Two Twins, Technology and Witchcraft

di Be_Yourself
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Note autrice
Ciao a tutti cari lettori!
Non uccidetemi, lo so che dovrei aggiornare le storie già in corso anziché scriverne delle altre, ma questo è un progetto nato insieme a
Merlin_Colin_Emrys, mia carissima collaboratrice in questa storia, e favolosa musa ispiratrice per tante altre idee che spero di poter presto condividere con voi.
La storia nasce un po' come lo sclero di due fan sfegatate di questa fantastica serie, tra un «ti piacerebbe vivere alla corte di Re Arthur?» e un «ma tu cosa faresti se potessi incontrare i tuoi amati personaggi?» ecco che è venuta fuori l'idea di unire le nostre menti e scrivere una storia a quattro mani, dando forma ai nostri scleri in una trama leggera e divertente. La storia è progettata per essere qualcosa di prevalentemente comico e demenziale, quindi non prendetela troppo sul serio, anche se speriamo di riuscire – nonostante tutto – a creare una trama minimamente accattivante.
Le protagoniste della storia sono Sarah e Honey, due gemelle che, come penso abbiate capito, altro non sono che gli alter ego mio e della mia socia, e infatti i loro caratteri, i modi di fare e spesso anche le esperienze di vita saranno prevalentemente uguali ai nostri nella realtà.
Chi di noi è chi? Beh qualche segreto dovete pur lasciarcelo, non vi pare?! :P
Buona lettura!

 
Capitolo 1


Honey
La biblioteca dell'università era quasi completamente deserta a quell'ora del primo pomeriggio, si sarebbe affollata soltanto verso sera, con la fine di tutte le lezioni. L'anziana bibliotecaria sonnecchiava dalla sua postazione, non prestando la minima attenzione all'unica ragazza presente che stava trasgredendo almeno metà delle regole scritte a caratteri cubitali su cartelli affissi all'ingresso e sui muri, a distanza di tre metri l'uno dall'altro, così che a nessuno studente potessero sfuggire.
Honey se ne stava scompostamente seduta ad uno dei tavoli con lampada, i piedi fasciati dagli stivaletti di pelle nera poggiati con noncuranza sul legno appena lucidato, accanto ad un pacchetto vuoto di patatine che aveva sparso briciole dappertutto. Nelle orecchie due auricolari che sparavano musica a tutto volume, nascosti dalle ondulate ciocche corvine e viola che a stento arrivavano a lambirle le spalle. Poggiato in grembo teneva un pacco di tabacco ed era intenta a rollarsi una sigaretta.
Era in attesa di sua sorella Sarah, la quale le aveva dato appuntamento in biblioteca con l'intenzione di tenerla un intero pomeriggio sui libri per un esame che doveva assolutamente passare. Lei però non aveva la minima intenzione di sottostare al regime dittatoriale della gemella, e se davvero voleva che aprisse un libro avrebbe dovuto sbrigarsi ad arrivare, perché di lì a mezzora sarebbe cominciato un torneo segreto di videogiochi – organizzato nel vecchio archivio in disuso della biblioteca – a cui lei non poteva assolutamente mancare.
Tra gli Evanescence sparati a tutto volume nelle orecchie, e la concentrazione per cercare di chiudere bene la sigaretta senza che il filtrino se ne andasse per fatti propri, non si accorse dell'arrivo di Sarah finché questa non le tirò via un auricolare con tutto il disappunto di questo mondo, facendola sussultare a tal punto che la sigaretta le cadde di mano spargendo tabacco sul logo di Skyrim stampato sulla t-shirt nera.
Honey puntò i suoi occhi verdi in quelli identici della sorella, lanciandole uno sguardo truce «Era proprio necessario?» sibilò a denti stretti.
«Ti sembra il modo di stare in una biblioteca?» ribatté l'altra sforzandosi di non urlare.
Facendo onore a quel soprannome che le avevano dato in modo sarcastico, la videogiocatrice si limitò a grugnire con fare irritato, mentre si scrollava di dosso il tabacco ormai inutilizzabile e riponeva iPod e occorrente per le sigarette nella borsa nera con le borchie poggiata ai piedi della sedia.
Honey non era il suo vero nome, ma alle medie alcuni compagni di classe avevano preso a chiamarla in quel modo sotto forma di presa in giro, per sottolineare in uno strano gioco di opposti la totale assenza di dolcezza nel carattere della ragazza, per lo più acida, scontrosa e taciturna, che preferiva di gran lunga fare a botte con qualcuno piuttosto che offrirgli la propria amicizia. Alla fine quel soprannome le era rimasto cucito addosso nel corso degli anni, ma a lei non dispiaceva, in un certo senso era quasi divertente guardare le persone ricredersi sulla presunta dolcezza che quel nome poteva evocare.
Non aveva amici veri e propri, soltanto delle persone con cui passare il tempo di tanto in tanto, ma per cui non poteva dire di provare affetto, o da cui fosse interessata a farsi capire. Le sole persone che la conoscevano bene, e nonostante ciò la sopportavano e la accettavano – sebbene ogni tanto arrivassero anche loro all'esasperazione – erano la sua gemella ed il suo fidanzato.
«Comunque sappi che tra mezz'ora c'è un torneo di videogiochi a cui non intendo mancare» disse alla sorella senza neppure guardarla, mentre tirava fuori il quaderno con gli appunti di storia e mitologia medievale «quindi mettiti l'anima in pace che non resterò qui tutto il pomeriggio!».
Sarah le lanciò un lungo sguardo severo.


Sarah
«Ti ricordo che tra tre settimane hai l'esame e se non lo passi, mamma non ti lascerà andare ad Amsterdam con Jared il 23 luglio. Perciò, sbrigati a prendere il libro sulle leggende arturiane che ti serve» e con la mano destra indicò gli scaffali, come a dire "inizia la ricerca". Honey grugnì e si diresse verso la sezione storico-folkloristica.
Nel frattempo, Sarah appoggiò i due caffè presi – a lei il caffè piaceva tiepido – e lo zaino color argento con scritto “Dreamer” in bordeaux, per prendere poi il manuale di latino. Tre giorni dopo avrebbe avuto l'esame scritto e la ragazza voleva assicurarsi di passare, dato che era la seconda volta che lo tentava.
Neanche cinque minuti dopo aver cominciato a studiare, alzò la testa confusa: la gemella avrebbe dovuto essere già di ritorno con il libro.
Merda. Pensò mentre di scatto si fiondava nel reparto dello storico-folkloristico. L'altra era già scappata via.
Allora, accelerò il passo e, passando tra le varie mensole, riuscì a trovarla: con una forcina stava tentando di aprire una porta verde che recava la scritta “vecchio archivio”.
«Lo sapevo! Honey, lascia stare quella partita di videogames e torna tra i libri» le sibilò nell'orecchio.
«Sorella mia, io ti avevo messa in guardia ma tu non mi hai ascoltata. Scusami ma ora devo andare a conquistare il titolo di campionessa» rispose l'altra, facendole una linguaccia.
Sarah le diede un colpetto sul braccio. «E che cavolo! per una volta, fa la studentessa universitaria come si deve e fa' il tuo dovere. Tu ci tieni ad andare ad Amsterdam, non è così?» domandò, sapendo benissimo che così avrebbe avuto in pugno la gemella.
«Va bene! Razza di dittatrice che non sei altro» rispose stizzita Honey infilandosi la forcina in tasca e girando i tacchi.


Honey
La ragazza lanciò un'ultima occhiata alla porta del vecchio archivio – da cui provenivano ovattati i rumori di una partita in corso – prendendo mentalmente nota di pestare Lucas per averla chiusa a chiave, dopodiché si decise a seguire la sorella.
Osservò con estremo disappunto la lunga chioma blu notte elegantemente legata in un'elaborata treccia, che arrivava a lambire il fondoschiena lasciato scoperto dalla corta t-shirt nera con su scritto “I fight even if I am a girl”; un paio di attillati jeans grigi fasciavano le sue gambe magre ma dalle curve morbide. Ad ogni passo che muoveva i suoi orecchini preferiti, quelli con la croce gotica, ondeggiavano attorno al viso diafano.
Honey non lo avrebbe mai ammesso, ma un po' invidiava la perfetta forma fisica e l'innata eleganza della sorella, cose completamente assenti in lei. Non che la cosa le pesasse particolarmente, sarebbe stato snervante essere in tutto e per tutto uguale alla gemella, come quando da bambine non riuscivano a distinguerle, ma un briciolo in più di femminilità non le sarebbe guastato; magari così la gente avrebbe smesso di chiederle se fosse lesbica solo perché indossava magliette maschili, aveva i capelli corti o perché amava i videogiochi. L'ignoranza certe volte era davvero una brutta bestia.
Passando accanto ad uno scaffale notò con la coda dell'occhio uno strano luccichio, che la indusse a fermarsi. Aggiustandosi i grossi occhiali neri sul naso osservò meglio ciò che aveva attirato la sua attenzione: poggiato disordinatamente sopra gli altri libri ce n'era uno dalla vecchia copertina verde e argentata, vecchia sì, ma non quanto le pagine in pergamena che Honey trovò all'interno quando lo aprì. «La vera storia di Arthur Pendragon» lesse ad alta voce «ad opera del suo fedele amico e servitore, Emrys». Richiuse il testo facendo spallucce, forse poteva tornargli utile per l'esame, era solo strano che quel libro si trovasse nella sezione della narrativa gotica, ma capitava che alcuni studenti si divertissero a “nascondere” dei libri, quindi non ci diede troppo peso.
Tornando al tavolo dove la sorella la attendeva si rigirò più volte il testo tra le mani, non capendo cosa avesse generato il luccichio che aveva attirato la sua attenzione. La copertina era argentata, ma non lucida.
«Trovato qualcosa?» le domandò sottovoce Sarah, senza spostare gli occhi dal suo libro di latino.
«La vera storia di Arthur Pendragon. Chissà se ci sono scritte anche le posizioni che lui e la regina usavano quando erano a letto insieme».
L'altra le lanciò uno sguardo a metà tra l'esasperato e lo sconsolato, mentre le porgeva il caffè che le aveva amorevolmente preso, amaro e bollente, proprio come piaceva a lei. Honey lo afferrò ringraziando la sorella con un cenno della testa e lo buttò giù in un sorso, per poi aprire il libro che aveva appena trovato, ormai rassegnata al pomeriggio di intenso studio che l'attendeva.


Sarah
«Certo che Uther Pendragon era davvero un padre stronzo» Sarah senti la sorella imprecare da sola, sottovoce. Ridacchiò, anche lei lo faceva, molte volte: era una delle cose che aveva in comune con l'altra.
Richiuse il libro di latino, dopo due ore passate a leggere declinazioni e coniugazioni verbali non aveva più voglia di studiare, quindi cacciò nuovamente la mano nello zaino e tirò fuori “Il ritratto di Dorian Gray” di cui conosceva a menadito tutte le battute, ma non si sarebbe mai stancata di leggerlo.
«Con il vecchio Oscar non si sbaglia mai» commentò la gemella, strizzandole l'occhio.
«Già. Sarebbe bellissimo poter tornare alla fine del 1800, solo per conoscerlo di persona» rispose, perdendosi un attimo nell'immaginare la scena.
«Nel milleottocento? No. Questa sarebbe una bella epoca in cui tornare!» ribatté Honey indicando il libro che aveva letto fino a quel momento, arrivando quasi a metà.
Sarah alzò gli occhi al cielo «Come no! Tra pestilenze e carestie scommetto che era un vero paradiso».
«Credimi, preferirei affrontare quelle cose piuttosto che vivere in una società bigotta, che pretende di dirti come devi comportarti in ogni maledetto momento della tua vita, secondo le regole della morale e del buon costume».
Sarah sospirò rassegnata. Sua sorella era una “anarchica morale” come spesso la definiva lei, odiava ogni tipo di freno che le convenzioni sociali potevano mettere alla libertà personale di un individuo. Non poteva darle torto, ma forse a volte difendeva quella sua posizione in maniera un po' troppo aggressiva. «Insomma, anche il medioevo però ha i suoi lati negativi da questo punto di vista» ribatté.
«Credimi, sotto molti punti di vista c'era molta più libertà di quella che ci sarebbe stata in seguito» rispose Honey «Prendi il nostro amato Oscar Wilde, incarcerato solo per aver amato un altro uomo. Certo nel Medioevo le relazioni omosessuali non potevano essere ufficializzate, ma se re Arthur si fosse scopato, che ne so... Lancelot, o Merlin, per esempio, nessuno lo avrebbe denunciato o dichiarato indegno a governare».
«Come cavolo ti viene in mente di pensare che Arthur potesse... con Merlin? Era il suo anziano mentore»
«Non stando a quanto dice questo libro. Pare che Merlin fosse in realtà un grazioso giovane più o meno della stessa età di Arthur. Chissà che davvero non si divertissero insieme».
A quel punto Sarah si spalmò una mano sulla faccia, sconsolata «Perché per te ogni cosa deve rimandare al sesso?».
«Colpa tua, questa è la frustrazione per non avermi fatta partecipare al torneo segreto» rispose Honey alzandosi dalla sedia e stiracchiandosi «vado a prendermi un altro caffè».
«No no no. Tu non vai da nessuna parte» scattò l'altra, afferrando la sorella per un braccio, allarmata dal fatto che questa potesse fuggire da quel pomeriggio di studio «Il caffè te lo prendo io, tu resti qui in compagnia di Arthur e dei cavalieri della tavola rotonda. E se proverai a svignartela sappi che ti vedrò».
Honey sbuffò, sedendosi di nuovo «Non avevo nessuna intenzione di fuggire. Dittatrice!».
A quel punto Sarah si diresse al distributore di bevande calde dall'altra parte della stanza, tenendo costantemente d'occhio la porta dell'archivio per essere certa che la sorella non tentasse di fuggire nuovamente. Le voleva bene, davvero, si sarebbe anche fatta uccidere per lei, ma a volte il suo comportamento apparentemente immaturo ed irresponsabile la faceva davvero disperare.
Tornata al loro tavolo, tese il caffè ad Honey, la quale era particolarmente presa dal mondo arturiano, al punto che stava rischiando di rovesciare la bevanda sul manoscritto, a causa della mal grazia con cui aveva preso il bicchiere. Sarah posò il suo e si rimise a leggere.
Il cellulare dell'altra si accese mostrando una notifica di messaggio. Honey prese il cellulare con la mano destra, mentre con la sinistra libera si metteva il diario in grembo, all'insù.
«Jason ti saluta» disse senza staccare gli occhi dallo schermo «pensavamo di andare a vedere un film, stasera. Vuoi venire con noi?»
«Ti ringrazio ma ho promesso a Lauren e a Debrah, che sarei uscita con loro».
Honey mise giù il telefono e si mise sull'attenti: era raro che la sorella uscisse il venerdì sera, al contrario di lei.
«E dove andate di bello?» domandò con fare ammiccante, come a voler capire – o insinuare – se a farla uscire dalla tana fosse stato qualche bel ragazzo con cui si sarebbe vista quella sera.
«Al bowling. Oggi è il compleanno di Debrah e ha deciso di fare li la festa» rispose piatta, ignorando tutte le insinuazioni sottintese che leggeva negli occhi dell'altra.
«Forte! Dove al bar c'è quel bel ragazzo che ti offre sempre le bibite?»
«No, un altro bowling, per grazia divina. E poi non è forte, lo sai che sono negata in questo gioco» a volte conversare con Honey era davvero esasperante.
Questa fortunatamente decise di lasciar stare e fece spallucce «Avanti, non pensarci. L'importante è divertirsi con le persone a cui si vuole bene, chissenefrega se non sei il massimo a giocare, non penso che le tue amiche ti giudicheranno» disse facendole l'occhiolino, che era un po' il suo modo di dire “stai tranquilla e goditi la vita”, a quel punto riaprì il libro e tornò dai Cavalieri della Tavola Rotonda.


Honey
Per una volta nella sua vita era profondamente grata alla sorella per averla costretta a studiare, quel libro era quanto di più bello avesse mai letto sulle avventure di Re Arthur, dei suoi cavalieri e del mago Merlin; ribaltava completamente tutto ciò che aveva sempre pensato di conoscere. La cosa strana era che pareva essere una sorta di diario, ma scritto in terza persona, eppure sembrava che il narratore avesse vissuto personalmente ogni vicenda descritta, sebbene il nome Emrys non figurasse mai tra le pagine.
Stava leggendo del tradimento di Morgana, di come avessero sconfitto l'esercito di immortali creato da lei e Morgause, e di come Arthur avesse preso in mano le redini del regno dopo la battaglia, acclamato dal popolo. Quasi senza rendersene conto si perse ad immaginare come dovesse essere vivere a quei tempi: epiche battaglie, battute di caccia, notti intorno al fuoco insieme agli amici a bere e raccontarsi storie, cavalcate tra immense distese di verde, il senso di libertà che scorreva nelle vene come sangue. Le rimproveravano spesso di avere una visione distorta di quello che era il Medioevo, a causa delle ore passate sui videogiochi in cui impersonava epici eroi medievale. Ma lei non era stupida, sapeva perfettamente che quell'epoca – come tutte – aveva i suoi lati negativi, eppure l'avrebbe comunque preferita a quelle successive, e anche a quella in cui stava vivendo.
Passò distrattamente le dita sulle pagine ingiallite, seguendo con i polpastrelli la curva morbida delle lettere scritte con inchiostro nero che, stranamente, non era stato sbiadito dal tempo. Un'improvviso luccichio dorato passò – veloce come un lampo – tra quelle lettere, facendola sussultare.
«Va tutto bene?» le domandò Sarah alzando gli occhi dal suo amato romanzo.
Honey osservò per qualche istante il libro, confusa «Sì, mi era solo sembrato di... non importa, sarà solo mancanza di sonno» rispose infine, afferrando il bicchiere con il caffè ormai tiepido e bevendolo tutto d'un sorso. In effetti la notte precedente non aveva chiuso occhio, troppo impegnata a finire di scalare – per la milionesima volta – Dante's Inferno.
«Devi smetterla di passare notti insonni appresso ai videogiochi, finirai per impazzire» rispose la sorella, finendo anche lei di sorseggiare il proprio caffè.
In quel momento esatto ci fu come una scossa di terremoto, che fece vibrare il tavolo a cui erano sedute, ma non ebbero neppure il tempo di rendersi conto di cosa stesse succedendo, perché una luce dorata le investì e loro si sentirono come trascinate in un vortice: tutto girava intorno a loro, o forse erano loro a girare. Alla fine, persero i sensi.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Note autrice
Ed eccoci qui con un nuovo capitolo di questa storia nata dall'unione di due menti un po' folli, la mia e quella della mia carissima collaboratrice Merlin_Colin_Emrys. In realtà la storia avrebbe dovuto pubblicarla lei, ma ha avuto problemi con l'editor di efp e quindi ecco che tutta la gloria me la prendo io. Che peccato! xD
Volevo scusarmi con voi cari lettori, avrei voluto aggiornare prima (e la sua parte di lavoro la mia socia l'aveva fatta) ma causa esami non ho avuto proprio tempo.
Ringraziamo tutti quelli che leggono e che inseriscono la storia in qualche categoria. Un grazie speciale va a AmeliaRose che è stata così gentile da lasciarci una recensione.
Un saluto anche alla nostra cara amica Sunny9719 che ci sostiene e condivide i nostri scleri :D
Buona lettura!
Ps: nel racconto ci saranno dei riferimenti a elementi di serie TV e videogiochi, leggete le note finali per delle delucidazioni.


