Blue Moon di AlyaVRose (/viewuser.php?uid=76301)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Decisione repentina ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Renée ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Forks ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Sorpresa! ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Quileute ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Matrimonio ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Finché morte non ci separi ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Complicazioni ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Guerra ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Armistizio ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Prologo
[…]
«Devo andare», sussurrò.
«No».
Sorrise, lieto della mia risposta. «Torno presto», promise. «Prima, però, una cosa...».
Riprese a baciarmi e non c'era più ragione di resistere. Perché mai?
Stavolta era diverso. Sentivo le sue mani lievi sul mio volto, le
labbra calde e delicate, sorprendentemente timide. Fu breve, e tanto,
tanto dolce.
Mi avvolse tra le sue braccia e mi cullò stretta mentre mi sussurrava all'orecchio.
«Questo doveva essere il nostro primo bacio. Meglio tardi che mai».
Contro il suo petto, dove non poteva vedere, le mie lacrime si
addensarono e scesero. Spostai il viso un’ultima volta, amavo il
suo profumo e sapevo che c’era l’eventualità che non
lo avrei più sentito. Volevo imprimerlo bene nel cervello. Il
solo pensiero che Jake potesse non tornare mi fece piangere ancora di
più. Jacob cercò di staccarmi da lui dolcemente, ma
glielo impedii, piantandogli gli occhi pieni di lacrime in viso.
«No… ti prego, Jake… non andare… Io… Io… ho bisogno di te».
«Bells, tesoro… non tentarmi… sai che per quel cioccolato sarei pronto a fare qualunque cosa!»
«E allora fallo, Jake. Resta con me».
«Bella, tesoro… fino a cinque minuti fa eri tra le braccia
del tuo succhiasangue a cui hai promesso di legarti per sempre, e
adesso invece vuoi che resti con te? Devi fare un po’ di
chiarezza, piccola».
Senza riflettere, senza neanche rendermi troppo conto delle implicazioni di quello che stavo dicendo, mormorai:
«Forse devo fare chiarezza. Ma adesso una cosa la so:
voglio… voglio fare l’amore con te, Jake». Fu un
sussurro, ma lo sentì. Ero diventata di un bel rosso brillante,
ma non mi importava. Mi aspettavo una reazione da parte sua, ma
comunque mi spiazzò. Mi prese nuovamente tra le braccia,
stringendomi forte a sé, quindi mi baciò i capelli e poi
posò le labbra sulle mie. I nostri respiri divennero subito
affannosi, gli ci volle tutta la sua forza di volontà per
staccarsi.
«Giurami che non lo stai dicendo solo per tenermi qui!» Era
combattuto; probabilmente se non avesse avuto la certezza che il branco
poteva aver bisogno del suo aiuto non si sarebbe nemmeno fermato a
pensarci su e mi avrebbe presa in parola, ma in quel frangente
esitò.
«Jake…» Implorai.
«Dici sul serio, o è solo un altro misero tentativo di tenermi ancora con te?»
«Lo so, Jake, scusami… l’ho detto senza neanche
pensarci… ma il tuo profumo, il tuo sorriso, le tue
braccia… mi fanno questo effetto. Non riesco a tenerti lontano,
quindi dovrai farlo tu perché io proprio non sono capace».
Mi strinse ancora, mi baciò i capelli e allentò la
stretta.
«Ne riparleremo, Bells. Ma almeno ci sei riuscita. Mi hai dato un
motivo per tornare». E così dicendo se ne andò
verso gli alberi per trasformarsi, lasciandomi sola con il dolore
lacerante di quella nuova consapevolezza.
[…]
«Fammi sapere se vuoi che ritorni, e sarò qui», promisi.
Con un sospiro, mi offrì la guancia.
Mi chinai a baciarla con delicatezza. «Ti voglio bene, Jacob».
Fece un risolino. «Io ti amo».
Stavo per uscire, ma la sua mano mi bloccò il polso.
«Bells… me lo concedi un ultimo regalo?» Non aveva
il coraggio di incrociare il mio sguardo, era diventato rosso acceso e
guardandolo in viso capii di cosa stesse parlando.
«Jake, non credo sia una buona idea…»
«Vedi? Avevo ragione! Cercavi soltanto di non farmi morire.
Adesso che non c’è più pericolo, ti stai tirando
indietro». I suoi occhi mandavano scintille, e sapevo che se lo
avessi guardato ancora la mia volontà avrebbe finito per
sbriciolarsi. Ma decisi che almeno una volta nella mia vita dovevo
affrontare le mie paure. Mi sedetti nuovamente sul letto, di fianco a
lui che ancora non mi aveva lasciato andare il polso, facendo
attenzione a non fargli male.
«Jake, sei ferito. Credi che Carlisle lo permetterebbe? Non credo possa essere incluso nelle cure mediche…»
Ridacchiò. «Forse no. Ma ho il sospetto che sarebbe il
rimedio migliore…» Mi guardava in un modo tale che sentii
le farfalle nello stomaco, un nodo in gola, un calore improvviso che mi
avvolgeva e la testa che girava. Mi prese dolcemente la nuca con una
mano per attirarmi verso di lui, ma non mi baciò. Rimase
lì, a qualche millimetro dalle mie labbra, il suo fiato caldo
che mi ubriacava e mi stordiva.
«Sicura che sia solo quello il motivo, Bells?» Un luccichio
divertito negli occhi neri. Mi stava sfidando, il solito vecchio Jacob.
Quello che amavo.
«Non capisco che vuoi dire…»
«Non sarà piuttosto che hai paura di scoprire che potrebbe piacerti di più che col succhiasangue?»
«Non credo…»
«E come fai a dirlo?» Era maledettamente serio, accidenti a lui.
«Perché io e Edward… ecco… noi
non…» Ero diventata di un bel rosso brillante, temevo di
prendere fuoco, e soprattutto temevo che Jake si facesse beffe di me
per la mia inesperienza. Invece mi guardò serio, piantando nei
miei i suoi occhi di lava. Mi fissò per un istante lunghissimo,
quindi mi attirò ancora più vicino e mi baciò.
Nuovamente fu diverso, perché fu intenso, dolce, passionale. Un
bacio che stava montando come la marea, e che lento ma inesorabile mi
stava trascinando verso un abisso dal quale temevo di non risalire mai
più. Ormai ero in balìa di quelle emozioni; aveva giocato
sporco, certamente, ma non mi importava. La sola cosa che volevo in
quel momento era che continuasse a farlo, senza fermarsi mai. La sua
mano sana mi accarezzava la vita, tra la maglia e i jeans, e mi faceva
provare sensazioni che non credevo esistessero. Mi tolsi le scarpe; fu
un gesto istintivo, per accoccolarmi meglio sul suo petto enorme.
Scansò un poco le coperte, e arrossii fino alla radice dei
capelli nel notare che era nudo. Mi infilai al suo fianco, ma subito
dopo dovetti sfilarmi i jeans. Quel ragazzo era un termosifone su
gambe, accidenti! Lo guardai negli occhi, e fu un errore madornale. Mi
catturò lo sguardo, e non riuscii più a distogliere il
mio da quegli occhi carezzevoli, profondi, tristi e… sensuali.
Merda. Non mi ero mai accorta di quanto fosse sensuale lo sguardo di
Jake. Questo non aiutava. No. Proprio no.
Mi sorrise dolcemente, e non riuscii più a trattenere
l’impulso irrefrenabile di passare le dita su quelle labbra
carnose e calde. Mi bloccò la mano col braccio ferito, cosa che
gli strappò un mugolìo di dolore, ma non si fermò.
Mi avvicinai di nuovo – questa volta fu tutta colpa mia, ma non
riuscivo proprio a impedirmelo – e lo baciai. Fu un bacio quasi
violento, forte, duro. Ma allo stesso tempo focoso e passionale. E
anche questo fu un errore madornale. Già. Perché in quel
momento sentii chiaramente che un interruttore nella mia mente fece
clic – più che il rumore di un interruttore, veramente
sembrò il rumore delle campane di una chiesa – e non
riuscii più a controllare le mie mani. Nel momento in cui mi
resi conto di ciò che stavo facendo, le mie mani già
correvano sul corpo caldo di Jake, provocandogli brividi e mugolii che
mi portarono al di là di tutte le barriere che la mia mente si
era creata in tutti quegli anni. E tutte quelle barriere crollarono in
un istante, lasciandomi sola, indifesa. Me stessa contro il mondo delle
emozioni che avevo da sempre rifuggito.
«Bells… non farmi questo… ti prego, se non vuoi non
farlo. Mi uccideresti». Mi implorò, gli occhi roventi nei
miei. Ma fu un istante.
«Chiudi il becco, Jacob. E baciami».
«E’ la seconda volta che mi chiedi di baciarti oggi…
mi sembra di capire che la cosa non ti dispiaccia poi tanto,
Bells». Sorrise. Di nuovo. Ancora quel sorriso, il mio sorriso.
Quello che aveva prima che tutta questa storia cominciasse. E che aveva
il potere di sciogliermi dentro, di farmi sentire di gelatina. Mi
sfilò la maglia, ma neanche me ne accorsi. Ero troppo presa a
baciarlo. Le mie mani gli stavano torturando i muscoli del torace,
caldo e enorme, finché non mi prese la mano e la spinse
più giù, sui suoi fianchi. Mi piaceva da impazzire
accarezzarlo, il suo corpo era caldo e morbido, soffice, e ogni mio
più piccolo movimento gli causava brividi e sospiri. Compresi
che non sarei riuscita a staccarmi da lui tanto facilmente, ormai. Ero
soggiogata. Ed era una sensazione strana, non avere limiti, barriere o
“blocchi” da non dover oltrepassare. Una sensazione che mi
stava ubriacando. Lo guardai negli occhi, seria, e mormorai: «Hai
presente il discorso di oggi?»
«Mmm?» assentì con un luccichio strano nello sguardo.
«Ecco… io…» Arrossii di nuovo. Che vigliacca!
«Dillo, Bells. Dillo. Voglio sentirti che lo dici».
Mormorò sulle mie labbra. Sospirai rassegnata. Mi conosceva bene
l’infame, non potevo nascondergli proprio niente. Neanche la
voglia che avevo di lui. All’inferno. Sarei finita
all’inferno certamente. Ma non me ne importava un fico secco.
Raccolsi tutto il mio coraggio, senza staccare gli occhi dai suoi.
«Voglio fare l’amore con te, Jake». Non conclusi per
bene la frase, mi ritrovai impegnata a baciarlo cercando di non fargli
male. Non so come ci riuscì, ma all’improvviso mi resi
conto che mi aveva spogliata completamente. Ero nuda, sotto di lui, che
mi stava baciando in un modo che probabilmente avrebbe potuto essere
punito per legge. Le sue mani – anche quella ferita –
esplorarono ogni centimetro del mio corpo, facendomi sospirare. Non
volevo che si fermasse. Mi sentivo come un’assetata nel deserto,
che improvvisamente aveva scoperto una fonte d’acqua. Come se le
sue mani, il suo corpo, i suoi baci potessero lenire tutte le mie pene,
le mie ferite. Come se mi stesse scaldando il cuore. Sentii le sue mani
farsi più audaci, e le mie risposero come ad un richiamo,
vagando sul suo corpo in risposta ad un comando mai dato. Le sue labbra
erano esigenti, ma calde e morbide sul mio corpo e mi strapparono
gemiti che non pensavo di poter emettere. Fu tenero, dolce come non
mai. Antepose a se stesso la preoccupazione di farmi male, di causarmi
dolore. Ma io non sentivo dolore, sentivo solo lui, solo la voglia
infinita che avevo di fondermi con lui, di fermare il tempo e restare
lì tra le sue braccia. Fu bellissimo, e il tempo volò
talmente veloce che mi resi conto con rammarico che dovevo tornare a
casa. Mi veniva da piangere, non sarei mai riuscita a dire addio a
Jacob se non riuscivo neanche ad uscire da casa sua. Ancora una volta
mi capì.
«Che c’è, Bells?»
«Non lo so… ho il magone… ho paura…»
«Di cosa, piccola?»
«Ho la strana sensazione che non ti rivedrò più,
Jacob. E per quanto questo sia stato un modo bellissimo per dirti
addio, non credo di essere ancora pronta a farlo».
«Bells, ti ho fatto una promessa… finché avrai un
cuore che batte, il mio sarà con te. Anche se adesso me lo stai
spaccando». Chiuse gli occhi. Io mi morsi un labbro per
ricacciare dentro le lacrime. Non volevo che mi vedesse piangere, se mi
avesse abbracciata probabilmente non avrei resistito e sarei crollata.
E non volevo crollare. Che cosa avrebbe pensato Edward?
Edward… adesso ero davvero confusa. Gli avevo detto di si, che
lo avrei sposato. Ero davvero sicura di volerlo? Era davvero lui il mio
futuro? La voce roca di Jacob mi riscosse: «Piccola… tutto
bene?»
«Si Jake… scusa… io… devo andare…»
«Ti rivedrò prima del matrimonio?» A quelle parole
mi si gelò il sangue nelle vene. Matrimonio. Il mio. Sentii
chiaramente il rumore di un macigno che mi cadeva sul cuore,
schiacciandolo.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 - Decisione repentina ***
Capitolo 1
01. Decisione repentina
Quando rientrai a casa, Charlie vide la mia faccia sconvolta, e non
fece domande. Probabilmente lo imputò al fatto che avevo appena
visto Jacob malato, e sapeva che ero impressionabile. O meglio, lui
credeva che lo fossi. Corsi in camera mia, volevo un po’ di tempo
per riflettere ben sapendo che non ne avrei avuto molto, dal momento
che forse Alice mi teneva sotto controllo e sapeva già che ero
tornata a casa. Infatti l’attesa non fu lunga. Non passarono
neanche cinque minuti, che sentii il rumore sordo dell’aria
smossa a gran velocità, e mi ritrovai due occhi color del miele
piantati nei miei.
«Va tutto bene, Bella?»
«Si, Edward… tutto bene… scusami, sono un po’ sottosopra…»
«Tesoro, è normale… ti sei trovata davanti
Victoria, hai passato una notte infernale, in più il tuo
migliore amico ha rischiato di morire… ci credo che sei
sottosopra!» Mi prese le mani e mi fece sedere sul letto,
guardandomi bene in viso. Benedissi la sua incapacità di
leggermi nel pensiero, in quel momento non gli sarebbe piaciuto
affatto. Ma forse non serviva. «Non è solo questo, vero
amore?»
«No… ma che vai a pensare…» Mentii. Mentii
spudoratamente nonostante la mia evidente incapacità di farlo.
Avevo paura che mi leggesse negli occhi il misfatto, il peccato
commesso. Mi sentii come se fossi sotto processo, quegli occhi
indagatori non si staccavano dal mio viso. Era difficilissimo rimanere
razionale, in quel modo. Lo sentii fremere, lo sguardo preoccupato.
«Sicura di non avere niente da dirmi? Hai litigato con Jacob, per caso?»
«No, ma che dici… no, certo che no…» Oddio,
abbiamo fatto un po’ di lotta, ma non lo definirei proprio
litigare… e i miei pensieri tornarono immediatamente a qualche
ora prima, col risultato che dovetti respirare a fondo per non
iperventilare e perdere il controllo. Sospirai per mascherare la cosa.
Inutile. «Ti assicuro Edward, sono solamente
sfinita…» Mi abbracciò delicatamente, lo sguardo
sempre preoccupato.
«Allora, forse è meglio se per questa notte ti lascio
dormire tranquilla. Io approfitterò e andrò a caccia con
Jazz e Em, e tu potrai riposare. Perché non prendi un leggero
sonnifero? Ti aiuterà a dormire senza sogni». Sospirai.
Aveva ragione, avevo bisogno di un bel sonno. Ma con i pensieri che mi
turbinavano nella mente dubitai seriamente di poter dormire. Rimanemmo
un po’ abbracciati, quindi uscì dalla finestra come era
entrato per lasciarmi dormire. Il suo sguardo carezzevole era ancora
preoccupato quando mi lasciò. Decisi di seguire il suo consiglio
e rubare un sonnifero dall’armadietto del bagno, avevo bisogno di
stordirmi. Urlai un “buona notte” a Charlie dalle scale,
quindi mi infilai in bagno per cambiarmi e prendere il sonnifero.
Quando tornai in camera, il bicchiere con l’acqua che avevo in
mano per poco non finì in terra. Per fortuna, una mano
velocissima lo raccolse in tempo. Una mano bruna, grande e forte.
