Di libri curiosi e litigi imbarazzanti - Crowley ed Aziraphale alle prese con la sessualità

di Shimba97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Del divertimento di Crowley e dell'imbarazzo di Aziraphale. Di libri sbagliati al posto giusto ***
Capitolo 2: *** Delle confessioni di Crowley e della curiosità di Aziraphale ***
Capitolo 3: *** Dei segreti di Crowley e dei pensieri di Aziraphale ***
Capitolo 4: *** Dei fogli di Crowley e delle paranoie di Aziraphale ***
Capitolo 5: *** Delle sofferenze di Crowley e dei ricordi di Aziraphale ***
Capitolo 6: *** Della delusione di Crowley e della tristezza di Aziraphale ***
Capitolo 7: *** Della lontananza di Crowley e della determinazione di Aziraphale ***
Capitolo 8: *** Dell’arte di Crowley e dell’amore di Aziraphale ***
Capitolo 9: *** AVVISO ***
Capitolo 10: *** Del nome di Crowley e dell’amore di Aziraphale ***
Capitolo 11: *** Della storia di Aziraphale e Crowley e della loro felicità ***



Capitolo 1
*** Del divertimento di Crowley e dell'imbarazzo di Aziraphale. Di libri sbagliati al posto giusto ***


Del divertimento di Crowley e dell'imbarazzo di Aziraphale
Di libri sbagliati al posto giusto


La vita in Inghilterra trascorreva tranquilla dopo l’Apocalisse non avvenuta; uragani, incendi autostradali e motociclisti demoniaci erano ormai un lontano, ma neanche tanto ricordo.

Nessuno si ricordava di quei due giorni concitati e paradossali che avevano quasi causato lo sterminio dell’intero genere umano, a parte una manciata di persone che si contavano sulle dita delle mani…

Anatema, Newton, Madame Tracy, il Sergente Shadwell, il gruppetto di ragazzini con a capo l’Anticristo, ed ovviamente Crowley ed Aziraphale.

Dopo la distruzione e la successiva miracolosa ricostruzione della sua biblioteca, Aziraphale aveva deciso di godersi quei nuovi momenti in compagnia dei suoi libri, prendendosi dei giorni di riposo; infondo sentiva di meritarselo.

Salvare il mondo non era stato un gioco da ragazzi ed il suo corpo mortale aveva risentito dello stress, ma specialmente dell’adrenalina di quei giorni così concitati.

Il Paradiso era un luogo idilliaco, ma nonostante tutto si finiva pur sempre per annoiarsi.

Gabriel lo aveva rimproverato molte volte per i suoi pensieri riguardo la noia; sebbene fosse un angelo modello, seguace fidato del Signore, non aveva mai apprezzato la poca diversità dei tomi celestiali, che lo avevano reso curioso ed impaziente. Così, quando fu mandato sulla Terra, pensò che se doveva vivere in mezzo agli umani, sarebbe stata una permanenza più piacevole se si fosse circondato di fogli scritti e rilegature in pelle.

Quel pomeriggio stava catalogando dei nuovi tomi apparsi dopo l'Apocalisse mai avvenuta, in bilico sulla scala e con entrambe le mani occupate e tremanti; era così concentrato nel metterli nel posto giusto che nemmeno si accorse del trillo del campanellino d'ingresso.

Crowley fece la sua comparsa con la sua solita andatura strascicata e serpentina, abbassandosi di poco gli occhiali in modo da scrutare l'ambiente intorno a sè. Sorrise divertito nel trovare il suo amico a diversi metri di altezza.

- Angelo! - urlò, con un sorriso sghembo.

- Ah! - il povero angelo sobbalzò sul posto, sbilanciandosi ed attaccandosi alla scala come una scimmia, facendo cadere tutti i libri sul pavimento con un sonoro tonfo - Per l'amor del cielo Crowley! Si può sapere che ci fai qui? Perchè non sei entrato dall'ingresso?! - disse spazientito il biondo, toccandosi per un attimo il petto, deviando poi per sistemarsi il farfallino storto.

- Sono entrato dalla porta - disse - ma tu non mi hai sentito. Dai la colpa alla tua distrazione- allargò le braccia, alzando un sopracciglio.

Lentamente Aziraphale ritornò con i piedi per terra, chinandosi a raccogliere i libri, mortificato per quella rovinosa caduta che, a sua difesa, non era stata per niente volontaria - oh mi dispiace.. vi rimetterò a posto.. - accarezzò le copertine scollate con preoccupazione, sentendo un sonoro sbuffò arrivare dal suo amico.

- Sono solo dei libri, con un miracolo tornano come nuovi - disse annoiato il demone.

Dopo averli posati sulla scrivania barocca, l'angelo si avvicinò minacciosamente verso di lui, puntandogli il dito - questi libri hanno solo 300 anni, sono pezzi unici! - esclamò, quasi in preda ad una crisi nervosa.

- Ehi angelo rilassati - si corruccicò, schioccando le dita. Miracolosamente i libri, un momento prima ridotti male, erano tornati come nuovi, con tanto di rilegatura a mano - prego, non c'è di che -

Aziraphale sospirò di sollievo, senza però dargliela vinta - non ti devo nessun grazie, hai rimediato ad un tuo spregevole gesto -

- Posso farmi perdonare con un pranzo al Ritz? - tentò lui - ho saputo che hanno messo nel menù delle ottime aragoste -

Gli occhi dell'angelo si illuminarono - se però mi tenti così.. -

- Oh angelo, io adoro tentarti - nel suo volto magro spuntò un sorriso degno dei peggiori demoni - e sto imparando a capire come farlo -


 

Dopo il giorno non avvenuto molte cose erano rimaste identiche: Aziraphale amava ancora circondarsi del profumo più o meno antico di carta stampata e del suo amato cibo; Crowley passava il tempo a prendersi cura delle sue piante, minacciandole ancora, ma aveva diminuito lo stress psicologico da tiranno; inoltre la sua dipendenza dall'alcool era rimasta invariata.

Le abitudini cambiate riguardavano invece il tempo che passavano assieme; se prima si davano appuntamento diversi giorni a settimana al parco per discutere di lavoro, adesso passavano quasi tutte le giornate in compagnia dell'altro. Crowley aveva accettato di buon grado di provare cibo solido, oltre alle bottiglie di vino, rimanendone piacevolmente colpito. Era stata una dura battaglia, Aziraphale aveva dovuto spiegargli decine di volte che la bottiglia di vetro non poteva essere considerato cibo, perchè anche se era solido.. non era commestibile.

D'altro canto, adesso l'angelo si concedeva più momenti in compagnia di un bicchiere di Scotch o di uno Chardonnay invecchiato di qualche centinaio di anni, non ubriacandosi mai, al massimo arrivava fino al punto da sentirsi la testa leggera.


 

Il loro rapporto si era rafforzato, specialmente dopo che le rispettive fazioni li avevano quasi uccisi e successivamente cacciati. Non erano umani, ma non dovevano più sottostare ad un ligio regolamento fatto di miracoli e tentazioni.

- Posso offrirti una tazza di thè? Sono ancora le 10 del mattino - disse l'angelo, vedendo svolazzare la mano dell'amico in modo annoiato - lo prendo come un sì - gli diede le spalle e si incamminò verso il retro, dove mise sul fuoco la teiera con l'acqua, preparando due tazze con il filtro.

Crowley nel frattempo si aggirava curioso tra gli scaffali, notando molti titoli a lui sconosciuti - ne sono spuntati di nuovi eh - urlò allungando il collo per farsi sentire.

- Sì, devo aggiornare tutto il mio inventario - fu la risposta dell'angelo.

Il demone non stava facendo particolare attenzione, finchè una copertina nuova e lucente lo fece fermare. Nei suoi occhi balenò una saetta di divertimento e malizia. Prese quel libro, avvicinandolo alla scrivania di Aziraphale.

Pochi minuti dopo l'angelo tornò con due tazze fumanti tra le mani - ecco a te - gliela porse gentilmente al demone, che la prese. Quando poggiò le labbra sulla ceramica il suo viso si contorse in un'espressione di disgusto - ma che roba è?! -

L'angelo gli sorrise, vecchio marpione, pensò Crowley - è un tè peculiare, si chiama Pu'er ed è originario della Cina, in particolare della provincia delli Yunnan1 - spiegò in modo quasi lezioso, mescolando la sua miscela e bevendola con gusto - è della migliore qualità -

- Ha un sapore terribile - controbattè l'amico, continuando a berlo per cortesia, ma facendo comparire nella sua mano una fiascetta di vodka, versandone una generosa quantità, sotto gli occhi sconvolti del suo angelo.

- Crowley! Hai rovinato il tè! - disse esasperato, battendo il piede a terra, offeso - non te ne offrirò più! -

- Te ne sarei grato Aziraphale - sorrise, riprovando a berla, trovando il sapore più gradevole - ecco, ora va molto meglio -.

Conclusero le rispettive bevande e si accomodarono sulle sedie di pelle presenti in libreria, guardandosi.

- Angelo, toglimi una curiosità - iniziò Crowley - hai già catalogato tutti i libri presenti qui? -

- Non ancora - ammise afflitto - sono davvero tanti ed non usando nessun aiuto ci vorrà del tempo -

- Potresti usare i miracoli -

- Non vorrei fare irritare più di quanto non siano i miei Superiori -

- Angelo, ormai a nessuno interessa di noi - spezzò il momento dei pensieri di Aziraphale, che fu riportato in modo violento alla realtà - oh si, già - fu il suo unico commento - ad ogni modo non me la sento Crowley, quanto ci impiegherò non ha importanza, ho il da fare per le prossime settimane -

Il demone vide il volto dell'angelo rattristarsi e spegnersi. Quando aveva capito che erano stati scaricati entrambi si erano sentiti disorientati, ma se il demone si era ripreso dopo qualche ora, l'angelo non era stato della sua stessa idea. Aveva servito per più di 6 millenni coloro che credeva senza macchia e leali, specialmente perchè erano stati creati prima di lui e si sentiva un continuo allievo che cercava di imitare il professore per impressionarlo. Ma Aziraphale non aveva mai ricevuto nè una pacca sulla spalla nè un grazie, soprattutto dopo avere salvato il pianeta, rovinando i piani di Dio, o di Satana.

- Ehi angelo, senti - cercò di distrarlo - se questa libreria è frutto di un miracolo, puoi spiegarmi questo libro? - si alzò per prenderlo dalla scrivania, porgendolo.

Oh, adorò la reazione dell'angelo, diventando improvvisamente paonazzo e balbuziente - D-dove l'hai preso? -

- Esattamente lì - glielo indicò con l'indice, inaspettatamente accanto alla prima Bibbia che il mondo avesse avuto l'onore di possedere.

L'angelo inghiottì a vuoto e rilesse il titolo: "L'iniziazione del sesso esoterico". Dove se ne era uscito quel libro blasfemo? Ed ora che ne doveva fare? Gettarlo era fuori discussione, un albero era stato maltrattato per produrlo, e lui, come creatura amante della natura, non poteva commettere questo peccato. Dopo qualche colpo di tosse allungò il braccio verso di lui - Te lo regalo Crowley -

Il demone l'osservò ancora rosso in viso, ma deciso a liberarsi di quel fardello piuttosto imbarazzante - Oh angelo, ma non c'è bisogno. Sono abbastanza istruito in questa materia - sorrise diabolico, riaccendendo quell'adorabile rossore nel viso del biondo, che abbassò il braccio - in che senso? -

Crowley si passò la mano tra i capelli rossi, di nuovo lunghi - vuoi che ti faccia un disegnino o passiamo direttamente alla pratica? -

- CROWLEY! -

Oh si, erano cambiate tante cose dall'Apocalisse che non fu.


 


1: fonte presa da Wikipedia.

Angolo dell'autrice:

Ehm.. salve! Non so bene cosa ne sia uscito fuori, ma so per certo che è un delirio.
Personalmente mi sono innamorata così tanto di questi personaggi che non potevo non scrivere su di loro, ma non mi aspettavo una long, almeno, lo spero.
Non sarà una storia molto "pesante", perchè di angst ne ho letto anche troppo, ma qualcosa che forse farà sorridere o divertire.
Ringrazio Nao Yoshikawa per sopportare sempre i miei scleri e le mie idee pazze all'1 della notte, ti voglio bene <3
Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e se voleste farmi sapere cosa ne pensate beh, ne sarei felice!

 

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Capitolo 2
*** Delle confessioni di Crowley e della curiosità di Aziraphale ***


Delle confessioni di Crowley e della curiosità di Aziraphale
Di regali inaspettati

 


Aziraphale era seduto nella sua scrivania, con i pollici a massaggiarsi le tempie: Crowley non aveva smesso un secondo di parlare di quel dannato libro comparso nella libreria. Avrebbe dovuto accorgersene, invece era stato troppo lento nel ricatalogare tutto l'inventario. Mea culpa, si disse. Quella discussione andava avanti da più di un'ora e solo la sua pazienza celestiale non gli permise di buttarlo fuori con un calcio nel sedere, inforcando il cartello “Chiuso” come se ne fosse dipeso la sua vita (o salute mentale, dipendeva dai punti di vista).
- Per l'ultima volta Crowley, smettila di parlarne! - urlò frustrato e del tutto imbarazzato – I-Io non l'ho mai letto in vita mia! E non intendo farlo! -
- E perché no? Sarebbe interessante avere una tua opinione in merito – quel demone era davvero troppo divertito per smetterla di assillarlo.
- PERCHE' IO NON LEGGO LIBRI BLASFEMI! -urlò, con gli occhi sgranati, all'impiedi dopo un moto di nervosismo – e se tu trovassi qualcos'altro da fare piuttosto per farmi uscire di senno te ne sarei grato! -
Crowley aprì bocca, senza però emettere fiato. Stavolta l'angelo era davvero allo stremo della pazienza. Stai perdendo colpi, vecchio mio.
- Va bene, va bene, me ne vado – alzò le mani in segno di resa, alzandosi dal divano – ma avremo modo di riparlarne – agitò la mano, dandogli le spalle – ci si vede, angelo – riprese gli occhiali dal tavolino ed uscì dalla libreria, salendo sulla Bentley e sgommando lontano da lui.
Aziraphale rimase interdetto qualche secondo, con lo sguardo puntato dove il demone era uscito di scena qualche secondo prima. Chiuse gli occhi, sospirando di sollievo, ma anche di stizza. Certe volte si domandava se quel folle avesse un cervello pensante. O se semplicemente lo usasse nel modo giusto.
Ripose le due tazze di tè sul vassoio, pulendole con cura, poi tornò in salone, camminando verso la porta ed esibendo quel benedetto “Chiuso”. Non aveva voglia di interazioni umane, soprattutto con clienti che volevano comprare libri da collezione; pur essendo un essere celeste era geloso dei suoi beni custoditi quasi maniacalmente.
Decise di rimettersi al lavoro per finire l'inventario; doveva controllare che tutto fosse al suo ordine, per evitare nuove comparse dell'amico e brutti mal di testa.
Dopo qualche ora finì, emettendo un sospiro soddisfatto; era stato impegnativo; i libri comparsi erano stati circa un centinaio: non si era fermato un attimo. Non aveva trovato nessun altro volume di quell'argomento, con sollievo.
Guardò l'orologio: le 16:13; aveva ancora un intero pomeriggio da programmare, così decise che una passeggiata non gli avrebbe fatto male. Stirò la schiena intorpidita, prendendo il cappotto.
L'aria quasi primaverile di marzo lo fece inspirare a pieni polmoni, chiudendo per un attimo gli occhi. Ovunque si girasse notava che l'inverno stava lasciando posto a colori più accesi: gli alberi avevano ricominciato a sbocciare, l'erba a crescere ed i fiori a tingere intere distese di prati. Si incamminò nei marciapiedi di Londra, diretto nel loro posto, ormai da centinaia di anni.  In quel parco non cambiava nulla, come se la loro presenza contribuisse a custodire la fauna e la flora di quel luogo.
Quando arrivò, per sua sorpresa trovò il suo posto occupato. Decise di avvicinarsi cauto, pronto per chiedere gentilmente di spostarsi in qualche altra panchina, ma quando fu abbastanza vicino si arrestò: Crowley era seduto nel suo solito modo scomposto, con gli occhiali in una mano e lo sguardo fisso alla fontana davanti a sé.
- Ehi – salutò l'angelo, vedendolo saltare sul posto. Non si era accorto della sua presenza perché sovrappensiero. Cavolo, allora era seria la questione – Non volevo spaventarti -
Il demone fece un gesto molle con la mano, con incuranza, rimanendo in silenzio.
- Che ci fai qui? -
- Quello che ci fai tu, a quanto pare – fu la sua risposta – casa mia è troppo silenziosa – ammise osservando le anatre che tranquille nuotavano nel laghetto accanto a loro.
L'angelo si morse la guancia: forse cacciarlo in quel modo non era stata un'ottima idea, anche se in quel momento gli sembrava perfetto.
- Ho finito l'inventario – iniziò.
- Bene -
Aziraphale alzò gli occhi al cielo; quel demone si era offeso, davvero? Quello offeso doveva essere lui, invece sembrava che i ruoli si fossero invertiti, facendolo passare dalla parte del torto.
- Senti Crowley, non volevo essere scortese prima – sospirò – solo che mi sono... -
- Irritato? Si, me ne sono accorto – lo fermò lui – sai angelo? Stai cambiando – sentenziò.
Il biondo spalancò gli occhi, girandosi verso di lui – Che vuoi dire? -
Crowley si girò solo un attimo, per assicurarsi di avere la sua attenzione – quando ci siamo conosciuti eri un tipo tutti sorrisi, riconoscenza e pazienza. Ora se ti guardassi, come ti guardo io, vedresti un altro angelo – disse serio.
Aziraphale aggrottò le sopracciglia. Lui non si vedeva diverso; magari aveva preso qualche vizio durante quei millenni, come mangiare ottimo cibo e dormire di tanto in tanto, ma oltre quello... non notava altro.
- Crowley, io non sono cambiato -
Il demone sorrise, voltandosi del tutto verso di lui – Oh ma davvero? Oltre quelle piccole tentazioni che ti concedi, non ti sei accorto che sei diventato nervoso, con poca pazienza? O che curiosi in giro, dove non dovresti. Ti osservo Aziraphale, ti conosco bene ormai, così tanto da notare questi piccoli dettagli che a te sfuggono – concluse, rimettendosi gli occhiali scuri, alzando il viso verso l'alto, per prendersi il sole.
Aziraphale rimase silenzioso, immerso nei suoi pensieri. Credeva che quei suoi comportamenti fossero dovuti alla troppa permanenza sulla Terra; infondo era stato influenzato dagli umani e dai loro comportamenti, più o meno opportuni. La curiosità era sempre stata nella sua indole, appunto per questo veniva visto dai suoi superiori come un fardello da dovere sopportare per il Bene Superiore.
Poggiò le mani sul ventre, osservando la natura – Non sono cambiato, mi sono evoluto – spiegò calmo – anche tu non sei rimasto lo stesso demone che ho conosciuto -
- Non ho assunto comportamenti ambigui -
- Oh andiamo, Crowley! Bevi così tanto che se fossi un umano saresti morto da tempo – alzò gli occhi al cielo – ti piace la buona musica, sfrecci per Londra con la tua macchina- “rischiando sempre di attentare alla vita di qualcuno”, pensò – ti concedi i piccoli vizi di andare nei pub o di rimanere giornate intere in casa per dormire o chissà altro! Non sono mica cieco io – asserì stizzito, guadagnandosi un'alzata di sopracciglio da parte dell'amico.
- Siamo cambiati entrambi allora – si alzò, lisciandosi la giacca nera – c'è una grande differenza tra accettarlo ed ammetterlo, mio caro – lo canzonò, armeggiando poi con la tasca interna del suo cardigan, uscendone con un pacco rettangolare, color canna da zucchero – Aprilo quando sei in biblioteca, è delicato – glielo porse.
Aziraphale allungò la mano insicuro, stringendolo. In 6 secoli era stato davvero raro un regalo da parte sua; si ricordava più che altro di favori o di entrate di scena per evitargli la morte; al massimo durante il regime nazista, quando aveva fatto saltare quella chiesa, aveva salvaguardato quei libri unici al mondo, facendoli uscire indenni.
- Grazie- a quella parola il demone rispose con un cenno del capo, rilassandosi appena.
- Ci si vede, angelo – lo salutò di nuovo in quella giornata, dandogli le spalle.
Lo vide allontanarsi sempre di più, fino a non distinguere più la sua figura. A quel punto collocò il pacco nella tasca interna del suo giaccone e si mise in cammino verso la libreria.
Venti minuti più tardi, dopo essere entrato ed aver riposto la giacca, si sedette sul divano, fremente di curiosità. Lo aprì con cura, rimanendo contrariato nel trovarsi un libro tra le mani; un altro.
Lesse la dedica nella prima pagina bianca:
Leggilo e dimmi cosa ne pensi.
Crowley.
Sorrise appena, girandolo per leggere il titolo; Cinquanta sfumature di grigio.