 
Capitolo 2
 
Sarah
Sarah fu la prima a svegliarsi, sentendo del terreno umido sotto le dita. Mormorò un "Uhn" di dolore mentre apriva gli occhi e si sollevava puntellandosi su un gomito, la testa le girava e sentiva male alla gamba come se avesse fatto una caduta memorabile. Ci mise un po a mettere a fuoco ciò che la circondava, ma quando notò gli alberi alti e la fitta vegetazione si sentì ancora più stordita e confusa. «Eh?, come abbiamo fatto a finire in un bosco?» mormorò tra se e se.
Di fronte a lei Honey se ne stava beatamente addormentata «Honey, Honey, svegliati» la chiamò scuotendola per una spalla, nella voce una nota d'ansia.
«Ancora cinque minuti...» mormorò la sorella girandosi su un fianco.
Ancora cinque minuti, sul serio? Ma non si accorgeva di avere la faccia su delle foglie secche? «Honey, per l'amor del cielo svegliati! Non siamo più in biblioteca siamo... in un bosco» le urlò la gemella, trovando assurdo pronunciare le ultime parole. Ottenne però il risultato sperato: la ragazza aprì gli occhi di botto e si guardò intorno spaesata.
Nel frattempo, Sarah si era alzata e aveva cercato di togliersi fango e foglie il più possibile dai vestiti.
«E io che pensavo tu stessi scherzando» commentò l'altra, prendendo la mano della gemella per alzarsi a sua volta «Che razza di posto è questo? E come abbiamo fatto a finirci?»
«È la domanda da un milione di dollari» le rispose la sorella mentre apriva la sua borsa per prendere dalla tasca interna il cellulare; attivò il GPS nel tentativo di capire tramite le mappe dove fossero, ma la linea non voleva saperne di funzionare. «Fantastico, veramente fantastico» Sarah spense rabbiosamente il cellulare, per poi lanciarlo dentro la borsa.
«È quasi il tramonto, mi gira la testa, siamo in un bosco e non ricordiamo come ci siamo arrivate» disse Honey con fare pensoso ma tuttavia tranquillo «dimmi una cosa, i caffè che abbiamo bevuto dove diavolo li hai presi? Da Tom il Brucaliffo per caso?»
Sarah la guardò come se fosse uscita di senno «Di cosa diavolo stai parlando e chi è Tom il Brucaliffo? Hai forse battuto la testa?»
«È lo spacciatore di dolcetti alla Marijuana dell'università. Tutti lo conoscono» rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Sarah avrebbe voluto prenderla a schiaffi per una serie di ragioni, ma si trattenne «Rimanderemo il discorso sul perché tu conosca un tizio del genere ad un altro momento, ora vedi se per caso hai una mappa cartacea, una bussola o qualcosa che ci aiuti a capire dove siamo. Non vedo strade e non sento neppure il rumore delle auto, inizio ad essere un po' in ansia»
«Abbiamo solo giocato insieme ai videogames qualche volta» rispose Honey facendo un gesto vago con la mano, per poi inginocchiarsi per cercare nella propria borsa borsa «Dunque... Ipod, cuffie, PSP, l'occorrente per le sigarette, acqua, dolcetti... No, niente che possa aiutarci a uscire da questo casino».
«Ha di tutto in quella borsa ma mai qualcosa che serva davvero...Perché mi tocca avere una gemella scema? Perché?» Sarah alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.
«Per tutti gli dei, non essere sempre così melodrammatica» ribatté Honey alzandosi da terra con un saltello e dandole una pacca sulla spalla «Non è nemmeno notte, quindi non dobbiamo esserci allontanate chissà quanto dall'università. Camminiamo in una direzione finché non troviamo segni di civiltà... o il segnale GPS».
Sarah sospirò e annuì. Non avevano altra scelta.


Honey
Camminavano in quel fitto bosco da almeno mezz'ora, seguendo un sentiero sterrato che speravano le avrebbe portate da qualche parte, tuttavia la vegetazione ancora non accennava a diradarsi e gli unici suoni che si udivano erano i tipici rumori di un bosco: non il suono di un clacson o la voce di una persona, solo il fruscio delle foglie smosse dal vento o da qualche animale.
Nel guardare l'azzurro del cielo tingersi sempre più d'arancione una certa ansia cominciò a farsi strada in lei, insieme ad una sensazione che non sapeva definire. Sentiva come se ci fosse qualcosa di completamente sbagliato in quella situazione, come se tutti i suoi sensi le urlassero che loro due non dovevano trovarsi lì, che non era naturale.
Un suono la distrasse dai suoi pensieri «Hai sentito?» domandò alla sorella per essere certa di non esserselo immaginata.
«Sì, sembrano cavalli».
Entrambe si fermarono ad ascoltare meglio ed in effetti il suono di nitriti e lo scalpiccio di zoccoli si fecero sempre più vicini, in aggiunta a diverse voci maschili. «Grazie al cielo, altre forme di vita senzienti» mormorò con un certo sollievo Honey, sollievo che svanì presto quando dall'interno del bosco spuntò un piccolo gruppo di uomini a cavallo interamente vestiti come cavalieri medievali, con le cotte di maglia perfettamente lucidate e dei lunghi mantelli rossi su cui spiccava lo stemma dorato di un drago. «Siamo forse finite nel mezzo di una fiera medievale?» disse forse un po' troppo ad alta voce, perché attirò l'attenzione del gruppo di ragazzi, che le guardarono con sospetto.
Uno di loro scese da avallo e gli si avvicinò con aria poco amichevole «Ehi voi, chi siete e che ci fate qui?» domandò guardandole da capo a piedi come se fossero delle aliene venute da un altro mondo.
Nessuna delle due parlò. Honey osservò a sua volta il ragazzo, attentamente, con la stessa aria stralunata che aveva quest'ultimo: folti capelli castani abbastanza lunghi e occhi dello stesso colore, un accenno di barba sul volto a conferirgli un che di selvaggio, in contrapposizione con il portamento fiero da vero cavaliere medievale.
«Ve lo ripeto: chi siete e cosa ci fate qui? E vi prego di darmi una risposta» domandò di nuovo il ragazzo con aria spazientita, la mano già pronta sull'elsa della spada come se si preparasse a fronteggiare una minaccia.
«Ehm... esattamente dov'è qui?».
«Non prendetevi gioco di me, signorina. Siete a Camelot, al cospetto dei più valorosi cavalieri del regno».
Nel sentire il tono con cui il ragazzo pronunciò quelle parole Honey non riuscì ad impedirsi di sbuffare una risata di scherno «Camelot? Cavalieri? Certo, e io sono la Maga Magò».
A quelle parole l'altro sfoderò la spada con una rapidità impressionante e la puntò dritta contro il petto della ragazza «Una maga? Sei qui per conto di Morgana? Ti conviene parlare».
Honey osservò la spada puntata contro di lei per alcuni secondi, pensando che il tizio di fronte a lei o era completamente suonato o aveva preso fin troppo a cuore la parte del cavaliere. Posò due dita sul piatto della lama «Tesoro, sei carino ma ci siamo appena conosciuti, non ti sembra un po' presto per sfoderare le armi?» disse posando due dita sul piatto della lama: il metallo era freddo ma di ottima fattura, lei di armi se ne intendeva, nella sua camera ne aveva un'intera collezione.
La confusione attraversò gli occhi castani del giovane «Mi prendi in giro?».
Da derisoria l'espressione di Honey divenne esasperata «E tu invece fai sul serio? Ma sei davvero fuori di-» non riuscì a terminare la frase perché Sarah aveva prontamente provveduto a tapparle la bocca per evitare che dicesse altre cavolate.
«Dovete scusarla, purtroppo prima ha battuto la testa e al momento è un po' confusa, non sa quello che dice» iniziò a dire con tono innocente, guadagnandosi un'occhiataccia dalla sorella «Ci siamo perse, non abbiamo idea di dove siamo ma possiamo assicurarvi che non vogliamo fare del male a nessuno».
«La tua amica ha detto di essere una maga, in questo regno la magia è bandita e chi la pratica è punito con la morte».
«Ma che problemi avete tu e i tuoi amici?» bofonchiò Honey, ma purtroppo – o per fortuna – tutto ciò che gli altri sentirono furono soltanto dei mormorii indistinti da dietro la mano di Sarah che ancora le tappava la bocca.
«No, quello era solo... un modo di dire» cercò di salvare la situazione l'altra «Io comunque sono Sarah, e lei è la mia sorella gemella Honey. Non abbiamo cattive intenzioni».
«Gwaine» era stato un ragazzo alto e muscoloso a parlare – anche lui vestito da cavaliere – richiamando l'attenzione del castano «Forse dovremmo portarle al castello, poi sarà Arthur a decidere cosa fare di loro, anche se a me non sembrano una minaccia. Certo sono vestite in modo bizzarro, ma forse sono solo delle straniere».
«A te mai niente sembra una minaccia, Percival, hai in cuore troppo buono».
Nel sentire quello scambio di battute Honey lanciò uno sguardo confuso alla sorella, leggendo in quegli occhi identici ai suoi la medesima sorpresa e confusione. Gwaine? Arthur? Percival? E poi erano loro ad essere vestite in modo bizzarro?
«Che fossimo davvero...» sussurrò Sarah togliendo finalmente la mano dalla bocca della sorella
«Impossibile!» fu la sua sentenza, pronunciata più per il rifiuto di tutta quella situazione che per la realtà dei fatti, eppure dentro di sé lo aveva saputo fin dall'inizio che c'era qualcosa di strano in quel posto.
Alla fine decisero di andare con i cavalieri al castello, non che avessero molta scelta dopotutto, sia perché i cavalieri non le avrebbero sicuramente lasciate andare, sia perché forse era la loro unica speranza di capirci qualcosa.
Erano ormai gli ultimi morenti raggi di sole ad illuminare il cielo quando arrivarono in vista di un'imponente fortezza dalle alte mura di pietra, con una gran quantità di torri e vessilli rossi e dorati che si agitavano al vento.
Honey quasi svenne, shockata da quella vista «Non è possibile» mormorò cominciando a scavare nella propria borsa in cerca di qualcosa.
«Ehi va tutto bene? Sei impallidita» le domandò Sarah con tono apprensivo.
Lei non rispose, continuò a cercare nella borsa finché non trovò il manoscritto che aveva preso in biblioteca, e che si era ritrovata accanto al suo risveglio in quel bosco – che ora sospettava in realtà essere la leggendaria foresta di Ashetir. In una delle prime pagine trovò quel che cercava: un disegno di quella che era stata Camelot ai tempi di re Arthur, opera anch'esso, come l'intero manoscritto, di quel misterioso Emrys. «Oh per la triplice dea, quella è Camelot».


Sarah 
«Che cosa? Siamo a Camelot? È uno scherzo?» bisbigliò con tono altamente allarmato ad Honey.
«Non è uno scherzo, i disegni e il racconto corrispondono a dove siamo ora» l'altra glieli indicò sul manoscritto.
La ragazza si sentiva frastornata da quella rivelazione. Camelot...Loro due avevano sempre sognato, da piccole, di andarci. Il sogno si era avverato per davvero.
Fece una risatina, aveva sempre trovato il modus operandi del Destino molto strano da capire.
Alzò lo sguardo verso il castello, ancora incredula; un conto era studiare i castelli sui manuali di Storia dell'arte, ma vederli da vicino...Un'esperienza che la catapultava in altre epoche ma restava sempre con il corpo nel ventunesimo secolo.
In quel caso, essa era amplificata al cento per cento.
Sarah avrebbe voluto urlare per la gioia ma si trattenne, per non creare altri allarmi ai Cavalieri.
«Honey, ti prego, ti prego, ci stanno portando da Re Arthur, non sparare cavolate. Dobbiamo tenere un profilo basso il più possibile» bisbigliò nuovamente alla gemella.
Honey le lanciò uno sguardo bieco «Quando mai sparo cavolate?»
La ragazza sospirò rassegnata, evitando volutamente di rammentare alla sorella che poco prima stava per farsi ammazzare da un cavaliere.
Il cavaliere che la sorella aveva definito "selvaggio", Gwaine, le condusse in una grande sala dove sedeva – su un grande trono in legno – un giovane uomo dai capelli biondi e gli occhi di un intenso blu. Sarah suppose si trattasse di Re Arthur, sebbene indossasse degli abiti semplici e non avesse nessuna corona sul capo.
«Mio signore, abbiamo trovato queste due straniere nella foresta di Ashetir. Una di loro ha parlato di magia, ma l'altra afferma che non sono delle streghe ma che si sono soltanto perse. Ho pensato sarebbe stato meglio lasciare a voi il giudizio» disse Gwaine prima di allontanarsi da loro di qualche passo.
Arthur le osservò con aria guardinga per diversi istanti prima di parlare «Chi siete?» chiese perentorio.
«Mio Signore, il mio nome è Sarah e questa è la mia gemella, Honey» disse facendo un breve inchino
«Bene, Sarah, avete un aspetto bizzarro, è chiaro che non siete di qua, ma siete almeno umane? I vostri capelli hanno dei colori innaturali».
«Q-questi? Sono solo... colorati, da dove veniamo noi è una cosa normale da fare».
«E da dove venite?»
«Da Tyrosh» rispose repentinamente Honey, guadagnandosi un'occhiataccia dalla gemella. Come le era venuto in mente un nome così tanto ridicolo?
«Tyrosh, avete detto? È un nome che non mi è familiare» Arthur aggrottò le sopracciglia.
«Oh questo perché Tyrosh è parecchio lontano da qui» Sarah cercò di mostrarsi sicura il più possibile ma dentro di sé era terrorizzata e sollevata allo stesso tempo. La sorella aveva trovato una via di fuga.
Il sovrano si alzò dallo scranno e si avvicinò alle due, osservando con attenzione la maglietta di Honey, su cui era stampato il simbolo di un drago. «cosa significa quel simbolo?».
Sarah lanciò un'altra occhiata, questa volta furtiva, alla sorella e le vide negli occhi la luce che stava a significare che l'altra voleva ammazzare Arthur seduta istante, evidentemente non le piaceva il modo in cui la stava osservando. Colta da un'illuminazione, si affrettò a riprendere la parola prima che Honey potesse combinare qualche guaio con il suo temperamento aggressivo «È il simbolo della nostra casata, noi siamo delle principesse» mentì spudoratamente, sperando di risultare convincente, e per marcare ancora di più la cosa cercò di assumere una postura fiera.
Arthur si massaggiò il mento con fare pensoso, osservandole ancora «Principesse, eh? In effetti i vostri modi non sembravano quelli di due semplici popolane. E qual è il nome della vostra casata?».
Quella domanda la mandò nel panico, ma ci pensò Honey a salvare la situazione «Stormcloack» rispose con convinzione, l'aria ancor più fiera e arrogante del solito «Siamo Sarah e Honey Stormcloack, principesse del regno di Tyrosh».
Sarah iniziò a sudare freddo. Aveva capito che molto probabilmente la sorella stava raccattando nomi da qualcuno dei suoi amati videogiochi o libri fantasy, ma non credeva potessero risultare davvero convincenti.
Evidentemente si sbagliava, perché Arthur non sembrò avere il minimo dubbio sulla veridicità di quelle parole. «E cosa ci fate qui a Camelot?».
«Ci siamo perse!» esclamarono entrambe, in coro. A quel punto, coordinate come se si fossero messe d'accordo in precedenza sulla storia da raccontare, e che invece stavano inventando sul momento, spiegarono ad Arthur come fossero arrivate lì. Tra una nave naufragata per disgrazia le cui uniche sopravvissute erano loro due, e un viaggio attraverso terre inospitali e fitte foreste, riuscirono a convincere il sovrano, che decise di ospitarle come si conviene a due persone del loro rango.
Nei momenti in cui era la sorella a parlare, lo sguardo di Sarah andava quasi inconsapevolmente ad incrociare quello di un giovane dai capelli corvini e dagli occhi di un azzurro splendente. Se ne stava in disparte, come in attesa di qualcosa, forse di qualche ordine visti gli abiti da servitore che indossava. Ricambiava con una certa timidezza gli sguardi della ragazza, regalandole dei piccoli sorrisi, per poi arrossire ed abbassare lo sguardo con una sorta di forzata reverenzialità.
Ma quei brevi sorrisi fecero perdere qualche battito al cuore di Sarah.


