Blue Moon

di AlyaVRose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Decisione repentina ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Renée ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Forks ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Sorpresa! ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Quileute ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Matrimonio ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Finché morte non ci separi ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Complicazioni ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Guerra ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Armistizio ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
Prologo

[…]
«Devo andare», sussurrò.
«No».
Sorrise, lieto della mia risposta. «Torno presto», promise. «Prima, però, una cosa...».
Riprese a baciarmi e non c'era più ragione di resistere. Perché mai?
Stavolta era diverso. Sentivo le sue mani lievi sul mio volto, le labbra calde e delicate, sorprendentemente timide. Fu breve, e tanto, tanto dolce.
Mi avvolse tra le sue braccia e mi cullò stretta mentre mi sussurrava all'orecchio.
«Questo doveva essere il nostro primo bacio. Meglio tardi che mai».
Contro il suo petto, dove non poteva vedere, le mie lacrime si addensarono e scesero. Spostai il viso un’ultima volta, amavo il suo profumo e sapevo che c’era l’eventualità che non lo avrei più sentito. Volevo imprimerlo bene nel cervello. Il solo pensiero che Jake potesse non tornare mi fece piangere ancora di più. Jacob cercò di staccarmi da lui dolcemente, ma glielo impedii, piantandogli gli occhi pieni di lacrime in viso.
«No… ti prego, Jake… non andare… Io… Io… ho bisogno di te».
«Bells, tesoro… non tentarmi… sai che per quel cioccolato sarei pronto a fare qualunque cosa!»
«E allora fallo, Jake. Resta con me».
«Bella, tesoro… fino a cinque minuti fa eri tra le braccia del tuo succhiasangue a cui hai promesso di legarti per sempre, e adesso invece vuoi che resti con te? Devi fare un po’ di chiarezza, piccola».
Senza riflettere, senza neanche rendermi troppo conto delle implicazioni di quello che stavo dicendo, mormorai:
«Forse devo fare chiarezza. Ma adesso una cosa la so: voglio… voglio fare l’amore con te, Jake». Fu un sussurro, ma lo sentì. Ero diventata di un bel rosso brillante, ma non mi importava. Mi aspettavo una reazione da parte sua, ma comunque mi spiazzò. Mi prese nuovamente tra le braccia, stringendomi forte a sé, quindi mi baciò i capelli e poi posò le labbra sulle mie. I nostri respiri divennero subito affannosi, gli ci volle tutta la sua forza di volontà per staccarsi.
«Giurami che non lo stai dicendo solo per tenermi qui!» Era combattuto; probabilmente se non avesse avuto la certezza che il branco poteva aver bisogno del suo aiuto non si sarebbe nemmeno fermato a pensarci su e mi avrebbe presa in parola, ma in quel frangente esitò.
«Jake…» Implorai.
«Dici sul serio, o è solo un altro misero tentativo di tenermi ancora con te?»
«Lo so, Jake, scusami… l’ho detto senza neanche pensarci… ma il tuo profumo, il tuo sorriso, le tue braccia… mi fanno questo effetto. Non riesco a tenerti lontano, quindi dovrai farlo tu perché io proprio non sono capace». Mi strinse ancora, mi baciò i capelli e allentò la stretta.
«Ne riparleremo, Bells. Ma almeno ci sei riuscita. Mi hai dato un motivo per tornare». E così dicendo se ne andò verso gli alberi per trasformarsi, lasciandomi sola con il dolore lacerante di quella nuova consapevolezza.

[…]
«Fammi sapere se vuoi che ritorni, e sarò qui», promisi.
Con un sospiro, mi offrì la guancia.
Mi chinai a baciarla con delicatezza. «Ti voglio bene, Jacob».
Fece un risolino. «Io ti amo».

Stavo per uscire, ma la sua mano mi bloccò il polso.
«Bells… me lo concedi un ultimo regalo?» Non aveva il coraggio di incrociare il mio sguardo, era diventato rosso acceso e guardandolo in viso capii di cosa stesse parlando.
«Jake, non credo sia una buona idea…»
«Vedi? Avevo ragione! Cercavi soltanto di non farmi morire. Adesso che non c’è più pericolo, ti stai tirando indietro». I suoi occhi mandavano scintille, e sapevo che se lo avessi guardato ancora la mia volontà avrebbe finito per sbriciolarsi. Ma decisi che almeno una volta nella mia vita dovevo affrontare le mie paure. Mi sedetti nuovamente sul letto, di fianco a lui che ancora non mi aveva lasciato andare il polso, facendo attenzione a non fargli male.
«Jake, sei ferito. Credi che Carlisle lo permetterebbe? Non credo possa essere incluso nelle cure mediche…»
Ridacchiò. «Forse no. Ma ho il sospetto che sarebbe il rimedio migliore…» Mi guardava in un modo tale che sentii le farfalle nello stomaco, un nodo in gola, un calore improvviso che mi avvolgeva e la testa che girava. Mi prese dolcemente la nuca con una mano per attirarmi verso di lui, ma non mi baciò. Rimase lì, a qualche millimetro dalle mie labbra, il suo fiato caldo che mi ubriacava e mi stordiva.
«Sicura che sia solo quello il motivo, Bells?» Un luccichio divertito negli occhi neri. Mi stava sfidando, il solito vecchio Jacob. Quello che amavo.
«Non capisco che vuoi dire…»
«Non sarà piuttosto che hai paura di scoprire che potrebbe piacerti di più che col succhiasangue?»
«Non credo…»
«E come fai a dirlo?» Era maledettamente serio, accidenti a lui.
«Perché io e Edward… ecco… noi non…» Ero diventata di un bel rosso brillante, temevo di prendere fuoco, e soprattutto temevo che Jake si facesse beffe di me per la mia inesperienza. Invece mi guardò serio, piantando nei miei i suoi occhi di lava. Mi fissò per un istante lunghissimo, quindi mi attirò ancora più vicino e mi baciò. Nuovamente fu diverso, perché fu intenso, dolce, passionale. Un bacio che stava montando come la marea, e che lento ma inesorabile mi stava trascinando verso un abisso dal quale temevo di non risalire mai più. Ormai ero in balìa di quelle emozioni; aveva giocato sporco, certamente, ma non mi importava. La sola cosa che volevo in quel momento era che continuasse a farlo, senza fermarsi mai. La sua mano sana mi accarezzava la vita, tra la maglia e i jeans, e mi faceva provare sensazioni che non credevo esistessero. Mi tolsi le scarpe; fu un gesto istintivo, per accoccolarmi meglio sul suo petto enorme. Scansò un poco le coperte, e arrossii fino alla radice dei capelli nel notare che era nudo. Mi infilai al suo fianco, ma subito dopo dovetti sfilarmi i jeans. Quel ragazzo era un termosifone su gambe, accidenti! Lo guardai negli occhi, e fu un errore madornale. Mi catturò lo sguardo, e non riuscii più a distogliere il mio da quegli occhi carezzevoli, profondi, tristi e… sensuali. Merda. Non mi ero mai accorta di quanto fosse sensuale lo sguardo di Jake. Questo non aiutava. No. Proprio no.
Mi sorrise dolcemente, e non riuscii più a trattenere l’impulso irrefrenabile di passare le dita su quelle labbra carnose e calde. Mi bloccò la mano col braccio ferito, cosa che gli strappò un mugolìo di dolore, ma non si fermò. Mi avvicinai di nuovo – questa volta fu tutta colpa mia, ma non riuscivo proprio a impedirmelo – e lo baciai. Fu un bacio quasi violento, forte, duro. Ma allo stesso tempo focoso e passionale. E anche questo fu un errore madornale. Già. Perché in quel momento sentii chiaramente che un interruttore nella mia mente fece clic – più che il rumore di un interruttore, veramente sembrò il rumore delle campane di una chiesa – e non riuscii più a controllare le mie mani. Nel momento in cui mi resi conto di ciò che stavo facendo, le mie mani già correvano sul corpo caldo di Jake, provocandogli brividi e mugolii che mi portarono al di là di tutte le barriere che la mia mente si era creata in tutti quegli anni. E tutte quelle barriere crollarono in un istante, lasciandomi sola, indifesa. Me stessa contro il mondo delle emozioni che avevo da sempre rifuggito.
«Bells… non farmi questo… ti prego, se non vuoi non farlo. Mi uccideresti». Mi implorò, gli occhi roventi nei miei. Ma fu un istante.
«Chiudi il becco, Jacob. E baciami».
«E’ la seconda volta che mi chiedi di baciarti oggi… mi sembra di capire che la cosa non ti dispiaccia poi tanto, Bells». Sorrise. Di nuovo. Ancora quel sorriso, il mio sorriso. Quello che aveva prima che tutta questa storia cominciasse. E che aveva il potere di sciogliermi dentro, di farmi sentire di gelatina. Mi sfilò la maglia, ma neanche me ne accorsi. Ero troppo presa a baciarlo. Le mie mani gli stavano torturando i muscoli del torace, caldo e enorme, finché non mi prese la mano e la spinse più giù, sui suoi fianchi. Mi piaceva da impazzire accarezzarlo, il suo corpo era caldo e morbido, soffice, e ogni mio più piccolo movimento gli causava brividi e sospiri. Compresi che non sarei riuscita a staccarmi da lui tanto facilmente, ormai. Ero soggiogata. Ed era una sensazione strana, non avere limiti, barriere o “blocchi” da non dover oltrepassare. Una sensazione che mi stava ubriacando. Lo guardai negli occhi, seria, e mormorai: «Hai presente il discorso di oggi?»
«Mmm?» assentì con un luccichio strano nello sguardo.
«Ecco… io…» Arrossii di nuovo. Che vigliacca!
«Dillo, Bells. Dillo. Voglio sentirti che lo dici». Mormorò sulle mie labbra. Sospirai rassegnata. Mi conosceva bene l’infame, non potevo nascondergli proprio niente. Neanche la voglia che avevo di lui. All’inferno. Sarei finita all’inferno certamente. Ma non me ne importava un fico secco.
Raccolsi tutto il mio coraggio, senza staccare gli occhi dai suoi. «Voglio fare l’amore con te, Jake». Non conclusi per bene la frase, mi ritrovai impegnata a baciarlo cercando di non fargli male. Non so come ci riuscì, ma all’improvviso mi resi conto che mi aveva spogliata completamente. Ero nuda, sotto di lui, che mi stava baciando in un modo che probabilmente avrebbe potuto essere punito per legge. Le sue mani – anche quella ferita – esplorarono ogni centimetro del mio corpo, facendomi sospirare. Non volevo che si fermasse. Mi sentivo come un’assetata nel deserto, che improvvisamente aveva scoperto una fonte d’acqua. Come se le sue mani, il suo corpo, i suoi baci potessero lenire tutte le mie pene, le mie ferite. Come se mi stesse scaldando il cuore. Sentii le sue mani farsi più audaci, e le mie risposero come ad un richiamo, vagando sul suo corpo in risposta ad un comando mai dato. Le sue labbra erano esigenti, ma calde e morbide sul mio corpo e mi strapparono gemiti che non pensavo di poter emettere. Fu tenero, dolce come non mai. Antepose a se stesso la preoccupazione di farmi male, di causarmi dolore. Ma io non sentivo dolore, sentivo solo lui, solo la voglia infinita che avevo di fondermi con lui, di fermare il tempo e restare lì tra le sue braccia. Fu bellissimo, e il tempo volò talmente veloce che mi resi conto con rammarico che dovevo tornare a casa. Mi veniva da piangere, non sarei mai riuscita a dire addio a Jacob se non riuscivo neanche ad uscire da casa sua. Ancora una volta mi capì.
«Che c’è, Bells?»
«Non lo so… ho il magone… ho paura…»
«Di cosa, piccola?»
«Ho la strana sensazione che non ti rivedrò più, Jacob. E per quanto questo sia stato un modo bellissimo per dirti addio, non credo di essere ancora pronta a farlo».
«Bells, ti ho fatto una promessa… finché avrai un cuore che batte, il mio sarà con te. Anche se adesso me lo stai spaccando». Chiuse gli occhi. Io mi morsi un labbro per ricacciare dentro le lacrime. Non volevo che mi vedesse piangere, se mi avesse abbracciata probabilmente non avrei resistito e sarei crollata. E non volevo crollare. Che cosa avrebbe pensato Edward?
Edward… adesso ero davvero confusa. Gli avevo detto di si, che lo avrei sposato. Ero davvero sicura di volerlo? Era davvero lui il mio futuro? La voce roca di Jacob mi riscosse: «Piccola… tutto bene?»
«Si Jake… scusa… io… devo andare…»
«Ti rivedrò prima del matrimonio?» A quelle parole mi si gelò il sangue nelle vene. Matrimonio. Il mio. Sentii chiaramente il rumore di un macigno che mi cadeva sul cuore, schiacciandolo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Decisione repentina ***


