La bambina di carta

di Ray Wings
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Aria ***
Capitolo 2: *** Sorella ***
Capitolo 3: *** Casa ***
Capitolo 4: *** Condanna ***
Capitolo 5: *** Classe S ***
Capitolo 6: *** Addestramento ***
Capitolo 7: *** Un posto per te ***
Capitolo 8: *** La bambina di carta ***
Capitolo 9: *** Ragione di vita ***
Capitolo 10: *** Un posto per me ***
Capitolo 11: *** Raijinshuu ***
Capitolo 12: *** Wendy Marvell ***
Capitolo 13: *** Oracion Seis ***
Capitolo 14: *** Marionetta dagli occhi vuoti ***
Capitolo 15: *** Magia Creazionale ***
Capitolo 16: *** Lacryma di Dragon Slayer ***
Capitolo 17: *** Occupati di... loro ***
Capitolo 18: *** Compagni ***
Capitolo 19: *** Tornare ***
Capitolo 20: *** Porgere la mano ***
Capitolo 21: *** Pricchan ***
Capitolo 22: *** Io vengo da Earthland ***
Capitolo 23: *** Fairy Tail ***
Capitolo 24: *** Il ritorno del Principe ***
Capitolo 25: *** Cerimonia di addio ***
Capitolo 26: *** Sono a casa ***
Capitolo 27: *** Fratello ***
Capitolo 28: *** Esame ***
Capitolo 29: *** Prima prova ***
Capitolo 30: *** Inutile ***
Capitolo 31: *** Io credo in Fairy Tail ***
Capitolo 32: *** Qualcuno ci aiuti ***
Capitolo 33: *** Fino alla fine del temporale ***
Capitolo 34: *** Bentornato Laxus ***
Capitolo 35: *** Me l'hai insegnato tu ***
Capitolo 36: *** 7 anni ***
Capitolo 37: *** La ragazza che aspettava ***
Capitolo 38: *** Io... voglio... ***
Capitolo 39: *** L'hai picchiato? ***
Capitolo 40: *** Parfum ***
Capitolo 41: *** Sii forte ***
Capitolo 42: *** Tre mesi ***
Capitolo 43: *** Sky Labyrinth ***
Capitolo 44: *** Raven Tail ***
Capitolo 45: *** Voce ***
Capitolo 46: *** Ombra dalle dita fameliche ***
Capitolo 47: *** L'ultimo desiderio ***
Capitolo 48: *** Io sono qui ***
Capitolo 49: *** Io ti libererò ***
Capitolo 50: *** Cappotto ***
Capitolo 51: *** Fairy Shot ***
Capitolo 52: *** Perché non muori?! ***
Capitolo 53: *** Amiche ***
Capitolo 54: *** Lotta tra draghi ***
Capitolo 55: *** Parco acquatico ***
Capitolo 56: *** Assi nella manica ***
Capitolo 57: *** Diecimila draghi ***
Capitolo 58: *** Sette draghi ***
Capitolo 59: *** Nirvana ***
Capitolo 60: *** Ballo ***
Capitolo 61: *** Ritorno a Magnolia ***
Capitolo 62: *** Storie di dolci ***
Capitolo 63: *** La città dei fulmini ***
Capitolo 64: *** Olympos ***
Capitolo 65: *** Zeus ***
Capitolo 66: *** Banchetto ***
Capitolo 67: *** Piano ***
Capitolo 68: *** Cos'è una Pricchan? ***
Capitolo 69: *** Dissolvenza ***



Capitolo 1
*** Aria ***


Aria




Erano tornati dall'isola Galuna appena il giorno prima e per loro fortuna Makarov ancora non era rientrato dai suoi impegni, salvandoli almeno per altre ventiquattro ore dalla terribile punizione che li aspettava per aver intrapreso una missione di classe S senza permesso. Lucy, tesa, sedeva in un angolo e fissava la porta come se da un momento a un altro fosse potuto entrare un terribile mostro. Nessuno le aveva voluto dire in cosa consisteva quella terrificante punizione e il non sapere la torturava più di ogni cosa. Al contrario suo, Natsu e Gray sembravano non curarsene ed erano tornati quelli di sempre. Natsu sostava di fronte alla bacheca delle richieste, contemplando e bramando una nuova avventura. Gray sedeva pigramente a un tavolo, senza vestiti, rilassato, con un boccale tra le mani. Cana, seduta allo stesso tavolo, posò su di esso il barile che aveva appena finito di tracannare e lanciò uno sguardo al ragazzo, prima di rivelargli col solito tono pigro e ormai rassegnato: «Gray, i vestiti». Il ragazzo parve accorgersene solo in quel momento e lanciò un urlo sorpreso, ma questo non lo convinse a coprirsi. Levy era seduta a un altro tavolo, occhiali sul naso, volto allegro, leggeva uno dei suoi tanti libri mentre Jet e Droy sedevano al suo fianco e la guardavano senza fiatare, per non disturbarla. L'amore che provavano verso la loro compagna era assolutamente palese, ma per loro sfortuna Levy non vedeva nessuno dei due con occhi diversi da quelli dell'amicizia. Alzack e Bisca bevevano l'uno a fianco all'altra, rossi in volto, incapaci di rivelarsi ciò che veramente provavano per entrambi si nascondevano dietro un velo di quotidianità, aspettando chissà quale momento propizio. Mirajane serviva da bere al bancone del bar, Elfman urlava e sbraitava qualcosa sull'essere un uomo, Reedus lo dipingeva con enfasi e infine Macao e Wakaba guardavano il resto della gilda e cominciarono a parlare di quando i giovani erano loro. I bei tempi andati. Tutto nella norma, forse anche troppo per essere la gilda Fairy Tail, ma era un giorno sereno e felice.

Fino a quando l'aria non sembrò improvvisamente farsi più cupa. Qualcosa cambiò, un odore forse, o semplicemente la delicatezza degli spifferi che entravano dalle finestre. La gola di Lucy si chiuse ancora di più, leggendo in questi improvvisi segnali l'imminenza di un pericolo. L'oscurità cominciò a possederla, tremava, lo stomaco le doleva, la testa si faceva sempre più leggera e confusa. Nessuno parve notare quel cambiamento, tutto era spaventosamente normale, ma lei lo sentiva. Era giunta la sua ora.
La porta si spalancò con un tonfo. Sobbalzò e mugolò di terrore, puntando gli occhi ormai vacui all'ingresso. Erza aveva appena messo piede dentro la gilda, uno strano sguardo torvo sul viso, la determinazione dei suoi occhi comunicavano una sola cosa.
«Sta tornando» annunciò semplicemente, prima entrare del tutto, lasciando andare la porta alle sue spalle.
Un brivido percorse la schiena di Lucy e riuscì solo a sibilare, in preda al terrore, «Il master è qui!». Era giunta dunque l'ora di quell'orribile e tremenda punizione, in un giorno tanto sereno come quello. Perché mai si era lasciata coinvolgere in quell'assurda idea di Natsu? Perché mai si lasciava sempre coinvolgere in tutte le idee di Natsu, che paradossalmente erano sempre assurde? Con la mente annebbiata e l'umore ormai distrutto cominciò a passare in rassegna tutte le ipotesi che da lì a pochi minuti sarebbero potute diventare realtà: cosa l'aspettava? La reclusione? L'umiliazione? Tremende fatiche? Missioni impossibili? L'espulsione dalla gilda? Gli sculaccioni? Un'immagine le invase la mente, l'enorme mano di Makarov ingrossata all'inverosimile dal suo incredibile potere che la colpiva con una forza tale da spedirla in orbita.
La porta si spalancò nuovamente e una voce squillante annunciò con un'incredibile allegria: «Sono a casa!».
«Non voglio!!!» urlò Lucy ormai in preda al panico, lanciandosi verso l'uscita, pronta a scappare anche per giorni se fosse stato necessario. Ma la paura le aveva giocato un brutto scherzo e certo non aveva pensato che finché sulla soglia stanziava chi era appena entrato, lei non poteva uscire senza urtarlo e travolgerlo. Si accorse solo troppo tardi che chi aveva appena salutato per il suo ritorno non era il master Makarov, ma una ragazza dai capelli corvini che mai aveva visto prima di allora. Urlò ancora, forse ancora travolta dalla paura o forse terrorizzata dal fatto che stesse per scontrarsi contro una perfetta sconosciuta. La ragazza si voltò a guardare chi le stesse letteralmente volando addosso, sbarrò gli occhi e urlò di rimando, altrettanta terrorizzata da quell'improvvisa aggressione. Si guardarono per quei pochi istanti che precedette l'impatto, spaventandosi a vicenda, fino a quando una forza misteriosa non prese Lucy per i piedi e non la scaraventò via, dall'altra parte della sala, evitandole così di scontrarsi con la sconosciuta. A salvarla da una terribile caduta fu proprio Natsu, fermo ancora davanti alla bacheca degli incarichi, che sventuratamente si trovò proprio sulla sua traiettoria. Lucy gli cadde addosso, non senza prima aver colpito nel volo qualche testa qua e là. Un vociare si alzò improvvisamente, furibondo, ognuno rivolto al proprio vicino.
«Ohy! Perché mi hai colpito?»
«Sei stato tu, l'ho visto!»
«Come hai osato?!»
«Adesso ti concio per le feste!»
E in pochi secondi ognuno di loro rivolse a chiunque si trovasse nelle proprie vicinanze calci e pugni, senza distinguere chi e perché. Natsu si alzò di colpo, facendo cadere Lucy al proprio fianco, come se neanche l'avesse notata. Guardò i suoi compagni di gilda impegnati a darsi alle mani e gridò entusiasta: «Una rissa! Arrivo!»
«Vai, Natsu!» lo incoraggiò Happy.
Il caos coinvolse in pochi secondi ogni membro della gilda, tranne la povera e ormai rassegnata Mirajane che cercava di portare un vassoio con dei bicchieri vuoti al banco per pulirli. Persino Erza si ritrovò coinvolta nello scontro, furibonda per la confusione, convinta di poter calmare tutti a suon di pugni.
Mira passò davanti all'ingresso, dove ancora immobile, sorpresa e sconvolta per l'accoglienza, c'era la ragazza che per poco non era stata vittima dell'assalto di Lucy. Le sorrise, con la sua solita disinvoltura, ignorando i feriti che cadevano a terra alle sue spalle.
«Bentornata, Priscilla!» salutò.
La ragazza parve risvegliarsi dalla sorpresa che l'aveva paralizzata fino ad allora e allargò un enorme sorriso, prima di salutare con euforia: «Ciao Mira-chan! Cosa c'è da mangiare?»
«Sei appena tornata e già pensi a mangiare?» rise Mira, divertita da quella che sembrava essere un'abitudine, o forse un vizio, della ragazza.
«Proprio perché sono appena tornata penso subito a mangiare» mormorò lei, incassando la testa nelle spalle e arrossendo di vergogna. «È stato lungo il viaggio, ho una fame incredibile!»
«Vieni, ti preparo subito qualcosa» ridacchiò ancora Mira e Priscilla tornò a illuminarsi, rispondendo: «Grazie!»
«Priscilla!» la roca voce di Natsu la raggiunse con tale forza da far tremare le pareti. La ragazza sobbalzò dalla paura e si voltò appena in tempo per vederlo correre verso di lei con uno sguardo allucinato. «Combatti contro di me!» sbraitò, caricando il pugno che avrebbe sferrato contro di lei in pochi istanti.
Priscilla urlò terrorizzata e alzò le mani davanti a sé, in un istintivo gesto di protezione. Chiuse gli occhi, spaventata dall'impatto che sarebbe avvenuto da lì a poco, e indietreggiò appena con le spalle. Natsu non la raggiunse mai, ma qualcosa di invisibile lo sbalzò via, facendolo volare violentemente dall'altra parte della gilda. Raggiunse con una tale velocità la bacheca degli incarichi che la sfondò con la testa, restando incastrato al suo interno. Il corpo da un lato e la testa dall'altro, ormai privo di sensi per il violento impatto. Lucy, ancora stesa a terra lì vicino, lo guardò terrorizzata e rabbrividì nel notare quanto facilmente fosse stato messo al tappeto.
«Natsu!» sussultò Priscilla, terrorizzata per quanto avesse appena fatto. Sollevò i piedi da terra, galleggiando in aria, e volò rapidamente a fianco dell'amico svenuto. Lucy la guardò sorpresa e cominciò a intuire cosa fosse appena accaduto.
"Sa volare" osservò mentre Priscilla afferrava i piedi di Natsu e cominciava a tirare dalla sua parte per disincastrare il ragazzo da dentro la bacheca.
«Mi dispiace!» balbettava costernata nel mentre. «Perché mi hai attaccata in quel modo? Mi hai spaventata, scemo!» lo accusò, continuando a tirare invano.
«Natsu!» digrignò i denti, tirando ancora più forte.
«Ti aiuto io!» annunciò Happy, volando al suo fianco e afferrando Natsu per i vestiti. Priscilla si illuminò nuovamente nel vedere il gattino blu ed esclamò con euforia: «Happy!»
«Aye!» rispose Happy, altrettanto allegro.
"La conoscono tutti" rifletté Lucy. "È un membro di Fairy Tail?" si chiese, cercando sul corpo della ragazza il simbolo che contrassegnava l'appartenenza alla gilda. I capelli a caschetto, neri, con solo due sottili treccine che partivano dalla nuca e scendevano giù fino al seno, lasciavano scoperto il collo ma il simbolo non si trovava lì. Era vestita in maniera particolare, decisamente curioso, con ampie porzioni di pelle scoperte. La maglia, sicuramente di un materiale sintetico, simile alla pelle ma decisamente più morbida, ben aderente, aveva una sola manica lungo il braccio sinistro. Il braccio destro era nudo e sulla mano, sono su quella, portava un guanto nero anch'esso, dalle dita tagliate. Sul ventre la maglia si apriva ad arco, partendo dai fianchi fin sotto al seno, disegnando con i bordi una serie di piccoli ghirigori. Ma anche lì, nessun segno del simbolo della gilda.
I pantaloni arrivavano appena sotto le ginocchia e in vita aveva una serie di catenine e cinture in metallo che dondolavano ad ogni suo movimento, appoggiandosi sui fianchi, circondandoglieli con delicatezza. Ai piedi aveva semplici sandali aperti, con delle cinghie che le chiudevano le caviglie, ma anche su tutta quella porzione di pelle non c'era nessun segno. La pelle era perfettamente candida, curata, senza nessun segno, contrastava molto con i suoi capelli e con l'abbigliamento interamente nero. L'unico cenno di colore erano i suoi occhi azzurri.
Priscilla e Happy dopo una serie di tentativi riuscirono a tirar fuori la testa di Natsu da dentro la bacheca anche se la forza che utilizzarono fu tale da scaraventare l'amico alle loro spalle non appena fu libero. Natsu roteò per aria, sotto gli occhi spaventati di Priscilla, fino a che non atterrò addosso a Wakaba e Macao, ponendo con quel terribile schianto la fine della loro lite. Il resto della gilda a poco a poco cessò i combattimenti, per guardare i tre a terra, ormai privi di coscienza. Non ci fu bisogno di nessuna dichiarazione di pace, semplicemente la rissa terminò come era iniziata, e tutti tornarono alla loro quotidianità. Happy volò verso Natsu e lo afferrò per i vestiti, sollevandolo da sopra Macao e portandolo sopra una panchina per farlo riprendere. Elfman e Jet fecero lo stesso con Macao e Wakaba, anche loro fuori combattimento. Priscilla continuò a galleggiare per aria e sollevando le gambe le incrociò, come se si fosse messa a sedere. Guardò i membri della gilda che piano piano tornavano alla loro normalità, infine si voltò verso Lucy, ancora a terra. La guardò qualche secondo, studiandola, e questo mise Lucy un po' in imbarazzo. Ma poi Priscilla allargò un altro di quegli enormi sorrisi che parevano illuminarla e stringendosi nelle spalle disse: «Tu devi essere Lucy!»
Il suo ingresso era stato sicuramente turbolento, non era certo il miglior modo di fare una presentazione e una nuova amicizia, ma forse proprio per quello Lucy sentì da subito una forte simpatia nei confronti di quella ragazza volante.
«Sì, piacere» disse, alzandosi. «E tu ti chiami Priscilla, vero?»
La ragazza annuì, prima di assumere un'improvvisa posizione da Buddha e un'aria solenne. «Sono la Dea dell'aria e il vento mi ha portato notizia del tuo arrivo e del tuo nome, perciò io conosco già la tua venuta» disse con una certa importanza.
«Eh?» sobbalzò Lucy, sconvolta da quell'improvviso cambiamento d'atteggiamento, ma Mirajane intervenne a rompere ogni sorta di incantesimo, rivelando invece: «Le ho parlato io di te, durante una chiamata con la Lacrima di comunicazione».
«Mira-chan!» sbuffò Priscilla. «Perché le hai detto la verità, volevo essere la sua Dea per un po'!»
«Non avrebbe retto per molto» ridacchiò Mira.
«Ma per un po' sì. Mi hai tolto tutto il divertimento» borbottò come una bambina, incassando nuovamente la testa nelle spalle. Mira rise divertita, prima di posare sul banco un piatto ricolmo di carne, patate e un tozzo di pane. L'espressione di Priscilla mutò nuovamente, tornando a illuminarsi, e come un razzo volò verso di esso afferrando il primo cosciotto di carne. Non si mise sulla sedia, ma rimase sollevata per aria, ancora a gambe incrociate, cosa che stupì molto Lucy. Quanta magia sprecava, in quel modo?
Nonostante il corpo minuto e l'apparenza, Priscilla cominciò a mangiare con la grazia di un animale a cui era stato negato cibo per settimane, perdendo così all'improvviso tutta la sua femminilità.
«Ecco» mormorò Lucy, sedendosi al suo fianco, curiosa di saperne di più.
«Sei un membro di Fairy Tail... giusto?» chiese, guardando Priscilla che cercava di infilarsi in bocca più cose di quante questa riuscisse a contenerne.
Priscilla annuì, prima di biascicare: «Da quando ero piccola». Ingoiò un boccone esagerato, rischiando quasi di strozzarsi, ma questo non parve disturbarla. Tornò a sorridere incredibilmente e sventolando la mano davanti alla faccia ammise divertita: «Ma non sono un granché come maga, a dire il vero».
«Priscilla, non dire così» disse Mira, rattristata dalla confessione della ragazza. «Basterebbe che tu ci mettessi un po' più di impegno, lo sai».
«Mira-chan, cerchi sempre di consolarmi» sospirò lei. «Ma non ce n'è bisogno. La cosa non mi disturba, davvero» ammise verso Lucy.
«Natsu però ti voleva sfidare, non penso che sia della stessa idea» mormorò lei, ricordando l'enfasi con cui Natsu le si era scagliato contro.
«Natsu vuole sempre combattere contro tutti ed è solo frustrato dal fatto che non è mai riuscito ad avvicinarsi a me, ma questo non lo rende meno forte, solo più stupido. E io preferisco evitare il confronto aperto con lui, mi ridurrebbe in cenere!» confessò. Afferrò il piatto vuoto e lo allungò in avanti, esclamando famelica: «Mira-chan, ancora!»
«Sono l'unica con cui non è ancora riuscito a tirare due pugni, lo evito sempre, mi detesta per questo» aggiunse poi, non appena Mira le passò un altro piatto stracolmo.
«Ci vuole grande capacità anche nell'evitarlo, però» ridacchiò Lucy, pensando all'insistenza e alla furia di Natsu quando si trattava di menar pugni.
«Per me è facile» spiegò Priscilla, tornando ad ingozzarsi. «La mia magia è quella dell'aria, posso gestirla a mio piacimento» e con la punta del dito, come dimostrazione, creò un micro vortice d'aria alto appena cinque centimetri che le turbinava sul polpastrello. Lucy lo guardò sorpresa e ammirata.
«Una folata di vento e lo lancio via. È lo stesso che ho fatto con te. A proposito!» si ricordò improvvisamente. Le prese le mani e chinò la testa in segno di costernazione. «Scusami tanto! Non volevo! Mi hai spaventata a morte quando mi hai assalita, non volevo farti del male!» mugolò.
«Non preoccuparti! È colpa mia che ti sono corsa incontro a quel modo» mormorò Lucy, pregando che non le chiedesse perché mai stesse correndo fuori dalla gilda urlando in quel modo. Sarebbe stato imbarazzante.
«Priscilla!» il ruggito di Natsu alle sue spalle, appena sveglio, la colse così alla sprovvista che Priscilla urlò ancora, spaventata, e lanciò per aria il cibo che stava mangiando. Natsu le corse incontro, pronto per riprovarci, e Priscilla si voltò di colpo, a braccio teso, roteando su se stessa.
«Piantala Natsu! Mi farai morire d'infarto prima o poi!» gridò, mentre un'altra folata di vento colpiva il ragazzo e lo scaraventava di nuovo contro il muro.
«Insomma, Natsu! Non è carino prendersela con chi è più debole di te!» lo rimproverò Lucy, pronta a prendere le redini di quel ragazzo che ogni tanto sembrava un vero e proprio selvaggio. Natsu si rialzò in piedi e sbraitò, scalciando e menando pugni al vento: «Prima o poi riuscirò a batterla!»
«Non abbiamo mai combattuto, a dire il vero» mormorò Priscilla, rassegnata.
«Gray!» gridò Natsu, avvicinandosi al moro. «Sono arrabbiato! Affrontami!»
«Natsu, scemo! Che c'entro io!» ringhiò Gray, irritato per essere stato interpellato in quel modo.
«Come sarebbe a dire "che c'entro io?"» chiese Natsu, piantandosi fronte contro fronte con quella di Gray.
«Idiota! Vuoi rogne?» ringhiò ancora Gray e quello fu il segnale che avrebbe nuovamente dato il via alla lite, nonostante una rissa fosse appena terminata.
«Adesso basta!» ordinò Erza, intervenendo a pugni serrati contro entrambi i ragazzi e stendendoli senza troppo impegno. Priscilla scoppiò a ridere talmente forte che le vennero le lacrime agli occhi. Sgambettava per aria, ancora galleggiante, e si teneva la pancia con una mano, ridendo in maniera sganasciata. Lucy non conosceva molto di lei, nonostante avesse studiato molto la storia e le origini di Fairy Tail, effettivamente non aveva sentito molte cose su quella ragazza anche se ricordava di aver letto qualche volta quel nome su qualche rivista. Probabilmente proprio perché, anche se era lì da molti anni, non era una delle più forti e non aveva mai portato a termine missioni degne di una notizia o un trafiletto su un giornale. Ciò nonostante, il suo modo di fare bastava a renderla un membro a tutti gli effetti di quella gilda di matti. Persino quel suo modo di ridere delle botte che Erza sferrava contro i suoi compagni era rumoroso e confusionario tale che chiunque avrebbe potuto riconoscerla come membro della gilda, anche senza che potessero vedere il simbolo sulla sua pelle. Incredibilmente, le era già molto simpatica.



NDA.


Ciao a tutti, piacere! Sono Ray, colei che inventa nuovi pg XD (se date uno sguardo alla mia pagina vedrete che ce l’ho di vizio). Per questo motivo vengo spesso amata/odiata, a seconda delle ship che rovino o creo con il loro ingresso. Non mi aspetto grandi approvazioni, per questo motivo, ma se deciderete di darmi una chance ve ne sarò eternamente grata.
Come potete vedere questo primo capitolo è puramente introduttivo e serve solo a Priscilla per venire al mondo, fare una bella sfilata sculettante di fronte al pubblico, e tornare dietro al sipario. La vera storia inizierà tutta dal prossimo capitolo e durerà… per un po’. L’arco narrativo parte, come avrete capito, dal ritorno di Lucy and Friends dall’isola Galuna/Garuna e proseguirà praticamente fino in fondo. Qualche informazione di servizio a proposito:
-Inizialmente avevo pensato di seguire l’anime, ma poi ho cambiato idea e ho iniziato a seguire le vicende del manga, perciò alcune saghe o eventi non saranno presenti.
-Priscilla non prenderà parte proprio a tutte tutte le vicende di Lucy and Friends, il punto di vista è sicuramente il suo perciò ci saranno volte in cui il focus abbandonerà i nostri amici per concentrarsi sulle sue personali (dis)avventure.
-I NOMI! Esatto, questo punto merita il Caps Lock. Mi sono disperata, come succede SEMPRE con un manga, nel capire quali siano i reali nomi di alcuni personaggi. Gerard/Jellal, Ultear/Uruttia, Laxus/Luxus, Charle/Carla, Gajeel/Gazille… aiuto! Perciò alla fine ho semplicemente scelto quelli a cui ero più abituata/mi piacevano di più, facendo un gran minestrone. Non so dire se abbia fatto bene o male, dico solo non giudicatemi e accettateli per quelli che sono xD
-Qualche info sulle ship, visto che vi piacciono tanto (pure a me, non mentiamo): amo le ships “originali” e quelle ho mantenuto, enfatizzandone alcune. Perciò, sì, troverete in abbondanza: Natsu-Lucy, Gerard-Erza, Levy-Gajeel e Gray-Lluvia. Non troverete Laxus-Mirajane o Bickslow-Lisanna (tanto meno le Yaoi come Gray-Leon, anche se ho mantenuto la presunta omosessualità di Fried), ma potrete trovare invece una Elfman-Evergreen (perché quei due sono la meraviglia assoluta). E boh… non me ne vengono in mente altre, però diciamo che a parte qualche piccolo no ad un paio di ships le altre sono tutte presenti.
-Non sono brava con le introduzioni, ho provato a improvvisare qualcosa ma è facilissimo che la cambierò almeno una volta a settimana fino a quando non mi stuferò. Perciò non spaventatevi xD
-Ho cominciato da poco a leggere il manga, ho principalmente seguito l’anime che è ancora in corso (sono in pari). Perciò non so ancora come finisce Fairy Tail e se ci sono misteri misteriosi che si scoprono dopo, perciò per chi già conosce tutta la storia fino alla fine chiedo perdono ma può esserci rischio di qualche incongruenza/errore.


Sono disponibilissima a qualsiasi tipo di commento, che siano positivi, negativi, interrogativi (?), anche quelli di tre semplici parole (“Mi fa cagare”). Va bene tutto, io sono felice anche solo se vedo il numero delle visual aumentare, perciò non fatevi problemi se pensate “non so che dirle” potete anche solo scrivermi “Ciao, non so che dirti” e sparire e io son contenta lo stesso xD
Penso di aver detto tutto quello che dovevo perciò vi mando un saluto. Se avete qualche curiosità o domanda, scrivetemi pure un commento o in mp! <3
Peace and Love <3


Ray





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Capitolo 2
*** Sorella ***


Sorella




Priscilla sospirò soddisfatta, accasciandosi sul bancone con un sorriso sul volto. «Ora sono sazia» comunicò, volgendo le spalle a una montagna di piatti vuoti. «Quanto hai mangiato?» strillò Jet, guardando terrorizzato i piatti.
«Almeno c'è rimasto qualcosa per noi?» chiese Macao, sulla scia del compagno.
«Un vero uomo ha bisogno di mangiare molto per recuperare le forze!» gridò Elfman, guardando con orgoglio la ragazza che ora pareva appisolata sul bancone.
«Ohi, ohi» sospirò Mira. «Temo che domani mattina dovrò uscire presto per fare la spesa».
«Ohi, tu!» ringhiò Gray, avvicinandosi a Priscilla. «Potresti almeno proporti per accompagnarla e aiutarla, visto che è colpa tua!»
In tutta risposta Gray ricevette una russata più forte delle altre, a comunicargli che in realtà ora Priscilla dormiva di gusto e certo non l'aveva sentito.
«Dorme!» spiegò con allegria Happy, come se non fosse già palese a tutti.
«Con questo fracasso, riesce a dormire?» chiese Lucy, sconvolta.
«Deve essere proprio stanca» osservò con ingenuità Mirajane, cominciando a raccogliere le stoviglie sporche per rimettere in ordine. «È stata via a lungo e Mistgun non è mai semplice da seguire nelle missioni che sceglie».
«Mistgun?» chiese Lucy, mentre Levy si avvicinava alla ragazza russante. «Mira-san, la riportiamo noi al dormitorio» comunicò, mentre Jet si caricava Priscilla sulle spalle. «È più leggera di quanto ricordassi» osservò lui.
«Considerato quanto ha mangiato, credo che abbia digiunato per un po'» rispose Levy, camminandogli a fianco.
«Priscilla che digiuna!» scoppiò a ridere Droy, non credendo per niente alle parole della compagna. Se c'era una cosa che Priscilla non sapeva fare era non mangiare per più di qualche minuto. In qualsiasi istante la si poteva trovare con qualcosa in bocca: un panino, una pagnotta, delle patate. Il più delle volte, però, erano dolci. La frutta caramellata era sicuramente la sua preferita, forse anche perché la più longeva e poteva sgranocchiare a lungo senza dover poi correre alla ricerca di qualcos'altro.
«Proprio ieri ho visto delle splendide fragole dal fruttivendolo!» si ricordò Mirajane, rallegrandosi. «Ne prenderò un po'. Priscilla ne sarà contenta».
«Mira-san! Allora noi andiamo!» salutò Levy dalla porta e la ragazza non esitò a risponderle con un radioso sorriso. «Fate attenzione per strada!»
«Anche oggi mi ha battuto, lei!» esordì Natsu, sedendosi nervoso di fianco a Lucy.
«A me pare che invece ti abbia evitato solamente» osservò lei, non capendo come lui potesse considerare la reazione di Priscilla quella di una che ha combattuto e vinto. Natsu urlò rabbioso, sgambettando dal nervoso e infine si alzò in piedi.
«Andiamo Happy!»
«Aye!» rispose allegro il gatto. A passi pesanti Natsu si avviò verso l'uscita, intenzionato sicuramente a tornare a casa vista la tarda ora. Poi si ricordò di qualcosa di importante e si voltò verso Lucy, dicendole: «Ho trovato una missione perfetta per noi, Lucy! Partiamo domani mattina!»
«E quando avevi intenzione di chiedermelo?» ringhiò lei, furibonda del fatto che ancora una volta lui avesse preso l'iniziativa, coinvolgendola senza chiederle il parere. Natsu la ignorò e uscì da Fairy Tail, facendosi sentire con quella sua squillante voce per i successivi venti metri. Lucy sospirò, ormai era ben consapevole che mai sarebbe riuscita a salvarsi da quel modo di fare del ragazzo, ma sotto sotto non le dispiaceva nemmeno troppo.
«Bene» annunciò, alzandosi in piedi. «È meglio che vada a casa a riposare, allora» e con un gran sorriso uscì dalla gilda, insieme a Plue che tremolante non smetteva un attimo di andarle dietro con allegria.


La mattina dopo, armata di valigia, pronta per partire, Lucy fece il suo ingresso nella gilda. Lì si sarebbe incontrata con Natsu e sicuramente si sarebbero uniti anche Erza e Gray.
L'appuntamento era per le nove, ma l'entusiasmo per un nuovo lavoro era tale che Lucy arrivò alla gilda almeno mezz'ora prima. Gray e Natsu erano già dentro, ad aspettarla, anche se impegnati a bisticciare tra loro. Erza ancora non si vedeva, ma sapeva che certo non avrebbe tardato. Ciò che non si sarebbe aspettata era invece la tensione che quella mattina pareva impregnare l'aria della gilda, di solito allegra e spensierata. Se non per Natsu e Gray, nessuno litigava e nessuno parlava troppo rumorosamente. C’era una strana quiete. Chiunque non conoscesse realmente i membri di Fairy Tail non avrebbe visto niente di strano, se non una locanda dove la gente beveva e mangiava tranquillamente, ma lei invece la conosceva bene. C'era troppa calma, tanto pesante da sembrare quasi angosciante. Persino Mirajane aveva un sorriso più spento del solito.
Priscilla, seduta a un tavolo non troppo distante dall'ingresso, alzò gli occhi dal piatto ricolmo che aveva davanti e si illuminò. Lei, diversamente dagli altri, non sembrava diversa da quella della sera prima.
«Lucy-chan!» salutò tanto euforicamente da sollevarsi nuovamente per aria e galleggiare nel vuoto. «Pronta a partire?»
Lucy annuì e cercò di rispondere alla sua allegria, ma non riuscì a liberarsi da quello strano senso di turbamento. «Io penso mi prenderò invece delle ferie... magari uno o due anni» ridacchiò sorniona.
«Anni?» sussultò sorpresa Lucy.
«Io penso invece dovresti cominciare a guardare la bacheca, Priscilla» cercò di riprenderla Mirajane, con la sua solita delicatezza quasi materna.
«Non ne ho voglia» ammise Priscilla con innocenza, ondeggiando per aria come una barca sul mare in tempesta. Quella semplice risposta spiegò a Lucy perché Mirajane la sera prima le avesse detto che le sarebbe bastato impegnarsi un po' di più. Aveva ammesso con candore che non era un granché ma certo non sembrava importarle molto, visto che voleva prendersi addirittura anni di ferie.
«Come pensi di pagarti da vivere se te ne stai ferma per anni?» le chiese Wakaba con lo stesso tono di rimprovero di Mirajane, ma un po' meno delicato, anche se permaneva in lui e in tutti quanti quella strana aria di tensione che li portava a tentennare persino in quelle quotidiani chiacchiere. Questo confermò a Lucy che c'era qualcosa di diverso quella mattina, qualcosa che li preoccupava sicuramente. Priscilla invece continuava a sembrare allegra e spensierata come la sera prima e con quell'innocenza da bambina si portò un dito al mento, pensierosa. Ebbe l'idea e si illuminò, battendosi un pugno sull'altra mano.
«Ruberò dei soldi!» annunciò.
Macao scattò in piedi a sentirla dire così e con gli occhi sbarrati le strillò contro: «Stai scherzando, vero?»
Priscilla scoppiò a ridere tanto forte che, nonostante l'angoscia che soffocava gli animi dei suoi compagni quella mattina, parve bastare lei con quella luminosità a dissiparne un po'. Era tanto coinvolgente che persino Lucy non riuscì a trattenere un sorriso divertito.
«Ti ho presa!» la voce di Natsu comparve improvvisamente alle spalle di Priscilla, felice di essere riuscito per quella volta ad avvicinarsi alla ragazza, e lei si voltò con lo sguardo sorpreso. Per la prima volta non riuscì ad avere i riflessi pronti abbastanza per difendersi. Per quanto sembrasse allegra e naturale, che anche lei fosse alla fine distratta da quella sensazione di pesantezza? Urlò spaventata ma non riuscì a schivare il pugno del compagno che la colpì in pieno. Galleggiante a mezz'aria com'era, si ritrovò a subire il colpo in maniera più turbolenta del normale, perdendo il controllo del suo volo. Roteò e volò fino a un pilastro, contro cui infine si schiantò.
«Natsu!» gridò Lucy, spaventata per quanto appena successo. Ma il ragazzo non parve subire l'effetto di quella sgridata ed esultò entusiasta e fiero per la sua vittoria.
«Ahi ahi» lamentò Priscilla, massaggiandosi la schiena dolorante per il colpo alla colonna. «Sapevo che se fosse riuscito a prendermi non ne sarei uscita intera» ridacchiò, sdrammatizzando.
«Priscilla, stai bene?» le chiese Lucy, avvicinandosi preoccupata.
«Almeno ora si metterà l'anima in pace, forse» le disse Levy, seduta al tavolo vicino. Priscilla alzò lo sguardo verso di lei, sorridendole in risposta, ma i suoi occhi, ora alti, cambiarono improvvisamente espressione. Persero per un istante tutta la loro allegria, divenne seria, con una lieve sfumatura sorpresa. Qualcosa aveva attirato la sua attenzione, ma durò solo qualche istante. Continuando a guardare in alto, non più verso Levy, ma oltre, rivolta al secondo piano della Gilda, sorrise allegra mentre si stringeva nelle spalle e chinava la testa da un lato. Era addirittura tenera, scaldava e veniva voglia di ricambiarla. Lucy, curiosa di sapere a chi avesse rivolto una simile attenzione, spostò gli occhi al secondo piano laddove anche lei stava guardando.
Laxus Dreyar era di spalle, appoggiato alla ringhiera a braccia conserte, ma nonostante la posizione aveva comunque la testa girata nella loro direzione e con la coda dell'occhio guardava Priscilla, probabilmente attirato dal baccano che aveva appena fatto. Si corrucciò ancora più del solito nel vedere sulla ragazza il sorriso che gli aveva rivolto e si staccò dalla ringhiera, scomparendo infine tra le stanze del secondo piano. Lucy ancora non conosceva il motivo esatto per il quale quella mattina sembravano tutti così tesi dentro la gilda, forse era la presenza stessa di Laxus ad agitare tutti quanti: non era mai stato un tipo facile da trattare, anche se non l'aveva mai incontrato personalmente conosceva bene la sua fama e il sangue che scorreva tra lui e il resto della gilda. Ciò nonostante, sentì anche lei improvvisamente un masso caderle sullo stomaco non appena lo vide voltar loro le spalle e andarsene.
«Bene!» disse Priscilla, che ancora sembrava immune a tutta quella tensione. Si alzò in piedi e si diede una scossa ai vestiti, togliendo loro un po' di polvere raccolta nella caduta. «Direi che è il caso di dare uno sguardo alla bacheca degli annunci».
Un cambio improvviso di idea, sembrava aver dimenticato le ferie di uno o due anni che voleva prendersi, o forse aveva semplicemente perso il desiderio di scherzarci sopra. «L'affitto non si paga mica con i soldi rubati, vero Lu-chan?» ridacchiò e le rivolse un occhiolino. Quella serenità che trasmetteva ora aveva una consistenza ben diversa. Niente era cambiato nel suo volto allegro, il sorriso smagliante e la serenità nella voce. Eppure ora... riusciva a sentire qualcos'altro. Annuì semplicemente, senza trovare la forza di assecondarla ancora, e la guardò mentre sgambettante si avvicinava alla bacheca canticchiando allegra.
Levy si lasciò sfuggire un verso dispiaciuto e incassò la testa nelle spalle, stringendosi il lembo del vestito. Capì subito che Lucy, di fianco a lei, l'aveva sentita e sentì di dover giustificare quel suo comportamento.
«Poverina» mormorò più a se stessa che all’amica, non trovando le parole per dire altro. Lucy le si sedette accanto e le rivolse la sua attenzione, ora più curiosa che mai.
«Hai visto come gli ha sorriso?» chiese Levy, e questo diede conferma ai dubbi di Lucy. Il sorriso di Priscilla, rivolto a Laxus, era ben diverso da quelli che aveva visto fino a quel momento. «Sono passati due anni dall'ultima volta che si sono incrociati. Era da tanto che non ci trovavamo in una situazione come questa, forse pensavamo che non sarebbe più accaduto visto che sono sempre via per i loro incarichi e restano poco tempo alla gilda. Le probabilità che tornassero lo stesso giorno erano davvero scarse» confessò e con un sospiro lasciò uscire un po' della tensione che l'attanagliava.
«Allora avevo ragione a pensare che ci fosse qualcosa di strano stamattina» osservò Lucy.
«Si comporta come se non le importasse, ma nessuno le crede» continuò Levy. «Come potremmo crederle? Hai visto anche tu come lo ha guardato, no?».
«Quindi tra quei due c'è qualcosa?» arrossì Lucy. Colta da una strana eccitazione, la sua mente da scrittrice prese a galoppare su un'onda di romanticismo e drammaticità improvvisa. Le immagini presero a susseguirsi e in ognuna di essa c'era un Laxus e una Priscilla teneramente abbracciati o disperatamente allontanati da qualche disgrazia. Le venne un'idea per un nuovo romanzo.
Levy si lasciò scappare una risatina divertita dal fraintendimento di Lucy.
«Sei tanto informata su Fairy Tail e non sai che Laxus ha una sorella?»
«S-Sorella?» chiese Lucy sconvolta. Le era sfuggita un'informazione simile? No, nessuna svista. Ora che Levy glielo aveva detto, lo ricordava. Aveva letto qualcosa a proposito, tempo addietro, ma effettivamente Priscilla appariva veramente poco nelle notizie e nei racconti a proposito, al contrario di Laxus che, in quanto a nipote del Master e uno dei maghi più forti della gilda, aveva sempre spazio in ogni notizia e rivista. Forse complice la sua pigrizia nell'affrontare le missioni, la sua costante assenza e la presunta debolezza di cui quasi si vantava, ma restava decisamente nell'ombra. Lucy se n'era semplicemente dimenticata.
«Io e Laxus abbiamo avuto un piccolo disaccordo anni fa e da allora non ci rivolgiamo più la parola» intervenne Priscilla con innocenza, sorprendendo tanto le due che per poco non saltarono dalla sedia per lo spavento. Galleggiava per aria, stesa a pancia in giù, i gomiti poggiati sul tavolino dove sedevano Levy e Lucy e i piedi alzati, che ciondolavano avanti e indietro. Aveva biascicato, intenta a tenere tra le labbra un biscotto rubato dalla dispensa di Mirajane chissà quando. Sembrava una ragazzina stesa su un letto che parlava dei suoi segreti con le amichette del cuore. Nonostante la confessione, il viso era sereno, ne aveva parlato come se avesse parlato di un qualunque fatto quotidiano. La cosa pareva non turbarla nemmeno un po', nonostante quel disaccordo, definito piccolo, li avesse portati a non parlarsi più.
«E davvero la cosa ti lascia così indifferente?» chiese titubante Lucy. Priscilla finì di masticare l'ultimo boccone del suo biscotto e inclinando la testa da un lato si limitò a sorridere radiosa. Non era una vera risposta, ma era comunque rassicurante. Si raddrizzò di colpo e sollevò un foglio per aria, voltandosi verso Mirajane.
«Mira-chan! Io vado! Se tutto va bene sarò di ritorno stasera» disse e Mirajane si limitò ad annuire, prima di rivolgerle la solita raccomandazione: «Fai attenzione!»
«Forza! Si va a guadagnarsi il biscotto!» disse allegra, agitando le braccia per aria con entusiasmo. Si mise a cantare una canzone d'incoraggiamento che tanto pareva una marcia militare e senza aggiungere altro uscì dalla gilda.
«Ma non si dice la pagnotta?» chiese Lucy, ragionando sul biscotto che doveva guadagnarsi. «Dice che i biscotti sono più buoni» rise Levy, dando una spiegazione a quella frase che probabilmente non era la prima volta che diceva.
«E le ferie di cui parlava?» chiese Lucy divertita, pensando che fosse una ragazza veramente bizzarra. Ma la risposta che Levy le diede non fu altrettanto scherzosa e diede un altro pezzo con cui completare il puzzle.
«Capisci perché è difficile credere che le sia così indifferente?».
E Lucy capì cosa era appena successo: Priscilla aveva preso una missione da poco, così da potersi allontanare per un po', ma in una giornata nemmeno sarebbe potuta tornare. Il tempo per Laxus di sceglierne una a sua volta, ripartire ed evitare di incrociarlo ancora.

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Capitolo 3
*** Casa ***


Casa


La missione che avevano accettato quella volta era risultata più semplice del previsto e per loro fortuna poterono far ritorno alla gilda la mattina dopo. Erza come sempre si era portata dietro decine di bagagli, nonostante fosse capace di cambiare vestito con l'uso della magia, mai Lucy aveva compreso il motivo di tutte quelle valigie. Natsu e Gray litigavano su chi fosse stato decisivo per il compimento della missione, Happy volava sopra le loro teste guardando divertito la scena e Lucy cercava solo di far notare la sua presenza che, invece, pareva ignorata. Una giornata come un'altra, se non fosse stato per lo strano vociare delle persone che li vedevano passare.
«Attiriamo l'attenzione più del solito» osservò Gray, turbato. Ma presto tutti i loro dubbi trovarono risposta. Da lontano la gilda aveva assunto una strana forma, assolutamente inusuale, forma che, avvicinati, poterono spiegare. Pilastri di metallo erano infilati al suo interno, come dita di ferro che si erano impossessate di legno e roccia, sfondando, rovinando e distruggendo. L'angoscia chiuse loro la gola, mentre si chiedevano cosa fosse successo.
«Phantom» mormorò Mirajane alle loro spalle.
«Phantom?» ringhiò Natsu, sapendo già cosa significasse quella parola. Non poteva essere altro che la gilda Phantom Lord, da sempre loro rivali.
«Ci hanno colto di sorpresa, durante la notte» spiegò ancora Mirajane. «Venite. Abbiamo allestito un alloggio improvvisato nel seminterrato».
La ragazza fece loro strada giù per le scale che conducevano al piano di sotto, dove erano stati messi tavolini e sedie per permettere ai loro compagni di sedersi e usare la gilda come avevano sempre fatto, anche se in un luogo più scuro e umido. C'era un'aria tendente alla normalità, ma era solo un arteficio. Tutti si sforzavano di far finta che nulla fosse successo, si sforzavano di comportarsi come al solito, mangiando e bevendo, ma i loro volti erano scuri e annebbiati. Natsu si avvicinò velocemente al master Makarov, ringhiando e chiedendo cosa fosse successo, ma Makarov diede loro un inusuale saluto allegro, complice forse anche l'alcol che stava tracannando.
«Ohy, ragazzi! Lucy! Avete completato il vostro incarico?» sorrise felice.
«Ehm... sì...» balbettò Lucy, a disagio per la situazione. Sopra le loro teste la gilda cadeva a pezzi e lui non sembrava preoccuparsene minimamente. Cosa avrebbe dovuto fare in un momento come quello?
«Master? Non capisce in che situazione ci troviamo?» brontolò Erza.
«La gilda è stata distrutta!» disse Natsu e Makarov rispose con una divertita risata, prima di dire: «Suvvia, calmatevi. Non è il caso di arrabbiarsi così tanto».
«Cosa?» sussultò Gray, turbato per la calma che stava dimostrando.
Makarov buttò giù un lungo sorso di birra, prima di biascicare: «Phantom? Tutto qui quello che sanno fare? Attaccare la gilda quando non c'è nessuno... a cosa è servito?»
«Non c'era nessuno?» chiese Erza, stupita.
«L'attacco è avvenuto nel bel mezzo della notte» spiegò Mirajane.
«Ecco perché non ci sono feriti» osservò Erza, con sollievo.
«Non faremo nessuna fatica ad attaccare dei codardi che attaccano la nostra gilda di notte. Non meritano il nostro tempo» disse Makarov, affermazione a cui Natsu non riuscì a contenersi e diede perciò un pugno a una cassa lì accanto, sfondandola.
«Non è giusto!» ringhiò.
«Su, su, Natsu. La gilda si può ricostruire, posso dare una mano anche io, ci metteremo pochissimo!» provò a tranquillizzarlo Priscilla, svolazzando al suo fianco.
«Non è questo il punto!» continuò a ringhiare Natsu, sgambettando furioso.
«Discussione finita!» ordinò Makarov. «Finché il piano di sopra non sarà a posto prenderemo da qua i nostri incarichi».
«Non è certo il momento di pensare agli incarichi!» continuò a brontolare Natsu.
«Natsu!» rispose a tono Makarov, ormai arrabbiato. «Ne ho abbastanza di te!» allungò una mano e caricò il colpo, pronto a colpire il ragazzo per punirlo, ma accidentalmente -o forse no- Lucy si trovò sulla traiettoria e venne colpita sul sedere.
«Perché ci vado di mezzo io?» mormorò lei, costernata.
«Nonno!» lo rimproverò Priscilla, mentre Mirajane dall'altro lato gli rivolgeva lo stesso sguardo nervoso.
«Master. Ora mi sto arrabbiando!» gli annunciò e questo lo fece scoppiare a ridere più fragorosamente di quanto si fossero aspettati. Saltò giù dalla cassa su cui era seduto e corse via.
«Nonnetto!» brontolò Natsu. «Aspetta!»
«Un momento... devo fare pipì» ridacchiò lui, scappando via.
Priscilla sospirò e incrociò le gambe, restando sospesa a mezz'aria. Si portò entrambe le mani dietro la nuca, assumendo una posa quasi disinteressata. «Credi davvero di essere l'unico a pensarla così, Natsu?» gli chiese e questo, stranamente, lo sorprese. «Siamo tutti furiosi per quanto successo, ma nessuno osa contraddire la decisione del nonno».
«Mettiti nei suoi panni» intervenne anche Mirajane. «È difficile anche per lui, ma scontri aperti tra gilde sono proibiti dal Consiglio della Magia».
«Ma hanno attaccato loro per primi!» ringhiò Natsu, sempre più furioso.
«Non è questo il punto!» lo rimproverò Mirajane.
«Se questa è la decisione del master, non possiamo fare niente» disse Erza, risoluta anche se ugualmente infastidita: la sua lealtà alle regole e a Makarov la portarono ad accettare quella decisione.
«Vado immediatamente a mettermi all'opera, vedrai che in poco tempo tornerà come nuova!» cercò di rassicurarlo Priscilla, prima di volare su per le scale. Per quanto Priscilla cercasse di trasmettere positività e ottimismo, e il master fosse stato così imperativo, quella soluzione lasciò sicuramente tutti con l'amaro in bocca. Ma cos'altro potevano fare?


La giornata passò nel completo silenzio e pesantezza di quanto quel terribile giorno aveva portato loro. Ma ora che l'oscurità della notte si stava avvicinando un altro timore si faceva strada nelle loro menti.
«Phantom potrebbe non aver finito e probabilmente ci giocherà qualche altro brutto scherzo stanotte. Cercate di non restare soli» aveva ordinato il master, prima di allontanarsi e tornare nei suoi alloggi. Questo era il motivo che aveva spinto Erza, Gray e Natsu a casa di Lucy, anche senza il suo permesso. In molti si erano accordati per passare la notte insieme, a casa di uno o dell'altro, legati anche dai loro rispettivi team e amicizie. Non era difficile per loro trovare qualcuno a cui chiedere aiuto.
«Priscilla» la voce di Makarov l'aveva raggiunta prima di andarsene. «Vale anche per te».
«Suvvia, vecchio! Ti preoccupi troppo!» aveva sorriso lei, cercando come sempre di sdrammatizzare. «Fai come ho detto» l'aveva semplicemente zittita lui e se n'era andato senza darle tempo di replicare. Priscilla si era imbronciata e grattandosi la testa si era chiesta perché non potesse semplicemente restare con lui.
«Passo più tempo fuori di qui che con loro, non ho con nessuno un rapporto tale da chiedere di dormire insieme» bofonchiò passando in rassegna tutti i membri di Fairy Tail nel tentativo di trovare qualcuno che avesse potuto accettare di buon grado la sua richiesta.
«Priscilla!» la voce di Levy squittì al suo fianco, attirando la sua attenzione. «Puoi stare con noi, se ti va».
«Levy-chan sei così gentile!» esclamarono all'unisono Droy e Jet, emozionati dal buon cuore della loro compagna.
«Sei sicura? Insomma, sei già ben scortata, non vorrei essere di troppo» ridacchiò Priscilla, un po' in imbarazzo. Era allegra e cordiale con tutti, ma era anche evidente la sua solitudine. Da quando aveva avuto i suoi problemi con Laxus, nonostante il carattere solare, non aveva fatto che restare da sola. L'unico che avesse mai accettato di affiancare era, talvolta, Mistgun. Forse perché simili nel ruolo che avevano nella gilda, sempre assenti e solitari, forse si erano trovati in qualche modo in sintonia. Nessuno sapeva cosa legasse quei due, anche perché Priscilla non aveva mai accennato niente che potesse far pensare a un'amicizia o un legame di sorta. Lei diceva anzi che era solo un rapporto di convenienza: lui portava a termine gli incarichi che lei non riusciva, dividendo la paga, lei invece permetteva a Mistgun di interagire col mondo e con la gilda senza doversi esporre apertamente, non a caso era lei che tornava a prendere gli incarichi dalla bacheca per lui. Raramente Mistgun aveva messo piede lì dentro. Forse era proprio l'essere la nipote di Makarov, l'unico che l'avesse mai visto in volto, ad aver spinto Mistgun ad accettarla come sua partner in alcuni viaggi. Questo comunque non cambiava il fatto che lei, in fin dei conti, non avesse nessuno da poter chiamare veramente amico lì dentro. Probabilmente persino Mistgun stesso non lo era.
Levy annuì convinta.
«Ho una grossa scatola di biscotti che possiamo dividere e poi possiamo passare la notte a raccontarci qualche bella storia! Ho letto un sacco di libri di cui mi piacerebbe parlare insieme a una ragazza» disse lei, cercando una scusa per convincerla ad accettare.
«Biscotti?» si limitò a chiedere Priscilla, già con l'acquolina in bocca.
«Non hai sentito altro?» chiese Jet, stupito dalla semplicità di quella ragazza.
«Accetto!» esultò lei, pregustandosi già la golosa serata. «E come sono? Al cioccolato? Cannella? O alla vaniglia?» chiese svolazzando di fianco alla ragazza, che ridacchiante si era già incamminata verso casa di Jet, dove avevano deciso di sostare per quella notte.
«Ne ho fatti alcuni al burro proprio questa mattina, li vuoi assaggiare? Possiamo passare dal dormitorio femminile e prenderli» chiese Levy, camminando allegra.
«Tu prepari i biscotti?» chiese Priscilla sconvolta dalla scoperta.
Levy annuì e camminando allegra per la strada disse: «Posso insegnarti!» annunciò, contenta di aver trovato qualcosa che avesse potuto usare per provare a legare un pochino con lei. «Ho sentito da Mirajane che ti piace molto la frutta caramellata» le venne in mente e si portò un dito al mento, pensierosa. «Forse ho un libro di ricette che può spiegarci come fare, devo solo ricordarmi dove l'ho messo».
«Ti aiuto io a cercarlo!» rispose Priscilla entusiasta.
«Anche noi!» risposero in coro Droy e Jet, cercando di farsi coinvolgere nei progetti per la notte che Levy stava facendo.
«Passeremo una bella serata, sarà come un pigiama party!» ridacchiò Levy, contenta.
«Un pigiama party!» esultò Priscilla, alzando le braccia al cielo. Fu in quel momento che una strana sensazione le fece venire i brividi alla schiena. L'aria aveva come cambiato consistenza e una corrente le aveva pizzicato il naso. Fece volare il gruppo di Levy, spingendoli lontani con un colpo d'aria che sembrava quello di un tifone. Confusi, urlarono mentre roteavano per aria e cadevano nuovamente al suolo. Un altro soffio di vento li trattenne e impedì loro di sbattere contro l'asfalto, assicurandogli un atterraggio morbido. Nella confusione, avevano sentito appena il tonfo che c'era stato alle loro spalle. Priscilla era inginocchiata a terra, ricoperta di polvere e con delle evidenti ferite alla schiena. Di fronte a lei, nella polvere, si stava rialzando un uomo dalla folta capigliatura scura e un sorriso inquietante. Ma forse, più inquietante del sorriso, c'era il suo braccio che pareva un pilastro di metallo e i chiodi conficcati nel viso come fossero decorazione.
«Chi diamine sei?» ringhiò Priscilla mentre Levy, Droy e Jet venivano delicatamente posati a terra alle sue spalle. L'uomo non rispose, ma il sorriso si incurvò maggiormente su sul viso e ghignò in un modo raccapricciante. Tirò indietro il braccio metallico e si preparò a colpire la ragazza di fronte a sé.
«Anima del vento: ascensione!» disse Priscilla, richiamando così il potere della sua magia. Una corrente di vento tanto rapida da essere visibile nella polvere che raccoglieva raggiunse l'uomo alle spalle e lo colpì alle gambe, trascinandolo verso l'alto. Questo lo fece ribaltare e volare all'indietro e Priscilla si preparò rapidamente a un secondo attacco. «Press...» cominciò ad annunciare, pronta a sferrare un attacco dall'alto che avrebbe fatto sbattere a terra il nemico. Ma non riuscì neanche a terminare la parola che dalla polvere sollevata nell'attacco emerse il braccio metallico dell'uomo. Priscilla si era concentrata sul destro, non sapendo che quel particolare tipo di magia funzionava anche con l'altro braccio. E certo non poteva immaginarsi che fosse anche in grado di allungarlo a piacimento. La colpì in pieno ventre, la sbatté a terra e la spinse nell'asfalto per almeno un paio di metri.
«Priscilla!» gridò Levy, spaventata, quando si rese conto che l'amica non pareva muoversi più. Jet partì come un fulmine, approfittando della sua incredibile velocità, provò a sferrare un attacco a sorpresa. Riuscì a raggiungerlo e colpirlo, ma il pugno non lo scalfì minimamente. Si fece cogliere dalla sorpresa e questo diede tempo al nemico di reagire e colpirlo con un calcio che lo scaraventò contro il muro. La violenza fu tale che anche Jet perse i sensi.
«Levy, resta indietro!» disse Droy, preoccupato, preparandosi a fare la sua mossa. Ma l'uomo non gli diede tempo neanche di accorgersi della sua presenza, gli si lanciò contro e lo colpì, raggiungendo un istante dopo anche Levy, alle sue spalle. Erano bastati solo un paio di minuti e quello sconosciuto era riuscito a mettere KO quattro membri di Fairy Tail senza subire il minimo danno.
Rise in quel suo macabro modo e afferrò le sue vittime, trascinandole verso il Grande Albero del parco, dove avrebbe concluso la sua opera, inchiodandoli e disegnando su di loro il simbolo della propria gilda. Tutti dovevano sapere chi stava cercando di stuzzicare la loro rabbia.


Quando Priscilla riuscì a riaprire gli occhi si trovò stesa in un letto. Ricordava bene cosa fosse successo e non era difficile capire come fosse arrivata lì. L'uomo dalle braccia di metallo li aveva attaccati e in pochi istanti li aveva sconfitti, senza dar loro nemmeno il tempo di pensare a una difensiva. Era stato incredibilmente rapido e di una potenza mai vista prima. Poggiò una mano sul letto e si tirò a sedere, guardandosi attorno. Quelle mura non potevano essere che dell'ospedale, quel terribile bianco somigliava troppo al volto dei malati. Si portò una mano al ventre, dove quel il braccio pilastro dell’uomo l'aveva colpita facendole perdere i sensi e mugolò al ricordo del terribile dolore provato. Si voltò e alla sua sinistra trovò un separè di stoffa a dividerla da chi riposava al suo fianco. Si tolse il lenzuolo dalle gambe e scese dal letto, oltrepassando il separè. Steso, con un occhio fasciato e probabilmente non solo quello, c'era Jet ancora privo di sensi.
«Quanto tempo è trascorso?» si chiese camminando oltre nella stanza e trovando anche Droy e Levy. Tutti e tre respiravano grosse boccate d'aria, ancora debilitati per le ferite.
«Levy-chan...» mormorò guardando la ragazza stesa nel letto. Un nodo alla bocca dello stomaco le provocò quasi lo stesso dolore del pugno dell'uomo di metallo, un senso di colpa che non avrebbe estirpato facilmente. Spostò lo sguardo fuori dalla finestra: da lì riusciva a vedere la gilda, piena di toppe e sistemazioni d'emergenza. Era altrettanto ferita, forse anche più di quanto si aspettasse. Strinse i pugni dalla rabbia. Ancora una bizzarra sensazione di pericolo, una puzza le arrivò al naso. Spostò lo sguardo verso il mare e lì vide la loro rovina che si avvicinava pericolosamente: un castello pareva muoversi su delle gambe proprie ed era diretto proprio a Magnolia, attraverso il mare. Non sapeva cosa fosse né chi lo stesse manovrando, ma avrebbe scommesso qualsiasi somma che fossero sicuramente quelli di Phantom Lord, insoddisfatti e decisi a dar loro il colpo di grazia.
«Se ci uccidete...» mormorò, mentre il sangue cominciava a ribollirle nelle vene. «Come posso mantenere la mia promessa, se ci uccidete?». Digrignò i denti e si afferrò le bende che aveva attorno alla testa. Se le strappò via con rabbia, scoprendo così una pelle liscia se non per una lieve sfregatura. Niente di grave, se non qualche graffio superficiale ormai del tutto rimarginato. Si rivestì rapidamente e infine uscì, sbattendo la porta alle sue spalle. Grazie alla magia del vento che le permise di volare a grande velocità raggiunse la gilda in pochissimi minuti. Atterrò e corse all'interno della locanda, scendendo lungo le scale del seminterrato. Fece un sospiro e cominciò ad allungare la bocca in un sorriso che avrebbe regalato a chiunque gli si fosse parato davanti, ma si bloccò appena all'ingresso quando sentì pronunciare quel nome. Un battito al cuore tanto forte da farle per un istante girare la testa, la costrinse a fermarsi sulla soglia.
«Laxus» la voce di Mirajane, rotta, che parlava con una Lacryma per la comunicazione. «Il master è stato sconfitto, è in fin di vita, e non riusciamo a trovare Mistgun. Sei la nostra unica speranza, ti prego. Torna qui».
«Gli sta bene al vecchio!» scoppiò a ridere Laxus. «La cosa proprio non mi riguarda. Arrangiatevi».
«Laxus! Tu... perché...» provò a formulare Cana, colta da un lampo di rabbia.
«Dopotutto è stato il vecchio a cominciare questa guerra, perché dovrei essere io ad andare in suo soccorso?»
«Tua sorella è in ospedale, non ti importa neanche di questo?» ringhiò Cana.
«Priscilla?» chiese Laxus, alzando un sopracciglio. Da quanto tempo non pronunciava quel nome? Faceva davvero uno strano effetto. «Quella stupida! Non ne ha mai combinata una giusta!» scoppiò di nuovo a ridere.
«Hanno preso di mira Lucy! È una di noi!» insistè Mirajane, giocando tutte le carte che aveva.
«Lucy? E chi sarebbe? Ah!» si ricordò poco dopo. «La nuova arrivata! Dille che potrei anche aiutarla se accetta di diventare la mia donna».
«Sei spregevole!» ringhiò ancora Cana.
«Cana!» la richiamò Macao, con uno strano tono panico. La ragazza si voltò, pugni serrati, furibonda negli occhi. «Che vuoi adess...?» si bloccò e un nodo le serrò la gola. Incrociò lo sguardo di Priscilla, immobile all'entrata della locanda. Guardava lei, Mirajane e soprattutto Laxus oltre la Lacryma, sicuramente testimone di almeno quelle ultime parole. Parole che non solo erano state spregevoli verso l'intera gilda, a sottolineare quanto suo fratello fosse un bastardo, ma anche verso di lei, che non smetteva di rivolgergli sorrisi ogni volta che lo incrociava.
«Priscilla...» mormorò addolorata.
«Priscilla?» chiese Laxus, sentendo Cana pronunciare il suo nome. «È lì? Allora sta bene, visto? Almeno uno dei problemi è risolto» sghignazzò divertito. «Fareste meglio a dire al vecchio di ritirarsi e lasciare la gilda nelle mie mani, non è più in grado di occuparsene visto cosa sta combinando» scoppiò di nuovo a ridere, come fosse una esilarante barzelletta.
«Mira!» provò a chiamarla Cana, nella speranza che ponesse fine a quella conversazione in un modo o in un altro, prima che Laxus avesse potuto dire altro di terribile in presenza di sua sorella. Ma non sembrò esserci bisogno del suo intervento: Mirajane, ormai alle lacrime, fece esplodere la Lacryma per la rabbia.
«Non posso credere che una persona del genere faccia parte di Fairy Tail!» si lasciò sfuggire, in preda alla furia.
«Lui... ha solo dimenticato» mormorò Priscilla in un vago tentativo di difenderlo, o forse difendere più se stessa e la sua ostinazione a non volerlo odiare, nonostante tutto. «Come le altre volte» aggiunse poi in un sussurro tanto flebile che nessuno riuscì a coglierla. Ma forse era meglio così.
«Mi dispiace, Priscilla» singhiozzò Mirajane, rendendosi conto di non essere stata delicata nei suoi confronti, anche se certamente non si sarebbe rimangiata quanto aveva detto. Priscilla scosse la testa e lentamente si raddrizzò.
«Su, su!» disse con un tono di voce ora improvvisamente diverso. Finalmente riuscì a tirarlo fuori, quel sorriso che si era preparata sulle scale. All'improvviso parve liberarsi di ogni accenno di dolore come di un mantello inutile, se lo scrollò semplicemente dalle spalle e tornò a essere la luminosa e radiosa Priscilla di sempre. Si portò le mani dietro la testa, assumendo una posa rilassata e allegra.
«Piangere fa bene, non devi chiedere scusa. E se avrai modo di incrociare Laxus nei prossimi giorni tiragli un bel cazzotto in faccia!» disse divertita, simulando l'azione. «Così!» disse ripetendo il gesto. Rise tra sé e sé, divertita, prima di aggiungere: «Fino ad allora, don't worry! C'è Priscilla qui con voi!»
«Priscilla...» mormorò Mirajane, commossa dalla forza d'animo che la ragazza stava dimostrando. In un solo istante, appena sveglia dal coma, aveva realizzato che suo nonno era in fin di vita e si era ritrovata a sopportare le barbarie di un fratello che ingiustamente amava ancora. Eppure non smetteva di sorridere.
«Bene, gente!» gridò, volando su uno dei tavolini per farsi vedere anche dal resto della gilda. Fece svolazzare una scopa da un angolo della stanza e la prese al volo, alzandola sopra la testa come fosse una bandiera, per avere qualcosa con cui incitare le persone che aveva attorno. Erano tutti feriti, non solo nel corpo, ma anche nell'animo.
«Ascoltatemi, tra poco il nemico si abbatterà su di noi. Sarà qui a momenti, è vicino alla nostra costa» annunciò, facendo nascere un mormorio spaventato e incredulo. «Non ho idea di cosa vi sia successo mentre dormivo, ma penso di immaginarlo. Anche io ho subito profonde ferite, non solo nel corpo. Questa è la nostra casa» una strana ombra negli occhi rendeva quella frase più pregnante di quanto lo fosse in realtà. Significava molto per lei. «Ma il punto è proprio questo! Questa è la nostra casa, è stata ferita e noi ora siamo terrorizzati. E per questo li lasceremo fare? Davvero permetterete alla nostra paura di darla vinta a loro? So cosa pensate: siamo soli. Non c'è il master, non c'è Laxus e nemmeno Mistgun. E allora? Solo loro hanno diritto di proteggere Fairy Tail? Siamo o no membri di Fairy Tail anche noi?» e un coro d'approvazione si alzò, in risposta alle sue parole.
«Lucy?» chiese Priscilla, voltandosi verso la ragazza. Lei non aveva risposto, lo aveva sentito bene. Non sapeva ancora perché Phantom Lord ce l'avesse con lei, ma Mirajane aveva detto a Laxus che era il loro obiettivo e non aveva fatto a meno di notare lo sguardo arrossato e assente della ragazza dal momento in cui aveva messo piede nella gilda.
Lucy abbozzò un sorriso, incoraggiata dalle sue parole.
«Sì!» rispose con le lacrime agli occhi. Anche lei era membro di Fairy Tail, e non c'era cosa che la rendeva più felice.
«Finché anche solo uno di noi resisterà, Fairy Tail non morirà mai! Non importa se a farlo sarà Erza, Laxus, il master, o io, Cana o Bisca o addirittura il piccolo Romeo. Finché anche solo l'idea di Fairy Tail resterà nei nostri cuori, essa non cadrà! Per questo dico al diavolo Mistgun! Al diavolo Laxus! Bastiamo noi a curare queste profonde ferite, perché non siamo certo meno importanti di loro che oggi qui non ci sono! Anzi... proprio perché oggi qui non ci sono, ma noi sì, allora noi e solo noi oggi abbiamo diritto di essere la vera Fairy Tail! Uscite fuori con me e urlate questo nome a squarciagola fino a quando ne avrete la forza!»
«Andiamo!» gridò Natsu, in preda al fuoco, e seguito dalle urla dei compagni corse fuori, nel cortile, pronto ad affrontare qualsiasi nemico gli si fosse parato davanti.
«Fairy Tail!» gridò Priscilla dall'alto del suo tavolino, puntando la scopa che ancora stringeva in mano verso la porta. «Fairy Tail!» urlarono in coro il resto dei suoi compagni in risposta, carichi come poche volte lo erano stati. E quando finalmente anche l'ultimo fu fuori, Priscilla potè tirare un sospiro di sollievo. Si accasciò sul tavolo e lentamente voltò lo sguardo a Mirajane, che ancora piangente era rimasta l'unica a farle compagnia.
«Come sono andata?» ridacchiò Priscilla, mostrando ora tutti i segni di un'angoscia e una responsabilità di cui si era sentita in dovere di caricarsi ma che non era sicura di poter gestire.
«Il master sarebbe fiero di te» annuì Mirajane, sforzandosi di sorridere.
«Meno male!» ridacchiò ancora Priscilla. «Spero solo che torni presto e non mi costringa a rifarlo. Non sono tagliata per questo ruolo».
«Priscilla» mormorò Mira, pronta a dire qualcosa ma senza riuscirci.
«Va tutto bene, Mira-chan» la rassicurò lei, sapendo dove voleva andare a parare: altre scuse per ciò che era successo con suo fratello poco prima. «È normale che lo odiate, non vi biasimo. Non lo conoscete, lo capisco» e rilassandosi ancora di più sul tavolino, alzò lo sguardo al soffitto. Il suo sorriso ora sembrava più sincero di molti altri. «Tornerà».
«Lo stai ancora aspettando» mormorò Mira, addolorata nel vedere quell'incredibile speranza verso un uomo che, a parer suo, non valeva nemmeno il tempo di essere pensato. Priscilla ridacchiò divertita, sapeva che sicuramente agli occhi degli altri doveva sembrare proprio una stupida. «Che vuoi che ti dica, Mira-chan» ridacchiò, prima di rispondere con un'alzata di spalle. «È il mio ruolo». Un violento terremoto scosse la gilda tanto che il legno cigolò. Era il segnale.
«Sono qui» commentò Priscilla, sollevandosi in volo. «Resta al sicuro, Mira-chan!» ordinò, volando fuori dalla gilda e portandosi tra le prime fila dei suoi compagni. Strabuzzò gli occhi nel vedere da vicino che si trattava di un vero e proprio castello con le gambe che pesantemente camminava verso di loro, come le era parso di vedere dalla finestra dell'ospedale.
«La loro gilda si muove!» commentò Natsu, sconvolto.
«Questa è follia» balbettò Alzack, indietreggiando di un passo per la paura.
«Non arretrate!» ordinò Priscilla, voltandosi a guardare i suoi compagni. «Se voi scappate, chi resterà a salvare il nome di Fairy Tail? Volete davvero arrendervi e vendere una vostra compagna al nemico?»
«No, questo mai!» rispose Bisca.
«Non gli permetteremo di avvicinarsi a Lucy e a Fairy Tail!» aggiunse Elfman.
«Bene» mormorò Priscilla facendosi avanti e ponendosi alla testa del piccolo plotone. La gilda di Phantom Lord si fermò a pochi metri dalla costa con un tonfo tale da sollevare schizzi ovunque. La voce di Josè, il master che aveva ridotto Makarov in fin di vita, risuonò a un interfono mentre un lato di una torre cominciava ad aprirsi.
«Priscilla Dreyar, nipote di Makarov» sghignazzò. «La tua inutilità è leggenda» scoppiò a ridere. «Una vergogna per Fairy Tail e per lo stesso Makarov. Povero vecchio, i cui due unici discendenti sono una debole maga del vento e uno psicopatico nipote che punta alla sovversione. Fairy Tail è già morta!» rise ancora più forte, sapendo di aver minato alla sua sensibilità tirando in ballo non solo il nonno ormai sul punto di morte ma anche il fratello ribelle. Ma questo parve non scalfirla nemmeno. Priscilla sorrise, decisa e per niente intimorita.
«Finché ci sarà anche solo l'idea di una Fairy Tail in un qualsiasi essere umano, essa non morirà mai» urlò e alzò una mano al cielo, mettendosi in posizione per richiamare la propria magia.
«Anima del vento: tornado!» gridò, abbassando rapidamente la mano destra e sollevando la sinistra. Le incrociò a metà strada e così rimase, a gambe divaricate e la braccia incrociate ben tese di fronte a sé. I palmi delle mani ben aperti e il volto corrucciato e concentrato. Dal cielo scese rapidamente una nube d'aria, sempre più larga, rapida e rumorosa nel suo roteare. Un vero e proprio tornado inghiottì la gilda di Fairy Tail, avvolgendola e chiudendola al suo interno.
«Siamo...» balbettò Alzack, senza riuscire a concludere.
«Siamo dentro a un tornado?» riuscì invece a pronunciare incredula Laki.
«Ma non dovrebbe sbalzare via anche noi?» balbettò Gray.
«Il vento risponde ai suoi comandi» rispose Loki. «Ha creato un muro intorno a noi e sbalza fuori tutto ciò che prova a entrare, proteggendo noi al suo centro. Guardate il mare!» indicò facendo notare come persino l'acqua venisse sparata distante dal cerchio protettivo che Priscilla aveva creato intorno a loro.
«Debole maga del vento, eh?» gridò Natsu provocatorio contro Josè.
«È incredibile. È davvero una gran quantità di vento... riesce davvero a manovrarla tutta?» chiese Lucy, stupita. E ancora una volta le tornarono alla mente le parole di Mirajane: avrebbe potuto fare molto di più, se solo si fosse impegnata. Sicuramente le capacità non le mancavano, vista la dimostrazione che stava dando. Si chiese per quale motivo allora fosse famosa per non essere riuscita a portare a termine nessun incarico consistente, se non sotto la scorta di Mistgun.
Josè rise ancora, per niente intimorito, e dal foro nella parete della gilda uscì un cannone di dimensioni gigantesche.
«Ohy?» chiese stupito Loki, sconvolto per quanto stesse succedendo.
«Che intenzioni ha con quello?» Chiese Cana, ancora più terrorizzata.
«Erza!» gridò Priscilla, senza riuscire a trattenere la paura nella sua voce. Il suo muro di vento sarebbe stato efficace contro gli attacchi fisici, ma aveva il terribile timore che quel cannone avrebbe facilmente sfondato la sua difesa.
«Restate tutti indietro!» gridò Erza al resto dei suoi compagni, pallida in volto.
Il canone cominciò a caricare il colpo, facendo nascere sulla sua punta una sfera di luce nera che tutto trasmetteva tranne che tranquillità. Somigliava a un enorme buco nero: non sapevano cosa fosse, ma era facile intuirne la potenza. Erza corse verso Priscilla, superandola di appena un paio di passi, ma restando comunque dietro al muro di vento da lei creato. Si riequipaggiò rapidamente della sua armatura migliore per la difesa: l'armatura di adamantio.
«Che vuoi fare, Erza?» chiamò Macao preoccupato.
«È pura magia, Erza!» disse Priscilla, riuscendo a riconoscerne almeno la natura. «Mi dispiace, non posso fare di più» si rammaricò.
«Ci penso io! Tu continua a proteggere la gilda!» disse Erza, portando avanti lo scudo. Il cannone ormai gonfio di mangia sparò infine il suo proiettile nero.
«Erza!» gridò Bisca, preoccupata.
Il colpo fu terribile. Superò il muro di vento di Priscilla con una facilità incredibile, più di quanto lei avesse immaginato, e si schiantò contro lo scudo di Erza con un tonfo che rimbombò a lungo per tutta la città. L'onda di energia continuò a colpire lo scudo di Erza per lunghi secondi, sgretolandolo lentamente, e la sua portatrice, dietro di esso, lamentava e digrignava i denti. Ma non si arrese, fino a quando la sua armatura non venne distrutta e il colpo del tutto parato.
«Erza!» la chiamò Priscilla colma di preoccupazione.
«Erza! Resisti!» le disse Natsu, correndole a fianco e aiutandola ad alzare la testa.
«Prima Makarov, ora anche Erza è fuori combattimento» disse Josè. «Non avete più speranze! Consegnatemi Lucy Heartphilia!»
«Mai!» ringhiò Bisca.
«Non siamo una gilda che vende i propri compagni!» le diede corda Alzack.
«Lucy è una di noi!» gridò Macao e subito un coro di sostegno si alzò alle sue spalle, dal resto dei membri di Fairy Tail. Nessuno, neppure per un istante, avrebbe mai accettato l'idea di vendere un compagno anche se questo avrebbe significato morte certa.
«Meglio morire che consegnare uno di noi!» si sollevò Erza, furibonda.
E Lucy, dietro al gruppo, cominciò a cedere nuovamente alle lacrime, turbata dai sensi di colpa e dalla felicità di aver trovato persone come loro.
«Questa è la nostra casa» mormorò Priscilla, infiammata dalla stessa ira. «Questa è la casa di chiunque porti su di sé il simbolo di Fairy Tail! E nessuno verrà mai dimenticato o lasciato indietro! La nostra casa sarà sempre pronta ad accoglierli tutti!» gridò, mossa non solo dall'ira di quanto stesse accadendo ma anche incendiata da una personale battaglia che ormai da anni combatteva. Si afferrò l'unico guanto che aveva, alla mano destra, e lo sfilò via con enfasi, scoprendo così finalmente il proprio simbolo sul palmo della mano, esattamente al centro delle cinque dita. Era proprio dove avrebbe dovuto essere: il punto di contatto per chiunque avesse avuto bisogno. Chiunque avesse alzato lo sguardo su Priscilla, avrebbe trovato di fronte a sé non solo una mano, ma la stessa Fairy Tail pronta ad afferrarlo e risollevarlo. Lucy aveva come il sospetto che quel punto per la stampa del simbolo non fosse stata scelta a caso. Priscilla poteva stringere tra le dita la propria gilda o porgerla in aiuto a chiunque lo desiderasse. Il discorso esortativo che aveva fatto all'interno del seminterrato ne era un'ulteriore prova: era la degna nipote di Makarov Dreyar e dei suoi ideali.
«Anima del vento!» gridò, tornando in posizione. Il muro di vento che li stava proteggendo parve improvvisamente gonfiarsi, tanto che per un istante ebbero la sensazione che la gilda robotizzata di Josè vacillasse sotto la forza di quel potere.
«Vi prenderemo a calci nel culo!» ringhiò Natsu.
«È questa la vostra risposta?» rispose Josè, perdendo per un attimo la pazienza. «Allora subirete un altro assaggio del mio cannone Jupiter! Godetevi questi quindici minuti di terrore che gli servirà a ricaricarsi!»
«Cosa?» balbettò Loki.
«Spareranno di nuovo?» chiese Cana, nervosa.
«E questa volta non abbiamo Erza ad aiutarci» osservò Gray.
Dalle finestre della gilda cominciarono a uscire esseri simili a fantasmi, mantati di nero con gli occhi rossi luminosi. A fiotti si lanciarono contro il muro di vento di Priscilla, mirando ai membri della gilda. Si schiantarono contro di esso e molti vennero spazzati via, altri invece restarono a volteggiargli intorno, studiandolo, come avvoltoi in attesa della morte della propria preda per gustarne il dolce sapore.
Priscilla sorrise, soddisfatta.
«Anche se sono spettri riesco a tenerli a distanza, bene» osservò fiera.
«Ciò non toglie che non puoi fermare lo Jupiter» osservò Cana. «Oltre al fatto che stai usando veramente troppa magia, non potrai continuare così a lungo».
«Parla per te» ridacchiò lei, ma in quell'istante un gruppo di dieci shades, i fantasmi di Josè, attaccarono insieme il muro di vento. Furono spazzati via, ma per un istante la mano di uno di questi riuscì a penetrare. Priscilla, riuscì addirittura a sentire su di sè il colpo subito e si costrinse a tendere i muscoli per lo sforzo.
«Merda. Li ho sottovalutati».
«Non abbiamo altra scelta che distruggere lo Jupiter» concluse Cana.
«Lo ridurrò in mille pezzi!» annunciò Natsu.
Un altro gruppo di shades, questa volta quindici, tentarono nuovamente lo sfondamento e ancora una volta Priscilla ne sentì il colpo e uno di questo per poco non passò.
«Si stanno organizzando! Bisca, Alzack!» chiamò Priscilla. «Ho bisogno che teniate d'occhio la situazione. Potrebbero riuscire a passare!»
«Agli ordini!» annuirono loro, imbracciando le loro armi.
«Natsu!» chiamò Priscilla, incitandolo a partire.
«Quindici minuti vero? Ce ne metteremo cinque!» gridò lui, correndo verso il muro di vento. «Happy!» chiamò, incitando il gatto ad afferrarlo e farlo volare.
«Aye, sir!» annunciò lui e puntò verso il cannone, passando dal muro di vento grazie a uno spiraglio apertogli da Priscilla.
«Elfman! Andiamo anche noi!» disse Gray, correndo a sua volta verso la gilda di Josè.
«Sì!» rispose Elfman deciso.
«Noi combatteremo da qui!» annunciò Cana, afferrando le sue carte e preparandosi alla lotta. Altri shades attaccarono a gruppi, questa volta all'unisono e per Priscilla divenne sempre più difficile trattenerli, ricevendo colpi da ogni fronte.
«Priscilla! Attenta!» gridò Macao, puntando un dito contro di lei. Priscilla distolse lo sguardo dall'alto, dove teneva d'occhio la situazione, e lo puntò davanti a sè. Troppo concentrata a tenere ben vivo e forte il vento nei punti più colpiti non si era accorta di un gruppo di almeno cinquanta shades riuniti di fronte a lei. Erano come un'enorme ombra di morte, ravvicinati com'erano, e Priscilla capì ben presto che quello non era altro che il suo messaggero della morte. Impallidì, ma non lasciò la posizione e continuò ad alimentare il suo tornado difensivo, nonostante fosse ormai evidente che presto sarebbe stato sfondato. Colpirono tutti insieme e carichi com'erano riuscirono a sfondare la difesa della ragazza, oltrepassando il tornado e colpendola in pieno. Priscilla cadde a terra e il muro di vento si dissipò all'istante, permettendo al resto degli shades di entrare e raggiungere infine il resto dei loro compagni.
«Merda» mugolò, notando l'enorme fatica che fece a rialzarsi. «Mi sento improvvisamente svuotata».
«Fate attenzione! Sono maledetti!» gridò Loki, scoprendo così il loro potere.
«Allora basta non toccarli! Questo è un compito che spetta a noi, Bisca!» disse Alzack e la ragazza non se lo fece ripetere due volte, cominciando a sparare una raffica di proiettili magici. Molti shades vennero spazzati via, ma poco dopo parvero come ricomporsi e tornarono alla carica. Un altro puntò nuovamente Priscilla, ancora stesa a terra, ma Cana lo intercettò con una delle sue carte e riuscì a distruggerlo. Corse verso Priscilla e si inginocchiò per aiutarla.
«Grazie, Cana» mormorò lei, riuscendo almeno a mettersi in ginocchio.
«Come ti senti?» chiese la donna, preoccupata.
«Posso ancora muovermi» e quello bastava. Altri shades caricarono verso le due e Cana riuscì ancora una volta a eliminarli con le sue carte, proteggendo la ragazza.
«Ho bisogno solo di qualche istante per riprendermi, riesci a reggere fino ad allora, Cana?» chiese Priscilla.
«Chi delle due è stesa a terra, ricordamelo» sghignazzò Cana, guardando l'amica seduta a terra che respirava a fatica e cercava di concentrarsi per ritrovare dentro sé un briciolo di magia da alimentare e poter di nuovo utilizzare. Priscilla allargò un sorriso, convinta e divertita da quella provocazione.
«Sono in buone mani, allora» commentò, chiudendo definitivamente gli occhi.
«Prenditi il tempo necessario!» disse Cana, continuando a lanciare carte intorno a sé per proteggere non solo se stessa ma ora anche Priscilla, alle sue spalle. Passarono interminabili secondi, che divennero minuti, e il cannone intanto continuava a caricarsi. Alcuni cominciarono a chiedersi perché Natsu ci stesse mettendo così tanto, altri invece non persero la speranza nemmeno quando mancavano appena due minuti al colpo.
Uno shade riuscì a evincere la guardia di Cana, oltrepassandola e puntando nuovamente su Priscilla, ancora seduta a terra a occhi chiusi, concentrata.
«Priscilla!» la chiamò Cana, preoccupata. Lo shade riuscì a raggiungerla, ma un'improvvisa ondata di vento la avvolse e riuscì a spazzarlo via. Priscilla riaprì gli occhi e si sollevò da terra, volando come faceva praticamente sempre. Sembrava essere allergica al pavimento, tutte le volte che poteva preferiva galleggiare a mezz'aria, spesso anche mentre sonnecchiava, il che la rendeva non solo curiosa ma anche temuta. In pochi erano in grado di gestire la propria magia persino a sonno inoltrato.
Ciò nonostante, continuava a essere quella con minor numero di incarichi portati a termine e minor voglia di intraprenderne di nuovi. Se non ci fosse stato Mistgun a trascinarla in giro e darle ogni tanto qualche vittoria, probabilmente avrebbe vissuto la sua intera vita oziando nelle sue stanze a spese del nonno.
«Anima del vento» mormorò seria in volto. «Tornado!» e allungando una mano di fronte a sé fece nascere un tornado dal palmo della mano che andò allargandosi e ingrandendosi, inglobando dentro sé tutti gli shades che incontrava nel proprio cammino. Il tornado raggiunse la gilda di Josè e su di essa riverso il proprio potere e quello degli shades inghiottit, provocando un crollo nella parete.
«Non ho finito» annunciò Priscilla, continuando con quella mossa che parve vincente.
«Quella ragazza...» balbettò Wakaba, aggrappato alla spalla di Macao. «È stata colpita da più shades contemporaneamente e a differenza mia, che invece mi ha preso uno solo, è già in piedi con tutto quel potere magico a disposizione. È incredibile».
«È la nipote del master» sghignazzò Macao orgoglioso di avere tra le proprie fila una persona come quella. «Makarov almeno con lei è riuscito a fare un buon lavoro» sospirò Wakaba affranto, pensando a quanto invece Laxus al contrario suo fosse antipatico e inaffidabile, e nonostante Priscilla fosse impegnata nel combattimento riuscì incredibilmente a cogliere quell'ultima frase e lanciar loro un'occhiataccia tale da fargli venire i brividi. Ancora più incredibili delle sue capacità c'era quell'assurdo attaccamento a Laxus, nonostante avessero litigato tanto intensamente da non rivolgersi più la parola e nonostante Laxus fosse tutto tranne che una brava persona. Non erano passati nemmeno venti minuti, in fondo, da quando l'aveva sentito rivolgersi a lei e alla gilda in quel terribile modo, eppure continuava a volerlo difendere. Wakaba e Macao si limitarono a sghignazzare nervosamente, abbozzando delle scuse anche se non verbali e tornarono tutti a concentrarsi sugli shades e sul pericolo imminente.
«Dieci secondi al colpo» annunciò una voce elettronica.
«Merda» sibilò Priscilla, in preda al panico. «Che diamine stai combinando Natsu?!» gridò lanciando un altro colpo contro shades e gilda.
«Cinque».
Priscilla volò rapidamente di fronte al cannone e si mise in posizione.
«Che vuoi fare, pazza?» gridò Cana.
«Tu non hai uno scudo!» osservò Macao.
«Lo so anche io» digrignò i denti Priscilla, mettendosi in posizione. «Ma non ho altra scelta! Anima del vento!» congiunse la mani di fronte a sé, palmi aperti, una poggiata sul dorso dell'altra, il simbolo di Fairy Tail sulla destra ben rivolto al cannone Jupiter e tirando indietro la schiena si preparò.
«Tre».
«Proteggi le mie mani» mormorò lei e una serie di correnti d'aria cominciarono a scorrere davanti le sue mani e dietro la sua schiena, caricandosi di potenza.
«Non vorrà parare il colpo a mani nude!» sbarrò gli occhi Loki.
«Farà un male cane» sghignazzò Priscilla in quel suo solito modo di sdrammatizzare con una risata.
«Due».
«Priscilla!!!» gridò Cana, pallida in volto.
«Uno».
Priscilla chiuse gli occhi tanto forte da corrucciarsi, i denti erano così serrati che cominciarono a farle male e il vento intorno a lei aumentò di velocità a intensità, creando su di lei un vero e proprio bozzolo di correnti d'aria. Riuscì a sentire il fragore assordante dell'esplosione, ma con sua sorpresa non fu quella che si aspettava. Il cannone esplose dall'interno e pian piano crollò, distrutto. L'onda d'urto che generò spintonò via Priscilla, facendola roteare indietro, fin sopra i propri compagni. Guardò il cannone che cadeva in mare, ormai fuori uso, e tirando un sospiro di sollievo ebbe un tale calo di energie che delicatamente svolazzò fino a terra come una piuma in balia del vento.
«Meno male» piagnucolò, ormai in preda al panico che non era riuscita a liberare poco prima. Cana le corse vicino e nel vedere il suo volto pallido, gli occhi vacui, ma la sua buona salute se non per la terribile paura che ora riusciva a manifestare non poté che sorridere sollevata.
«Era perfettamente consapevole che sarebbe morta e non sarebbe riuscita a fare niente, eppure ci ha voluto provare lo stesso» osservò, felice, mentre Laki tentava di farla riprendere sventolandole una mano davanti al volto.
«Certo, noi di Fairy Tail non possiamo lamentare la mancanza di pazzi spericolati in questa gilda» sospirò Macao, espressione che fece ridere le persone intorno a sè, alimentati anche loro dal sollievo di essere sopravvissuti nuovamente e divertiti dall'espressione di Priscilla, ancora KO dalla paura appena vissuta.
«Non è ancora finita!» l'urlo di Josè risvegliò le preoccupazioni di tutti, comprese quelle di Priscilla stessa, che riaprì gli occhi e si mise a sedere. La gilda cominciò nuovamente a muoversi e cambiò la propria conformazione, lentamente e rumorosamente.
«Che sta succedendo, ora?» chiese Bisca, mettendosi in posizione di guardia.
La gilda cominciò ad assumere un aspetto più umano, formando delle gambe, delle braccia e infine una testa.
«Un… gigante?» balbettò Loki, sconvolto.
«Voglio attaccarci con un gigante di pietra?» fece eco Cana, terrorizzata.
«Fareste meglio a strisciare e implorare pietà, luridi mocciosi. Imparerete a stare al vostro posto!» disse Josè, chiuso probabilmente nella testa del gigante.
«Bene, finalmente un nemico che posso fronteggiare anche io!» sorrise Priscilla, alzandosi in piedi.
«Tu puoi fronteggiare quel coso?» strabuzzò gli occhi Cana.
Un'armata di shades fece di nuovo la loro comparsa e volò rapidamente verso di loro. «Cana, Bisca! Lascio i fantasmi a voi, il mio vento contro di loro non è molto efficace. Io tengo impegnato il bestione!» disse Priscilla, spiccando di nuovo il volo e sparandosi a gran velocità verso l'alto. Un gruppo di shades la intercettò e lei fu costretta a frenare e deviare per evitare di essere colpita. Caricarono nuovamente, ma dei proiettili magici li raggiunsero e li disintegrarono. Priscilla si voltò verso la provenienza di quei colpi e vide Bisca e Alzack in piedi su di un muretto, con le armi puntate nella sua direzione.
«Ti copriamo noi, Priscilla!» annunciarono.
Priscilla sorrise, sicura di sè e di coloro che aveva alle spalle. Si voltò a guardare il gigante, poi riprese a volare verso di lui.
«Anima del vento!» gridò disegnando una linea verticale, dall'alto verso il basso, con il braccio. «Raffica!» una raffica di vento nacque seguendo la direzione del suo braccio e colpì il gigante sul fianco sinistro. Questo ondeggiò appena, ma non parve destabilizzarsi troppo. Non importava, solo il fatto di essere riuscita a farlo barcollare bastava: se avesse insistito a sufficienza lo avrebbe fatto crollare prima o poi. Continuò ad attaccare con le sue raffiche, spostandosi in continuazione per cercare un punto più debole e per evitare i colpi che intanto Josè cercava di darle con la mano del suo gigante. In basso, in alto, a destra, sinistra, poi di nuovo a destra, in diagonale, Priscilla volava e colpiva, schivava e poi volava di nuovo, muovendosi in continuazione intorno al gigante.
«Fastidiosa zanzara!» gridò Josè stremato da quel continuo barcollare che gli recava e dal fatto che lei fosse tanto veloce da riuscire sempre a schivare i suoi colpi.
«Zanzara?» strillò Priscilla offesa. Si irrigidì e divenne paonazza dalla rabbia, poi prese di nuovo a volare intorno a lui ma questa volta in maniera più confusionaria e più veloce, con la sola intenzione di infastidirlo ancora di più. Il gigante cominciò a battere le mani dove la trovava, nel tentativo di schiacciarla, e certo non si poteva dire che da fuori la cosa fosse quasi comica. Pareva di trovarsi veramente di fronte a una persona alle prese con una zanzara irritante che non riusciva a prendere.
Priscilla continuò a evitarlo, sempre più irritata e sempre più furiosa nei colpi che gli assestava, fino a quando non gli volò proprio di fronte alla faccia, dove immaginava si trovasse Josè, oltre al vetro. Si irrigidì e gli concesse la linguaccia più furibonda di cui disponesse, facendolo uscire dai gangheri per l'offesa.
«Stupida mocciosa, come osi!» ringhiò, agitandosi sul posto come un bambino. Provò nuovamente a colpirla, ora furibondo, e Priscilla, distratta, questa volta venne colpita come un moscerino e scaraventata di lato. Urlò, mentre roteava su se stessa e precipitava al suolo in maniera alquanto poco aggraziata. Con un improvviso sbuffo di vento si impedì di toccare il suolo, cosa che probabilmente l'avrebbe uccisa. Sorrise, determinata e probabilmente anche divertita. Volò ai piedi del gigante e cominciò a disegnare intorno a lui cerchi concentrici, sempre più veloce, fissa nella sua traiettoria come un satellite. Da quella base che stava personalmente disegnando cominciò ad alzarsi un turbine di vento, che pian piano inghiottì l'intero gigante. Priscilla uscì dalla sua traiettoria, lasciando ora quel nuovo tornado che aveva creato, autonomo abbastanza da restare violento senza il suo intervento. Si posizionò di fronte al gigante e divaricò le gambe, pronta a richiamare l'ennesima magia.
«Anima del vento!» gridò, allargando le braccia. «Compressione!» e riunì tra loro le braccia, facendo battere le mani di fronte a sé. Il tornado si strinse improvvisamente sul gigante, intrappolato al suo interno, e lo stritolò fino a schiacciarlo. La potenza con cui si chiuse fu tale che persino il mare venne fatto schioccare verso l'alto, creando un'enorme onda e schizzando acqua ovunque sulla riva di Magnolia.
«L'ha colpito!» esultò Macao e sulla sua scia un coro di ovazione si alzò tanto forte da sovrastare il rumore del mare.
«Ma dentro non c'erano anche Natsu, Gray e Elfman?» chiese Erza, ancora stesa a terra dalla fatica. Priscilla si irrigidì nel sentirla e sbiancando confessò balbettante: «Lo aveva dimenticato».
«Eh?!» gridarono in coro il resto della gilda, sconvolta che la loro compagna avesse potuto scordare una cosa tanto importante. Ma la loro gioia della vittoria (o disperazione nell'apprendere che i loro tre compagni migliori erano finiti vittima della dimenticanza di Priscilla) durò poco, dal momento che dalle onde, ora più calme, emerse nuovamente il gigante di roccia. Non solo non aveva subito alcun danno dal colpo, ma ora era fermo in una posizione ben precisa e per aria stava scrivendo rune magiche in cerchio. Lentamente, ma non sembrava accennare a fermarsi. La voce di Josè emerse in una risata fragorosa, mentre Priscilla diventava sempre più pallida e sconvolta dal fatto che non fosse riuscita nemmeno a scalfirlo.
«Tutto qui il tuo potere, nipote di Makarov?» sghignazzò lui, soddisfatto.
«Tsk» si fece sfuggire Priscilla, ora corrucciata dalla rabbia. I fantasmi, sotto di lei, presero nuovamente ad attaccare la gilda e tennero impegnati i suoi compagni, sempre più in difficoltà.
«Quel cerchio magico è di una magia proibita!» riconobbe Laki, sotto di lei.
«È l'Abyss Break!» realizzò Loki. «Con una grandezza tale se venisse sparato ridurrebbe in pezzi l'intera Magnolia».
Priscilla si irrigidì ancora di più nel sentire quella terribile notizia e il suo volto divenne tanto cupo da far quasi paura, abbandonando ogni traccia dell’ottimismo e dell’allegria che aveva avuto fino a quel momento. Le iridi rimpicciolite, il volto privo di qualsiasi emozione, gli occhi sbarrati che nemmeno sbattevano per umidificarsi. Sembrava diventata un’inquietante bambola di porcellana. Josè lo vide e per un istante realizzò la pericolosità di quella ragazza, ma aveva fiducia nel suo gigante e soprattutto nella sua squadra di maghi: gli Element Four avrebbero fermato senza problemi lei e chiunque avesse provato a mettersi in mezzo, ne era certo.
«Se ci uccidi...» mormorò Priscilla, con una voce che sembrava essere uscita dal peggiore degli incubi. «Come posso fargli trovare una casa accogliente, quando tornerà? Se ci uccidi... come posso mantenere la mia promessa?» mormorò come fosse stata la sentenza di uno spettro pronto a ingoiare la vita altrui. «Non te lo permetto» aggiunse con una tale calma, nonostante lo sguardo disumano, da far venire la pelle d'oca. E Josè si ritrovò a doversi costringere ad avere fiducia nelle sue armi, perché per un breve istante ebb addirittura un vacillamento. Priscilla del vento… era davvero colei che dicevano essere?




