All'altezza

di Iuccy_97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***
Capitolo 3: *** Terza parte ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***


Blane Whittaker non era mai stato particolarmente alto rispetto ai suoi compagni, fin dall'asilo. Quando nei primi anni di elementari chiedeva alla madre perché arrivasse a malapena alle spalle di Julian o Tony, questa sorrideva e gli diceva di stare tranquillo: anche suo fratello era sempre stato piccolino, ma lo guardasse ora! Ben oltre il metro e ottanta.
"Arriverà il tuo momento per crescere" gli ripeteva, mentre lui continuava ad essere disposto in prima fila nel coro di Natale, nella foto di classe e in ogni attività in cui dovessero vedersi i volti di tutti gli alunni. Sempre in prima fila, con le femmine e gli sfigati, mentre gli altri maschi, file indietro, ridevano e scherzavano.
A condividere il suo destino c'era un certo Stewart Critchley, biondino, anche lui basso e, in aggiunta, terribilmente magro. Probabilmente a lui però non importava. La sua mente, sempre in fermento, era la gioia degli insegnanti e chiunque gli chiedesse cosa volesse fare da grande, la sua risposta era sempre la stessa, immediata e sicura: "L'inventore".
I due avevano stretto amicizia velocemente e se subito la spiccata intelligenza e timidezza del biondo aveva cozzato con la distrazione facile e le buffonate del moro, avevano trovato il loro punto di incontro nei videogiochi.
I due si trovavano spesso e volentieri a casa di Stewart, sotto lo sguardo vigile della madre che li accoglieva dopo scuola con una fetta di torta o con dei biscotti fatti in casa. Così passavano i pomeriggi di pioggia: inventando storie con le astronavi che collezionavano dai pacchetti di cereali e sfidandosi al Nintendo. Ma appena il sole usciva e la temperatura era sufficientemente alta, non c'era via di scampo: mamma Mary li mandava a giocare a calcio nel parchetto giusto dall'altra parte della strada.
Lì Susan li trovava la maggioranza delle volte quando, arrivando da lavoro verso le sette, passava a ritirare il figlio.
-Grazie Mary, come sempre.- diceva alla signora bionda che apriva la porta di casa asciugandosi le mani sul grembiule da cucina.
-Ma figurati. Almeno si tengono compagnia e Stewart non mi importuna con le sue domande mentre faccio le faccende domestiche.-
Le donne ridevano, poi la mora si voltava di nuovo verso il parco e gridava.
-Blane! Per favore, andiamo! Kyle ci aspetta!-
Sentir nominare il fratello maggiore probabilmente smuoveva qualcosa nel figlio, che fermava il pallone e attraversava con attenzione la strada.
-Sono stati bravi?- chiedeva la signora Whittaker, tornando a rivolgersi all'altra donna.
-Ma certo. Tuo figlio è proprio caro. Ed è simpatico.-
Più o meno in quel momento Blane appariva al fianco della madre con lo zaino gettato su una spalla e i capelli appiccicati alla fronte per il sudore.
-Andiamo?-
-Andiamo. Grazie ancora Mary, buona serata.-
-Grazie a voi. Ciao Blane.-
-Ciao.- borbottava con imbarazzo il bambino e si allontanava camminando all'indietro fino alla macchina, per poter parlare con Stewart fino all'ultimo istante di cosa avrebbero fatto il giorno successivo.
Forse erano proprio i pomeriggi da Stewart che avevano permesso al piccolo Blane di guadagnare una discreta stima come calciatore da parte dei suoi compagni. A dispetto della statura infatti era molto veloce e agile, il che lo rendeva uno dei centrocampisti migliori della sua età. Persino l'insegante di ginnastica sorrideva bonariamente quando ci si riferiva a lui chiamandolo "cavalletta".
Furono gli anni delle medie a peggiorare la situazione, tutto per colpa di Julian in un pomeriggio di inizio ottobre.
Era il momento libero dopo il pranzo e i ragazzi del primo anno avevano portato un pallone per giocare nel cortile, segnando le porte con due zaini. Il campo infatti era territorio dei più grandi. I due capi squadra erano Julian e Tony, già all'epoca i più popolari, che chiamavano un compagno a testa.
-Daniel, in porta.- iniziò Julian, facendo un cenno al ragazzo.
-Zac.-
-Marcus.-
-Cavalletta.-
Mentre Blane faceva un passo avanti per raggiungere Tony, un coro di risate si levò dal lato destro del cortile.
-Ma chi è quello sfigato?- chiese qualcuno.
Il gruppo di primini si voltò verso tre ragazzi più grandi, seduti su uno dei tavoli esterni con i piedi sulle panche.
Blane continuò per la sua strada, notando la faccia di Julian sbiancare leggermente.
I tre si avvicinarono e uno mise un braccio attorno alle spalle di Tony.
