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di ArwenDurin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Behind the Mask ***
Capitolo 2: *** Passion. Your thumb position, you really keep the pressure on. ***
Capitolo 3: *** In Der Palastra ***



Capitolo 1
*** Behind the Mask ***


Si sentì finalmente libero soltanto quando l’aria nel balcone toccò il suo viso, era bizzarro quanto in pregiati pezzi di stoffa, danze, e chiacchiere, vi fossero scritti la noia, la banalità, e la falsità presenti in balli del genere.
Egli in ogni sguardo languido di qualche dama poteva vederlo, lì chiuse in sinuose stoffe ricamate con sorrisi sul volto, molte di loro obbligate a essere presenti.
L'unico conforto a quel soppressante senso di inadeguatezza, e delle tempie che martellavano per le inutili chiacchiere, fu vedere la luna brillare in cielo.
Lì il lord respirò a pieni polmoni e socchiuse gli occhi, sentendo gli aromi della notte avvolgerlo e carezzare il suo volto, sfiorando le sue labbra disegnate di perfezione.
Will Graham rimase immobile, nonostante l'aria di Febbraio, mentre le chiacchiere dietro di lui all'interno del salotto proseguivano, e l'inutile teatrino di bellezza e falsità compiva il suo corso.
«Invero, mi sorprende davvero trovare un'altro gentiluomo nel gelo della notte.»
Una voce interruppe i suoi pensieri, profonda e sinuosa come una danza proibita.
Graham aprì gli occhi chiari sbattendoli confuso, e voltandosi di fianco a lui trovò la figura di un'altro uomo, alto poco più di lui e prestante.
I i suoi abiti erano tra i più pregiati che avesse visto all'interno di quel ballo invernale, sembrava quasi un principe capitato da remoti luoghi per stupire e meravigliare.
Il lord non rammentava inviti di tale calibro, alla festa di quel conte alla quale era stato trascinato, ma era ben vero che non aveva la minima idea di chi egli fosse, al contrario dell’amico Frederick. Era lui che con tono tinto d'orgoglioso come fosse stato invitato dalla regina d'Inghilterra in persona, gli aveva annunciato la lista degli ospiti ma nessun principe era presente, almeno così ricordava…distolse lo sguardo dall'uomo prima che potesse diventare scortese, e finse un interesse che non aveva per l'improvvisa compagnia non richiesta.
«Non mi pare ci siano proibizioni di sostare in questo balcone...-tirò un sospiro e proseguì-  ma forse lei è più esperto di me.»
Lo osservò di sott'occhi e l'uomo accennò un piccolo sorriso all'angolo delle labbra, una bocca dalla forma particolare, su cui il lord si trovò a meditare negli istanti prima che l'altro gli rispondesse.
«Intendevo dire che un giovine del suo calibro, è più sovente trovarlo in compagnia di dame e danze.»
Un moto di irritazione avvolse Will Graham, e maledì nuovamente Frederick per averlo portato a quell'assurdo ballo, proprio egli che passava il suo tempo tra le pagine di libri, perdendo la mente in poemi e racconti alla fiamma di un camino; avrebbe dato tutto l'oro di cui disponeva ora, per trovarsi lì.
Cercò di mantenere una velata calma, per quanto il suo stomaco bruciava dalla supponenza dell'ospite accanto a sé: come poteva decidere basandosi soltanto sul suo aspetto?
«Non amo particolarmente danzare, e non sono mio malgrado, un abile conversatore. Le dame presenti troveranno di certo qualcun'altro che possa intrattenerle, del loro calibro magari.»
Un pizzico di provocazione abbandonò la sua lingua nell'ultima frase, ma non si azzardò a guardare l'uomo per vedere la sua reazione, in effetti come sua consuetudine, cercava di evitare il contatto visivo il più possibile.
Lo vide con la coda dell’occhio, rivolgere l'attenzione sopra la sua testa e piano, annunziò i versi di una poesia di Edgar Allan Poe da Graham ben conosciuta; un elogio trasportato dal vento e dalla luce della luna.
Lo sguardo del lord allora, tornò su di lui.
«Più lucente e più fredda, 
dominava tra gli schiavi pianeti, 
nei cieli signora assoluta -  e, col suo raggio, sulle onde. 
Per un poco io fissai 
il suo freddo sorriso; oh, troppo freddo - troppo freddo per me! 
Passò, come un sudario, 
una nuvola lanuginosa, 
e io allora mi volsi a te 
orgogliosa stella della sera, 
alla tua remota fiamma, 
più caro avendo il tuo raggio; 
giacché più mi allieta 
l' orgogliosa parte 
che in cielo svolgi a notte, 
e di più io ammiro 
il tuo fuoco distante 
che non quella fredda, consueta luce.»
«È più consueto trovarla a decantare versi alla luna, non è così?» aggiunse poi rivolgendo di nuovo il suo sguardo su Will Graham, e soltanto allora il contatto visivo durò più a lungo e il lord notò davvero quell’uomo.
D’oro erano i suoi occhi, incandescenti e dalla ferocia di chi ardeva di passione racchiusa in lettura, arte, e poesie, il suo viso era esotico come provenisse da terre norrene, scolpito come una statua.
Era di certo affascinante, questo non poteva negarlo, abbassò lo sguardo con improvvisa agitazione.
«Come lei suppongo, era venuto qui in cerca di quiete? Anche lei rifugge dal baccano?»
«Nel silenzio posso percepire meglio, e necessitavo di un attimo di quiete prima di lanciarmi nella grande maschera della società: un teatro allestito da millenni, con diverse persone ma con le stesse maschere.»
Will Graham annuì in assenso, e portando le mani dietro la schiena, si voltò con rinnovata meraviglia verso l'estraneo di fianco a lui; un venticello leggero si abbozzò nell'aria, avvolgendo le loro figure che si fissavano nella notte.
Il lord si chiese chi fosse colui con cui occhi con riflessi d'oro, riusciva a condividere lo sguardo senza sentirsene risucchiato, né invaso e lì in quell'ampio balcone affacciate su un notturno giardino, accadde qualcosa. Le sue labbra formarono le parole come se esse avessero una propria anima e volontà, frasi trattenute nel suo essere e trascritte segretamente in versi sotto distese stellate e silenziose.
«Anche lei ha la sensazione di aver già visto e osservato dunque, tali comportamenti? Pensa che sia soltanto uno spettacolo che come un cerchio, continua a ripetersi nelle ere? Maschere già avvenute e che dovranno ancora avvenire?»
Vi era comprensione scritta negli occhi ambrati dell'uomo e spronò il lord a continuare, un sorriso si affacciò sulle sue labbra.
«Spesso mi hanno dato del visionario, persino il mio amico che mi ha portato a questo ballo del conte Lecter, non mi ha mai assecondato.»
Lo sguardo dell'uomo si fece più intenso, come fosse una carezza della notte, e involontariamente Will Graham rabbrividì.
«Posso comprendervi, signor...»
«Will Graham, al vostro servizio.»
«Ebbene signor Graham, lei è senz'altro una mente eccezionale non dubiti di questo, il suo animo e di un poeta e potrei azzardare l'ipotesi che lei lo è. Il vedere dove altri nulla vedono, è un dono signor Graham e come dissi, lei toglie alle dame un immenso piacere della sua compagnia.»
Will Graham a quel punto si distanziò, rendendosi conto dell'inusuale vicinanza che si era creata tra loro, e un bagliore di emozione gli colorò le gote mentre si voltò dinnanzi a sé, dando di nuovo il suo volto alla pallida luna.
«Ma non mi conoscete abbastanza per un simile commento.»
«Invero avete ragione, ma posso ben comprendere quanto un gentiluomo è degno d'attenzione e possiede intelletto, in mezzo ad una massa di non rilevante importanza, signor Graham.»
Will Graham non osò guardarlo e sospirò.
«In tutto ciò mi rammarico che lei non abbia saggiato il suo momento di quiete.»
«Au contraire, ho tratto l’ispirazione che cercavo… vi auguro buon proseguimento.»
Il signor Graham si voltò ma l'uomo era già sparito, solo allora si rese conto di non avergli chiesto il nome o che l'altro nemmeno l'avesse accennato...un comportamento insolito, per il gentiluomo con cui aveva disquisito.
«Will! Santi numi è da ore che ti cerco!» Frederick con passo veloce, lo raggiunse sul balcone, le gote rosse indicavano che aveva già saggiato considerevoli bevande.
«Lo sai quanto poco apprezzo eventi del genere, ti ho accompagnato per cortesia ed amicizia e poi ero qui con- si interruppe sbirciando all'interno del palazzo per riuscire a scorgere il gentiluomo, ma non lo trovò- hai visto qualcuno entrare, mentre uscivi?»
«Perché, il caro Will ha intrattenuto una conversazione?»
Will Graham sospirò al tono ilare dell'amico, che poco dopo gli diede una pacca sulla spalla.
«Piuttosto che perderti in fantasticherie notturne, a breve il conte Hannibal Lecter ci onorerà della sua presenza, e prego di poterlo avvicinare questa volta.»
«Sia mai che un'importante membro sociale, non parli con te Frederick.»
L’altro scosse il capo e i suoi occhi chiari si riempirono di divertimento.
«Entriamo ora.»
 
