Yu Gi Oh: Duelist Chronicles di UlquiorraSegundaEtapa (/viewuser.php?uid=107550)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: I duellanti ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Il Parco dei Duelli ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: I pinguini sono persone orribili ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: La lista ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Una duellante formidabile ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Il domatore di draghi (prima parte) ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Il domatore di draghi (seconda parte) ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Come pezzi su una scacchiera ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Miss Parco dei Duelli ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Creature dagli abissi ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: Il Drago degli Abissi ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12: Si parte per il campo estivo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1: I duellanti ***
YU
-GI OH
Duelist
Chronicles
By UlquiorraSegundaEtapa
Disclaimer: In
questa fan fiction compariranno personaggi originali, personaggi di Yu
gi oh e
personaggi presi da altre opere – anime, fumetti
etc… - riadattati per
l’occasione.
C’è la
possibilità che compaiano carte inventate dal sottoscritto o
che alcune carte
abbiano effetti presi dall’anime o modificati dal
sottoscritto. In entrambi i
casi avvertirò. In tal senso, la scelta viene fatta per amor
di narrazione,
così come qui si è deciso di adottare la regola
di poter evocare mostri
scoperti in posizione di difesa – cosa che nel gioco non
sarebbe possibile.
Inoltre, questa
storia è ambientata in una timeline che prevede
l’utilizzo di carte fino a GX,
e nonostante possano comparire carte o archetipi introdotti nelle serie
successive,
non saranno presenti evocazioni Synchro, XYZ, Pendulum o Link.
Vi auguro una
buona lettura!!
CAPITOLO
1: I duellanti
Che
finale signori, che finale! La
competizione è accesa stasera all’Arena dei Duelli
dell’Altopiano Vittoria,
dove si sta disputando la finale regionale del campionato di Duel
Monsters!
Così
un’euforica voce al microfono annunciava lo svolgersi
dell’evento della serata.
L’arena era gremita, e i fari illuminavano gli spalti e la
piattaforma dei
duelli. Sembrava di stare ad un concerto, solo che lì non si
faceva musica. Era
una partita di Duel Monsters: due giocatori, quaranta carte e le ultime
tecnologie in fatto di ologrammi per portare in vita mostri, magie e
trappole e
infiammare il cielo anche quella notte, assieme ai cuori di migliaia di
tifosi
e spettatori.
Il
Duel Monsters aveva preso piede dopo il secondo conflitto mondiale, ed
era diventato
via via un fenomeno globale, fino a raggiungere lo straordinario
successo degli
ultimi anni, superando perfino sport che allora andavano per la
maggiore, come
il calcio in Europa o il Football americano.
Quello
era solo uno dei tanti tornei che si disputavano di continuo nel mondo.
Il
primo dei nostri finalisti,
Aaron, è in seria difficoltà. Non ha mostri sul
terreno e gli rimangono appena
200 life points!
I
life points erano i punti vita di ogni duellante, fondamentali per
vincere. Chi
azzerava i life points dell’altro aveva vinto il duello. Il
suddetto Aaron non
se la stava vedendo per niente bene. Era un ragazzo dai capelli verdi a
caschetto, con un ciuffo che sparava verso l’alto, e
indossava una maglia
smanicata con scarabei arancioni su sfondo nero, e dei pantaloni
gialli. I
riflettori gli facevano brillare la fronte madida di sudore. Come aveva
detto
il commentatore, non aveva mostri sul terreno, e questo significava che
era
scoperto.
Invece
il nostro favorito, Gary,
sembra essere in procinto di assaporare la tanto agognata vittoria!
Per
tutta risposta Gary, un giovane dall’espressione confidente,
i capelli
marroncino sporco dalle punte ribelli, con indosso una polo blu e dei
jeans da
cui pendeva una catena, sembrava avere perfettamente il controllo della
situazione. Guardava il suo avversario con sprezzo, tenendo a ventaglio
le
carte che aveva in mano. Era ben protetto dal suo Soldato Ingranaggio
Antico in
posizione d’attacco, un soldato di ferro e ingranaggi
arrugginiti con un mitra
improvvisato. Secondo i tabelloni, i suoi valori di attacco e difesa
erano
entrambi di 1300. In più, disponeva ancora di una carta
coperta.
Chi
uscirà vincitore da questo
acceso conflitto? Sarà Aaron, il
“novellino”? Oppure l’idolo della folla,
Gary?
La sfida è ancora aperta!
Gary
era soprattutto il preferito della parte femminile della folla. Aveva
un bel
viso, ma l’aria da bulletto che lo faceva odiare dai maschi e
adorare dalle
femmine. In più era un duellante formidabile, qualcosa che
il suo avversario
aveva sperimentato in quello stesso duello. Avrebbe sul serio potuto
rimontare?
La
risposta si celava nella prossima carta. Aaron pescò a denti
stretti, ma
scoppiò subito in una risata fragorosa non appena vide che
cosa gli era
capitato.
-
Si può sapere cosa c’è di tanto
divertente? – domandò Gary. Bastava uno sguardo
ai tabelloni, posti in alto al centro delle impalcature che
sorreggevano il
tetto dell’arena, che per quell’occasione era stato
aperto, per capire che
l’altro aveva poco da ridere. Su uno schermo erano riportati
i valori di
Soldato Ingranaggio Antico, mentre sull’altro i life points
dei due
contendenti.
LIFE
POINTS AARON: 200
LIFE
POINTS GARY: 2400
Ma
quello gli rispose per le rime. – Oh, lo scoprirai subito!
– gli promise, e
subito dopo portò la mano al vano del suo Duel Disk,
l’apparecchio che
consentiva agli ologrammi di funzionare, corrispondente al cimitero,
dal quale
tolse due carte. Gary alzò un sopracciglio.
-
Ihih – ridacchiò Aaron. – Ti starai
domandando perché io abbia appena fatto
questa mossa. Ebbene, devi sapere che la spaventosa creatura che sto
per
evocare è molto vorace, quindi per poterla chiamare in campo
avevo bisogno di
soddisfare la sua fame. Perciò ho dovuto rimuovere dal gioco
due dei miei
mostri insetto già presenti nel cimitero, per poter disporre
del suo potere.
Gary
non si lasciò impressionare. Con uno sguardo folle, Aaron
esclamò: - Ora vieni
a me, potente Doom Dozer!
Posizionò
la carta quasi con ferocia, e linee arcobaleno accompagnate da suoni
digitali
illuminarono il dispositivo. Una casella corrispondente sul pavimento
si
accese, e dalle scintille emerse un gigantesco millepiedi dal dorso
nero e il
ventre roseo, le fauci rosse che terminavano in punte nere.
Mandò un ruggito
mentre si inarcava con la sua mole imponente. Il tabellone
aggiornò i valori:
quel mostro aveva 2800 punti d’attacco e 2600 di difesa. Era
nettamente più
forte del mostro avversario. La folla lanciò grida di
esultanza.
-
Mi spiace, ma il tuo povero soldatino non ha alcuna
possibilità contro la mia
tremenda creatura – sentenziò Aaron, stendendo la
mano verso il rivale. – Vai
Doom Dozer, distruggi il suo mostro!
Il
millepiedi caricò, per poi afferrare il Soldato e
stritolarlo fra le sue fauci.
La creatura lanciò versi di protesta, prima di esplodere in
schegge
olografiche. In tutto questo, mentre il punteggio si aggiornava e la
folla era
su di giri, Gary era rimasto immobile a braccia conserte.
LIFE
POINTS AARON: 200
LIFE
POINTS GARY: 900
Incredibile
signori! Con una sola
mossa, Aaron ha ribaltato il risultato e ha messo Gary con le spalle al
muro!
Che rimonta incredibile!
Il
verdino strinse il pugno. – Ormai la vittoria è
mia!
Fu
a quel punto che Gary fece un sorrisetto accompagnato da una risatina.
-
Si può sapere cosa ci trovi di divertente? – gli
domandò Aaron, con una punta
di irritazione. L’altro fece una smorfia: - Rido
perché non hai risolto
assolutamente nulla con la tua patetica mossa. Anzi, mi hai dato il
pretesto
per la tua sconfitta perfetta.
-
Ma di che parli?
-
Se hai finito il tuo turno, te lo mostrerò.
Aaron
si ritrasse con le gocce di sudore che gli scendevano lungo le guance. Sta bluffando, pensò, sta per forza bluffando. Rilassati, non
c’è
niente che possa fare.
-
Termino il mio turno – dichiarò, fingendosi
spavaldo. – Stupiscimi.
Il
suo invito fu recepito dall’altro con un sorrisetto.
– Ti accontento subito –
gli disse, e poi pescò la sua carta. La ignorò
completamente e passò
all’attacco: - Ora scopro la mia carta coperta: la carta
magia Sepoltura
Prematura.
La
magia ritraeva un sigillo magico e un morto che stava emergendo. Aaron
sgranò
gli occhi: - Quella carta ti richiede un sacrificio di 800 life points
per
poter richiamare un tuo mostro dal cimitero!
Fece
un sorrisetto nervoso. – Hai praticamente deciso di
suicidarti, eh?
Per
tutta risposta, Gary ghignò. – Povero ingenuo. Non
conta con quanto si vince,
l’importante è che lo si faccia.
LIFE
POINTS AARON: 200
LIFE
POINTS GARY: 100
Un’altra
mossa incredibile, caro
pubblico! Gary il favorito ha deciso di rischiare il tutto e per tutto!
Che
mossa strepitosa avrà in serbo ora??
-
Grazie a Sepoltura Prematura, riporto in vita il mio Soldato
Ingranaggio
Antico! – esclamò. Il mostro fece ritorno in un
tripudio di luci e fumo, mentre
i suoi valori tornavano su schermo. Gary separò una carta da
quelle in mano: -
Poi attivo il potere speciale di questa creatura: se controllo un
qualsiasi
mostro con “Ingranaggio Antico” nel nome, posso
evocare tramite evocazione
speciale Ingranaggio Antico dalla mia mano.
Il
nuovo mostro sembrava il risultato fallito del tentativo di dare a una
massa di
bulloni e ingranaggi una forma vagamente umana. Era un insieme di
rotelle,
senza gambe e con degli stecchetti di ferro che dovevano fungere da
braccia. La
testa era una ruota dentata di ferro arrugginito. I suoi valori erano
ridicoli
rispetto a quelli di Doom Dozer: solo 100 di attacco e 800 di difesa.
Aaron
si tranquillizzò. – E io che mi aspettavo
chissà che cosa. Quel mostriciattolo
non può certo difenderti dalla mia creatura.
Ma
Gary non perse il suo sorriso. – Oh, questo lo so bene. Ma io
non ho alcuna
intenzione di difendermi, ho intenzione di distruggerti.
Lo
sguardo del rivale si rabbuiò. – E come pensi di
fare?
-
Ti ringrazio per avermelo chiesto, e te lo vado subito a mostrare.
Tese
una mano aperta in avanti. – Ora sacrifico entrambe le mie
creature…
Prese
un’altra carta dalla sua mano. – Per evocare il
potente Golem Ingranaggio Antico!
La
folla esultò ancor prima che la creatura potesse fare la sua
apparizione. Da
una nuvola di fumo emerse quella che sembrava la versione cattiva e
arrugginita
del Gigante di Ferro. Un solo, sinistro occhio rosso brillava sotto al
suo elmo
che sembrava la versione malfatta di un elmo spartano, una ruota
dentata gli
spuntava dalla spalla, come una dal bacino, e sbuffava vapore dalle
guarnizioni.
Era imponente, così come lo erano i suoi valori: 3000 di
attacco e difesa.
Sensazionaleeee!
Una mossa da urlo!
Gary è riuscito anche questa volta a evocare il suo asso
nella manica, il
terrificante Golem Ingranaggio Antico! Questo mostro è stato
il terrore dei
suoi avversari. Aaron sarà la sua ennesima vittima, o
riuscirà a tenergli
testa?
-
Merda! – esclamò il verdino. –
E’ più forte del mio Doom Dozer!
Con
la folla in visibilio, Gary ghignò: - Vedo che hai studiato,
e se la matematica
non è un’opinione, la differenza di attacco tra il
tuo mostro e il mio è
esattamente quanto ti resta da vivere.
Non
mentiva: i due mostri avevano una differenza di duecento punti, lo
stesso numero
di Life Points che restavano ad Aaron. Mentre l’altro
cominciava pian piano a
realizzare la sua sconfitta, Gary infierì: - Ti consiglio di
non perdere tempo
a cercare nella tua mano qualcosa che possa salvarti: quando Golem
Ingranaggio
Antico sferra un attacco, le carte magia e trappola sono inutilizzabili
fino
alla fine del Damage Step.
Che
era la fase di calcolo dei danni. Aaron spalancò gli occhi.
-
No! La mia corona! La mia preziosa coronaaa!
-
Ma quale corona! Vai, Golem Ingranaggio Antico, distruggi quel
disgustoso
insetto e poni fine al duello con la Zuffa Meccanica!
Mentre
Gary dava l’ordine, la sua creatura cominciò a
portare il braccio destro
all’indietro, chiudendo il pugno, con uno stridore di
ingranaggi e sbuffi di
fumo. Quando ebbe tirato abbastanza indietro il braccio, il Golem lo
stese in
avanti e menò un colpo così forte da far
esplodere l’altro mostro.
Aaron
si parò con le braccia mentre pezzi di ologrammi volavano
ovunque, e i suoi
life points calavano a picco verso lo zero.
LIFE
POINTS GARY: 100
LIFE
POINTS AARON: 0
I
riflettori si spensero e poi si accesero le altre luci
dell’arena. La folla si
alzò in piedi e cominciò ad applaudire a
più non posso. Gli ologrammi
scomparvero, e i tabelloni ora mostravano un'unica immagine: la foto di
Gary
con la scritta VINCITORE.
Il
commentatore si
buttò a tutto fiato sul
microfono: E VINCE! GARY OAK E’ IL
VINCITORE DI QUESTO TORNEO REGIONALE! UN DUELLO INCREDIBILE SIGNORI,
INCREDIBILE!! UN BELL’APPLAUSO PER IL NOSTRO NUOVO CAMPIONE!!
Ma
la folla non aveva certo bisogno di farsi pregare. Stavano
già applaudendo
tanto da farsi male alle mani. Tutti tranne Aaron, che per lo spavento
era
finito a terra con le sue carte, e ora le stava raccogliendo mugugnando
freneticamente.
-
Non posso aver perso, non posso aver perso, non posso…
L’ombra
del suo rivale si stagliò su di lui. Quando
rialzò lo sguardo, trovò Gary che
lo guardava con una mano in tasca e il sorrisetto bastardo. –
Quanto meno hai
offerto un po’ di intrattenimento. Ma la prossima volta ti
consiglio di provare
con le leghe minori. Magari sarai più fortunato.
E
mentre lo denigrava lo aveva già superato, facendogli ciao
con la manina. Aaron
lo vide scendere dal palco e strinse i denti. Oltre al danno la beffa?
No, non
poteva accettarlo. Non l’avrebbe passata liscia. Che si
godesse la vittoria,
per il momento. Ma quella non sarebbe affatto stata l’ultima
volta che
sentivano parlare di lui.
ANGOLO
DELL’AUTORE:
Hola,
popolo di EFP!
È
da moltissimo che non mi faccio vivo,
e probabilmente qualcuno di voi che sta leggendo questa fan fiction non
mi
conosce nemmeno. Io sono UlquiorraSegundaEtapa, e questa fan fiction
è la prima
di un progetto di reboot per il mio profilo di EFP. Il mio profilo era
difatti
arrivato a un punto morto, troppe storie inconcludenti e che non mi
soddisfacevano nemmeno più, e se non sono soddisfatto io in
primis non potreste
mai esserlo voi lettori. Così mi sono preso il mio tempo,
una pausa di
riflessione, diciamo, e ho deciso di tornare alla ribalta con nuove
storie e,
soprattutto, con un nuovo metodo.
Questa
di Yugi è una storia estiva, e
lo so che siamo praticamente in agosto e che l’estate
è cominciata da un pezzo,
ma spero mi perdonerete. Ho deciso di andare a cadenza settimanale con
i capitoli,
quando riesco, e di pubblicare le fiction a cadenza mensile. Vale a
dire che
questa, che inizia in un periodo estivo, verrà pubblicata a
partire
dall’estate, e non si interromperà durante
l’autunno o l’inverno, ma ad autunno
ne comincerà un’altra – un grande
ritorno per chi mi segue da un po’ – e poi
un’altra d’inverno e così via.
Spero
che questo mi aiuti ad essere più
produttivo, e a portarvi capitoli di maggiore qualità.
Venendo
a noi, ora, questa è una fan
fiction che volevo portare da tantissimo tempo. Amo profondamente il
mondo del
Duel Monsters, l’ho sempre amato e ci sono sempre stato
dentro fin da piccolo.
Così, quando gli anni sono passati e ho deciso di investire
i miei soldi in
altro, e non più nelle carte, ho scelto di convertire la mia
passione nella
scrittura di una fan fiction apposita.
Un
problema che ho riscontrato,
leggendo diverse storie su Yugi, è che non si lasciava mai
abbastanza spazio ai
duelli, e che questi erano approssimativi, poco soddisfacenti, mentre
chi segue
Yugi lo fa soprattutto proprio per quelli. Non ho la presunzione di
aver fatto meglio
degli altri, ma ho cercato di trovare un equilibrio qui tra
l’evoluzione dei
personaggi e la resa di duelli avvincenti in una maniera che a me
sarebbe
piaciuta leggere. Spero davvero di esserci riuscito, e che questa
storia vi piaccia.
È
una fan fiction molto leggera, non
pretende di dare grandi lezioni sulla vita o di dilungarsi con le
descrizioni.
Qui ho voluto puntare sulla dinamicità delle azioni.
Prendetela davvero come se
steste leggendo un fumetto o guardando una puntata dell’anime
di Yu gi oh. Solo
che questa fan fiction è anche un crossover,
perciò è bene precisare quali
personaggi andrete a trovare.
Mi
sono principalmente ispirato a
Pokemon. Sì, perché Pokemon, assieme a Yu gi oh e
a Digimon, è stato uno dei
tre show per ragazzi che più ha influenzato le vecchie
generazioni, compresa la
mia. Inoltre, ritengo che i personaggi di Pokemon si prestino molto
bene a fare
da duellanti, con i loro outfit, il loro look, le loro
personalità e storie. Ho
trovato che fosse un deposito ricco al quale attingere quello dei
videogiochi
di Pokemon. Chiaramente, molte cose sono rimaneggiate. Mi sono ispirato
ai personaggi,
ma questo non vuol dire che rispecchino a pieno le loro controparti dei
videogiochi,
anzi, sono per la maggior parte OOC (out
of character). E vedrete che non compariranno solo personaggi
di Pokemon
nel corso di questa storia.
I
due che hanno fatto la loro
apparizione qui sono:
-
Gary Oak, mitico rivale della prima
generazione, il cui nome originale sarebbe Blue.
Ma siccome non mi piaceva, ho scelto di utilizzare la sua controparte
anime. Il
perché del suo deck ve lo spiegherò
più avanti.
-
Aaron, primo Superquattro della lega
di Sinnoh. Mi serviva un duellante che usasse gli insetti, e siccome
lui è
proprio un esperto di tipo insetto era perfetto. Come ha promesso qui,
non sarà
l’ultima volta che sentiremo parlare di lui.
Bene,
non voglio dilungarmi troppo.
Questo era solo il mio messaggio di bentornato, diciamo. Ho un paio di
capitoli
già pronti per questa storia, quindi spero di riuscire a
rispettare la cadenza
settimanale. Nel dubbio, ci salutiamo qui con una piccola preview di
quello che
andrete a trovare nel prossimo capitolo:
Nel
prossimo capitolo: “Il Parco dei
Duelli”
Faremo
la conoscenza di Alan, un
giovane ragazzo appassionato di Duel Monsters, che però non
ha intenzione di
duellare. Ma quando il suo migliore amico gli notifica
dell’esistenza di un
posto dove si riuniscono i duellanti, la curiosità si fa
irresistibile. Non
perdetevelo!!
Ciao
ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2: Il Parco dei Duelli ***
CAPITOLO
2: Il Parco dei Duelli
Knock
knock!
-
Bro, sei lì dentro?
Alan
sobbalzò e per poco il cellulare non gli cadde nella tazza
del cesso. Qualcuno
aveva bussato alla porta, e da dietro riconosceva la voce di Barney. Si
era
rintanato nei bagni del vecchio complesso proprio per non essere
trovato, ma
l’amico aveva una specie di radar per cui sapeva sempre come
rintracciarlo.
Dicevano sempre di non andare in quell’edificio diroccato,
proprio accanto alla
scuola, per via di qualcosa sull’amianto, ma naturalmente ci
andavano tutti
perché era appartato, sicuro, e i rompipalle non ci si
avvicinavano proprio per
la paura dell’amianto.
Tranne
Barney, naturalmente.
-
Un attimo! – esclamò, cercando di non farsi
sfuggire il telefono. Nello
streaming, Gary stava stringendo la mano al promoter e presidente
dell’organizzazione che aveva sponsorizzato
l’evento,. Giovanni. Dio, se il
nome e l’outfit non lo facevano sembrare un boss mafioso.
Aveva sempre un
elegantissimo completo nero, anche se lì dovevano esserci
quaranta gradi, gli
occhi dal taglio affilato e i capelli neri rasati che gli stavano
incollati al
cranio come un tupè. Quell’uomo gli aveva sempre
fatto paura. Guardalo quanto
sembrava falso, proprio mentre con una mano stringeva quella
dell’altro e con
l’altra gliela appoggiava sulla spalla, prestandosi ai
fotografi. Spense lo
streaming, uscendo dallo schermo intero, in mezzo alle
pubblicità che dicevano
che la tua ragazza si sarebbe arrabbiata se ti avesse beccato a giocare
a quel
gioco, con succinte donne egiziane in bikini, e medici che nascondevano
il
segreto per la lunga vita e modi per allungare il pene e durare per una
settimana a letto.
Cancellò
le attività e uscì dalla latrina. Barney lo
aspettava di fuori col suo solito
sorrisetto, la camicia a fiori e la giacca sottobraccio. Aveva sempre
la
giacca, per lui la giacca era più di un indumento, era uno
stile di vita. Era
un giovane di bell’aspetto, anche se piuttosto diverso da
Gary, con i corti
capelli biondi sempre ben pettinati e fermati col gel e gli occhi
azzurro
chiaro. Avevano fatto amicizia il primo giorno che Alan si era
trasferito in
quella scuola.
-
Se continui così, ti verrà un infarto –
gli disse squadrando i suoi pantaloni.
Alan sollevò il cellulare: - Stavo recuperando la finale del
torneo di Duel
Monsters in differita.
-
Ah, si chiama così ora “andare su
Xvideos”? – chiese l’altro. Alan non
poté
trattenere una risata. – Piantala – lo
canzonò, senza reale fastidio. Ti ci
dovevi abituare, ma Barney era forte.
-
Non ero su Xvideos. Ero in streaming.
-
A consumare giga.
-
Tanto ne ho cento.
-
Oh. Che fico che sei.
-
Grazie.
-
Come si consumano cento giga?
-
Guardando Game of Thrones in
palestinese?
Barney
annuì. – Immagino di sì.
Uscirono
dal vecchio edificio, in mezzo alle erbacce e scacciando nugoli di
moscerini
che non volevano altro che cibarsi del loro sudore.
-
Tu non giochi a Duel Monsters ma ne sei completamente infoiato
– constatò Barney.
-
E’ così strano? – gli domandò.
-
Oh no mio caro, è esattamente
quello
di cui abbiamo bisogno per stasera – e nel dirlo, aveva
assunto la classica
espressione che, ormai Alan lo sapeva, non prometteva nulla di buono. E
difatti, quando erano ormai agli armadietti e si stavano preparando per
le ultime
due ore, lui se ne uscì con: - Io e te, stasera, Parco dei
Duelli.
Alan
chiuse il suo armadietto e lo guardò come se provenisse da
un altro pianeta. –
Come hai detto, scusa?
-
Ho scoperto di questo speciale “parco giochi” a
qualche isolato da qui. Apre
d’estate, la gente ci si ritrova la sera, soprattutto
infoiati di Duel Monsters
come te e me…
-
Tu non sei un infoiato di Duel Monst…
-
Questo non è lo spirito giusto, Alan!
Barney
cominciò a gesticolare, poi lo afferrò per le
spalle e lo mise davanti a uno
schermo immaginario. – Pensaci, carte, birra e belle
fig…liuole. Cosa puoi
chiedere di più?
-
Non saprei? Una doccia per togliermi di dosso il puzzo delle patatine
del Burger Mart? Lavoro stasera.
Ma
Barney non demordeva. – Allora ci andiamo dopo che avrai
finito di lavorare!
Arriveremo in piena notte, come i veri ganzi! A proposito, per che ora
stacchi
tu?
-
Le undici – gli disse, finendo di riporre le robe
nell’armadietto e chiudendolo
con un sonoro clang! – E
non ho
alcuna intenzione di andare a nessun Parco. Ho chiuso con il Duel
Monsters.
Si
avviò a lezione con le mani in tasca.
-
E allora perché stavi guardando quel video?
La
voce di Barney lo fece bloccare a metà del corridoio, con
file di ragazzi che
passavano loro accanto. Si volse e sfidò lo sguardo del suo
amico. Barney ora
si era fatto serio e aveva messo su la migliore faccia di bronzo della
sua
vita. Pensare che stava facendo tutto questo solo perché
voleva che il suo
amico lo accompagnasse a cuccare da qualche parte. Non sapeva se
prenderla a
ridere o tirargli lo zaino.
-
Ripeto, lo trovi strano tenersi informati?
-
No, Alan, quello non è tenersi informati – gli
disse, avvicinandosi a passo
spedito. – Io sento la passione! Quella passione che dici di
non avere più.
Magari non duellerai, e chi se ne importa? Finché possiamo
stare lì a
contemplare qualche bella ragazza e berci un paio di birre. Si beve
pure, lo
sapevi? Credimi, sarà leggen, non ti muovere…
Pitturò
qualcosa su una parete invisibile con un gesto della mano e fece il suo
solito
sketch. - … dario. Sarà leggendario!
Alan
si scostò dal braccio che lui gli aveva messo attorno alle
spalle e lo congedò
con un amichevole: - Niente da fare, Barney. Ho chimica, ci sentiamo
dopo, eh?
Non
c’erano molte stelle in cielo, o forse non si vedevano bene
per via
dell’inquinamento urbano. Alan, con la divisa arancione con
cappellino del Burger Mart e il
grembiule bianco
insozzato di grasso e altra roba unta, premette il piede sulla leva del
cassonetto e ci buttò dentro il sacco nero pieno di questo
mondo e pure
l’altro. Soprattutto l’altro.
Quando
si volse per poco non gli venne un infarto. – Cristo santo, a
te manca qualche
neurone, Barney!
Si
mantenne il petto che gli faceva male mentre l’altro usciva
dalla penombra masticando
una Big Babol il cui odore arrivava
alle nari dell’altro pungente come uno stocco. Faceva un
pessimo contrasto in
mezzo al marciume del retro del Mart.
Barney si era vestito di tutto punto: jeans leggeri, Vans, camicia
bianca con
arabeschi e gilè.
E
occhiali da sole, senza alcun motivo apparente. Lo scrutò
abbassando una delle
lenti.
-
Puzzi da far schifo – gli disse.
-
E’ il mio lavoro. Presente? Lavoro in un Mart,
non da Lush. E non mi hai mai visto
in uno dei giorni veramente brutti.
Guardò
la busta trasparente che aveva in una mano. – Che diavolo hai
lì?
Non
gli aveva nemmeno chiesto cosa ci facesse alle dieci e tre quarti di
notte sul
retro del Mart con degli occhiali
da
sole e immerso nell’ombra. Era talmente evidente, e questa
cosa la si poteva
dire solo per lui.
Il
biondo sollevò la busta. – Un ricambio. Per te.
Roba chic. Per fortuna me lo
sono procurato. Non cuccheremmo mai se ti presentassi conciato in quel
modo.
Lo
squadrò da capo a piedi come se fosse appena uscito da un
letamaio, cosa che
era più o meno lavorare in un Mart.
-
E’ la mia divisa!
– protestò Alan. E
subito dopo aggiunse: - Io non vengo proprio da nessuna parte! Te
l’ho già
detto.
Fece
per tornare nel locale, ma Barney si piazzò davanti alla
porta. – Amico, qual è
la cosa più bella che ci sia?
-
Probabilmente una fusione tra Kaya Scodelario, Amber Heard e Zooey
Deschanel.
Barney
guardò il cielo e ci pensò un po’ su.
– Okay, allora la seconda
cosa più bella che ci sia?
-
Spostati, che qui devo finire di pulire, o non chiuderemo mai.
Alan
lo scostò di forza afferrando la maniglia e tirando verso
l’esterno. Se la
richiuse alle spalle con un sospiro, solo per ritrovarselo di nuovo
davanti nel
retrocucina.
-
Te lo dico io…
-
Come diavolo hai fatto?!
-
La cosa più bella che ci sia è, dopo una lunga
giornata di lavoro, andare a
farsi una bella birra rinfrescante con il tuo migliore amico…
-
Non sei il mio migliore amico.
-
E’ irrilevante. Dicevo, col tuo migliore amico e rifarsi gli
occhi con qualche
bella ragazza poco vestita perché ormai è caldo e
si vola, baby!
Si
aprì la camicia sul petto villoso e cominciò a
improvvisare dei passi di danza
per il locale. – E questo non puoi farlo in qualsiasi
discoteca? No, devi proprio
andare a questo “Parco dei Duelli” o come si chiama?
Ormai
si era arreso al fatto che non sarebbe riuscito a liberarsi di Barney
tanto
facilmente, così tanto valeva fare conversazione. Lui gli
saltò quasi addosso:
- Bravo! Vedi che hai già imparato il nome? Ascolta, bro: le
duellanti hanno
una carica sessuale paurosa. Paurosa,
te lo dico io.
-
Hai mai fatto sesso con una duellante?
-
No.
-
E allora come…
-
Ma è l’occasione perfetta per scoprirlo!
Non
condivideva l’entusiasmo dell’amico. Ma lui non gli
lasciò molta scelta: - Ti aspetto
fuori di qui. In dieci minuti. Sarà leggen…
Lo
chiuse fuori. – DARIO.
Alan
continuava a non spiegarsi certe cose di Barney, ad esempio come avesse
fatto a
ficcare la busta con il cambio nel suo armadietto. E poi che diavolo,
gli aveva
davvero comprato un cambio di vestiti per la serata? La sua
determinazione era
davvero notevole, di questo bisognava dargliene atto.
Il
ragazzo si specchiò nello specchietto sporco del suo
armadietto scassato. Era
giovane, aveva la vita davanti. La barba gli cresceva sempre ispida,
quindi si
teneva sbarbato. Cominciava a far caldo per tenere quei capelli scuri
così
lunghi, doveva davvero dargli una spuntata. Ma i suoi bei occhi blu,
sebbene
stanchi per le troppe ore di lavoro, dicevano una sola cosa. Dicevano: datti una possibilità. Ma
sì, una notte
non avrebbe ucciso nessuno. Per questo si infilò velocemente
nella sporca
doccia del Mart, si diede giusto
una sciacquata,
si passò di deodorante e si lasciò i capelli
bagnati. Gli avrebbero fatto i
ricci, chi se ne fregava. Faceva caldo abbastanza per lasciarli
asciugare da
soli.
Barney
gli aveva preso una giacca di jeans senza maniche da mettere sopra a
una canotta
nera, e bermuda con cintura con le borchie. Si sentiva un po’
ridicolo, ma la
prima cosa che gli disse appena uscito fu: - Non voglio sapere come hai
indovinato la mia taglia.
Barney
era appoggiato al muso della sua Mustang blu. Ridacchiò: -
Ora sì che ci siamo.
-
Ma dove diavolo hai preso i soldi per tutta questa roba?
Alan
gli indicò la macchina con la mano aperta. Lui fece
un’altra risatina, e poi lo
liquidò con un gesto della mano e uno dei suoi soliti: - Non
chiedere.
Coraggio, si parte!
Tempo
qualche minuto e stavano lasciando il centro cittadino per dirigersi
alla periferia.
Erano le undici passate e sebbene tutto il suo corpo, nonostante la
doccia
fredda, gli gridasse che voleva riposare, oramai aveva preso la sua
decisione.
Con Barney era sempre così: ti imbarcavi in
un’avventura e non sapevi mai come
potesse andare a finire. Era eccitante e stressante allo stesso tempo.
Per
fortuna, in macchina si respirava un po’ più che
fuori, grazie all’aria
condizionata. Le luci dei lampioni scorrevano su di loro, illuminando a
tratti
l’abitacolo. La radio riproduceva Bon Jovi.
-
E’ il mio pezzo preferito! – gridò
Barney.
-
Sì, lo so. – Gliel’aveva detto almeno
cento volte che You Give Love a Bad Name
fosse il suo prezzo preferito. Era una
strana canzone, triste e, come molte canzoni tristi, al contempo
bellissima.
Mentre si addentravano in aperta campagna, Alan chiese: - Ma sai di
preciso
dov’è questo posto, o stiamo andando a caso?
-
No, no, so dove si trova – lo rassicurò
l’altro. – E’ praticamente immerso nel
verde. Presente Woodstock?
-
Più o meno.
-
Quello, ma in piccolo e con le carte. Però la birra e le
belle ragazze e, sì,
penso anche i Sandwich ci sono.
Sandwich
era il nome in codice dei cannoni per Barney. Linguaggio da
spacciatore, altro
che. Alan fece un
sorrisetto, poi poggiò
la testa sul pugno e guardò fuori. Eh sì, erano
proprio in aperta campagna. In
lontananza, tra i campi di grano, vedeva la fattoria dei Gallows dalle
luci
accese, con il fienile dove tenevano l’aratro, gli
spaventapasseri dagli occhi
cuciti e i covoni. Dall’altra parte, invece,
c’erano le piantagioni di zucche
della signora Lola. No, non quella del latte.
E
loro? Dov’è che dovevano andare? Diversi minuti
dopo, Alan cominciò a pensare
che Barney l’avesse fregato; anche perché il suo
amico era stranamente
taciturno, si limitava a recitare motivetti a ritmo con la musica.
Quando fece
per dirgli qualcosa, lui finalmente esclamò: - Ci siamo!
Si
ritrovarono in uno spiazzo rettangolare di terra battuta piuttosto
largo,
scavato praticamente in mezzo al grano. Lì erano
parcheggiati almeno una
cinquantina di veicoli e forse più, tra auto, moto, motorini
e persino una
jeep. Barney fece manovra per inserirsi tra una Fiat e un Phantom,
pigiò
delicatamente per andare a sfiorare le spighe di grano, diede un
colpetto di
retro, raddrizzò il volante e si disse soddisfatto. Quando
scesero, Alan
dovette fare attenzione a non urtare il motorino. Richiuse la portiera
e si
guardò intorno: - Io non vedo niente che somigli a un parco
– constatò.
Barney,
che aveva appena chiuso a chiave, gli fece un sorrisetto furbo.
– E non la senti
la musica?
Sulle
prime il ragazzo pensò che l’altro avesse bevuto.
Poi tese bene l’orecchio e
gli parve di sentire qualcosa. Era un rumore di fondo, e veniva dagli
alberi lì
vicino. Barney gli fece cenno di seguirlo e si addentrò nel
piccolo bosco,
facendosi luce col telefono. Ad Alan la cosa piaceva sempre meno. Era
notte, si
trovava a chilometri da casa, da solo in un bosco e con Barney, la
persona meno
affidabile che gli venisse in mente. Inoltre sembrava lo stesse
portando ad un
rave, a giudicare dalla musica che si faceva sempre più
forte. O magari a una
messa nera, sì, una di quelle feste un po’ tanto,
troppo, alternative con tanto
sangue, capre e sangue di capra. Ma quando la foresta scomparve,
dovette
ricredersi.
Davanti
ai suoi occhi si apriva uno spettacolo sensazionale: sotto di loro si
estendeva
una radura, intervallata da piccole collinette, come tante dune nel
deserto.
Nello spiazzo c’erano gazebo di legno, tavolini con
ombrelloni, e frotte di
gente che si muoveva tra gli stand o se ne stava seduta
sull’erba. C’erano
festoni che andavano da un gazebo all’altro, ma soprattutto
c’erano qua e là
quadrati pavimentati dove gente col proprio duel disk si sfidava a Duel
Monsters. E tutto intorno, le lucciole danzavano accendendo la notte di
mille
bagliori infuocati. Sembrava di essere entrati in un’altra
realtà.
Barney
gli batté una mano sulla spalla. – Allora? Bel
posto, eh?
Lui
lo guardò. – Chi te ne ha parlato?
-
Pff – fece lui, di nuovo. – Non chiedere. Coraggio,
andiamo. Le pollastrelle ci
aspettano.
Scese
giù per la collina zampettando come un bambino che va a
comprare i dolci. Alan
era ancora così incantato da quel luogo che non riusciva
quasi a muoversi.
Barney dovette richiamarlo dal fondo della collinetta per convincerlo a
darsi
una mossa. Così lui cominciò a scendere, stando
attento a non incespicare.
Passò accanto a una coppietta che stava limonando
lì su una delle collinette,
sopra a un telo. Si ficcò le mani in tasca e
attraversò la copia simbolica di
un cancello, con due pali di legno e festoni che correvano da
un’estremità
all’altra. Là la musica era più forte.
Si rese conto, con sua sorpresa, che era
roba che conosceva. Quelli erano i Three
Days Grace. Non si sarebbe aspettato di sentire i Three Days Grace, nessuno li metteva mai.
La musica proveniva dal
gazebo che doveva essere il bar, dove un tipo dai riccioli neri e pieni
di
tatuaggi versava da bere a frotte di ragazzi e ragazze al bancone.
Quelli si
sparpagliavano poi nei tavolini. Lo spiazzo era più grande
di quanto non gli
fosse sembrato visto da sopra. C’era un sacco di gente.
Passò
vicino a uno dei quadrati dove si stava svolgendo un duello. Gli
sfidanti erano
un biondo dai capelli a punta in canotta verde e dal fisico muscoloso e
un
ragazzo dai capelli neri lunghi fino al collo, in jeans e maglietta.
-
Sei in guai seri, Surge! – annunciò il moro.
– Perché adesso uso Polimerizzazione
per fondere i miei Eroi Elementali Calore e Lady Calore e dare vita a
Inferno
Eroe Elementale!
I
due eroi in tuta rossa e bianca vennero assorbiti da un vortice, dal
quale uscì un
eroe più alto, con una fiammante armatura rossa e le mani
fatte di magma, con
un nucleo del genere al centro del petto. (Attributo: Fuoco; Lvl: 8;
Tipo: Pyro/Fusione/Effetto;
ATK: 2300; DEF: 1600).
Gli
spettatori lì radunati batterono le mani, chi di loro non
stava tenendo una
birra almeno. Il biondo, che si chiamava Surge a quanto pareva, fece un
sorrisetto. – Non così in fretta, mio caro Shaun.
Hai dimenticato il potere del
mio Drago Revolver? Se lancio una moneta tre volte ed esce almeno due
volte
testa, il tuo mostro è fritto.
Il
mostro al fianco di Surge era un drago meccanico bipede, nero e con
montati dei
cannoni, due al posto delle braccia, e uno al posto della testa, sotto
al quale
spuntavano fauci meccaniche affilatissime.
-
Il culo non può essere sempre dalla tua, Surge! –
esclamò Shaun. Il biondo
ghignò: - Ah, tu dici?
Estrasse
una moneta dalla tasca e la fece volare. Mostrò il primo
risultato: testa. La
lanciò ancora in aria. Ora il ragazzo chiamato Shaun sudava
visibilmente, la
pelle riluceva sotto ai fari montati sui gazebo e lì
attorno. Surge mostrò un
sorriso a trentadue denti. – La dea bendata è
dalla mia!
Mostrò
la moneta: un’altra testa.
-
Maledizione! – esclamò l’altro. Drago
Revolver si caricò in risposta all’ordine
di Surge, e tre proiettili di luce blu danzarono in cielo per poi
colpire l’Eroe
Elementale, facendolo saltare in aria. La folla esultò.
-
Avete visto? – fece uno. – Surge ha proprio la dea
bendata dalla sua.
-
Già, dicono non abbia mai sbagliato un tiro –
confermò un altro.
-
Veramente nessuno di questi ha capito che sta palesemente barando?
– domandò
Alan, quasi sovrappensiero. Immediatamente, tutti si voltarono verso di
lui.
Sentendosi tutti quegli sguardi addosso, il moro capì di
aver parlato forse un
po’ troppo a voce alta. Quando Surge fece per voltarsi, e
chiedere chi osasse
infamare l’abilità del grande Lt. Surge, Barney
aveva già trascinato Alan al
sicuro.
-
Dio buono, amico! – esclamò. – Non
cominciamo bene.
-
Ma dai, era così ovvio! – si difese Alan.
– Quella era chiaramente una moneta
truccata. Ci credo che poi uno perde.
-
Ehi, ehi, ti ricordo che siamo qua per le pollastrelle, non per fare
giustizia
durante un duello. Oppure…
Si
fece malizioso. – Hai per caso voglia di dimostrare a quello
chi è che comanda,
eh? Che puoi batterlo anche se usa i suoi trucchi, eh?
Cominciò
a dargli di gomito, ma quello lo scansò e distolse lo
sguardo.
-
Io non duello più… - mormorò, gli
occhi vacui.
Ma
Barney non lo aveva praticamente sentito. – Guarda,
c’è un bar! Ho proprio
sete!
Ecco
una cosa sensata. Effettivamente con tutto quel caldo una birra gli
andava proprio,
anche se poi l’avrebbe sicuramente sudata tutta.
Quel
Parco, pensò, era tutto ciò che un duellante come
lui potesse sognare. Se fosse
stato ancora un duellante, naturalmente. C’era di tutto: la
competizione, la
birra, la compagnia. Tutto ciò che un giovane appassionato
di Duel
Monsters potesse desiderare, coniugare
la propria passione per il gioco con la compagnia di altra gente come
lui. E
quando era arrivato, e aveva visto che quel posto esisteva
davvero, e cosa rappresentava, ed era lì da
chissà quanto,
qualcosa dentro di lui si era effettivamente riacceso. Quando aveva
visto quei
due, Shaun e Surge, duellare con i mostri portati in vita dai duel
disk, aveva
sentito il bisogno vivo di gettarsi nella mischia. E allora
perché continuava a
sentirsi così sbagliato? Perché stare
lì gli faceva salire un peso alla bocca
dello stomaco, come qualcosa che preme per risalire e trovare una via
di uscita?
Era
forse il peso delle piastrine che portava al collo? Se le strinse di
riflesso.
Al
banco del bar non era rimasta più tanta gente, giusto un
tipo al cellulare e
una ragazza dai capelli rossi e mossi che rimestava con la cannuccia
nel suo
mojito. Gli occhi di Barney luccicarono: - Okay, pollastrella a ore
tre. Questa
amico è miaaaa… DELLE ASIATICHE!
Una
coppia di ragazze dagli occhi a mandorla e con dei bermuda praticamente
inguinali
passarono lì vicino. Barney cominciò a
scodinzolare come un alano felice. Aveva
questo strano fetish per le asiatiche, Alan non aveva mai capito
perché. Si
volse verso l’amico: - E’ la tua serata fortunata,
ragazzo. Ti lascio la tipa
al bar, io ho una coppia di belle tettone asiatiche da inseguire.
Era
piuttosto sicuro che fosse il nome di un qualche sito illegale.
– Barney, non
sono affatto interessato a nessuna…
Ma
Barney lo aveva già portato al bar. E stava per esibirsi nel
suo gioco
preferito. Quando lo vide col dito alzato gli intimò: - Oh
no! Non ci provare
nemmen…
Troppo
tardi. L’altro batté il dito un paio di volte
sulla spalla della ragazza e gli
chiese: - Lo… conosci Anal!
Poi
si dileguò, lasciandosi dietro la sua sagoma di fumo come
nei cartoni animati.
Aspettate un momento. Anal? Lo aveva chiamato ANAL?! Il
moro voleva seppellirsi per la vergogna e poi riempirlo di botte. E lo
volle
ancora di più quando incrociò lo sguardo della
ragazza: occhi di bronzo
incastrati in un viso perfetto, labbra rosee e sottili, e capelli rossi
voluminosi che le cascavano su una spalla. Indossava una camicia bianca
a righe
zafferano, senza maniche e arrotolata in un fiocco, bermuda di jeans e
sandali
alla schiava. Ad Alan si scollegò completamente il cervello.
Era la ragazza più
bella che avesse mai visto.
Lei
soffocò una risata. – Anal? Sbaglio o il tuo amico
ti ha chiamato Anal?
Aveva
una voce così melodiosa. Alan invece riusciva solo a
pronunciare versi sconnessi
– Uh, ah, io… sì…
Lei
ridacchiò. – Spero non sia il tuo vero nome.
-
Uh? NO, NO ASSOLUTAMENTE NO!!
Mise
le mani avanti quando si rese conto di che diavolo stavano parlando.
– Io… è colpa
di Barney, è… è così
stupido a volte.
Lo
cercò con lo sguardo, mentre lei soffocava una risatina con
una mano davanti la
bocca. Barney aveva già abbordato le due tipe asiatiche e
stavano ridendo
seduti a uno dei tavoli con ombrelloni. Da quanto gli sembrava, si era
anche
sbottonato un altro paio di bottoni. La rossa gli lanciò uno
sguardo di
sfuggita senza perdere il suo sorrisetto. – Ah, capisco il
tipo.
Prese
un sorso di mojito aspirando dalla cannuccia. Alan desiderò
improvvisamente
essere quella cannuccia. – Io… - tentò
di dire – ehm, mi spiace.
Aveva
gli occhi incollati sulla cannuccia, ma cercava comunque di parlare e
di non
sembrare un completo idiota, più di quanto già
dovesse esserle sembrato. – Non
volevo importunarti, davvero, non so nemmeno perché sono qui.
Si
diede una rassettata, anche se non c’era bisogno. Si
passò una mano tra i
capelli e si chiese cosa diavolo stesse facendo, tutto davanti a lei.
Si
schiarì la voce. Lei lo guardava alquanto divertita
divertita, la testa
poggiata sulla mano, gli occhi socchiusi e la bocca chiusa in un
accenno di
sorriso.
-
Be’, allora… scusa ancora. Buona serata.
Quando
fece per andarsene lei gli fece: - Nah, resta.
Si
volse e si sentì arrossire. – Ehm…
come, scusa?
Lei
gli indicò lo sgabello vuoto accanto al suo. –
Nessun disturbo. Vedi qualcun
altro, qui?
Entrambi
i loro sguardi volarono al tipo al cellulare a un lato del bancone. Lei
gli
fece spallucce, e lui allora si sedette.
-
E poi – aggiunse lei – come posso lasciarti andare
senza aver saputo il tuo
vero nome, Anal?
Lui
fece un sorriso timido. – Oh, be’ io mi
chiamo…
-
Shh – lo fermò lei alzando un dito. –
No. Non ora. Non subito. Non sarebbe divertente.
Lui
deglutì. A che gioco stavano giocando?
-
Immagino che neanche tu mi dirai il tuo, vero? –
azzardò. Lei rise con la
cannuccia tra i denti bianchi.
-
Impari in fretta.
Si
volse verso il barista, quello pieno di tatuaggi. – Fammene
un altro, Rob – gli
disse, alzando il mojito. – E per il nostro amico…
Lo
squadrò per un attimo. – Ah, per me basta una
bir…
-
Fagli una caipirinha – gli disse, prima che avesse modo di
completare la frase.
Alan si ritrovò interdetto con una mano ancora alzata. Rob
fece un sorriso
sorprendentemente gentile, visto che era un omaccione di almeno due
metri, con
braccia spesse come tronchi e con una graffetta all’orecchio
sinistro.
-
Subito tesoro – disse. In meno di quanto Alan riuscisse a
registrare, l’uomo
allungò i due drink. Shakerava e si muoveva con gli
ingredienti con una grazia
inaspettata a guardare le sue mani. Quelle manone avevano una
delicatezza
sorprendente. Il ragazzo ringraziò. Non aveva mai assaggiato
una caipirinha,
era un po’ emozionato e forse anche spaventato. Non sapeva se
poteva reggere.
La
rossa allungò il drink. – Cin
–
disse.
-
Cin – ripeté
lui. Bevvero. Alan
poggiò il drink e cominciò a tossicchiare. Cavoli
se era forte.
-
Allora, straniero, come sei capitato da queste parti? Sei un duellante?
-
Uh? No, no, io non duello. Duellavo, una volta. Ma ho smesso, ecco. Mi
ha trascinato
lui.
Indicò
Barney, che aveva cominciato a limonare con una delle asiatiche.
L’altra era
svenuta sul tavolo. Cristo, ma come faceva?
La
ragazza non mostrò interesse per l’altro. Sembrava
avere occhi solo per lui, e
al contempo quel suo sguardo era impenetrabile. – E come mai
non duelli più?
Quella
domanda se l’aspettava. – Capita di perdere la
passione, no?
-
Se la perdi non l’hai mai avuta. La penso così.
– Il suo tono non era di
rimprovero, non era canzonatorio. Aveva semplicemente espresso il suo
pensiero.
Non sapeva se fosse frutto dell’alcool o
dell’atmosfera, ma aveva cominciato a
parlare tranquillamente con quella bella ragazza, con
l’imbarazzo che andava
via via scemando, e non se ne capacitava nemmeno pienamente.
-
Mi sembra una visione un po’ drastica, no?
Bevve
un altro sorso e tossì. Lei sorrise. – Alle volte
bisogna essere drastici.
-
E tu? Sei una duellante, invece?
Lei
si tastò la cintura dei pantaloni e si girò per
mostrargli il porta-deck lì
appeso. Aveva dei bei fianchi e la pelle abbronzata. Alan si
sentì avvampare.
-
Diciamo che mi diverto – gli disse, succhiando dalla
cannuccia. Lui passò il
dito sull’anello bagnato che aveva lasciato il bicchiere sul
bancone. Un nome,
aveva un nome, ne era sicuro, ma non lo conosceva. Pensava alle parole
della
rossa, e a come si fosse divertito lui ai tempi andati, qualcosa come
una vita
fa.
Fece
per dire qualcosa, quando improvvisamente qualcuno si mise a urlare. I
due ragazzi
si voltarono.
-
Che succede? – domandò Alan. Barney si
staccò dalle labbra dell’asiatica come intontito
e disse. – Ehi, ma che c’è ora?
-
IL PINGUINO! E’ ARRIVATO IL PINGUINO! –
Gridò qualcuno, correndo a perdifiato.
Gli altri si misero a correre allo stesso modo. Altri ancora si
nascosero
dietro ai gazebo o sotto ai tavoli.
Alan,
confuso, guardò la ragazza. – Pinguino? Che
significa “il Pinguino?”.
Lei
lo ricambiò con quella che sembrava pietà.
Pietà per la sua beata ignoranza,
per non essersi mai dovuto trovare in quel genere di situazioni.
-
Guai – disse, e ora aveva perso il sorriso. –
Significa guai.
ANGOLO
DELL’AUTORE
Hola,
popolo di EFP!
Ben
ritrovati col secondo capitolo di
“Yu gi oh: Duelist Chronicles”! La settimana scorsa
vi ho dato un piccolo
assaggio di ciò che avreste potuto trovare qui dentro, col
duello fra Gary e
Aaron che – mi sono dimenticato di dirlo – omaggia
un po’ il filmato iniziale
dei primi Pokemon, che vede Gengar combattere con Nidorino. In questo
capitolo
abbiamo scoperto che quel duello si stava svolgendo, in differita, sul
cellulare del nostro protagonista, Alan.
La
strana coppia Alan/Barney sarà
difatti la protagonista delle nostre avventure da qui alla fine della
fan
fiction, e attorno a loro graviteranno una sfilza di personaggi,
rivali,
alleati, vecchie e nuove conoscenze, che si aggiungeranno nel corso del
tempo.
Dando vita alle avventure che spero vi divertirete a leggere.
Cercherò
di essere sintetico per non
rubare troppo la scena, anche se suppongo siate arrivati qui dopo aver
già
finito di leggere il capitolo. Abbiamo visto come Alan sia un
ex-duellante,
anche se non ci è chiaro il motivo che l’ha spinto
ad abbandonare il mondo del
Duel Monsters. Sta di fatto che prova emozioni contrastanti alla vista
del
Parco dei Duelli, questo luogo magico situato in una specie di radura
fatata.
Da una parte vorrebbe immensamente partecipare alla vita di quel posto,
dall’altra sente che non dovrebbe essere lì, che
il suo posto non è più nel
mondo dei duelli. Il suo è un attaccamento che vive quasi
con vergogna, al
punto che si nasconde in bagno per seguire la finale del campionato
– anche se
poi lo dice a Barney, forse perché si fida di lui, dopotutto
sono amici no?
E
l’abbiamo visto un po’ impacciato
alle prese con la bella ragazza dai capelli rossi di cui ancora non
conosciamo
il nome. Ma vi posso anticipare che sarà un personaggio
fondamentale nel prosieguo
della storia, e non una mera comparsa. Comparsa come invece lo sono
stati, per
ora, i due ragazzi che stavano duellando, lo scorbutico e spaccone
Surge e il
misterioso Shaun.
Ma
anche di loro avremo modo di
imparare qualcosa di più, non temete, così come
certamente impareremo qualcos’altro
su Giovanni, il tipo che proprio non è piaciuto ad Alan a
inizio capitolo.
Come
sempre, mi premuro di darvi
qualche riferimento per capire a cosa mi sono ispirato per il capitolo.
Anzitutto, la scena iniziale richiama diverse scene di “Sex
Education”, una
serie Netflix che ho amato. Loro hanno questi bagni diroccati dove si
nascondono per fare le sedute di “counseling”, se
così vogliamo chiamare, a
sfondo sessuologico, e sanno che quel posto è tranquillo
perché ci sarebbero
dei residui di amianto, per questo non vuole mai andarci nessuno.
Il
“Burger Mart” è invece un tributo a
“Invincible”, la mia serie a fumetti preferita. Il
Burger Mart è infatti il
luogo dove svolge il suo lavoro part time il protagonista, Mark
Grayson, alias
Invincibile, prima di diventare un supereroe a tutti gli effetti. Tra
l’altro è
proprio con un divertente sketch al Mart che scopre i suoi poteri. Ma
per chi
lo voglia leggere, non vi anticipo nulla; Invincible va gustato, punto.
Il
Parco dei Duelli è invece di mia
invenzione. Al massimo potreste vederlo come ispirato al Parco
Mezzosangue di
“Percy Jackson”, ci si può trovare
qualche affinità, ma è un’idea
originale. Soltanto
l’ambientazione circostante ha qualche riferimento a due
opere, e in generale
anche l’andamento che avranno questi primi capitoli lo
avranno:
-
la fattoria e i campi di zucche sono
un riferimento al gioco “Medievil”. In questo
senso, il Parco dovete
immaginarlo situato nelle Pianure di Gallowmere, per chi conosce il
gioco.
-
l’ambientazione più generale è
ispirata al primo mondo giocabile in “Yu gi oh: World
Championship 2008”,
tant’è che quando ho scritto la storia originale,
anni fa, il suo primo titolo
era “Yu gi oh: World Championship 2012”.
Ma
di queste cose parleremo più avanti
con più calma e meglio. Oh, e ora i personaggi: non sappiamo
ancora chi sia la
bella rossa al bar, ma penso che molti di voi abbiano riconosciuto Lt.
Surge,
il capo palestra di Aranciopoli nella prima generazione di Pokemon,
anche se
qui è nella parte del ragazzino spaccone. Un po’
come Gary, no? E guarda caso
che deck usano entrambi? Un deck di tipo Macchina. Eheh.
Ringrazio
invece profondamente uno dei
miei fidati collaboratori nonché amici, TheTooDarkLordTwo
per il personaggio di
Shaun, che duella qui con Surge con un deck che gli appassionati di Gx
conosceranno bene, anche se quelli non sono esattamente gli Eroi
Elementali che
siamo abituati a vedere.
Rob
invece è un personaggio che mi sono
inventato io apposta per l’occasione.
E
mancano i nostri due protagonisti,
naturalmente. Alan non è che quello stesso Alan di Pokemon
che duella contro
Ash nella lega di Kalos. Ho sempre amato il suo design, e mi piaceva
molto
l’idea di metterlo come protagonista della mia storia.
Essendo un OOC,
naturalmente, ha l’aspetto dell’Alan di Pokemon, ma
il suo background, la sua
personalità e ciò che farà in futuro
sono completamente gestiti da me. E
vedrete. Vedrete.
E
Barney dubito necessiti di
presentazioni. I suoi sketch iconici che ho cercato di mantenere e
rendere al
meglio, la sua personalità magnetica e accattivante, il suo
look
inconfondibile. Signore e signori, ecco a voi Barney Stinson, di
“How I Met
Your Mother”, interpretato dall’attore Neil Patrick
Harris. Abbiamo qui la sua
versione più giovane, nel mondo del Duel Monsters, dove lui
preferisce però
andare a caccia di belle ragazze, come il Barney originale, del resto.
Ma non è
un hippy come lo è la sua versione giovanile nello show.
E
questo è tutto. Spero che il capitolo
vi sia piaciuto, ricordatevi di lasciare una bella recensione, o di
mandarmi un
bel messaggio per farmi sapere che ci siete. Ho notato che le visite al
primo
capitolo sono state abbastanza, e ne sono molto felice. Ci vediamo la
settimana
prossima con un nuovo capitolo!
Nel
prossimo capitolo: “I pinguini sono
persone orribili”
Alan
e Barney non hanno fatto in tempo a scoprire il Parco dei Duelli che
subito se
lo vedono minacciato. E la minaccia arriva sottoforma di un avversario
senza
scrupoli, che vuole appropriarsi di quell’oasi di pace.
C’è un solo modo per
scacciarlo: batterlo a un duello. Ma chi ne avrà il fegato?
Ciao
ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
N.B. Piccolo "easter egg",: quando Barney dice che deve inseguiire una
coppia di "belle tettone asiatiche", provate a digitare "Busty Asian
Babes" per capire. Bei tempi quelli dei fratelli Winchester.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3: I pinguini sono persone orribili ***
CAPITOLO
3: I pinguini sono persone orribili
Quando
era entrato lì, Alan aveva scambiato quel luogo per
un’oasi felice, lontana dal
tempo e dalle giurisdizioni del mondo. Avrebbe presto capito di essersi
sbagliato.
Totalmente.
C’erano
poche persone a non essersi nascoste, e loro erano tra questi. Mentre
sentiva
una grande tensione montare nell’aria, lui era stranamente
concentrato sul
braccialetto di vetri di mare della ragazza rossa. L’aveva
appena notato. Aveva
parlato di guai, ma che tipo di guai?
La
risposta gli si palesò quasi subito. Ci fu il rumore di un
motore, e subito
dopo un minivan Mercedes nero fece la sua apparizione nello spiazzo,
travolgendo qualche tavolino e frenando in sgommata. Le luci dei fari
accecarono per un attimo Alan e la ragazza, che si schermarono con un
braccio.
Poi
le luci si spensero, il motore anche, e le portiere si aprirono.
Scesero due
tizi dalla cabina, e altri quattro dal vano dietro. Erano vestiti di
tutto
punto nonostante la canicola, in nero e sembravano non avere ottime
intenzioni.
I volti spigolosi e le espressioni minacciose non li rendevano certo
tipi con
cui ti veniva voglia di scambiare quattro chiacchiere. E poi come
facevi a
fidarti di uno che si vestiva pesante d’estate?
Al
centro della banda c’era l’uomo più
strano che Alan avesse mai visto. Era un ometto
panciuto in tuba, monocolo e frac, ma la cosa che subito saltava
all’occhio era
il suo naso adunco, che lo faceva assomigliare a un volatile.
Cos’è che aveva
gridato il ragazzo? “Il Pinguino! È arrivato il
Pinguino!”. Possibile che “il
Pinguino” fosse quel tipo lì?
Aveva
con sé un ombrello la cui punta sembrava affilatissima, e
che usava come bastone
da passeggio. Quando ghignò, le sue labbra si ritrassero su
una fila di denti
sporchi e macilenti. Guardò la fila di ragazzi e ragazze che
si erano ritratti.
Poi guardo quelli che invece erano rimasti lì.
Barney,
con l’asiatica stretta a lui e l’altra ancora
svenuta sul tavolino.
Un
uomo di circa sessant’anni dai capelli ricci che si stava
bevendo la sua pinta di
birra e se ne sbatteva allegramente.
Alan
e la rossa al bancone.
-
Ohoh – constatò. – Voi non avete paura
di me?
La
ragazza strinse il pugno. – Siamo stanchi delle tue angherie,
Cobblepot!
-
Io è la prima volta che vengo! –
annunciò Barney.
L’asiatica,
per tutta risposta, se ne uscì puntando il dito a
sé stessa e, dopo aver mormorato
qualcosa in giapponese, esclamò: - KONO DIO DA!!
-
NANI?! – urlò l’altra, appena
risvegliatasi.
-
Qualcuno può spiegarmi qualcosa? –
domandò Alan. L’uomo che avevano chiamato
Cobblepot, o Il Pinguino, fece qualche passo in avanti,
l’ombrello che
affondava nel terreno. Aveva dite grassocce.
-
Le mie angherie? – disse, mimando le parole
dell’altra. – Quelle che tu chiami
angherie, dolcezza, sono affermazioni di potere.
Si
batté l’ombrello sul palmo della mano. –
Vengo soltanto a richiedere ciò che è
mio. Eppure per voi sarebbe così facile mandarmi via.
Basterebbe solo qualcuno
che mi battesse a duello.
-
Duello? – Alan credeva di non aver sentito bene. Si volse
verso la ragazza, che
lo guardò e gli spiegò: - Cobblepot è
un criminale, un mafioso.
-
Cosa?!
Barney
improvvisamente esclamò: - Anvedi, fratello. Me
stai a magnà tutte ‘e fettuccine!
-
No Barney, quello è romano.
-
Mo ce ripigliamm' tutt' chell che è 'o nuost
-
Meglio.
-
Viene continuamente a importunarci e pretende che
gli paghiamo il pizzo per questo terreno, che non è nemmeno
suo – continuò la
rossa. Cobblepot fece una risatina.
-
Suvvia, ragazza. “Mafioso” mi sembra eccessivo.
Sono solo uno a cui piace farsi rispettare. Il rispetto è
essenziale per il
potere, e il potere lo è per il rispetto. Potere e rispetto
sono tutto nella
vita. Se non hai quelli, sei meno di niente.
Concluse
quella frase con asprezza, sferzando
l’aria col suo ombrello. Gli uomini dietro di lui annuivano
vigorosamente.
-
Non ci fai paura! – disse il barista, che la
ragazza aveva chiamato Rob.
Cobblepot
ghignò. – Davvero? Non mi sembra proprio,
a giudicare da come scappate terrorizzati ogni volta. Pure tu, che sei
grande
grosso: fai il duro, ma come mai te ne resti lì dietro?
Rob
strinse i denti, ma rimase al suo posto.
-
Can che abbaia non morde, si sa. – Cobblepot
spostò
il suo sguardo, fermandosi un po’ su Alan e un po’
su Barney.
-
Ohoh, carne fresca, mi pare – constatò
compiaciuto. – Se volete, potete contribuire alla cassa
comune.
-
Quale cassa? Io non ho neanche il portafoglio –
fece Barney.
-
COME PRETENDEVI DI PAGARE QUALCOSA ALLORA?! –
sbottò Alan. – E SE CI BECCAVANO? ERI SENZA
PATENTE?!
-
Vai in giro senza documenti, ragazzino? –
Cobblepot si fece sorprendentemente serio ed assennato. – Ma
sei scemo? Se ti
beccano finisci in questura.
-
Commuovente che un criminale si preoccupi così
tanto per un giovane – commentò acida la rossa.
– Vattene via, Cobblepot.
-
Esatto! – disse Rob.
-
Pff – lui ridacchiò. – Siete tanto
bravi, a
parole. Eppure nessuno di voi ha ancora fatto niente!
Puntò
il suo ombrello contro di loro, accusandoli
uno ad uno. – Sapete benissimo cosa dovete fare. Se non
volete pagare, se non
volete che il povero “Pinguino” continui a
importunarvi, allora che qualcuno di
voi si faccia crescere un paio di palle e mi sfidi a duello!
Una
vena si era gonfiata sulla sua fronte. –
Altrimenti continuate a strisciare per terra e a chinare il capo come i
cani
che siete. Perché è quello il vostro posto, in
mezzo alla polvere.
I
suoi uomini ridacchiarono.
La
rossa strinse forte il pugno. Alan, che invece non si era mai fatto
spaventare
da prepotenti di nessun tipo in vita sua, chiese: - Di che duello parla?
La
ragazza dagli occhi di bronzo lo guardò. – Uh?
-
Parlava di duello, no? Non mi dirai che intendeva una partita di Duel
Monsters.
La
ragazza esitò prima di rispondergli. Ma poi
annuì. – Esatto.
-
Mi stai dicendo che basta che uno di voi lo sconfigga a duello e lui se
ne
andrà per sempre? Hai detto così, no?
Si
rivolse direttamente al Pinguino, che fece una smorfia prima di
rispondergli: -
Sì, esatto.
-
Stai scherzando?
-
Perché dovrei? Ragazzino, si vede che sei nato ieri: oramai
nel mondo il potere
si esprime col Duel Monsters. Con un duello si decidono le sorti del
mondo.
Vuoi sapere perché la guerra fredda non è mai
davvero scoppiata?
Ridacchiò.
– Perché il duello tra il presidente americano e
quello russo si è concluso in
uno stallo, all’epoca.
Una
goccia di sudore scese dalla fronte di Alan. – Cosa?
-
Il Duel Monsters è potere! E il potere controlla ogni cosa
– esclamò di nuovo.
– Se mi sconfiggerete, sarete liberi. Ma se non ci provate
nemmeno, vi attende una
vita miserabile. Certo, a meno che non preferiate direttamente cedermi
il
vostro campo. Ho già un paio di utilizzi in mente per questo
bel posticino.
-
Non se ne parla nemmeno! – esclamò la rossa.
-
Il campo è nostro! Non ce lo porterai via! – gli
fece eco Rob.
Surge,
che stava di profilo contro uno dei gazebo, mormorò: - Che
branco di poveracci.
Chissene frega di dove duelliamo, purché lo si faccia. A me
interessa vincere,
il luogo non importa. Piuttosto che farsi ammazzare da
quelli…
Il
sudore imperlava anche la sua fronte, nonostante cercasse di mantenersi
composto. Nemmeno lui, muscoloso com’era, osava avvicinarsi a
quei tizi là.
Alan,
per parte sua, era allibito. – Mi state dicendo che avete
sempre avuto la soluzione
a portata di mano e non l’avete mai sfruttata?
Lei
fece ondeggiare i capelli spostando di nuovo la testa verso di lui.
– Non è
così semplice… Non sappiamo a cosa andiamo
incontro se perdiamo.
Sentì
Cobblepot ridacchiare. Alan aveva la bocca serrata. Guardò
la rossa e lei
guardò lui.
-
Combattete – le disse. – Abbiate il coraggio di
lottare per ciò che sentite
vostro.
Lei
socchiuse la bocca. Rimase sospesa così, fece per dire
qualcosa ma poi Barney
si tirò in piedi e fece: - Momento, momento,
momento…
Tutta
l’attenzione si spostò su di lui. Si
rassettò gli abiti e camminò al centro
dello spiazzo, mettendosi tra i malavitosi in nero e loro due. Li
guardò
entrambi, poi disse: - Ho un’idea migliore.
-
Non finirà bene – sospettò Alan. Barney
gli puntò un dito contro: - Perché non
duelli tu?
Alan
sgranò gli occhi e si sentì subito gelare.
– Sei impazzito? Io non c’entro
niente con questo posto! E poi ti ho detto che non…
-
Bla, bla bla – lo interruppe lui, mimando il becco di una
papera con le dita. –
Un sacco di chiacchiere. Fratello, sei il miglior duellante che conosca!
-
Non mi hai mai visto duellare!
-
Ma io lo sento! – Barney
si mise una
mano sul petto. – E so che puoi dare una lezione a questi che
si credono i
padroni del mondo. E
fruttarci così
un sacco di pollastrelle.
L’ultima
l’aveva sussurrata.
-
Col cavolo! – si difese lui. – Non mi
metterò a duellare solo per le tue manie
di protagonismo. Questi ci ammazzano!
-
No – dissentì Cobblepot, in tono diplomatico.
– Potremmo soltanto, come dire…
confezionarvi un cappotto di legno. Ammazzarvi è
così esagerato da dire.
-
E’ la stessa cosa!
-
Merda, sono più informati di quanto pensassi i giovani
d’oggi – confidò a uno
dei suoi uomini in nero.
-
Colpa delle serie tv e dei meme, signore – gli disse quello.
– Oramai sanno
tutto di noi.
-
Dannazione.
Barney,
intanto, stava continuando la sua pantomima. – Andiamo, Alan
– e gli si avvicinò
zampettando come un coniglio. – E’ la tua occasione
per farti valere. Potresti
diventare la star, l’eroe di questo posto. E io, il migliore
amico della star.
Si
batté fiero una mano sul petto. Ma Alan, scolato il suo
drink, disse: - Ce ne
andiamo.
-
Uh?!
Guardò
la rossa, che lo stava fissando con una punta di disappunto, ma senza
davvero
poterlo biasimare. – Mi spiace, ma questa non è la
mia battaglia. Dovete
vedervela voi. Io sono qui… solo per caso.
Prese
l’amico per un braccio. – Coraggio, Barney. Andiamo
via.
Ma
uno degli uomini del Pinguino sbarrò loro la strada.
– Qui non se ne va nessuno
– intimò.
-
Spostati – fece Alan, per niente intimorito. Al che, il
Pinguino ghignò e
disse: - Ha fegato, il giovanotto. Non mi dispiacerebbe battermi con
lui.
Alan
passò i suoi occhi blu sul capo della banda. –
Spiacente, non duello più. È la
mia regola. Oltretutto, non ho neanche un deck dietro.
E
quello era un problema non irrilevante. Barney gli mise le mani sulle
spalle: -
Le regole sono fatte per essere infrante, bro!
-
Spostati, che mi fai caldo. – Alan lo scostò
malamente, poi si mise le mani in
tasca.
-
Non sono venuto qui per farmi trascinare in una qualche battaglia.
Tantomeno
per rischiare la vita. Noi ce ne andiamo. E se volete provare a
fermarmi…
Uno
strano vento cominciò a soffiare, facendo ondeggiare la
giacca smanicata di jeans
di Alan. L’uomo fece un passo indietro senza neanche
rendersene conto. Gli occhi
blu dell’altro erano piantati nei suoi, la minaccia velata
che non aveva finito
di proferire era nel vento.
A
quel punto, la rossa si fece avanti. – Aspetta.
Alan
si volse. – Non potrai farmi cambiare idea.
-
Non voglio farlo – lo smentì subito lei. Era
proprio bella, vista da lì, in
piedi, con la camicia arrotolata e quegli occhi di bronzo abbinati a
quei
capelli rossi. Alan pensò che si sarebbe potuto innamorare
di lei in un
istante, e continuare a farlo tutti i giorni per il resto dei suoi
giorni. Ma
era irrilevante in quel momento.
-
Hai detto che non è la tua battaglia, e hai ragione. Il
fatto è…
Si
afferrò un braccio lungo il fianco. – Il fatto
è che qui siamo un branco di
cagasotto, come avrai potuto constatare –
confessò, con un sorriso amaro.
Sembrava che ora avesse gli occhi lucidi. Alan sentì una
fitta allo stomaco.
-
Però siamo anche dei ragazzini che vengono qui a divertirsi
e a giocare al loro
gioco preferito. Se sei stato un duellante, sai quanto questo
significhi, no?
Alan
ponderò le sue parole, non sapendo bene che dire. Si
limitò ad annuire.
-
Allora ti prego, aiutaci.
Strinse
i pugni. Il moro la guardava di lato, con i pugni lungo i fianchi. I
suoi occhi
brillarono per un attimo, attraversati da un velo di tristezza.
– Ho fatto una
promessa. Non posso infrangerla.
-
A chiunque tu l’abbia fatta – disse lei –
sono sicuro che capirà. È importante,
ti prego.
Alan
mandò giù un boccone amaro. Cosa fare? Sentiva il
peso delle piastrine che portava
al collo, e che sbattevano sulla canotta nera. Ogni volta che se ne
dimenticava, loro gli ricordavano di essere lì. Avevano
cominciato a bruciare
come fossero fuoco solidificato, il che era anche vero. Non sapeva se
fosse
solo suggestione o meno, ma sapeva perfettamente cosa significava. Il
fuoco
scioglie il ghiaccio, e lui stava camminando su una lastra
particolarmente
fragile. Strinse i pugni con forza.
Ricordava
la sua promessa, ci pensava ogni giorno. Era il suo primo pensiero la
mattina
appena sveglio e l’ultimo prima di coricarsi la sera, o la
mattina dopo. Era
come quando sei innamorato, ma della persona sbagliata, o quando sei in
lutto,
o un po’ entrambe le cose. Sapeva cosa doveva fare, o meglio
cosa non doveva fare. Ma
d’altro canto, era
davvero giusto lasciarli in quella situazione. Se poteva fare qualcosa,
non era
anche in dovere di farlo? E soprattutto, poteva davvero dire di no a
quegli
occhi di bronzo?
Fece
un sospiro pesante.
-
Coraggio, comincio a stancarmi – fece il Pinguino, alle sue
spalle. – O
duellate, o pagate. Non c’è una terza via.
A
quel punto, come se quelle parole avessero innescato qualcosa dentro di
lui, Alan
si volse con la furia nello sguardo e nella voce e disse. –
C’è sempre una
terza via.
E
poi aggiunse. – E l’aprirò io.
La
ragazza dai capelli rossi, dopo un attimo di spaesamento,
spalancò gli occhi e
la sua bocca si aprì in un sorriso. – Dici davvero?
Avrebbe
voluto che non fosse così. Sentiva le piastrine diventare
roventi. Le afferrò e
sopportò il dolore. Guardò il cielo stellato e
aveva quasi le lacrime. Perdonami, Lucius.
Perdonami, ma devo fare
ciò che è giusto. Ti prego, perdonami.
Chiuse
gli occhi, ispirando con forza e cercando di restare calmo. Sembrava
sul punto
di un attacco di panico. Si riebbe quando qualcuno gli batté
una mano sulla
spalla. Si volse e incrociò il sorriso di Barney: - Ben
fatto, campione.
Con
un sorrisino spento, Alan gli disse: - La pagherai per avermi
trascinato in
questa situazione, sappilo.
Come
risultato, il sorriso di Barney si allargò ancora di
più. – Certo, ma solo se
ne usciamo vivi.
Non
aveva tutti i torti. Alan si fece serio e tornò a guardare
il Pinguino. Quello
si tenne la pancia ed emise una sonora risata goliardica: - Bene! Molto
bene!
Finalmente qualcuno che ha le palle di farsi avanti. Questa
è la mia nottata
fortunata!
Poi
aggiunse, con voce più sommessa: - Ma non la tua, ragazzino.
Ti pentirai.
Socchiuse
gli occhi, poi schioccò le dita e disse: - Duel disk, prego!
Oh,
credimi, me ne sto già pentendo,
pensò Alan. Ma già che
sono in merda,
tanto vale andare fino in fondo.
Si
volse verso la rossa e gli altri. – Mi servirà un
deck – annunciò – e un duel
disk.
Quella
annuì e si rivolse agli altri: - Chi può
prestargli un deck?
Ma
nessuno osò pronunciarsi. L’altra era indignata: -
Oh, andiamo! State
scherzando, ragazzi?!
-
Mpf, non mi va di rischiare le mie carte per un novellino –
disse Surge,
esprimendo così il parere generale. Un mormorio si accese
fra la folla.
-
Non è il momento di fare gli stronzi! – esplose
lei.
-
Ah sì? – Shaun, che non si era ancora fatto
sentire, le puntò il dito contro. -
Allora perché sei venuta subito a chiedere a noi? Fatti
avanti tu! Prestaglielo
tu il deck!
-
Sì, giusto! – esclamò un altro, e
presto tutti gli diedero corda. La ragazza
strinse i denti. Poi mise mano al porta-deck. – Come volete..
In
quel momento, però, intervenne di nuovo Barney: - Io ho
un’idea!
Tutti
si zittirono e stettero a guardarlo. Barney aveva le mani stese in
avanti e gesticolava
come un ossesso. Si rivolse all’amico: - Alan, quante carte
servono al minimo
per comporre un deck?
-
Quaranta – gli rispose lui, a braccia conserte. Era una di
quelle cose che non
ti scordi, una delle prime che impari, e che diventa un dato acquisito
per
sempre. Barney fece un rapido calcolo e poi disse: - Be’,
siamo anche in più di
quaranta qui. Se ciascuno di voi gli presta una carta, siamo a posto!
Tutti
si guardarono e ricominciarono a discutere. – Non
funzionerà mai – commentò uno
degli uomini del Pinguino. – Non può combattere
con un deck messo su dal nulla.
Cobblepot
sorrise. – Allora perderà. Tanto lo
farà comunque. La cosa importante è che mi
faccia divertire.
Intanto,
uno dei suoi uomini aspettava col duel disk fra le mani. Il Pinguino
ricominciò
a battere col suo ombrello. – Ci muoviamo? Non ho in
programma di perdere tutta
la serata dietro a voi marmocchi.
La
rossa era visibilmente sudata e tesa. – Ultima chiamata,
ragazzi. Non avremo
un’altra occasione.
E
detto questo, estrasse il suo deck, cercò fra le carte e poi
ne scelse una.
Andò da Alan e gliela porse. Lui la guardò e le
disse: - Ti ringrazio.
-
No, grazie a te.
Dopo
di lei, un altro ragazzo venne avanti e gli diede la sua. –
Spero che possa
aiutarti. E che tu possa aiutare noi.
Alan
gli sorrise. – Già.
Dopo
di lui, altra gente cominciò a smuoversi. Surge li guardava
con disappunto. –
Siete pazzi. Completamente pazzi.
Andò
a sedersi, mantenendosi cupo in volto e con le braccia conserte. Alan
intanto
era diventato il centro dell’attenzione di tutti. Sembrava
quello che
raccoglieva i biglietti della lotteria.
-
Ragazzi, non solo gli scarti o i doppioni, anche carte forti
– si raccomandò la
ragazza. – O non vincerà mai.
-
Non vincerà comunque – le ricordò il
Pinguino. Lei lo fulminò con uno sguardo
torvo, ottenendo come unico risultato quello di farlo ridere.
Tra
la folla si fece largo un ragazzo alto, dai capelli rossi e gli occhi
marroni,
con una camicia rossa su pantaloni leggeri blu. Gli porse una carta
piuttosto
forte, anzi, la più forte che Alan avesse visto quella sera.
Il moro lo guardò,
e lui ricambiò lo sguardo con quegli occhi di un marrone
intenso. Il rosso non
gli disse nulla, e non appena Alan ebbe preso la carta, si volse e si
allontanò
dal campo. Alan guardò di nuovo la carta.
Un
drago…,
pensò.
Davanti
a lui si pose subito dopo una ragazza sorridente, molto carina. Non era
troppo
alta, ma aveva delle belle gambe, messe in evidenza dal suo vestito
bianco a
fiori con le spalline. I capelli biondi tendevano al marrone ed erano
lunghi
fino alle spalle, e gli occhi erano di un colore tra il grigio e
l’azzurro. Gli
porse una carta con un sorriso.
-
In bocca al lupo, mi raccomando! – lo incoraggiò,
e poi andò dietro al ragazzo
rosso dai penetranti occhi marroni. Alan li guardò
scomparire, poi aggiunse le
due carte al deck.
A
donargli un’altra carta forte fu una ragazza dai bellissimi
capelli lavanda,
che masticava una cingomma. L’odore della cicca lo
colpì come era successo al Mart
con Barney. Lei gli allungò la
carta, fece scoppiare la bolla appiccicosa,
l’arrotolò e poi gli batté una mano
sulla spalla.
-
Sei tosto, mi piaci – concluse, per poi allontanarsi. Quanti
tipi strani che
c’erano.
Alla
fine, anche il ragazzo chiamato Shaun si fece avanti. Alan lo
guardò senza fiatare.
Quello era recalcitrante, ma alla fine, dopo essersi battuto un paio di
volte
il deck su una mano, prese una delle carte e gliela diede.
-
Non fraintendere – gli disse – non è che
ce l’abbia con te, è solo che…
-
Ho capito – lo interruppe lui, e non importava che avesse
davvero capito o
meno. L’importante era esserne convinti, no? Quello
annuì, poi gli passò la sua
carta.
Alla
fine, il ragazzo aveva collezionato 39 carte. – Ne manca
ancora una – constatò.
-
Surge! – La ragazza si girò verso il biondo.
– Non fare lo stronzo. E anche
voi!
Ma
il gruppo di reticenti non era intenzionato a farsi sentire. Surge ora
aveva
messo le mani dietro alla testa, come se fosse il più
rilassato del mondo. – Ma
fammi il piacere. Non ho intenzione di prendere parte a questa
pagliacciata.