-Spiegami: perché prendi questi sfigati in squadra?- chiese, lanciando un'occhiata di disprezzo al gruppo.
-Perché giocano bene?- mormorò timidamente Jack-black, chiamato così per la carnagione scurissima, ma famoso per la lingua tagliente. In quel momento però la sua dialettica sembrava scomparsa.
-Non parlavo con te, sfigato.- lo zittì immediatamente l'altro, spintonandolo indietro.
Nel gruppo si sollevò un'esclamazione sorpresa: nessuno si aspettava una reazione violenta.
-Guardate qui.- esclamò un altro dei ragazzi più grandi, che era più distante.
-Che c'è Louis?- chiese un compagno.
-Sono talmente sfigati che non hanno nemmeno le palle di andare a giocare al campo. Usano gli zaini come porte.- commentò, dando un calcio ad uno dei "pali".
-Ehi!- si indignò Blane. Era lo zaino di Stewart.
-Che c'è, hai paura che si rompa?- chiese Louis ridendo e calciando un'altra volta, facendo rotolare lo zainetto di un qualche metro.
-Piano…- mormorò Stewart, senza però che nessuno lo sentisse.
-Ehi, guarda cosa c'è dentro!- esclamò quello vicino a Tony, dedicando totalmente la sua attenzione all'amico -Magari ha dei soldi.-
-No, per favore, non ho niente!- esclamò a quel punto Stewart -Non porto mai soldi a scuola!-
-Perché la mamma non ti dà il permesso?- rise uno dei tre, mentre gli altri continuavano a frugare tra le sue cose.
-E questo?- chiese Louis, tirando fuori un videogioco.
-"War of fire". Wow, sfigato, te ne intendi di giochi. Questo lo prendo io.- disse quello che sembrava il capo, mettendo il CD nella tasca della felpa.
In quel momento Blane si sentì divorare lo stomaco dal senso di colpa: quel gioco era rimasto a casa Whittaker per una settimana e glielo aveva restituito proprio quel mattino. Era colpa sua se si trovava nello zaino.
-Ehi, non puoi farlo!- esclamò a quel punto, facendo un passo avanti.
I tre lo fissarono e iniziarono a camminare verso di lui.
-Jason, Louis e Francis!-
La voce della professoressa Hundes riecheggiò nel cortile.
I tre interpellati fermarono la loro avanzata e si voltarono verso la donna.
-Lasciate giocare i ragazzi e iniziate ad andare in teatro per le prove del saggio.-
-Sì, professoressa.- balbettarono, tornando verso il tavolo per recuperare le loro cose.
Sempre sotto l'occhio dell'insegnante attraversarono il cortile verso l'auditorium.
-Ci vediamo dopo.- sibilò uno dei tre a Blane, prima di allontanarsi.
Alle cinque, fuori dalla scuola, lo aspettarono. Fu una scaramuccia di poca cosa in realtà, ma per il ragazzino fu come una dichiarazione di guerra.
Lo fermarono pochi metri dopo il cancello, nascosti dalle siepi della recinzione. Stewart, spaventato, rimase immobile a fissare la scena. Louis e Francis lo presero uno per parte e lo sollevarono facilmente da terra. Le gambe corte di Blane scalciavano mentre cercava di dimenarsi senza però grandi risultati.
-Tu hai un problema, sfigato.- esordì Jason, fissandolo -Non sai stare al tuo posto.-
Vide il pugno arrivare, ma non poté fare nulla per evitarlo. Chiuse gli occhi e cercò di ruotare la testa, ma sentì comunque la forza dell'impatto, soprattutto sul naso. Dopo di che, lo lasciarono di colpo e cadde a terra.
-Era un avvertimento.- concluse Jason e i tre si allontanarono.
Solo allora Stewart sembrò liberarsi della paralisi che lo aveva colto e si inginocchiò a terra accanto all'amico.
-Blane? Mi dispiace… non sapevo cosa fare… resta qui, vado a chiamare l'infermiera della scuola.-
-No!- esclamò il moro, trattenendolo per la manica con la mano che non usava a stringere il naso sanguinante.
-Non serve. Dammi solo un fazzoletto, per favore.-
Svelto, Stewart aprì lo zaino e gli passò un pacchetto, probabilmente messo lì dalla previdente mamma Mary.
Blane si tamponò quel tanto che bastava per fermare il flusso, poi rimase con un ultimo fazzoletto sotto la narice sinistra, in caso di emergenza.
-Dimmi che non mi sono sporcato o mia madre mi uccide.- borbottò poi, guardandosi la maglietta.
-No, sei a posto.- gli disse l'amico, aiutandolo ad alzarsi.
Quando fu in piedi raccolse lo zaino che gli era caduto e buttò i fazzoletti intrisi di sangue in un cestino poco lontano.
-Poteva andarmi peggio.- mormorò con voce nasale.
-Per esempio?- chiese Stewart, pronto ad una delle sue battute stupide.
-Potevo rompermi il coccige cadendo. Quello sì che sarebbe stato imbarazzante.-
-Ringrazia se non ti sei rotto il naso.- lo rimbeccò il biondo, genuinamente preoccupato.
Blane schioccò la lingua.
-Non è nulla. Prima di arrivare a casa mi sarà già passato tutto.-
 