«Jacob… ma che diavolo ci fai qui?! Dovresti essere a
let…» Mi baciò per farmi tacere, e io mi sentii
morire. Possibile che non riuscissi a stare lontano dalle sue labbra e
dal suo corpo?
«Non riuscivo a starti lontano, piccola». Mi fece sedere
sul letto, stringendomi tra le sue braccia calde. Io cominciai a
singhiozzare senza ritegno. «Piccola, che succede? Bells…
mi dispiace… se ti ho incasinato me ne vado…» Fece
per alzarsi.
«No», mormorai. Lo presi per la manica. «Non te ne andare, ti prego…»
«Non credi di avermi implorato un po’ troppo di non andare,
Bells?» Sorrise. Mi stava prendendo in giro, ma non mi importava.
Volevo solo che mi tenesse stretta. «Sai che se il succhiasangue
mi trova qui mi farà a pezzi, Bells?»
«Non è la prima volta che ti trova con me…», mormorai tra le lacrime. Non ci credevo nemmeno io.
«Già… ma nella mia mente lui riesce a
leggere… e non riesco a togliermi dalla testa quello che
è successo oggi…» Mi stava guardando. Un pugno
nello stomaco mi avrebbe fatto certamente meno male. Chiusi gli occhi,
incapace di sopportare il suo sguardo. «Bella…»
Aprii gli occhi, e me lo trovai a qualche millimetro dal mio viso.
Oddio! Da quando Jacob Black era così bello?! E possibile che io
non me ne fossi mai accorta?! Adesso le sue labbra bollenti stavano
solleticando le mie, giocando col mio profilo. Non resistetti
più e lo baciai, le braccia agganciate al suo collo, mentre
giocavo coi suoi capelli lunghi.
«Per la miseria Bells… sei contenta di vedermi, per caso?!»
«Jake… per una volta vuoi essere serio?!»
«Sono serissimo. Altrimenti perché sarei qui?»
«Torturarmi?»
«Torturare me stesso, piuttosto. Lui sarà anche la tua
droga, Bells, ma tu sei la mia. Non ce la faccio a starti lontano. Non
dopo stasera».
«E allora non farlo. Dimentichiamoci di tutto il resto. Stanotte
ci siamo solo io e te. Domani vedremo». Mi gettò sul
letto, alla faccia delle fasciature, e mi tolse il pigiama in un
secondo. Fu una cosa completamente diversa, piena di passione, di
fuoco… le sue labbra rincorrevano le linee del mio corpo
avidamente, le nostre mani si intrecciavano e si scioglievano quasi
volessero fondersi. Fu un’esplosione, travolgente e disarmante.
Indimenticabile. Lentamente Jake scivolò nel sonno, il braccio
sano possessivamente incollato addosso a me, con fare protettivo, come
a dire che ero sua. E nel silenzio, cullata dal ritmo regolare del suo
respiro, piansi tutte le mie lacrime. E presi la mia decisione.
La mattina dopo un tenue raggio di luce meno grigia del solito mi
svegliò, ricordandomi i miei propositi. Allungai una mano
titubante, non sapendo se temere di più il fatto che Jacob fosse
ancora lì con me o che non ci fosse. Sentii il posto vuoto,
ancora caldo, segno che era appena andato via. Trovai un biglietto tra
le coperte, arrotolato intorno a qualcosa di piccolo e rigido. Sembrava
una piccola zanna di animale, vecchia indubbiamente… magari
qualche lupacchiotto che aveva perso un dente da latte, pensai tra me
sorridendo. Srotolai il biglietto con mani tremanti.
“Bells, piccola… mi
dispiace, non sono bravo come Cullen con le parole. Volevo solo dirti
che ti amo, tesoro. Ti ho amata il primo momento che ti ho vista
giù a First Beach, due anni fa. Il regalo che mi hai fatto
è forse il più bello che ci si potrebbe aspettare da una
donna, Bells. Non posso dirti che sono felice per te, non posso
esserlo. Ma sappi che ci sarò sempre, e quando avrai bisogno del
tuo amico, del tuo sole, basta che allunghi una mano e mi potrai
toccare. Io ci sarò. Finché il tuo cuore batterà.
Addio Bells. Sii felice, è la sola cosa che voglio. Ti
amo.”
Piansi di nuovo. Riuscivo a distruggere tutte le cose belle della mia
vita, dannazione. Edward aveva ragione, attiravo sciagure. Mi feci
coraggio e scesi in cucina, dove Charlie sfogliava il giornale senza
leggerlo e finiva la sua colazione. Dovevo trovare il coraggio di
parlargli, spiegargli quello che volevo fare. Non sarebbe stato facile:
noi Swan notoriamente facevamo a pugni con le parole, quando si
trattava di sentimenti.
«Buongiorno, Bells».
«’Giorno pa’…» Cercai di farmi forza.
«Papà, devo parlarti di una cosa importante. Ma prima
vorrei che mi facessi una promessa. Promettimi che mi lascerai finire
senza interrompermi prima di dire qualcosa».
«Gesù Bells, mi stai spaventando…» Mi
fissò un po’ preoccupato con i suoi occhi così
simili ai miei, «Va bene piccola, spara». Si assestò
meglio sulla sedia, pronto a incassare il colpo.
«Ecco… io… vorrei andare un po’ a Jacksonville dalla mamma».
Mi fissò come se gli avessi appena detto di aver visto un ufo.
«E… Quella specie di pinguino di Cullen verrà con
te, vero?»
«Veramente, papà, lui è una delle ragioni per cui vorrei andarmene per un po’».
«Di’ un po’, quel coso ti ha fatto qualcosa, piccola? Se è così lo spiumo!»
«No, papà… cioè…» Sospirai per
raccogliere quel po’ di coraggio che mi restava, e lo guardai.
Parlai tutto d’un fiato. «Edward mi ha chiesto di sposarlo,
e io ho accettato, ma poi Jacob mi ha baciato, e io adesso ho una gran
confusione in testa… voglio starmene un po’ lontana da qui
per schiarirmi le idee. Se resto qui non posso fare a meno di vederli
entrambi, e questo non aiuta. Mi serve un posto nuovo, sola, lontano da
qui». Charlie mantenne la promessa, mi lasciò finire. Mi
guardò di nuovo, uno sguardo determinato, quello dei momenti
seri. Annuì.
«Forse hai ragione, Bells. Un cambiamento è quello che ti
ci vuole. Pensa bene a quello che fai, a quello che vuoi. Sei giovane,
puoi prenderti tutto il tempo che vuoi. Non ti nego che quando hai
cominciato a uscire con Jake speravo che la cosa si facesse seria. Mi
piace quel ragazzo, nonostante il linguaggio che ha usato ieri. Ma
c’era da capirlo. Quanto pensavi di fermarti da
Renée?»
«Un paio di settimane, se per te non è un problema».
«Non preoccuparti, me la caverò. Cerca solo di non
prendere decisioni affrettate, Bells. Non voglio che tu finisca come me
e tua madre. Piuttosto, cosa devo dire a tutti?»
«Con Edward e Jake parlerò io. Agli altri puoi
tranquillamente dire che sono andata dalla mamma in vacanza, per
staccare un po’ la spina. E… prima che me lo chiedi, a
Billy puoi anche dire tutto, papà».
«Quando pensavi di partire?»
«Tra qualche giorno, il tempo di fare i bagagli e avvertire la
mamma. Grazie papà. Ti voglio bene». Non eravamo bravi coi
sentimenti, col risultato che Charlie diventò rosso come un
pomodoro quando lo abbracciai. Mi sentivo più leggera, adesso
che avevo deciso. Per me il problema era sempre stato prendere la
decisione, non seguirla. Una volta deciso, sapevo qual era la strada da
percorrere. Adesso il problema era spiegare a Edward la mia decisione
senza ferirlo e soprattutto senza che lui mi si appiccicasse alle
costole.
Sull’aereo che mi portava a Jacksonville ripensai alle
spiegazioni che mi ero ritrovata a dover dare a Jake e Edward. Dover
affrontare lo sguardo dorato di Edward mi aveva messo in crisi, e
più volte la mia volontà aveva vacillato sotto il peso
del suo sguardo ferito. Non ero mai stata brava ad impormi con Edward,
e mi costò moltissimo dirgli che volevo andarmene per un
po’. Credo che la prese per una fuga, ma la cosa che lo
ferì maggiormente fu certamente il fatto che volevo andare senza
di lui. Ma mi lasciò andare. Spiegarlo a Jake fu più
facile, prima di tutto perché prese tutto come una piccola
rivincita nei confronti di Edward, e poi perché nessuno come lui
capiva i miei stati d’animo, le mie paure, le mie angosce, e
quindi fu facile per lui comprendere che in quel momento avevo bisogno
di calma e tranquillità per riflettere. Anche se questo
significava stare lontana da lui. Ad ogni modo, entrambi promisero che
avrebbero rispettato la mia decisione.
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 - Renée ***
Capitolo 2
02. Renée
Mia madre era sempre stata molto perspicace quando si trattava della
sua piccola Bella, e soprattutto avevamo conquistato negli anni un
rapporto piuttosto stretto nonostante la mia timidezza, quindi
generalmente le raccontavo tutto. Durante il tragitto
dall’aeroporto notò il mio mutismo, anche perché
non le avevo dato alcuna spiegazione sulla mia visita.
«Insomma tesoro, vuoi dirmi che accidenti ti prende? Arrivi
all’improvviso – non che la cosa mi dispiaccia, non
fraintendermi – ma dici di trovarti bene a Forks, e poi invece
piombi qui per due settimane, mi rispondi a monosillabi, sei pallida,
hai una faccia che farebbe rivoltare un morto nella tomba… si
può sapere che succede, Bella? Piccola, parla con la tua
mamma… non tenermi sulle spine!»
«Mamma, calmati per favore… è solo che… sono
venuta qui perché avevo bisogno di riflettere, ecco tutto».
«Questo me l’hai già detto al telefono, cara. Ma non
mi basta. Insomma, fino a qualche giorno fa non avresti mosso un passo
senza Edward, e adesso piombi qui da sola? Non ci casco, sai?»
«Beh… sono cambiate un po’ di cose, nel
frattempo… Possiamo parlarne a casa? Ti dispiace? Sono veramente
esausta e non me la sento di discutere adesso». Sapevo che non
sarebbe bastato ad arginare mia madre, quando Renée partiva,
nessuno riusciva a fermarla. Ma speravo almeno di guadagnare qualche
ora di quiete in cui fare mente locale. Era passata una settimana, da
quando avevo deciso di partire a quando ero arrivata, e in quei giorni,
anche restando a Forks, avevo cercato di incontrare Jacob e Edward il
meno possibile. Il che era praticamente impossibile, considerando che
Edward si piazzava fisso nella mia camera, tranne nelle notti in cui
andava a caccia, e allora Jake si intrufolava nel mio letto e
ovviamente io non dormivo. Col risultato che adesso avevo i nervi a
fior di pelle e avevo assolutamente bisogno di una doccia. Renée
sembrò leggermi nel pensiero. Anche lei.
«Tesoro, di sopra c’è un bagno a tua completa
disposizione. Perché non ti rilassi un po’ facendoti un
bel bagno caldo? Ai tuoi vestiti ci penso io, possiamo parlare
dopo». E mi stampò un bacio sulla fronte. C’è
da dire che il clima di Jacksonville non permetteva di utilizzare
l’acqua eccessivamente calda, ma funzionò comunque,
distendendomi. Quando uscii dal bagno mi sentivo più tranquilla,
rilassata. Tornai in camera per cambiarmi, ero vestita ancora troppo
pesante per il clima caldo e umido della Florida. Mi infilai un paio di
pantaloncini, una magliettina senza maniche e uscii in veranda. Sapevo
che l’avrei trovata lì ad aspettarmi. Sospirai. Era seduta
sul dondolo, con un bicchiere di limonata fresca; vidi la caraffa sul
tavolo poco lontano e mi servii. Mi fece cenno di sedermi accanto a
lei. Mi abbracciò teneramente. In fondo era mia madre, con lei
potevo parlare. Lo avevo sempre fatto.
«Insomma Bells, ti vedo strana… vuoi dirmi che cos’hai?»
«Non so da che parte cominciare…»
«Intanto perché non provi a dirmi perché Edward non
è qui?» Come facevo a dirle che il sole della Florida non
è proprio il massimo per un vampiro? Optai per la versione
“annacquata” della storia. «Vedi, mamma…
è successo un gran pasticcio. Edward mi ha chiesto di
sposarlo…»
«E questo sarebbe il pasticcio? Io credevo che fosse tutto
già organizzato l’altra volta, quando siete venuti…
sembravate così uniti…» Mi interruppe.
«Scusa, continua».
«Io gli ho detto di si… insomma, ero felice, anche se non
ero proprio sicura di sposarmi così presto…» Mi
fermai. Stavo studiando le sue reazioni.
«Bella, piccola… tu non sei mai stata una persona che
tentenna. Non sei capace di tornare indietro, di cambiare idea, e hai
sempre mantenuto il tuo punto. Quindi adesso, se sei così
incerta e titubante, sicuramente qualcosa – o qualcuno –
deve aver dato un bello scossone al tuo punto di vista. O
sbaglio?» Annuii. Era facile parlare con Renée. Mi
conosceva a fondo. Come Jake. Merda Bella, smettila di pensare a lui!
«Infatti… Jake mi ha baciata…» Il gridolino
di mia madre mi interruppe di nuovo, facendomi sobbalzare dalla
sorpresa. Il suo sguardo stupito si piantò nel mio.
«Jake?! Jacob Black, il figlio di Billy? Bella, ma…»
«Lo so che cosa stai per dire… ha un anno e qualche mese meno di me…».
«Non era questo che volevo dire… volevo dire che è completamente diverso da Edward…»
«Non immagini quanto, mamma!»
«E… cosa è successo con quel bacio? Voglio dire, tu che hai provato?»
«Oh, mamma… io… maledizione, è difficile…»
«Lasciami indovinare… ti sei accorta che lo ami, ma ami
anche Edward e non vuoi ferirlo. Ma non sai che fare».
«Tu come l’hai capito?»
«Bella, bambina mia… se non fossi confusa non saresti qui,
lontano da loro. Sei venuta qui perché hai bisogno di un
po’ di tempo per capire».
«Già… ma come faccio a capire?»
«Rispondi a una domanda… anzi, due. C’è qualcos’altro che non mi hai detto?»
Diventai rosso pomodoro, di quelli belli maturi che stanno per cadere
dalla pianta. Dovevo dirglielo, altrimenti non sarebbe riuscita a
capire. «Ecco… io e Jake…»
«Siete stati insieme». Non era una domanda. «Avete fatto sesso». Neanche questa era una domanda.
«Oddio mamma… dovevi proprio…» Il mio colorito in quel momento tendeva pericolosamente al porpora.
«Bells, che c’è di male? E con Edward, avete mai…?»
«NO!» quasi gridai. A quel punto lo sguardo di Renée
era quello di chi la sa lunga sulla vicenda, ma non ti dice niente
perché tu le daresti torto.
«Fammi capire Bells, tu stavi con Edward, e la prima persona con
cui hai fatto sesso non era lui ma il tuo amico Jacob Black?»
Annuii, completamente incapace di parlare. «Amore mio, non ti
viene il sospetto che forse Jake sia qualcosina di più di un
amico?» Centro! «E non ti viene il sospetto che forse sei
talmente innamorata che neanche te ne rendi conto?» Sobbalzai,
girandomi verso di lei.
«Che vorresti dire?»
«Edward è bellissimo, tesoro. Quando l’ho visto per
la prima volta ho capito perfettamente perché si potesse perdere
la testa per un tipo come lui, perché è talmente
affascinante che ti manda in orbita. Mentre Jacob… beh, me lo
ricordo poco, ad essere onesta, ma mi ricordo che era molto bello. Non
lo stesso tipo di bellezza di Edward, ma una cosa più
“naturale”, meno ultraterrena. Solo che la sua bellezza e
il suo modo di fare, la complicità che avete raggiunto –
stando a quello che mi hai scritto – ti ha fatto provare
sensazioni e emozioni che con Edward non hai mai provato. E lui ti
tratta come una donna, non come una bambina che ha bisogno di essere
protetta. E’ una cosa che ti ha sempre mandato in bestia, anche
da piccola. Chi cercava di proteggerti passava davvero un brutto quarto
d’ora». Le parole di mia madre mi confusero ancora di
più. Possibile che fosse vero? Possibile che avesse ragione e
che io non volessi ammettere di essere talmente innamorata di Jake che
inconsciamente non volevo sposare Edward addirittura prima di rendermi
pienamente conto dei miei sentimenti? Possibile che avessi davvero
perso tutto questo tempo?
