NICKOVER

di Francesca_H_Martin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il risveglio ***
Capitolo 2: *** In vino veritas ***
Capitolo 3: *** Seventeen again ***
Capitolo 4: *** Fatto il misfatto ***
Capitolo 5: *** Nick and Jess ***



Capitolo 1
*** Il risveglio ***


HANGOVER

NICKOVER

“IL RISVEGLIO”

 
 


—Schmidt fai più piano. Anzi no, mettici più forza! —
— Wiston non dire così, lo sai che mi eccito. —disse Schmidt dando dei colpetti sul viso di Nick.
—Che…DISGUSTO. Senti Schmidt dobbiamo pur svegliarlo in qualche modo—.
—Oh mio Dio! —
—Cosa? Che succede? —
—E se fosse morto?! Non sento il respiro! E’ morto!! Il mio migliore amico è morto! Nick Miller, il mio amato Nicholas T. Miller! —
—Senti Schmidt, smettila di fare l’idiota. E’ solo…steso a terra in modo strano, con le sembianze di uno zombie post apocalisse. Non c’è da…Oh mio Dio! Nick svegliati! Non puoi essere morto! Sei così giovane! In realtà di giovane non hai niente, ma noi ti vogliamo bene comunque, con tutte le tue stranezze. Non puoi lasciarmi solo con Schmidt!
—Ehi! —disse quest’ultimo alzando gli occhi al cielo.
Fiù, è vivo. Il suo cuore batte ancora! —disse Winston alzando l’orecchio dal petto dell’amico. —Ora che ci penso, perché T. Miller? Non sapevo avesse un secondo nome che inizia con la T. Non era tipo S…qualcosa?—
—T sta per tartaruga, Winston. Jess mi ha fatto riflettere. Se ti metti in questo modo—Schmidt inclinò completamente la testa verso destra, seguito dall’amico che ormai si trovava accanto a lui—e chiudi l’occhio sinistro, sembra Raffaello delle tartarughe ninja. —
—Hai ragione! —esclamò Winston, ritornando alla posizione originaria.—In realtà anche così gli somiglia. —
Schmidt guardò Winston con il suo sguardo serio. Era un brutto segno perché lui non utilizzava quasi mai quello sguardo.
—Ok, dobbiamo svegliarlo. Come facciamo? —
—Ci provo io. —disse Schmidt, con l’espressione di una persona che aveva avuto un’idea brillante. —Nick…Hai vinto un viaggio gratis a Timboctù. E’ tuutto tuutto pagato. —disse l’uomo con una voce un tantino acuta. —Nel pacchetto è compreso anche il maggiordomo—.
La risposta che ricevette da Nick fu solo un impercettibile movimento della bocca.
—Ok, ora ci provo io. Devo andare più sul pesante. —disse Winston.
Iniziò a parlare con voce strozzata e rauca. Sembrava un fantasma e di tanto in tanto emetteva suoni strani: provava a simulare il vento, miseramente.
Schmidt trattenne una risata stridula.
—Nick sono il fantasma del futuro, uhhhh. Ora ti trovi in una casa stregata, quella che tanto odi. C’è qualcuno che ti segue. Devi svegliarti! Devi uscire o resterai qui per sempre, MUAHAHAH! —disse Winston ad alta voce, tossendo sul finale e rovinandone l’effetto che doveva incutere timore.
Uno dei suoi più grandi sogni era vincere il primato per la risata più malvagia di Los Angeles, ma aveva fallito miseramente davanti la seconda persona che lo avrebbe preso in giro per sempre. La prima sicuro sarebbe stata Nick, ma per fortuna è morto- pensò tra sé e sé.
Nick scosse solo un po’ la testa.
Schmidt nel frattempo guardava Winston come un cucciolo bastonato.
—Winnie non dovevi farlo. Con quel suono mi hai ricordato una delle mie esperienze mistiche sessuali con la mia Cece…Cecilia— pronunciò il suo nome come un sibilo infinito.
—Primo, non chiamarmi Winnie. Secondo…ew— simulò un vomito finto. —Ovviamente ew per lei poverina, perché tu sei…tu e lei…è uno schianto. —
Ormai Schmidt non lo stava più ascoltando. Stava fissando Nick in modo strano.
—Winston…—una lunga pausa seguì il suo nome. —Dobbiamo farlo. Dobbiamo utilizzare il Nick-nator. —
L’amico lo guardò con sguardo inorridito.
—Schmidt non possiamo farlo! Così è la volta buona che muore davvero! —
Ma Schmidt, come al solito, fece di testa sua.
Corse in camera di Winston e appena tornò in salotto, la sua chioma nera era coperta da una parrucca color grigiastro, folta e lunga.
—Come facevi a sapere…Come facevi a sapere che avevo la parrucca del babbino? Voglio dire—si schiarì la voce—del signor Miller? — continuò con aria apparentemente disinvolta ma in realtà molto imbarazzata.
Alle parole  “Signor Miller”, Nick emise un piccolo urlo come se quello che stesse sognando fosse una degli incubi più brutti mai fatti.
—Bene, sta funzionando. —disse Schmidt, dandosi il cinque da solo.
Iniziò ad imitare la voce del padre, cercando approvazione dal suo amico. Passava da una tonalità acuta ad una molto bassa in un lampo, con annessa faccia disperata di Winston ogni qual volta lo faceva.
—Così dovrebbe andare, vero Winnie?—
—Perché lo chiedi a me, amico? —disse in un sol fiato.
—Perchè hai da sempre una cotta per lui—disse Schmidt con un sorrisetto fastidioso.
—Io non ho…Oh va bene, eri perfetto! Solo che la voce di babbino è un po’ più…—smise di parlare improvvisamente. —Ora che ci penso, va bene. Ero più concentrato sul tuo viso incorniciato da quella fluente chioma. Solo bab…Walt può portarla. Tu sembri un imbecille. —
—Anche se faccio così? —Schmidt iniziò a sbattere la parrucca in modo elegante, accompagnandosi con strani passi di danza.
—Si—
—E così? —cominciò a ballare e ad accarezzarsi i capelli in modo ancora più buffo ed inquietante.
—Si—
—E co…—
—Schmidt! —
—Ok, va bene. —smise un secondo di ballare, ma dopo un attimo si avvicinò all’amico e riprese a farlo con il didietro spiaccicato sulla sua faccia e con la parrucca che dondolava a destra e sinistra.
—Sch…—
—Ok, va bene. La smetto. —disse, dopo una pausa imbarazzante.
—Speriamo che il Nick-nator funzioni. — si schiarì la voce, pronto ad imitare il padre del suo migliore amico.
—Nick, ciao…Sono tuo padre…Volevo dirti che la tua nuova coinquilina è molto dolce ed igenua…Cioè carina. Secondo te con il suo visino angelico, può aiutarmi nel mio ultimo super affare? —
Appen Schmidt smise di parlare guardò Winston preoccupato. Non erano neanche passati due secondi che all’improvviso il silenzio fu rotto da un urlo straziante.
—JEEEEEEEESS! —era Nick che, magicamente, si era alzato dal pavimento pronto a tuffarsi ed ad uccidere “suo padre”.
 
 


 “Hey girl, whatcha’ doing?
Hey girl, whatcha’ going?
Who’s that girl?
Who’s that girl?
Who’s that girl?
Who’s that girl?
 
It’s Jess!”
 
 
 


 

 
 
 
 