Capitolo 1
01. Decisione repentina
Quando rientrai a casa, Charlie vide la mia faccia sconvolta, e non fece domande. Probabilmente lo imputò al fatto che avevo appena visto Jacob malato, e sapeva che ero impressionabile. O meglio, lui credeva che lo fossi. Corsi in camera mia, volevo un po’ di tempo per riflettere ben sapendo che non ne avrei avuto molto, dal momento che forse Alice mi teneva sotto controllo e sapeva già che ero tornata a casa. Infatti l’attesa non fu lunga. Non passarono neanche cinque minuti, che sentii il rumore sordo dell’aria smossa a gran velocità, e mi ritrovai due occhi color del miele piantati nei miei.
«Va tutto bene, Bella?»
«Si, Edward… tutto bene… scusami, sono un po’ sottosopra…»
«Tesoro, è normale… ti sei trovata davanti Victoria, hai passato una notte infernale, in più il tuo migliore amico ha rischiato di morire… ci credo che sei sottosopra!» Mi prese le mani e mi fece sedere sul letto, guardandomi bene in viso. Benedissi la sua incapacità di leggermi nel pensiero, in quel momento non gli sarebbe piaciuto affatto. Ma forse non serviva. «Non è solo questo, vero amore?»
«No… ma che vai a pensare…» Mentii. Mentii spudoratamente nonostante la mia evidente incapacità di farlo. Avevo paura che mi leggesse negli occhi il misfatto, il peccato commesso. Mi sentii come se fossi sotto processo, quegli occhi indagatori non si staccavano dal mio viso. Era difficilissimo rimanere razionale, in quel modo. Lo sentii fremere, lo sguardo preoccupato.
«Sicura di non avere niente da dirmi? Hai litigato con Jacob, per caso?»
«No, ma che dici… no, certo che no…» Oddio, abbiamo fatto un po’ di lotta, ma non lo definirei proprio litigare… e i miei pensieri tornarono immediatamente a qualche ora prima, col risultato che dovetti respirare a fondo per non iperventilare e perdere il controllo. Sospirai per mascherare la cosa. Inutile. «Ti assicuro Edward, sono solamente sfinita…» Mi abbracciò delicatamente, lo sguardo sempre preoccupato.
«Allora, forse è meglio se per questa notte ti lascio dormire tranquilla. Io approfitterò e andrò a caccia con Jazz e Em, e tu potrai riposare. Perché non prendi un leggero sonnifero? Ti aiuterà a dormire senza sogni». Sospirai. Aveva ragione, avevo bisogno di un bel sonno. Ma con i pensieri che mi turbinavano nella mente dubitai seriamente di poter dormire. Rimanemmo un po’ abbracciati, quindi uscì dalla finestra come era entrato per lasciarmi dormire. Il suo sguardo carezzevole era ancora preoccupato quando mi lasciò. Decisi di seguire il suo consiglio e rubare un sonnifero dall’armadietto del bagno, avevo bisogno di stordirmi. Urlai un “buona notte” a Charlie dalle scale, quindi mi infilai in bagno per cambiarmi e prendere il sonnifero. Quando tornai in camera, il bicchiere con l’acqua che avevo in mano per poco non finì in terra. Per fortuna, una mano velocissima lo raccolse in tempo. Una mano bruna, grande e forte.
«Jacob… ma che diavolo ci fai qui?! Dovresti essere a let…» Mi baciò per farmi tacere, e io mi sentii morire. Possibile che non riuscissi a stare lontano dalle sue labbra e dal suo corpo?
«Non riuscivo a starti lontano, piccola». Mi fece sedere sul letto, stringendomi tra le sue braccia calde. Io cominciai a singhiozzare senza ritegno. «Piccola, che succede? Bells… mi dispiace… se ti ho incasinato me ne vado…» Fece per alzarsi.
«No», mormorai. Lo presi per la manica. «Non te ne andare, ti prego…»
«Non credi di avermi implorato un po’ troppo di non andare, Bells?» Sorrise. Mi stava prendendo in giro, ma non mi importava. Volevo solo che mi tenesse stretta. «Sai che se il succhiasangue mi trova qui mi farà a pezzi, Bells?»
«Non è la prima volta che ti trova con me…», mormorai tra le lacrime. Non ci credevo nemmeno io.
«Già… ma nella mia mente lui riesce a leggere… e non riesco a togliermi dalla testa quello che è successo oggi…» Mi stava guardando. Un pugno nello stomaco mi avrebbe fatto certamente meno male. Chiusi gli occhi, incapace di sopportare il suo sguardo. «Bella…»
Aprii gli occhi, e me lo trovai a qualche millimetro dal mio viso. Oddio! Da quando Jacob Black era così bello?! E possibile che io non me ne fossi mai accorta?! Adesso le sue labbra bollenti stavano solleticando le mie, giocando col mio profilo. Non resistetti più e lo baciai, le braccia agganciate al suo collo, mentre giocavo coi suoi capelli lunghi.
«Per la miseria Bells… sei contenta di vedermi, per caso?!»
«Jake… per una volta vuoi essere serio?!»
«Sono serissimo. Altrimenti perché sarei qui?»
«Torturarmi?»
«Torturare me stesso, piuttosto. Lui sarà anche la tua droga, Bells, ma tu sei la mia. Non ce la faccio a starti lontano. Non dopo stasera».
«E allora non farlo. Dimentichiamoci di tutto il resto. Stanotte ci siamo solo io e te. Domani vedremo». Mi gettò sul letto, alla faccia delle fasciature, e mi tolse il pigiama in un secondo. Fu una cosa completamente diversa, piena di passione, di fuoco… le sue labbra rincorrevano le linee del mio corpo avidamente, le nostre mani si intrecciavano e si scioglievano quasi volessero fondersi. Fu un’esplosione, travolgente e disarmante. Indimenticabile. Lentamente Jake scivolò nel sonno, il braccio sano possessivamente incollato addosso a me, con fare protettivo, come a dire che ero sua. E nel silenzio, cullata dal ritmo regolare del suo respiro, piansi tutte le mie lacrime. E presi la mia decisione.
La mattina dopo un tenue raggio di luce meno grigia del solito mi svegliò, ricordandomi i miei propositi. Allungai una mano titubante, non sapendo se temere di più il fatto che Jacob fosse ancora lì con me o che non ci fosse. Sentii il posto vuoto, ancora caldo, segno che era appena andato via. Trovai un biglietto tra le coperte, arrotolato intorno a qualcosa di piccolo e rigido. Sembrava una piccola zanna di animale, vecchia indubbiamente… magari qualche lupacchiotto che aveva perso un dente da latte, pensai tra me sorridendo. Srotolai il biglietto con mani tremanti.
“Bells, piccola… mi dispiace, non sono bravo come Cullen con le parole. Volevo solo dirti che ti amo, tesoro. Ti ho amata il primo momento che ti ho vista giù a First Beach, due anni fa. Il regalo che mi hai fatto è forse il più bello che ci si potrebbe aspettare da una donna, Bells. Non posso dirti che sono felice per te, non posso esserlo. Ma sappi che ci sarò sempre, e quando avrai bisogno del tuo amico, del tuo sole, basta che allunghi una mano e mi potrai toccare. Io ci sarò. Finché il tuo cuore batterà. Addio Bells. Sii felice, è la sola cosa che voglio. Ti amo.”
Piansi di nuovo. Riuscivo a distruggere tutte le cose belle della mia vita, dannazione. Edward aveva ragione, attiravo sciagure. Mi feci coraggio e scesi in cucina, dove Charlie sfogliava il giornale senza leggerlo e finiva la sua colazione. Dovevo trovare il coraggio di parlargli, spiegargli quello che volevo fare. Non sarebbe stato facile: noi Swan notoriamente facevamo a pugni con le parole, quando si trattava di sentimenti.
«Buongiorno, Bells».
«’Giorno pa’…» Cercai di farmi forza. «Papà, devo parlarti di una cosa importante. Ma prima vorrei che mi facessi una promessa. Promettimi che mi lascerai finire senza interrompermi prima di dire qualcosa».
«Gesù Bells, mi stai spaventando…» Mi fissò un po’ preoccupato con i suoi occhi così simili ai miei, «Va bene piccola, spara». Si assestò meglio sulla sedia, pronto a incassare il colpo.
«Ecco… io… vorrei andare un po’ a Jacksonville dalla mamma».
Mi fissò come se gli avessi appena detto di aver visto un ufo. «E… Quella specie di pinguino di Cullen verrà con te, vero?»
«Veramente, papà, lui è una delle ragioni per cui vorrei andarmene per un po’».
«Di’ un po’, quel coso ti ha fatto qualcosa, piccola? Se è così lo spiumo!»
«No, papà… cioè…» Sospirai per raccogliere quel po’ di coraggio che mi restava, e lo guardai. Parlai tutto d’un fiato. «Edward mi ha chiesto di sposarlo, e io ho accettato, ma poi Jacob mi ha baciato, e io adesso ho una gran confusione in testa… voglio starmene un po’ lontana da qui per schiarirmi le idee. Se resto qui non posso fare a meno di vederli entrambi, e questo non aiuta. Mi serve un posto nuovo, sola, lontano da qui». Charlie mantenne la promessa, mi lasciò finire. Mi guardò di nuovo, uno sguardo determinato, quello dei momenti seri. Annuì.
«Forse hai ragione, Bells. Un cambiamento è quello che ti ci vuole. Pensa bene a quello che fai, a quello che vuoi. Sei giovane, puoi prenderti tutto il tempo che vuoi. Non ti nego che quando hai cominciato a uscire con Jake speravo che la cosa si facesse seria. Mi piace quel ragazzo, nonostante il linguaggio che ha usato ieri. Ma c’era da capirlo. Quanto pensavi di fermarti da Renée?»
«Un paio di settimane, se per te non è un problema».
«Non preoccuparti, me la caverò. Cerca solo di non prendere decisioni affrettate, Bells. Non voglio che tu finisca come me e tua madre. Piuttosto, cosa devo dire a tutti?»
«Con Edward e Jake parlerò io. Agli altri puoi tranquillamente dire che sono andata dalla mamma in vacanza, per staccare un po’ la spina. E… prima che me lo chiedi, a Billy puoi anche dire tutto, papà».
«Quando pensavi di partire?»
«Tra qualche giorno, il tempo di fare i bagagli e avvertire la mamma. Grazie papà. Ti voglio bene». Non eravamo bravi coi sentimenti, col risultato che Charlie diventò rosso come un pomodoro quando lo abbracciai. Mi sentivo più leggera, adesso che avevo deciso. Per me il problema era sempre stato prendere la decisione, non seguirla. Una volta deciso, sapevo qual era la strada da percorrere. Adesso il problema era spiegare a Edward la mia decisione senza ferirlo e soprattutto senza che lui mi si appiccicasse alle costole.
Sull’aereo che mi portava a Jacksonville ripensai alle spiegazioni che mi ero ritrovata a dover dare a Jake e Edward. Dover affrontare lo sguardo dorato di Edward mi aveva messo in crisi, e più volte la mia volontà aveva vacillato sotto il peso del suo sguardo ferito. Non ero mai stata brava ad impormi con Edward, e mi costò moltissimo dirgli che volevo andarmene per un po’. Credo che la prese per una fuga, ma la cosa che lo ferì maggiormente fu certamente il fatto che volevo andare senza di lui. Ma mi lasciò andare. Spiegarlo a Jake fu più facile, prima di tutto perché prese tutto come una piccola rivincita nei confronti di Edward, e poi perché nessuno come lui capiva i miei stati d’animo, le mie paure, le mie angosce, e quindi fu facile per lui comprendere che in quel momento avevo bisogno di calma e tranquillità per riflettere. Anche se questo significava stare lontana da lui. Ad ogni modo, entrambi promisero che avrebbero rispettato la mia decisione.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Renée ***


Capitolo 2
02. Renée
Mia madre era sempre stata molto perspicace quando si trattava della sua piccola Bella, e soprattutto avevamo conquistato negli anni un rapporto piuttosto stretto nonostante la mia timidezza, quindi generalmente le raccontavo tutto. Durante il tragitto dall’aeroporto notò il mio mutismo, anche perché non le avevo dato alcuna spiegazione sulla mia visita.
«Insomma tesoro, vuoi dirmi che accidenti ti prende? Arrivi all’improvviso – non che la cosa mi dispiaccia, non fraintendermi – ma dici di trovarti bene a Forks, e poi invece piombi qui per due settimane, mi rispondi a monosillabi, sei pallida, hai una faccia che farebbe rivoltare un morto nella tomba… si può sapere che succede, Bella? Piccola, parla con la tua mamma… non tenermi sulle spine!»
«Mamma, calmati per favore… è solo che… sono venuta qui perché avevo bisogno di riflettere, ecco tutto».
«Questo me l’hai già detto al telefono, cara. Ma non mi basta. Insomma, fino a qualche giorno fa non avresti mosso un passo senza Edward, e adesso piombi qui da sola? Non ci casco, sai?»
«Beh… sono cambiate un po’ di cose, nel frattempo… Possiamo parlarne a casa? Ti dispiace? Sono veramente esausta e non me la sento di discutere adesso». Sapevo che non sarebbe bastato ad arginare mia madre, quando Renée partiva, nessuno riusciva a fermarla. Ma speravo almeno di guadagnare qualche ora di quiete in cui fare mente locale. Era passata una settimana, da quando avevo deciso di partire a quando ero arrivata, e in quei giorni, anche restando a Forks, avevo cercato di incontrare Jacob e Edward il meno possibile. Il che era praticamente impossibile, considerando che Edward si piazzava fisso nella mia camera, tranne nelle notti in cui andava a caccia, e allora Jake si intrufolava nel mio letto e ovviamente io non dormivo. Col risultato che adesso avevo i nervi a fior di pelle e avevo assolutamente bisogno di una doccia. Renée sembrò leggermi nel pensiero. Anche lei.
«Tesoro, di sopra c’è un bagno a tua completa disposizione. Perché non ti rilassi un po’ facendoti un bel bagno caldo? Ai tuoi vestiti ci penso io, possiamo parlare dopo». E mi stampò un bacio sulla fronte. C’è da dire che il clima di Jacksonville non permetteva di utilizzare l’acqua eccessivamente calda, ma funzionò comunque, distendendomi. Quando uscii dal bagno mi sentivo più tranquilla, rilassata. Tornai in camera per cambiarmi, ero vestita ancora troppo pesante per il clima caldo e umido della Florida. Mi infilai un paio di pantaloncini, una magliettina senza maniche e uscii in veranda. Sapevo che l’avrei trovata lì ad aspettarmi. Sospirai. Era seduta sul dondolo, con un bicchiere di limonata fresca; vidi la caraffa sul tavolo poco lontano e mi servii. Mi fece cenno di sedermi accanto a lei. Mi abbracciò teneramente. In fondo era mia madre, con lei potevo parlare. Lo avevo sempre fatto.
«Insomma Bells, ti vedo strana… vuoi dirmi che cos’hai?»
«Non so da che parte cominciare…»
«Intanto perché non provi a dirmi perché Edward non è qui?» Come facevo a dirle che il sole della Florida non è proprio il massimo per un vampiro? Optai per la versione “annacquata” della storia. «Vedi, mamma… è successo un gran pasticcio. Edward mi ha chiesto di sposarlo…»
«E questo sarebbe il pasticcio? Io credevo che fosse tutto già organizzato l’altra volta, quando siete venuti… sembravate così uniti…» Mi interruppe. «Scusa, continua».
«Io gli ho detto di si… insomma, ero felice, anche se non ero proprio sicura di sposarmi così presto…» Mi fermai. Stavo studiando le sue reazioni.
«Bella, piccola… tu non sei mai stata una persona che tentenna. Non sei capace di tornare indietro, di cambiare idea, e hai sempre mantenuto il tuo punto. Quindi adesso, se sei così incerta e titubante, sicuramente qualcosa – o qualcuno – deve aver dato un bello scossone al tuo punto di vista. O sbaglio?» Annuii. Era facile parlare con Renée. Mi conosceva a fondo. Come Jake. Merda Bella, smettila di pensare a lui!
«Infatti… Jake mi ha baciata…» Il gridolino di mia madre mi interruppe di nuovo, facendomi sobbalzare dalla sorpresa. Il suo sguardo stupito si piantò nel mio.
«Jake?! Jacob Black, il figlio di Billy? Bella, ma…»
«Lo so che cosa stai per dire… ha un anno e qualche mese meno di me…».
«Non era questo che volevo dire… volevo dire che è completamente diverso da Edward…»
«Non immagini quanto, mamma!»
«E… cosa è successo con quel bacio? Voglio dire, tu che hai provato?»
«Oh, mamma… io… maledizione, è difficile…»
«Lasciami indovinare… ti sei accorta che lo ami, ma ami anche Edward e non vuoi ferirlo. Ma non sai che fare».
«Tu come l’hai capito?»
«Bella, bambina mia… se non fossi confusa non saresti qui, lontano da loro. Sei venuta qui perché hai bisogno di un po’ di tempo per capire».
«Già… ma come faccio a capire?»
«Rispondi a una domanda… anzi, due. C’è qualcos’altro che non mi hai detto?»
Diventai rosso pomodoro, di quelli belli maturi che stanno per cadere dalla pianta. Dovevo dirglielo, altrimenti non sarebbe riuscita a capire. «Ecco… io e Jake…»
«Siete stati insieme». Non era una domanda. «Avete fatto sesso». Neanche questa era una domanda.
«Oddio mamma… dovevi proprio…» Il mio colorito in quel momento tendeva pericolosamente al porpora.
«Bells, che c’è di male? E con Edward, avete mai…?»
«NO!» quasi gridai. A quel punto lo sguardo di Renée era quello di chi la sa lunga sulla vicenda, ma non ti dice niente perché tu le daresti torto.
«Fammi capire Bells, tu stavi con Edward, e la prima persona con cui hai fatto sesso non era lui ma il tuo amico Jacob Black?» Annuii, completamente incapace di parlare. «Amore mio, non ti viene il sospetto che forse Jake sia qualcosina di più di un amico?» Centro! «E non ti viene il sospetto che forse sei talmente innamorata che neanche te ne rendi conto?» Sobbalzai, girandomi verso di lei.
«Che vorresti dire?»
«Edward è bellissimo, tesoro. Quando l’ho visto per la prima volta ho capito perfettamente perché si potesse perdere la testa per un tipo come lui, perché è talmente affascinante che ti manda in orbita. Mentre Jacob… beh, me lo ricordo poco, ad essere onesta, ma mi ricordo che era molto bello. Non lo stesso tipo di bellezza di Edward, ma una cosa più “naturale”, meno ultraterrena. Solo che la sua bellezza e il suo modo di fare, la complicità che avete raggiunto – stando a quello che mi hai scritto – ti ha fatto provare sensazioni e emozioni che con Edward non hai mai provato. E lui ti tratta come una donna, non come una bambina che ha bisogno di essere protetta. E’ una cosa che ti ha sempre mandato in bestia, anche da piccola. Chi cercava di proteggerti passava davvero un brutto quarto d’ora». Le parole di mia madre mi confusero ancora di più. Possibile che fosse vero? Possibile che avesse ragione e che io non volessi ammettere di essere talmente innamorata di Jake che inconsciamente non volevo sposare Edward addirittura prima di rendermi pienamente conto dei miei sentimenti? Possibile che avessi davvero perso tutto questo tempo?
Decisi di andare a fare una passeggiata sulla spiaggia, da sola. Niente di meglio per mettere in ordine qualche idea confusa. La spiaggia era bellissima, ampia e infinita, e praticamente deserta. Niente a che vedere con la spiaggia di La Push, ovviamente. Qui il mare era color smeraldo, intenso e placido. Faceva venire voglia di tuffarsi. All’improvviso mi tornò in mente un altro tuffo, un anno prima, in un luogo completamente diverso, una situazione diversa. Due braccia d’acciaio, calde come il fuoco, che mi riportavano a galla per non lasciarmi affogare. E una voce in lontananza che mi implorava di nuotare, una voce carezzevole come non mai. Mi strinsi istintivamente le braccia intorno al corpo, come a fermare dei brividi di freddo. Assurdo, non potevo sentire freddo con quel caldo infernale! Eppure… mi guardai attorno, e vidi dei rami trasportati dalla marea. Quasi mi venne un colpo: sembrava lo stesso ramo di First Beach, quello su cui io e Jake sedevamo sempre. Rimasi lì a fissare il mare a lungo, con lo sguardo nel vuoto e il pensiero che vagava in un’altra realtà a centinaia di chilometri di distanza.