Decisi di andare a fare una passeggiata sulla spiaggia, da sola. Niente
di meglio per mettere in ordine qualche idea confusa. La spiaggia era
bellissima, ampia e infinita, e praticamente deserta. Niente a che
vedere con la spiaggia di La Push, ovviamente. Qui il mare era color
smeraldo, intenso e placido. Faceva venire voglia di tuffarsi.
All’improvviso mi tornò in mente un altro tuffo, un anno
prima, in un luogo completamente diverso, una situazione diversa. Due
braccia d’acciaio, calde come il fuoco, che mi riportavano a
galla per non lasciarmi affogare. E una voce in lontananza che mi
implorava di nuotare, una voce carezzevole come non mai. Mi strinsi
istintivamente le braccia intorno al corpo, come a fermare dei brividi
di freddo. Assurdo, non potevo sentire freddo con quel caldo infernale!
Eppure… mi guardai attorno, e vidi dei rami trasportati dalla
marea. Quasi mi venne un colpo: sembrava lo stesso ramo di First Beach,
quello su cui io e Jake sedevamo sempre. Rimasi lì a fissare il
mare a lungo, con lo sguardo nel vuoto e il pensiero che vagava in
un’altra realtà a centinaia di chilometri di distanza.
I giorni scorrevano tranquilli, io ero molto più rilassata e mi
sentivo molto meglio, più sicura. Stare con Renée mi
aveva fatto indubbiamente bene. Ma c’erano delle cose che mi
preoccupavano; chiamavo Charlie tutti i giorni e mi aveva raccontato di
aver visto parecchie volte una volvo argentata davanti al vialetto, e
Billy gli diceva che Jacob non era più lo stesso. Quei due
avrebbero finito per farsi a pezzi a vicenda. Le due settimane erano
già passate, e avevo chiesto di poter restare altre due
settimane da Renée. Mi piaceva il sole della Florida, e
obiettivamente tutta quella calma, lontano da licantropi, vampiri e
strane realtà parallele mi stava facendo sentire bene. Erano
quindi già venti giorni che ero a Jacksonville da mia madre.
Quella mattina mi svegliai presto, come sempre il sole che filtrava
dalle finestre della mia stanza. Sentii bussare leggermente alla porta
della stanza, e mia madre che entrò con un vassoio in bilico
sulle mani.
«Tesoro, ti ho portato la colazione…»
«Mamma! A che devo questo onore?»
«Niente… volevo solo viziare la mia piccola Bells… ti dispiace?»
«No, no… vieni qui, siediti sul letto. Facciamo colazione
insieme». Pessima idea… appena tolse il coperchio alle
uova strapazzate, mi venne un conato di vomito. Mi precipitai in bagno,
stranamente senza inciampare in nessun ostacolo, e mi chinai sul
lavandino. Mia madre si fermò sulla porta, appoggiata allo
stipite, con lo sguardo preoccupato.
«Da quando hai questi attacchi di nausea, Bells?» Nausea? NAUSEA?! O.Mio.Dio…
«Veramente è la prima volta…» Sussurrai, una tenue speranza a cui aggrapparmi.
«Dimmi una cosa: in questi giorni ti senti stanca? Affaticata? Ti gira spesso la testa?»
«Si a tutte e tre le cose». Merda…
«Quando hai avuto l’ultimo ciclo?» Feci mentalmente
il calcolo. Non era difficile, ero sempre stata regolare. E quello che
scoprii non mi piacque. Lo rifeci. Tre volte. Stesso risultato.
«Allora?» la voce di mia madre rasentava l’isteria.
Calma mamma, sono io che dovrei dare in escandescenze.
«Tre settimane prima che Edward mi chiedesse di sposarlo». Cazzo.
«Il che vuol dire che sono passate… quanto?»
«Sette settimane?» Merda. Merda. M.E.R.D.A. Era decisamente troppo per un ritardo.
«Bella, piccola… ti prego, dimmi che tu e Jake avete preso
qualche precauzione, tesoro…» No che non le abbiamo prese
mamma, altrimenti pensi che starei qui a farmi prendere dal panico,
secondo te?
«No». Non riuscii a dire altro. Mia madre mi guardò
con gli occhi lacrimosi e preoccupati, ma non disse niente.
Spalancò le braccia e mi strinse a sé. «Oh
mamma… e adesso?»
«Adesso, tesoro, più che mai devi capire cosa vuoi fare. Devi capire di chi sei innamorata».
«Questo lo so già». Mi scostò un poco dal suo
abbraccio per guardarmi negli occhi, e probabilmente vi lesse la
determinazione nel mio sguardo, perché annuì e
tornò a stringermi.
Avevo capito una cosa. Era tempo che ritornassi a Forks. Dovevo
affrontare le mie paure una volta per tutte e imparare a crescere.
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 - Forks ***
Capitolo 4
03. Forks
Ok, lo ammetto, non ero brava a
prendere decisioni. Non sapevo assolutamente come mi sarei comportata,
cosa avrei fatto e soprattutto con chi avrei parlato per primo. Fu
Charlie a darmi la soluzione, perché non appena arrivammo a casa
mi disse:
«Stasera sono a cena da Billy, Bells. Tu che fai?»
«Sai che ti dico? Vengo anche io. Ho bisogno di parlare con
Jacob». Mi cambiai in fretta, feci una doccia e scesi. Trovai
Charlie che mi fissava in modo strano, ma non disse niente. Fu Billy,
quando ci vide, che espose il pensiero di Charlie.
«Che mi venga un colpo, Bells! Sei davvero bella! L’aria
della Florida ti fa bene, piccola. Hai le guance arrossate, sei
abbronzata… e hai uno sguardo luminoso che ti fa ancora
più bella». Arrossii violentemente. Non ero abituata a
tutti questi complimenti. Il vocione tonante di Billy mi riscosse.
«Se cerchi Jake, è alla spiaggia. Ci va tutti i giorni, da
quando te ne sei andata». Mi voltai per andarmene, ma mi
richiamò. «Bells… non fargli troppo male, non lo
merita». Mi implorò, lo sguardo triste tremendamente
identico a quello del figlio.
«Ci proverò, Billy». E mi avviai alla spiaggia. Era
lì, assorto nei suoi pensieri, seduto sul nostro tronco. Potevo
vedere il suo profilo assorto, ed era così bello da togliere il
fiato. Anche con gli occhi tristi. Mi era mancato. Cavolo se mi era
mancato! Già lo sapevo, ma in quel momento mi resi realmente
conto di quanto mi fosse davvero mancato. Mi avvicinai silenziosa,
anche se sapevo che mi avrebbe sentita. Ma non fu così.
«Jake…» Sobbalzò al suono della mia voce. Si
girò, negli occhi un lampo di gioia improvvisa che subito
cedette nuovamente il passo alle nuvole. Non sopportavo di vederlo
triste. Era peggio che sentirmi triste. Perché così il
mio sole non splendeva più, e anche io avevo voglia di mettermi
a piangere.
«Sei tornata, finalmente!» Fece per alzarsi e venirmi incontro, ma lo bloccai.
«Prima che ti avvicini, ti devo dire una cosa. Ho chiamato anche
Edward. Sarà qui a momenti. Volevo parlare con entrambi, e
siccome non mi sembrava giusto parlare prima con uno o con
l’altro, ho preferito che ci foste tutti e due. Eccolo». Da
lontano scorgemmo la figura fluttuante di Edward Cullen che si stava
avvicinando alla spiaggia.
«Bella, tesoro…» la sua voce carezzevole mi fece
sospirare. «Perché proprio in questo posto?»
Arricciò il naso disgustato.
«Perché qui sono sicura che nessuno di voi due farà
stupidaggini». Guardai Edward, gli occhi dorati nei miei. Eravamo
tutti e tre piuttosto vicini, ma nessuno dei due si azzardava a fare
una mossa verso di me. Edward ruppe il silenzio.
«Bella… puzzi di cane». Merda. Di già?
«Edward, non è importante che odore ho in questo momento… o meglio, forse si, ma…»
«Quel randagio ti ha per caso messo le mani addosso, amore?»
«Quel randagio, come lo chiami, non si è azzardato a fare
niente. Come dovresti fare tu» aggiunsi fulminando la sua mano
che si allungava verso di me.
«E allora perché puzzi di cane, Bella?» Il suo
sguardo mi stava supplicando, aveva intuito che gli stavo nascondendo
qualcosa e mi stava implorando di dargli subito la coltellata finale.
Aveva capito tutto.
«Dimmi una cosa, Edward… negli ultimi tempi Alice è riuscita a vedermi?» Lo vidi sussultare.
«No». Rispose in un sussurro. Fu la volta di Jacob di sobbalzare di sorpresa. Annuii.
«Me lo aspettavo».
«Bella, tesoro mio, perché te lo aspettavi? Alice è
davvero frustrata per quanto le è successo… dice che
è tutta colpa sua…» Lo interruppi con un gesto.
«Non è colpa sua, Edward. Lei non vede i
licantropi». Mi resi conto immediatamente delle implicazioni
della mia affermazione. Vidi Edward reagire come se lo avessero
schiaffeggiato, e Jacob aprirsi in un sorriso di gioia profonda.
«Mi stai dicendo che lei non ti vede più perché… perché… hai deciso, dunque?»
«Si, ho deciso».
«E?»
«Io non ti sposerò, Edward Cullen». Rimase fermo,
immobile, come un serpente pronto ad attaccare. Istintivamente mi
spostai davanti a Jacob; sapevo che Edward non avrebbe reagito con me
davanti.
«Dunque quel cane ti ha convinta. Chissà che armi ha
usato…» la furia di Edward stava per esplodere, lo
sentivo. Ma anche la mia stava montando.
«Edward…» Un bel respiro, Bella, calmati.
«Jacob non mi ha convinta, e non ha usato nessuna arma. Sono
stata tre settimane da mia madre, sono appena tornata, non ci siamo
neanche parlati. E da mia madre ho capito tante cose».
«Ad esempio?» Ghiaccio. La sua voce era di ghiaccio.
«Ho capito chi dei due mi mancava di più. E non sei
tu». Se avesse potuto, in quel momento certamente Edward avrebbe
ucciso Jacob. Ringraziai la mia lungimiranza di averli voluti vedere in
territorio Quileute. Avrei limitato i danni.
«Certo che ti manca… pensi che non lo sapessi che quando
io uscivo dalla finestra della tua camera, arrivava subito un lupo
rossiccio a tenerti compagnia?» Sbiancai. Dunque lo sapeva.
Meglio, avrebbe reso le cose più facili. Continuò.
«Gli sarà piaciuto fare il tuo cane da guardia…
tenere lontano tutti. Pensi che Alice non mi dicesse che
improvvisamente tu sparivi? Pensi che non avessimo capito che lui
– e indicò Jacob, immobile dall’altra parte –
stava cercando di allontanarti da me? E sentiamo, c’è
altro che hai da dirmi?» Era furioso, col risultato che la sua
voce era diventata ancora più bella. A quel punto qualcosa mi
spinse ad essere cattiva. Volevo fargli male, per come mi stava
offendendo. Per come mi aveva controllata, quasi non si fidasse di me.
Volevo fargliela pagare.
«Jake non ha fatto il mio cane da guardia». Mi
guardò con aria interrogativa, ma subito sobbalzò. Capii
in un istante che Jake gli stava mostrando immagini mentali delle
nostre, hem… battaglie.. nel letto.
«Bene. Vedo che lo schifoso è passato alle vie di fatto.
Brutto bastardo, te la sei portata a letto! E adesso magari la scarichi
come un sacco della spazzatura, cane che non sei altro. Tu non hai idea
quanto mi sia costato non fare quello che hai fatto tu con lei... e tu
invece… te ne sei approfittato, hai approfittato della sua
innocenza e della sua ingenuità».
«Ma chi ti credi di essere, sporco succhiasangue dei miei
stivali? Non hai potuto fare con lei quello che io ho fatto, che tra
l’altro si chiama amore, perché altrimenti lei adesso non
sarebbe qui, sarebbe morta o vampirizzata, ed è stata una tua
scelta. Io non la scaricherò come la spazzatura, io la amo. Lo
capisci, sanguisuga? La amo. E lei ama me. E se proprio devo dirtela
tutta, è stata lei a chiedermelo, altrimenti non lo avrei mai
fatto». Anche Jacob era furioso, lo vedevo che stava per
scattare. Cercai di calmarlo con una mano, che lui mi prese senza
riflettere.
«Non ti azzardare a toccarla, sporco randagio!»
«No Edward, tu non ti azzardare mai più a trattarlo così. Non ne hai il diritto».
«Sono quasi tuo marito, tesoro…»
«Ecco, quel quasi dovrebbe farti capire un paio di cose…
io non ti voglio sposare, Edward. Non ti sposerò». Adesso
che lo avevo detto mi sentivo meglio. Volli essere cattiva fino in
fondo. «Edward, sono incinta». L’effetto che quelle
tre parole scatenò fu devastante. Edward diventò ancora
più pallido, pietrificato dall’orrore. Se avesse potuto
piangere lo avrebbe fatto. Ammutolì, i suoi occhi divennero
freddi come il ghiaccio. Dall’altra parte Jacob era rimasto
impietrito, con uno sguardo nel vuoto e una specie di sorriso idiota
che gli aleggiava sul volto. Fu Edward a riscuotersi per primo.
«Bene. Credo che questo sia tutto, Bella. Se volevi uccidermi,
hai trovato il modo migliore. Non ti vedrò mai più, te lo
prometto. Ti auguro tanta felicità, anche accanto a… quel
coso». E se ne andò velocemente come era venuto. Mi girai
verso Jacob, ancora di sale.
«Jake, per la miseria… dì qualcosa!»
«Cazzo, Bells, che botta! Questa sì che è una notizia!»
«Non ho ancora capito se è bella o brutta, però.
Non mi hai abbracciato, non dici niente…» Per tutta
risposta Jake mi strinse tra le braccia, baciandomi con le sue labbra
bollenti.
«Non mi andava di farlo davanti alla sanguisuga. Non pensavo
fossero affari suoi, tutto qui. Ti amo, Bells». E mi baciò
di nuovo.
«Jake, io… mi dispiace…»
«Scusa, di che ti dispiace?»
«Di essere… hem… ecco…» ero diventata del solito rosso brillante.
«Incinta, vuoi dire? Bells, se essere incinta ti fa questo
effetto, ti prego, fallo sempre…» alzai un sopracciglio a
significare che volevo una spiegazione. «Sei bellissima, hai le
guance rosse, lo sguardo infuocato… dio, sei devastante.
Mammina». E ridacchiò.
«Allora non sei arrabbiato?»
«Ma sei scema? Arrabbiato di che?»
«Che sono incinta».
«Bells… eravamo in due, ricordi? C’ero
anch’io… sai com’è, direi che ho anche io la
mia parte di responsabilità nella faccenda. Se vuoi te lo
dimostro!» Lo sguardo malizioso che mi lanciò fu
più eloquente di qualsiasi altra parola. Lo baciai avidamente,
sentendo un fuoco dentro che non avevo mai percepito. Lui rispose al
bacio, e finimmo nella sabbia, ansanti.
«Scusa, – mormorai. – gli ormoni mi fanno brutti scherzi in questo periodo».
«Evviva gli ormoni impazziti, allora». Mi sorrise dolcemente, aiutandomi a rialzarmi.
«Sul serio non sei arrabbiato? Non mi dici cose del tipo “che intendi fare” o roba simile?»
«Intanto, visto che siamo in due, gradirei usassi il plurale,
amore. Che intendiamo fare. Io sarò al tuo fianco qualsiasi
decisione tu voglia prendere, Bells… ma preferirei non pormi
proprio il problema. Perché, tu non vuoi tenerlo?» Lo
guardai sbalordita. Non aveva neanche preso in considerazione altre
ipotesi. Al contrario della maggior parte degli adolescenti, per lui
quel bambino già esisteva.
«Jake, non mi è passato neanche per la mente. Ma credevo
che tu…» Mi chiuse la bocca con un dito bollente, lo
sguardo serio fisso nel mio.