-
Però ci vieni anche tu, qui! – gli fece notare
Rob. Anche lui aveva contribuito
con una carta.
-
Non stare a rompere – gli disse il biondo.
-
Quanto sei ignorante! – sbottò la rossa. Fece per
urlargli altro, ma Alan le
disse: - Non preoccuparti. Ci sono tutte.
Lei
si volse verso di lui. Con la mano libera, il ragazzo si
ficcò la mano in
tasca, tirando fuori il portafoglio. Da esso, a sorpresa, estrasse una
carta
protetta da una bustina. La liberò e la aggiunse alle altre.
Mostrò il deck
completo.
-
Ora sono tutte e quaranta.
-
Fantastico! – esultò Barney. – Ma
cos’è quella carta?
-
Lo vedrai – gli disse l’amico. – Ora mi
serve un duel disk.
Rob
ne tirò fuori uno che era appeso a una delle pareti del suo
bar. – Prendi,
ragazzo!
Glielo
lanciò come un pallone da football. Con riflessi
sorprendenti, Alan lo afferrò
con una mano sola. Mentre se lo sistemava sul braccio, sentì
il fastidio che si
era aspettato: era come quando ti togli una collana che indossi da
anni, e poi
te la vai a rimettere. Senti che qualcosa che avrebbe sempre dovuto
essere lì è
mancato per tanto tempo, e ora fai fatica ad abituarti di nuovo.
È sempre stato
lì, e al contempo no. Era una sensazione così
strana. Lo inquietava, però gli
dava anche una certa sicurezza.
Mentre
si sistemava bene lo strumento, che era più pesante di
quanto lo ricordasse, la
rossa gli venne vicino. – E così ti chiami Alan,
eh?
-
Già – confermò lui, posizionando il
deck nel vano. Quando ebbe finito, la
guardò intensamente e le chiese: - Se vinco, mi rivelerai il
tuo nome?
Sembrava
un’altra persona. L’imbarazzo era sparito, e nel
suo sguardo ora c’era solo una
fredda determinazione.
Lei
gli rispose con un sorriso. – Certo.
Al
che sorrise anche lui. – Allora ci vediamo dopo.
Avanzò
verso il Pinguino. Lui lo accolse con una risatina gracchiante.
-
Oh oh, e così osi davvero avvicinarti.
-
Non posso farti il culo se non vengo più vicino –
gli rispose Alan, fissando
dritto davanti a sé.
-
Oh oh – ripeté quello. – Allora vieni
pure. Avvicinati quanto vuoi. Perché
tanto quella che subirai sarà una sconfitta bruciante. Sei
pronto alla tua
disfatta?
-
Buffo. – Se ne uscì con un sorrisetto, e
alzò il duel disk portandolo davanti a
sé. – Stavo giusto per chiederti la stessa cosa.
Il
vento spazzò le foglie via dal campo, soffiando in mezzo a
loro. Ora tutto si
era fatto improvvisamente silenzioso. I due si guardarono negli occhi.
Il Pinguino
si era fatto passare il duel disk, e dopo esserlo sistemato sul braccio
sinistro infilò una mano nel suo abito. Ne estrasse un mazzo
compatto, che
ficcò nel dispositivo, accendendolo di luci e suoni.
Con
la sincronicità che caratterizza gli sfidanti di Duel
Monsters, i due urlarono:
COMBATTIAMO!!!
-
Ci siamo – disse Barney.
-
Buona fortuna, Alan… - mormorò la rossa.
Surge
rimase fisso a guardare senza dire una parola, e così molti
altri. Ora si era entrati
in un altro mondo.
-
Comincio io – annunciò il Pinguino, pescando la
sua prima carta. Un ghigno si
aprì sotto al naso adunco. – Ottimo. Attivo subito
la carta magia continua
Pericolo Acquatico.
La
carta mostrava delle onde che si innalzavano verso il tramonto, ma
brulicanti
di mostruosi uomini pesce armati di tridente. – Quando non
controllo mostri,
una volta per turno posso evocare dalla mia mano un mostro di attributo
Acqua,
purché sia di livello 4 o inferiore. Chiedo ora
l’intervento di Pinguino
Fulminante!
Un
piccolo pinguino dal manto blu e gli occhi verdi, con due fruste
elettriche al
posto delle ali, fece la sua apparizione sferzando l’aria.
(Attributo: Acqua;
Lvl: 3; Tipo: Tuono; ATK: 1100; DEF: 800).
Ad
Alan venne da sorridere. – Pinguini? Sei serio?
-
Ohh, sono molto serio – disse lui, portandosi una nuova carta
davanti al volto.
I suoi occhi cominciarono a muoversi nervosamente. – E presto
scoprirai quanto seria sia la tua
situazione. Con
un’evocazione speciale, ho ancora diritto a
un’evocazione normale, quindi
chiamo in campo Pinguino Volante!
Questo
pinguino era più grosso del precedente, aveva sempre il
manto blu, delle lunghe
sopracciglia che partivano verso l’alto, ma soprattutto le
sue orecchie sembravano
delle ali. (Attributo: Acqua; Lvl: 4; Tipo: Acqua; ATK: 1200; DEF:
1000).
-
Ora metto sul terreno una carta coperta e termino il mio turno. Prego,
a te la
mossa. – Cobblepot si protese nella parodia di un inchino.
-
Sì grazie, ma so come si gioca – rispose Alan,
pescando la sua prima carta. Si
accorse subito della sua mano tremante. Era l’emozione, e
anche il senso di
colpa che provava. Non avrebbe dovuto fare quella cosa. Sentiva le
piastrine
pesanti come massi e calde come se stessero fondendo. No, decisamente
non
avrebbe dovuto. Ma ormai era in ballo, e a volte certe cose diventavano
così
importanti che neanche riuscivi più a spiegarti
perché. Sapevi solo che eri
pronto a infrangere vecchie promesse in loro nome. Ora che era in
ballo, doveva
ballare. E dopotutto, duellare era come andare in bicicletta, no? Dopo
le prime
volte, è tutto in discesa, no? Sperava vivamente di
sì.
Da
quant’è che non metto mano a un
duel disk? Saranno almeno due anni…
Sembrava
un’infinità. Aggiunse la carta alla sua mano, e
diede una rapida scorsa.
Davanti a lui, il suo avversario aveva due mostri in posizione
d’attacco.
Perché
li ha messi in attacco? Sono
deboli. Sta cercando di attirarmi in una trappola?
I
suoi occhi corsero alla carta coperta. Be’,
c’è un solo modo per scoprirlo.
-
Gioco Grande Angus in posizione d’attacco! –
dichiarò. Posizionò la carta sul
duel disk, cercando di ignorare il tremito delle mani. Davanti a lui si
materializzò il suo primo ologramma da due anni. Era una
bestia feroce
quadrupede, dalla pelle rossa come fuoco, e cosparsa di cicatrici. I
muscoli
erano possenti, i denti affilati e due zanne da cinghiale emergevano
dal suo
viso indefinito da animale. (Attributo: Fuoco; Lvl: 4; Tipo; Bestia;
ATK: 1800;
DEF: 600).
-
Oh cavolo! – esclamò il Pinguino, notando la
differenza tra i punti d’attacco
delle due creature.
-
Oh, puoi dirlo forte – gli disse Alan. Stese una mano avanti:
- Vai, Angus,
attacca il Pinguino Fulminante!
La
bestia non se lo fece ripetere due volte e scattò
all’attacco. Il piccolo
pinguino era quello con meno punti d’attacco,
perciò il danno sarebbe stato
maggiore. Il volatile cominciò a strepitare quando si vide
il mostro davanti,
ma bastò una sferzata d’artigli per farlo tacere,
facendolo esplodere in
schegge olografiche. Il Pinguino fece un passo indietro.
LIFE
POINTS ALAN: 8000
LIFE
POINTS COBBLEPOT: 7300
I
ragazzi lanciarono urla di approvazione. – E vai
così, Alan! – esclamò Barney,
stringendo forte il pugno. La rossa, che era al suo fianco con le
braccia
conserte, sorrise. – Niente male come prima mossa.
Tuttavia,
i loro sorrisi morirono quando videro l’espressione sul volto
di Cobblepot.
-
Kehehe, povero ingenuo – disse – sei caduto
così facilmente nel mio tranello.
-
Di che tranello parli?
-
Ammira! – Cobblepot scoprì la sua carta coperta:
una trappola che raffigurava
un soldato, in abiti militari romani, armato di lancia a guardia di un
portone
che cacciava un soldato in armatura grigia.
-
Vattene Ladruncolo! – dichiarò Cobblepot.
– Esattamente ciò che farai tu finito
questo duello: ladruncolo o meno, che importa? Te ne andrai con la coda
tra le
gambe. Così come sta per fare il tuo mostro!
Puntò
un dito contro Angus, e dalla carta si alzò un vento che lo
avvolse. La bestia
scomparve in quel vortice.
-
Cosa ha fatto?! – domandò Barney.
-
Kehehe, la mia trappola fa in modo che ogni volta che un mostro
infligga danno
all’avversario se ne torni immediatamente nelle mani del suo
possessore.
-
Oh no, ora Alan è scoperto – constatò
la rossa. Alan, una goccia di sudore
sulla fronte, riprese in mano la carta che aveva sul duel disk.
-
Rischiare era l’unica cosa che potevo fare – disse,
più a sé stesso che agli
altri. – Posiziono una carta coperta, e termino il mio turno.
Il
suo avversario rise di gusto. – Già in
difficoltà, ragazzino? E dire che
abbiamo appena cominciato. Pescò e il suo ghignò
si allargò: - Adesso comincia
il divertimento. Sacrifico il mio Pinguino Volante per evocare Byser
Shock!
Il
volatile fece posto a una creatura completamente diversa: non era un
pinguino,
ma quello che sembrava un piedistallo con sopra un set pronto per le
torture,
avvolto da un’inquietante aura rossa. Due lastre di metallo
piene di spuntoni
facevano da base a una struttura a U, fatta da palle di metallo
affilate, due
morse e un anello di spine che serviva ipoteticamente a cingere un
cranio.
(Attributo: Oscurità; Lvl: 3; Tipo: Demone/Effetto; ATK:
800; DEF: 600).
-
E quello cos’è? – domandò
Alan, spalancando gli occhi.
-
Oh, quello è solo un piccolo mostro che mi è
molto utile quando non voglio
rischiare. Quando Byser Shock viene evocato, tutte le altre carte
presenti sul
terreno tornano in mano ai rispettivi proprietari.
L’aura
rossa della creatura si trasmise a tutte le altre carte, che si
accesero di scariche
elettriche del medesimo colore. Alan vide il suo duel disk brillare, e
fu
costretto a rimuovere la sua carta coperta. – Dannazione
– mormorò.
Cobblepot
rise ancora. – E siccome Pericolo Acquatico è una
carta magia, e non una
trappola, posso posizionarla subito.
L’ologramma
ricomparve, e da esso si sprigionò un’onda che
faceva uno strano effetto, vista
sotto quel cielo notturno e, soprattutto, in mezzo a un prato.
-
Sfortunatamente non posso evocare altri mostri, dato che controllo
già Byser Shocker,
ma posso comunque attaccarti direttamente. Vai, mia creatura. Attacco
Tortura!
Il
set si scompose e volò addosso ad Alan, intrappolandolo in
una morsa. Il
ragazzo urlò prima ancora che le scariche lo
attraversassero. Finito, il set si
ricompose dalla parte del Pinguino. Alan cadde in ginocchio ansimando
mentre i
suoi life points scendevano.
LIFE
POINTS ALAN: 7200
LIFE
POINTS COBBLEPOT: 7300
-
Alan! – urlò la rossa, spalancando gli occhi.
-
Maledizione… - Barney aveva i denti stretti, e per una volta
non era in vena di
battute.
Vedendo
il suo avversario agonizzante, il Pinguino se ne compiacque.
– Coraggio, già
stanco? È difficile quando competi con un professionista
come me, dico bene? Un
novellino come te deve essere terrorizzato.
Alan
continuava ad ansimare con forza.
-
Tch, che pagliacciata – commentò acido Surge.
La
ragazza dai capelli rossi si mise una mano sulla fronte, sconsolata.
– Forse
non è stata una così buona idea assemblare quel
deck mettendo insieme carte a
caso. Non vanta per niente la forza e la compattezza che può
avere un deck ben
pensato.
E
le sue parole gettarono un velo di malumore su una folla che si era
animata per
pochi, esigui danni inferti al loro nemico. Barney si volse verso di
lei: - Noi
dobbiamo avere fiducia in lui! A proposito, ti va di uscire dopo?
-
No.
-
MALEDIZIONE, ALAN VINCI QUESTO DUELLO!!
-
CORAGGIO!
Alle
esortazioni dei due, il ragazzo si rimise in piedi. Era visibilmente
scosso.
Merda,
non pensavo di essere così
arrugginito…
-
Te la senti di continuare? – gli chiese il suo avversario in
tono provocatorio.
Lui
strinse i denti. – Hai finito?
-
No, non ancora. Penso che userò ancora questa carta magia,
Recupero, per
riprendere in mano i due pinguini finiti al cimitero, e poi
completerò il
turno.
La
carta mostrava un’orca munita di gru che stava recuperando
uno strano scafandro
meccanico. Cobblepot riprese in mano le due carte come aveva detto, e
fece
segno ad Alan che poteva procedere. Il ragazzo non esitò
oltre e pescò.
Okay
Alan, hai sette carte in mano,
cerca di farle fruttare.
Sbirciò il suo avversario da
dietro la propria mano. Ora hai un
vantaggio, cioè che se non hai fatto male i calcoli sai
perfettamente quali
carte ha in mano lui. Due sono i pinguini che ha recuperato, e una
è la
trappola di prima. Hai solo un margine di errore, una sola incognita.
Ma
era davvero tranquillo?
-
Non mi resta che rischiare – disse – come prima
cosa uso Vortice: pagando 500
life points, posso distruggere la tua carta magia.
LIFE
POINTS ALAN: 6700
LIFE
POINTS COBBLEPOT: 7300
Un
vortice uscì dall’ologramma della carta di Alan, e
travolse Pericolo Acquatico,
facendo scomparire anche l’onda corrispondente. Cobblepot non
sembrava affatto
preoccupato: - Oh, certo, sacrifica pure altri life points –
gli disse – come
se non ti servissero.
-
Un piccolo prezzo da pagare – obiettò Alan.
– E ora difenditi da questo: evoco
Forza d’Attacco Goblin d’Elite!
Un
gruppo di quattro goblin in armature da cavalieri e muniti di spade
fece la sua
comparsa. (Attributo: Terra; Lvl: 4; Tipo: Demone/Effetto; ATK: 2200;
DEF:
1500).
-
E li equipaggio con Ascia di Distruzione, che ne aumenta la potenza di
attacco
di ben mille punti! – Alan fece apparire un’ascia
che sembrava fatta di carne
viva, e dove sembrava di poter addirittura scorgere un volto, vicino a
dove
spuntava la lama. Uno dei goblin la prese in mano al posto della spada,
e
subito fu avvolto da un’aura rossa e assunse
un’aria feroce. Ora i loro
punti d’attacco erano di 3200.
-
Vai così, Alan! – lo esortò Barney.
-
Avanti Goblin, attaccate il suo mostro! – Appena dato
l’attacco, i Goblin si
lanciarono su Byser Shock, e fecero a pezzi quell’inquietante
macchina di
morte. Il Pinguino si riparò con un braccio dal fumo
olografico che seguì alla
dipartita della creatura, massacrata dai mostri verdi. Il danno
stavolta era
considerevole.
LIFE
POINTS ALAN: 6700
LIFE
POINTS COBBLEPOT: 4900
La
gente ricominciò ad applaudire. Alan si sentì
più motivato da quella mossa. Il
suo avversario, però, non sembrava essersi impensierito.
– Bravo, sei riuscito
a farmi un danno notevole. Ma se è tutto qui, caschi male.
-
No, non è tutto qui – lo smentì il
ragazzo. – Prima di terminare il mio turno,
gioco Agnelli Dispersi, che mi permette di evocare due segna mostro
Agnello che
utilizzerò dopo.
Due
batuffoli di pelo, uno rosa e l’altro bianco, con delle corna
ricurve e zero
punti di attacco e difesa a testa spuntarono sul terreno, mettendosi
l’uno
sopra l’altro. Avevano delle espressioni così
assonate e buffe.
-
Ehi, è la mia carta! – gridò un ragazzo
dal gruppo.
-
Bravo, e vantati pure! – lo rimbeccò Cobblepot.
-
Termino il mio turno – dichiarò cupo Alan.
– Per il suo effetto, Forza
d’Attacco Goblin passa in posizione di difesa fino alla fine
del mio prossimo
turno.
I
Goblin si inginocchiarono.
-
E’ il mio turno! – Il Pinguino pescò la
sua carta e sorrise come al solito.
-
Gioco Anfora dell’Avidità, che mi permette di
pescare due nuove carte. – Una
delle carte più famose del Duel Monsters, un vaso verde a
linee blu con un
volto inquietante e ridente sopra, comparve per un attimo, per poi
scomparire
non appena il suo possessore ebbe pescato le due carte come annunciato.
Ne
mostrò una. – Ora gioco Torna
all’Inizio: scartando una carta dalla mia mano,
posso far tornare i tuoi goblin in cima al tuo deck. Muahahah!
Alan
dovette trattenere un’imprecazione mentre rimuoveva la carta
e la posizionava
in cima al deck. Aveva praticamente perso una mano. E aveva anche perso
Ascia
di Distruzione, che era finita al cimitero. Ora, la sua difesa erano i
due
Agnelli. Ma Cobblepot fece qualcosa che non si aspettava: - Penso mi
limiterò a
mettere un mostro coperto in posizione di difesa, e concludere qui il
turno.
L’ologramma
della carta coperta si materializzò sul terreno. Il Pinguino
ghignò. – Avanti,
cosa potrai mai fare ora, ragazzo?
-
Pesco! – Alan non perse tempo, ma ovviamente sapeva
già quale carta avrebbe estratto
dal mazzo.
-
Sei stato uno sprovveduto a non attaccare, e anzi, mi hai fatto un
favore! –
dichiarò. – Difatti, ora posso nuovamente giocare
la mia Forza d’Attacco Goblin
in posizione d’attacco!
I
quattro goblin fecero nuovamente la loro apparizione, ridendo tra loro.
-
Perché Cobblepot avrebbe fatto una mossa del genere?
– si domandò la rossa.
Effettivamente, così facendo aveva avvantaggiato Alan. O era
stata una svista,
oppure il ragazzo stava per andare a cacciarsi in una trappola
terribile.
Stai
attento, mi raccomando,
pensò. Barney, al suo fianco, le rivolse uno sguardo con la
coda dell’occhio.
Era proprio carina, altro che.
-
Avanti Goblin, distruggete il mostro coperto! – Alan
mandò i suoi mostri
all’attacco, e quelli sguainarono le spade lanciandosi
immediatamente
all’assalto. Quando dalla carta coperta emanò la
solita luce che indicava il
formarsi dell’ologramma, il ghigno di Cobblepot si
allargò talmente tanto che sembrò
dividergli in due il volto. Dall’ologramma uscì il
pinguino più bizzarro fino a
quel momento: sembrava l’esatta riproduzione di Cobblepot se
fosse stato un
volatile, con frac e tuba, dalla pelle di un blu sinistro e il ventre
bianco e
panciuto, e due ciuffi biondi che emergevano da sotto la tuba.
Appena
lo vide, il moro sgranò gli occhi. – Oh no, lui no!
-
Oh sì, lui sì! – esclamò il
Pinguino, esaltato. Stese il braccio: - Ammira il
mio gioiello, il mio Pinguino dell’Incubo!
(Attributo:
Acqua; Lvl: 3; Tipo: Acqua/effetto; ATK: 900; DEF: 1800)
-
Ora si attiva il suo potere speciale! – Cobblepot
puntò il dito contro i goblin
di Alan. – Quando il mio Pinguino dell’Incubo viene
scoperto, posso scegliere
una carta sul tuo terreno e farla tornare nella tua mano,
perciò dì nuovamente
addio ai tuoi goblin.
L’ologramma
scomparve, e Alan fu costretto nuovamente a riprendere in mano i suoi
mostri. –
Keheheh, sembra proprio che le tue adorate creature non vogliano
lasciarti, eh?
E sappi che non ho finito.
Strabuzzò
uno degli occhi. – Siccome l’effetto di uno dei
miei pinguini si è attivato, io
posso richiamare Nopinguino dal mio cimitero!
-
Cosa?! E quando ci sarebbe finito al tuo cimitero? –
domandò Alan.
Quello
ridacchiò. – Ma è ovvio, no?
È stato per effetto di Torna all’Inizio. La carta
che ho scartato, ricordi?
Alan
corrugò la fronte. Quel duello si faceva sempre
più difficile.
Il
nuovo pinguino evocato da Cobblepot sembrava uscito direttamente da un
cartone
animato. Era una caricatura di pinguino, con un sorrisetto da beota e
un
cartello con una grossa X rossa. Agitava di continuo la pinna/ala.
(Attributo:
Acqua; Lvl: 3; Tipo: Acqua/Effetto; ATK: 1600; DEF: 100).
Non
ho idea di cosa faccia, ma la
mia offensiva è stata di nuovo respinta, come tutte le mie
ultime offensive.
Devo giocare sulla difensiva.
Guardò
le carte che aveva in mano, il sudore che gli imperlava la fronte. Era
in difficoltà,
aveva decisamente sottovalutato il suo avversario. Aveva accettato un
duello
che non era sicuro di poter vincere. Un azzardo che non era abituato a
fare.
Perché lui era sempre sicuro di poter vincere. O almeno
così era stato un
tempo.
-
E va bene – dichiarò – posiziono una
carta coperta e termino il mio turno.
L’ologramma
coperto fece scattare una nuova risatina del Pinguino. –
Sento la paura nella
tua voce, la leggo nei tuoi occhi e la vedo nelle tue azioni.
Pescò
la sua nuova carta. – E la tua paura ti porterà
alla rovina. Come la mia
prossima mossa! Ora gioco la carta magia Distruggi-Carte, il cui
effetto ci
obbliga a scartare tutta la nostra mano al cimitero, e ad aggiungere lo
stesso
numero di carte dal deck.
La
carta raffigurava una mano dalla pelle blu e le unghie affilate che
gettava via
delle carte nel vuoto. La luce che proveniva dal lato della carta
faceva pensare
che ci fosse un fuoco.
Alan
fece una smorfia. Guardò la sua mano, e poi la
posizionò nel vano corrispondente
al cimitero. Il Pinguino fece lo stesso, poi entrambi pescarono altre
carte.
Quando pescò l’ultima, Alan avvertì una
sorta di piccola scossa che si
trasmetteva alla sua mano. Nascose appena lo stupore. Vide Cobblepot
socchiudere gli occhi, dubbioso. Guardò la carta che aveva
appena pescato,
assieme alle altre due nuove di zecca.
Arrivi
sempre al momento giusto,
pensò. Cercò di calmarsi: ora vedeva una via
d’uscita. Cobblepot, tuttavia, gli
rispose con un ghigno compiaciuto.
-
Preparati a conoscere il vero terrore, moccioso – gli
annunciò. – Ora sacrifico
Nopinguino, ed evoco…
Sfilò
la carta dalla mano con lentezza, come a volersi gustare tutto il
momento. Poi
spalancò gli occhi di colpo ed esclamò: - Il
Grande Pinguino Imperatore!!
Posizionò
la carta e le linee arcobaleno si diffusero sul duel disk. I generatori
di ologrammi
entrarono in azione, il pinguino-caricatura scomparve, e quello che
comparve al
suo posto fece spalancare a tutti occhi e bocca. Quello era il Godzilla
di
tutti i pinguini. Era alto almeno quattro metri, enorme, minaccioso, il
volto
mostruoso e la bocca piena di denti affilati come lame, dei lunghi
ciuffi di
capelli biondi, e una strana pelliccia rosa dalla quale pendevano
schegge di
osso giallognoli, come una collana. Lanciò il suo verso
assordante al cielo.
(Attributo: Acqua; Lvl: 5; Tipo: Acqua/Effetto; ATK: 1800; DEF: 1500).
-
Si mette male… - mormorò Alan.
-
Oh no. – Barney si portò una mano allo stomaco.
-
Calma – la rossa cercò di restare concentrata.
– Quel mostro sembra fortissimo,
ma ha solo 1800 punti d’attacco. Non è nulla
d’impossibile.
Cobblepot,
a sentire le sue parole, esplose in una risata sguaiata. –
Ah, davvero dolcezza?
Ma senti questa: il mio Pinguino dell’Incubo ha un altro
potere speciale. Ogni
mostro di attributo Acqua sul mio terreno ottiene un bonus
all’attacco di 200
punti. Sì, nulla di che, ma così il potere del
mio Pinguino arriva a 2000. Più
che sufficiente a farti pentire di aver accettato questo duello!
Un’aura
rossa avvolse i mostri di Cobblepot, i cui punti d’attacco
salirono come indicato.
Quelli del Grande Pinguino erano a 2000, mentre quelli di Pinguino
dell’Incubo
ammontavano ora a 1100.
-
Alan, devi resistere! – gli gridò Barney.
-
Non lo farà! Avanti, miei pinguini, divorate i suoi Agnelli
Dispersi e
sbaragliate le sue difese!
I
due volatili si lanciarono all’attacco. Alan sembrava
destinato a restare
nuovamente inerme di fronte alle sue offensive. Ma in quel momento,
fece
qualcosa che nessuno si aspettava: sorrise.
-
Guardate! – esclamò la rossa. – Che gli
prende?
-
Oh no, deve aver avuto un crollo mentale! – e Barney si mise
le mani nei
capelli. Ma l’altro lo tranquillizzò: -
Tranquillo, Barney, nessun crollo. È
solo che finalmente le cose cominciano a girare per il verso giusto.
-
Ma di che parli? – gli fece Cobblepot. Nel frattempo, i due
volatili erano
sugli agnelli, che emisero versi atterriti. Il moro in quel momento
stese il
braccio: - Scopro la mia trappola: Annulla Attacco!
La
carta raffigurava un vortice di luce su uno sfondo a spirale blu, rosso
e
celeste.
-
Dannato moccioso! – esclamò l’altro. Una
barriera di luce intercettò l’attacco
dei Pinguini e li respinse. Le bestie si ritrassero, e gli Agnelli
poterono
tranquillizzarsi.
Barney
e gli altri trassero un sospiro di sollievo.
-
L’ha scampata bella – e Barney si tolse un
fazzoletto dalla tasca con cui si
deterse la fronte. La ragazza giocava col suo braccialetto di vetri di
mare. –
Sì – concordò – ma avanti di
questo passo non resisterà a lungo. Ha avuto
fortuna, fin’ora. Ma non può durare in eterno.
Barney
si grattò una guancia, in difficoltà. –
C’è proprio bisogno di fare l’uccello
del malaugurio?
Lontano
dal campo di battaglia, su una delle collinette, una coppia stava
osservando il
duello. Erano il rosso dai penetranti occhi marroni e la ragazza
sorridente.
Lui era in piedi a braccia conserte a osservare il duello; lei invece
era
seduta sull’erba, le braccia avvolte attorno alle gambe.
-
Cosa ne pensi, Lance? – domandò la ragazza.
L’espressione
del ragazzo era indecifrabile. – Penso che abbia buone
possibilità di
cavarsela, ora che ha pescato quelle carte.
Lei
alzò la testa verso di lui. – Ehh? Riesci
veramente a vedere cos’ha pescato da
qui?
Lance
le rispose senza guardarla. – Posseggo quindici decimi a
entrambi gli occhi. Ci
vedo benissimo.
Lei
fece un verso meravigliato. – Vero, me lo scordo ogni volta.
Sei sempre incredibile,
fratellone.
Lui
non rispose. Si limitò ad aspettare.
-
Termino il mio turno – dichiarò Cobblepot.
– Stavolta ti è andata bene,
ragazzo, ma la prossima volta non sarai così fortunato.
Alan
pescò. Diede uno sguardo alla carta con la coda
dell’occhio, poi guardò il suo
sfidante. Sorrise ancora.
-
E ora si può sapere che hai? – Il Pinguino
cominciava a irritarsi.
-
Stavo solo pensando al fatto che la fortuna comincia a girare
– gli ripetè. –
Hai detto che la prossima volta non sarò così
fortunato, eh? Be’, giudica tu se
questa è fortuna o abilità.
Tolse
dalla mano una delle carte. – Ora sacrifico uno dei miei
Agnelli Dispersi.
Il
batuffolo rosa scomparve in un turbine di luce. Alan alzò la
carta e la sbatté
sul duel disk: - Ed evoco Ohka Mech Maestoso!
Dal
vortice di luce emerse un leone meccanico alato. Il suo corpo era
diviso in
sezioni e sembrava tenuto insieme dalla forza magnetica. Era
prevalentemente
bianco ma aveva anche delle parti rosa, come la punta delle ali, il
nucleo che
collegava il corpo alla testa, e diverse linee lungo il corpo, che era
formato
da due sezioni cilindriche. Atterrò sul terreno e
lanciò un ruggito alla luna.
(Attributo: Luce; Lvl: 6; Tipo: Fata/Effetto; ATK: 2400; DEF: 1400).
Vedere
quel mostro risollevò il morale a tutti. La rossa strinse il
pugno: - Ora sì
che si ragiona.
-
Distruggilo, Alan! – Barney faceva un tifo che nemmeno allo
stadio. Cobblepot,
invece, si mostrò per la prima volta preoccupato: - Oh,
merda… Non avevo idea
che avesse una simile carta nel suo deck…
-
Te l’ho detto che la fortuna gira! – Alan strinse
il pugno, per poi stendere la
mano in avanti. – Coraggio, Ohka!
Indicò
una delle creature. – Distruggi il Pinguino
dell’Incubo usando il Respiro Celeste!
Il
leone non se lo fece ripetere, e caricò molecole di luce
nella sua bocca, per
poi spararle sottoforma di un fascio fotonico. Il volatile
lanciò uno strillo,
per poi essere vaporizzato immediatamente dopo. Cobblepot si
parò dalla luce con
le braccia davanti al volto.
LIFE
POINTS ALAN: 6700
LIFE
POINTS COBBLEPOT: 3600
Quando
il bagliore si diradò, i punti di Cobblepot erano calati
sotto la metà di
quelli originali, e il fumo era l’unica cosa rimasta al posto
del suo pinguino.
-
Maledizione… - Cominciò a grattare coi denti.
Alan rinnovò il suo sorriso.
-
Adesso che il tuo alter ego è scomparso, con lui se ne va
anche il suo bonus.
Difatti,
i punti del pinguino gigante erano ritornati al loro valore originale
di 1800.
-
Ora posiziono due carte coperte, e termino il mio turno. –
Alan rimasto con una
sola carta in mano, fissò l’altro in modo intenso.
Cobblepot, stizzito, pescò
la sua carta. Stavolta non era felice come al solito.
-
Hai avuto solo fortuna, te l’ho detto – gli disse.
– E ora ti mostrerò che essa
è inutile contro di me! Come prima cosa, evoco Soldato
Abissale in posizione
d’attacco!
Il
mostro di Cobblepot era un uomo pesce con la testa di balena, due
enormi pinne
sulle spalle e un tridente dorato in pugno. (Attributo: Acqua; Lvl: 4;
Tipo: Acqua/Effetto;
ATK: 1800; DEF: 1300).
-
Attivo il suo potere speciale – annunciò.
– Mi basta scartare un mostro dalla
mia mano, e il tuo mostro si fa un bel viaggio per la tua mano. E
sarà un
viaggio di sola andata, perché non ti darò
l’occasione di evocarlo di nuovo!
Indicò
Ohka, che scomparve in un vortice di luce con un ruggito di
disapprovazione. Alan
ritirò la carta senza fare commenti.
-
Oh no, di nuovo… - La rossa ora era di nuovo preoccupata.
Barney
aveva cominciato a mordersi le unghie. La tensione era altissima.
-
E per firmare definitivamente la tua condanna, ora uso
l’ultima carta che ho in
mano: Blocca Difesa!
Cobblepot
mostrò la sua ultima carta, una magia che raffigurava un
soldato armato di
scudo con una grossa X bianca sopra la sua figura. – Questa
carta costringe il
tuo patetico capretto a passare in posizione d’attacco. Ed
avendo zero punti, è
inerme di fronte alla potenza del mio Pinguino Imperatore!
Strinse
il pugno così forte da sbiancarsi le nocche. Alan lo
guardò.
-
E’ un agnello – lo rimproverò. Cobblepot
si morse un labbro, - E chi se ne
frega!
Cercò
di riconquistare il controllo, ma non avere carte in mano lo faceva
sentire stranamente
nervoso. Eppure aveva il controllo, sì, certo che lo aveva.
Il ragazzino era
stato fortunato, ma la sua fortuna si era presto esaurita.
-
Avanti, Pinguino Imperatore, sbarazzati di quell’inutile
segna-mostro!
Il
Pinguino emise il suo strillo mostruoso, poi si chinò sul
piccolo batuffolo
bianco, che stavolta non poté fare nulla per difendersi,
né poté farlo Alan. La
scena raccapricciante vide l’enorme pinguino calare
sull’Agnello e ingoiarlo in
un sol boccone, per poi mandarlo giù. E con lui, se ne
andarono anche
milleottocento Life Points di Alan.
LIFE
POINTS ALAN: 4900
LIFE
POINTS COBBLEPOT: 3600
Ma
l’offensiva non era ancora finita. – Avanti,
Soldato Abissale, colpisci
direttamente i suoi Life Points!
L’uomo
pesce spiccò un balzo e colpì Alan con il suo
tridente. Il ragazzo si mantenne
il fianco come se fosse stato colpito veramente e finì in
ginocchio.
LIFE
POINTS ALAN: 3100
LIFE
POINTS COBBLEPOT: 3600
Surge
fece una risatina scontrosa. Stava stravaccato con le gambe su una
sedia e le
braccia incrociate.
-
Pare che questo duello sia giunto ormai alla sua fine. Il bamboccio ha
dimostrato
quello che già avevamo capito tutti: che non ci azzecca un
cazzo qui.
La
rossa si volse su tutte le furie. – Ma si può
sapere perché devi fare lo
stronzo anche in un momento del genere?
Lui
fece spallucce e allungò la testa all’indietro,
chiudendo gli occhi. Per lui,
non c’era più nulla da vedere.
Alan
si rialzò, il sudore che ormai gli aveva impregnato lo
scollo della canotta.
Era stanco, sfinito come se avesse corso la maratona. E aveva una sola
carta in
mano. Il Pinguino rise così forte da farsi venire la tosse.
Si riprese e lo
guardò con cattiveria da sopra il suo naso adunco da
pennuto.
-
Non posso fare altro che terminare il mio turno, ma per quanto ancora
pensi di
riuscire a resistere? Ormai è evidente chi sia il vincitore,
keheheh!
Alan
pescò la sua carta. E poi, dopo essersi riavviato i capelli
con una mano, mostrò
lo stesso sorriso di prima. La cosa fece irritare di nuovo il suo
avversario,
che sbottò: - Ma che cazzo ti ridi, mocciosetto?!
Lui
lo sfidò. – Fai la voce grossa perché
senti che stai per perdere, non è così?
Cobblepot
aveva un tic nervoso all’occhio destro. – Di che
diavolo parli? Non c’è modo in
cui tu possa ribaltare le sorti del duello. Trovo il tuo perseverare
patetico!
Alan
inarcò un angolo della bocca. – Invece ho in mano
la carta che è esattamente in
grado di fare quello che hai appena detto. E se non mi credi, lo vedrai
con i
tuoi stessi occhi!
Ignorò
la carta che aveva appena pescato, invece scelse quella che gli era
rimasta in
mano da prima. – Preparati a conoscere il volto della tua
disfatta: evoco Drago
da Richiamo in posizione d’attacco!
Quando
i generatori di ologrammi proiettarono l’immagine
corrispondente alla carta, le
reazioni furono le più disparate. Ci fu chi
lanciò urla di meraviglia, chi
restò a bocca aperta, altri ancora – specialmente
le ragazze – si prodigarono
in urletti. Barney e la rossa erano rimasti semplicemente allibiti. E
Surge,
che stava per accendersi una sigaretta, la lasciò cadere con
un “Ma che
cazzo…?”. Una cosa era sicura: il mostro che era
appena stato evocato non
corrispondeva alle aspettative di nessuno. Era un cucciolo di drago,
poco più
grande di un gatto. Fluttuava a mezz’aria, aveva il dorso di
un azzurro virante
sul verde, così come la parte ossea delle ali e la corazza
che gli difendeva il
cranio. Il ventre, le membrane e il resto della parte morbida del corpo
era
invece arancione. Aveva due canini affilati che spuntavano dalla bocca
chiusa,
due piccole ali da pipistrello e due zampe anteriori ancora
più piccole. La sua
espressione era quella di un infante. (Attributo: Fuoco; Lvl: 2; Tipo:
Drago/Effetto; ATK: 300; DEF: 200).
Dopo
un attimo di totale spiazzamento, il viso di Cobblepot divenne rosso di
collera. – Mi prendi per il culo?
Emise
una risata nervosa. – Mi prendi per il culo, moccioso?!
Quella sarebbe la mia
disfatta?! Quella patetica creatura?! Ma non farmi ridere!
Diede
una spazzata con il braccio. – E lo metti pure in posizione
d’attacco? Povero
idiota! Non solo hai firmato la tua condanna a morte, ma hai pure il
coraggio
di prendermi per il culo.
Agitò
le dita come un ossesso. – Quando ti avrò
sconfitto ti darò una bella lezione,
lo vedrai.
-
Alan dev’essere completamente impazzito per fare una cosa del
genere – commentò
la ragazza. Stringeva con forza il braccialetto di vetri di mare con
l’altra
mano. Era nervosa come non lo era mai stata.
-
Perché l’ha messo in attacco? – Barney,
per quel poco che ne capiva di Duel Monsters,
aveva intuito fosse una pessima idea. Alan si era praticamente
condannato. La
tensione doveva avergli giocato un brutto scherzo. Quello,
oppure…
Il
moro rispose alle minacce del Pinguino senza perdere il suo sorriso.
– Non mi rimangiò
quel che ho detto, Cobblepot.
Posizionò
la sua ultima carta coperta, e con Ohka in mano incrociò le
braccia. – Il mio
turno è finito. Goditi il tuo. Perché
sarà anche il tuo ultimo turno.
Il
malvivente pescò furioso. – Mpf, il mio ultimo
turno? Non penso proprio! Guarda
cos’ho pescato: Kraken! Questa merdina non è buona
a nulla, se non a farsi
scartare per poter attivare l’effetto di Soldato Abissale!
Dì pure ciao ciao al
tuo draghetto!
Rise
di gusto. Ma Alan fu rapido a intervenire: - Non credo proprio! Attivo
la magia
rapida Controlla-Avversario!
La
prima delle tre carte coperte di Alan si sollevò, mostrando
un enorme joystick
che fece la sua comparsa sul terreno. – Ti spiego subito come
funziona – disse
il moro. – Ho due possibilità: o cambiare la
posizione del tuo mostro, ma
questo non cambierebbe nulla, oppure sacrificare un mio mostro per
prendere il
controllo del tuo, e renderlo così inerme fino alla fine del
tuo turno.
-
Mpf, e allora? Perderai il tuo draghetto, io mi limiterò a
evocare questo
mostro, e tu sarai comunque distrutto al prossimo turno. Prendere tempo
è
inutile – gli fece notare Cobblepot. Ma Alan non era dello
stesso parere.
-
Non prendo tempo, mi guadagno la vittoria.
-
E’ impossibile! – sbottò
l’altro.
-
Oh, lo vedrai. Scopro la mia seconda carta coperta: Diritto di Nascita!
La
carta era una trappola raffigurante un corridoio distrutto con un
cavaliere
armato di spada che avanzava puntandola in avanti. – Diritto
di Nascita mi
permette di evocare un mostro normale dal mio cimitero sul campo di
battaglia.
E il mostro che scelgo è Pesce Luna Spaziale, che tu hai
mandato al cimitero
con Distruggi-Carte.
Dal
cimitero fece il suo ritorno un gigantesco pesce simile a una sogliola,
ma blu
e con dei disegni che sembravano le Linee di Nazca che correvano lungo
tutto il
suo corpo. (Attributo: Acqua; Lvl: 4; Tipo: Pesce; ATK: 1700; DEF:
1000).
Gli
occhi di bronzo della rossa si illuminarono assieme al suo sorriso.
– E’ la mia
carta, esclamò!
Prese
Barney per una spalla. – Ha giocato la mia carta!
Alan
la guardò con la coda dell’occhio e le rivolse un
sorriso. Lei annuì di
rimando. Anche Barney la stava guardando. Alan tornò a
concentrarsi sul duello
e proseguì la sua mossa: - Ora uso Pesce Luna Spaziale come
tributo per
attivare l’effetto di Controlla-Avversario.
Il
pesce scomparve subito, e il controller nello stesso momento
cominciò a
digitare da solo una combinazione di tasti. Subito, Soldato Abissale
fece un
balzo e si mise dalla parte del campo di Alan, dandogli le spalle. Il
Pinguino
strinse i denti.
-
Così non hai guadagnato assolutamente nulla… -
gli ripeté.
Alan
sorrideva ancora. – Perché non lo scopri da solo?
-
Mi sono stancato di questa pagliacciata! Ora evoco Kraken il Demone,
così da
fare piazza pulita dei tuoi ridicoli Life Points!
Il
mostro appena evocato era, letteralmente, un kraken, un calamaro
gigante dal
colorito giallognolo e due occhi come fari, emerso da abissi
olografici. (Attributo:
Acqua; Lvl: 4; Tipo: Acqua; ATK: 1200; DEF: 1400).
-
Avanti Kraken, sbarazzati del suo inutile mostro!
Il
gigantesco calamaro agitò i suoi tentacoli verso il
draghetto, apparentemente
indifeso, che iniziò a ritrarsi.
-
Oh no, sembra l’inizio di un porno giapponese! –
urlò Barney. Lui ne sapeva qualcosa,
a casa aveva una mensola piena di… vabé, non
è importante ora.
-
Così Alan perderà la sua ultima linea di difesa
– constatò la rossa,
preoccupata. La presa sul braccialetto si era fatta più
forte. Le sue parole
rispecchiavano il vero: i mostri dell’altro erano forti a
sufficienza da
spazzare via sia il Drago da Richiamo di Alan che il Soldato Abissale
dello
stesso Cobblepot.
-
Hai fatto male ad affidare a un cucciolo indifeso i tuoi life points!
Persino i
bambini sanno che non si mette un mostro così debole in
attacco! – Cobblepot
pregustava già la vittoria, anche se
quell’offensiva non sarebbe stata
sufficiente a spazzare via i restanti life points dell’altro.
Ma lui sentiva di
averlo ormai in pugno.
A
quel punto, Alan prese a ridere, scuotendo le spalle. – Cosa
diavolo ti ridi? -
Cobblepot ormai aveva la voce ridotta a un sibilo rabbioso.
Alan
lo sfidò. – Hai ragione, anche i bambini sanno che
non si usano mostri deboli
in attacco. E ti sei dimostrato peggio di loro, Cobblepot. Sei caduto
dritto
nella mia trappola!
-
Di che parli?! – A quell’urlo dell’altro,
i tentacoli del Kraken si arrestarono
di colpo. Il sorriso di Alan si allargò.
-
Vedi, il mio mostro non si chiama “Drago da
Richiamo” per caso. E se l’ho messo
in posizione d’attacco, è stato per far
sì che tu lo attaccassi, e attivassi
così il suo potere speciale. Ti ho teso una trappola,
esattamente come hai
fatto tu con i tuoi pinguini all’inizio del duello.
-
Di che potere speciale parli?! – Cobblepot era incredulo.
-
Di uno molto particolare, e unico nel suo genere. Quando Drago da
Richiamo
viene scelto come bersaglio di un attacco, può riportare in
vita un mostro di
tipo drago di livello 7 o superiore dal cimitero.
Alan
strinse il pugno mentre lo diceva. Il Pinguino strabuzzò gli
occhi. – Co-cosa?!
Indietreggiò
agitando le braccia come il volatile di cui portava il nome. Poi parve
tranquillizzarsi. – Eheh, aspetta un momento.
Puntò
un dito contro il ragazzo. – Tu non hai nessun mostro drago
di quel livello nel
cimitero!
A
quell’accusa, Alan rispose con un sorriso. – Ah, ma
davvero? Il mio amico qui
non è dello stesso parere.
-
Di che parli?!
-
Vieni a me – Alan lo ignorò, e stese un braccio in
avanti. – Drago Tricorno!!
Davanti
a lui esplose un vortice di luce. Da esso emerse prima un ruggito, e
poi una
figura imponente e minacciosa, che si erse addirittura sopra al Grande
Pinguino
di Cobblepot. Sembrava l’incrocio tra un dinosauro e un
drago, con tre grandi
corna che gli spuntavano dalla testa, la posa di un tirannosauro, la
pelle di
un blu intenso e il ventre rosso come fuoco, una selva di spine che gli
correva
lungo la colonna vertebrale fino alla coda, e due occhi rossi privi di
pupille.
Dalla bocca emise fumo, e poi lanciò un assordante ruggito
al cielo.
(Attributo: Oscurità; Lvl: 8; Tipo: Drago; ATK: 2850; DEF:
2350).
I
presenti si tapparono le orecchie. Cobblepot strabuzzò
nuovamente gli occhi e rischiò
di cadere all’indietro. – No… non
è possibile! Da dove è uscito quel coso?!
Alan
gli mostrò il duel disk. – Non ricordi? Quando hai
usato Distruggi-Carte, abbiamo
entrambi scartato la nostra intera mano al cimitero.
-
A-allora è stato in quel momento che…
-
Già – gli confermò Alan. –
Pensavi di mettermi in difficoltà, invece facendo
così hai firmato la tua condanna a morte. Mi hai permesso di
evocare questa
potentissima creatura, e adesso diventerà il tuo incubo per
il resto del
duello.
Poi
guardò il drago e aggiunse. – E non manca molto.
Attivo il secondo potere speciale
di Drago da Richiamo! Adesso, il tuo povero Kraken è
costretto a spostare
l’attacco contro il mio Drago Tricorno!
-
No, non è possibile! – La tuba di Cobblepot
volò sull’erba quando lui si mise
le mani fra i capelli. Le cose stavano prendendo una piega che non gli
piaceva
affatto.
-
Avanti Drago Tricorno – comandò Alan –
schiaccialo!
Il
mostro sollevò la sua enorme zampa e con essa
spiaccicò il povero calamaro. I
tentacoli ebbero degli spasmi per qualche istante, poi si afflosciarono
ed esplosero
in tante schegge digitali. Cobblepot vide scendere i suoi life points
con la
mascella che tra un po’ toccava terra.
LIFE
POINTS ALAN: 3100
LIFE
POINTS COBBLEPOT: 1950
-
Grandissimo Alan! – gli urlò la rossa.
-
Sei una forza, bro! – Barney strinse il pugno e
portò all’infuori il mento,
fiero.
Cobblepot,
invece, sembrava diventato catatonico. – No…
questo è impossibile, non può star
succedendo davvero…
Alan
pescò la carta di inizio turno, senza nemmeno aspettare che
l’avversario gli passasse
la mano. Tanto non aveva più carte a disposizione.
– Spero tu ti sia goduto il
tuo ultimo turno, Cobblepot.
Guardò
la carta e sorrise. – Ottimo, quello che mi serviva. Indovina
un po’? Ora gioco
Controlla Mente, grazie alla quale il tuo Soldato Abissale
continuerà a non
infastidirmi.
La
carta magia raffigurava due mani demoniache tese sopra a quella che
sembrava
una marionetta, o forse una povera anima. Dei fili invisibili
trattennero sul
posto il povero uomo pesce, che aveva appena lasciato il campo di Alan.
Quello
sorrise.
-
E adesso, posso dare finalmente il colpo di grazia ai tuoi life points.
Ma
siccome voglio darti una batosta che non ti dimenticherai, ora scopro
la mia
ultima carta coperta: ed è la carta trappola Rinforzi, che
conferisce
cinquecento punti addizionali a uno dei miei mostri fino a fine turno!
La
carta raffigurava dei soldati in armatura all’attacco. Da
essa si sprigionò
un’aura rossa che subito avvolse il Drago Tricorno, il quale
lanciò un poderoso
ruggito da tirannosauro mentre i suoi punti superavano la soglia dei
tremila e
arrivavano a 3350.
-
Sei finito Cobblepot! Vai Drago Tricorno, distruggi Il Grande Pinguino
Imperatore!
L’uccello
infernale lanciò uno strillo disperato quando si vide il
possente drago sopra.
Quello però fu impietoso, e aperte le fauci se lo
ingoiò intero come l’altro
aveva fatto con uno degli agnelli. Tutti quanti restarono senza parole.
LIFE
POINTS ALAN: 3100
LIFE
POINTS COBBLEPOT: 400
Quando
vide il mostro più forte del suo deck finire ingurgitato in
un sol boccone da
quel drago, Cobblepot ormai grondava peggio di una ninfomane in chiesa.
Aveva
le labbra dischiuse e balbettava parole che probabilmente erano
un’invocazione
a Cthulhu. Alan verificò i punteggi sul duel disk, fece una
smorfia e poi
disse: - Mm, sei sopravvissuto con una piccola percentuale di life
points, ho
calcolato male. Oh be’, non sono mai stato bravo in
matematica.
E
facendo spallucce, lo invitò pure a continuare. Cobblepot
portò una mano
tremante al vano porta-carte del duel disk, tirò su la
carta, la guardò
prossimo alle lacrime e la buttò per terra.
-
Dannazione! – esclamò poi, facendo seguire una
serie di imprecazioni. – Come ho
potuto perdere così?!
Intuendo
che la carta in questione fosse inutilizzabile, Alan fece un sorriso,
pescò la
sua carta, non la guardò nemmeno e poi sferrò il
suo ultimo attacco: - Vai,
Drago Tricorno, annienta definitivamente i suoi life points!!
Il
drago era su Cobblepot. Quello, col moccolo al naso e le braccia ora
abbandonate lungo i fianchi, alzò la testa e vide la grossa
zampa del mostro
calare su di lui. L’ultima cosa che sentì fu il
ragazzino che lo chiamava: -
Cobblepot!
Volse
occhi tremanti verso di lui. Quello si sfiorò il naso col
pollice. – Comunque,
io non sono un novellino. Addio!
L’urlo
del malvivente si perse col tonfo del piedone che toccava terra,
sollevando
fumo. Quando i riflettori si spensero e gli ologrammi scomparvero,
Cobblepot
era steso a terra, incosciente.
E
i suoi life points erano andati.
LIFE
POINTS ALAN: 3100
LIFE
POINTS COBBLEPOT: 0
La
folla esplose in grida d’esultanza. La rossa e Barney corsero
da Alan, che
stava ritirando le sue carte, e lo travolsero rischiando di buttarlo a
terra.
Presto tutti furono su di lui, tutti a toccarlo come neanche con
Superman in Batman V Superman. A
malapena riusciva a
respirare.
Gli
uomini in nero corsero da Cobblepot, invece. – Capo?? Cazzo,
è svenuto! - constatò
uno di loro.
-
Non dovremmo dare una lezione a questi ragazzini? – fece un
altro.
-
E con cosa?? Era il suo deck la nostra unica arma, lo sai che ormai si
combatte
così!
E
raggiunta quella conclusione, gli uomini in nero caricarono il Pinguino
sul
loro minivan, ripartendo all’impazzata.
-
Sì bravi, e non fatevi mai più rivedere!
– urlò loro dietro la rossa, saltando
e agitando il pugno. Barney prese per le spalle Alan e gli
batté le mani sul
petto, poco importava che fossero tutti sudati.
-
Bro, sei stato fantastico! Alla faccia che non volevi duellare.
Alan,
che fino ad allora si stava godendo, anche se con un po’ di
imbarazzo, tutte
quelle attenzioni, improvvisamente ridiventò cupo.
Guardò un attimo l’erba
sotto di lui, per poi rialzare lo sguardo quando la rossa venne loro
incontro.
A poco valse, se non a fargli venire un debole sorriso.
-
Ogni promessa è debito – le disse.
Lei
sorrise, e gli tese la mano. – Io sono Mera – si
presentò, finalmente. Lui le
strinse la mano, sorridendo ancora.
-
Mera – ripeté. – Mi piace.
-
Ma non è il mio vero nome – gli rivelò
lei.
-
Ah no?
Scosse
la testa. – No, è un diminutivo. Per sapere
quello, ci vorrà molto di più.
-
Tipo rubare il registro dalla tua scuola e leggerlo lì?
Lei
rise. Rob, il barista, si fece avanti urlando a gran voce: - Birra!
Dobbiamo
una birra e molto di più, tutte le birre del mondo, a questo
giovane!
Alla
sua voce potente fecero seguitò quelle di molte altri. Solo
alcuni erano
rimasti fuori dai festeggiamenti, e tra questi c’era Surge,
che afferrata la
sua giacca di jeans se ne andò stizzito commentando: -
Assurdo… mi rifiuto di
dar credito a un moccioso come quello lì…
Sulle
colline, invece, c’erano ancora Lance e sua sorella.
– Hai visto? – gli fece
lei. – Quel tipo ha vinto proprio grazie alla tua carta.
Lance
fece un sorrisetto chiudendo gli occhi. – Niente male,
davvero. Sapevo che nascondeva
qualcosa.
E
detto questo, si volse e prese a camminare. Lei lo seguì con
lo sguardo. – Uh?
Non vuoi riprenderti Drago Tricorno?
Lui
la guardò con la coda dell’occhio. – E
tu vuoi riprenderti Grande Angus?
Lei
sorrise, scosse la testa e poi, dopo essersi alzata in piedi ed essersi
battuta
il vestito per liberarlo dall’erba, seguì il
fratello nella notte.
Di
sotto, nello spiazzo, Alan si tolse il duel disk con dentro il deck,
recuperò
la sua carta e lo consegnò a Mera, che lo prese dubbiosa.
– Non vuoi tenerlo? –
domandò. Rob le fece eco annuendo: - Esatto. Sei il nostro
salvatore, non penso
che qui qualcuno di noi abbia qualcosa in contrario, no?
Si
guardò intorno, e tutti annuivano convinti. Ma quello ad
avere qualcosa in
contrario era Alan stesso. Era improvvisamente diventato insofferente,
come se
gli fosse venuto male allo stomaco e restare lì peggiorasse
la situazione. Si
afferrò le piastrine, che erano roventi, e fece una smorfia
senza staccare la
mano.
-
Non posso – disse infine. – Quello che ho fatto
stasera… mentirei se dicessi
che non sono contento di averlo fatto. Ma non succederà
ancora.
E
detto questo si mise le mani in tasca e si incamminò.
– Andiamo, Barney – disse
all’amico. Quello indicò il gruppo di ragazzi col
pollice e gli chiese: -
Sicuro di non voler restare?
-
No, sono troppo stanco – sentenziò lui.
– Vorrei tornare a casa, se non ti
spiace.
Il
biondo aveva sentito un tono strano nella voce dell’amico, al
quale non era
abituato. Decise così di assecondarlo. Ma non prima di aver
salutato Mera.
-
E’ stato un piacere, bellezza. Ci vediamo.
E
le fece l’occhiolino prima di seguire l’altro. Il
gruppo di ragazzi del parco
dei duelli restarono a guardarli mentre se ne andavano via.
-
Ma… abbiamo fatto o detto qualcosa di male, secondo voi?
– chiese Rob.
A
rispondergli, fu il sessantenne coi ricci. Aveva le braccia tatuate, ed
era la
prova vivente che da vecchio non fai cagare coi tatuaggi. Insomma, lui
non era
più un giovane, ma aveva ancora il suo fascino.
-
Ognuno ha i propri demoni – disse semplicemente, tirandosi in
piedi e riportando
il boccale vuoto al banco. – E a volte, soprattutto di notte,
riescono a venire
fuori.
Non
disse altro, e si incamminò anche lui. Lo conoscevano tutti
lì, se così si
poteva dire. E se c’era qualcuno che aveva il diritto di
parlare di demoni,
quello era proprio lui.
Mera
guardò il duel disk vuoto, e il deck assemblato al suo
interno. Il vento spirò
sul Parco dei Duelli e le gettò i capelli sul volto. Lei non
ci fece caso.
Rimase lì a lungo, anche dopo che gli altri avevano
già finito di sbaraccare e
le luci si erano spente. Poi, finalmente anche lei decise di andarsene,
e
infilatasi la giacca di jeans riprese la via di casa.
Mentre
tornavano in centro, Barney chiese: - C’è niente
di cui vuoi parlare?
-
No, Barney – gli rispose Alan. Aveva la testa appoggiata al
pugno e guardava le
luci della città susseguirsi sopra di loro. Era malinconico.
Con l’altra mano
si teneva le piastrine.
-
Assolutamente niente.
ANGOLO
DELL’AUTORE
Hola,
popolo di EFP!
Ad
essere sincero, avevo molta paura
per questo capitolo. Questo è il primo duello ufficiale
della storia, ma nel
momento in cui avete letto queste pagine io ne ho già
scritto un altro e sono
in procinto di concludere il terzo. Questo capitolo è il
banco di prova per
vedere se vi piace il modo in cui descrivo i duelli, che sono poi, come
ho già
detto, la componente fondamentale di una fan fiction di Yu gi oh per
come piace
a me.
So
già cosa potrebbe dare problema,
cioè il fatto di segnare i valori dei mostri ogni volta.
Tuttavia, quello è un
dato che non sono molto disposto a cambiare: serve a me in primis, per
avere
sotto controllo cosa sta avvenendo, e poi penso possa servire anche a
voi per
capire come vadano certe cose. Quindi, se a qualcuno di voi ha dato
fastidio,
spero che possiate imparare a passarci sopra col tempo, a far scorrere
l’occhio
non appena vedete quelle parti in parentesi, e a concentrarvi sul
duello vero e
proprio, che ho cercato di rendere il più dinamico possibile.
Attendo
comunque le vostre risposte e
pareri in merito, sono sempre pronto ad ascoltarvi!
Comunque,
venendo al capitolo: Alan è
stato “costretto” a riprendere in mano deck e duel
disk dopo ben due anni di
astinenza, un’astinenza che pare si sia autoimposto. E
abbiamo avuto questo
nome, Lucius. Un nome che, almeno per ora, non ci dice assolutamente
nulla.
Posso
solo dirvi, prima che lo
chiediate: no, non è Lucius Black. Harry Potter non mi fa
impazzire, se devo
dire la verità, ma non è questo luogo
né tempo per parlarne. Comunque, c’è
questo Lucius, e a quanto pare è a lui che Alan ha fatto la
promessa di non
duellare mai più. Ma perché? Chi è?
Per
ora, non ci è dato saperlo. Quel
che sappiamo è che oggi Alan ha infranto la sua promessa, ma
l’ha fatto con un
nobile intento. Il Pinguino era il classico criminale senza scrupoli
che voleva
l’appalto del Campo per poterci fare chissà che
cosa. Le sue condizioni erano
semplici: continuare a pagare il pizzo, cedergli direttamente il campo
oppure –
cosa che nessuno era riuscito ancora a fare – sconfiggerlo a
duello. Avrete
modo di osservare come il campo sia pieno di duellanti formidabili,
sicuramente
molto più forti di lui, ma a loro quel che mancava era il
coraggio.
Alan,
oggi, ha rappresentato il
coraggio. Il coraggio di mettersi in gioco, e di andare anche contro i
propri
principi, se è per una causa che si ritiene giusta. Ha dato
quella carica in
più che molti, praticamente nessuno lì, non
avevano. E così facendo, li ha
liberati da chi li tormentava.
Ma
posso anticiparvi che, come nelle
migliori storie di questo tipo, Cobblepot non lavora certo da solo.
Anzi, è a
malapena l’ultimo anello di una catena tremenda, e che
graverà ancora sul Parco
dei Duelli e i suoi singolari “abitanti”.
I
guai, per i nostri amici, sono appena
cominciati.
Non
voglio allungare ulteriormente
questo capitolo dalla lunghezza già chilometrica, quindi ora
procederò a darvi
gli usuali riferimenti e dirvi a cosa mi sono ispirato.
Anzitutto,
in questo capitolo ci sono
le mie amate Jojo’s References. Come si può vivere
senza di esse? E loro non
hanno troppo bisogno di essere spiegate. La tipa asiatica che urla
“KONO DIO
DA!!” e la sua amica che risponde con il famosissimo
“NANI?!”, l’interrogativo
giapponese. E poi l’altrettanto famoso “Oh oh, so
you’re approaching me”, che
rappresenta l’inizio del duello tra Alan e il Pinguino.
Anche
il Pinguino non ha bisogno di
presentazioni, e difatti lo avete indovinato praticamente tutti nelle
recensioni. È uno dei più iconici cattivi
dell’Uomo Pipistrello, e meno male
che stavolta non abbiamo avuto bisogno di scomodare il buon Bruce per
togliercelo dai piedi. Ci ha pensato Alan, il “poster boy di
Kalos”, come ha
detto uno di voi.
Lance,
colui che ha donato ad Alan la
carta che ha vinto, è il famosissimo Superquattro di Kanto,
il domatore di
draghi. Lui e i suoi Dragonite sono l’incubo di moltissimi
giocatori. Non ci
meraviglia dunque che la carta che ha donato al nostro eroe per caso
fosse
proprio un drago, no? Per quanto riguarda invece la tipa che lo ha
chiamato
“Fratellone”, di lei parleremo nei prossimi
capitoli, e sarà anche un personaggio
importante, ma non è veramente la sorella di Lance. Che si
sappia, Lance è
imparentato con Sandra, capopalestra di Ebanopoli nella regione di
Johto, che è
sua cugina nell’anime e sua sorella nel manga. Ma non si
tratta di lei.
E
infine, la nostra misteriosa rossa si
è finalmente rivelata. Altri non è che Mera,
l’eroina della DC comics e
compagna di Arthur Darvill/Aquaman. Mera è da sempre un
personaggio noto
all’interno dell’universo DC, ma sono sicuro che il
film di Aquaman sia servito
a donarle una visibilità mai avuta – poi
confutatemi se sbaglio, eh. Bene, io
ho amato talmente tanto quel film e talmente tanto la performance di
Amber
Heard come Mera – non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso
– che non potevo
non metterla. E guarda caso, la carta che ha donato ad Alan era di tipo
acquatico. Che strano, eh?
Un
piccolo trivia, anzi un paio. Uno di
voi, il buon Emil, aveva praticamente indovinato il personaggio, senza
saperlo,
quando nella sua recensione ha riportato la frase che Darvill dice nel
film
(Rosse, devi amarle). Invece, io avevo inserito un piccolo indizio nel
commento
allo scorso capitolo che avrebbe potuto permettervi, leggendo fra le
righe, e
con la conoscenza necessaria, di identificare la misteriosa ragazza.
Ho
detto infatti che lei non sarebbe
stata una mera comparsa. E giuro
che
non me l’ero preparato prima, mi è uscito
spontaneamente quando ho scritto il
commento. Le magie dell’ispirazione.
Bene,
detto ciò, e sperando di non aver
tralasciato nulla, direi che possiamo salutarci qui. Spero che il
capitolo vi
sia piaciuto, mi raccomando lasciate tante recensioni, soprattutto per
questo,
che è il banco di prova per capire come andranno i prossimi
duelli – non
saranno tutti così lunghi, tranquilli – e fatemi
sapere anche solo con un messaggio
privato cosa ne pensate.
Noi
ci vediamo la settimana prossima
con un nuovo capitolo!
Nel
prossimo capitolo: “La lista”
Alan
è deciso a lasciarsi alle spalle quanto accaduto al Parco
dei Duelli, ma Mera
non è della stessa idea e così gli gioca un
piccolo scherzetto. Peccato che le
cose prenderanno una strana e inaspettata piega, e ad andarci di mezzo
sarà…
Barney!
Ciao
ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4: La lista ***
CAPITOLO
4: La lista
La
campanella decretò la fine delle lezioni e della scuola.
Masse
di studenti euforici si riversarono fuori dai suoi cancelli, correndo
in strada
con tanta foga che alcuni di loro rischiarono pure di farsi investire.
I
festoni esplosero in cortile, e poco dopo seguirono i gavettoni.
Persino gli
insegnanti non mancarono di esserne travolti. Il professore di lettere
stava
venendo letteralmente annaffiato e in realtà la strana
sensazione che dava era
quella di essere protagonista di un bukkake, con lui a bocca aperta e
gli occhi
chiusi. Che foto che ne sarebbero uscite.
Dentro
ai corridoi, nei quali i bidelli avrebbero tirato giù tutti
i santi del
calendario per pulire, Alan stava finendo di controllare che non avesse
lasciato nulla nel suo armadietto, e Barney lo assillava come sempre.
-
Io dico che potremmo tornarci. Che dovremmo
tornarci. – Si riferiva al Parco dei Duelli. Erano
giorni che andava avanti
con quella storia.
-
Piantala, Barney – lo ammonì Alan, mentre
rovistava nei ripiani
dell’armadietto.
-
Ma perché?? – Il biondo non riusciva a capire.
– Hai duellato alla meraviglia,
li hai salvati da quel criminale! Il Pinguino poi, pff, che diavolo di
nome è
Il Pinguino?
Fece
un gesto scocciato con la mano. – Pensaci! Tu potresti
duellare, e io mi becco
le pollastrelle. Saremmo la squadra più forte di sempre.
-
Tu la chiami squadra quella? – gli domandò il
ragazzo, perplesso come suo
solito. – Io lo chiamo sfruttamento. E comunque ti ho
già detto che non…
Stava
per ripetergli per l’ennesima volta che non avrebbe duellato
ancora, quando la
sua mano urtò qualcosa. Rimase interdetto e
cacciò a fondo il braccio, per poi
tirare fuori un pacchetto di carta fermato con dello scotch.
-
Oddio è una bomba! – urlò il biondo,
già pronto a correre al riparo. Alan gli
rifilò una scoppola tra capo e collo che lo mandò
al tappeto. Ci sapeva fare il
ragazzo.
-
La vuoi piantare? – lo canzonò. – Questo
per quanto mi riguarda può essere
anche un tacchino ad aria compressa, ma ritengo improbabile che sia
una… AVREI
PREFERITO LO FOSSE, INVECE!!
Lanciò
quell’urlo non appena ebbe finito di scartare il presunto
pacco-bomba. Le riconosceva,
impossibile non riconoscerle. Erano passati pochissimi giorni del
resto, ma la
loro vista lo riportò subito a quella sera. Erano le carte
dei ragazzi del
Parco dei Duelli, era il “suo” deck, tenuto insieme
con un elastico rosa, e con
un foglietto di carta ficcato nel mezzo.
Alan
liberò il deck e lo poggiò sul ripiano
dell’armadietto con le mani che gli tremavano,
come se gli facesse senso tenerlo in mano, come se fosse sbagliato. Poi
spiegò
il messaggio, che era tutto incartapecorito, e si presentò
davanti a lui una
grafia elegante fra le pieghe della carta. Per qualche strano motivo
non faceva
fatica a capire chi l’avesse scritto.
Ehi,
nostro eroe! Ti sei dimenticato di
questo, e non ci sembrava carino tenerlo per noi. Ti appartiene ormai,
te lo
sei ampiamente guadagnato. Ne abbiamo discusso a lungo, e siamo
d’accordo così.
La verità è che non sappiamo neanche a chi
appartenga la metà delle carte, e
l’altra metà non ha risposto, quindi abbiamo fatto
con quel che avevamo.
Tuttavia, se fossi così cocciuto – e ho capito che
lo sei – da obiettare ancora
che non siano le tue carte, ti ho lasciato una lista degli eventuali
proprietari. Ci ho speso tutta la notte, perciò vedi di non
perderla, eh.
Oh,
e sai dove trovarci. Buon
divertimento, nostro eroe. XOXO
-
Però, certo che la ragazza sa il fatto suo –
commentò Barney, dopo essersi
rimesso in piedi. Anche lui aveva capito il mittente – anzi, la mittente – di quel
messaggino. Alan,
invece, stringeva il foglio in una mano con tanta violenza che ora
quello sembrava
carta straccia.
In
quel momento, il ragazzo dovette fare i conti con una realtà
che era stata
ovvia per lui in passato, ma che ora cominciava ad apparirgli
stranamente
scomoda: tutti duellavano. Era come fumare, arrivi al liceo e tutti
fumano.
Ecco, alla loro età tutti duellavano. Erano la generazione
di duellanti. Alan
si sentiva come un pesce fuor d’acqua.
Peggio.
Si sentiva come un uomo che aveva fatto voto di castità in
giro per Amsterdam.
-
Quella tipa non sa veramente quando è ora di desistere
– disse a denti stretti.
Il
bidello fece il suo ingresso in quel momento, bastonandoli entrambi con
la sua
scopa.
-
E fuori da qui, insomma! – inveì. – Ma
voi non vedevate l’ora di andarvene? Che
diavolo ci fate ancora qui?
-
Ce ne andiamo, ce ne andiamo! – lo rassicurò
Barney. – Ma insomma, che modi sono?
Si
massaggiò il capo. Alan rivolse un’occhiata in
cagnesco all’inserviente, poi
prese, suo malgrado, il deck e disse: - Sì, ce ne andiamo.
Buone vacanze anche
a lei…
Si
ficcò il deck in tasca mentre si sistemava lo zaino in
spalla, camminando ora mogio
per quei corridoi. Al suo fianco, invece, Barney saltellava come un
coniglio ed
era diventato il ritratto della felicità ora.
-
Quindi che si fa? Andiamo al Parco, vero?
Nessuna
risposta.
-
Andiamo al Parco, eh?
Alan
guardò dritto davanti a sé.
-
Andiamo decisamente al Parco!
–
esclamò il biondo.
Andarono
al Parco.
Parcheggiarono
al solito posto di quella sera, e non appena furono scesi ed ebbero
chiuso
l’auto Barney si precipitò tra gli alberi come una
furia. Era solo la seconda
volta che faceva quel percorso ma lo aveva già imparato a
memoria.
-
Aspettami! – gli urlò l’amico, che non
condivideva affatto il suo entusiasmo. –
Ti ricordo che è me che vogliono, non te.
-
Noi, Alan – lo corresse
Barney. –
Siamo noi le star di questo posto.
-
Ma se ho duellato io! – protestò il moro.
-
Questo è vero – gli concesse il biondo –
ma se non ti avessi fatto scoprire
questo posto, tu non ne saresti mai potuto diventare l’eroe.
Quindi il
cinquanta percento del merito è mio. Facciamo anche il
sessanta, quando c’è di
mezzo una bella pollastrella. Esagerare non fa mai male.
-
Sì certo, se lo dici tu…
Scesero
di nuovo per la collinetta. Alla luce del giorno, il Parco appariva
molto diverso,
ma comunque magico. C’era già gente che andava in
giro ad allestire i gazebo e
a portare roba. Si vedeva da lì Rob che riforniva il frigo
del bar.
I
due ragazzi passarono l’ingresso con i pali di legno e furono
di nuovo dentro.
Il sole picchiava forte quel giorno, contando anche che era primo
pomeriggio,
ma avevano cose più importanti a cui pensare.
Non
appena li vide, il viso di Rob divenne raggiante. – Ohh,
guarda chi si rivede!
Temevamo che foste spariti nel nulla.
E
detto questo tirò fuori una coppia di birre dal frigo.
– Birretta, ragazzi?
-
Birretta alle due del pomeriggio? – domandò Alan,
scettico. – E alle sette?
Vodka Martini?
Rob
fece spallucce. – E’ sempre l’ora giusta
per una birra. Fate come il vecchio
Dan – e indicò loro il vecchio dai capelli bianchi
ricci che se ne stava al
solito tavolo con la solita birra. – Io non l’ho
mai visto senza, ed è arrivato
a sessantaquattro anni, eh.
Barney
sorrise ottimista. – Quasi quasi accetto.
A
Rob bastò quello, gli stappò la birra e gliela
allungò. Alan invece rimase
stoico: - Sono qui per altri motivi. Dov’è Mera?
Mi ha giocato uno scherzetto.
Rob
rise di gusto. – Parli della lista? E così
suppongo che tu l’abbia ricevuta.
Il
ragazzo rimase a bocca aperta. – Ah ma quindi questo
è proprio un complotto!
Rob
si appoggiò al frigo. Aveva il bar pieno di scatoloni che
stava caricando. Alan
si domandò quanto lavoro ci fosse dietro quel posto, e se
qualcuno li pagasse
per farlo o fosse semplice passione. Non aveva avuto modo di appurarlo,
e sotto
sotto gli sarebbe anche piaciuto. No, gli sarebbe proprio piaciuto far
parte di
quel mondo. Ma i fantasmi del passato continuavano ad aleggiare sulla
sua
testa, e l’avrebbero sempre fatto.
E
forse era giusto così.
-
Noi ti siamo debitori – gli disse il barista. – Hai
idea da quant’è che il
Pinguino ci perseguitava? Voleva che sloggiassimo, per prendersi questo
terreno
e farci chissà che cosa. Cosa diavolo ci vuoi fare con
un’oasi incontaminata
come questa? Un centro commerciale? Una pista da pattinaggio? Un
casinò? Bah.
Sputò
da una parte. –
La verità è che io sono
grande e grosso, ma sono un cagasotto. Come tutti quelli qui. A parte
il
vecchio Dan, laggiù, ma anche lui sarebbe stato un uomo solo
e si è sempre
voluto fare i cazzi suoi. Un egoista, dirai, ma chi di noi si
è comportato
meglio di lui? Io sono uno che odia il suo lavoro e quando è
libero viene qui a
versare da bere ai ragazzi perché mi fa stare bene stare in
mezzo a loro, e
tutti qui sono solo dei giovani che vogliono un posto dove stare per
divertirsi.
Si
stappò una birra e ne scolò metà con
un colpo solo. – Quei maledetti venivano a
tormentarci, e noi pagavamo il pizzo una volta al mese come si fa con i
veri
mafiosi. Ultimamente non ne potevamo veramente più. Abbiamo
anche pensato di
chiudere il Parco, ma poi ci siamo detti di no perché non
era giusto
sottometterci così. Anche se qui ci sono avvoltoi come Surge
che vivono a
scrocco.
-
In che senso “vivono a scrocco”? –
domandò Barney, appoggiandosi coi gomiti al
bancone.
-
Questo è un posto che abbiamo messo su quando abbiamo
sentito il bisogno di riunirci
tutti assieme per duellare. All’inizio venivamo qui con i
nostri duel disk e
qualche roba da bere e mangiare. Era solo una specie di pic nic
abbinato al
Duel Monsters. Poi però la cosa si è ingrandita,
sempre più gente si è unita a
noi, e abbiamo capito che non bastava più. Avevamo bisogno
di un vero posto
tutto per noi. Dal momento che questa era sostanzialmente terra di
nessuno,
abbiamo deciso di mettere in piedi…
Allargò
le braccia. – Quello che vedete. Ognuno di noi contribuisce
dando qualcosa. Ma
c’è anche gente che sta qui fissa senza dare un
cazzo, come Surge.
Imprecò
sottovoce. – Naturalmente, se la notizia era arrivata a uno
come Surge, non ci avrebbe
messo molto a raggiungere le orecchie di quelli della sua stessa
specie. Così è
arrivato il Pinguino e sono cominciati i guai. Pensavamo che non ce ne
saremmo
mai liberati, finché non siete arrivati voi.
A
Barney si illuminarono gli occhi. – Sentito?
“Noi”, ha detto noi!
Lo
punzecchiò col gomito. Alan lo ignorò.
Ma
Rob guardò lui. – Tu ci hai salvati, ragazzo. E di
questo te ne saremo grati
per sempre.
Dopo
attimi di incertezza e sospensione, il giovane tirò un
sospiro e si sedette. –
Ho solo fatto quel che sentivo fosse giusto – ammise,
più a sé stesso che agli
altri. – Ma questo non cambia le cose. Ho chiuso con il Duel
Monsters.
-
Perché? – domandò il barista.
Alan
si toccò le piastrine. – E’ una storia
complicata. Non mi va di parlarne. È la
mia decisione, comunque.
Rob
alzò le mani. – Se è la tua decisione,
non possiamo farci nulla. Tuttavia Mera
è un osso duro, e dovrai fare di meglio per convincere lei.
Alan
fece un’espressione scocciata. – Perché
le importa così tanto se duello o no?
Rob
sorrise. – Credo che voglia battersi con te. Non è
facile attirare l’interesse
di Mera, visto che è così brava.
-
Mera è una brava duellante? – domandò
Alan. Effettivamente, non se l’era mai
chiesto.
-
Oh sì, ci puoi scommettere – gli
confermò il barista. – E dovrebbe arrivare tra
un po’. Perché non vi fate un giro qui intorno,
intanto? Questo posto è la fine
del mondo.
Ed
effettivamente era la fine del mondo.
Quel
posto aveva di tutto. Il prato verde, l’ombra degli alberi, e
dava persino su
una scogliera a picco sul mare. Era incantevole, e nonostante il sole
forte
c’era un bel vento che spirava dal mare. Sembrava di stare in
un sogno.
Barney
si sentiva poetico. – Ahhh, è un posto magnifico.
Qui, come dire… ti torna la
voglia di scopare sepolta dalla neve e dal rancore che ti assale quando
breve è
il meriggio.
Alan,
intento a guardare le onde infrangersi sugli scogli al di sotto, si
volse verso
l’amico inarcando un sopracciglio. – Shakespeare,
se non erro.
Barney
ridacchiò. – Andiamo, amico, guarda questo posto.
Il sole, le belle ragazze, il
vento, le belle ragazze, l’ombra degli alberi, le
belle…
-
Ho afferrato il concetto.
-
Non ti sembra il posto più incantevole che ci sia?
Alan
si guardò intorno. E c’era pure da starci a
pensare? Sì, era decisamente il
posto più magico che avesse mai visto. Perché
erano le persone a renderlo tale.
E il vero motivo per cui aveva combattuto con Cobblepot, era che non
poteva
sopportare l’idea che qualcuno infangasse quel santuario del
Duel Monsters.
Anche se ora non faceva più parte di quel mondo, era stato
un duellante, e nel
cuore, volente o nolente, lo sarebbe sempre stato.
-
Sì, lo è – ammise infine. –
Ma non basta questo a…
Il
ragazzo fu interrotto da un verso selvaggio. Non ci sarebbe stato altro
modo
per descriverlo. Si voltarono di scatto verso gli alberi, le cui fronde
avevano
cominciato a muoversi e i cui rami a scricchiolare.
-
Che diavolo è stato? – domandò Alan.
-
Non lo so ma sembrava tanto mia cugina Janice quando l’ho
minacciata dicendole
“Smettila di rubarmi le caramelle, o ti dico chi ha ucciso
Joffrey!” e lei ha
risposto scioccata “JOFFREY MUORE?!”
-
Sei veramente uno stronzo, Barney!
-
LO SO!!
Dal
folto del bosco sbucò un’ombra, lesta come un
leone che insegue la gazzella
nella savana. Solo che non era un leone. Era una ragazza. Si
piazzò davanti a
loro, e i due sbarrarono gli occhi per motivi diversi.
Alan
perché non poteva credere a quello che stava vedendo.
Barney
perché non poteva credere che non gli si fossero ancora
strappati i pantaloncini.
La
ragazza davanti a loro sembrava uscita da un racconto di Hemingway. Era
praticamente
nuda, eccezion fatta per degli intrecci di foglie e rami che le
coprivano le
parti intime. Aveva i capelli castani arruffati e legati con delle
foglie, e
pitture di un rosso scuro sulle guancie. I suoi occhi, invece, erano di
un
meraviglioso blu zaffiro. Stava di fronte a loro come un animale
selvaggio,
snudando dei denti così appuntiti da fare impressione.
-
Cosa ca… - fece per dire Alan, quando Barney si fece avanti.
-
Pare che abbiamo incontrato la fauna locale –
commentò sardonico, avvicinandosi
oltre quello che Alan riteneva essere il limite di sicurezza. Non
capita tutti
i giorni di vedersi sbucare davanti una selvaggia, ma quando succede
viene
istintivo pensare di starne alla larga.
Non
per Barney, a quanto pareva. – Carissima! –
esordì. – Cosa ci fa tutta sola in
questo…
Quel
che successe dopo fu difficile da capire. A quanto pare la
“carissima” faceva
Krav Maga, visto che flesse la gamba portandola all’altezza
della guancia per
sferrare un calcio che mise al tappeto il biondo. Poi, fulminea come
una
predatrice, se lo caricò in spalla con forza inaspettata e
scappò verso il
folto della foresta. Il tutto condito da delle urla alla Tarzan.
Il
moro, rimasto solo sulla scogliera, ci mise qualche secondo a
realizzare quanto
avvenuto. Cioè, vedendola in un certo modo… il
suo amico era diventato la bella
bionda rapita da King Kong.
-
Barney? – chiamò, come se si aspettasse di
vederselo ricomparire. Quando ciò
non avvenne, realizzò finalmente quanto successo e si mise
subito a correre
imprecando.