I giorni scorrevano tranquilli, io ero molto più rilassata e mi sentivo molto meglio, più sicura. Stare con Renée mi aveva fatto indubbiamente bene. Ma c’erano delle cose che mi preoccupavano; chiamavo Charlie tutti i giorni e mi aveva raccontato di aver visto parecchie volte una volvo argentata davanti al vialetto, e Billy gli diceva che Jacob non era più lo stesso. Quei due avrebbero finito per farsi a pezzi a vicenda. Le due settimane erano già passate, e avevo chiesto di poter restare altre due settimane da Renée. Mi piaceva il sole della Florida, e obiettivamente tutta quella calma, lontano da licantropi, vampiri e strane realtà parallele mi stava facendo sentire bene. Erano quindi già venti giorni che ero a Jacksonville da mia madre.
Quella mattina mi svegliai presto, come sempre il sole che filtrava dalle finestre della mia stanza. Sentii bussare leggermente alla porta della stanza, e mia madre che entrò con un vassoio in bilico sulle mani.
«Tesoro, ti ho portato la colazione…»
«Mamma! A che devo questo onore?»
«Niente… volevo solo viziare la mia piccola Bells… ti dispiace?»
«No, no… vieni qui, siediti sul letto. Facciamo colazione insieme». Pessima idea… appena tolse il coperchio alle uova strapazzate, mi venne un conato di vomito. Mi precipitai in bagno, stranamente senza inciampare in nessun ostacolo, e mi chinai sul lavandino. Mia madre si fermò sulla porta, appoggiata allo stipite, con lo sguardo preoccupato.
«Da quando hai questi attacchi di nausea, Bells?» Nausea? NAUSEA?! O.Mio.Dio…
«Veramente è la prima volta…» Sussurrai, una tenue speranza a cui aggrapparmi.
«Dimmi una cosa: in questi giorni ti senti stanca? Affaticata? Ti gira spesso la testa?»
«Si a tutte e tre le cose». Merda…
«Quando hai avuto l’ultimo ciclo?» Feci mentalmente il calcolo. Non era difficile, ero sempre stata regolare. E quello che scoprii non mi piacque. Lo rifeci. Tre volte. Stesso risultato. «Allora?» la voce di mia madre rasentava l’isteria. Calma mamma, sono io che dovrei dare in escandescenze.
«Tre settimane prima che Edward mi chiedesse di sposarlo». Cazzo.
«Il che vuol dire che sono passate… quanto?»
«Sette settimane?» Merda. Merda. M.E.R.D.A. Era decisamente troppo per un ritardo.
«Bella, piccola… ti prego, dimmi che tu e Jake avete preso qualche precauzione, tesoro…» No che non le abbiamo prese mamma, altrimenti pensi che starei qui a farmi prendere dal panico, secondo te?
«No». Non riuscii a dire altro. Mia madre mi guardò con gli occhi lacrimosi e preoccupati, ma non disse niente. Spalancò le braccia e mi strinse a sé. «Oh mamma… e adesso?»
«Adesso, tesoro, più che mai devi capire cosa vuoi fare. Devi capire di chi sei innamorata».
«Questo lo so già». Mi scostò un poco dal suo abbraccio per guardarmi negli occhi, e probabilmente vi lesse la determinazione nel mio sguardo, perché annuì e tornò a stringermi.
Avevo capito una cosa. Era tempo che ritornassi a Forks. Dovevo affrontare le mie paure una volta per tutte e imparare a crescere.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Forks ***


Capitolo 4
03. Forks
Ok, lo ammetto, non ero brava a prendere decisioni. Non sapevo assolutamente come mi sarei comportata, cosa avrei fatto e soprattutto con chi avrei parlato per primo. Fu Charlie a darmi la soluzione, perché non appena arrivammo a casa mi disse:
«Stasera sono a cena da Billy, Bells. Tu che fai?»
«Sai che ti dico? Vengo anche io. Ho bisogno di parlare con Jacob». Mi cambiai in fretta, feci una doccia e scesi. Trovai Charlie che mi fissava in modo strano, ma non disse niente. Fu Billy, quando ci vide, che espose il pensiero di Charlie.
«Che mi venga un colpo, Bells! Sei davvero bella! L’aria della Florida ti fa bene, piccola. Hai le guance arrossate, sei abbronzata… e hai uno sguardo luminoso che ti fa ancora più bella». Arrossii violentemente. Non ero abituata a tutti questi complimenti. Il vocione tonante di Billy mi riscosse. «Se cerchi Jake, è alla spiaggia. Ci va tutti i giorni, da quando te ne sei andata». Mi voltai per andarmene, ma mi richiamò. «Bells… non fargli troppo male, non lo merita». Mi implorò, lo sguardo triste tremendamente identico a quello del figlio.
«Ci proverò, Billy». E mi avviai alla spiaggia. Era lì, assorto nei suoi pensieri, seduto sul nostro tronco. Potevo vedere il suo profilo assorto, ed era così bello da togliere il fiato. Anche con gli occhi tristi. Mi era mancato. Cavolo se mi era mancato! Già lo sapevo, ma in quel momento mi resi realmente conto di quanto mi fosse davvero mancato. Mi avvicinai silenziosa, anche se sapevo che mi avrebbe sentita. Ma non fu così.
«Jake…» Sobbalzò al suono della mia voce. Si girò, negli occhi un lampo di gioia improvvisa che subito cedette nuovamente il passo alle nuvole. Non sopportavo di vederlo triste. Era peggio che sentirmi triste. Perché così il mio sole non splendeva più, e anche io avevo voglia di mettermi a piangere.
«Sei tornata, finalmente!» Fece per alzarsi e venirmi incontro, ma lo bloccai.
«Prima che ti avvicini, ti devo dire una cosa. Ho chiamato anche Edward. Sarà qui a momenti. Volevo parlare con entrambi, e siccome non mi sembrava giusto parlare prima con uno o con l’altro, ho preferito che ci foste tutti e due. Eccolo». Da lontano scorgemmo la figura fluttuante di Edward Cullen che si stava avvicinando alla spiaggia.
«Bella, tesoro…» la sua voce carezzevole mi fece sospirare. «Perché proprio in questo posto?» Arricciò il naso disgustato.
«Perché qui sono sicura che nessuno di voi due farà stupidaggini». Guardai Edward, gli occhi dorati nei miei. Eravamo tutti e tre piuttosto vicini, ma nessuno dei due si azzardava a fare una mossa verso di me. Edward ruppe il silenzio.
«Bella… puzzi di cane». Merda. Di già?
«Edward, non è importante che odore ho in questo momento… o meglio, forse si, ma…»
«Quel randagio ti ha per caso messo le mani addosso, amore?»
«Quel randagio, come lo chiami, non si è azzardato a fare niente. Come dovresti fare tu» aggiunsi fulminando la sua mano che si allungava verso di me.
«E allora perché puzzi di cane, Bella?» Il suo sguardo mi stava supplicando, aveva intuito che gli stavo nascondendo qualcosa e mi stava implorando di dargli subito la coltellata finale. Aveva capito tutto.
«Dimmi una cosa, Edward… negli ultimi tempi Alice è riuscita a vedermi?» Lo vidi sussultare.
«No». Rispose in un sussurro. Fu la volta di Jacob di sobbalzare di sorpresa. Annuii.
«Me lo aspettavo».
«Bella, tesoro mio, perché te lo aspettavi? Alice è davvero frustrata per quanto le è successo… dice che è tutta colpa sua…» Lo interruppi con un gesto.
«Non è colpa sua, Edward. Lei non vede i licantropi». Mi resi conto immediatamente delle implicazioni della mia affermazione. Vidi Edward reagire come se lo avessero schiaffeggiato, e Jacob aprirsi in un sorriso di gioia profonda.
«Mi stai dicendo che lei non ti vede più perché… perché… hai deciso, dunque?»
«Si, ho deciso».
«E?»
«Io non ti sposerò, Edward Cullen». Rimase fermo, immobile, come un serpente pronto ad attaccare. Istintivamente mi spostai davanti a Jacob; sapevo che Edward non avrebbe reagito con me davanti.
«Dunque quel cane ti ha convinta. Chissà che armi ha usato…» la furia di Edward stava per esplodere, lo sentivo. Ma anche la mia stava montando.
«Edward…» Un bel respiro, Bella, calmati. «Jacob non mi ha convinta, e non ha usato nessuna arma. Sono stata tre settimane da mia madre, sono appena tornata, non ci siamo neanche parlati. E da mia madre ho capito tante cose».
«Ad esempio?» Ghiaccio. La sua voce era di ghiaccio.
«Ho capito chi dei due mi mancava di più. E non sei tu». Se avesse potuto, in quel momento certamente Edward avrebbe ucciso Jacob. Ringraziai la mia lungimiranza di averli voluti vedere in territorio Quileute. Avrei limitato i danni.
«Certo che ti manca… pensi che non lo sapessi che quando io uscivo dalla finestra della tua camera, arrivava subito un lupo rossiccio a tenerti compagnia?» Sbiancai. Dunque lo sapeva. Meglio, avrebbe reso le cose più facili. Continuò. «Gli sarà piaciuto fare il tuo cane da guardia… tenere lontano tutti. Pensi che Alice non mi dicesse che improvvisamente tu sparivi? Pensi che non avessimo capito che lui – e indicò Jacob, immobile dall’altra parte – stava cercando di allontanarti da me? E sentiamo, c’è altro che hai da dirmi?» Era furioso, col risultato che la sua voce era diventata ancora più bella. A quel punto qualcosa mi spinse ad essere cattiva. Volevo fargli male, per come mi stava offendendo. Per come mi aveva controllata, quasi non si fidasse di me. Volevo fargliela pagare.
«Jake non ha fatto il mio cane da guardia». Mi guardò con aria interrogativa, ma subito sobbalzò. Capii in un istante che Jake gli stava mostrando immagini mentali delle nostre, hem… battaglie.. nel letto.
«Bene. Vedo che lo schifoso è passato alle vie di fatto. Brutto bastardo, te la sei portata a letto! E adesso magari la scarichi come un sacco della spazzatura, cane che non sei altro. Tu non hai idea quanto mi sia costato non fare quello che hai fatto tu con lei... e tu invece… te ne sei approfittato, hai approfittato della sua innocenza e della sua ingenuità».
«Ma chi ti credi di essere, sporco succhiasangue dei miei stivali? Non hai potuto fare con lei quello che io ho fatto, che tra l’altro si chiama amore, perché altrimenti lei adesso non sarebbe qui, sarebbe morta o vampirizzata, ed è stata una tua scelta. Io non la scaricherò come la spazzatura, io la amo. Lo capisci, sanguisuga? La amo. E lei ama me. E se proprio devo dirtela tutta, è stata lei a chiedermelo, altrimenti non lo avrei mai fatto». Anche Jacob era furioso, lo vedevo che stava per scattare. Cercai di calmarlo con una mano, che lui mi prese senza riflettere.
«Non ti azzardare a toccarla, sporco randagio!»
«No Edward, tu non ti azzardare mai più a trattarlo così. Non ne hai il diritto».
«Sono quasi tuo marito, tesoro…»
«Ecco, quel quasi dovrebbe farti capire un paio di cose… io non ti voglio sposare, Edward. Non ti sposerò». Adesso che lo avevo detto mi sentivo meglio. Volli essere cattiva fino in fondo. «Edward, sono incinta». L’effetto che quelle tre parole scatenò fu devastante. Edward diventò ancora più pallido, pietrificato dall’orrore. Se avesse potuto piangere lo avrebbe fatto. Ammutolì, i suoi occhi divennero freddi come il ghiaccio. Dall’altra parte Jacob era rimasto impietrito, con uno sguardo nel vuoto e una specie di sorriso idiota che gli aleggiava sul volto. Fu Edward a riscuotersi per primo.
«Bene. Credo che questo sia tutto, Bella. Se volevi uccidermi, hai trovato il modo migliore. Non ti vedrò mai più, te lo prometto. Ti auguro tanta felicità, anche accanto a… quel coso». E se ne andò velocemente come era venuto. Mi girai verso Jacob, ancora di sale.
«Jake, per la miseria… dì qualcosa!»
«Cazzo, Bells, che botta! Questa sì che è una notizia!»
«Non ho ancora capito se è bella o brutta, però. Non mi hai abbracciato, non dici niente…» Per tutta risposta Jake mi strinse tra le braccia, baciandomi con le sue labbra bollenti.
«Non mi andava di farlo davanti alla sanguisuga. Non pensavo fossero affari suoi, tutto qui. Ti amo, Bells». E mi baciò di nuovo.
«Jake, io… mi dispiace…»
«Scusa, di che ti dispiace?»
«Di essere… hem… ecco…» ero diventata del solito rosso brillante.
«Incinta, vuoi dire? Bells, se essere incinta ti fa questo effetto, ti prego, fallo sempre…» alzai un sopracciglio a significare che volevo una spiegazione. «Sei bellissima, hai le guance rosse, lo sguardo infuocato… dio, sei devastante. Mammina». E ridacchiò.
«Allora non sei arrabbiato?»
«Ma sei scema? Arrabbiato di che?»
«Che sono incinta».
«Bells… eravamo in due, ricordi? C’ero anch’io… sai com’è, direi che ho anche io la mia parte di responsabilità nella faccenda. Se vuoi te lo dimostro!» Lo sguardo malizioso che mi lanciò fu più eloquente di qualsiasi altra parola. Lo baciai avidamente, sentendo un fuoco dentro che non avevo mai percepito. Lui rispose al bacio, e finimmo nella sabbia, ansanti.
«Scusa, – mormorai. – gli ormoni mi fanno brutti scherzi in questo periodo».
«Evviva gli ormoni impazziti, allora». Mi sorrise dolcemente, aiutandomi a rialzarmi.
«Sul serio non sei arrabbiato? Non mi dici cose del tipo “che intendi fare” o roba simile?»
«Intanto, visto che siamo in due, gradirei usassi il plurale, amore. Che intendiamo fare. Io sarò al tuo fianco qualsiasi decisione tu voglia prendere, Bells… ma preferirei non pormi proprio il problema. Perché, tu non vuoi tenerlo?» Lo guardai sbalordita. Non aveva neanche preso in considerazione altre ipotesi. Al contrario della maggior parte degli adolescenti, per lui quel bambino già esisteva.
«Jake, non mi è passato neanche per la mente. Ma credevo che tu…» Mi chiuse la bocca con un dito bollente, lo sguardo serio fisso nel mio.
«Bells, amore mio… qui non stiamo parlando della spazzatura, o di un regalo, o di qualsiasi altra cosa che puoi rifiutare o rimandare indietro. Questo è un bambino!» Avevo le lacrime agli occhi. Il mio Jacob era diventato un uomo, e questa sua reazione me lo fece amare ancora di più. Ma c’era un problema.
«Ma… tu sei minorenne…» Scoppiò a ridere di gusto.
«E’ per questo che ti sei fatta tutti questi problemi, Bells? – Mi mise un dito sotto il mento per farmi alzare lo sguardo su di lui, e come sempre le mie ginocchia tremarono quando affondai in quei pozzi neri – Lo sai che secondo l’usanza indiana, un ragazzo diventa uomo intorno ai sedici anni? Più o meno quando sopraggiunge la prima mutazione, nel caso dei licantropi; al compimento del sedicesimo anno per gli altri. E forse non lo sai, ma… mio padre aveva diciassette anni quando nacquero Rachel e Rebecca». Ero allibita.
«Quindi tu sei maggiorenne da prima di me?»
«Già… se proprio vuoi parlare di maggiore età, secondo i Quileute è proprio così. Sono diventato maggiorenne la sera che io, te e quel citrullo di Newton siamo andati al cinema. Te ne ricordi, vero?»
«E come potrei non ricordarlo? Ho rischiato di perderti sul serio, quella volta… adesso lo so; avevo una paura folle di trovarmi di nuovo sola, e la cosa mi faceva paura. Non volevo credere che mi avessi abbandonata».
«E infatti, quella notte mi sono infilato nella tua stanza per raccontarti tutto… e tu, da brava bambina perspicace quale sei, hai capito tutto!» Mi strinse di nuovo, il viso nei miei capelli. «Non mi perderai mai, Bells. Te l’ho promesso una volta, e intendo mantenere la promessa. Io non ti farò mai del male». Scoppiai a piangere. Non sapevo nemmeno io perché, ma avevo dei lucciconi grossi come biglie che scendevano a rigarmi il viso. Jacob se ne accorse, quindi strinse ancora di più e prese ad accarezzarmi dolcemente. Mi calmai. Un problema era risolto, adesso dovevamo dirlo a Billy e Charlie. Mi promise che lo avremmo fatto insieme. Anche perché sapevo che Charlie si sarebbe fatto venire un attacco.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Sorpresa! ***


