Finché morte non ci separi

di queen_beer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo contatto ***
Capitolo 2: *** Proposta da sogno ***
Capitolo 3: *** Il grande giorno ***
Capitolo 4: *** Tempismo crudele ***



Capitolo 1
*** Primo contatto ***


Primo contatto
 

Lily Evans adorava giocare a caccia al tesoro. Quando era piccola era il suo gioco preferito, nonché quello di Tunia. Innumerevoli erano i pomeriggi passati a cercare i vari tesori che le due sorelle si nascondevano a vicenda, con la menzione d’onore che deve andare a Gelsomina, la bambola di Petunia che non fu più ritrovata dopo l’anniversario della sua centesima partita e l’anello della bisnonna, che la madre, dopo esserselo trovato nella tazza di latte un nuvoloso Giovedì mattina, fu nascosto, stavolta dalla madre, e mai più ritrovato.
 
Erano passati più di otto mesi dalla loro ultima partita, da quando Petunia si era rifiutata di giocare con lei a caccia al tesoro. O a qualsiasi gioco, per quel che importa.
 
La piccola streghetta, dunque, quando si rese conto che il gentile gigante che l’aveva accompagnata era scomparso invece di essere presa dal panico decise che quella sarebbe stata soltanto un’altra partita di caccia al tesoro.
 
-E adesso?- chiese Johnny Evans leggermente spaesato. In realtà spaesato lo era sempre, tanto che la moglie lo rimbrottava continuamente, chiedendogli scherzosamente se era il caso di stendere i panni o meno, visto che la sua testa era sempre tra le nuvole.
 
-Adesso mi ringraziate, perché vi ho fatti uscire mezz’ora prima! Sparpagliatevi e chiedete informazioni. - rispose Johanna Evans, che invece era molto più pratica del marito. -Ma non allontanatevi troppo! - concluse, alzando leggermente la voce per farsi sentire dai quelli che lei chiamava i suoi due bambini, che erano già partiti in quarta.
 
I due ragazzi avvistarono un ragazzo che stimarono essere della loro età che, come loro, aveva un baule più grande di lui. Era al centro dei suoi due genitori, che si erano accucciati alla sua altezza e facevano a turno per strapazzarlo di baci.
 
Gli occhi di Lily furono subito attratti dall’insolito vestiario del giovane ragazzo: aveva dei capelli neri incredibilmente spettinati e degli occhiali spessi. Era quasi riuscito a passare per un vero babbano, con tanto di jeans della Levi’s e maglietta del Manchester, se non fosse stato per gli scaldamuscoli viola che spiccavano sui suoi polpacci. Aggiungendo il gatto che troneggiava annoiato sulla sua valigia e le lacrime dei genitori ed era tutto chiaro.
 
-Ciao! Sai come si raggiunge il binario 9 e 3/4?
-Dobbiamo lasciarlo a farsi i suoi primi amichetti, non è vero?- disse la madre, con voce vagamente nostalgica, senza abbassare la voce.
-Eh già, come crescono in fretta. Sembra ieri che veniva a piangere nel nostro letto perché aveva paura di perdere il treno per Hogwarts!
-Forse perché, in effetti, era ieri.
-Mamma! Papà! Ci vediamo per Natale!- disse il piccoletto, scacciandoli imbarazzato, ma senza rifiutare un ultimo bacio da parte dei suoi genitori.
-Ciao! Io sono James Potter. Tu devi essere una Nata Babbana- disse James, esaltato di incontrarne una per la prima volta, visto che gli amici dei suoi genitori che bazzicavano sempre a casa Potter erano tutti maghi.
-Già- rispose Lily, evitando di fare commenti sui suoi scaldamuscoli e su quanto fosse evidente che invece lui non lo era, un nato babbano. -Quindi puoi aiutarmi?
-Certo. L’accesso è attraverso quella colonna- rispose indicando la colonna a metà tra il binario nove e dieci. -Attenta a non farti vedere dai babbani!
-Grazie!- esclamò Lily contenta, dirigendosi verso la sua famiglia per condividere la notizia appena scoperta.
-Aspetta! Hey, tu! Come ti chiami?
Ma ormai Lily era troppo lontana.
 
 ***
 
Quando Lily Evans salì sul treno trovò posto a sedere molto facilmente. Questo perché mentre tutti gli altri studenti stavano ancora salutando i loro cari, sopportando le ultime raccomandazioni e accettando con leggero imbarazzo gli ultimi baci, la sua famiglia se ne era già andata.
Sul volto di Lily Evans si potevano ancora scorgere i segni del pianto, le tracce dell’ultima litigata con Petunia. Era stata proprio sua sorella a fare i capricci, tanto che i genitori avevano guardato Lily dispiaciuti e si erano visti costretti a portare Petunia a casa una decina di minuti prima delle 11.
-Mandaci tante aquile!- si raccomandò il padre.
-Non aquile, gufi!
Lo corresse Lily, ridendo di cuore, tra quelle che sarebbero potute sembrare lacrime di commozione.
-Ricordati quello che ti ho detto prima.- disse invece, con una punta di cattiveria, Petunia.
Come potrei scordarmelo?, pensava Lily. Sospettava che il “mostro!” che Petunia le aveva sussurrato con rabbia l’avrebbe tormentata non solo per tutto il viaggio verso Hogwarts, ma per tutto l’anno scolastico.
Lily, infine, si rifugiò nell’abbraccio della mamma.
La signora Evans profumava, come sempre, di cannella, come il dolce preferito di Lily. L’aveva preparato quella mattina stessa.
-Adesso vai, prima che cambi idea e ti tenga qui abbracciata per il resto della vita!
Disse la signora Evans, asciugandosi le lacrime.
-Ci vediamo a Natale!- fu l’ultimo saluto di Lily, che continuò ad agitare il braccio finché non fu salita sul treno. Poi entrò nel primo scompartimento libero che trovò e guardò i suoi genitori andarsene.
Vide anche Severus insieme a sua madre. Per Lily, non c’erano altri volti conosciuti, su quel binario stracolmo di studenti.
 