 
 
 
Angolo Autrice:
Ciao a tutti! Eccomi tornata con una piccola fic su M.I. High. Sarà molto breve, giusto tre capitoli.
Vorrei raccontarvi come penso che Blane abbia scoperto il suo amore per le arti marziali e chiarire due punti: il bullismo e il salto in lungo.
Partendo dal salto in lungo, come è possibile che lui detenga il record del Regno Unito e che a scuola non se ne parli? Che sia un comunissimo studente anche quando si arriva all’ora di ginnastica? Che nemmeno Maxximum Fitticus e la sua ossessione per le medaglie e i record lo riconosca? La cosa è un po’ sospetta. Penso che, come in molte altre cose, Blane non ami raccontare di sé e tenga riservati molti aspetti della sua vita.
Bullismo. Nell’episodio dei pidocchi, 50 pence afferra Blane per i capelli e lo strattona malamente. Il nostro eroe però non si lamenta né sembra stupito dal suo comportamento. Tutte le volte in cui Julian e i suoi tirapiedi deridono Blane, Stewart e Rose mi fa riflettere sul fatto che Blane possa effettivamente difendersi ma non lo fa. Gli basterebbero poche mosse per togliersi dai piedi i bulli ma lui semplicemente sottostà a 50 pence, cercando di difendersi con poche e deboli argomentazioni durante le due serie.
Questi due tasselli mi fanno pensare che il nostro Blane sia abituato al bullismo e lo accetti con rassegnazione e che, d’altra parte, non possa o non voglia mostrare le sue abilità. Forse per non emergere dalla massa e mantenere la copertura, o forse perché semplicemente non gli interessa e vive serenamente la sua vita semplice. Inoltre, il sarcasmo e l'ironia sono le sue armi preferite, quindi non è facile capire se la cosa lo tocchi veramente.
In ogni caso, in questa breve fic cercherò di spiegare come mi immagino le cose siano andate nella sua infanzia. A partire dal primo episodio di bullismo, da parte di ragazzi più grandi. Trovo impossibile che sia stato Julian il primo bullo della situazione. È troppo tonto e poco incline a prendere una posizione, ma più facilmente avrà seguito un esempio, cercando di diventare come i ragazzi che vede come i più grandi e importanti della scuola.
Altro piccolo punto, su cui si basa praticamente tutta la storia: l’altezza. Blane non è particolarmente alto ma l’attore è comunque cresciuto un po’ nell’arco delle due stagioni. Nell’episodio in cui si vede Kyle poi, questo viene presentato come un ragazzone di un metro e novanta. Mi viene da pensare che la genetica farà diventare Blane alto più o meno come il fratello, ma probabilmente appartengono alla categoria di ragazzi che cresce negli anni del liceo, tutto in un colpo.
Con ciò concludo. Grazie per essere arrivati fino a qui, spero che la storia vi sia piaciuta almeno un pochino e che continui ad interessarvi.
Saluti!!:)

