L'Imperatore dei Cinque Regni - Tradimenti

di ghostmaker
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il nuovo Imperatore dei Cinque Regni ***
Capitolo 2: *** Le preghiere non resuscitano i defunti... forse ***
Capitolo 3: *** Quando a un matrimonio si divertono solo gli invitati ***
Capitolo 4: *** Scacco matto ***
Capitolo 5: *** Sulle tracce della tempesta ***
Capitolo 6: *** Una storia che si ripete ***
Capitolo 7: *** La settimana più lunga (prima parte) ***
Capitolo 8: *** La settimana più lunga (seconda parte) ***



Capitolo 1
*** Il nuovo Imperatore dei Cinque Regni ***


L'IMPERATORE DEI CINQUE REGNI
Tradimenti





Il bambino sgrana gli occhi come se vedesse un mondo nuovo, guarda gli scaffali colmi di libri, anche più grossi dei due che gli ha dato da leggere, si perde mentre segue la fila di quadri appesi alle pareti e per essere sicuro di non stare ancora nel suo letto si stropiccia gli occhi.
«Mio caro, non stai sognando, questa è proprio la mia casa» dice il vecchio maestro al bambino.

Il ragazzino ancora non si capacita di come sua madre abbia accettato la richiesta del vecchio maestro di lasciare vivere il proprio figlio a casa dell’anziano maestro per tutte le vacanze invernali. Ten aveva cercato di carpire delle informazioni origliando la loro discussione ma era riuscito soltanto a sapere che il maestro aveva bisogno di un aiuto perché i suoi inservienti erano assenti per questioni importanti. Adesso questo pensiero si è completamente cancellato mentre osserva le meraviglie contenute in questa enorme villa, il suo desiderio di conoscere come continuano le storie dei suoi nuovi eroi non è cambiato, ma per ora ha deciso di fare una singola domanda.
«Maestro, in cosa debbo aiutarla?»
«Vedi quante cianfrusaglie ho in casa? Devo dare una bella sistemata e come sai sono particolarmente anziano per fare tutto da solo; mi aiuterai a mettere in ordine i libri, i soprammobili e a dare una sistemata nelle tante stanze della villa nelle quali non soggiorna più nessuno da molto tempo, prima però voglio farti una domanda. A scuola mi hai detto che hai letto entrambi i libri? Sei stato sincero?»
Questa domanda irrigidisce il bimbo che reagisce imbronciato: «Certo che sì, e le ripeto che non basta! E non c’è una singola parola dedicata all’uomo che è scampato al deserto!»
Il maestro non chiede altro ma invita l’alunno a seguirlo. «Vieni con me in quel salotto, ho qualcosa da farti vedere.»

I due entrano nel salotto che agli occhi del bambino appare molto strano se confrontato con la ricchezza delle altre sale. Poco adornato, un piccolo tavolino a tre gambe posto nel centro della stanza sul quale c’è qualcosa coperta da un telo, un esile mobiletto a due ante inserito nel muro, un solo quadro che raffigura un grande palazzo, una finestrella molto piccola posta quasi sul soffitto e due poltrone.  Il maestro indica al ragazzino di sedersi e poi dice: «Per prima cosa parliamo dei due libri.»
«Ho detto che li ho…» ma Ten è interrotto subito.
«Ti credo assolutamente, anzi» risponde il maestro facendo una pausa che crea nel bambino maggiore curiosità. «Sono sicurissimo che hai letto ciò che ti ho dato perché tu non sei capace di mentire.»
Ten pensa e, in effetti, non ricorda di avere mai mentito a nessuno in questi suoi pochi anni di vita, e per questo motivo finiva spesso nei guai perché se combinava qualche marachella andava lui stesso a raccontarla ai genitori.
«Hai notato certamente che quei due tomi sono scritti a mano, quello che non sei riuscito a vedere è che le parole sono scritte in una lingua antica e solo poche persone sono in grado di leggerle.»
Ten esclama: «Sono un Saggio!» e il maestro scoppia a ridere senza nessun ritegno.
Il maestro calma questa risata così bella da coinvolgere chiunque la senta e risponde seriamente all’esclamazione del suo alunno: «Sai che un Saggio non si palesa fino a tarda età; magari puoi diventarlo ma solo il tempo ci fornirà una risposta. Per adesso diciamo che hai delle qualità che altri bambini della tua età non hanno.»
Il ragazzino sbuffa, in pochi istanti ha pensato a quale elemento appartenessero le sue magie e la risposta netta del maestro ha bloccato ogni sua fantasia, però non la sua sete di sapere. «Maestro, avete tanti libri in casa e sono sicuro che tra quelli che ho notato c’è il continuato della storia.»
«Sì e no» risponde l’anziano. «Ci sono altri volumi ma prima di continuare a leggere dovrai iniziare a fare una cosa perché solo portando a termine questo compito potrai sapere ciò che è successo dopo i prossimi due tomi che ti farò leggere in questi giorni. Alziamoci e facciamo pochi passi insieme.»
I due si alzano dalle poltrone, raggiungono il centro del salotto e il maestro, sollevando il telo dall’oggetto posto sul tavolo, scopre una gabbia per uccelli nella quale c’è un corvo con gli occhi bianchi.
«Vedi, questo è un nostro amico» dice il maestro indicando il volatile.
«Nostro?»
Ten ha detto solo quella parola e il corvo urla forsennato: «Impiccati al pennone, impiccati al pennone!»
Il ragazzino fa un salto all’indietro gridando: «Non può essere l’amico di Sipestro!»
«Bravo, è proprio lui, si chiama Agisto ed è anche più vecchio di me.»
«Come ha fatto a vivere tutti questi anni?» chiede il bambino.
«Questo è un vero mistero anche per me. Come vedi i suoi occhi sono bianchi perché purtroppo è diventato cieco ed è per questo motivo che lo tengo riparato evitando che una qualsiasi luce troppo forte gli faccia del male. Ho incontrato Agisto, ma forse sarebbe meglio che dicessi che lui mi ha trovato, tantissimi anni fa quando avevo la tua età.»
Il ragazzino collega subito tutto. «Ed è stato quando ha incontrato l’uomo scampato al deserto!»
«Non proprio in quel momento, ma pochissimo tempo dopo.»
«Maestro, e cosa dovrei fare io?»
«Agisto ha visto e ricorda ogni cosa, soprattutto quello che l’uomo scampato al deserto non mi ha mai raccontato in dettaglio. Grazie ad Agisto sto iniziando a riscrivere quei volumi con tutti i nuovi particolari. Ma ciò che sa Agisto non è quello che leggerai qui da me in questi giorni, i due volumi che ti darò sono il seguito di quelli che hai finito settimana scorsa. Siccome Agisto è abbastanza testardo, inizierai già oggi a dargli da mangiare e da bere, quando sarai libero dovrai fargli compagnia e in quel momento potrai tentare di farti dire ciò che conosce. Ma ti avverto che è davvero un osso duro da convincere.»
«Maestro, ma se voi state già scrivendo, vuol dire che siete in grado di farlo parlare, e allora mi domando; perché devo farlo anch’io?»
«Arguto come sempre. Devi riuscirci perché le qualità di cui tu disponi hanno bisogno di allenamento per progredire e Agisto è l’essere vivente giusto per aiutarti a migliorare.»
Il bambino ride, il compito è semplicissimo, chiede al corvo: «Agisto, mi racconti quello che hai visto?»
L’anziano maestro trattiene la risata, sa già cosa risponderà l’animale nella gabbietta.
«No, impiccati al pennone!»
«Vieni, questo non è certo il momento giusto per interrogare Agisto, prima devi leggere gli altri due volumi» dice il maestro prendendo per mano il ragazzino per uscire dal salotto.
I due raggiungono una porta molto grande, l’anziano maestro la apre e per il bambino si dischiude davanti ai suoi occhi l’ennesima meraviglia. Un’enorme biblioteca che fa impallidire gli scaffali visti in precedenza; al suo interno ci sono muri interamente riempiti da testi di ogni genere, al centro c’è un grande tavolo rettangolare sul quale sono sistemate in ordine delle piccole lanterne accese.
«Ecco dove li tenete!» dice il ragazzino, ma il maestro scuote la testa.
«In realtà non sono qui, ma si trovano qui.»
«Che cosa vuol dire?»
«Siedi al tavolo, chiedi alla libreria cosa desideri e se la tua richiesta nasce dal desiderio di apprendere, i libri appariranno.»
Il bambino è dubbioso, però accetta le parole del suo maestro, si siede al tavolo e pensa all’ultima frase che ha letto nel secondo volume, le esatte parole della Regina Wasa e magicamente altri due tomi appaiono proprio davanti a lui. «Posso?» chiede con un certo timore il ragazzino.
«Se sono vicino a te vuol dire che la libreria ti ha dato il permesso di leggere. Però ti ricordo che non sei qui soltanto per loro, hai degli obblighi che dovrai mantenere: curare Agisto, aiutarmi nei miei lavori e rispettare i tempi di lettura che ti impartirò. Nessuna protesta o ogni volume scomparirà com’è apparso perché la magia che hai appena visto non è mia e non posso cambiare le regole di questa biblioteca.»
«Accetto tutto per conoscere il resto della storia!»
«Bravo Ten.»
Il bambino apre il libro con la scritta “numero tre” sul dorso e s’immerge in quel suo nuovo mondo fantastico.



1° Capitolo – Il nuovo Imperatore dei Cinque Regni



Erano passati soltanto due mesi dalla fine della grande guerra tra i Cinque Regni e in quel periodo la Regina Wasa di Tera non aveva perso tempo dopo la firma sul trattato di pace imposto alla Regina Cristalya di Dwr. Nel suo programma Wasa aveva messo subito in chiaro che il ponte Sud/Est sarebbe diventato a “libera circolazione” quindi aveva fatto smantellare i resti della casermetta che era stata quasi rasa al suolo dal suo esercito, alla regina sconfitta aveva richiesto forti risarcimenti per i danni subiti nel tentativo fallito d’invasione operato da Dwr comprensivi anche di un numero significativo di imbarcazioni, ma soprattutto, non richiedendo espressamente un Conclave, si era arrogata il diritto di imporre il nome del nuovo imperatore, mossa politica che le garantiva maggiori benefici nei casi che si sarebbero dibattuti nelle future riunione del Concilio dei Cinque. Sorprese non poco la scelta di Wasa di non sconquassare l’ordine precostituito del regno sconfitto, mossa che Cristalya temeva più di altre perché avrebbe portato alla sua immediata destituzione come regina.

La firma dell’armistizio tra Tera e Dwr non prendeva in considerazione gli altri regni impegnati in guerra e quello di Tan, vero grande sconfitto, arrendendosi all’esercito della Regina Cristalya sia sull’isola Ngahuru sia a Port Pearl, battaglia in cui si era ritrovato vincitore anche l’alleato Metel nonostante la cocente sconfitta causata dall’invasione, era quello che stava per subire i maggiori danni.

Cristalya impose lo smantellamento della marina militare di Tan in conseguenza della battaglia che aveva portato alla distruzione del ponte Nord/Ovest e consegnò le navi del regno sconfitto a Tera come pagamento delle richieste di Wasa, destituì il principe Torcon dalla carica di comandante in capo dell’esercito togliendogli qualsiasi onere militare, e soprattutto impose il rispetto al contratto di matrimonio rigettato prima del conflitto, ma con significative modifiche nel suo contenuto.

Re Titan di Metel si trovava in una posizione molto particolare. Da alleato di Dwr aveva combattuto in modo arcigno e spietato Tan, ma allo stesso tempo si era completamente disinteressato di Tera lasciando che l’esercito di Wasa riuscisse a convogliare la maggior parte delle sue forze armate nella difesa del castello e, in seguito, nell’invasione della grande isola. Nella diatriba tra i tre regni ci aveva rimesso nuovamente lo sconfitto Tan che dovette risarcire Metel nell’unico modo che rimaneva al regno dopo i corposi pagamenti effettuati a Dwr che avevano prosciugato le casse reali. Fu firmato un contratto di vendita di molti chilometri di terreno da Tan a Metel, che ovviamente non doveva tirare fuori un soldo, ed erano le zone che gli avi di Explodon avevano conquistato all’antico nemico.

Il regno di Apen era diventato un caso internazionale senza precedenti. Era l’unico alleato dei due sconfitti, ma anche il solo ad avere vinto una grande battaglia contro il regno vincitore della guerra che agli atti risultava essere anche il primo ad aver invaso i confini altrui senza una dichiarazione di guerra. Alla fine la Regina di Tera aveva richiesto soltanto il pagamento dei danni subiti dalla marina militare e Cristalya si era offerta di aiutare Re Wit attraverso dei contratti commerciali ancora più vantaggiosi.

Il Regno di Tan si era ritrovato vessato da ogni lato: soldi a Dwr, terreno a Metel, alleanza con Apen cancellata insieme al contratto di matrimonio, ormai obsoleto, tra Torcon e Willa e abbandonato da Tera, nonostante i rapporti tra i due regni continuavano a rimanere molto forti. Bruligida era la regina in pectore del regno; nonostante la sua mente fosse instabile, al principe Torcon era stato vietato di incoronarsi nuovo Re di Tan da Cristalya fino alla morte della madre, il principe Fajro, recuperato nel Mare dell’Ovest dalle imbarcazioni di Metel provenienti dall’isola Ngahuru, era stato portato nella sua patria, ma non aveva ancora ripreso conoscenza mentre il Saggio Saga risultava ancora disperso e nessuno si era proposto di sostituirlo. Torcon, prima di accettare le imposizioni derivanti dalla resa incondizionata, aveva riorganizzato l’esercito muovendo le pedine nei ruoli lasciati vacanti dai militari illustri purtroppo deceduti durante la guerra e non potendo avere una flotta militare aveva scelto di porre come comandante in capo dell’esercito l’ultima persona che aveva parlato con suo padre in vita ovvero l’ex generale di marina Turo.

Era questa la situazione politica e militare dopo due mesi dalla fine della Grande Guerra e dopo tutto queste manovre politiche era giunto finalmente il momento di dare al mondo una nuova guida che potesse riportare la pace in modo veramente completo.

§   §   §

Il palazzo imperiale di Puna era splendidamente adornato da fiori e festoni colorati anche se l’aria che si stava respirando era completamente diversa dalla suntuosa festa precedente, svolta sull’isola Otoke per il compleanno dell’imperatore. I diversi problemi che attraversavano i vari regni avevano limitato la presenza delle celebrità reali per l’incoronazione del nuovo Imperatore dei Cinque Regni e al popolo era stata negata la partecipazione per garantire la sicurezza, mentre pochi ricchi, che si erano maggiormente arricchiti grazie alla vendita di materiali bellici, erano presenti per poter ottenere ulteriori vantaggi commerciali più che per assistere all’evento.
Il Regno di Tan si era recato all’isola con il solo Torcon in vece della madre, per il regno di Dwr erano presenti la Regina Cristalya e il Saggio Glic e del loro ingresso destava sensazione soprattutto l’assenza della principessa Oceanya. Il regno di Metel era al completo con Re Titan, il principe Metalo e la saggia Ohlaka mentre per il regno di Apen erano giunti Re Wit, la consorte reale Pine, il principe Oak e la Saggia Wicaksana. Per ultimi, come da tradizione, avevano raggiunto la sala i regnati del paese organizzatore della cerimonia: la Regina Wasa e il comandante in capo dell’esercito Hebber.

Chiuso il grande portone, il cerimoniere aveva dato inizio all’incoronazione e dalla grande scalinata erano scese due persone vestite e incappucciate di bianco: uno, il futuro imperatore, si era sistemato al centro della sala mentre l’altro, il suo sostituto nel regno di appartenenza, aveva preso in mano la corona poggiata su un cuscinetto portato da un servitore.
L’uomo che teneva la corona in mano si era tolto il cappuccio dicendo: «Con il potere conferitomi dalla Legge, io Vlek t’incorono nuovo Imperatore dei Cinque Regni.»
Il secondo, abbassando il cappuccio rispose: «Io Wijs, Saggio di Tera, accetto di rimettere il mio mandato nelle mani dell’uomo che ora m’incorona, accetto gli onori e gli oneri che mi impongono il mio nuovo ruolo, accetto la corona dei nostri avi chiamandomi da oggi in poi Atua, CCXVI del mio nome.»
Vlek aveva posto la corona sul capo del nuovo imperatore tra gli applausi, più o meno convinti, dei presenti. Tutti sapevano che la scelta di Wijs era stata decisa dalla sola Wasa e quindi diventava dubbia l’imparzialità dell’imperatore, ma per ognuno dei presenti era meglio avere un nuovo governatore piuttosto che rimanere ancora senza, con tutti i rischi che comportava la mancanza di una guida.

Il tono minore in cui si svolgeva questa festa era rispecchiato nella sala grande dove non c’erano musici, non si ballava e si assisteva soltanto a grandi chiacchierate per trattative economiche. Il principe Torcon era già andato via senza degnare di uno sguardo nessuno dei presenti mentre gli altri mantenevano una certa distanza uno dall’altro tranne Metalo che passava di tavolo in tavolo per dire qualcosa a ognuno degli invitati intrattenendosi per molto tempo soltanto con Oak, l’unico presente, insieme con lui, dei principi più giovani dei cinque regni.

Come per ogni festa imperiale, subito dopo l’incoronazione si erano riuniti i re per il Concilio dei Cinque, anche se sarebbe stato meglio chiamarlo “dei quattro” dato che Torcon era stato escluso non avendo una valido documento di delega della madre per partecipare al suo posto. Questa riunione era una formalità perché i trattati di pace, con i loro cavilli, erano stati già siglati, però rimaneva ancora in parte insoluto un problema particolare.
Il nuovo imperatore chiese: «Regina Cristalya, avete deciso la nuova formula per il contratto matrimoniale?»
«Non è ancora pronto l’incartamento, nonostante abbia già deciso, perché attendo che rispettiate il patto che voi, prima di oggi, avete firmato il giorno dell’armistizio.»
Atua, dopo aver guardato la regina Wasa e ricevuto il suo assenso, rispose: «Come primo incarico delle mie nuove funzioni farò redigere ciò che mi avete chiesto e vi sarà consegnato celermente.»
«Grazie mio Signore, apporterò le modifiche necessarie in base alle vostre ulteriori disposizioni, ma posso già da ora anticipare a tutti i presenti la mia parte nel contratto.»
Erano state queste parole di Cristalya ad attirare l’attenzione di tutti più che per la richiesta che aveva fatto e della quale tutti conoscevano il contenuto: togliere al contraente il diritto di recedere sotto pagamento di un risarcimento.
«Presumendo che ogni carteggio sia stato completato, fra un mese, nella mia capitale, si terrà il matrimonio tra la principessa Oceanya di Dwr e il principe Torcon di Tan.»

Cristalya, con questo suo annuncio stava sbalordendo nuovamente l’intero mondo. Aveva rinunciato ad avere come marito Torcon relegandolo al ruolo di re consorte della sorella, mossa astuta che le avrebbe permesso di mettere le sue mani sul regno di Tan alla morte della regina Bruligida.

Mentre sull’isola di Puna si stava svolgendo l’incoronazione del nuovo imperatore nella Reggia di Dwr, la giornata era trascorsa come di consueto per la servitù rimasta sull’isola. Nel corridoio delle stanze private dei regnanti non circolava nessuno, dispensati tutti da Oceanya a fare lavori che l’avrebbero tenuta sveglia. Il silenzio per l’assenza di una qualsiasi persona era rotto sporadicamente da dei lamenti, ma non si trattata di dolore bensì di piacere. Oceanya aveva perso questa battaglia avvinghiata tra le lisce gambe della giovane Eas che le aveva riservato, con crescente passione, tenere carezze e baci sempre più appassionati. Il loro incontro amoroso si era concluso e sotto le coperte le due ragazze si stavano fissando negli occhi.
«Mia Signora, che cosa farete?» chiese Eas continuando ad accarezzare il viso della principessa.
«Il mio dovere, come ho sempre fatto.»
«Immagino che una bella donna come voi abbia avuto molte avventure e non disdegni la prestanza e l’irruenza di un corpo maschile, pur amando i giochi teneri di una donna. Per ciò che ho visto, il principe è un bell’uomo e il suo carattere si completa con il Vostro.»
Oceanya le sorrise dicendo: «Niente affatto, nel mio letto non sono entrati mai uomini e quelli che conosco parlano delle loro conquiste in modo superficiale e noioso, più attenti a dimostrare a se stessi la loro virilità che a regalare godimento alle donne che hanno avuto la sfortuna di incontrarli. Sicuramente diventando mio marito io non rifiuterò di dividere il letto con lui. Magari sarà il primo a sorprendermi, ma dubito che un uomo sia diverso dall’altro quando si tratta di regalare piacere alla propria consorte.»
Eas stava per dirle altro ma si era fermata per non sembrare troppo invadente ma Oceanya, che le sembrava leggesse nella sua mente, disse: «E noi due continueremo a incontrarci fino a quando non decideremo di smettere.»
La giovane, diventata ufficiale dell’esercito, spinta dalla curiosità, le chiese: «Mia Signora, vi siete mai innamorata di qualche vostra conquista?»
«No, ma sono innamorata follemente di una persona che non avrò mai» aveva risposto Oceanya riprendendo a fare alla compagna di letto ciò che avevano interrotto per parlare.

Nel frattempo, il Castello Reale di Tera era invaso dal popolo per l’ennesima volta dopo la grande vittoria della guerra. Ogni giorno i popolani avevano fatto visita ai regnanti per congratularsi della vittoria e per inneggiare Wasa, l’eroica regina conquistatrice. Aarde, che non era andata a Puna, si stava intrattenendo con ogni persona che avesse voluto incontrarla, anche solo per stringerle la mano, un gesto che proprio la principessa aveva voluto fosse di uso comune anche fra la gente e la nobiltà. Accanto alla principessa, come guardia del corpo personale era rimasto l’ufficiale Haag; i suoi occhi indagatori scrutavano ogni movimento della gente che entrava e assolveva il suo compito con perizia, ma anche con particolare passione, la stessa che provava a stare accanto alla bella Aarde.
«Mia Signora, dovremmo chiudere il castello per oggi, se lasciamo entrare tutti sarete impegnata fino a tarda sera e sapete che sarò redarguito dal comandante.»
«Haag, lascia che entrino, per me è una gioia immensa ascoltare le loro richieste e provare ad aiutarli nei loro grossi problemi. Se non siamo noi che abbiamo la ricchezza a portare serenità a questa gente, chi mai potrebbe farlo? Al comandante poi lo sai che ci penso io» rispose con il solito sorriso affascinate la giovane principessa. Haag era rimasto di nuovo folgorato da questa ragazza bella e pura di cuore non riuscendo più a risponderle anche se i suoi occhi stavano dicendo mille parole.
«Se ti vedesse ora Hebber» disse Aarde ridendo divertita.
«Mia Signora, la prego di scusare la mia sfacciata sincerità, ma quando Vi guardo perdo lucidità, la Vostra bellezza supera l’immaginabile.»
La ragazza, che aveva apertamente sfidato il giovane ufficiale, sentendo le parole pronunciate da Haag smise di ridere diventando rossissima in volto. Le attenzioni che quel giovane di bell’aspetto le riservava tutti i giorni le procuravano piacere e si era già accorta che desiderava essere conrteggiata, però nella sua mente c’era un altro e questi pensieri contrastanti la mettevano in confusione.

La festa del nuovo imperatore continuava, ma poco importava alla popolazione del Regno di Tan. Nella Villa Reale i dottori avevano visitato nuovamente il giovane Fajro disperandosi per l’ennesimo fallimento nel tentativo di risvegliarlo, le ancelle di Bruligida avevano assistito la regina nelle piccole faccende per la cura personale lasciando poi che la donna riposasse nella sua camera, anche se la regina aveva preferito sedere sulla poltrona che era solita utilizzare quando il marito le raccontava le sue azioni della giornata.
La regina aveva gli occhi chiusi quando una voce conosciuta l’aveva chiamata per nome. «Bruligida, tesoro, che cosa stai facendo?»
Era sicuramente lui, Bruligida aprendo gli occhi aveva visto il suo bel marito davanti a lei mentre sorrideva come faceva sempre.
«Niente, così come gli altri giorni da quando non sei più tornato a casa, amor mio.»
«Ma io sono sempre a casa, ti sono sempre vicino, sento quando mi chiami di notte e ascolto quando ti lamenti per il dolore che porti nel petto, però tu non riuscivi a vedermi perché l’inquietudine ha chiuso i tuoi occhi.»
«Perché non mi porti via con te? Che cosa faccio in questo mondo senza il mio amato marito?» disse Bruligida allo spettro di Explodon con gli occhi pieni di lacrime.
«Mia amata sposa, non è il momento di raggiungermi, è il momento di alzare la testa perché è nelle grandi difficoltà che noi di Tan sappiamo reagire. Tu sei nata qui, in questo regno, e non è mai esistita donna più forte di te.»
Dopo due mesi apparve un piccolo sorriso sulle labbra della regina mentre rispondeva facendo una domanda: «Più di tua madre?»
«Ecco, questa è mia moglie, la donna che amerò per sempre, quella regina che si burla del marito in continuazione» le aveva risposto Explodon ricambiando il sorriso. «Tesoro mio, non chiuderti in te stessa, molte persone hanno bisogno di te. Guarda oltre la porta della nostra stanza, quello è il luogo da raggiungere oggi come primo passo verso il futuro» le disse lo spettro prima di sparire.
Bruligida, alzatasi dalla poltrona subito dopo le parole del marito, aveva aperto la porta della propria stanza e poi quella davanti a lei. Lentamente aveva raggiunto il letto e si era messa in ginocchio chiamando a bassa voce: «Fajro, tesoro, è ora di svegliarsi, tua madre è qui e vorrebbe abbracciarti.»
Fajro, dopo un forte colpo di tosse, aveva aperto gli occhi. Vedere la madre accanto gli procurava conforto, ma non poteva dimenticare e abbracciandola scoppiarono in lacrime entrambi.
«Bentornato a casa bambino mio.»

Fuori dalle mura imbellettate dei palazzi il mondo aveva ricominciato a muoversi, i mercanti avevano ripreso il mare per vendere le loro merci, e come gli onesti lavoratori ricominciavano a faticare anche i furfanti erano tornati liberi di colpire senza ritrovarsi addosso qualche nave militare pronta a bombardare vascelli o città nemiche. Proprio nel momento dell’incoronazione del nuovo imperatore, nel Mare dell’Ovest una marmaglia di pirati aveva assaltato il mercantile di un signorotto di Apen che stava rientrando al porto dopo non essere riuscito a vendere nulla nel regno di Tan.
La ciurma di briganti, dopo l’abbordaggio e aver spedito in mare l’equipaggio del mercantile che si era arreso, stava contemplando i tesori appena rubati.
«Capitan Blood, che ne facciamo di questa nave? L’abbiamo ridotta male» disse uno degli uomini della ciurma.
«La affonderemo, tanto qui vicino ne sono colate a picco centinaia, una in più o una in meno per la regnante dei mostri del mare non sarà un fastidio» aveva risposto tale capitan Blood che in realtà era una donna di nome Zedora, molto bella e intrigante, ma altrettanto feroce e spietata.
«E ora dove andiamo?»
«Passiamo a Nord e andiamo a spendere tutti i soldi in rum, donne e uomini, mio caro Kruzni.»
«E posso…»
«No, se vuoi il mio corpo, prima portami il diamante più grande che una donna abbia mai visto; per ora puoi buttare la tua zozza faccia tra le gambe di qualche donnaccia di Dwr sperando di non soffocare» aveva risposto Capitan Blood puntandogli contro la pistola.

§   §   §

La festa e il concilio si erano conclusi, la notte aveva preso il posto del giorno e come di consueto i regnanti e il loro seguito si erano fermati a dormire nel palazzo imperiale per partecipare alla seconda riunione prevista per il giorno seguente. Nonostante le fatiche del viaggio e della giornata intensa erano pochi quelli che avevano deciso di dormire.

Atua CCXVI del suo nome si stava godendo i primi vantaggi che erano riservati al suo ruolo scoprendo i piccoli vizi che di solito erano sfruttati da reali e nobili. Con grande piacere si era lasciato lavare e vestire per la notte dai vari servitori, si era fatto cullare dalla voce di una donna che gli canticchiava a voce bassa una specie di ninna nanna, e infine si era fatto servire anche per andare in bagno. Sdraiato su uno dei suoi nuovi letti, stava guardando il soffitto dipinto gongolando e sorridendo mentre un inserviente gli massaggiava i piedi per farlo addormentare.

Cristalya si era intrattenuta nella zona delle cucine bevendo senza controllo; nei due mesi appena passati aveva dovuto mordersi la lingua molto spesso per non rischiare di buttare al vento l’occasione che la vincitrice della guerra le aveva lasciato, e il bere era diventata una mala consuetudine per la regina di Dwr.

In una saletta di lettura stavano chiacchierando Oak e Metalo.
«Willa è distrutta dal dolore e non posso immaginare come reagirà all’ennesima freccia che gli ha scagliato Cristalya nel cuore» disse Oak sinceramente preoccupato per la sorella.
«Il cuore è amico e nemico degli esseri umani. Ci fa fare cose che all’apparenza sembrano sciocche, ma che nascondono molte verità, oppure ci spinge verso direzioni sbagliate camuffando le decisioni con la frase tipica del “me l'ha detto il cuore”» rispose Metalo mentre appoggiava la sua mano su quella del principe di Apen.
«A volte non ti comprendo amico mio. Sei sempre così vivace per i tuoi interessi culturali e totalmente amorfo quando si parla di politica o economia, eppure il tuo animo è nobile e potresti occuparti seriamente della prosperità del tuo popolo impegnando parte del tuo tempo per imparare anche la bellezza del lavoro senza doverne trarre per forza profitto.»
«Credo che tu mi stia fraintendendo Oak. Io amo la bellezza sotto ogni forma e quindi anche i risvolti politici, se creano un interesse, sono di mio gradimento. È vero che spesso mi puoi trovare a un’asta come a una serata danzante, oppure nei musei assorto nei miei pensieri per la bellezza delle sculture o dei dipinti e, perché no, contornato da belle donne che si concederebbero soltanto a un mio schiocco di dita. Ma io sono anche dentro a qualsiasi decisione del mio regno e la mia parola ha un vero peso specifico nelle decisione che infine delibera mio padre. La cultura della bellezza non esclude la determinazione politica e viceversa. Tu, per esempio, sei in grado di affermare che le tue parole siano ascoltate? E sei in grado di abbracciare la bellezza con l’apertura mentale necessaria per accettarne i rischi?»
Oak, rimasto in silenzio dopo il discorso di Metalo, guardava il suo bicchiere posto sul tavolino cercando di trovare una risposta che convincesse soprattutto lui stesso, ma Metalo non era intenzionato a fermare del tutto il discorso. «Ne avevamo già parlato, ricordi? Tuo padre è un’ottima persona e ha grande fiducia nelle tue capacità, eppure decide di conto suo, anche se tu proponi alternative, non ne discute con te per trovare anche un solo motivo valido per fare in un modo piuttosto che in un altro. Il tuo totale impegno per Apen ti distoglie dalla tua vita privata, perdi ogni istante della bellezza di questo mondo che sta in ogni luogo e non soltanto nel tuo paese, compresa la ricerca di una persona con cui condividere sia i momenti positivi sia quelli negativi, che ti comprenda e ti supporti in ogni momento.»
«Questo non è vero, una persona l’ho trovata e prima possibile ne chiederò la mano per farla mia sposa» rispose Oak con determinazione.
«Suvvia Oak, con chi credi di parlare? Quella splendida creatura è il desiderio di ogni uomo o donna di questo mondo e intorno a lei c’è una schiera di persone pronte a tutto per averla; pure io rimango estasiato quando mi guarda con quei suoi occhi intensi che sembrano accarezzare il tuo volto ogni volta che ti fissa. La tua risposta è così puerile che mi sorprende, ma che conferma ciò che ti ho detto: non hai cercato niente per te, vuoi prendere ciò che ti passa davanti e basta» aveva sentenziato Metalo alzandosi in piedi.
«Tu dici che sono…»
«Io non dico niente, però affermo che la bellezza non coincide per forza con il cuore, e che il bello si trova in ogni cosa, anche quella che appare sbagliata, e che da parte mia questa ricerca non si esaurisce mai» rispose Metalo mettendo le mani sul collo del suo interlocutore e ripetendo la parola “mai”.

In una stanza dei piani superiori del palazzo, Wasa, coperta soltanto da un lenzuolo trasparente che mostrava le sue forme delicate, era seduta sul davanzale della grande finestra, la sua gamba destra penzolava muovendosi ritmicamente mentre i suoi occhi erano illuminati dalla luna piena di quella notte.
«A cosa stai pensando?» chiese Titan mentre si avvicinava a Wasa completamente nudo.
«Copri i tuoi gingilli.»
«Che cosa ti prende? Fino a qualche minuto fa hai apprezzato totalmente ciò che ti sto mostrando anche ora.»
«Te l’ho detto subito. Questa notte è la prima e unica, avevamo bisogno entrambi di sesso senza doverci mettere nient’altro. Ora il momento è passato e tu devi rivestirti e uscire da qui» rispose Wasa distogliendo lo sguardo dal corpo muscoloso dell’uomo.
«Allora niente matrimonio tra di noi?»
«Piantala con questa storia! E poi ho cose più importanti da fare che stare a soddisfare le voglie notturne di un uomo.»
«Mia cara, non farmi passare per un totale insensibile, questa notte chi stava bruciando di desiderio tra noi due eri tu, sei stata tu a cercarmi e, diciamoci la verità, alquanto insistentemente. Non che mi sia dispiaciuto il tuo bacio focoso, ma non scaricare la tua tensione su di me.»
«Non lo nego Titan, avevo voglia di te, come l’ho sempre avuta, e la mia rabbia è proprio questa. Sono una donna sporca dentro, non ho mai tradito Zand fisicamente, ma i miei pensieri peccaminosi non si sono mai placati fin da prima di quel giorno.»
«Devi risolvere questo problema Wasa, oppure rimarrai legata al passato perdendoti la felicità che ti offrono questi anni di rinnovata gioventù. Le tue ultime scelte dopo la guerra sono evidentemente corrotte da quel che è successo in passato perché il tuo legame famigliare con Cristalya non è mai stato importante come in quest’ultimo frangente» disse Titan con tono deciso.
«Non posso dimenticare niente, ho tradito la fiducia di mia sorella Ruith, ho sfruttato la sbronza dell’addio del celibato per portare nel mio letto il suo futuro marito e il peggio è che non l’ho fatto per invidia o perché piaceva anche a me, no, ho desiderato ardentemente essere presa da Fond, ho provato una lussuria lasciva indescrivibile, ho ardentemente voluto godere del suo corpo facendogli e facendomi fare qualsiasi cosa che fosse tanto peccaminosa da essere censurata da chiunque. E adesso, anche con te, è stata la stessa cosa, e mi disturbano i miei pensieri così dannatamente sporchi.»
«Permettimi, ma la verità è un'altra perché il sesso, in ogni sua forma, non è mai un peccato» rispose Titan con tono serio.
«E quale sarebbe allora?»
«Sicuramente hai il senso di colpa verso tua sorella Ruith e non hai detronizzato Cristalya, sua figlia, pur avendo in mano tutto ciò che serviva per farlo, ma soprattutto senti la colpa per il figlio che è nato da quella notte. Ti sei sposata per celare a tutti la gravidanza, ma tu sei una donna vera e lo hai detto chiaramente a Zand e sai già che con me parlava di questa faccenda per la grande amicizia che ci legava. Lui ti amava e ha accettato quel figlio non suo ed è questo il vero motivo per cui ti disturbano i tuoi pensieri sessuali e non hai accettato in questi anni di sposarti nuovamente.»
Wasa aveva ascoltato Titan e le lacrime le erano scese copiose mentre il re parlava del figlio scomparso nella tragedia di tre anni prima.
«Io ti voglio con me, lo sai e te lo dirò sempre, ma adesso Cristalya ha messo un piede avanti a tutti noi con quel matrimonio farsa che farà celebrare. Pensaci di nuovo alla mia proposta di matrimonio, oppure inizia seriamente a valutare l’altra possibilità di cui abbiamo discusso spesso perché sarà l’unico modo per avere i nostri due regni uniti e tanto forti da tenere a bada tua nipote» disse Titan prima di rivestirsi e uscire dalla stanza, mentre Wasa scesa dal davanzale, si era sdraiata sul letto continuando il suo pianto.

Titan, nel corridoio, si era imbattuto in suo figlio. «Sei ancora in piedi tu? Se domani ti vedrò sbadigliare ti metterò al lavoro così da tenerti sveglio.»
«Padre, lasciami questa beata tranquillità, sono in vacanza, no?»
«Sei irrecuperabile Metalo.»
«Padre, dove state andando?»
«Ho bisogno di bere qualcosa di forte, tu vai a dormire, forza. Non farmi fare anche la parte della madre» rispose Titan scendendo le scale, mentre Metalo, dirigendosi verso la sua stanza, ripensava a ciò che aveva appena origliato attraverso la porta della Regina Wasa.

Cristalya stava continuando a bere imperterrita quando Titan era entrato nelle cucine.
«Oh mio Signore, anche voi nottambulo?» gli disse ridacchiando.
«Cristalya, che combini qui tutta sola, qualche altra diabolica macchinazione?»
«Eddai Titan, non sono una strega come volete farmi passare, ho anch’io dei sentimenti e bere qualche goccetto non ha mai fatto male a nessuno e si capisce che pure tu sei qui per bagnarti la bocca con qualcosa di dolce.»
Titan non le aveva risposto, dopotutto le parole della regina erano veritiere e ubriacarsi insieme con lei non poteva causare danni. Si era seduto accanto alla regina e versato del liquore a entrambi più e più volte tanto da essere sbronzo quasi come lei.
«Festeggiamo ancora il nuovo Imperatore» disse Titan alzando nuovamente il calice ma Cristalya aveva in mente un altro modo per festeggiare mentre si buttava addosso a lui con veemenza.
«Facciamo sesso?»
«Ma che diavolo di domanda mi stai facendo ragazzina» rispose Titan cercando di spostarla.
«Perché continui a chiamarmi ragazzina? Mi confondi con Oceanya? Sono una donna completa!» disse con stizza Cristalya che senza pudore si era fatta scivolare il vestito in modo da mettere a nudo il seno.
«Lo so che sei una donna, ma ti comporti come una ragazzina, e a me piacciono le donne vere.»
«Lo so che ami quella maledetta donna, ma io non voglio amore da te, desidero che mi prendi selvaggiamente. Che ne sai, magari ti posso sorprendere, non sono formosa come lei, ma le mie curve sono sode e levigate come il marmo del tuo castello.»
Titan, non era abbastanza annebbiato dal liquore per cedere, ma sufficientemente sbronzo per farle paura. Le prese un braccio per trascinarla verso di lui, poi, tirandole i capelli l’aveva costretta a girarsi di spalle facendole appoggiare le mani sul bancone e con foga le aveva strappato l’intero vestito sotto il quale c’era il corpo completamente nudo della regina.
«Ora hai paura?» chiese Titan a Cristalya.
«Paura? Calati le braghe e scopami se sei davvero un uomo!»
In quel momento Titan non riusciva più a ragionare coscientemente; il liquore aveva fatto un leggero effetto, ma era stato il corpo giovane di quella ragazza a dare il colpo di grazia alla sua mente. Preso da morbosa libido, non aveva lasciato vie di fuga alla ragazza ma Cristalya non stava cercando di scappare, anzi la sua intenzione era di piegare la volontà di quell’uomo che continuava a chiamarla ragazzina. Prese l’iniziativa mettendosi cavalcioni sopra di lui e muovendo il corpo sinuoso, alternando baci focosi a finte giocose, era riuscita a sottometterlo.
La regina di Dwr era ubriaca, ma mentre Titan si allontanava dalle cucine, stava già pensando a come sfruttare questo incontro particolare con il re di Metel per piegare ai suoi voleri lui, ma soprattutto la regina di Tera.

Un'altra donna, quella notte, era sveglia, ma perché versava lacrime amare sul cuscino del proprio letto, una principessa che due mesi prima era la donna più gioiosa del mondo, ma che in un istante aveva perso quella felicità. Accanto a lei c’erano delle lettere aperte; le aveva rilette per l’ennesima volta perché dentro quelle righe c’era un amore immenso che la guerra aveva strappato via senza pietà e la triste Willa piangeva pensando al suo matrimonio cancellato, anche con il benestare silenzioso di suo padre, si disperava per non poter più toccare il viso del suo amato principe e si toccava le labbra morbide che non avrebbero più ricevuto i baci delicati del suo accettato spasimante. E povera lei, non sapeva ancora quello che la regina Cristalya aveva annunciando al Concilio dei Cinque.

§   §   §

«Ten, è il momento di mangiare» dice il vecchio maestro al bambino. «Non voglio che tua madre mi dica che sei dimagrito perché ti ho fatto lavorare troppo.»
Ten, nonostante abbia voglia di continuare a leggere, ubbidisce all’anziano maestro, chiude il tomo e questo sparisce immediatamente. Ten raggiunge l’anziano maestro e prima di uscire dalla biblioteca, chiede: «Lei che conosce tutto, mi potrebbe spiegare perché un uomo dovrebbe soffocare mettendo la sua faccia tra le gambe di una donna?»
Il maestro scoppia a ridere e cercando di rispondere in modo che il bambino capisca senza capire dice: «Perché se la donna chiude le gambe, all’uomo manca l’aria per respirare.»










N.d.A.

Benritrovati

- Contrariamente alle mie previsioni sono riuscito a confenzionare il primo capitolo di questa seconda serie che avrete notato è molto più “hard” della precedente. Il motivo principale è la traccia della challenge che dovrò seguire in cui hanno molta importanza i tradimenti (proprio come indica il sottotitolo della serie), così ho scelto la strada della sessualità più spinta per dare maggiore spessore ai momento in cui le coppie, o i triangoli, scoppieranno oppure termineranno con il lieto fine. Spero che mi perdonerete i pochi momenti in cui il linguaggio sarà decisamente scurrile (soprattutto quando avremo a che fare con Capitan Blood) e le lievi descrizioni degli atti sessuali che comunque cercherò di trattare con tatto senza travalicare nell’osceno spinto da rating rosso.
- Anche per questa serie non ci sarà una cadenza fissa, ogni volta che avrò un capitolo pronto, lo pubblicherò, ma qui lo dico e qui lo nego, probabilmente i tempi saranno più lunghi che nella prima serie perché ritorniamo in piena narrativa senza gli stacchi causati dai “momenti contemporanei” che avete trovato nella seconda parte della prima serie durante la guerra tra i regni. Quindi in questa ci saranno gli “stacchi temporali” e i quelli classici di queste mie storie caratterizzati dal bambino curioso che da oggi ha il suo nome.
- A proposito di Ten (anche se il nome non l’ho scelto per questo motivo) devo citate lo splendido e divertente manga Urusei Yatsura della mia amatissima Mangaka Rumiko Takahashi (autrice di altri splendidi manga tra i quali Ranma ½, Maison Ikkoku e Inuyasha per citare quelli che ho adorato) nel quale il piccolo bambino di nome Ten non è curioso ma è terribilmente dispettoso.
- Una caratterista di questa mia lunghissima long è e sarà la pubblicazione della mappa e del cast che però avverrà dal prossimo capitolo per un motivo semplice: leggendo e guardando la mappa già oggi vi sareste spoilerati questo capitolo (in cui c’è la risposta che attendeva l’amica Lovy chan su Fajro :P)

Infine vi ringrazio per aver scelto di passare dei momenti liberi leggendo il mio racconto, v’invito come sempre a commentare, fare critiche costruttive e, sempre che ne abbiate voglia, a segnalarmi i miei sicuri errori nel testo.

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Capitolo 2
*** Le preghiere non resuscitano i defunti... forse ***


«Maestro, il pranzo è stato squisito, avete cucinato voi?» chiede Ten leccandosi le dita.
«Poco distante da qui vive una cuoca e quando rimango solo mi porta da magiare. L’avevo avvisata che saremmo stati in due e lei ha preparato cibo per un reggimento di fanti» risponde l’anziano maestro mentre esegue lo stesso rituale delle dita in bocca del ragazzino. «Adesso vedi quella scatola? Lì c’è il cibo anche per Agisto, ma fai attenzione quando apri la gabbietta perché lui cerca sempre di uscire, ma è cieco e sbatte contro i muri, in più, se non ha voglia di sgranchirsi le ali, quando sente scattare la molla la sua prima mossa è di beccarti le dita.»

Ten prende la scatola e raggiunge la saletta, toglie il telo dalla gabbietta e senza fare troppo rumore tenta di aprire la molla, ma il pennuto è lesto e lo becca prima ancora che sia aperta la voliera.
«Ti ho portato da mangiare corvo dispettoso» dice Ten tenendosi il dito beccato da Agisto.
«Mangiare… mangiare!»
«Dopo quello che mi hai fatto dovrei lasciarti a digiuno!»
Il corvo scuote leggermente le ali, inclina il capo verso sinistra, e dopo un paio di gracchiate sorprende Ten dicendo: «Digiuno? Non parlo. Impiccati al pennone… impiccati al pennone.»
Ten si rende conto di avere perso una nuova occasione per farsi dire da Agisto ciò che conosce, inserisce il cibo nella gabbietta e rimane a osservarlo mentre mangia quando entra nella saletta l’anziano maestro. «Ten, ora puoi continuare.»
Il bambino capisce cosa vogliono dire quelle parole, molla la scatola e corre immediatamente nella biblioteca. L’anziano maestro si avvicina alla gabbia e Agisto parla: «Siete sicuro che sia lui? È già grande, potrebbe essere soltanto un Saggio precoce.»
«Non ho la certezza, ma sta leggendo i libri quindi non credo sia solo un Saggio precoce, in lui c’è molto altro ma nessuno gli ha insegnato niente perché la sua famiglia non è di origini nobili e frequenta la scuola imperiale solo per le sue elevate capacità cognitive. A ogni modo, se non è lui, avremo istruito un nuovo e potente Maestro.»



2° capitolo: Le preghiere non resuscitano i defunti… forse.



Port Tuath a Dwr era l’unico porto dell’isola a non aver subito bombardamenti durante la Grande Guerra e aveva mantenuto pressoché inalterata la propria caratteristica di città del vizio. Le bettole e i bordelli erano disposti tutti nella periferia e spesso si potevano trovare in quel posto pirati, contrabbandieri e mercenari, sia perché scialacquavano i denari guadagnati sia per firmare nuovi contratti. La meta preferita per tutti era la Casa di Lù nella quale gli uomini e le donne potevano trovare il meglio, in ogni senso, per divertirsi. Seduti a uno dei tavoli, c’era l’intera ciurma di Capitan Blood nell’attesa che Zedora avesse finito di divertirsi con la giovane Zai, la meretrice più richiesta sulla piazza.
«Eccole che scendono» disse Mynegai, uno degli uomini della ciurma.
Zedora era abbastanza arzilla, sicuramente contenta per il servizio ricevuto, e pronta a buttarsi su qualcuno del sesso opposto di Zai.
«Tesoro, un ultimo bacio, magari non ti potrò vedere una prossima volta» stava dicendo Zedora mentre le sue mani percorrevano il corpo della ragazza veloci come serpenti in fuga.
«Solo perché tu sei brava con me» rispose Zai infilando la sua lingua nella bocca del capitano.
«Già mi manchi» le rispose Zedora mentre scendeva la scala per raggiungere i suoi uomini.
Seduto al bancone, un uomo con addosso un saio con cappuccio sul capo stava osservando le mosse di Zedora e appena la donna si era seduta al tavolo, aveva scolato il bicchierino che gli stava davanti per poi raggiungere quella marmaglia al loro tavolo.
«Posso aggiungermi a voi?» disse l’uomo sedendosi prima di ricevere una risposta.
«Tu sai chi hai davanti?» disse Malicek, altro membro della ciurma, mentre piantava il suo coltello sul tavolo.
«Ragazzi, potete lasciarci soli?»
«Ma capitano…»
«Tu sei veramente un idiota Kruzni. In mare Blood, a terra Zera! Filate via prima che vi scambio tutti con qualche donna e mi apro un bordello tutto mio!»
Gli uomini di Capitan Blood erano spariti in un lampo e Zedora, senza vedere il viso dell’uomo, disse: «Sei troppo coperto per essere qui ad arrestarmi, e se dovessi gridare il tuo nome nella sala finiresti tu in cella. Siccome sei uscito da poco dalle galere di Dwr, sai come ti trattano. E allora mi domando: cosa cerca da me quello che è stato per molti anni il mio peggior nemico?»
«Sono qui per offrirti un lavoro.»
«Questa poi. E dimmi, con quali soldi? Ho saputo che le vostre casse sono così vuote che sono diventate ville per i topi» rispose Zedora facendo una risatina.
«Non ci sono soldi alla “stretta”, ma tutto ciò che arrafferete sarà vostro.»
La risata di Zedora si era tramutata in uno sguardo luccicante. «Proprio tutto? Carico, donne, uomini, e nave? E dove sta la fregatura?»
«Le navi che dovrete attaccare ve le indicherò io, vi fornirò la loro rotta, il carico e quante persone sono a bordo, ciò che ti chiedo è una cosa soltanto: mai, per nessun motivo, neanche se v’inseguono sparandovi nelle chiappe, dovrete ingaggiare battaglia con le navi di Tera.»
Zedora aveva fatto un'altra risata per testare la serietà dell’uomo che le stava parlando, ma notando la seriosità delle sue parole aveva fatto un’ultima battuta dicendo: «Che caro, vuoi preservare le imbarcazioni che erano vostre?»
«No, parlo dell’intera flotta di Tera, sia militare sia mercantile.»
«Fammi capire. Mi stai chiedendo di diventare un Corsaro?»
«Il Regno di Tan non sarà mai da nominare e non è il vostro committente; diciamo che farete i corsari per me.»
«E tu cosa ci guadagni?»
«Questo non ti riguarda, quello che devo sapere è se accetti il nostro contratto sulla parola, perché non ci sarà nulla di scritto e nessuna stretta. Sei una bella donna ma rimani sempre un pirata.»
Zedora aveva appoggiato la schiena al muro e le gambe sul tavolo, guardava quell’uomo cercando di capire se ci fosse qualche trappola, poi, riportandosi seduta normalmente ma più sporta verso di lui disse: «Fino a quando mi fornirai navi da depredare sarò la tua donna!»
L’uomo, mentre si alzava dalla sedia, aveva accennato un sorriso a quella frase così ambigua e Zedora prontamente lo aveva schernito. «Ma allora hai i denti pure tu!» poi, guardandosi attorno aveva preso la mano di un giovane ragazzo dicendogli: «Mu, che ne dici di farmi fare un giro sul tuo pennone?»



Il principe era tornato a casa e la Villa Reale sembrava quasi rinata soltanto tre giorni dopo la sua partenza per Puna. Servitori in movimento perpetuo: ancelle, cuochi, giardinieri, imbianchini, tutti si stavano dando da fare.
«Che cosa sta succedendo Flame?» chiese Torcon a una delle ancelle di Bruligida.
«Mio signore, presto, entrate, c’è una grande novità. Mi hanno detto di tacere ma sapete che non mantengo mai un segreto per troppo tempo» rispose la ragazza emozionata.
Il principe, corso nella villa, aprendo la porta si era trovato di fronte Fajro. Alla vista del suo giovane fratello Torcon non era riuscito a trattenersi e lo aveva stretto a sé con tutta la sua forza. «Che il Leggendario sia sempre benedetto dagli Dei» aveva esclamato Torcon mentre i suoi occhi erano diventati lucidi e predisposti al pianto.