Honey
La giovane se ne stava seduta a gambe incrociate su uno dei due letti a baldacchino che occupavano metà dell'enorme stanza fatta preparare appositamente per loro, grande quanto un appartamento del loro tempo. Aveva abbandonato gli stivaletti sul pavimento ed aveva tolto la maglia restando con soltanto il reggiseno sportivo nero e grigio a coprire le proprie grazie.
«Tutta questa situazione non ti sembra strana?» domandò alla sorella mentre sfogliava distrattamente il libro di Emrys, in cerca di qualcosa che potesse aiutarle a far luce su quella faccenda «Insomma come possiamo essere davvero a Camelot? È assurdo».
«Non so come, ma ci siamo» rispose Sarah sospirando e buttandosi sul proprio letto «E poi dovresti saperlo tu, insomma sei druida, magie e cose del genere non sono di vostra competenza?».
«Certo, nel periodo tra il solstizio di primavera e Beltaine la prima cosa che impariamo sono i viaggi nel tempo» rispose acida Honey. Odiava quando qualcuno tirava in ballo il suo essere druida come qualcosa che avrebbe dovuto automaticamente farle avere conoscenze su ogni cosa sovrannaturale o magica. Una volta una sua compagna di università le aveva chiesto se era in grado di tramutare l'acqua in vino, e da quel momento aveva preferito tenere per sé le proprie scelte religiose, per non dover essere costretta a dare spiegazioni a tipi del genere.
Arrivò alle pagine che aveva letto fino a poche ore prima, ma quando fece per andare oltre il libro le si chiuse tra le mani come se avesse vita propria, con uno sbuffo di polvere che la colpì in pieno viso facendola starnutire.
«Ok, questo è strano» disse Sarah.
«Soltanto questo?» rispose sarcastica Honey mentre prendeva un fazzoletto per soffiarsi il naso.
In quel momento qualcuno bussò alla porta della camera, e – ottenuto il permesso di entrare – il ragazzo dai capelli corvini che era anche nella sala del trono fece il suo ingresso nella stanza, portando tra le braccia quelli che sembravano degli abiti di ottima fattura.
«Scusate il disturbo, il principe Arthur mi ha incaricato di-» si bloccò di colpo arrossendo quando i suoi occhi si posarono su Honey, ancora mezza nuda. «MA NON SIETE VESTITA!» urlò girandosi immediatamente di spalle.
La ragazza alzò gli occhi al cielo ed afferrò nuovamente la propria maglia, sarebbe stato divertente vedere quel ragazzo su una spiaggia nudista del ventunesimo secolo «Non farti venire un infarto, ragazzino, le mie grazie sono di nuovo al sicuro» disse una volta infilata la maglietta.
«Scusala, mia sorella a volte non ha il senso della misura» si affrettò a dire Sarah lanciandole un'occhiataccia «Stavi dicendo?».
«S-si. Ecco, il principe Arthur mi ha chiesto di dirvi che avrebbe piacere di cenare con voi due stasera, e mi ha chiesto di consegnarvi questi visto che i vostri abiti sono andati persi in mare e quelli che indossate sono visibilmente rovinati» disse il giovane ancora un po' imbarazzato.
Honey si trattenne dal dire che i suoi jeans strappati non erano affatto rovinati ma piuttosto una moda da dove venivano loro, si limitò a ringraziare il ragazzo mentre prendeva gli abiti che lui teneva tra le mani e li posava sul letto, fissando con sospetto le lunghe gonne corredate di sottane. Improvvisamente un pensiero le attraversò la mente ripensando alle parole del giovane «Aspetta un attimo, hai detto principe Arthur? Ma non è re?».
L'espressione gioviale sul volto del ragazzo lasciò il posto ad una più triste «No, non ancora. Suo padre è vivo, ma non è più molto in sé da quando... beh, la sua figliastra lo ha tradito cercando di usurpare il trono, così è Arthur ad occuparsi di tutto».
Morgana. Pensò Honey ricordando quanto letto nel libro, capendo come mai poco prima si fosse chiuso da solo: erano finite nell'ultimo periodo di cui lei aveva letto, e non poteva andare oltre per non rischiare che la conoscenza di alcuni avvenimenti le desse la tentazione di cambiarli. Tuttavia non disse nulla, si limitò ad annuire tornando ad osservare i vari abiti, cercando di sceglierne qualcuno che le facesse meno schifo tra tutti quei veli color pastello.
«Beh, se avete bisogno di me non esitate a chiamarmi, io sono Merlin, il servitore personale del principe. Ora manderò qualcuno che vi aiuti a vestirvi».
«Oh non è necessario, possiamo tranquillamente vestirci da sole, da dove veniamo noi è così che funziona» rispose prontamente Sarah, mentre i pensieri di Honey stavano elaborando ben altre cose.
«Hai detto Merlin? Tu sei quel Merlin? Il mago?» urlò quasi, non potendo credere alle proprie orecchie. Eppure ora che guardava meglio quel ragazzino tutto tornava: i capelli corvini, gli occhi azzurri, il fisico allampanato. Era tutto come aveva letto nel libro trovato in biblioteca.
«Cosa? No, nient'affatto. La magia è proibita qui a Camelot» si affrettò a rispondere il servitore, ma a Honey non sfuggì l'ansia nel suo sguardo.
«Non mentire» gli disse guardandolo intensamente, con tono quasi minaccioso «da dove veniamo noi tutti conoscono la leggendaria sto- profezia di re Arthur e Merlin il mago, destinati a costruire il regno di Albion».
Lo sguardo stralunato che Merlin lanciò prima a lei e poi a Sarah aveva un che di comico «Voi come fate a conoscere la profezia? Solo le creature magiche o i druidi le conoscono».
«Beh, lei è una druida» rispose Sarah indicando la sorella e lanciandole uno sguardo allarmato come a dire “in che razza di guaio ci stai cacciando?”.
«Ma senza poteri» si affrettò ad aggiungere a quel punto, perché la preoccupazione della sorella non era del tutto infondata «da dove veniamo noi la magia non esiste, sono solo storie da raccontare ai bambini, a metà tra favola e leggenda. In effetti siamo abbastanza sorprese di vedere che al mondo c'è ancora un posto in cui esiste la magia».
«Non lo direte a nessuno, vero?» domandò Merlin.
Honey sorrise rassicurante «No di certo, non preoccuparti» disse. dopotutto non aveva la minima intenzione di far giustiziare una delle due facce della medaglia... figuriamoci quella che era probabilmente la più importante.

Il calice d'argento era freddo contro le labbra, e il vino al suo interno aveva un gusto forte ed aspro che a lei non dispiaceva. Sua sorella evidentemente era di tutt'altro avviso, perché dopo averlo brevemente annusato le lanciò uno sguardo allarmato, come a domandarle se fosse o meno educato chiedere della semplice acqua dato che lei non beveva.
«Questo vino è davvero delizioso» disse Honey mentre posava il calice, facendo attenzione che la manica dell'abito non finisse nel piatto con il cibo – alla fine ne aveva scelto uno viola senza troppi fronzoli, con lo scollo a barca e le maniche ampie – e regalò un dolce sorriso ad Arthur «Spero non vi offenderete se mia sorella non lo assaggia, ma purtroppo non è sua abitudine bere vino».
Arthur sorrise a sua volta «Nessun problema» rispose mentre ordinava a Merlin di portare dell'acqua e un calice pulito per Sarah.
Durante questa operazione a Honey non sfuggì lo scambio di sguardi e timidi sorrisi tra il servo e sua sorella, e per un istante si domandò se dovesse preoccuparsi, ma poi le venne in mente che sua sorella era troppo responsabile, sicuramente non si sarebbe mai presa una cotta per qualcuno vissuto oltre mille anni prima di loro.
«Sono lieto di vedere che avete gradito gli abiti che vi ho mandato, vi donano molto» disse Arthur guardando prima l'una e poi l'altra. Lui era a capotavola e le due sorelle sedevano l'una di fronte all'altra. «Spero che anche l'alloggio sia adeguato».
«Siete molto gentile, principe. Vi ringraziamo per la vostra ospitalità» rispose Sarah «Gli abiti sono davvero bellissimi e l'alloggio è perfetto» aggiunse poi, lisciando qualche invisibile piega sulla gonna del proprio abito verde smeraldo.
«Bene, sono lieto di sentirlo. Ma ora raccontatemi un po' di voi, sono curioso di conoscere le usanze del vostro regno. Ad esempio, come mai vi colorate i capelli in questo modo così insolito?».
Le ragazze si guardarono negli occhi allarmate. «Beh, perché questi colori rappresentano... » cominciò a dire Honey.
«La nostra... casata...» tentò di terminare Sarah.
Arthur lanciò loro uno sguardo scettico, probabilmente ricordando i colori del simbolo che Honey aveva spacciato per quello della loro casata: un drago argentato su sfondo nero.
«Beh non proprio» si affrettò infatti ad aggiungere questa «rappresentano i vari ranghi all'interno di una casata. Lei ad esempio è l'erede al trono» iniziava davvero a pentirsi di non aver semplicemente detto che i capelli erano colorati secondo i loro gusti personali, ma si trovavano in un epoca in cui ogni cosa aveva una sua specifica simbologia, specialmente tra le alte cariche, quindi forse era meglio recitare a dovere la parte delle principesse. Si rese conto troppo tardi che la cosa continuava a non avere un senso visto che sua sorella aveva i capelli blu.
«Blu? Non era il nero il colore della vostra casata?» domandò infatti il principe, senza perdere la sua espressione scettica.
«No... cioè sì, ma il colore ufficiale della nostra casata è il blu» in effetti le divise degli Stormcloack, i ribelli del suo gioco preferito, erano azzurre «Il nero è...».
«È il colore del nostro esercito» rispose prontamente Sarah «di cui mia sorella è il comandante».
Le due ragazze si scambiarono uno sguardo, sorridendo per la sintonia che stavano dimostrando da quando erano arrivate lì, una sintonia che credevano di aver perso ormai da tempo, da quando l'adolescenza aveva visto i loro caratteri separati da un abisso. Simili nell'aspetto, erano state separate dai loro modi di fare e di pensare.
«Una donna erede al trono e un'altra comandante dell'esercito?» domandò con una certa sorpresa Arthur, ma senza derisione, sembrava più che altro compiaciuto.
«Da dove veniamo noi non è una cosa tanto strana» si affrettò comunque a rispondere Honey «Per accedere a determinate cariche non conta il sesso o l'estrazione sociale...»
«...ma soltanto il merito individuale» terminò Sarah.
Il principe alternò per qualche secondo lo sguardo dall'una all'altra «Finite sempre le frasi l'una dell'altra?» domandò ridacchiando.
Entrambe sorrisero «È così che funziona tra gemelle» risposero in coro.

NOTE FINALI
- Tyrosh è una città presente nella saga del Trono di Spade, i suoi abitanti hanno l'usanza di tingersi la barba ed i capelli con colori stravaganti.
- Il simbolo che Honey ha sulla maglietta è quello del suo videogioco preferito, ed è questo qui: Skyrim.
- Il nome "Stormcloack" (Manto della Tempesta in italiano) è preso dal suddetto videogioco, anche se in realtà non è il nome di una casata ma di un gruppo di ribelli.



 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Note autrice
Ed ecco finalmente anche il nuovo capitolo di questa storia.
Vi ricordo che è scritta a quattro mani con Merlin_Colin_Emrys, e ci dispiace di avervi fatto attendere tanto per l'aggiornamento.
Ringraziamo tutti quelli che leggono e che inseriscono la storia in qualche categoria. Un grazie speciale va ad AmeliaRose, sara criso e Federica11 che hanno recensito la storia.
Un saluto anche alla nostra cara amica Sunny9719 che ci sostiene e legge sempre le nostre storie.
Buona lettura!


Capitolo 3


Sarah
«Grazie, mio Signore, per la cena. Era tutto squisito» disse Sarah mentre i vari servi sparecchiavano la tavola.
Merlin si diresse verso il suo padrone ma quello alzò la mano «Occupati di Lady Sarah, a me, ci penserà George» allora, il corvino si apprestò ad eseguire gli ordini
«Grazie, molto gentile da parte tua» disse Sarah rivolgendogli un sorriso.
Merlin abbassò gli occhi, arrossendo fino alle punte delle orecchie e fece un piccolo inchino con la testa «È soltanto il mio lavoro».
«Helena e Johnny hanno già sistemato i vostri letti. Merlin vi riporterà alle vostre stanze. Vi auguro buon riposo» disse Arthur alzandosi dal tavolo e fece un inchino di congedo alle gemelle, le quali si alzarono e ricambiarono il saluto del loro ospite.
«Ecco qui» il corvino aprì la porta della camera delle gemelle «Vi auguro di passare una buonanotte»
«Buonanotte, Merlin» rispose per prima Honey, la quale stava cominciando già a slacciarsi il dietro del vestito, evidentemente non sopportando più di averlo addosso.
A quel punto Sarah, per evitare che il leggendario stregone si sentisse nuovamente in imbarazzo, entrò per coprirgli la visuale, appoggiandosi sullo stipite della porta con mezzo busto fuori «Dormi bene anche tu, Merlin» lo salutò con un altro sorriso.
«Grazie, mia signora» il ragazzo si congedò.
Sarah allora si girò verso la gemella «La smetti di far venire infarti al povero Merlin?» si mise le mani sui fianchi e la guardò in cagnesco.
«E dai, non stavo mica facendo qualcosa di male? Ho comunque la sottana» rispose liquidando il suo rimprovero con un gesto vago della mano «E poi non è colpa mia se si imbarazza a vedere un po' di carne femminile scoperta. Una cosa che trovo assurda visto che con ogni probabilità sarà abituato a vedere Arthur completamente nudo per fargli il bagno» pronunciata quella frase si bloccò nell'atto di sfilare una delle braccia l'abito, dopodiché sulle sue labbra spuntò un sorrisetto malizioso che Sarah conosceva fin troppo bene.
«Non azzardarti a fare commenti inopportuni» la ammonì questa puntandole contro l'indice. L'altra si limitò ad alzare le mani in segno di resa.
Rimaste in sottoveste, si misero sotto le coperte.
«Comunque sia, il cibo che fanno a Tyrosh resta il migliore» sentenziò Honey beffarda. Entrambe scoppiarono a ridere.
«Ma dove l'hai tirato fuori un nome tanto assurdo?» domandò Sarah accomodandosi meglio su un fianco, girata verso il letto della sorella.
Questa si sistemò a pancia in su, le braccia dietro la testa e lo sguardo puntato sul soffitto «Dai miei amati libri fantasy, quelli che tu non vuoi leggere perché dici essere troppo cruenti».
«Quelli che ti ha regalato Jason?» domandò senza pensarci.
«Già» rispose Honey, mesta, e l'atmosfera allegra che si era creata tra loro sembrò ghiacciarsi all'improvviso «Sarei dovuta essere con lui al cinema stasera, non a cenare con il principe Arthur» aggiunse poi, nella voce una nota di biasimo che Sarah non sapeva spiegarsi.
Avrebbe voluto dire qualcosa del tipo “vedrai che troveremo un modo per tornare” o “tutto si sistemerà” ma gli sembravano soltanto vuote frasi fatte, e in ogni caso la sorella non le diede il tempo, perché si voltò dall'altra parte augurandole la buonanotte e chiudendo ogni discorso.

Il mattino seguente Sarah si svegliò sentendo il rumore dei tuoni e della pioggia che batteva insistente contro le finestre. Quando fece per alzarsi dal letto si accorse di essere sola, e una miriade di domande le passarono per la testa. Che ore erano? E se qualcuno dei servi fosse venuto a svegliarle per la colazione e lei non lo avesse sentito? Oddio, non osava pensare all'ipotetica figuraccia che potrebbe aver fatto.
Quando Honey sarebbe ritornata in camera, gliele avrebbe dette quattro per non averla istruita su come funzionava la mattina in quell'epoca.
No, in effetti avrebbe dovuto pensarci lei, a fare le domande all'altra ma i suoi pensieri erano stati altrove, finendo per trascurare quel piccolo dettaglio.
Si rimise l'abito verde e uscì, socchiudendo la porta.
Partita alla ricerca della sorella, nei labirintici corridoi dell'immenso castello finì per scontrarsi con un servitore: il poveretto teneva una cesta tra le mani, che cadde a terra rovesciando dei vestiti puliti.
«Mi dispiace, mi dispiace tantissimo» la ragazza raccolse una blusa blu, che apparteneva chiaramente ad Arthur e la piegò bene in un angolo. Poi si chinò a prenderne un'altra, marrone. E continuò a fare lo stesso procedimento con altre sei camicie finché una mano non si posò sul braccio.
«N- non è necessario che lo facciate, mia signora» a parlare era stato Merlin.
«Oh, non è un problema, non sono stata attenta, è giusto che contribuisca e ristabilire l'ordine delle cose» disse facendo l'occhiolino e riponendo i vestiti ben piegati di nuovo all'interno della cesta. Poi, si rivolse verso la finestra, ad osservare il temporale. A lei ed a Honey erano sempre piaciuti.
«Oh, ora che mi ricordo, stamattina, ho incontrato vostra sorella e mi ha fatto una richiesta buffa» esclamò il corvino.
«Che tipo di richiesta?» domandò con una certa ansia.
«Abiti maschili. Aveva detto di voler andare a fare una passeggiata, nonostante il brutto tempo, e che non gli sembrava comodo andare in giro con quelle lunghe gonne».
La ragazza fece una risatina «Tipico di Honey, non si è mai trovata a proprio agio con gli abiti da donna, li indossa solo quando costretta. A dire il vero, Merlin, anche io vorrei farti la stessa richiesta. Mi dispiacerebbe assai rovinare questo splendido vestito. E poi, a Tyrosh portiamo quasi sempre vestiti da uomo. Per noi è normale» spiegò a Merlin, evitando di specificare che in realtà da dove venivano loro i pantaloni non erano più prerogativa esclusiva degli uomini, ma che esisteva anche una specifica categoria di modelli da donna.
È proprio bello. Pensò involontariamente la ragazza mentre lo osservava rimettere i vestiti nel loro posto originario.
Il suo stomaco gorgogliò e lei si mise una mano sulla pancia, imbarazzata.
Il corvino se ne accorse «Ma come, non avete ancora fatto colazione, mia signora?» chiese Merlin alla ragazza.
«In effetti, no. Non so bene come funziona qui, dove siano le cucine...» l'altra si grattò la tempia, nervosa.
«So come rimediare, venite con me».
«E i vestiti?».
«Oh, Arthur ne ha l'armadio pieno, di questi» il giovane fece spallucce. Sarah rise nuovamente, mentre si affrettava a seguire la sua guida.
«Sai, le leggende con cui io e mia sorella siamo cresciute ti dipingono in maniera diversa» Sarah sussurrò al corvino, per non correre il rischio di essere sentiti.
«Davvero?» Merlin rispose nello stesso tono, strabuzzando gli occhi.
«Sei più anziano, con la barba. E indossi un cappello a punta» la ragazza ripensò al cartone Disney, che adorava sin da quando era piccola. Al contrario, Honey si era sempre rifiutata di vederlo, dichiarando che in quella versione non le piaceva affatto. «Insomma, nelle illustrazioni all'interno di alcuni libri ti disegnano così, non so perché in effetti» si affrettò ad aggiungere notando l'espressione scettica e stralunata del ragazzo.
Il ragazzo ridacchiò e scosse la testa «Questa non l'avevo mai sentita. Vecchio, barbuto e con un cappello a punta. I druidi ci hanno dato dentro con la fantasia».
Sarah sorrise, felice di non aver combinato qualche disastro «Se devo essere onesta, preferisco il Merlin che sto vedendo adesso».
In risposta ottenne soltanto un silenzio imbarazzato, che li accompagnò per tutto il tragitto fino alle cucine.