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Capitolo 4
*** Condanna ***


Condanna


Priscilla volò sul braccio del gigante e lentamente avanzò verso una delle finestre, dalla quale sarebbe entrata al suo interno. Un membro della gilda Phantom Lord gli si parò davanti ma lei senza nessuno sforzo lo sbalzò via con una folata di vento.
«È il mio compito» continuò a mormorare come un demone della morte. Altri uomini gli corsero incontro, armati e pronti a lanciare contro di lei qualsiasi tipo di magia. «È il mio ruolo» mormorò ancora, come una cantilena, e un altro soffio di vento li colpì tutti e li lanciò giù, nel mare. Raggiunse il corpo del gigante e attraversò la finestra con un leggero salto. Altri uomini corsero verso di lei, pronti a colpirla, senza curarsi -o forse senza vedere- il suo sguardo vacuo.
«È il mio compito. È il mio ruolo» continuò a mormorare ad ogni passo. Un'improvvisa pressione sbalzò via tutti i soldati del corridoio, senza che nemmeno lei muovesse un dito, ma continuava a camminare, sempre più persa nel suo incubo, scandendo i passi con quelle uniche parole che ora pareva essere in grado di pronunciare. Sotto di sé non sapeva della lotta che anche il resto dei suoi compagni, uno alla volta, stava cominciando e intraprendendo. Elfman contro Sol, prima degli altri, ad affrontare non solo un nemico fisico ma anche i fantasmi del proprio passato. La morte di Lisanna, la sua amata sorellina, era appena tornata a tormentarlo ma era stata la voce in pericolo di Mirajane a ridargli la forza di andare avanti e sconfiggere il suo nemico.
«È il mio compito» cantilenò Priscilla, camminando pacatamente lungo i corridoi, sbaragliando chiunque gli si parasse davanti senza neanche quasi accorgersene. La sua forza era improvvisamente diventata più bruciante e pericolosa, a ritmo di quella nenia. «È il mio ruolo».
Altrove, anche Gray si era ritrovato a un confronto con Lluvia, il secondo degli Element Four, mentre ancora più in basso Natsu aveva già sconfitto da tempo Totomaru, il terzo.
«Il mio...» qualcosa riuscì finalmente a distoglierla da quell'arteficio in cui sembrava essere caduta, nell'istante in cui mise piede in una sala. Saltò a destra, schivando appena in tempo l'attacco di una piccola tromba d'aria.
«Aria?» si chiese, riatterrando armoniosamente e osservando il nemico ancora nascosto dal vento, di fronte a sé.
«Il tuo compito?» una voce maschile, profonda, venne da quel piccolo turbine che si sciolse poco dopo. Al suo posto comparve un uomo alto e grosso, con una gigantesca giacca verde sulle spalle e delle bende sopra gli occhi. «Una donna legata al suo destino... una condanna irrinunciabile...» esclamò drammatico, prima di mettersi a piangere. «Quale tristezza!»
«Una condanna» sghignazzò Priscilla, raddrizzandosi e puntando gli occhi al proprio avversario. «Sì, una volta la vedevo così. Chi sei?» chiese, arginando subito il discorso sulla sua presunta condanna.
«Aria» si presentò l'uomo. «Il leader degli Element Four».
«Aria?» ragionò Priscilla, focalizzandosi sul potere con il quale l'uomo si era presentato a lei: un turbine di vento, e il suo nome ora confermava che il potere magico di quell’uomo era simile al suo. Sorrise e il vento cominciò a vorticarle intorno, facendole svolazzare le ciocche dei capelli. Le due treccine ai lati della nuca, cominciarono a muoversi a mezz'aria, come serpenti, che ben si armonizzavano con lo sguardo che ora Priscilla aveva sul volto che tanto la assomigliava allo sguardo pietrificante di Medusa delle leggende.
«Sarà uno scontro interessante» sghignazzò. Lanciò la prima raffica di vento, allungando un braccio davanti a sé, attacco che Aria parò senza troppe difficoltà con uno scudo invisibile.
«Oh...» osservò Aria, sorpreso. «Tu devi essere Priscilla, allora».
«La mia fama mi precede» sorrise Priscilla, prima di scattare in avanti, spinta da un altro soffio di vento. «Arrivo!» annunciò e caricò il pugno all'indietro. Aria portò in avanti le mani, pronto a difendersi con un altro scudo magico, ma all'ultimo istante un altro soffio di vento fece cambiare velocemente direzione a Priscilla. Volò verso l'alto e rapidamente scese di nuovo, a gamba tesa sulla sua testa. Lo sfiorò, avvantaggiata dall'effetto sorpresa, ma Aria fu comunque più veloce e sbalzò via il piede di Priscilla con un altro soffio di vento. Usando ancora del vento Priscilla bloccò la sua caduta e si lanciò nuovamente all'attacco. Sfruttava le correnti per darsi potenza e velocità, cambiava direzione in ogni istante e non appena trovava uno spiraglio libero caricava e colpiva, ma mai riusciva a raggiungerlo.
«Il tuo potere magico non è niente male, maga del vento» commentò Aria, prima di unire nuovamente le mani e annunciare. «Spazio Aereo... Soppressione!» una serie di bolle di pressione nacquero intorno a Priscilla e la colpirono come potenti pugni, esplodendo su di lei. Urlò e provò a proteggersi giusto il volto con le braccia. Cadde verso terra, ma non la toccò, riuscendo a rimanere per aria ancora una volta. Si tirò di nuovo in piedi, tremante.
«Ma manchi di esperienza, tecnica e capacità fisiche» disse ancora lui, osservando la ragazza già malridotta, che tremava nello sforzo di restare in piedi. Nonostante questo, il sorriso sul suo volto non moriva.
«Non ho mai amato gli scontri, anzi credo di poter dire che li detesto con tutta me stessa» rispose lei, con un tono quasi divertito.
«Oh... e ti sei unita alla gilda più attaccabrighe di tutta Fiore?» osservò Aria, divertito da quell'incoerenza.
«Che vuoi che ti dica? È la mia condanna, giusto?» ridacchiò, sparandosi nuovamente in avanti.
«Questo è così triste!» si mise di nuovo a piangere lui, mentre Priscilla lo raggiungeva. Riuscì a tirare il colpo, ma prese il vuoto nell'istante in cui Aria sparì. Riapparve alle sue spalle e gli puntò contro il palmo della mano aperta.
«Soppressione!» annunciò e un altro colpo dello spazio le esplose contro, scaraventandola contro un muro con un urlo. Questa volta non riuscì a proteggersi e finì col colpirlo e subire un terribile colpo al fianco. Cadde a terra, tremolante, ma si rialzò poco dopo facendo leva su mani e piedi.
«Dovresti restare dove sei, non rendere tutto ancora più triste» disse lui avvicinandosi a passi pesanti alla ragazza. «È già così triste sapere che stai combattendo contro colui che ha risucchiato il potere magico al tuo master. Che dolore! Adesso anche tu subirai lo stesso» scoppiò a piangere, ma nonostante questo non si fermò nel preparare la magia.
«Distruzione!» un cono di magia racchiuse Priscilla al suo interno e cominciò a risucchiarne il potere, esattamente come aveva fatto con Makarov il giorno prima. Lei urlò, in preda a un dolore accecante, e lui, continuando a piangere, continuò a risucchiare tutto ciò che le dava la forza.
«Questo potere...» singhiozzò, riuscendo a sentirne la consistenza come fosse un piatto per il pranzo. «Questo potere è così triste!»
«Ti piacciono le storie tristi?» gracchiò Priscilla, dolorante ma stranamente determinata. Questo sorprese Aria tanto che vacillò per un istante.
«Adesso te ne racconto una» sghignazzò, nonostante si trovasse nella sua peggiore tortura. «Anima del vento! Soppressione!»
«Cosa?» sobbalzò lui nel sentire quel nome e la sorpresa fu doppia quando delle bolle di pressione esattamente come le sue riuscirono a colpirlo. Solo successivamente riconobbe il suo errore: le bolle di Priscilla non erano dovute a una modificazione dello spazio, ma erano solo bolle d'aria compressa. Ciò nonostante, era riuscita, osservandolo solo una volta, a crearne una perfetta imitazione e questo bastava a renderla incredibilmente pericolosa. Il colpo interruppe la sua magia e lo fece barcollare all'indietro. Si rialzò e puntò i suoi occhi bendati contro la ragazza che aveva di fronte. Era in piedi, come se niente fosse, come se non risentisse delle ferite subite, e lo guardava con uno sguardo che poche volte aveva visto su qualcuno. Ma ciò che lo lasciò più stupito, quanto spaventato, fu la sua mano sinistra.
Da polso in giù non c'era più niente. Il palmo e le dita erano come sparite, invisibili, ma capì presto che non era invisibilità quella che stava vedendo. La mano era sparita veramente, lasciando al suo posto un taglio netto, come fosse stata amputata. Poteva vederne all’interno la carne, le ossa, e qualche goccia di sangue che gocciolava a terra anche se certamente meno rispetto a quello che si sarebbe aspettato. Non aveva idea di cosa fosse successo o di quando era stata tagliata quella mano, né come fosse possibile una cosa come quella, a maggior ragione quando dal taglio del polso di Priscilla si sprigionò una sottile e delicata luce blu. Brillava sotto la pelle e si allungava nello spazio seguendo una linea ben precisa, ridisegnando lentamente la mano mancante sopra la quale poi si fissava e riformava carne e pelle. Una specie di magia di rigenerazione, non poteva essere altrimenti. Notò solo in quel momento che anche le ferite che aveva addosso non erano che superficiali: quelle più profonde si stavano già richiudendo sotto la guida dello stesso fascio di luce blu che sembrava nascere da dentro lei. Tremò, per la prima volta dopo molto tempo ebbe la sensazione di non essere poi così superiore e questo lo spaventava un po'. Si afferrò le bende intorno agli occhi e se le tolse con uno strattone, scoprendo così i suoi inquietanti occhi viola.
«Non immaginavo avrei dovuto fare sul serio con una come te!» disse, sorpreso, e si mise rapidamente in posizione. «Spazio Aereo... zero!» annunciò e una strana ventata che puzzava di morte e putrefazione cominciò a soffiare in quella sala. Ma Priscilla non si scompose minimamente e continuò ad osservarlo con una strana determinazione misto a superiorità. Non aveva paura… era terrificante.
«Sarai anche un mostro colmo di tristezza, ma non sopravviverai alla mia magia prosciuga vita!» disse rafforzando il suo potere magico.
«Una magia che prosciuga la vita» mormorò Priscilla con strano disinteresse, come se la cosa non la riguardasse. Come faceva a restare così calma? Come faceva a restare in piedi?
«Eccoti la mia storia triste» disse infine, seria. Alzò una mano verso di lui, puntandogliela e preparandosi a colpire. «Le magie che intaccano il mio potere magico sono quelle più efficaci su di me, come puoi vedere» disse alzando la mano mancante che ora andava riformandosi. Ma per quanto quella avesse l’aria di una spiegazione, lo confondeva ancora di più: come poteva una magia in grado di prosciugare solo energia magica, amputare così gli arti? Ferire una persona fisicamente? Niente di quello che diceva, o faceva, aveva alcun senso.
Un cerchio magico si disegnò per aria davanti a Priscilla, ad altezza della mano destra, a segnalare il colpo che stava per essere sparato. Nonostante tutto il potere che Aria stava usando nel suo Spazio Aereo Zero, quella per lei non sembrava altro che una leggera brezza, forse un po' fastidiosa, ma per niente pericolosa.
«P-Perché non muori?» balbettò spaventato.
Un potente getto d'aria calda nacque da quel cerchio magico e colpì in pieno Aria, troppo sconvolto da quella scoperta per pensare a un modo per schivarlo. Venne scaraventato contro le scale, ma non ci arrivò. Priscilla saltò verso di lui, rapida come un proiettile, improvvisamente più carica e più forte. Lo colpì al ventre, cambiò direzione e lo colpì alla schiena, e ancora cambiò, colpendolo in faccia. E ancora e ancora, gli volava attorno con la rapidità di un colibrì, menando pugni e calci sempre più potenti sfruttando la forza del vento come propulsione. Aria non riusciva nemmeno ad avvicinarsi al suolo che Priscilla gli era sotto e con un calcio lo rispediva in alto e riprendeva a colpirlo.
«Anima del vento! Pressione!» Una potente pressione diede il colpo di grazia ad Aria, scaraventandolo al suolo con una potenza incredibile e lasciandolo infine lì, tramortito.
Priscilla tornò a toccare terra e lasciò finalmente andare un sospiro, sentendo di potersi finalmente rilassare. Alzò la mano sinistra e la osservò mentre quel fascio di luce magico che proveniva dall'interno del suo corpo finiva di ricostruirle le dita e le unghie.
«Io non posso morire. È questa la mia condanna» mormorò in risposta alle domande di Aria e in conclusione alla sua storia triste, anche se ora lui sicuramente non avrebbe potuto sentirla.
Sentì dei passi alle sue spalle provenire dal corridoio e si voltò a vedere chi stesse arrivando. Natsu entrò nella sala dove Priscilla aveva appena concluso il suo combattimento e si bloccò, sorpreso, nel vederla.
«Priscilla?!» chiese, notando quanto fosse mal ridotta.
«Ehilà, Natsu!» salutò lei con un luminoso sorriso, come se niente fosse appena successo.
«Natsu!» la voce di Erza lo raggiunse, alle sue spalle.
«Erza?» domandò stupita Priscilla, quando la vide comparire a corsa dietro di lui. «Stai bene?» chiese, preoccupata che riuscisse a malapena a muoversi.
«Priscilla! Finalmente ti ho trovata, ero preoccup...» si interruppe e per poco non le venne un infarto quando notò il corpo esanime di Aria, a pochi passi da lei.
«Ma... quello...?»
«Lui?» chiese innocente Priscilla, guardando curiosa il corpo di Aria, come se non fosse stato lei a ridurlo in quel modo. «Ha detto di chiamarsi Aria, diceva di essere il leader degli Element Four».
«Leader?» chiesero sconvolti Natsu e Erza. Conoscevano la fama degli Element Four, e Natsu aveva avuto il piacere di scontrarsi contro uno di loro proprio pochi minuti prima. Se Aria era il leader era sicuramente il più pericoloso, ed era incredibile che ad atterrarlo fosse stata quella da sempre riconosciuta come la più debole di Fairy Tail.
«Che fortuna che sono ancora viva, eh?» ridacchiò lei con l'espressione di una bambina innocente. Si portò entrambe le mani dietro la testa, in quella sua posa sbarazzina e birichina, mentre sul viso moriva ogni cenno del mostro pericoloso che si era mostrata fino a un istante prima, lasciando invece spazio all'unica che i membri di Fairy Tail avessero mai conosciuto: la solare, rumorosa, quasi infantile, Priscilla.
Si portò rapidamente le mani ai fianchi, gonfiando il petto orgogliosa.
«Quando rivedrò Mistgun glielo dirò! Non sono più tanto inutile, sai? Perché io faccio bam!» disse euforica, tirando un pugno all'aria. «E poi bam! E bam! Bam!» E a ogni bam tirava un pugno, piena di un'energia che chissà dove ancora prendeva. Rise divertita e felice, riempiendo quella stanza di un'allegria che sentiva il bisogno di riversare all'esterno, come a cancellarne, con la sua forza, tutto il male che c'era stato fino a un attimo prima.
La terra improvvisamente tremò, mentre il gigante di roccia crollava, ormai privo di potere magico. Gli Element Four erano stati tutti eliminati, il cerchio magico si era fermato e il gigante era crollato ormai privo di potere. Erza, stanca e al limite delle sue forze, crollò a terra. Priscilla perse l'equilibrio, cadde a terra in maniera infantile e scomposta, ma non si spaventò per quanto stesse succedendo. Quello dimostrava solo la loro vittoria... o almeno questo credeva, fino a quando José non parlò di nuovo.
«Ascoltatemi Fairy Tail! Ascoltate questa voce...» sghignazzò, un attimo prima che al suo posto risuonasse la voce di Lucy, rotta in un urlo di dolore e terrore.
«Lucy!» chiamò Natsu, allarmato.
«Abbiamo preso Lucy Heartfilia, e con ciò abbiamo portato a termine uno dei nostri obiettivi. Abbiamo soltanto una cosa da fare ancora: cancellarvi dalla faccia della terra. Voi, inutili vermi!» ringhiò José, prima di chiudere la comunicazione.
«Maledetti! Hanno preso Lucy!» sbraitò Natsu, aiutando Erza a sollevarsi da terra almeno con la testa.
«Natsu...» balbettò lei, allo stremo delle forze. «Libera il tuo potere. Tu hai un potere nascosto dentro di te. Credi in te stesso. Risveglialo. È giunto il momento... proteggi Lucy. Proteggi la gilda. Vai, Natsu!» quasi scoppiò a piangere, in quell'ultima preghiera colma di speranza e desiderio. «Sei colui che mi sorpasserà!»
Natsu si corrucciò, determinato e incoraggiato da quelle parole. Qualcosa cominciò a bruciare in lui e strinse ancora di più le spalle di Erza, mentre si caricava di energia.
«Natsu» si avvicinò Priscilla e mosse appena la mano sopra la testa di Erza. Una leggera brezza prese a soffiare sotto di lei, delicata, ma forte abbastanza da sollevarla da terra. «Penso io a lei. La riporto alla gilda».
«È... piacevole» mormorò Erza, stremata e quasi incapace di parlare, ma ancora cosciente. Un timido sorriso le si dipinse in volto. «Vero?» disse Priscilla, entusiasta del suo potere.
«Allora vado» ringhiò Natsu, alzandosi in piedi e cominciando a correre verso le scale. «Natsu, aspetta!» lo richiamò Priscilla e lui si voltò a guardarla, curioso. Priscilla si soffiò su una mano, come se stesse soffiando della schiuma in una vasca da bagno, anche se in realtà non aveva niente di tutto quello. Nonostante questo, un'altra brezza volò in direzione di Natsu e lo avvolse delicatamente, facendogli svolazzare i vestiti. Lui si guardò sorpreso: quel leggero vento sembrava caricarlo come una batteria.
«Il fuoco brucia meglio dove c'è molto ossigeno. È il mio regalo. Fanne buon uso» gli disse con un occhiolino complice. Natsu sorrise, entusiasta, e stringendo i pugni pronunciò determinato: «Vado! Grazie, Priscilla!»
Priscilla sospirò nel vederlo sparire e con un sorriso ormai soddisfatto prese a camminare lungo il corridoio, facendo svolazzare Erza al suo fianco, dirigendosi alla finestra da cui era entrata per tornare indietro.
«Allora... Questo Aria, com'era? Tanto forte?» chiese Erza, con un sorriso. Erano successe tante cose, ma ora non potevano fare altro che lasciare tutto nelle mani di Natsu. E intanto a lei avrebbe fatto piacere sapere in che modo la più debole di Fairy Tail fosse riuscita a sconfiggere il più forte degli Element Four. Anche se un sospetto lo aveva, lo aveva sempre avuto dal momento in cui Mistgun l'aveva accettata come sua partner per qualche incarico. Non poteva essere così debole come si diceva, ne era sicura, ma avrebbe tanto voluto sentirselo dire apertamente. Priscilla era una grande risorsa che preferiva restarsene nell'ombra, per la prima volta si era esposta un po' di più e certo non poteva farsi scappare l'occasione.
«Terrificante» commentò Priscilla. «Non faceva che piangere e blaterare su quanto tutto questo fosse triste».
«Cosa era triste?» chiese Erza, non capendo.
«Ma che vuoi che ne sappia!» disse Priscilla, stiracchiandosi la schiena. Poi anche lei si sollevò da terra, incrociò le gambe e si mise in posizione seduta, continuando a volare verso la finestra. «Certo è che mi ha davvero conciata per le feste! È stata la peggior esperienza della mia vita!»
«Scommetto ne hai vissute di peggiori, andando in giro con Mistgun» disse Erza.
«Sì, ma di solito lì ci pensa lui!» commentò Priscilla, uscendo finalmente all'esterno.
«Lasci a lui tutto il lavoro sporco?» sobbalzò Erza, fulminandola. Che razza di partner era se non dava una mano? Priscilla allargò un sorriso impertinente e si limitò a sghignazzare, mentre Erza semplicemente sospirava, senza speranze.
«Mi chiedo se mai un giorno ti vedremo seria e combattiva. Sono certa che non sei poi così male» mormorò Erza, tra sé e sé.
«Chissà» rispose Priscilla con una serietà che certo non si sarebbe aspettata. Riaprì gli occhi, per osservare il suo viso e capire se non si fosse sbagliata. La colpì vedere una strana determinazione nei suoi occhi, quasi una certezza. Una sicurezza assolutamente anomala per una come lei. «Chissà che magari quel giorno non sia poi così lontano».
Era certa si riferisse a qualcosa di particolare, gli occhi di Priscilla non lasciavano dubbi. C'era qualcosa in ballo, qualcosa nella sua testa che proteggeva e a cui si stava preparando chissà da quanto tempo. Ma non ebbe coraggio di chiederglielo, forse consapevole che probabilmente mai le avrebbe risposto. Si avvicinarono a Gray, Elfman e Mirajane, su uno dei tetti del gigante di roccia. Priscilla alzò una mano e salutò euforica, gridando: «Sto portando Erza in salvo!»
«Che imbarazzo per una come me» mormorò Erza, anche se nel suo tono si trovava più il divertimento che la vergogna.
«Priscilla!» ricambiò il saluto, Mirajane. «State bene?»
«Sì, stiamo bene! Natsu è andato a salvare Lucy!» spiegò raggiungendoli, senza però smettere di galleggiare o poggiare a terra Erza.
«Puoi mettermi giù, ora, Priscilla. Non sforzarti inutilmente» disse lei, ma Priscilla le concesse solo uno dei suoi luminosi sorrisi enigmatici che mai facevano capire cosa le passasse per la testa. A volte sembrava solo prendersi gioco di loro.
Elfman sobbalzò per primo, notando solo in quel momento un enorme sfera nera che cadeva su di loro.
«Attenti!» gridò, ma non fecero in tempo nemmeno a notarla che questa li colpì e sfondando il tetto su cui erano, li sbattè sul pavimento della sala che c'era all'interno. Digrignando i denti per il dolore, Gray si alzò per primo, chiedendo: «Cosa diavolo è stato?»
A rispondergli fu la debole risata di José, che ora faceva il suo ingresso in quella sala scendendo dallo stesso buco che lui stesso aveva creato. «Pare che abbiate conciato per le feste i miei Element Four, membri di Fairy Tail» sghignazzò, come se la cosa non fosse poi così importante. «Non crediate di poter avere la stessa fortuna con me» aggiunse.
Gray si alzò di colpo e iniziò a correre verso di lui, chiamando Elfman a supporto e preparandosi a lottare.
«No, fermi, aspettate!» provò a richiamarli Erza, preoccupata. Preoccupazione fondata, dal momento che a José bastò uno schiocco di dita per colpire entrambi con la magia e metterli al tappeto.
«Elfman!» gridò Mirajane, spaventata nel vedere il fratello a terra privo di coscienza. José mosse la mano lungo una linea orizzontale e un fascio magico si abbattè ai piedi di Priscilla e Mirajane, scaraventando entrambe dall'altra parte della stanza. Erza riuscì a rialzarsi, anche se con fatica, e schivando i colpi del master José arrivò a lui rapidamente. Si equipaggiò di una delle sue migliori armature e lo attaccò, ma lui era pur sempre un master e al contrario suo era perfettamente in salute. Non fu difficile contrattaccare e scaraventarla via. Erza riuscì a restare in piedi miracolosamente e si rimise in posizione di attacco.
«Titania» sghignazzò José. «Sono quasi certo di averti colpito con il mio Jupiter, e ancora sei in piedi. Notevole. Come puoi essere ancora viva?»
«I miei amici rafforzano il mio cuore!» rispose decisa «Per quelli che amo sono disposta a buttare via questo corpo!»
«Forte, coraggiosa e bella» rise José in un modo che fece venire la pelle d'oca. «Sarà un piacere sconfiggerti, donna». Allungò un braccio davanti a sé e dal cerchio magico prodotto emersero degli spettri neri che si tuffarono contro Erza. Lei saltò e riuscì a schivarli, ma ciò che sorprese anche lei fu la facilità con cui riuscì a gestire i propri movimenti e soprattutto l'altitudine raggiunta nonostante il poco potere rimasto e usato.
Riconobbe poco dopo quella piacevole sensazione di leggerezza, soprattutto dal momento che rimase galleggiante per aria ancora un po', prima di cominciare una delicata e morbida discesa al suolo. Si voltò a cercare chi sicuramente l'aveva appena salvata, anche se fu lo stesso José a pronunciare il suo nome.
«Priscilla» ma non trasmise né rancore né sorpresa, solo un macabro divertimento. Priscilla era inginocchiata a terra, ansimante. Tremava per lo sforzo e a malapena riusciva a tenere sollevata la testa. Aveva un braccio allungato in avanti e davanti al palmo della mano roteava un cerchio magico, a segnalare il suo intervento. «Dicono che sei la più debole, eppure continui ad alzarti in piedi. Dovevo aspettarmelo dall'amata nipote di Makarov» sghignazzò. «Sarà ancora più divertente ucciderti».
Nonostante la situazione disperata e la minaccia di morte che sicuramente era ben fondata, viste le loro condizioni, Priscilla rispose con un sorriso determinato. Una sicurezza che non avevano idea dove trovasse. Certo loro non potevano sapere della sua condanna, la sua maledizione, che rendeva quelle parole solo una simpatica barzelletta.
«Provaci se ci riesci» lo provocò, sicura di quanto diceva. José si sentì stranamente infastidito da quella reazione, forse perché in grado di leggere nei suoi occhi la sincerità di quanto appena proclamato. Non lo stava solo provocando, ma lei veramente era certa che lui mai sarebbe riuscito a ucciderla. Lo irritava, quell'impertinente mocciosetta. Allungò una mano davanti a sé e lo puntò contro Priscilla.
«Priscilla!» gridò Erza, voltandosi verso di lei con lo sguardo terrorizzato.
«Anima del vento!» gridò Priscilla, portando la seconda mano in avanti. Che avesse intenzione di contrattaccare? In quelle condizioni? Come poteva resistere?
«Vernier x Arms!*» un fascio di luce partì dalle sue mani un istante prima che i fantasmi di José arrivassero a lei, ma non li colpì. Li deviò e centrò invece in pieno Erza, illuminandola di una luce eterea. Priscilla venne colpita dai fantasmi di José e fu sbalzata via, all'indietro.
«Priscilla!» gridò Erza pallida in viso, mentre vedeva l'amica cadere a terra in condizioni terribili. Le dita di Priscilla, in un ultimo sforzo, si allungarono verso Erza e tremarono per qualche istante, come se cercassero di afferrarla.
«E...rz...a» mormorò prima di perdere definitivamente coscienza.
José sghignazzò soddisfatto: «Stupida mocciosa. Era così malridotta da sbagliare persino bersaglio. E voleva fare la gradassa» rise.
«Non ha sbagliato bersaglio» ringhiò Erza, cominciando a capire ciò che era successo. Si sentiva più leggera, meno affaticata. I movimenti non le recavano dolore ed erano più facile da fare. Nell'istante in cui José la guardò capì la stessa cosa: Erza era come avvolta da una leggera spirale di vento. Le faceva svolazzare la punta dei capelli e degli abiti e la tenevano sollevata da terra. Nonostante Priscilla fosse svenuta, la sua magia permaeva e proteggeva Erza. Aveva avuto il tempo di una magia, prima di essere colpita, e aveva preferito dare tutto ciò che le restava all'amica piuttosto che difendersi. Si era lasciata colpire volutamente per proteggere e sostenere qualcun altro. Erza partì all'attacco, spada ben serrata in pugno, decisa che non avrebbe sprecato quel tentativo di Priscilla colma di una fiducia che mai avrebbe tradito. Si stupì della sua velocità: riusciva ad avere la massima resa col minimo sforzo e questo le permetteva di combattere più violentemente, nonostante le pessime condizioni. José però si dimostrò ugualmente forte e temibile e, nonostante Erza lo costringesse almeno a muoversi di più per schivare, non era mai colpito. Lanciò contro di lei un'altra palla di magia nera e la colpì, scaraventandola contro una colonna. Ma lei si rialzò e tornò all'attacco, schivando gli spettri che lui ora le lanciava. Saltò e si preparò ad un attacco con la spada, ma lui schioccò le dita e un proiettile magico la centrò nuovamente. Qualsiasi cosa facesse, non riusciva comunque ad avvicinarsi e veniva sempre ferita ma non smise di rialzarsi, per i suoi amici e per Priscilla la cui magia continuava a proteggerla nonostante lei fosse svenuta. Non poteva perdere, non poteva arrendersi. E continuò a provarci e riprovarci, uscendone sempre più ferita e malconcia, ma senza esserne intaccata nella determinazione.
Il palazzo prese a tremare e parti di muro crollarono, segnale che Natsu era nel bel mezzo del combattimento e stesse dando tutto se stesso. José sorrise, soddisfatto e convinto della potenza di Gajeel, Dragon Slayer di ferro che aveva dalla sua parte: lo stesso uomo che aveva colpito Priscilla e Levy, appena la sera prima.
«Pare che i nostri draghetti si stiano scatenando» sghignazzò, guardando Erza che ancora una volta si rialzava, ansimante per la fatica.
«Hai sottovalutato la forza di Natsu. Lui ha il mio stesso potere, se non addirittura maggiore!»
«Non svalutarti così, il tuo potere è assolutamente notevole. Scommetto che se non fossi stata colpita dal mio Jupiter sarebbe stato uno scontro interessante. Non sopporto l'idea che Makarov abbia un mago così potente tra le sue fila» ridacchiò, prima di lanciare un altro colpo magico a Erza, che la scaraventò contro al muro alle sue spalle.
«Hai capito perché non ho finito Makarov, prima?» chiese, sparando altri colpi, a ripetizione, su una Erza stremata e incapace di rialzarsi. L'urlo della donna coprì quasi la sua risposta, ma ciò non lo fermò dal confessare, divertito: «Era per farlo disperare!»
Erza riuscì a uscire dalla sua catena di colpi, e schivò i successivi, tornando a concentrarsi per la battaglia.
«Quando si risveglierà e vedrà la sua gilda e i suoi amati figli distrutti, come credi si sentirà? Voglio distruggere quell'uomo con la disperazione, non gli darò pace!» rise. «Soffrirà e soffrirà ancora, per il resto dei suoi giorni!»
«Bastardo!» gridò Erza, lanciandosi all'attacco, ma José fu così rapido nello schivare che sembrò teletrasportarsi. Allungò un braccio davanti a sé e dei fantasmi tornarono a colpire Erza, prendendola di spalle. La spada le volò via e i fantasmi la avvolsero, stringendola come in una spira di un serpente.
«Ho sempre provato disgusto per la vostra gilda, trovare un pretesto per cominciare questa guerra era una banalità! La richiesta di riportare a casa la primogenita degli Heartfilia Konzern, la figlia di una delle più ricche famiglie del paese, è arrivata a fagiolo» strinse le dita all'interno del cerchio magico creato dalla sua mano e una serie di scariche colpirono Erza, ancora intrappolata nella sua magia. «Se voi, schifosi, poteste usare il denaro degli Heartfilia a vostro piacimento non c'è dubbio che potreste ottenere un potere di gran lunga superiore al nostro! Non posso permetterlo!» e altre scariche fecero urlare Erza di dolore, ma queste urla si tramutarono presto in risate.
«Fare una guerra a chi è più forte... davvero pietoso» disse. «Ma è anche la tua mancanza di informazioni a essere ridicola! Lucy è scappata di casa, credi davvero che usi i soldi della sua famiglia? Vive in un affitto da settantamila Jewel. Combatte insieme a noi, ride insieme a noi, piange insieme a noi... è una maga proprio come noi! La figlia degli Heartfilia? Come un fiore non può scegliere dove sbocciare, in egual modo una figlia non può scegliere i suoi genitori. Un demone come te non sa niente delle lacrime di Lucy! Non puoi conoscerla!» ringhiò furiosa, facendo tremare con la sola forza della rabbia la gabbia che la teneva ben stretta e continuava a scaricare su di lei energia e potenza.
«La conoscerò abbastanza» rispose José, con un inquietante sorriso. «Pensi veramente che mi limiterò a riconsegnarla al padre? Se non ha denaro, la terrò con me... e mi prenderò l'intera fortuna degli Heartfilia!»
«Tu, maledetto!» gridò Erza, inclinando la testa all'indietro per il dolore di quelle scariche che non cessavano un attimo di tormentarla. «Non ti struggere, ti provocherà solo una maggiore sofferenza» disse José, evocando un altro dei suoi fantasmi che ponendosi di fronte a Erza, cominciò a risucchiarle potere ed energia vitale. Lei urlò, sempre più forte, sempre più disperata, incapace di muoversi.
«Ora vogliamo cominciare con lo spettacolo? Mostriamo quello che ti sta succedendo al resto di Fairy Tail. Titania, così piena di orgoglio. Se ti vedono in questo stato pietoso, il resto di quella spazzatura si arrenderà sicuramente!» rise.
«La tua malvagità conoscerà mai limiti?» mormorò Erza, in preda all'angoscia.
«Faresti meglio a preoccuparti per quello che ti succederà» insistè, continuando a infierire su di lei con dolore e sofferenza.
"Se devo essere un peso per la gilda, allora..." pensò Erza, volgendo lo sguardo alla propria spada, conficcata tra le macerie. Un dolore che andava ben oltre quello fisico. I suoi amici non dovevano soffrire ancora, non lo avrebbe accettato, non per mano sua.
"Allora..." la spada prese a galleggiare per aria, alle sue spalle, nascosta da José. Chiuse gli occhi, arrendevole, e si puntò la sua stessa arma contro la schiena. Sarebbe morta, piuttosto che recare sofferenza a chi amava.
"Perdonatemi... non sono stata in grado di proteggervi" e si preparò a colpire, ma qualcosa la fermò. Una magia bianca, purificatrice, si sentì rigenerare e accarezzare. Era come un abbraccio e pian piano le ferite smisero di fare male. I fantasmi di José sparirono e lei atterrò delicatamente al suolo.
"Questo..." riconobbe, senza bisogno di voltarsi: sapeva chi avrebbe visto e il suo cuore non poteva esserne più felice.
«Makarov» mormorò José, guardando l'anziano master che galleggiava in aria sorretto dalla sua magia, a gambe incrociate, sguardo severo. Ricordava così tanto Priscilla in quel momento, non solo per la posizione ma anche per la delicatezza con cui la sua magia avvolgeva chi voleva proteggere. Makarov si mise in piedi delicatamente su una delle macerie e osservò la sala di fronte a sé a braccia incrociate. Gray, Elfman, Mirajane e Priscilla giacevano a terra, completamente inerti e ricoperti da un'innumerevole quantità di ferite. Erza, ora inginocchiata a terra, non era messa meglio seppur sveglia.
«Troppo sangue è stato versato» pronunciò solenne. «Sangue di figli. A causa del fallimento del proprio padre, i miei ragazzi hanno pianto e sofferto. Ne ho abbastanza. È ora di finire tutto questo!» e puntò gli occhi furiosi su José che non si lasciò intimorire e cominciò a rilasciare una quantità di energia e magia tale da essere circondato da una pericolosa nebbia scura.
«Hai intenzione di creare un bel disastro?» sghignazzò, pronto a combattere.
«Se è per il bene della mia gilda, lo farò!» rispose Makarov, torvo in volto e mani pronte a rilasciare magia. José non esitò ad attaccare e Makarov con dei cerchi magici bloccò ogni suo colpo.
Gray fu il primo a riaprire gli occhi, mormorando: «Questo potere mi è familiare». Alzò gli occhi e quasi si commosse nel vedere il master lì, in piedi, in salute, che combatteva per loro.
«Andate via da qui!» ordinò lui, mentre anche Elfman si rialzava.
«Master?» chiamò Gray.
«Che ci fai qui?» chiese Elfman.
«Fate come dice!» ordinò Erza, aprendo le ali della sua armatura e volando di fianco a Priscilla. «Questa volta sarò io a portare in salvo te» mormorò, mentre la raccoglieva da terra. Elfman corse da Mirajane, che ora stava riaprendo gli occhi.
«Sorellina, ce la fai ad alzarti?» chiese preoccupato.
«Presto! Elfman! Lasciamo che se la sbrighino tra loro» disse Erza, correndo verso un'apertura nel muro che l'avrebbe portata fuori. «Sì!» rispose Elfman e sorreggendo Mirajane riuscì a portarla fuori. La terra cominciò a tremare sotto gli spietati colpi della lotta tra Makarov e José, era così violento che fece venire la pelle d'oca anche a chi si trovava sulla riva. Erza e gli altri riuscirono a raggiungere un punto sicuro dove appoggiarsi e riprendere le forze. Priscilla venne messa a terra, ancora priva di sensi, o almeno così sembrava. A occhi socchiusi e voce tremante, sussurrò: «Fairy... Law...»
«Eh?» chiese Erza, ma la risposta non venne da lei ma dal cielo. Un enorme cerchio magico, luminoso, si aprì nel cielo sopra le loro teste e un'abbagliante luce li costrinse quasi a chiudere gli occhi.
«Che succede?» chiese Gray, intimorito ma in qualche modo rassicurato: quella luce era compassionevole.
«Fairy Law...» osservò Erza, comprendendo le parole di Priscilla. «La giustizia delle fate. La luce che sconfigge l'oscurità. Sconfigge solo coloro che il mago considera un nemico. È una magia potentissima, considerata ormai una leggenda».
Priscilla riuscì ad aprire gli occhi e alzare finalmente la testa. Guardò il cerchio luminoso fino a che, lentamente, non si dissolse.
«È finita» disse infine. Un sorriso si dipinse sul volto di tutti, sollevati, felici tanto da farsi venire le lacrime agli occhi. Dalla costa un urlo di felicità arrivò persino alle loro orecchie, riempiendoli ancora più di sollievo: stavano tutti bene. La guerra era finita. Priscilla si appoggiò al muro alle sue spalle e tentò di alzarsi in piedi. La gamba ebbe un cedimento e stava per ricadere a terra, ma Erza le si avvicinò con velocità e la prese appena in tempo.
«Non dovresti sforzarti» le disse, mentre le prendeva un braccio e se lo portava sulle spalle per aiutarla a camminare.
«Sto bene» si limitò a dire Priscilla, lasciandosi scappare un sorriso. Era finita, quell'inutile guerra era finita, e lei era riuscita a mantenere la sua promessa: la loro casa era salva. Bastava ricostruire mura e un tetto, ma per fare ciò non ci avrebbero messo molto. L'importante era che ci fosse ancora una casa... in cui farlo tornare.
Non riuscì a contenere la felicità e un grosso sorriso le si dipinse in volto. Avrebbe voluto urlare dalla gioia, ma era troppo esausta anche solo per respirare.
«Grazie, Priscilla» le disse Erza e questo, stranamente, la sorprese. «Se non ci fossi stata tu, non credo sarei riuscita a resistere fino all'arrivo del master».
Quanto tempo era passato dall'ultima volta che qualcuno l'aveva ringraziata? Mistgun era un buon partner, ma era sempre silenzioso e cupo, e poi era lui che principalmente portava a termine i lavori. Lei non faceva che restare nelle retrovie e alla fine lei partiva per la gilda, per il resoconto e un nuovo lavoro, senza quasi che si salutassero. Mistgun era un buon partner, ma certo non poteva considerarlo un amico. Si stavano solo facendo dei favori reciproci, principalmente non avevano bisogno l'uno dell'altro. E lei non aveva mai fatto altro, se non quella vita solitaria e di convenienza, da quando...
Sì, lo ricordava quand'era stata l'ultima volta che era stata ringraziata.
Il cuore prese a martellarle nel petto, dolorante e certamente non pronto a vivere altre emozioni, mentre un'immagine le balenò in testa come un fulmine.
Proprio come un fulmine.
Laxus, in quello sfumato ricordo, non era ancora che un ragazzino. Quando sorrideva ancora, lo ricordava molto bene.
«Grazie, Priscilla!»
La sua allegra voce era così diversa da quella che aveva sentito poche ore prima, dentro quella Lacryma di comunicazione, nel seminterrato della gilda.
«Quella stupida! Non ne combina mai una giusta!»
Era così dannatamente diversa. Ed era passato così tanto tempo dall'ultima volta che l'aveva sentita, prima di allora. Perché quelle sensazioni che era riuscita a gestire con maestria poco prima, proprio in quel momento tornavano più dolorose che mai?
Era decisamente troppo debole per riuscire a sopportare qualsiasi altra cosa e forse era stata proprio quella debolezza a permettere a quei pensieri e sensazioni di riemergere, ora indisturbati perché lei sarebbe stata incapace di tenerli sotto controllo. Il sorriso non le morì dal volto, in fondo era una sensazione così scaldante, ma non riuscì a impedire alle lacrime di lavarle il viso dalla polvere e dalla terra. Erza sussultò, assolutamente sorpresa da quella reazione.
«Erza!» sobbalzò Gray, attirato dal rumore del singhiozzi di Priscilla. «L'hai fatta piangere?»
«No, io...» balbettò Erza, in preda al panico. Che aveva fatto? Dove aveva sbagliato?
«Che le hai fatto, Erza?» la rimproverò Mirajane, piantandosi le mani ai fianchi.
«N-niente!» Balbettò lei, sempre più confusa e sempre più in preda al panico, ora che anche i suoi amici la stavano accusando. Priscilla, appesa alla sua spalla, si portò una mano tremante al volto e cercò di soffocare i propri singhiozzi, senza riuscirci. E quel suo stato pietoso non aiutava la battaglia di Erza, che ricevette altre accuse e rimproveri per qualcosa che, ahimè, non aveva assolutamente fatto.
A interromperli fu la voce di Makarov, in cima alle rovine della gilda di Phantom Lord, vincitore indiscusso di quella battaglia.
«Questa vittoria non proviene solamente dal mio potere» disse, guardando i membri della gilda sotto di lui. «Ma è una vittoria che viene da tutta la nostra famiglia».
E alla parola famiglia Priscilla si mise a piangere più forte, arrivando a urlare come una bambina che si era appena sbucciata il ginocchio. Gray sussultò e la guardò sconvolto, balbettando un semplice: «P-Priscilla?»
«Erza!» rimproverò di nuovo Mirajane.
«N-non ho fatto niente!» balbettò Erza, ormai sull'orlo di una crisi.
«Forse le fa male da qualche parte?» chiese Elfman, preoccupato.
«Dove ti fa male, Priscilla?» chiese Gray, provando ad avvicinarsi, ma non ricevette in risposta altro se non ulteriori urli ormai infantili e assolutamente ingestibili.


NDA.
*Sì, avete capito bene. E’ la magia Vernier x Arms di Wendy… inutile che vi dica che le due cose sono ovviamente collegate.



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Capitolo 5
*** Classe S ***


Classe S






Anche il seminterrato ora era impraticabile, con pezzi di tetto e mura crollato era impossibile metterci piede. Mirajane riuscì, con l'aiuto di Elfman e altri membri, a portare provvisoriamente fuori tavoli e sedie per permettere almeno ai feriti di sedersi e riprendere le forze. Qualche tozzo di pane, acqua e cibo di fortuna era stato recuperato, messi anch'essi a disposizione di feriti e affamati. Levy e il suo gruppo fecero in quel momento ritorno, finalmente svegli e in forma abbastanza da potersi rimettere in piedi. Lucy appena la vide abbozzò delle scuse, continuando a sentirsi in colpa per l'accaduto, ma Levy la zittì in pochi secondi e la tranquillizzò. La distruzione della gilda era colpa di Phantom Lord, esclusivamente loro, non certo di una ragazza gentile ed affettuosa che desiderava solo avere degli amici.
«Lucy» chiamò Makarov, voltandosi a guardarla con solennità. «Divertimento, tristezza, non possiamo condividere tutto. Ma quello che possiamo lo dovremmo condividere, sempre. Ecco cosa significa essere una gilda. L'infelicità di uno è l'infelicità di tutti. La rabbia di uno è la rabbia di tutti. E le lacrime di una persona, sono le lacrime di tutti. Non c'è ragione di sentirsi colpevoli. Lucy, dovresti essere in grado di capire come ognuno si senta... Alza la testa! Tu sei parte della famiglia Fairy Tail» e infine sorrise. Lucy scoppiò a piangere così forte da far risuonare la propria voce persino tra le pareti di quella struttura crollata che avevano di fronte. Levy le si avvicinò e le accarezzò la schiena, cercando di confortarla, mentre gli altri membri, sorridenti per il lieto fine, si prendevano un po' di sano riposo.
Makarov spostò subito dopo lo sguardo alla sua destra: seduta a un angolo, alle spalle di tutti, Priscilla era pigramente appoggiata a un tavolino. Un biscotto le ondeggiava dalle labbra, intenta più a giocherellarci che a mangiarselo. Era pensierosa, glielo si leggeva in faccia. Davanti ai suoi occhi galleggiava una piccola barchetta di carta, come se si trovasse su un mare in tempesta, e sopra di lei era riuscita a ricreare con una buona combinazione di correnti calde e fredde e umidità una piccola tempesta in miniatura, con pioggia, vento e tuoni. Era un gioco che la teneva ben assorta, anche se l'espressione sembrava quasi annoiata.
«Ne hai di magia da sprecare» commentò Makarov, saltando su una sedia lì vicino. «Questo genere di cose non mi impegnano troppo» spiegò lei, senza distogliere gli occhi dalla sua barchetta in preda al tormento. «È rilassante» sorrise.
«Lo so, lo so» annuì Makarov. «Fin da quando eri piccola ti piacevano molto questo genere di giochi, lo ricordo bene quando eri anche più sconsiderata e meno informata sui tuoi poteri. Mettevi a soqquadro l'intera stanza, facendo volare i mobili».
«A Laxus piaceva saltarci sopra e fingere di essere un eroe in missione» ridacchiò Priscilla, divertita da quel ricordo che il nonno le aveva riportato alla mente.
«Che bei ricordi» sospirò Makarov, altrettanto sorridente, e decise di approfittare di quell'armonia che pareva dimostrare, per riuscire a parlarle di quanto desiderava.
«Ho sentito che hanno provato a chiamarlo per chiedere il suo aiuto» disse, sperando che questo non la turbasse troppo.
«Non è voluto venire. C'era da aspettarselo» si limitò a rispondere Priscilla, con la calma che lui si era aspettato e aveva sperato. Makarov diede uno sguardo più attento alla barchetta in tempesta sopra i suoi occhi: ora pareva essersi calmata un po'. «Per fortuna che almeno tu eri qui» disse.
«Se la sarebbero cavata benissimo anche da soli. La tua gilda è forte, nonno, non devi temere. È proprio una bella famiglia» sorrise, contenta di quell'evidenza. Ma Makarov non potè fare a meno di notare che, ancora una volta, ne aveva mantenuto le distanze. Aveva detto che la gilda e la famiglia era la sua, non "loro". Era qualcosa contro cui combatteva da tanto tempo, ma ancora non riusciva a vincere: Priscilla era tornata a coprire il proprio simbolo sulla mano destra con un guanto. Però qualcosa era successo quel giorno, una svolta che gli aveva riacceso la speranza.
«Mirajane mi ha raccontato cosa hai fatto per loro: hai rafforzato i loro cuori nel momento peggiore e hai combattuto al loro fianco con più impegno del solito. Erza dice che sei stata tu a lottare contro Aria. Quell'uomo era estremamente pericoloso».
«Minacciavano la nostra casa. Non potevo permetterlo, lo sai. E poi...» sorrise, stiracchiandosi verso l'alto. «Ho un debito con te».
Makarov sospirò rumorosamente, affranto da quell'ultima frase. «Laxus è mio nipote e un ottimo mago, se continuo a tenerlo nella gilda nonostante tutto quello che fa e dice non è solo perché me lo hai chiesto tu».
«Però hai avuto tante volte l'impulso di cacciarlo a calci» lo provocò Priscilla, accennando un sorriso divertito. Makarov arrossì, colto nel segno, e grattandosi nervosamente il mento mentì: «No, non così tante».
«Oggi avrebbe lasciato morire tutti» rispose repentina Priscilla e come si aspettava Makarov non riuscì a trattenersi e scattò con un: «Maledetto moccioso!»
La ragazza scoppiò a ridere tanto forte che le vennero i crampi allo stomaco e le lacrime agli occhi. Era bello sentirla così allegra, vederla così felice, ma proprio quelle reazioni in realtà scatenavano dentro Makarov solo una profonda tristezza. La conosceva decisamente troppo per riuscire a farsi rassicurare da quel suo modo di fare solare e allegro. Sospirò, cercando di ritrovare la tranquillità e la calma, distendendo i nervi al suono dell’armoniosa voce di sua nipote.
«Laxus non è un cattivo ragazzo. Gli sto solo dando la possibilità di ricordarsene» commentò. «Ricorderà» rispose Priscilla con una sicurezza invidiabile. Non c'era niente che la convincesse del contrario, la sua fiducia e speranza erano rasenti alla follia. «Lo ha sempre fatto».
Makarov commentò a quell'ultima frase con un semplice mugolio. Quante brutte cose gli riportava alla mente quella semplice affermazione. «E quando lo farà» Priscilla si alzò in piedi, ora carica di energia. Si voltò verso Makarov e allargò ancora di più il sorriso, portandosi due dita alle gote per rendere il tutto ancora più allegro. «Quando lo farà troverà un'allegra e sorridente casa ad aspettarlo! Proprio come piace a lui!» era quella la sua promessa e niente le avrebbe impedito di mantenerla. Niente.
«Forza!» urlò carica, avvicinandosi alle macerie. «È ora di mettersi a lavoro! Facciamo risplendere questo posto».
«Sì!» urlarono in coro Erza e Natsu, gli unici a dire il vero. Il resto del gruppo lasciò sfuggire un lamento corale e si accasciò ancora di più sulle proprie sedie.
«Abbiamo appena finito di combattere una guerra incredibile, non possiamo rimandare a domani?» lamentò Gray.
«Siamo a pezzi» bofonchiò Laki.
«Nein! Nein! Dev'essere tutto pronto in due giorni!» esclamò determinata Priscilla, allungando due dita in avanti, a sottolineare il concetto.
«Due?!» strillarono terrorizzati almeno in quindici. Il resto stava approfittando della confusione per scappare via di nascosto, prima che Erza decidesse di intervenire.
«Questa guerra non è ancora finita! Fino a quando Fairy Tail non sarà di nuovo in piedi combatteremo senza sosta! Non ci saranno né pasti né riposo!» annunciò carica Erza, facendo così scappare anche il resto della gilda, ormai in preda al panico.
«Se bruciamo tutto ci impiegheremo pochi minuti!» esordì Natsu prima di sputare fiamme contro le rovine della vecchia Fairy Tail.
«Natsu!!!» ringhiò Erza, assolutamente contrariata da quel modo di fare. Priscilla invece scoppiò nuovamente a ridere, assistendo alla mania incendiaria di Natsu e ai rimproveri della rigida Erza. E non smise nemmeno per riprendere fiato, facendosi nuovamente venire le lacrime agli occhi.
"Priscilla" pensò addolorato Makarov, guardando sua nipote. "Perché non riesci a capire che non hai niente di diverso da loro?"
Un ricordo gli fece cadere un peso sul cuore, travolto da quella sua superficiale allegria che nascondeva le lacrime versate per un'intera vita.
«Nonno» La sua voce, vecchia di cinque anni, sempre cristallina. Certamente meno felice di allora. «Laxus...» aveva cominciato a spiegare, ma non era riuscita ad andare oltre. Sapeva quello che stava per dirgli. Makarov aveva esiliato Ivan, loro padre, appena qualche giorno prima e Laxus, ingenuo e inconsapevole di quello che stesse accadendo, se l'era presa a morte. Era stato da allora che aveva cambiato atteggiamento, tanto da arrivare a prendersela anche con l'amata sorella.
«Si è arrabbiato anche con te, vero?» le aveva chiesto e lei con le lacrime agli occhi aveva annuito. «Io... credo che starò con lui, nonostante tutto. Se deciderà di lasciare la gilda e unirsi a quella di nostro padre, andrò anche io» aveva poi dichiarato, abbattuta.
«Priscilla... hai sempre creduto in tuo fratello. Perché hai deciso di smettere proprio adesso?» aveva sospirato.
«Eh?» Priscilla era sobbalzata, non capendo e sentendosi anche lievemente offesa per l'accusa.
«Laxus ha bisogno dei tuoi sorrisi per ricordare, non mi hai detto questo?»
«Sì...» aveva mormorato lei, cominciando a capire.
«Resta qui con noi, non è solo Laxus la tua famiglia. Te l'ho già detto quando ti misi il timbro su quella mano. Tu sei un membro di Fairy Tail, adesso».
Priscilla aveva sorriso amaramente e il suo tono si era improvvisamente incupito e raffreddato. «Sai bene perché ho accettato questo simbolo. Ma sei sempre così dolce, a credere che io possa essere come tutti gli altri. Mi rattrista doverti deludere, dopo tutto quello che hai fatto per me. Però hai ragione! Il mio ruolo... lo stavo dimenticando, affogata per un istante da questi sentimenti. Il mio compito... è quello di occuparmi di lui. Lo farò! Resterò qua e riporterò indietro tuo nipote».
Suo nipote.
«Tuo fratello» aveva provato a correggerla. Priscilla aveva sorriso, semplicemente sorriso, e non aveva più risposto. E da allora aveva portato quel guanto sulla mano destra.


«Ragazzi! Da oggi potete di nuovo accettare incarichi!» annunciò Mirajane dietro un bancone appena costruito, tanto da essere ancora senza vernice. Al suo fianco una bacheca improvvisata portava attaccata un sacco di annunci.
«La bacheca è ancora temporanea ma potrete accettare tutti gli incarichi che volete!» e un coro di ovazione si alzò tra il gruppo che stava ancora lavorando per rimettere in piedi la gilda. La bacheca fu presa d'assalto e Lucy, seduta di fronte a Mirajane, li guardò divertita.
«Che gli prende? Di solito si limitano ad oziare tutto il giorno» e Mira rise divertita. «Oh, giusto! Ora che ci faccio caso, non ho visto Loki in giro...» aggiunse subito dopo.
«Lucy, sei caduta anche tu vittima del suo fascino?» chiese Mirajane abbozzando un sorriso malizioso.
«Non è così!» strillò Lucy, agitata e imbarazzata. «Ho sentito che è stato lui a ritrovare le mie chiavi e volevo ringraziarlo» disse mostrando il portachiavi ora di nuovo pieno che di solito teneva legata alla cintura. Quando era stata catturata da Phantom Lord, pochi giorni addietro, le aveva perse nella colluttazione e fortunatamente era stato Loki a ritrovarle.
«I tuoi Spiriti non si sono arrabbiati perché hai perso le chiavi?» chiese Mira, curiosa, e Lucy provò a rassicurarla che i suoi Spiriti erano comprensivi e gentili, ma poi si ricordò di Aquarius. La donna sirena era stata più violenta del solito con lei e si era sentita in dovere di punirla a suon di frustate sul sedere. Lucy si accasciò sul banco, mugolando e massaggiandosi le natiche ancora doloranti.
«Mi fa male solo a pensarci» lamentò.
«Vuoi che ti metta sopra del ghiaccio?» chiese Gray, cominciando a raffreddare la propria mano.
«Niente proposte sessuali implicite!» ringhiò Lucy, infastidita e imbarazzata.
«Lucy, fammi vedere il tuo culetto arrossato» sghignazzò Happy, volandole affianco.
«E neanche esplicite!» ruggì sempre più furiosa Lucy.
«Mi chiedo come si ridurrebbe se mi ci mettessi anche io» rise Natsu, facendo prendere fuoco a una delle sue mani.
«E tu sei solo un demonio!» si esasperò la ragazza.
Un barile arrivò in quel momento in volo, improvvisamente e senza nessuna ragione, colpendo Natsu sulla testa e buttandolo a terra.
«Prova a ripeterlo!» ruggì Erza poco dopo, attirando così l'attenzione dei suoi compagni. Di fronte a lei, Laxus era seduto su una panca e la guardava con quel suo sorriso beffardo che mandava sempre tutti in bestia.
«Questa volte te lo ripeto chiaro e tondo» disse lui, provocatorio. «Non c'è posto in questa gilda per i deboli! Siete veramente patetici» disse e si voltò verso Droy e Jet, ancora bendati per le ferite subite da Gajeel. «Ora che ci penso, non conosco nemmeno i vostri nomi. E tu, novellina, indiziata numero uno e maga degli Spiriti... è solo colpa t...» non terminò la frase che si accorse di uno sgabello che gli volava incontro. Si dissolse in uno dei suoi fulmini per schivarlo e riapparve poco più avanti, già in piedi. Lo sguardo improvvisamente più serio, ma non per questo ferito o incerto. Solo più arrabbiato. Sapeva cosa fosse successo, anche se non l'aveva vista personalmente, avrebbe riconosciuto quella magia tra mille. Si voltò e incrociò il suo sguardo.
«Priscilla» mormorò e lei rispose con un sorriso sicuro e deciso.
«Laxus» disse in vece di un saluto.
L'aria si fece improvvisamente più pesante, persino chi era schiacciato contro la bacheca in cerca di incarichi sembrò improvvisamente zittirsi. Ora che Lucy conosceva ciò che legava quei due, parte del loro passato, riusciva anche lei a percepire la pesantezza di quel faccia a faccia.
«Sei tra i comuni mortali solo da qualche minuto e già giochi a fare il bullo? Te la prendi con i più deboli come un qualsiasi perdente. Come sei caduto in basso, fratellone» sospirò, alzando le spalle. Non fu tanto la provocazione sulla debolezza a turbare Laxus, quanto sentirsi chiamare con quell'appellativo: gli fece ribollire il sangue nelle vene. «Non chiamarmi in quel modo» disse con voce roca.
«Oh...» sorrise Priscilla, soddisfatta. «Allora ti importa ancora».
«Stupida!» scoppiò a ridere lui, in quel suo modo rabbioso e superiore. «Credi che io abbia ancora qualcosa da spartire con te? Sei una nullità, come la maggior parte di questi perdenti» e sentendosi ora sicuro di quanto detto, tornò a sorridere in quel suo modo arrogante. «Ricordami quanti incarichi hai portato a termine da quando hai smesso di venirmi dietro» aggiunse, consapevole che questo sarebbe bastato a sottolineare la sua debolezza e inutilità. Priscilla non si fece atterrare dal suo modo di fare ma rispose con un divertito sorriso, mentre si portava le mani dietro la nuca in una posizione che assumeva sempre quando aveva voglia di scherzare.
«Una miseria, che imbarazzo. Meno male c'è Mistgun con me a volte, altrimenti farei la fame» ridacchiò, per niente turbata.
«Patetica» mormorò lui, sghignazzando. «Sei una vergogna e te ne vanti anche. È così umiliante pensare che un tempo eri la mia partner, mi chiedo che mi passasse per la testa».
«Che vuoi che ti dica, forse il mio fascino ti aveva rapito» continuò a scherzare lei, per niente ferita da quelle parole.
«Quando erediterò la gilda mi libererò di tutti i deboli. Sta' certa che tu sarai la prima».
«Quando tu erediterai la gilda, eh?» chiese lei con una strana ombra in volto. Si sollevò per aria e incrociò le gambe, assumendo una posa serena e disinteressata. «Sai, Laxus... continui a dimenticare che anche io sono nipote di Makarov. Chi dice che sarai tu a ereditare la gilda?»
Laxus scoppiò a ridere. «Come se tu potessi rappresentare una minaccia!»
«Quando eravamo ragazzini e combattevamo tra noi vincevo sempre io... ricordi?» una strana luce nei suoi occhi e per un istante il suo sguardo perse la tranquillità che aveva avuto fino ad allora. Quel "ricordi" valeva molto più di quello che fosse in realtà.
«Sono passati tanti anni, Priscilla. Davvero pensi che la differenza tra noi sia rimasta invariata? Penso sia evidente, chi sia tu ora» le puntò un dito contro, sghignazzando divertito, e aggiunse con una violenza che fece male persino a chi le stava intorno: «Un rifiuto, immondizia di cui il vecchio farebbe molto meglio a liberarsi al più presto. Tu come chiunque altro si trovi qui, siete solo un peso che affondate il nome di questa gilda. Quando sarà mia... non esiterò a liberarmi di voi e soprattutto di te» e ridendo divertito, si voltò, si allontanò e infine sparì in un altro dei suoi fulmini.
Elfman battè un pugno sul tavolo e ruggì furibondo: «Come può un uomo rivolgersi in questo modo alla propria sorellina?!»
«Ah!» Disse con tranquillità Priscilla, sventolando una mano per aria. «È solo un cane a cui piace abbaiare, lascialo perdere. E poi la colpa è mia, l'ho provocato intenzionalmente. Me la sono cercata» ridacchiò divertita, svolazzando verso il banco dove c'erano Mirajane e Lucy.
«Come puoi difenderlo?!» ruggì Elfman dal nervoso, tanto da riversar lacrime e prendere a morsi un tovagliolo.
«Questa volta ha davvero esagerato» mormorò Mirajane, frustrata.
«Pricchan... stai bene?» chiese Lucy, avvicinandosi preoccupata.
«Pricchan?» chiese lei, guardando Lucy con curiosità e sorpresa.
«Ah... scusa... sembrava carino, non volevo offenderti».
Priscilla allargò un ampio sorriso, gioiosa, e disse: «Sembra il verso di un animaletto» e si mise a ridere divertita. Fu per un po' l'unico suono che riuscirono ad udire nel silenzio addolorato dei suoi compagni, ma alla fine il suo buon umore riuscì a convincerli e pian piano tutti tornarono al loro solito modo di fare.
«Comunque, che ne dite di prendere qualche incarico? Come ai vecchi tempi» disse Erza, sorridente all'idea di ripartire con i suoi ormai conclamati amici e decisa a cambiare argomento, anche per preservare lo sforzo che palesemente Priscilla stava facendo per non esporsi troppo e nascondere il suo vero dolore dietro a una maschera di sorrisi e gioia.
«Di già?» sobbalzò Lucy, stanca per il lavoro per ricostruire la gilda, avrebbe volentieri riposato un altro po'.
«Perché non vieni anche tu con noi, Priscilla?» chiese Erza, sentendosi più vicina a lei dopo la battaglia con la gilda Phantom. In realtà il rapporto tra le due era lo stesso di sempre e lo stesso che Priscilla aveva anche col resto della gilda, ma Erza, colpita da quanto successo, aveva comunque provato più volte ad avvicinarla. Forse anche mossa dal senso di colpa per averla fatta piangere una volta finita la battaglia, anche se ancora non capiva cosa le avesse fatto.
«Rifiuto!» disse lei sorridente, una felicità un po' contrastante con quanto stava accadendo, tanto che Lucy quasi sobbalzò per la sorpresa. «Che determinazione!» commentò.
«Mi sono trattenuta troppo qua, con la faccenda della ricostruzione della gilda, è stato per questo che ho incrociato di nuovo Laxus. Sinceramente speravo che stesse via di più, ma alla fine è anche colpa mia che ho perso il senso del tempo» disse grattandosi la nuca imbarazzata.
«Allora è vero che cerchi di evitarlo» commentò Lucy.
«Non può vedermi, si arrabbia sempre molto, l'hai visto anche tu, no? E allora per evitare problemi, preferisco fare in modo di non incrociarlo molto» spiegò Priscilla.
«Non ci credo che pensi ai suoi sentimenti anche in momenti come questi!» sobbalzò Lucy, contrariata.
«Sono passati tanti anni, non credi sia il caso di cominciare a pensare un po' anche a te stessa?» chiese Erza. Priscilla sorrise di quello stesso sorriso che rivolgeva a chiunque non volesse dare una vera e propria risposta, rassicurante tanto da far credere all'interlocutore tutto ciò che volesse credere, anche se non era la verità.
«Le persone come voi che si preoccupano tanto per me mi fanno sorridere» rivelò, ondeggiando sulla sedia in maniera infantile. «Che invidia provo in questi momenti, come vorrei essere come voi» continuò a sorridere, benché ciò che avesse detto fosse totalmente enigmatico per loro che non conoscevano la verità.
«Come noi?» mormorò Natsu, vicino abbastanza da ascoltare la conversazione. Priscilla si alzò in piedi, stirandosi la schiena verso l'alto, e con euforia annunciò: «Bene! Penso che me ne andrò per un po'. Mira-chan, dove avete messo gli incarichi di classe S?» chiese.
«S?!» sobbalzò Lucy.
«Al momento sono nel seminterrato, è stato ripristinato momentaneamente solo per ospitare la bacheca» rispose Mirajane, senza la stessa sorpresa di Lucy. Priscilla cominciò a incamminarsi: «Bene!» disse. «Non credo starò via molto. C'è aria di tempesta... tornerò in tempo, tranquilli» e si allontanò.
«Tempesta?» chiese Erza alzando lo sguardo al cielo, notando che invece fosse sereno e limpido come poche volte lo era stato.
«Di che parlava?» chiese Lucy, imitando l'amica.
«Che si riferisca...?» si chiese Erza e si voltò verso Mirajane, in cerca di conferma. Mira si rabbuiò un po' prima di confessare: «Ultimamente Laxus sta diventando sempre più irascibile e intrattabile. E questa faccenda di Phantom l'ha infastidito parecchio, hai visto anche tu».
«Dici che vuole sistemare definitivamente le cose con il fratello?» chiese Erza.
«Si è sempre comportata come fosse responsabile delle sue azioni. Hai visto anche prima, è intervenuta quando Laxus stava attaccando briga con te e maltrattando Lucy. L'ha provocato per convincerlo ad andarsene e distogliere l'attenzione da voi. Ho sentito dire dal master che è stata lei a chiedergli a volte di perdonare alcuni suoi comportamenti e di non cacciarlo, anche quando ne combinava di più grosse. Nonostante tutto... penso che lei non abbia mai smesso di essere sua sorella e comportarsi come tale. Continua ad aspettarlo» mormorò Mirajane, portandosi una mano al petto. «Dev'essere così doloroso per lei» commentò infine. Di fianco a Lucy, Gray e Natsu, immobili come statue, versavano lacrime in contrasto al loro viso serio e indifferente, a sottolineare il loro orgoglio mascolino di fronte a quella debolezza.
«Piangete?» sussultò Lucy, sorpresa.
«No, non è vero!» risposero all'unisono.
«Che sia per questo che non porta a termine nessun incarico e viene additata come la più debole, nonostante sia di classe S?» si chiese Lucy, guardando l'angolo dalla quale lei era sparita.
«Priscilla non è di classe S» spiegò Mirajane, sorridendo appena per l'imbarazzo del malinteso.
«Eh?» chiese Lucy, sorpresa. «Ma non è appena andata...?»
«Lavora per Mistgun, gli incarichi che prende da lì li porta a lui, per questo il master le ha dato il permesso di andare in quello che prima era il secondo piano» spiegò Erza.
«Ma anche noi lavoriamo con te, Erza, che sei di classe S. Eppure non ci è permesso» osservò Lucy.
«In realtà Mistgun è solo un pretesto» spiegò Mirajane, lavando alcuni boccali. «È la scusa a cui si sono aggrappati quando le hanno dato il permesso, ma in realtà credo che l'avrebbero mandata comunque, visto quello che è successo».
«Perché? Cosa è successo?» chiese Lucy, ora curiosa.
«Hai sentito prima Laxus che ha detto che lei era la sua partner, vero?» disse Erza.
«Ora che mi ci fai pensare, sì. Ha detto così, è vero».
«Fino a qualche anno fa Priscilla e Laxus erano molto legati, era diverso da com'è adesso. Nonostante fossero solo in due e fossero tra i più giovani presto vennero nominati come il team più forte della gilda» iniziò a spiegare Mirajane, con un sorriso malinconico sul viso. «Sul serio?» chiese Lucy, sgranando gli occhi.
Mirajane annuì e proseguì: «Erano solo ragazzini, già quando lui aveva quattordici anni e lei dodici portavano a compimento incarichi estremamente difficili. Dovevi vederli, erano inseparabili e incredibili insieme. Quando Laxus compì diciassette anni venne nominato per sostenere l'esame per diventare mago di classe S, venne considerato quasi un prodigio, era la prima volta che qualcuno di così giovane diventava già un classe S. Priscilla ovviamente fu la sua partner e non ci fu battaglia, praticamente avevano già vinto in partenza. Così Laxus poté salire al secondo piano, ma nonostante questo per i successivi mesi continuò a prendere incarichi da sotto per poterli sostenere insieme a lei».
«Non posso credere che quello di cui mi stai parlando ora sia veramente quel Laxus» commentò Lucy, sbalordita. Sembrava di sentir parlare di qualcun altro. «Poi cos'è successo?» chiese, curiosa.
«L'anno dopo fu Priscilla a essere nominata per l'esame, ma non volle sostenerlo» spiegò Erza.
«E perché?!» chiese Lucy, sconvolta.
«Non sappiamo cosa sia successo, ma quello era il periodo in cui Laxus aveva cominciato a cambiare e diventare più ostile. Il giorno stesso dell'esame loro ebbero quel famoso litigio che li portò a non rivolgersi più la parola e lei rifiutò di sostenere l'esame» spiegò Mirajane. «Il master comprese che era solo per il dolore del litigio, provò a insistere e convincerla, senza riuscirci. Capì che semplicemente doveva darle tempo, perciò le disse che l'avrebbe nominata per l'anno dopo, ma Priscilla smise improvvisamente di accettare incarichi e di portarli a termine. Per mesi non uscì più dalla sua stanza, poi spinta dal bisogno di soldi prese qualche incarico ma li fallì tutti. Voci dicono che fosse pronta a lasciare la gilda, ma il master la convinse a restare. Pian piano poi si è ripresa, è tornata a frequentare la gilda, anche se ancora non riusciva a portare a termine nessun incarico almeno aveva ripreso a sorridere come quando stava con Laxus. Il master le disse che la conosceva e sapeva che la sua forza non era quella che voleva dimostrare, perciò, un po' anche per provocarla e convincerla a impegnarsi, la nominò nuovamente all'esame nonostante quello fosse stato un anno fallimentare per lei. Le disse che se voleva poteva sostenerlo anche senza partner, visto che non sembrava portare simpatia particolare verso nessuno di noi. Voleva solo metterla alla prova e smuoverla, tirarla via dal buco nero in cui stava cadendo».
«Ma lei rifiutò ancora» concluse Erza.
«Per quale motivo?» chiese Lucy, rattristata.
«Non lo sappiamo, ma molti sospettano che l'abbia fatto perché al primo esame aveva sedici anni e al secondo diciassette. Non voleva togliere il titolo di mago prodigio a Laxus, forse per non allontanarlo ulteriormente» rispose Mirajane.
«Altri credono che semplicemente per il dolore abbia perso di vista l'obiettivo della gilda e che in realtà, al contrario dei suoi sorrisi, stesse attraversando un periodo di buia depressione» aggiunse Erza.
«Ciò non toglie che da allora il master non insistette più e lasciò che facesse quello che voleva. È da allora che hanno cominciato a considerarla come la più debole» disse Mirajane.
«Per questo Mira-chan le hai detto che le basterebbe impegnarsi solo po' di più» osservò Lucy.
«È la verità» confermò Erza. «Ha battuto Aria da sola, il più forte degli Element Four, nei pochi minuti di tempo che avevamo prima che il gigante completasse il cerchio magico. E nonostante sia stata colpita violentemente prima da Gajeel, poi da Aria, poi dallo stesso José, si è ripresa sempre in pochissimo tempo. È molto forte, ma è come se non le interessasse».
«Quando decise di unirsi a Mistgun nelle sue missioni fu una sorpresa per tutti e il master fu così felice di vederla nuovamente attiva e all'opera che decise di sorvolare sulla storia degli esami e anche se mai ne ha sostenuto uno, quindi ufficialmente non è un mago di classe S, la trattiamo tutti come se lo fosse e le viene permesso di prendere gli incarichi del secondo piano con la scusa che li porta a Mistgun» spiegò infine Mirajane.
«Che storia triste, però» mormorò Lucy, avvilita. «Perché Laxus ha iniziato improvvisamente a trattarla così, se prima erano tanto legati? Chissà cos'è successo» sospirò e lentamente si abbandonò tra le proprie braccia, appoggiate al bancone. A vedere Priscilla, nessuno avrebbe mai pensato che fosse vittima di un tale dolore. Ora quei sorrisi e quell'esuberanza avevano un'aria del tutto diversa. Persino con lui, appena dieci minuti prima, era riuscita a comportarsi in quel modo così allegro e spensierato.
E i sorrisi che gli mandava quando incrociava i suoi occhi…
Nonostante lui le rivolgesse le parole peggiori, lei non smetteva di sorridergli, proteggerlo e aspettarlo. Esisteva davvero un amore tanto grande, al mondo?


Priscilla era appena scesa nel seminterrato, praticamente distrutto se non per la semivuota bacheca che era stata piazzata di fronte alle scale. Una sistemazione momentanea, solo per dividere le categorie dei maghi come da regolamento. Si avvicinò ad essa e cominciò a guardare gli incarichi, in cerca di qualcosa di adatto, ma non riuscì a concentrarsi nemmeno su una di quelle parole. Ora che era sola, poteva finalmente pensare.
«Ancora non riesci a ricordare» mormorò, incapace di impedire ai ricordi di investirla. L'aver sentito la sua voce, l'aver parlato con lui, dopo così tanto tempo. Si sorprese a tremare, ora che poteva, e la gola le si chiuse.
«Immondizia...» mormorò, ripensando alla scarica di insulti che lui le aveva rivolto poco prima. Un ricordo la colpì, uno di quelli che cercava sempre di seppellire a tutti i costi.
«Stupida!» la voce collerica di Laxus, nei suoi timidi diciotto anni, era arrivata come un fulmine un attimo prima che la sua mano avesse raggiunto la sua guancia in un improvviso schiaffo che l'aveva fatta cadere a terra. Priscilla, si portò istintivamente una mano alla testa, come se avesse potuto afferrarlo a mani nude, quel ricordo, e strapparselo via. Ma invece era lì, presente, soffocante. Il volto di Laxus ora contratto in quella smorfia furibonda che negli ultimi anni portava sempre con sé. La guardava dall'alto, in piedi, mentre lei stesa a terra si teneva la guancia appena colpita, bagnata di lacrime.
«Se la pensi così anche tu, puoi anche morire per quanto mi riguarda! Di una famiglia di traditori non me ne faccio niente, tu come quel vecchio che tanto sostieni e che ha preferito questo branco di immondizia al sangue del suo sangue. Mischiatevi pure a loro, quelle nullità che portano addosso il simbolo di questa gilda… che schifezza. Immondizia loro, immondizia siete voi e tu soprattutto, dopo tutto quello che nostro padre ha fatto per noi. Mi state ricoprendo di vergogna! Non chiamarmi mai più fratello, da adesso in poi».
«Laxus...» mormorò, ma la voce le morì in gola, interrotta da un singhiozzo. E sola in quel seminterrato che ora pareva il posto più sicuro e protetto della zona, diede infine sfogo a tutto il dolore trattenuto fino a quel momento in un pianto lamentoso e implacabile.




NDA.


Un paio di precisazioni rapide:
-L’uso del corsivo: mi piace tantissimo alternare flashback al presente, anche perché in alcune occasioni le “frasi del passato che tornano all’improvviso” rivestono un ruolo determinante per la storia. Per differenziare il presente dai ricordi e anche per dar loro una caratteristica, un aspetto particolare, li scrivo in corsivo. Perciò quando lo incontrerete sapete che si trattano di ricordi e flashback.
-Le età: Non viene ben specificato nel manga quando Ivan viene esiliato e quando Laxus comincia a diventare il rabbioso che tutti conoscono, o quando diventa mago di classe S (o almeno, non mi pare), perciò mi sono presa la libertà di inventare tutto io. Dunque per il momento sapete che Laxus e Priscilla si passano 2 anni, che 5 anni prima hanno litigato (ovvero quando lui aveva 18 e lei 16), che a 17 lui e 15 lei Laxus affronta l’esame per la classe S e che poi a 18 anni lui e 16 lei Ivan è stato esiliato da Fairy Tail. Per i primi 2 anni lei è rimasta sola, poi si è unita a Mistgun con cui viaggia da 3 anni. Fine del riassunto xD


Approfitto a questo punto per ringraziare le anime pie che leggono la mia storia, anche se siete silenziosi vi si vuol bene lo stesso <3
Ossequi


Ray

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Capitolo 6
*** Addestramento ***


Addestramento



Mistgun sedeva su di una roccia che dava sul promontorio, e sotto un aperto paesaggio. Aveva tra le mani una mela che sgranocchiava pigramente mentre osservava inquieto il cielo.
«Ci hai messo molto» commentò quando sentì i passi di Priscilla dietro di sé.
«Mi sono trattenuta alla gilda per un po'» rispose lei, avvicinandosi. «Tieni, qualcosa per perdere il tempo» disse porgendogli il foglio di un incarico.
«Ci terrà impegnati per un po' mentre aspettiamo. Anima sembra essersi calmata, per adesso» disse lui, tornando a mordere la sua mela. Priscilla lo affiancò e si mise a sedere per aria, incrociando le gambe.
«Per quanto ancora continuerai a fare questo vita, principe?» chiese lei e Mistgun sospirò, affranto. «Quante volte ancora dovrai chiedermelo?»
«Non è mettendo toppe al cielo che riuscirai a fermare questa follia, lo sai meglio di me».
«Detto da te» sghignazzò lui, per niente turbato dalla predica.
«Ormai il mio cielo è irreparabile» sospirò lei, altrettanto tranquilla. «Devo aspettare che si strappi del tutto, così posso dargli una bella sistemata finale».
«Sono passati cinque anni e ti aspetti ancora che possa ricordare?» chiese lui, sconsolato. «Chiunque ci avrebbe rinunciato, ormai» aggiunse.
«Io non sono chiunque, credo di avertelo spiegato bene. E ormai... credo non manchi molto» confessò.
«Che intendi dire?» chiese Mistgun, curioso.
«I discorsi sull'ereditare la gilda si sono fatti più frequenti, è più irritabile. C'è stato uno scontro con Phantom Lord» spiegò.
«Sì, ne sono a conoscenza» annuì Mistgun.
«So che hai dato il tuo contributo per aiutarci, le voci sono arrivate anche da noi. Hai distrutto da solo tutte le loro sedi, davvero impressionante» sorrise Priscilla. «Ciò non toglie che la gilda ormai è da ricostruire a partire dalle fondamenta. È stata completamente distrutta, il nonno per poco non ne restava ucciso, non penso che la cosa possa averlo lasciato indifferente. Se lo conosco bene comincerà a pensare che ormai il nonno sia troppo anziano per occuparsi della gilda e che perciò questo è il suo momento. Non penso resterà con le mani in mano».
«Cosa credi succederà?» chiese Mistgun, concentrandosi sul leggero soffio di vento che gli fece svolazzare il mantello. Lei era quel vento, aveva imparato a conoscerla, bastava ascoltarlo e poteva avere la sensazione di riuscire a leggerle l'anima.
«Chissà...» sospirò lei, pensierosa. «Ma comunque io sarò lì».
Il silenzio calò tra loro per pochi istanti, ognuno perso nei propri pensieri e nelle proprie preoccupazioni. Sapevano entrambi che quell'evento avrebbe significato una svolta non solo all'interno della gilda, ma nel loro stesso rapporto. Per quanto avessero trovato quell'accordo solo per un mutuo beneficio, erano comunque entrambi portatori di un segreto che nessun'altro aveva mai ascoltato prima. Non riuscivano a definirsi amici, ma qualcosa di diverso sicuramente li legava ed era strano ora pensare che dopo tre anni  di attesa e preparazione sarebbe arrivata la fine di tutto.
«Senti, Gerard...» mormorò Priscilla, altrettanto immersa in quel soffio di vento. Era strano sentirle pronunciare il suo vero nome, avevano entrambi concordato che sarebbe sempre stato meglio chiamarlo solo Mistgun. Ma quello era un luogo sicuro, racchiuso, poteva provare ad esporsi un po' di più. «C'è una cosa che ho sempre desiderato chiederti».
«Cosa?» chiese lui, concedendole quello che sembrava un ultimo desiderio.
«Non c'erano missioni da quelle parti, quel giorno, e l'ultimo attacco di Anima era avvenuto abbastanza distante. Allora perché eri lì?»
Quel giorno, Mistgun sapeva bene a cosa si stesse riferendo. Il giorno del loro primo incontro, il giorno in cui avevano cominciato a interessarsi tanto l'uno all'altra da decidere incredibilmente di abbandonare la propria solitudine e concedersi un compagno di viaggio. Il giorno che avevano preso il loro accordo di mutuo sostegno, in previsione delle proprie grandi battaglie finali e dei loro interessi.
Priscilla, quel giorno di tre anni addietro, aveva preso dalla bacheca un incarico di effimera importanza, il minimo sufficiente a potersi pagare un tozzo di pane. Era ferma da quasi due anni, dopo il litigio con Laxus, senza nessun incarico portato a termine se non quelli necessari alla sopravvivenza. E quel giorno non era andata diversamente. Doveva semplicemente occuparsi di un piccolo gruppo di teppisti a cui piaceva definirsi "malvagi" e che avevano rubato oggetti di valore da una casa. Li aveva seguiti fino alla loro base, una casa su un albero, nascosta nella foresta, e lì aveva scoperto che erano solo in quattro. Proprio quello che le ci voleva: una missione di misero valore, senza impegno, che le desse semplicemente da mangiare. Aveva messo KO con facilità i quattro malviventi e aveva recuperato ciò che doveva in pochi minuti. Aveva appena cominciato a scendere dalla casa sull'albero, quando era arrivato anche il capo di quella banda. Un uomo nerboruto, grosso e violento. Aveva sventolato per aria la propria ascia da guerra ed era scattato subito contro Priscilla, ancora impegnata a scendere giù dalla scala. L'aveva sentito, ma era rimasta impassibile nel volto e si era mossa con estrema lentezza, pigra nel suo lavoro.
L'ascia l'aveva colpita in pieno all'altezza del polpaccio con una tale violenza da staccarle la gamba. Lei era caduta a terra, sotto le risate macabre e soddisfatte del suo aguzzino, che già aveva cominciato a ipotizzare come avesse potuto usare il corpo di quella donna a suo favore, gamba a parte.
Ma Priscilla non si era scomposta e usando il proprio vento si era risollevata, anche senza gamba, restando perfettamente in piedi. Si era guardata la ferita e il bandito aveva fatto altrettanto, sbiancando subito dopo: il sangue aveva già smesso di scorrere e la pelle, la carne, le ossa, avevano cominciato a riformarsi, ridando forma all'arto perduto.
«Ahi ahi» aveva mormorato Priscilla, sospirando. «Mi hai fatto male».
Non era nemmeno stata costretta ad affrontarlo, il malvivente aveva avuto così tanta paura di trovarsi di fronte a un mostro che era scappato senza lasciare traccia. Priscilla si era incamminata perciò verso l'uscita della foresta, mentre la gamba pian piano tornava al suo posto, ma aveva camminato lenta e attenta, consapevole di non essere sola, fino a quando non si era stancata.
«Continuerai a seguirmi per molto, o mi dirai cosa vuoi?» aveva chiesto a nessuno apparentemente, ma Mistgun era sceso da un albero a quelle parole, atterrando alle sue spalle.
«Quando ti sei accorta di me?» aveva chiesto.
«Appena la palla di lardo ha smesso di urlare. Hai il respiro pesante».
Mistgun aveva ridacchiato, prima di dire: «Sarà colpa del fazzoletto davanti al viso».
Priscilla solo allora si era voltata e aveva guardato in volto il suo interlocutore.
«Tu... sei Mistgun, giusto?» aveva chiesto, titubante. In fondo nessuno aveva mai visto quali fossero le sue sembianze, se non il master Makarov.
«Non dovresti avere difficoltà a riconoscermi, visto che fingi sempre di dormire quando arrivo alla gilda e uso la magia per addormentarvi» aveva risposto lui e allora a ridere era stata Priscilla.
«Credevo di avere doti recitative migliori» aveva confessato.
«Su di te per qualche strana ragione la mia magia non ha effetto. E ora comincio a capire perché» aveva detto guardandole la gamba che dal leggero fascio luminoso blu continuava a  ricomporsi, esattamente come nuova. «Che cosa sei?»
«Cosa?» aveva mormorato Priscilla, colta da un pensiero che l'aveva assorbita completamente. Si era abbassata a guardarsi la gamba e ancora una volta aveva sussurrato a se stessa: «Cosa sono?»
«Sì!» aveva esclamato Mistgun. «Cosa sei?» aveva ribadito, più determinato, per poi aggiungere: «E qual è il tuo scopo? Perché sei a Fairy Tail?»
«Scopo?» aveva sobbalzato Priscilla, sgranando gli occhi. Qualcosa di cui si era dimenticata ma che ora tornava a rimbombarle nella testa. «Qual è... il mio scopo? Il mio compito...» era come persa in un limbo di pensieri e ricordi, da cui faticava a liberarsi. Era come una boa, in preda a una tormenta, annegava e riesumava, veniva sbattuta e scaraventata, ma poi tornava a galla, e infine... la tormenta era sembrata cessare.
«Te lo dirò» aveva detto decisa. «Ma in cambio di qualcosa».
«Che cosa vuoi?» aveva chiesto Mistgun, dubbioso ma intenzionato ad ascoltarla.
«Addestrami».
«Addestrarti?» aveva chiesto lui, stupito.
«Dicono tu sia uno dei maghi più forti di tutta la gilda, pari addirittura a Laxus. Ti rivelerò il mio segreto più grande, ma in cambio desidero che tu mi renda più forte. Nel frattempo svolgerò per te qualsiasi incarico di cui tu abbia bisogno, sarò al tuo completo servizio. Ma addestrami, ti prego».
Aveva accettato senza troppa convinzione, ma quando Priscilla si era decisa a raccontargli la sua storia si era convinto a prendere seriamente quella richiesta. E da allora la loro collaborazione aveva avuto inizio.
«Che cosa ci facevi lì?» chiese Priscilla, tre anni dopo quel ricordo, seduti entrambi su quelle rocce sul promontorio.
«Non dormivi... ricordi?» si limitò a rispondere Mistgun, abbozzando un sorriso.
«Mi hai pedinato, allora. Come pensavo. Te l'eri proprio presa a morte, eh?» ridacchiò divertita.
«Non è per quello. O meglio, non solo...» rispose lui e Priscilla gli diede tutta la sua attenzione. «Su Edoras ho incontrato una volta Ivan Dreyar. Si portava appresso un figlio allegro, timoroso e impacciato di nome Laxus. Ma nessuna figlia femmina. C'è sempre stato qualcosa di strano in te, era come se fossi diversa da tutti gli altri, avevi una strana aura. Poi cominciai a notare che facevi solo finta di addormentarti quando arrivavo e tutte le volte che tornavate dalle missioni, tu e Laxus, nonostante lui fosse pieno di ferite tu non avevi mai nemmeno un graffio».
«Ti ho incuriosito» sorrise Priscilla.
«Sì, ammetto che ero curioso, ma anche egoisticamente speranzoso».
«Speranzoso?»
«Mi sono chiesto chi fosse la strana nipote di Makarov, ammetto di aver ficcato un po' il naso in cose che forse non mi competevano. Ivan Dreyar ebbe un primogenito maschio, questo annunciano i documenti e le testimonianze di Earthland. Un vivace bambino dai capelli biondi che si portava sempre appresso quando andava a Fairy Tail e di cui sembrava orgoglioso. Poi, cinque anni dopo la nascita di Laxus, si venne a sapere che Ivan aveva anche una figlia femmina di già tre anni ma di cui nessuno sapeva niente. Sembrava come apparsa dal nulla».
«Ho capito» mormorò Priscilla, pochi secondi dopo. «Pensavi fossi arrivata da Edoras, vero?»
«Tutti abbiamo una controparte, tranne te. Vista la stranezza del tuo potere magico, il fatto che sei come comparsa dal nulla e che non esisteva un'altra te a Edoras, sì... ho pensato che tu semplicemente fossi arrivata da lì. E volevo saperne di più».
«Mi spiace non essere stata all'altezza delle tue aspettative» disse quasi distrattamente, ma Mistgun ridacchiò divertito. Lei, con quella sua assurda verità, era andata ben oltre le sue aspettative.
Prese il foglio che lei gli aveva portato con il nuovo incarico di grado S da svolgere. Non lo guardò neanche e glielo porse indietro.
«Il tuo esame di fine addestramento» annunciò.
«Eh?» sbarrò gli occhi Priscilla.
«Pensaci tu, questa volta. È l'ultimo compito che ti do».
«Da sola?» strillò lei, già in preda al panico.
«Tuo fratello è un mago di classe S, se doveste mai scontrarvi come credi di riuscire a tenergli testa se non sei al suo livello?»
Priscilla guardò quel foglio ora sgualcito e pian piano si rannicchiò in se stessa, corrucciandosi. Era impensabile che fosse in grado di star dietro a una missione di classe S, ma il ragionamento di Mistgun non faceva una piega e questo la innervosiva.
«È questo il tuo problema» commentò Mistgun. «Continui ad appoggiarti agli altri, forse per pigrizia o forse semplicemente non hai fiducia nelle tue capacità. Prima era Laxus, ora sono io, non riesci ad assumerti le tue responsabilità e chiedi sempre aiuto. Non potrai mai vincere le tue battaglie con questo atteggiamento».
«Da’ qua!» ringhiò Priscilla, strappandogli il foglio di mano. «Ho battuto l'uomo vento da sola senza l'aiuto di nessuno, credi possa spaventarmi una cosa come questa?»
«L'uomo vento?» chiese Mistgun, non capendo, ma non ebbe risposta da Priscilla che già si era incamminata, mugolando e borbottando dal nervoso.
Mistgun la guardò andare via con un sorriso divertito sulle labbra, ma la richiamò prima che potesse sparire del tutto. Prima che la perdesse di vista per sempre, vittoriosa nella sua missione e ormai libera dal suo addestramento, doveva rivelarle un'ultima cosa.
«C'è una persona che forse potrebbe risolvere il tuo problema» e il cuore di Priscilla prese a battere come mai era successo prima. «È una mia vecchia amica. Ho sentito che ha sviluppato negli anni una grande capacità nella magia curativa».
«Credi che possa...?» chiese Priscilla, tremando per l'agitazione che quella notizia le dava.
«Non ne ho idea. Ma puoi sempre provare. È una brava persona, sono certo che se le spieghi quale sia il tuo problema farà di tutto per aiutarti».
«Chi è? Dove posso trovarla?» chiese Priscilla, agitata come non mai. Mistgun titubò un po', prima di dirle: «Porta a termine quell'incarico e io ti dirò il suo nome».
Per quanto fosse un vero e proprio ricatto, Priscilla non si lasciò turbare minimamente. Strinse il foglio dell'incarico tra le dita, tanto forte da strapparlo, e scese giù dal promontorio a grandi passi. Il vento ora sembrava più forte che mai.


Il mandante era un uomo nobile e potente, dalla corporatura massiccia e la barba ben curata. La moglie, Lady Forhead, non aveva fatto che piangere nascondendo il volto all'interno di un fazzoletto, mentre lui aveva raccontato l'accaduto: l'amato e altrettanto nobile figlioletto di appena sei mesi era sparito nel nulla durante la notte, rapito dai fantasmi sostenevano.
«Gli abbiamo rimboccato le coperte, come tutte le notti» spiegò con gli occhi vitrei per la paura che stavano vivendo in quel momento. «Abbiamo chiuso la porta alle nostre spalle e abbiamo fatto in tempo, appena, di fare qualche passo. Abbiamo poi sentito un vento gelido, degli spiriti ci hanno toccato le dico! Tutte le luci sono saltate contemporaneamente e quando sono tornate Maximilian non c'era più! I fantasmi se lo sono portato via!» piagnucolò. «I fantasmi del Bosco dei Sussurri sono venuti a prenderlo».
«Cosa vi fa credere che siano stati proprio loro?» chiese Priscilla, che ormai da tempo aveva smesso di credere ai fantasmi e certo non si sarebbe lasciata convincere da tali superstizioni.
«In che altro modo può sparire un bambino di sei mesi se non rapito dai fantasmi?» brontolò Sir Forhead, furioso per il fatto che la maga non gli credesse. Fu la Lady a intervenire e spiegare: «Da qualche tempo dicono che sentono arrivare degli strani sussurri dal bosco a est della città e da quando hanno cominciato a sentirli, sono cominciati a sparire i bambini dal paese. In molti hanno provato ad addentrarsi lì dentro per andare a cercarli, ma nessuno ha mai fatto ritorno. È un luogo stregato e maledetto! La prego, riporti a casa il nostro Maximilian».
Priscilla si era alzata in piedi e aveva annunciato con sicurezza: «Certo!» prima di farsi indicare la strada per la stanza del piccolo Maximilian. Non appena entrò potè sentire distintamente un forte odore di pioppi e pini, il che era veramente strano visto che il bosco si trovava poi non così vicino da far sentire in quel modo il suo odore. Oltretutto il vento tirava in direzione contraria.
"Che abbiano ragione?" pensò rendendosi conto come effettivamente gli indizi portassero a quel bosco. Si avvicinò alla finestra aperta e provò a cercare tracce di effrazione o il passaggio di chiunque avesse preso e portato via il bambino. Le coperte erano ancora ben fatte, con solo una piccola gobba rigonfia laddove il bambino aveva riposato. A terra o sulla finestra non c'erano tracce di scarpe, nonostante la sera del rapimento avesse piovuto a dirotto e certamente i vestiti del rapitore non potevano essere asciutti e puliti se era entrato dalla finestra. Sembrava come se il bambino all'improvviso si fosse messo a volare e fosse stato portato via in quel modo. E quel forte odore di alberi ancora non le lasciava le narici.
"Viene davvero da pensare ai fantasmi" rifletté guardando la giostra appesa sopra il lettino di Maximilian, dove ciondolavano pigramente dei fiori e delle farfalle. Si sorprese di trovarli perfettamente immobili, nonostante la finestra aperta sembrava non ci fosse un alito di vento...eppure lei su di sè lo percepiva, e portava l'odore del bosco. Si avvicinò alla giostra e accarezzò con la punta delle dita una di quelle farfalle.
«Lui amava quella giostrina» disse la Lady, colta da un singhiozzo.
«Il vostro Maximilian sa già gattonare?» chiese insistendo nello strofinare la farfalla tra le dita.
«Sì, aveva cominciato a imparare da poco ma non può essere andato via da solo: porta e finestra erano chiuse ed è tutto successo nel giro di qualche breve istante» rispose il padre, mentre la madre era ancora impegnata a singhiozzare all'interno del suo fazzoletto.
«Credo andrò a dare un'occhiata a quel bosco» annunciò Priscilla, lasciando finalmente in pace la farfalla e uscendo dalla stanza.
«Sono in molti ad essersi addentrati lì dentro, in cerca dei loro bambini, ma mai nessuno ne è uscito. Quel bosco è pericoloso, ma non ho dubbi che per un mago di alto calibro di Fairy Tail sarà solo una passeggiata» disse speranzoso Sir Forhead e questo fece sorridere Priscilla. Come l'avrebbero presa se avesse loro rivelato di non essere di classe S, ma che era sempre stata solo un'assistente? Decise era meglio tenere per sè quell'informazione e si limitò a dire, speranzosa: «Riporterò a casa vostro figlio».
«Gliene siamo immensamente grati» rispose il Sir, aprendole la porta per permetterle di andarsene.
«Sarò di ritorno tra non molto. Abbiate cura di voi nel frattempo e siate speranzosi! A presto!» salutò Priscilla, incamminandosi lungo il viale tra i giardini, fino all'immenso cancello che delimitava la loro incredibile proprietà. Fuori da esso si apriva il paese, allegro e vivace nonostante stanziasse vicino a un bosco della morte.
"C'era traccia di potere magico" rifletté Priscilla, guardandosi le dita con cui aveva toccato le farfalle della giostrina. "Altro che fantasmi, qui si parla di un vero e proprio delinquente".
A testa bassa, pensierosa e concentrata, cercava di rimettere insieme tutte le informazioni che aveva per risolvere quel mistero e nel frattempo camminava lungo la strada affollata di gente, diretta al sentiero che avrebbe poi portato al temibile Bosco dei Sussurri. Una figura scura le passò improvvisamente fin troppo vicino, fino a sfiorarla, e attirò per questo la sua attenzione. Alto, muscoloso, capelli biondi tirati verso l'alto, una giacca scura sulle spalle e un odore fin troppo familiare.
"Laxus?" pensò in un sussulto, alzando la testa e voltandosi a cercarlo.
Era lui, ci avrebbe scommesso, poteva riconoscerlo tra mille. Ma la strada alle sue spalle risultò vuota se non per i volti sconosciuti delle persone del paese.
Possibile se lo fosse immaginato?
Perché mai la mente aveva voluto ingannarla in un momento come quello?
«Che sia colpa di questi ultimi eventi?» mormorò, tornando sui suoi passi. L'aveva incrociato due volte in pochi giorni e in uno di questi era persino riuscita a parlargli. Da quanto tempo non gli parlava? Forse erano passati mesi, se non un anno intero, dall'ultima volta che l'aveva incrociato ed era riuscita a rivolgergli la parola. E nonostante tutti quegli anni, serbava verso di lei ancora del folle rancore. Sentirlo, e soprattutto sentirlo rivolgersi a lei in quel modo così astioso e violento, le aveva dato dei brividi che da molto non provava più.
«Non è certo questo il momento di pensare a lui!» si rimproverò, uscendo finalmente dal paese. Rallentò i propri passi e timidamente si voltò di nuovo, a guardarsi le spalle. Eppure avrebbe giurato di averlo visto.
Si ricompose rapidamente, sforzandosi di tornare padrona della sua razionalità, e infine percorse gli ultimi metri che la portavano all'inizio del bosco. A vederlo da fuori non sembrava avere niente di strano: il vento scorreva tra le foglie, poteva sentire il cinguettio degli uccellini, il ronzio degli insetti. Era un normalissimo bosco come altri, eppure c'era qualcosa che la turbava. Si avvicinò di qualche passo e finalmente potè cominciare a sentirli, quei sussurri che gli davano il nome. Si mescolavano al vento ed erano tanto flebili che non riusciva a distinguerne le parole. Sembrava una cantilena, un mantra.
«Un incantesimo...» riuscì a capire con facilità. Qualcuno stava recitando un incantesimo, probabilmente lo stesso qualcuno che rapiva i bambini nella notte. Non aveva altra scelta, però, se non entrare e andare a cercarlo.
Iniziò a camminare tra i sentieri, silenziosa e attenta, ascoltando la voce che sussurrava nel vento e cercando di concentrarsi su di lei. Più entrava all'interno, più sembrava farsi insistente e forte, e probabilmente era quello il segno che si stesse avvicinando. Voci di bambini iniziarono a unirsi a essa, spensierati, ma sempre distanti e flebili tanto da essere irriconoscibili. Li sentiva parlare, senza capirne le parole, e li sentiva ridere.
«Fa certamente venire la pelle d'oca» rifletté, continuando a camminare verso dove sentiva aumentare quelle voci: non era difficile capire in che modo avesse convinto gli abitanti del paese a dare a quel bosco quel macabro nome e quella terrificante leggenda sui fantasmi. A un certo punto la voce si abbassò improvvisamente, come se avesse varcato la soglia di una porta e se la fosse richiusa alle spalle. Si guardò attorno, sorpresa, e provò a rifare un passo all'indietro, notando come invece quella volta non avvenne nessun cambiamento: era calato un tetro silenzio improvviso. L’inquietudine aumentò quando si rese conto di essere appena sbucata su un sentiero che aveva già percorso in precedenza.
"Sono tornata indietro?" si chiese incredula di aver perso così tanto il senso dell'orientamento. Si voltò e ripercorse i suoi passi, decisa a cambiare direzione e ritrovare quella che sembrava la strada giusta, ma sbucò in un’altra parte di bosco, mai visitata prima.
«Non sono passata di qua, prima» mormorò, sempre più sorpresa. I sussurri avevano ripreso a soffiarle nelle orecchie, ma erano ancora flebili e distanti. Intraprese quel nuovo percorso, sforzandosi di stare maggiormente attenta alla direzione che stava prendendo e riprese a seguire l'intensità dei sussurri. Vagò a lungo, senza riuscire a trovare niente, fino a quando non risbucò un'altra volta su un sentiero già percorso.
«Ho di nuovo perso la strada... possibile?» cominciò a capire perché chi entrasse al suo interno non facesse più ritorno. «C'è qualcosa che non va in questo bosco».
Rendendosi conto di aver perso completamente l'orientamento, decise di alzarsi in volo e andare oltre il tetto degli alberi, per guardare dall'alto dove fosse il paese e ritrovare così la strada. Ebbe un tuffo al cuore quando si trovò davanti quell'incredibile immagine: il bosco si allungava fino all'orizzonte, in qualsiasi direzione, senza variazione di alberi, forma o terreno. Era una piana distesa di foglie e rami tutti uguali tra loro che sembravano aver inghiottito il mondo intero.
Era ovvio che non poteva essere così, perciò non le fu difficile arrivare alla conclusione che l'incantesimo recitato dai sussurri l'aveva appena fatta prigioniera.
«In fondo, era ciò che volevo» mormorò, scendendo nuovamente a terra. «Ora sta a me riuscire a trovarti» e chiudendo gli occhi inspirò a fondo, cercando di annusare l'odore di quell'aria nella speranza di trovare un indizio qualsiasi. C'era qualcosa di strano, un odore pungente, acre. Probabilmente era l'odore di qualche frutto maturo, magari schiacciato al suolo, ma era tutto troppo strano e lei doveva fare attenzione a qualsiasi indizio.
Decise di seguire quell’unico odore che sentiva, unico segnale, e lasciò perdere la sua mappa mentale per ritrovare la strada: da quel momento si sarebbe affidata solo ai sensi e al suo istinto. Camminò per ore, inseguendo voci, odori, sensazioni, ma sembrò non arrivare da nessuna parte e intanto qualcosa le premeva sul petto.
Nonostante l'aria fosse il suo elemento, nonostante avesse un pieno controllo sul mondo intorno a sé, era come se le mancasse l'ossigeno. Ansimava e respirava a fatica. I muscoli cominciarono a dolerle, a perdere di tono, e camminare si fece sempre più difficile.
«Maledizione, ci sto mettendo troppo» mormorò, sempre più affaticata. «E questo bastardo sta avendo il tempo di prosciugarmi».
Una magia che si nutriva del potere magico, non poteva essere che quello. Riusciva a sentirla l'energia, la magia, la sua stessa vita che pareva scorrerle via dai pori della pelle come sudore. Si costrinse a fermarsi un attimo e chinandosi in avanti appoggiò i palmi delle mani sulle propria ginocchia, ansimando.
"Devo trovare il modo di farlo uscire allo scoperto" pensò allarmata. Aveva sperato che facendosi inghiottire volontariamente prima o poi si sarebbe trovata faccia a faccia con chiunque stesse facendo tutto quello, ma disgraziatamente aveva invece scoperto che tutto ciò che lui stava facendo era solo giocare. E più andava avanti e più aveva la sensazione di impazzire, con tutte quelle voci nella testa e le risate dei bambini. Fece un lungo sospiro e cercò dentro sé la forza di concentrarsi e riprendere a camminare, per cercarlo.
"Non vuole farsi trovare" digrignò i denti, sentendosi impotente. Doveva trovare una soluzione e doveva farlo alla svelta. Si guardò una mano, tremolante. La punta delle dita cominciava a sbiadire, come se stesse scomparendo nel nulla.
"Una magia che risucchia potere magico" rifletté, preoccupata. Per lei, il suo potere magico, era la sua esistenza. Se glielo prosciugava sarebbe morta. Non ne avrebbero mai trovato nemmeno il cadavere.
"Il cadavere" rifletté, colta da un'intuizione. Decine di persone prima di lei erano entrati in quei boschi per cercare i bambini rapiti e sicuramente tutti avevano fatto la sua stessa fine: a vagare fino a quando non sarebbero morti di stenti. Eppure nonostante ore e ore di cammino, non aveva trovato nemmeno l'ombra di un cadavere, nonostante avesse scovato qualche segno del loro passaggio. Aveva notato graffi sui tronchi, gingilli abbandonati a indicare la via, piccoli accenni di focolai accesi forse per riposare.
"Dove vanno a finire tutte le persone che entrano qui dentro?" si chiese.
Si rialzò e trascinando i piedi tornò a vagare e camminare, imperterrita, decisa a seguire il suo piano. Doveva trovarlo, prima di morire. E vagò per almeno altre due ore, sempre più pesante, sempre più affaticata, sempre più disperata.
«Merda» urlò, inciampando sui suoi stessi passi e cadendo a terra. Provò a sollevarsi su di un gomito e tirarsi su. «Mistgun... credo di avere qualche problema» disse tra sè e sè, pian piano che un'idea cominciava a farsi strada nella sua mente. Non era tagliata per quella missione, stava morendo e non era riuscita a fare niente di utile, neanche trovare un indizio.
«Non credo di poter resistere ancora a lungo» digrignò i denti, mentre cercava di alzarsi. «Mistgun!» chiamò, sperando che in qualche modo lui avesse potuto sentirla. «Gerard!» insistè, riuscendo ad alzarsi e provando a barcollare ancora più avanti. La testa le girava impazzita e ormai era anche difficile concentrarsi su dove andare e che strada seguire. «Dico sul serio, Gerard! Non sono... non sono capace! Non sono pronta! Gerard!» chiamò sempre più forte, mentre il panico cominciava a prenderle il cuore. Se lei moriva, come avrebbe potuto svolgere il suo compito? Che ne sarebbe stato di Laxus? Della gilda? Di suo nonno? Aveva accettato quella missione, aveva accettato di mettersi alla prova, ma sapevano entrambi che lei non era una maga di classe S. Aveva esagerato a mandarla da sola.
Urlò, cadendo nuovamente a terra.
«Gerard… perché mi hai mandata sola?» mormorò ormai, con un filo di voce. Si appoggiò sulle mani, per cercare di rialzarsi, ma la terra gli mancò sotto quella sinistra e cadde su di un fianco. Confusa, si guardò il braccio: l'intera mano sinistra era ormai scomparsa, dissolta, prosciugata da quell'incantesimo che sembrava risucchiarla e cibarsi di lei. Sbarrò gli occhi, panica nel volto, e il cuore prese a martellare impazzito nel petto.
«G...erard...» mormorò tremando. «Aiutami...».
«Priscilla» una voce la chiamò, chiara e netta, al contrario di tutti quei sussurri che la stavano facendo letteralmente impazzire. Ma non era la voce di Mistgun, la riconosceva. Si voltò, facendo cadere la testa da un lato, stesa a terra com'era. Gli occhi si spalancarono di fronte a quell'immagine e il cuore cominciò a battere così forte che ne potè sentire il rimbombo nelle orecchie.
«Laxus?» chiese, nascondendo rapidamente la mano semi-sparita. Laxus si corrucciò, in un modo fin troppo familiare.
«Finalmente ti ho trovata» sospirò, più nervoso che sollevato.
«Trovata?» chiese Priscilla, confusa.
«Mistgun mi ha detto che eri qui. Questo posto è pericoloso, che diamine pensava quell'idiota quando ti ha mandato da sola?» ringhiò avvicinandosi a lei. Allungò una mano nella sua direzione, abbassandosi per riuscire a raggiungerla. «Riesci ad alzarti?» le chiese e lei annuì, perplessa, sorpresa, ma emozionata come poche volte lo era stato. Allungò la mano destra e afferrò la sua, facendosi aiutare per alzarsi in piedi.
«Riesci ancora a camminare?» le chiese, facendo qualche passo. Lei annuì e stringendogli ancora la mano cominciò a camminargli dietro. «Andiamo, ti porto via da qui» annunciò Laxus, camminando un passo davanti a lei. Nonostante questo, non lasciò la sua presa e continuò a tenerla per mano. Era diventato più grande, in quei cinque anni. Ora la sua presa le avvolgeva quasi del tutto le dita, la differenza tra loro era sorprendente, ma il calore... quello non era cambiato e lei non l'aveva dimenticato. La pelle si era inspessita, era diventata più ruvida e grezza. Doveva immaginarselo: ormai era diventato un uomo. Quanto erano cresciuti, entrambi, in quei cinque anni di separazione. Quanto era diventato grande e forte, lontano dal proprio abbraccio, ma sotto i suoi occhi che sempre andavano a cercarlo. Avrebbe voluto dirgli che le era mancato, ma temeva che così facendo quell'incanto sarebbe svanito facendolo tornare il solito iracondo, burbero e rancoroso Laxus del giorno prima. Voleva goderne, fintanto che c'era, e si limito e stringere con timidezza quella grossa e decisa mano che sembrava non essere intenzionata a lasciarla andare. E rossa in volto per l'emozione, smise persino di guardare la strada che stavano percorrendo, concentrandosi solo sul profilo del fratello che camminava appena davanti a lei. Era diventato più alto, i lineamenti più marcati. Aveva abbandonato la bellezza della gioventù acquistando il fascino di un uomo ormai adulto. Chissà quante donne, ora che era persino famoso, sognavano quel volto. Quel pensiero la fece sorridere.
Una risata di bambini, questa volta più forte di quelle sentite fino a quel momento. Riuscì a distinguerne la provenienza, non erano nella sua testa, ma reali proprio di fronte a lei. Distolse lo sguardo dal volto di Laxus e guardò davanti a sé, dove ora si apriva una piccolissima radura. Laxus si fermò al suo margine e guardò anch'egli ciò che aveva davanti.
Due bambini giocavano al suo centro, seduti l'uno di fianco all'altro. Uno biondo, dal sorriso aperto e lo sguardo entusiasta, raccontava una storia sui draghi usando dei giocattoli per simularne il volo e l'attacco a una città immaginaria. La bambina mora sedeva al suo fianco, più timida e silenziosa, quasi intimorita, ma gli angoli della bocca erano leggermente tirati verso l'alto e guardava con interesse i giochi del bambino accanto a lei. Priscilla non sembrò sorprendersi, ormai stava impazzendo del tutto, non c'era da meravigliarsi se uno dei suoi ricordi più belli avesse preso improvvisamente forma e si aprisse davanti ai suoi occhi in un’allucinazione. Laxus, in quelle sembianze, aveva appena otto anni, mentre lei sei.
«Arriva il drago mangiauomini!» dichiarò il Laxus bambino, mentre faceva volare il proprio pupazzo contro alcune costruzioni che aveva disposto con attenzione di fronte a sé. «Oh, no, sta distruggendo la città! Magnolia è in pericolo, c'è bisogno di aiuto!» e fece alcuni versi, imitando ringhia e ruggiti, mentre continuava a buttare giù finti palazzi e finte case. «Chiamate i maghi di Fairy Tail! Chiamate il migliore!» continuò ad esclamare, mentre la Priscilla bambina vicino a lui si portava timida una mano alle labbra per soffocare una risata.
«Chiamate il mago Laxus Dreyar!» intervenì lei, con una voce nettamente più bassa, ma non per questo meno divertita. Il bambino saltò in piedi e si drizzò fiero, alzando il mento verso il cielo e le mani piantate ai fianchi.
«Eccomi qua, pronto a salvare il mondo insieme alla mia incredibile assistente!» annunciò lui, allungando una mano verso la bambina. La Priscilla bambina arrossì e finalmente si tolse le mani dalle labbra, scoprendo un sorriso tanto luminoso da farle brillare gli occhi. Il Laxus bambino sorrise a sua volta tanto forte che fu costretto a socchiudere gli occhi. La piccola Priscilla afferrò la sua mano e si alzò in piedi, aiutata dal fratellino, e sull'onda della sua euforia esclamò: «Andiamo, Dio del tuono!»
«Che soprannome fighissimo!» esclamò il Laxus bambino, illuminandosi, per poi tornare nella parte. «Sono pronto, Dea del vento!» esclamò.
«I fratelli Dreyar spazzeranno via il male da questo mondo!» esclamò la Priscilla bambina, imitando i gesti dei fratello.
«Eccoli che entrano in azione!» disse il Laxus bambino, cominciando a correre e saltare tutto intorno, facendo finta di schivare ostacoli. Continuò a portarsi dietro Priscilla, tenendola ben salda per mano. «Fa' attenzione, sorellina! Il drago può sputare fuoco!»
«Lo spazzerò via con il mio vento!» disse lei, imitando il gesto di una magia che diede vita a un flebile spiffero.
«E adesso tocca a me dargli il colpo di grazia! Potere dei fulmini!» esclamò, saltando su di una sedia a braccia tese per imitare un colpo che mai venne sparato. Il piccolo Laxus scivolò nel salto e cadde all'indietro, facendo saltare in giro tutte le costruzioni che imitavano le case di Magnolia. La bambina Priscilla lo guardò preoccupata, correndo al suo fianco e chiedendogli: «Ti sei fatto male?»
«Che botta» mormorò lui, massaggiandosi la schiena dolorante. Ma, a parte quello, si risollevò tranquillamente e questo fece rasserenare la sorellina. La piccola Priscilla si voltò a guardare le costruzioni ormai sparpagliate ovunque e con un sorriso divertito alzò le braccia al cielo ed esclamò: «Il Dio del tuono ha distrutto l'intera città con la sua potenza per uccidere il drago! Fairy Tail combina ancora disastri! Oh no, il nonno sarà costretto a pagare una salata multa per colpa sua!»
Il piccolo Laxus sobbalzò allarmato e guardando le costruzioni disse terrorizzato: «No, non ditegli niente!» e a quell'affermazione la piccola Priscilla scoppiò a ridere senza riuscire a controllarsi. Il fratellino la guardò per qualche secondo, ancora allarmato, poi si fece coinvolgere dalla sua ilarità e spalancando la bocca diede vita a una risata ampia e fragorosa.
«Dunque è qui che conduci tutte le tue vittime» disse la Priscilla adulta, ancora ai margini della radura mano nella mano con Laxus del presente. Laxus si voltò verso di lei, sorpreso e forse confuso. Si trovò davanti al viso la mano sinistra di Priscilla, ora tornata esattamente al suo posto. Non ebbe tempo di realizzare cosa stesse accadendo che lei diede vita a un getto d'aria tanto potente che avrebbe potuto staccargli la testa dal collo, ma lui fu di riflessi abbastanza pronti da alzare la braccia per difendersi e saltare indietro. Il getto lo colpì al petto invece che al viso e lo scaraventò contro un albero, facendogli sbattere la schiena. Il mondo intorno a lei ebbe come una sorta di distorsione, ogni cosa ondeggiò per qualche istante, ma tornò tutto normale in poco tempo. Laxus teneva ancora un braccio a coprirgli gli occhi e parte del viso, ma Priscilla potè vedere le sue labbra tirarsi in un ghigno. I bambini, che erano stati la sua infanzia, si dissolsero come sabbia nel vento e ora restavano solo loro due.
Si alzò, si raddrizzò e quando si scoprì il viso priscilla poté distintamente notare come quelli non fossero i veri occhi di Laxus. Oltre alla forma e alla luce che trasmettevano, completamente diversi, erano di colore viola con all'interno disegnati dei cerchi magici. Nonostante questo, continuò a essere lui nella forma, nell'odore, nella voce e nelle movenze.
«Pensavo di avertela divorata quella mano» ghignò.
«Questo è quello che ti ho lasciato credere» rispose Priscilla, senza scomporsi.
«Stai bluffando! Riesco a percepirti, sei al limite» ridacchiò Laxus, convinto.
«Sì, sono esausta, questo è vero, ma non abbastanza da impedirmi di prenderti a calci. Era una messa in scena per costringerti a venire allo scoperto» rivelò lei e Laxus la guardò dubbioso, ma comininciando a capire. «Ti stavi cibando di me, del mio potere, e presto sarei morta» spiegò Priscilla. «Io come chiunque altro prima di me, eppure non c'erano cadaveri sulla strada nonostante avessi trovato tracce del loro passaggio. Così ho capito che in qualche modo, a un certo punto, probabilmente sul punto di morte o proprio da morti, intervenivi per prelevare i loro corpi. Non riuscivo a trovarti e ho capito subito che sarebbe stato impossibile, visto che continuavi a modificare la mappa del bosco nella mia testa per costringermi a pensare di trovarmi in un labirinto. Perciò ho deciso di invogliarti a venire tu da me. Certo non mi sarei aspettata di trovarmi di fronte alla copia sputata di mio fratello, mi hai preso di sorpresa, lo ammetto, ma questo ha dato conferma alla mia ipotesi» e sorridendo, si mise in posizione per iniziare un eventuale combattimento. «Usi la mente delle persone, prelevi loro magia, ricordi, emozioni e fai in modo che siano loro a venire da te e non tu ad andare da questi. Hai fatto lo stesso con Maximilian, hai usato le farfalle che a lui piacciono tanto per attirarlo nel bosco e nel frattempo hai storpiato la coscienza di suo padre per fargli credere che fosse passato solo qualche secondo, mentre in realtà il bambino ha avuto tutto il tempo di gattonare sotto ai suoi occhi e arrivare qui».
"Suo padre".
Laxus digrignò i denti, sentendo che un segreto importante era stato scoperto. Priscilla notò la sua espressione e sorrise, decisa: «Beccata! Avevo ragione anche su questo, allora. Tu sei la madre di Maximilian, Lady Forhead!»
«Sta' zitta!» gridò lui, caricandosi di elettricità. Allungò una mano verso di lei e sparò una vera e propria saetta. Priscilla saltò appena in tempo, aiutandosi con la magia del vento per raggiungere una quota sicura. Piroettò e atterrò nuovamente.
"Riesce a imitare anche la sua magia?" si chiese nel momento in cui il finto Laxus provò nuovamente a colpirla. Corse via, girando in tondo e schivando il colpo. Ma la saetta si rivelò più veloce e per poco non la colpì, costringendola di nuovo a usare la magia per saltare e schivare. Quando atterrò ebbe un cedimento e barcollò, cadendo quasi a terra, ma riuscì a rialzarsi subito. Non in tempo però per evitare un'altra scarica elettrica che la colpì in pieno e la fece contrarre per il dolore.
Si inginocchiò, priva di forze e smossa da un dolore lancinante al petto colpito. Fumava, i vestiti erano stracciati e lasciavano intravedere al di sotto una pelle arrossata, aperta in alcuni punti da dove usciva il solito fascio di luce blu che presto l'avrebbe richiusa.
"Fa male esattamente come quello vero" realizzò, ansimando ad ampie boccate.
«Parli molto» ridacchiò Laxus. «E sei stata furba, lo ammetto. Ma il tuo potere è debole comunque, non puoi battermi» per un attimo gli occhi tornarono ad essere quelli del vero Laxus e assunse in tutto le sue sembianze, prima di pronunciare con un ghigno superiore: «Non mi hai mai battuto».
"Ho capito!" realizzò in quel momento Priscilla, alzando la testa verso di lui.
«Che succede, sorellina?» sghignazzò Laxus, notando lo sguardo di Priscilla e interpretandolo come paura e sgomento. «Hai smesso di sorridermi, nonostante avessi promesso di farlo in qualsiasi occasione?»
Priscilla venne colta da una furia incontrollabile. Lui non era Laxus, anche se aveva il suo aspetto, la sua voce, il suo odore, lui non era Laxus. Come osava approfittare così delle sue debolezze? Dei suoi sentimenti? Cosa osava usare la sua voce contro di lei? Si alzò e gli corse incontro, pronta a colpirlo con tutta la forza che aveva. Laxus caricò il colpo, portando indietro la testa, e infine sparò: «Ruggito del drago del fulmine!»
L'ondata di elettricità sprigionata colpì Priscilla in pieno, travolgendola e facendola per un istante sparire alla vista, avvolta dai fulmini. Laxus guardò il suo operato, soddisfatto, ma ebbe un sussulto quando vide Priscilla immobile di fronte a sé, indenne, ancora nella posizione della corsa. Era come se il colpo le fosse passato attraverso, ma la sorpresa raggiunse l'apice quando questa cominciò a dissiparsi in un’onda e pian piano svanire come un’immagine di fumo che veniva spazzata via.
«Anima del vento» la voce provenne dalle sue spalle, quando ancora l'immagine, seppur sbiadita, di Priscilla era sempre di fronte a lui. Si voltò e la vide in volo, capovolta in quello che era la posizione di arrivo di un salto che l'aveva portata in salvo. La sua mano a un palmo dal suo naso, la guardava sconvolto. Come poteva essere in due posti contemporaneamente? Che avesse usato una magia dell’illusione anche lei?
Un altro soffio di vento dalla pressione immensa nacque dal palmo della sua mano e, ancora una volta, avrebbe potuto ucciderlo brutalmente. Ma anche lui parve dissiparsi, scomparendo in uno dei suoi fulmini e schivando il colpo. Riapparve poco distante, sorridendo orgoglioso e soddisfatto per l'incredibile schivata.
«Ci avevi quasi pr...» non terminò la frase, che Priscilla urlò ancora: «Tornado!»
Un tornado nacque su di lei e in un istante si allargò con una tale potenza da sradicare una decina di alberi intorno a sé. Laxus, di fronte a lei, si dissolve e così la radura in cui stavano combattendo. La voce di Lady Forhead finalmente si fece sentire per com'era veramente, in un urlo di dolore e sorpresa, e Priscilla atterrò così su un marcio terreno ricoperto di sangue e cadaveri.
«Abbiamo combattutto sopra di loro fino ad ora» mormorò furibonda, sollevandosi da terra e galleggiando, per evitare di calpestarli. Lady Forhead era ora a terra, appoggiata a un masso a circa sette metri di distanza, dalla parte opposta rispetto a dove si era trovato Laxus prima di sparire.
«Come...» mormorò, confusa. Provò ad allungare una mano e per un istante il mondo intorno a Priscilla parve ondeggiare, mentre ancora una volta la bella radura sembrò prendere il posto di quel cimitero allo scoperto. Priscilla fu più veloce e puntando verso di lei una mano chiuse la donna in una bolla d'aria che la sollevò da terra.
«Modifica pure la mia percezione, è l'unica cosa che sai fare, ma ormai io so di averti in pugno e anche se ai miei occhi mostrerai qualcosa di diverso non mi impedirai di svuotare quella bolla del suo ossigeno e ucciderti» le disse, facendola tremare per la paura.
«Puoi… fare una tale cosa?» balbettò la Lady, sconvolta.
«Posso fare tante cose» disse Priscilla avvicinandosi a lei. «Ma tu questo non lo sai perché non riesci a prendere il possesso totale della mente delle persone. Non manipoli le loro sensazioni a loro piacimento, ma le manipoli secondo una regola precisa. Riesci a prelevare e usare per le tue illusioni solo tutti i ricordi che in qualche modo sono stati legati all’emozione della paura».
La Lady non rispose, ma i suoi occhi terrorizzati lo fecero per lei.
«L'immagine di Laxus che mi hai regalato era sì simile alla recente, perché proprio ieri io e lui ci siamo incrociati e questo ha smosso dentro me l'emozione della paura che ti ha permesso di impossessarti di quel ricordo. Ma, a parte nell'aspetto e nel carattere, era il Laxus di molti anni fa quello contro cui mi hai fatto combattere. Il Laxus dei miei ricordi più spaventosi. La sua magia era quella di un tempo, nella forma e nella potenza, il dolore che sentivo per i suoi colpi non era reale, era solo un’illusione legata a ciò che io ricordavo del suo potere. Ma hai sottovalutato una cosa importante: siamo cresciuti. Io sono cresciuta, posso usare magie differenti che un tempo non conoscevo e per questo quando ho usato il Mirage, la magia del Miraggio che ho imparato solo un anno fa e che mi ha permesso di ricreare la mia immagine di fronte a te come un’illusione, sei rimasta sorpresa. I ricordi che tu hai potuto prelevare dalla mia memoria, i ricordi legati a Laxus, vengono tutti da almeno cinque anni fa, prima che smettessimo di parlarci. Probabilmente proprio per questo se ieri io e lui non ci fossimo scontrati, mi avresti mandato un’immagine di Laxus più giovane, un’immagine di allora. Io sono più forte e sicuramente anche lui è più forte, oggi. Per questo ho capito che anche le sue magie e il dolore dei suoi attacchi erano solo un'illusione, che non c'era nessuno davanti a me che stava realmente combattendo. Il tuo potere è insinuoso e potente, ma proprio per questo nel fisico sei invece debole e ti sei tenuta a debita distanza mentre io prendevo a pugni un fantasma e soffrivo per dei colpi ricevuti invece molti anni fa. Ho usato un attacco ad ampio raggio per scovarti in un momento in cui non potevi scagliarmi contro il mio fratellino immaginario ed ora eccoti qui, tu e questa povera gente che ci ha provato prima di me» disse lanciando uno sguardo a tutti i corpi senza vita che giacevano ai suoi piedi. «Maximilian non ha mai amato quelle farfalle, ne è invece sempre stato terrorizzato, e per questo sei riuscita a fargliele vedere e spingerlo verso il bosco. Il Signor Forhead invece deve aver paura dei fantasmi e probabilmente è un uomo molto influenzabile, si è lasciato convincere dalle voci su questo bosco, perciò gli ha fatto credere che un fantasma del bosco avesse rapito suo figlio e gli hai fatto sentire il vento gelido addosso o vedere le luci che si spegnevano e si riaccendevano da sole. Scommetto che hai cercato di opporti quando lui ha proposto di rivolgersi a Fairy Tail per risolvere il caso. Non a caso ti sei tenuta a distanza da me mentre lui mi spiegava la faccenda e con la scusa delle lacrime nascondevi il tuo volto nel fazzoletto per paura che potessi vedere la magia nei tuoi occhi».
Un ghigno sul volto della donna confermò le sue parole.
«Avevo pensato di mandarti via con qualche scusa, di usare le tue paure per chiudere la faccenda e allontanarti, ma poi ho sentito questo incredibile potere magico arrivare dal tuo corpo. Non potevo lasciarmelo sfuggire» disse Forhead leccandosi le labbra.
«Ti cibi del potere magico altrui» osservò Priscilla, ora convinta della sua intuizione.
«L'incantesimo dell'eterna giovinezza, una volta iniziato non si riesce più a smettere, è estasiante. Usa la magia come fonte di rinvigorimento, più ne mangio più la mia vita si allunga e resto eterna. Certo, è una magia complessa, e come tutte le magie proibite richiede dei piccoli sacrifici» disse abbozzando un sorriso.
«I bambini...» mormorò Priscilla, cominciando a capire. «Rubi a loro la vita per darla a te».
L'idea faceva venire la pelle d'oca, esisteva al mondo persona più spietata? Come si poteva uccidere dei bambini solo per il capriccio dell'eternità? Del potere? Perché al mondo esistevano persone che non permettevano agli altri di vivere la propria vita, senza provare ad appropriarsene per i loro scopi? Domande e pensieri che non fecero che aumentare la rabbia dentro di lei.
«La gente del paese cominciava a parlare troppo, terrorizzati dalla scomparsa dei bambini cercavano un colpevole e quando i poveri vengono colpiti sono i ricchi i primi a cui danno la colpa» disse ancora la Lady, prima di portarsi panica le mani alla gola ora improvvisamente chiusa. Sbarrò gli occhi, spaventata, puntandoli sul volto furioso di Priscilla che ora stringeva le dita della mano con cui l'aveva chiusa nella sua magia.
«Hai ucciso tuo figlio così da non essere sospettata. Scommetto che ne hai anche approfittato per prenderti i suoi anni, non è così? Vile creatura» ringhiò Priscilla osservando la Lady che ora si dimenava e spalancava la bocca in cerca di un’aria che non aveva più. «Meriteresti l'estinzione, tu come tutti quelli che credono di poter usare i figli a loro piacimento!»
Una frase che andava ben oltre quel semplice accaduto, Lady Forhead che poteva leggere e manipolare le paure degli altri riuscì a percepirlo sulla pelle il dolore e il terrore che portavano con sé quella frase. Qualcosa del suo passato la stava accecando e non si sarebbe fatta scrupoli ad ucciderla per quello. Ora la paura poté sentirla dentro sé e non era quella di Priscilla, ma la propria. Sarebbe morta, lo sapeva, la ragazza non avrebbe avuto rimorsi e l'avrebbe uccisa accecata dalla sua ira. Poteva sentire i polmoni scoppiare e l'immagine del volto corrucciato dalla follia di Priscilla sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe visto.
Ma sorprendentemente tutto si placò e lei poté tornare a respirare come prima. Priscilla aveva chiuso gli occhi e ora respirava lentamente, rilassando i muscoli e cercando di calmarsi.
«Ti consegnerò al Concilio della Magia» disse con una calma incredibile. «Ai membri di una gilda è proibito assassinare le persone, anche se si tratta di criminali. Decideranno loro la tua sorte» annunciò prima di sollevarsi in volo e portare con sé, sempre dentro la sua bolla, la Lady imprigionata.
Ora che il suo incantesimo era finito, Priscilla potè notare come quel terribile bosco infinito non fosse altro che un minuscolo raggruppamento di alberi di appena qualche metro, abbastanza profondo da poter nascondere dei corpi uccisi, ma non poi così esteso da potercisi perdere all'interno. La magia illusoria di quella donna era davvero incredibile.
«Aspetta» mormorò la Lady, arrendevole. Senza proferire parola, si limitò a indicare un grande albero al centro del bosco. «Non ho avuto il coraggio di ucciderlo. Non lasciarlo lì… riportalo da suo padre».
Priscilla non ci mise molto a capire di chi stesse parlando e volò rapidamente in direzione dell'albero. C'era uno stendardo appeso sopra, con sopra delle rune magiche. Lo scostò e al suo interno trovò Maximilian, addormentato, ma ancora vivo. Tremolante lo prese tra le braccia e se lo poggiò delicatamente al petto.
«Credo di essere stata sfortunata, in fondo» disse Lady Forhead, ancora galleggiante alle sue spalle. «Di tutti i maghi di Fairy Tail mi hanno mandato la più temibile. Non ho mai incontrato una mente come la tua, è stato estremamente complicato riuscire a entrarci e per questo sono riuscita ad ottenere solo un paio di informazioni. Sembrava quasi che non fosse umana» mormorò, quasi vergognandosi di quanto stesse dicendo.
Priscilla sorrise a quelle parole. Se solo avesse saputo quanto ciò era ironico, probabilmente avrebbe sorriso anche lei.
«Ti dirò...» sospirò, voltandosi verso di lei con un viso quasi angelico. «Io in realtà sono la più debole».