Nick finalmente era tornato alla realtà.
Stava strangolando Schmidt con tutta la forza che aveva, mentre Winston si godeva lo spettacolo.
—N…Nick sono io—disse Schmidt tossendo e pronunciando tali parole con un filo di voce.
Nick all’improvviso si fermò, come se solo in quel momento si fosse accorto che la persona di fronte a lui non era suo padre bensì il suo migliore amico.
Spalancò e si stropicciò gli occhi, sembrando ancora più inquietante del solito.
—Tu…tu non sei Walt—disse il ragazzo ad uno Schmidt ormai esausto.
—Vedo che finalmente hai ripreso conoscenza. Non ce la facevo più con questa parrucca, irrita un sacco. —la tolse dalla sua testa e la gettò con nonchalance dalla finestra, dopodiché tutti e tre i ragazzi vi si affacciarono.
Il  silenzio del loft fu riempito dalle loro risate per la scena buffa a cui stavano assistendo.
Dave, il barbone che viveva sul marciapiede fuori il loro edificio, aveva confuso la parrucca con uno dei suoi amati gatti randagi e ora gli stava dando da bere latte scaduto.
—Sapete, ho dato un nome ai capelli di mio padre. Dave non è pazzo. Anche a me quella massa di peli è sempre sembrata un gatto. Si chiama Daisy. E’ una felina molto cattivella. —disse Nick con sguardo perverso.
Winston si limitò ad alzare gli occhi al cielo, mentre Schmidt ricambiò lo sguardo con un sorriso ammiccante, dopodiché si gettarono sul divano alle loro spalle e accesero la tv come se niente fosse successo.
Nick all’improvviso si girò verso di loro, confuso: —perché avete fatto finta di essere mio padre? Perché avete usato il nick-nator? Non ricordo nulla di quello che è successo nelle ore precedenti. —
L’espressione che aveva sul volto era simile ad un grosso punto interrogativo.
—Ah, e noi che speravamo di sapere da te cosa fosse successo. —disse Schmidt con aria abbastanza seccata.
—Nick, sappiamo solo che Jess non torna da ieri a casa. Doveva uscire con Sam, quindi eravamo tranquilli, ma poi ci ha mandato un messaggio in segreteria che faceva tipo “ragazzzi…aiut-Nick impazz-…Nick fuor…—Winston incominciò ad imitare la voce registrata piena di interferenze, parlando nel suo pugno chiuso in modo tale da sembrare un robot —e quindi pensavamo che fossi coinvolto anche tu e che ne sapessi più di noi. —.
—Stamattina presto ti abbiamo trovato steso nel salotto e quindi abbiamo fatto di tutto per svegliarti. Pensavamo fossi morto! Capisci?! Morto! Mi sono sentito male…—gli occhi di Schmidt si riempirono di lacrime.
—Schmidt smettila dai. Sto bene, vedi? Respiro ancora. Sto bene! Ti preoccupi sempre per nulla. —disse Nick con freddezza e distacco.
—Ecco il solito Miller! Il Miller che odia che gli altri si preoccupino per lui e che pensa che nessuno può volergli veramente bene, senza dare nulla in cambio. —Schmidt pronunciò questa frase con voce acuta e nervosa, con un pizzico di sofferenza tra le righe.
—Ragazzi non vorrei interrompere la vostra lite coniugale, ma devo farlo perché…beh, me la sto facendo sotto. —disse Winston. Gli altri risposero con un “che schifo!” all’unisono, con l’aggiunta di “se proprio devi farla e non vuoi alzarti, prendi il barattolo. Ti giuro che ci giriamo” detto da Nick con fare strafottente.
Winston li guardò come se fossero i due idioti più scemi della Terra.
—Non me la sto facendo sotto, sono preoccupato per Jess! Oltre a quei messaggi, non ho avuto altre notizie da lei. L’ho chiamata e non risponde, ho chiamato Sam e non risponde. Ho paura amici. Tanta paura. —Winston si abbracciò da solo.
—Winston, non è la situazione giusta per cui tu debba abbracciarti da solo, sono sicuro che Jess sta bene. La rintracceremo —.
Nick forse era il più preoccupato di tutti  ma non doveva farlo vedere, no. Doveva essere forte per gli altri come lo era sempre stato per la sua famiglia, rimpiazzando in qualsiasi situazione suo padre. Era riuscito a prendersi cura di loro per tanti anni e ora-anche se non riusciva più a prendersi cura di se stesso-doveva farlo per i ragazzi…Per Jess.
Scattò in piedi come un canguro e si posizionò a mani incrociate formando una x di fronte Winston e Schmidt che avevano un’aria perplessa.
—Che vorresti fare, Nick Miller? —disse l’ebreo spaventato e capendo subito le intenzioni dell’amico.
—NO! —
—Schmidt è l’unico modo. Dovete per forza farmi bere e farmi di nuovo ubriacare, così, trovandomi nelle stesse condizioni di ieri, magari posso ricordare qualcosa su Jess. —
—Ok—disse Winston con rammarico. —Lo faccio solo per Jess. Lo sai che quando ti ubriachi diventi…ancora più cattivo del solito. Mi fai paura. —la sua espressione era un misto di emozioni contrastanti.
—E poi…diventi pazzo. Completamente pazzo e senza senno. —aggiunse Schmidt, guardandolo come se fosse l’ultima volta.
—E’ proprio per questo che mi legherete alla sedia. Senza se e senza ma. Per Jess. —
—PER JESS! — risposero in coro, ponendo le loro mani una sull’altra come incitamento prima di una gara.
 
 
ANGOLO AUTRICE: Salve a tutti! E' da tempo che non scrivo fanfiction e ritornare con una su New Girl, sui Ness mi riempie di gioia! Mi sono divertita un mondo, spero che leggendola faccia divertire anche voi nello stesso modo! Risale all'inizio della seconda stagione, quando Jess e Nick non stavano ancora insieme. Jess si sentiva con il pediatra Sam.
Mi farebbe veramente piacere sapere cosa ne pensate con una recensione qui, sul sito; anche una piccina può fare la differenza per me! E niente, buona lettura!

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Capitolo 2
*** In vino veritas ***


“IN VINO VERITAS”



Nick era seduto su una sedia di legno nel bel mezzo del salone, legato dalla testa ai piedi con corde sottili, le stesse che usava Schmidt per i suoi giochetti erotici.
Guardava i suoi due amici con uno sguardo intriso di paura per quello che sarebbe potuto succedere e allo stesso tempo di eccitazione per la nuova avventura che avrebbe vissuto di lì a breve.
Un pensiero costante , però, gli ronzava nella testa più degli altri: Jess.
Stava bene? Dove si trovava? Cosa le era successo? Lui che ruolo aveva in tutta questa storia?
La sua attenzione improvvisamente si spostò su Schmidt che, con una bottiglia di Jack Daniels in mano, gli stava facendo quella faccia, quella che voleva dire “stai attento amico, so che ce la farai. Confido in te.”
Nick rispose con un cenno della testa e subito dopo Winston si avvicinò e gli aprì la bocca con forza.
—Co…Cosa fai? Non era necessario, Winston! —disse il ragazzo con voce nasale, quasi strozzandosi.
—Lo so, ma era così figo farlo! Come in quei film di mafia, quando…—
Nick e Schmidt si guardarono, esasperati.
—Lo sta per fare—disse il primo mentre ingurgitava un sorso dalla bottiglia.
—Decisamente lo sta  per fare—continuò Schmidt, versando nella bocca di Nick altro liquido ambrato.
—Sembro il patriiino, pronto a farti fuori a suon di alcol—disse Winston con voce strascicata, cercando in tutti i modi di imitare una specie di accento siciliano.
—Ecco. Come al solito hai fatto schifo. Sul serio amico non fa per te, proprio come gli scherzi. —Nick gli diede un colpetto con la testa  in segno di pietà.
— Winston, smettila. Ogni volta che fai qualcosa del genere i tuoi occhi escono fuori dalle orbite e hai un sorriso inquietantissimo…Mi fai paura. —intervenne Schmidt che ormai aveva lo sguardo fisso nel suo.
—Grazie ragazzi, voi si che mi riempite sempre di complimenti! —continuò Winston con rassegnazione.
Quest’ultimo strappò la bottiglia dalle mani di Schmidt e con ferocia versò il resto contenuto nella bocca di Nick, come per dispetto.
Nick stava per strozzarsi, ma nonostante ciò continuava a bere.
Una delle cinque meraviglie della vita per lui era sicuramente l’alcol. Amava la sensazione di sentirsi leggeri ed in pace con se stessi e con il mondo.
Poche volte era riuscito a provarla e sempre grazie ad un bicchierino in più.
Amava quel senso di smarrimento, come se si trovasse in un luogo conosciuto ma allo stesso tempo nuovo, diverso.
Amava quel senso di libertà che gli faceva compiere gesti senza pensarci sopra due volte.
Amava rischiare senza aver timore delle conseguenze, cosa che normalmente non faceva perché estremamente prudente.
Amava vincere la paura, sua acerrima nemica da sempre.
Amava quella nebbiolina nella testa che gli offuscava i pensieri, facendolo rilassare… proprio come quella che si stava formando in quel preciso momento.
Nick alzò lentamente gli occhi al cielo, soffermando il suo sguardo sulle persone che aveva di fronte.
—Sccchmidt—disse abbassando e alzando il tono, come se la sua voce si trovasse sulle montagne russe.
 Le parole gli uscivano a fatica, come se dovesse trascinarle sù per un ripido sentiero.
—Con q…questo chimono sembri un imbecille. Mi ricordi zia Marge versione magra. Anche i peli sulle gambe sono quelli; anzi, tu ne hai di meno. —continuò, balbettando.
Schmidt guardò Winston con aria soddisfatta e subito dopo gli si avvicinò, sussurrandogli all’orecchio: —ci siamo riusciti. Nick è brillo. —disse, con un sorriso enorme. Winston invece iniziò a ballare una specie di danza della pioggia per la vittoria ottenuta.
—Come prova del nove, dobbiamo fare solo qualche altra domanda. Se non suda, vuol dire che dice la verità e che quindi abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. Nick non sa mentire, è vero, ma sa divagare. Quindi…—Schmidt alzò gli occhi al cielo, cercando di riflettere e di arrivare alla soluzione, mentre Winston suggeriva sciocchezze e assurdità stratosferiche.
—Ci sono! Gli faremo confessare cose alla “moonwalk”, quelle che evita sempre.—gli occhi di Schmidt si illuminarono improvvisamente.
—E’ un’ottima idea amico! —disse Winston, dandogli il cinque.—Non capisco perché non ci sia arrivato io, anche se la mia idea di sottoporlo al test della macchina della verità non era male. —Winston cominciò a ridere, ma il suo sguardo fiero fu oscurato da quello di Schmidt che gli ripeteva “stupido idiota” ogni istante.
—A parte che è un’idea folle, ma comunque non ci avrebbe portato a nulla. Nick è ubriaco quando dice la verità. Le verità scomode non le dice mai, quindi dobbiamo costringerlo. Se non suda, vuol dire che non mente e quindi…—Schmidt all’improvviso si zittì, sbuffando.
—Winston l’importante è che lo fai bere, al resto ci penso io. —disse seccato mentre quest’ultimo si avvicinava nuovamente a Nick con la bottiglia.
—Allora Nick, iniziamo dalle cose semplici…Qual è il tuo nome completo? —
—Nicholas Sean Miller, signore. Ssi, lo so a cosa stai pensando. Sean fa schifo come nome. L’ho ereditato dal vecchio cane bavoso dei miei genitori,quello che avevano prima che nascessi. Mi hanno sempre detto che era un brontolone e che se ne stava sempre a dormire o a mangiare.
Visto che già da neonato queste tre erano tra le mie cose preferite, mi hanno dato questo secondo nome. —disse strascicando le parole, con aria intontita e persa in chissà quale universo. —Devo un nome osceno ad un cane morto. Non è la fortuna più grande del mondo? —iniziò a ridere come uno psicopatico.
Winston, che non conosceva la storia,  guardò Schmidt con aria perplessa e sbalordita allo stesso tempo, mentre il secondo stava ridendo così forte che rischiò di cadere più volte.
Il piano stava funzionando.
Divertiti dalla cosa, decisero di fare qualche altra domanda.
—Chi è il tuo migliore amico? —disse Schmidt, sicuro della risposta.
—Oh, decisamente Tran. —disse Nick senza peli sulla lingua.
Il sorriso di Schmidt scomparve in un istante.
Si girò verso Winston con occhi lucidi.
—Sono sicuro che mente. —
Winston si mise alle spalle di Nick, osservando la sua schiena.
—No amico, non sta sudando. Penso stia dicendo la verità—disse con rammarico.
—Non… non è possibile. —aggiunse Schmidt. —Io sono il tuo migliore amico! —
—Oh no. Il mio miglior amico e il mio modello di vita si chiama Tran e vive sulla panchina del parco. Quante avventure abbiamo vissuto insieme! Una volta mi ha insegnato come eliminare per sempre la rabbia e un’altra ancora a parlare con l’ombelico. E’ stato mi-ti-co! —disse Nick, stile ragazza pon pon.
Schmidt era l’incarnazione della delusione.
—E io Nick, eh? Cosa sono per te? Il nulla? —era sull’orlo di una crisi isterica.
—Tu sei il mio Schmidty—sorrise. —Shhh, non lo dire a Schmidt, ma nonostante sia un pazzo, maniaco dell’ordine e un tipo alquanto strano, con atteggiamenti ambigui nei miei confronti…Gli voglio bene. —continuò, come se non si fosse accorto di parlare proprio con lui.
Ormai era ubriaco fradicio.
Il viso di Schmidt tornò ad illuminarsi.
—E’ pronto. —intervenne Winston, continuando a versare Jack Daniels nella gola di Nick.
Schmidt sospirò, dopodiché tornò con un tono serio: —dov’è  Jess? —.
A quel nome, Nick riprese un po’ conoscenza.
Immagini sfocate andavano avanti e indietro nella sua mente, come pezzi di puzzle di una vita vissuta e dimenticata.
Come varie icone che scorrevano su un computer, Nick ne selezionò una. Era il primo ricordo che aveva di Jess delle ore precedenti.
Sarebbe dovuto andare più in profondità, avrebbe dovuto riviverlo per lei.
Chiuse gli occhi, pronto a descrivere ogni minimo particolare della serata.
“Nick mi senti? Cosa vedi?”, disse Wiston speranzoso.
Nick riaprì gli occhi in quel sogno che sembrava così reale. Era come se si fosse catapultato nel se stesso del giorno prima.
E così la vide, più bella che mai, in quel bar così familiare: quello in cui lavorava.
“Vedo Jess. E sta piangendo.” rispose, fingendo che ciò che aveva appena visto non fosse una delle cose che più odiava nell’intero universo.
 