«Bells, amore mio… qui non stiamo parlando della
spazzatura, o di un regalo, o di qualsiasi altra cosa che puoi
rifiutare o rimandare indietro. Questo è un bambino!»
Avevo le lacrime agli occhi. Il mio Jacob era diventato un uomo, e
questa sua reazione me lo fece amare ancora di più. Ma
c’era un problema.
«Ma… tu sei minorenne…» Scoppiò a ridere di gusto.
«E’ per questo che ti sei fatta tutti questi problemi,
Bells? – Mi mise un dito sotto il mento per farmi alzare lo
sguardo su di lui, e come sempre le mie ginocchia tremarono quando
affondai in quei pozzi neri – Lo sai che secondo l’usanza
indiana, un ragazzo diventa uomo intorno ai sedici anni? Più o
meno quando sopraggiunge la prima mutazione, nel caso dei licantropi;
al compimento del sedicesimo anno per gli altri. E forse non lo sai,
ma… mio padre aveva diciassette anni quando nacquero Rachel e
Rebecca». Ero allibita.
«Quindi tu sei maggiorenne da prima di me?»
«Già… se proprio vuoi parlare di maggiore
età, secondo i Quileute è proprio così. Sono
diventato maggiorenne la sera che io, te e quel citrullo di Newton
siamo andati al cinema. Te ne ricordi, vero?»
«E come potrei non ricordarlo? Ho rischiato di perderti sul
serio, quella volta… adesso lo so; avevo una paura folle di
trovarmi di nuovo sola, e la cosa mi faceva paura. Non volevo credere
che mi avessi abbandonata».
«E infatti, quella notte mi sono infilato nella tua stanza per
raccontarti tutto… e tu, da brava bambina perspicace quale sei,
hai capito tutto!» Mi strinse di nuovo, il viso nei miei capelli.
«Non mi perderai mai, Bells. Te l’ho promesso una volta, e
intendo mantenere la promessa. Io non ti farò mai del
male». Scoppiai a piangere. Non sapevo nemmeno io perché,
ma avevo dei lucciconi grossi come biglie che scendevano a rigarmi il
viso. Jacob se ne accorse, quindi strinse ancora di più e prese
ad accarezzarmi dolcemente. Mi calmai. Un problema era risolto, adesso
dovevamo dirlo a Billy e Charlie. Mi promise che lo avremmo fatto
insieme. Anche perché sapevo che Charlie si sarebbe fatto venire
un attacco.
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 - Sorpresa! ***
Capitolo 4
04. Sorpresa!
Eravamo seduti nel minuscolo salotto di Billy, Charlie e Billy
accomodati sul divano, io e Jake sulle sedie, sembrava avessimo
ingoiato una scopa. Non sapevo proprio da che parte cominciare. Non
avevo mai pensato di mentire a mio padre, ma certo anche dirgli quello
che avevo intenzione di raccontargli non era per niente facile. Strinsi
forte la mano di Jacob, quasi a farmi coraggio.
«Papà, Billy… dobbiamo dirvi una
cosa…» Esitai, guardandoli in viso per monitorare le loro
emozioni. Billy sembrava tranquillo. Certo, lui l’avrebbe presa
bene… Charlie mica tanto! Jacob volle venire in mio aiuto,
quindi mi strinse la mano e prese la parola.
«Che ne direste di diventare nonni?» Gesù Jake, non
così! Charlie mi rischia il coccolone! E infatti osservai il suo
colorito farsi pericolosamente purpureo, quindi strabuzzò gli
occhi e andò in iperventilazione. Billy rimase calmissimo, come
se gli avessimo detto che volevamo andare a fare un pic-nic. Dopo
qualche altro secondo, Charlie esplose.
«Quello schifoso… che diavolo ha fatto a mia figlia?! Che
ti ha fatto, Bells? Se mi trovo tra le mani Edward Cullen giuro
che…» Stava sragionando, e guardava Jacob con sguardo
omicida. Jake era calmissimo.
«Papà, mi spieghi che accidenti c’entra adesso Edward?»
«Scusa… non sei… non hai detto…»
«Papà… ho detto che tutti e due state per diventare nonni…»
«Ah. Quindi voi… tu e Jake… ma Bells… sei…»
«Papà, perché non ti siedi prima che ti scoppi una
vena? Per favore!» In realtà avevo paura che sparasse a
Jake. Col risultato che poi avremmo anche dovuto spiegargli
perché non era riuscito neanche a scalfirlo. Fui grata a Billy
che corse in nostro aiuto.
«Charlie, amico… siediti e rilassati. Mi sembrano già abbastanza nervosi…»
«Nervosi? NERVOSI?! Loro?! Billy, amico… Jake è
MINORENNE, per la miseria! E Bells è poco più di una
bambina…»
«Tu e la mamma eravate più giovani di me, quando la mamma è rimasta incinta».
«E infatti guarda come siamo andati a finire! Bella,
tesoro… sei sicura di quello che fai?» Si stava calmando.
Il peggio era passato. Billy non aveva smesso un attimo di sorridermi.
Stava scoppiando dalla gioia.
«Papà… non sono mai stata più sicura di qualcosa in vita mia».
«E con la maggiore età di Jacob come la mettiamo?» Fu Billy che ci salvò.
«Charlie, qui tra i Quileute i ragazzi diventano maggiorenni
quando passano dalla pubertà all’adolescenza… tra i
quindici e i sedici anni».
«Insomma, mi stai dicendo che Jacob è maggiorenne già da un anno e più?»
«Esatto. E comunque… ti ricordo che fra quattro mesi
avrà diciotto anni. E poi… non vorrei infierire, amico,
ma la decisione spetta a loro. Sono abbastanza grandi per decidere da
soli».
«Billy, ma…»
«Se sono abbastanza grandi da fare sesso, sono anche grandi
abbastanza per assumersi le loro responsabilità». Billy ci
guardò dritti in volto. Ero diventata viola. Non ero certo
abituata a discutere certi argomenti con chicchessia. Ma aveva ragione,
e chissà perché la cosa non mi spaventava per niente. Ero
talmente felice che avrei voluto mettermi a ballare. Equilibrio
permettendo.
«Aspetta un momento, Bells… e adesso come lo diremo a Renée?»
«Lo sa già… ero da lei, ricordi? Diciamo che
all’inizio le è venuta una specie di crisi
isterica…»
«Lo credo bene… a tua madre non è mai piaciuto
invecchiare…» Ecco da chi avevo preso! «E ammetterai
che ritrovarsi nonna alla sua età è una bella
botta!» Adesso si era definitivamente rilassato, perché
stava sorridendo pacioso. Poi d’improvviso sembrò pensare
a qualcosa, e piantò gli occhi in faccia a Jake.
«Dì un po’ ragazzo, non vorrai dartela a gambe,
vero?»
Jake rispose col suo solito sorriso splendente. «E credi che
sarei qui se fosse come dici tu? Eddai Charlie, mi conosci, sono Jake,
il figlio del tuo amico Billy… quello innamorato di Bells da tre
anni… adesso che sono finalmente riuscito a mettere le mani
sulla donna della mia vita, me la lascio scappare, secondo te?»
Charlie gli scoccò un’occhiata in tralice. «Non mi pare che tu ci abbia messo solo le mani,
sopra…» E scoppiarono tutti a ridere, divertiti. Io li
guardai fucsia dalla vergogna e dalla rabbia. Non ero abituata a certi
discorsi da caserma. Certo, col branco certe volte erano un po’
pesanti, ma non fino a questo punto. Sbottai.
«Vi dispiacerebbe smetterla di parlare come se non fossi
presente? Scusate se sono qui con voi, se volete me ne
vado…»
«Eddai Bells – Billy ancora rideva a crepapelle – cercavamo di sdrammatizzare…»
«Bene, sarà meglio che io e Bella andiamo a fare una
passeggiata, gli ormoni la rendono suscettibile
ultimamente…» Jake rideva ancora, gli occhi colmi di una
gioia profonda che mi fece dimenticare immediatamente il motivo del mio
broncio.
Decidemmo di andare a casa di Emily, volevamo andare a parlare col
resto del branco e sapevamo per certo che li avremmo trovati tutti
lì. Quando si trattava di mangiare, loro erano sempre sul piede
di guerra, e Emily oramai era abituata a sfamare dieci lupi giganti. Le
nostre previsioni erano giuste, li trovammo tutti ammassati nel piccolo
salotto di Emily, intenti a “far merenda” –
più che merenda, sembrava che avessero saccheggiato le provviste
di tutta La Push per il prossimo inverno. Ci guardarono tutti in
maniera un po’ strana quando ci videro entrare mano nella mano.
Probabilmente Sam fu quello che intuì per primo che
c’erano dei cambiamenti, perché mi sorrise, calmo.
D’un tratto sentii un paio di occhi roventi puntati addosso. Non
ebbi bisogno di guardarli per capire a chi appartenessero. Leah. Mi
aveva sempre odiata. Fu Paul ad esprimere i pensieri negativi della
ragazza. Scattò in piedi, furioso.
«E LEI cosa diavolo ci fa qui, Jake? E’ venuta a spiare il nemico?»
«Paul – intervenne Sam – datti una calmata. Se
è qui ci sarà un motivo. Scusalo Bella, non farci
caso».
«Tranquillo Sam – sorrisi a mia volta – tanto ormai
ci sono abituata. Lo so com’è fatto». Quil e Embry
diedero di gomito a Paul con un “ben ti sta!” e
sghignazzarono soddisfatti; Seth si alzò per venirmi a salutare.
All’improvviso dalla cucina spuntò Emily con un enorme
vassoio pieno di muffin appena sfornati. Quando mi vide appoggiò
il vassoio sul tavolo – grosso errore, con quelle cavallette
perennemente affamate nei paraggi – e mi venne incontro per
abbracciarmi.
«Guarda guarda chi si rivede! Bentornata, Bells». Notai con
una punta di orgoglio che ormai tutti usavano il nomignolo che mi aveva
appioppato mio padre e che usava lui e la famiglia Black. Segno che
ormai mi consideravano una di loro. La voce di Emily mi riscosse.
«Bells, ma che hai fatto? Sei uno splendore! Il sole della
Florida decisamente ti fa bene, adesso la tua carnagione si avvicina
molto di più a quella di un essere umano, hai la pelle liscia,
le labbra rosse, il sorriso luminoso, gli occhi che brillano…
Dì un po’, non sarà che vuoi trasferirti al sole,
eh?» Lo disse in tono scherzoso, ma sentii la mano di Jacob
fremere nella mia. Lo rassicurai con una stretta. Nel frattempo Paul e
Jared si erano avvicinati a Emily, pronti a sfottere. Jared
rischiò davvero grosso.
«Emily, ma sai che hai ragione? E’ davvero più
bella… e anche le tette sono più gr…» non
finì; un cazzotto in piena mascella lo fece volare
all’indietro sulle scale. Jacob era nero.
«Sei mio fratello e per questo non ti faccio a pezzi, Jed, ma
prova un’altra volta a ficcare gli occhi nella scollatura della
mia donna, e giuro che ti azzoppo». Gli occhi di Jacob lanciavano
scintille. Lo sguardo assassino in quel momento mi fece molta
più paura di quello di Edward. Cercai di calmarlo, ma fu Sam a
prendere in mano la situazione.
«Dai Jake, piantala! Jared voleva solo farle un complimento, lo
sai com’è fatto. Si scorda di collegare il cervello alla
bocca prima di aprirla, e questo è il risultato. Scusalo,
Bells».
«Ma dai, Sam. Non è successo niente». Intanto
però Jake mi aveva abbracciata con fare possessivo, ed emise un
ringhio sordo giusto per ribadire il concetto. Ero sua, e non si
discuteva. Ci accomodammo anche noi nel salotto stracolmo, Jacob sul
divano – dal lato più lontano da Jared, notai – e io
sulle sue gambe. Emily e Sam mi sorrisero.
«Bene bene, vedo che qui qualcuno ha finalmente aperto gli occhi
e preferito la pelliccia ai cubetti di ghiaccio! Hai qualcosa da dirci,
Bells?» Il tono di Sam era dolce, non c’era nota di
rimprovero nella sua voce. Del resto ormai ci conoscevamo da tempo,
avevo imparato ad apprezzare i suoi modi schietti e diretti. Che
strano, insieme a loro non mi sentivo mai in imbarazzo. Lo guardai
negli occhi, e quando vidi il suo cenno di assenso cominciai a
raccontare tutto. Quando arrivai alla parte della chiacchierata con
Jacob e Edward sulla spiaggia, si sollevarono mormorii di approvazione,
finché Quil mi assestò una sonora pacca sulla spalla.
«Non posso crederci, Bells! Hai mandato all’inferno quel
ghiacciolo travestito da manichino! Avrei voluto esserci,
maledizione!» Ridacchiò. Lo guardai per un lungo istante,
pensando che secondo il modo di pensare di Edward lui era già
all’inferno… poi mi girai verso Seth, che non aveva detto
una parola.
«Scusami Seth, so che tu gli vuoi bene… credimi, è stato davvero difficile per me».
«Bells – e mi sorrise, calmo e dolcissimo – voglio
bene a Edward e a tutta la famiglia Cullen, è vero, ma voglio
più bene ai miei fratelli. E se tu avessi visto in che stato era
Jake quando sei andata da tua madre, ti giuro che andresti da loro a
prenderli a pugni uno per uno». Il suo sorriso incoraggiante mi
spinse a continuare.
«Ragazzi… c’è dell’altro che non vi abbiamo detto».
«Dai Bells, non tenerci sulle spine…» Sam era
curioso, e stringeva la sua Emily con fare protettivo come se
aspettasse una mazzata da un momento all’altro.
«Noi… ecco… io… – il solito rosso
brillante, maledizione – io sono incinta». Grida di gioia
miste a risate accompagnarono le mie parole, mentre Emily mi stringeva
forte e Sam guardava Jake con aria sorniona.
«E bravo Jake… no, dico… la prima volta che ti
avvicini a una donna, fai centro! Mantieni alto il nome dei Black, eh
Jacob?!» Lo stava sfottendo in maniera quasi indegna, ma Jake non
sembrava farci caso più di tanto. Aveva occhi solo per me.
«Congratulazioni ragazzi – Embry non stava più nella
pelle – A quando le nozze?» A quelle parole mi sentii
sprofondare. Non avevo il coraggio di rispondere, e anche Jake era
muto. Mi voltai verso di lui e sussultai nel vedere il suo viso.
D’un tratto mi prese la mano e quasi trascinandomi
borbottò un “andiamo” e mi portò via,
lasciando tutti pietrificati.
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 - Quileute ***
Capitolo 5
05. Quileute
Mi trascinò fino alla spiaggia, al nostro tronco. Non aveva
spiccicato una parola e la cosa cominciava a innervosirmi non poco. Mi
lasciò sedere sul tronco, quindi prese a passeggiare
nervosamente avanti e indietro, le mani nelle tasche dei jeans. Non lo
sopportavo quando faceva il musone.
«Insomma Jake, vuoi piantarla?! Mi dici che diavolo ti è preso?!»
«Scusa Bells… non volevo trascinarti via così… è solo che… ecco…»
«Jacob Black, deciditi a sputare il rospo o giuro che me ne
vado». Lo guardai negli occhi neri, tristi. Mi venne un groppo in
gola. «Jake, ma che hai? Perché sei triste adesso? Che ti
ho fatto?»
«Niente… è solo che… Embry… dovrebbe imparare a tacere qualche volta…»
«E’ per quello che ha detto, che fai così? Dai Jake,
Embry è tuo amico, non voleva certo offenderti!»
«Non hai capito, Bells… – lo vidi tirare fuori
qualcosa dalle tasche dei jeans, ma non fece segno di volermelo dare.
Quando capii cosa fosse, sussultai. – E’ da quando sei
tornata che mi rigiro questo coso tra le mani, ma non ho avuto il
coraggio di dartelo. So come la pensi in proposito, e adesso non voglio
che pensi che lo faccio solo perché sei incinta».
«Sei un idiota, Jacob». Mi ero alzata, lo guardavo negli
occhi con sguardo fiammeggiante. Stavo per mettermi a piangere, non
sapevo nemmeno io se per la commozione o dalla rabbia. Maledetti
ormoni. Feci per andarmene furiosa, ma mi prese per un braccio
facendomi voltare. Andai a sbattere contro il suo petto febbricitante.