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


Il giorno successivo Blane prese il suo posto in prima fila profondamente imbarazzato. L'occhio sinistro era pesto e tutti se ne accorsero, compresa la professoressa Kinstley, che gli chiese come se lo fosse procurato. Il ragazzo ovviamente mentì.
-Dobbiamo riprendere "War of fire"- bisbigliò a Stewart a metà della lezione di letteratura.
L'amico lo fissò sbigottito.
-Sei impazzito? Ci ammazzeranno di botte! L'unico modo è dirlo ad un professore, ma se facciamo le spie...-
-Sara ancora peggio.- concluse quello dai capelli scuri -Per questo ho un piano.-
Ne discussero per le due ore seguenti. Il biondino era terribilmente contrario e si oppose con determinazione finché l'altro non riuscì a convincerlo della bontà della sua idea: sarebbero comunque stati vittime di altre botte, almeno poteva riavere ciò che era suo.
Nell'intervallo i due amici si avvicinarono al corridoio in cui Louis, Jason e Francis avevano gli armadietti.
-È di sicuro lì dentro.- sussurrò Blane, indicando quello del capo banda.
Stewart annuì e rimase nascosto dietro l'angolo mentre l'altro si incammina a verso il trio, che gli dava le spalle. Passando loro accanto, diede un colpo con la spalla a Louis, che per mantenere l'equilibrio dovette appoggiarsi a Jason.
-Ehi, guarda dove vai!- gridarono.
Solo a quel punto Blane si voltò a guardarli.
-Ma guarda chi c'è! Cavalletta!- esclamò Francis, muovendo un passo in avanti.
Il ragazzino indietreggiò, attirandoli verso di sé.
-Ciao ragazzi.-
-Guarda che bell'occhio nero. È un peccato che sia solo, giusto?- commentò Jason, battendo il pugno destro contro la mano aperta.
Alle sue spalle, Stewart sfruttò il momento di distrazione per frugare negli armadietti.
-Aspettate, ragazzi, aspettate!- esclamò Blane, temporeggiando.
-Cosa? Vuoi metterti prima a piangere?- lo derise Louis, avanzando ancora.
Solo quando fu a portata, Blane, fulmineo, girò sui tacchi e corse via, portandoseli dietro.
Come da piano, i corridoi erano pieni di studenti e lui, piccolo e agile, riuscì a passare nella ressa più velocemente degli altri tre. Ci avrebbe messo poco a seminari se, girando l'angolo nel corridoio della palestra, non fosse andato a sbattere in Julian, Tony e Daniel.
-Ehi, fai attenzione piccolino!- esclamò Julian, quando se lo ritrovò tra le braccia.
-Scusate, ragazzi, io...-
-Stai scappando?- lo derise Tony -Pensavo le avessi già prese ieri.-
-Vi prego ragazzi, fatemi passare.- li supplicò Blane, guardandosi alle spalle. Al fondo del corridoio, i tre lo stavano puntando.
-Fermatelo!- gridò Louis.
Il ragazzino provò a scappare, ma Daniel e Tony lo afferrarono per le spalle e lo trattennero. Ci volle poco perché gli altri li raggiungessero.
-Ehi, fratello, come stai?-
Blane, con gli occhi sgranati, fissò Julian e Jason scambiarsi una stretta di mano.
-Ciao fratello. Appena finisco di pestare questo moccioso andrà ancora meglio.-
-C'è il preside!- li avvisò in quel momento Francis.
Lo smidollato preside camminava con la testa per aria, senza però fare caso agli studenti.
Velocemente il gruppo si spostò nello spogliatoio maschile, dove poi Blane rimase nascosto fin oltre la fine delle lezioni.
Da lì si diresse verso casa, dove ad aprire la porta c'era la madre, già arrivata dal lavoro.
-Che ti è successo?!- esclamò vedendo entrambi gli occhi neri e naso e sopracciglio sinistro incrostati di sangue.
-Niente.- rispose seccamente lui, entrando.
-Blane, non scherzare! Kyle, vieni a guardare tuo fratello!- gridò la donna mentre si fiondava in bagno.
Il figlio maggiore uscì sbuffando dalla camera da letto, ma quando vide lo stato in cui era ridotto il fratello sgranò gli occhi e attraversò l'ingresso di corsa.
-Ehi, che ti è successo?- chiese, inginocchiandosi al suo fianco.
Blane alzò lo sguardo, fissò Kyle direttamente negli occhi e si sentì ulteriormente umiliato. Era così basso che suo fratello accucciato lo sovrastava comunque. Con rabbia, lo allontanò.
-Lasciami stare! So cavarmela da solo!- esclamò, mentre gli occhi già gonfi si riempivano di lacrime.
La madre lo raggiunse in quel momento e, stringendolo per un braccio, iniziò a tamponargli la faccia con un asciugamano umido.
-Portiamolo in ospedale.- suggerì Kyle, alzandosi in piedi.
-Sì, hai ragione.-
-No, Kyle non ha sempre ragione!- gridò ancora il più piccolo, battendo un piede per terra.
-Blane!- lo richiamò il fratello, con un tono serio che usava raramente.
-Non ho detto nulla a mamma, ma già stamattina avevi un occhio pesto! Cosa vuoi che faccia? Aspettare fino a che non torni a casa con un braccio o una gamba rotta?-
La donna li guardo terrorizzata.
-Che cosa è successo? Perché non me lo avete detto?-
-Perché non è successo nulla.- sibilò Blane, sentendosi tradito dal suo stesso fratello.
-Basta lamentele, vado a prendere la macchina.- disse Kyle, afferrando le chiavi e uscendo dall'appartamento.
-Andiamo.- mormorò la donna, leggermente sotto shock, tirando per un braccio il figlio, che la seguì controvoglia.
 