Nell’aria si soppesava l'attesa, le candele fremevano lentamente mentre ogni persona lì presente, si era in silenzio per vedere giungere finalmente l'anfitrione, il conte Hannibal Lecter; fu prontamente annunciato dal valletto e poco dopo, lo si vide scendere le scale del piano superiore per raggiungere i suoi ospiti.
Brusii di meraviglia e sguardi lucenti tutt'erano incantati alla sua figura vestita d'oro, che con eleganza si incamminava tra la folla, ma il più sorpreso tra tutti fu proprio Will Graham.
Negli abiti ricamati e l'oro che passava tra essi e nel suo panciotto, insieme alla bellezza di un antico Dio nordico, spiccava come fosse una gemma preziosa in mezzo ad ogni gentiluomo o dama da cui era attorniato e il lord si ritrovò a fissarlo incapace di distogliere lo sguardo. Il suo amico si era avvicinato al conte insieme agli altri ospiti adoranti per lui, ma Will Graham stette in disparte ben lieto di conoscere il nome del misterioso ospite con cui aveva piacevolmente conversato.
Il conte Hannibal Lecter seppur con grazia e con sorrisi affabili, con i suoi occhi d'ambra ottenebrati di determinazione luccicante d'oro, vagava alla ricerca di una sola persona.
Will Graham si appiattì contro l'angolo del muro, scoprendosi curioso e leggermente infastidito di conoscere la fonte di tale ricerca, chi era la persona su cui lo sguardo del conte voleva poggiarsi.
Il suo cuore batté forte, inconscio di quell'emozione che gli prese il petto, quand'ecco che i loro occhi si incontrarono, e una fulgida speranza si accese, e trovò conferma quand'egli gli sorrise. Era velato tale sorriso ma sincero: vi era scritto un saluto e un autentico apprezzamento, e il lord Will Graham ricambiò con un cenno del capo. Ascoltò le parole sussurrate dai suoi occhi d'oro, rammentando il suo volto procinto alla luna e il loro dialogo segreto nella notte.
Quando il loro scambio di sguardi si concluse, quel calore si spense e il chiacchierio delle persone presto si insinuò di nuovo nelle suo orecchie, ma Will Graham non ne fu più infastidito, ben avvolto da tutt'altro pensiero.
Non sapeva se il conte si sarebbe a lui avvicinato, ma una bizzarra gioia prese il suo petto soltanto nel constatare che aveva fatto una buona impressione ad Hannibal Lecter, quanto l'altro al suo essere.