Passato il momento di commozione, i due fratelli si erano seduti a conversare nella sala principale.
«Raccontami cosa successe dopo la voce di Glic, il prima e il durante lo ha potuto raccontare Cevalo. Anche lui si è salvato nonostante le gravi ferite» chiese Torcon al giovane fratello.
«Ero smarrito, incredulo alle parole del Saggio, la mia forza interiore si era dissolta in un istante e non vedevo più niente.»
«Anch’io ho provato le tue stesse sensazioni. Posso solo dirti che nostro padre è stato ucciso a tradimento da uomini completamente vestiti di nero sbucati fuori dal palazzo imperiale proprio quando aveva puntato la sua scure alla gola di Cristalya.»
«Sì, mi hanno raccontato tutto questa mattina, sia di nostro padre sia del tuo duello con Oceanya.»
«E tu come ti sei salvato? Sai qualcosa del vecchio Saga? Dove era al momento del crollo?»
«Questa è la parte che mi rattrista tuttora» rispose Fajro con commozione. «Egli aveva intuito che si stava per scatenare una potente magia sul ponte e poco prima che finissimo in acqua mi ha stretto tra le sue braccia. Quando ho aperto gli occhi, eravamo entrambi dentro una bolla che lui aveva creato con il suo elemento magico, ma stavamo sul fondale del Mare dell’Ovest, vedendomi sveglio mi ha sorriso dicendo che avrebbe compiuto il suo dovere fino in fondo, ha recitato una delle sue formule e sono stato lanciato fuori dalla bolla a grande velocità perdendo i sensi. Lui è rimasto laggiù, ed era la seconda magia…»
Fajro smette di parlare, le sue emozioni sono sempre così limpide che basta guardarlo per capire cosa stia provando.
«Ora capisco tutto» disse Torcon sprofondando nella poltrona.
«Che cosa intendi?»
«Tu non lo sapevi, ma Saga era malato da mesi del morbo di Tulle e solo dopo aver discusso con nostro padre aveva scelto di seguirti. Perdonami ma avevo protestato, era più giusto che seguisse il suo Re ma ora devo solo ringraziarlo per la sua scelta.»
«Maledizione no, dovevi insistere! Io sono una briciola insignificante al confronto del Re di Tan. Saga lo avrebbe di certo salvato e avremmo battuto Dwr» rispose Fajro furente per la decisione di salvare uno perdendone molti.
«Neppure tu avresti fatto cambiare idea a Saga, e lo sai benissimo. E, lo capisci anche tu che un uomo deciderà sempre di proteggere i propri figli. A me aveva affidato le nuove armi proprio per darmi più potere in battaglia.»
Fajro era sconsolato, le parole del fratello avevano senso e non poteva discutere sulla questione famigliare. Lui steso si sarebbe immolato per salvare il suo fratello maggiore.
Torcon, cambiando discorso, chiese: «Hai già visto nostra madre?»
«Sì, quando mi sono svegliato c’era lei vicino a me, mi ha abbracciato e baciato come quando ero piccolo, mi ha raccontato cosa è accaduto in questi mesi, e poi mi ha detto che aveva parlato con nostro padre ed era stato lui a spingerla nella mia stanza.»
«Nostra madre purtroppo ha perso il senno per il dolore, non è lucida, a volte straparla oppure rimane in silenzio per intere giornate.»
Fajro guardava stranito il fratello. «Ma che dici! Con me era lucidissima, le cose che so adesso me le ha raccontate tutte lei senza mai perdere il filo del discorso.»
Torcon credeva al fratello, ma in questi mesi aveva assistito al comportamento anomalo della madre. «Andiamo nella sua stanza.»
I due ragazzi bussarono alla porta e una delle ancelle li fece entrare.
«Madre, come state?» chiese Torcon toccandole la fronte ma Bruligida rimase immobile con lo sguardo fisso verso la poltrona.
«Madre, non fate uno dei vostri soliti scherzi, dimostrate a Torcon che non siete malata, ditegli quello che mi avete raccontato» aveva quasi urlato Fajro, ma la donna non si mosse neanche alle sue parole.
«Andiamo, lasciamola riposare» disse Torcon accompagnando il fratello all’uscita della stanza richiudendo poi la porta con delicatezza.

«Hai visto i nostri bambini, si vogliono molto bene e hanno a cuore questa madre malandata» disse Bruligida allo spettro di Explodon appena erano usciti i figli.
«Loro due sono tanto diversi ma convivono in pace prendendosi spesso in giro; su questo hanno preso tutto da te mia amata.»
«È bello vederli ridere e quando eri tu la mia cavia, loro si divertivano come matti.»
«È vero, però oggi litigheranno per colpa mia, ma tu lasciali fare, permetti che sfoghino la loro rabbia in modo che la mente sia libera di pensare correttamente» rispose Explodon lievitando verso la moglie.
«Amor mio, posso convocarla?»
«Già lo sai? Niente t’impedisce di vedere un’amica, ma ciò che è scritto difficilmente può essere cambiato» rispose l’uomo mentre scompariva.
«Ci proverò ugualmente amor mio.»

Torcon e Fajro, raggiunto il giardino, stavano nuovamente parlando.
«Non capisco, al mio risveglio non era in quelle condizioni. Ma adesso che sto bene le daremo soddisfazione, vendicheremo nostro padre e lei guarirà da qualsiasi male la stia tormentando.»
Torcon guardava suo fratello e quelle parole lo avevano colpito. «Non ci sarà un’altra guerra, abbiamo perso e dobbiamo solo rimboccarci le maniche per riportare Tan al suo splendore, nient’altro.»
«Eh? Quindi la tua idea è quella di mantenere lo stato attuale di ogni cosa? Lasciare che l’omicidio di nostro padre rimanga impunito? Vuoi veramente sposare la principessa di Dwr per farti comandare a bacchetta come fa con il suo esercito?» era stata la risposta furente di Fajro.
«Sì, non abbiamo altra scelta se vogliamo sopravvivere e ricominciare a crescere. Nessuna mossa avventata deve mettere in pericolo la nostra patria.»
Fajro non poteva credere che il fratello dicesse quelle parole e mosso da stizza incontrollabile disse: «La persona che ho davanti non è il prode guerriero Torcon, chi mi ha appena parlato è soltanto un mezzo uomo senza palle perché entrambe le ha lasciate, insieme alla sua spada, nelle mani di Oceanya e lei ci giocherà per sempre dato che non c’è più orgoglio in questa persona innanzi a me.»
Torcon era stato toccato nel profondo, senza pensare a ciò che stava facendo aveva afferrato per il collo il fratello gridando: «Fai silenzio, tu non sai di cosa parli, tu hai dormito beato mentre io dovevo tenere in pugno il nostro destino. Tu non sai niente e non devi giudicarmi!»
«E allora dimmi? Fai in modo che io possa guardarti come ho sempre fatto fin dalla mia nascita, ritorna a essere il mio fratellone che mi proteggeva anche contro le formiche! Parla maledizione!»
Torcon, mollando la presa, gli rispose con tono perentorio: «Tu non devi sapere altro tranne che ti sto proteggendo anche adesso!»
L’accesa discussione era stata fermata dall’arrivo di un servitore che recava un messaggio appena consegnato da una colomba bianca.
Torcon stava leggendo a bassa voce e a ogni riga sbuffava come un cavallo imbizzarrito, Fajro, ancora molto astioso, gli chiese: «Che cosa disturba il signor principe? La sua futura sposa vuole le coccole?»
Torcon, senza badare al sarcasmo del fratello rispose: «È una convocazione ufficiale da parte dell’Imperatore; ogni membro delle case reali deve presentarsi al primo giorno della settimana al palazzo imperiale di Ngahuru per la “preghiera ai caduti” che non è stata celebrata in assenza di un imperatore. L’unica cosa positiva è che l’imperatore ha ufficialmente esentato nostra madre per le condizioni in cui versa.»
In quel momento nella testa di Fajro stavano circolando infinite emozioni completamente diverse: la rabbia per le azioni del fratello, la tristezza per dover andare sul luogo dove era morto il padre, la felicità di poter rivedere Aarde e la furia di essere costretto a salutare la regina di Dwr. Tutte cose che Torcon stava immaginando quando gli disse: «E tu tieni a freno i tuoi bollori o ti farò arrestare dalle guardie pretoriane.»
«Stai tranquillo, non metterò il mio esile becco tra quelli dei due nuovi piccioncini» rispose Fajro prendendosi gioco nuovamente del fratello.

§   §   §

Era mattina presto del primo giorno della settimana, i principi avevano già lasciato la propria casa quando una carrozza, recante le insegne di Apen, aveva raggiunto la Villa Reale. Ad attenderla si erano schierate molte donne, tutte ancelle della Regina Bruligida, mentre uno dei conducenti aiutava la passeggera a scendere dal cocchio.
«Mia Signora, è sempre un piacere e un onore riceverla nel nostro regno.»
«Grazie Flame, è un piacere anche per me vedere il tuo bel visino da ragazzina» rispose la principessa Willa facendo arrossire la giovanissima ancella.
«Mi era stato detto che la Regina non stava bene e mi ha sorpresa quest’invito improvviso e dovrò ringraziarla anche per questo visto che ho potuto evitare di andare a Ngahuru. Ma dimmi, Flame, lui?»
«Sono già partiti. Il principe ha voluto evitarvi di avere problemi con quella donnaccia di Dwr!» rispose Flame che poi, accortasi della frase ingiuriosa, si era buttata in ginocchio dicendo: «Oh Leggendario perdona le parole che questa stupida ragazzina lentigginosa ha osato proferire verso una delle Regine del tuo mondo.»
«Alzati Flame, non chiedere perdono. Hai affermato la verità, potresti diventare una Saggia lo sai?» le disse Willa cercando di avere un sorriso decente dopo mesi che non rideva per niente.
«Mia Signora, siete sempre tanto buona con me, le giuro sul mio cuore che sono rattristata per ciò che è successo e per me sarete sempre la vera principessa del nostro regno.»

Entrate in casa, Flame aveva portato la principessa nella stanza di Bruligida. «Vedete mia Signora, la Regina è così da dopo che vi ha scritto. Ha pochi momenti lucidi e molti giorni offuscati dal dolore.»
«La comprendo bene» rispose Willa pensando al suo di dolore. «Vorrei rimanere sola con lei se è possibile.»
«Certamente» rispose Flame chiudendo la porta.

«Mia cara madre, in quali brutte condizioni siete, mi esplode il cuore in petto nel vedervi malata in tal modo» disse Willa prendendo la mano di Bruligida ancora immobile. La regina, come se avesse ricevuto un segnale, aveva girato la testa verso la principessa e le sorrideva dicendo: «Cara figlia, anche il tuo dolore è grande e sono dispiaciuta di non poterti offrire conforto come si deve.»
Willa si era emozionata nel sentire parlare Bruligida perché le era stato detto che difficilmente rispondeva ai suoi interlocutori.
«Che cosa posso fare per voi?»
«Willa, usa ancora le parole che ti ho insegnato, tra noi nulla cambierà mai, sarò sempre la tua seconda madre» le disse la regina sorridendo.
A quell’affermazione Willa aveva iniziato a piangere. «Stiamo vivendo un terribile incubo noi due, anch’io sono disperata seppur l’uomo che amo calpesta ancora le terre del mondo. Vorrei essere forte ma non ci riesco, ho sempre ubbidito, accettato le imposizioni di protocollo, sofferto in silenzio e non ho spirito per reclamare al mio fianco la persona che amo.»
«Willa, ogni donna di natali nobile non ha mai avuto voce in capitolo per decidere il proprio destino, forse soltanto a Tera questo è permesso, eppure da queste avversità dobbiamo uscirne da sole perché l’uomo che ci ama si tiene per mano ma non può spingerci in avanti se non facciamo il primo passo. Il mio amato Explodon mi ha insegnato tutto, ma sono io che ho dovuto imparare a mettere in pratica gli insegnamenti. Mia cara figlia, tu dovrai camminare da sola senza lasciare che la tempesta ti spezzi ed è per questo che ho voluto vederti. Quel giorno, amata figlia, non farti cogliere di sorpresa, non lasciare che la buriana ti chiuda gli occhi.»
«Che cosa vuoi dirmi Bruligida, non ho compreso.»
«Impara a combattere e quel giorno capirai le mie parole» e proferita l’ultima sillaba Bruligida aveva smesso di parlare e i suoi occhi si erano nuovamente spenti.
Willa non era riuscita a capire a cosa si riferisse la regina, ma aveva compreso che non poteva rimanere in silenzio e che avrebbe dovuto contrastare le solite decisioni definitive di suo padre.
Bruligida aveva atteso l’uscita dalla stanza di Willa poi si era alzata dal letto per sedersi sulla poltrona e lì si guardava attorno alla ricerca del marito, ma poi disse: «Che sbadata, solo ora ricordo cosa mi hai detto questa notte.»

§   §   §

L’isola di Ngahuru, il posto dove si era combattuta la più grande battaglia della Guerra, un luogo pacifico invaso da eserciti disposti a morire per il proprio regno senza recriminazioni; una delle quattro isole dove il Leggendario aveva costruito i suoi palazzi imperiali come simboli di pace, ma che con il conflitto si era macchiata del sangue dei popoli del mondo che lui amava indistintamente. Atua, CCXVI del suo nome, aveva il compito di purificare questo luogo sacro e la Legge prevedeva la presenza di tutte le famiglie regnanti dei Cinque Regni al completo, anche se l’imperatore poteva esentare chiunque a suo insindacabile giudizio, i quali potevano presentarsi con un accompagnatore che spesso veniva scelto tra i militari. La tensione era palpabile, nessuno riusciva a comportarsi in modo normale, uno sguardo storto o un sorriso poco convinto aumentava l’apprensione di tutti mentre si stavano radunando all’interno del palazzo.
«Sono felice che siete tutti presenti, posso comprendere che l’attuale situazione sia particolarmente pesante, ma siamo tutti consapevoli che se non daremo un rispettoso riposo alle anime dei caduti i soldati che hanno perso la vita subiranno anche la tragedia di essere lasciati fuori dalle porte del palazzo celeste del Leggendario. Nell’attesa, spero molto piccola, i miei servitori hanno preparato un rinfresco per lenire le fatiche del viaggio» disse Atua, CCXVI del suo nome, indicando la sala come punto di ristoro.

I quattro re erano entrati per primi e pur guardandosi tutti in malo modo cercavano di conversare tra loro perché la processione necessitava la loro unione, anche se solo di facciata. Re Wit e la consorte Pine avevano cercato invano di fare entrare insieme a loro Torcon, ma il principe di Tan aveva dovuto respingere l’offerta per non creare fastidi alla coppia reale poiché la Regina di Dwr gli aveva quasi ordinato di eseguire l’ingresso accanto alla sua futura moglie. La Regina Wasa, facendo un gesto con la mano, aveva autorizzato la figlia a raggiungerla.

Aarde era l’unica, tra tutti, a essere sorridente; questa riunione obbligata le aveva dato modo di rivedere Fajro dopo i lunghi giorni in cui attendeva buone notizie sulla sorte del giovane e, nonostante la guerra da poco conclusa, gioiva anche nel vedere tutti i suoi amici d’infanzia. Il suo sorriso illuminava questa giornata tanto scura e gli altri erano rimasti quasi immobili a guardarla mentre lei entrava nella sala.
Metalo guardava Aarde ma anche i volti di tutti gli altri che erano attirati da quell’autentica bellezza della quale rimaneva colpito lui stesso.
«È favolosa, non trovi anche tu?» chiese Metalo a Oceanya.
«È sicuramente la ragazza più bella che abbia mai visto» si era lasciata scappare questa risposta molto intima, cosa che di solito non faceva per nessuno.
Quell’affermazione aveva colpito anche Haag, ma soprattutto Eas che mostrava evidenti segnali di gelosia, movimenti e gesti che non erano sfuggiti a Metalo che disse a Oceanya in un orecchio: «Meno male che ti sposi, questo farà tacere le mille voci che girano nei palazzi.»
«Tu lo sai da sempre» rispose Oceanya, «così come io so delle tue inclinazioni.»
«Vedi mi a cara, la differenza tra noi è molta: tutti sanno che io amo il bello indistintamente, ogni persona sa bene che non disdegno a congiungermi con uomini e donne, non ho il problema di dovere giustificare le mie scelte. Tu sì.»
Poche volte Oceanya era rimasta in silenzio per una provocazione, ma Metalo aveva colpito un tasto dolente della ragazza che non poteva mostrare apertamente il suo orientamento sessuale. Il principe di Metel, cercando di provocarla ulteriormente, disse: «Se non vuoi che si sappia, dovresti evitare di consegnare dei gradi alla donna che ti porti nel letto.»
Intimidita dalle parole del ragazzo, Oceanya si era spostata verso Torcon che stava parlando con il comandante Turo e arrossendo disse: «Principe, chiedo perdono per il disturbo, ma dovremmo raggiungere la sala insieme da ciò che mi è stato detto.»
Torcon non era per nulla contento di questa situazione, lo mostrava apertamente, ma allo stesso tempo la sua intenzione rimaneva quella di non provocare la Regina Cristalya. «Principessa, sono subito da Voi» rispose porgendo il braccio alla ragazza.

Anche Oak e Fajro erano rimasti a guardare la bella Aarde e il primo disse con una certa disinvoltura: «Attendo il matrimonio di tuo fratello quasi impaziente, perché poi potrò chiedere la mano di Aarde.»
Fajro si era voltato di scatto incredulo alle parole dell’amico. «Lei lo sa?»
«Non ancora, ma non c’è un altro buon partito per Aarde, e tu sai che la politica decide tutto in questo mondo.»
Il principe di Tan si stava chiedendo per quale motivo Oak non lo avesse nominato, ma poi non rispose considerando che lui non aveva più possibilità di fare questa proposta alla regina Wasa, ma poi gli era uscita la frase: «Secondo me, dopo ciò che è successo, ha più possibilità Metalo di fare questa richiesta di chiunque altro in questo mondo.»
I due ragazzi si guardavano in silenzio; Oak iniziava a preoccuparsi per l’affermazione dell’amico, Fajro, invece, sentiva addosso il peso della terribile sconfitta patita dal suo regno che gli costava anche la perdita di un amore importante, già iniziato da tempo ma mai dichiarato apertamente.

Fuori dalla sala erano rimasti gli ufficiali accompagnatori: Turo e Prau, i due militari più anziani, conversavano amabilmente ricordando le gesta delle marinerie dei due regni mentre Eas, Meirge e Haag non si guardavano neppure, ma dai loro volti trasparivano preoccupazione e un certo disagio nel trovarsi in quel luogo, così importante, come accompagnatori e guardie del corpo dei loro regnanti.

Nella sala, entrati i principi, si erano formati dei piccoli gruppetti di persone, e tra questi spiccavano Titan e Cristalya perché la regina di Dwr gli era quasi appiccicata addosso. Lei disse: «Siamo in un posto importante per entrambi, io ho vinto e tu sei quello che ha guadagnato di più dalla battaglia su quest’isola. Mi domando se le terre che hai ricevuto siano per i meriti militari o quelli da letto.»
Titan, sempre molto diretto, non aveva lasciato passare quella frase rispondendo: «Se fosse per il secondo caso, tu dovresti concedermi dei contratti vantaggiosi simili a quelli che hai dato ad Apen.»
«Mio Signore, ti stai sopravvalutando parecchio, tu sei quello che non ha resistito più al mio giovane corpo.»
Il re di Metel fece un sorrisone dicendo: «Ecco perché continuo a chiamarti ragazzina. Hai iniziato, subito dopo quella notte, ha fantasticare su come sfruttare, a tuo vantaggio, quello che è successo e ancora non hai capito che non cambierà niente che si sappia oppure no. Anzi, forse una cosa è cambiata; hai regalato il tuo corpo a un uomo per nulla e per questo dovrei scusarmi per non averti ringraziato subito.»
«Mi domando cosa ne possa pensare lei del suo eterno corteggiatore che trova di meglio per divertirsi.»
«Di meglio? Ora sei tu che ti sopravvaluti mia Signora.»
A quell’affermazione il volto di Cristalya aveva cambiato colore e furente si era allontanata dal tavolo mentre sopraggiungeva la Regina di Tera.
«Che cosa le hai detto per farla adirare in quel modo? Non ha neanche avuto voglia d’insultarmi con qualche stupido giochetto di parole.»
«Le ho detto solo la verità, e sai che non comprende facilmente questa parola» rispose Titan bevendo un calice di liquore, evitando però il nocciolo della discussione avuto con la regina di Dwr.
Metalo era molto vicino al padre, e gli disse a un orecchio: «A Puna hai fatto gli straordinari da quanto ho capito.»
«Vuoi prenderti gioco di me anche per essere un ottimo amatore?»
«Per niente, anzi, se tu non fossi mio padre, t’inviterei alle cene speciali nella casa di Lù, dove liquori, pipe aromatiche e giovani vergini sono il piatto principale.»
«Figlio mio tu sei davvero una persona strana, a volte mi domando come fai a visitare certi luoghi quando io ti vedo sempre nel palazzo intento a leggere qualcosa.»
«Il segreto sta nel tenermi i segreti» rispose Metalo facendo una risatina. «Padre, se posso davvero impicciarmi, ti consiglio di non tirare troppo la corta con quella. Su chi siano stati i veri assassini di Explodon, non lo sa ancora nessuno e non vorrei trovarti pugnalato nel letto di qualcuna.»
«Tranquillizzati, ho tutto sotto controllo, lei mi ha soltanto fornito un ulteriore aiuto, e se dovesse parlare completerebbe la sua sconfitta.»


La cerimonia di purificazione presentava un problema mai avuto nei secoli precedenti: la mancanza del quinto Saggio di corte. Atua, CCXVI del suo nome, aveva superato quest’ostacolo facendo partecipare il più anziano tra i Saggi servitori del palazzo e l’attesa dei regnanti era stata necessaria perché Atua, prima di confermare la decisione, aveva discusso con i quattro Saggi la sua proposta trovandoli tutti favorevoli.
La prassi da seguire era semplice: i Cinque Saggi dovevano intonare la preghiera per i defunti disponendosi accanto a una stele eretta sul luogo dove erano state accese le pire comuni dopo la battaglia, l’imperatore, raggiunto un grosso braciere posto nei pressi della stele, doveva chiedere ad alta voce al Leggendario di accogliere nel palazzo celeste le anime che vagavano senza pace sull’isola di Ngahuru. I cinque re, insieme, dovevano accendere il braciere e rafforzare la preghiera recitandola insieme all’Imperatore mentre i figli, o gli accompagnatori, dovevano versare degli oli pregiati sulla stele chiedendo perdono ai soldati defunti per averli guidati in battaglia e alla prematura morte. Terminata la preghiera purificatrice, la processione avrebbe seguito l’Imperatore all’interno del palazzo per il saluto di commiato e infine Atua si sarebbe stabilito in quel luogo per una settimana di leggero digiuno.

E così avevano fatto, seguendo minuziosamente ogni procedura, ma accadde qualcosa di anomalo mentre tutti erano rientrati nel palazzo. La terra si era aperta creando una buca e da essa era uscita la figura di un uomo senza testa; la creatura sembrava leggere le parole della stele nonostante fosse priva di occhi, teneva nella mano destra una scure a doppia lama, nella sinistra un ciondolo macchiato di sangue rappreso. L’essere, dopo aver appoggiato entrambe le cose accanto al braciere, aveva iniziato a decomporsi fino a diventare cenere.
 
Il cerimoniale era definitivamente concluso, i vari regnanti si stavano dirigendo verso le loro navi mentre un forte vento spirava alle loro spalle. Fajro si era voltato di scatto e fissava la zona del braciere, il suo volto era impallidito e le sue mani tremavano, il fratello, preoccupato, chiese: «Che cosa succede?»
«Ho appena sentito la voce di nostro padre.»
«Probabilmente è solo suggestione» rispose Torcon tagliando sul nascere il discorso per non continuare la discussione sugli spettri che avevano intavolato proprio quella mattina ma Fajro era sicuro di ciò che aveva sentito e cercando di non attirare di nuovo su di sé le critiche del fratello disse: «Torcon, prima di andarcene voglio dire una preghiera personale per nostro padre.»
«Va bene, se ti è di aiuto e può calmarti, ti attenderò tutto il tempo che ti occorre per salutare di nuovo nostro padre» rispose Torcon incamminandosi verso la nave.

Fajro corse più velocemente che poteva, i suoi occhi, nonostante la grande distanza, avevano visto un forte luccichio provenire dalla zona limitrofa al braciere e giunto in quel punto rimase sbalordito nel trovare disposti a terra con cura la scure e il ciondolo, li prese nascondendoli in una sacca che portava sulle spalle, era turbato ma non impaurito, e prima di tornare alla nave aveva recitato una preghiera per il padre.

§   §   §

Nel Palazzo Reale di Apen era in corso una riunione famigliare e dai toni accesi della discussione si capiva che nella famiglia reale c’era una forte tensione.
«Che cosa ti salta in mente? Certo che non ti darò mai il mio permesso!» gridava Re Wit all’indirizzo del figlio.
«Padre, non riuscite a capire i vantaggi di questa unione? Come potete rifiutarvi anche solo di pensarci» rispose Oak alzando la voce.
«I nostri regni sono nemici, non esiste nessun vantaggio da ciò che vuoi fare e il nostro popolo non accetterebbe mai una soluzione di questo tipo!»
Nella discussione la consorte Pine ascoltava senza parlare e il suo silenzio aveva spinto la principessa a prendere la parola seppur non interpellata.
«Non ti sono bastati i guai che ha causato il tuo non intervento a Ngahuru? Io sono diventata la barzelletta dell’intero mondo e vuoi che anche nostro padre finisca per essere nominato soltanto come una burla da taverna?» disse Willa al giovane fratello.
«Quante volte volete che lo ripeta! Non ho ricevuto messaggi e mi sono attenuto alle disposizioni che mi erano state impartite. Il generale Prau vi ha già confermato le mie parole più volte, ma ancora m’incolpate.»
«Ora basta entrambi! Oak, la tua richiesta è categoricamente rifiutata. Willa, torna nella tua stanza e non uscire fino a quando non ti sarà richiesto. Andate, non ho più niente di cui discutere con voi» erano le parole usate da Wit che secondo lui avrebbero messo la parola fine a quelle urla, ma che invece stavano per creare ulteriore conflitto.
«Basta lo dico io!» aveva gridato Willa sconcertando tutti. «Siete stato in silenzio quando la donnaccia di Dwr ha stracciato il mio contratto di matrimonio, avete considerato più importanti gli affari che la vostra figlia, non avete punito Oak per la sua disobbedienza e immagino che stavate sorridendo sull’isola mentre gli altri parlavano male di noi. Oltretutto mi zittite mentre vi appoggio in questa discussione. Voi siete un vero ipocrita!»
Wit era turbato, Pine si era avvicinata alla figlia e per calmarla aveva cercato di abbracciarla ma la principessa aveva parole pesanti anche per la madre. «Lasciatemi, voi siete succube di quest’uomo, non esprimete giudizio, non difendete i vostri figli, il vostro ruolo di madre è simile a quello di un qualsiasi servitore, ubbidite, non discutete, avete creato l’immagine della coppia perfetta, ma in questo regno voi siete considerata meno di come il mio amato considera il proprio cavallo!»
Il Re, furente, senza trattenersi aveva rifilando un ceffone alla figlia, ma lei, per nulla sorpresa da quel gesto, disse: «Ecco come risolvete le questioni, avete dimostrato che le mie parole sono una verità e adesso sono io che me ne vado da questa sala perché mi disgustate, tutti!»
Willa era corsa fuori piangendo per la rabbia e la frustrazione di essere trattata come un animale che si bastona per farlo ubbidire, Oak, per nulla turbato dalla situazione, si rivolse al padre mostrando di non temere nessuna ripercussione. «Questo regno sta crollando per colpa vostra, e mentre continuate a essere un re all’antica, come vuole la tradizione dei nostri avi, quelli a est e a nord, lentamente, ci stanno stritolando con il sorriso sulle labbra, ci vendono gli scarti delle loro conquiste facendoli passare come dei doni e noi ci prendiamo i rimasugli che nessun altro vuole avere perché pensiamo che siano delle ricompense per le nostre azioni. Le parole di Willa sono pesanti, ma scommetto che voi non lo avete ancora capito e state solo pensando a quale punizione infliggerle. Padre, mi rincresce davvero molto dirlo, ma state portando Apen alla rovina e non riuscite a comprenderlo perché non ascoltate nessuno.»
Il principe Oak, per la prima volta in vita sua, era uscito dalla stanza picchiando la porta e ad attenderlo c’era Prau.
«Che cosa avete intenzione di fare mio Signore?» chiese il generale.
«Niente cambia se nessuno decide di cambiare. Il matrimonio a Dwr sarà il momento di una svolta epocale, ancora più grande di quella che ha recato la guerra e io non rimarrò ad assistere in silenzio a ciò che accadrà nel futuro.»


Durante il viaggio di ritorno a Tan, Fajro non disse niente a nessuno, rimanendo in silenzio fino al rientro nella Villa Reale. Entrato in casa, si era diretto subito nella stanza della madre che era seduta sulla poltrona.
«Madre come state?»
Bruligida le sorrise. «Bambino mio, quelle lame sono per te, ma il ciondolo dovresti lavarlo e riporlo nel suo cassetto, quello che non apre più nessuno da quando non è tornato a casa.»
Fajro non era sorpreso che la madre sapesse cosa aveva trovato sull’isola perché lui era l’unico che non dubitava che la donna parlasse con il marito defunto. Sorrise affermando: «È davvero importante questo ciondolo se mio padre ha voluto che tornasse a casa.»
«Lui non ha mai voluto dirvi cosa c’è rinchiuso in quel pendaglio perché temeva di sembrare troppo sentimentale» rispose Bruligida. «Lì ci sono due dentini, i primi che avete perso tu e tuo fratello.»
Risero per questo segreto svelato, si abbracciarono affettuosamente, ma poi Fajro chiese: «Madre, tu sai perché ha voluto lasciare a me la sua scure?»
«Sì bambino mio, ma ho promesso di non dire niente e tu sai che nella nostra famiglia una promessa è sacra.»
«Certo madre, e io sicuramente non te lo chiederò più.»
Bruligida aveva sorriso un ultima volta, poi il suo sguardo si era assopito all’improvviso come le capitava da molto tempo.
«Riposa cara madre» gli disse Fajro baciandole la fronte.










CAST
Anziano Maestro – Insegnante della scuola imperiale e narratore della storia
Ten – Il bambino che legge sui libri i racconti di questa storia
Atua Primo del suo nome – Leggendario primo Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Kwakhala – Regina dei mostri marini
Atua CCXV (vero nome Ukwu)  – Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Atua CCXVI (vero nome Wijs) – Nuovo Imperatore dei Cinque Regni, ex Saggio di corte della Regina Wasa di Tera.
L’Inquisitore [personaggio soltanto nominato]
- Regno di Apen
Wit – Re di Apen
Pine – consorte del Re di Apen
Willa – principessa di Apen
Oak – principe ereditario di Apen
Wicaksana – Saggia reale di Apen
Panglito – comandante in capo dell’esercito
Miral – ammiraglio della marina
Macan e Terwelu – generali dell’esercito
Catur e Jaran – capitani dell’esercito
Prau – generale della marina
Menara – capitano della marina
Altri: Ijo (ufficiale della marina), Kayu, Gedhe (ufficiale dell’esercito)
- Regno di Dwr
Fond – Re di Dwr [deceduto in un incidente in mare]
Ruith – Regina di Dwr [deceduta in un incidente in mare]
Cristalya – Regina di Dwr
Oceanya – sorella e principessa ereditaria di Dwr, comandante in capo dell’esercito
Dheat – Saggio di Dwr [prigioniero dei mercenari]
Glic – Saggio reale di Dwr
Haranche – Ammiraglio della marina
Fharsa e Each – generale dell’esercito
Foeil – capitani dell’esercito
Dubh – capitano dell’esercito [neo promosso]
Tarley – generale della marina
Luchag – capitano della marina
Altri: Eas (ufficiale dell’esercito neo promossa), Geodha (soldato dell’esercito)
- Regno di Metel
Titan – Re di Metel e comandante in capo dell’esercito
Metelo – principe ereditario di Metel
Ohlaka – Saggia reale di Metel
Meirge – generale dell’esercito neo promossa
Capall, Tyred, Gwyn (neopromossa) – capitani dell’esercito
Lyngesydd – ammiraglio della marina
Moncai e Ceilog – generali della marina
Altri: Copar (soldato dell’esercito)
- Regno di Tan
Explodon – Re di Tan [deceduto nella battaglia sull’Isola Ngahuru]
Bruligida – Regina in pectore di Tan
Torcon – principe ereditario (gli è stato imposto di lasciare il comando dell’esercito)
Fajro – principe di Tan
Saga – Saggio reale di Tan [deceduto] (posto vacante)
Turo – comandante in capo dell’esercito – (nuova nomina, ex generale marina)
Standarto, Serpe (neopromosso), Cevalo (neopromosso) – generali dell’esercito
Cindroj (neopromosso), Ruga (neopromosso) – capitani dell’esercito
Altri: Flame (ancella della regina)
- Regno di Tera
Fond – Re di Tera [deceduto per intossicazione alimentare]
Wasa – Regina di Tera
Aarde – principessa ereditaria di Tera
Hond – principe di Tera [decedut]
Vlek – Saggio reale di Tera (nuova nomina dopo che Wijs è diventato Imperatore)
Hebber – comandante in capo dell’esercito
Buffel e Draak – generali dell’esercito
Paard – capitano dell’esercito
Raal – ammiraglio della marina
Geit – generale della marina
Mijin e Vaandrig – capitani della marina
Altri: Geel e Haag (ufficiali dell’esercito)

- Mercenari
Kokiaka – Capo dei mercenari
Fiskabur, Kaia, Kumari, Makara – comandanti dei mercenari

Nove Personaggi in nero – identità sconosciute

- Pirati
Zedora (Capitan Blood) – capitano dei pirati
Kruzni, Mynegai, Malicek – ruolo sconosciuto

- Bordello “La casa di Lù
Zai (prostituta), Mu (prostituto)


MAPPA

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Capitolo 3
*** Quando a un matrimonio si divertono solo gli invitati ***


È ormai sera quando il vecchio maestro dice a Ten: «Ora mi dovrò assentare, devo studiare un antico manufatto e per questo starò rintanato in uno degli studioli, ma in qualsiasi momento tu hai bisogno chiamami senza pensarci due volte. Tu passa un poco di tempo con Agisto dopo la cena e quando lui ti farà capire che è ora di uscire potrai andare in biblioteca a continuare la tua lettura.»
«Maestro, quanto tempo ho a disposizione? Mi chiamerete voi quando sarà ora di smettere?»
«Questa volta no, sarai tu a decidere, ma ricorda di non sforzare gli occhi, appena ti sentirai davvero stanco chiudi il libro e vai a dormire. Meno dormi di notte e più dormirai di giorno, se guadagni del tempo prima lo perdi dopo e l’accumulo di stanchezza ti farà perdere altro tempo prezioso.»

Il bambino lascia la sala, raggiunge la stanza di Agisto e toglie il telo dalla gabbietta per dare la cena al corvo. E lui prontamente riesce a scappare.
«Dai Agisto, torna qui, ti ho portato da mangiare» dice Ten quasi sconsolato, ma il corvo non lo ascolta e con un altro battito di ali, senza vedere per la sua cecità, finisce per sbattere contro il mobile a muro.
«Ecco, lo vedi cosa succede se scappi dalla gabbia?»
Il corvo, seppur intontito, risponde: «No, non vedo… non vedo!»
Armandosi di pazienza Ten raccoglie Agisto da terra, lo rimette nella gabbietta e gli parla mentre il volatile mangia delle ciliegie, frutto che adora.
«Chissà quanti ricordi fantastici hai nella tua testolina, mi piacerebbe davvero che tu diventassi mio amico, staremmo a chiacchierare tutto il giorno e forse anche la notte. Tu non vuoi essere mio amico?»
«No» risponde immediatamente il corvo.
«Neanche se ti porto delle noci da mangiare?»
Il corvo gracchia e poi risponde: «No.»
Ten è sconsolato, le risposte di Agisto non lo invogliano a continuare a parlargli, sprofonda sulla poltroncina e solleva gli occhi verso il soffitto sbuffando.
«Dove sei arrivato?» chiede il corvo facendo saltare in piedi Ten.
«Penso che ci sarà il matrimonio del principe» risponde il ragazzino con rinnovata speranza, ma il corvo lo disillude subito.
«Oh, solo fino a lì? E si sposa?»
Ten non comprende la domanda di Agisto perché il corvo dovrebbe conoscere ciò che è successo. «Dovresti dirmelo tu, no?»
«Perché io? Non so niente io di prima, so il dopo» risponde Agisto, e dopo un paio di gracchiate, intona la sua cantilena, un segnale preciso per non essere più disturbato. «Impiccati al pennone… impiccati al pennone.»
Ten ripone il telo sulla gabbietta, si sta allontanando dalla sala quando sente Agisto dirgli: «Grazie, buone le ciliegie.» Il ragazzino sorride perché almeno il corvo inizia ad apprezzare ciò che sta facendo per lui. Ten corre in biblioteca, si siede e il tomo numero tre appare già aperto nel punto giusto da cui riprendere la lettura.



3° capitolo – Quando a un matrimonio si divertono solo gli invitati



GIORNO 1, dal Mare dell’Est al Mare del Sud
«Ci sono navi piene di tesori e lui mi manda alla Baia dei Contrabbandieri! Lo perdono solo perché mi ha fatto trovare le barriere sollevate!» urla Zedora verso il suo equipaggio che però non ascolta; troppo impegnato nelle manovre per sfuggire alla caccia del capitano Vaandrig.
«Zedora, quelli non ci mollano» grida Kruzni.
«Prima o poi ti butto a mare in pasto agli squali. Sulla nave… uguale… Capitan Blood!»
«Navi a dritta!» urla la vedetta Mynegai. «Flotta di Tera.»
«Per mille mostri del mare! Lautele, quanto dista ancora il confine? Lautele mi vuoi rispondere?» grida Zedora sempre più preoccupata.
«Capitano, ricorda che…»
«Maledizione, è sordo muto. Ma che razza di ciurma mi sono scelta» esclama sbuffando Zedora.
«Signora, siamo noi che l’abbiamo scelta, ricorda?»
«Kruzni, la forma sarcasticamente retorica è una delle possibili basi per un discorso sensato con esseri simili a te. Per capirci, se tu fossi il mio sesto marito, sarei sposata sette volte. Comprendi?»
Il pirata scuote la testa perché non ha capito niente, ma per sua fortuna arriva di corsa Lautele che a gesti avvisa Zedora.
«Un solo miglio» dice la donna che subito dopo urla «Polegada, vai verso la costa di Apen, Malicek preparate i cannoni, non si sa mai quale strane alleanze fanno dal giorno alla notte e non vorrei trovarmi Menara pronto a bucherellare la mia nave.»
Il brigantino con la bandiera dal teschio rossa evita le flotte di Tera, supera il confine e trova riparo provvisorio ad Apen. Bottino di giornata: armi, pietre preziose e qualche bel giovane per il sollazzo di Capitan Blood.

GIORNO 2, Mare del Sud
Capitan Blood è confusa, ha potuto abbordare tre navi di Apen senza trovare sulla sua rotta delle imbarcazioni militare di questo regno. Nel suo alloggio ammira i tesori arraffati in questa scorreria e i suoi pensieri sul perché non abbia subito un attacco si cancellano, mentre indossa una collana di grande valore.
«Mia Signora, siete più affascinante del solito» esclama Kruzni.
«Hai spezzato il mio idillio. Adesso mi chiami pure Signora e lo fai con quegli occhi da pesce lesso e la bava agli angoli della bocca. Se noi fossimo gli ultimi umani vivi nel mondo piuttosto che averti addosso, mi farei scopare dal kraken!» risponde Zedora mostrando di essere pronta a usare la spada contro di lui. Bottino di giornata: spezie e droghe, casse di liquori, armi, oggetti preziosi e qualche anello strappato via dalle dita delle vecchie nobili prima di farle saltare in acqua.

GIORNO 4, Mare del Nord
Il brigantino di Capitan Blood è agganciato a un galeone di Metel, la ciurma di pirati ha eseguito l’abbordaggio senza subire gravi perdite ed è il momento che Capitan Blood preferisce. Zedora osserva i tesori e poi guarda il capitano, una donna, dell’imbarcazione saccheggiata.
«Tu sei nuova in questi mari, come ti chiami?» chiede Zedora stringendo delicatamente la mano sul viso del capitano.
«Mi chiamo Elonosia, sono al mio secondo viaggio commerciale come comandante di questa nave.»
«Kruzni, butta ai pesci tutti tranne lei, credo che avremo a bordo un'altra bella donna nei prossimi mesi» dice Capitan Blood.
«Volete farmi prigioniera? Non valgo niente, non ho famiglia e guadagno così poco che quasi mi sono dovuta pagare questi due viaggi.»
«Prigioniera? Niente affatto bella capitana, sarai un ospite di riguardo.»
«Allora volete abusare di me?» chiede Elonosia visibilmente impaurita.
«Abusare del tuo corpo? Dipende da come ci intenderemo noi due, ma ho un sesto senso per le donne come me.»
Bottino: Pietre preziose, tessuti ricamati, armi da polvere nera e una futura pirata se il fiuto di Capitan Blood non è appannato.

GIORNO 5, Regno di Tan, Port Altaj
In una bettola del porto Zelada sta bevendo e accanto a lei c’è l’uomo che l’ha ingaggiata.
«Perché hai deciso di incontrarmi proprio qui?» chiede Zedora mentre si scola mezza bottiglia di rum.
«Ho un lavoro importantissimo da affidarti e non potevo rischiare che i miei corvi fossero intercettati, però non vi frutterà guadagno immediato, riceverete il compenso soltanto alla consegna» risponde l’uomo con tono serioso.
«Ehi, fino a oggi le tue indicazioni sono state molto precise, ma questo mistero non mi piace e fare da fattorina senza avere neanche un acconto mi piace anche meno» risponde Zedora. «Sono il capitano, ma i miei uomini si rifiuteranno se non do loro qualche garanzia e se sono delusi, fanno presto a mettermi su una passerella per poi spingermi in bocca a qualche mostro marino.»
«Puoi dire loro che ciò che hanno guadagnato in questi giorni non vale neanche la metà di quello che riceveranno a consegna avvenuta. Quando accadrà, non lo so ancora, ma se accetti ora, senza troppe domande, il giorno stesso prima di partire da questo porto, riceverai un prezioso dal valore smisurato; il diamante del Vulcano.»
Zedora rimane qualche secondo a bocca aperta, poi esclama: «Fai attenzione a quello che mi stai offrendo perché ho promesso a chiunque della ciurma che se mi regala il diamante più grande mai visto da una donna può prendersi il mio corpo fino a quando non sviene! E questo vale proprio per tutti, anche per un vecchiardo come te.»
«Zedora, ho la tua parola?» taglia corto l’uomo.
«Fino a oggi hai mantenuto le tue promesse e io ho eseguito tutte le missioni che mi hai affidato, noi due non abbiamo avuti problemi e non ne avremo fino a che i nostri accordi saranno sempre rispettati. Perciò va bene, accetto anche questa tua richiesta, ma cosa bolle in pentola, Turo?»
«Per ora è meglio, per tutti noi, che tu non sappia niente fino al giorno della consegna che sarà anche la mia ultima richiesta. In quel momento saprai tutto, te lo prometto.»
«E a Tan ogni promessa è sacra» dice Zedora mentre Turo si dirige verso l’uscita della bettola.

Mancava una settimana dal matrimonio tra Oceanya e Torcon, ma erano stati soprattutto i giorni più turbolenti degli ultimi mesi in ogni mare del mondo dopo la Grande Guerra, era la settimana di Capitan Blood.


In un luogo distante, ma molto vicino a Tan, era in corso una riunione tra personaggi di pessima fama. Seduti a un tavolo rotondo, c’erano i dodici capitani mentre il loro comandante, in piedi, camminava intorno alla tavolata mentre parlava.
«I nostri contratti sono sensibilmente diminuiti e i guadagni da dividere ne stanno risentendo profondamente, però fra qualche giorno riceveremo la visita di un messo proveniente da Metel che ci recapiterà ciò che ci spetta per l’affare del ponte» diceva Kokiaka osservando i volti dei suoi più fidati uomini. «E come sapete, non si tratta soltanto di cose losche ma anche di contratti legalmente riconosciuti.»
«Se non rispettano l’accordo?» chiese Kumari.
«Siamo tutti d’accordo che la nostra ritorsione sarà implacabile. Colpiremo ogni luogo del loro regno nel quale il profitto è superiore al normale, senza lasciare in vita nessuno.»
«E per l’altra faccenda? Lui non si è più visto» domandava Kumari. «Abbiamo in custodia quel Dheat e i ragazzi hanno compiuto il loro dovere a Ngahuru.»
«Senza contare il caldo che abbiamo patito indossando quelle vesti nere» aggiunse una delle donne capitano, Eya.
«L’inquisitore ha fatto sapere che sarà qui proprio oggi quindi potrete chiedere a lui se avete il coraggio, oppure sarà meglio che stiate zitti e ascoltiate ciò che lui vorrà dirci senza fare domande» era stata la risposta lapidaria di Kokiaka.
All’improvviso apparve il globo nero che tutti loro conoscevano bene e dalla luce intensa proveniente dall’interno della sfera era uscito l’inquisitore. Una persona dal corpo muscoloso, vestita di nero con un lungo mantello, la maschera che ne copriva il viso completamente, tranne che per gli occhi che brillavano di un rosso tanto intenso da sembrare infuocati. La sua voce camuffata non chiariva se fosse un uomo o una donna, ma di certo incuteva paura per il tono profondo e potente della voce.
«Signore e signori, ho chiesto a Kokiaka di radunarvi tutti perché voglio congratularmi personalmente con alcuni di voi ai quali sarà assegnato del denaro extra come premio. Rak per l’ottimo lavoro con la regina di Dwr, le hai fatto fare ogni cosa che le abbiamo chiesto senza che obiettasse o che chiedesse di vincere la sua stupida guerra; Kaia e Makara, la vostra magia sul ponte è stata sublime e la distruzione che ha portato era proprio ciò che volevo; infine Fiskabur perché hai imparato in poco tempo la magia di trasporto a distanza e hai condotto tutti sull’isola nel momento giusto.»
I premiati esultavano mentre gli altri non fiatavano, per non incorre nelle ire di quel pericoloso stregone che, dopo la pausa, riprese a parlare. «Il Saggio Dheat è affare soltanto mio, quando avrò finito di parlare lo tirerete fuori dalla cella, preferibilmente rendendolo silenzioso, lo consegnerete a me e da quel momento nessuno di voi farà più parola di questo argomento. Eya, vi siete vestiti così perché nessuno deve riconoscervi, ma tutti devono temere quelle persone vestite di nero perché il mio piano globale sta procedendo e quando tutto sarà compiuto voi guadagnerete più di quello che potete immaginare.»
L’inquisitore era dietro a Eya e la donna aveva iniziato a sentirsi male. «Non mi piacciono le battute sarcastiche quando si parla di qualcosa che ho chiesto di fare e spero di non doverlo ripetere una seconda volta» disse lo stregone mentre Eya rantolava a terra.
«Fai un cenno se hai capito» chiese l’inquisitore alla donna e al movimento del capo di Eya lo stregone smise di torturare, con qualche magia mentale, il corpo della donna.
«Bene, ho altre missioni da assegnare ad alcuni di voi, Kokiaka vi aggiornerà quando sarà necessario.»
L’inquisitore aveva smesso di parlare, Tepanje, senza troppa cura, stese con un pugno Death per consegnarlo allo stregone che attraverso il globo nero, con il prigioniero, erano scomparsi alla loro vista.
«Rak, per te la missione inizia ora. L’inquisitore sa che il comandante Turo di Tan sta tramando qualcosa, ma vuole essere sicuro che sia soltanto lui che sta agendo o se ha ricevuto il mandato da qualcuno nella famiglia reale» disse Kokiaka.

L’inquisitore, un essere dotato di molti poteri, capace di insegnarne l’uso e di infondere nelle altre persone una parte della proprie capacità, uno stregone tanto potente da sottrarsi alle leggi della magia. Tutti a quel tavolo continuavano a domandarsi cosa volesse ottenere, ma nessuno, neppure Kokiaka, si era mai permesso di chiedere.

§   §   §

Era giunto il giorno dell’atteso matrimonio, sull’intera isola di Dwr i festeggiamenti erano iniziati già dal giorno precedente, mentre nel Regno di Tan alcune persone avevano messo alle loro finestre delle tende nere a lutto. Cristalya non si era risparmiata in niente dando fondo alle casse reali pur di dimostrare agli altri regnanti che la magnificenza del suo regno superava chiunque e nella lista degli invitati, redatta personalmente da lei, figuravano proprio tutte le persone di spicco di ogni luogo del mondo.
I quattro porti nazionali erano intasati di navi di lusso, mercantili e imbarcazioni militari a protezione di chiunque fosse diretto lì per il matrimonio, il palazzo reale, sorvegliato da molte guarnigioni, era stracolmo in attesa dell’arrivo della sposa.

Oceanya era nella sua stanza, le ancelle completavano di ritoccare il suo abito da sposa, mentre Cristalya le parlava. «Mia amata sorella, so che non era quello che avresti voluto, ma sono tempi difficili per tutti noi e questo matrimonio legherà completamente le mani a Tan fornendoci maggiore potere nei confronti degli altri regni. Tra le varie scelte lui era quella migliore e sai anche perché non l’ho potuto sposare io com’era stato previsto prima della guerra.»
«Sorella, non hai altro da spiegarmi, sto facendo ciò che è giusto per noi, però non cercare di convincermi che sia meglio anche per me.»
«Torcon è un uomo di bell’aspetto, è nobile, mi sembra virile e ben dotato dal poco che ho potuto vedere e…»
«Smettila Cristalya, tu sai cosa penso» rispose Oceanya guardando in modo molto deciso la sorella.
«Basta con le tue scemenze, quell’argomento è chiuso, hai fatto degli errori solo per la tua giovane età, adesso con un marito comprenderai ciò che è giusto.»
Oceanya non aveva nessuna possibilità di far capire a Cristalya che non c’era errore nella sua naturale attrazione verso altre donne, così decise di non continuare quell’inutile discorso con la sorella.

In una delle sale più tranquille del palazzo reale il futuro sposo si stava intrattenendo con la regina Wasa.
«Mia Signora, le ho chiesto di parlare in privato per una cosa molto importante e vi chiedo perdono se punterò direttamente a sollecitare il vostro orgoglio. Mio padre è sempre stato vostro amico, le nostre famiglie si sono frequentate fin da quando io ero piccolo e spesso ho avuto modo di passare momenti felici badando alla peste di mio fratello e alla dolce Aarde, vostra figlia. Come per mio padre, anch’io mi sento legato a voi da profondo affetto e per tale motivo non vi ho mai imputato delle responsabilità nella sua morte; come principe comprendo bene che degli alleati in guerra hanno priorità differenti e per primo cercano di proteggere il loro popolo, cosa che avrei fatto io stesso. Non voglio essere un ipocrita e mi permetto anche di essere adirato con voi per i trattati di pace nei quali non avete cercato di aiutare Tan, ma anche in questo caso comprendo bene le motivazioni politiche che sono dietro alle decisioni più importanti. Ora però vi chiedo aiuto, proprio per i legami fraterni che ci accomunano fin dai tempi antichi.»
«Fermati Torcon. I miei informatori non sbagliano mai, ogni notizia che mi portano è esatta e credo che anche in questo caso ciò che mi hanno riferito sia reale. Prima che tu chieda, è giusto che ti dica che non metterò armi nelle mani dei miei soldati per un'altra guerra. Questo pur sapendo che se lei non ci fosse, il mondo sarebbe migliore di certo.»
«Mia Signora, le vostre fonti sono sempre attendibili, anche in questo frangente non hanno sbagliato e spero che non vogliate farmi desistere perché nessuno sarebbe in grado di fermarmi. Detto ciò, non vi chiederei mai di mettere in pericolo la vita del vostro popolo, per nessun motivo. La mia richiesta è più semplice, però anche difficile da accettare, ma siete l’unica persona di cui mi posso fidare al di fuori del mio regno.»
«Dimmi Torcon, e vediamo se è cosa fattibile.»
«Qualunque cosa possa succedermi vi chiedo di accogliere e proteggere nel vostro castello la persona più irascibile che conoscete.»
Wasa aveva fatto un piccolo sorriso perché alla parola “irascibile” aveva subito collegato Fajro. «Principe di Tan, prometto solennemente di prendermi cura di quello scapestrato anche a costo di legarlo in una delle mie celle!»
Torcon si era subito inginocchiato. «Vi sarò eternamente grato mia Signora.»
«Sollevati principe di Tan e abbracciami così come tuo padre era sovente fare con me per l’amicizia che ci lega e che è sempre rimasta tale.»

Poco dopo l’uscita dalla sala di Torcon era giunta Aarde.
«Figlia mia, questo matrimonio sta riservando molte sorprese.»
«Che cosa volete dire madre?»
Wasa stava per risponderle ma nella sala era entrato il principe Oak. «Mia Signora, potrebbe concedermi qualche minuto, vorrei parlarle di una cosa importante.»
«Mia cara, ci lasceresti da soli?»
«Gradirei che la principessa Aarde sia presente» disse Oak con tono deciso.
«Bene giovanotto, di quale argomento vuoi parlarmi? Abbiamo ancora del tempo libero prima della cerimonia.»
Oak, inginocchiandosi, disse: «Regina di Tera, sono qui per chiedere la mano della principessa Aarde.»
Wasa aveva spalancato gli occhi sbalordita da quella richiesta, poi, con sguardo indagatore, aveva fissato lo sguardo della figlia per capire quale fosse la situazione, ma anche Aarde era stupefatta da quella proposta. Sulle labbra di Wasa era apparso dapprima un sorrisetto misto tra incredulità e divertimento, infine era scoppiata in una risata fragorosa lasciando sbigottiti entrambi i ragazzi.
«Giovane principe, noto che siete partito con il piede sbagliato dato che mia figlia non è al corrente delle vostre intenzioni. Vi starete chiedendo il motivo della mia risata ed è presto detto: mia figlia non è in vendita e di sicuro non è ragazza da seconda scelta; so bene che siete stato rifiutato dalla sgualdrina di Dwr quando avete chiesto di accasarvi con la giovane Oceanya e non credo che vostro padre sia d’accordo con la richiesta che mi avete appena fatto. Wit non è certo una persona che io possa apprezzare dato il suo maschilismo imperante, però egli è uomo di sani principi e di grande onore e per nessun motivo al mondo avrebbe chiesto l’unione delle nostre casate. Adesso alzatevi e toglietevi di torno, mi avete divertito ma il mio umore potrebbe cambiare repentinamente e non vorrei chiedere a Re Wit di tenervi al guinzaglio prima che decidiate di sbavare sui piedi di mia figlia.»
Wasa era stata pesante con le sue parole, ma la richiesta di Oak l’aveva spinta a essere più aggressiva del solito perché aveva osato pensare a sua figlia come a una bestia da comprare al mercato. Aarde aveva tenuto il capo abbassato per non incrociare gli occhi di Oak e il principe di Apen, mortalmente denigrato, si era subito allontanato da quella sala furente e bastonato. Wasa, sollevando il viso di Aarde, disse: «Visto mia adorata figlia, proprio come dicevo poc’anzi, questo matrimonio sta riservando molte sorprese.»


