Ed si guardarono intorno nervosi, sperando che il resto del branco, ansioso di compiere la volontà del suo re, non li avesse già fiutati, ma Nuka doveva sbrigarsi.

-Insomma ti vuoi muovere?!- gli urlò allora la matriarca, spintonandolo. Nuka la guardò sorpreso, ma senza dar segno di volersi alzare da terra. -Allora? Perché non corri dalla tua amata? Cosa ti trattiene? – continuò a inveire.

-M… mio padre- uggiolò il leone, con gli occhi lucidi -Lui… per tutto questo tempo ho creduto che tenesse a me… e invece… Mi ha sempre considerato un debole e un illuso… un leone misero e appena degno di questo nome-

Sembrava sul punto di scoppiare a piangere, mentre ricordava quello scontro con suo padre. Shenzi non conosceva i dettagli, ma sospettava che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato. Nuka era sempre stato troppo buono per i suoi genitori e le giornate con Mwezi e Asante non avevano fatto che aumentare questa sua naturale inclinazione. Era inevitabile che prima o poi sarebbe arrivato a scontrarsi con Scar.

Ma quella era la sua occasione per staccarsi definitivamente da lui e Shenzi non poteva permettere che la sprecasse.
Afferrò la collottola del leone, tirando i ciuffi della criniera perché si alzasse. Fu rude, ma attenta a non fargli male.

-Allora non c’è davvero più niente che ti lega a questo posto dimenticato dagli spiriti. Segui il consiglio di tuo padre un’ultima volta e vattene- gli disse, in tono più calmo.

Nuka la guardò con gli occhi spenti, con la stessa rassegnata espressione che lo aveva caratterizzato fin da cucciolo, quando si era affacciato il timore che i suoi genitori non lo amassero. Ora si era finalmente reso conto che ciò corrispondeva al vero, ma il suo corpo adulto, forte e poderoso, avvolto da una voluminosa criniera catrame conservava ancora le cicatrici e le delusioni di quel cucciolo rachitico e impacciato.

Shenzi prese un bel respiro, prima di continuare: -Non devi pensare a loro. Non sei più un cucciolo non devi più stare con loro e soffrire. Laggiù, oltre la foresta c’è qualcuno che ti sta aspettando e che ti ama davvero. Non tormentarti troppo le ferite quando hai una leonessa disposta ad alleviare il tuo dolore!

Alla menzione di Mwezi, il giovane alzò appena lo sguardo verso l’orizzonte, guardando un punto preciso. Un lieve barlume di speranza brillava nei suoi occhi ambrati e la matriarca avrebbe scommesso che sarebbe stato capace di trovare la strada per il regno di Furaha anche se fosse diventato cieco.

-Hai l’occasione di vivere una vita migliore- intervenne Banzai -Non puoi permetterti di sprecarla!

Pur non essendo fratello di Kamaria, anche lui le era legato da un profondo affetto. Stando a quanto diceva, gli ricordava un’altra cara amica morta a causa della fame nel cimitero degli elefanti quando erano poco più che cuccioli. Nemmeno Banzai però poteva più sopportare il peso di tutte le colpe di cui si era caricato per aiutare Kamaria e la propria famiglia, della quale ormai rimanevano solamente Ed e Shenzi, come membri onorari. Tutti gli altri, invece si erano spenti uno dopo l’altro da quando erano stati esiliati nelle terre aride.

-Pensaci, Nuka- continuò Shenzi -Potrai stare con Mwezi quanto tempo vorrai. Non dovrete salutarvi mai più. Non c’è più niente che ti impedisce di essere accettato nel regno di Furaha, niente che si oppone alla tua unione con la tua amata-

Come per rafforzare il concetto, Ed prese a fare dei versi che scimmiottavano le fusa dei leoni, leccando l’aria davanti ai propri occhi strabici e abbracciandosi da solo.
Al giovane leone sfuggì un breve sorriso, poi guardò le altre due iene, tornando serio.

-Voi non potete venire, non è così?- chiese e i tre scossero la testa -Perché seguite mio padre?

Cosa rispondere a una domanda simile? Quante volte Shenzi si era fatta la stessa domanda. Il suo stomaco gorgogliante e la giovane vita nel ventre della sorella erano sempre stati una risposta sufficiente. Per un breve periodo si era illusa che ne fosse valsa la pena, ma poi le Terre di Mufasa si erano di colpo inaridite, come ribellandosi al governo di un sovrano illegittimo ed era tornata la fame, la quale non aveva mai abbandonato le iene fino a quel momento. Ormai a loro non restava quasi niente da perdere, ma Nuka era l’unico a poter salvare quel poco.

-Siamo legati a lui da un vincolo molto antico e inscindibile- rispose sinceramente Shenzi – Ma è una storia troppo lunga da raccontare e comunque per te non avrà più nessuna importanza d’ora in poi. Il tuo futuro ti aspetta là.

Accennò col muso all’orizzonte, dove si stavano facendo strada i raggi infuocati dell’astro diurno, spingendo via il freddo e le tenebre e delineando i contorni di una foresta lontana che segnava l’ingresso al regno di Furaha.

Le tre iene scorsero il desiderio negli occhi del leone, mentre guardava quella terra promessa. Doveva solo sperare che la regina lo accettasse come membro del branco e compagno della figlia.

Una zaffata di vento però, ruppe però l’atmosfera, portando l’odore di altre iene, ancora a caccia di Nuka. I tre amici si guardarono, scambiandosi un segno di intesa.

-Ora però è meglio che tu corra- disse Banzai con una certa fretta -A quest’ora i branchi di sciacalli sono in caccia e non sono molto schizzinosi in merito al cibo. Non sarebbe la prima volta che attaccano un carnivoro.

Nuka annuì, con gli occhi asciugati dal sole. Con la mente Shenzi lo supplicava di mettersi a correre come se ne andasse della sua vita, perché era proprio di questo che si trattava, ma il giovane leone esitò ancora un istante.
Mosse solo un passo verso l’orizzonte prima di voltarsi verso le tre iene e dire: -Potrei mettere una buona parola con Furaha e chiedere…-

-Non sprecare parole con la regina- gli disse Shenzi tenendo le orecchie tese -Otterresti solo di indisporla e inoltre… non crediamo di esserne degni. L’unica cosa che ti consiglio è di dimenticare di essere mai vissuto qui. Dimenticati di noi, di tuo padre e di tua madre… pensa solo a Mwezi e a prenderti cura di lei.

Nuka si limitò ad annuire con fermezza e fortunatamente in quel momento non gli venne in mente di chiedere alle tre iene se sapessero qualcosa riguardo al pericolo che incombeva sulla leonessa. Prima di partire, disse loro un’ultima cosa: -Saluterò Asante da parte vostra-.

Il cuore di Shenzi si scaldò. Aveva scambiato solo poche parole con il nipote, ma da esse era scaturito solo risentimento, diffidenza e nostalgia. Non era mai riuscita a salutarlo o a dirgli quanto fosse felice di vederlo così cresciuto. Sorrise al leone con gratitudine, prima che quello si mettesse a correre verso il suo futuro.

Lei, Ed e Banzai poi si avviarono a controllare che il clan fosse ancora abbastanza lontano da non raggiungere Nuka. Li intravidero aggirarsi qualche miglio più in là, irrequieti e febbrilmente ansiosi di trovare la propria preda. Tenevano le zanne scoperte, da cui gocciolava copiosa saliva, mentre le code si muovevano agitate. Shenzi non escluse che avessero già idea di non lasciare niente del giovane leone agli avvoltoi.

-Come ci ha ridotto la fame- mormorò malinconica.

-Come ci ridurrà Scar se scoprirà che abbiamo fatto scappare suo figlio- disse Banzai, ingoiando a vuoto. Ed fece qualche verso strozzato in gola prima di cadere teatralmente a terra con la lingua penzoloni. Aveva reso l’idea.

-Ormai non ha più molta importanza- mormorò a sé stessa la matriarca. Con la morte almeno si sarebbe finalmente liberata di quel vincolo opprimente che l’aveva legata a Scar tutti quegli anni. Si era comunque rassegnata a scomparire nell’oblio.

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Capitolo 31
*** Un nuovo branco ***


Ad accogliere Nuka fu Kamaria, assieme a una pattuglia. Una volta che ebbe dichiarato di volersi unire al branco di Furaha accettò di scortarlo dalla regina, attentamente sorvegliato.

Mwezi stava facendo colazione quando scorse l’amato venire verso l’albero ove dimoravano le leonesse e un sorriso fiorì presto sul suo muso. Se lui era lì, significava che aveva accettato la sua offerta! Finalmente aveva abbandonato la sua famiglia!

Ora però restava da chiedere a sua madre di accettare la cosa. I rapporti tra le due regali leonesse non erano ancora migliorati, a stento si parlavano e ogni giorno che passava, Furaha sembrava diventare più irrequieta. Mwezi ormai sapeva perché: era preoccupata per lei, per il suo futuro. Voleva risparmiarle una vita di combattimenti ma finalmente adesso avrebbe potuto farlo!

La candida leonessa fremette all’idea di poter presentare Nuka come proprio fidanzato, il leone maschio di cui il branco aveva bisogno per la propria difesa.
Gli corse subito incontro passando oltre le iene di Kamaria, mentre questa andava a parlare con la regina, la quale fissava la coppia di leoni dall’alto di una roccia. Le leonesse alle sue spalle non osavano mormorare una parola in merito, ma tra loro si scambiavano occhiate stupefatte e appena indignate, mentre osservavano la loro principessa scambiarsi effusioni inequivocabili con un reietto.

Mwezi sfregava teneramente il proprio naso con quello del leone grigio, aggiungendo talvolta una piccola leccatina proprio agli angoli della bocca, sentendo i suoi baffi solleticarle il muso. Emise delle fusa sonore quando il leone affondò il muso nell’incavo del suo collo, alla ricerca di conforto.

-Come stai?- gli chiese sfregandosi nella sua criniera scarmigliata.

-Meglio ora che ci sei tu- disse soltanto, lasciando intendere che non avesse passato una bella serata. Mwezi avrebbe voluto chiedergli cosa fosse successo, ma qualche colpo di tosse alle loro spalle richiamò l’attenzione di entrambi.

Furaha conservava la sua solita espressione marmorea mentre li guardava. -Dunque vorresti unirti al mio branco e, da quello che vedo, magari anche sposare mia figlia. È corretto, Nuka figlio di Scar?- chiese con la sua solita voce stentorea.

Nuka annuì, staccandosi da Mwezi ma rimanendole vicino. -S…sarebbe un onore per me, mia regina- disse ossequioso, chinando il capo -Io…amo vostra figlia con tutto il cuore e sarei pronto a qualsiasi prova per stare con lei, specialmente ora che ne ho la possibilità dato che mio padre mi ha bandito-.

Le sue parole colpirono anche la principessa, che indovinò la profonda tristezza dietro alle parole dell’amato. Sapeva quanto fosse legato al padre, in un modo in cui solo il suo cuore gentile era capace, ma confidava che col tempo quella ferita si sarebbe richiusa e lei gli avrebbe offerto tutto l’aiuto di cui necessitava.

Lasciò che si appoggiasse a lei, mentre Furaha li studiava con uno sguardo appena più ammorbidito.

-Hai già dato prova del tuo valore nella prova in cui ti sei guadagnato la criniera- disse, accendendo una fiamma di speranza nei due innamorati -Ma prima che prenda una decisione, voglio conferire con mia figlia in privato-
Mwezi dette un’ultima leccata sul mento di Nuka, promettendo di fare presto, prima di seguire sua madre nella tana dell’albero. Asante, intanto, aveva raggiunto il gruppo della madre e iniziato a parlare con Nuka.

La principessa entrò nell’antro tra le radici con il cuore che batteva a mille per le emozioni. La solita maschera di pietra che indossava sua madre le impediva di capire se fosse arrabbiata o triste o persino felice. Ricordava il loro ultimo diverbio come se fosse accaduto solo il giorno prima e i suoi goffi tentativi di chiedere perdono a sua madre non avevano riscosso molto successo. La regina delle Terre Alluvionali si era chiusa come un’ostrica, parlando spesso con l’amica Kamaria di come difendere il loro regno. Mwezi aveva pensato di averla delusa ed era quasi arrivata al punto di accettare il fidanzamento con Kopa, pur di liberare sua madre da quell’angoscia di doverla sempre proteggere e assicurare un futuro dignitoso al suo branco.