 
 
 Jess era seduta in uno di quei tavoli vuoti, con quegli occhioni blu intrisi di rosso fragola per il pianto.
Si trovava proprio di fronte Nick, il quale si avvicinò lentamente a lei, porgendole un fazzoletto.
Nonostante fosse già ubriaco marcio, vedere Jess in quello stato lo faceva ritornare sempre sobrio, proprio come in  quel momento.
—Perché piangi Jess? —chiese, guardandola dritto negli occhi.
—Sam…Sam mi ha dato buca. Ha detto che non…—i singhiozzi ricoprivano quasi completamente il suono delle parole.
—Ha detto che non sono la donna adatta a lui…Poi ha aggiunto che ben presto capirò. —Le lacrime continuavano a scendere come cascate. —Diciamo che l’ultima parte non l’ho capita, ma…—rumori strani provenivano dalla sua bocca accompagnati da soffiate profonde di naso—il concetto è quello—continuò a versare lacrime, piangendo ancora più rumorosamente.
Nick senza pensarci due volte, l’abbracciò.
Il calore dei loro corpi era il loro calmante, le loro braccia il loro prezioso rifugio segreto, quel posto in cui niente di male può mai accadere.
Il ragazzo si staccò dolcemente da lei, le si sedette di fronte e le pose una mano sulla spalla.
Erano occhi dentro occhi.
—Io penso che sia un enorme gigantesco atoidi quel ragazzo. Si, sempre pensato. —disse Nick, cercando di sembrare più sobrio possibile, nonostante l’alcol si stesse insinuando di nuovo nella sua testa, offuscandola.
Jess l’osservò con sguardo indecifrabile.
Atoidi? E’ una parola che non esiste. —la ragazza accompagnò questa frase con strane espressioni, tanto che a Nick venne da ridere.
Un attimo dopo, però, ritornò serio.
—Se non avessi fatto subito la professorina, mia cara Jessica Day…—le parole uscivano come fiumi in piena ma erano strascicate, poco comprensibili; quindi Jess prese dalla sua borsetta il telefono e cliccò la voce google translate, cercando di decifrare quella lingua apparentemente ostrogota.
Lesse le parole sullo schermo con sguardo accigliato.
—Io non faccio la professorina! —disse, con la tipica voce dei cartoni animati che faceva ogni qual volta si sentiva in colpa o in imbarazzo.
—N…Non fare que…quella voce, Jessica—suoni indistinti provenivano da Nick mentre Jess continuava a leggere le parole al cellulare.
—Perché, è così divertente! —rispose, nuovamente con quella voce stramba.
Nick alzò gli occhi al cielo.
Jess all’improvviso si mosse in modo scoordinato, come se una forte scossa elettrica le avesse attraversato il corpo.
Il suo volto era l’incarnazione della fierezza.
—Ho capito che cosa volevi dire con atoidi! L’ho scritto nei messaggi ed è “idiota” al contrario! —disse, sfoderando un sorriso enorme.
—Mi sorprende che tu non ti sia ricordata quanto amo parlare al contrario…Ti ricordi quando feci impazzire Schmidt? Pensava che gli alieni mi avessero rapito e trasferito i loro geni, per questo, secondo lui, parlavo in quel modo. Pensava fosse un qualcosa di simile al kriptoniano. —sorrise, ma la sua espressione si rabbuiò nuovamente vedendo quella triste di Jess.
—M…Mi ricordo. C’e…era a…anche Sam quando l’hai fatto—balbettò; pronunciava tali parole con voce tremolante, piangendo con la forza di un neonato.
Nick si riavvicinò, questa volta accarezzandola.
—Jess, Sam è un idiota. —ripetè, ancora più convinto di prima.
—Non è un idiota. Lui è…—non terminò la frase. Le lacrime glielo impedirono.
—E’ un idiota, Jessica! Solo un idiota si lascerebbe scappare una persona come te! —disse con naturalezza ed entusiasmo, come se da tempo avesse voluto espellere queste parole.
Jess lo guardò con due occhi luminosi e con un sorriso che pian piano si faceva strada sul suo volto.
—Nick…non sei costretto a dirlo solo perché siamo amici—.
—Oh mio Dio Jess, lo so!—rispose furioso. —Lo sto dicendo perché davvero lo penso! Sei la persona migliore che conosco. —disse, sorridendole e continuando ad accarezzare la sua pelle morbida.
Una specie di brivido percorse la schiena di Nick. Il suo corpo era invaso da una sensazione piacevole, una di quelle che non aveva quasi mai provato in vita sua.
Era come se il sangue gli ribolisse nelle vene e il cuore urlava pietà dal tanto battere.
Jess era il suo porto, la sua ancora. Seppur tanto diversi, nessuno riusciva a capirlo meglio di lei.
—Ti ricordi quando mi lasciai con Caroline e tu per farmela dimenticare e farla ingelosire ti fingesti la mia ragazza? O ogni volta che faccio una stupidaggine, ci sei tu che mi consigli, la risolvi o…beh, la fai insieme a me? —disse Nick ad un centimetro dal viso della ragazza.
—Non tutti lo fanno, Jess. Sei buona, dolce, gentile…Sei simpatica ed altruista, ma soprattutto su di te si può sempre contare. Per qualsiasi cosa. —I suoi occhi si persero in quelli dell’amica e viceversa.
Le loro mani, non si sa come, erano finite attorcigliate come un alga al suo scoglio.
Jess abbassò un attimo lo sguardo su quest’ultime e lo stesso fece Nick.
Entrambi furono invasi da un’ondata di calore e le loro guance si colorarono di un rosa pallido.
Nick rialzò lo sguardo, ponendolo di nuovo nel suo.
—Siamo un’ottima squadra io e te, Jessica Day. —sorrise mentre gli occhi dicevano qualcosa di proibito, segreto.
Jess si alzò, si sedette sulle sue gambe e lo abbracciò con tutta la forza possibile.
I loro cuori iniziarono a battere forte e la fronte di Nick cominciò a sudare.
 I respiri quasi soffocati per la vicinanza, gli occhi dei due che comunicavano senza parole.
—Sei il migliore Nick Miller. —disse Jess sorridendo, trascinandolo improvvisamente con un braccio vicino il bancone.
—E adesso che ne dici di ubriacarci? Anche se tu già sei ubriaco. —continuò guardandolo negli occhi.
—Nick Miller non è mai ubriaco. —il ragazzo si zittì per la sciocchezza che aveva appena detto.
—Diciamo che…Non dice mai di no all’alcol. —si corresse subito subito dopo.
—Ora va meglio. Sei sicuro? —disse Jess ordinando un drink.
—Nick Miller, Nick Miller beve come uccide un killer! —iniziò a canticchiare questo motivetto.
Jess lo guardò, sorridendo.
—Nick Miller, Nick Miller è il mio savior, grazie mille! —aggiunse Jess incrociando il braccio con l’amico,  pronti a bere come facevano gli ubriaconi seriali di LA.
 