Cristalya, lasciata la stanza della sorella, era scesa nel salone dove erano già in attesa alcuni degli invitati più importanti. Il suo sguardo si era posato sulla coppia reale di Apen e li aveva raggiunti proprio nel momento in cui si aggiungeva a loro Oak, appena uscito visibilmente alterato dalla sala in cui aveva incontrato la Regina Wasa.
«Re Wit, Pine, sono contenta che siate venuti» aveva esordito Cristalya facendo un grande sorriso. «Anche voi sarete entusiasti per questo matrimonio che unisce due casati vostri alleati.»
«Il vostro invito ci ha reso felici ed è un onore partecipare alla festa» rispose Wit con un sorriso poco convinto.
La Regina di Dwr aveva cercato di mettere in difficoltà Wit e non riuscendoci rincarava la dose dicendo: «Peccato che la principessa Willa non sia presente, avrebbe gioito con tutti noi per questo lieto evento.»
Wit e la consorte erano rimasti impassibili all’ennesima provocazione mentre Oak, già alterato, mostrava la sua ira stringendo i pugni. La sua stizza non era causata dalle parole della regina, ma dal sorriso del padre che nuovamente stava abbassando il capo davanti a Cristalya nonostante stesse offendendo la figlia che disperata era ovviamente rimasta a casa.

Al primo squillo di tromba era lo sposo a scendere la scalinata. Torcon indossava il completo rosso, distintivo del proprio casato, sul quale però gli era stato vietato di apporre le onorificenze consone al suo vecchio ruolo di comandante in capo dell’esercito. Il secondo squillo di trombe segnalava l’arrivo della sposa accompagnata dal saggio Vlek e quando la principessa era apparsa, il pubblico applaudiva fragorosamente. Oceanya indossava quasi esclusivamente abiti maschili perché nel suo ruolo di comandante in capo dell’esercito doveva mantenere un vestiario adeguato e già in quelle vesti era una delle ragazze più affascinanti dell’intero mondo, ma con addosso il vestito da sposa di colore nero, distintivo del proprio casato, la sua bellezza aumentava tanto da rivaleggiare con Aarde.

Oceanya aveva raggiunto Torcon vicino al leggio e anche il ragazzo era rimasto folgorato dallo sguardo della bella principessa mentre il terzo squillo di tromba annunciava l’arrivo dell’imperatore Atua, CCXVI del suo nome, che avrebbe celebrato il matrimonio.
«Popolo dei Cinque Regni, siete convenuti qui per festeggiare questo matrimonio che legherà due giovani principi fino alla chiamata al palazzo celeste del Leggendario. Confido, come tutti voi, che quest’unione acceleri il processo di pace già iniziato tra tutti i Regni di questo mondo e che sia di buon auspicio per tutti. Ho già parlato troppo, ora è importante sentire le voci degli sposi.»
«Io Torcon, principe ed erede di Tan, ti prendo come moglie e onorerò la nostra unione fino a quando il Leggendario non mi chiamerà al suo cospetto.»
 «Io Oceanya, principessa ed erede di Dwr, ti prendo come marito e onorerò la nostra unione fino a quando il Leggendario non mi chiamerà al suo cospetto.»
«Io Atua, CCXVI del suo nome e Imperatore dei Cinque Regni, benedico la vostra unione nel nome del Leggendario e che la sua benevolenza illumini il vostro nuovo cammino di coppia vegliando sui vostri figli così che crescano sani e forti.»
Il pubblico, finite le dichiarazioni, aveva applaudito e Atua chiuse la cerimonia dicendo: «Ora scambiatevi il bacio che suggella la vostra unione.»
Torcon e Oceanya, prima di baciarsi, si erano guardati intensamente, entrambi consci che la loro unione era sbagliata, ma che avrebbero dovuto ugualmente impegnarsi per renderla quanto più possibile felice. Al loro bacio gli invitati intonarono canti di gioia mentre i due ragazzi, tenendosi per mano, si erano diretti verso il salone della festa.


Gli ospiti dovevano attendere che i due sposi si accomodassero ai loro posti così Cristalya aveva sfruttato l’occasione per mettere il suo braccio su quello di Titan sapendo benissimo che dietro a loro c’era Wasa. In modo che si potessero sentire bene le sue parole, disse al re di Metel: «Un’altra celebrazione, mi farai la festa come l’altra volta?»
Titan non rispose, sapeva che negare sarebbe stato inutile perché Wasa era una donna perspicace e reagire con sottile ironia avrebbe spinto Cristalya a dire cose ancora più piccanti sul loro incontro amoroso a Puna.
Anche Metalo, molto vicino al padre, aveva ascoltato le parole della regina di Dwr ma senza particolare attenzione mentre trovava più interessante capire il motivo per cui Oak fosse così irritato.

Il principe di Metel aveva fatto dei passi indietro per raggiungere l’amico di Apen.
«È un giorno di festa, perché quel muso lungo?»
«Mio padre, Wasa, Cristalya, nessuno di loro merita la corona che indossa!»
«Ehi, ce l’hai con tutto il mondo» disse Metalo appoggiando il suo baraccio sulle spalle di Oak.
«Tuo padre è l’unico che merita il trono su cui siede e io ti invidio Metalo; ti lascia la libertà di fare ciò che vuoi e tu, nonostante questo spazio immenso su cui puoi muoverti a tuo piacimento, gli sei accanto quando serve, lo consigli e probabilmente condividi con lui le tue conoscenze. Io invece sono quello che sta dietro, il cagnolino che abbaia, ma al quale basta dare una carezza per fargli dimenticare che è soltanto un animale legato per il collo a una corta catena.»
«Amico mio, sono cose di cui parliamo da sempre e notando i nomi che hai elencato, presumo che tu abbia fatto la domanda di matrimonio a Wasa ricevendo un netto rifiuto.»
Oak guardava Metalo e come sempre si stupiva per la capacità di quel ragazzo di leggere tra le parole degli altri per poi sviscerarne le frustrazioni che erano dietro ai vari discorsi. «Come fai? Qual è il tuo segreto, Metalo?»
«Nessun segreto, devi solo lasciarti andare, essere trasgressivo, provare cose mai immaginate per poi coglierne il significato intrinseco in modo che quello che vedono tutti sia soltanto la briciola dell’insieme. Io posso aiutarti, ma non posso spingerti, posso tenerti per mano, ma non posso guidarti, le scelte sono solo tue» rispose Metalo avvicinandosi maggiormente a Oak.

Sul fondo della fila degli invitati, come se avessero fissato un appuntamento, si erano ritrovati vicini Fajro e Aarde: lei aveva preferito stare lontana dal resto dei regnanti per non dover incrociare lo sguardo di Oak, lui non sopportava la farsesca messa in scena di questo matrimonio che il fratello, silenziosamente, aveva accettato.
«Finalmente riesco a parlarti almeno per qualche minuto filato» disse Aarde sorridendo. «È passato poco tempo da quando ti sei risvegliato, ma mi sembri già tornato in forma.»
«Probabilmente è la rabbia che mi sta tenendo in piedi» rispose Fajro. «Li vedo vicini e non riesco a crederci neppure ora.»
«Tuo fratello in questi mesi ha dovuto subire più di chiunque altro le angherie di Dwr e ha fatto una scelta coraggiosa nell’accettare questo compromesso.»
«Il coraggio è tutt’altra cosa, Aarde. Nostro padre è morto assassinato su un campo di battaglia e lui avrebbe dovuto scagliarsi con tutta la sua furia sui colpevoli, invece, ne diventa perfino un famigliare.»
«Sei ingiusto con Torcon, lui sta agendo come ogni re farebbe; protegge il proprio popolo e la propria famiglia sobbarcandosi tutto il peso delle decisioni che prende» rispose Aarde nei modi grintosi che Fajro conosceva bene.
«Forse hai ragione tu, forse quello sbagliato sono davvero io ed è giusto che abbia perso ogni cosa» disse Fajro stranamente arrendevole.
«Che stupidaggine! Tu sei quello che sei, nessuno può cambiarti e tu non devi cambiare a seconda degli eventi,» e dopo una pausa, Aarde aggiunse tenendo la voce più modulata, «e non hai perso ogni cosa, io sono qui.»
«Sì, ma fino a quando?»
Aarde non aveva compreso quella domanda che era per lei quanto di più irritante potesse dirle Fajro nel momento in cui si offriva a lui senza riserve.
«Se pensi che sia solo un’intrusa nella tua vita, forse è meglio che già da ora smettiamo di parlare» rispose con tono seccato la ragazza prima di camminare velocemente verso la sala della festa.
Fajro guardava la ragazza che amava mentre si allontanava da lui, forse stava pensando che fosse stato meglio per Aarde stargli lontana, o forse si stava chiedendo cosa l’avesse allontanata, di sicuro sapeva che non voleva lasciarla andare via in quel modo, la rincorse, le prese una mano per fermarla e disse sommessamente: «Aarde, scusami, sono sveglio ma i miei pensieri stanno ancora latitando in quel mare che sarebbe dovuto essere la mia tomba. Ti prego, parliamo ancora questa notte.»
Aarde si era sciolta come neve al sole fin dal momento in cui lui le aveva preso la mano, ma non volendo mostrare troppa indulgenza, disse in modo piccato: «Deciderò più tardi se meriti la mia presenza dopo quello che hai detto.»
E Fajro, stolto come il suo solito, le dimostrava di non aver capito nulla dicendo: «E cosa ho detto?»
«Sei veramente… ma… non ho parole!» disse la principessa staccandosi dalla presa del ragazzo. Gli aveva voltato le spalle, ma non perché adirata, anzi, Aarde stava proprio sorridendo.

§   §   §

La festa era terminata soltanto a tarda notte, gli ospiti reali avevano ottenuto dalla Regina di Dwr delle stanze in cui poter riposare e le luci erano state spente quasi tutte tranne alcune candele disseminate nei vari corridoi in modo che nessuno potesse perdersi nei meandri del grande palazzo reale.

I novelli sposi erano nella stanza matrimoniale rimodernata per loro, ma dal termine della festa, conclusa con il bacio che tutti attendevano, non si erano detti più una parola. Si stavano spogliando senza guardarsi, uno distante dall’altro; Oceanya intimidita come le capitava sempre stando vicina un uomo mentre i pensieri di Torcon erano tutti rivolti al suo vero amore. La situazione era ovviamente molto imbarazzante anche per le complicanze indirette, però Oceanya, spinta oltre i suoi limiti dal proprio senso del dovere, era pronta alla sua prima volta con un maschio e prese l’iniziativa.
«Torcon, andiamo a letto» disse con un tono misto tra l’intimo e l’intimidito. Lui a quelle parole si era girato trovandosi davanti ai suoi occhi la bella principessa completamente nuda e non poteva negare a se stesso che Oceanya fosse una bellezza straordinaria. Dopotutto era un uomo, l’attrazione che esercitava su Torcon quel giovane corpo scultorio era molto forte e Oceanya non si sorprese nel vedere che il marito si stava avvicinando. La ragazza tenne chiusi gli occhi, più per paura che per pudore, si aspettava di essere aggredita con irruenza come facevano tutti gli uomini e serrando le palpebre lasciava che Torcon facesse i suoi comodi.
Torcon si era spostato dietro di lei, le aveva toccato le spalle con delicatezza facendole correre sulla schiena un brivido, ma poi ci aveva appoggiato sopra una coperta. «Oceanya, sei bellissima, ancora di più di quanto pensavo, ma questo non accadrà.»
Lei, sentendo la coperta sul suo corpo, si era voltata e aprendo gli occhi disse con un filo di voce: «Dobbiamo.»
«No, dovevamo sposarci, ma queste cose vanno oltre, ed io sono un uomo che crede fortemente nell’amore. Fare sesso tra noi perché imposto, è una tortura per entrambi ed io non disonorerò il tuo corpo. Ti conosco molto bene, ti ho visto crescere notando perfettamente che i tuoi sguardi più focosi erano diretti verso altre donne.»
«Pensi male di me?» chiese Oceanya scrutando negli occhi di Torcon e lui le rispose con totale sincerità: «Niente affatto, ogni persona ha il diritto di scegliere secondo ciò che sente nel suo cuore, lei ti avrà costretta al silenzio, ma tu sei sempre Oceanya, la principessa di Dwr, qualunque persona ti stia accanto.»
Scesero delle lacrime sulle gote di Oceanya trovandosi davanti, per la prima volta, una persona che non pensava al proprio interesse, ma che le lasciasse quella libertà che fin da piccola aveva sempre voluto. L’atteggiamento di Torcon  la stava attirando, forse iniziava a credere che la vita con un uomo come lui sarebbe stata positiva e con voce lieve, disse: «Prima o poi saremo costretti a farlo, mia sorella chiederà dei figli ed io non le mentirò qualora  mi chiedesse delle nostre notti da sposi e sentendo le tua parole non temo più ciò che saremo costretti a fare perché ho la certezza quel giorno sarà trattata da donna e non solo da femmina.»
Torcon le sorrise asciugandogli le lacrime, lei, sempre molto emozionata, gli prese la mano portandolo fino al talamo e lì disse: «All’alba si aprirà un giorno nuovo per entrambi, ed è meglio dormire prima che si faccia giorno.»
«La tua preoccupazione mi onora, ma preferisco coricarmi su quella comoda poltrona.»
«Non dire sciocchezze, dormiremo insieme nel letto» disse, questa volta con decisione, Oceanya. «Se nel tempo accadrà qualcosa, sarà perché lo avremo voluto entrambi, ma se nulla si modifica, è comunque inutile spezzarsi la schiena quando c’è un nuovissimo e comodo letto in questa stanza.»
Torcon si era deciso a darle ascolto, entrambi s’infilarono sotto le coperte tenendo distanza tra i loro corpi, ma nessuno dei due riusciva a chiudere occhio così Oceanya chiese: «Andrai da lei vero?»
«Sì, e tu sei libera di essere te stessa, anche se non potrai vivere appieno il tuo grande amore proprio come accade a me.»
A quelle parole Oceanya aveva voltato il viso verso Torcon e lui disse senza girare intorno al discorso: «Fin da quando eravate piccole i tuoi occhi s’illuminavano soltanto per lei. La proteggevi, la scortavi, le eri accanto anche quando i vostri pessimi compagni, tipo mio fratello Fajro, la importunavano con scherzi per nulla divertenti. Lei è sempre stata tutto il tuo cuore.»
«Ero convinta di essere stata brava a nascondere le mie emozioni.»
«Lo sei, ma quando guardi Aarde, vedo me stesso riflesso nei tuoi occhi e mi è facile capirti più di chiunque altro al mondo.»
«Questa mia fantasia è più folle del desiderio di giacere con le donne, lei è un’anima così pura e gentile che anche se fosse disponibile, non riuscirei neanche a tenerla tra le braccia.»
«Il cuore non si comanda e l’amore che si prova per chi si è perso è altrettanto forte di quello che sentiamo per le persone che ci sono vicine.»


Un uomo nudo si era affacciato a una delle balconate del palazzo, dall’interno della stanza da letto un altro disse a bassa voce: «Metalo, rientra, ti possono vedere.»
Il ragazzo si era voltato a quel richiamo chiedendo: «Di che cosa hai paura Oak?»
«Mio padre è nella stanza accanto, potrebbe…»
«Se tuo padre non si è alzato per vedere cosa combinavi vuol dire che dorme da ore come un sasso. Che cosa temi davvero? Che qualche guardia si chieda perché sono nudo nella tua stanza? E credi che parlerebbe? Smetti di temere le ombre e vivi come ti aggrada, sei un principe di questo modo e tutto ti è possibile soltanto se lo vuoi. Ciò di cui hai davvero paura sei te stesso. Pensi che giacere con un uomo ti abbia fatto diventare un orribile mostro oppure credi che aver goduto del piacere che ti ha procurato una persona del tuo stesso sesso sia una maledizione? Tutte domande che ti fanno perdere, di nuovo, la straordinaria bellezza di condividere con qualcuno il tuo letto, di assaporare il nettare squisito di una passione facendoti travolgere da un senso di colpa che ti crei da solo. Che cosa ti ha dato fastidio dei miei baci e delle mie carezze? In quale momento passato tra le mie braccia, hai sentito gli occhi indagatori delle persone? Guarda fuori da questo balcone e dimmi cosa vedi?»
Oak non riusciva a parlare e Metalo rispose anche per lui. «Là fuori c’è la vera vita che tu non conosci minimamente. Se aguzzi la vista e guardi fino al tuo palazzo, ci troverai dentro nobili gentiluomini che amoreggiano con i loro giovani servitori, matrone pompose che si fanno le proprie servette, eppure nessuno di loro trova questi gesti amorali. Hai letto i sacri testi? E in quale angolo di quei libri si condannano i rapporti sessuali tra uomini o tra donne? In nessuno! Il Leggendario ha insegnato soltanto una cosa: amatevi l’un l’altro. Niente distinzioni di sesso, nessuna preclusione a genti di altri posti, assolutamente nessuna parola che distingua limiti l’amore tra ciò che è il giusto e lo sbagliato. Hai goduto con un uomo? Sii felice! Vuoi scoparti una bella donna domani? Perché no, o sei legato tanto alla tradizione che adesso, solo per aver provato questo immenso piacere con un uomo, tu sei marchiato a fuoco e non puoi più toccare una donna? La morale è buona soltanto per chi ritiene le sue azioni giuste e quelle degli altri un insulto, ma sono le stesse persone che pagano una donna o un uomo per il loro solo piacere e che siccome non sono visti dalle mogli o dai mariti credono di essere i veri normali.»
Metalo si era rivestito e stava per lasciare la stanza ma Oak chiese: «E adesso cosa succederà tra noi?»
«Sei duro a comprendere così come lo è stato il tuo “arnese” questa notte. Non chiederti cosa succederà, poniti la domanda su cosa farai tu domani. Pecora o lupo? Quali dei due sei? Quando avrai capito cosa sei davvero, forse inizierai a comprendere ciò che brami e il tuo corpo sceglierà per te la strada da percorrere. Tra noi due è già successo, non per questo accadrà di nuovo oppure  non succederà più. Goditi i momenti come fosse il tuo ultimo giorno di vita, vivi gli istanti e lotta per ciò che vuoi avere. Ma scegli tu cosa prendere o cosa lasciare.»


Nella biblioteca erano accese alcune candele, i due ragazzi avevano avvisato le guardie della loro presenza così da poter chiacchierare senza essere interrotti.
«Oggi è successa una cosa che non mi sarei mai immaginata» stava dicendo Aarde a Fajro. «Oak ha chiesto di parlare con mia madre e…»
«Ha chiesto la tua mano.»
«E tu come fai a saperlo? Te l’ha detto lui?»
«Che fosse oggi non lo sapevo, ma a Puna mi ha detto che avrebbe fatto questa richiesta e ho immaginato che oggi fosse il giorno ideale.»
«Tu che cosa gli avevi risposto?» chiede incuriosita la ragazza.
«Che secondo me l’unico che poteva avere qualche speranza era Metalo.»
Aarde aveva sbuffato sonoramente alla risposta di Fajro e il suo sguardo si era inacidito nuovamente mentre diceva: «Sei riuscito a rispondergli solo quello? Non mi hai difeso come ha fatto mia madre dicendogli che non sono una merce di scambio? Non gli hai detto che tu…»
La ragazza si era fermata e Fajro, questa volta più attento alle parole di Aarde, rispose: «No, perché nonostante ciò che provo per te, non ha valore per tua madre, soprattutto dopo la guerra.»
Per paradosso anche quella risposta non andava bene. «Quindi anche per te io sono una… che ne so… una mucca da marchiare e spostare a seconda di come cambia il vento!»
«Non volevo dire questo, lo sai bene!»
«Io non so un bel niente! Nella nostra corrispondenza parliamo sempre di tutto, ma mai di noi due, di quale sentimento ci lega, di cosa vorremmo fare insieme o quanto ci manca la presenza dell’alto. Fajro! Tu devi…»
Questa volta era stato il ragazzo a far smettere di parlare Aarde con un bacio così appassionato che la principessa si era sentita mancare il pavimento da sotto i piedi.
I due ragazzi aprirono contemporaneamente gli occhi, si guardarono intensamente, sorrisero, e poi si baciarono di nuovo con sempre maggior trasporto fino a ritrovarsi completamente abbracciati sulla poltrona di Aarde.
«Fermati Fajro, ti prego» disse Aarde staccandosi improvvisamente dal ragazzo. «Che cosa succede?» chiese Fajro preoccupato. «Ti ho forse morsicato?»
«No, che stupido che sei.»
«E allora? Parlami, ti prego.»
«Non è niente, però è meglio che io vada a dormire.»
Aarde si era alzata e senza dire altro si era diretta all’uscita lasciando Fajro pensieroso. La principessa, raggiunta la scala, aveva iniziato a piangere; era tremendamente felice per quei baci, ma il suo pensiero, per qualche motivo, si era focalizzato su Haag, il giovane ufficiale che la corteggiava in assenza di Fajro. Pensiero tanto molesto da farla scappare senza dire una parola dalle braccia della persona che amava… o che gli voleva soltanto molto bene? Che cosa fare adesso che Fajro si è dichiarato perfino baciandola? Aarde corse sulle scale struggendosi per le tante domande che si stava facendo proprio nel momento che doveva essere il più bello della sua vita.


Cristalya, già leggermente brilla, aveva salito una delle scale tenendo in mano una bottiglia di un liquore famoso a Dwr per i suoi effetti afrodisiaci. Stava per raggiungere la stanza di Titan quando si accorse della presenza di Wasa che per poco l’aveva preceduta.
«Possibile che non si dorma questa notte?» aveva chiesto Titan aprendo la porta.
Wasa, entrata con irruenza, richiuse la porta dietro di sè.
«Non mentirmi, te la sei scopata, vero?»
«E con ciò? Sei forse gelosa?» rispose Titan facendo un sorrisetto irritante.
«Di quella? Neanche per sogno!» rispose Wasa volgendo lo sguardo verso l’alto per evitare quello di Titan.
«Ti dirò, pensavo che fosse una mela acerba, però ci sa davvero fare» disse il re di Metel sfidando la donna.
Wasa fece il gesto di colpirlo al viso ma Titan era stato lesto a bloccare le mani della regina per poi spingerla contro il muro in modo da tenerla ferma con il suo corpo.
«Sei spregevole.»
«Sono come mi desideri.»
«Voglio le persone oneste.»
«Io sono onesto» rispose Titan mettendo la sua mano sotto la veste di Wasa che non trattenne il mugolio di piacere provocato dalle dita dell’uomo.
«Smettila, non voglio…»
«Bugiarda» l’ultima parola pronunciata dai due che con foga continuarono il loro “discorso” sdraiati sul letto, entrambi prede della passione più travolgente.

Cristalya era rimasta vicino alla porta, i gemiti che provenivano da quella stanza non lasciavano spazio a dubbi, e si era accorta che quella situazione la stava eccitando, ma voleva credere che fosse colpa dell’afrodisiaco e non per il morboso desiderio di essere insieme con loro. L’idea di stare nel letto con un uomo e la zia era disgustoso, ma per alcuni attimi quel pensiero così peccaminoso l’aveva sfiorata facendola vibrare.
Raggiunta la sala del trono, si era seduta sul podio e continuava a bere il liquore fino all’ultima goccia e nel frattempo non riusciva a smettere di toccarsi il corpo in preda alla libidine. Le sembrava anche di vedere un’ombra vicino a lei, pensava di essere così ubriaca da avere le allucinazioni, invece c’era davvero qualcuno e lo comprese sentendo la sua voce.
«Regina Cristalya, che cosa state facendo qui da sola?»
«Spia e mercenario, che cosa vuoi?» poi, aprendo meglio gli occhi Cristalya aggiunse: «Ti dona quel mantello, ma sei arrivato tardi, la festa è già finita.»
«È normale che voi possiate scambiarmi per un mio seguace» rispose quella persona con la voce camuffata.
Cristalya, aggiustandosi sul trono, disse con tono più solenne: «Quindi voi siete il suo padrone. Da qualche tempo chiedevo d’incontrarvi e noto che siete una persona alta e di buon fisico, potrei fare anche voi la stessa proposta che ho fatto a lui.»
«Essere vostro suddito e magari altro? Mia Signora, siete molto più gentile di quanto pensassi, ma devo rifiutare entrambe le cose.»
«Non mi trovate abbastanza attraente da essere la vostra padrona?» chiese Cristalya alzandosi in piedi.
«Voi siete una donna dalla rara bellezza, così giovane per essere regina ma già così esperta sessualmente da ciò che ho avuto modo di vedere poco fa. No, la verità è che presto io sarò il vostro padrone e voi, ogni volta che vorrò deliziarmi, mi concederete il vostro corpo fino a saziare la mia fame.»
Cristalya, scoppiata a ridere, rispose: «Siete impertinente quanto audace, e scopro che avete anche il senso dell’umorismo.»
L’inquisitore, sollevando una mano, aveva fatto sedere Cristalya senza toccarla. La regina, bloccata sul trono dalla magia dello stregone, non poteva muovere un muscolo mentre quel personaggio le strappava le vesti lasciandola nuda, e non poteva parlare per chiamare qualche guardia. Le mani dell’inquisitore stavano percorrendo il corpo di Cristalya seguendo le linee delle sue curve fino a raggiungere il basso ventre, ma dalla donna non provenivano lamenti per ciò che stava subendo, anzi, i suoi occhi sprigionavano sensualità morbosa, il suo corpo tremava dal piacere intenso che stava provando e i gemiti si susseguivano costanti per il godimento che la stava sopraffacendo. L’inquisitore si era tolto il vestito e per Cristalya era stata una sorpresa: egli era una donna.
«State godendo come non avete mai fatto, e per di più con una femmina, proprio voi che avete dichiarato al mondo che gli amori tra donne sono inconcepibili e da  condannare. Non temete mia signora, io non sono né donna né uomo, io sono entrambe le cose e la prossima volta che c’incontreremo proverete l’altra parte della medaglia e state certa che non mi fermerò ai soli toccamenti e strusci. Ora mia invasata cortigiana è il momento di fare la nanna, non ricorderete ciò che è successo, ma il vostro corpo sicuramente sì. Presto anche la vostra mente sarà nelle mie mani e da quel momento sarete voi stessa a supplicarmi di farvi raggiungere l’orgasmo che avete provato in questo momento.»
Cristalya, dopo l’ennesimo tremito, aveva chiuso gli occhi addormentandosi profondamente, mentre l’inquisitore era sparito nel suo globo nero.


GIORNO 7, Regno di Dwr, poco lontano dal porto
Due delle navi ormeggiate a Port Iar erano in fiamme, le guardie cercavano di spegnere il fuoco che stava per attecchire su una terza imbarcazione. Poco distante una piccola scialuppa stava raggiungendo lentamente una nave ancorata al largo nel Mare dell’Ovest.
«Ecco mia cara Elonosia, questi orecchini di perle e la collana di smeraldo sono per te come risarcimento della perdita della tua nave» disse Zedora mentre aiutava la ragazza a indossare i regali appena ricevuti.
«Ma non era mia, ero soltanto il capitano» rispose Elonosia quasi scusandosi.
«Mia cara, tutto è tuo quando stai con me.»
Le due donne iniziarono a palpeggiarsi, le loro lingue s’intrecciarono provocando degli schiocchi mentre i loro corpi si dimenavano facendo traballare la scialuppa.
«Posso remare girato verso di voi?» chiese Kruzni.
«Fai quello che ti pare, ma se tocchi anche solo il piede di Elonosia, ti strappo con le mie mani il piccolo pendaglio che hai tra le gambe!» rispose Capitan Blood.










N.d.A.
- Una piccola nota su questo capitolo. Come avete letto nella prima parte utilizzo il tempo “presente” che userò sempre nelle parti di maggiore azione anche nei prossimi capitoli e come ho fatto nella serie precedente.

Grazie a tutti.










 
CAST
Anziano Maestro – Insegnante della scuola imperiale e narratore della storia
Ten – Il bambino che legge sui libri i racconti di questa storia
Atua Primo del suo nome – Leggendario primo Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Kwakhala – Regina dei mostri marini
Atua CCXV (vero nome Ukwu)  – Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Atua CCXVI (vero nome Wijs) – Nuovo Imperatore dei Cinque Regni, ex Saggio di corte della Regina Wasa di Tera.
L’Inquisitore – identità sconosciuta
- Regno di Apen
Wit – Re di Apen
Pine – consorte del Re di Apen
Willa – principessa di Apen
Oak – principe ereditario di Apen
Wicaksana – Saggia reale di Apen
Panglito – comandante in capo dell’esercito
Miral – ammiraglio della marina
Macan e Terwelu – generali dell’esercito
Catur e Jaran – capitani dell’esercito
Prau – generale della marina
Menara – capitano della marina
Altri: Ijo (ufficiale della marina), Kayu, Gedhe (ufficiale dell’esercito)
- Regno di Dwr
Fond – Re di Dwr [deceduto in un incidente in mare]
Ruith – Regina di Dwr [deceduta in un incidente in mare]
Cristalya – Regina di Dwr
Oceanya – sorella e principessa ereditaria di Dwr, comandante in capo dell’esercito
Dheat – Saggio di Dwr [prigioniero dei mercenari]
Glic – Saggio reale di Dwr
Haranche – Ammiraglio della marina
Fharsa e Each – generale dell’esercito
Foeil – capitani dell’esercito
Dubh – capitano dell’esercito [neo promosso]
Tarley – generale della marina
Luchag – capitano della marina
Altri: Eas (ufficiale dell’esercito neo promossa), Geodha (soldato dell’esercito)
- Regno di Metel
Titan – Re di Metel e comandante in capo dell’esercito
Metelo – principe ereditario di Metel
Ohlaka – Saggia reale di Metel
Meirge – generale dell’esercito neo promossa
Capall, Tyred, Gwyn (neopromossa) – capitani dell’esercito
Lyngesydd – ammiraglio della marina
Moncai e Ceilog – generali della marina
Altri: Copar (soldato dell’esercito)
- Regno di Tan
Explodon – Re di Tan [deceduto nella battaglia sull’Isola Ngahuru]
Bruligida – Regina in pectore di Tan
Torcon – principe ereditario (gli è stato imposto di lasciare il comando dell’esercito)
Fajro – principe di Tan
Saga – Saggio reale di Tan [deceduto] (posto vacante)
Turo – comandante in capo dell’esercito – (nuova nomina, ex generale marina)
Standarto, Serpe (neopromosso), Cevalo (neopromosso) – generali dell’esercito
Cindroj (neopromosso), Ruga (neopromosso) – capitani dell’esercito
Altri: Flame (ancella della regina)
- Regno di Tera
Fond – Re di Tera [deceduto per intossicazione alimentare]
Wasa – Regina di Tera
Aarde – principessa ereditaria di Tera
Hond – principe di Tera [deceduto]
Vlek – Saggio reale di Tera (nuova nomina dopo che Wijs è diventato Imperatore)
Hebber – comandante in capo dell’esercito
Buffel e Draak – generali dell’esercito
Paard – capitano dell’esercito
Raal – ammiraglio della marina
Geit – generale della marina
Mijin e Vaandrig – capitani della marina
Altri: Geel e Haag (ufficiali dell’esercito)

- Mercenari
Kokiaka – Capo dei mercenari
Rak (spia in contatto con la regina Cristalya), Fiskabur, Eya, Tepanje (quattro dei nove personaggi in nero che hanno colpito Explodon), Kaia, Kumari, Makara – capitani dei mercenari [7 di 12]

- Pirati
Zedora (Capitan Blood) – capitano dei pirati
Polegada (timoniere), Mynegai (vedetta), Lautele (cartografo), Kruzni (tutto fare), Malicek (addetto ai cannoni)
Elonosia – prigioniera dei pirati (nuova pirata?)

- Bordello “La casa di Lù
Zai (prostituta), Mu (prostituto)


MAPPA


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Capitolo 4
*** Scacco matto ***


È una bella mattina, il piccolo Ten apre gli occhi per il profumo di ciambelle che proviene dalla sala da pranzo, si veste velocemente e corre verso quel delizioso aroma. Il vecchio maestro sta sorseggiando del latte e sgranocchiando dei teneri biscotti al miele, alza la testa e rimprovera bonariamente il bambino. «Ecco il dormiglione! Sono già le otto.»
«Le otto? Ma sono in vacanza!»
«Vacanza? Sei qui per lavorare mio caro poltrone.»
Ten raggiunge il tavolo, si siede sbuffando, ma quelle ciambelle gli cambiano l’umore. Addentandone una osserva: «Sono morbidissime!»
«Mangia quanto vuoi, le spese per mantenerti saranno il pagamento per il tuo lavoro» dice il vecchio maestro ridacchiando.
Ten non è per nulla infastidito, anzi risponde con la bocca piena: «Se mi date così tante ciambelle ogni mattina, l’affare è fatto.»

Finita la colazione, maestro e allievo iniziano i primi lavori nella villa e le cose da spostate e sistemare sono tantissime. Tra le mani di Ten passano oggetti di uso comune, ma soprattutto molti oggetti di cui non conosceva neppure l’esistenza e la sua natura curiosa lo spinge a fare una serie interminabile di domande. Il vecchio maestro spiega, in alcuni casi racconta aneddoti, ma per una teca risponde con poche parole: «È un ricordo.»
In quella teca c’è una catena di ferro che ha sulle estremità dei bracciali, è molto arrugginita e la prima idea del ragazzino è di buttarla via però è anche attratto da quell’oggetto che lui conosce solo per averlo visto disegnato su un libro. Ten nota che la chiusura di uno dei bracciali è mancante, tocca la vetrinetta per guardare la parte inferiore e da quel contatto inizia a sentire calore sulle sue mani, come se avesse toccato una fiamma accesa. Impossibile per il ragazzino non fare una domanda con risposta annessa. «Maestro, il vostro elemento magico è il fuoco, vero?»
L’anziano, salito su una scaletta per sistemare uno scudo, risponde senza voltarsi: «Sai che non posso svelarlo però posso rispondere “no” alla domanda.»
«Che strano,» dice Ten, «ho toccato la teca è sento provenire un forte calore dal suo interno.»
A quelle parole il vecchio maestro si gira di scatto rischiando di cadere, Ten si accorge di quel movimento goffo e innaturale e chiede: «Di cosa si tratta?»
Il maestro non può mentire, però nel corso del tempo ha trovato una soluzione per questo problema e risponde: «È un segreto.»
Ten è perspicace, capisce quando qualcuno evita un discorso e ridacchiando dice: «Maestro, voi avete troppi segreti, non me la raccontate giusta!»
«Ti prometto che ti racconterò la storia di quelle catene perché sono sicuro che hai capito che erano le mie in schiavitù.»
«E come dicevano a Tan, una promessa è sacra!» afferma con decisione il ragazzino.
«Giovanotto, cambiando discorso. Vai in cucina, preparati la merenda e puoi correre in biblioteca.»
Il vecchio maestro ha appena pronunciato la parola “biblioteca” e Ten è già sparito.



4° capitolo – Scacco matto



Rumori di passi, tacchi che picchiettano sul pavimento, voci bisbiglianti e qualche urlo; era impossibile per Aarde continuare a dormire. Indossata una veste, era scesa al piano inferiore del Castello Reale di Tera e davanti ai suoi occhi c’era un grande assembramento di militari, alcuni pronti a muoversi, altri sull’attendi mentre il comandante in capo Hebber ascoltava la Regina Wasa. «Com’è stato possibile che non ne sapessimo niente?»
«I nostri informatori sono quasi tutti impegnati per l’altro problema e nessuno poteva immaginare questo movimento di truppe di altri regni.»
«Ora qual è la situazione?»
«Questa notte ci hanno informato che un grosso reggimento dell’esercito di Apen si stava spostando verso il nostro confine. Ho iniziato immediatamente la mobilitazione delle nostre truppe per arginare qualsiasi tipo d’invasione mentre l’ammiraglio Raal sta pattugliando il Mare del Sud per dare supporto all’esercito in caso di attacco navale.»
La principessa, raggiunta la madre, chiese: «Vogliono di nuovo la guerra?»
«Se il mio rifiuto a quel principino sta scatenando quest’offensiva, Re Wit sta peggio di quello che pensavo!» rispose Wasa molto adirata.
Correndo a perdifiato Haag aveva raggiunto il suo comandante. «Signore, non è ancora chiaro cosa stia accadendo però ci hanno informati che l’esercito di Apen si è diviso in tre gruppi, uno è rimasto nella capitale, gli altri due stanno raggiungendo i confini: a sud con noi e l’altro a ovest con Tan. È arrivata anche un'altra notizia mentre attendevo comunicazioni dall’ammiraglio Raal. Un nostro informatore ha segnalato la partenza di navi da guerra di Metel, salpate questa notte da Port Pearl e dirette nel Mare dell’Ovest e che probabilmente ora saranno già arrivate.»
Le nuove notizie confondevano maggiormente le idee di Hebber che cercava di trovare una spiegazione plausibile. «Non c’è nessun senso in quello che stanno facendo. Se fossero venuti solo da noi, la prospettiva peggiore era un’invasione, ma da come si stanno disponendo, sembra quasi vogliano difendere i propri confini da qualcuno, che ovviamente non siamo noi. Adesso c’è in ballo anche la flotta di Metel che si dirige proprio dove vanno le navi di Apen.»
«Forse re Titan ha deciso di attaccare Apen e loro proteggono i confini ipotizzando che ci siamo anche noi di mezzo» disse Haag.
«Potrebbe essere così, ma perché spostare un terzo dell’esercito al confine con Tan? Torcon non attaccherebbe mai Apen e dopo il matrimonio dei principi dubito che Titan tenti un’invasione con il rischio di far muovere anche Dwr» rispose Hebber sempre più attorcigliato in mille pensieri diversi.


Le notizie dei movimenti delle truppe di Apen e delle navi partite da Metel erano giunte anche nel Regno di Tan durante la notte. Il comandante Turo si era subito attivato mettendo in atto le prime contromisure per una possibile invasione e nella sala di comando stava ascoltando il rapporto di un soldato.
«Signore, il generale Serpe comunica di avere raggiunto il Confine Ovest e dalle prime osservazioni sembra che dall’altra parte siano tutti fermi, il generale Standarto è al Confine Nord, segnala il passaggio delle navi di Metel, ma aggiunge che non sono appoggiate da un esercito di terra.»
«Grazie Matco, puoi andare.»
Cevalo, arrivato in quel momento, dopo aver ascoltato le relazioni provenienti dai suoi colleghi, chiese a Turo: «Possibile che Metel stia per attaccare Apen?»
«Come ti ho scritto questa notte il movimento di truppe e navi rappresenta un grosso problema per noi. La nostra unica soluzione è rinviare tutto alla fine di questa “crisi” perché se qualcuno di loro è scoperto, sarà la fine per tutti. Spero che anche gli altri abbiano ricevuto i piccioni viaggiatori che ho mandato» disse Turo con molta preoccupazione.



– Quindici ore prima –



Era passato un mese dal grande matrimonio e nel palazzo di Dwr si respirava un’aria diversa senza tutte le tensioni che si erano accumulate fin dal dopo guerra. La nuova coppia pareva felice, si potevano vedere insieme quasi tutto il giorno tranne che nelle ore in cui Oceanya partecipava nell’istruzione delle nuove reclute e che Torcon sfruttava leggendo antichi testi del Regno di Dwr. La Regina Cristalya era stranamente rilassata, di rado la si sentiva gridare per motivi futili e aveva addirittura iniziato a relazionarsi maggiormente con Glic, anche se la sua dote naturale di voler essere al centro dell’attenzione faceva in modo che il Saggio continuasse a tenersi per sé i suoi pensieri di politica estera.
Torcon era in biblioteca al ritorno di Oceanya nel palazzo. I due si erano promessi di mantenere una consuetudine che mostrasse la loro vicinanza e la principessa, appena entrata della sala, aveva baciato il marito. Dietro di lei, come un’ombra, c’era Eas, ormai diventata la sua guardia del corpo. In quel mese la gelosia di Eas era diventata quasi ossessiva, vedere Torcon e Ocenaya baciarsi la turbava, anche se la principessa le aveva detto chiaramente che fossero solo gesti di facciata, e spesso la si poteva trovare di notte dietro la porta della loro stanza intenta a origliare se i due sposini  fossero a letto a consumare la loro unione.
«Eas, puoi andare, adesso c’è il mio uomo» aveva detto Oceanya a Eas e quella frase, ripetuta ogni giorno, era come una coltellata nello stomaco per la ragazza.
«Mia Signora, se avrete bisogno di me, sono nella sala comune, devo finire di scrivere la lettera da mandare a casa» aveva risposto Eas mostrando il suo disagio con una smorfia eloquente.
Uscita l’ufficiale dalla biblioteca, Oceanya si era seduta davanti a Torcon che non poteva fare a meno di notare gli atteggiamenti ostili di Eas.
«Le hai detto come stanno le cose?»
«Certamente, ma lei vorrebbe starmi vicina in ogni istante, soprattutto nel letto durante la notte come puoi immaginare.»
Torcon, sporgendosi verso Oceanya, disse a bassa voce: «Devo andare a casa, non vedo mia madre da più di un mese e vorrei sincerarmi di persona delle sue condizioni.»
«Puoi farlo tranquillamente, sei sposato, e anche se ti può sembrare una tortura, non sei un prigioniero» rispose Oceanya sorridendo.
«Lo so, ma voglio vedere anche lei ed è un problema dato che mi posso muovere solo con la scorta armata di Dwr.»
«Per la scorta si trova la soluzione, ma il vero problema è che se una qualsiasi spia di mia sorella scopre che sei andato ad Apen non ci andrai di mezzo soltanto tu.»
«Di questo posso occuparmene io, però ho bisogno che sia questa notte.»
«Non partire prima del mio segnale» era stata l’unica raccomandazione di Oceanya.


Nel Palazzo Reale di Apen, invece, la situazione famigliare dei regnanti era soltanto peggiorata nell’ultimo mese. Re Wit aveva mantenuto il solito comportamento dispotico con chiunque, Willa girovagava nel palazzo vestita a lutto mentre Oak si rinchiudeva spesso nella propria stanza per scrivere delle lettere. Oak era seduto al tavolo e parlava con il generale Macan che aveva fatto chiamare lui stesso.
«Generale, ho appena finito di leggere una missiva proveniente dalle nostre spie e mi segnalano movimenti sospetti a Tan e a Tera. Per ora Panglito ed io abbiamo formulato soltanto delle ipotesi, però vorrei che teneste d’occhio i due confini e che le truppe siano messe in allerta per qualsiasi evenienza.»
«Mio Signore, gli ordini del Re sono di non tenere conto degli ultimi dispacci provenienti dalle nostre spie perché presume siano redatti da altri.»
«Conosco cosa ha detto mio padre, però crediamo che dovremmo dare almeno un certo peso a ciò che giunge da fuori del regno. Stare sull’attenti per niente è sempre meglio che scappare perché siamo stati distratti. Lei è uno dei generali più grintosi del nostro esercito e comprenderà certamente la mia preoccupazione.»
«Sì mio Signore, allo steso tempo sono anche un soldato e devo attenermi agli ordini del comandante supremo e per tanto dovrò comunicare al Nostro Re le nuove disposizioni.»
«Sono perfettamente d’accordo ed è per questo motivo che il comandante Panglito sta discutendo proprio in questo momento nelle stanze private di mio padre. Vi saranno date le nuove consegne in breve tempo, ho soltanto voluto accelerare le operazioni parlandone direttamente con voi perché le mie preoccupazioni per il regno e per il Re sono sempre prioritarie su tutto. Conto su tutti voi, potete andare Macan.»
«Grazie, mio Signore, non vi deluderemo mai» rispose il generale uscendo dalla stanza mentre Oak, terminato il colloquio, aveva ripreso a scrivere.
Il generale aveva quasi finito di scendere le scale quando gli era andato incontro proprio Panglito. Il comandante, prontamente, diede in mano a Macan un foglio firmato dal Re chiedendo: «Uscite ora dalle stanze del principe?»
«Sì signore, mi ha anticipato i cambiamenti delle direttive.»
«Bene, ho temuto che rinchiudendosi in quella stanza perdesse di vista il nostro compito primario, ma per fortuna i miei pensieri sono sbagliati. Nel foglio che vi ho consegnato ci sono le direttive approvate dal re. Ora devo correre dal principe per confermare la decisione del nostro sovrano.»
Panglito saliva le scale velocemente mentre Macan leggeva, a sommi capi, ciò che era scritto sul foglio, e giunto al portone disse a voce alta: «Ci mancavano solo i pirati!»


La nave di Capitan Blood era ancorata poco lontano dalle coste di Dwr. Nell’ultimo mese gli abbordaggi erano aumentati e i tesori arraffati superavano anche le attese della stessa Zedora. Tutta la ciurma, da giorni, soggiornava quasi ininterrottamente nella Casa di Lù e la padrona del bordello era più che felice di soddisfare le loro richieste con l’enorme denaro con cui le riempivano le tasche. La giovane Zai invece lamentava l’assenza del capitano e dei suoi modi gentili mentre le toccava servire quella marmaglia di maschiacci sempre pronti a inventarsi posizioni strane da provare a letto.
Sulla nave ogni momento era buono per schiamazzi, liti, spari e urla, ma quel giorno tutto l’equipaggio era sbarcato, il capitano ed Elonosia erano sole e per non essere disturbate Zedora aveva fatto issare le bandiere a strisce gialle, segnale che avrebbe tenuto lontano qualsiasi navigante perché significava che a bordo c’era un epidemia. Nel suo alloggio Zedora era seduta al tavolo intenta a scrivere l’ennesima missiva da affidare al piccione viaggiatore mentre Elonosia, sdraiata a letto, giocherellava con la nuova collana che le aveva regalato. Disse ridendo: «Capitan Blood, perché non mi raggiungete su questo comodo materasso?»
«Stai lì buona, sfacciata,» rispose Zedora sorridente al pensiero di cosa avrebbe fatto in seguito, «qualche istante ancora di pazienza, questi sono messaggi importanti.»
«Capitan Blood, guardate, deve avermi punta un’ape sul capezzolo, verreste a succhiare via il pungiglione?»
«Ragazzina, sei tremenda. Pensavo di essere io quella infoiata, ma tu mi batti di almeno mille leghe!»
«Capitan Blood…»
All’ennesima chiamata Zedora aveva buttato per aria calamaio e penna per fiondarsi sulla sua amante. «Adesso dovrai pagare pegno per avermi fatta bagnare il foglio!»
«Solo il foglio si è bagnato?»
«Tu devi essere una strega» disse Zedona mentre si spogliava. «Non so di quali incantesimi sei capace, ma di certo la tua bocca è in grado di eccitare un eunuco» disse il capitano infilando la sua lingua tra le “labbra” di Elonosia.


Nel regno di Tan il mese era passato senza grandi novità. La Regina Bruligida, dopo il giorno del matrimonio del figlio, non aveva più parlato e per i medici significava che le sue condizioni stavano peggiorando per colpa dell’ennesimo dispiacere. Fajro, ancora furente per colpa delle azioni di Torcon, era anche demoralizzato pensando a ciò che era successo con Aarde. Il suo atteggiamento così dimesso non poteva passare inosservato e un suo amico di vecchia data gli stava facendo visita con un'altra persona che il giovane principe aveva conosciuto sul ponte Nord/Ovest.
«Sono felice che stiate bene mio Signore» disse Cindroj sollevato nel vedere il ragazzo in buona salute.
«Questo è un testone, è difficile da abbattere» sentenziava Cevalo con una risata. «Come mai questa visita?» chiese Fajro stupito di vedere entrambi gli uomini.
«Io, come generale devo tenerti d’occhio, mi sono giunte voci che sei così distratto da dimenticare anche il tuo nome» disse Cevalo, poi, indicando Cindroj aggiunse: «Mentre lui è qui come uomo innamorato. Peccato che lei non lo sappia ancora.»
Cindroj era arrossito. «Perché svelate i miei segreti Cevalo, siete proprio inaffidabile come maestro.»
Fajro stava per chiedere chi fosse la ragazza di cui si era invaghito quando sopraggiunse nella sala Flame e al principe era bastato un attimo per avere la risposta al suo quesito senza neppure domandare.
Il viso della ragazzina era più rosso dello stemma di Tan, portava un vassoio con tazze da the tremando come una foglia e la prima parola che disse era così ingarbugliata che nessuno aveva capito in che lingua parlasse. Flame, imbarazzatissima per quella parola sbiascicata e intimidita dalla presenza di Cindroj, era corsa via tenendo gli occhi chiusi, ansimando si era seduta al tavolo nella sua stanza e aveva iniziato a scrivere una delle tante lettere che aveva redatto nell’ultimo mese.
Cevalo, molto delicatamente, disse al capitano per schernirlo: «Cindroj, se la spaventi solo alla tua vista, quando tenterai di darle un bacio fuggirà a Koraha.»
«Non siete gentile per niente» disse Cindroj evidentemente imbarazzato.
Fajro stava ridendo, quell’intermezzo buffo gli aveva ridato un poco del suo sorriso e l’argomento si prestava alla domanda per Cevalo: «Come si fa a capire le donne?»
Cevalo e Cindroj si guardarono in faccia, poi il generale Cevalo rispose: «È un vero mistero che nessun uomo è ancora riuscito a svelare. Quel poco che so è che quando dicono una parola che per noi ha un significato preciso, nella loro mente ne ha almeno dieci, e qualunque sia la nostra risposta sarà sempre sbagliata.»
Fajro doveva essere più preciso per avere una risposta, ma non voleva svelare che fosse suo il problema. «Ecco, c’è un mia amico che ama da sempre una ragazza, glielo ha dimostrato svariate volte però non lo ha mai detto apertamente a voce. Un giorno lui ha deciso di fare un passo avanti, l’ha baciata e…»
Cevalo lo interruppe chiedendo: «E la principessa cosa ha fatto?»
«Generale, il principe non ha parlato di principesse!» disse Cindroj strizzando l’occhio per far capire al generale l’errore involontario.
«Ah, già. Continuate e scusate se vi ho interrotto» disse Cevalo cercando di camuffare la sua gioia nel sapere che quel ragazzino finalmente si era dato una mossa con la bella principessa.
Fajro su certe cose era davvero ancora immaturo e non si era minimamente accorto che ormai i due ascoltatori avevano capito che si trattava di lui e quindi aveva continuato il suo racconto. «Dicevo, lui l’ha baciata e lei ha contraccambiato in modo molto appassionato, poi però ha smesso ed è scappata via senza dire altro. Il mio amico continua a scambiare lettere con la ragazza, ma di quell’argomento non ne parlano.»
«La ragazza del vostro amico si era mai dichiarata a voce?» chiese Cindroj.
«No, mai, ma anche il mio amico aveva capito i sentimenti della ragazza senza sentire il bisogno che li esprimesse.»
«Sta tutto qui il problema del tuo amico. L’uomo da tutto per scontato, proprio perché la sua mente viaggia su un'unica strada, mentre la donna ha bisogno di sentirsi corteggiata, di ricevere apprezzamenti, e di udire la voce della persona amata mentre dichiara lo stesso sentimento.»
Fajro guardava Cevalo dubbioso, poi chiese: «Ma se entrambi si amano e già lo sanno, perché la ragazza vuole qualcosa di più da lui mentre lei si ferma?»
«Te l’ho detto, nessun uomo è stato ancora in grado di risolvere il misterioso pensiero di una donna» rispose Cevalo.
«Pensate che se io… ehm… il mio amico si dichiarasse apertamente la ragazza lo accetterebbe di nuovo?»
«Se lei lo ama con tutto il cuore, qualsiasi altro pensiero stia passando nella testa della ragazza sarà cancellato appena quel ragazzo le dirà di amarla.»
Cindroj aveva finito di parlare e alzando lo sguardo aveva incrociato quello di Flame che sentendo quelle parole era scappata nuovamente nella propria stanza mentre lui, sprofondando nella sedia, disse: «Ecco, faccio il filosofo ed io non riesco neppure a farla restare vicina a me per più di un secondo.»