-Sono caduto. A ginnastica.- borbottò con una faccia inespressiva Blane al dottore che lo visitava.
-È sei riuscito a romperti il naso, spaccarti il sopracciglio e farti due occhi neri? Senza parlare dei lividi. Ragazzo mio, se è davvero così, tu hai bisogno di una benedizione!- esclamò ironicamente l'uomo mentre gli steccava il naso appena riallineato.
-Ti hanno picchiato?- chiese Susan per l'ennesima volta, sperando che il figlio cambiasse la sua versione dei fatti.
Ancora una volta, lui negò.
Mente un'infermiera lo disinfettava, l'ortopedico chiamò da parte il fratello e la madre.
-È ovvio che sia stato picchiato.- disse, pulendosi gli occhiali sul camice -Sapete di episodi di bullismo o simili nella sua scuola?-
-Lui non ci ha mai detto nulla.- mormorò la donna, spaventata.
-E anche lo sapesse, è troppo orgoglioso per dircelo.- aggiunse Kyle, scuotendo la testa.
-Vi consiglierei di parlarne con i professori se lui insiste a non dire nulla. Ma soprattutto, è fondamentale che nelle prossime due settimane stia lontano dai guai se non vuole problemi al setto nasale.-
Susan annuì.
-Grazie dottore. Faremo il possibile.-
 
Quando uscirono dall'ospedale erano quasi le undici di sera. Si misero in macchina in silenzio: Kyle alla guida, Susan sul sedile del passeggero e Blane dietro, sulla destra.
-Mamma.- esordì questo, dopo un po'.
-Dimmi.-
-Pensi che Stewart sia ancora sveglio?-
La donna e il fratello maggiore si scambiarono uno sguardo.
-Non lo so. Perché?-
Il ragazzo strinse le spalle.
-Niente, volevo chiedergli se era riuscito ad avere un gioco.-
 
Il mattino successivo, Susan rimase a casa dal lavoro. Kyle uscì alle sette per andare in accademia come tutti i giorni e la salutò con un abbraccio.
-Stai tranquilla.- le disse, chiudendosi la porta alle spalle.
Mentre Blane dormiva ancora, aveva deciso di tenerlo a casa per quel giorno, fece il numero dei Crichter. Sapeva che Mary era già in piedi per preparare la colazione al marito e al figlio.
-Pronto?-
-Ciao Mary, sono Susan, ti disturbo? So che è presto ma...-
-Susan, figurati! Volevo telefonarti io! Stewart ieri è tornato a casa preoccupato...-
-Che cosa sa Stewart? Ti ha detto qualcosa?- esclamò la donna.
-Non molto in realtà. Mi ha detto che Blane lo ha difeso da dei ragazzi del terzo anno e che ieri dopo l'intervallo non l'ha più visto. Sembrava molto preoccupato, per questo volevo sentire te... È tutto a posto?-
-Oh Mary, no! Ieri sera siamo andati all'ospedale... È arrivato a casa con entrambi gli occhi neri, un sopracciglio sanguinante e il naso rotto!-
-Oh mio Dio!-
-Glielo hanno dovuto steccare e ora è a riposo per due settimane. Ed è pieno di lividi sulle braccia e sulla schiena.-
-Ma è terribile! Mi dispiace così tanto Susan! C'è qualcosa che posso fare?-
-No, ora come ora no. Blane è a casa, vedo se riesco a convincerlo a spiegarmi cosa è successo. Ma ti prego, se Stewart ti racconta qualcosa dimmelo! Blane continua ad insistere di essere caduto!-
-Poverino! Deve essere così spaventato!-
-Cosa posso fare secondo te, Mary?-
-Non lo so Susan, non lo so…-
-Mamma.-
La voce nasale di Blane riempì la stanza e la donna si voltò di scatto.
-Blane, mi hai spaventato! Scusami, Mary, ti richiamo io. Grazie della telefonata.-
-Grazie a te. E non esitare a chiamarmi per qualunque cosa.-
-Grazie. Buona giornata.-
Susan mise giù il telefono e fissò il figlio, in piedi a braccia conserte sulla porta della camera da letto. Il pigiama ereditato da Kyle gli cadeva asimmetrico per colpa dell'elastico ormai indurito.
-Sai che è scortese origliare le conversazioni altrui?- lo richiamò, adottando la stessa posizione. Era ben chiaro da chi avesse preso l'espressività.
-Non stavo origliando. Abitiamo in venti metri quadrati, ero già sveglio e tu hai ripetuto il mio nome almeno venti volte.- esclamò, dirigendosi verso il cucinino.
Mentre apriva uno sportello per prendere una tazza continuò.
-E per la cronaca, Stewart non c'entra nulla.-
-Blane, per favore. Sono solo preoccupata. Sappiamo che sei stato picchiato e se continui a non parlare stamattina andrò a scuola a parlare con i professori.-
-No!-
-Ah, allora ammetti che c'è qualcosa sotto!-
Il ragazzo arricciò le labbra e si sedette al tavolo.
-Se vai a parlarne a scuola sarà ancora peggio. È una faccenda che devo risolvere da solo. E poi sono stato io a provocarli.-
-Cosa?- esclamò la donna, fulminandolo con lo sguardo.
-Blane Whittaker, non ti ho forse insegnato che mai e poi mai bisogna aggredire qualcuno? E poi spiegami: perché dovresti attaccare qualcuno più forte di te?
-Non li ho aggrediti.- sbottò lui. Poi si zittì.
-E allora?- chiese la madre, sedendosi dalla parte opposta del tavolo e fissandolo negli occhi.
Dopo qualche secondo il ragazzo proseguì.
-Volevo aiutare Stewart. È meglio che picchino me che sono abbastanza veloce da scappare, no? Lui non può difendersi.-
-Oh, Blane.- mormorò la donna, alzandosi per andare ad abbracciarlo.
Il figlio appoggiò la testa nell'incavo del suo collo.
-Perché sono piccolo mamma? Io voglio crescere. Voglio essere abbastanza grande da aiutare Stew e da non essere più chiamato Cavalletta e…-
-Cavalletta?- lo interruppe la madre, allontanandosi per guardarlo negli occhi.
-Perché sono veloce e salto lontano.- spiegò lui tranquillamente.
La donna rise e lo strinse di nuovo.
-Voglio diventare come Kyle.-
-Blane, te l'ho già detto mille volte: anche Kyle era piccolino come te. Guarda quanto è cresciuto. Devi solo avere tanta pazienza e imparare ad aspettare.-
-Cosa vuoi che faccia, aspettare di avere un braccio o una gamba rotta?- disse, citando le parole del fratello la sera prima.
-No. Troveremo una soluzione.- sospirò la donna.
 