-
Ma porca troia! Guarda te se devo correre sotto al sole per salvarlo da
Mrs. Friday!
Si
inoltrò nel folto della foresta, seguendo le urla della
ragazza, che tuttavia
sembravano provenire da ogni dove. Un paio di volte fu convinto di aver
sbagliato strada, ma si aiutò con gli scricchiolii dei rami
sotto al peso
maggiorato della giovane, visto ciò che trasportava.
Tuttavia, mentre la
inseguiva nel folto degli alberi stentava ancora a credere che fosse
successo
davvero.
Poi
se la vide sopra, che si spostava… di liana in liana!
-
Ma che, davvero?! – urlò. La ragazza gli rivolse
solo uno sguardo con i suoi
ipnotici occhi zaffiro, per poi accelerare il passo subito dopo. Alan
imprecò e
provò ad accelerare il passo, ma evidentemente non conosceva
la foresta bene
come la singolare rapitrice di Barney, e perciò
più di una volta rischiò di
inciampare e di farsi male.
Alla
fine, giunsero in una specie di spiazzo dove c’era un tronco
d’albero caduto e
tutto intorno un po’ di terra scoscesa. Gli alberi formavano
una specie di
cerchio attorno a loro, le chiome intrecciate sulle loro teste, e fu
lì che la
selvaggia si fermò.
Srotolò
la liana, appoggiò Barney al tronco caduto e con fulminea
rapidità lo legò con
quella stessa liana.
-
Ehi, che diavolo pensi di… - ma Alan non poté
avvicinarsi che quella gli
ringhiò contro come un animale, facendolo sobbalzare. Poi si
volse
completamente verso di lui, avanzando leggermente piegata in avanti.
Adesso gli
ricordava una specie di velociraptor, e la cosa lo avrebbe fatto anche
ridere,
se la situazione non fosse stata tanto assurda. La ragazza era pure
molto
bella, o almeno così se la immaginava vestita in modo
normale. Però la sua aura
da selvaggia e il suo aspetto la facevano davvero sembrare un animale
feroce.
-
Perché hai rapito Barney? – gli chiese il moro. Certo Alan, bella mossa provare a conversare con
un’indigena, si
rimproverò mentalmente. Ma quella lo sorprese rispondendogli
in un linguaggio
perfetto: - Perché voglio duellare.
Alan
strabuzzò gli occhi. – Eh?
La
ragazza lo indicò, poi indicò sé
stessa. – Tu, Alan. Io, Sapphire. Io voglio
duellare con te. Per questo rapito lui.
E
indicò Barney. Ad Alan prese un tic nervoso a un occhio.
– E’ uno scherzo,
vero?
Quella
scosse la testa.
-
C’è qualcuno in questo posto che possa accettare
il fatto che io non voglio più
duellare?
Nuovamente,
scosse la testa.
-
IO NON TI CONOSCO NEMMENO! – sbottò.
La
ragazza fece un passo in avanti e lui, di risposta, si fece indietro.
– Io però
assistito a tuo duello – gli spiegò. –
Quando combattesti con Pinguino. Io ero
nascosta tra alberi.
-
Ah, ti cagavi sotto, ho capi…
Lei
gli ringhiò contro e lui alzò subito le mani.
– Va bene, va bene! Scusa! Però è
un po’ inquietante spiare le persone dagli alberi, lasciatelo
dire.
Lei
rimase in silenzio per un po’ a fissarlo, come ponderando
quello che il ragazzo
aveva appena detto. Poi riprese: - Tu grande duellante, si vede.
Sapphire cerca
grandi duellanti da sfidare. Però tu hai bisogno di
motivazione forte per
duellare. Così ho rapito tuo amico.
Ad
Alan girava la testa. Forse per la corsa sotto al sole, forse
perché il sudore
gli si stava attaccando addosso, dandogli i brividi. Forse per quanto
assurda
fosse quella situazione.
Ma
certe cose non cambiavano. – Io non duello.
Era
fermo su quella posizione.
Ma
anche l’altra sembrava abbastanza convinta. – Se tu
non duelli, io non libero
tuo amico.
-
Ah no? Be’, mi basterà chiamare la polizia,
immagino.
Alan
cercava di mostrarsi tranquillo su quel punto. Doveva farsi vedere
solido nelle
sue convinzioni, o non poteva sperare di averla vinta con quella strana
ragazza. Sapphire si chiamava, no?
Lei
disse una cosa singolare. – Polizia non farà mai
in tempo.
-
In tempo per cosa? – chiese l’altro, confuso.
Sapphire
non rispose, ma invece si avvicinò al tronco
d’albero caduto contro il quale
Barney sonnecchiava legato. Certo che si era preso un bel colpo, altro
che.
Alan si allarmò nel vederla avvicinarsi a lui, ma poi vide
che lo ignorava per
girare attorno al tronco. Si mise dietro, rovistò tra rami e
foglie come per cercare
fuori qualcosa, e poi ricomparve con un pezzo di legno in mano. Solo
che non
era esattamente uno di quelli che mettevi nella stufa
d’inverno. Cioè, poteva
anche essere ma…
-
Quello non somiglia a un…?
Quella
confermò col capo.
-
E tu non vorrai mica…?
Altro
movimento affermativo di capo.
-
Oh. OH!!
Forse
la situazione non era così banale. Quella ragazza non era da
sottovalutare. E
ne andava di qualcosa di veramente importante. Alan provava un misto di
paura,
disagio e imbarazzo per essere finito in quella storia. Ma
perché capitavano
sempre tutte a lui?
Intanto
Barney dormiva, ignaro del pericolo che il suo fondoschiena correva.
Sapphire
lo puntò con un dito, mentre con l’altra mano
stringeva il pezzo di legno dalla
forma difficilmente equivocabile. Alan non si chiese nemmeno
perché lo avesse o
cosa ci facesse. Anche quello era difficilmente equivocabile.
-
Tu – disse – duellare con me.
Alan
strinse i denti. – Non preferiresti dei deliziosi cereali
Ch…
Lo
sguardo di quella si incupì. Batté un piede per
terra e fece versi poco
amichevoli.
-
Tu! – ripeté a voce più alta.
– Duellare. Con. Me!!
Il
moro strinse i pugni. Poi gli venne in mente una cosa fondamentale.
-
Spiacente – disse con un sorrisetto, allargando le braccia
– ma non ho un duel
disk. Non si può fare.
L’altra,
come per magia, ne tirò fuori uno da dietro al tronco e
glielo lanciò. Quando
atterrò ai suoi piedi, Alan fece una smorfia quasi dolorante.
Sapphire
posò il pezzo di legno, tirò fuori un altro duel
disk, e poi un mazzo di carte.
Era un duel disk che sembrava intagliato nel legno, almeno dal colore e
dalle
venature, ma era chiaramente elettronico. Se lo mise al polso, e poi vi
infilò
le carte. Il dispositivo rispose con luci e rumori di accensione.
-
Pare che non ci sia scelta – disse infine Alan, anche se
nello stomaco aveva
l’inferno che si rivoltava. Raccolse il duel disk e gli
sembrò estremamente
pesante, mentre le piastrine che portava al collo ricominciavano a
bruciare.
È
tutta suggestione, Alan,
si disse per cercare di calmarsi. Chissà se era veramente
così. Per la seconda
volta, dopo due anni di astinenza, stava infrangendo la sua promessa.
Eppure,
se voleva sperare di salvare Barney da quella pazza, non aveva altra
scelta.
Dal modo in cui si muoveva fra gli alberi, sentiva che non sarebbe
riuscito
semplicemente a recuperare l’amico mettendola ko, e le buone
maniere si erano
già dimostrate insufficienti.
No,
era da tempo che le cose non si regolavano più a quel modo.
– Come faccio a sapere
che libererai il mio amico, se vinco – le domandò,
mentre si infilava lo strumento
al polso ed estraeva dalla tasca il mazzo di carte.
Sapphire
fece un verso simile a un grugnito stizzito. – Io leale. Io
sarò selvaggia, ma
non imbrogliona.
Sembrava
veramente piccata. – Stabiliamolo comunque a parole
– disse il ragazzo. – Se
vinco io, tu liberi Barney senza un graffio e ci lasci andare, okay?
Quella
annuì. Poi aggiunse: - Ma se perdi, mi divertirò
con voi due.
Glom.
Alan deglutì mentalmente. – E sia! Ma sappi che
non perderò.
Cercò
di convincere più sé stesso che lei. Quella fece
un sorriso feroce, il sorriso
di una belva selvaggia che pregusta la sua preda.
-
Questo lo vedremo – disse, molto più sicura di
sé di quanto lo fosse l’altro. –
Sei pronto?
-
Puoi giurarci!
E
di nuovo, il loro grido fu all’unisono:
COMBATTIAMO!!!
Mera
arrivò al Parco con i capelli rossi legati da una bandana
azzurra e una canotta
nera con bermuda di jeans. Andò subito al bancone a salutare
Rob e quello
l’avvisò.
-
Ci sono i tuoi amici. Pare che il tuo piccolo scherzetto abbia
funzionato.
La
ragazza si lasciò scappare un sorriso e si sfilò
gli occhiali da sole. –
Splendido. E dove sono ora?
-
Ti stavano cercando. Sicura che vada bene far duellare quel ragazzo
contro la
sua volontà? Mi è sembrato molto serio nel dire
che non lo avrebbe più fatto.
Mera
morse una stanghetta degli occhiali. Era molto sexy quando lo faceva,
anche se
probabilmente non se ne rendeva conto.
-
Hai visto anche tu quello che ha fatto – disse al barista.
– E hai visto anche
tu il fuoco che aveva negli occhi. Quel ragazzo è nato per
duellare, ed è un
peccato sprecare un talento come il suo. Nessuno avrebbe potuto tirare
fuori
una combinazione vincente da quelle carte, ma lui l’ha fatto.
Deve avere quel
dono.
-
Dono? – ripeté l’altro, confuso.
Mera
si sedette e poggiò gli occhiali. Si tolse la fascia e
lasciò i capelli liberi
in ricci scomposti e voluminosi. – Il dono che hanno i grandi
duellanti –
spiegò. – Gli abbiamo dato carte messe a caso.
Normalmente un duellante ha
bisogno di temo per prendere confidenza con un deck che non sia il suo.
Lui
invece ha duellato e vinto come se conoscesse quelle carte da sempre.
Sai cosa
significa?
-
Che è stato bravo? – ipotizzò Rob.
-
E’ molto più di questo. Significa che gli
è bastato dare un primo sguardo a
quelle carte per capire come funzionano. Forse nella vita vera
sarà uno
studente di medio livello come tutti gli altri, ma riguardo al Duel
Monsters la
sua mente lavora peggio di un supercomputer. È riuscito a
connettere tutte
quelle carte cavate fuori dal nulla, e a elaborare una strategia
vincente che
gli permettesse di battere il Pinguino.
Rob
era ammirato dopo quella spiegazione. – Ha talento da
vendere. Mi chiedo chi
sia in realtà.
-
Uh? – Mera ora non lo seguiva.
-
Ricordi che cos’ha detto a Cobblepot prima di sconfiggerlo?
Ha detto “E
comunque, io non sono un novellino”. Chissà se
è uno famoso.
Mera
ci rifletté su. – Non ci avevo pensato.
-
E perché avrà smesso di duellare?
-
Questo credo possa dircelo solo lui – osservò.
– Comunque, ora vado a cercarlo.
Si
rimise in piedi e si inforcò gli occhiali. – Forse
è vero che ha anche avuto un
po’ di fortuna – disse poi. – Ci vuole
anche quella, nel Duel Monsters.
Rob
annuì. – Chissà se vincerebbe di nuovo
con quel deck, combattendo con un’altra
persona.
Mera
gli fece un sorriso da dietro le lenti scure. – Spero avremo
modo di scoprirlo.
-
Mio turno – decretò Sapphire. – Pesco!
Era
molto concentrata. Alan intanto continuava a maledire sé
stesso per essersi
ritrovato in quella situazione per la seconda volta. Era come quando
tradisci
il tuo partner con qualcun altro, ripeti a te stesso che non
succederà ancora,
e poi invece ecco che subito ci ricaschi. Una pessima storia dove fai
la stessa
cosa due volte di fila, il capitolo di un libro dove fai esattamente
ciò che
avevi fatto e ti eri ripromesso di non fare nel precedente. Sarebbe un
libro
orribile.
Ma
la vita, per quanto il paragone sia famoso, non è un libro.
Nella vita non
segui uno schema. A volte è lei che decide per te.
Sapphire
fece la sua mossa. – Evoco Spadaccina Amazoness in attacco!
Una
furente guerriera dai capelli rossi come il fuoco, vestita con un due
pezzi di
pelle blu con degli ornamenti simili ad artigli sguainò la
spada. Aveva un
ventre tonico e muscoloso, occhi feroci e l’ornamento di
artigli sul capo a mo’
di fascia per capelli. La guardia della sua lama affilata presentava lo
stesso
motivo. (Attributo: Terra; Lvl: 4; Tipo: Guerriero/Effetto; ATK: 1500;
DEF:
1600).
-
Ora equipaggio lei con Eredità Amazoness –
proseguì. Alla guerriera comparvero
due orecchini che somigliavano a una strana bambola di legno
stilizzata, con
due gemme verdi di forma sferica al centro. – Quando questa
carta è attiva,
Amazoness non può essere distrutta in battaglia una volta
per turno. Metto
carta coperta e chiudo.
L’ologramma
apparve sul terreno.
Niente
male,
pensò Alan. Nel frattempo, la foresta si animava di rumori
attorno a loro. Gli
uccellini che cinguettavano, i piccoli animali che si muovevano nel
sottobosco.
Era un luogo suggestivo in cui duellare. Alan non aveva mai combattuto
un duello
con una ragazza selvaggia in una foresta, e sapeva che, con molte
probabilità,
non sarebbe successo ancora una volta. Se lo sarebbe goduto molto di
più, se
non avesse avuto quel terribile fardello sulla coscienza.
Lo
faccio solo perché devo, Lucius,
si ripeté mentalmente. Poi pescò.
Dannazione,
non ho mostri che
possano sconfiggere la sua Amazoness, quindi per ora mi conviene
giocare in
difesa.
E così fece. – Evoco Ciambellano dei Sei Samurai
in posizione di difesa.
Venne
fuori un samurai quasi interamente robotico, con un visore
sull’occhio destro e
una katana. Lo strano mix di tecnologia e armatura samurai era alquanto
bizzarro a vedersi. Aveva i capelli lunghi e neri, raccolti in una
coda, la
faccia solcata da cicatrici e un’espressione attenta rivolta
alla sua lama, che
stava pulendo con uno strumento impiantato sulla sinistra. (Attributo:
Terra;
Lvl: 3; Tipo: Guerriero; ATK: 200; DEF: 2000).
-
Dopo di che, posiziono due carte coperte, e termino il mio turno.
Gli
ologrammi comparvero anche dalla parte di Alan, che tirò un
sospiro. E al primo turno siamo
sopravvissuti. Spero
che questa cosa finisca il prima possibile.
Onestamente,
non si stava ponendo troppi dubbi sulla sua capacità o meno
di battere la
ragazza. Quando duellava, era piuttosto sicuro di sé, anche
se quel deck non
era il suo. Anzi, la cosa a cui stava pensando era che le Amazoness
erano un
buon archetipo da abbinare a quella ragazza. Quel deck la rispecchiava,
insomma, e la cosa gli piaceva, non poteva negarlo. Era soddisfacente.
Mi
domando che storia abbia. Da
dov’è saltata fuori questa?
Lanciò
un’occhiata oltre la spalla di lei, al suo amico
addormentato. Tieni duro, Barney. Alla fine,
a te che sei
svenuto sta andando sicuramente meglio di me.
Questo
fino a prova contraria, vale a dire finché non avesse perso.
Sapphire
pescò con un gesto quasi rabbioso. Ogni sua mossa lasciava
trasparire la sua
natura selvaggia. Alan cercava di guardarla negli occhi
perché era dura
concentrarsi col suo fantastico corpo così scoperto. Era una
ragazza davvero
attraente, e che diamine.
-
Tuo mostro non mi fa paura – dichiarò. –
Io guerriera. Io forte. Evoco
Guerriera Amazoness in attacco!
Il
nuovo mostro era un’altra Amazoness pompata, con i capelli
neri dalle punte
sparate e racchiusi in una coda. Lei indossava un due pezzi celeste e
aveva
delle borchie che le ingabbiavano il ventre. Aveva polsini blu a
triangoli neri
e fasce alle cosce dello stesso tipo, e delle bende sui polsi.
(Attributo:
Terra; Lvl: 4; Tipo: Guerriero/Effetto; ATK: 1500); DEF: 1300).
-
Ora scopro mia carta coperta, Incantatrice Amazoness! – Era
una carta magia,
una semplice carta magia raffigurante una vecchia Amazoness,
probabilmente lo
sciamano della tribù, con le dita delle mani incrociate,
attorniata da cerchi
che racchiudevano dei simboli. Ce n’erano quattro sopra la
sua testa, e due ai
suoi lati, con una doppia freccia che li univa.
Una
magia coperta?
La
ragazza ci sapeva fare, giudicò, Alan. Di solito non si
mettono le magie
coperte, quella è prerogativa delle trappole, che non
possono attivare i loro effetti
senza prima essere posizionate coperte per un turno, salvo rarissime
eccezioni.
Quello era un ottimo modo per depistarlo.
-
Con Incantatrice Amazoness, io posso scegliere mio mostro e tuo mostro,
e scambiare
loro attacco.
-
Cosa?? - Forse Alan
non aveva capito
bene, dopotutto la ragazza si esprimeva in un linguaggio non al cento
per cento
corretto, eppure pareva fosse esattamente così. Ma
perché mai avrebbe voluto
che uno dei suoi mostri prendesse i duecento punti d’attacco
del suo
Ciambellano?
Sapphire
indicò il mostro prescelto. – Scelgo Spadaccina
Amazoness!
Un’aura
rossa si innalzò dalla guerriera, volando con un pennacchio
verso il Ciambellano.
Contemporaneamente, un’aura celeste si innalzò da
esso e volò in direzione
dell’Amazoness. Le due auree si scambiarono, e i valori si
aggiornarono. Ora
Ciambellano vantava 1500 punti, mentre la Spadaccina solo 200.
Poi
Sapphire stese la mano e fece una mossa ancora più assurda.
– Ora va, attacca
suo mostro! Fendente Amazoness!!
La
Spadaccina balzò all’attacco. Impugnò
la spada a due mani e menò un fendente.
Il Ciambellano si difese con la sua katana e le due lame cozzarono.
È
impazzita,
giudicò Alan. Il mio mostro
è comunque in
difesa, e già così era più forte della
sua. Perché abbassare i suoi punti d’attacco?
Che effetto ha quella carta?
Il
dubbio cominciava a insinuarsi in lui. Si concretizzò del
tutto e mutò in
timore quando vide la lama della Spadaccina infrangere quella del
Ciambellano e
poi squarciarlo con un fendente.
Il
mostro esplose in tante schegge, e un bip!
del duel disk fece abbassare gli occhi di Alan.
-
Che diavolo vuol dire?! – esclamò quando vide i
suoi life points abbassarsi.
LIFE
POINTS ALAN: 6200
LIFE
POINTS SAPPHIRE: 8000
-
Non… non è possibile –
mormorò, incredulo. – Il mio mostro era in difesa,
e
aveva più punti di difesa di quanti ne avesse lei in
attacco. Perché è andato
distrutto?
Guardò
la ragazza, tremante per il nervosismo e l’incomprensione.
– E perché ho subito
io il danno?
Poi
si rese conto di un’altra cosa che non era al suo posto. Il suo mostro è illeso?!
La
sua Spadaccina era in piedi, senza nemmeno un graffio, e al fianco
della sua nerboruta
compagna. Tutta quella situazione non aveva senso.
-
Cosa diavolo hai fatto?? – domandò esasperato
all’altra. Sapphire fece un
ghigno feroce.
-
Mia letale combinazione ti ha sorpreso, lo vedo – disse lei,
non nascondendo il
suo orgoglio. – Quando mostro combatte con Spadaccina
Amazoness, tu prendi
tutto il danno che avrei dovuto subire io.
-
Cosa?! – Alan era rimasto senza parole.
-
E con Eredità Amazoness – gli ricordò
lei – mia Spadaccina una volta per turno
non può essere distrutta in battaglia, e per suo secondo
effetto è il tuo
mostro a venire distrutto. Ho abbassato intenzionalmente suo attacco
perché tu
subissi più danno.
Alan
era davvero senza parole. Anche per il fatto che quella selvaggia
riuscisse a
pronunciare un termine complicato come
“intenzionalmente”. Ma la cosa peggiore,
è che l’altra aveva ancora un mostro. Come se gli
avesse letto nel pensiero,
Sapphire esclamò: - Ora tocca a mia Guerriera Amazoness!
Colpiscilo con Danza
di Calci Mortali Amazoness!!
La
Guerriera fece un salto verso di lui e poi lo colpì con una
raffica di calci
volanti accompagnati da urla selvagge. Alan si schermò con
le braccia e fu
talmente realistico che gli sembrò di sentire per davvero le
pedate dell’altra.
Finì a terra mentre i suoi punti scendevano inesorabilmente.
LIFE
POINTS ALAN: 4700
LIFE
POINTS SAPPHIRE: 8000
Alan
si rimise in piedi barcollando.
-
Ho perso quasi metà dei miei life points in un solo
turno… - osservò,
incredulo. Guardò la sua avversaria. Se
non sto attento, rifletté, io
e
Barney perderemo qualcosa di più importante che un duello.
Guardò
l’amico, ancora svenuto, e di nuovo beato lui. Poi
sentì un bruciore al basso
ventre, ma dall’altro lato.
Perderemo
la possibilità di sederci
per una settimana!
ANGOLO
DELL’AUTORE
Hola,
popolo di EFP!
Eccoci
di ritorno con il quarto
capitolo di Duelist Chronicles. Il duello dello scorso capitolo
è stato accolto
in maniera pressoché totalmente positiva, e ne sono davvero
molto felice. Come
già detto, avevo timore a presentare un capitolo
così lungo con un duello
ininterrotto, ma sono felice di aver fatto un buon lavoro –
almeno stando ai vostri
commenti. Grazie davvero!
Lo
ripeterò brevemente qui:
tendenzialmente cerco di non tagliare i duelli. Certo, avete appena
visto che
questo è spezzettato, e vi anticipo che anche quello dopo
sarà così, ma se
facessi così per tutti i duelli della fan fiction
– ed essendo una fan fiction
su Yu gi oh, questa è piena di duelli – essa
finirebbe nel duemila mai. Perciò
troverete capitoli autoconclusivi e capitoli in più parti, a
seconda di cosa
succederà. Non mi sono fatto una scaletta, a dire il vero.
So come far finire
la prima stagione, ma per arrivarci non ho calcolato quanti capitoli
serviranno
e non voglio farlo.
Godiamocela
e basta, che ne dite?
Veniamo
al presente capitolo. Il buon
Alan credeva di essere al sicuro, ma invece ecco che per una
macchinazione di
Mera e degli altri del Parco si è ritrovato nuovamente in
trappola. Solo che stavolta
la colpa, imprevista, è della selvaggia Sapphire, che li ha
sorpresi e ha in
mente una punizione molto speciale per i due. Dopotutto, cosa potevamo
aspettarci da una donna della foresta? E usa un deck di Amazzoni, direi
che è
appropriato, non trovate anche voi?
Trovare
le idee per questo capitolo è
stato davvero difficile. La bozza iniziale prevedeva una festa a casa
di Mera,
dove con una scusa qualcuno avrebbe dovuto duellare, probabilmente la
stessa
Mera, ma più lo scrivevo e meno mi sentivo soddisfatto.
Così ho deciso di
aspettare a far entrare in scena Mera – che comunque ci
delizierà molto presto,
non temete – e mentre stavo parlando con un mio amico mi
è venuta
l’illuminazione. Perché non usare la lista di
tutti quelli che hanno dato le
carte ad Alan come pretesto per fargli incontrare gente nuova e
inscenare nuovi
duelli?
Ma
chiaramente il nostro eroe non fa in
tempo a cominciare che subito si trova nei guai, e la sua strada prende
una
deviazione inaspettata. Sapphire infatti non solo non è fra
quelli che hanno
composto il suo deck, ma ha anche intenzione di divertirsi con il
fondoschiena
suo e di Barney! E be’, ognuno ha le sue necessità
dopotutto, no?
Ma
prima di tutto, Sapphire, come gli
abitanti del Parco dei Duelli, è una fiera duellante, che
vuole misurarsi con
avversari sempre più forti, e non perde occasione per farlo.
E così, Alan si è
trovato suo malgrado costretto ad accettare di nuovo.
Ed
ecco che il nostro protagonista, che
si era ripromesso di non duellare mai più, ci è
cascato per la seconda volta a
nemmeno un capitolo di distanza da quello precedente! Dopotutto, il
lupo perde
il pelo ma non il vizio no? E lui sotto sotto ci prova gusto, a
duellare. Anche
se aleggia su di lei questo spettro del misterioso Lucius. Ancora non
sappiamo
chi sia, o che cosa leghi i due, ma pare che sia per causa sua che Alan
abbia
smesso di duellare.
Personalmente,
non vedo l’ora di
rivelarvi chi sia Lucius e la sua relazione con Alan, ma
bisognerà aspettare.
Così il tutto verrà reso più succoso.
E fidatevi, ne varrà la pena, perché quando
accadrà spero rimarrete a bocca aperta.
Ma
ora resta da scoprire come se la
caverà Alan contro la bella e selvaggia Sapphire, e
soprattutto se Mera abbia
ragione sul dono che secondo lei Alan possiede, e che lo accomuna ai
grandi
duellanti. Quanti misteri aleggiano su questo ragazzo.
Chiudiamo
con i rapidissimi riferimenti
di questo capitolo. O meglio, il
riferimento, l’unico che sento di dare, la vera
novità, cioè Sapphire.
Sapphire altri non è che la “versione
manga” di Vera Birch, la figlia del
professor Birch nella terza generazione di Pokemon. Il manga di Pokemon
– e
ringrazio tantissimo il mio carissimo amico LB per avermelo fatto
conoscere – è
diversissimo dall’anime, e spulciando un po’ la
wiki sono venuto a conoscenza
di questa versione di Vera/May. Il suo look e temperamento selvaggio mi
hanno
subito catturato, così mi sono detto “Ehi, sarebbe
fico se questa tizia uscisse
dal folto degli alberi e stendesse Barney per poi rapirlo e costringere
Alan a
duellare con lei”. E così è stato.
Non
ho altro da aggiungere. Come al
solito non dimenticate di lasciare una bella recensione e di farmi
sapere,
anche solo con un messaggio privato, cosa ne pensate o se dovrei stare
attento
a qualcosa o cambiare qualcos’altro, i pareri e le critiche
costruttive sono
sempre ben accette.
Noi
ci vediamo la settimana prossima
con un nuovo capitolo!
Nel
prossimo capitolo: “Una duellante
formidabile”
Il
duello con Sapphire è appena iniziato, e Alan si trova
già alle strette. Le
combinazioni di carte della duellante sono feroci quanto lei, e il
ragazzo
dovrà dare fondo a tutta la sua esperienza e tutto il suo
talento se vuole
sperare di vincere e di salvare sé stesso e Barney. Ci
riuscirà?
Ciao
ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5: Una duellante formidabile ***
CAPITOLO
5: Una duellante formidabile
Alan
era affaticato, sudato marcio e aveva appena perso quasi la
metà dei suoi life
points. Oltretutto, il suo amico Barney era svenuto e legato a un
tronco
d’albero, rapito da una specie di donna della foresta di nome
Sapphire, che
aveva minacciato di seviziarli entrambi con un pezzo di legno dalla
forma
difficilmente equivocabile, sia che il ragazzo non avesse duellato, sia
che
avesse perso.
Non
era proprio la più rosea delle situazioni.
Va
bene,
provò a ragionare, scrollandosi di dosso la terra, questo non è il mio deck, e io non sono
più bravo come un tempo. E
quello non è di certo un deck di fottuti pinguini. Ma ci
deve pur essere un
modo per batterla…
Se
c’era, però, non ne vedeva ancora la via.
-
Termino mio turno – dichiarò Sapphire, incrociando
le braccia. – A te la mossa.
Alan
pescò. Questa può fare
al caso mio,
pensò, ma prima devo sacrificare
un mostro
per evocarlo. La mise così insieme alle altre, poi
ne prese un’altra e
dichiarò: - Posiziono un mostro coperto in posizione di
difesa. E subito dopo
scopro la mia trappola: Diritto di Nascita!
La
carta col cavaliere nel corridoio distrutto si illuminò,
mentre l’ologramma del
mostro coperto le compariva davanti. – Con Diritto di
Nascita, posso scegliere
un mostro senza effetto nel mio cimitero e riportarlo sul terreno in
posizione
d’attacco. E naturalmente, io scelgo Ciambellano dei Sei
Samurai!
Il
samurai mezzo cyborg tornò in gioco, questa volta con i suoi
200 miseri punti
d’attacco. Certo, avrei potuto
subito
usarlo come tributo, ma voglio vedere se riesco a farla cadere in
trappola,
rifletté. Se sopravvivo al
prossimo
turno, potrò evocare il mio mostro, e riprendere in mano la
situazione.
-
Termino il mio turno – dichiarò. Spero
che questa cosa finisca presto, pensò, portandosi
poi la mano tremante alle
piastrine, che scottavano come sempre. Gli uscì una smorfia.
Sapphire
lo notò, ma fece finta di nulla. Invece, gli disse
sprezzante: - Giocare in difesa
non salverà te e il tuo amico – e pescò.
Questo
lo so bene, dannata,
pensò lui a denti stretti e col sudore che gli imperlava la
fronte. Pazienta un po’, e vedi
come ti sistemo.
Dovette
però ricredersi quando la sua avversaria esclamò:
- Gioco Tempesta Potente, per
spazzare via tua trappola coperta!
-
Cosa?? – Quello Alan non
l’aveva
previsto. Perché, di tutte le carte, quella tipa aveva
pescato proprio Tempesta
Potente?
Un
forte vento cominciò a spirare sul campo di battaglia,
scoprendo la trappola di
Alan, che era Malfunzionamento, e frantumandola in tante schegge
olografiche.
Se fosse stata un’altra trappola, gli sarebbe anche andata
bene: Malfunzionamento
è, difatti, una contro trappola che le distrugge al modico
costo di 500 life
points. Ma è assolutamente inutile contro le magie come
Tempesta Potente.
Sapphire
mise la sua carta appena usata nel cimitero, poi disse: - Ora uso carta
magia
Richiamo Amazoness, per prendere mostro Amazoness da mio deck e
aggiungerlo a
mia mano.
La
carta raffigurava un’arciere dai capelli corti e un top di
pelle sotto a una specie
di giacca di pelle animale, in piedi su un tronco e con una mano
accanto alla
bocca aperta, un evidente segno di richiamo. Sapphire cercò
nel suo deck finché
non trovò la carta desiderata, poi la mostrò al
rivale affermando: - E la evoco
subito: Arciere Amazoness, in attacco!
Era
esattamente la carta raffigurata nella magia, una giovane Amazoness
dalla carnagione
diafana, i corti capelli marroncino che le davano un che di mascolino,
e armata
con arco e frecce. (Attributo: Terra; Lvl: 4; Tipo; Guerriero/Effetto;
ATK:
1400; DEF: 100).
Sapphire
stese una mano. – Attivo suo potere speciale! Sacrificando
due mostri, posso
infliggerti direttamente 1200 punti di danno!
-
Maledizione –
imprecò Alan, che
sudava sempre di più. Le due Amazoness a fianco
dell’arciere si dissolsero, per
poi tramutarsi in due frecce luminose. L’arciere le
impugnò, per poi scagliarle
direttamente contro Alan, che si schermò con le braccia,
arretrando di qualche
passo.
LIFE
POINTS ALAN: 3500
LIFE
POINTS SAPPHIRE: 8000
Alan
riabbassò le braccia, dove brillavano due cerchi olografici
fumanti in corrispondenza
dell’impatto con le frecce. Questa
tipa è
formidabile, pensò. Se
non faccio
qualcosa al più presto mi annienterà. E io non
posso permettermi di perdere.
-
Attivo secondo potere speciale di mio Richiamo Amazoness –
dichiarò a sorpresa
l’altra. – Quando è in mio cimitero,
posso rimuoverlo per permettere a uno dei
miei mostri di colpire, una volta ciascuno, tutti i mostri sul tuo
terreno fino
alla fine del turno.
Chiuse
il pugno. – Ti devasterò!
Oh,
non è questo tipo di
devastazione che mi preoccupa,
avrebbe voluto
risponderle Alan, che era molto più preoccupato per il
destino delle chiappe
sue e di Barney. Ma a proposito, quello con tutto quel baccano non si
era
ancora ripreso? Quanto diavolo lo aveva colpito forte la ragazza?
-
Vai, Arciere, attacca e distruggi i suoi mostri!! – Al
comando di Sapphire,
l’Arciere Amazoness incoccò una freccia e la
sparò con precisione mortale nel
cuore del Ciambellano, che se ne andò per la seconda volta
in una nuvola di
fumo.
LIFE
POINTS ALAN: 2300
LIFE
POINTS SAPPHIRE: 8000
-
E ora procedi, distruggi suo secondo mostro!
A
quel comando, l’Arciere incoccò la seconda
freccia, ma questa volta un ghigno
compiaciuto si disegnò sul viso di Alan. – Oh, non
penso che lo farai!
A
quella esclamazione, la carta venne scoperta. Era un vecchio rugoso
dalla pelle
giallognola e cascante, con lunghi capelli grigi e denti gialli. Era
gobbo e
vestiva con una specie di armatura rossa sopra a una veste rossa e a un
mantello
blu, e si manteneva appoggiato a uno storto scettro verde con una gemma
viola
al centro.
-
Cos’è quello? – fece Sapphire,
visibilmente preoccupata ora. Era come se il suo
istinto avesse percepito il pericolo insito in quella carta.
-
Questo è Anziano Mago Vendicativo –
spiegò Alan. (Attributo: Oscurità; Lvl: 2;
Tipo: Incantatore/Effetto; ATK: 450; DEF: 600). – E tu sei
appena caduta
vittima del suo potere speciale.
Alan
stese un braccio a sua volta. – Quando Anziano Mago
Vendicativo viene scoperto,
mi permette di distruggere un mostro sul terreno del mio avversario. E
sai benissimo
su chi ricadrà la mia scelta: sull’unico mostro
che possiedi!
-
Oh no! – esclamò la ragazza. Il moro
puntò il dito: - Vai, Mago Vendicativo, distruggi
l’Arciere Amazoness!
Il
Mago puntò la sua bacchetta, e da essa sparò un
fulmine oscuro che investì
l’Arciere, che gridò per il dolore prima di
dissolversi in polvere. Sapphire
strinse un pugno, ringhiando rabbiosa.
-
Colpo niente male – gli riconobbe.
-
Ti ringrazio per l’onestà – le sorrise
Alan, che ricadeva nuovamente vittima
della frenesia e del mood del duello, ora che le cose avevano
cominciato a
girare per il verso giusto.
Siccome
l’altra non dava segno di dover fare altro, Alan prese
l’iniziativa. – E’ il mio
turno, pesco!
Speravo
di utilizzare Ciambellano
dei Sei Samurai come tributo,
rifletté mentre contemplava
le quattro carte che ora stringeva in mano. Poi
mi sono ricordato che non era la carta giusta per attivare il suo
effetto. Un
errore da principiante. Non posso farmi prendere dal nervosismo, o non
ne
usciremo interi qui.
Decise
quindi di tentare per un’altra via. – Sacrifico ora
Anziano Mago Vendicativo,
per poter evocare Ohka – Mech Maestoso!
Il
leone alato meccanico fece la sua ricomparsa issandosi sulle zampe
posteriori,
per poi ricadere sul terreno. (Attributo: Luce: Lvl: 6; Tipo:
Fata/Effetto;
ATK: 2400; DEF: 1400).
-
Avanti Ohka, attacca direttamente i suoi Life Points con Respiro
Celeste!!
Il
leone caricò il suo raggio fotonico fra le fauci, per poi
riversarlo sulla
duellante, che lanciò un grido mentre si difendeva con le
braccia davanti al
volto.
LIFE
POINTS ALAN: 2300
LIFE
POINTS SAPPHIRE: 5600
Finalmente
l’ho colpita!,
esultò mentalmente. Ma era presto per cantare vittoria. Il
vantaggio della
ragazza e la ferocia del suo deck erano ancora ostacoli troppo grandi
per poter
dire di averla scampata.
-
Posiziono una carta coperta, e concludo qui il mio turno –
dichiarò, moderando
i toni. Era meglio stare in guardia.
Sapphire
pescò, quasi compita. – Mio turno sarà
la fine per te – annunciò, con i toni di
una funesta profezia. Alan faceva bene a non dirsi al sicuro. Sapphire
gli
mostrò una carta magia.
-
Ora attivo la magia terreno Villaggio delle Amazoness!
Non
appena ebbe inserito la carta nel duel disk, il paesaggio circostante
iniziò a
modificarsi. Alcuni alberi sparirono, per fare il posto a delle capanne
di
legno con i tetti di paglia. C’erano fuochi accesi, fili per
stendere il
bucato, e un vociare tutto intorno che animava la foresta. Barney ora
è addirittura
legato a un palo.
-
Una magia terreno – constatò Alan, intimorito. Era
da tanto che non ne vedeva
una. Faceva sempre un certo effetto vedere il paesaggio circostante
cambiare.
-
Per effetto di questa carta, mie Amazoness guadagnano 200 punti di
attacco! E
te ne presento subito un’altra, Maestra delle Catene
Amazoness!
Con
quel nome accattivante, a fare la sua comparsa fu
un’Amazoness dai lunghi capelli
grigi legati in una coda, vestita con un due pezzi blu tigrato,
muscolosa come
le sue precedenti compari, e armata con una catena che terminava in un
giavellotto a tre lame. (Attributo: Terra; Lvl: 4; Tipo:
Guerriero/Effetto;
ATK: 1500; DEF: 1300).
Grazie
al Villaggio, i suoi punti d’attacco salivano fino a 1700. Ma
Alan ora poteva
contare su Ohka, che era molto più forte di lei. Tuttavia,
Sapphire lo colse
nuovamente di sorpresa, e stringendo un pugno dichiarò: -
Ora ordino a mia
Amazoness di attaccare tuo mostro!
Di
nuovo??,
pensò il ragazzo. Era una scena che aveva già
visto. L’Amazoness stese la sua catena,
impugnò il giavellotto e poi lo lanciò come una
lanciatrice del peso. Alan non
poté far altro che difendersi. – Vai Ohka,
sbarazzati di lei!
Il
leone alato caricò il suo fascio fotonico, e
l’Amazoness non poté resistere
alla potenza del colpo, finendo incenerita in un grande bagliore.
Sapphire
accusò il colpo splendidamente, senza scomporsi troppo.
LIFE
POINTS ALAN: 2300
LIFE
POINTS SAPPHIRE: 4900
-
Perché l’hai fatto? – le
domandò il moro.
La
castana rispose col suo sorriso feroce. – Perché
quando Maestra delle Catene Amazoness
viene distrutta in battaglia, io posso attivare suo potere speciale,
che al costo
di 1500 Life Points mi consente di guardare nella tua mano per vedere
se hai un
mostro, e di aggiungerlo a mia mano!
LIFE
POINTS ALAN: 2300
LIFE
POINTS SAPPHIRE: 3400
Lo
indicò e il ragazzo sobbalzò. –
M-maledizione… - mormorò, e poi guardò
le carte
nella sua mano. Oh sì, un mostro
ce l’ho,
ed è pure buono. Se me lo prende sono nei guai…
Sapphire
lo indicò con la mano aperta e il palmo rivolto
all’insù. – Avanti, mostrami
tua mano.
Alan
non poté fare altro che acconsentire, seppure riluttante.
Dopotutto, quelle
erano le regole. Così andò verso di lei, e gli
mostrò la mano. Naturalmente gli
occhi dell’altra si illuminarono quando vide il mostro che
immaginava. – Prendo
questo! – esclamò, senza nemmeno starci a pensare
a due volte, e glielo sfilò
di mano. Alan non disse una parola. Quando furono tornati entrambi al
loro
posto – mentre erano vicini, Alan aveva sentito il forte
odore della pelle della
ragazza, un odore muschiato, un aroma intenso, che sapeva di foresta
– Sapphire
disse: - Non ho ancora finito.
-
Che altro c’è ora? – domandò
il ragazzo. Forse, avrebbe fatto meglio a non
chiedere.
Lei
ridacchiò. – Ora si attiva il secondo potere
speciale del mio Villaggio delle
Amazoness – spiegò.
-
Un secondo potere speciale? – ripeté Alan,
allarmato. Quella annuì di gusto: -
Proprio così. Quando un mio mostro Amazoness viene
distrutto, io posso
sostituirlo con un altro che abbia lo stesso livello o meno, pescandolo
direttamente dal mio deck!
Si
mette male…,
pensò il ragazzo. Oltretutto, ora la ragazza aveva in mano
la sua carta.
Sapphire
prese il suo deck e lo aprì a ventaglio, per poi estrarre
una carta che mostrò
subito all’altro. – Ora evoco Paladina Amazoness,
in attacco!
La
nuova guerriera era la più bella di tutte. Bionda, con
bellissimi occhi
azzurri, vestiva con un due pezzi bianco, con tanto di cappuccio dal
quale
trasparivano i fluenti capelli. Aveva il vestito ornato di penne viola,
e mostrava
fieramente il suo fisico allenato standosene appoggiata a una spada
conficcata
nel terreno. Guardava fisso negli occhi Alan, tanto che il ragazzo si
sentì in
soggezione. (Attributo: Terra; Lvl: 4; Tipo: Guerriero/Effetto; ATK:
1700; DEF:
300).
-
Non solo mia Paladina, mio gioiello – enfatizzò
Sapphire, lasciando intuire che
quella fosse la punta di diamante del suo deck – beneficia di
bonus dato dal
mio Villaggio, ma ha anche un suo potere speciale.
-
E ti pareva… - commentò l’altro.
Sapphire
proseguì imperterrita. – Mia carta guadagna cento
punti d’attacco per ogni
mostro Amazoness che controllo o che è in mio cimitero,
compresa sé stessa!
Alan,
sgranati gli occhi, fece un rapido calcolo. La Paladina aveva 1700
punti, e raggiungeva
i 1900 con il bonus dato dalla magia terreno. Contando poi
sé stessa, e altri
quattro mostri Amazoness nel cimitero della duellante, c’era
un ulteriore bonus
di 500 punti, che la portavano allo stesso livello di Ohka.
Era
un’avversaria temibile. Tuttavia, Alan non demorse e disse: -
Approfitterò
dell’attivazione dell’effetto del tuo Villaggio,
per scoprire la mia carta
trappola: Detonazione a Catena!
La
trappola mostrava una X gialla solcata da catene, con quattro punte
affilate e
un cerchio rosso al centro, palesemente pronta ad esplodere.
– Questa carta mi
permette di infliggerti 500 punti di danno, e siccome l’ho
attivata in
combinazione con il tuo Villaggio, essendo parte di una catena posso
rimetterla
nel mio deck e rimischiarlo!
Alan
fece esattamente questo mentre Sapphire andava sotto di altri
cinquecento
punti.
LIFE
POINTS ALAN: 2300
LIFE
POINTS SAPPHIRE: 2900
-
Mpf – fece lei – non è cambiato nulla.
Forse
sì e forse no,
pensò l’altro senza risponderle, e detergendosi il
sudore dalla fronte. – La
tua Amazoness non è più forte del mio Ohka
– le fece notare – quindi non puoi
attaccare.
-
Questo è vero – concordò lei, guardando
le ultime carte che aveva in mano. – Mi
limiterò a posizionare questa coperta, e a terminare mio
turno.
Un’altra
carta coperta. Sarà una magia
o una trappola?
Con
questo dubbio, Alan pescò. Annulla
Attacco, grandioso!
Non
era mai stato così felice di pescare una trappola come
quella. Se anche dovesse inventarsi qualcosa
per
superare le difese di Ohka, potrò ancora difendermi con
questo. Ma se decidesse
di attivare quella carta…
Pensava
alla carta che l’altra era riuscita a sottrargli. Se lei
avesse avuto il mostro
giusto nel deck, sarebbe stato in seria difficoltà.
-
Posiziono una carta coperta – dichiarò –
e a seguire posiziono anche un mostro
coperto in difesa. A te la mossa, Sapphire!
Un
turno molto tranquillo. – Mpf – fece di nuovo lei.
– Giocare in difesa non ti
garantirà mai la vittoria.
Aspetta
e vedrai,
pensò lui. Se al prossimo turno
pesco la
carta giusta, ti farò ricredere.
Sapphire
diede il via al suo turno. – Pesco!
E
fece di nuovo quel sorriso feroce. – La vittoria è
mia! Ora scopro mia carta
trappola, Forza di Volontà Amazoness!
La
carta raffigurava la Paladina Amazoness in ginocchio e appoggiata alla
sua
spada, i capelli sporchi e dismessi, il vestito ridotto a brandelli e
in tante
fasce che si stavano sfilando, ma con un’aura rossa attorno.
– Questa trappola
continua mi permette di scegliere mostro Amazoness nel mio cimitero e
di
evocarlo sul mio terreno. Io scelgo Spadaccina Amazoness!
La
guerriera dai fulvi capelli rossi fece la sua ricomparsa, sferzando
l’aria con
la sua spada.
-
Perché mai? – domandò Alan. Sapphire
non perse il suo sorriso, e anzi gli
spiegò: - L’ho fatto per poter attivare questa!
E
gli mostrò la carta che aveva in mano. –
E’ la magia Spirito Combattente Amazoness!
Quella
magia continua raffigurava la Guerriera Amazoness avvolta da
un’aura ventosa. –
Quando mio mostro Amazoness attacca un mostro ed è
più debole, guadagna mille
punti d’attacco in più durante il calcolo dei
danni – spiegò.
Il
duellante cercò di mantenere i nervi saldi.
-
Comincerò sbarazzandomi di tuo mostro coperto! –
dichiarò. – Vai, Spadaccina
Amazoness! Distruggilo con Fendente Amazoness!
La
Spadaccina partì all’attacco,e in quel momento il
mostro venne allo scoperto.
Era un gigante dal corpo tozzo in armatura grigia, con due enormi mani
avvolte
nei guanti dai palmi arancioni, e una testa minuscola priva di collo
incastrata
nell’armatura. Il suo volto era un teschio infuriato, in
linea col design
scheletrico della sua armatura. (Attributo: Oscurità; Lvl:
4; Tipo: Demone;
ATK: 100; DEF: 2100)
-
Spiacente, ma il mio Renge, Custode del Mondo Oscuro non è
così facile da
buttare giù – spiegò Alan. Quella
ridacchiò: - Hai dimenticato che se il tuo
mostro è più forte, la mia Amazoness guadagna
1000 punti in più? – gli domandò.
La
guerriera venne avvolta da un’aura rossa, e i suoi punti
salirono a 2700. –
Avanti Spadaccina, eliminalo!
A
quell’ordine, la guerriera impugnò la spada a due
mani e menò un fendente con
un urlo selvaggio. Renge venne tagliato in due, ma siccome era in
difesa Alan
non subì alcun danno.
-
Senza l’effetto di Spirito Combattente, avresti subito tu la
differenza di
forze tra i nostri mostri – gli ricordò la
selvaggia. – Ma sfortunatamente per
te, la battaglia non è ancora finita. Mia Paladina, attacca
Ohka!
Stese
una mano in avanti, e la Paladina andò alla carica con la
spada alzata. I loro
punti d’attacco erano ancora gli stessi, ma Sapphire disse: -
Non mi interessa
se vengono distrutti. Al prossimo turno la riporterò in vita
con la mia Forza
di Volontà Amazoness, mentre tu dovrai dire addio per sempre
al tuo mostro!
Ecco
perché aveva fatto quella mossa. Voleva assicurarsi di avere
un mostro di riserva
nel caso le cose si fossero messe male. E con quella combinazione di
carte,
quand’anche per un qualche motivo la sua Paladina fosse
diventata più debole di
Ohka, avrebbe acquisito un bonus mostruoso che l’avrebbe
riportata in
vantaggio.
Sapphire
era una duellante formidabile.
Ma
fu allora che Alan esclamò: - E’ qui che ti
sbagli! Scopro la mia carta
trappola: Annulla Attacco!
Una
barriera si formò attorno ad Ohka, che respinse la spada
della Paladina e la
fece indietreggiare.
-
Cosa? – fece la ragazza, stupita.
-
La tua Battle Phase termina istantaneamente – le fece notare
Alan – e conoscendo
il mostro che hai in mano, anche il tuo turno termina con essa.
Sapphire
provava un misto di stizza e confusione. – Non capisco
– ammise. – Se avevi
Annulla Attacco, perché non mi hai impedito di distruggere
tuo mostro?
Alan
pescò e non poté nascondere il suo sorriso.
– Per fare questo!
Le
mostrò una delle due carte che aveva in mano. –
Dalla mia mano, attivo la carta
magia Industria Oscura della Produzione di Massa!
Quella
carta dal nome lunghissimo raffigurava un nastro trasportatore con un
goblin in
camice e cappello da lavoro. Sul nastro erano distesi dei Mokey Mokey,
i mostri
più inutili del Duel Monsters. – Questa carta
magia mi consente di recuperare
due mostri senza effetto dal mio cimitero, e di evocarli sul terreno.
Ecco
perché non ti ho impedito di distruggere Renge,
perché così avrei potuto
attivare questa carta.
Dal
cimitero fecero la loro ricomparsa il Ciambellano dei Sei Samurai e
Renge, entrambi
in posizione d’attacco. Sapphire non ne fu per niente
intimorita.
-
E allora? Cos’hai guadagnato assemblando quegli inutili
mostri?
Alan
però non perse il suo sorriso, stavolta. – Mi
spiace, ma questi mostri non sono
“inutili” – ribatté.
– Non quando posso usarli come tributo per evocare questo!
Sbatté
la carta sul duel disk. – A me, possente Drago Tricorno!
Accetta questi tributi
e mostrati!
Renge
e il Ciambellano scomparvero in due colonne di luce, e al loro posto si
mostrò
il temibile drago imperfetto che aveva decretato la sconfitta del
Pinguino. Il
suo ruggito scosse le foglie degli alberi e fece scappare via gli
uccelli.
(Attributo: Oscurità; Lvl: 8; Tipo: Drago; ATK: 2850; DEF:
2350).
Sapphire
indietreggiò di un passo nel vederlo. –
Com’è possibile?
-
E’ possibile – disse lui –
perché questo deck è nato dalle speranze
combinate
di tutti coloro che non volevano lasciare questo posto. La sua forza
non è da
sottovalutare, e lo scoprirai anche tu!
Strinse
il pugno, per poi stendere la mano. – Vai, Drago Tricorno,
schiaccia la Paladina
Amazoness!
Con
una zampata, il Drago si liberò all’istante della
potente guerriera, causando
una folata di vento dalla quale Sapphire dovette difendersi.
LIFE
POINTS ALAN: 2300
LIFE
POINTS SAPPHIRE: 2550
-
E siccome l’effetto della tua carta magia si attiva solo
quando sono i tuoi
mostri ad attaccare, il mio Ohka può distruggere senza
problemi la tua
Spadaccina!
Sapphire
ringhiò. – Certo, ma il danno lo subirai tu per il
suo effetto!
Alan
non si scompose più di tanto. – Va bene
così. Un piccolo prezzo da pagare per
liberarmi di lei. E visto che non è più
equipaggiata con Eredità Amazoness, può
essere distrutta in battaglia. Avanti, Respiro Celeste!
Ohka
caricò e poi incenerì anche la Spadaccina,
nonostante il danno andò dritto
dritto ai life points di Alan.
LIFE
POINTS ALAN: 1600
LIFE
POINTS SAPPHIRE: 2550
Erano
chiaramente gli ultimi turni, e si prevedeva un finale da cardiopalma.
Ma ora
Alan aveva ritrovato la fiducia necessaria.
-
Allora, come ci si sente a sapere di avere in mano un mostro
assolutamente
inutile? – le domandò. Sapphire gli rispose con un
ringhio. Forse il moro stava
punzecchiando troppo la belva o forse no.
Il
mostro che mi ha sottratto non
può competere né con Ohka né tantomeno
con Drago Tricorno. Meglio così.
Rimasto
senza carte in mano, Alan cedette il passo.
-
Pesco! – dichiarò rabbiosa, osservando poi con
attenzione la carta appena
pescata. I suoi occhi azzurri tornarono su quelli, di una
tonalità simile,
dell’altro. – Attivo Forza di Volontà
Amazoness, per riportare in vita la mia
Spadaccina Amazoness.
La
guerriera dai capelli rossi tornò per l’ennesima
volta.
-
E ora le affianco Cerbottaniera Amazoness in posizione di difesa!
La
nuova guerriera aveva lunghi capelli viola, un due pezzi verde, delle
fasce di
metallo a legarle le gambe e dei piccoli teschi demoniaci come
ginocchiere.
Impugnava una cerbottana la cui punta era a sua volta un teschio, forse
quello
di un primate, ma con delle zanne affilate. (Attributo: Terra; Lvl: 3;
Tipo:
Guerriero/Effetto; ATK: 800; DEF: 1500).
-
Per il suo potere speciale, posso scegliere uno dei tuoi mostri una
volta per
turno, per fargli perdere cinquecento punti fino a fine turno.
Puntò
il dito. – Io scelgo Drago Tricorno!
-
Dannazione! – esclamò Alan. –
Così il mio Drago sarà più debole
della sua Spadaccina
quando attaccherà.
La
Cerbottaniera sputò un dardo avvelenato, che si
conficcò nel collo del possente
Tricorno, il quale lanciò un ruggito di dolore mentre i suoi
punti d’attacco
scendevano a 2350.
-
Ah ah! – esclamò Sapphire. – Per effetto
del Villaggio delle Amazoness, mia Spadaccina
ha 1700 punti, ma ora per effetto di Spirito Combattente Amazoness ne
guadagnerà
altri 1000, salendo a 2700. Vai, Spadaccina, Fendente Amazoness!
La
Spadaccina menò un fendente per diagonale che
squarciò il Drago Tricorno, spedendolo
direttamente al cimitero. Alan si riparò il viso
dall’esplosione che ne seguì.
LIFE
POINTS ALAN: 1150
LIFE
POINTS SAPPHIRE: 2550
È
pazzesco,
pensò incredulo. La sua forza di
volontà
è incrollabile. Non solo non si è fatta
intimidire da Drago Tricorno, ma è
anche riuscita a trovare un modo per distruggerlo, ribaltando di nuovo
la
situazione.
Il
sudore acido che gli colava dalla fronte gli bruciò gli
occhi. Alan si deterse
con un gesto rabbioso.
Avvicinò
la mano al vano carte del duel disk. Siamo
alla frutta, pensò. Tutto
dipenderà
da questa carta. Qualunque essa sia, ne andrà del mio
duello. E non solo di quello!
Un
bruciore al posteriore gli ricordò per
cos’è che stava realmente duellando.
-
Mio turno è finito – gli ricordò
Sapphire – e pare che sia finito anche tu.
-
Questo lo vedremo – disse il ragazzo. Sfiorò la
carta con la mano, prima di
prenderla. Un senso di calore lo invase. Guardò la carta
appena pescata, e
sorrise.
Arrivi
sempre al momento giusto,
eh?
Con
la mano libera strinse le piastrine. Lucius,
pensò, se soltanto allora mi fossi
trovato
con le spalle al muro come adesso, forse avrei potuto imparare davvero
qualcosa.
Questo duello… lo chiuderò per te!
-
Posiziono un mostro coperto – disse, tornando a guardare
Sapphire. – E termino
il mio turno.
-
Non vuoi attaccare la mia Cerbottaniera? – domandò
quella, ridendo. – Be’ è naturale,
tanto riuscirei a chiamarla ancora. Invece adesso torna Paladina
Amazoness!
La
potente guerriera bionda fece il suo ingresso lanciando un grido da
battaglia
che ne sottolineava la ferocia. – E visto che
c’è nuova Amazoness sul terreno,
Paladina guadagna altri cento punti, diventando più forte
del tuo mostro.
Vero,
sebbene solo di cento punti, ora la Paladina superava in potenza Ohka.
In tutto
questo, Sapphire non aveva ancora pescato.
-
Eheh – ridacchiò. – Ho già
tutto quello che mi serve per vincere. Sapphire
forte, troppo forte! Tu sei stato bravo, ma io di più!
E
si batté un pugno sopra il plesso solare. Alan non
poté che ridere, ma
stancamente. Quel duello l’aveva veramente provato.
– Già, sei stata veramente
un’avversaria incredibile. Ma questo duello non
sarà finito finché non manderai
a zero i miei life points.
Tornò
serio. – Quindi fai la tua mossa, avanti!
La
ragazza ghignò. – Sapphire la fa eccome!
Cerbottaniera, indebolisci Ohka!
La
Cerbottaniera sparò il suo dardo avvelenato, colpendo Ohka,
il quale scalciò
indispettito e morse l’aria facendo schioccare le fauci,
mentre i suoi punti
d’attacco scendevano a 1900.
-
E ora tocca a te, Paladina, annientalo!!
La
Paladina sollevò la spada sulla testa, impugnandola con
entrambe le mani, per
poi decapitare il leone fatato. L’esplosione mandò
schegge olografiche contro
il viso di Alan, che si difese con una mano.
LIFE
POINTS ALAN: 550
LIFE
POINTS SAPPHIRE: 2550
-
Pensi ancora di poter vincere? – gli domandò
Sapphire. – Ora tocca al tuo
mostro coperto venire annientato, dopodiché mia Spadaccina
cancellerà tuoi
ultimi life points!
Dopo
averlo detto spostò la sua Cerbottaniera in attacco, pronta
a mirare al mostro
coperto. La sua compare dai capelli rossi, invece, non vedeva
l’ora che la sua
lama assaggiasse il collo di Alan. – Avanti Cerbottaniera
Amazoness, distruggi
suo mostro con Fendente Amazoness!
Quella
si preparò a prendere la mira. Ma quando stava per colpire
la carta coperta,
questa si illuminò di una luce accecante, costringendo il
mostro e la sua
proprietaria a farsi indietro.
Solo
Alan ammirava lo spettacolo compiaciuto. – Sei caduta vittima
del peggior mostro
che potessi affrontare, Sapphire – le disse. – E se
hai assistito al mio duello
con Cobblepot, saprai anche tu quant’è pericoloso!
Stese
una mano. – Mostrati a noi, Drago da Richiamo!
Il
cucciolo di drago che tanti aveva fatto intenerire – e
più di qualcuno aveva
basito – diverse sere prima fece la sua comparsa lanciando un
verso simile a un
vagito. I suoi profondi e luminosi occhi neri guardavano la ragazza
della
foresta. (Attributo: Fuoco; Lvl: 2; Tipo: Drago/Effetto; ATK: 300; DEF:
200).
-
Un cucciolo? – mormorò la ragazza, scandalizzata.
– Un cucciolo ha bloccato il
mio attacco?
Poi
ricordò quanto successo quella sera, e i suoi occhi e la sua
voce si caricarono
di paura. – Oh no…
-
Oh sì! – confermò Alan. – Hai
attivato il potere speciale del mio invincibile
Drago da Richiamo!
E
strinse il pugno con forza. – Quando viene scelto come
bersaglio di un attacco,
il suo pianto può richiamare un drago tremendamente
più forte dal mio cimitero.
E guarda caso, tu ce ne hai spedito uno due turni fa!
Il
drago cominciò a piangere, rivolgendo la testa al cielo, e
subito la foresta
prese a tremare. Qualcosa di molto pesante e molto grosso si stava
avvicinando.
Qualche albero cadde, sradicato da una forza spaventosa, e poi dal
folto degli
alberi emersero gli occhi cremisi del Drago Tricorno. Le sue fauci
erano
socchiuse e da esse usciva del fumo. Dei versi sommessi e feroci
uscivano dalla
sua bocca. Mentre avanzava, la sua lunga ombra si allungò
sul terreno di gioco,
sovrastando la duellante e le sue guerriere.
-
Ma-maledizione… - mormorò quella, diventata
all’improvviso balbuziente.
-
Ora ecco che succede – spiegò Alan paziente
– la tua Cerbottaniera dovrà
spostare il suo attacco sul mio Drago Tricorno.
Sapphire
risucchiò a denti stretti. Poi però
disse: - Il potere di Spirito Combattente Amazoness la
renderà più forte!
-
Questo è vero – le accordò Alan
– ma non abbastanza da competere con Drago Tricorno!
Per
tutta risposta, il Drago sferrò un’artigliata che
squarciò l’Amazoness in tante
piccole schegge olografiche. Sapphire imprecò.
LIFE
POINTS ALAN: 550
LIFE
POINTS SAPPHIRE: 1700
La
ragazza cadde in ginocchio, al punto che il suo gonnellino di rami e
foglie
intrecciate si sollevò leggermente. Alan distolse lo
sguardo, imbarazzato. Non
che la cosa gli facesse schifo, chiariamoci, era perfettamente a posto
col
fatto che gli piacessero le donne. Solo che gli sembrava inopportuno.
-
Ho perso… - mormorò lei. Capiva che la situazione
era ormai irrimediabile. Non
c’era niente che potesse fare. In mano aveva una carta non
sua, e che non
avrebbe potuto competere con il mostro dell’altro. Per di
più, tutti i suoi
mostri avevano già attaccato, e nessuno di loro, anche col
bonus, sarebbe stato
sufficientemente forte da competere con Drago Tricorno.
L’unica era la Paladina
Amazoness, ma aveva già attaccato. Era finita, e quella
consapevolezza, la
consapevolezza della sua sconfitta, la travolse improvvisamente con la
furia di
un torrente in piena.
-
Pesco, anche se non farebbe molta differenza ora – disse
Alan. – Ma è stato un
ottimo combattimento, Sapphire.
Le
sorrise, per poi ordinare al suo Drago di attaccare la Paladina
Amazoness, che
ora era tornata a 2400 punti per via dell’eliminazione della
Cerbottaniera. Per
la seconda volta in quel duello, il Drago la schiacciò con
una zampata.
LIFE
POINTS ALAN: 550
LIFE
POINTS SAPPHIRE: 1250
-
Termino il mio turno – disse Alan. – Puoi ancora
fare una mossa, se vuoi.
Quella
pescò, ma la sicurezza era scomparsa dal suo volto. Tuttavia
disse: - Finché ho
Amazoness Spadaccina dalla mia, tu non puoi infliggermi danno. Se la
distruggi,
sarai tu a perdere.
Eppure
la sua voce tremava. Fino a qualche turno fa, lo avrebbe detto con
sprezzo, sicura
di essersi procurata una difesa invincibile, mentre invece ora non era
più così
convinta. Era come se avesse intuito che Alan aveva una strategia per
aggirare
l’ostacolo.
E
difatti, non appena ebbe passato il suo turno, dopo un’altra
pescata vuota, il
ragazzo disse: - La tua Spadaccina non è affatto
invincibile, e ora te lo
dimostrerò! Dalla mia mano attivo Torna all’Inizio!
Era
la carta usata da Cobblepot contro di lui, quella con lo strano gioco
dell’oca
sopra raffigurato. – Scartando l’ultima carta che
mi è rimasta in mano, posso
rimettere la tua Spadaccina in cima al tuo deck!
La
guerriera venne avvolta dalla luce ,per poi trasformarsi in un raggio
che colpì
il porta deck dell’altra, che spalancò la bocca in
un verso di protesta.
-
E ora che sei senza difese, vai Drago Tricorno, sferrale il colpo di
grazia!!
Dopo l’implacabile
ordine di Alan, il Drago
ruggì ancora e sferrò una poderosa artigliata.
Sapphire venne scagliata
all’indietro e ruzzolò sul terreno, mentre intorno
a loro la magia degli
ologrammi scompariva e la foresta tornava ad assumere il suo aspetto
normale.
LIFE
POINTS ALAN: 550
LIFE
POINTS SAPPHIRE: 0
Alan
corse verso di lei. – Tutto bene? Ti sei fatta male?
Quella
scosse la testa, ma sempre a denti stretti, e si rimise in piedi. Vista
da così
vicino era veramente bella, per quanto assurda fosse. Una ragazza
selvaggia a
pochi passi dalla cittadina in cui viveva, e nel XXI secolo, per
giunta. Alan
le tese una mano, ma lei la scacciò.
-
Non mi serve aiuto – disse, scontrosa. Lui però le
sorrise.
-
Si vede. Sei stata veramente un’avversaria formidabile. Ma
ora, per favore,
libera Barney.
Lei
lo guardò per un attimo con i suoi penetranti occhi azzurri,
occhi dello stesso
colore dell’altro e del suo amico. Gli occhi azzurri non
sembravano una rarità,
visti loro tre. Ci pensò un po’ su, e alla fine
annuì. Con i capelli arruffati
e sporchi di terra, e piegandosi scoprendo un po’ di natiche,
spettacolo al
quale Alan volle rinunciare, seppur controvoglia, la ragazza prese ad
armeggiare con i legacci che tenevano stretto Barney.
Quello
proprio in quell’istante cominciò a riaversi.
– Do-dove mi trovo? – mormorò con
la voce impastata e una guancia che si era gonfiata, con un vistoso
livido
rosso. Che bel sonnellino che si era fatto.
-
Di certo non sei sull’isola del tesoro, Barney – lo
informò Alan. Quello si
guardò intorno, e poi vide la ragazza. Subito con un urlo
balzò in piedi e
corse dietro Alan.
-
Non ho mai incontrato una bellezza così mortale –
sussurrò all’amico.
-
E mi sa anche che non la incontrerai mai più – gli
rispose lui. Poi cominciò ad
armeggiare col duel disk, per toglierselo e rimettere a posto le carte.
-
Aspetta, perché hai un duel disk? – gli chiese il
biondo, che lo notava solo
ora. Poi guardò l’altra, e non ci mise molto a
fare due più due.
-
Ma voi avete duellato! – Lo disse come se avesse scoperto che
avevano appena
fatto sesso.
-
Già, bella merda eh? – gli fece l’eco
Alan, che intanto si era sfilato
l’attrezzo rovente dal polso sudato. C’era
qualcos’altro di rovente quel
giorno, oltre al sole e al duel disk, ed erano le piastrine che portava
al
collo. Non vedeva l’ora di essere a casa sua.
Quell’imprevisto gli aveva
portato via molto tempo. Avrebbe pensato a quella dannata di Mera un
altro
giorno.
Mentre
rimetteva tutto a posto, con la testa che gli sembrava un pallone
pronto a
scoppiare e tutta la fatica e la tensione accumulatesi che gli
ricadevano
addosso come una pesante zavorra, sentì gli occhi
dell’altra su di sé. Rialzò
lo sguardo e lei era lì che lo fissava, con le braccia
cadute lungo i fianchi.
-
Tu bravo a duellare – disse.
-
Ti ringrazio, ma anche tu non scherzi – le fece notare lui.
-
No, voglio dire – fece lei, scuotendo i capelli castani, che
in parte le
finirono sul volto. – Tu bravo, bravo davvero.
Per battere Sapphire devi essere molto bravo.
-
Ah, l’ho notato.
-
Allora perché te non piace duellare?
Alan
si bloccò. Inevitabilmente, si tornava sempre su quel punto.
La domanda era
sempre la stessa. Ti piace il Duel Monsters, allora perché
non duelli? Sei
veramente bravo, perché dici che non ti piace? La gente
sembrava ossessionata
da quella cosa. E sembrava che ormai duellare fosse diventato un
obbligo.
-
A moltissimi piace il calcio – si risolse a dire –
ma non a tutti piace
calciare una palla.
Sapphire
inclinò la testa di lato. Alan si chiese se non avesse usato
un paragone troppo
difficile, e stava per spiegarsi meglio, quando lei gli disse: -
Però a te
piace.
Il
moro si bloccò. Barney ora era curioso come una faina, lo si
vedeva. Osservava
la scena come un ornitologo assiste all’inaspettato incontro
tra due specie di
uccelli singolari che non c’entrano niente tra loro. Sapphire
e Alan erano due
mondi diversi, eppure nello strano linguaggio del Duel Monsters si
capivano.
-
Sì, mi piace – ammise Alan, che sentiva di non
poter mentire a quella strana
ragazza. – Mi piace molto. Ma non posso farlo.
-
Perché no? – domandò tempestivamente
lei.
-
Non posso e basta – disse lui. Si aspettava che quella
insistesse ancora, ma
tutto ciò che gli rispose fu: - Okay.
E
detto questo, si volse e fece per scomparire nel folto della foresta.
Poi si
fermò, ripensò a qualcosa e tornò
verso di loro. Alan e Barney si irrigidirono
per riflesso.
-
Che cosa vuoi…?
Alan
non fece in tempo a finire di chiederlo che lei lo afferrò
da dietro la nuca e
lo baciò. Fu un bacio rozzo, privo di dolcezza, carico di
tutta la ferinità che
lei si portava dietro. Alan ne rimase scioccato. Come Barney, a occhi e
bocca
spalancati al suo fianco, che ancora non aveva la minima idea di che
pericolo i
due avessero corso.
Quando
si staccarono, Alan ansimava e sentiva l’odore penetrante
dell’altra, sulle
labbra aveva il suo sapore. Gli aveva ficcato la lingua in bocca quasi
con
violenza. Quella si pulì il labbro sporco di saliva col
dorso della mano.
-
Pe-perché l’hai fatto?? –
sbraitò lui, sorpreso.
La
risposta dell’altra fu di una semplicità
disarmante. – Perché mi attrai.
Alan
arrossì di brutto. Non aveva peli sulla lingua.
Lei
gli lanciò un’altra occhiata. – Torna
quando ne avrai voglia. Qui ad
aspettarti, sarò.
E
dopo quell’uscita alla Yoda, se ne andò tranquilla
nel folto degli alberi, il
gonnellino di foglie e rami che scopriva le natiche a ogni passo. Non
prima di
aver recuperato il legnetto dalla forma poco equivocabile,
però. Stavolta lo
notò anche Barney.
-
Quello è…
-
Sì – confermò Alan. – Tu eri
la preda. E anche io, se avessi perso.
-
Oh. OH!!
-
Già.
-
Quindi sei il mio eroe ora?
-
Sì, ma non dirlo in giro.
I
due si guardarono per un attimo, prima di scoppiare a ridere. Le loro
risate si
rincorrevano fra le fronde e i rami, assieme al riverbero del sole fra
le
chiome verdeggianti sopra di loro. Risero di gusto mentre cercavano di
orientarsi fuori da quella foresta. Alan era piuttosto sicuro di
ricordarsi la
strada, nonostante l’inseguimento fosse stato così
frenetico.
Fu
Barney a riportare il discorso alla serietà, cosa che non
era certo da lui.
-
Alan – lo chiamò. Gli camminava dietro.
-
Stai per chiedermi se un giorno ti racconterò mai cosa mi ha
spinto a lasciare
il Duel Monsters?
-
Sì – ammise lui, pacatamente.
Alan
continuò a guardare dritto davanti a sé.
– Chissà – si risolse.
E
la cosa cadde lì, mentre i loro passi facevano scricchiolare
i rami. Quando
uscirono finalmente dagli alberi, per ritrovarsi nella radura dove
Barney era
stato rapito – non avevano più visto Sapphire
– la luce del sole colpì Alan con
la forza di un dardo.
Si
schermò con la mano a tendina, ma servì a ben
poco. Il calore era così forte da
deformare l’aria davanti a loro. Barney si
sventolò con una mano.
Alan
cominciò a sentirsi debole. Non voleva credere che fossero i
sintomi di uno svenimento,
ma forse aveva sottovalutato la pressione a cui era stato sottoposto
durante il
duello. Barcollò un istante.
-
Bro, tutto bene? – gli domandò Barney, ma le sue
parole gli arrivarono
ovattate, come se fossero nello spazio. Si sentiva la gola secca e
aveva
ripreso a sudare. Davanti a lui, nel calore dell’aria, vide
una figura venire
verso di loro. Sulle prime pensò fosse Sapphire, ma poi
riconobbe gli
inconfondibili capelli rossi.
Mera
sorrise loro da dietro le lenti scure degli occhiali. Disse qualcosa,
ma lui
non la sentì. Improvvisamente aveva le orecchie intasate da
un fischio, come per
l’acufene.
I
suoi timori non ci misero molto a concretizzarsi. Vide
l’espressione mutare sul
volto di Mera, sentì una mano di Barney sulla sua spalla.
Poi le palpebre si
fecero troppo pesanti, il calore troppo forte. Cadde a terra e nemmeno
se ne
accorse. A malapena sentì gli steli che gli sfioravano il
volto.
Cadde
e fu nel buio.
Nel
buio della sua memoria.
ANGOLO
DELL’AUTORE
Hola,
popolo di EFP!
Rieccoci
con il quinto capitolo e con
la conclusione dell’acceso duello tra Alan e Sapphire. La
nostra selvaggia
duellante sbucata fuori dal folto degli alberi si è rivelata
di certo un’avversaria
ben più tosta del Pinguino. Devo dire che scrivere questo
capitolo è stato
difficilissimo, fin’ora la cosa più difficile di
questa fan fiction. Ho
controllato e ricontrollato, e tutt’ora non sono sicuro di
non aver fatto
errori. Mi rimetterò al vostro giudizio. Con i valori
costantemente modificati
è sempre una bella sfida, però dà quel
pizzico di brio in più. Ed è qui che
entra in gioco l’importanza delle informazioni delle carte,
che io metto ogni
volta che viene evocato un nuovo mostro. Come ho già detto,
serve
principalmente a me per non fare confusione. E in questo duello
è stato un
elemento fondamentale.
Ma
c’è un altro elemento ,davvero
fondamentale, e che mi sento di dire sia il protagonista di questo
capitolo. È
una cosa che vi avevo accennato negli avvertimenti del primo capitolo,
e che
ora posso ufficialmente introdurre qui. E mi basta una parola per
farlo: SHENANIGANS.
Cosa
sono gli shenanigans? Chi ha visto
qualche video della serie “Everything Wrong with Yu Gi
Oh” potrebbe sapere di
cosa sto parlando. In parole povere, gli shenanigans sono gli
“screw the rules
moments”, sono i momenti in cui si fanno un po’ i
birichini e si piegano le
regole al proprio volere. Tradotto qui, significa sfruttare effetti che
le
carte non hanno nel gioco cartaceo – e in quello digitale
– o modificarne i
caratteri. E qui abbiamo ben due shenanigans, una tendenza della quale
cercherò
di non abusare, ma che diventerà a poco a poco presente
nella nostra storia.
Ogni volta che cambierò qualcosa, ovvero
introdurrò uno shenanigan, ve lo
riporterò qui. Come ho già detto, qui ne ho
introdotti ben due:
-
la carta “Industria Oscura della
Produzione di Massa” non ha l’effetto di
selezionare due mostri normali nel
proprio cimitero e di evocarli sul terreno. Nel caso di carte come
Drago Bianco
Occhi Blu, ad esempio, sarebbe una carta op. Bensì, la carta
originale si
limita a far tornare quei mostri in mano. Ho scelto di cambiare questo
effetto
per una pura finalità narrativa: mi pareva fico offrire due
potenziali tributi
così, a gratis.
-
“Paladina Amazoness” non aumenta il
suo attacco di 100 punti per ogni Amazoness presente sul terreno e nel cimitero, inclusa sé stessa, ma
solo
per quelli presenti sul terreno, inclusa sé stessa. Ho
aumentato leggermente il
suo potere perché, essendo la punta di diamante del deck di
Sapphire – a quanto
lei ci ha detto – volevo potenziarla un po’.
Ecco
qui, abbiamo notificato anche gli shenanigans. Non ho moltissimo da
dire su
questo capitolo, come già detto è stato molto
difficile da scrivere, ma spero
che anche in questo caso i miei sforzi saranno ripagati. Sono veramente
felice
di vedere che questa fan fiction vi stia piacendo, davvero mi riempie
il cuore
di gioia!
Spero
sempre di riuscire a portare contenuti di qualità e
intrattenenti, e che la
cosa continui anche quando arriveranno, a poco a poco, le altre storie.
Sto
pian piano lavorando anche a quelle, non temete.
Non
ho riferimenti da dare per questo capitolo, quindi direi che possiamo
direttamente
salutarci qui e vederci al prossimo. Io spero che abbiate gradito anche
il
personaggio di Sapphire, e la sua ferinità – quel
bacio Alan non se lo
aspettava proprio. Vi assicuro che rivedremo la nostra cara Mrs.
Friday, ma
prima dobbiamo accertarci che il nostro amico stia bene.
Lo
scoprirete settimana prossima!
Nel
prossimo capitolo: “Il domatore di draghi (prima
parte)”
Ci
aspetta una coppia di capitoli, e le
cose cominceranno a farsi serie. Vedremo una parte del passato di Alan,
e come gli
eventi comincino lentamente a gravitare attorno a lui. Non tutti sono
felici della
sua performance al Parco dei Duelli, e quando cala la notte
un’ombra scura si
allunga su di lui.
Ciao
ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6: Il domatore di draghi (prima parte) ***
CAPITOLO
6: Il domatore di draghi (Prima parte)
Le
urla e gli applausi risuonavano
fin dentro gli spogliatoi e nei corridoi dell’arena.
Alan
era seduto su una panchina,
intento ad allacciarsi una scarpa come se dovesse prepararsi a giocare
una
partita di calcio. Sentì la porta aprirsi, e una voce
familiare che gli domandava:
- Ehi, tutto a posto campione?
La
voce conteneva una nota
sprezzante. Rialzò gli occhi per incontrare il ghigno di
supponenza di Gary.
Ricambiò con un’espressione simile.
-
Che domande? Puoi giurarci!
Si
rialzò in piedi e gli andò
incontro. Aveva i capelli sbarazzini pieni di gel, indossava bracciali
con le
borchie e una camicia di jeans strappata qua e là. Aveva il
sorriso di chi è
perfettamente sicuro di sé e non aveva problemi a dirlo al
resto del mondo.
Gary,
dal canto suo, vestiva con
una maglia viola a collo alto e dei jeans neri. Aveva al collo un
ciondolo a
forma di mezzaluna, e i capelli sparati.
I
due si diedero una stretta di
polso da camerati. – Mi raccomando, non puoi permetterti di
perdere – gli
ricordò Gary. – Altrimenti chi
affronterò io in finale?
Alan
rise di gusto. – Tranquillo,
la mia sconfitta non è contemplata. E neanche la tua
vittoria, se è per questo.
Gary
fece una risatina a labbra
cucite, poi gli batté un paio di volte con le nocche sul
petto, come se stesse
bussando, l’altra mano puntata contro il fianco. –
Sarà, ma vedi di non farmi
fare brutta figura in finale. Voglio uno spettacolo che il pubblico si
ricorderà
per sempre.
-
Pazienta, Gary. Dobbiamo ancora
arrivarci a domani. Sei ancora in tempo per ritirarti.
Gary
Oak gli rispose con un bel
ghigno. Così due ragazzi di appena sedici anni giocavano a
vivere il mondo e a
sognare la gloria, due giovani con gli occhi già proiettati
al futuro, pieni di
sogni e speranze. Degli adulti mancati che già facevano
parlare di sé.
Da
fuori, l’annunciatore al
megafono richiedeva la presenza di Alan Kalos. Alan Kalos era pregato
di
presentarsi sul ring.
-
Vado sugli spalti. Spacca tutto!
Gary
prese a correre nella direzione
opposta a quella nella quale sarebbe andato Alan. Il ragazzo lo
guardò
allontanarsi. Era il suo migliore amico.
Estrasse
il suo deck e lo guardò. –
Vinceremo anche oggi – disse alle sue carte. –
Perciò godiamocela.
Fece
per avviarsi, quando qualcuno
da dietro lo chiamò. – Aspetta, ti prego!
Alan
si volse. Verso di lui
arrivava correndo un uomo di colore. Di certo non aveva sedici anni, ma
più del
doppio come minimo. Aveva i capelli brizzolati e i baffetti grigi.
Indossava
una camicia nera e dei pantaloni grigi. Aveva delle borse sotto gli
occhi e il
viso attraversato da un’emozione che Alan conosceva molto
poco. La paura.
-
Ascoltami, ho bisogno di parlare
con te – gli disse il nero.
Alan
inarcò un sopracciglio. Poi si
illuminò. – Ma tu non sei l’altro
semifinalista?
Era
l’avversario con il quale
avrebbe dovuto battersi proprio di lì a pochi minuti.
Lui
si piegò sulle ginocchia. Aveva
il fiatone, doveva aver corso.
-
Sì, sono io – gli confermò fra
gli affanni. Sembrava ancora più vecchio di quanto avrebbe
dovuto essere in
realtà.
-
Com’è che ti chiamavi? – gli
domandò il giovane, con una punta di irritazione per
l’inutilità di
quell’informazione. Gli stava soltanto facendo perdere tempo.
-
Lucius – gli disse lui,
guardandolo con grandi occhi liquidi. – Lucius Namory.
Quando
riaprì gli occhi stava fissando un soffitto sconosciuto.