Capitolo 4
04. Sorpresa!
Eravamo seduti nel minuscolo salotto di Billy, Charlie e Billy accomodati sul divano, io e Jake sulle sedie, sembrava avessimo ingoiato una scopa. Non sapevo proprio da che parte cominciare. Non avevo mai pensato di mentire a mio padre, ma certo anche dirgli quello che avevo intenzione di raccontargli non era per niente facile. Strinsi forte la mano di Jacob, quasi a farmi coraggio.
«Papà, Billy… dobbiamo dirvi una cosa…» Esitai, guardandoli in viso per monitorare le loro emozioni. Billy sembrava tranquillo. Certo, lui l’avrebbe presa bene… Charlie mica tanto! Jacob volle venire in mio aiuto, quindi mi strinse la mano e prese la parola.
«Che ne direste di diventare nonni?» Gesù Jake, non così! Charlie mi rischia il coccolone! E infatti osservai il suo colorito farsi pericolosamente purpureo, quindi strabuzzò gli occhi e andò in iperventilazione. Billy rimase calmissimo, come se gli avessimo detto che volevamo andare a fare un pic-nic. Dopo qualche altro secondo, Charlie esplose.
«Quello schifoso… che diavolo ha fatto a mia figlia?! Che ti ha fatto, Bells? Se mi trovo tra le mani Edward Cullen giuro che…» Stava sragionando, e guardava Jacob con sguardo omicida. Jake era calmissimo.
«Papà, mi spieghi che accidenti c’entra adesso Edward?»
«Scusa… non sei… non hai detto…»
«Papà… ho detto che tutti e due state per diventare nonni…»
«Ah. Quindi voi… tu e Jake… ma Bells… sei…»
«Papà, perché non ti siedi prima che ti scoppi una vena? Per favore!» In realtà avevo paura che sparasse a Jake. Col risultato che poi avremmo anche dovuto spiegargli perché non era riuscito neanche a scalfirlo. Fui grata a Billy che corse in nostro aiuto.
«Charlie, amico… siediti e rilassati. Mi sembrano già abbastanza nervosi…»
«Nervosi? NERVOSI?! Loro?! Billy, amico… Jake è MINORENNE, per la miseria! E Bells è poco più di una bambina…»
«Tu e la mamma eravate più giovani di me, quando la mamma è rimasta incinta».
«E infatti guarda come siamo andati a finire! Bella, tesoro… sei sicura di quello che fai?» Si stava calmando. Il peggio era passato. Billy non aveva smesso un attimo di sorridermi. Stava scoppiando dalla gioia.
«Papà… non sono mai stata più sicura di qualcosa in vita mia».
«E con la maggiore età di Jacob come la mettiamo?» Fu Billy che ci salvò.
«Charlie, qui tra i Quileute i ragazzi diventano maggiorenni quando passano dalla pubertà all’adolescenza… tra i quindici e i sedici anni».
«Insomma, mi stai dicendo che Jacob è maggiorenne già da un anno e più?»
«Esatto. E comunque… ti ricordo che fra quattro mesi avrà diciotto anni. E poi… non vorrei infierire, amico, ma la decisione spetta a loro. Sono abbastanza grandi per decidere da soli».
«Billy, ma…»
«Se sono abbastanza grandi da fare sesso, sono anche grandi abbastanza per assumersi le loro responsabilità». Billy ci guardò dritti in volto. Ero diventata viola. Non ero certo abituata a discutere certi argomenti con chicchessia. Ma aveva ragione, e chissà perché la cosa non mi spaventava per niente. Ero talmente felice che avrei voluto mettermi a ballare. Equilibrio permettendo.
«Aspetta un momento, Bells… e adesso come lo diremo a Renée?»
«Lo sa già… ero da lei, ricordi? Diciamo che all’inizio le è venuta una specie di crisi isterica…»
«Lo credo bene… a tua madre non è mai piaciuto invecchiare…» Ecco da chi avevo preso! «E ammetterai che ritrovarsi nonna alla sua età è una bella botta!» Adesso si era definitivamente rilassato, perché stava sorridendo pacioso. Poi d’improvviso sembrò pensare a qualcosa, e piantò gli occhi in faccia a Jake. «Dì un po’ ragazzo, non vorrai dartela a gambe, vero?»
Jake rispose col suo solito sorriso splendente. «E credi che sarei qui se fosse come dici tu? Eddai Charlie, mi conosci, sono Jake, il figlio del tuo amico Billy… quello innamorato di Bells da tre anni… adesso che sono finalmente riuscito a mettere le mani sulla donna della mia vita, me la lascio scappare, secondo te?»
Charlie gli scoccò un’occhiata in tralice. «Non mi pare che tu ci abbia messo solo le mani, sopra…» E scoppiarono tutti a ridere, divertiti. Io li guardai fucsia dalla vergogna e dalla rabbia. Non ero abituata a certi discorsi da caserma. Certo, col branco certe volte erano un po’ pesanti, ma non fino a questo punto. Sbottai.
«Vi dispiacerebbe smetterla di parlare come se non fossi presente? Scusate se sono qui con voi, se volete me ne vado…»
«Eddai Bells – Billy ancora rideva a crepapelle – cercavamo di sdrammatizzare…»
«Bene, sarà meglio che io e Bella andiamo a fare una passeggiata, gli ormoni la rendono suscettibile ultimamente…» Jake rideva ancora, gli occhi colmi di una gioia profonda che mi fece dimenticare immediatamente il motivo del mio broncio.
Decidemmo di andare a casa di Emily, volevamo andare a parlare col resto del branco e sapevamo per certo che li avremmo trovati tutti lì. Quando si trattava di mangiare, loro erano sempre sul piede di guerra, e Emily oramai era abituata a sfamare dieci lupi giganti. Le nostre previsioni erano giuste, li trovammo tutti ammassati nel piccolo salotto di Emily, intenti a “far merenda” – più che merenda, sembrava che avessero saccheggiato le provviste di tutta La Push per il prossimo inverno. Ci guardarono tutti in maniera un po’ strana quando ci videro entrare mano nella mano. Probabilmente Sam fu quello che intuì per primo che c’erano dei cambiamenti, perché mi sorrise, calmo. D’un tratto sentii un paio di occhi roventi puntati addosso. Non ebbi bisogno di guardarli per capire a chi appartenessero. Leah. Mi aveva sempre odiata. Fu Paul ad esprimere i pensieri negativi della ragazza. Scattò in piedi, furioso.
«E LEI cosa diavolo ci fa qui, Jake? E’ venuta a spiare il nemico?»
«Paul – intervenne Sam – datti una calmata. Se è qui ci sarà un motivo. Scusalo Bella, non farci caso».
«Tranquillo Sam – sorrisi a mia volta – tanto ormai ci sono abituata. Lo so com’è fatto». Quil e Embry diedero di gomito a Paul con un “ben ti sta!” e sghignazzarono soddisfatti; Seth si alzò per venirmi a salutare. All’improvviso dalla cucina spuntò Emily con un enorme vassoio pieno di muffin appena sfornati. Quando mi vide appoggiò il vassoio sul tavolo – grosso errore, con quelle cavallette perennemente affamate nei paraggi – e mi venne incontro per abbracciarmi.
«Guarda guarda chi si rivede! Bentornata, Bells». Notai con una punta di orgoglio che ormai tutti usavano il nomignolo che mi aveva appioppato mio padre e che usava lui e la famiglia Black. Segno che ormai mi consideravano una di loro. La voce di Emily mi riscosse.
«Bells, ma che hai fatto? Sei uno splendore! Il sole della Florida decisamente ti fa bene, adesso la tua carnagione si avvicina molto di più a quella di un essere umano, hai la pelle liscia, le labbra rosse, il sorriso luminoso, gli occhi che brillano… Dì un po’, non sarà che vuoi trasferirti al sole, eh?» Lo disse in tono scherzoso, ma sentii la mano di Jacob fremere nella mia. Lo rassicurai con una stretta. Nel frattempo Paul e Jared si erano avvicinati a Emily, pronti a sfottere. Jared rischiò davvero grosso.
«Emily, ma sai che hai ragione? E’ davvero più bella… e anche le tette sono più gr…» non finì; un cazzotto in piena mascella lo fece volare all’indietro sulle scale. Jacob era nero.
«Sei mio fratello e per questo non ti faccio a pezzi, Jed, ma prova un’altra volta a ficcare gli occhi nella scollatura della mia donna, e giuro che ti azzoppo». Gli occhi di Jacob lanciavano scintille. Lo sguardo assassino in quel momento mi fece molta più paura di quello di Edward. Cercai di calmarlo, ma fu Sam a prendere in mano la situazione.
«Dai Jake, piantala! Jared voleva solo farle un complimento, lo sai com’è fatto. Si scorda di collegare il cervello alla bocca prima di aprirla, e questo è il risultato. Scusalo, Bells».
«Ma dai, Sam. Non è successo niente». Intanto però Jake mi aveva abbracciata con fare possessivo, ed emise un ringhio sordo giusto per ribadire il concetto. Ero sua, e non si discuteva. Ci accomodammo anche noi nel salotto stracolmo, Jacob sul divano – dal lato più lontano da Jared, notai – e io sulle sue gambe. Emily e Sam mi sorrisero.
«Bene bene, vedo che qui qualcuno ha finalmente aperto gli occhi e preferito la pelliccia ai cubetti di ghiaccio! Hai qualcosa da dirci, Bells?» Il tono di Sam era dolce, non c’era nota di rimprovero nella sua voce. Del resto ormai ci conoscevamo da tempo, avevo imparato ad apprezzare i suoi modi schietti e diretti. Che strano, insieme a loro non mi sentivo mai in imbarazzo. Lo guardai negli occhi, e quando vidi il suo cenno di assenso cominciai a raccontare tutto. Quando arrivai alla parte della chiacchierata con Jacob e Edward sulla spiaggia, si sollevarono mormorii di approvazione, finché Quil mi assestò una sonora pacca sulla spalla.
«Non posso crederci, Bells! Hai mandato all’inferno quel ghiacciolo travestito da manichino! Avrei voluto esserci, maledizione!» Ridacchiò. Lo guardai per un lungo istante, pensando che secondo il modo di pensare di Edward lui era già all’inferno… poi mi girai verso Seth, che non aveva detto una parola.
«Scusami Seth, so che tu gli vuoi bene… credimi, è stato davvero difficile per me».
«Bells – e mi sorrise, calmo e dolcissimo – voglio bene a Edward e a tutta la famiglia Cullen, è vero, ma voglio più bene ai miei fratelli. E se tu avessi visto in che stato era Jake quando sei andata da tua madre, ti giuro che andresti da loro a prenderli a pugni uno per uno». Il suo sorriso incoraggiante mi spinse a continuare.
«Ragazzi… c’è dell’altro che non vi abbiamo detto».
«Dai Bells, non tenerci sulle spine…» Sam era curioso, e stringeva la sua Emily con fare protettivo come se aspettasse una mazzata da un momento all’altro.
«Noi… ecco… io… – il solito rosso brillante, maledizione – io sono incinta». Grida di gioia miste a risate accompagnarono le mie parole, mentre Emily mi stringeva forte e Sam guardava Jake con aria sorniona.
«E bravo Jake… no, dico… la prima volta che ti avvicini a una donna, fai centro! Mantieni alto il nome dei Black, eh Jacob?!» Lo stava sfottendo in maniera quasi indegna, ma Jake non sembrava farci caso più di tanto. Aveva occhi solo per me.
«Congratulazioni ragazzi – Embry non stava più nella pelle – A quando le nozze?» A quelle parole mi sentii sprofondare. Non avevo il coraggio di rispondere, e anche Jake era muto. Mi voltai verso di lui e sussultai nel vedere il suo viso. D’un tratto mi prese la mano e quasi trascinandomi borbottò un “andiamo” e mi portò via, lasciando tutti pietrificati.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Quileute ***