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Capitolo 7
*** Un posto per te ***


Un posto per te






«Sono a casa!» annunciò Priscilla, spalancando le porte della nuova Fairy Tail. In sua assenza i membri della gilda erano riusciti a finire di costruirla e l'avevano resa più grande e più bella di quanto avesse potuto immaginare. Questo bastava a metterla estremamente di buon umore. C'era un bar all'aperto, un'enorme sala interna con palcoscenico per qualche spettacolo, una piscina sul retro, una sala giochi... era un sogno.
Priscilla restò qualche secondo a guardarsi attorno a bocca aperta, stupita ed emozionata. Poi si avvicinò al banco dove c'era, come sempre, Mirajane ma senza staccare gli occhi da tutto ciò che aveva attorno.
«Bentornata, Priscilla! Com'è andata la missione?» chiese Mira con la sua solita candida e dolce voce. Priscilla si accasciò sul banco, cambiando espressione ne assunse una scoraggiata e stanca.
«Mistgun è un pazzo» si limitò a dire in un sospiro.
«È un mago di classe S, dovresti saperlo che non ci va leggero» rise Mirajane, interpretando le sue parole come se si stesse lamentando di quanto lui l'avesse costretta a stare al suo passo. Non sapeva e certo non poteva immaginare cosa invece fosse successo, ma d'altro canto Priscilla non era nemmeno convinta di volerglielo rivelare.
«No, è vero. Ma è stato estremamente utile» disse ripensando al suo scontro con il finto Laxus nella radura nel bosco. Non appena aveva capito l'imbroglio che c'era dietro non le ci era voluto molto per riuscire a vincere quello scontro. Anche se il Laxus del presente sicuramente era più forte di quello del passato, contro cui si era scontrata, comunque era riuscita a tenergli testa. Questo dimostrava solo quanto fosse migliorata e lo doveva tutto all'addestramento di Mistgun, che le aveva addirittura insegnato magie nuove.
Il Mirage era una di quelle ed era la sua preferita: sfruttando le correnti calde, fredde, l'umidità adeguata e i raggi del sole riusciva a ricreare perfettamente l'effetto di un miraggio. Poteva ricreare la propria immagine o semplici illusioni in qualsiasi punto intorno a sé.
«Il master sarà contento di sentirtelo dire» sorrise Mira.
«Senti Mira-chan» cominciò Priscilla, pensierosa, rialzando la testa dal bancone. «Hai mai sentito parlare di Cat Shelter?»
«Cat Shelter?»ripetè Mira, incuriosita. Ci riflettè qualche istante, prima di rispondere: «È una gilda molto piccola che sta a nord, mi pare. Non se ne sente tanto parlare, a dire il vero. Perché ti interessa?»
Priscilla poggiò la testa sulla mano aperta e il gomito sul bancone, guardando i membri della gilda alla sua destra. L'aria assorta e pensierosa, non era da lei.
Fece un verso gutturale annoiato, prima di rispondere vagamente: «Non ne avevo mai sentito parlare prima d'ora».
"La persona che cerchi si chiama Wendy" rimbombò la voce di Mistgun nella sua mente, in un ricordo non troppo lontano. Priscilla aveva consegnato al Consiglio della Magia Lady Forhead e a suo marito aveva riportato il figlioletto, sano e salvo. Aveva incassato la propria ricompensa poi Mistgun l'aveva raggiunta per congratularsi e annunciare ufficialmente il termine del suo addestramento. Un addio. Da quel momento lei non avrebbe avuto più bisogno di lui e la loro alleanza poteva definirsi definitivamente sciolta. Ma, come promesso, prima di sparire del tutto le aveva rivelato il nome della persona dai poteri curativi che avrebbe potuto aiutarla.
"Wendy Marvell. È un membro della gilda Cat Shelter".
«Ero solo curiosa» concluse, prima di aggiungere con lo stesso tono pigro e annoiato: «Ma senti... che ci fai lui qui?»
Mirajane si voltò verso la persona che stava guardando e vide che si trattava di Gajeel. Si agitò in un primo momento, ricordandosi che Priscilla ancora non ne sapeva niente.
«Sei appena tornata, te ne avremo parlato» rispose Mira, preoccupata di una brutta reazione da parte della ragazza.
«Gajeel adesso fa parte di Fairy Tail» disse Makarov, comparendo di fianco a Priscilla. Il tono solenne e imperativo non dava spazio a repliche, che erano arrivate già a fiotti e certo non si sarebbero fermate.
«Adesso fai entrare nella gilda anche quelli che mandano all'ospedale i tuoi figli, chissà che forse Laxus non abbia tutti i torti a pensare che sei rimbambito del tutto»mormorò Priscilla, biascicando le parole per il fatto che la guancia era ancora schiacciata contro la sua mano.
«Chi sarebbe il rimbambito?» ringhiò Makarov, contrariato.
Priscilla si alzò, ignorando la sua sfuriata, e disse: «Mi ricordo di lui. Ha rovinato la serata storie e biscotti mia e di Levy-chan» e si avvicinò al tavolo dove Gajeel sedeva.
«Priscilla?» chiamò Mira, preoccupata, ma Priscilla la ignorò.
«Levy-chan doveva insegnarmi a preparare i biscotti!» brontolò Priscilla, mettendosi a sedere di fronte al ragazzo.
«Eh?» si limitò a dire Gajeel, confuso su ogni aspetto di quella frase. Chi era Levy? Chi era lei? E cosa c'entravano i biscotti in quel momento?
«Potresti almeno chiedere scusa, sai?» bofonchiò lei, imbronciandosi come una bambina.
«Ma chi sei si può sapere?» ringhiò Gajeel, disturbato da quella presenza.
«Priscilla!» rispose lei, allungando una mano per stringere la sua e il viso si allargò improvvisamente in un luminoso sorriso. «La vecchia Fairy Tail era una baracca, sono contenta che con la scusa del tuo attacco ne abbiano costruita una nuova più grande e più bella! Perciò ti perdonerò l'attacco di quella sera».
«L'attacco di quella sera...?» mormorò Gajeel e solo allora si ricordò dove aveva già visto quella ragazza. «Tu sei la ragazza vento!» osservò.
Priscilla annuì e senza spostare la mano ribadì: «Priscilla!»
Ma lui non accennò a volerla stringere e continuò a guardarla stralunato. Era troppo serena e felice per essere reale, stava sicuramente tramando qualcosa.
«Insomma me lo dici come ti chiami o no?» borbottò lei, di nuovo imbronciata.
«Gajeel» si limitò a rispondere lui, guardando quella mano come se fosse una trappola che da un momento a un altro avrebbe potuto catturarlo e ucciderlo.
«Ehy, Gajeel!» disse lei, rinunciando alla stretta di mano. Piantò entrambe le mani sul tavolo e facendo leva si issò su esso e si sporse verso Gajeel tanto da arrivargli a pochi centimetri dal volto. «Mi dici che razza di mostro sei?» chiese con un allegro interesse.
«Non sono un mostro!» ringhiò lui, di nuovo contrariato. Priscilla approfittò dell'incredibile vicinanza per socchiudere gli occhi e tirare un po' su d'aria col naso.
«Non annusarmi! Psicopatica!» brontolò ancora Gajeel.
«Odori di ferro... e ruggine» commentò lei.
«Ruggine?» sobbalzò lui, sempre più sconvolto.
«Insomma, me lo dici cosa sei?» insisté lei, piantando ora i gomiti sul tavolo e continuando ad osservarlo da estremamente vicino. La cosa mandava Gajeel in confusione: ricordava cosa le aveva fatto, sapeva chi era, eppure sorrideva in quel modo così allegro e sereno. Che razza di pazzoide si trovava di fronte?
«Un Dragon Slayer» si limitò a rispondere, allontanando un po' la testa per il disagio.
«Dragon Slayer?» sussultò lei, ancora più euforica. «Come Natsu! Che forza!»
«Sono molto più forte di Salamander!» rispose Gajeel, ferito nell'orgoglio per essere stato messo a pari livello con Natsu.
«Davvero? Avete già combattuto?» chiese Priscilla, con ingenua curiosità. Gajeel non ebbe la forza di rispondere o avrebbe dovuto ammettere di essere stato battuto, perciò si limitò a girarsi dall'altro lato e ringhiarle contro: «Ma non hai nessun altro da importunare tu?»
«Ha già fatto amicizia» ridacchiò Mirajane.
«Tipico di Priscilla» annuì Makarov, mettendosi a sedere sul bancone e guardando sua nipote che continuava a importunare il nuovo arrivato con domande e quel suo modo di fare esuberante e rumoroso. «Ma mi piacerebbe che per una volta fosse sincera».
«Si preoccupa sempre tanto per lei, Master» osservò Mirajane. «A me sembra che stia bene».
Makarov si lasciò sfuggire un verso pensieroso, poco convinto.
«Lu-chan! Bentornati!» la voce di Levy attirò la loro attenzione, mentre sulla soglia salutava Lucy e il resto del gruppo, di ritorno da un'altra delle loro estenuanti missioni. «Levy-chan!» ricambiò il saluto Lucy.
«Siete finalmente tornati, branco di stupidi» commentò Makarov, avvicinandosi a loro. Aveva fatto un cenno e dietro di lui ora camminava Lluvia, vestita di un abito più solare e un taglio di capelli più sbarazzino. «Vi presento un nuovo membro della gilda: Lluvia»
«Oh, anche lei è entrata in Fairy Tail!» osservò Priscilla, seduta ancora al tavolo di Gajeel.
«Lluvia è felice di lavorare con voi!» salutò lei, sorridendo allegra.
«Alla fine sei entrata veramente» commentò Gray, ricambiando il sorriso.
«Lluvia darà il massimo!» disse lei, sempre più felice.
«Buona fortuna!» le disse Lucy, ma a lei non fu riservato lo stesso sorriso e la stessa allegria. Lluvia parve incupirsi improvvisamente e la fulminò nel peggiore dei modi, facendole venire la pelle d'oca. Priscilla scoppiò a ridere tanto forte nel vederla che attirò su di sé l'attenzione, mentre esclamava: «Ma che le hai fatto?»
«Priscilla!» salutò Lucy, felice di vederla di nuovo svolazzare per la gilda -cosa che stava già facendo, dopo aver abbandonato la scomodità della panca. Sembrava una fatina a cui piaceva esplorare in giro e si adattava incredibilmente al nome della loro gilda.
«Sei tornata anche tu!» le diede corda Erza, altrettanto allegra. Ma subito gli occhi dei presenti caddero su Gajeel, alle sue spalle, e si rabbuiarono.
«Ehy...» ringhiò Natsu per primo.
«Lui che ci fa qui?» strinse i pugni Erza.
«Stiamo scherzando, vero?» chiese anche Gray, mettendosi già in posizione per cominciare a combattere.
«Aspettate!» intervenne Lluvia, preoccupata. «L'ha portato Lluvia qui!»
«Lui è un nuovo membro!» disse Priscilla, rompendo la tensione con quella sua solita allegria che tanto faceva a pugni con la  situazione. «Si chiama Gajeel!»
«Sanno già come mi chiamo» intervenne Gajeel furioso. «E non presentarmi come se fossi un tuo amico!»
«Lluvia è una cosa, ma lui è direttamente responsabile della distruzione della gilda» brontolò Erza, per niente contenta della novità.
«Su, su! Sapete come si dice. I nemici di ieri sono gli amici di oggi» intervenne Makarov.
«E-esatto! Non sono agitata, d-davvero» tremolò Levy, nascosta dietro al tavolino. Fu certamente poco convincente, ma era comunque più ben disposta del resto dei suoi compagni.
«Questo è uno scherzo! Vi aspettate che io possa lavorare insieme a questo qui?» ringhiò Natsu, avvicinandosi a lui a pugni stretti.
«Non preoccuparti» rispose Gajeel con un sorriso arrogante. «Non ho intenzione di dividere il lavoro con te».
Si alzò in piedi, pronto a sfidarlo e guardarlo alla sua stessa altezza. «Ho solo bisogno di lavorare, tutto qui. Anche se alla fine non mi sarei aspettato di ritrovarmi a lavorare in una gilda così brutta e piccolina come questa» disse provocatorio.
«Prova a ripeterlo?!» ruggì Natsu.
«Gajeel-kun sembrava così solo, Lluvia non poteva abbandonarlo!» piagnucolò Lluvia nel tentativo di giustificarsi e cercare una pace per quella che sembrava una rissa sul nascere.
«Si picchiano!» commentò Priscilla interessata, volando al loro fianco con un pacco di biscotti sotto mano e un paio già in bocca. «E quelli da dove sono sbucati?» chiese Lucy, sorpresa per la sua reazione che faceva addirittura pensare che non aspettasse altro.
«Io tifo per Gajeel!» aggiunse Priscilla e Natsu la guardò pietrificato, riuscendo solo a sibilare uno sconsolato: «Priscilla».
La ragazza ridacchiò divertita, per niente dispiaciuta per aver ferito i sentimenti dell'amico, ma ancora una volta fu una di quelle risate che la salvavano dal dare una vera risposta.
«È dovere di noi anziani aiutare i giovani che hanno perso la strada a ritrovare il giusto sentiero» spiegò Makarov. «In fondo, non è un cattivo ragazzo, sapete?» disse, prima di aggiungere un beffardo: «Almeno spero».
«Se è questa la sua decisione, master...» si arrese Erza. «Ma dovremmo perlomeno avere qualcuno che lo tenga d'occhio per un primo periodo».
«Io mi offro volontaria!» rispose Priscilla, alzando una mano entusiasta.
«Non se ne parla, sei una pazzoide, stammi alla larga!» ringhiò Gajeel.
«E pensare che tu invece mi stai simpatico» borbottò lei, imbronciata. «Non sei molto gentile, lo sai?»
«Ricordi che ti ho quasi uccisa? Sei psicopatica?» ruggì Gajeel, sempre più furibondo e al limite della sanità mentale.
«Piccolo ingenuo Gajeel-chan» mormorò lei, svolazzandogli a fianco. Gli avvolse la testa tra le braccia e se lo tirò al petto, in un imbarazzante abbraccio consolatorio. «Credeva davvero di avermi quasi uccisa. Che tenero» gli disse lei dandogli un paio di carezze materne sulla testa. Gajeel ebbe appena il tempo di realizzare cosa stesse succedendo che non riuscì a reagire in altro modo se non urlando per la disperazione e tentando di togliersi la ragazza di dosso.
«Forse sto per dire una pazzia, ma non mi sento molto contraria all'idea che sia Priscilla a occuparsene» disse Erza, vagamente divertita e in parte rassicurata nel vedere l'innocenza di quella scena.
«Sono d'accordo» annuì Makarov.
«Non mi sento a mio agio qui» borbottò invece Natsu, affondando la testa nella sua sciarpa. Dimenticò presto la faccenda Gajeel e si allontanò, infastidito.
Gajeel rese il suo braccio di ferro e poggiandolo sullo stomaco di Priscilla lo allungò, spingendola a debita distanza. «Stammi lontano!»
«Non ti farai mai degli amici con questo atteggiamento, lo sai?» bofonchiò lei, poggiando un gomito sul braccio ancora premuto contro il suo ventre.
«Non voglio farmeli!» rispose lui a tono.
La luce si spense improvvisamente nella sala e questo riuscì a farli smettere di litigare. Il palco, nel buio, aprì la propria tenda e solo allora un fascio di luce si accese su di esso. Mirajane sedeva al centro, con in mano una chitarra e su un bel vestito.
«Ora canterò una canzone per inaugurare la nuova gilda e per il ritorno di Natsu e gli altri» annunciò lei, sorridente. Priscilla sorrise all'annuncio e decise di lasciare in pace Gajeel, prendendo un posto a sedere. Poggiò il volto sulle mani aperte, i gomiti al tavolo, e felice di poter di nuovo ascoltare la voce melodiosa di Mira attese che cominciasse a cantare. Suonò un accordo di preparazione e il resto della gilda cominciò ad emozionarsi ed incitarla.
Infine Mira cominciò a cantare con voce soave e morbida.
«Gentilmente tocco il tavolo dove eri solito sederti
Sola con le ombre un altro giorno ancora
Guardo in alto nel cielo e sussurro una preghiera
Anche tu sei da qualche parte, sotto questo vasto cielo» Un leggero pizzicore all'altezza del petto e Priscilla si ritrovò improvvisamente a dover combattere con una nuova tristezza. Le parole di Mira erano così vere...
«Sopporto con le lacrime agli occhi, anche se tremo
E anche quando l'oscurità minaccia di inghiottirmi
Non dimenticare...»
Abbassò lo sguardo, combattuta, prima di non riuscire a trattenersi dal volgere lo sguardo a un tavolo ora vuoto, vicino alla finestra. C'era un tavolo come quello, nella gilda precedente. Riuscì a vederci seduti i fantasmi di un ricordo vecchio qualche anno. Ormai adolescenti, seduti l'uno di fronte all'altra, parlavano e ridevano. Priscilla era sempre quella più vivace tra i due, mentre Laxus si limitava a guardarla, ascoltarla e sorridergli. Si vedeva, mentre si alzava in piedi per l'enfasi del racconto, e lui che l’ascoltava sorridente.
Così vecchio... eppure ancora così vivido.
«Qui ci sarà sempre un posto per te
Qui ci sarà sempre un posto per te, per tornare a casa
E qui le persone aspettano te».
La canzone terminò in un coro di applausi, ma Priscilla non riuscì neanche a sentirli, troppo presa com'era nel ricordare quei due ragazzini spensierati e felici che erano stati un tempo. L'avrebbe aspettato, esattamente come dicevano le parole della canzone di Mira, l'avrebbe aspettato anche per sempre e avrebbe dato tutta se stessa per assicurargli sempre un posto dove tornare.
Era la sua promessa.
La luce tornò a spegnersi improvvisamente, per poi riaccendersi pochi istanti dopo.
«Cosa?!» sentì Natsu gridare sorpreso, seguito da una serie di lamenti e frasi altrettanto sconvolte. Questo riuscì ad attirare nuovamente la sua attenzione e strapparla da quel ricordo tanto magnetico da avere più la forma di un buco nero da cui con difficoltà ne sarebbe uscita.
Si voltò nuovamente verso il palco, lasciando le ombre del suo passato dissiparsi nei raggi della luna che penetrava dalla finestra. Gajeel era ora seduto al posto di Mira, vestito con un elegante abito bianco, occhiali scuri e una chitarra tra le mani.
«Eh?!» Priscilla spalancò gli occhi per la sorpresa, ma ora in lei bruciava un'intensa curiosità.
«Questa è una canzone che ho scritto io stesso» annunciò Gajeel. «Vorrei che tutti la sentissero».
Il pubblicò cominciò a lanciare cibo e stoviglie contro il palco, brontolando e insultando, ma Gajeel non si scompose minimamente. Quel nuovo aspetto faceva a pugni con il rozzo e scorbutico Gajeel di appena cinque minuti prima, era talmente surreale da essere comico. Priscilla trattenne una risata, portandosi una mano alle labbra, più divertita da quella faccenda di quanto avesse mai potuto anche solo immaginare. Sghignazzò qualche istante, prima di trovare la forza di gridare incoraggiante: «Vai Gajeel-kun! Sei tutti noi!»
«Stai scherzando?» ringhiò uno dei suoi compagni, al suo fianco.
«Non dirlo neanche per scherzo, che poi finisce che ci crede!» gli fece eco l'amico. Ma Priscilla non potè che ridere ancora.
«Colorata colorata
Shooby-doo-bop
La melodia dell'amore, metallico acciaio» Cominciò a cantare Gajeel con voce gracchiante e colpi di chitarra secchi.
«Niente male!» commentò Elfman esaltato.
«Vai Gajeel-kun!» tifò Lluvia.
«Sì!» dissero in coro Macao, Max e Wakaba, altrettanto esaltati. Priscilla rise tanto forte che le vennero le lacrime agli occhi e cominciò a ondeggiare per aria, sgambettando come una bambina e tenendosi la pancia.
«Doo-doo-bop shalala
shalala
Mordendo in profondità e assaggiando il dolce miele» Continuò imperterrito Gajeel ignorando tutto ciò che gli veniva tirato addosso e che ora andava accumulandosi sul palco.
«Non ho mai sentito una canzone più schifosa di questa!» ringhiò Natsu, tappandosi le orecchie. In tutta risposta Gajeel, ora scocciato, gli lanciò addosso la sua stessa chitarra.
«Le vuoi prendere?» ringhiò ancora Natsu e Gajeel non attese molto a saltargli incontro a gamba tesa, pronto a colpirlo. Natsu fu pronto di riflessi e bloccò il suo colpo con un calcio a sua volta, incrociandosi così gamba contro gamba. E infine fu un tumulto di pugni, calci e testate date senza una ragion logica. Priscilla gli volò a fianco rapidamente e alzando un braccio al cielo urlò, eccitata: «Vai, metticela tutta!»
«Stai facendo il tifo?» chiese Lucy, sconvolta.
«Priscilla! Mille Jewels che Natsu resta in piedi per ultimo» si avvicinò Happy.
«Io punto su Gajeel!» disse decisa Priscilla, allungando una mano verso Happy per stringere la sua zampa in segno di accordo.
«Avete veramente scommesso su una rissa?» chiese Lucy, sempre più sconvolta, ma ancora nessuno la degnò di considerazione.
Priscilla lanciò un urlo carico, prima di cominciare a gridare con fervore: «Non farti fregare! Forza! Più forte! Più forte!»
«Un gancio, Natsu! Dagli un gancio destro!» disse Happy, con lo stesso fervore.
«Insomma! Basta urlare!» intervenne Gray, infastidito, ma alzandosi di scatto colpì il braccio di Erza e le fece cadere di mano la torta che stava mangiando. Erza la guardò con le lacrime agli occhi, mormorando: «La mia torta alle fragole».
Il potente piede di Elfman entrò nel suo campo visivo e le diede il colpo di grazia, schiacciando la torta con potenza, mentre gridava: «Dannazione ragazzi! I veri uomini non fanno tutto questo casino!»
«Chiudi il becco!» ruggì Erza, ora furibonda, e con un calcio lo scaraventò contro un tavolo, distruggendolo. Chi sedeva a quel tavolo non trovò la cosa di loro gradimento e si alzarono, urlando e menando mani a loro volta. Nella colluttazione un bicchiere venne colpito, un altro lanciato, una gomitata arrivò ad una nuca e ognuno di loro, offeso e infastidito, reagiva buttandosi nella mischia contro chiunque gli fosse a tiro.
«Insomma, qualcuno li fermi!» disse Macao, innervosito.
«Non pensarci nemmeno!» lo fulminò Priscilla, interrompendo il suo tifo solo per quello. «Vuoi botte, eh?» chiese Happy, altrettanto furioso. Avevano una scommessa aperta, nessuno doveva interferire.
Alla fine, a notte fonda, le acque si calmarono da sole per il semplice motivo che nessuno aveva più le forze di continuare. Persino Happy e Priscilla, stanchi di agitarsi e tifare, alla fine si erano addormentati uno di fianco all'altro su di un tavolino e russavano rumorosamente tanto quanto i loro compagni uomini.
Quella era la vera Fairy Tail.


«Eh?» Aveva sobbalzato Lucy. «Parti di già?»
Priscilla aveva annuito nel momento in cui chiudeva la propria borsa, riempita con cibo soprattutto.
«Mistgun ti mette proprio sotto, eh?» aveva commentato Erza, con un sorriso divertito sulle labbra.
«Non c'entra Mistgun. Questa volta andrò da sola» aveva detto Priscilla, rubando un paio di dolcetti da una biscottiera. «In realtà... credo che d'ora in avanti sarò sempre sola» aveva poi mormorato, pensierosa. Faceva uno strano effetto pensare che non l'avrebbe più affiancato, non se n'era mai accorta ma era effettivamente diventato uno dei punti cardine della sua vita negli ultimi anni.
«Eh? Avete litigato?» chiese Lucy, preoccupata.
«No, tranquilla» aveva ridacchiato Priscilla, serena. «Semplicemente il nostro accordo si è concluso qui. Lui non serve più a me e io non servo a lui. Ora è bene che percorra da sola i miei passi».
«Inizierai a portare a termine qualche missione per conto tuo?» chiese Erza, curiosa.
«Chissà, magari se ne avrò bisogno» aveva risposto Priscilla.
«Potresti fare molto, se solo lo volessi, lo sai?» insistè Erza, scoraggiata nel vederla ancora così distante dai valori di una gilda di maghi. Sembrava non interessarle, nonostante tutta la gioia che portava con sé ogni volta che varcava quella soglia.
«Me lo ripetete in tanti. È bello sapere che avete così tanta fiducia in me» ridacchiò lei, sistemandosi la borsa sulle spalle. «Siete così umani...vi invidio un po'».
Quel sorriso che ancora trasmetteva tanto, ma tutto sbagliato. Era la cosa più assurda che ci fosse, era sincero, fiorente e rigoglioso, ma proprio per questo risultava anche enormemente triste.
«Dove andrai, adesso? Hai preso qualche incarico?» chiese Lucy, curiosa.
«Potremmo venire con te. La compagnia è sempre piacevole nei viaggi» si offrì Erza, ma Lucy sussultò, contrariata: «C'è il festival del raccolto domani!» disse, sperando semplicemente Erza se ne fosse dimenticata. L'indomani l'intera Magnolia sarebbe stata addobbata a festa e, cosa più importante, ci sarebbe stato il concorso di bellezza che le avrebbe permesso di vincere tanti soldi da potersi pagare almeno sei mesi di affitto.
«Lasceresti veramente sola un'amica per un festival che cade tutti gli anni?» la rimproverò Erza.
"Amica..." sussultò Priscilla, guardando Erza con occhi sorpresi. La consideravano un'amica... per quale motivo? La loro semplicità era incredibile, tanto che Priscilla si ritrovò a intenerirsi. Era bastato così poco per farla entrare nel cerchio delle loro amicizie. Quelle persone erano sempre più incredibile ai suoi occhi, avrebbe dato qualsiasi cosa per essere come loro.
"Un'amica..." era dolce persino anche solo pensarlo. Dolce e triste allo stesso tempo. Se solo avessero saputo...
«No, ecco... però...» balbettò Lucy, imbarazzata ma soprattutto spaventata dalla furia di Erza.
«Non preoccuparti, Lucy» rise Priscilla, vedendola in estrema difficoltà. Fece loro un occhiolino complice e rassicurante, prima di spiegare: «È una faccenda personale, preferirei arrangiarmi da sola. Partecipa pure al festival, possiamo andare insieme in missione un'altra volta».
Una rassicurazione per Erza e una per Lucy, così da placare entrambi i loro animi con un'espressione sola. Nessuna di loro si sarebbe opposta al lasciarla sola a svolgere la sua "faccenda personale".
«Sicura di non aver bisogno di niente?» chiese Erza.
«Sì, sì. Stai tranquilla, tornerò presto» e caricandosi la borsa in spalla, se n'era infine andata. Diretta a nord.
"Wendy Marvell".
Doveva trovarla, aveva deciso. Doveva trovarla e riuscire a parlarle. Ne valeva della sua vita... e l'idea di aver trovato finalmente una via d'uscita, anche se flebile, anche se una semplice supposizione, la riempiva di coraggio ed eccitazione. Non era riuscita ad aspettare altro tempo ed era subito partita, alla volta della gilda Cat Shelter.



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Capitolo 8
*** La bambina di carta ***


La bambina di carta





Aveva camminato per tutto il pomeriggio, riuscendo finalmente a uscire ed allontanarsi da Magnolia. Si era fermata a riposare per la notte in una locanda ai margini del paese, per poi ripartire il mattino presto. Lo stare sola era effettivamente strano e a tratti triste, ma erano i momenti in cui poteva essere se stessa senza dover mentire o fingere un sorriso. Certo era che più si allontanava e più una strana angoscia sembrava prenderla alla bocca dello stomaco. Che avesse sbagliato a partire in un momento come quello? O che l'avvicinarsi sempre più a Wendy Marvell la mettesse in agitazione? Era una svolta importante della propria vita, se veramente fosse stata in grado di usare la sua magia per aiutarla... tutto sarebbe cambiato. Si fermò sotto un albero per mangiare un boccone e cominciò a farsi pensierosa, sempre più agitata.
"Sono passati cinque anni, Laxus..." pensò alzando l'unica mano guantata, quella che nascondeva il simbolo della gilda. Mosse le dita, chiudendole e riaprendole, provando uno strano piacere in quel semplice movimento. "Dimenticare ti aiutava ad essere più felice ed io ero contenta per questo, nonostante tutto. Perché ora deve essere diverso?"
Quei terribili ricordi di quando era appena bambina, quel tormento, quella condanna, tornarono più forti che mai ora che non c'era la voce di nessuno a coprirli. Si portò una mano alla testa, stringendo per il nervoso e il dolore.
«Devo trovare Wendy...» mormorò, ora più decisa che mai. Si alzò in piedi, raccogliendo la borsa da terra, e si preparò a incamminarsi nuovamente quando sentì dei passi comparire improvvisamente alle sue spalle. Si voltò e si sorprese della persona che si trovò di fronte.
«Mistgun?» chiese. «Che ci fai qui?»
«Eri troppo lontana, ora capisco» commentò lui, senza rispondere alla domanda ma facendone anzi nascere delle nuove.
«Lontana?» chiese, non capendo di cosa stesse parlando.
«Warren, di Fairy Tail...» cominciò lui e lei ebbe un primo sussulto. Fairy Tail? In quel momento? Era successo qualcosa a Fairy Tail... proprio in quel momento? «Il mago con la telepatia è riuscito a trovarmi e contattarmi. Ero molto più vicino di te, ora capisco perché tu invece non l'abbia sentito».
«Sentito? Di che parli? Che sta succedendo a Fairy Tail?» chiese Priscilla, agitata. La non risposta di Mistgun cominciò invece a renderle tutto più chiaro. Ci poteva essere solo un motivo se lui era andato a cercarla per parlarle di Fairy Tail: «Laxus...» mormorò, cominciando a capire.
«È il momento, Priscilla».
Priscilla fece un passo indietro e istintivamente si voltò verso la strada che avrebbe ancora dovuto percorrere per arrivare a nord, alla gilda Cat Shelter.
«Stavi andando da Wendy, capisco» annuì Mistgun, comprensivo. «Pessimo tempismo. Posso vedermela io con lui, se vuoi proseguire il tuo viaggio. Forse trovare Wendy è più importante di ques...»
«No!» lo interruppe Priscilla con un sorriso. «Il tempismo invece è perfetto. Stavo commettendo un errore ad andare da lei prima che Laxus ricordasse. Quanto tempo abbiamo?» chiese cominciando a camminare rapidamente verso casa.
«Warren mi ha avvertito immediatamente, ma sono voluto tornare indietro e venirti a cercare. Per quanto io sia preoccupato, questa è la tua battaglia. Ho perso molto tempo, ma è giusto che sia così».
«Sei il solito» ridacchiò Priscilla, facendo sbuffare il vento sotto i loro piedi. In pochi secondi erano entrambi sollevati per aria e con un ultimo gesto Priscilla diede il via al loro turbinoso volo. Rapidi come falchi, forse di più, si sollevarono e volarono verso la gilda. «Abbiamo almeno una mezz'ora di volo, hai tutto il tempo di spiegarmi cosa succede».
«Hai impiegato un giorno intero a percorrere la strada che in volo percorreresti in mezz'ora» osservò Mistgun. «A quanto pare non hai poi così tanta fretta».
«Chissà» ridacchiò lei. «Forse speravo che tu venissi a chiamarmi e ti stavo dando del vantaggio».
«Il tuo buonsenso ti ha frenata».
«Sono stata accecata dai miei timori e dal mio egoismo, stare tanto tempo sola mi ha permesso di pensare molto a me stessa. Dimenticavo qual era il mio scopo. Ma nel cuore, l'ho sempre saputo».
«Il tuo scopo» sospirò Mistgun, consapevole di cosa stesse parlando. Lei gli aveva raccontato almeno un paio di volte quella vecchia e terribile storia.
«Questo è tuo fratello, Priscilla. Si chiama Laxus. Il tuo compito è occuparti di lui» recitò Priscilla come un mantra, ma erano ovviamente parole che non venivano da lei né tantomeno da un tempo recente. Era una condanna, marchiata a fuoco e che per sempre si era portata addosso.
«E poi?» chiese Mistgun, con un leggero dolore e preoccupazione nella voce. «Che cosa farai quando tutto questo sarà finito?»
«Credi che ci sia qualcos'altro che io possa fare, oltre a ciò?» chiese Priscilla con un'innocenza disarmante. Non era una domanda retorica, ma una vera e propria curiosità. E questo bastò a togliergli la voglia di fare qualsiasi altra domanda fino a quando non furono nei pressi di Magnolia, dove si sforzò almeno di aprire bocca per spiegarle ciò che stava accadendo.
«Laxus vuole prendersi Fairy Tail con la forza. Ha pietrificato le ragazze della gilda e minaccia di ucciderle, a meno che tutti i membri di Fairy Tail non partecipino al suo gioco» spiegò Mistgun, ora a terra, camminando verso il confine disegnato dalle rune di Fried. Oltre esse, anche loro sarebbero stati parte del gioco.
«Di che gioco si tratta?» chiese Priscilla, osservando le scritte violacee sospese per aria.
«Devono trovare lui e i suoi compagni e sconfiggerli. Ma l'intera città è tappezzata di trappole e la gilda sta finendo col distruggersi dall'interno, lottando gli uni contro gli altri. Il suo scopo è spodestare il master e prendersi la gilda con la forza. In molti sono già caduti» disse Mistgun.
«La Sala del Tuono» mormorò Priscilla, guardando le numerose sfere elettrificate che, sospese sopra la città, la circondavano.
«Conosci quella magia?» chiese Mistgun.
«È una delle armi più micidiali che possiede Laxus. Quelle sfere sono delle Lacryma e sono praticamente indistruttibili, se colpite trasmettono all'aggressore la stessa violenza in termini di dolore sul proprio corpo. Al suo cenno colpiscono tutto ciò che lui desidera. Possono anche uccidere».
«Sono molte, per essere rivolte solo sui membri della gilda» osservò Mistgun, cominciando a capire chi avesse preso di mira adesso Laxus. Voleva davvero colpire l'intera città?
«Quando viaggiavamo insieme era in grado di utilizzarne al massimo tre contemporaneamente. È cresciuto molto» disse e non riuscì a trattenere un sorriso orgoglioso e felice, benché si trovasse di fronte alla peggiore catastrofe. Non poteva smettere di continuare ad amarlo.
«Anche tu lo sei» disse Mistgun, cercando di darle coraggio. Priscilla allargò il sorriso, ma non uno di quelli infantili e goliardici che rivolgeva sempre a chiunque avesse attorno. Era un vero sorriso, amichevole, forse per la prima volta.
«Allenata dal migliore» disse lei, guardando il suo compagno. Gli era molto grata, di questo se ne rendeva conto solo in quel momento. Mistgun aveva fatto più di quanto avessero pattuito, non ne capiva il motivo, ma lei in quel momento per la prima volta nella sua vita si sentiva forte e sicura.
«Vado a cercare mio fratello. Tienimi lontano i suoi compagni di giochi» annunciò entrando nelle rune di Fried.
«Fa' attenzione. Potresti trovare in giro qualche membro della gilda ed essere costretta a combattere contro di loro» l'avvertì Mistgun e la sicurezza di Priscilla gli fece per un attimo venire i brividi, quando rispose: «Spazzerò via chiunque si metta tra me e Laxus, senza distinzione. Per questa volta mi prenderò questa libertà. Il nonno saprà perdonarmi» e si allontanò, camminando a pugni stretti.
All’interno della gilda e dentro la cattedrale di Caldia, le rune magiche che annunciavano lo svolgimento dei giochi in quel momento modificarono le loro parole: "Superstiti in gioco: quattro".
«Quattro?» chiese Erza chiusa dentro la gilda insieme a Makarov, Natsu e Gajeel. Fried aveva agli uomini impedito di uscire, mentre Erza era stata in realtà pietrificata di Evergreen, ma Natsu era riuscito appena pochi minuti prima a liberarla con l’uso del proprio potere di fuoco. Certo non sarebbe riuscito, in realtà, se non fosse stato per uno degli occhi di Erza che era in realtà artificiale e che aveva quindi indebolito la magia di Evergreen, ma ciò che contava in quel momento era solo che fosse in piedi. In un modo o un altro.
«Chi...?» chiese Natsu, voltandosi verso le ragazze ancora ferme sul palco dove erano rimaste per tutto quel tempo. Nessuna di loro era di nuovo in piedi e tutte restavano pietrificate.
«Natsu, Gajeel ed io siamo i tre... chi è il quarto?» chiese Erza, confusa.
"Superstiti in gioco: cinque" cambiò nuovamente la scritta runica sulla porta.
«Sono aumentati ancora!» commentò Natsu, colpito.
«Capisco» sorrise Erza infine, cominciando a capire.
«Eh?» chiese Natsu, ancora confuso.
«Sono tornati» disse Makarov, arrivato alla stessa conclusione. «Mistgun e Priscilla sono qui».
"Priscilla" pensò Makarov, preoccupato e addolorato. "È questo il momento, allora?"
Ricordava perfettamente il giorno che gli aveva fatto quella solenne promessa e quello era il momento di mantenerla, dopo cinque anni era finalmente arrivato.
«Prometti che terrai Laxus qui, alla gilda, che sopporterai e capirai i suoi errori. Ed io prometto che riuscirò a farlo tornare. Devi solo darmi tempo» erano queste le parole che gli aveva rivolto, tempo addietro. «Se farai questo io accetterò di restare e familiarizzare con la tua gilda».
«È solo per questo? Non riesci ad accettare di darti un po' di amore anche tu stessa, Priscilla?» aveva chiesto con preoccupazione. Quanto avrebbe voluto darle una famiglia, una felicità che da sempre le era stata negata se non dalla bontà d'animo che Laxus ora si ostinava a nascondere sotto una scorza di rabbia e ostilità.
«Finché lui resterà qui, non ci sarà motivo per me di andarmene. Sì, nonno, è solo per questo» e il guanto che portava sul simbolo della gilda, a volerlo nascondere più a se stessa che al resto del mondo, ne era la dimostrazione.
«Riporterò indietro tuo nipote, sta' tranquillo».
Quel candido sorriso innocente che in realtà tagliava più che una lama, quanto era dolorosa e affilata.
«Riportalo indietro, Priscilla» mormorò tanto soffusamente che non fu sentito da nessuno dei presenti, troppo impegnati a commentare la scesa in campo del secondo più forte della gilda e della sorella del nemico.


Priscilla camminava silenziosa per la città, passando inosservata ma osservando con attenzione tutto ciò che la circondava. Era incredibilmente concentrata a discapito del suo sguardo estraneo e perso nel vuoto. Riusciva a cogliere i cambi di direzione del vento intorno a lei. Le rune di Fried creavano una barriera magica invisibile, ma il loro potere si ripercuoteva sull'ambiente circostante. Il vento lo colpiva come fosse un muro reale e con difficoltà lo attraversava, venendo comunque deviato. Riusciva perciò a vedere i muri di Fried come fossero reali grazie al suo potere e così evitarli, anche se questo le causò un'innumerevole serie di deviazioni e ritardi.
Infine... un'esplosione.
«La cattedrale!» esclamò, voltandosi verso di essa. Non poteva che trovarsi lì, anche se non sapeva contro chi stesse combattendo lo ringraziò mentalmente per averle dato la possibilità di individuarlo, anche se in maniera così appariscente. Cominciò a correre per le strade, deviando di colpo ogni volta che si trovava di fronte una trappola di Fried e maledicendolo che le stesse facendo perdere ulteriore tempo.
Mistgun nella cattedrale si trovava intanto faccia a faccia contro Laxus. Un puro caso, che lo avesse trovato per primo, ma sapeva qual era il suo compito. Doveva solo permettere a Priscilla di arrivare rapidamente. L'esplosione dei loro colpi era stata causata esclusivamente con quell'intento e ora si preparò a sfoderare la magia migliore per quello scopo: lo avrebbe distratto e avrebbe preso ulteriore tempo.
«Grattacielo» mormorò, invocandola, e in pochi istanti Laxus venne imprigionato in un mondo di incubi e allucinazioni. Laxus urlò, preso dal panico, e restò imbrigliato in uno straccio magico di immagini terrificanti che si aprivano davanti ai suoi occhi come fossero reali. Si caricò di elettricità e con un potere sorprendente riuscì però a squarciarlo, liberandosi dall'incantesimo. Il combattimento proseguì, colpo su colpo, a parità di potenza e agilità, eppure Mistgun continuò a sentirsi trattenuto e fu proprio quello a renderlo estremamente vulnerabile.
"Se dovessi sconfiggerlo io al posto di Priscilla non me lo perdonerebbe mai" pensò, rallentando un ulteriore colpo e dando tempo a Laxus di contrattaccare. Mistgun si rialzò rapidamente e si caricò di magia per prepararsi a colpire ancora, ma Laxus schivò con facilità, diventando lui stesso uno dei suoi fulmini e sparendo nel nulla. Riapparve poco dopo, inginocchiato a terra, e sorridendo si rimise in piedi.
«Non sei male» ridacchiò, divertito.
«Laxus!» la voce di Natsu e quella di Erza arrivò in contemporanea, stupendosi poi della presenza dell'altro: sentita l'esplosione dei colpi di Laxus e Mistgun erano in realtà tutti accorsi nel punto designato. La presenza però di Erza portò Mistgun a distrarsi e Laxus ne approfittò per colpirlo. La maschera che portava sempre a nascondere il proprio volto andò distrutta e lui non potè far altro che coprirsi impacciatamente con una mano per evitare che vedessero chi era davvero. Inutilmente.
«Gerard» balbettò Erza, tanto sconvolta da farsi venire le lacrime.
«Ma tu...» mormorò Natsu, altrettanto sorpreso. «Ma che succede qui? Chi sei tu?»
«Erza...» mormorò Gerard, affranto. «Soprattutto tu, non volevo che mi vedessi. Non sono Gerard. Lo conosco, ma non sono io. Scusatemi» e abbassando la testa infine si dissolse, subito dopo aver pronunciato: «Lascio il resto a voi».
«Ehy! Gerard!» ringhiò Natsu, prima di voltarsi verso Erza e urlare: «Erza, lascia che di Laxus mi occupi io! Erza!» chiamò ancora, notando come l'amica non rispondesse, troppo scossa per quanto successo.
Un fulmine di Laxus fece in tempo a raggiungerla e colpirla in pieno, stordendola.
«Erza!» gridò Natsu.
«Non fare quella faccia, Erza. Combatti contro di me!» ridacchiò Laxus, colpendola di nuovo e scaraventadola via.
«Laxus!» gridò Natsu furibondo. «Ho detto che sarò io a combattere contro di te, bastardo!»
«Eh? Eri qui, Natsu?» lo provocò Laxus, deridendolo.
«Non sottovalutarmi!» ringhiò Natsu, saltando e caricando il proprio pugno di fuoco. Provò a colpirlo ma per Laxus fu facile schivarlo. Natsu saltò e provò ancora a raggiungerlo, urlando di rabbia, ma Laxus si muoveva senza fatica e riusciva a schivare ogni suo singolo colpo.
«Sei noioso, sempre a parlare di queste cavolate!» ringhiò Laxus. Schivò l'ennesimo pugno e questa volta fu il suo turno di caricare ed attaccare. «Sparisci, piccolo rifiuto!»
Natsu riuscì a roteare e schivare, approfittò della posizione per caricare poi un calcio e infiammarlo. Provò nuovamente a colpirlo, ma Laxus lo parò col braccio e fu facile per lui lanciarlo di nuovo via. Natsu atterrò in piedi e Erza, stesa a terra, lo chiamò preoccupata.
«Erza! Sta' tranquilla, ok?» sorrise lui, sicuro. Laxus approfittò della sua distrazione per colpirlo al mento e lanciarlo indietro. Gli afferrò il polso, impedendogli di cadere e se lo tirò nuovamente contro per colpirlo ancora e ancora. Natsu, già mal ridotto, riuscì a ripagarlo con la sua stessa moneta colpendolo con pugni infuocati ma su di lui parvero non avere molto effetto, mentre i pugni di Laxus erano devastanti. Natsu roteò su se stesso e provò così a colpirlo con un calcio, ma Laxus saltò e lo evitò, poi atterrando lo colpì in testa con un piede elettrificato. Un altro calcio e lo lanciò lontano. Natsu piantò un gomito al suolo e tentò di alzarsi, ma notò con sorpresa Erza che alle sue spalle aveva approfittato della sua distrazione per riequipaggiarsi di un’armatura e provare ad attaccare. Stava per colpirlo, anche se Laxus si era già voltato, ghigno sul volto, pronto a difendersi quando un'improvvisa folata d'aria la colpì e la scaraventò via, salvando Laxus dal suo attacco. Con sorpresa, ma avendo già un'idea di chi potesse essere, Laxus si voltò verso l'ingresso della cattedrale.
Priscilla a braccio teso per la magia appena lanciata contro Erza si stava avvicinando a passi lenti. Aveva il fiatone, segno della corsa che aveva appena fatto per arrivare da lui il prima possibile. Sul suo volto sempre sorridente e fanciullesco non c'era nessuna traccia della Priscilla che conoscevano. Gli occhi seri, cupi, spalancati e attenti, solcati da delle sopracciglia increspate. Era concentrata e tesa come una corda di violino.
«Priscilla! Aspetta!» provò a gridare Natsu, alzandosi in piedi. Voleva essere lui a combattere Laxus, l'aveva preteso per almeno un'ora, ne aveva il diritto e non desiderava altro che chiederglielo. Priscilla non l'ascoltò nemmeno, mosse il braccio verso destra e dall'arco disegnato si generò un soffio di vento dalla potenza mai vista prima. Natsu venne scaraventato con tale violenza contro Erza che entrambi ne risentirono da quel colpo e per un po' avrebbero fatto fatica ad alzarsi.
«Da quando è così forte?» balbettò Natsu, tremolante.
«Priscilla!» la chiamò Erza, non capendo cosa le stesse succedendo. Attaccava i suoi stessi alleati, per quale motivo? Che le stava accadendo? Lo sguardo di Priscilla la paralizzò: non sembrava nemmeno lei da quanta furia e determinazione trasmettevano.
«Non impicciatevi» ringhiò con un tono che avrebbe convinto chiunque. «Adesso tocca a me».
Laxus ghignò e si tolse giacca e cuffie, a segnalare che da allora avrebbe fatto sul serio. «Ti confesserò, Priscilla» disse, mettendosi in posizione d'attacco. «Speravo che tu arrivassi» scattò in avanti, rapido nel suo fulmine, e caricò il colpo che le avrebbe sferrato. «Finalmente avrai ciò che meriti!» gridò, colpendo in avanti, verso il suo viso. Priscilla non si mosse dalla sua posizione e lo guardò fisso in volto, mentre lo vedeva arrivare.
«Ascensione» mormorò semplicemente, senza compiere alcun movimento. Il pugno di Laxus deviò all'ultimo istante e venne spinto verso l'alto, sfiorandola. Priscilla ebbe tempo di piegare le ginocchia e ora che Laxus, per il colpo mancato, si trovava sopra di lei saltò caricando un pugno verso l'alto.
«Tornado» disse in uno sforzo, mentre sul pugno le nasceva un vortice di vento che le diede potenza e velocità. Laxus venne colpito al mento e il colpo fu tale da scaraventarlo verso il tetto della cattedrale, che sfondò, sparendo al suo interno.
Erza e Natsu la guardarono pietrificati, a occhi spalancati non riuscirono a dire una sola parola. Laxus aveva dato del filo da torcere persino a Mistgun e lei era riuscita a colpirlo così facilmente. Chi era veramente Priscilla?
«Non ancora» mormorò lei, rivolta verso chissà cosa. Un fulmine scese dal buco creato da Laxus e per poco non la centrò, se non avesse avuto riflessi abbastanza pronti da schivarlo. Laxus comparve al suo posto, col pugno ben impiatato al suolo segno che aveva provato a colpirla, e la guardò in cagnesco. Era furioso.
«Non ancora» mormorò ancora Priscilla. Laxus le lanciò una scarica di fulmini e lei sfruttò ancora il suo vento per spingersi con rapidità verso l'alto e schivarlo. Lui non le diede tregua e sparò un colpo dopo l'altro, costringendola così a piroettare a lungo, fino a quando non si trovò con le spalle al muro.
«Anima del vento» gridò portando le mani in avanti. «Tempesta!»
Una nuvola grigia si ricreò di fronte a lei, ben calibrata da un buon livello di umidità e dalle correnti adeguate. La nuvola tuonò e rombò, prima di assorbire il fulmine lanciato da Laxus. Le condizioni atmosferiche ricreate riuscirono a portare su una scia diversa la corrente del fulmine e grazie a quello il colpo fu deviato e sfiorò Priscilla, senza colpirla.
Laxus scoppiò a ridere prima di ringhiare: «Conosco quella tecnica! Te l'ho insegnata io, stupida!»
Il fulmine di Laxus tornò sotto al suo controllo e deviando nuovamente colpì la sorella in pieno. Priscilla perse il controllo del suo volo e cadde al suolo, tenendosi un braccio arrossato per il colpo. Con uno sforzo sovrumano riuscì a ricreare un'adeguata corrente d'aria sotto di sé che le impedì almeno lo schianto al suolo.
Quella tecnica... sapeva bene che gliel'aveva insegnata lui. Lo ricordava, lo ricordava eccome il sorriso con cui l'aveva aiutata a posizionare le mani e le aveva spiegato le basi dell'elettricità. Quel ricordo fece più male che il braccio colpito.
«Non ancora» mormorò, socchiudendo gli occhi. Si raddrizzò e poggiò i piedi per terra. Fece un sospiro per riuscire a tornare a concentrarsi e riassunse lo sguardo determinato di poco prima. Anche lei l'aveva colpito, ma lui sembrava averne risentito solo nelle condizioni della sua camicia, ora strappata in più punti. Al contrario, lei, per un semplice colpo di rimando ne aveva sofferto immensamente.
"La differenza tra noi è abissale" pensò, ma ciò non la preoccupò. In fondo, lei non era lì per vincere.
«Erza» chiamò, sorprendendola. «Quanto manca?» le chiese, senza specificare un soggetto, ma non ce ne fu bisogno.
«Due minuti, credo» rispose lei. La Sala del Tuono, allo scadere del tempo, avrebbe scaricato su tutta Magnolia una tempesta di fulmini che non avrebbe lasciato superstiti.
«Posso contare su di te?» chiese Priscilla, continuando a guardare Laxus. Lei era chiusa lì dentro, non poteva fare niente e forse non avrebbe fatto in tempo allo scadere del tempo. Aveva bisogno di aiuto per evitare che Laxus commettesse l'ultima follia prima della fine. Erza annuì e rialzandosi cominciò a correre verso l'uscita. Laxus la guardò, pronto a impedirle di allontanarsi, ma Priscilla si dimostrò ancora una volta di una velocità sorprendente. Scattò verso di lui e approfittando della sua distrazione lo colpì in pieno viso, usando il suo Tornado per darsi potenza.
Non aveva ancora raggiunto il suolo, spingendo Laxus sotto di sé, che puntò le mani contro Erza.
«Vernier x Armors!» gridò lanciando su di lei una magia che le avrebbe reso più facili i movimenti e l'avrebbe protetta in parte dal contraccolpo della Sala del Tuono. Era un aiuto minimo, probabilmente non l'avrebbe salvata, ma era l'unica cosa che poteva fare da dentro quella cattedrale. Laxus nella caduta l'afferrò per un braccio e con forza la lanciò via, facendola sbattere contro una colonna. Priscilla urlò dal dolore e non fece in tempo a riprendersi dal colpo che una scarica di fulmini la colpì in pieno, facendo aumentare le sue urla.
Cadde a terra, apparentemente senza forze, con i vestiti ancora fumanti e la testa chinata in avanti.
«Priscilla!» gridò Natsu provando ad alzarsi per correrle incontro e aiutarla.
«Ti ho detto di starne fuori!» ringhiò Priscilla, cupa in volto e Natsu, sorpreso da tanta tenacia e soprattutto tanta furia, non potè che obbedire. Non l'aveva mai vista così, incuteva quasi timore.
«Ho detto non ancora!» gridò ancora lei, alzandosi in un soffio di vento più forte degli altri, tanto imponenti da smuovere i vestiti persino di Laxus e Natsu. «Quando ti deciderai a fare sul serio con me, Laxus!» gridò, unendo le mani tra loro davanti a sé. Una tromba d'aria ne nacque e si lanciò contro di lui. Il potere sprigionato, alimentato probabilmente dalla sua rabbia sempre più crescente, era tale che persino Natsu, distante dal campo di battaglia, dovette fare appello alla sua forza per non venirne sbalzato via.
Laxus sorrise, sicuro di sé, e si mise in posizione. Conosceva anche quella tecnica e sapeva perfettamente come evitare di subirne danni. Forse forse avrebbe addirittura potuto usarla a suo vantaggio. Ma qualcosa dentro lui parve disgraziatamente risvegliarsi.
"Quando ti deciderai a fare sul serio con me, Laxus!"
«Quando ti deciderai a fare sul serio con lei, Laxus?» una voce maschile lontana anni, decenni, imperativa. Gli incuteva timore nonostante fosse semplicemente un ricordo, di cui si era persino dimenticato e che solo in quel momento tornava a galla. I suoi pianti di bambino. Perché piangeva? Perché era stato rimproverato in quel modo? Di chi era quella voce?
«Sì, ma lei...» riuscì solo a ricordare quella risposta e l'angoscia che portava con sé, ma il resto era il vuoto assoluto.
«Lei?» mormorò non capendo cosa stesse accadendo nella sua testa, cosa fosse accaduto in quel ricordo. La distrazione gli fu fatale e perse la sua occasione, venendo travolto dal colpo.
Quando il vento si dissolse, Laxus era a terra, la schiena poggiata al muro sfondato. Sarebbe volato anche lui se non ci fosse stato quel pilastro più resistente del resto a trattenerlo. I segni del colpo erano ben visibili, il tornado non l'aveva solo scaraventato al muro ma aveva sollevato tutte le macerie della stanza lanciandogliele addosso e perciò alcuni tratti di pelle non si erano salvati dai graffi. La testa china in avanti, ferito, ma ancora pieno di energie.
«Cominci a ricordare?» chiese Priscilla con un candore che faceva quasi male. Laxus alzò lo sguardo, sconvolto. Che stava succedendo? Di cosa stava parlando? Tutto quello... lo mandava in bestia. Cosa sapeva lei che lui non ricordava? Cosa stava cercando di fargli? Come poteva manipolarlo a tal punto?
«Non temere» un sorriso, uno di quelli che facevano male. «Mi prenderò cura io di te».
«Cosa...?» ringhiò lui, sempre più confuso. «Di cosa diavolo stai parlando?» gridò ormai al limite della sopportazione. Allungò le mani in avanti e cominciò a lanciare una scarica dietro l'altra, invadendo l'intera stanza, senza dare tregua.
«Mirage!» gridò Priscilla e in pochi istanti una serie di Priscille si materializzarono davanti ai suoi occhi. Una, due, tre, cinque, dieci.
"Quante...?" si chiese confuso e spaventato, provando a colpirle tutte. Quella era una tecnica nuova: da dove arrivava? Le centrò ma nessuna di essa cadde a terra e restarono nella loro posizione iniziale, mentre pian piano si dissolvevano, segno che fossero solo un’illusione. Un soffio di vento improvviso alla sua destra, anche se leggero l'avrebbero riconosciuto tra mille. Accanto a sè Priscilla si teneva il polso con la mano destra e gli puntava contro la mano sinistra.
«Tornado!» gridò sparando un altro tornado dal palmo della mano, di minore intensità, vista la distanza ravvicinata. In fondo non desiderava batterlo, non l'aveva mai desiderato.
«Due volte non funziona!» gridò lui, per niente sorpreso. Infilò il pugno all'interno del suo tornado e lì sprigionò la sua scarica elettrica che si propagò nelle folate di vento di Priscilla e arrivò a ritroso fino a lei. Lei urlò, contraendosi per il dolore, e cadde a terra al suo fianco. Laxus la guardò spaventato ma soddisfatto, c'era mancato poco, ma era riuscito a vincere lui.
«Non preoccuparti» la voce di Priscilla, anche se tremante e ansante, tornò a testimoniare che fosse ancora viva. Faticava a parlare, ormai era al limite, ma provò comunque ad alzarsi. «Devo solo riposare un po'».
Una frase completamente sconnessa dal contesto, una rassicurazione inutile, ma che, come probabilmente lei sperava, ebbe un altro effetto.
Di nuovo quella voce nella testa di Laxus, la voce di un uomo, gentile e rassicurante.
«Non preoccuparti. Deve solo riposare un po'».
E ancora la sua stessa voce di bambino che gli rispondeva singhiozzante: «È stata colpa mia?»
«Non è stata colpa tua» disse Priscilla, come se fosse stata in grado di leggergli la mente e sapere perfettamente cosa stesse pensando. «Hai solo dimenticato».
Un colpo al cuore lo costrinse a trattenere il fiato e sbarrare gli occhi, mentre ora non solo le parole arrivavano alla sua mente ma anche le immagini. Ricordava, la ricordava. Perché in quel momento?
In quel pensiero, erano entrambi solo dei bambini e lui era andato a trovarla, nella sua stanza. Priscilla sedeva sul letto e guardava fuori dalla finestra, lo sguardo assorto e addolorato. Odiava vederla così, lo ricordava bene quanto odiasse vederla così triste.
«Pricchan... hai di nuovo l'influenza?» le aveva chiesto. E lei non aveva risposto subito, ma debolmente aveva annuito. «Ti ammali così spesso, dovresti prenderti meglio cura di te, lo sai?»
«Laxus... tu...» aveva balbettato, titubante e forse spaventata. Da cosa era spaventata? «Tu hai di nuovo dimenticato?»
«Eh? Cosa?» aveva storto il naso, completamente confuso.
Lei aveva sorriso. Aveva stramaledettamente sorriso, come faceva ogni volta! Quanto lo mandava in bestia quando non gli rispondeva, quando gli mentiva e sorrideva come a voler dire "non preoccuparti per me". Certo che si preoccupava per lei, maledizione!
«Solo un incubo».
«Solo un incubo» le due voci, del passato e del presente, che si mescolavano tra loro. E quel sorriso, quello stupido sorriso che non voleva mai significare niente e che lo teneva sempre fuori da ogni cosa. Non ci vide più. L'elettricità lo avvolse e si allargò tanto rapidamente da colpire Priscilla al suo fianco e scaraventarla via. Laxus urlò di rabbia e si caricò sempre più, tanto che il proprio corpo cominciò a gonfiarsi sotto la potenza di quella magia. La magia che cevala dentro sé, impiantato per mano di suo padre, il potere del Dragon Slayer. Priscilla alzò rapidamente la testa, osservandolo. Benché avesse il corpo ormai lacerato dal dolore in ogni sua parte, sapeva che quello era il momento.
«Adesso!» mormorò, alzandosi e cominciando a correre per evitare i suoi colpi, che sparava uno dopo l'altro.
«Ti prendi gioco di me? Lo hai sempre fatto, maledetta!» gridò lui continuando a sparare elettricità su elettricità. Alcune riuscivano persino a colpirla, ma lei non demordeva e continuava a correre intorno a lui e a schivare. «Mi hai sempre guardato con quella tua aria superiore, come se fossi la mia balia. Come se non potessi cavarmela da solo! Mi hai sempre creduto così debole?! Credi che io non possa sconfiggerti, maledetta? Ti mostrerò quello che sono diventato, ti mostrerò il potere che hai sempre sottovalutato!»
«Sono qui, Laxus!» gridò lei provocatoria, schivando altre scariche. Era come se lo volesse, il suo peggio, era come se glielo stesse chiedendo: "colpiscimi nel peggiore dei modi".
Laxus prese fiato... e ruggì.
«Ruggito del drago del fulmine!» gridò lanciando la sua magia più potente in un’onda dalle dimensioni gigantesche.
«Priscilla!» gridò Natsu, guardandola mentre veniva raggiunta dal colpo. Non sarebbe sopravvissuta a una simile potenza, per quanto fosse forte, quello era decisamente troppo e lei era troppo stanca per pensare anche solo di schivarlo.
Ma Priscilla fece ciò che nessuno si aspettava.
Si fermò decisa a non scappare più, si raddrizò davanti a Laxus e allargò le braccia, pronta a ricevere il colpo in pieno petto. Sul suo volto ora splendeva un sorriso, un mix di tristezza e felicità che nessuno aveva mai visto prima. E dai suoi occhi volò una lacrima, poco prima di essere colpita.
Laxus infine ricordò.
Lo faceva sempre. Priscilla sorrideva sempre, quando riceveva il colpo finale del Dragon Slayer in erba, intento ad allenarsi. Riuscì a rivederla, bambina piccola e indifesa, minuscola, delicata, preziosa... aveva sempre creduto che fosse lei la più forte. Aveva sempre creduto che fosse perfettamente in grado di parare quel colpo, aveva sempre creduto che potesse rialzarsi. E invece tutte le volte sbagliava, dimenticava... e finiva con l'ucciderla.
Priscilla volò all'indietro, colpita e travolta, e lui non ebbe più nemmeno il coraggio di respirare. La rivedeva, quella bambina che volava via per i suoi colpi, ferita a morte, e poté risentire su di sé il solito stupore e la paura nel rendersi conto che quello che era partito come un gioco era finito nel peggiore dei modi.
Lei cadde a terra.
«Priscilla!» la chiamò, improvvisamente terrorizzato. Cosa aveva fatto? Lei non era così forte, perché se l'era dimenticato? Perché aveva dimenticato?
Non riuscì neanche a guardarlo il suo corpo, ora steso a terra e in parte sradicato via. Il fulmine aveva bruciato e strappato via parte della sua spalla e del petto, su per il collo fino al volto, lasciando steso a terra in una pozza di sangue sempre più ampia solo un cadavere ustionato e lacerato. L'aveva uccisa, l'aveva uccisa nel peggiore dei modi proprio con le sue stesse mani. Cosa gli aveva detto che lei sarebbe stata in grado di sopravvivere a un simile colpo? Perché era stato convinto fino a quel momento che era lei quella che vinceva sempre?
La polvere si diradò, mostrandola a terra in quell'incubo che, lo sapeva, stava per farlo impazzire. Allungò una mano verso di lei, incapace di avvicinarsi e muoversi. Aprì la bocca, per provare a dire qualcosa, ma la voce sembrò non collaborare e niente uscì dalla sua gola se non dei lamenti gutturali e incontrollabili.
«P-Priscilla?» mormorò anche Natsu, pallido in viso, sconvolto e allucinato. Che cosa era accaduto? Perché si era lasciata colpire in quel modo e non aveva provato a difendersi almeno un po'? Perché Laxus l'aveva colpita con quella furia? Come aveva potuto farle una cosa come quella? Avrebbe presto ceduto alla rabbia e alla follia, la sentiva ribollire in vena tanto da farlo tremare, ma qualcosa di assurdo e incredibile accadde: Priscilla si mosse, lentamente e con uno sforzo immane, ma riuscì almeno a poggiarsi sull'unico gomito rimasto e sollevarsi da terra. Laxus per un attimo ne ebbe addirittura paura, per quanto fosse folle, e cominciò a chiedersi se non stesse avendo un incubo. Natsu invece, più estroverso nelle reazioni, si limitò a urlare dal terrore di avere di fronte un fantasma e per poco non svenne. Lo sguardo di Priscilla da quell'unico occhio rimastole si rattristò tanto che dovette chiuderlo per impedire alle lacrime di scorrerle via dal viso. Qualcosa dentro il suo corpo smembrato cominciò a splendere, una luce azzurra, sembrava una minuscola fiamma che le contornava i bordi tagliati via e lentamente cominciarono a ricostruirla.
«Ma… cosa?» balbettò Laxus, incredulo.
«Non devi aver paura, Laxus. Io... io non posso morire» si sforzò di sorridere, ma il dolore la tradì e quella lacrima che si era sforzata tanto di trattenere le uscì dall'occhio rigandole una guancia.
«Piantala di piangere. Lei non morirà. Mai» quella voce dei suoi ricordi tornò a tormentarlo, accompagnato ancora dai propri singhiozzi di quando era bambino. Quel "mai" era così affilato che faceva quasi male.
«Le ho fatto del male. Perché... perché le ho fatto così male?» piangeva il piccolo Laxus nella sua testa, disperato.
«Starà bene. Deve solo riposare un po', tornerà come nuova tra qualche giorno» come nuova... ne parlava come fosse un oggetto che aveva solo bisogno di riparazione. Quante volte era successo? I suoi ricordi si affollavano, non riusciva a contarli, ma le ricordava tutte ora le volte che aveva vissuto quella stessa dolorosa e assurda scena. Avevano cominciato che erano appena bambini, subito dopo che lui aveva ereditato il potere del drago del tuono ed era stato in grado di usarlo. Le loro battaglie, una forma di allenamento, una sfida e un gioco in cui mettevano tutti loro stessi per sconfiggersi a vicenda e diventare più forti. Erano andati avanti a lungo, per mesi, forse anni... sicuramente anni. Tutte le volte la vedeva cadere, dilaniata, a qualsiasi età. Sei anni, otto anni, dodici anni, sedici anni... quante Priscille morenti aveva visto nella sua vita? Perché se ne ricordava solo in quel momento?
«Ti faceva dimenticare ogni volta» disse Priscilla. «Ma sorridere ti rassicurava, anche se sentivi dentro te qualcosa di strano. E io non smettevo di farlo, soprattutto le volte che combattevamo. Ti aiutava a ricordare e ti rendeva meno violento, anche se questo ti straziava e lui doveva ancora cancellare la tua memoria. Mi ha punita così tanto per questo che ne ho perso il conto» mormorò, tremando dal dolore in quell'ultima frase.
«Lui?» balbettò Laxus, sempre più confuso. La voce maschile nei suoi ricordi, chi era il bastardo che li costringeva a combattere fino a quando Priscilla non moriva? Chi era che cancellava i suoi ricordi e li manipolava, facendogli credere che vincesse lei? Portandolo così a essere sempre più violento nel tentativo di sconfiggerla, benché non ce ne fosse bisogno.
«Papà» sibilò Priscilla e la gola di Laxus si chiuse, riuscendo finalmente a ricordare anche quello. Suo padre, lo ricordava bene ora. Lo stuzzicava e lo provocava.
«Vuoi davvero farti sconfiggere così da una femminuccia? Sei o no il Dragon Slayer del tuono?» erano le bugie che gli diceva tutte le volte che lo faceva dimenticare. «Sfidatevi di nuovo, vediamo chi adesso è il più forte» un rituale a cui erano abituati, a cadenza settimanale. «Laxus, ricorda come ti ha umiliato l'ultima volta. Non trattenerti, sprigiona tutto il tuo potere!» erano bugie. Erano tutte bugie. Priscilla era sempre stata debole e fragile, ma lui non riusciva a ricordarlo. E di nuovo, come sempre, la uccideva. Lui ricordava un attimo prima dell'impatto, guardando il suo sorriso fiducioso e gioviale. Lei credeva ciecamente in suo fratello e nella sua bontà, Priscilla sapeva bene che quello che la stava colpendo e le stava recando un tale dolore non era mai lui ma loro padre, tramite le sue manipolazioni e le sue parole. Non gli aveva mai dato la colpa, anche se a dilaniarla erano i suoi fulmini, e sorrideva solo per dirglielo: "Credo in te, so che non è colpa tua". Impazziva... impazziva ogni volta, tra le lacrime e il dolore, cadeva in preda alla follia. Ma poi tutto si faceva scuro, la sua testa galleggiava e quando riapriva gli occhi Priscilla era sempre lì, incolume e salva, anche se aveva sempre bisogno di qualche giorno di degenza che giustificava con la bugia di "un’influenza".
«Solo... un incubo...» mormorò ricordando come quella fosse la giustificazione che lui dava a se stesso tutte le volte.
«Sono stata creata per questo. È il mio unico scopo e ragione di vita» disse Priscilla, restando nella sua posizione semistesa, troppo debole per muoversi più di così.
«Creata?» suonava così artificiale e così terrificante, perché dava un senso a ogni cosa. Era un incubo, non poteva che essere un incubo.
«Avevi cinque anni quando nostro padre mi portò alla luce nella forma di una bambina di tre anni. A volte ti chiedevi perché non ci fossero foto o testimonianze di me, prima di quell'età, ma era una curiosità che moriva lì e non ti curavi di cercar risposta. Si tratta di una magia antica e proibita, un’oscura magia di Zeref. Aiutato dal potere delle sue marionette di carta, che usò come base per costruirmi, riuscì a creare la vita. Creò una vera bambina di carta… era così che mi chiamava. La sua bambina di carta. In me scorre solo magia, la sua magia, ed essendo una pura creazione non ho nemmeno in me il dono della vita umana come la conoscete. Non posso morire e questo gli permise di darti qualcuno su cui sfogare ogni tuo istinto e potere al solo scopo di amplificarne la forza, di allenarti senza timore di commettere il crimine dell'omicidio e rischiare di essere cacciato dalla gilda o, peggio, arrestato… io credo ci fosse anche un po' di megalomania che lo portò a sentirsi potente, essendo riuscito a creare un vero essere umano. Per giustificare la mia comparsa disse a tutti che ero la sua secondogenita, avuta da tua madre prima della sua morte. Lo disse anche a te, che tanto soffrivi all'idea di combattere e picchiare una sconosciuta dallo sguardo triste e vuoto come il mio. Farti credere di essere tua sorella ti aiutava a prendere quei folli allenamenti come un gioco e ti convinceva a dare il massimo. Io ero solo la marionetta che doveva renderti migliore, che doveva prendersi cura di te e del tuo potere. Ma poi, quando diventasti tanto forte da essere in grado di uccidermi, cominciasti a ribellarti. E il tuo cuore... era così buono» singhiozzò, benché stesse sorridendo appoggiata a quel dolce ricordo. «Mi insegnasti a provare dei sentimenti».
«Ohi...» Laxus ricordava la propria voce, così piccola, di fronte a quella bambina dallo sguardo vuoto e triste. Era curioso, ma soprattutto preoccupato. «Perché tu non sorridi mai? C'è qualcosa che ti preoccupa, sorellina? A me puoi dirlo. Sono forte, lo sai! Se qualcosa ti fa soffrire me ne occupo io!»
«Sorridere?» aveva chiesto atona, come se non sapesse il significato di quella parola.
«Sì, così! Guarda, ti faccio vedere» e le aveva regalato un luminoso sorriso, tanto brillante da far invidia alle stelle. Era stato quello il giorno in cui, per la prima volta, Priscilla aveva sentito qualcosa battere dentro sé. Anche lei aveva un cuore? Bambina di carta, dalle sembianze umane, poteva provare sentimenti?
«Sorridere» aveva mormorato, incantata dal volto luminoso di Laxus, e aveva cominciato a provarne invidia. Voleva anche lei imparare a sorridere.
«È stato da allora che papà ha cominciato a manipolare i tuoi ricordi, aiutato da un membro della gilda che al tempo lo appoggiava molto. Se dimenticavi ciò che mi facevi e ti faceva credere di aver vinto io, la volta dopo lottavi più volentieri e con forza maggiore. Mi detestavi, perché ti umiliavo, e avevi sempre voglia di darmi una lezione. Per questo sorridevo, perché così riuscivi a ricordare. E anche se poi papà mi puniva perché questo ti portava a caricare meno il colpo finale, anche se poi cancellava di nuovo i tuoi ricordi, quella sensazione non abbandonava il tuo petto e tornavi sempre a essere gentile con me. Ero...» singhiozzò, incapace di trattenersi ancora. «Ero egoista, mi dispiace. Ti facevo soffrire, ma tu eri... non potevo permetterlo. Non potevo permettere che diventassi come lui! Tu eri... la mia unica ragione di vita e dovevi continuare a insegnarmi a vivere. Mi insegnavi a essere umana, come voi. Desideravo così tanto essere come voi, essere... come te».
Una frase che fece nascere in Natsu un ricordo di non molti giorni prima, che adesso assumeva finalmente un significato.
«Le persone come voi che si preoccupano tanto per me mi fanno sorridere. Che invidia provo in questi momenti, come vorrei essere come voi» aveva detto al bancone della ancora provvisoria gilda in costruzione, nel momento in cui Lucy e Erza le avevano detto di curarsi più per se stessa e meno per Laxus.
«Come noi?» commentò, alzandosi in piedi. Gli occhi corrucciati e una vena era persino visibile sulla fronte. Il fuoco prese a bruciarlo interamente, in quell'attimo di rabbia folle. Che razza di mostro era quello che chiamava padre? Che razza di storia era mai quella? Aveva creato la vita solo per usarla a suo piacimento, come un oggetto, senza curarsi del suo dolore e ora quell'unica persona che in tutta la sua vita le avesse mai dato un valore, per cinque anni non aveva fatto che odiarla e insultarla. Tutto quello lo mandava fuori di testa. Non poteva perdonare.
«Di cosa stai parlando, si può sapere?» ringhiò, sempre più furibondo. «Non hai forse anche tu sulla tua pelle il simbolo di Fairy Tail?»
L'occhio di Priscilla, umido di lacrime, si spalancò mentre il cuore -o almeno quello che credeva fosse un cuore- prese a batterle in petto.
«Sai piangere, sai ridere, sai scherzare e soprattutto... sai amare. E lo fai insieme a noi, ai tuoi amici e la tua famiglia. Non capisco davvero di cos'altro tu abbia bisogno per essere come noi!»
"Amici". Anche Erza, non troppo tempo prima, l'aveva definita un'amica. Bastava davvero così poco per essere come loro? Davvero non serviva altro?
Un sorriso commosso le nacque sul viso, colpita e felice. Era assurdo, ma gli credeva. Gli credeva davvero.
«Natsu» mormorò, tornando a piangere ma di lacrime diverse. Non più di dolore, ma ora di felicità. Era davvero... come loro?
«Bugiarda» la voce rotta di Laxus li interruppe, attirando nuovamente la loro attenzione. Tutto quello lo rendeva pazzo. Come poteva accettare in pochi minuti che tutta la sua vita non era stata che una menzogna? Come poteva accettare così facilmente che lui non era stato altro che un assassino, ogni giorno della sua vita? L'assassino della persona che aveva creduto di amare più di ogni altra cosa. Non poteva essere vero. Lui non era così, la sua vita non poteva essere stata una tale menzogna. A cosa doveva credere, se non poteva farlo neanche più in se stesso? Doveva per forza essere una bugia.
«Bugiarda» ripetè con gli occhi spenti e gocce di sudore freddo che gli colavano giù dalla fronte. «Stai mentendo!» gridò ormai in preda alla follia. Si caricò di energia e tornò a gonfiarsi di potere, ormai incapace di ragionare. L'onda di elettricità arrivò di nuovo verso Priscilla, ma Natsu fu più veloce e ponendosi di fronte a lei infuocò le proprie braccia e parò il colpo. Digrignò i denti, mentre il suo braccio destro ora fumava e tremava per il dolore del colpo.
«Natsu...» mormorò Priscilla, guardandolo sconvolta. Perché si era esposto in quel modo? Era rimasto ferito, perché lo aveva fatto? «Io... non posso morire» spiegò ancora, credendo che forse non avesse capito. Se il colpo l'avesse presa forse l'avrebbe disintegrata, ma con qualche giorno di riposo si sarebbe ripristinata.
«Ma puoi soffrire!» ringhiò lui, furibondo. Era così ovvio, così semplice, che non riuscì a replicare. Era vero, poteva soffrire ed era terribile tutte le volte. Aveva sempre affidato alla vita il solo valore legato alla morte. Chi era in grado di morire, allora era anche in grado di vivere e vedeva perciò i propri sentimenti solo come un artificio che aveva imparato ad applicare. Solo ora si rendeva conto che non era così. Quelle lacrime non erano finte, lei soffriva veramente... lei viveva veramente.
«Natsu» mormorò, di nuovo scossa dai singhiozzi.
«Laxus!» ringhiò furioso, pronto a combatterlo con ogni mezzo che aveva. Si lanciò contro di lui e quella fu l'ultima cosa che Priscilla riuscì a vedere. Stremata si accasciò a terra, concedendosi di riposare il braccio sulla quale si era tenuta fino a quel momento. Tremante, cominciò a singhiozzare e piangere senza riuscire a smettere. Si portò l’unico braccio rimasto sopra il volto, a coprirsi gli occhi ormai pieni di lacrime, e restò lì, ad ascoltare semplicemente il rumore delle fiamme che si scontravano con i tuoni e le loro urla di follia e disperazione. Quei tuoni, il rombo di quei tuoni erano sempre una fonte di emozioni. Quando ancora era una semplice marionetta, da bambina, il primo sentimento che imparò a provare fu la paura. La paura per quello che suo padre le presentò come fratello, perché non lo comprendeva, ma appena poteva lui la picchiava e le faceva del male. Dopo una serie di scontri in cui Laxus affinava la sua magia del tuono, nacque in lei quel sentimento di paura.
Il rumore dei tuoni, erano sempre presagio di morte. Era terrificante.
Quante volte si era rannicchiata in un angolo, nei giorni di temporale, chiusa nella sua stanza si rifiutava di uscire. Anche quando Laxus cominciò a essere gentile con lei, incuriosito e forse turbato da quella sorella che sembrava più un automa che una persona, non smise di avere paura dei tuoni e dei temporali. Anche se non lo faceva di sua volontà e iniziativa, anche se lui in realtà era amorevole e gentile, quando liberava il suo potere Priscilla sapeva che ne avrebbe sofferto. Per anni, alla semplice vista delle nuvole rombanti in lontananza, iniziava a tremare e a piangere.
Poi un giorno Laxus l'aveva scoperta, chiusa nel suo armadio, avvolta da una coperta, singhiozzava mentre fuori si scatenava una tempesta.
«Sorellina? Che fai chiusa qui?» La sua voce, associata a quel terribile rumore, la fece cadere nel panico. Cominciò ad agitarsi e indietreggiare, menando calci al vuoto e piangendo a dirotto. Laxus si beccò un paio di colpi sul viso, ma dopo una prima sorpresa si era fatto coraggio e aveva cercato di bloccarla e calmarla.
«Calmati! Pricchan!» le aveva ripetuto, mentre lottava con la sua follia che gli destinava ancora calci e pugni da cui però non si difendeva. Era riuscito alla fine ad afferrare la coperta che le copriva la testa e tirarla via, scoprendo così la sua vista.
«Calmati, Priscilla! Sono io! Sono Laxus» le aveva afferrato i polsi per fermarla, ma incredibilmente era bastato vedere il suo viso per riuscire a rimettere ordine nei pensieri e tornare a respirare normalmente. In quel mondo di follia e dolore, non aveva che Laxus a darle pace. Lui era l'unico che la prendesse per mano, che l'accogliesse e che le insegnasse cos'era la vita. Il fardello era diventato ora l'unica ancora a cui aggrapparsi per non andare alla deriva.
«Ma che ti prende?» le aveva chiesto innocente e inconsapevole, a causa di quella memoria che loro padre manipolava a suo piacimento con l'aiuto di uno dei suoi seguaci peggiori. Un altro rombo nel cielo e Priscilla urlò terrorizzata, strappando i polsi dalla presa di Laxus e portandosi le braccia intorno alla testa. Lui aveva inclinato la testa da un lato, guardandola curioso.
«Hai paura dei fulmini?» aveva chiesto, intenerito anche se preoccupato per quella reazione così eccessiva. Lei non aveva risposto ma aveva continuato a piangere e tremare. «Sono fuori, noi siamo in casa, non possono farti niente» aveva provato a usare la logica, ma senza successo. «Andiamo, sorellina! Dimentichi che io sono il Dio del tuono! Posso gestire a mio piacimento ogni singolo fulmine di questo pianeta» esagerato, ma serviva a calmarla. «E ti prometto che finché resterai sotto la mia ala protettiva, nessuno di questi ti sfiorerà nemmeno» quanto era ironico. Come avrebbe reagito se avesse saputo che i fulmini che la colpivano ripetutamente altri non erano che i suoi? Ma era proprio quello che la colpiva tutte le volte: la sua innocenza e la sua gentilezza.
Era riuscito miracolosamente ad avere di nuovo la sua attenzione. Lo aveva notato e ne aveva approfittato, per rincarare la dose.
«Io, Laxus Dreyar, Dio del tuono e dei fulmini tutti... ordino che questa ragazza non venga mai nemmeno avvicinata!» aveva recitato con solennità. Poi le aveva rivolto un sorriso convinto. «Gliene ho cantate, hai visto?»
Come riusciva a essere così rassicurante? Proprio lui, più di tutti gli altri? Quale potere nascondeva quel volto sorridente? «Adesso esci di lì?» le aveva chiesto, porgendole una mano e Priscilla si era ritrovata carica di un nuovo coraggio. Riponeva verso di lui una fiducia insensata ma incredibilmente intensa. Aveva allungato la mano, per raggiungere la sua, ma un tuono aveva gracchiato nel cielo anche più vicino degli altri e lei, presa nuovamente dal panico, era arretrata e si era raggomitolata. Laxus aveva sospirato rumorosamente, affranto e vinto.
«E va bene» aveva detto, convinto. «Se non vuoi uscire da lì, allora entro io» e chinandosi si era fatto spazio tra le scatole e i vestiti, ritagliandosi un angolo al fianco di Priscilla. Si era poi allungato ad afferrare la maniglia dell'armadio e aveva tirato l'anta verso di sè, chiudendolo.
«Ecco fatto!» aveva detto soddisfatto, afferrandola per le spalle e tirandosela al petto per abbracciarla. «Così potrò proteggerti fino alla fine del temporale!»
Non ne era pienamente certa, ma qualcosa le diceva che era stato quello il preciso istante in cui aveva cominciato ad amarlo davvero. Le parole che decretavano la sua condanna -Dovrai occuparti di lui- avevano assunto una nuova forma, più calda, accogliente e passionale. Non erano più un "Sacrificati per renderlo migliore", come una qualsiasi serva o oggetto. No, da quel momento lei aveva iniziato a pensare a quelle parole come a un desiderio di protezione indiscutibile. Si sarebbe occupata di lui, l'avrebbe curato e protetto per il resto della sua vita. Era nata per quello, era stata creata per quello scopo... occuparsi di lui.
«Fino alla fine del temporale» singhiozzò con un filo di voce. Il braccio ancora davanti agli occhi, non riusciva nemmeno a guardare, ma la sentiva quella tempesta che si stava scatenando a pochi passi da lei. Era la peggiore che avesse mai sentito, Laxus era completamente fuori controllo, accecato da una rabbia che mai aveva avuto prima. Perché? Perché doveva essere arrivato fino a quel punto? Perché aveva dovuto per forza toccare il fondo? Sapeva che era giusto così, lei stessa aveva atteso pazientemente per cinque anni. Doveva ricordare da solo, capire da solo, o non avrebbe accettato, non sarebbe mai tornato. Era giusto così... eppure, dopo tanti anni, quel temporale tornò a scuoterla.
"Sai piangere, sai ridere, sai scherzare e soprattutto... sai amare" le parole di Natsu non le lasciarono la mente nemmeno per un istante. Tremava e singhiozzava, sempre più ininterrottamente.
«Laxus...» mormorò ancora, sforzando tanto la voce da farle male la gola.
"Non capisco davvero di cos'altro tu abbia bisogno!"
Era viva... poteva davvero accettare di essere viva? Di essere come loro? Umana... con dei sentimenti umani. Le era davvero permesso? Quella tempesta che non sembrava calmarsi, ma solo aumentare di intensità, era terribile.
"Ma puoi soffrire!"
Un altro singhiozzo, a seguito di innumerevoli.
«Ho paura, Laxus...» sussurrò.
L'alabarda del tuono, uno dei colpi più forti di cui Laxus aveva a disposizione, mancò il bersaglio per qualche strano motivo e Natsu ne uscì indenne. Entrambi in condizioni terribili, ma quello era il suo momento. Si carico di energia e di fuoco, pronto a sferrare il colpo decisivo approfittando di quell'errore. Volò incontro a Laxus, avvolto di fiamme, e lui, stranamente, non parve nemmeno difendersi. Sicuramente troppo sconvolto per il colpo mancato, un errore fatale, o almeno questo era quello che pensava Natsu che, al contrario suo, non aveva invece sentito la voce di Priscilla. Con una scarica di ultimi colpi, sempre più forti e decisi, Natsu diede fine a tutte le sue energie e Laxus cadde definitivamente a terra, privo di sensi.


NDA.
Non sto mettendo molte NDA in questa storia (un po’ anche perché avevo paura di spoilerare qualcosa senza volerlo XD) ma questa volta mi sembra doveroso visto che questo è il capitolo decisivo (non a caso porta come titolo il titolo stesso della storia). Ecco che ogni cosa viene svelata, il più grande segreto di Priscilla, il motivo per la quale non poteva morire, perché non esiste un’altra sé su Edoras e anche perché, in fondo, è così ossessionata da suo fratello.
Un’antica magia di Zeref, una magia in grado di dare la vita. Ivan ha usato le sue bamboline di carta e da una di essa ha creato Priscilla, usando la magia. Molte altre spiegazioni verranno date anche nel prossimo capitolo, magari alcune cose verranno rese più chiare.
La cosa divertente è che questo capitolo l’ho scritto mesi fa e dato che, come ho già detto, sto seguendo l’anime e il manga ho preso a leggerlo solo da poco. Non sapevo niente del fatto che Natsu fosse in realtà il fratello morto di Zeref e che quest’ultimo avesse sperimentato delle magie con lo scopo di ridargli la vita, riuscendo appunto a ricreare forme di vita. Insomma, senza volerlo sono rimasta coerente con la storia originale xD
L’ossessione per Laxus, il suo eccessivo amore verso suo fratello, nasce dal fatto che lei non ha mai visto se non il dolore di un padre che la vede solo come un oggetto, dal fatto che è stata messa al mondo per essere distrutta innumerevoli volte… e in tutta questa follia solo Laxus, ingenuo perché con la memoria cancellata e manipolata, la trattava con dolcezza. Si preoccupava per lei perché, nei momenti in cui non era manipolato, la vedeva sempre triste, vuota, spenta e nel suo tentativo di farla sorridere ogni tanto ha iniziato a “insegnarle a provare dei sentimenti”. Le ha insegnato a essere umana, l’ha presa sotto la propria ala, e questo unito alle prime parole che lei ha sentito quando è venuta al mondo “occupati di lui” l’hanno reso un punto assoluto della sua vita.
Ho modificato un po’ la battaglia tra Natsu e Laxus, non ci ho inserito Gajeel, mi sono presa un po’ di libertà perché mi piaceva così (come il fatto che l’alabarda del tuono non va a segno per qualche “Strano motivo” dopo che sente Priscilla dire “ho paura”, e non invece perché Gajeel prende il colpo per lui. E’ più romantico xD in fondo, prima di quel famigerato litigio, lui gli era molto legato). Comunque, come già detto, nel prossimo capitolo ci saranno ulteriori chiarimenti e spiegazioni. Magari proprio per questo, se mi gira, vedrò di pubblicarlo prima di settimana prossima.
Io vi ringrazio per l’attenzione <3
Se avete qualcosa da dirmi, fatelo pure, non mangio nessuno (perché tanto vi vedo che venite a leggere, anche se state zitti, che vi credete? u.u il numero visual non mente ahahah). Se non vi va non fa niente, vi si ama lo stesso <3
A presto!


Ray



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Capitolo 9
*** Ragione di vita ***


Ragione di vita




Furono i Raijinshuu a soccorrere Laxus, accorsi poco dopo. Lo raccolsero da terra, privo di sensi, e sotto lo sguardo severo ma soddisfatto di Natsu lo portarono via. Natsu si voltò e si avvicinò a Priscilla, ancora in lacrime per terra. Il viso ormai si era ricostruito quasi completamente ma il processo era lungo e mancava ancora parte del petto e della spalla.
«Andiamo, Priscilla» le disse, allungando una mano verso di lei per aiutarla ad alzarsi. Priscilla si tolse il braccio dagli occhi e lo guardò per lunghi istanti, senza riuscire a smettere di singhiozzare. «I nostri amici ci aspettano» le disse continuando a porgerle la mano. Non seppe bene il motivo, se il dolore al corpo, al cuore dopo aver tirato fuori quel terribile passato, l'aver ribadito come fossero tutti amici o ciò che era successo negli ultimi minuti, ma Priscilla reagì piangendo sempre più forte lasciando che dalla voce le uscisse un lamento implacabile.
Laxus, ormai lontano, riuscì ad aprire un occhio mentre veniva portato via da Bickslow. Mosse lo sguardo alle sue spalle, si aiutò muovendo appena la testa, e anche se da quella angolazione pareva solo un'ombra riuscì comunque a intravedere Priscilla. Si corrucciò, ascoltando i suoi lamenti e singhiozzi, richiuse l'occhio e abbandonò definitivamente la testa in avanti senza eliminare quell'addolorata espressione dal suo volto.
«Su, su» disse Natsu, dopo averla lasciata sfogare. «Andiamo a dare la bella notizia a tutti quanti!»
«Di quale bella notizia parli? Guardami!» lamentò lei, lasciando che Natsu si chinasse al suo fianco e le prendesse l'unico braccio che aveva. Se lo portò intorno al collo e così riuscì a sollevarla da terra, tenendola appoggiata a sé.
«Sono un mostro. E ho sempre mentito a tutti quanti. Mi odieranno» singhiozzò ancora.
«Mostro?» chiese Natsu, sorpreso. «Tutto ciò che non è umano secondo te è un mostro? Anche Happy, allora?»
«No!» sobbalzò lei, turbata da quel fraintendimento.
«Stai dicendo quindi che dovremmo odiare Happy perché non è umano?» insisté lui e lei si ritrovò spiazzata da quella semplicità. «N-no, certo che no» mormorò.
«E allora perché dovrebbero odiare te?» chiese lui, camminando lentamente verso l'uscita. Un radioso sorriso, tanto innocente, mentre lei si ritrovò a non avere più una risposta. «Saranno felici di vederti salva! Vedrai!» insisté lui.
«Natsu!» la voce di Happy fu la prima ad arrivare, mentre il gatto volava verso l'ingresso della cattedrale. «Natsu! State bene?» chiese Lucy dietro al gatto, ma non appena lei e il resto dei loro compagni alle sue spalle videro le condizioni di Priscilla, appesa alle spalle del ragazzo, si paralizzarono pallidi in volto.
«Priscilla!» balbettò Erza, sconvolta. Ma a rendere il tutto ancora più surreale fu il vederla viva, nonostante buona parte del corpo non fosse al suo posto. Gli occhi si muovevano, anche se erano rivolti al pavimento, e camminava con le proprie gambe.
«Come può essere viva in quelle condizioni?» si chiese Lucy, incapace di trovare una risposta.
«Va... portata in infermeria? Va curata?» chiese Erza, titubante.
«Non ce n'è bisogno» rispose Priscilla, confermando perciò che fosse viva.
«Che cosa significa?» mormorò Levy, portandosi le mani alle labbra. Quegli sguardi, confusi, perplessi e soprattutto spaventati come se avessero di fronte il peggiore degli incubi. Odiava sentirsi così, odiava sentirli così ripugnati di fronte a lei e quello che era davvero. Abbassò la testa, sopprimendo di nuovo le lacrime e tentò di pensare a una risposta esaustiva e definitiva da fornirgli. Era giusto che sapessero, giunti a questo punto, ma era così difficile trovare le parole per spiegare.
«Priscilla è fatta di magia ed è immortale!» esclamò Natsu con uno strano entusiasmo. Semplice, diretto ma chiaro. Priscilla si stupì di quella semplicità: come poteva non preoccuparsi nemmeno un po' di quello che avrebbe implicato quella realtà?
«Eh?!» chiesero turbati in coro almeno quattro dei membri della gilda che avevano di fronte. Happy le volò a fianco e guardò curioso all'interno dell'enorme ferita che le aveva portato via petto, spalla e braccio. Nonostante fosse ancora aperta e lacerata, aveva smesso di sanguinare e i tessuti mancanti si stavano pian piano ripristinando, sotto la guida bluastra della magia che ne ridisegnava i contorni. Sobbalzò e puntandole un dito contro urlò sconvolto ma comunque entusiasta di quella curiosa novità: «Priscilla è fatta di luce blu!»
«Mi dispiace avervi mentito fino ad ora» confessò Priscilla, non riuscendo a negare un sorriso divertito verso Happy e la sua allegra curiosità. Le volò vicino e continuò a guardarla affascinato, poi con tristezza le chiese: «Priscilla, ti fa tanto male?»
Il dolore... lo sentiva sia sulla pelle, sulla sua finta pelle artificiale, che dentro la propria anima, sempre se ne aveva una. Faceva dannatamente male, sì, e proprio per questo era bellissimo. Se poteva soffrire, se poteva amare, piangere, ridere... allora voleva dire che era viva, esattamente come tutti gli altri.
«Un po', sì» confessò.
«Possiamo aiutarti? Esiste qualcuno che sa guarire le ferite in corpi di magia?» insisté lui, preoccupato. Come era dolce, quella sua tiepida innocenza. Non riuscì a impedirsi di sorridere e il dolore cominciò a dissiparsi. Negò con la testa e poi rivelò: «Devo solo riposare».
«Hai... un corpo fatto di magia, allora?» chiese Erza, avvicinandosi maggiormente a lei. Non c'era più lo sguardo allucinato e raccapricciato di poco prima, anche se le spiegazioni erano state misere e ridotto all'osso. Vederla così, per ciò che era realmente, non li allontanava nemmeno un po'.
«Io...» mormorò, tornando a doversela vedere con quell'orrenda sensazione di essere qualcosa di estremamente diverso. «Sono il risultato di una magia antica e proibita. Una magia creazionale in grado di creare la vita stessa... è qualcosa di totalmente innaturale e di una complicatezza incredibile, tanto che praticamente nessuno era riuscito a realizzarla fino in fondo, prima di mio padre. Nessuno se non il mago nero Zeref, l’uomo che l’ha ideata».
«Aspetta, stai dicendo che...» cominciò Lucy, ma si bloccò non sapendo bene in che modo porre la domanda o cosa volesse chiederle. Ma Priscilla riuscì come a leggerle nella mente e annuì, in risposta a una domanda che aveva solo pensato.
«Sono stata creata con la magia e di magia sono costituita, nata da una delle marionette di carta appartenenti a mio padre».
«È... incredibile» mormorò Lucy.
«Esiste davvero una magia in grado di fare questo?» chiese Levy, guardandola stupita.
«Perciò il master non è veramente tuo nonno» osservò Gajeel, beccandosi per quell'osservazione un'occhiataccia da parte dei presenti. Come poteva mancare così poco di tatto?
«Beh...» ridacchiò lei, divertita dalla semplicità di quella conclusione. «No, tecnicamente possiamo dire di no, non avendo rapporti sanguigni che ci legano. Ciò non toglie che a darmi la vita è stato Ivan, suo figlio, perciò in qualche modo posso dire che sia mio padre. No?» chiese, titubante.
«Ora dovremmo andare verso la gilda. Priscilla ha detto che deve riposare» disse Erza, cominciando a fare strada.
«Natsu ha detto che sei immortale, è vero allora?» chiese Gray, curioso, affiancando l'amico che continuava a portare Priscilla su una spalla.
«Non ti sembra abbastanza come dimostrazione?» ridacchiò Priscilla, indicando con un gesto del capo la spalla mancante. «In realtà non è esatto comunque, ci sono cose che possono uccidermi, ma questi non sono gli attacchi fisici. Anche se venissi completamente fatta a pezzetti o disintegrata, ho come un centro energetico dentro me che si rimette in moto e si rigenera, rimettendomi in piedi. È difficile da spiegare, ma in altre parole non sono fatta di materiale fisico, ma solo magico ed energetico, perciò gli attacchi fisici non possono uccidermi».
«E cosa può ucciderti, invece?» chiese Natsu, curioso.
«Natsu!» lo rimproverò Gray, più sveglio dell'amico e in grado di capire che certe domande certo non erano da farsi. Priscilla sorrise, intenerita ancora da quell'innocenza. Aveva però appena deciso che non c'era motivo di continuare a mentire, non in condizioni come quelle.
«Mio padre» confessò infine.
«Eh?» chiese Natsu, non capendo.
«Mio padre può uccidermi. Sono nata dalla sua magia, in qualche modo gli appartengo e sono ancora legata a lui anche se posso godere di una vita indipendente. Vedi, la magia da cui sono nata, il motivo per il quale nessuno prima di allora era riuscito a portarla a termine è legato proprio alla fonte energetica. Voi umani la chiamereste anima».
«Anima?» mormorò Natsu.
«Non è difficile, per chi impara a padroneggiare come si deve la parte tecnica dell'incantesimo, ricreare tutti i processi biologici necessari alla vita. Il cuore, i polmoni, lo stomaco e, cosa più complessa, la mente. Un mago con una certa potenza può farlo senza intoppi, ciò nonostante ciò che veniva creato terminata la magia erano dei fantocci in grado di vivere ma che non potevano farlo. Ciò che mancava e che nessuno è mai riuscito a trovare era l'anima: una fonte energetica di base che fa funzionare il tutto. È come avere a disposizione una macchina perfettamente costruita, ma non avere il carburante in grado di alimentarla».
«Credo di cominciare a capire» annuì Gray.
«E questo cosa c'entra con la tua morte?» chiese invece Natsu e Priscilla non esitò a chiarire: «Mio padre è riuscito a darmi la vita perché ha trovato la risposta a questo eterno quesito. Non esiste una fonte energetica che possa autoalimentarsi, non in questo genere di cose almeno» sorrise. «Il miracolo della vita risiede nel fatto che voi siete gli unici esseri al mondo ad avere una fonte energetica autoalimentata. La vostra anima non ha bisogno di niente, si rigenera da sola e resta sempre rigogliosa. Ma l'anima non si può creare, è impossibile. Perciò lui trovò una via traversa: riuscì a creare un collegamento spirituale tra lui e me. In questo modo la mia fonte energetica nasce e arriva direttamente dalla sua, autentica e reale, in grado di autoalimentarsi e contemporaneamente alimentare anche me. In altre parole... vivo nutrendomi della sua magia e così riesco a tenere in moto i miei meccanismi interni».
«Se lui tagliasse questo collegamento magico tra voi...» osservò Gray, rabbuiandosi. Priscilla annuì, concludendo: «Consumerei presto la mia energia residua e finirei col cadere a terra, come un fantoccio qualunque. Una macchina privata del suo carburante. In termini umani... morirei».
«Vivi da sempre col terrore che lui possa da un momento a un altro decidere di ucciderti senza motivo e trovandosi chissà dove non sapresti nemmeno quando aspettartelo» sibilò Levy, impallidendo. «È terribile!»
«Un giorno potresti non svegliarti più e non sapresti nemmeno il perché. È come avere una catena intorno al collo, non sarai mai libera del tutto» commentò Erza, addolorata.
«Dobbiamo trovare tuo padre e convincerlo a trovare un'altra soluzione! Lo prenderemo a pugni, se necessario!» si animò Natsu, pronto a partire anche subito. «Natsu» ridacchiò Priscilla, divertita dal suo desiderio incontrollabile di aiutare il prossimo anche se non era nelle condizioni di farlo.
«Stupido!» lo rimproverò Gray «L'hai sentita? Suo padre è la fonte della sua vita, se fai del male a lui rischi di far del male anche a lei o di spingerlo a tagliare il collegamento energetico per ripicca!»
«Eh?!» sobbalzò lui, rendendosi conto solo in quel momento di una così tale ovvietà. «E allora che facciamo? Non esiste una soluzione?» chiese, panico in volto.
"Una soluzione..." rifletté Priscilla, lasciando che la voce di Natsu che litigava con quella di Gray diventasse solo un sottofondo. "Wendy Marvell..."
«Ehy, Priscilla?» la voce di Happy la destò dai suoi pensieri e catturò la sua attenzione. «Senti, ma se tu non hai un corpo di carne e ossa, ma solo di magia... perché mangi così tanto?»
Aveva appena rivelato il suo più grande segreto, aveva confessato la sua natura e la sua ancora enorme debolezza, il suo problema più profondo, e ciò che incuriosiva invece Happy più di ogni altra cosa era sapere perché mangiasse tanto. La sua innocenza, il suo candore, erano come una pomata lenitiva sulle ferite. Riportava con i piedi per terra, la faceva sentire... normale... a casa.
Gli angoli della bocca si tirarono verso l'alto mentre una risata le nasceva dal petto e pian piano le si diffuse su tutto il viso. Si illuminò, dopo tutte quelle lacrime versate, tornò a illuminarsi e rise di una risata viva e liberatoria. Una risata che come un uragano, piano piano, si espandeva e prendeva sempre più nella sua morsa. Tanto forte e coinvolgente che presto anche gli altri compagni, intorno a lei, non riuscirono a non esserne coinvolti, lasciando sfuggire le loro personali risate. Quella era Fairy Tail, la gilda che suo nonno a lungo aveva provato a fargliela sentire come una famiglia. Una gilda fatta di risate e amore, verso chiunque, anche chi non aveva un vero cuore nel petto a battere e che dopo qualsiasi difficoltà si ritrovava comunque a ridere e divertirsi tutti insieme.