Era
disteso su un letto e fissava questo soffitto a quadrati bianchi, con
un neon
spento. La luce del giorno filtrava dalla finestra e lo colpiva sul
viso.
Qualcuno aveva aperto le tende.
Fece
una smorfia accompagnata da un grugnito, e subito dopo
sentì: - Bene, ti sei ripreso.
Si
volse, la testa che gli girava ancora. Anche da sdraiato, sentiva di
avere un
principio di nausea. Sentiva l’acqua corrente, quella di un
lavandino. Giudicò
di essere in un’infermeria quando vide la scrivania, gli
armadietti pieni di
medicinali, l’altro letto simile a quello dove si trovava lui
coperto da
scottex bianco. E soprattutto, quando vide l’infermiere in
divisa azzurra che
gli dava le spalle. Si stava lavando le mani, e quando si
girò lo riconobbe,
anche se a dire il vero lo aveva già intuito dalla voce e
dai capelli.
Non
erano in molti ad avere quei capelli rossi a punta e quella voce
profonda.
-
Tu… sei il tipo che mi ha dato Drago Tricorno… -
mormorò Alan.
Il
rosso gli fece un sorriso caldo come il colore dei suoi capelli.
– Mi chiamo
Lance – lo informò. – Come ti senti ora?
-
Come se qualcuno mi fosse passato sulla testa con una schiacciasassi
– disse
Alan, che si sentiva la voce impastata dal sonno. Provò a
tirarsi su, ma quello
subito gli corse incontro. Non era un’ottima idea. Alan si
sentiva fiacco come
se avesse corso la maratona senza allenamento. Rischiò di
sbandare e cadere dal
lettino, la stanza che gli girava intorno come una tremenda giostra.
Lance lo
afferrò per le spalle con una presa salda e pronta.
-
No, no, no – gli ripeté, come una cantilena.
– Pessima idea, amico. Non sei in
condizione di alzarti.
-
Cosa mi è successo? – gli domandò Alan,
quando il mondo smise di girargli intorno.
Lance
prese la piccola sedia girevole e si sedette affianco al letto.
– Sei svenuto,
un colpo di calore a quanto pare. Bisogna stare attenti a non uscire
nelle ore
più calde del giorno e a bere tanta acqua, lo ripetono fino
allo sfinimento in
tv. Tu hai fatto la prima e non la seconda. Che stavi facendo?
Alan
cercò di ricordare. Che stava facendo? In testa aveva una
fitta nebbia
vorticante. Ricordava di essere stato a scuola con Barney, di aver
trovato la
lista, essere andato al campo e… oh. Oddio. Sapphire, la
selvaggia, il duello
per le chiappe sue e di Barney! Era stato quello a fregarlo, il duello
con quel
caldo.
-
Stavo duellando – confessò a Lance. Il tono era
quello di un bambino che era
stato sorpreso a rubare in canonica.
Lance,
dopo essere rimasto inizialmente con un’espressione sorpresa,
fece una risatina.
– Ma tu non eri quello che odiava duellare?
-
Io non odio duellare – protestò debolmente Alan.
– E’ che non posso farlo…
-
C’è qualcuno che te lo impedisce? – gli
domandò Lance.
-
Lunga storia.
In
quel momento puntò gli occhi sul camice
dell’altro. – Sei un infermiere?
Lance
abbassò gli occhi come se non sapesse di averlo. –
Faccio tirocinio qui – gli
spiegò. – Mai mi sarei pensato di avere come
paziente l’eroe che ha salvato il
Parco dei Duelli.
Non
c’era traccia di scherno nella sua voce, solo
sincerità.
Alan
tornò a guardare il soffitto, e gli rispose come aveva
risposto a Rob. – Non
sono un eroe. Sono solo un tipo che ha avuto fortuna.
Sapeva
di star mentendo, e lo sapeva anche Lance. – Un tipo che ha
avuto fortuna non
sconfigge il Pinguino con un deck messo su a caso. Ci vuole molto
più della fortuna,
in quel caso.
Alan
incrociò brevemente il suo sguardo. – A proposito
del deck – gli disse – sai
dov’è finito? Devo restituirti la carta.
Lance
andò ad aprire un armadietto, dove aveva poggiato gli
effetti personali di
Alan. Chiavi di casa, documenti, e il deck. Glielo poggiò
accanto sul letto, si
sedette nuovamente e gli disse: - Non devi restituirmi nulla.
Aveva
in mano un pezzo di carta. Alan riconobbe la lista di Mera. Si
sentì arrossire
senza motivo, e ripensò a lei.
-
E’ stata Mera a portarmi qui? – domandò.
Lance gli lanciò un’occhiata da dietro
il foglio spiegazzato. – Lei e Barney – gli
confermò. – Mando un messaggio a
Mera e le dico che va tutto bene. Ma hai rischiato. Non bisogna
scherzare con
questi caldi.
Alan
fece una risatina priva di allegria. – Non mi crederesti mai
se ti dicessi il
perché ho dovuto combattere.
Già,
scommetteva sarebbe stata una storia divertente da raccontare, in
futuro. - Quando
potrò andare a casa?
Lance,
che aveva esaminato la lista con evidente divertimento, si rimise in
piedi
un’altra volta. – Per ora è meglio che
passi la notte qui – gli confessò. –
Tranquillo, c’è sempre qualcuno qui, se hai
bisogno di qualcosa. Dopotutto, sei
nel pronto soccorso di un ospedale. Io stacco alle nove e mezza,
stasera, e
torno domattina per le otto e mezza. Non me la sento di dimetterti ora,
perché
potresti avere altri mancamenti. Hai avuto un calo di pressione, e
perso parecchi
sali minerali. Anzi, per sicurezza ora ti preparo una fleboclisi.
-
Una flebo-che? – Alan sospettava che anche se non gli fosse
scoppiata la testa
non sarebbe riuscito a capire di che parlava l’altro. Lance
fece un sorrisino,
da uno che c’era abituato.
-
Una flebo di sali minerali – gli spiegò.
– Serve a rimpiazzare i fluidi che hai
perso con la disidratazione.
Alan
sgambettò come uno che sta affogando. – Oh, no,
no, no, amico, non mi vorrai
bucare?
Lance
inarcò un sopracciglio. – Disse quello che ha
fatto il culo a un pericoloso criminale
e ai suoi pinguini olografici.
E
scomparve dietro l’angolo, con il telefono in una mano.
Probabilmente stava scrivendo
a Mera. Alan, quasi sovrappensiero, si ritrovò a domandarsi
che rapporto ci
fosse fra i due. Non li aveva mai visti insieme, però
sembrava tipo da una come
lei. Non certo lui, invece.
Si
portò una mano sul petto, alla ricerca delle piastrine. Le
trovò lì, come
sempre, un memento del quale non
poteva liberarsi. Continuò a guardare quel soffitto, e
ripensò al buio che lo
aveva avvolto.
Alla
scena che riviveva ogni notte.
Alan
si era comportato in modo non propriamente dignitoso davanti alla
fleboclisi,
causando la più pazza ilarità di Lance, che aveva
cercato di fare il serio per
poi ricordargli che se si muoveva troppo c’era il rischio che
l’ago si
spezzasse, e lui questo non lo voleva, vero?
No,
decisamente non lo voleva. Così, alla fine, Lance gli aveva
infilato la flebo,
e c’era mancato poco che l’altro svenisse. Gli
aveva fatto promettere di non
raccontarlo a nessuno, e lui con un sorriso aveva detto che poteva
considerarlo
il loro piccolo segreto – evitando di menzionare che
probabilmente lo aveva
sentito tutto il pronto soccorso, però.
Comunque,
per parte sua lui non l’avrebbe detto a nessuno. Specialmente
a Mera. Al che,
Alan era arrossito e aveva risposto scorbutico che non c’era
nulla di speciale
riguardo a lei. Poi erano tornati sulla questione del deck.
-
Perché non vuoi riprenderti la carta? – gli aveva
chiesto Alan, mantenendosi il
braccio. Lo faceva sempre quando lo bucavano per qualsiasi motivo,
fosse per
analisi, vaccini o flebo. Aveva sempre paura, come se il braccio
potesse
sfuggirgli.
Quello,
che si stava lavando di nuovo le mani, gli aveva risposto: -
Perché non mi
serve. E perché siamo tutti concordi nel dire che quel deck
è tuo, ora.
-
Sì, ma io non voglio usarlo – aveva protestato
l’altro. – Mera mi ha dato
questa fottuta lista, e ora devo fare tipo il postino che va a
riconsegnare a
tutti le proprie carte.
Lance
aveva ridacchiato . – Non penso che qualcuno le rivoglia
veramente indietro.
Insomma, ti abbiamo dato le nostre carte più merdose, eh.
Alan
era arrossito fino alla punta dei capelli, neanche si parlasse di Mera.
– Le…
le più merdose?
-
Oh, avanti – aveva detto lui. – Drago Tricorno
è un mostro senza effetto e con
un punteggio che… mio dio, a chi è venuto in
mente di stampare 2850? No, no.
Stavo cercando da tempo un pretesto per liberarmene.
-
Ma… è la carta che mi ha fatto vincere due
volte… - gli aveva detto Alan, sempre
con un certo imbarazzo.
-
Pensa un po’ – aveva risposto ironico il rosso.
– Spero che, quando duellavi,
avessi un deck migliore di questo.
Alan
aveva fissato il vuoto. – Puoi giurarci…
Poi
cambiarono argomento, ma non troppo. – Ma chi era la ragazza
che è venuta via
con te quella sera?
Si
riferiva alla ragazza dai bei capelli castani che gli aveva dato Grande
Angus.
Lance lo squadrò con il taglio degli occhi. –
Quella è mia sorella, Serena. Sta
alla larga da mia sorella.
Merda,
è un fratello iperprotettivo!!
Alan
era balzato subito sull’attenti. – Piano, piano!
Non ci sto provando con lei.
Dici che nemmeno lei rivorrà la carta?
-
Ne ha altri due – lo aveva informato.
Alan
aveva sbuffato. Ecco due persone da depennare. E probabilmente le altre
avrebbero seguito lo stesso destino. Ma tentare non costava nulla.
Pensava che
se fosse riuscito a liberarsi anche solo di una delle quaranta carte,
poi non
avrebbero avuto più scuse per farlo duellare. Non si
può duellare con meno di
quaranta carte, no?
Almeno
una di quelle quaranta persone avrebbe rivoluto indietro la sua carta,
maledizione. Ma per ora, non poteva far niente.
Lance
gli aveva consigliato di riposare, lui pensava non ci sarebbe riuscito
per via
dell’ago nel braccio che gli tirava, ma non appena la luce si
era affievolita
un po’ era crollato come un sacco di patate.
E
così era venuta la notte, anche se tarda. Il cielo si era
scurito
definitivamente verso le nove e mezza. Nel reparto però
c’era ancora molta
luce, tranne in infermeria, dove Alan riposava.
Era
crollato così bene che Lance si era domandato più
di una volta se non si fosse
sbagliato e non ci avesse aggiunto anche una dose di morfina alla
flebo. Poi
aveva semplicemente concluso che forse erano diverse notti che non
riposava
bene, e quindi lo aveva lasciato fare. E così, Alan ronfava
beatamente al buio.
Ma
non da solo.
Un’ombra
scura si allungò sopra di lui. Era l’ombra di un
uomo dai capelli ingelatati e
le spalle grosse. Quando si fece in avanti, la luce della luna
illuminò il suo
profilo.
Era
Surge.
Indossava
una giacca di pelle da motociclista e una canotta nera sotto, assieme a
dei
pantaloni mimetici. Fissava il povero addormentato con disprezzo.
-
Maledetto fenomeno del cazzo – gli disse, portandosi la mano
dietro la schiena,
sollevando la giacca. Nessuno lo aveva visto entrare, per sua fortuna.
Doveva
agire in fretta, ma non contava comunque di risparmiarsi dal dire
quello che
pensava all’altro. Che importava se poteva sentirlo o meno.
-
Sai, io ero il centro della scena prima che arrivassi tu. Tu, con le
tue
bravate, tu che fai fuori il Pinguino e diventi l’idolo delle
masse. E poi fai
pure l’ipocrita del cazzo, e fai “No, no, non
voglio gli onori”. Balle.
Estrasse
il giratubi che portava infilato nei pantaloni, nascosto dalla giacca.
Lo
soppeso in mano. Sapeva che avrebbe dovuto fare in fretta, una volta
menato il
colpo. L’altro si sarebbe messo a urlare, perciò
non avrebbe avuto il tempo di dargliene
un altro. Doveva calcolare bene, fare in modo di massimizzare il danno.
-
Non abbiamo bisogno di te – gli disse con disprezzo
– né delle tue bravate.
Loro hanno bisogno di me.
Levò
il giratubi, che per un attimo splendette sinistro, illuminato dalla
luna, il
corpo coperto di ruggine. – Ti ci dovranno portare in
braccio, al Parco dei
Duelli. Sayonara!
Ma
il giratubi non scese. Surge sentì tirare da dietro, e
quando si volse incontrò
prima una mano che bloccava la testa dell’arnese, e poi lo
sguardo di fuoco di
Lance.
-
Surge, i calci in culo li preferisci ora o più tardi?
– La sua voce era piatta
e affilata come una lama, ma si vedeva che bolliva di rabbia.
Surge
strinse i denti e imprecò mentalmente. Essere beccato in
flagrante non
rientrava tra le cose che amava particolarmente. Cercò di
liberare la presa sul
giratubi, ma la stretta di Lance era più forte, e
così alla fine scivolò
all’indietro, con l’arnese rimasto in mano
all’infermiere.
-
Non voglio neanche sapere cosa pensavi di fare – gli disse
l’altro, avanzando
verso di lui brandendo quello stesso giratubi. – E’
così evidente.
Surge
ridacchiò nervosamente. – Che vuoi fare, ora?
– lo sfidò. – Picchiarmi? Non
credo che rientri nella tua etica professionale.
Lance
non mutò minimamente espressione. – Tu metti a
dura prova la mia etica, Surge.
Ho sopportato le tue stronzate fin’ora, ma stasera hai
passato il segno.
-
Lui non è uno di noi – rispose il biondo.
Evidentemente, per Lance, quella non
era un’argomentazione valida.
-
E’ uno di noi più di quanto tu lo sia mai stato
– gli rispose, sempre con
quella nota affilata. A Surge fece lo stesso effetto che ricevere una
coltellata allo stomaco.
-
Stronzate – sibilò.
-
L’unico stronzo qui sei tu – lo rimbeccò
Lance. E poi fece una cosa
inaspettata: gli lanciò nuovamente il giratubi. Surge lo
afferrò
maldestramente, e per poco non gli cadde su un piede.
-
E meno male che avevo delle cose da sbrigare e mi sono trattenuto fuori
orario
– disse il rosso. – O non avrei potuto beccare il
bastardo che mi avrebbe fatto
passare dei guai per essermi ritrovato con un paziente ferito.
-
Mpf, già, una bella fortuna – grugnì
Surge. – Allora, adesso che farai?
Chiamerai la polizia? Mi prenderai a calci come hai detto?
Surge
faceva lo spavaldo di fronte al rosso, in quella stanza buia. Alan, nel
frattempo, continuava a dormire ignaro del pericolo appena corso. La
sfida di
sguardi tra i due andò avanti ancora per un po’,
come se Lance stesse
soppesando se prendere l’altro in parola. Ma poi gli disse: -
No. Ho un altro
metodo per regolare i conti. Seguimi.
E
detto questo, gli diede le spalle. Surge digrignò i denti.
Che
gran bastardo… si permette di
darmi le spalle così, quando ho in mano qualcosa con cui
potrei fracassargli la
testa in un attimo. Se pensa che non lo farò solo
perché ci sono altre persone…
Lance
si fermò a metà strada, come se avesse captato i
suoi pensieri.
-
Visto troppi polizieschi? – gli domandò, dandogli
sempre le spalle.
Surge
sussultò. – Come hai detto?
-
Se stai pensando di colpirmi adesso alla base del collo con
quell’affare –
proseguì lui, imperterrito – vuol dire che sei
più stupido di quanto credessi.
Lo
guardò con la coda dell’occhio, e Surge fece un
sobbalzo. Siccome non
rispondeva, Lance proseguì.
-
Seguimi, se ne hai le palle. Anche se a questo non serve che tu
risponda.
Forse
Surge non aveva le palle, ma seguì comunque Lance doveva
voleva portarlo.
Erano
sul tetto dell’ospedale, dove solitamente infermieri e
infermiere facevano il
bucato la mattina presto. Invece, di sera, il tetto era sgombro.
Come
leggendosi nel pensiero, Lance e Surge estrassero entrambi i duel disk.
Il
rosso ora indossava una camicia bianca di lino con le maniche
arrotolate e dei
pantaloni rossi leggeri. Il vento gli mosse di poco i capelli fermati
col gel.
Surge
ridacchiò. – Pensi davvero di riuscire a battermi?
– gli domandò.
Lance
avrebbe anche potuto coglierlo con le mani in pasta, ma quando si
entrava nel
Duel Monsters le regole cambiavano di brutto. C’era sempre
una posta in gioco,
nei duelli come quello, e di solito giocava sempre a favore di Surge.
Dopotutto, la dea bendata era sempre dalla sua, no?
-
Togli pure il “penso” – gli rispose
Lance, inserendo il deck. Non perse tempo:
- Ora ascoltami: se vinco io, voglio che porti il tuo culo lontano dal
Parco
dei Duelli. E che tu non ti faccia più rivedere.
-
Non sei tu a decidere! – urlò Surge, indignato.
– Il Parco è suolo pubblico.
Non decidi tu chi entra o chi esce!
-
Oh, sì invece – gli rispose lui.
-
E perché mai?! – Questa voleva proprio sentirla.
Surge sollevò il duel disk in
modo da rivolgere il suo deck verso l’altro.
-
Perché se vinci tu non soltanto io me ne andrò da
qui, accettando le
conseguenze di qualsiasi stronzata tu decida di fare – gli
rispose. – Ma ti
lascerò anche il mio deck.
-
Rinunceresti al tuo prezioso deck e ti faresti cacciare da qui solo per
la
possibilità che io abbandoni il Parco?? – Surge
era incredulo. Non si aspettava
che l’altro arrivasse a tanto.
Il
ragazzo non gli staccava gli occhi di dosso. – Che ti prende?
Troppa paura?
-
Paura? – replicò quello, indispettito, pescando
già le sue carte. – Quando avrò
finito con te, sappi che la tua vita sarà un inferno, Lance.
Il tuo deck, lo
ritroverai in un canale di scolo. E io potrò dire a tutti di
aver battuto il
grande campione del Parco dei Duelli!
-
Questo è ancora presto per dirlo – gli
ricordò il rosso. – Tu e le tue
patetiche macchinazioni non ti salveranno da me.
Surge
rise di gusto. – Macchinazioni? Curioso che tu lo dica. Vuoi
dirmi che tu,
avendone la possibilità, non sceglieresti la via
più facile? Non fare
l’ipocrita, Lance!
Gli
puntò un dito contro. – Ti atteggi a una specie di
paladino della giustizia, ma
la verità è che giudichi gli altri dal tuo
piedistallo credendoti inscalfibile.
Tu non sai nulla di me!
Lance
incrociò le braccia. E misurò bene il tono di
ciò che stava per dire: - Non mi
serve molto impegno per capire cosa passi per la testa di uno che stava
per
picchiare un ragazzo privo di sensi con un giratubi. Non
dirò che sei uno
squilibrato, ma non sei nemmeno niente di speciale.
Gli
occhi di Surge tremarono come per un tic, gocce di sudore sulla sua
fronte
percorsa da vene pulsanti. – Che cosa hai detto?
-Tu
bari perché evidentemente nessuno ti ha insegnato che le
scorciatoie non
portano a nulla nella vita. E la tua arroganza e il modo in cui tratti
gli
altri considerandoli inferiori la dicono lunga su di te. Non
è difficile capire
che sei un esaltato di merda che ha problemi col paparino.
Accese
il duel disk, che rispose con le sue luci e i suoni elettronici.
– Per quanto
mi riguarda, non sei nulla di più che un libro aperto per il
quale ho perso
interesse il primo giorno. E adesso forza, fatti avanti!
Surge
ora era rosso in viso e scoppiava di rabbia. – Figlio di
puttana! – lo insultò.
– Ti chiuderò quella fottuta bocca una volta per
tutte!!
Accese
anche lui il suo duel disk.
COMBATTIAMO!!!
Mera
e Barney sedevano al bar del Parco dei Duelli davanti alle loro birre.
Stavano
al bancone, e nessuno dei due sapeva cosa dire.
-
Allora… - provò a rompere il ghiaccio Barney
– è da tanto che duelli?
Mera
bevve un sorso. – Da quando avevo circa dieci anni.
-
Però! E adesso ne hai?
La
rossa lo fulminò con lo sguardo. – Lo sai che non
è carino chiedere l’età a una
ragazza, vero?
-
Stronzate – rispose il biondo, bevendo.
Un
sorriso leggero affiorò sul volto di quella. – E
tu, invece? – gli domandò. –
Fai parte di quella rara specie che non duella?
-
Qualcuno dovrà pur distinguersi, no? E poi, che ne sai,
potrei star mentendo.
Come Alan.
Non
appena pronunciò il suo nome, lo sguardo di Mera si perse
nel vuoto.
Fu
in quel momento che Barney capì che la rossa si era
innamorata del suo amico.
Sul
tetto dell’ospedale, l’atmosfera cominciava a
scaldarsi.
-
E’ il mio turno, pesco! – dichiarò
rabbioso Surge, per poi ridacchiare subito
guardando la sua mano. – Evoco Meccacciatore in posizione
d’attacco!
Il
mostro evocato era una sfera metallica verde con la metà
inferiore grigia, due
ali da pipistrello metalliche e sei arti, ognuno terminante in un
diverso
strumento: una lancia, una falce, una ganascia e così via.
Un volto ovale da
robot con un visore rosso era piazzato nella parte superiore.
(Attributo:
Oscurità; Lvl: 4; Tipo: Macchina; ATK: 1850; DEF: 800).
-
Prova a batterlo! – lo sfidò il biondo.
Lance
pescò la sua carta. – Ti accontento subito
– gli rispose. – Evoco Drago Avido
in posizione d’attacco!
Dal
terreno emerse un grosso e bellissimo zaffiro, che poi andò
in frantumi
rivelando un drago di piccole dimensioni, dalla pelle di un blu
profondo, gli
occhi rossi e i denti scoperti, con i due denti in fondo che uscivano
dalla
bocca e arrivavano quasi agli occhi. Le ali non possedevano membrana,
ma solo
scheletro, ed erano simili a due falci. Emise un ringhio sommesso,
appoggiandosi sulle quattro zampe e sulle nocche di quelle anteriori
come una
sorta di ibrido con un gorilla. (Attributo: Vento; Lvl: 4; Tipo: Drago;
ATK:
1900; DEF: 1600).
Sebbene
di cinquanta punti, il mostro di Lance era comunque più
forte di quello
dell’altro. Surge non se lo aspettava. Ma Lance
continuò: - Siccome adesso c’è
un mostro di tipo Drago sul mio terreno, posso attivare la carta magia
Fiammata
di Drago.
Mostrò
la carta magia, che raffigurava un drago nell’atto di sparare
una palla di
fuoco. – Ora posso scegliere tra due effetti: o infliggerti
ottocento punti di danno,
oppure…
Lo
guardò. – Scegliere un mostro sul tuo terreno che
abbia esattamente ottocento
punti di difesa o meno, e spedirlo direttamente al cimitero. Indovina
cosa
sceglierò!
-
Ah, merda! – imprecò Surge.
Dall’ologramma della carta uscì la testa di un
drago, tra le cui fauci si accesero le fiamme. La testa di drago
sparò poi una
palla di fuoco dritta sul Meccacciatore, che non poté
resistere al calore e
finì in pezzi.
-
E ora sei scoperto – gli fece notare Lance, per poi stendere
la mano. – Vai,
Drago Avido, Fiammata Zaffirea!
Il
drago caricò il fuoco e poi sparò una vampata di
fiamme blu sul biondo, che
lanciò un urlo stringendo gli occhi e parandosi con le
braccia. Le fiamme gli
accesero il volto di bagliori zaffirei, tingendo di bianco i suoi
capelli
biondi.
LIFE
POINTS LANCE: 8000
LIFE
POINTS SURGE: 6100
-
Posiziono una carta coperta, e terminò il mio turno
– dichiarò Lance, con
l’ologramma che compariva vicino ai suoi piedi.
-
Pesco! – fece Surge. Merda, ci sa
fare
davvero, pensò. Ma non
c’è nulla da
temere. I miei mostri sono imbattibili. Devo solo scegliere con quale
di questi
fargli il culo.
Guardò
le carte che aveva in mano. Ah, questa fa
proprio al caso mio, perfetto!
Un
sorriso gli riaffiorò sul volto. – Preparati, ora
evoco Roulette Russa in
posizione di difesa!
La
carta era una sorta di pistola da laser tag montata su una base in
metallo.
(Attributo: Luce; Lvl. 4; Tipo: Macchina/Effetto; ATK: 1000; DEF: 2000).
-
Non solo il mio mostro ha più punti di difesa di quelli di
attacco del tuo
draghetto – spiegò Surge – ma ecco cosa
succede: una volta per turno, posso
lanciare un dado due volte, scegliere un risultato e, se lo faccio, la
mia
Roulette Russa distruggerà un mostro il cui livello sia
uguale a quel
risultato.
Surge
cercò nelle tasche dei pantaloni finché non
estrasse un dado a sei facce. Lo
lanciò sul terreno davanti a sé. Quando si
arrestò, il dado mostrava un bel 6.
-
Per ora ti è andata bene – disse il biondo, con un
sorriso confidente. – Ma se
alla prossima esce un quattro, il tuo mostro è fritto.
-
E immagino che la dea bendata non rimarrà sorda ai tuoi
richiami – lo sfotté
Lance, con un sorrisino.
-
Mpf, fai pure lo sbruffone – lo rimbeccò Surge
– ma te la farò passare io la
voglia.
E
lanciò un’altra volta il dado.
Se
lo credi tu,
pensò Lance. Come volevasi dimostrare, il dado diede
stavolta un quattro come
risultato. Il sorriso di Surge si allargò, e
lanciò una risata al cielo
notturno stringendo i pugni: - Dì pure addio al tuo mostro,
Lance!
Tese
una mano, e la Roulette Russa si accese, sparando poi un laser che
colpì il
Drago Avido e lo fece esplodere. La bestia lanciò un grido
prima di
dissolversi.
Il
suo possessore non fece una piega.
Surge
poi prese un’altra carta da quelle che aveva in mano e la
mostrò. Era una magia
raffigurante un soldatino medievale di latta inchiodato a una lapide di
forma
romboidale, coperto di ruggine ma con un bagliore rosso che gli
illuminava gli
occhi.
-
Ora attivo la carta magia Pupazzo da Tributo, che mi consente di
sacrificare il
mio mostro per evocare dalla mia mano un mostro di livello sette!
La
Roulette scomparve all’interno di un vortice formatosi nel
terreno. Surge
ghignò.
-
Sai bene chi sta per arrivare, non è così Lance?
E
subito dopo mostrò la carta in questione. – Saluta
il mio Drago Revolver!
Il
mostro firma di Surge emerse dal vortice, lanciando il suo grido simile
a uno
stridore metallico. I suoi tre cannoni, montati al posto delle braccia
e della
testa, sotto al quale si trovava una bocca, puntavano il terreno ora
scoperto
del rosso. (Attributo: Oscurità; Lvl: 7; Tipo:
Macchina/Effetto; ATK: 2600;
DEF: 2200).
-
Ma non ho ancora finito – aggiunse il biondo. – Per
assicurarmi che tu riceva
una lezione memorabile, lo equipaggio anche con la carta magia 7
Completati!
La
carta raffigurava tre carte magia con dei 7 sopra e la scritta ATK o
DEF. –
Questa carta magia equipaggiamento mi consente di aumentare
l’attacco o la
difesa di un mostro macchina di 700 punti. E indovina cosa
sceglierò di aumentare?
Un
7 rosso si dipinse sul fianco del mostro, il quale fu subito avvolto da
un’aura
del medesimo colore mentre i suoi punti d’attacco schizzavano
a 3300. Surge
stese la mano: - Avanti Drago Revolver, colpisci Lance con Scarica
Protonica!!
Il
Drago caricò i suoi mortali proiettili di luce, per poi
sparare un triplo colpo
su Lance, che si difese portando un braccio in avanti, mentre la
polvere si
levava contro di lui e i suoi life points scendevano.
LIFE
POINTS LANCE: 4700
LIFE
POINTS SURGE: 6100
Surge
si stava sganasciando dal ridere. – Che ne pensi, Lance? Sei
ancora convinto di
potermi battere? Avanti, a te la mossa, se ne sei in grado.
Lance
riabbassò il braccio e fissò l’altro
senza dire una parola. Quel silenzio
irritava Surge ancora di più delle parole che si era sentito
rivolgere prima.
Non apprezzava né che qualcuno gli facesse la paternale,
né tantomeno che si cercasse
di metterlo sul lettino dello psicologo.
Lance
avrebbe pagato doppiamente per quello.
Il
suddetto duellante non era però dello stesso parere, e fece
la sua mossa. –
Pesco!
Guardò
le quattro carte che aveva in mano, poi lanciò
un’occhiata alla carta coperta. Sto
per tapparti la bocca, Surge, pensò.
Non aveva ancora pescato la carta con la quale avrebbe voluto
seriamente
impartire una lezione all’altro, ma quello sarebbe stato un
buon inizio.
-
Come prima cosa, scopro la mia carta coperta –
dichiarò Lance, stendendo il
braccio mentre questa si sollevava. – Maledizione di Anubi!!
La
trappola raffigurava un piedistallo con sopra la statua di uno
sciacallo,
simbolo del dio egizio Anubi. La stessa statua si manifestò
in forma
olografica, e Surge arretrò di un passo.
-
Oh no! – protestò.
-
Oh sì – gli fece eco Lance. – Quando
questa trappola viene attivata, tutti i
mostri con effetto vengono messi in posizione di difesa fino alla fine
del
turno, e la loro difesa diventa pari a zero!
A
quelle parole, il Drago Revolver di Surge si mise in ginocchio,
abbassando i
cannoni.
-
Dopo di che evoco un altro Drago Avido! – dichiarò
Lance, mettendo in campo un
mostro identico a quello distrutto dal biondo il turno precedente. Non
perse
tempo e lo spedì subito all’attacco: - Vai Drago
Avido, distruggi Drago
Revolver con Fiammata Zaffirea!!
Il
Drago sparò un cono di fiamme azzurre, e anche questo
potente mostro di Surge
fece la fine di quello precedente. Naturalmente, essendo un mostro
normale,
Drago Avido non aveva risentito dell’effetto di maledizione
di Anubi, e quindi
aveva potuto attaccare.
Surge
digrignò i denti mentre una goccia di sudore gli scendeva
lungo la guancia.
-
Non te l’aspettavi, vero? – lo provocò
Lance. – E ora posiziono una carta
coperta. Ho finito.
-
E va bene, ora ti faccio vedere io. Pesco! – Surge aveva tre
carte in mano, ma
riteneva fossero sufficienti per riportare il vantaggio dalla sua.
Dopotutto,
il suo deck non lo aveva mai abbandonato.
E
neanche la dea bendata,
ripeté a sé stesso, spiando Lance da sopra le sue
carte aperte a ventaglio, con
il rosso che ricambiava il suo sguardo attendendolo a braccia
incrociate.
Vedrai,
Lance, sarò io il vincitore
oggi. E tornerò ad essere il campione che sarei sempre
dovuto essere!
E
con quella convinzione, Surge disse: - Lance, le mie macchine sono
invincibili.
Non importa quante ne distruggi, continueranno sempre a tornare!
E
detto questo ne posizionò una. – Vai, Drago Doppia
Canna!
Il
nuovo mostro era più una sorta di velociraptor metallico che
un drago, con al
posto della faccia una pistola a doppia canna, come diceva il nome, con
le
fauci in mezzo. (Attributo: Oscurità; Lvl: 4; Tipo:
Macchina/Effetto; ATK:
1700; DEF: 200).
-
Per il suo effetto, quando viene evocato posso lanciare due volte una
moneta, e
se esce testa due volte posso distruggere un tuo mostro a mia scelta!
– E
dicendo questo, indicò il Drago Avido.
-
Immagino che ti piacerebbe lanciare quella tua bella moneta senza croce
– lo
interruppe Lance con un sorrisino – ma non te ne
darò la possibilità. Scopro la
mia carta trappola: Teletrasportatore!!
La
trappola raffigurava una futuristica capsula piena di cavi elettrici ed
estremità appuntite che ricordavano delle falci. Surge
socchiuse la bocca: -
Uh?
-
Grazie a questa trappola, posso rimuovere dal gioco un mio mostro fino
alla
fine del turno, e così il tuo effetto è annullato!
La
capsula fece la sua apparizione, e inglobò il Drago Avido,
che divenne una
sfera di luce che andò ad inserirsi nella parte superiore
della capsula. Poi
questa scomparve.
Surge
ridacchiò. – Oh, non importa, il risultato
è lo stesso, e cioè che tu ora sei
scoperto!
Lo
indicò con la mano nella quale reggeva le altre due carte,
puntate ora verso il
basso. – Vai, Drago Doppia Canna!! Attacca i suoi life
points!!
Il
drago caricò i suoi proiettili di luce, che spararono dritti
verso Lance, il
quale si difese ma venne leggermente sbalzato all’indietro,
rischiando di
perdere l’equilibrio.
LIFE
POINTS LANCE: 3000
LIFE
POINTS SURGE: 6100
Lance
ansimava dopo quel colpo, il tutto per il divertimento di Surge.
-
Hai visto, Lance? Non importa quanto ti impegni, non riuscirai mai a
vincermi -
affermò. – Ora posizionò una carta
coperta, e termino il mio turno.
Lance
si diede una ravviata ai capelli, e poi pescò. –
Molto bene – fece – Dal
momento che il tuo turno è finito, Drago Avido torna sul mio
terreno di gioco.
Il
mostro fece la sua apparizione uscendo dalla capsula, e lanciando un
ruggito
verso l’altro.
-
Ora gioco Anfora dell’Avidità per pescare altre
due carte dal deck!
L’ologramma
dell’anfora sorridente fece la sua breve apparizione. Quando
se ne andò, il suo
ghigno fu sostituito da quello di Lance, accompagnato subito dopo dalla
sua
risatina.
Surge
corrugò la fronte. – Si può sapere
cos’hai da ridere?
Poi
la punta di irritazione nella sua voce lasciò il posto allo
scherno. – Forse
hai troppa fifa, eh? È così, vero? Ridi per
sopraffare la paura di ciò che ti
attende perso questo duello!
Infatti,
Lance non avrebbe perso solo il duello, ma anche il suo prezioso deck.
Ma al
sentire l’affermazione del biondo, Lance scoppiò
davvero in una risata sguaiata
che squarciò l’atmosfera notturna, sovrastando il
rumore delle auto di
passaggio lì sotto. Ora sì che Surge non capiva.
-
Paura? – gli ripeté quello, tornando a guardarlo,
e nei suoi occhi si accese
una luce inquietante e feroce, che per un attimo fece sussultare
l’altro. Lance
fece un passo in avanti.
-
Tu non hai idea di cosa sia la vera paura… - E
così dicendo prese una delle
carte che aveva in mano, avvicinandola lentamente al duel disk.
-
Permettimi di mostrartela – e detto questo
posizionò la carta. – Come prima
cosa attivo la carta magia Distruzione Schiacciante!
L’ologramma
appena apparso raffigurava l’enorme zampa di un drago che
demoliva delle
costruzioni in legno. – Con questa carta magia, se
c’è un mostro Drago sul mio
terreno, posso distruggere una tua carta magia o trappola, e
così facendo
infliggerti cinquecento punti di danno!
La
carta coperta di Surge esplose, e il suo corpo fu attraversato da
scariche di
dolore che lo fecero urlare a denti stretti.
LIFE
POINTS LANCE: 3000
LIFE
POINTS SURGE: 5600
-
Pazienza… - mormorò il biondo – sono
ancora in vantaggio!
-
Oh, non per molto – gli rispose Lance. – Adesso
dalla mia mano attivo la carta
magia Altalena dei Ricordi!
La
carta raffigurava una bambina accanto ad un’altalena appesa
ad un albero su una
scogliera al tramonto. Era un’immagine così
poetica e così dolce. Lance la
ricollegava sempre ai bei ricordi dell’infanzia.
-
Con questa carta magia, posso evocare tramite evocazione speciale un
mostro
senza effetto dal mio cimitero – spiegò.
– Ritorna, Drago Avido!
Il
mostro gemello di quello che Lance aveva già sul terreno
fece la sua comparsa.
Entrambi
i mostri erano più forti del suo Drago Doppia Canna.
Così pensava Surge, che
non sapeva ancora quello che lo attendeva davvero.
-
Il mostro che viene evocato da Altalena dei Ricordi sarà
distrutto alla fine
del turno – aggiunse poi Lance, andando a pescare
un’altra carta dalle due
rimastegli in mano. – Ma questo non accadrà mai,
perché adesso sacrifico
entrambi i miei draghi!
I
due Draghi Avidi scomparvero in vortici di luce. Surge
sgranò gli occhi. Cosa
stava per evocare Lance?
Con
un sorriso, il rosso posizionò il suo nuovo mostro sul duel
disk. – Ora
conoscerai la vera paura, Surge! Vieni a me, DRAGO
NERO OCCHI ROSSI!!
Un
vortice di luce scaturì dal pavimento dell’attico,
e da esso emerse una
gigantesca ombra che roteò intorno, prima di tornare a
posarsi tra i due
duellanti. Era un grosso drago nero, dal volto triangolare, quasi
scheletrico,
le possenti ali prive di membrana, una fila di denti affilati e due
occhi
cremisi che fissavano il biondo con odio. (Attributo:
Oscurità; Lvl: 7; Tipo:
Drago; ATK: 2400; DEF: 2000).
Surge
fece un passo all’indietro, il volto mutato in
un’espressione di sgomento. –
Non… non è possibile! Il Drago Nero!!
Il
mostro rispose con un ruggito assordante. Lance ghignò.
-
Te l’ho detto, Surge. Adesso conoscerai la vera paura!
ANGOLO
DELL’AUTORE
Hola,
popolo di EFP!
Con
questo sesto capitolo cominciamo a
gettare un po’ di luce sul passato del nostro Alan, come vi
avevo anticipato.
Lo so, scommetto vi sareste aspettati di più, ma tempo al
tempo. Non sarei un
buon narratore, se vi rivelassi tutto subito senza lasciare neanche un
po’ di
suspense.
Abbiamo
avuto nulla più che un piccolo
flash, in cui per altro abbiamo visto la fugace apparizione del
misterioso
Lucius, il quale è legato al motivo che ha spinto Alan a
lasciare il Duel
Monsters e a promettere di non duellare mai più. Ora
sappiamo che i due erano
entrambi giocatori di Duel Monsters, e a quanto pare erano sfidanti
nella
semifinale di un campionato. Campionato nel quale, per altro,
concorreva anche
Gary, il duellante che abbiamo visto nel primo capitolo di questa
storia.
Quante
persone che conosce il nostro
Alan, eh?
Per
fortuna, l’eroe del Parco dei
Duelli ha avuto niente più che un colpo di calore, e
così abbiamo avuto modo di
vederlo interagire con Lance. È lui il nostro domatore di
draghi, quello che dà
il titolo a questo e al prossimo capitolo. Lance è un
formidabile allenatore di
Pokemon Drago, quindi mi è sembrato giusto omaggiarlo
così. E si può dire che
abbia finito in bellezza lanciando quella bomba che è Drago
Nero Occhi Rossi.
Uno dei draghi più famosi del Duel Monsters, come avremo
anche modo di
appurare.
Ora
sì che il buon – si fa per dire –
Surge è nei guai. Le sue macchine saranno forti, ma
avrà il potere di resistere
a Drago Nero? Immagino che lo scopriremo nella prossima puntata!
In
questo capitolo non abbiamo
moltissime references. In generale questo angolo dell’autore
è un po’ giù di
tono perché ho un esame questo giovedì e sono
veramente stanchissimo. Conto di
riprendermi dopo averlo dato, ma il capitolo qui presente è
stato scritto molto
prima, e non ha risentito della pesantezza di questi giorni.
Posso
solo dire che anch’io mi sento
come se mi fosse passata sopra una schiacciasassi. O meglio, UNA ROADO
ROLLA
DAAAA!!!! Sì, era una citazione a Dio in Jojo parte 3,
ovviamente.
Serena
è invece la protagonista
femminile di Pokemon X e Y. Non è davvero imparentata con
Lance, ma mi piace
fare questi crack pairing anche a livello familiare, quindi ho trovato
carino
accostare questi due personaggi. E dare a Lance la parte del fratello
iper
protettivo.
Lance
è un personaggio al quale mi sto
affezionando più di quanto avrei creduto. Onestamente,
arrivato al sesto
capitolo pubblicato di questa fan fiction, e all’ottavo in
corso d’opera, sono
contento del lavoro fatto. E questo mi risolleva veramente molto. Mi fa
pensare
che sia stata una buona idea dare il via a questo reebot partendo
proprio da
questa fan fiction.
Spero
di riuscire a passare un bel
messaggio e a farvi passare dei bei momenti, leggendo di questi ragazzi
che
lottano per il presente guardando al futuro. Non avete idea di dove
tutto
questo ci porterà.
Per
la nostra nuova rubrica degli
SHENANIGANS, in questo capitolo abbiamo solo un caso, ed è
quello riguardante
la carta magia usata da Surge, Pupazzo da Tributo. Pupazzo da Tributo
consente
sì di sacrificare un mostro per evocarne uno di livello
sette, ma quel mostro
non può attaccare nel turno in cui viene evocato in questo
modo.
Una
piccola concessione che ho deciso
di farmi, giusto per dare l’illusione che Surge avesse il
vantaggio.
Bene,
non ho altro da aggiungere, se
non che sono felice che questa storia vi stia piacendo. Ricordatevi
sempre di
lasciare una bella recensione, o anche di farmi sapere cosa ne pensate
con un
bel messaggio privato. Ma sono grato anche ai lettori silenziosi, che
non
commentano ma ci sono. Grazie, davvero.
E
ora, auguro a tutti una buona
settimana, in attesa del prossimo appuntamento!
Nel
prossimo capitolo: “Il domatore di
draghi (seconda parte)”
Di
fronte alla schiacciante potenza di Drago Nero Occhi Rossi, Surge
è messo con
le spalle al muro. La forza delle sue macchine sarà
sufficiente a salvarlo, o
soccomberà al fuoco della tremenda creatura? E quando il
duello si sarà
concluso, Lance farà una scoperta sconvolgente.
Ciao
ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
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Capitolo 7 *** Capitolo 7: Il domatore di draghi (seconda parte) ***
CAPITOLO
7: Il domatore di draghi (Seconda parte)
Furono
i rumori della battaglia a svegliare Alan.
Si
guardò intorno disorientato per la seconda volta
quel giorno. Al buio era ancora più difficile riconoscere
quel posto. Ma
essendosi fatto un po’ di sonno, ora gli era più
facile ricordare e tornare
alla realtà. Era in infermeria, dopo il brutto crollo che
aveva avuto quel
giorno.
Si
massaggiò gli occhi. Perché si era svegliato
così
di soprassalto?
A
rispondergli furono nuovamente i rumori.
Provenivano dal tetto. Si mise a sedere, tenendosi al lettino, e
sollevò la
testa. Riconosceva in maniera inconfondibile quei suoni.
Qualcuno
stava duellando. Ma lì, sul tetto di un
ospedale? Chi poteva mai essere?
Improvvisamente,
la stanchezza e la perdita dei
sensi gli parvero un lontano ricordo. Come una falena attratta dalla
fiamma,
sentiva l’impulso irresistibile di alzarsi e scoprire cosa
stesse accadendo.
Non sarebbe stato facile, certo, dopotutto era svenuto, e il braccio
che gli
tirava gli fece ricordare il marchingegno mostruoso che era infilato
nella sua
vena.
Ma
ce l’avrebbe fatta, in un modo o nell’altro.
Quando
poggiò i piedi sul pavimento freddo, lo
invase un tremolio che gli ricordava le mattine d’inverno,
quando metteva i
piedi fuori dal letto per iniziare la giornata e subito il freddo del
pavimento
lo invadeva come una scarica dai piedi fino alla testa. Aveva le dita
formicolanti, così provò a massaggiarle un
po’. Sopra di lui, la battaglia
imperversava. E la sua curiosità aumentava.
Quando
i piedi tornarono a funzionare, afferrò il
supporto per la flebo e si mise in marcia. Lasciò la stanza
buia, la mano che
non reggeva la flebo tesa in avanti per intercettare eventuali
ostacoli. Arrivò
in corridoio, dove non c’era quasi nessuno.
L’infermiera che stava in fondo,
alla reception, non doveva avere molta voglia di fare il turno di
notte. A
giudicare da dove puntava il suo sguardo, o si era addormentata, o
stava
controllando le stories di Instagram.
Meglio
così, pensò Alan. Doveva anche avere i
capelli tutti sfatti, tra l’altro, quindi meglio ancora di
non avere qualcuno
che gli chiedesse dove stava andando era il non essere visti affatto.
Così
arrivò indisturbato all’ascensore, e
digitò per il tetto.
Mentre
l’ascensore saliva, con qualche scossone,
Alan pensava che era fin da piccolo che aveva il leggero timore di
restare
bloccato in ascensore; tuttavia, questo non gli aveva mai impedito di
prenderlo.
Anche
questa volta, i suoi timori non si
concretizzarono. L’ascensore suonò, e le porte si
aprirono. La porta
dell’attico era lì in fondo, davanti a lui, alla
fine di un corridoio buio.
Avanzò, accompagnato dal rumore delle ruote del supporto per
la flebo.
Quando
aprì la porta, Lance aveva appena evocato il
Drago Nero Occhi Rossi.
Surge
era indietreggiato sgranando gli occhi. – Non…
non è possibile! Il Drago Nero!!
Il
drago ruggì e il suo verso squarciò la notte.
Lance strinse il pugno.
-
Te l’ho detto, Surge. Adesso conoscerai la vera
paura!!
Alan
era senza parole. Di fronte a lui, si trovava
una delle carte più famose del Duel Monsters, una di quelle
leggendarie, dei
primissimi tempi. C’erano solo poche carte che potevano
rivaleggiare con essa
per fama. Ne era rimasto talmente rapito, che non si era nemmeno
domandato
perché Surge e Lance stessero duellando sul tetto a
quell’ora, né cosa ci
facesse lì Surge.
Lance
strinse il pugno. – Vai Drago Nero Occhi Rossi,
distruggi il suo mostro con Bomba di Fuoco Infernale!!
Il
drago caricò la sua letale e leggendaria palla di
fuoco cremisi, percorsa da scariche nere di potere, che
sparò con precisione
mortale sul Drago Doppia Canna di Surge, mandandolo in frantumi. Il
biondo si
schermò gli occhi dal bagliore.
LIFE
POINTS LANCE: 3000
LIFE
POINTS SURGE: 4900
-
Ora non fai più tanto lo spavaldo, eh Surge? – lo
rimbeccò Lance. – Non c’è
nulla che tu possa fare di fronte al mio drago. Ora
posiziono quest’ultima carta coperta, e termino il mio turno.
Un
brontolio sommesso scaturì dalla gola di Surge.
La tensione tra i due era tale che non si erano nemmeno accorti di
Alan. Il
ragazzo, da parte sua, stava in silenzio quasi religioso, affascinato
dalla
bellezza e dalla ferocia del mostro che aveva davanti. Il Drago Nero se
ne
stava imponente e proteso in avanti, gli artigli aperti e le fauci
spalancate,
pronto a colpire nuovamente al comando del suo possessore.
Surge
pescò con rabbia. – E’ il mio turno!
–
dichiarò.
Aveva
solo due carte in mano. Lance, da parte sua,
non ne aveva nemmeno una, però aveva una carta coperta,
oltre al suo Drago
Nero. Surge, invece, aveva il campo di gioco completamente libero.
Ottimo,
pensò, non potendo impedire però al sudore di
imperlargli il viso e di scendergli lungo il collo. Con
queste due carte, mi sarò guadagnato una difesa ben solida.
E se
pesco il mostro giusto, sarà fregato…
Tornò
a guardare l’altro. – Ora posiziono un mostro
coperto in difesa – disse, materializzando
l’ologramma. – E termino il mio
turno.
Cercò
di non far trasparire la sua soddisfazione. La
carta che ho posizionato è Sfera di
Distruzione, pensò con un mezzo sorriso. Non appena la attaccherà con Occhi
Rossi, la mia sfera si attaccherà al
suo draghetto. E poi… Kaboom!
Guardò
Lance con un ghigno. Ti dimostrerò
che non sei invincibile.
Strinse
con forza l’ultima carta rimastagli in mano.
-
E’ il mio turno, pesco! – affermò Lance.
Subito
stese in avanti il braccio con la mano aperta: - Scopro la mia carta
trappola,
Cupidigia Insaziabile!
La
carta raffigurava uno scrigno pieno di tesori,
con dentro però un serpente e posizionato su una botola, con
un avido
ladruncolo che si stava avvicinando, le mani protese, la bocca
contratta in un
ghigno e gli occhi avidi. – Grazie a questa carta –
spiegò Lance – posso
pescare altre due carte, ma non potrò farlo per altri due
turni.
Le
aggiunse alla sua mano.
-
Una mossa rischiosa – commentò Alan, appoggiato al
suo supporto, e che ancora nessuno dei due aveva notato. –
Lance potrebbe
essersi precluso delle ottime possibilità.
Anche
Surge era, non sapendolo, dello stesso parere.
– Ohoh! E così sacrificheresti le tue prossime due
mani? Mai sentito parlare
delle “pescate morte”?
Quello
a cui alludeva Surge era il pericolo di
pescare carte inutilizzabili in quel momento. Lance poteva aver
guadagnato due
ottime carte, ma non avrebbe avuto diritto alle sue prossime Draw
Phase, e
c’erano carte, nel Duel Monsters, che si attivavano proprio nel corso della Draw Phase. Era
un bel rischio.
Tuttavia,
il ragazzo rispose con un sorrisino. – Il
mio deck è a prova di pescate morte. E te lo dimostro subito!
Mostrò
una carta magia che raffigurava il Drago Nero
Occhi Rossi in procinto di sferrare il suo attacco mortale. –
Attivo la carta
magia Esplosione di Fuoco Infernale! Occhi Rossi non può
attaccare in questo
turno, in compenso però posso infliggerti un danno pari ai
suoi punti di
attacco originari!
-
COME?! –
Surge era stato colto completamente alla sprovvista. Non
ha… intenzione di attaccare la mia carta coperta?
Non si era
aspettato quella mossa. Lance colse lo sgomento nei suoi occhi: -
Scommetto che
ti aspettavi che attaccassi la tua carta coperta, non è
così? Peccato che io
non sia tipo da cadere in simili trappole.
Strinse
il pugno. – Avanti Occhi Rossi, Esplosione
di Fuoco Infernale!!
Il
drago caricò la sua mortale palla di fuoco, che
scavalcò le difese del mostro coperto di Surge e lo
colpì direttamente. Quello
lanciò un urlo mentre le fiamme cremisi lo avvolgevano.
LIFE
POINTS LANCE: 3000
LIFE
POINTS SURGE: 2500
-
Incredibile… - fece Alan, rimasto per la seconda
volta ad occhi aperti di fronte alla forza di quel drago leggendario.
-
E ti darò il benservito con questa –
proseguì
Lance. – Scommetto che ti ricordi della mia Fiammata di Drago!
Mostrò
di nuovo la carta magia che raffigurava un
drago nell’atto di lanciare la palla di fuoco. Il cuore di
Alan mancò un colpo.
Conosceva molto bene il drago raffigurato su quella carta. Si strinse
le
piastrine, facendole tintinnare.
-
Ah! – Surge strinse il pugno, spavaldo. – Mi
spiace per te, Lance, ma il mio mostro coperto ha ben più di
ottocento punti di
difesa!
E
si ricordava perfettamente di quella carta che
aveva aperto il loro duello. Ma quell’informazione a Lance
non faceva né caldo
né freddo. – Hai dimenticato che questa carta mi
permette di scegliere tra due
effetti?
-
Cosa? – fece l’altro, corrugando la fronte e
stringendo i denti.
Lance
chiuse gli occhi, continuando a sorridere. –
Permettimi di rinfrescarti subito la memoria.
Li
riaprì di scatto, il loro marrone che bruciava
così violento. – Essendo io impossibilitato a
colpire il tuo mostro coperto,
posso scegliere di infliggerti direttamente ottocento punti di danno!
-
Maledetto!! – esclamò Surge, ricordatosi ora di
quel primo effetto. L’ologramma proiettò la testa
del drago, e per la seconda
volta in quel turno Surge si ritrovò avvolto dalle fiamme,
nascondendo il volto
tra le braccia e cercando di soffocare un grido.
LIFE
POINTS LANCE: 3000
LIFE
POINTS SURGE: 1700
-
Ho finito – disse Lance – ma non prima di
posizionare la mia ultima carta coperta. A te la mano, Surge. Ma
goditela bene,
perché sarà la tua ultima!
Una
vena pulsava con forza sulla fronte del biondo.
– Che spavaldo! – esclamò. –
Hai fegato a dire una cosa del genere, ma ti
ricordo che non puoi prevedere il futuro!
E
lo additò in quel modo. – Ora pesco! Un lusso che
tu non puoi permetterti – gli ricordò con una
risatina malvagia.
Lance
fu impassibile.
Quanto
mi sta
sul cazzo quell’uomo,
pensò Alan. Lo
aveva odiato fin dal primo momento in cui l’aveva visto.
Surge
guardò la sua carta con un sorrisino. Poi
qualcosa catturò la sua attenzione, forse un moscerino,
perché guardò di lato.
E fu allora che finalmente si accorse di Alan. Quando
incrociò lo sguardo del
biondo, il ragazzo sussultò per un attimo. Quello, rimasto
dapprima sorpreso,
mutò la sua espressione in una di rabbia, e poi di scherno.
-
Guarda un po’, c’è anche il moccioso
– commentò.
Anche
Lance si volse, sorpreso. – Alan? Che ci fai
qui, dovresti riposare.
-
E’ un po’ difficile con un Drago Nero che urla
proprio sopra la mia testa, non ti pare? – gli fece notare il
moro. Lance fece
un sorriso colpevole.
Surge
fece una risata sguaiata che richiamò
l’attenzione di entrambi. – Sei venuto ad assistere
alla disfatta del tuo
protettore, Alan – lo informò. Alan
corrugò la fronte a quelle parole.
-
Cosa intendi? – gli domandò in tono poco cordiale.
Surge
emise una risatina sommessa. – Sai, ti è
andata bene che ci fosse ancora Lance qui, altrimenti avresti
già rimediato una
bella gamba rotta, o qualcos’altro.
Alan
sgranò gli occhi, e subito dopo la rabbia lo
invase realizzando ciò che l’altro gli aveva
detto. – Hai cercato di aggredirmi
mentre dormivo, bastardo?!
Ora
era lui a voler dare una lezione a Surge. Aveva
i pugni che gli tremavano.
-
Calmati, Alan – lo invitò Lance. – Se
vinco questo
duello, Surge dovrà abbandonare per sempre il Parco dei
Duelli.
Tornò
a guardare il suo avversario. – Era una cosa
che avrei dovuto fare già molto tempo fa.
Non
è abbastanza,
pensò Alan con rabbia.
-
Mpf, allora fammi vedere come batti questo!
Surge
posizionò la carta appena pescata. – Evoco
Riflettore in posizione d’attacco!
La
nuova macchina di Surge aveva un aspetto
vagamente umanoide, con la base che era un’anfora blu dalla
quale si sollevava
un corpo meccanico rosso, con quello che sembrava un mantello, un
ingranaggio
come collare, e un volto con una maschera antigas e privo di
espressione. Era
ricoperto di specchi che riflettevano la luce della luna in modo
sinistro.
(Attributo: Luce; Lvl: 4; Tipo: Macchina/Effetto; ATK: 1700; DEF: 1000).
-
Immagino che tu sappia perfettamente cosa fa
questa carta, non è così Lance? – lo
sfidò il biondo. L’altro non rispose alla
provocazione. Anche Alan sapeva quale fosse l’effetto del
mostro di Surge.
Se
Lance lo
attacca, subirà un danno pari a 2400 punti,
l’attacco del suo Drago Nero Occhi
Rossi. Inoltre, Surge ha ancora una carta in mano, e se è
una magia rapida può
metterlo in difficoltà.
Spostò
lo sguardo. E non sappiamo cosa faccia quel
mostro coperto…
Tornò
a guardarli entrambi. Pare un classico stallo
alla messicana…
-
Avanti, Lance – lo invitò. – Termino il
mio
“ultimo turno”, stando alle tue parole. Che cosa
farai? Attaccherai il mio
Riflettore, accettando di subire quel danno solo per distruggerlo,
oppure
rischierai e sfiderai il mio mostro coperto?
Lance
non rispose. Surge rise di gusto. – Ormai ti
ho fregato!!
Strinse
il pugno con tanta forza da farsi sbiancare
le nocche. Se attacca la mia carta
coperta, Sfera di Distruzione farà piazza pulita del suo
Drago, e poi io potrò
attaccare direttamente i suoi life points al prossimo turno. Se invece
attaccherà Riflettore…
Guardò
la carta che aveva in mano. Userò
Rimozione di Limite per duplicare i
suoi punti d’Attacco, e in questo modo azzererò i
suoi life points.
Socchiuse
gli occhi. In ogni caso vinco io!!
Surge
ha creato
una situazione dalla quale è difficile districarsi,
dovette riconoscergli Alan, ora ancora più
frustrato per via di questa cosa. Mi
chiedo se Lance riuscirà a cavarsela.
L’altro
sembrava molto sereno. – Tocca a me – disse,
mostrando il duel disk. – Non posso pescare, per via di
Cupidigia Insaziabile.
Perciò non mi rimane che una cosa da fare…
La
cosa che gli era rimasta da fare restò in sospeso
nell’aria per un po’, un non detto che gravava su
di loro. La tensione era
tanta, e si avvertiva quella fatalità che fa presagire che
il duello stia per
terminare. Poi il domatore di draghi puntò il dito e disse:
- Attacco la tua
carta coperta con Drago Nero Occhi Rossi!!
-
AH!! – esclamò Surge, trionfante. –
Peggio per te,
Lance! Ti presento…
Il
mostro apparve. – Sfera di Distruzione!!
La
carta era una sfera rossa di metallo con degli
uncini che sembravano le zampe di un ragno, e una manopola simile a
quella di
un forno sopra. (Attributo: Oscurità; Lvl: 4; Tipo:
Macchina/Effetto; ATK:
1400; DEF: 1400).
-
Oh no!! – esclamò Alan.
-
Oh sì!! – fece invece Surge. – Quando
Sfera di
Distruzione viene scelta come bersaglio di un attacco mentre
è coperta, può
equipaggiarsi al mostro in questione, e al prossimo turno
salterà in aria
infliggendo al possessore di quel mostro un danno pari ai punti
d’attacco del
mostro equipaggiato!
-
Quindi Lance perderà Drago Nero Occhi Rossi in
ogni caso – realizzò Alan, sconfortato.
Surge
ghignò, godendosi appieno il trionfo. –
Esattamente.
Stese
in avanti la mano. – Vai Sfera, attaccati a
Drago Nero!!
La
sfera emise un bagliore rosso, e subito dopo
arpionò il drago con i suoi uncini, attaccandosi al suo
torso come uno
schifosissimo ragno. Il drago lanciò appena un verso di
disapprovazione. La
sfera iniziò ad emettere dei “bip!”
continui, il timer che lampeggiava di
rosso.
Sta
per
esplodere!,
pensò Alan.
Fu
a quel punto che Lance fece una cosa che nessuno
dei due si aspettava, rispondendo all’esclamazione di prima
di Surge in un modo
delicatissimo. – E tu attaccati al cazzo, Surge.
-
Cosa hai detto?! – fece l’altro, visibilmente
sorpreso. Lance ora stava sorridendo, un sorriso affilato come i denti
del suo
drago.
-
Pensavi che sarei caduto nella tua trappola, e
invece sei tu ad essere finito nella mia – rivelò.
Ma Surge non ci stava. – Di
che diavolo parli? Quale trappola?
Lance
gli spiegò paziente come stavano le cose: -
Nel momento in cui la tua Sfera di Distruzione si è
equipaggiata al mio drago,
tu hai perso il duello.
-
Ma è impossibile! – Poi Surge si accorse di una
cosa, un dettaglio che gli era sfuggito.
-
Non mi dirai…
Ora
gli tremavano gli occhi. Lance consolidò i suoi
timori: - Proprio così! Scopro la mia carta trappola:
Bruciatura Occhi Rossi!!
La
carta raffigurava il Drago Nero Occhi Rossi con
molteplici fasci di luce che uscivano dal suo corpo crepato, segno che
stava
per esplodere dall’interno. – Quando un mio mostro
Occhi Rossi viene scelto
come il bersaglio dell’attacco o dell’effetto di un
mostro avversario, posso
distruggerlo ed entrambi subiamo un danno pari al suo attacco!!
-
Cosa?! – Surge cominciava a realizzarlo. – Ma
questo significa che…
-
Fai due conti – lo invitò Lance, anche se era
palese. – Non hai abbastanza life points per sopravvivere a
questo turno!!
-
NOOOOOOOOO!!!!
La
pelle del Drago Nero cominciò a squarciarsi in
più punti, la luce rossa che usciva fuori come se la sua
anima di fuoco
premesse per liberarsi di quel guscio. Alla fine lanciò un
poderoso ruggito al
cielo ed esplose, portandosi con sé anche il mostro di
Surge. L’esplosione si
propagò per tutto il tetto. Surge fu sbalzato
all’indietro come se lì fosse
detonata una granata per davvero. Cadde a terra sbattendo schiena e
gomiti,
lanciando un verso ferito. Dalle sue tasche rotolarono monete truccate
con solo
testa e solo croce, e dadi a una sola cifra livellati in modi diversi,
che il
biondo aveva probabilmente memorizzato.
Lance
se ne uscì dal fumo, trionfante.
LIFE
POINTS LANCE: 600
LIFE
POINTS SURGE: 0
-
Incredibile… - mormorò Alan. Quella era stata una
conclusione al cardiopalma.
Surge
si girò di schiena e batté i pugni sul
cemento. – Dannazione… come ho potuto perdere?
-
E’ molto semplice – gli fece la voce di Lance, che
ora torreggiava su di lui con uno sguardo implacabile. – Non
c’è trucco che
possa reggere contro chi sa duellare. Senza i tuoi inganni, tu non sei
niente.
E io ti ho dimostrato che anche con quelli non hai vita lunga.
Surge
digrignò i denti come un cane appena bastonato
che mediti la sua vendetta.
-
Questo lo vedremo… - sibilò.
-
No, direi di no – gli rispose l’altro. –
Ho vinto
io, il che significa che da questo momento in avanti ti è
proibito tornare al
Parco dei Duelli.
Surge
sussultò, evidentemente dimenticatosi della
posta in gioco. Quel verso fece godere Alan come mai prima
d’ora. Il vento
soffiò sul tetto, muovendo i capelli e gli orli dei vestiti
dei presenti.
Il
silenzio che ora era calato sembrava irreale.
Come si sarebbe evoluta la situazione? Surge non sembrava il tipo da
andarsene
a testa bassa e accettare tranquillamente quanto successo. Ma Lance
cosa
avrebbe fatto? E lui? Mille domande giravano nella testa di Alan.
Era
così intento a figurarsi i possibili sviluppi di
quella situazione, che quando l’azione iniziò non
se ne rese subito conto. Vide
Surge rialzarsi di scatto, portare l mano dietro alla schiena ed
estrarre un
oggetto di ferro. Alla luce della luna mandò dei bagliori
sinistri mentre
rivelava la propria forma. Era un vecchio giratubi, arrugginito ma
comunque
mortale. Il suo cuore mancò un colpo. Se avesse colpito
Lance, gli avrebbe
lasciato ben più che qualche livido.
Ma
anche Lance fu più reattivo dei suoi pensieri.
Mentre non si rendeva neanche conto di star stringendo con maggior
forza il
supporto per la flebo, Alan vide Lance scattare di lato e menare un
colpo
all’avambraccio di Surge. La mano che stringeva il giratubi
si aprì di scatto,
e il biondo perse la presa sull’oggetto, che cadde sul
cemento con un clangore
metallico che esplose nelle orecchie di Alan. Il rosso
scostò il braccio
dell’altro, e ora che quello era rimasto scoperto gli
piantò un bel pugno sullo
zigomo sinistro. Il moro sentì le nocche che incrinavano le
ossa sotto alla
pelle della guancia.
Surge
volò contro la ringhiera di sicurezza e si
accasciò lì, mugugnando. Lance
riabbassò il pungo ancora stretto, continuando a
guardarlo. – Minacciare un rivale che ti ha battuto con un
arma del genere –
commentò, l’odio nella voce. Scansò il
giratubi con il piede senza neanche
degnarlo di uno sguardo. L’arnese roteò vicino ai
piedi di Alan, che si scansò
di poco come se ne provasse timore. Lance camminò verso
Surge, e lo raccolse
per il colletto della giacca di pelle, con una forza che Alan non gli
avrebbe
sospettato affatto. Se lo portò all’altezza del
viso.
-
Sei feccia della peggior specie – gli sputò in
faccia, per poi scagliarlo nuovamente sul cemento l’istante
dopo. Surge
mugugnava, ma ora sembrava anche esibirsi nella macabra parodia di una
risata,
il suo corpo scosso come se stesse avendo una crisi epilettica.
-
Sono fortunato… - mormorò. – Alla fine
anche lo
stoico e impeccabile Lance ha perso la calma. Eheh…
E
subito dopo sputò un fiotto di sangue. Alan
rabbrividì.
Lance
si avvicinò nuovamente a lui. – No, questo non
sono io quando perdo la calma – lo informò. Lo
afferrò nuovamente per il bavero
della giacca e lo rimise in piedi, facendo comunque in modo che lui gli
desse
le spalle. Surge doveva essere come in stato catatonico,
perché non reagiva.
Aveva gli occhi stralunati e il mento sporco di sangue.
-
Questo – proseguì – sono io che
contravvengo alla
mia etica professionale.
E
non appena l’ebbe detto fece la cosa che fece
perdere a Surge, e ad Alan, almeno dieci anni di vita. Il biondo
sentì la terra
che gli mancava da sotto ai piedi mentre l’altro rafforzava
la presa
afferrandolo anche con l’altra mano. Aprì la bocca
per urlare quando vide il
mondo capovolgersi, c’era prima il cielo, e poi il pavimento
dell’attico che
ora però era diventato il soffitto, e poi di nuovo il cielo,
e poi il pavimento
– o soffitto, o tetto? – e poi ancora un vortice
confuso, finché non si vide, come
da fuori, precipitare.
Lance
l’aveva gettato dal tetto.
Merda…
è uno
scherzo vero? Quel bastardo non può…
Ma
sembrava proprio di sì. Non si sarebbe mai
aspettato una cosa del genere. Chiariamoci, Surge era sempre stato un
imbroglione. Se la vita ti dà la possibilità di
prendere scorciatoie, sarebbe
stupido non approfittarne, no? Però ha sempre saputo che non
tutti la pensavano
come lui, e anzi, c’era gente a cui le sue giocate del cazzo
non piacevano
affatto. Il biondo aveva sempre saputo che si trattava soltanto di far
girare i
coglioni alla persona sbagliata per ritrovarsi in un… come
l’aveva chiamato
Cobblepot? In un cappotto di legno, ecco.
Ma
non avrebbe mai immaginato che quella persona
sarebbe stata Lance. Si dice che quando stai per morire ti passi tutta
la vita
davanti. Surge non sapeva se valesse soltanto per l’affogare,
ma tanto il
risultato era lo stesso. Il fatto è che stava precipitando
così velocemente che
non aveva tempo per visionarsi il filmino di tutta la sua fottuta vita
di
merda. Attendeva da un momento all’altro l’impatto
con la strada che gli avrebbe
frantumato le ossa. E tutto ciò a cui riusciva a pensare
era: Che morte da coglioni!
E
l’impatto ci fu. Ma non con l’asfalto.
Surge
atterrò su una montagna alta circa tre metri
di lenzuola sporche, tutte ammucchiate sul retro
dell’ospedale. Il colpo lo
sbalzò e lo fece rimbalzare come se fosse su un materasso
gonfiabile al mega
centro commerciale. Tentò di aggrapparsi a qualcosa, ma i
bordi delle lenzuola
erano scivolosi, e come unico risultato ottenne quello di rotolare
giù. Questa
volta finì davvero sull’asfalto, ma chiaramente
tutta la potenza distruttiva
dell’urto era stata assorbita e ammortizzata dalle lenzuola,
che caddero su di
lui come una coltre di fantasmi. Surge si dibatté come se un
serpente
gigantesco lo avesse appena divorato. Emerse fuori nella parodia di una
macabra
nascita, respirando l’aria notturna e tossendo per la puzza.
C’era una
pozzanghera lì vicino, anche se il cielo era terso e non
aveva piovuto, perché
c’era sempre una pozzanghera da qualche parte e per qualche
motivo.
Il
suo cuore galoppava all’impazzata, gli occhi
spalancati come quelli di un cerbiatto accecato dai fari. Non si era
ancora
reso conto di essere vivo.
Si
guardava intorno spaesato. Che posto era? Che ore
erano? Perché il cuore sembrava volergli uscire dal petto e
non c’era nessuna
bella ragazza nelle vicinanze?
Poi
lentamente tornò alla realtà. Era ancora vivo. E
quel figlio di puttana di Lance gli aveva giocato un bello scherzo del
cazzo.
Strinse
i pugni con forza. Provò a rimettersi in
piedi ma le gambe gli tremavano ancora per lo spavento e allora ricadde
in
avanti. Si fece schermo con le mani, che affondarono
nell’asfalto irregolare,
composto da tante piccole punte dove il catrame si era solidificato
sotto i
violenti raggi del sole.
I
capelli ormai si erano scarmigliati e gli
ricaddero davanti al volto quando riabbassò la testa e
finì a imprecare. –
Maledetto… maledetto bastardo.
Il
tanfo delle lenzuola sporche non lo toccava
nemmeno in quel momento. Sentiva la rabbia montare a tal punto che
avrebbe
potuto piangere. Sferrò un pugno all’asfalto e si
sbucciò le nocche.
-
Non posso credere di aver perso!
Lo
gridò alla notte indifferente, al puzzo delle
coperte che gli avevano, ironicamente, salvato la vita. Al rumore del
vento che
lasciava ondeggiare un vecchio giornale come uno scheletro trasparente
per la
strada. Alle fronde degli alberi che si stagliavano contro il cielo
notturno. A
qualunque dio ci fosse oltre quel firmamento. E a chiunque aveva deciso
di
punirlo con quella sconfitta.
Ce
l’aveva fatta, aveva la vittoria in pugno, e
invece Lance aveva ribaltato tutto con quell’ultima mossa. Se
non l’avesse
fatto, no, se non si fosse frapposto fra lui e il suo bersaglio, tutto
quello
non sarebbe successo. Surge voleva solo dare una lezione al ragazzino
che gli
aveva rubato la scena. E ora invece aveva perso, era stato messo in
ridicolo –
se si fosse sparsa la voce, di certo nessuno avrebbe più
avuto paura di lui – e
per giunta non avrebbe più potuto avvicinarsi al Parco.
Sapeva perfettamente
come funzionavano le cose lì. Aveva perso una partita, e per
una sorta di
qualche inviolabile legge non scritta del cazzo – lui ci
credeva solo quando
gli faceva comodo – ora era bandito da quel luogo come Adamo
ed Eva dal
Giardino. Lo avrebbero sicuramente linciato, se avesse provato ad
avvicinarsi.
-
Vaffanculo! – gridò.
Ma
stavolta, a rispondergli non fu il silenzio della
notte. Davanti al suo campo visivo si profilarono una coppia di
mocassini ben
lustrati, e i lembi di un cappotto lungo. Il tipo che lo portava era
alquanto
panciuto, e ogni suo passo era accompagnato dal ticchettio del suo
bastone, no,
del suo ombrello sull’asfalto.
Surge
non aveva neanche bisogno di alzare gli occhi,
ma lo fece ugualmente.
-
Pare che tu abbia avuto una nottataccia, Surge –
constatò Cobblepot. Il monocolo riluceva sinistro sotto alla
luce della luna.
Surge
sporse il labbro, snudando i denti. – E tu si
può sapere che diavolo vuoi?
Il
Pinguino gli rispose con un ghigno. – Parlare di
affari. C’è una persona che vorrei farti conoscere.
Inizialmente
Alan si era preso un colpo, ma poi non
aveva potuto trattenere le risate quando Lance gli aveva spiegato che
Surge era
atterrato sulla montagna di lenzuola sporche che il camion della
lavanderia
passava a ritirare ogni venerdì per poi puntualmente
riconsegnarle il lunedì
mattina.
Era
stato terribilmente da sconsiderati e
fottutamente geniale al contempo. Il rosso lo aveva poi riaccompagnato
nella
sua stanza, e aveva detto: - Andrò a svegliare
l’infermiera e le chiederò di
fare attenzione, per favore. Dannazione a lei.
Alan
ridacchiò, ora che la tensione si era
lentamente sciolta. – Non posso credere di aver rischiato la
vita due volte lo
stesso giorno.
Lance
rispose con una risatina a sua volta. – Pare
proprio che tu sia una persona scomoda, Alan.
-
Così sembra, sì.
Lance
socchiuse le labbra. Poi fece per andarsene,
quando l’altro gli disse: - Senti un po’…
Si
volse. Quello intanto si era rimesso seduto sulla
brandina. – Com’è che possiedi un Drago
Nero Occhi Rossi?
Lance
non si era aspettato quella domanda. – Perché?
-
Pura curiosità – disse l’altro. Lance
era ancora
interdetto. Ma visto che non era certo un segreto di stato, gli
rispose: -
Apparteneva a mio nonno, Drake, uno dei campioni
dell’Altopiano Vittoria.
Si
grattò dietro la testa. – Di solito non racconto
di essere il nipote di un campione di Duel Monsters, sai
com’è la gente,
potrebbe farsi strane idee. Riescono a pensare che tu sia un
raccomandato anche
in questo campo, pensa un po’. Il Duel Monsters non
è un’azienda a conduzione
familiare, non si può essere “figli
d’arte”, ecco.
Alan
rimase impassibile. – Comunque, me l’ha data
lui diversi anni fa, prima di morire.
-
E’ morto? – Alan ne sembrava addolorato.
Lance
annuì. – Sì, un paio di anni fa, dopo
essersi
ritirato dal mondo del duelli.
-
Come mai aveva smesso? – domandò il moro.
– Sapevo
che di solito i duellanti non si arrendono mai, neanche alla vecchiaia.
Lo
disse con un sorriso. Lance non poté non
sorridere a sua volta.
-
E’ un’ideologia che condivido in pieno.
Ma…
Il
suo sguardo si rabbuiò. – Mio nonno era una
persona orgogliosa, molto. Anche troppo, se vogliamo. E pare
che… nel suo
ultimo duello… non ci crederesti se te lo dicessi.
-
Tu prova lo stesso – lo esortò l’altro.
C’era una
strana luce nei suoi occhi, che si vedeva anche al buio. Lance non
sapeva
spiegarselo, ma fu indotto a rivelarglielo.
-
Be’, sembra che abbia perso contro un ragazzino di
undici anni, o giù di lì.
Lo
disse con una certa vergogna. – Non poteva
sopportare questa cosa. Così mi ha dato la sua carta
migliore, e si è ritirato
per sempre. Ha passato i suoi ultimi anni a guardare il mare e a
sentire il
vento sulla pelle.
Si
guardò il pugno e lo strinse. – Se non fosse
stato così orgoglioso, forse avrebbe potuto continuare a
duellare. Magari
avrebbe persino preso sotto la sua ala quel bambino. Voglio
dire… mio nonno era
un grande campione, e se quel bambino l’ha
sconfitto…
Allargò
le braccia. Alan gli fece cenno di aver
capito.
-
Da quel giorno ho fatto una promessa, sulla tomba
di mio nonno – gli rivelò Lance, tirando
nuovamente fuori il suo sorriso. – Gli
ho promesso che avrei trovato quel bambino e l’avrei battuto.
Il mio sogno è di
diventare un grande duellante, il più grande di tutti. Ma
per farlo, devo prima
trovare quel bambino, anche se non sarà più un
bambino ora, e sconfiggerlo a
duello.
Quando
ebbe finito di parlare, Alan abbassò lo
sguardo, i capelli sul volto in ciuffi scomposti. Lance era dubbioso.
– Che ti
prende?
Quando
rialzò lo sguardo, Alan sembrava avere gli
occhi lucidi. Lance non capiva.
-
Temo che il tuo sogno non si avvererà mai – gli
disse il ragazzo, dispiaciuto.
-
Perché dici così? – Il rosso continuava
a non
capire.
-
Perché quel bambino sono io, Lance – e quelle
parole caddero come massi su quella stanza in penombra. – E
visto che ti sei
aperto con me…
Si
alzò in piedi, di fronte a un Lance senza fiato e
dagli occhi spalancati.
-
E’ giusto che tu sappia perché ho smesso di
duellare.
ANGOLO
DELL’AUTORE
Hola,
popolo di EFP!
Ben
ritrovati con
questo settimo capitolo! Secondo i miei piani, dovremmo trovarci circa
a metà
della prima stagione, e non potrei essere più contento di
così per come sta
andando questo progetto. È partito senza tante ambizioni, ma
pare che si stia
rivelando un successo, e ne sono veramente orgoglioso. Questo
è combustibile
che mi fa andare avanti e mi sprona ad alzare l’asticella
sempre un po’ di più,
per sorprendervi sempre e portarvi ottimi contenuti – che
naturalmente, in
primis, piacciano a me.
Con
questo capitolo,
abbiamo assistito alla fine del duello tra Lance e Surge, e alla
sconfitta di
quest’ultimo. Devo confessare che mi sono trovato molto bene
a scrivere questo
duello, e sono complessivamente contento di come sia andato, ma voglio
essere
onesto: il finale di questo duello è stato un virtuosismo
scenico. Non sono
neanche sicuro che si possa chiamare SHENANIGAN questa cosa.
Vi
spiego: l’effetto
del mostro di Surge è giusto, ma la carta trappola
utilizzata da Lance, Bruciatura
Occhi Rossi, non sovrascrive l’effetto della prima carta.
Questa trappola non
si attiva quando un Occhi Rossi è bersaglio di un attacco,
ma quando o viene
distrutto in battaglia o per effetto di una carta, e allora infligge un
danno
pari all’attacco originale a entrambi i giocatori. In un vero
duello, terminato
il turno si sarebbe dovuto attivare l’effetto di Sfera di
Distruzione, e in
conseguenza di quello poi sarebbe scattata la trappola. In pratica,
avrebbero
perso entrambi!
Ma
siccome mi
piaceva troppo il finale scenico e a sorpresa, sempre per amor di
narrazione,
ho preferito modificare leggermente il contesto di utilizzo della
trappola di
Lance. Spero che la cosa non vi abbia dato troppo fastidio, e in caso
mi scuso
per questo.
Comunque,
in questo
capitolo si aprono un paio di strade. Ora Alan racconterà a
Lance del suo
passato e del motivo per cui ha smesso di duellare, e abbiamo anche
scoperto
che era un bambino prodigio. Infatti, era davvero molto piccolo quando
ha
sconfitto a duello un campione, il nonno di Lance. Drake, inoltre,
è l’ultimo
Superquattro di terza generazione, della regione di Hoenn, ovvero nei
giochi di
Pokemon Rubino, Zaffiro e Smeraldo. Anche qui, come nel caso di Serena,
non c’è
reale palentela. Ad unirlo a Lance è il legame con i draghi,
e il fatto che
siano entrambi dei Superquattro, ed entrambi i più forti
della loro regione.
Inoltre, Drake è abbastanza anzianotto, e quindi mi piaceva
nella figura del
nonno.
E
poi abbiamo Surge,
il nostro Surge, che dopo essere stato umiliato per ben due volte,
è stato avvicinato
da una figura che conosciamo bene, perché è in
qualche modo con lui che è
iniziata la nostra storia. Che cosa mai vorrà il Pinguino da
lui? Chi è questa
misteriosa persona che vuole presentargli?
Posso
solo dirvi che
nubi di tempesta si ammasseranno presto sul Parco dei Duelli. E i
nostri amici
quella tempesta se la prenderanno in pieno.
Concludo
questo
angolo dell’autore informandovi che, per fortuna, il mio
esame è andato molto
bene, molto oltre le mie aspettative, e oltre a essere al settimo cielo
per
questa cosa, adesso ho finalmente del vero tempo libero, e
potrò dedicarmi un
po’ di più alla scrittura e alla gestione del
profilo qui.