La tranquillità dell’ultimo mese aveva fatto rilassare tutti nel Regno di Tera nonostante il matrimonio di Oceanya e Torcon che avrebbe potuto creare ulteriori dissidi tra la Regina Wasa e Cristalya. Nella “sala aperta” era seduto Haag intento a scrivere una lettera, così concentrato da non notare una persona che lo stava osservando.
«Stai scrivendo alla tua amata?»
L’ufficiale, saltato in piedi come una molla sentendo la voce della principessa Aarde, si era subito premurato di inchinarsi, ma allo stesso tempo era riuscito a tenere dietro la schiena il foglio su cui stava scrivendo.
«Mia Signora, è soltanto il mio rapporto quotidiano.»
Aarde, scrutando nello sguardo di Haag, sbuffando divertita disse: «Non sei un bravo bugiardo! Se non vuoi parlarmi di questa ragazza basta che lo dici e non ti disturbo più.»
«Mia Signora, in realtà non ho nessuna ragazza, sono innamorato ma preferisco dire le cose a voce che metterle per iscritto.»
Gli occhi con cui Haag stava guardando Aarde erano completamente diversi da prima e il giovane decise di non buttare una delle poche occasioni in cui si trovava da solo con la principessa. «Vi ho sempre ammirata da lontano, eravate già bella quando vi vidi la prima volta quattro anni fa, ora siete una donna straordinariamente affascinante e ogni volta che mi siete vicina il mio cuore batte più forte. Lo so che sono ardito a dirvi che vi amo, ma ciò che ho imparato con voi è che non esiste differenza di ceto e che un umile ufficiale come me può realizzare i suoi sogni più grandi. Io sono una persona decisa, non temo nulla, ma vi chiedo di perdonarmi se sarò ancora più ardito.»
Haag prese la mano di Aarde per farla avvicinare e poi senza esitazione le aveva dato un bacio che lei contraccambiava senza opporre resistenza e solo il rumore di passi convinse l’ufficiale a sciogliere l’abbraccio con cui teneva stretta a sé la principessa.
«Buongiorno mia Regina» disse Haag che aveva riconosciuto il passo di Wasa.
La donna, con un solo sguardo verso la figlia, aveva capito che era successo qualcosa tra i due ragazzi però chiese ugualmente: «Ben trovato Haag, che cosa stavate facendo qui tutti soli?»
«Mia signora, stavo scrivendo il mio rapporto e poi mi sono soffermato con vostra figlia per scambiare due parole.»
La regina amava prendersi gioco degli uomini che si avvicinavano tanto alla figlia e disse sorridendo: «Qualcuno vi ha già detto che non siete un bravo bugiardo?»
Haag era diventato paonazzo. «Sì, vostra figlia proprio qualche minuto fa» poi, facendo un inchino, aggiunse: «La prego di scusarmi, devo consegnare il rapporto prima che il comandante decida di chiamarmi con uno dei suoi soliti urli.»
L’ufficiale era fuggito veloce da quella situazione imbarazzante, ma per Aarde non c’era via di scampo.
«Quel giovane è proprio carino, una persona a modo, sempre presente ma mai invadente, tu che ne pensi di lui?»
La principessa non stava rispondendo ma Wasa si era accorta che le scendevano delle lacrime. Cambiando il tono di voce chiese: «Tesoro, che cosa succede?»
«Madre, non lo capisco neppure io.»
«Non voglio sapere cosa vi siete detti e neppure cosa sia successo in questa sala, quelle sono cose tue personali, però se piangi, il problema è nostro e dobbiamo risolverlo prima che diventi qualcosa di più grande.»
«Secondo te è possibile essere innamorati nello stesso momento di due persone completamente diverse tra loro?»
«C’è di mezzo lo scavezzacollo!»
«Non parlare così di Fajro. È dolce, a modo suo sensibile, premuroso e di sicuro affidamento» disse Aarde in modo molto deciso.
«Figlia mia adorata, l’amore è qualcosa che non si può comandare a bacchetta, nasce o muore in un singolo istante, ci scombussola ogni senso e stravolge ogni cosa che crediamo normale. Loro due sono davvero diversi in tutto, ma li accomuna proprio l’amore che provano entrambi per te ed è questo che ti turba. Se ti reputassi una ragazza senza cervello, ti direi di divertirti con entrambi senza fare una scelta, ma sei una donna intelligente e puoi risponderti da sola alla domanda che mi hai fatto. Io posso solo dirti di seguire il tuo cuore lasciando che la tua mente stia in silenzio.»
«Ma in questo momento non so decidere» rispose Aarde abbracciando la madre. «Fajro mi manca ma non capisco se è solo per abitudine, Haag è presente ma non comprendo se è soltanto infatuazione; vicino a uno qualsiasi di loro sono felice, poi piango perché ho fatto del male all’altro.»
«Tesoro, ci siamo passate tutte attraverso queste situazioni e vedrai che tutto si sistemerà nel tuo giusto ordine. Lascia la porta aperta per entrambi ma non fare qualcosa se poi ti fa piangere» disse Wasa baciandole la testa.
«Hai ragione.»
«E ripeto, non voglio sapere che cosa hai fatto!» disse sorridendo Wasa ricevendo un bacio sulla guancia dalla figlia.


Al Castello Reale di Metel, Metalo aveva raggiunto la sala lettura e si era fermato a guardare Titan che stava seduto in modo scomposto su una delle sedie. Il principe non riusciva a lasciar correre un’occasione così ghiotta di burlarsi del padre così disse: «Alla vostra età, se tenete la gamba in quel modo sul bracciolo, quando deciderete di alzarvi non sarete in grado di appoggiare un piede senza cadere.»
Titan era solito rispondere al figlio con qualche battuta spiritosa o con la minaccia di farlo lavorare, ma questa volta era stato in silenzio mentre agitava una lettera che teneva in mano.
«Di che cosa si tratta?»
«Perdonami Metelo se te ne parlo solo ora, ma questa è la quinta lettera che ho ricevuto nelle ultime due settimane e sono tutte scritte dalla stessa persona.»
«Chi è?»
«Della persona più improbabile che ti possa venire in mente, ma leggi tu stesso» disse Titan passando la missiva al figlio.
Metalo, dopo una prima lettura veloce, aveva esclamato: «Accidenti! Anche pensandoci, non avrei dato la risposta giusta. E cosa intendete fare?»
«Per questo motivo ti ho chiesto di perdonarmi, ho già deciso senza consultare nessuno e ho accettato. Tu che cosa ne pensi?»
«Se non sta mentendo, dico che avete fatto la scelta giusta.»



– Nove ore prima –



All’esterno del Palazzo Reale di Apen c’era gran fermento, i capitani dell’esercito stavano inquadrando le truppe per iniziare la marcia mentre il comandante in capo Panglito era a colloquio con i generali pronti alla partenza.
«Come sapete, le vedette ai confini hanno confermato movimenti delle truppe di Tan e di Tera. Ho deciso di assegnare le zone agli stessi comandi che erano stati lì durante la guerra; generale Macan avrete al vostro servizio Jaran e vi dirigerete al Confine Sud, mentre lei, generale Terwelu, avrà come aiuto il capitano Catur e vi spingerete fino al Confine Ovest. È tassativo che nessuno di voi faccia la prima mossa, attendete fino a che il nemico non sarà penetrato nella nostra terra e solo in quel momento attaccate senza attendere altre conferme. Il resto dell’esercito rimarrà qui a protezione del palazzo sotto il mio diretto comando. Fate attenzione perché non avrete copertura dalla marina. La nostra flotta al completo si sta dirigendo nel Mare dell’Ovest perché sono state segnalate delle navi pirata ma che portano bandiera di Tan.»
«Corsari? Da secoli nessun capitano pirata accetta questo tipo di lavoro e Tan non ha le risorse per pagarli. Signore, siete certo di queste informazioni?» chiese molto perplesso Macan.
«Come le ho detto questo pomeriggio non c’è nessuna certezza.»
«E allora com’è possibile che stiamo mandando tutta la flotta in giro per il mare quando rischiamo un attacco massiccio da terra?» aveva insistito il generale sempre più dubbioso.
«Il Re ha accettato la linea del principe Oak. Prevenire prima di curare. E noi siamo tenuti tutti a rispettare gli ordini del comandante supremo, Re Wit.»
Macan non rispose a quest’ultima replica di Panglito ma dal suo viso si poteva intuire che non fosse d’accordo con la linea decisa dal comando militare.


Una carrozza, trainata da sei cavalli, dopo aver attraversato il Ponte Sud/Est alla massima velocità, si stava dirigendo verso la capitale di Apen. All’interno del cocchio Ruga parlava con Torcon.
«Siete troppo silenzioso, mio Signore, eppure la finta di salire sulla nave diretta a Tan per poi prendere la carrozza per Apen è stata un successo.»
«Sto pensando a Oceanya. Lei non merita questo inganno, è sempre stata gentile con me, sarebbe una perfetta regina per Dwr. Nonostante sia la nemica peggiore che si possa incontrare, spero che non le accada nulla perché non me lo perdonerei mai.»
«Mio Signore, avete fatto una scelta importante ed io sono felice di esservi ancora accanto, comprendo il vostro desiderio ma mi è difficile sperare qualcosa di così buono per la nostra nemica, soprattutto dopo Port Pearl» rispose Ruga corrucciato. «Ho potuto vivere accanto a lei, conoscerla ancora meglio di prima e so quanto sia frustrata da Cristalya e Oceanya non merita di essere accomunata con la sorella.»
«Non pensate alla ragazza, adesso dovete farvi bello per una vera donna. Immagino quanto sarà felice milady quando vedrà sbucare all’improvviso il suo amato.»
«Giusto Ruga, il futuro lo conosce solo il Leggendario ed io devo vivere questo momento senza pensare ad altro» rispose Torcon sorridendo.

La carrozza si era fermata prima di arrivare al castello ma il guidatore l’aveva nascosta nella boscaglia. L’uomo, sceso dalla cassetta, disse: «Signore, devo restare più indietro, ci sono dei soldati in marcia proprio qui vicino.»
«Mi spiace lasciarti qui mentre…»
«Ha già perso troppo tempo Mio Signore» rispose Ruga a Torcon. «Deve anche camminare di più e se perde fiato per delle scuse inutili, rischia di non arrivare fino alla sua meta.»
Torcon sorrise e poi si mise a correre verso il castello.


Nella caserma principale di Tan, il comandante in capo Turo stava osservando delle mappe nautiche per tracciare delle nuove rotte da recapitare a Capitan Blood, ma aveva anche a portata di mano un taccuino sul quale ogni tanto scriveva qualcosa di tanto importante da chiuderlo subito dopo.
Uno dei soldati raggiunse di corsa la sala comando recando un messaggio. «Signore, una delle nostre spie ha segnalato che da Port Pearl sono appena salpate delle navi militari. Parla di circa due terzi dell’intera flotta, non conosce la destinazione finale, ma è certo che dirigono verso il Mare dell’Ovest.»
«Che intenzioni hanno a Metel?» disse Turo alzandosi in piedi. «Matco, chiamami subito Standardo e Serpe, al generale Cevalo ci penso io.»
Il comandante prese dei foglietti e su ognuno scrisse poche righe, poi si era recato di corsa alle casettine dei piccioni viaggiatori. Quattro biglietti, quattro piccioni in volo, quattro direzioni diverse.
«Volate veloci» aveva sussurrato Turo dopo aver liberato le quattro bestiole.



– Sei ore prima –



Sfruttando l’oscurità Torcon aveva raggiunto il castello di Apen senza trovare nessuno sul suo cammino. Il principe conosceva bene uno dei passaggi segreti e si era intrufolato con facilità, anche questa volta senza incontrare nessuno. L’uscita del passaggio era posta nelle cucine, Torcon aveva superato quella stanza raggiungendo una delle scale laterali, sempre senza trovare nessuno sul suo cammino. Il momento più difficile era uscire da una finestra, camminare sullo stretto cornicione e raggiungere il balcone della sua amata senza cadere e sperando che nessuna guardia appostata al portone principale avesse l’idea di guardare il cielo. Ma non c’era nessuno. Torcon, incredulo per tanta fortuna, raggiunta la balconata aveva appoggiato il viso alla vetrata per vedere se Willa stesse dormendo, ma lei era seduta sul letto con le mani sul viso e il principe, seppur non senta le parole, immaginava il patimento che la donna stava passando fin dalla fine della Grande Guerra.
Torcon, delicatamente, aveva picchiettava le dita sul vetro, lei si era alzata e lo aveva visto sorridere, ma pensando che fosse un sogno aveva tentennato prima di aprire.
«Willa, non ce la facevo più a starti lontano» disse Torcon toccandole i capelli.
Lei ancora era incredula, le sue mani tremavano mentre si avvicinavano al volto di lui, immaginava che sarebbe potuto sparire se lo avesse toccato; lui le diede conferma di essere vero prendendola tra le braccia e baciandole delicatamente le labbra, come aveva sempre fatto dal momento del loro fidanzamento. Willa, in lacrime, si era aggrappata al collo del suo amato che delicatamente l’aveva sollevata da terra per prenderla in braccio e poi posarla sul letto. Torcon e Willa si scambiavano piccole carezze e delicati baci come i bei tempi passati, ma in quel momento loro due erano amanti; lui sposo di una giovane bellezza, lei sola con il cuore distrutto dal dolore. Non era il momento di stare accoccolati. Lei prese l’iniziativa, voleva punire quella ragazza che glielo aveva portato via, si tolse il vestito da lutto mostrando il suo corpo nudo per la prima volta al suo amato. Willa aveva sempre creduto in Torcon e qualunque cosa avrebbe risposto alla sua domanda era già convinta che sarebbe stata la verità. «Sei stato a letto con lei?»
«Sì, ho dormito con lei, e no, non abbiamo mai fatto sesso.»
Delle lacrime di gioia scendevano sul viso di Willa, la risposta del suo principe era stata molto precisa perché definendo “sesso” stava escludendo qualsiasi tipo di rapporto carnale. Lei, di nuovo, prese l’iniziativa; tolse i vestiti al suo amato, gli prese la mano e se la mise sul seno dicendo: «Voglio fare l’amore perché io sono tua adesso e per sempre, nessun altro poserà il suo sguardo sul mio corpo, la sua mano sul mio seno e il suo membro tra le mie gambe. La mia verginità è tua, così come tutto il resto di me, per sempre.»
I baci diventarono più passionali, le carezze più intime e i loro corpi uno soltanto.


Anche in altri luoghi a quell’ora della notte non si dormiva. Sul vascello di comando della flotta di Metel, Lyngesydd stava rileggendo le disposizione del suo re a uno dei marinai. «Attraversare il Mare del Nord, superare il ponte distrutto, entrare nel Mare dell’Ovest e a poche miglia dall’isola Ngahuru fermarsi alle isolette, riposare e attendere una nave che issa una bandiera rosa. Fare quello che fanno loro.» L’ammiraglio fece un sospiro e poi disse al suo sottoposto: «Adesso dimmi tu che cosa vuol dire “fare quello che fanno loro”! E poi bandiera rosa? Ci ha mandati a prendere un carico di donne con quasi tutta la flotta?»
«Magari è un regalo per i marinai» disse il giovane.
Lo sguardo incattivito di Lyngesydd aveva convinto immediatamente il marinaio a tornare al suo lavoro con le vele.

Al largo della costa di Dwr, sulla nave pirata Zedora gridava, come il solito, per dare una svegliata alla sua ciurma. «Maledetti topi di stiva, aveva ragione mia madre a consigliarmi di portare sempre con me la frusta! Vi siete divertiti da Lù vero? E come sta la mia bella Zai?»
Kruzni stava per rispondere ma a Zedora era bastato sistemare la cintura che tratteneva la pisola per far tenere la bocca chiusa al suo mozzo tuttofare.
«Dove stiamo andando?» chiese Elonosia aggrappandosi al braccio del capitano.
«Posso solo dirti che andiamo nel Mare dell’Ovest perché ho un appuntamento importante.»

Nel Mare del Sud la flotta di Apen aveva appena iniziato il viaggio, l’ammiraglio osservava la carta nautica del Mare dell’Ovest e i dettagli sui piccoli isolotti che si trovavano al largo dell’isola di Ngahuru nel Mare dell’Ovest, mentre parlava con il generale Prau. «Troppo piccoli e non ci si può sbarcare sopra. Chiunque troveremo sarà in allerta sulla propria nave e pronto a sparare.»
«Signore, avevo pensato di circondare i due isolotti più grandi, magari dividendo parte della flotta prima di raggiungere l’obiettivo. Stringendoli a tenaglia non potranno fuggire e toglieremo di mezzo quella marmaglia di pirati “da corsa”» aveva proposto Prau indicando sulla cartina i due isolotti.
«Sono d’accordo, e anche se fossero pirati normali, avremo comunque liberato i mari di un po’ di quella gentaglia. Occupatevene personalmente della gestione dei gruppi, ma voglio che il capitano Menara stia davanti a tutti. I suoi brigantini possono ingaggiare battaglia anche da soli e fare più danni di chiunque altro.»
«Molto bene signore, raggiungo la mia nave, preparo il piano di accerchiamento e in tempi brevi ve lo comunicherà. Ho già qualche idea su come utilizzare i galeoni dell’ufficiale Ijo» rispose Prau prima di lasciare l’alloggio dell’ammiraglio.



– Tre ore prima –



Torcon si stava vestendo, molto lentamente; l’idea di uscire dalla stanza di Willa lasciandola nuovamente sola lo stava torturando, ma era consapevole che doveva raggiungere Tan per più di un motivo. Willa era in piedi davanti a lui, i suoi occhi erano tornati a essere vivi, ma le lacrime non si erano fermate mai durante quelle ore passate con il suo amato. Torcon, pronto a tornare sul cornicione, aveva fatto un passo verso la balconata, ma poi ne aveva compiuti due verso Willa. I due si guardavano, nessuno parlava, ogni parola poteva convincere entrambi a tornare a letto per continuare quella “prima notte”. Una tenera carezza, un lungo abbraccio, un bacio appassionato e di nuovo i loro occhi che s’incrociano.
Lui aveva aperto il finestrone, lei disse soltanto “Ti amo” ed era tanto, troppo per iniziare la fuga; lui, tornato nuovamente indietro, la strinse tra le braccia e rispose soltanto “Ti Amo”, poi, un ultimo bacio perché ogni ulteriore indugio avrebbe messo in pericolo non solo loro due ma anche chi stava aspettando il principe.
Torcon, facendosi coraggio, aveva raggiunto di nuovo la balconata ma questa volta, laggiù in basso, la situazione era completamente diversa da quando era arrivato: soldati in movimento, guardia raddoppiata alle porte del palazzo e Panglito. Il principe di Tan si chiese se fosse stato scoperto, ma non aveva avuto il tempo di rispondersi perché qualcuno bussava alla porta Willa. «Sorella, sei presentabile?»
«Sono ancora a letto, ma tu perché sei qui a quest’ora?» chiese Willa mentre guardava il suo amato.
«Vestiti e raggiungimi nella mia stanza, devo portarti in un luogo sicuro.»
«Che cosa sta succedendo?»
«Te ne parlo dopo, tu fai in fretta, intanto vado ad avvisare i nostri genitori del pericolo che corriamo stando nel palazzo.»
I passi di Oak indicavano che il principe si stava dirigendo verso la propria stanza, Willa, a bassa voce, disse: «Torcon, lui è andato, ma se ci sono dei pericoli avrà messo qui fuori delle guardie. Quando uscirò, loro mi seguiranno e sarà la tua occasione per scappare.»
«Se sei in pericolo, rimango con te!» rispose Torcon senza pensare.
«Amore mio, se ti trovano nella mia stanza, qualsiasi cosa stia accadendo ora, sarà una briciola di pane al confronto di ciò che succederà dopo.»
I due amanti si baciano di nuovo, Willa indossa velocemente qualcosa di leggero, e aprendo la porta, come immaginava, aveva trovato delle guardie. Prima di uscire aveva dato un ultimo sguardo nella camera incrociando gli occhi del suo amato nascosto dietro una tenda, sorrise e chiuse la porta.


Anche nel palazzo reale di Dwr era iniziato il trambusto. Oceanya ed Eas avevano passato la notte insieme e alla chiamata di un soldato erano scese nel grande cortile. «Dubh, siete certo delle informazioni ricevute?» chiedeva con moderata preoccupazione Oceanya.
«Sì comandante, nessun dubbio. Navi di Metel si stanno dirigendo nel Mare dell’Ovest, stessa cosa sta facendo la flotta di Apen e l’ammiraglio Haranche è già a Port Iar in attesa di ordini. Per quanto riguarda le truppe di terra siamo a conoscenza di movimenti di ogni esercito tranne quello di Metel.
«Ci sono avvisaglie che qualcuno possa utilizzare i ponti per entrare a Dwr?»
«No comandante.»
«Dubh, fate sapere all’ammiraglio di muoversi dal porto ma di restare lungo la costa mantenendo una linea difensiva. Lei può chiamarmi i nostri generali?»
«Mi sono preso la libertà di convocarli prima di parlare con voi e vi stanno attendendo nel quartier generale.»
«Eccellente. Capitano Dubh, siete fresco di nomina, ma avete già svolto un ottimo lavoro. Occupatevi del piccione da mandare all’ammiraglio.»
«Sì comandante.»
Oceanya, dopo aver parlato con il capitano, era rimasta silenziosa. Eas la guardava con attenzione perché sapeva che stava preparando mentalmente le strategie da mettere in atto.
«Considerando i fatti, sono sicura che Dwr non sia in pericolo, quindi lasciamo che la regina continui a dormire» disse con fermezza oceanya ma Eas aveva notato nello sguardo della principessa qualche perplessità.
«Mia Signora, a cosa state pensando oltre a questo?» chiese la ragazza immaginando la risposta.
«Sto pensando a mio marito che è andato a casa e si potrebbe ritrovare in mezzo a una possibile battaglia tra Apen e Metel.»
In Eas era già scattato un piccolo livello di gelosia prima di ricevere la risposta di Oceanya e a quelle parole aveva sbottato dicendo: «Marito? Da quando lo chiami in questo modo più intimo?»
La ragazza aveva scelto il momento meno opportuno per mostrare la propria gelosia a Oceanya perché la principessa, in quella situazione, non era la donna con cui faceva l’amore, ma il suo comandante.
«Eas, qui non siamo nel mio letto, mantieni il tuo linguaggio consono alla divisa che indossi e non permetterti mai più di darmi del tu in questi frangenti. Apprezzo molto la tua compagnia, ti cerco perché mi piaci, ma soprattutto perché ho trovato una ragazza intelligente che sa cosa vuole. Ora mi stai deludendo profondamente e non accetto queste tue considerazioni inutili dato che sai bene che non esiste legame affettivo con il principe Torcon.»
La ragazza era rimasta pietrificata dallo sguardo di Oceanya, tanto profondo che le era entrato nelle ossa da fare tremare le gambe, avrebbe voluto scusarsi ma la principessa disse: «Raggiungi immediatamente il capitano Dubh e mettiti a sua disposizione.»
Oceanya osservava Eas mentre si allontanava, ma le parole della ragazza le stavano risuonando nella testa tanto da chiedersi a bassa voce: «Che cosa mi succede? Mi sto innamorando di un uomo senza neppure accorgermi?»



– Adesso –



Al Palazzo Reale di Apen c’è continuo movimento di soldati, non ci sono angoli bui per nascondersi, Torcon usa tutta la sua esperienza per riuscire ad evitare le guardie e, ascoltando i loro discorsi, capisce che non sono agitate per colpa sua. Il principe riesce finalmente a raggiungere il passaggio segreto, corre, ma è distratto perché ogni suo pensiero è per Willa. Una guardia lo blocca puntandogli una lancia contro il corpo, lo riconosce. «Non posso credere che siete voi l’assassino mandato a uccidere la famiglia reale!»
Torcon si preoccupa solo della sua amata: «Chi vuole uccidere Willa?»
Il soldato sta per rispondere ma crolla a terra. È stato Ruga a colpirlo con una bastonata al capo. Il principe dice disperato: «Devo tornare indietro, c’è un assassino al palazzo.»
«Venite subito via con me; è arrivato un messaggio dal comandante Turo che spiega la situazione. Forza, non abbiamo tempo da perdere.»

Al Confine Sud i due eserciti si sono incontrati, nessuno si sta muovendo in avanti, è tutto fermo da qualche ora. I due generali, Macan e Buffel avevano combattuto la battaglia vicino alla foresta proibita assistendo con raccapriccio all’attacco dell’ombra malefica che aveva falcidiato le loro truppe. Quel giorno avevano deciso di comune accordo di ritirarsi, c’era empatia e anche adesso agiscono all’unisono incontrandosi nuovamente sulla linea di demarcazione del confine.
«Generale Buffel, non mi aspettavo di vedervi dopo pochi messi di nuovo all’attacco del nostro regno» dice Macan sorridendo.
Anche Buffel risponde con il sorriso: «Mi prendete in giro? L’ultima cosa che la regina Wasa vuole è proprio una guerra. Mi chiedo perché voi siete venuti qua.»
Macan era stato l’unico a dubitare totalmente delle informazioni ricevute su un’invasione e la risposta del generale avversario confermava le sue supposizioni.
«Amico mio, c’è qualcosa che non quadra. Noi siamo qui perché ci hanno informato che stavate per invadere Apen.»
«Il nostro comandante ci ha mandati qui soltanto perché ha saputo del vostro arrivo. Come ho detto, Tera non vuole una guerra.»

Anche al Confine Ovest si sta ripetendo un incontro già avvenuto durante la Grande Guerra, ma in quel frangente i due generali non si erano combattuti così era stato semplice per Serpe decidere di parlare con Terwelu.
«Generale, vi dico che noi non siamo in grado di sostenere una guerra» dice Serpe scuotendo il capo. «Chiunque vi abbia fornito questa informazione ha mentito ed io sono qui solo perché voi vi siete mossi per primi.»
«Vi credo, mi sto solo continuando a chiedere perché siamo qui» risponde Terwelu sollevando gli occhi verso il cielo.

Le navi di Metel sono “alla fonda” vicino a uno degli isolotti vicini a Ngahuru quando la vedetta grida: «Un brigantino in arrivo, porta bandiera rosa ma…»
«Ma, che cosa?» chiede Lyngesydd.
«È la nave di Capitan Blood!»
«Pirati? Devo fare ciò che fanno i pirati? Re Titan ha perso la ragione!» grida l’ammiraglio.

Sulla nave pirata è Mynegai a urlare: «Flotta di Metel a prua!»
«Questo non era previsto!» grida Zedora. «Polegada fai girare subito la nave, niente Tan per oggi, filiamo via immediatamente!» poi, brontolando, dice : «Maledetto Turo, questa volta mi ha fregata!»
Capitan Blood ha appena finito di parlare che un piccione viaggiatore si appoggia sulla sua spalla. La donna prende il messaggio e brontolando di nuovo esclama: «Maledetto Turo, poteva avvisarmi prima!»

La flotta di Apen ha raggiunto gli isolotti divisa in quattro gruppi. La vedetta del vascello di comando grida: «Non sono corsari, è la flotta di Metel!»
Miral è perplesso. «Possibile che vogliano iniziare una nuova guerra tanto lontano dalla loro terra?» Prende il binocolo e osserva i movimenti delle altre navi della sua flotta. Il piano sta procedendo come previsto da Prau ma la flotta di Metel è di molte imbarcazioni e l’accerchiamento non può funzionare. L’ammiraglio chiama un marinaio. «Segnalate a Menara di non ingaggiare battaglia, rischia di essere spazzato via appena è a tiro dei loro…»
Miral non può terminare la frase perché delle bordate di cannone provenienti da poppa, si abbattono sul suo vascello. Solo i primi colpi hanno già sventrato l’imbarcazione che s’inclina verso destra. L’ammiraglio è ferito alla fronte, si appoggia al timone per guardare chi ha sparato ma un'altra scarica di palle di ferro proveniente dalla destra spezza l’albero maestro che si abbatte su di lui schiacciandolo a morte. Il vascello di comando di Apen s’inabissa portandosi dietro tutti i marinai, la nave che ha sparato l’ultimo colpo è l’imbarcazione dell’ammiraglio Lyngesydd di Metel e la barca che ha colpito da dietro, recante bandiera rosa, è quella del generale Prau di Apen!

Prau esulta mentre i marinai osservano con stupore quell’uomo che li ha costretti ad attaccare il loro stesso comandante facendosi anche aiutare dal “nemico” Metel, ma poi i loro visi diventano paonazzi perché stanno assistendo a un evento che solo i loro antenati hanno visto al tempo del Leggendario. Le urla di gioia di Prau diventano grida di terrore.
Il Leviatano, l’enorme balena bianca mangiatrice di uomini proveniente dagli abissi, è ricomparso dopo migliaia di anni, così com’era avvenuto mesi prima per il kraken, anche questa bestia feroce massacra chiunque sia sulla sua strada, spazza via più della metà della flotta di Apen che ha la sfortuna di trovarsi sulla sua strada. Prau e il suo equipaggio sono in salvo; per loro fortuna, quella creatura mostruosa passa solo accanto alla nave, ma sono ugualmente terrorizzati perché prima di sprofondare nell’abisso l’occhio del Leviatano li ha guardati e c’era soddisfazione in quello sguardo.



– Due ore più tardi –



Re Wit e la consorte Pine, all’oscuro di tutto, erano stati portati nella sala del trono con la scusa di dover proteggere la famiglia reale da ipotetici assassini, mentre la principessa Willa era stata chiusa in una delle cripte sempre per la medesima giustificazione.
«Mia cara, ormai i Re di questo mondo hanno perso tutti l’onore che ci ha  contraddistinto per millenni. Mandare degli assassini è una decisione spregevole, tanto più che sono anziano e potevano sfidarmi con la quasi certezza di vincermi.»
Il re si lamenta con la moglie quando le porte della sala si spalancano ed entrano dei soldati armati che precedono il comandante Panglito.
«Finalmente li avete presi» dice il re alzandosi in piedi.
Panglito non risponde ma dice ai soldati: «In nome del Re arrestate Wit e la sua consorte rei di avere portato disonore al Regno di Apen con le loro decisioni tiranniche. Che siano legati e trasferiti nelle celle in attesa del giudizio del Re.»
«Che state dicendo Panglito, quale re?»
«Io sono il Re!» esclama Oak entrando nella sala.
Wit crolla sul trono mentre Pine fa qualche passo verso il figlio ma Oak le grida senza alcun riguardo: «Donna, resta al tuo posto in silenzio come hai sempre fatto. Sei colpevole quanto lui e non hai diritto di parola.»
«Non ti rendi conto di quello che stai facendo figlio mio adorato» dice Wit con un filo di voce.
«Ora mi chiami figlio adorato? Quale tuo gesto in vita ha mai dimostrato il tuo amore verso la tua progenie? Dovresti provare vergogna per le parole che hai appena proferito perché assomigliano solo a un tentativo di salvarsi la pelle. Ebbene ti dico di non temere, nessuno di voi lascerà questo mondo per raggiungere il Leggendario, anzi, potrete servirlo fino all’ultimo dei vostri giorni nel luogo dove sarete confinati. Ma badate bene; anche solo il sospetto che possiate tornare ad Apen costerà la vita a entrambi.»
«Che cosa farai a tua sorella Willa?» chiede Pine mostrandosi preoccupata.
«Ora pensi a tua figlia? L’hai lasciata da sola a martirizzarsi per quel matrimonio infranto quando avreste dovuto proteggerla e consolarla. Willa, nonostante i nostri caratteri siano diversi e i vari contrasti ci abbiano messo sovente a confronto, ha vissuto con me la privazione dell’amore dei genitori e mi è più madre di te. Come suo Re, e suo fratello, la aiuterò a ritrovare il suo splendore facendole realizzare il suo sogno che voi avete infranto, proprio come avete mortificato i miei desideri. Apen, da oggi, è libera del vecchiume che la fossilizzava e finalmente può guardare al futuro senza la zavorra del proprio passato.»
I soldati prendono in custodia Wit e Pine, il comandante Panglito saluta il nuovo re e segue i prigionieri fuori dalla sala. Oak, rimasto solo, si siede sul trono di Apen, sorride compiaciuto mentre dice: «Finalmente posso dire al mio amico che ho vinto la mia prima partita a scacchi!»


Mentre Oak si compiace del suo successo, un uomo legato mani e collo con pesanti catene di ferro apre gli occhi svegliandosi in una grotta. Davanti a lui c’è di nuovo lo stregone oscuro: l’Inquisitore.
A fatica l’uomo chiede: «Perché continuate a torturarmi, non so cosa vogliate sapere, sono solo un umile Saggio che ha fatto l’errore di non spiegare bene alla propria regina i termini di un contratto matrimoniale. Lasciatemi andare, vi prego, farò ciò che mi chiederete. Se sapessi qualcosa, lo avreste già appreso dalla mia mente e allora perché insistete?»
«Taci Dheat, so benissimo che non sei né un Saggio né tanto meno un mago così potente da riuscire a resistermi. Sei soltanto un miserabile ladro di galline, un avanzo di galera che è stato messo a forza come Saggio alla corte di Dwr. Se quella stupida regina avesse saputo il segreto che si nasconde così bene nella tua testa, te l’avrebbe tagliata per cercarlo. Sono io che ho chiesto di averti; le ho offerto il mio aiuto per la sua stupidissima guerra d’onore soltanto perché tu conosci l’unico segreto che potrebbe distruggermi e riuscirò a strappartelo dalle viscere a costo di bruciartele mentre sei ancora vivo.»
«Signore, ma non mi avete domandato niente, magari posso darvi soddisfazione senza che mi facciate altro male.»
«Bifolco, se fosse così facile, mi avresti detto immediatamente dove si sta nascondendo quella donna!»









 
CAST
Anziano Maestro – Insegnante della scuola imperiale e narratore della storia
Ten – Il bambino che legge sui libri i racconti di questa storia
Atua Primo del suo nome – Leggendario primo Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Kwakhala – Regina dei mostri marini
Atua CCXV (vero nome Ukwu)  – Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Atua CCXVI (vero nome Wijs) – Nuovo Imperatore dei Cinque Regni, ex Saggio di corte della Regina Wasa di Tera.
L’Inquisitore – identità sconosciuta
- Regno di Apen
Wit – Re di Apen [destituito nella Guerra Civile]
Pine – consorte del Re di Apen [destituita nella Guerra Civile]
Willa – principessa di Apen [diventa principe ereditaria  dopo la Guerra Civile]
Oak – principe ereditario di Apen [nuovo Re di Apen dopo la Guerra Civile]
Wicaksana – Saggia reale di Apen
Panglito – comandante in capo dell’esercito
Miral – ammiraglio della marina [deceduto nella battaglia navale della Guerra Civile]
Macan e Terwelu – generali dell’esercito
Catur e Jaran – capitani dell’esercito
Prau – generale della marina
Menara – capitano della marina
Altri: Ijo (ufficiale della marina), Kayu, Gedhe (ufficiale dell’esercito)
- Regno di Dwr
Fond – Re di Dwr [deceduto in un incidente in mare]
Ruith – Regina di Dwr [deceduta in un incidente in mare]
Cristalya – Regina di Dwr
Oceanya – sorella e principessa ereditaria di Dwr, comandante in capo dell’esercito
Dheat – Saggio di Dwr [prigioniero dell’Inquisitore]
Glic – Saggio reale di Dwr
Haranche – Ammiraglio della marina
Fharsa e Each – generale dell’esercito
Foeil – capitani dell’esercito
Dubh – capitano dell’esercito [neo promosso]
Tarley – generale della marina
Luchag – capitano della marina
Altri: Eas (ufficiale dell’esercito neo promossa), Geodha (soldato dell’esercito)
- Regno di Metel
Titan – Re di Metel e comandante in capo dell’esercito
Metelo – principe ereditario di Metel
Ohlaka – Saggia reale di Metel
Meirge – generale dell’esercito neo promossa
Capall, Tyred, Gwyn (neopromossa) – capitani dell’esercito
Lyngesydd – ammiraglio della marina
Moncai e Ceilog – generali della marina
Altri: Copar (soldato dell’esercito)
- Regno di Tan
Explodon – Re di Tan [deceduto nella battaglia sull’Isola Ngahuru]
Bruligida – Regina in pectore di Tan
Torcon – principe ereditario (gli è stato imposto di lasciare il comando dell’esercito)
Fajro – principe di Tan
Saga – Saggio reale di Tan [deceduto] (posto vacante)
Turo – comandante in capo dell’esercito – (nuova nomina, ex generale marina)
Standarto, Serpe (neopromosso), Cevalo (neopromosso) – generali dell’esercito
Cindroj (neopromosso), Ruga (neopromosso) – capitani dell’esercito
Altri: Flame (ancella della regina), Matco (soldato esercito)
- Regno di Tera
Fond – Re di Tera [deceduto per intossicazione alimentare]
Wasa – Regina di Tera
Aarde – principessa ereditaria di Tera
Hond – principe di Tera [deceduto]
Vlek – Saggio reale di Tera (nuova nomina dopo che Wijs è diventato Imperatore)
Hebber – comandante in capo dell’esercito
Buffel e Draak – generali dell’esercito
Paard – capitano dell’esercito
Raal – ammiraglio della marina
Geit – generale della marina
Mijin e Vaandrig – capitani della marina
Altri: Geel e Haag (ufficiali dell’esercito)

- Mercenari
Kokiaka – Capo dei mercenari
Rak (spia in contatto con la regina Cristalya), Fiskabur, Eya, Tepanje (quattro dei nove personaggi in nero che hanno colpito Explodon), Kaia, Kumari, Makara – capitani dei mercenari [7 di 12]

- Pirati
Zedora (Capitan Blood) – capitano dei pirati
Polegada (timoniere), Mynegai (vedetta), Lautele (cartografo), Kruzni (tutto fare), Malicek (addetto ai cannoni)
Elonosia – prigioniera dei pirati (nuova pirata?)

- Bordello “La casa di Lù
Zai (prostituta), Mu (prostituto)


MAPPA


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Capitolo 5
*** Sulle tracce della tempesta ***


Il piccolo Ten chiude il terzo tomo che scompare lasciando sul tavolo soltanto il quarto, ma adesso, come ogni giorno, deve dedicare parte del suo tempo per la cura di Agisto: dargli da mangiare, pulire la gabbietta e cercare di convincerlo a parlare. Raggiunge la sala dove dimora il corvo, toglie il telo che copre la gabbietta e lentamente apre la molla. Il ragazzino attende qualche mossa da parte del corvo, ma la bestiola rimane immobile senza volare via o beccargli qualche dito.
«Agisto, stai bene?» chiede Ten preoccupato, ma il corvo non risponde, non lo prende neanche in giro con la solita cantilena.
«Vado a chiamare il maestro» dice sempre più preoccupato ma, appena si volta, il corvo gli parla in modo chiaro: «Siediti sulla poltrona.»
Il bambino accetta l’invito senza fare domande mentre il corvo, sbattute un poco le ali, mangia la sua frutta e poi lo guarda intensamente dicendo: «Leggendo i libri hai mai provato la sensazione di aver vissuto in quel tempo?»
La domanda coglie di sorpresa Ten che ha sempre immaginato di essere partecipe degli eventi. «Sì, però è la mia fantasia» dice arrossendo.
«Sicuramente è la tua fantasia, tu non c’eri, lo so bene. Ma li stai leggendo e questo lo può fare soltanto qualcuno che è stato a contatto con loro.»
«Chi sono questi “loro”? Perché usano una scrittura che non conosce nessuno? E perché io sono capace di leggere?»
Agisto gracchia forsennato poi esclama: «Il vecchio mi aveva detto che sei un pozzo inesauribile di domande!»
Ten, forse, capisce che incalzare con i suoi quesiti il corvo non è la mossa giusta. «Sono curioso e mi lascio trasportare, perdona i miei modi.»
«La curiosità è giusta, la brama di sapere invece porta alla rovina. Devi imparare che ci sono dei momenti giusti per chiedere qualcosa. Pensa alla scuola; stai imparando le nozioni principali delle varie materie e andando avanti con gli studi saranno sempre più approfondite. Non ti stanno tenendo all’oscuro di qualcosa ma non posso spiegarti cose che non sei in grado di capire senza progredire nella tua formazione. La mente è in grado di fare cose eccezionali ma deve svilupparsi, da neonato ad anziano, le cellule “imparano” cose sempre più grandi.»
Ten ha ascoltato attentamente e chiede: «Quindi non sei tu che non mi vuoi parlare, ma sono io che non potrei capire senza seguire il percorso preciso creato dai dei quattro libri.»
Agisto gracchia, Ten sorride perché gli pare che il corvo sia contento, sta per fare una domanda ma il pennuto lo anticipa con: «Impiccati al pennone… impiccati al pennone.»
Un messaggio fin troppo chiaro per Ten. Il ragazzino corre verso la biblioteca e nota il vecchio maestro intendo a scrivere qualcosa su un libro che non aveva mai visto. Il bimbo aguzza la vista è riesce a vedere che sul dorso del tomo c’è la scritta “sei” e la sua prima idea è di chiedere qualcosa all’anziano, ma decide di stare in silenzio facendosi vedere dal maestro.
«Oh, sei già qui. Da quanto vedo, quel corvaccio ti ha liberato prima per darti più tempo da dedicare alla lettura. »
Il maestro chiude il tomo su cui stava scrivendo, e che sparisce subito come succede a qualsiasi testo di quella libreria, accarezza la testa di Ten ed esce dalla biblioteca mentre il ragazzino si accomoda e apre il quarto tomo.



5° capitolo – Sulle tracce della tempesta



La scalata al trono di Oak, aiutata seppur marginalmente da Metel, aveva spostato nuovamente gli equilibri del potere. Le nuove e strane alleanze tra Dwr/Tan e Apen/Metel, pur se in modo indiretto, avevano svalutato l’importanza della considerevole vittoria ottenuta dal Regno di Tera nella Grande Guerra.
La conferma più rilevante si era avuta in un Concilio dei Cinque, dove la Regina Wasa, pur avendo in mano le redini dell’Imperatore dei Cinque Regni, non era riuscita a far approvare la sua richiesta di creare un fronte comune contro pirati e contrabbandieri che avevano ripreso le loro losche attività con maggior frequenza. Nella votazione Wasa era rimasta sola trovando contrari, oltre a Dwr e Apen già suoi acerrimi nemici, anche Metel e soprattutto Tan rappresentato da Torcon. Al principe era stato permesso nuovamente di partecipare al concilio ma costretto a seguire le indicazioni di Cristalya per qualsiasi voto ci fosse da esprimere. Di fatto, con quattro regni a sfavore, l’Imperatore non aveva diritto di voto ed era diventata ininfluente la sua appartenenza a Tera. La regina Wasa, seppur contrariata, aveva accettato la sconfitta al voto perché sapeva che quelle alleanze politiche avverse non si sarebbero mai tramutate in coalizioni militari e in qualche modo era anche contenta di non aver visto approvare la sua richiesta dato che i pirati causavano danni sopratutto agli altri. Il suo grosso problema erano i contrabbandieri che avevano addirittura una baia a loro disposizione proprio a Tera; per arginarli era stata costretta a posizionare in quel luogo un distaccamento militare permanentemente privando le difese delle città di molti soldati già istruiti, in un momento storico nel quale l’apparato dell’esercito di Tera contava poche unità.


A Dwr la Regina Cristalya gongolava ancora, dopo giorni, per aver sconfitto Wasa al tavolo del Concilio con l’appoggio di tutti gli altri contro l’odiata zia mentre i tesori di Metel continuavano ad aumentare grazie al nuovo accordo commerciale siglato con Oak proprio nella giornata in cui la regina credeva fosse trionfale soltanto per lei.


Nel Regno di Apen si stava svolgendo una premiazione ufficiale. Re Oak stava promovendo di grado gli ufficiali che avevano fatto parte del complotto per destituire Wit. Il popolo era stato invitato, ma la loro reazione di favore era minima e i loro applausi erano quasi tutti orchestrati da dei soldati che intimidivano la gente prospettando punizioni per tutti quelli che dimostravano ostilità verso il nuovo regime.
Oak e Panglito, con queste premiazioni, avevano riorganizzato la marina militare: Prau era diventato ammiraglio, Menara generale e Iyo capitano, mentre l’esercito manteneva inalterate le posizioni di comando, anche se il generale Macan continuava a disapprovare le azioni del nuovo Re. Oak voleva “licenziarlo” ma Panglito lo aveva convinto a desistere perché quell’uomo, amato da tutti nell’esercito, avrebbe potuto dare inizio a un’insurrezione, una seconda guerra civile sicuramente molto più sanguinosa di quella precedente.


Conclusasi la “crisi di Apen” senza danni per il Regno di Tan, il comandante Turo aveva riallacciato quasi tutti suoi contatti: Zadora era tornata a depredare e distruggere navi di ogni regno escluso Tera; manteneva il controllo sulla Villa Reale attraverso il generale Cevalo e soprattutto poteva contattare in modo diretto il principe Torcon che era più libero di muoversi dopo il rientro nel Concilio dei Cinque.
Turo e il capitano Ruga stavano discutendo degli ultimi avvenimenti mentre passeggiavano nel cortile della caserma principale di Tan. «Per fortuna avete ricevuto i miei messaggi prima che potesse succedervi qualcosa di grave.»
«Credo che questo imprevisto sia stato anche una fortuna per noi. Ci ha mostrato che non siamo né pronti né preparati ad affrontare situazioni diverse da quelle che abbiamo progettato» rispose Ruga mostrando apertamente i suoi timori.
«Ho avuto modo di parlarne con lui proprio in questi giorni e siamo tutti d’accordo con ciò che hai detto. L’unica idea che ho avuto è quella di riunirci, magari in alto mare, per predisporre delle vie di fuga nel caso accadano degli imprevisti.»
«Anche lui?» chiese molto preoccupato Ruga.
«No, è assolutamente fuori discussione e glielo già detto» rispose perentorio Turo.
«Conoscendolo avrà protestato vivacemente, anche perché è lui a conoscerli meglio di tutti noi.»
«È vero, ma se tratto con i pirati, posso farlo anche con i contrabbandieri» disse Turo sorridendo.


La nuova giornata a Tera era stata tranquilla nonostante tutte le preoccupazioni per il risvolto negativo al Concilio: Aarde aveva continuato a evitare Haag senza mai riuscirci dato che l’ufficiale era la sua guardia del corpo e la seguiva in ogni posto si recasse, la Regina Wasa aveva discusso con il Saggio Vlek di argomenti che svariavano dalla politica ai cosmetici per signora, ma una persona importante del regno si era trovato ad affrontare un argomento spinoso. Il comandante Habber discuteva con l’ufficiale Geel da ore.
«Le fonti, come potete immaginare, sono anonime e non possiamo confermare i loro racconti. Personalmente diffido di storie raccontate da persone che le hanno solo sentite perché nel passaparola c’è sempre la tendenza a modificare gli eventi per renderla più intrigante.»
«Lo credo anch’io, anche se ultimamente sono usciti allo scoperto mostri creduti scomparsi per sempre; non è ciò che hanno aggiunto per abbellire che mi preoccupa, ma ciò che dicono della catastrofe di sette anni fa» rispose Hebber piuttosto preoccupato.
«Come dobbiamo comportarci con la nostra Regina?»
«Senza prove non possiamo tirare in ballo la questione con la Regina Wasa rischiando che sia una falsità colossale, quindi le chiedo di mantenere l’assoluto riserbo con chiunque, sia all’interno sia all’esterno del Castello, nel frattempo continui le sue ricerche e se ci saranno delle novità, anche parziali, me le comunichi e deciderò se e quando riferire tutto alla regina.»


Mentre i due militari stavano parlando, da un'altra parte del mondo l’Inquisitore aveva ricominciato a sondare la mente di Dheat già svenuto al primo tocco della mano dello stregone.
«Dimmi cosa ricordi di quel giorno di dicciasette anni fa.»



– Sette anni prima di oggi –



«Tesoro finalmente ci siamo e dobbiamo cogliere questa occasione senza lasciarci influenzare da quelle due bellissime streghette. Cristalya è dall’Imperatore a Puna per la settimana di preparazione al suo futuro diciottesimo compleanno con Willa e Torcon mentre Oceanya e gli altri bambini della sua età partecipano alla settimana di vacanza studio a Otoke. Siamo liberi! Dimmi cosa vuoi fare ed esaudirò il tuo desiderio» disse Fond, Re di Dwr, alla moglie.
«Pensavo; tu sei un marinaio ma non abbiamo mai fatto un viaggio di piacere senza avere intorno le nostre amate creaturine. Secondo te è una buona idea salpare e starcene in mare per tutta questa settimana?» rispose Ruith, Regina di Dwr, al marito.
«Aggiudicato! Chiamo subito Haranche, faccio preparare un battello e ce ne andiamo per mare noi due soli soletti.»
«Dubito che ci permetterà di andarcene da soli, è meglio se chiedi un galeone.»
«Sono il re è dovrà accettare il mio comando!» rispose con vigore Fond.

“La ragione sta nelle parole delle donne” aveva detto Ruith quando il marito era tornato alla Reggia Reale annunciando che avrebbero usato un galeone perché Haranche gli aveva vietato di viaggiare da solo.


Port Ear era in festa per l’arrivo nella piccola cittadina della coppia reale che sarebbe poi partita da lì per il viaggio in mare. L’ammiraglio Haranche aveva obbligato Fond e Ruith a farsi scortare da altre tre navi militari perché preoccupato da possibili scorribande dei pirati, e sul loro stesso galeone aveva preteso che ci fosse un militare di alto rango così la regina chiese al comandante in capo dell’esercito Leig, un nobile e amico della famiglia reale, di partecipare alla loro gita.
La festa nella cittadina era continuata per tutto il giorno dando modo a una piccola nave, partita da Tera, di raggiungere il porto per lasciare una persona importante invitata da Fond per la crociera. Era Hond, figlio della Regina Wasa di Tera nonché sorella della regina Ruith. Il ragazzo era stato il primo, tra tutti i principi, a compiere il diciottesimo compleanno perché era nato nell’ultimo mese invernale, e avendo già fatto la settimana di preparazione si era ritrovato da solo mentre i suoi coetanei stavano a Puna. Dopo mille insistenze, la madre lo aveva lasciato partire, ma non era tranquilla perché Graniette, Saggia della corte di Tera, non gli sarebbe stata accanto dato che soffriva tremendamente il mal di mare.



– Ventiquattro anni prima di oggi –



Era una delle feste più esclusive che si potessero immaginare. In un villino di campagna si festeggiava l’addio al celibato di Fond, principe ereditario di Dwr e tra gli invitati c’erano tutti e cinque i Re del mondo. Gli anziani Gush di Dwr, Platin di Metel e Rots di Tera non stavano partecipando attivamente alla festa, ormai il piacere della carne per loro era diventato un fastidioso lusso e scelsero di mettersi in un angolo appartato per bere senza ritegno. Wit, di Apen, nato nel mezzo tra i re più anziani e quelli più giovani, si spostava avanti e indietro dal gruppo dei bevitori a quello che “giocavano” con le invitate ovvero il gruppo in cui al centro dell’attenzione c’era ovviamente Fond, ma ben spalleggiato da Explodon, diventato Re di Tan pochi anni prima, e dal suo migliore amico il principe Titan di Metel.

Al termine della festa erano tutti sbronzi e i vari servitori avevano avuto il loro bel da fare per portare nelle camere re e principi cercando di non farli cadere per le scale. Fond, stravolto dai liquori, si era subito sdraiato a letto senza accorgersi che c’era una persona nella sua stanza. Una donna molto bella che lui conosceva bene, ma che vedendola all’improvviso con gli occhi ottenebrati dai liquori l’aveva scambiata per la sua futura moglie, tanto era la somiglianza.
«Ruith! Che cosa ci fai qui, non è posto per la sposa.»
Lei rispose con voce leggera e suadente: «Sono qui per prendermi l’antipasto» poi si era spogliata della veste già trasparente per coricarsi sopra al principe.
«Non possiamo, non siamo ancora sposati» disse Fond con pochissima convinzione ma quella donna non perse tempo in chiacchiere e usava la sua lingua per accendere il fuoco ancora sopito del principe.
I loro corpi si erano intrecciati in tutti i modi che mente umana poteva immaginare, la lussuria indecente li aveva travolti e non si erano mai fermati per ore. Infine, Fond si era addormentato mentre la donna, rivestitasi, era uscita dalla porta e una delle candele illuminava il suo visto mostrando chi fosse. Il volto di Wasa era un misto di emozioni diverse, gli occhi piangevano mentre si passava la lingua sulle labbra per gustare di nuovo il sapore di quel principe che poche ore più tardi avrebbe sposato sua sorella Ruith.

Fond non seppe mai che quella notte aveva avuto un rapporto sessuale con la sorella della moglie e fino al giorno della sua morte rimase convinto che quella notte aveva soltanto sognato.