L’orologio continuò inesorabile la sua marcia verso le undici e il treno si riempì in fretta. Presto, tutti gli scompartimenti furono occupati.
La porta dello scompartimento si aprì, rivelando la precedente conoscenza di Lily.
-Sai per caso se su questo treno c’è un bagno?!
Tra gli occhi stralunati del ragazzo e la voce spaventata, Lily non poté fare a meno di scoppiare a ridere. Era leggermente ridicolo, James Potter, con quegli occhi a palle e i capelli dritti in testa, ma Lily gliene fu grata perché le permise di smettere di pensare, anche se per poco, alle brutte parole che le aveva rivolto poco prima la sorella.
La voce di Lily tremava ancora e la ragazza, non volendo fargli sapere che aveva pianto, alzò le spalle con aria di indifferenza: non sapeva che il suo nasino rosso e gli occhi gonfi la tradivano.
 
James la ringraziò velocemente prima di precipitarsi a chiedere aiuto a qualcun altro, sparendo così come era comparso. Mentre chiedeva informazioni due scompartimenti più in là, si ricordò di essersi dimenticato di nuovo di chiedere il nome a quella ragazza.
 
Fu solo dopo quindici minuti e un eventuale tremendo incidente scampato per poco che James si riaffacciò allo scompartimento della rossa, per chiederle finalmente:
-Ciao, sono di nuovo io, James. Come ti chiami?
 
 
-Sai, quelli del primo anno non sono ammessi nella squadra di Quidditch, ma io sarò l’eccezione. Mio papà dice sempre che sono fortissimo.
 
L’unica risposta che ricevette fu un leggero sbuffo. Lily non aveva capito del tutto quello di cui parlava James e normalmente avrebbe chiesto spiegazioni allo sconosciuto o, al massimo, a Severus.
Questo però non era un giorno normale.
Questo era il giorno in cui sua sorella l’aveva chiamata mostro per la prima volta. Sua sorella, la stessa che ogni Natale le lasciava l’ultima fetta della crostata, la stessa che le spiegava centinaia di volte qual era il modo più bello di mettere i lacci alle scarpe e, quando ancora Lily si confondeva e sbagliava ad infilarli, Tunia sbuffava leggermente, le toglieva le scarpe di mano e li metteva lei.
A quel tempo, Lily credeva ancora che sarebbe riuscita a riallacciare i rapporti. Forse perché non capiva che non era semplice disprezzo, quello scaturito dall’invidia della sorella.
Era vero e proprio odio.
Probabilmente anche Petunia non l’aveva ancora capito.
Le lacrime ormai asciutte di Lily, però, non erano dovute al suo dolore ma alla sua rabbia, che era diretta in parte con sua sorella, perché la lasciava partire per la sua nuova avventura senza aver chiarito, in parte con Severus, per averla convinta a leggere la lettera e quindi averla allontanata ancora di più da Tunia.
 
-Qualcosa dal carrello, pischelli?
 
Una ragazza che avrà avuto massimo vent’anni si affacciò al loro scompartimento: era vestita da babbana e masticava una gomma, impegnandosi al massimo per sembrare più menefreghista possibile. Nel corridoio aveva un carrello pieno di dolci che Lily non aveva mai visto.
 
A James si illuminarono gli occhi e subito cercò nelle tasche qualche spicciolo per comprare dei dolcetti e anche a Lily non sarebbe dispiaciuto affogare la sua rabbia e il suo dolore nel cibo.
 
-Tutte le cioccorane che posso comprare con queste.
Disse il ragazzo, tirando fuori tre monete d’argento.
 
La ragazza sorrise e contò nove rane incartate in un foglio dorato.
 
-Per te invece?
Lily frugò nelle tasche fino a racimolare qualche spicciolo.
-Anche per me cioccorane.
Era l’unico dolcetto di cui sapeva il nome.
La signora col carrello si dileguò, diretta verso altri scompartimenti e Lily e James si dedicarono ai loro dolci.
 
-Chi hai trovato nella tua figurina?
Chiese il moro, con la bocca tutta sporca di cioccolata.
 
-Bathilda Bath. Chi è?
I suoi occhi stavano già scorrendo la descrizione quando James le rispose.
 
-Meh, una studiosa di Storia della Magia. Non dei migliori. Vuoi Joey Jenkins? I giocatori dei Cannoni di Chudley ce li ho già tutti.
 