Angolo dell'autrice:
Ciao a tutti! Mi scuso per il ritardo nell'aggiornamento ma mi hanno buttato da letto presto e sono tornata da pochissimo.
Ammetto di avere un debole per i dialoghi tra loro due, ma spero di inserire più introspezione nei prossimi capitoli.
Premetto di non avere letto Cinquanta Sfumature (e di non aver visto il film) ma credo che sia il libro azzeccato per fare aprire la mente al nostro pudico angelo.
Spero che il capiolo sia stato di vostro gradimento (anche se più corto) e se volete di lasciarmi un parere.
Al prossimo mercoledì!
R.

 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Dei segreti di Crowley e dei pensieri di Aziraphale ***


Dei segreti di Crowley e dei pensieri di Aziraphale
Di arti antiche
 
 
Aziraphale guardò quel libro per diverse ore, indeciso. Se Crowley gli aveva regalato quel libro allora c’era qualcosa di oscuro lì dentro.
Aveva passato l’ultima mezz’ora a fissarlo. Si avvicinava, poi ci ripensava e tornava indietro, per poi dopo una decina di minuti sfiorare la copertina e ritirarsi titubante, scrollando le spalle. E se fosse stato un semplice libro di narrativa? Un romanzo per farlo sognare ad occhi aperti? Forse stava giudicando il suo amico proprio come quel libro, dalla copertina. Sospirando si riavvicinò, afferrandolo e sedendosi sulla poltrona. Se non gli fosse piaciuto si sarebbe fermato.
 
L’angelo passò la maggior parte della serata a leggere quel libro.
All’inizio era una lettura abbastanza piacevole e scorrevole, fin quando sgranando gli occhi non arrivò a quella parte. Arrossì fino alle orecchie, chiudendo con un tonfo sordo il romanzo, respirando più affannato. Sapeva che il demone lo aveva fatto cadere nella trappola: era tutto così blasfemo! Quelle… attività ricreative erano impudiche e scandalose, per Dio! Distolse lo sguardo, imbarazzato. Eppure quella coppia sembrava provare qualcosa di più che la lussuria. Andiamo Aziraphale, il sesso è l’arte più antica del mondo! Scosse la testa, cercando di ignorare quella vocina che assomigliava tanto al suo demone preferito. Doveva ricordarsi di Sodoma e Gomorra? Tutta quella perversione aveva portato alla morte di migliaia di persone. Ma non puoi negare di non averci mai pensato. Alzò gli occhi al cielo, scocciato. Era capitato. Rarissime volte. Forse qualche volta in più. Ma non erano cose da angeli; lui profanava già il suo corpo con il cibo mortale, come gli aveva detto tempo addietro Gabriel, non si sarebbe abbassato a tanto. Tornò il sé, prendendo un profondo respiro e riaprendo il libro. Magari i personaggi si sarebbero dichiarati amore eterno, si sarebbero sposati… e lui amava l’amore, era portatore di buone notizie e riusciva a percepire quel sentimento d’ovunque.
 
Da quel momento in poi passò tutta la notte chino su quelle pagine dalla fresca stampa e moderna, mordendosi il labbro di tanto in tanto, quando le cose si facevano più maliziose, fino ad intristirsi per la piega che stava prendendo la trama. Si fermò solo quando, guardando l'orario, scoprì con sua grande sorpresa e sgomento che erano le 4 del mattino; era rimasto seduto nella sua poltrona per intere ore.
Si passò una mano tra i capelli biondi, decidendo di farsi un thè per rilassarsi, dato che aveva un tumulto interiore non indifferente. Il suo pensiero andò senza pensarci a Crowley. Si chiese se fosse sveglio a quell'ora, se stesse innaffiando le sue piante o se fosse in giro per Londra a sfrecciare ad una velocità non umana con la sua auto d'epoca. In quel secondo un pensiero folle lo sfiorò: magari se fosse stato qui, con lui, avrebbero potuto discutere di quel libro insieme, davanti ad una tazza di thè e di caffè nero per lui, bisticciando come una vecchia coppietta per le parole dirette e maliziose del demone, indirizzate solo a lui per imbarazzarlo più di quanto già non fosse.
Sgranò gli occhi, trovandosi ad arrossire: non erano consoni quelle riflessioni, non a quell'ora della notte, non dopo avere letto metà di quel libro. Non era consono e basta. Era un angelo e come tale doveva comportarsi secondo i canoni angelici, ovvero purezza, bontà e spirito di sacrificio. Lasciò perdere il thè, spense la lampada da tavolo che lo aveva accompagnato fino all'istante prima e salì verso i suoi alloggi. Aveva qualche ora per riposare e darsi una sistemata. Si mise il pigiama color carta da zucchero e chiuse gli occhi.
Non si accorse che pochi metri più in là, appoggiato alla sua Bentley, un demone con in mano un blocchetto ed una matita era rimasto per ore ad osservarlo.
 
Fu la sveglia a imporgli di alzarsi. Aziraphale si sfregò di occhi, mettendo a fuoco la sua camera da letto. Il sole non era ancora del tutto sorto, ma doveva sistemare la libreria per renderla il più presentabile possibile.
Indossò uno dei suoi soliti completi chiari, guardandosi allo specchio: era impeccabile, come sempre, come i suoi lineamenti eterni, che da 6 millenni non erano mutati. Per un attimo si immaginò umano, magari con qualche ruga o capello bianco, mentre si godeva la sua pensione chissà in quale zona dell'Inghilterra campagnola, magari in Scozia. Scacciò via quel pensiero, trovandolo non consono, ancora.
Scese al piano di sotto, in cucina e si preparò del buon thè, riordinando gli scaffali e rimanendo soddisfatto del lavoro. Una cosa era certa: il suo amore per tutta quella cultura non sarebbe mai cambiato. Posò con cura l’atlante Cedid1, pezzo raro della sua antica collezione, riponendolo come se fosse l'A.cqua Santa per gli abitanti del mondo di sotto.
Alle 8 in punto aprì la libreria, mettendosi dietro il bancone ed aspettando qualche cliente. Sentì il campanello tintinnare ed alzò lo sguardo, sorridendo istintivamente.
- Buongiorno caro – iniziò lui.
- Ciao angelo – lo salutò il demone, poggiandosi sul bancone con la sua camminata ormai distintiva.
- Sei mattiniero oggi – replicò il biondo – hai dormito poco? -
- Non ho dormito – fece spallucce – non sono tornato a casa -
- Ah – disse. Era rimasto male nell'apprendere quello che sospettava la notte prima, non capendo nemmeno il perché di quella reazione – e d-dove sei stato? - chiese con interesse.
- In giro – rispose vago – ho bevuto qualche bottiglia e poi sono andato in giro la mia piccola -
Se l'angelo non avesse saputo a chi, anzi, a che cosa si stesse riferendo, probabilmente si sarebbe stizzito ed offeso. Perché 6000 anni insieme, a salvarsi la vita, non potevano essere messi da parte da qualcuno, di un umano.
- Capisco – fece una pausa – ad ogni modo, ho letto il libro che mi hai regalato -
Il demone alzò lo sguardo, interessato – Come lo hai trovato? -
- Interessante – si permise – non l'ho ancora finito, però è... gradevole, eliminando dei capitoli -
 Crowley sorrise divertito – però li hai letti– si compiacque ancora di più quando notò un rossore piuttosto evidente fare capolinea nelle guance dell'angelo.
- Faceva parte della trama, solo per quello – si giustificò, distogliendo lo sguardo – vorrei che finisse con un matrimonio – alla risata del demone si voltò – che c'è? -
Gli occhiali del rosso si abbassarono pericolosamente verso il naso – Oh nulla, mi sto immaginando come ti sentirai quando lo finirai – quello non era un bel presagio, nemmeno un po'.
Aziraphale ingoiò a vuoto, osservandolo – quindi lo hai letto -
- Certo, dal primo al terzo -
- Terzo? Ce ne sono altri due? - sgranò gli occhi.
- Puoi anche leggere il primo e fermarti – sorrise divertito – dato che è una lettura, come dici tu... blasfema – bastardo.
Il biondo socchiuse gli occhi – mh… va bene – disse poco convinto. Avrebbe deciso più in là.
Dopo qualche minuto di silenzio da parte di entrambi il demone prese la parola – ti ricordo che noi due abbiamo un pranzo al Ritz da onorare -
Aziraphale sorrise, grato che non avesse dimenticato il loro appuntamento – che ne dici di oggi, caro? -
- Infatti intendevo proprio oggi, angelo -
- Oh... molto bene, non vedo perché rimandare ancora – guardò l'orologio – abbiamo ancora diverse ore prima del pranzo, perché... non rimani? - disse in attesa.
Vide il demone tirarsi indietro i capelli rossi, tirandosi su gli occhiali – vorrei, ma ho delle cose da fare -
- Cose? Cioè? - domandò un po' troppo velocemente.
- Cose da demoni, non puoi capire angelo – allargò le braccia – ma prometto di essere qui per... vediamo – riguardò l'orologio a pendolo attaccato alla parete – le 12 in punto -
A quel punto, dopo un ultimo saluto, i due amici si divisero, ognuno per la propria strada.
Se per Aziraphale quelle ore passarono troppo lentamente, nonostante avesse ripreso la lettura del libro, per Crowley non si poteva dire lo stesso.
Il demone aveva passato l'intera mattinata nel suo appartamento, più precisamente nel suo studio. Non è dato sapere quale misfatto demoniaco stava mettendo in atto; si intravide solo un taccuino di pelle ed una matita.
Quando chiuse la porta dietro di sé sospirò: aveva un pranzo a cui partecipare.
Alle 12 ed un minuto l'angelo ed il demone si trovavano all'interno della Bentley, sfrecciando tra le vie strette della città britannica; in 5 minuti scarsi arrivarono a destinazione. Il primo ad uscire fu Aziraphale, con gli occhi sgranati - oh cielo Crowley! Non salirò più su questa auto!
- Lo dici ogni volta angelo - rispose annoiato il rosso, chiudendo la macchina ed attraversando la strada, vedendo con la coda dell'occhio che l'amico non si era ancora mosso - allora, vuoi venire o no? Non posso bloccare il tavolo per tutto il giorno! - esclamò, beccandosi un grosso sbuffo e delle parole sussurrate da parte dell'angelo, difficili da comprendere, se non per quell'idiota che captò per puro caso. Sorrise, incuriosito da quel suo modo di fare umano e poco angelico.
Ad ogni modo, una volta entrati ed accomodati al solito tavolo, con le loro ordinazioni in mano al cameriere, i due amici-nemici tornarono ad essere i soliti di sempre.
Quel pranzo passò piacevolmente tra squisiti piatti di portata ed il solito vino invecchiato, apprezzato da entrambi, specialmente da Crowley.
- Questo ristorante eccelle secolo dopo secolo!- esclamò Aziraphale, pulendosi la bocca col tovagliolo – è una certezza a cui non potrei mai rifiutare –
- Qui si mangia bene – ammise il rosso – però non è l’unico posto di Londra – bevve un altro sorso di vino bianco, in linea col menu di pesce – se vuoi poi.. potrei farteli conoscere –
L’angelo si zittì, guardandolo ed arrossendo – come un appuntamento? – lo vide distogliere lo sguardo.
- Un… cosa? No angelo, solo… una cena tra amici, per farti conoscere altri gusti culinari –
- Ah capisco – rispose sempre col suo sorriso gentile. Chissà perchè gli era venuto in mente, ma soprattutto, perchè l’aveva detto ad alta voce.
- Ma saremo solo noi due, quindi se vuoi pensarla così... allora si, lo è – lo stupì, guardando il piatto vuoto – a me non da fastidio –
- Oh, nemmeno a me – si portò il bicchiere di vino alla bocca per smorzare l’imbarazzo – cioè.. siamo amici, mangiare insieme è normale dopo 6 millenni che ci conosciamo.. –
- Ehm.. Angelo – lo chiamò Crowley.
- U-un’Apocalisse sventata e....-
- Angelo? –
- Le punizioni mortali che abbiamo evitato escogitando quel piano folle.. –
- ANGELO! – esclamò il demone, passandogli una mano davanti il viso – ti sei inceppato? –
Aziraphale di colpo arrossì, accorgendosi di avere detto un insieme di parole a raffica, dettate dal suo imbarazzo – N-no, sto bene – gli sorrise teso – volevi dirmi qualcosa? –
- Il gelato –
- Il gelato? – domandò confuso.
- Si angelo, il gelato – glielo indicò sul tavolo – appena è arrivato ti si è spento il cervello; si sta sciogliendo – disse semplicemente.
- Oh… grazie – prese il cucchiaino, pensando in quale luogo poteva andarsi a nascondere dopo la figura da babbeo che aveva fatto davanti a lui.
Finirono di gustarsi il loro dessert, pagando (ovviamente ci pensò l’angelo) ed uscendo fuori, rabbrividendo appena per il vento fresco che nel frattempo si era abbattuto su Londra.
Salirono in auto e Crowley lo riaccompagnò in libreria, scendendo con lui.
- Ho dell’ottimo Blanquette de Limoux del 1597, vuoi assaggiarlo? – chiese il biondo una volta entrati, poggiando i cappotti su una delle poltrone presenti.
- Come fai ad averne? È parecchio antico – lo sentì dire.
- Ho riscosso qualche miracolo fatto qua e là – si giustificò, ritornando con due bicchieri e la bottiglia che poggiò sulla scrivania – Ecco, tieni – versò il contenuto chiaro nel bicchiere e glielo porse.
- Un angelo che riscuote favori, fa così tanto da demone – sorrise.
- Non ho fatto nulla di malevolo, a differenza vostra – alzò gli occhi al cielo – e poi quel frate ne produceva centinaia nel suo monastero... –
- Oh – Crowley accavallò le gambe, facendo vorticare il calice, come un intenditore di vino – un angelo che si fa pagare un miracolo fatto ad un frate in un monastero. Questo si che è sorprendente –
L’angelo sbuffò, leggermente indispettito da quella analisi veloce e superficiale – sei sempre il solito –
- Lo so – proferì sornione.
 
Era calata la sera, e Crowley ed Aziraphale si erano salutati da una mezz’ora. L’angelo aveva sistemato quel poco disordine che si era venuto a creare con la visita del demone, pensando che pur non essendoci clienti (o essendoci, ma senza comprare nulla perchè lui non vendeva i suoi adorati libri) la sua attività continuava ad andare avanti. Bontà divina, pensò.
Quando tutto fu al suo posto riaccese la lampada nella scrivania, accomodandosi; voleva finire quel libro, così da poterne parlare con Crowley e forse, forse, sbirciare gli altri due volumi.
Aprì il libro e sospirò: un’altra nottata era alle porte.
 
L’orologio a pendolo della stanza rintoccò le 5 del mattino, facendo sobbalzare il povero angelo immerso nella lettura. Mancavano le ultime pagine, e nello stato in cui si trovava – sorpresa, dispiacere e accaloramento – non si era accorto dell’alba ormai vicina. Quando anche l’ultima pagina fu conclusa si alzò dalla poltrona, strofinandosi gli occhi; non era finito come si immaginava, nemmeno lontanamente. Ma c’erano sempre gli altri due volumi.
Sbadigliò, stiracchiandosi e girandosi distrattamente verso la strada, voltandosi subito dopo per spegnere la lampada. In un lampo di secondo sgranò gli occhi, girandosi di scatto verso il vetro della libreria: aveva giurato di avere visto Crowley, lì, sul marciapiede, a fissarlo, ma adesso quel punto era vuoto. Pensò di essersi immaginato tutto. Sospirando, si avviò verso i suoi alloggi, spogliandosi ed indossando il pigiama. La notte era ancora giovane, ma lui ahimè aveva dei compiti da svolgere.
 
Il demone si nascose subito dopo avere visto Aziraphale guardarlo: non poteva permettersi di farsi vedere, come lo avrebbe giustificato? “Sai, la notte mi annoio, quindi ti spio come un maniaco”, non era una buona idea. Tornò a casa, osservando l’alba spuntare; a quell’ora non servivano gli occhiali, quindi li chiuse e li mise in tasca. Gli piaceva quell’oggetto, ma molte volte si sentiva quasi fuori posto, perchè chi poteva accettare quegli occhi da rettile?
Saliti gli scalini ed aperta la porta di casa si fiondò a riempire un bicchiere di bourbon, guardandosi attorno: le piante erano splendenti ed in buona salute e la bozza della Gioconda era intatta e lucida come al solito. Bevve il suo drink in un sorso, voltando lo sguardo verso il suo studio: aveva un lavoro da continuare.



1: rara Atlante ottomana raffigurante il mondo nel 1803, scoperta nel 2016


Angolo autrice:
Salve, rieccoci!
Ho avuto qualche difficoltà a fare approcciare Aziraphale al romanzo, ma spero che ne sia uscito qualcosa di decente.
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate ed a coloro che hanno lasciato un loro parere, grazie mille!
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e se volete (come sempre) fatemi sapere la vostra opinione!
Al prossimo mercoledì,
R.

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Capitolo 4
*** Dei fogli di Crowley e delle paranoie di Aziraphale ***


Dei fogli di Crowley e delle paranoie di Aziraphale
Di gesti impulsivi

 

Aziraphale si mise seduto sul letto, dopo avere interrotto la sveglia.
Si passò una mano sul viso, come aveva fatto la mattina precedente: Crowley non si faceva vivo da due giorni.
Se avesse avuto impegni lo avrebbe sicuramente avvertito, no? O almeno, una telefonata per fargli capire che era al sicuro.
Dopo l’Apocalisse e la brutta esperienza con le proprie fazioni, la paura di essere costantemente in pericolo non era diminuita, affatto. Ovunque andasse, da solo e con Crowley, finiva per guardarsi con circospetto ed ansia, aspettando da un momento all’altro di riconoscere qualche faccia familiare. Di certo sapeva che il Paradiso non avrebbe lasciato correre per molto quel suo erroneo e folle comportamento di fermare la fine del mondo, buttando all’aria secoli di piani ed accordi tra le due parti; specialmente pensava che uno come Gabriel non avrebbe accettato di essere stato preso in giro da un angelo incompetente ed inferiore a lui.
Si alzò stanco, per niente pronto per affrontare quella giornata, che a vedersi dal vetro della sua camera, risultava grigia e scura come il suo animo in quel momento.
 