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Capitolo 3
*** Seventeen again ***


“SEVENTEEN AGAIN”


Nick e Jess erano ubriachi fradici accanto al jubox del bar.
Jess, come suo solito, cantava a squarciagola mentre Nick tentava qualche passo di un ballo argentino.
Era davvero buffo.
I movimenti del suo corpo lo facevano sembrare un viscido bruco morente, nonostante si stesse impegnando con tutte le forze per fare bella figura.
Jess sorrise guardandolo.
Nick riusciva sempre a metterla di buon umore.
Da quando si era trasferita, le era sempre stato accanto; addirittura anche quando aveva avuto la febbre alta: era diventato la sua tata. Si aggirava sempre con una tazza fumante in mano e nell’altra aveva tutte le medicine di questo mondo.
Nick, una delle persone più pigre dell’universo, in quelle occasioni si trasformava. Era premuroso, gentile e non si lamentava di essere sempre in movimento.
Addirittura aiutava Schmidt a pulire perché “la polvere può far peggiorare Jess”;
ogni volta che lo diceva, con quella spugnetta in mano, Jess si sentiva la donna più fortunata di tutte.
Come in quel momento.
—Niick sei ffaaantastico! —iniziò a canticchiare con il suo solito ritmo.
Nick si coprì le orecchie perché ogni volta che l’amica lo faceva, le ricordava un cane agonizzante.
Guardava le labbra di Jess che continuavano  muoversi; dati gli “spasmi” del suo corpo, stava sicuramente cantando ancora.
Nick sorrise.
Jess era talmente imbarazzante ma allo stesso tempo meravigliosa; si era sempre chiesto come in lei potessero coesistere cose così opposte, ma puntualmente si era dato la solita risposta: Jess non era come le altre, no.
Era speciale, una forza della natura. La donna migliore che conosceva.
Ritornò alla realtà, togliendosi le mani dalle orecchie.
Si avvicinò a Jess e ricominciò a ballare, cercando di imitarla.
Erano a dir poco vergognosi.
Solo quando la canzone finì, si posizionarono a terra in un angolo.
—Jeess sei stata fantastica! —mormorò Nick.
 —Anche tu, Miller, ci sapevi fare—il viso di Jess era l’incarnazione della perversione.
—Io sono ubriaca e qui ci sono solo vecchi bacucchi senza vitalità. Divertiamocii! —Jess fece per alzarsi, cercando di ritornare vicino al bancone del bar per bere il milionesimo drink.
A tale visione, Nick subito intervenne, prendendo l’amica sulle spalle.
—Eh no, signorina. Basta bere. Sei troppo ubriaca. —disse Nick, mentre Jess agitava le gambe per riuscire a scendere.
—Non vale Nick, non essere come mio padre. Penso che sareste perfetti come sposi.
“Eh no signorina!” sarebbe la vostra frase preferita, oltre a “le banche sono la rovina della società e non ci si può fidare di loro” —sentenziò Jess, facendo smorfie e muovendo le mani stile marionette.
—Le banche sono la rovina della società! —rispose Nick, secco. —E no, mi dispiace, non ti farò bere ancora. Anche se hai utilizzato la carta “padre”. Non mi sentirò in colpa nemmeno un po’. —disse Nick, pentendosi subito dopo aver visto lo sguardo da cucciolo indifeso di Jess.
Per lui era irresistibile.
Sembrava un cerbiatto ferito, bisognoso di aiuto.
I suoi occhioni blu come il mare esprimevano emozioni contrastanti, emozioni che gli attraversavano pelle e ossa per poi arrivare dritte al cuore.
Jess era il suo punto debole.
—Non puoi fare così sapendo che ci casco sempre, Jessica.
 Ho un’idea migliore. Ti porterò da una parte e sono sicuro che ti piacerà molto. —disse con un tono di voce dolce, decisamente diverso da quello che utilizzava di solito.
—Siiii! Adoro le sorprese! —rispose Jess, come una bambina di cinque anni.
E così uscirono insieme dalla porta del locale, con Jess sulle sue spalle stile scimmietta ammaestrata e Nick con viso fiero.
—Nick Miller sei uno stupido farabutto geniale—disse il ragazzo con espressione compiaciuta, cercando di darsi il cinque da solo ma fallendo miseramente.
Jess incominciò a ridere rumorosamente.
—La teoria che hai sul fatto che, parlando da solo, nessuno ti senta perché mentre lo fai ti trovi in un universo parallelo…è ridicola. —continuò a ridere.—Ora riesco a dirtelo perché sono ubriaca. —disse l’amica con voce altalenante.
—Stupida bamboccia—rispose Nick, fingendo che Jess non fosse lì.
—Ti sento Nick—
—Cattiva cerbiatta dagli occhi blu—
—Continuo a sentirti—
—Stu…—disse Nick a bassissima voce, continuando a camminare.
—Cosa? —disse Jess, quasi urlando.
—Ah Ah! Visto? I viaggi ultradimensionali esistono. —gli occhi del ragazzo brillavano nel buio.
Jess lo guardò e nonostante la voglia di smentire fosse immensa, non ci riuscì.
—Avevi ragione Nick. Sono stata stupida a non fidarmi. —gli sorrise, come se aver detto quelle cose l’avessero fatta sentire in pace con il mondo.
 
 
                                  
 
Dopo un quarto d’ora, Nick e Jess finalmente arrivarono nel luogo prefissato.
Il ragazzo fece scendere l’amica dalle sue spalle e delicatamente la bendò.
—Jess, ti bendo perché voglio vedere che faccia farai. —disse Nick con entusiasmo.
Fecero tre passi in avanti, dopodiché le tolse la benda.
Jess sgranò gli occhi.
Si trovava di fronte a un’infinità di giostre colorate, quelle che da sempre amava.
Si sentiva stranamente felice; non sapeva dire se fosse solo per l’effetto dell’alcol o per la meravigliosa sorpresa che Nick le aveva fatto.
Ormai la conosceva davvero bene.
Jess si girò a guardarlo.
La stava già fissando da chissà quanto tempo, con l’espressione di chi aveva vinto alla lotteria.
Un sorriso meraviglioso incorniciava il suo viso.
—Ormai mi conosci come le tue tasche, Nick Miller. —disse Jess, con la solita vocina dei cartoni animati.
—Non dire così. Sembra qualcosa alla “vieni dal tuo papino”…Brr è inquietante—rispose, con un’espressione a dir poco spaventata.
 In realtà, forse era qualcos’altro. Jess l’aveva capito.
—Come fai a vederci qualcosa di sessuale in quella frase? Ho detto semplicemente tasche—disse quest’ultima, ridendogli in faccia.
—Non lo ripetere. —
—Tasche—
—Ti prego Jess! —
—Il mio papino mi ha insegnato che devo sempre avere le tasche piene…e che devo controllarle di tanto in tanto—disse la ragazza con voce provocante.
—Oh mio dio, Jess! —disse Nick, correndo via imbarazzato.
Jess si gettò a terra per le risate.
Non riusciva a capire cosa stesse accadendo realmente.
Si trovava in una specie di bolla a causa dell’alcol, bolla che sarebbe esplosa di lì a poco.
Ne era sicura.
Si alzò utilizzando l’ultimo briciolo di forza e si stese su quella giostra che girava vorticosamente, fissando quel tappeto blu ornato da tanti puntini dorati.
Erano ovunque.
Risplendevano come il sorriso di Nick, quello che faceva ogni qual volta stesse mentendo o fosse imbarazzato.
Riusciva a vederlo in quella confusione.
Anchè lissù si stava prendendo gioco di lei e del fatto che reggesse così poco l’alcol.
Un fruscio la riportò alla realtà.
Era il Nick in carne ed ossa che aveva simulato il suono del vento per la vergogna di ciò che era successo poco prima.
Si stese accanto a lei, con occhi fissi nel cielo.
—Ti ricordi questo posto, signorina? —chiese, conoscendo già la risposta.
—In realtà…No. —
—Immaginavo. —disse Nick,  poi fece un sospiro. —Con questo che sto per dirti ti potrò sembrare uno stalker psicopatico, ma…—si ammutolì improvvisamente.
—Non ti ho visto per la prima volta fuori la porta del palazzo…La prima volta ti ho visto qui, Jessica Day. A diciassette anni. —
L’espressione di Jess era un misto di confusione e curiosità. All’improvviso, come se un lampo l’avesse colpita in pieno, ricordò.
—Oh mio Dio, tu sei…—un secondo di pausa per poi continuare all’unisono—Nick-the-freak —.
Jess rimase senza parole, mentre Nick la guardava preoccupato.
—Già…E’ uno stupido soprannome che mi hanno dato al liceo. —disse, alzando gli occhi al cielo.
Per una stupidaggine, poi! Solo perché definivo le prostitute “graziose donne dalle facili usanze”. —.
Jess trattenne una risata.
—Ora ricordo bene. Eravamo proprio qui, su questa giostra. Io ero con la scuola, in gita scolastica. Tu ti avvicinasti e…—disse Jess, con gli occhi che parlavano da soli.
—E ti dissi che eri buffa e che non avevo mai visto una ragazza così strana, si. —abbassò lo sguardo, imbarazzato.
—La verità è che…Ti notai sin da subito per la tua spontaneità e la tua allegria.
Era come se avessi, non so…illuminato me e tutti quelli che ti erano attorno. —la voce pian piano si abbassava di tonalità.
Jess lo guardò in un modo indescrivibile a parole.
—Parlammo per ore ed ore. Eri una femminuccia al tempo, non ti vergognavi di esprimere i tuoi sentimenti. —gli sorrise.
—Hai ragione. Parlammo tutta la giornata d’amore e dei nostri progetti futuri.
Ricordo che tu volevi sposare un astronauta e io, grazie al mio cinismo allora già presente, ti sconsigliai questo progetto perché troppo difficile e pieno di ostacoli. —disse Nick, poi risero insieme.
—Già…Ricordo che mi dicesti che chiunque fosse diventato mio ragazzo, sarebbe stata la persona più fortunata sulla faccia della Terra perché avrebbe avuto me. —Jess si interruppe, cercando di sforzarsi per ricordare il seguito.
—Mi dicesti che chiunque fosse stato l’amore della mia vita, mi avrebbe resa felice perché non avrebbe sopportato di vedere questi enormi occhioni blu tristi. —Si indicò gli occhi, mentre Nick sorrideva imbarazzato.
—E ora siamo coinquilini…Che strano scherzo del destino, vero? —disse Nick, quasi meravigliato.
—Già. Se non lo fossimo stati, non avrei ricordi neanche di questo. Come ho potuto dimenticarlo?—disse Jess con un tono di delusione nella voce.
—Sono passati tanti anni…E poi è una cosa da niente. —rispose Nick.
—Il solito Nick Miller! Invece è una cosa importante! Eccome se lo è. —era sul punto di una crisi isterica.
—Sei la tipica persona che tutti vorrebbero avere al proprio fianco, quella che tutti vorrebbero conoscere una volta nella vita. Sei la tipica persona che riesce a calmarti e a farti sentire speciale.
—Jess si fermò, guardandolo negli occhi.
—E’ strano come tu faccia sentire gli altri speciali, ma tu non ti senta affatto così. —ormai erano occhi dentro occhi.
—Nick Miller, tu sei speciale! Sei l’unica persona che ancora deve capirlo. —lo urlò con tutta la forza che aveva. Il silenzio di quel posto fece rimbombare le parole più volte nella testa dell’amico.
—E se ancora non ne sei convinto, posso urlarlo anche dalla statua della libertà. Posso fare di tutto, basta che tu inizi a crederci, perché è così! —gli occhi di Jess gridavano più delle parole.
Nick rimase senza fiato.
Sentiva un nodo in gola che non riusciva a scendere e un’improvvisa e irrefrenabile voglia di sfiorare quelle labbra morbide e di baciarle al chiaro di luna.
Prese coraggio e spostò la testa in avanti quando una voce conosciuta si presentò di punto in bianco alle loro spalle.
“Jess?Nick? Cosa ci fate qui?”
Era Sam che teneva la mano ad un bambino mentre mangiava il gelato.
 