«Priscilla! Priscilla!» la voce di Romeo, il piccolo figlio di Macao, anticipò il suo arrivo. Dietro di lui correvano altri due bambini, suoi amichetti, sicuramente. «Ce lo fai vedere, Priscilla?» chiese con gli occhi che brillavano.
«Romeo! Piantala! Non è un fenomeno da baraccone!» lo rimproverò suo padre, diventando paonazzo per la vergogna e la rabbia nel vedere il proprio figlioletto così sfacciato. Priscilla teneva un bicchiere nella mano sinistra, pieno di latte di cocco zuccherato e sedeva a uno dei tavoli nel salone della gilda. Rimase immobile con la cannuccia tra le labbra ancora qualche istante, guardando il bambino che come un uragano era entrato nella gilda quella mattina inseguito da una piccola folla di curiosi. Non si turbò alla richiesta, benché poco carina e delicata. Sorrise, divertita dalla loro innocenza, e posò sul tavolo la propria bevanda.
«Cercate però di non farvi venire gli incubi» ridacchiò. Afferrò il bottone che Levy le aveva cucito sulla maglia all'altezza della spalla destra. Era stata molto carina in quella premura, pensando che sarebbe stato poco sereno per lei girare senza un braccio per qualche giorno le aveva procurato una manica da agganciare alla spalla così da nascondere quella specie di moncherino magico che ancora lavorava ininterrottamente. Si sfilò la manica creata appositamente per nasconderla e mostrò ai bambini curiosi ciò che c'era al di sotto di essa: il braccio aveva cominciato a rigenerarsi appena sotto la spalla e continuava ad emanare una luce bluastra mentre lentamente la pelle, i muscoli e le ossa sopra di essa andavano formandosi. Non era ancora guarita, benché fosse passata un'intera notte, e probabilmente avrebbe avuto bisogno di qualche altro giorno per riavere indietro il suo braccio per intero.
I bambini sbarraro gli occhi di fronte a quella vista e la guardarono a lungo, incantati.
«La battaglia contro Laxus ha consumato molta della mia magia e la restante è stata usata per rigenerare con velocità il volto e il petto, la parte più critica, ma ora comincia a scarseggiare, per questo è rallentato così tanto. In condizioni normali avrei riavuto indietro il mio braccio nel giro di poche ore» spiegò lei, giustificando la lentezza con il quale stava guarendo.
«Incredibile» commentò Romeo.
«Sei davvero la fata immortale, come diceva!» commentò la sua amichetta, dietro di lui.
«Fata immortale?» si sorprese Priscilla chiedendosi da dove fosse saltato fuori quel soprannome. Lo trovò comunque carino, le scaldava il petto, perciò le sfuggì un sorriso.
«Ho sentito che hai dato del filo da torcere a Laxus!» intervenne un altro.
«No, non è vero» ridacchiò lei, imbarazzata.
«Sei fortissima, allora!»
«Incredibile».
«Posso avere il tuo autografo?» chiese un altro, tirando fuori un fogliaccio da una delle tasche.
«Eh?!» chiese Priscilla, ora rossa in volto per tutte quelle attenzioni.
«Non importa quante missioni hai portato a termine, scommetto che sei la più forte di tutte!» insistè un altro bambino.
«Anche più forte di Gildarts!»
«No, non più forte di Gildarts» lo ammonì uno di loro, poco convinto da quell'ultima affermazione.
«Lei è immortale, certo che è più forte di Gildarts!» e i due cominciarono a bisticciare tra loro su quelle teorie, mentre Priscilla li guardava sempre più rossa in volto e imbarazzata dalle loro attenzioni e complimenti.
«Guardali: Priscilla si è già fatta una piccola schiera di fans» ridacchiò Macao, osservando suo figlio e il suo gruppo di compagni che non sembravano decisi a lasciarla in pace.
Erza entrò nella sala in quel momento ed ebbe incredibilmente tutte le attenzioni rivolte su di sé, anche più del solito. Era appena stata nella stanza di master Makarov, dove lui era rimasto fino a quel momento insieme a Polushka, la maga guaritrice. Il giorno prima, proprio durante i combattimenti contro Laxus, aveva avuto un malore e questo l'aveva costretto a letto, in pericolo. Ed ora tutti non desideravano altro che sapere come stava.
«Grazie a Polushka sembra che la sua vita non sia più in pericolo» annunciò lei. «Non preoccupatevi, il master è salvo».
Un coro di esultanza e gioia si alzò subito dopo e nessuno impedì l'inizio di una serie di brindisi e festeggiamenti rumorosi ed euforici. Priscilla tirò un sospiro di sollievo e il viso le si distese, rilassato e tranquilla. Era stata da suo nonno non appena aveva avuto la notizia, subito dopo che erano rientrati, ma Makarov dormiva e lei aveva bisogno di riposare e riprendere energie. Così l'aveva lasciato nelle mani di Polushka, ma il turbamento non l'aveva abbandonata nemmeno nella notte. Tornò a dare le sue attenzioni ai bambini che aveva di fronte che, allegri ancora più di prima, avevano ripreso con le domande e le curiosità.
«Priscilla! Parteciperai anche tu alla parata?» chiese ancora uno dei bambini.
«Anche senza un braccio?»
«Che figata! Potrebbe vestirsi da mostro o da demone!»
«Non sarebbe molto carino» mormorò Priscilla, imbarazzata.
«Oh!» uno dei bambini si batté il pugno su una mano. «Potrebbe infilarsi un pupazzo al posto del braccio mancate e poi usare la magia del vento per farlo muovere, così sembrerà che ha un mostro che le esce dal braccio, come fosse posseduta!»
«Questo suona divertente!» commentò Priscilla, improvvisamente interessata.
«Non credo che sia quel genere di festival» mormorò una delle bambine, poco convinta.
«Dimmi di più!» insistè Priscilla, ora vagamente euforica all'idea.
«Potresti farlo a forma di serpente!»
«O di drago!»
«Sì, così sembrerà che dal tuo corpo esce un drago!»
«Fighissimo!» commentò ancora Priscilla, sempre più entusiasta.
«Ripeto che non penso sia quel genere di festival» insistè la bambina.
Le voci intorno a lei si fecero improvvisamente più basse, fino a zittirsi del tutto e questo fu tanto strano che distolse la sua attenzione dal piccolo esercito di fan che aveva davanti. Si voltò, a guardare cosa stesse succedendo. Ebbe un tuffo al cuore e improvvisamente l'intero mondo parve ammutolirsi, persino nei suoni.
Laxus era appena entrato nella gilda. Ricoperto di bende, un braccio ingessato, camminava fiero come se niente fosse successo.
Ma non era così, il suo volto benché cupo e serio, non trasmetteva la solita arroganza di sempre. Sapeva perfettamente che stava entrando in territorio nemico, aveva lo sguardo di chi se lo sarebbe risparmiato volentieri, ma c'era una faccenda che necessitava della sua presenza.
«Laxus!» brontolò Macao.
«Ehy, tu!» ringhiò Wakaba, infastidito dal suo ignorarli.
«Dov'è il vecchio?» chiese Laxus, ignorando le brontolate e i parlottii che gli davano contro.
«Come osi?» lo rimproverò Jet.
«Con quale faccia ti presenti dal master?» gli diede corda Droy. Non ci volle molto che anche tutti gli altri presero a urlargli contro insulti e minacce di svariato genere. Priscilla sgranò gli occhi e si guardò attorno, ascoltando tutto ciò che quella gente aveva da dire su suo fratello. Tremò mentre sentiva gli occhi bruciarle sempre più.
Quanto aveva lottato per far sì che lui potesse sempre avere una casa dove tornare. Quanto aveva lottato per poter proteggere Laxus, persino da se stesso. Aveva promesso che l'avrebbe riportato a casa, che avrebbe assicurato sempre un posto per lui, che mai gli avrebbe fatto mancare i sorrisi che tanto gli piacevano. Niente di tutto quello era riuscita ad ottenere.
"Ho fallito" realizzò in quell'istante. Anche se Laxus aveva ricordato, anche se aveva smesso di volgere loro sguardi e parole di odio e disprezzo, non era riuscita a riportarlo indietro come desiderava. Come avrebbe aggiustato tutto quello? Come avrebbe potuto ritornare al passato, quando per loro non c'erano altro che risate ed avventure.
«Priscilla» mormorò Romeo, guardando con preoccupazione il volto della ragazza ora solcato di lacrime. Quando aveva cominciato a piangere?
«Ora basta!» la voce di Erza, riuscì a rompere quel maleficio. L'intera gilda si zittì, obbediente e intimorita dall'autorità della fata più forte dell'intera Fairy Tail. «È nell'infermeria, in fondo» disse lei e facendosi da parte fece passare Laxus.
«Laxus!» la voce di Natsu, nascosta da alcune bende, ma comunque udibile. «Questa volta è stato sleale, eri già affaticato, non mi sento soddisfatto! La prossima volta ti sfiderò lealmente e ti batterò, Laxus!» ringhiò, infastidito all’idea che prima di lui avessero già messo mano allo scontro sia Mistgun, che Erza che Priscilla. Quando lui era intervenuto dando il colpo di grazia Laxus non era certo più nelle sue migliori condizioni e questo non stabiliva chi dei due fosse realmente più forte. Laxus però lo ignorò e lo superò, scatenando l’ira del ragazzo per l'arroganza che ancora sembrava dimostrare. Ma poi un segno, una piccolezza... bastò.
Laxus alzò uno mano, anche se di spalle, a volerlo salutare e soprattutto a confermare che l'aveva sentito ed era ben disposto ad accettare la sfida. Era passato tutto, quella follia e quel rancore che per anni l'avevano accecato ora non c'erano più. Ora restava la vergogna e le proprie responsabilità da raccogliere con quel poco di dignità rimastogli, non aveva altra scelta.
Priscilla si alzò dal suo sgabello, riabbotonandosi rapidamente la manica per coprire il braccio ancora in crescita, e gli corse dietro. Sbatté un paio di volte contro qualcuno, ma lo ignorò, neanche riusciva a vederli dietro l'appannamento delle proprie lacrime.
«Priscilla» mormorò Lucy, vedendola, ma anche lei fu ignorata. Non ebbe coraggio neanche di riprovarci, non dopo tutto quello che era successo.
Priscilla voltò l'angolo del corridoio e chiamò repentina: «Laxus!»
Lui aveva già la mano sulla maniglia della porta dell'infermeria, abbassata in parte. Si fermò, sentendola, ma non si voltò nemmeno a guardarla. Aprì ed entrò.
«Aspetta! Laxus!» provò a richiamarlo lei, avvicinandosi alla porta per entrare e riuscire finalmente a parlargli. Ma qualcosa glielo impedì, un sentimento in fondo al petto, non seppe cos'era ma le bloccava la mano. Frustrata e colma di dolore si portò una mano alla fronte e strinse gli occhi, provando ancora una volta a impedire alle lacrime di avere la meglio. Fece dei grossi respiri e infine si voltò, poggiando la schiena a quella porta che Laxus aveva appena messo tra loro. Si lasciò cadere a terra, dove si sedette, e restò lì, con la schiena aderente alla porte a la testa sollevata. Da dentro la stanza poteva sentire la sua voce e quella di suo nonno, quelle pareti non erano poi così spesse.
«Ti rendi conto di quello che hai fatto?» chiese Makarov, ma da parte di Laxus non venne risposta. «Guardami negli occhi» ordinò Makarov, prima di riprendere: «Capisci, le gilde sono luoghi dove gli amici si riuniscono, sono luoghi dove puoi lavorare e per i ragazzi senza un posto dove andare possono essere una casa. Non sono cose che puoi possedere. Far parte di una gilda vuol dire innanzitutto nutrire fiducia e stima verso i propri compagni. Si tratta di un legame solido e duraturo, più di ogni altra cosa. Tu hai mancato di rispetto ai tuoi compagni e hai attentato alla loro vita. Tutto ciò non può essere perdonato».
«Lo so bene» la voce di Laxus, che finalmente rispondeva, con tono abbattuto e consapevole. Da quanto tempo non lo sentiva così vulnerabile? Era veramente pronto ad accettare ogni cosa, aveva finalmente capito e soprattutto aveva finalmente ricordato. Era tornato veramente il Laxus di un tempo?
«Volevo... solo rendere questa gilda più forte» confessò.
«Sei un tontolone» gli disse Makarov, non riuscendo a trattenere quell'affetto che nonostante tutto lo legava ancora al suo amato nipote. «Prova a rilassarti un po', d'accordo? Se ci proverai, forse riuscirai a vedere cose che ora non puoi vedere. Sentirai parole che non hai mai sentito. La vita è molto divertente! E anche se ora come ora fai sicuramente fatica a crederlo, c'è ancora qualcuno che non desidera altro che vederti sorridere».
Laxus non rispose, ma abbassò lo sguardo, consapevole di chi stesse parlando. Davvero lei desiderava ancora vederlo sorridere, dopo tutto quello che le aveva fatto? Come poteva?
Makarov socchiuse gli occhi e riprese a parlare. «Mi ha chiesto di farle una promessa, tanto tempo fa. Lei si sarebbe presa carico di ogni responsabilità fino a quando non fosse riuscita a farti rinsavire e io avrei dovuto perdonarti ogni cosa, fino ad allora. Una promessa superflua, visto che la maggior parte delle volte lo facevo per la mia volontà e desiderio. Farvi crescere era la mia unica ragione di vita. Non hai bisogno del potere, non devi essere intelligente. Non desideravo altro che farvi stare bene. Era tutto quello che volevo. Laxus...» mormorò con il dolore nella voce. E infine solenne, ma incapace di trattenere il dolore per sé, recitò con eccessivo sforzo: «Sei espulso».
Priscilla, fuori dalla porta, ebbe un tuffo al cuore. Non poteva farlo... lui aveva promesso, non poteva farlo! Ci era riuscita, l'aveva fatto tornare, perché doveva rovinare tutto... come poteva lei andare avanti, senza più una ragione di vita? Lo stomaco prese a farle un male cane e strinse i pugni mentre il fiato si faceva sempre più pesante.
«Già... perdonami per il disagio» si limitò a dire Laxus, col tono di chi avrebbe accettato persino la pena di morte. «Vecchio...» mormorò, titubante. «Ti chiedo solo un ultimo favore».
«Non sei nelle condizioni di avanzare richieste» mormorò lui, con la voce rotta dal dolore che cercava a tutti i costi di nascondere.
«Lo so...» non riuscì a dire altro, ma il suo tono di voce abbattuto convinse Makarov ad ammorbidirsi almeno su quello. «Cosa vuoi chiedermi?»
«Impediscile di seguirmi» un altro colpo al cuore colpì Priscilla fuori dalla porta, in grado di sentirlo. «Ride molto quando è con voi. Io l'ho già fatta soffrire abbastanza».
"La guardavi sempre, vero... Laxus?" rifletté Makarov, ormai succube della lacrime e incapace di fermarsi. Nonostante lui le volgesse sempre le spalle, tutte le volte che la incrociava, di nascosto poi voltava lo sguardo nella sua direzione e la osservava. Vederla comunque felice chissà che comunque non lo rasserenasse, nonostante l’apparente odio che ostentava. Makarov gli tenne le spalle, l'unico modo che aveva per mantenere la propria severità e dignità, e si limitò ad annuire con un verso gutturale, prima di insistere: «Adesso vattene!»
«Certo» sorrise Laxus, voltandosi e appoggiando la mano sulla maniglia della porta. «Abbi cura di te, vecchio» mormorò infine, prima di uscire.
Chiusa la porta alle spalle, lasciato Makarov solo con i propri singhiozzi, si trovò di fronte l'ultimo fardello che avrebbe dovuto affrontare quel giorno: Priscilla era in piedi di fronte a lui, piangeva tanto che tremava dallo sforzo e stringeva quell'unico pugno rimastole, col braccio ben teso lungo il corpo.
La guardò a lungo, senza proferire parola, aspettando che fosse lei a rovesciargli addosso tutto ciò che voleva e che, soprattutto, doveva. Ma lei continuò a piangere e tremare, sotto uno sforzo che sembrava volesse spezzarla a metà.
«Non andare» riuscì infine a sibilare con quel poco di voce che aveva. Non rispose: certo non c'era bisogno che fosse lui a ricordarle che l'ordine di esilio del master non era discutibile. «Ti prego» fischiò ancora con la voce sotto uno sforzo incredibile. Ma lui ancora non rispose, non sapendo bene cosa dirle.
«Non...» provò a parlare ancora, ma la voce gli morì in gola e la costrinse a deglutire.
«Cerca di non fare troppi pasticci, ok?» le disse Laxus semplicemente, in quella che doveva essere una frase di commiato. La stava ignorando. Ignorava le sue richieste, le sue preghiere, le sue lacrime... ignorava le sue parole. Laxus si voltò, pronto a tornare sui suoi passi e andarsene, ma lei si mosse rapidamente e con quell'unica mano rimastole l'afferrò per il colletto e lo spinse contro al muro alle sue spalle. Il braccio teso, il pugno ben serrato sul suo colletto, un gesto minaccioso che dava sfogo alla sua rabbia e frustrazione. Ma più che per quello, era perché era disperata e sapeva che l'unico modo per riuscire ad avere la sua attenzione era facendo ricorso alla forza. Strinse i denti e continuò a tremare, mentre teneva Laxus ben premuto contro il muro con il pugno rigido. Non che lui facesse nemmeno niente per liberarsi, ma si limitò a guardarla con una piccola nota di curiosità nel volto. Quell'atteggiamento non era da lei e sicuramente non lo era nemmeno in quel momento, visto lo sforzo che stava facendo.
«Non puoi lasciarmi di nuovo indietro dopo tutto quello che è successo» ruggì furiosa. «Non puoi impedirmi di venire con te, non te lo permetto! Non puoi decidere per me!»
«Origliare non è buona educazione, lo sai?» le disse lui, accennando un sorriso intenerito e divertito. Aveva passato così tanto tempo ad odiarla che si era dimenticato cosa significasse parlarle normalmente. Aveva dimenticato quanto fosse piacevole e carina, persino quando si arrabbiava in quel modo. Aveva dimenticato... quanto le fosse affezionato. Quella bambina cupa, sempre triste e spaventata, che aveva deciso di prendere per mano e portarsela dietro, ad esplorare il mondo. Quella bambina a cui aveva insegnato tanto, ricordava come lo guardava quando lui le raccontava qualche storia d'avventura... che fosse reale o inventata non le importava mai, lei lo trovava talmente incredibile che credeva a tutto ciò che lui le raccontava, anche le cose più assurde. Lo sguardo ammirato, amorevole e felice che rivolgeva sempre nella sua direzione. Quel sorriso che allargava in ogni occasione, persino quando nei cinque anni precedenti lui non aveva fatto altro che odiarla. Priscilla non aveva mai smesso di sorridergli. E ora era diventata tanto forte da riuscire a metterlo in difficoltà in una lotta alla pari, non più inerme a prendere cazzotti, era stata davvero incredibile. Quella ragazzina sempre spaventata ed esitante, che lo temeva più di ogni altra cosa nonostante lo ammirasse alla follia, ora l'aveva preso per il colletto e gli stava addirittura urlando contro. Quanta forza, quanta energia, quanta bellezza e quanto animo era riuscita a tirare fuori mentre lui non guardava?
«Se tu te ne vai...» singhiozzò e ammorbidì la presa su di lui, non riuscendo più a sostenere quel profilo aggressivo e imperativo. Faceva troppo male per trovare la forza di imporsi. «Quale sarà il mio scopo di vita, se tu te ne vai?»
Lo lasciò andare, trovandosi di fronte alla necessità di asciugarsi le guance ora troppo pregne di lacrime. Si strofinò un occhio e cercò di asciugarlo, ma non faceva in tempo a togliere le lacrime che queste si riformavano e tornavano.
"Lo scopo di vita" rifletté Laxus, sentendo una fitta all'altezza del petto. Lei era stata creata con l'unica ragione di venir picchiata da lui, per potersi allenare e rinforzare. Lei era stata creata appositamente per lui. Era questa l'unica cosa che riuscisse a pensare in quel momento. Ci aveva riflettuto tutta la notte e ancora non riusciva a realizzare che Priscilla, quella che da sempre aveva considerato una sorella, altro non era che una marionetta a cui erano stati sbrigliati i fili e a cui era stato dato un compito infimo e disumano. Pensarci lo riempiva di rabbia verso il padre che aveva osato farle una cosa del genere e verso se stesso, che mai si era ricordato della verità e che aveva influenzato tanto la sua vita da portarla alle lacrime così tante volte. Ma Natsu, con la sua semplicità, era stata la sua salvezza e sapeva che sarebbe potuto esserlo ancora.
Priscilla amava, soffriva, rideva e soprattutto cresceva... non era una marionetta, forse lo era stato in passato, ma ora chi aveva di fronte era tutto tranne che una marionetta priva di una vita propria. Avrebbe trovato altre ragioni di vita, come tutti gli esseri umani. Era forte abbastanza da riuscirci, ora.
Le posò una mano sulla testa, in una carezza affettuosa.
«Sei cresciuta davvero tanto, Pricchan» le disse.
Un gesto, una frase, un soprannome e un tono di voce che per anni non erano stati altro che un ricordo e un sogno. Quanto tempo era passato dall'ultima volta che era stato gentile con lei? Era veramente tornato? Era veramente di nuovo il Laxus dei suoi sogni più dolci. Le concesse un timido sorriso, altro piccolo dono di arrivederci di cui lei fece tesoro, riempiendosi di una felicità incontenibile. Smise di singhiozzare e di tremare e, anche se le lacrime continuavano a scendere, ora avevano un sapore ben diverso. Lo guardò mentre infine si allontanava.
Un nuovo calore nella pancia, mentre la disperazione scemava portando con sé l'idea di lasciare la gilda e seguirlo, ovunque sarebbe andato. Lui desiderava vederla ridere ancora insieme a quelle persone. Sarebbe stato quello il suo nuovo scopo? Realizzare il suo desiderio e restare lì, a ridere insieme a loro. Sì, poteva farlo. Se la speranza era di poter di nuovo, un giorno, ricevere un'altra di quelle carezze e di sentirlo così dolce nella voce allora avrebbe potuto affrontare anche altri cento anni di lotte e solitudine. Cinque anni di sofferenze... ma ne era comunque valsa la pena.
Laxus era tornato.
Si portò il braccio agli occhi e rapidamente si asciugò le lacrime con una determinazione quasi selvaggia. Sforzò il viso, ogni singolo muscolo, e riuscì a riprenderne la padronanza.
«Laxus!» chiamò, tornando nella sala. Lui era già quasi alla porta, oltre al quale il cielo azzurro lo avrebbe accolto e per un po' le avrebbe impedito di vederlo ancora. Non era la prima volta che scendeva a patti con il tempo. Poteva farcela. Sapeva che quello non era un addio, lo sentiva, doveva solo pazientare ancora un po'.
Laxus si fermò e voltò appena la testa, per guardarla, ma senza voltarsi completamente. Priscilla lasciò andare un sospiro profondo, per calmarsi e ritrovare il controllo, e infine si aprì in un ampio sorriso. Non era uno dei suoi migliori, le sopracciglia erano ancora aggrottate per lo sforzo, e il dolore minacciava di riprendere il controllo da un momento a un altro, i muscoli si tendevano incredibilmente per lottare contro la tristezza, ma comunque riuscì a sorridere.
«Allora io ti aspetto qui».
Un compromesso, più una certezza: sarebbe rimasta, avrebbe accettato la sua richiesta, ma loro un giorno si sarebbero incontrati di nuovo. Ne era sicura.
Avrebbe aspettato.


Il festival quella sera fu pieno di musica e colori, la gente per le strade applaudiva e rideva divertita. La parata di Fairy Tail era in corso, con la sua spettacolarità e grandezza. Ogni carro era una sorpresa e una meraviglia che lasciava tutti a bocca aperta. Un primo carro con Cana che faceva volare le sue carte, in una scia di colori e luci. Lucy, Bisca e Levy che ballavano e sventolavano bandiere. Elfman trasformato in bestia ruggiva, pericoloso, mentre Mira sulla sommità di una torre salutava come una principessa. Gray e Lluvia avevano dato vita a un castello di acqua e ghiaccio, con fontanelle e spruzzi. Erza che faceva roteare le sue spade in maniera coreografica, ballando insieme ad esse. Natsu dietro l'ennesimo carro camminava con orgoglio, lasciandosi alle spalle una scia di fuoco e infine, alzando la testa al cielo, sparò lettere di fuoco scrivendo il nome della loro gilda. Sul carro successivo Priscilla si alzò per aria roteando come una ballerina, tenendo alzato l'unico braccio che ancora aveva. Un mantello e un costume ad hoc nascondevano la sua momentanea infermità, era bene tenerla nascosta per quanto fosse possibile. Un soffio di vento le fece svolazzare abiti e capelli e il vestito, mosso dal suo vento, si aprì sulla schiena come ali di fata, incarnando così il nome della loro gilda. La sua capacità di volare la rendeva perfetta per quel genere di scenografia. Volò sopra la testa delle persone a bordo strada e rilasciò su di loro una polvere dorata, per poi svolazzare di carro in carro e fare altrettanto, aggiungendo così un pizzico di glitter ovunque passasse. Fu il turno del master Makarov, con un ridicolo costume da gatto, salutava e si agitava nelle sue movenze goffe e a tratti ridicole. Ma d'un tratto Priscilla gli volò a fianco e lui assunse un'espressione seria e decisa. Alzarono in contemporanea il braccio verso l'alto, il dorso in avanti, l'indice a puntare il cielo e il pollice aperto, come fosse una pistola. E uno dopo l'altro, l'intera gilda si unì a quel gesto apparentemente senza senso e innocuo, ma invece tanto significativo.
Erano passati così tanti anni, eppure non lo avevano dimenticato. Il primo anno della parata di Laxus e Priscilla.
«Andiamo a vedere la parata anche quest'anno?» aveva chiesto lei, innocente e quasi intimorita. A quel tempo lo era sempre, ancora agli albori della sua vita da umana. «Sarà più bella dell'anno scorso, ne sono certo!» aveva detto Laxus, entusiasta, trascinando sua sorella, tenuta per mano, incontro al loro nonno. «Nonno! Parteciperai anche quest'anno?» gli aveva chiesto.
«No, Laxus. Quest'anno tocca a voi, sarà il vostro esordio. Io vi guarderò dal pubblico» aveva risposto lui e Priscilla era diventata ancora più agitata del solito. «Possiamo davvero fare una cosa del genere?»
«Ma se tu resti tra il pubblico io non sono sicuro che potremo vederti» aveva brontolato Laxus, triste all'idea di non poter stare insieme a suo nonno in un giorno come quello. «Forse potremmo fare qualcosa durante la parata per mandargli un messaggio» aveva suggerito timida, Priscilla. Laxus si era illuminato per la bella idea e aveva inventato quello stesso gesto che ora vedeva fare a tutti loro.
«Significa che anche se non saprò dove sei, io ti vedrò sempre».
Non sapevano dove si trovava, ma sapevano che Laxus era sicuramente lì, da qualche parte, a guardarli. E loro sarebbero per sempre rimasti con lui, anche se lontani.
"Ti aspetto qui... Laxus" e con quel pensiero finalmente Priscilla potè lasciarsi andare a uno di quei sorrisi aperti e luminosi che solo lei era in grado di fare. Uno di quei sorrisi che proprio Laxus le aveva insegnato.

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Capitolo 10
*** Un posto per me ***


Un posto per me





La vita a Fairy Tail era tornata presto normale, o quasi. Era passata una settimana dal festival del raccolto e dall'espulsione di Laxus dalla gilda. Priscilla aveva finito di rigenerare il proprio braccio nel giro di un paio di giorni, i quali li aveva passati a dormire per la maggior parte. La magia che la componeva si sforzava molto in quell'operazione, l'affaticava, ma come aveva annunciato, terminato il periodo di degenza, era tornata esattamente come prima. Svolazzava per la gilda, incapace di appoggiarsi su sedie o sul pavimento, rideva, incitava le risse che a quanto pareva la divertivano molto ed era tornata a sorridere luminosa come sempre. Sembrava non portare su di sé i segni di quei terribili eventi e dell'addio a suo fratello, ma in verità Lucy la vedeva spesso la sera seduta a un tavolino da sola, con lo sguardo rivolto al cielo, pensierosa. Era così triste vederla in quello stato di apparente serenità, soprattutto dal momento che era ovvio a tutti quanta nostalgia provasse ogni giorno di più.
I Raijinshuu si erano uniti e aperti sempre più al resto della gilda, ora che le loro ostilità erano cessate. Fried aveva cominciato a sorridere, Bickslow si divertiva a importunare Lucy, mentre Evergreen si vantava della sua bellezza e pretendeva che il povero Reedus la dipingesse... in continuazione.
Era stato Fried, allora, il primo ad avvicinarsi a Priscilla anche se dietro di lui la guardavano con un certo timore anche Bickslow e Evergreen. Aveva indicato la sedia di fronte a lei, in uno dei momenti in cui era seduta a guardare fuori dalla finestra, e aveva chiesto educato: «Posso?»
«Certo» aveva sorriso lei, cordiale e gioviale come sempre. «Tu sei uno degli amici di mio fratello, Fried giusto?» aveva chiesto conferma del nome solo per potersi presentare. Ufficialmente non l'avevano mai fatto, i Raijinshuu erano nati poco dopo che Laxus le aveva voltato le spalle.
«Non abbiamo mai avuto modo di conoscerci come si deve» annuì Fried.
«Scommetto che nemmeno sapevate di me» ridacchiò lei. «Laxus avrà negato persino la mia esistenza».
«In verità...» iniziò Fried un po' in imbarazzo. «Era proprio di questo che volevo parlarti. Laxus è una persona orgogliosa, difficilmente ammetterà di avere certe debolezze, ma stando molto tempo con lui si è in grado di imparare a leggergli negli occhi. E io credo che in realtà ti fosse molto affezionato, nonostante le parole che ti rivolgeva». Priscilla non rispose ma gli diede la sua completa attenzione e lui proseguì: «Se la prendeva con te più che con chiunque altro, quando iniziava a parlare di cosa non andava nella gilda tu eri sempre un punto cardine, anche se confesso non erano cose carine quello che diceva ma comunque eri importante. Credo che il motivo per il quale non sopportasse incrociarti fosse perché lo costringevi a scontrarsi con qualcosa che non voleva vedere, dei tentennamenti che lo facevano sentire debole. Ma le volte che capitava che vi incrociavate, dopo che poi te ne andavi per un po' diventava calmo e sereno. Io credo che fosse il vedere che in fondo stavi bene a tranquillizzarlo e quando questo succedeva, spesso passava il resto della serata proprio come stai facendo tu. Seduto vicino a una finestra, il volto appoggiato alla mano e lo sguardo al cielo».
Priscilla aveva sorriso, colta dalla tenerezza, e aveva infine confessato: «Grazie Fried. Ho sempre fatto il possibile in questi anni, con quel poco che mi era concesso, per cercare di calmare e rasserenare il suo animo turbato, ma non ricevevo riscontri positivi in nessuna occasione. Molte volte ho creduto che fosse tutto inutile e che avrei dovuto rinunciare, ti confesso. Queste tue parole mi fanno capire che non è stato così, mi rincuorano».
«Viviamo la stessa angoscia in questi giorni, tu e noi. Tornare alla normalità è bello e ci rallegra, ma quel vuoto non se ne andrà facilmente e nessuno qui dentro può capirlo meglio di noi. Ho pensato fosse giusto tenderci la mano».
Priscilla l'aveva guardato qualche secondo, metabolizzando quanto lui avesse detto: se c'era qualcuno che al mondo amava Laxus quasi quanto lei sicuramente quelli erano i suoi amici, che l'avevano accompagnato in quegli anni in cui lei non poteva farlo.
«Fried» sorrise, prima di arrossire un po', imbarazzata da quanto avrebbe detto ma sentendo necessario farlo. «Grazie che gli siete stati vicini mentre io non potevo. Sapere che non era solo era l'unica felicità che ho avuto in questi cinque anni».
«È stato un vero onore e piacere» annuì Fried. Bickslow trovò finalmente il coraggio di farsi avanti e intervenire, o forse aveva solo aspettato che il loro portavoce finisse per poter dire la sua. Si sedette pesantemente a fianco di Priscilla e le avvolse il collo in un abbraccio amichevole anche se invadente.
«Glielo hai raccontato dell'attacco di Phantom?» chiese a Fried. Priscilla si era stretta nelle spalle, intimorita e imbarazzata per quel contatto invadente da parte di quello che non solo era uno sconosciuto ma anche un ex nemico. Lucy le aveva raccontato delle cose inquietanti su quel tipo, visto che era stata lei a scontrarsi con lui e sconfiggerlo... le faceva venire i brividi.
«Non penso sia necessario raccontare ogni singolo evento» disse Fried, guardando con imbarazzo l'amico.
«Per una donna dal cuore spezzato non c'è miele più dolce che sapere che l'uomo della sua vita in realtà non ha mai smesso di pensare a lei. È romantico» intervenne Evergreen, prendendo posto alla destra di Priscilla.
«Uomo della sua vita? Che tipo di rapporto pensate che abbiamo io e Laxus?» sussultò Priscilla. «Ciò non toglie che la fata di Fairy Tail sono io e non sopporto che tu abbia messo su quell'esibizione durante la parata! Non azzardarti mai più a prendere il mio posto, capito?!» la fulminò Evergreen ignorando la sua domanda.
«M-mi dispiace» balbettò Priscilla, accennando un sorriso sempre più nervoso.
«Allora glielo racconto io!» annunciò Bickslow stringendosi ancora di più Priscilla al petto. «È successo dopo la chiamata di Mira, quella con la Lacryma di comunicazione» ricordava eccome quella chiamata, era stata straziante. «Fried ha il cuore tenero in fondo» continuò Bickslow e Fried intervenne, offeso, con: «Non ero l'unico preoccupato!»
«In verità, anche se rispettavamo la scelta di Laxus di non intervenire, pensavamo che nessuno di voi sarebbe stato adatto a vedersela con Phantom. Vi credevamo tutti delle schiappe!» rise e Priscilla non poté che rispondere con un sorriso profondamente a disagio. «Così abbiamo parlato a Laxus dei nostri dubbi: "se lasciamo che se la sbrighino loro finiranno col far distruggere la gilda, quelle schiappe inutili" dicevamo. "Vogliamo davvero lasciare che affossino così la gilda che ti spetta di diritto? Ti ricopriranno di vergogna"».
«Che grande fiducia che avevate in noi» balbettò Priscilla, ironica. Bickslow rise ancora più forte, tanto da lanciare indietro la testa e far uscire la lingua. Quel tipo era veramente psicopatico, forse proprio per questo tra tutti era quello che cominciava a stargli più simpatico. Era divertente.
«"Tanto c'è Priscilla con loro"» disse Evergreen, con un sorriso sulle labbra. «È così che ha detto! "Tanto c'è Priscilla"».
Priscilla sgranò gli occhi, sorpresa da quella storia. Durante la chiamata di Mirajane non aveva fatto che insultarla e scoraggiarla, mostrando astio e odio ancora una volta. Aveva creduto davvero di averlo perso per sempre e di essere sola, invece ora veniva a scoprire che, anche se ostile, non aveva mai smesso di credere in lei tanto da averle lasciato le sorti della gilda nel peggiore dei momenti che Fairy Tail avesse mai vissuto. Non la credeva veramente stupida e debole, era solo arrabbiato. Se l'era sempre ripetuto, razionalmente riusciva a crederci, ma il cuore aveva abbandonato la fiducia ormai da molto tempo e spesso si era sentita chiusa in una morsa fredda e buia. Quelle parole davano tutto un altro sapore a quei ricordi che aveva già classificato come i peggiori della sua vita.
«Ecco fatto...» mormorò Fried, sconsolato, guardando Priscilla increspare le labbra e gli occhi inumidirsi. «L'avete fatta piangere, visto?»
«Sì ma sono lacrime di gioia e d'amore!» insistè Evergreen, ondeggiando felice.
Priscilla lasciò andare un verso infantile, un pianto lamentoso e bambinesco, prima di confessare proprio come una bambina a cui era stato tolto il dolcetto: «Mi manca tanto Laxus». Evergreen la seguì con un’immediatezza sorprendente, scoppiando a piangere come una disperata insieme a lei. L'abbracciò tanto forte che le loro guance si schiacciarono l'una contro l'altra, e pianse un disperato: «Anche a me!»
"Perché hanno dovuto dirle queste cose?" pensò Fried, guardandole con disagio.
«E ti dirò di più!» insistè Bickslow, per niente frenato da quello che stava succedendo, ma sembrava anzi divertirsi a infierire ancora di più. «Il giorno prima del festival ha picchiato il Dragon Slayer del ferro, quel Gajeel, te l'avranno detto. Se l'è presa con lui perché ha messo in cattiva luce la sua gilda, era furioso, ma è scattato in piedi per andare a cercarlo solo quando ha sentito qualcuno dire che era stato lui a mandarti all'ospedale».
Priscilla urlò ancora di più a quell'ultima rivelazione e strinse Evergreen più forte, mentre lei le andava ancora dietro, aumentando a sua volta la potenza dei suoi pianti e lamenti.
«Ma tu lo sapevi già, perché adesso fai queste storie?» chiese Fried alla donna, sempre più scoraggiato dalla scena mentre Bickslow se la rideva bella grossa, divertito.
«Mi viene da piangere nel sentire lei piangere, non posso farci niente» disse Evergreen biascicando le parole mentre continuava a frignare e singhiozzare.
«Comunque!» disse Fried con fervore, puntando un dito contro l'accoppiata Evergreen e Priscilla. «Noi Raijinshuu dopo un’attenta riflessione siamo giunti a una conclusione!»
La determinazione e l'imperatività con cui stava parlando attirò l'attenzione di Priscilla tanto che riuscì a farla smettere di frignare. «Da oggi sei la nostra protetta!»
«Eh?!» sobbalzò Priscilla, già preoccupata.
«L'amata sorellina di Laxus è anche la nostra amata sorellina!» gli diede corda Bickslow scompigliando i capelli di Priscilla tanto forte da strappargliene un paio accidentalmente. «È sicuramente questo il motivo per cui non ci ha permesso di seguirlo nel suo esilio! Voleva che restassimo qui a badare a te. Soddisferemo le tue ultime volontà, Laxus!» disse Fried con enfasi.
«Non è mica morto...» mormorò Priscilla, a disagio per quella situazione. «Sentite, apprezzo molto la vostra gentilezza, sono sicura che Laxus abbia scelto i migliori del mondo come compagni e amici, ma io non ho bisogno di protezione. Vi ringrazio comunque» disse cercando di essere gentile e pacata.
«Allora saremo i tuoi seguaci, piccola Laxus seconda!» insistè Fried, sempre più euforico. «Non mi chiamo Laxus seconda...» balbettò lei, sempre più in difficoltà.
«Le tue ombre!» gli diede corda Evergreen.
«Credo che voi abbiate bisogno di aiuto» provò ancora a dire Priscilla, rendendosi conto che non era tanto lei a stimolarli a seguirla quanto il bisogno di avere un secondo Laxus a cui fare riferimento... e lei essendo sua sorella, era la cosa che ci si avvicinava di più.
«Non preoccuparti, piccoletta! Ci pensano i Raijinshuu a te!» disse Bickslow, tornando a torturarle la testa.
«Santo cielo, Laxus... proprio a me dovevi lasciarli questi tipi?» mormorò lei, ormai rassegnata. Nonostante cercasse di trovare almeno un accordo, loro non ascoltavano nemmeno ciò che aveva da dire. Non che le dispiacesse avere gente intorno, Fairy Tail con i loro membri rumorosi e invadenti era davvero divertente, ma semplicemente aveva un brutto presentimento su quella situazione.
«Ascoltate tutti!» la voce di Cana si fece improvvisamente forte e euforica. «Lucy non ha un fidanzato!» gridò, mentre la ragazza al suo fianco si agitava, rossa in volto. «Chissà di cosa stavano parlando» ridacchiò Priscilla, divertita dalla scenetta.
«Povera ragazza, scommetto che non ne ha mai avuto nemmeno uno. Sembra così pura» disse Evergreen, con aria superba.
«Parli come se tu fossi un'esperta» disse Priscilla, rilassandosi un po' nonostante loro si fosse appena dichiarati come suoi futuri stalker.
«Modestamente una bellezza come me non poteva non avere determinate esperienze alle spalle» continuò lei, aprendo il suo ventaglio e sventolandosi con spavalderia.
«Ci hai provato anche con mio fratello?» le chiese provocatoria Priscilla e Evergreen sobbalzò, improvvisamente innervosita. «Ohy! Ma cosa vai a pensare?!»
«Non credo saresti il suo tipo, Ever» commentò Bickslow, che teneva ancora il braccio appoggiato sulle spalle di Priscilla. Evergreen si alzò sulla sedia, colta da una furia incredibile, e urlò contro il compagno: «Come ti permetti a dubitare delle mie qualità!»
«Siediti composta, Ever» provò a riprenderla Fried, senza successo. Ormai Evergreen era partita per la sua strada di rabbia e offese, che sputava al di sopra della testa di Priscilla, contro un Bickslow che invece la ignorava e giocava con uno dei suoi totem volanti. Era così quotidiano e solare, non era affatto male. Persino il braccio invadente di Bickslow che sembrava avesse preso dimora sulle sue spalle e non l'avrebbe lasciata andare tanto facilmente era in qualche modo rassicurante. Priscilla si ammorbidì sul tavolo, lasciando che Evergreen continuasse a sbraitare alla sua sinistra, che Bickslow continuasse a tenerla sotto il proprio braccio e che Fried provasse invano a ristabilire l'ordine. Sorrise, infine, luminosa e felice di quel piccolo quadretto di cui era testimone. Non era davvero affatto male.
«Essia!» disse infine, alzandosi a pugni stretti. Salì sulla sedia e poggiò un piede sul tavolo, possente e minacciosa. «Ho preso la mia decisione! Raijinshuu, accetto la vostra offerta! Da oggi potete considerarmi il vostro quarto membro!»
«Ho sempre desiderato una sorellina piccola, evviva!» gridò Evergreen saltandole al collo con una tale enfasi da farle perdere l'equilibrio dalla sedia. Con un urlo cadde giù, insieme a Evergreen, dritto dritto sopra Bickslow alla sua sinistra e inirono tutti a tre a terra, in un fragore di urla e sedie rotte. Priscilla sollevò rapidamente la testa e cercò di guardare Bickslow sotto di sé, mentre Evergreen non sembrava essere intenzionata a lasciarla andare.
«Bickslow! Stai bene?» chiese, preoccupata.
Bickslow guardò pochi istanti il viso di Priscilla paonazzo per l'agitazione, con i capelli scompigliati per la caduta, lo sguardo dolce e preoccupato, e il suo minuto corpo contro il proprio. Si portò agitato una mano sull'elmo, laddove c'erano gli occhi, e piagnucolò: «Laxus, avevi una sorella tanto splendida e non ce l'hai mai presentata. Che crudeltà!»
«Eh?!» si paralizzò Priscilla, cominciando a sentire già l'imbarazzo e l'agitazione tornarle nella pancia a prenderla a pugni.
«Cadi su di me tutte le volte che desideri, Pricchan! Sarò il tuo tappeto, se desideri!» insistè Bickslow, diventando improvvisamente ambiguo, anche se non era difficile immaginare in che direzione stesse andando la sua mente. Priscilla lanciò un urlo, colta dal panico, e provò a strisciare via ma le braccia di Evergreen erano come artigli da cui era impossibile sbrigliarsi.
«Ci ho ripensato! Ci ho ripensato! Mi rimangio tutto! Lasciatemi in pace!» piagnucolò, graffiando il pavimento nel tentativo di andarsene.
«Priscilla» chiamò Erza, avvicinandosi al gruppo per terra. Uno strano tono di voce, cupo e serio. «Avrei bisogno di parlarti, se hai un minuto».
«Certamente, Erza!» gridò lei con un'euforia inaspettata. Un soffio di vento la sollevò da terra e fece contemporaneamente volare via sia Ever che Bickslow. «Immagino sia di vitale importanza, non posso certo lasciarti in attesa inutilmente!» stava palesemente scappando da quella situazione. «Andiamo da qualche parte lontano da qui, vieni».
«Ho interrotto qualcosa?» chiese Erza, trovando strano il suo comportamento.
«Assolutamente!» disse lei, per niente convincente.
«Gioca violento, la bambina» Bickslow, con le gambe schiacciate su per il muro, la schiena su di una panca e la testa penzoloni verso terra, si leccò le labbra in qualche modo soddisfatto.
«Pervertito!» lo rimproverò Evergreen vicino a lui, accasciata su un tavolo, altrettanto vittima del colpo di vento di Priscilla.
«Cosa stavi facendo?» chiese Erza a Priscilla, guardando Bickslow e Evergreen da lontano.
«Cercavo di suicidarmi» mormorò lei, sempre più in imbarazzo, ma decise di cambiare subito discorso e sperare che quello sarebbe bastato a dimenticare quella terribile situazione da cui si era salvata per miracolo. «Di cosa volevi parlarmi?» le chiese, mettendosi a sedere a un altro tavolo libero.
Erza si incupì un po', ma poi riuscì a mormorare: «Mistgun».
Priscilla guardò la ragazza di fronte a sè ora più curiosa che mai. «Mistgun?» chiese.
«Assomiglia tanto a una persona che si chiama Gerard, ma dice di non essere lui. Tu hai viaggiato molto con lui, speravo potessi chiarirmi questo dubbio» spiegò Erza.
Priscilla appoggiò il volto sul palmo della mano e il gomito al tavolo. Si voltò verso i compagni della gilda e mormorò tra sè e sè: «Gerard, eh?»
«Sai chi sia in realtà Mistgun?»
«Questo Gerard di cui parli è un tuo amico?» chiese Priscilla, pensierosa. Erza abbassò lo sguardo, prima di confessare addolorata: «Lo è stato, tanto tempo fa».
«Capisco» commentò Priscilla, senza però ancora rispondere alla sua domanda.
«Davvero Mistgun non ha niente a che vedere con lui?» insisté Erza, sulle spine. Sicuramente Priscilla sapeva qualcosa. Doveva sapere qualcosa!
«Devi tenere tanto a questo Gerard per arrivare a rifletterci persino giorni dopo averlo incrociato. Vero?» le chiese e Erza non rispose, tornando ad abbassare lo sguardo. «Un cuore solitario e spezzato, ne so qualcosa» commentò Priscilla, abbozzando un sorriso. «Mi spiace, non so chi sia il Gerard che stai cercando. Ma sono sicura che non sia Mistgun. Ti ha detto la verità».
«Capisco» mormorò Erza.
«Eppure si somigliano così tanto che sembra surreale» sorrise Priscilla, prima di aggiungere: «È questo che stai pensando, vero?»
«Sì, lo ammetto» confessò Erza, abbattuta.
Priscilla restò in silenzio qualche secondo, pensierosa e combattuta.
«Tutte le volte che guardo la nostra gilda non posso far a meno di rivederci me e Laxus, tanti anni fa» mormorò. «Anche se ora è cambiata, i nostri spiriti si adattano bene anche a questo ambiente. Ci vedo al bancone, al tavolo, o in mezzo a tutti gli altri. Ciò che accomuna tutte queste immagini sono i nostri sorrisi. Al bancone una volta lo scoprii a bere dell'alcol, anche se aveva solo quattordici anni. Lo rimproverai e lui mi fece una linguaccia, prima di iniziare a prendermi in giro perché ero più bassa di lui e non arrivavo al boccale per toglierglielo dalle mani. Ho infine usato la magia, lanciandoglielo via, e dopo un primo momento di sorpresa e nervoso ha iniziato a farmi il solletico come punizione».
«Non riesco a immaginarlo Laxus in simili atteggiamenti» ridacchiò Erza, provando a immaginare la scena.
«Ma te lo ricordi, vero? C'eri già anche tu».
«Vagamente, sì. Ricordo che da ragazzini sorrideva molto di più ed eravate sempre insieme. Sembrava effettivamente un'altra persona» annuì Erza.
«È cambiato quando il nonno ha esiliato nostro padre, non capiva il motivo perché veniva manipolato e non ricordava ciò che faceva non solo con noi, ma anche col resto del mondo. Papà era malvagio, io ero ovviamente dalla parte del nonno e questo portò Laxus ad essere ostile anche verso di me. Per cinque anni ce l'ho avuto a un passo da me, eppure era come se non fosse lui. Ciò nonostante non facevo che cercarlo e insistevo nella mia tenacia di poterlo riavere per me, un giorno, se solo avessi insistito. Capisco bene la sensazione, Erza. Senti che se allunghi la mano potresti raggiungerlo, ma quando ci provi lui si dissolve come nebbia e capisci, sempre più dolorosamente, di essere sola. Eppure daresti qualsiasi cosa anche solo per capire se quella nebbia sia vera o finta, solo per metterti l'animo in pace e smettere di rincorrere i fantasmi».
Erza tornò ad abbassare lo sguardo, non riuscendo a dire niente. Era esattamente così che si sentiva, Priscilla non poteva spiegarlo a parole migliori.
«Ho promesso di non dirlo a nessuno» sospirò infine Priscilla. «Ma per un'amica credo di poter fare un'eccezione» e le fece un occhiolino, a dare enfasi alla parola amica. Non era più solo una compagna, un membro della gilda, una persona qualunque. Lei stava imparando che poteva essere come tutti gli altri e come tale poteva anche avere degli amici. Persino quei folli di Evergreen, Bickslow e Fried potevano essere suoi amici.
A pensarci... Mistgun stesso poteva essere stato suo amico. Forse uno dei più grandi che avesse mai avuto, ma mai ci aveva neanche pensato a una simile eventualità. Eppure, visto quanto l'aveva aiutata, in che altro modo poteva definirlo?
Stranamente aveva persino iniziato a sentirne la mancanza.
«Parto subito col dirti di non farti illusioni, lui non è veramente il tuo Gerard. Ma adesso ti spiego perché sia uguale a lui...»
«Allora c'è un motivo dietro!» commentò Erza, sollevata dal fatto che ci fosse almeno una spiegazione dietro tutto quello.
«Esiste un mondo, simile a questo. Una specie di dimensione parallela. Sembra assurdo, ma io ero con lui molte delle volte che si è trovato di fronte ai portali. Una magia che proviene da quel mondo di nome Edoras e che lo collega al nostro. Questo mondo differisce dal nostro su molti aspetti, ma alla fine si trova in una vera e propria dimensione parallela in quanto vi abitano le stesse persone che si trovano qui» provò a spiegare.
«Che significa?» si corrucciò Erza.
«Non è facile da spiegare ma... noi abbiamo quella Lucy» disse, cercando di sfruttare un esempio. «Su Edoras esiste un'altra Lucy proprio come lei, con le stesse sembianze, la stessa voce, carattere e storia diversa, ma comunque si chiama Lucy ed è Lucy al cento per cento. Una specie di clone. E così come lo è per lei, esiste anche un Natsu, un Gray, anche un'altra Erza e, come ormai avrai capito, un altro Gerard. Il vero nome di Mistgun è Gerard, ma non è il tuo Gerard, mi spiace. Mistgun viene da Edoras. È per questo che tu l'hai scambiato per il tuo amico».
«Capisco» mormorò Erza, ora più serena per la risposta chiara ma non per questo felice. Questo significava solo che il Gerard che conosceva lei era veramente morto, come sapeva. Per un attimo aveva veramente sperato in un miracolo.
«Non mi ha mai raccontato molto del suo mondo e del suo passato, anche se viaggiavamo insieme evitava di parlare troppo con me. È una persona profondamente triste, credo. Però mi disse che una volta aveva conosciuto l'altro sè di Earthland, per questo voleva che tu soprattutto evitassi di vederlo. Sapeva cosa vi legava, non voleva darti un dispiacere».
«Non sai perciò perché si trova qui» chiese Erza, ora incuriosita da quella faccenda.
«No, non ne ho idea» mentì. Almeno quell'informazione era bene restasse riservata ancora per un po': finché Gerard non avesse trovato una soluzione agli attacchi di Anima, era bene evitare di seminare il panico tra la popolazione dei maghi. Anche perché conoscendo Erza e il resto di Fairy Tail, se le avesse rivelato che i portali di Edoras erano in realtà dei loro tentativi di attacco sarebbero partiti alla carica e avrebbero cercato di risolvere la cosa a modo loro. Il che avrebbe portato solo a delle vittime.
«Il Gerard di Edoras...» mormorò Erza, pensierosa. «Chissà com'è l'altra me di Edoras, allora» provò a sorridere.
«Chissà, Mistgun non mi ha mai detto niente a proposito. So solo che in realtà mio padre, laggiù, non è uno psicopatico e perciò io non esisto» disse con un incredibile leggerezza. «È uno dei motivi che lo ha spinto ad avvicinarsi a me, non capiva come fosse possibile e aveva sospettato che anche io provenissi dal suo mondo».
«Perciò è stato lui a cercare te» commentò Erza, ora interessata da quella storia che non aveva mai sentito prima. «Mi ha pedinato come uno stalker per giorni, sapevo che mi stava attorno anche se a lui non l'ho mai detto. Alla fine gli ho confessato cos'ero davvero e in cambio gli ho chiesto di allenarmi e rendermi più forte, in vista dello scontro con mio fratello. Dato che gli ero debitrice per la pazienza che portava con me, ho cominciato a lavorare per lui, facendogli da assistente».
«È stato gentile, vista la sua natura schiva e il suo segreto da preservare» commentò Erza.
«Si era già esposto nel momento in cui ha iniziato a indagare su di me, non ha avuto altra scelta che vuotare il sacco. In realtà credo che sotto sotto fosse anche interessato a scoprire di più sulla mia magia, è una persona molto ansiosa, si preoccupa sempre per tutto» sospirò Priscilla, affranta. Erza non potè che ridere, divertita dal suo tono sconsolato e quasi abbattuto. Chissà quanto quel lato del suo carattere l'aveva fatta disperare, durante i loro viaggi.
«Cool!!!» un urlo provenne dall'ingresso della gilda tanto forte da zittire chiunque nei paraggi. Un uomo entrò come un uragano, lasciandosi alle spalle una scia di flash e urla estasiate -e qualche domanda che scriveva frenetico su un taccuino.
«Ah!» sobbalzò Erza. «È già qui! Me l'ero dimenticata!» e corse via, mentre si riequipaggiava di uno splendido abito elegante e femminile.
«Eh?» inclinò la testa Priscilla, non capendo.
L'uomo dai capelli biondi e la macchina fotografica al collo saltava da un angolo all'altro della stanza, urlando incessantemente "cool" come un mantra e più tempo passava e più sembrava impazzire dall'euforia. Priscilla galleggiò per aria a gambe incrociate e gli si avvicinò, restandogli alle spalle. Allungò il collo, per guardare la foto appena scattata sullo schermetto della sua macchina fotografica.
«Cooooool!!» gridò ancora l'uomo, prima di saltare da un membro di Fairy Tail all'altro. E Priscilla, come una mosca, gli volava dietro e spiava ciò che scriveva e le foto che faceva, curiosa come una bambina.
«Gray, come fai a toglierti i vestiti così velocemente?» chiese, decollando al suo fianco.
«Ehy, ma che dici?» ringhiò Gray, furioso per avergli dato del pervertito. Peccato non avesse su i pantaloni.
«Coooool!» piroettò mentre Lucy cercava di attirare la sua attenzione con qualche movenza sexy. Una spallina della canotta calata, la voce suadente, provò a parlargli, ma Natsu la interruppe lanciando per aria i tavoli.
«Tu sei il giornalista del Sorcerer!» ringhiò. «Sei tu che scrivi sempre quelle cose brutte su di me! Come ad esempio ciò che distruggo e ciò che distruggo e ciò che distruggo!» non gli vennero altri esempi.
«Cool coool cooooooool! Natsu Dragneel, tu più di tutti volevo incontrare!» urlò Jason, prima di avvicinarsi tremolante. Allungò una mano verso di lui, teso come una corda di violino, e chiese emozionato come un bambino: «Posso stringerti la mano?»
«Chiudi il becco!» urlò Natsu furioso, tirandogli un pugno in faccia e lanciandolo a terra. L'uomo non si scompose e continuò ad emozionarsi, urlando «Coooooool. Non ho mai visto una stretta di mano vigorosa come quella!»
«A me non pareva una stretta di mano» commentò infine Priscilla, volando sopra la sua testa e allungandosi per leggere il suo taccuino. «"Happy, perché sei blu?"» lesse. «Risposta: "Perché sono un gatto"» la risata le uscì dalle labbra tanto improvvisamente che le guance le si riempirono e si ritrovò a sputacchiare in giro. Volò sulla schiena e cominciò a sgambettare come una bambina, ridendo a crepapelle.
«P... Priscilla Dreyar!» si alzò Jason talmente di scatto che la colpì con la testa, sopra di sé, e la fece piroettare un paio di volte con un urlo spaventato. «La nipote del master! Cooooooool! È la prima volta che riesco a incrociarti alla gilda! Ti prego posso farti qualche foto?»
«Eh?» inclinò la testa di lato Priscilla, curiosa. Tornò a incrociare la gambe e galleggiare alla sua altezza, prima di sorridere imbarazzata: «Non sono una modella, non credo possa esserti utile fotografare me».
«Coooooool» gridò lui, cominciando a scattare comunque.
«Mi ha sentito?» mormorò Priscilla, lasciandolo fare.
«Resta come sei! La maga volante coooooooooooooooooooooool!» gridò talmente forte da stonarle un orecchio. «Priscilla, come riesci a volare in quel modo?» chiese, prendendo il proprio taccuino.
«Alzo i piedi da terra» rispose lei, innocentemente. In che altro modo credeva che riuscisse a volare?
«È il potere del nostro amore» intervenne Bickslow, avvolgendole le spalle con un braccio. Priscilla si irrigidì e voltandosi verso di lui ringhiò tanto forte da sembrare un animale rabbioso: «Ma quando mai?!»
«Oh! Nascono nuovi amori nella gilda di Fairy Tail! Cool! Cool!» disse l'uomo prendendo appunti e Priscilla rivolse a lui lo stesso ruggito: «Non azzardarti a scriverlo!»
«Elfman! Cosa significa essere uomo per te?» chiese il giornalista, scappando verso la prossima vittima e ignorando le urla di Priscilla. E saltò ancora e ancora, prima dal master, poi da Fried, poi da Wakaba e Macao.
«Shooby-doo-bop!» gracchiò la voce di Gajeel dal palco, apparendo all'improvviso con quel suo solito completo bianco e occhiali scuri. «No, Gajeel! Non di nuovo!» sobbalzarono almeno metà della gilda.
«Dacci dentro, Gajeel-chan!» gridò Priscilla, alzando un pugno per aria per incitarlo.
Gajeel soffiò dentro alla sua armonica, prima di cominciare a recitare accompagnato dagli accordi della sua chitarra: «In questo mondo ti guardi intorno come un pazzo per cercare di fare la cosa giusta. Hai sempre guardato come un pazzo. In altre parole è giusto essere pazzi».
«Non vuol dire niente!» ringhiò Evergreen, contrariata dalla sua esibizione.
«Chiudi il becco, Gajeel!» ruggì Natsu, arrivandogli addosso a pugno teso. Lo colpì in pieno viso con tale potenza da riuscire a scaraventarlo giù dal palco.
«Tu, come osi...?» gracchiò Gajeel, rialzandosi con l'espressione di un pazzo furioso.
«Ne ho abbastanza delle tue orribili canzoni! Ho un conto in sospeso con questo tizio!» disse Natsu, indicando il giornalista ai suoi piedi.
«Non ho ancora cantato niente! Lasciami cantare, Salamander bastardo!» rispose Gajeel, allungando il proprio braccio metallico fino a colpirlo e sbalzarlo via.
«Bastardo!!!» gli rispose Natsu, prima di corrergli incontro, e i due presero a tirarsi pugni e calci senza sosta e senza pietà per i tavoli e le sedie circostanti.
«Andiamo, voi due! Siamo nel bel mezzo di un'intervista!» li rimproverò Mirajane, senza successo.
«Metticela tutta, Gajeel!» tifò Priscilla, agitando le mani per aria.
«Ehy! La smetti di fare il tifo per la persona sbagliata, traditrice!» Brontolò Natsu, distraendosi e beccandosi un pugno in faccia.
«Una superbattaglia si sta svolgendo tra due Dragon Slayer proprio davanti ai miei occhi!» si agitò il giornalista, preso dall'emozione. «Il set fotografico di questa battaglia farà furore! Cooooool!» gridò prima di iniziare a scattare come un pazzo, da varie angolazioni, fino a quando non finì nel mezzo dei loro colpi e perse definitivamente i sensi.
«È morto?» chiese Happy, innocente, volandogli sopra la testa. Priscilla lo affiancò e lo guardò attentamento, mormorando: «Sembri respiri ancora».
«Allora tutto a posto!» esultò Happy, felice.
«È stato steso il giornalista più importante di sempre, non mi sembra che sia tutto a posto!» sussultò Lucy, sconvolta per quella semplicità. Ma Priscilla non si scompose e si portò entrambe le mani dietro la testa, in quel suo solito gesto semplice e disinteressato. E ancora, per l'ennesima volta, sorrise e ridacchiò divertita.
Laxus aveva proprio ragione. Rideva sempre, quando era lì.




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Capitolo 11
*** Raijinshuu ***


Raijinshuu




Natsu lanciò un urlo disumano, prima di allungare una mano in avanti e afferrare i capelli di Gray. «Lasciami i capelli!» ringhiò Gray.
«Lasciali prima tu!» rispose Natsu con altrettanto tono furioso.
«Che razza di mossa scorretta sarebbe questa?» urlò Gray.
«Hai iniziato tu, razza di pervertito! Rimettiti i vestiti!»
«Natsu!» gridò Gray con tutto il fiato che aveva.
«Gray!» gridò Natsu, cercando di superare l'amico nel tono di voce.
«Per cosa stanno combattendo?» chiese Happy, svolazzando di fianco a Priscilla che, mangiando una ciotola di ciliege, stava guardando con interesse lo scontro tra i due. «Non ho ben capito» bofonchiò lei, masticando e poi spuntando il nocciolo in un piatto a fianco. «Credo che Gray abbia detto che fa troppo caldo, o qualcosa di simile».
«Gray ha sempre caldo» disse Happy, solare come avesse appena trovato la risposta a tutte le domande.
«Gray-sama è sempre così caldo» strillò Lluvia, in un angolo, con un'emozione intrattenibile. Priscilla la guardò sorpresa qualche secondo, poi pochi istanti dopo se ne dimenticò subito. Ormai i commenti di Lluvia su quanto Gray fosse sexy e fantastico erano all'ordine del giorno. Sorrise malignamente, prima di avvicinare una banconota a Happy e pronunciare con aria malefica: «Mille Jewells che vince Gray».
«Ci sto! Vai Natsu!» gridò Happy con una ferocia mai vista prima.
«Staccagli la testa, Gray!» gli andò subito dietro Priscilla, alzandosi in piedi sulla sedia e poggiando un piede sul tavolo di fronte.
«Voi due avete un bel problema con le scommesse, lo sapete?» chiese Cana, seduta su un tavolo, prima di traccannare un enorme sorso di vino da un barile. «Tu parli di problemi di dipendenza!» la rimproverò Priscilla. Cana non rispose, troppo impegnata a bere, e improvvisamente sembrò avere su di sé tutta l'attenzione di Priscilla che la osservava a occhi sbarrati.
«Mille Jewells che non riesce a finirlo» sbucò Happy al suo fianco e lei non ci rifletté neanche un istante: «Ci sto».
«Cana, non vorresti prendere un po' di fiato?» gli svolazzò a fianco Happy, con sguardo malefico.
«Imbroglione!» ringhiò Priscilla, prima di volarle dall'altro lato e cominciare a tifare per lei: «Vai Cana! Puoi farcela! L'ultimo sorso! Giù!»
«Questa sfida è già vinta in partenza» ridacchiò Happy, voltandosi come a volersene andare ma approfittando della posizione per infilare la punta di una delle sue ali sotto il naso di Cana. La ragazza starnutì, infastidita dal solletico, sputando parte di ciò che aveva già bevuto e staccandosi perciò dal suo barile.
«Gattaccio truffatore!» strillò Priscilla offesa, prima di volargli addosso. Rotolarono per un po' per terra, colpendo le gambe di Macao, facendolo perciò inciampare e cadere all'indietro insieme a Wakaba, al suo fianco. Atterrarono sul tavolo dove Erza era seduta a mangiare, ribaltandolo e facendo così da catapulta alla sua torta di fragole, che andò dritta in faccia di Elfman.
«Chi ha osato!» ruggì Elfman, alzandosi tanto violentemente da colpire uno dei suoi compagni, che a sua volta colpì il vicino. «Guarda cosa fai, idiota!» lo rimproverò questo e i due si presero per il colletto. Erza si alzò in piedi, urlando di rabbia, e se la prese con i primi due che passavano di là, senza motivo. Altri vennero rapidamente coinvolti, chi per una birra rovesciata, chi per una gomitata di troppo, chi per una parola mal compresa. E presto fu di nuovo il caos all'interno della gilda, causato da un semplice litigio per una scommessa tra Priscilla e Happy che ora, a terra, bisticciavano come due bambini. Happy la graffiava e Priscilla gli tirava la coda, Happy la mordeva e lei gli tirava le orecchie.
«Time out, baby!» intervenne Bickslow afferrando entrambi per la collottola e sollevandoli da terra. Li tenne entrambi a debita distanza l'uno dall'altro, mentre tutti e due continuavano ad allungare le mani verso l'altro e soffiare come due gatti randagi.
«Imbroglione!» ruggì Priscilla, dimenandosi in quell'assurda presa che riusciva a tenerla sollevata da terra con un braccio solo. «Ti arrabbi solo perché hai perso!» Happy le fece una linguaccia.
«Truffatore!»
«Accetta la sconfitta!»
«Pseudo-finto micio!» lo insultò, furibonda, e Happy si paralizzò, ferito nel profondo.
«Questa era esagerata» commentò Bickslow.
«Forse hai ragione» disse Priscilla, improvvisamente calma e dispiaciuta.
«Come hai potuto, Priscilla?!» scoppiò a piangere Happy, volando via dalle mani di Bickslow. «Pseudo-finta umana!»
Questa volta a paralizzarsi, ferita nell'animo, fu proprio Priscilla. Ma dopo qualche secondo di tempo per metabolizzare il dolore, si limitò a sospirare, affranta, e ammettere: «Me la sono cercata».
«Il gattino ti ha dato filo da torcere, eh!» scoppiò a ridere Bickslow, tenendola ancora sollevata da terra.
«Posso scendere, ora?» chiese lei, lanciando un'occhiata turbata al ragazzo che ancora l'aveva in pugno.
«Negativo, baby! Vieni con noi» disse con tranquillità, come fosse stato un ordine a cui non poteva opporsi. Senza metterla a terra e tenendola sempre come un gatto per il collo della maglia, cominciò ad avviarsi verso l'uscita della gilda.
«Eh? Aspetta! Dove andiamo? Perché devo venire anche io? Non voglio! Mettimi giù!» si dimenò e cercò di usare il suo volo per districarsi dalla sua presa, ma lui continuò a tenerla ben salda. L'ultima immagine di Priscilla, di quel giorno, la vide allungata all'indietro, verso i suoi compagni, braccia tese verso di loro e sguardo supplicante mentre gridava: «Aiuto!»


«Caldo» lamentò Priscilla, accasciata su di un cammello, braccia e gambe penzoloni. Il sole bruciava tanto che le faceva vedere il mondo intorno a sé, il deserto del sud, ondulato e in movimento e questo le faceva venire il mal di stomaco. «Non puoi usare il tuo vento per rinfrescarti?» chiese Evergreen, su di un altro cammello. Per l'occasione si era agghindata di foulard, veli e ghingheri dorati. Sembrava una principessa del deserto e il modo elegante in cui sedeva lo sottolineava.
«Posso sfruttare l'aria intorno a me, non crearne di nuova, e qui c'è solo aria calda. Se me la soffiassi addosso sarebbe come puntarsi in faccia un phon» rispose Pricilla, spostando la testa dall'altro lato così da rinfrescare quello che era stato a contatto con l’animale. A turno, un po' da un lato e un po' dall'altro.
«Caldo» piagnucolò ancora.
«Terminiamo la missione in fretta e poi potremmo fermarci e mangiare qualcosa di fresco» disse Fried, in testa al gruppo che viaggiava attraverso il deserto.
«Non voglio fermarmi in questo posto» commentò lei, scoraggiata. Un'ombra improvvisamente la ricoprì, fin sopra la testa, proteggendola così dai raggi solari. Alzò la testa, curiosa, e vide i piccoli totem di Bickslow volarle sopra, mantenendo il suo passo, e tenere sollevato un telo chiaro così da tenerla all'ombra.
«Sei troppo scoperta per questo luogo, rischi di bruciarti» giustificò lui. Non era la soluzione ai suoi problemi, ma almeno in parte rese il viaggio più piacevole. Per lo meno aveva smesso di sentirsi una cotoletta in piena cottura. Nonostante ancora non avesse la forza di muoversi da quella posizione abbandonata da cadavere, sorrise, intenerita dal gesto.
«Grazie Bickslow!» si rallegrò.
Il cuore di Bickslow alla vista di quel viso radioso ebbe un battito così forte da essere persino percepibile all'orecchio degli altri. Si avvicinò a lei tanto rapidamente da inquietarla e prendendole una mano disse semplicemente: «Sposami».
«Ma ti sembra il modo?» ringhiò lei, terrorizzata dalla sua avventatezza. Non aveva mezze misure, era inquietante e asfissiante.
«Adesso» insisté lui, ignorando il suo palese rifiuto. Priscilla gli piantò una mano in faccia e lo spinse all'indietro, per allontanarlo. «Come ci sono finita in questa situazione?» piagnucolò, prima di riabbandonarsi pigramente sul cammello.
«Trascinata da voi non appena stavo tornando in forze non ho nemmeno avuto il tempo di rimettermi a cercare informazioni sulla Cat Shielter» bofonchiò tra sè e sè, scocciata. Si lamentò ancora un po', ondeggiando sul suo cammello, fino a perdere l'equilibrio e cadere giù. Si aggrappò al collo dell'animale e usò in parte i suoi poteri per non cadere a terra, restando appesa come una collana.
«Eh?» mormorò, notando da quella posizione ribaltata una costruzione dalle dimensioni imponenti, fatta interamente di roccia e sabbia. Contava almeno una cinquantina di piani, sistemati in cerchi concentrici, l'uno sopra l'altro, sempre più piccoli.
«Sembra una torta gigante» commentò Priscilla, guardandola con l'acquolina in bocca.
«Non hai mangiato un paio di mele giusto venti minuti fa? Hai ancora fame?» chiese Evergreen.
«Sì, ma quella è una torta!» insisté lei, sempre più affamata.
«È questo il posto» disse Fried. «Il Tridente del Mare dovrebbe essere qui, da qualche parte».
«Il Dente di chi?» chiese Priscilla, non capendo appieno.
«Il Tridente del Mare! Sei venuta fin qui e nemmeno sai cosa stiamo cercando?» chiese Evergreen, scocciata.
«Quel maniaco mi ha trascinata senza troppe spiegazioni, prenditela con lui» ringhiò Priscilla, puntando il dito contro Bickslow.
«Sei così carina quando ti arrabbi» ridacchiò Bickslow, per niente intimorito.
«Piantala! Mi fai diventare matta!» si agitò Priscilla, scalciando per aria e tirandosi i capelli. «Adorabile!» insistè Bickslow ridacchiando e Priscilla urlò ancora più forte, al limite della pazienza. Ma si bloccò di colpo quando percepì qualcosa di strano e si voltò verso la costruzione che aveva alle spalle. Non fu l'unica ad avere quella strana sensazione e anche gli altri Raijinshuu diventarono più seri.
«Che cos’è?» chiese Evergreen, non capendo cosa le stesse facendo venire i brividi.
«Si è fermato improvvisamente» disse Priscilla, rimettendo i piedi per terra. «Non c'è più vento».
«È molto strano» commentò Fried, scendendo dal suo cammello.
«Sicuramente opera di qualcuno dei banditi di questo posto» commentò Evergreen scendendo e avvicinandosi al compagno. Bickslow li imitò subito dopo e insieme al gruppo cominciò ad avvicinarsi all'enorme struttura. Un potente soffio di vento li investì, dalle elevate temperature, costringendoli a portarsi le braccia davanti al volto per pararsi. La terra tremò e la sabbia sotto i loro piedi cominciò a raccogliersi in un singolo punto, sollevandosi sempre più verso il cielo. Dalla sabbia raccolta prese forma un golem che dopo aver lanciato un urlo tirò un pugno nella direzione del gruppo.
«Attenti!» disse Fried, saltando insieme a tutti gli altri. Un altro cambiamento nella direzione del vento li sorprese e cominciò a spingerli con violenza all'indietro. Priscilla si voltò e vide che alle loro spalle li aspettava un cerchio nero, aperto nello spazio, che li stava risucchiando come un buco nero. Piantò i piedi a terra e usò la sua magia del vento per contrastare la forza del buco nero. Chiuse gli occhi sotto l'enorme sforzo, ma non riuscì a contrastarlo pienamente. Bickslow cercò di aiutarla con i suoi totem, che afferrarono ciascuno di loro e tentarono di tirarli indietro. Nonostante la loro forza, la magia di Priscilla e i totem di Bickslow, il buco nero continuava a trascinarli verso di loro e infine cedettero. Non riuscirono più a fare resistenza e volarono con un urlo incontro al buco nero, fino a quando non si scontrarono contro un muro invisibile che gli impedì di entrarci. Su di esso brillarono delle rune viola e questo diede indizio su chi fosse l'autore di quel muro che li aveva appena salvati dal risucchio.
«Ottimo lavoro Fried!» disse Bickslow.
«Grazie che avete guadagnato tempo, così sono riuscito a scriverle in tempo» disse Fried con la sua solita compostezza.
«Ahi» piagnucolò invece Priscilla, ancora spiaccicata contro il muro invisibile, con Evergreen sopra di lei. Nonostante il muro gli impedisse di raggiungere il buco nero, la forza con cui li attraeva non era calata e questo faceva sì che restassero schiacciati lì, senza potersi muovere. «Sei pesante» commentò Priscilla.
«Come osi?» ruggì Evergreen.
«Secondo me è colpa delle tette. Che taglia porti, l'ottava?» bofonchiò lei, guardando il seno della compagna contrariata. Un velo di invidia, nonostante non fosse completamente piatta, ma certo non raggiungeva quei livelli magnificenti. Evergreen si coprì il seno con le braccia, arrossendo e le ruggì contro: «Ti sembrano domande da fare?»
«La mia baby è senza pudore» rise Bickslow e questa volta a scattare furiosa fu proprio Priscilla, che gli disse: «Non chiamarmi così!»
«Direi che è il caso di rimandare certe discussioni» attirò la loro attenzione Fried, fissando il Golem che stava venendo altrettanto risucchiato dal buco nero. Priscilla urlò terrorizzata quando si rese conto di ciò a cui stavano andando incontro: «Ci schiaccerà!»
«Non lo farà» disse Fried scrivendo altre rune davanti a loro, in modo da bloccare il Golem prima che potesse raggiungerli.
«Bene, bloccati tra martello e incudine. Che si fa?» chiese Priscilla.
«Se solo riuscissimo a vedere da dove ci stanno attaccando» mormorò Fried, cercando di guardarsi attorno. La sabbia cambiò nuovamente forma proprio vicino a loro, assumendo una forma vagamente umanoide ma restando sempre ben piantata a terra.
«Fairy Tail» una voce provenne da esso, prima di sghignazzare. «E così siete venuti davvero».
«Eh?» chiese Priscilla.
«Ci aspettavate?» chiese Fried.
Sghignazzando l'essere di sabbia prese sempre più forma, fino ad assumere dei connotati ben precisi. Fried, Bickslow e anche Evergreen sussultarono nel vederlo.
«Tu...» balbettò Fried.
«Cosa? Cosa? Tu cosa?» chiese Priscilla, nervosa. Nessuno si era ancora degnato di spiegarle niente di quella missione. «Perché nessuno mi dice niente, maledizione!» si agitò.
«Perché sei sparita in quel negozio di dolci quando siamo arrivati dal committente, invece che venire con noi!» la rimproverò Evergreen.
«Ma erano così invitanti e poi non pensavo servissi anche io» bofonchiò lei, colpevole. «Di solito ci pensava Mistgun a parlare al committente, io eseguivo solo gli ordini».
«Ma che razza di rapporto c'era tra voi due!» si innervosì ancora Evergreen.
«Lui è il capovillaggio» spiegò brevemente Fried. «Il committente della nostra missione».
«Ci hai chiamati per recuperare il Tridente del mare e ridare così al tuo villaggio il mare per pescare e recuperare il loro splendore, e invece ora si scopre che sei stato tu a farlo sparire? A che gioco stai giocando?» ringhiò Bickslow.
«I pescatori del villaggio stanno facendo la fame, sono costretti a comprare il cibo, non possono più procurarselo da soli, e questo comporta anche un aumento delle tasse! Sono allo stremo per colpa tua!» ruggì Evergreen, contrariata.
«Quando il nostro mare era ricco e prospero, grazie ai poteri dei sacerdoti e del Tridente, tutti si autogestivano e non esisteva economia nel paese! Ora invece i soldi hanno cominciato a girare, creeremo lavori e banche, diventeremo come i paesi vicini e smetteremo di essere un semplice villaggio squallido di poca importanza!» rispose l'ammasso di sabbia.
«Fammi capire...» disse Priscilla, con una strana luce negli occhi. «Hai tolto a tutti cibo e la felicità di una vita libera e serena, per avere più denaro nelle tue tasche?»
«Il mondo gira intorno ai soldi, signorina, impari questa lezione di vita. Anche se non vi servirà a molto...» la sabbia tornò a muoversi sotto di loro e prese ad allungarsi, avvolgendo i loro piedi, salendo, fino alle gambe. Li stava pian piano inghiottendo e inglobando. «I pescatori chiedevano da tempo l'intervento di qualcuno per aiutarli, continuare a negare avrebbe destato sospetti, sono stato costretto a inviare richiesta alle gilde ma tanto non avete speranze finché resterete all'interno del territorio di Pashka».
«Bastardo!» ringhiò Evergreen lanciando dei fasci luminosi a colpire l'uomo di sabbia. Lo colpirono e lo perforarono, ma non ebbe nessun effetto. La sabbia si ricompose e lui riprese la sua forma, mentre loro venivano pian piano inghiottiti sempre più.
«Non sottovalutarci!» intervenne Fried, scrivendo rapidamente altre rune intorno al buco nero. La pressione del suo risucchio cessò, chiuso nel cubo magico che Fried aveva scritto, e loro furono finalmente liberi di staccarsi dal muro anche se quasi del tutto inghiottiti dalla sabbia. I totem di Bickslow li afferrarono e con forza li tirarono via, salvandoli. La sabbia si mosse ancora, prendendo loro i piedi e cominciando a tirarli verso il basso, all'interno.
«Su! Alzatevi! Non poggiate i piedi a terra!» ordinò Fried facendo comparire con delle rune delle ali sulla sua schiena che gli permisero di volare. Anche ad Evergreen comparvero delle ali, Bickslow potè usare i suoi totem e Priscilla la forza del vento. Nonostante si trovassero sollevati, la sabbia prese ancora a muoversi e rapidamente divenne una mano che si allungò in alto per afferrarli. Furono costretti a dividersi, per schivarlo, ma deviarono in continuazione quando altre mani, una dopo l'altra, ripetevano l'operazione.
«Magia di sabbia, ma più potente di quella di Max» spiegò Fried, riferendosi al loro compagno di gilda con lo stesso potere. «Ci hanno attirati nel deserto per avere campo favorevole» disse Evergreen schivando e sparando contro le mani di sabbia che si ricostruivano subito dopo e tornavano all'assalto.
«Una volta che sapranno che nemmeno i grandissimi maghi di Fairy Tail sono riusciti a recuperare il Tridente, quegli stolti si arrenderanno al loro destino!» rise l'uomo, usando la sua copia di sabbia per comunicare.
L'aria cambiò di nuovo la sua direzione e con forza li attirò verso l'alto, risucchiandoli.
«Un altro buco nero!» gridò Evergreen. Fried con rapidità incise altre rune riuscendo a creare un altro muro tra loro e la magia risucchiante, così da impedirgli di caderci. Una mano li raggiunse subito, enorme abbastanza da colpire tutti insieme. Non ebbero tempo di difendersi, era stata troppo veloce. Urlarono per il dolore del colpo, potente abbastanza da ridurli in pessime condizioni, ma non tanto da metterli subito KO.
«Oh, siete ossi duri» commentò l'uomo di sabbia. «Ma non importa. Ormai siete miei!» altre mani di sabbia partirono verso l'alto, pronti a colpirli, ma si fermarono a ridosso di un altro muro magico creato dalle rune di Fried.
«Risiamo punto e da capo» lamentò Evergreen. «Intrappolati tra sabbia e buchi neri».
«Non c'è niente nei paraggi che posso usare con le mie anime, solo sabbia» disse Bickslow, sentendosi impotente.
«E continuare a colpire la sabbia non serve a niente» disse Evergreen.
«Sapevano di noi e probabilmente si sono anche informati prima sui nostri poteri, per questo hanno potuto tenderci una trappola ad hoc. Anche le mie rune non possono fare molto, se non individuiamo il nemico» disse Fried.
«Bickslow» mormorò Priscilla, ora stranamente seria. «Quanti sono i tuoi totem?»
«Cinque... perché?» chiese lui, sorpreso della luce che ora Priscilla aveva negli occhi. Non sembrava più lei, metteva quasi i brividi.
«Perché sto cominciando a stancarmi di questa storia e voglio tornarmene a casa» disse furiosa, mentre con uno sforzo si girava per puntare il proprio sguardo al terreno da dove arrivavano le scariche di colpi da parte delle mani di sabbia. «Ho smesso di divertirmi» strinse i denti. «Fate ciò che vi dico. Avvicina due dei tuoi totem a me, riesci?»
«Il buco nero risucchia anche loro, è impossibile muoversi. Ma ci provo» disse lui e sforzandosi riuscì a muovere lentamente i piccoli totem dalle facce impertinenti alla ragazza. Priscilla, schiacciata contro il muro di Fried, allungò una mano fino a che le sue dita non poterono sfiorare i piccoli totem.
«Perfetto!» commentò, con uno sguardo soddisfatto. «È la prima volta che lo uso su qualcosa che non sia io, ma essendo piccoli oggetti inanimati forse ci riesco!» disse prima di mormorare, coperta anche dal rumore dei colpi della sabbia contro il muro di Fried: «Mirage».
I piccoli totem parvero ondeggiare lievemente per un istante, ma poi tornare normali. «Ottimo!» commentò lei.
«Cosa gli hai fatto?» chiese Bickslow.
«La magia del miraggio continuerà a mostrarli qui, insieme a noi, mentre in realtà andranno per noi in avanscoperta all'interno di quella struttura. Devono cercare il Tridente e soprattutto quel figlio di puttana. Il mirage però riuscirà a coprirli solo fino a quando resteranno sotto la portata della mia vista, una volta entrati essa svanirà. Credi possano farcela?» una domanda che era più un'imposizione. Aveva bisogno che ce la facessero. Bickslow sorrise, orgoglioso, prima di dirle: «Per chi mi hai preso, baby? Non sottovalutarci!»
«Ottimo! Allora adesso, liberiamoci di questo di questo impiccio!» disse lei, scivolando rapidamente su di un fianco e tornando a guardare il buco nero oltre al muro di Fried. «Che cosa vuoi fare?» gli chiese Evergreen, preoccupata.
«Fried! Togli il muro!» ordinò Priscilla.
«Sei pazza? Ci risucchierà!» strillò Evergreen. «Non sappiamo nemmeno che fine faremmo se finissimo lì dentro!»
«Io lo so!» gridò Priscilla, cominciando ad avvolgere il proprio braccio di vento in un tornado. «Fried!»
«Ok!» annuì lui, sicuro e fiducioso.
Il muro sopra di loro scomparve sotto al comando di Fried e il gruppo venne immediatamente risucchiato verso l'interno del buco nero. Priscilla caricò il pugno avvolgendolo di una quantità enorme di vento ad altissima velocità.
«Ti sento respirare!» gridò, prima di colpire immergendo il pugno all'interno del buco nero, lasciandosi inghiottire.
«Priscilla!» gridò Evergreen spaventata, ma lei in tutta risposta urlò carica: «Tornado!»
Il buco nero, ora pieno di vento che girava nella stessa direzione del suo risucchio, fece un rumore come di ingorgo, un boato, e parve allargarsi e gonfiarsi. Una reazione che non presagiva niente di nuovo, ma sembrò aumentare il suo potere di risucchio, tanto che Priscilla ci finì completamente dentro, seguita in parte dagli altri suoi compagni. Un boato assordante, prima che il buco nero svanisse nel nulla lasciandosi dietro solo un leggero soffio di vento residuo. Priscilla e gli altri ne uscirono indenni, ma ciò che stupì i suoi compagni fu vedere un uomo cadere al suolo, privo di sensi, circa quindici o ventri metri da loro.
«Incredibile» balbettò Fried, guardando l'uomo cadere a terra.
«Era lui a fare questo?» chiese Evergreen.
«Come lo hai scoperto?» chiese Bickslow.
«Il potere del risucchio di Hisashi!» esclamò l'uomo di sabbia. «Sei riuscita a contrastarlo? Come...» balbettò sconvolto, guardando il compagno cadere a terra.
«Respirava troppo affannosamente, tipico di tutti gli uomini grassi» mormorò Priscilla, prima di voltarsi e puntare entrambe le mani all'uomo di sabbia, oltre il secondo muro di Fried. «E anche se le sue capacità divorative erano incredibili, ha comunque un limite sulla quantità di spazio in grado di ingoiare contemporaneamente. In altre parole: l'ho farcito come un tacchino!» sghignazzò.
«Il buco nero ci avrebbe portati nel suo stomaco?» sussultò Evergreen sconvolta e disgustata.
«Fried!» chiamò e lui capì al volo. Era tempo di fare un po' di casino. Fece sparire il secondo muro di rune e questo permise alle mani di sabbia di raggiungerli nuovamente.
«Credi possa avere effetto su di noi un trucco simile?» disse Evergreen, ponendosi davanti al gruppo e sparando una serie di fasci luminosi che andarono a distruggere la maggior parte delle mani.
«Bickslow!» chiamò Priscilla e lui sorrise, prima di esclamare: «Ok! Babies!» allargò le braccia e i suoi cinque totem, tre veri e due fittizi, si lanciarono anche loro nei combattimenti, mentre Priscilla si concentrava per tenere nascosti i due che erano appena partiti verso la struttura.
Sparò un paio di colpi di vento davanti a sé, colpendo altre mani, ma una di queste passò e per poco non la raggiunse. Fried le si piazzò davanti e con la sua spada la distrusse, proteggendola.
«Concentrati sui totem. A loro ci pensiamo noi» le disse.
«Dovremmo andare anche noi verso la struttura» gli disse Priscilla, in risposta. «Se restiamo a lungo qua a combattere della sabbia, nonostante abbiamo capito il trucco, capiranno che abbiamo qualcosa in mente».
Fried annuì e insieme a lei scesero verso terra.
«Bickslow, Evergreen! Entriamo!» disse Fried.
«Ok!» rispose Evergreen.
«Non ve lo permetto!» disse l'uomo di sabbia, facendo materializzare un altro golem di fronte a loro.
«Togliti di mezzo, impiccio!» ringhiò Priscilla, atterrando al suolo con entrambe le mani aperte e generando così un’onda di vento dalla grandezza e imponenza tale da abbattere con un solo colpo golem e qualsiasi altra costruzione stesse venendo fuori dalla sabbia.
«È...» balbettò Evergreen, guardando Priscilla con aria quasi timorosa.
«È incredibile» disse Fried, altrettanto sconvolto.
Priscilla scattò davanti ai loro occhi, usando sempre l'aria per darsi la spinta in avanti e arrivare con rapidità all'ingresso della struttura, prima che la sabbia avesse avuto tempo di prendere altre forme. La terra prese a tremare nuovamente e improvvisamente la struttura cominciò ella stessa a muoversi, affondando pian piano nella sabbia come volesse inghiottirla.
«Ci vuole impedire di entrare» commentò Bickslow.
«Figurati se te lo permetto!» ruggì Priscilla divaricando le gambe e assumendo la stessa posa, a braccia incrociate, che aveva assunto quando aveva lottato contro il castello dei Phantom e l'attacco di Jupiter.
«Anima del vento!» ruggì. «Tornado!»
Un tornado avvolse il palazzo, inghiottendolo, e con rabbia cominciò a scavare all'interno della sabbia, sparandola ovunque ma lontano. Le raffiche di vento si infilarono sotto la sabbia, scavandosi un sentiero, e infine parvero chiudersi alla base del palazzo. Tutta la struttura tremò tanto che parte di essa cominciò a crollare, mentre il tornado riusciva pian piano a risollevarlo verso l'alto.
«S-sta sollevando l'intero palazzo!» strillò Fried, a bocca aperta.
Dalla sabbia nacquero sagome mostruose, imponenti e tanto numerose da essere incontabili e le andarono incontro, pronti ad attaccarla.
«Copriamola!» suggerì Bickslow e gli altri due annuirono, convinti. I totem di Bickslow iniziarono a spare a tutti quelli che sembravano dei soldati di sabbia, Evergreen faceva lo stesso con i suoi fasci di luce magica e Fried volava da una parte all'altra con le sue ali di rune usando la spada per attaccarli e disintegrarli. Priscilla urlava sempre più, caricandosi e gonfiandosi, continuando a sollevare il palazzo dalla sabbia e impedire che affondasse per scappare alla loro vista.
Un uomo infine uscì dalla sabbia, alto, grosso e muscoloso.
«Adesso mi hai scocciato ragazzina!» ruggì, correndo verso di lei a pugno teso. La sabbia lo avvolse e ricreò sulla sua mano la forma di un guanto gigantesco, compatto tanto che se l'avesse colpita non sarebbe sopravvissuta. «Ci penserà Pashka a sistemarti una volta per tutte!» gridò, allungando il braccio all'indietro e preparandosi a colpire.
«Priscilla!» gridò Fried, spaventato dal colpo che stava per subire.
«Togliti dai piedi!» strillò Priscilla infastidita come se si trovasse di fronte a un insetto. Mosse il piede verso di lui, simulando un calcio, e l'ondata di vento che nacque da quel colpo fu tale che Pashka volò via in un urlo, tanto distante che non videro dove andò a cadere.
«Lo ha steso come fosse un moscerino» strillò Fried, incredulo. Nell'istante in cui Pashka sparì, toccando terra chissà dove, anche il suo potere perse di efficacia e i soldati di sabbia sparirono istantaneamente. Il palazzo smise di tentare di affondare e venne sbalzato via con forza, restando galleggiante per aria, sostenuto dal vento di Priscilla.
Uno dei totem di Bickslow uscì dalla finestra, tenendo per un piede un ometto basso e barbuto. Si agitava e si dimenava, ma ormai non poteva fare niente. Il vecchietto venne lasciato cadere a terra, mentre anche il secondo totem faceva ritorno. Priscilla smise di esercitare la sua magia sul palazzo e lo lasciò cadere a terra con un tonfo incredibile. Si pulì le mani soddisfatta e sorridendo allegra come una bambina che tornava da una scampagnata, si accostò al vecchietto a terra. Si mise le mani ai fianchi e chiese semplicemente, con serenità: «Allora! Dov’è questo Tridente?»
L'uomo tremò dalla paura e per poco non si mise a piangere. Si rannicchiò a terra, coprendosi la testa con un braccio, mentre con l'altro porgeva a Priscilla un minuscolo oggettino dorato a forma di forchetta.
«Ma tu guarda! Tante storie per questo piccoletto» commentò divertita, prendendolo tra le mani. Se lo rigirò tra le dita, guardandolo con la curiosità di una bambina e l'allegria che niente faceva pensare che avesse appena portato a termine una battaglia.
«Sono...» balbettò Evergreen, guardando Priscilla tornare alla giovialità e all'infantilità di prima.
«Sbalordito» terminò Fried, con lo stesso sguardo.
«Tanto c'è Priscilla, eh?» disse Bickslow con un divertito sorriso, ricordando loro le parole che Laxus aveva detto in occasione dello scontro con Phantom. Ora capivano tutta quella fiducia ben riposta, nonostante ciò che si diceva di lei. Era incredibilmente forte.
«La degna sorellina di Laxus» disse Evergreen, incrociando le braccia al petto e guardando la ragazza che giocherellava con il Tridente.
«Già» annuì Fried con lo stesso orgoglio negli occhi. Avevano fatto bene a farla entrare nella squadra, indipendentemente dal carattere bambinesco e a tratti ingestibile, portava in sè la stessa potenza e fierezza di suo fratello. Sarebbe stata un ottimo sostituto momentaneo e quando Laxus avrebbe fatto ritorno... chissà che non sarebbero diventati la guardia reale non può del Dio del tuono, ma di entrambi gli imbattibili fratelli Dreyar. Non potevano far a meno chiedersi come dovevano essere quando quei due combattevano insieme e capirono perché riuscirono a diventare il team più forte della gilda ed entrambi maghi di classe S (anche se Priscilla non ufficialmente) nonostante la giovane età.
La ragazza venne avvicinata da uno dei totem di Bickslow, rimasto a svolazzare lì vicino per tenere sott'occhio il vecchietto che ancora tremava. Priscilla gli sorrise e gli diede un paio di carezze sulla sommità, come fosse un cucciolo, e disse contenta: «Ben fatto, baby!»
Bickslow si portò una mano al petto, all'altezza del cuore, a stringere i vestiti come se potesse in quel modo fermare i battiti impazziti. Si catapultò ai piedi di Priscilla e senza darle tempo di capire cosa stesse accadendo le prese una mano, chiedendole: «Diventa la madre dei miei bambini!»
Priscilla urlò terrorizzata e si ritrasse con violenza, piantando un piede in faccia a Bickslow per tenerlo distante. «Non prenderti certe libertà solo perché sono stata gentile con i tuoi animaletti volanti!»
«Animaletti?» chiese Evergreen, domandandosi dove avesse visto in quei pezzi di legno degli animali.
Bickslow prese il piede che Priscilla gli teneva piantato in faccia e lo tenne come per aiutarla. Abbozzò un sorriso malizioso prima di mormorare: «Ti piace il fetish? Posso anche farmelo andare bene».
«Perché passi dalle proposte di matrimonio a quelle sessuali con una tale facilità?» sobbalzò Priscilla, pallida in viso. «Pazzo psicopatico, stammi lontano!» gridò e corse via, ignorando il vecchio appena catturato, Fried, Evergreen e i cammelli.
«Aspetta! Baby!» le corse dietro Bickslow, ridendo e saltando come un pazzo.
«E a noi tocca portare il vecchio» commentò Fried, con un sospiro.
«Credi si ricorderà che ha lei il Tridente e deve portarlo al villaggio e non a casa?» chiese Evergreen, dubbiosa. Per quanto Fried avesse voluto rispondere con sicurezza e fiducia, non riuscì a non pensare che forse forse... il rischio poteva esserci. Ed era anche elevato.
Si caricò il vecchio in spalla e iniziò a correre dietro ai due, seguito da una sospirante Evergreen.
«Priscilla! Aspetta!».
E la voce della ragazza confermò i suoi timori, facendogli salire ancora di più il panico quando, ormai in fuga, disse: «Lasciatemi in pace, me ne torno subito a casa!»


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Capitolo 12
*** Wendy Marvell ***


Wendy Marvell





«Finalmente siamo arrivati» sospirò Priscilla, alzando le braccia al cielo per stirarsi la schiena. «I Raijinshuu hanno avuto di nuovo successo!» disse Fried, stringendo i pugni con fervore.
«Siamo sempre i migliori» annuì Bickslow.
«Con una Dreyar in squadra, i nemici non possono che tremare» sghignazzò Evergreen, sistemandosi gli occhiali sul naso.
«Siete così remissivi verso Laxus che accettate di scodinzolare dietro qualsiasi cosa abbia a che fare con lui» commentò Priscilla, trovando la cosa inquietante. Non la lasciavano in pace in nessuna occasione, neanche per un istante, e spesso doveva usare il suo Mirage anche solo per poter andare in bagno senza essere seguita. Soprattutto da Bickslow. Lui era il peggiore.
«Non vedo l'ora che torni per restituirvi al legittimo proprietario» sospirò, camminando fiacca verso l'ingresso della gilda.
«Non ti senti a tuo agio con noi?» chiese Evergreen, colta da un moto di panico.
«La mia baby non è felice!» gridò Bickslow portandosi le mani alla testa, disperato.
«Non chiamarmi così» mormorò Priscilla, sapendo perfettamente che non l'avrebbe ascoltata e avrebbe continuato.
«Stiamo deludendo le aspettative di Laxus! Come abbiamo potuto commettere un simile errore!» gridò Fried, il più ferito di tutti da quella storia.
«Non vi ha mai chiesto niente, di quali aspettative parlate?» insisté Priscilla, senza impegnarsi troppo. Era inutile parlare con loro, questo l'aveva imparato a sue spese, e lei era troppo stanca per provarci ancora.
«Laxus, perdonaci!» pianse Evergreen.
«Scommetto che l'ha già fatto» mormorò Priscilla, consapevole che lui e le sue richieste non c'entravano niente in quella storia.
«Come posso chiedergli di concedermi la mano di sua sorella quando tornerà, se non sono in grado di renderla felice?» si disperò Bickslow.
«Non è mio padre che può decidere per me!» ruggì Priscilla, agitata da quella prospettiva. «E non azzardarti a fare mai una cosa simile!» aggiunse poi, trovando insopportabile l'idea che Laxus avesse potuto pensare che ci fosse stato qualcosa tra lei e Bickslow.
«Ci dobbiamo impegnare di più!» disse risoluto Fried, puntando un dito contro Priscilla. «Ti staremo più vicino così da capire le tue esigenze e soddisfarle!»
«Più di così? Scherziamo?» sussultò Priscilla, sbiancando all'idea di averli per sempre appiccicati.
«Priscilla!» la voce di Happy la raggiunse alle spalle, dall'ingresso della gilda, e attirò la sua attenzione. Si voltò e lo vide svolazzante di fianco a Natsu e Lucy, mentre Erza terminava di legare i suoi bagagli su di un immenso carretto.
«Happy!» salutò lei, correndogli incontro. «State partendo?»
«Aye!» annuì il gatto. «Una missione di importanza nazionale! Il master ha scelto proprio noi a rappresentare Fairy Tail».
«Rappresentare Fairy Tail?» chiese lei, inarcando un sopracciglio. Di che missione stava parlando?
«Aye!» annuì ancora lui. «Stiamo andando a incontrare i rappresentati delle altre gilde. Ci saranno Blue Pegasus, Lamia Scale e Cat Shielter. Tutti manderanno i loro maghi più forti».
"Cat Shielter" un brivido all'altezza del petto di Priscilla.
«Happy!» chiamò Natsu. «Andiamo».
Happy si voltò a guardare i suoi amici che avevano cominciato a mettersi in cammino e capì di non avere altro tempo. Alzò una zampa verso Priscilla, salutandola, e volò via con un: «Ci vediamo quando torniamo!» di commiato.
Priscilla rimase immobile, a guardarli andar via, senza muovere un muscolo, come se si fosse paralizzata. Fried le si avvicinò, incuriosito per la sua reazione che le aveva impedito persino di salutare l'amico che andava via.
«Priscilla, tutto b...» cominciò e le posò una mano su una spalla, per cercare di destarla. Ma la frase gli morì in gola quando questa le passò attraverso e la dissolse come uno sbuffo di fumo. Urlò spaventato, non aspettandosi un simile risvolto, mentre Evergreen gli compariva dietro e spiegava: «Ha di nuovo usato il Mirage».
«Ce l'ha di nuovo fatta! È formidabile, la mia baby!» disse Bickslow, con un moto di orgoglio nella voce. Fried intanto, accasciato a terra, cercava di riprendersi dallo spavento.


Il barcollio era finito ormai da un po' e questo permise a Priscilla di capire che il viaggio era ormai giunto al termine. Si districò dalle valige e si allungò verso uno spiraglio, lamentando dolore ovunque.
«Maledetta Erza» borbottò spingendosi con forza verso il fascio di luce. «A metà strada si è accorta della corda allentata dei suoi bagagli e l'ha stretta di più. Sono quasi morta soffocata qui dentro».
Riuscì a uscire con la testa dalla carcassa di bagagli che Erza si portava sempre dietro a qualsiasi avventura, prendendo finalmente fiato e guardando ciò che aveva attorno. Proprio di fronte a lei si apriva l'ingresso della Blue Pegasus, con porte aperte riusciva a sentire delle voci provenire dall'interno. Un ragazzo dai capelli bianchi le voltava le spalle, guardando all'interno, e di fianco a lui c'era una ragazza dai lunghi capelli rosa.
«Chi sono?» si chiese. «Cat Shielter? Che sia Wendy Marvell?» si dimenò come un serpente in una buca, scivolando pian piano fuori dalla morsa mortale dei bagagli di Erza, fino a quando non le rimase solo un piede impigliato al suo interno. Qualcosa, forse un gancio, le aveva afferrato uno delle stringhe dei sandali e pareva intenzionata a non lasciarla andare. Poggiò le mani sui bagagli e spinse con tutta la forza che aveva, mentre faceva leva con le gambe e il bacino per tirare indietro il piede. Niente da fare, pareva essere destinata a restare bloccata lì per sempre.
Tirò e tirò, alla fine presa dal nervoso decise di usare le maniere forti. Infilò una mano nell'apertura che si era creata ed evocò un soffio di vento tale da spingerla all'esterno con la sua pressione. Il potere che dovette usare per riuscire a liberarsi fu più di quanto avesse immaginato, ma alla fine ebbe la meglio e venne sparata fuori come un tappo di bottiglia, benché questo le costò il sandalo che rimase all'interno del groviglio di bagagli. Urlò mentre raggiungeva di spalle, in pieno volo, l'ingresso della Blue Pegasus.
«Per favore, dimenticate quella che ero una vol...» stava ridacchiando Cherry, ma la sua frase si trasformò in un urlo quando vide Leon al suo fianco colpito e travolto da una ragazza sbucata dal nulla.
«Priscilla!» gridarono in coro il gruppo di Fairy Tail, tanto sconvolti che gli occhi per poco non gli uscirono dalle orbite. Priscilla, seduta sopra Leon steso per terra, alzò il piede scalzo e se lo guardò con tristezza. «Ho perso la scarpa» mormorò, ignorando dove si trovasse in quel momento.
«Come hai osato assalire Leon-sama, maledetta sconosciuta!» ruggì Cherry, fuori di sé. Priscilla la guardò curiosa, come se non capisse di cosa stesse parlando, e solo in quel momento finalmente notò il ragazzo steso sotto di sé. Si illuminò, ma non si mosse da lì.
«Allora è grazie a te se non mi sono fatta male, ho capito!» esclamò, prima di concedere a Leon un luminoso sorriso. «Grazie!» si strinse nelle spalle, assumendo un'aria più aggraziata e delicata. Aria che venne distrutta in un istante solo da un colpo di tappeto, improvvisamente animato, che la sbattè come un moscerino e la fece volare via. Priscilla sbattè contro il muro e rimase accucciata a terra, massaggiandosi il naso dolorante con le lacrime agli occhi per il dolore. Lucy le corse vicino e si mise tra lei e Cherry, che sembrava essere pronta a colpire ancora.
«Lei è con noi, non osare colpirla!» la difese.
«Da quando usi sporchi trucchetti come gli attacchi alle spalle, Gray?» disse Leon, rialzandosi e fulminando l'ex compagno allievo di Ur.
«Un altro parfum per me!» disse Ichiya, un ometto basso e ripugnante con la camicia aperta sul petto. Saltellò nei pressi di Erza, che sfoderò una lancia e gliela puntò contro, pallida in volto, ringhiando: «Sta' lontano!»
«Diamoci dentro!» si unì Natsu, pronto a menar mani su chiunque avesse voluto combattere, solo perché la cosa lo divertiva.
La tensione era palpabile, tutti erano nemici di tutti e sembravano essere pronti a uccidersi a vicenda. Come si aspettava Natsu, probabilmente sarebbe nata una lotta da un momento a un altro, se una voce possente e autorevole non fosse intervenuta.
«Fermatevi, ora!» dalla porta entrò un uomo alto, dalla muscolatura possente, pelato e vestito come un antico sacerdote. «Siamo qui per creare un'alleanza in grado di sconfiggere gli Oracion Seis. Questo non è il momento di combattere tra noi!» disse.
«Jura-san» sorrise Leon, vedendolo.
«Jura?» sussultò Erza nel sentire quel nome.
«È l'asso di Lamia Scale. Jura ferro e pietra» disse Hibiki, uno dei membri di Blue Pegasus.
«Chi?» chiese Natsu, ignaro su chi fosse.
«È un esponente del sacro ordine dei Dieci» spiegò Happy.
«Avevo già sentito quel nome prima d'ora» rifletté Lucy.
«Allora siamo qui per sconfiggere gli Oracion Seis» osservò Priscilla, finalmente illuminata.
«Sei venuta e non sapevi nemmeno perché?» la rimproverò Lucy, ma Priscilla la ignorò e voltandosi a guardarla le chiese semplicemente con curiosità: «Chi sono gli Oracion Seis?»
«Cosa sei venuta a fare?» insisté Lucy, al limite dell’isteria.
«Dovevo prendere fiato da delle cozze stritolatrici» mormorò Priscilla, impallidendo a ricordare l'asfissia con cui i Raijinshuu le erano stati addosso durante quella missione dove l'avevano trascinata.
«Blue Pegasus ha quattro membri» si avvicinò Cherry, guardando maliziosa Lucy. «E le fatine addirittura cinque. Per noi tre saranno più che sufficienti» sghignazzò.
«È vero, noi siamo di più» osservò Lucy, rendendosi conto di come questo li rappresentasse come i più deboli, visto che avevano avuto bisogno di più membri.
«Colpa mia!» rise Priscilla, alzando una mano.
«Crudele, perché non mi hai contato?» pianse Happy.
«E con questo tre gilde si sono unite» osservò Jura. «Mancano solo i rappresentanti di Cat Shielter».
Ancora un batticuore nel petto di Priscilla, mentre si rendeva conto che da lì a poco avrebbe finalmente incontrato chi avrebbe potuto portarla da Wendy Marvell. Se i suoi poteri curativi erano veramente come Mistgun gliela aveva descritti, allora forse poteva davvero liberarla dalla sua maledizione... liberarla da ciò che la teneva legata a suo padre e renderla finalmente libera.
«Rappresentanti? Ho sentito che sarebbe venuta una persona sola» disse Ichiya, appeso alla lancia di Erza, troppo schifata da lui per dargli modo di girovagare liberamente.
«Una persona sola per una missione pericolosa come questa?» sobbalzò Gray.
«Quanto dannatamente sarà forte questo tipo?» chiese Lucy, portandosi entrambe le mani al viso per la soggezione che provava di fronte all'idea di incontrare una persona come quella da un momento a un altro. Priscilla ascoltò l'aria, improvvisamente attirata da uno strano cambiamento. L'aroma, la consistenza, la corrente... tutto sembrava essersi fatto più leggero e piacevole. Guardò in direzione della porta, da dove arrivava quell'aria nuova e tiepida, e vide entrare poco dopo una ragazzina dal vestito giallo e i capelli lunghi, blu. Tre passi sul tappeto rosso di Blue Pegasus e cadde a terra di faccia, con un urlo spaventato.
I membri delle tre gilde che erano in attesa si voltarono curiosi e perplessi verso di lei, mentre lentamente si alzava sulle mani, lamentandosi per il dolore della caduta. Priscilla le si avvicinò e si inginocchiò di fronte a lei, guardandola con curiosità. L'aria che aveva sentito poco prima proveniva da lei, ora che le era vicina lo sentiva più intensamente. Le dava uno strano senso di pace nel petto.
Le sorrise, cordiale, e le porse una mano.
«Tutto bene?».
La ragazzina alzò gli occhi su Priscilla, per poi riabbasarli, timida.
«Mi dispiace» borbottò.
«Anche a me capita spesso di cadere in questo modo, quando poggio i piedi per terra» ridacchiò Priscilla, per cercare di tranquillizzarla e farla sentire a suo agio. «Chi sei?» chiese, continuando a porgerle la mano. La ragazzina gliel'afferrò e lei l'aiutò a rialzarsi. In quel momento i capelli blu della ragazzina si scostarono dalle sue spalle, scoprendo un simbolo sul suo braccio sinistro. Il simbolo di una gilda. Non conosceva quale fosse, ma rappresentava un gatto e c'era solo una gilda che stavano aspettando con qualcosa che richiamasse quell'animale.
«Ecco» mormorò la ragazzina. Teneva gli occhi puntati ai propri piedi e questo le impedì di vedere il volto di Priscilla impallidire nell'istante in cui pronunciò: «Il mio nome è Wendy Marvell, vengo dai Cat Shielter».
"Wendy..." non riuscì a pensare altro, mentre il cuore nel petto le prese a battere tanto forte da toglierle il fiato. Era lei, Wendy? Quell'impacciata e striminzita ragazzina aveva davvero il potere di salvarle la vita? Dopo quasi vent'anni di incubo, davvero la risposta a tutto era davanti a lei e portava quell'aspetto tanto fragile e minuto?
«Scusate il ritardo. Piacere di conoscervi tutti quanti» sorrise infine, con le guance rosse per la timidezza.
«Una bimba?» si chiese Lucy, sconvolta nel vedere che il famigerato unico membro formidabile di Cat Shielter aveva quell'aspetto delicato.
«Ora tutte e quattro le gilde sono riunite» disse Jura, con serenità, cosa che fece scattare Gray che disse: «Ma tu continui come se niente fosse?!»
«Seriamente...» si accodò Leon.
«Inviare solo questa singola ragazzina per una missione pericolosa come questa?» chiese Cherry, mettendo in imbarazzo così Wendy.
Il cuore di Priscilla parve volesse esplodere, voleva urlare per liberarsi da quella tensione, ma ciò che aveva detto Cherry le aveva aperto un nuovo terrore: quella ragazzina era tutto ciò di cui aveva sempre avuto bisogno, era la risposta a tutti i suoi problemi, colei che le avrebbe salvato la vita... e loro stavano per darla in pasto al pericolo. Era uno scherzo?
«Oh, non è sola, signorina scostumata» disse una voce femminile, un po' nasale ma fiera di sé. Un gatto entrò nella sala in quel momento, un gatto esattamente come Happy. Dal pelo bianco, camminava su due zampe, parlava e indossava un abito con gonnella.
«Un gatto?» chiese Leon.
«Come Happy» osservò Natsu, sorpreso.
«Charle, mi hai seguita?» chiese Wendy, con sorpresa.
«Certo! Ero troppo preoccupata per lasciarti andare da sola» disse la gatta, prima di notare in che modo Happy la stesse fissando. Si voltò dall'altra parte e lo ignorò, con superiorità. Priscilla si sentì tirare per una gamba poco dopo e questo, insieme all'apparizione di Charle, riuscirono a riportarla alla realtà.
«Ehy, Priscilla... le potresti portare un po' del mio pesce?» chiese muovendo la coda timidamente.
«Vuoi condividere con lei?» chiese Priscilla intenerita, capendo al volo la situazione. Happy non era mai così timido e soprattutto non condivideva niente con nessuno. Si era sicuramente preso una cotta. «Che carino!» gli disse inginocchiandosi e dandogli un paio di pacche sulla testa.
«Ma devi portarglielo tu, altrimenti non funzionerà» intervenne Lucy, con un sorriso divertito. Happy si voltò dall'altro lato, rosso in volto, e prese a giocherellare con le sue stesse zampette.
«Lei ti pppppiace» disse Lucy, sghignazzando.
«Mi stai copiando!» sobbalzò Happy, notando come quella fosse una cosa che lui diceva spesso agli altri quando capitavano certe situazioni.
«Che carino!» ripeté Priscilla, portandosi le mani al viso per l'emozione.
«Ecco...» balbettò Wendy, prendendo parola. «Non so combattere molto bene, ma so usare molte magie che possono supportarvi. Perciò, per favore non lasciatemi indietro!» disse con tono lamentoso per il dispiacere.
«Gli altri ti guardano dall'alto verso il basso proprio perché sembri così debole» la rimproverò Charle, vedendola così.
«Mi dispiace» balbettò ancora, Wendy.
«Ti ho detto di non scusarti così spesso» rimproverò ancora Charle.
«Mi dispiace» pianse Wendy, al limite del disagio.
Priscilla non poté che provare strane sensazioni nel vederla. Sapeva come ci si sentiva ad essere deboli, sapeva come ci si sentiva ad essere lasciati indietro per quello, Laxus l'aveva fatto con lei e per anni non aveva fatto che minacciarla di farla sparire del tutto. Trasmetteva così tanta dolcezza e tenerezza, eppure proprio quel suo aspetto fragile la riempieva di angoscia e timore. Si chiedeva se Mistgun le avesse detto la verità, se non si fosse sbagliato e magari in realtà Wendy non era in grado di aiutarla. Come poteva una cosina così piccola fare ciò che nessuno era mai riuscito? Una magia oltre il comune, per concludere l'imperfezione della magia della vita e darle infine l'indipendenza e la libertà. Era così piccola, non sembrava per niente forte e lo ammetteva pure. Come se non bastasse, se davvero poteva fare ciò, la stavano per portare nel giro della morte contro una potente gilda oscura. Se fosse morta, cosa molto probabile vista la sua stazza, avrebbe perso per sempre ogni speranza di scoprire se era veramente la sua risposta o meno. La preoccupazione nei suoi confronti raggiunse in poco tempo un valore esponenziale, come un'improvvisa raffica di vento, le scompigliò l'esistenza e cominciò a guardarla come il più prezioso dei tesori. Tesoro che il mondo sembrava pronto a portarle via da un momento a un altro.
«Su, su» disse avvicinandosi a lei. «Lascia perdere questi burberi antipatici che neanche si sono presentati. Non l'hanno fatto neanche con me e pensa che la mia gilda non mi ha nemmeno invitata, mi sono dovuta nascondere tra i loro bagagli per poter venire» sospirò, fingendo tristezza.
«Allora eri tu che mettevi fuori asse le mie valige!» commentò Erza, mettendo finalmente fine a un eterno dubbio.
«Ho rischiato di morire» mormorò lei, ricordando con dispiacere quei momenti. «Ma se non lasciano indietro me, anche se li ho fatti sfigurare come la gilda più debole, non lasceranno indietro nemmeno te» sorrise infine, illuminandosi in quel suo modo tutto particolare che colpiva il cuore di chiunque avesse di fronte. «Sono Priscilla. Piacere di conoscerti, Wendy».
«Non lasceremo indietro nessuno» intervenne Erza. «Ci hai preso un po' alla sprovvista, scusaci. Siamo felici di averti con noi, Wendy».
Wendy arrossì e sorrise felice, prima di dire: «È Erza-san, Charle! È lei veramente!»
«È una donna migliore di quello che mi aspettavo» commentò Charle.
«Ehy, avete sentito parlare di me?» chiese Happy, avvicinandosi . «Sono Necomander no Happy!»
«Che razza di soprannome è?» mormorò Priscilla.
Charle sbuffò, impertinente, e si voltò dall'altro lato. Happy si portò le zampe al volto, emozionato, e disse: «È timida, che carina!»
«Sembra più che altro che ti stia snobbando» commentò Lucy, ma Happy la ignorò.
Priscilla rise divertita da quella scenetta e portandosi le mani dietro la testa, sollevò infine le gambe da terra per incrociarle come fosse seduta, galleggiando per aria.
«Priscilla, non dovresti sprecare così la tua magia prima di una grande battaglia» l'ammonì Erza.
«Hai ragione! Devo riposare! Faccio un sonnellino!» disse, stendendosi sempre a mezz'aria e chiudendo gli occhi.
«Non intendevo quello!» sobbalzò Erza, sorpresa dalla sua risposta.
«Priscilla del vento» osservò Jura, guardando la ragazza e scoprendo grazie a quel gesto l'abilità che le apparteneva. «Ho sentito parlare di te».
«Hai sentito, Erza? Sono la dea del vento, tutti conoscono il mio nome!» disse Priscilla, felice, cominciando a roteare su se stessa come una ballerina.
«Dicono tu sia la più debole della gilda» disse Jura e Priscilla smise di roteare, si corrucciò e strinse i pugni furibonda, prima di spiegare con un certo nervoso: «Quella è acqua passata!»
«Vento?» mormorò Wendy, guardando Priscilla svolazzare a pochi passi da lei. «Tu sai volare?»
«Anche tu puoi farlo» le disse Priscilla, allungando una mano verso di lei e sollevandola da terra senza fatica. Wendy si dimenò all'inizio, spaventata, ma poi si abituò subito a quella sensazione.
«È... piacevole» disse, sorridendo emozionata.
«Posso renderti leggera come una piuma o pesante come una roccia! E tante altre cose» disse riposandola pian piano a terra.
«E lo fai spesso?» chiese Charle, disdegnando tutto quello spreco di magia.
«In continuazione» disse Erza. «Non la vediamo quasi mai con i piedi per terra».
«Camminare è faticoso!» si giustificò Priscilla.
«Così non può inciampare in giro» disse Wendy, cercando di difenderla e comprenderla.
«Esatto, Wendy!» le disse Priscilla, radiosa. «Vedi? Noi due ce la intendiamo!»


Nda.


E’ arrivata Wendy!!!!!
.Niente, volevo solo dire qualcosa visto che da subito ho fatto intendere che la piccola Dragon Slayer avrebbe avuto una certa rilevanza nella vita di Pricchan.
Comunque… come potete vedere è sabato (BRAVISSIMA! Sei un genio, Ray, davvero) e pubblico oggi. Questo perché sono andata veramente molto avanti nella storia e vista la quantità di capitoli da portarvi ho pensato che sarebbe stato convenevole e interessante aumentare da una pubblicazione a settimana a due. Niente di certo, ancora, devo vedere se riesco a mantenere questo ritmo (comunque ogni capitolo prima della pubblicazione deve essere riletto e revisionato almeno un paio di volte), comunque per un po’ posso provarci.
I giorni di riferimento credo che saranno più o meno sempre questi: lunedì/martedì e venerdì/sabato, ma anche questo è da vedere strada facendo.
Io come sempre ringrazio chi mi legge, anche se siete tutti silenti (Tanti piccoli Albus ahahah….. ok, non faceva ridere, chiedo scusa).
Lasciatemi un commento se vi fa piacere, anche striminzito, son sempre contenta :D
A presto.