Lily si mise a leggere la descrizione di Jenkins, infinitamente più interessante di quella di Bathilda.
-Quindi... cos’è il Quidditch?
 
Lily Evans per anni non avrebbe dimenticato la faccia che fece James quando se ne uscì con questa domanda.
 
-Avevo capito che eri una Nata Babbana, ma... non conoscere il Quidditch? Come fate voi babbani senza lo sport più bello che sia mai stato inventato?
 
-Oh, mio papà segue le partite di calcio!
 
Nei seguenti venti minuti, ovviamente, seguì una fitta discussione su quale sport fosse il migliore e alla fine, sebbene James non fosse eccessivamente convinto, decisero che era un pareggio: nel Quidditch si può volare, ma il calcio è possibile guardarlo da casa.
 
Lily era quasi riuscita a dimenticare la sua litigata con Petunia grazie al ragazzino esuberante ed eccessivamente appassionato di Quidditch che si trovava davanti a lei, quando la porta dello scompartimento si aprì ed entrò un altro bambino che avrà avuto più o meno la loro età e si sedette accanto a Lily.
 
Tutta l’attenzione di James si focalizzò sullo sconosciuto, che invece sembrava convinto di essere l’unico essere vivente dello scompartimento.
-Ciao! Io sono James!
-Ciao! A me non importa.
La risposta dell’ultimo arrivato, in un tono stridulo usato palesemente per fare il verso a James, non fece altro che renderlo più interessante agli occhi dello stesso James, che gli sorrise apertamente.
 
-Anche per te una brutta giornata? Voi due potreste andare d’accordo.
Disse, indicando Lily, che stava ancora scrutando lo sconosciuto.
 
E la verità è che probabilmente sarebbero veramente potuti andare d’accordo, tutti e tre. Se solo in quel momento non fosse entrata un’altra persona.
 
-Lily!- esclamò Severus, sedendosi di fronte a lei.
-Non voglio parlare con te.
-Perché?
-Tunia mi... mi odia. Perché abbiamo letto la lettera di Silente
-E allora?
-Allora è mia sorella!
-È solo una...
Lily si portò una manica al viso, nel tentativo di asciugare la lacrima traditrice che cercava di sfuggire dal suo occhio sinistro.
-Ma ci stiamo andando! Stiamo andando ad Hogwarts!
Disse con entusiasmo il ragazzo, che cercava di far tornare il sorriso che adorava tanto sul volto dell’amichetta e, incredibilmente, riuscendoci.
-Speriamo che tu sia una Serpeverde.
Gli altri due ragazzi, che fino ad allora avevano parlato tra di loro, ignorando l’ultimo arrivato, si girarono.
-Serpeverde? Chi vuole diventare Serpeverde? Io credo che lascerei la scuola.
James e quello che sembrava già il suo migliore amico, nonostante l’avesse conosciuto appena dieci minuti prima, adesso stavano schernendo Severus, che di certo non si comportava meglio di loro. Dopo l’ennesima offesa rivolta al suo amico, Lily ne ebbe abbastanza: prese per la manica della tunica il suo amico e si diresse alla ricerca di un nuovo scompartimento.
Lily si era proprio sbagliata. Quel James Potter non era “tutto sommato simpatico” e neanche gentile. Era solo uno sbruffone prepotente e mentre continuava a sentire la sua risata riecheggiare anche dietro alla porta dello scompartimento chiuso decise che non le piaceva. Non le piaceva proprio per nulla.

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Capitolo 2
*** Proposta da sogno ***


Proposta da sogno
 
-Lily Evans.
La mia voce rimbomba nella Sala Grande e una moltitudine di teste si gira nella mia direzione.
Non che solitamente mi dispiaccia essere il centro dell’attenzione, eppure adesso sento distintamente delle goccioline di sudore scendermi dalla fronte e fatico a ricordare come proseguisse il mio discorso.
 
Lei è davanti a me ed adesso mi sta guardando, proprio come tutti gli altri, e un suo sopracciglio è decisamente incastrato troppo in alto, lo sguardo non nasconde la confusione. Sento il cuore battere sempre più forte, mentre decido che ormai tanto vale proseguire fino in fondo.
 
Davanti a tutta la scuola mi inginocchio e recito quanto mi viene in mente del discorso - in origine molto più lungo - che mi ero preparato.
 
-Lily Evans. Ti conosco da più di sei anni, ormai e, probabilmente, sono innamorato di te da altrettanti.
 
Penso che tu sia la mia anima gemella. Da te ho ricevuto molti più “no” che “sì”, soprattutto per quanto riguarda un certo argomento Hogsmeade e forse è per questo che sono così nervoso, mentre sono qui a chiederti, a pregarti, di non dire di no un’ultima volta. Lily Evans, vuoi sposarmi?
 
I suoi occhi trasmettono ancora la stessa confusione di prima e, per un attimo, non riesce a parlare.
Poi sembra riprendere il controllo della sua bocca, ma forse mi ero sbagliato, perché la riapre e richiude un numero considerevole di volte, prima di decidersi a rispondere a tutti gli effetti.
 
-Io... No. Non voglio sposarti, James.
 
