Demone Nero

di JLuna_Diviner
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01 - Prologo ***
Capitolo 2: *** 02 - Coccinella ***
Capitolo 3: *** 03 - Segreti ***
Capitolo 4: *** 04 - Portatrice ***



Capitolo 1
*** 01 - Prologo ***


Il mio nome è Marinette e un giorno diventerò una portatrice di Miraculous.
Adrien... beh, prima di parlare di lui vorrei cominciare a raccontarvi le cose dall'inizio!

 

01. Prologo

Era giorno di festeggiamenti nel mio villaggio, infatti ricorreva il cinquantesimo anniversario della caduta del demone nero, come veniva ormai chiamato da tutti. Il possessore del kwami del gatto, che si faceva chiamare Chat Noir, molti anni fa impazzì tentando di distruggere tutto e tutti sul suo cammino, e solo grazie all'unione della forza di tutti i possessori dei miraculous si riuscì a fermarlo.
Dovete sapere che nel mio mondo esistono delle creature magiche chiamate kwami; che ​​si formano ogni volta che una nuova idea o emozione astratta prende vita nell'universo.  Tuttavia, i kwami ​​non potendo essere percepiti dagli umani non sono mai stati in grado di interagire con loro.
Il problema è stato risolto migliaia di anni fa, quando un mago cinese creò dei gioielli magici, detti appunto Miraculous, in modo che essi riuscissero a comunicare con i loro portatori. Oggi i giovani più dotati vengono scelti da tutto il mondo per diventare i portatori dei miraculous, guerrieri che dovranno dedicare la vita a proteggere e mantenere l'equilibrio del pianeta.
Non mi era mai piaciuto partecipare a quei festeggiamenti, insomma si stava comunque facendo festa sulla tragica morte di qualcuno... e a quel tempo non credevo che la storia potesse ancora influenzare la vita delle persone, tanto meno la mia. In questo caso vi domanderete qual è il mio villaggio... Forse lo stesso luogo che aveva visto l'infanzia di alcuni degli eroi che sconfissero Chat Noir, oppure il luogo dove ebbe inizio tutto?

No, mi dispiace deludere le vostre aspettative.

Il nome con cui veniva chiamato il mio villaggio era Gordes. Piccolo paesino di montagna in Francia che a volte non compariva nemmeno nelle cartine; insignificante quindi, un po' come me. Sorgeva poco distante dalle rovine di un altra cittadina distrutta dalla furia del demone nero. La città non era mai stata ricostruita e costituiva solo un misero ammasso di macerie.
Mi trovavo nella mia camera, disperata.
"Mi raccomando non fare tardi Marinette!" sentivo ancora gli echi dell'ultima discussione con mia madre, prima che uscisse di casa.
- Si mamma! - sbuffai osservandomi allo specchio. Cercavo invano da quasi un'ora di acconciarmi decentemente i capelli, ma questi continuavano ostinati a rimanere in disordine.
- Ah! - dissi esasperata lanciando sul letto il fermaglio a forma di coccinella che mi avevano regalato per il mio quindicesimo compleanno. Alla fine mi arresi e legai i capelli in due codini come al solito...
Mi lasciai cadere pesantemente sul letto. Ma cosa mi ostinavo a fare? Non mi piaceva, quella festa... E non mi piaceva il vestito da cerimonia. Cioè...lo ritenevo uno degli abiti più belli del mondo, con i suoi raffinati decori e l'elegante forma... questo finché non ero io quella costretta a indossarlo. Oltre a sentirmi legata in una camicia di forza, sembravo una classica abat-jour della nonna.

Non che fosse una novità, tutti al villaggio sapevano della mia goffaggine... riuscirò a non inciampare almeno questa sera e rendermi ridicola di fronte a tutti?
Sentii scoppiare il primo fuoco d'artificio, dopo un lungo fischio.

Mi affacciai alla finestra e osservai per un istante il cielo venire illuminato da tutti i colori. Era uno spettacolo fantastico... E sarebbero stati tutti impegnati a guardarlo! Di certo nessuno si sarebbe accorto se mancava una singola e impacciata ragazza...
Decisi di uscire lentamente dalla camera e sgusciai di soppiatto dal retro, sempre attenta che nessun vicino di casa mi vedesse.

Dove potevo andare, aspettando che la festa finisse?

Non so bene cosa mi spinse in quella particolare direzione. Chissà, forse il destino o il volere di qualcuno... Fatto sta che mi avventurai per un sentiero che, sapevo benissimo, conduceva tra i monti.
Man mano che continuavo a salire sulla mia sinistra si innalzava la parete rocciosa mentre alla mia destra c'era uno strapiombo da cui potevo avere un perfetto panorama del mio villaggio.

Forse per il buio, perché non prestavo attenzione o perché doveva semplicemente accadere, riuscii a perdermi per quei sentieri che percorrevo molto spesso con mio padre fin da piccola
A tratti riuscivo ancora a sentire la festa, la musica e i fuochi d'artificio, ma in quel reticolo infinito di sentieri cominciavo a perdere la speranza di non riuscire a tornare a casa.