Honey
Sotto la violenta pioggia che continuava ad inzupparle il mantello e la tunica che Merlin le aveva gentilmente prestato, Honey attraversò il ponte levatoio per rientrare all'interno delle mura di Camelot, gli stivali alti di pelle emettevano un rumore sordo contro il legno a causa del fango di cui erano impregnate le suole.
Era uscita presto quella mattina, poco dopo l'alba, stufa di rigirarsi nel letto preda dell'insonnia e degli incubi che la assalivano non appena riusciva ad addormentarsi. Aveva ripercorso da sola la strada che lei e Sarah avevano fatto il giorno precedente, in cerca di qualcosa che potesse aiutarla a fare chiarezza su quella situazione surreale, e magari trovare un modo per tornare indietro – o meglio avanti – nel loro tempo. Neppure lei sapeva cosa si aspettava di trovare, e infatti tutto ciò che aveva trovato era soltanto la fitta vegetazione della foresta e probabilmente un brutto raffreddore, ma il senso di colpa che l'aveva assalita la notte precedente era stato così forte da indurla a cercare un modo per placare la sua coscienza. Le era riuscito fin troppo facile smettere di pensare a tutto ciò che la teneva legata al Ventunesimo secolo, godendo della compagnia di persone che per anni non erano state altro che protagoniste di epiche leggende e racconti della buonanotte, vivendo di una realtà fittizia costruita secondo il suo gusto e capriccio.
Poteva continuare a raccontarsi bugie come aveva fatto per gran parte della notte, dando la colpa allo shock o a qualche sorta di effetto collaterale dell'incantesimo che le aveva trasportate in quell'epoca remota sospesa tra realtà e leggenda, ma la verità era un'altra, tanto palese quanto difficile da ammettere: lei era contenta di trovarsi lì.
Honey aveva sempre amato i videogiochi, i libri, i film e tutte quelle cose che riuscivano a trascinare la sua mente in luoghi remoti ed epiche avventure, ma soprattutto lontano dalla realtà di tutti i giorni. Aveva sempre vissuto così, in bilico tra la realtà del mondo e la sua realtà, come un funambolo in equilibrio sul filo della propria esistenza, da un po' di tempo però quel perfetto equilibrio aveva cominciato a stancarla e il desiderio di viverle davvero le cose che immaginava diventava ogni giorno più forte, dando vita ad una profonda frustrazione nata dalla consapevolezza che i suoi desideri erano irrealizzabili... almeno così aveva sempre creduto.
Non che la sua vita non le piacesse, amava Jared, voleva bene ai suoi genitori, e tutto sommato l'università non era una tragedia, ma il problema non veniva da ciò che aveva, piuttosto da ciò che non poteva avere. Quello che lei amava erano le immense distese di verde, i piccoli villaggi immersi nella quiete della natura, il sapore dei frutti appena raccolti, la caccia, e ciò che desiderava davvero era di poter vivere avventure degne di essere narrate e ricordate per tutti i secoli a venire, indelebili nella memoria della gente come lo erano Arthur ed i suoi cavalieri. Il Ventunesimo secolo però non concedeva spazio a tutto ciò, non esistevano più gli eroi come quelli dei racconti, e il contatto con la natura non era che una breve fuga dalla frenetica vita di ogni giorno, il tempo di un picnic o di una piccola vacanza. Nel Ventunesimo secolo tutto ciò che aveva era la sua fantasia alimentata da videogiochi e libri.
Entrata in città si fermò sotto la tettoia di un'umile casetta e tirò giù il cappuccio di lana del mantello, passandosi una mano tra i capelli fradici, spostando alcune ciocche che le si erano appiccicate al viso. Non aveva voglia di tornare al castello, sapeva che probabilmente Sarah era preoccupata per lei, ma non le andava di affrontare le sue domande o di recitare la parte della principessa di un regno lontano con il resto della corte.
Con un sospiro si appoggiò al muro di pietra alle sue spalle e chiuse per un istante gli occhi, la stanchezza della notte insonne e della sfacchinata nei boschi cominciava a farsi sentire. Avrebbe tanto voluto buttarsi su un letto e dormire fino al mattino dopo, ma sapeva che non appena avesse chiuso gli occhi gli incubi l'avrebbero assalita, come succedeva ormai da diverso tempo.
Continuava a sognare una donna dal volto diafano contornato da morbidi ricci corvini, e con due occhi di giada identici a quelli suoi e di sua sorella, ma colmi di una crudeltà che la faceva rabbrividire fin dentro l'anima. Ogni volta la donna le tendeva una mano e la invitava verso di lei, con un sorriso affettato le diceva di non avere paura e di accettare ciò che era realmente, allora Honey le domandava cosa intendesse e le labbra della donna pronunciavano parole incomprensibili mentre le iridi di giada venivano invase da un'innaturale luce dorata. Quello era il momento in cui ogni volta si svegliava di soprassalto, con il cuore che batteva come impazzito e un'inquietudine addosso che non spariva fino al mattino. Anche in quel momento, nel ripensarci, sentì un brivido gelido lungo la schiena.
Afferrò il cappuccio e se lo calò fin sopra gli occhi, dopodiché si lasciò scivolare contro il muro fino a sedersi a terra, le ginocchia al petto e la testa calata su di esse. Non aveva parlato a nessuno dei suoi strani sogni e di quei suoi desideri al limite della follia, nemmeno con Sarah, aveva paura di star impazzendo ma non voleva che qualcuno confermasse i suoi timori, preferiva ignorare tutto finché le fosse stato possibile. In realtà se non fosse finita anche Sarah con lei a Camelot avrebbe probabilmente creduto di starsi immaginando tutto e quindi di essere definitivamente impazzita. In realtà anche così aveva qualche serio dubbio sulla propria salute mentale.
«Ehi tu, va tutto bene?» le domandò all'improvviso una voce familiare. Alzando la testa Honey notò, a pochi passi da lei, Gwaine che la osservava con un misto di preoccupazione e sospetto, salvo poi rendersi conto di chi avesse di fronte e cambiare del tutto atteggiamento. «Principessa Honey, cosa ci fate qui?» disse avvicinandosi «Vostra sorella era molto preoccupata, così Arthur ci ha chiesto di cercarvi. State bene? Siete forse ferita?».
«Mia sorella dovrebbe imparare che so badare a me stessa» rispose ignorando la mano che Gwaine le porgeva ed alzandosi da sola «Sto bene, puoi pure andare a tranquillizzarla».
Il cavaliere la scrutò per un lungo istante «Siete zuppa, dovreste fare un bagno caldo e indossare degli abiti asciutti».
«Ti ripeto che so badare a me stessa» ribatté Honey acidamente, e fece per andarsene. Evidentemente Gwaine capì l'antifona, perché non tentò ancora di riportarla al castello, tuttavia non la lasciò andare tanto facilmente. «Volevo scusarmi per come mi sono comportato ieri» disse infatti coprendo con una breve corsa la distanza che li separava e cominciando a camminarle accanto «Spero capirete che sono tempi difficili, Camelot ha molti nemici e dobbiamo stare in allerta».
«Nel mio regno sono il comandante dell'esercito, certo che capisco» rispose sbuffando una risatina di scherno per quella bugia che sua sorella aveva inventato la sera precedente. Non che le dispiacesse recitare quel ruolo, ma in quel preciso momento non ne aveva molta voglia.
«Davvero? Questo sì che è interessante» rispose il cavaliere con aria compiaciuta «In ogni caso permettetemi di fare ammenda per il mio comportamento poco garbato. Potrei invitarvi a bere qualcosa alla taverna per stasera? Potremmo raccontarci le nostre reciproche avventure davanti ad un boccale di idromele».
Honey si fermò di colpo, guardando l'altro con un misto di diffidenza ed irritazione «Non credo sia il caso. Dalle mie parti quando un ragazzo invita una ragazza a bere qualcosa è perché ha intenzione di sedurla».
Un sorriso spavaldo ed affascinante incurvò le labbra di Gwaine «Beccato! Siete una fanciulla molto interessante, oltre che bella, quindi valeva la pena tentare, anche se vi sono sembrato troppo sfacciato».
Quell'atteggiamento così sicuro e alla mano riuscì a strappare una risata a Honey, la prima da quando era cominciata quella giornata. «Ho un uomo che mi aspetta, nel regno da cui vengo».
L'ombra della delusione oscurò per un istante la naturale allegria dell'altro «Oh, quindi siete già promessa ad un altro, capisco».
Quelle parole le fecero sentire improvvisamente la gola secca «No, non sono promessa, sono solo... impegnata» disse, non sapendo se il cavaliere avrebbe capito o meno quel concetto, in ogni caso non se ne preoccupò troppo, non aveva nessuna voglia di affrontare quell'argomento con un ragazzo che ci aveva appena provato con lei, così mormorò qualche parola di congedo e si avviò verso il castello. Improvvisamente l'idea di un bagno caldo sembrava molto invitante.
«Beh, se non siete promessa non c'è nulla che vi tiene vincolata tanto da non poter accettare il mio invito... o che impedisca a lui di divertirsi con qualche altra donna» le disse Gwaine raggiungendola di nuovo, nel suo solito modo spavaldo che iniziava ad irritarla.
Lei lo ignorò ed iniziò a camminare più rapidamente nel tentativo di lasciarlo indietro. Lo sapeva che non avrebbe capito.




Sarah
Sarah camminava veloce, passando più volte nei vari corridoi ed entrando nelle numerose stanze, per vedere se la sorella fosse dentro in una di quelle, del labirintico castello - con Merlin che tentava di starle dietro, non senza qualche sforzo.
«Mia Signora, calmatevi, vedrete che vostra sorella tornerà presto».
La pioggia intanto aumentava e la ragazza non voleva che la gemella si prendesse il raffreddore. Honey era grande e vaccinata, e sicuramente in quella situazione sapeva cavarsela molto meglio di come avrebbe fatto lei, ma questo comunque non le impediva di preoccuparsi.
Si accostò vicino alla finestra e sospirò affranta. Quando era rientrata in camera, dopo aver consumato una colazione deliziosa, si era aspettata di vedere l'altra seduta sul letto o ad ascoltare musica, ma Honey non c'era, né lì né in qualunque altra parte del castello.
Sarah non capiva cosa stesse trattenendo la sorella così a lungo; vero che a loro piaceva la pioggia ma starci sotto a lungo non era altrettanto piacevole, tuttavia dovette rassegnarsi.
«Hai ragione, Merlin, c'è soltanto da aspettare. Grazie per il tuo supporto» agendo d'istinto, abbracciò stretto il servitore, grata per il semplice fatto che le facesse compagnia.
La ragazza vide l'altro arrossire violentemente.
«N - non c'era bisogno di farlo. Nessun Reale abbraccia il proprio servo».
«Non dire sciocchezze, certo che c'era bisogno di un abbraccio. Mi stai dando un aiuto prezioso, restando qui ad aspettare Honey; anzi, mi stai regalando il tuo tempo, non è cosa da tutti. E poi, un abbraccio è una delle cose più belle che possano esistere, inoltre da dove vengo io non esistono distinzioni sociali così nette» e sorrise.
Merlin l'ascoltò con occhi spalancati, affascinato e disorientato da quella bizzarra principessa infinitamente dolce. Era la prima volta che incontrava un sangue blu che si comportasse in quel modo. «Tyrosh sembra proprio un bel posto» rispose sorridendole timidamente.
Erano ancora per metà abbracciati, quando qualcuno si schiarì la gola a pochi passi da loro, inducendoli a separarsi «Lady Sarah, vi stavo cercando» era stato Arthur a parlare.
«Me?» Sarah indicò sé stessa, rivolgendo uno sguardo interrogativo al principe «È per mia sorella? È successo qualcosa?».
Il principe le sorrise rassicurante «Per quello, sì, ma anche per un'altra cosa. Vostra sorella sta bene, non preoccupatevi, è appena tornata al castello in compagnia di Gwaine».
Proprio in quel momento da dietro un angolo del corridoio spuntò Honey accompagnata dal suddetto cavaliere. Sarah le corse in contro appoggiandole le mani sulle spalle e squadrandola per accertarsi che non fosse ferita o altro «Honey? Tutto bene?» domandò, ma a parte gli abiti completamente zuppi non sembrava ci fosse nulla di preoccupante.
«Sì, sai com'è... c'era la pioggia e allora ne ho approfittato per fare una bella passeggiata» rispose nel suo solito modo vago e sbarazzino, ma che Sarah aveva imparato ad interpretare e capiva che c'era qualcosa che non andava, tuttavia decise di non indagare oltre davanti ai presenti, sapeva che la sorella non avrebbe gradito.
«Comunque, Lady Sarah, ora che non siete più turbata per vostra sorella c'è una cosa che vorrei chiedervi» disse Arthur avvicinandosi alle due.
«Certo, mio Signore, ditemi».
«Vedete, sto pensando di organizzare un toreo, solitamente in queste occasioni al vincitore vengono offerti diversi premi, tra cui la possibilità di accompagnare la dama più illustre della città ai festeggiamenti per la fine del torneo. Dal momento che voi siete una principessa, vi piacerebbe essere la dama del vincitore?».
A quella richiesta Sarah si sentì arrossire «I-io? Non so se...» cominciò a dire con l'intenzione di rifiutare, ma poi ci pensò su per un istante e si rese conto da sola che non sarebbe stata una cosa carina. Arthur ne aveva parlato come fosse un grande onore, riferendosi a lei come la dama più illustre della città, così alla fine decise di accettare. «Sarà un onore per me accompagnare chi si dimostrerà così valoroso da vincere il torneo» rispose, per poi lanciare un'occhiata a Honey: aveva l'espressione pensierosa e le labbra incurvate in un ghigno compiaciuto. E Sarah sapeva che stava già assaporando l'idea di partecipare a quel torneo.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


Honey
L'aria notturna di Camelot era fresca e, al contrario di quello che ci si sarebbe aspettati stando all'interno si una città fortificata, profumava di natura.
Honey chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal profumo di alberi e umidità che una leggera brezza estiva aveva portato alla finestra su cui lei era comodamente seduta, con la gamba sinistra piegata e il piede poggiato sul davanzale, il ginocchio a fare da appoggio al braccio, la gamba destra invece dondolava pigramente nel vuoto che separava la finestra dalla cittadella.
Se Sarah l'avesse vista con ogni probabilità si sarebbe fatta venire un infarto, ma per sua fortuna l'altra se ne stava beatamente addormentata tra le lenzuola fresche di bucato. La sorella era troppo apprensiva nei suoi confronti. Quella mattina, dopo la sua passeggiata sotto la pioggia, l'aveva riempita di domande perché le dicesse cosa non andava, e alla fine l'aveva anche rimproverata per averla fatta spaventare. Non che Honey non apprezzasse quel modo che aveva Sarah per dimostrarle affetto, ma doveva capire che non aveva bisogno di una balia che le stesse con il fiato sul collo, soprattutto non a Camelot, non in quel tempo in cui lei sapeva meglio dell'altra come muoversi.
Picchiettò le dita sulla pietra al ritmo di Secret Melody dei Two Steps From Hell, contenta di avere dietro il suo fidato i-Pod, almeno finché la batteria fosse durata. La musica l'aveva sempre aiutata a calmarsi, soprattutto dopo uno dei suoi soliti incubi che nemmeno quella notte le avrebbero dato pace, lo sapeva. Ogni volta infilava le cuffie, apriva la finestra della propria stanza – non aveva importanza che facesse caldo o freddo – e si lasciava cullare dalle note di qualcuna delle sue melodie preferite e dall'aria notturna.
Quella notte una meravigliosa luna piena splendeva sulla leggendaria fortezza, dando un'aria magica, quasi fiabesca, alle mura di pietra e alle torri merlate illuminate da quei raggi d'argento. In una qualsiasi città o borgo del Ventunesimo secolo non si sarebbe mai potuta ricreare una tale magia, con la luce dei lampioni che dalle strade avrebbe soffocato quella della luna.
Tolse le cuffie per potersi meglio godere quel momento. Dalla finestra della sua stanza, nel Ventunesimo secolo, si sentiva continuamente il suono delle auto che sfrecciavano sull'asfalto, anche a notte fonda. Lì invece c'era solo silenzio, intervallato dai suoni della natura: un grillo che cantava in lontananza, il rumore delle foglie mosse da un leggero venticello, di tanto in tanto si udiva il rumore di passi di una guardia che compiva la sua ronda notturna, ma nulla di più.
Quell'atmosfera la faceva sentire così tranquilla e rilassata – nonostante l'assurdità della situazione in cui lei e Sarah si trovavano – che avrebbe quasi potuto addormentarsi su quella finestra, anche se non sarebbe stata di certo una scelta molto saggia.
Ripensò a quanto appreso quella mattina, Arthur stava organizzando un torneo per i cavalieri più forti del regno, e lei aveva tutte le intenzioni di partecipare, era il suo sogno da quando ne aveva memoria. Stando alla bugia che lei e la sorella avevano inventato non c'era legge che potesse impedirle di partecipare, era una principessa e il comandante di un esercito, tuttavia c'era ancora qualche piccolo problema: non aveva una spada né un'armatura, e neppure il denaro per procurarsi queste cose. Cioè, di denaro ne aveva, ma dubitava che il fabbro di Camelot avrebbe accettato di farsi pagare con qualcosa che doveva ancora essere inventato.
Oltre che onore, gloria e la possibilità di accompagnare Sarah alla festa di fine torneo, il vincitore avrebbe ricevuto come premio anche una cospicua somma di denaro, denaro che a loro due avrebbe fatto comodo fintanto che restavano intrappolate in quel tempo.
Forse avrebbe potuto chiedere a Merlin di procurarle il necessario per partecipare al torneo dall'armeria del castello, ma non era certa che fosse una cosa fattibile e non voleva rischiare di mettere nei guai quel ragazzo che già per conto proprio ne passava di tutti i colori.
La soluzione ai suoi problemi arrivò inaspettata, proprio in quel momento.
Un improvviso vociare proprio sotto la finestra la distolse dai suoi pensieri: un gruppo di cavalieri si stava dirigendo verso la città bassa chiacchierando animatamente. Riconobbe la voce di Gwaine, che gridò qualcosa su quanto fosse contento di poter andare finalmente alla taverna dopo l'ennesima giornata passata a pattugliare i boschi intorno a Camelot.
Ma certo, Gwaine. Se aveva ben capito il tipo poteva essere lui la soluzione a tutti i suoi problemi.
In tutta fretta infilò stivali e mantello – non ebbe bisogno di rivestirsi visto che non si era proprio spogliata per la notte – afferrò la sua borsa cercando una cosa che poteva tornarle utile, trovata la quale uscì dalla stanza diretta alla taverna.
Quando entrò al The Rising Sun la maggior parte dei presenti le rivolse uno sguardo stupito, erano tutti uomini, probabilmente non abituati a vedere una donna entrare con tanta sfacciataggine in una taverna, o forse lo stupore era dovuto semplicemente al fatto che stesse indossando abiti maschili. C'erano cose che non le erano ancora ben chiare sulla mentalità di quel tempo e di quel luogo.
Si guardò un po' intorno finché non trovò la persona che stava cercando: Gwaine se ne stava seduto in fondo alla sala assieme ai suoi amici, sghignazzando rumorosamente mentre narrava un qualche strano aneddoto. Doveva essere davvero preso dal suo racconto, perché tra tutti i cavalieri al tavolo lui fu l'ultimo a notarla.
«Principessa Honey, che piacere vedervi qui» si affrettò a dire alzandosi in piedi appena i suoi occhi si posarono su di lei.
«Sono il comandante Honey, se non ti dispiace» ribatté la ragazza accomodandosi sulla sedia che Percival le aveva gentilmente ceduto. Se doveva recitare quel ruolo tanto valeva farlo bene.
«Come desiderate» fu la risposta del cavaliere, accompagnata da un sorriso con cui avrebbe probabilmente conquistato ogni donna del regno senza alcuno sforzo «A cosa devo la vostra presenza qui? È forse un modo per dirmi che accettate il mio invito?».
Honey si morse il labbro per evitare di lasciarsi scappare qualche commento tagliente «In realtà sono qui per farti una proposta. Anche se è più una scommessa in realtà».
«Mi piacciono le scommesse. Vi ascolto».
«Vedi, ho intenzione di partecipare al torneo di cui tutti parlano da questa mattina, sfortunatamente però tutti i miei averi sono andati perduti in mare, quindi non ho né una spada e né un'armatura, ne la possibilità di acquistarne altre».
«E questo cosa ha a che fare con me?» Gwaine era confuso, ma anche incuriosito, poteva vederlo. Inoltre il fatto che non le avesse riso in faccia per il fatto che fosse una donna e volesse partecipare al torneo gli faceva senz'altro guadagnare punti.
«Ti sfido ad una gara di bevute!» disse a quel punto, ghignando «Se vincerò tu mi procurerai tutto l'occorrente per partecipare al torneo».
Il cavaliere mise su un'aria pensierosa «E se invece sarò io a vincere».
Non preoccuparti, mi assicurerò che non succeda. Pensò Honey «In quel caso ti darò un bacio» disse invece.
«Solo un bacio? Non so se ne vale la pena in tal caso...».
A quel punto la ragazza mise su il suo miglior sorriso seducente e si sporse sul tavolo per potersi avvicinare un po' di più a Gwaine «Beh, mio nobile cavaliere, dimostrami cosa sei in grado di fare e forse potrei decidere di darti più di un bacio» così dicendo fece scivolare la mano sul boccale che il cavaliere teneva di fronte, correggendo la bevanda al suo interno con uno dei celebri miscugli di Tom il Brucaliffo. L'altro era così preso a guardarla che neppure se ne accorse.
«Che la gara abbia inizio allora!» esclamò Gwaine alzando il boccale a mo' di brindisi e scolando il suo contenuto appena prima di chiamare il locandiere per farsi portare dell'altro sidro.