-Siete sempre stati d’accordo? – esordì Furaha -Avevate pianificato tutto fin dall’inizio? –

-No- rispose sinceramente Mwezi -Siamo sempre stati molto legati, assieme ad Asante, come ben sai ma…non c’è mai stato alcun piano. Nuka non voleva che mi portassero via e quindi ha usato la sua grazia per me e io ho scoperto di amarlo solo ieri. Tuttavia, credo che questo dolce bocciolo avesse iniziato a fiorire già da un po’-

Si concesse una risatina a occhi bassi rendendosi conto di quanto tutto ciò sembrasse incredibile da dire ad alta voce. Una principessa e un reietto…sembrava quasi una favola, la loro favola. Sperava solo che sua madre capisse. Vedendo il suo sguardo addolcirsi, la giovane leonessa si fece coraggio e continuò: -Mamma, ti sarò sempre grata per tutto ciò che hai fatto per me in questi anni, per tutti i tuoi sacrifici e le tue attenzioni. Ma questa è la mia vita e… ti chiedo di lasciare che sia io a decidere con chi condividerla, specialmente ora che sono quasi adulta-.

Furaha si lasciò sfuggire un sospiro, osservando sua figlia, rammaricandosi di non poterla più tenere raggomitolata vicino al suo cuore come quando era piccola. Lasciarla andare tra le zampe di un compagno era la cosa che l’aveva spaventata di più fin dall’inizio. Era così piccola… le sembrava fosse solo ieri che era un batuffolo bianco sempre affamato di latte e coccole.

-Riconosco che…forse ho sbagliato a non parlarti di Kopa- disse, e Mwezi sgranò gli occhi. Non era nella solita natura di sua madre ammettere di essere stata troppo severa. -Ero preoccupata per te e non ho pensato invece a cosa il tuo cuore avrebbe desiderato- continuò -Hai il mio stesso diritto a scegliere il compagno della tua vita come io ho scelto tuo padre. Ma dimmi, Mwezi, sei sicura che il leone che vuoi al tuo fianco per il resto della tua vita sia Nuka?-

-Sì, mamma- disse la leonessa senza esitazione – Ci conosciamo fin da cuccioli. Conosco ogni briciolo della sua anima e di ogni briciolo mi sono innamorata. E so che per lui vale lo stesso. Vorrei unirmi a lui già al prossimo equinozio, quando ormai sarò adulta.

La principessa lesse la sorpresa negli occhi della madre, ma non ritrattò nessuna delle sue parole. Non aveva bisogno di altre conferme per unirsi a Nuka e non voleva aspettare oltre il tempo necessario per essere la sua compagna.

-Così il branco sarà al sicuro- disse, cercando di convincere la madre -Quando i ruggiti di un maschio echeggeranno nella vallata, tu potrai finalmente riposarti, smettere di combattere e non preoccuparti più per me-

-Io mi preoccuperò sempre per te, cucciola mia- disse Furaha sfregando la testa su quella della figlia, che ricambiò volentieri. Era molto tempo che tra le due non c’era una manifestazione d’affetto del genere. La pelliccia di Furaha aveva appena iniziato a sbiadire seccandosi come steli di erbacce desertiche, ma aveva ancora quella morbidezza che Mwezi aveva adorato da cucciola.

-Allora accetti Nuka nel branco?- chiese la principessa, speranzosa.

La regina sospirò, ma allo stesso tempo sorrise e disse: -Lo accetterò nel branco, ma…dammi un po’ di tempo per conoscere questo tuo segreto pretendente. Se lo giudicherò all’altezza di mia figlia vi accorderò la mia benedizione per le nozze di questo equinozio. Ma sappi che se dovesse rivelarsi un pessimo compagno mi riservo il diritto di cacciarlo io stessa dalle mie terre.

-Mamma!- esclamò la giovane leonessa imbarazzata -Nuka non si renderà mai meritevole di un simile trattamento, posso garantirtelo! Inoltre, per favore, non farlo spiare da Kamaria e i suoi-

-Non mi è mai passato per la mente di fare una cosa simile!- disse Furaha con un sorrisetto, prima di dare una leccata affettuosa sulla fronte della figlia.

Entrambe poi si scusarono per i rispettivi comportamenti di qualche settimana prima, perdonandosi a vicenda. La stagione dei rancori era finita. Ora, con un nuovo leone nel branco e un fidanzato per la principessa bisognava invece pensare all’amore e ai dolci frutti che avrebbe portato con sé. Mwezi non pensava di poter contenere la gioia fino all’equinozio.

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Capitolo 32
*** La roccia degli amanti ***



 Il sole stava ormai calando, quando Nuka ed Asante stavano camminando insieme verso quella che le leonesse definivano la Roccia degli Amanti. Si trattava di un unico e largo blocco marrone screziato, una specie di largo padiglione che da generazioni, era il luogo in cui gli amanti trascorrevano il periodo del corteggiamento.Là, il leone grigio avrebbe raggiunto la sua principessa, portandole in dono la preda di quella giornata. Erano giorni che provava a catturare un animale, senza potersi avvalere dell’aiuto di Furaha e delle sue cacciatrici.

La regina aveva detto di voler saggiare la forza del nuovo membro del branco, per essere certa che fosse capace di provvedere a sua figlia e proteggere le terre alluvionali. Alla fine, però, Nuka era riuscito a catturare una gazzella, guadagnandosi il diritto a quella serata con la sua futura compagna e persino un lieve sorriso da parte della regina.

In quei giorni Furaha aveva chiesto al futuro genero di accompagnarla in lunghe passeggiate, durante le quali a Nuka vennero spiegati tutti gli obblighi di un re nei confronti del suo popolo. Era una sorta di preparazione. La leonessa non aveva intenzione di abdicare in favore suo e di Mwezi, una volta sposati, ma il giovane leone doveva comunque iniziare a comprendere il suo futuro ruolo in quelle terre.

Durante quelle passeggiate, il leone grigio aveva scoperto un lato molto più morbido della regina di pietra: un volto premuroso e disponibile nei confronti di tutti i suoi sudditi, unito a una profonda osservanza delle leggi del Cerchio della Vita. Non poteva dire di non esserne rimasto colpito, capendo finalmente che Mwezi aveva ereditato la sua innata gentilezza proprio da lei.

Quel pomeriggio, prima di lasciarlo andare da sua figlia Furaha lo aveva avvertito: “Anche se non sarò lì per verificarlo, ti suggerisco di trattare bene mia figlia, Nuka”. Gli aveva rivolto un sorriso indecifrabile, di cui il leone non sapeva se essere grato o terrorizzato.
Tuttavia, a lui non serviva certo un promemoria per sapere che Mwezi meritava tutte le premure del mondo.

Il suo cuore era diviso tra l’incontenibile gioia e l’ansia più forte che avesse mai provato. Quella sera, oltre a corteggiare Mwezi, avrebbe anche dovuto ruggire per la prima volta, emettere dei bassi richiami che segnalassero la presenza di un giovane maschio a eventuali invasori. E se il suo ruggito non fosse stato abbastanza potente? Se invece avesse attirato altri leoni molto più forti di lui? Se suo padre lo avesse sentito?

Si sentiva mancare il respiro al solo pensiero di poter rovinare ciò per cui aveva lottato così tanto. Si fermò quando giunse in vista della roccia degli amanti. Ci siamo, pensò scorgendo Mwezi, comodamente sdraiata lì sopra. I rapidi movimenti della sua coda tradivano la sua emozione mentre lo attendeva.

Finalmente sarebbero stati completamente soli, per tutta la notte fino all’alba successiva. Già nella tana dormivano l’uno accoccolato all’altro ma lì, sulla roccia, avrebbero potuto corteggiarsi a dovere, condividere un’intimità che da tempo anelavano. Da giorni ormai i loro corpi fremevano per il desiderio reciproco. Volevano stare insieme, lontani da tutto e da tutti.

-Non credo ci sia bisogno di ricordarti che dovrai aspettare ancora un ultimo mese prima di…beh sai l’evento principale- disse di colpo Asante, per poi prendere a ridere, pur cercando di trattenersi per non farsi sentire da Mwezi. Nuka avvampò a quella affermazione. A differenza dell’amico era non poco ignorante riguardo all’argomento, ma confidava che tutto sarebbe venuto naturale a lui e Mwezi quando sarebbe giunto il momento.

-Perché tu non vai a divertirti con qualche giovane iena, invece?- gli domandò per ripicca l’amico, dopo aver mollato la gazzella -Sei più grande di me e Mwezi, ormai sei un adulto-.

-Mhm…nessuna delle nuove reclute di mia madre ha suscitato il mio interesse- rispose quello scuotendo la testa con noncuranza -E poi ho dovuto badare a voi due amanti cocciuti, non ho avuto tempo per le mie corteggiatrici.

Nuka ridacchiò, lasciando intendere alla iena quanto poco credesse a quelle parole. Durante il tempo in cui non era con lui e Mwezi, Asante pattugliava i confini del regno assieme ad altri membri del branco di Kamaria. Era praticamente impossibile che tra le fila delle iene di guardia ci fosse tempo per amoreggiare.
Poi però il leone si chiese se l’amico fosse ancora turbato dal messaggio che gli aveva riferito da parte di sua zia Shenzi.

-Sei proprio sicuro di non avere altri pensieri per la testa?- gli domandò il leone facendosi più vicino. Asante lasciò cadere il suo solito sorriso e le orecchie per qualche istante. I suoi occhi caddero a terra, tra l’erba imbiondita dal sole. Tuttavia, si riprese subito, scacciando quell’espressione mesta che gli era balenata sul muso come se fosse stata un tafano fastidioso.

Dette una leggera spallata all’amico dicendo: -Ehi questo non è il momento per te di preoccuparti! Io me la cavo bene da solo, ma tu ora devi raggiungere la tua futura regina. Alle leonesse non piace attendere e credo tu voglia sfruttare ogni stante che Furaha ti concede! –

Spinse il leone verso la Roccia degli Amanti, rischiando di farlo inciampare nella gazzella. Lui fu costretto a raccoglierla tra le fauci e riprendere il cammino. Non riuscì a dire nient’altro ad Asante, che lo spronava con prepotenza. Fu solo capace di rivolgergli un’occhiata colma di gratitudine, ripromettendosi di parlargli di nuovo il giorno successivo.

Raggiunse finalmente la roccia, scorgendo Mwezi comodamente sdraiata su un fianco. Aveva uno sguardo felice e insieme languido, che da solo bastò a far galoppare il cuore di Nuka.
Il leone raggiunse Imani, ai piedi di una sorta di scala che permetteva di accedere al ripiano superiore, troppo alto per poter saltare con una gazzella tra le fauci.

-Vengo a corteggiare la mia amata, a offrirle doni, protezione, ma soprattutto il mio cuore- disse, posando di nuovo la preda. Erano le parole di rito che aveva provato e riprovato affinché la sua voce suonasse abbastanza solenne ma insieme accorata. Poteva dirsi abbastanza soddisfatto del risultato.

-Che le tue azioni siano guidate dal cuore e il tuo amore possa essere contraccambiato stanotte- disse lo sciamano con un sorriso compiaciuto.

-Grazie, bibi- le rispose ancora Nuka con il cuore che sembrava scoppiare, mentre quella rientrava nel guscio, facendo con esso da gradino per lui.

Salì fino a raggiungere Mwezi, venendo accolto dal suo sorriso e dai suoi occhi azzurri. Anche se erano solo a poche zampe da terra, lui credeva di aver raggiunto la cima del cielo. Le offrì il suo bottino di caccia, che consumarono insieme e in silenzio. Le parole sarebbero state inutili, avrebbero rotto quella tensione tra di loro, il desiderio che ardeva in entrambi.

Finalmente, a pasto finito, fu il momento che tanto attendevano. Cominciò Nuka, leccando la sommità della testa di Mwezi, scorrendo il pelo morbido con la lingua calda e ruvida. Scese lentamente sul naso, sulla bocca, lavando via il sangue della gazzella, fino ad arrivare alla gola. Mwezi fece le fusa, alzando il muso fino al cielo, mentre il compagno continuava quella sorta di toeletta. A quei suoni soavi si unirono poi i bassi brontolii di Nuka, il quale si fece appena più famelico nei suoi tocchi. Mordicchiò le orecchie della leonessa, venendo poi ricambiato. Avvertì il respiro dell’amata tra i ricci della criniera mentre anche lei lavava via il sangue dalla sua gola e dal mento.