Dunque,
non resta
che salutarci con i migliori propositi. Aspetto sempre le vostre
recensioni e
commenti, anche in privato, e grazie, di nuovo grazie mille, a tutti
voi,
lettori silenziosi o meno, per seguirmi in questo folle viaggio. Ci
vediamo
settimana prossima!
Nel
prossimo
capitolo: “Come pezzi su una scacchiera”
Mentre
Alan rivela a Lance il suo segreto, Surge e il
Pinguino raggiungono una lontana città, dove il ragazzo
scopre per chi lavora
quest’ultimo. Malefici ingranaggi cominciano a mettersi in
moto, e a farne le
spese saranno gli abitanti del Parco dei Duelli.
Ciao
ciao da
UlquiorraSegundaEtapa!!
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 8: Come pezzi su una scacchiera ***
CAPITOLO
8: Come pezzi su una scacchiera
Stavolta,
Cobblepot non si era presentato col suo Mercedes nero, ma con una
elegante
limousine, sempre coi vetri specchiati. A Surge ricordava tanto quelle
da cui
vedeva uscire i gangster nei film che guardava da piccolo. Mai avrebbe
pensato
di ritrovarsi su una di quelle vetture, con uno di quei gangster. Ma
supponeva
che ormai tutto potesse succedere.
L’interno
era uno spazio a quattro posti, con una vetrina che li separava dalla
cabina
del guidatore. I sedili erano foderati in pelle, e c’era il
porta bevande,
proprio come nei film. Cobblepot aveva posato il suo ombrello sul
sedile vuoto
accanto a sé, e aveva invitato l’altro a salire.
Surge aveva scoperto, con una
certa sorpresa, di non avere motivi per rifiutare. In fondo, cosa aveva
da
perdere?
Surge
puzzava come la spazzatura nella quale era finito, ma questo non
sembrava
importare troppo al suo ospite. Il Pinguino guardava fuori dal
finestrino
oscurato, guardava la città che passava loro di fianco.
Poi
disse: - Sai, Surge, tu e io non siamo poi così diversi.
-
Ah no? – rispose quello, brusco.
Cobblepot
posò il suo sguardo su di lui, un ghigno che si apriva sotto
al naso adunco. –
Naturalmente. Noi non condividiamo lo stesso sistema di valori della
gente in
quel ridicolo Parco. Noi abbiamo capito che il Duel Monsters
è potere, e che il
potere non opera sempre con mezzi leali.
Surge
incrociò le braccia sul petto. Dove voleva andare a parare?
Il
biondo aveva ancora una sua dignità, e rifiutava di
identificarsi in un
criminale di bassa lega come il Pinguino. Eppure, una parte minuscola
della sua
coscienza gli suggeriva che, molto in fondo, quel che diceva
l’altro non era
del tutto privo di fondamento.
-
Sai, ho capito che tu non avevi nulla da spartire con quelli
là la prima volta
che mi sono presentato – continuò
l’uomo. – Tu eri arrogante, indisposto, ti
astenevi dal mischiarti con loro. Ti ho osservato, Surge, e il tempo
non ha
fatto altro che confermare la mia teoria.
-
La teoria secondo cui anch’io mi metterò a girare
con un ombrello d’estate? Ma
non farmi ridere – disse sprezzante il giovane. Cobblepot
rispose a sua volta
con una risatina che gli fece gelare il sangue.
-
Se solo sapessi quanto facilmente potrei sbarazzarmi di te –
e nel dirlo
afferrò l’ombrello così in fretta che
Surge non se ne rese conto finché non se
lo ritrovò alla gola, la punta affilata che premeva contro
la carne abbronzata.
– Non faresti tanto lo stronzetto.
Cercò
di farsi più indietro, ma i sedili non offrivano altro
spazio. Sentì una leggera
punta di dolore quando l’ombrello lacerò la carne
e un rivolo di sangue gli
corrette giù per il collo. Digrignò i denti: - E
che cazzo sei venuto a fare
stasera, allora?
Cobblepot
lo studiò un po’, prima di riporre
l’ombrello con un’altra risatina. Surge si
massaggiò il collo, preoccupato più per le
infezioni che poteva prendersi che
per il sangue in sé, con tutto quello che
quell’ombrello toccava.
-
Te l’ho detto. – Cobblepot ripose
l’ombrello e giunse le mani. Sembrava ancora
più grasso, ora che i suoi abiti erano tutti schiacciati.
– C’è una persona che
voglio presentarti.
-
Organizzi appuntamenti galanti, ora?
-
Fai poco lo spiritoso, ragazzino – lo ammonì
l’altro, perdendo il suo sorriso.
– Io potrei essere l’ultima speranza per salvarti
il culo. E anche tu.
Surge
aggrottò la fronte. – Di che diavolo parli?
-
Vedi, io lavoro per persone di una certa importanza – gli
spiegò con orgoglio
Cobblepot. – Uomini di cui tremeresti al solo sentirne il
nome. E avendo una
loro immagine da mantenere, be’, non sono molto tolleranti
con chi li delude.
Io avevo il compito di appropriami del Parco dei Duelli, ma quel
fottuto
ragazzino, Alan, me l’ha impedito.
Strinse
il pugno grassoccio, e fece sbiancare le nocche. – So
perfettamente che se dovessi
tornare a mani vuote, sarebbe per l’ultima volta. Tu sei,
diciamo, il mio lasciapassare
per potere avere ancora qualche giorno di vita.
Surge
parlò tra i denti. – Mpf, sei senza vergogna.
-
Certamente! – esclamò l’altro.
– Però voglio che tu guardi al lato positivo
della mia azione. Funziona in entrambi i sensi, lo sai?
-
Ah sì? – Surge aveva i suoi dubbi.
-
Certo. Ora che sei stato battuto da Lance e ti è stato
proibito mettere di
nuovo piede al Parco dei Duelli, cosa credi che farai, eh?
Surge
fece un ringhio stizzito, ma nulla di più. Can che abbaia
non morde, dopotutto.
E il Pinguino lo sapeva fin troppo bene. Il suo ghigno si
allargò. – Come ti ho
detto, lavoro per persone potenti. Persone di una certa influenza. E a
loro
sono sicuro che farebbe comodo uno come te. Dopotutto, sei un tipo
senza
scrupoli, no?
Su
quello, Surge non aveva niente da ridire.
-
Loro potrebbero offrirti protezione, accoglienza. E rimetterti in
carreggiata.
-
Non ho bisogno di rimettermi in carreggiata –
protestò Surge, ma mentiva.
-
Certo, come no – gli fece il verso Cobblepot. –
Mettiamo in chiaro una cosa: io
non sono il buon samaritano. Voglio solo pararmi il culo, e tu puoi
aiutarmi
nella cosa. E, guarda caso, questo potrebbe fruttare anche a te. Ti sto
offrendo un’occasione come non te ne ricapiteranno nella tua
fottuta esistenza.
Quindi vediamo di non prenderci per il culo.
Surge
tacque. Odiava dover dare ragione a quell’essere spregevole,
e odiava ancora di
più doversi identificare in lui, perché quello
avrebbe significato che anche lui
era un essere spregevole. E
Surge non si riteneva tale. Lui era un campione. O almeno, era quello
che
avrebbe voluto essere.
-
La vita non ti regala niente, lo sappiamo –
proseguì Cobblepot, aprendo il
palmo della mano. – Quando ero piccolo, mio padre
è morto per una polmonite a
seguito di un temporale. Così, mia madre è
diventata iper protettiva nei miei
confronti, costringendomi a portarmi sempre dietro l’ombrello.
Lo
impugnò e prese ad accarezzarlo, come se fosse vivo. Quella
scena mise a Surge
una strana ed irrazionale paura. Mentre parlava, Cobblepot fissava
l’ombrello,
messo per lungo sulle sue ginocchia, e ora la sua voce si era
addolcita. Era
come se lo cullasse.
-
Mia madre aveva paura che facessi la fine di mio padre. Era una
rompicoglioni,
ma mentirei se dicessi che non mi voleva bene. Il problema, anzi, era
che me ne
voleva troppo. A volte, le madri non sanno che la misura del loro amore
può
essere eccessiva, e non è vero che l’amore
è sempre una cosa buona. Specie
quando diventa motivo di scherno.
Soppesò
l’ombrello. – A scuola c’era un
coglionazzo che si faceva beffe di me. Ricordo
ancora il suo nome: Randall Holmes. Il classico tipo che piaceva alle
ragazze e
che mi fotteva i soldi della merenda. Diceva che mi piacevano gli
uccelli, lo
diceva a tutti, ed era vero. Ma non quelli che pensi tu.
Per
quanto potesse sembrare strano, in quel momento a Surge non era venuta
affatto
voglia di scherzare. Né da chiedersi dove volesse andare a
parare il Pinguino
con quel recap della sua vita.
-
Mia madre aveva un negozio di animali. Sono cresciuto in mezzo al tanfo
e ai loro
peli. Ma ricordo soprattutto gli uccelli. Mia madre vendeva pappagalli,
canarini… e pinguini. Quegli uccelli così strani
mi hanno attirato fin da
subito. Ma sono anche stati la mia rovina. Colpa di un branco di
ragazzini
idioti che non sanno distinguere fra uccelli e uccelli.
Strinse
il pugno, poi si infilò la mano dentro al soprabito.
– E’ stato per caso, un
giorno, mentre tornavo da scuola dopo l’ennesima batosta, che
sono passato
davanti a un’edicola. E lì li ho visti, dei
pacchetti di carte da gioco.
Estrasse
il suo deck, compatto nella sua mano grassoccia. Lo guardò
come si guarda al
tesoro più prezioso che ci sia. – Ho investito i
miei pochi risparmi in quelle
carte da gioco. Non appena ho capito che cos’era il Duel
Monsters, e cosa
sarebbe potuto diventare, ho visto l’occasione che avevo per
rifarmi. Non solo
agli occhi di chi mi sbeffeggiava, ma anche agli occhi delle ragazze
che non mi
avevano mai considerato.
Si
toccò il naso adunco. – Cominciai a lavorare per i
vicini. Tagliavo il prato,
portavo a spasso il cane, cose del genere. E ogni mio centesimo
l’ho investito
nella creazione di questo deck.
-
C’era un barbone, dietro la scuola, il vecchio Sam
O’Conner. Puzzava come una fogna
aperta e aveva l’alito che sapeva di birra scadente, con i
denti marci che
sembravano canditi. Non era proprio un bel vedersi, ma una cosa la
sapeva fare:
era bravo a duellare. Così, quando ebbi finito di farmi il
deck, cominciai a
investire i miei risparmi in altro modo. Lui mi insegnava a duellare, e
io gli
davo i soldi per comprarsi la birra e qualche tramezzino. Dopo qualche
mese, ho
sfidato quel dannato Randall Holmes a duello, e l’ho battuto
davanti a tutta la
scuola.
La
soddisfazione si impossessò della sua voce a quel ricordo.
Surge si ritrovò
malinconicamente a pensare che, forse, arrivati a una certa
età, i ricordi erano
tutto ciò che si aveva per essere felici.
-
Ma quell’umiliazione non era ancora sufficiente. Doveva
pagare per tutto ciò
che mi aveva fatto, per tutte le cattiverie che aveva perpetrato. E
siccome il
vecchio Sam non mi aveva insegnato solo a duellare, ma anche qualche
trucchetto
della vita da strada, gli ho sfregiato il volto con la punta del mio
ombrello.
Mimò
il gesto in quello spazio ristretto, e Surge ebbe un sussulto
repentino. Cobblepot
ridacchiò.
-
Una lezione per sempre. Quell’evento mi ha garantito potere e
rispetto. Improvvisamente,
tutti mi venivano dietro. Tutti volevano uscire con me, tutti volevano
essere
al mio seguito. Ma nessuno osava sfidarmi a duello. Quella fama
così tanto
repentinamente acquisita, era anche divenuta la mia nuova condanna.
-
Le gioie date dal mio potere a scuola sono state esigue, ma comunque
soddisfacenti. Al ballo di fine anno, ho pagato Patricia McCornwell, la
ragazza
più carina della scuola, per venirci con me. La ragazza
più carina con lo
schifoso Pinguino. E poi l’ho scopata nel parcheggio della
scuola. Il tutto per
un quantitativo di dollari con cui, all’epoca, ci compravi un
deck come questo.
E
lo sollevò. – Sì, il mio deck ha il
valore di una trombata con Patricia
McCornwell.
Ghignò.
– Finita la scuola, sono entrato nel vero business. Quando
volevano pignolarci
il negozio, me lo sono ricomprato sfidando a duello il compratore, e ho
cominciato
il mio contrabbando di carte contraffate al porto. E da allora, la mia
scalata
al potere è proseguita senza intoppi.
Poi
il suo sguardo si rabbuiò. – Finché non
ho conosciuto l’uomo alle cui
dipendenze sto ora.
La
macchina si fermò di colpo, e Surge venne sbalzato
leggermente in avanti. Fece
una smorfia mentre ricadeva con la schiena contro il sedile.
-
Perché mi hai raccontato tutto questo, Cobblepot?
Cos’è, mi hai scambiato per
un confessionale?
L’altro
rise di gusto a quel paragone. – Non farmi ridere –
gli disse poi,
ricordandogli qual’era il suo posto e la differenza di
posizioni tra loro. –
Ora che conosci la mia storia, pensi davvero che ti lascerei andare? Se
stasera
vado all’inferno, ti trascino con me.
Quell’eventualità
raggelò il biondo, che aveva per un attimo dimenticato con
chi aveva a che
fare. Il criminale glielo lesse negli occhi, e ne fu soddisfatto. Da
fuori, aprirono
le portiere.
-
Coraggio, Surge – lo esortò. – Stanotte
potrebbe iniziare la tua nuova vita. E
anche la mia.
Scesero,
e si ritrovarono immersi in una cappa d’afa. Erano nel centro
di una qualche
città, e molto lontano dal mare, a giudicare
dall’umidità che infestava quella
zona. Il sudore incollava i vestiti al corpo. Surge si
guardò intorno: il cielo
non era che uno spicchio scuro in mezzo alle cime di innumerevoli
grattacieli..
Non riconosceva affatto quel posto.
-
Dove siamo? – chiese repentinamente al Pinguino.
Quello
era sceso dalla macchina, e si accompagnava al suo ombrello appuntito
come al
solito. Ora che sapeva che aveva sfregiato la faccia di qualcuno, forse
anche
più di qualcuno, con quello, lo guardava sotto
un’altra luce. Dopotutto, lui
era sempre il criminale che aveva tormentato il Parco dei Duelli fino
all’altro
ieri. Magari se qualcuno di loro lo avesse sfidato e avesse perso, si
sarebbe
ritrovato il viso sfigurato come Randall Holmes. Aveva fatto bene a
farsi gli
affari suoi.
Quello
lo guardò sistemandosi la tuba in testa. – Sei
molto lontano da casa, ragazzo –
gli rispose. Poi volse lo sguardo, e quando Surge lo seguì
si ritrovò a
spalancare la bocca.
Davanti
a loro, si stagliava contro il cielo notturno un imponente edificio,
talmente
imponente da svettare persino sopra gli altri. Impossibile calcolare
quanti
piani avesse, ed erano tutti in vetro, il che comportava che fossero
difficili
da scaldare d’inverno e impossibili da raffreddare
d’estate. Era quasi del
tutto immerso nel buio, eccezion fatta per una luce che brillava molto
in alto,
quasi a far compagnia alle stelle. Una scritta campeggiava, enorme,
sulle vetrate:
DEVON
SpA
-
La Devon? – fece Surge, incredulo. – Questa
è la Devon SpA? Vuol dire che siamo
a…
-
Saffron City – finì per lui il Pinguino.
– Come ti ho detto, sei parecchio
lontano da casa, stasera.
Si
sistemò di nuovo il cappello, poi disse ai suoi uomini.
– Voi aspettateci qui.
Conto di far ritorno.
A
quelle parole, Surge non trattenne un groppo alla gola. Cobblepot si
avviò
verso l’edificio. Dopo pochi istanti di incertezza, Surge si
risolse a
seguirlo. Quale altra scelta aveva? Ormai era in ballo.
L’atrio
era illuminato, come la finestra all’ultimo piano. Le porte a
vetro erano a
scorrimento, e si aprirono quando Cobblepot passò un badge
su un display lì
accanto. Il goffo uomo lo precedette, mentre Surge si guardava intorno,
alquanto ammirato. Dopotutto, uno come lui non avrebbe mai pensato di
ritrovarsi in un posto come la sede della Devon. Chiunque giocasse a
Duel
Monsters conosceva la Devon.
Ai
suoi albori, la Devon era una società mineraria. Ricavava
pietre dalle cave e
limature di ferro dalla sabbia. Tuttavia, dopo aver trovato,
letteralmente, una
miniera d’oro, aveva investito in azioni e aveva decuplicato
il proprio
patrimonio. E così, capendo che aria aveva cominciato a
tirare negli anni,
aveva volto la propria attenzione all’attrattiva principale:
il Duel Monsters.
Oggi, la Devon si occupava di tutto ciò che riguardava il
mondo dei duelli, ed
era la diretta rivale della Kaiba Corporation, che deteneva ancora il
monopolio, anche grazie alla fama del suo presidente, Seto Kaiba.
Ma
Giovanni Devon, proprietario dell’azienda di famiglia, non
era di certo da
meno. Era lui, da diversi anni a quella parte, a organizzare tornei di
Duel
Monsters che avevano risonanza a livello mondiale, e che permettevano a
quelli
che prima erano dei semplici sconosciuti di raggiungere un successo
inimmaginabile. E naturalmente, la cosa aveva attirato
l’attenzione della Kaiba
Corp. La fusione tra le due compagnie sembrava ormai essere alle porte.
L’atrio
in cui si trovavano i due era un ampio spazio dal soffitto alto, il
pavimento
piastrellato di blu, con molteplici divanetti e tavolini bassi con dei
pouf
gialli e blu. Al centro c’erano due fontane in perenne
funzione. Quando ci
passarono vicino, gli zampillii colpirono Surge in faccia e lasciarono
qualche
goccia più scura sul nero della canotta.
Ai
lati erano disposti dei vasi con delle piante verdi lunghe e alte, che
Surge
non sapeva distinguere perché non ci capiva un cazzo di
piante e non gliene era
neanche mai fregato. Su una delle pareti c’era
un’enorme cornice che conteneva
la sigla:
DEVON
SpA
“Tutto
ciò di cui avrete bisogno,
lo
troverete da noi”
Era
uno slogan accattivante.
Si
diressero verso la parete in fondo, che aveva tre ascensori. Scelsero
quello di
mezzo. Cobblepot passò di nuovo il suo badge, e poi si
accese una luce verde.
Quando le porte si aprirono, Surge avvertì una certa
tensione e un movimento
nella zona dell’inguine. Non ci poteva credere.
Cobblepot
passò per la terza volta quella sera il badge su una fessura
posta accanto al
display dell’ascensore. Chissà se lì
anche la macchinetta del caffè funzionava
col badge.
Quando
la luce verde di conferma si fu accesa, il Pinguino digitò
un numero sulla tastierina:
cinquantaquattro. Andavano al cinquantaquattresimo piano. Quel posto
aveva più
di cinquantaquattro piani. Roba da vertigini.
L’ascensore
cominciò la sua salita. Fu allora che sulle labbra di Surge
affiorò un sorriso
a metà tra il nervoso e il divertito, la fronte madida di
sudore alla luce dei
led della cabina.
-
Porca troia… - mormorò. – Sono alla
Devon.
Accanto
a lui, le mani entrambe poggiate sull’ombrello, Cobblepot
commentò: - E’ presto
per esserne entusiasti. Potrebbe essere l’ultima cosa che
vedrai.
Preso
da una strana eccitazione, Surge gli rispose: - Chi se ne importa. Il
solo
fatto di essere qui… cazzo, me l’ha fatto venire
duro.
Abbassò
gli occhi sul rigonfiamento dei suoi pantaloni. Cobblepot gli
lanciò
un’occhiata per poi fare una smorfia disgustata. –
Se non altro, ora so che sei
abbastanza malato.
Si
tolse il monocolo e lo pulì contro il cappotto. –
Cerca di fartela passare. Se
mi presento davanti al capo con un ragazzino col durello,
sarà difficile
convincerlo che hai un deck in tasca.
A
Surge si accese una lampadina – sì, ogni tanto
succedeva: e se, visto il luogo
in cui erano, il suo capo fosse stato nientemeno che Giovanni Devon?
Possibile?
Il
pensiero di apprestarsi a incontrare Giovanni Devon gli faceva un
effetto molto
singolare. La cosa, stranamente, non faceva che invigorire la sua
erezione. Ora
sì che le parole di
Cobblepot avevano senso: aveva detto che le persone per cui lavorava
erano
molto influenti; e Giovanni Devon era decisamente
uno influente.
-
Hai qualche idea? – gli domandò il biondo,
mantenendo il sorriso nervoso.
-
Potrei darti un’ombrellata sull’uccello –
propose allegramente Cobblepot.
-
Oppure?
Il
malavitoso ghignò, il monocolo che riflesse per un attimo la
luce. – Pensa a
tua nonna.
Quando
Alan ebbe finito di raccontare, Lance si lasciò ricadere
sullo sgabello. Rischiò
di finire per terra, ma riuscì ad appoggiarsi ai bordi e a
mantenersi in
qualche modo saldo. Saldo non era
esattamente l’aggettivo che avrebbe utilizzato, ma in quel
momento altri non
gliene venivano.
In
testa aveva un caos da capogiro. Dopo attimi in cui il silenzio la fece
da
padrone, il rosso riuscì nuovamente a guardare Alan. Gli
sembravano passati
vent’anni da che erano lì. Si sentiva invecchiato
e non sapeva il perché. Forse
perché, adesso, lui portava parte del peso di quella
confessione. Era in
qualche modo complice dell’altro.
-
Il mio parere su di te non è cambiato dopo quanto mi hai
detto stasera – riuscì
a dirgli. Si sentiva la voce impastata.
Alan
gli sorrise nella penombra della stanza. – No, non
è vero.
La
sua risposta lo spiazzò. – Te lo leggo negli
occhi. Conosco bene il sentimento
che trasmettono. Quella pallida, malriuscita imitazione della
pietà. Non puoi
avere compassione per me. E la pietà non è
ciò che mi serve.
Si
rimise lentamente sdraiato, guardando quel soffitto ora un
po’ meno
sconosciuto.
-
Ho visto troppe volte quell’emozione. È per questo
che me ne sono andato da
casa, e sono venuto qui. Pensavo di essere abbastanza lontano.
L’ho pensato a
lungo.
Chiuse
per un attimo gli occhi. – Io ti ho privato del tuo sogno. Ti
ho privato della
possibilità di superare tuo nonno, di rifargli un nome,
sconfiggendo chi l’ha
battuto. Perché non importa quello che dirai o che farai.
Non importa quali
circostanze potranno mai capitare. Non mi vedrai duellare ancora. E
adesso,
incredibile ma vero, non ho più bisogno di spiegarti il
perché.
Poi
tacque. Neanche Lance riuscì a dire qualcosa. Gli venne in
mente, in quel momento,
che era in un ritardo tremendo e che la sua ragazza, probabilmente, lo
avrebbe
fatto a pezzi. Ma era possibile sentirsi più a pezzi di
così? Non ne era
sicuro.
Alla
fine si alzò. Guardò Alan, che aveva gli occhi
chiusi, e non sapeva se dormisse
o meno. Il petto si alzava e si abbassava tranquillamente. Gli diede
un’occhiata: Alan non era minuto, ma non era neanche ben
piazzato; era un
ragazzo nella media, alquanto bello, e con una personalità
intrigante.
Si
chiese come potesse un corpo così piccolo sopportare una
tale sofferenza.
Ma
c’è forse una scelta?
Alla
fine, riuscì a promettergli: - Non racconterò a
nessuno quello che mi hai confessato.
Si
portò una mano sul cuore. – Lo giuro.
Alan
fece un debole sorriso, privo di allegria. – Te ne sono grato.
E
quello chiuse la loro conversazione. Lance lo lasciò
riposare, e uscì
dall’ospedale guardando per terra. Si controllava i piedi
come se non avesse
mai saputo di averli.
Quando
fu fuori, e il vento caldo lo investì, sentì il
suo cellulare vibrare. La sua ragazza,
sicuramente. Non aveva scuse, e non poteva dire la verità.
Alzò
gli occhi alle stelle, che ricambiarono indifferenti. Pensò
che la vita, a
volte, sapeva essere davvero crudele.
Quando
le porte dell’ascensore si aprirono con il classico
scampanellio, Surge si teneva
il cavallo dei pantaloni ed era piegato in avanti.
-
Ti avevo detto di pensare a tua nonna. – Con compostezza,
nonostante la sua
stazza, Cobblepot se ne uscì dall’ascensore. Surge
fece più fatica.
Tuttavia
la terapia d’urto aveva funzionato, e ora la situazione nei
pantaloni si era afflosciata.
Si era fatto venire un’erezione per essersi trovato alla
Devon SpA. Aveva
veramente raggiunto il punto di non ritorno.
La
reception del cinquantaquattresimo piano era arredata con poltroncine
da
design. Dietro ad essa sedeva una segretaria con gli occhiali e i fulvi
capelli
rossi, legati in una coda bloccata da un fermaglio dalla forma che
Surge non
riusciva a identificare. I suoi occhi erano di un azzurro ghiaccio, lo
stesso
colore dello smalto sulle sue unghie, che sembravano coperte di brina.
Indossava un elegante tailleur nero smanicato sopra a una gonna viola,
e aveva
al polso destro uno spesso bracciale dorato. Non appena arrivarono da
lei, lo
sguardo del giovane cadde sulla sua scollatura Quanti anni poteva
avere?
Massimo una quarantina, giudicò il biondo, e comunque li
portava molto bene. Si
vedeva.
Ed
ecco che il rischio erezione si ripresentava tosto. La segretaria
sedeva sotto
una riproduzione della Notte Stellata
di Van Gogh. Il pavimento era coperto da un folto tappeto color
ostrica. Il
climatizzatore rendeva quell’ambiente fresco e piacevole.
Surge si sentiva
refrigerato.
La
segretaria alzò gli occhi su di loro, un sorriso privo di
felicità. – A buon
rendere, Oswald – salutò l’altro. Surge
non aveva mai sentito il nome di
battesimo del Pinguino; saperlo faceva tutto un altro effetto.
Quello
si tolse la tuba e se la portò al petto, protendendosi poi
nella parodia di un
inchino. – Buonasera, Lorelei.
-
Il signor Devon ti attende. – Dava del tu, una cosa che
nessuna segretaria
avrebbe mai fatto. O quella non era una vera segretaria, o aveva appeso
la
maschera da segretaria per indossare chissà quale altra.
Come se avesse captato
i suoi pensieri, la rossa spostò lo sguardo su di lui.
Inarcò un sopracciglio
con un fare estremamente elegante.
-
Chi sarebbe il biondino che ti porti appresso?
Cobblepot
si volse un attimo a guardare Surge, come se si fosse accorto solo
allora della
sua presenza, e poi tornò a rivolgersi all’altra.
– Qualcuno che voglio
presentare al capo. Penso che gli farebbe molto piacere conoscerlo.
La
donna, che l’altro aveva chiamato Lorelei, si alzò
in piedi. La sua gonna aveva
uno spacco laterale dalla quale usciva la gamba più bella
che il ragazzo avesse
mai visto. La serata si prospettava eccitante, anche se forse non nel
modo in
cui poi si sarebbe aspettato.
-
Questa non è un’agenzia di incontri – lo
rimproverò con tono. – E il capo non
ha bisogno di un appuntamento.
-
Perché ci sei tu, no? – ridacchiò il
Pinguino, meritandosi un’occhiataccia da
parte dell’altra. – Tranquilla. Sono convinto
che gli piacerà.
Lorelei
corrugò la fronte, ma non disse nulla. In tutto questo, non
aveva affatto calcolato
il biondo. Lui, per conto suo, aveva le mani in tasca e pareva molto
concentrato sui suoi piedi; in realtà, era interessato allo
spacco laterale
della donna.
Quest’ultima
li precedette lungo il corridoio. Cobblepot fece un cenno a Surge, e
poi si
misero al suo seguito. Mentre avanzavano, il Pinguino parlò
sottovoce al suo
nuovo “protetto”: - Ora, quando saremo in quella
stanza, lascia parlare per me.
Non farti venire in mente di aprire quella bocca se non te lo dico io,
o non te
lo dice qualcuno. Sempre che tu ci tenga a tornartene a casa, stanotte.
Surge
giudicò che quella notte rischiava di diventare fin troppo
lunga, talmente
lunga da essere interminabile, perciò per una volta diede
retta al suo buon
senso e si limitò ad annuire. Cobblepot parve soddisfatto.
Surge vide che aveva
la presa salda sull’ombrello, talmente tanto che le nocche
erano bianche.
Giudicò che era quello il suo modo per mostrare la paura.
Era molto composto,
eppure traspariva in quel momento il suo attaccamento alla vita e il
timore di
perderla.
E
Surge? Che dire di lui?
La
tensione aumentava a mano a mano che ci si avvicinava alla porta in
fondo al corridoio.
L’aria era carica di elettricità. Se tendeva
l’orecchio, poteva ascoltare dei
borbottii concitati dietro la porta chiusa. Quasi sicuramente, Giovanni
si
trovava là dietro. E non sembrava felice.
Lorelei
spalancò loro le porte, poggiandovi sopra le dita con le
unghie di brina. E da
quel momento, la vita di Surge non fu mai più la stessa.
Entrarono
in una stanza abbastanza grande da disorientarlo. In fondo spiccava una
scrivania con un’impressionante lastra nera di Lucite. Tutto
intorno erano
sistemati divanetti confortevoli in pelle nera, e scaffali a vista con
gli
sportelli in vetro. Vicino alla scrivania c’era una dispensa
in mogano piena di
liquori: Martini, Jack Daniels, Sheridan, ma anche marche che lui non
conosceva
– lui beveva soltanto Heineken e uno strano mix di Southern
Comfort e Seven-Up.
La
stanza era animata da un’accesa discussione: in piedi, al
centro, c’erano due ragazzi
che dovevano avere più o meno l’età di
Surge; uno di loro aveva i capelli verdi
a caschetto e un ciuffo sparato in aria come un’antenna.
Indossava una camicia
cachi sulla quale si vedevano aloni di sudore, e puntava il dito contro
l’altro.
-
Io mi rifiuto di lavorare con questo stronzo!
Lo
stronzo in questione aveva le mani in tasca e indossava una polo blu.
Sembrava
molto sicuro di sé, e si passò una mano fra i
capelli sparati, un braccialetto
d’oro che brillò al polso. Era impossibile non
sapere chi fossero quei due, se
si bazzicava nel Duel Monsters. Erano i due che avevano da poco
disputato la
finale del campionato regionale: Aaron Underwood e Gary Oak, il
campione.
-
Questo dovrei dirlo io, casomai – precisò Gary con
una risata. – Da quando accettate
anche i perdenti? Pensavo che la Devon puntasse solo al meglio.
E
così dicendo, con sommo disprezzo di Aaron, che stringeva i
pugni e digrignava
i denti come aveva fatto sul palco durante la finale, Gary si rivolse
all’uomo
intento a contemplare la città dormiente dalle vetrate.
Fu
allora che Surge lo notò per la prima volta ,eppure sarebbe
dovuta essere la
prima cosa che l’occhio dovesse catturare appena entrati in
quella stanza. La
sua presenza era così… be’, presente.
Non aveva altri termini per definirla. Dava loro le spalle, intento a
contemplare Saffron City, che da lì sembrava un conglomerato
di torri di ossidiana
avvolte nel buio.
E
lui ne era il re.
Aveva
le mani intrecciate alla base della schiena, in perfetta posizione
eretta. Indossava
una di quelle giacche lunghe smanicate, un trend che Seto Kaiba e altri
come
lui avevano reso famoso, la moda della beat generation di Duel
Monsters. I suoi
capelli erano del colore del mare di notte, uno strano e inquietante
blu, e
quando si volse, i suoi occhi ambrati, come quelli di un gatto, non si
posarono
su uno dei due, ma direttamente su Surge.
Il
biondo ne provò un’attrazione fatale, un pensiero
di cui si sarebbe sempre vergognato.
Ma in quel momento, sentì che fosse impossibile non farsi
attrarre da lui. Si
era aspettato di trovare Giovanni Devon, invece in quella stanza
c’era un
ragazzo che doveva essere appena più grande di lui, dai
lineamenti delicati ma
al contempo decisi, il taglio degli occhi come quello di un predatore,
e
un’aura irresistibile di potere che lo attorniava. Sembrava
brillare di luce
propria.
-
Dipende da cosa intendi per “meglio” –
rispose a Gary quel misterioso ragazzo,
ma senza staccare gli occhi da Surge. Il biondo si sentiva come
paralizzato sul
posto. Fu allora che tutti i presenti si accorsero di lui
-
E tu chi dovresti essere? – domandò con poco garbo
Gary, mentre quello dai
capelli blu lo oltrepassava. Mentre gli veniva incontro, oltre ad
essere
impossibilitato a muoversi, Surge notò anche che aveva uno
strano pendente al
collo, una pietra romboidale che mandava riflessi di luce sinistra.
Sembrava
ossidiana
-
Buonasera, capo – si presentò umilmente il
Pinguino, togliendosi nuovamente il
cappello. Fece un cenno di saluto anche ai due, poi poggiò
una mano sulla
spalla di Surge, che sussultò, ma senza staccare gli occhi
dall’altro.
-
Posso avere il piacere di presentarle questo giovane? Si chiama Surge,
l’ho
recuperato da quella feccia del Parco dei Duelli.
Il
ragazzo dai capelli blu si pose di fronte a loro. Aveva un buon
profumo, acqua
di colonia probabilmente. Era inebriante. Surge sentiva che cominciava
a
girargli la testa.
-
Surge – ripeté, come assaporando quelle parole.
– Dal Parco dei Duelli.
Fece
un sorriso affilato come una lama. – Sei venuto in
rappresentanza dei tuoi amici?
– domandò.
Il
biondo si riebbe e guardò di lato con disprezzo, - Pff,
amici? Io non ho amici!
Lo
disse come se ne andasse fiero. Questo suscitò un verso di
approvazione
nell’altro.
Cobblepot
si introdusse di nuovo nella discussione; gli aveva detto di badare a
quel che
diceva e a come lo diceva. – Le chiedo perdono se mi sono
permesso di portarlo
qui. Ho pensato che ci avrebbe fatto comodo qualcuno che potesse
raccontarci
tutto su quei maledetti che stanno intralciando i nostri piani.
Gli
occhi dell’altro brillarono di una luce sinistra mentre gli
angoli della bocca
si sollevavano leggermente. – E hai pensato bene –
ammise.
Dietro
di loro, Lorelei fece una leggera smorfia con la bocca.
-
Parco dei Duelli? – domandò a quel punto Aaron.
– E cosa sarebbe?
-
Soltanto un piccolo pezzo di terreno al quale sarei interessato
– commentò il
ragazzo dai capelli blu. Poi si rivolse a Surge: - E così,
saresti davvero
disposto a tradire i tuoi compagni per l’uomo che ho mandato
a distruggerli?
E
così dicendo, lanciò un’occhiata di
sfuggita a Cobblepot. Quello non si era
rilassato neanche un po’, nonostante l’altro si
fosse trovato d’accordo con
lui.
-
Non ho compagni così come non ho amici –
ribadì Surge. A quel punto, il ragazzo
dai capelli blu scoppiò in una sonora risata, cosa che fece
sgranare gli occhi
sia al Pinguino che a Lorelei. Evidentemente non ci erano abituati.
-
Mi piace questo qui! – ammise poi quello dai capelli blu,
guardando Cobblepot.
– Oswald, hai la pelle dura, eh? O quantomeno sai come
venderla.
Quello
emise un gorgoglio dal fondo della gola. Dunque era scampato pericolo?
Conservando
quello strano, e a tratti inquietante sorriso, il ragazzo tese la mano:
- E’ un
piacere averti con noi, Surge. Io sono Zachary, Zachary Devon.
A
quel nome, Surge sgranò gli occhi e sentì la gola
seccarsi.
Quello
che gli tendeva la mano era niente meno che il figlio di Giovanni
Devon, il
prossimo presidente della compagnia. Se solo Surge avesse avuto qualche
nozione
base di economia, avrebbe saputo che tipo di persona era davvero quella
che
aveva davanti. Arriva per chiunque la notte, il momento della giornata
in cui
tutti si tolgono dai piedi e tu rimani solo con i tuoi demoni. Quel
momento in
cui, anche dopo il coito più acceso con la bella ragazza che
hai abbordato al
bar o col ragazzo con cui ti frequenti da mesi, ti stendi e prima di
dormire
guardi il vuoto, e pensi a tutto quello che hai fatto e ti domandi che
conseguenze potrebbe mai avere.
Quando
Zachary Devon fissava il vuoto, la notte, prima di dormire, non vedeva
assolutamente
niente. E la sua testa era sgombera da ogni tipo di pensiero o rumore
di fondo.
Non c’erano demoni ad attendere Zachary negli angoli bui
della stanza, nel
freddo delle notti d’inverno, sotto le braci ormai spente.
Non c’erano perché lui
era i suoi demoni.
Per
lui, ogni cosa aveva un prezzo, tutto era valutabile in azioni. Quando
sedeva
al proprio laptop, Zachary non faceva certo come in quei dannati film
americani
che tanto odiava, dove si battevano tasti a caso su uno schermo nero
sul quale
uscivano combinazioni di lettere e numeri in verde, e dove il mouse non
esisteva. Lui non faceva funzionare programmi suonando la tastiera come
un
pianoforte, e non lavorava su siti oscuri che andavano avanti anche
quando ti
fermavi per bere un caffè. Quando era a lavorare alla sua
scrivania, sul laptop
di Zachary c’erano sempre aperti un foglio di Excel con il
rendiconto delle
loro azioni costantemente aggiornato, assieme all’elenco
degli ordinativi, e
una maschera di Acces ridotta a icona subito a fianco sulla barra degli
strumenti, vicino all’icona del browser, delle cartelle,
dello store, del
blocco note, di Word e One Note. Non aveva bisogno di Spotify; sia lode
all’America per il Muzak.
Oh,
e lui il mouse lo usava eccome.
Se
Surge si fosse informato un poco, avrebbe saputo che la bevanda che gli
piaceva
tanto, la Southern Comfort più Seven-Up, stava venendo
esportata nei paesi
orientali, dove non c’era mai stata. E di chi era il merito?
Di Zachary Devon.
La Devon commerciava in molteplici settori, non solo nel campo del Duel
Monsters, anche se quello era senza dubbio il più
redditizio. Ogni cosa poteva
fare da sponsor, perciò comprare la Southern Comfort
più Seven-Up garantiva uno
striscione in più sulla sede dell’Altopiano
Vittoria, e la felicità di papà
Giovanni. Quando Zachary dava l’assenso all’esporto
in Cina e Giappone della
bevanda, dava anche il suo assenso alla deforestazione per costruire le
nuove
fabbriche. E cosa gli importava se il polmone del pianeta andava a
fuoco?
Nulla,
perché tutti devono morire e perché è
così che gira l’economia. Non esiste codice
morale che regga di fronte alla fredda logica matematica. E la fredda
logica di
Zachary era ciò che gli aveva garantito il successo a soli
ventun’anni, assieme
a un’educazione perfetta, a un completo autocontrollo e a una
mente capace di
elaborare in breve tempo gli schemi più complessi.
Dopotutto, la laurea ad
Harvard non l’aveva presa in undici mesi per meritocrazia.
Inconsapevole
di buona parte di queste cose, Surge allungò una mano
tremante, e ricambiò la
stretta. L’altro aveva una presa salda, da lanciatore di
baseball.
-
Sei stato furbo, Oswald – disse poi Zachary, lasciando andare
la mano di Surge.
– Sapevi che se fossi tornato a mani vuote non te
l’avrei fatta passare liscia.
Cobblepot
strinse con forza sia ombrello che tuba. – Vi ho servito
fedelmente per anni –
disse, come in sua giustificazione. – Merito una seconda
possibilità.
-
E l’avrai – lo rassicurò Zachary. Poi
tornò a guardare Surge: - Una volta che
il tuo nuovo “amico” ci avrà raccontato
tutto quello che sa sul Parco dei
Duelli, e soprattutto sul ragazzino che ti ha così
facilmente umiliato.
Gary
e Aaron si scambiarono un’occhiata a quelle parole. Cobblepot
scoprì i denti e
sputò fuori il suo disprezzo: - Quel dannato Alan!
A
quel nome, gli occhi di Gary si illuminarono, e abbandonò il
tono da
spocchioso. – Alan? Hai detto Alan?
Tutti
i presenti concentrarono la loro attenzione su di lui. Ora anche
Zachary sembrava
intrigato.
-
Lo conosci? – gli domandò.
-
Se è chi penso che sia – fece Gary, afferrandosi
la polo al centro e
stringendo, come se volesse strapparsi il cuore – mi
meraviglio che non lo
conosciate anche voi.
Zachary
incrociò le braccia. – E’ molto
difficile sorprendermi – lo avvertì.
Gary
fece una risatina. – Ah sì? Buon per te.
Lorelei
e Cobblepot sussultarono. Nessuno poteva dare del tu al capo, nessuno.
Ma
quello rimase impassibile. Gary avvertì un certo disagio a
quel silenzio di
risposta, ma proseguì. – Il suo nome è
Alan Kalos – rivelò. – Un tempo eravamo
amici.
Gareggiavamo per le finali del campionato regionale di due anni fa. Ma
avevo
sentito che non duellava più…
Si
strinse nelle spalle.
-
Alan Kalos? – Dopo averlo ripetuto, un lampo si accese negli
occhi di Zachary,
che sembrò ricordare. Andò verso la scrivania, e
lo sentirono dire: - Ma certo.
Il campionato di due anni fa. Quel
campionato.
Si
sedette, e invitò gli altri a fare lo stesso, indicando loro
i divanetti. –
Molto bene – osservò. – Lorelei, penso
sia ora di aprire quella bottiglia di
scotch invecchiato.
-
Dice sul serio, signore? – domandò quella, con il
rossore sulle guance.
-
Oh, certo – confermò lui con un sorrisino.
– Questa sarà una serata
interessante.
Giunse
le mani, mentre la rossa si avviava all’armadietto dei
liquori. Il suo sguardo d’ambra
si posò sui presenti uno ad uno.
-
Gary Oak, il tre volte campione regionale. – Quello sedeva
con un braccio
pendente dal divanetto e le gambe accavallate.
-
Aaron Underwood, il secondo qualificato. – Il verde si
mordeva un’unghia,
nervoso.
-
E infine… - il suo sguardo scivolò lentamente,
come se avesse melassa negli
occhi. – Il nostro ultimo arrivato, Surge del Parco dei
Duelli.
Quello
sedeva nervoso come non mai. Il sorriso di compiacimento di Zachary si
allargò.
– Ottimo, davvero ottimo.
Si
rilassò appoggiandosi allo schienale della sua poltroncina,
e poggiò le mani
sulle gambe. – Credo sia arrivata l’ora di
spiegarvi perché vi ho convocati
qui, a quest’ora della notte. Siete stati molto gentili a
fare tutti quei
chilometri per me.
Nessuno
parlò. Lorelei riempì loro cinque bicchieri, uno
anche per Cobblepot. Zachary
la invitò ad aggiungerne un altro per lei, cosa che fece con
il rossore che
diventava quasi purpureo.
Il
figlio di Giovanni prese il bicchiere e lo tenne sollevato. –
Vi assicuro che
se collaborerete con noi, la Devon sarà felice di soddisfare
ogni vostra
esigenza. Fama…
Guardò
Lance. – Rivalsa…
I
suoi occhi si puntarono su Aaron. – E potere. Oltre ogni
immaginazione.
E
stavolta guardò Surge. Quello era rapito da ogni singola
parola. Non si
domandava neanche più come ci fosse finito lì,
come fosse iniziata quella sera.
Lance che lo lanciava dal tetto dell’ospedale sembrava un
lontano ricordo.
Contava solo l’attimo presente, e il fatto che ne facesse
parte. Era abbastanza
per non pensare a un cazzo di niente e lasciarsi andare. Perdere il
controllo
non faceva male.
Afferrò
il bicchiere, e si alzò per brindare. Guardò
Zachary negli occhi, e quello ricambiò
con un sorriso a labbra chiuse.
-
Possiamo cominciare – dichiarò. – Siete
qui per… ohh. Surge? Hai un deck in
testa, o per caso sei felice di essere qui stasera?
ANGOLO
DELL’AUTORE
Hola,
popolo di EFP!
Che
dire? Pare proprio che io vi abbia
leggermente mentito: vi aspettavate l’incredibile rivelazione
sul misterioso
passato di Alan, eh? E invece no!
Come
disse Marshall D. Teach non troppo
tempo fa in One Piece: “Troppo presto, ragazzino, troppo
presto”. È giusto
tenervi ancora un po’ sulle spine. Questo non
diventerà una specie di meme, una
sorta di “Aspettando Godot”. Vi assicuro che faremo
chiarezza sul passato del
nostro Alan, su Lucius e su cosa l’ha spinto ad abbandonare
il Duel Monsters. E
anche prima di quanto immaginiate. Ma rivelarlo in questo capitolo
sarebbe
stato prematuro, e anti climatico. Perché credetemi: quando
finalmente lo
scoprirete, sarà speciale. Mi piace pensare che
sarà uno dei ricordi indelebili
di questa storia.
Nel
frattempo, possiamo anche
divertirci un po’: scrivetemi pure un messaggio privato, se
vi va, nel quale vi
mandate le vostre ipotesi su cosa potrebbe aver spinto Alan a ritirarsi
dalla
scena. Meglio non farlo nelle recensioni, gli altri potrebbero
ispirarsi,
qualcuno potrebbe addirittura arrivarci. Però se volete
scrivetemi in privato,
anche solo due righe. Io non vi dirò se avete ragione o
torto, ma quando quel
momento arriverà – e ripeto, arriverà
prima di quanto possiate immaginare, ma
non posso dirvi quando – io potrò riprendere quei
messaggi, e vedere chi magari
ci ha beccato, e chi ci è andato più vicino.
Sarei
molto curioso!
Nel
frattempo, questo capitolo come
avete potuto vedere è stato diverso dagli altri.
È stata un’immersione nel lato
oscuro della forza, se così possiamo dire. Abbiamo
finalmente guardato negli
occhi colui che muove i fili, il capo del Pinguino e, in ultima
istanza, il
principale antagonista della prima parte di questa fan fiction: Zachary
Devon,
figlio di Giovanni.
Vi
avevo detto che è in arrivo una
tempesta, e sarà proprio Zachary a portarla.
Cos’avrà in mente, servendosi di
gente come Gary, Aaron e persino di Surge ora? Una cosa è
certa: è un genio, è
senza scrupoli, e, ve lo assicuro, è anche fortissimo. E i
nostri amici avranno
la sfortuna di scoprirlo molto presto. Perché quando Zachary
deciderà di fare
la sua mossa e di scendere in campo di persona – come fanno
tutti i buoni antagonisti,
del resto – nessuno sarà in grado di fargli
fronte. E il nostro Alan, ce la
farà?
Ma
è presto per scoprirlo. Certo è che
se Alan è l’eroe del Parco dei Duelli, e Zachary
quello che vuole vederlo
distrutto, i due sono inevitabilmente destinati a incontrarsi. E noi
non
vediamo l’ora che questo accada, no?
La
posta in gioco comincia a farsi
alta, molto alta. Ma mentre noi progettiamo in vista del futuro, anche
il
passato può sorprenderci: il primo capitolo di questa fan
fiction ha superato
le 100 visite! Io non so davvero come ringraziarvi. Mi riempie il cuore
di gioia
vedere il supporto che state dando a questa storia. Spero di continuare
così, e
di non deludervi; e se mai dovesse accadere, di tornare alla ribalta
cento
volte più forte.
In
questo capitolo non abbiamo avuto
duelli, e ogni tanto va bene anche così. In compenso, ci
sono un sacco di
riferimenti e di cose da spiegare. Cominciamo da Saffron City e dalla
Devon
Spa: nel mondo di Pokemon, queste due cose non sono collegate. Saffron
City è
Aranciopoli, nella regione di Kanto, ed è sede della Silph
SPA, non della
Devon, che si trova invece a Ferrugipoli, ad Hoenn. Tuttavia, siccome
mi
piaceva l’idea che fosse un’azienda a conduzione
familiare, e il nome Giovanni
Silph non mi garbava affatto, ho preferito mischiare le due cose.
L’aspetto
estetico della Devon è invece ispirato a quello della Silph,
così come il suo
ruolo – nei giochi di prima generazione, la Silph
è infatti occupata dal team
Rocket, e all’ultimo piano c’è Giovanni
in persona. Qui abbiamo trovato suo
figlio, Zachary, che per design è ispirato
all’omonimo pg affrontabile di Yu gi
oh: Duel Links. Gli occhi ambrati sono un mio tocco personale.
La
storia della Devon l’ho chiaramente
riadattata io, così come quella di Cobblepot, anche se molti
elementi sono
presi dalla sua biografia originale. Non conosco però il
nome della ragazza che
lui ha portato al ballo, così me lo sono inventato sul
momento.
Lorelei
è la prima dei Superquattro di
Kanto, invece. Per finire, devo ringraziare moltissimo, per la parte
sulla
descrizione della Devon e sull’operato di Zachary due fattori
diversi:
-
il libro di Stephen King “Uscita per
l’inferno”; mi sono ispirato a un suo passo per la
descrizione degli uffici
interni. Il Re è magistrale come sempre.
-
i miei amici con cui ho passato due
giornate meravigliose questo giovedì e venerdì.
Sentendoli parlare di economia
e di come certe volte bisogna mettere a tacere il proprio senso morale,
ho approfittato
per disegnare un minuscolo scenario della realtà economica
che, purtroppo, pare
si trovi davvero ai piani alti.
Spero
che abbiate gradito davvero. E siccome
mi sono dilungato già abbastanza, direi che possiamo
rivederci la prossima
settimana!
Nel
prossimo capitolo: “Miss Parco dei
Duelli”
Un
simpatico
concorso di bellezza per i nostri amici del Parco diventa
l’occasione per una
ragazza di provare a tutti il suo animo da guerriera. Orgoglio e
bellezza si
sfidano in una battaglia mortale per il riconoscimento del proprio
ruolo. Non perdetevelo!
Ciao
ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 9: Miss Parco dei Duelli ***
CAPITOLO
9: Miss Parco dei Duelli
-
E’ urgente? – domandò il ragazzo,
senza minimamente cercare di nascondere il suo fastidio.
L’uomo di colore
sembrava mortificato, ma la sua spocchia gli impediva di notarlo.
-
Non ti avrei fermato se così non
fosse. – E detto ciò, fece l’ultima cosa
che Alan si sarebbe aspettato: si
prostrò ai suoi piedi. Era chino, la nuca piegata e i
polpastrelli a contatto
col pavimento. Un bizzarro incrocio, uno di quelli che ti aspetteresti
se
Spider Man si convertisse all’Islam e si mettesse a pregare
rivolto verso la
Mecca.
Il
ragazzo sgranò gli occhi. Un
forte senso di disagio si impadronì di lui.
Quell’immagine aveva qualcosa di
fortemente sbagliato; non sapeva spiegarselo bene, ma era
così.
-
Ohi… - arretrò spaventato – si
può sapere che diavolo stai facendo?
Alan
era praticamente un bambino di
fronte all’altro. Eppure quello si era messo in ginocchio,
no, di più, si era
prostrato, come se fosse una divinità, o come se fosse un re
e lui solo un
umile servo.
-
Per favore… - La sua supplica
uscì esile come il sussurro di un fantasma in una tormenta.
– Ti scongiuro, non
farei tutto questo se non fosse importante. No, è essenziale!
-
Ohi, la vuoi piantare… - Da
fuori, chiamarono nuovamente il suo nome. Se quello gli faceva perdere
altro
tempo, rischiava di farsi squalificare. Ma non era quella la cosa che
lo
preoccupava di più. Era quel terrore irreale che si era
impadronito di lui a
turbarlo sopra ogni cosa.
Dal
collo dell’uomo di colore
pendette qualcosa. Erano…
Il
telefono che suonava dentro al suo orecchio. Fu il primo suono diverso
dal
ronzio di una zanzara che svegliava Alan in quei caldi giorni
d’estate.
Solitamente erano sempre quelle stronze volanti, grosse come stronzi di
topo, a
ridestarlo dai suoi sogni – o dai suoi incubi
– con quel ronzio acuto che Alan sospettava fosse
ciò che sente un uomo
l’istante in cui impazzisce e decide di guidare a luci spente
nella notte
perché sì, è davvero così
facile morire.
Il
cellulare squillava e gli sembrava veramente di avercelo
nell’orecchio. In
realtà era sul comodino accanto al letto. E quello sembrava
invece dall’altro
capo del mondo. Non serviva essere laureati ad Harvard per capire che
quelli
erano i postumi di una sbronza. Con uno sforzo che gli
sembrò immane, allungò
la mano verso il telefono, sfiorandolo un paio di volte prima di
riuscire ad
afferrarlo.
Si
era dimenticato di mettere la luminosità al minimo, cosa che
faceva sempre
prima di andare a dormire. Lo schermo illuminato lo colpì
con la violenza di un
treno in corsa, facendolo protestare mugugnando. Si sentiva la bocca
impastata.
Premette l’icona verde senza neanche aver letto, e
biascicò l’imitazione di un:
- Sci?
-
Alan! – La voce di sua madre,
-
OH! – Si riebbe di colpo, quasi balzando sul letto. Gli
esplosero una miriade
di puntini luminosi davanti agli occhi; sbatté le palpebre
nel tentativo di
scacciarli, inutilmente. Costellazioni rosse, verdi, viola e blu
brillavano
sulla sua retina, mentre al suo orecchio sua madre domandava: - Tesoro,
dormi
ancora?
-
Gno, gno – si difese lui – che, scherzi?
Si
sfregò un occhio e avvertì l’odore del
proprio alito. Puzzava terribilmente di
birra.
-
Ascolta caro! – La voce di sua madre era squillante come
sempre, il che non
sarebbe stato un problema, se non fosse che con quel mal di testa ogni
sillaba
era come un punteruolo che si conficcava nella sua carne. –
Io e tuo padre
pensavamo di fare un salto da te domani. Lo so, doveva essere una
sorpresa, ma
non vorrei che poi fossi troppo impegnato.
-
Mm? Oh, gno, gno, gnessun problema – biascicò lui,
continuando a sfregarsi gli
occhi. Sentiva la testa incollata al cuscino per il sudore,
così come il resto
del corpo. Presa consapevolezza del sudore, avvertì anche la
sensazione del
freddo metallico delle piastrine sul suo petto, adagiate sulla distesa
di peli
in mezzo ai capezzoli come serpenti addormentati. Poi arrivò
l’odore della sua
stessa pelle sudata, e il calore del sole che filtrava dalle tapparelle
che si
era scordato di chiudere. Perché non l’aveva fatto?
-
Alan? Tesoro, tutto bene? – domandò la voce al di
là del telefono con una punta
di materna, immancabile preoccupazione. Lui mugugnò ancora:
- Ma sì, è che mi
sono appena svegliato – si difese.
-
Quindi stavi ancora dormendo.
-
Va be’, è uguale – disse lui,
stiracchiandosi e portando il braccio in alto.
Gli schioccò la spalla.
-
Va bene, allora ti lascio dormire. – Per fortuna, sua madre
non aveva
intenzione di farla lunga. – Tanto ci vediamo domani, va bene?
-
Certo. – Lui era ancora abbastanza scombussolato da non aver
per davvero
seguito il filo del discorso, quindi non aveva realizzato che i suoi
sarebbero
passati da lui indomani.
-
A domani, tesoro.
-
Ciao mà.
Fu
molto più brusco nel chiudere la conversazione, ma ormai ci
erano abituati. Lanciò
praticamente il telefono e per poco non mancò il comodino
per finire sul
tappeto. Ma alla fine sentì il tonfo sul legno e seppe che
era andato tutto
bene, più o meno come quando lei ha paura e tu le prendi la
mano e le dici che non
deve aver paura se lo fate al primo appuntamento perché
tanto Dio è morto e
solo gli uomini possono giudicarli.
Si
lasciò andare a un rumoroso sbadiglio. Aveva il braccio
spiattellato sul
cuscino, e l’odore delle sue ascelle lo colpì con
forza; aveva decisamente
bisogno della sua doccia mattutina.
-
Era tua madre?
-
Esat… - Fermi tutti. Momento, momento, momento! Chi aveva
parlato?
Lentamente,
come se fosse in un horror, Alan ruotò il collo,
un’espressione di gelato
stupore sul suo volto. Quello che trovò dall’altra
parte del suo letto a una
piazza e mezzo, con metà testa sul suo cuscino, non fu un
killer armato di
machete pronto a fargli la festa – di prima mattina, poi.
No,
era un volto assonnato, col trucco rappreso e dagli scompigliati
capelli lilla.
Lo sgomento del ragazzo contrastava col suo attuale stato fisico; era
ancora
troppo rincoglionito per sorprendersi davvero. Invece, si
limitò a un: - Oh.
Ciao.
-
‘giorno – mugugnò lei. Era nuda, e anche
lui lo era; se ne accorse solo in quel
momento. L’atmosfera surreale che si era venuta a creare si
traduceva in una
calma più completa per entrambi i soggetti. Alan non era
sicuro di capire bene
cosa stesse succedendo – o fosse successo, se quelli che
stava smaltendo non
erano i postumi di una normale sbronza – ma era molto
tranquillo. E anche la
ragazza dal’altra parte del letto non sembrava
particolarmente infelice di
essere lì.
-
Okay – disse piano lui. Parlava a rallentatore, o tale era la
sua percezione. –
Io… ti conosco, vero?
La
additò, e quella gli prese il dito e lo baciò con
delicatezza. Alan sentì un
fremito risvegliarsi in mezzo alle gambe.
-
Mm-mm – confermò lei. – Eri parecchio
sbronzo ieri sera. Più di me, che è tutto
un dire.
Aveva
una bella voce, anche se impastata dal sonno.
-
Oh… - Alan non ricordava assolutamente nulla. –
Ho… combinato casini?
-
Be’, dipende da che intendi per “casini”
– rispose lei maliziosa. – Sei
fidanzato?
-
No.
-
Allora tutto apposto. – Sorrise ancora, spostandosi poi i
capelli dal viso. -
Comunque Winona, piacere di nuovo.
Tese
la mano; Alan si sentì pervadere da un incontenibile accesso
di ilarità. Era
tutto così strano in quel momento; non sbagliato, solo
fottuto di cervello.
Ricambiò la stretta.
-
E quindi, noi due…
-
Direi di sì – gli confermò quella.
-
Oh. Scusa, quanto avevo bevuto?
-
Mm, credimi, non vuoi saperlo.
Alan
si sistemò meglio sul letto sfatto, bagnato e puzzolente.
Quella strana conversazione
continuava. La cosa divertente, era che entrambi continuavano a
mangiarsi con
gli occhi. – Puoi riassumermi quanto è successo in
poche parole?
Le
piastrine gli si incollarono ai peli del petto; le scostò
con una smorfia.
-
Be’ – iniziò lei, sistemandosi a sua
volta, le gambe che nascondevano di poco
il pube in quella posizione, un braccio a sorreggere la testa, e il
seno
sinistro scoperto e invitante. Si lasciò andare i capelli
oltre la spalla. Alan
sapeva perfettamente che, come nel caso di Mera, era ancora una volta
l’alcool
– o meglio, i residui dell’alcool – a
renderlo così calmo in compagnia di una
ragazza nuda nel suo letto. Non era la sua prima volta, ma era sempre
un po’
strano. Diciamo che, quando non lo fai da diverso tempo, poi
è ancora più
strano.
-
Siamo usciti con i ragazzi del Parco a bere una birra. Solo che la
serata è
andata avanti, e le birre si sono moltiplicate neanche ci fosse
Gesù con noi.
Un
altro scoppio di risa incontrollato, tanto da fargli male il petto. Lei
lo
accompagnò.
-
Alla fine eravamo tutti parecchio sbronzi –
proseguì poi Winona. – Tu però
penso ci battevi tutti. Così ti ho dato uno strappo a casa,
che tanto era di
strada. Hai sboccato un paio di volte…
-
Cristo. – Alan odiava raggiungere quei livelli. Di solito
aveva molto più
autocontrollo di così.
-
Poi ti ho messo a letto e tu mi hai baciata –
rivelò la ragazza dai capelli
lilla. Alan non era troppo sconvolto nell’udire la carrellata
di stronzate che
aveva fatto. Insomma, era un po’ come essere tornati ai
vecchi tempi, no? Anche
se mancava qualcosa.
-
E poi hai sboccato anche tu perché il mio alito puzzava di
merda – dedusse il
moro. L’altra ridacchiò e fece no con la testa.
– Ci abbiamo dato dentro, e
pure parecchio.
Lo
disse senza alcuna vergogna. Abbassò lo sguardo e con
l’indice disegnò
ghirigori distratti sul petto del ragazzo. Lui non la fermò.
I tocchi di Winona
erano piacevoli, quindi perché smettere?
-
Probabilmente invece sarà stata una merda e tu eri troppo
ubriaca per
accorgertene – la canzonò Alan. –
E’ impossibile che io abbia funzionato, se ho
bevuto quanto credo.
Ora
pensava di essersi fatto un’unità di paragone. Gli
era già capitato, un paio
d’anni fa, di fare così. A dire il vero, anche
l’anno prima, quando aveva detto
che non lo avrebbe mai più fatto, che non si sarebbe mai
più svegliato in un
posto senza sapere dove si trovava e con chi era andato a letto,
perché non
tutte le sconosciute – o gli sconosciuti, può
anche andare in quel modo – che
ti si svegliano accanto sono gentili e di bell’aspetto come
Winona.
Però
stavolta era a casa sua, quindi sapeva dove si trovava, e aveva con
sé una ragazza
che non aveva intenzione di scappar sene piangendo, a quanto pareva.
Era già un
miglioramento, no?
Prima
di rispondergli, la ragazza si avvicinò a lui, e stavolta
non solo lui non fece
nulla per bloccarla, ma anzi l’accolse fra le sue braccia.
Faceva caldo ed
erano entrambi sudati fradici e puzzavano di birra, ma questo non
sembrava infastidirli
neanche un po’. Winona fece aderire il proprio bacino a
quello del ragazzo
mentre gli mollava un paio di baci a stampo. A lui venne da sorridere,
mentre
sentiva un indurimento al basso ventre fare resistenza contro la pancia
piatta
dell’altra.
-
Sono venuta due volte – le sussurrò lei
all’orecchio. – Non mi capita spesso.
Se quella la chiami una merda, allora credo di non poter soddisfare i
tuoi
standard, caro mio.
Alan
non fece commenti, ma dentro di sé si diede una pacca sulla
spalla. E bravo Alan,
forse ci sai fare più di quanto non immagini.
I
capelli della ragazza gli finirono sul viso e gli solleticarono il
naso. Non
c’era motivo di rifiutare un simile contatto e simili
carezze. Però ci tenne a
precisare una cosa.
-
Questo non ci creerà problemi, vero? Voglio dire…
Per
fortuna, l’altra capì al volo. Lui era
più bravo con i duelli che con le
parole; e ora che non combatteva più, non sapeva in cosa
poteva definirsi
bravo. Magari a letto.
-
Tranquillo, non ho pregiudizi su quelli che lo danno a gratis. Sono
molto
favorevole. – La sua battuta lo fece ridere di gusto. Lei
continuò: - Nah, non
sono fatta per i sentimenti, se non ti dispiace.
I
suoi capezzoli gli puntellavano il petto. Non era affatto male,
nossignore.
La
guardò con un sorriso furbo. – Conosci il detto
“non c’è due senza tre”?
Lei
socchiuse gli occhi, senza perdere il suo sorrisino. Non ci fu bisogno
di dire
altro.
Bevettero
un litro d’acqua a testa, si fecero una doccia –
insieme, già che c’erano – poi
Alan preparò la colazione. Uova fritte, due a testa, pane
tostato e caffè con
panna e zucchero. Winona indossava una maglia grigia con la scollatura
sulla
schiena, e non portava il reggiseno; Alan era in maglietta e
pantaloncini.
-
Sei anche un bravo cuoco – osservò lei, divorando
il proprio uovo. Era
l’effetto della fame chimica. – La donna che ti
prende è davvero fortunata.
Non
c’era ironia in quel commento, solo una semplice
constatazione. Ma Alan rise lo
stesso. – Non sono interessato alle relazioni, al momento.
Winona
masticò il proprio uovo e puntò la forchetta.
– Questo non devi dirlo a me.
Gli
occhi azzurri dell’altro si persero nel vuoto. –
Già – convenne. – Direi di no.
Barney
aveva avuto il raro privilegio di vedere Mera struccata. E senza
vestiti, ma
quello era di secondaria importanza. Eppure, ora tutto ciò a
cui riusciva a
pensare, mentre la mano dell’altra si agitava inutilmente
là dove le coperte
facevano un pallone sul bacino del biondo, era se Alan fosse tornato a
casa
sano e salvo. E se si fosse divertito con quella Winona.
Dopo
un altro minuto di esercizi manuali andati a vano, Mera
sbuffò e lasciò perdere
la presa, furiosa; Barney lanciò una smorfia dolorante.
-
Qual è il tuo problema? – sbottò,
scostando i capelli impiastricciati dal bel
seno florido. Era bellissima nella luce del mattino, gli occhi di
bronzo che
rilucevano nel pulviscolo infuocato della camera.
-
Questo dovrei dirtelo io! – protestò lui,
massaggiandosi la zona inguinale. –
Non ferire il mio povero Barnoccolo!
Quella
mise le mani avanti. – Okay… il fatto che tu abbia
trovato un nome per il tuo
pene è già abbastanza inquietante…
-
Non vedo cosa ci sia di… - cominciò lui, ma
l’altra la bloccò.
-
Ma io ti propongo di fare sesso, tu dici sì come neanche ti
volessi regalare il
Santo Graal, e poi mi dai… mi dai… questo!
Allungò
le mani con i palmi tesi verso di lui. La sua voce non mascherava
affatto il
suo disappunto. – Voglio dire, non doveva essere qualcosa di
leggen…?
-
Dario – la interruppe Barney, per poi fare una smorfia.
– Scusa, è più forte di
me. Comunque…
Si
rigirò su un fianco. – Devo aver bevuto troppo,
è solo per questo che non ho
dato il mio massimo.
Si
grattò il petto, leggermente villoso e alquanto scolpito, e
fece uno dei suoi
adorabili sorrisi. – Magari, ritenta e sarai più
fortunata.
-
Ritentare? – fece quella, basita. – Ma neanche per
sogno!
E
cominciò a rivestirsi. – Io me ne torno a casa
– annunciò.
Barney
spalancò gli occhi e mosse inutilmente la bocca. –
Cos… no, aspetta!
Mera
si bloccò mentre si infilava gli slip, ma non per le parole
dell’altra. Quando
si volse, aveva gli occhi spalancati e la bocca socchiusa, e al
contempo uno
sguardo interrogativo. Come per un episodio di premonizione, Barney era
già
pronto a mettersi sulla difensiva quando quegli occhi lo puntarono.
-
Oh. Mio. Dio – scandì la rossa.
-
Mera, ascolta… - Barney ora quasi balbettava.
-
TU SEI GAY!! – realizzò finalmente Mera. Era
così ovvio, questo spiegava tutto.
-
E TU SENZA RITEGNO! – le rispose prontamente Barney, balzando
a sedere sul
letto. – Dì la verità: hai fatto sesso
con me solo per far ingelosire Alan,
vero?
Fu
il turno di Mera di essere spiazzata. – Cos… no.
-
Oh, sì invece – continuò lui.
– J’accuse,
Mera! Sì, sono gay.
E
spalancò le braccia nel dirlo. – E ho fatto sesso
con te solo per cercare di
depistarti. Ma tu l’hai fatto per puntare ad Alan.
Be’, se usare il suo
migliore amico per arrivare a lui è il tuo modo per
conquistarlo, allora non
hai capito un cazzo né di Alan, né di me.
E
così dicendo si volse, indignato. Mera ora si sentiva
addosso la rabbia
colpevole di chi ha appena fatto una figura meschina e si è
comportata da
stronza, e che, cosa più importante, si pente di esserlo
stata. Gattonò
nuovamente sul letto e allungò una mano verso la spalla del
biondo: - Barney…
-
No, non mi toccare – si ritrasse lui, guardandola come se
fosse una bestia
pericolosa. Lei socchiuse le labbra in un’espressione mesta.
Poi si appoggiò di
schiena al cuscino, si premette le mani sul volto, tirò la
pelle del viso fino
a far venire fuori il bianco degli occhi e si passò le punte
sui capelli.
-
Dio, sono stata davvero una stupida… - mormorò.
Barney continuava a guardarla
con diffidenza. Mera lo spiò con la coda
dell’occhio, per poi aggiungere: - E
una stronza.
-
Ah, ecco. – Barney ora le si fece più vicino. Si
appoggiarono entrambi alla
testiera in Alcantara del letto. Mera ora aveva le mani lungo le gambe
e solo
le mutandine addosso. Ma adesso che aveva scoperto quella cosa di
Barney, non
le importava affatto di essere così; non che prima lo avesse
fatto, in realtà.
-
Perché non me l’hai detto? – gli
domandò, con un filo di voce. Non era
risentita, era semplicemente confusa, e si vergognava. Barney volse i
suoi
occhi azzurri verso di lei, la bocca serrata e un’espressione
che sembrava
quella di un uomo sull’orlo delle lacrime.
-
Perché ho paura di essere rifiutato, e allontanato
– rivelò.
-
Questo è ridicolo! – gli fece notare la rossa.
– Perché mai dovremmo
allontanarti solo perché… be’,
perché io e te abbiamo una passione in comune!
Era
anche divertente, detto così. Ma Barney non stava ridendo.
-
Non da te – precisò poi. – Da Alan.
Mera
lo guardò sbattendo le palpebre un paio di volte.
– Come, scusa?
-
Alan non è solo il mio migliore amico – le disse
il biondo – ma è anche il
ragazzo di cui sono innamorato.
A
quel punto, fu il turno di Mera di fissare il vuoto, come aveva fatto
Alan a
casa propria pensando a lei.
-
Oh… - fece. – Be’, questo sì
che è un bel problema.
Serena
si era svegliata di buon’ora quella mattina, e ora stava
finendo di sistemarsi
i capelli. Anche lei era uscito con il gruppetto di
“alcolisti anonimi”, ma
essendosi regolata più di loro si era svegliata non fresca
come una rosa, ma
quasi. Quando ebbe terminato l’operazione,
attraversò il corridoio e vide che
la porta della camera del fratello era aperta. Si affacciò
con il suo classico
sorriso e disse: - Ehi, fratellone, verrai stasera, vero?
Ma
Lance non la stava guardando. Era sdraiato sul letto, o meglio
semi-seduto, con
un braccio dietro alla testa e la mano libera che reggeva il suo deck.
Lo
guardava con tanta concentrazione che sembrava stesse osservando il
vortice del
tempo.
-
Sì, naturalmente – disse lui, senza
però staccare gli occhi da lì.
Serena
non aggiunse altro. Si allontanò da camera sua con un
malessere allo stomaco.
C’era qualcosa che preoccupava suo fratello da un mese, e non
capiva che cosa. Lui
non gliene aveva voluto parlare, chiaramente, ma lei sapeva a chi
avrebbe
dovuto chiederlo, ed era arrivato il momento di farlo.
Perché
suo fratello aveva cominciato a comportarsi in modo strano il giorno in
cui
Alan era stato ricoverato in ospedale da lui.
Anche
Shaun era uscito con gli altri, ma a lui non era andata altrettanto
bene.
Questo perché l’unica altra ragazza del gruppo,
Serena, se n’era tornata a casa
da sola in sella alla sua fiammante bici. Neanche un “ti
riaccompagno a casa”
con tanto di bacio rubato sotto la porta. Ma tanto lui c’era
abituato, quindi
non gli faceva neanche più tutto questo effetto. Il suo deck
giaceva a prendere
polvere da un bel po’ sul suo comodino, e lui non aveva in
programma di
muoverlo da lì.
E
così, dopo la classica cagata mattutina, decise che si
sarebbe fatto venire
un’erezione in un altro modo: guardando The
Boys.
-
Grazie per la colazione – disse Winona, lo zaino con cui
aveva portato le birre
l’altra sera che le pendeva da una spalla. Erano fuori dalla
porta di casa di
Alan, e faceva caldo, come sempre.
-
Grazie a te – le disse lui. Lei si guardò intorno:
- Vivi in un bel posticino.
-
Puoi tornare a trovarmi – le ammiccò il ragazzo.
Quella fece un sorriso
leggero, e furbo.
-
Vacci piano, campione. Questo te lo devi guadagnare.
Allungò
la mano verso le sue piastrine per giocherellarci, ma lui la
allontanò e le rimise
dentro. – Meglio di no – disse, inespressivo e
atono.
Lei
non fece commenti. Gli chiese solo: - Perché?
E
non si riferiva alle piastrine. Alan alzò gli occhi; la domanda, sempre e solo quella.
-
Vuoi davvero saperlo?
-
Naturalmente.
Lui
aspettò qualche istante. – Quando sei bravo, gli
altri si aspettano che tu lo
sia sempre. Ma per un ragazzo che ha meno di vent’anni, il
peso del successo e
della propria bravura può essere troppo da sopportare. Sei
bravo, e quindi non
puoi non duellare. Sei bravo, e quindi non puoi perdere. Devi sempre
dare il
massimo, il riposo non esiste. E la tua passione diventa un lavoro.
Afferrò
con una mano lo stipite della porta. – Non ce la facevo
più. Non potevo buttare
via così la mia vita. Così ho mandato tutto a
fanculo, e poi mi sono
trasferito. Non subito qui; ho viaggiato un po’, prima.
Lei
stette ad ascoltarlo senza fare smorfie e commenti. E alla fine, con la
stessa espressione,
disse: - Sei un pessimo bugiardo.
Lui
ne fu spiazzato. – Cosa No!
Lei
ridacchiò. – Voglio dire – si corresse
– sono sicura che questa sia parte
della verità. Ma c’è altro che non
vuoi dire.
Abbassò
i suoi occhi, dello stesso colore dei capelli, un prodigio della
genetica,
sulla collana che teneva insieme le piastrine che aveva nascosto nella
maglia.
– Il segreto dietro a quelle piastrine, dove le hai prese e
cosa ha significato
per te.
Fece
un paio di passi in tondo. – Io ti ho visto duellare, come
tutti quella sera al
Parco – proseguì. – E Sapphire mi ha
raccontato del vostro duello.
Sapphire.
Alan non l’aveva più vista per un mese. Era come
un’ombra che doveva aggirarsi
dalle parti del Parco. Anche vero che le altre volte che era uscito con
quelli
del Parco, non lo aveva fatto lì.
-
Per essere uno che non voleva più duellare, fai parecchi
strappi alle regole –
lo provocò.
Alan
si risolse a una risatina mesta. – Non è che non voglio più duellare
– la corresse. – E’ che non posso.
-
Perché?
-
Perché ho fatto una promessa. A una persona che ora non
c’è più. Ed è già
più
di quanto avrei dovuto dirti.
Lei
si cacciò le mani in tasca. – Okay, come vuoi. Non
ti chiederò altro.
-
Lo apprezzo molto – le disse lui, ed era sincero.
-
Lascia solo che ti dica un’ultima cosa, se posso.
Lui
incrociò le braccia e si appoggiò alla porta.
– Spara.
Lei
salì di nuovo di un gradino e lo penetrò con il
suo sguardo, tanto che il
ragazzo se ne sentì in soggezione, ma resse bene.
-
Quando fai una promessa a chi non c’è
più, o se ne sta andando, devi essere
assolutamente certo che quello che prometti rispecchi e rispetti le
volontà
dell’altra persona.
Alan
sbatté le palpebre e i suoi occhi si fecero più
grandi a quel commento.
-
L’interpretazione lascia il tempo che trova –
concluse la ragazza. Poi gli
schioccò un bacio sulla guancia. Fu la cosa più
bella del tempo che avevano
trascorso insieme.
-
Ci vediamo stasera, campione?
Alan
sbatté le palpebre, confuso. – Perché,
che c’è stasera?
Lei
sorrise mordendosi il labbro inferiore. – Come che
c’è? C’è…
MIIIIIISS
PARCO DEI DUELLI!!
La
voce spacca timpani di Rob era accentuata dal microfono. Più
di qualcuno si massaggiò
le orecchie.
-
Ho urlato? – gridò poi il barista. La sua stazza
era imprigionata in una
maglietta grigia con qualche macchia di sudore e pantaloncini che
lasciavano
scoperti i tatuaggi che aveva in fondo alle gambe. Indossava i sandali,
e
sembrava la persona più tranquilla del mondo.
Lo
spettacolo che era stato allestito era qualcosa di cui Alan aveva
sentito
parlare per la prima volta in quel giorno. A quanto pareva, tutti gli
anni si
teneva questo pseudo concorso di bellezza al Parco. Le ragazze
più belle
sfilavano sotto alla piccola cascata che si trovava dalla parte opposta
rispetto alla scogliera, in una piccola conca circondata dagli alberi,
dove il
ruscello mutava e poi scorreva placido in mezzo ai ciottoli. Era un
posto
magnifico, e Alan non ne sapeva niente. Continuava a scoprire
meraviglie su
meraviglie in quel paradiso terrestre; e sempre più motivi
per farsi del male.
Tutti
gli spettatori sedevano a bordo riva, dove il boschetto declinava in un
leggero
pendio o sopra alla cascata. Era gremito, e c’erano anche
Barney e Alan; il
primo, soprattutto, non si sarebbe perso quell’evento per
nulla al mondo.
-
Eleggere la più bella ragazza che sfila in costume sotto
alla cascata? – aveva
fatto. – Diavolo, perché non me l’avete
detto subito?!
Avevano
una birra in mano, e il vociare era concitato. File di ragazzi con gli
ormoni a
mille non vedevano l’ora che iniziasse l’evento. Il
biondo mise un braccio
attorno alle spalle dell’amico.
-
E’ bello averti qui stasera, bro.
Lui
gli sorrise. – Grazie, Barney. Suppongo che per una sera non
mi farà male stare
qui.
-
Questo è lo spirito! – convenne l’altro
con un sorriso.
Alan
ripensava a Winona, non tanto alla nottata insieme, di cui non si
ricordava
nulla, ma alla mattinata e alle parole che gli aveva rivolto prima di
andarsene. Guardava dentro il collo della bottiglia, come se si
aspettasse di
trovarci le risposte ai suoi interrogativi. Interrogativi che aveva
suscitato
la ragazza, per altro.
Non
si era portato dietro il deck, quella sera. Aveva concluso che fosse il
modo migliore
per evitare altri guai, e per stare in pace con sé stesso.
Diavolo, non poteva
andarsene in giro lì senza che qualcuno lo sfidasse a duello.
Oh,
e ovviamente Winona non aveva voluto riprendersi la carta che gli aveva
dato la
sera in cui aveva sfidato il Pinguino a duello, la sera in cui si erano
conosciuti.
Che fregatura; così tutti i suoi problemi si sarebbero
risolti in un baleno. E
invece no, non è mai così facile.
Rob
riprese il microfono:
allora,
buonasera e grazie a tutti
per essere venuti, anche quest’anno, alla serata in cui
eleggeremo la ragazza più
bella del Parco dei Duelli!!
Ci
fu un applauso scrosciante e fischi di incitamento. Vicino ad Alan e
Barney
venne a sedersi anche Shaun, con indosso una maglietta nera a maniche
corte
della Image Comics, pantaloncini e sandali.
-
Ehilà! – li salutò, poi si diede il
cinque con Barney. Alan passò i suoi occhi
su entrambi; i due parevano intendersela bene, specialmente in termini
di
quanto fossero allupati.
-
Vedo che anche tu non potevi perderti questa serata e sei infine uscito
dalla
tua grotta – commentò Shaun, rivolto ad Alan. Quello assunse
un’espressione confusa.
-
Ma se sono uscito con voi anche ieri sera!
-
Bruh – fece quello nel suo slang – io non ricordo
gli effetti delle mie carte;
e sono scritti. Ti pare che mi ricordo cos’abbiamo fatto ieri
sera?
La
sua logica ineccepibile convinse Alan che non c’era bisogno
di aggiungere
altro. I tre ragazzi presero contemporaneamente un sorso dalle proprie
birre e
poi guardarono verso la cascata. Lo scroscio dell’acqua era
sovrastato dalla
voce amplificata di Rob.
Per
quelli di voi che sono nuovi
alle nostre usanze, ecco come funziona! Ogni anno, scegliamo cinque
ragazze del
Parco per partecipare a questa serata!
Stese
il braccio in direzione della cascata.
Le
ragazze sfileranno sotto la
cascata, e andranno a mettersi laggiù!
E
indicò un punto dove, neanche a farlo apposta, convergevano
abbastanza ciottoli
perché potessero restare lì in piedi. La loro
forma piatta, e in alcuni casi
concava, garantiva un appoggio sicuro.
Rob tornò a rivolgersi al pubblico.
Dopodiché,
ognuno di voi dovrà
votare per una di loro. Ognuno di voi.