Ray



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Capitolo 13
*** Oracion Seis ***


Oracion Seis





«Molto bene» cominciò infine a parlare Ichiya. «Sembra che ci siamo tutti, perciò passerò a illustrarvi il piano» disse mettendosi in delle strane pose da fotomodello.
«Quella posa è così necessaria?» provò a mormorare una Lucy imbarazzata da quanto stava vedendo.
«Iniziamo col luogo in cui i sei Generali Magici, gli Oracion Seis, sono riuniti» continuò Ichiya ignorando il commento di Lucy e cambiando di nuovo posa. «A nord da qui si estende il grande bosco di Wals. Gli antichi sigillarono in quel bosco un incantesimo potentissimo. Il suo nome è... Nirvana».
«Nirvana?» si chiesero in molti, interrogandosi su quel nome.
«Non ne ho mai sentito parlare» disse Leon.
«E tu, Jura-sama?» chiese Cherry, voltandosi al compagno.
«No, non ne so nulla».
«Si tratta di una magia così devastante che gli antichi hanno voluto sigillarla. Questo è quello che sappiamo» disse Ren, dei Blue Pegasus.
«Una magia devastante» riflettè Natsu, corrucciandosi.
«Non mi piace come suona la cosa» commentò Lucy, intimorita.
«Se gli Oracion Seis si sono radunati in quel bosco l'hanno fatto sicuramente per mettere le mani sul Nirvana» osservò Hibiki.
«Dobbiamo affrontare gli Oracion Seis e impedire loro di mettere le mani sul Nirvana» disse Ichiya e insieme ai suoi compagni si sistemarono in un'altra posa di gruppo.
«Ed eccoli di nuovo in posa» sospirò Lucy, sempre più imbarazzata da quella situazione.
«Ma che fai?!» sobbalzò Gray notando solo in quel momento che Priscilla si era mescolata a loro e aveva assunto una delle loro pose.
«Mi adeguo alla situazione» rispose lei con tranquillità.
«Non farlo, ti prego» piagnucolò Lucy e Priscilla non riuscì più a tenere il gioco, mettendosi a ridere divertita.
«Non dovremmo cercare di rimanere seri?» commentò Leon, guardando con superiorità il gruppo di Fairy Tail.
«Tipico di Fairy Tail: radunano solo stupidi» ridacchiò Cherry, sulla scia di Leon.
Priscilla rispose alla provocazione con una linguaccia infastidita, prima di dirle: «Racchia» di ripicca.
Cherry per poco non urlò dal nervoso di quell'offesa. Si irrigidì, arrabbiata, e corrucciandosi lanciò occhiatacce a Priscilla che ora non era da meno. Sembravano pronte a saltarsi al collo e sbranarsi a vicenda, quando intervenne Jura lanciando alle due un semplice sguardo furioso. Mise talmente tanta soggezione che la paura le assalì e le convinse ad allontanarsi l'una dall'altra e mettere fine a quel litigio sul nascere.
«Comunque, noi siamo in tredici mentre loro solo in sei» continuò Hibiki. «Ma non dobbiamo sottovalutarli. Sono incredibilmente potenti».
Hibiki schioccò le dita e al suo fianco comparve uno schermo luminoso, pixellato in giallo, e sotto un tastierino evanescente su cui prese a scrivere con una mano sola.
«Archive» riconobbe Jura. «È una magia rara».
«Questi sono dei video che abbiamo ottenuto di recente» disse Hibiki materializzando altri schermi di fronte al resto dei colleghi. Ognuno di esso trasmetteva un breve video di una persona diversa, per un totale di sei.
«Cobra è il primo, è un mago che si serve di serpenti velenosi» spiegò Hibiki, allargando lo schermo che mostrava un ragazzo dai capelli color vino, avvolto da un enorme serpente.
«Sembra proprio un cattivone, guardate i suoi occhi obliqui» commentò Natsu, infastidito.
«I tuoi occhi sono uguali» risposero in coro Gray e Leon.
«Chissà se quel serpente è buono da mangiare» commentò Priscilla, guardando con interesse l'animale.
«Ti sembra il momento di pensare a mangiare?» l'ammonì Lucy.
«Ho fatto il viaggio nascosta tra le valigie di Erza, sono ore che non tocco cibo» sospirò lei, affranta.
«Nessuno ti ha chiesto di farlo!» rispose Lucy a tono.
Hibiki si schiarì la voce per attirare l'attenzione e riprese a spiegare, mostrando ora un ragazzo dalla cresta bionda e il naso aquilino: «Racer, che a giudicare dal soprannome probabilmente usa incantesimi che potenziano la sua velocità». Passò al prossimo: un uomo che sembrava un sacerdote, con un libro sottobraccio e lunghi capelli tra il castano e il biondo. «È un mago in grado di sterminare anche un esercito intero per trarne profitto. L'Occhio Divino, Hot Eye!».
«Per profitto?» mormorò Cherry, indignata.
«Che miserabile» commentò anche Jura.
«Angel, capace di leggere nei cuori delle persone» continuò Hibiki, mostrando il video di una donna dai capelli azzurri, vestita di piume come fosse un cigno. Passò poi al video di un ragazzo seduto a gambe incrociate, la testa china in avanti, in un look particolarmente dark. «Di questo individuo si sa poco, se non che si fa chiamare Midnight. E infine c'è Brain, il loro capo» concluse, mostrando il video di un uomo alto e muscoloso, ricoperto di tatuaggi, maneggiava un bastone con sopra un teschio. «Ognuno di loro è sufficientemente forte da distruggere un'intera gilda da solo. Ecco perchè sfrutteremo la superiorità numerica a nostro vantaggio».
«Ecco... penso sia meglio che non mi contate» tremò Lucy, terrorizzata. Di fianco a lei Wendy faceva altrettanto e balbettò: «Neanche io sono molto brava a combattere».
«Io odio combattere» alzò la mano Priscilla, ondeggiando con un'allegria assolutamente incoerente con quanto avesse appena detto. «Possiamo trovare un modo per risolvere la cosa pacificamente?»
«Sono una delle gilde oscure più potenti, credi davvero esiste un modo pacifico?» le chiese Gray, senza troppa enfasi, avvilito per quella domanda assolutamente inutile e fuori luogo.
«Potremmo offrirgli del cibo» disse Priscilla, convinta, e Gray fu pronto a brontolarla di nuovo per la stupida idea, ma Natsu e Happy l'affiancarono e annuirono convinti e questo bastò a togliergli la forza di provarci a ragionare con loro.
«Non preoccupatevi, il nostro piano non implica solo combattimenti» disse Ichiya. «Tutto quello che dobbiamo fare e trovare la loro base».
«Base?» chiese Natsu.
«Ah già, non ne abbiamo ancora parlato» commentò Ren, mentre Hibiki riprendeva a premere pulsanti sul suo tastierino magico.
«Sospettiamo che abbiano una base provvisoria nascosta da qualche parte nel bosco» spiegò Eve.
«Se possibile vorrei che li radunaste tutti lì» disse Ichiya.
«Ma come facciamo a trovarla?» chiese Gray, domanda a cui Natsu rispose infervorato con un: «A furia di sberle!»
«Lo sapevo che alla fine avremmo dovuto combattere anche noi» sospirò Lucy, abbattuta all'idea di trovarsi di nuovo nei guai.
«E cosa farete una volta che li abbiamo radunati?» chiese Erza, domanda a cui Ichiya rispose puntando un dito verso il cielo, prima di spiegare: «Ci serviremo del vanto della nostra gilda, il cavallo volante Christina. Grazie a lei seppelliremo la loro base».
«Christina? L'Incrociatore Magico?» chiese Cherry, che già aveva sentito parlare del cavallo volante dei Blue Pegasus. Non solo lei, ma in molti lo conoscevano. La sua fama era praticamente mondiale.
«C'è davvero bisogno di tutto questo per combattere contro dei semplici umani» sibilò Lucy, sempre più spaventata.
«Forse non hai capito con che cosa abbiamo a che fare!» la rimproverò Jura, mettendola ancora più in agitazione. «Siete pronti?» chiese lui, prendendo ora la parola. «Se dovesse scoppiare la battaglia non dobbiamo mai combattere isolati. Cerchiamo di restare sempre almeno in coppia».
In molti annuirono, convinti e decisi, solo Lucy e Wendy continuavano a piagnucolare spaventate.
«Una gita nel bosco, yeah!» esultò Priscilla, allegra.
«Hai ascoltato qualcosa di quanto abbiamo detto?» sussultò Leon, preoccupato e spaventato all'idea di avere appresso così poche persone su cui poter contare in caso di battaglia. Priscilla non gli rispose, ma tornò a svolazzare a gambe incrociate, con le mani dietro la testa e semplicemente si limitò a sorridergli di quel suo solito sorriso ambiguo. Questo non fece che preoccupare ancora di più Leon, ma rassicurò invece il resto di Fairy Tail che al contrario suo la conoscevano abbastanza da sapere che quel sorriso nascondeva solo una forza d'animo che sarebbe loro andata in soccorso in caso di qualsiasi necessità. Avere Priscilla tra di loro voleva dire avere un asso nella manica, di quelli che nessuno si sarebbe aspettato.
«Okay!» ruggì Natsu, sorridente. Si battè un pugno contro l'altra mano ed entrambe presero fuoco. «Sono tutto un fuoco!» la sua frase di routine con cui dava inizio a battaglie interessanti.
Avrebbe anche dato coraggio e determinazione, se non fosse corso fuori dalla gilda sfondando la porta e gridando fuori controllo: «Li affronterò tutti e sei insieme!»
«Aspetta! Natsu!» lo richiamò Lucy, inutilmente. «Capisco che è impaziente, però...» sospirò.
«Non credo che abbia ascoltato il piano» disse Gray con rassegnazione ma una strana serenità.
«Questo perché lui è Natsu» spiegò Happy.
«Almeno apri la porta» sospirò Hibiki, guardando il danno fatto.
«Natsu non sa cosa siano le porte» bofonchiò Priscilla, svolazzando con tranquillità mentre mangiava delle more e dei lamponi da una ciotola.
«E quelle da dove sbucano?» sussultò Lucy, guardandola.
«Dalla cucina» disse Priscilla con naturalezza.
«Chi ti ha dato il permesso di andare in cucina!» insistè Lucy, sempre più esaurita, prima di accasciarsi a terra e mormorare: «Perché nel nostro gruppo non ce n'è uno normale».
«Io sono normale!» alzò la mano Happy.
«Sei un gatto blu parlante con le ali, credi davvero di essere normale?» disse Lucy con un filo di voce, consapevole che ancora una volta stava parlando al vento.
«Non abbiamo altra scelta» disse Erza, guardando la polvere che Natsu si stava lasciando alle spalle nella sua frenetica corsa. «Andiamo!»
«Ma tu guarda quello scemo» sbuffò Gray, prima di cominciare a correre dietro Erza per raggiungere Natsu. Lucy si mise a piangere, disperata all'idea di andare incontro a morte certa, ma comunque non rimase indietro. Priscilla volò dietro di loro, urlando: «Happy! Scommettiamo su chi arriva prima?»
E Happy sobbalzò, prima di partire con uno scatto e volarle dietro, urlando e piagnucolando: «Priscilla imbrogliona! Sei partita prima!»
Dietro di loro, poco per volta, anche il resto delle gilde cominciarono a correre verso il bosco in questione. Tutti tranne Jura e Ichiya, che rimasero invece indietro.
«Riesco a vedere il bosco!» disse infine Natsu dopo qualche ora di corsa.
«Ehy, Natsu! Aspetta!» lo rimproverò Gray, correndogli alle spalle insiema a Erza.
«Stupido! Non correre davanti a noi!» disse lei.
«È perché non riesci ad accettare che sia io a prendere l'iniziativa» ridacchiò Natsu, fiero e orgoglioso, ma tutto morì nell'istante in cui il volto di Erza si fece tanto torvo da terrorizzarlo solo con la forza dello sguardo.
«Come osi, pivello?» ruggì lei e lui si dimenò dalla paura tanto che non si rese conto di essere arrivato al bordo del dirupo, oltre il quale sotto si apriva il bosco. Fece qualche passo di troppo e infine cadde giù con un urlo terrorizzato.
«Cavoli, guarda come cade» commentò Gray, affacciandosi oltre il dirupo e guardandolo andare giù, senza preoccuparsi troppo.
«Non è cambiato affatto» disse Cherry, raggiungendoli e guardando anche lei oltre il dirupo dove Natsu era sparito.
«Quando penso di aver dovuto combattere con lui, mi risulta difficile crederci» si aggiunse Leon.
«Hai combattuto contro Natsu e sei amico di Gray» commentò Priscilla, arrivando con tranquillità appena dopo. «Perché non ho mai sentito parlare di te?» chiese a Leon, che voltandosi furioso le disse: «Non sono amico di Gray!»
«Perché tu alla gilda non ci sei mai e non senti le nostre storie» le rispose invece Erza. Priscilla sorrise, felice di chissà cosa, e alzando le dita in segno di vittoria rispose allegra: «Hai ragione!»
«Andiamo, non fermiamoci» disse Erza, cercando una via per scendere e continuare a seguire Natsu.
«Ci penso io!» disse Priscilla allegra, battendo le mani. Del vento si alzò sotto di loro, facendo prima svolazzare i loro abiti e infine sollevandoli da terra.
«Ma che...?» balbettò Leon, preso alla sprovvista.
«Si scende!» disse Priscilla, volando in picchiata verso il fondo del cratere e portandosi dietro il resto del gruppo con altrettanta velocità.
«Aspetta, Priscilla!» provò a chiamarla Gray, spaventato dalla velocità con cui si dirigevano verso il suolo.
«Ci schianteremo!» urlò Cherry, spaventata.
Si tuffarono tra gli alberi senza troppa delicatezza, restando impigliati a rami e foglie che si portarono dietro anche una volta abbandonata la cima degli alberi. Stavano per schiantarsi al suolo quando Priscilla con un ultima corrente dal basso riuscì a frenare improvvisamente la loro caduta.
«Ce n'era proprio bisogno?» sibilò Leon.
«Mi viene da vomitare» commentò Cherry, pallida in volto. Ma Priscilla non sembrò più allegra e spensierata come lo era stato fino al momento prima dell'atterraggio. Il suo volto ora era diventato improvvisamente serio e non rispose ai nuovi compagni.
«Che succede?» chiese Erza, notando il cambiamento e preoccupandosene.
«Non lo sentite anche voi?» chiese Priscilla, torva in volto. Solo ora che erano con i piedi a terra e nuovamente tranquilli, riuscirono a concentrarsi abbastanza da percepire la stranezza di quel luogo.
«C'è qualcosa di strano qui dentro» commentò Gray.
«L'aria... ha un odore e una consistenza diversa, sinistra. Non mi piace» spiegò Priscilla, prima di voltarsi e tornare a correre, usando questa volta i propri piedi e non volando. «Andiamo!»
«Sì!» rispose Erza, la prima ad andarle dietro seguita subito dagli altri.
Riuscirono a raggiungere Natsu dopo qualche metro, tanto in fervore da prendere in giro la lentezza dei suoi amici, fino a quando un'ombra non passò loro sopra le teste. Natsu si fermò e alzò gli occhi al cielo, curioso, e Gray gli andò addosso non riuscendo a frenare in tempo la corsa.
«Che stai facendo?» ruggì Natsu.
«Stupido! Non ti fermare all'improvviso in quel modo!» rispose Gray, torvo in viso.
«Guardate!» li interruppe Erza, ponendosi tra loro e piantando a ciascuno di loro una mano sul viso per allontanarli. Alzarono gli occhi al cielo e restarono senza fiato, sorpresi e anche un po' emozionati.
«Un cavallo con le ali!» commentò Priscilla, con una punta di emozione nella voce.
«Quello è il bombardiere magico dei Blue Pegasus!» spiegò Erza, altrettanto emozionata. «Christina!»
«Che figo!» commentò Natsu.
«Bene, dividiamoci e cerchiamo la loro base!» disse Erza, decisa. Ora che anche Christina era arrivata, con tutta la sua imponenza, si poteva dare il via al piano prestabilito e smettere di correre senza meta.
«Di che stai parlando?» chiese Natsu, confuso.
«Sei inutile» sospirò affranto Gray.
«Non hai davvero ascoltato niente!» scoppiò a ridere Priscilla, ma il suono cristallino della sua risata venne interrotto da un'esplosione e subito dopo da altre. Con gli occhi vitrei, tornarono ad alzare gli occhi su Christina che ora emanava fiamme e fumo da varie zone e la videro perdere quota, cadendo verso il suolo.
«Ma che...?» balbettò Erza.
Christina raggiunse il bosco sotto di essa e nell'impatto esplose del tutto, distruggendosi.
«Cosa è successo?» gracchiò Leon, guardando sconvolto la scena insieme al resto dei compagni.
Natsu annusò l'aria, serio in volto. Priscilla si irrigidì e cominciò a guardarsi attorno, percependo uno strano cambiamento nella stabilità dell'aria intorno a sé.
«Ehy...» mormorò Natsu, mettendosi in guardia. Gray annuì, prima di gridare al resto dei compagni: «State in guardia! Arriva qualcuno!»
Lucy e subito dopo anche Wendy con Charle riuscirono a raggiungere il resto del gruppo, anche se restarono indietro, tese per quanto avessero appena visto. Dal fumo che si alzava dal bosco davanti a loro cominciarono a emergere le prime figure, delle persone, che pian piano si rendevano sempre più chiare man mano che uscivano dal fumo di Christina distrutta. Un uomo col bastone con un teschio, un altro vestito da corridore, uno con una bibbia in mano, una donna vestita di piume, un ragazzo avvolto da un serpente e un altro addormentato su di un tappeto fluttuante.
«Quelli sono...» balbettò Lucy, cominciando già a tremare.
«Gli Oracion Seis» completò Eve, teso come una corda di violino.
«Inutile spazzatura» disse semplicemente Brain, il leader del gruppo, guardando le persone di fronte a sé.
«Siamo a conoscenza dei vostri piani!» disse Angel con allegria, mentre due piccoli esserini blu dalla forma vagamente umana le ballavano intorno. «Abbiamo già preso Jura e Ichiya!» disse uno di quei cosini.
«Cosa?» sussultà Leon, sbarrando gli occhi.
«Non è possibile!» si unì Hibiki, altrettanto sconvolto che il loro compagno più forte fosse già caduto in battaglia.
«State tremando» sorrise Cobra. «Vi sento».
«Noi dobbiamo proseguire con il nostro piano» disse Racer. «Ma voi siete d'intralcio».
«Non mi aspettavo che sareste stati voi a mostrarvi» disse Erza, guardando i nemici di fronte a sé con una certa tensione.
«Ehy» sorrise Natsu, schioccandosi le dita con un sorriso eccitato sul viso. Gray annuì, sorridendo allo stesso modo, e senza nessun tipo di preavviso partirono entrambi all'attacco gridando: «Così non dobbiamo essere noi a venirvi a cercare!»
Cobra sorrise, corrucciando le sopracciglia, segno che la cosa non lo prese per niente alla sprovvista.
«Fatelo» disse semplicemente Brain e Racer fu il primo a partire, sparendo dalla vista e riapparendo pochi istanti dopo in vari punti diversi, come fosse dotato di teletrasporto. Apparve appena alle spalle dei due di Fairy Tail e con velocità li colpì entrambi, facendoli finire al suolo con uno schianto.
«Natsu! Gray!» urlò Lucy preoccupata, ma qualcuno con la sua stessa voce parlò al suo fianco. Lucy sbarrò gli occhi e si voltò a guardare quella che era la perfetta copia di se stessa, spaventata.
«Idiota!» rispose l'altra sé prima di iniziare a colpirla con la frusta che portava al fianco.
Hibiki, Eve e Ren si prepararono a partire per unirsi al combattimento, ma Priscilla gli volò davanti, atterrando con velocità tale da alzare un polverone.
«Sposti troppa aria quando corri! Riesco a sentirti!» gridò prima di incrociare le braccia e gridare: «Tornado!»
Un muro di vento avvolse lei, i tre della Blue Pegasus e Wendy, nascosta dietro una roccia poco dietro di loro. Girava a una velocità tale che avrebbe potuto disintegrare qualsiasi cosa e ogni piccolo sassino diventava un proiettile in grado di perforare la roccia stessa. I tre della Blue Pegasus la guardarono sconvolti per la velocità e la potenza che aveva dimostrato, ma la loro preoccupazione maggiore si riferiva al nemico contro cui stava combattendo che loro invece non avevano notato.
Racer sfondò il muro di vento con una facilità che lasciò sorpresi tutti: la sua velocità era tale da impedirgli di subire conseguenze dal vento di Priscilla, potendosi probabilmente muovere più rapidamente di esso.
«Impossibile!» mormorò lei, pallido in viso per quanto appena visto.
Racer la colpì con un calcio in pieno viso e questo bastò a disintegrare il muro di vento che aveva creato per proteggere i suoi compagni. Rotolò a terra per qualche metro, raccogliendo polvere e sassi, ferendosi così in più punti. E infine restò stesa a terra, priva di coscienza.
«Priscilla!» provò a chiamare Hibiki, mentre gli altri due compagni partivano contro Racer, che ancora si dimostrò più veloce. Li colpì, senza dar loro tempo di essere visto, per poi colpire Hibiki stesso.
"Merda!" pensò quest'ultimo, steso a terra insieme al resto dei suoi compagni, mal ridotto e troppo dolorante per rialzarsi. "Non riesco a vederlo".
Leon e Cherry attaccarono insieme, ma non fecero in tempo ad avvicinarsi al nemico che il terreno cambiò la sua conformazione e cominciò a inghiottirli come sabbie mobili.
Erza si riequipaggiò e provò a puntare Cobra, il più vicino dalla sua posizione. Decine di spade vennero evocate e scagliate contro quest'ultimo ma lui riuscì senza troppa fatica a schivarle tutte, lasciando la ragazza a bocca aperta. Racer ancora comparve alle sue spalle e provò a colpirla, ma lei riuscì a difendersi in tempo e cambiare ancora equipaggiamento mettendosi qualcosa che aumentasse la rapidità dei suoi movimenti. Racer sorrise soddisfatto, limitandosi a commentare con: «Sei veloce» ma non ebbe la necessità di intervenire ancora. Cobra si mosse e la raggiunse altrettanto rapidamente, sibilando un: «Io posso sentirti! Il tuo prossimo movimento... è questo!» e anticipando i suoi movimenti riuscì a mettersi nella posizione ideale per colpirla al ventre, nonostante lei fosse riuscita a vederlo e a muoversi in tempo per provare a schivarlo. Era come se lui avesse saputo perfettamente quale sarebbe stata la sua mossa e fosse riuscito ad anticiparla... e forse era proprio così.
"Come pensavo... riesce a prevedermi" pensò lei, cercando di rialzarsi.
«Prevederti? Ti sbagli. Io riesco a sentirti» disse Cobra, dimostrando così la sua capacità: in qualche modo, riusciva a leggerle il pensiero.
«Ehy tu!» lamentò Natsu alzandosi e camminando a passi pesanti verso Midnight: «Svegliati, maledetto!»
Provò a soffiargli contro un getto di fuoco, ma questo deviò nell'istante in cui entrò nel campo di interesse di Midnight. Lo schivò e tornò nella sua traiettoria una volta superato, come se ci fosse stato un campo magnetico.
«Fermati!» gli disse Racer comparendo alle sue spalle e colpendolo. «Quando Midnight si sveglia è davvero spaventoso. Non farlo» e continuò a colpirlo da più punti, mentre Natsu, incapace di vederlo, non riuscì a difendersi.
«Anima del vento!» la voce di Priscilla attirò la sua attenzione, scoprendola ora di nuovo in piedi, anche se mal ridotta. «Tornado!» un tornado le nacque dal palmo della mano e volò con rapidità in direzione di Natsu e Racer, pronto a travolgerli. Natsu gridò terrorizzato, consapevole che non sarebbe stato risparmiato dalla furia di Priscilla, ma per sua fortuna l'aria era sotto il suo pieno dominio e questo le permise di evitare il proprio compagno, cercando di colpire esclusivamente Racer. Questo però sparì nuovamente, grazie alla sua enorme velocità, e riapparve di fianco a Priscilla quando ancora non aveva finito di sparare il getto di vento. Calciò, mirando alla sua schiena, ma l'immagine della ragazza si dissolse non appena lui la toccò. La sorpresa nello scoprire il falso creato dal Mirage di Priscilla le diede qualche secondo di vantaggio, permettendole di riapparire alle spalle del nemico. Mano testa, vicino alla sua testa, e sparò un altro getto d'aria urlando: «So farlo anche io questo giochetto!»
Ma Racer si dimostrò ancora una volta più veloce, sparendo dalla traiettoria di Priscilla e lasciandola di nuovo frustrata e perdente. Riapparve sopra di lei e con un calciò la spinse a terra con violenza, facendola mugolare dal dolore.
«Sei furba. E resistente» sghignazzò Racer, divertito da quel piccolo scontro. «Ma troppo lenta!»
Gray a pochi passi da loro provò a unirsi ai suoi compagni, cominciando ad evocare: «Ice Make...» ma i piccoli omini blu di Angel comparvero al suo fianco, divennero lui e usando la sua stessa magia lo colpirono in maniera devastante.
Cherry e Leon, di nuovo in piedi, provarono un altro colpo combinato ma Hot Eye modificò di nuovo la conformazione del terreno a suo piacimento e li travolse con una sottospecie di valanga.
Erza continuò poco più avanti a combattere contro Cobra, senza risparmiarsi nei colpi, ma lui riusciva ad anticipare ogni sua singola mossa senza perciò venirne minimamente nemmeno sfiorato. Hot Eye gli diede manforte, dopo un po' che continuava a perdere tempo, alzando un muro di fronte a Erza. Racer la raggiunse e la colpì, mandandola a terra, e urlò: «Cobra! Non perdere tempo!»
Cobra si corrucciò, ferito nell'orgoglio, e infine allungando una mano ordinò al proprio serpente di intervenire, chiamandolo: «Cuberios!»
Il serpente raggiunse Erza rapidamente e infine la morse a una spalla. Erza cadde a terra, mugolando dal dolore e incapace di muoversi. Sentiva la spalla prendere fuoco, laddove i canini del serpente si erano conficcati, e questo le impediva persino di respirare.
«Il veleno di Cuberios non ha effetto immediato. Ti permetterà di vivere quel poco che ti resta nel dolore» sghignazzò Cobra, riprendendosi il suo serpente e cominciando ad allontanarsi. Alle sue spalle, ormai, una scena devastante dove tutti i corpi dell'alleanza tra gilde giacevano a terra ormai senza forze e ricoperti di ferite tali da impedir loro di muoversi.
«Spazzatura. Ora dovete scomparire dalla faccia della terra» disse Brain, allungando il suo bastone verso i suoi nemici, preparandosi a chissà quale terribile attacco che li avrebbe uccisi definitivamente. L'aria iniziò a vibrare, la terra a tremare, e un aura oscura cominciò ad avvolgerli. Sembrava pronto a rubar loro le anime, faceva tremare dalla paura, sentivano l'enorme potere magico che presto avrebbe loro risucchiato ogni cosa forse senza lasciargli nemmeno un corpo a disposizione. La fine che li stava per distruggere definitivamente, ma tutto cessò improvvisamente, con gli occhi di Brain ora spalancati verso una roccia alle spalle dei membri dell'alleanza.
«Che ti prende, Brain?» chiese Cobra.
«Perché hai interrotto l'attacco?» domandò Racer.
«Wendy» mormorò Brain, riconoscendo la ragazzina nascosta dietro quella roccia. Priscilla, stesa a terra, sentì ogni muscolo del suo corpo vibrare nel sentire il suo nome pronunciato dal nemico. Non aveva idea del perché la conoscesse nè cosa volesse da lei, ma sentiva solo che il pericolo era vicino. Se le avessero fatto del male, se l'avessero presa loro, lei non sarebbe potuta... guarire. Doveva liberarsi dal maleficio di suo padre, dalle catene invisibili che la tenevano strozzata a lui e al suo volere, doveva diventare libera. Lo desiderava con tutta se stessa. Libera da quel male, dal suo passato, da ogni cosa e forse... forse anche libera dalla sua maledetta immortalità, sarebbe potuta davvero diventare umana. Come tutti loro. Come Laxus. Wendy era la sua unica speranza. La sua nuova  ragione di vita.
«Non c'è dubbio. Tu sei Wendy, la Sacerdotessa del Firmamento. È veramente una fortuna averti incontrato qui» disse Brain allungando il bastone verso di lei.
«Sacerdotessa?» balbettò Natsu, provando ad alzarsi senza riuscirci. Ogni cosa faceva male.
Wendy si rannicchiò ancora di più dietro la roccia, piangendo dal terrore. Un'ombra verde uscì dal teschio sulla punta del bastone di Brain, prese la forma di una mano, e volò con rapidità in direzione della ragazzina, aperta, pronta ad afferrarla.
Wendy urlò, Charle e Happy al suo fianco nemmeno la videro arrivare tanto fu rapida, e la mano si aprì sulla ragazzina per stringerla e portarla via. Ma un improvviso soffio di vento, dalla potenza decisamente maggiore di quelli sprigionati fino ad allora, ebbe la forza di contrastarla, risucchiarla e infine disintegrarla. Wendy aprì gli occhi, attirata da quell'aria che le aveva scompigliato i capelli, e vide in ginocchio, di fronte a sé, la schiena di Priscilla con la mano ancora tesa in avanti in un attacco appena concluso. La mano verde si riformò però dallo strascico di magia che ancora nasceva dalla punta del bastone di Brain e tornò con velocità verso di loro. Priscilla si voltò e prese Wendy tra le braccia, prima di saltare e volare via, evitando così l'attacco che invece disintegrò la roccia che avevano avuto alle loro spalle fino a quel momento. Charle e Happy si erano aggrappati ai suoi piedi appena in tempo, venendo così trascinati via insieme a lei.
«Priscilla?» balbettò Wendy guardando il volto della ragazza che la teneva ora stretta a sé. Non sembrava lei, gli occhi spalancati, la mascella tanto contratta che sentiva i denti sfregare tra loro, e dei versi di rabbia e dolore le uscivano dalla gola. Quelle ferite la uccidevano dal dolore, ma lei sembrava pronta a distruggere il mondo intero. La mano tornò a caricarla e lei sparò ancora getti d'aria, distruggendola nuovamente.
«Quello non è semplice vento, se riesce a contrastare così la magia di Brain» commentò Cobra, osservando la ragazza che volava spedita da una parte all'altra per evitare l'attacco della mano di Brain. Lanciava incantesimi d'aria uno dietro l'altro, distruggendolo ogni volta, senza perdersi d'animo quando vedeva che si riformava. Era forte, più di quanto sembrasse.
«Non l'avrai! Non l'avrai!» ruggì Priscilla, fuori di sè. «Non te la lascerò!»
«Vento magico. Quella ragazza... ha qualcosa di diverso» commentò Brain, riuscendo a vedere oltre le apparenze. Sotto quello strato di pelle e carne, che erano persino in grado di sanguinare anche se superficialmente, c'era qualcosa di mistico, antico e forse anche proibito. «È un insetto fastidioso» disse infine, riuscendo a valutarne la pericolosità. Era a pezzi, si muoveva a malapena, eppure era in grado di tenergli testa con un tale potere e una tale velocità. La mano verde scomparve improvvisamente e al suo posto delle ombre nere nacquero dalla punta del bastone, diramandosi e raggiungendo la ragazza con una velocità sorprendente. Priscilla digrignò i denti e con l'unica mano libera, visto che con l'altro braccio teneva ancora Wendy avvinghiata a sè, generò in pochi istanti un turbine di vento che le avvolse come in una bolla. Ma la nuova magia di Brain si rivelò nettamente superiore alla precedente, che serviva solo ad afferrare la ragazzina, mentre questa aveva intenti distruttivi. Penetrò all'interno dello scudo di vento di priscilla, disintegrandolo, e la colpì penetrando all'interno del suo corpo in più punti come una serie di tentacoli appuntiti. Priscilla si irrigidì, urlò accecata dal dolore e non potè fare a meno di allentare la presa su Wendy che le scivolò via. La ragazzina urlò spaventata, allungando una mano verso Priscilla, ma di nuovo la mano verde di Brain la raggiunse e questa volta riuscì ad afferrarla.
«Priscilla!» chiamò piangendo disperata, mentre veniva trascinata via.
«Wendy!» chiamò Charle, correndole dietro insieme a Happy, inutilmente. Era troppo veloce, molto più di loro, non riuscirono che a sfiorarla. Priscilla riuscì a muovere una mano, con enorme sforzo, e l'allungò verso Wendy come se avesse voluto raggiungerla e prenderla, ma i tentacoli neri continuavano a muoversi dentro di lei, pompando magia maligna e velenosa.
«W...» provò a chiamare, senza riuscirci. In ultimo moto disperato, con un urlo che vibrò per chilometri nel bosco, riuscì a generare dalla punta delle dita un leggero soffio di vento. Non fu molto, ma raggiunse Charle e Happy, dando loro una lieve spinta in avanti e questo permise a Happy di afferrare la mano di Wendy un istante prima che questa scomparisse all'interno di un portale magico generato dallo stesso Brain. I tentacoli lasciarono infine andare Priscilla, ormai immobile, che cadde a terra in un tonfo.
«Priscilla» chiamò Gray, pallido in viso.
«È...» balbettò Cherry, guardando la ragazza immobile. Non sembrava neanche che respirasse più. «Morta?» chiese con quel poco di voce che aveva, domanda che si facevano tutti quelli che non appartenevano a Fairy Tail e non sapevano del suo segreto. Nonostante questo, le sue condizioni certo non erano delle migliori e questo fece impallidire e preoccupare anche i suoi compagni.
«Ora non mi servite più» annunciò Brain lanciando un altro incantesimo dalla potenza magica devastante contro il resto dei membri dell'alleanza.
«State giù!» disse Gray e gli altri non esitarono a seguire il suo consiglio, nascondendo la testa tra le braccia o lanciandosi su chi volevano proteggere.
«Muro di ferro e pietra!» una voce che non apparteneva al loro gruppo, ma che ben conoscevano. Jura corse davanti a loro e alzò un braccio al cielo, sprigionando una magia che fece muovere il terreno sotto di loro e creò sopra le loro teste una cupola che riuscì a proteggerli dalla pioggia magica di Brain.
«Appena in tempo» commentò lui, sollevato dall'essere riuscito ad arrivare appena in tempo.
«Jura-sama!» chiamò Cherry, felice di vederlo.
«Grazie al cielo» sospirò Lucy, rialzandosi pian piano, aiutata da Hibiki e Ren.
«Sono scappati, maledetti!» ringhiò Natsu, alzandosi e guardandosi attorno per cercare traccia del nemico.
Leon si voltò verso Priscilla, che aveva a pochi passi, ancora immobile. Si sollevò e si avvicinò rapidamente a lei, preoccupato per la sua vita.
«Con un attacco come quello non può essere sopravvissuta» commentò Cherry, coprendosi il volto con le mani.
Leon l'afferrò e la girò, scoprendole il viso. Era completamente abbadonata a se stessa, anche sollevando la testa questa le ricadeva penzoloni, le braccia erano morbide lungo il corpo, tutto faceva pensare che fosse morta. Ma sorprendentemente non era così.
«Respira!» annunciò al resto dei suoi compagni. «Sembrava una stupida, invece ha un potere incredibile. Fairy Tail lascia sempre sorpresi, vedo» commentò, tenendo la testa di Priscilla sollevata da terra.
«Ha bisogno di cure!» disse Cherry.
«Ha solo bisogno di riposare» rispose Gray con uno strano tono cupo, che faceva capire la singolarità della situazione. Un’insolita ombra sul suo volto e l'altrettantoinsolita mancanza di paura e preoccupazione verso la sua compagna, eppure non riusciva a nascondere un certo dolore.
«Priscilla del vento» commentò Jura, camminando verso di lei e fermandosi alle spalle di Leon. Spostò gli occhi su una delle ferite più profonde che aveva, oltre il quale riuscì a intravedere, anche se per un solo istante, un fascio luminoso azzurro. «Magia della vita. Non credevo esistesse davvero. È incredibile che qualcuno sia riuscito a portarla a termine con successo».
«Che significa?» chiese Leon.
«È una magia antica, una leggenda, nessuno che io sappia è mai riuscito a usarla veramente, estremamente rara e complicata, impossibile credevo fino a questo momento» disse Jura.
«Di che magia si tratta?» chiese Cherry non capendo, e misteriosamente nessuno dei membri di Fairy Tail parve voler intervenire nè a difesa dell'amica sotto esame né per spiegare cosa stesse accadendo.
«È una magia creazionale, tipo la tua, Leon. Ma ha un livello nettamente superiore in quanto invece di usare il ghiaccio... usa carne, pelle e ossa».
«Cosa?» sobbalzò lui, cominciando a capire e sentendo perciò una strana inquietudine nascergli nella pancia.
«È per questo che non è morta» osservò Jura, fissando intensamente il viso abbandonato della ragazza ancora tenuta sollevata da Leon, in ginocchio. «Lei è...»
«Lei è Priscilla!» lo interruppe Natsu, con uno sguardo deciso e furioso. Non dovevano osare fare congetture su di lei, non la conoscevano, non potevano sapere e non dovevano azzardarsi a dire cose strane sul suo conto. «Priscilla e basta, membro di Fairy Tail!»
«È nostra amica. E quei bastardi hanno osato fare del male a lei e a Erza» ringhiò Gray, con lo stesso sguardo torvo dell'amico. Al suo fianco, Lucy era china e teneva sollevata la testa di Erza che respirava a fatica, sotto l'effetto del veleno di Cuberios iniettato nella sua spalla, che ora stava diventando pian piano violacea.
«Hanno rapito Happy! E Wendy! Non la passeranno liscia, maledetti!» ruggì Natsu, alzandosi in piedi e cominciando a correre verso meta ignota solo con l'intento di inseguirli e pestarli fino alla morte. Charle gli volò alle spalle e lo afferrò per la sciarpa, impedendogli così la fuga e tirandolo a terra.
«Cerca di darti una calmata! Non sono nemici che si possono battere semplicemente in uno scontro, l'hai visto anche tu» lo rimproverò.
«Charle-dono ha ragione» annuì Jura.
Ichiya, mal ridotto anche lui come Jura, camminò al loro fianco e aprì una provetta dal quale si spanse un profumo piacevole che presto diede sollievo a tutti i presenti.
«Un parfum analgesico, sembrava ne avevate bisogno» spiegò.
«Sensei! È salvo!» lo salutarono Hibiki e gli altri due compagni, entusiasti di vederlo.
«Ce la siamo vista brutta, ma per fortuna siamo tutti interi» annuì Jura.
«E i passeggeri di Christina? Come stanno quelli che la guidavano?» chiese Lucy, preoccupata.
«Non ti devi preoccupare. Christina si muove con un controllo remoto, non c'era nessuno al momento dell'attacco e della distruzione» spiegò Eve, rasserenando la ragazza.
«Ichiya-san» chiamò Leon, voltandosi verso l'ometto. «Hai niente che possa funzionare su di lei?» chiese continuando a sostenere Priscilla e Ichiya si avvicinò, per esaminare meglio la situazione.
«Non credo di aver compreso bene la situazione, ma il ragazzetto ghiaccio ha detto che le basta riposare. Posso provare ad aiutarla con qualcosa in grado di agevolare il riposo» ipotizzò.
«Meglio sarebbe qualcosa in grado di ripristinare il potere magico» disse Jura, prima di aggiungere: «Visto che è di quello che è fatta».
Lo avevano capito quando aveva spiegato della magia creazionale, ma sentirlo dire ad alta voce dava tutto un altro effetto. Priscilla non era umana, ma una creazione magica e di magia era composta.
"Una creazione" Leon non riusciva a toglierselo dalla testa. Per anni aveva seguito la dottrina della creazione, affinandola e migliorandosi con quell'unico strumento che sapeva utilizzare: il ghiaccio. Ricordava gli insegnamenti di Ur e tutte le lodi che dava a quella particolare magia che trascendeva ogni altra per il potere che donava al mago che la usava. Creare qualcosa era l'apice della libertà e del potere, ma ancora superiore al poter creare qualcosa dal nulla c'era la possibilità di creare la vita. La magia creazionale del ghiaccio era ciò che più si avvicinava allo spettacolo della vita, il più grande incantesimo di tutti i tempi, quello della natura che permetteva la vita. Lui aveva studiato tanto ed era riuscito ad avvicinarsi il più possibile a quello che era quasi un potere divino, riuscendo a creare dal ghiaccio creature animate e non solo oggetti. Ma erano sempre ghiaccio, prive di un’anima, di una coscienza propria, che si muovevano, sì, ma sotto al proprio controllo.
La magia della vita era ciò che aveva aspirato per essere il migliore in assoluto, poter maneggiare qualcosa di unico ed eccezionale, e ora il risultato più ambito e incredibile che fosse mai potuto esistere lo teneva tra le braccia.
Era affascinante ed emozionante.
«Ho capito, proviamo con questo allora» disse Ichiya stappando un'altra delle sue boccette e passandola sotto al naso di Priscilla per assicurarsi che lo respirasse. Pian piano il petto della ragazza prese a muoversi lentamente, segno che stava riprendendo a respirare sempre meglio e che il profumo di Ichiya stava avendo qualche effetto.
«Sembra funzionare» commentò Leon, sollevato.
«Leon-sama, non mi sento molto bene neppure io» disse Cherry teatralmente, appoggiandosi a una sua spalla.
«Non hai respirato il profumo analgesico di Ichiya? Dovrebbe fare effetto tra poco» si limitò a rispondere Leon, distruggendo così del tutto il tentativo di Cherry di attirare la sua attenzione. La ragazza si portò una mano al petto, ferita, poi guardò Priscilla ancora tenuta delicatamente sollevata da terra e ringhiò come un animale, colta da un profondo senso di gelosia.
«La perdono solo perché non è umana» concluse, calmandosi. «Non ha speranze di...» ma non terminò la frase che Lucy la sorprese, colpendola in pieno viso con uno schiaffo. Cherry si portò una mano alla guancia colpita e guardò sconvolta la ragazza rigida di fronte a sé, con uno sguardo che mai le aveva visto prima di allora.
«Non dire sciocchezze» disse Lucy con un tono severo e furioso, gesto e comportamento che sorprese anche Leon e Jura, ancora lì intorno.
«Tu la consideri veramente come... una di voi?» chiese Cherry, non capendo da cosa fosse nato tutto quel rancore. Non era arrabbiata per il colpo, solo sorpresa, quasi sconvolta.
«Che razza di domande sono?» chiese Lucy alzando il tono della voce tanto da gracchiarle. «L'hai vista o no anche tu come sorride?»
Priscilla sorrideva, Priscilla provava emozioni esattamente come loro, non era ciò sufficiente? Non basta quello a differenziare una creazione inanimata di ghiaccio da una vera e propria vita? La capacità di provare emozioni...
«Lucy» la richiamò Gray, mettendosi tra le due ragazze, anche se non sembrava ci fosse ostilità tra loro. Cherry semplicemente non aveva compreso, non se l'era presa per il gesto, l'aveva sorpresa ma non si sentiva nelle condizioni di opporsi a tutto quello. Forse... aveva ragione lei.
«Il profumo di Ichiya non funziona» disse Gray, distogliendo l'attenzione di Lucy da Cherry e portandolo su Erza. Ichiya aveva provato a curarla con il suo profumo magico, sostenendo che poteva benissimo competere con del veleno, ma la ragazza non faceva che urlare di più e la macchia viola si apriva sempre più sulla sua spalla.
«Erza!» disse Lucy, preoccupata, e le si avvicinò per starle vicino. «Cosa dovremmo fare?» chiese.
«Lucy» mormorò Erza con il poco di voce che aveva. «Per favore. Prestami la tua cintura» disse e senza darle tempo di decidere l'afferrò e gliela sfilò dai pantalocini, che caddero a terra. Lucy urlò e se li tirò su immediatamente, ruggendo contro il gruppo di Blue Pegasus -particolarmente interessato alla scena-: «Non guardate! Pervertiti!»
Erza si legò la cintura al braccio, appena al di sopra della macchia viola, e strinse più che potè aiutandosi con i denti.
«Che vuoi fare, Erza?» le chiese Lucy.
«Mi dispiace. Non posso combattere in queste condizioni» ansimò Erza, prima di mettersi a sedere e sfoderare una delle sue spade. Allungò il braccio di lato e guardando con decisione Lucy, ordinò: «Tagliami il braccio!»
«Non fare una cosa così stupida!» la rimproverò Gray.
«Ci dev'essere un altro modo!» lamentò Lucy.
«Vi prego. Qualcuno...» balbettò Erza.
«Se è questa la volontà di Erza-dono» disse Jura, facendo un paio di passi verso di lei.
«No, aspetta!» sussultò Lucy.
«Jura-sama! Non puoi farlo!» si oppose Gray.
«Il veleno si sta diffondendo in tutto il corpo, se lo lasciamo fare Erza-dono perderà la vita».
«Davvero Gray ritieni il suo braccio più di valore della sua vita? Sei debole, come al solito!» disse Leon lasciando Priscilla a terra e alzandosi per avvicinarsi e dare sostegno a Jura.
«Leon! Che stai dicendo? Pensavo fossi cambiato!» ringhiò Gray, sempre più furioso.
«Non possiamo lasciartelo fare!» si unirono Hibiki e Eve.
«Troveremo un'altra soluzione! Ne sono certa!» disse Lucy, convinta, ma non appena terminò la frase Erza crollò a terra ormai priva di forze: il veleno la stava lentamente divorando e non poté più tenere nemmeno gli occhi aperti.
«Erza!» chiamò Lucy, correndo e inginocchiandosi al suo fianco. «Che facciamo?» chiese a Natsu, ma la risposta non venne da lui.
«Wendy» la voce gracchiante di Priscilla li richiamò e li costrinse a voltarsi. Priscilla si girò su se stessa, a fatica, portandosi a pancia in giù. Piantò i palmi delle mani a terra e tentò di alzarsi in piedi, benché tremasse come una foglia.
«Wendy può...» provò a dire nello sforzo di alzarsi, ma i gomiti persero forza e cadde di faccia a terra. «Merda!» ringhiò, subendo il colpo.
«Priscilla! Non sforzarti» le si avvicinò Eve.
«Wendy può curarla» disse Charle. «È questo che volevi dire».
Priscilla alzò la testa e guardò la gatta in piedi pochi metri da lei, poi si limitò ad annuire.
«Wendy? Quella ragazzina possiede una magia in grado di purificare il veleno?» chiese Eve, sorpreso ed entusiasta.
«La magia di Wendy» disse di nuovo Priscilla, riprovando ad alzarsi, questa volta con più successo.
«È già in grado di alzarsi. Incredibile» commentò Leon.
«La magia di Wendy è una magia curativa» spiegò. «Può curare qualsiasi cosa. Qualsiasi male» una strana ombra nei suoi occhi.
«Ma non era una magia perduta tanti anni fa?» chiese Cherry, cominciando a capire di cosa stesse parlando.
«Ha a che fare con la storia della Sacerdotessa del Firmamento?» chiese Lucy, spalancando gli occhi dalla sorpresa.
«Wendy è la Dragon Slayer del Cielo» disse Charle, infine.
«Una Dragon Slayer?» chiese Natsu, spalancando gli occhi.
«Direi che al momento i dettagli si possono risparmiare» gracchiò Priscilla, ora di nuovo pronta a camminare e forse anche a combattere, visto il suo sguardo corrucciato e severo. «Io vado a riprenderla» disse infine.
«Wendy è l'unica che può curare la ferita di Erza e in più, non so perché, ma sembra che anche loro avessero bisogno della sua magia per qualche ragione. Dobbiamo andare a salvarla» annuì Charle.
«Penso che non ci sia altra cosa da fare, allora» annuì Eve.
«Anche per il bene di Erza» si unì Gray.
«E Happy!» aggiunse Natsu.
«Andiamo, allora!» ordinò Jura, caricando il gruppo di una nuova carica e una nuova forza.
«Se ci dividiamo in gruppi potremmo coprire maggiore distanza e sperare di trovarli» suggerì Hibiki. «Io posso restare qui con Erza, è bene che qualcuno la tenga d'occhio e coordini l'operazione da un punto sicuro».
«Resto anche io!» disse Lucy. «Non sarei di grande aiuto in combattimento e preferisco restare vicina a Erza».
«Priscilla-chan, dovresti restare anche tu. Sei ancora troppo debole, men» disse Ichiya, avvicinandosi alla ragazza, ma lei in tutta risposta sorrise divertita.
«Sei raccapricciante, ometto, lo sai?» disse semplicemente, provando un certo disgusto dall'averlo così vicino e interessato. «E non chiamarmi in quel modo».
«Men!» sussultò Ichiya, ferito da quelle parole.
«Priscilla! Andiamo io, te e cervello ghiacciolo!» disse Natsu, stabilendo così il primo gruppo di ricerca.
"Non sono preoccupati per lei" si stupì Leon, vedendo come anche Gray sembrasse d'accordo nonostante fino a pochi minuti prima era stesa a terra incapace persino di respirare.
«Vengo anche io con voi» si unì Charle.
«Io e Ren faremo gruppo con Ichiya-san, allora» disse Eve.
«E io andrò con Leon e Cherry» annuì Jura. «Direi che siamo a posto, andiamo e se troviamo qualcosa cerchiamo di comunicarlo subito agli altri».
«A quello ci penso io» disse Hibiki, evocando il suo Archive. «Posso mettervi tutti in contatto in qualsiasi momento».
«Bene, muoviamoci allora!» disse Natsu, impaziente, cominciando a correre.
«Ohy, Natsu! Siamo un gruppo, ricordi?! Aspetta!» ringhiò Gray, correndogli dietro insieme a Priscilla e Charle, che furono costrette ad accelerare il passo per riuscire a raggiungere i due.


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Capitolo 14
*** Marionetta dagli occhi vuoti ***


Marionetta dagli occhi vuoti




«Perciò Wendy è una Dragon Slayer del Cielo?» chiese Natsu, correndo di fianco ai suoi compagni.
«Già» disse Charle, semplicemente.
«E che cosa mangia un Dragon Slayer del cielo?» chiese ancora lui, curioso.
«Aria» rispose Charle e d'istinto Gray e Natsu si voltarono verso Priscilla, ben sapendo quale fosse il suo potere. La ragazza sussultò, cominciando a preoccuparsi, e chiese un po' in imbarazzo: «Non è cannibale, vero? Insomma... non sono molto appetitosa io...»
«Che sciocca» commentò Charle, con una punta di sdegno nella voce.
«È buona l'aria?» chiese Natsu, continuando a guardare Priscilla in un modo curioso e quasi appetitoso. Priscilla sussultò e fulminandolo gli ruggì contro: «Non pensarci nemmeno!»
«Lei si è offerta volontaria per questa missione perché voleva incontrarti» rivelò Charle a Natsu. «Io? Perché?» chiese lui, curioso.
«Voleva chiederti qualcosa. Sei anche tu un Dragon Slayer, giusto?»
«Chiedere qualcosa a me?» chiese ancora Natsu.
«Sette anni fa il drago che la crebbe e le insegnò la magia del Dragon Slayer sparì nel nulla. Lei pensa che tu possa sapere dove si trova quel drago» spiegò Charle.
«Anche Natsu ha perso il suo sette anni fa e lo sta cercando» si intromise Priscilla, incuriosita dal discorso.
«Sette anni fa? Anche il tuo?» chiese Charle, colpita dalla coincidenza.
«Come si chiamava il suo drago?» chiese Natsu.
«Mi pare che lei lo chiami Grandine, il Drago Celeste» rispose Charle.
«Grandine» rifletté Natsu, tanto intensamente da non notare un ramo davanti alla sua strada e schiantarcisi contro. Non subì danni, ma costrinse l'intero gruppo a fermarsi per aspettare che si rialzasse.
«E quello di Laxus?» chiese lui, tirandosi in piedi.
«Laxus non è un vero Dragon Slayer. Non ve l'aveva già spiegato il nonno?» rispose Priscilla. L'urlo di Charle attirò la loro attenzione, riportandola alla strada che avrebbero dovuto percorrere.
«Cos'è questo?» chiese la gatta, terrorizzata nel notare che da lì in poi l'aria sembrava impregnata da una strana ombra oscura. Gli alberi erano neri, occludenti, sembravano soffocare. Priscilla si portò una mano alla bocca, corrucciandosi, e disse: «L'aria lì dentro è irrespirabile».
«Qualcosa non va» disse Natsu, altrettanto spaventato, alzandosi in piedi.
Dei passi alle loro spalle segnalarono l'avvicinarsi di qualcuno e tutti e tre si voltarono a guardare chi fosse. Degli uomini si stavano loro avvicinando, con dei visi orribili tanto simili alle scimmie.
«La terra stessa sta morendo, Catou-niisan» disse quello vestito da ballerino del sabato sera, con un enorma chioma di riccioli sulla testa.
«Hanno detto che è colpa del Nirvana, Zatou-niisan» disse il secondo biondo e con delle enormi orecchie a sventola. Delle urla, che parevano risate, ma ancora di più sembravano versi di scimmia. Il gruppo si strinse su se stesso, spalla contro spalla, e si guardarono attorno notando persone ovunque sugli alberi e sotto.
«Siamo circondati!» disse Charle, spaventata.
«Chi sono questi?» chiese Gray, infastidito dall’interruzione ma per niente spaventato. Natsu dietro di lui cominciò a muoversi goffamente e battere le mani, ridendo divertito. «Sono scimmie! Abbiamo qui delle scimmie!» esultò divertito.
Priscilla dietro di lui gli fece eco, mettendosi a ridere a squarciagola. «Sono davvero buffissimi!» commentò, tenendosi la pancia.
«Noi siamo la Naked Mummy e lavoriamo per gli Oracion Seis!» si presentò quello con le orecchie giganti.
«Naked?» rifletté Priscilla, portandosi un dito al mento. Poi si voltò verso Gray e chiese con innocenza: «Sono tuoi amici?»
«Perché mai dovrei essere amico di gente come questa?» ruggì lui, infastidito.
«Sono di Fairy Tail!» strillò uno dei loro, agitandosi dal nervoso. «Sono amici di quella stronza che ha mandato a monte i nostri piani ad Akarifa!»
«Chi è la stronza?» chiese Priscilla, curiosa.
«Boh» rispose Natsu, con noia, portandosi un dito dentro la naso.
«Penso si riferisca a Lucy, ha detto di aver combattuto contro di loro non molto tempo fa» spiegò Gray.
«Siamo fregati» si guardò attorno Charle, sempre più spaventata. «Speravo che ce la saremmo dovuta vedere solo con i sei generali degli Oracios Seis e invece ora abbiamo contro un'intera gilda. Siamo nei guai».
«Questi tizi sono perfetti» disse Gray, sorridente, cominciando a generare ghiaccio dai polpastrelli.
«Perfetti per cosa? Dobbiamo trovare il modo di scappare! Che state dicendo?» si agitò Charle, guardando Gray con preoccupazione. La mano di Priscilla la raggiunse dall'alto e le si posò sulla testa delicata. Charle si voltò a guardarla e il sorriso che lei le rivolse fu di una tale consolazione inaspettata che rimase per qualche secondo confusa. Priscilla si portò un dito alle labbra, suggerendole di non agitarsi e stare tranquilla, poi le fece un occhiolino allegro.
«Stai dietro di me, ok?» le disse rassicurante.
«Ma che significa? Non vorrete...» balbettò lei, confusa ma non più nervosa.
Natsu incendiò uno dei suoi pugni e sorrise, eccitato, pronto a combattere. Priscilla fece un passo avanti, mettendosi davanti a Charle con fare protettivo, e un filo d'aria cominciò a soffiarle dai piedi verso l'alto, scompigliandole i capelli. Charle, intimorita da ciò che sarebbe successo da lì a poco, trovò stranamente di conforto Priscilla davanti a sè e le si avvicinò, afferrandole un polpaccio per starle più vicina.
«Ma che vi prende? Pensate davvero di poter vincere contro tutti loro?» balbettò lei, guardando le decine di uomini che avevano attorno. Erano almeno cinquanta, forse di più, arrampicate sui rami o a terra, e tutti sembravano pronti a dare il peggio.
«Li costringeremo a dirci dove si trova la loro base. Wendy, Happy, stiamo arrivando!» sorrise Natsu.
«Prendeteli, idioti!» ordinò lo scimmione con i capelli ricci e l'intera gilda a quell'ordine si mosse contro gli unici tre presenti sul campo. Natsu generò un'esplosione della sua mano che fece volare via almeno una decina di loro. Gray ne afferrò uno per la faccia e lo scaraventò a terra, generando con quel colpo un'enorme lastra di ghiaccio che travolse chi si trovava nei paraggi.
Una corrente d'aria nacque in mezzo al nulla, un tornado che catturò chi aveva intorno Priscilla e li fece roteare a lungo al suo interno, urlando di paura mentre lei rideva e gioiva come una bambina di fronte a una giostra: «Gira gira gira gira» ripeteva, divertita, guardando chi restava imbrigliato nel suo tornado e roteava a grande velocità al suo interno. Qualcuno venne sparato via e investì altri che invece avevano provato ad avvicinarsi o si schiantava contro gli alberi perdendo i sensi.
Altre esplosioni, altre glaciazioni e raffiche di vento che facevano volare chiunque si trovasse intorno a loro. Fuoco, ghiaccio e aria, ancora e ancora, fino a quando non cominciarono a sentire i primi accenni di stanchezza.
«Ma non finiscono più?» chiese Gray, ansimando e combattendo ancora.
«Cosa credevate? Sono una gilda intera!» lamentò Charle, nascosta dietro un albero.
Altre raffiche di vento fecero volare via altri nemici, mentre Priscilla, la più provata dei tre, cominciava ad avere le braccia e le gambe che tremavano. Non si era ripresa per niente dallo scontro contro Brain, il suo potere magico era al limite già prima di iniziare la battaglia. Aveva sperato di risolverla in fretta, visto quanto sembrassero stupidi e deboli, ma la cosa si stava dilungando e lei cominciava ad essere veramente stanca. Fu per colpa di quella stanchezza che non vide Catou, la scimmia bionda, piombarle addosso dall'alto a pugno teso. Saltò appena in tempo per schivarlo, ma lui l'aveva colta di sorpresa e sfiorata, cosa che la preoccupò. Quanto poteva essere stanca?
Alle sue spalle scese da un albero anche l'altra scimmia suo fratello, Zatou, che l'afferrò da sotto le braccia e la immobilizzò.
«Abbiamo catturato la vostra donna» sghignazzò, tenendola ben ferma mentre lei si dimenava per liberarsi. «Ora vi arrenderete e subirete in silenzio le nostre ire, se non volete che le facciamo del male» sghignazzò il fratello, prima di dire: «Abbiamo catturato la vostra donna».
«L'ho già detto, Catou-niisan».
«Davvero Zatou-niisan?» chiese lui. «Allora dirò questo: ora vi arrenderete e subirete in silenzio le nostre ire, se non volete che le f...».
«Quanto siete fastidiosi» lo interruppe Priscilla. Non si dimenava più, ma restava immobile, sotto la presa ferrea del suo nemico. La testa china le facevano cadere le ciocche di capelli davanti agli occhi, nascosti, ma ora inquietantemente scintillanti.
«Priscilla» chiamò Charle preoccupata, ma fu l'unica ad agitarsi per l'ostaggio, in quanto sia Gray che Natsu invece sorrisero, per niente intimoriti.
«Non sapete che i membri più pericolosi di Fairy Tail sono proprio le donne?» disse Gray, lasciando confusi i due assalitori. Ma ciò che li confuse ancora di più fu la strana sensazione che li colse dalla bocca dello stomaco alla testa. Improvvisamente si sentirono come se mancasse loro il fiato. Iniziarono ad ansimare, sempre più carenti di ossigeno, e la testa cominciò a girare sempre più vorticosamente.
«Che... che suc...» balbettò Zatou non sapendo che il potere di Priscilla poteva essere tale da controllare l'aria anche nelle sue componenti molecolari. Li stava privando dell'ossigeno, soffocando lentamente. La presa su di lei si indebolì, man mano che loro restavano senza ossigeno e Priscilla ne approfittò per liberarsi: saltò e aiutandosi dalle sue correnti d'aria roteò fino a colpire con un calcio Catou, al suo fianco. Il vento aiutò il suo polpaccio a colpire con una forza tale da lanciarlo via, dritto verso Gray, che creò una lastra di ghiaccio contro cui si schiantò. Priscilla allungò poi le braccia dietro di sè e afferrò Zatou per il colletto della maglia, sempre aiutata dalle sue correnti di aria lo scaraventò avanti a sé, verso Natsu, che generò un'ondata di fuoco che travolse l'avversario. Il resto della gilda, terrorizzati e ormai senza capi, decise semplicemente di darsela a gambe ma Natsu, Gray e Priscilla, ora vicini, non sembravano decisi a lasciarne in giro nemmeno uno. Gray picchiò il pugno sull'altra mano, cominciando a generare ghiaccio e condensa. Natsu tirò indietro la testa e respirò profondamente, caricando il colpo all'interno della propria pancia. E Priscilla infine tirò indietro il braccio, come se avesse voluto tirare un pugno, e l'aria cominciò a roteare intorno al proprio avambraccio.
«Ice Make...»
«Anima del vento!»
«Ruggito del Drago...»
E colpirono.
«Lancia!»
«Tornado!»
«Di fuoco!»
Il tornado di Priscilla corse in avanti, verso di loro, mentre le fiamme del ruggito di Natsu le avvolgevano e le trasformarono in un tornado di fuoco. Intorno a esso presero a volteggiare una serie di lance di ghiaccio, seguendo l'oda del vento, e infine il colpo combinato si schiantò contro i restanti esplodendo e facendo tremare la terra.
Charle li guardò a bocca aperta, mentre i tre si raddrizzavano e cercavano di riprendere fiato dopo la tremenda fatica.
«Guarda un po', dovevano essere solo dei semplici scagnozzi e invece ci hanno messo in difficoltà» commentò Gray, alzando la testa e cercando di prendere lunghe boccate d'aria. Priscilla appoggiò le mani sulle ginocchia, per sorreggersi, e cercò di respirare il più possibile, mentre Natsu si limitava a guardarsi attorno e valutare i danni.
«È perché siamo stanchi da prima» spiegò Priscilla.
«Ehy, scimmione!» ruggì Natsu, prendendo uno dei fratelli e tirandolo per il colletto. «Dicci dov'è la tua base!»
«Non te lo dico, idiota» rispose lui, provocatorio. Natsu si irritò tanto che parve ruggire e infine gli tirò una testata tanto forte da metterlo KO, facendo scoppiare a ridere Priscilla. Andò dall'altro fratello e ripeté l'operazione, ma questo disse qualcosa di incomprensibile su un certo "signor Cliente" e poi svenne.
«Signor Cliente? Chi è il cliente?» chiese Priscilla, non capendo. Inarcò un sopracciglio, confusa, e si grattò la nuca disordinatamente.
«Ehi, cervellino infuocato! È da tanto che non ci si vede!» una voce provenne da sopra un albero.
«Eh?» chiesero in coro Natsu e Gray, alzando lo sguardo sull'uomo che stava loro parlando.
«Ti sono grato per quello che mi hai fatto tempo fa, dannata spazzatura».
«Ehi!» sussultò Gray, riconoscendolo.
«Tu sei...» balbettò Natsu, sbarrando gli occhi per la sorpresa. «Ehi, venticello bastardo! Come te la passi?» salutò poi lui, con uno strano sorriso, lasciando esterrefatto non solo l'uomo ma anche Gray al suo fianco.
«Non abbiamo tutta questa confidenza!» lo riprese l'uomo, prima di alzarsi in volo e scendere da sopra l'albero lentamente, sorretto dal vento. Priscilla riuscì a percepire le correnti d'aria che si muovevano intorno a lui, superandola e obbedendo ai suoi comandi. Una strana sensazione le chiuse lo stomaco: quell'uomo stava usando la sua stessa magia.
«Dopo la distruzione di Eisenwald, ho vagato come agente libero tra le gilde affiliate degli Oracion Seis, in attesa di questo giorno. Il giorno in cui mi sarei vendicato contro di te, inutile spazzatura».
«Eligoar» nominò Priscilla, ricordandosi finalmente il nome dell'uomo che aveva di fronte. Eligoar la guardò stranito, scavando nella propria memoria, in cerca di un indizio su chi potesse essere la ragazza. Non aveva il simbolo di Fairy Tail a vista, non se la ricordava, ma era sicuro che fosse parte di quella gilda che tanto detestava. Scavò a fondo nella sua memoria, forse troppo a fondo, fino a quando non ritrovò i suoi occhi. Al tempo erano molto più spenti di quelli, ricordava la bambina che aveva avuto di fronte quando aveva appena otto anni, sembrava una bambola di pezza trascinata in qua e in là da un padre burbero e poco amorevole.
Una bimba di tre anni, al tempo Priscilla era praticamente appena nata, ma lui non poteva conoscere questa parte di storia. Ricordava solo la sua immobilità, la cupezza dei suoi occhi, la rigidità della sua posa, l'innaturalezza con cui camminava e si guardava attorno, come se non fosse viva, come se fosse solo un burattino.
«Tu...» mormorò mentre Priscilla faceva qualche passo avanti e si metteva di fronte a lui. Eligoar strinse i pugni e il suo sguardo si accese di una rabbia che poche volte aveva provato.
«Vi conoscete?» chiese Natsu, guardando i due con curiosità.
«La loro magia è praticamente identica, a questo punto penso non sia solo un caso» osservò Gray, mentre Priscilla davanti a loro si alzava lentamente in volo e si metteva alla stessa altezza di Eligoar.
«È stato lui a insegnarla a me» rivelò infine Priscilla. «Appena nata, non ero altro che un essere capace solo di respirare. Ma mio padre cercava un'arma da usare per allenare e covare il figlioletto su cui aveva sperimentato la Lacrima del Dragon Slayer. Gli serviva che io avessi dei poteri. Usò i bambini di un lontano orfanotrofio, grazie a un aggancio che lavorava al suo interno e che non era molto pulito, fino a quando non trovò qualcuno che potesse insegnarmela nei tempi e modi che desiderava senza che nessuno facesse troppe domande».
«Quel posto era l'inferno e lui non ha mantenuto la sua promessa!» intervenne Eligoar, cominciando ad alzare il vento intorno a sé, minaccioso, caricandosi.
«Lui era uno di quei bambini?» chiese Natsu, curioso.
«Li testammo tutti, ma alla fine quello che sembrava più forte e promettere era Eligoar. Lo obbligò a insegnarmi la sua magia, a rendermi forte, e in cambio gli promise che a lavoro concluso l'avrebbe portato via da lì. Una volta che imparai a usare il mio potere a dovere, però, non facemmo più ritorno in quell'orfanotrofio e di Eligoar dimenticai persino il nome» confessò Priscilla, alzando a sua volta il vento per caricarsi di energia e prepararsi a un eventuale combattimento.
«Mi derubaste! Maledetti bastardi! Mi hai derubato della mia magia!»
«Ciò che fece mio padre è imperdonabile e se vuoi sapere la verità anche io non ero altro che uno strumento nelle sue mani. Siamo entrambi vittime, Eligoar... ma immagino che questo non rassereni il tuo animo» sorrise Priscilla, consapevole a cosa stesse andando incontro.
«Mi riprenderò ciò che mi appartiene e te la farò pagare cara!» ruggì lui, generando un turbine di vento tutto intorno.
«Mi dispiace molto per quello che ti è successo, Eligoar, ma non posso permettertelo! Ho ancora bisogno di questo potere» disse Priscilla generando un turbine di vento altrettanto forte per contrastare il suo. Natsu e Gray si portarono entrambi le braccia di fronte al viso, proteggendosi dal vento che impediva loro persino di guardare cosa stesse accadendo. Charle per poco non volò via e Gray fu costretto a prenderla e stringerla al petto, per tenerla ben salda a terra. Il vento intorno a loro aumentò sempre più, tanto che gli stessi Natsu e Gray furono a un certo punto costretti ad aggrapparsi a qualcosa per evitare di volare via.
«Che potenza incredibile» commentò Gray, guardando i due che ancora non si muovevano ma si limitavano a scaricare la propria potenza, come una sorta di avvertimento verso l'altro.
«Chi l'avrebbe mai detto che quei due si conoscessero così tanto» disse Natsu, facendo leva sulle sue gambe per restare a terra ma finendo col strisciare a terra come un animale.
«Sì, ma la colpa non è di Priscilla. Non è giusto che si affrontino» disse Gray, guardando i due preoccupato.
«Di che storia parlava Priscilla? Cosa c'entra suo padre in tutto questo?» chiese Charle, in braccio a Gray, curiosa della storia della ragazza nata dalla magia.
«È stato lui a usare la magia della vita, sfruttando la propria anima come fonte di energia per farla nascere e tenerla in vita. L'ha creata per dare a Laxus un degno avversario con cui allenarsi e scaricare tutta la propria potenza senza temere di incorrere nell'omicidio, visto che lei non può morire. Li costringeva a combattersi e portava Laxus a farle del male, manipolando la sua mente, così la Lacrima del Dragon Slayer che gli è stata impiantata dentro è potuta crescere e diventare così potente» spiegò Gray, guardando i due che infine decisero di passare all'azione. Usando il vento come propulsore si colpivano a una potenza tale che loro stessi si facevano male, ma non si arresero. Pugni, calci, soffi di vento per spazzare il nemico o schivare una attacco.
«Priscilla non ha recuperato abbastanza forze dagli ultimi combattimenti, è troppo svantaggiata!» disse Natsu, preoccupato.
«Eppure riesce a tenergli testa in maniera incredibile» disse Gray.
«Perciò è così che è riuscita a nascere. Suo padre le ha dato parte della sua anima per far funzionare la magia della vita» osservò Charle. «E continua a darle la sua energia per tenerla viva».
«È legata a lui, eternamente, anche se non si vedono più da anni» spiegò Gray.
«Dov'è ora?» chiese Charle, guardando i due che continuavano a darsene di santa ragione, riempiendosi di ferite e lividi. Dai colpi fisici passarono a quelli magici, sparandosi contro soffi di vento taglienti, potenti o schiaccianti. Lo stesso vento li proteggeva, come scudo, dai colpi dell'altro. Era una battaglia ad armi pari e solo chi avesse avuto più forza magica avrebbe potuto vincere.
«È stato bandito anni fa dalla nostra gilda, come avrai capito non era un tipo raccomandabile. Adesso è a capo di una gilda oscura. Credo che sentirsi così legata e dipendente a lui sia ciò che la tormenta più di ogni cosa. Lo odia, ma gli deve la vita e deve pregare che lui non decida mai un giorno di negarle la propria energia e ucciderla anche se così distante. La tiene tra le dita, praticamente».
«Ecco perché è così ossessionata da Wendy» mormorò Charle, cominciando a capire il suo atteggiamento estremamente protettivo nei confronti della ragazzina.
«È finita» disse Natsu, guardando i due che ancora combattevano ad armi pari e in maniera tanto violenta.
«Eh?» chiese Gray, non capendo cosa facesse pensare all'amico che la lotta fosse finita. A lui sembrava che stessero ancora nel pareggio. Ma poi le parole di Priscilla diedero conferma alla percezione di Natsu.
«Mi dispiace, Eligoar» mormorò lei, sentitamente abbattuta. Non aggiunse altro, non riuscendo a dare una motivazione a quel pentimento, forse era dispiaciuta per avergli rubato il potere, per ciò che suo padre aveva fatto, o per il semplice fatto che aveva appena capito di essere più forte di chi le aveva insegnato.
«Tornado» mormorò allungando le mani davanti a sé e sparando un getto di vento dalla pressione impressionante. Eligoar fece altrettanto, ricambiando l'attacco con tutta la forza che aveva. Ma non fu abbastanza. Il tornado di Priscilla sfondò la sua guardia e lo travolse, colpendolo in pieno. Il vento si placò, smettendo di soffiare impazzito in ogni direzione, e Eligoar ormai sconfitto cadde verso il suolo privo di forze. Priscilla generò una leggera brezza sotto di lui, per impedirgli di cadere da quell'altezza senza riparo e rischiare di farsi troppo male. Ma Eligoar con un ultimo stralcio di energia che aveva generò una corrente d'aria in grado di contrastarlo e annullare il suo effetto, lasciandosi cadere nel vuoto. Lanciò uno sguardo colmo d'astio a Priscilla, sopra di sé.
«Non la voglio la tua pietà» digrignò i denti e infine si schiantò a terra.
«Stupido! Non è stata colpa sua quello che ti è successo!» ruggì Gray, avvicinandosi al corpo svenuto dell'uomo. «Se suo padre era un bastardo perché te la prendi con lei?»
«Gray!» lo richiamò Priscilla, atterrandogli a fianco. «Stiamo perdendo altro tempo. Andiamo a salvare Wendy e Happy».
«Ma...» mormorò lui, guardando il suo volto torvo e cupo, mentre camminava e si allontanava. I sensi di colpa la divoravano, come se fosse stata veramente colpa sua, anche se non era diretta responsabile capiva quanto fosse potuto essere frustrante per Eligoar essere sconfitto da colei da cui era stato derubato. Non desiderava infierire oltre nel suo orgoglio, concedendogli la sua pietà. Lei meritava di essere odiata.
«Ho visto dall'alto dove si trova la loro base. Muovetevi» disse cominciando ad avviarsi.
«Priscilla» la voce roca e gracchiante di Eligoar fu un sollievo per la ragazza: fortunatamente non era morto. «È questo il tuo nome, adesso lo ricordo».
Davanti ai suoi occhi riuscì distintamente a vederla, circa vent'anni addietro, quando fece il suo ingresso in quella che era una vera e propria fogna per bambini. Camminava dritta, priva di andamento, non sembrava provare emozioni e parlava solo quando necessario senza dare una tonalità alla propria voce. Ricordava la presenza imponente del padre che l'accompagnava, alle sue spalle, che gliela consegnò come un pacco, senza troppi convenevoli. La chiamava la sua "bambina di carta", il che li rendeva ancora più inquietanti.
«Tra una settimana tornerò a prenderla. Se avrai fatto un buon lavoro ti darò una vita dignitosa, proprio come desideri» una promessa mai mantenuta e che puzzava di bugia come nessun'altra mai. Una settimana era un tempo irragionevole per insegnare a una mocciosa di tre anni una magia tanto complessa come quella del vento. Probabilmente era un tempo irragionevole per insegnare qualsiasi tipo di magia, ma lei era il suo lasciapassare ed era inquietantemente promettente per l'età che aveva. Parlava come un'adulta, non aveva mancanze di nessun tipo né nei movimenti né nelle parole. La trovava raccapricciante, soprattutto perché non mangiava, non beveva e nemmeno dormiva se non era lui a dirle di farlo. Si muoveva come un robottino, non aveva mai visto niente del genere, ma tentò lo stesso di fare del suo meglio con quel poco che sapeva del proprio potere -in fondo era un bambino anche lui.
Allo scadere della settimana Priscilla aveva incredibilmente imparato ogni cosa e per quanto avesse sempre provato una certa inquietudine ad averla accanto, ritrovarsi improvvisamente senza di lei che lo fissava e lo seguiva ovunque lo lasciò stranamente rattristato. Alla fine era stata una compagnia, anche se strana, ma a modo suo era addirittura buffa. Si era chiesto a lungo che fine avesse fatto e cosa ne avesse fatto degli insegnamenti e della magia che le aveva donato, ma presto quel sentimento venne schiacciato dalla rabbia di rendersi conto che era stato solo usato e che nessuno sarebbe venuto a prenderlo e donargli una vita migliore. Lei e suo padre erano stati degli ingrati che l'avevano obbligato a un duro lavoro e una settimana stressante ed estenuante, gli avevano preso l'unica cosa che sentiva di possedere -il controllo del vento- e poi l'avevano dimenticato lì. Priscilla stessa l'aveva dimenticato, nonostante quello che avevano passato insieme, nonostante lui avesse addirittura iniziato a provare un principio di affetto nei suoi confronti. Ma lei era la bambina di carta, priva di umanità, e così era rimasta... fino a quel momento.
Aveva curato bene il potere che le aveva concesso, tanto che era riuscita a batterlo con estrema facilità. Ma soprattutto i suoi occhi non erano più spenti. L'aveva sorpresa china, in una posa umana e morbida, non più rigida come un burattino. L'aveva sorpresa in una risata, quando Natsu aveva steso il primo dei fratelli a capo dei Naked Mummy, l'aveva sorpresa in uno sguardo confuso e una posa disordinata mentre l'altro fratello parlava del cliente e soprattutto l'aveva sorpresa con gli occhi arrossati e umidi di lacrime, mentre gli concedeva il colpo finale. Gli occhi rammaricati e spaventati nel vederlo cadere, lo sguardo addolorato nel sentirsi tanto odiata.
Non era più la bambina di carta di vent'anni prima e per quanto rivederla gli aveva fatto riemergere tutto l'odio e la rabbia seppelliti anni addietro, ora a mente fredda riuscì addirittura a provare un pizzico di orgoglio per un'allieva che aveva fatto così tanta strada da ripudiare persino quel padre che invece da piccola seguiva in silenzio come un soldatino.
«Quando lo incontrerai, distruggilo» disse senza riuscire a muoversi, fissando il cielo con l'unico occhio che riusciva a tenere aperto.
Priscilla sorrise, decisa, anche se non si voltò a guardarlo. Era la prima volta che pensava a suo padre in quei termini, la prima volta che al posto della paura e del desiderio di non incontrarlo mai più subentrò il desiderio di fargliela pagare. Per lei, per Laxus e anche per Eligoar.
«Certo» rispose semplicemente e se ne andò, lasciandolo definitivamente solo.




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Capitolo 15
*** Magia Creazionale ***


Magia creazionale





«Il posto è questo» disse Priscilla, indicano una grotta all'interno di una gola dove cadeva una cascata.
«Come fai a esserne certa? Qui non c'è niente se non qualche casa abbandonata» chiese Gray, guardandosi attorno.
«Ho sentito lo spostamento d'aria di quel Racer passare poco sotto di noi, mentre combattevo con Eligoar. L'ho seguito con l'attenzione e l'ho sentito entrare lì dentro» spiegò Priscilla.
"Ha un tale controllo dell'aria? Fino a queste distanze?" pensò Gray sorpreso.
«Happy! Wendy!» chiamò Natsu facendo echeggiare la propria voce nella gola.
«Aspetta! Potrebbero esserci dei nemici!» lo rimproverò Charle. Preoccupazione che parve fondata, visto che pochi istanti dopo Racer uscì dalla gola con una velocità tale da non essere neppure visibile.
«At...» aveva provato a dire Priscilla, accorgendosi dei suoi movimenti, ma sentirlo muovere non serviva a niente se non riusciva ad anticiparlo. Racer li raggiunse prima che potesse fare qualsiasi cosa e li colpì violentemente.
«È di nuovo lui!» osservò Natsu, colmo di rabbia.
«Ci penso io a lui! Priscilla, Natsu, andate da Wendy!» disse Gray, correndo per piazzarsi tra i suoi amici e Racer.
«Ok!» annuì Priscilla prima di iniziare a correre verso la gola insieme a Natsu. Racer certo non restò immobile a guardarli andar via e si lanciò all'inseguimento, ma una lastra di ghiaccio creata da Gray lo fece scivolare e riuscì a fermarlo.
«Charle, usa le tue ali!» disse Natsu voltandosi a guardare la gattina, ma il colpo di Racer l'aveva mandata momentaneamente KO e non riuscì neanche a rispondere.
«Nessun problema» disse Priscilla prendendola in braccio. Un soffio di vento sollevò Natsu da terra e lo fece volare a grande velocità verso il fondo della gola, insieme alla stessa Priscilla.
«A-Aspett...» provò a mormorare Natsu, verde in viso.
«Ti è venuta la nausea?» sussultò Priscilla, incredula che fosse bastato così poco a farlo stare male come sui mezzi di trasporto.
«Happy! Wendy!» chiamò lei, toccando terra e non appena Natsu riuscì a riprendersi dal volo spericolato la imitò, chiamando a sua volta.
«Natsu!» la voce di Happy provenne da dentro una grotta.
«Di qua!» disse Natsu, correndo avanti al gruppo, ma si bloccò non appena oltrepassò l'ingresso. Pallido in volto, incredulo, osservò la scena che gli si parava di fronte come un incubo.
«Quello...» balbettò, mentre Priscilla arrivava dietro di lui.
«Mistgun!» sussultò, notando il ragazzo di spalle, in piedi di fianco a Brain e una Wendy inginocchiata, afflitta, forse stremata. Che ci faceva lui lì?
«M-mi dispiace» balbettò Wendy, in preda alle lacrime.
Il ragazzo dai capelli blu si voltò lentamente, volgendo così il proprio sguardo a Natsu e Priscilla. Fu la freddezza di quegli occhi, insieme alla reazione di Natsu e Happy nel notarlo, a far sì che Priscilla cominciasse a capire.
"Quello è il Gerard di Earthland".
Ne aveva sentite di cose sul suo conto, al contrario di Mistgun era tutto fuorché una brava persona. Sapeva che quello che aveva davanti altri non era che un nemico, anche se portava il volto di un amico.
«Mi dispiace. Questa persona... mi ha salvato la vita...» singhiozzò Wendy.
«Hai usato la magia curativa?» chiese Charle, pallida in volto. «Sai cosa succede se usi quella magia in modo avventato, Wendy!»
"Salvato la vita?" rifletté Priscilla e non poterono far a meno di tornarle alla mente le parole di Mistgun: "È una mia vecchia amica".
Che ci fosse stato un equivoco? Ciò non toglieva che quello che adesso si ergeva con una inquietante potenza che gli aleggiava intorno non era un buono e quella situazione non poteva che degenerare.
«Merda» bofonchiò, stringendo i pugni e irrigidendosi. Sicuramente avrebbero dovuto combattere da lì a poco, lo odiava, ma non aveva altra scelta.
«Che ci fai tu qui?» ringhiò Natsu, furibondo.
Wendy cadde a terra, priva di forze, esausta probabilmente per la quantità di magia usata per riportare in vita Gerard. Priscilla scattò, usando il proprio vento come propulsore, e si lanciò su di lei per proteggerla con il proprio corpo. Non conosceva quel Gerard, ma aveva sentito abbastanza da poter temere un attacco indifferenziato contro chiunque gli si parasse attorno. Puntò a lui la mano, pronta a sparare un colpo magico e scaraventarlo lontano dal corpo esanime della ragazzina, ma Gerard fu più veloce e più forte. Un'ondata magica la colpì in pieno e la scaraventò contro il muro tanto forte da crearne un cratere.
«Gerard!» ruggì Natsu, correndo contro al nemico, ma anche lui subì la stessa sorte. Ed entrambi persero i sensi.
Quando Priscilla riuscì a riaprire gli occhi, sollecitata da un Happy preoccupato, Natsu era già in piedi ma nella grotta non c'era più nessuno se non loro insieme a Charle e Wendy.
«Dov'è andato Gerard?» chiese Natsu, guardandosi attorno furibondo.
«È andato via» spiegò Charle. «Non so chi sia quel tizio, ma portare indietro con noi Wendy credo che sia più importante».
«Natsu» si alzò Priscilla. «Porta Wendy da Erza. Seguirò io Gerard».
«Facciamo a cambio, porta tu Wendy da Erza!» si animò Natsu, già pronto a menar pugni. «No» si limitò a rispondere Priscilla e la serietà con cui lo disse fu tanto strana da parte sua che convinse Natsu ad ascoltarla.
"Se i suoi poteri sono simili a quelli di Mistgun, posso riuscire a tenergli testa" rifletté, ricordandosi delle innumerevoli battaglie contro Mistgun che aveva affrontato per allenamento. Non che avesse dubbi sulle capacità di Natsu, ma sentiva che doveva essere lei a occuparsene. Forse perché era l'alter ego di Mistgun, suo amico e maestro, o forse perché sapeva del profondo legame che aveva con Erza e lei più di chiunque altro era in grado di comprenderla. Se tra lui e Erza c'era anche solo una parte del sentimento che legava Priscilla e Laxus, non poteva restare in disparte a guardare. Sapeva cosa significava afferrare un'ombra.
Natsu si sarebbe occupato di curare il corpo di Erza dal veleno, a lei ora toccava cercare rimedio alle ferite dell'animo.
«Occupati di Wendy» gli disse semplicemente, uscendo dalla grotta e spiccando il volo.
«Aspetta! Priscilla!» provò inutilmente a chiamare Natsu. Il non poter occuparsi di Gerard personalmente lo faceva incazzare, ma in un momento come quello sapeva anche lui qual era la priorità. Happy lo sollevò da terra e Charle si occupò di Wendy, per poi uscire dalla grotta, diretti verso Erza.


Priscilla scese verso i rami degli alberi, sopra i quali si posò e provò a guardarsi attorno. Non c'erano tracce di alcun tipo, niente che potesse indicarle la direzione presa da Gerard.
«Chissà quanto tempo ho passato svenuta. Può essere ovunque, ora» riflettè, chiedendosi quale sarebbe stata la mossa migliore. Alzò lo sguardo al cielo, dove un'aquila volava indisturbata, lanciando il suo grido di supremazia sui cieli.
«Con gli Oracion Seis ancora in giro non posso permettermi di espormi troppo. Meglio restare nascosta tra gli alberi» rifletté, prima di scendere dal ramo su cui era posata e continuare a volare tra gli alberi a gran velocità, cercando e guardandosi attorno.
"Questo bosco è immobile e morto, non sento nemmeno gli animali o gli insetti" pensò con inquietudine rendendosi conto di quanto fosse immobile e pesante l'aria che la circondava. Non aveva mai sentito niente del genere, nemmeno nel bosco degli spiriti della sua ultima missione.
"Toglie il respiro" si corrucciò, preoccupata.
Si bloccò improvvisamente, riuscendo finalmente a percepire qualcosa.
«Aria fredda...» osservò, curiosa. «Gray?» in un luogo come quello? Così distante? Possibile?
Volò nella sua direzione, riuscendo a sentire la sensazione di freddo aumentare man mano che si avvicinava.
«Ice Make» sentì pronunciare, una magia che conosceva bene, ma da una voce che non era quella di Gray. Si fermò su di un ramo, poco distante, e vide Leon lanciare l'incantesimo che diede vita a una tigre di ghiaccio contro Gerard, in piedi davanti a lui. Poco distante, stesa a terra priva di coscienza c'era Cherry con i vestiti a brandelli. Un fascio di energia partì dalla mano di Gerard e colpì la tigre di Leon, disintegrandola, ma lui non si arrese e continuò imperterrito a creare animali di ghiaccio che provarono a colpirlo.
Gerard distrusse anche la scimmia, ma distolse l'attenzione dal suo nemico quando sentì qualcosa arrivare dall'alto.
«Ti ho trovato!» ruggì Priscilla, atterrandogli sulla testa e lanciando su di lui un incantesimo che rese l'aria più pesante, tanto da schiacciarlo a terra.
«Priscilla!» la guardò sorpreso Leon.
Gerard però non parve subire molto il colpo, se non nella sorpresa, e si sollevò da terra anche se con gran fatica. Non parlò, eppure una magia si materializzò sotto al suo comando. Dei fasci di energia caddero dal cielo, come stelle cadenti, e la travolsero. Priscilla provò a proteggersi il viso con le braccia, mentre veniva lanciata a terra dove rotolò un po' fino a scontrarsi con gli alberi alle sue spalle.
«Che potere assurdo» commentò, mentre tremante provava a rialzarsi.
Gerard puntò su di lei una mano e Priscilla si sentì immobilizzare.
«Ice Make» iniziò a pronunciare Leon, pronto a creare qualcos'altro da lanciare contro Gerard. Ma non fece in tempo, che Priscilla sotto il controllo telecinetico di Gerard venne sollevata per aria e lanciata contro di lui. Priscilla riuscì a richiamare appena in tempo un soffio di vento che gli impedì di schiantarsi al suolo e capì che con lui non aveva molto tempo per riflettere a una strategia o provare a parlarci. Doveva colpire e basta.
«Anima del vento!» ruggì e delle potenti ondate di vento li circondarono, sempre più forti, tanto che persino Gerard fu costretto a sollevare un braccio per ripararsi gli occhi dal pulviscolo. Un roccia venne sradicata dal terreno e lanciata contro Gerard, che sempre in vantaggio, l'anticipò e la distrusse prima che potesse raggiungerlo. Ciò che non aveva previsto però era che quello era solo una distrazione per permettere a Priscilla di raggiungerlo alle spalle. Caricò la gamba di vento, per dare velocità e potenza al colpo, e infine lo colpì alla schiena con un calcio. Gerard venne scagliato in avanti, ma non cadde e si voltò rapidamente, sparando un altro dei suoi fasci di energia contro di lei. La colpì, ma la sua immagine si dissolse svelando così il Mirage.
«Ice Make: Ice Geyser!» gridò Leon, non intenzionato a restare indietro. La distrazione di Priscilla gli aveva permesso di preparare l'attacco indisturbato e coglierlo così di sorpresa. Delle punte di ghiaccio uscirono dal terreno, sotto i piedi di Gerard, che saltò per evitare ma Priscilla comparve sopra di lui.
«Pressione!» disse e una colonna d'aria dalla pressione schiacciante lo lanciarono di nuovo verso il suolo, verso le punte di ghiaccio di Leon. Gerard parve caricarsi lui stesso di energia che rilasciò come fosse una l'esplosione di una stella, esplosione che distrusse il ghiaccio di Leon e colpì sia lui che Priscilla. Leon cadde a terra, ormai privo di forza, e Priscilla fece altrettanto cadendo dall'altezza in cui si trovava.
«Gerard!» chiamò Priscilla, incapace di muoversi. Ma il ragazzo la ignorò, si risistemò i vestiti e si allontanò. «Er...za...» provò a dire lei, sperando di riuscire ad attirare le sua attenzione. Combatterlo era impossibile, troppo forte per lei, ma doveva almeno parlargli, capire, fargli capire.
Erza lo stava cercando disperatamente.
Non riuscì però a dire nient'altro, la vista si appannò e perse del tutto i sensi.
«Erza?» mormorò Gerard, stranamente incuriosito. Ma ignorò i nemici che si era appena lasciato alle spalle e riprese a camminare verso il Nirvana, interrogandosi a lungo sul significato di quel nome che non ricordava a chi appartenesse ma gli scaldava misteriosamente il petto.


«Priscilla» la voce arrivò alle sue orecchie ovattata, confusa, tanto che non riuscì nemmeno a capire se si trattasse di una voce femminile o maschile.
«Priscilla» ancora una volta, mentre un leggero tocco le scaldava la schiena.
Riuscì ad aprire gli occhi e il mondo si colorò, anche se restò sfocato e irriconoscibile.
«Priscilla» ancora una voce. Femminile, ora riusciva a distinguerla. Si ricordò improvvisamente di cosa stava accadendo, un attimo prima di svenire.
«Dov'è Gerard?» gridò, sollevandosi di colpo da terra e colpendo qualcosa sopra di lei con la testa. Un lamento dolorante e lo sguardo preoccupato di Cherry al suo fianco, oltre la sua spalla, la convinsero a guardare cosa avesse appena colpito. Leon era a terra con entrambe le mani premute sul naso e si lamentava per il dolore.
«Stai bene?» chiese lei, innocentemente, non capendo che a dargli quel terribile colpo sul naso era stata la sua irruenza nel risveglio.
«Figurati se mi faccio male per così poco» provò a rialzarsi, orgoglioso, ma un rigolo di sangue lo tradì uscendo da una delle narici.
«Leon-sama, ti esce sangue!» sussultò Cherry, saltando al suo fianco con un fazzoletto, pronta ad aiutarlo. Priscilla si mise a sedere, gambe incrociate, ignorò ciò che stava accadendo tra loro e fissò un punto nel vuoto, infastidita.
«È sparito di nuovo» mormorò.
«Conosci quel tipo?» chiese Leon, mentre Cherry continuava a impazzire al suo fianco per cercare di curare il suo naso arrossato dal colpo.
«È indubbiamente un nemico, però...» non riusciva a trovare pace. Erza gli era così affezionata, non poteva essere sempre stato cattivo, sicuramente era successo qualcosa che l'aveva portato a intraprendere una strada sbagliata. Una storia che conosceva fin troppo bene e che le impediva di credere nella sua completa malvagità.
«Che abbia dimenticato anche lui?» si chiese, trovandolo incredibilmente simile a Laxus e quanto successo tra loro due.
«L'abbiamo combattuto a lungo, prima che arrivassi tu, e come hai potuto vedere non abbiamo fatto molto. Se è un nemico, dobbiamo preoccuparci» disse Leon.
«Però ci ha lasciati in vita» osservò Priscilla.
«E con questo?» chiese Leon.
Aveva sentito le storie della Torre Paradiso e di ciò che era successo, Gerard al tempo si era dimostrato particolarmente violento e loquace, a differenza di quanto era successo in quel momento. Aveva sentito che aveva addirittura ucciso a sangue freddo un suo vecchio amico, nonché compagno fino a quel momento. Non era perciò tipo da farsi degli scrupoli, eppure non aveva fatto altro che contrattaccare ai loro colpi con forza sufficiente ad allontanarli e poi lasciarli privi di sensi, ma in vita.
«Qualcosa non mi convince» disse infine, alzandosi in piedi. Una sensazione, uno spostamento d'aria improvviso e pericoloso. Si lanciò su Cherry e la spostò appena in tempo, prima che una motocicletta cadesse laddove c'era prima lei e proseguisse in una folle corsa.
«Che succede?» chiese Leon, guardando scappare via la motocicletta.
«Racer!» Priscilla riuscì a riconoscere il motociclista nonostante fosse sparito subito. Un'altra motocicletta arrivò poco dopo, ma non corse via, si fermò un istante.
«Gray!» disse Leon, notandolo a bordo della moto.
«Proprio al momento giusto! Leon, sali! Ti spiego tutto dopo» disse Gray, dando un paio di sgasate.
«Ehy, ma...?» balbettò Cherry, confusa, guardando Leon obbedire e salire dietro Gray. Il moro diede gas e non appena l'amico fu pronto riprese la corsa, inseguendo Racer davanti a sé.
«Ma vi sembra questo il momento di una gara? Che state combinando?» chiese Priscilla, guardandoli stralunata.
«Cherry! Resta lì! Non preoccuparti» disse Leon, un istante prima di sparire insieme a Gray oltre gli alberi del bosco.
«Che altra scelta ho?» mormorò lei.
«Andiamo! Seguiamoli!» disse invece Priscilla, prendendola per mano e cominciando a correre. Saltò dopo un paio di passi e spiccò il volo, portandosi dietro una spaventata quanto sorpresa Cherry.
«Hai ancora tutta questa magia?» chiese Cherry, guardando sorpresa la ragazza che ancora la teneva per mano.
«Ho riposato un po' mentre ero svenuta» spiegò Priscilla, prima di voltarsi e guardarla con un radioso sorriso, esclamando: «E poi sei preoccupata per Leon, no? Ti porto da lui, così puoi assicurarti che stia bene».
Cherry arrossì, colpita dal gesto e soprattutto dal sorriso con cui le si era rivolta. Le tornarono in mente le parole di Lucy -"hai visto anche tu come sorride?"- e riuscì finalmente a comprenderle. Non era importante di cosa fosse fatta, Priscilla era indubbiamente umana come loro.
Ricambiò il sorriso e si limitò ad annuire, mentre Priscilla dava sfogo alle poche energie rimaste per stare dietro alla corsa di Gray e Racer. Salirono su per un'altura, abbandonandosi gli alberi alle spalle, fino a quando Leon non creò dei piccoli uccelli di ghiaccio che finalmente riuscirono a distruggere la moto di Racer. Racer non si arrese, corse a mezz'aria verso di loro e distrusse anche la loro moto, ponendo così fine alla corsa. I colpi continuarono, prima una scimmia, poi un martello, ma Racer riusciva a schivare ogni singolo colpo con una velocità incredibile. Priscilla deviò per schivare del ghiaccio lanciato a sproposito e si infilò tra degli alberi alla loro destra, dove posò infine Cherry. Si lasciò cadere in ginocchio e a grosse boccate cercò di recuperare fiato.
«Qui dovremmo riuscire a guardarli da una zona sicura» disse, ansimando.
«Hai usato troppa magia, non avresti dovuto» l'ammonì Cherry.
«È tutto ok, resto qua con te così mi riposo un po'» sorrise lei, alzando il pollice per rassicurarla. Cherry tornò a guardare l'incontro tra i due maghi del ghiaccio e Racer, cercando di convincersi che Priscilla stava bene e provando a non sentirsi in colpa per quello. Provavano a colpire, ripetutamente, ma senza successo. Quel Racer era troppo veloce, perciò decisero di fare sul serio, togliendosi i vestiti di dosso.
«Si è spogliato!» sussultò Cherry, rossa in volto.
«Eh?» chiese curiosa Priscilla, affacciandosi oltre a un cespuglio e guardando la scena. Con addosso solo i pantaloni, sia Leon che Gray, spalla contro spalla, si preparavano a colpire. Priscilla si portò una mano davanti alle labbra e guardando maliziosa Cherry ridacchiò un:«Però! Non è mica male il tuo Leon».
Cherry le saltò addosso urlando, le mise la mani davanti agli occhi e cercò di bloccarle i movimenti, ruggendo un furioso: «Non azzardarti a guardarlo mai più!»
«Scherzavo! Cherry! Mi strangoli! Aiut...» provò a balbettare Priscilla, dimenandosi e cercando di liberarsi dalla presa ferrea dell'innamorata gelosa. Le urla di dolore di Gray e Leon le distolsero dal loro infantile battibecco. Si fermarono e Cherry allentò abbastanza le mani da permettere anche a Priscilla di tornare a guardare.
«Sono stati colpiti ancora!» disse lei, guardando preoccupata i due ragazzi che si alzavano a fatica da terra.
«È davvero forte» disse Cherry, altrettanto preoccupata.
«Restiamo a guardare, nel caso avranno bisogno proviamo a intervenire anche noi» disse Priscilla e Cherry annuì.
«A proposito! Qual è la tua magia?» chiese Priscilla, improvvisamente incuriosita. Cherry sorrise e rispose semplicemente: «Le bambole».
«Eh?» chiese Priscilla confusa e lievemente spaventata. Non aveva una buona esperienza con dei giocattoli animati, le ricordavano troppo Bickslow.
«Gray!» chiamò Leon, improvvisamente serio. «Ascoltami» e si avvicinò a lui, per parlargli vicino a un orecchio.
«Di cosa staranno parlando?» si chiese Priscilla.
«Avranno in mente qualcosa?» chiese Cherry di rimando.
«Eh? Ma che stai dicendo?» sussultò Gray, sbarrando gli occhi e allontanandosi da lui di un passo.
«Esattamente quello che ti ho detto!» disse Leon, puntando una mano contro Gray. «Non sei più necessario!» e con quella sentenza lo intrappolò in una lastra di ghiaccio e lo portò in alto, lontano dal campo di battaglia, mentre Gray lo insultava nel peggiore dei modi.
«Leon-sama! Che fai?» chiese preoccupata Cherry.
«Vi sembra questo il momento di litigare?» le diede corda Priscilla, guardando Leon stupita.
«Resta lì sopra e guarda, Gray» ridacchiò Leon, mentre ancora la voce di Gray lo raggiungeva colmo di insulti e rabbia.
«Prendersela con un tuo amico, che colpo basso» osservò Racer, cercando di capire quale fosse la sua strategia.
«Per piacere, non fraintendermi. Lui non è mio amico. Abbiamo solo avuto la stessa insegnante, tutto qua» disse Leon, irritato per l'affermazione.
«Ma, Leon-sama...» insistè Cherry, correndogli incontro.
«Nessuna lamentela! Lamia Scale si occuperà di lui. Vieni, Cherry!» chiamò Leon.
«Ok» balbettò lei, poco convinta, ma obbediente.
«Ehy, voi due! Ma che combinate?» ringhiò Priscilla, confusa e arrabbiata.
«Non impicciarti, Priscilla!» le disse Leon, prima di far comparire tutta intorno a lei una gabbia di ghiaccio. «Così non volerai più da nessuna parte» le disse provocatorio.
«Ti avverto che se non ci pensa Racer a spaccarti le ossa, poi ci penso io, capito?» si dimenò lei, furibonda per essere trattata in quel modo.
«Questa strafottenza non ti permetterà di aumentare le tue chance, che già erano a zero a dire il vero» ridacchiò Racer, per niente intimorito dalla coppia di Lamia Scale.
«Continua ad abbaiare, cagnolino» lo provocò Leon e Racer sparì di nuovo, veloce come un fulmine.
«Ningyon Geki: Rock Doll!» evocò Cherry e un gigante di roccia e terra si alzò dal suolo, sotto al suo comando. Provò a colpire Racer con un pugno, ma come prevedibile lo schivò e correndogli intorno lo colpì in più punti.
«Sei lenta!» le disse Racer, soddisfatto.
«Non riesco a vederlo!» lamentò Cherry.
«Vai Racer, dagliene!» ruggì Priscilla, aggrappata alle sbarre di ghiaccio.
«Santo cielo, quanto è rumorosa» sospirò Leon, infastidito dal tifo che si era messa a fare verso il nemico.
«Wood Doll!» insistè Cherry e un albero prese vita, muovendosi e ruggendo come un animale.
«Non puoi sperare di prendermi con una magia come quella!» disse Racer, sempre più orgoglioso.
«E se usassi questa?» disse Cherry e i rami del suo albero si sparpagliarono ovunque, per poi chiudersi e stringere improvvisamente. Anche se era veloce, sarebbe comunque finito imbrigliato nella sua trappola e fu quello che accadde. Ma durò un solo istante e Racer riuscì a scivolare via dalla presa ferrea dell'albero. Corse verso Cherry stessa e la colpì, lanciandola a terra.
«Cherry!» la chiamò Priscilla, preoccupata.
Una tigre di ghiaccio comparve dietro Racer e per poco non riuscì a colpirlo, preso di sorpresa. Si voltò verso l'artefice di quella magia, Leon, che aveva cominciato a correre per allontanarsi dal campo di battaglia.
«Sei lento di comprendonio, eh?» chiese Leon, provocatorio.
«Sei tu quello lento a comprendere!» gli rispose Racer, per le righe, inseguendolo.
«Il tuo punto debole» disse Leon, voltandosi e preparandosi a lanciare un'altra delle sue magie. «E nella debolezza dei tuoi attacchi! Non importa quanto veloce riesci ad andare, se poi non riesci a chiudere la partita!»
Racer gli corse incontro, pronto a colpirlo, ma si fermò improvvisamente quando sul corpo di Leon comparvero delle punte di ghiaccio, a proteggerlo come un riccio.
«Perché ti sei fermato, gallinaccio?» ridacchiò Leon, contento della sua trovata.
«Che intenzioni hai, allora? Vienimi dietro con quella velocità tanto vantata» disse poi, riprendendo a correre. Racer però sorrise ancora, per niente intimorito, e saltandogli addosso a gamba tesa lo colpì in pieno viso, dove non era ricoperto di ghiaccio. Leon cadde, ma riprese a correre e allontanarsi.
Che intenzioni ha?” si chiese Priscilla, alzando lo sguardo a Gray, intrappolato nel ghiaccio. Ma capì che non c'era niente di sbagliato in tutto quello che stava accadendo, nell'istante in cui vide Gray sorridere e non più arrabbiato.
«Sono d'accordo!» capì lei, anche se ancora non era chiaro come avrebbe dovuto funzionare quella strategia.
«Priscilla!» chiamò Gray, una volta che sia Leon che Racer furono abbastanza lontani. «Credo che adesso tu possa raggiungermi. Avrò bisogno di te».
Ancora non capiva cosa avessero in mente, ma decise di obbedire. Con un forte turbine di vento spezzò le sbarre della prigione di ghiaccio che Leon le aveva creato attorno e volò in cima all'enorme lastra di ghiaccio. Gray si liberò facilmente dalla sua prigione e creò un arco con un'enorme freccia, che puntò lontano da loro.
«Riesco a vederli!» disse Priscilla, notando un Leon estremamente lento e un Racer che correva a velocità normale. «Allora è così che funziona la sua magia» capì infine: non era lui ad andare estremamente veloce, ma gli altri a rallentare in maniera incredibile.
«Puoi colpirlo, non è vero?» chiese Gray, tirando il proprio arco e cercando di prendere la mira. Poteva dare la spinta iniziale e prendere vagamente la mira, ma aveva bisogno della magia di Priscilla per fare in modo che la freccia arrivasse a destinazione con la giusta potenza e precisione.
«Certo» sorrise lei, aspettando il momento opportuno. Poggiò i piedi sulla punta della freccia tirata e cominciò a inquadrarlo.
«Quando vuoi» disse infine a Gray, pronta a esercitare il suo potere del vento per dare alla freccia velocità e direzione.
«Ora!» disse Gray, prima di sparare. La freccia venne scagliata con forza in avanti e Priscilla ci rimase accucciata sopra. Dietro di lei il vento sprigionato dalla sua magia le dava la propulsione adatta a raggiungerlo sempre più velocemente e cambiò la direzione abbastanza da mirarlo sempre meglio, man mano che si avvicinavano. Saltò via appena prima dell'impatto e diede alla freccia l'ultimo slancio prima di colpire Racer con tutta la potenza della magia del ghiaccio di Gray.
Atterrò morbidamente a fianco di Leon e infine osservò Racer, a terra, privo di sensi.
«Fairy Tail vince ancora!» esultò lei, portandosi una mano al bicipite gonfiato dalla posizione alzata del braccio. Un gesto che indicava la loro forza.
«Certo è che potevi mettermi al corrente con... non so... una scritta nella gabbia!» bofonchiò, guardando male Leon.
«L'ho fatto ma eri troppo impegnata a fare il tifo per il nemico» sospirò Leon e Priscilla sussultò con un imbarazzato: «Eh?».
Si ammorbidì nella posa, si portò le mani dietro la nuca e scoppiando a ridere esclamò divertita: «Che figuraccia!»
Hai visto anche tu come sorride?la voce di Lucy, anche nella testa di Leon, mentre guardava curioso quel suo sorriso radioso e divertito. E il suo interesse aumentò maggiormente di fronte all'ennesima evidenza che quella creazione non era una semplice magia passiva. Quella ragazza era veramente viva, come ciascuno di loro. Esisteva davvero al mondo una magia della creazione così potente da dar vita a una come lei.
«Mi incuriosisci molto, lo sai?» le disse, confessando quello che gli passava per la testa. Priscilla travisò quelle parole probabilmente, visto che arrossì violentemente e cominciò a balbettare: «Aspetta! Non dirai sul serio?! Cherry potrebbe uccidermi».
«Cherry?» chiese lui, non capendo che intendesse.
«Leon-Sama! Priscilla! State bene?» chiese Cherry, correndo verso di loro giù per una scarpata. «Cherry!» gridò Priscilla, volandole incontro e abbracciandola tanto violentemente che per poco non la buttò a terra. «Amica mia! Stai bene per fortuna! Stavo giusto per venire a cercarti, carissima e dolcissima amica!»
«Amica?» chiese Cherry, guardandola stranita.
«Ma che le prende?» si chiese anche Leon, non riuscendo ancora a comprendere l'equivoco in cui la ragazza era caduta.
Gray arrivò poco dopo e si avvicinò a Leon a passi lenti e decisi, congratulandosi con lui per la trovata. Gli porse una mano e gli chiese, gentilmente: «Riesci ad alzarti?»
«Non prenderti gioco di me» rispose Leon, ferito nell'orgoglio per l'aiuto che Gray cercava di dargli. Cherry e Priscilla, ancora avvinghiate, ridacchiarono divertite dalla scena ma il tutto venne interrotto da Racer che si rialzò urlando: «Non è ancora finita!».
Si aprì la giacca, mostrando addosso a sé un meccanismo luminoso e delle cinghie. «Lo giuro sul nome degli Oracion Seis! Sono stato sconfitto e per questo vi porterò via con me!»
«Quella...» balbettò Leon, guardando con preoccupazione il marchingegno legato al petto di Racer.
«Una Lacrima esplosiva» disse Cherry, pallida in volto.
«Bastardo! Hai intenzione di...» balbettò Gray, portandosi entrambe le mani di lato e provando a evocare una magia. Ma non riuscì a cadde in ginocchio, stremato. «Proprio ora dovevo finire il mio potere magico?» lamentò, mentre Racer correva loro incontro pronto a farsi esplodere insieme ai suoi nemici. Priscilla provò a imitarlo subito dopo ma con sdegno scoprì che anche lei aveva dato vita al fondo e non riuscì a evocare se non una leggera brezza intorno al palmo della mano.
«Merda» lamentò, guardando il nemico correre loro incontro.
Leon scattò in avanti, sorprendendo i presenti, afferrò Racer e infine saltò giù per il precipizio sopra il quale si trovavano.
«Leon!» chiamò Gray pallido in volto.
«L...» provò a chiamarlo Cherry, ancora più terrorizzata, e infine lo videro cadere giù. Paralizzati e troppo lenti, non si erano aspettati un gesto simile, non poterono far altro che chiamare il suo nome a gran voce con le lacrime agli occhi.
Un soffio di vento catturò l'attenzione di Gray, ma non era stata magia, solo Priscilla che correva verso il bordo del burrone. Lo sguardo corrucciato, le dita serrate, e si lanciò subito dopo Leon e Racer.
«Priscilla!» chiamò a occhi sbarrati, inutilmente. La ragazza ormai era sparita dalla loro vista.
Priscilla in piena caduta riuscì a vedere Leon, aggrappato a Racer, appena sotto di sé. Era stremata, non riusciva più a usare molta magia, ma sapeva che non l'aveva finita. Lei stessa era composta da magia, finché non sarebbe morta ne avrebbe sempre avuto accesso. Doveva solo sacrificarsi un po', il suo corpo in cambio del suo potere. Si morse un dito tanto forte da aprirsi delle ferite. Del sangue ne uscì, lo strato superficiale di carne e pelle di cui era composta, ma presto intervenne anche la luce blu a segnalare la magia che confluiva verso la ferita per rimetterla in sesto. Usò quella stessa magia come fonte energetica, liberandola invece che usarla per ricostruirsi, e usando quello stesso dito ferito riuscì a generare ai suoi piedi una corrente d'aria sufficientemente forte da spingerla verso Leon e Racer. Afferrò il primo per una spalla e lo scaraventò via, sotto il suo sguardo sorpreso. Un ultimo sbuffo di magia uscì dal suo dito, l'avrebbe usata per garantirgli un atterraggio morbido e non pericoloso.
«Tu puoi morire» disse pallida in viso, un istante prima di richiamare altro vento, disperata, per proteggere Leon dalle fiamme e dall'onda d'urto che si sarebbe sprigionata da quell'esplosione. Lui poteva morire, lui era vivo e perciò poteva morire, ma lei no. Lei non sarebbe morta, mai.
«Priscilla!» chiamò Leon, cadendo lentamente verso il suolo e guardando la ragazza andare giù insieme a Racer. L'esplosione avvenne e travolse anche lui, ma il vento tenne lontano dal suo corpo il calore e le fiamme sprigionate. Leon raggiunse il suolo bruscamente, ma non abbastanza da restarne ferito. La magia di Priscilla era stata misera ma abbastanza da proteggerlo, anche se non ne era uscito proprio indenne poteva comunque vantare di essere ancora vivo.
«Priscilla!» chiamò in un urlo disperato, guardandosi attorno. Provò ad alzarsi, inciampando per la stanchezza, il dolore e soprattutto la paura appena vissuta. Continuò a chiamarla, tremando sempre più nel non sentire risposta. Corse a lungo attraverso le macerie, sempre più avvolto nel panico, tanto che dei lamenti cominciarono a uscire dalla sua gola.
«P...» provò a chiamare nuovamente, ma si interruppe quando riuscì a vederla. La testa penzoloni all'indietro, cadeva giù da un masso sopra cui era poggiata. Le corse incontro, chiamandola ancora, ma non appena riuscì a raggiungerla e vederla del tutto per poco non ebbe uno svenimento. Il cuore in petto batteva impazzito, lo stomaco sembrava essere in procinto di farlo vomitare e non riusciva a respirare. Una raccapricciante scena, quella di una Priscilla smembrata per metà dall'esplosione. Le mancava un braccio, una gamba e gran parte del busto, martoriata e aperta in tutta la sua parte sinistra. Stagnava in una pozza di sangue che goccia dopo goccia cadeva e scivolava giù dalla roccia su cui giaceva, aprendosi come un macabro fiume della morte. Dalla parte più profonda delle sue ferite brillava una luce azzurra e bianca, ma flebile, quasi spenta. La sua magia che cercava di rigenerarla, ma era quasi del tutto consumata. Sarebbe sopravvissuta? Era ancora viva? Poteva fare qualcosa?
Una persona normale sarebbe morta, ma quella luce flebile dentro lei gli dava un briciolo di speranza. Tremò e si inginocchiò al suo fianco, cercando una disperata soluzione, qualsiasi cosa avesse potuto salvarla.
«Aiuto» mormorò, non sapendo come fare. «Ho bisogno di aiuto» lamentò in un singhiozzo. «Jura-san...»
E nominare, nel panico, il suo nome gli portò alla mente quella che sarebbe potuta essere una soluzione.
È una magia creazionale, tipo la tua Leon, ma che usa materiali diversi.
«Una magia... tipo la mia» mormorò, mentre un'idea folle cominciava a farsi strada nella sua mente. Poteva funzionare? No, era impossibile, la sua magia era completamente diversa da quella della vita anche se entrambe creazionali. Ma poteva fare altro?
Era disperato, aveva bisogno di soluzioni disperate.
«Ice Make...» strinse i denti, prima di posare entrambe le mani su ciò che restava di Priscilla. «Body!»
Il ghiaccio generato dalle sue mani prese pian piano il posto delle parti mancanti del corpo di Priscilla, ricomponendola e chiudendo le sue enormi e raccapriccianti ferite. Terminò in un ansimo affaticato, era stato più complicato di quanto avesse potuto immaginare, ma era riuscito a fare un buon lavoro. Tutto ciò che restava scoprire ora era se fosse servito a qualcosa.
«Priscilla» provò a richiamarla, sollevando la sua testa e sperando che quel tocco la destasse. Era immobile, non si muoveva nemmeno per respirare. Sospirò, cominciando a perdere le speranze. Era stato tutto inutile, passavano secondi, minuti, ma lei continuava a restare immobile e gelida.
«Maledizione» sibilò, stringendo i vestiti della ragazza tra le dita. «Maledizione!» ringhiò più forte, ormai pervaso dalla rabbia. Il corpo di Priscilla si mosse improvvisamente, come in uno spasmo, e lei gridò terrorizzata. Leon sussultò, forse ancora più spaventato, per il risveglio improvviso e urlò a sua volta. D'istinto Priscilla, in preda alla paura, lanciò le mani in avanti e diede un colpo a Leon che lo scaraventò a terra. Arretrò e provò a sollevarsi, ma si trovò il vuoto oltre il masso sotto di sé, perse la presa e cadde a terra dritta di faccia.
«Ahi» lamentò una volta calmata.
«Pr-Priscilla?» chiamò Leon, sorpreso e vagamente spaventato, avvicinandosi a lei gattoni. «Sei... viva?» chiese cominciando a capire e tremare per l'emozione. Aveva funzionato? Aveva veramente funzionato?
«Ma che è successo?» chiese lei guardandosi la mano di ghiaccio, muovendola davanti ai propri occhi e provando a muovere le dita. Venne colta da un improvviso brivido e irrigidendosi lamentò: «Fa freddo!»
«Ci sono riuscito...» ridacchiò Leon, pallido in volto per l'emozione. «Ha funzionato davvero».
«Sei stato tu?» chiese Priscilla, voltandosi a guardare l'amico ma senza alzarsi.
«Sono riuscito a salvarti la vita! Meno male!» sospirò lui finalmente risollevato e si mise a sedere di fianco a lei, poggiando la schiena contro il sasso da cui lei era caduta.
«Salvarmi?» sbattè gli occhi lei. «Oh, beh, questo è imbarazzante» ridacchiò infine nervosa.
«Eh?» chiese Leon, non capendo.
«Ecco, vedi... io non posso morire. Mi ero dimenticata di dirvelo» confessò.
«Eh?!» sbarrò gli occhi lui.
«La magia della vita scorre in me in continuazione e mi rigenera tutte le volte. Non importa che ferite io riporti, tornerò sempre intera» ridacchiò.
«E lo vengo a sapere solo adesso?!» ruggì lui. «Sono morto di spavento, pensavo che ti avessimo perduta per sempre!»
«Mi dispiace» ridacchiò, tornando a guardarsi la mano di ghiaccio. «Però ti ringrazio».
«Per la buona volontà, immagino» disse lui.
«Non solo. La mia magia era ormai debolissima a causa di tutti questi scontri, con le ferite riportate per riuscire a tornare tutta intera ci avrei messo settimane probabilmente. È incredibile che tu sia riuscito a fare una cosa simile» disse infine, meravigliata e sorpresa. «Adesso posso tornare subito a combattere!» disse allegra, sollevandosi sulle braccia per alzarsi. Ma la mano di ghiaccio mancò l'appoggio sul terreno e la gamba non fece la forza desiderata, sbagliando addirittura direzione. E cadde di faccia a terra.
«Ma che succede?» sussultò Leon, vedendo il suo misero e goffo tentativo di rialzarsi.
«Non so usare questo corpo» osservò lei, imbarazzata. Nella sua stupidità era persino tenera e divertente, cosa che portò Leon a sorridere, potendosi concedere finalmente un istante di serenità. Si alzò in piedi e si chinò vicino a lei, prendendola per un braccio e aiutandola ad alzarsi. Si mise di spalle e tirandola per le braccia la incitò: «Sali su».
Se la caricò sulla schiena, tenendola sollevata per le gambe, e una volta ben ferma e ben salda prese a camminare.
«Cerchiamo un modo per riunirci agli altri» disse.
«Senti Leon» mormorò lei, pensierosa. «Questo fa di noi degli amici... vero?»
Una domanda innocente, ma infantile nel suo dubbio. C'era veramente bisogno di chiedere conferma in una cosa come quella? Era quasi imbarazzante, ma svelava qualcosa di lei di molto triste e profondo. La reazione di Lucy quando Cherry aveva accennato alla sua diversità e ora quella domanda così umana, ma così poco naturale. Cominciava a capire che tipo di persona fosse Priscilla e soprattutto ciò che provava nei confronti della sua esistenza. Era una creazione, ma aveva l'animo umano e queste due cose probabilmente la rattristavano nella loro incompatibilità. Indipendentemente dal fatto che potesse o meno morire, era stata disposta a perdere settimane del suo tempo per rigenerarsi, in una foresta abbandonata e col rischio di essere trovata dal nemico e di essere torturata a vita. Si era sacrificata molto per salvarlo e quegli occhi spettrali, terrorizzati, mentre lo allontanava dalla bomba di Racer e lo proteggeva non li avrebbe dimenticati facilmente. Da quando aveva scoperto il suo segreto l'aveva sempre guardata come fosse stato un oggetto curioso e interessante, da studiare e incredibilmente raro, ma un pur sempre un oggetto come le sue scimmie o tigri di ghiaccio. Ma lei... lei desiderava degli amici.
Si sentì un po' in colpa per i pensieri che aveva fatto su di lei, ma la cosa venne superata dalla felicità di essere riuscito a capirla meglio. Era fatta di magia ed era il risultato di un esperimento eccezionale, ma lei alla fine... era Priscilla e basta.
«Certo».
Sorrise.