Alzò gli occhi verso l’orologio, le 9:00. Se non si fosse fatto vivo gli avrebbe fatto qualcosa lui, sì.
E le 9:00 diventarono 10:00; e le 10:00 diventarono le 11:00… fino ad arrivare alle 14:00. Nessuna notizia era ancora giunta ancora alle sue orecchie.
Sospirò frustrato, deciso a telefonargli; doveva provarci almeno, anche se non credeva gli avrebbe risposto. Compose il numero, rimanendo in attesa, nervoso; il telefono squillò ma scattò la segreteria;
Ciao, sono Anthony J. Crowley. Sai cosa fare. Fallo con stile.
Tossì leggermente – Ciao Crowley, sono io, Aziraphale – sospirò – che fine hai fatto? Non ti fai vedere da un po'... ti sei cacciato nei guai? – guardò un punto fisso – perché se lo avessi fatto me lo diresti…no? – rimase in silenzio per qualche secondo - dannazione Crowley, richiamami quando senti questo messaggio! – sbattè la cornetta, passandosi una mano tra i capelli, frustrato. Non poteva fare niente, niente, se non aspettare. La pazienza era sempre stata una delle sue virtù, quando riguardava gli altri. Già, gli altri, ma non Crowley. Con lui non riusciva ad esserlo, perché per un motivo o un altro gliela faceva perdere; quando faceva il testardo per convincerlo ad attuare un’idea o gesto fuori dalle sue abitudini, quando lo tentava col cibo o qualche altro peccatuccio di poco conto, o quando era nella melma più totale e cercava il suo aiuto per rimediare. Ecco, soprattutto in quest’ultima si faceva prendere subito dal panico, perché in cuor suo lo avrebbe voluto proteggere a tutti i costi, ma gli riusciva molto difficile anche non disobbedire agli ordini dall’Alto; quell’argomento era stato uno dei principali nei loro litigi.
Rimurginare su cosa doveva o non doveva fare era una perdita di tempo; a quell’ora la libreria era chiusa per la pausa pranzo. Pensò di passare dal suo appartamento, sperando di non trovarlo in soqquadro.
Prese il cappotto ed uscì, fermando un taxi.
 
Per tutto il tragitto stette in ansia, dritto sul sedile, strofinandosi le mani; guardava fuori dal finestrino, notando come tutto andasse avanti. Le persone passeggiavano tranquille sui marciapiedi, magari spingendo una carrozzina o portando semplicemente al guinzaglio il cane. Per un attimo sentì di invidiarli.
Una decina di minuti dopo era davanti il grande palazzo dove risiedeva il demone. Prese l’ascensore che lo portò direttamente al piano e si incamminò fino alla sua porta blindata.
Sembra che non sia stata scassinata, pensò, con sollievo. Suonò al campanello, ma nessuno gli venne ad aprire. E se fosse stato dentro ma incosciente? Riecco le paranoie. Con un piccolo schiocco la porta si aprì, miracolosamente, facendolo piombare dentro con impazienza. Nulla, assolutamente il nulla più assoluto. Nella penombra riuscì a vedere che tutto era al suo posto: le piante verdi e splendenti nel loro angolo, la bozza della Gioconda che celava la cassaforte era integra e la stanza era impeccabile, come sempre.
La prima reazione che ebbe l’angelo fu di totale sollievo: Crowley non era stato attaccato in casa, ma ciò poteva significare che era stato catturato in un’imboscata.
Osservò meglio l’ambiente che lo circondava: sembrava tutto a posto, se non fosse stato per la porta del suo studio, chiusa. Si avvicinò e bussò per cortesia, rivelandola vuota; abbassò la maniglia, ma la porta era chiusa a chiave. Si rabbuiò, cosa aveva di così prezioso da nascondere in quel luogo? Ci pensò su, combattuto nel fare sicuramente la scelta sbagliata, ma ormai era curioso e determinato di sapere cosa si celava là dentro. Schioccò di nuovo le dita, aprendo la stanza. Trovò un semplice studio, con mobili in rovere ed una poltrona, con una scrivania dello stesso legno e piena di libri sparpagliati di sopra.
Ma... lui non leggeva.
Girò verso la poltrona, leggendo i titoli delle varie copertine, rimanendo sorpreso e quasi sconvolto.
Nietzesche, Baudelaire, Allan Poe… che diamine..?
Più leggeva, più si sentiva confuso. Che il suo amico stesse avendo una sorta di crisi del 6 secolo?
Trovò tanti fogli bianchi, ma anche matite, sopra quel tavolo, di grandezze e spessori diversi, molto utilizzate, pensò.
Cercò di focalizzarsi su altro, continuando a guardarsi attorno. Non c’erano librerie, ma solo un’enorme finestra dietro di lui che dava luce a tutta la stanza. Quando abbassò lo sguardo notò che i cassetti non erano chiusi del tutto. Una sbirciatina non avrebbe offeso nessuno, no? Si domandò, ma stavolta esitò. Aprire quei cassetti avrebbe significato invadere la sua privacy, più di quanto lui si permetteva di farlo in tempi di pace. Aveva sfiorato il pomello, senza muoversi; prese un respiro, aprendolo parzialmente, perché una presenza davanti a lui lo portò a fare un balzo all’indietro, colto in fallo ed in pieno delitto.
- Cosa stai facendo, angelo? –domandò duro ma terribilmente calmo Crowley, con le braccia incrociate al petto e la schiena poggiata alla porta di quercia scura.
Aziraphale non sapeva che dire; era stato uno sciocco già solo forzando la porta d’ingresso, ma aveva terribilmente esagerato entrando anche in quella stanza personale, curiosando sempre di più.
- C-Caro! – esclamò con voce squillante – ero preoccupato! Sono quasi 48 ore che non ti fai sentire! –
- Ho avuto da fare –
- Ma almeno una telefonata… mi hai fatto stare in pensiero! – ammise l’angelo, rimanendo immobile, con le gote arrossate ed i battiti a mille.
- Così in pensiero da piombarmi, anzi, scassinare casa mia ed impicciarti nei miei affari? – la sua voce non era che un ringhio basso – questo è il mio studio e tu non dovresti essere qui –
- Mi dispiace caro – abbassò lo sguardo, colpevole – ma volevo solo…-
- Impicciarti, come al solito, angelo. Fuori – lo bloccò il demone.
- Come? –
- HO DETTO FUORI! –esclamò, aprendo il braccio, intimandogli di farlo.
Quel suo gesto dovette avere terrorizzato l’angelo, che uscì dallo studio e da casa sua in pochi secondi, prendendo pure le scale; e lui non faceva mai le scale, non andava nemmeno a correre.
Pochi minuti dopo era all’ingresso principale del palazzo, ansante, sudato e del tutto mortificato. Aveva una sola domanda: perché aveva reagito in quel modo?
 
 
 
Lo aveva letteralmente cacciato. E terrorizzato. Ma erano dettagli che al momento passavano in secondo piano. Crowley si avvicinò alla scrivania, guardando i cassetti aperti per metà. Quell’angelo ingenuo e invadente non era riuscito a vedere nulla, solo grazie ad un suo provvidenziale intervento. Li aprì e prese i fogli tra le mani, sedendosi stancamente sulla poltrona; quello era il suo tormento più grande, la sua ossessione più profonda. Non sapeva quanto ancora avrebbe resistito e soprattutto, quanto sarebbe riuscito a tenere alla larga Aziraphale da lì.
 
 
L’angelo tornò in libreria, con l’umore a terra. Avrebbe dovuto chiedergli scusa per anni, per farsi perdonare da lui. Non sopportava essere trattato male, ma quella volta se lo era proprio meritato, solo che… lo sguardo che aveva visto in quelle iridi dorate lo avevano destabilizzato. Paura? Stentava a crederci. Crowley non ne aveva e quando succedeva la nascondeva dietro un sorriso ironico e frasi senza senso. Era sempre più preoccupato per lui, perché gli voleva bene, si sforzò di dire. Strinse un pugno, amareggiato. Nell’ultimo periodo pensava costantemente a come sarebbe stato se fosse stato un essere umano normale, ignaro dell’esistenza del Paradiso e dell’Inferno, senza obblighi morali ed etici. Stava peccando di presunzione, lo sapeva, ma lui non aspirava a divenire più potente, tutto il contrario. Sospirò, alzando gli occhi al soffitto. Sia fatta la tua volontà.



Angolo dell'autrice:
Ehm.. salve ancora!
Premetto che questo capitolo non doveva svolgersi così, ma Youtube ha messo in loop canzoni tristi.. date la colpa a lui.
Non sono pienamente soddisfatta del risultato, ma non sapevo come aggiustarlo ancora, spero solo che sia decente.
Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/ricordate/preferite, aumentate di giorno in giorno, grazie!
I pareri sono sempre ben accetti, di qualunque genere!
Al prossimo mercoledì,
R.

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Capitolo 5
*** Delle sofferenze di Crowley e dei ricordi di Aziraphale ***


Delle sofferenze di Crowley e dei ricordi di Aziraphale

Di mosse affrettate

 

 

Dopo quell’imbarazzante e disastrosa parentesi a casa del suo migliore amico, Aziraphale aveva deciso di riaprire la libreria, in modo da tenersi occupato per quelle poche ore che lo separavano dalla chiusura.

Aveva avuto l’amaro in bocca per tutto il tempo, avvertendo il senso di colpa farsi via via sempre più insistente, risalendo dallo stomaco, fino alla gola, impedendogli di pensare liberamente.

Non era mai stato un tipo svogliato, l’angelo, eppure quella giornata aveva rovesciato un’intera pila di libri antichi sul pavimento ed aveva alzato la voce con un cliente molto pressante riguardo la vendita di un tomo molto raro, proprio il The Bay Psalm Book1, a suo parere incedibile; lo aveva senza molte remore spedito a quel paese fuori dal suo negozio.

Alle 19 in punto affisse il “Chiuso” dietro il vetro, lasciandosi andare ad un sospiro di sollievo; non ne voleva più sentire per quella giornata, di nulla.

Si preparò al suo tanto agognato tè, mettendo su la teiera e nel frattempo riordinò quel poco scompiglio che si era creato. Prese dei libri, impilati uno sopra l’altro, in equilibrio precario, per spostarli in fondo alla stanza, nella sezione “Storia e Cultura”, ma inciampò su qualcosa, cadendo rovinosamente al suolo con un tonfo secco.

- AAAAAH! – i libri volarono non molto lontani, ognuno in una posizione diversa. Si massaggiò il fondoschiena dolorante – ma porca…- si voltò, guardando su cosa era inciampato, smettendo di respirare. Cosa ci faceva lì? Quella scatola non l’apriva da molto, molto tempo. Si rialzò piano, raccogliendo i libri e poggiandoli sul bancone, lasciandosi andare ad un sospiro, voltando lo sguardo: forse era arrivato il momento di rivangare il passato.

 

 

Il demone aveva camminato per molto, senza una méta.

Aveva provato a calmare i nervi col giardinaggio, ma sembrava che nemmeno le sue piante volessero dargli un aiuto, ignorando bellamente le sue minacce. Stupidi vegetali, li chiuderò in cantina, altro che fotosintesi!

Aveva bevuto qualche bottiglia di vino, lungo la strada, infischiandosene che fossero appena le 17 del pomeriggio di quella giornata grigia.

Si poggiò alla ringhiera del Westminster Bridge, osservando il Tamigi, con la sua acqua scura e il London Eye che dominava la vista e perfino tutta Londra.

Forse era stato troppo duro con Aziraphale. Lo aveva ferito cacciandolo in quel modo, ma gli sembrava la cosa giusta da fare in quel momento. Bevve un altro sorso, sbuffando. Si sentiva in colpa. E lui non lo era mai, a meno che la vittima del suo brutto carattere non fosse niente popò di meno che il suo angelo.

Prese l’ultimo sorso di vino, buttando la bottiglia nel cestino pubblico accanto a lui, riprendendo a camminare. Si era terribilmente rammollito e la colpa era soltanto sua.

 

 

 

Con la tazza fumante accanto a lui poggiò l’antica scatola sulla scrivania, accarezzandola delicato, togliendo il coperchio e mettendolo accanto a sé.

Guardò quelle lettere ingiallite, ognuna con un simbolo, un indirizzo, una storia.

Erano un viaggio nel passato che lo riportava indietro nel tempo, lasciandogli una sensazione di dolce malinconia.

Prese uno di quei fogli accuratamente piegato e rilegato, rabbrividendo appena.

Tutto d’un tratto si ritrovò catapultato nel passato, rivedendosi in quello studio, con foglio e calamaio, l’atmosfera soffusa data da una candela accesa, tremante e con il cuore in gola per l’emozione.

Accarezzò leggero le parole scritte con quella calligrafia inconfondibile e confusionaria, quasi dispersiva, tremando appena. Gli mancava, terribilmente.

Come amico, come confidente. Era stato un uomo straordinariamente colto e brillante, molto eccentrico e stravagante, che lo aveva semplicemente conquistato con le sue parole.

Se ne era innamorato, negarlo sarebbe stato stupido e incosciente, ma il suo cuore, così come la sua testa, erano sempre appartenuti a lui.

Rimase a leggere per qualche ora, finendo con l’addormentarsi, stretto in quel calore romantico.

 

 

Le 20. Crowley se lo appuntò, sistemandosi gli occhiali sul naso, accigliato. Perché gli umani avevano il vizio di urlare, quando parlavano al cellulare? Non ci teneva a sentire parlare dei loro insulsi problemi, facilmente risolvibili, se avessero avuto meno orgoglio e più coraggio per affrontarli. Almeno aveva rimediato l’orario.

Era finito a passeggiare tra le vie della città, svogliato e di cattivo umore. Si era appellato a tutta la pazienza che aveva per non incenerire un ragazzo in bicicletta, sicuramente un corriere, che gli era finito addosso.

Basta, decise. Sarebbe andato a trovarlo, non per chiedergli scusa ovviamente, perché se lo era meritato, ma per accettarsi che non si fosse offeso, certo. Non sentiva la necessità di vederlo, proprio no.

Pochi minuti dopo si ritrovò davanti la libreria. Fece una smorfia, leggermente alterato dall’alcool, sistemandosi i capelli. Entrò dall’ingresso, sentendo la campanella suonare, ma non vide il solito viso sbucare dal bancone. Cominciò a cercarlo con lo sguardo, togliendosi gli occhiali neri e riponendoli in tasca, trovandolo poco dopo addormentato sulla sua scrivania.

Sospirò, avvicinandosi piano, cercando di non sorridere alla scena che gli si era presentata davanti: l’angelo era poggiato sul suo braccio destro, con la bocca socchiusa e lo sguardo rilassato. Sarebbe stato tutto molto tenero se una grande chiazza di bava sulla sua manica non avesse rovinato tutto. Si prese qualche secondo per osservarlo: i suoi capelli chiari si stavano allungando, ma stranamente non li aveva ancora tagliati; sperava che non lo facesse, perché gli donavano; il viso rilassato, con quelle sue piccole rughe, che si accentuavano quando sorrideva, erano distese. Distolse lo sguardo dal suo viso per concentrarsi sulla mano stretta intorno ad un foglio. Guardò con interesse quelle lettere, avvicinandosi appena per sbirciare. Si trovò ad irrigidirsi, serrando la mascella. Cosa significava tutto quello?

Lo lasciò cadere senza cura, voltandosi ed accomodandosi sulla poltrona di fronte a lui. Si toccò la tasca, estraendo i suoi ormai vecchi amici, il blocchetto di cuoio ed una matita.

 

 

 

Aziraphale si ridestò appena, muovendo la bocca secca per cercare di svegliarsi. Aprì appena gli occhi, cacciando un urlo ed indietreggiando con la sedia, che si impigliò sul tappeto, facendolo cadere rovinosamente a terra – Ouch che male! -

- Buon risveglio, angelo – ghignò divertito Crowley, accavallando le gambe.

- Santo cielo, Crowley! Mi hai terrorizzato! Come sei entrato? –

- Dalla porta, è ovvio –

- E come ho fatto a non sentirti? –

- Dormivi. E sbavavi pure, per essere precisi –

L’angelo avvampò, alzandosi impettito, massaggiandosi il fondoschiena, per la seconda volta in poche ore – Potevi svegliarmi! –

- E perché mai, stavi solo riposando. Ed io non sono così malvagio da svegliare un povero angelo che si addormenta mentre legge delle lettere

Se fosse stato possibile, il rossore delle gote del biondo si fece più forte, mandandolo a fuoco – Non... non dovevi leggere –

- Ma l’ho fatto – si alzò dalla sedia con un unico slancio, avvicinandosi a lui – Vuoi punirmi per questo? –

- Oh cielo… io non punisco! – alzò la sedia da terra, rimettendola all’impiedi – e non credo che tu abbia fatto qualcosa di così… terribile da essere punito –

- Perché non me ne hai parlato? – allo sguardo confuso dell’angelo continuò – di quello. Hai avuto una relazione –

- Oh.. è stato molto tempo fa –

- Poteva essere stata nel Medioevo, ma scoprire che risale quasi al 1900.. mi lascia, come dire, sorpreso –

- E’.. complicato – cercò di dire l’angelo, riordinando le lettere, che rimise dentro la scatola.

- Cosa c’è di complicato, angelo? – si avvicinò a lui, guardandolo in viso – che ti eri invaghito di un uomo? –

- Non ero invaghito – disse basso, sostenendo il suo sguardo.

A quel punto qualcosa in Crowley si lineò, sentendo quasi quel fastidioso crack all’altezza del petto – tu.. ti eri innamorato? –

Aziraphale non rispose, ma il suo silenzio fu abbastanza esaustivo per zittire Crowley.

- Capisco – il demone si sentiva a disagio, ma quella domanda gli premeva sulla punta della lingua – lui ricambiava? –

- Sì – il modo in cui lo disse fece scattare qualcosa dentro il demone.

- Ci sei andato a letto, Aziraphale? –

Quella domanda sorprese l’angelo, sia per il modo in cui era stata detta, quasi con sofferenza, sia perché Crowley aveva usato il suo nome; raramente lo diceva.

- Sì –

Quella crepa che il demone aveva sentito divenne profonda, provando, forse per la prima volta in tutta la sua esistenza, la sindrome del cuore spezzato.

Non poteva credere che si fosse concesso al primo uomo che lo aveva preso a cuore; il suo angelo.

Allora tutti quei discorsi sul sesso, sulla sua vita sregolata, piena di eccessi, erano stati una paternale scritta, priva di significato.

Tutto l’imbarazzo che provava quando si divertiva a stuzzicarlo descrivendogli le sue posizioni preferite, era falso.

Le battute, le frasi ambigue, i libri blasfemi, ogni cosa, era una copertura, per proteggere la sua immagine pudica.

Rabbia. È quello che provò a quella rivelazione. Lo aveva tenuto allo oscuro di tutto, lui, il suo migliore amico.

Aziraphale notò la tempesta interiore di Crowley, poggiandogli una mano sulla spalla – non puoi biasimarmi, caro. Noi non ci vedevamo mai, al massimo qualche volta a secolo. Tu eri in Italia in quel periodo, col tuo amico Gabriele2; vivevamo due vite separate, da conoscenti –

- E poi? Nel 1941 ti ho salvato la vita angelo, a te ed ai tuoi stupidi libri, rischiando la vita, entrando in una Chiesa. Neanche allora ti è venuto in mente di dirmelo? –

L’angelo in quel momento aveva capito tante cose, più importanti di quello.

- Ho pensato che non fosse più rilevante che tu lo sapessi –

Il demone sospirò, deluso dal suo comportamento. Da un lato poteva quasi percepire il suo imbarazzo nel parlarne, anche dopo il loro patto durato 11 anni, l’Apocalisse scampata e lo scambio di corpi per scampare alle punizioni delle rispettive fazioni, ma il Crowley umano si rifiutava di crederci. Doveva sapere adesso.

- Chi era? –

- Come? –

- Lui, chi era? – lo vide distogliere lo sguardo – Oscar? –

L’angelo si voltò di scatto, con gli occhi sgranati – come.. come fai a saperlo? –

- Era scritto fuori – alluse alle lettere – quindi, vuoi dirmelo tu o devo andare a controllare io stesso in quello scatolo ammuffito? –

- Non ci provare! – si parò davanti, poggiando le mani sulla scrivania.

- Dimmelo! –

- Oscar, Oscar Wilde, dannazione Crowley! – soffiò nervoso, avvampando, rigido come se fosse stato appena colto con le mani dentro la marmellata.

Crowley assottigliò le sue pupille da rettile, sconvolto. Oscar Wilde, lo scrittore famoso in tutto il mondo per le sue opere ed i suoi eccessi, che lo avevano portato ad una morte prematura.