Il giorno era giunto, gli invitati per le nozze esultarono al bacio tra Fond e Ruith e anche Wasa era felice per la sorella e si promise di non parlare mai di quella notte passionale con il principe di Dwr, ma già il mese successivo era cambiato tutto per lei.
Aveva scoperto di essere incinta e l’unico uomo che l’aveva posseduta era stato Fond e ciò scioglieva qualsiasi dubbio su chi fosse il padre del bimbo. Wasa, disperata, aveva affidato il suo segreto al suo grande mentore, un capitano dell’esercito di nome Hebber, suo amico fidato fin da quando era molto piccola. Bisognava trovare una soluzione prima che si scoprisse la verità che l’avrebbe estromessa dal futuro trono di Tera e l’amico le propose di sposarlo; avrebbero vissuto tranquilli e lui avrebbe curato il figlio che stava crescendo nel ventre di Wasa. Scelta coraggiosa quella di Hebber ma che non poteva funzionare per una richiesta che la madre di Wasa le aveva fatto sul letto di morte: sposarsi con un uomo proveniente dalle isole amate dal Leggendario per ricreare quel forte legame tra le popolazioni isolane e le antenate delle regine di Tera.
Wasa, negli anni, aveva ricevuto molte richieste di matrimonio e tra i vari pretendenti c’era un giovane proveniente dall’isola di Otoke, imparentato per vie traverse ai regnanti di Metel così Hebber, si fece carico di gestire tutto, Wasa offrì la sua mano a quel giovane bello e aiutante di nome Zand, ma prima di sposarlo gli raccontò quello che era accaduto in quella festa e soprattutto che stesse aspettando un figlio. Zand era innamorato di Wasa e mosso più dal cuore che dalla ragione aveva accettato di sposarla e di crescere il bimbo come se fosse suo figlio.

Hond nacque poco prima della figlia legittima di Fond, Cristalya, era cresciuto fino a diventare un giovane forte e di bell’aspetto e guidato da Hebber alla carriera militare, aveva raggiunto velocemente posizioni di rilievo, ma soprattutto sapeva di essere il figlio di un padre che lo chiamava nipote. Wasa e Zand gli avevano rivelato la sua vera discendenza, sia per onestà sia per evitare che un giorno si potesse invaghire di una delle sue sorellastre.



– Sette anni prima di oggi –



I giorni della crociera si susseguivano nella tranquillità assoluta con il mare sempre benevolo e il sole sempre splendente nonostante fosse il primo mese dell’anno nuovo. I reali viaggiavano su un galeone riccamente decorato e completo di tutti i confort sia per gli ufficiali sia per i marinai grazie alle modifiche che erano state volute, e poi progettate, proprio da Fond, esperto nella costruzione di navi oltre che qualificato come ammiraglio di flotta. Quel galeone ormai era passato da nave da guerra a barca da “passeggio” e i nobili avevano copiato lo stile facendosi fare imbarcazioni simili con la differenza che Fond utilizzava spesso la sua nave spesso mentre gli altri le avevano parcheggiate ai porti per mostrare l’opulenza dei loro tesori. E i pirati ringraziavano tanta generosità depredandole senza neanche doverle inseguire per mare.
I due coniugi reali si godevano totalmente ogni giorno che stavano passando sulla nave, lontani da impegni politici, incontri diplomatici e dalla furia delle loro bimbe, anche se Ruith non perdeva mai un attimo per parlare di loro con tutto l’equipaggio del galeone che già adoravano le belle principessine. Il giovane Hond era l’unico a rilassarsi ma senza trovare giovamento dal viaggio perché sulla nave c’erano pochissimi giovani marinati della sua età con cui chiacchierare un poco di tutto, così aveva cercato di legare fin dal primo giorno con il comandante dell’esercito di Dwr.
«Il mio mentore vi conosce bene e mi ha chiesto di portarvi i suoi saluti.»
«Sono onorato che quel brontolone si ricordi di me» rispose Leig ridacchiando.
«Non mi ha voluto dire in quale frangente vi siete conosciuti e non menziona mai le vostre sfide. Dopotutto siete degli ipotetici rivali.»
«Principe, lui ed io non siamo ipotetici, siamo proprio rivali, però non nel campo militare ma in quello femminile, il più ostico per ogni uomo da affrontare.»
Hond si era messo a ridere perché immaginava Hebber, persona burbera e ostica, mentre corteggiava una dama. Hond trovava quel pensiero esilarante.
«Non avrete raccontato qualche barzelletta sconcia al mio adorato nipotino» disse Fond avvicinandosi ai due e scatenando la risata di Leig.

Per Hond era difficile stare vicino al suo vero padre senza potergli dire la verità. Aveva accettato la sua vita, dopotutto Zand si era sempre mostrato un padre premuroso e attento ai suoi problemi, e neppure quando era nata Aarde gli aveva fatto mancare il suo affetto paterno, però sentiva il bisogno di liberarsi del peso di quella colpa non sua e la tentazione di rivelare il segreto era sempre più grande.

«Vieni con me giovanotto, voglio farti vedere una cosa interessante» disse Fond trascinando Hond con sé. «Vedi quella donna?» aggiunse indicando una marinaia giovane e carina. Lei ha una ventina d’anni e secondo me se ci parli un poco, anche di cose da militare, cade ai tuoi piedi.»
«Zio,» rispose Hond mordendosi la lingua, «non sto cercando giovani fanciulle per trastullarmi!»
Fond rise e disse una cosa che per il ragazzo aveva un sapore amarissimo perché era una realtà alla quale cercava disperatamente di sfuggire: «Lo so che ti piace Cristalya, si vede da come la guardi. Non è un reato innamorarsi della propria cugina però è meglio puntare altre ragazze per il bene di tutti.»
Fond non poteva capire quanto i sentimenti di Hond fossero scombussolati ogni volta che si avvicinava alla sua sorellastra e dicendogli, con tono gentile, di stare alla larga da lei, era come dargli un ulteriore pugno nello stomaco. Hond, infatti, nonostante tutti gli avvertimenti di sua madre, si era davvero innamorato di Cristalya e la ragazza sembra ricambiare tale affetto, anche se tra i due non c’erano mai stati momenti che si potessero avvicinare a un corteggiamento.
«Zio, ma che cosa dici? Voglio bene a lei e alla piccola Oceanya come fossero mie sorelle» rispose Hond mentendo però senza mentire.
«E allora forza, va da quella giovane, circuiscila come un vero principe e porta a casa di Wasa una decina di nipotini» disse Fond facendo una grassa risata che aveva attirato anche l’attenzione della moglie.
Ruith sembrava sempre in possesso di un sesto senso e vedendo quei due ragazzacci vicini mentre guardavano le forme aggraziate di una giovane marinaia, disse con tono austero ma dal sorriso divertito: «Siete due persone indecenti! Tu poi, sei pure mio marito, vieni via da lì e lascia che Hond faccia da sé queste cose!»
Fond disse all’orecchio di Hond: «Hai visto? Pure la zia, anche con i suoi modi, ti ha detto di assaltare la giovane pulzella.»
Risero insieme e Hond sentiva forte il senso di appartenenza a quell’uomo che doveva chiamare zio invece che padre.

Erano in viaggio da cinque giorni: prima nel Mare dell’Est, poi si erano diretti nel Mare del Nord, circumnavigato l’isola di Otoke e ritornati a Est per raggiungere prima l’isola di Puna e da lì avrebbero concluso il viaggio rientrando a Port Ear. Avevano superato da poco le barriere del Ponte Nord/Est e il tempo stava cambiando velocemente; il bel sole che li aveva accompagnati fino a quel momento era scomparso dietro a nuvole nere come il carbone, i venti si erano alzati prepotentemente e le vele delle quattro navi reggevano a fatica le raffiche fredde che si abbattevano furiose sulle imbarcazioni. Il capitano del galeone non aveva mai visto un cambiamento climatico così repentino in tutta la sua vita e aveva deciso di cambiare rotta per raggiungere uno dei porti secondari di Dwr. Ruith era rimasta nel suo alloggio mentre Fond, Leig e Hond aiutavano i marinai a gestire il galeone mentre le onde lo sballottavano senza sosta; un lavoro improbo per la qualità eccezionale di quella tempesta che stava portando tutto l’equipaggio nelle fauci di un nuovo terrificante nemico: un ciclone marino.
Il vortice d’aria stava trascinando a sé l’acqua del mare ingrossandosi ogni secondo di più, le onde si erano alzate ad altezze mai viste e le navi riuscivano a malapena a tenersi a galla senza rovesciarsi, Hond, bloccandosi con una corda a uno degli alberi del galeone guardava insistentemente nell’occhio del ciclone e aveva gridato senza che nessuno potesse sentirlo: «C’è qualcuno là dentro che lo sta manovrando!»



– Oggi –



Hebber stava continuando a leggere il rapporto che gli aveva consegnato l’ufficiale Geel.
Era un’ombra con fattezze umane, non era uno dei mostri del Mito perché in nessun racconto si era narrato di una bestia con tale potere. Egli agitava le mani facendo roteare il ciclone sempre più velocemente e questa mortale forza della natura, controllata come un pupazzo, prese in sé le quattro navi sollevandole dall’acqua fino a due metri d’altezza per poi farle ricadere in mare. E se tale caduta non le aveva distrutte, istanti dopo sopraggiunse un’onda alta cinque metri che travolse quella piccola flotta per poi trascinarla sul fondo del Mare dell’Est cancellando ogni traccia di Re Fond, della moglie Ruith e di Hond, quel figlio che il re non sapeva di avere. Il ciclone si spense improvviso così com’era apparso, ma nel cielo, ancora oscurato dalle nuvole cariche di fulmini e grandine, fluttuava quell’ombra oscura dalle cui viscere era uscita una risata tanto malvagia che neppure i mostri marini avrebbero potuto replicare.

Hebber, finito di leggere e pensieroso, si era appoggiato alla sedia. Solo due persone ancora in vita conoscevano i segreti che erano stati raccontati a Geel dai vari informatori: la regina e lui stesso. Era impossibile pensare che ci fosse una persona ancora viva che conoscesse sia l’identità del vero padre del giovane Hond sia cosa fosse accaduto durante la tempesta così, il comandante aveva preso in esame il passaggio in cui si menzionava l’ombra oscura con fattezze umane. Hebber era certo che fosse creato dalla fervida immaginazione dei narratori, però stava iniziando a pensare, seppur con poca convinzione, che dietro al disastro ci fosse qualche mago che avesse creato il terribile ciclone utilizzando una magia con l’elemento “aria”. Fatta questa congettura, Hebber si domandava quale Saggio fosse così vicino a lui da conoscere la storia di Hond e l’unica che poteva aver intuito qualcosa, era Graniette, ma della donna si fidava ciecamente per tre motivi: dopo la morte del ragazzo stava impazzendo dal dolore, durante la guerra si era immolata per espiare alla sua assenza in quella gita in nave, ma soprattutto perché l’elemento della Saggia era il “fuoco”. Era inutile fare supposizioni così Hebber aveva deciso di convocare gli informatori di Geel, anche con la forza se fosse stato necessario, per interrogarli personalmente.


Nella grotta misteriosa l’Inquisitore era furibondo e stava gridando verso Dheat, ancora svenuto. «È inconcepibile come a una mia domanda tu possa rispondere raccontandomi storie che già conosco. Quelli sono tutti morti! Di Lei invece si sono perse le tracce e devo sapere se vive nascosta da qualche parte, oppure è morta e sepolta!»

§   §   §

Era una delle notti più scure della stagione con la luna e le stelle nascoste dalle nuvole, ma in mezzo al Mare dell’Ovest alcune luci di candele illuminavano parti di una nave di pescatori ferma in alto mare. All’interno di una cabina si stava svolgendo una riunione segreta fra tre gruppi di persone così diverse da non poter credere ai propri occhi nel vederli seduti tutti insieme a un tavolo. Ogni gruppo era composto di tre persone: Turo era stato accompagnato da Cevalo e Ruga; Zedora da Kuzni ed Elonosia e infine il trio di contrabbandieri, una donna e due uomini, dei quali si sarebbero conosciuti i nomi soltanto nella riunione.
«La crisi di Apen ci ha mostrato che dobbiamo preparare tutto nei minimi dettagli confrontandoci in modo diretto perché l’ausilio dei soli messaggi volanti non ci protegge da eventi indipendenti» aveva esordito Turo.
Satulana, la donna dei contrabbandieri, disse piuttosto seccamente senza ascoltare le parole di Turo: «Io ti conosco solo per nome, il nostro referente in passato è stato il principe Torcon e gli abbiamo dimostrato di essere efficienti facendogli avere gli archibugi per la battaglia al Confine Nord. La sua assenza può significare che sia fuori da quest’affare, e allora che noi ci tiriamo indietro.»
«Sapete benissimo che il principe ha le mani legate e una spada che penzola sul suo collo e che non ha possibilità di parlare con nessuno di voi.»
Turo si aspettava quest’aggressione verbale e mentre rispondeva, aveva passato alla donna un foglietto.
Satulana dopo averlo letto e fatto controllare ai suoi compari, aveva messo il pezzo di carta sulla fiamma di una delle candele per bruciarlo completamente.
«Ebbene, continuate con il vostro discorso signor comandante» disse Satulana molto più rilassata.
«Per prima cosa dobbiamo reperire informazioni più dettagliate, muovere delle spie su tutti i territori, cosa che personalmente ho già iniziato a fare, poi dobbiamo decidere un giorno preciso e definitivo, ma per farlo dobbiamo essere preparati a modificare le nostre mosse in ogni momento perché quando avremo indicato quella data procederemo qualsiasi cosa accada intorno a noi.»
«Esatto, è ciò che pensavo dopo essere scampata alla battaglia delle isolette e soprattutto al Leviatano» disse Zedora confermando anche con il movimento della testa.
«Anche noi ce la siamo vista brutta. Eravamo appena approdati a Ngahuru quando si sono dati battaglia» disse Jimo, uno dei contrabbandieri.
«Come potete notare siamo già tutti d’accordo che sia necessario coordinare i nostri movimenti» confermava Turo mentre tirava fuori dalla tasca il suo taccuino. «Qui sopra ho scritto e disegnato tutto ciò che dobbiamo sapere, il momento in cui farlo e le possibili varianti.»
Il terzo contrabbandiere, Rasi, chiese: «E se non ci fosse la via di fuga che avete redatto?»
«Ovviamente non so predire il futuro, però ho preparato più di una soluzione e se ciò non funzionasse immagino che voi, come Capitan Blood o me, sarete in grado di trovare l’alternativa giusta. Dopotutto contrabbandare vi pone davanti a rischi che non si possono calcolare con matematica sicurezza.»
«Naturalmente» rispose Satulana facendo una strana espressione verso qualcuno del gruppo di Capitan Blood.
Zedora, notato quel particolare sguardo, si era girata subito verso Elonosia e aveva visto il viso della ragazza arrossito e compiaciuto.
«Ehi bellezza,» disse Zedora a Satulana «tieni a freno le tue voglie, quella ragazzina è solo mia!»
«Signore vi prego, non fatevi irretire da gelosie che adesso non contano» disse Ruga sorridendo.
Era bastato uno sguardo fuori luogo per mettere immediatamente uno contro l’altro e Turo aveva faticato per riportare la calma in quello sconclusionato gruppo di alleati.
«Signore e signori, ecco a voi la vostra parte» disse il comandante strappando le pagine del taccuino in tre blocchi. «Su quei fogli c’è tutto tranne la data precisa che vi comunicherò dopo aver riunito le informazioni che raccoglieremo tutti dalle nostre spie.»

Finita la riunione segreta, i tre gruppi si erano separati e in ognuno le reazioni erano state diverse. Sul peschereccio i tre di Tan discutevano ancora se fosse davvero necessaria l’alleanza con gli altri gruppi, sulla nave pirata Zedora sfogava la sua gelosia su Elonosia nel modo più piacevole che conosceva, mentre sull’imbarcazione dei contrabbandieri i tre stavano festeggiando con altre due persone.
«Avevo paura che volesse stracciare il contratto» disse Satulana mentre beveva del rum.
«Hanno modificato qualcosa o il piano è sempre lo stesso?» chiese uno dei nuovi.
«No Lovi, il loro problema è lo stesso di cui parlavamo con il capo» disse Rasi versando altro rum nei bicchieri di tutti.
«Perfetto, allora mando il piccione?» chiese il quinto uomo già in piedi e pronto a mandare un messaggio al loro capo.
«Sì Toxotis, il resto dobbiamo comunicarlo a voce perché se no alla zampa del piccione devi mettere una scatola per portare un foglio intero» disse ridendo Jimo.
«Ah Toxotis, ho scoperto che sulla nave dei pirati c’è una del tuo paese. Mi pare si chiami Elonoisa. Bella ragazza, da farci un giro!» disse Satulana.
«Te lo sconsiglio amica mia, quella porta guai.»
«La conosci?» chiede sorpresa Satulana.
«Oh sì che la conosco. Quella è sgualdrina è mia sorella.»


La notte più buia senza la luna e le stelle, ma ad Apen l’oscurità aveva lasciato il posto al colore grigiastro della densa nebbia che si era posata sull’intero regno. La principessa Willa aveva sognato il suo amato e il desiderio che provava l’aveva accaldata al punto da decidere di spogliarsi completamente mentre stava ancora dormendo, poi, nel suo stato semicosciente, si era sentita osservata e oppressa che i suoi occhi si erano aperti. Appoggiati i piedi per terra, prese una candela e accendendola aveva visto riflesso sul vetro della finestra il viso di un uomo, In preda al panico si era voltata di scatto.
«Che cosa ci fai nella mia camera?» chiese a suo fratello, il Re Oak, mentre dalla vergogna si tirava addosso un lenzuolo per coprire la nudità.
«Niente, volevo solo guardarti e starti vicino, passare dei momenti felici insieme a te come succedeva quando ero piccolo. Tu eri l’unica persona che mi consolava e mi donava amore e felicità.»
«Non sei più un bambino, ora sei un adulto e non puoi intrufolarti nella mia camera senza chiedere il permesso.»
«Lo sai che non mi ero mai accorto di quanto fosse ben proporzionato il tuo fisico? Sei davvero bella!» disse Oak senza ascoltare le parole di Willa. «In effetti non sapevo neppure che tu fossi capace di muovere così delicatamente le dita nelle parti più intime e nascoste del tuo corpo. Sono veramente sorpreso.»
«Stai vaneggiando Oak, esci subito dalla…»
«Re Oak!» aveva urlato il ragazzo interrompendo la sorella. «Ricordati di usare le parole giuste quando vuoi parlare con me senza essere interpellata!»
Willa, per lo spaventoso urlo del fratello, si era accasciata nell’angolo della stanza e con voce tremolante disse: «Sei impazzito, hai perso la testa.»
«Impazzito? No cara sorella, finalmente sono davvero io, ho spalancato gli occhi che prima erano aperti, ma senza luce, adesso vedo chiaramente tutto. Fino a ieri ho continuato a pensare esclusivamente al benessere degli altri senza mai regalarmi un sogno da realizzare. Oggi sono libero di esprimere un desiderio e capace di farlo avverare, ho la determinazione per acquisire il potere con le mie mani e non attraverso gli avanzi che mi erano lasciati, per mio solo tornaconto mi godo la ricchezza della nostra casata utilizzandola per i miei piaceri, infine scelgo le donne che voglio e con un gesto le prendo. Era già tutti lì, ma l’arroganza di nostro padre non mi permetteva di cogliere ciò che sarebbe stato ugualmente mio.»
Oak, mentre parlava, si era avvicinato sempre di più a Willa fino ad accarezzarle il viso e lei, seppur intimorita, chiese: «Che cosa vuoi farmi?»
«Mia adorata Willa, proprio niente. Voglio farti sapere che tu sei la donna che amo più al mondo e come Re, e fratello, m’impegnerò per fare in modo che anche i tuoi desideri si avverino. Voglio vederti sorridere come quando eri giovanissima e innamorata, voglio ballare di nuovo con te in mezzo a sale gremite di persone che ci applaudono. Nostro padre ti ha tolto qualsiasi possibilità di accrescere il tuo talento soltanto perché sei nata femmina, io invece voglio che tu sia veramente una principessa di Apen e non solo la sorella del re.»
Le parole di Oak promettevano delizie per il futuro ma i suoi occhi garantivano afflizioni per il presente. Willa continuava a tremare, sperava che il giovane fratello decidesse di lasciare la stanza e il suo respiro, dapprima affannoso, stava riprendendo il giusto ritmo quando Oak, aperta la porta per uscire, disse mantenendosi di spalle: «Avrai tutto ciò che vuoi, ma fai molta attenzione perché il perdono non è più contemplato, il dissenso è tradimento e il rifiuto è una sentenza.»










CAST
Anziano Maestro – Insegnante della scuola imperiale e narratore della storia
Ten – Il bambino che legge sui libri i racconti di questa storia
Atua Primo del suo nome – Leggendario primo Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Kwakhala – Regina dei mostri marini
Atua CCXV (vero nome Ukwu)  – Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Atua CCXVI (vero nome Wijs) – Nuovo Imperatore dei Cinque Regni, ex Saggio di corte della Regina Wasa di Tera.
L’Inquisitore – identità sconosciuta
- Regno di Apen
Wit – Re di Apen [destituito nella Guerra Civile]
Pine – consorte del Re di Apen [destituita nella Guerra Civile]
Willa – principessa di Apen [diventa principe ereditaria  dopo la Guerra Civile]
Oak – principe ereditario di Apen [nuovo Re di Apen dopo la Guerra Civile]
Wicaksana – Saggia reale di Apen
Panglito – comandante in capo dell’esercito
Miral – ammiraglio della marina [deceduto nella battaglia navale della Guerra Civile]
Prau – ammiraglio [nuova nomina dopo la Guerra Civile]
Macan e Terwelu – generali dell’esercito
Catur e Jaran – capitani dell’esercito
Menara – generale della marina [nuova nomina dopo la Guerra Civile]
Ijo – capitano della marina [nuova nomina dopo la Guerra Civile]
Altri: Kayu, Gedhe (ufficiale dell’esercito)
- Regno di Dwr
Fond – Re di Dwr [deceduto in un incidente in mare]
Ruith – Regina di Dwr [deceduta in un incidente in mare]
Cristalya – Regina di Dwr
Oceanya – sorella e principessa ereditaria di Dwr, comandante in capo dell’esercito
Dheat – Saggio di Dwr [prigioniero dell’Inquisitore]
Glic – Saggio reale di Dwr
Haranche – Ammiraglio della marina
Fharsa e Each – generale dell’esercito
Foeil – capitani dell’esercito
Dubh – capitano dell’esercito [neo promosso]
Tarley – generale della marina
Luchag – capitano della marina
Altri: Eas (ufficiale dell’esercito neo promossa), Geodha (soldato dell’esercito) Gush (Re e padre di Fond) [deceduto per anzianità]
- Regno di Metel
Titan – Re di Metel e comandante in capo dell’esercito
Metelo – principe ereditario di Metel
Ohlaka – Saggia reale di Metel
Meirge – generale dell’esercito neo promossa
Capall, Tyred, Gwyn (neopromossa) – capitani dell’esercito
Lyngesydd – ammiraglio della marina
Moncai e Ceilog – generali della marina
Altri: Copar (soldato dell’esercito), Platin (Re e padre di Titan) [deceduto per anzianità]
- Regno di Tan
Explodon – Re di Tan [deceduto nella battaglia sull’Isola Ngahuru]
Bruligida – Regina in pectore di Tan
Torcon – principe ereditario (gli è stato imposto di lasciare il comando dell’esercito)
Fajro – principe di Tan
Saga – Saggio reale di Tan [deceduto] (posto vacante)
Turo – comandante in capo dell’esercito – (nuova nomina, ex generale marina)
Standarto, Serpe (neopromosso), Cevalo (neopromosso) – generali dell’esercito
Cindroj (neopromosso), Ruga (neopromosso) – capitani dell’esercito
Altri: Flame (ancella della regina), Matco (soldato esercito)
- Regno di Tera
Zand – Re di Tera [deceduto per intossicazione alimentare]
Wasa – Regina di Tera
Aarde – principessa ereditaria di Tera
Hond – principe (illegittimo) di Tera [deceduto]
Vlek – Saggio reale di Tera (nuova nomina dopo che Wijs è diventato Imperatore)
Hebber – comandante in capo dell’esercito
Buffel e Draak – generali dell’esercito
Paard – capitano dell’esercito
Raal – ammiraglio della marina
Geit – generale della marina
Mijin e Vaandrig – capitani della marina
Altri: Geel e Haag (ufficiali dell’esercito) Rots (Re e padre di Wasa) [deceduto per anzianità]

- Mercenari
Kokiaka – Capo dei mercenari
Rak (spia in contatto con la regina Cristalya), Fiskabur, Eya, Tepanje (quattro dei nove personaggi in nero che hanno colpito Explodon), Kaia, Kumari, Makara – capitani dei mercenari [7 di 12]

- Contrabbandieri
Il capo (solo nominato)
Satulana, Jimo, Rasi, Toxotis, Lovi

- Pirati
Zedora (Capitan Blood) – capitano dei pirati
Polegada (timoniere), Mynegai (vedetta), Lautele (cartografo), Kruzni (tutto fare), Malicek (addetto ai cannoni)
Elonosia – prigioniera dei pirati (nuova pirata?)

- Bordello “La casa di Lù
Zai (prostituta), Mu (prostituto)


MAPPA


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Capitolo 6
*** Una storia che si ripete ***


È sera, hanno appena finito di cenare e per la prima volta vanno insieme a dar da mangiare ad Agisto. Il corvo becca il suo cibo, si accorge che i due lo stanno osservando, ma fa finta di niente.
«Maestro, perché siamo qui insieme?»
«Un mentore anziano deve anche insegnare i trucchi del mestiere e oggi ti farò imparare una cosa che con quell’uccellaccio ti darà qualche vantaggio.»
Agisto gracchia e poi dice: «No, non puoi farlo!»
Il maestro ride sonoramente mentre Ten cerca di capire cosa stia succedendo e osserva l’anziano mentre si dirige verso la gabbietta dove il corvo sembra quasi intimorito.
«Allora caro Agisto, chi sei veramente?»
«Un corvo!»
L’uccello dopo aver risposto inizia a tremare, muove le ali in modo innaturale, sembra quasi che voglia bloccare il suo becco, ma le parole escono ugualmente.
«Sono un’anima errante!»
Ten scatta in piedi e corre verso la gabbia, guarda prima il maestro e poi fissa il corvo. Prova anche lui con Agisto e chiede: «Chi sei?»
«Un corvo!»
La reazione è completamente diversa, Agisto rimane tranquillo e sembra quasi voglia ridere. Ten chiede al maestro: «Perché a me no?»
«È semplice, ancora non puoi costringerlo a dire la verità, devi imparare a usare la tonalità giusta. Prova a non creare tensione nella tua voce, lascia che la domanda ti esca senza pensarla. Prova.»
Ten schiarisce la voce come se volesse cantare, ma il maestro lo ferma. «No, non serve, la tua voce è già molto limpida. Ricordi cosa ti ho detto dei libri? Ti appaiono perché vuoi conoscere il passato e non devi neanche parlare per fare in modo che accada. Ora invece devi usare le parole ma i tuoi pensieri devono essere onesti come per la biblioteca.»
Il ragazzino riprova, chiude gli occhi come se iniziasse a concentrarsi e quando li riapre, chiede: «Agisto chi sei veramente?»
«Un cor… e che diamine! Un’anima errante!»
Ten urla di gioia, è pronto a fare mille domande, ma il maestro lo ferma di nuovo mettendo il telo sulla gabbietta del corvo. «Un passo alla volta figliolo.»
Ten accetta il consiglio, però deve chiedere per forza: «Che cosa vuol dire che è un’anima errante?»
«Hai letto sui libri che l’Imperatore eseguiva la preghiera dei caduti, giusto? Ecco, in quel tempo passarono due mesi prima che Atua CCXVI potesse eseguire quel rituale, e qualche anima non ha raggiunto il regno del Leggendario perché cercava disperatamente di completare la missione che gli era stata affidata senza accorgersi di essere deceduta.»
«Quindi Agisto è il nome del corvo che ospita questa anima.»
«Giusto.»
«E chi è la persona che parla?»
«Te lo dirà lui quando avrai imparato a fare domande senza chiedere» risponde il maestro facendo un largo sorriso.
«Ma…»
«Ma è ora della lettura e penso che tu voglia usare tutto il tempo che ti rimane prima di andare a dormire.»
Ten è un vulcano in piena, vorrebbe fare entrambe le cose, sbuffa mentre scalcia l’aria, poi si rasserena, saluta il maestro e corre in biblioteca.

«Sei pestifero lo sai?» dice Agisto al vecchio.
«Ero un bambino come lui quando ho imparato, so cosa vuol dire la smania di comprendere tutto e subito e la frustrazione di fare dei tentativi che sembrano sempre inutili, anche se poi non lo sono. Fargli capire che sta procedendo bene senza dirgli verso quale direzione è il metodo migliore.»
«Sei sempre sicuro che sia lui quello che cerchiamo?»
«Oggi più di ieri, mio caro amico pennuto.»



6° capitolo – Una storia che si ripete



Atua, CCXVI del suo nome, indossava già la sua veste cerimoniale mentre scendeva dalla nave al porto di Puna e ad attenderlo c’erano i suoi servitori pronti a portarlo al palazzo imperiale. Sull’isola erano iniziati da giorni i festeggiamenti per l’anniversario di un evento importante per i Cinque Regni: nel Mito, in Leggendario Atua, Primo del suo nome, aveva piantato proprio quel giorno il seme da cui nacque uno dei tre “Alberi Benedetti”, l’albero della vita chiamato Juniper. Quest’albero, come gli altri, era cresciuto velocemente sia in massa sia in altezza, nessuno poteva scalarlo perché i rami non si vedevano e il tronco era immune ai rampini che si spaccavano appena lo toccavano, era così alto che nessuno riusciva a vederne la cima che superava le nuvole e andava oltre nel cielo. Come ogni festività così importante anche in questa tutti i regnanti del mondo erano obbligati a parteciparvi ma in questo caso potevano essere accompagnati da chiunque volessero vicino a loro per festeggiare quest’albero importante per tutto il popolo.
Davanti al palazzo imperiale erano state costruite delle grandi tavolate per il popolo che si estendevano fino ai porti, invece, più vicine al grande portone c’erano quelle per i vari regni. L’imperatore era felice nel vedere quanta gente fosse accorsa per la festa e con stupore osserva quante persone importanti dei vari regni si erano presentate: tutti i re e le regine, tutti i principi e le principesse, comandanti e ammiragli, generali, capitani, ufficiali e soldati, i Saggi di corte, ma anche quelli che non avevano mansioni particolari. L’unica assente era la Regina Bruligida di Tan, ancora molto malata e impossibilitata a viaggiare, esentata dall’Imperatore che le aveva mandato le sue preghiere scritte così che potesse ugualmente essere presente in spirito.

Nella Villa Reale di Tan, infatti, la giovane Flame stava finendo di leggere lo scritto alla sua regina. «… e con tutto il mio cuore spero che possiate guarire al più presto.»
Bruligida stava sorridendo alla ragazzina e Flame era felice, anche se non le aveva parlato fino a quel momento.
«Flame, puoi avvicinarti a me?»
L’ancella, pur sorpresa, non aveva esitato ad avvicinarsi. «Mia Signora, desiderate qualcosa?»
«Siedi accanto a me sul mio letto» disse Bruligida allungando un braccio verso Flame.
Ancora, seppur sorpresa, la ragazzina aveva ubbidito immediatamente.
«Guarda lì davanti a noi e dimmi che cosa vedi.»
«Mia Signora, la vostra poltrona preferita.»
«Nient’altro?»
Flame aguzzava la vista ma non vedeva lo spirito del suo re defunto. «No mia Signora, non c’è altro, ma voi cosa vedete?»
«Il mio amato marito, sta sorridendo perché anche per lui tu gli sei cara, ed è d’accordo con me.»
Flame non capiva, però non era spaventata, e chiese come se tutto fosse normale: «E di cosa avete parlato?»
Bruligida accarezzava il viso della ragazza mentre disse: «Di te, e siamo d’accordo che diventerai un membro della nostra famiglia.»
Era il primo momento in cui Flame si sentiva agitata perché non comprendeva le parole della regina, voleva chiedere ma la lingua le rimaneva ferma.
«Mia cara, fra non molto tempo avrò bisogno dell’aiuto di una persona fidata della nostra casa a cui voglio molto bene, e per tale motivo abbiamo deciso di adottarti. Lui ed io eravamo già d’accordo prima della guerra ed è giunto il momento. Per favore apri il cassettino che c’è vicino a te e prendi il foglio che trovi.»
Flame, in balia di mille emozioni, si era mossa meccanicamente per aprire il cassetto e teneva nella mani quel foglio a fatica per il tremore delle dita.
«Ecco mia cara, quello è l’attestato che ti eleva al nome e al titolo di Flame, Principessa di Tan, terza in linea di successione.»
Flame era senza parole, aveva vissuto sempre in quella villa ed era rimasta anche quando sua madre, una delle ancelle, era deceduta per una tragica febbre. La regina stessa aveva ordinato che quella piccola di quattro anni rimanesse al servizio della Villa Reale.
«Tieni l’attestato sempre con molta cura, ma lontano dagli occhi degli altri che ora non dovranno sapere. Noterai che è stato firmato anche dal povero Saga e quel sigillo che ha apposto legittima ufficialmente il documento.»
«Ma neanche ai principi?» chiese Flame preoccupata.
«Soprattutto loro non dovranno sapere niente in questo momento.»
«Mia Signora, sapete che non sono capace di mantenere i segreti e i principi si sono sempre comportati correttamente con me.»
«E lo farebbero ancora, anzi, molto di più avendo una sorellina da difendere a costo della loro vita, però…»

«Però figlia, gli eventi che si sono messi in moto dovranno trovare una loro conclusione e prima di allora dovrai serbare il segreto.»
Flame si era voltava verso la poltrona sentendo le parole provenire da quella direzione, i suoi occhi si spalancarono e senza paura chiese: «Mio signore, siete davvero voi?»
Lo spettro di Explodon, già presente nella stanza, si era manifestato anche agli occhi della ragazza. «Sì Flame, principessa di Tan.»
La ragazzina non aveva paura, lei era l’unica tra le ancelle a credere che la regina parlasse davvero con lo spirito del re e per caso aveva assistito al risveglio di Fajro dopo le parole amorevoli di Bruligida.
«Cara figlia, fra non molto non potrò più esserle vicina, neppure in questa veste, ti prego di proteggere mia moglie fino a quando non mi raggiungerà dal Leggendario.»
Flame voleva fare altre domande ma lo spettro di Explodon era sparito e Bruligida era tornata nella sua condizione di malata incurabile.


Alla festa per Juniper erano passate solo poche ore e tra i vari regni si erano già create le prime tensioni. La presenza a sorpresa di Willa aveva immediatamente attirato l’attenzione di Torcon che cercava in ogni modo di parlarle, ma lei, pur sapendo che il suo amato fosse presente, era sempre rimasta accanto a Oak seguendolo anche quando il fratello parlava con altre persone. L’agitazione di Torcon metteva in soggezione Oceanya che comprendeva i sentimenti del marito, ma era evidente che quell’atteggiamento la contrariava e tra i due coniugi entrava in gioco anche la terribile gelosia di Eas che non mancava un attimo per segnalare alla principessa di Dwr che gli occhi degli invitati la stavano fissando quasi compatendola. Oceanya non prestava attenzione a quelle parole, ma aveva spostato la sua attenzione verso Aarde ed Eas, naturalmente, ribolliva di gelosia. La stessa Aarde era preda degli sguardi incrociati di più persone: Oceanya, ma anche Fajro il cui sguardo era come una lama che s’infilava nel burro e Haag che aveva la spada a portata di mano per togliere di mezzo quel ragazzino troppo invadente. Wasa e Cristalya si scambiavano in continuazione sguardi di fuoco e Titan si era ritrovato nel mezzo della loro lite silenziosa, a volte lasciato libero dai loro occhi, altre costantemente fissato dalle due donne come se lui fosse una la loro preda pronta da essere ghermita. Tra gli esponenti di spicco delle famiglie reali gli unici che si stavano godendo appieno la festa erano Oak e Metalo. I due amici mangiavano, bevevano e quando capitava a tiro qualche bella ragazza che serviva il cibo, non la lasciavano andare se non paga un pegno di qualche tipo. Oak era forse la persona più felice del mondo mentre sua sorella restava accanto a lui in silenzio, Metalo si beava di questa pace interiore, ogni tanto guardava il padre per vedere se fosse finito nella zuffa delle regine e spesso, anche lui, posava i suoi occhi sulla bella Aarde.
Paradossalmente gli unici che non cercavano la lite erano i soldati; per questi ufficiali di alto rango la guerra era una concezione prettamente militare mentre una festa era una festa. Si potevano vedere Raal e Prau brindare insieme per la ricostruzione delle flotte navali oppure Panglito e Turo mentre scommettevano su chi avrebbe bevuto di più. Tra tutti i militari, soltanto uno era molto teso: Hebber.

Hebber, negli ultimi giorni, si era dato molto da fare per svelare il mistero della tempesta, aiutato a Geel, aveva interrogato un centinaio di persone scoprendo che nessuno di loro conosceva la storia intera, ma tutti dei piccoli particolari raccontati dagli amici degli amici. Niente prove schiaccianti, nomi di presunti colpevoli o strade da poter percorrere perché erano passati ormai sette anni da quell’avvenimento. Proprio due giorni prima della festa l’ufficiale Geel gli aveva detto che c’era una persona che si vantava di conoscere ogni cosa perché sopravvissuta alla tempesta, e che l’avrebbe portato a Puna per interrogarlo, per questo motivo Hebber non riusciva a rilassarsi.

L’Imperatore sembrava tranquillo, osservava tutto ma non interveniva perché era certo che la Regina Wasa non si sarebbe spinta oltre rischiando di scatenare una nuova guerra, così come nessun altro avrebbero potuto sostenere un nuovo conflitto dopo le gravi perdite subite nella Grande Guerra. Atua era molto più preoccupato della situazione che si era creata tra i vari principi; avrebbero potuto esagerare perché l’esuberanza della loro giovane età poteva spingerli verso il limite da non superare, però considerava il legame che si era creato tra Re Oak e il principe metalo, un forte segnale di distensione dato che Apen e Metel erano due regni profondamente diversi e spesso in conflitto per accaparrarsi maggiori agevolazioni economiche da Dwr.

Nel frattempo all’isola di Puna, a uno dei moli secondari, aveva attraccato una piccola imbarcazione. Erano scesi due uomini: l’ufficiale Geel e un uomo misterioso con i polsi legati dalle manette.
«Quelli ci troveranno anche qui» disse con molta preoccupazione l’uomo mentre si guardava attorno.
«Nessuno sa che siamo venuti a Puna, ti ho prelevato da casa all’improvviso e ci siamo imbarcati subito» rispose Geel sicuro.
«Hanno occhi dappertutto, è gente pericolosa quella, lo sapete bene, e i poteri di quello stregone nero sono immensi. Gli basterebbe muovere un dito per farci a pezzi senza toccarci.»
«Se l’informazione che mi hai dato si rivelerà falsa, puoi scommettere che la tua testa salterà via con un colpo di spada» disse perentorio Geel.
«Signore, credetemi, è la verità. I nove che hanno colpito il Re di Tan a Ngahuru erano dei mercenari travestiti come il loro stregone oscuro. Di quello lì non so il nome e non l’ho mai voluto sapere.»
«Fatico a crederti, già ai mentito dicendo che ti eri salvato dalla tempesta di sette anni fa. Lascerò che sia il comandante a decidere che farne di te.»
Geel stava parlando e si accorse che il viso del prigioniero era cambiato in una smorfia di terrore, ma era troppo tardi per entrambi. Due uomini mascherati e completamente vestiti di nero si erano avvicinati; il primo, sparando con una pistola, aveva colpito alla testa Geel facendolo cadere a terra, il secondo trafisse il cuore dello spione con un lungo pugnale uccidendolo sul colpo.


Hebber era sempre più spazientito per l’assenza di Geel e gli erano venuti dei forti dolori alla bocca dello stomaco per la tensione. Ogni tanto si alzava da tavola, faceva qualche passo verso la via principale, poi tornava indietro sbuffando e questi continui movimenti del comandante avevano attirato l’attenzione della sua regina.
«C’è qualche problema Hebber? Sei ansioso.»
«No, niente di cui preoccuparsi, sto aspettando il tenente Geel e…»
Hebber non era riuscito a finire la frase per un colpo di tosse improvviso; voleva continuare il discorso ma la regina aveva lo sguardo impaurito. «Che cosa avete visto?» chiese tossendo di nuovo.
«Hebber, ti sta uscendo sangue dalla bocca!»
Il comandante, passandosi una mano sulle labbra, aveva notato che il suo sangue rosso era sporcato da qualcosa di verde, e in quel momento gli era tornato in mente un evento del passato. Pochi istanti, le palpebre di Hebber iniziarono a sbattere velocemente e poi il comandante cadde a terra come un sasso mentre la regina urlava chiedendo aiuto.



– Tre anni prima –



Zand, Re di Tera, era nel suo letto nell’attesa della morte. Aveva contratto una brutta malattia mangiando qualche alimento avariato, i suoi organi interni si stavano deteriorando velocemente e a nulla servivano le cure dei medici incapaci di comprendere quale fosse stato, di preciso, il cibo incriminato. La regina Wasa gli era accanto anche in questi suoi ultimi momenti mentre la piccola Aarde era stata mandata a Tan in modo da non vedere il padre in quelle condizioni. Hebber, chiamato dal re, si era presentato al suo capezzale mentre la regina era uscita dalla stanza piangendo, conscia che quelle sarebbero state le ultime ore di vita del marito.
Zand tossiva sangue mentre parlava a Hebber. «Amico mio, credo che questo sarà il giorno in cui incontrerò il Leggendario. Ti affido la mia adorata moglie e la piccola Aarde che ti ama come uno zio, e promettimi che smetterai di sentirti in colpa per la morte di Hond; non avresti potuto fare niente.»
«Lo farò mio Signore.»
«Bene, prima di chiudere gli occhi voglio baciare Wasa per un’ultima volta.»
«La chiamo subito mio Signore.»
Zand fece tre colpi di tosse consecutivi e Hebber aveva notato le tracce di un liquido verde mischiato al sangue del re, ma aveva pensato che fosse una normale reazione Agli intrugli che gli davano da bere i medici. Il comandante era uscito dalla stanza, attese vicino alla porta e pochi istanti dopo il pianto disperato di Wasa annunciava la morte di Re Zand.

§   §   §

Erano passati tre anni da quando si era svolto l’ultimo funerale di Stato e il fato aveva deciso che si celebrasse, come allora, a Tera.
La morte improvvisa di Hebber durante la festa per Juniper aveva messo tutti gli invitati in allarme perché i sintomi che aveva manifestato il comandante erano identici a quelli che avevano portato alla morte Re Zand. Per tutti era stata una tragica fatalità, ma già il giorno seguente per la Regina Wasa si apriva uno scenario ancora più sconvolgente.
Il Saggio Vlek era un ottimo medico erborista e aveva studiato gli effetti negativi che alcune alghe producevano sui pesci del Mare dell’Est, rei, secondo gli studi precedenti, della dipartita di Zond. Vlek aveva subito fatto notare che se fosse stata colpa del pesce la morte di Hebber sarebbe sopraggiunta nel corso del tempo mentre in questo caso il comandante era morto durante la cena, neppure in fase di digestione. Vlek aveva insistito molto con Wasa per ottenere il permesso di eseguire l’autopsia del cadavere, considerata immorale, perché aveva visto il liquido verdastro mischiato al sangue di Hebber ed era sicuro che non fosse colpa degli alimenti. Il Saggio, aiutato da alcuni alchimisti, era riuscito a determinare in poche ore la vera causa del decesso: veleno di serpe marina. Questa sottospecie di serpente era stata localizzata in ogni mare del mondo e proprio quel liquido verde, iniettato in dose massiccia dal morso dell’animale, causava la veloce degradazione dei tessuti molli e per fermare l’infezione si doveva sempre amputare l’arto morsicato. Vlek aveva prospettato a Wasa che al marito fossero state fatte ingerire poche dosi di quel veleno e in modo costante, mentre a Hebber era stato sicuramente mischiato a uno dei liquori in modo che colpisse il cuore quasi istantaneamente. Questa rivelazione portava con sé un dubbio atroce: alla festa il veleno poteva essere stato versato da chiunque dei servitori o degli invitati, ma per uccidere Zand, lentamente, doveva averlo utilizzato, per forza, qualcuno che viveva nel palazzo, una persona che poteva ogni giorno mischiare il veleno con i medicinali. Purtroppo, anche quest’ultima considerazione non indicava una persona specifica; negli ultimi tre anni la servitù era stata cambiata spesso e per rintracciare ogni persona ci sarebbero voluti anni, senza la certezza di trovare il colpevole.
E se queste rivelazioni sconcertavano la regina, c’era stato anche il tentato omicidio dell’ufficiale Geel. L’uomo, colpito da uno sparo alla testa, si era salvato grazie all’intervento di alcune persone del paese, ma non poteva parlare perché era nella condizione che i medici chiamavano “coma”.
Hebber, prima di morire, aveva detto a Wasa che stava aspettando Geel e la regina capendo che i due fatti dovevano essere correlati tra loro, aveva ordinato a tutti di cercare nei vari incartamenti del comandante qualche indizio, ma anche in questo caso le ricerche erano state infruttuose perché le ultime azioni di Hebber erano di natura spionistica e quindi ogni documento era sistematicamente bruciato.
 
Tre giorni dopo, nella capitale di Tera si era svolto il funerale e il popolo di ogni città del Regno si era recato in quel luogo per l’ultimo saluto al comandante, persona amata e rispettata da tutti. Il corpo di Hebber, fasciato da un telo bianco, era stato deposto su una pira e dopo l’orazione funebre di Vlek la regina Wasa e la figlia Aarde accesero la pira mentre ogni persona presente rimase in silenzio pregando il Leggendario di accogliere Hebber nel suo regno celeste. Al funerale erano presenti solo tre persone importanti degli altri regni. Torcon e Oceanya erano arrivati a Tera insieme e subito dopo aveva attraccato Fajro. I tre conoscevano bene Hebber, ma se il primo voleva soltanto dare il suo ultimo saluto al comandante, per gli altri due era importante anche confortare Aarde.

La regina Wasa, dopo le esequie, aveva invitato i tre ospiti al Castello e si era intrattenuta in un luogo appartato con Torcon al quale stava raccontando delle scoperte del Saggio Vlek.
«Fatico a immaginare un complotto che addirittura dura da almeno tre anni.»
«Anch’io e prego il Leggendario che faccia risvegliare Geel perché è l’unico che può sciogliere questo mistero.»
«Mia Signora, avete qualche sospetto?»
«Purtroppo nessuno» rispose Wasa scuotendo la testa. «Se fossi stata uccisa io punteremmo subito il dito contro Cristalya o Oak, ma per Hebber l’unica idea è che si tratti di qualche cosa che ha scoperto nelle indagini che stava svolgendo.»
«Permettetemi di darvi aiuto, cercherò anch’io informazioni. Naturalmente non dirò nulla a Dwr.»
«Ti sono grata ma fa attenzione. Se hanno colpito un comandante, possono arrivare anche a te. E tu hai già altro da cui difenderti.»
 
Nel salone i tre più giovani conversavano sotto lo sguardo indagatore dell’ufficiale Haag.
«La scomparsa di Hebber è stata un colpo al cuore; lui era come un famigliare, mi è sempre stato accanto e quando è mancato mio padre, si è preso cura di ogni cosa sia mia sia di mia madre» disse Aarde visibilmente commossa.
«A casa mia ci siamo chiesti come fosse stato possibile che soltanto lui abbia contratto quel virus dato che tutti abbiamo mangiato le stesse cose» disse Oceanya mostrando vera perplessità.
«Anche qui abbiamo pensato la stessa cosa» rispose Aarde sconsolata.
Fajro osservava Aarde, era preoccupato per la sua salute ma in quel momento stava anche pensando al loro primo bacio. Oceanya era sempre attenta ai particolari e aveva notato come i due si guardassero intensamente, e quando c’era di mezzo Aarde, provava sempre gelosia e frustrazione per non essere nata uomo. Aarde aveva notato gli atteggiamenti dei suoi amici, era felice di poter stare vicino a Fajro, di chiacchierare dopo molto tempo con Oceanya, ma si sentiva anche oppressa dalle troppe attenzioni dei due.
Haag, in piedi vicino alla porta, era forse il più geloso di tutti. Quelle persone parlavano con la sua amata e la guardavano com’era solito fare anche lui. Si tratteneva dall’intervenire perché aveva di fonte tre principi, ma se Aarde si fosse alzata, sarebbe corso a prenderla per potarla via.

La porta si era aperta ed erano entrati Wasa e Torcon e i tre ragazzi si alzarono perché era giunto il momento dei saluti. Torcon notava come fosse strano che Wasa e Oceanya parlassero amichevolmente senza un minimo astio e addirittura la ragazza aveva abbracciato la zia per salutarla. Fajro, molto impacciato, si era avvicinato ad Aarde; per protocollo avrebbe dovuto baciarle la mano ma lui, che era sempre andato contro corrente, la strinse tra le braccia per dirle in un orecchio: «Non so cosa succede tra noi, ma io ti amo.»
Aarde era arrossita subito, Haag, dal fondo della sala, vedendo l’abbraccio tra i due si era mosso verso di loro tenendo la mano sull’elsa della spada. Fajro, notando quel gesto, avrebbe reagito a modo suo se non fosse intervenuta Wasa dicendogli: «Non ti posso lasciare solo un attimo con lei che la stringi tra le braccia!»
Torcon, capendo la situazione, rise molto forte attirando l’attenzione di tutti su di sé.
«Lo conoscete mia Signora e spero che perdonerete, come sempre, le mancanze del mio fratellino» disse Torcon dando un leggero pugno sulla testa di Fajro e scatenando l’ilarità di tutti.

I tre ospiti erano usciti dal castello, Fajro era scattato avanti brontolando, mentre dietro di lui Torcon, a braccetto con la moglie, le chiedeva: «Com’è possibile che Cristalya odia Wasa mentre tu non hai nessun rancore?»
«Sinceramente non so per quale motivo mia sorella sia adirata con la zia, al di là dei vari screzi tra i nostri Regni. Io ho sempre pensato che loro due abbiano avuto una discussione sgradevole riguardante Hond.»
Torcon stava pensando a cosa potesse riferirsi Oceanya e l’unico motivo che gli veniva in mente lo disse alla compagna: «Lui era innamoratissimo di Cristalya, magari anche lei provava gli stessi sentimenti e tua zia gli ha imposto di lasciarlo stare e non c’è stata soluzione alla diatriba perché poi è accaduta la tragedia in mare.»
«Può essere. Lei non mi ha mai detto niente ed io non ho chiesto mai nulla, vedevo che con lui era felice, ma ero piccola e per me erano soltanto due cugini che si divertivano come facevo io con i miei amici.»
Nel castello Aarde stava salendo le scale seguita da Haag ma la regina lo aveva bloccato per parlargli. «Haag, da domani sarete dispensato dalla protezione della principessa.»
Il giovane era sbigottito, si chiese se avesse fatto errori come guardia personale di Aarde, o peggio, così disse: «Mia Regina, se è per il mio gesto impulsivo di prima, vi chiedo umilmente di perdonarmi.»
«Haag, siete un bravo giovanotto, la vostra reazione di gelosia dimostra quanto tenete a mia figlia. Come donna ho apprezzato il vostro gesto, un poco meno come Regina, però non è questo il motivo. Voi domani riceverete il grado di capitano e sarò lieta di vedervi qui intorno ancora per molto tempo, ma con compiti diversi da quelli attuali.»
Haag era onorato per la promozione, ma anche addolorato per la nuova mansione che lo avrebbe allontanato dalla principessa.










N.d.A.
Qualche piccola informazione.
- Questo capitolo è forse uno dei più corti che ho scritto ma è stata una precisa scelta per raggruppare negli ultimi due tutti gli eventi che chiuderanno la serie.
- Scriverò i prossimi due capitoli con il tempo verbale “presente” perché le sequenze d’azione saranno predominanti e preferisco utilizzare questo metodo che trovo più adatto.
- Se questo capitolo è uno dei più corti, i prossimi due probabilmente saranno i più lunghi e mi auguro non troppo noiosi da leggere. ^^

Ringrazio tutte le persone che stanno seguendo questa storia e v’invito, come sempre, a lasciare commenti, fare critiche costruttive e, se ne avete voglia, segnalare i sicuri errori di scrittura.