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Capitolo 16
*** Lacryma di Dragon Slayer ***


Lacryma di Dragon Slayer





Poco dopo essersi messi in cammino avevano trovato il corpo di Racer, appeso a testa in giù da un albero, con una caviglia incastrata tra i rami. L'avevano osservato qualche secondo, ma senza neanche consultarsi decisero di portarlo con loro. Lasciarlo in libertà era rischioso, se si fosse ripreso avrebbe potuto giocare loro qualche brutto tiro. E sicuramente c'era in mezzo una qualche forma di senso di colpa che li spingeva a voler aiutare un essere umano, anche se nemico, ed evitargli così la morte. Priscilla si era offerta di scendere e provare a camminare, per permettere a Leon di trascinare Racer senza avere anche il suo peso da trasportare, ma non appena aveva provato a mettere i piedi a terra era finita col cadere di nuovo. Aveva provato più volte e aveva proposto di volare e non usare il suo corpo, ma Leon aveva insistito per evitarle ulteriore spreco di magia. Sarebbe stata utile più avanti, era meglio non sprecarla, perciò si era di nuovo caricato la ragazza in spalla. Priscilla usava un solo braccio per tenersi aggrappata alle sue spalle, mentre con l'altra mano teneva Racer per un piede e lo trascinava.
Camminarono per altri dieci minuti almeno, prima che lei provasse nuovamente a parlare.
«Ti stai stancando inutilmente» insisté ancora, ascoltando il suono del fiato di Leon sempre più pesante e affaticato.
«Va bene così, te l'ho già detto».
«Lascia che almeno alleggerisca i nostri pesi con un incantesimo» disse per l'ennesima volta.
«Ti è rimasta poca magia, approfittane per ricaricarla invece che consumarla in questo modo. Più avanti potremmo avere bisogno di te» rispose ancora lui, una frase che aveva ripetuto più e più volte.
«O magari potremmo aver bisogno di te ma tu sarai troppo stanco per aiutarci» mormorò lei, contrariata.
«Non sarà una cosa come questa a impedirmi di combattere, stai tranquilla» cercò di rassicurarla.
«Sei tale e quale a Gray» disse infine lei, scocciata.
«Cosa?!» sussultò Leon, contrariato e irritato.
«Cocciuto e orgoglioso!»
«Ma figurati!»
«E invece ti dico di sì! Testardi e stupidi tutti e due!»
«Non sono affatto così!»
«Solo per poter fare il figo!»
«Sto cercando di aiutarti!»
«E vi spogliate sempre tutti e due! Pervertiti!»
«Quello che c'entra?!» arrossì Leon, colto in una debolezza.
«Lasciami andare!» ordinò lei, infine, stanca di quella situazione. Si spinse via con le braccia, sfuggendo alla presa di Leon, e con un urlo cadde a terra. Lamentandosi per il dolore, si massaggiò la schiena mentre tentava di rialzarsi.
«Sei impazzita? Ti sembra il momento di fare queste storie?» la rimproverò Leon.
«Adesso mi alzo! Ti faccio vedere io!» poggiò il piede per terra, muovendolo con fatica e in maniera assolutamente scoordinata. Si diede una spinta non appena riuscì a metterlo nella posizione ideale e provò ad alzarsi, ma lo slancio fu eccessivo e perse nuovamente l'equilibrio cadendo in avanti. Sarebbe di nuovo finita faccia a terra come una pera se Leon non fosse stato veloce abbastanza da prenderla al volo.
«Hai visto!» disse lei orgogliosa di chissà quale successo, forse quello di essere riuscita almeno a sollevarsi.
«A me non sembra tu abbia fatto chissà quali progressi» disse Leon, sorreggendola.
«Ho ancora la terra che mi trema sotto i piedi, ma sto riuscendo a muovermi» disse lei poggiando le mani sulle sue spalle e cercando di sollevarsi e mettersi in piedi.
«Aspetta...» osservò in quel momento Leon. «La terra che trema la sento anche io!»
Solo allora si resero conto di uno strano boato che proveniva dalla foresta intorno a loro. Il silenzio macabro che le aveva fatto venire la pelle d'oca non appena erano entrati sembrava rotto da qualcosa, un lamento che proveniva dal centro della terra.
«Che succede?» chiese Leon, rendendosi conto che la cosa sembrava amplificarsi sempre più, tanto che persino lui aveva difficoltà a mantenere l'equilibrio.
«Leon! Guarda!» disse Priscilla, allungando un dito verso nord un istante prima che una colonna di luce esplodesse da terra e raggiungesse il cielo. Il boato si fece più intenso, fino a diventare un'esplosione, e dalla luce nacquero ombre e nebbie scure che sembrarono prendere il possesso di tutto ciò che aveva intorno.
«Che cos'è?» chiese lui, pallido.
«Fa venire la pelle d'oca» balbettò lei, paralizzata dalla paura.
«Sicuramente anche Gray e gli altri l'avranno vista e staranno andando a controllare. Andiamo, intercettiamoli» disse Leon, e si portò il braccio sano di Priscilla intorno al collo deciso ad aiutarla a camminare. Priscilla prese di nuovo Racer per un piede e aggrappata a Leon potè sforzarsi di mettere un piede dopo l'altro, camminando per conto suo. Inizialmente ci volle un po', ma costringendosi a usare quel nuovo corpo che Leon le aveva prestato imparò a usarlo sempre meglio e poté così pesare sempre meno sull'amico che provava a trascinarla. Camminarono almeno per una mezz'ora, facendo in realtà meno strada di quella che avrebbero voluto per colpa delle condizioni di Priscilla e del corpo di Racer che continuavano a portarsi dietro. Finalmente, infine, sentirono delle voci familiari.
Deviarono il loro cammino, per avvicinarsi a esse, e trovarono Natsu, Lucy, Gray e persino Cherry, anche se quest'ultima era in lacrime e schiacciata a terra da Gray.
«Lasciami andare, maledetto! Devo vendicare il mio Leon!» gridò lei, colta da chissà quale strana furia. «Non ti perdonerò, non ti perdonerò mai! Vendicherò Leon!»
«Vendetta per chi esattamente?» chiese Leon, raggiungendoli finalmente. «Non è il momento di darmi per morto».
Sentire la voce di Leon e infine riuscire a vederlo tutto intero, anche se ferito e affaticato, ma in piedi, parve calmare Cherry. Lo guardò a lungo, come avrebbe guardato uno spettro, mentre le lacrime cominciavano a bagnarle le guance.
«Leon-sama?» balbettò, sorpresa ed emozionata.
«Priscilla! Cosa ti è successo?» chiese Lucy, guardando preoccupata il corpo di ghiaccio della ragazza che ancora si reggeva a Leon.
«Ce la siamo vista brutta» spiegò Leon, lanciando uno sguardo a ciò che aveva realizzato. «Priscilla mi ha protetto e si è presa interamente il colpo. Ho dovuto intervenire per permetterle di rimettersi in piedi».
«Aspetta...» balbettò Gray, sgranando gli occhi. «Quella è opera tua?»
«Leon ha messo la sua magia dentro me, ma ancora non so usarla tanto bene» sorrise innocentemente Priscilla, provando a muovere la mano di ghiaccio.
«Ehy! Detto così può essere equivoco!» la rimproverò Leon, arrossendo per l'imbarazzante frase che avrebbe anche potuto far pensare a qualche strano rapporto che c'era stato tra loro.
«Sei piena di risorse» osservò Lucy, sorpresa che Priscilla fosse stata in grado di cavarsela anche in quella situazione.
«Hai la pellaccia veramente dura, Leon» disse Gray.
«È stata fortuna» disse Leon, appoggiando Priscilla a terra. Si avvicinò a Gray poi prima di confessare: «Sono in debito con lei».
Cherry si rilassò per terra, mentre le lacrime ormai le uscivano incontrollate dagli occhi e si limitò a borbottare: «Meno male» prima che una strana ombra nera le uscisse dal corpo.
«Cos'è?» chiese Natsu, guardando confuso la nube che si allontanava e si dirigeva verso il cielo.
«Come pensavo. Era controllata da qualcosa» disse Gray.
«Questo... è il Nirvana» disse Lucy, impallidendo, prima di voltare gli occhi alla colonna di luce nera che si alzava fino al cielo.
«Allora è come pensavo, quello è Nirvana» disse Priscilla, guardando anche lei nella stessa direzione. Lucy annuì, prima di spiegare: «Una magia in grado di invertire la luce con l'oscurità. I forti sentimenti contrastanti con il proprio animo finiscono con prendere il sopravvento e cambiare la personalità delle persone. Così ha detto Hibiki».
«Cherry era sconvolta per la perdita di Leon, per questo è stata controllata da Nirvana ed è diventata nostra nemica» Gray tirò la conclusione, guardando la ragazza che ora aveva perso i sensi a terra.
«Una magia in grado di cambiare la personalità delle persone» mormorò Priscilla, riflettendo sulla faccenda. Non poté far a meno di pensare a Laxus, che per anni si era comportato come se fosse stato preso sotto al controllo di Nirvana. Sapeva quello che sarebbe potuto significare... l'amico più caro, l'amore più grande, che diventa improvvisamente ed illogicamente ostile e feroce. Era terribile. Esisteva veramente al mondo una magia in grado di fare ciò a comando? Il suo dolore più grande, ciò che aveva passato per anni, c'era qualcuno che poteva indirizzare quei sentimenti a chiunque volesse con un semplice schiocco di dita. Andava fermato. A qualsiasi costo, andava fermato.
La terra tornò a tremare, ma questa volta fu più forte di prima.
«Che succede?» chiese d'istinto Priscilla, alzando gli occhi al cielo. La colonna di luce di Nirvana si allargò e inglobò dentro sé gran parte della foresta. Il cielo, sotto al suo potere oscuro, divenne nero come la pece e l'unica fonte di luce parve diventare esso stesso.
«Siamo arrivati troppo tardi» capì Leon, prendendo Cherry da terra e tenendola in braccio.
«Ma...cosa....?» balbettò Lucy, pallida in volto dalla paura.
«Dannazione! Erza si trova in mezzo a quella luce!» disse Natsu, facendo allarmare il resto dei compagni.
«Perché mai Erza dovrebbe trovarsi lì?» chiese Priscilla, stufa di stare ancora ad aspettare e usando la propria magia riuscì a rimettersi in piedi, usando il vento per tenersi in piedi e in equilibrio.
«Pare che c'entri Gerard. Wendy l'ha fatto tornare in vita, è lui che ha attivato il Nirvana. Non appena Erza l'ha sentito, è scappata. È sicuramente andata da Gerard» spiegò Lucy.
«Gerard?» mormorò Priscilla, ricordandosi della loro chiacchierata e di ciò che Erza le aveva fatto capire riguardo a ciò che provava verso di lui.
«Potrebbe essere in pericolo! Andiamo!» disse Gray, cominciando a correre verso la fonte di luce. Ma la terra si fece sempre più tremante e improvvisamente dal sottosuolo cominciarono ad alzarsi enormi strutture metalliche ricoperte di muschio e piante, lunghe anche chilometri, pesanti e potenti, articolate come zampe di un gigantesco ragno di ferro.
«Ho una brutta sensazione» disse infine Lucy, guardando il terreno sotto ai suoi piedi.
«Sbaglio o sta tremando sempre più?» chiese Gray.
Il terreno sotto ai loro piedi si spaccò, ma non caddero nel vuoto. Vennero raccolti e tirati verso l'alto da un'altra di quelle enormi zampe che spaccando il suolo si sollevava verso il cielo. Priscilla si tenne sospesa per aria, sfuggendo al suo impatto e provò ad allungare le mani per aiutare anche i suoi amici ma la magia era ancora troppo debole.
«Merda» mugolò prima di volare rapidamente verso Leon. Impegnato a tenere Cherry in braccio, non sapeva a cosa aggrapparsi e stava per cadere verso il suolo. Lo prese al volo, mugolando per la fatica, e lo riportò a terra, lontano dalle zampe dell'enorme bestia.
«Grazie... di nuovo» disse Leon, mentre lei lo appoggiava a terra.
«Occupati di Cherry. Avrà bisogno di averti accanto quando si sveglierà, per non cadere di nuovo vittima di Nirvana» e sollevandosi di nuovo in volo si allontanò, senza aspettare la risposta di Leon. Raggiunse rapidamente Natsu, Gray e Lucy, ora in piedi e impegnati a correre lungo tutta la zampa per riuscire a raggiungere il centro del bestione di ferro e roccia. Laddove sembrava aprirsi una città.
«Andiamo a dar loro una lezione!» disse Natsu tra le urla.
«Che succede adesso?» chiese Gray, sentendo altre vibrazioni sotto ai propri piedi.
«Si muove!» disse Priscilla, indicando una delle zampe che si era sollevata da terra e stava riposandosi poco più lontano.
«Questo coso cammina?» chiese Lucy, sbarrando gli occhi.
«Natsu...?» chiese Priscilla, guardandolo cadere a terra all'improvviso. Verde in volto, sembrava in procinto di vomitare da un momento a un altro. Anche la zampa su cui stavano correndo loro si mosse e questo costrinse anche Gray e Lucy a stendersi a terra per reggersi e non cadere.
«Insomma, cerca di resistere un po'!» lo rimproverò Gray.
«Quella... cosa... è un mezzo... di trasporto» balbettò Natsu, sempre peggio.
«Si muove ma non è un mezzo di trasporto! Cerca di capirlo!» ringhiò Gray.
«Ho capito!» si rialzò Natsu, corrucciato e deciso. Provò a correre, ma riuscì solo a barcollare nonostante l'intensità dei passi e l'impegno, fino a quando non si fermò pochi metri dopo sibilando arrendevole: «Mi sento uno schifo».
«Questi sono tentacoli di un polpo! Per te va bene cavalcare gli animali, giusto?» tentò disperatamente Lucy.
«Non esistono polpi nella foresta» bofonchiò Natsu.
«Smettila di cercare il pelo nell'uovo!» lo rimproverò Lucy.
«Sto bene ora!» insistè Natsu, nel disperato tentativo di ritrovare la forza e un contegno. Provò a muoversi, ma il tentacolo su cui erano si mosse e questo gli fece perdere l'equilibrio e cadere nel vuoto.
«Natsu!» gridò Lucy, guardandolo spaventata.
«Santo cielo, Natsu!» gridò Priscilla, volando in picchiata verso di lui. «Perché diamine non ti sei retto a qualcosa! Stupido!»
«Mi dispiace» gridò Natsu, in piena caduta fino a quando Priscilla non riuscì a raggiungerlo e prenderlo per un piede. Sforzò quel poco di magia che le era rimasto nel tentativo di tornare sopra il tentacolo, ma lui era pesante e lei troppo debole, perciò l'ascesa fu lenta e faticosa.
«Mi sento male» disse infine Natsu, portandosi le mani al viso.
«Sono considerata un mezzo di trasporto?» ruggì Priscilla, offesa.
«Natsu!» la voce di Happy anticipò il suo arrivo, veloce come un turbine di vento, li raggiunse nell'istante in cui Priscilla parve perdere un po' la presa e cadere troppo affaticata per sorreggere entrambi. Prese Natsu per la maglia e lo portò di nuovo in alto, senza fatica.
«Happy!» sorrise Priscilla, felice di vederlo.
«Aye!» salutò il gatto, felice.
«Ragazzi, voi continuate a salire! Noi entreremo dalla fessura!» disse Gray, indicando un buco che dal tentacolo portava all'interno della struttura.
«Ok!» disse Priscilla, prima di volare dietro Natsu e Happy. Salirono a gran velocità, fino alla cima della costruzione, e lì infine poterono fermarsi non appena furono in grado di vedere cosa c'era davanti a loro.
«È una città?» chiese Natsu, guardando le costruzioni che tanto sembravano case accavallarsi le une sulle altre.
«Così sembra» annuì Priscilla.
«Sembra tanto vecchia» osservò Happy mentre lentamente sorvolavano le abitazioni in cerca di un indizio e dei loro nemici.
«Questo odore» si corrucciò improvvisamente, Natsu, guardando la torre più alta della città. Riusciva a riconoscerlo, l'odore del nemico, l'odore di Brain.
«Da che parte, Natsu?» chiese Priscilla, intuendo che avesse sentito qualcosa.
«Lassù! Andiamo, Happy!» disse Natsu e Happy cominciò subito a volare incontro alla torre appena indicata e da cui sentiva provenire l'odore di Brain e di Cobra.
«Aspetta!» disse Priscilla e generò una corrente d'aria ostile ad Happy, che gli impedì di volare oltre. «Solo qualche minuto!» disse ancora, facendoli girare in tondo all'interno di un piccolo tornado.
«Ma che fai, Priscilla?» chiese Happy, urlando mentre girava incontrollato.
«Mi sento male» mugolò Natsu, tornando a impallidirsi per la nausea.
«Mirage» mormorò Priscilla, prima di sparire nel nulla, coprendo la propria immagine col miraggio di ciò che aveva attorno. L'aveva usato la prima volta sui totem di Bickslow, ma aveva capito in fretta come usare la stessa tecnica anche su di sé. Creando intorno a sé un miraggio dinamico, che ritraeva ciò che doveva esserci al suo posto, poteva rendersi indirettamente invisibile.
Lasciò Natsu e Happy girare intrappolati dal suo vento e volò infine verso la torre, coperta dalla propria invisibilità. Si diede solo qualche minuto di anticipo, poi liberò Natsu dalla propria presa e gli permise di volare impazzito verso Brain. Sarebbe comunque arrivato dopo di lei, giusto il tempo di capire la situazione.
«Guarda, Cobra. Un'intera città che posso muovere a mio piacimento!» riuscì a sentire Brain, nonostante fosse ancora lontano.
Meglio fermarsi qui” pensò lei, nascondendosi poco sotto. C'era Cobra con lui, conosceva la sua capacità, anzi era sorpresa che non l'avesse già sentita arrivare. Probabilmente era distratto dalla riuscita del loro progetto o forse da Natsu che sarebbe arrivato a momenti.
«Muovere? Andiamo da qualche parte?» chiese Cobra.
«Da qui possiamo colpire per bene quella gilda» disse Brain.
Quella?” pensò Priscilla, sporgendosi oltre il suo nascondiglio per cercare di sentire meglio. Gli occhi di Cobra si mossero nella sua direzione, segnalando che aveva sentito la sua presenza e Priscilla arretrò subito. Benché invisibile, lui era in grado di vederla e sentirla facilmente.
«Sarà il luogo da cui la luce della distruzione comincerà a propagarsi!» insistè Brain a voce abbastanza alta da farsi sentire. «Avanti città degli antichi! Tramuta in Luce le mie Tenebre!»
«Ti sento» la voce di Cobra, improvvisamente vicino a lei, benché fosse ancora protetta dal suo Mirage. Il serpente che si portava appresso lanciò la coda in avanti, verso di lei, e Priscilla non poté che tentare un goffo tentativo di protezione con solo le proprie braccia. Il Mirage si ruppe e lei uscì allo scoperto nell'istante in cui venne scaraventata contro il muro di una delle case.
«Merda» biascicò, tentando di rialzarsi.
Cobra la guardò qualche secondo, studiandola, mentre tremante cercava di rimettersi goffamente in piedi. Ricordava bene come era stata colpita più e più volte dalla magia di Brain, eppure nonostante tutto era di nuovo in piedi. Come se non bastasse ora si presentava con buona parte del corpo costituito di ghiaccio.
«Allora era vero ciò che pensavi quando Brain cercava di catturare la ragazzina dai capelli blu. Non puoi morire, non stavi delirando» commentò. «Che razza di mostro sei?»
«Mostro» ghignò lei. Quante volte lei stessa l'aveva pensato di sé. Ma ormai sapeva che non era così, quell'appellativo non la feriva più. «Tanto anche se non te lo dicessi lo leggeresti nei miei pensieri, giusto?» sorrise, prima di alzare una mano e provare a sparare un disperato tornado nella sua direzione. Cobra, ovviamente, riuscì a schivarlo volando sopra Cuberios, il proprio serpente.
«Ti sbagli. Io non leggo i pensieri... io li sento» disse lui.
«Come ti pare!» disse lei provando ancora a colpirlo, inutilmente. Appena schivato il tornado di Priscilla, Cobra si lanciò contro di lei e Cuberios aprì la bocca pronto a morderla.
«Ascensione!» un soffio di vento potente e improvviso le soffiò sotto i piedi permettendole di schivare il colpo. Avvolse la gamba nel vento e caricò un calcio non appena Cuberios le passò sotto, pronta a colpire Cobra. Ma lui schivò ancora, senza nessuna fatica, per poi contrattaccare con un pugno che la mandò ancora al tappeto.
«Con te è anche più semplice, la tua magia è assordante, impossibile da non sentire!» rise Cobra, prima di provare ancora ad attaccarla. Con un altro soffio di vento Priscilla riuscì a schivare le fauci di Cuberios, le più pericolose, ma non la sua coda che la colpì nuovamente.
Assordante” riflettè Priscilla, colta da un'idea. Idea che Cobra riuscì a sentire e lo portò a corrucciarsi, preoccupato.
«Cuberios, finiamola qui» il serpente si lanciò all'attacco verso la ragazza che, nonostante fosse ancora stesa a terra, sorrideva. Si lanciò verso l'alto, schivando il colpo, ma questa volta non parve mollare la presa e continuò a inseguirla a fauci spalancate. Priscilla continuò a scappare dai loro attacchi e nel frattempo intensificò il vento intorno a loro, sempre più, assicurandosi che passasse da tutti gli anfratti. Cobra si corrucciò nel rendersi conto di ciò che lei stava facendo: il vento che passava dalle finestre e case vuote fischiava sempre più forte. Avrebbe coperto i suoi rumori con quelli del vento, si sarebbe resa impercettibile mischiata dal fracasso della sua magia.
«Mi stai stancando!» ringhiò furioso, incitando Cuberios ad accelerare.
Più veloce!” pensò Priscilla, dando fondo a tutte le sue energie, ma la sua buona volontà era decisamente più forte della sua reale potenza. Ormai al limite, non riuscì a liberare ulteriore magia per accelerare se stessa e il vento che aveva intorno, questo diede modo a Cuberios di raggiungerla. Chiuse le fauci sul suo braccio, ma lei si dissolse svelando così uno dei suoi miraggi.
«Stupida» rise Cobra, allungando una mano alla sua destra. «Posso sentirti!» la propria mano tramutò d'aspetto, si ricoprì di scaglie, cambiò colore assumendone uno violaceo e le dita si artigliarono. Afferrò il vuoto, o almeno così parve, ma sentì la consistenza della pelle di Priscilla sotto le proprie dita. L'effetto del Mirage svanì, svelandola infine catturata dal nemico. La sua mano artigliata l'aveva afferrata per la faccia e la stringeva con cattiveria, mentre una strana sensazione di torpore cominciava ad avvolgerla.
«Questa mano... tu...?» balbettò lei, per quanto riuscisse a parlare, bloccata dalla presa e dal veleno di Cobra che aveva cominciato a scorrere in lei.
«Sono un Dragon Slayer, hai indovinato» ridacchiò Cobra.
Un altro?” si chiese lei, sgranando gli occhi dallo stupore.
«Ti sbagli. Il tuo amico Natsu è un Dragon Slayer di vecchia generazione, io sono della nuova generazione. Sono molto più forte di lui, dentro me è stata fusa una Lacryma di Drago» tutto quello sembrava così terribilmente familiare. Un terribile dolore alla bocca dello stomaco e la mano che stringeva il polso di Cobra nel disperato tentativo di liberarsi lasciò la presa. Si ammorbidì, non solo per la stanchezza e per il veleno che ormai le stava appannando la vista, e si lasciò andare.
«Cos'è?» chiese Cobra, guardandola stranito e irritato. «Che razza di pensieri e sensazioni sono queste? Compassione? Tristezza? Cosa diavolo ti prende?»
Strinse maggiormente la presa, sempre più furioso. La mente di Priscilla era stata invasa da talmente tanti pensieri che era difficile riuscire a coglierli tutti, separatamente. Riusciva a sentire il rumore del suo cuore battere più forte, riusciva a sentire il lamento nella sua gola, riusciva a sentire le preghiere rivolte verso qualcuno di imprecisato. Tante parole, tanti pensieri, dolorosi e fastidiosamente compassionevoli. E quel nome, che si ripeteva martellante.
«Laxus?» mormorò, non capendo.
L'ombra di Ivan, suo padre, parve tornare sopra la sua testa dopo tutti quegli anni. Riusciva a rivederlo, mentre torturava suo fratello con quelle bugie e lo convinceva ad essere crudele, lo rivedeva mentre la puniva per aver provato a essere gentile con lui, per aver provato dei sentimenti. Era stato terribile per se stessa, messa al mondo solo per alimentare il potere di una di quelle stesse Lacryma che anche Cobra portava dentro sé, ma anche per suo fratello, manipolato alla follia. Era la sua debolezza, sapeva cosa significava portare dentro sé il peso di una Lacryma di Drago, l'aveva visto ogni singolo giorno e non era mai stato niente di piacevole per nessuno se non per il sadico di suo padre. Le Lacryma di Drago, per lei, non erano altro che sventura e dolore. Non riusciva ad associarla ad altro se non a quello.
«Che cosa ti hanno fatto?» mormorò Priscilla, allungando una mano tremante verso il viso di Cobra, confuso da tutti quei pensieri sconnessi e impazziti, molti rivolti persino verso di lui in maniera quasi amorevole e compassionevole. Non sapeva cosa fosse successo a Cobra, in passato, ma era incredibilmente sicura che anche lui, come lo era stato per loro, avesse avuto la sua dose di sofferenza. Forse qualche pazzo come suo padre? O forse una terribile storia di dolore e soprusi? Una Lacryma di Drago non portava mai niente di buono, l'aveva imparato sulla sua pelle, non poteva essere stato diverso per Cobra. Ma forse era solo la confusione dovuta al veleno della sua magia a portarla ad essere così sensibile verso il nemico che ora aveva davanti, a provare quei sentimenti. Era tutto così confuso, tanto che nell'offuscamento della vista riuscì persino a cogliere la sagoma di Laxus al posto di quella di Cobra, che le faceva del male. Come in passato. Sottomesso dal potere di cui era responsabile, costretto a far infinitamente male a una sorella che diceva di amare, era come essere tornati indietro. E il potere di Nirvana, intorno a lei, le ricordava di quando quel fratello le aveva voltato le spalle accecato dalla rabbia e dai sentimenti negativi. Ormai in preda a una confusione accecante, ebbe la sensazione di avere di fronte a sé il Laxus di quei cinque anni, furioso e cambiato, diverso dal gentile Laxus di quando erano ragazzini. Nella sua mente, mescolando passato e presente, lo vedeva avvolto dalla nebbia del Nirvana e alle sue spalle l'ombra del padre che li incitava a combattere per alimentare il potere di cui era portatore. Il suo Laxus, portatore della Lacryma della sventura, era tornato a colpirla con tutta la malvagità che non gli apparteneva ma che l'aveva accecato così a lungo e così intensamente.
Una lacrima le rigò il viso, prima di svenire definitivamente, sconfitta.
Cobra la lasciò andare, facendola cadere a terra e la osservò confuso per qualche istante. Il flusso di pensieri che aveva colto in quegli istanti erano stati innumerevoli, incomprensibili a tratti, rivolti a qualcuno che non era lì in quel momento ma che probabilmente aveva rivisto in lui. Lo irritavano, tutta quell'improvvisa commiserazione verso di lui, la sua arrendevolezza solo perché aveva creduto di comprenderlo. L'aveva sentita la sua forza combattiva scemare improvvisamente, crollare nel vuoto, solo perché le aveva rivelato di essere un Dragon Slayer. Era frustrante, era come se l'avesse lasciato vincere impietosita da lui. Lo innervosiva.
«La bambina di carta» disse, ripensando a uno dei pensieri che era riuscito a sentire maggiormente in mezzo a quel fiume in tormenta di ricordi e parole. «Probabilmente il suo corpo si rigenererà anche da questo. Non morirà. Sai, Cuberios... la sua strategia non era affatto male» disse, cominciando a incamminarsi verso Brain e tornare da lui. «Se fosse stata più in forze, forse avrebbe potuto metterci in difficoltà».
«Cobra!» la voce di Brain che lo richiamava. «Non perdere tempo» ordinò, indicandogli con un cenno della testa il cielo da dove stava arrivando Natsu, sorretto da Happy.
«Si ricomincia» sorrise Cobra, divertito dai loro disperati tentativi, e si lanciò contro di lui, pronto a combattere l'ennesima fata.




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Capitolo 17
*** Occupati di... loro ***


Occupati di... loro


«Vieni» la sua voce. La voce di Ivan, suo padre. «Priscilla, avvicinati» così vecchia, quando ancora non le faceva tremare ogni muscolo del corpo.
«Priscilla, lui è tuo fratello Laxus. Dovrai prenderti cura di lui» un ordine marchiato a fuoco, la scintilla che aveva dato origine alla sua esistenza.
«Eh?» Laxus si era avvicinato, grattandosi confuso la testolina di bambino. Aveva sempre i capelli così spettinati e disordinati, anche se ci provava non stavano mai al loro posto. L'aveva guardata stranito, confuso ancora di più dal suo portamento rigido, come fosse un burattino. Gli occhi spenti, come se non fossero realmente vivi, e il viso privo di qualsiasi espressione. Lo ricordava, al tempo si sentiva vuota come un lago prosciugato da una terribile siccità.
«Ho una sorella?» una domanda innocente, di chi non capisce cosa stia accadendo. «Dove l'hai trovata, papà?»
«Ma come? Non te la ricordi, Laxus?» quel ghigno, eppure nemmeno quello era riuscito al tempo a farle provare niente. Sentiva il pericolo, lo percepiva sulla pelle, quel ghigno non prometteva niente di buono, ma lei non aveva paura. Non aveva paura, né coraggio, né tristezza, né felicità. Però ricordava di quanto fosse rimasta incuriosita da quei capelli biondi, indomabili. Un uomo si era avvicinato al bambino, il compagno di suo padre in grado di manipolare i ricordi. Gli aveva appoggiato una mano sulla testa, un gesto che poteva sembrare amichevole ma che nascondeva tutta la sua oscurità.
«Non ti ricordi di tua sorella Priscilla?» aveva insistito Ivan e Laxus aveva avuto un piccolo capogiro, prima di voltarsi nuovamente verso Priscilla. «Ah già» aveva mormorato, confuso ma ora convinto. «Bentornata a casa, sorellina».
Sorellina...
«Lei è Priscilla, mia sorella!» l'aveva presentata con entusiasmo ai suoi amici bambini. «Ha vissuto tanto tempo lontana, con la mamma, ma ora è tornata a casa».
Che razza di storia... ma c'era qualcosa di dolce in tutto quello.
L'essere tornata a casa.
Non sapeva cosa significasse, ma suonava così bene.
«Avevo un’altra nipote e me l'hai tenuta nascosta fino ad ora, Ivan?» la voce di Makarov, di chissà quanti giorni dopo. Voci e ricordi che si susseguivano, senza alcun senso, senza alcun controllo. «Sua madre l'ha tenuta nascosta anche a me fino ad ora, che c'è di strano? Sono solo andato a recuperarla» la voce di Ivan che nascondeva dei segreti, che mai avrebbe ammesso, soprattutto al suo detestato padre, l'origine di quella bambina.
«Non ti somiglia molto» aveva azzardato Makarov.
«E con questo?» la provocazione di un Ivan infastidito da quei dubbi.
Ma Makarov aveva semplicemente sorriso, nascondendo così ciò che realmente pensava, i suoi timori su quella bambina apparsa dal nulla: «Dico solo che sua madre doveva essere una gran bellezza, deve aver preso da lei!».
Una madre... chissà com'era averne una.
«Priscilla» Laxus che affaticato ma ridente si voltava a guardarla, immobile vicino a un albero con la sua classica espressione spenta e vuota. «Io e il nonno stiamo giocando ad acchiappare le rane! Vuoi giocare con noi?»
«Perché?» aveva mormorato lei, atona, non capendo il senso di quell'attività.
«Come perché?» aveva brontolato lui, correndole in contro. L'aveva presa per mano e infine trascinata vicino al laghetto. «Perché è divertente!»
Quel sorriso.
Non lo comprendeva, anzi lo detestava. Laxus le faceva del male, la colpiva e la distruggeva, ma poi la prendeva per mano e sorrideva in quel modo. Era incomprensibile, raccapricciante, odioso.
Però...
«Priscilla! Vieni a giocare con me?»
«Che fai, Pricchan?»
«Sorellina, guarda cosa ho trovato!»
«Pricchan! Ho sentito una storia incredibile, vuoi sentirla?»
«Il nonno ha detto che ci porta a pescare! Vieni con noi, sorellina?»
«Pricchan!»
Quel sorriso.
«Pricchan! Ho deciso che voglio entrare nella gilda del nonno. Perché non vieni anche tu? Lo so che hai sempre detto che non ti interessava, ma ti prego, non lasciarmi da solo! Io e te insieme possiamo diventare i più forti di tutti! Ne sono sicuro! Insieme a te niente potrà fermarmi. Accetti? Fallo per me».
Quel sorriso.


«Laxus?» la propria voce. I capelli scompigliati e indomabili di Laxus non erano cambiati negli anni, anche se ora, a diciotto anni, parte di essi li teneva ben schiacciati sulla testa da una cuffia da cui ascoltava spesso della musica. «Ti ho cercato ovunque, dov'eri?»
«In giro» un ringhio che non era da lui. Si era alzato e senza degnarla di uno sguardo si era allontanato.
«Laxus! Ho trovato una missione interessante! Che ne dici?» aveva provato a proporgli giorni dopo. «Ho già preso impegno con lui. Falla da sola» una risposta rude, mentre indicava Fried e ancora una volta le voltava le spalle.
«Laxus! Bentornato! Com'è andata la missione?» quella volta non le aveva nemmeno risposto. E lei continuava a non capire cosa stesse accadendo, ma lo vedeva mentre le sfuggiva dalle mani.
«Laxus?» si voltava dall'altro lato e se ne andava.
«Laxus?» un grugnito e si metteva le cuffie con la musica a tutto volume.
«Laxus?»
«Insomma, vuoi lasciarmi in pace?» l'urlo della fine. «Non hai niente di meglio da fare che gironzolarmi intorno? Sei fastidiosa, peggio che una zanzara».
«Una fastidiosa... zanzara?» aveva mormorato lei, pallida in viso e dal cuore spezzato. «Perché mi dici questo, Laxus?» gli occhi pieni di lacrime.
«Adesso piangi? Stupida. Che hai da piangere?» la rabbia che cresceva sul suo volto.
«Perché sei arrabbiato con me?» aveva singhiozzato, senza riuscire più a trattenersi. «Perché mi stai allontanando? Non capisco, dove ho sbagliato?»
«Non farmi credere che ti interessi! Fingi di provare qualcosa solo quando ti fa comodo!»
«Fingere? Di che parli?» e il dolore si era fatto più intenso. Quello che provava era davvero finzione? Era davvero solo una bambina di carta che si era convinta di essere umana? Accecata da un sogno che le avevano fatto credere essere reale.
«Papà è stato cacciato dalla gilda senza nessun motivo!»
Nessun motivo... certo, lui non poteva ricordare. Lui dimenticava sempre, il suo essere una bambina di carta. Ma Makarov l'aveva finalmente scoperto, il macabro passatempo di Ivan di guardare i propri figli ammazzarsi a vicenda. La crudeltà dei suoi occhi mentre trascinava via il corpo della sua bambina di carta come fosse niente, la buttava sul letto come una bambola rotta e la lasciava lì, a leccarsi le ferite fino a nuovo giorno. Ma lui non poteva ricordare.
«Nessun motivo....» aveva balbettato, accecata dal dolore. Perché aveva dimenticato anche in quel momento? Ora che finalmente tutto era finito, ora che poteva sentirsi libera, perché non ricordava e smetteva di odiarla?
«Quel vecchio gli è dato di volta il cervello, preferire questa marmaglia inutile al sangue del suo sangue. Mi vergogno di essere suo nipote e sono stufo che la gente me lo ricordi in continuazione. Ma cosa peggiore... tu sei dalla sua parte».
Poteva ammettere che fosse diversamente? Poteva davvero fingere di arrabbiarsi con l'uomo che invece l'aveva liberata dal suo tormento? Era ovvio che fosse dalla parte di Makarov, ma lui... dimenticava sempre.
«Aspetta, Laxus, non capisci...» aveva provato a fare un passo verso di lui, troppo addolorata per riuscire a sopportarlo. Ma lui l'aveva colpita.
Quel sorriso... era sparito come per magia.


«Si sta svegliando!» una voce delicata, armoniosa. «Meno male».
«Priscilla, come stai?» era familiare. Il dolore era sparito, quel sogno dissolto, il sogno del suo personale Nirvana. Un fratello amorevole che improvvisamente era diventato malvagio, accecato da un incantesimo. Era felice di sapere che tutto era finito, che lui era finalmente tornato, ma certo non era facile cancellare simili ricordi. Aprì gli occhi pigramente, quasi non ne avesse avuto il desiderio, e scoprì con meraviglia di fronte a sé il volto di Wendy. Sorrideva.
Quel sorriso”.
«Wendy?» mormorò con la bocca impiastricciata di polvere e sangue. «Cosa fai qui?»
«Abbiamo seguito il rumore delle esplosioni del combattimento di Natsu-san. Ci siamo riuniti tutti qui e Jura-san è riuscito a sconfiggere Brain» troppe informazioni, tutte insieme, ma davano un quadro generale di ciò che stava accadendo. Si rialzò, massaggiandosi la testa dolorante e si guardò attorno per cercare di capire che stesse accadendo. Vicino a lei c'erano anche Charle e Lucy, entrambe col viso preoccupato ma sollevato nel constatare che nessuno si era fatto irrimediabilmente male. Era curiosa di guardarsi attorno, ma una curiosità maggiore la spinse a cercare una sola persona.
Cobra era privo di sensi, a terra, a pochi metri da lei. Certo non era stata lei a sconfiggerlo, lo ricordava bene.
«Che gli è successo?» chiese semplicemente, cercando di dare un senso a tutto quello.
«È stato Natsu, l'ha sconfitto» spiegò Lucy. «Anche se poi è stato lo stesso Brain a ridurlo in quello stato e dargli il colpo di grazia. Quell'uomo è terrificante. Meno male Jura è riuscito a sconfiggerlo».
«Avete fermato il Nirvana?» chiese Priscilla, ancora confusa.
«Ecco...» balbettò Lucy, voltandosi verso Natsu. Il ragazzo era steso a terra, un volto terribile e non faceva che lamentarsi. Era vittima della sua implacabile nausea da mezzi di trasporto e questo bastava a confermare che nonostante fossero riusciti a vincere contro gli Oracion Seis, Nirvana non si fermava.
«Dev'esserci una sala di controllo, o qualcosa del genere. Un pulsante per spegnerlo» azzardò Happy, non sapendo dove altro andare a parare.
«Brain lo manovrava da lassù» disse Priscilla, indicando la cima della torre. «L'ho visto, c'era una qualche magia in corso».
«Andiamo a controllare» disse Jura. «Wendy, resta qui con i feriti. Andremo io, Gray e Lucy».
Gray annuì e insieme a Lucy lo seguì, correndo verso la cima della torre.
«Come ti senti, Priscilla-san? Va meglio?» chiese ancora Wendy, preoccupata. Priscilla si limitò ad annuire, per poi tornare a guardare Cobra. Non riusciva a togliersi dalla testa quelle terribili sensazioni, tanto che si era ritrovata persino a sognare suo fratello. Lui era come Laxus, non poteva far a meno di pensarci. E non poteva far a meno di pensare anche al periodo in cui Laxus era cambiato, quando le aveva voltato le spalle. Il Nirvana... la terrorizzava.
«Ho provato con l'antidoto, ma sembra non funzionare. Che faccio?» chiese Wendy, preoccupata, inginocchiata ora di fianco a Natsu. Il ragazzo non faceva che lamentarsi ed era talmente pallido che avrebbe fatto invidia a un lenzuolo. Tanto tramortito dalla nausea che non riusciva nemmeno a muoversi.
«Natsu soffre i mezzi di trasporto» spiegò Happy.
«È una specie di mal di mare?» chiese Wendy, curiosa e Happy annuì. «In questo caso, posso provare con un incantesimo in grado di migliorare il senso dell'equilibrio» azzardò Wendy, aprendo i palmi delle mani sopra Natsu.
«Possiede una simile magia?» si chiese Priscilla, sorpresa.
Natsu sembrò rinascere non appena le mani di Wendy presero a brillare di una magia calda e morbida. Si rialzò e cominciò a saltare non appena fu libero dal flusso magico di Wendy, «Ora sì che sto bene!» esultava. «Happy! Raggiungiamo gli altri!» disse infine, senza darsi nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo.
«Aye!» rispose Happy prima di afferrarlo e volare in cima alla torre.
«Aspettate!» lamentò Charle, prima di voltarsi verso Wendy e dire: «Forse è meglio se andiamo a vedere anche noi, visto che è la nostra gilda che stanno cercando di distruggere».
«Sì, ma...» balbettò Wendy, addolorata, prima di voltarsi verso Priscilla. Si era ripresa, le ferite erano curate, ma restava ancora priva di forze e affaticata per quanto successo fino a quel momento. Oltretutto il suo corpo era ancora per metà di ghiaccio, segno che la sua magia non l'aveva ancora rigenerato, e questo la stancava ancora di più. Era ovvio che non si sarebbe potuta muovere per un po', lasciarla sola non era forse una buona idea. Ma Priscilla sorrise e si limitò ad annuire, per tranquillizzarla.
«Torniamo presto» disse Wendy, volando via sorretta da Charle.
Priscilla tirò un sospiro, cercando di calmare il proprio cuore, troppo inquieto a causa di tutti quei ricordi. Se Nirvana era davvero in grado di cambiare la personalità delle persone partendo dalle forti emozioni, era meglio non diventare una sua vittima. Avrebbe inoltre approfittato di quei minuti di quiete per riprendere un po' le forze e riposare.
«Il vostro primo obiettivo è Cat Shielter, allora...» mormorò cercando di riportare la mente al presente. «Mi chiedo per quale motivo».
Era ovvio che volessero usare Nirvana contro tutte le gilde di luce, ma sapeva che da lì al Cat Shielter c'erano altre gilde per strada... perché puntare per prima a quella? Cosa aveva di speciale? Un mormorio, una voce che parlava e sghignazzava, ma troppo distante per essere colta appieno e ascoltata. Si voltò verso Brain, steso a terra un paio di decine di metri da lei. Parlava... da solo?
Che sta facendo?” Priscilla aggrottò la fronte, preoccupata, e nello sentire infine ridere decise di alzarsi e provare a intervenire. Non era nel pieno delle energie, ma la magia di Wendy e quella di Leon le avevano dato molto, poteva di nuovo dare una mano. Si avvicinò a Brain che si corrucciò nel vederla apparire nel suo campo visivo.
«Tu... sei ancora viva?» chiese, sorpreso. Priscilla gli piantò un piede sul petto, per bloccarlo e impedirgli di muoversi. Non che ce ne fosse bisogno, visto com'era ridotto sarebbe stato impossibilitato a muoversi ancora a lungo, ma preferiva marcare subito le loro posizioni.
«Viva e incazzata. Questa storia sta cominciando a stancarmi e mi sono svegliata di pessimo umore» commentò lei, guardandolo con un'ombra negli occhi che poche volte aveva dimostrato. «Solo per il fatto che hai messo Wendy in pericolo dovrei ucciderti».
«Non va contro le leggi delle gilde, uccidere? Non vorrai infangare il nome della tua gilda» sghignazzò Brain, per niente intimorito. Priscilla gli puntò una mano contro il viso, senza segno di esitazione e questo lo sorprese e per un istante anche intimorì. La mano guantata, l'unica tra le due, per nascondere il simbolo della gilda, era ora pronta a macchiarsi di sangue.
«Quel nome non mi appartiene» disse risoluta. «Seguo solo le mie leggi».
Non era entrata in Fairy Tail per un desiderio personale, quel sogno glielo aveva ricordato. Il suo unico scopo, il motivo della sua esistenza, Laxus Dreyar, era stato persino esiliato. Restava lì per il solo motivo che l'aveva promesso a lui, per quanto chiamare quelle persone “amici” le piacesse sarebbe stata pronta a rinunciare a qualsiasi cosa solo per seguire la propria strada. In fondo, nel profondo, dietro una maschera di sentimenti che si era costruita nel tempo, era sempre stata solo una bambina di carta. Vuota, senza un'anima che fosse tutta sua. La desiderava, la bramava, essere come loro era tutto ciò che sognava e per questo aveva bisogno di Wendy Marvell. Fino ad allora, l'avrebbe protetta e tutelata a qualsiasi costo. Sarebbe stato il suo nuovo scopo, per il momento, e certo non avrebbe permesso a nessuno di distruggere la sua casa, rischiando di farla sprofondare in chissà quale baratro di negatività. Aveva bisogno di lei, avrebbe perciò lottato per lei anche a costo della sua vita, del suo nome, della sua libertà... e del marchio che nascondeva sotto quel guanto.
«Dimmi come fermarlo» ordinò.
Brain sorrise. «Non puoi fermarlo, la sua magia non può essere domata con un semplice incantesimo» sghignazzò. «Non lo fermerai mai».
Un boato alle sue spalle la costrinse a lasciare la presa sull'uomo a terra. Pallida in volto, si voltò verso la torre di comando da cui salì un'esplosione tanto potente che il vento venne smosso anche intorno a lei dall'onda d'urto. Si coprì il volto con un braccio e guardò la raccapricciante scena, senza riuscire neanche a respirare. Lì dentro c'erano Wendy e gli altri. La risata fragorosa di Brain la convinse che doveva esserci lui dietro a quella catastrofe e lo guardò furibonda, digrignando i denti per la rabbia.
«Che cosa hai fatto?» chiese in un urlo che pareva più un ruggito. Il bastone che teneva ancora stretto in mano si mosse, come se non fosse realmente fatto di legno, e le si lanciò contro piegandosi nella sua direzione. La prese di sorpresa e questo gli permise di colpirla con una testata, prima di volare via.
«Ma che... quel bastone...» balbettò lei confusa, guardandolo stralunata. Le ci volle qualche secondo per riprendersi dallo shock, poi scosse la testa e decise di lasciare Brain a se stesso. Corse verso la torre, da dove era arrivata l'esplosione e dove si stava dirigendo anche quel bastone che aveva improvvisamente preso vita e l'aveva presa a testate. Lo vide entrare nella crepa creata nel muro e altrettanto decise di fare lei, saltando e usando il proprio vento per darsi lo slancio necessario a salire alla quota giusta.
«Bastoneeee!!!» gridò, lanciandosi in picchiata verso di lui. Svolazzava a mezz'aria, davanti alla crepa, e stava parlando con Natsu, Gray e Lucy. Si voltò verso Priscilla, intenta a urlare, un attimo prima che potesse cadergli addosso e cavalcarlo come la scopa di una strega. «Cosa diavolo sei?!» gridò lei, mentre lui nel tentativo di liberarsi aveva cominciato a volare di qua e di là, sbatacchiandola come un ninnolo. Ma Priscilla non mollò la presa e continuò a restargli bene aggrappata, nonostante la facesse sbattere contro rocce e colonne.
«Di cosa sei fatta? Colla? Staccati, appiccicume rumoroso!» parlò il teschio in cima al bastone, mentre si agitava e continuava a sbatterla in giro.
«P-Priscilla?» chiamò Lucy, guardando la scena con un certo imbarazzo. Era al limite del ridicolo, nonostante l'impegno combattivo da parte di entrambi.
«Lucy! State bene!» si illuminò lei, vedendoli solo in quell'istante. «Dov’è Wendy?» chiese notando che non fosse con loro.
«È volata via insieme a Charle dicendo che doveva cercare qualcosa. Jura-san ci ha protetti dall’esplosione, era tutta una trappola!» spiegò brevemente Lucy e Priscilla, nell’ascoltarla, quasi dimenticò la sua posizione aggrappata al magico bastone. La distrazione le fu fatale, Klodoa, il bastone, riuscì a farla schiantare contro una colonna e farle mollare la presa. Priscilla scivolò sul muro della colonna, fino a toccare terra, dove si massaggiò il naso con le lacrime agli occhi per il dolore.
Natsu urlò carico, prima di lanciarsi anch'egli all'inseguimento di Klodoa che essendo piccolo e agile si divincolava in continuazione riuscendo non solo a sfuggirgli, ma anche a colpirlo in testa ripetutamente. Persino l'intervento di Gray fu inutile e li portò, anzi, a litigare tra loro.
«Natsu! Gray! Dovete farlo parlare, smettetela di litigare tra voi!» intervenne Priscilla, lanciandosi nella mischia. «Lui sa qualcosa! Dobbiamo scoprire come fermare il Nirvana!»
«Cosa credi che stiamo facendo?» ruggì Gray.
«Mi avete stancato!» lamentò Priscilla e saltando via da loro due, si mise di fronte a Natsu. Soffiò e uno sbuffo di vento travolse completamente il Dragon Slayer, che colpito da quel getto di ossigeno improvviso si infiammò in maniera fulminea e incontrollabile. Urlò più per lo spavento, ma l'urlo di Gray si unì al suo che, dietro di lui, venne travolto in pieno dalla fiammata sprigionata.
«Questo è giocare sporco!» lamentò Natsu.
«Natsu! Guarda che hai fatto!» ringhiò Gray, indicando i suoi pantaloni bruciati. «Non sono stato io! È colpa di Priscilla!» ruggì Natsu, offeso e furioso.
«Se non la smettete lo rifaccio!» si unì una minacciosa Priscilla, tanto minacciosa da mettere loro la pelle d'oca. Ma quel ridicolo battibecco venne interrotto dall'urlo terrorizzato di Klodoa.
«Che gli prende?» chiese Gray, ancora fumante per il colpo di fuoco di Natsu.
«Ha paura anche lui di Priscilla?» Chiese Natsu.
«Io non faccio paura!» lamentò Priscilla, facendogli una linguaccia infastidita.
«Incredibile... tutti e sei i generali sono stati sconfitti!» disse Klodoa col tono terrorizzato.
«Sei?» chiese Priscilla, non capendo.
«Gli Oracion Seis?» svelò Lucy.
«No!» l'urlo di Klodoa fu tale che la palla che teneva stretta tra i denti cadde a terra e si frantumò. «Questo è male! Molto male! Lui sta arrivando!»
«Lui?» chiese Gray, inarcando un sopracciglio confuso.
«C'è un ottavo Oracion Seis?» chiese Happy, cercando una risposta. Klodoa li ignorò e cominciò a tremare come una foglia, portandosi la punta del bastone alla bocca come se avesse voluto mangiarsela per il nervoso.
«Che gli prende ora?» chiese Natsu.
«Sta spremendo come un matto!» disse Happy.
«Semmai vorrai dire “sudando”!» lo riprese Lucy.
«Brain...» balbettò ancora Klodoa.
«Brain?» mormorò Priscilla, cercando di trovare una risposta a tutto quello. Che c'entrava Brain?
«Se ti riferisci a lui, Jura l'ha sconfitto!» disse Natsu, con serenità.
«No...» insisté Klodoa. «Brain possiede un'altra personalità. Quella esteriore col nome in codice Brain, possiede grandissime conoscenze. Poi c'è quella interiore, col nome in codice Zero, che ama unicamente la distruzione».
«Zero?» balbetto Happy, pallido solo nel pronunciare quel nome.
«A causa del suo travolgente e malvagio potenziale magico Brain ha sigillato quella sua parte mediante sei schiavi. Quelli erano gli Oracion Seis e quando i sei generali sono stati sconfitti, la magia che lo incatenava è stata sciolta. Permettendo alla personalità di Zero di emergere nuovamente» spiegò infine Klodoa.
«Quindi le cose si fanno interessanti!» sorrise Natsu, già pronto a menar mani a chiunque si fosse trovato davanti. Il muro, proprio in quel momento, parve esplodere e lasciò aperto un varco da cui fece il suo ingresso una figura scura e minacciosa. Klodoa iniziò a urlare come un pazzo, terrorizzato, mentre il gruppo di Fairy Tail indietreggiava di un passo, preparandosi a difendersi da qualsiasi genere di attacco. Brain, lo stesso Brain che tutti conoscevano, fece il suo ingresso. Priscilla l'aveva lasciato a terra, incapace di muoversi, ferito, invece ora camminava verso di loro senza nessuna difficoltà. Era come nuovo. Klodoa si lanciò a terra, toccando il suolo con la fronte, e piagnucolando urlò terrorizzato: «Bentornato, Master Zero!»
«Master?» chiese Priscilla, tendendo i muscoli. Ero lo stesso Brain di prima, ma emanava un'energia e un potere del tutto diverso. Faceva venire la pelle d'oca.
«Klodoa» chiamò Zero avvicinandosi al suo servitore, steso a terra. «Sembra che le cose abbiano raggiunto un risvolto interessante. Anche Midnight è stato dunque sconfitto?»
«S-Sono davvero mortificato!» sussultò Klodoa.
«Certo che ne è passato di tempo dall'ultima volta che ho provato queste sensazioni» sorrise Zero, di un sorriso malvagio, inquietante. «Avere questo corpo... questa voce. Questa magia. Ogni cosa è ritornata in mio possesso!» Strinse un pugno e delle scintille scure si generarono intorno a esso, colmo di un potere che sembrava non essere in grado persino di contenere.
«Fa venire i brividi» sussurrò Priscilla, riuscendo a sentire su di sé la tensione di quella magia.
«Adesso ci penserò io. Klodoa, stai indietro» disse Zero, togliendosi il cappotto dalle spalle. Il bastone non se lo fece ripetere due volte e scappò lontano il prima possibile, mentre un'aura potente tanto da far tremare la terra avvolgeva Zero, tingendo così i suoi occhi di rosso. «Voi piccoli marmocchi, avete messo a soqquadro la mia gilda. Come suo Master, ve la farò pagare per questo».
La terra continuò a tremare e piccoli sassolini cominciarono addirittura a salire verso l'alto, attratti da una nuova forza di gravità, quella della magia di Zero.
«La terra trema a causa del suo potere magico?» chiese sconvolta Lucy, ma lei e Priscilla sembravano essere le sole a temerlo. Gray e Natsu fecero un passo in avanti, sorridendo per l'eccitazione.
«Sei tutto un fuoco, Natsu?» chiese Gray, pronto ad attaccare.
«Non ho mai sentito un potere disgustoso come questo» disse Natsu, per niente intimorito.
«Giusto» sorrise Zero, colto da un'idea. «Inizierò dal pelato che ha ferito il corpo di Brain» disse, voltando lo sguardo verso Jura, steso a terra, privo di sensi. Mosse rapidamente una mano e una scia luminosa verde e viola piovve addosso a Jura, ma non lo raggiunse. Un muro di vento si mise tra loro e Priscilla dietro di esso, a braccia tese, che lo generava.
«Mi ricordo di te» sorrise Zero. «O meglio, ti rivedo nei ricordi di Brain. Sei ancora viva dopo aver subito appieno i colpi della Dark Rondo e Dark Capriccio. Notevole».
«Ti sembra leale prendertela con chi non può combattere?» chiese lei, intensificando la propria magia e gonfiando il muro di vento che proteggeva se stessa e Jura dietro di sé.
Questo vento... è freddo” si accorse sorprendentemente, poco prima che dal muro di vento cominciassero a emergere scheggie di ghiaccio e fiocchi di neve. Sapeva controllare le correnti intorno a sé, ma da nessuna parte c'erano correnti tanto gelide da ricreare quell'effetto. C'era una sola spiegazione che riusciva a darsi: il braccio di ghiaccio che Leon le aveva donato non le aveva dato solo un appoggio, le stava dando anche del potere. Era come se fosse riuscita a prendersi parte di quella magia che lui le aveva donato e usarla sotto al proprio controllo.
Posso usare la magia che entra dentro me, posso...come inglobarla e forse controllarla” un pensiero, che cominciò a farle nascere un'idea. Ma pensarci la portò a distrarsi e questo permise a Zero di avere tempo e opportunità di intensificare il suo potere e sfondare la sua difesa, travolgendola e scaraventandola contro il muro.
«Priscilla!» la chiamò Lucy, terrorizzata, guardandola accasciarsi a terra e non muoversi più.
«Maledetto!» ruggì Gray, lanciandosi subito dopo, ma Zero lo spazzò via senza difficoltà usando un'altra delle sue magie distruttive. Persino Natsu provò ad attaccarlo ma ottenne lo stesso identico risultato: con un dito, Zero riuscì a metterlo fuori gioco. Colpire Happy e Lucy fu molto più semplice e così, in pochi istanti, i membri rappresentati di Fairy Tail giacevano a terra, inermi e apparentemente senza vita. Sconfitti dal peggior nemico incontrato fino a quel momento, che ora li guardava sogghignando mentre tornava a comando di Nirvana, pronto a distruggere tutto ciò che avrebbe trovato.


«Sei Lacryma da distruggere» una voce eterea, nella sua testa. «Nelle sei zampe della costruzione» frammenti di frase. Spezzati, ma incredibilmente chiari.
«Ci servono altri tre maghi».
«Possiamo fermare Nirvana».
«Zero sta aspettando di fronte a una di quelle Lacrima».
«Ragazzi...» un singhiozzo.
«Priscilla-san» la voce di Wendy, chiara, rotta dal pianto, nella sua testa. «Priscilla-san, ti prego non morire».
Morire.
Lei non morirà, mai.
«Io... non posso... morire» gracchiò Priscilla, riuscendo ad aprire lentamente gli occhi.
«Noi... vi sentiamo!» la voce di Natsu, altrettanto rotta dal dolore, ansante, davanti a lei. Poggiò le mani a terra e tremante riuscì a sollevarsi, lamentando e ansimando, ma riuscì comunque ad alzarsi. E come lei anche Gray e Lucy, subito dopo, si rimisero in piedi. Ogni cosa faceva male, sentivano dolori in qualsiasi parte del corpo, persino respirare era una gran fatica e un gran dolore. Ma sapevano che non potevano morire e soprattutto non potevano restare lì, inermi, mentre Nirvana faceva già ombra sulla gilda dei Cat Shielter.
«Riuscite a sentirci?» la voce di Hibiki, nella loro testa, felice anche se altrettanto affaticata. Era tutti stremati, ma nessuno sembrava deciso ad arrendersi.
«Ditruggeremo... tutte e sei... le Lacryma» ansimò Gray.
«E il fortunato dovrà vedersela con Zero per strada, giusto?» disse Lucy, appoggiata a una roccia nel tentativo di riprendere almeno in parte le forze, abbastanza da riuscire almeno a rialzarsi.
«Abbiamo poco tempo... dobbiamo sbrigarci» digrignò i denti Happy. «Dobbiamo proteggere la gilda di Wendy e Charle!»
«Posso farvi guadagnare tempo» ansimò Priscilla, barcollando nel tentativo di rialzarsi.
«Tempo? Come?» chiese Hibiki, sorpreso.
«È solo un'idea... ma credo di poterlo fare. Posso rallentare Nirvana, forse anzi addirittura impedirgli di procedere oltre. Lascio le Lacryma a voi, ragazzi».
«Contiamo su di te, allora» disse Hibiki. «Nella vostra mente dovreste avere una mappa della zona, per riuscire a trovare tutte e sei le Lacryma. Avete anche un timer impostato, così che possiate attaccare tutti e sei insieme. È importante che lo facciate contemporaneamente, altrimenti le altre Lacryma potrebbero rigenerare quelle distrutte. Priscilla, dunque, nel frattempo impedirà a Nirvana di attaccare prima di allora. Ho numerato le Lacryma, scegliete verso quale volete dirigervi».
«Uno!» rispose per primo Natsu.
«Due!» rispose subito dopo Gray.
«Andrò alla tre!» si accodò Lucy, prima di aggiungere disperata: «Spero non ci sia Zero lì».
«Io andrò alla quattro, allora» la voce di Ichiya nella loro testa, messa in comunicazione telepatica grazie alla magia di Hibiki.
«Io mi dirigerò alla cinque» la voce di Erza li rallegrò.
«Erza! Stai bene!» disse Priscilla, entusiasta. «Sì, grazie a Wendy».
«Io allo...» una voce maschile, ma si interruppe immediatamente, sovrastata da Erza che diceva per lui: «Tu sei alla sei».
«C'è qualcun altro lì?» chiese Natsu, sorpreso.
Questa voce...” pensò Priscilla. Aveva sentito solo una parola, ma aveva vissuto con lui così a lungo che non riconoscerla era impossibile. O meglio, aveva vissuto col suo alter ego. “Gerard...”.
Nessuna risposta arrivò alla domanda di Natsu, né successivamente.
«La telepatia è sparita» constatò Gray, rendendosi conto che erano di nuovo soli.
«È meglio mettersi in cammino, non ci resta molto tempo» disse Priscilla, mettendosi in cammino per prima. Natsu e gli altri le andarono subito dietro e poco dopo si divisero, ognuno diretto alla propria Lacryma.
Gerard combatte al nostro fianco” realizzò Priscilla, intenta a salire l'enorme scalinata che portava alla cima della torre dove Brain aveva manovrato Nirvana. “Sei riuscita a liberarlo dal suo Nirvana personale, Erza” sorrise, felice per il successo dell'amica. Ma qualcosa non le dava pace e non riusciva a gioire troppo in un momento come quello. La voce di Gerard aveva amplificato quelli che erano semplici dubbi, portandole alla mente Mistgun, il giorno del loro ultimo incontro.
«Wendy Marvell è la persona che stai cercando. I suoi poteri curativi possono fare al caso tuo. Potrebbe essere in grado di darti un corpo umano o un’anima umana, liberandoti dalla morsa di tuo padre. Ma una magia come quella non è mai stata realizzata prima d'ora, sono solo ipotesi» e ricordava l'ombra che gli aveva invaso gli occhi. «Ho desistito tanto dal rivelarti questo nome proprio per questo motivo. Priscilla, la magia di Wendy può liberarti ma può anche ucciderti. Rompere un legame non dovrebbe essere difficile, ma creare un’anima... nessuno ci è mai riuscito prima d'ora. Inoltre la magia che ti tiene in vita è magia di Zeref, magia oscura, mentre la magia curativa di Wendy è magia bianca. Potrebbero entrare in conflitto… capisci cosa intendo? Rifletti bene sulla posta in gioco».
«Morire» mormorò, arrivando in cima alla torre. La gamba di ghiaccio che Leon aveva creato per lei cedette e questa la costrinse a barcollare un po', prima di riuscire a rimettersi in piedi. Si trascinò fino al centro della sala e si inginocchiò, poggiando le mani a terra.
«Potrei morire...»
Era qualcosa di così intenso ed estraneo, eppure così vivo. Da sempre l'eventualità non l'aveva spaventata, ma anzi l'aveva attirata. Solo chi viveva poteva morire e se anche lei sarebbe morta allora voleva dire che aveva raggiunto il suo sogno, quello di essere come loro. Come lui.
Io ti aspetto qui, Laxus”.
Da quell'altezza riusciva a vedere la gilda dei Cat Shielter, sotto Nirvana che continuava ad avanzare verso di lui. In pochi minuti l'avrebbe raggiunta e allora niente gli avrebbe impedito di distruggerla. La casa di Wendy. Lei sapeva bene quale fosse il significato di una casa e quella ragazzina... era così preziosa, ora. Sapeva cosa doveva fare, l'aveva capito nell'istante in cui aveva visto la magia di Leon, proveniente da quel braccio e quella gamba, fondersi al suo. Poteva farlo, poteva unirsi ad altre fonti magiche miscelando il suo stesso corpo con esse. E forse forse poteva addirittura controllarle. Ma un conto erano un braccio e una gamba di ghiaccio, un conto era un'intera città oscura di quelle dimensioni. Sarebbe veramente riuscita a prenderne il controllo? E cosa più importante... sarebbe sopravvissuta nel momento in cui essa sarebbe stata distrutta dalle sue Lacryma? Nell'istante in cui Natsu e gli altri avrebbero distrutto la magia di Nirvana, lei che ora si accingeva a fondercisi insieme, sarebbe riuscita a non farsi coinvolgere in quella distruzione?
Si era offerta di provarci, sapeva che doveva farlo, la piccola gilda a forma di gatto che aveva di fronte glielo chiedeva a gran voce. Ma ora morire aveva un altro sapore sulle labbra.
Io ti aspetto qui”.
Non le era mai importato troppo di morire... prima.
«Perdonami... Laxus» sorrise mentre una lacrima le cadeva da una guancia. Si afferrò il guanto che le copriva il simbolo di Fairy Tail, sul palmo della mano destra, e lo tirò via. La sua mano ora avrebbe agito non per se stessa, non per il suo scopo e libertà, ma per la gilda. Solo per la gilda.
Con un urlo lanciò il pugno chiuso contro il pavimento ai suoi piedi. Un piccolo tornado intorno al polso le permise di distruggerlo parzialmente, abbastanza da poterci infilare la mano all'interno ma senza disintegrarlo troppo. Pezzi di ferro e di pietra le lacerarono la pelle, nell'impatto, e penetrarono all'interno della sua carne. Lanciò un urlo di dolore che andò intensificandosi nell'istante in cui la sentì, la magia che impregnava quella terra penetrarle all'interno attraverso quelle ferite. Il dolore che provò non fu paragonabile a nessun tipo di dolore mai provato prima, nemmeno alle scariche di Laxus durante i loro combattimenti. La sentiva che le scivolava all'interno, che la corrodeva e la bruciava come lava. Degli squarci le si aprirono sulla pelle man mano che la magia di Nirvana la possedeva, squarci da cui uscirono fasci di luce nera. La sua mente stessa venne macchiata e invasa da un'ombra oscura che parve cancellare ogni sorta di ricordo ed emozione positiva che avesse mai provato. Il sorriso di Laxus, quel sorriso che le aveva insegnato a sentire il proprio cuore battere nel petto, scomparve. Lo vide affievolirsi e infine venire inghiottito dall'oscurità e dall'ombra. Se ne dimenticò, lasciandole addosso solo una strana sensazione di vuoto. Una mano emerse dalle nubi, illuminate dalla luce oscura di Nirvana, le andò incontro e l'afferrò per la testa. Si sentì improvvisamente piccola, indifesa, terrorizzata.
«La mia bambina di carta» quella voce.
Le riempiva le orecchie, la testa e l'intera anima. Era così pesante, così dolorosa, tanto pregnante da riuscire persino a cancellare il suono delle sue urla colme di dolore e terrore. Sentì chiaramente le forze abbandonarla, il petto che veniva svuotato e pian piano smise persino di urlare. Neanche il dolore aveva più una consistenza. Tutto era vuoto, lei era vuota, senza più neanche il calore delle lacrime sulle guance o il dolore della pressione nel petto per il cuore che batteva. Galleggiava in un vuoto oscuro e silenzioso, mentre la mano di suo padre continuava a stringerle le tempie.
«Sto... morendo?» si chiese e questo stranamente non le fece provare niente. «È questo che si prova?» si chiese mentre la nube scura aumentava le sue dimensione e cominciava a inglobarla. La sentì, le scorreva sulle gambe, le afferrava i fianchi e pian piano la inghiottiva. Nirvana la stava inglobando dentro sé. Si stava fondendo a quella magia con la chiara intenzione di controllarla, ma alla fine, debole e minuscola, era lei che stava venendo posseduta. Si sarebbe persa al suo interno, dimentica di ogni cosa, avrebbe alimentato il folle potere di quella tetra magia, divorata come un lauto pasto. Stava perdendo.
«Io...» mormorò sentendo il gelo di Nirvana salire fino al petto, sfiorare il mento.
«Io...» le accarezzava le guance e finiva di cibarsi del suo collo.
Io ti aspetto qui”.
«Non avevo qualcosa da fare... ancora?» si chiese, dubbiosa.
«ICE MAKE...» una voce. Chi era? Era così familiare. La conosceva? «ICE MAKE!» pronunciò di nuovo e lei poté rendersi conto della sua provenienza. Era dentro di sé. Veniva da dentro di lei e la conosceva, ne era certa!
«Leon?» quel nome le uscì dalle labbra senza neanche rendersene conto, ma funzionò come un incantesimo. In un'esplosione di ghiaccio e schegge la nube che l'aveva ormai inghiottita del tutto si dissolse, lasciandola finalmente libera. Un dolore al petto... no, non un dolore, una calda sensazione. Si portò una mano laddove sentì un misterioso tum tum.
«Cos'è?» si chiese, abbassando gli occhi e notando così la propria mano ancora di ghiaccio. Sgranò gli occhi e il tum tum nel suo petto si fece sempre più intenso, sempre più forte, tanto che le fece quasi male.
«Leon?» chiese a voce più alta, trovando conforto in quel nome che ora pian piano riusciva ad attribuire a qualcuno. Una figura, nella sua mente, la ricordava. Lei ricordava. «E...Gray! Cherry! Natsu! Lucy! Happy! Wendy, Erza, Gerard!» chiamò man mano che comparivano nella sua testa, emergendo dall'oscurità adornati di un sorriso. Trattenne il fiato.
Io ti aspetto qui”.
«Laxus...» sussurò e lo rivide.
«Sei cresciuta così tanto, Pricchan».
Quel sorriso. Un ricordo non così lontano, ma di una dolcezza unica.
Riuscì a rivederlo.
«Laxus...» una lacrima e percepì di nuovo calore, all'interno del proprio petto.
Urlò e dal suo braccio di ghiaccio una magia gelida e potente si sprigionò, rompendo del tutto la nebbia che aveva attorno e permettendole così di riaprire gli occhi. Sobbalzò, rendendosi conto che era stesa a terra, inerme. Si guardò la mano destra ancora conficcata nel terreno, tra le rocce di Nirvana. La mano sinistra di ghiaccio che Leon aveva creato per lei le stringeva il polso con forza, come se non fosse stata lei a utilizzarla. Ma capì... la magia residua di Leon, ancora dentro lei, l'aveva strappata via dalla propria oscurità. Aveva vinto lei, Nirvana ora era in suo potere. Si sollevò in ginocchio e continuò a reggersi con la mano di ghiaccio il polso infilato nella roccia. Strinse i denti, si sforzò e tornò a urlare ma non più dal dolore ma dallo sforzo di riuscire a manovrare un corpo gigantesco come quello.
«Devi fermarti!» gridò e dagli stessi squarci aperti dai fasci di luce scuri cominciò a uscire luce bianca. Ruggì sempre più forte, sforzandosi all'inverosimile. La mano di ghiaccio cominciò a congelare il suo stesso polso per l'energia sprigionata, il vento soffiava intorno a lei folle e incontrollabile. Ghiaccio e vento, uniti e mescolati, diedero vita a una vera e propria tormenta che persino Erza e Wendy e Gray e Lucy riuscirono a vederla, ognuno dalla propria posizione. E sapevano cosa significava. Quello era il potere di Priscilla Dreyar, sorella di Laxus, nipote di Makarov... la bambina di carta.
Nirvana cigolò e il tentacolo alzato rallentò la sua discesa sempre più, fino a fermarsi. L'intera città restò immobile, silenziosa se non per la tormenta che stava vedendo coinvolta la torre di controllo che non cessava di urlare e ruggire, impetuosa. Infine, lentamente, riprese a muoversi ma indietro.
«Lo sta facendo arretrare!» sobbalzò Lucy, emozionata.
«Ce l'ha fatta!» sorrise Erza, dall'altra parte della città.
«Forza, Priscilla-san!» esultò persino Wendy, diretta alla Lacryma sei al posto di Gerard, per permettere a quest’ultimo di raggiungere Natsu e aiutarlo contro Zero.
«C... ci sta riuscendo davvero» sgranò gli occhi Charle, senza riuscire a smettere di fissare la tormenta che non sembrava essere intenzionata a placarsi.
«Ora tocca a noi!» disse Gray, prendendo a correre verso la propria Lacryma, pronto a distruggerla, animato da un nuovo coraggio e una nuova determinazione.
«Ragazzi...» mormorò Priscilla, a occhi chiusi per la concentrazione e lo sforzo di gestire una tale quantità di magia oscura e maligna. «Riesco a sentirvi».
Nirvana ora apparteneva a lei, pericoloso e indomabile, ma era dentro di lei e riusciva perciò a percepire i passi dei propri compagni, le loro parole, i loro respiri, sulla sua stessa pelle. L'oscurità di Nirvana continuava a combattere dentro lei, violenta e implacabile, nonostante fosse riuscita a domarla non si arrendeva e continuava a lottare per prendersi la luce che apparteneva a Priscilla. A occhi chiusi era anche più facile permetterle di giocare con i suoi sentimenti e ricordi, riportandole alla mente i momenti peggiori della sua vita. Era una magia potente e maligna, sapeva cosa usare per riuscire a vincere: doveva solo provocarle dolore o rabbia e avrebbe di nuovo preso il sopravvento su di lei. Laxus tornò a parlare alle sue orecchie, ripetendole tutte le terribili cose che le aveva detto in passato, in quei cinque anni di solitudine.
Se la pensi così anche tu, puoi anche morire per quanto mi riguarda!”
Mi vergogno di avere una sorella come te! Non chiamarmi mai più fratello, da adesso in poi!”
Quella stupida! Non ne ha mai combinata una giusta!"
Ma lei non cedeva, non arretrava neanche di un passo. Illuminata di una luce abbagliante, l'oscurità non riusciva a far altro che tentare di sfiorarla vanamente con quei ricordi. Ma era inutile... tutto inutile.
«Solo un incubo» mormorò, la stessa giustificazione di sempre quando parlava con Laxus di ciò che era successo e dei suoi cupi sentimenti. Era tutto solo un incubo.
«Non temere».
«Hai ancora uno scopo di vita, Priscilla» La voce rassicurante di Makarov, vecchia di cinque anni, proveniva dal ricordo più doloroso: il giorno in cui Laxus aveva smesso del tutto di parlarle e lei aveva quasi deciso di andarsene, tornando da suo padre, non sapendo più cos'altro farsene della magia che lui le aveva dato. Se non poteva prendersi cura di Laxus, che altro motivo aveva di stare al mondo?
«Sei stata creata per occuparti di lui, per prenderti cura di Laxus, solo perché lui non ti sta più vicino non significa che tu non possa ancora farlo».
«Posso farlo... ancora? E come?» Aveva chiesto, nella sua emozionata ingenuità.
«Prendendoti cura di Fairy Tail. Della sua casa, così che possa sempre avere un luogo accogliente in cui tornare e non restare mai solo. Il simbolo sul palmo della tua mano non significa questo? Puoi stringere Fairy Tail tra le dita, curarla, così ti curerai anche di tuo fratello».
«Prendermi cura... di Fairy Tail?»
«Ragazzi... posso sentirvi» sorrise Priscilla, sovrastando maggiormente l'oscurità di Nirvana dentro di lei. «Mi prenderò cura io di voi. È questo il mio scopo» aprì finalmente gli occhi e il vento intorno a lei dissolse completamente la nebbia.
«Il simbolo sul palmo della mano destra, la mano che porgo in aiuto della nostra casa, della nostra famiglia. Userò queste dita per stringerla cautamente e curarla, come un fiore prezioso. Ragazzi! Io sono qui!».
Il vento che circondava la torre di controllo si spanse fischiando tra le finestre vuote di quelle case abbandonate. Corse per le vie, tra le macerie e i corpi dei feriti stesi a terra, accarezzandoli come una madre affettuosa. Corse lungo i corridoi, rombando debolmente, annunciando il suo arrivo con un sussurro rassicurante.
«Natsu» riuscì a sentirlo, lottava contro Zero e ai suoi piedi giaceva un ormai sfiancato Gerard. Ossigenò le ferite dell'uomo a terra, ma ancora di più ossigenò le fiamme che avvolgevano Natsu, rendendolo ancora più ardente.
«Priscilla!» la riconobbe lui, guardandosi le mani sempre più infuocate.
«Gray» chiamò ancora, sentendo anche il glaciale amico. L'aria intorno a Gray si fece più umida e fredda, tanto che sarebbe bastato una leggera ventata di ghiaccio per congelarla interamente. Avrebbe amplificato il suo potere, riducendo la sua fatica.
«Questo...» mormorò lui, sentendo il cambiamento intorno a sé.
«Erza» sussurrò, trovandola.
«Ti sento» sorrise Erza percependo la leggerezza della magia di Priscilla accarezzarla e sollevarla, come aveva fatto anche altre volte. L'avrebbe sostenuta, alleggerendo il suo corpo, accompagnando e potenziando i suoi colpi.
«Lucy» il suono della sua voce, accompagnata dal vento, portò addirittura la bionda a voltarsi, come se si fosse aspettata di trovare Priscilla dietro di sé. E anche Lucy sentì improvvisamente il suo corpo farsi leggero e meno doloroso da muovere.
«Ichiya» chiamò ancora, raggiungendo la quarta Lacryma. Il vento avvolse l'uomo, lo sollevò da terra e allentò i nodi delle corde che lo tenevano ancora legato dallo scontro con gli scagnozzi degli Oracion Seis, permettendogli così di liberarsi.
Esitò, infine, prima di pronunciare l'ultimo nome, alla Lacryma numero sei. Ma non per questo rese il suo contributo meno importante, anzi, forse lo era più di tutte.
«Wendy...»
La persona che cerchi si chiama Wendy Marvell”.
«Dragon Slayer del cielo».
Wendy sussultò nel sentire il vento intensificarsi intorno a lei, rotearle dai piedi fino alla testa, facendo svolazzare i suoi capelli.
«Che succede?» chiese Charle, sorpresa ma spaventata.
«Dragon Slayer dell'aria» la voce di Priscilla raggiunse anche le sue orecchie e le permise di comprendere ciò che le stava succedendo.
«Quest'aria» mormorò Wendy, guardandosi attorno. «Quest'aria appartiene a Priscilla-san» realizzò, mentre sentiva i soffi di vento accarezzarle la pelle e avvolgerle le spalle come una madre amorevole. «Mi sta dando la sua energia» realizzò, assumendo uno sguardo determinato. «Vuole rendermi più forte. Sa che posso farcela!» e prendendo una bella boccata d'aria cominciò a ingoiare e ingurgitare tutta quell'aria che Priscilla le stava mandando, cibandosene e sentendo la sua energia cominciare a scorrerle nelle vene.
«Wendy...?» chiese preoccupata Charle, ma Wendy non smise di mangiare e caricarsi di energia.
«Posso farcela!» decretò infine. «Il potere lo sento scorrere dentro di me!»
«È il momento!» il timer nelle loro menti decretò l'inizio dell'ultimo minuto, avrebbero allo scadere del tempo distrutto le sei Lacryma contemporaneamente. Ognuno dalle proprie postazioni caricò il colpo che avrebbe messo fine a tutto quanto, solo Natsu continuò invece a combattere il nemico, non potendosi ancora dedicare appieno alla Lacryma. Ma infiammato dalla magia che Gerard gli aveva donato, in segno di pace, alimentato dall'ossigeno di Priscilla e scaldato dai sentimenti di tutti i suoi amici che sentiva sulla propria pelle come se si trovassero lì in quel momento, dimostrava una furia pericolosa e incontrollabile. Persino l'attacco finale di Zero si dimostrò inutile e venne bruciato come carta da un Natsu tanto furioso da ruggire come un vero drago. Con l'ultimo colpo che coinvolse Zero, Natsu si gettò contro la Lacryma e insieme al resto dei suoi compagni, nelle altre cinque sezioni, diede fine al tormento di Nirvana.
«Zero!» contò infine anche Priscilla e nell'istante in cui l'esplosione nelle sei zampe decretò la fine di Nirvana lei estrasse con un ultimo urlo e sforzo disumano il pugno dalle rocce della sala di controllo. Poté vederla la mano nera di Nirvana che cercava di afferrarla e tirarla con sé, se l'avesse presa lei sarebbe morta insieme ad esso, ma il tempismo perfetto di Hibiki e la completa fiducia nella riuscita della missione da parte dei suoi compagni la portarono ad allontanarsi appena in tempo. Nirvana non poté che sfiorarla solamente, un istante prima di collassare su se stesso.


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Capitolo 18
*** Compagni ***


Compagni



Stesa a terra, priva completamente di forze e magia, incapace persino di muovere un dito, Priscilla guardava il cielo e ascoltava il rumore di Nirvana sotto di sé che si distruggeva. Sul suo viso, nonostante la situazione, non c'era che un sorriso. Alzò a fatica le mani sopra la sua testa e si guardò entrambi i palmi: uno di ghiaccio, l'altro marchiato dal simbolo della gilda. Il cielo sereno sopra di loro dava solo un maggior conforto e felicità a quel momento. Su entrambe le mani c'erano i segni di amicizie, solidarietà e forza. Fairy Tail da una parte, Leon dall'altra, entrambi erano riusciti a darle tutto quello di cui aveva bisogno per continuare a sopravvivere e soprattutto a vivere in pace con se stessa. A rompere quell'incantesimo fu ancora il rumore dei crolli sotto di sé, ma questa volta coinvolsero anche la stessa torre su cui era stesa lei e solo in quel momento realizzò che si trovava sulla cima più alta di una costruzione in demolizione. Urlò spaventata nel sentire la terra ondeggiare sotto di sé e tentò di gattonare fino all'uscita, ma la torre si piegò su se stessa e lei rotolò fino alla sporgenza. Cadde nel vuoto, seguita dalle macerie, e urlando sforzò quel poco di energia che le era rimasto per generare anche solo un minuscolo soffio di vento e poter volare via. La lotta contro Nirvana l'aveva consumata completamente, non riuscì nemmeno a dar vita a uno spiffero, e non poté far a meno di cadere verso il suolo seguita dalle sue urla terrorizzate.
Atterrò sul morbido e senza arrivare al terreno, miracolosamente vide le rocce che venivano schivate sopra di sé e solo allora si rese conto di essere atterrata su “qualcosa di volante”. Abbassò lo sguardo riuscendo così a scoprire chi l'aveva appena salvata.
«Cuberios?» chiese sorpresa di vedere il serpente. Accanto a lei giaceva, ancora esanime, anche Cobra e il serpente stava portando entrambi in salvo. Anche se forse con Priscilla fu solo un atto caritatevole, visto che raggiunto il perimetro di Nirvana la sbalzò via dal dorso e con un colpo di coda la lanciò contro il bosco sotto di loro.
«Grazie lo stesso, ma preferivo un atterraggio migliore!» gridò lei, continuando a cadere senza controllo. Riuscì a vedere sotto di sé già riuniti, sani e salvi, il resto dei suoi amici anche se ancora mancavano Natsu e Gerard. Il gruppo alzò gli occhi su di lei, attirato dalle sue urla, e sobbalzò nel vederla arrivare in picchiata.
«Qualcuno mi insegni di nuovo come si vola, aiuto!» gridò in piena rotta di collisione con il terreno. Charle scattò verso di lei appena in tempo e riuscì a prenderla per un piede poco prima che raggiungesse il suolo, facendole sfiorare il terriccio solo con il naso.
«Grazie al cielo» piagnucolò Priscilla a testa in giù, tenuta solo per un piede.
Il terreno si mosse sotto al suo naso, mettendola di nuovo in allarme, ma questa volta non ebbe la fortuna di essere salvata da nessuno. Hot Eye uscì da sotto il terreno, portandosi dietro Natsu e Gerard, ma nella violenza dell'emersione colpì in pieno Priscilla che andò volando insieme a Charle dritta contro un albero.
«Natsu!» esultò Happy, con le lacrime agli occhi.
«Stai bene!» gli andò dietro Lucy, subito seguita da Gray ed Erza.
«Sto bene anche io, grazie» lamentò Priscilla, stesa a testa in giù, sopra Charle.
Scivolò lentamente da un lato, spinta dalla povera gattina che cercò di liberarsi dal suo peso e, per quanto ormai fosse completamente distrutta per lo meno poté tornare con la testa in sù. Dei passi rapidi attirarono la sua attenzione e lei riuscì a voltarsi appena in tempo per vedere la piccola Wendy che le saltava addosso e l'abbracciava. Lacrime agli occhi, schiacciava il proprio viso contro la sua spalla e piagnucolava anche se Priscilla credeva con abbastanza sicurezza che non fossero lacrime di dolore.
«Priscilla-san» singhiozzò. «Sono così felice che tu non sia morta!»
"La sua magia potrebbe anche ucciderti" la voce di Mistgun che nei suoi ricordi volle improvvisamente farsi sentire. Una dolorosa sensazione al petto, qualcosa di molto simile a un senso di colpa misto a un cenno di paura. Poteva davvero chiederle di effettuare una magia che al novanta per cento non l'avrebbe lasciata in vita? La libertà aveva un costo, il suo desiderio sapeva che poteva realizzarsi solo previo un sacrificio, aveva sempre creduto di essere pronta a pagare qualsiasi prezzo. Mugolò, imbarazzata e combattuta. Quelle lacrime, quei singhiozzi, quelle speranze... erano solo per lei.
Forse... sì, forse avrebbe potuto aspettare un altro po'. Magari avrebbe potuto trovare un'altra soluzione. Comunque era bene far passare del tempo. Sì, il tempo era quello di cui aveva bisogno. Glielo avrebbe chiesto, come da programma, le avrebbe chiesto di liberarle l'anima anche a costo della vita, di renderla umana, ma certo non poteva farlo in un momento come quello.
«Già...» si limitò a rispondere, incassando la testa nelle spalle per le sensazioni di colpa che stava vivendo in quel momento. Wendy non smise di piangere e stringerla e infine le mormorò un sentito: «Grazie, Priscilla-san. Grazie!»
Le guance le si arrossarono appena e non riuscì a controllare un sorriso timido che le spinse gli zigomi verso l'alto.
«Tranquilla» disse, ormai mossa dal sentimento della felicità. Le posò una mano sopra la testa, accarezzandola come fosse un cucciolo, e con l'altra fece il segno di vittoria con le dita. «Ci pensa Priscilla a sistemare le cose!» sorrise, illuminandosi sempre più, di quel sorriso che tanto la caratterizzava.
Wendy scoppiò in un pianto più infantile e fragoroso, commossa da quella specie di promessa, tanto che Charle la riprese per il tono da bambina che stava dimostrando. Ma Priscilla non poté che ridere ancora di più, intenerita e divertita da quella piccoletta tanto tremolante e insicura, ma dalla forza incredibile. Non riusciva a far a meno di pensare a quanto fosse preziosa.
Il suo sguardo le passò oltre pochi istanti dopo, attirata da un volto familiare. Gerard si stava rialzando da terra e si stava portando più distante, allontanandosi di qualche passo dal gruppo, come se non ne facesse parte. Priscilla lo guardò a lungo, attirata dalla sua presenza, e sorrise infine divertita da quella strana coincidenza. L'alter ego di mistgun era lì, a pochi passi da lei, ed era incredibile quanto fossero identici in qualsiasi lineamento. Le sollevava un pizzico di malinconia: da quanto tempo non vedeva Mistgun? Non era mai neppure riuscita a ringraziarlo per l'addestramento che le aveva sottoposto che l'aveva portata ad ottenere ciò che voleva. Se era riuscita a combattere contro Laxus, se era riuscita a farlo ricordare e sostenerlo, era solo grazie a lui. Chissà dov'era in quel momento.
"Si tratta di una mia vecchia amica. Quando ero piccolo ha vissuto per un po' con me. Il suo nome è Wendy" si ricordò delle parole di Mistgun mossa da quel moto di malinconia e tornò a guardare Wendy, vicino a sé. Le accarezzò nuovamente la testa, ma questa volta fu più delicata e amorevole. Quella bambina aveva vissuto per un po' insieme a Mistgun, prima di lei. Erano legate dalla stessa persona, scaldava il cuore pensarlo.
«Ecco...» balbettò Lucy, voltandosi a guardare Gerard. «Chi è esattamente lui?» chiese, confusa.
«Non l'ho visto alla gilda di Blue Pegasus quando siamo arrivati» osservò Gray, voltandosi verso la stessa persona.
«Lui è Gerard» rispose Erza e questo fece sobbalzare entrambi i suoi amici che si lasciarono sfuggire un soffocante: «Che cosa?!».
«Ma non è lo stesso Gerard che conosciamo» proseguì Erza, cercando di calmare gli animi dei suoi amici.
«Pare abbia perso i ricordi» disse Wendy e Priscilla si sorprese nel sentire proprio lei dare una risposta.
«Tu lo conosci?» le chiese Priscilla e lei annuì, prima di rispondere: «Gerard mi salvò la vita, alcuni anni fa».
Ora era tutto chiaro e questo portò a Priscilla ad imbarazzarsi ancora di più. C'era stato un tremendo equivoco, Wendy credeva che quel Gerard fosse Mistgun, l'uomo che l'aveva tenuta con sé per un po'. Ma non ebbe il coraggio di rivelarglielo, anche perché avrebbe dovuto spiegare troppe cose in quel momento. Preferì lasciarglielo credere, le avrebbe rivelato la verità in un altro momento.
«Gerard ci ha aiutati molto. Dobbiamo ringraziarlo» disse Erza, avvicinandosi a lui.
«Erza» sospirò Gerard, guardandola con gli occhi pieni di rammarico. «Non c'è niente di cui dobbiate ringraziarmi».
Erza gli si avvicinò, allontanandosi così dal resto del gruppo, e cominciò a parlare con lui a bassa voce. Erano sicuramente faccende private e gli altri capirono che era bene lasciarli soli per un attimo.
«Maledizione!» l'urlo di Ichiya ruppe tutto l'incantesimo. «Stavo per andare a rilasciare un po' di profumo tra i cespugli quando mi sono imbattuto in qualcosa» disse cercando di muoversi in avanti, ma trovandosi davanti come un muro invisibile.
«Aspetta... che significa profumo?» sobbalzò Priscilla.
«Ci sono alcuni simboli per terra» osservò Wendy, allungandosi e guardando le scritte in viola sul terreno.
«Rune?» si chiese Priscilla, riconoscendo quel tipo di magia. «Fried? No, sono più potenti delle sue queste».
«Che sta succedendo?» chiese Charle, rendendosi conto solo in quel momento che si trovavano tutte intorno a loro.
«Quando sono state fatte?» chiese Happy, cominciando a sudare freddo.
«Il mio bagno! Men!» urlò ancora Ichiya, al che Priscilla gli gridò incontro irritata: «Cerca di tenerla, ok?!»
«Siamo in trappola?» chiese ancora Lucy.
«Fatti vedere!» gridò Natsu, furioso di trovarsi di fronte a un nemico che non poteva prendere a pugni. Dei passi, tranquilli e composti, di molte più persone di quante si fossero immaginati. L'esercito del consiglio si fece infine vedere e uno di loro, a capo degli altri, fece qualche passo nella loro direzione.
«Non desidero arrecarvi alcun male» disse solennemente, guardando i loro volti spaventati e spaesati. «Tutto ciò che chiedo è che restiate dove siete, senza muovervi almeno per un po'».
«Chi sono?» chiese timidamente Wendy, vicino a Priscilla.
«Il concilio della magia, questa è la loro unità militare» rispose lei, agitata e nervosa.  Aveva seguito abbastanza le vicende di suo nonno per sapere che quella gente non portava mai buone notizie.
«Tu chi sei?» chiese Happy, camminando di fronte al gruppo.
«Sono il capitano del Quarto Reggimento Punitivo e di Detenzione del Nuovo Concilio Magico. Il mio nome è Lahar» si presentò l'uomo dopo che, inevitabilmente, il proprio sguardo si fosse posato sul braccio e la gamba artificiali di Priscilla. Nonostante la stranezza, però, non dimostrò sorpresa. Probabilmente anche lui, visto il suo rango, sapeva già della ragazza creata dalla magia.
«Chi?» strillò Natsu, destandolo dalla sua distrazione.
«Il Nuovo Concilio Magico?» chiese Gray, sbalordito.
«Sono già tornati in attività?» chiese Lucy, altrettanto sconvolta.
«Siamo rinati per far rispettare la legge e proteggere la giustizia» spiegò Lahar. «Non avremo nessuna pietà verso chi compie atti malvagi! » disse con decisione.
«Ma... noi non abbiamo fatto nulla di male» balbettò Happy e Lahar rispose: «Ne sono consapevole. Il nostro scopo è quello di arrestare gli Oracion Seis. Vi prego perciò di consegnare nelle nostre mani colui il cui nome in codice è Hot Eye».
Per quanto Hot Eye fosse stato loro nemico all'inizio di quella battaglia, in seguito all'esposizione a Nirvana aveva completamente cambiato comportamento ed era diventato non solo loro alleato ma amico di Jura. Jura stesso infatti fu il primo a parlare, in sua difesa, ma Hot Eye lo interruppe con un pacato: «Va tutto bene, Jura».
«Richard-dono!» disse Jura, sorpreso.
«Anche se nella mia anima si è risvegliata la rettitudine, questa non può spazzare via ciò che di male ho fatto fino ad oggi. Vorrei poter ricominciare da capo. In questo modo quando potrò riunirmi a mio fratello potrò guardarlo negli occhi».
Una promessa degna di chi aveva veramente deciso di redimere le proprie colpe, non poteva che essere rispettato nell'onore e orgoglio che andava dimostrando.
«Se è così» sorrise Jura, convinto e fiero di poter avere tra le schiere di amici una persona dal cuore così onesto. «Allora cercherò io tuo fratello in tua vece».
«Lo farai?» sbarrò gli occhi Hot Eye, sorpreso ed emozionato.
«Certo. Ti prego, dimmi il nome di tuo fratello».
«Il suo nome è Wally! Wally Buchanan» si affrettò a rispondere Hot Eye. Lo sguardo di Lucy, Gray e Natsu si fece improvvisamente stranito. Sicuramente quel nome diceva loro qualcosa, ma fu Erza a sciogliere quel dubbio chiedendo con sorpresa: «Wally? Wally... è tuo fratello?»
«Mio fratello era una persona buona e di buon cuore. Abbiamo perso i nostri genitori quando eravamo molto piccoli, ma entrambi abbiamo lavorato insieme e siamo riusciti a sopravvivere. Ma poi ci siamo persi di vista e io non ho mai desiderato altro che ritrovarlo» raccontò Hot Eye, emozionato.
«In verità...» si fece avanti Erza. «Io conosco quell'uomo».
«Cosa?» sobbalzarono sia Hot Eye che Jura.
«È un mio amico. Ora sta viaggiando per il continente con entusiasmo» disse lei, con un emozionato sorriso sul volto. Gli occhi di Hot Eye si riempirono di lacrime e si portò entrambe le mani al viso, tremolante per la felicità.
«Che sia questo quello che chiamano miracolo?» pianse e infine si inginocchiò, non potendo sostenere la debolezza di quel momento. «Grazie» singhiozzò a gran voce. «Grazie».
Persino gli altri non furono immuni alla commozione di quel momento, nel vederlo tanto felice anche solo nel sapere che il proprio fratello stava bene, anche se non aveva potuto vederlo. Una lacrima scese dagli occhi di Priscilla, ma se l'asciugò subito e preferì tenere sul volto un sorriso emozionato e felice. Lei particolarmente comprendeva bene l’emozione di quel momento, anche suo fratello in quel momento stava viaggiando chissà dove ma il solo sapere che stava bene, finalmente, era abbastanza. Anche Lucy tirò su col naso e si strofinò un occhio, arrossato. Eppure la gioia di quel momento non poté cancellare il dolore nel vederlo portar via in manette.
«Mi dispiace per lui» confessò Lucy e Happy le diede corda con un triste: «Aye».
«Ora però sbloccate almeno le rune» piagnucolò Ichiya schiacciato contro il muro invisibile. A gambe strette lottava contro un bisogno fisiologico che sentiva non avrebbe tenuto ancora per molto.
«Non farlo!» ruggì Lucy, terrorizzata all'idea di sentire un simile fetore da un momento a un altro.
«No» rispose Lahar. «Il nostro obiettivo in realtà comprende anche un altro prigioniero. Vi prego, oggi, di consegnarmi colui che si è infiltrato nel Concilio Magico, distruggendolo, e che ha aperto il fuoco con l'Etherion... criminale di gran lunga peggiore. Parlo di te, Gerard. Se opporrai resistenza siamo autorizzati a usare la forza».
Gli occhi di Erza si fecero vitrei, il colorito pallido e cominciò improvvisamente a sudare freddo. Nonostante tutto Gerard stesso non parve battere ciglio e rimase di una calma disarmante.
«Un attimo!» intervenne Natsu, ma Lahar lo interruppe con un severo: «Quell'uomo è pericoloso! Non possiamo permettere che vaghi per il mondo. Mai più. Prendetelo» ordinò ai suoi uomini che si avvicinarono, manette alla mano, e lo incatenarono.
«Gerard Fernandez» annunciò Lahar solennemente. «Con la presente ti dichiaro in arresto con l'accusa di alto tradimento verso lo Stato».
«Aspettate solo un attimo!» si fece avanti Wendy, superando il resto del gruppo e camminando a pochi passi da Gerard stesso. «Lui ha perso i ricordi! Non ricorda niente di quello che ha fatto!» disse col tono spezzato dal dolore.
«Secondo la clausola tredici del codice penale questo non è un'attenuante valida» disse ancora Lahar.
Un lamento dalla gola di Erza, ancora paralizzata per il dolore che stava provando in quel momento. Wendy abbassò gli occhi, intimorita all'idea di mostrarli pieni di lacrime, e tremò. Tremò come una foglia nel vedere colui che credeva il suo salvatore venire portato via per un qualcosa che neanche ricordava di aver fatto. Nell'aria non si sentiva altro che la sofferenza di chiunque stesse assistendo a quella scena, sofferenza che andava aumentando di fronte allo sguardo vago e rassegnato di Gerard. Uno sguardo che ammetteva di accettare qualsiasi punizione, anche se ingiusta.
«Il vostro codice penale vi spinge a condannare a morte anche chi non ha scelto la strada che gli è stata imposta?» il ringhio di una Priscilla a cui era sparito ancora una volta il sorriso. Le pupille si erano fatte tanto sottili da sembrare quasi disumane. Gli stavano facendo del male, stavano facendo del male a tutti quelli che aveva. A Erza, a Wendy e anche a Gerard che tanto gli ricordava il suo vecchio amico e salvatore Mistgun. Non riusciva ad accettarlo.
«Priscilla Dreyar, il tuo nome risulta spesso citato nei nostri archivi. Ti prego di non complicare la tua situazione, non siamo qui per voi» rispose Lahar, infastidito dall'attacco.
«No, siete qui per arrestare e condannare chi è più facile prendere, in nome di un codice penale che non fa distinzione tra innocenti e criminali. I veri colpevoli, ditemi, dove sono?» i muscoli si fecero tanto rigidi che persino la sua spalla di ghiaccio si incrinò di fronte alla pressione di tutta quella rabbia.
«Sono qui in nome della legge, non starò a...»
«Un uomo liberato dai suoi ricordi e un altro che invece è stato liberato dalla sua oscurità, entrambi liberi ora di poter scegliere con il proprio cuore e proprio ora voi venite a condannarli, quando è più facile mettere loro delle manette. Non vedete lo squallore delle vostre azioni?»
Gli occhi di Lahar si fecero più scuri sotto al peso delle sopracciglia, ma non ebbe bisogno di intervenire perché fu Erza a mettere una mano sulla spalla di Priscilla e tirarla indietro, per calmarla.
«Va tutto bene. Non ho intenzione di opporre resistenza» disse Gerard, provando così a calmare gli animi.
«Il vostro codice fa acqua da tutte le parti! Per questo...» provò a insistere Priscilla, accecata dalla rabbia, ma la voce rotta di Erza che la chiamava supplichevole la fermò ancora. Strinse i denti dalla rabbia, prima di sibilare: «Non è giusto!»
«Mi dispiace, Wendy» parlò ancora Gerard. «Non sono riuscito a ricordare chi sei».
«Lei mi ha detto che molto tempo fa le hai salvato la vita» disse Charle, camminando a fianco della ragazzina.
«Capisco. Non ho idea di quali sofferenze vi abbia recato, ma sapere di aver salvato qualcuno mi rasserena» sorrise Gerard, prima di alzare gli occhi su Erza, che ancora teneva Priscilla per la spalla. «Erza...» sorrise ancora, più dolcemente. «Grazie di tutto».
Si incamminò verso il carro che l'avrebbe portato in prigione, in silenzio e a testa china.
«Erza!» provò a incalzarla Priscilla, non riuscendo a capire come potesse restare in silenzio mentre lo vedeva venir portato via. Ma la ragazza continuava a stare a testa china, tesa, sentiva la sua presa sulla spalla farsi sempre più dolorosa, ma restava in silenzio.
«Non c'è niente che desideri dire prima di andare?» chiese Lahar, una volta raggiunto da Gerard. «È quasi sicuro che tu venga giustiziato o incarcerato a vita. Non vedrai mai più alcun viso umano».
«Ma questo... non è...» pianse Lucy, senza riuscire a terminare la frase. Sentì anche Wendy, singhiozzare e lamentarsi, e in quel silenzio ottenebrato era tutto più terribile. Rimbombava nelle orecchie.
«Erza....» disse Priscilla, quasi supplichevole. Dovevano fare qualcosa.
«Non...» provò a parlare Erza, riaprendo gli occhi, ma Natsu la interruppe urlando a gran voce: «Non vi permetterò di prenderlo!»
Saltò addosso a due militari e tirò a entrambi un pugno. Il resto dell'esercito si lanciò su di lui, per tenerlo fermo e contenerlo, benché si divincolasse come un’anguilla.
«Natsu!» lo chiamò preoccupato Gray, subito seguito da Lucy.
«Tu, maledetto...» impallidì Lahar, perdendo per la prima volta la sua compostezza.
«Lui è un nostro compagno» ruggì ancora Natsu, cercando di liberarsi dalla presa dei soldati. «Lo riporteremo indietro con noi!»
«Teneteli!» ordinò Lahar e il resto dei suoi uomini si lanciò su Natsu, che aveva già steso a pugni almeno tre o quattro soldati. Era libero, stava per correre verso Gerard, forse per prenderlo e portarlo via, ma altri soldati gli corsero incontro pronti a bloccarlo. Priscilla sfuggì dalla presa di Erza e con un urlo saltò addosso a uno di loro, colpendolo in faccia con la mano di ghiaccio.
«Priscilla!» sussultò Lucy.
«Siete solo dei bastardi!» ruggì lei, affiancando Natsu. «Erza è mia amica e voi la state facendo soffrire, non posso perdonarlo!»
«Pri...» balbettò Erza, guardandola menare pugni a destra e manca. Non era mai stata tipo da risse, ma di solito le piaceva starsene in disparte e al massimo scommettere con Happy sul vincitore. Lei odiava la violenza, odiava le risse, eppure in quel momento, benché priva dei suoi poteri, era tale e quale a Natsu.
«Non fermarti ora, Natsu!» disse Gray saltando in mezzo alla mischia e tirando pugni ai soldati insieme ai suoi amici. «Lui ci ha aiutati a fermare Nirvana e voi non avete per lui nemmeno una parola di ringraziamento? Non posso restare a guardare!» insisté Gray, saltando e tirando un paio di calci.
Jura si battè un pugno sul palmo della mano e circondato da nuova energia decretò: «Ciò che dici è vero! È ingiusto arrestare una persona come lui». Era pronto a mettersi contro il Concilio persino lui, Jura dell'Ordine dei Dieci Maghi Sacri era dalla loro parte. Qualcosa doveva pur significare?
«Mi addolora dirlo, ma se porterete via quell'uomo Erza ne soffrirà!» annunciò persino Ichiya correndo a coprire i suoi amici e tirando un paio di pugni a un soldato. Happy e persino Lucy, con le loro scarse energie, presero un soldato per il collo e cominciarono a colpirlo in maniera rozza e infantile, ma pur sempre decisa. Tutti combattevano, tutti pregavano, tutti si opponevano sapendo che non avrebbero mai potuto vincere contro il Concilio. Eppure questo non li fermava. Concilio o meno, nessuno aveva diritto di far soffrire i loro amici ingiustamente.
«Gerard! Vieni qui! Vieni con noi! Non puoi abbandonare Erza» insisté Natsu, lottando contro cinque dei soldati. «Noi siamo compagni! Gerard!»
E sullo sfondo un terribile scenario di maghi ormai allo stremo ma che combattevano con le unghie una lotta che mai avrebbero vinto. Eppure non si arrendevano. Lucy bloccata a terra, Happy preso per il ventre e stretto al petto di uno dei soldati, Gray trattenuto da altri sei, Jura che ancora riusciva a colpirne qualcuno, così come Ichiya, Priscilla trattenuta per la vita che scalciava e urlava nel tentativo di liberarsi, Wendy trattenuta per un polso mentre Charle graffiava il volto del soldato che la teneva.
«Arrestateli tutti!» ordinò Lahar, stufo. «Per aver ostacolato l'esercizio di pubblici ufficiali e aver tentato di far fuggire il criminale!»
Li accerchiarono e alzarono le armi, pronti a usare le maniere forti.
«Basta!» la voce di Erza mise fine a tutte le loro voci. «Perdonate la nostra confusione» disse solenne, con una freddezza e una compostezza che stava palesemente sforzando. «Io mi prendo la completa responsabilità dell'accaduto».
«Erza» mormorò Priscilla, addolorata.
«Erza!» provò a chiamarla più furiosamente Natsu, ma lei ordinò semplicemente: «Siediti!» e lui, sempre intimorito da lei, obbedì immediatamente.
«Portate pure via Gerard» disse infine. Priscilla aprì bocca, pronta a ribattere ancora, ma di nuovo Erza fece appello alla sua forza e l'anticipò con un furioso: «Ho detto basta!»
«Va bene!» sibilò lei, spaventata dal suo tono.
Gerard salì sul carro, infine, e dopo un perdono quasi immeritato il Concilio si congedò lasciandoli soli.
«Erza...» provò a chiamarla Lucy, avvicinandosi, ma lei la ignorò e voltando le spalle ai suoi amici si allontanò nel silenzio.
Il sole cominciò a sorgere in un'alba rossa, calda e passionale, come i capelli di Erza, ma lei in quel momento non era lì e forse neanche riusciva a vederla. Avevano passato l'intera notte a combattere e rischiare la vita, neanche se n'erano accorti del passare del tempo, e ora che tutto era finito quella notte aveva lasciato dietro di sé solo pensieri e dolori. Avevano vinto, ma tutto ciò che restava da fare era leccarsi le ferite. Hot Eye e Gerard erano stati presi dal Concilio e arrestati. Avevano tutti e due commesso crimini indicibili e la logica diceva loro che se lo meritavano, eppure i loro occhi opachi avevano ripreso improvvisamente a colorarsi. Hot Eye più di tutti, ma anche Gerard aveva cominciato a guardare il mondo intorno a sé in maniera diversa e più pura, non riuscivano a sopportare l'idea che il mondo era stato loro strappato via proprio nell'istante in cui avevano cominciato a guardarlo davvero.
«Chissà dov'è andata Erza» mormorò Lucy abbassando gli occhi addolorati. Erano probabilmente passate ore da quando il Concilio si era portato via i prigionieri ed Erza non si era più vista da allora.
«Forse dovremmo andare a cercarla?» chiese infine Wendy, preoccupata.
«È meglio lasciarla sola» negò Priscilla, appoggiandosi a un tronco alle sue spalle. Puntò gli occhi al cielo rosso sopra la sua testa, seguendo il viaggio di una nuvola. Erza era la loro colonna portante, il loro cavaliere migliore, e probabilmente in quel momento stava versando lacrime a fiumi. Non avrebbe giovato a nessuno vederla in quelle condizioni, soprattutto a lei che si appoggiava alla sua forza come fosse l’unica cosa in grado di tenerla in vita. Sospirò e socchiuse gli occhi, cercando di rilassarsi e dare modo alle proprie ferite di rimarginarsi. Senza che se ne rese conto, finì però con l’addormentarsi, stremata.