Il suo amico Gabriel e lui non erano stati molto diversi: entrambi esteti, amanti del piacere in tutte le sue forme e con vite libertine: avevano messo da parte la moralità per qualcosa di più travolgente: il piacere.

Doveva aspettarselo Crowley, in qualche modo. Se lo sentiva, infondo. Un uomo così colto, generoso, di bell’aspetto, agli occhi degli altri definito adorabile, non poteva essere stato per più di 6 millenni legato solo ai suoi libri.

- Crowley..?-

Il demone distolse lo sguardo dal fiume di pensieri per dedicarsi a lui – Mh? –

- Io.. ho chiesto che ci fai qui –

- Nulla, ho pensato solo di controllare che non ti fossi offeso – fece spallucce.

Lo vide rilassarsi, accennando un sorriso – no, non mi sono offeso.. avevi ragione, non dovevo entrare come un ladro in casa tua –

- Già, non dovevi proprio –

Le guance dell’angelo si colorarono di un rosa delicato, che illuminarono il suo viso

- Non succederà più caro – tossì appena – vuoi.. del tè? –

- Basta che non è quella schifezza dell’altra volta –

- Oh cielo, caro! – borbottò – non sprecherò ancora quelle bustine per un.. bongustaio di vino! –

- Oh angelo, così mi commuovi – disse in modo teatrale – quindi accetto del buon vino, magari molto, molto invecchiato – si beccò un lungo sospiro rassegnato.

- E sia –

 

 

- E tutto quello scotch! Non capivo che cosa dovesse fare! Pensavo si fosse dato al fai da te, capisci?! – scoppiò a ridere l’angelo, rosso in viso.

- Al fai da te? Ma sei serio angelo? Si intuiva! – prese un altro sorso – e con le corde che hai pensato? Che volesse crearsi un’altalena? -

Anche Aziraphale aveva rinunciato al tè, alla fine.

- Oh.. no di certo, non sono così rimbambito! – posò il suo terzo bicchiere vuoto sul tavolo, o era il quarto? – ma non quello! –

- Beh, era quello invece! Piaciuto? – domandò sornione il rosso, sdraiandosi sul divano rosso.

Avvampò – n-non direi piaciuto, ma.. accettato, va bene? –

- Lo hai letto tutto d’un fiato, ammettilo –

- …. –

- Lo immaginavo –

- Sei tu che me l’hai regalato! –

- Potevi anche non leggerlo, non ti ho mica costretto! – si difese, sedendosi velocemente, stringendo la spalliera del divano – come gira.. – si tenne la testa, ridestandosi poco dopo – ad ogni modo angioletto, ti va di vederlo? –

- Eh..? Cosa? –

- Come cosa, il film! – esclamò con ovvietà, alzandosi – dove tieni la televisione? –

- Eh..? non la posseggo –

- COME FAI A NON POSSEDERLA! SIAMO NEL XXI SECOLO, PER SATANA! –

- Shhhh non urlare! – si alzò, sistemandosi il papillon – non ne vedo, io conduco una vita.. –

- Noiosa! –

- Incentrata sulla cultura – lo corresse.

- Quindi noiosa.. vabbè rimedio io – schioccò le dita, facendo materializzare un televisore al plasma, sopra un tavolino con le rotelle – così puoi portartelo in giro –

- Oh.. Grazie – gli sorrise, con gli occhi lucidi dati dall’alcool in corpo.

- Aspetta a ringraziarmi.. – sventolò tra le dita un cd – Il bello inizia adesso –

 

 

 

Si erano accomodati sul divano, abbastanza lontani da non toccarsi, ma vicini da sentire l’uno il calore dell’altro; con la luce spenta avevano avviato il DVD materializzato dal demone, facendolo partire.

Aziraphale era teso; se n’era accorto Crowley, che da più di dieci minuti, invece di guardare il film, studiava ogni movimento dell’angelo, scoprendolo quasi a disagio.

- Angelo? –

- Si caro? – si era voltato verso di lui, cercando di scorgere il suo viso grazie al poco chiarore che mandava lo schermo.

- Tutto okay? –

- Certo! Perché me lo chiedi? – sorrise nervoso, con un tono di voce più acuto.

- Sembri nervoso – lo scrutò, osservandolo girarsi verso lo schermo e sgranare gli occhi, tornando a guardarlo subito – non.. non sono nervoso –

Il demone guardò nella sua direzione, spuntandogli un sorrisino mellifluo – oh guarda qui Angelo, le attività ludiche! –

- Crowley smettila! Blocca il film! – si lamentò, terribilmente imbarazzato, iniziando a muoversi e voltare il capo in giro, cercando qualcosa con lo sguardo.

- Cerchi questo? – agitò il telecomando in aria, scansando un gesto veloce dell’angelo, che cadde in avanti.

- Oh dannato demone, dammelo! –

- Prova a prenderlo, se hai il coraggio! – esclamò divertito, saltellando sul divano, evitando ogni attacco celestiale.

- CROWLEY! –

- Scordatelo angelo, non mi fai paura! – sorrise sornione, un attimo prima di venire scavalcato con una mossa molto agile da Aziraphale, che finì per sovrastarlo. A quel punto sia il sorriso del demone, che le proteste dell’angelo scomparirono, finendo per ascoltare solo il rumore dei loro respiri.

Anche se non potevano vedersi, entrambi avevano gli occhi sgranati, per quella situazione imbarazzante e compromettente in cui si erano andati a cacciare.

Crowley perse un battito in quel frangente, accorgendosi di avere aspettato quel momento da tutta la sua esistenza; non poteva farsi scappare un’occasione del genere, non ora che le labbra del suo angelo preferito erano a pochi centimetri di distanza dalle sue.

Allungò il viso verso di lui, sfiorando le labbra con le sue.

Adesso poteva essere suo.

 

 

1: fu il primo libro stampato in America, nel 1640. Contiene tutti i salmi tradotti in inglese; attualmente è il libro più costoso mai venduto al mondo.
2: Ovviamente Gabriele D’Annunzio, poeta del ‘900 conosciuto per le sue opere e per la sua vita molto movimentata.



Note dell'autrice:
Salve!
Ed anche oggi la felicità slitta a domani. Sono finita nel vortice dell'angst ed è difficile uscirne, tutto questo grazie a Nao, vero amica? A parte tutto, spero che il capitolo sia di vostro gradimento e che non mi tiriate i pomodori per dove l'ho fatto finire. Sono sicura che al prossimo aggiornamento riceverò tante di quelle parolacce che potrò scrivere un libro.
Bando alle ciance, al prossimo mercoledì!
R.

 

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Capitolo 6
*** Della delusione di Crowley e della tristezza di Aziraphale ***


Della delusione di Crowley e della tristezza di Aziraphale
Di sorprese sconvolgenti
 
 

Erano rimasti immobili, come se il tempo intorno a loro si fosse fermato; Crowley nella penombra riusciva ad intravedere gli occhi dell’angelo, così espressivi e lucidi. Ora o mai più, si disse. Si avvicinò, fino a sfiorare le sue labbra con quelle tanto amate, chiudendo gli occhi, facendosi più vicino.
- No Crowley, aspetta – sentì la mano dell’angelo posarsi sul petto, facendolo allontanare.
- Aziraphale perché.. – fu interrotto dallo schiocco delle dita, che accese la luce, vedendo in che posizione si ritrovavano; entrambi avvamparono, ma Crowley era molto confuso.
- Non posso, no – si rialzò, sedendosi, mettendo un po' di distanza tra loro due, che sembrarono chilometri al demone.
- Angelo? – si diede un contegno, sedendosi anch’esso, fissandolo – Che succede? –
- Dovresti andare, Crowley –
Quell’affermazione lo spiazzò, ferendolo soprattutto – Andare? Ma sei tu che mi sei saltato addosso! –
-  Ho sbagliato – si voltò verso di lui – non volevo creare.. questo – si passò una mano tra i ricci.
Crowley si irrigidì, serrando la mascella. Essere rifiutato in quel modo… non se lo meritava – E sentiamo, che scusa inventerai questa volta? Che vado troppo veloce per te? Che ti ho tentato, con questo ridicolo film? – disse con durezza.
- Crowley.. – sospirò, venendo interrotto.
- No, stai zitto – si alzò, guardandolo dall’alto – tu sei solo un codardo, un fottuto codardo, angelo. Scopi con un altro e fai il pudico per un bacio, con me che conosci da più di 6 millenni! –
- Non ti permetto di parlare così! – si alzò anche lui, fronteggiandolo – non puoi giudicarmi, io ho avuto solo lui! – si rabbuiò – tu invece.. non so nemmeno quanti! –
- E ti interessa questo, vero? Il povero angelo pudico che vuole preservare la sua anima pura. Ti dico una cosa, angelo, di puro ti è rimasto davvero poco –
Aziraphale si sentì pugnalare con quelle parole e dallo sguardo dell’amico. Forse, in una delle poche volte in tutta la sua vita, sentì montare la rabbia, facendogli annebbiare la mente, spegnendo la sua pazienza ed i suoi intenti benevoli.
- Almeno io lo sono ancora – si avvicinò pericolosamente al suo viso – e sono ancora un angelo, mentre tu.. –
- Sono un demone, vuoi dire questo, davvero? - al suo silenzio continuò -  Perché noi, angeli caduti, non possiamo provare sentimenti, siamo degli esseri orribili, è questo che pensi? –
- Perché non dovrei? Ho visto come vi comportate; usate, buttate, deturpate le anime! – non lo pensava quello, ma non gli importava al momento. Voleva solo ferirlo, come lui aveva fatto.
Colpirlo nell’orgoglio, nel cuore, per quell’eccesso di superficialità. Non si era reso conto che lo aveva definito una persona impura? Lui che combatteva con tutta l’eternità per non cedere a quei sentimenti che giorno in giorno aumentavano; sentiva di essere Don Chisciotte contro i mulini a vento: una battaglia persa.
Quando riemerse dai suoi pensieri vide, per un secondo soltanto, nelle iridi serpentine dell’amico, un velo di dolore, facendolo scuotere. Si rese conto di essere stato spregevole.
- Oh Crowley, scusami.. – venne interrotto da un cenno secco.
- Lascia perdere. Ho davvero capito cosa pensi di me – si rimise gli occhiali – tolgo il disturbo, prima di deturpare anche te – lo superò a grandi falcate, sbattendo la porta della libreria dietro di sé, lasciando un Aziraphale sconvolto ed ammutolito.
 
 
Crowley era corso fuori, aperto la Bentley e sgommato via, lasciando una profonda impronta del copertone sull’asfalto.
Stupido. Sei solo uno stupido, si ripeteva come un mantra nella mente, mentre guidava senza guardarsi indietro. Gli occhiali scuri però non coprivano le lacrime che copiose scendevano dal suo viso. È stato tutto falso, per tutto questo tempo. Aveva spinto il piede sull’acceleratore, curvando pericolosamente ad ogni sorpasso, rischiando la pelle ogni secondo. La mia esistenza accanto a lui è stata artefatta, priva di significato. Velocemente Londra aveva lasciato posto alle stradine di campagna, delimitate da una staccionata di legno in entrami i lati; tutto il paesaggio era sconfinate pianure coltivate, che con il tramonto creavano un gioco di colori meraviglioso, ma Crowley non prestava attenzione, a nulla, accecato dal dolore. Tutte le volte che ho rischiato la vita per lui.. è stato inutile.
Non si era mai sentito così ferito, deluso ed amareggiato come in quel momento. Lo sentiva, eccome se lo sentiva, il cuore sanguinare; quel dolore sordo ed intenso, che non faceva ragionare, ma che levava il fiato, ad ogni fitta, stilettata.
Rallentò e si fermò solo quando arrivò nel belvedere, dalla quale si potevano vedere le luci della città che la illuminavano.
Scese, stanco, togliendosi gli occhiali e poggiandoli sul cofano della sua piccola, avanzando verso la ringhiera, che strinse così forte da farsi sbiancare le nocche.
Non poteva crederci, era assurdo. Era forse un incubo quello? Aziraphale gli aveva sputato in faccia quell’agghiacciante verità, con quello sguardo severo ed arrabbiato. Il suo angelo.. un solo singhiozzo sfuggì dalle sue labbra, chinando il capo, piangendo in modo silenzioso.
Lo aveva perso, semmai era stato suo amico.. non poteva perdonarlo, non dopo avere usato quelle parole.. deturpare le anime non era mai stato un compito facile per lui, che aveva sempre cercato di recare il minor danno possibile e lui lo sapeva. Non aveva ideato il progetto della grande rotonda autostradale per mandare all’Inferno più anime possibili; inveire non portava di certo alla dannazione eterna. Così come fare saltare il collegamento telefonico di tutta Londra. Lui aveva commesso solo piccoli danni, solo per compiacere un minimo i suoi superiori, così da rimanere sulla Terra, con lui. Per lui.
Alzò lo sguardo, verso il cielo, con il viso contratto. Perchè Dio aveva voluto dargli anche quella punizione? Cadere non era stato abbastanza? Avere strappato via le ali, averlo fatto diventare un servo del Diavolo, con le movenze di un serpente, quello che in realtà era, non era già poco sopportabile? No, doveva avere anche strappato il cuore dal petto; questo lo rendeva un ottimo capro espiatorio.
Pianse, come raramente aveva fatto, smettendo di trattenere i singhiozzi, riversando fuori tutta la sua sofferenza che solo quell'angelo dal viso candido e dal cuore generoso poteva procurargli.
 
 
Per minuti interi era rimasto lì, a fissare la porta, immobile. Cosa gli era uscito dalla bocca? Non lo reputava nemmeno lontanamente uguale ai suoi compagni dell’Inferno, eppure lo aveva detto con così tanta cattiveria. Sapeva di averlo pugnalato, ferito a morte, ma lui non doveva parlare di lui in quel modo. Lui era puro, si era concesso ad un solo uomo, che amava per giunta; eppure non riusciva a crederci fino in fondo nemmeno lui, perchè essere puri non significava solo resistere fisicamente, ma impedire alla mente di formulare ogni sorta di pensiero impuro e lui, nel corso di quei sei millenni, ne aveva fatti anche troppi, verso di lui specialmente.
Si voltò verso la televisione, con il film in pausa, schioccando le dita per fare scomparire tutto. Si sedette sul divano, affranto, con gli occhi vuoti e la mano sulla bocca: quello sapeva tanto di addio, o almeno di un allontanamento per almeno una cinquantina d’anni.
 
 
Crowley per diverse ore era rimasto in quel posto sperduto, ma poi aveva ripreso almeno un poco il controllo di sè, rindossando gli occhiali e rimettendosi alla guida. Tornò a Londra, destreggiandosi nel traffico, raggiungendo il suo appartamento. Entrò di soprassalto, andando nella sua camera, prendendo dall’armadio la valigia, che riempì in poco tempo. Non aveva molti beni ed anche se non intendeva portarsi dietro ogni cosa. A grandi falcate raggiunse il suo studio, fermandosi per un attimo. Quei dannati libri! Lui aveva sempre odiato leggere, perdere tempo con quelle letture arcaiche e quasi fantascientifiche, ma nell’ultimo periodo aveva sentito la necessità di leggere qualcosa che lo aiutasse a districare l’ondata di emozioni che sentiva crescere dentro di lui. Con un ringhio li mise in valigia, aprendo poi i cassetti, bloccandosi. Quelli non li avrebbe portati. Prese in mano quei fogli, sfogliandoli con cura: aveva impiegato tanto tempo per renderli perfetti, ma non era servito a nulla. Con uno scatto li lasciò sparpagliati sulla scrivania, uscendo dallo studio. Schioccò le dita, miracolando le piante affinchè avessero regolarmente l’acqua per sopravvivere; ci teneva, infondo.
Dopo di chè spense la luce, si caricò la valigia ed uscì di casa. Doveva cambiare aria.
 
 
 
 
Tre settimane dopo…
 
Aziraphale stava posando sul bancone una pila di libri, silenzioso.
Da quando Crowley era sparito la sua vita era peggiorata. Non riusciva più ad essere gentile e cortese con i clienti e di rado aveva cominciato a vendere alcuni tomi per lui inestimabili. Ma che senso aveva tenerli se la sua vita era diventata vuota?
Passava tutte le giornate rinchiuso nel suo negozio, tra una bevuta di thè e l’altra; non andava più al parco e le ragioni erano ovvie. Aveva provato a telefonargli ma attaccava subito la segreteria, segno che il cellulare era staccato.
Tre settimane senza avere uno straccio di notizia del suo migliore amico, forse ex.
Aveva imprecato contro sé stesso ogni giorno, per avere avuto quel comportamento, ma non poteva cambiare il passato; il danno ormai era fatto e Crowley beh, dissolto.
Lo squillo del telefono lo fece sobbalzare, correndo a passo svelto a sollevare la cornetta – pronto? –
- Ciao Aziraphale, sono Anathema –
Sul suo volto si dipinse un’espressione delusa ed un sorriso triste fece capolinea tra le sue labbra. L’amicizia tra la strega e l’angelo andava avanti da un po' di tempo. Aziraphale aveva appreso che era diventata una maestra elementare e si era offerto di aiutarla con la fornitura dei libri per quei bambini che non potevano permetterselo; così, avevano iniziato a sentirsi sempre più spesso, finendo per entrare in confidenza; l’angelo le raccontò di Crowley e del loro litigio, in realtà di tutta la loro storia (perché era un gran chiacchierone) e la strega si rivelò un’autentica ascoltatrice.
 – ciao Anathema, come stai? –
- Io bene, a te invece ti sento sempre più triste –
- Passerà cara, passerà –
- Crowley? Si è fatto sentire? –
- No, nessuna notizia – sospirò, accomodandosi sulla sedia di legno imbottita.
- Sono sicura che tornerà –
- Già.. beh io non ci spererei in realtà –
- Non essere pessimista, voi non potete stare lontani, siete come il sole e la luna, uno non esiste senza l’altro –
- Cara, ma così ci fai sembrare degli amanti –
- Perché, non lo siete? – la sentì quasi sorridere.
- No cara, che vai a pensare – arrossì – siamo.. o meglio, eravamo amici… -
- Sono sicura che lo sarete ancora, quando quella testa calda deciderà di tornare da te –
E lui ci sperò in quelle parole, dette forse in modo superficiale, ma erano proprio quelle parole a tenere accesa quella fiammella di speranza che albergava in lui, difficile da spegnere del tutto.
- Speriamo, cara –
- Ne sono certa. Senti Azi, circa un mese fa Crowley mi aveva chiesto in prestito dei libri, diciamo particolari. Non li ho più riavuti indietro –
- Che genere di libri? –
- Filosofia; robe come Nitzesche, Baudelaire.. mi servirebbero –
Ecco di chi erano quei libri! Sapeva che non potevano essere del demone, non erano.. il suo genere?
- Sì certo.. li avevo visti a casa sua, nel suo studio, ma più di un mese e mezzo fa –
- Potresti ricercarli per favore? Non voglio ricomprarli –
- Ma.. lui non è in casa, significherebbe entrare senza il suo permesso – di nuovo? Stavolta se lo avesse beccato lo avrebbe ammazzato, ne era certo.
- Andiamo Azi, con i tuoi poteri puoi entrare ed uscire in pochi minuti – lo rassicurò la strega.
 