 
 ANGOLO AUTRICE: Salve a tutti! Eccomi di nuovo con un nuovo capitolo della fanfiction Ness!
Volevo dirvi che penso sia uno dei più teneri che ho scritto, anche se l'ultimo è decisamente il mio preferito**
Sono troppo belli loro due, non posso farcela :')
Vi chiedo solo un favore: se la storia vi piace, se le scene vi piacciono e il mio modo di scrivere (o non), fatemelo sapere con un commento, per me è importante! Facciamo vedere che EFP non è morto del tutto!! 

Un grazie immenso a chi lo farà e a chi leggerà!
Buona lettura**
 
 

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Capitolo 4
*** Fatto il misfatto ***


“FATTO IL MISFATTO”


Appena Nick sentì la voce di Sam, si girò improvvisamente.
Aveva un’espressione contorta e nervosa. Le sue sopracciglia inarcate incutevano timore.
—Cosa ci fai-tu-qui, Samuel—disse con tono beffardo e al contempo minaccioso.
—Il mio nome intero non è Samuel, Nick. —rispose Sam con tranquillità.
Nick lo guardò nuovamente; i suoi occhi nocciola brillavano come quelle stelle distese nel cielo.
—Come dici tu, Samuel. —replicò, come se l’altro ragazzo non avesse detto nulla.
Jess, invece, era rimasta a guardare la scena senza proferir parola.
Il suo sguardo passava da uno all’altro.
—Allora…Che ci fate qui a quest’ora? —disse Sam con coraggio, ignorando tutta la situazione imbarazzante.
Nick finalmente si alzò e si avvicinò a lui. Voleva incutergli timore, ma il risultato fu un enorme fiasco.
Sam era decisamente più alto di lui. A confronto, sembrava un nano da giardino.
Nonostante ciò, decise di provarci.
Fissò il ragazzo con il suo “sguardo orribile”, quello che faceva per allontanare i clienti che non erano di suo gradimento. Sam di certo sarebbe stato uno di loro.
—Che ci fai-tu-qui. Per di più con un bambino. —ripetè Nick in tono inquisitorio.
 L’altro stava per rispondere quando Jess intervenne, stufa di quella scenetta patetica su chi ce l’aveva più lungo.
—Smettetela di litigare, siete ridicoli! —urlò, rompendo il silenzio della notte.
Nick e Sam la guardarono con occhi sgranati.
—Ma Jess, lui è la fogna più fogna che esista. Ti ha dato buca senza spiegazioni…Ti ha scaricata, mollata, messa in imbarazzo…Ha preferito uscire con un bambino, anziché con te….—Nick continuò l’elenco finchè l’amica non gli tappò la bocca.
—Grazie Nick, tu si che mi stai facendo sentire meglio! —disse Jess tutto d’un fiato.
Nick le rivolse uno sguardo di scuse mentre gli occhi di Sam passavano da Jess al ragazzo, sconvolti.
—Come al solito non hai capito niente, Miller. —rispose, esasperato. —Eppure, non ti devo nessuna spiegazione. La devo solo a lei. —indicò Jess, poi aggiunse—sempre se vuole. —abbassò lo sguardo, come se non riuscisse a reggere quello della sua ex ragazza.
—Ok—disse quest’ultima senza far trasparire il segno di un’emozione. —Voglio sentire cosa hai da dirmi. —aggiunse, questa volta guardandolo negli occhi.
Lo stomaco di Nick era ormai diventato poltiglia.
Poche volte si era sentito in quel modo.
Una di queste fu quando persero i Chicago Bulls, la sua squadra del cuore.
Pianse fino al giorno dopo, rinchiuso in camera sotto le coperte, senza uno spiraglio di luce che entrava nella stanza.
Avrebbe voluto singhiozzare anche in quel momento ma per non essere deriso da Sam, si trattenne con tutta la forza che aveva.
—Jess, non mi sembra un’ottima idea. Meriti di meglio, ricordi? —disse Nick all’amica, cercando di sembrare più calmo possibile.
—Nick, ti prego. —rispose Jess, guardandolo negli occhi.
Il ragazzo ormai riusciva a decifrarli alla perfezione.
Aveva intuito che per lei era importante capire il perché del comportamento di Sam, quindi a malincuore le sorrise, annuendo.
Jess e Sam si allontanarono da Nick e mentre lo facevano, la ragazza si girò verso quest’ultimo, sussurrandogli un “grazie”  .
Fu più un movimento delle labbra che una parola vera e propria, ma a Nick arrivò comunque forte e chiaro.

 