Ecco, lì si stava decisamente più comodi. Mi rannicchiai
contro di lui, che strinse l’abbraccio e posò le labbra
sui miei capelli.
«Che c’è Bells? Non volevo ricordarti il tuo quasi
matrimonio… mi dispiace. Non ne parleremo più, ok?»
E fece per rimettersi la mano in tasca. Lo bloccai, ancora furiosa.
«Sei uno stupido, Jake. Da quanto tempo ce l’hai?»
«Te l’ho detto, quando sei partita… ecco… io… ci ho pensato parecchio e…»
«E?» Alzai lo sguardo su di lui, incontrando quei pozzi
neri che mi facevano tremare le ginocchia. Le solite farfalle ripresero
ad agitarsi nel mio stomaco.
«Bells, io senza di te non sono niente. Se non ci sei mi manca un
pezzo, Bells. Mi manca l’aria. Mi manca il sole. Quando sorridi,
quando sei triste, quando arrossisci… quando ti guardo negli
occhi e vedo me stesso riflesso in quel cioccolato che può
essere più dolce del miele, io mi sento completo. Non ce la
faccio a stare senza di te». Si interruppe; probabilmente non
sapeva come continuare. Distolse lo sguardo, ma io gli misi una mano
sul viso per piantare di nuovo gli occhi nei suoi e farlo continuare.
Non credevo che sapesse essere così dolce… mamma, altro
che cioccolato… io mi stavo sciogliendo come burro! Riprese a
parlare, il tono più rauco. «Quando te ne sei andata
credevo di impazzire. Mi sentivo male, mi mancava l’aria, vedevo
tutto grigio. Era come se un pezzo del mio cuore si fosse staccato e ci
fosse un buco nel bel mezzo del mio petto. Ho capito come ti sei
sentita quando quel pinguino se n’è andato. E mi sono
ripromesso che non sarei mai più rimasto lontano da te, Bells. A
qualunque costo». Lo guardai negli occhi, e mi sentii mancare:
esprimevano tutto quello che lui non riusciva a dire. Era così
bello che non potei fare a meno di essere sincera.
«Vale anche per me, Jacob. Da mia madre ho avuto modo di
riflettere… sai che da quando sono qui a Forks sogno sempre? A
volte sono incubi, ma faccio anche dei bei sogni. Beh, da mia madre
sognavo in continuazione i tuoi occhi, il tuo sorriso… anche io
sentivo che mi mancava un pezzo, senza di te. E non ho intenzione di
andare da nessuna parte, se non ci sei tu». Mi baciò in un
modo che mi fece venire in mente pensieri decisamente peccaminosi, ma
si staccò prima che finisse male.
«Bells…» Stava tentennando, probabilmente cercava le
parole. Abbassò lo sguardo da me, cercando di ricomporsi. Gli
sollevai il mento con un dito per costringerlo a guardarmi di nuovo.
«Jacob Black, dove diavolo è finita la tua spavalderia?
Fai lo spaccone con tutti e ti vergogni di dirmi due parole piccole
piccole?»
«Non è che mi vergogno… è che vorrei evitare
che ti rompessi di nuovo una mano per prendermi a pugni…»
sogghignò, sollevato. Miseriaccia, quanto era bello quando gli
occhi gli si accendevano in quel modo… gli brillavano di gioia
pura, di felicità. E a me mancava il fiato.
«Non ti prenderò a pugni, Jake».
«Bells…»
«Mmm?»
«Ti amo».
«Anche io».
«Sposami».
«Si».
«Che hai detto?»
«Ho detto si».
«Hai… detto…»
«Che c’è di tanto difficile da capire nella parola “si”?»
«No, è che… Hai detto si?»
«Jake, ma che ti piglia?» Per tutta risposta mi
sollevò in aria, mi strinse forte facendomi fare un mezzo giro e
mi rimise a terra per baciarmi. Quando si staccò mi girava
ancora la testa, non sapevo bene se per la mancanza d’aria
– mi ero scordata di respirare come al solito – o per il
volteggiamento in aria, o per il suo bacio. Forse un insieme delle due.
avvertii un leggero senso di nausea, ma sapendo a cosa era dovuto
cercai di controllarlo.
«Adesso me lo dai quel braccialetto, o devo pregarti in ginocchio?»
«Certo, certo…» Si infilò la mano nella tasca
dei jeans, prese il braccialetto e me lo legò al polso destro.
Sarebbe rimasto lì per sempre. «Finché morte non ci
separi» mormorò sulle mie labbra. Non gli diedi il tempo
di reagire, perché gli circondai il collo con le braccia e lo
baciai con tale entusiasmo che il discorso si chiuse, perché
intraprendemmo attività indubbiamente più interessanti.
Finimmo nella sabbia, avvinghiati. Mi spogliò in un attimo, e fu
sopra di me intento a baciarmi in un modo che avrebbe sciolto il polo.
«Mi sei mancata, Bells…» Mormorò sulle mie
labbra, tra un bacio e l’altro.
«Tu invece no...» Mi guardò interdetto.
«Ma, Bells…»
«Scemo, ti stavo prendendo in giro… ti ricordi che ti ho
detto un po’ di tempo fa? Che eri il mio sole personale?»
«Si. Il rimedio migliore alle tue nuvole». Mi guardò
un istante, pensieroso, le sopracciglia aggrottate. «Ci sono
ancora le nuvole, piccola?»
«Quali nuvole, amore?» Rabbrividì quando mi
sentì chiamarlo amore. Il suo sguardo si accese ancora di
più. E a me venne da piangere per la gioia.
«E adesso che c’è?»
«Sono felice, Jake. Così felice che mi viene da piangere».
«Colpa degli ormoni?»
«Già».
«Evviva gli ormoni, ripeto».
«Quanto sei stupido».
«Quanto sei bella!»
«Non sono bella».
«Lascia giudicare me, ok? E’ vero, non sei bella. Sei
devastante». E continuammo quello che stavamo facendo. Charlie e
Billy ci stavano aspettando per cena, ma avrebbero dovuto aspettare a
lungo. Avevamo altro da fare. Decisamente più interessante.
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 - Matrimonio ***
Capitolo 6
06. Matrimonio.
Avevo scoperto che la cerimonia nuziale dei Quileute era piuttosto
semplice, e poteva essere organizzata piuttosto velocemente. Decisi
che, visto che dovevo aspettare almeno novembre per poter sposare Jacob
davanti allo stato Americano, almeno quel matrimonio volevo
organizzarlo prima di assomigliare più a una mongolfiera che a
una donna. Con grande soddisfazione di Emily, che mi promise di
aiutarmi con tutto, e di mia madre, che si piazzò in casa nostra
dalla settimana successiva. L’ultima volta che Renée aveva
incontrato Jacob lui ancora non aveva subito la trasformazione, quindi
se lo ricordava ancora ragazzino. Quella mattina eravamo sedute sulla
veranda di casa di Billy quando lo vidi da lontano, insieme a Seth,
Quil e Embry. Diedi di gomito a mia madre.
«Mamma, c’è Jacob…»
«Qual è, Bells? Gesù come sono cambiati questi ragazzi…»
«Quello in mezzo, il più alto. Con i capelli lunghi».
Mia madre trattenne il fiato. «O.Mio.Dio… Bells… ma… è…»
«Bellissimo?»
«Bells, piccola… “bellissimo” mi sembra un
termine altamente riduttivo… sembra un bronzo, la statua di
qualche dio greco. Sei sicura che abbia diciotto anni?»
«Deve ancora compierli, mamma». Sospirai. Jacob aveva conquistato anche Renée.
«Beh, comunque, è davvero impressionante. Edward non regge il confronto». La guardai interdetta.
«Che vuoi dire?»
«Tesoro, Edward è molto bello, affascinante, perfino
intrigante… ma Jacob è un UOMO. Hai presente? Di quelli
che quando ti stringono tra le braccia tu ti scordi perfino come ti
chiami… che quando ti baciano ti senti le farfalle nello stomaco
e vedi tutto rosso. Rosso. Il colore della passione». E come
diavolo faceva mia madre a sapere che era esattamente come mi sentivo
quando Jacob mi baciava? Mia madre continuò. «Adesso
capisco perché hai tentennato con Edward. Bells, amore…
tu guardi Jacob come se fosse l’unico uomo sulla faccia della
terra».
«Per me lo è».
«E tu sei sua. Questo è fuori discussione. Ti guarda come
se volesse fondersi con te». Arrossii fino alle orecchie. In
effetti era quello che faceva, in un certo senso… frenai le mie
fantasticherie, visto che gli altri ormai erano arrivati. Jake si
sedette vicino a me e con fare possessivo mi abbracciò. Feci le
presentazioni, e quando Jacob sorrise vidi Renée sciogliersi
completamente. Era diventata di gelatina. Come me.
Non appena riuscimmo a restare sole di nuovo, mia madre mi si avvicinò per parlarmi all’orecchio.
«Bells… sul serio tesoro… quell’uomo ti ama
più della sua vita. Ed è davvero favoloso. Ah, se avessi
vent’anni di meno…» E sorrise maliziosa.
«Mamma!»
«Che c’è di male, Bells? Un uomo come quello
può solo renderti felice». Mi sorrise di nuovo, mi
abbracciò e poi si allontanò canticchiando. Fui subito
circondata da due braccia bollenti che mi avvolsero completamente. Mi
fece voltare verso di lui, mi baciò dolcemente.
«Ciao piccola… che dice la tua mamma?»
«Che se avesse vent’anni di meno ci proverebbe spudoratamente con il mio futuro marito».
«Mmm… quasi quasi… mollo la figlia e mi prendo la madre… che ne dici?»
«Brutto… Non ti azzardare a lasciarmi, sai? O ti prendo a pugni». Scoppiò a ridere di gusto.
«Provaci… vuoi proprio romperti una mano, Bells?»
stavamo ridendo tutti e due, quando arrivò Seth alle nostre
spalle.
«Posso sapere cosa state ridendo voi due? Hey sorellina, Emily ti
vuole». Sobbalzai per il modo naturale in cui mi aveva definita
sorella. Sembrò capirlo, quindi mi rivolse un sorriso smagliante.
«Bells, ti voglio bene come se fossi mia sorella. In più
stai per sposare Jake… ecco… è come se lo fossi
davvero». Lo abbracciai di slancio, Seth era davvero dolcissimo.
Andai da Emily, e la trovai intenta su un mare di stoffa di un colore
indefinibile. Era un colore meraviglioso.
«Vieni Bells… ti piace il colore?»
«E’ bellissimo, Emily… ma…»
«Vediamo se ho indovinato le proporzioni. Su, vieni
avanti». Sollevò il mare di stoffa, che si rivelò
essere un vestito, e me lo mise davanti. «Che ne dici?»
Sgranai gli occhi sorpresa. «E’ per me?»
«Certo. Non vorrai sposarti in jeans!» Strabuzzai gli occhi
dalla sorpresa. Quel vestito era una vera meraviglia. Era di un colore
cangiante tra l’azzurro e il verde, ricordava l’acqua del
mare, di un tessuto leggero come una nuvola. Me lo fece indossare, e mi
andava a pennello.
«Emily… ma non è troppo scollato? Io mi vergogno…»
«Bells, tesoro… se avessi un décolleté come
il tuo lo metterei in mostra da qui a Seattle, credimi! Smettila di
arrossire… è la verità. Dove credi che finiscano
gli occhi di Jake quando non sono persi nei tuoi? E poi… fra tre
giorni sarai solo sua, fai godere un pochino anche gli altri
fratelli… no?» E mi strizzò l’occhio,
divertita, col risultato che mi rilassai. Quel vestito mi stava davvero
benissimo, e Emily me lo aveva modellato addosso con maestria. Era
stretto al seno, senza maniche, e la gonna scendeva leggera fin sopra
le ginocchia, tenuta da una fascia sotto il seno che la arricciava
leggermente dandole un’idea di sofficità che mi faceva
sembrare più aggraziata di quanto fossi.
«Emily, sei incredibile… hai fatto un miracolo in pochissimo tempo… adesso dovrai farne un altro».
«Cioè?»
«Tu che indosserai?»
«Che vuoi… Oh Bells… dici sul serio?» Si era illuminata, ed era bellissima nonostante la cicatrice.
«Dico sul serio. So che con quella cerimonia non servono le
damigelle d’onore, ma ti voglio al mio fianco». Mi
abbracciò di slancio, stringendomi forte e io ricambiai
spontaneamente il suo abbraccio.
«Bells, sarei stata comunque al tuo fianco, visto che sarà Sam a presenziare alla cerimonia…»
«Non mi importa».
«Grazie, sorellina. Adesso fatti sistemare questo vestito,
abbiamo solo due giorni, sai?» C’era ben poco da sistemare:
Emily aveva compiuto un vero miracolo. Quel vestito mi calzava a
pennello.
Il giorno della cerimonia Emily si impossessò di me, e mi tenne
segregata per tutto il giorno. Probabilmente aveva paura che mi facessi
vedere da Jacob. All’improvviso, mentre mi stava vestendo, sentii
bussare alla porta e mia madre fare capolino, piagnucolando roba del
tipo “la mia bambina si sposa” e altre smancerie del
genere. Quando uscì tirai un sospiro di sollievo. Durò
poco. Billy insistette per venire a salutarmi prima della cerimonia.
Emily quasi lo cacciò.
«Billy, devi promettere solennemente che non dirai niente a Jake su Bella».
«E come potrei? Sono senza parole… Bells… sicura di voler uscire in quel modo?»
«Perché Billy? Sto male?»
«No bambina… direi piuttosto che farai morire mio figlio
di infarto!» Mi guardava come se fossi un tesoro prezioso, e io
mi sentivo a disagio. «Bells, sono qui per darti una cosa…
ecco», e mi allungò un astuccio scuro. «Era di
Sarah, vorrei che la tenessi tu». Aprii l’astuccio, e
rimasi a bocca spalancata dallo stupore. Un filo sottilissimo
d’oro bianco, con un’acquamarina splendida come pendente,
che mandava bagliori incredibili.
«Billy, è favolosa! Sicuro che vuoi che la tenga io? Magari Becky o Rachel…»
«No Bells, è tua. Viene tramandata solamente dalla parte
maschile della nostra famiglia, ma siccome quello zuccone di mio figlio
non voleva dartela dicendo che non l’avresti accettata, lo faccio
io».
«Billy, ne sarò felice…» Ero commossa,
sinceramente, dal suo gesto assolutamente spontaneo. La prese, per
aiutarmi a indossarla. Istintivamente mi abbassai per permettergli di
mettermela al collo, quindi lo ringraziai con un abbraccio. Ero pronta.
Definitivamente.
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 - Finché morte non ci separi ***
Capitolo 7
07. Finché morte non ci separi.
Avevamo organizzato la cerimonia nella solita palestra, l’unico
posto a La Push abbastanza grande da contenere tutta la tribù.
Jacob era già lì ad aspettarmi, lo sguardo nel vuoto.
Quando mi vide entrare sobbalzò dalla sorpresa
nell’osservare il mio abito. Lui era sconvolgente; evidentemente
Emily aveva compiuto un miracolo anche con lui e gli aveva cucito
addosso un vestito che metteva in risalto le sue spalle larghe, il suo
fisico possente, la sua pelle bruna. Rimasi estasiata. Non potevo
credere che quel sogno fosse lì ad aspettare me. Quando il suo
sguardo si illuminò vedendomi, mi resi conto che effettivamente
era possibile.
Lo raggiunsi quasi correndo, anche se avrei dovuto muovermi più
lentamente, ma non resistevo all’idea di finire tra le sue
braccia. Mi prese la mano, sempre guardandomi negli occhi, e mi depose
un lieve bacio su una guancia.
«Avevo ragione, amore. Sei devastante».
«E tu sei sconvolgente, signor Black».
La voce bassa e calda di Sam ci riportò alla realtà. Con
un sorriso, prese le nostre mani – la destra di Jake e la mia
sinistra – le tenne nelle sue. Fece una breve introduzione,
quindi lasciò a noi la parola. Mi sentivo a disagio, non ero
brava a parlare di sentimenti, tantomeno davanti a un pubblico. Jake
parlò per primo.
«Isabella Marie Swan, ti amo più della mia vita. Io ti
accolgo come moglie, compagna e amica per tutti i giorni della nostra
vita». Ingoiai a vuoto. Quelle semplici parole ebbero la
capacità di farmi fremere fino al midollo. Tutti i giorni della
nostra vita. Tutti i giorni della mia vita insieme al mio amore, al mio
sole, alla mia droga. Insieme a lui. Presi un bel respiro, e parlai,
con una voce ferma che sorprese anche me.