Angolo Autrice:Ciao a tutti ^_^
Dovete sapere che è da parecchio tempo che ho in mente di fare questa raccolta, ma non ero sicura di avere abbastanza idee, o di renderli bene/ classico questo XD quindi ci ho messo un po’ ma finalmente ce l’ho fatta XD
Ho in mente altre ideuzze da aggiungere appena posso, vorrei fare sempre questa forma di titoli nobiliari per entrambi, come se leggeste una fanfiction su Hannigram vittoriani davvero esistenti, quindi sarà sempre lord Graham e il conte Lecter.
Capiamo tutt* Will qui, vero :P ?
Non so perché ho messo Frederick come amico di Will XD in realtà non hanno sto legame, ma il fatto di voler avvicinare gente importante penso lo rispecchi.
Non c'è beta quindi perdonate eventuali errori 

Spero vi piacerà questa idea, come a me sta piacendo scriverla ^_^
Il titolo della raccolta intera viene da un poeta e uomo che ammiro molto, Walt Whitman
 
Grazie a chiunque commenterà e/o leggerà


 

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Capitolo 2
*** Passion. Your thumb position, you really keep the pressure on. ***


Suonare era sempre stato l’unico modo per chiudere le porte della sua mente, i pensieri si volatilizzavano come sottile nebbia nelle notti di un freddo da gelare l’anima, e lì tra i tasti da esso sfiorati, poteva davvero sentirsi parte della musica finalmente, di nuovo. Il conte Hannibal Lecter, aveva sempre provato un senso di tranquillità nel produrre melodie che null’altro gli donava, e per quanto molti strumenti erano di sua competenza, il suo preferito rimaneva il clavicembalo. Quel suono vero e sentito che lo strumento produceva era ineguagliabile, nulla poteva turbarlo lì, era il suo angolo di quiete. Eppure in quella serata d’inverno qualcosa mutò, o per essere esatti, confermò la mutazione su cui rimuginava da parecchie veglie, poiché la melodia che stava riproducendo si fece improvvisamente sottile: un sottofondo ad un solo pensiero che invadente prese il posto del tutto. I riccioli composti di Will Graham comparvero innanzi ai suoi occhi, si muovevano appena sotto un alito di vento, lo rivide con il capo inclinato mentre anch’esso suonava. Raramente aveva udito un talento simile, per quanto negli anni che furono, il conte Lecter insegnò a molte giovani menti, non fu come quel ragazzo, e difatti nessuno eguagliava la curiosità che provava in sua presenza. Lentamente la sua stanza, le tende rosso vivo, e il pavimento svanirono nel pensiero della prima volta che lo sentì suonare.
 