-Perché non ti iscrivi ad un corso di arti marziali?- chiese Kyle la sera stessa.
-Non dobbiamo insegnargli a combattere.- lo richiamò la madre.
Blane però aveva già gli occhi che brillavano.
-Sarebbe bellissimo.- esclamò.
-Non deve imparare a combattere, ma almeno a difendersi. Guardiamo in faccia la realtà: è alto un metro e uno sputo ed è solo un bene che sappia come usare la forza dei suoi avversari per proteggere sé stesso. E poi sapere di potersi in qualche modo difendere e aiutare Stewart gli darà un po' di autostima.-
La donna fissò il figlio maggiore.
-Pensi davvero che sia una buona idea?-
Kyle guardò Blane che si agitava sulla sedia, eccitato dalla prospettiva.
-Sì, credo di sì.-
 
 
 
 
Angolo autrice:
Ciao a tutti! Eccoci qui, benvenuti nel mondo negazionista e ottimista di Blane! Qui capitano ogni tipo di sventure, ma lui non lo ammetterebbe mai. Piccolo reminder: episodio “Allerta nerd”, prima stagione. Per quanto si capisca che lui è arrabbiato e sotto pressione, si sfoga davvero solo a casa del Verme. E così via, in tutta la serie. In tutti i modi cerca di nascondere i problemi alle persone che ama.
Ma andiamo avanti. Questa volta se le è prese veramente, anche se non temete, non è nulla di grave. Le sopracciglia, la fronte e le orecchie sono parti in cui la nostra pelle è particolarmente sottile e basta un piccolo urto per farle sanguinare copiosamente, ma è solamente molto scenico e poco doloroso. Tutto quello che gli rimarrà sono un po’ di lividi. Per il naso, la faccenda è un po’ più complessa: nel giro di due giorni ha subito dei traumi non indifferenti, per quanto sia ancora piccolo, il dottore vuole evitare di peggiorare la situazione.
Julian & Co. Ecco come sono diventati dei bulletti. Per imitazione dei più grandi, per essere accettati dal gruppo dei “fighetti” della scuola. Non hanno un vero e proprio motivo per odiare Blane e Stewart, semplicemente così vuole il capobranco.
Il karate: non mi sembra sbagliata come soluzione. Non me ne intendo in materia, correggetemi se sbaglio, ma mi pare che tra i vari principi ci siano “Usa la forza del tuo avversario contro di lui” e “Usalo solo per difesa”. Altro reminder: episodio “Il grande freddo”, Blane e Stewart sono presi di mira dalla combriccola di Julian per il loro progetto sul riciclo. La nostra spia risponde a tono senza particolare paura. Sa infatti di essere superiore e non ha bisogno di dimostrarlo. Questo non va a smentire le mie idee sull’episodio dei pidocchi: quando Julian lo afferra per i capelli ha dalla sua parte tutta la scuola e si sente tranquillo. Penso quindi che il karate abbia davvero aiutato Blane a reagire in modo migliore agli attacchi, andando a sommarsi alla sbruffonaggine.
Spero vi sia piaciuto e vi ringrazio per aver letto!
Saluti!!:)

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Capitolo 3
*** Terza parte ***