Ad aiutarla a riprendere coscienza furono il chiacchiericcio di sottofondo ma soprattutto un odore che andò a pizzicarle sempre più il naso. Ancora a occhi chiusi, e ora stesa su un morbido giaciglio, cominciò ad arricciare il naso attirata da quell'invitante odore. Aprì con gran fatica un occhio, rendendosi conto di quanto fosse ancora stanca vista la gran fatica che fece per riuscire a mettere a fuoco le immagini. Si alzò da quello che doveva essere un letto, o un divano forse, e si incamminò verso un tavolino apparecchiato con sopra qualche dolcetto e della frutta.
«Priscilla! Sei sveglia, finalmente!» osservò Lucy, in quella stessa stanza. Era vestita con un abito diverso e strano, insieme a lei c'era anche Erza, in un angolo, e Cherry. Non sapeva dove si trovavano, né quando e come fosse arrivata lì, ma niente sembrò importarle. La confusione era ancora troppa e lei non era del tutto sveglia. Si accasciò sul tavolo, prese una pesca e se la infilò in bocca, masticando pigramente.
«Ma sta ancora dormendo?» chiese Cherry, guardandola confusa. Aveva sì gli occhi aperti, anche se non del tutto, e camminava, ma non parlava né sembrava reagire a ciò che aveva attorno.
«Era da ieri dal nostro arrivo che non mangiava qualcosa» disse Lucy, ridendo imbarazzata. «Si sarà alzata solo per quello, ma probabilmente sì, sta ancora dormendo».
Priscilla finì di masticare pigramente la sua pesca, ingoiò persino il nocciolo, e senza alzare la testa dal tavolo si voltò a guardare Lucy. Allungò una mano a prendere un dolcetto di miele e nocciole, si portò in bocca anche quello e mentre masticava biascicò: «Che hai addosso Lucy?»
«Parlare a bocca piena è maleducazione, lo sai?» disse lei, guardandola sempre con più imbarazzo.
«Sono vestiti della gilda di Wendy!» rispose invece Cherry, entusiasta del suo. «Ce n'è uno anche per te! Perché non lo provi? Sono bellissimi».
«L'intero villaggio fa parte della gilda e la produzione di vestiti è un business fiorente» spiegò Wendy, guardando Cherry che si specchiava con narcisismo.
«Sono abiti tradizionali dei Nirvit?» chiese Lucy.
«Che sono i Nirvit?» chiese Priscilla, continuando a mangiare nella sua posizione accasciata sul tavolo. Stava pian piano riprendendosi e mangiare sicuramente l'aiutava, ma certo non poteva dire di essere pronta a scattare in piedi.
«Il popolo che ha creato Nirvana, i suoi discendenti sono i fondatori della gilda Cat Shielter» spiegò Lucy.
«Genitori problematici, ne so qualcosa» sbadigliò Priscilla e si lanciò in bocca l'ultimo dolcetto presente sulla tavolata.
«Li hai già finiti tutti?!» sobbalzò Lucy, notando ora i piatti vuoti.
«Erano deliziosi!» sorrise Priscilla, riuscendo finalmente a rialzarsi e si accarezzò la pancia ora gonfia e soddisfatta. «Ne avete ancora?»
«Posso chiedere di prepararne altri, certo» ridacchiò Wendy, divertita dalla sua ingordigia.
«Non essere maleducata!» la rimproverò inutilmente Lucy.
«Voglio anche io mettere uno di quei vestiti!» disse poi Priscilla, ignorando i rimproveri di Lucy. Le era bastato dormirci un po' su ed era riuscita a tornare la solita sorridente e rumorosa Priscilla di sempre, anche se l'atmosfera non era ancora troppo gioviale riusciva lo stesso a strappare un sorriso. Si infilò dentro un armadio e comincio ad arraffare un paio di stoffe, studiandole e cercando di capirne la forma. Infine ne estrasse uno e se lo infilò. Aveva colori caldi, sul giallo e l'arancione sfumato, con drappi e sete che scendevano morbide lungo una gonna aperta sui fianchi. Un top non troppo elaborato, abbastanza corto che lasciava gran parte della pelle scoperta, e infine alzò le braccia allegra esultando un «Ta-dan!»
«Ti sta bene!» sorrise Lucy notando come tutti quei drappi e drappeggi facessero al caso suo, visto che il vento era il suo elemento e a ogni movimento si muovevano con fare sinuoso tutto intorno alle gambe. Cherry annuì semplicemente, ma non disse niente. Nel cambiarsi e con quegli abiti abbastanza scoperti era possibile vedere con più chiarezza tutta la porzione di corpo che ancora le mancava e che era stato sostituito dal ghiaccio di Leon. Probabilmente ci sarebbero volute settimane prima che fosse potuta tornare normale e in quelle settimane avrebbe portato per sempre con sé il ricordo della sua quasi morte e di ciò che aveva fatto per salvare il suo amico. Trattandosi di Leon e non uno qualunque, la cosa aveva su Cherry un certo effetto. Quel corpo era stato storpiato per salvare l'amore più grande della sua vita, le era incredibilmente riconoscente.
«Erza» chiamò Lucy, voltandosi verso la ragazza che era seduta a testa china in un angolo. «Tu non ne provi uno? Sono così carini» provò a coinvolgerla ma Erza si limitò ad annuire, distrattamente.
«A proposito, Wendy...» cominciò a chiedere Cherry, tornando a guardarsi allo specchio. «Quand'è che la Cat Shielter si è unita alla Lega delle Gilde? Mi scuso per la brutalità, ma prima dell'inizio di questa missione non avevo mai sentito il nome della tua gilda».
«Anche io, ora che ci penso, non l'avevo mai sentita prima» si unì Lucy.
«È così, allora» sorrise Wendy, imbarazzata. «La mia gilda dev’essere una di quelle che non conosce nessuno» confessò, arrossendo per la vergogna.
«Che ti importa?» disse Charle, puntandosi le mani fianchi. «Sbrigatevi, vi stanno tutti aspettando, piuttosto».
«Tutti?» chiese Priscilla seduta in angolo a sgranocchiare delle nocciole.
«E quelle dove le hai trovate?!» sussultò Lucy, ma lei rispose solo con uno di quei soliti sorrisi impertinenti che sostituivano le vere risposte. Non l'avrebbe scoperto mai, probabilmente, e sapeva che era anche inutile provare a indagare troppo.
Erza finì di cambiarsi nel suo più completo silenzio, inutili furono i complimenti di Lucy e delle altre ragazze nel tentativo di tirarle su il morale, e infine uscirono dalla gilda, raggiungendo il resto del gruppo nel cortile esterno, dove chiacchieravano insieme ai membri della gilda Cat Shielter. Natsu fu il primo a vederle arrivare e alzò il braccio per salutarle, ma non ebbe tempo di aprire bocca che un piccolo tornado gli passò a fianco a velocità incredibile. Non si trattava di un tornado vero, ma invece di una Priscilla che si era messa a correre con una velocità incredibile e l'aveva superato, diretta chissà dove.
«Leon!» il suo urlo attirò l'attenzione del ragazzo in questione, che si voltò appena in tempo per vedersela saltare addosso a braccia spalancate. Urlò terrorizzato dall'assalto improvviso, e sicuramente anche imbarazzato per il fatto che lei stesse per abbracciarlo così calorosamente, ma non ebbe tempo di scappare che Priscilla gli aveva già stretto le braccia al collo. Gray, vicino a lui, lo guardò paralizzato, come di pietra, ma certo non tanto quanto lo era Cherry nel vedere l'uomo che più amava preso d'assalto così da un'altra ragazza. Leon si guardò attorno sempre più colto dal panico per quell'ambigua situazione e provò a divincolarsi dalla presa di Priscilla che invece si faceva sempre più ferrea e soffocante. Eccessivamente soffocante, visto che era proprio il collo quello che stringeva e a cui si appendeva.
«Priscilla... lasciami! Mi strozzi!» disse infine, sente l'aria mancargli.
«Grazie» la sua voce più che quella singola parola lo convinsero a calmarsi. Era stato come un sussurro, un lamento, e solo in quel momento notava che da quando l'aveva afferrato aveva nascosto il proprio viso contro la propria schiena e ce lo premeva come se non fosse voluta mostrarsi. Per un istante ebbe persino il dubbio che stesse piangendo e anche se non sapeva il motivo -certo non poteva sapere di ciò che aveva vissuto con Nirvana e di come quel suo braccio di ghiaccio che lui le aveva donato le avesse salvato la vita- decise di lottare contro il proprio imbarazzo e darle il tempo di stringerlo fintanto che avesse voluto.
«Stai bene?» chiese titubante dopo qualche secondo. Un sorriso, nascosto contro la sua spalla, ma che dopo un attimo di esitazione lei ebbe finalmente la forza di mostrare al mondo intero sollevando finalmente gli occhi.
«Benissimo» disse senza lasciarlo andare e poggiando timidamente una guancia sulla sua spalla per voltare la testa nella direzione del suo viso.
«Lui ti ppppppiace» si avvicinò Happy, portandosi una zampa alla bocca con fare timido.
«Ma che dici?!» urlò di nuovo Leon, mentre Priscilla restava misteriosamente calma. «È carino, vero» sorrise innocentemente, come se non si rendesse conto della cosa. Ma quella era lei, innocente e gioviale, non prendeva niente sul serio fintanto che non ce n'era veramente bisogno perché se c'era una cosa che quell'orribile infanzia le aveva insegnato, che Laxus le aveva insegnato, era che sorridere rendeva tutto migliore. «P-Priscilla!» balbettò Leon, sempre più rosso in volto, ma lei non rispose che con una risata divertita.
«Priscilla» il ruggito di Cherry, tanto grave da sembrare quello di una belva pronta ad attaccare, fece rabbrividire persino lei. «Ti credevo amica, maledetta».
«C-Cherry, aspetta...è un malinteso» balbettarono sia Leon che Priscilla. La situazione fece scoppiare a ridere il resto dei ragazzi che avevano attorno e per quanto in Leon continuasse ad aumentare il disagio e in Cherry la rabbia, Priscilla sembrò liberarsi presto da quei sentimenti e si guardò attorno, osservando il volto delle persone che aveva vicino a sé mentre lasciavano uscire la loro ilarità. Il pensare che fino a poche ore prima quegli stessi volti erano deturpati dal dolore e dalla paura, quel suono che era la loro risata non era che lenitivo per le ferite che avevano riportato. Era tutto così bello. E anche se continuava a essere vittima dell'odio geloso di Cherry, tornò a sorridere tanto forte che le guance le diventarono rosse dallo sforzo e dall'emozione.
Era finita. Era finita davvero... e stavano tutti bene.
«Quindi ora è arrivato il momento di festeggiare!!!» gridò Natsu alzando un pugno verso il cielo.
«Aye!» gli diede corda Happy, volando al suo fianco.
«Festa!» gridò Priscilla, altrettanto entusiasta.
«Esatto!» disse Ichiya, lanciandosi in mezzo al gruppo armato di una carota che usò come microfono. I tre ragazzi di Blue Pegasus lo circondarono e iniziarono a battere le mani a ritmo, mentre lui cantava: «Ichiya-san si unirà a voi!» e cominciò a fare una serie di versi che non avevano significati, utili solo a tenere il ritmo mentre saltava in una danza semplice ma ridicola. I tre ragazzi di Blue Pegasus si unirono presto a lui e pochi secondi dopo persino i membri di Fairy Tail, altrettanto entusiasti, si misero al loro fianco in quella vergognosa situazione ma in qualche modo allegra. Solo Erza rimase ancora in disparte, mentre dopo un po' anche Wendy stessa cominciò a saltare. Ma si paralizzarono pochi minuti dopo, quando si accorsero che non solo erano gli unici a ballare ma nessuno dei membri di Cat Shielter accennava nemmeno a un sorriso. La situazione era tanto imbarazzante da essere quasi fastidiosa. Ma soprattutto... sospetta. Perché non erano felici nemmeno un po', visto che la loro gilda si era salvata?
«Ragazzi» parlò infine il vecchio Master. «Sono veramente dispiaciuto di avervi nascosto il nostro legame con i Nirvit» confessò.
«Hai rovinato l'atmosfera per una cosa come questa?» brontolò Happy.
«Non è che poi ci importi molto» lo assecondò Natsu. «Vero?»
«Certo!» annuì Happy.
«Master, a me non importa» disse Wendy, vicino al vecchio, ma questo non sembrò tranquillizzarlo nemmeno un po'.
«Per favore, ascoltate tutti attentamente quello che ho da dirvi» sospirò lui, riprendendo il discorso. «Per iniziare, noi non siamo i discendenti dei Nirvit. Noi siamo i Nirvit stessi. Quattrocento anni fa fui io a creare Nirvana».
«Cosa?» sobbalzò Leon.
«Impossibile» sgranò gli occhi Lucy.
«Quattrocento... anni?» balbettò persino Priscilla.
«Quattrocento anni fa, allo scopo di fermare la guerra che spaziava nel mondo creai il Nirvana, un incantesimo in grado di invertire la luce con l'oscurità. Nirvana divenne il nostro paese e per un po' riuscimmo a mantenere la pace. Ma fu impossibile cambiare la personalità delle persone in luce senza conseguenze. Così come l'oscurità si oppone alla luce, la luce si oppone all'oscurità. L'oscurità dispersa dalle persone tornava contro di noi di Nirvit. Fu l'inferno. Ci uccidemmo l'un l'altro, finché non rimase nessuno. Io sono l'unico sopravvissuto... anche se a dire il vero questo non è propriamente corretto: il mio fisico è morto da tempo, sono ciò che voi chiamate uno spirito» smorzò la voce, nel confessare quelle ultime parole. Nessuno ebbe coraggio di dire niente, era tutto così assurdo, incredibile e soprattutto spaventoso.
«Uno... spirito?» balbetto Lucy, pallida in volto.
«O meglio, un debole fantasma che sta provando a redimersi dei suoi peccati. Ho tenuto d'occhio il Nirvana per quattrocento anni in attesa della comparsa di qualcuno che lo avrebbe distrutto. E ora...» un sorriso, anche se in tutta quella storia aveva certamente un gusto meno rassicurante e più amaro. «Ora il mio compito è finalmente terminato».
«C...Cosa stai dicendo?» chiese Wendy con un filo di voce ma il Master non ebbe tempo di trovare una risposta che tutti i membri di Cat Shielter cominciarono pian piano a sparire, uno dopo l'altro, in un tiepido fascio di luce.
«Che succede?» chiese ancora Wendy, guardando i suoi compagni sparirle davanti agli occhi. «Tutti quanti!» urlò Charle, altrettanto sconvolta.
«No...» pianse Wendy. «Ragazzi... non voglio che spariate!»
«Mi dispiace averti ingannata» disse infine il Master. «Tutti i membri della gilda in realtà sono illusioni create da me».
«Cosa hai detto?» strillò Natsu, sconvolto.
«Illusioni con le proprie personalità» mormorò Leon, sconvolto dal potere di quel vecchio.
«Io ho vissuto in questo villaggio solo per proteggere il Nirvana. Sette anni fa un ragazzo venne qui e mi chiese di prendermi cura della bambina che si portava appresso» raccontò lui e Priscilla, che conosceva già parte di quella storia, capì che si trattava di Mistgun.
"Una mia vecchia amica".
Conoscendo Mistgun non era nemmeno difficile capire perché avesse deciso di lasciare Wendy nelle mani di qualcun altro. Anima aveva intensificato i suoi attacchi, la magia del folle padre che aveva ad Edoras, certamente non poteva portarsela appresso. Non una come Wendy, perlomeno.
«Non potei rifiutare la richiesta di quel ragazzo e dei suoi fieri ed onesti occhi. Anche se avevo promesso a me stesso che sarei rimasto solo, il dolore di quella bambina era tale che fu impossibile per me dirle la verità. Cercava una gilda, diceva che quel ragazzo aveva promesso di portarla a una gilda di maghi e così ho creato una famiglia illusoria».
«L'intera gilda è stata creata per Wendy?» chiese Lucy, portandosi una mano alle labbra.
«Non voglio sentirlo!» urlò Wendy, in preda alle lacrime.
«Wendy, Charle... non avete più bisogno di una famiglia immaginaria. Avete dei veri amici, ora» sorrise il vecchio, indicando il resto del gruppo alle spalle della ragazzina. «Il tuo futuro è appena iniziato» e con quelle ultime parole persino la sua immagine cominciò a sparire in una scia luminosa, evanescente, fino a diventare irriconoscibile.
«Master!» chiamò Wendy, provando a corrergli incontro, ma non poté che abbracciare il vuoto. E con l'ultimo membro di quella finta gilda, sparì anche il simbolo sulla spalla di Wendy. Le gambe le cedettero e cadde a terra, incapace di muoversi oltre. Chiamò un ultima volta il suo master, gridando al cielo, e infine scoppiò in un pianto terribile e insostenibile.
"Si chiama Wendy Marvell" la voce di Mistgun che rimbombava nella testa di Priscilla, nell'eco dei pianti della ragazzina. "È una mia vecchia amica".
"Amica".
"Gerard mi ha salvato la vita" il racconto di Wendy, per giustificare la dolcezza dei suoi occhi quando guardava quello che in realtà era il clone del suo salvatore. Una strana sensazione al petto le fece intensificare il respiro. D'istinto strinse le dita della mano destra, ancora scoperte, sul simbolo che portava sul palmo della mano.
"Il simbolo sul palmo della tua mano non significa questo, Priscilla? Puoi stringere Fairy Tail tra le dita, curarla” la voce di suo nonno, che le ricordava quale poteva essere il suo nuovo scopo di vita, ora che Laxus non c'era più.
Di nuovo qua, Priscilla?” ricordava le volte che Mistgun la prendeva in giro, quando tornava da lui dopo solo pochi giorni da una missione appena conclusa. “Non riesci proprio a stare sola?”
Io sono sempre sola” le aveva risposta atona.
Già... anche io” un sospiro e uno sguardo al cielo. “Ma è bello anche così, condividere la nostra solitudine tra di noi. La rende meno schiacciante”.
Perché hai scelto di aiutarmi? Perché sei venuto meno alla tua regola di avere a che fare con Fairy Tail e mi stai aiutando, Mistgun? Io in cambio non ti do poi molto”.
Chissà... magari mi ricordi qualcuno a cui volevo bene”.
Un palpitio di fronte a quel piccolo ricordo nato così improvvisamente.
Gerard mi ha salvato” aveva detto Wendy.
Gerard mi ha salvato” certamente era quello che poteva dire anche lei.
Si avvicinò a Wendy sotto lo sguardo sorpreso e preoccupato dei suoi amici, curiosi di ciò che aveva intenzione di fare.
Era una mia vecchia amica” come toglierselo dalla testa?
La magia di Wendy potrebbe aiutarti, ma anche ucciderti, per questo ho desistito dal dirtelo subito. Valuta attentamente” si era preoccupato. Si era sempre preoccupato per lei.
Dove vuoi il simbolo di Fairy Tail, allora, Priscilla?” la voce di suo nonno, in un altro dei tanti ricordi. La faceva sorridere ogni volta.
Sul palmo della mano destra!” aveva deciso dopo un'attenta analisi. “Perché il palmo della mano destra è la prima cosa che si offre a coloro che vogliamo aiutare. Ed è quello che farò io”.
La mano di Priscilla si aprì davanti al viso di Wendy, mostrandole così il simbolo giallo che conteneva. Inginocchiata davanti a lei la guardava con una dolcezza unica.
«Condividi la tua solitudine con noi, la renderà meno schiacciante» le disse incoraggiante. Il viso di Wendy si distese nel vedere la sua mano offrirle la risposta a tutte le sue sofferenze: la sua mano, la sua gilda. Priscilla le stava offrendo non solo un aiuto, ma un’intera gilda, la sua stessa famiglia. Una nuova casa.
Un sorriso nacque sul volto di Priscilla, un enorme sorriso luminoso, lo stesso sorriso che aiutava Laxus a sentirsi meglio tutte le volte che ricordava, lo stesso sorriso che lui stesso le aveva insegnato a fare per spiegarle cos'era la vita.
È tuo fratello, Priscilla. Occupati di lui”.
«Tranquilla! Mi occuperò io di te!»


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Capitolo 19
*** Tornare ***


Tornare





«Ecco la nostra nave» disse Lucy, indicando l'imbarcazione ferma nel porto. Vicino a loro altre grosse navi attendevano, ognuna diretta in località diverse.
«Si torna a casa!» esultò Priscilla, alzando le braccia al cielo. Quella missione era stata estenuante e molte volte si erano ritrovati a pensare che forse mai sarebbero potuti tornare a casa, visto come stavano andando le cose. Sapere che presto avrebbero rivisto tutti i loro amici faceva certamente venire una gran allegria.
«Vedrai, Wendy! Fairy Tail è fantastica! C'è voluto un Dragon Slayer un po' scorbutico per buttarla giù e convincere tutti a ricostruirla, ma alla fine ne è venuto un bel lavoro!» disse alla ragazzina al suo fianco.
«Si è trattata di una guerra e tu la racconti come fosse stato una chiacchierata pacifica tra amici» osservò Lucy, sospirando affranta per la sua superficialità.
«C'è una sala enorme!» raccontò Priscilla, ignorando Lucy. «E abbiamo anche una sala giochi, ora, nel seminterrato. E una piscina gigantesca! E un palcoscenico! Mirajane canta spesso delle canzoni per noi, è bravissima» sorrise ancora, felice di poter tornare lì dentro.
«Incontreremo la vera Mirajane , Charle!» disse Wendy, emozionata, ma la gatta non le diede molta considerazione.
«Non vedo l'ora di mostrare a Romeo e ai suoi amici questo braccio di ghiaccio! Diventeranno gialli per l'emozione» si esaltò ancora di più.
«Che razza di colore è il giallo per l'emozione?» chiese Gray, ma anche lui non venne ascoltato.
«E poi si mangia tante cose buone! Si fa sempre festa! Tutti litigano!»
«Non è bello se tutti litigano» osservò Wendy, questa volta poco convinta.
«Sì, ma tu puoi scommettere su chi resterà in piedi» ridacchiò Priscilla maligna e Happy sobbalzò, ricordandosi di una cosa importante: «Non mi hai dato i soldi dell'ultima vincita!»
«Che dici? Certo che li hai avuti. Hai la memoria corta perché sei un gatto» rispose lei decisa.
«Natsu» pianse Happy. «I gatti hanno la memoria corta?»
«Non saprei... ricordi cosa hai mangiato ieri?» azzardò lui.
«Pesce!»
«E allora non hai la memoria corta!» sorrise Natsu.
«Aye!» esultò Happy, convinto.
«Lui mangia sempre pesce, era facile!» rispose a tono Priscilla, infastidita dalla domanda decisamente troppo semplice. «Comunque sono sicura ti piacerà, ti presenterò a tutti quanti! Starai bene di certo, è una bella famiglia».
«Fa piacere sentire queste cose da te» sorrise Erza, ricordandosi di come lei fosse stata scostante prima che loro scoprissero il suo segreto. Priscilla le concesse uno sguardo complice, prima di sorridere felice. Erza aveva ragione, era strano ma era bello che proprio lei cominciasse a considerare l'intera gilda una bella famiglia.
«Io non vedo l'ora di prendere un altro incarico!» disse Natsu, strepitante.
«Stiamo tornando ora e già pensi a ripartire» sospirò Lucy, sconsolata all'idea che sarebbe sicuramente stata trascinata insieme a lui.
«A proposito... l'ultimo incarico se non sbaglio l'hai fatto con i Raijinshuu, Priscilla, giusto? È curioso che ti sia unita a loro. Com'è stato?» chiese Erza, incuriosita. Ma il volto di Priscilla si trasformò improvvisamente diventando come di pietra, tanto per un attimo Wendy si chiese se fosse ancora viva. Non riusciva neanche più a sentirla respirare. Cosa c'era che non andava? Forse la missione di cui parlava Erza non era andata bene?
Queste le domande che si ponevano tutti, che certo non potevano sapere cosa in quel momento stesse letteralmente urlando nella mente di Priscilla.
"My Baby!" era l'unica cosa che riusciva a sentire, come un martello pneumatico contro l'asfalto, e non riusciva a smettere di avere i brividi nel ripensare a Bickslow che non aveva fatto altro che tormentarla con quella faccenda.
Non fiatò nemmeno ma si avvicinò decisa a Jura, prima di offrirgli la sua mano destra e dire: «Ho deciso di entrare a Lamia Scale. Prego, sostituite pure il simbolo della gilda».
«Che stai dicendo?» urlarono Gray e Lucy, più per rimprovero che per sorpresa.
«Non diceva che Fairy Tail è la più bella?» si chiese Wendy, confusa per l'improvviso cambio di idea.
«Dev'essere successo qualcosa con i Raijinshuu» ipotizzò Erza. «Che le abbiano fatto del male? In tal caso...» si carico di rabbia e determinazione e Wendy avrebbe scommesso che sarebbe potuta partire da un momento a un altro per difendere l'amica dall'eventuale sopruso che ipotizzava. Ma in realtà Erza puntò contro Priscilla un dito severo e urlò: «Devi affrontare il tuo nemico! Un mago di Fairy Tail non scappa!»
«Non voglio!» urlò Priscilla, cercando di fuggire ma Erza l'afferrò per il collo della maglia e cominciò a trascinarla con forza verso la propria nave. Inutile furono le urla e le lacrime di quest'ultima, che provò a liberarsi scalciando e dimenandosi. Ma la presa di Erza era forte e salda e infine salirono sull'imbarcazione, seguite da Lucy, Gray, Natsu e Wendy solo dopo aver salutato le altre gilde.
Erano già salpati quando Priscilla riuscì a liberarsi dalla presa ferrea di Erza e corse fino al bordo della nave da cui si affacciò. Si sollevò sulle punte, per alzarsi e farsi vedere meglio, e sporgendosi sventolò la mano ancora di ghiaccio urlando sorridente: «Leon! Cherry! Ci vediamo presto!»
Entrambi i maghi la guardarono sorridenti e Cherry ricambiò il suo caloroso saluto con altrettanta gioia, sventolando entrambe le mani e saltando mentre urlava: «A presto!»
«Hai legato molto con loro due, vero?» chiese Erza, raggiungendola. Priscilla sobbalzò nel vedersela a fianco e già temeva che l'avrebbe legata o costretta a un allenamento per forzarla a vedersela con i Raijinshuu. Ma si calmò subito nel vederla invece serena e tranquilla e tornando a guardare i due ragazzi sull'altra nave sorrise, mentre rispondeva: «Cherry aveva detto che siccome non ero umana non ero una minaccia in amore» disse semplicemente, come fosse stata quella frase a poter spiegare tutto. Erza ci mise un po' a capire, ma infine ricordò: poche ore prima, proprio davanti a Cat Shielter, Cherry aveva fatto una sfuriata di gelosia nel vedere Priscilla abbracciata a Leon. La considerava una minaccia, ora, e questo voleva solo dire che la vedeva anche lei umana. Sentirsi umana, Priscilla non aveva mai desiderato altro, e Cherry glielo aveva dato. Bastava questo a renderla una preziosa amica.
«E Leon invece ha messo della magia dentro me» aggiunse poi Priscilla, portandosi una mano al petto e arrossendo emozionata al pensiero.
«Eh?» chiese semplicemente Erza, guardandola con gli occhi sgranati. Sapeva benissimo cosa aveva fatto Leon per lei, ma detto in quel modo e con quello sguardo emozionato certo faceva pensare a tutt'altro.
«Cos'ha fatto Leon?» chiese Gray, attirato dalla stranezza di quella frase che l'aveva portato sulla stessa strada di Erza.
«Ora che ci penso, non siete rimasti soli tu e lui per un po' dopo che avete sconfitto Racer» disse Lucy e Priscilla annuì, confermando: «Ed è stato quello il momento in cui Leon ha messo la sua magia dentro il mio corpo» insisté, facendosi sempre più emozionata.
«A-Aspetta! Che intendi?!» chiese Gray, sgranando gli occhi.
«Wendy! Non ascoltare! Sono discorsi da adulti!» disse Lucy, preoccupata per l'innocenza della bambina.
«La cosa mi imbarazza un po', non sono certo cose che si raccontano a tutti» continuò Priscilla stringendosi in se stessa, senza capire né preoccuparsi che tutta quell'agitazione nasceva da un equivoco. In fondo anche lei era molto più ingenua di quanto si potesse pensare, ma in quel momento erano solo le sue parole a dar da pensare a tutti i presenti.
«Ma quindi è vero?!» arrossì Erza, guardando sconvolta l'amica.
«Credi che mentirei su una cosa simile?» chiese lei non capendo tutta quella sorpresa. Era abbastanza evidente il suo braccio di ghiaccio, che avevano da allarmarsi tanto?
«Wendy?» la voce moribonda di Natsu li distolse fortunatamente da quei discorsi e la ragazzina sussultò nel ricordarsi. «Hai ragione! La magia per i mezzi di trasporto!»
Non appena il fascio luminoso di Wendy toccò la fronte di Natsu il suo colorito tornò normale e Natsu cominciò a saltellare per tutta la nave, felice di non avere la nausea e millantando di amare i mezzi di trasporto. Cosa che proseguì per ore.
«La magia Troia» sospirò Priscilla, sedendosi a terra vicino a Wendy. «Avevo letto della sua esistenza, qualche tempo fa. Sei in grado di usarla con una tale semplicità, incredibile».
«Le magie curative sono la mia specialità e mi sono esercitata molto su queste» confessò Wendy.
«Anche io conosco una magia simile per aiutare il senso dell'equilibrio» confessò Priscilla, alzando gli occhi al cielo.
«Conosci una magia simile e non me l'hai mai detto?» ruggì Natsu dall'altro capo della nave.
«Tu me l'hai mai chiesto?» rispose a tono Priscilla, prima di tornare a concentrarsi sul cielo e su Wendy.
«La tua magia, Priscilla-san...»
«Ti prego non mettere il san!» supplicò lei e Wendy, annuì prima di proseguire, timida: «La tua magia... è uguale alla mia».
«No, affatto. Io ho solo il controllo dell'aria, la tua è molto più estesa e potente. Prendi il Troia ad esempio: la tua magia va a incidere direttamente sulle strutture del corpo umano, migliori il senso dell'equilibrio in sé. La magia che conosco io invece gioca sul controllo dell'aria, modifica pressione e tutta una serie di caratteristiche atmosferiche intorno alla persona in modo che non senta l'oscillamento e il movimento a cui è sottoposto. Infatti per farlo funzionare devo continuare a emettere magia intorno alla testa della persona per tutto il tempo, in modo da tenere sempre sotto controllo l'ambiente intorno a lui. Sai, ho viaggiato un po' insieme a una persona in passato che aveva gli stessi problemi di Natsu. Ho studiato molto per riuscire a capire come sfruttare le mie capacità per aiutarlo, tu invece ce l'hai innato. La magia del cielo comprende quella dell'aria, per questo ti sembra che siano uguali, ma la tua è molto più potente» spiegò Priscilla.
«Sì, ma...» borbottò Wendy, ancora poco convinta. «Io non sono in grado di combattere, tu invece....» non concluse la frase, ma aveva ben in mente il ricordo del giorno prima quando Priscilla l'aveva difesa da Brain in maniera eccezionale.
«Devi solo crescere un po', vedrai che diventerai un'ottima Dragon Slayer!» cercò di incoraggiarla e Wendy sorrise, emozionata, prima di tornare ad arrossire timida.
«Priscilla, pensavo... visto che entrerò a Fairy Tail insieme a voi e noi due potremmo vederci più spesso, non è che potresti insegnarmi qualche magia del vento per il combattimento?»
"Insegnare..." rifletté Priscilla, sorpresa dalla richiesta e anche un pizzico emozionata. Esitò, non sapendo bene come reagire a quel batticuore che l'aveva colta di fronte a quella semplice e banale richiesta. Lei aveva a lungo inseguito qualcuno, chiunque, di cui potesse essere l'ombra per poter avere uno scopo. E ora le veniva chiesto di essere lei quella da seguire, veniva riconosciuta la sua forza e le sue capacità, ma non solo. A farlo era quella stessa ragazzina a cui si stava legando incredibilmente sia per la magia che avrebbe potuto darle la libertà e realizzare il suo sogno, sia perché era un collegamento al primo e vero amico che avesse mai avuto al di fuori di suo fratello: Mistgun.
Wendy colse la sua esitazione e la male interpretò, agitandosi e imbarazzandosi, prima di giustificarsi: «Scusami, non volevo essere sfacciata. Forse è perché sei stata tanto premurosa con me fin dal primo giorno e io ho sempre desiderato avere una sorella come te, sono stata poco educata. Mi dispiace».
"Sorella!"
Qualcosa esplose all'altezza del petto e forse forse smise persino di respirare. Non sapeva perché ma sentiva di aver raggiunto l'apice della gioia e dei desideri. Wendy era diventata improvvisamente la cosa più preziosa che potesse mai avere.
Si sciolse dal suo incantesimo con un urlato: «Ma certo che ti insegno!» e si lanciò sulla ragazzina, stringendola e schiacciando la propria guancia contro la sua testa. «La mia piccola nuova sorellina! Perché anzi ora che arriviamo non vieni a stare nella mia stessa stanza nel dormitorio? Così non resterai sola, Wendy-chan! Mai più sola!»
«Non rischiamo di stare un po' strette in due in una sola stanza?» disse Wendy, ridacchiando imbarazzata per tutto quell'entusiasmo e quell'affetto che improvvisamente le stava riversando addosso come un fiume.
«C'è spazio per tutti! Anche per la micetta. Le prenderemo una cuccia stupenda e un tiragraffi tutto per lei!»
«Wendy, questa è una psicopatica. Non starle troppo vicino» disse Charle preoccupata e offesa per la cuccia e il tiragraffi, come fosse un animale qualunque.
«Psicopatica? Sciò, micetta! Via dalla mia sorellina!» disse Priscilla sventolando una mano.
«Sorellina? La conosci appena!» brontolò Charle ma Priscilla in tutta risposta le fece una linguaccia. «Wendy!» lamentò ancora Charle, offesa, ma la ragazzina rispose con un'altra risata nervosa e imbarazzata.
«Io e Wendy siamo legate dal destino» e per quanto quello che avesse appena detto fosse solo una risposta di picche per Charle, si accorse che in realtà la cosa era decisamente più veritiera di quanto si fosse aspettata. Si ammorbidì nell'abbraccio e guardò Wendy, ricevendo dalla diretta interessata un allegro sorriso. La cosa piaceva anche a lei e forse che chissà non pensasse la stessa cosa, visto che entrambe avevano una magia molto simile. In fondo si era sentita legata a lei dal primo istante, quando le aveva offerto la mano la prima volta all'ingresso di Blue Pegasus.
Priscilla tornò a sorridere felice, questa volta realmente, e restando vicina a Wendy le accarezzò la testa a cui poggiò la propria fronte, in segno di affetto. Era sicuramente l'inizio di qualcosa di molto più grande.


«Siamo a casa!» gridò Priscilla con un entusiasmo unico. Spalancò la porta della gilda e alzò il braccio di ghiaccio per salutare tutti i compagni. Una mano la raggiunse prima che gli sguardi dei presenti e con un colpo di dita la colpì in piena fronte tanto forte da farla quasi cadere all'indietro. Con le lacrime agli occhi per il dolore Priscilla si portò una mano alla fronte ora arrossata e cercò di capire cosa fosse appena successo. La mano proveniva da un braccio allungato smisuratamente, bastò questo a farle capire chi fosse stato il suo attentatore. Makarov sedeva sul bancone del salone, bicchiere alla mano, guance arrossate leggermente per l'alcol (chissà quanto) che aveva ingurgitato e l'altra mano allungata dalla sua magia per raggiungere e punire la nipote.
«Sei partita senza autorizzazione!» la rimproverò.
«M-mi dispiace» piagnucolò Priscilla come una bambina di fronte al padre collerico.
«Il gruppo di rappresentanti è stato scelto per un motivo specifico! Era ovvio che non fosse permesso a chiunque di infiltrarsi e seguirli, per il bene della missione!» la rimproverò Makarov, furioso.
«Sono stata perfettamente all'altezza del compito, cosa credi?!» Priscilla rispose a tono, irritandosi per la poca fiducia che sembrava le stesse dando.
«Certo che lo sei stata, mocciosa!» ruggì Makarov, saltando in piedi sul bancone e diventando paonazzo, prima di aggiungere: «Ma avresti dovuto almeno avvertirmi!»
«Lucy-san» sussurrò Wendy, arretrando di un passo e avvicinandosi alla bionda. «Chi è quello? Fa paura» ammise, intimorita dal suo urlare.
«Paura» si lasciò scappare un sorriso Lucy. Tutto si poteva dire di Makarov, ma non che facesse paura, non ai membri della gilda per lo meno... a meno che non lo volesse. «Lui è il Master» cercò di spiegare e Wendy sussultò con un terrorizzato: «Master?!».
Ora ne aveva ancora più il terrore.
Priscilla indugiò un po' di fronte a quell'ultima frase e inarcò un sopracciglio, pensierosa, prima di chiedere: «Nonno... eri preoccupato per me?»
Makarov arrossì e rapidamente le voltò le spalle, per non farsi cogliere in quella debolezza, sputacchiando un falso: «Affatto!»
«Nonno?!» sussultò Wendy, guardando Priscilla con occhi spalancati. «È... la nipote del Master?»
«Ora si spiegano tante cose» rifletté Charle.
«Master, ha pianto per la prima mezz'ora quando ha saputo che era sparita» intervenne Mirajane, innocente e pura come sempre.
«Ho sempre preso parte a missioni pericolose insieme a Laxus o Mistgun, cos'è questo improvviso interessamento alla mia salute» alzò un sopracciglio lei, poco convinta. Ma come un fulmine a ciel sereno, la risposta le arrivò proprio dalle sue stesse parole. «Non eri mai preoccupato proprio perché c'erano loro! Non ti sei mai fidato di me!» ringhiò puntandogli un dito contro.
«Questa è una menzogna!» si agitò Makarov.
«Vecchiaccio malfidato!» continuò Priscilla, furibonda.
«Sei sparita nel nulla, poteva essere successa qualsiasi cosa!»
«So cavarmela da sola!»
«Hai del ghiaccio al posto del corpo! Ti sembra riuscire a cavarsela da sola?»
«Su, su, Master. È tornata sana e salva, era con Erza e Natsu, non c'è motivo di arrabbiarsi ancora» Mirajane intervenne nella speranza di placare quel litigio e in parte ci riuscì, visto che Makarov si rimise a sedere sbuffando e tornando a bere il suo bicchiere di birra. Priscilla non riuscì a placare la rabbia e continuò a massaggiarsi la fronte dolorante per il colpo, ma non disse altro. Nel profondo sapeva che Makarov aveva le sue buone motivazioni per preoccuparsi tanto per lei, l'aveva sempre fatto dal momento che aveva scoperto cosa Ivan le faceva. Se l'era presa molto a cuore e aveva sempre fatto di tutto per darle una famiglia migliore di quella in cui era nata, lottando contro Ivan stesso per liberarla dalla sua presa e contro addirittura il Concilio per impedir loro di portarla via e magari distruggerla. Sapeva che in un qualsiasi momento Ivan o il Concilio avrebbero potuto farle del male e il senso di protezione nei suoi confronti era decisamente più di quello che dimostrava. Ma per quanto questo fosse veritiero, Priscilla, che mai si era sentita come gli altri, non aveva mai creduto a quell'affetto e quella preoccupazione. Gli era grata per ciò che faceva per lei, ma aveva sempre sentito dentro sé che non era parte di quella famiglia né realmente imparentata a Makarov. Lo chiamava Nonno per abitudine, niente più, ma aveva sempre sentito che l'unico nipote che lui avesse e a cui fosse legato era solo Laxus. Priscilla era una piccola protetta solo perché Makarov stesso era un uomo di buon cuore che detestava le ingiustizie, ma certo non poteva provare amore verso un essere privo di vita e umanità come lei.
Questo era quello che aveva sempre creduto, perciò quella piccola litigata per quanto fastidiosa le scaldò comunque il petto. Davvero provava preoccupazione nei suoi confronti?
Sospirò e fece un passo avanti, decisa a calmarsi e cercare di ricominciare da capo. In fondo doveva ancora presentare Wendy ai presenti, anche se ci avevano praticamente già pensato Erza e gli altri a raccontare tutto al resto della gilda mentre lei bisticciava con suo nonno.
«Priscilla!!!» l'urlo fece quasi tremare le mura della gilda e lei cominciò a urlare spaventata persino prima di voltarsi e capire da dove provenisse l'uragano che stava per travolgerla. Si voltò giusto in tempo per vedere i volti di Fried, Bickslow e Evergreen un istante prima che le si buttassero addosso a braccia spalancate. Circondandola, la serrarono tra le proprie braccia, incastrandola in una trappola soffocante d'affetto, tanto stritolatrice che lei non riusciva più nemmeno a muoversi.
«Grazie al cielo sei salva!» piagnucolò Evergreen.
«Perché sei congelata in parte? Cosa ti ha fatto Gray?» si allarmò Fried.
«Se ci fossimo stati noi ti avremmo protetta meglio di come hanno fatto Erza e gli altri!» disse Bickslow.
«Non dovevamo fidarci di loro, lo sapevo!» gli diede corda Evergreen e nel frattempo Priscilla continuava ad agitare la testa nel tentativo di scivolare via, inutilmente, mentre raggiungeva pian piano un colorito violaceo per la mancanza di ossigeno.
«Lasciatemi» riuscì a mormorare infine. «Per l'amor del cielo...»
«Priscilla?» chiese Evergreen, non capendo il suo tono. Bickslow la guardò in viso e disse semplicemente: «Sta diventando blu».
«Che sia la sua magia?» chiese ancora Evergreen.
«Credo che la stiate strozzando» azzardò Wendy, titubante se intervenire o meno. I Raijinshuu si convinsero a mollare la presa e Priscilla poté tornare a respirare, benché ce li avesse ancora intorno. Per lo meno avevano smesso di stritolarla.
«La piccoletta chi è?» chiese infine Bickslow, notando solo in quel momento Wendy. Priscilla si illuminò, felice di poter finalmente presentare a tutti quelli che considerava la sua nuova sorellina. «Lei è...» cominciò, sorridente, ma Erza prese Wendy per mano e la trascinò via con un: «Vieni, Wendy! Ti presento al resto della gilda!»
«A-aspetta!» balbettò Priscilla, allungandosi per cercare di raggiungerle, ma i Raijinshuu non sembravano intenzionati a lasciarla andare. Si accasciò sulle loro braccia, ormai vinta all'inevitabile, e si limitò a piagnucolare: «Sapevo che sarei dovuta andare con i Lamia Scale».
Era stata così felice di tornare, eppure da quando aveva messo piede lì dentro niente le era andato per il verso giusto.
«Priscilla! Ci vuoi raccontare cosa ti è successo al corpo, allora?» chiese Fried, curioso.
«Hai un aspetto terribile! Ti sistemo i capelli nel mentre, che dici? Se devi seguire le mie orme per diventare bella come me è bene mettersi di impegno fin da subito» aggiunse Evergreen, orgogliosa.
«Ti siamo mancati, baby?» sorrise Bickslow sulla scia dei compagni, chiamandola infine in quel modo che a lei aveva fatto venire gli incubi per un po'.
«Eccoli che ricominciano» mormorò semplicemente Priscilla, ormai stanca, accasciata sulle loro braccia che ancora si attorcigliavano tra loro per poterla abbracciare. Imbronciata, alzò semplicemente gli occhi, senza muovere la testa, e guardò la gilda che faceva festa alla nuova arrivata in quel suo modo confusionario ed eccitato. Tutti urlavano, nessuno sembrava essere in grado di parlare normalmente, dovevano farsi sentire, fare confusione. Suo nonno si unì addirittura a loro, saltando sul bancone con il boccale in mano e urlò: «Festeggiamo l'entrata di Wendy e Charle nella gilda! Scatenatevi! Scatenatevi!» saltò, improvvisando un ridicolo balletto. Mirajane cominciò a spillare birre con una velocità da record e il rumore intorno a loro aumentò ancora di più, tra le urla di gioia, le risate e i brindisi. Nonostante avesse metà del corpo ancora congelato, riusciva a sentire un tiepido calore intorno a lei. Quella era la loro casa, la Fairy Tail che desiderava proteggere e per cui aveva rischiato la sua vita, contro il Nirvana. Persino quei tre assillanti amici di suo fratello, per quanto fosse difficile sopportarli e star loro dietro, erano il motivo per cui aveva rischiato la sua vita. Il simbolo sul palmo della mano poteva stringerlo delicatamente tra le dita per proteggerlo e curarlo, e nel frattempo avrebbe aspettato il suo ritorno.
"Vedrai, Laxus, che bella casa ho costruito e curato per te" sorrise, sorrise sincera. Allargò le braccia e accolse al loro interno le teste di tutti e tre i Raijinshuu stringendoseli al petto.
«Mi siete mancati veramente» confessò e questo, sorprendendoli, li fece addirittura arrossire.
Evergreen spalancò la bocca per l'emozione e balbettò infine: «Andiamo a fare shopping insieme, domani?»
«Certo!» rispose lei, stupendoli ancora di più -visto come in realtà avesse sempre risposto prima della sua partenza.
«Posso cucinare qualcosa per festeggiare il tuo ritorno?» chiese Fried, altrettanto emozionato.
«Non vedo l'ora!» rispose ancora lei con un entusiasmo incredibile.
«Sposiamoci all'alba!» disse Bickslow con lo stesso entusiasmo degli amici.
«Scordatelo» gli rispose Priscilla usando lo stesso candore e allegria, nonostante il rifiuto.
«Ci ho provato» alzò le spalle Bickslow, per niente ferito, e la cosa fece ridere non solo Priscilla ma anche gli altri due compagni. Quel luogo, quella compagnia, quelle persone... c'era qualcosa di più bello?
«Festeggiamo!» saltò Priscilla, entusiasta, e i Raijinshuu le andarono dietro lasciandola ora libera. Priscilla si lanciò sul bancone di Mirajane e cominciò ad ordinare tutto ciò che fosse commestibile, buttando giù enormi bocconi di cibo insieme a lunghe sorsate di acqua e succhi di frutta dolci e zuccherati. Brindò insieme a suo nonno, raccontò ad Elfman e Nav l'incredibile storia del suo braccio di ghiaccio e di come avevano sconfitto Racer, scommise con Happy su una partita a braccio di ferro tra Natsu e Gajeel che presto si trasformò in un'enorme rissa, ballò alla musica di Mirajane, sul palco, e infine riuscì anche ad avvicinarsi a Wendy.
«Allora, come ti sembra?» chiese con un sorriso.
«Questo posto è divertente, vero Charle?» disse Wendy, voltandosi poi verso la micetta al suo fianco.
«Non è esattamente nel mio stile» rispose Charle, poco convinta ma nemmeno contraria a restare lì.
«Ohy! Wendy! Devi assaggiare la torta! Vieni!» la chiamò Natsu con la bocca piena tanto da non riuscire a parlare decentemente.
«Ne ho già mangiata un bel po'» sospirò lei, senza però riuscire a trattenere un sorriso divertito.
«Questa è un'altra fetta, è diversa!» insisté Natsu.
«Ma è della stessa torta, Natsu» intervenne Lucy. «Lascialo perdere, Wendy» sospirò poi, cercando di essere di conforto alla ragazzina.
«No, va bene così. L'assaggio» ridacchiò Wendy, decisa ad accontentare il ragazzo. Lucy le andò dietro, cercando di convincerla a non assecondare tutti i suoi capricci, inutilmente, e Priscilla si limitò a ridacchiare guardandole allontanarsi. Ebbe però una strana percezione, come un sesto senso, e si voltò verso la balconata del secondo piano aspettandosi di vedere chissà cosa. Ovviamente era vuota, tutti i presenti erano giù nel salone a festeggiare, ma la cosa non la convinse a lasciar perdere. Si allontanò indiscretamente, cercando di non farsi notare, e salì al secondo piano. Camminò lungo il corridoio fino a trovare una porta sulla sinistra aperta. Entrò nella stanza, dove il vento entrava dalla finestra aperta, solleticandole la pelle. Sorrise, accostandosi la porta alle spalle.
«Era da un po' che non ci incrociavamo» disse a nessuno in particolare, o almeno così sembrava visto che nella stanza pareva esserci solo lei. Ma un'immagine si fece improvvisamente chiara, vicino alla finestra, prendendo infine le sembianze di Mistgun.
«Sei diventata ancora più brava, ora riesci a sentire la mia presenza?» disse lui, amichevolmente.
«Il Mirage me l'hai insegnato tu, so come funziona abbastanza da riconoscerlo quando lo vedo» rispose lei.
«Già» sorrise Mistgun, prima di smorzare la tensione con un: «Giù raccontano le tue gesta nel controllare Nirvana, è davvero incredibile quello che sei riuscita a fare».
«Questo braccio me l'ha donato un amico» disse lei, guardandosi il braccio di ghiaccio. «Ho notato che il mio vento, sprigionato da questa mano, era più freddo e ho capito che la magia del mio corpo doveva aver acquisito quella di Leon. Ho pensato avrebbe funzionato anche con Nirvana e ho fatto un tentativo».
«Non sono molte le cose che possono ucciderti, hai affrontato a testa alta una di queste. Il prossimo passo potrebbe essere addirittura tuo padre» disse Mistgun, appoggiandosi con la schiena al muro.
«Chissà» sghignazzò Priscilla. «Ho comunque promesso di prenderlo a pugni se mai l'avessi reincontrato. Perciò...»
E il discorso Ivan non poté che portare alla mente di entrambi una sola.
«Sei riuscita a trovarla, alla fine» disse Mistgun, dopo qualche secondo di silenzio.
«Già» annuì Priscilla, senza chiedere di cosa stesse parlando. Era ovvio che l'oggetto del discorso fosse Wendy, visto quanto l'aveva cercata.
«Glielo hai già chiesto?» si informò Mistgun, curioso ma forse anche più preoccupato. Wendy doveva usare su Priscilla la sua magia curativa e liberarla dalle catene di suo padre, era questo il piano iniziale. Priscilla voleva solo essere libera e umana, non desiderava altro, anche se spezzare il legame con Ivan avrebbe potuto significare al novantanove per cento che sarebbe morta. Solo una vana speranza le diceva che la magia di Wendy avrebbe potuto donarle anche un'anima autoalimentata e renderla un vero essere vivente. Ma era solo una speranza, senza fatti o teorie che la comprovassero, rendendola così solo il folle sogno di una prigioniera.
«Non ancora» rispose, vagamente, sottomettendo il suo dubbio dal chiederglielo proprio. Se le avesse detto la verità, ovvero che così l'avrebbe quasi sicuramente uccisa, Wendy non avrebbe mai accettato, lo sapeva. Ma non poteva nemmeno ingannarla, mentendole e dicendo che sarebbe sopravvissuta. La ragazzina aveva il cuore troppo buono e fragile, aveva bisogno di mani a cui aggrapparsi, se Priscilla le avesse negato la sua, se Priscilla l'avesse costretta a commettere un omicidio, Wendy sarebbe potuta andare in pezzi. Cominciava a volerle abbastanza bene da non riuscire ad accettare di recarle una tale sofferenza.
«Sei decisa a farlo?» insisté Mistgun.
E Priscilla, semplicemente, sorrise di quel suo sorriso senza risposte.
«Wendy dice che le hai salvato la vita, qualche anno fa. Poverina, abbiamo incontrato il nostro Gerard, era convinta che tu fossi lui» disse e Mistgun chiese, sorpreso: «Si ricorda di me?»
«Hai una misera considerazione di te stesso, principe» lo rimproverò Priscilla, ma Mistgun si corrucciò e disse semplicemente: «Non chiamarmi in quel modo».
Priscilla non reagì alla sua irritazione, ma rimase pensierosa per un po' prima di tornare a parlare.
«Preferirei che non ti mostrassi a lei» disse. «Ha creduto tanto ardentemente nel falso Gerard che se scoprisse la verità si sentirebbe stupida, la metteresti in difficoltà. Tanto anche tu tra poco tornerai nel tuo mondo, perciò è inutile provare a darle qualche speranza».
Una provocazione. Una chiara provocazione, lo sapeva. Mistgun aveva a lungo inseguito Anima per bloccare la sua magia, ma l'idea di tornare a Edoras non riusciva mai a contemplarla. Sentiva di non avere le forze sufficienti e vedersela con il diretto responsabile: suo padre.
«Non avevo comunque intenzione di farlo» rispose Mistgun e si sforzò di provare a sorridere e riprendere a parlare più vagamente: «Sono felice che l'hai trovata, comunque. Cat Shielter non era una vera gilda, qui starà bene. È cresciuta davvero tan...»
«Tornerai, vero?» lo interruppe Priscilla, seria in viso, distruggendo così il suo tentativo di cambiare discorso.
«Priscilla...» sospirò Mistgun. «È complicato».
«È per questo che ti servono degli amici» sorrise lei furbamente.
«Di cosa stai parlando?» chiese Mistgun più irritato che curioso.
«Fairy Tail è pronta, io li ho visti! Possono farcela! Se li portiamo a Edoras, Natsu e Erza possono...» provò a spiegare Priscilla, ma Mistgun la interruppe. «Non essere stupida. Li metteresti in pericolo».
«O forse no! Ascolta, ti aiuterò io...»
«Non farlo».
«Sono forti! Combatteremo per te».
«Diventerebbero una Lacryma se passassero Anima!»
«Tu hai quelle pillolette per evitare che succeda».
«Priscilla!» la interruppe di nuovo. «È la mia battaglia».
«E la stai perdendo miseramente, Gerard!» rispose furiosa.
«Non gridare quel nome. Potrebbero sentirti» disse Mistgun, intimorito.
«Sono riuscita a percepire la tua presenza, sono riuscita a seguirti senza che tu sentissi me e ti sei fatto prendere a calci da mio fratello prima che arrivassi io durante la battaglia alla cattedrale di Caldia! Non dire la stronzata del "volevo lasciarlo a te", può essere vera in parte ma la verità è che cominci a non farcela più. Anima ti sta prosciugando, non riuscirai ancora a tenergli testa. Non posso restare ferma a guardare mentre un amico muore in questo modo, non con te, Gerard! Tu mi hai salvata».
"Gerard mi ha salvata, molti anni fa" somigliava così tanto a Wendy.
«Non... posso lasciare che rischiate la vostra vita per me...» balbettò Mistgun, senza più molta determinazione.
«Allora non farlo» rispose Priscilla, voltandosi e tornando ad afferrare la maniglia della porta. Alzò una mano e sventolò un flaconcino con dentro delle pillole, prima di dire: «Preoccupati solo di riportarci indietro tutti interi, quando avremo sconfitto tuo padre. Sono certa puoi riuscirci».
«Quelle!» sussultò Mistgun, portandosi una mano alla tasca dei pantaloni. Erano le pillole di cui aveva parlato Priscilla, le pillole che potevano renderli immuni alla magia di trasformazione di Anima e che avrebbe potuto impedire che diventassero una Lacryma nell'istante in cui l'avrebbero attraversato. «Come...?»
«Ho usato il Mirage, mi sono avvicinata e tu non ti sei neanche accorto di niente. Ho ragione, Mistgun, nel dire che sei prosciugato o no?»
Aprì la porta e uscì, concedendogli però un ultimo complice sorriso: «Fermeremo Anima una volta per tutte e tu potrai tornare a casa tua. Vedrai».




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Capitolo 20
*** Porgere la mano ***


Porgere la mano





Priscilla sedeva a un tavolino distante rispetto agli altri, vicino a una finestra. Guardava il cielo chiaro, fuori, già da qualche ora. Mirajane l'aveva vista entrare nella gilda molto presto ma da quando aveva fatto il suo ingresso non aveva fatto altro che starsene da sola, a quel tavolino dove era solita sedere, a guardare fuori dalla finestra. Era un'attività abituale, in fondo, non c'era niente di strano nel vedere Priscilla starsene da sola a contemplare il cielo da quella finestra, per questo alla fine nessuno se ne preoccupò molto. Probabilmente, pensavano, sentiva la mancanza di Laxus come succedeva quasi sempre. E a confermare quelle ipotesi c'era anche quella piccola nuvoletta che lei aveva distrattamente creato sopra il palmo della mano destra. Il suo controllo molecolare, la gestione delle correnti, le permetteva di dar vita con facilità a quelle piccole variazioni metereologiche. Le nuvole in tempesta erano la sua preferita. Dalle piccole nuvole scure, grande al massimo come il palmo della sua mano, nascevano tuoni e fulmini che cadevano sulla sua pelle e la colpivano. Un pizzicore insignificante, tanto erano minuscole, delle semplici scosse che a lei non turbavano affatto ma anzi le apprezzava. Le facevano sentire meno sola, poter ascoltare il rumore dei tuoni e sentirli sulla pelle. Su quello stesso palmo marchiato dal simbolo della gilda, che ancora portava scoperto.
E così per tutta la mattina il sottofondo dei tuoni fece compagnia a una gilda che invece risplendeva sotto a un sole vivace e cocente. Proprio quei tuoni, di cui tutti conoscevano il significato, spingeva a desistere dall'avvicinarsi a lei. Sarebbe davvero servito a qualcosa provare a distrarla? O forse era meglio lasciarla sola a metabolizzare quel dolore che periodicamente tornava?
Certo, invece, nessuno poteva immaginare che il centro dei pensieri di Priscilla quella mattina non era Laxus, anche se ascoltare quella che sembrava la sua voce e sentirlo sulla pelle l'aiutava a concentrarsi e riflettere. Le dava coraggio e benessere, l'ideale per cercare di pensare a come convincere una magia oscura a inghiottire la gilda che invece aveva promesso di proteggere. Pensieri che se solo fossero trapelati, anche minimamente, avrebbero messo chiunque in allarme. Ma il suo desiderio di aiutare Mistgun era immenso e la fiducia che riponeva nella capacità dei suoi amici era altrettanto potente. Sapeva che sarebbe andato tutto per il meglio, ma doveva capire come agire. Anima doveva scatenarsi sopra le loro teste e non poteva aspettare che lo facesse di sua iniziativa, per puro caso. La statistica non era a suo favore e il tempo benché meno. Mistgun non aveva più le forze di gestire Anima da Earthland, bisognava distruggerla quanto prima dall'interno.
«Wow!» la voce emozionata di Wendy la riportò con i piedi per terra. Si voltò verso la ragazzina che, a contrario del resto della gilda, si era avvicinata a lei senza preoccuparsi troppo. Cosa poteva saperne lei della dolorosa storia del cuore spezzato di Priscilla? Era appena arrivata. «Sei in grado di generare una piccola tempesta con i tuoi poteri?» chiese Wendy, guardando i fulmini che continuavano a scendere dalla piccola nuvola nera verso il palmo della sua mano.
«Già» annuì Priscilla, in un sorriso forzato e poco gioviale. I pensieri non volevano lasciarla da sola.
«Ma non ti fanno male?» chiese Wendy, curiosa.
Priscilla negò con la testa, prima di guardare la piccola magia che lei stessa aveva creato. Il sorriso riuscì ad ammorbidirsi e rendersi vagamente più sincero, mosso ora da una lieve sensazione di malinconia. Era inoltre quasi divertente assistere all'innocenza di Wendy: lei che non conosceva Laxus e la loro storia, certo non poteva sapere il sentimento che la legava a quei fulmini e al pizzicore che le recavano sulla pelle. Se solo avesse saputo, avrebbe addirittura potuto risponderle: "Immensamente" per il semplice fatto che a far male non era il colpo fisico, ma i ricordi che le portavano alla mente. Ma erano ricordi di Laxus e belli o brutti che fossero, era scaldante averli. Charle si avvicinò curiosa alla sua mano e provò ad allungare una zampa verso il centro della piccola tempesta, facendosi colpire così da uno di quei fulmini. Si irrigidì e tirò indietro subito la zampa arrossata, lamentandosi per il dolore.
«Sono peggio di quello che sembra!» commentò, sventolando la zampa ferita.
«Sono temprata» ridacchiò Priscilla.
«Non credo sia una cosa sana comunque» commentò Charle, sempre meno convinta.
«A me rilassano» disse invece Priscilla, guardandoli con dolcezza mentre ancora si scatenavano sopra la sua mano.
«Ti piace il temporale, Priscilla?» chiese innocentemente Wendy, cercando probabilmente una via per conoscerla meglio. Un altro sorriso, colmo di tenerezza e amore, e continuò a guardare i fulmini che scendevano su di lei prima di confessare in un sussurro: «Già. Mi piace proprio tanto».
"Hai paura del temporale, Pricchan?" la tenera voce di un Laxus bambino nei suoi ricordi parve sbeffeggiarla per quell'ultima confessione, visto che quando era piccola non faceva che nascondersi nell'armadio per il terrore.
"Dimentichi che io sono il Dio del tuono! Posso gestire a mio piacimento ogni singolo fulmine di questo pianeta. E ti prometto che finché resterai sotto la mia ala protettiva, nessuno di questi ti sfiorerà nemmeno" quanto era ironico e dolce allo stesso tempo.
E rise, rise divertita e addolcita come poche volte lo era stata.
«Credi... potrei imparare anche io?» chiese Wendy, rossa in volto per l'imbarazzo di quella richiesta. Voleva imparare più magie, voleva imparare da lei come manipolare l'aria e il cielo di cui era Dragon Slayer per diventare più forte e capace. Si era sentita così inutile contro il Nirvana, non voleva che una cosa simile potesse ripetersi.
«Questo?» chiese Priscilla, guardando i tuoni sulla sua mano. «Non saprei. Ma possiamo provare» sorrise e strinse le nuvole tra le dita facendo così cessare la magia. Si alzò in piedi, ricordandosi della promessa che aveva fatto alla bambina, e determinata le disse: «Cerchiamo un posto tranquillo?»
«Sì!» Wendy saltò giù dalla sedia e seguì Priscilla fuori dalla gilda.
«Ho un'idea per cominciare. Vieni» disse Priscilla e rapidamente condusse Wendy fino al mare, alle spalle della gilda. Camminò fino a trovare un pontile di legno libero e vuoto, che le avrebbe condotte di più verso lo spazio aperto, senza navi o persone intorno.
«Che facciamo qui?» chiese Wendy, guardandosi attorno curiosa.
«Meditiamo» disse Priscilla, prima di spalancare le braccia e chiudere gli occhi.
«Eh?» chiese Wendy, non capendo cosa volesse dire e come quello avrebbe potuto insegnarle a usare meglio la propria magia. Ma non fece altre domande e mettendosi al fianco della ragazza la imitò, chiudendo gli occhi e spalancando le braccia.
Qualche secondo di silenzio dove a farle compagnia c'era solo il rumore del mare mosso dal vento. Charle volò sopra un pilone in legno, uno di quelli usati per legare le barche, e ci si sedette sopra osservando le due ragazze in silenzio.
«Respira profondamente quest'aria e concentrati sulle sensazioni che ti da sulla pelle e nei polmoni» sussurrò Priscilla, senza scomporsi, e cominciò a inspirare profondamente. Wendy la imitò ancora e come suggeritole si concentrò sul tocco del vento sulla propria pelle e la freschezza che le dava al petto nel respirarla così profondamente.
«È piacevole» sorrise infine, trovando anche del divertimento in quello strano allenamento che per niente sembrava un allenamento.
«È già un buon punto da cui cominciare» sorrise Priscilla, senza però muoversi dalla sua posizione o aprire gli occhi. «La magia del vento rientra nelle magie elementari, come acqua, ghiaccio, fuoco o terra. Pensa alle persone che usano queste magie, pensa a Gray, Natsu o Jura della terra. E non so se hai conosciuto anche Lluvia, dell'acqua. Se c'è una cosa che li accomuna è la perfetta sintonia che hanno con il loro elemento».
«Gray si spoglia sempre per stare a contatto col freddo e Natsu prende fuoco per ogni cosa» disse Wendy, capendo cosa volesse dire.
«Lluvia ha il corpo composto di acqua e Jura ha un corpo massiccio, solido come la roccia» continuò Priscilla. «La magia elementare è la più difficile da gestire ma anche la più ampia perché riguarda il mondo che ci circonda e ha come un'anima propria. Fa parte della natura, come tale è indipendente e selvaggia, non puoi pensare di riuscire a gestirla se non impari prima a conoscerla ed adattarti alle sue esigenze. Devi essere tu a diventare quell'elemento, non puoi pretendere che sia l'inverso».
«Perciò io devo diventare aria e cielo» osservò Wendy e Priscilla rispose con un entusiasta: «Esatto!»
Successivamente non ci furono altre parole, solo respiri più o meno profondi, fino a quando il pomeriggio non cominciò a lasciare posto alla sera. Una lunga, enorme sessione di allenamento che per quanto placido e silenzioso, fu ugualmente stremante.
«Ho la testa leggerissima» disse Wendy sulla via di casa. Charle dormiva tra le sue braccia, nel restare a guardarle tutto il tempo la noia l'aveva quasi uccisa e aveva finito con l'appisolarsi.
«È positivo, vuol dire che hai fatto progressi» commentò Priscilla, distrattamente. Da quando si erano incamminate per tornare alla gilda non aveva fatto altro che guardarsi il braccio sinistro, incuriosita.
«Qualcosa non va, Priscilla?» chiese Wendy, dubbiosa.
«Sta guarendo» disse lei, guardandosi il bicipite dove avveniva la separazione tra la sua carne e il ghiaccio di Leon. «Però sento ancora freddo alla spalla. Ci ho fatto più caso oggi che stavamo meditando».
«Che significa?» chiese Wendy, preoccupata.
«Non saprei...» mormorò Priscilla, ma un dubbio cominciava a insinuarsi nel suo cuore. Possibile che la magia del suo corpo invece che sostituire il ghiaccio di Leon lo stesse inglobando? E se questo stava accadendo con il ghiaccio poteva succedere lo stesso anche con il Nirvana? Poteva il suo cuore diventare da luminoso a oscuro, senza che potesse rendersene conto?
"Li metteresti in pericolo!" la voce di Mistgun tornò alla sua mente, il pomeriggio che gli aveva detto il suo desiderio di usare la gilda per aiutarlo. Usare la gilda... suonava così raccapricciante ora. Aveva pensato di essere mossa dalle migliori intenzioni, aiutare un amico non era mai sbagliato, ma usare gli altri a suo favore sicuramente sì. Che stesse commettendo un errore? Che si stesse incattivendo?
Aveva promesso di proteggere quella gilda, sentiva che era quello ora il suo motivo di esistere, perché proteggendo la casa di Laxus avrebbe anche protetto lui. Quando usarla e metterla in pericolo era diventata un'opzione possibile?
«Priscilla?» la voce di Wendy la riportò con i piedi per terra. «Sei pallida. Stai male?»
«No, sono solo stanca. Penso andrò al dormitorio e riposerò un po'. Domani ti insegno qualche tecnica, va bene?» sorrise Priscilla, prima di scappare via.
«Va bene» mormorò Wendy, poco convinta, guardandola correre lungo la strada.


Passò in fretta una settimana, al termine del quale Priscilla aveva terminato di rigenerare il proprio corpo di ghiaccio ed era tornata completamente di carne, mentre Wendy aveva iniziato a padroneggiare qualche tecnica di supporto come il Vernier o qualche tecnica di combattimento usando il vento come arma. Faceva progressi da gigante e stare insieme a lei gran parte della giornata era sicuramente un piacere, ma l'ombra nel cuore di Priscilla si faceva sempre più grande. Il braccio ricostruito era più freddo dell'altro, ne era certa, e aveva delle ripercussioni su di lei, anche se positive. Usando la magia del vento dal braccio sinistro era ora in grado di dar vita a bufere tanto gelide da generare neve o ghiaccio. L'aveva resa più forte, ma questo confermava che anche contro il proprio volere il suo corpo si era impadronito di quella magia con cui si era mischiata. Aumentò così il timore che Nirvana giacesse nel suo cuore e la stesse manipolando, cominciò a non distinguere più il bene dal male, presa dal dubbio di essere diventata oscura senza rendersene conto e contro il proprio volere. Non fece altro che chiedersi se stesse sbagliando, il dubbio la logorava tanto che cominciò a fare incubi ogni notte dove si vedeva avvolta dall'oscurità e in essa si sgretolava come carta incenerita. E il tempo passava, sapeva che Anima continuava sicuramente a colpire in tutta Fiore e Mistgun non faceva che rincorrerla. Voleva aiutarlo, lo voleva davvero, ma qual era il modo migliore? Forse avrebbe potuto pensarci da sola, senza contare sulla forza di Fairy Tail, ma aveva davvero il potere di lottare da sola contro un intero paese? Contro un intero esercito e reggimento?
Più volte aveva pensato di chiedere esplicitamente a tutti di aiutarla, ma era davvero la scelta giusta? Se fosse stata anche quello un errore dettato dal potere di Nirvana nel suo cuore?
"Divertimento, tristezza, non possiamo condividere tutto. Ma quello che possiamo lo dovremmo condividere, sempre. Ecco cosa significa essere una gilda. L'infelicità di uno è l'infelicità di tutti. La rabbia di uno è la rabbia di tutti. E le lacrime di una persona, sono le lacrime di tutti. Non c'è ragione di sentirsi colpevoli" furono le parole di Makarov, dette mesi prima a una Lucy disperata di fronte a una gilda distrutta dall'attacco di Phantom. Le ronzavano nella testa da giorni e infine furono proprio queste a convincerla a trovare una soluzione intermedia.
Si avvicinò a suo nonno, un placido pomeriggio di festa per il ritorno di Cana da una delle sue missioni che l'avevano tenuta via per qualche giorno. Come sempre Makarov festeggiava nel suo personale modo, ingurgitando litri di alcol seduto sul bancone del bar, e lei decise di fargli compagnia con un dolciastro succo alla frutta.
«Dì un po'» biascicò lui, guardandola con curiosità. «Ma tu sei in grado di ubriacarti?».
«Seriamente, ti sembra una domanda da fare a tua nipote? Non dovresti tipo tenermi al sicuro dai rischi dell'alcol?» ridacchiò Priscilla, divertita.
«Bah, sei grande abbastanza per fare ciò che vuoi. L'importante alla fine è che ti diverti».
«Sei un pessimo esempio, vecchio» rise lei.
«Ho a cuore la vostra felicità più che gli esempi morali. E vedo che nonostante la bambina di Cat Shielter ti abbia portato una ventata di positività, non riesci ancora a esserlo abbastanza. Ci sarà mai modo di liberarti dalla tua angoscia, Priscilla? Neanche sapere che Laxus sta bene, da qualche parte, ti rasserena?»
«Non si tratta di Laxus» confessò Priscilla, alzando il braccio sinistro e dandogli un'occhiata. «È più freddo» confessò infine.
«La magia che ti ha dato la vita è qualcosa di unico, purtroppo non ci sarà mai niente di certo o risposte sicure a ciò che ti accade. Hai assorbito parte della magia che il tuo amico ha usato per salvarti, la cosa ti infastidisce?» chiese Makarov.
«No. Non la sua, per lo meno. Me lo fa sentire più vicino e meno sola» disse Priscilla.
«Ma?» incalzò Makarov, buttando giù un lungo sorso del suo bicchiere.
«Ma...» mormorò Priscilla, esitante, ma infine aggiunse: «Ho usato questa capacità anche su Nirvana incoscientemente, senza conoscerne le conseguenze. Se anche lei fosse dentro me, ora?»
Makarov mormorò qualcosa di incomprensibile, utile solo a riflettere, prima di rispondere: «Temi possa avere effetto su di te?»
«Nirvana è una magia in grado di invertire luce e oscurità. Ho... fatto dei pensieri ultimamente...» balbettò infine, titubante.
«Che tipo di pensieri?» chiese Makarov, riuscendo a nascondere in parte la sua preoccupazione.
«C'è una persona... un cliente» mentì. Era bene cercare di restare sul vago, in fondo era un argomento decisamente delicato era bene non rivelare subito tutta la verità. «Ha bisogno di aiuto, non è una missione come le altre, è in gioco la sua vita e quella di molte altre persone. Da sola non credo di avere speranze di farcela, perciò ho pensato di coinvolgere qualcun altro. Ma è... Complicato. Non posso parlarne apertamente ed è una missione che potrebbe mettere a rischio la vita di tutti. Non so quanto sia corretto né come procedere».
«È una brutta situazione e certo coinvolgere delle persone ignare non è corretto» commentò Makarov, bevendo pensieroso. Una risposta che diede conferma ai dubbi e alle paure di Priscilla: Nirvana la stava davvero trasformando?
«Ma...» esclamò infine Makarov, tornando a rassenerare il proprio viso. «Aiutare e chiedere aiuto non è mai una brutta cosa, il tuo dolore e il tuo desiderio non possono certo nascere dall'oscurità. Non so che effetti abbia o possa avere Nirvana su di te, ma la tua forza d'animo più volte si è dimostrata superiore a qualsiasi difficoltà. Continuerai a stringere quel simbolo sulla tua mano con dolcezza, ne sono certo. Il palmo della mano destra è la prima cosa che si porge a qualcuno quando vogliamo aiutarlo, è questo che mi dicesti il giorno che sei entrata nella gilda. Ivan ha sbagliato su tutti i fronti, ma darti quel cuore è stata l'unica cosa buona che abbia mai fatto, non posso negarglielo. La tua capacità di amare è sicuramente superiore a qualsiasi potere oscuro, persino quello di Nirvana, su questo non ho dubbi».
«Mi stai adulando esageratamente» sorrise Priscilla, timida in quell'emozione.
«È la verità» annuì Makarov. «E saperla ti rassicura, non è così?»
«Forse» disse senza dargli la soddisfazione di un plateale "hai ragione", anche se nel cuore lo sapeva. Si era tormentata nel dubbio per giorni, aveva persino avuto incubi le uniche volte che provava a concedersi di dormire un po', ed era bastata qualche parola di Makarov per far cessare ogni cosa. Si sentiva un po' stupida, ma aveva certamente fatto bene a fidarsi nella sua capacità di comprensione e nella sua saggezza.
«Non aver paura di porgerla, quella mano, Priscilla» sospirò Makarov, alzandosi in piedi e saltando giù dal bancone. Con le guance arrossate e ora improvvisamente di nuovo allegro e gioviale, corse verso il bagno ciondolante e goffo nei movimenti.
«Quanto bevi, vecchio» ridacchiò Priscilla, guardandolo divertita della sua palese ubriachezza. Si guardò poi il simbolo sulla mano, più serena e felice, ripensando a ciò che Makarov le aveva appena detto. Non sapeva ancora come, ma sapeva che non avrebbe dovuto tirarsi indietro. Avrebbe aiutato Mistgun, in qualche modo. Doveva solo pensare a una soluzione che non mettesse troppo in pericolo gli altri, poteva farcela.
Un rumore soffuso, fuori dalla gilda, come la voce di un ricordo lontano. Le dava sempre quella piacevole sensazione. Natsu entrò nella gilda scuotendosi come un animale, vicino a un Happy che lo imitava con la stessa foga.
«Ha iniziato improvvisamente a diluviare! Sono fradicio!» disse Natsu.
«Natsu! Asciugami!» chiese Happy, allungando le zampe verso di lui e attendendo che desse fuoco a se stesso per asciugarsi e asciugare il gatto al suo fianco.
«Temporaleggia, che tristezza» sospirò Gray, guardando il cielo annerito fuori dalla finestra.
«Non è stata Lluvia, lo giura!» disse la ragazza balbettante, ancora insicura nel suo timore di non essere accettata come compagna da quella nuova gilda.
«Con questo tempaccio non credo che Priscillanee-san mi porterà a fare qualche esercitazione» disse Wendy a Charle, al suo fianco.
«Nee-san? Da quando la chiami così?» chiese Charle, dubbiosa su quell'eccessiva vicinanza che si era creata tra le due in così poco tempo. Ancora non si conoscevano bene, eppure non facevano che stare appiccicate... o meglio, Priscilla non faceva che stare appiccicata a Wendy, era asfissiante. Ma Wendy sembrava esserne felice.
«Ha detto le piace che la chiamo così» ridacchiò Wendy, in risposta a Charle.
Ancora un tuono, in lontananza, diede luce per un attimo al cielo prima di lasciare che il suo rombo vibrasse sulle pareti della gilda. Era rilassante e confortante. Priscilla si alzò dal suo sgabello e si avvicinò all'uscita, annunciando un tranquillo: «Mira-chan, vado a fare una passeggiata».
«Portati almeno un ombrello!» provò a suggerirle Mirajane, ma Priscilla si limitò a sorriderle e uscì.
La pioggia sulla pelle era certamente fastidiosa, ma si abituò presto ed era un compromesso che accettava volentieri se questo le permetteva di camminare a testa alzata e vedere chiaramente il disegno dei fulmini sopra la sua testa. Camminò a lungo, a testa in su, con il vento tempestoso che la colpiva e i fulmini che sembravano rimproverarla e minacciarla. Solo un folle sarebbe uscito con un tempo del genere, ma per lei quello era solo un tiepido abbraccio e una ninna nanna a cui si concedeva volentieri. Era come averlo a fianco.
«Non sei molto lontano, vero? Laxus?» chiese, notando come molti di quei fulmini sembrassero concentrarsi in una zona lontana, verso ovest. Probabilmente era la sua immaginazione, ma il suo cuore le diceva che lui era lì, per qualche motivo.
«Riesco a sentirti» mormorò alzando ancora la testa e assaporò della luce e del rumore dell'ennesimo fulmine. Riaprì gli occhi, per guardarne il disegno nel cielo di altri, ma la sua attenzione ora venne catturata da qualcos'altro. Vento maligno, estraneo, aveva una consistenza diversa. E le nuvole, a sud-ovest, lontano da lì ma non abbastanza da non essere viste, si condensavano in una maniera bizzarra. Un normale essere umano avrebbe pensato a un tornado, normale visto il tempaccio, ma lei aveva già sentito e visto altre volte quella situazione.
«Anima» mormorò, prima di iniziare a correre nella sua direzione. Saltò e spiccò il volo, decisa a raggiungerla il prima possibile. Non era la prima volta che la vedeva, ma era la prima volta che la vedeva così chiaramente a un livello tale. Gerard era solito bloccarla molto prima... che non fosse ancora arrivato? O magari gli era successo qualcosa? Certo era che doveva andare a controllare, il prima possibile.
«Gerard!» chiamò, atterrando appena sotto il buco che si stava formando nel cielo. Nessuno rispose e nessuno sembrava stesse facendo niente per fermare quel maligno presagio, pronto a inghiottire ciò che aveva sotto di sé: un villaggio di gente innocente e spaventata. Molti di loro correvano da tutte le parti, senza sapere bene dove andare a rifugiarsi, altri, i più potenti, provavano a lanciare magie contro il cielo. Inutilmente.
«Gerard!» chiamò ancora Priscilla, scansando un paio di abitanti che provavano a trascinare via dei bambini. «Mist...» provò ancora ma si interruppe quando lo vide sbucare da dietro una casa. Barcollò e cadde a terra, in ginocchio, biascicando un addolorato: «Priscilla».
«Gerard!» chiamò lei, correndogli incontro e chinandosi per sollevarlo ed aiutarlo ad alzarsi. «Che succede? Chi ti ha ridotto così?» chiese lei allarmata.
«Avevi ragione, Pricchan. Anima mi ha prosciugato» pianse lui. Un atteggiamento che mai e poi mai avrebbe potuto immaginare di vedere in lui. Non l'aveva mai chiamata in quel modo affettuoso e tanto meno pensava l'avrebbe mai visto piangere con una tale facilità. «Che stai dicendo?» sibilò lei. Qualcosa alla bocca dello stomaco la tormentava, quel "avevi ragione" non aveva nessun sapore se non quello amaro della rabbia e della paura. «Che diamine ti sta succedendo, Gerard?»
«Perché ti ostini a chiamarmi con quel nome? È pericoloso, te l'ho sempre detto» ridacchiò lui, come fosse sull'orlo di un baratro da cui sapeva non si sarebbe potuto sottrarre. E il cielo sopra le loro teste minacciava e ruggiva, potente e inarrestabile.
«Anima è sopra di noi. La tua battaglia, ricordi? Perché... perché non ti assumi le tue cazzo di responsabilità, stupido imbecille!» l'urlo della disperazione che nasceva vestita da un velo di rabbia. Le lacrime di Gerard smisero di scendere, troppo sorpreso e colpito da quelle parole. Quella forza... da dove nasceva? Era davvero la Priscilla piagnucolona che si era portato appresso per tre anni? Che restava indietro e cercava sempre di evitare qualsiasi tipo di pericolo? Quando era successo che lui non fosse più... il più forte tra loro due, in grado di insegnare all'altro a vivere?
«Priscilla» mormorò, alzando gli occhi e la sorpresa aumentò quando vide il suo viso rigato di lacrime. Piangeva... per lui?
«Piantala di blaterare su responsabilità e battaglie, finché non ti deciderai ad affrontarlo davvero resterai solo un adolescente che è scappato di casa per capriccio e il mondo non ha bisogno di principini bloccati ancora nella pubertà, ma di un vero Re!» lo lasciò andare, facendolo tornare in ginocchio a terra, mentre lei si alzava in piedi tremolante ma determinata.
«Priscilla, io...» mormorò lui, non sapendo bene dove trovare la forza di affrontarla.
«Cresci, Gerard!» lo rimproverò, ma i suoi occhi non trasmettevano la rabbia che dimostrava a parole ma solo una forza di cui sembrò caricarsi smisuratamente. «Fino ad allora, ci penserò io a sistemare le cose» disse e con un salto scattò verso il cielo cupo e profondo, nel centro del vortice che sembrava deciso a risucchiare ogni cosa.
«Aspetta! Priscilla, è pericoloso!» gridò Gerard, impallidendo di fronte alla sua folle azione. Provò ad allungare una mano verso di lei e gridò, più spaventato: «Anima è attratto dalle fonti magiche, tu con il tuo corpo di magia sei l'obiettivo perfetto! Ti risucchierà!»spiegò, ma questo non sembrò spaventarla nemmeno un po'.
«Lo so bene!» gridò, fermandosi pochi metri sopra la testa del ragazzo a terra. «Non preoccuparti, chiuderò quella cosa e non ci saranno vittime!» una sicurezza che non era mai stata sua. Era incredibile quanto fosse cresciuta in così poco tempo. Allungò le mani verso l'alto, verso il centro del buco nero che non sembrava intenzionato a risparmiare nessuno, e lanciò contro di esso il proprio vento.
Ovviamente non ci furono conseguenze e il tornado nato dalle mani di Priscilla venne semplicemente risucchiato all'interno di Anima.
«Come credi di fare? Non conosci magie in grado di chiudere i portali dimensionali. Priscilla!» gridò ancora Gerard, spaventato ora non solo per il pericolo imminente ma per la follia a cui l'amica stava andando incontro.
«So anche questo! Userò il vecchio metodo Fairy Tail» il tornado aumentò le sue dimensioni e la sua potenza, tanto che il vento intorno a loro iniziò a fischiare tra le case e molti dovettero aggrapparsi a qualcosa per non venir spazzati via. «Gli farò mangiare tanta di quella magia che collasserà! Lo distruggerò una volta per tutte!» gridò caricandosi sempre più di energia e lanciando una quantità di vento incredibile contro Anima, sopra le loro teste. Era folle, era inconcepibile, ma proprio per questo era il "metodo Fairy Tail"... e soprattutto, proprio per questo, funzionava sempre. Anima continuò a ingoiare vento a lungo, portando Priscilla quasi allo stremo delle forze, ma infine allentò la sua presa e rombò, come dolorante. Parve stringersi, contrarsi, e poi riallargarsi. Ma Priscilla non cedette e continuò a sparare, senza fermarsi nemmeno quando la fatica fu tale da farle tremare le braccia. Sapeva che se avesse insistito ce l'avrebbe fatta.
«Priscilla...nee...san?» una voce timorosa parve rompere quell'incantesimo come uno specchio. Priscilla sbiancò, riconoscendola subito, e sentendo il cuore fermarsi in petto si voltò verso Wendy. Sorretta da Charle, che combatteva contro il forte vento per riuscire a tenere la ragazzina a terra, si teneva a un vecchio paletto in legno, una torcia forse. Nella mano sinistra stringeva un ombrello, che indicava il motivo per cui l'aveva seguita fino a lì. Priscilla aveva dimenticato l'ombrello, o almeno questo aveva pensato Wendy, che aveva cercato di raggiungerla preoccupata. Probabilmente l'averla poi vista volare verso quello che sembrava un tornado l'aveva preoccupata maggiormente e l'aveva seguita nella speranza di aiutarla o anche solo per controllare che stesse bene. Forse, scambiandolo per semplice vento, aveva addirittura pensato di poter essere utile.
Ma ora la sua presenza rendeva invece tutto ancora più folle e complicato. Wendy rischiava la vita e questo bastava a farle mancare il respiro. L'esitazione di Priscilla fu fatale e Anima tornò a risucchiare il villaggio con una potenza forse anche maggiore di prima. I suoi piedi si spostarono in avanti, trascinati da troppo potere, e dovette puntarli contro il tetto di una casa per riuscire a bloccarsi e impedirsi di volare verso il centro di quel buco nero. Ma la forza di Wendy era decisamente minore e con un urlo la bambina, insieme a Charle, spiccò il volo dritta verso il centro di quella terribile magia oscura.
«Wendy!» gridò Priscilla terrorizzata e senza pensarci troppo si lasciò andare e si fece risucchiare anche lei. Si diede la spinta con un colpo di vento forse anche più forte del necessario e la raggiunse prima che potesse raggiungere Anima. Le afferrò la mano e si girò con un urlo, aiutata ancora dal suo vento ora più potente che mai, mossa da quei terrificanti sentimenti che non l'aiutavano a calibrare la sua energia. Lanciò Wendy e Charle verso il suolo e usò ancora un tornado di vento per spingerla il più lontano possibile da Anima. Fu Gerard, ben camuffato con cappuccio e bandana, a prendere al volo la bambina e trattenerla.
«Priscillanee-san!» gridò Wendy con tutto il fiato che aveva e allungò una mano verso di lei, come se avesse potuto prenderla. Ma Priscilla era già stata inghiottita da Anima fino al busto e anche se si dimenava e se lottava tutto sembrava inutile.
«Priscilla!» gridò ancora Wendy, versando lacrime, e fu allora che Priscilla colta dalla paura e consapevole che non aveva più scampo, smise di lottare. Puntò gli occhi terrorizzati a Wendy e Gerard, a terra sotto di lei, e istintivamente allungò la mano destra verso di loro in una stupida speranza di poterli raggiungere ed essere salvata.
E capì.
Il simbolo di Fairy Tail sul palmo, diretto verso i suoi amici a terra.
"Non aver paura di porgerla, quella mano, Priscilla".
Il palmo della mano destra è la prima cosa che si porge a coloro che si desidera aiutare... ma anche la prima cosa che si porge nel desiderio di essere aiutati. Era questo che voleva dire suo nonno. Avrebbe dovuto chiedere aiuto, non era sbagliato, e Fairy Tail era sempre lì, sul palmo della sua mano. Poteva stringerla, o poteva essere strinta. Era questo il significato di una gilda.
Smise di combattere e lentamente svanì nell'oscurità di un cielo che sembrava essere diventato vivo. La magia che componeva Priscilla era abbastanza da saziarlo, in fondo era la magia a comporre il suo intero corpo, e soddisfatto del pasto, infine, Anima si chiuse.
«Priscilla!» nel villaggio ora salvo non risuonò altro che la voce rotta dal pianto di Wendy.


A riportare Wendy alla gilda fu lo stesso Mistgun, che non proferì parola per tutta la durata del viaggio. Wendy non riuscì a fare altro che piangere, non sapendo che dire o cosa fare, troppo sconvolta per l'accaduto. Charle azzardò qualche domanda, ma Mistgun non sembrò intenzionato a rispondere a nessuna di esse e la sua presenza bastava a metterla in soggezione. Così, sotto al diluvio e un cielo temporalesco, Wendy rientrò alla gilda insieme a Mistgun. Le sue lacrime e la compagnia di quel misterioso mago che nessuno aveva mai visto in faccia fecero presagire il peggio. Il silenzio calò sull'intera sala, lasciando che solo i tuoni continuassero a ruggire ora con una rabbia forse maggiore.
«Wendy?» balbettò infine Lucy, chiedendosi il motivo di quei singhiozzi.
«Mistgun...» sussurrò Erza, pallida, sapendo quale viso nascondesse quella bandana e quale identità.
«Che sta succedendo?» chiese Levy, preoccupata.
«P-Priscilla...» balbettò Mirajane, intuendo per prima che qualsiasi cosa fosse accaduta c'entrava lei, visto che era l'unica che era uscita e che Wendy le era andata dietro per portarle un ombrello. Oltretutto era noto come Mistgun avesse a lungo viaggiato insieme a lei, non doveva essere un caso la sua presenza lì.
«Cosa è successo a Priscilla?» impallidì la ragazza dietro al bancone.
«Qualcosa nel cielo l'ha...» provò a spiegare Charle, ma non ebbe coraggio di continuare.
«È stata colpa mia» singhiozzò ancora Wendy. «L'ha fatto per salvare me».
«Che state dicendo? Dov'è Priscilla?» ruggì Natsu, alzandosi in piedi.
Mistgun voltò le spalle alla gilda e mosse i primi passi verso l'uscita, pronto a lasciarsi ancora una volta inghiottire da una pioggia incessante e violenta.
«Mistgun!» la voce di Makarov, forte e imperativa, che pretendeva delle spiegazioni.
«La riporterò indietro» la determinazione della sua voce non lasciava dubbi sulle sue intenzioni. «Fosse l'ultima cosa che faccio» non si sarebbe più tirato indietro, avrebbe smesso di scappare con la scusa di non avere la forza necessaria a combatterlo faccia a faccia. Priscilla era stata assorbita da Anima a causa sua e della sua debolezza, dei suoi timori. Se si fosse deciso ad affrontarlo prima, come lei l'aveva sempre spronato, tutto quello non sarebbe mai successo. Sapeva che Priscilla, anche se trasformata in Lacryma, era ancora viva e sapeva che aveva il tempo contato ma niente l'avrebbe fermato. Avrebbe messo fine a tutto quello una volta per tutte e avrebbe riportato indietro Priscilla.
Sparì sotto alla pioggia, lasciandosi dietro una gilda agitata e confusa. Non gli importava, tutto ciò che contava era riportarla indietro a qualsiasi costo.
«Master!» provarono a incalzarlo in molti, supplicando di poter intervenire e provare a fare qualcosa. Ma loro non sapevano niente di ciò che stava accadendo, non sapevano niente di Anima, sapevano solo che un buco nel cielo l'aveva risucchiata. Non potevano fare niente, al contrario di Mistgun che invece probabilmente qualcosa sapeva.
«Mistgun, senza Laxus e Gildarts, è praticamente il mago più forte della gilda. Fidiamoci di lui» sentenziò infine Makarov.
«Ma...» provò a ribattere Natsu, per niente soddisfatto.
«Questa è la mia decisione!» ruggì Makarov con una tale ira che riuscì a zittire chiunque avesse voluto provare ad aggiungere altro. Prima Laxus e ora Priscilla, pian piano entrambi i suoi nipoti gli erano sfuggiti dalle dita. Che alternativa aveva se non fidarsi della loro forza?

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Capitolo 21
*** Pricchan ***


Pricchan




Cominciò a tornare la sensibilità nel corpo e in quell'istante anche gli altri sensi pian piano ripresero a funzionare. Sentiva freddo e respirava a fatica, ma un soffuso rumore nelle orecchie la coccolava. Non sembrava minaccioso. Si mosse a fatica e solo allora si accorse di avere dell'acqua sotto di sé. Questo spiegava il freddo e il respiro affannoso: parte di essa le entrava nelle narici. Aprì gli occhi e venne accecata da un abbagliante raggio di sole che per un po' le impedì di guardarsi attorno. Il rumore divenne più distinto e riuscì a riconoscerlo come il mare. Era stesa sulla riva di una spiaggia, sentiva la sabbia infilarsi dentro i suoi vestiti. Si alzò a fatica, dolorante e confusa, sempre più lucida. Cominciava a ricordare... aveva ingoiato appena in tempo una delle pillole che aveva rubato a Mistgun, per poi lasciar cadere il flacone un secondo prima di sparire del tutto dentro Anima. La sua speranza era che Mistgun lo avesse raccolto e avesse usato quelle pillole per attraversare Anima, raggiungerla magari insieme ad alcuni dei loro amici, e andarla a riprendere. Aveva allungato una mano verso di loro in quell'ultima disperata speranza.
Grazie a quella pillola Anima l'aveva sì trascinata ad Edoras, ma non l'aveva trasformata in Lacryma e, cosa forse ancora più importante, non le aveva sottratto la magia.
"La magia nel mio mondo è bandita. Nessuno può utilizzarla" ricordava i racconti di Mistgun, anche se le aveva parlato poco alla fine del suo mondo. Si tirò in ginocchio e pian piano riuscì a vincere persino contro la luce del sole e cominciare a vedersi attorno. Sopraggiunse un rumore di metallo e di passi affrettati, le stavano andando incontro. Un vociare, per niente amichevole, ricordava quello di un esercito. Alzò la testa appena prima che i soldati le puntassero contro le proprie armi, anche se era ancora in ginocchio nell'acqua su quella spiaggia. Impallidì, rendendosi conto del pericolo. Non le avevano neanche dato il tempo di organizzare i pensieri e già le davano la caccia.
«La donna caduta dal cielo, dicono sia portatrice di magia» annunciò uno dei soldati.
«La magia è proibita nel nostro paese, come sua usufruitrice stai trasgredendo le nostre leggi per questo ti dichiariamo in arresto!» disse severo uno di quelli che le puntava l'arma al viso.
«Arrenditi e seguici senza opporti!» proseguì.
Priscilla alzò le mani e lentamente si alzò in piedi, guardandoli con severità. Era appena arrivata in quel paese e già era nei guai ben prima che potesse svegliarsi. Ma lei non poteva morire lì, né tanto meno arrendersi: Mistgun doveva raggiungerla, riprendersi il trono, spodestare il folle padre e infine riportarla a casa sana e salva. Una lunga, lunghissima missione, certo non poteva perdere al primo intoppo. Uno dei soldati si fece avanti e allungò una mano verso il suo braccio, pronto a prenderla e trascinarla via, ma l'attraversò smuovendo così l'aria e rompendo il suo incantesimo. Un miraggio, riusciva ancora a farli.
«Dov'è finita?» gridò qualcuno.
«Cercatela!»
«È una pericolosa criminale!»
«Dovete trovarla, sbrigatevi!»
Priscilla si liberò dal suo miraggio poco dopo, correndo lungo la spiaggia e cercando di scappare. Ovunque, ma lontano da loro, senza usare troppa magia. Il viaggio in Anima e la battaglia di poco prima l'avevano stremata, non era in grado di usare grandi quantitativi di magia ancora. Forse la colpa era anche di quel posto. Ci aveva pensato solo una volta che era stata risucchiata: aveva viaggiato attraverso le dimensioni, non era stato un semplice cambio di luogo. Poteva la magia di suo padre raggiungerla? Poteva ancora usare la sua anima per tenersi in vita?
La risposta era sicuramente sì, visto che ancora respirava, ma era debole... forse era anche colpa di quello? Finché non avesse trovato risposta era meglio risparmiare quanta più magia possibile, per non rischiare di mettere a repentaglio la propria vita. Arrivò a un dirupo che certo non si sarebbe aspettata di trovare, ma dalla sorpresa non riuscì a frenare in tempo e cadde lungo il fianco di quella che era una vera e propria montagna di sabbia. Rotolò a lungo prima di riuscire a tornare sulla terra ferma, sempre più ferita e dolorante.
«Eccola lì!» la voce dei soldati, sopra la sua testa.
«Merda!» digrignò i denti e si rialzò rapidamente, correndo verso non sapeva nemmeno lei dove. Non conosceva quel posto, non aveva neanche idea di che tipo di geografia potesse avere, era terribilmente svantaggiata. Un colpo di fucile e il proiettile la centrò in pieno in un polpaccio, facendola cadere a terra con un urlo.
Il rumore dei passi dietro di lei che le indicava che la stavano raggiungendo.
«Merda» sibilò di nuovo, più disperata che mai. «Non ho altra scelta» e usò nuovamente il miraggio, proiettando una chiara immagine di sé ancora stesa sulla sabbia. Si alzò in volo, nascosta dal miraggio che la rendeva momentaneamente invisibile, e si allontanò il più possibile approfittando della trappola messa per i soldati. Non gli ci volle certo molto per capire di essere stati di nuovo ingannati, dal momento che toccandola l'immagine si dissolse nuovamente.
«È scappata! Che razza di magia usa quel mostro?» sibilò uno dei soldati, irritato per il fallimento. «Capitano Davi! Non ha lasciato nemmeno impronte» si avvicinò un altro a un uomo corpulento, alto, dal naso aquilino e i capelli ben pettinati all'indietro, legati in una perfetta coda lucida.
L'uomo si guardò attorno, poco convinto e studiò la zona circostante fino a quando non trovò l'indizio che faceva al caso suo. Gocce di sangue sulla sabbia.
«Si rende invisibile, ma non sparisce realmente» disse seguendo per un po' la scia fino a quando non sparì. «Qui si è accorta che perdeva sangue. Si dev'essere coperta, ma è stato inutile. La direzione è quella! È diretta a Myen! Mandate un messaggio alla città Reale, chiedete l'intervento di una squadra specializzata. Aveva il simbolo di Fairy Tail sulla mano destra».
«Fairy Tail» sussultò il suo sottoposto. «Questo significa che manderanno...».
«Sì,con ogni probabilità la Cacciatrice di Fate verrà a darci una mano. Erza Knightwalker».
«Avete sentito? Mandate un messaggero!» urlò uno dei soldati.
«Noi l'anticipiamo, andiamo a Myen! Mettiamoci in marcia, forza!» urlò Davi, prima di cominciare a incamminarsi severamente verso la cittadina.