In una delle tante feste che era consono organizzare, suonarono vari personaggi quella sera, alcuni portati e altri decisamente meno, ma nessuno da attirare il suo orecchio artistico, per quanto vi erano vari strumenti a disposizione: un bel pianoforte a coda, dei violini, un arpa, e il violincello. Nessuno aveva osato toccare quest’ultimo, consci della storia che c’era dietro, e persino Hannibal Lecter stesso faticò a guardare quello strumento quella sera. Tra i vari bisbiglii curiosi sul perché dopo anni avesse deciso di riportare degli strumenti musicali alle sue feste, nessuno di loro aveva colto il significato.
Doveva semplicemente farlo, sentiva di doverlo fare, soprattutto in quella data…voleva riavere il controllo.  Era spesso insonne quella notte, incubi lo tormentavano in quella ricorrenza che voleva a tutti i costi appianare, e questo era l’unico modo.
E quella stessa notte non di meno era di nuovo lì ad osservare la sua stanza, vi era silenzio ma non di solitudine, e in quel giorno era più che gradito per quanto era ancora ignaro che il fato stesse astutamente giocando con lui; esso voleva riportarlo a ciò che da tempo aveva abbandonato, la musica e fu il destino che lo guidò sin fuori nei suoi ampi giardini, dove tutto mutò.
Lì con i boccoli che danzavano ai raggi lunari spinti da un leggero vento, e ad occhi chiusi, un ragazzo stava suonando il violoncello, lo stesso presente poco prima nel suo salotto. Per quanto lo stupore iniziale invase il conte di trovare qualcuno lì per giunta con quello strumento, fu presto sostituito da piacere del  suono limpido e perfetto che il ragazzo stava producendo.
Lo ascoltò,  senza osare produrre un qualche movimento che lo avrebbe interrotto, quel ragazzo non aveva suonato alla festa eppure… nessuno poteva eguagliarlo. Con le mani e l’archetto esso danzava sullo strumento come fossero tutt’uno, con gli occhi chiusi assorbiva il suono come ne fosse innamorato, e nulla si intrometteva fra il ragazzo e la musica.
Era da diverso tempo che Hannibal Lecter non sentiva un talento simile, una bravura che portò indietro la sua mente a una bambina…
Annibal, Annibal
Improvvisamente gli parve di vederla, lì di fianco al ragazzo ad ascoltarlo come a guidarlo nel suono, e quell’illusione parve più vera quando quest’ultimo, cominciò proprio a suonare una melodia di Vivaldi*  che spesso Mischa produceva. Il conte Lecter sentì nettamente il petto stringersi, mentre la commozione brillava nei suoi occhi fu lì che si mosse leggermente, e allora che il ragazzo lo notò.
I suoi occhi azzurri si spalancarono, e subito smise di suonare alzandosi in piedi.
«Perdonate, io ero insonne e…» si interruppe crucciando le sopracciglia guardando il suo volto  «Vi sentite bene?»
Fu sorpreso dall’empatia di quel ragazzo, dal capire che dietro le sue lacrime non vi era solo la commozione dovuta al brano.
«Non preoccupatevi, piuttosto continuate.»
«Raramente posso suonare e di solito quando ne ho occasione, preferisco farlo di notte...»
«Non c’è problema signor Graham, suonate piuttosto bene.»
Il ragazzo guardò il violincello, poi di nuovo rivolse gli occhi azzurri increduli su di lui. Fu genuinamente sorpreso che la melodia da lui prodotta avesse provocato tale effetto, e ciò fece sorridere leggermente il conte.
«Siete gentile e se questo può portarmi stupore, non è però maggiore al fatto che vi ricordate il mio nome.»
Non fu difficile per una mente come quella del conte Lecter, capire il significato vero delle parole di Will Graham, la sua famiglia vantava di un talento musicale, se così lo si poteva chiamare, che era Vincent Graham, piuttosto famoso tanto che girò spesso il mondo con le sue composizioni.
Hannibal Lecter da esperto nell’arte della musica, l’aveva spesso trovato accettabile, ma non un talento…e poté quasi vederlo il giovane Will Graham isolarsi a suonare in qualche luogo angusto della sua dimora, piuttosto di mostrare le sue capacità alla pressione al quale era stato sottoposto.
Nel suo silenzio, il vero talento della famiglia era stato celato.
«Mera formalità, conosco i nomi di tutti i miei ospiti e ancora di più mi rimarrà impresso il vostro… sapete che strumento stavate suonando?»
Il ragazzo cadde in riflessione per qualche secondo, e solo allora sembrò realizzare e impallidì, era così poco avvezzo alle situazioni sociali da non sapere a chi fosse appartenuto quel violoncello; una ragazzina scomparsa prematuramente per la tisi o almeno,questa era la versione ufficiale. Se non altro era vero che il conte smise di suonare per parecchio tempo, dopo quella grave perdita.
Will Graham era stato l’unico che nella sua ingenuità, l’aveva suonata e per giunta così bene, ed Hannibal Lecter ne fu oltremodo colpito.
«Io non immaginavo che…lo riporterò all’istante al suo posto.»