Per quanto onorevoli, le intenzioni della famiglia Whittaker non ebbero un buon esito. Dopo qualche mese, Susan era a lavoro quando le arrivò una telefonata.
-Susan Whittaker, buongiorno.-
-Buongiorno signora, sono il preside Flatley, la chiamo dalla Saint Hopes.-
La donna si irrigidì sulla sedia.
-Preside?- balbettò -È successo qualcosa di grave?-
-Suo figlio è stato protagonista di un'altra rissa. Stiamo convocando tutti i genitori. Può venire al più presto qui a scuola?-
-Sì, signore, farò il possibile.-
-Grazie signora, e scusi per il disturbo.-
-Non c'è problema. A più tardi.-
Appena messo giù, Susan si precipitò nell'ufficio della sua superiore.
-Anne, ti disturbo?- chiese, affacciandosi alla porta aperta.
-No, dimmi pure.-
-Ho avuto un problema, devo andare a prendere mio figlio…-
Leggendole il panico negli occhi, la dirigente la interruppe, temendo il peggio.
-Quale? Quello nell'esercito o il piccolo?-
-Il piccolo, Blane.-
-Ah, ok.- rispose, sospirando.
-È un problema se stacco per un'ora? La recupero stasera.-
-Certo che no! Vai, Susan!-
-Grazie.-
La donna si precipitò giù dalle scale fino alla macchina, lasciata nel parcheggio aziendale. Per fortuna Anne era comprensiva.
Si diresse il più velocemente possibile alla Saint Hopes e una volta lì si incamminò verso l'ufficio del preside.
-La signora Whittaker?- chiese una voce alle sue spalle.
Susan si voltò. Da una delle porte che affacciavano sul corridoio era uscita una donna dai capelli rossi.
-Sì, sono io.-
-L'ho riconosciuta dalla somiglianza con suo figlio. Piacere di conoscerla, sono la signorina Templemann.-
Le sue donne si strinsero la mano.
-Che cosa ha fatto mio figlio?- mormorò Susan, leggermente imbarazzata.
-Signora Whittaker, suo figlio è un ragazzo incredibilmente buono e che agisce con gli ideali più nobili.- iniziò l'insegnante -Ma quello che gli manca è un po' di controllo delle sue emozioni.-
La madre stava per interromperla, ma Helen non glielo permise.
-Il che è normale alla sua età, su questo non deve preoccuparsi. Crescendo imparerà a gestirle. Ora però deve capire che non può essere il paladino di tutti gli innocenti.-
-In che senso?- chiese confusa la donna.
-Vede, signora, da quando suo figlio è iscritto a quel corso di karate è nettamente migliorato: voti più alti, è più sereno e con più autostima. Ma se prima non potendo difendersi restava da parte, ora interviene ogni qualvolta qualcuno alza la voce. E i tre ragazzi, quelli che lo avevano picchiato ad ottobre, immagino che se li ricordi, non aspettano altro che lui salti fuori per iniziare una nuova rissa. Blane agisce con il massimo della bontà d'animo e protegge i suoi amici, ma non si rende conto che in realtà gli altri lo sfidano.-
-C'entra di nuovo con Stewart Crichter?-
-Sì, e una ragazzina, Daisy Miller.-
-Non la conosco.-
-Sono ragazzi: Stewart a quanto pare ha una cotta per lei e voleva invitarla a prendere un gelato. Tanto basta per essere deriso dai più grandi.-
-E Blane cosa ha fatto?-
-Quando ha visto l'amico in difficoltà gli è andato incontro e subito è iniziata una rissa.-
Susan deglutì.
-Per fortuna questa volta il signor Bicknall era nei paraggi e li ha fermati. Adesso sono tutti nell'aula di scienze. Aspettiamo ancora la madre di Julian Hanley e poi ci sarà una piccola riunione. Volevo solo prenderla da parte per spiegarle che suo figlio probabilmente non avrà seri provvedimenti disciplinari, ma solo perché è un bravo e sappiamo che non era sua intenzione fare del male a nessuno.-
-Grazie, signorina Templemann.-
-Grazie a lei. La accompagno da suo figlio.-
Si incamminarono e l'insegnante la condusse fino all'aula di scienze, i cui tavoli erano stati uniti in una grande isola centrale. Su un lato erano seduti tutti i genitori, tra cui Mary, che le fece un cenno appena vide entrare l'amica. Dall'altra parte, i ragazzi, tutti in silenzio e a testa bassa. Susan fulminò il figlio e andò a prendere posto vicino alla madre di Stewart.
-Devo ringraziarti perché tuo figlio ha di nuovo aiutato il mio.- la accolse la donna, sottovoce.
Blane, con la fronte graffiata e già livida, fissò per un istante la madre negli occhi e poi distolse lo sguardo per bisbigliare qualcosa al biondino al suo fianco.
 