Scandì
bene sulla parola “ognuno”.
E
ognuno di voi potrà dare un voto
a una sola ragazza. Controlleremo che nessuno di voi bari! Quando la
votazione
sarà giunta a conclusione, eleggeremo la nuova Miss Parco
dei Duelli! Prego
applauso!!
Il
pubblico rispose, esultante.
-
Credo che Rob abbia guardato troppa crisi di governo –
rifletté Shaun,
attaccato alla propria birra.
-
Sì, credo anch’io – convenne Barney.
In
quel momento, un lampo alla coda del suo occhio catturò
l’attenzione di Alan. E
fu un lampo rosso. Volse il suo sguardo e vide Lance comparire in mezzo
alla
folla , sopra la cascata. Indossava una camicia hawaiana bianca con
palme
arancioni e bermuda di jeans. Si appoggiò ad un albero con
la schiena e le mani
in tasca. I suoi occhi incontrarono per un attimo quelli di Alan.
Nessuno dei
due disse nulla.
-
Che è successo tra te e Mr. Parco dei Duelli? –
domandò Shaun. Anche Barney si
interessò al discorso.
-
Mr. Parco dei Duelli? – Alan inarcò un
sopracciglio.
-
Praticamente – confermò il moro. – Gli
sbavano dietro tutte. È forte, è
bello…
e grazie al cazzo, quando duelli coi draghi sei figo per forza!
Fece
un movimento con la mano con cui teneva la bottiglia e la birra al suo
interno
ondeggiò e per poco un fiotto non risalì lungo il
collo per poi finire fuori.
Alan guardo l’acqua che rifletteva in macchie bianche le luci
dei fari che lo
“staff” del Parco aveva montato per
l’evento.
-
Già – convenne – lo puoi ben dire.
Rob
riprese a intrattenere la folla con un sorriso malizioso sulle labbra.
Ma
non finisce qui! Infatti, colei
che verrà eletta Miss Parco dei Duelli, stasera,
potrà scegliere uno fra voi
come suo cavaliere!
Violenti
fischi di approvazione e grida di giubilo si diramarono tutto intorno
come
un’orchestra scoordinata. Alan si guardò intorno;
quanto poco bastava ad
accendere gli animi di una generazione vogliosa.
Il
fortunato potrà accompagnare la
nostra regina del Parco alla festa di fine estate, che teniamo sulla
spiaggia
come ogni anno. Perciò pazientate pochi minuti, gentili
spettatori, perché
questa potrebbe essere la vostra notte magica!!
Partì
l’applauso finale, poi Rob posò il microfono e
andò a parlare con altra gente.
Mancavano
solo pochi minuti alla tanto attesa sfilata delle bellezze. Fu allora
che Alan
si sentì chiedere a Barney: - Allora,
com’è andata con Mera?
L’altro
raggelò. – Oh. Oh… di che parli?
-
Dai, Barney – lo rimproverò quasi dolcemente
l’altro. – Mica siamo fidanzati.
-
CHI?! – Barney era diventato improvvisamente cereo a
quell’insinuazione. Alan
corrugò la fronte.
-
Io e Mera – rispose impassibile. – Sei il primo che
di solito spettegola
sempre, mi aspettavo qualche commento sulla tua nottata.
-
Oh. – Barney sembrava sulla luna. – Be’,
è stato, è stato…
-
Leggendario? – suggerì il moro.
-
NO! – Barney sembrò riaversi. –
E’ stato prima leggen, e poi dario!
Si
batté uno dei suoi auto-cinque. Ora sì che Alan
lo riconosceva.
-
Madre de Dios –
commentò Shaun. – Ti
sei fatto Mera?
Barney
gli rivolse un sorrisetto sbarazzino. – Be’, cose
che capitano.
E
bevve un sorso di birra. Subito dopo, si volse fulmineo contro Alan.
-
Contro domanda! – esclamò. – E tu te la
sei spassata con miss lilla?
-
EH NO – fece Shaun – tu ti sei fatto Winona? Porca
puttana, sono l’unico che è
rimasto a secco??
I
due ragazzi continuavano a fissarsi con intensità. Ancora
poco e avrebbero
tirato fuori gli Stand.
-
E’ stato soddisfacente – commentò Alan
ad occhi socchiusi.
-
Vale lo stesso per me – disse Barney con un sorriso tagliente.
-
Bucchin e’ mamm’t – si lasciò
scappare il terzo ragazzo, sorseggiando la sua
birra e guardando le onde che si creavano nell’acqua.
Dall’alto, Lance
continuava a fissarli impassibili.
Per
fortuna, a rompere quell’atmosfera di tensione ci
pensò Rob, che preso nuovamente
il microfono esclamò:
Grazie
per la vostra pazienza! E
ora diamo ufficialmente inizio alle danzeeeeeeeeeeee!!
Nuovi,
scroscianti applausi fecero da contorno alle sue parole. I fari si
puntarono sulla
cascata, illuminandone gli zampillii. Rob stese il braccio con la mano
a taglio
rivolta in quella direzione.
Signori
e signore, diamo il
benvenuto alla nostra prima concorrente. Anche se lei non necessita
davvero di
presentazioni. E’ stata infatti la beniamina del pubblico per
le scorse due
edizioni. Il suo portamento regale e la sua bellezza ammaliante sono
stati la
chiave del suo successo! La porteranno alla vittoria anche stasera? Sta
a voi
deciderlo! Diamo il benvenuto stasera a LUVIAGELITA EDELFELT!!
Barney
e Alan si scambiarono un’occhiata confusa.
-
Chi? – domandò il biondo.
A
rispondergli fu la cascata. Una sagoma scura si palesò
dietro la barriera
d’acqua, per poi attraversarla. Gli scrosci si separarono per
un attimo, e ad
emergere, composta e impassibile, fu una ragazza dalla bellezza
straordinaria.
Indossava un trikini blu, e camminava a piedi nudi sui ciottoli con la
stessa
sicurezza di chi è su una superficie pianeggiante. Era alta,
con delle curve
mozzafiato, aveva lunghi capelli biondi che si attorcigliavano in
boccoli
bagnati, e gli occhi di un castano acceso. Sul volto c’era il
sorriso di chi è
perfettamente sicuro di sé.
La
folla era in visibilio. Alan e Barney la osservavano con le mascelle
che quasi
toccavano terra.
-
Santa madre di Shiva, buongiorno erezione… -
biascicò Barney, con gli occhi che
tra un po’ gli uscivano dalle orbite.
-
E questa chi è? – e Alan non l’aveva mai
vista né ne aveva sentito parlare. Fu
Shaun a rispondergli: - Luvia non viene quasi mai al Parco.
È troppo impegnata
a girare con i suoi amici snob pieni di soldi. Viene solo quando ci
sono
cerimonie del genere, e a fare un duello ogni tanto. Roba per farsi
vedere.
C’era
un sottile disprezzo nascosto nel suo tono. – Però
è figa, quindi glielo perdonano
praticamente tutti.
La
ragazza arrivò a pochi centimetri dal loro sul ciottolato.
Lanciò uno sguardo
ad Alan, gli fece l’occhiolino e poi si volse, agitando un
lato B da urlo.
Barney era talmente proteso a sbavare che rischiava di finire in acqua,
così
l’amico lo trattenne e lo riportò indietro.
Luvia
avanzò fino a uno dei ciottoli più grandi, e ci
si posizionò sopra con le gambe
leggermente piegate e una mano sul fianco, mentre con l’altra
salutava tutto il
suo pubblico. Alan non aveva visto una folla così agitata
neanche nelle arene
in cui aveva combattuto, a momenti. La bionda lanciò baci a
destra e a manca.
Rob
riprese il microfono:
E
ora la nostra seconda
concorrente! Impossibile non notarla: il colore più unico
che raro dei suoi
occhi e capelli la rende irresistibile, e tutti qui abbiamo imparato ad
amarla.
Sarà la nostra favorita stasera, spodesterà il
trono della nostra Luvia?
Signori e signore, un bell’applauso a WINONA!!
Alan
aveva già capito che sarebbe stata lei quando Rob aveva
fatto riferimento al colore
dei suoi occhi e capelli. Non c’era alcuna altra ragazza al
mondo che avesse un
colore così particolare, ne era sicuro. E dopo quello che
avevano passato
insieme, non poteva fare a meno di vederla sotto un’altra
luce. Non importa
quanto si dica che non cambia niente; cambia sempre qualcosa.
La
ragazza emerse dalla cascata in uno sfavillante bikini che mischiava
verde e
azzurro, con un motivo hawaiano. I suoi capelli erano legati in una
lunga coda
che rimase praticamente intatta quando passò sotto al getto
d’acqua. Mostrava
un fisico snello e longilineo, con gambe bellissime. Per Alan non era
uno
spettacolo nuovo, ma paradossalmente ora che la vedeva più
coperta di quanto
fosse stata quella mattina riusciva ad apprezzare di più la
sua femminilità.
Anche la ragazza, una volta arrivata al termine della
“passerella”, lanciò uno
sguardo ad Alan e fece un sorriso, quello di chi la sapeva lunga. Alan
non poté
che ricambiare.
-
Maledizione, ma tutte con te ce l’hanno!! – Barney
sembrava su tutte le furie.
A fargli compagnia c’era Shaun, che era dello stesso parere e
umore: - Bruh,
dobbiamo bandirti a vita dal Parco! Non è cattiveria, ma
così noi restiamo a
secco.
-
Esatto! – convenne il biondo.
-
Tranquilli – ridacchiò lui mentre guardava Winona
allontanarsi – non mi avrete
qui intorno.
Su
certe cose non cambiava idea. Quella sera era un’eccezione.
Winona
si posizionò accanto a Luvia, e anche lei salutò
il pubblico. I maschi sembravano
sempre più eccitati, ed erano in netta
superiorità rispetto alle ragazze, ovviamente.
Ce n’erano comunque di più di quante ci si potesse
aspettarne, così Barney fece
una curiosa domanda all’amico: - Alan, mi spieghi come mai ci
sono così tante ragazze
che giocano a Duel Monsters?
Lui
lo guardò, stupito dalla puntualità e
serietà di quella domanda. – Come scusa?
-
Voglio dire… - Barney gli si fece più vicino
sull’erba. – Non è uno di quegli
sport che vengono considerati, sì, insomma, “da
uomini”?
A
quel punto, Alan fece una risatina comprensiva. – Vedi, il
Duel Monsters non veniva
considerato uno sport da uomini, casomai un gioco da ragazzini.
Guardò
le macchie bianche rincorrersi sull’acqua. La cascata era
bellissima nello
scrosciare bianco delle sue acque alla luce dei fari, mentre nascondeva
le
altre tre bellezze al suo interno.
-
Durante la grande guerra, il Duel Monsters serviva soprattutto a
intrattenere i
bambini che si nascondevano nei bunker o nelle mansarde. Dava loro
qualcosa con
cui giocare. Nessuno immaginava l’impatto che avrebbe avuto
nell’immediato
dopoguerra. Ci sono ancora molti che lo ritengono uno sport da bambini,
e
tuttavia questo non gli ha impedito di prendere piede.
Prese
un sorso della sua birra. – Ma c’è una
cosa che distingue il Duel Monsters
dagli altri sport agonistici come il calcio o il rugby, e lo avvicina
di più a
sport come gli scacchi: non è un gioco di muscoli, a meno
che tu non voglia
vedere il cervello sotto questa prospettiva. Il Duel Monsters non ha
discriminanti di sesso o età. Se conosci le regole, se puoi
mettere insieme un
deck di almeno quaranta carte e sei pronto a sfidare e a farti sfidare,
allora
sei automaticamente un duellante.
Agitò
la sua bottiglia. – Ecco perché le donne lo hanno
subito visto come
un’opportunità per condurre la propria battaglia
sulle pari opportunità –
commentò, atono. – Donne e uomini di colore.
Il
suo sguardo corse alle piastrine. – Ecco, per farla breve, il
Duel Monsters
mette d’accordo tutti. E guarda cosa ci gira intorno.
Il
suo sguardo corse ad abbracciare tutto l’ambiente
circostante. Barney lo stava
a sentire senza dire una parola. Alla fine, non fece commenti e bevve
dalla sua
birra.
La
nostra terza concorrente è una
personalità particolare! Potremmo quasi dire che sia un
nostro esemplare
autoctono. Alcuni credono che sia una leggenda, ma altri hanno provato
la
ferocia del suo deck, ferocia seconda solo alla sua straordinaria
bellezza.
Signori e signore, questa sera per noi, la nostra unica e inimitabile
SAPPHIRE!!
Alan
e Barney sputarono contemporaneamente la loro birra. I ricordi del
Vietnam
cominciarono a palesarsi davanti ai loro occhi. Il boschetto attorno a
loro
divenne una foresta di mangrovie, e l’acqua si
riempì di sangue e cadaveri. Dal
nulla giunsero grida tribali e rumori di bonghi, e le luci diventarono
di un
rosso inquietante. I due ragazzi non sapevano dire se stessero avendo
un’allucinazione collettiva o se qualcuno avesse attivato una
carta magia
terreno a loro insaputa. Tuttavia, erano come paralizzati ed entrambi
terrorizzati. E quando Sapphire emerse dalla cascata, fiera e feroce,
con i
capelli castani scarmigliati e un bikini leopardato che fece calare le
braghe a
più di qualcuno, i due amici si abbracciarono e per poco non
si misero a
urlare.
La
ragazza avanzò con il portamento fiero della cacciatrice che
è tornata col suo
trofeo, e si piantò al fondo del ciottolato.
Guardò le sue due vecchie prede,
in particolar modo Alan. Poi si leccò le labbra con fare
affamato, e fece
dietro front, lo slip del bikini che le andava leggermente in mezzo
alle
natiche e mostrava il sedere sodo.
Qualcuno
cominciò ad ululare, ma Barney e Alan erano arretrati di
almeno venti centimetri.
-
Aoh, ce n’è una che non ti sei fatto in questo
Parco?! – domandò Shaun.
-
Credimi, poteva andare molto peggio – fece Barney,
rabbrividendo.
-
Se le cose dovessero mettersi male, non so se riuscirò a
pararti di nuovo il
culo – confessò Alan.
-
Ah! – esplose il biondo. – Non parliamo di culi!
Sapphire
diede loro un’altra occhiata, prima di sistemarsi
ufficialmente al fianco delle
altre due. Luvia le scoccò un’occhiata che in
pochi notarono. Cominciava a
emergere la sua supponenza.
La
nostra penultima concorrente è
una beniamina del Parco! È impossibile non amare la sua
bellezza acqua e sapone
e la sua semplicità. Da anni ci regala sorprese e gioia ogni
giorno, ma occhio
a farla arrabbiare, altrimenti ve la vedrete davvero brutta! Signori e
signore,
un bell’applauso per la nostra SERENA!!
Alan
era sicurissimo che Rob stesse parlando di Mera, fino a che non lo
sorprese pronunciando
quel nome. Il suo sguardo corse subito in alto. Lance applaudiva come
gli
altri, e ora sulle labbra gli era affiorata l’ombra di un
sorriso mentre
guardava verso la cascata. Alan distolse lo sguardo prima che potesse
accorgersi di lui.
Serena
fu una sorpresa, un vero fulmine a ciel sereno. Alan l’aveva
vista poche volte,
contando la prima sera e quella scorsa, dov’erano usciti
tutti insieme, e
comunque neanche se la ricordava bene. La ricordava però
come una ragazza
minuta, energica ma al contempo timida. Quindi gli risultava difficile
immaginarla in uno di quei costumi che lasciavano così poco
spazio all’immaginazione.
Perciò,
quando la vide apparire non se l’aspettava così bella. Passò sotto alla
cascata, e il getto d’acqua le inondò i
capelli facendoli ricadere in punte bagnate lungo le spalle. Perdeva
goccioline
d’acqua a mano a mano che avanzava, ma guardava fissa davanti
a sé, senza
curarsi dell’acqua che le scivolava addosso. Si notava il
rossore sulle sue
guance puntellate di lentiggini. Indossava un bikini col pezzo sopra
giallo e
quello sotto verde. Era avvolta in un delicato pareo che era divenuto
traslucido.
Il suo fisico era minuto, ma aveva un seno prosperoso e si muoveva con
la
grazia di una ballerina di danza classica.
A
più di qualcuno vennero gli occhi a cuoricino. Lance la
guardava con un
sorriso, mentre gli passavano accanto commentini che preferiva
ignorare. A dir
la verità, conoscendo la loro parentela, la gente troppo
vicina a lui non osava
proferire parola. Invece i suoi occhi colsero la sorella andare fino al
bordo
del ruscello, dove si trovava Alan. Il moro era rimasto completamente
incantato
dalla ragazza, lo si vedeva. La guardava ammirato come si guarda
qualcosa di
meraviglioso, e quando la giovane dai capelli a metà tra il
biondo e il castano
gli giunse davanti, gli rivolse un tenero e leggero sorriso.
Poi
si volse. Vide Barney protendersi a sbavare e vide Shaun che scuoteva
Alan per
le spalle chiedendogli quale fosse il suo asso nella manica o se stesse
barando.
Distolse
lo sguardo, stringendo inconsapevolmente il pugno. Le cose per lui non
erano
più state le stesse dopo quella notte. Era persino venuto
senza deck quella
sera, una cosa che non faceva mai.
-
Hai capito la carissima – stava dicendo Barney. Ma Alan non
lo sentiva, era
come in un’altra dimensione. Vide Serena andare a mettersi
accanto a Sapphire,
che prese ad annusarla, per poi fare un commento; probabilmente sul suo
profumo. La ragazza, dopo l’imbarazzo iniziale,
sembrò contenta e mise una
timida mano sulla spalla di Sapphire; lei glielo lasciò fare.
Alan
era ancora perso, come nel suo mondo. E mancava solo un altro nome,
ormai. Fu
la voce amplificata di Rob a riportarlo alla realtà.
E
per finire, l’ultima concorrente
è la ragazza più amata del Parco assieme alla
cara Luvia. L’eterna rivale, una
bellezza mozzafiato e inafferrabile, come le onde
dell’oceano. Riuscirà quest’anno
a strappare la corona di Miss Parco dei Duelli a Luvia? Signori e
signore, è un
piacere avere con noi stasera la nostra MERAAAAAAA!!!
La
cascata sembrò tuonare in quel momento, il suo fragore
pareva aumentato. Con
gli scrosci che fluivano tra i ciottoli, l’ultima ombra scura
si fece avanti
dietro la parete d’acqua. Prima apparve il suo riflesso
trasparente, acceso di
un accenno dei suoi colori. Poi la cascata uniforme si infranse in due
parti, e
come Mosè che separava le acque ne uscì Mera.
Bella come Alan non l’aveva mai
vista.
I
suoi capelli rossi assorbirono l’acqua senza diventare
crespi, anzi, sembrava
fossero fatti per esseri bagnati, al naturale. Sembravano fuoco liquido
che le
ricadeva sulle spalle e sulla schiena in spirali roventi e
inarrestabili come
rapide. I suoi occhi di bronzo rilucevano quasi sinistri e minacciosi,
come
fulmini sopra un vasto oceano, a sormontare la sua espressione
impassibile.
Ora
che Alan la vedeva per la prima volta in costume, si accorse di quanto
davvero
avrebbe desiderato che non lo avesse. Mera era una dea, perfetta in
ogni sua
forma. Era una nereide, una ninfa delle acque. Era uscita perfetta,
come la
Venere del Botticelli dalla sua conchiglia. Ogni sua proporzione era
giusta
come in una statua rinascimentale. Aveva un ventre tonico, un sedere
sodo, un
seno abbondante ma non cascante, e una pelle liscia e vellutata. Come
si poteva
anche solo pensare di competere con lei? Era prodigiosa, la cosa
più bella che
avesse visto, e che forse avrebbe mai visto.
Indossava
un costume intero color verde acqua, con un motivo che ricordava le
squame di
un drago marino. Il costume le cingeva fianchi e spalle, e doveva avere
aderenza
proprio intorno ai capezzoli, lasciando scoperti la curva del seno e
l’ombelico. Camminava quasi in punta di piedi, e sembrava
volteggiare su quei
ciottoli.
Arrivò
sul bordo con la folla che era ormai impazzita e non si capiva
più niente.
C’era talmente tanto movimento che sembrava di stare ad un
baccanale. Alan non
udiva nemmeno il suono dei propri pensieri. Per un attimo
dimenticò il Duel
Monsters, dimenticò Lucius e tutta la merda della sua vita.
In quel momento
tutto ciò che desiderava era correre da Mera, abbracciarla e
immergersi con lei
per scomparire negli abissi. Era come una sirena che non aveva neanche
bisogno
di cantare per risultare irresistibile.
I
loro sguardi si incrociarono. Occhi di cielo contro occhi di bronzo.
Lei
sorrise, e mormorò qualcosa. Dovette farlo,
perché se avesse parlato non
l’avrebbe sentita. Doveva leggerle il labiale.
Lei
gli disse: Sono felice che tu sia qui.
Poi
si volse, facendo ondeggiare i capelli che rilasciarono un ventaglio di
gocce
d’acqua. Andò a prendere il suo posto, ma mentre
passava si scambiò uno sguardo
con Luvia. Nessuna delle due fingeva di sorridere. La tensione ora era
a mille,
e gli applausi si sprecavano. Tutte e cinque le bellezze erano
allineate, e ad
Alan venne da pensare: fanculo Miss Universo, fanculo
Victoria’s Secret e
fanculo altre cagate del genere, siamo noi
quelli veramente fortunati!
Perché
a guardare quelle cinque bellezze, nel pieno dei loro anni e del loro
vigore,
non potevi che pensarlo.
Sembrava
il sogno di una notte di mezza estate. Solo che era vero.
Venne
poi consegnato a ciascuno un foglio con i nomi delle cinque
concorrenti. Andava
barrata a penna la casella corrispondente a chi si voleva votare.
Facile e
intuitivo. Alcuni erano già così andati che
persero i propri fogli o li
lasciarono cadere nell’acqua. Per fortuna ne avevano stampate
un sacco di
copie.
Le
presero anche Alan, Barney e Shaun. Mentre gli altri due andavano sul
sicuro, Alan
dovette pensarci un po’. Si mise la penna al mento, e
guardò verso la cascata,
e poi a lato, dove stavano le concorrenti. La misteriosa eppure
così popolare
Luvia se ne stava in disparte, in altezzoso isolamento, le braccia
conserte e
un sorrisetto di superiorità sul volto. Sapeva di avere
già la vittoria in
tasca, praticamente.
Un
motivo in più per non votarla. Non importava quanto bella
fosse, non avrebbe dato
il suo voto a quella snob.
È
solo un gioco, lo so, che
diamine! Ma io non gioco mai alla leggera…
Guardò
poi Winona, che si osservava i piedi mentre tracciava cerchi con la
punta di
uno dei due. Aveva lo smalto anche alle dita, l’avevano
notato quando era
passata loro davanti, visto che stavano praticamente in prima fila.
Posti
d’onore, signori e signore.
Lei
era bellissima, niente da dire. Ed era una che sapeva come fare colpo.
Alan non
riusciva a lasciarsi scivolare addosso le sue parole di quella mattina.
Si
ritrovò inconsciamente a pensare, deviando dal suo flusso di
coscienza, che era
facile innamorarsi di una così. Ma per quanto tempo?
Su
Sapphire preferiva non esprimersi. Okay, era molto bella anche lei, di
quella
bellezza selvaggia che scatena la componente animale di ogni essere
umano, ed
era anche, lo ricordava bene, una bravissima duellante. Aveva rischiato
grosso
con quel duello di un mese fa. Cavoli, era un mese che non duellava!
Ottimo
risultato, pensò.
E
doveva continuare così. Ma comunque, Sapphire
sarà stata anche tutto quello che
aveva pensato, ma non sentiva proprio di dare a lei il suo voto; per
mille
motivi.
Restavano
le ultime due, Serena e Mera. Non credeva di doverci ragionare sopra,
era
evidente chi delle due meritasse il voto. Ma cos’è
che l’aveva esattamente
colpito in Serena?
La
sua bellezza acqua e sapone, come l’aveva definita Rob? O era
qualcos’altro. Vedeva
che le due stavano chiacchierando. Mera era leggermente più
alta di Serena, e
quel giorno sembrava decisamente più in alto di tutti loro.
A chi delle due
avrebbe dovuto dare il voto?
Rob
aveva anche detto un’altra cosa, ora che ci pensava: aveva
detto che Mera era
l’eterna seconda, il che voleva dire che finiva sempre dietro
a quella Luvia. A
ben pensarci, doveva supportare Mera. Nel bene o nel male, era
diventato parte
di quel mondo non solo grazie a Barney, ma anche e soprattutto grazie a
lei.
Era stata lei a esortarlo a fare la cosa giusta. E Alan, a dover essere
onesto,
non se n’era veramente pentito.
Scrisse
il suo voto nel momento in cui stavano venendo ritirati i foglietti.
Consegnò
il suo al ragazzo in jeans e maglietta assieme alla penna. Poi giunse
le mani e
appoggiò i gomiti alle ginocchia.
-
Bruh, chi hai votato? – gli domandò Shaun,
sporgendosi da oltre Barney.
Alan
lo guardò e gli rivolse un sorriso tagliente. – E
tu? Immagino che la scelta
ovvia fosse tra la favorita e la seconda in carica, giusto?
Shaun
fece un cenno d’assenso con la zazzera di capelli scuri che
si muoveva
nell’aria, illuminata dai fari. – E’
stata una dura scelta – confessò.
-
E? – lo esortò Barney.
Shaun
bevve l’ultimo sorso dalla sua birra, poi
l’appoggiò in mezzo alle scarpe.
-
Mera – disse infine.
-
Ohhh – fece Alan – ti facevo più un tipo
da bionde.
Il
ragazzo si passò una mano fra i capelli, scompigliandoli.
– Non fraintendere -
esordì – Luvia è la favorita non per
caso. Sì, è una spocchiosa. Anzi,
diciamolo pure, è una gran stronza. No, meglio ancora: una befana.
Barney
finse un verso sconcertato. – L’ha detto davvero!
-
Essì – confermò Alan, divertito.
L’atmosfera fra loro si stava allentando
grazie a Shaun, ed entrambi gliene erano silenziosamente grati.
-
Sì, si vede, anche dal suo modo di duellare –
proseguì quello. – E’ una a cui
piace schernire i suoi avversari; li vuole sottomettere, ecco. Ma
è bellissima,
e questo non è un test della personalità. Qui
vince la più gnocca. È per questo
che le femministe sono incazzate e vengono poi a buttarci merda.
-
Brutta storia – convenne Alan.
-
Ma Mera – disse poi il moro –
è… è Mera.
Calzò
su quel nome, e ad Alan ricordò quanto suadente suonasse
alle orecchie di Andy
Dufresne e Red il nome Zihuatanejo.
Chiuse gli occhi e ispirò quel nome; gli venne un fremito.
-
E’ come chiedermi di scegliere tra Land
Down Under e Africa
– stava
dicendo Shaun. – Land Down Under
è
una canzone magnifica per mille ottimi motivi. Potrei startene a
parlare per
ore, ed è questo il punto: che dovrei
startene a parlare per ore. Ma Africa…
Scosse
la testa e guardò la cascata. – Africa
è semplicemente perfetta, in tutto e per tutto. Non ha
bisogno di tante parole.
Come Mera. Guardatela.
I
due fecero come diceva. Shaun scosse di nuovo la testa: - E’
semplicemente magnifica.
Perfetta, come deve esserlo il tramonto in Africa quando smette di
piovere.
I
due lo guardarono poi ammirati. Non se l’aspettavano una
performance scenica
del genere da parte sua. Era un ragazzo pieno di sorprese. I due si
diedero uno
sguardo di intesa e gli batterono le mani.
Shaun,
in quel momento, parve ridiscendere dalle nuvole alla
realtà, e giocherellò con
la bottiglia in uno dei classici momenti di autismo che hanno a volte
le
persone. In quel momento, anche loro tornarono alla realtà
quando Rob, finiti
di esaminare i risultati, impugnò il microfono.
Sembrava
in imbarazzo.
Ahem.
Come dire… è successa una
cosa inaspettata.
Luvia,
che stava già pregustando la sua ennesima vittoria, tese le
orecchie come un
animale che ha percepito il pericolo. Le altre ragazze erano
altrettanto
attente; nonostante ciò, Mera e Alan si scambiarono un
rapido sguardo, come se
le loro menti si fossero sfiorate.
Hai
fatto tu qualcosa?,
era la muta domanda della rossa. Come se Alan avesse scombussolato un
equilibrio che durava da sempre lì dentro. Rob
proseguì:
Signori
e signore, incredibile a
dirsi, ma per la prima volta nella storia del Parco…
Pausa
di suspense.
ABBIAMO
UN PAREGGIO!!
-
COSA?! – esclamarono all’unisono le cinque
concorrenti e buona parte della
folla. Mormorii di stupore e versi concitati si mossero, come il
frinire delle
cicale nelle notti estive.
-
Un pareggio? – fece indignata Luvia, che finalmente
parlò. – Siete impazziti? E
con chi?
A
risponderle fu un sempre imbarazzato Rob.
Be’,
abbiamo due vincitrici a pari
merito: per pari numero di voti, si classificano al primo posto sia
Luvia che…
MERA!!
La
folla esplose. Un sorriso genuino affiorò sul volto di Alan,
con spontaneità, espressione
che contrastava con la crescente irritazione sul viso della bionda e lo
spaesamento
della rossa.
-
A pari… merito? – ripeté. Winona e
Serena stavano applaudendo. Sapphire invece
le mise una mano sulla spalla, rivolgendole un sorriso.
-
Te lo meriti – le disse.
Mera
sembrava su un altro pianeta.
-
No – fece Luvia. – No, no, no. Non esiste. Avrete
sbagliato a contare!
Puntò
un dito contro l’improvvisata giuria, formata da Rob e un
altro paio di ragazzi
e ragazze. In disparte in un angolo, il vecchio Dan fece un verso aspro
con la
bocca.
-
Ragazzine viziate – commentò, la voce arrochita
dal fumo. – Non sanno proprio
perdere.
Anche
Lance, sempre in disparte e con le braccia incrociate, fece: - Questa
sì che è
una sorpresa. Mi chiedo come si risolverà ora la cosa.
Rob
si difese dall’accusa. – No, non è vero.
Abbiamo anche ricontrollato!!
Impossibile..,
pensò quella a denti stretti, non
mi farò
soffiare il titolo di Miss Parco dei Duelli per il terzo anno
consecutivo da quella
maledetta Mera.
Il
suo sguardo si puntò direttamente sulla rivale, che
sembrava, paragone
calzante, un pesce fuor d’acqua. È
il mio
titolo, è mio.
Strinse
i pugni con forza fino a farsi sbiancare le nocche. A quel punto
parlò Mera: -
Datele pure il punto – disse, a sorpresa. Tutti si volsero
increduli, Luvia
compresa.
Cosa…
cosa sta dicendo??
Stentava
a credere alle sue orecchie: l’altra aveva forse dato forfait
con quella facilità?
Mera
non sembrava scherzare. – Non ho mai avuto interesse in
questa competizione –
confessò. – Lo faccio solo perché gli
altri si divertano.
Le
rispose un mormorio confuso. Anche Alan lo era: Ma
che sta dicendo? La facevo una più combattiva.
Ma
il ragazzo colse qualcosa che molti non dovevano aver notato: Mera non
aveva
convinta. Aveva gli occhi tristi, velati da un’ombra grigia.
Lo vedeva anche da
lì. Le dispiaceva rinunciare così; ma allora
perché lo stava facendo.
-
Il titolo è nuovamente tuo, Luvia – disse la
rossa, avviandosi poi verso di
lei, le punte dei piedi che creavano onde nelle pozzanghere formatesi
nelle
cavità dei ciottoli.
Tese
la mano alla bionda. – Congratulazioni.
La
sua voce era piatta e atona. Luvia invece era visibilmente sconvolta. I
capelli
sembravano ora molle impazzite saltate per quell’incredibile
evento. Guardava
la sua mano come se lei le stesse porgendo un insetto disgustoso. Era
paralizzata, visibilmente, e molti cominciarono a parlare fra di loro.
Era
evidente che nessuno l’aveva mai vista così. Alan
l’aveva intuito presto: il
sorriso di sicurezza dell’altra era evaporato
nell’istante in cui era emersa la
possibilità di un pareggio, e ora era stata abbattuta dalla
notizia di una
facile vittoria, anzi, di una vittoria regalata.
Era una ragazza bloccata nell’immane contraddizione di
vincere sempre ma di non
accettare quando questo non succedeva come lo voleva. La contraddizione
che li
rendeva tutti umani.
Le
sue mani tremavano, la sua bocca era incapace di pronunciare parola
alcuna.
Non
può essere,
pensava, e la sua mente era come un treno lanciato a
velocità folle verso una
galleria murata. Non posso vincere
così.
Se accetto, la gente dirà che sono una raccomandata. Tutti
penseranno che la
“la grande Luvia” non sia altro che una farsa, una
menzogna. Tutti crederanno
che io sia una buona a nulla!
Guardò
Mera negli occhi. Ma se rifiuto…
perderò
il titolo. E questo non posso permetterlo!
Nei
suoi occhi si accese una scintilla di rabbia. Che
tu sia dannata, Mera, per avermi messa in questo impasse. Non sei
altro che una fottuta sgualdrina che non merita di stare qui.
La
sua cattiveria da serpe stava per trasparire oltre i suoi pensieri.
-
Che ti prende? – domandò paziente la sua rivale.
– Hai vinto. Perché non…
A
quel punto, una voce si fece sentire, una voce che sovrastò
tutte le altre: –
NON SONO D’ACCORDO!
Tutti
si volsero e lanciarono grida di stupore. Alan spalancò gli
occhi e avvertì un
profondo senso di disagio. Ad aver parlare era stato Lance.
Il
rosso ridiscese con agilità dalla collinetta, sotto lo
sguardo basito e
preoccupato della sorella, mentre tutti gli mormoravano attorno. Lui
ritornò in
pianura e avanzò con la calma e
l’impassibilità che lo contraddistinguevano,
guardando dritto davanti a sé, perfettamente sicuro di dove
poggiava i piedi
senza nemmeno il bisogno di guardare.
Lance,
pensò Luvia in panico, che diavolo
vuole
ora?
Quando
parlò, il ragazzo lo fece con franchezza: - Sappiamo tutti
benissimo che Luvia
non è la vera regina del Parco. E non lo è mai
stata.
-
Come osi! – protestò lei, indignata.
Lance
la sfidò con uno sguardo di fuoco e le rispose con voce
profonda: - Zitta, donna
– le intimò – non sto parlando con te.
Sto parlando di te.
Luvia
si zittì immediatamente, terrorizzata. Lance
proseguì: - Mi appello a voi,
amici e compagni.
Sembrava
stesse tenendo un comizio nell’Acropoli. – So
perfettamente che questo è un
concorso che si è sempre basato sulla bellezza. Ma vogliamo
davvero accettare
passivamente di eleggere come nostra regina una frequentatrice
sporadica del
nostro Parco?
Indicò
Luvia. – Sappiamo perfettamente che Luvia ci sfrutta soltanto
per acquisire
notorietà. Noi siamo solo pedine nella sua scalata verso il
successo. O,
piuttosto, verso una vita fatta di gioie effimere e di magre
consolazioni,
oserei dire.
Luvia
serrò le labbra. Era completamente rossa in volto, ma si
vedeva che non osava
rispondere. Lance la stava pubblicamente umiliando, e lei era costretta
a
tenersi tutto dentro.
-
C’è una sola, vera regina, una sola Miss Parco dei
Duelli degna di questo nome
– disse, chiudendo il pugno. – E noi sappiamo
perfettamente chi è.
Puntò
il dito. – Mera!
Perché è sempre
stata lei, fin dal primo anno. Lei è la nostra regina.
Mera
non sapeva cosa dire. Era scandalizzata, forse quasi quanto Luvia,
anche se per
ragioni diverse. Il pubblico cominciava a dare ragione a Lance. Erano
incantati
dalla sua retorica, dalla convinzione delle sue argomentazioni, dalla
sua
affabilità. Lance era uno che sapeva tenere banco. Anche
Alan lo ascoltava in
silenzio, ma dentro di sé non poteva che domandarsi: Lance, che stai facendo?
E,
anche se non lo sapeva, l’identico pensiero angustiava la
sorella, bellissima
nel suo costume da bagno, ma con lo sguardo preoccupato.
-
Mera ha tutte le qualità per essere eletta stanotte
– proseguì il giovane. –
Perché è arrivata l’ora di confessarlo:
lei non è solo bellissima, è anche una
duellante straordinaria.
Il
viso di Mera era dello stesso colore dei suoi capelli. –
Piantala, Lance! – lo pregò.
– Non serve darsi tanto sbattimento per uno stupido concorso.
-
Stupido concorso? – Una
vena pulsava
ora sulla fronte di Luvia, che tornò a parlare: - Questo non
è uno stupido
concorso! Vuoi forse dire che non mi sono meritata i miei titoli?
Pazza!
Puntò
il dito. – Io sono una
duellante
straordinaria. IO, hai capito?
-
Come vuoi tu… - Mera sembrava essersi spenta.
-
C’è un solo modo per provarlo –
rivelò Lance, e ora era finalmente chiaro dove
volesse andare a parare. – Un duello! – disse
infatti, e la folla lo imitò
intonando: DUELLO, DUELLO, DUELLO!!
Il
grande pubblico reclamava il duello. Ora un sorriso di sfida era
tornato sul
volto di Luvia. – Mpf, vuoi che io e lei duelliamo?
Guardò
Mera. – Sarebbe un gioco da ragazzi, e soltanto
l’inutile riprova di quello che
sapete già: sono io la migliore.
Sul
piano dei duelli, ora Mera mostrò di essere piccata.
– Ah, davvero?
Si
mise sul piede di guerra. Ma Lance le interruppe: - No.
Entrambe
si voltarono davanti a quella negazione perentoria. – Eh? – domandarono
all’unisono.
Lance
incrociò le braccia. – Luvia ci ha dimostrato per
anni di essere la favorita
del pubblico, per quanto io non capisca questa cosa. Ora è
il turno di Mera di
provare il suo valore.
Tutti
gli occhi erano di nuovo su di lui, compresi quelli di Rob, delle altre
tre
concorrenti, che lasciate ora in disparte sembravano le Tre Grazie, e
del trio
composto da Alan, Barney e Shaun.
-
Ma non lo farà contro di te! – E Lance
spiazzò di nuovo tutti. – Io chiedo che stanotte
si disputi un duello, e che Mera combatta per il titolo di Miss Parco
dei
Duelli. Perché la nostra regina, la nostra vera regina, deve
essere non solo
bellissima, ma anche valente. Deve dimostrare il suo valore! E qui
abbiamo un
solo modo per provare una cosa del genere.
La
folla rispose ancora: DUELLO, DUELLO,
DUELLO!!
-
Taglia corto Lance! – sibilò Luvia. –
Tanto rumore per nulla, alla fine? Con chi
dovrebbe combattere, se non con me?
Lance
fece un sorriso che nessuno gli aveva mai visto fare; in quel momento,
un senso
di disagio si insinuò in Alan, che si portò una
mano allo stomaco.
-
Il suo avversario… - Lance alzò lentamente il
dito, prima su Luvia, poi sulle
altre tre. Gli fece fare un bel percorso, puntandolo praticamente su
ognuno dei
presenti, o quasi.
E infine, additò la
sua vittima sacrificale: - SARA’ ALAN, L’EROE DEL
PARCO DEI DUELLI!!
Tutti
si voltarono a bocca aperta. Barney e Shaun guardarono il moro come se
fosse
una specie di strano alieno.
-
ALAN!! – lo interpellò, davanti al suo sguardo
incredulo. – SARAI DISPOSTO A
SFIDARE MERA, PERCHE’ DIMOSTRI IL SUO VALORE, O TI TIRERAI
INDIETRO,
DIMOSTRANDO DI NON AVERE ONORE?! CHE COSA RISPONDI?!
Il
suo tono ora era feroce. Alan lo guardò con inappellabile
pietà.
Lance…
davvero mi odi fino a questo
punto?
Dall’alto
della collinetta, nascosto molto indietro negli alberi, Gary Oak fece
un sorrisino
intrigato.
-
Si fa interessante…
ANGOLO
DELL’AUTORE
Hola,
popolo di EFP!
Non
è stato facile scrivere questo
capitolo, e nella mia mente ha cambiato direzione molte volte prima di
diventare ciò che avete appena letto. Mi perdonerete per la
sua lunghezza, ma
sono alquanto contento di com’è uscito. Meno
contento sono del fatto di averlo
dovuto spezzare. Doveva essere un capitolo unico, ma siccome la
preparazione ha
richiesto più tempo del previsto, e questa settimana
è stata davvero terribile
a livello di tutte le cose da fare, non sarei mai riuscito a portarvi
in tempo
qualcosa da leggere ora, se avessi seguito i miei piani originali.
E
sono già abbastanza in ritardo con la
pubblicazione. Perciò, sono giunto a qualche compromesso per
rispettare i tempi
proposti, ma ripeto, non mi pento di com’è venuto,
e comunque questo non cambia
nulla rispetto alla programmazione della prima stagione di questa fan
fiction.
Vi
ringrazio per la pazienza che avete
portato, e questo angolo dell’autore sarà molto
breve, visto che il capitolo
già di per sé è abbastanza lungo e
l’ora è tarda. Inizialmente, il duello
avrebbe dovuto svolgersi tra Mera e Luvia, ma ritengo giusto donarvi un
duello
con Alan. Lance lo sta mettendo alla prova: sarà disposto a
rinunciare ai suoi
propositi di non duellare più, oppure rimarrà
coerente con sé stesso, e in
questo modo disonorerà anche Mera.
Non
mi serve dirvi che lo scoprirete
nel prossimo capitolo, perché la risposta è
ovvia: Alan duellerà. Contro la sua
volontà, certo, ma lo farà. E come vedete, ad
ogni capitolo, un po’ alla volta,
cominciamo a scoprire pezzi del passato di Alan. Fino a quando non
avremo il
quadro completo, e il momento di rivelarvelo non è cambiato.
Sarà presto,
davvero presto.
Abbiamo
visto i nostri amici alle prese
con gli ormoni, e abbiamo scoperto una cosa abbastanza sconvolgente su
Barney:
non gli piacciono le ragazze, malgrado tutto! Esattamente come
l’attore che lo
interpreta, Neil Patrick Harris. Non è una scelta di fan
service, è che lo
trovavo carino. E vedrete come si svilupperà la cosa.
Nel
prossimo capitolo, vedremo come si
evolveranno le cose, e cosa penserà Luvia, che altri non
è che un personaggio
dell’universo di Fate. Compare, per la precisione, alla fine
di “Fate:
Unlimited Blade Works”, ed è un personaggio
principale di “Fate: Kaleid”, se
non erro.
Oh,
avremo modo di dare risalto anche a
lei, non preoccupatevi. Intanto rivediamo il nostro Gary, che a
insaputa di
tutti è venuto ad assistere, come se sapesse che Alan
avrebbe finito per
duellare. Chissà come sarà finita quella serata
da Zachary.
Ringrazio
tantissimo chiunque abbia
lasciato una recensione, e anche chi segue in silenzio. Sapete che mi
trovate
sempre qui, aperto a voi e ai vostri commenti. Mi scuso per la fretta e
la
brevità di questo angolo, e prometto che ci sentiremo meglio
al prossimo
capitolo. Che sarà entusiasmante, io ci credo!
Nel
prossimo capitolo: “Creature dagli
abissi”
Alan
è costretto a raccogliere il guanto di sfida di Lance, ma i
mostri marini di
Mera lo metteranno in seria difficoltà. Riuscirà
a prevalere ancora una volta,
o sarà battuto da quello che è il suo avversario
più forte fin’ora? Mera
combatte per molto di più che la vittoria. E la notte si
accende!
Ciao
ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 10: Creature dagli abissi ***
CAPITOLO
10: Creature dagli abissi
Come
si sente un condannato a morte? O uno la cui vita dipende dal giudizio
degli altri?
Alan
pensava di essersene fatto un’idea in quel momento. Gli occhi
di tutto il
Parco, di tutte quelle persone che lui aveva salvato duellando un mese
prima
contro il Pinguino, erano ancora una volta su di lui. Le luci della
ribalta
puntavano i loro fasci crudeli, e lui non poteva scappare. Ma questa
volta,
Alan aveva un’argomentazione incontrovertibile.
-
Non so perché tu abbia voluto mettere su questo spettacolino
– rispose, tenendo
testa a Lance, che lo guardava con una faccia di pietra – ma
non starò al
gioco. Non stavolta.
Mosse
un passo, calciando inavvertitamente un sassolino in acqua. Fece un
paio di
cerchi sul posto e affondò lentamente, andando a fare
compagnia agli altri sul
fondo.
-
O hai forse dimenticato – proseguì –
quello che ti ho detto quella sera?
Il
non detto dei loro sguardi caricava l’aria di tensione. Si
sfidarono così, con
tutti che li guardavano ammirati. Nonostante neanche Lance avesse
voluto
rischiare il culo con Cobblepot – era solo un ragazzo, non
diverso da loro – al
Campo aveva fama pari a quella di una divinità. Nessuno
osava sfidarlo, alcuni
avevano persino timore a guardarlo negli occhi, come quando in Pokemon
non vuoi
iniziare lo scontro con un altro allenatore e allora cerchi di evitare
il suo
sguardo. Le ragazze, invece, se lo mangiavano solo con quelli, tanto
gli
sbavavano dietro.
Ma
nessuno prima di allora aveva osato sfidarlo così
apertamente. – Pare che la
gente qui abbia una certa considerazione di te – disse Alan,
che voleva giocare
proprio su quello. – Perché non la sfidi tu, Mera?
Avrebbe più senso che
sconfiggesse te, che sei rispettato da tutti, piuttosto che un
novellino venuto
dal nulla.
Fece
scorrere lo sguardo sui presenti. Nessuno aveva qualcosa da ridire, a
quanto
sembrava. E di certo, nessuno voleva azzardarsi a sfidare neanche Mera.
La
sottoscritta li guardava trattenendo il fiato, così come
Serena, anche se lei
lo dava più a vedere. Dopotutto, era direttamente coinvolto
suo fratello. Mera,
anche se era la diretta interessata, era comunque leggermente
più composta.
Aveva una mano appoggiata al fianco e l’altra lunga, ma ogni
tanto la chiudeva
e apriva, come a saggiare la forza della sua stretta.
Lance,
finalmente, rispose con un sorriso privo di allegria. – Lo
farei volentieri, ma
purtroppo stasera ho dimenticato il deck a casa.
Alan
rispose con una risatina poco convinta e una faccia di bronzo.
– Oh, ma che
peccato: anch’io.
E
si vuotò le tasche per dimostrare che non stava mentendo.
Qualcuno fra il
pubblico cominciò a mormorare. Una ruga comparve sulla
fronte di Lance, e la
sua non era affatto un’espressione piacevole. Alan stava
sorridendo sornione;
stavolta ce l’aveva fatta, l’aveva spuntata e
niente e nessuno avrebbe potuto
cambiare le cose. Insomma, non è che si potesse
materializzare un deck così dal
nulla, no?
Ma
la sfiga ha tanti nomi, e a volte uno di essi è Barney. Il
biondo si tirò in
piedi, lisciandosi i bei calzoncini estivi – riusciva ad
essere elegante anche
in bermuda, incredibile, pensò Alan – e
barcollò un attimo. L’amico lo guardò
terrorizzato: non farlo, era la sua tacita supplica; qualsiasi cosa tu
stia
pensando di dire o fare, ti supplico, non farla.
Ma
Barney la fece lo stesso. Si ficcò una mano nelle tasche, e
gli occhi di Alan
si spalancarono perché aveva già intuito cosa
stesse per estrarre.
No…
non può essere vero…
-
Be’ – esordì il ragazzo, nel momento
peggiore in cui avrebbe potuto farlo – sì
da il caso che qui abbia qualcosa per te.
Lo
mostrò a tutti. Non c’erano dubbi, come non ne
aveva avuti quando l’aveva trovato
nel suo armadietto l’ultimo giorno di scuola. Quello era il
suo deck!
Afferrò
Barney per la maglietta mentre il deck, fermato da un altro elastico,
stavolta
verde, cadeva sull’erba. Lo guardò dritto negli
occhi, aspirò il suo fiato che
sapeva di birra e comprese che anche il suo aveva lo stesso sentore.
Una luce
omicida si accese nel suo sguardo.
-
Da ora in poi – gli promise, parlando a bassa voce
– dedicherò il resto della
mia vita a portarti via tutto ciò che ami. Non importa da
oggi in poi quante
ragazze conoscerai, non importa quali cose la vita ti
regalerà, dove andrai o
cosa farai, sappi che in ogni, singolo istante della tua vita, io ci
sarò. Tu
non mi vedrai, ma saprai che sarò sempre al tuo fianco.
Vivrò nella tua ombra,
sarò presente ogni giorno, come un revenant
che non vuole saperla di smettere di tornare.
Si
avvicinò ancora di più a lui, quasi come se
volesse baciarlo; non notò che le
guance di Barney erano paonazze, perché socchiuse ancora di
più gli occhi. – Lascerò
che tu abbia successo, che ottenga tutto ciò che hai sempre
sognato. Ma poi,
quando le tenebre caleranno e ti ritroverai nel tuo loculo domestico,
io
apparirò. E ti costringerò a guardare mentre
trasformo la tua vita in un
inferno e ti tolgo tutto, tutto.
Lo
lasciò infine andare, e Barney per poco non cadde
all’indietro. – E poi ti
ucciderò – concluse. La folla era talmente
scioccata che non volava una mosca.
Tutti lo guardavano a bocca spalancata, tranne Sapphire, che mostrava
solo una
leggera sorpresa. Persino Lance aveva perso la sua compostezza.
-
Maan… -
mormorò Shaun, rompendo il
silenzio – competition is on. And
is
savage.
-
Bro, che cazzo c’era in quella birra? –
domandò Barney. – Sicuro che abbiamo bevuto
la stessa marca?
Non
sembrava affatto preoccupato.
Alan
sbottò: - Maledizione a te, Barney! Non sono qui per farmi
coinvolgere in un
qualche teatrino del cazzo. Ho chiuso col Duel Monsters. Chiuso!
Fece
un gesto a spazzare con le braccia. In quel momento, qualcosa
scattò dentro Mera,
qualcosa che le fece stringere i pugni e infiammare gli occhi.
-
Scusate, dovrei dire anch’io la mia, se permett… -
stava giustamente facendo
notare Luvia, visto che era lei tecnicamente a essere in pareggio con
Mera. Ma
quest’ultima la interruppe con un deciso: - NO!!
Tutti
si voltarono verso di lei, Alan compreso. La gente mormorava il nome
della ragazza,
che ora avanzava sul ciottolato verso la sponda. I suoi capelli rossi
ondeggiavano
come fuoco, i suoi occhi erano carichi di una determinazione che prima
non aveva,
e puntavano Alan. A lui venne subito in mente la sera in cui si erano
conosciuti. Se quella sera le era sembrata bella, seduta al bancone con
quella
camicia arrotolata e la spruzzata di lentiggini sul viso, che era
così vicino
al suo da poterla baciare, ora le sembrava semplicemente divina.
I
due si guardavano negli occhi.
-
Tu non hai chiuso un cazzo finché non lo dico io –
annunciò la rossa, per poi
guardare a lato verso il suo compagno alla pari.
-
Lance ha ragione – annunciò alla folla.
– Colei che vuole essere regina
dovrebbe provarlo come proviamo qualsiasi cosa qui: con un duello!
Un
paio di persone applaudirono, altre la incitarono. Lei
sollevò il pugno: - Vi
dimostrerò che la vostra Mera è degna del titolo
di regina, sconfiggendo l’uomo
che ci ha salvati!
E
puntò il dito contro di lui. – Alan!
Lance
ora sorrideva soddisfatto. E ora che
farai, Alan?, pensò. Sarai
coerente
con te stesso, scappando stasera sapendo che non potrai fare ritorno
qui, e
disonorando te stesso e Mera al contempo, oppure accetterai, scendendo
a patti
con te stesso?
Spostava
lo sguardo dall’uno all’altra, e attendeva
paziente, le braccia nuovamente
incrociate. In ogni caso, non penso che
cambierebbe molto, rifletté poi, perché
con il deck che ti ritrovi… non hai alcuna
possibilità contro Mera!
-
Ohi! – si intromise Luvia. – Bella, guarda che devi
prima vedertela con me!
Si
portò una mano al petto. – Voglio dire, sono
campionessa da diversi anni,
ormai, e…
-
Luvia – la interruppe spietatamente lei – questa
giuria ti ha ormai
squalificato.
-
CO-COSA?! – esclamò quella, incredula. –
E CHI L’AVREBBE MAI DECISO?! QUALE
GIURIA?!
In
quel momento, volarono fischi di disapprovazione verso di lei.
– Mera ha ragione!
– gridò qualcuno. – Duellate con onore!
-
La nostra regina non può essere solo bella!
-
Deve anche essere forte!
Mera
sorrise, convinta. Alan, invece, era allibito, tanto quanto lo era
Luvia.
-
Non… non potete farlo – biascicò. Mera
le puntò il dito contro: - C’è un solo
modo in cui puoi dimostrare di essere la vera regina, ed è
sconfiggendo chi di
noi due prevarrà stasera!
Ritirò
il braccio. – Perciò mettiti in fila,
cocca…
I
suoi capelli sventolarono quando fece un’elegante piroetta
per girarsi. Luvia
aveva gli occhioni blu spalancati e increduli. Quella doveva essere la
sua
serata, il momento in cui avrebbe nuovamente dimostrato di essere
superiore a
tutti gli altri. Perché lei era Luviagelita dalla famiglia
Edelfelt, lei era la
migliore, doveva esserlo. Che
fosse
sfilare in costume in qualche ridicolo parco pieno di gente arrapata o
vincere
la finale dell’Altopiano Vittoria. Lei era Luviagelita
Edelfelt.
E
invece erano bastate poche parole da parte di Lance e Mera per metterla
in
ombra. Era inconcepibile.
-
Temo che stiate tutti facendo i conti senza l’oste
– s’intromise Alan,
spostando lo sguardo con fare deciso dalla rossa a Lance. –
Il semplice fatto
che Barney abbia portato quel deck qui non significa che mi
presterò ai vostri
giochetti.
-
Tu li chiami giochetti? – sbottò Mera. Alan non
l’aveva mai vista così
indispettita, neanche la prima sera per via di Cobblepot.
C’era qualcosa di
particolare nella sua rabbia, qualcosa che non riusciva bene a
identificare
ancora.
Sospirò,
sconsolato. – Sentite – fece, mettendo le mani
avanti – pensate quello che
volete. Stasera sono qui solo perché mi hanno invitato, ma
se le cose stanno
così, toglierò il disturbo.
Winona
lo guardava a braccia conserte, l’espressione indecifrabile.
Al suo fianco,
Sapphire sembrava molto interessata a seguire gli sviluppi di quella
discussione; sembravano dei predatori che si stavano azzannando a
vicenda, e
lei sarebbe stata pronta a colpire il vincente, esausto, per
raccogliere le
carcasse di tutti e tre. O questo era quello che traspariva dal suo
sguardo;
che fosse una tipa strana, lo si era già capito.
Serena
fu l’unica di loro a esprimersi: - Lance, ora basta! Non
potete costringerlo!
Aveva
parlato con le mani racchiuse sul petto, come se fosse in preghiera.
Sembrava
ancora più minuta, sotto ai riflettori.
In
quel momento, una scintilla si accese negli occhi di Lance, una luce
strana,
che lei non gli aveva mai visto, e che la inquietava. Era come se
davanti a sé,
in quel momento, suo fratello fosse stato sostituito da un altro.
Quella luce,
quel ghigno, dicevano che lui poteva costringerlo eccome. Aveva
esattamente il
mezzo per costringerlo, e la cosa ironica, la fottuta ironia del tutto,
era che
era stato proprio Alan a consegnarglielo.
-
Duella – ordinò perentorio – o
preferisci che io riveli a tutti il tuo segreto?
Calò
il gelo. Il tono dei mormorii si abbassò al rumore di fondo
che fa una
televisione spenta; nessuno osava fiatare ad altra voce. Segreto, si
domandavano, quale segreto?
Alan
fissava Lance con gli occhi talmente spalancati che sembravano dovergli
rotolare
via dalle orbite e sull’erba da un momento
all’altro. Nella sua espressione
c’era un misto di incredulità, rabbia e amarezza.
Sì, perché lui aveva aperto
il suo cuore a Lance, gli aveva confidato quel segreto mortale, che
nessuno
sapeva tra loro, e ora lui lo ripagava con la stessa moneta? E per
cosa? Perché
Alan lo aveva privato della sua possibilità di rivalsa?
No,
si rifiutava di credere che quello fosse lo stesso Lance che lo aveva
salvato
da Surge un mese prima. Quale uomo poteva cambiare così
repentinamente?
Strinse
i pugni. – Non lo faresti mai… -
azzardò.
Ma
Lance era stoico e inamovibile. – Oh, puoi giurarci.
Disonoreresti Mera e te
stesso più di quanto non abbia già fatto,
rifiutando questa sfida. È finito il
tempo della fuga, Alan.
Gli
puntò un dito accusatorio. – Combatti! Altrimenti
rivelerò a tutti di Lucius, e
del terribile segreto che ti porti dentro!
Al
riparo nella sua postazione sopraelevata, Gary fece un fischio
divertito. –
Ohoh, e così c’è qualcun altro che sa.
Alan
strinse i denti talmente forte che per poco non se ne spezzò
qualcuno. Gli tremavano
i pugni. In quel momento, non voleva duellare con Mera, non voleva
duellare
affatto; voleva riempire Lance di botte, urlargli che era un codardo a
voler
usare quei mezzucci per costringerlo a fare qualcosa che non voleva
fare,
urlargli che non era così che si ripagava la fiducia altrui.
Ma
nulla di tutto quello sarebbe servito, così
rilassò i pugni e abbassò le
spalle. In quel mondo parallelo, all’ombra di quelle fronde,
nel fragore di
quella cascata, con le luci che si riflettevano nel laghetto,
c’era una sola
legge che valeva: la legge del più forte. Del più
forte duellante, ovviamente.
Così,
ormai rassegnato, guardò Lance e ammise la sconfitta.
– E sia, duellerò.
Il
rosso si permise un sorriso soddisfatto. – Saggia decisione
– convenne.
-
Ma io e te faremo i conti un’altra volta –
stabilì perentorio Alan, prima di
avviarsi a raccogliere il proprio deck. Il tutto sotto la supervisione
di
Lance, il quale poi gridò a Rob: - Prepara due duel disk, e
qualcuno porti qui
il deck di Mera!
Il
barista non sembrava convintissimo dell’atteggiamento di
Lance, ma non fece domande.
-
Coraggio, tra cinque minuti si va in scena! Diamoci da fare –
sentenziò, come
se fosse un regista.
Alan,
ormai arresosi all’ineluttabilità dei fatti, ora
si sentì pervadere da una
sensazione nuova, che aveva sostituito in parte la rabbia di prima, ma
senza
snaturarla. Sì, quella che provava ora era una rabbia calma,
come un vasto
oceano pronto a incresparsi e infuriarsi al primo segno di tempesta. Un
mare
enorme, pronto a inghiottire chiunque.
Se
non poteva farli ragionare con le parole, sarebbe sceso a compromessi
ancora
una volta con sé stesso, e avrebbe accantonato la sua morale
per zittirli tutti
nell’unico linguaggio che conoscevano: quello del Duel
Monsters. Dopotutto,
pensò stringendo con forza le piastrine, non avrebbe avuto
problemi a far fuori
un branco di cocciuti duellanti amatoriali, anche quel deck.
Perché
lui sarebbe dovuto essere il campione dell’Altopiano
Vittoria, se tutto non
fosse andato a puttane.
Duellanti,
in posizione!!
La
voce del cronista era risuonata
per tutto lo stadio, seguita dal roboare di spettatori frementi per
l’inizio
della semifinale. Ai due lati dell’arena, Alan e Lucius si
guardavano negli
occhi. Il ragazzo era ancora sconvolto per quanto successo prima nel
corridoio,
ma cercava di non darlo a vedere, nonostante il sudore che gli
imperlava la
fronte.
Dagli
spalti, Gary si stava
certamente chiedendo che cosa avesse. Conosceva l’amico fin
troppo bene per
sapere che non era uno che si faceva prendere dal panico
così. Che cosa gli
aveva detto quel nero?
D’altro
canto, negli occhi di
quest’ultimo era scomparsa qualsiasi traccia di supplica, e
invece c’era una fiera
determinazione.
PRONTI?!
Chi
poteva dire se lo erano
davvero.
COMBATTETE!!
-
Mi hai costretto tu a fare
questo, ragazzo! – sentenziò l’uomo.
– Pesco!
Guardò
le sue carte e ne prese
subito una. – Evoco Servitore del Teschio in posizione
d’attacco!!
Uno
scheletro coperto da un sudario
viola e con un’aura inquietante si posizionò dal
suo lato del terreno. Le sue
orbite vuote sembravano fissare Alan. Ma invece di lasciarsi
inquietare, alla
vista di quel mostro l’altro riacquistò coraggio e
rise sprezzante.
-
Dovrai fare molto di meglio che
buttare sul terreno un misero Servitore del Teschio, se vuoi
sconfiggermi!
-
Questo lo so bene – disse
l’altro, con voce priva di inflessione. Alan fece una smorfia
infastidita.
Quell’uomo lo stava mettendo in difficoltà sul
piano psicologico.
-
Ti chiuderò molto presto la
bocca, vedrai! – sentenziò. Pescò la
sua carta e sorrise: - E prima di quanto
immagini, a quanto pare!
Mostrò
la sua carta. – Ora evoco…
La
folla chiedeva a gran voce un duello, e a quanto pareva anche quella
sera
l’avrebbero ottenuto. Portarono un duel disk ad Alan; fu
Serena a farlo. La
ragazza lo guardò con aria apprensiva, per poi spostare lo
sguardo sul
fratello.
-
Ti chiedo scusa a nome suo, Alan – disse in tono colpevole.
– Ultimamente non
so davvero cos’abbia…
Alan
si agganciò il duel disk al braccio, poi estrasse il
portafoglio; nella bustina
plastificata c’era la sua solita carta, Drago da Richiamo,
che aggiunse al deck
per completarlo.
-
Lo so io – disse alla castana. – Ma non importa.
Immagino che non si possa
sfuggire al proprio destino, giusto?
Si
sistemò meglio l’apparecchio, e poi vi
inserì il deck. Il duel disk si accese.
-
E il mio destino è questo – concluse.
Serena
non sembrava più tranquilla. – Se vuoi posso
trovare un modo per…
L’altro
la interruppe. – Il modo è questo. È
l’unico modo.
Le
fece un sorriso di tenerezza. – Ti ringrazio per la tua
preoccupazione. Ma me
la caverò.
Ancora
una volta, lei non sembrava convinta.
-
Ehi. – Alan si sentì una mano sulla spalla. Si
volse ed era Winona; i loro
occhi si incontrarono. La ragazza gli fece un cenno col capo, ad
indicare Mera,
che si stava preparando a sua volta. Avrebbero combattuto sul
ciottolato del
laghetto; c’era il rischio di finire in acqua, quindi
avrebbero dovuto avere i
piedi ben saldi. Qualsiasi colpo preso per la distruzione di uno dei
loro
mostri avrebbe potuto significare la fine. Non importava che fossero
ologrammi,
l’effetto che avevano sul corpo era psicosomatico. Sarebbe
stata una battaglia
di resistenza.
-
Ascoltami – gli disse la ragazza dai capelli lilla
– non so che tipo di
avversari eri abituato ad affrontare…
-
Tu pensa al peggio – le suggerì l’altro.
Quella
lo guardò intensamente. – Lo spero – gli
disse – perché Mera non è niente di
simile a quanto hai affrontato fin’ora.
Indicò
Sapphire, che era al fianco dell’altra e stavano parlando di
qualcosa. – Dopo
Lance, Mera è la duellante più forte del Parco. E
non sono sicura che con quel
deck che hai riuscirai a tenerle testa.
-
Non ho scelta – si risolse Alan. – Grazie a
entrambe.
Si
avviò. Barney gli venne in corso e gli fece: - Bro,
qualunque cosa accada, farò
il tifo per te.
Alan
lo guardò, e non poté fare a meno di sorridere.
Realizzato che, volente o nolente,
il suo destino era quello di duellare in quelle circostanze, la rabbia
nei
confronti dell’altro si era dissipata come nebbia al mattino.
-
Ti ringrazio, Barney – gli rispose. – Ne
avrò bisogno.
Guardò
Mera, che lo aspettava a braccia conserte. Era di una bellezza mortale,
e altrettanto
pericolosa. Non avrebbe dovuto farsi distrarre dal seno prospero e
dalle sue
curve invitanti, né dalla bellezza dei suoi occhi o del suo
viso. Avrebbe
dovuto vederla per ciò che era quella sera;
un’avversaria. E gli avversari
vanno sconfitti.
Così
si avviò, ma non poté fare a meno di sentirsi al
patibolo. Le piastrine che
aveva sul petto ripresero a scottare, immancabile monito del fatto che
stava
venendo meno alla sua promessa.
Lucius,
lo so che è egoista,
si disse, mentre lasciava la terra ferma per muovere passi incerti sui
ciottoli.
Erano più scivolosi di quanto avesse pensato. Si tolse le
scarpe prima di
proseguire.
Ma
dovunque tu sia ora, spero che
farai il tifo per me!
Sentì
una morsa allo stomaco dopo aver pronunciato mentalmente quella
blasfemia. A
quanto pareva, Lucius non l’avrebbe aiutato. Oh
be’, pazienza; era anche giusto
così.
Finalmente
raggiunse Mera. I due si guardarono, mentre tutto attorno a loro
taceva. Erano
stati immersi in un silenzio irreale, erano finiti in un mondo in cui
esistevano solo loro e i loro deck.
Alan
sentì il bisogno di spezzare quella calma innaturale,
perché cominciava ad agitarsi.
-
E così, finalmente ci incontriamo ai due lati
dell’arena – disse, con una
leggera risatina. – Chi l’avrebbe mai detto, eh?
Mera
era seria come lui non l’aveva mai vista. – Voglio
dirti una cosa: anche se in
questo periodo ho simpatizzato per te, stasera non avrò
alcuna pietà!
Simpatizzato,
pensò. Mera aveva simpatia per lui; non erano neanche
definibili amici.
La
rossa gli puntò contro un dito. – E tu non osare
andarci piano con me solo
perché sono una ragazza, hai capito?
La
sua voce si era alzata di un tono con quella raccomandazione.
– Non tollererò
un simile comportamento. Stasera io sono una duellante, è
chiaro? Non sono
Mera, sono una duellante!
Alan
la ascoltò senza fiatare. – Quindi ecco cosa
faremo – proseguì l’altra -
stabiliremo le nostre condizioni. Alan…
Misurò
il suo nome sulle proprie labbra, una lettera dopo l’altra
che scorrevano come
carrelli su montagne russe. – Se vinco io stasera,
sarò la Regina del Parco. E
nominerò te mio cavaliere!
Versi
di disapprovazione e gelosia si levarono dalla folla, in una cacofonia
assordante.
-
Quel gran figlio di puttana! – sentenziò Barney.
Ma Shaun, al suo fianco, era
se possibile ancora più infuriato: - MA IO… MA
NON… MA COME SI FA… MA TUTTE
LUI?! CIOE’, NON E’ CHE…
QUESTA… E’… UNA STANZA!! NON
E’ UN CANTIERE!!
-
Come hai detto? – il biondo era confuso.
Il
moro si risedette a gambe incrociate come un monaco buddista. Barney lo
sentì
mormorare qualcosa che non riuscì a identificare; qualcosa
del tipo: - Ma va
sto patagarroso di un uomo…
Alan,
dal canto suo, era confuso. – Come… scusa?
-
Hai sentito benissimo – disse la rossa, che aveva preso la
cosa molto sul
serio. – La Regina può nominare un cavaliere, e
sarai tu.
-
E… e che dovrei fare? – era questo che sfuggiva ad
Alan.
-
Be’… - l’altra era leggermente
disorientata dalla sua reazione – dovresti…
semplicemente venire al falò di fine estate come mio
accompagnatore.
-
Ah. Tutto qui?
-
TUTTO QUI?! – sbraitarono alcuni. Winona soffocò
una risatina: - E’ adorabile –
commentò.
-
C’è gente in questo Parco che ucciderebbe pur di
avere una serata con Mera - commentò
acido Shaun. Barney, al suo fianco, fischiettava disinvolto guardando
il cielo.
Mera
ritrasse la mano e la chiuse a pugno. – Tch…
c’è anche un’altra condizione che
voglio porre, comunque.
-
E sarebbe? – domandò Alan paziente.
-
Se vinco io, mi rivelerai finalmente il motivo per cui non vuoi
duellare!
Un
brivido percorse la schiena e le spalle del ragazzo. Effettivamente,
doveva
aspettarselo. Oramai il suo segreto era più ambito del Sacro
Graal. E pensare
che sarebbe bastata fare una ricerca su Google, cercare le notizie di
cronaca
relative al torneo dell’Altopiano Vittoria di due anni prima,
e tutte le loro
richieste sarebbero state esaudite. Almeno in parte, comunque;
c’era sempre la
versione di Alan, del resto, che la stampa non riportava.
C’era quello che lui
aveva discusso con Lucius nel corridoio, c’era il loro
duello, e le sue
conseguenze. E c’erano le piastrine che portava al collo.
-
D’accordo – acconsentì infine.
– Se vincerai, esaudirò le tue richieste.
Verrò
con te, e sarai informata sui fatti.
Mera
rilassò i muscoli facciali in un sorriso soddisfatto.
Sorriso che scomparve
l’istante dopo, quando il ragazzo aggiunse: - Ma ho
anch’io delle condizioni da
porre, visto che vogliamo giocare così.
-
Sta bene – disse l’altra, prudente. – E
quali sarebbero?
-
Tre anche le mie – spiegò, e cominciò a
enumerarle sulle dita della mano. – Se
dovessi invece vincere io, come prima cosa sarà Luvia ad
essere proclamata Miss
Parco dei Duelli.
L’altra,
che era stata forzata a ritirarsi in disparte, e si stava mordendo
nervosamente
un’unghia, sbiancò come tutti a quelle parole.
– COME?!
-
Certo – disse pacifico Alan, scambiando poi
un’occhiata con la bella bionda nel
suo trikini blu. – Visto che avevate lo stesso numero di
voti, ma è stata
brutalmente accantonata così, per stavolta mi
farò suo rappresentante.
Guardò
Mera con serietà, poi spostò lo sguardo sulla
folla. – Qualcuno ha qualcosa in
contrario?
Guardò
Lance mentre lo diceva. Molti si scambiarono sguardi, ma nessuno disse
nulla.
Dopotutto, a parlare era l’eroe del Parco dei Duelli.
Gary
non poté fare a meno di sorridere. – Questo
è l’Alan che conosco.
-
Secondo – riprese lui. – Smetterete di coinvolgermi
nei vostri duelli. Vi
riconsegnerò questo mazzo una volta per tutte, e la faremo
finita. Questa cosa
sta diventando una presa per il culo, e non lo sopporto; se vinco,
questo sarà
davvero il mio ultimo duello.
Di
nuovo, nessuno fiatò.
-
E infine – e stavolta parlò in tono più
greve del solito – se vincerò io, Mera,
tu getterai il tuo deck in questo lago.
Silenzio
di tomba. Mera era allibita, così come le altre ragazze;
persino Sapphire aveva
la bocca spalancata e gli occhi enormi. Alan aveva appena pronunciato
una sentenza
terribile. Il deck rappresenta tutto per un duellante, specialmente per
una duellante
orgogliosa come Mera. Gettarlo in acqua significa perdere il proprio
onore e,
in alcuni casi, anche la propria ragione di vita.
Era
una richiesta terrificante.
-
Che cosa ti prende? – la schernì ora lui.
– Troppo spaventata? Dopotutto, sei
tu ad aver voluto mettere una posta in gioco.
La
fulminò con uno sguardo torvo e serissimo. – Io
non gioco mai per giocare; io
gioco solo per vincere.
Dalla
sua posizione, Lance scoprì leggermente i denti, una piccola
goccia di sudore
che gli rigava una guancia per poi scomparire. Alan,
non puoi davvero farle questo?
Ma
poi ripensò all’Alan di un tempo, a quello che gli
aveva raccontato, e non ne
era più tanto sicuro. Credeva di avere davanti una persona
molto diversa da ciò
che era stato, ma forse avrebbe dovuto cominciare a ripensarci quella
stessa
sera.
L’impulso
a intervenire fu irrefrenabile. – Aspetta – disse
– non puoi chiederle una cosa
del…
Ma
Mera lo bloccò. – No, Lance, va benissimo.
-
Cosa?! – Il rosso era incredulo. – Mera!
L’altra
non lo stava guardando. I suoi occhi erano fissi in quelli di Alan. Si
poteva
quasi vedere l’elettricità intorno a loro.
-
Non perderò – giurò, più a
sé stessa che a loro. – Qualsiasi cosa accada, io
non perderò.
Sulle
sue labbra comparve un sorriso di sfida. – Temo tu stia
sopravvalutando le tue
capacità, ragazzino.
-
Ragazzino? –
ripeté Alan, con una
punta di divertimento. – Io temo invece che tu stia
sopravvalutando le tue.
Vuoi sapere chi sono, Mera?
L’altra
rimase interdetta.
-
Dico bene? – insistette l’altro. –
Sì, perché se sapessi chi sono davvero, non
correresti dei rischi così alti a cuor leggero!
Gary,
dall’alto, allargò il suo sorriso. – Oh
sì, eccolo che torna. Ecco l’Alan che
conoscevo…
il duellante prodigio, il mio unico e degno rivale.
Afferrò
la polo sul petto e la strinse.
-
Basta chiacchiere! – sentenziò Mera. –
Non scelgo di sacrificare il mio deck a
cuor leggero! Ti ho detto di non sottovalutarmi! Ora pesca le tue carte
e…
Scattò
la sincronia.
COMBATTIAMO!!!
-
Ci siamo – osservò Winona, a braccia conserte.
Serena
si stava stringendo le mani così forte da farsi male. In
disparte, ora Luvia stava
sorridendo leggermente.
Kukuku,
non mi interessa che un
ragazzino qualsiasi mi faccia da portavoce,
pensò, ma nulla stasera
potrà eguagliare la
soddisfazione di vedere Mera ricevere una bella lezione.
Socchiuse
gli occhi, e il suo sorriso si incupì leggermente. Spero solo che ne sia davvero capace…
-
Apro io le danze, se permetti – disse la ragazza. –
Pesco!
Guardò
il ventaglio di carte, e senza esitare ne posizionò una.
– Evoco Kaiser Cavalluccio
Marino in posizione d’attacco!!
Una
luce brillò sotto la superficie dell’acqua, che si
increspò in un vortice. Dai
flutti emerse poi un guerriero coperto da un’armatura di
squame celeste e
viola. Due occhi rossi brillavano nel suo elmo. Portava uno scudo che
sembrava
una manta e una lancia dorata a doppia punta. (Attributo: Luce; Lvl: 4;
Tipo: Serpente
Marino/Effetto; ATK: 1700; DEF: 1650).
Alan
sgranò gli occhi di fronte a quel mostro. No…
lui no, lui no, lui no…, si ripeté. La
forza dei ricordi lo colpì con la
violenza di un fiume in piena. Un lampo di dolore si accese dietro al
suo
occhio. Si portò una mano al volto e premette, soffocando un
gemito, mentre la
sua retina confondeva nuovamente il presente con il passato…
-
Ora evoco… Kaiser Cavalluccio
Marino!!
Un
guerriero in armatura marina
munito di lancia e scudo fece la sua apparizione al fianco di Alan. I
miseri
300 punti di Servitore del Teschio non potevano competere con i 1700
del mostro
di Alan.
-
Vai Kaiser, spazza via la sua
inutile creatura! Attacco con Lancia Marina!!
Kaiser
fece roteare la propria
lancia, per poi abbatterla con un micidiale affondo sullo scheletro,
che andò
in frantumi. Lucius si parò con un braccio mentre i suoi
life points scendevano
di millequattrocento punti.
Alan
rideva. – Se utilizzi mostri
così deboli, mi domando come tu abbia fatto ad arrivare fin
qui!
L’altro
fece una smorfia mentre
pescava. – Lo scoprirai, te l’assicuro!
-
Alan? – Qualcuno lo stava chiamando. – ALAN?!
Lui
si riebbe. A chiamarlo dalla riva era stata Serena.
-
Che ti succede? – gli stava urlando.
-
Non è… - mormorò lui – non
è nulla.
Mera
lo guardò impietosa. – Che
c’è? Il mio mostro ti ha terrorizzato?
C’era
una vena di scherno nella sua voce. Alan la guardò seria, e
al contempo mortalmente
divertito dalla crudele ironia della sua situazione.
-
Ohhh, se solo sapessi…
-
Prestò saprò tutto ciò che
c’è da sapere – gli assicurò
l’altra, e riprese il
proprio turno. – Ora posiziono due carte coperte, e termino
il mio turno. A te
la mossa, se non hai troppa paura per farla.
Alan
avvicinò la mano al vano del deck. Prima di pescare, fece un
bel respiro.
Coraggio,
Alan, calmati,
si disse. Conosci molto bene Kaiser, non
c’è motivo per farsi prendere dal panico. Puoi
batterla!
Con
quella carica di motivazione, pescò la sua carta. Non
riuscì a trattenere un
gemito di sorpresa.
Drago
Tricorno e Drago da Richiamo
alla prima mano?!
Guardava
incredulo la combinazione di carte che gli era capitata. Quelle sei
carte erano
probabilmente le migliori di sempre.
Fantastico,
pensò come un sorriso, metterò
a tacere
Mera ben prima di quanto immaginassi.
-
Come prima cosa, attivo la carta magia Torna all’Inizio!
– Mostrò la carta con
lo strano gioco dell’oca sopra. – Scartando una
carta dalla mia mano, posso far
tornare un mostro sul tuo terreno in cima al tuo deck! E io scelgo
l’unico
mostro che possiedi!
Puntò
il dito, e Kaiser scomparve in un vortice di luce. Senza fiatare, Mera
lo
rimise in cima al deck; la sua prossima draw phase sarebbe andata a
vuoto. Alan
scartò Drago Tricorno con un sorrisino.
-
Ora posiziono un mostro coperto in difesa, e termino il mio turno.
Incrociò
le braccia. E ora mostrami di cosa sei
capace, Mera, pensò, spostando poi lo sguardo alla
sua carta coperta. Anche se nessuno ha mai
sconfitto il mio
Drago da Richiamo.
E
quell’affermazione suonò ineluttabile nella sua
mente. La certezza di cui aveva
bisogno.
-
Pesco! – dichiarò Mera, anche se sapevano entrambi
quale carta avrebbe pescato.
-
La tua mossa non ti è servita a nulla – gli disse
l’altra. – Ora il mio Kaiser
torna sul terreno!
Evocò
di nuovo il suo mostro in armatura, ma stavolta Alan era pronto ad
accoglierlo.
La
mia mossa è stata inutile?
Questo lo dici tu.
Mera
chiuse il pugno. – Vai Kaiser, attacca il suo mostro coperto!
Attacco con la
Lancia Marina!!
Kaiser
si mise in posizione, in un tetro deja vu, ma stavolta i ricordi di
Alan non
fecero altro che scalfire una corazza impenetrabile. Il ragazzo stese
il
braccio: - Mera, pensi davvero di potermi sconfiggere attaccandomi
senza
pensare?? Sei caduta dritta nella mia trappola.
Scoprì
il suo mostro coperto. – Vai, Drago da Richiamo! Segna la sua
disfatta!!
Il
dolcissimo drago fece la sua ennesima comparsa sul terreno, lanciando
versi
simili a cinguettii. (Attributo: Fuoco; Lvl: 2; Tipo: Drago/Effetto;
ATK: 300;
DEF: 200)
-
Drago da Richiamo? – disse Lance fra sé e
sé. – Ma questo significa che con la
carta di prima…!
Lo
realizzò all’improvviso. Alan allargò
il proprio ghigno soddisfatto.
-
La mia mossa non serviva davvero a far tornare il tuo mostro nel deck
– spiegò,
indicandola – ma serviva a darmi la possibilità di
scartare un mostro al cimitero.
E tu sai perfettamente chi sta per arrivare, vero?
Spalancò
le braccia. – Risorgi, DRAGO TRICORNO!!
Il
terrificante drago imperfetto si sollevò dalle acque e
lanciò un poderoso
ruggito. La folla era in visibilio. (Attributo: Oscurità;
Lvl: 8; Tipo: Drago;
ATK: 2850; DEF: 2350).
-
Grande! Alan ha già evocato il suo mostro più
forte! – esclamò Barney,
stringendo il pugno.
-
Ah, è il mostro più forte che gli abbiamo dato?
– Shaun l’aveva realizzato solo
in quel momento. – Messo bene…
-
Ehi, non fare il disfattista? – lo rimproverò il
biondo. Ma l’altro era serio
mentre fissava il campo da gioco.
