sweet awakenings

di sg199885
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** elisio ***
Capitolo 2: *** L'Aquila e il leone ***



Capitolo 1
*** elisio ***


Il vento soave che soffiava per i Campi Elisi fece danzare un filo d’erba a solleticargli il viso, destando il signore degli inferi dal suo dolce sonno.
La prima sensazione che lo colse fu quella di un peso che gli gravava addosso, poi mosse le mani a tastare la figura che stringeva tra le braccia e subito si ridestò anche la memoria: si erano addormentati abbracciati, e il corpo di Shun era disteso sul suo.
Aprì pigramente un occhio e guardò in basso: il cavaliere di bronzo dormiva ancora beatamente.
Un altro soffio di vento scompigliò la chioma di smeraldo e il ragazzo, come infastidito, si mise a strofinare il volto sulla tunica del Dio con un sonoro mugolio di disapprovazione; Shun era parecchio più basso di lui, o forse era lui ad essere fin troppo alto… questo non sapeva dirlo, fatto sta che il minore doveva trovare il suo petto molto comodo dato che non sembrava dare segno di volercisi spostare minimamente.
Il Sommo Hades passò un tempo indefinito a scrutare ogni dettaglio della fisionomia del bell’addormentato, che davanti ai suoi occhi si alzava e si abbassava insieme al suo torace al ritmo del suo respiro, chissà, forse era proprio quel ritmo così dolce a cullarlo rendendo il suo sonno così difficile da abbandonare. Perché si, il peso di Shun era un dolce peso, e non lo soffocava, anzi, gli infondeva calore fin dentro le ossa.
Ancora se lo ricordava…
“quanto sei freddo” gli disse la prima volta che si sfiorarono, e ora di quel gelo non c’era neanche più una traccia, tutto merito di quel piccolo, insulso, insignificante mortale.
E nemmeno dello spietato Hades c’era più la benchè minima traccia.
Con un mugugno più sonoro degli altri e uno sbuffo visibilmente scocciato, il cavaliere di Athena parve svegliarsi, si mosse nell’abbraccio cercando una posizione più comoda e seppellì di più il viso nelle pieghe della veste del Dio.
Il Divino piegò il capo fino ad avere il naso insinuato nella folta chioma del minore, di cui inspirò il profumo inebriante, poi si mosse debolmente per accarezzarlo con le labbra.
-ben svegliato- gli sussurrò ancora tra i suoi capelli.
-mmmmmmmm- mugugnò ancora il minore, poi alzò lo sguardo mostrando gli occhioni illanguiditi dal sonno e il viso più roseo del solito.
Shun si corrucciò vedendo il sorriso beffardo che si dipingeva sulle lebbra del sovrano.
-sono così buffo?- chiese mettendo il broncio e rifugiandosi ancora sotto le pieghe della veste.
-sei tenero- lo corresse prendendogli il volto con una mano e costringendolo ad alzare lo sguardo.
Il bacio che si scambiarono, a fior di labbra, era pieno di tenerezza, amore, protezione, e tutti quegli altri sentimenti che per millenni aveva disprezzato, senza neanche poi sapere bene il perché.
-posso dormire ancora un po’?- chiese il ragazzo riposizionandosi sul suo petto con su un tenero broncio.
-sai bene che adesso devi svegliarti, altrimenti farai tardi agli allenamenti per le sacre vestigia d’oro di Virgo- gli ricordò Hades.
-ma io voglio stare ancora con te!- piagnucolò e lo strinse maggiormente per sottolineare il suo disappunto.
-dai, non fare così… alla fine di questa giornata che ti si profila dinanzi ti addormenterai ancora, e tornerai a trovarmi. Ti aspetto, lo sai.
Il volto del cavaliere di Andromeda si fece pensieroso.
-e se non volessi svegliarmi mai più?- chiese poi a brucia pelo.
Aveva ragione in un certo senso… entrambi erano coscienti che il loro sentimento si potesse consumare solo in quell’onirico portale tra il mondo dei vivi e il regno dei morti, ed entrambi soffrivano molto per quello.
-non dire sciocchezze piccolo mio, il mondo ha ancora bisogno di un guerriero forte e valoroso come te- lo rassicurò dandogli un buffetto sul naso, e quello roteò gli occhi come a dire “forte e valoroso, si, come no, io che non riesco a vivere un solo giorno senza correre dietro a mio fratello”.
“eppure tu, il meno combattivo di tutti, quello che tante volte ha preferito fare la figura dell’inetto piuttosto che sfoderare il suo vero potere, hai compiuto le gesta più grandi: hai il cuore del Dio dei morti tra le tue mani”
Ma non ebbe mai il coraggio di pronunciare quelle parole.
-quando riceverai la sacra investitura d’oro e padroneggerai l’ottavo senso, staremo insieme per sempre senza che tu debba rinunciare a nulla. Io ti aspetto.- disse invece, ed era vero.
Lo avrebbe aspettato tutto il tempo necessario.
E si, la prima volta che Hipnos  aveva portato Shun davanti a Lui in un sogno, senza nessuna garanzia, gli aveva fatto il regalo più bello di sempre.
Si sarebbe dovuto ricordare di ringraziarlo prima o poi, come il suo ragazzo gli aveva insegnato a fare.
 