Sussurrarono i nomi l’uno dell’altra, persi in quell’attimo eterno mentre gli astri attorno a loro mutavano e il cielo si colorava di diverse tonalità, prima di sprofondare nel cobalto della notte.

I respiri dei leoni si fecero ansanti mentre continuavano le loro carezze con infinita dolcezza e un pizzico di passione. Il fuoco del desiderio si spense solo quando i due furono stanchi, lasciando tra di essi un piacevole tepore soffuso. Il sonno vinse Mwezi, la quale crollò tra le zampe dell’amato. Non c’era la luna in cielo e da come la sua pelliccia brillava sotto le stelle, sembrava davvero che l’astro notturno fosse sceso sulla terra per riposare accanto a Nuka.

Un ultimo rapido bacio e il leone ruggì verso il grande fiume che si snodava davanti alla Roccia degli amanti. Quel suono baritonale riecheggiò per ogni angolo del regno di Furaha e persino oltre, testimoniando il suo vigore e la prontezza a difendere con la vita la leonessa accanto a lui.
Si addormentò accogliendo Mwezi nella sua criniera nera, ascoltandone il respiro convinto di aver raggiunto i cieli più alti della sua felicità.

Da lassù, tuttavia, il giorno dopo sarebbe iniziata la sua caduta, poiché altri avevano udito quel richiamo inconfondibile e persino nelle ossa di Imani si insinuò un terrore gelato che preannunciava qualcosa di terribile.

Spazio autrice: Ehilà carcerati! Non aspettavate altro visto che siete segregati in casa vero? Beh eccoci qua alla fine, a quattro capitoli dalla fine di questo viaggio. Spero che vi siate goduti questo breve momento di gioia e serenità, perché adesso si passa all’azione e per Nuka la vita diventerà tutt’altro che facile.
Intanto però state tranquilli perché anche se la quarantena finisce io non smetto certo di scrivere! Anzi, una sera che proprio avevo una storia che mi ronzava in testa non sono riuscita a trattenermi dallo scrivere il primo capitolo. Stavolta si cambia fandom e si passa nel Far west di Rango. Fatemi sapere se gradite una brevissima anteprima, che non aggiornerò fino alla conclusione di questa storia.

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Capitolo 33
*** L'attacco ***


Il sole sorgeva sempre prima, man mano che l’equinozio, insieme al matrimonio dei suoi due migliori amici, si avvicinava sempre di più. Durante la sua ronda notturna, Asante aveva sentito i ruggiti di Nuka riecheggiare bassi ma possenti come tanti tuoni fino al confine della terra arida.

Guardando la distesa desolata, che si estendeva per miglia e miglia al confine del regno, alla giovane iena tornarono in mente tutti i giorni in cui, da cuccioli, lui e Mwezi erano andati lì per incontrarsi con il loro amico reietto. Beh, ora non lo sarebbe stato più! Finalmente si era staccato da suo padre ed entro poco tempo sarebbe diventato re.

Il futuro delle terre alluvionali si annunciava prospero come non mai, ricolmo di tutte le speranze maturate ormai da anni. Eppure, Asante non riusciva a godersi appieno quei momenti. Un pensiero insistente lo tormentava da quando Nuka era tornato nelle terre alluvionali: sua zia Shenzi.

Nuka gli aveva portato i suoi saluti, ma la giovane iena era in conflitto. Dal poco che si ricordava di lei, sua zia gli era sembrata una iena premurosa e una matriarca attenta ai bisogni del suo branco… Ma dall’altro lato, aveva i racconti di sua madre i quali affermavano che Shenzi fosse stata corrotta dalla follia di Scar e che avesse compiuto i peggiori crimini in suo nome. Ma lo aveva fatto per il suo branco no?

“Ciò però non cambia i fatti. Un crimine contro il Cerchio della Vita è sempre uno dei più gravi. Io non volevo più sopravvivere grazie a queste ignominie, per questo me ne sono andata assieme ad altri” gli aveva sempre rammentato sua madre. Quali fossero però questi crimini non glielo aveva mai detto, nonostante da cucciolo l’avesse più volte pregata.

-Asante – lo chiamò improvvisamente la voce di Kamaria, come se con la mente suo figlio l’avesse evocata. Era sdraiata sotto un albero, a godersi la frescura della mattina anche se il sole non era ancora sorto.
Gli rivolse un sorriso complice, come succedeva spesso quando erano soli. -Sai che non dovresti dormire a occhi aperti mentre sei di pattuglia- gli disse.

-Non stavo dormendo- la corresse lui dandole un buffetto col muso -Tu piuttosto dovresti cominciare a farti da parte. Stai diventando vecchia per fare la guardia.

Kamaria ringhiò appena, ma non in modo minaccioso, anzi quasi scherzando. -Smetterò di essere la guardia di Furaha solamente quando lei cederà la corona- rispose la matriarca alzandosi -E tu non sei ancora pronto per servire Mwezi-.

-La sorveglio e proteggo da prima che sapesse camminare- rispose il giovane. Quando era arrivato nelle terre di Furaha, Mwezi era una cucciola di poco più di una settimana. Mentre Kamaria chiedeva asilo a Furaha l’intransigente, lui era sgattaiolato nella tana delle leonesse trovando quella pallina bianca rannicchiata a terra. Lei era subito strisciata incuriosita verso il piccolo di iena, il quale, per ricambiare, aveva subito iniziato a spaventare i ratti che annusavano fin troppo curiosi quella tenera pallina di pelo.
Era stato grazie a quel piccolo gesto di amicizia che la regina aveva accettato di accogliere tante iene nel suo territorio. Sembrava passata una vita da allora.

-Può darsi, ma io sono sempre tua madre quindi decido io- sentenziò la iena scompigliando la criniera del figlio. Ridacchiò non poco quando suo figlio borbottò un “mamma, ti prego!”. La loro felicità tuttavia fu spezzata quando un coro di ululati risuonò nella direzione del confine settentrionale. Come avevano fatto ad avvicinarsi così tanto senza essere notati da nessuna delle guardie?

Asante fece per mettersi a correre in direzione del nemico, assieme a tutte le altre iene circostanti che avevano udito quel richiamo poco familiare, ma sua madre gli si parò davanti.

-Va’ ad avvertire Mwezi e Nuka e portali dalle leonesse di Furaha- gli ordinò con un tono che non ammetteva repliche, anche se i suoi occhi ambrati erano velati da una patina di paura. La giovane iena esitò, riluttante a lasciare la madre con i lacchè di Scar, ma questa gli urlò: -Muoviti! Io cercherò di bloccarli ma i tuoi amici da soli sono vulnerabili!-.

Inavvertitamente Kamaria aveva scoperto le zanne, preparandole per lo scontro. Asante poteva sentire ogni muscolo della madre fremere, mentre aspettava solo che lui le obbedisse per gettarsi nella mischia. Alla fine, annuì, per poi mettersi a correre verso la roccia degli amanti. Non conosceva molte altre iene brave a combattere come sua madre e spesso bastava questo a mettere in fuga gli invasori. Poteva solo pregare gli spiriti che la proteggessero e che riuscissero a scacciare Scar dalle loro terre.
 
 
Nuka si era svegliato con Mwezi che lo coccolava teneramente, leccandogli la fronte e sfregandosi nella sua criniera. Aveva subito accolto la sua richiesta di attenzioni stringendola a sé con una zampa. Dopo una breve e giocosa lotta, si era ritrovato a guardarla negli occhi mentre lei era sdraiata sulla roccia. Un breve tocco dei loro nasi e poi aveva ricominciato la toeletta della sera prima, accucciato accanto a lei. Aveva un odore ancora più buono in quel momento, persino più invitante.

-Sei il re del mio cuore, Nuka- gli disse nell’orecchio, come se fosse un segreto. -Tu regni su ogni briciolo della mia anima…-sussurrò lui con voce appena più roca.
Immersi nel verde, lontani da tutto e da tutti, i due leoni non si accorsero del pericolo incombente su di loro, finché il vento non cambiò direzione.

Immediatamente cessarono tutte le effusioni. Dalla base del promontorio su cui si stagliava la roccia degli amanti giunsero gli odori di due leoni. Nuka non impiegò molto a riconoscerli e balzò subito in piedi per vedere bene. Dall’alto scorse due figure serpeggiare tra gli steli d’erba quasi sotto di loro.

Ringhiò debolmente per apparire minaccioso, ponendosi davanti a Mwezi, ma i suoi genitori sembrarono non sentirlo affatto. La principessa affiancò immediatamente il suo promesso, proprio mentre Scar e Zira uscivano dal folto dell’erba. Il primo aveva un ghigno compiaciuto sul muso e piantò subito il suo sguardo su Mwezi, uno sguardo che la fece sentire subito a disagio.

Nuka scoprì i denti, ruggendo sommessamente come aveva fatto la sera precedente. Per tutta risposta sua madre fece schioccare le mascelle verso di lui, grattando il terreno con gli artigli.

-Ti consiglio di farti da parte e lasciare queste terre, Nuka- esordì Scar, sfoggiando la sua voce più affabile -Togliti di mezzo finché te lo permetto e allontanati dalla mia…-

Il suo discorso fu interrotto quando Asante sbucò dal nulla, balzando su Zira. Si attaccò al suo orecchio come una sanguisuga, cercando nel frattempo di rimanere fuori dalla portata dei suoi artigli.

-Scappate!- gridò lasciando l’orecchio della leonessa. Quando Nuka vide sua madre spalancare le fauci e gettarsi sul suo amico con un ruggito rabbioso, fu sul punto di correre in suo aiuto, così come Mwezi.

Tuttavia, nella piana erbosa alle spalle di Scar, come uno sciame di mosche, comparvero altre iene. Un nutrito nugolo galoppava verso di loro latrando sguaiatamente. Fu abbastanza per il leone per spingere la compagna giù dalla roccia ed esortarla a correre. Dovevano arrivare dalle leonesse, avvertire Furaha e le guardie più forti del regno!

Mentre Scar lanciava un ruggito possente per incitare le iene alla carica, i due leoni si lanciarono giù per il pendio, correndo a perdifiato.
Mwezi suggerì di andare dagli elefanti a chiedere protezione e Nuka annuì. Il branco di iene però li tallonava come se fossero state due succose gazzelle. Correvano con la lingua penzoloni e le bocche grondanti di saliva. Quando raggiunsero il fiume, quasi tutte si spostarono alla loro destra, riuscendo a superarli e chiudendosi sui due leoni come una falce.

Si ritrovarono bloccati, stretti tra le iene e il fiume, troppo profondo per essere guadato. Indietreggiarono fino a sentire il bordo dell’argine alle zampe, mentre Scar avanzava compostamente in mezzo alla schiera di iene.

Istintivamente Nuka si parò davanti alla compagna, ringhiando sommessamente e scoprendo gli artigli.

-Vattene, padre- gli disse, cercando di mantenere salda la voce -Non hai il diritto di stare in questo regno. Prendi le tue iene e vattene finché Furaha…-

-Non prendo ordini da te, miserabile palla di pelo!- ruggì Scar -Ora allontanati dalla mia regina.

Nuka lo guardò sbalordito, quando capì che si riferiva a Mwezi. Non aveva senso, suo padre aveva già una compagna e la principessa era di gran lunga più giovane di lui… Tuttavia, in quel momento molte cose gli sembrarono più chiare. Ecco il vero motivo per cui aveva cercato di allontanarlo da lei, dicendogli tutte quelle falsità.

Fu attraversato da un moto di disgusto quando vide gli occhi di suo padre guizzare famelici verso la leonessa dietro di lui, ma non abbandonò la sua posizione, scoprendo i denti.

-Non voglio combattere con te, padre. Ti prego vattene- tentò un’ultima volta, distraendosi per un istante.  

Scar sembrava non aspettare altro. Balzò addosso al figlio, il quale dovette alzarsi sulle zampe posteriori per contrastare il colpo. Caddero in terra, con Nuka schiacciato dal peso del leone più vecchio, che tentava di afferrargli la gola. Nuka gli graffiò le cosce e l’addome con gli artigli posteriori, mentre con le zampe tentava di scacciare le zanne di Scar. I suoi colpi però non sembravano mai abbastanza forti, come se ci fosse qualcosa che lo frenava.

Mwezi accorse in suo aiuto colpendo Scar al fianco in modo da fargli mollare la presa su Nuka. Fu lei ora a pararsi davanti a lui contro l’invasore, ma bastò un cenno del leone perché le iene la accerchiassero, facendo schioccare le mascelle a un pelo da lei. Mwezi provò a colpirne alcune, ma sempre di più accorrevano a circondarla.