«Jacob Ephraim Black, ti amo più della mia esistenza. Io
ti accolgo come marito, compagno e amico per tutti i giorni della
nostra vita». Jake mi guardò con un sorriso che andava da
un orecchio all’altro, quindi Sam prese un nastro e legò
simbolicamente i nostri polsi, a rappresentare il legame indissolubile.
Poi sorrise sornione.
«Jake, puoi baciarla… ma vacci piano, sei in pubblico
fratello!» Jacob sorrise, mi strinse forte e mi baciò. E
io per poco svenni. Se rimasi in piedi fu solo merito delle sue braccia
forti che mi tenevano, lo sapevo benissimo. Lui, l’infame
creatura bella come un angelo, mi guardava come se avesse visto la
creatura più bella del mondo. Come se tenesse fra le braccia un
tesoro. Il suo tesoro.
«Te l’ho già detto che sei bellissima?»
«Bugiardo, lo dici solo perché sono la sposa e la sposa è sempre bella».
«Te ne ricorderò tra qualche anno, quando sarai ancora
più bella e io non smetterò di dirtelo». A quelle
parole mi venne da piangere. Lui sarebbe rimasto sempre così
bello, giovane. Io sarei inesorabilmente invecchiata. Come sempre,
comprese i miei pensieri. Cercò di risollevarmi il morale, ma la
nuvola nera rimase per molto nel mio sguardo. Si aprirono le danze, e
tutti i fratelli vollero ballare con la sposa, quindi non avemmo
più occasione di parlarci. Ad un tratto mi trovai stretta in un
abbraccio più delicato degli altri, e capii che era Seth. Gli
sorrisi dolcemente.
«Tocca a me, sorellina… Ma ti vedo strana. Qualche problema?»
«No Seth… va tutto bene… solo che…»
«Andiamo Bells, qual è il problema? Ti conosco, lo vedo
che hai qualcosa che ti turba...» Mannaggia alla
ipersensibilità del branco… possibile che tutti sapessero
esattamente quello che sentivo? Poi mi resi conto che forse era solo
Seth a saperlo, perché mi conosceva meglio degli altri.
«Ecco, io… riflettevo sul fatto che Jake resterà
per sempre così bello e giovane, mentre io invecchierò
inesorabilmente… e forse allora lui non mi troverà
più tanto bella e mi lascerà per qualcuna più
giovane… sempre che prima non abbia avuto il maledetto
imprinting!» Seth scoppiò a ridere di gusto.
«Davvero pensi questo, Bells? Davvero pensi che Jake possa avere
l’imprinting con qualcun’altra? Non sai che si può
avere un solo imprinting?!» Lo guardai come se stesse parlando in
lingua farfallina.
«Ma Jake non ha mai avuto l’imprinting…»
«Te l’ha detto lui?»
«Si. Beh, cioè… non mi ha mai detto di averlo avuto».
«Sei sicura?»
«Andiamo Seth, che vuoi dire? Non tenermi sulle spine!»
«Non dovrei dirtelo… insomma, sono pensieri che percepiamo
in quanto parte dello stesso branco, quindi dovrei fingere di non
saperne niente… ma siccome so che se te lo dicesse Jake tu non
gli crederesti, e se non ti dicesse niente saresti capace di fare una
pazzia, allora sputerò il rospo. Vieni». Mi prese
delicatamente per un braccio per portarmi fuori, in un posto tranquillo
dove poter parlare. Si fermò di botto, girandosi per guardarmi
negli occhi. Era alto quasi quanto Jake. Ed era molto bello anche lui.
«Allora?»
«Quando sei tornata da Jacksonville, e hai detto a Jake di essere
incinta… lui ti ha detto qualcosa. Ti ricordi cosa?»
«Ha detto che non poteva vivere senza di me. Che gli mancava
l’aria, che si sentiva… a… metà…
– in quel momento un lampo di consapevolezza mi passò
negli occhi. Me lo aveva detto quel giorno. Mi aveva detto che il suo
imprinting ero io. Stupida. Fissai Seth per un istante, stava
sorridendo e annuì capendo cosa mi passasse per la testa.
– Seth, sono un’idiota…» In quel momento fummo
interrotti da una voce che avrei riconosciuto tra mille.
«Si può sapere cosa fai qui fuori con mia moglie?»
La domanda sembrava un rimprovero, ma Jacob stava sorridendo. Si fidava
ciecamente di Seth.
«Niente, tua moglie aveva bisogno di una boccata d’aria. La
lascio nelle tue braccia, fratello… ho visto un paio di ragazze
la cui conoscenza vorrei approfondire… vi saluto!» E ci
fece un cenno della mano, ma non prima di avermi deposto un bacio
leggero sulla guancia e avermi mormorato all’orecchio: «Tuo
marito non ti lascerà mai, Bells. E per lui sarai sempre la
donna più bella del mondo».
«Cosa avevate da dirvi tu e Seth di così segreto?»
«Sei geloso?»
«Di quel cucciolo? Nah… sono solo curioso». Sorrise. Bello!
«Dimmi un po’, Jake… tu davvero non hai mai avuto l’imprinting?»
«Ma questo che c’entra… – poi capì.
– Era di questo che parlavate, giusto? Di cosa hai paura,
Bells?»
«Di tutto. Io invecchierò, e tu resterai sempre giovane e bello… e forse non mi amerai più».
«Tutto qui? Bells, – mi sollevò il mento con
un dito – io non ti amo per come sei fuori, ma per come sei
dentro. E comunque, stai tranquilla, invecchieremo insieme».
«Che vuoi dire?»
«Se non ti trasformi per un periodo di tempo piuttosto lungo, il
tuo istinto licantropo si affievolisce, e quindi riesci ad invecchiare.
Ma ci vuole un autocontrollo che pochissimi hanno. Il mio bisnonno
Ephraim ci riuscì».
«Jake, mi stai dicendo che hai intenzione di non trasformarti
più per invecchiare con me?» Mi vennero le lacrime agli
occhi per la commozione. Era pronto a rinnegare la sua natura per me,
per restarmi accanto e morire insieme.
«Non è un gran peso, Bells. Ho sempre sentito appieno la
responsabilità della trasformazione, e lo sai. Del resto, quando
tu non ci sarai più la mia vita non avrà alcun senso,
quindi a che servirebbe restare giovane se non posso stare con
te?»
«Ma magari incontrerai il tuo imprinting… e vorrai stare con lei…»
«Bells, credevo che lo avessi capito…»
«Cosa?»
«Il mio imprinting… chi è».
«No. Non avevo nemmeno capito che avessi avuto l’imprinting».
«In effetti, si».
«E…?» Avevo paura di chiedere. Anche se Seth mi
aveva già messo sulla buona strada, non volevo sapere che si era
sbagliato. Che le nostre congetture fossero campate in aria.
«L’ho sposato. Proprio oggi». Mi baciò, un
bacio che mi fece tremare le ginocchia. Sarei finita a terra se Jake
non mi avesse sostenuto, con le sue braccia bollenti. Ecco, il problema
è che al contatto con la sua pelle diventavo bollente anche io.
E a differenza sua, io non riuscivo a controllare la scarica di calore.
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 - Complicazioni ***
Capitolo 8
08. Complicazioni
I primi giorni dopo il nostro matrimonio trascorsero come in un sogno,
io e Jake vivevamo la nostra felicità senza nessuna
interferenza. Ci eravamo trasferiti in una piccolissima casetta proprio
al confine con La Push, esattamente a metà strada tra casa di
Billy e casa di Charlie, e che era di proprietà del vecchio
Quil. Era una specie di capanno degli attrezzi, ma le magiche mani di
Emily e l’aiuto del branco la trasformarono presto in un piccolo
paradiso solo nostro. Io ero felice della mia vita; accanto a Jacob
niente e nessuno avrebbe potuto rompere quella bolla di serenità
che ci circondava. O almeno lo credevo.
Quella mattina sentimmo bussare alla porta piuttosto presto, quindi
andai ad aprire allarmata pensando subito che fosse successo qualcosa a
Charlie. Rimasi scioccata quando vidi la figura pallida che apparve
sulla porta. Edward Cullen. Non potevo crederci; se aveva avuto il
coraggio di arrivare fino ai confini della riserva, c’era un
motivo grave. E avevo già capito quale.
«Ciao Bella».
«Ciao Edward… che ci fai qui?» Cercai di addolcire
il tono; non volevo sembrare arrogante. Tutto inutile; la voce roca che
tuonò alle mie spalle fu tutt’altro che amichevole.
«Che accidenti sei venuto a fare, schifoso succhiasangue? Hai un
bel coraggio a farti vedere…» Edward lo interruppe con la
mano.
«Lasciamo da parte le dimostrazioni di affetto, Jacob Black. Sono
qui per parlarvi. Anzi, sarebbe meglio se andassimo dal resto del
branco». Il suo tono avallò i miei sospetti. Mi voltai
lentamente verso Jacob, pallida come un lenzuolo, e gli mormorai di
chiamare Sam.
«Bells, che succede? Dio, sembri… un… un… un
vampiro, maledizione!» Sussultai al suono della sua voce.
«Ti prego Jake, non discutere adesso. Chiama Sam. Digli che i
Cullen hanno bisogno di parlare col branco. Se non vogliono farli
entrare a La Push, che vengano qui. Ma fai in fretta!» Lo sguardo
supplichevole che gli lanciai evidentemente ebbe il suo effetto,
perché si catapultò oltre la porta di casa e dopo tre
salti era già su quattro zampe. Dopo pochi minuti – minuti
passati in un silenzio imbarazzatissimo tra me e il mio vecchio amore
– arrivarono gli altri. Come sempre, Sam prese la parola.
«Ciao Cullen. Jacob mi ha detto che hai bisogno di parlarci… fuori il rospo».
«Veramente vi ho fatto chiamare io, Sam. Ma se è giusto
quello che penso Edward voglia dire…» Edward mi
guardò con il suo sguardo di miele. Che strano, oramai non aveva
più nessun effetto su di me. Jake lo notò, e
sogghignò soddisfatto.
«Tu cosa pensi, Bella?»
«Stanno arrivando». Non era una domanda.
«Perspicace, come sempre. Alice li ha visti». Mi sentii
svenire. Meno male che Jacob lo capì e mi prese al volo.
«Quando?»
«Una settimana. Forse meno».
«Quanti?»
«Tutti». Chiusi gli occhi. Non osavo girarmi per guardare
Jake, ma lo sentivo fremere alle mie spalle, le sue braccia strette
attorno a me per impedirmi di crollare. Di nuovo fu Sam a prendere la
parola.
«Volete spiegarci?» Decisi che quel compito spettava a me. Mi feci coraggio, e parlai, con gli occhi chiusi.
«Ricordate quando sono partita per l’Italia, per salvare
Edward? – Mi rispose un coro di assensi – Ecco… in
Italia c’è una famiglia di vampiri molto antica, i
Volturi, che hanno il compito di far rispettare le regole a tutti i
vampiri del mondo. Una specie di Alfa, insomma».
«E quali sarebbero queste regole?»
«Alla fine si riducono ad una sola, Sam. La segretezza. Nessuno
deve venire a conoscenza dell’esistenza dei vampiri. Nessun
umano, intendo. Senza eccezioni. Quando mi hanno vista lì, e
quando hanno capito che sapevo chi erano…» mi interruppi,
faticavo a continuare. Ma oramai Sam voleva sapere. Tutto il branco
voleva sapere.
«Volevano ucciderti».
«Beh… si. Ma Alice li ha convinti a lasciarmi in vita».
«Come?» stavolta fu Jake a fare la domanda. Ma quello che
mi spaventò fu il tono. Sentii un brivido corrermi lungo la
schiena; sapevo che aveva già capito. Gli posai una mano sul
braccio per farlo calmare, ma non servì.
«Beh, ecco… ci sono solo due possibilità quando un
umano scopre il mondo sotterraneo dei vampiri. Una peggiore
dell’altra». Cominciò a tremare.
«Dimmene una».
«Non ti piacerà, Jake». Cercai di prendere tempo, ma fu tutto inutile. Già sapeva.
«DIMMELA MALEDIZIONE! Dimmi la meno peggio». Mi guardava
negli occhi, quasi volesse fondersi con me, quasi volesse leggermi
dentro. Chiusi di nuovo gli occhi.
«La morte». Fu un sussurro, ma sentirono tutti. Subito
dopo, sentii un sonoro crack davanti a me, altre braccia che mi
tenevano per impedire che mi accasciassi. Aprii gli occhi e trovai un
lupo rossiccio che teneva Edward per il collo, attaccato a un albero.
«Jake, per favore… lascialo… non serve a niente
adesso… ti prego…» cercavo di rabbonirlo.
Uggiolò con uno sguardo tristissimo, quindi mollò la
presa su Edward e corse nel bosco, per tornare di nuovo su due zampe.
Mi accorsi in quel momento che era Seth che mi teneva, stringendomi
dolcemente le spalle. Quando Jake tornò mi lasciò tra le
sue braccia. Sembrava una statua, non lo avevo mai visto così.
Era sfigurato dal furore.
«Qual era l’altra opzione, Bells?»
«Diventare una di loro. Un vampiro». Un ringhio sordo si
levò da tutto il branco, ma la voce che amavo emise suoni umani.
Anche se contorti dalla rabbia.
«Brutto schifoso parassita… come accidenti ti è
venuto in mente? Ah, già… era il metodo più veloce
per farla diventare una sanguisuga, giusto?! Sarebbe stato tutto
più facile, in quel modo… adesso non è il momento,
ma ti avverto: se non ti ammazzano loro, ti ammazzo io,
succhiasangue».
«Datti una calmata, Jacob Black. Non ti viene in mente che se
avessi voluto che lei diventasse un vampiro, l’avrei già
morsa da parecchio? O avrei lasciato che il veleno di James facesse
effetto? Io non voglio che lei diventi un vampiro. Non l’ho mai
voluto. IO HO SEMPRE VOLUTO CHE RESTASSE UMANA!» Era disperato.
Disperato perché sapeva che l’arrivo dei Volturi
significava morte certa per me e per la sua famiglia. E disperato
perché l’unica sua ragione di vita lo aveva rifiutato,
lasciandolo solo. Jacob sembrò calmarsi.
«Che facciamo?»
«Li affronteremo». Fissai Sam con sguardo di fuoco. Non potevo permetterlo.
«E noi vi daremo una mano». Era impazzito?! Voleva davvero
sacrificare tutta la sua famiglia in un gioco al massacro?!
«No». Dissi.
«Cosa? Ma Bells…» Sam mi guardava stralunato.
«Non voglio che voi rischiate la vita per me. Quanto a te, Edward
Cullen, so benissimo cosa stai cercando di fare. Non te lo
permetterò». Mi fissarono tutti in maniera strana, ma fu
come sempre Sam a parlare.
«Che vuoi dire, Bells?»
«Quando sono andata in Italia, era per fermarlo. Dopo avermi
lasciata ha cercato di farsi ammazzare dai Volturi. E ci sarebbe
riuscito, se non fosse stato per il tempismo di Alice. Adesso vuole
completare l’opera. Vero, Edward?» Lo guardai talmente male
che abbassò gli occhi, sentendosi colpevole. Jacob
ringhiò, controllandosi a stento.
«Se vuoi ammazzarti, stupido succhiasangue, fai pure. Ma ti
proibisco di mettere a repentaglio la vita di mia moglie o del branco.
Scusa, Sam, ti ho praticamente rubato il posto…»
«Era ora, Jake! Non preoccuparti, abbiamo problemi più
grossi in questo momento. Quanti sono di preciso?» L’ultima
domanda di Sam ovviamente era rivolta a Edward.
«Dunque… Aro, Caius, Marcus, Demetri, Felix, Jane, Alec, e forse Renata».
«E chi è Renata?» Mi era venuto spontaneo, non la conoscevo.
«E’ la guardia del corpo di Aro. E’ capace di
emettere una specie di scudo protettivo che isola chi le sta vicino da
eventuali attacchi psichici. Cosa del tutto inutile, visto che i nostri
poteri non possono certo competere con i loro».
«Spiegati, succhiasangue». Jacob era pensieroso. Sembrava
di sentire il suo cervello che lavorava febbrilmente per elaborare un
piano.