Capitolo 5
05. Quileute
Mi trascinò fino alla spiaggia, al nostro tronco. Non aveva spiccicato una parola e la cosa cominciava a innervosirmi non poco. Mi lasciò sedere sul tronco, quindi prese a passeggiare nervosamente avanti e indietro, le mani nelle tasche dei jeans. Non lo sopportavo quando faceva il musone.
«Insomma Jake, vuoi piantarla?! Mi dici che diavolo ti è preso?!»
«Scusa Bells… non volevo trascinarti via così… è solo che… ecco…»
«Jacob Black, deciditi a sputare il rospo o giuro che me ne vado». Lo guardai negli occhi neri, tristi. Mi venne un groppo in gola. «Jake, ma che hai? Perché sei triste adesso? Che ti ho fatto?»
«Niente… è solo che… Embry… dovrebbe imparare a tacere qualche volta…»
«E’ per quello che ha detto, che fai così? Dai Jake, Embry è tuo amico, non voleva certo offenderti!»
«Non hai capito, Bells… – lo vidi tirare fuori qualcosa dalle tasche dei jeans, ma non fece segno di volermelo dare. Quando capii cosa fosse, sussultai. – E’ da quando sei tornata che mi rigiro questo coso tra le mani, ma non ho avuto il coraggio di dartelo. So come la pensi in proposito, e adesso non voglio che pensi che lo faccio solo perché sei incinta».
«Sei un idiota, Jacob». Mi ero alzata, lo guardavo negli occhi con sguardo fiammeggiante. Stavo per mettermi a piangere, non sapevo nemmeno io se per la commozione o dalla rabbia. Maledetti ormoni. Feci per andarmene furiosa, ma mi prese per un braccio facendomi voltare. Andai a sbattere contro il suo petto febbricitante. Ecco, lì si stava decisamente più comodi. Mi rannicchiai contro di lui, che strinse l’abbraccio e posò le labbra sui miei capelli.
«Che c’è Bells? Non volevo ricordarti il tuo quasi matrimonio… mi dispiace. Non ne parleremo più, ok?» E fece per rimettersi la mano in tasca. Lo bloccai, ancora furiosa.
«Sei uno stupido, Jake. Da quanto tempo ce l’hai?»
«Te l’ho detto, quando sei partita… ecco… io… ci ho pensato parecchio e…»
«E?» Alzai lo sguardo su di lui, incontrando quei pozzi neri che mi facevano tremare le ginocchia. Le solite farfalle ripresero ad agitarsi nel mio stomaco.
«Bells, io senza di te non sono niente. Se non ci sei mi manca un pezzo, Bells. Mi manca l’aria. Mi manca il sole. Quando sorridi, quando sei triste, quando arrossisci… quando ti guardo negli occhi e vedo me stesso riflesso in quel cioccolato che può essere più dolce del miele, io mi sento completo. Non ce la faccio a stare senza di te». Si interruppe; probabilmente non sapeva come continuare. Distolse lo sguardo, ma io gli misi una mano sul viso per piantare di nuovo gli occhi nei suoi e farlo continuare. Non credevo che sapesse essere così dolce… mamma, altro che cioccolato… io mi stavo sciogliendo come burro! Riprese a parlare, il tono più rauco. «Quando te ne sei andata credevo di impazzire. Mi sentivo male, mi mancava l’aria, vedevo tutto grigio. Era come se un pezzo del mio cuore si fosse staccato e ci fosse un buco nel bel mezzo del mio petto. Ho capito come ti sei sentita quando quel pinguino se n’è andato. E mi sono ripromesso che non sarei mai più rimasto lontano da te, Bells. A qualunque costo». Lo guardai negli occhi, e mi sentii mancare: esprimevano tutto quello che lui non riusciva a dire. Era così bello che non potei fare a meno di essere sincera.
«Vale anche per me, Jacob. Da mia madre ho avuto modo di riflettere… sai che da quando sono qui a Forks sogno sempre? A volte sono incubi, ma faccio anche dei bei sogni. Beh, da mia madre sognavo in continuazione i tuoi occhi, il tuo sorriso… anche io sentivo che mi mancava un pezzo, senza di te. E non ho intenzione di andare da nessuna parte, se non ci sei tu». Mi baciò in un modo che mi fece venire in mente pensieri decisamente peccaminosi, ma si staccò prima che finisse male.
«Bells…» Stava tentennando, probabilmente cercava le parole. Abbassò lo sguardo da me, cercando di ricomporsi. Gli sollevai il mento con un dito per costringerlo a guardarmi di nuovo.
«Jacob Black, dove diavolo è finita la tua spavalderia? Fai lo spaccone con tutti e ti vergogni di dirmi due parole piccole piccole?»
«Non è che mi vergogno… è che vorrei evitare che ti rompessi di nuovo una mano per prendermi a pugni…» sogghignò, sollevato. Miseriaccia, quanto era bello quando gli occhi gli si accendevano in quel modo… gli brillavano di gioia pura, di felicità. E a me mancava il fiato.
«Non ti prenderò a pugni, Jake».
«Bells…»
«Mmm?»
«Ti amo».
«Anche io».
«Sposami».
«Si».
«Che hai detto?»
«Ho detto si».
«Hai… detto…»
«Che c’è di tanto difficile da capire nella parola “si”?»
«No, è che… Hai detto si?»
«Jake, ma che ti piglia?» Per tutta risposta mi sollevò in aria, mi strinse forte facendomi fare un mezzo giro e mi rimise a terra per baciarmi. Quando si staccò mi girava ancora la testa, non sapevo bene se per la mancanza d’aria – mi ero scordata di respirare come al solito – o per il volteggiamento in aria, o per il suo bacio. Forse un insieme delle due. avvertii un leggero senso di nausea, ma sapendo a cosa era dovuto cercai di controllarlo.
«Adesso me lo dai quel braccialetto, o devo pregarti in ginocchio?»
«Certo, certo…» Si infilò la mano nella tasca dei jeans, prese il braccialetto e me lo legò al polso destro. Sarebbe rimasto lì per sempre. «Finché morte non ci separi» mormorò sulle mie labbra. Non gli diedi il tempo di reagire, perché gli circondai il collo con le braccia e lo baciai con tale entusiasmo che il discorso si chiuse, perché intraprendemmo attività indubbiamente più interessanti. Finimmo nella sabbia, avvinghiati. Mi spogliò in un attimo, e fu sopra di me intento a baciarmi in un modo che avrebbe sciolto il polo. «Mi sei mancata, Bells…» Mormorò sulle mie labbra, tra un bacio e l’altro.
«Tu invece no...» Mi guardò interdetto.
«Ma, Bells…»
«Scemo, ti stavo prendendo in giro… ti ricordi che ti ho detto un po’ di tempo fa? Che eri il mio sole personale?»
«Si. Il rimedio migliore alle tue nuvole». Mi guardò un istante, pensieroso, le sopracciglia aggrottate. «Ci sono ancora le nuvole, piccola?»
«Quali nuvole, amore?» Rabbrividì quando mi sentì chiamarlo amore. Il suo sguardo si accese ancora di più. E a me venne da piangere per la gioia.
«E adesso che c’è?»
«Sono felice, Jake. Così felice che mi viene da piangere».
«Colpa degli ormoni?»
«Già».
«Evviva gli ormoni, ripeto».
«Quanto sei stupido».
«Quanto sei bella!»
«Non sono bella».
«Lascia giudicare me, ok? E’ vero, non sei bella. Sei devastante». E continuammo quello che stavamo facendo. Charlie e Billy ci stavano aspettando per cena, ma avrebbero dovuto aspettare a lungo. Avevamo altro da fare. Decisamente più interessante.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Matrimonio ***


Capitolo 6
06. Matrimonio.
Avevo scoperto che la cerimonia nuziale dei Quileute era piuttosto semplice, e poteva essere organizzata piuttosto velocemente. Decisi che, visto che dovevo aspettare almeno novembre per poter sposare Jacob davanti allo stato Americano, almeno quel matrimonio volevo organizzarlo prima di assomigliare più a una mongolfiera che a una donna. Con grande soddisfazione di Emily, che mi promise di aiutarmi con tutto, e di mia madre, che si piazzò in casa nostra dalla settimana successiva. L’ultima volta che Renée aveva incontrato Jacob lui ancora non aveva subito la trasformazione, quindi se lo ricordava ancora ragazzino. Quella mattina eravamo sedute sulla veranda di casa di Billy quando lo vidi da lontano, insieme a Seth, Quil e Embry. Diedi di gomito a mia madre.
«Mamma, c’è Jacob…»
«Qual è, Bells? Gesù come sono cambiati questi ragazzi…»
«Quello in mezzo, il più alto. Con i capelli lunghi».
Mia madre trattenne il fiato. «O.Mio.Dio… Bells… ma… è…»
«Bellissimo?»
«Bells, piccola… “bellissimo” mi sembra un termine altamente riduttivo… sembra un bronzo, la statua di qualche dio greco. Sei sicura che abbia diciotto anni?»
«Deve ancora compierli, mamma». Sospirai. Jacob aveva conquistato anche Renée.
«Beh, comunque, è davvero impressionante. Edward non regge il confronto». La guardai interdetta.
«Che vuoi dire?»
«Tesoro, Edward è molto bello, affascinante, perfino intrigante… ma Jacob è un UOMO. Hai presente? Di quelli che quando ti stringono tra le braccia tu ti scordi perfino come ti chiami… che quando ti baciano ti senti le farfalle nello stomaco e vedi tutto rosso. Rosso. Il colore della passione». E come diavolo faceva mia madre a sapere che era esattamente come mi sentivo quando Jacob mi baciava? Mia madre continuò. «Adesso capisco perché hai tentennato con Edward. Bells, amore… tu guardi Jacob come se fosse l’unico uomo sulla faccia della terra».
«Per me lo è».
«E tu sei sua. Questo è fuori discussione. Ti guarda come se volesse fondersi con te». Arrossii fino alle orecchie. In effetti era quello che faceva, in un certo senso… frenai le mie fantasticherie, visto che gli altri ormai erano arrivati. Jake si sedette vicino a me e con fare possessivo mi abbracciò. Feci le presentazioni, e quando Jacob sorrise vidi Renée sciogliersi completamente. Era diventata di gelatina. Come me.
Non appena riuscimmo a restare sole di nuovo, mia madre mi si avvicinò per parlarmi all’orecchio.
«Bells… sul serio tesoro… quell’uomo ti ama più della sua vita. Ed è davvero favoloso. Ah, se avessi vent’anni di meno…» E sorrise maliziosa.
«Mamma!»
«Che c’è di male, Bells? Un uomo come quello può solo renderti felice». Mi sorrise di nuovo, mi abbracciò e poi si allontanò canticchiando. Fui subito circondata da due braccia bollenti che mi avvolsero completamente. Mi fece voltare verso di lui, mi baciò dolcemente.
«Ciao piccola… che dice la tua mamma?»
«Che se avesse vent’anni di meno ci proverebbe spudoratamente con il mio futuro marito».
«Mmm… quasi quasi… mollo la figlia e mi prendo la madre… che ne dici?»
«Brutto… Non ti azzardare a lasciarmi, sai? O ti prendo a pugni». Scoppiò a ridere di gusto.
«Provaci… vuoi proprio romperti una mano, Bells?» stavamo ridendo tutti e due, quando arrivò Seth alle nostre spalle.
«Posso sapere cosa state ridendo voi due? Hey sorellina, Emily ti vuole». Sobbalzai per il modo naturale in cui mi aveva definita sorella. Sembrò capirlo, quindi mi rivolse un sorriso smagliante.
«Bells, ti voglio bene come se fossi mia sorella. In più stai per sposare Jake… ecco… è come se lo fossi davvero». Lo abbracciai di slancio, Seth era davvero dolcissimo. Andai da Emily, e la trovai intenta su un mare di stoffa di un colore indefinibile. Era un colore meraviglioso.
«Vieni Bells… ti piace il colore?»
«E’ bellissimo, Emily… ma…»
«Vediamo se ho indovinato le proporzioni. Su, vieni avanti». Sollevò il mare di stoffa, che si rivelò essere un vestito, e me lo mise davanti. «Che ne dici?»
Sgranai gli occhi sorpresa. «E’ per me?»
«Certo. Non vorrai sposarti in jeans!» Strabuzzai gli occhi dalla sorpresa. Quel vestito era una vera meraviglia. Era di un colore cangiante tra l’azzurro e il verde, ricordava l’acqua del mare, di un tessuto leggero come una nuvola. Me lo fece indossare, e mi andava a pennello.
«Emily… ma non è troppo scollato? Io mi vergogno…»
«Bells, tesoro… se avessi un décolleté come il tuo lo metterei in mostra da qui a Seattle, credimi! Smettila di arrossire… è la verità. Dove credi che finiscano gli occhi di Jake quando non sono persi nei tuoi? E poi… fra tre giorni sarai solo sua, fai godere un pochino anche gli altri fratelli… no?» E mi strizzò l’occhio, divertita, col risultato che mi rilassai. Quel vestito mi stava davvero benissimo, e Emily me lo aveva modellato addosso con maestria. Era stretto al seno, senza maniche, e la gonna scendeva leggera fin sopra le ginocchia, tenuta da una fascia sotto il seno che la arricciava leggermente dandole un’idea di sofficità che mi faceva sembrare più aggraziata di quanto fossi.
«Emily, sei incredibile… hai fatto un miracolo in pochissimo tempo… adesso dovrai farne un altro».
«Cioè?»
«Tu che indosserai?»
«Che vuoi… Oh Bells… dici sul serio?» Si era illuminata, ed era bellissima nonostante la cicatrice.
«Dico sul serio. So che con quella cerimonia non servono le damigelle d’onore, ma ti voglio al mio fianco». Mi abbracciò di slancio, stringendomi forte e io ricambiai spontaneamente il suo abbraccio.
«Bells, sarei stata comunque al tuo fianco, visto che sarà Sam a presenziare alla cerimonia…»
«Non mi importa».
«Grazie, sorellina. Adesso fatti sistemare questo vestito, abbiamo solo due giorni, sai?» C’era ben poco da sistemare: Emily aveva compiuto un vero miracolo. Quel vestito mi calzava a pennello.
Il giorno della cerimonia Emily si impossessò di me, e mi tenne segregata per tutto il giorno. Probabilmente aveva paura che mi facessi vedere da Jacob. All’improvviso, mentre mi stava vestendo, sentii bussare alla porta e mia madre fare capolino, piagnucolando roba del tipo “la mia bambina si sposa” e altre smancerie del genere. Quando uscì tirai un sospiro di sollievo. Durò poco. Billy insistette per venire a salutarmi prima della cerimonia. Emily quasi lo cacciò.
«Billy, devi promettere solennemente che non dirai niente a Jake su Bella».
«E come potrei? Sono senza parole… Bells… sicura di voler uscire in quel modo?»
«Perché Billy? Sto male?»
«No bambina… direi piuttosto che farai morire mio figlio di infarto!» Mi guardava come se fossi un tesoro prezioso, e io mi sentivo a disagio. «Bells, sono qui per darti una cosa… ecco», e mi allungò un astuccio scuro. «Era di Sarah, vorrei che la tenessi tu». Aprii l’astuccio, e rimasi a bocca spalancata dallo stupore. Un filo sottilissimo d’oro bianco, con un’acquamarina splendida come pendente, che mandava bagliori incredibili.
«Billy, è favolosa! Sicuro che vuoi che la tenga io? Magari Becky o Rachel…»
«No Bells, è tua. Viene tramandata solamente dalla parte maschile della nostra famiglia, ma siccome quello zuccone di mio figlio non voleva dartela dicendo che non l’avresti accettata, lo faccio io».
«Billy, ne sarò felice…» Ero commossa, sinceramente, dal suo gesto assolutamente spontaneo. La prese, per aiutarmi a indossarla. Istintivamente mi abbassai per permettergli di mettermela al collo, quindi lo ringraziai con un abbraccio. Ero pronta. Definitivamente.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Finché morte non ci separi ***