-Tenetela a distanza ma non fatele male- disse Scar rialzandosi e guardando Nuka che faceva lo stesso -Mi serve viva e indenne-.

-No!- ruggì il giovane leone. Con un moto di disperazione, fece per correre in aiuto della promessa sposa, ma Scar lo intercettò a metà della corsa. Lo spinse di nuovo verso l’argine del fiume, scavando con gli artigli nella sua carne. Nuka riuscì a liberarsi e retrocedere di qualche passo, tenendosi in equilibrio su tre zampe. Un torrente vermiglio correva giù dalla sua zampa anteriore destra.

-Lasciala stare…!- ansimò dolorante, ma suo padre sembrò non sentirlo, mentre faceva un passo verso di lui con disinvoltura.

-Non sei mai stato mio figlio- gli disse, come se fosse stata la cosa più normale del mondo -Fin dalla tua nascita non sei stato altro che un fallimento, una delusione… Non ti avrei scelto come erede nemmeno se fossi stato l’ultimo leone sulla faccia della terra e sai perché Nuka? Perché sapevo che saremmo arrivati a questo giorno-

-Cosa?- chiese il giovane senza capire. Suo padre fece un altro passo verso di lui, ormai erano a un soffio di distanza.

-Sapevo che non saresti mai stato all’altezza dei miei insegnamenti- disse, preparando gli artigli -Guardati, la leonessa a cui tieni tanto e il suo regno sono in pericolo e tu cosa fai? Mi chiedi di andarmene. Lasci sempre che i tuoi sentimenti prevalgano sui tuoi obbiettivi. Un vero re, brama e prende senza aspettare.

-Nuka!- chiamò Mwezi riscuotendo il leone. Le parole di suo padre e le ferite smisero di dolere un solo istante, mentre guardava una iena tentare di mordere la leonessa vicino al fianco. Non poteva arrendersi!

Fece per ritentare un attacco contro suo padre, ma lui fu più veloce. Una violenta zampata colpì Nuka proprio sul muso, facendogli perdere il suo precario equilibrio. Cadde nel fiume. L’acqua lo avvolse in un abbraccio fresco e gentile appena prima che battesse la testa contro una delle rocce del fondale. L’ultima cosa che ricordò prima di perdere conoscenza, era la voce ovattata di Mwezi che lo chiamava.

Spazio autrice: EHI! Sorpresa sorpresa! Non odiatemi per il finale aperto ci sono ancora tre capitoli da fare. Siccome però voglio finire questa storia ho colto l’occasione e sfruttato un po’ della quarantena. Colgo l’occasione per dirvi tre cose:
1) STATE A CASA e non andate in giro a vanificare lo sforzo dei nostri medici.
2) LE MASCHERINE NON SERVONO A UN TUBO SE SIETE SANI, lasciatele per gli operatori sanitari, gli infetti e chi si prende cura dei malati (DOTTORI).
3) Volete una piccola anteprima della prossima storia?
Fatemi sapere e ci vediamo al terzultimo capitolo!

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Capitolo 34
*** Una nuova regina ***


Le iene avevano faticato molto per tenere buona la leonessa, dopo che Nuka era stato spinto nel fiume. Aveva lottato, ruggito per la disperazione, chiamato il suo amato a squarciagola finché la gola non le aveva fatto male, ma non era riuscita a passare oltre i lacchè di Scar, né a vedere cosa ne fosse stato del leone.

In un tentativo estremo, aveva graffiato una delle iene più grosse, che per risposta le aveva assestato un duro colpo sul muso, abbastanza forte da spedirla sul terreno. Tuttavia, il gesto aveva fatto infuriare il suo padrone, che non aveva esitato a punirlo con una zampata altrettanto potente, se non di più. L’unica differenza era che, mentre Mwezi non sanguinava affatto, sul fianco del malcapitato si erano disegnati quattro profondi solchi sanguinolenti.

-Vi ho detto di non farle male!- aveva sbraitato agli altri, per poi rivolgere alla giovane leonessa un sorriso affabile, come se non fosse successo niente. La principessa dovette ammettere di aver avuto molta paura in quel momento. Era sola, non aveva possibilità contro tutti quegli invasori… Si stava verificando lo scenario peggiore che sua madre avesse mai immaginato.

Con un cenno, Scar si era poi messo in marcia verso l’albero del branco. Mwezi camminava dietro di lui avvolta da un nugolo di iene. Appena provava a girarsi verso il fiume, sperando di scorgere Nuka, una o più di loro facevano schioccare minacciose le mascelle grondanti di saliva. Tuttavia, ciò a cui aveva appena assistito non era nemmeno la parte peggiore.

Arrivati alla tana, infatti, oltre il cerchio di pietre la principessa scorse subito sua madre, Kamaria e le leonesse. Si stringevano l’una all’altra tra le rocce, strette tra le iene dell’invasore e intente a tentare di medicarsi le numerose ferite. Furaha e il capo delle iene, in particolare, sembravano avere appena la forza di reggersi in piedi. Tuttavia, la regina si animò di colpo quando vide sua figlia arrivare, al seguito di Scar.

-Lasciatela! Lasciatela subito!- ruggì a pieni polmoni. Il suo muso era una maschera di odio e sangue. Le sue zanne ormai ingiallite si mostravano in tutta la loro fierezza, mentre protendeva in alto il collo in modo che la sua voce arrivasse alle orecchie del leone. -Non azzardarti a toccarla! Mi hai sentito?! Toccala e giuro su tutti gli spiriti che ti ammazzo! Ti ammazzo hai capito?!- urlò ancora, lasciando però che dalla sua voce trasudasse tutta la sua disperazione. Evitava di guardare direttamente la figlia, ma le lacrime erano già visibili sulla sua pelliccia sporca di sangue.

A Mwezi si strinse il cuore nel vederla così, mentre Scar si arrampicava sulle rocce, che costellavano la collina su cui si ergeva l’albero, come se non la sentisse. I suoi fedeli lo festeggiavano con latrati esultanti e sguaiati. Solo una di loro, circondata come una prigioniera teneva gli occhi bassi e rimaneva muta. A causa dell’orecchio mancante e della pelliccia segnata da diverse ferite, la principessa impiegò un po’ a riconoscere Shenzi, la zia di Asante. L’aveva vista solo una volta, quando era venuta a prendere Nuka al confine. A giudicare dal suo aspetto, forse non era più così fedele a Scar, ma allora perché era ancora viva?

Per un istante Mwezi incrociò i suoi occhi ambrati e inespressivi, come se si fosse arresa ormai al suo destino, ma d’un tratto li sgranò spaventata guardando alle spalle della candida leonessa.

Lei seguì il suo esempio, solo per vedere un’altra leonessa trascinare il corpo molle di Asante. Le scappò un guaito, vedendo l’amico penzolare dalle fauci di quella che doveva essere Zira, la madre di Nuka. Non capiva se fosse vivo o morto, ma il terrore bastò a raggelarla e riempirle gli occhi di lacrime. Voleva chiamarlo, urlare il suo nome, ma il disgusto, nel vedere la scia di sangue che si lasciavano dietro le sue ferite e le zampe molli che strisciavano sul terreno, le impediva di emettere qualsiasi suono diverso da un guaito strozzato.

Zira le passò accanto, rivolgendole un’occhiata carica di disprezzo, uno sguardo infuocato come il più inclemente dei soli. Mwezi si ritrasse istintivamente, osservando il corpo scheletrico, ma quasi lindo della leonessa. Asante non era riuscito a infliggerle più che qualche ferita leggera. Tutto in quella guerriera evocava paura: dall’espressione letale ai lineamenti affilati del muso. Man mano che l’esercito di Scar si accorgeva della sua presenza, tutti ammutolivano, guardandola con un misto di timore e curiosità.
Vedendola arrivare, anche Kamaria si lanciò in un richiamo disperato verso il figlio.

Zira lo lasciò cadere in terra, come se fosse stata solo una vecchia carcassa rancida, e passò oltre. Il corpo della giovane iena sollevò una nuvola di polvere, ma Mwezi riuscì a sentirlo tossire e tirò un flebile sospiro di sollievo, come se temesse di farsi sentire da Scar nel silenzio che era calato.
Proprio in quel momento, dall’alto della roccia su cui troneggiava, la voce del leone calò giù come un lampo dal cielo: -Chiedo scusa a tutti voi per queste presentazioni un po’… brusche- disse ridacchiando -Mi duole annunciarvi che quel patetico sciacallo travestito da leone a cui avevate affidato le vostre terre è ora cibo per coccodrilli… Ecco perché sono pronto ad accettare il vostro giuramento di fedeltà in quanto nuovo sovrano di queste terre-

-Noi siamo fedeli a Furaha, legittima regina delle Terre Alluvionali!- urlò Kamaria, prima di cadere preda di un violento attacco di tosse. Furaha dovette aiutarla a reggersi in piedi, per impedire che collassasse al suolo.

-Oh, ma da questo momento non è più lei la vostra regina- disse il leone con un sorriso sardonico, piantando gli occhi sulla giovane leonessa ai piedi del pendio. -Mwezi cara- continuò con voce melliflua -sarai felice di sapere che da oggi, regnerai al mio fianco. Sarai la madre della stirpe più potente mai vista su queste terre!

A quelle parole tutti gli occhi si puntarono verso la candida leonessa circondata dalle iene. Furaha prese a dimenarsi furiosamente in mezzo a quelle che la circondavano, ruggendo come una furia per correre dalla figlia. Kamaria dovette trattenerla e riportarla in mezzo agli altri prigionieri prima che si facesse male. Mwezi, invece, era terrorizzata dallo sguardo lascivo di Scar, che scorreva avido su tutto il suo corpo. Persino Zira sembrava gradire male quelle attenzioni che il suo compagno riservava ad un'altra, ma dimostrava tutto il suo risentimento rivolgendo alla principessa uno sguardo di puro odio.
Il solo pensiero di avvicinarsi a quel… mostro, che aveva scaraventato Nuka nel fiume, un leone abbastanza anziano da essere suo padre, per poco non provocò alla giovane leonessa un conato di vomito. Dunque, era vero? Voleva davvero prenderla come compagna o peggio ancora come concubina, visto che aveva già Zira!

Un brivido di disgusto le scosse ogni pelo del corpo, mentre scuoteva la testa e riusciva solo a dire: -No…! No…!-

-Questo è un peccato- disse Scar, fingendo un tono dispiaciuto -Qualcuno potrebbe soffrire per questo tuo rifiuto. Qualcuno diverso da me, s’intende…-
A un suo cenno, Zira avanzò di nuovo verso Asante, ancora riverso a terra mentre arrancava per respirare. Appena si affilò gli artigli su una roccia, il cuore di Mwezi sembrò fermarsi. La leonessa fece un alto passo verso la giovane iena in stato di incoscienza. Con una lentezza straziante poggiò la zampa con gli artigli scoperti sulla sua gola, stringendo appena e strappando un gemito al poveretto steso ai suoi piedi.

-No, lascialo!- urlò la candida leonessa, guardando in alto verso Scar, supplichevolmente. Senza sapere dove trovasse la forza di pronunciare quelle parole, disse:- I…io a…accetto. Accetto! S-sarò la tua regina- sentì il ghiaccio del terrore montarle dentro, come se fosse già sola con lui -Ma Asante e le nostre famiglie devono essere salve…-

-Ma certo!- le rispose Scar sornione -Non farei mai niente per dispiacere la mia regina… Sempre che i miei nuovi sudditi non si rifiutino di giurare fedeltà.
Il suo sguardo si spostò sulle leonesse e le iene fatte prigioniere, a un cenno della matriarca e di Furaha, tutte accettarono di inchinarsi, ma loro due restarono in piedi, sostenendosi a vicenda.

-Morirò combattendo prima di lasciarti mettere le tue luride zampe su mia figlia!- ruggì la leonessa -Ti sfido nell’arena, Scar!

Il leone non poté trattenersi dall’esplodere in una risata fragorosa. -Sai già che perderai, Furaha. Da quanto non affronti qualcuno in combattimento? E poi guardati! Sei ferita gravemente, a mala pena ti reggi in piedi. Vuoi davvero lasciare tua figlia?- le disse, continuando a sorridere trionfante -Avrà bisogno di te dopo…beh sai la prima notte.