Vagai per diverse ore, alla fine ero esausta.
Il mio abito era logoro e si era strappato e macchiato in più punti, i capelli pieni di rami e polvere e le ballerine ormai sgualcite ad ogni passo mi facevano sentire tutti i sassi su cui mettevo piede. Sconsolata mi appoggiai al tronco di un albero e alzai lo sguardo verso il cielo.
- Così imparo a fare sempre di testa mia! - mugugnai chiedendomi cosa fare. Ormai era notte fonda e la luna era già nel cielo. Sarebbe stato impossibile tornare al villaggio, avrei corso il rischio di smarrirmi ancora di più, magari cadere e ferirmi.

Sì, senza dubbio la miglior cosa da fare era trovare un rifugio per la notte e aspettare che facesse luce. Stranamente non conoscevo il luogo dove ero giunta, non assomigliava a nessuna delle radure dove spesso mi ero avventurata alla ricerca di qualche ispirazione per disegnare. Mi guardai intorno irrequieta.
In più non riuscivo a vedere quassi niente, i miei non erano mica gli occhi di un gatto!
Dopo un po' di tempo però scorsi, poco lontano, una specie di caverna che avrebbe offerto un ottimo riparo per la notte. Senza indugiare oltre corsi in quella direzione, mentre stava cominciando a piovere.
Avrebbero interrotto i festeggiamenti per questo? I fuochi d'artificio venivano ancora lanciati nel cielo, e da dove mi trovavo riuscivo a vederli bene. All'inizio continuai a osservarli, poi una volta finiti una mezz'oretta dopo decisi di riposare e, tastando con le mani, cercai di portarmi più all'interno della caverna

Inaspettatamente le mie dita sfiorarono qualcosa di diverso dalla terra e le rocce: era qualcosa di morbido. Qualcosa di vivo...
Balzai in piedi con un urlo, sbattendo la testa contro la pietra, un dolore lancinante alla testa mi oscurò ancora di più la vista.
Ignorai il sangue che mi colava caldo dalla ferita sulla fronte e corsi via più veloce che potessi. Lontano dal punto in cui mi trovavo fino a un secondo prima.
Correndo a piedi scalzi, in un bosco durante una tempesta , scivolai diverse volte bagnandomi dalla testa ai piedi e ricoprendomi interamente di fango.

Cos'era quella cosa nella caverna?

Avevo avuto una reazione un po' esagerata.
Me ne resi conto solo dopo essermi calmata presso una sorgente. Mi inginocchiai a terra, vicino alla pozza d'acqua che si era venuta a formare per la pioggia e cominciai lentamente a pulirmi. Nel breve tempo in cui ero fuggita il sangue si stava asciugando sulla fronte, mescolandosi al fango e incollandomi tutti capelli.
Non sapevo bene cosa fare. Ero troppo agitata per pensare in maniera razionale.
Certo, tutto poteva essere stato un falso allarme... la cosa che avevo sfiorato poteva essere una volpe in cerca di riparo come me... o peggio, poteva essere un mostro?
Mi costrinsi a smetterla di pensare quelle cose e calmarmi, almeno in parte. Rallentai il respiro e lavai il viso nell'acqua gelida. Il gesto mi aiutò a schiarire un po' le idee, almeno in parte. Probabilmente la cosa che avevo sfiorato a quell'ora doveva essersi spaventata e allontanata come avevo fatto io e potevo tranquillamente tornare a ripararmi là sotto, dopotutto era il luogo migliore dove trascorrere la notte.
Sembrava tutto tranquillo, da quando ero scappata non era cambiato nulla. Sempre sul chi va là, mi accovacciai silenziosamente a terra scrutando intimorita nell'ombra del rifugio. Probabilmente mi aspettavo che una belva mi saltasse alla gola... la mia immaginazione non mi stava proprio aiutando in quel momento

Dal principio non scorsi nulla.
Solo in un secondo momento mi parve di scorgere un movimento. Colpita da un'idea geniale tutto d'un tratto, frugai nelle numerose tasche interne del mio vestito ed estrassi fuori una scatoletta di fiammiferi.

Ne accesi uno e utilizzai la fievole luce della fiammella per rischiarare il buio e finalmente lo vidi. Sdraiato a terra, un ragazzo addormentato, vestito solamente di un paio di pantaloni neri e una maglia sgualcita, che riposava immobile.
Doveva essere stato lui quella cosa calda e liscia che avevo sfiorato prima, e che mi aveva tanto spaventato.
-Che stupida!- pensai, farsi spaventare da questo poverino, che evidentemente nella mia stessa situazione aveva trovato riparo come me.
Forse in un'altra occasione avrei cercato un altro luogo per riposare, o forse avrei addirittura avrei tentato di ritrovare la strada di casa il prima possibile. Molti in seguito mi dissero che qualunque scelta avessi fatto quella notte sarebbe stata molto meglio di quella che decisi di prendere: mi stesi accanto a lui e dopo pochi secondi mi addormentai. Stranamente mi sentivo al sicuro.

Non sono d'accordo con tutte quelle persone che in seguito mi hanno biasimato o mi hanno additata come folle, credo che la mia vita iniziò solamente in quel momento; quando mi addormentai accanto a quel giovane dai capelli biondi.

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Capitolo 2
*** 02 - Coccinella ***


Fu la luce dell'alba a svegliarmi. Guardando la luce che entrava dalla bocca della caverna il sole era sorto da poco. Il ragazzo dormiva ancora al mio fianco. Sorrisi, persa nei miei pensieri mentre gli guardavo il volto perfetto.
Sopprimendo a fatica uno sbadiglio mi avventurai di nuovo nel bosco, alla ricerca della fonte che avevo trovato la notte prima, avevo bisogno di una rinfrescata. Mi limitavo a mettere un piede davanti all'altro, ripercorrendo gli indefinibili sentieri della notte appena trascorsa.