CAST
Anziano Maestro – Insegnante della scuola imperiale e narratore della storia
Ten – Il bambino che legge sui libri i racconti di questa storia
Atua Primo del suo nome – Leggendario primo Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Kwakhala – Regina dei mostri marini
Atua CCXV (vero nome Ukwu)  – Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Atua CCXVI (vero nome Wijs) – Nuovo Imperatore dei Cinque Regni, ex Saggio di corte della Regina Wasa di Tera.
L’Inquisitore – identità sconosciuta
- Regno di Apen
Wit – Re di Apen [destituito nella Guerra Civile]
Pine – consorte del Re di Apen [destituita nella Guerra Civile]
Willa – principessa di Apen [diventa principe ereditaria  dopo la Guerra Civile]
Oak – principe ereditario di Apen [nuovo Re di Apen dopo la Guerra Civile]
Wicaksana – Saggia reale di Apen
Panglito – comandante in capo dell’esercito
Miral – ammiraglio della marina [deceduto nella battaglia navale della Guerra Civile]
Prau – ammiraglio [nuova nomina dopo la Guerra Civile]
Macan e Terwelu – generali dell’esercito
Catur e Jaran – capitani dell’esercito
Menara – generale della marina [nuova nomina dopo la Guerra Civile]
Ijo – capitano della marina [nuova nomina dopo la Guerra Civile]
Altri: Kayu, Gedhe (ufficiale dell’esercito)
- Regno di Dwr
Fond – Re di Dwr [deceduto in un incidente in mare]
Ruith – Regina di Dwr [deceduta in un incidente in mare]
Cristalya – Regina di Dwr
Oceanya – sorella e principessa ereditaria di Dwr, comandante in capo dell’esercito
Dheat – Saggio di Dwr [prigioniero dell’Inquisitore]
Glic – Saggio reale di Dwr
Haranche – Ammiraglio della marina
Fharsa e Each – generale dell’esercito
Foeil – capitani dell’esercito
Dubh – capitano dell’esercito [neo promosso]
Tarley – generale della marina
Luchag – capitano della marina
Altri: Eas (ufficiale dell’esercito neo promossa), Geodha (soldato dell’esercito) Gush (Re e padre di Fond) [deceduto per anzianità]
- Regno di Metel
Titan – Re di Metel e comandante in capo dell’esercito
Metelo – principe ereditario di Metel
Ohlaka – Saggia reale di Metel
Meirge – generale dell’esercito neo promossa
Capall, Tyred, Gwyn (neopromossa) – capitani dell’esercito
Lyngesydd – ammiraglio della marina
Moncai e Ceilog – generali della marina
Altri: Copar (soldato dell’esercito), Platin (Re e padre di Titan) [deceduto per anzianità]
- Regno di Tan
Explodon – Re di Tan [deceduto nella battaglia sull’Isola Ngahuru]
Bruligida – Regina in pectore di Tan
Torcon – principe ereditario (gli è stato imposto di lasciare il comando dell’esercito)
Fajro – principe di Tan
Flame – principessa di Tan (ancella adottata dalla regina)
Saga – Saggio reale di Tan [deceduto] (posto vacante)
Turo – comandante in capo dell’esercito – (nuova nomina, ex generale marina)
Standarto, Serpe (neopromosso), Cevalo (neopromosso) – generali dell’esercito
Cindroj (neopromosso), Ruga (neopromosso) – capitani dell’esercito
Altri: Matco (soldato esercito)
- Regno di Tera
Zand – Re di Tera [deceduto per avvelenamento]
Wasa – Regina di Tera
Aarde – principessa ereditaria di Tera
Hond – principe (illegittimo) di Tera [deceduto]
Vlek – Saggio reale di Tera (nuova nomina dopo che Wijs è diventato Imperatore)
Hebber – comandante in capo dell’esercito [deceduto avvelenato alla festa per Juniper]
Draak – comandante in capo dell’esercito (neopromosso)
Buffel e Paard (neoporomosso) – generali dell’esercito
Haag – capitano dell’esercito (neopromossoI
Raal – ammiraglio della marina
Geit – generale della marina
Mijin e Vaandrig – capitani della marina
Altri: Geel (ufficiale dell’esercito) Rots (Re e padre di Wasa) [deceduto per anzianità]

- Mercenari
Kokiaka – Capo dei mercenari
Rak (spia in contatto con la regina Cristalya), Fiskabur, Eya, Tepanje (quattro dei nove personaggi in nero che hanno colpito Explodon), Kaia, Kumari, Makara – capitani dei mercenari [7 di 12]

- Contrabbandieri
Il capo (solo nominato)
Satulana, Jimo, Rasi, Toxotis, Lovi

- Pirati
Zedora (Capitan Blood) – capitano dei pirati
Polegada (timoniere), Mynegai (vedetta), Lautele (cartografo), Kruzni (tutto fare), Malicek (addetto ai cannoni)
Elonosia – prigioniera dei pirati (nuova pirata?)

- Bordello “La casa di Lù
Zai (prostituta), Mu (prostituto)


MAPPA

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Capitolo 7
*** La settimana più lunga (prima parte) ***


Il vecchio maestro sorride soddisfatto, i lavori in casa sono stati completati velocemente grazie all’aiuto prezioso di Ten. Il bambino è felice, sta passando delle vacanze bellissime nonostante debba lavorare, si è preso cura di Agisto e in parte sono diventati  amici, ma la sua più grande ricompensa è vedere la gioia negli occhi del maestro.
«Mio caro Ten, sei stato bravissimo in tutto, non solo sul lavoro; ho apprezzato tanto la tua compagnia e ti sei comportato benissimo ubbidendo a ogni mia regola senza protestare o fare capricci. Meriti un bel premio.»
Gli occhi di Ten s’illuminano mentre pensa cosa riceverà in regalo, ma poi guardando quella specie di bastone nodoso che gli consegna il maestro, la sua espressione cambia completamente.
«Maestro vi ringrazio, ma riesco ancora a camminare.»
«Ecco, ti ho fatto i complimenti e adesso mi dici queste cose!» risponde il vecchio fingendo delusione.
Ten capisce che è stato sgarbato e dice senza pensare: «Non volevo offenderla insinuando che lei è vecchio.»
«Anche questa?» dice ridendo il maestro. «Sorvolerò sulle tue buffe risposte perché anch’io avrei detto cose simili a qualcuno che mi avesse regalato un bastone inutile, ma andiamo a trovare Agisto e quando tirerò via il telo tu dovrai impugnare questo legno nodoso con una bella stretta e appoggiarlo a terra. Vedrai la vera sorpresa.»
Se voleva incuriosire un bambino già curioso, il maestro ha fatto centro. Ten è su di giri, cerca di non pensare a niente come quando medita e segue il maestro silenziosamente.

Tolto il telo, Agisto reagisce come il solito, qualche gracchiata, scuote le ali e muove la testa per sentire i suoni, ma nessuno parla o si muove. «Che cosa volete fare? Sento il vostro odore, so che siete entrambi qui.»
Il maestro fa cenno a Ten di appoggiare il bastone a terra e il bambino ubbidisce.
Dalla punta del bastone esce una fortissima luce che si propaga in tutta la stanza costringendo Ten a chiudere le palpebre. Lentamente la luminescenza sparisce, Ten apre gli occhi lentamente e vede qualcosa di molto strano. «Maestro, dove siamo?»
«Per ora non è importante che tu sappia cosa stai guardando, devi soltanto sapere che questa immagine immobile proviene dagli occhi di Agisto e grazie al bastone che ti ho regalato.»
«E lui dove è?»
«Dovresti chiedermi dove siamo noi due» dice ridacchiando il vecchio.
Lentamente l’immagine sparisce, dal nuovo attimo di buio si torna alla luce normale e Ten si trova nuovamente davanti ad Agisto che sta urlando: «Vecchiaccio, potevi dirmelo che gli facevi provare il bastone? Tenervi nel mio stomaco senza preavviso è doloroso!»
Il bambino spalanca gli occhi e guarda il vecchio che risponde al corvo: «Se ti avessi avvisato, tu avresti iniziato a canticchiare, io avrei dovuto spiegare tutto e Ten non sarebbe stato più sbalordito di ciò che avrebbe visto.»
Ten, infatti, era rimasto stranamente senza parole sia per ciò che aveva visto sia per le parole di Agisto e questa sua strana espressione faceva ridere il maestro perché era la prima volta che il bambino stava nel silenzio assoluto.
«Ti devo una piccola spiegazione. Quando Agisto racconterà ciò che ha visto tu, usando il bastone, potrai osservare ciò che ti dirà come se ti trovassi in quel luogo e in quel momento. Però non succederà niente fino a quando non avrai letto tutto il quarto tomo e soprattutto non avrai progredito nel tuo percorso di conoscenza.»
«Come farò a sapere se sono davvero pronto?»
«Non so risponderti perché tu sei il primo a cui ho dato il permesso di leggere i libri e sarà anche per me, in ogni caso, una sorpresa.»
Anche Agisto ci tiene a dire la sua: «E prima di fare qualsiasi cosa dimmelo!»
Ten scuote il capo in segno di approvazione e il maestro dice: «Siccome abbiamo finito con i lavori di casa, che ne dici di andare in biblioteca a leggere gli ultimi due capitoli? Mi raccomando però, se ti senti stanco, riposa gli occhi.»
Ten scuote il capo approvando l’idea del vecchio e corre via saltellando, il maestro da del cibo al corvo mentre il pennuto lo rimprovera: «Se peggio di quell’altro!»
L’anziano ridacchia: «Questo è un complemento che non merito.»
«Vecchio pazzo, spero davvero che tu abbia puntato sulla persona giusta perché il tempo a nostra disposizione sta scadendo.»
«Atua, Primo del suo Nome, scrisse sui testi sacri la prassi da seguire; è più lunga ma tiene al riparo il piccolo Ten da danni mentali e fisici. Certo, se mi sto sbagliando, le mie precauzioni non saranno servite a niente perché tutti finiremo nell’oblio eterno» risponde con serietà il maestro.



7° capitolo – La settimana più lunga
(prima parte)



Era passato un mese dalla tragica morte di Hebber, la tristezza doveva lasciare il posto all’allegria per un avvenimento atteso da tutto il popolo del mondo: la settimana di preparazione alla maggiore età dei principi.
Per la prima volta nella storia ogni regno stava per mandare un proprio principe al Palazzo Imperiale di Raumati, dove avrebbe trascorso sette giorni di studio, preghiere, digiuno e lavori sociali sotto la supervisione dell’Imperatore dei Cinque Regni. La straordinarietà della presenza di cinque ragazzi era amplificata per la presenza di un Re tra loro cinque. Ogni regno avrebbe voluto organizzare l’evento così si era deciso di sorteggiare il nome del re e la fortuna aveva baciato le guance di Titan di Metel che mise al lavoro migliaia di persone per allestire il grande palazzo con dei lavori supplementari svolti nelle due settimane precedenti.
L’unico vero problema che si erano posti i vari regnanti era la questione sulla sicurezza perché pirati e contrabbandieri continuavano a farsi notare nelle loro scorribande, ma l’Imperatore, unico a poter decidere come gestire la settimana, aveva scelto di mantenere l’isola sgombra da armi e soldati rispettando le antiche tradizioni, andando perfino contro il volere della sua ex regina Wasa.
Il messaggio di convocazione era giunto in ogni regno e tutti i principi si preparavano per la partenza.



– Domenica e Lunedì –



Isola Raumati, Palazzo Imperiale.
E’ domenica pomeriggio, Re Titan, come organizzatore, ha già raggiunto Raumati, si fermerà per la notte, prima di pranzo accoglierà i ragazzi insieme all’Imperatore e poi dovrà partire per la decisione di Atua di non avere “estranei” sull’isola. Titan ha anche un altro motivo per passare la domenica sera in quel posto: incontrare una persona che è stata esiliata sull’isola da qualche mese.
«Oh, vorrei dirti che è un piacere vederti, ma mentirei, e adesso che sono confinato qui non ho bisogno di fare facce di circostanza» dice Wit appena vede Titan.
«Sei sempre stato un gran brontolone, ma sai bene che ti rispetto.»
«Forse un tempo, ma adesso dirmelo è da ipocriti, dopo quello che mi avete fatto tu e mio figlio.»
«Ho ragionato come hai sempre fatto tu, Wit. Prima di tutto il proprio regno, anche a costo di inimicarsi gli amici. E noi non siamo mai stati neanche amici» risponde con tono duro ma sincero Titan.
«Bene, allora perché sei passato da qui?»
«Come ti ho detto, ti ho sempre rispettato e ho trovato giusto parlare con te all’inizio di questa settimana importante per tutti, anche per il tuo stesso figlio.»
«Di lui non m’interessa sapere niente, ma dimmi qualcosa di Willa che ora deve stare sotto il giogo del fratello.»
Titan sorride beffardamente a quelle parole. «È curiosa la tua frase perché Re Oak aveva usato le stesse parole nei tuoi confronti quando mi scrisse che con la sua salita al trono avrebbe liberato Willa del giogo dispotico del padre. Comunque sia, la principessa, almeno fisicamente, sta bene, l’ho vista giusto un mese fa alla festa per Juniper.»
«Grande tragedia la morte di Hebber, non era di certo un amico ma lo stimavo molto per il suo attaccamento alla propria terra.»
«Vedi, ripeti le mie stesse cose» dice sibillino Titan.
«È vero, ma lui non mi ha mai attaccato alle spalle come avete fatto tu e Oak!» risponde Wit con una smorfia.
In due si guardano e dopo qualche secondo di silenzio Wit chiede: «Adesso che possiamo essere onesti, dimmi qual è il vero motivo della tua visita.»

Regno di Apen, Palazzo Reale.
La serata di domenica ad Apen è movimentata, Oak, con la sorella accanto, sta dando ordini ai comandanti.
«Ammiraglio Prau, in mia assenza avrete il pieno comando della flotta e quindi potrete procedere con qualsiasi azione necessaria in presenza di pirati, però le chiedo di non muovere verso mari diversi dal Sud. Se scappano, lasciateli andare, nessun inseguimento, per nessun motivo. Avevamo avuto una buona idea parlando di Corsari, ma adesso temo che esistano davvero perché gli attacchi ai mercantili avvengono molto spesso lungo le nostre coste.»
«Maestà, concordo con voi e penso che sia Tera a organizzare gli agguati. Loro non hanno subito perdite in mare.»
«È vero, però Tera è sotto l’assedio costante dei contrabbandieri e dubito che possano pagare dei corsari. Per ora non voglio fare supposizioni, quando riusciremo a prendere vivo qualcuno di questi briganti, ci faremo dire la verità.»
«Cercherò di non affondare le loro navi» risponde Prau battendo i tacchi a terra.
«Comandante Panglito, dalla Guerra Civile non ci sono stati più problemi quindi mantenete sempre gli occhi sull’esterno, continuate ad addestrare le nuove reclute, in più ho una richiesta importante da farvi. Mia sorella rimarrà sola per questa settimana e desidero che ci sia sempre una persona fidata al suo fianco.»
Willa sta per dire qualcosa ma Oak la zittisce solo guardandola mentre Panglito risponde: «Maestà, escludendo loro due, la mia scelta ricade sul capitano Jaran.»
«Perfetto comandante. Ora signori, potete andare.»
Prau e Panglito escono dalla sala del trono, sta per farlo anche Willa ma il fratello la strattona verso di sé tirandole la mano. «Dimmi cara sorella, stavi per fare tu il nome di qualcuno in particolare?»
«No frat… no Re Oak.»
«Bravissima la mia amata sorella, lascia questi compiti al Re, il tuo adorato fratellino sa che cosa sia meglio per te. Ora puoi andare anche tu, riposa bene, più tardi verrò a rimboccarti le coperte.»
Willa s’inchina, si dirige verso l’uscita trattenendo il pianto, i suoi occhi sono pieni di lacrime ma non vuole dare altre soddisfazioni al fratello che la sta torturando psicologicamente già da mesi.

Lunedì mattina, non tanto presto, la nave del capitano Ijo parte da Port Huwur per raggiungere Raumati con a bordo Re Oak.

Regno di Dwr, Reggia.
Domenica, ora di cena. Al tavolo regale sono sedute cinque persone, discutono sugli ultimi avvistamenti dei pirati e sulla settimana di assenza della principessa.
«Mia Regina, confido di tenere a bada quei furfanti, fino a oggi hanno potuto poco contro le nostre navi più veloci» dice Haranche.
«Dovete fare molto di più ammiraglio, voglio che tutti e quattro i mari siano guariti dalla loro pestilenziale presenza.»
«Dovreste darmi la possibilità di trovare accordi anche con Tera» dice Haranche con tono già dimesso. «Il Mare dell’Est, per noi, rimane un grosso problema se gli inseguiti oltrepassano Puna.»
«Ho detto di no! Che si arrangi quella che sta di là!» grida Cristalya.
«E se noi chiedessimo il permesso all’Imperatore di dislocare delle navi proprio sull’isola di Puna? Da lì potremmo pattugliare la nostra zona partendo da due porti diversi» chiede Oceanya con la convinzione che sarà ascoltata.
«Ecco, vedete Haranche? La mia adorata sorella ha sempre delle brillanti idee anche se è un comandante dell’esercito. Dovreste prendere esempio da lei!» afferma Cristalya mentre Haranche si trattiene dallo sbottare dato che la stessa proposta l’aveva fatta lui qualche giorno prima. Oceanya sorride all’ammiraglio che si acquieta subito.
La principessa, poi, si rivolge a Each: «In mia assenza la Regina sarà a capo dell’esercito come previsto dalle nostre normative, ma confido che voi sarete sempre a disposizione per gestire il materiale umano in caso di bisogno.»
«Certamente mia Signora» risponde il generale sorridendole.
Torcon capisce, dalle espressioni dei due, che Oceanya aveva già organizzato tutto, però ora tocca a lui chiedere qualcosa alla regina.
«Mia Signora, che cosa dovrei fare io?»
«Tu?»
«Sì mia Signora. Avevo intenzione di tornare da mia madre sfruttando questa settimana in cui mia moglie sarà a Puna, anche perché sarà assente mio fratello per lo stesso motivo di Oceanya.»
«Non se ne parla nemmeno! Fino a quando so che c’è la mia sorellina a tenerti a freno sto al sicuro, senza di lei rimarrai qui, e resterà accanto a te l’aiutante di campo di Oceanya.»
Torcon è dispiaciuto per non potersi muovere, ma anche Oceanya prova del disappunto per la decisione della sorella di affiancare al marito proprio a Eas. La principessa non aveva pensato che Torcon potesse lasciare Dwr e non aveva parlato con lui prima della cena.

Scesa la notte, Oceanya e Torcon sono nel letto coniugale, la principessa chiede al marito: «Dovevi dirmelo che volevi tornare a casa, avrei preparato tutto in mondo che mia sorella accettasse la tua richiesta.»
«Ci ho pensato soltanto poco prima di chiedere, e poi non avrei voluto metterti in difficoltà con Cristalya. Poco male, starò qui a leggere per sette giorni.»
«Cercherai almeno di avere un buon rapporto con Eas?»
«Ci proverò Oceanya e spero che mi perdonerai se farò qualcosa di sbagliato.»
«Lei ti odia e lo sai, se sgarri di un millimetro ti salterà addosso e colpirà per uccidere senza farsi nessuno scrupolo» dice Oceanya preoccupata sia per la sua amante sia per l’uomo che ha sposato.
«Oceanya, mi comporterò sempre nel modo che ritengo giusto e se Eas avrà qualcosa da dire non avrò problemi ad ascoltarla.»
Oceanya guarda negli occhi Torcon, sospira e ha un attimo di panico.
«Che succede?» chiede Torcon notando l’espressione della principessa.
«Niente, buonanotte» risponde la ragazza voltandosi di spalle.
Oceanya ha gli occhi aperti, ha sentito una fitta al cuore ascoltando le parole di Torcon e questa sensazione si è moltiplicata dicendogli “buonanotte” perché avrebbe voluto baciarlo. Non era la prima volta che Oceanya desiderava baciarlo facendosi stringere tra le braccia del marito e questo sentimento la stava torturando.

Lunedì mattina, non tanto presto, la nave del capitano Luchag parte da Port Deas per raggiungere Raumati con a bordo la principessa Oceanya.

Regno di Metel, Castello Reale.
Nella notte tra domenica e lunedì era partita da Port Coral la nave del generale Moncai con a bordo il generale Meirge e il principe Metalo.

La cabina del principe è chiusa e l’unica persona che può entrare è il generale perché chiamata dallo stesso Metalo.
«Mio Signore, desiderate qualcosa?» chiede la donna mettendosi sull’attenti.
«Rilassati Meirge, considera questo lungo viaggio come una piccola vacanza dai tuoi compiti. Siedi, versati del liquore, e facciamo due parole» risponde Metalo sorridendo.
La donna accetta l’invito, assapora il liquore e dice: «Mio Signore, vi sono grata per tutto, anche per la promozione a generale.»
«Sciocchezze, dopo la missione a Oazi mio padre avrebbe promosso anche Copar se non gli fosse servito per altri scopi. Hai meritato questi gradi non solo per quel giorno, ma anche per le altre infinite mansioni che porti sempre a termine.
Meirge arrossisce, è più grande di età del principe ma è sempre stata attratta dai suoi modi gentili e dalla spensieratezza del suo carattere.
«Siete troppo buono, mio Signore.»
«Non è bontà dire ciò che si pensa» risponde Metalo alzandosi dal letto su cui si era seduto per leggere un libro. «Tu sei una donna aggressiva e determinata, ma anche divertente e simpatica, hai la risposta veloce come sei lesta a estrarre il coltello. Ma sei molto di più e non te ne accorgi.»
Metalo prende uno specchio e lo gira verso Meirge. «Guardati.»
La donna si osserva ed esclama: «Maledizione, ho i capelli in disordine!»
Metalo sorride. «Proprio come dicevo. Hai guardato i capelli e non ti sei accorta dei tuoi occhi nocciola chiaro che rendono il tuo viso luminoso, non hai visto le tue labbra carnose e rosate che parlando assumono forme deliziose e del tuo collo sinuoso, per nulla muscoloso, ma neppure floscio o trasandato.»
«Ma che dite?» risponde Meirge diventando ancora più rossa.
«Dico che sei una donna affascinante e che non lo hai compreso. Alzati, fatti vedere in tutto il tuo splendore.»
La donna si alza in piedi e Metalo le slaccia la giacca, sbottona la camicia e le abbassa i pantaloni lasciandola vestita delle sole mutandine e lei, inebriata dal liquore, lascia che lui faccia ciò che vuole.
«Ero certo di trovare sotto questa pila di indumenti ciò che immaginavo. Il tuo corpo è di una ragazzina nonostante tu abbia già raggiunto la quarantina.»
Il principe fissa negli occhi Meirge e poi prende tra le sue mani il seno della donna accarezzandolo dolcemente. «Hai un seno prosperoso ma non cadente da far invidia a molte giovani della Casa di Lù,» poi una mano di Metalo si infila nelle mutandine della donna che risponde a quel tocco ansimando.
Meirge resiste pochi istanti, si abbandona al piacere e mostra la sua irruenza mentre spinge Metalo su letto.
«Eccoti qua, mia signora, ora prendi ciò che desideri!» dice Metalo spogliandosi della veste lunga che indossava per la notte. «Mostrami cosa sei capace di fare quando sei libera dalle inibizioni, ora non sono il principe e tu non sei il generale, siamo un uomo e una donna e voglio possederti fino a quando saremo a Raumati!»
Meirge, trascinata dalla frenesia, si avventa su Metalo come una tigre e lui accetta di fare la parte della preda godendo delle morbose attenzioni della donna, non oppone resistenza, si lascia mordere senza urlare, ma poi è lui a diventare altro. Lui è il cacciatore che abbatte la tigre famelica, ribalta la situazione, prende possesso della donna senza lasciarle respiro stringendo le sue mani sul suo collo. Con la punta della lingua percorre tutto il corpo di Meirge, s’immerge tra le cosce della donna e lei trattiene la testa dell’amante ferma in quel punto con le mani, e si lascia baciare fino in profondità e poi urla di piacere. Metalo però non ha finito e lei chiede, quasi supplicando, di essere scopata completamente.

Regno di Tan, Villa Reale.
Fajro è pronto per andare a dormire, l’indomani dovrà alzarsi presto, ma prima fa visita alla madre che sta nella sua stanza insieme a Flame.
Bruligida è particolarmente vigile, appena entra il figlio, esclama: «Eccolo qui il mio piccolo che fra poco sarà adulto! Fatti abbracciare da tua madre.»
«È un giorno davvero speciale; vostra madre, da questo pomeriggio, attendeva di incontrarvi per potervi parlare» dice Flame sorridente.
«Cara amica, ascolta bene perché non te lo dirò ancora» dice Fajro alla ragazzina con uno sguardo torvo. «Quante volte dovrò dirti di darmi del “tu”?»
«Una volta di più mio Signore» risponde Flame arrossendo.
«Madre, diteglielo anche voi che lei ha solo tre anni in meno di me e che facendo in quel modo mi fa sentire come un vecchio decrepito.»
Bruligida sorride, il comportamento di Fajro verso la ragazzina è sempre stato benevolo, non le ha mai fatto pesare la differenza di ceto sociale facendola sentire sempre una persona di famiglia, ma soprattutto ride perché Fajro non sa che ha adottato Flame e quindi è a tutti gli effetti sua sorella.
«Perdonala, sai che ci tiene a queste piccole cose» dice Bruligida allungando la mano verso Flame. «Vedrai che quando capirà di essere in famiglia ti darà del “tu” e forse te ne pentirai.»
«Niente, mi siete tutti contro» risponde Fajro facendo ridere tutti.
«Madre, mi dispiace lasciarvi qui da sola con Flame, come immaginavo mio fratello preferisce stare con la sua nuova padrona piuttosto che prendersi cura di voi.»
«Non essere duro con lui, fa tanto per tutti noi, e sono certa che soffre nel doverci stare lontano. Un giorno potresti pentirti dei tuoi pensieri.»
«Perdonatemi. Sono astioso e dico cose che non penso davvero.»
«Vieni tra le mie braccia figliolo.»
Fajro abbraccia la madre, poi, dice: «È ora che vada a riposare.»
Bruligida lo ferma tenendogli la mano. «Figlio mio, ricordati sempre che i tuoi genitori hanno e avranno sempre fiducia in te, qualunque cosa accada.»
«Grazie madre, lo so ma sentirselo dire fa sempre piacere.»

Lunedì mattina, alla prima luce del sole, un umile peschereccio parte da Port Shoal per raggiungere Raumati con a bordo il principe Fajro.

Regno di Tera, Castello Reale.
Il cielo è limpido questa domenica sera a Tera; la Regina Wasa e sua figlia Aarde, dopo cena, conversano tranquillamente su uno dei terrazzi del castello.
«Da domani inizierà la tua nuova vita, non avrai ancora la maggiore età ma con la settimana di preparazione ti sarà riconosciuta ugualmente.»
«Madre, non ho mai capito per quale motivo è così importante per noi delle casate reali mentre il popolo non ha questo tipo d’impegno.»
«Nasce tutto dall’antichità e dai primi regnanti del mondo che insistevano molto sul portare i loro figli al matrimonio ancora vergini. Però facevano anche una distinzione che a Tera è stata debellata molti secoli fa: la ragazza che faceva del sesso prima della maggiore età veniva considera come impura e i genitori faticavano ad accasarla, mentre l’uomo poteva fare i suoi comodi senza sentirsi discriminato. La differenza tra regnanti e popolo sta tutta nel potere che ha un matrimonio, sia fatto con il cuore sia politico come quello tra Torcon e Oceanya mentre un matrimonio comune rappresenta soltanto la gioia della coppia, dei famigliari e dei veri amici.»
«Quindi, perché si fa ancora questa settimana?»
«Ormai è soltanto una cerimonia tradizionale, non ha più il valore di un tempo. Oggi consideriamo già adulti i figli quindicenni e in passato ci sono stati anche matrimoni tra ragazzini di dodici o tredici anni. In antichità, la settimana di preparazione serviva per conseguire un attestato, firmato dall’Imperatore, nel quale era certificata l’idoneità dei ragazzi e delle ragazze al matrimonio e soprattutto alla procreazione. Tradotto in poche parole, dopo quella settimana si poteva fare sesso.»
Aarde arrossisce, ma Wasa la sgrida: «Insomma figliola, possibile che quando si parla di rapporti carnali mi diventi rossa come un pomodoro? Che cosa farai quando tuo marito t’infilerà la mano tra le gambe?»
«Madre, ma devi sempre essere così diretta?»
«Sono fin troppo riservata e te ne accorgerai proprio in questa settimana.»
«In che senso?» chiede confusa Aarde.
«Nel senso che studierai, tra le altre cose, anche come sono fatti gli uomini, come fargli raggiungere l’orgasmo e come spronarli a far provare anche a te il piacere. Magari sarà più semplice per tutti se chiedete direttamente a Oceanya dato che è già sposata.»
«Madre, ma sarà l’Imperatore a spiegarcelo?»
Wasa scoppia a ridere mentre Aarde, sempre più rossa in viso esclama: «Smettetela di ridere? Uffa!»
«Stavo ridendo pensando a Wijs che t’insegna le sconcezze del sesso.»
«Madre, siete insopportabile quando vi burlate di me» dice Aarde. La principessa fa una pausa di silenzio e poi aggiunge: «E voi che ne sapete? Magari io ho già provato un uomo.»
«Tesoro, se nomino il loro “coso” con il suo vero nome, temo di farti svenire» risponde Wasa ridendo ancora di più di prima.
La regina smette di divertirsi e torna seria. «Piuttosto figlia mia, come ti senti a dover stare con gli altri ragazzi per tutta la settimana? Soprattutto con Fajro.»
«Forse è un bene che abbia la possibilità di parlare con lui, o forse sarà un totale disastro, non lo so. Però quando è stato qui il mese scorso mi ha detto a chiare lettere una frase che aspettavo da anni e il mio cuore è impazzito.»
«Ti ha detto che ti ama, vero?»
«Come fate a saperlo?»
«Sono una donna, ho amato follemente quell’uomo fantastico che era tuo padre e lui mi faceva saltare il cuore ogni volta che mi diceva di amarmi. Tu sei innamorata da sempre di quello scavezzacollo e aspettavi solo un suo passo deciso. Ora, stando vicini come un tempo, capirai davvero cosa vi lega. Voglio molto bene a quel ragazzo, anche se mi diverte prenderlo in giro, e se sarete davvero innamorati e decisi ti prometto che lo accetterò volentieri come mio figlio.»
Aarde abbraccia la madre che però ha bisogno di stemperare queste emozioni con una battuta: «Però se mi portate a casa un figlio identico a lui, vi mando tutti in esilio nella Foresta Proibita.»
«Madre, vi voglio bene» dice Aarde stingendola più forte e Wasa, a quelle parole, non può più trattenere le lacrime che gli scendono sul viso per la commozione.

Lunedì mattina, non tanto presto, la nave del capitano Mijin parte da Port Statig per raggiungere Raumati con a bordo la principessa Aarde.

Isola Raumati, Palazzo Imperiale.
L’arrivo scaglionato dei cinque principi è stato accolto dai cittadini dell’isola con grande gioia, a ognuno di loro è stata donata una moneta antica, ormai fuori corso, ma dal valore simbolico molto prestigioso. I cinque ragazzi sono saliti su una carrozza scoperta che li ha portati alle porte del maestoso Palazzo Imperiale dove ad accoglierli ci sono l’Imperatore Atua, CCXVI del suo nome, e Re Titan.
Atua indossa i colori imperiali con la veste blu e il lungo mantello nero, così come su tutti i torrioni del palazzo sventolano le bandiere dello stesso colore; il messaggio che l’Imperatore vuole mandare al popolo è che non esiste un solo regno, ma un grande Impero.
«Sono lieto di dare il benvenuto a ben cinque principi, sarà un onore farvi da guida in questa settimana nella quale imparerete molto, soprattutto su voi stessi. La sala del banchetto è già pronta, entrate, e dal momento in cui varcherete quella porta, sarà ufficialmente iniziata la vostra nuova vita.»
I ragazzi entrano mentre Atua si rivolge a Titan: «È il momento di salutarvi mio Signore. Ho avuto modo, anche in questi giorni, di apprezzare la vostra compagnia.»
«Sono io a ringraziarvi per l’aiuto considerevole che mi avete dato nel preparare ogni cosa per questi giovani che sono il futuro dell’Impero.»
Entrambi s’inchinano, l’imperatore si dirige verso il palazzo, il re verso la sua nave, ma il primo, voltato di spalle, ha qualcosa da dire: «Mi domando perché abbiate incontrato Wit. Senso di colpa?»
Il secondo, anch’egli di spalle, risponde: «No, gli ho soltanto detto che se ha mire di vendetta questa non è la settimana giusta perché se succede qualcosa lo scorticherò vivo personalmente. E questa minaccia vale per tutti, nessuno escluso, Imperatore Atua, CCXVI del suo nome!»

La prima giornata è stata molto quieta per i cinque ragazzi, hanno potuto scambiare qualche parola tra loro soltanto a pranzo e a cena perché impegnati in varie attività personalizzate per la prima purificazione dello spirito, soprattutto attraverso lunghe ore di meditazione e preghiera seguiti come ombre dai vari Saggi di ogni regno.



– Martedì –



Isola Raumati, Palazzo Imperiale
Il sole non si è ancora levato in cielo, nel Palazzo Imperiale stanno suonando decine di campanelle e le voci dei vari servitori rimbombano nei corridoi mentre chiamano i cinque principi per la colazione. Oak esprime il suo dissenso con parole bofonchiate e prive di senso, Oceanya raggiunge per prima la sala, è abituata ad alzatacce mattutine data lì abitudine acquisita come comandante in capo del suo esercito, Metalo si rivolta nelle coperte, troppo rumore per i suoi gusti, Fajro è pronto alla chiamata perché è già sveglio, ha dormito poco e certamente male, Aarde è veloce a vestirsi, anche se i suoi occhi sono ancora semichiusi. I principi, chi prima chi dopo, raggiungono la sala e ciò che trovano sul tavolo è soltanto del pane nero.
«E da bere?» chiede Oak in modo arrogante.
Un servitore si avvicina, porta con la mano destra ha un grosso pentolone e con la sinistra immerge un mestolo nel calderone dal quale estrae dell’acqua. Il carattere dei cinque è così diverso tra loro che le reazioni sono paradossalmente divertenti per l’Imperatore Atua che sta osservando i ragazzi tenendosi appena fuori dalla sala.
«Figlioli, quello che state mangiando, per molte persone del nostro mondo, è un lusso che non possono sempre permettersi. Una delle lezioni che dovete imparare è che non bisogna mai dimenticare i disagi delle persone comuni, dovete essere caritatevoli e adoperarvi in modo che non esistano poveri e disagiati. È un vostro preciso compito perché una casata reale vive o muore secondo la prosperità della popolazione; un proprio popolano frustrato è il primo nemico per la famiglia reale» dice Atua presentandosi nella sala.
Anche in questo frangente l’attenzione dei cinque è divisa tra chi ascolta, ma non gli interessa capire come Oak, o chi si è sempre battuta per dare al popolo i mezzi necessari per vivere decentemente come Aarde che fissa Atua con orgoglio.
«Dopo questa colazione andrete al porto per lavorare insieme ai pescatori che sono rientrati dalla battuta di pesca, perché ciò che avranno portato sarà il vostro pranzo» dice Atua tornando verso la sala del trono.

La mattinata era passata velocemente, i cinque principi avevano lavorato a contatto con i pescatori e Fajro era stato di grande aiuto avendo già esperienza con le reti da pesca. Oak e Metalo si erano occupati di pulire il pescato e spesso avevano dovuto subire gli schermi delle due principesse che ridevano vedendo le facce schifate dei loro compagni d’avventura. Oceanya, avvezza al comando, dava ordini ai compagni con autorevolezza, salvo poi diventare rossa ogni volta che i pescatori le chiedevano di gestire gli arrivi e le partenze dei pescherecci. Aarde si era occupata delle vendite che quel giorno erano state molte di più del solito grazie alla sua presenza.
Tornati a Palazzo, i principi avevano subito mangiato e poi ognuno di loro era andato nella propria stanza per qualche ora di riposo.
Aarde, dopo un bagno ristoratore, si è sdraiata sul letto coperta solo da un telo, sta per chiudere gli occhi, ma bussano alla porta.
«Aarde, sono io, possiamo parlare?»
La ragazza, sovrappensiero, non ricorda quale veste sta indossando e apre.
«Fajro, dovresti riposare anche tu» dice la ragazza mentre allunga le braccia verso l’alto per stirare i muscoli delle braccia.
Il giovane si gira subito di spalle dicendo: «Forse è meglio che raccogli il telo prima che ti rispondo.»
Solo in quel momento Aarde si accorge che allungando le braccia, il telo gli è scivolato sui piedi lasciandola completamente nuda. La prima reazione di Aarde è di chiudere la porta, la sbatte forte e dall’altra parte si sente un “ahia” a gran voce. La principessa capisce di aver fatto un altro danno, indossa una vestaglia e apre di nuovo la porta trovando Fajro con una mano sul naso.
«Mi hai vista?» chiede Aarde arrossendo.
«Non dovresti chiedermi prima se sto bene?» risponde Fajro cercando di respirare.
I due ridono, sembra una scena d’altri tempi, un fermo immagine del loro passato nel quale si divertivano come pazzi. Erano bambini con emozioni diverse da quelle che provano adesso. Fajro fa un passo nella stanza, ed è vicinissimo ad Aarde, la fissa negli occhi mentre fa un secondo passo per baciarla come la prima volta, ma lei indietreggia, allunga le mani verso il petto del ragazzo tenendolo a distanza.
«Che cosa ti succede Aarde? È colpa di quello là?»
«Haag non c’entra nulla.»
«Eppure lo hai nominato senza esitazione» risponde Fajro con astio.
«Fajro, io…»
«Prima non andava bene perché non ero stato diretto, ora non va bene perché lo sono troppo. Io ti amo ma devo sapere quali sono i tuoi sentimenti. Non ti sarò di peso, ti lascerò decidere e ti aspetterò, ma ricorda che anch’io ho un cuore.»
Fajro si volta ed esce chiudendo la porta, Aarde cade in ginocchio e piange perché sa di volergli bene, ma non è certa che si tratti di amore.

In un'altra stanza, la situazione è molto diversa. Oak è entrato nella camera di Metalo dicendo: «Come Re ho imparato a prendere ciò che desidero, e ora ho in mente soltanto te!»
«Forse puoi ancora sperare di diventare come me» risponde Metalo mentre toglie i pantaloni al Re di Apen.

Oasi Oazi
Kokiaka sta parlando con tutti i suoi capitani. «Il momento è finalmente giunto, come voi ero stanco di attendere tutti questi inutili giochetti fatti di attese e riunioni.»
«Capo, ma da che parte stiamo?» chiede Fiskabur.
«Come sempre; dalla nostra!» risponde Kokiaka ridendo sguaiatamente.



– Mercoledì –



Regno di Apen, Port Kurang
«Dichiarate il carico delle vostre imbarcazioni» chiede una guardia portuale a una donna.
«Nessun carico, siamo venuti qua per fare acquisti e partiremo dopo aver riempito la stiva.»
«Ricordate di pagare le tasse portuali oppure non potrete ripartire.»
«Certo signore, siamo persone oneste.»
La donna è raggiunta da due compagni e insieme si allontanano velocemente dal posto di guardia per raggiungere la vicina cittadina mentre le guardie portuali osservano le tre navi per segnare il nome delle imbarcazioni sul foglio degli ingressi. Una guardia si domanda: «Che strano, non c’è, come possono navigare queste bagnarole senza un nome di riconoscimento?»
Solo pochi attimi; le tre navi esplodono spazzando via quattro pontili e almeno trecento militari tra soldati, guardie e marinai.
Le tre persone scese al porto sono salite su dei cavalli e si dirigono verso Tera. Uno di loro si guarda indietro, vede le fiamme e dice: «Rasi, fanno un bel botto quei nuovi marchingegni con polvere nera.»
«È solo l’inizio Jimo, il capo ne sta facendo fabbricare molti da usare nei prossimi giorni, non solo a terra ma anche in mare.»
La donna, ha altro per la testa: «Io spero solo di incontrare di nuovo la sorella di Toxotis.»
«Satulana, non sei proprio capace di goderti un successo» dice Jimo ridacchiando.
«Non ci posso fare niente, quella ragazza mi ha stregata!»
I tre contrabbandieri superano il confine con Tera, raggiungono un peschereccio e s’imbarcano lasciando le coste del Mare dell’Est.


Isola Raumati, Palazzo Imperiale
Nel pomeriggio si è svolta la tanto attesa, e per alcuni temuta, lezione di educazione sessuale e le reazioni dei cinque principi, come sempre, sono state molto diverse. Oak non aveva prestato attenzione agli argomenti proposti, spesso sbuffava, ma nei momenti più delicati posava gli occhi sulle due ragazze. Oceanya era la perfetta alunna, per nulla intimidita, scambiava opinioni con la Saggia Wicaksana, soprattutto quando si discuteva sui rapporti tra coppie dello stesso sesso e giudicate in diverso modo nei vari regni mentre Metalo era il secondo maestro, su ogni argomento aggiungeva particolari sempre più piccanti e spesso entrava in contrasto con Wicaksana perché lei manteneva un approccio “delicato” sugli argomenti. Fajro ascoltava con attenzione ma non riusciva a esprimere le proprie opinioni, temeva di sfigurare davanti agli altri due maschi che stavano dimostrando di avere già avuto esperienze con l’altro sesso mentre Aarde era completamente arrossata, aveva tenuto perennemente il suo sguardo puntato sul banco finendo per essere la preda ideale per gli scherni di Oak e Metalo, e nello stesso tempo, trovando in Oceanya la compagna perfetta per essere difesa dai due maschietti.

Niente cena per l’obbligo del digiuno, qualche preghiera al Leggendario e poi tutti liberi di fare ciò che vogliono. Fuori dal grande portone i tre ragazzi stanno conversando.
«Ormai, delle lezioni di educazione sessuale a dei diciassettenni sono assolutamente anacronistiche, si dovrebbe affrontare l’argomento già nella scuola imperiale perché il mondo è così ampio e aperto che le particolarità anatomiche di un uomo o di una donna si possono vedere passeggiando in qualche grande città. Il vero problema rimane la chiusura mentale di alcuni regni sulle coppie dello stesso sesso: a Dwr sono soppresse per leggi di religione che si sono inventati, mentre stanno peggio dove sono addirittura condannate e punite» dice Metalo a Oak.
«Succedeva quando c’era mio padre, ora, con me sul trono, l’atteggiamento della casa reale è completamente diverso, sia per le coppie omosessuali sia sui rapporti con i propri famigliari, però il popolo è stato soggetto di persecuzioni per secoli ed è difficile per loro accettare che il mondo stia andando avanti. Ho emanato delle leggi che puniscono chi opera azioni forzose contro coppie omosessuali, equiparandole alle leggi già esistenti sul razzismo, condannato da migliaia di anni» risponde Oak in modo quasi borioso.
«E tu cosa pensi Fajro?» chiede Metalo.
«Non so risponderti, per me sono argomenti nuovi» risponde il ragazzo intimidito.
«Vuoi dire che non hai mai scopato?» chiede Oak ridacchiando. «Eppure ci sono tante ragazze carine tra le ancelle di tua madre, per esempio Flame, sarebbe la ragazzina perfetta per la tua prima volta.»
«Non dire sciocchezze, Flame è come una sorella!» risponde Fajro alterato dall’idea proposta da Oak.
«Capisco, tu aspetti la donna perfetta, magari pensi pure che sia lei a farsi avanti» dice Metalo senza malizia.
«Metalo mi ha insegnato che se vuoi qualcosa devi prenderla e guardandoti come sbavi ogni volta che sei vicina ad Arde penso che dovresti andare nella sua camera da letto, strapparle i vestiti e scoparla senza scrupoli. Vedrai che godrà come fanno tutte le altre senza dire mai dirti “no” a qualunque cosa tu faccia.»
La reazione di Fajro è ciò che ci si aspetta da lui. Prende per il bavero della camicia Oak e a muso duro dice: «Non m’interessa se sei diventato Re, ma parla così di lei un'altra volta e ti prendo a pugni fino a che la tua mandibola si frantuma!»
«Dai, perché litigare per queste cose?» dice Metalo dividendo i due ragazzi. «Aarde piace a tutti noi, è inutile che lo neghiamo, però nessuno di noi, nemmeno tu Oak, si permetterebbe di farle una cosa del genere.»
«Questo tipo di scherzi non mi piacciono» dice Fajro lasciando libero Oak.
«Diamine, come sei permaloso» risponde Oak sistemandosi la camicia.
«Piuttosto, vista la libertà sessuale che vige a Tera, noi tre dovremmo temere più Oceanya di qualsiasi altra persona» dice Metalo scuotendo le spalle.
«Ti ci metti anche tu? Sono cugine, i loro regni sono perennemente in lotta per colpa delle regine, e sono donne. Non esiste congiunzione che sia più inverosimile di quella che prospetti.»
«Tu dici? Eppure sai anche tu le voci che circolano su Oceanya. Dovresti osservarla meglio quando è a contatto con Aarde, scoprirai cose inimmaginabili.»
Fajro non risponde e si dirige verso il portone del palazzo mentre Oak chiede a Metalo: «Sei sicuro o lo stai prendendo in giro?»
«Dovresti conoscermi ormai, per queste cose ho l’occhio fino.»

Fajro raggiunge la biblioteca e nota che sedute a conversare tra loro ci sono Aarde e Oceanya. Si nasconde e ascolta.
«Ti giuro che volevo nascondermi quando la Saggia ha nominato ogni singola parte anatomica del corpo maschile» dice Aarde che da ore ha perennemente il viso arrossato per la vergogna.
«Sono argomenti importanti ed è bene che conosciamo ogni particolare, anche quello più scabroso.»
«Forse per te è stato più facile, sei sposata e il sesso con un uomo non è più un mistero.»
«Ti confido che non ho avuto rapporti sessuali con Torcon, né con altro uomo» dice Oceanya con sincerità. «Il nostro matrimonio è una grande facciata bianca che nasconde il marcio che c’è dietro. Mia sorella mi ha obbligata a prenderlo come marito e per fortuna, almeno per ora, non parla di eredi.»
«E lui? Non ti obbliga a fare… insomma… hai capito!»
«Lui è un uomo gentile e di comune accordo non abbiamo mai fatto sesso nelle notti che passiamo insieme. A dirti proprio tutta la verità, ultimamente sto provando una certa attrazione per Torcon, ma sono singoli istanti.»
«Allora perché non ti concedi?» chiede Aarde. «Non so dirti se ti stai innamorando, neppure io capisco bene questo sentimento così strano, però siete già sposati, evidentemente lui ti piace, magari stai allontanando un grande amore.»
Oceanya sorride amaramente mentre risponde: «Non per mia scelta, ho già dovuto allontanare un grande amore, ma i miei sentimenti per quella persona sono tuttora intatti e non m’immagino insieme con altri.»
«Oh, questa mi è nuova Oceanya, e di chi si tratta?» chiede incuriosita Aarde.
La principessa di Dwr si trattiene, non vuole parlare temendo la reazione, ma si fa coraggio dicendo: «Sei tu Aarde.»
La principessa di Tera è scossa dalla rivelazione di Oceanya, si appoggia allo schienale rimanendo in silenzio, pensa e ricorda i momenti del passato e capisce che sapeva già tutto, ma che aveva inconsciamente rimosso le attenzioni particolari dell’amica.
«Dovevo stare zitta» si sgrida Oceanya.
«No, dovevi esternarlo prima questo tuo sentimento. Avremmo potuto parlarne insieme, sai che a Tera siamo liberali su i rapporti tra persone di sesso uguale, e tu ti sei trattenuta per anni facendoti del male.»
«Parlarti non è mai stato un problema. Il punto è che qualsiasi cosa io possa dirti non cambierà niente. Tu sei attratta dagli uomini, non hai mai accennato un atteggiamento diverso, quindi il dolore che ho dentro non potrà mai svanire. Un giorno ti sposerai ed io potrò solo guardarti sperando che tu sia davvero felice, mentre rimarrò sempre con questo grande amore racchiuso dentro di me.»
Oceanya si alza in piedi, Aarde fa la stessa cosa prendendole la mano. «Cugina, ti voglio molto bene e ogni volta che avrai bisogno di me, farò tutto il possibile per poterti ascoltare.»
La principessa di Dwr si volta di scatto e bacia la cugina. Un bacio delicato che sfiora soltanto le labbra di Aarde, mentre Fajro si allontana dalla biblioteca.
«Perdonami, non sarei sopravvissuta a questa serata senza baciarti. Non succederà mai più» dice Oceanya costernata.
«Mi hai ricordato quando eravamo piccole e mi baciavi le guance ogni volta che ero triste. Non hai bisogno di chiedermi perdono per questo bacio rubato, rimarrà tra noi e ci ricorderà sempre il nostro legame famigliare» risponde Aarde rossa di nuovo in volto, ma molto decisa a chiarire che sarà il primo e l’ultimo scambio affettuoso di quel genere.



– Giovedì –



Isola Raumati, Palazzo Imperiale
La mattina è libera per i cinque principi che però hanno l’obbligo di passarla nel paesino portuale. Metalo, rimane più indietro del resto del gruppo, è attratto dagli oggetti più diversi, soprattutto quelli antichi; leggermente più avanti Fajro e Oceanya stanno avendo una discussione non proprio cordiale.
«Quello che succede tra me e mia cugina non sono affari tuoi, e sapere che hai origliato per tutto il tempo mi manda maggiormente in collera.»
«Non m’importa se sei adirata, quello che hai fatto è sbagliato!»
Oceanya si blocca, questa volta non arrossisce con un uomo, è veramente adirata. «Che cosa è sbagliato? Sei anche tu un bigotto come mia sorella? Oppure t’infastidisce che le ho dato un bacio romantico come solo una donna innamorata è capace di fare?»
«Non dire stupidaggini, lo sai bene che non ho problemi con persone come te, rispetto le scelte di chiunque, ma forse hai ragione che sono bigotto e ripeto: mi ha dato fastidio che la moglie di mio fratello baciasse un'altra persona con me presente!»
«Tu non puoi mentirmi, ti conosco anch’io da una vita! E tanto per capirci: tuo fratello sa tutto, accetta come sono e mi permette di essere me stessa.»
Fajro è zittito dalla reazione di Oceanya che non ha finito di rispondergli per le rime. «Quali che siano i miei sentimenti, non ti non riguardano e se mi stai facendo una scenata solo per gelosia sappi che è una grossa perdita di tempo. Questo discorso è chiuso e non ho intenzione di ascoltarti ulteriormente!»

Anche gli altri due, che sono più avanti di tutti, non stanno avendo una discussione simpatica.
«Mi dispiace che tua madre non abbia capito la fortuna che si portava in casa accettando la mia proposta di sposarti. Insieme avremmo potuto dominare l’intero emisfero sud del mondo» dice Oak senza dosare il tono della voce.
«Mia madre non ha intenzione di dominare proprio niente, il nostro Regno è nato insieme al popolo e noi siamo i loro servitori. La guerra è stata un disastro per tutti, anche per noi che l’abbiamo vinta» risponde infervorandosi Aarde.
«Sono solo belle parole, ma la verità è che Wasa attendeva da tempo l’occasione che gli hanno fornito Explodon e Cristalya. Tua madre non era tenuta a entrare in guerra, ma ne ha approfittato per acquisire la libera circolazione del Ponte Sud/Est e per tentare di conquistare le terre di Apen lanciano per prima l’attacco alle nostre navi. Tua madre è colpevole come Cristalya della morte di Explodon!»
Aarde è in silenzio con lo sguardo rivolto a terra, cerca di pensare a qualcosa da dire per difendere la madre, ma un urlo le fa sollevare il capo.
«Fermati Oak!» sta urlando Wit.
Il nuovo Re di Apen guarda suo padre, prende dalla tasca un sonaglio e lo agita gridando: «Guardie, aiuto, ci stanno aggredendo!»
Le guardie pretoriane prontamente bloccano Wit e gli strappano dalle mani un pugnale mentre Oak si avvicina al padre sorridendo. «Volevi uccidermi? Sei così ridicolo che mi vergogno di essere nato da una persona come te.»
«Mio Signore, aveva in mano questo» dice una guardia mostrando l’arma che aveva Wit.
«Figliolo, questo è per tua sorella, portaglielo quando tornerai a casa.»
Oak osserva il pugnale senza capire perché sia così importante, nel frattempo anche gli altri tre ragazzi raggiungono Oak e Aarde.
A Metalo basta vedere un attimo l’arma per dire: «È un cimelio antico e penso che si tratti del pugnale di Amara.»
«Esatto giovane principe, questo è il pugnale della moglie del Leggendario, donato alla prima consorte di Apen e che si tramanda da generazioni» dice Wit.
«Vecchio stolto, perché te lo sei portato addietro?» chiede rabbioso Oak.
«Perché avevo paura che avresti fatto del male a Willa, ma ora che Titan, nel nostro incontro, mi ha fatto sapere che sta bene, voglio che il pugnale le sia dato.»
«Non cambi mai, anche ora usi la parola “voglio” parlando con il tuo Re! Se ciò che hai detto è vero questo pugnale spetta alla mia futura moglie, non a mia sorella, salvo che non decida di sposarla.»
«Cosa? Sposare tua sorella? Che cosa ti passa per la testa Oak! Chiedi perdono al Leggendario per questo pensiero impuro!» grida Wit sconvolto.
«Vecchio, tu non puoi più alzare la voce con me! Le tue strampalate idee antiche mi urtano, e tu mi disgusti ancora una volta di più. Guardie portatelo via dalla mia vista prima che decida di fargli incontrare il Leggendario già oggi!»
Le guardie trasportano Wit verso il carcere mentre Metalo mette in guardia Oak dicendo: «L’Imperatore ha bandito tutte le armi su Raumati per questa settimana, non tenertelo in stanza e portaglielo. Racconta cosa è successo e lui lo terrà in custodia fino domenica sera. La tua buona volontà, attraverso questo gesto, ti permetterà di chiedere una punizione per tuo padre che ha disubbidito al comando preciso disposto dall’Imperatore.»
I cinque principi tornano al palazzo, Oak fa esattamente ciò che gli ha consigliato Metalo e l’imperatore è costretto a punire il vecchio Wit per le sue mancanze.