Mwezi si irrigidì ancora, sentendo quelle parole. Quella notte era molto più vicina di quanto volesse e non poteva sfuggire a quel destino, o ne avrebbe pagato il prezzo Asante.

Furaha sembrò meditare su quelle parole, ma alla fine dovette riconoscerne la ragionevolezza, anche se provenivano dal suo nemico. Si lasciò scivolare in ginocchio, con un leggero singhiozzo. In cuor suo sua figlia le fu grata, non avrebbe sopportato l’inferno che l’attendeva senza il supporto di sua madre.

Kamaria però rimase in piedi, fissando il leone dritta negli occhi. -Ho giurato di morire prima di vivere di nuovo servendo te!- gli gridò, ma Scar gli dette la stessa importanza di una mosca.

-Molto bene- disse semplicemente, prima di rivolgersi di nuovo a Mwezi -Vuoi seguirmi, mia cara? Preferirei tu non assistessi, nel caso in cui Kamaria non dovesse ricredersi. Non preoccuparti per il tuo amico. Gli darò tempo di riprendersi e poi giurarmi fedeltà…

Con passi incerti, trascinati, la giovane leonessa ubbidì, pregando che Kamaria fosse abbastanza ragionevole da accettare di inginocchiarsi. Era come una zia per lei... Mentre saliva sulle rocce fino all'albero che era sempre stata la sua casa, sentì il pianto sommesso di sua madre, accasciata a terra in mezzo alle altre leonesse che cercavano di confortarla. Le si spezzò il cuore, ma per quel giorno, si disse, aveva perso anche troppo per permettersi il lusso di opporsi a Scar.

La camera tra le radici non le era mai sembrata così buia e piccola come in quel momento. Si accorse di tremare mentre evitava lo sguardo di Scar, seduto impettito davanti a lei. Aveva ucciso Nuka, il suo amato…e ora lei…lei avrebbe dovuto… Non sopportava il pensiero di condividere con quel mostro la stessa intimità che aveva riservato a Nuka!
Si fermò a debita distanza da lui, lasciandosi sfuggire un singhiozzo soffuso. Una volta seduta, il leone si avventò contro di lei, spingendola contro la parete. La strinse a sé, prendendo subito a leccarle ogni centimetro del suo muso e del collo, dapprima con una lentezza estrema, poi sempre con più foga, immergendo il muso nella sua pelliccia candida come una stella. Mwezi protestò debolmente, guaendo e cercando di allontanarlo con le zampe, senza riuscirvi. Sentiva lo stomaco torcersi dal disgusto mentre sentiva addosso il manto ispido del leone e il suo odore acre. Lui strinse ancora la presa, fin quasi a farle male.

-Non ti reclamerò oggi. Non contravverrò alle usanze e attenderò l’equinozio- le disse, facendo appena pressione con gli artigli -Ma ho aspettato così tanto per averti…Troppo, mia dolce luna. Voglio raccogliere almeno un po’ dei frutti di tanta attesa. Non mi resistere…! Sai chi pagherebbe, altrimenti.

Riluttante, Mwezi compì quel primo sacrificio da regina. Per Nuka, Asante e la sua famiglia avrebbe dato la vita. Le dispiaceva solo che quel suo sacrificio non potesse servire a riportare da lei il suo amato.



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Capitolo 35
*** Risveglio ***


Riaprendo gli occhi, la prima cosa di cui divenne consapevole fu il dolore. Fitte pulsanti e ininterrotte gli inondavano tutto il corpo, soprattutto la testa, che girava vertiginosamente. La vista sfocata non riusciva a mettere a fuoco il mondo intorno a sé, ma a giudicare dalla scarsa luce, suppose che fosse scesa la notte.
Aspetta, lui dov’era? Come era arrivato lì?

Come bolle dal fondo di un lago, i ricordi riaffiorarono lentamente, aggiungendo altro dolore a quello fisico. Ricordava Scar, l’attacco delle iene, la sponda del fiume e poi la sua caduta…quindi era morto? No, altrimenti come si spiegava il dolore?
Mwezi! Dov’era lei? Stava bene?

Pensando alla leonessa, Nuka tentò immediatamente di alzarsi in piedi, ma la testa girò ancora più velocemente e le sue zampe protestarono per il dolore. Non riuscendo a reggersi, il giovane leone ricadde a terra, ansimante. Il tonfo gli fece capire di trovarsi in una qualche grotta, anche se gli sembrava troppo spaziosa per essere quella di Imani.

-Se fossi in te, riposerei ancora un po’- disse una voce profonda -Rafiki dovrebbe tornare a breve con altre erbe medicinali.

Quella voce non era nuova a Nuka, ma non riusciva a ricordare dove l’avesse sentita. Sforzando un po’ gli occhi per abituarli alla penombra, alla fine scorse un altro leone seduto poco lontano da lui. Per un istante la stazza imponente e la pelliccia chiara lo ingannarono facendogli pensare a Simba. Tuttavia, appena quello si avvicinò a una zona più illuminata della grotta, Nuka riconobbe la criniera castana del principe Kopa.

-Sono sorpreso anche io di incontrarti. Ne è passato di tempo dall’ultima volta- fu l’unica cosa che disse, con un sorriso quasi timido. C’era da dire che non si erano salutati nel migliore dei modi e il leone grigio faticava a capire il motivo di tanta cortesia.

-Dove mi trovo?- chiese.

-Alla Rupe dei Re- rispose Kopa -Ti ho trovato nel fiume due giorni fa. Galleggiavi aggrappato a un pezzo di legno. Tranquillo mio padre non sa che sei qui. È un tantino arrabbiato con te per avermi “soffiato la compagna”.

Concluse la frase con un piccolo sbuffo divertito, ma a sentir parlare della leonessa che amava, Nuka si sentì di colpo schiacciato da un macigno. Aveva fallito… Non era riuscito a proteggerla come invece avrebbe dovuto fare un buon compagno e ora lei… Era in pericolo e lui era a miglia di distanza!
La rabbia verso sé stesso crebbe al punto che avrebbe desiderato fracassarsi la testa sulle rocce. Alla fine. suo padre aveva ragione: era mediocre sia come re che come compagno.

-Placa la tua ira, giovane leone- disse improvvisamente un’altra voce dal fondo della caverna, come se sentisse i suoi pensieri. Era Rafiki, che camminava reggendosi al suo bastone con alcune erbe strette nella mano. Sul muso aveva un’espressione grave che sembrava andare al di là delle emozioni che leggeva sul muso di Nuka.

Lui però non volle ascoltarlo. Cosa poteva saperne quella vecchia scimmia di come si sentiva? Come poteva dirgli cosa fare quando non aveva idea di ciò a cui aveva portato la sua inettitudine?

Rafiki masticò le sue erbe e poi applicò la pastura sui tagli che marcavano le zampe di Nuka, poi anche sul suo muso e solo in quel momento il giovane leone si accorse di avere tre graffi inclinati orizzontalmente che gli arrivavano dall’occhio fino al naso.

-Come ti sei ridotto così?- chiese Kopa, in tono quasi apprensivo.

-Mio padre…- mormorò Nuka a occhi bassi -Ha attaccato il regno di Furaha…

-Dopo tutto ciò che ti ha fatto mi stupisco ancora del fatto che tu continui a chiamarlo padre- disse Rafiki in tono solenne -Credevo che ormai avessi scelto Mwezi, di dimenticare il tuo passato.

-Sì ma…!- iniziò il leone, prima di scuotere la testa come per scacciare dei pensieri -Non è più questo il punto ormai… Mi ha dimostrato che sono un incapace… Ho fallito nel mio compito di compagno e ho lasciato Mwezi da sola! Sono stato uno stupido a credere di poter essere…di poter essere più di quanto mi diceva lui…

La bastonata arrivò rapida e improvvisa come un fulmine a ciel sereno. Per la prima volta da quando lo conosceva, Rafiki aveva un’espressione seria, grave persino. Gli afferrò alcuni ciuffi della criniera in modo che lo guardasse negli occhi. Nuka era sull’orlo delle lacrime, pensando all’ultimo ricordo di Mwezi: la sua voce che lo chiamava disperata.

-Quel leone che tu chiami padre non ha mai avuto più ragione riguardo a te di quanto tu stesso gliene abbia concessa- disse la scimmia -Non capisci? Ti ha sempre manipolato per farti credere che lui dicesse il vero e plasmare quindi un leone che non avesse mai il coraggio di sfidarlo. È ora che spezzi questo circolo vizioso, Nuka!

-Quindi cosa dovrei fare? Se anche tornassi indietro non riuscirei a batterlo!- guaì il giovane leone -Guarda come mi ha ridotto senza nemmeno impegnarsi tanto!-

Il mandrillo sospirò mollando la presa su di lui, come impietosito dallo sguardo del giovane leone che si ostinava a non capire. Cercò sostegno sul suo bastone, massaggiandosi la tempia. -Se soltanto non avessi mai pronunciato quella dannata profezia…- mormorò tra sé e sé, ma Nuka lo sentì ugualmente.

-Di che stai parlando?- chiese, ma non dovette supplicare troppo Rafiki perché si spiegasse. Il babbuino fu quasi sollevato nel raccontare quel sinistro presagio di tanto tempo prima, come se si stesse levando un peso di dosso.

Nuka ascoltò incredulo, aveva oramai capito quale fosse il pericolo che incombeva su Mwezi, a cui lo sciamano gli aveva accennato tempo addietro. Tuttavia, non si sarebbe mai immaginato che suo padre stesse attendendo da tanto tempo quel giorno fatidico… E se avesse già tentato di generare la sua famigerata stirpe? Se in quel preciso istante Mwezi fosse stata costretta a dargli piacere?
Il solo pensiero bastò a ripugnarlo. Non voleva crederci!

Le ultime parole di Rafiki poi non gli furono di alcun conforto: -In un modo o nell’altro la stirpe di Scar è destinata a regnare sulle Terre Alluvionali per molte generazioni, ma sta a te, Nuka, decidere in quale modo si compirà questo fato.

Se ne andò senza altra spiegazione, lasciando i due leoni soli nella piccola grotta. Nuka non sapeva cosa fare, si sentiva svuotato. Tutto quello che si era conquistato con tanta fatica gli era stato brutalmente strappato via. La sua nuova casa, Asante, il suo futuro… senza Mwezi non aveva niente per cui vivere. Beh, probabilmente non gli restava nemmeno molto: l’ultima volta Simba era stato a tanto così dall’ucciderlo. Ora non aveva più niente a trattenerlo.

-Entro pochi giorni dovresti riprenderti- proruppe a un tratto Kopa -Potrei chiedere a mio padre di aiutarti. Sono abbastanza sicuro di riuscire a farlo ragionare…-

-Bene…-mormorò Nuka -Allora va tu a salvare Mwezi. Io ho già dimostrato la mia inutilità.

-Non ti facevo così arrendevole- commentò Kopa, in tono appena aspro. In quei mesi la somiglianza con suo padre era diventata ancora più visibile: stessa postura fiera, stessi occhi ambrati e decisione nella voce. -Hai affrontato un rinoceronte settimane fa, oppure avevo le traveggole?- gli chiese.

-Era diverso…- si giustificò Nuka, chinando il capo per la vergogna. La sua mente lo tormentava con i ricordi di due giorni prima.

-Non credo che Scar possa essere molto più forte di un rinoceronte- ribatté ancora Kopa, ma poi il suo tono si addolcì, avvicinandosi a lui -Ho molto ammirato il tuo coraggio quel giorno e ancora di più il tuo altruismo nel donare il dono che ti eri conquistato con tanta fatica. Mi sono detto che un giorno, per la mia compagna avrei dovuto eguagliarti per dimostrarle il mio amore.

-Ma io ho fallito- gli rammentò Nuka.

-Quanto ancora dovrà farti soffrire Scar prima che finalmente decidi di staccarti da lui?!- sbottò alla fine il giovane principe -Senti, non conosco l’inizio della tua storia, la tua vita nelle terre di nessuno, ma non è importante adesso. Ciò che conta è cosa vuoi fare adesso! Sei l’unico a non credere di poter sconfiggere Scar. Persino lui lo sa e per questo ti ha spedito nel fiume.