Raggiunta la sorgente sbadigliai un'altra volta, poi cominciai a svestirmi, depositando il vestito lì accanto.
Un leggero soffio di vento mi fece rabbrividire, convincendomi a immergermi nell'acqua della sorgente. Fredda ma nonostante tutto mi fece sentire molto meglio. Era molto rilassante, dopotutto, e socchiusi gli occhi per un istante. Ai primi tremori uscii velocemente dalla sorgente strofinandomi le braccia con le mani, poi in un primo momento mi scrollai l'acqua di dosso come fanno i cani, la scena era abbastanza esilarante e mi sarei vergognata molto se mi avesse visto qualcuno.  Mi era bastato alzarmi in piedi per recuperare i pochi gradi persi e mi sentii subito meglio.
Decisi comunque di sacrificare una parte del vestito ormai rovinato per asciugarmi bene.

Dopo qualche minuto però mi tornò in mente l'avvenente ragazzo che avevo lasciato addormentato. Che si fosse svegliato? In parte contavo su di lui per il mio ritorno a casa perciò avrei trovato veramente irritante se al mio ritorno lui se ne fosse già andato.
Indossata solo la sottoveste e la fascia in vita, sistemai i capelli e presi l'ormai familiare sentiero. La disposizione degli alberi, le rocce e i rami spezzati... ormai non mi sarei più persa percorrendo quel tratto di strada.
Al mio arrivo lui era ancora lì. Dormiva.
- Come fa a non essersi ancora svegliato? - mi accucciai accanto a lui. - Ehi! Dico a te...hai intenzione di aprire gli occhi o hai deciso di continuare a dormire? -
Nessun movimento. Lo afferrai per un braccio e delicatamente cominciai a scuoterlo, cercando di svegliarlo. Niente, dormiva! Quasi fosse in morto...

Cominciai a chiamarlo per svegliarlo, ma senza nessuna risposta cominciai a preoccuparmi. Che fosse davvero morto? Presi coraggio e gli misi la testa sul petto. Proprio sopra al cuore, per sentirne i battiti.
Batteva regolarmente, almeno ero sicura che fosse vivo. - Su, è tutto posto... - mi dissi cercando di calmarmi.
Tornai a guardare il volto del ragazzo, più o meno doveva avere la mia età: immobile.
Era veramente molto bello, e senza accorgermene per guardarlo meglio mi avvicinai molto. Un istante dopo però rimasi pietrificata.

Tutto in un momento, non solo lui aveva gli occhi spalancati e fissi su di me, ma aveva uno sguardo torvido, quasi sanguinario.
La pelle candida, i capelli biondi e gli occhi di un verde tenue incorniciavano un viso splendido, che era solo interrotto da una nota dolente: delle pupille aggressive, non umane, tipo quelle di un gatto.
- S-sei sveglio? - riuscii a dirgli con un filo di voce. Tutto il coraggio che avevo avuto fino al momento prima sembrava sparito tutto d'un colpo.
 - Sei ferito? H-hai bisogno di a-aiuto?  Nel tentativo di alzarmi in piedi, anche per allontanarmi il più possibile, sbattei nuovamente la testa contro la roccia, procurandomi l'ennesimo taglio. Sentii scorrere lentamente un rivolo di sangue caldo dalla ferita.

Mi lasciai cadere di nuovo accanto al ragazzo, tremando per l'angoscia. In pochi secondi mi afferrò una spalla con la mano. Non avrei mai pensato che potesse essere così forte: poi mi tirò a sé. Senza sapere bene cosa fare, lasciai che mi trascinasse vicino a lui.
Vicino al mio orecchio riuscì a sussurrarmi una singola parola, con una voce leggerissima. - Acqua - mi disse.

Poi mi lasciò andare e rimase a osservarmi con un volto inespressivo. Anche io lo fissai per un istante, ancora in shock per ciò che era appena successo
Mi voltai e feci alcuni veloci passi verso il luogo dove sapevo trovare acqua. Fatto poco più di un metro però mi girai di nuovo verso quegli occhi felini che continuavano a guardarmi.
- Come ti chiami? - gli domandai confusa.
Il ragazzo accennò ad un sorriso ironico e mosse la bocca articolando qualche parola. Disse: - Chiamami Adrien-.
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 Raggiunsi la fonte e non avendo nulla con cui trasportare l’acqua, mi limitai a immergervi le mani cercando di prenderne il più possibile. Quando tornai da Adrien lo ritrovai seduto contro la parete di roccia con lo sguardo perso nel vuoto, fermo e freddo proprio come lo avevo lasciato. Scrollai di dosso tutti i pensieri che mi stavano passando per la testa e lo chiamai dolcemente, sentire la mia voce sembrava il modo per riportarlo alla realtà.
Dopo qualche secondo sollevò con fatica la testa per bere, e continuò finché non finì tutta l'acqua disponibile. Sembrava finalmente sveglio e cosciente.
Da dove veniva? Perchè si trovava in questo posto sperduto? Da quanto era qui? Non direi molto perchè non sembrava deperito; ero terribilmente curiosa di sapere altro su di lui ma non volevo fargli nessuna pressione date le condizioni in cui sembrava essere.
Si passò incerto una mano sul viso era evidente quanto fosse esausto.