Capitolo 7
07. Finché morte non ci separi.
Avevamo organizzato la cerimonia nella solita palestra, l’unico posto a La Push abbastanza grande da contenere tutta la tribù. Jacob era già lì ad aspettarmi, lo sguardo nel vuoto. Quando mi vide entrare sobbalzò dalla sorpresa nell’osservare il mio abito. Lui era sconvolgente; evidentemente Emily aveva compiuto un miracolo anche con lui e gli aveva cucito addosso un vestito che metteva in risalto le sue spalle larghe, il suo fisico possente, la sua pelle bruna. Rimasi estasiata. Non potevo credere che quel sogno fosse lì ad aspettare me. Quando il suo sguardo si illuminò vedendomi, mi resi conto che effettivamente era possibile.
Lo raggiunsi quasi correndo, anche se avrei dovuto muovermi più lentamente, ma non resistevo all’idea di finire tra le sue braccia. Mi prese la mano, sempre guardandomi negli occhi, e mi depose un lieve bacio su una guancia.
«Avevo ragione, amore. Sei devastante».
«E tu sei sconvolgente, signor Black».
La voce bassa e calda di Sam ci riportò alla realtà. Con un sorriso, prese le nostre mani – la destra di Jake e la mia sinistra – le tenne nelle sue. Fece una breve introduzione, quindi lasciò a noi la parola. Mi sentivo a disagio, non ero brava a parlare di sentimenti, tantomeno davanti a un pubblico. Jake parlò per primo.
«Isabella Marie Swan, ti amo più della mia vita. Io ti accolgo come moglie, compagna e amica per tutti i giorni della nostra vita». Ingoiai a vuoto. Quelle semplici parole ebbero la capacità di farmi fremere fino al midollo. Tutti i giorni della nostra vita. Tutti i giorni della mia vita insieme al mio amore, al mio sole, alla mia droga. Insieme a lui. Presi un bel respiro, e parlai, con una voce ferma che sorprese anche me.
«Jacob Ephraim Black, ti amo più della mia esistenza. Io ti accolgo come marito, compagno e amico per tutti i giorni della nostra vita». Jake mi guardò con un sorriso che andava da un orecchio all’altro, quindi Sam prese un nastro e legò simbolicamente i nostri polsi, a rappresentare il legame indissolubile. Poi sorrise sornione.
«Jake, puoi baciarla… ma vacci piano, sei in pubblico fratello!» Jacob sorrise, mi strinse forte e mi baciò. E io per poco svenni. Se rimasi in piedi fu solo merito delle sue braccia forti che mi tenevano, lo sapevo benissimo. Lui, l’infame creatura bella come un angelo, mi guardava come se avesse visto la creatura più bella del mondo. Come se tenesse fra le braccia un tesoro. Il suo tesoro.
«Te l’ho già detto che sei bellissima?»
«Bugiardo, lo dici solo perché sono la sposa e la sposa è sempre bella».
«Te ne ricorderò tra qualche anno, quando sarai ancora più bella e io non smetterò di dirtelo». A quelle parole mi venne da piangere. Lui sarebbe rimasto sempre così bello, giovane. Io sarei inesorabilmente invecchiata. Come sempre, comprese i miei pensieri. Cercò di risollevarmi il morale, ma la nuvola nera rimase per molto nel mio sguardo. Si aprirono le danze, e tutti i fratelli vollero ballare con la sposa, quindi non avemmo più occasione di parlarci. Ad un tratto mi trovai stretta in un abbraccio più delicato degli altri, e capii che era Seth. Gli sorrisi dolcemente.
«Tocca a me, sorellina… Ma ti vedo strana. Qualche problema?»
«No Seth… va tutto bene… solo che…»
«Andiamo Bells, qual è il problema? Ti conosco, lo vedo che hai qualcosa che ti turba...» Mannaggia alla ipersensibilità del branco… possibile che tutti sapessero esattamente quello che sentivo? Poi mi resi conto che forse era solo Seth a saperlo, perché mi conosceva meglio degli altri.
«Ecco, io… riflettevo sul fatto che Jake resterà per sempre così bello e giovane, mentre io invecchierò inesorabilmente… e forse allora lui non mi troverà più tanto bella e mi lascerà per qualcuna più giovane… sempre che prima non abbia avuto il maledetto imprinting!» Seth scoppiò a ridere di gusto.
«Davvero pensi questo, Bells? Davvero pensi che Jake possa avere l’imprinting con qualcun’altra? Non sai che si può avere un solo imprinting?!» Lo guardai come se stesse parlando in lingua farfallina.
«Ma Jake non ha mai avuto l’imprinting…»
«Te l’ha detto lui?»
«Si. Beh, cioè… non mi ha mai detto di averlo avuto».
«Sei sicura?»
«Andiamo Seth, che vuoi dire? Non tenermi sulle spine!»
«Non dovrei dirtelo… insomma, sono pensieri che percepiamo in quanto parte dello stesso branco, quindi dovrei fingere di non saperne niente… ma siccome so che se te lo dicesse Jake tu non gli crederesti, e se non ti dicesse niente saresti capace di fare una pazzia, allora sputerò il rospo. Vieni». Mi prese delicatamente per un braccio per portarmi fuori, in un posto tranquillo dove poter parlare. Si fermò di botto, girandosi per guardarmi negli occhi. Era alto quasi quanto Jake. Ed era molto bello anche lui.
«Allora?»
«Quando sei tornata da Jacksonville, e hai detto a Jake di essere incinta… lui ti ha detto qualcosa. Ti ricordi cosa?»
«Ha detto che non poteva vivere senza di me. Che gli mancava l’aria, che si sentiva… a… metà… – in quel momento un lampo di consapevolezza mi passò negli occhi. Me lo aveva detto quel giorno. Mi aveva detto che il suo imprinting ero io. Stupida. Fissai Seth per un istante, stava sorridendo e annuì capendo cosa mi passasse per la testa. – Seth, sono un’idiota…» In quel momento fummo interrotti da una voce che avrei riconosciuto tra mille.
«Si può sapere cosa fai qui fuori con mia moglie?» La domanda sembrava un rimprovero, ma Jacob stava sorridendo. Si fidava ciecamente di Seth.
«Niente, tua moglie aveva bisogno di una boccata d’aria. La lascio nelle tue braccia, fratello… ho visto un paio di ragazze la cui conoscenza vorrei approfondire… vi saluto!» E ci fece un cenno della mano, ma non prima di avermi deposto un bacio leggero sulla guancia e avermi mormorato all’orecchio: «Tuo marito non ti lascerà mai, Bells. E per lui sarai sempre la donna più bella del mondo».
«Cosa avevate da dirvi tu e Seth di così segreto?»
«Sei geloso?»
«Di quel cucciolo? Nah… sono solo curioso». Sorrise. Bello!
«Dimmi un po’, Jake… tu davvero non hai mai avuto l’imprinting?»
«Ma questo che c’entra… – poi capì. – Era di questo che parlavate, giusto? Di cosa hai paura, Bells?»
«Di tutto. Io invecchierò, e tu resterai sempre giovane e bello… e forse non mi amerai più».
«Tutto qui? Bells, –  mi sollevò il mento con un dito – io non ti amo per come sei fuori, ma per come sei dentro. E comunque, stai tranquilla, invecchieremo insieme».
«Che vuoi dire?»
«Se non ti trasformi per un periodo di tempo piuttosto lungo, il tuo istinto licantropo si affievolisce, e quindi riesci ad invecchiare. Ma ci vuole un autocontrollo che pochissimi hanno. Il mio bisnonno Ephraim ci riuscì».
«Jake, mi stai dicendo che hai intenzione di non trasformarti più per invecchiare con me?» Mi vennero le lacrime agli occhi per la commozione. Era pronto a rinnegare la sua natura per me, per restarmi accanto e morire insieme.
«Non è un gran peso, Bells. Ho sempre sentito appieno la responsabilità della trasformazione, e lo sai. Del resto, quando tu non ci sarai più la mia vita non avrà alcun senso, quindi a che servirebbe restare giovane se non posso stare con te?»
«Ma magari incontrerai il tuo imprinting… e vorrai stare con lei…»
«Bells, credevo che lo avessi capito…»
«Cosa?»
«Il mio imprinting… chi è».
«No. Non avevo nemmeno capito che avessi avuto l’imprinting».
«In effetti, si».
«E…?» Avevo paura di chiedere. Anche se Seth mi aveva già messo sulla buona strada, non volevo sapere che si era sbagliato. Che le nostre congetture fossero campate in aria.
«L’ho sposato. Proprio oggi». Mi baciò, un bacio che mi fece tremare le ginocchia. Sarei finita a terra se Jake non mi avesse sostenuto, con le sue braccia bollenti. Ecco, il problema è che al contatto con la sua pelle diventavo bollente anche io. E a differenza sua, io non riuscivo a controllare la scarica di calore.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - Complicazioni ***


Capitolo 8
08. Complicazioni
I primi giorni dopo il nostro matrimonio trascorsero come in un sogno, io e Jake vivevamo la nostra felicità senza nessuna interferenza. Ci eravamo trasferiti in una piccolissima casetta proprio al confine con La Push, esattamente a metà strada tra casa di Billy e casa di Charlie, e che era di proprietà del vecchio Quil. Era una specie di capanno degli attrezzi, ma le magiche mani di Emily e l’aiuto del branco la trasformarono presto in un piccolo paradiso solo nostro. Io ero felice della mia vita; accanto a Jacob niente e nessuno avrebbe potuto rompere quella bolla di serenità che ci circondava. O almeno lo credevo.
Quella mattina sentimmo bussare alla porta piuttosto presto, quindi andai ad aprire allarmata pensando subito che fosse successo qualcosa a Charlie. Rimasi scioccata quando vidi la figura pallida che apparve sulla porta. Edward Cullen. Non potevo crederci; se aveva avuto il coraggio di arrivare fino ai confini della riserva, c’era un motivo grave. E avevo già capito quale.
«Ciao Bella».
«Ciao Edward… che ci fai qui?» Cercai di addolcire il tono; non volevo sembrare arrogante. Tutto inutile; la voce roca che tuonò alle mie spalle fu tutt’altro che amichevole.
«Che accidenti sei venuto a fare, schifoso succhiasangue? Hai un bel coraggio a farti vedere…» Edward lo interruppe con la mano.
«Lasciamo da parte le dimostrazioni di affetto, Jacob Black. Sono qui per parlarvi. Anzi, sarebbe meglio se andassimo dal resto del branco». Il suo tono avallò i miei sospetti. Mi voltai lentamente verso Jacob, pallida come un lenzuolo, e gli mormorai di chiamare Sam.
«Bells, che succede? Dio, sembri… un… un… un vampiro, maledizione!» Sussultai al suono della sua voce.
«Ti prego Jake, non discutere adesso. Chiama Sam. Digli che i Cullen hanno bisogno di parlare col branco. Se non vogliono farli entrare a La Push, che vengano qui. Ma fai in fretta!» Lo sguardo supplichevole che gli lanciai evidentemente ebbe il suo effetto, perché si catapultò oltre la porta di casa e dopo tre salti era già su quattro zampe. Dopo pochi minuti – minuti passati in un silenzio imbarazzatissimo tra me e il mio vecchio amore – arrivarono gli altri. Come sempre, Sam prese la parola.
«Ciao Cullen. Jacob mi ha detto che hai bisogno di parlarci… fuori il rospo».
«Veramente vi ho fatto chiamare io, Sam. Ma se è giusto quello che penso Edward voglia dire…» Edward mi guardò con il suo sguardo di miele. Che strano, oramai non aveva più nessun effetto su di me. Jake lo notò, e sogghignò soddisfatto.
«Tu cosa pensi, Bella?»
«Stanno arrivando». Non era una domanda.
«Perspicace, come sempre. Alice li ha visti». Mi sentii svenire. Meno male che Jacob lo capì e mi prese al volo.
«Quando?»
«Una settimana. Forse meno».
«Quanti?»
«Tutti». Chiusi gli occhi. Non osavo girarmi per guardare Jake, ma lo sentivo fremere alle mie spalle, le sue braccia strette attorno a me per impedirmi di crollare. Di nuovo fu Sam a prendere la parola.
«Volete spiegarci?» Decisi che quel compito spettava a me. Mi feci coraggio, e parlai, con gli occhi chiusi.
«Ricordate quando sono partita per l’Italia, per salvare Edward? – Mi rispose un coro di assensi – Ecco… in Italia c’è una famiglia di vampiri molto antica, i Volturi, che hanno il compito di far rispettare le regole a tutti i vampiri del mondo. Una specie di Alfa, insomma».
«E quali sarebbero queste regole?»
«Alla fine si riducono ad una sola, Sam. La segretezza. Nessuno deve venire a conoscenza dell’esistenza dei vampiri. Nessun umano, intendo. Senza eccezioni. Quando mi hanno vista lì, e quando hanno capito che sapevo chi erano…» mi interruppi, faticavo a continuare. Ma oramai Sam voleva sapere. Tutto il branco voleva sapere.
«Volevano ucciderti».
«Beh… si. Ma Alice li ha convinti a lasciarmi in vita».
«Come?» stavolta fu Jake a fare la domanda. Ma quello che mi spaventò fu il tono. Sentii un brivido corrermi lungo la schiena; sapevo che aveva già capito. Gli posai una mano sul braccio per farlo calmare, ma non servì.
«Beh, ecco… ci sono solo due possibilità quando un umano scopre il mondo sotterraneo dei vampiri. Una peggiore dell’altra». Cominciò a tremare.
«Dimmene una».
«Non ti piacerà, Jake». Cercai di prendere tempo, ma fu tutto inutile. Già sapeva.
«DIMMELA MALEDIZIONE! Dimmi la meno peggio». Mi guardava negli occhi, quasi volesse fondersi con me, quasi volesse leggermi dentro. Chiusi di nuovo gli occhi.
«La morte». Fu un sussurro, ma sentirono tutti. Subito dopo, sentii un sonoro crack davanti a me, altre braccia che mi tenevano per impedire che mi accasciassi. Aprii gli occhi e trovai un lupo rossiccio che teneva Edward per il collo, attaccato a un albero.
«Jake, per favore… lascialo… non serve a niente adesso… ti prego…» cercavo di rabbonirlo. Uggiolò con uno sguardo tristissimo, quindi mollò la presa su Edward e corse nel bosco, per tornare di nuovo su due zampe. Mi accorsi in quel momento che era Seth che mi teneva, stringendomi dolcemente le spalle. Quando Jake tornò mi lasciò tra le sue braccia. Sembrava una statua, non lo avevo mai visto così. Era sfigurato dal furore.
«Qual era l’altra opzione, Bells?»
«Diventare una di loro. Un vampiro». Un ringhio sordo si levò da tutto il branco, ma la voce che amavo emise suoni umani. Anche se contorti dalla rabbia.
«Brutto schifoso parassita… come accidenti ti è venuto in mente? Ah, già… era il metodo più veloce per farla diventare una sanguisuga, giusto?! Sarebbe stato tutto più facile, in quel modo… adesso non è il momento, ma ti avverto: se non ti ammazzano loro, ti ammazzo io, succhiasangue».
«Datti una calmata, Jacob Black. Non ti viene in mente che se avessi voluto che lei diventasse un vampiro, l’avrei già morsa da parecchio? O avrei lasciato che il veleno di James facesse effetto? Io non voglio che lei diventi un vampiro. Non l’ho mai voluto. IO HO SEMPRE VOLUTO CHE RESTASSE UMANA!» Era disperato. Disperato perché sapeva che l’arrivo dei Volturi significava morte certa per me e per la sua famiglia. E disperato perché l’unica sua ragione di vita lo aveva rifiutato, lasciandolo solo. Jacob sembrò calmarsi.
«Che facciamo?»
«Li affronteremo». Fissai Sam con sguardo di fuoco. Non potevo permetterlo.
«E noi vi daremo una mano». Era impazzito?! Voleva davvero sacrificare tutta la sua famiglia in un gioco al massacro?!
«No». Dissi.
«Cosa? Ma Bells…» Sam mi guardava stralunato.
«Non voglio che voi rischiate la vita per me. Quanto a te, Edward Cullen, so benissimo cosa stai cercando di fare. Non te lo permetterò». Mi fissarono tutti in maniera strana, ma fu come sempre Sam a parlare.
«Che vuoi dire, Bells?»
«Quando sono andata in Italia, era per fermarlo. Dopo avermi lasciata ha cercato di farsi ammazzare dai Volturi. E ci sarebbe riuscito, se non fosse stato per il tempismo di Alice. Adesso vuole completare l’opera. Vero, Edward?» Lo guardai talmente male che abbassò gli occhi, sentendosi colpevole. Jacob ringhiò, controllandosi a stento.
«Se vuoi ammazzarti, stupido succhiasangue, fai pure. Ma ti proibisco di mettere a repentaglio la vita di mia moglie o del branco. Scusa, Sam, ti ho praticamente rubato il posto…»
«Era ora, Jake! Non preoccuparti, abbiamo problemi più grossi in questo momento. Quanti sono di preciso?» L’ultima domanda di Sam ovviamente era rivolta a Edward.
«Dunque… Aro, Caius, Marcus, Demetri, Felix, Jane, Alec, e forse Renata».
«E chi è Renata?» Mi era venuto spontaneo, non la conoscevo.
«E’ la guardia del corpo di Aro. E’ capace di emettere una specie di scudo protettivo che isola chi le sta vicino da eventuali attacchi psichici. Cosa del tutto inutile, visto che i nostri poteri non possono certo competere con i loro».
«Spiegati, succhiasangue». Jacob era pensieroso. Sembrava di sentire il suo cervello che lavorava febbrilmente per elaborare un piano.
«Jane e Alec sono molto pericolosi. Jane è capace di infliggere un dolore mentale fortissimo a chiunque – poi mi guardò – beh, quasi a chiunque. E Alec ti anestetizza, non ti fa sentire niente, ti rende incapace di reagire. Così, mentre Jane ti spappola il cervello dal dolore, suo fratello ti immobilizza, ti impedisce di combattere. E loro vincono».
«Aspetta, ci riesce con tutti?»
«Finora, abbiamo trovato una sola eccezione».
«E chi sarebbe?»
«Bella».
«Che vuoi dire, sanguisuga?»
«Che quando è venuta a salvarmi, loro hanno provato a usare il loro potere, Aro ha anche provato a leggerle la mente, ma non ci sono riusciti. Niente. Completamente immune». Fu un istante. Jacob lo afferrò per il colletto, sollevandolo da terra di buoni dieci centimetri prima di scaraventarlo addosso a un albero cento metri più in là, spezzando il tronco a metà.
«Sei uno stronzo. Hai rischiato di far morire la mia Bells, per testare quanto quei vampiri potessero farle del male…»
«Veramente, sospettavo che poiché io non riuscivo ad entrare nella sua mente, non ci sarebbero riusciti neanche loro, Jacob Black. Se fosse dipeso da me, lei in Italia non avrebbe proprio dovuto venirci. Ma Alice non mi ascolta mai». Nel frattempo, Edward stava risistemandosi i vestiti, strapazzati da Jake.
«Allora, qual è il piano, Edward?» Era la prima volta che sentivo Sam chiamarlo per nome, e mi fece effetto.
«Intanto, lei se ne va. Mandatela a Jacksonville, a Phoenix o dove volete, ma Bella se ne deve andare».
«Scordatelo. Io non mi muovo di qui».
«Bella, per favore… è pericoloso…»
«No, Edward».
«Jake, provaci tu… lei DEVE andarsene».
«Ascoltami bene, Edward Cullen. Tu non sei più nelle condizioni di darmi ordini, quindi io non ti ascolterò. E poi, se è vero che cercano me, non trovandomi vi stermineranno. Tutti, senza nessuna eccezione, lupi e vampiri. Senza contare che Aro riuscirebbe a leggere nelle vostre menti e capirebbe subito dove sono. E… non sono scappata davanti a James, né davanti a Laurent, né davanti a Victoria. E non ho intenzione di farlo davanti ai Volturi. Quindi scordati che me ne vado».
«Ha ragione lei». Rimasi sorpresa. Jacob mi stava dando ragione?! Stava dicendo che dovevo rimanere?! «Siamo numericamente superiori, se uniamo lupi e succhiasangue. Quindi c’è da sperare che non combatteranno. Ma se Bells se ne va, ci stermineranno tutti pur di trovarla. E metteremmo in pericolo anche Renée. Dimmi una cosa… Edward… Jane e Alec, possono tenere a bada più persone contemporaneamente?»
«Non credo… perché… giusto, hai ragione Jacob. Se due di noi distraggono i fratelli malefici, gli altri sono liberi di attaccare. Fate solo attenzione ad Aro, legge nel pensiero».
«Come te?»
«No. Lui deve stabilire un contatto fisico. Deve toccarvi. Se gli girate alla larga, non potrà leggere i nostri pensieri».
«Bene, Aro è mio». Fu Sam a parlare, e vidi la luce della vendetta brillare nei suoi occhi. «Riesco a schermare i miei pensieri abbastanza da impedirgli di ficcare il naso».
«Anche io, fratello». Sussultai. Era vero, anche Jake era bravo a schermarsi, ma… non volevo pensare che avrebbe corso qualche rischio per me.
«A te spetta un altro compito, Jake». Compresi subito cosa intendesse. Del resto era il più forte, sia fisicamente che mentalmente. Ma non volevo accettarlo.
«No! Sam, ti prego… non puoi chiedergli questo… Io… ho visto come ti riduce Jane… non… lo sopporterei… ti prego, Sam!» Lo guardavo con occhi imploranti, uno sguardo pieno di lacrime che Sam ricambiò, dolente.
«Mi dispiace, Bells… neanche a me piace l’idea… ma dobbiamo farlo. Siamo sette e sette. Un vampiro e un lupo a coppia».
«Veramente, Sam, siamo otto…» Seth non stava nella pelle all’idea della battaglia.
«Fratello, ho bisogno di te per il compito più delicato». Avevo già capito. Sam voleva risparmiare almeno lui. Annuii, fissandolo negli occhi.
«E cioè?»
«Dovrai tenere Bells al sicuro, Seth. Pensi di farcela?»
«Non la toccheranno. Un grosso lupo color sabbia veglierà su di lei. Promesso, Jacob. Tua moglie non correrà alcun pericolo».
«Mi fido, fratello. Mi fido. E so che non potrei lasciarla in mani migliori».
«Bene. Jake e Edward… voi due farete da esca per i gemelli. Io e Jasper ci occuperemo di Aro. Paul e Emmett prenderanno Demetri. Jed e Rosalie andranno da Caius, Quil e Alice si occuperanno di Marcus. Embry e Esme faranno fuori Renata. Leah e Carlisle avranno Felix. Chiunque finisce prima, andrà a dare una mano a eliminare Jane e Alec». Notai con piacere che aveva fatto le coppie in maniera che i vampiri meno forti fossero sistemati col lupo più forte, a parte lui, Paul e Jake.
«Ho solo una domanda, Sam. Perché le esche devono essere per forza quel ghiacciolo e Jake?»
«Il motivo è semplice, Leah. Perché gli altri pinguini sanno che sono le due persone più importanti per Bells, e quindi immagineranno certamente che lei si getterà davanti a loro per impedire ai Volturi di far loro del male. E qui entra in gioco Seth. Dovrai bloccarla, fratello. A costo di stordirla».
«Tranquillo, Sam. Dove vuoi che vada? Tanto è troppo debole per noi!» Seth mi sorrise come a prendermi in giro, ma io mi sentivo morire e non riuscii a rispondere al suo sorriso. Mi rannicchiai ancora di più tra le braccia bollenti di Jake, ben sapendo che forse… No. Non volevo pensarci. Lui sarebbe tornato. Doveva tornare. Non accettavo altre prospettive.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - Guerra ***