-
Mera non è tipo da farsi fregare così –
rivelò. Barney e Serena si volsero
verso di lui.
-
Vuoi dire che…? – mormorò la sorella di
Lance.
Shaun
socchiuse gli occhi. – Ho paura che Alan sia in guai
seri…
-
Ora sei costretta a spostare l’attacco di Kaiser sul mio
Drago Tricorno! –
stava esclamando Alan. – E il tuo mostro non può
competere con lui!
Ma
a quel punto, Mera sorrise. Alan, che era già sicuro di
avere la vittoria in
pugno, sentì il proprio sorriso spegnersi nello stesso
istante. – Cosa stai…?
-
Penso tu stia dimenticando un paio di fattori decisamente importanti
– lo
riprese Mera, paziente. – Primo, il tuo drago è un
mostro senza effetto. Il che
vuol dire che è anche privo di protezioni.
-
Protezioni da cosa? – domandò l’altro,
ora più teso.
-
Lo scoprirai subito! – gli promise l’altra.
– Scopro la mia prima carta
coperta: Teletrasportatore!
Scoprì
la stessa carta che Lance aveva usato nel suo duello con Surge.
– Grazie ad essa,
il mio Kaiser viene rimosso dal gioco fino alla fine del turno!
-
Tch, ti sei salvata per ora – le concesse Alan, mentre Kaiser
veniva
incapsulato e rimosso dal gioco. Ma Mera non aveva finito: - Salvata?
Ma io non
sto giocando per salvarmi, io sto giocando per batterti!
E
detto questo, scoprì la sua seconda carta coperta: - Non ho
rimosso Kaiser dal
gioco per difenderlo dal tuo drago, ma per proteggerlo dalla mia
trappola:
Tributo Torrenziale!
-
Cos’hai detto?! – fece Alan, sgranando gli occhi.
La carta di Mera raffigurava
un devastante getto d’acqua, e nulla di più;
perché nulla sarebbe rimasto dopo
la sua attivazione.
-
Quando viene evocato un mostro, non importa in che modo, Tributo
Torrenziale si
attiva e spazza via qualsiasi mostro sul terreno!
Fece
spallucce. – Io non ne ho, ma temo che i tuoi draghi stiano
per farsi un bel bagnetto.
E sarà l’ultimo della loro vita!
Dopo
quella promessa, dalla carta scaturì un violentissimo getto
d’acqua. Si riversò
sul terreno, e i due draghi di Alan ne furono travolti. Il ragazzo li
guardò
incredulo venire trascinati via da quella corrente olografica, e lui
stesso
dovette puntare i piedi con tutte le sue forze per non esserne
trascinato via.
Non era reale, ma vedere tutta quell’acqua che gli arrivava
addosso aveva
comunque un effetto devastante.
Quando
il getto si esaurì, e tutti quanti erano ancora asciutti, i
mostri di Alan non
c’erano più.
-
No… - mormorò incredulo – non
è possibile…
Cadde
in ginocchio. Mera lo guardava con le braccia conserte, altezzosa come
una
regina.
-
Davvero pensavi che utilizzare sempre la stessa strategia ti avrebbe
permesso
di vincere contro di me? Per favore.
Cominciò
a giocare con uno dei suoi ricci rossi. – Ho visto il tuo
duello con il Pinguino,
e Sapphire mi ha raccontato del vostro duello. Ero perfettamente
preparata
all’eventualità che giocassi Drago Tricorno; non
me lo aspettavo certo nei
primi turni, ma come vedi non ha fatto alcuna differenza.
I
suoi occhi di bronzo lo fissarono implacabili. – Sono in
grado di contrastare
ogni tua mossa, e tu dovresti imparare a bluffare. Quando hai fatto
quel
sorrisino, avevo intuito che avessi in mano la tua combinazione
vincente, e
così mi sono premunita.
Mentre
Alan era ancora in ginocchio, allibito che qualcuno avesse, per la
prima volta,
sconfitto il suo Drago da Richiamo, l’altra fece una
risatina. – Il Duel
Monsters è come il poker. Nel poker devi saper bluffare,
perché i tuoi
avversari non devono assolutamente capire che tu abbia in mano la
combinazione
di carte più alta. E non puoi pretendere di vincere con solo
una combinazione;
non si può sempre puntare al poker, ma esistono il Full
House, il Royal Flush…
Lo
puntò. – Tu invece sei più simile a un
pessimo giocatore di burraco, che cerca
di arrivarci con solo una combinazione, e non si apre molteplici strade.
Alan
si riebbe, infine, e la guardò senza più
sorridere. – Oh, ti ringrazio per la
lezione sui giochi di carte, Mera.
A
malincuore, posizionò Drago da Richiamo nel cimitero; un
po’ meno a malincuore
Drago Tricorno. Il suo proprietario originale lo guardava ora
soddisfatto: Che ti serva da lezione, Alan.
Affidarti
alle solite carte non ti porterà lontano.
-
Ti devo ringraziare – disse poi il ragazzo, e il sorriso
morì sul volto dei due
duellanti più forti in contemporanea.
-
Come? – disse la sua sfidante.
-
Ho detto che ti devo ringraziare – ripeté.
– Non so perché mi fossi fissato
solo su quello. Si vede che sono davvero arrugginito.
Fece
un sorriso mesto, e poi la guardò. – Il vero
duello comincia ora, Mera!
-
Me lo auguro per te! – gli rispose pronta lei.
A
riva, Serena espresse le sue preoccupazioni. – Ma come
farà Alan, ora? Drago Tricorno
era il suo mostro più forte, e l’ha già
perso.
-
Be’, il Duel Monsters non è solo questione di
numeri – le rispose Winona – ma anche
di strategia. Sono sicuro che caverà fuori qualcosa.
Oltretutto,
c’è un modo in cui
potrebbe sconfiggere Mera. Ma gli servirà la mia carta per
farlo.
Ma
questo se lo tenne per sé.
-
Termino il mio turno, e ora Kaiser torna sul mio terreno –
disse la rossa. – A
te la mossa, Alan.
-
Con piacere. Pesco!
Diritto
di Nascita??
La
carta che aveva appena pescato gli avrebbe potuto permettere di
recuperare
Drago Tricorno dal cimitero, e spazzare via il mostro di Mera, che non
aveva
più carte coperte a cui affidarsi. Ma poteva avere ancora
magie rapide in mano.
E ora aveva imparato la lezione. No, non avrebbe fatto ancora
affidamento su
Drago Tricorno, non per il momento almeno.
-
Evoco Kong Voltaico in posizione d’attacco!
Il
mostro di Alan era uno scimmione dal pelo rosso, e percorso da scariche
elettriche che rilasciava ogni volta che si batteva i pugni sul petto,
lanciando versi e grida mentre la pelliccia gli si rizzava. (Attributo:
Luce;
Lvl: 4; Tipo: Bestia/Effetto; ATK: 1800; DEF: 1000).
-
Vai Kong Voltaico, distruggi Kaiser Cavalluccio Marino!!
Lo
scimmione non se lo fece ripetere e sbatté i pugni
sull’acqua. Le folgori
danzarono illuminando il laghetto, per poi colpire Kaiser, che
lanciò un verso
di dolore prima di esplodere in pezzi. E il primo era andato.
LIFE
POINTS ALAN: 8000
LIFE
POINTS MERA: 7900
-
Ora si attiva l’effetto di Kong Voltaico –
spiegò prontamente Alan. – Quando infligge
danno da battaglia all’avversario, quest’ultimo
deve scartare carte dal suo
deck pari al numero di mostri di attributo Luce che controllo.
-
Va bene, allora scarterò una carta – disse Mera,
facendo come appena
annunciato.
-
Ora posiziono una carta coperta, e ti passo la mano.
Alan
poté respirare di nuovo. Se l’era cavata, ma non
le aveva inflitto che cento, miseri
punti di danno. Ne aveva ancora quasi ottomila da azzerare, ma era
meglio che
niente.
Mera,
tuttavia, era pronta ad un’offesa spiazzante. –
Pesco!
Non
appena vide la carta appena presa, il suo sguardo si piegò
in una maniera che voleva
dire tutto o nulla. Senza poi esitare, scoprì subito gli
altarini: - Ora sono
io a ringraziare te, Alan, perché altrimenti avrei dovuto
attendere ancora un
turno per poter giocare questa!
Alan
deglutì.
-
Gioco la magia terreno Umi!!
– Alle
parole di Mera, il livello dell’acqua si innalzò
all’improvviso, raggiungendo
anche la riva. Più di qualcuno si lasciò
suggestionare, e cominciò a ritrarsi
più in alto. Ma era tutto finto; o così si
ripeteva Alan, mentre vedeva l’acqua
arrivargli alla vita. Ora sembrava di galleggiare davvero
nell’oceano; qualcuno
aveva solo la testa fuori.
-
Ehi, ma che succede?! – Barney non si raccapezzava.
– Mi si bagnerà la camicia!
Aveva
una splendida camicia hawaiana.
-
Tranquillo, la tua camicia è al sicuro – gli
rispose Shaun. – Ora però Mera ha
iniziato a fare sul serio.
-
Ah, perché prima scherzava? – domandò
l’altro.
Già,
prima scherzava,
pensò Winona, che era rimasta completamente immobile,
nonostante l’acqua le
arrivasse, letteralmente, alla gola. Con
Umi sul terreno, Alan dovrà pensare in fretta a qualcosa. O
il vantaggio sarà
sempre della sua rivale.
Alan
si controllò i pantaloni, e naturalmente erano asciutti; ma
era del parere che
non ci si abituava mai davvero alle magie terreno. E questa era molto
più
invasiva di quella giocata da Sapphire. La carta raffigurava soltanto
una
distesa d’acqua che si estendeva a perdita d’occhio
sotto a un cielo sereno;
era stata disegnata in diagonale, per mostrarne la vastità.
-
Umi conferisce un bonus ambiente alle mie creature –
spiegò Mera con un
sorriso. Ad entrambi gli sfidanti, l’acqua arrivava alla
vita. – Adesso, i miei
mostri sono più forti di 200 punti.
Alan
fece una smorfia. – Duecento punti in più non
faranno la differenza.
Mera
gli rispose con un sorriso provocatorio. – Ah no?
Abbassò
lo sguardo su una delle carte che aveva in mano e la colse, come il
petalo di
una margherita. – Perché non provi a dirlo al mio
Pesce dai 7 Colori?
Il
mostro che balzò fuori dall’acqua era esattamente
un pesce le cui squame
viravano fino alla coda nei sette colori, dividendolo in sezioni,
simile a una
barriera arcobaleno. Aveva due zanne che gli fuoriuscivano ai lati
della bocca,
piena di denti affilati. (Attributo: Acqua; Lvl: 4; Tipo: Pesce; ATK: 2000; DEF: 1000).
Alan
vide i valori sul display del suo duel disk, e le parole di Mera
cominciarono a
concretizzarsi. Ora quel pesce era più forte del suo Kong
Voltaico. E Mera non
esitò un istante: - Vai, Pesce dai 7 Colori, distruggi il
suo mostro!
La
creatura dell’altra si immerse, la sua ombra che correva
sotto la superficie. Riapparve
poi per saltare alla gola dello scimmione, affondando le sue terribili
zanne.
Il mostro esplose e il pesce si inabissò di nuovo.
LIFE
POINTS ALAN: 7800
LIFE
POINTS MERA: 7900
-
Cominci ad avvertire la tensione, Alan? – gli
domandò spavalda l’altra. Quello
riabbassò le braccia, che aveva usato per difendersi
dall’attacco del mostro, e
le rispose: - Non esaltarti per duecento, miseri punti di danno.
-
No, hai ragione – convenne lei divertita. – Il
meglio deve ancora venire.
Prese
un’altra delle due carte che aveva in mano. –
Attivo la carta magia Grande Onda
Piccola Onda!
La
carta magia raffigurava dei mostri marini e dei goblin travolti da
quelle che
sembravano onde di lava all’interno della bocca di un
vulcano; in lontananza,
era vagamente visibile un cielo stellato dai tratti violacei.
– Con questa
carta, posso distruggere un qualsiasi numero di mostri di attributo
acqua sul
mio terreno, e poi evocarne altrettanti dalla mia mano.
Il
mostro di Mera venne inglobato da un’onda, e scomparve.
– E siccome ho rimasto
una sola carta in mano, ti presento la mia Sirena Cavaliere!!
Dalle
profondità degli abissi riemerse una fiera sirena dai
capelli rossi, come la
sua proprietaria. Era abbastanza robusta, ma quello non era grasso;
erano
muscoli. Era coperta da un’armatura, che le rivestiva anche
parte della coda, al
termine della quale aveva un fiocco rosso. Impugnava anche una spada
corallina
e un pesante scudo di metallo. (Attributo: Acqua; Lvl: 4; Tipo:
Acqua/Effetto;
ATK: 1700;
DEF: 900).
-
Coraggio Sirena, attaccalo direttamente!
La
terribile guerriera pesce si fece avanti.
Che
fare? Se lascio che mi
attacchi, perderò altri life points…
Guardò
la sua carta coperta. Ma se ora uso
Diritto di Nascita, e recupero Drago Tricorno, rischio di fare
nuovamente la figura
del dilettante che si affida a un solo mostro…
Strinse
i pugni. Era ormai troppo tardi per decidere, così la sirena
sferrò il suo fendente.
Alan dovette reggersi saldo sulle gambe, mentre la spada olografica lo
attraversava,
facendolo tremare.
LIFE
POINTS ALAN: 6100
LIFE
POINTS MERA: 7900
-
Non fa nulla – disse il moro, cercando di farsi coraggio.
– Dovrai fare anche
di meglio!
Mera
rise con le mani sui fianchi. – Oh, caro Alan, tu continui a
provocarmi, e io
non posso non rispondere.
La
sua voce era melodiosa, ma nascondeva significati terribili.
– Immagino tu non
conosca il potere speciale della mia Sirena Cavaliere – e nel
dirlo, le sue
labbra si piegarono in un sorriso, e i suoi occhi si socchiusero.
-
Potere speciale? – ripeté Alan.
-
Già – disse l’altra. – Quando
Umi è presente sul terreno, Sirena Cavaliere può
attaccare due volte nella stessa Battle Phase.
-
Cosa?! – Lo sgomento di Alan fece posto all’attacco
violento della sirena, che
guizzò con la sua coda di pesce e la spada che brillava
sotto ai riflettori. Lì
non c’era tempo per pensare, e non c’era tempo per
i moralismi. Il danno
rischiava di diventare troppo consistente, e di incrementare il
vantaggio
dell’altra.
-
Non te lo lascerò fare! – esclamò.
– Scopro la mia carta trappola: Diritto di
Nascita!
Mera
batté velocemente le palpebre, mostrandosi sorpresa.
– Con questa carta, posso
riportare in vita un mostro senza effetto dal mio cimitero…
Alan
puntò il dito. – E io scelgo Drago Tricorno!!
Il
gigantesco drago bipede blu fece la sua seconda apparizione in
quell’incontro!
La Sirena Cavaliere di Mera si arrestò bruscamente di fronte
al colosso, la cui
ombra si estendeva ora fino a raggiungere la rossa. Poi si
arretrò, e ritornò
dall’altra parte del campo di gioco.
-
Per stavolta ti è andata bene – gli concesse Mera
– ma vedo che continui a fare
affidamento sulla stessa carta.
Incrociò
le braccia, ora sprovvista di carte in mano. – Un errore da
principianti –
commentò.
-
Da principianti o meno – la rimbeccò lui
– finché un mostro è efficace,
continuerò
a usarlo.
Ma
non era convinto fino in fondo della veridicità delle sue
parole. Tuttavia,
doveva continuare a mentire, se non a sé stesso almeno a chi
aveva di fronte.
Mera aveva una determinazione incrollabile, non si era minimamente
spaventata neanche
un istante e aveva avuto il controllo del duello sino a quel momento.
Cinque
turni erano passati, e lei aveva subito appena cento punti di danno. Ma
le cose
stavano per cambiare. Sapeva di essere sotto lo sguardo accusatorio di
Lance,
di star abusando della carta che lui gli aveva donato, ed era il primo
ad
essere convinto che un duellante non dovrebbe affidarsi ad una e una
sola
carta. Ma col deck che si ritrovava, quella sembrava essere
praticamente
l’unica alternativa.
Perciò
ce l’avrebbe messa tutta. – Dato che non hai altre
carte in mano o sul terreno,
suppongo sia il mio turno. Pesco!
Guardò
la carta appena presa. Una Spada di
Bamboo Spezzata? A che diavolo dovrebbe servire??
Meglio
non pensarci. La aggiunse alle altre, poi ne prese un’altra e
la posizionò sul
duel disk. – Gioco Pterodattilo Nero in posizione
d’attacco!!
Un
dinosauro volante nero, il collo irto di spine e la bocca piena di
denti
affilati, planò sulla cresta dell’acqua, per poi
sospendersi in aria e lanciare
uno stridio contro Mera, creando onde olografiche sulla superficie di
Umi.
(Attributo: Vento; Lvl: 3; ATK: 1000; DEF: 500).
L’altra
fece appena una smorfia, socchiudendo leggermente un occhio; Alan
pensò che era
terribilmente sexy nel farlo.
Ma
non doveva farsi distrarre. – Vai Drago Tiranno, distruggi
Sirena Cavaliere!!
Il
drago lanciò una sferzata d’artiglio che fece a
pezzi la Sirena, la quale uscì
di scena con un grido di dolore.
LIFE
POINTS ALAN: 6100
LIFE
POINTS MERA: 6750
-
E ora è il tuo turno, Pterodattilo Nero!! – Non
appena Alan ebbe steso il
braccio e lanciato il comando, lo pterodattilo volò contro
Mera, dando poi un
colpo d’ala che generò dei mulinelli
sull’acqua. Le correnti d’aria investirono
Mera, che si difese con le braccia mentre perdeva altri mille punti.
LIFE
POINTS ALAN: 6100
LIFE
POINTS MERA: 5750
-
Evvai, Alan ha di nuovo il vantaggio! – esultò
Barney.
-
Posiziono una carta coperta, e termino il mio turno. – Alan
aveva ritrovato un
vago sorriso. Ma quando la sua avversaria riabbassò le
braccia, si accorse che
sul suo volto non c’era traccia di preoccupazione. Anzi, Mera
stava
sogghignando. Quella cosa non piacque affatto all’altro.
E
se avesse potuto sentire i suoi pensieri, gli sarebbe piaciuta ancora
meno.
Esulta
pure per il tuo amico,
Barney,
pensò con una punta di malizia. Strinse il pugno,
facendo tintinnare leggermente il braccialetto di vetri di mare. Credi di avere la vittoria in pugno
perché
sei riuscito a distruggere un paio dei miei mostri? Ingenuo.
Il
suo sogghigno si distese in un vero e proprio sorriso. Sto
per insegnarti una lezione che non dimenticherai, Alan: il mio deck
nasconde insidie alle quali neanche tu sei preparato. E se ti avventuri
troppo
a fondo negli abissi, rischi di non riuscire più a tornare
in superficie!!
E
mentre lo pensava, dietro alle sue spalle si proiettavano le spire e
gli occhi
di fuoco di un imponente drago marino.
ANGOLO
DELL’AUTORE
Hola,
popolo di EFP!
Ben
ritrovati con questo capitolo, e in
questo angolo abbiamo cose di cui parlare. Lo scorso capitolo
è stato
pubblicato in maniera frettolosa – tornavo da una laurea,
avevo avuto una
settimana piena – e non è venuto come volevo. Non
dico di non essere arrivato
anche oggi con l’acqua alla gola – perdonate la
battuta, vista la situazione –
ma non ho tutta l’ansia e la stanchezza addosso
dell’altra volta.
Quindi
ora possiamo fare due
chiacchiere, e posso dirvi anche un paio di cose sullo scorso capitolo.
Anzitutto, questo è il secondo di un trittico di episodi
dedicati al duello tra
Alan e Mera, il che significa, come avrete già intuito, che
il loro duello si
concluderà nel prossimo capitolo. Mera ha ancora parecchi
assi nella manica, e
Alan dovrà sfoderare tutta la sua bravura contro un
avversaria che, fin’ora, si
è dimostrata praticamente inscalfibile.
Originariamente,
l’idea era invece di
far duellare Mera e Luvia per il primo posto. Non so se ve
l’ho già detto, non
ricordo quel che ho scritto nello scorso Angolo dell’Autore.
Ma siccome questo
trittico di capitoli è ispirato ai capitoli del manga di
“Yu gi oh GX” in cui
Jaden e Alexis combattono per la prima volta –
nell’anime è molto diverso – ho
preferito
alla fine far duellare i due. Era da tempo che volevo trovare la scusa
per far
combattere Alan e Mera, e sono felice di esserci riuscito.
Luvia
invece è stata messa in disparte,
ma avrà anche lei la sua occasione di rivalsa. A proposito,
lei è un
personaggio dell’universo di Fate creato da Nasu. Mentre
Winona è il nome
inglese di Alice, la capopalestra di Forestopoli nella terza
generazione di
Pokemon. Lei e Alan ci hanno dato giù a quanto pare, e fra i
due si è creato
uno strano legame. Bisogna vedere a cosa porterà. Dopotutto,
Winona ha detto
che per vincere Alan avrà bisogno della sua carta. E che
carta sarà? Per ora,
il ragazzo sta di nuovo facendo affidamento su Drago Tricorno, ma
conoscendo
Mera forse avrà qualche altro asso nella manica per
sbarazzarsi nuovamente di
quel mostro.
Sono
particolarmente contento di com’è
venuto l’inizio del duello, perché volevo mostrare
un piccolo trivia del Duel
Monsters: non è chiaramente possibile affidarsi a una sola
combinazione di
carte, proprio come dice Mera, per vincere. Gli esempi degli altri
giochi di carte
mi sono derivati dalle ultime serate, e sono ottimi per smontare la
strategia
messa in atto da Alan. Mera ha infatti trovato il modo di counterare
all’istante
il suo Drago Tricorno, e come ho appena detto, è molto
probabile che ci riesca
di nuovo.
Ora,
concludiamo parlando del futuro di
questa fan fiction, in due sensi. Finito il prossimo capitolo, avremo
l’ultimo
arco della prima stagione, composto da cinque-sei capitoli. Non ho
ancora ben
deciso come suddividerò il tutto. Non vorrei farne di
più, ecco. Quest’ultimo
arco ci aprirà poi le porte a quella che sarà la
seconda stagione, ma prima di
pubblicare anche quella mi prenderò una pausa, per poter
staccare un po’,
lavorarci con calma e cominciare a mettere le basi anche per altri
progetti. Non
voglio portare solo questa fan fiction, ho un mio piano, devo solo
vedere se
riesco ad attuarlo.
Ad
ogni modo, questo significa che Yugi
ci terrà compagnia ancora per più di un mese!
Però, e qui viene il secondo
punto, da adesso non posso più garantire l’uscita
settimanale. Oggi sono cominciate
le lezioni dell’ultimo anno di magistrale, e tra lavoro, devo
iscrivermi in
palestra, studio e tesi, sarà veramente dura riuscire a
incastrare tutto. La
fan fiction non si interromperà! Questo è
importante. Però magari pubblicherò a
quest’ora, magari pubblicherò in altri giorni
della settimana, o magari salterà
una settimana.
Io
ce la metterò tutta per continuare
ad essere regolare! A voi chiedo solo di avere pazienza; vi giuro che
sarete
ricompensati.
Detto
questo, direi che possiamo
salutarci. Alla prossima, quando sarà!!
Nel
prossimo capitolo: “Il Drago degli
Abissi”
Il
duello tra Alan e Mera prosegue sotto gli occhi di tutti! Il ragazzo
pensa di
averla finalmente messa alle strette, ma la rossa ha in serbo per lui
ancora
diverse sorprese. Riuscirà Alan a fronteggiare il mostro
più forte della sua
avversaria, o sarà costretto a rivelare il suo
inconfessabile segreto?
Ciao
ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 11: Il Drago degli Abissi ***
CAPITOLO
11: Il Drago degli Abissi
LIFE
POINTS ALAN: 6100
LIFE
POINTS MERA: 5750
In
quel momento, Alan non sentiva il vociare del pubblico attorno a loro.
Sentiva
solo i propri pensieri, e questi spingevano più del motore
di un treno. Aveva
acquisito un effimero vantaggio su Mera, cosa di poco conto.
Fin’ora, la sua
avversaria si era rivelata implacabile. E non sembrava ancora essere
riuscito a
metterla all’angolo come avrebbe voluto.
-
Hai finito? – gli domandò l’altra.
Alan
guardò le carte che aveva in mano. Una era Spada di Bamboo
Spezzata, una carta
assolutamente inutile, e le altre due erano mostri. Sì,
aveva finito. Fece un
cenno con il capo a Mera, e quella abbassò lo sguardo sul
proprio duel disk. La
rossa non aveva carte in mano né sul terreno, eccezion fatta
per Umi. Se non
avesse pescato qualcosa di utile, pensò il moro, sarebbe
rimasta scoperta ai
suoi prossimi attacchi, e Alan avrebbe persino potuto annientare i suoi
life
points. Concludendo quel duello e la sua sofferenza in un colpo solo.
La
tempestività di quel pensiero lo fece tremare. Poteva
davvero dipendere tutto
dalla prossima mano? Be’, molto spesso nel Duel Monsters era
esattamente così
che andava. E Mera pareva saperlo molto bene; ne era consapevole tanto
quanto
lui.
-
Pesco! – dichiarò, afferrando la carta con
rapidità quasi scottasse. Il sorriso
che le si delineò sul volto fece perdere ad Alan la speranza
di una rapida
vittoria.
-
Esattamente ciò di cui avevo bisogno –
commentò la rossa, mostrando poi la
carta al suo avversario. – Gioco la Carta di
Santità!
-
NON CI POSSO CREDERE!! – L’esclamazione di Alan era
ben giustificata. Quella
carta, che ritraeva due soldati sotto a una pioggia di monete, intenti
a
cercare di raccoglierle coi propri elmi, era quella che si poteva
definire una
vera botta di culo. Tutti ne conoscevano l’effetto; tutti,
eccetto Barney.
-
Perché Alan è tanto preoccupato? –
domandò.
-
Immagina di dovere dei soldi a Totò o’
Scugnizz’ – intervenne Shaun, con i suoi
modi peculiari – e che stiate giocando una partita a poker.
Sono già passate le
tre di notte, quindi è il momento di tirare fuori le pistole
e i documenti di
vendita della propria casa. Tu hai dovuto fare All-In perché
se no sei nella
merda, e a un certo punto arriva qualcuno che ti dice “Ehi,
ti regalo sei
assi”. Ecco, questo fa la Carta di Santità.
-
Non ho capito… - ammise l’altro.
-
Carta di Santità permette a entrambi i giocatori di pescare
finché non hanno
sei carte in mano – spiegò Winona, le braccia
incrociate sotto al seno. – Mera
ha pescato la carta migliore per la sua situazione.
Ora
sì che Barney aveva capito. – Quindi Alan
è di nuovo nella merda… - realizzò.
Serena, vicino a loro, si tormentava le mani, osservando il duello con
apprensione. Suo fratello, molto più in alto, aveva ora un
sorriso nervoso sul
viso, specchio dei sentimenti contrastanti che si muovevano dentro di
lui. Be’, sarebbe da pazzi negare
che il Duel
Monsters non abbia anche una componente di sano culo. Mera avrebbe
potuto
perdere il duello in questo preciso istante, ma il fatto di avere
quella carta
nel suo deck l’ha salvata. È stata lungimirante.
Anche
se lui pensava che tutti dovessero avere almeno una Carta di
Santità nel loro
mazzo.
Mentre
entrambi pescavano, Alan rifletté: Questa
non mi ci voleva. Adesso posso solo sperare che non abbia pescato tutte
queste
gran carte.
Ma
sfortunatamente, quella sera le stelle rilucevano sinistre per lui.
Mera
guardava la sua mano come se avesse appena trovato la mappa per una
miniera
d’oro. Era passata da zero a sei in un lampo, e ora si poteva
ricominciare a
ballare.
-
Permettimi di mostrarti quanto ho detto poco fa –
intonò la rossa, togliendo
una delle carte dal ventaglio. – E cioè come
affidarsi allo stesso mostro sia
un gravissimo errore.
La
posizionò. – Gioco Lancio del Martello!
La
carta ritraeva un enorme martello di legno che schiacciava dei goblin.
Alan strabuzzò
gli occhi: - Oh merda!
-
Eggià – sorrise lei. Subito dopo, un grosso
martello di legno comparve sopra a
Drago Tricorno, per poi spiaccicarlo come fosse stata una mosca. Gli
arti del
drago si piegarono fuori dal raggio dell’arma, mentre un
ultimo verso soffocato
accompagnava la dipartita della creatura.
-
Lancio del Martello è semplice ma efficace –
spiegò Winona. – Distrugge il
mostro scoperto col più alto numero di punti
d’attacco. Alan ha perso il suo
Drago per ben due volte nella stessa partita.
-
Errore da principiante – commentò Sapphire
dall’alto del suo rifugio. – Pensavo
fossi più sveglio di così, Alan.
Anche
Gary, dal canto suo, era deluso. – Si può sapere
che diavolo ti è preso? - domandò,
come se l’altro potesse sentirlo. – Commettere
simili errori da novellino non è
da te.
C’era
una punta di amarezza e rimprovero nella sua voce.
-
E ora – proseguì Mera – è
tempo di dare una bella svolta a questo duello così
noioso, non trovi?
No,
Alan non trovava, ma si limitò a digrignare i denti.
Mera
proseguì. – Evoco Madre Grizzly in posizione
d’attacco!
Un
grosso e furioso orso dal pelo nero si levò imponente,
superando i due metri
d’altezza, e coprendo ad Alan la vista della sua avversaria.
Ringhiava
rabbiosa, come se le avessero toccato i cuccioli. (Attributo: Acqua;
Lvl: 4;
Tipo: Guerriero-Bestia/Effetto; ATK: 1400; DEF: 1000).
-
E ora – continuò – rimuovo dal mio
cimitero Kaiser Cavalluccio Marino e Pesce
dai 7 Colori…
Mostrò
all’altro una carta. – Per poter evocare con
evocazione speciale Fenrir!
Prima
si udì un ululato, che spinse tutti a guardarsi intorno, e
subito dopo
dall’ologramma emerse un grosso lupo grigio e dagli occhi
rossi che brillavano
come fari. Sembrava un lupo che si preparava a diventare uomo, o un
uomo che
non aveva finito di trasformarsi in un lupo, e anche questo era enorme.
(Attributo: Acqua; Lvl: 4; Tipo: Bestia/Effetto; ATK: 1400; DEF: 1200).
-
Sfortunatamente, nessuno dei due beneficia del bonus ambiente dato da
Umi. Ma
sono comunque entrambi sufficientemente forti per distruggerti!
Puntò
il dito. – Vai Fenrir, distruggi Pterodattilo Nero!
Il
lupo si lanciò all’attacco, e con una sferzata
d’artiglio lo fece a fettine.
Alan si difese dalle schegge olografiche che gli arrivarono in faccia.
LIFE
POINTS ALAN: 5700
LIFE
POINTS MERA: 5750
-
E ora è il tuo turno, Madre Grizzly!! – Alle
parole di Mera, Alan si vide
l’imponente orso caricarlo a quattro zampe. Il suo cuore
mancò un colpo quando
quello gli lanciò un’artigliata. Perse
l’equilibrio e scivolò all’indietro.
Qualcuno lanciò un grido; udì, lontana anni luce,
la voce di Barney che gli
urlava di stare attento. Ma Alan in quel momento ringraziò
la sua proverbiale
agilità, trovò subito un’altra roccia
dietro di sé e quindi controbilanciò con
il tallone, per poi portare indietro anche l’altro piede. Ora
era arretrato di
un passo, ma non era ancora caduto in acqua.
Sulla
riva, qualcuno tirò un sospiro di sollievo; Barney e Serena
tra questi.
LIFE
POINTS ALAN: 4300
LIFE
POINTS MERA: 5750
-
Tutto bene? – domandò la sua avversaria con una
punta d’ironia. Alan strinse i
denti, e poi fece una risata nervosa.
-
Preoccupati per te stessa – le raccomandò.
– Perché tra un po’ ne avrai
bisogno.
-
Mpf, giocare a fare lo spavaldo è inutile con me –
e detto questo, posizionò
due carte coperte e terminò il turno.
-
Molto bene, pesc…! – Ma il duel disk
lampeggiò di rosso e gli comparve la
scritta errore. Alan lo guardò con paura: - Si è
danneggiato con gli schizzi
d’acqua?
Ci
mancava solo quello. Ma le risate di Mera lo smentirono.
-
Mi spiace – si scusò, sinceramente – ho
dimenticato di avvertirti del potere
speciale di Fenrir. Quando distrugge un mostro in battaglia, il
possessore di
quel mostro non può condurre la sua Draw Phase per quel
turno.
-
Stai scherzando? – Alan guardò il lupo grigio, la
fronte madida di sudore.
-
Oh, nient’affatto. – Ma Mera lo
rassicurò. – Tuttavia, hai sei carte in mano
grazie alla mia generosa pescata. Immagino che per un campioncino come
te non
sarà un problema farci qualcosa, no?
Se
questo fosse il mio deck,
pensò nervoso mentre guardava la propria mano, a quest’ora non si sarebbe neanche posto
il problema, perché
probabilmente avresti già perso. Ma è inutile
continuare a pensare alle favole:
questo non è il mio fottuto deck, questa è una
fottuta truffa!
Si
tenne le piastrine. Lucius, sto cercando
di fare più in fretta che posso. Ma temo di aver esaurito la
mia proverbiale
fortuna, e di aver imparato la lezione nel peggior modo
possibile…
La
sua mente volò nuovamente all’arena…
-
Combatti!! – Lucius lo stava
esortando, mentre davanti a lui c’era un’imponente
scheletro con un sudario
viola e un’aura maligna attorno. I suoi punti
d’attacco avevano toccato i 3000,
lo stesso valore del leggendario Drago Bianco Occhi Blu di Seto Kaiba.
-
Avresti fatto meglio ad
ascoltarmi, ragazzo – stava dicendo il nero –
perché sarebbe finito tutto molto
più in fretta.
Poi
un sorriso non ancora del tutto
rilassato comparve sul suo volto. – Ma ce l’ho
fatta, alla fine…
A
quel punto, il giovane Alan,
dall’altra parte dell’arena, scoppiò in
una risata fragorosa. – Temo tu abbia
preso un granchio – gli rispose, e il sorriso
sparì dal volto di Lucius. – Io
sono tutt’altro che finito. Quello, casomai, sei tu.
E
prese una delle carte che aveva
in mano. – Permettimi di rispedire il tuo patetico
scheletrino nella fossa.
Assieme al resto dei tuoi life points.
-
Non puoi! – aveva protestato
l’uomo. – E’ impossibile, ormai,
sconfiggere il mio Re dei Servitori del
Teschio!!
Ma
Alan non aveva perso il suo
sorriso. – Oh, questo lo dici tu. Adesso sacrifico Kaiser
Cavalluccio Marino
attivando il suo potere speciale!
Il
guerriero marino si illuminò di
un’aura dorata, poi diverse crepe si formarono sulla sua
corazza, lasciando
emergere fasci di luce.
-
Cosa… cosa stai…? – Ma Lucius non
riuscì a finire la frase, perché
un’esplosione di luce lo costrinse a
schermarsi gli occhi.
E
successivamente, due immense ali
si spiegarono gettando la loro ombra sopra di lui.
Persosi
nuovamente fra i ricordi, Alan spostò lo sguardo dalla
propria mano a Mera.
Dio, quanto era bella, e quanto avrebbe voluto non dover lottare
così contro di
lei. Si meritava di più, molto di più. Sarebbe
stato tentato di dare forfait
anche solo per la vergogna che provava, se non fosse che quello andava
contro
la sua etica di duellante, e che avrebbe significato dover rivelare
ciò che per
nessun motivo avrebbe mai dovuto rivelare.
Quel
pensiero spostò il suo sguardo verso Lance. Non lesse
niente, se non sdegno,
negli occhi del rosso. E promise a sé stesso: Un
giorno sistemerò anche te. Non so ancora come, ma lo
farò.
Non
aveva idea di quanto avesse ragione.
-
Sto aspettando – lo esortò Mera. –
Comincio a stancarmi. E anche i miei fan.
Di
risposta, dei sonori “buuu!” si levarono dalla
folla.
-
Ma se i tuoi fan sono tutti ologram… ah no, ho sbagliato
duello – borbottò
Shaun tra sé e sé. Vicino a lui sulla riva,
Serena guardò Winona e le domandò:
- Pensi che Alan ce la farà?
-
Difficile a dirsi – le rispose onestamente la ragazza dai
capelli lilla. – Ora
come ora, sta messo un po’ nella merda. Però
è bravo, quindi se non si fa
prendere dal panico potrebbe anche trionfare.
Ma
la vedo grigia,
pensò.
-
Va bene – si risolse Alan. – Fammi vedere come
rispondi a questo! Gioco
Cavaliere della Regina in posizione d’attacco!
Una
bella guerriera dai capelli biondi e con un’armatura rossa,
armata di spada e
scudo, con un elmo alto e la corazza ricoperta dai simboli dei semi
delle carte
fece la sua apparizione. (Attributo: Luce: Lvl: 4; Tipo: Guerriero;
ATK: 1500;
DEF: 1600).
-
E la equipaggio subito con Ascia Ferro Fortuito! –
esclamò il duellante,
pescando una carta magia da quelle che aveva in mano. La spada e lo
scudo della
cavaliera furono sostituiti da un’ascia nera con delle
scritte luminose vergate
sulla parte piatta della lama. Il suo attacco schizzò a
duemila punti.
-
Subito dopo, attivo la carta magia Agnelli Dispersi, per evocare due
segna
mostro!
I
due batuffoli di pelo comparvero dal lato di Alan, tutti contenti
nonostante i
loro zero punti di attacco e difesa. Mera lo giudicò con
sguardo tagliente.
-
Pensi di nasconderti dietro a una difesa così esile?
– lo provocò. Ma Alan le
rispose per le rime: - Io non mi sto affatto nascondendo.
L’espressione
dell’altra mutò. Subito dopo, Alan prese
un’altra carta dalla sua mano e la
mostrò: era Controlla Avversario.
-
Con questa carta, posso scegliere di sacrificare uno dei miei mostri
per
prendere il controllo di uno dei tuoi fino alla fine del turno
– spiegò. –
Quindi adesso sacrificò uno dei miei segna mostro Agnello,
per prendere il
controllo del tuo Fenrir!
Il
controller gigante si materializzò dalla parte di terreno di
Alan, e con la sua
combinazione di tasti il grande lupo Fenrir scattò
all’erta, gli occhi che
lampeggiarono come i fari di un auto. Spiccò un balzo e si
posizionò dalla
parte di Alan, ringhiando contro la sua padrona.
Ma
quella rimase impassibile.
È
glaciale,
osservò Alan. Nonostante ora
l’abbia
messa con le spalle al muro, non dà alcun segno di
cedimento…
Strinse
i denti. No, non posso farmi prendere dal
panico ora. Il vantaggio è dalla mia parte, quindi devo
procedere senza
esitare.
E
così fece. – Coraggio Cavaliere della Regina,
distruggi Madre Grizzly!!
La
bionda cavaliera spiccò un balzo per poi abbattere la sua
ascia sul possente
orso. Un taglio fiammeggiante lo divise in due, facendolo esplodere. Le
schegge
olografiche finirono tra i capelli di Mera, che si riparò
con un braccio.
LIFE
POINTS ALAN: 4300
LIFE
POINTS MERA: 5150
-
E ora è il tuo turno Fenrir, attac… - Ma il
ragazzo si bloccò per via dello
sguardo e delle parole di Mera.
-
Non credo proprio – lo contraddisse infatti la rossa.
– Quando Madre Grizzly
viene distrutta in battaglia, il suo potere speciale mi consente di
chiamare in
campo un altro mostro di attributo Acqua, purché abbia
massimo millecinquecento
punti d’attacco.
Alan
si ritrasse. – Dannazione.
Mera
estrasse il suo deck a ventaglio e prese una carta. – E io
scelgo un’altra
Madre Grizzly!
Un
nuovo orso comparve sul terreno, innalzandosi sulle zampe posteriori e
ruggendo
contro Alan. Ora, Fenrir si trovava contro un avversario dello stesso
livello.
Ma
almeno eliminerò anche il suo
mostro…,
e il ragazzo la trovava una soluzione migliore
della semplice resa.
-
Vai Fenrir, distruggila!! – gridò. Il lupo si
lanciò all’attacco a fauci
spalancate. Lui e la Grizzly si avvinghiarono in una feroce battaglia,
prima di
esplodere entrambi in fumo e fiamme.
-
Metto una carta coperta – si risolse Alan, che ora contava
solo su Cavaliere
della Regina – e termino il mio turno.
Mera
sorrise. – Bene. Dato che non ho subito danni da battaglia da
parte di Fenrir,
posso condurre tranquillamente la mia Draw Phase.
Pescò
la sua carta, in una maniera quasi elegante, e le sue belle labbra si
curvarono
in un sorriso.
-
Ottimo – disse. – Sei pronto, Alan?
Perché da adesso non ti farò più
concessioni.
E
quando mai me le hai fatte?,
pensò l’altro.
-
Come prima cosa, scopro la mia trappola: Chiamata del Posseduto!
La
carta raffigurava una sfilza di lapidi dalle quali si alzava del fumo
violaceo.
Quella carta inquietò Alan in un modo particolare; era una
delle più famose del
Duel Monsters, ma per lui aveva un significato molto profondo.
-
Con Chiamata del Posseduto, posso riportare in vita dal cimitero uno
dei miei mostri,
e io scelgo Madre Grizzly!
Per
la terza volta, il grosso orso fece la sua apparizione dalla parte di
Mera.
Alan se lo vedeva già che gli correva incontro. Ma venne
subito smentito.
-
Tuttavia non resterà a lungo con noi –
proseguì Mera, che separò la carta che
aveva appena pescato dall’altra che aveva in mano.
– Perché ora lo sacrifico…
L’orso
venne avvolto da una spirale di luce, prima di scomparire. Mera
sollevò la carta:
- Per evocare Mobius, il Monarca Glaciale!!
Un
vortice di neve si sollevò dall’ologramma della
carta, e parte di Umi si coprì
di ghiaccio. Subito dopo, un gigante in armatura bianca e con un
mantello blu
si posizionò sul terreno, inginocchiandosi e appoggiando i
pugni a terra come
un gorilla. Un vento gelido spirava dalla sua figura, e Alan si
sentì molto,
molto piccolo. (Attributo: Acqua; Lvl: 6; Tipo: Acqua/Effetto; ATK: 2600; DEF: 1200).
-
Ohhh merda – fece Barney – quel coso è
più
grosso del mio Barnoccolo!
E
sì, ovviamente si riferiva al suo pene.
-
Cazzo… - mormorò Winona. – Ora
sì che Alan
è nella merda. E non è neanche il mostro
più forte di Mera…
-
Cosa?! – esclamò Barney. –
Com’è possibile?
Ha tantissimi punti di attacco!
-
Ingenuo – gli rispose la ragazza dai
capelli lilla. – Mera sta giocando con lui come il gatto col
topo. Con questa
mossa, è come se volesse dimostrare che non le serve il suo
mostro più forte
per mettere al tappeto Alan.
Si
strinse il braccio. Spero tanto che peschi la
mia carta…
Sul
terreno di gioco, Alan cominciò
inaspettatamente a ghignare. Mera inarcò un sopracciglio.
– Che ti prende? –
domandò serafica.
-
Oh, nulla di che – fece il moro – se non
che sono contento.
-
Contento di cosa?
-
Del fatto che sei caduta nella mia
trappola! – E a quel punto, il ragazzo stese il braccio.
– Ero preparato a
questa eventualità Mera, ed è per questo che ho
giocato Buco Trap…
Ma
quello che vide gli fece letteralmente gelare
il sangue nelle vene. L’ologramma
della sua trappola coperta era completamente imprigionato da cristalli
di
ghiaccio.
-
Co… cosa? Quando è successo?!
E
non era l’unica cosa ad essersi congelata;
anche l’Ascia Ferro Fortuito nelle mani di Cavaliere della
Regina era diventata
un blocco di ghiaccio. Il sorriso sottile di Mera ammazzò
tutto l’entusiasmo
dell’altro.
-
Te l’ho detto – gli ripeté –
io posso
contrastare ogni tua mossa. Non importa che carte giochi, o cosa tenti
di fare.
Il mio deck è molto, molto più forte del tuo
mazzo assemblato.
Guardò
Mobius, che torreggiava dal suo lato
del campo da gioco. – Quando il mio Monarca Glaciale viene
evocato con
successo, posso scegliere fino a due carte magie o trappola sul
terreno, e
renderle completamente inutilizzabili.
I
cristalli di ghiaccio esplosero per la
pressione, e Alan dovette dire addio a Buco Trappola ed Ascia Ferro
Fortuito.
Non
sta succedendo davvero…,
pensò. Ma purtroppo era così.
E
Mera chiuse il pugno, e da implacabile
esecutrice della volontà divina esclamò: - Il tuo
mostro ora è tornato ai suoi
punti d’attacco originali, ed è ancora
più debole di fronte alla Lancia di
Ghiaccio del mio Mobius!!
Il
gigante chiuse il pugno, sul quale si
formò uno strato di ghiaccio, che poi sparò sotto
forma di lancia; questa
trapassò il petto del Cavaliere della Regina, che divenne
una statua di
ghiaccio prima di finire in pezzi. Alan si coprì il volto e
soffocò un grido.
LIFE
POINTS ALAN: 3300
LIFE
POINTS MERA: 5150
-
Ricorda che ride bene chi ride ultimo, Alan
– lo rimproverò Mera. – Termino il mio
turno.
Alan
ingoiò il rospo e pescò la sua carta. La
mostrò subito: - Uso Anfora
dell’Avidità per pescare due carte.
Le
estrasse e le esaminò. Grande Angus,
pensò, è la carta di
Serena. Ma in questo contesto,
con Umi sul terreno, non è particolarmente vantaggiosa.
Scoccò
una rapida occhiata alla ragazza, che
osservava il duello con apprensione. Lei intercettò il suo
sguardo e cercò di
mostrarsi sicura per motivarlo. Alan sentì di poter quasi
arrossire; sì, era
minuta, e per certi versi anonima, ma la trovava veramente carina.
Tornò
a concentrarsi sulle carte. Tuttavia,
ragionò poi, potrei guadagnare del
tempo con quest’altra
carta…
Osservò
il terreno di gioco. Mera ha ancora una carta
coperta, e fin’ora
si è dimostrata in grado di anticipare tutte le mie mosse.
Ma se pescassi la
carta giusta…
Guardò
il suo duel disk. Allora potrei ribaltare la
situazione.
Stava
sudando. La rossa, davanti a lui, erra
invece tranquillissima, le braccia incrociate e lo sguardo fisso. Lo
stava
guardando, o stava pensando? Impossibile saperlo.
Tanto
vale tentare.
Si
decise, e separò una delle carte: -
Evoco
Grande Angus in posizione di difesa – annunciò.
La
grossa bestia rossa era decisamente fuori
posto in quel grosso oceano, ma si acquattò emettendo un
ringhio gutturale, i
denti scoperti e gli occhi feroci che fissavano l’altra.
(Attributo: Fuoco;
Lvl: 4; Tipo: Bestia; ATK: 1800; DEF: 600).
-
Mpf – Mera fece un sorrisino. – Sei
fortunato che il tuo mostro sia di tipo Bestia, e non di tipo Pyro. O
Umi
avrebbe ridotto il suo attacco di duecento punti.
Guardò
il suo Mobius. – Non che cambi molto,
comunque.
Questo
lo so perfettamente,
pensò
Alan, cercando di mantenere il controllo. Poi disse: - Io non ho ancora
finito,
perché ora gioco quest’altra carta.
E
la mostrò. – La magia continua Messaggero
di Pace.
La
carta raffigurava un uomo vestito con un
saio e un mantello viola. Aveva un’aura divina che lo
illuminava da dietro,
stringeva un libro, probabilmente una Bibbia, al petto con una mano,
mentre
l’alta era alzata in segno di pace. Aveva un ciondolo verde
al collo e una
colomba posata sulla spalla sinistra.
Mera
corrugò la fronte. – E così vuoi
impedirmi di attaccare, eh?
Fece
un sorrisetto. – Prendere tempo non ti
servirà a nulla, però.
Alan
posizionò la carta. – Questo lo vedremo.
-
Sono confuso – ammise Barney. – Cosa stanno
dicendo?
Fu
Serena a rispondergli. – Con Messaggero di
Pace in gioco, nessun mostro che abbia 1500 o più punti
d’attacco può
attaccare. Alan si è così garantito una difesa
contro Mobius, almeno per il
momento.
Ma
non c’era sollievo nella sua voce mentre
lo diceva. Stessa cosa valeva per quel che pensava Luvia, in disparte e
altezzosa come sempre anche nel portamento. Sì,
per quel che può valere. È una difesa debole:
qualunque carta magia o trappola
può spazzarla via. Se pensa che questo gli
basterà a pararsi il culo da Mera,
si sbaglia di grosso.
Si
morse un’unghia con frustrazione. Dannazione.
Alan
è alle strette,
pensò
Lance. È evidente che ha esaurito
le
possibilità del suo deck attuale.
Chiuse
gli occhi e abbozzò un sorrisino. Prevedibile,
non ha mai avuto speranze contro
Mera.
Così
dovrei aver guadagnato un po’ di tempo,
pensò Alan, guardando il suo terreno di gioco. Uno dei suoi
segna
mostro evocati da Agnelli Dispersi era ancora sul terreno, ma non
avendo punti
d’attacco o difesa non serviva a nulla. D’altro
canto, Mera aveva sul terreno
quel colosso di Mobius, e per lui era attualmente impossibile da
buttare giù.
Devo
inventarmi qualcosa,
pensò
allarmato.
-
Termino il mio turno – dichiarò. Aveva solo
una carta in mano, ed era quella Spada di Bamboo Spezzata che non
serviva
assolutamente a nulla. L’avrebbe scartata alla prima
occasione utile.
Mera
pescò, guardò la carta appena presa e si
limitò a dire: - Passo.
Ci
fu più di qualcuno che lanciò un verso
sorpreso.
-
Mera non fa nulla? – domandò Barney.
-
Sono ad una specie di stallo – disse
Winona. – Ora i potenti mostri di Mera non possono attaccare,
a meno che lei
non trovi il modo di liberarsi di quella carta magia.
Alan
pescò. – Passo anch’io.
Mera
lo seguì. – Passo ancora.
Qualcuno
cominciò a lanciare versi di
disapprovazione.
-
Pesco – disse il moro – e passo di nuovo.
-
Ma che diavolo fanno? – domandò Barney.
–
Così il duello non finirà mai.
Ho
capito,
pensò Lance. E,
quasi telepaticamente, sua sorella dall’altra parte del campo
di gioco disse: -
Stanno approfittando dell’occasione per riempirsi le mani.
Si
batté un pugno sul palmo aperto nel dirlo.
– Si stanno preparando per la loro prossima mossa.
-
Qualunque essa sia – disse Shaun, che ora
si stava mordicchiando un unghia. – Alan è alle
strette. E se Mera riesce a
sbloccarsi sarà completamente travolto dalla sua offensiva.
-
Speriamo in bene – disse Serena.
Avanti,
pensò Luvia, nervosa. Questo
duello sta diventando sfiancante. Sbrigatevi a fare qualcosa.
Non me ne frega nemmeno più di questo stupido concorso,
voglio solo che
qualcuno perda e che questa tortura finisca!
Aveva
una vena che le pulsava sulla fronte, e
muoveva il piede come fosse un cavatappi, torcendolo.
Mera
pescò ancora, e di nuovo passò. Ora la
rossa aveva quattro carte in mano; ma non accennava ancora a fare
nessuna
mossa.
Alan
pescò, e questa volta disse: - Posiziono
una carta coperta, e poi sacrifico il mio ultimo segna-mostro per
chiedere
l’intervento di Ohka – Mech Maestoso!
Il
leone alato meccanico arrivò ruggendo in
una nube di polvere rosa e bianca, impennandosi sulle zampe posteriori
come un
cavallo, e spiegando le ali meccaniche. Il suo ruggito creò
increspature sulla
superficie dell’acqua. (Attributo: Luce; Lvl: 6 Tipo:
Fata/Effetto; ATK: 2400;
DEF: 1400).
Mera
ridacchiò. – E allora? Il tuo mostro non
può attaccare per effetto della tua stessa carta, e anche se
potesse Mobius è
ancora più forte di lui.
Alan
si sforzò di non replicare, la fronte
madida di sudore. Si sentiva la camicia attaccata al corpo. Aspetta e vedrai, Mera. Al prossimo turno
userò Vortice, che ho qui in mano, per distruggere
Messaggero di Pace, e subito
dopo potenzierò Ohka con la mia carta coperta, Rinforzi, per
distruggere il tuo
Mobius. A quel punto, Angus avrà campo libero.
Strinse
il pugno. E ti pentirai di avermi sfidato!
-
Pesco! – esclamò la rossa. Ora aveva cinque
carte in mano. Gli si accesero gli occhi nel vedere l’ultima
carta, cosa che
non prometteva niente di buono, almeno per Alan.
Mera
sorrise in modo gelido. – Preparati,
Alan – disse – la pacchia è finita.
Alan
deglutì.
-
Come prima cosa – fece la rossa – rimuovo
dal mio cimitero Madre Grizzly e Fenrir, per poter evocare un altro
Fenrir!
Il
grosso lupo grigio con due fari rossi al
posto degli occhi si innalzò ancora, ululando alla luna. Un
brivido gelido
corse lungo le braccia scoperte di Alan. Non
farti prendere dal panico, disse a sé stesso, per effetto del bonus ambiente lui guadagna
duecento punti, il che
significa che raggiunge proprio quei millecinquecento che gli
impediscono di
attaccare.
Fece
un sorrisetto stentato. E ora che farai, Mera?
Per
tutta risposta, quello della rossa non fu
affatto un sorriso stentato. Prelevò un’altra
carta da quelle che aveva in
mano, e qualcosa diceva all’altro che fosse proprio la carta
che aveva appena
pescato.
-
Sei pronto ad ammirare un potere che non
puoi sconfiggere? – gli domandò, e quelle parole
lo fecero rabbrividire. Gli
occhi di bronzo dell’altra scintillarono: - Pronto o no,
niente ti salverà da
quello che sta per arrivare.
-
Oh no – mormorò Winona. – Non dirmi che
lo
ha pescato…
La
duellante fece il suo annuncio: -
Sacrifico Mobius e Fenrir!!
I
due vennero avvolti dai flutti e
scomparvero. Alan era incredulo. Cosa?!
Perché ha sacrificato Mobius?? Cosa diavolo sta evocando?
Non
dovette attendere molto la risposta. –
Vieni a me, potente drago degli abissi!
Mera
abbatté la carta sul duel disk. – Levia
Dragone Dedalo!!
Un
enorme spruzzo d’acqua, simile allo
sfiatatoio di una titanica balena, si sollevò al centro
dell’arena, schizzando
verso l’alto. Tutti i presenti guardarono a bocca aperta,
incapaci di proferire
parola. Poi il getto si curvò fino ad annodarsi su
sé stesso, assumendo la
forma di spire inquietanti. Infine, l’acqua esplose ovunque,
rilevando il corpo
gigantesco di un serpente marino. Il ventre era bianco e liscio, mentre
il
dorso era corazzato e azzurro, con una lunghissima cresta dorsale rosso
vivo
che arrivava fino alla coda, che terminava con quattro pinne rosse. Il
collo e
la testa erano corazzati da una fila di placche sovrapposte, aveva
quattro
arti, ognuno con tre artigli, sparsi lungo il corpo, e un volto
sormontato da
una scaglia a punta. La bocca era piena di denti affilatissimi, come
quelli di
uno squalo, e gli occhi erano piccoli e malefici.
Mentre
le sue spire si arrotolavano come
montagne russe fatte d’acqua, la creatura guardò
Alan e lanciò un ruggito che fece
assordare chiunque. (Attributo: Acqua; Lvl: 7; Tipo: Serpente
Marino/Effetto;
ATK: 2800;
DEF: 1700).
Alan
si fece indietro, ancora una volta
rischiando di cadere. Fissò la creatura gigantesca che si
ergeva sopra di lui.
-
E così… sarebbe questo il tuo mostro
migliore? – chiese, rabbrividendo quasi. La risposta era
ovvia. Mera ora lo
guardava fiera e altezzosa come una divinità, le braccia
conserte e il duel
disk illuminato che mostrava la carta posta su di esso. Il drago marino
intanto
stava spiegando le sue spire dietro di lei.
-
Esatto, Alan – confermò. – Ora che hai
visto il mio Levia Dragone Dedalo hai capito che non hai modo per
sconfiggermi.
È ora di chiudere qui la partita.
Strinse
il pugno, e subito dopo stese la
mano. – Attivo il potere speciale della mia creatura:
sacrificando Umi sul
terreno, posso distruggere ogni altra carta a eccezione del mio mostro!
Alan
era sbiancato. – COSA?!
-
Vai Levia Dragone Dedalo, usa il tuo
Tsunami e spazza via ogni cosa!!
La
bestia si innalzò emettendo un possente
verso, un grido lancinante di rabbia e potenza. Le acque cominciarono
ad
agitarsi e ribollire sotto di lui, finché Umi non si
trasformò in una
gigantesca onda anomala, pronta ad abbattersi sul lago.
-
OH SANTA POLENTA!! – esclamò Barney.
-
Qua finiamo come morto de la ucciso – disse
Shaun, balzando in piedi.
L’onda
si piegò, travolgendo il campo da
gioco. Alan si parò ripetendosi costantemente che erano solo
ologrammi, era
tutto finto, non stava per essere trascinato via davvero dalla
corrente. Ma la
sua mente non poteva fare a meno di ingannarlo e di fargli percepire
l’acqua
che gli scorreva addosso. Ohka ne venne travolto assieme a Grande
Angus, e
anche la magia Messaggero di Pace venne distrutta.
Quando
la marea si placò, un sacco di gente
era visibilmente scossa; ma tutto era tornato alla
normalità. La cascata ora
era solo la cascata, e il laghetto era solo il laghetto.
Ma
Alan era scoperto. E aveva improvvisamente
freddo.
Mera
non perse tempo. – Facciamola finita,
Alan – e stese il braccio. – Vai, Levia, attacca i
suoi life points con
Idrocannone!!
Il
drago caricò fra le fauci una sfera blu,
poi sparò un getto d’acqua ad alta pressione
percorso da spirali di spuma
marina. Alan incrociò le braccia e chiuse gli occhi, la sua
mente che gli fece
percepire l’impatto reale. Perse l’equilibrio e
atterrò di schiena sulla roccia
dietro di lui. Le scarpe gli affondarono nel laghetto, inzuppandosi
completamente.
LIFE
POINTS ALAN: 700
LIFE
POINTS MERA: 5150
-
Alan, non mollare! – gridò Barney dalla
riva. Alan aveva la testa che gli rimbombava e non riusciva a sentirlo.
L’unica
cosa a cui pensava erano i piedi bagnati e il fatto che stesse per
perdere il
duello.
Ormai
siamo al limite,
pensò
Lance a braccia conserte. Alan non ha mai
avuto speranze contro Mera. E questo duello è durato fin
troppo.
Abbozzò
un sorriso, che rifletteva la
corruzione del suo animo in corso. Presto
il tuo segreto sarà rivelato.
-
Avanti bruh, tirati su! – lo incitò anche
Shaun.
-
Resisti! – gridò Serena.
-
Avanti Alan, sai fare meglio di così! Lo
hai già dimostrato – e quell’esortazione
veniva da Winona, che strinse il pugno
con forza. Il ragazzo si tirò nuovamente in piedi,
stringendo i denti. Levia
torreggiava sopra di lui, le spire azzurre che sembravano non avere
fine. Senza
Umi in campo, era tornato al suo valore base di 2600 punti; ma era un
numero
ancora troppo alto, inscalfibile per i mostri del suo deck.
“Suo”.
Non era suo. Forse era vero che non si
poteva vincere con un deck che non sia proprio. Forse le carte hanno
una loro
volontà e forse le promesse non vanno infrante.
No,
si corresse subito dopo, e strinse forte le
piastrine. Non si era mai dimenticato del loro peso, ma ormai gli era
diventato
familiare. Erano roventi.
Staccò
subito la mano.
Non
sono tipo che si arrende così. Già che sono in
ballo, devo ballare.
Guardò
la sua mano. Aveva Spada di Bamboo
Spezzata e Vortice. Neanche un mostro, e comunque nessuno di essi era
abbastanza forte per combattere Levia. O meglio, uno c’era,
ma era stato
spedito al cimitero non una, ma ben due volte.
-
Posiziono una carta coperta – disse la
ragazza – e terminò il mio turno.
I
suoi occhi di bronzo lo guardarono e
giudicarono senza alcuna pietà. – Fai le tue
ultime mosse. Perché nulla può
salvarti dal mostro più terribile del mio deck.
Come
per risposta, Levia emise un ringhio
sommesso. Era un verso antico, che risuonava dagli abissi.
Alan
avvicinò la mano al suo duel disk.
Provava un fastidio bestiale per le scarpe e i piedi zuppi, ma non
poteva
deconcentrarsi. Afferrò la carta, ma attese ad estrarla.
Mi
trema la mano,
realizzò. Pazzesco. Non mi sono
mai
tremate le mani in tanti anni di duelli, in tanti tornei. E lo fanno
ora,
contro…
Guardò
la sua avversaria. Contro di lei.
Al
riparo su una delle collinette, Gary si
stava spazientendo. Si era poggiato al tronco di un albero, e aveva
un’espressione di disappunto sul viso.
-
Sei veramente arrugginito, Alan – commentò
aspramente. – Evidentemente mi sono sbagliato sul tuo conto.
Alan
cercò di tranquillizzarsi. Una voce nel
profondo della sua psiche gli disse: Ricorda
per un istante chi eri. Ricorda il duellante senza paura che dominava
le arene
dei duelli. Ricorda il bambino prodigio che tutti ammiravano e tutti
temevano.
Poi
aggiunse: E anche quello che tutti odiavano.
Ricorda la loro rabbia, nell’istante
in cui riconoscevano la loro impotenza.
La
voce si fece più decisa. Tu sei
Alan Kalos. E non sei mai, mai stato
sconfitto!!
Fu
allora che la mano di Alan smise di
tremare.
I
suoi occhi si fissarono con decisione sulla
rossa. E dichiarò: - Il duello non è ancora
terminato!
Mera
dischiuse le labbra, lo stupore sul suo
volto. Credeva di averlo ormai abbattuto. Tutti i suoi avversari si
erano
sempre sentiti schiacciati dalla potenza di Levia. Quindi
perché lui non
cedeva?
-
Pesco! – Alan guardò la carta e sbatté
velocemente le palpebre. La mostrò all’avversaria,
e al loro pubblico: - Gioco
anch’io la Carta di Santità!
-
Cosa?! – Mera non se l’aspettava.
Alan
pescò velocemente quattro carte; Mera,
dal canto suo, doveva prenderne solo due. Lance strinse i denti: Non pensavo avesse anche lui una Carta di
Santità. Mpf, poco male. Tanto non ha mostri in grado di
battere Mera.
Alan
guardò le carte appena pescate, e non
poté trattenere un sorrisino.
-
Si può sapere perché sei così
contento? –
gli domandò stizzita la sua avversaria.
Alan
le rispose con un sorriso meraviglioso.
– Perché non hai idea di quello che sta per
arrivarti addosso. Il corso della
partita sta per cambiare, Mera, e tu stai per perdere!
Le
puntò il dito contro.
Ma
di che parla? Sono in netto vantaggio, e ho dalla mia un mostro
imbattibile.
Guardò
poi la sua carta coperta. Oltretutto, la mia
magia rapida è in grado
di spazzare via qualsiasi mostro potente gli sia rimasto in campo.
Strinse
il pugno. Non ha alcuna
possibilità di ribaltare la situazione!
Anche
Lance, che osservava il tutto a braccia
incrociate, pensava le stesse cose. Alan
sta palesemente bluffando. È impossibile che riesca a
sconfiggere Mera. Ha già
distrutto Drago Tricorno più di una volta, e non ha altri
mostri così forti nel
suo deck.
Poi
un pensiero lo colpì come una scarica
elettrica. A meno che…
Voltò
gli occhi di scatto verso la ragazza
dai capelli Lilla. Winona! Che carta gli
ha dato lei?
Una
goccia di sudore gli scese lungo la
fronte. No, si convinse, non ha alcuna importanza.
Ma
importanza ne aveva eccome.
-
Secondo voi Alan è impazzito o fa sul
serio? – chiese Shaun.
-
Alan è già riuscito a ribaltare la
situazione in più occasioni – disse il biondo al
suo fianco. – Sono sicuro che
abbia trovato il modo anche stavolta.
-
Me lo auguro – commentò Winona, a braccia
conserte. – O sarà annientato al prossimo turno.
Spostò
lo sguardo su Levia, che torreggiava
sul terreno, imperioso e invincibile.
-
Preparati, Mera! – la avvisò Alan. –
Posiziono subito un mostro coperto! E poi metto questa carta coperta!
I
due ologrammi comparvero sul terreno. – A
te la mossa!
Mera
scoppiò a ridere. – E questa sarebbe la
tua incredibile strategia per sconfiggermi?!
Pescò
una carta. Tch, nessun mostro eh?
Be’, non importa, Levia mi basta e avanza. Anche
se non pescassi altri mostri fino alla fine del duello, Levia
può annientare
qualsiasi sua linea di difesa. Sta solo ritardando
l’inevitabile!
Guardò
il suo mostro. – Povero illuso – gli
disse – anche se, senza Umi, il mio mostro è
tornato al suo valore originario
di duemilaseicento punti, non c’è mostro nel tuo
deck che possa tenergli testa.
Quindi barricati pure dietro a tutte le carte coperte che vuoi, ma non
ti
servirà a nulla!
Stese
il braccio. – Vai Levia, distruggi il
suo mostro con Idrocannone!!
Levia
sparò un violento getto d’acqua
pressurizzato. Il mostro nascosto dietro la carta emerse un attimo
prima di
essere distrutto dall’acqua. Era un uomo vestito da fabbro,
nudo se non per un
grembiule sporco e un cappello. Aveva in mano un martello, una pancia
prominente, la pelle arrossata e un pizzo blu come i suoi capelli. I
loro
display mostravano che avesse solo cinquecento punti
d’attacco e difesa. Venne
annientato senza pietà da Levia.
Mera
ridacchiò. – Pff, mostri del genere sono
solo dei bocconcini per il mio drago marino.
Alan
ricambiò con un sorrisino. – Sì?
Be’, ho
paura che questo bocconcino gli farà venire una leggera
carie, tra un po’.
Mera
si rabbuiò. – Che vorresti dire?
-
Il mostro che hai distrutto si chiama
Kotetsu Fabbro del Ferro – spiegò il moro.
– E quando viene scoperto, mi
permette di aggiungere una magia equipaggiamento dal deck alla mano.
Aprì
il deck a ventaglio e pescò una carta,
che aggiunse alle altre che aveva in mano.
-
Credevo di aver distrutto tutte le tue
carte equipaggiamento – rivelò la rossa.
-
Tra un po’ pregherai di averlo fatto – la
provocò Alan. – Hai finito?
Mera
dovette ammettere a malincuore che sì,
aveva finito. In quel momento, le carte che aveva in mano non le erano
di
alcune utilità. Possibile che la
mia fortuna
sia finita così? No, non è mai stata questione di
fortuna.
In
mano aveva tre trappole e quattro magie
che, in quel momento, non servivano a niente. Molte delle magie
richiedevano la
sostituzione di un mostro dell’avversario, mentre le trappole
servivano in caso
di magie e trappola scoperte o da attivare.
Ne
posizionò una coperta, e poi terminò il
turno.
-
Ottimo – disse Alan. – Pesco!
Guardò
la nuova carta, poi la aggiunse alla
mano. – Ora evoco Ragazza Arpia in posizione di difesa!!
Una
giovanissima ragazza uccello, dai bei
capelli biondi e gli occhi azzurri fece la sua apparizione. Aveva arti
da
volatile, e calze rosa, come rosa erano le fasce sulle sue braccia. Dai
gomiti
le spuntavano ali piumate dello stesso colore. Il piumaggio formava una
coda
dietro la vita, e aveva anche una piuma in testa. Si
rannicchiò emettendo un
pigolio timido. (Attributo: Vento; Lvl: 2; Tipo: Bestia Alata; ATK:
500; DEF:
500).
Mera
strinse un pugno con rabbia. – Mi prendi
in giro?! Sono questi i mostri che mi mandi contro, Alan?! Pensavo
avessi più
considerazione di me!
La
sua voce ora era di un rabbioso prossimo
alle lacrime. I presenti furono per un attimo scossi da quella reazione.
-
Mera, di che parl… - provò a dire lui, ma
lei lo interruppe furiosamente.
-
Tutti qui mi trattano come una regina solo
perché sono bella – confessò
– ma la verità è che a nessuno importa
di quanto
io sia brava!
I
suoi occhi di bronzo erano ora velati di
lacrime. – Questo corpo…
Si
toccò un seno, un gesto assolutamente
privo di volgarità, ma che anzi esprimeva la sua impotenza e
condanna. – Questo
corpo è una maledizione per me!
Tutti
la ascoltavano in silenzio ora.
-
La gente mi ha sempre dato attenzioni solo
perché sono bellissima. I ragazzi volevano avermi intorno
solo per uscire una
gran figa! Nessuno pensa mai a cosa c’è sotto
questi vestiti e questa carne.
Si
passò ora una mano sul ventre, per poi
rialzarla a pugno. – Io ho sempre lottato con le unghie e con
i denti per farmi
strada nel mondo. Ho iniziato a giocare a Duel Monsters
perché credevo mi
avrebbe dato la possibilità di affermarmi finalmente come
essere umano! Sarei
stata una duellante, al pari degli altri! Finalmente la gente non mi
avrebbe
considerata più solo perché ero bella, ma anche
perché ero forte!
Gli
urlò contro: - Quindi smettila di usare
questi mezzucci con me e dacci dentro!! O vuoi dirmi forse che un
mostro del
genere è il meglio che sai tirare fuori da quel fottuto
deck?!
Urlò
fino a sgolarsi. La gente era
ammutolita.
-
Mera… - sussurrò Rob. E non al microfono.
-
Ohi – mormorò Shaun. – Questa non me
l’aspettavo.
-
Mera… - fece Barney.
Persino
Luvia non sapeva cosa dire.
Serena,
che dalla sua era molto empatica,
aveva ora gli occhi lucidi. – Mi dispiace così
tanto…
Winona
la guardò e le poggiò una mano sulla
spalla. – Su, non fare così.
-
No – singhiozzò lei – Mera aveva bisogno
di
noi, e noi non ci siamo mai accorti che stava soffrendo.
Dall’alto
del suo albero, Sapphire disse: -
Finalmente hai fatto uscire il dolore che provavi. Tu… sei
la vera Regina,
amica mia.
Incrociò
le braccia e appoggiò la testa al
tronco, chiudendo gli occhi. Un sorriso le affiorò sul volto.
Dall’altro
lato del laghetto, Alan cominciò a
ridacchiare.
Mera
era più che ferita. – Hai pure il
coraggio di sfottermi, dopo tutto questo?
Non
se l’aspettava proprio da lui. – Siete
tutti uguali! – sbraitò.
-
Ohi, ohi, adesso fai la sessista? – Ma
nonostante le sue parole, il sorriso del ragazzo era caldo. –
Mera… sei davvero
un’ingenua.
L’altra
non fiatò.
-
Metto due carte coperte sul terreno – disse
il moro – e termino il turno.
Riabbassò
le braccia. – Sono incazzato nero.
Incazzato perché ho i piedi fradici per colpa tua. Incazzato
perché
probabilmente per essermi preso anche questa serata mi licenzieranno da
lavoro.
Incazzato perché sto infrangendo per l’ennesima
volta la promessa che ho fatto
a una persona che ho deluso.
La
indicò. – E tutto questo è colpa tua!
Quindi ora smettila di frignare, e affrontami come hai fatto
fin’ora! Da
duellante a duellante!
Quelle
parole la fecero sussultare. – Ritieni
che il mio mostro sia indegno di te? Benone! Puniscimi! Fammi vedere di
che
pasta sei fatta! Guadagnati la vittoria, guadagnati la
verità!
Fissò
Lance. – E tu! – proseguì. –
Speravi
forse di buttarmi giù con questo spettacolino? E dire che la
gente qui ti considera
il campione, il migliore di tutti!
Chiuse
il pugno fino a far sbiancare le
nocche. – Ma la verità è che non puoi
accettare che il tuo sogno venga tradito
così, dico bene? Per questo ti nascondi dietro Mera.
Lo
fulminò. – Non sei migliore di me, Lance.
-
Bada a come parli, Alan! – inveì quello,
piegandosi in avanti.
Alan
ghignò. – Certo. Anche tu sei come tutti
gli altri.
E
non disse altro.
-
Posiziono una carta coperta, e termino il
mio turno. Goditi il tuo, Mera, perché sarà
l’ultimo.
La
ragazza aveva i nervi a fior di pelle dopo
quelle parole. Era arrabbiata, era in tensione, e profondamente
umiliata. Si
passò una mano sul viso, asciugandosi le lacrime di rabbia.
Non era da lei
aprirsi in quel modo, cedere alle emozioni. Doveva assolutamente
riaversi.
Doveva soltanto terminare quel duello, e poi filare via da
lì, il più
velocemente possibile. Non le importava nemmeno più un tubo
del segreto di
Alan. Era troppo arrabbiata e triste per restare là un
secondo di più.
Ma
la peggior nemica di un duellante è la
paura. Mera aveva sempre avuto paura a lasciarsi andare in quel modo.
Si era
agitata, e questo la rendeva frettolosa e confusa.
Pescò,
e neanche il tempo di realizzare che
carta avesse preso, perché l’aveva già
posizionata.
-
Gioco Kaiser Cavalluccio Marino!! – Un
altro Kaiser emerse dal laghetto, ma stavolta Alan non si fece
intimorire.
Ordinò
subito l’attacco. – Vai, Kaiser,
distruggi subito la sua Ragazza Arpia!!
Il
cavaliere marino scattò all’assalto con la
sua lancia. Distrutto il suo mostro,
annienterò
il resto dei suoi life points con Levia.
Sorrise
nervosamente. Ho vinto!
Ma
Alan era di un altro parere. – Scopro la
mia carta trappola: Annulla Attacco!
Si
alzò la carta, che raffigurava un vortice
di luce. – No! – esclamò Mera.
– Non lo farai! Scopro la mia trappola: Tornado
di Polvere!
La
carta raffigurava un grosso vortice, con
delle piume marroni in primo piano.
-
Grazie a questa trappola, posso distruggere
una tua magia o trappola, e poi posizionarne una a mia volta!
Ma
Alan intervenne prontamente: - Oh no, non
lo farai! Attivo la mia contro trappola: Malfunzionamento!
La
carta raffigurava un macchinario che stava
letteralmente per esplodere, con il fumo che copriva buona parte del
disegno.
-
Pago 500 life points – spiegò il ragazzo
–
e così facendo la tua trappola torna coperta, e non puoi
attivarla per questo
turno!
LIFE
POINTS ALAN: 500
LIFE
POINTS MERA: 5150
Detto
fatto, la carta si riposizionò da sola.
-
Alan è agli sgoccioli – commentò
Barney,
che si stava divorando le unghie nel panico.
-
Sì, ma ha creato una catena da tre mosse in
una situazione così disperata. Niente male –
osservò Winona.
-
Una cosa, scusa? – chiese il biondo, che,
ormai si è capito, è ignorantissimo in materia di
Duel Monsters.
-
Una Catena è quando gli effetti di alcune
carte si concatenano. Nel caso di Alan, lui ha usato Annulla Attacco,
che ha
fatto scattare il Tornado di Polvere di Mera, che a sua volta ha
attivato la
contro trappola Malfunzionamento, di Alan… -
spiegò Serena, intensamente.
-
Che al mercato mio padre comprò –
intonò
Shaun, per poi ricevere un coppino da Winona.
-
Dobbiamo credere che Alan abbia un piano e
non stesse bluffando – insistette Serena. – Forza,
facciamo il tifo per lui!
-
Buona idea! – concordò il biondo, che mise
le mani a coppa davanti alla bocca. – Ehi fratello, non
mollare!
Alan
si girò verso di loro con il pollice
alzato e un sorriso sicuro. Dall’altra parte, per canto suo,
Lance urlò: -
Mera, che stai aspettando?! Finisci questo duello!
-
La tensione è alle stelle! – Bob non sapeva
davvero per chi tifare. Da un lato c’era Mera, la beniamina
del pubblico, ma
quella sera si stava comportando davvero non come suo solito. E
dall’altro
c’era Alan, che sì aveva salvato il parco, ma era
dopotutto il nuovo arrivato.
Era davvero combattuto.
Il
vecchio Dan, seduto vicino a lui, si
accese una sigaretta e ridacchiò. – Non pensavo
che questa sera mi sarei
divertito così tanto.
Aveva
la voce arrochita da fumo. Se la tirò
via dalle labbra e soffiò. – Però le
cose hanno preso una piega davvero interessante.
E ora? Cosa farà il ragazzo?
Avanti
Alan, fammi vedere se ci sai ancora fare,
pensò Gary, che aveva riacquistato il suo sorrisino
divertito. Mostrami che non hai perso la tua
capacità
speciale, quella che ti ha salvato in ogni occasione, e che ti ha reso
il
grande duellante che sei.
Socchiuse
gli occhi. Dimostrami che sei in grado di
sconfiggerla in un turno.
Mera
si ritrasse di un passo, impotente. Non farti
prendere dal nervoso, si
disse. Sta solo ritardando
l’inevitabile,
ritardando l’inevitabile, ritardando
l’inevitabile…
Se
lo ripeteva come un mantra; ma invece di
calmarla, la metteva sempre più in confusione.
-
Termino… il mio turno – disse. Perché
ho la gola secca? Fa troppo caldo
qui!
Lance
la guardava incredulo. Mera
è… nel panico?
Non
l’aveva mai vista così.
Alan
pescò la sua carta. E disse una cosa
strana: - Ultimo turno.
Un
silenzio di tomba calò sul laghetto.
Sembrava che tutti i suoni fossero scomparsi, anche il frinire delle
cicale e i
versi degli uccelli notturni. Tutto si era fermato.
Gary,
in alto sopra a tutti, fece un sorriso
folle. – L’ha detto –
sussurrò, come per paura di rompere quella calma quasi
sacrale. – L’ha detto.
Si
piegò su sé stesso, trattenendo un riso
isterico. Poi rialzò il capo e ghignò.
-
Allora sei ancora il vecchio Alan.
Alan
contemplò la sua mano. Era tutto pronto,
tutto perfetto.
-
Sacrifico Ragazza Arpia! – La giovane
ragazza uccello venne inglobata in un vortice di luce, e scomparve in
una
manciata di piume. Alan prese una carta dal ventaglio che aveva in mano
e la
posizionò con un gesto aggraziato, ma che al contempo
tradiva un’enorme
potenza.
-
Ed evoco Joe Veloce Uomo Alato!!
Un
turbine si sollevò improvvisamente sul campo, spazzando via
foglie olografiche
e piume d’ala. La gente si coprì dalla violenza di
quelle animazioni così
realistiche. Poi una luce si accese al centro del tunnel, e dalla luce
emerse
la figura di un aitante uomo uccello, il petto glabro e il piumaggio
con tre
tonalità di colore, giallo, verde e rosso sulle punte. Quel
piumaggio componeva
anche i suoi capelli. Discese placidamente sul campo, nonostante
l’irruenza
della sua apparizione, incrociando le braccia e mostrando un sorriso
sghembo.
(Attributo: Vento; Lvl: 6; Tipo: Bestia Alata/Effetto; ATK: 2300; DEF:
1400).
-
L’ha pescata! – esultò Winona.
– Alan ha
pescato la mia carta!!
Mera
digrignò i denti. – Bene, e così avevi
un altro mostro valido. Peccato però che non sia
all’altezza del mio Levia.
Aveva
ragione. Il drago marino rappresentava
ancora un ostacolo invalicabile, e Alan aveva troppi pochi life points
per
potersi permettere di giocare in attacco. O almeno così
pensava lei.
E
difatti, il ragazzo la contraddisse. –
Spiacente, mia cara, ma non ho alcun bisogno di essere
all’altezza del tuo
Levia.
-
Cosa? – lei non capiva.
-
Vedi, una montagna non va per forza scalata
per arrivare dall’altra parte. Un ostacolo può
anche essere aggirato.
-
Ti è forse entrata l’acqua nel cervello
–
domandò lei, aspramente. – Finché Levia
è sul mio terreno, i miei life points
sono protetti.
-
Oh, questo è quello che credi tu –
replicò l’altro.