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Capitolo 2
*** L'Aquila e il leone ***


Le prime luci dell'alba accarezzarono i suoi occhi dolcemente, ma quello fu sufficiente a destarla dal suo sonno, nonostante quello di quella notte fosse uno dei sonni più profondi che riuscisse a ricordare. Era una guerriera lei, una sacerdotessa devota alla dea Athena, fin da bambina le avevano insegnato a non abbassare la guardia neanche tra le braccia di Morfeo; era questo in fondo il significato di quella maschera che portava sul viso, era un monito che le diceva "mai più potrai spogliarti della tua corazza". Ed era proprio così per le sacerdotesse del grande tempio, la loro battaglia non finiva quando le sacre vestigia riposavano nel proprio forziere, fin tanto che la maschera restava ben salda sul volto voleva dire che c'era ancora una  missione da compiere, un nemico da sconfiggere, un attacco da portare a termine. Forse era per questo che le sacerdotesse erano, appunto, donne: solo al cuore di una donna, dolce abbastanza da accettare un destino simile e al contempo forte abbastanza da sopportarlo si poteva chiedere tale sacrificio. 
Marin si alzò dal letto di soppiatto e prese tra le dita la maschera poggiata con cura sul comodino a lei vicina. Per un attimo la fece sorridere il fatto che fosse stata riposta lì dalle mani che dal viso gliel'avevano strappata; non gettata via insieme alle protezioni da allenamento, non sparsa per terra come i brandelli dei vestiti che, in una foga quasi disperata si erano vicendevolmente strappati di dosso, ma con cura riposta, come a dire "io ti desidero ma ti rispetto, e non ti chiedo di rinunciare alla tua missione".
Quella mattina, prima che Apollo si fosse levato alto nel cielo con il suo carro lei sarebbe partita per la sua missione, era questo che aveva spinto il suo amante nella sua casetta la sera prima, lo aveva letto nei suoi occhi, lui sapeva... sapeva che al suo ritorno non lo avrebbe più trovato a custodire la sua casa con le nobili vestigia d'oro. Chissà se anche lui aveva letto qualcosa attraverso lo sguardo gelido della maschera...
Perché ci vuole coraggio ad andare incontro alla morte nella più feroce delle battaglie,  ma ci vuole ancora più coraggio a rimanere,  a ricostruire sulle macerie dei templi e dei cuori, per questo gli uomini erano cavalieri e le donne sacerdotesse, per questo erano loro a portare la maschera.
La studiò accuratamente quella maschera quel mattino, come non aveva mai fatto in tutti quegli anni in cui era stata fedele compagna... lei che aveva coperto le sue paure e le sue lacrime,  che aveva filtrato i veleni che assediavano il suo respiro, che si era incrostata di sangue durante le battaglie. La guardò e le sovvenne un sorriso amaro: la maschera più semplice di tutte la sua, umile, bianca, quasi scintillante, l'unica tra tutte le maschere delle ancelle del tempio che mai aveva ceduto scoprendo il suo viso. Umile, chiara,  resiliente,  come la sua detentrice. Ah! Quanto invidiata la sua rivale, Shaina, per aver avuto la compassione della sua maschera, che più volte le aveva regalato di rimanere nuda agli occhi dell'amato cavaliere di Pegaso.
Non per bontà della sua maschera era rimasta nuda quella notte,  ma per determinazione del tuo amante che finalmente aveva deciso di strappargliela dal volto, la notte prima, appena aveva udito dalla dea in persona che a Marin era stata affidata una pericolosa missione  che l'avrebbe portata lontano e che si sarebbe certamente rivelata fondamentale per l'esito dell'imminente guerra contro Hades. C'era sempre stato un tacito accordo tra di loro: non potevano avvicinarsi troppo, non potevano distrarsi, affezionarsi più di quanto già non fossero, permettersi di avere qualcuno da proteggere più importante della dea Athena, ma non si sarebbero mai neanche concessi a nessun altro. Una tacita promessa quasi come un matrimonio,  che tuttavia quella notte, davanti alla paura e alla morte, era andata bellamente al diavolo in favore, per una volta, dell'immenso amore che li avrebbe uniti.
–parti senza salutare, nobile sacerdotessa?–
Chiese lapidario il cavaliere di leo, le ruvide lenzuola a coprire stentamente il corpo scultoreo, tra le ciglia folte e dorate appena aperte l'immagine della compagna che, in un rito antico, si infilava uno ad uno i pezzi della sua investitura d'argento. Il pettorale, il coprispalla, il bracciale, il collare,  le ginocchiere, il cinturino, poi infine l'elmo.
–mai lo farei, mio cavaliere.–
Rispose quella voltandosi. Il cuore di Aiolia perse un battito,  la maschera giaceva tra le mani di Marin. Quella era la sua amata, vestita da guerriero, con due occhi fragili e labbra rosee che rapiscono. Era sacerdotessa e donna insieme, senza rinunciare a niente. 
Si avvicinò a lei e la accarezzo con un tenero bacio, si fissarono a lungo, negli occhi mille discorsi inutili da pronunciare.
E quando la vide allontanarsi, nel cuore del cavaliere d'oro c'era una certezza nuova: su quella terra o nei campi elisi avrebbero condiviso la vita insieme 

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