Afferrò il violoncello con una reverenza tale che sembrava temesse che quello da un momento all’altro, potesse sputare fiamme.
«Dovreste rilassarvi signor Graham, quello che intendevo dire è che voi dovete e avete il mio pieno permesso per suonarla visto come la suonate. E dovreste farlo dinnanzi al mondo, se la vostra insicurezza non vi bloccasse.»
Avrebbe voluto dirgli quanto il suo talento assomigliasse a quello che possedeva sua sorella, a quanto tempo era passato prima che sentisse qualcosa di simile, ma sapeva che il ragazzo non gli avrebbe creduto.
Will Graham lo guardò, frastornato di essere compreso, con un sorrisetto incredulo sul volto.
«Non sono io il talento della famiglia, e mai oserei suonare in pubblico… e ora se volete scusarmi.»
Aveva poi afferrato il violoncello più convinto nel suo intento.
«Vi auguro una buona notte, conte Lecter.»
E così era fuggito non dando modo ad Hannibal Lecter di formare una conversazione ne quella notte, né nei giorni a venire.
In effetti anche in altre varie altre feste che organizzò ,dove Will Graham era presente per cortesia poiché obbligato dal rango che portava, aveva oltremodo cercato di evitare un qualsiasi dialogo, dando modo al conte di pensare davvero a come avvicinarlo. Non aveva mai avuto difficoltà a socializzare prima di conoscere quel lord, ma ora ne sentiva il gusto e così si limitò ad osservarlo da lontano, cogliendo ogni suo gesto per leggerlo e conoscerlo meglio.
Da quel giorno improvvisamente , il fato continuò il suo piano e felicemente aveva ripreso a suonare alle feste, con lo stupore degli invitati, ben conscio di chi fosse il merito. Infatti in mezzo ai volti meravigliati e scioccati aveva cercato quello di Will Graham, che dall’angolo più remoto della stanza, sorrideva come se ne fosse consapevole.
Quel sorriso l’aveva tormentato per giorni e notti, aveva vagato in lui in tale modo che quella stessa notte aveva dovuto alzarsi per suonare, e non cadere preda della sua stessa mente, lui che aveva sempre avuto il controllo. Sospirò e si sentì percorrere da quello sguardo e da quel sorriso, trapassato da quel ragazzo come mai gli era accaduto prima. Si ritrovò ad accarezzare i tasti del clavicembalo lentamente, e fu allora che decise di alzarsi dirigendosi al salotto, ma con un misto di fastidio e sollievo trovò proprio il suddetto ragazzo dei suoi pensieri (nuovamente suo ospite come molti altri) lì intento a suonare.
Rimase immobile a fissarlo in quel salotto addobbato di strumenti e celato alla sua vista, dove il giovane divinamente si esibiva in solitudine da lui tanto amata. E il conte si sentiva intrappolato in quelle corde, come se fosse una piccola nota che aspettava soltanto di prendere vita suonata dall’abile lord dinnanzi a sé ma che faticava quella notte. Per quanto la sua bravura era immutata, era frenata, ferma e trattenuta, note musicali bloccate nello strumento da troppi preconcetti sociali.
Ma d’improvviso Will Graham si bloccò, un sospiro flebile uscì dalle sue labbra semiaperte.
«Avverto il vostro sguardo, ovunque io suono voi siete presente. Che cosa volete davvero?» il suo volto era girato a metà a rivelarne il profilo ben delineato alla luce delle candele, non si voltò verso di lui.
«Vorrei che suonaste per me.»
A quel punto il lord si voltò, lo sguardo fermo sul conte.
«È una pretesa?»
Era pressoché il contrario della gentilezza quel giovine, eppure non lo trovava fastidioso, vi era del disagio di fondo nel suo comportamento, e poi era troppo talentuoso per ricevere il trattamento che Hannibal Lecter di solito riservava agli scortesi.
«Sarebbe un desiderio, signor Graham.»
«Desideri e speranze…»
Lo sguardo chiaro del ragazzo vagò, mentre il conte Lecter si sedette al clavicembalo, piuttosto vicino al lord e suonò qualche nota, un assaggio di un brano.
«La mia speranza è che voi accettiate il vostro talento un giorno, ma ci vorrà del tempo. Siete reticente ad esaudire altrui desideri, ma forse potete accettare un consiglio?»
Lo guardò di nuovo ottenendo la reazione che voleva, visto che Will Graham aveva lo sguardo attento.
«Sarei un folle a rifiutare data la vostra fama.»
Così il conte iniziò a suonare, con precisione, armonia e sentimento, diversamente da cosa di solito si limitava a suonare alle sue feste, ed il giovine non produsse alcun suono… a malapena il conte poté udirlo respirare.
Quando terminò gli occhi azzurri del ragazzo brillavano, e le mani fortemente stringevano la stoffa dei pantaloni, mentre il violoncello era in silenzio appoggiato accanto a lui.
«Voi suonate divinamente.»
Hannibal Lecter sorrise ringraziandolo silenziosamente, e si alzò dal clavicembalo lentamente girandogli poi attorno, mentre il giovine lo guardava come si osserva una qualche opera di particolare bellezza.