E così, dopo una mezz’ora ed una buona dose di coraggio, Aziraphale si era messo in cammino, per risolvere quel piccolo favore chiesto dalla sua amica. Infondo era una cosa di poco conto no? Rapportato al fatto che la sua pro-pro-prozia li aveva salvati dall’Apocalisse ed aiutati con quella dritta sullo scambio dei corpi beh, glielo doveva.
Non ci volle molto per ritrovarsi davanti il suo appartamento. Con la mano tremante aprì la porta d’ingresso, riconoscendo l’odore di chiuso. Chiuse la porta alle sue spalle, venendo scosso da una profonda malinconia. Gli mancava così tanto..
Camminò per il salotto, notando come tutto fosse rimasto immobile, testimone la polvere sopra il tavolo e sul pavimento. Le sue piante erano però rigogliose, segno che venivano regolarmente accudite. Non pensava che venisse fatto manualmente, più con un miracolo. Accarezzò piano le foglie verdi, sospirando. Aveva sempre saputo che in fondo doveva tenerci a quelle piantacce che non stavano mai al loro posto.
Proseguì la sua “ispezione”, andando nella sua camera; lì il suo odore lo colpì in pieno, come uno schiaffo in volto, obbligandolo a poggiarsi al comò, inebriato.
Crowley, sorprendentemente, aveva un odore dolce, ma con una punta amara. Avrebbe riconosciuto quell’odore fra mille, se fosse stato necessario. Le ante dell’armadio erano scostate, intuendo i suoi gesti: aveva preso velocemente qualche abito, senza neanche fare attenzione. Le lenzuola del letto erano parzialmente sgualcite, forse per avere poggiato un borsone. Una valigia forse? Nient’altro era fuori posto.
Uscì da lì, con un sorriso.
Tralasciò il bagno e la cucina, fermandosi davanti la porta dello studio, indeciso. L’ultima volta aveva combinato un disastro, ma adesso era molto peggio.
Oh al diavolo! Pensò, abbassando la maniglia, trovandola aperta stavolta.
La prima che saltò subito all’occhio fu l’assenza dei libri di Anathema, quella volta poggiati sopra la scrivania. Non ci sono, quindi posso andare? No Aziraphale, sbircia come il tuo solito! Ecco, quella era la voce di Crowley nella sua mente.
Cosa scelse? Ovviamente lo sapete.
Fece qualche passo, entrando. Ogni cosa sembrava non essere stata toccata, tranne la presenza di una ventina di fogli sparsi sulla scrivania. Aguzzò la vista, incuriosito. Quello che vide gli fece sgranare gli occhi. Di corsa azzerò la distanza, prendendoli in mano. Non era possibile, era.. assurdo! Si sedette sulla poltrona, con la mano libera davanti la bocca, che tolse solo per sfogliare ogni singolo foglio, sempre più sconvolto.
Dannato Crowley, sei uno stronzo! Ma ti amo per questo.




Angolo dell'autrice:
Buongiorno a tutti! Sono riuscita ad aggiornare per puro miracolo, sono fiera di me!
Adesso potete tirarmi i pomodori, me lo merito.
Questa storia è iniziata con l'idea di essere leggera e divertente, ma è andata su un fronte totalmente opposto; prometto che questo sarà l'ultimo capitolo angst <3
Grazie ancora per tutte le opinioni che lasciate e per gli inseriementi tra le preferite/seguite/ricordate.
Al prossimo mercoledì,
R.

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Capitolo 7
*** Della lontananza di Crowley e della determinazione di Aziraphale ***


Della lontananza di Crowley e della determinazione di Aziraphale

Di segreti svelati

 

 

- Ehi bellezza, il solito? –

Crowley annuì, aspettando il suo drink.

Erano ormai passate diverse settimane da quando aveva deciso di prendersi una pausa, allontanandosi da tutto. Miami gli era sembrata la méta giusta: calda, accogliente, sempre frenetica e lui aveva proprio bisogno di quello, per non pensare.

Era partito col suo borsone, preferendo l’aereo al solito schiocco per materializzarsi direttamente lì; sentiva di tenere a quei gesti umani più di quanto era disposto ad ammettere: comprare il biglietto, attendere il proprio volo e poi trovarsi sopra le nuvole… erano azioni che poteva svolgere anche da solo, spiegando le proprie ali, ma si era accorto ben presto che erano attività che non amava fare da solo, bensì in compagnia ed alla fine ci aveva rinunciato.

- Ecco il tuo Bloody Mary – si sentì dire da Ramòn, il barman di quel locale della movida in cui andava ormai ogni sera, da quanto era arrivato.

Mentre prendeva in mano il suo cocktail si vide poggiare uno shot davanti – e questo? – alzò un sopracciglio.

- Offre la casa – ammiccò Ramòn – il girone dei dannati

Crowley strabuzzò gli occhi – come scusa? –

- lo shot – rise – è questo il suo nome –

Il demone lo guardò, prendendolo tra le dita. Che nome beffardo… mandò giù in un unico sorso, tossendo appena – cazzo, questa roba è forte! –

 

 

 

Aziraphale ebbe bisogno di un attimo per riprendersi. Era quello il segreto inconfessabile di Crowley? Dovette prendere fiato per qualche minuto, confuso e scosso.

Tutti quei disegni avevano un unico soggetto: lui.

Quei tratti precisi, leggeri, senza sbavature, che lo rappresentavano durante un qualsiasi momento della giornata: mentre leggeva, sorrideva o.. dormiva. Avvampò al solo pensiero che il demone si era infiltrato in casa sua come un ladro, spiandolo. Perché, tu cosa stai facendo angelo? Ancora quella voce!

Li sfiorò con le dita, ammaliato da tanto talento. Quand’è che Crowley aveva iniziato a disegnare? Aveva proprio un talento innato.

Un profondo senso di colpa lo percosse. Se lui aveva fatto tutto quello per lui forse.. quella nuova consapevolezza mista a speranza lo fece balzare all’impiedi, rinvigorito, sistemando quei fogli e stringendoli con delicatezza tra le mani.

Adesso era il tempo di reagire.

 

 

 

Crowley raggiunse la sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Quel monolocale era ormai la sua casa: arredamento minimal e pochi quadri anonimi; l’unico oggetto distintivo era il grande letto con le lenzuola rosse che rendeva l’ambiente un po' più caldo, nonostante le pareti fossero già di un arancione opaco.

Si buttò a peso morto tra le morbide lenzuola, respirando l’odore del detersivo. Erano le 4 del mattino ed aveva fatto after, come ogni sera. E come ogni sera, decine di persone, sia uomini che donne, gli andavano dietro sbavando come tanti leoni in cerca di carne fresca. Sospirò, togliendosi gli occhiali, inutili per il buio che regnava nella stanza. Aveva provato a lasciarsi andare con qualcuno, ma ogni volta che si avvicinava ripensava a quell’angelo da strapazzo, finendo per fare la figura dell’idiota, scappando come un ragazzino; schioccò le dita per cambiarsi, chiudendo gli occhi. Infondo un po' di riposo non gli avrebbe fatto male.

 

 

 

- Forza andiamo.. rispondi! –

Ancora quella dannata segreteria. Stava finendo per odiare quasi la sua voce, che ripeteva sempre la solita frase. In più di 30 anni non l’aveva mai cambiata, confermando la sua idea di quanto fosse megalomane, egocentrico e narciso.

Crowley era un demone fuori dal comune. Spietato senso dell’umorismo e fortemente ironico, sapeva colpire il punto giusto per far cadere il suo interlocutore, sia per imbarazzo o vergogna, altre volte per stizza o irritazione, ma non lo aveva mai visto fare male davvero a qualcuno, nel vero senso del termine. Si era sempre tenuto lontano dalle idee drastiche dei suoi colleghi, anche quando glielo chiedeva la stessa Belzebù. Aveva visto il suo disappunto e lo sgomento quando Dio aveva dato l’ordine di costruire l’Arca a Noè, facendo morire tutta la popolazione, molti innocenti, tra cui i bambini. La prova che le sue ali erano cambiate, ma dentro di lui rimaneva una sfumatura dell’angelo che era stato, anche se per poco tempo.

Come potevano essere uscite dalla sua bocca quelle parole cariche di menzogne? Lui era un angelo, non avrebbe dovuto nemmeno pensarle. Solo in quel momento si accorse davvero quanto era cambiato anche lui, in quei millenni. Aveva imparato a mentire, a sé stesso, a Crowley. La sua esistenza era ruotata per millenni intorno al grande Piano Ineffabile, ma col tempo si era accorto che senza quel compagno, all’inizio fastidioso e difficile da accettare, non ce l’avrebbe mai fatta. Non solo perché gli aveva salvato la vita diverse volte, per colpa della sua ingenuità; ma specialmente perché era diventato la sua luce. Ironica, la vita, certe volte. Un angelo che dì per sé è portatore di luce, trovava la sua pace e la protezione in un demone, abitante dell’Inferno per propria scelta.

Doveva trovarlo. Era stanco di scappare.

 

 

 

I raggi del sole che filtravano dalle tende leggere gli accarezzarono il viso, portandolo a mugugnare. Adorava il sole, era in fondo un rettile, ma quando dormiva preferiva il buio più totale.

Strinse le lenzuola tra le dita, portandosela fin sopra la fronte, borbottando. Perché non poteva semplicemente piovere?

Perché Miami è la città dove splende il sole tutto l’anno, amico! Ricordò le parole di Ramòn, pronunciate settimane prima, al suo arrivo.

Era già stato in quella città caotica e piena di turisti, ma nel 1960. Se la ricordava molto diversa, con meno smog e tavole da surf, ma con la stessa musica ad ogni angolo delle strade, affollata di ragazzi sorridenti con la voglia di socializzare, magari per trovare qualche amico di bevute o semplicemente per divertirsi un pomeriggio a colpi di pallone.

Aveva girato tutta la città, con quelle biciclette elettriche che venivano date in affitto, rimpiangendo la sua piccolina ferma da troppo tempo ormai. Al mio ritorno ti farò correre baby, come non mai.

Ma aveva davvero voglia di tornare?

Sbuffò ancora, interrompendo i suoi pensieri, fatti troppo pesanti già di prima mattina. Socchiuse gli occhi, osservando la sveglia. Altro che mattina, erano le 4 del pomeriggio! Aveva dormito per 12 ore filate, senza interruzioni. Non si ricordò quando era stato l’ultimo periodo in cui si era lasciato andare così al sonno, a quell’abitudine umana… magari era il 1600? Periodo noioso, se non per qualche rivoluzione o guerriglia, il solito insomma. Forse l’unica vicenda che aveva attirato la sua attenzione era la testardaggine di Galileo nell’affermare le sue teorie che scienza e matematica andavano a pari passo.. tutto per un paio di stelle, pff! Lui, che le aveva inventate1. Potrebbe aver suggerito qualche piccola idea a quell’astronomo, solo per curiosità nel vedere come il mondo si sarebbe affacciato a quella realtà.

Aveva dormito circa 50 anni, risvegliandosi alla fine di quel secolo.

Decise di alzarsi, alla fine, trascinandosi ancora addormentato in bagno, per sciacquarsi il viso. Una volta arrivato alzò lo sguardo verso lo specchio del lavandino. Aveva un aspetto orribile; il viso era sciupato e due grosse occhiaie violacee facevano capolinea sotto gli occhi. Era forse più magro di quanto già non lo fosse? Non sapeva dirlo con esattezza, ma pensò ad un detto umano, che non poteva essere più azzeccato: quando l’anima soffre, il corpo paga.

Dannazione. Non si era mai ridotto in quel modo, manco quando sopra la sua testa pendeva una sentenza di morte, ed una vasca di acquasanta.

 

 

 

Aziraphale camminò per tutta la libreria, ispezionando tutti i libri che potevano sembrargli utili, sbuffando di frustrazione. Niente, proprio un bel niente!

Aveva letto libri celesti, esoterici, addirittura demoniaci, per cercare di trovare una soluzione. Anathema non aveva potuto dargli nessun aiuto, aveva le mani legate più di lui. Erano affari troppo più alti di lei.

Non gliene dava una colpa, lo stesso lui non sapeva come darsi aiuto. Pensa Aziraphale, pensa, puoi contare solo sulle tue forze e di nessun altro. Come puoi rintracciarlo?

Rimase minuti interi poggiato al bancone, con le mani strette sul piano, concentrato nel trovare una veloce soluzione a quel grande problema che gli pesava come un macigno nel cuore.

E se forse… sgranò gli occhi, colto dall’illuminazione. Fece un balzo in avanti, sentendo gli ingranaggi del proprio cervello lavorare ad un ritmo serrato.

Se avesse provato… no, non era sicuro che avrebbe funzionato.

Ma avrebbe potuto… ma Gabriel avrebbe potuto accorgersene.

Gabriel, Gabriel ed ancora Gabriel. Quell’Arcangelo gli aveva condizionato tutta la sua esistenza, non avrebbe manipolato anche la sua volontà quella volta. Al diavolo quel damerino!

- Ti prego Signore… aiutami… - mormorò, chiudendo gli occhi; congiunse le dita, in preghiera.

 

 

 

Crowley si era rivestito di tutto punto, col suo solito outfit scuro, fatta eccezione per una collanina dorata che portava al collo; un souvenir comprato in una delle tante bancarelle sul lungo mare.

Allungò la mano verso il cuscino con l’intento di sistemarlo, bloccandosi di scatto. Qualcuno lo stava chiamando.

Sentì un forte calore vicino all’orecchio, che non dava dolore, al contrario; era piacevole. Corse in bagno, voltando lo sguardo. Per tutti i demoni dell’Inferno, in suo tatuaggio brillava, di un bianco acceso!

Se lo sfiorò, rapito da quel colore così raro in lui. Aziraphale lo stava chiamando. Aveva violato le regole del Paradiso: gli angeli non potevano invocare i demoni, per nessun motivo. Potevano essere severamente puniti, ma il suo angelo lo aveva fatto lo stesso, solo per lui. Per lui, davvero? Il suo cuore ferito provava a trattenerlo, ma il suo orgoglio innamorato gli urlava di correre da lui. Spense la luce del bagno, dirigendosi a grandi falcate verso la camera da letto, dove raccolse quel poco dei suoi effetti personali. Osservò la stanza un’ultima volta, schioccando le dita.

 

 

 

Aziraphale aveva invocato Crowley, col suo potere. Se lo avessero scoperto lo avrebbero senza alcun dubbio privato delle ali, facendolo sprofondare negli Inferi. Non doveva farlo, eppure non riusciva a pentirsi del suo gesto. Aveva seguito l’istinto per una volta, permettendogli di compiere quella prima trasgressione. In realtà era la seconda, se si contava il thermos di acquasanta nel 1960. Lì però nessuno si era accorto di nulla.

Adesso la faccenda era più complicata e come se non bastasse il demone non dava segni di avere ricevuto il messaggio. Il suo potere si era indebolito o semplicemente lo aveva ignorato? Non ne aveva idea. Con quell’umore decise di fare una passeggiata, per calmare i nervi. Un angelo così nervoso non si era mai visto.

Non riuscì nemmeno ad arrivare al Saint James Park, per la frustrazione. Non andava più lì da quando avevano litigato, perché tornava continuamente l’immagine dei suoi occhi feriti che si allontanavano da lui.

No, non poteva finire così… doveva trovare il modo! Fece dietrofront, ripercorrendo i suoi stessi passi, verso la libreria. Il cielo terso della mattina aveva lasciato posto a dei pesanti nuvoloni carichi di pioggia, che avevano deciso di corrergli un brutto scherzo, iniziando a piovere, ma a lui non importò. Anche con il viso e gli abiti bagnati non rallentò di un passo, nemmeno per miracolarsi un ombrello. Il panciotto gli stringeva e la camicia si era attaccata al suo petto, infastidendolo. Si allentò il papillon, camminando veloce sul marciapiede londinese, tra ragazzi che correvano sotto le traversine per proteggersi dalla pioggia ed adulti che continuavano il loro passeggio, con l'ombrello alla mano.

Li invidiava, tutti loro. Avevano una sola vita, ma potevano crescere, avere amici, innamorarsi. Invecchiare, magari lamentandosi per la casa sempre in disordine per i nipoti, ma orgogliosi della vita che si erano creati.

Nessun regolamento da rispettare, nessuna paura di perire solo per aver amato.

Erano liberi, da quel punto di vista, molto più di lui, che era eterno e costantemente infelice.

Arrivato davanti la libreria si fermò, sbarrando gli occhi per la sorpresa, o per lo shock.

- Ciao Aziraphale -

Crowley era lì, davanti a lui, bagnato come lui e dell'umore identico al suo. I capelli lunghi rossicci erano appiccicati al viso, così come i vestiti erano diventati più aderenti, risaltando ancora di più il suo corpo magro.

- Crowley - disse con un sussurro, avvicinandosi di poco. Adesso erano ad un metro di distanza - allora mi hai sentito -

- Come potevo non farlo? Questo coso si è illuminato a giorno! - indicò il tatuaggio.

L’angelo non poteva crederci. Ci era riuscito veramente. Dio… lo aveva ascoltato, per quanto quella scelta fosse sbagliata.

- Ti ho cercato per settimane –

- Ho fatto una vacanza –

- Ma perché non hai tenuto il cellulare acceso? – adesso la sua voce era più seria.

- Perché evidentemente non volevo essere disturbato –

- Sei un bastardo, Crowley –

Il demone sgranò gli occhi, togliendosi gli occhiali bagnati – come hai detto, angelo? –

- Hai sentito bene – accorciò le distante, permettendosi di puntargli il dito contro, picchiettando sul petto – sei un dannato bastardo, demone! Hai idea dello sconforto in cui mi hai fatto cadere? – il suo tono di voce era arrabbiata, veramente.

Crowley ammise che lo aveva visto davvero raramente in quel modo. Aziraphale era riuscito sempre a mantenere quel tono pacato che lo contraddistingueva, mettendo da parte l’irritazione ed il nervosismo, per tornare al solito angelo calmo e sorridente.

Ed invece il quel momento vedeva dell’angelo che conosceva ben poco. Il volto tirato e contratto, gli occhi blu scuriti dalla rabbia e la sua aurea che trasmetteva una forte tensione.

Il demone finì per sorridere, ma amaramente – Proprio tu hai il fegato per dirmi dello sconforto, davvero angelo? O dovrei dire demone? – vide l’angelo bloccarsi, abbassando lentamente il dito – non ti riconosco più. E se prima ci avrei scherzato su adesso... non posso, perché non ti accorgi nemmeno che le parole che pronunci pesano come macigni, per me. Potevo sorvolare sul fatto che mi hai rifiutato, ma il resto? – si avvicinò al suo viso, a pochi centimetri – io non sono malvagio e non lo sarò mai. Sono un miliardo di cose, ma ti ho salvato il culo, insieme al mondo, per Satana! – quegli occhi blu lo guardavano, spalancati, in tempesta; il grigio- blu aveva lasciato posto ad un tornado di emozioni, facilmente leggibili per Crowley – e mi hai ferito, profondamente. Sarei dovuto andare via e non tornare più, invece ti sono corso dietro come un cagnolino al primo richiamo – per un attimo chiuse gli occhi – sai cosa significhi per me starti così vicino e non poterti nemmeno… - sfiorare. Sospirò, togliendosi i capelli dal viso – lascia perdere, è tempo perso. Me ne torno a casa – fece un passo indietro, dandogli le spalle.

Aziraphale era rimasto silenzioso per tutto il tempo, più per lo shock di quelle parole che per la vicinanza a lui. Lui non era un demone e non si comportava nemmeno da tale. Aveva agito per paura, allontanandolo nel modo più sbagliato possibile, solo questo. Sicuro che sia solo questo, Aziraphale? Avrebbe potuto reagire in modo diverso, invece aveva voluto volontariamente ferirlo. Era cambiato.

I suoi pensieri furono però interrotti da Crowley, che si era allontanato. Sentiva terribilmente freddo adesso.

I suoi sensi si accesero, facendolo scattare in avanti, allungando il braccio per stringergli il polso – Tu non vai da nessuna parte – a stento riconosceva la sua voce, così bassa e roca. Lo vide voltarsi lentamente, sorpreso da quel gesto – Aziraphale, io vado dove vog..-

- Stà zitto per una volta – lo interruppe, tirandolo a sé; fece scontrare le loro labbra in un bacio ruvido, passionale. Il demone gemette di sorpresa, sentendo l’angelo aggrapparsi a lui, quasi con bisogno, mentre approfondivano quel contatto.

Aziraphale schioccò le dita, aprendo la serratura della libreria, portandosi dietro un demone sconvolto da quel gesto impulsivo ed impetuoso. Entrambi erano bagnati fradici e piccole, ma numerose gocce, finirono sul pavimento antico di quel luogo.