- Grazie per avermi aiutato… - sussurrò. - Mi hai salvato la vita. Ti sono riconoscente. Come ti chiami?
- "Io..." Ma non riuscii a dire più nulla. Non lo stavo ascoltando veramente, mi ero persa ad osservarlo. Quegli occhi che prima mi aveva spaventato ora erano quasi due calamite per me. C’era anche qualcos’altro ma sul momento non riuscii a processare. La sua mano destra era completamente nera, come quando si brucia qualcosa sul fuoco. Forse aveva avuto un incidente da poco, chissà se gli faceva male...
- “Io...”? - ripeté lui abbozzando un sorriso. Ora i suoi occhi sembravano più normali, più umani.
- Cosa hai fatto alla mano? - domandai indicando la mano destra, mentre la osservavo meglio. Portava un singolare anello nero all'anulare, che sarebbe passato inosservato se non avesse un particolare a forma di zampina che sembrava illuminarsi sempre di più di verde ogni secondo che passava.
Tutto d'un tratto mi resi conto di essere stata maleducata, per tutto quel tempo gli avevo osservato la mano senza più rispondere a ciò che mi aveva chiesto.

- S-scusa, non volevo… - balbettai.
- Tranquilla, questo è solo un incidente che mi porto da quando ero piccolo- disse sollevando la mano.
- Ora se non ti dispiace voglio riposare. - e detto questo richiuse gli occhi appoggiandosi alla parete, incrociando le braccia.
- Ah…va bene… - dissi alzandomi.
- Sicuro di non aver bisogno di cure mediche? Come sei arrivato qui?-  Più facevo domande più mi sembrava di disturbarlo, ma non potevo lasciarlo così come lo avevo trovato.
- Senti coccinella - disse con voce seccata, senza aprire gli occhi. - Smettila di fare domande e torna a casa. I tuoi parenti ti staranno cercando.-
Sobbalzai. Coccinella? Come coccinella?

- Lo sai che io ho un nome, vero? Non sono una coccinella. - Non mi capitava quasi mai di rispondere male ma il suo atteggiamento e tono mi stava facendo arrabbiare
- Ti chiamerei con il tuo nome, se mi avessi risposto subito - mi contraddì aprendo gli occhi.
- E poi sembri così spaesata ed esile proprio come la coccinella che hai sulla spalla- aggiunse fissandomi.
Al che mi girai verso l'insetto, che in quel momento prese il volo dalla mia spalla, quasi volesse scappare dopo essere stata presa in causa nella conversazione - Mi chiamo Marinette, scusami se non ho risposto prima...-

Ma non mi rispose più. Continuò solo a studiarmi e questo cominciava ad essere imbarazzante.
Il silenzio venne interrotto da Adrien che tutto d'un tratto indicò un sentiero con la mano nera: -Se hai problemi per tornare a casa prendi quel sentiero per una decina di minuti, dovresti arrivare ad un grande albero che ha radici che escono dal terreno. Prendi il sentiero di sinistra e continua a scendere fino alle strade principali, da lì sarai capace di ritrovare la via di casa, se hai un minimo di orientamento. -

Dopo qualche secondo per decifrare tutte le informazioni ricevute da Adrien, mi girai per cominciare a tornare a casa, ma prima mi voltai un ultima volta verso quel ragazzo che continuava ad essere un mistero.
-Sicuro di non avere bisogno di nulla? Il mio villaggio è piccolo ma abbiamo un buon dottore, e sicuramente qualcuno potrà ospitarti se non hai sol- Non riuscii a terminare la frase perchè lo vidi ridere mentre chiudeva gli occhi sistemandosi più comodamente con le braccia dietro la testa per tornare a dormire.
-Starò bene coccinella, torna a casa ora. -

Tornai sui miei passi da sola, ma con lui nei miei pensieri.


Intanto il ragazzo nella caverna immobile, ascoltava una voce che derivava dal suo anello. Con lui si era svegliato qualcosa di più sinistro del semplice mistero che lo avvolgeva.


NdA: Ciao a tutti, vi ringrazio per aver letto fino a qui! Visto che non l'ho ancora specificato per bene, la storia non si colloca nella Parigi moderna, ma qualche secolo più indietro, diciamo 800/900, ma piano piano incontreremo tutti i personaggi che più amiamo della serie. Ringrazio infinitamente tutti quelli che hanno preso del tempo per leggere, e recensire. In questo caso soprattutto Princess_Shiho per la sua prima recensione <3
A presto,
JLuna_Diviner

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Capitolo 3
*** 03 - Segreti ***


Tornata a casa tramite tutte le strade secondarie e passaggi poco affollati per non essere notata da nessun conoscente, rientrai dalla porta sul retro, ricomparendo in casa così come ero uscita la sera prima.
I festeggiamenti si erano protratti fino a notte fonda, e fortunatamente i miei genitori non avevano controllato se fossi già tornata nel mio letto, erano andati direttamente nella loro camera dove erano rimasti tutt'ora.
Approfittai dell'enorme bacio che la fortuna mi diede quella mattina per far sparire il vestito ridotto molto male dalla mia passeggiata, farmi un bagno veloce e inventarmi un piano perfetto di come avevo passato la serata con le amiche.