-Kyle, dobbiamo parlare.- esordì Susan rientrando a casa, seguita dal figlio minore che, silenziosamente, andò fino sulla soglia della camera da letto, scalciò via le scarpe e tornò nella zona giorno.
Il maggiore, seduto sul divano, spense la televisione.
-Perché sento che è successo qualcosa?-
-Blane è finito dal preside.-
-Kyle non è mio padre.- sbottò il ragazzino, prendendo posto anche lui sul divano verde.
-Che è successo?- chiese il giovane militare, rivolgendo il busto verso il fratello.
-È di nuovo finito in una rissa! E questa volta non c'entrava nulla!-
-Blane, te lo dico quando ci alleniamo e te l'avrà sicuramente spiegato il tuo maestro: mai attaccare per primo.-
-A proposito dei vostri allenamenti: d'ora in poi sono sospesi.- decretò la mamma, iniziando a preparare la cena.
-Cosa?!- esclamarono in contemporanea i figli.
-Perché?- chiese poi Kyle.
-Perché così facendo lo esalti e poi è troppo pericoloso, finirai per fargli del male.-
-Mamma, guarda che Blane è bravo! Ha un talento naturale! E poi mica ci vado pesante con lui.-
-Kyle, puoi dimostrare i tuoi vent'anni in questo momento? Mi sarebbe d'aiuto.-
-Ma ha ragione! Non ci facciamo del male! E poi non sono stato io ad iniziare la rissa.- intervenne Blane.
-La signorina Templemann mi ha spiegato che hai evitato la sospensione solo perché sei intervenuto in difesa di Stewart. Ma devi capire che le risse ci sono solo se tu intervieni. Se impari a stare zitto e al tuo posto, probabilmente smetteranno di attaccarti.-
-Se lo dici tu.- borbottò il ragazzo.
-Lo dico io e lo dicono i professori. Quei tre ragazzi ora sono sospesi, ma il prossimo potresti essere tu.-
-Cosa? C'erano anche Julian, Daniel e Tony!- sbottò il figlio.
-Non sono la loro madre! E poi non eravate amici voi?-
-Certo. Prima che si unissero a quelli più grandi e fighi.- sottolineò le ultime parole segnando delle virgolette con le dita.
-Quanti eravate a fare a botte?- chiese sottovoce il fratello maggiore, per non farsi sentire dalla madre.
-Sei.-
Kyle fece un sorriso compiaciuto e alzò il pollice con orgoglio.
-Aiutatemi ad apparecchiare.-
I due si alzarono e obbedirono. Per qualche minuto ci fu solo il rumore delle stoviglie e il borbottio delle pentole sul fuoco.
-Blane.- sospirò ad un certo punto la madre, voltandosi verso i figli.
-Non voglio che tu smetta karate, vedo che ti rende felice. Ma devi promettermi che imparerai a stare fuori dai guai.-
-Ma Stewart…-
-Blane.- lo interruppe Susan -Ascoltami, ti prego. Ci sono delle occasioni in cui devi semplicemente accettare che le cose accadano. Capisco le tue ragioni e capisco che tu voglia aiutare i tuoi amici. Ma non puoi salvare tutti e rimetterci sempre tu. Devi accettare che qualcosa ti scivoli di mano. Ti prego, non rispondere alle prese in giro, almeno finché non diventano violente. È giusto che tu ti difenda e che aiuti Stewart. Ma impara a capire quando puoi lasciare perdere.-
La donna fissò negli occhi il figlio finché questo non annuì.
-Va bene.- mormorò -Voglio solo continuare karate.-
-Sì, certo.- rispose Susan sorridendo e scompigliandogli i capelli.
Blane arricciò il naso a questo gesto ma non si ritrasse.
-Ma tu devi imparare ad ascoltarmi! Come puoi prendere la cintura gialla la prossima settimana se non sai controllarti?-
Il ragazzino non rispose. Vedendo che non reagiva, la donna gli diede un colpetto sulla spalla.
-Ehi, era ironia. Sono sicura che andrà benissimo.-
 
 
 
 
Angolo autrice
Ciao a tutti! Eccoci arrivati alla fine! Spero che questa breve storia vi sia piaciuta e vi ringrazio per essere arrivati fino a qui! Ma ora, la mia parte preferita: la revisione.
Controllo delle emozioni e riservatezza: possono andare d’accordo e in Blane lo fanno. Gli si legge in volto se qualcosa non gli piace ma allo stesso tempo non vuole parlarne. E non so quanto faccia bene dal lato spirituale e psicologico del karate.
Ironia: pedagogia, didattica e tutte queste belle scienze insegnano che i bambini iniziano a comprendere l’ironia intorno ai dieci anni, in base alla consapevolezza e alla maturità. Ma Blane non mi sembra ancora così brillante e quindi l’ho abbandonato nella sua ingenuità con un pizzico di terrore di non superare l’esame.
Quello che mamma Susan vuole insegnare a Blane è che non tutte le avversità si devono combattere a pugni e calci. A volte si risolvono da sole, altre il modo migliore è parlare o ascoltare. Me la immagino come una brava mamma, che sa di non dover demonizzare il karate ma la violenza, soprattutto quella gratuita.
Grazie a tutti per essere qui e per aver letto i miei scleri. Vi auguro le più belle cose.
Saluti!!:)

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