Si staccarono solo per riprendere fiato, rimanendo vicini, respirando uno l’aria dell’altro.

- Aziraphale.. –

- Shh –lo zittì, portando un dito sulle sue labbra – ho commesso un grave errore e ti chiedo scusa Crowley. Sono stato spregevole, ma non le ho mai pensate davvero quelle parole – gli accarezzò i capelli rossi – spero che tu possa perdonarmi… e se non sarà così sono pronto a farlo per il resto della mia esistenza –

Ecco, l’aveva detto. Il resto della mia esistenza era un periodo relativamente lungo, ma era convinto e deciso a farlo, solo per lui, solo per il suo demone.

- Crowley? Puoi per favore dire qualcosa? – dopo le sue parole non si era sentito più nessun rumore, se non del temporale che imperversava fuori. Le sue pupille da rettile erano dilatate ed il fiato era corto, prova anche del suo petto che si muoveva veloce.

A quel punto Aziraphale pensò di averlo scioccato, o peggio, traumatizzato.

- Crowley..? –

Quella domanda, soffiata in quel modo, lo aiutò a ritornare in sé, spingendosi verso di lui, riprendendo quel bacio, soffocando un gemito d’apprezzamento del suo compagno. Lo spinse verso il bancone, senza staccarsi, stringendo la sua nuca verso di sé, sentendolo annaspare; l’angelo afferrò la superficie chiara, urtando una pila di libri che cadde rovinosamente a terra.
Si sarebbe preso ciò che desiderava: il suo corpo, il suo cuore. E quella volta non lo avrebbe fermato neanche la furia di Dio.

 

 

1: appoggio la teoria che Crowley da angelo fosse Rafael, colui che ha inventato le stelle e la galassia.


Angolo dell'autrice:
Ma salve! Ho fatto salti mortali per riuscire a pubblicare questa mattina, l'università non aspetta che pubblichi il capitolo xD
Comunque, passando al capitolo.. è stato un pò difficile scriverlo, perchè non ero sicura di riuscire a fargli avere un senso, ma sono abbastanza soddisfatta del risultato.
Vi avverto già da ora, il prossimo capitolo si alzerà di rating, quindi se non siete amanti del genere vi consiglio di passare oltre, all'altra metà del capitolo.
Detto ciò, spero che a voi sia piaciuto e grazie per tutto il supporto che mi date! Se volete farmi sapere cosa ne pensate beh, mi farebbe molto piacere!
Al prossimo mercoledì!
R.

 

 

 

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Capitolo 8
*** Dell’arte di Crowley e dell’amore di Aziraphale ***


Dell’arte di Crowley e dell’amore di Aziraphale
Di promesse mantenute
 


Come ci erano finiti in camera così velocemente, nessuno dei due lo sapeva.
Con uno schiocco forse? O con un movimento agile quanto istintivo di Crowley?
Poco importava comunque, ad entrambi, troppo intenti ad aggrapparsi l’uno all’altro, con le bocche avide di sentirsi, quasi a divorarsi, come se dovessero recuperare tutto il tempo perduto.
Aziraphale aveva provato a tenere il passo del suo amato, ma senza grossi risultati: il demone infatti sembrava entrato in una spirale di passione e lussuria, incapace di tenersi a freno.
- Crowley.. – ansimò, staccandosi dalle sue labbra per riprendere fiato. Alzò lo sguardo e sentì la testa vorticare: Crowley era un incanto. Il viso arrossato, le iridi dorate nascoste dalle sue pupille nere, così profonde da poterci sprofondare dentro, i capelli ormai umidi che erano più gonfi, spettinati, che ricadevano in modo scomposto sulle spalle.
Avrebbe voluto immortalare quel momento, proprio come aveva fatto lui non tutti quei disegni. Quei disegni. Gliene doveva sicuramente parlare e voleva delle spiegazioni! Ma.. quando sentì la mano del suo amato poggiarsi sul suo petto, decise che ci avrebbe pensato successivamente.
L’angelo si vide lentamente privare della giacca color tartàn e del panciotto, finendo malamente sul pavimento.
- Crowley! Sono dei capi delicati! – si lamentò, rosso in viso, con gli occhi lucidi.
- Al diavolo angelo, non è che questo che mi interessa al momento – lo fulminò con lo sguardo, spingendolo verso il letto, facendolo sedere.
- E- E cosa.. ti interessa? – che domanda stupida, Aziraphale, lo canzonò il suo Crowley interiore, ma lui aveva bisogno di sentirselo dire.
Il demone si fermò, addolcendo il viso, accarezzandogli lo zigomo arrossato – tu, angelo. Mi interessi solo tu – si spinse in avanti, tornando a baciarlo con ardore, facendolo distendere, per sovrastarlo – sapevo che saresti finito sotto tu, alla fine era scontato che toccasse a te –
L’angelo, che fino a quel momento si era lasciato andare al torpore aprì gli occhi, fermandolo con una mano sul petto – scontato? – domandò, leggendo la confusione negli occhi del suo compagno.
- Sì, certo, io ho.. più esperienza di te – disse con ovvietà, come se non avesse detto nulla di sbagliato.
- Oh Crowley.. – se lo tirò di sopra, ribaltando le posizioni; adesso era il demone disteso sul materasso, che lo guardava sorpreso, con le braccia aperte – ma posso iniziare a farla con te – portò le mani tremanti sulle asole della sua camicia scura, cominciando a sbottonarla. Averlo finalmente lì, nel suo letto, gli aveva fatto capire che non avrebbe potuto solo subire, non sarebbe stato cortese, no? Dopo diversi tentativi finalmente riuscì a liberarlo di quel capo, sfiorando il suo petto nudo e tonico; rimase positivamente sorpreso quando lo sentì fremere sotto i suoi tocchi, portandolo a provare una strana soddisfazione nel vederlo così provato, per le attenzioni che gli stava riservando – caro… devo farmi perdonare – si chinò per baciargli il collo, con attenzione e cura, sfiorando la giugulare – per il mio comportamento e.. per non aver capito cosa provavi.. –
- Angelo… - la sua voce era tremante e roca, ridotta ad un sussurro – non c’è bisogno che...-
- Lasciami finire, te ne prego – lo accarezzò, scendendo sul petto – ti chiedo perdono... sono stato superficiale e senza cuore… mi sono accorto di quello che avevo fatto quando ho visto quello sguardo nei tuoi occhi ed ormai era tardi per rimediare... – sfiorò col naso i suoi capezzoli, sentendolo irrigidirsi – ti ho cercato per settimane, ho pensato tanto ad un modo per farti tornare, ho chiesto aiuto anche ad Anathema...-
- Ana... thema? – sospirò, rigido, con quel poco di lucidità che gli rimaneva.
Aziraphale annuì, risalendo fino al suo viso, sbottonandosi lentamente la camicia candida - se non fosse stato per lei non avrei trovato i tuoi disegni - la piegò, con cura, poggiandola sul bordo del letto - sono davvero sorprendenti e… meravigliosi - arrossì, notando che ad entrambi rimanevano ormai pochi strati addosso; ma non si sentiva a disagio, tutt'altro: voleva che accadesse, con ogni fibra del proprio corpo.
- Come li hai trovati? – domandò il rosso, sfiorando il suo petto morbido, aggrappandosi ai suoi fianchi.
- Mh? - Il biondo arrossì, lasciandosi trafiggere da quello sguardo liquido, ma indagatore – sei rientrato in casa mia? –
- No – negò, forse con troppo vigore – io.. –
- Bugiardo.. – borbottò, sospirando subito dopo – ma credo che stavolta potrei fare un’eccezione se.. trovassi un modo per farti perdonare – le sue mani trafficarono con la cintura dei suoi pantaloni, facendo zittire finalmente l’angelo, finendo per aiutarlo.
In poco tempo rimasero nudi, in silenzio, ad ammirarsi, ad ascoltare i loro respiri più accelerati, con il desiderio sempre più crescente di prendersi, unirsi per la prima volta dopo una lunga attesa durata 6000 anni.
E quando finalmente si presero, capirono di non voler essere in nessun posto se non lì, stretti l'uno tra le braccia dell'altro, muovendosi all'unisono al ritmo delle spinte, riempiendo la stanza dei loro sospiri che ben presto divennero gemiti, perché il loro rapporto non era mai stato lineare, tra battibecchi, litigi, esitazioni nel momento in cui le cose iniziarono a cambiare. Tu corri troppo per me non esisteva più, era diventato Adesso io corro con te, ovunque tu voglia.
 
 
 
Il primo ad aprire gli occhi fu Crowley. Si erano addormentati per diverse ore dopo essersi amati, testimone era il sole quasi tramontato. Cavolo, si erano amati per davvero. Stentava ancora a crederci, come se stesse facendo un sogno dal quale non si voleva svegliare. Eppure Aziraphale era lì, col viso sprofondato nel cuscino, con la schiena scoperta, coperto dalla vita in giù. Era rimasto spiazzato quando l'angelo aveva preso il comando, costringendolo dolcemente ad aprirsi per lui, legandosi al suo cuore, così come al suo corpo. In poco tempo la dolcezza aveva lasciato posto alla passione, travolgendoli come un fiume in piena, lasciandoli indolenziti, ma estremamente appagati. Al pensiero arrossì, come una ragazzina con il suo primo fidanzatino. Per Satana! Era un demone rispettato, aveva avuto decine di amanti, di ogni genere! Sì, ma nessuno era il suo angelo.
Sospirò, accarezzando con lo sguardo le sue curve arrotondate, sentendo le mani formicolare. Adorava tutta quella morbidezza che poteva stringere tra le mani, nonostante l'angelo si lamentasse sempre di quanto fuori forma fosse, per colpa del suo vizio di gola (e dei loro appuntamenti al Ritz), eppure lui non riusciva a non trovare tutto quel ben di Dio adorabile.
Allungò una mano, accarezzandogli i ricci morbidi, ridestandolo appena.
Aziraphale sorrise, ancora con gli occhi chiusi - Crowley.. -
- Angelo... come ti senti? –
- Bene – soffiò leggero, percependo i suoi dubbi - So cosa stai pensando... mh... - si stiracchiò appena, aprendo di poco gli occhi, mostrando le sue iridi azzurre, tornate lucenti - se fosse un sogno ce ne accorgeremmo, non credi? -
Il demone annuì, continuando ad accarezzarlo, stregato da tutta quella bellezza.
- A che pensi? - lo riscosse dai pensieri, guardandolo curioso.
Dire la verità o una verità omessa? Sospirò, optando per la prima opzione - a te - sorrise appena - a quanto tutto questo mi sembri... surreale –
Lo vide ricambiare il sorriso, alzandosi sui gomiti – è surreale il fatto che ci abbiamo impiegato così tanto tempo… -
- Ed è solo grazie ad un libro se siamo finiti in questa situazione –
- Già –
- Già –
Il demone dopo un secondo di esitazione si avvicinò all’angelo, donandogli un bacio a fior di labbra che fece venire la pelle d’oca ad entrambi. Non era necessario un bacio approfondito per farli tremare, ne bastava uno leggero, un semplice sfiorarsi per riaccendere i sensi.
- Crowley… - il biondo si allontanò di poco, guardandolo negli occhi – disegnami –
Il rosso sgranò gli occhi; aveva sentito bene? Gli aveva appena detto di disegnarlo su una tavola? Farlo nascosto da lui, al buio, ritraendo anche i minimi particolari era una cosa, ma farlo con lui di fronte, che lo guardava... - Cosa? –
- Si insomma… tu sei così bravo ed anche se mi hai ritratto tante volte... vorrei che lo facessi adesso… - aveva dovuto fare appello al tutto il suo coraggio per esternare quella domanda, ma era finito il tempo dell’imbarazzo, doveva farsi avanti e richiedere quello che desiderava. Quando aveva visto il contenuto di quei fogli a poco aveva avuto un mancamento, e gli angeli non avevano questi tipi di problemi umani, per Dio! Eppure lui si era visto costretto a sedersi, perché le sue gambe avevano iniziato a tremare vistosamente. Essere il soggetto principale della sua arte era... strabiliante, oltre che fuori dal comune; un demone che ritrae un angelo, persino mentre dorme.
- Io non ho mai disegnato davanti a qualcuno, di presenza – ammise, un po' a disagio, portandosi i capelli all’indietro. Solo una volta gli era stato commissionato uno schizzo, che ritraeva una donna-dea durante un temporale estivo, immersa nel verde della natura. Gabriele era stato molto preciso su quel dipinto, a quanto pare era per una sua opera1 e tutto doveva combaciare nei minimi particolari.
- Puoi iniziare adesso, se vuoi –
Il demone sembrò pensarci su, anche se in cuor suo aveva già deciso. Schioccò le dita, materializzando una tavoletta compresa di foglio ed una matita.
- Sdraiati - si sedette sulle lenzuola soffici, nudo, con le gambe incrociate, in attesa.
Aziraphale fece come richiesto, poggiandosi su un fianco, mentre il gomito destro premeva sul cuscino per sostenere il viso; il lenzuolo che lo copriva dalla vita in giù era scivolato pericolosamente, facendo intravedere la chiara peluria del pube - così va bene? -
Crowley dovette riportare lo sguardo in basso, sennò non si sarebbe riuscito a controllare - sei perfetto – si schiarì la voce.
Iniziò a tracciare delle leggere linee guida, per poi iniziare a definire il contorno del suo corpo, ricreando le sue stesse curve. Ritrarre qualcuno di presenza era una cosa estremamente intima, o almeno questo pensava. Più alzava lo sguardo verso di lui, più il suo desiderio cresceva, ma voleva disegnare il suo viso angelico, che aveva una luce negli occhi particolare, molto intensa.
D'altro canto Aziraphale si sentiva piacevolmente esposto a lui, in quel momento.
Non era facile mantenere quella posizione immobile, se i suoi occhi lo guardavano in quel modo, attentamente, per scorgere ogni piccolo dettaglio, come le leggere rughe del suo viso o l'ombra del lenzuolo. Si scoprì di amare quel suo lato così preciso, attento. Era sempre stato un demone pieno di sorprese, non ci si annoiava mai con lui, perché finiva sempre per rivelare un lato di sé nascosto al mondo.
C'era stato il periodo della pratica della spada, intorno al 1600, esaltato da quelle guerre per il potere territoriale e religioso2, durata meno di un millennio, visto che si era dato all'eroismo per salvarlo durante la Rivoluzione Francese; nel 1800 aveva solo preso il vizio di rivelare delle idee geniali, come a quel tizio, Ford, che aveva preso la palla al balzo. Nel 1900 invece c'era stato un exploit, tra letterati inglesi ed italiani, il rock and roll, i Queen e la tecnologia. L'unica passione ad essergli rimasta nel tempo era quella per la sua automobile e... a quanto pare l'arte.
Eppure in quel momento pensò che Crowley fosse ancora un mistero tutto da scoprire. Sentiva il rumore della matita sul foglio, dettato dalle sue dita veloci, sicure e comprendeva che si era perso molti momenti con lui, nonostante si conoscessero da 6 millenni e negli ultimi 2 secoli avessero vissuto nella stessa città, condividendo missioni, passatempi e tempo libero.
Il silenzio regnò sovrano per una decina di minuti, interrompendosi d’un tratto – ho finito – tenne la tavola vicino al suo corpo, non rivelando il suo contenuto.
Aziraphale si avvicinò, facendo scivolare il lenzuolo, rivelando il suo corpo – posso vedere? – chiese dolcemente, un po' intimidito, ricevendo un cenno come assenso. Quando girò la tavoletta avvampò in un solo colpo: aveva disegnato esattamente quella scena, ma tutti i dettagli al suo interno lo ritraevano come un uomo piacente, glorioso, con lo sguardo estremamente profondo – C-Crowley, caro, ma io non sono così –
Crowley gli accarezzò lo zigomo, gentile – sei esattamente come ti ho rappresentato, angelo – infilò una mano tra i capelli – pudico, genuino… così puro da farmi perdere il controllo – prese la tavola tra le mani, posandola nel comodino accanto al letto – ed ora ho voglia di fare l’amore con te – lo fece distendere, sovrastandolo.
Per una volta Aziraphale non disse nulla, incatenando gli occhi ai suoi, impotente, denudato di ogni muro che aveva eretto per secoli, nascosti dietro il suo sorriso gentile.
Le mani di Crowley lo esploravano con sapienza, salendo e scendendo solo per farlo sospirare, rispondendo ai suoi stimoli.
Si inarcò, quando sentì le sue labbra chiudersi intorno al suo capezzolo, stringendo il lenzuolo tra le mani, stropicciandolo. Non esisteva nulla se non la bocca infuocata di Crowley sulla sua pelle, che lambiva ogni spazio possibile, lasciando una scia bagnata che gli faceva venire i brividi.
Non riuscì a trattenersi dal gemere quando quella stessa bocca maliziosa arrivò al centro del suo piacere, facendolo inarcare e sorridere il demone.
Sarebbe stata una lunga serata.
 
 
Anathema guardò l’orologio, spazientita. Dove diamine si era cacciato Aziraphale? Dopo quella telefonata concitata non aveva avuto più sue notizie. Erano ore che lo cercava, ma anche il telefono sembrava fosse spento. Che si fosse cacciato nei pasticci?
Lo aveva supportato in quelle tre settimane, ascoltando i suoi infiniti monologhi ed i ricordi malinconici, che raccontava con un sorriso triste sulle labbra.
“Lui è sempre stato con me, nel bene e nel male, pur non accettando le mie scelte. L’ho visto cadere, quel giorno, lo sai?” una volta gli disse “E non potei fare nulla per evitarlo. Mi ero ripromesso di non fargli più provare quel male, ma sono stato proprio io la causa del suo dolore” glielo aveva detto di presenza, in una giornata soleggiata, a Tiedfield. Lo aveva invitato apposta per parlare, sentendolo con il morale a terra. Le si spezzò il cuore a quella confessione sussurrata, con lo sguardo vacuo ed il viso cupo, mentre il tè si raffreddava inesorabilmente, senza essere bevuto.
Se prima aveva avuto qualche dubbio sui loro sentimenti, quelle parole le diedero una conferma assoluta: Aziraphale amava Crowley, così come Crowley amava Aziraphale.
Sperava davvero che le cose si sarebbero sistemate, che avrebbero fatto pace e costruito un rapporto magari più forte di prima, magari con qualcosa di diverso, sperava.
Si era trovata a Londra per far visita a Madame Tracy ed il sergente Shadwell. Era stato un incontro… interessante. Avevano bevuto tè ed aveva gentilmente declinato l’invito di mostrare i capezzoli.
Newton l’aveva avvertita su quella strana mania di quell’uomo, anche perché era una strega, ma aveva un corpo normalissimo, non assomigliava ad un alieno!
Per tutto il tempo trascorso in loro compagnia aveva provato a rintracciare l’angelo, preoccupandosi sempre di più, finendo per prendere un taxi in direzione della libreria dopo essere uscita dall’appartamento di quella strana ma simpatica coppia. Quando scese e bussò ebbe uno strano presentimento, come se stesse disturbando; eppure non c’era nessun cliente e la scritta Chiuso era ben visibile dall’esterno.
Stava per bussare un’altra volta, quando sgranò gli occhi dietro la sua montatura arrotondata, socchiudendo le labbra.
Le auree azzurre ed arancioni di Aziraphale e Crowley si rincorrevano per la libreria, scambiandosi teneri baci e abbracci, felici per essere insieme.
In quel momento la strega capì che l’angelo era riuscito nel suo intento, lo aveva trovato.
Ed ora non lo avrebbe più lasciato.
 
 
 
 
1: l’opera che intendo è “La pioggia nel Pineto” di Gabriele D’Annunzio e la donna dea è Ermione, nonché Eleonora Duse, colei di cui si era innamorato.
 