-James! James! Svegliati! Per l’amor di Dio, che hai da strillare a quest’ora della notte?
 
-Padfoot, sei tu!
 
-Certo che sono io, chi altri dovrei essere? Di grazia, cosa stavi sognando? I Mangiamorte? Voldemort? Prendere un’insufficienza a Trasfigurazione? O è di nuovo quell’incubo dove non riesci più a prendere il boccino per la maledizione di Moccios...
 
-Ho sognato che Lily non voleva sposarmi!
Un attimo di silenzio calò nel dormitorio, perché Remus e Peter stavano ancora dormendo, mentre Sirius si chiedeva perché proprio lui doveva essere quello dal sonno leggero e, nel contempo, cercava di lanciare un’occhiata omicida a James.
-Hai qualcosa nell’occhio? Se vuoi ti aiuto.
Sirius decretò che fosse troppo presto per lanciare occhiatacce omicide e che il buio non giocava certamente a suo favore e con un mano scansò quelle del suo migliore amico, che tentavano di raggiungere il suo occhio per trovare il bruscolino.
-Stai dicendo che mi hai svegliato alle tre di mattina perché hai avuto un incubo su Evans? Potter... sei ufficialmente esiliato per la notte. Ora sparisci, prima che allunghi la tua pena.

Quella di esiliare le persone dalla stanza, non c’è bisogno di dirlo, fu un’idea di Sirius, che al quarto anno si era stancato di Peter che parlava nel sonno, James che soffriva di insonnia e nel cuore della notte aveva i suoi attacchi filosofici e doveva per forza condividerli col gruppo, e Remus, che beh, in realtà non aveva fatto niente di male per adirare Sirius, tranne rispondere sempre con gentilezza ai suddetti attacchi filosofici di James. Ovviamente nessuno rispettava veramente l’esilio, ma questo fu solo fino a metà del quinto anno, quando Sirius scoprì che esisteva un incantesimo che permetteva veramente di esiliare le persone dalle stanze. Era complicato, richiedeva ingredienti disgustosi come un pelo del naso della vittima e una goccia di sudore colta non più di cinque settimane prima, ma il cagnaccio si procurò gli ingredienti senza problemi e, da allora, poté finalmente proteggere quello che lui chiamava il mio sonno di bellezza, ovvero le otto barra nove ore di sonno giornaliere necessarie affinché il suo viso fosse al suo meglio il giorno seguente.
 
Perciò James, conscio che il suo migliore amico aveva senza dubbio raccolto del suo sudore un giorno delle cinque settimane precedenti, si avviò di sua spontanea volontà verso la Sala Comune, felice almeno che il divanetto vicino al fuoco sarebbe stato libero.
 
Il divanetto vicino al fuoco non era libero. Gli occhiali di James giacevano ancora sul suo comodino, nel dormitorio che per lui, almeno stanotte, era off limit, perciò dovette avvicinarsi tanto, ma veramente tanto, al viso della persona che stava dormendo lì, per capire chi fosse. Era tanto vicino che notò subito che la suddetta persona, a quanto pare anch’essa vittima della strana magia di James Potter, che impediva alle persone che lo circondavano di dormire, aprì gli occhi di scatto.
occhi verdi!” fu l’ultimo pensiero di James Potter.
-Stupeficium!- furono invece le prime parole della giornata di Lily Evans, che per vedere non aveva bisogno di occhiali, ma che il suo cervello si svegliasse del tutto, e perché ciò avvenisse, dovevano almeno verificarsi quelle che lei invece chiamava il cibo della mente, ovvero le otto barra nove ore di sonno che le permettevano di essere vigile e scattante il giorno seguente.
James probabilmente avrebbe dovuto riflettere sulle strane somiglianze che c’erano tra il suo migliore amico e la sua fidanzata e sui motivi per cui volesse sposare la versione femminile del suo migliore amico, ma al momento non poteva riflettere più di tanto, visto il suo attuale stato, ovvero quello di schiantato.
 