Le parole di Kopa lo sorpresero non poco. Da dove veniva tanta fiducia in lui? Perché proprio quel leone, che lui aveva quasi aggredito al loro primo incontro, lo spronava a non arrendersi?
Da una parte però, doveva riconoscere di non poter più sopportare che suo padre trovasse sempre il modo di distruggere, o con le parole o con i fatti, ciò che lui si costruiva attorno. Per la prima volta, in quel momento, un grumo di rabbia maturò rapidamente nel giovane leone, mentre rivedeva tutta la sua vita sotto una luce diversa. Aveva già capito di essere stato un figlio indesiderato e di essere stato trattato ingiustamente, ma mentre prima aveva pensato di andare oltre e dimenticare, ora sentiva di dover chiudere per sempre con quel capitolo della sua vita. Doveva scrivere la parola fine, affrontare il suo passato o non avrebbe mai avuto un futuro.

-Allora?- lo incalzò Kopa, sorridendo alla sua espressione determinata -Cosa hai intenzione di fare?
Con risolutezza, Nuka si alzò in piedi, ignorando il dolore, per guardare il principe dritto negli occhi. -Domani, appena il sole sarà alto nel cielo, io torno indietro a riprendermi casa mia- disse.

Spazio autrice: Buona domenica a tutti voi lettori! E alla fine il nostro Nuka si è svegliato! Il prossimo capitolo sarà forse il più lungo che abbia scritto per questa fanfiction, ma voglio dare al nostro eroe lo spazio che merita. La domanda è: riuscirà davvero a battere Scar?
Avrete la risposta martedì! Forse metterò anche un capitolo extra…nel caso in cui la battaglia dovesse andare a favore di Nuka.

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Capitolo 36
*** Il duello ***


-Dov’è mia madre?- fu la prima cosa che chiese Asante non appena riprese conoscenza e si ritrovò davanti il muso di Shenzi. La iena si sentì schiacciata da una frana. Si era imposta di non scoppiare in lacrime, di spiegare con calma al nipote ciò che era successo e poi tentare di farlo ragionare, ma la sua voce sembrava bloccata nella gola.

Non riusciva a parlare. Non sapeva nemmeno come facesse in quel momento a reggersi in piedi. Kamaria… lei…lei non era riuscita a salvarla… Asante era lì che la guardava esigendo una spiegazione, ma Shenzi sentiva che lentamente stava realizzando cosa era successo. La sua espressione si stava sgretolando sempre di più come una foglia secca. Più di tutto temeva di venire condannata anche dal nipote, l’unico della sua famiglia che le fosse rimasto. Le avrebbe creduto sul fatto che aveva tentato tutto il possibile per salvare sua madre? Oppure l’avrebbe accusata di averla uccisa lei stessa?

-C…che le è successo…?- chiese di nuovo, in un uggiolio che la pregava di dirgli che sua madre era ancora viva, al massimo ferita. Per un attimo, Shenzi rivide quel piccolo cucciolo di pochi giorni nella tana tra le ossa degli elefanti, che piangeva perché la mamma aveva poco latte. Si meravigliava ancora di quanto fosse riuscito a crescere sano e forte nonostante tutto.

Senza riuscire a fare altro, si gettò su di lui, stringendolo a sé. Pianse, ma non quanto Asante, che all’inizio si contorse per allontanarla, gridando che non poteva essere vero. Sua zia invece, ormai si sentiva troppo vecchia per avere ancora l’energia di urlare la sua disperazione. Kamaria era solo l’ultima di una lunga serie di lutti che aveva dovuto affrontare. Per poco non vi si erano aggiunti anche i suoi più cari amici, ora usati da Scar per ricattare lei.

“Mi servi ancora Shenzi. Odio ammetterlo, ma penso di non aver mai incontrato una matriarca determinata e forte come te. Per conquistare il regno di mio padre mi serviranno molti soldati, più iene possibili. Per questo voglio che tu convinca almeno tuo nipote a giurarmi fedeltà. Numerose spie mi hanno detto che sembra aver preso da te…” le aveva detto.

Shenzi non aveva mai odiato tanto qualcuno fino a quel momento. Ormai però aveva vinto e lei doveva cercare di salvare ciò che restava della sua famiglia.
Strinse a sé Asante, pulendogli ancora una volta le ferite e dandogli conforto come poteva. Raccontò al nipote la triste sorte dei suoi amici e poi delle ultime parole di sua madre. “Dì a mio figlio che non potrei essere più orgogliosa di lui. So che un giorno sarà una guardia persino migliore di me e può stare certo che io lo vedrò dal regno celeste” aveva detto Kamaria, prima di andare incontro alla morte con la testa alta.

Al nipote però Shenzi non disse l’ultimo saluto della sorella, stavolta rivolto a lei. Erano poche parole, ma sul cuore della iena avevano avuto l’effetto di un’alluvione sulla terra secca: “Perdonami sorella, per non essere mai venuta a liberarti dal tuo giuramento. Sono felice tu sia qui”. L’aveva fatta rifiorire.

-Zia- disse improvvisamente Asante -Grazie. Farò ciò che devo, te lo prometto.

Commossa e rassicurata, Shenzi si concesse finalmente un sorriso. Un sorriso di cuore come non le succedeva da tanto. Strinse ancora il nipote, godendosi quel momento di pace, fino al momento in cui Asante non venne chiamato per giurare fedeltà al nuovo re.
 

Scar li attendeva alla grande arena, con il suo esercito di iene disposto in modo da formare una grande mezzaluna attorno a lui. Molte di loro avevano ancora il muso sporco del sangue delle loro prede. Shenzi camminava accanto al nipote, il quale teneva gli occhi ardenti piantati sulla figura di Scar. Aveva un’espressione assassina, ma la iena sperava che avesse il buon senso di trattenersi.

Certo, non doveva essere facile, specie considerando che in quel momento anche Mwezi era presente. Sedeva quasi in disparte, alle spalle di Scar e Zira. Il pelo candido era scompigliato e lei stava cercando di sistemarlo, quasi se ne vergognasse profondamente. Il suo nuovo compagno, tuttavia, non impiegò molto a sentire la mancanza del suo corpo.

Camminò fino ad arrivarle accanto, girandole attorno e sfregandosi su di lei con tutto il corpo. Quando giunse di fianco a lei, le leccò la guancia, sussurrandole qualcosa all’orecchio quando questa cercò di ritrarsi. Shenzi sentì Zira ringhiare sommessamente contro la giovane leonessa. Come se lei lo facesse a posta, pensò notando il terrore e il disgusto della principessa. Non riusciva a non provare pietà per lei. 
Lasciò che Asante arrivasse proprio di fronte a Scar e Mwezi, fermandosi prima.

-Così tu sei la guardia che per tanto tempo si è presa cura della mia luna – esordì il leone con un largo sorriso. La iena rimase in silenzio, mentre guardava ora lui ora l’amica nelle sue grinfie. La sua espressione grave, simile a quella della madre, non azzardava a vacillare.

-Spero comprenderai che un re non può permettersi di avere animali infedeli nel suo regno. Non è stato niente di personale, credimi Asante- continuò, ma quello rimase ancora muto -Sarebbe un peccato perdere un guerriero valoroso come te, ma alla fine la scelta è tua… Cosa hai deciso, giovane iena?

-Ho deciso di sfidarti, lurido bastardo- abbaiò di colpo Asante, già a denti scoperti. Le sue parole fecero trasalire sia Mwezi che Shenzi. No, non poteva aver sentito bene!

-Non sei un leone, piccolo stolto- disse Scar, facendo un passo verso di lui, grattando il terreno con gli artigli -Non hai il diritto di sfidarmi.

-Questo significa che rifiuti?- rispose ancora Asante –Hai paura di farti battere da una iena? Sapevo che eri un codardo, ma non fino a questo punto! D’altronde che altro posso aspettarmi da un leone che ricatta la sua così detta nuova compagna.

Le iene attorno a Scar iniziarono a parlottare sempre più forte e un brusio si diffuse in quella mezzaluna di soldati. Una cappa plumbea di nubi incombeva su di loro, silenziosa e gravida di pioggia. Zira intanto ringhiava verso Asante, che parve appena spaventato dalla vista delle sue zanne, considerando come era riuscita a ridurlo l’ultima volta.

-Allora vuoi affrontarmi o preferisci nasconderti dietro la tua prima concubina? -incalzò comunque, seppure con una voce un po’ tremolante. Alle spalle di Scar, Mwezi lo pregava silenziosamente di smettere, tornare indietro finché era possibile, ma persino Shenzi ormai capiva che era troppo tardi.

Quando Scar fece cenno a Zira di farsi da parte, la iena fece qualche passo verso il nipote, tentando un’ultima volta di farlo ragionare, supplicandolo in nome di sua madre, ma lui sembrava completamente sordo mentre fissava con rabbia l’avversario.

Quando Scar fece per colpire, tuttavia, accadde qualcosa di inaspettato. Mwezi gli si gettò addosso, mordendogli con forza l’orecchio. Il leone lanciò un ruggito di dolore quando la leonessa gli graffiò la spalla, ma senza riuscire a scrollarsela di dosso. Asante arrivò subito per dare manforte all’amica, appena un attimo prima che Zira le colpisse violentemente la testa per farle mollare la presa.

Furaha era già pronta a intervenire. Anche se circondata da iene nemiche non avrebbe esitato un secondo a correre in aiuto della figlia. Tuttavia, l’artiglio di Zira premuto sulla sua gola bastò a dissuaderla.

-Lascialo stare! Lascia stare, Asante, mostro!- urlò comunque la principessa, appena Scar riuscì a scrollarsi di dosso il suo sfidante. Nemmeno lui ebbe il coraggio di attaccare di nuovo, vedendo l’amica bloccata tra le zampe di quella leonessa mortale. Si limitò a ringhiare con ferocia, mentre il leone si rivolgeva a Mwezi. Dal suo orecchio colava un rivolo di sangue che gocciolava sull’occhio verde iniettato di rabbia.

- E’ una regina indegna di te, Scar – disse Zira, tenendola ancora ferma. Non nascose la sua soddisfazione nel potersi finalmente vendicare della rivale-Merita una punizione adeguata…

-Su questo mi trovi d’accordo- rispose il leone, con una voce gelida che fece rabbrividire la candida leonessa. Si girò di nuovo verso Asante, preparandosi a balzargli addosso:- Una volta ucciso te mi occuperò di lei con immenso piacere!- disse, mentre sul suo muso si disegnava un ghigno perverso.

-Non li toccare! – ruggì improvvisamente una voce tanto familiare quanto inaspettata.

Il muso di Nuka, deturpato a metà da un vistoso segno di tre artigli, era contratto in una smorfia furibonda, tanto che Shenzi faticò persino a riconoscerlo. La sua pelliccia grigia si confondeva quasi perfettamente con l’orizzonte plumbeo, che aveva appena iniziato a ribollire di tuoni, come se il suo ruggito avesse appena svegliato gli Antenati in persona.

Nuka avanzò a passi veloci verso i genitori, i quali sembravano entrambi a dir poco sorpresi di rivederlo. Guardando il suo amico e la sua amata in difficoltà, il giovane leone sentì nuovamente la rabbia crescere in lui, divampare come un incendio. I suoi muscoli fremettero sempre più irrequieti a ogni passo. Voleva combattere. Per proteggere coloro che amava avrebbe dato anche la vita e altrettanto sarebbe stato capace di prenderne una. Era ormai finito il tempo in cui si lasciava manipolare come un pezzo di argilla bagnato. Quella volta non avrebbe avuto esitazioni.

-Forse Asante non può sfidarti, Scar- iniziò, avvicinandosi a lui e scambiando con l’amico un rapidissimo sorriso -Ma io sì. Sono il legittimo promesso di Mwezi, nominato dallo sciamano protettore del regno.
Era la prima volta che riconosceva ad alta voce il suo valore e gli fece uno strano effetto. Scar invece, parve sul punto di esplodere per la rabbia e l’indignazione.

-Nessuno nominerebbe protettore di nessun regno una nullità come te!- ruggì -Che io sia dannato se ti lascerò avvicinare ancora alla luna che ho atteso con tanta pazienza.

Nuka scoprì i denti e gli artigli a quelle parole. Che lui stesso fosse dannato se avesse lasciato di nuovo che quel mostro sfiorasse la sua compagna. Guardandola divincolarsi appena tra le zampe di Zira, il leone pregò che non le avesse fatto del male.