 
Dopo circa venti minuti, Jess tornò con Sam.
Il cuore di Nick batteva così forte che quest’ultimo credette di morire da un momento all’altro.
Guardò per un attimo l’amica, cercando di decifrare cosa Sam le avesse mai potuto dire.
Il viso di Jess era l’incarnazione dell’incredulità e dello stupore.
Sembrava alquanto sconvolta.
Senza neanche fargli proferire parola, Nick iniziò per primo: —Jess, anche io ho bisogno di dirti due cosucce. In privato—il suo tono era serio e illusoriamente pacato.
Jess non rispose. Dalla sua bocca uscì solo un suono confuso che al ragazzo sembrò una specie di accondiscendenza.
Nick trascinò Jess per un braccio (visto che sembrava spaesata, come se si trovasse in un mondo sconosciuto) e la condusse nei bagni pubblici, chiudendosi la porta alle spalle.
—Ok, qui possiamo parlare senza problemi. —disse, guardandola negli occhi.
Jess, senza apparente motivo, tirò lo sciacquone.
Nick spostò il suo sguardo sul water, poi nuovamente sull’amica.
—Insomma, cosa ti è preso Jess? —lo urlò così tanto forte che tossì subito dopo.
Jess continuava a fingere di non trovarsi lì, in quel posto.
Guardava ovunque tranne che negli occhi di Nick.
Era come se cercasse di evitare qualcosa.
—Terra chiama Jess! Mi dispiace deluderti, ma i viaggi ultradimensionali funzionano solo per me. Non me la bevo! —disse alzando il tono di voce alla fine, proprio come faceva ogni volta che si  sentiva preso in giro.
Jess improvvisamente cambiò espressione.
Guardo Nick dritto negli occhi, incutendogli timore.
—Che vuoi che ti dica, eh Nick? —rispose, con una punta di nervosismo nella voce.
—Voglio sapere perché sei stata così imbecille da parlargli ancora! —il suo tono aumentava man mano sempre di più.
Jess fece per rispondere, ma Nick riprese subito la parola: —Senza che mi spieghi, mia cara Jessica Day. So perché ti sei comportata così. Perché  sei troppo buona per questo mondo, vero? Perché dai chance su chance a tutti, pensando che un giorno o l’altro potranno cambiare, vero? —le parole uscivano come veleno.
Gli occhi di Nick e Jess erano due fessure.
—E invece mi dispiace deluderti, Bambi! —continuò. La voce aumentava sempre di più; gli occhi fuori dalle orbite. —La gente non cambia! Chi marcio è, marcio rimane! —le vene sul collo erano più visibili che mai.
Jess strinse i pugni più che poteva e avanzò di un passo in segno di sfida.
—Oh, ma certo! Mr “odio la vita e le persone” ha capito tutto dell’esistenza! Le persone non cambiano, tutto nasce dall’egoismo e muore con esso! —disse con una vocina strana, più profonda. Sembrava l’imitazione di un attore di qualche soap opera anni cinquanta.
—E invece no, Nicholas Miller! Se non fossi così pessimista e diffidente, ti accorgeresti della verità! — queste parole furono come due forti schiaffi sul viso.
Il colorito di Nick passò ad un rosso scuro.
Quest’ultimo avanzò un altro passo verso di lei .
—Ah Ah! Almeno non vivo di sogni e speranze, come fai tu. Bisogna essere realisti nella vita. Così non ci rimani male quando va tutto storto —un attimo di silenzio che sembrò durare un eternità, poi continuò: —perché, al contrario di quel che pensi, alla fine andrà tutto storto. —un sorrisetto amareggiato gli incorniciò il viso.
Jess era furiosa.
Sentiva il sangue ribollire nelle vene e per la prima volta il desiderio di commettere un omicidio.
—“Ciao, sono Nick e nella vita non voglio fare niente. Mi accontento di qualunque cosa.
Ancora meglio se c’entra del cibo o dell’alcol, le uniche risorse di cui abbiamo bisogno.
 I sogni sono per i pivelli senza cervello.” —disse Jess, strizzando gli occhi e facendo l’ok con il dito stile spot pubblicitario.
“Salve sono Jessica Day e ora salverò quel millepiedi che sta per affogare nell’acqua del water perché sono buona, altruista e perché ho a cuore la vita di ogni specie esistente. ” —disse Nick con voce sottile ed espressione da psicopatico.
Si spostò da dove si trovava e con un salto si catapultò vicino al water.
 Con ferocia mise le mani nell’oggetto di ceramica e pescò il millepiedi agonizzante.
Lo mostrò a Jess come un trofeo, facendoglielo sventolare ad un palmo dal suo naso.
La ragazza era a dir poco fuoribonda.
Aveva le narici dilatate, segno che era arrivata quasi al limite.
“Salve, sono Nick Miller e mi piace dormire ventiquattro ore su ventiquattro.
 Il mio motto è ‘Bisogna sforzarsi e fare il minimo indispensabile nella vita, come i panda.
Se sono sporco di fango…’ —Jess prese con tutta la rabbia possibile del terreno accumulato agli angoli del bagno e lo mescolò con l’ acqua del rubinetto.
Dopo un istante portò le sue mani su Nick, sporcandogli tutto il viso e la maglia di marrone, continuando a parlare con voce stridula: —“è uno spreco di tempo lavarsi. Sono troppo pigro per farlo. Va bene fare solo finta. Anzi no, anche quello è faticoso.”
Jess continuava a spargere quella specie di melma sull’amico.
Le sue mani andavano su e giù.
Non si era mai accorta di quanto le clavicole di Nick al tatto fossero così pronunciate e di come il suo addome fosse così soffice e caldo…
Scosse la testa, cercando di eliminare quei pensieri.
Sentiva il suo cuore battere forte e il respiro morire in gola.
Il contatto con la pelle del ragazzo le provocava brividi lungo la schiena che facevano lo stesso tragitto continuamente. Su e giù. Su e giù.
Gli occhi di Nick ora fissi nei suoi le causavano degli scompensi. Sembravano due cioccolatini al caramello; cioccolatini che avrebbe scartato e gustato volentieri.
Le labbra poi, arricciate in quel modo…basta Jess!, urlò nella sua testa.
Fece un bel respiro, calmando tutto il turbinio di emozioni che c’era in lei.
—P...Perchè Nick? Perché ti ha dato così fastidio il fatto che io abbia riparlato con Sam? —disse con voce quasi assente, prendendo fiato tra una parola e l’altra per smorzare la tensione.
Nick per ripicca raccolse dal suo viso il fango rimanente e con un sorriso compiaciuto lo spalmò su quello di Jess.
—Oh ingenua Jess, ancora non l’hai capito?! Perché ti voglio bene e tengo a te! —lo urlò, avvicinandosi ancora di più a lei.
—Dimmi la verità, Nick Miller. Perché?!— gridò esasperata.
—Ma non ci senti? Forse sarà il fango che ti copre le orecchie—
—Sei un idiota Nick Miller—disse Jess, rassegnata.
Nick la guardò; ci fu un attimo di silenzio, poi il rumore dei loro respiri rotti fece da colonna sonora a quella scena.
Nick avanzò di un altro passo. Erano ormai ad un centimetro di distanza.
—Se io sono idiota, lo sai tu cosa sei? Sei una sciocca. —un sussurro quasi impercettibile che rendeva quell’atmosfera ancora più magica.
—Lo sai perché? —Nick le pose una ciocca di capelli ribelli dietro l’orecchio.
Jess ormai non riusciva più a parlare.
—Perché Sam è l’uomo più stupido della Terra e tu gli sei corsa dietro. —erano fronte contro fronte.
Neanche Nick sapeva più cosa stesse dicendo.
Riusciva solo a sentire il profumo di fiori che emanavano i capelli di Jess e quell’irresistibile suono che faceva inconsapevolmente quando era in imbarazzo.
—Tu sei il tipo di ragazza per cui si ritorna indietro, Jessica. Non il contrario. —disse Nick senza peli sulla lingua e avvicinandosi ancora di più.
Ormai la distanza di sicurezza era già stata superata da troppo tempo.
—Sei ubriaco, perciò stai dicendo questo—rispose Jess in un sussurro.
—Può darsi. —sentenziò Nick.
I respiri affannati, i corpi attratti come calamite, desiderosi di conoscersi meglio; i cuori che battevano allo stesso ritmo.
—Siccome sono ubriaco, allora posso fare questo. —Nick prese il polso di Jess e lo bloccò al muro, poi continuò: —e questo —fece la stessa cosa con l’altro, aderendo completamente il suo corpo a  quello di Jess.
Erano occhi dentro occhi, ad un centimetro di distanza.
Un turbinio di emozioni passava da Nick a Jess, devastandoli completamente.
—Sei un idiota, Nick Miller—
—Tu lo sei, Jessica Day—
—No…tu—
—No…tu—un sussurro impercettibile nell’orecchio di Jess.
Il calore dei loro respiri gli provocava sensazioni magiche.
—No…—
—Ora basta parlare. —disse Nick.
E poi la baciò.
Si gettò su di lei, imponendo le labbra sulle sue.
La passione e la voglia di proibito aleggiavano più forti di qualsiasi cosa.
Nick all’improvviso lasciò i polsi di Jess e portò a sé il suo viso, continuandola a baciare con tutta la foga possibile.
Era come se desiderassero quel momento da tutta la vita.
Una forza invisibile teneva uniti i loro corpi: non si riusciva a capire dove iniziasse l’uno e finisse l’altro.
Erano una sola persona, una sola anima.
Quella danza di lingue coinvolgeva anche le loro teste; si muovevano in perfetta sintonia.
Le mani di Nick si spostarono dal viso ai capelli di Jess, arruffandoglieli selvaggiamente.
Erano come degli animali che bramavano il loro cibo; invece di mangiarlo in un istante, preferivano gustarselo a pieno.
Non erano mai stati attratti in quel modo da qualcun altro in vita loro.
Il fuoco tra loro divampava e si innalzava fino ad arrivare al soffitto.
Entrambi erano tutto un fremito.
Nick prese Jess e la spinse nuovamente al muro.
Il suo corpo, come un automa, si stava avvicinando a lei senza aver più  bisogno di comandi.
Ormai la chimica aveva preso il sopravvento.
Nick la ribaciò, poi la prese in braccio e la fece sedere sul lavandino.
I loro visi stavano per fondersi nuovamente quando un tonfo li fece uscire dallo stato di trans in cui si trovavano: era il lavabo che si era smontato, cadendo a terra con Jess sopra.
Nick ritornò completamente alla realtà.
Fissò la ragazza come se avesse visto un fantasma.
—Oh mio Dio! Io…Io…Che cosa abbiamo…Vado a prendere un po’ d’aria— fuggì urlando e sbattendo la porta in malo modo.
Jess rimase senza parole, ancora scossa e sbalordita da quel che era successo poco prima.
Lei e Nick si erano baciati.
Lei e Nick.
Nick Miller, la persona più diversa da sé che potesse esistere.
Eppure quel bacio era stato così…intenso.
Dov’era fuggito? Era scappato per paura di  affrontare il dopo? Per paura di capire cosa fosse successo?
I suoi pensieri furono bloccati da un altro rumore strano.
Un clangore metallico echeggiò nel bagno pubblico: si era rotta la maniglia.
—Ci mancava solo questa. Che bagno di…—si fermò, non terminando così la frase.
 
 ANGOLO AUTRICE: Salve a tutti! Questo capitolo è incentrato sulla chimica e la passione tra Nick e Jess **
Spero vi piaccia e se si, fatemelo sapere con una recensione! Mi sono troppo divertita a scriverlo! 
Buona lettura a tutti!

 
 
 

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Capitolo 5
*** Nick and Jess ***


“NICK AND JESS”

 