«Voi sapete tenere a lungo un suono, avete delle belle mani e un pollice adatto a prolungare e sentire tale suono ma non lo vivete, è questo il vostro problema. Non vi sentite all’altezza e lo strumento lo sa questo, come si percepisce che avete passione ma anche che vi trattenete. Vi dovete ricordare che non state solo suonando ma scoprendo, non imponete delle composizioni tradizionali, ferme, e legate a strumenti liberi*.»
«Poter così realizzare qualsiasi intonazione, oltre le note convenzionali* ma come vi ho detto suono per diletto, io non sono…»
Il giovine si bloccò quando però il conte si fermò dinnanzi a lui, inginocchiandosi inaspettatamente al suo cospetto, gli sfiorò un ginocchio volontariamente mentre prendeva il violoncello. Will Graham aprì le gambe in automatico come se avesse sentito il suo pensiero, mentre l’altro posizionava lo strumento.
«Avete detto che apprezzate come suono, dunque seguitemi: vi siete trattenuto per tutta la vita signor Graham, non fatelo con me. Sprigionate quella passione, io la voglio.»
Il loro sguardo si incontrò un istante e nessuna decenza ebbe più importanza, Will Graham poteva essere particolare ma anche Hannibal Lecter lo era, eccome se lo era!
Si alzò andando a prender posto al suo clavicembalo.
«Suonate con me.» Non era una richiesta, né un ordine, piuttosto una sussurrata e suadente affermazione di un momento che stava accadendo, e Will Graham non oppose resistenza, non più.
E così cominciarono a suonare il brano di Cello Sonata N 3 di Vivaldi suonato dal giovine poco fa, dapprima lentamente sotto la guida del conte, per far abituare il ragazzo ad un pubblico.
«Ascoltate la melodia, avvertitela.»
Il giovine chiuse gli occhi, ed era un piacere guardarlo sempre più trasportato dalla marea della musica, Hannibal Lecter lo seguì non perdendosi un attimo, nemmeno un istante di quell’intenso momento. Rivolse spesso lo sguardo a Will Graham che sempre più concentrato, produceva un suono limpido e passionale, quasi surreale per il mondo; e dapprima quello che era un brano di Vivaldi, divenne un suono ricco di calore, colore, e momenti scritto nelle note. Nell’Allegro lo sguardo del conte Lecter scorse oltre la bellezza della musica, la perfezione di chi lo stava suonando: dalle labbra socchiuse, ai boccoli che sfioravano il suo collo sudato, o a quelle mani fini scorrere su quello strumento come se fosse vivo. Momenti fugaci apparvero in una foschia tra le note: due amanti avvinghiati in un abbraccio senza fine, con mani che esploravano, conoscevano, e amavano. Occhi dal colore del cielo che osservavano, capivano, e parlavano mentre una sensazione viscerale, primitiva, e incontrollabile avvolgeva il corpo di Hannibal Lecter che non se ne ribellò, mai avrebbe voluto. Piuttosto continuò ad accompagnare il ragazzo al clavicembalo, subendo le onde del cambiamento e facendosi cullare e assorbire dall’aria sempre più calda, accogliente, e piacevole. Con il Largo, lo stesso strumento sotto le sue mani parve diventare più morbido e assumere toni più delicati, come poteva essere la pelle di quel giovane, soave come sarebbe stato il tocco delle sue labbra, e profondo e vivo come due corpi uniti nell’intimità della notte.
Quando la melodia terminò Hannibal Lecter sapeva di non aver vissuto quell’esperienza in solitudine, bastò guardare Will Graham per confermarlo e l’estasi che riempiva il suo sguardo… nei loro respiri pesanti era scritto ciò che era avvenuto, com’anche nei capelli di entrambi che erano spettinati ora. Il cuore del conte pulsava fortemente, e lo sentì in sintonia con quello del lord che con le guance arrossate lo guardava: erano due anime che si erano parlate, toccate, e capite con il linguaggio universale della musica, ed ora erano mute e consapevoli di conoscersi, come se si fossero già incontrati in un'altra epoca.
Will Graham però interruppe qualsiasi domanda o esclamazione al riguardo, perché si alzò crucciando le sopracciglia e dopo qualche secondo di esitazione, mise il violoncello a posto, gli fece poi un inchino di ringraziamento e sparì velocemente nell’ombra della notte.
Il conte Lecter non fu per nulla sorpreso dalla fuga, e con sguardo d’ambra rimase assolto nel perché di quel momento, nel vero significato di esso. Sfiorò i tasti del clavicembalo: all’inizio era stato colpito dal talento in erba e geniale di quel giovane senz’altro, ma c’era di più e lo sapeva ora.  Capì di essere perduto e avvinghiato in qualcosa che nemmeno prevedeva potesse succedergli, ma che non poteva più negare, non più. Si chiese quanto profonda potesse essere tale caduta nel suo sentimento per Will Graham, colui che l’aveva incuriosito contro la sua stessa volontà e che lo aveva attirato in  una rete di attrazione senza scampo.