La candida leonessa però gli sorrise a sua volta, socchiudendo i suoi bellissimi occhi azzurri. Una magra consolazione, ma quando Nuka sentì Zira ringhiargli contro, rispose a sua volta con un ruggito ben più forte. Asante gli era accanto, facendo guizzare gli occhi da un nemico all’altro.
Anche le altre iene di Scar iniziavano ad animarsi, ma i loro uggiolii battaglieri furono zittiti dalla voce dello sciamano, il cui guscio, fino a quel momento si era perfettamente confuso con le rocce circostanti. -Nuka dice il vero!- affermò con voce raspata ma decisa -Io stessa l’ho fatto salire sulla roccia degli amanti e l’ho poi nominato protettore di queste terre. Anzi avresti tu per primo dovuto chiedere il permesso per sfidare lui legittimamente.

Forti di quelle parole, Furaha e i suoi seguaci presero a ruggire, chiedendo uno scontro alla pari tra i due leoni. Nuka fu quasi commosso da tanta fiducia nei suoi confronti, ma non c’era tempo per quello.

Lui e il leone che un tempo chiamava padre si guardarono a lungo mentre attorno a loro persino alcune iene di Scar chiedevano una lotta. Negli occhi viperini del leone, Nuka vi scorse persino una punta di paura e faceva bene a suo giudizio. Finalmente era il momento…

-Non mi hai voluto uccidere da cucciolo, ma ora ne hai l’occasione se non sei troppo vigliacco- lo provocò. -Di cosa hai paura padre? – sputò quella parola quasi con disgusto -Dopotutto sai che sono appena degno di essere definito un leone.

Sapeva che Scar non poteva permettersi di rifiutare la sfida, se voleva salvare almeno un po’ della sua credibilità nei confronti dei suoi sudditi. Quando ruggì, producendo un boato lungo e possente ed esibendo tutta la chiostra delle sue zanne per annunciare che accettava la sfida, una domanda si formò nella mente di Nuka: fin dove si sarebbe spinto? Voleva che pagasse per ciò che aveva fatto a lui, a Mwezi, Asante, Furaha e tutti gli altri. Voleva fargli del male, quello sì, ma sarebbe riuscito a ucciderlo?

Scosse la testa, prima di ricambiare il ruggito. Non era quella la domanda da porsi. L’unica cosa di cui poteva essere sicuro era che avrebbe combattuto fino allo stremo, fino al suo ultimo respiro per riprendersi casa sua. Cosa ne sarebbe seguito aveva poca importanza. Contava solo salvare la sua famiglia.
In silenzio, l’arena venne sgombrata. Persino Mwezi venne presa rudemente per la collottola da Zira e spinta da sua madre e le altre leonesse, le quali tuttavia erano a loro volta circondate dalle iene fedeli a Scar.

Madre e figlia si strinsero l’una all’altra, mentre osservavano i due leoni fronteggiarsi nell’arena, camminando in una lenta spirale che li avvicinava l’uno all’altro. Il cielo sopra di loro mugghiava sommessamente, come alimentato dai rancori e dall’odio che entrambi avevano represso per tutto quel tempo. Al momento del primo attacco di Nuka, poi, esplose in un violento tono.

Scar lo accolse quasi a malincuore. Chiaramente avrebbe preferito un’altra strategia di gran lunga meno rischiosa per lui.
Riuscì ad evitare i primi colpi del giovane leone, sfruttando poi la sua stanchezza per assestargli un colpo violento proprio sulla parte ferita del muso. Un violento bruciore si irradiò su metà del volto del leone, abbastanza perché Scar riuscisse a spingerlo a terra. Tuttavia, le zampe forti di Nuka riuscirono a tenere le sue fauci lontane dalla propria gola.

-Non lascerò che tu mi neghi ancora il mio destino!- ringhiò quello mentre premeva gli artigli nella pelliccia del leone grigio, stillando alcune gocce di sangue e riaprendo la vecchia ferita alla spalla. Anche lui però aveva delle ferite dal loro ultimo scontro…

Con un gesto deciso, la zampa di Nuka colpì dritta a un vecchio graffio nell’addome del leone più vecchio. Nonostante il suo soffocato guaito di dolore, Scar non riuscì a mantenere una presa salda sull’avversario, il quale ne approfittò per sbalzarselo di dosso.

-E io…- ansimò Nuka mentre entrambi si rimettevano in piedi -Non ti permetterò di fare ancora del male alla mia famiglia!

Si scontrarono nuovamente, in un abbraccio violento e doloroso per entrambi. Quella seconda volta tuttavia, la forza fisica del leone più giovane ebbe la meglio. Scar lo aveva già notato durante il loro diverbio nel termitaio, ma la sua forza non era più quella di un tempo. Gli anni lo avevano indebolito, mentre Nuka vantava tutto il vigore della giovinezza.

Fu così quindi che il leone grigio spinse a terra quello marrone. Ruggì sommessamente per il dolore dovuto al morso di Scar, che sembrava sul punto di strappargli la criniera. Lo colpì con la zampa, ancora, ancora e ancora, provando quasi piacere nel farlo. La forza fluiva nella sua zampa alimentata dalla rabbia e dal desiderio di voler proteggere Mwezi e la sua famiglia.

Alla fine, Nuka riuscì a liberarsi, alzando il muso per guardare l’avversario, il quale tossiva piccole gocce di sangue e alcuni ciuffi della sua criniera ricciuta. Premette una zampa sulla sua gola, rendendogli ancora più difficile respirare, mentre lui ansimava pesantemente. Il suo corpo doleva, ma in quel momento non sentiva quasi niente, se non un’energia pulsante in tutto il suo corpo e che bramava ancora per la battaglia.
Guardò suo padre negli occhi, mentre quello cercava invano di liberarsi. Nuka era una roccia, la sua posizione non vacillava di un palmo. Solo un’altra volta colpì l’avversario sotto di lui, per evitare che questo riuscisse a mordergli una zampa.

Ormai risultava evidente a tutti chi fosse il vincitore della sfida. Le leonesse e le iene fedeli a Furaha si scambiavano occhiate sorridenti e persino Asante
non riuscì a trattenere una risatina sommessa. Le iene di Scar, invece, si guardavano confuse, agitandosi in preda al panico.

-Direi che lo scontro può dirsi concluso- decretò Imani, alla fine. Le sue parole però scatenarono una risata profonda e gutturale proprio da parte del leone che aveva perso. Nuka quasi si spaventò a vedere le iridi smeraldine di Scar brillare follemente, mentre si guardavano negli occhi.

-Non credo proprio, vecchio rettile raggrinzito – disse il leone con voce velenosa. Tossì, per poi prendere fiato e gridare a Zira e ai suoi -Prendete la mia luna!

Mwezi fu letteralmente strappata via dalle zampe di sua madre da Zira, che la trascinò per la collottola come fosse stata una cucciola, prima di gettarla in mezzo a un nugolo di iene che le correva intorno colpendola e schioccando le mascelle. All’inizio cercò di difendersi, ma le iene sembravano non curarsi più del divieto di farle del male. I suoi uggiolii e guaiti di terrore e dolore fecero male al suo amato come se fossero stati dei tagli lunghi e profondi nella sua pelle.
Vederla crollare a terra, in mezzo a quella folla sghignazzante, poi, fece balzare il cuore di Nuka dritto in gola.

-Se non posso averla io, nessuno deve averla- sentenziò Scar, sfoggiando ora uno sguardo vittorioso nonostante il sangue che gli sporcava la pelliccia in diversi punti. -Cosa scegli, figliolo? Averla viva o averla come compagna?

Spazio autrice: du du duuuun!
Sorpresa sorpresa con il finale. Non sono riuscita a concludere la storia con quest’unico capitolo che pure è venuto lungo, ma a una bella storia serve una bella conclusione vi pare? In ogni caso per farmi perdonare del finale aperto che vi farà stare in ansia per tutta la settimana, ho voluto mettere anche il secondo capitolo di Rango. Per chi avesse domande di qualsiasi tipo io sono aperta anche a discussioni tramite messaggi privati.
Ci vediamo al prossimo capitolo! Credo che purtroppo quello sarà davvero l’ultimo.

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Capitolo 37
*** Polvere ***


I due leoni si scambiavano lampi di rabbia, ancora avviluppati l’uno negli artigli dell’altro, provando quasi piacere nel poter esprimere tutto l’odio e il rancore che avevano maturato insieme in quegli anni. Nuka sentiva un fuoco ardere in lui con la violenza di un incendio, il desiderio di distruggere il leone inchiodato a terra sotto di sé era secondo solo al terrore da cui era trafitto ogni volta che sentiva un guaito di Mwezi.

Mentre Asante e il resto della sua famiglia ringhiavano minacciosamente alle iene dell’anello più esterno, nel mezzo di quel cerchio, la giovane leonessa faceva del suo meglio per difendersi.  Tuttavia, presto Nuka scorse un graffio che le solcava il fianco. Zira era proprio lì con lei, al centro della schiera di iene. Lo fissava, ma più che altro guardava Scar con un’apprensione che suo figlio aveva sempre sperato rivolgesse a lui almeno una volta.

Ringhiò a denti stretti, premendo con forza sulla gola del leone scuro, il quale però non abbandonava la sua espressione tracotante. -Lasciala. Subito- scandì Nuka, facendo sentire gli artigli e ignorando il ruggito di Zira. Il guaito di Mwezi, tuttavia, gli trafisse il cuore come il corno di uno gnu. Non riusciva più a vederla tra la massa di iene! Che le avevano fatto?!

-Non credo proprio che lo farò- disse Scar, con voce gracchiante a causa della mancanza di aria -A costo di farla diventare mia regina nell’aldilà, tu non l’avrai mai. Ora lasciami, oppure guardala morire.

Riluttante, il giovane leone lasciò lentamente la presa, permettendo a Scar di rialzarsi. La sua rabbia pareva riflettersi nel cielo, sempre più fosco e tonante. Si alzò un forte vento che scompigliò le criniere dei due leoni, mentre anche gli altri animali fedeli a Furaha si fermavano, preoccupati e cercando di scorgere il manto della loro principessa in mezzo al nugolo di iene.

-Mwezi! Rispondimi!- chiamava Asante, affiancato da sua zia. Nessuna risposta. Intanto il terrore e la rabbia inondavano i cuori come i fiumi durante la stagione delle piogge.

Il vento alzò la polvere, avvolgendo i due sfidanti in una nube ocra. Il cielo ora ruggiva, brillando di folgori che disegnavano sagome terribili tra le nubi. Sembrava che tutti i grandi re si stessero riunendo sopra le teste dei due leoni.

Scar, tuttavia, non sembrava affatto intimidito da tutto quello spettacolo di potenza. Fissava il figlio trionfante, retrocedendo per raggiungere i suoi, mentre Nuka lo seguiva trascinandosi dietro la tempesta. La polvere vorticava attorno ai due leoni, smuovendo le loro criniere nere, avvolgendoli quasi completamente, al punto che l’uno riusciva solo a scorgere la sagoma sfocata dell’altro.

Tutto il resto sembrava essersi dissolto. Non si udivano i latrati delle iene, né le grida disperate di una madre, solo il fischio del vento sempre più adirato nelle orecchie, appiattite sulla testa.

Solo la voce gracchiante di Imani, a un certo punto, riuscì a sovrastare l’ululato del vento. La nube ocra sembrò aprirsi per rivelare il suo guscio, liscio e levigato, che avanzava lento verso i due leoni.

-Hai disprezzato le leggi del Cerchio per troppo tempo, Scar- disse lo sciamano, continuando ad avvicinarsi ai due sfidanti. -Libera Mwezi. Non senti suo padre, re Kimba?- indicò il cielo- Fa del male a lei o a Nuka e per te non ci sarà più ritorno! I tuoi crimini…-

-Il mio unico crimine…!- la interruppe Scar con un ruggito, mentre il vento spirava ancora più forte -Il mio unico crimine è stato permettere che il mio destino, la madre della mia stirpe, fosse tenuta lontana da me per così tanto tempo. Avrei dovuto agire molto, molto prima!
Nuka scoprì le zanne, avvicinandosi ancora a lui con gli artigli sguainati. Non aveva mai provato tanto odio per qualcuno. Tuttavia, sapeva di non poterlo attaccare, non finché Mwezi era tra le grinfie delle sue iene.

-Non ti permetterò di toccarla di nuovo!- ruggì il giovane leone, così forte che l’espressione arrogante di suo padre si incrinò per qualche istante, lasciando trasparire la sua paura. -Io non la lascerò- disse ancora Nuka, come in un giuramento, arrivando sempre più vicino a Scar.
Imani attendeva alle sue spalle con gli occhi nascosti nella ragnatela delle sue stesse rughe, osservando i due leoni con uno sguardo indecifrabile.