-Oddio, James sei tu! Ops.
La ragazza si precipitò a soccorrere la sua vittima, una volta identificata, chiedendosi cosa diamine ci facesse nella Sala Comune alle tre di notte.
-Lily? Gira tutto, perché gira tutto?
-Mh, deve essere stata la botta in testa.
-Che botta in testa?
-Quella che hai preso quando ti ho schiantato.
-Quando tu cosa?! - chiese James incredulo, anche se in effetti stava iniziando a ricordare com’erano andate le cose.
-Scusa ma come ti viene in mente di avvicinarti col tuo grosso faccione mentre dormo!
-Grosso faccione? Davvero, Evans? È questo che pensi del mio adorabile visino?
Lo sguardo sorpreso, la voce scandalizzata, le braccia incrociate come un bambino di sette anni a cui hai appena rubato una caramella, tutto lasciava intendere che James si era offeso e che non sarebbe stato un bello spettacolo.
Dal canto suo Evans alzò gli occhi al cielo, rispondendogli per le rime.
-Adorabile visino? Jamie caro, o stai ancora sognando o la botta in testa è stata più forte di quanto pensassi.
James conosceva una sola parola per descrivere il sorrisetto che troneggiava sul volto di Lily, ovvero malandrino, e dalla sua ragazza non avrebbe potuto chiedere di meglio.
-Non c’è bisogno che tu faccia ancora finta di resistere al mio fascino, ormai siamo fidanzati da quasi sei mesi. Sei addirittura venuta ad Hogsmeade con me.
-Okay, okay, lo ammetto: hai vinto. Comunque... che ci fai qui?
James sospirò, già imbarazzato dalla frase che stava per dire.
-Sono stato esiliato da Sirius.
-Di nuovo? Pensavo che dopo quella volta che hai rapito Mrs. Norris per mettergliela in faccia mentre dormiva avessi imparato la lezione.
-Beh ma stavolta è diverso, non gli ho fatto nulla! Piuttosto, tu che ci fai qui?
-Alice e Mary hanno detto che se avessi ripassato un’altra volta per il Mago di Erbologia di domani mi avrebbero buttata fuori dalla stanza. Possono diventare molto violente, sai, hanno anche minacciato di farsi spiegare da Sirius l’incantesimo di esilio.
Lily aveva gli occhi spalancati e si vedeva che la minaccia dell’esilio l’avesse scossa. James pensò che fosse perché ancora non ne aveva ricevute abbastanza: lui, dopo il ventesimo esilio, aveva iniziato a non farci più tanto caso.
-Dai, fammi spazio sul divano.
-Mai! Cercati un divano tutto tuo. Io sono scesa presto proprio per avere i posti migliori.
Così dicendo, Lily, seduta sul suo divanetto vicino al fuoco, allungò le mani verso James, per tentare di impedirgli di occupare il suo spazio.
-Non puoi opporti a me, io ho un’arma segreta!
Così dicendo iniziò a fare il solletico a Lily che, dal canto suo, cercò di difendersi con un cuscino.
 
Questo, non c’è neanche bisogno di dirlo, diede il via a una battaglia di cuscini in piena regola, che vide come vincitore James. Lily allora gli permise di sdraiarsi accanto a lei, a condizione che non si muovesse nel sonno, perché aveva bisogno del cibo della sua mente.
Mentre erano sdraiati l’uno accanto all’altra, James si rese conto di quanto amasse Lily.
Si rese conto che voleva passare il resto della sua vita con lei, per davvero. Che non vedeva l’ora di battibeccare con lei perché si scordava sempre di spegnere la tv -la magia babbana che aveva scoperto a casa di Remus - quando usciva da una stanza, o perché premeva il tubetto del dentifricio dal centro, o perché non gli riusciva cucinare nemmeno un uovo strapazzato. Non vedeva l’ora di affrontare insieme a lei tutte le sfide, tutti i Mangiamorte. Diamine, al suo fianco non avrebbe avuto paura di sfidare Voldemort in persona!
Proprio perché era così certo dei suoi sentimenti, James decise che aveva bisogno di una risposta, precisamente, la risposta ad una domanda che ormai da una settimana risiedeva nel suo comodino e gli causava incubi ed esili vari.
Accio anello!”, pensò James, muovendo leggermente la bacchetta e mettendosi a sedere cautamente, cercando di non insospettire Lily.
Quello a cui non aveva pensato, tuttavia, era che l’anello era all’interno del cassetto, quello difettoso, precisamente, perciò quando alzò lo sguardo vide l’intero comodino ballonzolare giù dalle scale.
Ora, James era uno dei migliori Cacciatori che Hogwarts abbia mai visto, perciò ancora oggi fatica a spiegare di preciso come fu possibile ciò che accadde in seguito. Lui sostiene di essere stato accecato dalla bellezza di Lily e di tenere bene a mente che non aveva gli occhiali; l’unica certezza è che quel comodino lo colpì dritto in testa, facendolo cadere dal divano e mandando in fumo il proposito di non insospettire Lily.
-Ahi.
-James, c’è un motivo preciso per cui un comodino ti sta attaccando?
James si mise a sedere sul pavimento, stordito dalla seconda botta in testa della serata, e cercò di aprire il cassetto difettoso. Questo, però, si rivelò più difficile di quanto avesse previsto.
-Vuoi una mano?
-No, grazie cara. Eddai, per favore. Apriti. Apriti. Apriti.
Quando alla fine riuscì ad aprirlo, James aveva un piede sul comodino per tirare meglio, perciò finì lungo disteso per terra, causando l’ilarità di Lily.
Cercando di asciugarsi le gocce di sudore che gli imperlavano la fronte -era proprio in momenti come questi che era più a rischio: a volte Sirius lo pedinava per giorni interi in attesa che producesse uno degli ingredienti più importanti dell’incantesimo di esilio- James prese la scatoletta quadrata e si inginocchiò.
-Lily Evans, vuoi sposarmi?
Dopo aver formulato la fatidica domanda, il ragazzo si pentì di non aver prima preso gli occhiali, perché gli sarebbe stato d’aiuto, al momento, vedere l’espressione precisa della ragazza.
Spaventata? Entusiasta? Felice? Il confine tra estasiata e dove ho messo la bacchetta che qui c’è un pazzo non era molto lieve, ma la miopia di James lo rendeva tale.
Il cacciatore arrivò persino a domandarsi se sarebbe parso brutto se avesse interrotto un attimo la proposta per prendere gli occhiali, che erano proprio così vicini. Poteva vederli nella visione periferica del suo campo visivo, sempre se quello lo si potesse chiamare vedere.
All’improvviso la faccia di Lily era sempre più vicina, finché le loro labbra non si incontrarono e finalmente James smise di preoccuparsi dei suoi occhiali e della sua miopia.
-Sì, testone, certo che ti sposo.
 