A mattino inoltrato aprii per prima - cosa che succedeva molto raramente - la saracinesca della piccola pasticcieria di famiglia che dava sulle stradine vicino al centro del nostro villaggio. Dopo la grande festa del giorno prima le strade erano ancora vuote, solo qualche assonnato si trascinava sbadatamente verso le proprie attività, che dopo tutto non potevano rimanere chiuse per tutto il giorno. Gli unici fortunati erano gli scolari, che invece avevano una settimana di riposo da scuola.

Posizionando i vari dolci e torte nella vetrina ripensai ad Adrien, e di quanto dovesse aver fame, da solo sulla montagna. Il mio sguardo vagò per tutto il negozio e si fermò su un cesto di vimini sotto il tavolo dietro al bancone. Chiesi scusa mentalmente a mio padre per prendere alcune delle leccornie che aveva preparato il giorno prima e, una volta riempito il cestino, nascosi il contenuto con un panno per non destare sospetti.
Era quasi mezzogiorno quando sentii mio padre scendere le scale di casa velocemente maledicendosi per aver dormito troppo quella mattina. Avevo servito un cliente poco prima, e dopo averlo salutato mi girai verso la porta della cucina aspettando che uscisse mio padre di corsa.

- Marinette! - esclamò sorridendo appena mi vide - per fortuna che ci sei tu angelo mio! - detto questo mi circondò il viso con le mani lasciandomi un grande bacio sulla fronte.
Presi un respiro profondo prima di parlare: -Papà una mia amica di scuola mi ha invitata a casa sua per studiare, starò da lei tutto il pomeriggio molto probabilmente - la frase era uscita tutta di getto, e sfoggiai un gran sorriso per convincerlo.
- Ma certo tesoro, hai già fatto abbastanza qui, vai pure- disse mentre si allacciava il grembiule dietro la schiena, pensando già a cosa c'era da fare.
Preso il mio cesto e un libro sotto braccio -preparato per essere credibile- salutai mio padre e partii a passo spedito per la caverna da Adrien. Per fortuna che mamma non c'era, altrimenti avrei dovuto rispondere a molte più domande prima di uscire.


Mentre percorrevo la strada che mi avrebbe portata alla caverna continuai a domandarmi ininterrottamente se lui si trovasse ancora lì. Fino a pochi minuti prima di arrivare, mentre facevo il percorso al contrario, ne ero stata certa. Sicura che lui non si fosse mosso, che fosse ancora lì ad aspettarmi.
Quando realizzai che effettivamente c’erano pochissime probabilità che si trovasse ancora lì mi costrinsi ad accelerare il passo, sentendo una brutta sensazione allo stomaco. Lui doveva essere ancora lì.
L’idea che se ne fosse andata l'unica persona interessante incontrata fino ad ora nella mia vita faceva male, così cercai di distogliere la mente da quei pensieri. Almeno per un po’.

Concentrai l’attenzione sui miei passi, sulla strada. Chissà come avevo fatto a perdermi quella notte... certo, mi ero recata in una zona della montagna in cui ero stata poco, ma non sconosciuta!
Passai vicino alla sorgente d’acqua.  La superficie appariva immobile e scintillava per i raggi del sole che la penetravano. Proseguii con rammarico perché mi sarei soffermata volentieri per immergermi nell’acqua, anzi, probabilmente in altre circostanze l’avrei fatto se non fossi stata così ansiosa di verificare se Adrien era ancora in quella radura.

Cominciai a chiamarlo per nome molto prima di raggiungere il posto, ma non potevo più aspettare. Lui però non mi rispose: cominciai a correre.
- Adrien! - chiamai ancora.
Il ragazzo emerse dal bosco. - coccinella, sei tornata. Ciao! - mi salutò
- Sei qui! - esclamai rallentando la corsa, mentre il mio corpo veniva scosso da sentimenti contrastanti. Sollievo, incredulità, speranza e felicità. Poi mi diedi della stupida da sola. Perché ero tanto sorpresa di averlo trovato?

- Sono qui - concordò lui annuendo impercettibilmente. Poi sorrise sarcastico: - Chiudi la bocca, o ti mangerai qualche insetto.
Avevo spalancato la bocca dalla sorpresa, che vergogna. Abbassai lo sguardo imbarazzata mentre cercavo di riacquistare un minimo di dignità.
- Perché non te ne sei andato? - gli chiesi, e la domanda parve esplodermi da dentro il petto.

- Non sono ancora in grado di intraprendere un viaggio - rispose lui sinceramente, indicandosi una gamba. In effetti l’avevo visto zoppicare leggermente mentre camminava nella mia direzione.
Tra di noi calò uno strano silenzio. Dovevo assolutamente cercare di dire qualcosa ma non trovavo le parole per farlo. Accidenti, la mia testa era travolta da mille domande che spingevano per uscire, ma quando provavo a formularle, queste non venivano fuori.

- Allora… - bisbigliai alla fine, senza riuscire a trattenermi - hai fame?
Adrien guardò il cesto e poi sorrise. Sorrise lentamente rivelandomi la sua dentatura perfetta che sembrò scintillare pericolosa nella mia direzione.
- Si. Ti ringrazio per il pensiero. - disse sedendosi sull'erba.
Gli passai il cesto, poi lui fece segno di sedersi vicino a lui.
Lo feci quasi immediatamente, anche se nella mente l'unica cosa che avevo in mente era di fuggire! Non so perché ma in quell’istante percepii distintamente questo chiaro messaggio provenire dal mio cervello. Girati e scappa.
Ma non lo feci. Mi feci incantare dalle sue iridi brillanti, e continuai a guardarlo incantato mentre mangiava.