Capitolo 9
09. Guerra
Li stavamo aspettando. Sapevamo che sarebbero arrivati quel giorno, e sapevamo anche da dove. Avevamo deciso di aspettarli nella radura, il solo posto abbastanza lontano da Forks e La Push da non far correre pericolo a nessuno. Seth aveva preso il suo ruolo piuttosto seriamente, quindi eravamo in disparte, seduti sotto un albero al limitare della radura, intenti a parlare. Tutti gli altri, vampiri e licantropi, si stavano allenando. Jake si avvicinò, e Seth come sempre sparì silenzioso. Jacob mi strinse tra le braccia, cercando di tranquillizzarmi.
«Sai che se avessi un’alternativa resterei con te, amore… Ma io e Sam siamo i più forti, gli altri hanno bisogno di noi. Amore, guardami per piacere…  – Mi sollevò il mento con una mano bollente – Ti amo Bells. Ti amo più della mia vita, e sai che dico sul serio». E con fare possessivo mi mise una mano sulla pancia, che cominciava a vedersi, anche se poco. Con la coda dell’occhio vidi Edward trasalire, ma distolse subito lo sguardo.
«Jake… per favore… cerca di non correre rischi inutili! Mi servi vivo. Sai che l’unica ragione per cui i miei pezzi rimangono insieme sei sempre stato tu, quindi per favore, se non vuoi vedermi sbriciolata torna, ti prego». E mi sollevai sulle punte per baciarlo. Mi tenne stretta per un po’, quindi si allontanò veloce. Alle mie spalle, una voce dolcissima mi fece voltare.
«Stanno arrivando, Bells».
«Oh, Seth… ho tanta paura…»
«Tranquilla, se si atterranno al piano vedrai che non ci sarà storia. Siamo il doppio di loro! E non solo numericamente…»
«Ma voi siete tutti così giovani… come potete rischiare la vita per me?!»
«Bells… siediti, sorellina. Non è la prima volta che rischiamo la buccia per te, se non sbaglio… lo abbiamo fatto prima, a maggior ragione adesso che sei nostra sorella. Vedi, noi ci consideriamo una famiglia. E se qualcuno tocca la famiglia, ci incazziamo parecchio… soprattutto se il membro della famiglia non può difendersi. Come te». Mi circondò le spalle con un braccio, solo per farmi coraggio. Sembrò che mi avesse trasmesso un po’ del suo ottimismo, perché riuscii a tranquillizzarmi.
Quando li vidi arrivare sobbalzai. Indubbiamente incutevano timore, un po’ per il loro aspetto, ma soprattutto per il cappuccio che gli copriva il viso. Aro, come sempre, prese la parola per primo.
«Buongiorno, amici. Vedo con piacere che avete stretto delle relazioni… diciamo particolari… Carlisle, amico mio, è davvero una gioia rivederti!»
«Non posso dire lo stesso, Aro. Sappiamo perché siete venuti, e la cosa non ci fa piacere. Tra l’altro ci mette in una situazione piuttosto delicata nei confronti dei nostri amici». E indicò la foresta attorno a lui.
«E perché mai, Carlisle?»
«Perché abbiamo fatto un patto. Non salassare nessuno nei paraggi. E per me questo patto vale anche nei vostri confronti».
«Oh, mi rendo conto… mi rendo conto… e loro – indicò i lupi enormi che stavano uscendo dal folto della foresta – cosa vi hanno promesso in cambio?»
«Non svelare la nostra natura. Come vedi, l’accordo è reciproco».
«Ma noi non siamo qui per distruggervi… siamo qui solamente per verificare che Bella sia stata trasformata».
«Temo che lei faccia parte dell’accordo che abbiamo stretto, Aro. Abitando qui, è inclusa tra le persone che noi non possiamo trasformare».
«Bene, allora spero sarete contenti se saremo noi a farlo al posto vostro». Un ringhio assordante si sollevò dalle fila dei lupi, seguito a ruota dai vampiri che si schierarono con un ordine prestabilito. Aro sogghignò, per niente impressionato.
«Intanto… ma dov’è Bella?»
«Sono qui, Aro». Mi feci avanti, stranamente rincuorata dalla presenza di Seth al mio fianco, che non mi mollava.
«Temevo fossi scappata, cara… è davvero un piacere vederti! Che dire, sei uno splendore».
«Non posso dire lo stesso. Non è affatto un piacere vederti. E non sei uno splendore». Sentii Seth ridacchiare dietro di me mentre mi avvicinavo al gruppo.
«A quanto pare, la tua sfrontatezza non è cambiata. Mi piaceva, è certamente la tua dote migliore, cara».
«Smettila di chiamarmi cara, non siamo amici. E ti pregherei anche di dire a Jane di smetterla di cercare di intrufolarsi nel mio cervello, tanto sa benissimo che non ci riesce». Sorrisi. Vidi Jane sobbalzare, a quanto pare era ancora convinta di poter sfondare la mia strana difesa, col tempo. Vidi Jake farsi più vicino, insieme a Edward. Stavano serrando i ruoli.
«Ma Bella… ammetterai che per la piccola Jane sei un caso frustrante! E sei ancora umana… ma… Devo farti le congratulazioni, immagino». Merda. Certo, aveva sentito anche il battito del cuore del bambino. Che stupida, avrei dovuto pensarci. Edward intervenne.
«Lasciala stare, Aro. Non ti azzardare a toccarla».
«Edward, Edward… la mia curiosità per la tua Bella è puramente accademica, lo sai».
«Lei non è più mia, Aro».
«Oh, che notizia… allora non le dispiacerà se Jane si diverte un po’ con te». E fece un gesto della mano. Come aveva previsto Sam. Edward si accasciò, con delle fitte di dolore lancinanti. E Sam aveva previsto anche questo. Mi sarei lanciata davanti a lui, se una morsa bollente non mi avesse stretta, da dietro, trascinandomi via. Jane non accennava a mollare Edward, ma mi sentii morire quando vidi Jake accasciarsi, annebbiato. Urlai, il viso nascosto nel petto di Seth, che comunque non allentava la stretta.
«Bene, vedo che ci sono stati dei cambiamenti… Ti piacciono i cani, Bella? Non lo sapevo».
«Smettila Aro, ti prego… farò tutto quello che vuoi, ma basta. Smettila di torturarlo».
«Vedo che sei ragionevole, cara. Avvicinati, Bella».
«Sorellina, non farlo…» Seth continuava a tenermi stretta, ma io urlavo e cercavo di liberarmi dalla sua morsa. Volevo fare qualcosa, ma non sapevo esattamente cosa avrei fatto contro quegli esseri soprannaturali. Proprio in quel momento, Edward riuscì comunque a mettersi in piedi e ad avvicinarsi a Alec, col risultato che quest’ultimo smise di torturare Jake. Edward fece in modo di arrivargli abbastanza vicino, quindi lo prese per il collo.
«Non la toccherai… Aro… non… te lo permetterò…» Stava facendo violenza a se stesso, ma se non avesse resistito, avremmo perso. Tutti. Oramai ero accecata dalle lacrime, nascondevo il volto nel petto enorme di Seth nella speranza di non vedere, ma purtroppo non potevo non udire. Gli uggiolii di dolore di Jacob mi perforavano le orecchie, facendomi singhiozzare ancora di più. Jane, vedendo che Alec non poteva più essere di aiuto, aveva cominciato a torturare Jake. A quel punto, Edward era in difficoltà; non si sa come, Alec era riuscito a staccargli un braccio e quindi tenerlo era diventato più difficile. Seth doveva intervenire.
«Seth, vai ad aiutarlo… non può farcela da solo».
«Ma… e tu?»
«Io starò ferma qui, te lo prometto». Col cavolo.
«Ok». Non finì di dirlo, che era su quattro zampe, e aveva addentato la gola di Alec. Bene, adesso le cose andavano decisamente meglio. Un uggiolio di dolore mi riportò alla realtà. Senza riflettere mi gettai davanti a Jacob, ancora accasciato, con l’intento di fargli da scudo. Speravo che togliendolo dalla visuale di Jane, sarei riuscita a toglierlo anche dalle sue grinfie. Intorno a me turbinavano gli altri combattimenti, ma non riuscivo a vedere chi stesse prendendo il sopravvento, tale era la velocità con cui si muovevano. Sentii da lontano Edward ringhiare quando si accorse che mi trovavo esattamente sulla traiettoria di Jane e lei stava avanzando.
«Bella, levati da lì».
«NO!» Urlai. Volevo salvare Jake. Del resto non mi importava. Mi accorsi che gli uggiolii erano finiti, nel momento in cui vidi una mano enorme ma bianca afferrare la gola di Jane e una voce che conoscevo ringhiarle in un orecchio.
«La pagherai, brutta strega!» Emmett… mio eroe! Mia salvezza e provvidenza… In quel momento Jake scattò in piedi, afferrando un braccio della vampira e in un baleno la fece a pezzi insieme a Emmett. Ormai eravamo salvi. O almeno così credevo. Mi sentii soffocare, qualcuno stava stringendo una morsa intorno al mio collo, impedendomi di fatto di respirare. Ero impietrita dal terrore, e mi accorsi che anche Edward e Jacob si erano bloccati di riflesso, quasi temessero di fare un movimento. Sentii una voce melliflua vicino al mio orecchio, tremai all’impatto del fiato freddo sul collo. Sapevo che cosa significava. Voleva mordere. Marcus voleva il mio sangue.
«Bene… vedo che sono riuscito a catturare la vostra attenzione, alla fine. Fate un solo movimento, e salasso la vostra amica. Del resto, sai Edward? Avevi ragione. Ha un profumo da far venire l’acquolina in bocca». Jacob ringhiò, seguito da Edward, ma nessuno si mosse. Guardai negli occhi il grosso lupo rosso, e vi lessi tutto quello che non avrei mai voluto vedere. Dolore, rabbia, frustrazione, amore, sacrificio. Si, sacrificio. Se avesse potuto, si sarebbe gettato al mio posto. Ma non sarebbe servito a niente, e lo sapeva. La mano intorno al mio collo stringeva sempre di più, e io cominciavo a vedere dei puntini neri nel mio campo visivo. La mancanza di ossigeno cominciava a farsi sentire, e avevo paura per il bambino. Marcus strinse ancora di più, io smisi di respirare, non riuscivo a muovermi, e d’un tratto sentii un colpo violentissimo alla testa, sangue che colava in abbondanza, prima di vedere tutto nero. Il nulla.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 - Armistizio ***