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Capitolo 3
*** Il grande giorno ***


 
Il grande giorno



-Lily.
 
Al suono del suo nome, l’appena diplomata streghetta si gira verso la fonte. L’aria era così pesante che poteva essere tagliata con un coltello. Lily non aveva mai capito cosa volesse dire quell’espressione, almeno fino a questo momento.
 
-Tuny.
 
Un mutamento appena percettibile nella mascella della babbana fece comprendere a sua sorella che il nomignolo non era esattamente apprezzato.
 
-Non so cosa tu voglia da me, ma sbrigati: oggi è il mio primo giorno di lavoro nella boutique in paese e non farò di certo tardi per colpa tua.
 
L’impazienza era evidente non solo nel tono della sua voce: il piede dettava un ritmo forsennato sul pavimento, che sarebbe stato difficile da seguire pure dalla professoressa McGranitt, che in un ballo organizzato dalla scuola aveva sorpreso tutti dimostrandosi un’ottima ballerina!
L’ospite, anche se sarebbe meglio chiamarla intrusa, visto che si era introdotta nella casa tramite la metropolvere, esitò un secondo: i suoi capelli rossi sciolti erano in contrasto col vestito bianco che le arrivava fino ai piedi. Sarebbe stato difficile non notarlo anche se la gonna non fosse stata così da principessa, ma Lily decise di sorvolare sull’ostentata indifferenza della sorella.
 
-Ti avevo mandato un invito ufficiale, ma non avendo ricevuto risposta ho temuto che il gufo si fosse perso. Oggi mi sposo, Tuny, e vorrei che ci fossi anche tu.
 
-Ah, quindi era oggi? Me ne ero proprio dimenticata. Inoltre, come ti ho detto, ho appena trovato lavoro.
 
Improvvisamente si udì un sonoro crack e nientemeno che James Potter si unì alla difficile situazione: appena aveva visto che la sua per ora solo fidanzata era sparita, aveva fatto due più due e si era precipitato a casa della sorella.
 
-James... che ci fai qui?
 
Ma James non rispose. In effetti, era come se fosse pietrificato.
 
-VESTITOVESTITOVESTITOVESTITO.
 
Disse tutto d’un fiato, voltandosi dalla parte della parete e lasciandosi le due litigiose sorelle alle spalle.
 
Lily rimase un attimo pensierosa, per poi sgranare gli occhi che, nel frattempo si erano leggermente offuscati per le lacrime. Lily, tuttavia, non sapeva per certo se erano lacrime di dolore, per i continui rifiuti di Petunia, o di commozione, per James, che aveva ascoltato rapito al primo anno le storie di quella solitaria Nata Babbana che parlava del suo mondo e delle sue usanze, tra cui anche quella della sfiga nel caso in cui un ragazzo avesse visto la sposa nel suo vestito prima delle nozze.
 
-Te ne ricordi ancora?
 
-Petunia cara, sono a casa! Guarda che bella cravatta ho compra... che ci fate voi qui?
 
James cercò di prendere in mano la situazione, anche se ciò si dimostrò difficile, visto che i restanti occupanti del soggiorno di casa Dursley non potevano vedere che la sua schiena.
 
-Siete ufficialmente invitati al nostro matrimonio, che si terrà esattamente... sette minuti fa, in un’adorabile chiesetta nella periferia di Londra. Dovreste venire, è davvero un bel posto, pensate che Lily mi ha fatto una testa così per mesi finché non siamo riusciti a prenotarla...
-Ehm ehm.
-Okay, okay, sono io quello che ha insistito, ma dovreste davvero venire.
 
-Petunia, ho sempre pensato che in questo giorno speciale ci sarebbe stato mio padre ad accompagnarmi lungo la navata... però questo non sarà possibile. Vorrei che ci fossi almeno tu, con me.
 
Il discorso della futura sposina fu seguito da un attimo di silenzio. James era ancora di spalle, ma annuiva energicamente, Vernon guardava quella che era sua mogli da ormai due anni - matrimonio al quale Lily non fu invitata, ovviamente - e pure Lily guardava Petunia, ma al contrario di Vernon, il suo viso era ormai rigato da copiose lacrime, la ferita della morte dei genitori ancora fresca.
 
-Come osi...
Fu poco più di un sussurro, la risposta della sorella maggiore, eppure il ghiaccio era così tangibile che ad entrambi i futuri sposini gelò il sangue nelle vene.
 
-Proprio tu, venire qui a parlare della loro morte.
-Tuny...
-SEI STATA TU AD UCCIDERLI! TU E IL TUO STUPIDO “GUARDATEMI SONO UNA STREGA”. Pensi sarebbero morti se tu fossi rimasta qui? Se tu fossi stata normale? È solo per colpa tua che i Mangiamorte li hanno uccisi, perciò no, la risposta è no. Non ci vengo al vostro stupido matrimonio.
 