«Honey? Honey svegliati, maledizione!».
La voce di sua sorella che la chiamava e le sue mani che la scuotevano le diedero una fastidiosa sensazione di deja-vu, solo che quella volta era abbastanza certa di avere un cuscino sotto la testa anziché foglie secche e terriccio. «Va' a farti fottere e lasciami dormire» non era sua abitudine rivolgersi in quel modo così sboccato alla sorella, ma dopo aver passato gran parte della notte in una taverna medievale, a bere sidro insieme a cavalieri e gente di ogni specie, ad essersene andato a quel paese era molto probabilmente il suo senso della decenza.
Sentì i passi di sua sorella allontanarsi e fu sollevata di potersi godere ancora un po' di riposo, tuttavia si era appena accoccolata più comodamente contro il cuscino di piume quando una cascata d'acqua la colpì in pieno facendola sobbalzare. «Maledizione Sarah, sei uscita di senno?» gridò mettendosi a sedere sulle lenzuola ormai fradice, esattamente come i suoi vestiti.
Sarah le puntò contro un dito accusatore «Sei a letto vestita di tutto punto, non ti sei nemmeno tolta gli stivali e puzzi come una cantina. Che diavolo hai fatto ieri notte?».
Ci furono alcuni istanti di silenzio in cui Honey si limitò a fissare l'altra con espressione incredula. «Tu devi assolutamente trovarti un fidanzato» disse infine «O un cucciolo, o... qualunque altra cosa che tu possa tormentare così da distogliere le tue maniacali attenzioni da me. Per gli dei Sarah, non sei la mia balia!».
«Quando la smetterai di comportarti come una bambina forse smetterò di farti da balia. Sei stata alla taverna ieri, non è vero? Riconosco quando sei ubriaca, a casa non facevo altro che coprirti quando succedeva».
Honey sbuffò una risata «l'ultima volta sarà successo un secolo fa. O meglio, deve ancora succedere».
«Già» mormorò Sarah sedendosi su un angolino di letto rimasto asciutto «Tu ci pensi a casa nostra? Al nostro tempo?».
Honey annuì a quella domanda «Continuamente, anche se a volte sembra fin troppo facile dimenticare quale sia il tempo a cui il destino ci ha designate».
«È la stessa cosa per me. Mi capita di pensare a casa, ma non mi manca come dovrebbe, forse perché ciò che stiamo vivendo è così incredibile da sembrare quasi un sogno».
«Beh, forse dopo tanti anni abbiamo trovato di nuovo qualcosa che ci accomuna».
A quel punto Sarah allungò una mano e la posò sulla sua in segno d'affetto. «Dovresti asciugarti» disse dopo un po'.
«Dopo» fu la laconica risposta di Honey.
«Che ci facevi alla taverna?».
«Gara di bevute con Gwaine. Ho vinto».
Sarah ridacchiò avrebbe voluto fare un'altra ramanzina alla sorella per quella sua malsana abitudine, ma preferiva non rovinare il momento «E cosa avete scommesso?».
Quando Honey rispose alla domanda vide la sorella sbiancare e non riuscì a trattenere una risata.
«E cosa avresti fatto se avesse vinto lui?» domandò Sarah, incredula.
«Ho fatto in modo che non vincesse, gli ho messo della droga nel boccale, ma anche così ha dimostrato una bella resistenza il ragazzo» a quel punto sapeva che non c'era proprio speranza di salvarsi dall'ennesimo rimprovero della sorella. La cosa più difficile fu convincerla del fatto che lei non avesse mai fatto uso di quella roba, ma che la usasse soltanto per fare i muffin per Tom il Brucaliffo.
Alla fine Sarah riuscì a strapparle la promessa che quando – e se – fossero tornate a casa avrebbe smesso di fare quelle cose stupide che rischiavano di metterla in guai seri. A dire il vero non fu neanche troppo tragico promettere, se faceva quel che faceva era spesso e volentieri per provare il – seppur minimo – brivido dell'avventura in un mondo le cui occasioni non la soddisfacevano abbastanza.
Ora però le cose erano diverse, lei era a Camelot e stava per partecipare ad un torneo.
Altro che brivido dell'avventura che avrebbe provato in quel caso.



Sarah
Un altro giorno era iniziato e le due ragazze si trovavano ancora a Camelot. Ogni notte in cui chiudeva gli occhi Sarah pensava, con un misto di timore e speranza, che si sarebbe risvegliata nel proprio letto scoprendo che quell'avventura era stata tutto un sogno.
Stare a Camelot per lei e la sorella era davvero un sogno che si realizzava, ma non potevano ignorare di avere una vita nel loro secolo. Chissà se qualcuno si era accorto della loro scomparsa e le stava cercando disperatamente, o se il tempo era rimasto sospeso al momento in cui loro erano state catapultate indietro e nessuno avrebbe notato la loro assenza. Sperava vivamente nella seconda opzione.
Si sedette al tavolo dove Gwen – una giovane e gentile serva – aveva lasciato la colazione per lei e Honey prima di ritirarsi ai propri doveri in silenzio, per non svegliare l'altra ragazza.
Sarah osservò la sorella dormire beatamente e ne fu sollevata. Sebbene non le avesse mai detto nulla sapeva della sua insonnia, anche a casa la sentiva spesso svegliarsi nel cuore della notte, agitata, spaventata da qualche incubo. Succedeva quando ancora dormivano nella stessa stanza, ai tempi delle medie, e sapeva che la cosa era continuata. Se ne accorgeva dalla costante stanchezza della sorella, dai segni scuri sotto gli occhi che cercava di mascherare con chili di correttore.
Fortunatamente sembrava che lo stare a Camelot le facesse bene, come una sorta di vacanza. Certo, dormiva più di mattina che di notte, ma almeno dormiva. In effetti doveva ammettere che l'aria che si respirava lì metteva una certa pace anche a lei... e poi c'era Merlin.
Sentì bussare alla porta e, quasi come se i suoi pensieri lo avessero chiamato, a risponderle dall'altra parte fu la voce di Merlin. Per istinto Sarah gli diede il permesso di entrare mentre lisciava alcune invisibili pieghe sulla gonna dell'abito verde che aveva deciso di indossare per quel giorno, salvo poi ricordarsi che sua sorella dormiva ancora mezza nuda nel letto a pochi passi da lì. Lanciò una rapida occhiata verso di lei e per sua fortuna la vide ben coperta dalle lenzuola.
Il corvino allora aprì la porta salutando Sarah con una riverenza ed un sorriso timido, per poi scostarsi permettendo al principe Arthur di entrare nella stanza.
«Vorrei parlare con vostra sorella in merito ad una faccenda» disse il biondo guardandola seriamente.
Sarah sentì un certo moto d'ansia all'idea di dover svegliare la sorella davanti a loro, sapendo tutte le colorite imprecazioni che sarebbero uscite dalla bocca dell'altra per essere stata svegliata, e infatti fu quello che accadde quando, dopo svariati ed inutili tentativi, Sarah fu costretta a spalancare le tende che precedentemente aveva lasciato chiuse per non disturbare Honey, facendole finire il sole dritto negli occhi.
«Abbiamo ospiti» tossicchiò nel tentativo di bloccare la sequela di imprecazioni che avrebbero fatto rivoltare sia il paradiso che l'inferno.
«Ma di chi diavolo stai... Dannazione!» borbottò Honey quando notò la presenza dei due giovani, in piedi a pochi passi dal suo letto. Si mise a sedere scostando le lenzuola e restando coperta soltanto da una canottiera e un paio di pantaloncini della tuta che a stento le arrivavano a metà coscia.
«B-buongiorno, Lady Honey» balbettò Merlin, rosso fino alla punta delle orecchie, mentre Arthur non sembrava provare alcun imbarazzo «Dormito bene, mia signora?» domandò infatti con tono sarcastico.
«Fino a un minuto fa sì. Ma non si usa bussare?» rispose con aria insolente lanciando un'occhiata truce al principe.
«Loro hanno bussato, Honey, sei tu che non senti mai nulla» ribatté Sarah combattuta tra la voglia di ridere e di rimproverare la sorella per il suo modo di fare discutibile. «Arthur voleva parlare con te di qualcosa».
Merlin – che fino a quel momento aveva fissato il pavimento – alzò lo sguardo verso di lei e le sorrise. Sarah ricambiò il sorriso, era contenta di vederlo.
«Sono qui per parlare del torneo, precisamente riguardo la vostra partecipazione» disse Arthur rivolgendosi a Honey.
Lei lo guardò alzando un sopracciglio in segno di disappunto «Cosa c'è che non va?»
«Se gli altri partecipanti vedessero una donna come concorrente, potrebbero pensare che io voglia avere la vincita facile».
Sarah si irrigidì. Arthur aveva fatto prendere alla situazione una brutta – davvero brutta – piega, Honey se lo sarebbe mangiato vivo per quell'affermazione sessista. Lanciò uno sguardo di sfuggita alla gemella e notò negli occhi verdi una scintilla che conosceva fin troppo bene, e che non preannunciava nulla di buono.
La vide ridacchiare mentre con noncuranza si alzava dal letto e si dirigeva verso il baule in cui aveva riposto l'armatura e le armi che Gwaine le aveva procurato un paio di giorni prima «Ditemi una cosa, principe, avete paura che una donna possa sconfiggere voi o gli altri avversari? Sarebbe troppo umiliante per dei forti cavalieri essere battuti da una debole donnina? O credete che io non possa essere degna di partecipare al torneo in quanto donna?» mentre parlava aveva preso ad indossare con noncuranza gli abiti adatti a quel tempo, senza lasciarsi sconvolgere dalla presenza dei due ragazzi. Indossò l'armatura di cuoio fatta in modo che si adattasse perfettamente alle sue forme di donna.
«Quello che intendo dire è che-» provò a spiegare Arthur, per la prima volta lievemente in imbarazzo da quando era entrato in quella stanza.
«Quello che avete fatto è stato offendermi» lo interruppe Honey con arroganza «Se quello che volete è accertarvi che io sia degna di partecipare c'è un solo modo per farlo. Ci vediamo al campo di allenamento».


Sarah ancora si stava chiedendo quando la sorella avesse imparato la strada per il campo di allenamento, visto che era stata la prima ad uscire dalla stanza camminando sicura per i corridoi come se quella fosse casa sua e senza neppure voltarsi indietro per controllare se Arthur la stesse seguendo o meno, evidentemente era certa che lo avrebbe fatto.
«Scusami per i modi di mia sorella, ha un carattere un po' particolare, spesso non si rende conto di essere inopportuna» disse Sarah a Merlin mentre osservavano Honey e Arthur che si preparavano a combattere l'una contro l'altro «Mi fa davvero esasperare».
Merlin le sorrise dolcemente «Posso capirti. Neanche avere a che fare con Arthur è facile, è una tale testa di fagiolo, cocciuto, presuntuoso e non mi sta mai a sentire».
«Mh pare che tu abbia appena fatto la descrizione di Honey» mormorò Sarah facendo una mezza risatina. La presenza di quel ragazzo riusciva sempre a farla stare meglio, in qualche modo la rassicurava, la faceva sentire più... leggera.
«Secondo te chi vincerà?» le domandò Merlin indicando gli altri due.
«Sappiate che non avrete un trattamento speciale solo perché siete una donna» disse Arthur proprio in quel momento, rivolto a Honey, la quale si limitò ad assottigliare lo sguardo in direzione del principe. Si poteva quasi percepire la sua rabbia prendere fuoco come un covone di paglia.
Sarah dal canto suo sentì il sangue raggelarsi «Io penso che oggi Arthur abbia deciso di morire» rispose sinceramente, con una certa ansia. Honey arrabbiata era una furia dell'inferno, e temeva che avrebbe ucciso il principe anche se ciò avesse significato mandare al diavolo la storia, la leggenda e il destino. Attaccò per prima, ma per il principe non fu difficile schivare il colpo mandandola a terra nel giro di un istante. Sarah si sentì in ansia per la sorella, ma quando questa con una rapida mossa di gambe fece cadere a terra anche l'avversario capì che la sua era stata tutta una strategia per far abbassare la guardia ad Arthur.
Combatterono per un po', alternando colpi di spada a combattimento corpo a corpo, alla fine ad avere la meglio fu Honey: se ne stava a cavalcioni sulla schiena di Arthur, con una mano infilata in quei capelli biondi e gli schiacciava la faccia contro il terreno «Forse dovrei lasciarti soffocare nell'erba» mormorò con il fiato corto, ma il tono ugualmente arrabbiato.
Sarah, spaventata che la sorella potesse fare qualche sciocchezza, si aggrappò al braccio di Merlin «Ti prego intervieni con la magia, o quella lo ammazza» sussurrò per essere certa che nessun altro la sentisse.
Fortunatamente però non fu necessario ricorrere alla magia, perché subito dopo Honey lasciò andare Arthur, che si rialzò da lì sporco di terra e ferito nell'orgoglio. «Siete ancora convinto che una donna non possa partecipare al torneo?» lo canzonò lei soddisfatta, girando ancora di più il coltello nella piaga.
Il principe non riuscì a ribattere, troppo impegnato a togliersi dalla bocca alcuni fili d'erba. Sarah vide Merlin ridere di gusto a quella scena, anche se cercava di non farsi notare, forse temendo una punizione da parte del suo padrone. Alla fine lei si fece contagiare ed entrambi si ritrovarono a doversi nascondere dietro il tavolo delle armi per non far notare le loro risate. Sarah pensò che Merlin fosse davvero bello quando rideva.
«Beh, sapete cavarvela, questo devo ammetterlo» sentì dire ad Arthur «dovete aver avuto un bravo maestro d'armi a Tyrosh».
«Oh sì, internet è un insegnante pieno di risorse» fu la risposta annoiata di Honey, che fece irrigidire Sarah per la naturalezza con cui aveva fatto riferimento a qualcosa del loro tempo.
«Internet? Che nome bizzarro» disse Arthur in tono pensieroso.
Nel sentire quella risposta Sarah scoppiò a ridere nuovamente, crollando con la fronte contro la spalla di Merlin. Il ragazzo si unì a lei anche se evidentemente non per le stesse ragioni, dopodiché fece qualcosa che la ragazza non si sarebbe aspettata: la scostò un poco da sé e le accarezzò dolcemente una guancia mentre continuava a guardarla sorridendo, un leggero rossore gli imporporava le guance solitamente pallide. «Siete bellissima quando ridete» disse con una naturalezza tale da lasciare Sarah spiazzata per qualche istante, ma una volta appreso il significato di quelle parole si ritrovò ad arrossire a sua volta, il cuore che cominciava a batterle all'impazzata nel petto.
«Anche tu, Merlin» rispose con un filo di voce, quasi incredula di ciò che le stava accadendo. Poteva ancora sentire Arthur e Honey discutere di qualcosa a pochi passi da loro, ma erano suoni che le arrivavano ovattati, come lontani mille miglia da quel momentaneo angolo di paradiso in cui lei e il giovane mago erano rinchiusi. Lo vide avvicinarsi e lei fece altrettanto, pregustando il momento in cui avrebbe assaporato quelle labbra rosee e carnose che fino a quel momento non si era neppure resa conto di voler baciare. Erano ormai così vicini che i loro respiri si mischiavano nell'esiguo spazio che li separava.
«Ehi voi due, che diavolo combinate lì?» la voce di Honey invase il loro piccolo angolo di paradiso con la stessa violenza di un temporale improvviso durante il giorno di ferragosto, costringendoli a separarsi con una fretta tale che Merlin finì per sbattere la testa contro il bordo del tavolo, facendosi male e rovesciando metà delle armi a terra.
Sarah in quel momento avrebbe volentieri strozzato la sorella con le proprie mani.



 
Note autrice
Salve a tutti!
Innanzitutto ci tenevo a precisare una cosa nel caso ci fossero lettori molto molto giovani: NON prendete esempio da quello che fa Honey, non è una cosa bella drogare la gente così e non è saggio ubriacarsi per una scommessa. Sebbene Honey sia l'alter ego di una di noi due scrittrici vi assicuro che né io né la mia socia faremmo mai qualcosa del genere, ma purtroppo quando si scrive una storia capita spesso che i personaggi acquisiscano una propria "autonomia", e Honey per certi versi sta assumendo più che altro le forme di un alter ego "oscuro".
Bene, ora che sono in pace con la mia coscienza passiamo oltre.
Come sempre vi ricordo che la storia è scritta a quattro mani con Merlin_Colin_Emrys, insieme alla quale è davvero divertentissimo scrivere e condividere gli scleri sulle storie.
Un grazie a tutti quelli che leggono e che inseriscono la storia in qualche categoria. Un grazie speciale va ad AmeliaRose, sara criso e Federica11 che hanno recensito la storia.
Un saluto anche alla nostra cara amica Sunny9719 che ci sostiene e legge sempre le nostre storie.
Ci vediamo al prossimo capitolo in cui vedremo finalmente lo svolgersi di questo famoso torneo!

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5


Honey
Arthur aveva deciso di dividere il torneo in prove: caccia, tiro con l'arco e duello con le spade. La prima prova, quella di caccia, stava per cominciare. A decidere il vincitore sarebbe stato il numero di prede uccise e la loro stazza, ovviamente un cervo non poteva valere quanto un fagiano.
Honey assicurò meglio le cinghie della sua armatura – di cuoio, leggera, così da non rallentarla troppo – e passò a controllare che la sua balestra funzionasse bene e che avesse una scorta sufficiente di dardi. Per l'occasione aveva anche deciso di dare sfogo alla sua creatività sul make-up... anche se forse quello non era un modo adatto per definire le pitture di guerra che le contornavano gli occhi scendendo poi sulle guance come fossero lacrime. Per farle aveva usato delle tinte naturali create con fiori e altre sostanze.
«Sei sicura che la roba che ti sei messa in faccia non sia tossica?» le domandò Sarah mentre la aiutava a stringere meglio le cinghie posteriori dell'armatura. Nonostante la lieve disapprovazione sul fatto che la sorella si mettesse sempre in pericolo
«E tu sei davvero convinta che la roba del Ventunesimo secolo non sia tossica solo perché lo dicono in TV?»
«Questa non è una risposta».
«Non voleva esserlo!» disse Honey per poi voltarsi verso la sorella. Le prese il viso tra le mani e le sorrise «So badare a me stessa, e non sono stupida. Abbi un po' di fiducia in me, non essere la solita donna di poca fede, mi ricordi sempre di più nostra madre!».
«Ma smettila!» la ammonì Sarah tirandole un buffetto sull'orecchio, e tuttavia stava ridendo.
In quei giorni sembrava che le cose fossero un po' cambiate tra loro, in meglio ovviamente.
Sarah sembrava essere diventata più tollerante nei confronti di Honey, meno bacchettona, forse perché aveva visto la naturalezza con cui riusciva a muoversi in un tempo che era così lontano dal loro.
Honey d'altro canto aveva preso a rendere la sorella più partecipe della sua vita, delle sue intenzioni e dei suoi pensieri.
Era come se in qualche modo si stessero ritrovando. Perse in un luogo che tutti pensavano essere solo leggenda stavano ritrovando l'affetto che le aveva unite per anni, prima che tutto cambiasse e loro due prendessero strade diverse.
«Beh, augurami buona fortuna!» disse Honey prima di uscire dalla tenda che era stata allestita per lei con i colori della sua presunta casata: azzurro, nero e un drago argentato disegnato all'ingresso.
«Cerca di non farti ammazzare, confido che sarai tu a farmi da accompagnatore al ballo» rispose la sorella sorridendole divertita.
«Questo è lo spirito giusto, sorella!» rispose per poi uscire dalla tenda e dirigersi verso il gruppo degli altri cavalieri pronti per la caccia.