Capitolo 10
10. Armistizio.
Ero morta. O almeno così credevo. Ma avvertivo un dolore lancinante alla testa, e allora compresi che ero viva, altrimenti non avrei sentito dolore. Quando muori non provi dolore. Tentai di muovermi, ma mi sentivo come se qualcosa mi trattenesse. Come se i miei muscoli non rispondessero ai comandi del mio cervello. Mi sentivo “pesante”. Cercai di aprire gli occhi, ma anche quello mi costò una fatica enorme. Era come se stessi riemergendo dalle profondità del mare, come quando mi ero buttata dalla scogliera di First Beach. Ma allora a tirarmi fuori furono due braccia forti, bollenti, braccia che erano sempre state lì quando avevo bisogno, quando mi serviva un porto sicuro. Chissà perché mi stava tornando in mente proprio quell’episodio… forse perché la consapevolezza di averlo accanto mi diede la forza di riemergere da quell’abisso, anche se in quel momento non lo avevo capito. Jake. Pensare a lui mi fece sentire bene. Ma allora perché non lo sentivo accanto a me? Per quale motivo non c’era? Perché non sentivo la sua voce, i suoi baci, le sue mani? Il mio cervello stava metodicamente analizzando tutte le possibili ragioni, come spuntandole da una lista. Ma si rifiutava automaticamente di prendere in considerazione la sola ragione che avrebbe potuto tenerlo lontano da me. Alla fine mi feci coraggio e mi decisi ad aprire gli occhi. La prima cosa che vidi furono gli occhi preoccupati di Seth fissi nei miei. Fu solo dopo che percepii altre presenze.
«’Giorno, Bells». Seth. Il suo sorriso dolce e luminoso era capace di farti far pace col mondo.
«Buongiorno…»
«Non parlare, sorellina. Non devi affaticarti». Emily. Sembrava preoccupata, forse per le mie condizioni. Fu allora che sentii una mano fredda stringere la mia, e una voce di velluto per la quale qualche tempo prima avrei fatto qualunque cosa.
«Bella… amore mio… mi hai quasi fatto morire d’infarto, sai?»
«Togli quella mano, iceberg».
«Seth… io…»
«Mollala, Cullen. Non te lo ripeto. Lei non ti appartiene più». La voce di Seth era affilata come la lama di un rasoio. Con un sospiro, Edward tolse la sua mano dalla mia.
«Dov’è Jake?» Vidi tutti sobbalzare e distogliere lo sguardo. Brutto segno. Mi agitai, andando in iperventilazione. Emily cercò di calmarmi inutilmente.
«Bells, tesoro… cerca di stare tranquilla…»
«Dov’è Jake!» Quasi urlai. La ragazza sospirò.
«Da Billy. Si è fratturato le costole per gettarsi contro Marcus quando ti ha vista svenire e lui che ti scaraventava via. Tu hai battuto la testa su una roccia, Bells, e hai perso molto sangue. Abbiamo dovuto staccarti quelle schifose sanguisughe di dosso, piccola. Senza offesa, Edward».
«Nessuna, offesa, Emily. Sono delle sanguisughe, in effetti».
«E… Jake?»
«Come ti ho detto, si è rotto le costole. Che di per sé non sarebbe grave, se non fosse catatonico». Chiusi gli occhi per assorbire la notizia.
«Che vuol dire?» Fu Seth a continuare.
«Ti crede morta, Bells. E sta cercando di lasciarsi morire per raggiungerti».
«Portami da lui, Seth».
«Ma Bells, sei debole…»
«Seth Clearwater, PORTAMI DA MIO MARITO. ORA». Sospirò, ma annuì. Mi tese le braccia per aiutarmi ad alzarmi dal letto, quindi mi delicatamente e mi portò dritta a casa Black.
La porta era aperta, e sembrava non ci fosse nessuno. Seth mi accompagnò fino alla stanza di Jacob, sorreggendomi saldamente. Erano tutti lì: Billy col volto stravolto, Sam con una maschera di dolore, Quil e Embry che probabilmente non dormivano da prima della battaglia. E nell’angolo più buio della stanza, scorsi Carlisle. Quando mi vide sembrò illuminarsi, mi sorrise e si fece avanti.
«Ecco la nostra medicina, finalmente!» Tutti si voltarono verso di me, ancora aggrappata a Seth. «Coraggio Bella, parlagli».
«Come sta?»
«Fisicamente direi bene. Nel senso che le costole rotte si sono saldate alla perfezione, ma lui ti ha vista cadere, e ha sentito che non respiravi più. Non percepiva neanche il battito del tuo cuore, quindi crede che tu sia morta, e…» Completai io la frase.
«Si sta lasciando morire». Carlisle annuì.
«Solo tu puoi salvarlo, Bella. Parlagli: sentendo la tua voce capirà che sei viva…»
«O penserà che siamo morti entrambi». Guardai il vampiro con tristezza. Conoscevo Jake, sapevo che se avesse saputo che esisteva anche una sola possibilità, avrebbe lottato. Dovevo provarci. Mi sedetti sul letto, accanto a lui, e gli strinsi la mano.
«Jake, mi senti? Sono Bells. La tua Bells. Andiamo amore, apri gli occhi!» Niente. «Jake, sono io. Sono viva, sto bene. E’ tutto passato!» Ancora niente. Provai a scuoterlo. «Jacob! Apri gli occhi, maledizione! Non provarci nemmeno ad abbandonarmi, sai? Hai combattuto tanto, hai lottato con le unghie e con i denti per avermi e adesso molli così? Andiamo, tira fuori le palle e combatti, Jacob Black!» Niente. Alzai la voce. «Stammi a sentire, giuro che se non reagisci vengo lì e ti prendo a pugni in faccia, stupido ammasso di pelo rossiccio!» Billy non riuscì  a trattenersi dal sogghignare.
«Questo sì che si chiama parlare, Bells…» ma venne interrotto da una voce roca, la più bella voce che avessi mai sentito.
«Bells, sai bene che non ti conviene prendere a pugni in faccia un lupo mannaro… vuoi proprio romperti una mano?» scoppiarono tutti a ridere, ma io mi girai verso di lui coi lucciconi per rispondergli a tono. Ma quando incontrai il suo sguardo, scoppiai a piangere sul suo petto, come una bambina.
«Non farmi mai più una cosa del genere, Jacob Black. Mi hai quasi fatto morire di paura». Mi sollevò dolcemente il viso per guardarmi negli occhi.
«Veramente sono io che ho rischiato l’infarto… quando ti ho vista lì, svenuta, che non reagivi…»
«Sai, è difficile reagire quando hai un vampiro che ti stringe il collo in una morsa e non ti lascia respirare!» Ricominciai a piangere. Scioccamente, mi dissi, perché lui stava benissimo. Si sollevò a sedere e mi strinse forte, ed ecco che il mio sole tornò a brillare, sentii un sonoro “clic” all’altezza del cuore ed ebbi la curiosa sensazione che un pezzo di me ritornasse a posto, come la tessera di un puzzle che fosse stata rimossa. Era l’”effetto Jacob Black”, oramai lo sapevo. E ne ero completamente dipendente. «Com’è finita?» Fu Seth a rispondere
«Beh… diciamo che hanno capito che con i cani non si scherza…» Lo guardai truce, ma lui ridacchiò. «Jasper ci ha rimediato qualche morso, Jake si è rotto le costole, Paul si è ferito ad un braccio e ad una gamba, e Edward si è ritrovato senza un braccio… ma non hanno fatto in tempo a bruciarlo, quindi è tornato normale».
«E… loro?»
«I Volturi, dici? Dunque: Marcus l’ha fatto a pezzi Jake personalmente dopo che ti aveva quasi soffocata… è stata una gran soddisfazione! Io ho fatto a brandelli uno dei due mocciosi, mentre all’altra ci ha pensato Emmett. Dopo di che, Aro ha pensato bene di tagliare la corda. Ma prima ci ha fatto promettere che manterremo tutti il segreto, te compresa. In cambio, loro non torneranno mai più».
«Quindi… siamo liberi?» Fissai gli occhi in quelli di Jacob, pronta a farmi sommergere da quel fiume di lava. Un angolino della mia mente annotò il fatto che erano usciti tutti dalla stanza, probabilmente con l’intento di lasciarci un po’ di privacy.
«Si, Bells. Siamo liberi. Abbiamo fatto un armistizio con quei viscidoni. Ma dobbiamo parlarne adesso?» Sorrisi, avevo già capito a cosa alludesse.
«Hai altro in mente, signor Black?»
«Direi di si, signora Black». E mi baciò. Meno male che ero seduta: mi sentii sprofondare e solo in quel momento mi resi conto di quanto in quel poco tempo che ero stata svenuta mi fossero mancati i suoi baci, le sue carezze, le sue braccia bollenti. Il resto del nostro discorso non fu fatto di parole, ma risultò comunque eloquente.

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Capitolo 12
*** Epilogo ***


Epilogo
Epilogo
Erano passati mesi da quell’incontro con i Volturi, e io oramai andavo in giro che sembravo un pianeta, tanto ero grossa. A volte mi sentivo una balena che si era spiaggiata giù a First Beach. Ovviamente, inutile dire che più si avvicinava la data del parto più i nonni davano fuori di testa, soprattutto da quando avevamo saputo dalle ecografie che era una bambina. Io e Jake avevamo già trovato il nome: Sarah, come sua madre. Era un omaggio dovuto, alla donna che aveva messo al mondo quell’essere divino che mi sarebbe rimasto accanto per la vita.
Mi svegliai con una strana sensazione quella mattina, e quando mi misi a sedere sul letto capii in un istante. Si erano rotte le acque. Mi girai per svegliare Jake al mio fianco, ma non lo trovai e mi allarmai. Quando sentii lo scroscio dell’acqua della doccia mi rilassai. Mi alzai e andai a bussare alla porta del bagno. Uscì, solo l’asciugamano in vita. Gesù, anche in quel frangente mi mancò il fiato. Era una visione: l’asciugamano che copriva il minimo indispensabile, i capelli gocciolanti che arrivavano più giù delle spalle, le goccioline d’acqua che scorrevano sul corpo bruno… maledizione, non era il momento!
«Jake… abbiamo un problema». Ero paonazza. Possibile che dopo tutto quel tempo mi vergognassi di mio marito?!
«Che succ… ops. Vestiti. Io chiamo Charlie. Bells?» Mi trattenne per un braccio.
«Mm?»
«Sei uno splendore».
«Va’ all’inferno, Jake!».
«Dico sul serio, amore. Sei la cosa più bella che abbia mai visto». E mi poggiò dolcemente le mani sul pancione enorme. La bimba scalciò, quasi avesse riconosciuto suo padre.
«Ma se sembro un pianeta!» Mise fine alle mie proteste con un bacio.
«No. Sembri una donna bellissima che sta per avere un bambino. E a questo proposito… vado a chiamare Charlie. Che passi a prendere anche Billy». La corsa fino in ospedale fu velocissima, dato che ci scortava un’auto della polizia… ma quando arrivammo, la piccola peste ancora stava comodamente rannicchiata nella mia pancia, e non aveva la minima intenzione di venir fuori. Nonostante non fosse di sua competenza, Carlisle non mi mollò un solo istante durante tutto il travaglio; probabilmente voleva assicurarsi che tutto andasse bene e dovetti confessare a me stessa che mi sentivo sicura sapendo che ci sarebbe stato anche lui. Aveva conoscenze che la metà degli altri medici si sognavano. E infatti fu lui a risolvere la questione. Tutti avevano deciso che dovevo avere un parto naturale, ma la mia piccolina era troppo grande e Carlisle era d’accordo con me che non sarebbe mai passata. Amen. Avremmo fatto il cesareo. Del resto, non c’era niente di strano.
Quando me la misero in braccio per la prima volta, il giorno dopo l’intervento (eh, già… dormii tutta la notte!) non potevo credere ai miei occhi: quell’esserino così piccolo, così perfetto… era mia! Jake la prese in braccio, poi mi guardò con gli occhi roventi che fino a quel momento aveva dispensato solo a me.
«Amore… se non sapessi di averlo già avuto… ti direi che ho avuto l’imprinting con mia figlia!» Scoppiò a ridere, divertito.
«Jake…» Lo stavo prendendo sul serio. Non avevo mai creduto completamente alla storia dell’imprinting e avevo paura che mi lasciasse un giorno.
«Bells… eddai, stavo scherzando! Ma è così bella… così piccola…»
«Gesù Jake… in braccio a te sembrerei piccola anche io!»
«Ma tu sei piccola, amore… sei una nanerottola. Ma la mia nanerottola preferita». Rise. Di nuovo. Com’era bello con quel batuffolo in braccio! Sarah aveva ripreso la carnagione del padre, e gli occhi della famiglia Swan. Così quando la guardavi negli occhi ti immergevi in un mare di cioccolato.
Dopo qualche giorno uscii dall’ospedale e tornammo a casa. I primi giorni chiesi di poter riposare un po’ e di limitare le visite alla piccola ai parenti stretti – non sarei riuscita a tenere lontani Billy e Charlie neanche se gli avessi sparato – ma il branco avrebbe dovuto aspettare. Ma non riuscii a tenerli lontani molto a lungo. Dopo due settimane dal parto mi trovai la casa piena di ragazzoni alti quasi due metri che facevano a gara per accaparrarsi le attenzioni della piccola. Ma noi avevamo scoperto subito una cosa particolare di quell’esserino; non amava essere tenuta in braccio dagli “estranei”. Finché si trattava dei genitori o dei nonni andava tutto bene; quando qualcun altro si azzardava a prenderla tra le braccia, la piccola cominciava a ululare peggio della sirena della polizia. Ottenendo l’effetto che lei desiderava: farsi mettere giù. Per cui, in quel momento, rimanemmo tutti esterrefatti.
Seth si avvicinò, come tutti, a me per guardare Sarah da vicino. Un sorriso beato gli si dipinse sul bel viso bruno, e io diedi immediatamente di gomito a Jacob. Capimmo entrambi. Imprinting. Adesso sarebbero arrivati i guai… col caratterino della piccola peste, ne avremmo viste delle belle. Sarah aprì gli occhi in quel momento, guardò dritta verso Seth… e gli tese la manina. Voleva essere presa in braccio. Jacob era troppo stupito per reagire, quindi spettò a me.
«Prendila, Seth. Vuole essere presa in braccio, lo vedi?»
«Ma… Bells… sei sicura?»
«Non lo ha mai fatto con nessuno, tranne me e suo padre. Vorrà pur dire qualcosa… o no?» E gli misi tra le braccia la bambina, che lo guardò negli occhi per un lungo istante, attimo in cui tutti trattenemmo il fiato per paura che cominciasse a piangere. Quindi successe il miracolo. Sarah sorrise. Sorrise a Seth, allungando la manina paffuta sul suo viso.
«E bravo Seth» bofonchiò Paul assestandogli una sonora pacca sulla spalla «Hai visto che anche tu hai trovato la fidanzata? Certo, dovrai aspettare qualche annetto… sempre che papà non ti sgozzi prima…» E scoppiarono tutti a ridere, ben conoscendo la gelosia di Jake.
«Non credo che lo farà, Seth. Lei è tua. Tu sei suo. Per sempre». E deposi un bacio lieve sulla fronte di mia figlia, mentre Jacob posava la mano enorme sulla spalla di Seth.

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