-Proprio così! Adesso voglio tutti i mostri fuori da questa casa. Sapete dove me lo metto l’invito al vostro matrimonio? Nel...
 
La magia involontaria, diceva il Manuale di Informazioni su Maghi, Stregoni e Fattucchiere spiegate in breve ai Nati Babbani, consentiva ai giovani sopracitati maghi, stregoni e fattucchiere di liberare la magia accumulata dentro di loro ed era sprigionata soprattutto da forti emozioni.
Una volta imparata a gestirla, diceva sempre il solito manuale, la magia involontaria spariva.
Statisticamente, questo avveniva entro gli undici anni.
 
Ovviamente il mio futuro maritino non fa parte della norma, pensò scocciata, ma neanche troppo, Lily.
 
-Aiuto! Fermate il mio Vernon! COME VI PERMETTETE, LURIDE... ANORMALITÀ.
 
Vernon Dursley era ormai un puntino lontano. Un puntino lontano che continuava a imprecare mentre rotolava giù dalla collina, un pallino lontano che tuttavia era più grosso di quello che sarebbe dovuto essere... più rotondo. Il muro che restava nella parete attraverso cui era passato, pensava James, con uno strano senso di soddisfazione, ricordava vagamente l’ingresso della Sala Comune dei Grifondoro.
 
-Ops. Vuoi che rimetta a posto la parete o...?
 
-SPARITE!- urlò la sorella della sposa, precipitandosi giù per la collina, oramai del tutto dimentica della sua prima giornata di lavoro alla boutique nel centro del paese.
 
**
 
-Lily, lo sai che quelle di Petunia erano tutte stronzate, vero?
La ragazza, appena rimaterializzatasi insieme al fidanzato nelle vicinanze della chiesa, evitò lo sguardo di quest’ultimo.
-È stato Voldemort. Sono stati i Mangiamorte, con le loro orribili ideologie. Per questo siamo entrati nell’Ordine, perché cose del genere non succedano più.
-Questo lo so, però... in un certo senso, non posso evitare di sentirmi in colpa. È semplicemente così, non c’è nulla che tu possa fare. Non c’è nulla che io possa fare. Solo fermare quegli assassini e impedirgli di uccidere di nuovo.
-So io cosa potrebbe farti sentire meglio.
-Ti prego, non dire sposare te.
James sorrise sornione, mentre tirava fuori una boccetta dalla giacca.
-Teoricamente era per dopo il matrimonio...
 
**
 
-James! Lily! Siete in ritardo al vostro stesso matrimonio! Siete incredibili. Incredibili.
-Remus. Che piacere vederti.
-Sì, davvero un piacere.
I due innamorati si guardarono e scoppiarono a ridere come due dodicenni.
-Aspettate ma... siete ubriachi?
-Macché ubriachi. Saremo al massimo brilli. Brilli. Brrr... illi. Che parola buffa. Birillo. Brillo. Come Sirius. Capito Lily? Brilliamo come Sirius. L’hai capita?
-Preferivo di no.
Remus nel frattempo si era allontanato, bofonchiando qualcosa terribilmente simile a “solo voi”.
 
**
 
-Adesso siamo sposati.
-Perspicace, Potter.
-Lo sai che significa?
-Che adesso mi toccherà venire ad Hogsmeade con te ogni volta che me lo chiedi?
-Che da adesso la tua famiglia sono io.

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Capitolo 4
*** Tempismo crudele ***


 Tempismo crudele


La moto nera sfrecciava per la strada senza traffico nella notte scura.
La carreggiata era vuota, ma lo stesso non si poteva dire dei marciapiedi, tanto che svariate volte Sirius dovette fermarsi perché i bambini scendevano dal marciapiede spintonandosi e bloccavano la strada. Normalmente sarebbe stato infastidito, ma aveva sempre adorato Halloween. Inoltre ormai era a pochi isolati dalla sua destinazione.
 
Nonostante il buio, ritrovò facilmente la casa dei suoi amici. Si erano appena trasferiti, ma Sirius era già andati a trovarli così tante volte che era come se fosse casa sua.
-Ciao Lily! Hai messo su qualche chiletto? AHI.
 
Con la visuale dimezzata, Sirius lanciò un’occhiataccia a James che, dal canto suo, sembrava trovare la scena molto divertente.
-Indovina chi non potrà fare un giro sulla mia moto per un po’?
-Meglio, così per una volta verrai con me dalla signora Johnson, da quando ci siamo trasferiti qui non ti sei ancora presentato!
-Questo perché sta programmando il mio omicidio e non vorrei accelerare i suoi piani!
-James, ti ho detto dieci volte che ti ha perdonato di averle sfondato il muro con la moto di Sirius. Abbiamo pagato i danni e ora è tutto a posto, vuole solo offrirti del tè e dei biscotti.
-Chissà cosa c’è dentro quel tè.
Bofonchiò James, mentre Lily era andata a rispondere al campanello con la ciotola dei dolcetti in mano.
 