Nick vagava per le strade di LA senza una meta da chissà quanto tempo.
Quello che era appena successo con Jess l’aveva sconvolto.
Non voleva abbandonarla in quel luogo sudicio, ma la paura l’aveva completamente assalito, facendolo uscire fuori di testa.
Sapeva però che di sicuro lei non avrebbe corso nessun pericolo perché c’era Sam ad aspettarla.
Sam…Dio, quanto lo odiava.
Ormai era diventato il termine di paragone per qualsiasi cosa non gli andasse a genio.
“Quanto odio Schmidt quando mi dice che devo esprimere le mie emozioni, da uno a Sam?” e ovviamente la risposta era sempre la solita, secca: “Sam”.
Il cuore gli batteva ancora forte.
Non riusciva a credere di aver baciato Jess, la ragazza che aveva già notato a diciassette anni.
Un sorriso nacque sul suo volto.
Come poteva aver ricambiato quel bacio? Lei, la persona migliore che conosceva?
Che cosa ci vedeva in lui? In una persona che a stento riusciva a prendersi cura di se stessa?
Queste domande frullavano vorticosamente nella sua testa.
Non trovava una risposta adeguata.
Forse perché ubriaca e quindi non aveva piena coscienza di tutto quello che stava succedendo.
Forse perché voleva semplicemente fare un torto a Sam.
Questo pensiero subito scomparve.
Ormai conosceva Jess e sapeva che non era capace di fare una cosa del genere. Non era per niente da lei.
E allora per quale motivo mi ha corrisposto?, si domandò ad alta voce, come se in questo modo riuscisse a trovare la soluzione all’enigma.
Dubbi su dubbi continuavano a proporsi, rendendo il suo stomaco ancora più aggrovigliato.
Ad un tratto, però, ricordò una frase.
Come il flashback di un film, vide se stesso e Jess stesi su quella giostra a fissare il cielo:
“—Sei la tipica persona che tutti vorrebbero avere al proprio fianco, quella che tutti vorrebbero conoscere una volta nella vita. Sei la tipica persona che riesce a calmarti e a farti sentire speciale.
—Jess si fermò, guardandolo negli occhi.
—E’ strano come tu faccia sentire gli altri speciali, ma tu non ti senta affatto così. —ormai erano occhi dentro occhi.
—Nick Miller, tu sei speciale! Sei l’unica persona che ancora deve capirlo. —lo urlò con tutta la forza che aveva. Il silenzio di quel posto fece rimbombare le parole più volte nella testa dell’amico.
—E se ancora non ne sei convinto, posso urlarlo anche dalla statua della libertà. Posso fare di tutto, basta che inizi a crederci, perché è così! —gli occhi di Jess gridavano più delle parole.”
E come dopo una tempesta, tutto improvvisamente si acquietò.
Il senso di nausea di Nick, i pensieri autodistruttivi, il battito cardiaco.
Jess pensa che io sia speciale. Jess vede qualcosa di buono in me. Jess crede in me.disse con espressione e tono sorpresi.
Come se si fosse appena svegliato da un sogno ad occhi aperti e avesse realizzato il tutto, iniziò a correre.
Tornò indietro nella direzione da cui era venuto.
Ogni due passi si fermava a prendere fiato perché l’esercizio fisico per lui era una cosa inconcepibile e lontana anni luce.
Sono un idiota! Come ho potuto lasciarla lì?boccheggiava, incredulo della stupidaggine che aveva compiuto.
Sto arrivando Jess! Devo dirti delle cose! Sono stato un imbecille! Pussa via da Sam!lo urlò affannosamente, come se la sua amica potesse rispondergli.
All’arrembaggioo!all’improvviso fece un salto, noncurante di trovarsi in una strada abbastanza trafficata.
Infatti, non appena atterrò con i piedi, fu investito da una macchina.
Lo sfiorò appena perché il conducente procedeva lentamente, quasi a passo di lumaca.
Nick, ormai steso a terra, cercò subito di alzarsi e riprendere il cammino.
L’adrenalina e la voglia di esprimere cose nascoste in lui da tanto tempo, erano più forti di qualsiasi cosa.
Stava per rincamminarsi quando, all’improvviso, una dolce e simpatica vecchietta scese dal veicolo, avvicinandosi a lui.
Giovanotto, ti sei fatto male?disse preoccupata.
Nick le sorrise.
Mai stato meglio, signora!rispose, sorridendo nuovamente.
La donna lo guardò come se fosse pazzo.
Oh giovanotto, sono sicura che non stai bene. Come hai detto che ti chiami?disse, guardandolo negli occhi.
Non l’ho detto. Mi chiamo Nick e sono in ritardo. Perciò…tagliò corto, alzando gli zigomi e strizzando gli occhi; era la tipica espressione che faceva quando si sentiva leggermente a disagio.
Oh figliolo, non vai da nessuna parte.rispose, avvicinandosi alla porta della sua auto.
Iniziò a cercare qualcosa.
Nick roteò gli occhi; per la prima volta fremeva di andare via e di quel passo sarebbe diventato anche lui come quella signora.
Il pensiero non gli dispiaceva.
Era convinto che la sua età attuale fosse molto al di sotto della sua età mentale.
Immaginò il suo futuro; era steso su una poltrona a guardare la tv, con un grosso contenitore pieno di ali di pollo in una mano e nell’altra una bella birra fresca.
La pancia piena gli fungeva da tavolino e nessuno gli diceva cosa doveva o non doveva fare.
Era in paradiso, nel suo paradiso.
Sorrise all’idea, poi ritornò alla realtà.
La vecchietta gli si avvicinò con un sorriso enorme e un qualcosa di indefinito in mano.
Per fortuna porto sempre medicinali con me. Sai, in caso di infarti, ictus, diarrea, vomito, ulcera… continuò a lungo ma Nick aveva smesso di ascoltare ad “infarti”, se no, data la sua ipocondria, gliene sarebbe venuto uno proprio in quel momento.
Una giovincella come lei non ne ha bisogno. Sono sicuro che servono più ai suoi figli che ad una donna  in forma come lei!disse Nick, guardandola con un sorriso mezzo pronunciato.
Non ho figli.rispose la signora, amareggiata.
Nick la fissò, imbarazzato.
Mi scusi. Volevo dire suo marito.disse Nick, cercando di riparare al danno fatto.
Non mi sono mai sposatadisse, con tono ancora più amareggiato.
Lo guardò in malo modo.
Allora lei è proprio il me di cento anni, versione femminile! La bella vita eh…disse Nick, dandole una piccola pacca sulla spalla.
La donna aveva uno sguardo da omicida.
Mi stai dando della vecchia?rispose, spostandosi proprio di fronte a lui.
No, no. Certo che no. Lei è decisamente più giovane di me! Chieda ai miei coinquilini. Ora li chiamo.disse Nick, fingendo che la chiamata fosse per quel motivo e non perché temeva di essere assassinato da quella psicopatica.
Nessuno e dico NESSUNO ha mai preso in giro Marlene.disse la donna, indicandosi con il pollice.
Vediamo chi è il vero anziano, qui!continuò, avvicinandosi in modo inquietante al ragazzo.
Nick, in risposta, iniziò ad urlare come una femminuccia.
La signora cercò di bloccarlo, ma Nick riuscì a divincolarsi.
Ok, vuole la guerra? E guerra sia!disse il ragazzo con grinta.
Ormai era troppo tardi.
La signora si era attaccata a lui come una piovra.
Nonostante la statura e l’età, aveva una forza disumana.
Lasciami!urlò con voce sottile, toccandole per sbaglio un seno.
La donna lo guardò ancora più furiosa.
Sei un maniaco!disse, dandogli un calcio nelle parti basse.
Nick cadde a terra, quasi svenendo.
Alzò gli occhi al cielo e l’ultima cosa che vide fu il volto di quella signora (secondo lui satana travestita da vecchia) che gli diceva:Non ti preoccupare, ci penso io a te. Ecco l’areoplanino…Ahumimitò quella vocina che si fa per far mangiare i bimbi piccoli.
Dopo buio.
 
 
 
 

*NEW GIRL*

 
 
Terra chiama Miller! Nick mi senti? Nick ti prego apri gli occhi!”, urlò Schmidt in modo straziante.
Nick  li aveva riaperti.
Ricordo tutto ragazzi. Il piano ha funzionato.disse fiero.
Che cosa è successo allora?disse Winston, curioso.
Oh, vediamo…Mi sono ubriacato, sono quasi morto, ho toccato le tette di una vecchia…
Penso mi abbia drogato, per questo ho avuto un blackout totale. Non so neanche come sono finito qui. disse con gli occhi al cielo, come se questa cosa lo aiutasse a fare mente locale.
Quando li abbassò, Winnie e Schmidt lo guardavano con occhi sgranati.
E dimenticavo…ho baciato Jess.disse a bassa voce, facendo finta che questa non fosse la notizia più sconvolgente.
Gli amici erano a bocca aperta.
“Hai toccato le tette di una vecchia, ew” detto da Winston e “hai baciato Jess?! La nostra Jess?!”  detto da Schmidt allo stesso tempo, fecero quasi fuggire Nick a gambe levate.
 Lui non rispose.
Tutte quelle emozioni erano già state troppe per una sola giornata. Riviverle non era per niente un’ottima idea.
Ok amico, non vuoi parlarne. Dicci almeno dov’è  Jess e perché  per telefono ha detto che eri impazzito.disse Winston, iniziando a slegare Nick.
Schimdt, nel frattempo, continuava a ripetere tra sé e sé “Nick e Jess si sono baciati” senza fermarsi.
Dondolava  avanti e indietro; sembrava appena uscito da un manicomio.
Nick lo ignorò completamente.
Si sentiva tutto indolenzito. Chissà per quanto tempo era rimasto legato e ubriaco fradicio su quella sedia.
Oh mio Dio, Jess!disse, catapultandosi in piedi e correndo verso la porta.
Nicholas dove vai?! Non voglio che rischi di nuovo la morte!disse Schmidt, singhiozzando e ritornando alla realtà.
Nick ritornò indietro, si mise di fronte al suo migliore amico e gli pose una mano sulla spalla.
Il suo sguardo era fiero e deciso.
Vado a fare la prima cosa giusta della mia vita. —rispose. —E se morirò nel farla…beh, ne sarà valsa la penadisse, rendendo Schmidt così orgoglioso.
Aveva uno sguardo tipico; sembrava una mamma che aveva appena assistito alla laurea del figlio.
Allora vai.disse, sorridendo.Sono fiero di teaggiunse, abbracciandolo.
All’improvviso si unì a loro anche Winston, canticchiando “l’abbraccio di gruppo spacca di brutto”finché Nick non scomparve dal loft.
 