«Jane e Alec sono molto pericolosi. Jane è capace di
infliggere un dolore mentale fortissimo a chiunque – poi mi
guardò – beh, quasi a chiunque. E Alec ti anestetizza, non
ti fa sentire niente, ti rende incapace di reagire. Così, mentre
Jane ti spappola il cervello dal dolore, suo fratello ti immobilizza,
ti impedisce di combattere. E loro vincono».
«Aspetta, ci riesce con tutti?»
«Finora, abbiamo trovato una sola eccezione».
«E chi sarebbe?»
«Bella».
«Che vuoi dire, sanguisuga?»
«Che quando è venuta a salvarmi, loro hanno provato a
usare il loro potere, Aro ha anche provato a leggerle la mente, ma non
ci sono riusciti. Niente. Completamente immune». Fu un istante.
Jacob lo afferrò per il colletto, sollevandolo da terra di buoni
dieci centimetri prima di scaraventarlo addosso a un albero cento metri
più in là, spezzando il tronco a metà.
«Sei uno stronzo. Hai rischiato di far morire la mia Bells, per
testare quanto quei vampiri potessero farle del male…»
«Veramente, sospettavo che poiché io non riuscivo ad
entrare nella sua mente, non ci sarebbero riusciti neanche loro, Jacob
Black. Se fosse dipeso da me, lei in Italia non avrebbe proprio dovuto
venirci. Ma Alice non mi ascolta mai». Nel frattempo, Edward
stava risistemandosi i vestiti, strapazzati da Jake.
«Allora, qual è il piano, Edward?» Era la prima volta che sentivo Sam chiamarlo per nome, e mi fece effetto.
«Intanto, lei se ne va. Mandatela a Jacksonville, a Phoenix o dove volete, ma Bella se ne deve andare».
«Scordatelo. Io non mi muovo di qui».
«Bella, per favore… è pericoloso…»
«No, Edward».
«Jake, provaci tu… lei DEVE andarsene».
«Ascoltami bene, Edward Cullen. Tu non sei più nelle
condizioni di darmi ordini, quindi io non ti ascolterò. E poi,
se è vero che cercano me, non trovandomi vi stermineranno.
Tutti, senza nessuna eccezione, lupi e vampiri. Senza contare che Aro
riuscirebbe a leggere nelle vostre menti e capirebbe subito dove sono.
E… non sono scappata davanti a James, né davanti a
Laurent, né davanti a Victoria. E non ho intenzione di farlo
davanti ai Volturi. Quindi scordati che me ne vado».
«Ha ragione lei». Rimasi sorpresa. Jacob mi stava dando
ragione?! Stava dicendo che dovevo rimanere?! «Siamo
numericamente superiori, se uniamo lupi e succhiasangue. Quindi
c’è da sperare che non combatteranno. Ma se Bells se ne
va, ci stermineranno tutti pur di trovarla. E metteremmo in pericolo
anche Renée. Dimmi una cosa… Edward… Jane e Alec,
possono tenere a bada più persone contemporaneamente?»
«Non credo… perché… giusto, hai ragione
Jacob. Se due di noi distraggono i fratelli malefici, gli altri sono
liberi di attaccare. Fate solo attenzione ad Aro, legge nel
pensiero».
«Come te?»
«No. Lui deve stabilire un contatto fisico. Deve toccarvi. Se gli
girate alla larga, non potrà leggere i nostri pensieri».
«Bene, Aro è mio». Fu Sam a parlare, e vidi la luce
della vendetta brillare nei suoi occhi. «Riesco a schermare i
miei pensieri abbastanza da impedirgli di ficcare il naso».
«Anche io, fratello». Sussultai. Era vero, anche Jake era
bravo a schermarsi, ma… non volevo pensare che avrebbe corso
qualche rischio per me.
«A te spetta un altro compito, Jake». Compresi subito cosa
intendesse. Del resto era il più forte, sia fisicamente che
mentalmente. Ma non volevo accettarlo.
«No! Sam, ti prego… non puoi chiedergli questo…
Io… ho visto come ti riduce Jane… non… lo
sopporterei… ti prego, Sam!» Lo guardavo con occhi
imploranti, uno sguardo pieno di lacrime che Sam ricambiò,
dolente.
«Mi dispiace, Bells… neanche a me piace
l’idea… ma dobbiamo farlo. Siamo sette e sette. Un vampiro
e un lupo a coppia».
«Veramente, Sam, siamo otto…» Seth non stava nella pelle all’idea della battaglia.
«Fratello, ho bisogno di te per il compito più
delicato». Avevo già capito. Sam voleva risparmiare almeno
lui. Annuii, fissandolo negli occhi.
«E cioè?»
«Dovrai tenere Bells al sicuro, Seth. Pensi di farcela?»
«Non la toccheranno. Un grosso lupo color sabbia veglierà
su di lei. Promesso, Jacob. Tua moglie non correrà alcun
pericolo».
«Mi fido, fratello. Mi fido. E so che non potrei lasciarla in mani migliori».
«Bene. Jake e Edward… voi due farete da esca per i
gemelli. Io e Jasper ci occuperemo di Aro. Paul e Emmett prenderanno
Demetri. Jed e Rosalie andranno da Caius, Quil e Alice si occuperanno
di Marcus. Embry e Esme faranno fuori Renata. Leah e Carlisle avranno
Felix. Chiunque finisce prima, andrà a dare una mano a eliminare
Jane e Alec». Notai con piacere che aveva fatto le coppie in
maniera che i vampiri meno forti fossero sistemati col lupo più
forte, a parte lui, Paul e Jake.
«Ho solo una domanda, Sam. Perché le esche devono essere per forza quel ghiacciolo e Jake?»
«Il motivo è semplice, Leah. Perché gli altri
pinguini sanno che sono le due persone più importanti per Bells,
e quindi immagineranno certamente che lei si getterà davanti a
loro per impedire ai Volturi di far loro del male. E qui entra in gioco
Seth. Dovrai bloccarla, fratello. A costo di stordirla».
«Tranquillo, Sam. Dove vuoi che vada? Tanto è troppo
debole per noi!» Seth mi sorrise come a prendermi in giro, ma io
mi sentivo morire e non riuscii a rispondere al suo sorriso. Mi
rannicchiai ancora di più tra le braccia bollenti di Jake, ben
sapendo che forse… No. Non volevo pensarci. Lui sarebbe tornato.
Doveva tornare. Non accettavo altre prospettive.
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 - Guerra ***
Capitolo 9
09. Guerra
Li stavamo aspettando. Sapevamo che sarebbero arrivati quel giorno, e
sapevamo anche da dove. Avevamo deciso di aspettarli nella radura, il
solo posto abbastanza lontano da Forks e La Push da non far correre
pericolo a nessuno. Seth aveva preso il suo ruolo piuttosto seriamente,
quindi eravamo in disparte, seduti sotto un albero al limitare della
radura, intenti a parlare. Tutti gli altri, vampiri e licantropi, si
stavano allenando. Jake si avvicinò, e Seth come sempre
sparì silenzioso. Jacob mi strinse tra le braccia, cercando di
tranquillizzarmi.
«Sai che se avessi un’alternativa resterei con te,
amore… Ma io e Sam siamo i più forti, gli altri hanno
bisogno di noi. Amore, guardami per piacere… – Mi
sollevò il mento con una mano bollente – Ti amo Bells. Ti
amo più della mia vita, e sai che dico sul serio». E con
fare possessivo mi mise una mano sulla pancia, che cominciava a
vedersi, anche se poco. Con la coda dell’occhio vidi Edward
trasalire, ma distolse subito lo sguardo.
«Jake… per favore… cerca di non correre rischi
inutili! Mi servi vivo. Sai che l’unica ragione per cui i miei
pezzi rimangono insieme sei sempre stato tu, quindi per favore, se non
vuoi vedermi sbriciolata torna, ti prego». E mi sollevai sulle
punte per baciarlo. Mi tenne stretta per un po’, quindi si
allontanò veloce. Alle mie spalle, una voce dolcissima mi fece
voltare.
«Stanno arrivando, Bells».
«Oh, Seth… ho tanta paura…»
«Tranquilla, se si atterranno al piano vedrai che non ci
sarà storia. Siamo il doppio di loro! E non solo
numericamente…»
«Ma voi siete tutti così giovani… come potete rischiare la vita per me?!»
«Bells… siediti, sorellina. Non è la prima volta
che rischiamo la buccia per te, se non sbaglio… lo abbiamo fatto
prima, a maggior ragione adesso che sei nostra sorella. Vedi, noi ci
consideriamo una famiglia. E se qualcuno tocca la famiglia, ci
incazziamo parecchio… soprattutto se il membro della famiglia
non può difendersi. Come te». Mi circondò le spalle
con un braccio, solo per farmi coraggio. Sembrò che mi avesse
trasmesso un po’ del suo ottimismo, perché riuscii a
tranquillizzarmi.
Quando li vidi arrivare sobbalzai. Indubbiamente incutevano timore, un
po’ per il loro aspetto, ma soprattutto per il cappuccio che gli
copriva il viso. Aro, come sempre, prese la parola per primo.
«Buongiorno, amici. Vedo con piacere che avete stretto delle
relazioni… diciamo particolari… Carlisle, amico mio,
è davvero una gioia rivederti!»
«Non posso dire lo stesso, Aro. Sappiamo perché siete
venuti, e la cosa non ci fa piacere. Tra l’altro ci mette in una
situazione piuttosto delicata nei confronti dei nostri amici». E
indicò la foresta attorno a lui.
«E perché mai, Carlisle?»
«Perché abbiamo fatto un patto. Non salassare nessuno nei
paraggi. E per me questo patto vale anche nei vostri confronti».
«Oh, mi rendo conto… mi rendo conto… e loro –
indicò i lupi enormi che stavano uscendo dal folto della foresta
– cosa vi hanno promesso in cambio?»
«Non svelare la nostra natura. Come vedi, l’accordo è reciproco».
«Ma noi non siamo qui per distruggervi… siamo qui solamente per verificare che Bella sia stata trasformata».
«Temo che lei faccia parte dell’accordo che abbiamo
stretto, Aro. Abitando qui, è inclusa tra le persone che noi non
possiamo trasformare».
«Bene, allora spero sarete contenti se saremo noi a farlo al
posto vostro». Un ringhio assordante si sollevò dalle fila
dei lupi, seguito a ruota dai vampiri che si schierarono con un ordine
prestabilito. Aro sogghignò, per niente impressionato.
«Intanto… ma dov’è Bella?»
«Sono qui, Aro». Mi feci avanti, stranamente rincuorata dalla presenza di Seth al mio fianco, che non mi mollava.
«Temevo fossi scappata, cara… è davvero un piacere vederti! Che dire, sei uno splendore».
«Non posso dire lo stesso. Non è affatto un piacere
vederti. E non sei uno splendore». Sentii Seth ridacchiare dietro
di me mentre mi avvicinavo al gruppo.
«A quanto pare, la tua sfrontatezza non è cambiata. Mi
piaceva, è certamente la tua dote migliore, cara».
«Smettila di chiamarmi cara, non siamo amici. E ti pregherei
anche di dire a Jane di smetterla di cercare di intrufolarsi nel mio
cervello, tanto sa benissimo che non ci riesce». Sorrisi. Vidi
Jane sobbalzare, a quanto pare era ancora convinta di poter sfondare la
mia strana difesa, col tempo. Vidi Jake farsi più vicino,
insieme a Edward. Stavano serrando i ruoli.
«Ma Bella… ammetterai che per la piccola Jane sei un caso
frustrante! E sei ancora umana… ma… Devo farti le
congratulazioni, immagino». Merda. Certo, aveva sentito anche il
battito del cuore del bambino. Che stupida, avrei dovuto pensarci.
Edward intervenne.
«Lasciala stare, Aro. Non ti azzardare a toccarla».
«Edward, Edward… la mia curiosità per la tua Bella è puramente accademica, lo sai».
«Lei non è più mia, Aro».
«Oh, che notizia… allora non le dispiacerà se Jane
si diverte un po’ con te». E fece un gesto della mano. Come
aveva previsto Sam. Edward si accasciò, con delle fitte di
dolore lancinanti. E Sam aveva previsto anche questo. Mi sarei lanciata
davanti a lui, se una morsa bollente non mi avesse stretta, da dietro,
trascinandomi via. Jane non accennava a mollare Edward, ma mi sentii
morire quando vidi Jake accasciarsi, annebbiato. Urlai, il viso
nascosto nel petto di Seth, che comunque non allentava la stretta.
«Bene, vedo che ci sono stati dei cambiamenti… Ti piacciono i cani, Bella? Non lo sapevo».
«Smettila Aro, ti prego… farò tutto quello che vuoi, ma basta. Smettila di torturarlo».
«Vedo che sei ragionevole, cara. Avvicinati, Bella».
«Sorellina, non farlo…» Seth continuava a tenermi
stretta, ma io urlavo e cercavo di liberarmi dalla sua morsa. Volevo
fare qualcosa, ma non sapevo esattamente cosa avrei fatto contro quegli
esseri soprannaturali. Proprio in quel momento, Edward riuscì
comunque a mettersi in piedi e ad avvicinarsi a Alec, col risultato che
quest’ultimo smise di torturare Jake. Edward fece in modo di
arrivargli abbastanza vicino, quindi lo prese per il collo.
«Non la toccherai… Aro… non… te lo
permetterò…» Stava facendo violenza a se stesso, ma
se non avesse resistito, avremmo perso. Tutti. Oramai ero accecata
dalle lacrime, nascondevo il volto nel petto enorme di Seth nella
speranza di non vedere, ma purtroppo non potevo non udire. Gli uggiolii
di dolore di Jacob mi perforavano le orecchie, facendomi singhiozzare
ancora di più. Jane, vedendo che Alec non poteva più
essere di aiuto, aveva cominciato a torturare Jake. A quel punto,
Edward era in difficoltà; non si sa come, Alec era riuscito a
staccargli un braccio e quindi tenerlo era diventato più
difficile. Seth doveva intervenire.
«Seth, vai ad aiutarlo… non può farcela da solo».
«Ma… e tu?»
«Io starò ferma qui, te lo prometto». Col cavolo.
«Ok». Non finì di dirlo, che era su quattro zampe, e
aveva addentato la gola di Alec. Bene, adesso le cose andavano
decisamente meglio. Un uggiolio di dolore mi riportò alla
realtà. Senza riflettere mi gettai davanti a Jacob, ancora
accasciato, con l’intento di fargli da scudo. Speravo che
togliendolo dalla visuale di Jane, sarei riuscita a toglierlo anche
dalle sue grinfie. Intorno a me turbinavano gli altri combattimenti, ma
non riuscivo a vedere chi stesse prendendo il sopravvento, tale era la
velocità con cui si muovevano. Sentii da lontano Edward
ringhiare quando si accorse che mi trovavo esattamente sulla
traiettoria di Jane e lei stava avanzando.
«Bella, levati da lì».
«NO!» Urlai. Volevo salvare Jake. Del resto non mi
importava. Mi accorsi che gli uggiolii erano finiti, nel momento in cui
vidi una mano enorme ma bianca afferrare la gola di Jane e una voce che
conoscevo ringhiarle in un orecchio.
«La pagherai, brutta strega!» Emmett… mio eroe! Mia
salvezza e provvidenza… In quel momento Jake scattò in
piedi, afferrando un braccio della vampira e in un baleno la fece a
pezzi insieme a Emmett. Ormai eravamo salvi. O almeno così
credevo. Mi sentii soffocare, qualcuno stava stringendo una morsa
intorno al mio collo, impedendomi di fatto di respirare. Ero impietrita
dal terrore, e mi accorsi che anche Edward e Jacob si erano bloccati di
riflesso, quasi temessero di fare un movimento. Sentii una voce
melliflua vicino al mio orecchio, tremai all’impatto del fiato
freddo sul collo. Sapevo che cosa significava. Voleva mordere. Marcus
voleva il mio sangue.