2: la guerra dei Trent'anni


Note dell'autrice:
Ciao a tutti! Mi scuso per il ritardo, ma tra università e stanchezza cronica non ho rispettato i tempi. Ho corso molto per riuscire ad aggiornare oggi, spero che ne sia valsa la pena!
Io ho proprio un problema con le scene più intime (?) perchè le immagino ma non riesco a scriverle. So che vi aspettavate qualcosa di più e giuro di averci provato, ma il massimo che sono riuscita ad ottenere è quello che avete letto.
Vi ringrazio per essere sempre così tanti a recensire, non mi aspettavo una cosa del genere! E grazie ancora a chi l'ha messa tra le preferite/seguite/ricordate.
Vi avverto che la storia sta giungendo al termine. Non so ancora se il prossimo sarà l'ultimo o il penultimo, ma al massimo mancano 2 capitoli.
Se siete arrivati fin qui a leggere il mio monologo, grazie!
A mercoledì prossimo,
R.

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Capitolo 9
*** AVVISO ***


Avviso

Ciao a tutti.
Come avrete ben visto non è uscito l'aggiornamento.
Mi dispiace dirvi che questa settimana salterà per un grave lutto in famiglia. Non sono riuscita a scrivere nemmeno un rigo, ma cercherò di impegnarmi per terminare questa storia nel migliore dei modi.
Spero di trovarvi qui il prossimo mercoledì, a presto!
R.

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Capitolo 10
*** Del nome di Crowley e dell’amore di Aziraphale ***


Del nome di Crowley e dell’amore di Aziraphale
Di uscite non programmate
 
 
- Quindi è successo così?
- Esattamente, mia cara -
- Le tue parole sembrano uscite da un romanzo, sei molto sicuro di te -
- Oh ma no, la realtà è molto meglio di un romanzo - disse Aziraphale, sorseggiando il tè nella sua tazza preferita.
Era passato qualche giorno da quella fatidica giornata e molte cose erano cambiate; come il fatto che la sua camera da letto era diventata la loro e che il demone amava tentarlo per rimanere in quel giaciglio caldo ed accogliente invece di alzarsi per aprire la libreria.
Non hai mai venduto nulla, sarebbe un'altra giornata inutile!
Gli aveva più volte ricordato, ma l'angelo l'aveva sorpreso quando aveva ammesso che qualche tomo lo aveva dato via, durante la sua assenza. Crowley si era premurato di dirgli che poteva farglieli riavere creando delle copie perfette anche agli occhi di un esperto, ma all'angelo andava bene così. Aveva compreso che i libri non erano tutto nella sua esistenza, se non c'era qualcuno con cui condividerli. Che poi era un parolone, condividere. Aveva scoperto con sua enorme sorpresa che Crowley leggeva, specialmente filosofia e psicologia.
Sono interessanti, non annoiano come i libri che leggi tu!
Ovvio che non annoiavano! Erano fatti proprio per scavare nella mente umana e nei suoi pensieri più profondi! I libri che preferiva lui erano quasi sempre storie d'amore, dove il cavaliere salvava la sua dama e regnava l'amore. Cosa c'era di sbagliato? Sicuramente li trovava più interessanti di Nietzsche o Freud. A quest'ultimo aveva anche avuto la possibilità di conoscerlo, per una coincidenza - o fatalità - mentre si trovava a Vienna per risolvere degli screzi fra regni ed aveva avuto una interessante conversazione, finita con un brutto battibecco.
Studiare le droghe, che assurdità! Per non parlare dell'altro, come gli studi sulla sessualità, che lo avevano costretto a troncare la conversazione e battere bandiera bianca, troppo imbarazzato per continuare a parlarne.
- Sapevo che vi sareste riappacificati -
Aziraphale sorrise, terminando la sua bevanda. La sua amica ci aveva creduto più di lui, esortandolo a non mollare la presa nelle sue ricerche, tenendo accesa una flebile luce di speranza. Doveva tutto a lei, un'umana dal cuore grande.
- È stato inaspettato per entrambi -
- Non per me, caro mio angelo - rise appena, portandosi la lunga chioma scura all'indietro, guardandolo divertita - e così le vostre aure... sono unite -
Il biondo sorrise, poi mutò il suo sguardo in stranito - unite? Le hai viste? -
La strega non disse nulla, ma il suo sguardo fu abbastanza esauriente.
- Oh -
- Già -
L'angelo arrossì, colto in fallo. D'altronde era meglio che li avesse visti lei e non qualcun'altro, come per esempio il Sergente Shadwell.
 
- Ehi angelo! - Crowley entrò nella libreria, spalancando la porta. Non aveva bisogno di chiavi o altri oggetti inutili, gli bastava schioccare le dita e tutto il mondo cadeva ai suoi piedi.
Anathema ed Aziraphale si voltarono di scatto, uno con un sorriso da ebete e l'altra con un sopracciglio alzato accompagnato da un sorrisino.
- Oh Crowley caro! - si alzò, lisciandosi i pantaloni eleganti, andandogli incontro. Ormai il loro saluto era il classico bacio sulle labbra, come ogni normale coppia, ma in quel momento Aziraphale si trovava in difficoltà.
Non era abituato a scambiare certe effusioni con un pubblico davanti, anche se era una sua cara amica.
Crowley lo vide avvicinarsi e fermarsi a pochi centimetri da lui, esitante, il che lo portò ad alzare un sopracciglio - davvero, angelo? - si voltò verso Anathema - non ti dispiace se saluto il mio ragazzo, vero? -
- Assolutamente, fate pure - lo esortò, ancora seduta.
- Perfetto. Idiota di un angelo - lo prese per il colletto, facendo scontrare le loro labbra.
Aziraphale finì per poggiare le mani sul suo petto, per non perdere l'equilibrio, lasciandosi travolgere da quel bacio irruento quanto passionale; ci volle poco per scioglierlo del tutto, portandolo a ricambiare con la stessa intensità, anche se con più dolcezza.
Rimasero interi secondi ad assapprarsi, dimenticandosi di Anathema e di tutto il resto.
Furono interrotti da una leggera tosse imbarazzata - mi dispiace interrompervi, ma credo che sia ora di andare - si alzò, lisciandosi la gonna blu con fantasie floreali.
- Mh? Ah sì certo, grazie cara per essere passata, dovremmo farlo più spesso - l'angelo sembrò tornare nel mondo dei vivi, avvicinandosi all'attaccapanni per aiutarla ad indossare l'impermeabile - torna quando vuoi -
- Lo farò, grazie Aziraphale. Ciao Crowley - lo salutò, sorridendo appena ed uscendo dalla libreria.
Il demone la salutò con un cenno del capo, poi tirò l'angelo verso di sé - allora, dove eravamo rimasti? -
Aziraphale arrossì, cingendogli il collo con le braccia - Crowley caro... mi stavi salutando... -
Il demone sorrise, togliendosi gli occhiali e stringendogli i fianchi - giusto, e sono molto contento di vederti - riunì le loro labbra, in un bacio più dolce ma che ben presto finì per scaldarsi.
Ed alla fine l'angelo aveva capito che ormai loro, i ritmi, non li rispettavano più.
 
 
- Crowley? -
- Mh? -
- Posso farti una domanda? -
Il demone alzò lo sguardo dal cuscino, incatenandolo al suo - Spara -
Il biondò si voltò verso di lui, coprendosi col lenzuolo fino alla vita - tutti ti conoscono come Anthony J. Crowley -
- Si, quindi? - non capiva dove voleva andare a finire.
- Mi chiedevo... quella J a cosa corrisponde? - le sue gote si arrossarono leggermente, ma mantenne il contatto visivo.
Crowley sgranò gli occhi, colto di sorpresa. Nessuno gli aveva mai fatto quella domanda, nemmeno il suo angelo, anche quando aveva avuto l'occasione.
- Non sta per nulla, è messa lì per caso -
- Bugiardo - lo rimbeccò bonariamente - so che sta per qualcosa, tu non fai mai nulla senza un motivo -
Il rosso si mosse sul materasso, a disagio - Perché ti interessa tanto? -
- Perché mi piacerebbe conoscere anche questo mistero del mio compagno, sempre che non ti dispiaccia -
E Crowley si sciolse, già prima di finire quella frase, perché con quegli occhioni innocenti che lo guardavano in quel modo non riusciva a resistere. E pure dopo avere fatto per l'ennesima volta l'amore, continuava a vedere il suo angelo come un essere puro e casto, perché il suo cuore era rimasto tale e quale dal loro primo incontro.
Sospirò, poggiando la schiena sul letto e guardando il soffitto - James. Quella J sta per James -
Provò ad ignorare lo sguardo stupito di Aziraphale, che non emise una parola. Se non avesse sentito il suo respiro avrebbe potuto ipotizzare di averlo reso una statua di sale, solo con lo shock.
- James...? Ma è… -
- Ebraico, si -
- S-si ma... vuol dire... -
- So quello che vuol dire, angelo-
- E... perché l'hai scelto? -
Crowley respirò rumorosamente, infastidendosi appena - ti stranisce così tanto che un angelo caduto abbia voluto scegliere un nome ebraico? -
- Oh no, certo che no. Mi chiedo solo perché hai scelto uno dei pochi che ha un significato stretto con Dio -
James significava "colui che diviene il primo, che Dio ha protetto". Era un nome strano, se si pensava che Crowley era un demone e quindi... doveva averlo scelto per un motivo.
- Caro, puoi spiegarmi perché? - poggiò con delicatezza le dita sul suo viso spigoloso, facendolo voltare verso di lui - non ti giudicherei mai -
Calò un silenzio pesante per qualche minuto, intervallato solo dai loro respiri più o meno regolari. I loro occhi si guardavano, scrutandosi; uno cercava di rassicurarlo, l'altro provava a rassicurarsi.
- Prima di cadere... ero un angelo molto importante - iniziò - non allo stesso livello di Gabriel & Co, anche se Lui me l'aveva chiesto. Diciamo una via di mezzo tra un arcangelo ed un cherubino - il suo sguardo divenne triste - Rafael... era così che mi chiamavo - vide lo sguardo del suo compagno diventare triste e gli occhi farsi lucidi - creavo stelle, sai? Ti ricordi Alpha Centauri? È una delle poche stelle rimaste ancora in mio possesso - sospirò - comunque... ho scelto James perché mi piaceva l'accostamento, anche se non ne sono più degno -
- Oh Crowley...- sentì la sua voce tremare, allungando la mano verso il suo viso per accarezzarlo - io non sapevo niente di tutto ciò -
Crowley annuì - lo so, perché non ne ho mai fatto parola con nessuno. Tu sei l'unico ed il solo a saperlo. Custodiscilo -
Questa volta fu il turno dell'angelo annuire, avvicinandosi ancora ed annullando le distanze, per donargli un bacio intenso quanto avvolgente.
Non rivelerò mai il tuo segreto. Adesso è il nostro.
- Vuoi ballare con me? -
Gli occhi serpentini si aprirono di scatto, a pochi centimetri dal suo viso. I suoi occhi azzurri ancora lucidi lo guardavano con aspettativa, accarezzando ogni parte del suo viso – Ma io non so ballare -
- È facile, ti insegno io, vuoi? – nel momento in cui il demone annuì lo fece mettere seduto, schioccando le dita, facendo indossare ad entrambi i boxer, uno nero con delle fantasie serpentesche, l'altro bianco, molto semplice.
Aziraphale lo prese per mano, facendolo scendere dal letto, posizionandosi al centro della stanza. Sorrise, guidando le sue mani sui fianchi, cingendogli il collo dolcemente - Adesso lasciati andare... -
- Ma non c'è la musica -
- Non è necessaria, prova a riprodurla con questo - gli poggiò una mano sul cuore, sentendo il suo ritmo accelerato. Poco dopo iniziarono a dondolare, poggiando la fronte l'uno con l'altro, ad occhi chiusi.
E quella volta fu Crowley ad accorgersi che il loro ritmo correva, poi si fermava bruscamente, per poi ripartire mite. In 6 millenni erano cresciuti entrambi, imparando a capirsi, anche commettendo degli errori.
Le prese si rafforzarono, concludendosi in un abbraccio che sapeva di casa, di amore e di... famiglia.
La loro, quella che avevano creato con il loro legame. Se fossero stati immortali o no poco importava. Loro sarebbero rimasti sempre insieme, fino alla fine.
 
 
Era pomeriggio inoltrato ed il sole al crepuscolo creava dei giochi di colori molto intensi, ricreando un’atmosfera accogliente nonostante il freddo residuo di quel fine aprile. Crowley aveva sorpreso Aziraphale, chiedendogli se voleva uscire.
Ti devo portare a mangiare fuori, te lo devo dalla nostra ultima cena al Ritz.
E così, dopo un’ora trascorsa a prepararsi uscirono dalla libreria, con l’angelo stretto al braccio del demone, passeggiando tra le vie di una Londra ancora sveglia.
Chiacchieravano tranquilli, godendosi quei momenti di normalità che era mancata loro per molto tempo.
Visitarono diversi locali, ma nessuno quella sera era adatto a loro, portandoli a passeggiare più del dovuto. Alla fine arrivarono davanti ad un parco, immerso totalmente nel verde; entrambi si guardarono e non ci furono bisogno di parole: era perfetto.
- Caro, sai che parco è questo? –
- Mi sembra di aver letto in qualche rivista che da queste parti si trovava l’Holland Park –
Ma certo! Come aveva fatto a non riconoscerlo? Ovviamente erano passati anni – forse una quarantina? – dalla sua ultima visita, poi il suo parco di riferimento era diventato il Saint James.
- Me lo ricordavo diverso –
- Sei già stato qui? –
- Molto tempo fa – ammise, superando l’entrata, rimanendo piacevolmente colpito dai paesaggi mozzafiato che quei giardini offrivano – guarda, una cascata! – esclamò, indicando col dito, come un bambino. Il demone sorrise, divertito ed al tempo stesso intenerito, incamminandosi verso una panchina in pietra proprio vicino quella cascata naturale, come se la natura l’avesse scolpita solo per quel luogo.
Aziraphale rimase a contemplarla per minuti interi, memorizzando ogni piccolo dettaglio; era proprio un giardino a tema giapponese, con i mandorli in fiore ed i boccioli dei fiori ancora chiusi; pensò che niente sarebbe stato migliore, quella serata.
Erano le 6 e 30 del pomeriggio ed il sole illuminava ancora il cielo. Entrambi avevano amato l’invenzione dell’ora legale, un po' meno l’ora solare, perché gli permetteva di godere di un’ora in più di luce, specialmente adesso che potevano approfittarne insieme.
- A cosa pensi? – disse l’angelo dopo qualche minuto, trovando Crowley con in mano i suoi occhiali e lo sguardo fisso sull’acqua che veloce sbatteva sulle rocce.
- Nulla di importante – fece spallucce – ti va… se facciamo un picnic? – chiese, suscitando un sorriso entusiasta nel suo volto.
- Ma certamente! Volevo proprio chiedertelo – si alzò, lisciandosi il panciotto.
Anche il rosso si alzò, schioccando le dita; nel prato accanto si materializzò una grande tovaglia a scacchi bianca e rossa, con un generoso cesto da picnic, che ovviamente attirò subito l’attenzione dell’angelo.
Si sedettero, uscendo fuori dei tramezzini, delle insalate, ed ovviamente dei dolci al cucchiaio, per la gioia del biondo.
Mangiarono con calma, scambiandosi sorrisi complici e piccoli gesti dettati ancora dall’imbarazzo, come il rimanere imbambolato a fissare l’altro senza battere ciglio o il sporcarsi le labbra con la ganache al cioccolato (che fu subito spazzata via utilizzando ben altri metodi). Quel momento di condivisione così intimo e leggero lo fecero durare il più a lungo possibile, fino a quando non riposero tutto dentro il cesto, rimando seduti sulla tovaglia a godersi il silenzio del parco, ormai quasi vuoto visto l’orario serale. Avevano miracolato delle piccole candele, per poter rimanere illuminati anche se avvolti nell’oscurità. Aziraphale sentiva gli ingranaggi nella testa di Crowley girare velocemente – Caro, Crowley – gli prese la mano – sicuro che vada tutto bene? –
Il suo compagno dagli occhi dorati lo guardò, attento - ma anche con timore? – voltando poi lo sguardo verso la fontana ormai al buio – pensavo all’acqua –
- All’acqua? – domandò confuso, ricevendo un assenso.
- A quanto può essere libera di andare dove vuole. Certo, tralasciando il fatto dei maremoti o delle alluvioni, perché i disastri naturali sono… -
- Crowley? – lo bloccò, accarezzandogli il dorso della mano – stai straparlando –
- Oh sì, giusto – tossì appena, riprendendosi – dicevo… penso a come ha il potere di andare dove vuole, quando lo vuole –
- Ma… è semplice acqua, non ha il dono del pensiero, caro – adesso l’angelo era davvero stranito. Non voleva fare sentire Crowley a disagio, ma i suoi discorsi erano senza senso.
- Lo so, ti sembra che non lo sappia? – quella che voleva essere una frecciatina suonò come una normale affermazione.
- Perdonami, ma non riesco a seguirti… - ed era vero. Non capiva il nesso logico, sempre che lo avesse. Era cambiato da un momento all’altro, appena seduto sulla panchina; era diventato silenzioso e disattento, come se fosse stato oscurato da un pensiero molto pesante.
La presa sulla sua mano si intensificò, incatenando le iridi con le sue, scavandogli dentro – Angelo… e se mi sposassi? –
Tra tutti gli scenari apocalittici che aveva pensato in quell’attimo di secondo, quello lo destabilizzò più di tutti, facendogli bloccare il respiro.
Gli aveva davvero chiesto se volesse passare tutta la sua esistenza con lui, come una vera coppia, senza più limitazioni? Era quello che voleva davvero?
- I-Io.. oddio, ti sembra il modo di chiedermelo?! – si agitò sul posto, allentandosi il papillon; improvvisamente faceva così caldo, nonostante ci fossero una ventina di gradi.
- Mi è uscita così! E poi aspetta… è un no? – si accigliò il demone, provando a sciogliere la presa con la sua mano, trovando resistenza.
- E’ un no? Ma dico, sei totalmente impazzito?! – Aziraphale stava avendo una crisi di panico, era sicuro di questo, ma era… un attacco di panico buono? – s-stiamo insieme da una settimana, certo, ci conosciamo da millenni, ma io credevo che questa sarebbe stata una semplice uscita, dove avremmo mangiato e scherzato e poi saremmo tornati a casa e forse avremmo guardato un film e poi.. –
- ANGELO! – Crowley lo prese per le spalle, bloccando il suo flusso di pensieri – se ti stai chiedendo se era programmato la mia risposta è no, ci ho pensato poco fa – cercò di tranquillizzarlo – ed anche io sono spaventato, perché eravamo compagni, poi nemici, finendo per diventare amici e poi… eccoci qui, in questo parco, alle 8 della sera, dopo un picnic, per festeggiare la nostra prima settimana insieme –
Oh. La loro prima settimana. Gli era passato di mente… che persona orribile che era!
- E smettila di pensare al fatto che te lo sei dimenticato, ti conosco – sospirò – lo giuro, volevo solo fare qualcosa di speciale con te, ma le cose mi sono sfuggite di mano – adesso anche la sua voce aveva tradito del tremore, dettato dal nervosismo – quindi se tu non sei pronto puoi anche dirmi di no, non scapperò mica –
Aziraphale lo guardò, col fiato corto ed il cuore a mille. Il suo demone preferito… - Sono stato codardo per troppo tempo, Crowley – gli spostò un ciuffo ribelle che era ricaduto davanti al viso – adesso non voglio esserlo più – si avvicinò, rimanendo a pochi centimetri dalle sue labbra – e la mia risposta è sì, perché ti amo più di ogni altra cosa al mondo e non immagino più un giorno senza di te – quella promessa la siglò premendo le sue labbra con quelle del suo amato, che ebbe prima un momento di shock, ma poi ricambiò con più ardore. Sembrò un bacio infinito, quello; le labbra si sfioravano, gonfie, approfondendo il bacio e accarezzandosi più in profondità, stringendo le loro mani intorno ai vestiti ormai stropicciati; era il loro momento, che stavano aspettando da tutta una vita e che credevano non sarebbe mai arrivato, non per loro almeno.
Fu Crowley a staccarsi appena, per riprendere aria – quindi è un sì? –
L’angelo sorrise, aprendo gli occhi per perdersi ancora nei suoi, oceano contro oro liquido – è un sì –
 
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Salve a tutti!
Mi scuso per l’enorme ritardo e per il mancato aggiornamento della scorsa settimana, ma come avrete ben letto il mio umore non era dei migliori. Credo che questa settimana sia stata la più intensa quanto devastante della mia vita e vi confesso di avere scritto questo capitolo in una giornata, perché le parole spingevano per uscire ma la voglia di mettermi al pc e buttare giù il capitolo era zero.
So che probabilmente i personaggi risulteranno un tantino OOC, ma avevo bisogno di gioia ed ho voluto trasmetterlo nel capitolo, almeno a loro.
Spero che non faccia così schifo, ci ho messo impegno per concluderlo il prima possibile per non tardare troppo la pubblicazione; per qualunque inesattezza o errore non esitate a farmelo presente.
Ringrazio tutti i lettori e vi dico che il prossimo sarà ahimè l’ultimo. Mi piange il cuore ma credo che sia arrivata l’ora di dare un degno finale a questa storia che mi ha sbloccato dopo anni di silenzio.
Come sempre, se volete farmi sapere un vostro parere ne sarei felice!
A presto,
R.