*NEW GIRL*

 
Nick era fuori dal bagno pubblico, quello dove aveva visto per l’ultima volta Jess.
—Jess? —disse, speranzoso.
—Nick? Nick! Sei tu? —Jess era l’incarnazione della felicità.
Gli occhi di Nick brillavano come il sole di quella mattina.
Si avvicinò alla porta, provando ad aprirla.
Si accorse poi che il chiavistello e la maniglia erano rotti.
—Jess volevo dirti che…—disse Nick, cercando le parole giuste per poter cominciare il discorso. Un groppo in gola non gli permetteva di lasciarsi andare.
Era sempre stato difficile per lui esprimere le proprie emozioni.
Non l’aveva mai fatto neanche con suo padre.
Avrebbe sempre voluto dirgli che gli mancava, che nonostante non si fosse mai comportato come un vero genitore gli voleva bene lo stesso.
Era come se, il dire ad alta voce cosa gli passasse per la testa, lo rendesse un debole.
Lui non voleva esserlo. Non poteva esserlo, per gli altri.           
Già pensava di aver deluso le aspettative di tutti.
Non poteva deludere anche quelle della sua famiglia. Non se lo sarebbe mai perdonato, per questo reprimeva tutto fingendo sorrisi.
A furia di farlo, ormai, era diventata una specie di malsana abitudine, un qualcosa da cui non sapeva liberarsi.
Era come una seconda pelle, dura da scalfire e distruggere.
—Nick, non c’è problema. Ho capito. Basta che mi liberi da qui! —disse Jess esasperata.
—Scusami. Scusami se ti ho lasciata da sola. Scusami se sei rimasta in questo bagno puzzolente per ore ed ore. —disse Nick, poi prese un bel respiro.
Jess rimase un attimo in silenzio.
—Nick Miller che chiede scusa? Ma cosa ti è successo? —rispose, preoccupata. —
Nick ti ringrazio, ma preferisco che chiami qualcuno per farmi liberare! Reginalda ha bisogno di un bagnetto fresco, vero Reginalda? —disse alla sua vagina con tono di voce profondo, quello che utilizzava spesso per frasi del genere.
Nick sorrise e telefonò subito al suo amico Steve, il tuttofare del bar.
Stranamente la voce  e le parole dell’amica lo avevano calmato.
L’ansia e la paura di esprimere l’ondata di cose tenute sotto chiave per così tanto tempo erano sparite.
Con lei tutto diventava un po’ più semplice.
Nick era un uomo migliore quando Jess si trovava nei paraggi.
Era come se avessero una sintonia e una connessione innata.
—Jess ti prego, fammi parlare. —disse, alzando leggermente il tono di voce.
Si appoggiò alla porta e si lasciò scivolare fino a toccare terra.
 La stessa cosa fece la ragazza.
Erano divisi solo da un sottile strato di legno.
—Jess, io sono fuggito solo per paura. —disse, tutto d’un fiato. —Paura che ti accorgessi di quanto tu sia migliore di me. Paura che un attimo dopo ti rendessi conto dell’enorme stupidaggine fatta perché non sono e non sarò mai alla tua altezza. Paura che capissi che non valgo niente e che non ho niente da offrirti. —gli occhi di Nick si oscurarono improvvisamente. —Tu meriti il meglio, Jessica Day. —disse, con un sorriso amaro.
Jess non proferì parola; preferì farlo terminare, anche se si stava leggermente alterando per le cose appena sentite.
—Nonostante io pensi che staresti molto meglio senza di me, devo dirti delle cose.
 Lo faccio principalmente per il mio bene. Me lo devo. —disse, poggiando la mano sul suo cuore.
—Una delle cose che mi hai insegnato è che devo credere in me stesso perché sono speciale. Ho seguito il consiglio, per questo sono qui a provarci. —disse, sorridendo.
—Jessica Day…—si schiarì la voce, poi continuò: —mi  piaci dalla prima volta che ti ho vista, a diciassette anni. Già all’epoca ero super intelligente e spigliato perché capii quanto fossi unica nel tuo genere. Quando poi ti ho rivista, dopo tutti quegli anni, al loft…era come se il tempo non fosse mai passato. Il cuore batteva come allora e per me eri rimasta sempre la più bella e strampalata di tutte. —sorrise.
—Con te mi sento…fantastico. Mi sento come se ci conoscessimo da sempre. Mi sento compreso, amato nonostante i miei mille difetti. —una breve pausa seguì queste parole.
—Mi completi Jessica Day—continuò. I suoi occhi si riempirono di una luce intensa.
—Prima che tu dica qualcosa, sono venuto fin qui per confessarti che…mi piaci. Tanto. —il cuore ormai era diventato poltiglia e il sudore scendeva rapido sulla sua fronte.
Nonostante tutto, aveva superato la sua paura.
Era riuscito ad esprimere, senza peli sulla lingua, le sue emozioni.
Per Jess.
Un silenziò regnò per alcuni minuti.
Nick, nervoso, ricominciò a parlare: —Jess, ora puoi dire qualcosa…Anche una minuscola, tipo “Oh Nick, che cosa dolce. Anche tu mi piaci tanto e impazzisco per il tuo sedere” —disse con voce stridula, imitando quella femminile dell’amica.
Nessun suono proveniva dalla stanza in cui era rinchiusa Jess.
Nick si alzò, preoccupato, iniziando a bussare alla porta come un forsennato.
—Oddio Jess! Mica sei svenuta per le mie parole? Forse ho un po’ esagerato, hai ragione. Dovevo cambiare qualche termine. E’ tutta colpa di Winston! Mi ha consigliato di parlare con il cuore e di essere più smielato possibile! Se mai dovessimo arrivare sani e salvi a casa, penso che lo ucciderò. —urlò, preoccupato.
Il silenzio continuava a regnare sovrano.
—Jess? Jess! Ok, ora sfondo la porta, quindi attenta.
Se questo è un tentativo di farmi sparire perché sei rimasta spiazzata, ti avverto che non è divertente. Non sto ridendo. —disse Nick cercando di non pensare a quanto si sarebbe fatto male sbattendo contro quella superficie di legno.
—Ok, al mio tre. Uno…Due…—non terminò neanche la frase.
Al due un verso alla Mowgli provenne dal bagno.
 Era Jess che, con tutta la forza che aveva, si era catapultata sulla porta, distruggendola e atterrando con questa addosso a Nick.
Il ragazzo, come se nulla fosse si alzò, così come lei.
—Jess, ti sei fatta male? —disse Nick, preoccupato.
Jess lo guardava come se non avesse visto cosa più bella in vita sua.
—Tutto quello che hai detto su te stesso è un’enorme gigantesca stronzata. —disse, come se avesse ribadito la cosa più ovvia del mondo.
—E per la cronaca…Anche tu mi piaci, Nicholas Sean Miller. —il cuore di Jess batteva così forte, proprio come quello del ragazzo.
—Davvero? —disse Nick incredulo, con  una faccia da ebete.
—Sta zitto e baciami. —disse Jess con fermezza.
Nick la tirò a sé e la baciò.
Fu un bacio dolce ma allo stesso tempo passionale.
Sentivano entrambi le farfalle nello stomaco e brividi di freddo attraversavano il loro corpo.
Quando si staccarono, ripresero a parlare.
—Perché ci hai messo tutto questo tempo a venire qui? —disse Jess curiosa, camminando mano nella mano con Nick.
—Perché ho toccato la mammella di una vecchia, quindi mi ha drogato.—disse Nick, come se fosse la cosa più normale di questo mondo.
—Nick Miller, sei sempre il solito porcellino. E dimmi, era soda? —disse, guardandolo negli occhi.
—Diciamo che in una scala da 1 a Pamela Anderson, era decisamente una Cece. —disse senza peli sulla lingua, pentendosene subito dopo.
—Ew!Hai paragonato il seno di una vecchietta a quello della mia migliore amica! —disse Jess scandalizzata.
—Non riuscirò più a vedere Cece nello stesso modo. —dissero all’unisono.
—Chissà se con Schmidt funzionerebbe una cosa del genere. —disse Jess continuando a camminare.
Nick alzò gli occhi al cielo per pensare.
—Decisamente no. Troverebbe Cece ancora più attraente, anche se le persone anziane lo terrorizzano —dissero nuovamente all’unisono.
All’improvviso Nick si fermò. Guardò Jess intensamente.
—Si può sapere cosa ti ha detto Sam? —domandò, un tantino alterato.
—Sei geloso. —Jess sorrise compiaciuta.
—Non sono geloso.—
—Allora non ti dico nulla, tanto non sei geloso…—
—Ok! Sono geloso! Contenta ora? Non ti è bastata quella dichiarazione lunga mezz’ora? —disse Nick, alzando le sopracciglia.
Jess sorrise e gli diede un bacio a fior di labbra.
—Mi ha detto che mi ha lasciata andare perché la persona con cui dovevo stare realmente eri tu. —Jess abbassò lo sguardo, arrossendo.
Nick glielo alzò nuovamente, sorridendo come non aveva mai fatto prima d’ora.
—Mi piace quel Sam. Dice sempre cose giuste. —disse Nick con sguardo perso in chissà quale luogo oscuro.
Jess sorrise.
—Certo, ora ti piace. —disse la ragazza, continuando a camminare.
Erano finalmente arrivati al loro loft.
 Nonostante fosse giorno inoltrato, Jess e Nick erano stanchi morti dopo la giornata che avevano vissuto.
Finsero fosse notte, chiudendo di conseguenza tutte le finestre.
Finalmente si avvicinarono alle stanze, baciandosi per un’ultima volta.
—Notte Day—
—Notte Miller—
E così chiusero la porta alle loro spalle, consapevoli che una volta varcata quella soglia, le cose sarebbero cambiate per sempre.
 
 


ANGOLO AUTRICE: Ed eccoci qui con l'ultimo capitolo della fanfiction Ness!
E' il mio preferito, è ironico ma allo stesso tempo molto dolce. 
Mi sono emozionata nello scriverlo, quindi se vi piace mi farebbe molto piacere se lo commentaste con una recensione.
Sono rimasta un po' così perchè nessuno ha commentato questa storia, ma so che ormai questo sito è abbastanza morto, quindi va bene.
L'importante è non stroncare una passione solo perchè non si ricevono  recensioni (anche se,ovviamente, fanno molto molto piacere).
Dopo questo sermone voglio comunque ringraziare le persone che l'hanno letta e voglio dirvi che mi sono divertita troppo a scriverla.
Grazie mille a tutti e alla prossima!
 PS: Vi lascio con una foto meravigliosa di questi due piccini!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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