Lo strumento del demonio

di cucciolotta92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perchè a me? ***
Capitolo 2: *** la punizione ***



Capitolo 1
*** Perchè a me? ***


Una ragazza che corre, sul suo volto l'espressione disperata di un cane braccato... non ce la fa più.
Ormai è da mezz'ora che corre e non sente più le gambe, non sa nemmeno dove si trova, sa solo che deve correre, che non può fermarsi e che se cade è finita.
Una radice fuori dal terreno e perde l'equilibrio cadendo, si raccoglie in posizione fetale in attesa del colpo mortale... ma non arriva.
Si alza e vede che non la insegue più. Non capisce il motivo dell'arresa, le stava dietro, possibile che abbia paura dell'acqua? Ha superato un ponte, ma è grande e non si vede l'acqua al di sotto.
Qualunque sia il motivo si sente salva e ricomincia a respirare normalmente calmandosi un po'. Continua a guardarsi in dietro temendo che quella cosa la stia ancora inseguendo.
Poi la vede, la prima casa del piccolo paese in cui vive. Felice corre lasciando che il corpo la guidi nel tragitto ormai conosciuto verso la sua casa.
Finalmente è davanti alla porta, la apre, dice di essere rincasata, come fa sempre, ma non riceve risposta..
"Strano, prima erano in casa.MAMMA ! ANTONIO ! Ci siete?" La ragazza alza le spalle e sale le scale per andare nella propria stanza, ma per arrivare passa davanti alle camere della madre e del fratello...lancia un urlo.
Poi esce di casa arretrando e continua ad urlare facendo accorrere i vicini.
"Hei, cosa è successo? Monica, rispondi cosa è successo?" Il primo vicino che è arrivato la stringe per le spalle e la guarda fisso negli occhi cercando di farsi dire cosa non va, ma lei non riesce a parlare e con le lacrime agli occhi ed il terrore nel volto indica la casa.
Appena lui la lascia lei scappa in direzione del bosco.
Ma l'uomo non se ne cura pensando che volesse solo sfogarsi lontano dagli altri.
Raggiunto dal figlio che aveva portato con se un fucile entra in casa e cautamente ispeziona la casa, arrivano altri due uomini che decidono di passare nello scantinato e al piano superiore.

Come se si fossero messi d'accordo urlarono in contemporenea, l'uomo nello scantinato scappa più velocemente che può dalla casa, mentre il terzo arrivato, quello nella camera della signora Baltoni, si accascia a terra colpito dallo choc nel vedere il corpo a brandelli della donna. Sempre che si potesse definire ancora un corpo... gli arti non c'erano più, la cassa toracica era stata sventrata e non c'erano che brandelli sparsi nella stanza di quelli che erano gli organi, la testa era stata staccata, non tagliata, ma proprio strappata dal collo che continuava a rigettare sangue ed il cranio era sfondato, senza più il cervello nè gli occhi nè la lingua.
...
Vedere la fine di quella donna era straziante e dopo un minuto, quando l'odore nauseante del sangue penetrò del tutto nei polmoni del vicino di casa, iniziò a vomitare fino a svenire.
...
Ma il figlio non ricevette certo un trattamento speciale. Anzi, su di lui, la vista era ancora peggiore visto che aveva solo 11 anni.
Gli rimanevano gli arti, ma erano stati mangiati. In effetti, non rimasero che le ossa coperte da un velo di muscoli.
La cassa toracica era sfondata e vuota e lo stesso il cranio.
Nella stanza c'era meno sangue rispetto che dalla madre, ma ciò rendeva la situazione più aggacciante.
...
Era come se la bestia, qualunque essa fosse avesse incontrato prima il ragazzo e poi avesse finito di cibarsi con la madre.
Ma oltre allo scempio, non c'erano nè finestre rotte, nè segni di lotta.. niente di niente.
Come se le vittime fossero morte dalla paura, ipotesi difficile da verificare data la mancanza degli occhi in entrambi i.... cadaveri.

Vennero subito chiamati lo sceriffo del luogo ed un investigatore della regione vicina alquanto esperto e capace. Ma nessuno di loro riuscì a stare in quelle stanze dopo un veloce sguardo.
Entrambi convennero che questo scempio non poteva essere opera di un orso, specialmente dopo aver ascoltato la descrizione della belva che il secondo vicino accorso era riuscito a dare non appena lo ritrovarono.
Così l'intera faccenda fece il giro dei distretti ed arrivò fino ai servizi segreti che diedero la loro disponibilità. Nessun mostro di quella crudeltà avrebbe mai potuto continuare a vivere.
Ma non avevano idea di cosa sia la crudeltà per un licantropo..