L’usurpatore sembrò vacillare per qualche istante, sotto gli occhi infuocati di quel leone così simile a lui eppure tanto diverso. La cicatrice che gli deturpava il muso era molto più grossa di quella che solcava il suo occhio. Per quel fugace attimo di debolezza, Nuka scorse nel padre una traccia di ciò che gli aveva mendicato ogni giorno della sua vita: l’ammirazione.

Fu tutt’altro che orgoglioso, però: in quel momento non trovava niente di peggio che essere ammirato da un simile mostro. Anche Scar spazzò via quel barlume di stima, gonfiando leggermente il pelo della criniera e tentando di guardare il figlio dall’alto, incutergli ancora una volta un senso di inferiorità.

-Non reclamare Mwezi quando ne ho avuto l’occasione è stato un errore- sentenziò con gli occhi sgranati dalla follia -Ma sarò certo di rimediare non appena sarò fuori da questo regno dannato. Sarà la mia regina, ma se proverai a seguirci la ucciderò!

Prima che Nuka potesse farlo, oltre quel muro di polvere e sabbia, si levò un ruggito talmente possente che pareva essere ovunque nello stesso istante. I due leoni si guardarono attorno, entrambi sorpresi, senza capire chi altro ci fosse lì con loro.

-Il tuo spirito allora scomparirà nel vento- sentenziò Imani, prima che un nuovo coro di tuoni e ruggiti si levasse attorno a loro. Una battaglia sembrò scatenarsi attorno ai due sfidanti, i quali però non riuscivano a vedere niente, se non sagome sfocate e distanti come in un sogno. Tutta la sabbia dell’arena era in movimento, vorticando furiosa, mentre il cielo sembrava impazzire per la rabbia.
Possibile che fosse davvero re Kimba, che veniva a proteggere sua figlia? Nuka stentava a crederci, ma come spiegare altrimenti…

Tuttavia non poteva deconcentrarsi. Doveva continuare a tenere d’occhio Scar, per impedirgli di sparire nella tempesta con Mwezi.  Il suo avversario, d’altro canto, si guardava intorno spaventato e con il respiro ansante, come se non capisse. O forse…come se comprendesse quel presagio persino meglio del figlio.

Chiamò Zira e le sue iene, ordinando loro di avvicinarsi e portargli la principessa, ma non ricevette alcuna risposta. Solo altri tuoni, latrati e ruggiti, che pian piano però scemarono, quietandosi mentre i due leoni ancora si fronteggiavano.
Nuka era sul punto di cogliere l’occasione, saltare alla gola di Scar, ma d’improvviso lo vide guardare alle sue spalle con gli occhi sgranati dalla paura. -Mufasa…padre…?- disse in un soffio, mentre il suo respiro si mozzava.

Temendo un inganno, il giovane leone tentò di resistere, ma alla fine si voltò. Anche il vento sembrava placarsi, ma le correnti d’aria facevano ancora danzare la polvere nell’aria, delineando le sagome di un concilio di leoni riunito a mezzaluna alle loro spalle. I granelli modellavano le fattezze dei loro musi evanescenti, tanto da far pensare al giovane leone di avere delle allucinazioni. Eppure…non sapeva come spiegarlo ma in qualche modo li sentiva familiari, come se li conoscesse...

Due di loro, quelli più al centro, avanzarono con compostezza. Con ossequio, lentamente la polvere si posava a terra e le raffiche di vento si trasformavano gradualmente in una brezza leggera. Tutto il concilio dei leoni scomparve eccetto quei due, che anzi acquistarono sembianze sempre più definite. Erano molto simili per corporatura, anche se uno sembrava leggermente più alto. A ogni passo, Nuka ebbe la conferma dei propri sospetti e dopo poco, seppe dire con certezza chi fossero quei leoni. La pelliccia dorata e le folte criniere erano inconfondibili.  

-Scusa il ritardo- disse Kopa, abbozzando un sorriso a Nuka. Non credeva che sarebbe mai stato tanto felice di rivedere quel principino.

Gli ultimi granelli di polvere finalmente scivolarono al suolo, mostrando per intero l’arena. Le uniche iene rimaste erano il branco di Kamaria più Shenzi, Ed e Banzai. C’erano leonesse che non appartenevano al branco di Furaha, tutte con gli artigli sguainati e qualche ferita sul corpo. Zira non si vedeva da nessuna parte, ma neanche Furaha e Mwezi...

Il sollievo ebbe breve vita nel cuore di Nuka non riuscendo a scorgere da nessuna parte queste ultime, si accorse però che tutti erano radunati in un gruppo compatto che scopriva i denti verso Scar. Da quel gruppo emerse la voce di Asante: -Nuka! È qui sta bene!- gridò come se lo avesse letto nel pensiero.

Quando però vide suo padre mettersi a correre verso di loro, verso Mwezi, il cuore gli sprofondò nel petto. Aveva già mosso un’ampia falcata verso il nutrito gruppo di leonesse e iene, un ultimo slancio disperato di compiere le sue parole tremende.

Nuka si mosse subito dietro di lui, con la forza della disperazione per recuperare il vantaggio iniziale. La paura lo bloccò, fu lento, ma peggio di tutto, il branco di iene e leoni fece una cosa che mai si sarebbe aspettato: sembrò aprire la strada a Scar. Tutti si fecero da parte senza arrestare la sua corsa.

Il giovane leone fu percorso da un brivido di terrore quando scorse il manto candido dell’amata. Ma Scar non arrivò mai vicino a lei. Furaha balzò in avanti, dritta verso la sua gola prima che lui avesse il tempo di fermarla. Morse. Morse con tutte le sue forze, piegando a terra il corpo del leone. Di colpo la corsa di Scar si arrestò e così la sua vita.
 

Nuka non chiese mai di Zira. Il cadavere del padre aveva suscitato in lui emozioni contrastanti, a cui non era mai riuscito a dare un senso. Eccetto alla gratitudine forse. Era infatti grato che fosse finalmente fuori dalla sua vita per sempre, e pregava che le cose sarebbero rimaste così sia per lui che per sua madre. Che fosse viva o meno, aveva poca rilevanza.
Tuttavia, aveva una mezza idea che Asante e la sua famiglia l’avessero ripagata dell’uccisione di Kamaria. Mai però gli passò per la testa di biasimare l’amico.

Desiderava con tutto il cuore andare avanti e così fece, dedicandosi interamente alla sua compagna. Si scusò per essere stato incapace di proteggerla, di averla lasciata sola. “Zitto e abbracciami, sciocco” fu la sua unica risposta quando finalmente fu al sicuro nella tana dell’albero.

Il rito della loro unione si tenne in una radura poco lontana dalla roccia degli amanti, alla presenza persino dei sovrani della Rupe dei Re. Simba aveva fatto le sue scuse a Nuka, riconoscendo quanto si fosse sbagliato tempo addietro nel giudicarlo. Il suo regno e quello di Furaha non potevano contare su un’unione duratura come quella di un matrimonio, ma almeno su una solida amicizia già nata tra i futuri sovrani. L’unica cosa che ancora mal digeriva era la presenza delle tre iene che avevano cacciato lui e la sua regina da cuccioli.

Visto il loro comportamento durante lo scontro con Scar e il suo branco di iene, di nuovo esiliato oltre i confini, Furaha aveva infatti concesso loro di restare nel suo regno, ma non senza imporre numerose condizioni.

Asante scortò la giovane regina fino alla radura in cui l’attendeva il compagno. Era più raggiante di tutte le stelle del firmamento. Fin da quel momento Nuka sentì il cuore iniziare a scalpitargli nel petto e tutto il suo corpo scaldarsi piacevolmente. Era arrivato, il momento che aveva atteso per tanto tempo. La sera dell’equinozio.
Prima di lasciarli, l’amico gli sussurrò: -Considera “Asante” come nome per un futuro principe.
-Era la mia prima scelta- rispose il leone, ridacchiando sotto i baffi assieme a lui -Non saremmo qui senza di te.

Asante si limitò ad annuire, senza perdersi troppo in elogi, prima di andare a sedersi accanto a sua zia, che gli riserbava uno sguardo commosso e insieme orgoglioso. Intanto i due amanti si perdevano l’uno negli occhi dell’altra, sognanti, e Imani mormorava preghiere agli spiriti e ai grandi re del passato. Nuka non ne fu sicuro, ma avrebbe giurato di scorgere una piccolissima lacrima solcare la guancia di Furaha, la regina di pietra.

Ricevuta la benedizione dello sciamano, i due leoni furono finalmente lasciati soli nel loro talamo segreto. Sopra di loro la volta degli alberi si apriva in un oculo che inondava di luce il letto di erba. La luna, protettrice delle madri, lo spirito che rendeva fecondi i loro grembi osservava i due amanti scambiarsi le prime effusioni.

Posando il muso sulla fronte dell’amata, Nuka si accorse del suo leggero tremito. Scorrendo sul suo manto morbido, arrivò fino all’orecchio per chiederle: -Vuoi…vuoi che mi fermi? Capisco se non sei ancora pronta, Mwezi, soprattutto dopo che…-
Un tocco del naso, leggero come quello di una farfalla, lo zittì. Mwezi parlò a fior del suo muso, guardandolo negli occhi:- Non ho paura, Nuka, o almeno…non di te. Voglio dimenticarlo. Voglio scordarmi la sua voce, il suo tocco, il suo odore… Ti amo e stanotte voglio diventare una cosa sola con te. Solo…ti prego cerca di…-

-Non temere- la rassicurò, offrendole come riparo la sua criniera e poi stringendola a sé. Sapeva che gli spettava un compito delicato: chiudere una ferita aperta nella sua compagna, rendere quel momento perfetto per entrambi. Non lo avrebbe disatteso. No, avrebbe seguito i tempi e i desideri di Mwezi, colmandola del suo amore come lei faceva con lui. Delicatamente si stesero sull’erba, gli occhi persi l’uno nello sguardo dell’alto.

-Te lo giuro, mia regina- disse ancora Nuka -da qui fino al giorno in cui il mio corpo tornerà alla polvere io ti amerò con tutto il mio cuore, ti proteggerò con ogni mia forza e ti sarò fedele. Stanotte, te ne darò prova. Sarò il re che hai sempre sognato. Aspettati solo gentilezza e conforto da me-

Furono le ultime parole che si scambiarono, ma si parlarono per tutta la notte, fino e oltre il sorgere del sole. Parlarono una lingua arcana come il mondo stesso, la più pura che esistesse. Parlarono col corpo, attraverso odori, coccole e suoni soffusi come se temessero di svelare qualche segreto. Ogni fibra del loro corpo sembrava animarsi e pulsare di nuova vita, come se quella vicinanza, l’armonia che si creava tra i due leoni, le avesse destate da un lungo torpore.

Non ci fu posto per la brutalità o per l’irruenza, in mezzo alle loro dolci carezze, in mezzo a uno dei pochi frangenti di magia che ancora si poteva ammirare nel mondo. L’amore fu l’unico padrone dei due amanti, le cui vite sembrarono complete solo in quel momento. Tutto il resto fu spazzato via. Il passato scomparve alle loro spalle come foglie morte disperse dal vento. Contava solo il presente, quel momento unico tra loro due.

All’alba, il sole salutò i due nuovi sovrani del regno, ancora rannicchiati l’uno accanto all’altra. Nuka aprì gli occhi qualche minuto solo per ruggire a tutte le Terre Alluvionali e segnalare a eventuali intrusi la sua presenza. Il basso rombo che scaturì dalla sua gola viaggiò lontano, attraverso le praterie e i fiumi, venendo udito dai suoi nuovi sudditi che prontamente alzavano la testa. Presto sarebbe dovuto andare a salutarli, presentandosi assieme alla sua regina.

Tuttavia, era ancora presto. Coprì l’amata con i ciuffi della propria criniera, proteggendola dalla luce abbagliante del sole per permetterle di dormire ancora un po’. Il nuovo giorno portava con sé nuove speranze, nuovi inizi e persino nuove vite.

Spazio Autrice: e voilà! Siamo arrivati alla fine del viaggio. Fatemi un commentone finale e ditemi come sono andata! Tirate un po' le somme della storia e non abbiate paura di essere critici. Alla fine i nostri amati leoncini ce l'hanno fatta, nonostante tutto <3.
Se non l'aveste notato, il titolo di questo capitolo è un rimando alla mia seconda storia già in cantiere. Passate a leggerla e fatevi sentire! 

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