 

* e * Hannibal cit.

1 brano
2 brano

Angolo Autrice: ​Ciao a tutti!
Ebbene, si continua la mia tanto adorata raccolta vittoriana :D
È un incontro un po’ particolare che hanno qui, ma essendo gli Hannigram secondo me ci stava :P
Volevo creare qualcosa di passionale con l’arte, e l’idea che entrambi suonano uno strumento è un headcanon che mi piace molto!
 
Potrebbe avere anche un continui in altri capitoli questo racconto, forse :P
Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà!

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Capitolo 3
*** In Der Palastra ***


«Signor Graham?»
Un sorriso comparve sotto la maschera di seta nera e brillante d'oro, che egli portava, non potendo nascondere una gioia improvvisa d'esser salvato da ogni sorta di signori o dame, che vestiti come d'un secolo fa, davano più lustro alla noia che aleggiava nelle loro labbra appena le aprivano.
Si voltò verso l'amico, cercando di celare per quanto possibile, la felicità che lo avvolgeva ogni volta che era in sua compagnia, anche se sapeva che era inutile con colui che meglio lo capiva in questo mondo.
Il conte Hannibal Lecter, vestito d'abiti del '700 come da lui desiderato, risaltava nella stoffa d'ottima sartoria verde scuro che aveva scelto, com'anche i suoi occhi ambrati, brillavano di luce propria nella maschera con riflessi d’oro; essa era particolare poiché si intersecava in delle forme sin in alto alla sua testa, risultavano simili a corna di cervo. Non si stupì più di tanto il lord nel vederlo così, conoscendo la voglia di volersi sempre distinguere dell’amico.
«Mi avete riconosciuto.»
«Vi riconoscerei anche bendato.»
Will Graham scosse il capo, facendo danzar i suoi ricci castani sotto la luce dei lampadari e abbozzò un sorriso.
«Non sono certo se devo interpretare il vostro commento come un complimento, un'offesa, o entrambi.»
Stavolta fu Hannibal Lecter a rivolgergli un sorriso e il lord si avvicinò di qualche passo, abbassando il tono di voce.
«La vostra idea di una festa a tema d'un secolo fa, sta dando i suoi frutti, le persone stanno mostrando le loro vere inibizioni al di fuori dei panni vittoriani nei quali sono abituati a trovarsi. Avete visto il signor Chilton? Non ha esitato a dar voce a i suoi più bassi richiami con varie dame qui presenti, dimenticandosi o forse accantonando l'idea di aver moglie.»
Per quanto la maschera coprisse metà del suo volto, sapeva che il conte si stava divertendo, lo intravedeva nel luccichio dei suoi occhi, com'anche dalla sua postura. Si conoscevano da quasi un anno, lui e il conte, e la loro amicizia era profonda, c'è chi avrebbe detto intima… per quanto molti signori e signore si chiedevano come un uomo così socievole e brillante in società, potesse avere un rapporto così stretto con lui, conosciuto per il suo essere taciturno e solitario.
Ma la risposta era in realtà, piuttosto semplice: non lo conoscevano.
«Come disse Oscar Wilde: ogni uomo mente ma dategli una maschera, è sarà sincero.» Hannibal Lecter tenne un tono confidenziale, soltanto parole tra loro.
«L'anonimato gli da la libertà di togliersi la vera maschera, mi domando se voi la toglierete questa sera, ma non credo sia nel vostro stile.»
I loro sguardi si incatenarono l'un l'altro per qualche millesimo di secondo, sospeso tra i chiacchiericci vari e i suoni d'archi rimbombanti ed eleganti.
D'improvviso lo stupore prese il volto di lord Graham, quando l'altro accennò un inchino togliendosi la maschera e porgendo la mano nella sua direzione.
«Mi concedete l'onore?»
Le sue gote arrossirono e una risatina si fece largo nel suo volto, ma il conte era determinato e serio anche quando Will Graham poggiò la mano sulla sua, uno strano sfarfallio prese il suo stomaco a quel tocco.
«Ne parleranno per mesi, lo sapete?»
«È la mia festa signor Graham, e seguo ciò che desiderio.»
E così condusse l'altro cavaliere al centro del salone, un ballo popolano, divertente, e alquanto bello li fece danzare e roteare insieme; alcune coppie si unirono a loro formando così la classica danza settecentesca.
Nel salone non v'erano più i pudori del 19 secolo, i lampadari sembravano esser svaniti lasciando il posto a candele antiche, i sorrisi sui volti dei ballerini erano più aperti a di solito celate emozioni.
Graham e Lecter, spesso si incontrarono negli sguardi e sorrisi, ed ogni traccia di noia svanì dalla mente del lord, ma quell'atmosfera fu presto spezzata, ottenebrata, e rapita quando i due amici si trovarono nuovamente vicini a roteare insieme. Will Graham sentì il sangue ribollire nelle sue vene a donargli un calore innaturale, mentre i suoi occhi non riuscivano a staccarsi da quelli dell'altro.
Intorno a loro la sala sfocò in uno sfondo di persone e parole, senza più alcun senso, come se d'un tratto fossero loro i protagonisti di un opera dal nome sconosciuto. Il sorriso sul volto di entrambi si spense gradualmente, e la leggerezza sentita dal lord, svanì.