Intanto la figlia era nel bosco, al fiume, dove il mostro aveva smesso di seguirla.
Era sicura che fosse stato lui, ma non riusciva a capire il motivo della sua scelta. Era semplice sfiga, casualità, fato...? Oppure c'era un'altro motivo dietro?
Continuò a chiamarlo, ad urlare di volere sapere il perchè. Era talmente disperata che si offrì a lui, dicendo che avrebbe potuto fare lo stesso anche a lei, purchè le rispondesse.
Ma non si fece vivo. La ragazza potè sentire chiaramente il silenzio della foresta, ma era troppo.
Per questo si convinse che l'aveva sentita, ma forse non era ancora il suo momento.
Forse Lui aveva deciso che doveva vivere ancora un po'.
Che doveva soffrire ancora.
Poi, forse, l'avrebbe accontentata.



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Cosa vorrà da questa ragazza? Come potrebbe soffrire ancora dopo aver visto le sofferenze che quel mostro ha causato a sua madre e al fratello minore?
Lo volete DAVVERO sapere?
Ne siete CERTI?
Allora non vi resta che leggere il prossimo capitolo: Punizione.

Spero di non avervi fatto accaponare troppo la pelle,e che non mi ritieniate troppo sadica
 
cucciolotta92

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Capitolo 2
*** la punizione ***


Bentornati! ^_^
il titolo può non avere molto a che fare con il capitolo, ma l'ho scelto perchè è così che la protagonista sente essere il comportamento del licantropo nei suoi confronti.
Questo capitolo è un po' differente dal precedente poichè ho tentato di aggingere di aggiungere le emozioni della ragazza come ha suggerito blackhorse96, che in effetti mancavano nel primo capitolo.
Pertanto mi piacerebbe dedicarlo a te, blackhorse96, spero ti piaccia e di essere riuscita a migliorare almeno un po' anche se non si può dire da un capitolo all'altro!
Sono ansiosa di sentire la tua recensione.
Buona lettura!
cucciolotta92

Capitolo 2: la punizione

" Perchè mi ha risparmiata?" Questa è l'unica domanda che si continua a porre la giovane una settimana dopo che la cosa è scomparsa.
Nonostante si fosse già risposta quel giorno nella foresta non era sicura di aver intuito la giusta ragione.
- Credevo fosse per farmi soffrire, sapendo che la mia famiglia è stata massacrata, sentendo che dagli altri non viene che compassione, che nessuno mi vedrà più per ciò ch sono, ma solo per la sopravvissuta alla strage.. sapendo che sono sola. Chiunque si sentirebbe distrutto nel vivere così. Che sia questo il suo obbiettivo? Farmi sentire sola, persa? Ma a che pro? Nessun mostro può pensare davvero che questa sia la cosa peggiore. Oppure vuole che viva nel terrore perchè, alla fine, veda in lui il salvatore? Di sicuro non è una belva senza controllo, che stia giocando con me come fanno i gatti con gli uccellini che intrappolano prima del colpo di grazia?-

La ragazza si alzò dal tavolo della cucina di Claudia, la miglior amica di sua madre. Uscì sulla veranda e si sedette sulla sedia a dondolo, come faceva sua nonna, tutte le volte che l' andava a trovare. Sua nonna, che adorava ascoltarla mentre la nipote le raccontava tutto con una gioia immensa. Sua nonna che la conosceva meglio di chiunque altro e che una malattia se l'era portata via quando lei aveva solo 6 anni.Eppure se la ricordava così bene.
Il suo sguardo era perso nei pensieri, stava guardando dentro di se, ma a nessuno nel paese piaceva.
Ogni giorno Claudia ci metteva l'anima per farla uscire da quello stato, ma era tutto inutile, come se per Monica scoprire i pensieri della belva fosse più importante di mangiare.

-Ma io.. non ho paura.. semplicemente, non sento nulla, come se stessi fluttuando nel vuoto. Tutto questo non ha senso.-
Sempre facendo scricchiolare la sedia a dondolo Monica alzò lo sguardo al cielo azzurro e limpido perdendosi nel vedere le forme che il vento donava alle nuvole bianche tornando, ancora una volta, al quel giorno.

.....