Mare dell’Ovest
Un gruppo di cinque navi militari di Dwr si sta dirigendo a Port Iar dopo un controllo di routine nella zona intorno all’isola Ngahuru. La vedetta del galeone di comando grida: «Navi a dritta, non mostrano le bandiere!»
Dieci veloci brigantini raggiungono le navi di Dwr iniziando a cannoneggiarle, e nonostante la marineria della grande isola sia la migliore del mondo, le imbarcazioni militari finiscono per essere accerchiate. Con gli abbordaggi e gli scontri si scopre chi sia al comando di questi brigantini.
Kumari urla mentre spara al giovane ufficiale che comandava la piccola flotta di Dwr mentre Kaia e Makara sferrano sciabolate alternate a spari di pistole; per l’equipaggio del galeone di comando, ultimo veliero rimasto, non ci sono alternative alla resa. I prigionieri sono legati e imprigionati nella grande cella posta nella pancia del galeone mentre Kumari dispone qualcosa al centro della nave. I mercenari abbandonano il galeone, Kumari accende una lunga miccia che fuoriesce dall’oggetto sconosciuto e poi raggiunge i suoi uomini.
Le navi dei mercenari sono abbastanza lontane quando il galeone di Dwr esplode in tanti piccoli pezzi e affonda portandosi dietro tutti i prigionieri.

Regno di Metel, Port Coral
Una grandissima nave mercantile ha attraccato al porto occupando tre moli, i lavoratori portuali iniziano a scaricare le merci mentre il capitano dell’imbarcazione sta facendo rapporto alle guardie.
«Ecco a voi signori, questi sono i miei documenti.»
La guardia osserva attentamente tutti i fogli notando su ognuno il marchio del sigillo personale del Re di Metel. «Siete della corporazione montana, strano che non siete sbarcati a Port Pearl.»
«I miei superiori mi hanno ordinato di fare il giro più lungo perché ultimamente i mercantili che passano dal Mare dell’Ovest stanno subendo costantemente degli attacchi dei pirati.»
«Non v’invidio, chissà da quanti giorni siete in mare.»
«Ho perso il conto» risponde ridacchiando il capitano. «Non vedo l’ora di entrare in qualche bordello e svenire con la bocca piena di rum mentre ho la faccia tra le gambe di qualche donnina formosa.»
Tutti ridono, il capitano riprende i suoi documenti e si dirige verso l’uscita ma una delle guardie lo blocca dicendo: «Mi scusi, non abbiamo segnato il vostro nome.»
«Fiskabur, per servirvi.»
L’uomo esce dalla piccola casetta ed è raggiunto da una donna che lo prende sotto braccio. «Bel capitano, avete voglia di divertirvi?»
«Sei uno splendido bocconcino, non cercavo altro!»
Nella casetta le guardie guardano la scena ridacchiando, mentre la donna, a bassa voce, dice all’uomo: «Tutto bene con i documenti?»
«Sì Eya, mi sono sbrigato nei tempi previsti.»
«Continuiamo a tenere l’attenzione delle guardie su di noi.»
«Sono anni che volevo palparti il sedere in pubblico» risponde ridendo Fiskabur.
I due mercenari si allontanano, raggiungono delle stalle e si appropriano di una carrozza con due cavalli. Usciti dalla cittadina Fiskabur ferma la carrozza mentre Eya si alza in piedi. La donna recita una formula e immediatamente dopo la grande nave mercantile esplode distruggendo i tre moli, i posti di guardia e la fila di case più vicine al porto.

Regno di Tera, baia dei contrabbandieri
Le informazioni ricevute dal comandante in capo Draak si sono rivelate esatte e ha potuto disporre in anticipo l’esercito, guidato dal generale Paard, alla baia e le navi del capitano Vaandrig al largo in modo da bloccare i contrabbandieri che decidessero di fuggire.
Nonostante il cielo si sia oscurato per la sera, la luce della luna illumina come se fosse giorno, i due militari di Tera sono pronto alla battaglia, ma rimangono entrambi sorpresi vedendo dirigersi verso la baia una sola nave.
Dalla piccola fregata dei contrabbandieri viene calata una scialuppa con una sola persona a bordo, poi la nave riparte velocemente prendendo in contropiede Vaandrig costretto a rinunciare all’inseguimento. La scialuppa si dirige verso la baia ma la persona a bordo non sta remando, è il mare a fare tutto il lavoro, Paard, che sta osservando con il cannocchiale, esclama: «È legato e sembra moribondo.»
I soldati a terra raggiungono la scialuppa e la trainano fino a riva, Paard osserva l’uomo notando sulla sua camicia sbrindellata la scritta “traditore”. L’uomo, ormai morente, ha solo il fiato per dire: «Avvisate la regina, la principessa Aarde è in pericolo!»
Paard, è visibilmente sconvolto mentre urla: «Preparate immediatamente un carro, devo raggiungere il Castello reale!»

Regno di Tan
Una parte dell’esercito di Tan è schierata al confine con l’oasi. Nelle ultime ore ci sono stati dei movimenti strani di bande armate provenienti da Oazi. Piccole scorribande, pochi danni, ma queste azioni hanno creato tensione e il comandante Turo ha ordinato ai generali Serpe e Standarto di pattugliare la zona con una buona parte dell’esercito.
«Briganti, contrabbandieri e mercenari! Ci siamo ridotti a dare la caccia a questa marmaglia di poco valore» dice Standarto a Serpe.
«Eppure stanno facendo danni da mesi in tutto il mondo e questo aumenta il mio fastidio di non poter disporrei una marina militare. Con Brigada avremmo spento subito ogni disordine nel Mare dell’Ovest.»
«Che brutta morte ha fatto quella donna. Era irrispettosa, ma ci sapeva fare nel suo lavoro e sono onorato di avere occupato il suo posto.»
Serpe sospira. «Sipestro, Brigada e Goj, tutti deceduti nella Grande Guerra. Turo è un ottimo comandante, ma l’assenza contingente di tre pilastri del nostro esercito è un fardello che non può sostenere da solo.»
Standarto ridacchia.
«A cosa pensavi?» chiede Serpe incuriosito.
«Ho pensato a chi sostituirà Turo quando andrà in pensione e ho immaginato Oceanya mentre ci da ordini.»
«La ragazza sa il fatto suo, io non ci riderei sopra se fisse al comando.»
«Neanche io, stavo pensando che le voci la davano come lesbica ma che adesso, dopo aver assaggiato il principe, si mormora che sia lei l’uomo tra i due.»
«Ricorda che Torcon sarà il nostro Re!» risponde adirato Serpe.
«Forse hai ragione amico mio, dovrei tagliarmi la lingua perché a volte esagero» dice Standarto abbassando lo sguardo.

Nel frattempo, a Port Shoal, complice la mancanza totale di militari, è attraccata indisturbata la nave dei pirati. La sera è buia, le nuvole oscurano la luna e Capitan Blood, seguita da due persone, entra in un posto di guardia.
Un uomo accende due sole candele e chiede: «Conosci bene il piano?»
«Sì Turo, basta chiedere, hai mandato tanti corvi con gli stessi messaggi che mi era venuta voglia di mangiarmeli!»
«Zedora, uno…»
«Kruzni, continua la frase, e saranno due con te!»
«Zedora, uno dei miei uomini sta già portando il pacco sulla tua nave, ma ho voluto vederti di persona per consegnarti il premio come ti avevo promesso.»
Turo estrae dalla tasca una piccola scatolina, la apre e Zedora emette un gridolino prima di dire: «È proprio il diamante del Vulcano? Non mi stai dando un falso?»
«Capitano, è vero, l’ho riconosciuto alla prima occhiata» dice Kruzni gongolando.
«Allora mozzo servi davvero a qualcosa!»
Turo li interrompe: «Zedora, promettimi che non lo aprirai?»
«Smettila vecchiaccio, ho imparato a memoria il ritornello… se il pacco è aperto i sigilli scompariranno e il valore dell’oggetto, in esso contenuto, sarà pari a zero e…»
«E il Saggio che lo riceve reagirà lanciando una magia con “elemento Terra” in modo da pietrificare ogni cosa per almeno cinque chilometri, con dentro anche voi» finisce la frase Kruzni sorridendo per avere detto qualcosa di sensato.
Turo, però sta osservando anche la ragazza che è con Zedora, tanto attenta dal diamante che non ha mai smesso di guardarlo. Chiede: «Ragazza, ci siamo già visti noi due?»
Elonosia sorride. «Non ricordo, ma è possibile se amate le ragazze molto giovani.»
Turo arrossisce e non chiede altro mentre Zedora guarda la ragazza ed esclama: «Avevo capito che ti piacevano le donne, ma non anche i maschietti ti dai da fare?»
«A me piace il denaro, i gioielli e fare sesso con tutti, anche con i Saggi che fingono di essere puri e casti… o che lo erano prima di incontrarmi.»
«Ora andate, ci incontreremo al punto prestabilito» dice Turo tornando serio.
«Spero che tu ci sia. Ricordi? Devo ripagarti per il diamante» risponde Zedora mentre sposta lo spacco della sottana per mostrare l’intera gamba e parte delle mutandine al comandante.

Isola Otoke
Le navi del generale Ceilog stanno pattugliando il mare intorno a Otoke quando una vedetta segnala l’avvistamento di un’imbarcazione sconosciuta attraccata al molo principale dell’isola. Il brigantino di comando si sgancia dal resto della flotta e raggiunge il porto, Ceilog scende dalla propria nave con un gruppo di marinai, raggiunge la fregata senza bandiera e si accorge che la nave è stata presa a cannonate, ma soltanto nella parte superiore come se fosse stato fatto a posta per non farla affondare ma neanche ripartire subito. Il gruppo sale sulla passerella impugnando le spade, ma non c’è nessuno sul ponte, scendono ventre della fregata e si trovano davanti a una scena orribile; dentro due celle ci sono almeno sessanta marinai morti e tutti indossano le casacche di Metel.
«Tirateli fuori di lì» ordina il generale mentre scende al ponte di batteria.
Ceilog sente immediatamente un lamento, raggiunge una delle fila di cannoni e trova incatenata, e in fin di vita, una donna. Lei sussurra: «Signore, non fermatevi a curarmi, non c’è tempo.»
«Ditemi che cosa vi hanno fatto?» chiede Ceilog.
«Ormai è finita anche per me, ma potete ancora salvare il principe Metalo.»
La donna tossisce e il sangue gli scorre fuori dalla bocca come un fiume, ma riesce ancora a dire: «Raumati… andate… assassinio.»
Ceilog corre sul ponte, scende la passerella e continua veloce verso la sua nave. Sale sul brigantino e non risponde a nessuna domanda dei suoi marinai, raggiunge il suo alloggio e scrive, male, ma veloce, piega il foglietto, lo inserisce nel cartoccio, lo lega alla zampa del piccione e manda il messaggio urlando: «Vola come il vento!»



– Venerdì –



Isola Raumati, Palazzo Imperiale
Il venerdì della settimana di preparazione è il giorno che ogni principe preferisce perché non ci sono lezioni, preghiere, lavoro o digiuno. Sono liberi di fare ciò che vogliono nel palazzo o fare delle belle passeggiate nel paese. Oak e Oceanya, in una sala discutono di politica ed economia.
«L’alleanza con che hai stipulato con Titan ci ha sorpreso» dice Oceanya mentre osserva uno dei quadri.
«Immagino che tua sorella abbia inteso la faccenda come un mero accordo per darle fastidio» risponde Oak mentre cammina alle spalle della principessa.
«In realtà no. Tra Apen e Metel ci sono sempre stati conflitti dialettici per questioni economiche, però abbiamo convenuto che un re giovane ha amicizie diverse da quelle di un re più vecchio.»
«È vero che sono amico di Metalo, però lui non c’entra. Io ho richiesto direttamente a Re Titan di appoggiare militarmente la mia salita al trono.»
«E lui cosa ci ha guadagnato? Perché per farlo muovere, ci deve essere un bel vantaggio, magari economico» dice Oceanya cercando di far scoprire le carte a Oak.
«Mi piaci quando tenti delle astuzie come queste, ma non servono, non ho nulla da nascondere, anche perché avrete già notato da sole cosa è cambiato a livello commerciale tra i nostri tra Metel e il mio Regno.»
Oceanya sorride dicendo: «Ritengo che tu abbia fatto un piccolo errore di valutazione consentendo a Metel di acquistare materiale allo stesso prezzo che facciamo noi a voi. Titan ha già costi molto bassi e diminuendo ulteriormente le sue spese, prima o poi, avrà tanto potere economico da chiudere all’Imperatore di bloccare i ribassi.»
«Secondo te potrà permetterselo?»
«Immagina che voglia farlo. Titan chiede all’Imperatore, magari in un concilio, il permesso di fare questa manovra monetaria. Atua CCXVI, che dipende da mia zia e sa che Tera ha un forte legame con Metel, accetta la richiesta. Secondo te come sarebbero gli schieramenti in caso di votazione? Mia sorella non è così stupida come pensate, le piace il gioco, ma difficilmente rischia tutto in un colpo solo. Il mio matrimonio è un esempio di ciò che può fare.»
«E voi vi schierereste con Tera? Dopo tutto quello che è successo?»
«Penso che tu capisca che non sono la persona giusta cui chiedere» risponde Oceanya allontanandosi dalla sala con il sorriso stampato sulle labbra. Ha avuto conferma dell’accordo commerciale tra Apen e Metel e in più ha instillato un dubbio nella testa del giovane re.

Nella biblioteca Metalo e Aarde stanno scegliendo il libro da leggere e la loro mano si appoggia sullo stesso testo nel medesimo istante.
«Scusami, prendilo tu» dice Aarde arrossita per il contatto con la mano dell’amico.
«Perché ti scusi? Hai forse una malattia letale nelle mani?» chiede Metalo ridendo.
«Che sciocco» risponde la ragazza arrossendo ancora di più.
«Tienilo tu, io l’ho già letto parecchie volte, è un buon libro di testo che mischia il sacro al profano.»
Aarde ringrazia e si siede aprendo il libro, Metalo si siede accanto alla ragazza e lei chiede: «Non prendi niente?»
«Ci sto pensando seriamente di prendere moglie, ma non ci sono ragazze così belle da farmi sfigurare durante il matrimonio.»
«Ma dai, ci sarà sicuramente una bella ragazza che ti piacerebbe corteggiare.»
«Purtroppo io non sono come altri, per me il corteggiamento è una perdita di tempo, se c’è attrazione fisica non servono troppe chiacchiere» dice Metalo con convinzione.
«Io credo che una donna ami il corteggiamento perché la fa sentire desiderata» risponde Aarde pensando a se stessa.
«Una donna ha sempre in pugno gli uomini che la corteggiano e più sono più tende a rimandare una scelta. Lei sa subito chi vuole e alla fine lo sceglie, nel frattempo si fa beffe degli altri mostrando una disponibilità effimera. Mia cara, il desiderio è un'altra cosa; quando c’è attrazione, non solo fisica, i tuoi sensi si offuscano e il tuo corpo ti dirige verso quello dell’altra persona. Hai provato a baciare qualcuno? Le tue emozioni, in quel momento, possono essere soltanto due: passione o odio. E ti assicuro che proverai le stesse cose per tutti quelli che ti baceranno. Ma, anche in questo caso, solo quello che hai già scelto ti bacerà facendoti sentire amata.»
I due stanno parlando, Metalo con la coda dell’occhio si accorge dell’arrivo di Fajro e prima che il ragazzo possa mettere un piede in biblioteca prende la mano di Aarde, la strattona verso di sé e bacia la principessa con impeto.
«Adesso ho capito tutto. Che stupido che sono stato a credere che noi due avessimo un legame tanto profondo da non potersi sciogliere» dice Fajro adirato.
«Fermati Fajro, non è come pensi» dice Aarde ma il ragazzo non risponde e si allontana dalla biblioteca.
«Che cosa hai provato con il mio bacio?» chiede Metalo per nulla distratto dalla scenata di Fajro.
Aarde risponde schiaffeggiando Metalo.
«Vedi? Passione o odio, non si scappa da queste due verità.»
La principessa non ascolta altro, si alza dalla sedia e si allontana velocemente per raggiungere Fajro; Metalo la osserva, ridacchia e mentre si tocca la guancia colpita, pensa ad alta voce: «Non è solo bellissima, ma c’è dentro di lei una tigre con unghie affilate. Devo proprio chiedere a mio padre se me la fa sposare perché ammansirla e addestrarla sarebbe un sicuro divertimento.»

Regno di Metel, Castello Reale
Copar corre velocemente sulle scale del castello per raggiungere la stanza del suo Re e senza bussare la spalanca.
«Io v’invoglio a essere trasgressivi ma entrare nella stanza del re mentre lui si sta facendo il bagno, mi pare troppo» dice Titan sorridendo.
«Sire leggete, presto.»
Titan nota lo sguardo spaventato di Copar, lascia da parte il tono scherzoso e legge velocemente la missiva mandato da Ceilog. Urla: «Copar, corri, manda un messaggio a Meirge e falle preparare subito il suo brigantino. Subito dopo raggiungi il capitano Capall e preparatevi a partire. Dobbiamo raggiungere Raumati prima possibile!»
Copar non perde tempo in saluti e corre via mentre Titan, bofonchiando, si veste con le prime cose che trova. «Lo avevo avvertito , ma a voluto ugualmente disonorare la settimana di preparazione. Wit me la pagherà cara! »

Regno di Apen, Confine Ovest
I generali Macan e Terwelu sono arrivati con molti soldati al confine. Le aggressioni dei briganti subite dal vicino Regno di Tan hanno fatto muovere le truppe di Apen per arginare e debellare qualsiasi tentativo di brigantaggio nelle loro terre. Le informative inviate al comandante Panglito dalle spie segnalavano movimenti sospetti addirittura dal deserto di Koraha.
«L’ultima volta che mi hanno mandato da qualche parte per le informazioni delle spie c’è stato il colpo di stato. Adesso cosa avranno in mente?» si chiede ad alta voce Macan.
«Anche io non so più a chi credere e personalmente sono preoccupato per la nostra principessa. Sicuramente a palazzo non aveva voce in capitolo quando c’era Wit, ma adesso non sembra neanche più lei da quando il re è Oak» dice preoccupato Terwelu.
«Amico mio, siamo tenuti a ubbidire agli ordini di questo nuovo re tirannico, ma ciò non toglie che possiamo esprimere la nostra disapprovazione.»
«Non temi di finire in qualche galera buia e mal odorante?»
«Anche se fosse, morirei con la coscienza pulita e senza rimorsi.»
I due generali stanno conversando quando un grido terrificante li fa voltare verso il deserto. I loro occhi mostrano stupore e terrore; le stesse emozioni che Macan ha provato nella terribile esperienza vicino alla Foresta Proibita. L’essere spaventoso è lontano da loro ma i due generali riescono a vederne ugualmente il corpo che si compone con la sabbia rossa di Koraha: il Golem!
I soldati arretrano dalla linea confinante con il deserto, alcuni fuggono e tra questi ci sono altre persone sopravvissute alla Foresta Proibita, ma quell’essere mitologico non pare prestare particolare attenzione ai soldati di Apen.
«Ci sta solo guardando!» esclama impaurito Terwelu.
Macan rimane in silenzio, osserva il mostro senza muovere un muscolo ma non ha paura, è più incuriosito e si domanda: «Perché si è mostrato se poi non vuole attaccarci? Ci sta solo facendo sapere che il deserto è suo e che non dobbiamo metterci piede?»
Il generale fa pochi passi in avanti poi si pone l’ennesimo interrogativo: «Chi ci ha mandati qua l’ha fatto apposta per farci sapere vedere il Golem?»
 
Regno di Tera, Castello Reale
Il generale Paard ha raggiunto il Castello Reale, corre a perdifiato sulla scalinata raggiungendo la porta della camera della regina dalla quale sta uscendo il capitano Haag. «Maestà, uno dei contrabbandieri, forse una nostra spia infiltrata, prima di morire ha affermato che sull’isola di Raumati succederà qualcosa di grave alla principessa.»
Wasa si agita, ma all’interno della stanza c’è anche Draak che dice: «Mia Signora, non possiamo correre rischi. Se fosse un inganno, il nostro arrivo a Raumati con armi in pugno sarà considerato come un’invasione.»
«Mia figlia è in pericolo ed io…»
«Mia Signora, vi comprendo, ma rischiamo di finire in una guerra contro tutti gli altri regni. Cercate di ragionare.»
Wasa, così agitata, sta per dire qualcosa d’inappropriato ma Haag, ancora vicino a lei, dice: «Mia Signora, oltre a voi e me, nessun altro è più preoccupato per la salute della principessa, ma vi chiedo di dare ascolto alla ragione.»
La regina è sconvolta, cammina nervosamente avanti e indietro, vorrebbe partire immediatamente ma comprende ciò che le hanno detto i suoi soldati, si ferma al suo tavolo e inizia a scrivere un messaggio, poi, chiede: «Haag, tenete questo messaggio e correte a portarlo alla piccionaia indicando al mastro addestratore che la missiva è indirizzata a Metel e che deve mandare il colombo più veloce che esista in questo mondo!»
Haag corre veloce come il vento mentre Draak dice alla regina: «Maestà, scelta saggia quella di interpellare l’organizzatore della settimana. Io vado subito a organizzare il vostro viaggio mentre Paard comunicherà al capitano Mijin di tenere pronta una nave veloce a Port Statig.»
«Signori, mi affido a voi come ho fatto sempre con il caro Hebber» risponde Wasa con una piccola lacrima rabbiosa che scende sulla sua guancia.

Regno di Tan, Villa Reale
Flame, adottata dalla regina, è l’unica persona che aiuta Bruligida nelle ore serali e in quelle notturne. È sera, la regina per tutto il giorno è stata in silenzio, ma ora chiama la giovane ancella che entra nella camera della regina in tutta fretta.
La ragazzina si accorge subito della presenza dello spettro di Explodon e lo saluta come era solita fare quando il suo re era in vita.
Explodon sorride, ma il suo sguardo anticipa qualcosa di molto importante, infatti, dice alla moglie: «Il momento è giunto mia adorata sposa, non potrò più accarezzarti e baciarti neppure in questa forma quando il destino avrà fatto il suo dovere. Ti ho amato e ti amerò anche dal Regno del Leggendario.»
«Marito mio, perderti una seconda volta sarà un dolore immenso, ma sarò forte e non mi piegherò fino a quando sarà il momento di raggiungerti. Ma dimmi amore mio, riuscirai nel tuo intento?»
«Nessuno sa la risposta alla tua domanda, neppure il fato.»
«Baciami e abbracciami per l’ultima volta così che questo momento rimanga impresso sulle mie labbra e sul mio corpo.»
Explodon acconsente alla richiesta della moglie mentre Flame, rimasta in silenzio, piange come non aveva fatto mai in vita sua.
Lo spetto si avvicina alla ragazza mettendogli una mano sulla testa. «Figlia, non piangere per chi non c’è più, ma sorridi per chi è rimasto che ha bisogno del conforto del tuo sorriso.»
Explodon abbraccia Flame, poi si volge verso Bruligida e dicendo “arrivederci” scompare.
La regina si asciuga le lacrime, poi, con tono deciso dice: «Flame, esci fuori dalla villa, c’è un uomo, portalo qui subito.»
«Mia Signora, ci sono molti soldati fuori da queste mura, con chi volete parlare?»
«Tu esci e quella persona ti verrà incontro senza che tu debba dire una parola.»
 
Flame ubbidisce, attraversa il cortile della villa, apre il portone e proprio davanti a lei trova il capitano Cindroj.
I due arrossiscono immediatamente. «Scusami, stavo entrando ma passa prima tu che sei di corsa» dice Cindroj emozionato nel trovarsi a pochi centimetri dalla ragazza che ama.
«No, ecco, insomma… vieni subito con me!»
La risposta impacciata di Flame non fa ridere il capitano, anzi rimane a guardare questa splendida creatura che gli sta chiedendo di seguirla.

I due raggiungono la stanza della Regina, la porta è rimasta aperta, Flame spinge dentro Cindroj dicendo: «La Nostra Signora vuole parlarti.»
Il capitano s’inchina dicendo: «Maestà, chiedete qualsiasi cosa e provvederò personalmente a soddisfare la Vostra richiesta.»
«Vuoi sposare Flame?»
All’affermazione della regina, Flame si paralizza mentre Cindroj, sollevando il capo, non riesce a rispondere.
«Giovane capitano, avete il mio permesso di chiedere la mano di mia figlia.»
«Figlia?»
«Ti preoccupa che sia mia figlia e non di doverla sposare? Siete davvero bellissimi voi giovani innamorati quando non reprimete le vostre emozioni» dice Bruligida sorridendo.
«Mia Signora, io amo Flame, ma non so se vostra figlia ricambia...»
«Sì!» urla Flame zittendo Cindroj.
«Figlioli, potrete sposarvi se il vostro amore rimarrà puro come è in questo momento perché prima di poter vivere insieme potrebbero volerci degli anni nei quali sarete costretti a sopportare mille avversità. Solo se il vostro cuore sarà ancora “vivo”, potrete mantenere la promessa che vi chiedo di farmi adesso.»
I due ragazzi si guardano, le gote sono rosse, ma allo stesso tempo desiderano uno l’altra e Cindroj non perde al tempo: «Volete sposarmi, Flame Principessa di Tan?»
«Sì, Cindroj, capitano di Tan.»
Bruligida li guarda in attesa di altro, ma notando la timidezza di entrambi, quasi grida: «Volete baciarvi oppure vi devo insegnare come si fa?»
Il bacio sancisce la loro unione, Bruligida li benedice con il sorriso. «Capitano, vi sto per assegnare una missione importantissima senza potervi garantire che riuscirete a portarla a termine e senza sapere quando tornerete a Tan. Avete fatto una promessa di matrimonio, questa missione potrebbe teneri lontano dalla vostra promessa sposa per qualche giorno, ma anche per anni, quindi vi consento di rifiutare l’incarico.»
Cindroj bacia nuovamente Flame e tenendola tra le braccia risponde alla regina: «La mia futura sposa è ancora troppo giovane per un matrimonio e mentre compirò la mia missione avrò un motivo più che valido per tornare a baciarla come sto facendo ora. Il mio cuore sarà suo per sempre.»
«Il mio futuro sposo è troppo vecchio per sposarmi adesso,» sorride Flame «e mentre compirà la sua missione avrò un motivo più che valido per attendere di essere baciata come sta facendo ora. Il mio cuore sarà suo per sempre.»
Bruligida è commossa, non lo nasconde, ma è importante che il giovane parta subito così prende un foglietto e lo consegna direttamente nelle mani di Cindroj dicendo: «Andate capitano, e non rivelate a nessuno la vostra destinazione.»










N.d.A.
Eccoci finalmente ^^
- Come avevo anticipato in precedenza questo e il prossimo capitolo sono i più lunghi della seconda serie e già dal titolo avete compreso che sono collegati tra loro. Per questo motivo ho scelto di scriverli entrambi (o almeno anche il 90% dell’ottavo capitolo) prima di pubblicare il settimo perché il rischio di farne uno da 7000 e l’altro da 20000 parole era altissimo. L’attesa quindi sarà ricompensata con la pubblicazione dell’ottavo ed ultimo capitolo di questa serie entro tre/quattro giorni da ora.
-  Spero che la lettura di cotanto testo non sia un disturbo, ma ho messo così tanti fili nella trama che necessitavo di costruire un buon “finale”, ma nello stesso tempo lasciarlo aperto con i vari misteri ancora insoluti (e che spero non abbiate già risolto totalmente ^^).

Vi ringrazio per aver scelto di leggere il mio racconto e come sempre vi invito al commento, alla critica costruttiva e, se ne avete voglia, a segnalarmi i sicuri errori che troverete nello scritto.










CAST
Anziano Maestro – Insegnante della scuola imperiale e narratore della storia
Ten – Il bambino che legge sui libri i racconti di questa storia
Atua Primo del suo nome – Leggendario primo Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Kwakhala – Regina dei mostri marini
Atua CCXV (vero nome Ukwu)  – Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Atua CCXVI (vero nome Wijs) – Nuovo Imperatore dei Cinque Regni, ex Saggio di corte della Regina Wasa di Tera.
L’Inquisitore – identità sconosciuta
- Regno di Apen
Wit – Re di Apen [destituito nella Guerra Civile]
Pine – consorte del Re di Apen [destituita nella Guerra Civile]
Willa – principessa di Apen [diventa principe ereditaria  dopo la Guerra Civile]
Oak – principe ereditario di Apen [nuovo Re di Apen dopo la Guerra Civile]
Wicaksana – Saggia reale di Apen
Panglito – comandante in capo dell’esercito
Miral – ammiraglio della marina [deceduto nella battaglia navale della Guerra Civile]
Prau – ammiraglio [nuova nomina dopo la Guerra Civile]
Macan e Terwelu – generali dell’esercito
Catur e Jaran – capitani dell’esercito
Menara – generale della marina [nuova nomina dopo la Guerra Civile]
Ijo – capitano della marina [nuova nomina dopo la Guerra Civile]
Altri: Kayu, Gedhe (ufficiale dell’esercito)
- Regno di Dwr
Fond – Re di Dwr [deceduto in un incidente in mare]
Ruith – Regina di Dwr [deceduta in un incidente in mare]
Cristalya – Regina di Dwr
Oceanya – sorella e principessa ereditaria di Dwr, comandante in capo dell’esercito
Dheat – Saggio di Dwr [prigioniero dell’Inquisitore]
Glic – Saggio reale di Dwr
Haranche – Ammiraglio della marina
Fharsa e Each – generale dell’esercito
Foeil – capitani dell’esercito
Dubh – capitano dell’esercito [neo promosso]
Tarley – generale della marina
Luchag – capitano della marina
Altri: Eas (ufficiale dell’esercito neo promossa), Geodha (soldato dell’esercito) Gush (Re e padre di Fond) [deceduto per anzianità]
- Regno di Metel
Titan – Re di Metel e comandante in capo dell’esercito
Metelo – principe ereditario di Metel
Ohlaka – Saggia reale di Metel
Meirge – generale dell’esercito neo promossa
Capall, Tyred, Gwyn (neopromossa) – capitani dell’esercito
Lyngesydd – ammiraglio della marina
Moncai e Ceilog – generali della marina
Altri: Copar (soldato dell’esercito), Platin (Re e padre di Titan) [deceduto per anzianità]
- Regno di Tan
Explodon – Re di Tan [deceduto nella battaglia sull’Isola Ngahuru]
Bruligida – Regina in pectore di Tan
Torcon – principe ereditario (gli è stato imposto di lasciare il comando dell’esercito)
Fajro – principe di Tan
Flame – principessa di Tan (ancella adottata dalla regina)
Saga – Saggio reale di Tan [deceduto] (posto vacante)
Turo – comandante in capo dell’esercito – (nuova nomina, ex generale marina)
Standarto, Serpe (neopromosso), Cevalo (neopromosso) – generali dell’esercito
Cindroj (neopromosso), Ruga (neopromosso) – capitani dell’esercito
Altri: Matco (soldato esercito)
- Regno di Tera
Zand – Re di Tera [deceduto per avvelenamento]
Wasa – Regina di Tera
Aarde – principessa ereditaria di Tera
Hond – principe (illegittimo) di Tera [deceduto]
Vlek – Saggio reale di Tera (nuova nomina dopo che Wijs è diventato Imperatore)
Hebber – comandante in capo dell’esercito [deceduto avvelenato alla festa per Juniper]
Draak – comandante in capo dell’esercito (neopromosso)
Buffel e Paard (neoporomosso) – generali dell’esercito
Haag – capitano dell’esercito (neopromossoI
Raal – ammiraglio della marina
Geit – generale della marina
Mijin e Vaandrig – capitani della marina
Altri: Geel (ufficiale dell’esercito) Rots (Re e padre di Wasa) [deceduto per anzianità]

- Mercenari
Kokiaka – Capo dei mercenari
Rak (spia in contatto con la regina Cristalya), Fiskabur, Eya, Tepanje (quattro dei nove personaggi in nero che hanno colpito Explodon), Kaia, Kumari, Makara – capitani dei mercenari [7 di 12]

- Contrabbandieri
Il capo (solo nominato)
Satulana, Jimo, Rasi, Toxotis, Lovi

- Pirati
Zedora (Capitan Blood) – capitano dei pirati
Polegada (timoniere), Mynegai (vedetta), Lautele (cartografo), Kruzni (tutto fare), Malicek (addetto ai cannoni)
Elonosia – prigioniera dei pirati (nuova pirata?)

- Bordello “La casa di Lù
Zai (prostituta), Mu (prostituto)


MAPPA


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Capitolo 8
*** La settimana più lunga (seconda parte) ***


8° capitolo – La settimana più lunga
(seconda parte)



– Sabato –
“ore 02:00”



Regno di Dwr, nei pressi di Port Tuath
Molte persone sono andate a dormire, qualche ubriacone cammina per le strade del porto mentre finisce di scolarsi la propria bottiglia, le guardie portuali stanno osservando il mare e alcuni di loro sono impegnati a tenere a bada gli strani personaggi che circolano intorno al posto di guardia. All’improvviso un’esplosione. La deflagrazione è così forte da frantumare le finestre del posto di guardia, alcuni soldati rimangono feriti dalle schegge di vetro, altri escono scoprendo che le fiamme stanno bruciando tutte le passerelle dei moli; la confusione creata da persone che fuggono o che gridano perché stanno bruciando è tale che anche il resto delle guardie esce dalla guardina per prestare i primi soccorsi, ma lasciando sguarnito l’osservatorio sul Mare del Nord.
Nel silenzio del mare calmo, cento navi si avvicinano al porto, nessuna mostra la propria bandiera continuando la navigazione verso Port Tuath; alla distanza stabilita si dispongono una accanto all’altra, aprono contemporaneamente i portelloni dei cannoni e il grido di Turo rimbomba nel silenzio: «Fuoco!»
Le cento navi sparano e il porto è bersagliato da palle di ferro che sfrecciano sibilando dentro le case, nelle caserme, sui moli. Urla disperate di persone che hanno appena perso un braccio o una gamba, gli ultimi rantoli proferiti da chi si è trovato con metà corpo intero e l’altra parte finita chissà dove. Il porto è nel caos totale e le fiamme continuano a bruciare tutto ciò che incontrano.
Su una delle navi, Turo parla con Cevalo: «Dobbiamo affondare le navi ancorate al porto, oppure ci saranno addosso appena si spargerà la voce dell’attacco. Segnala a quell’uomo di puntare dritto contro i galeoni.»
Cevalo ubbidisce, chiama un marinaio per fare da messaggero e l’uomo ubbidisce agitando delle bandierine fluorescenti visibili su ogni nave della flotta che sta attaccando. Trenta delle cento navi rompono la formazione e puntano dirette alle imbarcazioni militari di Dwr, ma la sorpresa in cui sperava Turo è già svanita perché poco lontano dal porto era di stanza proprio il peggior nemico che il comandante potesse trovare.

Haranche è già sul suo veliero, la nave prende il largo seguita da altre venti, tutte partite da moli secondari e quindi invisibili al nemico che sta bombardando il porto principale. Su uno dei brigantini di Dwr c’è il capitano Luchag; la sua nave, seguita da diverse fregate, punta diretta verso le trenta che stanno bombardando la flotta ormeggiata.
Improvvisamente tutte le imbarcazioni mostrano la loro bandiera; un teschio di colore rosso con in bocca un coltello e in mano un foglio. Corsari! Turo s’infuria: «Che cosa gli è saltato in mente a quell’uomo di far vedere quelle bandiere?»
«Non importa comandante, teniamo la nostra attenzione sulle loro navi, sono quasi tutte più veloci!» dice agitato Cevalo.
«Giusto, inutile che me la prendo per la mancanza di ordine da parte di contrabbandieri. Continuiamo nel nostro piano e che loro facciano ciò che vogliono, basta che si attengono alle mie disposizioni.»
 
La battaglia infuria, molte navi colano a picco, la metà dei moli del porto sono distrutti, ma gli obiettivi primari di Turo sono stati tutti distrutti: i vari luoghi dove le guardie portuali custodivano i colombi viaggiatori.
Nessuno, oltre alla gente presente in quel momento a Port Tuath, deve sapere che è in corso un attacco dei Corsari.

Regno di Dwr, Reggia Reale
La notte aiuta un uomo a raggiungere la Reggia senza essere visto. Indossa dei vestiti scuri, si è sporcato il viso e le mani con del fango e Torcon lo deride appena lo vede. «Non potevi usare del lucido nero? O Turo vi ha tolto anche quello per risparmiare?»
«Siete piuttosto spiritoso mio Signore, ma qui intorno è pieno di guardie armate di tutto punto e non ho avuto il tempo per scegliere il trucco giusto per il nostro appuntamento romantico» risponde Ruga ridacchiando.
I due uomini cercano di stemperare la tensione, ma ciò che devono fare richiede serietà e applicazione.
«Si stanno attenendo tutti al piano?» chiede Torcon.
«Sì mio Signore, in questo momento Turo dovrebbe essere all’attacco di Port Tuath, Capitan Blood in viaggio per Tera e noi due, qui, ci siamo. Piuttosto, come avete appreso dell’esistenza di questi passaggi segreti?»
«Leggendo libri per tutto il tempo. Erano sicuri che fossi interessato a imparare la cultura di Dwr da non accorgersi che invece stavo decifrando dei codici nascosti tra le righe di quei volumi antichi, ed è soprattutto su quello dedicato alla costruzione della Reggia che ho individuato le coordinate dei cunicoli che sto utilizzando.»
«Mio Signore, stia attento, questa volta non potrò aiutarla se si distrae!»
«Grazie di tutto Ruga, questa volta non sbaglierò per sufficienza. Ora vai amico mio e procedi come stabilito.»



“ore 02:30”



Regno di Dwr, Port Tuath
La battaglia navale al largo di Port Tuath continua incessante anche se i Corsari stanno arretrando la loro posizione. L’ammiraglio Haranche di Dwr incalza gli attaccanti, il capitano Luchag insegue le navi fuggitive, e nessuno si è accorto che cinque delle cento navi corsare hanno attraccato al porto.
Turo e Cevalo guidano un gruppo di soldati volontari dell’esercito di Tan, e insieme a loro ci sono moltissimi corsari capitanati da Satulana, Rasi e un altro uomo che il comandante di Tan non conosce. Questo gruppo di persone stranamente assortito, sfruttando il caos nella cittadina, assaltano alcune guardiole, tolgono di mezzo le guardie e si impossessano di tutte le armi da fuoco che trovano e poi raggiungono un piccolo forte costruito sulla collinetta posta nella periferia del paesino.
Nascosti nella boscaglia, Turo chiede a Satulana: «Non ci sono gli altri due che erano con te a Tan?»
«Sono sulle altre navi, ho portato con noi Rak perché è il nostro numero uno nell’assaltare delle fortezze senza essere visto.»
Rak, infatti, riesce addirittura a passare davanti ai due guardiani della porta e velocemente a ucciderli con il solo coltello mentre i soldati di Tan, armati di arco e frecce, colpiscono le guardie posizionate sul torrione.
La strada è libera, il resto degli uomini raggiunge la porta, senza fare rumore entrano nella piccola fortezza e poi si sparpagliano per occupare dei punti strategici prima di fare irruzione nelle varie camerate.

Regno di Dwr, Reggia Reale
Torcon non può correre, nei cunicoli che sta attraversando c’è molta ghiaia e ogni piccolo rumore è amplificato dalle pareti delle strette grotte che sta percorrendo. Raggiunge una piccola grata posizionata nella parte bassa di un muro, la smuove e ci entra quasi accovacciato. A piccoli passi raggiunge una seconda grata, ancora più piccola della precedente, la apre e strisciando attraversa un corto percorso che lo porta in un luogo senza luce. Il principe, passato da lì per raggiungere Ruga, ha lasciato delle candele in un punto preciso, le accende e la luce illumina i tavoli di una delle cucine della Reggia. Il rumore della porta che si apre, Torcon è lesto e infila mezzo busto dentro una specie di ripostiglio e attende immobile.
«Che cosa ci fate qua dentro a quest’ora?» chiede Eas puntandogli contro una pistola.
«Fame!» risponde Torcon con in bocca una coscia di pollo.
«Vi ho dato un foglio dettagliato con gli orari dei controlli, dovevate attendere solo pochi minuti e vi avrei accompagnato io, invece volete crearmi a ogni costo ulteriori fastidi» dice la ragazza riponendo la pistola nelle braghe.
«Perdonami, non ci ho fatto caso, ero troppo affamato e sono venuto a vedere se era rimasto qualcosa di appetitoso da sgranocchiare.»
La ragazza sbuffa, attende che Torcon esca dalla cucina e lo fa camminare davanti a sé. Lui mangia e pensa a come poter irritare ulteriormente Eas, sorride e dice: «Non puoi capire com’è brutto non riuscire a dormire, se ci fosse stata Oceanya avrei mordicchiato tutto il suo corpo; di sicuro avrei placato tutti gli appetiti.»
Eas non risponde, ma Torcon sa che la sua provocazione è andata a segno perché sente digrignare i denti della ragazza.



“ore 03:00”



Regno di Dwr, piccola fortezza cittadina
Il gruppo di assaltatori ha sbaragliato in poco tempo i pochi soldati di Dwr che erano rimasti nella piccola fortezza, Turo, preso il controllo totale della situazione, lancia in volo uno dei corvi che si è portato dietro.
Satulana, invece, sta disponendo degli strani oggetti all’interno della fortezza mentre  all’esterno sta svolgendo la stessa mansione Rasi.
«Li avete già provati?» chiede Cevalo perplesso mentre guarda quelle strane scatole metalliche.
«Sì, a Port Kurang due giorni fa, e ne avevamo molti di meno di oggi» risponde baldanzosa Satulana.
«E come funzionano?»
«Questo è un nostro segreto, magari quando avrete molti più soldi, potrete acquistarne qualcuna di queste scatolette magiche.»
Cevalo si gratta la barba e si rivolge a Turo chiedendo: «Magia? Qui non c’è neppure un mezzo Saggio.»
«Si riferisce all’effetto che provocano. Io le ho già viste usare e non sono altro che delle piccole palle di ferro ripiene di polvere nera che però esplodono facendo danni più grandi. Per esempio l’esplosione a Port Tuath è stata causata da una decina di queste scatolette.»
«Esatto signor comandante, e ora se non volete fare la fine di quelli laggiù, ci conviene uscire tutti da qui e piuttosto celermente» dice Satulana prima di mettersi a correre.
Turo, Cevalo e tutti gli uomini all’interno della fortezza corrono velocemente per raggiungere la parte più bassa della collinetta e riescono a trovare riparo pochi istanti prima dell’esplosione. La potenza degli ordini rade al suolo la piccola fortezza, ma anche una parte della collinetta che sprofonda su se stessa creando un cratere.

Regno di Dwr, Reggia Reale
Torcon è nella sua stanza e si è seduto sul letto, indossa la veste per la notte, ma non sembra volersi coricare. Appoggiata a terra, nell’angolino più scuro del letto, c’è la sua uniforme da comandante in capo dell’esercito di Tan con spillate quelle onorificenze che gli erano state vietate dalla regina di Dwr, mentre sotto le coperte, nascosta dai cuscini, c’è la sua spada, il dono ricevuto del padre quando ha fatto il primo vagito. La lama della spada è stata più volte sostituita, ma l’elsa è sempre la stessa che secondo i miti è stata forgiata dal Leggendario per sconfiggere i mostri di Koraha.
Negli occhi del principe c’è tutta la rabbia repressa, ma anche determinazione. La tensione è svanita, mantiene la calma perché sa che se la sua mente non è concentrata rischia di farsi sfuggire all’ultimo istante il suo obiettivo. Ma non è ancora il momento, è troppo presto, lei dorme ancora, ma Torcon sa che si alzerà per andare nella sala del trono; lei lo sta facendo tutte le notti da mesi, come se fosse trascinata in quel posto da una mano invisibile. È ancora troppo presto, deve attendere il passaggio di Eas, e poi potrà prepararsi per compiere ciò che desidera da quasi un anno: la vendetta per suo padre!



“ore 03:30”



Regno di Dwr, in marcia verso la Reggia Reale
La battaglia navale nei pressi di Port Tuath si è spostata in alto mare. La flotta di Dwr, continuando a inseguire le navi corsare, ha completamente lasciato liberi di muoversi gli uomini che hanno distrutto la piccola fortezza e che ora marcia per raggiungere la Villa Reale.
Turo osserva la mappa dicendo: «Andando avanti in linea retta troveremo la Reggia, ma su questa strada ci dovrebbero essere anche molti soldati.»
«Dobbiamo girare intorno al piccolo lago» osserva Satulana.
«È una soluzione, ma ci metteremo più tempo ad aggirarlo che affrontare qualsiasi plotone che ci potremmo trovare sulla strada.»
«E se attraversassimo il lago? Ci devono essere per forza dei luoghi dove tengono qualche barchetta, anche solo per pescare» propone Cevalo.
Il gruppetto discute mentre Rak è di ritorno dalla perlustrazione. L’uomo spiega cosa ha visto: «Davanti a noi c’è un forte e di guardia ho potuto vedere almeno trenta persone diverse. Sicuramente all’interno c’è qualche pezzo grosso dell’esercito di Dwr e sarà di sicuro protetto da un buon numero di soldati.»
Turo controlla la mappa senza trovare indicazione del forte e mentre si lamenta per le informazioni incomplete che ha ricevuto Saltulana, afferma: «Possiamo usare i nostri marchingegni e abbattere la caserma, però il tuo piano salta per aria insieme con loro.»
«No, il nostro obiettivo rimane quello di radere al suolo la Reggia di Dwr» risponde Turo senza esitazione.

Regno di Dwr, pochi chilometri dalla Reggia Reale
Ruga è seduto su una roccia, ha le mani sporche di sangue, vicino a lui, due soldati stesi a terra esanimi. «Maledizione, questo non ci voleva proprio!» esclama dopo aver sputato un dente. «I cavalli ci sono, ma adesso mancheranno questi due soldati all’appello della ronda notturna.»
Ruga ripete “maledizione” più volte fino a che un corvo non gli si appollaia sulla spalla.
«Ehi, tu sei arrivato quindi a Port Tuath sta andando come previsto» dice al pennuto mentre apre il foglietto spedito da Turo.
L’uomo prende dalla tasca un foglietto e con la punta del pugnale insanguinato scrive qualcosa, poi infila il messaggio nel cartoccio che ha sulla zampa il corvo, da una ciliegia all’animale, che gracchiando mostra di gradire il premio.
«Ora torna dal comandante» dice Ruga lanciando in volo il corvo.
 
Regno di Dwr, Reggia Reale
Eas entra nella stanza del principe senza bussare, così come l’ha fatto per tutta la notte.
«Siete ancora sveglio? Ancora fame per caso?» chiede la ragazza, ma questa volta Torcon non risponde con una provocazione, gli basta guardarla intensamente per metterle soggezione.
«Andate a dormire, domani mattina la Regina vuole che partecipiate anche voi alla caccia alla volpe.»
Torcon ancora non risponde, continua a guardare la ragazza ed Eas, infine, esce dalla stanza senza aggiungere altre parole.
Il principe si alza in piedi di scatto, prende la sua uniforme poggiata a terra, inizia a vestirsi, e lo fa lentamente, come se volesse godersi ogni istante mentre indossa l’uniforme con cui ha ottenuto molte vittorie, ma anche una grande sconfitta proprio contro la ragazza che è diventata sua moglie. Fruga in una delle tasche ed estrae un piccolo ciondolo, lo apre e all’interno ci sono due immaginette della sua amata Willa, le osserva attentamente e passa un dito sul ritratto percorrendo i lineamenti del viso della donna. Lei non sa quello che sta per fare, non glielo ha mai detto nelle notti in cui riusciva a raggiungerla nel palazzo di Apen e pur ripensandoci si è già convinto di avere fatto la scelta giusta.
Chiude il ciondolo e lo ripone con cura nella tasca poi si mette davanti a uno specchio per sistemarsi l’uniforme, ma anche per guardarsi dentro, e pensa alla madre malata che non vede da troppo tempo, al fratellino che diventerà maggiorenne, al suo popolo che lo ha sempre acclamato anche dopo la disfatta nella Grande Guerra e infine al padre che lo ha amato e cresciuto facendolo diventare l’uomo che è adesso.
Torcon si dirige verso il letto, toglie i cuscini ed estrae la sua spada, guarda la lama ancora affilata con la punta rimasta appuntita e i suoi pensieri sono per Oceanya, la ragazza cui aveva consegnato la sua arma il giorno della resa e poi diventa sua moglie per obbligo, ma anche fanciulla che apprezza e rispetta, alla quale non vorrebbe arrecare dolore e che l’indomani sarà divorata da un odio viscerale incontenibile, identico al sentimento che prova lui nei confronti di Cristalya.
Torcon lega in vita la cintura e inserisce la spada nel fodero, apre la porta ed esce. È quasi ora.


La Regina Cristalya è a letto completamente nuda, continua a muoversi, è agitata ma anche eccitata. È sveglia ma i suoi occhi sembrano ancora addormentati, con le dita esplora delicatamente le sue parti più intime e geme per il piacere che si sta procurando, ma subito dopo si arrotola tra le lenzuola ricoprendo tutto il corpo, come se quell’atto così normale che la faceva godere si fosse tramutato in un gesto immorale e perverso. Eppure Cristalya con gli uomini non ha mai avuto problemi a donare ogni parte del suo corpo per qualsiasi cosa volessero farle, non si era mai sentita in imbarazzo neppure quando aveva fatto sesso la prima volta, anzi, aveva fatto in modo che qualcuno la guardasse mentre si dimenava gemendo e ansimando.
Adesso perché anch’io trovo godimento mentre tocco il mio corpo, si sta chiedendo Cristalya mentre si alza dal letto lasciando cadere il lenzuolo. Perché per lei non era un problema il piacere che si era procurata, ma il paragonare le proprie dita a quelle di un'altra donna. Lei, che è una convinta anti omosessuale, aveva addirittura  imposto rigide regole comportamentali alla sorella Oceanya appena si era accorta che mostrava i sintomi di quella che chiama “malattia”.
La regina si mette addosso una vestaglia trasparente, come sta facendo da qualche mese, esce dalla propria stanza per raggiungere la sala del trono perché sta provando, di nuovo, il desiderio riprendere a fare ciò che ha fermato mentre era a letto, ma seduta sul suo podio. Cammina, ma sembra ancora addormentata.



“ore 03:45”



Regno di Dwr, Lago Sider
Il gruppo ha deciso e sta attraversando una fitta boscaglia mentre aggira il lago Sider alla ricerca di una stazione balneare nella speranza di trovare delle barche. Rak ritorna dall’ispezione e dice: «Trovato! Poco più avanti ci sono delle baracche disabitate, mentre a riva ci sono delle piccole barchette da quattro posti. Il problema è che sono una decina.»
«A questo punto dobbiamo rischiare: chi può salirà sulle barche in modo da raggiungere il mio contatto, gli altri continueranno su questo percorso» dice Turo leggermente alterato per il nuovo problema in cui si sono imbattuti.
«Nonostante questo impiccio sta andando tutto come previsto. Ormai le mie navi al porto saranno esplose e le altre si saranno portate dietro la flotta di Dwr fino al Mare dell’Ovest» dice Satulana con molta tranquillità.
«Sperando che nessuno degli inseguitori abbia deciso di dirigersi verso il ponte Nord/Ovest» aggiunge Cevalo, il più preoccupato tra tutti.
 
Regno di Dwr, pochi chilometri dalla Reggia Reale
Ruga a fatto appena in tempo a nascondere i cadaveri dei soldati che ha ucciso; un gruppo di militari, troppo numeroso per essere una ronda, ha raggiunto il luogo dove si era fermato e sembra che vogliano stare lì. I cavalli che ha preso sono più avanti e relativamente al sicuro nascosti nel bosco, ma Ruga è consapevole che il grosso problema siano le tracce che ha lasciato o quelle di cui non si è accorto.
Il capitano non può neppure allontanarsi da quella zona perché è il punto d’incontro sia con il principe Torcon sia con il gruppo guidato da Turo.