«Bene… vedo che sono riuscito a catturare la vostra
attenzione, alla fine. Fate un solo movimento, e salasso la vostra
amica. Del resto, sai Edward? Avevi ragione. Ha un profumo da far
venire l’acquolina in bocca». Jacob ringhiò, seguito
da Edward, ma nessuno si mosse. Guardai negli occhi il grosso lupo
rosso, e vi lessi tutto quello che non avrei mai voluto vedere. Dolore,
rabbia, frustrazione, amore, sacrificio. Si, sacrificio. Se avesse
potuto, si sarebbe gettato al mio posto. Ma non sarebbe servito a
niente, e lo sapeva. La mano intorno al mio collo stringeva sempre di
più, e io cominciavo a vedere dei puntini neri nel mio campo
visivo. La mancanza di ossigeno cominciava a farsi sentire, e avevo
paura per il bambino. Marcus strinse ancora di più, io smisi di
respirare, non riuscivo a muovermi, e d’un tratto sentii un colpo
violentissimo alla testa, sangue che colava in abbondanza, prima di
vedere tutto nero. Il nulla.
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 - Armistizio ***
Capitolo 10
10. Armistizio.
Ero morta. O almeno così credevo. Ma avvertivo un dolore
lancinante alla testa, e allora compresi che ero viva, altrimenti non
avrei sentito dolore. Quando muori non provi dolore. Tentai di
muovermi, ma mi sentivo come se qualcosa mi trattenesse. Come se i miei
muscoli non rispondessero ai comandi del mio cervello. Mi sentivo
“pesante”. Cercai di aprire gli occhi, ma anche quello mi
costò una fatica enorme. Era come se stessi riemergendo dalle
profondità del mare, come quando mi ero buttata dalla scogliera
di First Beach. Ma allora a tirarmi fuori furono due braccia forti,
bollenti, braccia che erano sempre state lì quando avevo
bisogno, quando mi serviva un porto sicuro. Chissà perché
mi stava tornando in mente proprio quell’episodio… forse
perché la consapevolezza di averlo accanto mi diede la forza di
riemergere da quell’abisso, anche se in quel momento non lo avevo
capito. Jake. Pensare a lui mi fece sentire bene. Ma allora
perché non lo sentivo accanto a me? Per quale motivo non
c’era? Perché non sentivo la sua voce, i suoi baci, le sue
mani? Il mio cervello stava metodicamente analizzando tutte le
possibili ragioni, come spuntandole da una lista. Ma si rifiutava
automaticamente di prendere in considerazione la sola ragione che
avrebbe potuto tenerlo lontano da me. Alla fine mi feci coraggio e mi
decisi ad aprire gli occhi. La prima cosa che vidi furono gli occhi
preoccupati di Seth fissi nei miei. Fu solo dopo che percepii altre
presenze.
«’Giorno, Bells». Seth. Il suo sorriso dolce e luminoso era capace di farti far pace col mondo.
«Buongiorno…»
«Non parlare, sorellina. Non devi affaticarti». Emily.
Sembrava preoccupata, forse per le mie condizioni. Fu allora che sentii
una mano fredda stringere la mia, e una voce di velluto per la quale
qualche tempo prima avrei fatto qualunque cosa.
«Bella… amore mio… mi hai quasi fatto morire d’infarto, sai?»
«Togli quella mano, iceberg».
«Seth… io…»
«Mollala, Cullen. Non te lo ripeto. Lei non ti appartiene
più». La voce di Seth era affilata come la lama di un
rasoio. Con un sospiro, Edward tolse la sua mano dalla mia.
«Dov’è Jake?» Vidi tutti sobbalzare e
distogliere lo sguardo. Brutto segno. Mi agitai, andando in
iperventilazione. Emily cercò di calmarmi inutilmente.
«Bells, tesoro… cerca di stare tranquilla…»
«Dov’è Jake!» Quasi urlai. La ragazza sospirò.
«Da Billy. Si è fratturato le costole per gettarsi contro
Marcus quando ti ha vista svenire e lui che ti scaraventava via. Tu hai
battuto la testa su una roccia, Bells, e hai perso molto sangue.
Abbiamo dovuto staccarti quelle schifose sanguisughe di dosso, piccola.
Senza offesa, Edward».
«Nessuna, offesa, Emily. Sono delle sanguisughe, in effetti».
«E… Jake?»
«Come ti ho detto, si è rotto le costole. Che di per
sé non sarebbe grave, se non fosse catatonico». Chiusi gli
occhi per assorbire la notizia.
«Che vuol dire?» Fu Seth a continuare.
«Ti crede morta, Bells. E sta cercando di lasciarsi morire per raggiungerti».
«Portami da lui, Seth».
«Ma Bells, sei debole…»
«Seth Clearwater, PORTAMI DA MIO MARITO. ORA».
Sospirò, ma annuì. Mi tese le braccia per aiutarmi ad
alzarmi dal letto, quindi mi delicatamente e mi portò dritta a
casa Black.
La porta era aperta, e sembrava non ci fosse nessuno. Seth mi
accompagnò fino alla stanza di Jacob, sorreggendomi saldamente.
Erano tutti lì: Billy col volto stravolto, Sam con una maschera
di dolore, Quil e Embry che probabilmente non dormivano da prima della
battaglia. E nell’angolo più buio della stanza, scorsi
Carlisle. Quando mi vide sembrò illuminarsi, mi sorrise e si
fece avanti.
«Ecco la nostra medicina, finalmente!» Tutti si voltarono
verso di me, ancora aggrappata a Seth. «Coraggio Bella,
parlagli».
«Come sta?»
«Fisicamente direi bene. Nel senso che le costole rotte si sono
saldate alla perfezione, ma lui ti ha vista cadere, e ha sentito che
non respiravi più. Non percepiva neanche il battito del tuo
cuore, quindi crede che tu sia morta, e…» Completai io la
frase.
«Si sta lasciando morire». Carlisle annuì.
«Solo tu puoi salvarlo, Bella. Parlagli: sentendo la tua voce capirà che sei viva…»
«O penserà che siamo morti entrambi». Guardai il
vampiro con tristezza. Conoscevo Jake, sapevo che se avesse saputo che
esisteva anche una sola possibilità, avrebbe lottato. Dovevo
provarci. Mi sedetti sul letto, accanto a lui, e gli strinsi la mano.
«Jake, mi senti? Sono Bells. La tua Bells. Andiamo amore, apri
gli occhi!» Niente. «Jake, sono io. Sono viva, sto bene.
E’ tutto passato!» Ancora niente. Provai a scuoterlo.
«Jacob! Apri gli occhi, maledizione! Non provarci nemmeno ad
abbandonarmi, sai? Hai combattuto tanto, hai lottato con le unghie e
con i denti per avermi e adesso molli così? Andiamo, tira fuori
le palle e combatti, Jacob Black!» Niente. Alzai la voce.
«Stammi a sentire, giuro che se non reagisci vengo lì e ti
prendo a pugni in faccia, stupido ammasso di pelo rossiccio!»
Billy non riuscì a trattenersi dal sogghignare.
«Questo sì che si chiama parlare, Bells…» ma
venne interrotto da una voce roca, la più bella voce che avessi
mai sentito.
«Bells, sai bene che non ti conviene prendere a pugni in faccia
un lupo mannaro… vuoi proprio romperti una mano?»
scoppiarono tutti a ridere, ma io mi girai verso di lui coi lucciconi
per rispondergli a tono. Ma quando incontrai il suo sguardo, scoppiai a
piangere sul suo petto, come una bambina.
«Non farmi mai più una cosa del genere, Jacob Black. Mi
hai quasi fatto morire di paura». Mi sollevò dolcemente il
viso per guardarmi negli occhi.
«Veramente sono io che ho rischiato l’infarto…
quando ti ho vista lì, svenuta, che non reagivi…»
«Sai, è difficile reagire quando hai un vampiro che ti
stringe il collo in una morsa e non ti lascia respirare!»
Ricominciai a piangere. Scioccamente, mi dissi, perché lui stava
benissimo. Si sollevò a sedere e mi strinse forte, ed ecco che
il mio sole tornò a brillare, sentii un sonoro
“clic” all’altezza del cuore ed ebbi la curiosa
sensazione che un pezzo di me ritornasse a posto, come la tessera di un
puzzle che fosse stata rimossa. Era l’”effetto Jacob
Black”, oramai lo sapevo. E ne ero completamente dipendente.
«Com’è finita?» Fu Seth a rispondere
«Beh… diciamo che hanno capito che con i cani non si
scherza…» Lo guardai truce, ma lui ridacchiò.
«Jasper ci ha rimediato qualche morso, Jake si è rotto le
costole, Paul si è ferito ad un braccio e ad una gamba, e Edward
si è ritrovato senza un braccio… ma non hanno fatto in
tempo a bruciarlo, quindi è tornato normale».
«E… loro?»
«I Volturi, dici? Dunque: Marcus l’ha fatto a pezzi Jake
personalmente dopo che ti aveva quasi soffocata… è stata
una gran soddisfazione! Io ho fatto a brandelli uno dei due mocciosi,
mentre all’altra ci ha pensato Emmett. Dopo di che, Aro ha
pensato bene di tagliare la corda. Ma prima ci ha fatto promettere che
manterremo tutti il segreto, te compresa. In cambio, loro non
torneranno mai più».
«Quindi… siamo liberi?» Fissai gli occhi in quelli
di Jacob, pronta a farmi sommergere da quel fiume di lava. Un angolino
della mia mente annotò il fatto che erano usciti tutti dalla
stanza, probabilmente con l’intento di lasciarci un po’ di
privacy.
«Si, Bells. Siamo liberi. Abbiamo fatto un armistizio con quei
viscidoni. Ma dobbiamo parlarne adesso?» Sorrisi, avevo
già capito a cosa alludesse.
«Hai altro in mente, signor Black?»
«Direi di si, signora Black». E mi baciò. Meno male
che ero seduta: mi sentii sprofondare e solo in quel momento mi resi
conto di quanto in quel poco tempo che ero stata svenuta mi fossero
mancati i suoi baci, le sue carezze, le sue braccia bollenti. Il resto
del nostro discorso non fu fatto di parole, ma risultò comunque
eloquente.
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Capitolo 12 *** Epilogo ***
Epilogo
Epilogo
Erano passati mesi da quell’incontro con i Volturi, e io oramai
andavo in giro che sembravo un pianeta, tanto ero grossa. A volte mi
sentivo una balena che si era spiaggiata giù a First Beach.
Ovviamente, inutile dire che più si avvicinava la data del parto
più i nonni davano fuori di testa, soprattutto da quando avevamo
saputo dalle ecografie che era una bambina. Io e Jake avevamo
già trovato il nome: Sarah, come sua madre. Era un omaggio
dovuto, alla donna che aveva messo al mondo quell’essere divino
che mi sarebbe rimasto accanto per la vita.
Mi svegliai con una strana sensazione quella mattina, e quando mi misi
a sedere sul letto capii in un istante. Si erano rotte le acque. Mi
girai per svegliare Jake al mio fianco, ma non lo trovai e mi allarmai.
Quando sentii lo scroscio dell’acqua della doccia mi rilassai. Mi
alzai e andai a bussare alla porta del bagno. Uscì, solo
l’asciugamano in vita. Gesù, anche in quel frangente mi
mancò il fiato. Era una visione: l’asciugamano che copriva
il minimo indispensabile, i capelli gocciolanti che arrivavano
più giù delle spalle, le goccioline d’acqua che
scorrevano sul corpo bruno… maledizione, non era il momento!
«Jake… abbiamo un problema». Ero paonazza. Possibile che dopo tutto quel tempo mi vergognassi di mio marito?!
«Che succ… ops. Vestiti. Io chiamo Charlie. Bells?» Mi trattenne per un braccio.
«Mm?»
«Sei uno splendore».
«Va’ all’inferno, Jake!».
«Dico sul serio, amore. Sei la cosa più bella che abbia
mai visto». E mi poggiò dolcemente le mani sul pancione
enorme. La bimba scalciò, quasi avesse riconosciuto suo padre.
«Ma se sembro un pianeta!» Mise fine alle mie proteste con un bacio.
«No. Sembri una donna bellissima che sta per avere un bambino. E
a questo proposito… vado a chiamare Charlie. Che passi a
prendere anche Billy». La corsa fino in ospedale fu velocissima,
dato che ci scortava un’auto della polizia… ma quando
arrivammo, la piccola peste ancora stava comodamente rannicchiata nella
mia pancia, e non aveva la minima intenzione di venir fuori. Nonostante
non fosse di sua competenza, Carlisle non mi mollò un solo
istante durante tutto il travaglio; probabilmente voleva assicurarsi
che tutto andasse bene e dovetti confessare a me stessa che mi sentivo
sicura sapendo che ci sarebbe stato anche lui. Aveva conoscenze che la
metà degli altri medici si sognavano. E infatti fu lui a
risolvere la questione. Tutti avevano deciso che dovevo avere un parto
naturale, ma la mia piccolina era troppo grande e Carlisle era
d’accordo con me che non sarebbe mai passata. Amen. Avremmo fatto
il cesareo. Del resto, non c’era niente di strano.
Quando me la misero in braccio per la prima volta, il giorno dopo
l’intervento (eh, già… dormii tutta la notte!) non
potevo credere ai miei occhi: quell’esserino così piccolo,
così perfetto… era mia! Jake la prese in braccio, poi mi
guardò con gli occhi roventi che fino a quel momento aveva
dispensato solo a me.
«Amore… se non sapessi di averlo già avuto…
ti direi che ho avuto l’imprinting con mia figlia!»
Scoppiò a ridere, divertito.
«Jake…» Lo stavo prendendo sul serio. Non avevo mai
creduto completamente alla storia dell’imprinting e avevo paura
che mi lasciasse un giorno.
«Bells… eddai, stavo scherzando! Ma è così bella… così piccola…»
«Gesù Jake… in braccio a te sembrerei piccola anche io!»
«Ma tu sei piccola, amore… sei una nanerottola. Ma la mia
nanerottola preferita». Rise. Di nuovo. Com’era bello con
quel batuffolo in braccio! Sarah aveva ripreso la carnagione del padre,
e gli occhi della famiglia Swan. Così quando la guardavi negli
occhi ti immergevi in un mare di cioccolato.
Dopo qualche giorno uscii dall’ospedale e tornammo a casa. I
primi giorni chiesi di poter riposare un po’ e di limitare le
visite alla piccola ai parenti stretti – non sarei riuscita a
tenere lontani Billy e Charlie neanche se gli avessi sparato – ma
il branco avrebbe dovuto aspettare. Ma non riuscii a tenerli lontani
molto a lungo. Dopo due settimane dal parto mi trovai la casa piena di
ragazzoni alti quasi due metri che facevano a gara per accaparrarsi le
attenzioni della piccola. Ma noi avevamo scoperto subito una cosa
particolare di quell’esserino; non amava essere tenuta in braccio
dagli “estranei”. Finché si trattava dei genitori o
dei nonni andava tutto bene; quando qualcun altro si azzardava a
prenderla tra le braccia, la piccola cominciava a ululare peggio della
sirena della polizia. Ottenendo l’effetto che lei desiderava:
farsi mettere giù. Per cui, in quel momento, rimanemmo tutti
esterrefatti.
Seth si avvicinò, come tutti, a me per guardare Sarah da vicino.
Un sorriso beato gli si dipinse sul bel viso bruno, e io diedi
immediatamente di gomito a Jacob. Capimmo entrambi. Imprinting. Adesso
sarebbero arrivati i guai… col caratterino della piccola peste,
ne avremmo viste delle belle. Sarah aprì gli occhi in quel
momento, guardò dritta verso Seth… e gli tese la manina.
Voleva essere presa in braccio. Jacob era troppo stupito per reagire,
quindi spettò a me.
«Prendila, Seth. Vuole essere presa in braccio, lo vedi?»
«Ma… Bells… sei sicura?»
«Non lo ha mai fatto con nessuno, tranne me e suo padre.
Vorrà pur dire qualcosa… o no?» E gli misi tra le
braccia la bambina, che lo guardò negli occhi per un lungo
istante, attimo in cui tutti trattenemmo il fiato per paura che
cominciasse a piangere. Quindi successe il miracolo. Sarah sorrise.
Sorrise a Seth, allungando la manina paffuta sul suo viso.
«E bravo Seth» bofonchiò Paul assestandogli una
sonora pacca sulla spalla «Hai visto che anche tu hai trovato la
fidanzata? Certo, dovrai aspettare qualche annetto… sempre che
papà non ti sgozzi prima…» E scoppiarono tutti a
ridere, ben conoscendo la gelosia di Jake.
«Non credo che lo farà, Seth. Lei è tua. Tu sei
suo. Per sempre». E deposi un bacio lieve sulla fronte di mia
figlia, mentre Jacob posava la mano enorme sulla spalla di Seth.
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