Subito dopo indicò nella sua direzione: - Attivo il potere
speciale di Joe:
quando viene evocato sacrificando un mostro di attributo vento, tutte
le carte
magie e trappola sul terreno tornano in mano ai proprietari!
Joe
spiegò le ali, e un vortice si dipanò da
esse. L’ologramma della carta di Mera scomparve in particelle
di luce. La rossa
la riprese, stizzita.
-
Fortunatamente – continuò l’altro
– le carte
che mi servono per decantare la tua sconfitta sono magie. E la prima
è questa…
La
mostrò. – Spada di Bamboo Spezzata!
La
carta raffigurava una spada di bamboo
spaccata diagonalmente, e le due metà fracassate erano
appoggiate a un muro,
abbandonate.
La
stessa spada spezzata apparve in mano a
Joe, che la guardò incuriosito mentre la stringeva fra le
zampe da uccello.
-
Non ha alcun senso – disse Shaun. – Quella carta
affibbia zero punti d’attacco al mostro equipaggiato.
È praticamente inutile.
-
Da sola, sì – osservò Luvia
dall’altra
parte del laghetto, e tutti si voltarono verso di lei, stupiti che
avesse
parlato. Si erano praticamente dimenticati della sua esistenza. La
bionda dagli
occhi blu guardava il duello con intensità, le braccia
conserte sotto al bel
seno florido.
-
Ma se combinata con un’altra carta…
Le
sue parole furono quasi profetiche, anche
se non si trattava proprio di profezia; Alan aveva programmato
perfettamente la
prossima mossa.
-
E ora viene la mia seconda magia
equipaggiamento: Spada di Bamboo Proibita!!
La
spada di bamboo spezzata in mano a Joe
venne sostituita con un'altra spada. Sembrava in legno
d’ebano, ed emetteva un’aura
sinistra; la guardia era percorsa da spine.
-
Adesso sacrifico metà dei miei life points!
– e subito dopo averlo detto, Alan strinse il pugno e
cominciò a fare un “oooooohhhh”,
come quando in Dragonball la gente deve trasformarsi. Un’aura
rossa lo avvolse,
mentre i suoi life points calavano ancora.
LIFE
POINTS ALAN: 100
LIFE
POINTS MERA: 5150
-
Caaazzo, sono vicinissimi allo zero! –
osservò Barney con le mani nei capelli. Non vedeva
l’ora che quel duello
finisse, era troppo agitato.
-
Quando Spada di Bamboo Proibita viene
equipaggiata ad un mostro già equipaggiato con
un’altra Spada di Bamboo, io
posso sacrificare metà dei miei life points per attivare il
suo potere – spiegò
il moro. Poi afferrò le carte che componevano il suo
cimitero, e le aprì a
ventaglio: - Adesso posso scegliere di rimuovere un mostro tra quelli
che ho
nel cimitero, e io scelgo…
Mostrò
la carta, molto nota ormai. – Drago Tricorno!!
Si
mise in tasca la carta; sfortunatamente, i
duel disk non era provvisti di uno spazio apposito per le carte
rimosse. – Adesso
Spada di Bamboo proibita assorbirà il potere di Drago
Tricorno, e lo conferirà
al mio Joe Veloce Uomo Alato!!
La
carta si accese di fiamme cremisi, e la
stessa aura percorse poi il corpo dell’uomo uccello, che
emise uno stridio. I suoi
valori di attacco schizzarono alle stelle.
-
Cinquemilacentocinquanta!! – urlò incredulo
Barney.
-
Adesso il mostro di Alan è più forte del
Dragone Dedalo di Mera – disse Serena, le mani giunte
all’altezza del petto.
-
Alan ce l’ha in pugno – fece Winona.
Mera
indietreggiò di un altro passo. – No, non
è possibile, ti avevo in pugno!
Guardò
la sua carta, il suo prezioso mostro. –
Il mio Levia…
Ma
Alan la richiamò all’attenzione. – Il
mio
bersaglio non è Levia – rivelò,
puntando poi il dito verso di lei. – Sei tu!
Mera
sussultò. – Come?
-
Spada di Bamboo Proibita ha un ulteriore
effetto – annunciò funesto lui. – Il
mostro equipaggiato, per un solo turno,
può attaccare i life points dell’avversario
direttamente.
Joe
aveva ora gli occhi che brillavano di
rosso. – Fai un rapido calcolo: non ti sembra familiare il
suo valore di
attacco?
Ghignò.
– Bingo: è esattamente quello dei
punti che ti restano!
La
rossa sbiancò completamente. – NO. NON
E’
POSSIBILE!!!
Alan
stese il braccio. – Vai Joe, annienta i
suoi life points!!
L’uomo
uccello si alzò in volo col verso di
un’aquila, volando oltre la testa di Levia, che non
poté fare altro che ruotare
il collo e seguirlo con i piccoli occhi malefici, impotente, mentre
attaccava
la sua padrona.
-
VAI, ATTACCO DELLA SPADA DEMONIACA!!!
Joe
passò veloce come una scheggia, e menò un
fendente micidiale. Un taglio rosso si disegnò su Mera,
mentre l’immagine
residua del volatile le passava attraverso. La rossa fece appena in
tempo a
sganciare il duel disk, perché poi la violenza del colpo la
spedì in acqua,
facendola finire sotto la superficie del lago con un grande schizzo.
E
il suo counter finì a zero.
LIFE
POINTS ALAN: 100
LIFE
POINTS MERA: 0
La
folla esplose in un boato disarmonico.
Tutti
si alzarono in piedi e cominciarono a
urlare il nome di Alan. In mezzo a loro, Lance guardava il lago con
occhi
tremanti e l’espressione incredula, mentre la testa rossa di
Mera riemergeva.
La ragazza riprese fiato e rimosse i capelli dal volto. Era riuscita a
salvare
le sue carte, sganciandosi il duel disk in tempo.
-
Impossibile – mormorò il domatore di draghi
– questo non può essere vero.
-
Mera ha perso sul serio… - Shaun doveva
ancora realizzarlo.
-
SIIIIIIIII – Barney spiccò un salto alzando
il pugno.
-
Menomale… - Serena poté finalmente tirare
un sospiro di sollievo. Winona, accanto a lei, aveva un ghigno di
sfida. Fece schioccare
le nocche: - Alan, è un vero peccato che tu non voglia
più duellare…
I
suoi occhi si infiammarono. – Perché mi hai
fatto venire una gran voglia di batterti.
Dall’alto
del suo albero, Sapphire non aveva
cambiato posizione. – Impressionante –
commentò. – Sapphire è colpita.
I
suoi occhi brillarono di una strana luce.
Nel
laghetto, Mera nuotò fino alla roccia
dove stava prima. Si issò a fatica. Era delusa, umiliata. Si
odiava
profondamente e ce l’aveva a morte con sé stessa
più di quanto non avesse mai
fatto. Le sue mani toccarono la pietra umida, e vide le sue carte
lì, a terra,
esposte al rischio dell’acqua. Le venne voglia di piangere.
Poi
un’ombra si allungò su di lei.
Alzò
di scatto il capo, e vide Alan che le
sorrideva e le tendeva un asciugamano, preso da chissà dove.
– Tieni – le disse
mentre glielo porgeva – rischi di rovinare le tue carte.
Lei
riabbassò lo sguardo, scoprendo i denti. –
Che ti importa? Tanto dovrò comunque gettarle nel lago, no?
Era
quella la parte peggiore del patto. Se avesse
perso, avrebbe dovuto rinunciare al suo deck. Stava per perdere tutto,
tutto
ciò che la rendeva una duellante; anni di fatiche e
sacrifici, anni di
perfezionamento, anni di vita vissuta, di esperienze, di storie, di
vittorie ma
anche di salate sconfitte in tanti ambiti, buttate sul fondo di un lago.
Le
lacrime le offuscarono la vista.
-
Ero sicura – confessò, singhiozzando –
ero sicura
di vincere. Ero imbattibile, no?
Fece
un sorriso sciocco. – In tanti anni, non
mi sono mai sentita così svilita… come ora.
Abbatté
un pugno sulla roccia, facendosi
male. Ma il dolore alla mano non era niente paragonato alla ferita nel
suo
cuore.
Sentì
l’asciugamano sui suoi capelli. Sussultò
e vide Alan che si inginocchiava; i loro volti erano ora alla stessa
altezza. Non
ci aveva mai fatto caso, ma da così vicino poteva vedere
tutti i pori della sua
pelle, i ricci scombinati dei suoi capelli umidi per il sudore e gli
schizzi d’acqua,
il blu intenso dei suoi occhi. Era bello, bello da morire.
Ma
era anche così crudele.
Le
strofinò un poco i capelli,
increspandoglieli. E poi le disse: - Non devi liberarti di niente.
Mera
non capiva. – Come? – sussurrò.
-
Non ho mai avuto intenzione di farti
buttare il deck nel lago – confessò, e fece un
sorrisino. – Era per spronarti. Solo
un pazzo furioso farebbe davvero una cosa del genere, non ti pare?
Mera
lo guardava con gli occhi di un
cerbiatto abbaiato dai fari. Alan si tirò nuovamente in
piedi e si sganciò il
duel disk.
-
Io sono stato un duellante – proseguì. –
E credo
che, nel profondo, lo sarò sempre. So bene quanto sia
importante il proprio
deck, e quanto amore ci si metta nel costruirlo. Chiederti di
rinunciarvi,
sarebbe come chiederti di buttare la tua anima in fondo a questo lago.
Posò
a terra il duel disk, rimettendo tutte
le carte al loro posto. Tutte eccetto Drago da Richiamo, che ripose
nuovamente
con cura nella busta plastificata che teneva nel suo portafoglio.
-
Io la mia l’ho chiusa a chiave in un baule
e dimenticata in una polverosa stanza molto tempo fa, ormai –
confessò. – Ma tu
non hai motivo di diventare come me.
Si
volse verso Luvia. – Allora, sembra che io
abbia vinto.
Si
era cacciato le mani in tasca, e si diede
una scrollata di spalle. – Perciò…
Era
un po’ in imbarazzo nel dirlo. Ma quella
fece un gesto con la mano che lo sorprese e gli disse: - Lascia perdere.
-
Eh?
Più
di qualcuno fu stupito da quella
risposta. Luvia riassunse la sua aria impettita.
-
Questo combattimento non mi rappresenta
affatto – commentò. – E’ stato
penoso!
Tenetevi pure il vostro titolo…
Si
volse e prese ad incamminarsi. La
sentirono sussurrare: - Ma non credere che finisca qui, ragazzo
prodigio…
La
folla si aprì in due ali mentre lei ci
passava in mezzo, per poi richiudersi. I suoi boccoli biondi furono
l’ultima
cosa a scomparire, un lampo giallo nella notte.
-
Che tipa – commentò Alan. C’era una
strana
calma che lo pervadeva ora, la sensazione della chiusura di un cerchio.
Ce l’aveva
fatta, si era liberato dal peso di quei duelli. Si era preso una pausa
dalla
sua promessa, ma le cose stavano per tornare alla normalità.
Tuttavia, quei
combattimenti che lo avevano riportato indietro nel tempo gli avevano
regalato
uno strano miscuglio di disagio e serenità. Qualcosa che
nemmeno lui sapeva
bene come definire, ma che in definitiva lo aveva sicuramente fatto
crescere.
Uhm…
Rob
aveva ripreso il microfono.
E
quindi… non abbiamo una regina, per quest’anno?
Alan
si volse verso di lui. – Ti sbagli –
affermò sicuro. – Una regina ce l’avete
eccome.
Guardò
Mera. – A dire la verità… ce
l’avete
sempre avuta.
Le
prese la mano e la aiutò a rialzarsi. Mera
era come proiettata in un sogno, mentre vedeva sé stessa con
Alan che la
aiutava a rimettersi in piedi. L’asciugamano dal capo le
scivolò sulle spalle. Il
ragazzo le teneva la mano e la guardava intensamente.
-
Mera – il suo nome suonava così dolce sulle
labbra di lui – tu hai detto di avere sempre faticato per
avere il tuo
riconoscimento come duellante, e non come donna. Ma qui, in questo
Parco, da
quel poco che ho capito, qualsiasi
riconoscimento avviene con i duelli.
Guardò
tutto il pubblico, e sorrise. – E tu
sei la duellante più forte che abbia mai conosciuto.
Le
gote di Mera si accesero del calore delle
lanterne estive, quelle che si perdono nel cielo per cadere nel mare.
Ora
la folla intonava il suo nome. Era un
coro unisono, che cantava ripetutamente:
MERA
MERA
MERA
La
ragazza sentì di nuovo gli occhi umidi e
velati di lacrime. Ma stavolta non erano lacrime di rabbia o di
tristezza.
Sentiva il cuore gonfio di gioia e orgoglio, l’animo pieno di
felicità per aver
finalmente realizzato che ciò che cercava lo aveva
già ottenuto da tempo.
Intensificò
la stretta sulla mano di Alan.
E
gli fu profondamente grata.
Lance
si volse con rabbia e si incamminò. La
folla lo fece passare come aveva fatto con Luvia. Lance era un pezzo
grosso, e
in quel momento sembrava bello incazzato.
Pregava
che sua sorella non lo rincorresse,
perché in quel momento era veramente fuori dai gangheri, e
non sapeva come
avrebbe potuto reagire. E odiava far piangere la sua sorellina.
Era
a metà strada per l’uscita del parco,
quando una figura sbucata da dietro uno degli alberi gli
sbarrò il passo.
-
Chi va là? – fece lui, balzando
sull’attenti.
La figura venne alla luce della luna, e nonostante la penombra il rosso
lo
riconobbe.
-
Ma tu sei… Gary Oak! – domandò
incredulo.
Gary
gli sorrise. – Lance Nightingale – lo
chiamò
– è un vero piacere incontrarti di persona. Tuo
nonno era una leggenda nel
mondo del Duel Monsters.
Lance
si rabbuiò, come le tenebre fra le
fronde. – Che cosa ci fai qui? E che vuoi da me?
Gary
non perse il suo sorriso. – Sono qui per
proporti un affare – dichiarò. – E
perché anch’io, come te, voglio vendicarmi
tanto, ma proprio tanto di Alan Kalos.
ANGOLO
DELL’AUTORE
Hola,
popolo di EFP!
Ne
è passato di tempo, eh? Il vostro
UlquiorraSegundaEtapa non è andato in pensione, no signori!
Ho avuto un periodo
molto duro a livello lavorativo e di studio, facevo settimane intere
dove non
avevo tempo per scrivere, nemmeno la sera. Da una parte sono stati
giorni molto
belli, dall’altra mi dispiace davvero tanto di questo ritardo.
Ora
non è che la situazione sia così
diversa, ma mi ci sono messo di impegno e sono riuscito a finire questo
capitolo che mi portavo avanti da quanto, un mese, più? Non
importa, quel che
conta è avercela fatta.
Non
mi dilungherò troppissimo con
questo angolo dell’autore. Ci tenevo soltanto a salutarvi, a
dirvi che no, non
me ne sono andato, ci tengo a continuare queste storie. E spero
veramente che
il duello con Mera vi sia piaciuto. Ho fatto una faticaccia a finirlo,
è stato
il duello più difficile fin’ora. E anche il nostro
Alan l’ha trovato così, oh,
ci potete giurare. Per sua affermazione, Mera è la duellante
più forte che lui
abbia mai affrontato; il che significa, potenzialmente, che Mera
è persino più
forte del fu nonno di Lance, Drake.
Lance
che abbiamo scoperto far di
cognome Nightingale. No, non cercate strani significati,
gliel’ho affibbiato
io, mi piaceva come suonava. E ora Lance è stato abbordato
da Gary; che voglia
reclutarlo per conto di Zachary, come ha fatto il Pinguino con Surge?
Sarebbe
ironico, visto che è stato proprio Lance a sconfiggere
Surge, e a condurlo in
qualche modo dal Pinguino. Cos’ha da spartire lui con loro? E
cosa sta facendo
esattamente Zachary?
Troppe
domande ancora, e troppe poche
risposte. È per questo che vi invito a restare con me fino
alla fine.
Questo
duello al cardiopalma chiude
questo arco narrativo, e ci apre all’ultimo di questa
stagione. Mancano pochi
capitoli, e vi assicuro che non avranno nulla da invidiare a quelli
letti fin’ora.
Certo, ora dovremo fare i conti col fatto che Alan si è
finalmente liberato del
suo deck provvisorio, e può tornare a onorare la promessa
fatta a Lucius.
Lucius il quale abbiamo imparato un po’ di più a
conoscere con questi
flashback, ma ancora non ci è chiaro che ruolo abbia giocato
nella vita di
Alan, oltre al fatto di essere stato un suo avversario.
Pazientate:
ancora un po’ e lo saprete.
La soluzione è vicina, davvero molto.
In
questo capitolo è stato presente un
piccolo Shenanigan, per tornare a noi: Messaggero di Pace, la carta
usata da
Alan, richiede il pagamento di 100 life points durante ogni Standby
Phase, altrimenti
viene distrutta. Un piccolo prezzo, ma che avrebbe condizionato
l’andamento del
duello, e quindi ho preferito soprassedere.
Invece,
Spada di Bamboo Proibita non
esiste. È la prima custom card che ho inserito in
questa fan fiction –
salvo che io non ne abbia già create altre di cui mi sono
dimenticato, in quel
caso farei una figura barbina. La spada di bamboo che originariamente
doveva
essere utilizzata era “Spada di Bamboo Divora
Anime”, ma il suo effetto
consente di saltare la main phase dell’avversario nel caso il
mostro
equipaggiato infligga danni. Certo, cosa non da poco, ma sicuramente
non
avrebbe garantito ad Alan il vantaggio che gli avrebbe permesso di
sconfiggere
il mostro di Mera.
Inoltre,
il fatto che i life points
della rossa e i punti d’attacco totali di Joe fossero
identici è stata una pura
casualità. I casi della vita.
Joe
era anche la carta che Sapphire
aveva preso da Alan nel loro duello, fun fact.
E,
per finire, la battuta di Shaun sul
fatto che tutti i fan di Mera siano ologrammi – salvo poi
correggersi – è una
citazione a un video di uno youtuber chiamato Cvit, che ha realizzato
la serie “Everything
Wrong with Yu gi oh”, dove analizza le varie stagioni del
primo anime e ne
espunge Shenanigans vari ed errori. La sua battuta è stata
fatta in occasione
del celebre combattimento sulla torre dei duelli tra Yugi e Kaiba, in
cui Kaiba
si è lamentato del fatto che Yugi stesse facendo annoiare i
suoi fan.
Salvo
che, appunto, i suoi fan erano
tutti ologrammi generati da lui.
Ahh,
il buon vecchio Seto.
Bene,
io vi lascio qui! Come sempre,
non dimenticate di scrivere una bella recensione o anche solo un
messaggio
privato per fami sapere cosa ne pensate. Noi ci rivediamo col prossimo
capitolo!!
È
bello essere tornati.
Nel
prossimo capitolo: “Si parte per il
campo estivo!”
I
ragazzi del Parco dei Duelli si prendono una breve pausa, e partono per
un
campo estivo assieme. I loro ospiti sono la nuova generazione di
aspiranti
duellanti! Ma questi ragazzini sono davvero delle pesti, e Alan,
Barney, Shaun,
Serena e Winona dovranno darsi da fare per tenerli a bada!
Ciao
ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
PROSSIMAMENTE
ULQUIORRASEGUNDAETAPA
PRESENTA…
WAKING
THE DEMON
“Coccodrilli
che escono dai fiumi,
gatti parlanti e case infestate. A Fortuna è meglio non
girare dopo una certa
ora. Ma Allison è stanca di avere gli incubi sulla vecchia
villa dei Kusanagi,
andata distrutta in un misterioso incendio, e decide così di
recarsi lì per
capire qual è il suo legame con il posto. Quando poi il suo
nuovo compagno di
classe si rivela essere proprio Kyo Kusanagi, sembra evidente che il
destino
voglia dirle qualcosa.
Ed
è qualcosa di grosso”.
Coming
soon…
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 12: Si parte per il campo estivo ***
CAPITOLO
12: SI PARTE PER IL CAMPO ESTIVO
Alan
si lavò la faccia nell’acqua gelida.
Era
mattina presto, ma il cielo era chiaro e si stava bene. Si
sciacquò il viso,
per poi guardarsi allo specchio sopra al lavabo. I capelli erano
arruffati;
doveva tagliarli di nuovo. Gli occhi erano scavati e aveva i capillari
in
evidenza. Aveva dormito poco, o forse poteva dire che era sveglio da
parecchio;
entrambe le versioni andavano bene. Non riusciva mai a dormire prima
dei
viaggi, anche in occasione di quelli “stupidi”.
Aveva
ricontrollato mille volte di aver messo tutto nella sua valigia da
viaggio, e
mille volte aveva pensato di star dimenticando qualcosa. Persino ora,
mentre si
asciugava la faccia con l’asciugamano blu che aveva appena in
bagno, pensava di
star tralasciando un dettaglio fondamentale. In realtà, non
aveva dimenticato
nulla di indispensabile per quella breve trasferta. A turbare
così tanto il suo
animo era il fatto di aver finalmente riconsegnato il deck ai ragazzi
del
Campo. Un patto era un patto: dopo aver vinto – con estrema
difficoltà – il suo
duello con Mera, Alan aveva ridato agli altri il deck, e stavolta
Barney non
avrebbe potuto tirarlo fuori dalla tasca o da un cappello. Ma proprio
ora che
si sarebbe dovuto finalmente rilassare, il suo animo soffriva per la
mancanza
di quel mazzo di carte. Lui non se ne rendeva conto, ma
l’emozione di stringere
nuovamente in mano uno strumento al quale era tanto abituato anni
prima, aveva
influito potentemente su di lui. Il suo cuore di duellante si stava
ribellando
con tutte le sue forze.
Ma
Alan, incapace di ascoltarlo, e pensando solo al peso delle piastrine
che aveva
al collo, continuava a chiedersi se stesse dimenticando qualcosa.
Lo
strombazzare di un clacson appena fuori la finestra lo
richiamò all’ordine
delle cose. – Merda! – esclamò, subito
prima di saltare fuori dal bagno. Era
ancora in pantaloncini. Si cambiò di corsa, mentre fuori
continuavano a
strombazzare.
-
Arrivo, arrivo! – esclamò, e a quel punto non
c’era più tempo per protestare.
Si era cambiato, e ora indossava una maglietta bianca a mezze maniche.
Sopra
c’era una scritta in inchiostro blu che sembrava una
pennellata:
CAMPO
ESTIVO
DI
LILYCOVE
CITY!
Alan
corse fuori, la valigia in una mano e una giacca estiva
nell’altra.
Fuori,
sulla strada davanti casa sua, in una Subaru blu e il braccio
abbronzato fuori
dal finestrino, c’era Barney. Portava gli occhiali da sole e
aveva la stessa
maglia.
Se
li calò con un dito.
-
Salta a bordo, schiappa – lo esortò. –
Si va a duellare.
-
Non ci credo che non vuoi venire! – Serena era quasi
sull’orlo delle lacrime.
Suo fratello non aveva mai saltato un campo estivo, neanche uno da
quando erano
piccoli, prima come partecipante e poi come educatore. Ma ora, mentre
lui le
dava le spalle e stava infilando il proprio deck e altri oggetti
personali in
un borsone con il quale andava in palestra, sembrava proprio che quel
giorno
fosse arrivato.
Era
come la fine di un’era.
-
Scusami, sorellina – le disse, un po’ brusco
– ma ho di meglio da fare ora che
badare a qualche marmocchio.
Fece
per uscire dalla sua camera, ma lei gli sbarrò il passo.
-
Questo non sei tu, Lance – gli disse, guardandolo
intensamente negli occhi. Un
guizzo a lato della bocca del rosso, ma nulla più.
-
Spostati, dai – la pregò.
-
Dove stai andando?
-
Non sono affari tuoi, Serena. – L’inflessione della
sua voce era diventata
dura, non conservava quasi nulla dell’abituale calore che
aveva di solito.
Serena ne fu quasi spaventata.
-
Perché non vuoi dirmi cos’è successo
tra te e Alan?? – Era disperata. Aveva
notato che il cambiamento in suo fratello era cominciato da quella
volta che
Alan era stato ricoverato in ospedale dopo quel brutto colpo di sole.
Ma
ignorava cosa potesse essere successo tra di loro. E Lance non aveva
voluto parlare,
specialmente dopo il duello tra Alan e Mera. Non era proprio da lui
comportarsi
così.
-
Se ci tieni tanto a saperlo, puoi chiederlo a lui visto che siete
così amici –
le rispose lui, e poi la scostò, non troppo delicatamente.
– Devo andare.
Serena
lo guardò andare via impotente. Poi lo vide fermarsi sulla
soglia, come per un
ripensamento, e nel suo cuore si accese una flebile speranza. Ma
durò poco,
perché lui si voltò e le disse: - Io lo
sconfiggerò, Serena.
-
Cosa?
Lui
la guardò con i suoi occhi penetranti. – Lo
batterò, è chiaro?
Poi
aprì la porta, travolgendo per poco Winona, che stava per
suonare al
campanello.
-
Oh, Lance, stavo giusto venendo a chiamar… - Si interruppe
quando lui le passò
accanto, senza nemmeno degnarla di uno sguardo. Salì in
macchina e partì
spedito.
-
Ma che diavolo – borbottò la ragazza dai capelli
lilla, poi si introdusse in
casa dopo aver mormorato un “permesso”. Indossava
anche lei la maglietta bianca
del campo di Lilycove.
-
Che gli è preso a tuo fratello? –
domandò, indicando col pollice la porta
aperta.
Serena
ricadde a sedere sul letto dell’altro, abbattuta.
-
Vorrei tanto saperlo anch’io…
-
“Si va a duellare” – Alan fece il verso a
Barney. – Difficilmente ne ho
conosciuti di più coglioni di te.
Il
sorriso del biondo gli illuminò il volto quasi quanto il
sole che si rifletteva
sul parabrezza. – Lo so, per questo siamo amici.
Alan
dovette concordare. Poi si diede una rapida occhiata intorno,
c’era qualcosa
che non gli tornava.
-
Ma… questa macchina è nuova?
-
Eggià – annuì l’altro, senza
staccare gli occhi dalla strada.
-
Come puoi permetterti tutta questa roba??
Risatina.
– Non chiedere.
Arrivarono
ad un semaforo. – Sì, questo è il nuovo
modello della Subaru, la Subaru SW.
-
SW? – Alan non l’aveva mai sentita.
-
Oh sì. È super innovativa, ti faccio vedere: qui
c’ha le frecce…
-
Come tutte le auto, Barney.
Il
biondo sogghignò, poi fece ruotare la levetta delle frecce,
che si spostò a
destra del volante. – E qua le marce!
Alan,
le braccia incrociate sul petto, si piegò in avanti, gli
occhi che ora si
riempivano di meraviglia. – Spettacolo… -
mormorò. Barney annuiva soddisfatto.
-
Se poi faccio così – proseguì, e
stavolta la levetta si fermò al centro, sopra
il volante – prende tutte le frequenze!
-
AM, FM…? – Alan le stava contando sulle dita.
-
CQC, certo – annuì soddisfatto.
-
Bestiale. E com’è messa a sistemi di sicurezza?
-
Te lo mostro al prossimo semaforo. – Ripartirono non appena
scattò il verde.
Arrivati al nuovo semaforo, in coda con altre due auto, Barney
afferrò il
volante. Alan non capì cosa volesse fare fino a che lui non
disse: - Metti che
fai un incidente grave…
L’intero
impianto del volante si spostò di lato. – Sposti
il piantone e ti salvi la
vita!
Alan
era a bocca aperta e con gli occhi grandi come bocce. –
Guarda che i giapponesi
sono avanti – e fece un gesto con la mano, come se avesse
appena dato un pugno
e si fosse fatto male.
-
I giapponesi ne sanno a pacchi. Be’, dopotutto
l’hanno inventato loro il Duel
Monsters.
Alan
ridacchiò. – Vero.
Ripartiti,
Barney gli fece un cenno con la testa. – Comunque, telefona a
Shaun, che
dobbiamo andarlo a prendere e quello non è mai pronto se no.
Alan
tirò fuori il cellulare e represse uno sbadiglio.
Cercò
il numero di Shaun in rubrica, e premette il tasto. Attese qualche
secondo,
finché qualcuno non rispose.
-
Ehi Shaun, siamo n…
Barney
sentì Alan arrestarsi. Spostò rapidamente lo
sguardo dalla strada a lui, e poi
di nuovo alla strada. Inarcò un sopracciglio; Alan sembrava
contrariato. Alla
fine, il moro chiuse la telefonata.
-
Che… ti ha detto? – Barney aveva stranamente paura
a chiederlo.
Alan
guardava il cellulare come se fosse un oggetto alieno, la bocca
contratta in
una smorfia. – Ansimava – disse alla fine.
Barney
lo guardò per un attimo. – Eh?
Alan
continuava a fissare il cellulare, ed era tornato alla rubrica ora.
– Non ho
capito se fosse un maniaco, o sua sorella.
-
O magari un maniaco con sua sorella – suggerì il
biondo.
Alan
lo guardò, sgranando gli occhi. – E se…
il maniaco con sua sorella fosse
proprio lui?
Indicò
il telefono. – Cioè, era il suo numero dopotutto!
In
quel momento, alla radio partì Sweet
Home
Alabama, di quella band di cui nessuno aveva mai imparato a
pronunciare il
nome. – Meglio se lo richiami – suggerì
Barney.
-
Ma io ho paura. – Alan era seriamente inquietato.
-
Metti in vivavoce – gli disse il biondo. Poi
abbozzò un sorrisino: - Se ci sono
dei gemiti, voglio sentirli anch’io.
Indicò
la presa per il cellulare. Alan lo infilò lì e
compose il numero, per poi
metterlo in vivavoce. Gli squilli riempirono l’abitacolo.
-
Allora? Che fa, non risponde? – Barney cominciava a farsi
ansioso.
-
Eh no, se sta scopando con sua sorella no che non risponde!!
– e Alan aveva
ancora quella scena in mente.
Poi
qualcuno rispose. I due non fecero in tempo a fare un verso che
sentirono
rumori di botte e urla.
-
Oh, ci va giù pesante il ragazzo – disse Barney.
-
No, io credo che sia una cosa seria – e Alan era seriamente
preoccupato. –
Shaun? Shaun, ci senti?
-
Chi cazzo è quello là?! – sentirono
urlare una voce, che forò i loro timpani. –
Da dove ha parlato??
Alan
chiuse d’impulso la conversazione. I due si guardarono ancora.
-
Senti, forse è meglio se non chiamiamo più e ci
facciamo trovare direttamente
sotto casa sua – propose.
-
Potrebbe essere una buona idea – concordò il
biondo.
Imboccarono
la strada per la via di Shaun, dopo che Barney ebbe passato due minuti
buoni a
strombazzare un tipo che gli ostruiva la strada, e dopo una curva a S
nella
quale Alan ringraziò di non aver ancora fatto colazione.
Alla
fine, arrivarono in un complesso residenziale che sembrava uno dei
quartieri
malfamati di Scampia. Si guardarono intorno.
-
E ora che facciamo? – domandò il moro.
-
Facile, lo chiamiamo a voce. Come facevano gli strilloni per vendere i
giornali.
Alan
non era molto convinto, ma si sporse comunque verso il finestrino.
Prima che
Barney potesse avvisarlo, lui si mise a urlare il nome
dell’altro.
-
SHAUN?! SH-
-
MA SEI SCEMO?! – Barney aveva le orecchie che gli
fischiavano. – Gridi in
macchina senza abbassare il finestrino? Così diventiamo
sordi!
Alan
fece un gesto col dito che voleva indicare tutto l’abitacolo.
– Ma non è
insonorizzata?
Barney
lo guardò con una faccia da triglia. –
Sì, ma da dentro per fuori, non da
dentro per dentro!
Alan
fece una smorfia. – Finché compri il modello base.
Altro che innovazione.
E
smontò direttamente. – Modello base –
gli fece il verso Barney, smontando a sua
volta. Si misero a gridare per il viale, finché una delle
finestre non si aprì
e ne uscì fuori l’altro ragazzo, con i capelli che
non avevano mai conosciuto
il pettine e gli occhiali da vista calati per sbilenco.
-
Oh ma che urlate? Qua la gente mi conosce, poi mi viene a chiedere che
amici
ho! – protestò. – E scusate, non potete
urlare un po’ più piano?
I
due lo guardarono a metà tra l’interrogativo e il
seccato. – Scusa, non abitavi
di là? – gli domandò il biondo,
indicando col pollice oltre la sua spalla la
palazzina lì di fianco.
-
Se vieni di qua abito di qua, se vieni di là abito di
là. – I due non sapevano
come replicare. Alan lo esortò: - Dai, vieni giù
o rischiamo di far tardi.
-
Finisco il competitivo in Mortal Kombat X e scendo – e dopo
quell’avviso, il
ragazzo si ritirò chiudendo di nuovo le persiane. I due si
scambiarono uno
sguardo confuso.
-
Competitivo in Mortal Kombat X a quest’ora del mattino?
– fece Alan. – A
mezzogiorno che facciamo, World Championship di Duel Monsters con un
deck di
mostri normali?
Barney
fece spallucce. – Io ho giocato solo a Mortal Kombat
Armaggedon.
E
così dicendo rientrarono entrambi in macchina, tenendo
stavolta i finestrini
abbassati per non soffocare.
Serena
fissava pensierosa il paesaggio che le scorreva accanto senza guardarlo
davvero. Alla radio, Wynona aveva messo su la musica pop che tanto le
piaceva.
-
Non pensarci – le disse, e lei si riebbe.
-
Come?
Sbatté
un paio di volte le palpebre.
Wynona
le lanciò un colpo d’occhio e poi torno a
concentrarsi sulla strada.
-
Qualunque cosa sia presa a tuo fratello, gli passerà.
È inutile che ti
preoccupi.
Serena
si tenne il volto con una mano. – Non è da lui
comportarsi così – sospirò. E
poi aggiunse: - Non riesco a fare a meno di pensare che dipenda tutto
da Alan.
Wynona
le rivolse uno sguardo, più lungo di quello precedente, e
poi tornò a guardare
la strada.
-
Perché lo pensi?
-
Perché tutto è cambiato quando loro due si sono
parlati – sputò fuori la
bionda, sistemandosi meglio sul sedile. – Qualunque cosa gli
abbia detto… ha
turbato Lance più di quanto abbia fatto persino la morte del
nonno.
Serena
si ricordava bene quel giorno. Entrambi erano molto legati al nonno,
perché era
quello che aveva insegnato loro come giocare a Duel Monsters. Ma Lance,
anche
per il tipo di deck che poi aveva scelto di adottare, ci era legato in
una maniera
più profonda di quanto lo fosse Serena. Perso suo nonno, ci
aveva messo del
tempo a riprendersi.
-
Ricordo che Lance fece una promessa…
Guardò
la strada che si estendeva davanti a loro, mentre piano piano
lasciavano la
città e si immettevano per la super strada.
-
Promise al nonno che sarebbe diventato un campione di Duel Monsters
– proseguì,
giocando con una ciocca di capelli. – E che avrebbe onorato
la sua memoria.
La
ragazza dai capelli lilla fece un sorriso. – Una cosa molto
bella – osservò.
-
Certo… - Ma Serena era cupa. – Solo che ora mi
chiedo cosa volesse dire
davvero…
-
Chiedo scusa, ma perché dovrei stare io dietro?
La
domanda di Alan era alquanto legittima. Shaun, appena montato in
macchina, si
mise la cintura e disse: - Sto male nelle curve.
-
Finché giochi a Mortal Kombat a quest’ora per
forza che stai male nelle curve!
– osservò Barney, piccato. – Non fanno
altro che squartarsi a vicenda!
-
Quello che fanno i nostri mostri tutti i giorni, solo con meno budella
– gli
rispose Shaun, e tirò fuori dal suo zaino una bottiglietta
d’acqua frizzante.
-
Bevi acqua frizzante? – Intanto Barney aveva fatto manovra.
Il
moro rischiò quasi di strozzarsi con l’acqua per
la brusca sterzata del biondo.
Si pulì col dorso della mano e rimise l’acqua a
posto.
-
Finché posso scegliere tra l’acqua normale e
quella coi DLC perché dovrei bere
quella normale? – gli chiese.
Alan
guardò fuori dal finestrino come sperando che qualcuno gli
rispondesse.
Dopo
che anche loro si furono immessi lungo la super strada, Barney
dichiarò con un
sorriso: - Be’ dai, tra un paio d’ore saremo a
Lilycove!
-
Che bello – convenne Shaun, e poi indicò un punto
a destra col dito. – Puoi
fermarti là? Devo fare pipì.
Barney
e Alan si scambiarono uno sguardo, dopodiché il biondo fece
un risolino
nervoso. – Vuoi scherzare, vero? Siamo appena partiti.
Il
moro lo guardò in modo quasi trasognato, come se non fosse
veramente lì. – Sì,
ma a me scappa.
-
Potevi farla a casa tua – gli fece notare Alan, sporgendosi
tra i due sedili.
-
Prima non mi scappava – si difese l’altro.
Barney
cercò di essere ragionevole. – Va be’
dai, alla prossima stazione di servizio
che incontriamo…
-
Ti faccio il pieno – finì per lui Shaun, anche se
era sicuro che non fosse
quello che voleva dire l’altro. – Se ti dico che mi
scappa, mi scappa.
-
Non puoi reggere? – gli domandò Alan.
-
Tu non hai idea. – Shaun si sporse verso di lui. –
La mia vescica rompe le
leggi della logica. Piscio ogni mattina appena sveglio. Se per caso
vedo un
corso d’acqua ho l’improvviso impulso di correre in
bagno. Una volta mia
sorella ha osato bere davanti a me…
Si
strinse nelle spalle. – Non è finita bene
– concluse.
Barney,
che era leggermente inquietato, se ne uscì con: -
Sì, ma se fai così ci tocca
fermarci ogni mezzo chilometro, e arriviamo dopodomani. Non possiamo!
E
sbatté le mani sul volante, rafforzando la presa. Shaun,
dopo qualche attimo di
silenzio, asserì: - Benissimo.
Alan
e Barney sorrisero, rinfrancati.
Poi
l’altro afferrò la zip dei bermuda e
dichiarò: - Ti piscio in macchina!
Intanto,
Lance era arrivato a Saffron City.
Odiava
il modo in cui si era congedato da sua sorella, tuttavia, per quanto
brutale
potesse suonare, aveva altro di che preoccuparsi ora. Serena non era
più una
bambina, avrebbe capito. Dal canto suo, il viaggio in macchina che
aveva
affrontato fin lì, quasi due ore, non lo aveva aiutato a
schiarirsi le idee
come pensava.
Anzi,
se possibile aveva ancora più domande.
Seguì
il navigatore fino ad arrivare presso la zona residenziale.
Là, in mezzo ai
vari edifici, svettava l’imponente profilo della Devon. A
guardarlo, faceva una
certa impressione, con i suoi sessanta e passa piani tutti in vetro che
brillavano incandescenti alla luce del sole.
Dovette
districarsi un po’ tra sensi vietati e zone a traffico
limitato, sbagliò strada
un paio di volte perché il navigatore non considerava le
zone dove non poteva
andare, e alla fine parcheggiò in una viuzza laterale. Mise
i soldi nella
macchinetta e ottenne un biglietto per due ore. Contava che bastassero.
S’incamminò
a piedi. La città si era svegliata da poco, e il profumo del
pane e delle
brioche appena sfornate gli ricordò che non aveva fatto
colazione, era partito
di getto. Si sedette a un bar e ordinò un caffè
d’orzo e una brioche vuota.
Scoprì di non avere molta fame. Pagato il conto, si diresse
alla volta della
Devon.
Il
suo appuntamento era alle nove, e secondo il suo orologio digitale
aveva cinque
minuti per presentarsi in orario. Nonostante non fosse un impiegato che
doveva
timbrare il cartellino, avvertì comunque una certa tensione.
Arrivato nella
piazza che precedeva la Devon, che cominciava a riflettere i raggi del
sole
sulle sue vetrate, Lance vide Gary Oak che lo aspettava fuori
dall’edificio,
intento a soffocare uno sbadiglio con una mano mentre con
l’altra teneva il
cellulare, scorrendo il suo Instagram.
Lance
aveva deciso che Gary non gli piaceva. Era più giovane di
lui, e aveva l’aria
di quello che alle medie doveva essere il bullo della classe, solo in
versione
più figa. Aveva i capelli ricoperti di gel e indossava una
polo blu a mezze
maniche. Quando lo vide, la sua espressione mutò in un
sorrisino soddisfatto.
-
Ma guarda, addirittura con qualche minuto d’anticipo
– constatò sul suo
telefono.
Lance
salì le gradinate. – Sono partito presto per non
incontrare traffico – rispose.
Gary
rimise in tasca il cellulare. – Scusa per l’orario,
neanch’io sono abituato. Ma
non dipende da me.
Lance
alzò gli occhi al profilo del grattacielo. –
Cos’è, vuoi dirmi che tu lavori
qui?
Gary
scoprì i denti. – Non esattamente. Non sono un
impiegato, se è quello che
intendi. Ma ho firmato un contratto con la Devon.
-
Per cui sei comunque un loro impiegato – constatò
il rosso.
Il
sorriso di Gary si smorzò, per poi riaccendersi subito dopo.
-
Seguimi.
Lo
condusse dentro attraverso le porte automatiche. Lance
osservò l’atrio con la
fontana senza fare commenti, limitandosi a chiedersi che bisogno ci
fosse di
avere una fontana lì dentro. Gary pigiò
sull’ascensore, e quando furono entrati
prenotò la corsa per il quarantesimo piano.
L’ascensore
salì con una velocità quasi vertiginosa. A Lance
parve che avessero percorso
quella tratta in una manciata di secondi. Quando le porte si aprirono,
Lance si
trovò di fronte a uno spettacolo ben diverso da quello che
si sarebbe aspettato:
era all’entrata di un’enorme palestra, con
macchinari di qualunque tipo, e
scaloni laterali sia a destra che a sinistra che ospitavano numerosi
attrezzi
per il corpo libero e conducevano alla zona cardio, costruita sullo
stesso
piano ma nella parte alta. La zona davanti a lui era divisa in tre ali:
a
sinistra c’erano le macchine da cross fit e pesi di diversa
misura, con tanto
di bilancieri e ketter bell. Al centro
c’erano diverse macchine per il
potenziamento di gambe e braccia, come la leg press
o la vertical
traction. A destra, invece, c’erano le panche per i
crunch, una
macchina easy chin dip e altre attrezzature.
Il
ragazzo era leggermente disorientato. – Non capisco,
perché mi hai portato qui?
Gary
avanzò con le mani in tasca, dirigendosi verso gli scaloni
laterali senza dire
una parola. Lance lo seguì. La palestra era deserta, ma il
Muzak diffondeva
musica da allenamento, e di sopra si sentiva il rumore di una macchina
in
funzione. Quando furono saliti, Lance vide che una delle cyclette era
occupata
da un ragazzo dagli insoliti capelli blu e grondante di sudore.
Indossava un
completo nero traspirante da palestra, e aveva un asciugamano attorno
al collo
mentre pedalava come un ossesso.
Gary
si rivolse a lui. – Ecco qua Lance, come mi hai chiesto.
Lance
non capiva. Quel tipo aveva richiesto la sua presenza?
Il
ragazzo doveva avere più o meno la sua età, e gli
sorrise non appena i loro
sguardi si incrociarono; aveva gli occhi ambrati.
-
Oh, il famoso Lance, che piacere – disse, smettendo di
pedalare e smontando
dalla cyclette. Si tamponò il viso con
l’asciugamano e si tirò all’indietro i
capelli impregnati di sudore.
-
Perdona il mio aspetto un po’ sfatto, non sono abituato a
ricevere ospiti a
queste ore, ma ho detto a Gary di farti venire il prima possibile.
– Gli tese
una mano; portava dei guanti da palestra senza dita.
Lance
ricambiò la stretta senza farsi troppi problemi. –
Con chi ho il piacere di
parlare? – domandò, senza addolcire la propria
espressione.
L’altro
continuava a sorridere, ma quel sorriso non trasmetteva nulla di
allegro,
neanche un po’. – Zachary Devon – si
presentò. Lance venne come fulminato sul
posto. L’altro lo notò subito.
-
Dalla tua reazione, deduco che tu abbia sentito parlare di me.
Il
rosso annuì. – Erede della Devon Spa, laurea in
economia ad Harvard con
distinzione di lode in soli undici mesi e detentore del record di
vittorie in
rappresentanza della Devon: cento cinquantuno vittorie e zero sconfitte.
Lo
ripeté come se lo sapesse a memoria. Zachary sorrise
soddisfatto. – Non si può
dire che tu non abbia fatto i compiti.
Afferrò
la sua borraccia, contenente una qualche bevanda energetica, e
tracannò un
lungo sorso. Quand’ebbe finito, si ripulì col
dorso del braccio.
-
Seguitemi – li esortò, e li condusse nuovamente
verso l’ascensore. Stavolta
salirono al cinquantesimo piano, dove c’era l’ala
relax. Disse loro di
accomodarsi sulle poltroncine, e di attenderlo. Un quarto
d’ora dopo, che passò
in un silenzio alquanto sentito da parte di Lance, Zachary riapparve
docciato,
pulito e profumato, e vestito in maniche di camicia. –
Immagino tu ti stia
chiedendo perché ti ho fatto venire qui, Lance –
gli disse, mentre si
arrotolava i polsini.
Il
rosso lo seguì con lo sguardo. – Mi sembra il
minimo.
Zachary
sprofondò nella sua poltrona ad acqua, emettendo un sospiro
sollevato. Aveva un
buon profumo ora, balsamo o qualche altra roba iper costosa
dall’Egitto,
sicuro.
-
Salterò i convenevoli, dal momento che mi sembri una persona
franca – dichiarò.
– Vorrei proporti un contratto con la Devon.
Lance
strabuzzò gli occhi. – Perché?
-
Perché ho sentito dire che sei un duellante niente male, e
io odio quando il
potenziale rimane inutilizzato.
Si
aggiustò anche il colletto della camicia, e poi
affondò le mani nei braccioli
della poltrona. – Da quanto so sei un medico tirocinante;
professione lodevole,
ma ben misera per sbarcare il lunario.
Lance
aguzzò lo sguardo.
-
Ha indagato su di me?
-
Ovviamente – rispose pronto l’altro. – Mi
piace sapere con chi ho a che fare.
Lance
avvertì una fitta di fastidio per essere stato praticamente
spiato. – Che
bisogno avrebbe uno come Zachary Devon del mio aiuto?
L’altro
sorrise, e la cosa mise alquanto a disagio il rosso.
-
Non ragionare in termini di aiuto, Lance, ma in termini di appalto
– gli
suggerì.
-
Appalto?
-
Dimmi una cosa: chi possiede l’atto di proprietà
del vostro amato Parco dei
Duelli?
Lance
si irrigidì come se fosse stato trafitto dallo sguardo di
Medusa. Dunque si
ritornava sempre e comunque a battere lì, eh? Ci mise un
attimo a fare due più
due, e smise anche di dargli del lei: - Tu… -
sibilò – hai mandato tu il
Pinguino.
Zachary
alzò le mani. – Colpevole.
Poi
tornò composto e il suo sguardo si fece serio. –
Io sono molto interessato a
quella fetta di terreno che chiamate Parco dei Duelli. E se non viene
fuori un
atto di proprietà, temo proprio che qui ci troviamo di
fronte ad un caso di
abusivismo edilizio.
-
Cosa?! – Lance balzò in piedi. – Mi stai
minacciando?
Zachary
si alzò a sua volta, lisciandosi la camicia. – Non
io – precisò. – Ma gli USA.
Questa è la legge, Lance. Tuttavia, comprendo
l’importanza affettiva che ha per
voi quel lotto di terreno.
Il
suo tono si addolcì un po’. – Non vi
trascinerei mai in tribunale, puoi starne
certo.
-
No, ovvio che no – gli rispose aspro – non dopo che
hai mandato più e più volte
un malavitoso a chiederci il pizzo!
-
Cobblepot? – Zachary sembrò quasi cadere dalle
nuvole, poi fece un risolino. –
Oh, lui è solo la punta dell’iceberg. Se
l’avessi voluto, i miei avvocati vi
avrebbero già fatti a pezzi.
Si
afferrò le mani. – Il fatto
è… che io credo che quel contratto esista eccome.
Solo, non in forma cartacea.
Lance
sbiancò. – Bingo! – Zachary
puntò il dito su di lui.
-
È come immaginavo. L’atto di proprietà
consiste in un lascito testamentario a
una persona. E quella persona scommetto che sei tu, Lance.
Il
rosso strinse i denti, una goccia di sudore che gli
attraversò il volto e si
insinuò nella camicia. – Già
– ammise – e con questo?
Zachary
lo guardò con un sorriso che non lasciava trasparire nulla.
Lance trovava
incredibile il fatto che quell’uomo fosse illeggibile. Era
come un libro
scritto in una lingua che non conosceva.
Alla
fine disse: - Come ho detto, sono molto interessato al vostro piccolo
lotto…
-
Perché? – lo interruppe bruscamente
l’altro. Un guizzo delle sopracciglia di
Zachary gli fece capire che non aveva gradito né
l’interruzione né la domanda.
-
Motivi personali – rispose semplicemente. – Quel
che conta è che sto per farti
un’offerta. Mi sembri una persona ragionevole,
perciò vorrei contrattare con
te.
-
Contrattare?
Zachary
andò alla sua scrivania e tirò fuori un libretto
degli assegni. Prese la sua
penna da scrivania e scarabocchiò qualcosa sopra al
foglietto, poi lo strappò e
lo porse a Lance. Il rosso sbiancò nel vedere la cifra
scritta sopra, in
un’elegante calligrafia ondulata.
-
Co-cos’è questo? – mormorò.
-
La cifra che ti offro per la cessione del vostro Parco –
spiegò il ragazzo dai
capelli blu. Attese pazientemente la risposta dell’altro.
Dopo
quelli che sembrarono attimi interminabili, Lance riacquistò
la compostezza. E
fu con calma glaciale che strappò in due l’assegno.
FRRRRRR!
Gary
Oak balzò in piedi. – Ma che stai facendo?!
Lance
lasciò cadere i riccioli di carta. Zachary lo
fissò con un sorrisino, come se
se lo aspettasse.
-
Il Parco dei Duelli non è in vendita – disse con
fermezza. – E ho sbagliato a
venire qui.
Fece
per andarsene, ma Zachary lo richiamò. – Sei
davvero sicuro di volertene andare
così, Lance?
Il
rosso tese la mano verso la maniglia, senza però toccarla.
Si volse e socchiuse
gli occhi. – Che intendi?
Zachary
si appoggiò alla scrivania. – Hai il mio rispetto,
se devo essere sincero. Uno
che straccia un assegno del genere con una certa disinvoltura lo merita
senz’altro.
Lance
fece per aprire bocca, ma lui lo fermò con un gesto della
mano. – Tuttavia,
dubito che tu riesca a immaginare le possibilità che sono in
grado di offrirti.
-
Non mi interessa affatto.
-
Oh davvero? – Zachary non sembrava convinto. La sua aria di
superiorità
cominciava a dare sui nervi a Lance. Strinse i pugni.
-
Stammi bene a sentire – gli disse, avanzando con fare
minaccioso nuovamente
verso di lui – non mi importa assolutamente di chi tu sia.
Che tu sia Zachary
Devon, o qualsiasi altro ragazzino montato…
Si
fermò vicino a lui. – Non cederò il
Parco e non mi farò comprare. Quel posto
rappresenta un’isola felice, e non solo per me, ma per tutti
noi.
E
con un gesto, andò ad abbracciare immaginariamente tutti i
ragazzi, compresa
sua sorella, che passavano i pomeriggi e le serate lì, in
quella piccola radura
lontana dalla civiltà, dal rumore e
dall’inquietudine.
-
E non sarai tu, né nessun altro, a portarcela via
– concluse. Come unico
risultato, il sorriso di Zachary non fece altro che allargarsi.
-
La tua dedizione è ammirevole, Lance –
commentò. Si scostò dalla scrivania e si
rimise eretto; era poco più basso del rosso.
-
Ma forse non hai capito – e il suo tono si fece
più deciso. – Io non ti sto
dando la possibilità di scegliere. Io voglio
quel parco.
Il
fuoco si accese negli occhi dell’altro ragazzo.
-
Dovrai passare sul mio cadavere, per averlo.
Zachary
scoprì i denti. – Spero di non dover ricorrere a
tanto – e a quelle parole
Lance non poté impedire a un brivido di attraversarlo.
-
A dire il vero – disse l’altro – stavo
pensando ad un altro modo, molto meno
violento, per risolvere la nostra questione.
I
due si compresero senza bisogno di parole.
Parlavano
entrambi la stessa lingua, del resto.
Quella
dei duellanti.
Era
pomeriggio inoltrato, quando Alan, Barney e Shaun arrivarono finalmente
a
Lylicove City, una graziosa cittadina sul mare.
Il
viaggio era stato orribile.
Dopo
la brusca frenata per impedire che Shaun la mollasse
nell’auto, Barney era
ripartito sgasando perché l’altro aveva fatto
cadere qualche goccia sulle
scarpe, e la macchina era nuova. Recuperato uno Shaun in procinto
d’infarto per
la corsa, avevano lasciato la superstrada per immergersi nel verde
delle
campagne.
Speravano
di godersi una tratta più tranquilla, immersi nel verde,
anche perché subito
dopo Shaun aveva vomitato una colazione alquanto pesante.
Be’,
del resto l’aveva detto che stava male nelle curve.
Sfortunatamente,
il vomito non era stata la cosa peggiore della tratta,
perché su una sterrata
strada di campagna, dove il navigatore li aveva fatti finire, Barney
aveva
investito un’intera famiglia di ricci selvatici. E nel fare
retro per
controllare se se ne fosse salvato qualcuno, aveva investito anche
l’ultimo.
Così,
l’ultima tratta se l’erano fatta in cupo silenzio,
e quando erano finalmente
arrivati a Lilycove volevano solo farsi una doccia e scendere. Alan
cominciava
addirittura a soffrire un po’ di cinetosi.
-
Dov’è che dobbiamo andare di preciso? –
chiese Barney, che stava trafficando col
navigatore.
Alan
diede un colpetto al sedile. – Hai tu l’indirizzo,
Shaun.
-
Ah giusto. – Il moro si infilò le mani in uno dei
calzini e ne tirò fuori un
foglietto spiegazzato. Alan non aveva nemmeno più la forza
per essere allibito.
Barney, invece, gli chiese: - Lo tieni in un calzino?
-
Nelle mutande pizzicava – si giustificò lui.
Lesse
sul foglio. – Skylab, Via Washington, 24.
Alan
ridacchiò. – Skylab, Via Washington? –
Il nome lo faceva ridere per qualche
motivo. Forse gli ricordava quello di un vecchio sketch
dov’era assolutamente
fuori luogo.
-
E il proprietario chi sarebbe? Mr. Jones?
Mr.
Jones era un nero dalla pettinatura afro e gli occhiali da sole.
Li
accolse con il calore e l’entusiasmo di chi deve
assolutamente vendere la
propria merce al mercato di Abu Dabi.
-
Benvenuti duellanti! – esclamò. – E
grazie per aver scelto il mio Skylab per
soggiornare!
Strinse
loro le mani con forza.
-
Ma porca… - mormorò Alan.
L’albergo
aveva diversi piani, e sembrava fin troppo di lusso perché
potessero permetterselo,
ma a quanto pare era così. Si trovava su una collinetta,
rialzato rispetto alla
cittadina sotto di loro, e da lì si poteva ammirare il mare.
Tutto intorno
c’erano boschetti e percorsi che portavano sulle montagne.
Era una zona
veramente caratteristica.
Le
porte a scorrimento dell’albergo si aprirono e ne uscirono,
trafelate, Winona e
Serena.
-
Alla buon’ora – commentò la ragazza dai
capelli lilla.
-
Cominciavamo a pensare che vi foste persi – disse Serena.
Indossavano entrambe
le magliette del campo estivo. Da dentro veniva un vociare
confusionario di
voci di bambini.
Alan
cominciò a scaricare le valigie dal bagagliaio della
macchina di Barney. –
Abbiamo avuto un viaggio… interessante – e non
volle aggiungere altro.
-
Siamo gli ultimi? – domandò il biondo.
-
Direi – gli rispose Winona a braccia conserte – noi
siamo arrivati ore fa.
I
due ragazzi guardarono Shaun, che era davanti al telefono.
Rialzò lo sguardo e
domandò: - Cosa?
-
Stai condividendo meme sul gruppo? – insinuò Alan.
-
No – e mise via il cellulare. Subito dopo, quelli di Alan e
Barney squillarono.
Lo guardarono con un forte istinto omicida. Il moro cominciò
a fischiettare.
-
Voglio morire – dichiarò Barney, una volta entrati
nell’albergo. Mr. Jones nel
frattempo si era volatilizzato.
-
Non mi sento più le gambe – gli venne dietro Alan.
Stavano arrancando con le
valigie verso l’ascensore; così tante ore di
macchina li avevano provati.
Barney aveva lasciato l’auto nel parcheggio
dell’hotel, e ora volevano solo
mettersi a letto, nonostante il sole non fosse ancora tramontato.
Shaun,
intanto, era sparito chissà dove.
-
Alan. – Quella voce lo richiamò da in fondo alle
scale. Serena lo fissava, e
non sembrava molto contenta.
-
Serena – fece lui, abbastanza sorpreso – qualcosa
non va?
-
Dopo cena – e non aggiunse altro, voltandosi e lasciando il
corridoio con i
capelli che le svolazzavano dietro. Alan e Barney si guardavano
interrogativi.
-
Ho fatto qualcosa di male, dici? – chiese il moro.
-
A me sembrava quasi un invito a… - e le sopracciglia del
biondo furono più che
eloquenti.
-
Oh… OH!
Le
porte dell’ascensore si chiusero. Dopo un altro attimo di
attenta riflessione,
Alan disse: - Penso sia per colpa di Lance, invece.
-
Che c’entra ora il nostro incazzoso amico?
Alan
non rispose. Fissava la propria immagine nel vetro. Era fiacco, sudato
e
stanco; avrebbe voluto buttarsi a letto, ma decise che si sarebbe fatto
una
doccia e poi sarebbe sceso a cenare. Doveva risolvere la questione con
Serena
il prima possibile; quella ragazza era adorabile, e odiava farla star
male. Ed
era molto sicuro che c’entrasse il fatto che Lance non si
vedeva lì in giro da
nessuna parte.
Quando
l’ascensore si aprì e si ritrovarono al terzo
piano, Alan disse: - Allora ci
vediamo a cena, Barney.
Il
biondo parve disorientato. – Cosa? Ma… non stiamo
in camera insieme?
Alan
mostrò la propria chiave, alla quale era appesa una pesante
palla di rame con
il numero 308. – No. Tu hai la 306, a quanto pare.
E
si avviò verso la sua stanza, salutandolo con la mano.
-
Aspetta… ma se Alan è nella 308… chi
c’è con me??
Corse
subito alla sua stanza. Non appena aprì, sentì
tirare lo sciacquone e vide la
porta del bagno spalancarsi.
-
Bene, bene. – Shaun, in mutande e con un asciugamano davanti
alla faccia,
sembrava alquanto compiaciuto. – Indovina chi si
farà una run su Pokemon Spada
“only Croagunk” questa sera con me?
-
NOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!
Alan
aveva preso una singola.
Non
era stato un problema, gli animatori erano dispari, e lui era
abbastanza maturo
da non destare troppe preoccupazioni se avesse dormito da solo. Voleva
bene a
Barney, ma aveva bisogno di stare da solo. Perché la sera
era sempre il momento
più difficile, quel momento in cui le ombre si allungano e
il sole non riesce
più a tenerle a bada.
Quel
momento in cui i demoni vengono fuori.
La
sua stanza era molto minimale, un letto all’angolo, una
scrivania piccola e in
legno consumato, sotto ad uno specchio a parete. C’era il
bagno con doccia e
sanitari, nulla di più che un minuscolo spazio ricavato in
una già piccola
camera, con una luce che sapeva di ospedale.
Ora
capiva perché avevano potuto permettersi quel posto
là; sembrava super stiloso
visto da fuori, ma ero uno specchietto per le allodole. Era come uno di
quei
cartonati con dietro niente che si vedevano sui set dei vecchi film
western.
Nell’armadio
aperto c’era una piccola cassaforte, dove Alan ripose il
portafoglio e chiuse a
chiave, non perché temesse di essere veramente derubato. Era
più un gesto…
simbolico, diciamo.
Mi
dispiace, amico mio,
pensò.
Nel
suo portafoglio c’era quella carta, l’immancabile
Drago da Richiamo; l’unica
carta che aveva conservato, perché era la sua. La portava
sempre con sé, in una
bustina plastificata per non farla rovinare. L’aveva protetta
dal tempo, e dal
destino riservato al resto del suo deck. Quel pensiero gli faceva
salire
emozioni contrastanti dalla bocca dello stomaco. Provava rabbia e
disgusto nei
confronti di sé stesso, ma anche amara accettazione e un
distorto senso di
pace.
Aveva
vinto, l’aveva spuntata. Aveva rinunciato per la seconda
volta al Duel
Monsters, e stavolta definitivamente. Aveva vinto in maniera legittima
e
firmato quel contratto, anche se non c’era nessun foglio di
carta ad
attestarlo. C’erano però dei testimoni, diversi
testimoni. Aveva battuto Mera,
e dio se non era stato il duello più difficile della sua
vita; e tutt’ora
sentiva di aver vinto per pura fortuna, non per abilità.
Mera
aveva seriamente rischiato di batterlo.
E
lui aveva seriamente rischiato di dover confessare.
Ma
ci sono segreti che non possono essere confessati, cose che bisogna
portarsi
dentro, di cui bisogna accettare il peso.
L’eredità di Lucius era una di quelle
cose. E anche se sapeva che quella minuscola cassaforte non avrebbe
bloccato i
suoi pensieri, che quelle quattro mura in cui avrebbe dormito da solo
per
qualche giorno non sarebbero bastate a impedire ai fantasmi di uscire,
preferiva affrontare tutto questo da solo.
C’era
una porta finestra che dava sul balcone, così vi si
affacciò. Il panorama, che
dava sulla città sottostante, era bellissimo. Il lungomare
cominciava a
risplendere delle luci dei lampioni. La gente passeggiava e andava a
fare
aperitivo. Dall’altra parte, le montagne guardavano nella sua
direzione, i
profili neri dove il sole era già scomparso, e le chiome
degli alberi si
confondevano diventando macchie scure contro il cielo notturno.
Il
mondo, in quel momento là, sembrava perfetto.
Una
leggera brezza gli scompigliò i capelli. Per la seconda
volta quel giorno
ricordò a sé stesso che doveva tagliarli.
Gli
affiorò l’ombra di un sorriso. Quante cose doveva
ancora fare.
La
sala mensa era straripante di marmocchi.
Alan
ne aveva contati almeno un centinaio, e altri ancora dovevano arrivare.
-
Non so se riuscirò a resistere –
confessò, più a sé stesso che a
Winona, che in
quel momento si era avvicinata. La ragazza dai capelli lilla gli
rispose con
una risatina.
-
È il tuo primo campo?
-
In tutti i sensi – gli rispose l’altro. –
Non ho mai partecipato a cose del
genere.
-
Troppo impegnato a vincere campionati già da piccolo?
Nonostante
l’avesse detto in modo ironico, Alan si irrigidì.
Winona se ne accorse subito.
Stava per dirgli qualcosa, ma in quel momento arrivarono gli altri
educatori,
capeggiati da Serena. Lei e Alan si scambiarono una strana occhiata; il
moro si
sentiva sempre più a disagio.
Con
lei c’erano delle facce nuove.
-
Ragazzi, voglio presentarvi dei miei amici che si sono offerti per fare
da
educatori per il campo estivo – spiegò la sorella
di Lance, introducendoli con
un gesto della mano. C’era un ragazzo dai capelli neri legati
in una coda e gli
occhi marroni, che tese la mano con un mezzo sorriso: - Sono Shun
Kazami – si
presentò, tendendo la mano ad Alan.
-
Io sono Marucho Marukura – disse un ragazzino biondo dai
capelli a caschetto,
gli occhi azzurri e due spessi occhiali dalla montatura rossa. Sembrava
strano
che avesse la loro età o giù di lì.
Mio
dio, ha un nome impronunciabile…,
pensò Shaun mentre
ricambiava la stretta.
-
Io sono Gardenia! – fece allegra una ragazza dai capelli
arancioni con delle
mesh nere e la frangia, alta e magra.
Carissima,
pensò Barney, che doveva coordinare mente ed espressione
facciale per mantenere
la propria farsa.
-
Non siete frequentatori del Parco, mi sembra –
notò Alan. Fu Gardenia a rispondergli:
- Oh, ogni tanto ci veniamo, ma abitiamo piuttosto distanti da dove si
trova. E
poi…
Shun
la scavalcò. – Ci siamo offerti quando abbiamo
saputo che si stava organizzando
un campo estivo!
Strinse
i pugni. Marucho sembrava eccitato quando lui: - Avere la
possibilità di
passare quattro giorni a batterci a Duel Monster è troppo
eccitante!
Saltellava
qua e là come una rana.
-
C’è una cosa che mi domando – se ne
uscì all’improvviso Barney. – Chi
è che ha
portato qua i marmocchi?
Improvvisamente
alle loro spalle echeggiò una risata. – Bwahahah!!
Quando
si voltarono, tutti sgranarono gli occhi. Davanti a loro
c’erano Dan, Rob e…
Mera!
-
Pensavate davvero di liberarvi di noi? – fece la rossa.
Alan
iniziò improvvisamente a sudare. I miei peggiori
incubi tutti assieme,
pensò. Si sentiva circondato: da una parte c’era
Serena, che probabilmente lo
odiava per le tensioni con Lance; e ora, dall’altra, era
spuntata Mera, con la
quale non aveva più parlato dopo il loro duello.
Poi
c’erano Rob, il barista tatuato del Parco, e Dan, il vecchio
che aveva l’aria
da galeotto e che si sedeva sempre a bere.
-
Ci siamo offerti volontari per portare noi i marmocchi –
spiegò Dan, la voce
arrocchita dal fumo.
-
Del resto uno solo di noi non sarebbe bastato –
spiegò Rob.
-
Ma… e che ne è del Parco? – chiese
Winona, che a quanto pare era sorpresa
quanto gli altri. Mera le rispose: - Non preoccuparti. I ragazzi sono
rispettosi, non manderanno tutto a monte. E poi, ho lasciato Sapphire a
fare la
guardia.
Meno
male…,
pensarono all’unisono Alan e Barney. Almeno una se
l’erano evitata; avevano entrambi i flashback del Vietnam
quando si faceva il
nome di Sapphire.
-
Be’ allora, vogliamo sederci? – propose Rob.
– Non so voi, ma io sto morendo di
fame.
Si
trovarono tutti d’accordo.
La
parte più difficile fu convincere i bambini a sedersi.
È veramente complicato
avere a che fare con una torma di un centinaio di mocciosi da tenere
d’occhio,
specialmente mocciosi che andavano dalla prima alla terza media. Una
delle età
peggiori, almeno secondo Alan.
-
Alan, tu com’eri alla loro età? – gli
domandò Barney, quando finalmente si
furono seduti a tavola. C’era un tavolo riservato apposta per
gli educatori,
mentre i bambini erano stati distribuiti in altre tavolate, dalle quali
proveniva un baccano infernale. Alan era in mezzo a Barney e Winona,
mentre
davanti a loro c’erano i tre nuovi
“acquisti” appena conosciuti. Mera si era
seduta lontana dai due ragazzi, e aveva vicino Serena e Shaun. A
capotavola
c’erano Rob e Dan, che avevano già riempito di
vino le proprie brocche e
stavano brindando con le gote in fiamme.
-
Mm – ci pensò il moro – ero un ragazzino
abbastanza impertinente.
A
quella confessione, Barney sgranò gli occhi. –
Davvero?? Sai, non ti ci vedo
proprio.
Alan
fece un sorrisetto, prima di tracannare un lungo sorso
d’acqua, e poi afferrare
un pezzo di pane. – Sì, be’…
diciamo che non vado proprio fiero del mio
passato.
Winona
gli lanciò un’occhiata, ma decise di non fare
commenti.
Barney
incrociò le braccia. – Mm…
be’, io ero un bambino bellissimo –
affermò, e a
quel punto Gardenia davanti a loro sputò l’acqua
che stava bevendo per il
ridere.
-
Cosa c’è? – domandò il biondo.
-
Mi è piaciuto il tono in cui l’hai detto
– ammise lei, candidamente. Barney
arrossì leggermente: - Oh… grazie.
Alan
gli diede un colpo di gomito e gli fece un sorriso furbo. –
Potresti evitare di
fare il marpione anche a tavola? – gli sussurrò.
Barney
si mise un fazzoletto davanti la bocca. – Io non ho fatto
niente – si schermì.
Tutti
presero a ridere tra loro. Quasi tutti, almeno.
-
Che hai, Serena? – domandò Mera, morsicando un
pezzo di pane.
-
Mm… nulla di che – la liquidò
l’altra, anche se guardava il piatto vuoto come
se in esso fosse contenuta la verità della vita. La rossa
socchiuse i suoi
occhi di bronzo: Dev’essere per via di Lance.
E
dopo aver fatto quel pensiero, rivolse subito la propria attenzione ad
Alan,
che stava ridendo con Barney e Gardenia.
Qualunque
sia il segreto che Alan si porta dentro… deve riguardare
anche Lance, ormai.
L’aveva
capito anche lei che c’era qualcosa che non andava,
l’avevano capito tutti, a
dire la verità. Ormai, il peso del segreto di Alan sembrava
aleggiare su tutti
loro. E più guardava le piastrine che il ragazzo portava al
collo, più Mera non
poteva fare a meno di chiedersi cos’avesse a che fare tutto
quello con lui.
Poi
le porte della cucina, che davano sulla sala da pranzo, si
spalancarono, e ne
uscì la cuoca Aloé: un’enorme donnone
di colore con una fascia per capelli e il
sorriso da mamma affettuosa, seguita da uno stormo di cuochi e cuoche.
Trasportava un’enorme pentolone fumante pieno di riso, che fu
adagiato su un
carrello. Il personale passò poi a servirlo in mezzo ai
tavoli, causando urli
di gioia nei marmocchi.
-
Ahhh, il risotto con le erbette! – commentò Barney
non appena anche loro furono
serviti. – È il mio piatto preferito.
-
Ma non è una citazione ad Alex l’Ariete?
– domandò Shaun.
-
Ohh, andiamo – lo riprese bonario Alan – se
spoileri gli rovini la caccia,
stasera.
Aveva
un sorrisetto furbo sul viso. – Quale caccia?? – si
impose Shaun. – Stasera
Pokemon Spada Only Croakung, SONO STATO CHIARO?!
-
Amo la gioventù – commentò Rob. Dan,
vicino a lui, scosse la testa
ridacchiando, il bicchiere costantemente pieno di vino.
-
Se ci penso che abbiamo avuto anche noi la loro età
– fece il vecchio. Poi il
suo occhio furbo colse qualcosa, un confabulare in uno dei tavoli
vicino al
loro.
E
non aveva torto, il vecchio Dan, perché ad uno dei tavoli
c’era un gruppo di
marmocchi che stava pianificando qualcosa.
-
Sei veramente sicuro di volerlo fare? – domandò
Liam, un ragazzino mingherlino
e di media altezza, dai capelli nero chiaro. Vicino a lui, verso dove
si era
sporto, sedeva un ragazzino suo coetaneo, dagli occhi vispi e i capelli
castani
con la riga di lato. – Voglio dare una lezione a quello
sbruffone – mormorò,
ingoiando poi una grossa forchettata di riso, salvo quasi strozzarsi e
farsi
venire le lacrime agli occhi perché era bollente.
-
Ma se non riesci neanche a mangiare senza scottarti – lo
riprese Mickey, che
sedeva dall’altro lato della tavolata. Andava in prima media,
era più basso
degli altri due, che erano ragazzini di seconda, e aveva i capelli che
sembravano un ciuffolo castano di prezzemolo sulla testa.
Accanto
a lui sedeva un ragazzo magrolino, e talmente pallido che sembrava
dover
svenire da un momento all’altro. Aveva i capelli verdi e gli
occhi chiari, e un
inalatore poggiato sul tavolo accanto al piatto. – Non devi
farlo per me, Nick!
– lo stava pregando il ragazzino.
-
Stai scherzando vero? – aveva replicato il bambino chiamato
Nick, che aveva
ancora le lacrime agli occhi e la faccia in fiamme. – Tuo
cugino è un
grandissimo stro…
-
No Nick, ti sentiranno!! – aveva urlato spaventato Mickey.
-
Puzzone, allora – aveva replicato stizzito, incrociando le
braccia.
Tutti
si misero a guardare nella stessa direzione. In fondo al tavolo
c’era un
ragazzino che se ne stava per i fatti suoi: anche lui aveva i capelli
verdi, e
sembrava più grande di loro, infatti andava in terza media.
Aveva lo sguardo
perso fuori dalla finestra, e non sembrava molto interessato al proprio
piatto.
-
Quel gradasso – fece rabbioso Nick – si
dà tante arie, ma io dico che posso
batterlo.
-
No, Nick! – aveva ripreso allarmato a dirgli il ragazzino dai
capelli verdi. –
Mio cugino Vito è troppo forte per te. Non voglio che ti
umili per causa mia.
Sembrava
davvero preoccupato. Nick gli rispose con un risolino sprezzante: -
Tranquillo,
Lino. Se c’è qualcuno qui che finirà
umiliato sarà lui.
E
così dicendo guardo di nuovo in direzione del verde, che non
si accorse di lui
neanche stavolta.
La
sera si era alzata una brezza leggera, ma anche leggermente fredda.
Serena
si strinse nella propria giacca di jeans, mentre si dirigeva verso la
terrazza.
I bambini erano stati mandati nelle loro camere, in quanto stanchi per
il
viaggio, e anche lei cominciava a sentire la stanchezza affossarla.
Quasi
quasi me ne vado a letto…,
le venne da pensare. Sono troppo
stanca adesso per poter avere un confronto con…
-
Serena?
La
voce alle sue spalle la fece sussultare. Si volse e vide Alan che le
veniva
incontro. Si scurì in volto; qualunque cosa avesse pensato
di dirgli, le morì
sulle labbra. Il ragazzo l’aveva colta alla sprovvista;
pensava che sarebbe
toccato a lei braccarlo, che avrebbe provato lui a evitare
l’incontro. E invece
era lì, e l’aveva addirittura chiamata per nome.
Aveva le mani in tasca, e non
sembrava patire per nulla il freddo. Il vento creava delle onde sulla
maglietta
che indossava.
-
Non sei scappato – osservò la ragazza,
stringendosi nelle spalle, e un po’
pentendosi per quella sua asprezza. Alan fece una smorfia.
-
Pare che l’acidità stia diventando una
caratteristica di famiglia – le rispose
a tono. Lei si indispettì, e tagliò corto: - Che
cos’ha Lance? Dimmelo.
Alan
distolse lo sguardo. Al di sotto di loro, il boschetto si muoveva a
ritmo del
vento, e le scure chiome accarezzavano il profilo della terrazza, come
sollevandosi a sbirciare ed ascoltare la loro conversazione.
-
Se potessi lo farei – le rispose alla fine. – Ma
è qualcosa di cui preferisco
non parlare.
-
Però ha cambiato Lance! – osservò lei.
– Se ha avuto questo effetto su di lui,
io devo sapere cos’è.
-
No – replicò pacatamente il ragazzo. –
Lance non…
Abbassò
lo sguardo. Lance non sta soffrendo per il mio segreto, in
realtà… Lance non
riesce ad accettare il fatto che non potrò riscattare la
memoria di suo nonno.
Tornò
a guardare la ragazza. E se lo sapesse anche lei, come
reagirebbe? Non ha la
stessa indole di Lance, ma non posso far soffrire così anche
lei…
Strinse
i pugni, e una fitta di dolore lo attraversò alla punta
dello stomaco. Quante
diavolo di vite ho rovinato??
Fece
per dire qualcos’altro, quando qualcosa catturò la
sua attenzione. – Serena,
guarda!
-
Non cambiare discorso – protestò lei, le braccia
incrociate.
-
No, no, guarda. Sul serio!
Stava
indicando oltre l’inferriata, verso il boschetto. Serena
decise di sporsi e
guardare in quella direzione, e sussultò. C’erano
delle luci nel bosco, che
procedevano in fila, quasi trotterellando. Erano luci di cellulare, in
mano ad
alcuni dei bambini del campo. Erano in sei, e si dirigevano nel folto
del
bosco.
-
Ma dove diavolo vanno? – protestò Serena, e fece
per urlare. Alan la bloccò
tempestivamente. – Non urlare! Altrimenti ce li perdiamo.
La
ragazza lo guardò, scettica. – Che vuoi dire?
Alan
sorrise, e l’altra non poté fare a meno di
detestare un po’ quel sorriso in
quel momento.
-
Non sei mai stata bambina? – le domandò.
– Se urli a un bambino di fare
qualcosa, lui farà esattamente l’opposto. Se
adesso fai sapere loro che li
abbiamo sgamati, e gli urli di tornare qui, non lo faranno mai. Anzi,
scapperanno e dovremo mobilitare tutti.
-
Allora cosa proponi? Di urlare loro di non tornare qui e sperare che ci
caschino?
-
No, chi mai sarebbe così idiota da fare una cosa simile?
– protestò Alan,
offeso, e Serena arrossì un pochino.
Poi
lui la tirò per una manica della giacca. – E ora
che vuoi fare?? – protestò
lei, mentre il ragazzo la trascinava nella sua direzione.
-
Tu che dici? – le chiese, voltandosi e mostrandole uno strano
sorriso. – Li
seguiamo.
ANGOLO
DELL’AUTORE
Hola,
popolo di EFP!
Non
mi sono ancora ritirato, eh no!
Basta lasciare cose in sospeso, non importa quanto tempo ci
vorrà. Se anche
dovessi finire con un lettore, questa serie si finisce. Ebbene gente,
come
state? Io sono qui per voi, e mi siete mancati. Nuovo capitolo, nuovo
arco
narrativo. E anche ultimo, per questa prima stagione. Ci avviciniamo
sempre di
più al finale, ma abbiamo messo parecchia carne al fuoco.
Abbiamo
il campo estivo, dove i nostri
amici vorrebbero rilassarsi e godersi una breve vacanza; ma puoi
davvero
rilassarti con un esercito di marmocchi al seguito? La risposta
l’avete già da
voi.
Poi
abbiamo la side story di Lance, che
sta combinando un bel casino, a quanto pare, mischiandosi con gente non
proprio
raccomandabile. Zachary Devon è tornato in scena, e ha
iniziato a tirare i fili
che ci porteranno al finale di stagione e alla prossima. Lance
accetterà
davvero di cedere il Parco? E come andrà il loro duello?
Ci
sono un sacco di domande che devono
ancora trovare risposta, e non è detto che non dovremo
aspettare. Intanto spero
vi siate goduti questo capitolo, visto tutto il tempo che avete atteso.
Ho voluto
giocare un po’ con lo sketch della “Subaru
Baracca” di Aldo, Giovanni e
Giacomo, ma immagino che fosse impossibile non notarlo. Non mi resta
che parlare
un po’ dei personaggi che ho introdotto, e poi lasciarvi
– non voglio
dilungarmi troppo – in attesa del prossimo capitolo.
Non
faccio promesse, ho tesi, esami e
roba da gestire, ma ce la metto tutta. Sto cercando di regolarizzarmi
con la
scrittura.
Perciò
via, vediamo un po’ chi abbiamo
qui. Le new entry Shun e Marucho sono personaggi di
“Bakugan”, anime che io ho
amato alla follia, almeno per le prime stagioni.
Gardenia
e Aloé vengono direttamente
dall’universo Pokemon, dal quale provengono la maggior parte
dei personaggi di
questa fan fiction. Gardenia è la capopalestra di Evopoli in
Diamante, Perla e
Platino, mentre Aloé è la capopalestra di
Zefiropoli in Bianco e Nero, giochi
che sto recuperando solo ora e che sto amando alla follia. Anche Lino e
Vito
provengono dall’universo Pokemon: Lino è uno dei
rivali nei giochi di terza
generazione Rubino, Zaffiro e Smeraldo. Vito è un
fantallenatore, ed è il
quinto membro della famiglia Vinci, dagli stessi giochi. I due non sono
realmente
imparentati, è un legame che ho creato io appositamente per
la fic.
Nick,
Mickey e Liam sono invece
duellanti che si possono affrontare in Duel Links, esattamente come
Zachary.
Mr.
Jones, che ha fatto un cameo per la
gag, è un personaggio di “Rage of the
Dragons”, dall’universo SNK.
Bene,
detto questo, ci vediamo al
prossimo capitolo!!
Nel
prossimo capitolo: “Il prodigio”
Nick
sfida Vito per difendere il suo
amico Lino. Ma il ragazzo è un vero e proprio prodigio del
Duel Monster; ciò che
gli manca è l’umiltà. Alan, rivedendo
il sé stesso del passato, decide di farsi
avanti.
Ciao
ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
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