Regno di Dwr, Reggia Reale
Torcon cammina lento ma spedito, ormai ha imparato a muoversi nell’ombra senza fare troppi rumori, raggiunge l’inizio della scalinata ma ciò che temeva di più si è avverato. Eas è sul fondo della scala e gli sta puntando contro la pistola.
«Lo sapevo che non c’era da fidarsi di voi, siete stato cauto ma io provengo da una famiglia povera, sono abituata a guardare per terra per trovare qualsiasi cosa che luccica e ho visto subito le medaglie della vostra divisa. Ero certa che vi sareste comportato come un volgare assassino; un uomo che si sposa per obbligo sfoga i suoi istinti sulla moglie nei modi più sporchi che conosce, ma se si trattiene, lo fa perché colpirà alle spalle le persone indifese come la mia Regina!»
Torcon, non accetta quelle parole, controbatte: «Hai avuto modo di vedermi in questi mesi, ma non hai capito proprio niente di me. Ciò che mi spinge è la vendetta per mio padre e Oceanya non c’entra nulla, è anche lei una vittima dell’arroganza di sua sorella. Voglio bene a Oceanya molto di più di te che ne sei soltanto attratta fisicamente e che ti atteggi a innamorata gelosa. Tu sporchi i sentimenti che Oceanya prova per te, la sfrutti per tuo tornaconto e la costringi a stare con te fingendo un amore che sta solo nella tua testa.»
Torcon scende altri scalini e continua a parlare: «Tu sei identica a Cristalya e non mi sorprende sapere che credi davvero che sia stata lei a uccidere mio padre. Lui era quello indifeso, aggredito e colpito da balordi sconosciuti e infine decapitato da una puttanella. Ora hai in mano una pistola e affronti un avversario con la spada, chi fra tutti è davvero indifeso? Ti atteggi a eroina, vuoi diventare l’uomo di Oceanya, ma ti mancano le cose fondamentali: le palle!»
Torcon ha esagerato per farle commettere un errore ed Eas cade nel tranello, butta la pistola e sguaina la spada mentre grida: «Se non le ho, vorrà dire che ti strapperò le tue!»
Il principe di Tan estrae la spada, scende gli ultimi gradini e attacca con un fendente, prontamente parato Eas. Le spade s’incrociano veloci, l’abilità di Torcon è parzialmente contrastata dall’agilità di Eas, ma il confronto è nettamente impari perché il principe è un vero asso nei duelli. Eas indietreggia, non regge la forza fisica dell’uomo, cerca degli affondi, ma subisce parate e contrattacchi, i due sono vicini alla porta del trono e la ragazza riesce a colpire Torcon di striscio al costato. Eas sorride ed è il suo errore, Torcon para un colpo laterale e con una sferzata dal basso verso l’alto ferisce l’avversaria dalla milza fino al mento, sfrutta il dolore della ragazza e la infilza allo stomaco trapassandole il corpo. Il principe estrae la spada ed Eas stramazza a terra agonizzante.
Torcon non odia la sua avversaria, la soccorre, le solleva la testa e lei, con poco fiato, chiede: «Che cosa ne farete di lei?»
«Diventerà la migliore regina che Dwr abbia mai conosciuto» risponde Torcon capendo che si parlasse di Oceanya.
Eas sorride e muore.



“ore 04:00”



Regno di Dwr, Reggia Reale
Torcon ha finalmente raggiunto la sala del trono, non sente dolore per la ferita tanta è la sua concentrazione per l’ultimo passo da compiere. Apre la porta e vede seduta sul podio Cristalya proprio come previsto. Spesso, negli ultimi mesi, aveva ascoltato i discorsi che alcune ancelle facevano con dei soldati nei quali si parlava di questa strana abitudine che aveva la regina di sedersi sul trono sempre verso le quattro di notte. Tra il rischio che fossero dicerie e la possibilità che fosse tutto vero, Torcon aveva scelto la seconda ipotesi senza sbagliare, ma ciò che sta vedendo supera qualsiasi immaginazione. La regina è completamente nuda e lo sta guardando senza temere un’aggressione, ma con gli occhi languidi e vogliosi. Cristalya solleva le gambe appoggiandole ai braccioli del sedile e lo chiama dicendo: «Uomo! Invece di infilzarmi con un pugnale perché non ti abbassi i pantaloni e mi penetri con quella spada che hai tra le gambe? Vieni sopra di me, non farmi la guerra, ma fammi la festa senza ritrosia. Sono già bagnata al punto giusto e non mi farai del male, neanche se tu fossi superdotato!»
Torcon è spaesato, conosce la regina, la odia, ma non si è mai espressa in quei modi così rozzi con nessuno. Le urla cercando di farla rinsavire: «Hai bevuto di nuovo troppo o ti vuoi prendere gioco di me?»
Cristalya si alza dal trono, fa qualche passo e poi si mette carponi, si sculaccia un gluteo da sola e poi esclama: «Forse ti piacciono altri giochetti alle cose normali, magari ti diverti di più a sodomizzarmi!»
«L’approssimarsi alla morte ti ha fatta impazzire totalmente Cristalya?»
«Oh, scusa, forse ti turba una vera donna che vuole essere scopata, probabilmente preferisci le ragazzine inesperte come Oceanya o le sante come Willa!»
A quelle parole Torcon non si trattiene più, facendo dei lunghi passi raggiunge Cristalya e gli punta la spada alla testa, ma la regina lo sorprende di nuovo perché non si preoccupa della punta della lama che le sta sul capo, ma allunga le mani verso di lui per slacciargli i pantaloni. Torcon è completamente allibito, era pronto a sferrare il colpo mortale ma lo strano atteggiamento di Cristalya lo intimorisce al punto da farlo arretrare senza volerlo.
Cristalya, completamente in preda alla follia, esclama sghignazzando mentre si alza da terra: «Sei ancora un verginello? Ma è tanto meglio per te, sarà la tua regina a farti conoscere il sesso più soddisfacente che uomo possa volere. Dimenticati di quella Willa e approfitta adesso che puoi scoparti anche la sorella di tua moglie!»
«Basta! Urla Torcon. Il principe si riprende, non permetterà a Cristalya di insozzare il nome della sua amata per una terza volta, solleva la spada e la dirige da destro verso sinistra per tagliare la testa dell’assassina di suo padre.

All’improvviso, davanti a Torcon è apparsa una persona completamente vestita di nero con addosso un lungo mantello e quest’uomo ha piazzato un spada in modo da ferma il suo colpo.
Torcon indietreggia chiedendo: «Chi siete?»
«Non ha importanza per voi il mio nome, dopo questa notte non potrete nominarlo a nessuno perché sarete morto.»
«A parole siete bravo, vedremo se reggerete il confronto con la spada.»
«Principe, non sono certo uno sprovveduto, conosco le vostre capacità, e poi la spada serviva solo per salvare la mia concubina» risponde l’inquisitore gettando il ferro a terra.
Lo stregone oscuro solleva la mano e lentamente stringe le dita per serrarle a pugno, Torcon cade in ginocchio, l’ossigeno non gli entra più nei polmoni, annaspa, gli occhi si chiudono, ma in quel momento qualcosa cambia e ritorna a respirare. Apre le palpebre a fatica, vede una figura sfuocata davanti a lui e nota che lo sta proteggendo mentre quell’uomo vestito di nero è indietreggiato di alcuni metri. Gli occhi di Torcon riprendono a vedere distintamente le forme e rimane scioccato nello scoprire che la persona davanti a lui è suo padre.
«Figlio mio, riprendi fiato, per ora lascia soltanto a me quest’ombra uscita dall’oscurità» dice Explodon.
Il principe non riesce a muoversi, ha ancora tutto il corpo intorpidito e può solo assistere allo scontro mentre Cristalya, non troppo lontana, sembra svenuta.

«Come hai fatto ad avere questi poteri, stregone?» chiede Explodon avanzando.
«Tu come fai a manifestarti spettro?»
«Sono semplicemente un’anima errante fatta spettro che si manifesta in carne soltanto per compiere la sua vendetta su chi ha ordinato il suo assassinio.»
«Lo sai anche tu che non puoi vincermi» dice l’inquisitore ostentando sicurezza.
«Io da solo no, ma lo sai anche tu che mio figlio ed io, insieme, possiamo distruggerti» risponde Explodon con certezza assoluta.
Lo stregone agita le mani e piccoli oggetti disposti nella sala del trono iniziano a volare scagliandosi contro Torcon, ma Explodon crea magicamente una barriera davanti al figlio evitando che sia ferito.
«Padre, lui è uno di quelli che ti ha rubato la vita?» chiede Torcon.
«Lui è la persona che li ha mandati, il loro capo, e adesso ci vendicheremo di tutto ciò che ha fatto in questi mesi!»
Explodon punta la sua spada e inizia a lievitare verso l’inquisitore che arretra tanto da finire seduto sul trono.
Lo stregone forse ha davvero paura, ma dietro la maschera quei suoi occhi rossi rimangono inespressivi, il re gli è davanti, lo tiene seduto e lui non accenna movimenti.
«Figlio, ora che non può difendersi, lancia la tua spada attraverso il mio corpo senza vita e l’elsa del Leggendario compirà la nostra vendetta!»
L’inquisitore ride sguaiato, Explodon, non ricevendo risposta, si gira verso il figlio e urla disperato.
Torcon è ancora in ginocchio, dietro di lui Eas. Il corpo della ragazza si era alzato dal pavimento dove aveva esalato l'ultimo respiro, ha raggiunto la sala del trono e ha conficcato la spada nella schiena di Torcon. Gli occhi della ragazza sono completamente bianchi e senza vita, eppure è in piedi dietro al principe assassinato.
«Spettro, i miei poteri superano la tua immaginazione!» dice l’inquisitore alzandosi in piedi.
Explodon piange mentre il suo corpo spettrale svanisce per sempre proprio come aveva detto alla moglie. L’inquisitore ride sguaiato, dirige la sua attenzione verso Cristalya ma un rumore improvviso lo fa voltare.
Torcon, con le ultime forze rimaste, gli lancia contro la sua spada ma riesce soltanto a far saltare via la maschera all’inquisitore.
«Allora sei tu…» ma le parole di Torcon si fermano perché Eas spinge più in profondità la spada perforandogli il cuore.
«Nessuno deve dire il mio vero nome!» urla l’inquisitore mentre Torcon chiude gli occhi per sempre.
Lo stregone schiocca le dita e il corpo inanimato di Eas collassa a terra, poi torna a prendersi cura di Cristalya che apre gli occhi. «Ricordi ancora le sensazioni del nostro primo incontro e ogni notte rivivi gli stessi giochetti che abbiamo fatto insieme, ma questa volta non ho tempo per il divertimento.»
L’inquisitore prende la vestaglia e la fa indossare a Cristalya che si muove come comandata, la solleva in braccio e la pone sul trono con delicatezza, le sistema i capelli con una cura maniacale e poi dice: «Naturalmente non ricorderai che cosa è successo, ma questa volta ti faranno delle domande e tu risponderai con le parole che ora ti dico.»
Cristalya annuisce e si addormenta mentre lo stregone sparisce nel suo globo scuro.

Regno di Dwr, Lago Sider
Come aveva riferito Rak, su una riva del lago Sider ci sono alcune baracche fatiscenti e una decina di barchette da quattro posti, per fortuna, ancora integre. Il gruppo di soldati e corsari si divide in due: il primo, guidato da Rasi e Cevalo, percorrerà il perimetro dello specchio d’acqua, mentre il secondo, formato dai quaranta uomini più forti, attraverserà il lago a bordo delle dieci barchette. Turo e il giovane Matco insieme a Satulana e Rak, salpati per primi, sono quasi a metà della navigata.
«Non devi spedire il tuo corvo alla spia?» chiede Satulana a Turo.
«No, doveva solo sapere che la piccola fortezza era stata abbattuta e che le vostre scatole magiche funzionano bene. Ci attenderà nel posto che gli ho indicato.»
I due stanno parlando quando sentono provenire dalla boscaglia i rumori di colpi di arma da fuoco, Turo si guarda indietro e vede delle sagome indistinte di alcuni uomini vicini alle baracche ed esclama preoccupato: «Ci devono aver trovati quelli del forte!»
«No Turo, non c’è nessun forte» dice Satulana con molta calma mentre Rak taglia la gola al povero Matco per poi buttarlo in acqua.
«Maledetti, ci avete traditi! E chi sta sparando nella boscaglia?» urla Turo sperando di farsi sentire dai suoi uomini sulle altre barchette, ma anche loro sono già stati assassinati.
«No, hai sbagliato di nuovo, noi non siamo traditori perché lavoriamo per i nostri interessi e qualsiasi nuovo patto che ci fa guadagnare più soldi cancella quello precedente. Quelli che sparano saranno di sicuro soldati del generale Fharsa.»
Turo cerca di prendere il collo della donna ma Rak gli piazza subito il coltello alla gola mentre Satulana dice: «Calmati, se ti può rincuorare, Rasi avrà di certo catturato Cevalo, è un buon bottino per noi tenere prigioniero un generale di Tan.»
Turo chiede: «Voi chi siete davvero? Di sicuro non dei contrabbandieri!»
«Contrabbandieri, briganti, mercenari o truffatori sono tutte parole che indicano sempre e soltanto il nostro gruppo. Dato che t’interessa, i piccoli truffatori senza speranze ci chiamano Immortali perché se cade una testa, un’altra la sostituisce.»
Il comandante di Tan sgrana gli occhi. Quel nome lo aveva già sentito mentre organizzava i piani per l’invasione di Dwr, ma non aveva mai trovato degli indizi che potessero collegarlo a persone precise.
«Vedo dal tuo sguardo che stai capendo chi siamo» dice Satulana con un sorriso beffardo.
Turo, mentre la lama del coltello di Rak recide profondamente la carne del suo collo, comprende che i nove vestiti di nero che avevano ucciso Explodon erano degli Immortali.
«Perché lo abbiamo ucciso? Non era meglio tenere un famoso comandante come prigioniero piuttosto che un normale generale?» chiede Rak perplesso.
«L’Inquisitore» risponde Satulana ricominciando a remare.

Regno di Dwr, pochi chilometri dalla Reggia Reale
Ruga sta fuggendo verso i cavalli, è stato scoperto dai soldati di Dwr che hanno trovato tracce di sangue sulla roccia su cui si era seduto. Corre mentre sente i colpi degli archibugi che gli sfrecciano molto vicini e pensa che i suoi inseguitori fossero in troppi per essere capitati in quella zona per caso. Il capitano di Tan raggiunge il cavallo ma prima che possa salirci, è colpito a una gamba da un colpo di fucile.
Geodha si avvicina con cautela al ferito immobile a terra non sapendo che il suo colpo gli ha frantumato la rotula.
«Dove sono gli altri tuoi compagni?» chiede Geodha incurante delle urla di dolore di Ruga. «Ti hanno mandato a esplorare la zona?»
Il capitano mente clamorosamente rispondendo: «Sono solo un cacciatore di frodo.»
«Inutile inventare scuse, ci hanno avvisati che qualcuno avrebbe invaso l’isola e io voglio sapere chi è con te in questa zona.»
Ruga fa un piccolo sorriso, il soldato che gli parla non sa che è da solo, ma accorgendosi dell’espressione del capitano dice: «Se credi che quelli al lago Sider possano salvarti, ti devo dare una brutta notizia; a quest’ora saranno già caduti in trappola.»
Ruga non può fare nulla, Geodha potrebbe ucciderlo a sangue freddo o torturarlo fino alla morte, ma lui non dirà mai che sta aspettando il ritorno di Torcon.  



“ore 06:00”



Isola Raumati, Palazzo Imperiale
Il venerdì di riposo era una scelta precisa nel calendario della settimana perché il sabato sarebbe stato pieno di attività, infatti, fin dalle prime luci dell’alba, i principi saranno svegliati per un colloquio privato con l’Imperatore della durata di circa venti minuti ciascuno.
Sono le sei, questa volta i servitori non suonano campanelli, ma irrompono nelle camere dei principi, li tirano su dai letti, anche di peso se necessario, li lavano con acqua fredda per eliminare ogni impurità, e li vestono con una cura maniacale per i numerosi dettagli perché gli abiti che devono indossare nel colloquio, creati su misura apposta per questo giorno hanno una grande importanza: una veste blu corredata da un lungo mantello nero, i colori simbolici dell’Imperatore che i cinque terranno addosso per l’intera giornata.



“ore 07:55”



Isola Raumati, Porto Centrale.
Due navi approdano sull’isola nel medesimo momento: dal veliero di Metel scendono Re Titan e il soldato Copar, dal brigantino di Tera scendono la Regina Wasa e il capitano Haag. I due gruppi sono raggiunti dalle guardie pretoriane che immediatamente puntano le lance contro queste quattro persone.
«Seguitemi a palazzo, c’è un assassino!» esclama Wasa con veemenza.
«Maestà, non è possibile, solo noi della guardia possediamo delle armi» dice una guardia.
«Stupido idiota, pensi che si possa uccidere solo con le armi? Seguiteci senza farci perdere ulteriore tempo!» urla Titan strappando la lancia dalle mani della guardia.



“ore 08:22”



Isola Raumati, Palazzo Imperiale
L’Imperatore è seduto su una poltrona dorata, sul suo tavolo ci sono due libri molto antichi ma curati, che contengono le leggi emanate dal Leggendario ancora prima di istituire il ruolo dell’Imperatore dei Cinque Regni. Testi che soltanto i Saggi di Corte possono leggere e che il solo imperatore è abilitato a divulgarne piccole parti come accade nei colloqui privati con i futuri maggiorenni.
La porta della stanza si apre, è il momento di parlare con un altro dei principi, Atua sta ancora scegliendo la pagina da leggere e non guarda chi ha varcato la soglia attendendo che quella persona lo saluti. Atua, CCXVI del suo nome, sente chiudere la porta così solleva il capo per guardare chi è entrato, vorrebbe dire qualcosa ma la voce non gli esce. Un denso fumo nero ha già iniziato a riempire la stanza e si è infilato anche nelle narici dell’imperatore. L’oscurità cancella ogni traccia di luce nella camera, Atua tossisce, sembra apprestarsi a fare una magia, ma i suoi occhi svelano sorpresa e paura mentre un singolo oggetto argenteo risplendere nel buio. Il pugnale di Amara si è levato in volo da un tavolino e con grande velocità si conficca nella gola dell’Imperatore. La porta della stanza si apre e mentre si richiude, l’oscurità inizia a scomparire.



“ore 08:24”



Isola Raumati, Palazzo Imperiale
Oak, Metalo e Oceanya sono seduti in biblioteca e stanno discutendo sugli argomenti che ha proposto l’imperatore a ognuno di loro.
«Ragazzi, scusate, ma ho fame e non ce la faccio ad aspettare ancora, vado a chiedere almeno del pane» dice Oak alzandosi dalla sedia.
Il ragazzo è appena uscito dalla biblioteca quando il grande portone del Palazzo si spalanca ed entrano di corsa le guardie pretoriane seguite da Titan, Wasa e i loro accompagnatori.
Titan chiede a Oak: «Dove si nasconde tuo padre?»
«Il vecchio? Se fosse qui, mi troveresti con in mano la spada insanguinata usata per sopprimere quell’abominio di padre!»
Titan è confuso, era sicuro che fosse Wit il possibile assassino, allora chiede: «Mio figlio? Sta bene?»
«Certo, guarda là, è seduto in biblioteca. Ma che succede?»
«Aarde, dove si trova?» chiede con impazienza Wasa.
«Dovrebbe scendere fra poco, l’imperatore avrà già iniziato il colloquio con Fajro» risponde Oak ancora inebetito per le domande che gli stanno ponendo.
«Ma allora era una bugia e ci hanno attirati qui con l’inganno!» dice Titan a Wasa.
Metalo raggiunge il gruppetto e chiede: «Che cosa sta succedendo?»
Wasa sta per rispondere ma l’urlo di terrore della figlia attira l’attenzione della regina. Tutti corrono sulla scalinata verso il punto da cui provenivano le grida raggiungendo la stanza dell’Imperatore. Aarde è sull’uscio aperto mentre dentro la camera c’è Fajro con in mano il pugnale di Amara insanguinato e davanti a lui, ancora seduto, Atua con la gola squarciata.
«Che cosa hai combinato Fajro?» urla Wasa.
«Niente, ve lo giuro! Sono entrato per il colloquio, ho visto che l’imperatore aveva questo pugnale infilzato nella gola e l’ho estratto per tentare di bloccare la ferita» risponde il ragazzo piuttosto scosso.
Titan chiede ad Aarde: «Ragazza, che cosa hai visto?»
La principessa tentenna, vorrebbe stare in silenzio ma Titan le urla di nuovo: «Che cosa hai visto!»
Aarde risponde tremando: «L’imperatore era immobile, il sangue gli sgorgava ancora sulla veste, Fajro gli era addosso e quando si è voltato verso di me aveva in mano quel pugnale.»
«Guardie, arrestate il principe!» ordina perentoriamente Titan.
Fajro guarda Aarde, quasi la supplica chiedendole: «Non ho fatto niente, tu mi credi?»
La ragazza non risponde, è terrorizzata, lei non l’ha visto uccidere Atua, ma non può neanche dire con certezza che sia innocente.
«Aarde!» grida Fajro. «Dimmi che mi credi!»
Il ragazzo ha ancora in mano il pugnale e fa dei passi verso la principessa, vuole solo una risposta ma il suo atteggiamento aggressivo fa scattare Haag. Il capitano colpisce Fajro alla testa con il calcio della sua pistola poi gli strappa dalle mani il pugnale insanguinato.
Wasa abbraccia la figlia mentre Fajro è trasportato via. «Tesoro, è tutto finito.»



“ore 09:30”



Regno di Tera, a cento miglia da Port Winkel
La mattinata è fredda mentre la nave di Capitan Blood si dirige verso l’appuntamento con una spia di Turo.
Durante tutto il viaggio Zedora è sempre rimasta vicino al pacco per non rischiare che qualcuno, anche per sbaglio, lo aprisse. La ciurma è stata stranamente composta, mentre Elonosia ha continuato a guardare il diamante del Vulcano, una delle gemme più grandi e famose dell’intero mondo, con morbosa attenzione.
«Capitano, che cosa dobbiamo fare se incrociamo qualche nave?» chiede Malicek.
«Turo non mi ha detto nulla quindi non dovremmo trovare nessuno sulla nostra strada, ma nel caso che ci fosse qualche bel mercantile, ci comporteremo come sempre: colpire, rubare e affondare!»
La domanda sembra una premonizione perché Mynegai urla: «Sei navi veloci, si stanno dirigendo verso di noi!»
«Che bandiera sventolano?»
Secondi di silenzio che sembrano non finire mai poi la vedetta grida: «Corsari!»
«Corsari? E che diamine ci fanno qui quei tagliagole dei contrabbandieri? Non era previsto un incontro con loro!» dice Zedora sorpresa.
La donna guarda il pacco che ha in mano, controlla da discreta distanza che il diamante sia al suo posto vedendo Elonosia troppo vicina alla teca. Forse per un lampo di genio o forse istinto, Zedora urla: «Polegada, inverti la rotta!»
La nave pirata vira verso destra e quel movimento, anche se lento, salva i pirati da una bordata di cannoni proveniente da una delle sei navi.
Zedora corre su tutta la plancia gridando: «Tutti ai propri posti, questa volta siamo noi quelli presi di sorpresa. Elonosia, tu…»
La donna guarda dietro di sé ma alle sue spalle non c’è niente, né Elonosia né il diamante. «Brutta puttana» strilla Zedora correndo verso l’entrata della stiva.
Una palla di cannone scagliata dagli aggressori colpisce di striscio il fianco destro della nave che per l’urto sobbalza, e questo movimento improvviso fa cadere Zedora che perde contatto con il pacco che teneva in mano. La scatola rotola pesantemente fino a infrangersi alla base dell’albero maestro e subito dopo il colpo s’illumina, l’incartamento si scioglie e davanti agli occhi del capitano pirata appare una piccola statuetta del Leggendario con un foglio legato al collo.
La donna si alza, non le interessa neanche che continuino a sparare, strappa il foglietto dalla statuetta e lo legge ad alta voce. «Mi spiace di averti ingannata, la statuetta non ha mai avuto valore e serviva soltanto come diversivo se tu fossi stata catturata. Se invece è andato tutto come previsto l’uomo che incontrerai ti pagherà ogni soldo che abbiamo pattuito. Perdonami e goditi il diamante, Turo.»
Zedora urla furiosamente in preda all’isteria totale, estrae la pistola e spara un colpo davanti a lei mancando di poco Kruzni. Respira profondamente, recupera il senno e dice: «Un inganno, però non equivale a essere presa a cannonate dai contrabbandieri, o no?»
La donna pensa cosa fare, ma c’è solo una soluzione e ordina a Kruzni: «Fai ammainare le vele e solleva quella bianca, ci arrendiamo.»

Una delle navi corsare abborda l’imbarcazione di Capitan Blood e sul ponte sale un uomo che ha conosciuto qualche giorno prima. «E tu che cosa vuoi? Non dovevi essere a Port Tuath?»
«Il mio capo ha preferito venirti a salutare» risponde Jimo mentre sulla nave pirata sale proprio il suo capo.
Zedora conosce anche lui e sa per certo che non è un contrabbandiere. «Kokiaka, che bello rivederti, ma se volevi un appuntamento bastava lasciare un messaggio alla Casa di Lù.»
«Fare la spiritosa non ti salverà, rispondimi e basta. Dove è il pacco che ti ha dato Turo.»
Zedora ride indicando la statuetta ancora a terra. «È tuo se vuoi.»
Il tono di Kokiaka è ancora più feroce mentre chiede: «Vuoi prenderti gioco di me una volta di più?»
«Non mi permetterei mai» risponde la donna ridacchiando.
«Capo, non sta mentendo, guarda qui» dice un altro dei mercenari.
 Kokiaka legge il biglietto di Turo e grida.
«Ho fatto la stessa cosa, caro amico» dice Zedora.
Un altro mercenario la schiaffeggia e poi le dice: «Sapevo che quella ragazza avrebbe portato guai! Dove si è nascosta quella sgualdrina di mia sorella?»
Zedora collega subito la parola “sgualdrina” a Elonosia e risponde: «Cercala, se non si è buttata a mare, la troverai da qualche parte.»
Kokiaka torna vicino a Zedora e chiede: «So che almeno la metà del gruzzolo te l’ha già dato, tu non saresti mai partita senza niente come garanzia.»
«Ti sbagli, non ho soldi tranne quelli che sono, o meglio dire, erano miei prima del tuo arrivo. E anche tu puoi cercare fin che vuoi, tanto ormai sono tua prigioniera e non ci sono trappole su questa nave.»
«Deciderò se basta ciò che trovo o se mi prenderò altro, anche se di scarso valore» risponde Kokiaka prima di leccare il viso della donna.



“ore 11:00”



Isola Raumati, Palazzo Imperiale
Fajro è rinchiuso nelle segrete in attesa di essere interrogato, Aarde è nella sua stanza perché per lo stress è crollata e la madre l’ha messa a dormire, mente gli altri tre principi, a turno, sono interrogati da Titan e Wicaksana.
Il grande portone si apre e a entrare, annunciato da una delle guardie, è il Saggio Glic di Dwr.
Titan la sala dove sta interrogando Oak e ferma Glic. «Come avete fatto a raggiungere così presto Raumati? Ho fatto mandare da poco il piccione viaggiatore alla vostra Reggia.»
«Mio Signore, credo che il vostro messaggio sia arrivato a Dwr prima che io partissi dall’isola.»
«Quindi non sapete cosa è successo all’imperatore?»
I due uomini si raccontano cosa sia successo in queste ultime ore a Raumati e a Dwr, poi si dirigono insieme nella biblioteca, dove è seduta Oceanya. Il Saggio spiega ogni cosa alla principessa che, profondamente turbata, scattata in piedi, corre fuori dal Palazzo Imperiale.
Glic dice a Titan: «Sono certo che capite la situazione e che non accuserete la principessa di mancata collaborazione, così come non vi appellerete per l’assenza della Mia Regina nel tribunale straordinario.»
«State tranquillo Glic, comprendo ogni cosa, ovviamente voi resterete, giusto?»
«Sì mio Signore, è un dovere come Saggio di Corte ma anche come servitore dell’amato Imperatore scomparso in questa giornata d’indicibile sofferenza.»

Titan, trovato l’accordo con il Saggio Glic, raggiunge suo figlio che è nella sala da pranzo. «Metalo, la tua deposizione è stata registrata da Wicaksana?»
«Sì padre.»
«Ottimo. Adesso tu tieniti in disparte, non parlare con Oak o Wasa e se ti dovessero chiedere qualcosa appellati al silenzio. Fra poche ore arriverà la Saggia Ohlaka per l’interrogatorio a Fajro e per far parte della giuria del tribunale mentre tu salirai sulla nave di Lyngesydd e tornerai a casa.»
«Padre, posso esservi d’aiuto rimanendo qua.»
«Mi sei di aiuto a casa e scortato dalla nostra marina militare. Chiunque ci ha avvisato che stava per succedere qualcosa a Raumati potrebbe essere là fuori pronto a colpirci in questo momento di confusione.»
«Ho capito padre, farò come dite» risponde Metalo inchinandosi al suo Re.



“ore 15:00”



Isola Raumati, Palazzo Imperiale
In una delle segrete del Palazzo Imperiale Fajro, incatenato, continua a rispondere alle domande di Titan sotto la supervisione di Wicaksana, che era già sull’isola, e degli altri tre Saggi giunti da poche ore a Raumati.
«Vi ho già detto tutto quando eravamo in quella stanza! Non sono il colpevole, ero entrato per il colloquio e l’imperatore era già morto!»
«Ragazzo, sei stato trovato con l’arma del delitto in mano, non puoi cavartela con queste affermazioni. Devi dirmi qualcosa che mi faccia pensare diversamente, raccontami cosa hai fatto prima» dice Titan in modo benevolo.
«Ho raggiunto la stanza dell’Imperatore nell’orario prefissato, ma la porta non era aperta, ho pensato che Aarde stesse continuando il colloquio così ho atteso qualche minuto prima di bussare. Non ricevendo risposta ho aperto e il resto lo sapete.»
«Non hai visto nessuno? Possibile che non ti sei accorto che Aarde fosse nel corridoio?» chiede Titan, questa volta con un tono più da indagatore che paterno.
«No, non c’era, immagino che fosse nella sua stanza quando sono arrivato io dall’imperatore. Le due camere sono sullo stesso piano.»
«Vuoi forse dire che potrebbe essere stata lei a uccidere l’Imperatore?» chiede Vlek preoccupato.
«Lo escludo. La gola di Atua era squarciata e avreste trovato del sangue sui vestiti di Aarde, molto di più di quello che avevo addosso io.»
Il Saggio Vlek di Tera fa un sospiro di sollievo mentre Titan continua: «Fajro, non solo sei l’unica persona trovata sul luogo dell’omicidio, ma tutti gli altri principi, nessuno escluso, con le loro testimonianze ci hanno raccontato dei tuoi atteggiamenti aggressivi verso ognuno di loro e protratte per tutti questi giorni. Forse hai commesso questo sacrilegio per la gelosia che hai per Aarde? Magari Atua ti ha rimproverato e…»
Fajro interrompe Titan gridando aggressivamente: «L’imperatore non ha mai espresso nessuna lamentela sul mio comportamento e gli altri possono confermarlo, mentre Aarde non dovete tirarla in ballo per nessun motivo!»
«Magari stai proteggendo lei?» incalza Titan.
«Non dite assurdità su Aarde per mettere nei guai Wasa!» urla Fajro ormai preda di rabbia furente.
«Oppure, uccidere l’imperatore era uno dei tasselli del piano di tuo fratello Torcon e tu lo hai portato a termine senza sapere cosa succedeva a Dwr.»
Fajro cerca di capire cosa gli stia dicendo Titan, chiede sommessamente: «Di cosa parlate? Quale piano di Torcon?»
«Questa notte Torcon ha dato il via a una ribellione. Uomini di Tan, guidati dal comandante Turo e aiutati da dei corsari, hanno provato a invadere Dwr mentre tuo fratello ha tentato di uccidere la Regina Cristalya. Il manipolo di Turo si è dato alla fuga alla morte del loro comandante mentre l’intervento di una giovane ufficiale ha sventato l’agguato uccidendo tuo fratello prima che potesse fare del male alla mia Regina» risponde il Saggio Glic.
Fajro, che fino a quel momento era in piedi e strattonava le catene che lo bloccano, si lascia cadere in ginocchio, i suoi occhi pieni di rabbia ora piangono, e le uniche parole che riesce a dire sono: «Non è vero.»

Nello stesso istante, Wasa è nella stanza della figlia e chiede ad Aarde di spiegarle per bene cosa ha visto e perché si trovava vicino alla camera dell’imperatore mentre sarebbe dovuta essere in biblioteca insieme con gli altri. Wasa è preoccupata, anche se nessuno ha accusato la principessa, che la posizione della figlia sia tirata in causa solo per mettere in difficoltà Tera così cerca delle risposte in modo da avere basi concrete per poter rispondere in caso di processo.
Aarde, nonostante si sia addormentata qualche ora per lo stress della situazione, è ancora sotto shock, trema ma cerca di rispondere alle domande della madre.
«Ho finito il colloquio con l’Imperatore pochi minuti prima dei venti previsti perché lui mi soltanto regalato dei consigli per il futuro su certe mie mancanze. Le solite che conoscete anche voi, madre.»
«Sesso» dice Wasa sbuffando.
«Ecco, proprio quello. Insomma, siccome ero in anticipo sono entrata qua dentro per cambiare le scarpe perché troppo strette, poi sono uscita per raggiungere la scalinata e sono passata davanti alla stanza dell’imperatore che è proprio su questo piano come avrete notato.»
«Non hai sentito qualche grido soffocato? O strani rumori?»
«Niente, era tutto silenzioso, come se non ci fosse nessuno oltre me, solo il rumore dei passi inconfondibili di Fajro e il suono di un pugno che bussa a una porta. Pochi istanti dopo sono uscita dalla mia stanza e passando davanti a quella di Atua ho visto…»
Aarde smette di parlare e inizia a piangere, Wasa la abbraccia dicendo: «Tesoro, stai tranquilla, adesso non c’è più niente da temere.»
«Ma Fajro? Io, davvero, non so se è stato lui, ma non posso neppure dire il contrario, non lo so cosa sia successo.»
«Che cosa è saltato in mente a tutti i maschi di quella famiglia!» esclama Wasa adirata.
«Che volete dire madre?»
Wasa si accorge solo alla domanda della figlia di aver detto una parola di troppo ed è costretta a raccontare cosa è successo a Dwr durante la notte.
«Pensare che avevo avvertito Torcon di non rischiare niente ma lui ha voluto continuare questa sua battaglia personale affidandomi la cura di Fajro. Due fratelli che fra poco si ritroveranno insieme al loro padre nel regno del Leggendario. Non riesco a immaginare quale ulteriore sofferenza proverà Bruligida apprendendo della morte dei figli» dice Wasa sospirando.
«Fajro sarà condannato a morte? Non ci sono prove certe che sia colpevole!» dice Aarde con impeto.
«Ma neanche che non lo sia, purtroppo. Spero solo che abbia imparato bene le Leggi perché solo in un modo può evitare la decapitazione istantanea» risponde Wasa prima di baciare la fronte alla figlia.



– Domenica –



Isola Raumati, Palazzo Imperiale
La sala del trono è sgombra, davanti al podio dell’Imperatore è stato messo un tavolo e sono seduti Re Titan, la Regina Wasa, Re Oak e i Saggi Wicaksana, Glic, Ohlaka e Vlek. I sette, in assenza della Regina Cristalya ancora traumatizzata dall’attentato subito, hanno deciso all’unanimità.
Le guardie pretoriane portano l’accusato in catene al cospetto dei giudici facendolo inginocchiare a forza. Re Titan, come responsabile dell’organizzazione della settimana di preparazione, è stato scelto per emettere la sentenza, si alza in piedi dicendo: «Nel corso della nostra storia millenaria soltanto due volte si è assistito all’omicidio di un imperatore, ma mai per opera di un principe dei Cinque Regni. Il tuo gesto abominevole marchia l’intera casata reale di Tan dell’onta del tradimento e ogni singola persona del vostro popolo subirà la tua stessa pena. Hai qualcosa da dire?»
Fajro sa che continuare a professarsi innocente non cambierà la sentenza, ha solo una cosa da poter dire per modificare gli eventi futuri. «Io, Fajro, principe di Tan, mi accuso di tradimento e giuro davanti a voi che nessuno del mio popolo era a conoscenza delle mie azioni né tanto meno le ha favorite. Sono l’unico colpevole e attendo la giusta punizione per la mia colpa.»
«Per la Legge del Leggendario questa ammissione solleva la famiglia e il popolo da qualsiasi imputazione, ma prevede la pena massima per un principe reo confesso. Sei consapevole di ciò che comporta la tua dichiarazione?»
«Sì, mio signore.»
«Questo tribunale dichiara Fajro colpevole di omicidio e lo condanna all’esilio nelle terre rosse privandolo di ogni mezzo di sostentamento. Che la condanna sia subito eseguita dai Saggi votanti» dice Titan rimettendosi seduto.
I quattro Saggi si alzano in piedi e raggiungono Fajro mentre Titan aggiunge: «A questo punto dovrei chiedere al Leggendario di farti morire senza atroci sofferenze, ma ciò di cui ti sei macchiato è imperdonabile anche per lui!»
Tutti i Saggi mettono una mano sul capo dell’accusato, pronunciano una formula in lingua antica e il corpo di Fajro inizia a svanire mentre le sue urla echeggiano nella stanza fino alla sua completa scomparsa.

Regno di Metel, Castello Reale
Metalo cammina nervosamente nel grande salone sotto lo sguardo attento del generale Moncai.
«Ripetetemi ciò che vi hanno detto!» chiede preoccupato il principe.
«Questa mattina presto una delle cave del consorzio dei minatori è crollata e i sopravvissuti hanno detto tutti la stessa cosa; a causare il disastro è stato il Gigante.»
È la terza volta che Metalo chiede al generale e di nuovo stenta a credere a quelle parole. Il Gigante, un altro essere mostruoso dei miti che appare all’improvviso come tutti gli altri mostri ricacciati nelle viscere della terra dal Leggendario.
«E mi dite che nel deserto di Koraha hanno avvistato il Golem!»
«Sì, mio Signore, e il nostro informatore ad Apen è scioccato quanto noi.»
«Avete informato mio padre?»
«Abbiamo mandato un colombo viaggiatore a Rumati appena c’è giunta la notizia dalle montagne.»
«D’accordo, attendiamo il suo ritorno a casa prima di indagare ulteriormente su quest’altro avvenimento strano» dice Metalo riprendendo a camminare nel salone.

Regno di Dwr, Reggia Reale
Cristalya è rimasta incosciente per più di un giorno e quando riapre gli occhi, la prima persona che vede è sua sorella Oceanya. La regina piange mentre dice: «È stato terribile, mi ha sorpresa mentre ero nella sala del trono perché faticavo a dormire. Ha cercato di violentarmi ma ho reagito, allora ha estratto la spada per uccidermi ma per fortuna è arrivata Eas. Hanno combattuto, lui era più forte e l’ha colpita mortalmente poi si è rivolto verso di me insultandomi e non si accorto che la tua attendente non era finita. Eas l’ha trafitto nella schiena e uccidendolo mi ha salvato la vita.»
Oceanya abbraccia la sorella. «La colpa è stata mia, ho creduto che fosse un uomo per bene perché non mi ha mai fatto torti, sono stata ingenua e sciocca a fidarmi, perdonami.»
«Amata sorella, non hai niente da farti perdonare, l’importante è che siamo vive e unite più che mai.»
Oceanya accarezza la testa di Cristalya dicendo: «Sì, nessuno potrà dividerci!»

Regno di Apen, Palazzo Reale
Le voci dell’assassinio dell’Imperatore sono circolate fin dal primo mattino, nonostante il silenzio dei servitori del palazzo. Era impossibile spiegare in altro modo per quale motivo Re Oak facesse parte dei giudici che avrebbero condannato l’autore del delitto. Da quelle discussioni, inevitabilmente, la principessa Willa aveva saputo anche dell’attentato subito da Cristalya alla Reggia di Dwr e la conseguente morte di Torcon. La principessa si è rinchiusa nella propria stanza senza parlare con nessuno, ha aspettato che il sole lasciasse il posto alla luna e di nascosto si è diretta verso la spiaggia.
La principessa si è tolta il vestito rimanendo completamente nuda, cammina verso l’acqua e parla: «Madre, quel giorno non avevo capito ciò che dicevi. Forse è casualità, o forse è preveggenza, ma ciò che ti aspettavi è accaduto e ora sono nella tempesta. Mi spiace, ma non riesco a darvi ascolto, non sono forte come volevate: ho permesso a mio fratello di abusare del mio corpo e della mia mente, gli ho garantito la mia sottomissione e il silenzio e infine gli ho dato l’occasione per dominarmi completamente riducendomi al silenzio perpetuo. Ora il mio cuore è più buio che questa notte, ho perso l’unica persona che mi teneva legata a questo mondo, il vostro figlio adorato, il mio amato Torcon. La tempesta ha vinto perché sono rimasta debole e incapace e pertanto vi chiedo di perdonatemi Regina Bruligida se non sono più capace di camminare sulla terra dei vivi un altro minuto ancora.»
Willa, lentamente, entra nell’acqua, il mare le bagna le caviglie, le ginocchia, lo stomaco, il collo e infine la sommerge portandosela via per sempre.

Regno di Tan, Villa Reale
Bruligida piange, si alza dal letto da sola per la prima volta da quando il marito è deceduto, Flame le è accanto, lascia che la madre adottiva sfoghi la sua tristezza, la abbraccia e le accarezza la schiena, non fa domande, sa che sarà la regina a dirle qualcosa. Ed è così. «Ancora una volta il destino ha vinto la sua battaglia contro l’amore, i prossimi giorni saranno di grande sofferenza per noi due e per tutto il mio popolo, ma ci faremo forza gli uni con gli altri e non ci lasceremo abbattere per l’ennesima sconfitta. Il popolo di Tan risorgerà dalle ceneri e quel giorno, anche nella morte, torneremo a sorridere.»
I capelli di Bruligida, diventati bianchi per la morte di Explodon, ritornano ad avere il loro color rosso fuoco, negli occhi della regina torna a risplendere la luce che si era spenta quasi un anno prima, e mentre stringe forte Flame, sorride.

Grotta, ubicazione sconosciuta
L’Inquisitore sta nuovamente interrogando Dheat e quest’uomo, improvvisamente, urla a squarcia gola, proferisce parole strane, il suo viso cambia espressione e suoi occhi guardano con ferocia l’Inquisitore. Lo stregone si avvicina a Dheat senza timore, gli tocca il viso ed esclama: «Bestia immonda che hai divorato la sua anima dimmi ciò che nascondeva quest’uomo!»
La voce di Dheat ha il suono del ringhio di un lupo mentre risponde: «Questo essere umano l’ha deposta nella Foresta Proibita come sacrificio e le creature delle ombre hanno divorato il corpo della neonata gustandone la carne tenera e il sangue puro. E da quel momento il secondo sigillo è stato spezzato.»
L’inquisitore ride. «Bestia, l’anima di questo essere spregevole è tua, ma non posso lasciarti il corpo.»
«Non era questo il patto! A te la risposta che cercavi, a me un corpo da usare per distruggere gli esseri umani!»
L’Inquisitore non parla, estrae dalla tasca un pugnale ricurvo e lo conficca nel cuore di Dheat. La bestia, che si era impossessata del finto Saggio, urla mentre il corpo dell’uomo si scioglie in una massa informe e putrida.
«Manca solo il quarto e potrò dominare l’intero mondo» urla l’Inquisitore mentre osserva il pugnale di Amara.


§   §   §


Chiude il libro e questo scompare lasciando il tavolo vuoto, Ten ha finito di leggere e i suoi occhi sgorgano lacrime contro la sua volontà, raggiunge l’uscita della biblioteca, chiude la porta e anche quella stanza svanisce come se non fosse mai esistita. Ten non è particolarmente turbato, aveva immaginato che i tanti libri preziosi contenuti nella biblioteca fossero protetti e nascosti da qualche magia molto simile a quella che faceva sparire i volumi che aveva letto.
Il bambino raggiunge la sala dove c’è la gabbietta di Agisto e trova il vecchio maestro già seduto su una delle poltrone. Non ha tempo di chiedere, l’anziano parla prima di lui. «Perché piangi figliolo?»
«Non lo so maestro, forse ogni piccola tragedia, legandosi con le altre, ne hanno creata una insopportabile. Guerre e perdite, amori e tradimenti, tutto di quel mondo mi ha colpito nel profondo del cuore, mi sento colpevole di non essere riuscito a prevenire quei disastri proprio come Atua CCXV prima di morire. Eppure io non c’ero, non potevo fare niente.»
Il maestro appare sbalordito, ma anche sollevando mentre dice: «Ten, la tua formazione attraverso i libri è completa sotto ogni punto di vista. Andando avanti forse troverai le risposte che la tua anima sta cercando, o forse rimarrai all’oscuro perché non sono misteri che sei nato per risolvere. Però oggi hai tutto il potenziale per proseguire e, grazie al bastone che ti ho regalato, farai un nuovo passo in avanti.»
Ten prende in mano il bastone nodoso e guarda Agisto, il corvo gracchia prima di dire: «Entrerai in un nuovo mondo, vedrai tutto ciò che accadeva perché gli occhi del corvo saranno i tuoi, ti sentirai parte di quel passato entrando in contatto con la mia anima, e quando sarà il momento, ti risveglierai in questa sala.»
«Come farò a sapere che è il momento giusto per tornare?»
«Accadrà da solo e spero che sia nel modo giusto. Ora, con il bastone, fai ciò che ti ha insegnato il maestro perché io sono pronto ad accoglierti.»
Ten si siede sull’altra poltrona, impugna il bastone appoggiando l’estremità inferiore a terra, la luce riempie completamente la stanza. Il ragazzino riapre gli occhi e si accorge che sta volando, vede qualcosa che assomiglia a un’isola mentre segue il movimento delle nuvole e raggiunge un luogo che conosce solo per averlo scoperto attraverso i libri del maestro. Atterra appoggiando le sue zampe su un legno, guarda davanti a sé e assiste a un combattimento. Sette persone si sono scagliate contro la terribile creatura chiamata Golem e la sconfiggono in pochi minuti. Uno di loro vede qualcosa ricoperta per metà dalla sabbia e chiede a uno dei compagni: «Siete sicuri?»
Una donna risponde: «Sì, rappresenta l’ultima speranza, per tutti.»










N.d.A.
- Siamo giunti alla fine di questa seconda serie che chiude anche il primo arco narrativo e che spero sia stato gradito.
- Quando inizierà la terza serie? Non so dirvi in questo momento, troppe varianti, quindi anche per la terza serie non posso darvi cadenze fisse; ogni volta che avrò un capitolo pronto, lo pubblicherò come ho fatto fino a ora.
- Attraverso le prossime due serie, il secondo arco narrativo si concentrerà sul vero protagonista che è stato soltanto accennato nel primo capitolo e che penso ormai sappiate tutti chi sia. Lo accompagneremo fin dai primi passi fatti per raggiungere Oazi per poi seguirloo nella sua epica avventura che lo porterà verso il confronto finale.
 - Il mio procuratore mi ha detto di non raccontare niente di ciò che troverete nella terza serie, ma voglio bene ai miei lettori e vi faccio un regalo^^:
“In meno di un anno sono morti due Imperatori, c’è stata la più grande guerra mai vista in tutta la Storia, un re deposto, amori nati, distrutti e impossibili, omicidi e tragedie, complotti e tradimenti, e infine mostri mitologici e magie impossibili. Com’è possibile che in meno di un anno le regole della magia siano state aggirate? Seguitemi e troverete le risposte nel terzo capitolo della saga dal titolo – l’Imperatore dei Cinque Regni – Magie.”
- Una piccola nota informativa per la challenge a cui partecipa questa saga: la terza e la quarta serie fanno tutte parte della terza traccia, ma per una gestione più “pulita” ho preferito dividerle in otto capitoli piuttosto che avere un’unica serie da sedici capitoli.

Direi che ho parlato anche troppo del futuro ^^, quindi vi ringrazio nuovamente per avere dedicato il vostro tempo libero nella lettura delle mie storie e per i commenti che sono graditissimi.  V’invito al commento, alla critica costruttiva e, se ne avete voglia, a segnalarmi i sicuri errori che trovate leggendo. Infine, rubo una frase di un autore famosissimo, l’amato e a volte odiato Manzoni, dicendo:
“Se questo nostro racconto non vi è dispiaciuto, beh, vogliatene bene per tutti coloro che c’hanno lavorato; se invece siamo riusciti ad annoiarvi, beh, credete, che non s’è fatto apposta.”










CAST
Anziano Maestro – Insegnante della scuola imperiale e narratore della storia
Ten – Il bambino che legge sui libri i racconti di questa storia
Atua Primo del suo nome – Leggendario primo Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Kwakhala – Regina dei mostri marini
Atua CCXV (vero nome Ukwu)  – Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Atua CCXVI (vero nome Wijs) – Nuovo Imperatore dei Cinque Regni, ex Saggio di corte della Regina Wasa di Tera [deceduto]
L’Inquisitore – identità sconosciuta
- Regno di Apen
Wit – Re di Apen [destituito nella Guerra Civile]
Pine – consorte del Re di Apen [destituita nella Guerra Civile]
Willa – principessa di Apen [deceduta dopo la rivolta di Tan]
Oak – nuovo Re di Apen dopo la Guerra Civile
Wicaksana – Saggia reale di Apen
Panglito – comandante in capo dell’esercito
Miral – ammiraglio [deceduto nella battaglia navale della Guerra Civile]
Prau – ammiraglio [nuova nomina dopo la Guerra Civile]
Macan e Terwelu – generali dell’esercito
Catur e Jaran – capitani dell’esercito
Menara – generale della marina [nuova nomina dopo la Guerra Civile]
Ijo – capitano della marina [nuova nomina dopo la Guerra Civile]
Altri: Kayu, Gedhe (ufficiale dell’esercito)
- Regno di Dwr
Fond – Re di Dwr [deceduto in un incidente in mare]
Ruith – Regina di Dwr [deceduta in un incidente in mare]
Cristalya – Regina di Dwr
Oceanya – sorella e principessa ereditaria di Dwr, comandante in capo dell’esercito
Dheat – Saggio di Dwr [deceduto per colpa dell’Inquisitore]
Glic – Saggio reale di Dwr
Haranche – Ammiraglio della marina
Fharsa e Each – generale dell’esercito
Foeil – capitani dell’esercito
Dubh – capitano dell’esercito [neo promosso]
Tarley – generale della marina
Luchag – capitano della marina
Altri: Eas (ufficiale dell’esercito neo promossa )[deceduta nella rivolta di Tan], Geodha (soldato dell’esercito) Gush (Re e padre di Fond) [deceduto per anzianità]
- Regno di Metel
Titan – Re di Metel e comandante in capo dell’esercito
Metelo – principe ereditario di Metel
Ohlaka – Saggia reale di Metel
Meirge – generale dell’esercito [neo promossa]
Capall, Tyred, Gwyn (neopromossa) – capitani dell’esercito
Lyngesydd – ammiraglio della marina
Moncai e Ceilog – generali della marina
Altri: Copar (soldato dell’esercito), Platin (Re e padre di Titan) [deceduto per anzianità]
- Regno di Tan
Explodon – Re di Tan [deceduto nella battaglia sull’Isola Ngahuru]
Bruligida – Regina in pectore di Tan
Torcon – principe ereditario ed ex comandante [deceduto nella rivolta di Tan]
Fajro – principe di Tan
Flame – principessa di Tan (ancella adottata dalla regina)
Saga – Saggio reale di Tan [deceduto] (posto vacante)
Turo – comandante in capo dell’esercito, ex generale marina [deceduto nella rivolta di Tan]
Standarto, Serpe (neopromosso), Cevalo (neopromosso) [prigioniero degli Immortali] – generali dell’esercito
Cindroj (neopromosso), Ruga (neopromosso)[prigioniero a Dwr] – capitani dell’esercito
Altri: Matco (soldato esercito)[deceduto al lago Sider]
- Regno di Tera
Zand – Re di Tera [deceduto per avvelenamento]
Wasa – Regina di Tera
Aarde – principessa ereditaria di Tera
Hond – principe (illegittimo) di Tera [deceduto]
Vlek – Saggio reale di Tera (nuova nomina dopo che Wijs è diventato Imperatore)
Hebber – comandante in capo dell’esercito [deceduto avvelenato alla festa per Juniper]
Draak – comandante in capo dell’esercito (neopromosso)
Buffel e Paard (neoporomosso) – generali dell’esercito
Haag – capitano dell’esercito (neopromossoI
Raal – ammiraglio della marina
Geit – generale della marina
Mijin e Vaandrig – capitani della marina
Altri: Geel (ufficiale dell’esercito) Rots (Re e padre di Wasa) [deceduto per anzianità]

- Immortali (mercenari, contrabbandieri, briganti)
Kokiaka – Capo
Rak (spia in contatto con la regina Cristalya), Fiskabur, Eya, Tepanje, Satulana, Jimo, Rasi, Toxotis, Lovi (i nove in nero che hanno colpito Explodon), Kaia, Kumari, Makara – capitani dei mercenari

- Pirati
Zedora (Capitan Blood) – capitano dei pirati
Polegada (timoniere), Mynegai (vedetta), Lautele (cartografo), Kruzni (tutto fare), Malicek (addetto ai cannoni)
Elonosia – amante di Zedora, (ladra e prostituta pagata per tenere sott’occhio i pirati)

- Bordello “La casa di Lù
Zai (prostituta), Mu (prostituto)


MAPPA


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