 

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Capitolo 11
*** Della storia di Aziraphale e Crowley e della loro felicità ***


Della storia di Aziraphale e Crowley e della loro felicità
Di libri inaspettati, di nuovo
 
 
- Ancora, ancora! –
- Ma caro, non posso raccontartela di nuovo! –
- Richard, lascia stare lo zio Aziraphale! – sopraggiunse una voce femminile dall’altra stanza.
- Ma mamma… è bella e voglio sapere ancora! – borbottò quella vocina bianca.
 
Richard, 7 anni, era una forza della natura.
Crowley ed Aziraphale si erano affezionati subito a lui alla notizia della gravidanza di Anathema, accettando il grande incarico di zii.
A Crowley piaceva portarlo nei parchi, facendogli conoscere e scoprire la natura, tra alberi e piante più disparate. Aveva compreso che apprezzava quella strana compagnia di quell’ometto con gli occhi neri di sua madre ed i capelli castani, presi da suo padre.
 
Aziraphale d’altro canto adorava raccontargli storie; farlo viaggiare con la fantasia, proprio come faceva lui, un bambino troppo cresciuto; con sua enorme sorpresa aveva scoperto che quell’ometto apprezzava molto i libri.
Proprio come sua madre infatti, che gli aveva tramandato quel dono innato, già all’età di 3 anni, iniziando con “il brutto anatroccolo”, di Andersen.
 
- Raccontami, raccontami! – lo incalzò il bambino, con gli occhi lucidi di curiosità.
L’angelo sospirò e sorrise bonariamente – e va bene, mettiti qui con me – lo prese in braccio e si sedette sul divano, iniziando a parlare….
 
8 anni prima…
 
Aziraphale e Crowley si erano detti “sì” un giorno d’estate, il 28 giugno.
Avevano avuto pochi mesi per preparare tutto in modo impeccabile ma alla fine non rimasero delusi.
Scelsero il Saint James Park come luogo per celebrare il matrimonio; erano stati d’accordo fin dall’inizio per quella scelta. Era il luogo che li aveva uniti tutti quegli anni, che li aveva visti socializzare, litigare, ridere ed amarsi l’uno all’oscuro dell’altro. Doveva essere per forza quello il posto dove unirsi per l’eternità, promettendosi fedeltà, amore e sostegno.
Era stata una cerimonia semplice e intima, con le persone che erano diventate col tempo, oltre che compagni della loro fazione durante la quasi Apocalisse, anche cari amici, anche se Crowley non l'avrebbe mai ammesso, con l'orgoglio che si ritrovava, ma bastava Aziraphale per ricordarglielo.
Entrambi vestiti con lo smoking, bianco dell'angelo e nero del demone, avevano percorso insieme il tragitto che li separava dal palchetto che in passato li aveva visti partecipi di una rottura per entrambi definitiva, ma che non aveva fatto altro che avvicinarli ancora di più, finendo beh... dove erano arrivati in quel preciso momento, con l'angelo a braccetto col demone che guardavano avanti, visibilmente emozionati e nervosi.
Anathema presenziò la loro unione, parlando a braccio, senza nessun copione studiato ma solo con l'emozione e l'amore nel cuore.
- Aziraphale, le tue promesse -
Il biondo guardò la strega rosso in viso, tossendo appena per smorzare la tensione che gli aveva seccato la gola - Sì. Allora.. - guardò prima il demone, poi i suoi amici e avvampò - oh scusate, sono così emozionato! - ammise con un lamento esasperato, scaturendo un risolino da parte di tutti, anche di Crowley - angelo, va tutto bene - lo tranquillizzò, sorridendo con gli occhi dorati, senza occhiali. Aziraphale era stato categorico: voleva guardarlo negli occhi durante il loro momento, senza obiettare.
E così lo aveva accontentato, mostrandosi a tutti nella sua vera natura, solo per lui.
L'angelo si perse nei suoi occhi e si sentì tranquillizzato - mh si caro, hai ragione, va tutto bene - gli sorrise – io... ti ho sempre amato, dall'inizio dei tempi. Mi ci è voluto un pò per capirlo - qualche centinaio di anni - ma quando è successo all'inizio l'ho negato, poi l'ho accettato, perché amarti... amarti mi dà un senso in questa Terra. Non esiste più Paradiso o Inferno, noi abbiamo la nostra fazione che non permette guerre e sofferenze inutili, solo noi... con tutto il mistero del futuro, mio caro. E prometto di amarti per tutto il tempo che resteremo qui ed anche oltre, perché nessuno riuscirà a separarci. Per l'eternità Crowley - finì il suo piccolo monologo, con le gote arrossate, gli occhi lucidi ed un leggero fiatone.
Si udiva solo un forte silenzio, interrotto da Madame Tracy che soffiava il naso nel fazzolettino, visibilmente emozionata. Anathema gli sorrise raggiante, con gli occhi velati di lacrime - Crowley, adesso tocca a te -
Il demone annuì, cercando di ricomporsi dopo le parole del suo amato.
- Angelo, credo che questa sia la pazzia più grande che abbia fatto da 6 mila anni ad oggi, ma non riesco a pentirmene. Mi hai conosciuto come un demone che aveva appena scombussolato i piani di Dio, un angelo caduto per colpa del suo orgoglio. Eppure non hai avuto paura nel parlare con me, nel proteggermi sotto la tua ala durante la prima pioggia - ricordò, incatenando i suoi occhi con quelli grigi dell'angelo - mi hai dato forza durante il Diluvio Universale, per non farmi cedere all'ira e ti sei fidato di me quando mi hai dato l'acqua santa... certo, ci sono voluti cento anni... - un'altra risata da parte di tutti, anche dello stesso Aziraphale - ma ne è valsa la pena aspettare e non parlo dell'acqua santa, mio caro angelo. Rifarei ogni cosa daccapo, ogni errore, ogni tentennamento. Ti prenderei ancora in giro per il tuo discutibile gusto nel vestire e della quantità di cibo che mangi e mi innamorerei ancora di più di te di quanto già non sia, perchè amo di te ogni cosa e ti rispetto e non permettere a nessuno, nessuno, di dire che non sei abbastanza, perchè sei la parte migliore di me -
- Oh caro... - mormorò con la voce spezzata il biondo, asciugandosi le lacrime - mi ero ripromesso di non piangere ma così non è possibile –
E finalmente Anathema pronunciò quelle parole – Col potere conferitomi dalla città di Londra, adesso puoi baciare la sposa, Crowley –
L’angelo la guardò stranito, sposa? Ma quel pensiero rimase senza una risposta quando il demone lo prese per i fianchi e lo spinse verso di sé, baciandolo.
 
Era stato un bel matrimonio, il loro. Avevano passato quasi tutta la notte a festeggiare ed a ballare, avvolti in quell’atmosfera tranquilla e ricca di amore.
 
 
- Angelo? Angelo mi senti? – lo ridestò Crowley, che lo guardava interrogativo.
Aziraphale scosse la testa, sbattendo le palpebre un paio di volte - Mh? Si certo caro, ero sovrappensiero – gli sorrise teneramente.
- Zio Aziraphale mi stava raccontando del vostro matrimonio – si intromise una vocina candida, quella di Richard, ancora seduto sulle sue gambe.
Crowley accennò un sorriso, accomodandosi accanto a loro – ancora, ragazzino? Te l’abbiamo raccontato mille volte, non sei stanco? – il bambino negò con la testa, muovendo i suoi capelli castani.
Ed era vero, amava quella storia; molto meglio delle favole che sua mamma gli leggeva! Nessuno dei due era caduto vittima di un incantesimo e per fortuna non si erano trovati grazie al bacio del Vero amore. Non gli piacevano tutte quelle scene sdolcinate, preferiva le cose reali, quelle che potevano accadere davvero.
Sua mamma gli aveva sempre detto di essere troppo maturo per la sua giovane età, ma nonostante avesse l’intelligenza di Anathema, continuava ad avere anche una grande creatività e fantasia, proprio come suo papà, Newton.
Proprio la strega li raggiunse in salotto, levandosi il grembiule da cucina. Infondo stava preparando il pranzo per i suoi amici e sembrava aver cucinato per un intero reggimento!
- Rick, non infastidire gli zii. Piuttosto, perché non vai a giocare fuori con papà? –
Il bambino sbuffò, assumendo un’espressione molto simile a quella di sua madre – perché papà non sa giocare a palla… e il mio computer non si accende più da quando lo ha toccato! – si lamentò, affranto. Potevano – e diciamo, potevano – avere omesso la notizia che suo padre era terribile con la tecnologia e che aveva fermato un’Apocalisse in quel modo, facendo saltare tutti i computer di una base militare, ma forse per quella informazione era meglio far passare qualche anno.
La strega aprì le braccia, rassicurandolo – vedrai che la prossima volta che lo accendi funzionerà –
- Sei sicura? –
- Ricordati che è la parola della mamma, ometto – lo abbracciò, guardando l’angelo, che si sentì messo in soggezione. Ripara quel computer angelo, perché mio marito è un totale incapace.
Come a sentire quei pensieri il biondo annuì, forse più spaventato dal suo sguardo che dal moto di disponibilità che era solito avere.
Crowley osservò la scena e sorrise obliquo, stringendo la mano di suo marito. Farsi mettere in riga da un bambino, incredibile!
Aveva iniziato ad apprezzare la presenza assidua di quella strega, insieme alla sua famiglia. Aziraphale gliel’aveva sempre detto; essere immortali non significava non potere avere affetti, e loro se li sarebbero goduti il più possibile.
Quella era la parte più malinconica di un essere sovrannaturale: farsi beffa della morte. Forse gli esseri umani pensavano che era una cosa positiva il non poter morire, ma poteva essere considerata a lungo andare una tortura, specialmente se non si aveva nessuno con cui condividerla. Gli amici vivevano la propria vita e poi, come la natura gli aveva ricordato fin troppe volte, abbandonavano quel mondo per diventare parte dell’Inferno o del Paradiso, lasciando un grande vuoto.
Si ricordava di ogni amico spirato, da Giulio Cesare a Carlo Magno, da Baudelaire a D’Annunzio; gli era molto dispiaciuto anche di Michelangelo, quel genio indiscusso che aveva dipinto opere inestimabili. Non aveva mai capito l’arte, cosa si provava a rimanere imbambolati dietro un quadro per minuti interi, ma le sue opere… sì, erano da ammirare in silenzio e con ammirazione.
Agitò appena la testa, allontanando i suoi pensieri; lui era lì ed il suo angelo era con lui, questo bastava.
Vide Aziraphale schioccare piano le dita e sorridere ad Anathema, che ricambiò. A quanto pare quell'idiota di suo marito si sarebbe preso tutti i complimenti, pure se il merito lo aveva il suo, di marito.
- Ragazzi, è pronto a tavola. Rick, vai a chiamare tuo padre – disse lei, rimettendosi all’impiedi. Il bambino saltò giù dalle gambe dell’angelo e corse in giardino. Ah, c’era una cosa che aveva preso da suo zio oltre la passione per i libri: l’amore per il cibo, specialmente quello che gli preparava sua madre.
Quando tutti furono dentro si sedettero e mangiarono, parlando come una normalissima coppia di amici, in una domenica estiva.
 
 
Aziraphale si tolse la giacca beige, poggiandola sul letto. Era stato un bel pomeriggio e si sentiva molto rilassato ed appagato, specie per le lasagne al pesto preparate dalla sua amica. Un ricordo dell’Italia, gli aveva detto. Si era appuntato la ricetta per un futuro molto lontano, se avesse voluto sperimentare in cucina e prendere per la gola suo marito. Sorrise in modo istintivo, allentandosi il papillon ed aprendo la finestra. L’aria calda di luglio lo avvolse, facendolo inspirare a pieni polmoni.
Qualche mese dopo il matrimonio avevano comprato un piccolo cottage a Tadfield; la libreria era sempre aperta, non avrebbe chiuso mai, ma la loro vita era ormai lì, in quella casa non grandissima e rustica, con grandi assi di legno sul tetto e tante piante per accontentare il marito ed il suo grande ego.
Si trovava in pace lì e finalmente era felice, come non lo era mai stato. Osservò la sua fede d’oro bianco all’anulare e pensò a quanto tempo era dovuto passare prima di confessare i suoi sentimenti, a quel litigio che aveva cambiato per sempre il loro rapporto, mutandosi da amicizia ad amore incondizionato.
Improvvisamente si sentì abbracciare da dietro ed il volto di Crowley fece capolinea sopra la sua spalla – a che pensi? –
L’angelo fece spallucce, sorridendo – a noi, caro – continuò a guardare quelle distese di campi coltivati – alla nostra storia –
Il demone sorrise, baciandogli la guancia – e cambieresti qualcosa del nostro vissuto, angelo? –
- Non cambierei nemmeno una singola virgola, di tutto quello che è capitato in tutti questi millenni, Crowley –
Ed in quel momento fu il turno del demone di lasciarsi andare alla tenerezza. Il suo carattere ruvido ed ironico si era addolcito, frequentando quell’angelo da strapazzo. Aveva preso diversi comportamenti umani, come il mangiucchiare ogni tanto o andare in giro a fare shopping, pregato, ma lo faceva lo stesso; anche diversi comportamenti fisici erano cambiati, come il battito del proprio cuore che accelerava quando suo marito gli sorrideva o gli prendeva la mano o la voglia di rallentare i ritmi della sua vita, perché aveva tutto il tempo del mondo.
- Nemmeno io, angelo, nemmeno io –
 
 
Era quasi il tramonto lì, in quella cittadina centro-meridionale dell’Inghilterra ed il canto delle cicale faceva da sfondo sonoro.
Aziraphale era seduto sulla sua ormai fedele sedia a dondolo, in cortile, sfogliando uno dei suoi libri preferiti, Jane Eyre, rileggendolo sempre con piacere.
Quando si erano trasferiti aveva dovuto lasciare molti libri in libreria, perché si era reso conto solo in quel momento della quantità enorme di volumi.
Teneva una libreria in salotto, con tutti i suoi volumi preferiti che, al contrario di quanto credesse Crowley, si aggiravano intorno ai 150 e se li era portati tutti.
Se avessi voluto la casa invasa dai tuoi libri saremmo rimasti alla libreria! Gli aveva urlato una volta, sconvolto.
Beh, avevano trovato un accordo alla fine: i suoi libri preferiti per le sue piante preferite; non che fossero molte, ma occupavano decisamente troppo spazio, che loro non avevano e così entrambi avevano rinunciato a qualcosa, per fare contento l’altro.
La sua lettura fu interrotta da Crowley che, molto delicatamente, aveva poggiato sopra il suo libro un altro volume.
- Cos’è caro? – osservò quel volume curioso.
- Guarda bene Aziraphale – lo vide sorridere furbo e ciò non gli piacque.
Girò la copertina e rimase interdetto, leggendo Cinquanta sfumature di rosso.
Sgranò gli occhi, guardandolo sorpreso – Crowley, sono passati 8 anni! –
- Lo so, ma se c’è una cosa che apprezzo dei libri è che non invecchiano mai –
L’angelo si alzò, ancora sorpreso e con le gote arrossate – te lo ricordi ancora –
Il demone gli cinse i fianchi, avvicinandolo a sé – e come scordarlo il libro che ha cambiato tutto? – sorrise, con quegli occhi dorati che tanto erano amati da suo marito.
- Non è stato il libro, ma il film –
- Ma senza libro non lo avresti mai conosciuto –
- E non avremmo litigato –
- E tu non mi avresti mai baciato –
- Touchè –
- Touchè – concluse il demone, riappropriandosi delle labbra dell’angelo – lo leggerai? –
Il biondo annuì, accarezzandogli il viso – lo farò – vide un sorriso comparire dietro quelle labbra tentatrici – se tu leggerai Orgoglio e Pregiudizio –
- Ma Aziraphale! – si lamentò, frustrato. Diamine, aveva pensato di avere vinto facile!
Ci sono troppe smancerie, non è il libro adatto a me! I demoni non leggono! Se abbiamo già il nostro matrimonio perché leggere di amori travagliati?
Provò a convincerlo buttando giù quelle serie di scuse, ma senza riuscirci. Quando il suo angelo si convinceva di una cosa era impossibile fargli cambiare idea. Erano uguali, da quel punto di vista.
- E va bene! –
Il sorriso del biondo fu uno dei più luminosi che gli avesse mai fatto – grazie caro! Sei davvero un tesoro! – gli lasciò un bacio sulla guancia, vedendolo arrossire, ma anche sbuffare.
- Lo faccio solo per quel dannato libro! –
- Mh mh – annuì vittorioso, baciandolo di slancio.
Doveva zittirlo in qualche modo; quelle labbra potevano essere usate per scopi più piacevoli.
E fu così che un angelo ed un demone, un tempo nemici, dopo alleati, poi amici ed infine amanti, mariti, compagni di vita vissero la loro nuova realtà, fatta di piccoli gesti, ma grandi emozioni.
E come disse Oscar Wilde, Amare è superare se stessi, ed Aziraphale e Crowley lo avevano fatto non senza paura, ma con un grande, enorme coraggio, che li aveva portati lì, dopo 8 anni, ad amarsi come il primo giorno, poco prima della grande, prima pioggia.



Angolo dell'autrice:
Salve! :)
Che dire… è finita.
All’inizio non credevo nemmeno di riuscire a scrivere manco il secondo capitolo, figuriamoci concluderla.
Ho ritardato nell’aggiornamento perché perché gli esami all’università si avvicinano e studio come Leopardi, in modo matto e disperatissimo.
Avrei da fare tantissimi ringraziamenti, ma verrebbe un’intera pagina, quindi cercherò di essere breve.
Ringrazio tutti coloro che hanno seguito questa storia, inserendola tra le seguite/ricordate/preferite/ e chi ha lasciato un parere; ringrazio anche i lettori silenziosi!
Ultima, ma non meno importante, ringrazio la mia migliore amica, Nao Yoshikawa, che mi ha accompagnato in questo lungo percorso, che mi ha dato idee, ispirazione, sclero. Sai quanto ti voglia bene e ti ringrazio per essermi stata accanto nell’ultimo periodo, per avermi supportato e per non avermi lasciato andare. Ti voglio tanto bene <3
Non avevo mai finito una storia e quindi posso dirmi soddisfatta di me stessa!
Come d’abitudine, se volete lasciarmi il vostro parere, sapete cosa fare ;)
Mi prenderò una piccola pausa dalla scrittura, non ho più il tempo di prima e di questo me ne rattristo, ma spero di tornare presto con un nuovo progetto in cantiere!
A presto e grazie ancora,
R.


 

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