Erano in troppi e qualcuno stava facendo troppo rumore, la maggior parte delle bestie era sicuramente scappata altrove visto che a parte qualche inutile volatile non c'erano prede degne di nota. O almeno era quello che Honey pensava, finché non vide delle freschissime impronte di cervo sul terreno morbido, seguendole trovò un bellissimo animale, alto e con grandi corna.
Puntò la balestra già carica contro la preda, prese bene la mira e scoccò il dardo. Il colpo andò a segno ma non bastò e il cervo cominciò a correre spaventato. Honey lo inseguì mentre ricaricava la balestra, era pronta a dargli il colpo decisivo ma quando stava per scoccare il dardo qualcuno la precedette. L'animale cadde a terra, morto per mano di qualcun altro.
«Complimenti per la vostra preda!» disse la voce di Gwaine a pochi passi da lei, proprio nella direzione da cui era arrivato l'altro dardo «Immagino che la vittoria sarà vostra».
Honey gli lanciò un'occhiataccia «Non l'ho ucciso io, e lo sai, quindi va' pure a prenderti la tua gloria, io devo tornare a caccia!».
Il cavaliere le si avvicinò per poi poggiarsi contro un albero lì vicino«Ma voi lo avete ferito, io ho solo finito il lavoro. Consideratelo un dono da parte mia a voi».
Con uno scatto rapido Honey portò l'avambraccio al collo di Gwaine, intrappolandolo tra sé e l'albero mentre con l'altra mano gli puntava contro la balestra «Che cosa significa questo?» domandò quasi ringhiando «Pensi che siccome sono una donna non sia capace di vincere la sfida con le mie sole forze? Credi che abbia bisogno di un cavaliere che corra in mio aiuto per qualsiasi cosa?».
L'altro la guardò con aria a metà tra il perplesso e lo spaventato, poi fece un mezzo sorriso «N-no, non intendevo quello, voleva essere solo... D'accordo, ho fatto uno sbaglio, vi chiedo scusa».
Honey lo lasciò andare e si voltò addentrandosi ancora di più nel bosco per cercare altre prede «Il cervo è tuo, prendilo, o lascialo ai lupi se non lo vuoi» disse per poi voltarsi rapidamente e scagliare un dardo in direzione del cavaliere, colpendo però l'albero a cui lui era appoggiato, a pochi centimetri dalla sua faccia «Noi ci vediamo alla gara di tiro con l'arco!».

Il primo posto della gara di caccia toccò al principe Arthur, mentre nessuno poté nulla contro le abilita da arciere di Honey, che aveva imparato a tenere in mano un arco prima ancora di imparare a camminare.
I pochi cavalieri rimasti dovettero sfidarsi a due a due con la spada. Gwaine venne battuto da Percival, che a sua volta venne battuto da un cavaliere di un altro regno, e così via. Uno ad uno i vari cavalieri vennero sconfitti, finché non rimasero soltanto Arthur e Honey.
Erano nell'arena, in attesa di sfidarsi, mentre Sarah occupava il posto d'onore accanto a quello del principe – ovviamente vuoto in quel momento – e sarebbe spettato a lei annunciare l'inizio della gara.
«Mia signora, oggi siete incantevole!» le disse Honey avvicinandosi agli spalti. Sebbene il tono fosse scherzoso pensava davvero ciò che aveva detto, la sorella stava indossando un elegante abito celeste e argentato che sembrava fatto apposta per lei. «Perché non date un bacio portafortuna a questo vostro cavaliere?».
Sarah ridacchiò divertita e si chinò per lasciarle un bacio sulla fronte «Ora vai, devo annunciare l'inizio della gara» le disse allontanandosi.
Anche Honey indietreggiò, verso il centro dell'arena «Sulla fronte? Sul serio? Sto combattendo per te, avresti potuto fare di meglio!» disse per poi sistemare l'elmo sul capo e concentrarsi su Arthur. Non vide sua sorella, ma era certa che stesse ridacchiando e scuotendo il capo di disapprovazione per quel suo commento. Non ebbe altro tempo per pensarci, perché la sfida cominciò e lei dovette usare tutta la sua concentrazione per schivare i colpi di Arthur e cercare al contempo di mandarlo al tappeto.
Quella volta non fu facile come la prima, il principe aveva ormai imparato il suo modo di muoversi e di combattere ed era quasi in grado di prevedere le sue mosse, cosa che d'altro canto anche lei era in grado di fare dopo aver visto lo stile di combattimento del biondo.
Combatterono per un tempo che parve lunghissimo, e sotto il sole di mezzogiorno l'armatura cominciava ad essere pesante e fastidiosa. Honey combatteva bene, o non sarebbe riuscita a sconfiggere tutti i precedenti avversari, ma non era abituata a sopportare un'armatura in qualsiasi condizione climatica come lo era invece Arthur, anche perché non è che nel Ventunesimo secolo ci fossero molte occasioni di indossare delle armature. A combattere si imparava, ma l'abitudine a certe cose nessuno poteva insegnartela.
Tolse l'elmo e lo lasciò cadere sul terreno, passò una mano tra i capelli sudati e vide che anche Arthur aveva tolto l'elmo ed aveva l'aria stremata. Forse ci sono cose a cui non ci si abitua mai, dopotutto. Entrambi ripartirono alla carica e dopo diversi minuti Honey riuscì a mandare al tappeto il principe.
Aveva vinto il torneo.



Sarah
Lo specchio davanti al quale era le restituiva l'immagine di una giovane donna elegante e bellissima, quasi faticava a credere che quella persona fosse proprio lei.
Indossava un abito grigio-argento con delle lunghe e larghe maniche di velo che ad ogni movimento ondeggiavano leggiadre. All'altezza della vita aveva una larga cintura in metallo, argentata anch'essa, da cui partivano dei ciondoli a forma di stella e mezzaluna che scendevano sulla gonna del vestito. Gwen le aveva sistemato i capelli in un'acconciatura alta in cui aveva infilato un fermaglio luccicante, lasciando tuttavia che alcuni boccoli di quel particolare colore le scendessero morbidi sulle spalle leggermente scoperte dallo scollo dell'abito.
Al collo aveva una collana con un brillante a forma di goccia, a cui erano corredati degli orecchini con la medesima forma, anche quelli erano stati un regalo di sua sorella, assieme a tutto il resto dell'autfit. Non se lo sarebbe mai aspettato da Honey, infatti quando Merlin era andato a bussare alla sua porta dicendole che la sarta aveva una consegna per lei inizialmente aveva pensato ad un errore.
«Un'occasione speciale necessita un abito speciale!» le aveva detto la sorella mentre lei osservava con occhi ammiranti l'abito. A quel punto aveva capito.
«Sei davvero bellissima» le disse Honey dalla tinozza in cui era immersa, e poteva percepire una nota d'orgoglio nella sua voce.
«Ti ringrazio!» rispose sorridendole «Non dovresti cominciare a prepararti anche tu?».
Per tutta risposta l'altra chiuse gli occhi, trattenne il respiro e si immerse completamente nell'acqua.
Sarah alzò gli occhi al cielo «Non stai pensando di lasciarmi da sola alla festa in tuo onore dove dovrai farmi da accompagnatore
a quel punto Honey tirò fuori la mano dall'acqua e fece segno di no con il dito, dopodiché aprì il palmo mostrando il numero cinque. Voleva dire “cinque minuti ed esco”. I suoi soliti cinque minuti, quelli che si prendeva ogni volta che doveva smettere di fare qualcosa, che si trattasse di dormire, smettere di giocare, uscire dall'acqua.
Sarah era convinta che “ancora cinque minuti” fosse la frase che la sorella dicesse più spesso di qualsiasi altra, anche più di “va' a farti fottere”.
Honey rispuntò da sotto l'acqua strofinandosi gli occhi «Va' pure, ti raggiungerò a breve».
«Non ti serve aiuto per vestirti?»
«No, ci penso io».
Sarah storse il naso «Non è che ti presenterai in minigonna e calze a rete, vero?».
L'altra le lanciò un'occhiata stralunata «E come diavolo pensi che potrei trovarle queste cose nel Medioevo?».
«Non lo so, tu sembri capace di qualsiasi cosa, soprattutto se la cosa in questione è altamente discutibile!» disse lei facendo spallucce e sorridendo divertita.
«Oh ti ringrazio per la tua fiducia nelle mie capacità, ma ti assicuro che non ho intenzione di vestire come una battona del Ventunesimo secolo ad una festa Medievale. Anche se ammetto che sarebbe divertente... il rogo però lo sarebbe di meno!».
Sarah alzò le mani in segno di resa «D'accordo, ho capito. Allora vado, non farmi aspettare troppo!» disse appena prima di uscire dalla stanza.

La sala del trono era stata sontuosamente decorata per l'occasione, c'erano arazzi alle pareti e nastri colorati che scendevano dal soffitto. Al centro della sala stavano dei tavoli disposti ad U già pieni di ogni sorta di leccornia; da un lato dei musici continuavano a suonare e cantare canzoni sulle gesta dei cavalieri, mentre giullari saltellavano in giro allietando con i loro giochi gli ospiti.
Sembrava proprio una delle tante fiere Medievali a cui lei e sua sorella partecipavano, ma ovviamente era molto meglio.
«Mia signora, siete davvero splendida stasera. Permettetemi di farvi compagnia mentre aspettate vostra sorella» Merlin le si era avvicinato con quel suo solito modo un po' timido, rivolgendole un breve inchino.
Sarah sorrise «Ti ringrazio, ma non essere così formale, sai che con me non è necessario».
Lo vide arrossire «Sì, perdonatemi, a volte la forza dell'abitudine mi fa dimenticare che con voi non ho bisogno di essere così attento all'etichetta».
La ragazza dubitò che fosse l'abitudine all'etichetta a renderlo sempre così ossequioso e timido nei suoi confronti, ma non ebbe tempo di pensarci troppo, perché la voce di Arthur la distrasse.
«Signore e signori, permettetemi di introdurre la vincitrice del torneo, Honey Stormcloack» disse, il tono formale e serio che tuttavia celava un certo orgoglio ferito. Evidentemente la sconfitta gli bruciava ancora parecchio.
Il principe fece un cenno con la mano verso la porta e due servitori la aprirono. Honey fece il suo ingresso, stupendo tutti i presenti che dopo averla vista in armatura non si aspettavano sicuramente di vederla indossare un abito da donna, e in realtà anche Sarah ne fu abbastanza sorpresa. Aveva fatto quella battuta sulla minigonna perché sapeva la tendenza della sorella a fare sempre le cose più discutibili anche solo per divertimento, ma aveva dato per scontato che per la serata avrebbe indossato degli abiti maschili, eleganti sì, ma non si aspettava di vederla con una gonna.
L'abito che Honey indossava era lungo e nero, spezzato sul davanti e all'altezza dei gomiti da una serie di fitti ghirigori grigio-argentati. In vita portava una sottile cordicella di stoffa argentata, semplice proprio come lei.
Sarah sorrise alla vista della sorella, era certa che si fosse vestita in quel modo solo per sottolineare ancora di più il fatto che lei fosse una donna avesse vinto il torneo battendo tanti uomini forti, compreso lo stesso principe di Camelot.
Honey le si avvicinò e salutò Merlin, dopodiché le porse un braccio «Pronta a divertirti?» domandò facendole l'occhiolino.
«Certamente!» rispose lei sorridendo, ma lanciò un'occhiata a Merlin prima di allontanarsi assieme alla sorella verso il fondo della sala dove alcuni avevano già cominciato a ballare.
«Allora mia dama, mi concedereste questo ballo?» le domandò Honey in tono così teatrale da risultare buffo.
«Con mio vero piacere» rispose Sarah facendo un altrettanto teatrale inchino, salvo poi rendersi conto che non aveva idea di quali fossero i passi per quel ballo.
«Lascia fare a me!» la rassicurò la sorella, intuendo probabilmente i suoi pensieri.
Si misero in posizione e cominciarono a volteggiare tra le altre coppie presenti. Honey non aveva mai amato ballare, ma Sarah dovette ammettere che ci sapeva davvero fare con quel tipo di ballo, come qualsiasi cosa riguardasse quel particolare periodo storico, dopotutto.
Ad un certo punto la sorella le mise un braccio intorno alla vita e le si avvicinò più di quanto la danza richiedesse fin quasi a sfiorarle l'orecchio con le labbra «Facciamo un piccolo scherzo a questi pomposi idioti, ti va?» sussurrò.
Sarah sorrise, sapeva che la sorella avrebbe sicuramente avuto qualche idea discutibile, ma per una volta decise di stare al gioco anziché rimproverarla «Ci sto! Cosa hai in mente?».
«Perché non gli facciamo credere che tra noi c'è qualcosa? Pochissimi di loro sanno che siamo sorelle. Scuotiamo un po' gli animi di questa gente medievale».
«Perché no?!» rispose sorridendo maliziosa, guadagnandosi un'occhiata sorpresa e al contempo compiaciuta dall'altra «Intendi qualcosa tipo così?» domandò avvicinandosi un po' di più alla sorella e intrecciando le loro dita in quel tipico modo degli innamorati.
Honey sorrise «Lieta di vedere tanta intraprendenza da parte tua, ma intendevo più qualcosa tipo così» rispose spostando la propria mano dietro la schiena della sorella e avvicinandola ancora di più a sé fino a far aderire i loro corpi. I volti erano ormai alla distanza di un respiro e l'altra sua mano accarezzò con tocco leggero la guancia di Sarah scendendo fino al collo candido e scoperto. Poi spostò le labbra all'angolo della sua bocca e le fece scivolare sulla guancia, fino all'orecchio. «Allora? Qualche reazione?» domandò a quel punto.
Sarah, che fino a quel momento era rimasta di sasso, si guardò in giro e vide gli ospiti irrigidirsi parlottando tra loro con aria sconvolta mentre le guardavano. L'unica eccezione erano i Cavalieri di Arthur, Merlin e Arthur stesso, i quali, sapendo bene quale fosse il legame di parentela tra le due, più che sconvolgersi avevano l'aria di chi sta facendo appello a tutto il proprio autocontrollo per non
scoppiare a ridere.
Anche Sarah ridacchiò «Avremmo esagerato?».
«Nhaa!» fu la risposta di Honey mentre scioglieva l'abbraccio mettendo una distanza più naturale tra loro due «Ad esagerare ci ho già pensato io quando mi sono iscritta al torneo e ho battuto Arthur» sussurrò ammiccando.
Un'altra risatina avrebbe scosso il petto di Sarah, ma ad interrompere il suo entusiasmo arrivò la voce imperiosa di un giovane lord.
«Inaccettabile! Quale mancanza di rispetto è mai questa?» tuonò questi spezzando il buonumore nella sala, perfino i musici cessarono di suonare. «Avete portato alla vostra corte delle sgualdrine» disse guardando con aria sprezzante le due sorelle.
La ragazza non si fece intimorire dall'insulto e osservò con attenzione il lord dai capelli biondi e gli occhi verdi vestito interamente di color prugna, ricambiandone lo sguardo truce. Tornò tra le braccia di Honey e poggiò la testa sulla sua spalla, un po' per far capire al cavaliere che non era intimorita dai suoi modi e un po' perché così poteva impedire alla sorella di scattare scatenando una zuffa, infatti la sentiva già digrignare i denti per la rabbia e poteva percepire tutto il suo corpo teso.
«Vi consiglio calorosamente di non parlare con questo tono a Lady Sarah, o ci saranno delle conseguenze spiacevoli per voi, Sir Alois» era stato Merlin a parlare, con la voce più fintamente amabile che potesse usare mentre si metteva leggermente davanti alla ragazza, come per proteggerla.
Il cavaliere esplose in una risata di scherno e avanzò ancora qualche passo in più «Oh, ma davvero? Conseguenze spiacevoli che potrebbero arrivare da te? Questo regno sta cadendo in rovina: donne che partecipano ai tornei, sgualdrine che partecipano alle feste insieme ai nobili e servi che osano parlare con tanta sfacciataggine ai cavalieri. Come osi parlarmi in questo modo? Abbassa la testa e morditi la lingua, o le perderai entrambe, miserabile» disse sguainando la spada, ma non ebbe il tempo di fare alcunché.
«Non nel mio castello, Sir Alois» era stato Arthur a parlare, puntando con rapidità impressionante la propria spada alla gola del cavaliere «Il ragazzo è il mio servo personale e ha detto il vero, se non state attento a come parlate alle mie ospiti ci saranno spiacevoli conseguenze. Lady Sarah e Lady Honey sono due principesse, e come si può notare dalla loro evidente somiglianza sono gemelle, suppongo che lo spettacolino di poco fa fosse solo uno scherzo per smuovere un po' gli animi. Ma in ogni caso se non gradite la compagnia dei miei ospiti potete sempre alzare i tacchi e tornare nel vostro regno».
Sarah si era staccata dalla gemella e avanzò anche lei verso sir Alois, mostrando un sorriso di finto calore «Inoltre vorrei ricordarvi, Sir, che la donna che tanto criticate si è dimostrata più abile di voi con la spada. Non che ci sia nulla di male ad essere battuti da una donna, ma volevo solo ricordarvelo visto il vostro disprezzo».
Sir Alois le lanciò un'ultima occhiata truce, sputando a terra in segno di disprezzo, dopodiché lasciò la festa senza dire un'altra parola.
«Bene, un guastafeste in meno» dichiarò Sarah, mentre si voltava verso Merlin e sua sorella con un ghigno soddisfatto, facendo l'occhiolino a entrambi.
«Oh cielo, sto creando un mostro» disse Honey sorridendo di rimando alla sorella, dopodiché ripresero a ballare, questa volta attenendosi soltanto ai passi della danza. Poi Arthur chiese un ballo ad entrambe, ma soltanto Sarah accettò, Honey preferì spostare la sua attenzione dalla danza all'idromele
Dopo ore di balli, chiacchiere e spettacoli Sarah cominciò a sentirsi stanca, così prese posto sul trono d'onore una volta appartenuto a Lady Morgana e che Arthur aveva ceduto a lei in quanto dama più illustre del castello. Poco dopo la raggiunse Merlin.
«Qualcosa non va, mia Signora? Vi vedo stanca» sussurrò chinandosi verso la ragazza.
«Va tutto bene, ti ringrazio. È solo che non sono mai stata un tipo da feste» rispose sinceramente lei, felice di quella inattesa compagnia.
Il corvino sorrise come chi ha in tasca la soluzione ad ogni problema «Una bella boccata d'aria fresca vi rimetterà in sesto. Sempre che a vostra sorella non dispiaccia».
Sarah lanciò un'occhiata oltre le spalle del giovane: Honey se ne stava seduta su una panca a sorseggiare qualcosa di sicuramente alcolico mentre osservava le acrobazie di alcuni giullari «C'è del vino, dell'idromele... direi che è in buona compagnia!» rispose ridacchiando ed alzandosi dal trono, pronta per seguire Merlin
Camminarono fino a giungere all'uscita laterale che portava al campo d'allenamento, l'aria fresca della sera era gradevole paragonata al caldo della sala del trono, ma forse era troppo per le spalle leggermente scoperte di Sarah.
«Sediamoci li!»Merlin indicò un albero a pochi passi da loro, poi si guardò intorno, chiuse gli occhi per un istante e li riapri immediatamente: una coperta rosa era apparsa sul prato, con sopra un'altra verde smeraldo accuratamente piegata ed un paio di piccoli cuscini.
La giovane rimase stupita da quel gesto, e non era solo perché Merlin si era preoccupato di rendere più confortevole la situazione con quegli oggetti, a stupirla era il fatto che lui si fosse fidato a tal punto di lei da usare senza remore la propria magia... e poi il modo in cui i suoi occhi si erano illuminati, Sarah pensò di non aver mai visto qualcosa di tanto bello.
«Prego» lo stregone la invitò a sedersi e, quando lo fece, le mise la coperta verde smeraldo sulle spalle «L'aria è un po' fredda stasera, non vorrei che vi ammalaste».
Sarah strinse ancora di più le gambe a sé, in modo tale che venissero coperte.
Il corvino prese posto accanto a lei ed incrociò le gambe, non sembrava avere freddo.
Sarah alzò lo sguardo al cielo e subito si senti invasa dalla pace più profonda «Stasera, la luna è splendida più che mai».
«Non quanto voi, mia signora».
«Merlin...» mormorò lei arrossendo e nascondendo il volto contro le ginocchia.
Il giovane per tutta risposta le afferrò a punta del mento tra le dita e le voltò la testa perché lo guardasse «È la verità» l'intensità dello sguardo che le rivolse confermava in pieno la veridicità delle parole appena pronunciate.
«Ti ringrazio» rispose Sarah con un filo di voce «Nessuno mi aveva mai regalato attenzioni di questo genere prima d'ora»
Merlin sembrò stupito «Non direte sul serio... una bellissima giovane donna come voi avrà sicuramente decine di ammiratori.
Sarah scosse la testa sbuffando una risatina amara «Vengo considerata strana anche per gli standard di... Tyrosh. Dalle mie parti tutti sembrano avere fretta, vogliono tutto e subito. Io preferisco pensarci un paio di volte prima di buttarmi in qualsiasi cosa, non voglio rischiare di sbagliare facendo errori per cui poi non esiste soluzione».
Merlin poggiò il proprio palmo sulla sua guancia in una carezza affettuosa «Siate sempre voi stessa, non cambiate per nessuno. Non siete una persona strana, ma solo molto saggia».
«Grazie!» mormorò sorridendo.
Si guardarono negli occhi ancora per diversi istanti, una certa insicurezza ed un certo timore serpeggiavano tra loro. Sarah era combattuta tra il desiderio di lasciarsi andare e la paura di farlo.
Alla fine fu il desiderio a vincere e le loro labbra azzerarono totalmente la poca distanza rimasta. Difficile dire chi avesse fatto la prima mossa, forse erano stati entrambi, nel medesimo istante.
Le labbra di Merlin erano morbide come le aveva immaginate, e impacciate come invece non si sarebbe mai aspettata.
Il bacio si fece più profondo e lei circondò le spalle del giovane con le braccia nel desiderio di sentirlo più vicino.
La coperta rosa le scivolò dalle spalle ma lei ormai non aveva più freddo.