Il suo sguardo bruciava d'un fuoco a lui sconosciuto quando lo fece scorrere sul volto di Hannibal Lecter, come in preda a una mania, a un sortilegio… guardò ogni centimetro di quel viso, dalla sua mascella che si intravedeva da sotto la maschera, alle sue labbra.
Terminarono il ballo in quello stato movimentato e quando si fermarono l'uno di fianco all'altro, Will Graham sapeva che doveva fuggire di lì, i pensieri s'erano fatti proibiti, inadeguati, per l'epoca in cui ricordò di esser nato. E così senza proferire parola o sguardo all'uomo che non sapeva più chi rappresentasse per lui, uscì all'aria aperta.
Il labirinto dell'immenso giardino l'accolse, e il giovane lord vi entrò percorrendo qualche passo, per poi poggiarsi su una colonna alta e erbosa come se ne dipendesse del suo equilibrio, che al momento era piuttosto sfocato.
Poteva quasi vedere quel desiderio assurdo, che aveva appannato persino la sua vista al momento tutt'altro era che limpida, ma piuttosto annacquata da una brama che non sapeva di possedere.
Inspirò a pieni polmoni l'aria fresca della sera, ma il volto del conte non voleva andarsene dalla sua mente, lo dominava, lo invadeva come se gli appartenesse... un sospiro frustrato fuoriuscì dalle sue labbra a quel pensiero. Tutto vorticava intorno a lui e dovette chiudere gli occhi per qualche secondo, per riprendere un briciolo di dignità, quand'ecco che lui apparve.
Il cuore di lord Graham prese a battere ferocemente, come volesse uscire dal suo petto alla sua vista, e si staccò dal muro d'erba cercando di darsi una dignità ma quando lo guardò, essa si dissolse. Hannibal Lecter aveva tolto la maschera e nel suo volto vi era un espressione che mai Will Graham giurò d'aver visto; la brama e l'oppressione di un qualcosa trattenuto per lungo tempo. Nei suoi occhi dominanti di uno scuro desiderio, luccicava il suo riflesso e poté vedere quanto i loro sguardi brillassero in sintonia, mentre il conte si avvicinava sempre di più a lui.
Non si parlarono, ma piuttosto le sue mani furono sul volto di Graham e successivamente le loro labbra furono a contatto, e nulla, null'altro ebbe più senso.
E Will Graham non si fermò, non più, portando le sue mani alla coda che l'altro aveva, graffiando la base del suo collo e attirandolo a sé il più possibile. Dei brividi inondarono il suo animo, quando l'altro gemette e lo spinse contro il muro d'erba dietro di loro; lo stesso che prima aveva sorretto una desiderio proibito, ora doveva sorreggere la passione di entrambi.
Quelle labbra erano così vicine all'intimità che Will Graham si sentì spogliato d'ogni abito, nudo come se stessero facendo l'amore per quanto peccaminoso era: il desiderio che faceva scorrere in lui, l'appartenenza, la devozione, e la brama contenuti in esso. Per come l'uomo lambiva, afferrava, e assaporava la sua bocca in un vortice di desiderio e dolcezza, e per i gemiti osceni che più volte il lord gli diede in risposta.
Non poteva più scappare e nemmeno l'avrebbe voluto, oh no, Will Graham non si era mai sentito tanto vicino all'estasi come in quel momento.
Quando d'improvviso delle risate lontane fece sì che si staccassero, ma soltanto le labbra poiché i visi rimasero vicini, inseparabili, mentre entrambi traevano fiato.
Per quanto erano ben celati, l'era vittoriana poco perdonava certe inclinazioni cosicché quando i loro occhi si incontrarono, nuovamente non ebbero bisogno di parole. Hannibal Lecter gli sussurrò il tutto con lo sguardo tinto di tenerezza com'anche da quel divorante desiderio che lambiva entrambi, mentre con le nocche accarezzava il suo viso e poi con il pollice, le sue labbra.
Vieni da me questa notte, vieni da me se lo vorrai, io ti aspetterò.
Chiare le parole colpirono la mente di Will Graham, come fosse connessa da un invisibile forza a quella del conte, egli lentamente si distaccò da lui con quella richiesta e con altrettanta svogliatezza il lord lo lasciò.
Si scambiarono un ultimo sguardo, prima che il conte rientrasse nella sua dimora e Will Graham tirò un sospiro, mentre un piccolo sorriso riempiva le sue labbra gonfie e rosse ben conscio della scelta che avrebbe preso.
Inspirò e guardando il cielo stellato brillare sopra la sua testa, ed espirò con rinnovata felicità.



Angolo Autrice: Ciao a tutti!
Ebbene sì, Royal Affair mi ha ispirata poiché sta scena non riesco a togliermerla dalla testa! e ringrazio il film per questa scena.
C'è una passione e devozione tale che dopo aver visto il film ancora ci pensavo, e dobbiamo parlare del bacio?!? Così mio sono detta, ma sì mettiamoci Will ed ecco il risultato XD Spero si percepisca la passione che ho provato a scriverla e il desiderio tra quei due prorompente.
Il titolo viene da una canzone dei Sopor Aeternus, i suoi brani che spesso abbino agli Hannigram vittoriani!

Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà
 

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