- Sono curiosa di sapere che intenzioni hai dopo che ti sarai ripreso del tutto - dissi tutto d'un tratto rigidamente.
- Se sei solo curiosa - mi disse calcando sul termine, - non ti risponderò. - E continuò a mangiare.
- Che cosa? - esclamai indignata.

- Ho detto - ripeté scandendo lentamente le parole, come se parlasse ad una bambina, - che non ho intenzione di risponderti. Non sono affari da ragazzine quelli che mi riguardano.
Lo guardai incredula. Mi stava forse prendendo in giro? Se il suo scopo era di farmi irritare c’era riuscito benissimo!
Ad un tratto Adrien di alzò e s’immerse di nuovo nella foresta. Attaccato al suo fianco, cosa che non avevo mai notato prima, scintillava un piccolo bastone d'argento.

- Aspetta! - lo chiamai. Lui si fermò e si voltò nella mia direzione, osservandomi in attesa che continuassi. - Dove stai andando ora? -
Di nuovo le sue labbra si incurvarono in un bellissimo sorriso mentre mi chiedeva: - Sei curiosa? -  e prima di rendermene conto mi diede le spalle e proseguì senza prestarmi più attenzione.
Indispettita mi voltai e me ne andai con le mie cose.

Poteva anche essere il ragazzo più affascinante che avessi mai visto, ma non tolleravo di essere trattata in questo modo.
A metà strada decisi di tornare indietro per lasciare ad Adrien il resto delle paste, lui non era stato gentile con me, ma non volevo lasciarlo completamente senza mangiare.

 
Al mio arrivo lui era seduto nello stesso punto dove eravamo prima, ma con una cosa tra le mani.
- Avevo paura te ne fossi andata seriamente a casa, non ti volevo far arrabbiare veramente... - e  sorridendo mi porge un mazzo di fiori di montagna.
- grazie...- riuscii a dire flebilmente, mentre alcune domande cominciavano a sorgere nella mia testa. Perchè si stava comportando in modo del tutto diverso da prima? Era forse questo il suo modo di ringraziare? Aveva preso una botta in testa ed era cambiato totalmente?

Ma decisi di tenerlo per me e chiedere altro.
- Dove hai preso i fiori? -
- Sono salito di poco e ho trovato un cespuglio. Ho pensato a te e te li ho portati - disse sorridendo. Di nuovo quel sorriso che avrebbe fatto sciogliere un ghiacciaio intero.
- Questi fiori crescono solo in cima, non è possibile che tu sia salito e sceso in così poco tempo Le conosco bene queste montagne. - dissi titubante mentre mi porgeva il mazzo di fiori bianchi e viola.
-Sono stato fortunato, in più ho un passo molto veloce - e cominciò a ridere, evidentemente divertito dalla mia espressione ancora incredula. Si comportava seriamente come un'altra persona.

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Era pomeriggio. Il sole cominciò a fare nascondino dietro alle nuvole e a quel punto della giornata era quasi completamente coperto.
Seduta per terra, discutevo allegramente con Adrien. Non sapevo nè come nè perché, ma lentamente mi ero completamente aperta a questo sconosciuto e gli avevo raccontato tutto di me e della mia vita; dal lavoro in pasticceria alla scuola, e lui si era dimostrato quasi sempre interessato a tutto.

Mi feci coraggio e decisi di chiedere a lui del suo passato. Lo avevo già fatto e le uniche cose che ero riuscita a strappargli era che da molto giovane era stato mandato in un accademia militare ed era diventato una guardia molto importante, ma nient'altro.
Ora l'unica cosa che aveva fatto dopo la mia domanda era stato alzarsi in piedi e rimanere immobile qualche minuto immerso nelle proprie riflessioni, con lo sguardo perso nel vuoto. Chissà cosa aveva visto per stare così.

Mi ero già accorta che gli accadeva, ogni tanto, di perdersi nei suoi pensieri. In quei momenti anche io mi sentivo avvolgere da una calma soprannaturale e mi facevo incantare dall’ondeggiante movimento delle sue ciocche bionde spostate dal vento.
Si riscosse all’improvviso e mi guardò con quel suo sguardo penetrante.

- Vieni con me Marinette - mi disse. - Voglio mostrarti una cosa. - rimasi incantata per qualche secondo dopo aver sentito pronunciare il mio nome dalle sue labbra, poi lui si incamminò tra gli alberi. E io dietro, cercando di mantenere il suo passo.
Non aveva mentito sul fatto di camminare velocemente, e dopo essersene accorto, Adrien rallentò fino ad adattarsi alla mia andatura.

Ci stavamo avvicinando alle rovine vicino al mio villaggio, e gli domandai: - Dove mi stai portando? Cosa vuoi mostrarmi? -
- Un libro.
- Un libro... in una città abbandonata?
- E' molto importante, non pensare che sia un semplice libro di scuola come i tuoi. Con quello posso spiegarti tutto meglio. -
- E come si chiama questo libro misterioso? -
- Il Grimorio - fece lui.

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Capitolo 4
*** 04 - Portatrice ***


Arrivati alla vecchia cittadina il passo era rallentato notevolmente, per colpa dei vari detriti e rovi che occupavano le strade che una volta dovevano essere affollate e piena di vita. Ora si sentivano solo il canto dei vari uccelli che avevano trovato un nido nelle case abbandonate, e occasionalmente altri animali della foresta che scappavano al nostro passaggio.