Eccolo, il centro del bosco dove si era avventurata per raccogliere le more che tanto piacevano al suo fratellino. Già sorrideva nell'immaginare il sorriso pieno di golosa gioia che le avrebbe rivolto nel vedere la crostata di more sul tavolo.
" Bene, al lavoro!" Disse allega tirando su le maniche della camicia per evitare di rovinarla nel cespuglio.
Passò un'ora tra graffi ed innocenti imprecazioni, il cesto di vimini era abbastanza pieno per due crostte di more secondo la ricetta della nonna.
La giovane si alzò, trovandosi immersa in uno strano silenzio che fino ad allora non aeva notato. Improvvisamente a disagio sentì una gocciolina di sudore che le calava dalla fronte e che si tolse con un po' di fastidio. Con il respiro affannoso si guardò in torno sperando che quello fosse solo un attacco di fifa, ma il silenzio no cessò e lei si sentiva sempre più a disagio.
- Ok, calmi. Stare qui è inutile, andiamo.- Un'altro veloce sguardo dietro di sè - Cavolo gambe, volete muovervi?Dai, su!- Una volta concentrata a dovere la ragazza riuscì ad uscire dalla acchia di cespugli di more e ad imboccare il sentiero.incamminandosi verso casa.
Ma quel nervosismo non la lasciava.
Erano passati pochi minuti che Monica sentì un tonfo alle sue spalle, subito girò la testa ma non vedendo nulla pensò si trattasse di un ramo caduto da una grande altezza.
" Dopotutto sono in un bosco, è normale sentire rumori. Haha. Che sciocca." Con quelle parole si fece coraggio e cominciò a camminare con passo deciso e calmo.
Ad ogni scricchiolio di legnetti e foglie era sempre più agitata, un paio di volte si volse indietro, ma non vide mai nessuno, mai nulla.
- Ok Monica, ora stai esagerando! Sarà un qualsiasi animale, chessò..una volpe! Non vorrai mica scappare vi urlando da una piccola volpe, vero?- Sarebbe bastato un semplice ciao  perchè la ragazza si mettesse ad urlare, ma ciò che udì fu molto più minaccioso. Un basso e lungo ringhio di avviso, quasi una presa in giro, che le fece accaponare la pelle, ma che non impedì alla sua curiosità di farla voltare per vederlo.

Aveva il manto nero come l'ebano e due occhi carichi di sentimenti come ira, superiorità e sadismo. La loro crudeltà faceva sembrare che gli occhi saettassero ed aumentava l'effetto mostruoso; come se non bastassero la stazza immensa, gli arti i cui muscoli si vedevano anche sotto la folta pelliccia e le fauci che davano l'impressione di poter spezzare il tronco di un pino vecchio vent'anni.

Monica aveva ben chiaro cosa fare, ma il problema era come farlo. Lentamente e con gli occhi pieni di terrore afferrò il cestino con due mani e lo lanciò contro il muso della bestia, nel tentativo di distrarla, mentre iniziò la sua folle corsa.
Il suo gesto sconcentrò il suo aggressore che per un attimo smise di ringhiare osservando il cestino, ma mentre lo distruggeva con una zampata la sua ira salì, prima di lanciarsi all'inseguimento della giovane latrò con una forza tale da far sembrare il laratro un colpo di cannone.
Questo spinse la ragazza a correre ancora di più.
-Ma che razza di bestia è questa?- L'ultima domanda che si pose la ragazza prima di affidarsi unicamente al suo istinto per riuscire a salvarsi.

Il suo respiro affannoso, la mente bloccata, il corpo che agiva da solo.. sebbene ora fosse al sicuro ( si fa per dire) sul portico della casa di Claudia, sentiva ancora quell'orribile senso di oppressione su tutto il corpo. Da un po' d tempo ormai aveva abbassato lo sguardo e cessato di dondolarsi. Poi, mentre le ritornò la consapevolezza che il mostro l'aveva lasciata a quel ponte il suo cuore si calmò e, sbattendo le palpebre si ridestò dallo stato di trance in cui era caduta ormai un'ora prima. Non si era accorta che fosse passato così tanto tempo.
Per staccarsi del tutto da quelle sensazioni ascoltò con il corpo e la mente la vita del paese.
Poi, con un piccolo sorriso senza alcuna gioia, ricominciò a dondolarsi con ritmo cadenzato ripensando alle sensazioni sul ponte e capì che la bestia non la inseguiva da tempo, era andata dai suoi parenti molti sentieri prima. Si chiese se oltre all'aspetto crudele e alla forza mostruosa non possedesse anche capacità telecinetiche, aveva visto le immagini della propria casa e di oloro che amava prima di riuscire a smettere di pensare. Che fosse stata colpa sua se erano stati fatti a pezzi? Solo a quel punto ammise che esistevano davvero. I Licantropi erano tra di loro.

-Chissà cosa si è inventato per me ora che sa che la solitudine non mi pesa ed il terrore di rivederlo non mi attanaglia le viscere.-
Poi uno scintillio di comprensione le attraversò gli occhi.
E, lentamente, sorrise soddisfatta.
"So chi sei."
Il suo sussurro si perse nel vento che lo portò fino al bosco e, Monica ne era certa, un ringhio basso e cupo si levò in risposta alla sua sfida facendole scappare una risata fresca e falsamente innocente.
Risata che lasciò perplessa una donna che l'osservava dal momento in cui si sedette sulla sedia.
Nell'udirla sperò che ormai si sentisse al sicuro.... ma, anche quella, era solo una menzogna.

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