Honey
Una giovane serva le riempì nuovamente la coppa con del delizioso sidro che Honey prese a sorseggiare con gusto mentre passeggiava per la sala ascoltando musica ed osservando i giullari intenti a fare i loro giochi. Stava adorando quella festa, era senza dubbio la più bella a cui avesse mai partecipato.
Come sua sorella anche lei non era tipo da feste, ma un conto erano quelle estremamente caotiche del suo tempo, con gente mezza nuda che saltava senza senso al ritmo di una musica assordante, e un conto erano i ricevimenti medievali alla corte di re Arthur, con musici, cantori e saltimbanchi. Inoltre doveva ammettere che gli abiti di quell'epoca non erano neppure così scomodi come poteva sembrare a primo impatto, e il fatto che ne stesse indossando uno nero anziché uno color pastello la faceva sentire molto più a suo agio.
«Comandante Honey, spero che la festa in vostro onore sia all'altezza delle aspettative» disse una voce alle sue spalle, e per lei non fu difficile capire a chi apparteneva. Quando si voltò Gwaine la guardava con il suo solito sorriso dall'aria insolente.
«È anche meglio delle aspettative, ti ringrazio» rispose per poi tornare a sorseggiare il proprio sidro, intenzionata ad ignorare il cavaliere.
«Devo dire che lo spettacolino messo in atto da voi e vostra sorella è stata la cosa migliore a cui abbia assistito da quando sono a Camelot» disse lui «Non vedevo facce così sconvolte da quando ho speso la mia prima paga alla taverna e mi sono ubriacato così tanto da finire a baciare Percival per poi provare a fare la stessa cosa con Lancelot».
Nel sentire quella storia Honey non riuscì a trattenere una risata, rischiando di strozzarsi con la bevanda «Fai sul serio? Li avevi scambiati per delle belle ragazze o cosa?».
Gwaine sospirò in maniera teatrale e fece spallucce «Che dire, non sono un tipo che si fa troppi problemi su certe cose».
«Oh, interessante» rispose la ragazza con aria distratta, lasciando intendere quindi che – al contrario di ciò che dicevano le sue parole – a lei importava ben poco delle inclinazioni di Gwaine. Una cosa però era davvero interessante, e cioè constatare quanto in realtà le cose in quel tempo fossero molto più libere di quanto si potesse pensare.
«Se non sono troppo sfacciato, mia signora, posso invitarvi a ballare con me?» le domandò il cavaliere dopo qualche istante di silenzio.
«Io non ballo con gli uomini, come ti ho già detto sono impegnata».
«È soltanto un ballo, nessun uomo sano di mente lo considererebbe un tradimento, e poi se avete vinto il torneo è anche merito mio che vi ho procurato tutto il necessario per partecipare. vedetelo come un modo per ringraziarmi».
Honey sospirò mentre si rigirava la coppa tra le mani osservandone distrattamente il contenuto. Aveva bevuto tanto, forse troppo, perché le uscì fin troppo facile rispondere in modo sincero «Gwaine, mi da fastidio la troppa vicinanza con le altre persone, soprattutto se sono uomini. A parte la mia famiglia e il mio uomo non c'è nessuno di cui io riesca a tollerare la vicinanza o un minimo contatto fisico senza stare costantemente sulla difensiva. Ecco perché ballare con te mi creerebbe troppo disagio».
«Beh, hai l'istinto del vero guerriero, sempre sulla difensiva e pronta a scattare. È una buona qualità per il comandante di un esercito» rispose Gwaine con naturalezza, versandosi da bere da una caraffa sul tavolo lì vicino «In ogni caso lo terrò a mente».
Gli occhi della ragazza scattarono su di lui con aria sbigottita. Aveva sempre attribuito ad altre ragioni quel suo modo di vivere così male la vicinanza delle altre persone, non aveva mai pensato ad un “istinto da guerriero”, e con due parole quel cavaliere le aveva dato una spiegazione mille volte più sensata di qualunque problema psicologico lei pensasse di avere.
«Andiamo non guardarmi così, non sono così idiota da non capire quando devo fare un passo indietro... letteralmente, in questo caso» disse sorridendole.
Honey sorrise con una punta di imbarazzo «È solo che nessuno aveva mai preso questa cosa così alla leggera, solitamente le persone mi ritengono strana e cercano di convincermi a lasciarmi andare di più. Non che a me importi ciò che dicono, comunque».
«Su questo non avevo dubbi, sei di una tempra troppo forte per lasciarti schiacciare dalle parole degli altri» rispose Gwaine «In ogni caso ho un regalo per te. Avevo sperato di potertelo allacciare io al collo, ma preferisco non correre rischi e lasciar fare a te» così dicendo tirò fuori dalla tasca del mantello un ciondolo argentato attaccato ad una cordicella di tessuto nero.
Honey lo prese, apprezzando il fatto che Gwaine glielo avesse porto tenendosi a debita distanza, e lo osservò con sorpresa. Non si era aspettata di ricevere un regalo «Un ciondolo a forma di punta di dardo? È insolito, ma mi piace» disse, ed era la verità.
«Non è un ciondolo a forma di punta di dardo, è proprio la punta di un dardo. Viene da quello che mi hai tirato contro nella foresta, l'ho fatto passare nell'argento e ne ho fatto fare una collana. È un modo per dirti che ho capito il messaggio e che mi dispiace di essermi comportato da idiota. Non ho mai pensato che tu avessi bisogno di aiuto per vincere il torneo, e ammetto che quello è stato solo un patetico tentativo di farmi notare da te».
Honey lo osservò per diversi secondi, sbattendo le palpebre per la sorpresa. Quel ragazzo aveva un modo di fare davvero insolito, era strano che qualcuno ammettesse certe cose dicendosi addirittura da solo che fosse patetico, e lei non capiva se fosse un altro modo per cercare di sedurla o fosse un modo per dirle che aveva rinunciato. Alla fine decise di non pensarci troppo e di apprezzare il rispetto e l'attenzione che il cavaliere le stava mostrando. «Sai, Gwaine, forse dovremmo farci un'altra bevuta insieme alla taverna, questa volta però senza scommesse!» disse sorridendogli, mentre indossava la collana.
Non le piaceva quando i ragazzi ci provavano con lei, e tuttavia cominciava a nutrire una certa simpatia per quel cavaliere dall'aria tanto sfacciata. Se non altro sarebbero potuti diventare buoni amici nel tempo che lei avrebbe passato a Camelot.


Note autrice
Salve a tutti!
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, e mi dispiace di averci messo tanto ad aggiornare, ma purtroppo quando gli impegni della vita chiamano c'è poco da fare. Comuqneu se la storia vi piace non esitate a lasciare un commentino, potete anche mandarmi un messaggio privato per dirmi cosa ne pensate o per chiedere magari spiegazioni di cose che vi sembrano poco chiare. Insomma sappiate che non mi dispiace interagire con i miei lettori.
Come sempre vi ricordo che la storia è scritta a quattro mani con Merlin_Colin_Emrys.
Grazie a tutti quelli che leggono e che inseriscono la storia in qualche categoria. Un grazie speciale va ad AmeliaRose e sara criso che hanno recensito la storia, e soprattutto a  Federica11 che non si perde un solo capitolo, che lascia sempre un commentino e che con i suoi complimenti ci fa commuovere e ci migliora le giornate
Un saluto anche alla nostra cara amica Sunny9719 che ci sostiene e legge sempre le nostre storie.
Alla prossima!

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Note autrice
*Sbuca da dietro l'angolo con aria guardinga e preoccupata*
Ehm... Salve gente. No, non sono morta come potete vedere, e se non mi uccidete voi, miei amati lettori, giuro che presto avrete gli aggiornamenti di tutte le storie in corso (se ne seguite più di una tra quelle che ho pubblicato) ed aggiornamenti abbastanza rapidi anche per quanto riguarda questa.
Io e la mia socia Merlin_Colin_Emrys ci scusiamo per questa lunga assenza, ma purtroppo negli ultimi mesi l'università ci ha tenute molto occupate (se tra voi c'è qualche universitario credo che capirà), assieme ad altri impegni vari.
Adesso però eccoci di nuovo qui pronte a tormentarvi ancora xD
Ringrazio tutti quelli che leggono la storia e la inseriscono in qualche categoria, e chi è rimasto fedelmente in attesa di un aggiornamento nonostante i lunghi mesi di assenza. Ringrazio in particolare AmeliaRose e sara criso che hanno recensito la storia, e Federica11 che ha recensito ogni capitolo da quando ha scoperto la storia, dandoci, con le sue parole, la motivazione per continuare a scrivere e pubblicare.
Un ringraziamento speciale anche alla nostra amica Sunny9719 che ogni tanto ci chiedeva molto diplomaticamente di sbrigarci ad aggiornare xD
Spero che questo nuovo capitolo  a tutti voi, e che continuerete a seguire la storia.
Buona lettura!


 

Capitolo 6



Honey
I letti a Camelot erano veramente comodi, doveva ammetterlo, anche se non se l'aspettava. Erano così comodi che Honey trovava estremamente piacevole – quando non era impegnata in qualche attività tipicamente medievale – starci sdraiata a giocare con la sua adorata PSP. Aveva già spremuto fino all'osso due caricabatterie portatili, e sapeva che la batteria residua non sarebbe durata ancora a lungo, ma finché c'era ne avrebbe approfittato.
«Sei incredibile, anche qui con quei videogiochi, non riesci proprio a farne a meno?» disse Sarah ridendo. In altre circostanze avrebbe probabilmente dato di matto, blaterando cose su quanto fosse infantile, ma dalla sera della festa pareva che sua sorella si fosse, in un certo senso, rilassata.
«Beh, tecnicamente, è un gioco sul medioevo. Vuoi che ti presenti il caro Sir Daniel Fortesque?» disse ridendo mentre guidava lo scheletrico cavaliere attraverso la Foresta Incantata di Gallowmere.
Sentì la risatina di sua sorella, divertita e tranquilla «No grazie, mi bastano quelli che ho conosciuto qui, in carne ed ossa».
«Beh, quelli sono sicuramente meglio: spalle larghe, muscoli, aspetto piacevole. C'è qualcuno che ha catturato la tua attenzione, sorellina?» disse scherzosamente senza staccare gli occhi dal piccolo schermo. Qualsiasi eventuale risposta dell'altra venne però interrotta da qualcuno che bussava alla porta. Honey sobbalzò, cercando immediatamente di spegnere la PSP che però pareva essersi bloccata irrimediabilmente.
«Chi è?» domandò Sarah per poi andare ad aprire quando dall'altra parte le rispose la voce di Merlin.
Honey continuò ad imprecare in ogni lingua possibile, anche quelle inventate, ma alla fine dovette accontentarsi di nascondere la console sotto al cuscino, che si limitava però ad attutire solo leggermente il suono del gioco ancora attivo.
Dall'altra parte della porta spuntarono le facce sorridenti di Merlin e Gwaine.
«Buonasera, principesse!» esordì il cavaliere «Ho convinto il nostro caro Merlin a seguirmi alla taverna per questa sera, e ci chiedevamo se per caso avete voglia di unirvi a noi... ma cos'è questo suono?».
«Quale suono?» dissero in coro le gemelle.
«In effetti c'è come una musica, non la sentite?» a parlare era stato Merlin, mentre faceva un passo all'interno della stanza per cercare di capirci qualcosa.
«Io non sento nulla» disse Honey con il sorriso più innocente che era capace di fare.
«Io neanche» le fece eco Sarah andando a sedersi sul cuscino della sorella e facendo dei piccoli saltelli nel disperato tentativo di spegnere la PSP.
«È bloccata, e poi il tasto è di lato, così mi rompi solo lo schermo» sussurrò l'altra a denti stretti. «In ogni caso, dateci qualche minuto e arriviamo» disse ai due uomini mentre si alzava dal letto e li spingeva fuori dalla porta per poi chiuderla. Proprio in quel momento la musichetta di Medievil cessò.
Sarah sgranò gli occhi ed afferrò l'oggetto da sotto al cuscino, evidentemente spaventata di aver rotto qualcosa «Giuro che non ho fatto niente».
«Batteria scarica, grazie al cielo. Certo, poteva scaricarsi un po' prima» disse osservando la spia lampeggiante di lato. Prese la PSP e la ripose nuovamente al sicuro nella propria borsa, dopodiché si rivolse alla sorella «Ci vieni alla taverna, vero? Perché pur di cacciarli ho detto a Merlin e Gwaine che a breve li avremmo raggiunti».
Sarah annuì, ma fece una smorfia contrariata «Non è che la taverna è un posto di criminali?».
Honey scoppiò a ridere «Cara sorella, la maggior parte dei clienti sono cavalieri, puoi stare tranquilla. Dai, sono certa che ti divertirai!».