Il percorso doveva essere molto difficile anche per Adrien, che più di una volta si era fermato, come se soffrisse di un gran mal di testa. O meglio, come se avesse qualcosa nella testa che lo bloccava.
- Sicuro che ce la fai? Se stai male possiamo tornare un'altra volta lo sai... - toccandogli la spalla avevo cercato di dissuaderlo da questa sua idea, dopotutto doveva essere molto stanco dopo la camminata. La ero io che ero sana come un pesce, non immaginavo lui che invece sembrava uscito da una battaglia qualche giorno prima.

Non ricevendo nessuna risposta mi piazzai davanti a lui per richiamare la sua attenzione; ma quando vidi di nuovo quelle pupille sottili che guardavano nel vuoto feci qualche passo indietro, allontanandomi e aspettando che tornasse in sè.

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"Perchè non vuoi capire? E' una buonissima occasione questa!" pensò Adrien. Non stava parlando con la ragazza al suo fianco, ma direttamente con qualcuno nella sua testa.

"NON TI HO MANTENUTO IN VITA TUTTO QUESTO TEMPO PER MANDARE ALL'ARIA IL NOSTRO PIANO RAGAZZO" la voce nella testa di Adrien risuonava sempre più forte, il kwami della distruzione era molto irritato dal fatto che il suo portatore stesse accompagnando una ragazzina a vedere il grimorio, sapientemente nascosto da loro anni prima.

"Cerca di ascoltarmi invece che gridare! Ho avuto una fantastica idea invece! Daremo a lei il Miracuolous della coccinella e le faremo credere di essere una portatrice! Non sa quasi nulla di quello che è successo anni fa, ho anche letto il suo libro di storia; i fatti veri non sono stati mai scritti, la gente pensa che dopo la mia sconfitta ci sia un nuovo ChatNoir. E' l'occasione perfetta per nascondere gli orecchini in un posto sicuro mentre noi cerchiamo un modo per togliere il sigillo che sta bloccando i tuoi poteri!

"SE PER CASO SCOPRISSE LA VERITA' COSA DICIAMO? AH SCUSA MARINE, TI ABBIAMO MENTITO E ORA DACCI IL MIRACULOUS DELLA COCCINELLA CHE VOGLIAMO USARLO NOI???!! " le continue risposte saccenti di Plagg fecero desiderare ad Adrien di averlo davanti per strozzarlo. Ma non poteva pensare nulla del genere che il kwami leggeva immediatamente i suoi pensieri, rincominciando con gli insulti.

"si chiama Marinette." precisò Adrien, aggiungendo anche "comunque è la nostra unica occasione. Lo sai anche tu quanto sia pericoloso farsi vedere in giro con due Miraculous, qualcuno potrebbe riconoscermi, o peggio, un altro portatore potrebbe cercare di fermarmi. E lo sai anche tu che non sarei in grado di fermarli" .
Finalmente senza sentire risposta il ragazzo tornò in sè, e vide la ragazza che lo guardava leggermente preoccupata da lontano.

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- Forza Marinette, mi sono ricordato la strada - disse sorridendo mentre riprendeva a camminare.
- S-si... - dissi mentre cominciavo a seguirlo. A volte mi spaventava un pò il suo comportamento ma avevo paura a chiedere che cosa gli succedesse.
Continuammo a camminare fino ad una casa diroccata con un grande giardino davanti; doveva essere una bellissima casa anni fa. Superato il cancello e aperto la porta con qualche spallata ci avviamo verso la cantina, all'interno non sembra messa così male come l'esterno.

Scendendo da una scaletta di legno che non ispirava molta sicurezza, ci avviamo verso la fine della grande stanza, dove una tenda copriva quello che sembrava un corridoio scavato nella roccia. Attraverso uno stretto passaggio, un lungo percorso che sembrava volerci portare al cuore della terra si estendeva sempre più in profondità. E forse stava facendo proprio quello.
Dopo soli pochi metri l’oscurità più assoluta ci avvolse. Io non vedevo più niente, ma Adrien continuava a camminare davanti a me, con passo spedito, come se avesse avuto in mano una torcia. Per un secondo mi domandai se con i suoi occhi vedesse al buio.

Lo seguivo lentamente, arrancavo con le braccia stese davanti a me come un sonnambulo, affidandomi solamente all’udito per avvertire la sua presenza.
- Adrien , dove stiamo andando? - domandai perplessa dopo molto tempo. Attraverso quella totale oscurità avevo cominciato anche a perdere la nozione del tempo.
Sentii che mi rispose qualcosa ma, distolta l’attenzione da dove posavo i piedi, scivolai a terra e il tonfo dovuto alla mia caduta coprì quasi completamente le sue parole.

Qualcosa di caldo e viscido mi colò lungo la fronte. Al buio non capii subito cosa fosse ma, quando alzai una mano per sfiorarmi, una leggera fitta di dolore mi attraversò la testa. Si era riaperta la ferita che mi ero fatta il giorno prima.
- Adrien - lo chiamai con un filo di voce, - sto sanguinando.

Nel buio, lo sentii fare tre passi nella mia direzione prima di accucciarsi per terra accanto a me. Allungai un braccio, cercandolo, mentre lui mi cingeva leggermente per rimettermi in piedi.
- Dove ti fa male? - domandò con voce calda e tranquilla.
- La testa, la parte destra soprattutto - risposi semplicemente.