 
-Ve lo giuro! È andata proprio così: un attimo prima stavo tranquillamente parlando col signor Wilkinson, l’attimo dopo mi sono trovato completamente ricoperto da escrementi dal dubbio odore e colore.
-Smettila Sir, era semplice pipì di gatto.
Lo interruppe James, cercando di farlo ragionare.
 
-Certo, se nel tuo mondo la pipì di gatto è verde!
-Beh, probabilmente quella di Maya lo è, se ha fatto una scorpacciata delle erbe di dubbia legalità che il signor Wilkinson coltiva nel suo orto.
All’improvviso Lily scattò in piedi e, con uno scatto degno della gatta di WIlkinson, il che non è dire molto, considerando che Maya ha almeno una cinquantina d’anni, raggiunse il bagno.
La porta era socchiusa e i rumori provenienti dall’interno non lasciavano adito a dubbi su cosa stesse succedendo all’interno.
 
-James, devi andare ad aiutarla, sta rimettendo anche l’anima.
Disse Sirius, dando delle pacche sulla spalla all’amico.
-Perché non ci vai tu?
Nonostante James si fosse alzato dal divano, sembrava restio ad aiutare Lily, che aveva paura di seguire a ruota la ragazza se si fosse avvicinato troppo.
-Perché io non l’ho sposata.
-Ottimo punto.
 
Rassegnato, James si diresse da sua moglie, che effettivamente non se la stava passando molto bene.
-Lily, so che la storia di Sirius era disgustosa ma metterei la mano sul fuoco: sono tutte balle. Lo sai come fa per alleggerire la tensione.
 
-James, devo dirti una cosa...
-L’ultima storia che mi ha raccontato finiva con la morte di Maya, capisci? È la guerra, cerca di sdrammatizzare...
Il loro discorso, o meglio, il monologo di James fu interrotto da un ennesimo conato di vomito.
-James, questo non riguarda né Sirius, né Maya, né nessuno degli altri dodici gatti della signora Wilkinson.
-È stato il polpettone? Te l’avevo detto che aveva un sapore strano...
-James, ormai era da qualche settimana che lo sospettavo... credo di essere incinta.
Il viso di James sembrava una maschera: per un lungo secondo rimase immobile, mentre il suo cervello, colto completamente alla sprovvista, cercava di comprendere ciò che la moglie gli aveva appena detto.
Appena capì, tuttavia, un largo sorriso si aprì sul suo volto e, mentre gli occhi brillavano più di quando vedeva il boccino durante una partita di Quidditch, si slanciò in un abbraccio che probabilmente mise in serio pericolo la vita del nascituro.
 
Sirius, quando anni dopo raccontò la storia ad Harry, giurò che dal bagno non giunsero solo rumori pochi piacevoli emessi da Lily mentre vomitava e le urla di gioia di James, ma anche dei versi strozzati simili a quelli che probabilmente, se le leggi della natura non lo impedissero, emetterebbe il figlio di un corvo e un ranocchio particolarmente chiassoso.
Sirius sostiene anche che ci sia un motivo, se le leggi della natura vietano ciò.
 
-Io tolgo il disturbo.
Commentò Sirius, anche se forse lo sentì solo Wilberforce, che era accoccolato sul divano accanto a lui e che si stava svegliando ora dal riposino, forse proprio per colpa degli strani versi che James stava emettendo. Sembrava infatti abbastanza infastidito, anche se era difficile non trovarlo col muso imbronciato.
 
E ti credo, con quel nome che si ritrova. Speriamo che Lily abbia un gusto migliore o quel bambino sarà bullizzato a vita.
 
Nel frattempo nel bagno le urla si erano fermate. Gli occhi di entrambi erano umidi, le guance bagnate di lacrime, ma mentre il sorriso stava scemando dal volto di James, su quello di Lily non aveva neanche accennato a spuntare.
 
-Lily? Avremo un bambino! Non sei felice?
 
La ragazza adesso stava singhiozzando a tutti gli effetti. Non era la prima volta che James si trovava davanti delle ragazze completamente in lacrime, ma di solito poteva semplicemente fare dietro front e lasciare qualcun altro, magari Remus, che era così bravo con le parole, a gestire la situazione. Tuttavia qualcosa gli suggeriva che non sarebbe stato completamente appropriato chiamare Remus per consolare sua moglie.
 
-James... ho paura. Ho paura...
 
James ancora non capiva. Che c’era da avere paura? Certo, lui non sembrava la persona più adatta a prendersi cura di un bambino, visto che era lui stesso un bambino, eppure sarebbe stato più che felice di fare un passo avanti e diventare ancora più responsabile. Con Lily non aveva paura di nulla. Solo in quel momento James si rese conto che non era della sua inaffidabilità che Lily aveva paura.
 
-Lily, non devi preoccuparti. Ce la faremo. Lo proteggeremo da qualsiasi pericolo. Magari ci trasferiremo in qualche posto lontano da qui, dove la guerra non potrà raggiungerci.
 
Eppure Lily sembrava inconsolabile. Alla fine, però, sembrò riprendersi abbastanza da pronunciare poche parole. Poche parole che riuscirono a gelare completamente il sangue di James.
 
-Jamie... non è solo la guerra. È Voldemort. Non capisci? È Ottobre. Tra nove mesi sarà Luglio.

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