Sarah
Merlin, Gwaine e le due gemelle – vestite con abiti maschili per essere più comode – entrarono al The rising sun, la taverna di Camelot. Il corvino e il Cavaliere salutarono con il braccio alzato la moglie dell'oste - la quale era al bancone del bar, intenta a riempire tre boccali di birra.
«Buonasera, Eloise, splendida come sempre» Gwaine prese la mano destra della donna e si profuse in un teatrale baciamano
«Certo, certo, buonasera anche a te Gwaine. Merlin» Eloise ritirò immediatamente la mano ridacchiando, per poi fare all'altro un cenno di saluto «E queste belle fanciulle chi sono?» chiese al Cavaliere mentre guardava Honey e Sarah. Probabilmente doveva averle notate per via dei colori dei capelli.
Honey si fece avanti per prima, rivolgendo alla donna un caloroso sorriso «Il mio nome è Honey e questa è mia sorella Sarah» la ragazza indicò sé stessa e poi l'altra, la quale si profuse in un piccolo inchino con la testa, poggiando una mano sul petto «Piacere di fare la vostra conoscenza».
Eloise le guardò meglio, dopodiché indicò Honey «Ora che ci penso mi ricordo di te. Sei la ragazza che ha battuto il prode Sir Gwaine ad una gara di bevute. Venite!» così dicendo portò il gruppetto a un tavolo a quattro posti.
Sarah osservò Gwaine, aveva l'aria di uno a cui era appena stato inflitto un duro colpo; poi guardò sua sorella, che sorrideva soddisfatta e divertita.
«Cosa vi porto? Qualcosa di forte e in gran quantità, immagino» disse ancora la locandiera.
«Tu si che ormai mi conosci, tesoro» disse Gwaine sfoggiando il suo solito sorriso da donnaiolo vissuto.
La donna gli diede un piccolo schiaffo affettuoso sulla spalla «Smettila di sprecare quei sorrisi affascinanti con una signora come me, pensa piuttosto alle giovani fanciulle che hai accanto» così dicendo fece l'occhiolino a Honey – che sussultò e la guardò sbigottita – poi si voltò per andarsene.
Merlin attirò nuovamente la sua attenzione posandole una mano sul braccio «Per favore, portate anche una caraffa d'acqua per la mia amica, non beve vino o simili».
«Oh d'accordo. È una richiesta strana in questo posto, ma fortunatamente ancora ci ricordiamo cosa sia l'acqua» rispose ridendo e tornando dietro al bancone.
Poco dopo entrò un gruppo di cinque uomini dall'aria piuttosto losca, tutti barcollanti, segno che erano brilli già prima di mettere piede nella locanda. Quello che pareva essere il “capo” era alto e grosso, ma più che muscoloso pareva solo eccessivamente in sovrappeso.
Sarah nel frattempo era al bancone, voleva dare una mano a quella donna che vedeva così indaffarata, ed era andata a ritirare almeno i boccali per Gwaine ed Honey, quando l'uomo grosso le si mise accanto fin quasi a sfiorarla, poggiando pesantemente le braccia sul bancone in legno che scricchiolò leggermente.
«Donna, prepara cinque boccali di birra per noi, subito» urlò questi con tono prepotente.
Sarah si ritrovò a storcere impercettibilmente il naso sia per la zaffata di alito fetido che le arrivò alle narici, e sia per i modi da caprone di quell'uomo. Ma evidentemente non era stata abbastanza discreta come credeva, perché quel bestione si voltò meglio verso di lei, dapprima guardandola con astio, poi sorridendo in maniera viscida.
«E tu chi saresti, bellezza? Il mio nome è Elliot. Cosa ci fa una fanciulla come te da sola in una taverna con tanti uomini? Forse io e i miei compari dovremmo farti compagnia» così dicendo afferrò una ciocca dei capelli della ragazza e cominciò ad attorcigliarsela intorno alle dita sudicie «Non sei di queste parti, vero? Meglio ancora!» aggiunse mentre gli altri quattro lo affiancavano, divertiti dalla situazione.
Sarah sentì lo stomaco rivoltarsi per il disgusto di quella vicinanza e di quei sorrisi pieni di cattive intenzioni. Con la coda dell'occhio vide Merlin scattare in piedi con aria preoccupata – evidentemente intenzionato a fare uso della sua magia se fosse stato necessario - mentre Gwaine faceva lo stesso sguainando la spada, già pronto a correre in difesa della principessa. Honey però gli posò una mano sulla spalla e con poca delicatezza lo costrinse a sedersi di nuovo
«Tieni a freno la spada, prode cavaliere, mia sorella sa badare a sé stessa. Ora, taci e divertiti» disse lei tranquillamente, guadagnandosi due occhiate sbigottite da parte dei ragazzi, che tuttavia non osarono obbiettare, restando però sempre allerta.
Intanto Eloise stava cercando di evitare il peggio «Elliot, è tardi, tu sei ubriaco e noi vorremmo evitare altri problemi con le guardie. Per favore, torna domani e sarò felice di servire te e i tuoi compagni».
A quanto pareva non era la prima volta che quegli uomini creavano problemi alla taverna.
Lui batté un pugno sul bancone, visibilmente irritato «Donna, fa come ti ho detto e portami da bere, non sei certo tu a dovermi dire quando smettere».
Sarah sospirò spazientita, pensando a cosa fare. Era cosciente che il The rising sun ne sarebbe uscito completamente distrutto ma il fastidio di avere quelle persone intorno era giunto al culmine da un pezzo. Mise giù la caraffa di idromele che aveva in una mano e i boccali che aveva nell'altra «Signora Eloise, potete mettere al sicuro questo idromele? Mia sorella non apprezzerebbe se finisse sprecato. E vi chiedo anticipatamente scusa per quanto sta per succedere, farò in modo di ripagare tutto quanto» la donna la guardò sbigottita, tuttavia eseguì la richiesta senza fiatare.
A quel punto Sarah si voltò nuovamente verso il gruppetto di Elliot «Sapete, avrei un paio di cosine da dire a voialtri. La prima è un caldo consiglio sul non rovinare mai la serata di una donna, se è da sola probabilmente è perché non ha voglia di vedere dei brutti grugni simili ai vostri» disse sorridendo con falsa innocenza, per poi spingere via con un calcio ben centrato uno degli uomini – che si era messo dietro di lei come per impedirle ogni eventuale fuga – facendolo finire contro il tavolo alle sue spalle, che nell'impatto si ruppe e l'uomo finì a terra, svenendo.
Nel frattempo molte persone abbandonarono i propri posti, alcune corsero a disporsi sui lati, come se volessero godersi lo spettacolo della rissa imminente. Eloise era sparita immediatamente dietro una porta, probabilmente quella della cucina o della cantina.
«La seconda cosa, quella più importante» continuò Sarah osservando gli altri quattro uomini «è che le maniere definiscono l'uomo. E voi, signori, ne siete sprovvisti».
Dall'altra parte della sala le giunse l'inconfondibile suono della risata di Honey, evidentemente divertita nel sentire sua sorella citare la frase di uno dei loro film preferiti anche in una circostanza come quella.
Uno degli uomini le si avventò contro, ma per Sarah non fu difficile afferrarlo per la collottola per poi farlo volare oltre il bancone. Una mensola piena di boccali si ruppe finendo per rompere la testa all'uomo, che perse i sensi come l'altro. Sarah sperò di non averlo ucciso, ma non ebbe troppo tempo per pensarci.
Mentre si guardava intorno, pronta a fronteggiare altri attacchi, notò Merlin e Gwaine con un'espressione di totale sgomento dipinta in volto, mentre Honey ghignava divertita «Ve l'avevo detto» disse ai due prima di alzarsi e dirigersi verso il bancone, ma non per aiutare l'altra ragazza – come si sarebbe potuto pensare – bensì per afferrare la caraffa di idromele che aveva ordinato.
Tornò al suo posto e cominciò a bere senza neppure premurarsi di versare la bevanda in un boccale.
Sarah valutò attentamente Elliot - rimasto solo; tutti i suoi compari erano stati sconfitti. L'uomo era alto, questo si ma la sua stazza non spaventò la ragazza: era tutto grasso e niente muscoli, in fin dei conti, e lei conosceva delle tecniche di combattimento che avrebbero messo al tappeto chiunque a prescindere dalla forza fisica.
Elliot ghignò, sicuro di sé, ma in fondo si vedeva che era irritato per la figuraccia fatta dai suoi amici «Credi che una fanciulla esile come te riesca a mettere al tappeto me, Elliot soprannominato la Bestia?» così dicendo si scagliò contro di lei.
«La situazione è peggiore di quanto pensassi, sei pure narcisista» replicò la giovane con aria annoiata, stufa di tutto quel casino. Con prontezza bloccò l'attacco del bestione, poi saltò ed allacciò le proprie gambe attorno a quel grasso collo. Fece una rotazione su stessa e stese l'altro a terra. Il bestione mugolò di dolore. Avrebbe ripreso la piena funzione del suo collo nei mesi successivi... forse, ma senza la fisioterapia dubitava che ci sarebbe mai riuscito del tutto.
Sarah sbuffò per tirarsi via una ciocca di capelli dalla faccia, prese la caraffa piena di acqua che Eloise era riuscita a preparare per lei prima di tutto quel trambusto, con l'altra mano afferrò dei boccali e tornò al tavolo. In tutta la taverna era calato un silenzio carico di sgomento e sorpresa, sentimenti che si vedevano benissimo anche sui volti di Merlin e Gwaine, ma misti ad un certo compiacimento. Honey invece non aveva perso la sua aria tranquilla, seduta scompostamente con i piedi sopra il tavolo di legno e con in mano la brocca di idromele di cui ormai aveva rivendicato il monopolio.
Intanto un gruppo di guardie era entrato alla taverna e, dopo che Eloise ebbe spiegato loro cosa era successo, provvidero a portare via gli uomini che più volte avevano infastidito i clienti al The Rising Sun.
«Beh, ora si che vedo bene una certa somiglianza tra voi due. Tutte le principesse combattono così bene dalle vostre parti?» disse Gwaine guardando Sarah, mentre con la mano cercava di strappare la caraffa di idromele dalle mani di Honey.
«Gwaine, allontana quelle mani o te le stacco a morsi» lo avvertì la ragazza, sotto lo sguardo divertito degli altri due.
Se non avesse già un fidanzato penserei che Honey ha trovato l'uomo perfetto per lei. Pensò Sarah guardando con affetto la sorella. «Comunque quell'idromele era per tutti, sorellina. Ora ti alzi e vai a prenderne dell'altro.
«C'è una locandiera che per lavoro porta da bere a chi lo chiede, e ci sei tu che hai giurato di pagare i danni causati dalla tua rissa, e io so bene che lo farai con i soldi che io ho vinto al torneo. Quindi sappi, sorellina, che non mi separerò né da questa caraffa e neppure da questa sedia» fu la risposta di Honey, seguita da una lunga sorsata di idromele.
Sarah alzò gli occhi al cielo ed andò da Eloise a chiederle dell'altro idromele. Non appena arrivò vicino alla donna, questa la sorprese abbracciandola e ringraziandola per aver finalmente dato una lezione a quei balordi che da tempo portavano scompiglio nella locanda; le disse anche che non doveva preoccuparsi di ripagare i danni e, addirittura, offrì loro un assaggio della sua miglior riserva di idromele. Quello destinato a Sarah finì ovviamente per deliziare il palato di Honey.

Camelot era vuota e silenziosa, l'alba era forse prossima quando Sarah – con l'aiuto di Merlin – trascinò sua sorella fuori dalla taverna, mentre Gwaine era ormai collassato sul tavolo. Honey non era ancora collassata e per fortuna riusciva a reggersi in piedi abbastanza bene anche senza aiuto, e proprio per quello Sarah preferì portarla via, non voleva essere costretta a dover chiedere a Merlin di portare in braccio sua sorella fino alla loro camera da letto. Oltre ad essere una cosa tremendamente imbarazzante, era certa che sua sorella l'avrebbe uccisa.
«Se non sono troppo sfacciato, oserei dire che Gwaine ha trovato la sua anima gemella» disse Merlin ridacchiando mentre la seguiva, pronto ad intervenire se per caso Honey fosse collassata a terra.
«Che? Gwaine ha una gemella? Pure lui?» domandò Honey biascicando le parole.
Sarah non riuscì a trattenere una risata «Non credo, Merlin. Mia sorella ha già un'anima gemella che la aspetta a casa nostra» le si strinse il cuore quando pensò a Jason, alla bellissima storia che lui e Honey avevano. Una storia che forse sarebbe finita nel modo più terribile: con una separazione che nessuno dei due aveva voluto, e senza neppure la possibilità di dirsi addio.
«Ehi, che ti prende? All'improvviso hai cambiato umore» disse il giovane, a cui – a quanto pareva – non sfuggiva nulla.
Nel frattempo erano arrivati fuori la stanza delle due ragazze, e Honey si buttò sul letto non appena la porta venne aperta.
Sulla soglia rimasero Merlin e Sarah, a guardarsi. Lui attendeva una risposta e lei non sapeva cosa dire.
Alla fine decise di essere onesta «Honey ha la sua vita a... Tyrosh. Ha un fidanzato, dei progetti, dei sogni, ma ora siamo qui e non so se riusciremo mai a tornare a casa. Non che io lo voglia, ma lei... non ha neppure avuto l'occasione di salutare la persona che ama».
Merlin la guardò intensamente, poi spostò lo sguardo su Honey, già addormentata e con ancora i vestiti addosso «Le vuoi molto bene, non è vero? Ti preoccupi sempre per lei».
Sarah annuì «È mia sorella-gemella, e per quanto gli anni ci abbiano cambiate rendendoci diverse, per quanto mi faccia disperare, niente potrà rompere il legame che abbiamo. È qualcosa che sta nelle nostre vene, nelle nostre anime».
Il ragazzo la guardò negli occhi «Siete molto più simili di quanto pensi, in realtà. La differenza è che tu hai una sorta di... luce dentro di te, una purezza ed un'innocenza che ti rendono bellissima come un fiore raro. In un mondo così oscuro e devastato dalla cattiveria, in cui i fratelli si uccidono tra loro, in cui la brama di potere vince anche sull'affetto, tu mi ricordi che mai nulla è perduto veramente».
Sarah sentì il cuore impazzirle nel petto. Quella non era una semplice dichiarazione d'amore, non aveva nulla a che vedere con le stupide frasi scritte nei cioccolatini o dette nei film. Quella era la cosa più bella che si potesse mai dire ad una persona, e superava ogni sentimento umanamente concepibile.
«Oh... Merlin» sussurrò, con le lacrime agli occhi, appena prima di allacciargli le braccia al collo e baciarlo con tutto l'amore di cui era capace.



Honey
Si svegliò lentamente, sentendo la bocca impastata, lo stomaco sottosopra ed un mal di testa così forte da darle quasi l'impressione di essere finita con la testa sotto la ruota di un camion. Ricordava di aver bevuto fiumi di idromele e birra la sera precedente, per la maggior parte generosamente offerti da Eloise come segno di ringraziamento per aver finalmente. Ricordava anche che Gwaine le avesse proposto una nuova gara di bevute nel tentativo di riscattare il proprio nome, ma aveva perso di nuovo... e senza neppure essere drogato.
A quel pensiero le venne da ridere, e probabilmente lo avrebbe fatto se quello non avesse contribuito ad aumentarle ancora di più il mal di testa.
Con una certa fatica cercò di mettere a fuoco ciò che la circondava: era nella propria stanza, anche se non ricordava come di fosse arrivata, ed era sola.
Aggrottò la fronte con aria perplessa, domandandosi che ore fossero e dove fosse finita Sarah. Ipotizzò che molto probabilmente doveva essere mattina tardi, se non addirittura primo pomeriggio.
Alla fine decise che era il caso di smetterla di pensare a tutte quelle cose; innanzitutto doveva riprendersi dai postumi della sbornia, poi avrebbe affrontato una domanda per volta. A fatica si alzò dal letto e si trascinò verso la porta per dirigersi dal medico di corte, non si prese neppure la briga di cambiarsi, incurante del fatto che stesse ancora indossando gli abiti del giorno prima.
Arrivata alla porta notò un piccolo post-it verde evidenziatore appiccicato al legno ad altezza occhi. Assottigliò lo sguardo e notò che era un messaggio di Sarah in cui la informava di essere fuori per un picnic con Merlin.
Honey si grattò la testa con aria perplessa, non capendo perché mai la sorella dovesse fare un picnic con il servitore del principe Arthur, ma infine decise di archiviare quei dubbi in un angolino della propria mente e si diresse verso le stanze di Gaius per farsi dare uno dei suoi miracolosi intrugli contro la sbornia. Tutte le domande avrebbero dovuto aspettare finché non le fosse passato il mal di testa.
Era quasi arrivata alla meta quando sentì due persone discutere non troppo distanti da lì, oltre le colonne dietro le quali stava passando lei. Riconobbe le voci di Merlin ed Arthur ma non vi prestò troppa attenzione finché non sentì il nome di sua sorella nella conversazione.
A quel punto si arrestò di colpo e si nascose per bene dietro una colonna, iniziando ad origliare la conversazione.
«Sei forse uscito di senno? Come ti è saltato in mente di fare la corte a lady Sarah?» stava dicendo Arthur, visibilmente nervoso «Lei è una principessa e tu soltanto un servitore, pensi davvero che questa storia possa avere un futuro?».
Honey si sporse un po' oltre la colonna ed osservò Merlin sbattere le palpebre con aria stralunata ed infastidita al tempo stesso «E perché mai questo dovrebbe essere un problema? Lady Sarah ricambia i miei sentimenti così come Gwen ricambia i vostri, perché la cosa dovrebbe essere diversa in questo caso?».
Arthur si passò le mani nei capelli in un gesto nervoso «Perché purtroppo viviamo in un mondo che, giuste o sbagliate che siano ha le sue leggi, e secondo la legge di Camelot un servo che seduce una principessa merita di essere messo a morte. Non che io voglia farlo, sia chiaro, ma se qualcuno venisse a sapere di voi due e mi chiedesse di far rispettare la legge io sarei costretto ad esiliarti pur di salvarti la vita» rispose in tono serio e visibilmente preoccupato «Inoltre è vero che io amo Gwen, e proprio per questo so bene quanto una simile situazione possa essere complicata. Io la amo, ma non posso sposarla».
Merlin rimase in silenzio ed abbassò lo sguardo con aria affranta, probabilmente rendendosi conto della veridicità delle parole del principe.
Ad Honey però non importava un fico secco di cosa stesse passando per la testa del ragazzo in quel momento, la sua testa già dolorante aveva preso a pulsare in maniera ancora più fastidiosa nell'apprendere quella notizia.
Merlin e Sarah avevano una relazione, una relazione che poteva rivelarsi un bel problema.
E Sarah non le aveva detto niente.
Decise che non voleva restare un solo istante ad ascoltare ancora quella conversazione. Cominciò a camminare rapidamente verso gli alloggi di Gaius, il quale quando la vide le domandò perché avesse quella faccia sconvolta e fosse pallida come uno spettro. Fortunatamente il fatto che fosse andata lì a richiedere il suo intruglio contro i postumi della sbornia sembrò una risposta più che sufficiente per l'anziano medico.
Presa la medicina tornò immediatamente in camera propria, sedette a gambe incrociate sul letto e – nonostante la testa ancora dolorante e lo stomaco in subbuglio – iniziò a riflettere su quella situazione.
Innanzitutto la feriva il fatto che Sarah non le avesse detto nulla, nonostante i loro caratteri diversi tra loro non erano mai esistiti segreti di quel tipo. La cosa più preoccupante però era un'altra: Sarah non era un tipo da buttarsi in una relazione tanto facilmente, era così cauta in certe cose che non aveva mai dato neppure il suo primo bacio; se lo aveva concesso a Merlin significava che a lui ci teneva sul serio, che probabilmente se ne era innamorata. Loro due però non potevano stare insieme, appartenevano ad epoche totalmente diverse e distanti tra loro, e prima o poi lei e sua sorella sarebbero dovute tornare nel Ventunesimo secolo, non potevano concedersi di legarsi troppo a persone conosciute in quell'epoca.
Mille pensieri le attraversarono la mente ancora leggermente annebbiata dall'alcool, pensieri molto poco piacevoli riguardo la direzione che quella situazione strana ed inaspettata avrebbe potuto prendere.
Era ancora immersa nelle proprie elucubrazioni mentali quando Sarah entro nella stanza sorridendo radiosa. Honey le lanciò uno sguardo bieco.
«Oh sei sveglia? Sono circa le due del pomeriggio, hai dormito bene?» domandò dolce ed allegra, slacciando il proprio mantello e poggiandolo accuratamente sullo schienale di una delle sedie poste intorno al tavolo.
Honey non rispose, continuò a fissarla con aria indagatrice, notando ora tutti quei segnali a cui non aveva fatto caso prima; improvvisamente le divenne fin troppo chiaro il fatto che la sorella fosse innamorata.
L'altra le rivolse uno sguardo preoccupato aggrottando la fronte «Honey, va tutto bene?».
Lei la scrutò ancora qualche istante prima di parlare «Perché non mi hai detto che tu e Merlin state insieme?» domandò in tono freddo.
Sarah la fissò per alcuni istanti, sbattendo più volte le palpebre «Io non...».
«Non mentire, so che è così» la interruppe lei in tono quasi minaccioso «Ho sentito Arthur e Merlin che ne parlavano, Arthur sa di voi due... E in effetti avrei dovuto capirlo anch'io visto il tuo comportamento strano degli ultimi tempi, ma sai, ho sempre pensato che se ti fossi innamorata me lo avresti detto, che mi avresti raccontato tutto come io ho sempre fatto con te» aggiunse accusatoria.
Quella volta fu il turno di Sarah di restare in silenzio, abbassando lo sguardo con aria dispiaciuta.
«So perché me lo hai tenuto nascosto» continuò Honey in quel tono freddo ed arrabbiato «Lo hai fatto perché non volevi sentirti dire da me una cosa che tu sai fin troppo bene, e cioè che la storia tra te e Merlin è destinata a finire, che sei stata un'incosciente a gettarti in questa storia senza pensare alle conseguenze».
Vide l'altra stringere i pugni in un gesto nervoso, mentre gli occhi le si inumidivano di lacrime «Io mi sono innamorata di lui, per la prima volta ho trovato qualcuno che mi capisce davvero, che non mi fa sentire strana o sbagliata».
«Ma per favore! Lo conosci appena. Probabilmente è solo un'infatuazione che tu hai scambiato per qualcosa di più. Lui è Merlin, ti sei innamorata della leggenda che lui rappresenta e di ciò che credi di conoscere su di lui, per questo ti sei aggrappata a questa infatuazione come se fosse amore, perché i ragazzi del nostro secolo non ti sono mai piaciuti e credi che Merlin possa essere adatto a te, ma non è detto che sia così» ribatté in tono acido, per poi sospirare ed alzarsi dal letto guardandola dritta negli occhi con espressione seria ed intensa «Ascoltami bene, tu sai che prima o poi io e te torneremo a casa, ed allora tu dovrai dirgli addio, ma capisco anche che tu voglia vivere quest'esperienza per te così nuova, quindi togliti pure lo sfizio con lui finché siamo intrappolate qui a Camelot. Ma fa che non sia più di questo, uno sfizio» così dicendo uscì rapidamente dalla stanza e si diresse verso il cortile. Aveva bisogno di un po' d'aria, lì dentro cominciava a sentirsi soffocare.


 

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