Adrien non lasciò la stretta rassicurante ma sollevò il braccio sinistro. Lo sentii cercare il mio volto. Prima mi sfiorò il mento, la guancia e infine la testa, dove trovò la piccola lacerazione.
- E’ solo un taglio - mi assicurò. - Non è niente.
- Ma continua a sanguinare! - protestai.
- Stai ferma, ora provo una cosa - mi ordinò allora lui.

Smisi anche di respirare. La mano di Adrien si chiuse a coppa sulla mia ferita e la sentii scaldarsi sempre di più. Sentivo un meraviglioso tepore avvolgermi la testa.
Mi accorsi che ora c’era una luce, piccola, fievole ma c’era. E usciva dalla mia testa.
Il suo freddo colore verde gli illuminava il viso facendogli risplendere la pelle chiara. I suoi capelli biondi, a causa dell’umidità della grotta, si erano riempiti di goccioline d’acqua e sotto quella luce sembravano ricoperti di minuscoli diamanti.

Fu in quel momento, credo, che cominciai a innamorarmi di lui.

La luce scomparve insieme alla mia ferita.
- Cos’hai fatto? Eri tu a emettere quella luce? Chiesi sbaloridita
- Sì, una specie di magia di cura che mi hanno insegnato nella mia... accademia - mi spiegò aiutandomi per continuare il percorso.
- Grazie - gli dissi sinceramente. Rimasi senza parole, non riuscivo a dire altro. Poco dopo arrivammo a destinazione.
- Guarda - Adrien mi lasciò per un attimo per accendere una torcia già posizionata alla fine della caverna e richiamò la mia attenzione verso una valigia, dalla quale estrasse un vecchio libro dalla copertina rossa e i decori d'oro.

- Questo libro è chiamato il Grimorio. Contiene le informazioni su tutti i portatori di Miraculous e dei loro kwami. Penso che tu sappia cosa sono, li avrai sicuramente già visti- disse tenendo il libro tra le mani, facendomi vedere solo alcune pagine.
- Io...si, ne ho sentito parlare - dissi titubante. - Ma cosa vuoi dire con questo? Che tu sei uno dei portatori? -
Adrien sorrise. Ancora una brutta sensazione allo stomaco.

- Sfortunatamente no, mi sono allenato per molti anni per diventarne uno ma sono stato scartato alla fine.-
Prima che potessi dire qualcosa per consolarlo mi fermò  e continuò a parlare: - Questa non è una cosa che dico a tutti, quindi te lo chiedo sinceramente. Io collaboro con l'accademia che mi ha allenato per molti anni, e giro il mondo per trovare persone adatte a diventare portatori. -

Mi scappò dalle labbra un versetto, e mi portai le mani alla bocca per trattenermi, pensavo di aver capito cosa stava succedendo.
Adrien sorrise ancora e continuò: -Ho capito che tu sei molto speciale dal primo momento che ti ho visto e quindi - si interruppe per posare il libro e tirare fuori una piccola scatolina nera - Questo è il Miraculous della coccinella, vuoi aiutarmi nella mia missione per mantenere la pace nel mondo? -
Boccheggiai per qualche secondo, ero rimasta senza parole dalla sua richiesta.

Adrien si avvicinò e mise una mano sulla spalla. - Tranquilla non devi rispondermi ora, pensaci su e mi dirai tutto domani. Ora vieni che ti riaccompagno verso casa - disse mentre rimetteva via tutte le cose.
Spense la torcia, e , prendendomi per mano cominciammo a fare la strada del ritorno.

- Come mai non mi hai detto subito chi eri? - riuscii a chiedere ad un certo punto, mentre eravamo tornati alla cantina

- Se te lo avessi detto questo avrebbe compromesso le mie ricerche. - disse lui tranquillamente  - Dovevo assicurarmi che fossi una persona affidabile che sa mantenere un segreto prima di chiederti una cosa così importante. Viaggio sempre da solo, e se, ad esempio, avessi detto ad altri dove mi trovavo dovevo ripartire per forza. -
Cominciai a chiedere molte cose, spesso a cui evitava di dare una risposta: - Come riconosci una portatore tra le persone che incontri? Che miraculous mi vuoi dare? Dove si trova l'accademia di cui parli? Come pensi che diventerò un'eroina?

Usciti dalla casa mi guardò negli occhi e disse: - Marinette, puoi fare grandi cose se solo lo vuoi. Ho visto lo spirito di una portatrice in te. Il miraculous lo scoprirai solo quando avrai deciso ovviamente, e diventerai una delle più grandi portatrici, dopotutto hai me -

Continuammo la passeggiata parlando del più e del meno, sembrava non volesse svelarmi più di tanto sul compito che voleva assegnarmi e di quello che mi aveva mostrato.

Lo salutai alla nostra caverna, e corsi verso casa mentre cominciava a piovere.


Adrien al riparo dalla pioggia decise di risvegliare Tikki, il kwami della coccinella che non appena tornò libera, cercò di volare via il più veloce possibile, incontrando poco più in là una barriera invisibile che non le permetteva di andare più lontano.

Sentì la voce di Plagg uscire dal suo portatore: "Ti sono mancato Tikki? Vieni qui che ti devo parlare..."

Il piccolo kwami rosso si era voltato con riluttanza verso il ragazzo, che aveva di nuovo gli occhi felini e un sorriso spaventoso.

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