Myen era una città abbastanza fiorente, benché sorgesse su un colle isolato sopra a un deserto. Lo attraversava a nord un fiume che cadeva dritto dalle isole sopraelevate, le isole Gramure, che a loro volta ricevevano il fiume dai monti innevati dell'estremo settentrione. Il caldo nel resto della regione era soffocante, ma quel fiume nato dal ghiaccio e assicurato da una ripida discesa gli assicurava di arrivare alla città prima che potesse evaporare per il caldo. La città Myen aveva avuto la sua fortuna proprio da quello. Dal deserto raccoglievano la sabbia con cui fabbricavano il vetro e proprio del vetro erano i sovrani del commercio e avevano la loro ricchezza. I migliori vetri colorati e decorativi arrivavano dalla ricca città sul deserto, che poteva vantare delle migliori materie prime. Ma non era solo la decorazione la loro punta di diamante. Vetri oscuranti, vetri riflettenti, vetri indistruttibili, armi in vetro leggero come piuma ma funzionali come quelle vere, oltre che bottiglie, contenitori, specchi e ogni sorta di materiale utile per ogni esigenza. Il mercato nella piazza centrale era sempre attivo, pronto ad accogliere ogni sorta di turista o acquirente, non si spegneva nemmeno la sera quando i mastri vetrai davano vita a degli spettacoli e a dei festival per promuovere le loro incredibili capacità. E proprio in quel mercato, su di un tavolo ricolmo di piatti e bicchieri dai colori sgargianti, Priscilla atterrò priva di energia. La distruzione fu totale, la rabbia del proprietario anche peggiore, tanto da non interessarsi al fatto che quella ragazza fosse sopraggiunta dal nulla. Priscilla si alzò da terra e si guardò attorno spaventata e ancora più confusa. C'erano persone ovunque: chi di loro era amico e chi no? Probabilmente nessuno. Non poteva fidarsi di nessuno in quella terra sconosciuta e ostile verso ciò che le aveva dato la vita. Si alzò, ignorò le urla dell'uomo vetraio e riprese a correre e scappare, zoppicando per la ferita alla gamba. Sudava freddo e respirava a fatica, ogni tre passi la vista le si appannava, ma non poteva fermarsi.
"Devo togliermi questo proiettile dalla gamba o non potrà mai rigenerarsi!" pensò cercando un posto tranquillo. Ma lì la tranquillità era l'ultima delle cose a cui poteva ambire. Le urla dell'uomo a cui aveva distrutto il lavoro di mesi di fatica avevano attirato le guardie che, anche se non consapevoli di chi fosse, cominciarono lo stesso a darle la caccia. Spaventata si guardò attorno e fece di nuovo ricorso alla sua magia per nascondere la sua posizione, ma la stanchezza era troppa, aveva volato a lungo con una ferita che continuava a premere per rigenerarsi ma che consumava solo quel poco di magia che sentiva le rimaneva. Il Mirage durò solo qualche istante, poco prima che lei ricomparisse all'angolo di una strada, contro una botte che andò a colpire, dolorante. La fece cadere a terra e riprese a correre verso nessuna destinazione sicura. Il dolore, la paura e l'incertezza di non sapere cosa fare o dove andare la portarono a versare lacrime. Si rese conto che quella era la prima volta dopo tanto tempo, forse la prima volta da tutta la vita, che era sola senza nessuno a cui chiedere aiuto. Inciampò, cadendo a terra nel peggiore dei modi, ma quella terribile posizione non solo le fece male ma diede modo ad alcuni passanti di notare il simbolo sul palmo della sua mano.
«F-Fairy Tail!» urlò una donna, terrorizzata. Priscilla si sollevò, ancora più spaventata, e si ricordò.
"Anche da noi esiste una gilda di nome Fairy Tail, ma nel nostro mondo le gilde sono al bando. Sono tutti criminali perché fanno uso di magia" i racconti di Mistgun che le tornavano alla mente come una sentenza di morte. Priscilla si rialzò e tornò a correre, inseguita dalle guardie, fino a quando non raggiunse l'estremo nord della città. Un ponte attraversava il fiume prima di proseguire con l'ultimo tratto della città, e su quel ponte la gamba di Priscilla cedette per l'ultima volta. Si aggrappò alla balaustra e urlò per il dolore, sapendo di essere arrivata al limite.
«Fa...male...» singhiozzò, artigliando il ferro della balaustra e cercando invano di rialzarsi. Ma certo le guardie non si sarebbero fermate solo perché stavano inseguendo una ferita e le corsero incontro, sapendo ormai di averla in pugno. Non restava che un'unica via d'uscita. Si spinse oltre la balaustra e infine cadde in acqua. Le acque del fiume Rambel erano famose per la loro aggressività, la potente discesa che facevano dai monti innevati fino a lì era ciò che permetteva che restasse fiorente e niente o nessuno poteva sperare di sopravvivere una volta lasciatosi travolgere dalle sue acque. Così Priscilla si trovò a nuotare inutilmente contro un destino che non voleva lasciarla in pace. Riuscì a emergere, ma colpì delle rocce, un'onda la investì e la ribaltò, trovandosi di nuovo sott'acqua senza nemmeno aver avuto tempo di prendere una boccata d'aria. Provò a risalire in superfice ma colpì violentemente altre rocce e la corrente la piroettò tanto che alla fine non riuscì più nemmeno a distinguere il sopra dal sotto. Sapeva non sarebbe morta, le ferite si sarebbero rimarginate, ma si chiese quando e dove avrebbe terminato quel tormentoso e doloroso viaggio privo di aria. Dove diavolo si trovava? Era davvero quella la sensazione della solitudine? Allungare una mano verso il vuoto, senza vedere nessuno fare altrettanto, continuare ad afferrare il nulla. Piangeva, sapeva che lo stava facendo anche se le sue lacrime si mescolavano all'acqua dolce del Rambel. La sua mano, fiera portatrice del simbolo, non afferrava altro che il nulla. Chiuse gli occhi, ormai rassegnata, troppo ferita per poter sopportare ancora. Avrebbe aspettato in silenzio la fine di tutto.
Poi il miracolo avvenne e sentì una presa ferrea, solida, aggrappare quella mano disperatamente protratta verso il nulla. La strinse con una forza che poche volte aveva sentito, una forza tale in grado di far riaccendere persino nel suo cuore ferito e arreso il lume di una vana speranza. Era incoraggiante, era scaldante.
Trascinata, uscì infine dal fiume potendo finalmente respirare di nuovo. Tossì e non riuscì a muoversi troppo, mentre veniva trascinata con forza sulla riva. Si concesse la libertà di accasciarsi, priva di forze, continuando ad ansimare grandi boccate d'aria e tossire acqua. Avrebbe voluto tanto dormire, almeno qualche giorno, ma la vita su Edoras non permetteva tregue. La stessa mano che l'aveva salvata si fece improvvisamente più severa sul suo polso e la costrinse a voltare il palmo, mosrtando così il simbolo che portava.
«Fairy Tail» una voce maschile, soffusa, nascosta da una bandana che copriva quasi interamente il volto del suo salvatore. Il cappuccio nascondeva il resto e di lui non riuscì a vedere altro che un paio di brillanti occhi azzurri. Familiari.
«Allora è vero, sei di Fairy Tail. La donna al mercato non stava delirando» commentò lui e Priscilla istintivamente tirò indietro la mano. Quel mondo era nemico di Fairy Tail, non poteva dimenticarlo. Si portò la mano al petto e cercò di arretrare, allontanandosi da lui.
«Tranquilla!» l'uomo portò le mani avanti, avvicinandosi in ginocchio alla ragazza che ora si schiacciava contro un albero come un animale terrorizzato. «Tranquilla, non ti farò del male! Davvero! Voglio solo aiutarti»
Quegli occhi... era come se conoscesse la sincerità che celavano al loro interno. Come se li conoscesse da sempre e sapeva che cosa stessero dicendo. Arricciò un sopracciglio, confusa, prima di trovare il coraggio di chiedere: «Chi sei?»
«Scusa» ridacchiò timido l'uomo. «Il fazzoletto» indicò la propria bandana, dando la colpa a lei della sua identità celata. «Se venissero a sapere in città che io e la mia famiglia aiutiamo quelli di Fairy Tail sarebbe una disgrazia, capisci?»
«Voi... aiutate Fairy Tail?» chiese Priscilla, inclinando la testa da un lato e continuando a scavare in quegli occhi.
«Da un po' di tempo, sì. Mio padre ha un debole per quella gilda» ridacchiò l'uomo, prima di afferrarsi il lembo della bandana che gli copriva il naso e decidere di tirarselo giù. Il cuore di Priscilla pulsò in petto tanto forte che le tolse il fiato e non seppe come riuscì a trattenersi dal tornare a piangere.
«Mi chiamo Laxus» si presentò con un sorriso che Priscilla ricordava bene, ma che nella sua memoria apparteneva solo a un Laxus bambino. Col tempo, crescendo, era come se si fosse dimenticato come si faceva a sorridere in quel modo. Invece in quel momento, dopo tanto tempo, quel magnifico sorriso luminoso e timido apparteneva a un ragazzo di ventitré  anni.
«L...» mormorò ma la gola le si chiuse sotto la pressione di un cuore troppo veloce per riuscire a darle l'ossigeno necessario.
«Laxus, esatto. Magari non hai mai sentito parlare di me, non è che abbia fatto mai chissà cosa, a differenza di mio padre» arrossì lui, grattandosi nervosamente la nuca. Sorrideva, arrossiva, si imbarazzava e ammetteva di non essere troppo speciale. Inoltre non aveva la sua caratteristica cicatrice a forma di saetta sull'occhio. No, quello non era il suo Laxus.
"Su Edoras ci sono come... dei cloni di ciascuno di noi" Mistgun le aveva dato la risposta, tempo addietro, quando le aveva raccontato del suo mondo. Quello non era il Laxus che conosceva, ma quello di Edoras. Mistgun le aveva detto, quando l'aveva conosciuta, che una volta aveva conosciuto sia lui che Ivan di Edoras ed entrambi erano decisamente diversi.
«Tuo... padre...» balbettò lei, sempre più incredula. «Ivan... Ivan aiuta Fairy Tail?» sembrava incredibile, assolutamente inconcepibile.
«Non hai mai sentito parlare neanche di lui? Strano, tutti lo conoscono visto quello che fa per loro» disse Laxus, confuso. «Forse sei nuova, lì dentro?»
«Sì» mentì, cercando di trovare per lui delle risposte che nascondessero la sua vera provenienza. Per il momento, quella sembrava la migliore. «Mi sono unita a loro solo pochi giorni fa».
«Cosa ci fai da queste parti? So che la gilda al momento è molto lontana da qua» chiese Laxus, avvicinandosi cautamente e cominciando a esaminare le sue ferite. Provò ad allungare una mano verso il suo polpaccio, quello che sembrava messo peggio, ma Priscilla lo tirò violentemente indietro. C'era il terrore sul suo volto.
«S-scusa» balbettò lui, imbarazzato. «Non voglio farti male. Hai davvero delle brutte ferite».
«Posso pensarci da sola» arrossì Priscilla, non sapendo cosa inventarsi. Non doveva vederlo, il suo corpo fatto di magia, era bene non approfondire ancora il discorso della sua provenienza. Non finché non avesse capito fino a che punto potesse fidarsi di quel Laxus.
«Quella è una ferita da arma da fuoco, potresti avere ancora dentro il proiettile. Dovresti davvero lasciarti guardare» provò a incoraggiarla, timoroso nel doverle dare quel consiglio che più somigliava a un ordine.
«Tu... aiuti Fairy Tail, giusto? Quindi non sei contro la magia» chiese Priscilla.
«No, puoi stare tranquilla. Davvero, non ti farò del male» la incoraggiò.
«Allora... posso fare questo...» azzardò lei, chiedendosi se fosse una buona idea. Certo era meglio usare la magia di fronte a lui che permettergli di scoprire chi fosse realmente e intavolare così un lungo discorso decisamente troppo intimo e pericoloso. Chiuse la mano a pugno, lasciando però allentate le dita, disegnando così una specie di cilindro con le dita e portò l'estremità di quel cilindro al foro del proiettile. Il vento cominciò a vorticare al suo interno, circolare sempre più forte, un piccolo tornado stava praticamente nascendo da dentro la sua ferita e spingeva verso l'esterno. Il risucchio dell'aria fece muovere il proiettile tra la sua carne. Priscilla cominciò a sudare e dovette far appello a tutte le sue forze per non iniziare a urlare. Strinse denti e occhi, si accasciò a terra e strinse l'erba tra le dita dell'altra mano, ma non smise il suo lavoro di risucchio fino a che tra schizzi di sangue non uscì infine anche il proiettile. Ansimante, rimase accasciata a terra, troppo stremata per fare qualsiasi cosa.
«I-incredibile» balbettò Laxus, seduto a terra con gli occhi sgranati. «Non ho mai visto niente del genere prima d'ora». Si raddrizzò e si avvicinò alla ragazza rapidamente, camminando gattoni.
«Ehy! Stai bene?» chiese, preoccupato, ma Priscilla non rispose. Respirava a fatica, era fradicia non solo d'acqua del fiume ma anche di sudore e tremava come una foglia. Laxus le poggiò una mano sulla fronte e sussultò, constatando: «Sei congelata! Hai bisogno di scaldarti!»
Si tolse il mantello di dosso e lo usò per coprire la ragazza, che ancora sembrava priva di conoscenza. Dei rumori di passi da lontano attirarono la sua attenzione, ma sapeva che non erano passi amici.
«Merda. Speravo ti avessero dato per morta quando ti hanno vista cadere invece ti stanno ancora cercando» si tolse un fazzoletto dalla tasca e lo usò per fasciare rapidamente la ferita causata dal proiettile. Ora che era svenuta non si opponeva più e questo certo gli facilitava il compito.
«Meglio andarcene da qui» disse infine, prendendola in braccio e facendo ben attenzione che il mantello non le cadesse di dosso. Corse via, infilandosi tra vie e sotterranei che solo lui e suo padre conoscevano, le vie secondarie che usavano per incontrarsi con quelli di Fairy Tail senza che l'esercito li scoprisse.
Quando Priscilla riaprì gli occhi i dolori non erano scomparsi, ma perlomeno era sparita la paura le orribili sensazioni di solitudine. Non aveva idea di dove si trovasse, ma il profumo di quella stanza era buono, e le coperte che aveva stese addosso erano calde e morbide. La luce penetrava delicatamente dalla finestra leggermente oscurata da delle tende, non era fastidiosa ma nemmeno troppo buio. Era tutto così caldo e accogliente. Si mosse sul materasso morbido e provò a guardarsi attorno, quando una voce arrivò alle sue orecchie.
«Ti sei svegliata!» entusiasta così non l'aveva mai sentita. Era miele per il cuore. «Meno male stai bene» sospirò poi, sollevato. Priscilla si alzò a sedere, facendo cadere le coperte sulle gambe e scoprì così di non avere addosso i propri vestiti. Indossava una larga camicia bianca, decisamente gigante per lei, e dei calzoni altrettanto enormi, ma comunque comodi.
«S-scusa!» sussultò Laxus al suo fianco, arrossendo come mai l'aveva visto fare. «I tuoi vestiti... erano fradici... ho-ho pensato non fosse sano, ecco. M-mi dispiace, ma in casa ci sono solo io. Giuro ho tenuto gli occhi chiusi!» si agitò sempre più. Era addirittura tenero nel suo disperato tentativo di non imbarazzarsi, cosa che gli capitava incredibilmente spesso. Era completamente diverso dal Laxus che conosceva, eppure nel profondo sentiva che avevano lo stesso buon cuore.
«Grazie» sorrise lei, delicatamente. «Sei stato premuroso» cercò di rincuorarlo. Mostrarsi nuda a qualcuno in effetti non era mai stata una cosa che le aveva provocato strane emozioni, visto che in fondo non era umana non aveva mai avuto nemmeno pensieri di quel genere. Il suo corpo era incredibilmente simile a quello umano, ma certo una come lei non poteva nemmeno pensare di attrarre o essere vista in quel modo da un uomo. Era dolce vedere come quel Laxus non lo sapesse e si comportasse come se avesse di fronte una vera donna. In fondo, a lei, non interessava.
«Ho... ho messo a lavare i tuoi vestiti. Devono solo asciugarsi. Ah! E ti ho portato del té caldo e dei biscotti. Ho pensato avessi fame... li vuoi?» chiese rosso in volto, indicando la teiera sul mobile al suo fianco. Era decisamente di una tenerezza fuori dal comune. Priscilla non potè trattenere un intenerito sorriso e annuì semplicemente. Laxus prese il vassoio con tutto ciò che aveva preparato, versò la tazza di tè e infine si avvicinò al letto per portare tutto a lei. Il sorriso sul volto di Priscilla si fece più intenso quando vide la cura e l'attenzione che lui stava ponendo in quel semplice lavoro, concentrato come se fosse la cosa più importante al mondo.
«S-stai sorridendo! Che bello!» si entusiasmò Laxus nel vedere il suo sorriso disteso, ma quell'euforia gli fece perdere l'equilibrio sul vassoio che ancora teneva in mano e tazza e biscotti barcollarono fino a quando tutto non si rovesciò sulla trapunta. Laxus urlò e l'urlo si intensificò nel momento in cui Priscilla, allarmata, disse: «Brucia!»
Tolse le coperte di colpo, lasciando Priscilla al freddo e lui non smise di agitarsi e urlare sempre più, balbettando più volte uno: «Scusa» che non sempre gli usciva bene dalle labbra. Infine si avvicinò al muro e colpendolo con la testa lamentò un piagnucolante: «Sono un disastro. Mi dispiace».
«Ma no, non preoccuparti. Non mi sono fatta niente» provò a rincuorarlo e scese dal letto, per cercare di avvicinarsi. Alzandosi in piedi l'enormità di quei calzoni si fece più palese e scivolò giù dalle sue gambe con una rapidità tale che non ebbe neanche tempo di accorgersi della cosa. Abbassò lo sguardo e lo puntò alle proprie gambe nude, cosa che fece anche Laxus. Lei di nuovo non si scompose, il ragazzo invece avvampò e si voltò immediatamente dall'altro lato urlando un iper balbettato: «Scusa!»
«Eh?» chiese Priscilla, non capendo di cosa si stesse scusando in quel momento.
«In casa ci siamo solo io e mio padre, non ho vestiti che ti possano andare bene. Quelli sono miei, m-mi dispiace tanto! N-non volevo guardare!» e infine sospirò affranto. «Quanto sono stupido» e non sapendo più sostenere quel confronto uscì rapidamente dalla stanza.
«Laxus» sorrise lei, sempre più intenerita. Il Laxus di quel mondo era un pasticcione tenerone, decisamente l'opposto di quello che conosceva lei. La cosa la divertiva e in qualche modo le scaldava il cuore. Si sistemò i calzoni che lui le aveva dato, fermandoli con una cintura che riuscì a trovare nei vari cassetti del comò con una facilità sorprendente. Anche se su due mondi diversi, quei Laxus avevano la stessa abitudine in fatto di sistemazione dei cassetti. Camice nel primo, pantaloni nel secondo e accessori nell'ultimo. Sotto sotto, era come essere tornata a casa.
Uscì dalla stanza, decisa a rintracciare il ragazzo e cercare di parlarci più tranquillamente. In fondo, non l'aveva ancora nemmeno ringraziato. Camminò lungo il corridoio lentamente, attratta dalle sculture in vetro che si trovavano ad ogni angolo e su ogni mensola. Erano incredibilmente belle, di vari colori e varie forme, c'era ogni sorta di animale di vetro intorno a lei. Infine oltrepassò una porta, un'altra stanza e provò ad aprirla delicatamente chiedendosi se Laxus non si trovasse lì dentro. La stanza era vuota ma un'altra scultura attirò la sua attenzione tanto che non riuscì a toglierle gli occhi di dosso. Si avvicinò lentamente e più lo faceva più il cuore nel petto batteva sempre più forte.
Una bambina. Una bambina di vetro sorrideva e la guardava, luminosa, con le mani dietro la schiena, in una posa delicata e leggiadra. Si inginocchiò, raggiungendo così l'altezza del suo viso e la guardò da vicino. Le sfiorò una guancia fredda con la punta delle dita, tremanti.
"Ho conosciuto Ivan, tempo fa. Si portava appresso un amato quanto imbranato figlioletto, ma era l'unico figlio che lui possedeva. Tu, su Edoras, non esisti, Priscilla" queste le parole di Mistgun che in quel momento invece contraddicevano i fatti. Quella bambina aveva i suoi stessi lineamenti.
«Lei si chiama Pricchan» la voce di Laxus la fece sobbalzare non tanto per la sorpresa nel sentirlo all'ingresso della stanza, tanto quanto per il nome dato a quella statua. Tremò sempre di più, sentendo l'emozione crescerle nel cuore. Non era vero che lei non esisteva, semplicemente non era la bambina di carta. Su Edoras lei era la bambina di vetro.
«Quando ero piccolo ero solo, non avevo neanche qualche amico con cui stare. Mio padre lo odiava e sotto sotto anche lui si sentiva solo. Lui è un mastro vetraio, come avrai capito, anche se in realtà è più un hobby che un lavoro. Perciò creò per noi Pricchan. Al tempo mi piacque talmente tanto che cominciai a considerarla la mia sorellina» ridacchiò imbarazzato, grattandosi il mento. «Ridicolo, vero?»
«Pricchan» mormorò invece Priscilla, rapita dai lineamenti della statua in quel luminoso e radioso sorriso.
«Le diedi io quel nome. Mi piaceva, sembrava...»
«Sembra il verso di un animaletto» concluse Priscilla per lui, sapendo perfettamente il motivo per il quale il suo Laxus, su Erathland, la chiamasse spesso in quel modo.
«Esatto! Lo credi anche tu, allora» rispose Laxus, contento di non sentirsi poi così idiota. «Sai, mio padre è sempre stato molto attratto e affascinato dalla magia, per questo aiuta le gilde in questo terribile periodo di difficoltà. Fa un sacco di discorsi sulla giustizia e le persone che soffrono per colpa di queste leggi, ma credo che in realtà il suo desiderio più grande sia quello di vedere Pricchan prendere vita» confessò Laxus.
«Cosa?» sobbalzò Priscilla, voltandosi a guardare Laxus con gli occhi spalancati.
«Le ha dato un volto simile a quello della mamma e passa molto tempo a guardarla e parlare con lei, anche se è solo una statua di vetro. Beh, come posso biasimarlo, io da piccolo ci giocavo» arrossì, prima di balbettare: «Ammetto che anche ora ogni tanto vengo anche io a parlare con lei. Mi credi stupido, non è così?» ridacchiò nervoso.
«Parlate con lei» ripeté Priscilla, tornando a guardare quel sorriso di vetro che la bambina le rivolgeva.
«È qui con noi da quasi vent'anni, ormai è come se fosse parte della famiglia. Ah, che idiota! Scusami! Sto dicendo stupidaggini!» si agitò, grattandosi nervoso la testa. Ma si sorprese invece nel vedere che Priscilla reagì con una lacrima… che si tolse subito con una mano tremante.
«È...» balbettò lei, cercando di sorridere. «È una storia commovente» provò a giustificarsi.
«Tu credi?» chiese Laxus, dubbioso. Priscilla annuì, prima di sorridere e azzardare un: «Chissà, magari anche se non può muoversi, può comunque sentirvi... e veglia su di voi».
«Allora riesci a capirci!» sorrise Laxus, entusiasta all'idea di non essere preso per idiota. «Pensavo di sembrarti stupido a raccontarti queste cose» ridacchiò.
«Davvero somiglia a tua madre?» chiese Priscilla alzandosi e avvicinandosi a Laxus, pronta a lasciare la stanza.
«Già, papà le ha voluto dare un volto piacevole e familiare. Anche se la mamma era bionda, a dire il vero, e... beh, Pricchan non ha colore, ma me la immagino mora, come papà. Ora che ci penso, ti somiglia un po'...» osservò lui, guardando meglio la ragazza che aveva al suo fianco.
«Tu dici?» ridacchiò Priscilla, portandosi una mano timida alle labbra. «È una bella coincidenza, non credi?».
Laxus però non smise di guardarla, ma anzi parve ancora più interessato a lei nell'istante in cui la vide ridere a quel modo. Le guance gli si arrossarono lievemente, mentre scopriva quanto quel suono e quel volto fossero incredibilmente piacevoli. «Già» balbettò. «Una bella coincidenza».
La serratura della porta, pochi metri da loro, schioccò poco prima che la porta cominciasse ad aprirsi. Priscilla si irrigidì, colta da un nuovo terrore, terrore che si intensificò maggiormente quando cominciò a cogliere i lineamenti dell'uomo che varcava la soglia di casa. Il volto severo, lo sguardo in grado di far sentire chiunque inferiore, non poteva dimenticare la sensazione di terrore che le dava quel viso tutte le volte che lo incrociava.
«Sei tornato, finalmente» disse Laxus, per niente intimorito.
«Diamine! C'è il caos per le strade. Pare stiano dando la caccia a qualcuno!» ringhiò Ivan, sbattendosi nervosamente la porta alle spalle. Priscilla d'istinto si rannicchiò contro la schiena di Laxus, dietro il quale si nascose. Gli afferrò la camicia e la strinse più che poté, tramando tanto che poté persino sentirla mugolare.
«Ehy...» si voltò Laxus, per provare a guardarla. Ma Priscilla si strinse di più contro la sua schiena, lamentandosi come un animale ferito. Quella voce, come poteva dimenticare quella voce?
«Non devi aver paura» provò a incoraggiarla Laxus.
«Eh?» ringhiò Ivan, facendo dei pesanti passi verso il figlioletto. «Abbiamo un ospite e neanche mostra il suo viso?»
«M-M-mi dis...» provò a balbettare Priscilla, ma la voce le morì in gola. Ivan si affacciò oltre al schiena di Laxus, incrociando così lo sguardo di una Priscilla tanto terrorizzata che avrebbe potuto farsi la pipì addosso da un momento a un altro. Stringeva la camicia di Laxus tanto forte che avrebbe potuto strappargliela e quando vide Ivan, quando incrociò quei suoi macabri e inquietanti occhi, si schiacciò ancora di più contro la schiena del ragazzo. La mano di Ivan si alzò e si avvicinò al suo viso. Priscilla chiuse gli occhi, ormai incastrata nel suo incubo peggiore, quello dove finiva con l'essere picchiata tanto violentemente da lasciarla in fin di vita. Ma la mano di Ivan le si posò leggera e tenera sulla testa, dove le diede semplicemente un'affettuosa scompigliata di capelli.
«Non dirmi che è per questa piccoletta che stanno facendo tutto quel baccano?» chiese Ivan, scoppiando in una fragorosa risata.
«Eh, già» sospirò Laxus. «L'ho raccolta dal fiume, si era buttata per disperazione per riuscire a scappare dalle guardie».
«Hai affrontato guardie e fiume e sei ancora viva?» la guardò Ivan, sgranando gli occhi. «Sei bella tosta, nanerottola!» e rise ancora tanto forte da portarsi le mani alla pancia. «Dì un po', le hai almeno offerto da mangiare! Guarda com'è pallida e magra!» disse poi, guardando il figlio con rimprovero.
«Ho provato a offrirle del tè!» rispose lui a tono, prima di ammettere arrossendo: «Ma sono inciampato e gliel'ho rovesciato addosso».
«Sei un disastro!» ruggì Ivan, prendendo Priscilla per un braccio e cominciando a trascinarla verso la cucina. «Povera creatura, guarda in che condizioni ti hanno ridotto. E mio figlio è un totale idiota. Hai capito? Sei un idiota!» e spinse la ragazza sopra una sedia, costringendola a sedersi.
«Ho capito! Non l'ho fatto apposta!» rispose Laxus, furioso.
«Ventitré anni e ancora non trovi moglie, e ci credo!»
«E questo adesso che c'entra?!» rispose Laxus, sempre più offeso.
«Non hai il minimo garbo o delicatezza! Che razza di vestiti sono quelli poi?» chiese Ivan, tirando fuori una padella e un mestolo da un mobile.
«Abbiamo altro da darle? Non mi pare ci siano donne in casa!»
«Potevi uscire e comprarle qualcosa!»
«Non potevo lasciarla sola! Guarda in che stato è ridotta!» ruggì Laxus, sempre più furioso.
«Bravo figliolo» disse infine Ivan, improvvisamente più tranquillo. «Hai superato il test. Mai lasciare una donna ferita da sola, soprattutto quando c'è lo Stato intero che la cerca».
«Come sarebbe che ho superato il test? Mi stavi mettendo alla prova?» urlò Laxus, al culmine della rabbia. Infine si lasciò cadere sulla sedia di fronte a Priscilla e si portò entrambe le mani al volto, mormorando un esaurito: «Mi manderai al manicomio, vecchio, prima o poi».
La delicata voce di Priscilla non resistette e uscì dalla sua gola, timida e intimorita, ma intrattenibile in quella lieve risata che le era nata dal profondo del petto. La mano davanti alle labbra, come se avesse voluto nasconderla, come se ne avesse paura o se ne vergognasse, ma usciva. Divertita, rallegrata, ma usciva. Era dunque quello il piacere di una famiglia? Di una vera e normale famiglia?
La testa china in avanti, gli occhi socchiusi, nemmeno si accorse di cosa provocò nei due uomini la sua cristallina risata: tenerezza e sicuramente un pizzico di felicità. Ivan, più di Laxus, osservò a lungo il volto disteso di Priscilla, pensieroso. Poi guardò anche il figlio, ancora seduto di fronte a lei, stranamente silenzioso. Lo conosceva abbastanza da riconoscere quando qualcosa gli piaceva e lo affascinava, assumeva sempre lo stesso sguardo quando da bambino si fermava di fronte alle vetrine dei giocattoli.
Ridacchiò e, prima di tornare a cucinare, mormorò: «Pensa un po'...».
«Mh?» si voltò Laxus. «Hai detto qualcosa?»
«Pensavo ad alta voce» rispose semplicemente Ivan, prima di chiedere: «Allora, scriccioletto, ti va di raccontarci perché hai tentato di ucciderti nel Rambel?»
«Non volevo uccidermi» rispose Priscilla, timida.
«Lei è di Fairy Tail!» spiegò Laxus.
«Fairy Tail?» chiese curioso Ivan.
«Sa usare la magia! È caduta dal cielo, diventava invisibile e si è sparata via un proiettile dalla gamba usando un vortice di vento!» spiegò Laxus, entusiasta per aver assistito a quelle incredibili cose.
«Cosa?!» sobbalzò Ivan, guardando sconvolto la ragazza.
Priscilla colta dall'imbarazzo e non sapendo bene come giustificare tutte quelle cose, si limitò a ridacchiare e grattarsi la testa.
«Però non ho visto oggetti particolari tra le sue cose, mi chiedo quale strumento magico tu possegga» rifletté Laxus e questo mise Priscilla ancora più in difficoltà. Ricordava i racconti di Mistgun, in quel mondo la magia non apparteneva alle persone ma poteva essere utilizzata solo tramite oggetti.
«Hai frugato tra le sue cose?» intervenne un furioso Ivan, facendo arrossire Laxus.
«N-non pensare male! L'ho solo cambiata e per forza ho notato cosa possedeva!»
«L'hai cambiata tu e non dovrei pensare male? Figlio degero! Che razza di pervertito sei, eh?! È così che ti ho cresciuto?» gridò Ivan prima di voltarsi e colpire violentemente la nuca del figlio con il mestolo che aveva in mano. Laxus si piegò in avanti per il colpo e per un po' resto in quella posizione, con le mani premute contro la testa colpita, lamentandosi per il dolore.
«Non arrabbiarti» provò a intervenire Priscilla, dispiaciuta per il trattamento che Laxus stava ricevendo. «Ero svenuta e ha solo pensato fosse importante mettermi al caldo e togliermi i vestiti bagnati di dosso. È stato gentile».
«La ragazza ti difende anche» sospirò Ivan, tornando a cucinare. «Sei troppo buona, piccoletta».
«A proposito...» si raddrizzò Laxus. «Non ti ho ancora chiesto come ti chiami».
«Mi chiamo...» cominciò Priscilla, ma si interruppe improvvisamente turbata.
"Pricchan".
Avrebbe dato troppo nell'occhio se avesse ammesso di avere lo stesso nome della sua sorellina di vetro, visto che aveva notato anche la loro somiglianza. Non poteva rivelarglielo, non ancora perlomeno. Erano sicuramente persone buone, ma era bene non esagerare e restare cauti almeno finché fosse rimasta sola in quel mondo sconosciuto.
«Il mio nome è Mistgun» disse infine.
«Mistgun...» ripetè sovrappensiero Ivan.
«Mistgun?» si chiese invece Laxus, alzando gli occhi curioso. «Che razza di nome è per una ragazza?»
«Ti sembrano domande da fare? Maleducato!» ringhiò suo padre, furioso, e Laxus sobbalzò rendendosi conto dell'errore e tornò a balbettare rosso in volto una serie di scuse.
«Cosa ci fai da queste parti, Mistgun?» chiese poi Ivan, sospirando. «Fairy Tail si trova molto lontano da qui».
La loro conoscenza su Fairy Tail la metteva veramente nei guai, se si fossero messi in contatto con loro certo non ci avrebbero messo molto a scoprire che era un impostore. Inoltre questo la costringeva a inventare un sacco di bugie, cosa che odiava fare, ma che altra soluzione aveva? Fino a quando non avrebbe rimesso ordine ai pensieri e non avesse pensato al da farsi non aveva altra scelta se non attirare l'attenzione il meno possibile.
«Io...» mormorò cercando di inventarsi qualcosa. Ma non conosceva abbastanza quel mondo da riuscire a pensare a un'idea che fosse plausibile. «Io... non me lo ricordo» la perdita di memoria forse era la cosa migliore a cui potesse attingere in un momento come quello. «Mi sono svegliata su una spiaggia e i soldati già mi stavano cercando. Sono arrivata in questa città per scappare da loro».
«Brutta situazione. Chissà cosa ti è successo» mormorò Laxus, incrociando le braccia al petto, pensieroso. Ivan finì di cucinare e mise il tutto in un piatto che posò davanti a Priscilla, incoraggiandola poi a mangiare. Le diede ancora una dolce scompigliata di capelli, vedendo la sua titubanza, e insisté con un semplice: «Non fare complimenti. Sei a pezzi, hai bisogno di recuperare energie».
"Gli esseri umani mangiano, Priscilla" per quanto quell'uomo fosse totalmente diverso dal padre che aveva avuto, portava il suo stesso volto e la sua stessa voce. Ricordare quei momenti era inevitabile, tutto dentro quella casa sembrava trascinarla molti anni indietro e la terrorizzava. "Gli esseri umani mangiano e dormono. Perciò vedi di ricordarti di farlo sempre, o finirai con l'attirare troppo l'attenzione. Non vuoi farmi arrabbiare, vero?"
Col tempo aveva imparato a non pensarci più e aveva reso quelle attività un'abitudine. E stare insieme a Laxus, vedere quanto a lui piacessero quelle attività, l'avevano incuriosita e aveva persino imparato ad apprezzarle. Ma la verità era sempre lì, pronta a punzecchiarla come una lama contro la colonna vertebrale.
"Senti, ma se tu non hai un corpo di carne e ossa, ma solo di magia... perché mangi così tanto?" rispondere alla domanda di Happy, la sera che aveva combattuto contro Laxus, era stato così doloroso che si era limitata a riderci su. La verità era sempre lì... lei non era umana. Non aveva bisogno di mangiare, ma lo faceva lo stesso perché esserlo era tutto ciò che desiderava. Prese una manciata di uova strapazzate e se le portò alla bocca. Il suo corpo non ne aveva bisogno, ma alla fine poteva emulare perfettamente tutti i processi biologici di un normale essere vivente e per questo non lo rifiutava nemmeno. Questo le permetteva di concentrarsi solo sul gusto e sul piacere di quell'attività così comune, così umana.
«È buono» commentò lasciandosi sfuggire un timido sorriso.
«Sono felice di sentirtelo dire» ridacchiò Ivan, orgoglioso. «Questa è la mia personale ricetta delle uova alla Ivan!»
«Mi stupisco allora che ti stia facendo i complimenti» commentò Laxus, lanciando uno sguardo provocatorio al padre.
«Disgraziato! Ti sembra il modo di rivolgerti a chi ti nutre?!» ruggì Ivan e ancora quel piccolo battibecco fece ridere Priscilla, che ora mangiava con più serenità.
Il rumore alla porta interruppe quel piccolo quadro familiare, facendo così calare il silenzio. Qualcuno bussava e non ci mise molto nemmeno a presentarsi.
«Signor Drayen! Ci manda lo Stato, apra la porta, per favore?» una voce imperativa e decisa. Priscilla sbiancò ed entrambi gli uomini scattarono in piedi, allarmati. Laxus corse alla finestra e scostò appena le tende, dando un'occhiata fuori.
«Ci sono soldati anche in giardino» sussurrò, allarmato.
«Non sanno che è qui, altrimenti non si sarebbero presentati e avrebbero semplicemente sfondato la porta» disse Ivan. «Dobbiamo nasconderla».
«I suoi vestiti sono in bagno ad asciugare!» ricordò Laxus. Se li avessero visti sarebbe stata la loro fine.
«Signor Drayen!» insisté il soldato.
«Non c'è tempo, papà! Pensa a qualcosa!» disse Laxus.
«Ci penso io» disse Priscilla, alzandosi dalla sedia. «Mirage» sussurrò, socchiudendo gli occhi, e un istante dopo la sua immagine scomparve, dissolvendosi come un'onda. Persino Ivan, che ben conosceva Fairy Tail e la magia, rimase sbalordito di fronte a quell'evento. Laxus corse verso la porta, meno sorpreso visto che già l'aveva vista fare quel genere di cose in città, e aprì improvvisando un falso sorriso.
«Scusateci! Stavamo parlando a voce troppo alta, non abbiamo sentito bussare» disse, grattandosi la nuca imbarazzato. Davi in persona si fece avanti, fronteggiando direttamente il ragazzo che ne rimase un po' intimorito. «Qualcosa non va?» chiese, sforzandosi di lottare contro la paura che gli animava lo stomaco.
«Possiamo entrare?» chiese cupo.
«C-certo» disse Laxus, facendosi da parte e permettendo così ai soldati di entrare. Non solo il capitano Davi fece il suo ingresso ma un intero plotone non si risparmiò dal cominciare a frugare con velocità e meticolosità in ogni singola stanza.
«Capitano Davi, da quanto tempo» disse Ivan, uscendo finalmente dalla cucina.
«Mi scuso per l'improvvisata, Signor Drayen» parlò finalmente Davi, guardando i suoi soldati che uno alla volta uscivano dalle varie stanze comunicando con un gesto del capo che non c'era niente. E attese ancora un po' prima di sentirsi libero di parlare: «Stiamo cercando una pericolosa criminale. Appartiene alla gilda Fairy Tail».
«Un membro di Fairy Tail qui in città?» si finse sorpreso Ivan.
«Usa magie pericolose. Pare che possa rendersi invisibile» spiegò Davi e i muscoli di Ivan e di Laxus si irrigidirono, anche se si sforzarono di sembrare naturali. Il fatto che Davi sapesse con chi aveva a che fare la metteva ancora più in pericolo.
«Sì, ho sentito la gente in città che parlava di una criminale... non credevo fosse di Fairy Tail» disse Ivan, mostrandosi preoccupato. «Pare l'abbiano vista lanciarsi nel fiume. Credevo fosse morta».
«Il mio sesto senso dice che è ancora in città» disse Davi, guardandosi attorno meticolosamente. «Posso sicuramente contare sulla fiducia dell'ex consigliere di corte, vero?» chiese Davi lanciando uno sguardo severo a Ivan.
«Ovviamente. Se dovessi notare qualcosa informerò subito le guardie» annuì Ivan.
«Capitano Davi!» chiamò uno dei soldati dal piano di sopra. «Venga a vedere!»
Il capitano non se lo fece ripetere due volte e corse lungo le scale, pronto a intervenire di fronte a qualsiasi evenienza. La paura che l'avessero scoperta fu totale e Laxus si sporse in avanti, pronto a correre dietro al soldato e provare a difenderla. Ma Ivan lo bloccò per il polso e lo costrinse a rimanere al suo posto. Davi corse fino al piano di sopra e poi diretto verso il bagno, raggiungendo il sottoposto che l'aveva chiamato. Era affacciato a una finestra aperta e appena vide arrivare Davi gli indicò qualcosa fuori.
«Laggiù! Guardi!» il dito del soldato mandava il suo sguardo oltre il giardino di Drayen, verso il paese appena sotto la sua casa, dove riuscì a intravedere la sagoma della ragazza svoltare l’angolo e sparire.
«È lei! Presto!» gridò cominciando a scendere giù per le scale. «Sta andando verso ovest, non dobbiamo perderla di vista!» gridò facendo uscire tutti i suoi sottoposti dalla casa. «Vi consiglio di tenere le finestre chiuse per un po', signor Drayen» disse infine, prima di uscire e sbattere la porta.
«Quell'uomo» disse Ivan, digrignando i denti. «Era una testa di cazzo anche quando lavoravo a corte».
«Dov'è Mistgun?» chiese Laxus, guardandosi attorno preoccupato. Corse al piano di sopra, dove aveva lasciato i vestiti e dove i soldati avevano allarmato il capitano. Andò diretto verso il bagno e la trovò, seduta a terra, appoggiata con la schiena al muro. Respirava affannosamente ed era ricoperta di sudore, ma a parte quello sembrava stesse bene.
«Incredibile! Non ti hanno vista!» disse, inginocchiandosi vicino a lei. «Sei stata tu a ingannarli? Come hai fatto?»
«Con la magia… creo delle specie di illusioni» sorrise Priscilla, cercando di riprendere fiato. Il poco tempo e il bisogno di inventare qualcosa le aveva suggerito un’unica soluzione, la più difficoltosa: aveva usato il Mirage per nascondere se stessa, poi per nascondere i vestiti appesi sopra la vasca e infine un terzo Mirage per creare la sua stessa immagine, in movimento oltretutto, farsi vedere in strada e sparire. Era la prima volta che lo usava in tre punti diversi e il tutto era stato intensificato dal bisogno che una delle tre immagini fosse in movimento: il consumo magico era stato praticamente totale, ne era stremata.
«Sei incredibile!» insisté Laxus, guardandola affascinato. Un attenzione che la fece arrossire, ma che nel profondo la rese immensamente felice.
«Laxus» Ivan entrò nel bagno e guardò i due a terra. «Ha bisogno di riposare. Accompagnala a letto» disse preoccupato ma cupo in volto. Qualcosa lo rendeva estremamente pensieroso, più del solito. Laxus aiutò Priscilla a rialzarsi e lentamente la portò verso la stanza da letto, passando di fronte a Ivan.
«Mistgun» la chiamò, prima di vederla entrare nella camera insieme a suo figlio. «Puoi stare qui finché desideri. Farò in modo di rendere questo posto sicuro».
«Non... non vorrei crearvi troppo disturbo. Se scoprono che sono qui, sareste in pericolo» mormorò Priscilla, preoccupata, e Ivan si lasciò scappare un sorriso prima di dirle: «Non essere stupida. Sono anni che aiuto Fairy Tail, credi mi importi del pericolo? Pensa a riposare, adesso».
«Sta' tranquilla» sorrise Laxus, aiutandola a sedersi sul letto. «Io e mio padre sappiamo cavarcela. Non appena ti sentirai meglio ti aiuteremo a tornare a casa».
Priscilla non ebbe più coraggio di dire nemmeno una parola. Quella situazione, quella gentilezza, era quasi surreale e per questo meravigliosa. Ma quella non era casa sua, lo sapeva, e aveva già cominciato a sentirne la mancanza. Non si sentiva sicura di niente, anche se quelle persone erano amorevoli con lei. Si guardò il simbolo sul palmo della mano non appena Laxus si allontanò, stesa in quel morbido letto, e lanciò poi uno sguardo al cielo fuori dalla finestra.
"Casa".
Come stavano andando le cose a casa?
Laxus si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò alla stanza del padre, dove era sicuro di poterlo trovare. Seduto sul letto, chino in avanti, guardava la Pricchan di vetro dritta negli occhi. Andava da lei tutte le volte che era tormentato da qualcosa e aveva bisogno di pensare.
«Allora?» chiese Laxus, appoggiandosi allo stipite della porta.
Suo padre fece un lungo sospiro prima di aprire bocca e dire: «Quando si sentirà pronta ci dirà la verità».
«Tu cosa ne pensi? Perché ha il simbolo di Fairy Tail se non è di Fairy Tail?»
«Allora non sei così idiota» ridacchiò Ivan. «L'hai capito anche tu».
«Così come ho capito che Mistgun non è certamente il suo nome. Per chi m'hai preso?» brontolò offeso.
«Calmati, sto scherzando. Ho qualche sospetto in proposito, ma voglio prima indagare un po'. Tu vedi nel frattempo di non innamorarti di lei, è probabile che non la rincontreremo una seconda volta» lo punzecchiò, sghignazzando divertito.
«Ma di che diamine stai parlando? Vecchio idiota!» ruggì Laxus, offeso e sicuramente colpito nel profondo. Gli voltò le spalle e a grossi passi se ne andò, tornando al piano di sotto. Una reazione che in parte gli dava ragione e per quanto fosse divertente vedere quel tipo di reazioni in suo figlio comunque non poté che preoccuparsi maggiormente per lui. Se si fosse affezionato a lei il momento della separazione sarebbe stato un bel problema. Sospirando tornò a guardare la statua di vetro e a pensare a quella ragazza.
Corrucciò la fronte e rimase a lungo immobile, concentrato.
«Da dove sei arrivata, Pricchan?»


NDA.


Non avete idea della fatica immane che ho fatto nel cercare di immaginare e descrivere un Laxus che in realtà non è Laxus. Riuscire a immaginarlo che balbetta, arrossisce e chiede mille volte scusa anche quando non necessario non è stato per niente semplice xD
Volevo dire solo questo ahahah
Ma comunque a questo punto approfitto per ringraziare le anime caritatevoli che leggono la mia storia <3 Siete preziosissimi.
E già che ci sono spammo un po’ anche la mia pagina autrice su FB dove potete trovare… niente… Perché alla fine la uso solo per dire qualche stronzata ogni tanto xD
Ma potete comunque passare per salutarmi, sclerare con me su Fairy Tail (ho bisogno di amiche fangirl con cui dare di matto, please) e vi anticipo che ho in programma di fare una cartella immagini dedicata tutta a questa storia. Non sono mie, le ho rubate malamente da Pinterest (C’è un posto prenotato all’Inferno per me per questo motivo, lo so già), però sono molto suggestive e si adattano perfettamente a Pricchan e la sua storia. Se siete curiosi venite a fare un salto, ecco il link


https://www.facebook.com/RayWingsEFP/


A presto!!!


Ray





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Capitolo 22
*** Io vengo da Earthland ***


Io vengo da Earthland





Priscilla era come al solito nella camera che Ivan le aveva dato. Aveva scoperto poco dopo che quella era la stanza di Laxus e che lui, per lasciarla a lei, si era ridotto a dormire sul divano. Aveva provato più volte a insistere per restituirgliela ma non c'era stato modo di convincere nessuno dei due padroni di casa. Era passata una settimana dal suo arrivo in quella città, da allora aveva riposato molto e gran parte del suo potere era finalmente tornato, ma continuava a non muoversi da quella stanza. Laxus passava molto tempo insieme a lei, preoccupato che potesse annoiarsi, cercava sempre di portarle qualcosa con cui distrarsi. Un libro, un gioco, qualche oggetto particolare comprato dal mercato. Stava insieme a lei e le raccontava ogni cosa di quel mondo, visto che lei diceva di non ricordarsene. I luoghi e le abitudini, le leggi e la storia. Ma nonostante tutto, Priscilla continuava a stare seduta sul letto e a guardare fuori dalla finestra con gli occhi pregni di tristezza. Ivan invece usciva praticamente sempre, si occupava di indagare sul passato della ragazza anche se lei questo non lo sapeva, e continuava a depistare le indagini dei soldati che non avevano smesso mai di cercarla. Persino Erza aveva fatto il suo ingresso in città e questo lo aveva allarmato un po', ma Priscilla sembrava ben intenzionata a restarsene nascosta e non faceva niente di avventato. Sembrava... stesse aspettando. Qualcuno o qualcosa, non sapevano, ma Priscilla stava sicuramente aspettando e più il tempo passava più quell'attesa la logorava.
Dopo una settimana tornò ad alzarsi dal letto, anche se solo per brevi momenti. Dopo una settimana e mezza la vedevano spesso in giro per la casa, a curiosare o semplicemente cercare qualche nuovo libro da leggere. Dopo due settimane cominciò anche a cucinare ogni tanto, per ringraziare Ivan e Laxus per la loro ospitalità. Aveva più volte detto che se ne sarebbe andata, ma i due uomini erano tassativamente contrari. Nonostante fosse trascorso molto tempo, lo Stato era ancora in allerta e al primo avvistamento avrebbero ripreso a cercarla. Sapeva che avevano ragione e ancora non aveva idea di dove andare se avesse lasciato quella casa. Eppure Gerard ancora non si vedeva e nemmeno la sua Fairy Tail, nessuno stava andando a prenderla e lei non aveva idea di come poter tornare a casa. Aveva sperato che con la scusa della sua scomparsa almeno Gerard fosse tornato, a quel punto avrebbe anche potuto discutere con lui dell'eventualità di sistemare per sempre Anima, ma non arrivava. Nessuno arrivava e lei non sapeva dove andare.
Quanti giorni erano ormai passati?
Passò anche quel giorno di fronte alla camera di Ivan e come sempre il suo sguardo venne attirato dalla piccola statua in vetro che continuava a sorridere allegra. Le portava alla mente così tanti ricordi e non tutti erano piacevoli.
«Non guardarmi in quel modo» mormorò come se la bambina avesse potuta sentirla. «Io ho avuto la fortuna della vita e tu quella di una famiglia incredibile. Non sei l'unica che prova invidia» disse e continuò a guardare il suo sorriso. Quel sorriso che lei aveva imparato solo con tempo, invece quella Pricchan ci era nata.
«Lo sai...» disse poi accennando un sorriso ed entrò nella stanza, andandosi a sedere di fronte alla bambina. «Oggi a casa mia è il giorno dell'Hanama. Il periodo della fioritura dei ciliegi e Fairy Tail non si lascia sfuggire mai nessuna occasione per festeggiare. Tu hai conosciuto la tua Fairy Tail? Non so come sia... ma sono sicura che ti possa piacere. Nostro nonno è il Master della gilda. Anche Laxus ne fa parte e un tempo persino Ivan, ma poi sono stati cacciati tutti e due. Non stupirti, guardaci? Siamo opposte, anche se simili. Credi che per loro sia diverso? Papà... papà è molto diverso da questo. Sai, ti invidio molto. Anche io avevo una casa, molto tempo fa, simile a questa. Vivevamo insieme io, Laxus e Ivan, ma i ricordi che ho io scommetto sono molto diversi dai tuoi. Quando Ivan è stato cacciato e io e Laxus abbiamo litigato, sono andata al dormitorio, lui si è preso un altro appartamento più piccolo, e così quella casa è stata abbandonata. Non so se l'abbia comprata qualcun altro. Non era male, sai? Un po'...» cominciò a tremare, sentendo il nodo alla gola farsi più intenso. «Sì, io credo che un po' mi manchi» le lacrime cominciarono a rovesciarsi dai suoi occhi. «Che cosa devo fare, Pricchan? Come posso aiutarli a trovarmi? Il nonno... il nonno sarà così in pensiero! E Wendy avrà smesso di piangere? Avrà smesso di incolparsi? Scommetto che si starà odiando e penserà che sia stata colpa sua. Non voglio. Io... io voglio solo che tutto si sistemi! Gerard...» singhiozzò. «Gerard non può farcela da solo. Era in ginocchio, non ha più forza. Devo aiutarlo, ma non so cosa fare! Ho... così paura! Sono paralizzata, Pricchan. Che devo fare? Parlami... ti prego, almeno tu. Tu che sei come me. Non lasciarmi sola».
«Non sei sola» la voce di Ivan, severa e dura. Ma Priscilla non si scompose troppo. Si sorprese nel vederlo, sì, visto che sapeva che era fuori anche quel pomeriggio. Ma non si spaventò del fatto che avesse sentito le sue parole.
«Perché continuate a tenermi con voi anche se sai che vi ho mentito?» chiese Priscilla, tornando a guardare la bambina di fronte a sé. Non sapeva fin dove Ivan avesse indagato, ma era sicuramente un uomo sveglio e se davvero aveva contatti con Fairy Tail certo non poteva non aver chiesto a loro della sua esistenza. A sostegno di quello c'era che mai le aveva proposto di riaccompagnarla o mandarla alla gilda, ma continuava a insistere affinché restasse lì. Era ovvio che Ivan avesse capito che Priscilla nascondeva qualcosa, eppure non aveva mai smesso un attimo di trattarla come se si fidasse ciecamente di lei. Qual era il suo obiettivo?
Ma Ivan alla domanda rispose in modo del tutto imprevedibile e lasciò Priscilla non solo stupita, ma anche completamente disarmata.
Con una semplice alzata di spalle, come se fosse la cosa più banale del mondo, aveva semplicemente detto: «Perché sei mia figlia».
Ivan sospirò nel vedere lo sguardo sconvolto di Priscilla e si avvicinò a lei, mettendosi a sedere al suo fianco. «Che razza di mostro sono nel tuo mondo, Pricchan? Sono stato persino cacciato dalla gilda dal mio stesso padre» ridacchiò anche se la cosa lo rendeva in realtà nervoso.
«Anche Laxus è stato cacciato» mormorò Priscilla e Ivan scoppiò a ridere, anche se non aveva niente di divertito. «Mio dio, che famiglia disastrosa!» disse.
«È per questo che avevi paura di me la prima volta che mi hai visto» continuò lui. «Però ti sei nascosta dietro a Laxus. Devo perciò sperare che anche se delinquente almeno mio figlio abbia un buon cuore».
«Non è stata colpa sua» disse semplicemente Priscilla, cercando di rassicurare Ivan della bontà che anche il suo Laxus aveva.
«Lo difendi a spada tratta, eh? Gli devi voler davvero molto bene».
Priscilla non rispose ma ora sentiva la malinconia farsi più viva dentro sé. Oltre che di casa sua, ci mancava anche di sentire la mancanza di suo fratello. Chissà dov'era...
«Guarda lì» disse poi Ivan, indicando un punto sulla spalla di Pricchan. Una leggera incrinatura, quasi invisibile, rovinava la perfezione del vetro che la componeva. «Quando Laxus era piccolo era un vero tornado, si agitava in continuazione e così finì un giorno per farla cadere e romperla. Pianse per settimane, fino a quando non riuscii ad aggiustarla. Da allora ha cominciato a starle a debita distanza, terrorizzato all'idea di farla di nuovo cadere. Non lo ammette, è molto orgoglioso, ma le è molto affezionato. Scommetto che anche per il Laxus del tuo mondo è lo stesso».
Quella storia era vera su così tanti fronti che non poté non credergli. Anche quando loro erano bambini Laxus finiva col "romperla per sbaglio" e piangeva molto per questo.
"L'ho fatta soffrire abbastanza. Impediscile di seguirmi" era quello che aveva detto al nonno il giorno che se n'era andato. Era terrorizzato all'idea di farle ancora del male e questo dimostrava quanto le fosse affezionato. Aveva sempre avuto la sensazione che era lei che lo inseguiva e lo rincorreva ad ogni occasione, che fosse lei la sua ombra, l'unica a preoccuparsi per lui. Invece non era così. Ovunque fosse, Laxus, il Laxus del suo mondo, stava pensando a lei. E lei aveva promesso di aspettarlo.
«Sono felice di avervi incontrato. Soprattutto tu, Ivan» disse infine, più alleggerita.
«È giunto il momento di tornare a casa?» chiese Ivan.
«Sì» disse Priscilla guardandosi il simbolo sul palmo della mano. «Devo tornare a casa».
«Bene!» urlò Ivan tanto forte da farla spaventare. La prese per mano e cominciò a trascinarla via, verso il piano inferiore. «Laxus! Prendi carta e penna! Abbiamo del lavoro da fare!»
«Carta e penna? Di che si tratta?» chiese Laxus dalla cucina, correndo a prendere il necessario. Entrarono nella stanza, Ivan per primo trascinandosi dietro una quasi terrorizzata Priscilla, e quando fu davanti al figlio prese la ragazza sotto braccio, stringendola.
«La piccola Pricchan è pronta» disse semplicemente. Priscilla sussultò, guardando Laxus rossa in volto, non tanto per "l'essere pronta" -cosa che faceva capire che anche lui avesse intuito qualcosa- tanto quanto per l'averla chiamata Pricchan. Anche lui sapeva chi era in realtà?
«Bene!» sorrise Laxus, felice e determinato. Sistemò i fogli sulla tavola, prese delle penne e si preparò a scrivere tutto quello che sembrasse rilevante. Cosa, ancora, non sapevano. Ma certamente qualcosa bisognava appuntarsi.
«Anche tu sapevi?» chiese Priscilla, stupita.
«Le somigliavi così tanto, era impossibile non intuire che tu fossi la piccola Pricchan!» disse Laxus, ma Ivan aggiunse immediatamente un: «Te l'ho dovuto spiegare io».
«Non è vero! Vecchiaccio!» ruggì Laxus, offeso.
Priscilla si strinse nelle spalle e si lasciò sfuggire una di quelle risatine soffuse e timide che aveva più volte fatto uscire in quei giorni. Ma a differenza delle altre volte, quella risata che sembrava vergognarsi persino di esistere, si trasformò presto in un radioso e luminoso sorriso. Per la prima volta in quelle due settimane Priscilla sorrise veramente.
«Bene!» disse carica. «Vi racconterò tutto, allora!»
Corse al tavolo e si mise a sedere, prendendo i primi fogli che aveva davanti e preparandosi. Voleva disegnare la gilda e una mappa del suo mondo, voleva raccontare loro ogni cosa, dall'inizio della sua esistenza. Spiegare il funzionamento delle gilde, della magia, ogni cosa. Sentiva di essere a casa, di poterlo fare con loro, ne era sicura.
Ivan passò di fianco a un Laxus inebetito e immobile, mentre osservava il viso per la prima volta radioso di quella ragazza saetta che adesso correva in giro per casa. Diede un piccolo colpo sulla fronte di suo figlio, non tanto piccolo in realtà visto che lo destabilizzò all'indietro, e ridacchiò vicino al suo orecchio uno sbeffeggiante: «Non innamorarti».
«Ma di che diavolo parli?» ruggì Laxus, ancora più offeso.
«Partirò col spiegarvi il mio arrivo qui» iniziò Priscilla, ignorando l'ennesimo battibecco tra i due. «Sapete già dell'esistenza di altri mondi, dunque? Come ha detto che la chiamate, voi?» rifletté, portandosi un dito al mento. Poi schioccò le dita e disse: «Earthland! Io vengo da Earthland!»
«Chi ha detto che si chiama così?» chiese Laxus curioso, riflettendo sul suo "come ha detto che la chiamate".
«Gerard!» rispose Priscilla.
«Gerard?» inarcò un sopracciglio Laxus, non capendo. Era forse qualcuno che avrebbe dovuto conoscere? Ma a rispondergli fu Ivan, al suo fianco, che dopo qualche secondo di riflessione iniziò a balbettare sorpreso: «Un attimo! Non sarà mica... quel Gerard?»
«Il Principe Gerard!» annuì Priscilla.
«Principe?!» sussultò Laxus.
«È vivo? Com'è possibile? Annunciarono la sua morte almeno sette anni fa!» chiese Ivan con gli occhi sgranati.
«È vivo ed è mio amico. Si trova ad Earthland. Vedete, nel mio mondo la magia funziona diversamente dalla vostra. Non risiede in oggetti ma nelle persone stesse» e diede dimostrazione creando una delle sue nuvolette saettanti sopra il palmo della mano destra. «E non è proibita! Ne viene fatto largo uso e ce n'è in abbondanza. Per questo il vostro Re ce la ruba usando Anima. Mistgun... cioé, Gerard gli si oppose e venne perciò cacciato. Non so molto di lui, è un tipo abbastanza silenzioso, ma alla fine attraversò uno dei portali Anima e raggiunse Earthland dove ha passato i successivi anni a combattere per chiudere i portali. Ho viaggiato a lungo con lui negli ultimi tempi».
«Il principe è vivo... non ci posso credere» mormorò Ivan.
«Perché combattere Anima? Quella magia ci fornisce la magia utile a sopravvivere. Nemmeno Fairy Tail sarebbe in circolazione se non ci fosse questa vana possibilità» indagò Laxus.
«Continuate a sottrarci magia eppure non ne avete abbastanza per vivere e a voi è bandito farne uso. La cosa non ti puzza nemmeno un po'?» chiese Priscilla.
«Ho letto qualcosa scritto da Gajeel. Molti lo considerano un complottaro, altri un nemico dello Stato ma comincio a pensare che abbia ragione» disse Laxus e questa volta a sobbalzare e balbettare fu la Priscilla stessa. «G-Gajeel scrive?» strabuzzò gli occhi.
«Lo conosci?» chiese Laxus. «È uno scrittore famoso».
«Scrittore» ridacchiò nervosa Priscilla. «Nel mio mondo non sono nemmeno certa che Gajeel sappia leggere, a dire il vero. È un po' barbaro».
«Siamo proprio agli antipodi, noi e quelli di Earthland» commentò Ivan.
«Sarei curioso di conoscerlo il me dell'altro mondo!» ridacchiò Laxus.
«Io credo che lui non sarebbe altrettanto entusiasta» mormorò Priscilla immaginando quanto avrebbe odiato vedersi tanto rammollito e tenerone. «Comunque, non so cosa Gajeel abbia scritto, ma la verità è che Anima non sottrae la magia... ma i maghi stessi».
«Eh?!» sobbalzò Laxus.
«Lo sospettavo da un po'» mormorò Ivan, turbato.
«Le Lacryma che riuscite a ricavare e che usate sono persone. Come se non bastasse tutta la magia estratta da lì viene tenuta all'interno della corte e solo il necessario a sopravvivere viene distribuito al resto del paese. Gerard anche se ragazzino aveva già il cuore adatto a capire cosa fosse giusto o meno, si è opposto alle ingiustizie del padre e alla fine è stato bandito» spiegò Priscilla.
«Sono... persone...» balbettò Laxus, sconvolto. «È orribile».
«Da quando Gerard è sparito la quantità di Lacryma che riuscivamo a prendere da Earthland è stata sempre minore. Le ipotesi erano molte, abbiamo pensato a una malattia del Re o al dolore per la perdita del figlio, in realtà era lo stesso Gerard che dall'altra parte lottava e si opponeva ad essa. Il nostro principe non ha mai smesso di lottare per la giustizia, nonostante tutto...» Ivan strinse i pugni e si corrucciò al pensiero che per tutti quegli anni fosse stato all'oscuro di quella situazione. Anche lui, come chiunque, faceva uso della magia della Lacryma che riuscivano ad ottenere con Anima. Anche lui, come chiunque, poteva definirsi perciò un assassino.
«Ho cercato più volte di convincere Gerard ad attraversare il portale e tornare per vedersela definitivamente con suo padre, ma sostiene di non avere abbastanza forza per farlo. Posso capirlo, per quanto io lo ammiri, da solo contro un intero mondo non può farcela. Desideravo solo aiutarlo...» confessò Priscilla, rabbuiandosi.
«Ma continuate ad essere in due contro il mondo intero» disse Ivan, confermando così ciò che più la tormentava.
«E io non conosco questo mondo abbastanza per essergli d'aiuto. Ma...» disse poi, più decisa, ma non riuscì a proseguire. Semplicemente alzò il palmo della mano destra e l'osservò, pensierosa. «Se Fairy Tail potesse venire qui... allora tutti insieme, potremmo...»
«La Fairy Tail del tuo mondo dev'essere molto forte» suppose Ivan e Priscilla non poté che illuminarsi, prima di confessare con gli occhi emozionati: «È la migliore di tutte».
«Anche Gerard ne fa parte!» aggiunse poi, decisa a tornare a raccontare. «È un mago di classe S, che nel nostro linguaggio significa che è uno dei più forti. Anche Laxus lo è» gongolò felice mentre Ivan invece scoppiò a ridere tanto forte che sputacchiò sul tavolo. «Qualcosa non va, vecchio? Sono uno dei più forti!» brontolò Laxus ma Ivan continuò a ridere tanto forte che persino le pareti tremarono.
«Mistgun, Laxus, Gildarts, Mirajane e infine Erza! Sono tutti maghi di classe S» continuò a raccontare Priscilla, felice e allegra. Poter parlare di Fairy Tail le scaldava il cuore. Le mancava così tanto.
Ma un'ombra parve scendere sul viso dei suoi interlocutori, al contrario di Priscilla che non faceva che sorridere. Ignara.
«Erza?» balbettò Laxus.
«Erza è membro di Fairy Tail?» chiese Ivan, ugualmente cupo.
«Sì, perché?» chiese Priscilla, ingenua. «È una delle più forti, nella battaglia contro Phantom Lord, un'altra gilda che ci attaccò tempo fa, ci ha protetti con il suo corpo contro un attacco magico di potenza incredibile! Avrebbe distrutto la città intera e invece lei l'ha bloccata, anche se poi è rimasta dolorante per giorni. È incredibile! Ed è mia amica» sorrise infine, felice di poter dire una cosa del genere. Ma proprio quell'allegria soffocava i cuori di Laxus e Ivan. Con che coraggio le avrebbero detto che invece lì Erza era la loro nemica numero uno? Si lanciarono uno sguardo preoccupato e nessuno dei due riuscì a dire niente.
«Che c'è?» chiese Priscilla, non capendo, ma loro semplicemente negarono e lei non perse occasione per continuare.
«Mirajane è bellissima! Ha posato molte volte per il Sorcer, una rivista che parla di maghi. È una Pin up, sono in molti a farle la corte, ma lei è un po' ingenua. Poi c'è Gildarts! Non lo conosco bene, passa molto tempo in missione, non rientra quasi mai e anche per me è stato a lungo così perciò non ci siamo incrociati molto spesso. Solo in un'occasione ci siamo scontrati, ma questo a dire il vero preferirei non raccontarlo» ridacchiò nervosa per poi riprendere. «Però è una vera forza, le sue gesta sono leggenda! Pare che ora sia partito per una missione dei cento anni, il ché significa che in cento anni nessuno è mai riuscito a portarla a termine. Ma lui ce la farà sicuramente, è incredibile. Ah! Poi c'è Natsu! Non è un mago di classe S, ma secondo me potrebbe diventarlo presto. Scommetto che basterebbe lui da solo a ribaltare l'intera capitale di questo mondo. Se poi lo mettiamo insieme a Erza, Lucy e Gray... diamine, quel team è micidiale! Ho combattuto insieme a loro contro Nirvana, una magia terrificante che era in grado di invertire luce e oscurità. La gilda oscura che se ne voleva impadronire era fortissima, hanno dato filo da torcere persino a me, ma Natsu ha sconfitto il loro capo. È fortissimo! È un Dragon Slayer, d'altro canto, come Gajeel! E Wendy! Wendy è la mia sorellina! Beh, non proprio a dire il vero, ma abbiamo la stessa magia e mi piace prendermi cura di lei perciò lei mi chiama sorella e io ne sono felice. Ah! E il nonno è il Master! È piccolissimo ma se vuole può diventare gigante, fa paura! Però è molto buono e giusto, anche se a volte un po' scemo. E poi...» e continuò, membro dopo membro, a raccontar loro della sua incredibile Fairy Tail, dimenticandosi persino di dire loro come e perché fosse giunta su Edoras. Laxus e Ivan restarono ad ascoltarla senza interromperla, lasciando che solo il sorriso adornasse i loro visi. Da quando Priscilla era arrivata non aveva fatto che passare le giornate silenziosa, triste, a guardare un cielo che non le apparteneva. Poterla finalmente vedere come se l'erano sempre immaginata, felice e allegra, dava a loro e a quella vuota casa una ventata nuova a cui avrebbero rinunciato malvolentieri.

«Papà» la voce di Laxus attirò solo in parte l'attenzione di Ivan. La notte era scesa, il buio faceva padrone non solo del mondo intero ma anche di quella stanza da letto. Priscilla aveva parlato a lungo, raccontando loro ogni cosa del suo mondo, del suo arrivo e del suo desiderio di aiutare Mistgun. L'unico particolare che non era riuscita a raccontare era il motivo della sua esistenza, la crudeltà di un padre che desiderava solo uno strumento di tortura con cui divertirsi. Avrebbe fatto troppo male all'Ivan di quel mondo, che invece sembrava non avere altro nel cuore che i propri figli, compresa la bambina di vetro che teneva nella propria stanza.
«Si è addormentata» spiegò il ragazzo, avvicinandosi al padre seduto sul letto. Lo sguardo assorto e concentrato ancora rivolto al finto sorriso di quella bambina luccicante che ogni giorno gli faceva compagnia.
«Hanno lo stesso sorriso» disse Ivan con la voce roca, tanto da graffiargli la gola. «Esattamente lo stesso sorriso che ho immaginato io quando costruii la nostra Pricchan».
«Sono la stessa persona, d'altra parte» disse Laxus. «Chi l'avrebbe mai detto? Un mondo parallelo a questo dove Pricchan esiste davvero».
«Io lo sapevo» confessò Ivan.
«Eh?» sussultò Laxus.
«Ho servito il Re molto a lungo, anni fa. Abbastanza da riuscire a venire a sapere di qualche segreto. Immaginavo che ciò che diventava Lacryma erano i maghi e sapevo da dove venivano. Conosco abbastanza Earthland».
«Accettavi davvero tutto questo?» chiese Laxus, titubante.
«Secondo te perché mi hanno sollevato dal mio incarico? Odiavo tutto quello, ma sapevo che fare la voce grossa non avrebbe giovato in nessun modo. Così, semplicemente, li tradii. Aiutavo le gilde, manomettevo i congegni, fornivo informazioni private all'esterno. Fino a quando non scoprirono che mi ero innamorato di una maga di Fairy Tail tutto filò liscio» sghignazzò.
«La mamma è stato il motivo per cui sei stato messo ai domiciliari. Conoscevo questa storia, almeno in parte».
«Mi hanno concesso la grazia di tenermi mio figlio, dopo aver ucciso mia moglie, poi mi hanno rinchiuso in questo paese dimenticato dal mondo. Dicono sia libero di fare ciò che voglio, ma la verità è che le guardie non sono mai state così presenti in questa città fino a quando non sono arrivato io. Mi tengono d'occhio e per questo motivo ti ho sempre dovuto tenere lontano dal resto del mondo e non sei mai potuto crescere come qualsiasi bambino».
«Perché ripensi a tutto questo, adesso? Dobbiamo cercare un modo per aiutare Pricchan, non è il momento di diventare nostalgici» lo rimproverò Laxus, ma Ivan sorrise in risposta, come fosse divertito.
«Io sono vecchio, Laxus» sospirò, raddrizzandosi. «E i vecchi sono sempre nostalgici. Mi perdonerai mai per non essere riuscito a darti la vita che meritavi?» chiese infine, senza distogliere gli occhi da Pricchan.
«Ma di che parli? Non ti ho mai colpevolizzato di niente» lo rimproverò Laxus e Ivan sorrise ancora. Il silenzio calò tra loro, un silenzio che diede modo a Laxus di metabolizzare e capire.
«Non sarà semplice come portare una Lacryma di nascosto a Fairy Tail, vero?» chiese infine, rendendosi conto che qualcosa sarebbe cambiato da lì a poco. Aiutare Priscilla a tornare a casa implicava mettersi nelle faccende tra il Regno e Earthland, farsi coinvolgere in qualcosa di decisamente più grande e pericoloso.
«Già» annuì Ivan.
«Sei sicuro di volerlo fare?» chiese ancora Laxus.
«Non ho dubbi a riguardo. Ho già costretto un figlio a vivere nella mia prigione, non farò lo stesso errore due volte».
«Non mi hai mai costretto a fare niente» e abbozzò un sorriso prima di cercare di sdrammatizzare con un: «Fare il fuorilegge mi fa sentire un figo».
Bastò così poco per riuscire a strappare una risata a Ivan e Laxus poté ritenersi soddisfatto e sollevato. «Hai un piano?» chiese poi.
«Sì, ce l'ho» rispose semplicemente Ivan, lasciando perciò intuire col successivo silenzio che non gli avrebbe comunque rivelato i dettagli.
«E quindi?» incalzò Laxus, curioso di sapere almeno quale sarebbe stato il suo ruolo.
«Priscilla ha detto che la Fairy Tail di Earthland è fortissima. Ci sono maghi che sarebbero in grado di combattere e addirittura vincere contro il regno. Il principe stesso si trova lì...»
«Vuoi farli venire qui?» strabuzzò gli occhi Laxus.
«Sarebbe inutile rimandare indietro Priscilla se Anima continua ad operare. Tra qualche tempo potremmo ritrovarla di nuovo qui, anzi peggio: trasformata in Lacryma dal Re stesso. La venuta di Priscilla è il segno che è finalmente giunto il momento di cambiare le cose... e lei pare essere d'accordo con me. Vuole aiutare il Principe a tornare, è disperata nel suo desiderio, ma non sa come fare anche se è convinta che i suoi amici sarebbero in grado di sistemare le cose».
«Vuoi davvero iniziare una guerra contro il Regno?» chiese ancora Laxus.
«Sì, è quello che voglio fare. Ci è stata offerta un'opporturnità e penso proprio che la coglierò. Sono Ex Consigliere, ho ancora i miei agganci a Palazzo... farò arrivare qua Fairy Tail di Earthland in modo che possano distruggere il Regno e riportare infine a casa la loro Priscilla».
«Mh» mugolò Laxus, poco convinto. «È pericoloso».
«È per questo che dovete andarvene da qua... questa notte stessa».
«Andarcene? Dove?»
«A Fairy Tail. La nostra Fairy Tail. Sono degli esperti nel nascondersi all'esercito, lo fanno da anni, sapranno proteggervi fino a quando non sarà tutto finito».
«Non scherziamo, vecchio! Noi lotteremo insieme a te!»
«È quello che ti sto chiedendo di fare» sorrise Ivan. «Lotta insieme a me per proteggervi. Tieni Pricchan e te stesso al sicuro fino a quando non potrò di nuovo farlo io. Non è semplice».
«Mi sembra il contentino dato al ragazzino capriccioso» sbuffò Laxus poco convinto e Ivan scoppiò a ridere, prima di dirgli: «Come hai fatto a scoprirmi?»
«Stupido!»
«Tu sei un ragazzino» sghignazzò Ivan.
«Stronzo!» ruggì Laxus e Ivan lo colpì alla nuca, brontolando con un: «È così che ti rivolgi a tuo padre?»
Laxus si massaggiò il punto colpito ma non sembrò intenzionato a proseguire quel gioco. Tornò serio e preoccupato prima di chiedere: «Tornerai... vero?»
«Certo che tornerò! Credi che io voglia già morire?» ruggì Ivan, offeso. «Verrò a Fairy Tail appena avrò finito. Ci troveremo lì».
«Meno male» sospirò Laxus, sollevato. «Pensavo che tutti quei discorsi sulla nostalgia significassero che volevi raggiungere la mamma».
«Stupido! Credi che io dia così poca importanza alla mia vita? Voglio dei nipoti, ricordatelo!»
«Ma che stai dicendo? Ti sembra questo il momento di pensare a certe cose?»
«Trovati moglie prima che tiri le cuoia, figlio degenero!»
«Possiamo per favore concentrarci sulla missione, ora?» quasi urlò Laxus, rosso in volto per la vergogna di quei discorsi.
«Vieni» disse semplicemente Ivan, alzandosi tanto di scatto che Laxus sussultò. «Ho una cosa da darti, a proposito. L'ho fabbricata anni fa, aspettavo il momento migliore... direi che è arrivato» disse semplicemente, uscendo dalla stanza e aspettando che il figlio lo seguisse. Cosa che fece, provando a chiedere più volte spiegazioni, ma Ivan semplicemente lo portò nello scantinato senza proferire parola. La griglia di scolo sul pavimento era la loro via segreta che dalle fogne portava all'esterno, ma ciò che Laxus non sapeva era che proprio lì a fianco altre piastrelle erano in grado di sollevarsi. Iva spostò alcune di queste, aprendo quella che era una vera nicchia all'interno del pavimento. Seppellita c'erano armi e Lacryma di ogni genere, molte delle quali Laxus sapeva che erano destinate a Fairy Tail o comunque sia al commercio di magia illegale. Ivan tirò fuori un'enorme custodia che poggiò di fronte ai piedi del figlio e infine l'aprì. Al suo interno, deposta con cura, c'era una alabarda interamente in vetro.
«Prendila» disse Ivan togliendola dal suo fodero e porgendola al figlio. «Ti sarà utile. Puoi accorciarne il manico e nasconderla sotto il mantello quando dovrete mantenere un profilo basso» spiegò.
Laxus prese l'alabarda e la guardò incantato, rigirandosela tra le mani più volte. La lama sembrava molto affilata e il bastone era fatto col vetro di suo padre, anche se sapeva che quello non poteva essere semplice vetro. Nel muoverla, piccole scintille scoppiettarono all'interno di essa, confermando così la sua teoria. Quella era un'arma magica.
«Spero che tu non debba mai usarla, ma in caso tu ne avessi bisogno è sempre meglio averla al proprio fianco piuttosto che disarmato» disse Ivan, mettendosi a sedere a terra. «Provala» lo incalzò, sorridente.
«Qui dentro?» chiese stupito Laxus.
«Laggiù, nell'angolo. Non darci troppo dentro» ridacchiò Ivan, indicandogli il punto designato con un gesto del capo. Laxus guardò qualche altro secondo l'alabarda che aveva tra le mani, gli dava uno strano senso di disagio, non aveva mai maneggiato un'arma prima di quel momento, tanto meno un'arma magica. Eppure, stringere quel manico fatto a mano da suo padre, pensato apposta per lui, lo faceva sentire più sicuro di sé e più forte. Si avvicinò all'angolo e puntò un manichino di paglia che usavano per allenarsi nel tempo libero. Strinse il manico dell'alabarda e infine la spinse in avanti, piantandone la punta nel petto del manichino. Dalla lama emersero le prime scintille e pochi istanti dopo una vera e propria scarica elettrica stava incenerendo il malcapitato. Ivan si avvicinò con un secchio d'acqua, per evitare il propagarsi di un incedio, ma non sembrò agitato nemmeno un po'. Funzionava perfettamente ed era forse anche più potente di quanto avesse inizialmente pensato.
«Non male» commentò.
«Questa mi permetterà di proteggere Pricchan» osservò Laxus, guardando la propria arma con soddisfazione.
«Era quello che desideravo sentirti dire» sorrise Ivan, prima di dare al figlio una pacca sulla spalla. «Sei diventato grande, moccioso. È incredibile quanto questo sia successo rapidamente».
«Stai tornando a fare il vecchio nostalgico?» brontolò Laxus, già scocciato.
«Mi farai compagnia fino a quando Pricchan non si sveglierà e partirete?» ridacchiò Ivan.
«Scordatelo! Vado a svegliarla e ce ne andiamo al volo!» brontolò Laxus e velocemente risalì le scale, correndo verso la stanza di Priscilla, pronto a quella nuova e forse finale avventura.



Nda.


Ho saltato la pubblicazione di sabato scorso, chiedo scusa, ma ero fuori casa per il week end ed è stato impossibile. Tanto non avete dovuto aspettare molto XD
Volevo solo sottolineare un paio di cose di questo capitolo, qualche parallelismo con la storia originale che mi ha stuzzicato molto. Il fatto che Laxus non compaia a Edoras nel manga mi ha dato modo di sviluppare questa sua storia secondo la mia fantasia e gli ho potuto perciò dare un paio di piccole chicche (oltre che i caratteri opposti, quindi Ivan è dolce e amorevole, aiuta FT, mentre Laxus è debole e impacciato).
A partire da Ivan: su Earthland è figlio del Master e qui gli ho dato un ruolo altrettanto centrale. Lui lavorava a corte, ed è stato esiliato perché ha tradito lo stato… mentre su Earthland è stato esiliato perché ha tradito FT. Aiuta la Fairy Tail di quel mondo (mentre su Earthland ne è nemico) e ho dato vita anche alla madre di Laxus, accennando che facesse parte di FT (per questo è molto legato a quella gilda) ma che lo stato l’ha uccisa.
Un altro parallelismo che mi piace molto è la storia dell’Alabarda alla fine. L’Alabarda del tuono nel manga dicono sia una delle mosse più potenti del Laxus di Earthland, per questo gli ho dato proprio un alabarda elettrica come arma. Inoltre è stato Ivan a donargliela, come su Earthland Ivan ha donato a Laxus la Lacryma di drago che lo ha reso un Dragon Slayer. La chicca però è che su Earthland quella Lacryma viene usata da Laxus per far del male a Priscilla (con i famosi allenamenti a cui li costringeva e che finivano con il ridurre la ragazza in pezzi) mentre qui Ivan dona a Laxus una Lacryma magica per proteggerla.
Insomma sono piccole cose a cui ho dedicato tanta attenzione e volevo sottolinearle così non ve le perdavate xD
Per concludere: nel Manga Anima si apre esattamente sopra Fairy Tail, inghiottendola. Mistgun dice che è perché FT è potente e Anima è stata attratta dal suo potere, ma su Fiore ci sono tante altre gilde altrettanto forti… perché proprio FT? (questa è la domanda che mi sono fatta io).
Ed ecco la mia personale risposta e versione! Ivan manipolerà Anima, ne imposterà le coordinate basandosi sul racconto di Pricchan appena ascoltato e porterà lui FT su Edoras. Potete a questo punto chiedervi se non sia stato proprio il suo tocco a fare in modo che solo i Dragon Slayer (di cui Pricchan ha parlato tanto) non si trasformassero in Lacryma al passaggio.
Mi piace giocare su queste cose xD
Ho detto tutto… perciò vi saluto e come sempre ringrazio tutti i lettori <3
Un baciozzo


Ray


PS. Passate dalla pagina, vi aspetto tutti!  https://www.facebook.com/RayWingsEFP/

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Capitolo 23
*** Fairy Tail ***


Fairy Tail





Laxus e Priscilla si misero in viaggio quella notte stessa, subito dopo aver fatto un paio di preparativi. Entrambi coperti da un enorme mantello con cappuccio, pronti a nascondere la propria identità, inoltre fornirono a Priscilla un paio di guanti nuovi con cui nascondere quel simbolo della rovina. Si misero in cammino lungo le fogne, sbucando nei pressi del fiume, e proseguirono verso sud fino a uscire dalla città. Attraversarono il deserto nelle prime ore dell'alba e continuarono fino a pomeriggio inoltrato, quando finalmente non decisero di fermarsi a riposare un po'. Il vento non era dalla loro parte e sollevava troppa sabbia per riuscire a camminare comodamente, ma Priscilla trovò facilmente la soluzione usando la propria magia e creò intorno a loro una bolla di calma e quiete. Non le costava fatica, le due settimane passate a riposare l'avevano rigenerata completamente e non era difficile per lei riuscire a usare la propria magia con una tale discrezione e serenità. Laxus ne rimase più volte affascinato visto che non aveva mai visto prima di allora qualcuno che avesse la magia dentro il proprio corpo invece che usare degli oggetti. Nonostante lei glielo avesse rivelato e mostrato altre volte, era sempre incredibile. Uscirono finalmente dal deserto e salirono lungo una scarpata, fino in cima a una collina, dove la vegetazione iniziava a farsi più intensa. Non appena le prime strane piante e animali fuori dal comune fecero la loro comparsa qualcosa esplose sul viso di Priscilla. Cominciò misteriosamente a brillare e sembrava tremare per ogni cosa. Una rana e si accasciava per seguirla nei suoi salti, un fiore e si allungava per sentirne il profumo, un uccello e lo seguiva correndo fin dove poteva, un ronzio e cercava convulsamente l'insetto che l'aveva provocato. E sorrideva, per ogni cosa sorrideva e chiedeva cosa fosse. Laxus si ritrovò ad avere la sensazione di portarsi appresso una bambina, un'incantevole bambina curiosa e vivace. Nelle due settimane precedenti mai l'aveva vista così, era solare tanto da scaldarlo persino nelle notte tempestose. Saltava, correva, si illuminava, a volte urlava per l'emozione e almeno una volta ogni venti minuti Laxus si ritrovava a doverla afferrare per i piedi e impedirle di volare via. Non riuscì a non farsi coinvolgere nel suo entusiasmo e non appena calò la notte, quando dovettero fermarsi per riposare, si mise a sedere di fianco a lei, testa al cielo, e cominciò a spiegarle la composizione delle loro stelle e le costellazioni che formavano. Il mattino dopo, quando si rimisero in marcia, il sorriso non aveva abbandonato i loro visi ma sembrava ancora più accecante. Laxus prese Priscilla per mano, la trascinò nei pressi di una cascata e lì le mostrò dei pesci che saltavano all'incontrario rispetto alla corrente e risalivano fino alla cima del pendio. Priscilla si sporse tanto che per poco non cadde, ma risero di quella piccola disattenzione, e sempre tenendola per mano la tirò via e la trascinò dietro a degli alberi da dove poterono vedere quelli che sembravano cervi ma che avevano il muso da cinghiale. E poi ancora, a vedere un fiume che fluttuava nel cielo, un campo di fiori che spiccavano il volo verso il cielo, una famiglia di conigli dalle code simili a quelle di una volpe, e poi le raccontò della città del vetro, di come era nata, di suo padre e del tempo che serviva il Re, di come aveva conosciuto sua madre e tutto ciò che avevano fatto per Fairy Tail fino a quel momento. Parlarono tanto, così tanto che nemmeno si accorsero dell'arrivo della sera, ma almeno quella notte la poterono passare in una stanza di albergo e non sotto le stelle. Cenarono e Laxus portò in stanza una busta piena di dolci tipici del luogo e altre stranezze da assaggiare, certo Priscilla non era mai sembrata una schizzinosa sul cibo. Mangiarono e parlarono fino a notte fonda, raccontandosi, ma anche semplicemente scherzando e ricordando insieme cosa avevano visto fino a quel momento. Priscilla riuscì a finire praticamente tutto, sotto l'occhio sorpreso di un Laxus che mai aveva incontrato una persona in grado di mettere così tanto cibo in così poco spazio. Poi si addormentarono e il mattino dopo si alzarono carichi e pronti per ricominciare.
Ci vollero quattro giorni di cammino, ma finalmente raggiunsero i confini del bosco dove sapevano avrebbero trovato il modo di raggiungere il nascondiglio di Fairy Tail. L'aria lì dentro era misteriosamente più pesante, le ombre più lunghe, probabilmente il tutto serviva a scoraggiare i curiosi che si fossero voluti addentrare.
«Stai vicino a me» disse Laxus cominciando a camminare deciso verso la direzione che gli era stata insegnata. E quello fu l'unico momento in quei quattro giorni in cui restarono in silenzio per le successive due ore, fino a quando finalmente qualcosa non accadde. Su di un enorme tronco trovarono delle incisioni, ma le lettere e i simboli riportati non sembravano nessun tipo di lingua che Priscilla conoscesse. Laxus si avvicinò e vi poggiò una mano sopra, prima di pronunciare solennemente: «Raijinshuu».
«Eh?» strabuzzò gli occhi Priscilla.
Le ombre si allungarono di più rendendo l'atmosfera ancora più spettrale di quanto già non lo fosse. Tutto si fece buio, oscuro, tetro, e infine una porticina si aprì ai piedi del tronco appena toccato. Delle bambole ne uscirono, camminando come soldatini, ma nessuna di queste aveva l'aria di un gioco per bambini. Alcuni senza capelli, alcuni senza arti, altri senza occhi, macchiati di sangue, con vestiti ammuffiti e lacerati, ondeggiavano intorno a loro roteando gli occhi e sghignazzando.
Priscilla urlò terrorizzata da quelle che sembravano vere e proprie bambole possedute e si strinse al braccio di Laxus, tremando tanto che faticava a stare in piedi.
«Cielo, questo rituale mi ha sempre fatto venire i brividi» sospirò Laxus, nervoso per quei piccoli mostriciattoli che lentamente li stavano accerchiando.
«Rituale? Siamo sacrifici umani? Che ci faranno?» balbettò Priscilla pallida in volto.
«Sta’ tranquilla, dovrebbe finire presto... a regola».
«Che significa?» tremò ancora più forte Priscilla.
«Cedici il tuo nome, umano» gracchiò una delle bambole dai capelli rossi, radi, e il sorriso macabro. «Ne faremo tesoro» ridacchiò macabro.
«Laxus Drayen. Sono in compagnia di Priscilla Dreyar, un'amica. Abbiamo bisogno di un colloquio» rispose Laxus.
«Il figlio di Ivan. Ci è stato dato ordine di farti a pezzi» rispose la bambola dai capelli rossi.
«Cosa?!» sussultarono entrambi i ragazzi e la bambola rise meccanicamente, senza far cambiare espressione nel suo volto. «Stiamo scherzando» disse.
«Santo cielo» sospirò Laxus, sollevato anche se ancora spaventato in parte.
«Lascia a un uomo almeno in parte il futile e sfuggente momento del divertimento, quelle rare occasioni che si mostra» mormorò una voce maschile, sbucando dall'oscurità. L'uomo aveva capelli blu che gli ricadevano unti e radi sugli occhi, cerchiati di nero per le occhiaie. Sul viso il simbolo di una croce e aveva addosso abiti neri decorati di simboli religiosi e demoniaci. Camminava gobbo, curvo, e alle dita erano legati i fili che lo collegavano a quelle bambole dell'orrore.
«B-Bickslow!» quasi urlò Priscilla dalla sorpresa.
«La morte è l'unica cosa che abbiamo, in fondo» sospirò Bickslow, incurvandosi sempre di più.
«È terrificante!» commentò Priscilla, sconvolta.
«Bickslow è un fanatico dell'orrore, fa venire la pelle d'oca» balbettò Laxus, cercando di sforzare un sorriso, ma pallido in volto per quella situazione. Le bambole avevano addirittura cominciato a danzare intorno a loro e intonare una canzone satanica.
«S-Scusate...» una voce femminile, tremante, uscì poco dopo Bickslow. Si mostrò una donna dai capelli spettinati, occhiali spessi come fondi di bottiglia e degli abiti macchiati e strappati. «So che non mi ascolterete, che non vi interessa certamente, ma Fried sta per arrivare e ascoltare cosa avete da dire. Ma certamente non mi avrete ascoltata, troppo concentrati sulla mia bruttezza. Perdonate l'orrore del mio viso» e si coprì con un enorme sciarpa, tremando nei suoi vestiti trasandati e sudici.
«Ever...green?» chiese Priscilla, sempre più sconvolta.
«Tranquilla, Ever, ti ho ascoltato. Aspetteremo, non c'è problema. Tu come stai? Hai provato gli abiti nuovi che ti ha portato mio padre l'ultima volta?» cercò di dire Laxus, ma Evergreen scoppiò a piangere.
«So di essere brutta, perché vi prendete gioco di me regalandomi abiti che ovviamente non mi starebbero bene?» singhiozzò.
«Papà ci prova sempre, ma non c'è verso di convincerla nemmeno a farsi una doccia» sussurrò Laxus, spiegando a Priscilla.
«Stai scherzando, vero? Evergreen?!» chiese sconvolta lei.
«Sei crudele con lei» sospirò Bickslow, continuando a far danzare le sue bambole assassine. «Per questo è divertente» e abbozzò una risata che lo rese ancora più macabro di quello che era già.
«Laxus, ho paura!» confessò Priscilla, tornando a tremare.
«Tranquilla, finirà tutto molto presto... spero» deglutì Laxus, cercando comunque di mostrarsi sorridente e sereno. Senza riuscirci.
«Bickslow! Ever!» un ruggito più che una voce. «Quante volte devo dirvi che quel pezzo di merda non lo voglio nemmeno vedere!»
«Pezzo... di merda?» balbettò Priscilla, non capendo. Eppure la voce, anche se roca per l'urlo, era abbastanza riconoscibile. Poteva davvero essere lui?
Un uomo uscì dall'albero stesso, aprendosi uno squarcio con un coltellino che aveva ancora in mano e con cui giocherellava. I capelli verdi alzati in una cresta, catene al fianco, una maglietta dalle tipiche caratteristiche rock, anifibi sporchi di fango e una gomma da masticare che lo portava quasi a biascicare.
«Fried?!» urlò Priscilla, al limite della pazzia mentale.
«Eh?» gracchiò Fried, alzando la testa e guardando Priscilla dall'alto al basso. «Ci conosciamo, mocciosa?»
Priscilla riuscì a trovare la forza di negare debolmente con la testa e semplicemente balbettò: «Ho sentito parlare di te da Laxus».
«Chi ti ha dato il permesso di parlarle di me, stronzo?» urlò Fried tirando un calcio alla bambola di Bickslow che aveva davanti ai piedi. La marionetta decollò per la forza impressa e colpì Laxus in pieno viso, facendolo urlare dal dolore e dalla paura.
«Laxus?!» sobbalzò Priscilla, preoccupata e sempre più sconvolta.
«M-mi dispiace...» balbettò Laxus, tenendosi premute le mani sul naso sanguinante e trattenendo a stento le lacrime.
«Quante volte devo ripeterti che non voglio vedere quel tuo brutto muso nella mia proprietà! Ivan deve averti adottato, non hai ereditato un briciolo di virilità da lui. Mi fa incazzare il solo sapere della tua esistenza! Sparisci!» ringhiò Fried, alzando un pugno pronto a prenderlo a botte.
"Fried odia e maltratta Laxus... questo è... surreale!" pensò Priscilla, tanto sbigottita che si ritrovò persino incapacitata a parlare. Fried raggiunse Laxus a grossi passi e lo prese per il colletto quando ancora lui stava cercando di trattenersi dal piagnucolare per il colpo. Alzò il pugno e si preparò a colpirlo, ma Laxus alzò un braccio e riuscì a balbettare: «A-aspetta! Mi manda mio padre! Sono qui come suo messaggero!»
«Ah?» chiese Fried alzando il labbro superiore e scoprendo i denti come un animale randagio. «E perché non l'hai detto subito?»
«Perché gli hai lanciato una bambola in faccia!» provò a rispondere Priscilla, quasi a rimproverarlo, ma Fried guardò storta anche lei e sputacchiò un: «E tu chi cazzo sei?»
"Mi manca il mio Fried pacato, elegante ed educato" pensò piagnucolante Priscilla.
«Priscilla ha bisogno di protezione. Solo per qualche giorno!» si affrettò a specificare Laxus, portandosi le mani intorno alla testa per proteggersi da un altro attacco. «Il governo le da la caccia e papà sta cercando di sistemare le cose. Solo qualche giorno, poi ce ne andremo, promesso!»
«Chi cazzo siamo, noi? I santi protettori? Non sai della nostra situazione di merda?» e riprese a colpirlo, facendolo piagnucolare e lamentarsi.
"Mi trovo in un incubo... sicuramente" continuò a pensare Priscilla, incapace di intervenire.
«Siete ben nascosti, non vogliamo crearvi problemi solo restare per un po' sotto il vostro stesso tetto» provò a insistere Laxus, subendo i colpi del ragazzo dai capelli verdi.
«Io condividere il tetto con uno come te?! Stiamo scherzando?!» ruggì Fried.
«Sono troppo brutta, vi disgusterei!» pianse Evergreen.
«Potremmo fare qualche gioco insieme» ridacchiò Bickslow con un filo di voce.
"Che razza di Fairy Tail hanno in questo mondo?" si chiese Priscilla, ridacchiando nervosamente.
«E va bene!» ringhiò Fried, lasciando finalmente andare Laxus. «Ma solo perché posso usare la cosa a mio vantaggio, sia inteso!» si affrettò a specificare.
«Grazie» sussurrò Laxus, seduto a terra dolorante.
«Ringraziare è da checche! Mi fai incazzare! Dio, quanto mi fai incazzare! Bickslow, portali dentro!» disse Fried, sparendo all'interno del tronco da cui era uscito.
«Nell'albero?» chiese Priscilla sussultando. Le bambole di Bickslow si avvicinarono ridacchiando malignamente e Priscilla si rannicchiò contro Laxus, a terra. Urlò dalla paura, ma alla fine la presero e la trascinarono all'interno del tronco. L'albero sparì all'istante, dissolvendosi come una delle sue illusioni, e venne trascinata per un piede per un paio di metri, prima che potesse essere finalmente lasciata stare. Gattonò rapidamente verso Laxus e gli si lanciò addosso, seppellendo il volto sul suo petto e stritolandolo nel tentativo forse di affondarci dentro e sparire per sempre.
«Voglio andare via, non mi piace questa gente, non dormirò per giorni» pianse come una bambina.
«Anche io non li sopporto, ma stai tranquilla, alla fine sono brave persone. Sono le guardie alla porta, è normale che siano così inquietanti, devono assicurarsi che nessuno trovi la gilda» spiegò Laxus, cercando invano di consolarla. «Guarda, Pricchan» disse infine, indicandole un punto poco lontano. Priscilla si convinse a uscire da sotto il suo braccio e voltare lo sguardo al punto indicato. Allentò la presa e lentamente si calmò, mentre gli occhi si facevano più aperti e più umidi di lacrime. Quel simbolo... da quanto tempo non vedeva quel simbolo?
«Fairy... Tail...» mormorò, tremando. Era in un mondo diverso dal suo eppure quel simbolo era esattamente lo stesso e portava con sé la calma e la sicurezza di essere a casa. Sapeva bene che non era la sua stessa Fairy Tail, eppure poté sentire il palmo della mano riscaldarsi come se avesse cominciato a risplendere. Si portò le mani alle labbra e non riuscì a trattenere le lacrime, mentre sul viso si allargava un emozionato sorriso.
«È...» singhiozzò. «È come la mia».
«Ohi!» una ragazza dai capelli biondi uscì dalla porta e li guardò alzando un sopracciglio. «Tu sei il figlio di Ivan, è così? Che ci fai da queste parti?»
«Lucy, ciao! Scusa l'intrusione» disse Laxus, alzandosi in piedi e grattandosi la nuca imbarazzato. «Ho bisogno di parlare con voi».
«Lucy» sussurrò Priscilla, squadrando la ragazza da capo a piede. Sapeva che non era la sua amica, la ragionevolezza glielo urlava, eppure aveva lo stesso volto e la stessa voce. Era quasi un mese che non sentiva quella voce.
«Lucy! Ti sembra il caso di metterti a urlare qua fuori?!» ruggì Levy, uscendo sbattendo la porta.
«Levy-chan» singhiozzò Priscilla, piangendo sempre di più.
«Ragazze, cercate di non litigare di nuovo» la voce di Mirajane le raggiunse dall'ingresso, prima che anche lei uscisse. Guardò Laxus e sorridendo salutò gentile e pacata: «Oh, Laxus! Ogni tanto ti rivediamo! Come stai?»
«Mirajane, ciao. Scusateci, siamo arrivati senza preavviso» balbettò Laxus, sempre più imbarazzato.
«Mira...» singhiozzò ancora Priscilla. «Mira-chan...» e non si trattenne più, sfociando in un doloroso e incontrollabile pianto che le inzuppò il viso.
«Pricchan» sobbalzò Laxus, sorpreso dal pianto e preoccupato.
«Oh cielo, che le è successo?» chiese Mirajane, preoccupata. Le si avvicinò rapidamente e sorridendo le chiese semplicemente: «I Raijinshuu ti hanno spaventata?»
«Sì, sono terrificanti» urlò Priscilla nel suo pianto liberatorio.
«Non sono veramente cattivi, anche se Fried picchia sempre Laxus quando può. Vieni dentro, hai fame? Ti preparo qualcosa da mangiare?»
«Sì, ti prego» singhiozzò ancora Priscilla.
«Abbiamo mangiato meno di un'ora fa» mormorò Laxus, stupito dal suo stomaco senza fondo.
Mirajane accompagnò Priscilla all'interno della gilda e non appena mise piede oltre la porta d’ingresso il cuore della ragazza parve fermarsi. Tutti quei volti, anche se diversi alcuni nei particolari, erano tutti i loro volti. Reedus, Elfman, Droy, Jet, Cana, c'era persino Lisanna, la sorellina di Mirajane che nel suo mondo era morta due anni prima. Era come fare un salto nei propri sogni e poterli infine toccare con mano. Lluvia e Gray, Macao e Wendy, c'erano tutti... o quasi.
«Siediti pure qui, ti porto subito qualcosa» le disse Mirajane, premurosa.
«Ohi, Mira-chan... chi è la ragazza?» chiese Wakaba.
«Un'amica di Laxus» rispose Mirajane e in molti sussurrarono, tra loro: «Laxus? Il figlio di Ivan?»
«E così qui sei "il figlio di Ivan"» chiese Priscilla a Laxus, di nuovo al suo fianco.
«Già, non mi vedono spesso in giro. Mio padre è più bravo in queste cose» ridacchiò lui nervoso.
«La cosa non ti irrita?» chiese Priscilla, corrucciandosi appena. Su Earthland l'essere nominato sempre come "il nipote di Makarov" l'aveva portato alla pazzia.
«Perché dovrebbe? Mio padre è un grand'uomo, è un onore essere riconosciuto come suo figlio» rispose Laxus.
«Già, immaginavo» sussurrò Priscilla, guardandosi attorno. Aveva tutti gli sguardi puntati addosso, curiosi, eppure non la infastidivano. Era come guardare dentro una fotografia, la teneva stregata e incantata, strozzata dalla malinconia. Chissà come stava in quel momento la sua famiglia.
Un piatto le cadde davanti con pesantezza, facendola sussultare dalla paura, e una brodaglia ondeggiò tanto da uscire dai bordi. Sopra di essa la mano ancora ritta che l'aveva lasciato cadere davanti a lei e seguendo il braccio trovò il volto corrucciato e severo di Lucy.
«Perché il regno ti sta dando la caccia, dunque?» chiese lei, studiando il volto di Priscilla con poca convinzione.
«Ah, sì! Dunque, ti stavo spiegando...» disse Laxus, riprendendo un discorso che probabilmente aveva lasciato indietro, ma Priscilla lo anticipò esclamando decisa: «Perché sono di Fairy Tail».
«Eh?» chiesero alcuni dei vicini che stavano origliando la conversazione. Il silenzio calò sull'intera gilda, ora attirata dalla nuova arrivata.
«No, aspetta... Pricchan, cerchiamo di dir loro...» balbettò Laxus, agitato. Forse rivelare la verità subito non era una buona idea, suo padre gli aveva detto semplicemente di proteggerla, non aveva suggerito niente in proposito. Era meglio mantenere il profilo basso fino a quando lui non sarebbe arrivato.
«È la verità» lo interruppe Priscilla, togliendosi il guanto dalla mano destra e mostrando a Lucy il simbolo sul suo palmo. Si irrigidì e si preparò alle domande che sarebbero piovute da lì a poco, ma era decisa a raccontare tutta la verità. Se quella Fairy Tail era forte anche solo la metà di quanto lo era la sua avrebbe comunque avuto una possibilità contro il regno.
Ma l'unico commento che arrivò e che la sorprese fu un semplice: «Un'altra».
«Come?» chiese Laxus.
«Un'altra?» chiese Priscilla, non capendo di cosa stessero parlando.
«Devi essere loro amica» mormorò Lucy, appoggiandosi al tavolino dove Priscilla era seduta. «Parlo del Natsu di Earthland».
«Cosa?» impallidì Priscilla.
«Gente di Earthland? Qui?» chiese Laxus, altrettanto sconvolto ma certamente non come Priscilla che sembrava essere paralizzata.
«Sono arrivati due giorni fa, Natsu e Wendy di Earthland. Erano accompagnati da due gatti e cercavano i loro amici» spiegò Lucy.
«Happy... Charle...» sussurrò Priscilla. Il cuore le batteva tanto forte in petto che quasi le impediva di respirare.
«Sì, se non ricordo male si chiamavano così».
«Se erano qui... allora vuol dire che papà ce l'ha fatta!» disse Laxus.
«Ce l'ha fatta?» chiese Priscilla, non capendo di cosa si riferisse. Ivan le aveva detto che avrebbe trovato il modo di rimandarla a casa, che sapeva come fare, ma cosa c'entrava Natsu e Wendy in tutto quello?
«Li ha portati qui... ha portato la tua Fairy Tail su Edoras per aiutarti a far tornare il Principe» spiegò Laxus.
«Il Principe? Un attimo, cosa c'entra il Principe in tutto questo?» chiese Lucy, sempre più confusa e agitata.
«Non era morto circa dieci anni fa?» chiese Levy, corrucciandosi.
«Il principe Gerard è vivo» spiegò Laxus, camminando al centro della gilda e cercando di guardare la gente che aveva attorno. «Ascoltatemi! Questa ragazza, come le persone che avete conosciuto voi pochi giorni fa, è forte. Hanno la magia dentro di loro, illimitata, e possono combattere insieme a noi. Il Principe Gerard è vivo ed è pronto a tornare per prendersi il trono, dobbiamo aiutarlo e porre fine a questa politica del terrore! È il nostro momento per riscattarci, dobbiamo combattere al fianco di questa gente, riprenderci la nostra terra e la nostra dignità. Non dovremmo più restare nascosti!»
«Combattere il regno? È la stessa cosa che dicevano i ragazzi di qualche giorno fa, ma è follia!» rispose Wakaba.
«Il tuo Natsu e Wendy non avevano magia» disse Lucy, pensierosa.
«Cosa?» chiese Priscilla, sconvolta.
«Non sapevano nemmeno loro il perché ma non hanno magia. Stanno andando a combattere il regno a mani nude, quei pazzi. Li ho accompagnati per un po', poi li ho lasciati nelle mani del nostro Natsu per arrivare alla capitale. Dice che i suoi amici sono stati catturati e loro devono salvarli» spiegò Lucy.
«Catturati? Che significa?» balbettò Priscilla.
«Anima li ha trasformati in Lacryma» rispose Laxus. «Mio padre mi ha raccontato un po' come funziona. Speravo che avesse trovato il modo di evitarlo nel momento in cui li ha portati qui».
«In... Lacryma... verranno assorbiti come magia dal resto di Edoras? Come mi diceva sempre Gerard» balbettò Priscilla.
«Abbiamo trovato la Lucy del tuo mondo per la via, però... lei poteva usare la magia» osservò Lucy, sempre più pensierosa.
«Ha ingerito la pillola» mormorò Priscilla, riuscendo a mettere insieme i pensieri. «Devo andare alla capitale e aiutarli! Se davvero Natsu e Wendy non hanno magia, Lucy da sola non può farcela! Ma insieme... sì, forse insieme...»
«Erzaaaaa» una delle bambole di Bickslow entrò nella gilda urlando come un matto. «Ha superato i cancelli, Erza è qui!»
«Erza?!» saltò in piedi Priscilla, luminosa in viso. Se c'era anche Erza allora potevano avere sicuramente delle possibilità di vittoria.
«No, aspetta Pricchan!» la chiamò Laxus, preoccupato, ma Priscilla stava già correndo fuori.
«Levy! Il teletrasporto!» urlò Lucy, guardando la ragazza.
«L'ho usato appena due giorni fa, non è pronto!» urlò Levy, smanettando al suo computer.
«Ci hanno già trovato! Com'è possibile?» chiese Elfman, piagnucolando.
Laxus estrasse la propria alabarda da sotto al mantello e la caricò, prima di correre verso l'ingresso.
«Cercate di ricaricarla, io e Pricchan terremo Erza impegnata nel frattempo!» disse.
«Tu? Vuoi combatterla? Sei pazzo? Non sai nemmeno tenerla in mano quell'arma!» lo rimproverò Lucy.
«Non mi importa! Non le permetterò di mettere le mani su questa gilda, anche a costo della vita!» quella luce nei suoi occhi, esisteva qualcosa di più forte di quella luce? Proprio lui, che era famoso per la sua inettitudine, che era debole e imbranato, il timido figlioletto impacciato di Ivan... proprio lui era il primo che correva imbracciando un'arma in difesa di quella gente?
Un gigantesco mostro alzò tanta di quella aria che costrinse Laxus a coprirsi gli occhi con un braccio per non venir accecato dalla polvere. Si bloccò, colpito dalla forte raffica, ma tornò subito a guardarsi attorno. Il mostro atterrò ed Erza Knightwalker, la cacciatrice di fate, scese da questo. Al suo fianco parte del suo esercito, almeno una trentina di persone, camminavano tutti intorno alla gilda, circondandola.
«Erza!» chiamò Priscilla, ingenua e inconsapevole del ruolo che Erza aveva in quel posto. Ma a suggerirglielo fu il suo sguardo, severo e malvagio, decisamente diverso da quello che conosceva.
«Siete al capolinea, maledette fate» disse lei. «Il vostro teletrasporto non funziona. Ora non vi resta che morire!»
«Cosa dici... Erza?» balbettò Priscilla, guardando i lineamenti di quella che sembrava in tutto e per tutto la sua vecchia amica. Quei capelli rosso passione, la sua forza e femminilità, i suoi occhi decisi, la sua sicurezza. Dov'era la persona che un tempo l'aveva chiamata amica?
«Ho fatto bene a non ucciderti il secondo giorno che sei arrivata alla città dei vetrai. L'istinto mi diceva che prima o poi mi avresti portato da loro e ti ho lasciata vivere... solo per un altro poco» Erza scattò in avanti, correndo verso Priscilla con una tale velocità da essere appena visibile.
«Pricchan!» gridò Laxus, troppo indietro rispetto a lei per avere tempo di intervenire. La lunga spada di Erza trapassò un corpo praticamente inerte, all'altezza del ventre. La sollevò da terra in uno spruzzo di sangue e lamenti, poi scuotendola come spazzatura la lanciò a terra sfilandola dalla propria spada.
«Pricchan!» gridò ancora Laxus, con le lacrime agli occhi.
«Merda» mormorò Lucy, all'ingresso di Fairy Tail. «Levy! Cazzo, quanto ci vuole?!» urlò pallida in volto.
«Non è pronto!» strillò Levy, ancora più panica dell'amica.
«Non possiamo morire così... non possiamo....» piagnucolò Elfman e per quanto fosse solito piangere, perciò normale, in molti in quel momento lo imitarono. Pianti e lamenti, non c'era altro nella gilda, insieme al rumore dei tasti di Levy nel disperato tentativo di estrarre una magia che non c'era ancora.
«Non è stato difficile... ora pensiamo al resto delle fate» disse Erza, imbracciando l'arma. Laxus, di fronte a lei, nonostante stesse piangendo e tremando, fece altrettanto.
«Tu vuoi combattermi?» chiese Erza, per niente intimorita.
«Non ti avvicinerai!» ruggì Laxus.
Erza non si scompose ma semplicemente fece un cenno col capo a uno dei suoi sottoposti e questo scattò, facendosi da parte. Altri soldati si fecero avanti, trascinando un corpo che era praticamente in fin di vita. Lo tennero sollevato, benché fosse palesemente svenuto, e Erza stessa lo afferrò per i capelli alzandogli la testa e mostrando così il volto Ivan. Era quasi irriconoscibile per via delle ferite riportate, ma respirava ancora anche se non si reggeva in piedi.
«Papà» mormorò Laxus, pallido in viso.
«Voleva indirizzare Anima su Fairy Tail di Earthland per portarli qui, manipolando il sistema per la trasformazione in Lacryma così da evitare che fossero assorbiti. Ci siamo appropriati delle coordinate di Fairy Tail, così li abbiamo distrutti, e infine cogliendolo sul fatto abbiamo potuto dichiarare la sua sentenza. L'ex Consigliere traditore Ivan Drayen, il figlioletto altrettanto fuorilegge e infine Fairy Tail... questa mocciosa ci ha portato davvero un gran bel guadagno. Non ho avuto tempo di ringraziarla, peccato è invece morta subito» disse Erza guardando Priscilla a terra, in una pozza di sangue, e continuando a tenere sollevata la testa di Ivan.
«Papà» sibilò nuovamente Laxus. Non riusciva a pensare ad altro e la cosa lo faceva impazzire. In vita sua non aveva avuto mai altro che suo padre, la sua casa, la sua famiglia era solo lui, costretti a vivere in cattività come animali. Chiusi in casa propria, prigionieri in una libertà fittizia che il titolo di suo padre gli aveva concesso. Ma lui non aveva altro. Non aveva mai avuto altro.
«Vuoi ancora combattermi?» lo provocò Erza, preparando nuovamente la sua arma. E in tutta risposta Laxus tornò a mettersi in posizione, nonostante le lacrime, nonostante i singhiozzi e il dolore. Tremava dalla paura, tremava dal dolore, ma era solido come una roccia. Avrebbero dovuto ucciderlo prima di riuscire ad avvicinarsi a quella gilda.
«Non dire che non ti avevo avvertito» disse lei e di nuovo scattò verso un Laxus terrorizzato con una velocità quasi impercettibile. Urlò caricando il colpo e Laxus fece l'unica cosa che l'istinto gli disse di fare e portò goffamente in avanti la propria alabarda. Erza si fece da parte, schivando il colpo con facilità e preparandosi a colpire nel suo punto scoperto, ma una forza misteriosa la spinse nuovamente in avanti e la spalla centrò così in pieno la punta dell'alabarda di Laxus. La scarica elettrica che ne scaturì fu anche più forte di quella che Laxus aveva visto nel sotterraneo, tanto che persino la grande Erza Knightwalker si ritrovò a urlare dal dolore e dovette saltare indietro per sottrarsi all'attacco.
«Cos'è successo?!» ruggì non capendo chi o cosa l'avesse spinta contro l'arma del suo nemico contro la sua volontà.
«Ho capito» la voce delicata e pacata di Priscilla sembrava emergere direttamente dall'aldilà. Erza impallidì, sconvolta nel sentir parlare un cadavere, e si voltò a guardare il corpo a terra della ragazza. «È come il Nirvana. Luce diventa oscurità, oscurità diventa luce. Hai la sua stessa voce, il suo stesso viso, ma tu...» lentamente si rialzò, sotto lo sguardo incredulo e in parte anche spaventato di chi stava assistendo alla scena. Non trasmetteva emozioni, il viso serio sembrava quello di una bambola di porcellana, e si muoveva con una lentezza decisa, colma di una tranquillità che metteva la pelle d'oca. Persino il foro nella pancia che continuava a rovesciare sangue non pareva smuoverla.
«Tu non sei Erza» decretò infine, sollevandosi in piedi con naturalezza.
«Che razza di... mostro?» balbettò Erza, sconvolta.
«Mostro?» chiese Priscilla. «Certo, sì» sorrise, come divertita. «Mostro è un soprannome che ho sentito molte volte».
Trasmetteva pericolosità, lo sentiva sulla pelle, faceva tremare dal terrore. Erza si voltò verso il sottoposto che ancora sorreggeva Ivan e aprì bocca, pronta a ordinare di ucciderlo, ma Priscilla fu più veloce. Allungò un braccio nella direzione del soldato e un tornado uscì dal palmo della sua mano, colpendolo in pieno e lanciandolo via. Ivan non cadde a terra, benché ormai non ci fosse più nessuno a sorreggerlo. L'aria gli scompigliava i capelli, ma lentamente il suo corpo si mosse, stendendosi nel vuoto e galleggiando in aria.
«Mostro» sghignazzò Priscilla, mentre nei suoi occhi luccicava una sinistra luce. La testa inclinata da un lato, la frangia dei capelli che quasi le nascondevano gli occhi che appena si intravedevano e perciò erano ancora più sinistri. «Siete in errore, stupidi umani. A meno che non vi dilettiate a chiamare mostro tutto ciò che vi è superiore, ma se proprio volete darmi un nome... quello è Dea».
«Dea?» balbettò Erza guardando sconvolta Priscilla che allungò l'altro braccio verso Fairy Tail. La gilda venne smossa da un’altra forza misteriosa, raffiche di vento con direzioni ben precise, e infine l’intero edificio e i suoi membri si sollevarono in aria.
«Le vostre insulse armi non mi scalfiranno in nessun modo... sono la Dea del vento e del cielo, non potete nemmeno avvicinarvi al mio livello finché vivrete in quei deboli corpi di carne!» ruggì Priscilla alzando il vento intorno a sé tanto che persino Erza venne trascinata di qualche centimetro indietro. «Uccideteli! Uccidete Fairy Tail, presto!» ordinò, voltandosi verso la gilda e preparandosi a correre verso Laxus, il primo che aveva davanti. Quella ragazza era pericolosa e folle, ma lei aveva una missione. Aveva Fairy Tail a un palmo di mano, li avrebbe presi sicuramente.
«Non se li uccido prima io» disse Priscilla e un tornado scoppiò in quel preciso istante sopra la gilda e li travolse in pieno, portandosi via persino le loro urla terrorizzate. Erza guardò pallida in viso il tornado che ancora ruggiva di fronte a lei. Riusciva talvolta a intravedere addirittura travi e pietre che roteavano e salivano, fino al cielo. Possibile li avesse davvero uccisi?
«Che significa tutto questo?» chiese Erza non capendo cosa avesse spinto quella ragazza a uccidere le persone che invece le avevano dato ospitalità.
«Una Dea non ha bisogno di umani. Se scelgo la morte, la morte vi porto! Assorbirò le loro anime e con la forza che ne trarrò io ti ucciderò... umana dai capelli del sangue» gridò Priscilla e un altro tornado scese dal cielo e questa volta inghiottì Ivan. Sparì poco dopo, lasciando al suo posto il vuoto, testimoniando la sua effettiva scomparsa. Poco dopo anche il tornado che aveva appena colpito e distrutto la gilda di Fairy Tail sparì lasciando al suo posto semplicemente un enorme cratere. Erza, confusa ma non per questo meno agguerrita, riequipaggiò la propria arma, trasformandola in una leggera ma veloce katana e tornò a lanciarsi contro Priscilla. Urlò e caricò un colpo dall'alto ma ancora una folata di vento la destabilizzò e le fece mancare il colpo. Non si arrese e tentò ancora, ma la ragazza volando la schivò più e più volte. Il mostro con cui era scesa dal cielo provò ad aiutare la sua padrona con un colpo di coda che incredibilmente andò invece in porto. Priscilla venne scaraventata in avanti, rotolò al suolo e si rialzò rapidamente. Erza sopra di lei stava per colpirla con la propria katana ma Priscilla portò entrambe le mani in avanti e creò un muro di vento per bloccarla. Nonostante la Erza di Edoras non avesse magia, se non legata all'arma che impugnava, possedeva la sua stessa forza e bastò quella a farla vacillare un po'. Priscilla lanciò una fugace occhiata al cielo, alla sua sinistra, e un velo di preoccupazione le oscurò gli occhi. Se solo Erza avesse saputo, avrebbe smesso di combatterla e sarebbe stato più complicato anche nei giorni avvenire. Era necessario che pensasse che avesse ucciso Fairy Tail, così da impedirle di dar loro ancora la caccia, mentre in realtà in quel momento la gilda non stava che volando via nascosta dalle nuvole del cielo e mossa dal vento che Priscilla usava in maggior parte per spostarla ed evitarle di cadere. Ma bloccare quel colpo l'aveva costretta a lasciarli andare momentaneamente, causando loro una caduta libera. Strinse i denti, non poteva permettersi di perdere tempo o la gilda si sarebbe frantumata al suolo, e caricò il colpo il più possibile spingendo via Erza. Tirò infine indietro un pugno e lo avvolse dal vento che le permise di aggiungere alla sua forza tutta la potenza del tornado. La colpì in pieno viso e la scaraventò contro un albero. Saltò per evitare la zampa del suo mostro che tentava ancora di intervenire, ma ora libera si sbrigò a concentrare nuovamente la propria attenzione alla gilda nel cielo. Aprì le braccia, fingendo in quel gesto un attacco e un modo per controllare il vento, ma indirizzando in realtà a Fairy Tail la propria mano destra per guidarla sopra le nuvole . Un trucco che sicuramente li avrebbe aiutati, Erza ci avrebbe messo un po' prima di capire che non erano morti davvero e comunque avrebbe dovuto tornare a cercarli, ma consumava una quantità di potere magico incredibile vista la stazza della gilda e la lontananza a cui li stava spingendo. Nonostante avesse fisicamente combattuto poco con Erza, cominciò già a sentire la fatica sui muscoli. Volò incontro la sua nemica che già stava rialzando e la puntò col piede nuovamente carico di vento, pronto a calciarla, ma Erza fu rapida e saltò via. Trasformò la sua arma rapidamente in una ad ampio raggio e scendendo in picchiata sfiorò Priscilla che riuscì a tirarsi indietro per tempo. Ma il potere di quell'arma non finiva lì e nell'istante in cui sentì la sua lama quasi accarezzarla, anche se non la toccò, un'esplosione si generò dalla sua punta e scaraventò di nuovo Priscilla a terra. Lasciò nuovamente andare la gilda e usò entrambe le mani per creare un altro tornado in grado di spingere via Erza, lontano, e darle altro tempo. Volò per continuare a schivare gli attacchi dell'animale che si era portata dietro e allora cominciò ad ansimare dalla fatica. La ferita nel suo stomaco, oltretutto, aveva cominciato a prosciugare il suo potere per rimarginarsi.
"Ancora un po'" valutò, cercando di dare alla gilda qualche altro metro di distanza da loro e cercò ancora di guadagnare tempo, volando verso l'alto.
«Scendi giù, codarda!» strillò Erza, guardandola impertinente nella sua posa a braccia aperte.
«Che razza di scontro vorresti avere con me, se nemmeno riesci a raggiungermi?» la provocò Priscilla ed Erza, nera in volto dalla rabbia, non se lo fece ripetere di nuovo. Saltò sulla coda del suo animale e corse verso di lei, saltando infine dalla sua groppa. La sua arma divennero due diverse e impugnò a due mani e si preparò a colpirla di nuovo, ma Priscilla schivò di nuovo e di nuovo. Ogni tanto le cedeva una ventata per lanciarla via, ma poi tornava a schivarla, anche se non sempre con successo. I colpi di Erza erano comunque veloci e potenti, riuscivano talvolta a raggiungerla e ferirla.
Infine, interminabili minuti dopo, lentamente scese verso terra. La gilda era al sicuro, lontana chilometri da lì, atterrata in piena sicurezza e lontana dagli occhi dei nemici. Ora poteva combattere. Allungò verso di lei quella stessa mano che portava sul palmo il simbolo che Erza tanto disprezzava e la provocò, facendole cenno di farsi avanti.
«Tu vieni da Earthland» disse Erza. «Il tuo potere è quello di quegli insulsi maghi che abbiamo catturato nella Lacryma».
«Sono una Dea di Earthland, esatto» ridacchiò Priscilla, divertita da quell'appellativo che si era data. Non aveva potuto far a meno di ripensare ai giochi che faceva con Laxus quando erano bambini, quando avevano inventato i soprannomi Dio del Tuono e Dea Del Vento. Aveva dovuto inventare un bluff e aveva voluto riempirlo con un po' di nostalgia.
«Ti catturerò e allora useremo anche la tua magia!» ruggì Erza, scattando in avanti tanto rapidamente che neanche la vide.
"Ha ancora così tanta energia" si sorprese Priscilla, provando ancora a schivare ma non riuscendo a essere tanto veloce. La lama la centrò in pieno nel petto e Erza continuò a spingere, per bloccarla a terra e impedirle di volare ancora via.
«Ascensione!» urlò Priscilla prima di toccare terra ed entrambe vennero scaraventate verso l'alto. Roteò a mezz'aria e si pose sopra Erza, nonostante la lama fosse ancora infilata nella sua spalla.
«Pressione!» disse e una potente pressione le scaraventò verso il suolo, dove Erza atterrò di schiena e si fece schiacciare. Ma ebbe ancora la forza di muoversi e con un colpo di spada lanciò Priscilla contro l'albero alle sue spalle. Non appena colpì il tronco la forza della pressione cessò e Erza poté nuovamente alzarsi da terra. Si voltò e lanciò contro Priscilla la propria arma, pronta a centrarla. La lama però la oltrepassò dissolvendo così la sua immagine, svelando quella che era solo un'illusione. Priscilla comparve al suo fianco e la colpì con un calcio caricato di vento, poi usò nuovamente il mirage e sparì, comparendo questa volta sopra di lei. Erza riuscì a bloccare il suo colpo, la prese per una caviglia e la tirò giù, riequipaggiando una nuova arma con la quale la trafisse di nuovo. Delle scariche elettriche cominciarono a confluire dalla lama e usando la ferita nel corpo di Priscilla, entrarono in lei, percorrendola interamente. Il volto di Priscilla si deformò dal dolore, aprì la bocca per urlare ma nessun suono ne uscì... il vento intorno a lei continuava a ruggire potente.
«Questa elettricità... non è che una carezza in confronto alla sua!» ruggì Priscilla, parlando di un Laxus che lei certamente non poteva conoscere. Caricò il pugno e lo scaraventò contro il viso di Erza, colpendola e facendole perdere così l'equilibrio. Si estrasse la spada dal corpo e crollò momentaneamente su un ginocchio, sputando sangue. Si rialzò subito e sparò ancora vento contro una Erza che era ugualmente al limite. L'arma cambiò nuovamente forma e questa volta sparò getti di pura magia ed energia. Priscilla si avvolse in una bolla di vento e riuscì a deviarne il colpo, ma questo causò altra perdita di energia e infine cedette proprio quando l'ultimo dei colpi la stava raggiungendo. La colpì e la scaraventò lontana, ma con un soffio di vento tanto potente da far riverbrare l'aria intorno a loro tornò in volo perfettamente in equilibrio. Ormai furiosa e stanca, giocò le sue ultime carte lanciandosi con rabbia contro Erza pronta a un semplice corpo a corpo. Caricava di vento i propri calci e i propri pugni e colpiva incessantemente, senza fermarsi, senza rallentare. Erza riuscì a parare tutti quei colpi e infine ricambiò, passando al contrattacco. Sembrava un combattimento perfettamente alla pari, fino a quando Priscilla non finse un pugno che Erza parò tranquillamente ma che poi si dimostrò non essere un semplice attacco fisico. Un colpo di vento sottopressione esplose da quel pugno e la sbatté all'indietro. Non raggiunse né soldati né altri alberi, ma altri colpi d'aria esploderono intorno a lei facendola rimbalzare da uno all’altro. La pressione con cui nascevano era tale che ciascuna di quelle esplosioni sembrava un terribile pugno e la colpirono così ripetutamente e così velocemente da non darle nemmeno tempo di riprendersi.
«Hai l'aspetto di Erza eppure sei portatrice di morte e dolore... non meriti quella voce! Non meriti quel corpo! Te ne libererò!» urlò furiosa e un vortice nacque ai piedi di una Erza ormai barcollante e stremata. Avrebbe ripreso a combattere, ma quella ragazza non le dava un attimo di respiro. Il tornado che nacque ai suoi piedi l'avvolse e lentamente si strinse su di lei, stritolandola. Erza urlò dal dolore e sollevò il viso verso il cielo, provando inutilmente a liberarsi da quella presa che sembrava intenzionata a schiacciare il suo corpo come un acino d'uva.
«Fairy Tail!» gridò colma di rabbia, come fosse stato un insulto, e riuscì a caricare il braccio di una forza sovrumana con la quale lanciò verso Priscilla la propria spada. Esplose nel raggiungerla, travolgendola completamente, ma la luce nei suoi occhi si spense quando vide emergere la figura della ragazza dal fumo sprigionato. Il vento ancora disegnava intorno a lei onde, sollevandole la punta dei capelli, eppure lei anche se ricoperta di ferite restava immobile nella sua posizione. Non aveva nemmeno vacillato.
«Io non posso morire! Sono la bambina di carta, non posso morire» disse Priscilla e infine urlò: «Erza!»
Lanciò la donna contro il proprio animale e coinvolse entrambi nel tornado. Non restò a controllare l'effetto del suo ultimo attacco, consapevole di non avere ancora molte forze di cui disporre. Si avvolse nel Mirage e nascondendosi al loro sguardo spiccò il volo e infine si diresse a grande velocità nello stesso luogo dove aveva fatto atterrare la gilda. Il Mirage perse di efficacia pochi metri più avanti, ma ormai era abbastanza lontana da sentirsi comunque al sicuro. Arrivò alla gilda con le ultime forze che aveva, forze che decisero di abbandonarla definitivamente prima dell'atterraggio e le lasciarono terminare il suo volo in caduta libera. Cadde a terra e in un terribile polverone rotolò e rimbalzò sui sassi almeno cinque volte prima di potersi fermare definitivamente.
«Pricchan!» gridò Laxus, correndole incontro. La sollevò da terra, guardandole il volto. Era ricoperta di ferite, il volto contratto in un'espressione addolorata, e non si muoveva, a malapena respirava.
«Ci ha salvati» mormorò Lucy, sorpresa.
«Ci ha fatti volare nel cielo! Incredibile!» balbettò Elfman, sconvolto ma eccitato come un bambino.
«Ha lottato contro Erza ad armi pari... che forza incredibile» si accodarono Droy e Jet, sorpresi nel vederla ancora viva.
«Laxus» lo chiamò Fried, sulla soglia della gilda. «Portala dentro. Wendy si occuperà di lei, insieme a tuo padre».
Laxus tremò e digrignò i denti, non riuscendo a capire se fosse più intensa la paura o la rabbia. Non era riuscito a proteggerla, non era riuscito a mantenere la parola data a suo padre e non era riuscito a proteggere nemmeno lui. In così poco tempo rischiava di restare così tanto solo per il semplice motivo che lui era così incredibilmente debole.
«Non morire... ti prego, Pricchan» gracchiò, cominciando a prenderla in braccio, pronto a portarla nella gilda.
«Non morirà» una voce emerse dagli alberi intorno a loro, poco prima che un uomo facesse la sua apparizione. Capelli blu, un tatuaggio sul volto, gli abiti logori di chi ha camminato e lottato molto, ma lo sguardo rasserenato e sollevato. «Non aver paura, Laxus. Deve solo riposare».
Sentirsi chiamare per nome, nonostante non avesse idea di chi fosse e di come facesse a conoscere così Priscilla, si andò a mischiare all'agitazione di avere di fronte qualcuno che era riuscito a trovarli. Chi era? Nemico? Amico? Da dove era sbucato?
«Chi sei?!» ruggì, stringendosi Priscilla al petto pronto a proteggerla.
«Chi sono io?» chiese l'uomo, sorpreso forse dalla domanda. Ma poi si rasserenò , tornando a guardare Priscilla ben stretta tra le braccia di un Laxus teso come una corda di violino e protettivo come mai nessuno lo era stato. «Il mio nome è Mistgun».
"Mistgun" un nome certamente familiare che aprì davanti agli occhi di Laxus un'infinità di strade e possibilità. Mistgun infine sorrise.
«Finalmente ti ho trovata, Priscilla».

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Capitolo 24
*** Il ritorno del Principe ***


Il ritorno del Principe



"Erza" fu con l'eco di quel nome che Priscilla trovò finalmente la forza di riaprire gli occhi. Quanto tempo era passato da quando era arrivata ad Edoras? Da quanto tempo non rivedeva il suo viso? Quasi tre settimane, sicuramente.
E quella prima volta, anche se non si trattava della vera Erza, si era trovata costretta a combatterla. Anche se sapeva che erano due persone diverse, vedere sul viso di Erza quell'espressione di odio di fronte alla gilda era qualcosa di doloroso e inconcepibile. Le portava inesorabilmente una malinconia non facile da gestire: chissà dov'era in quel momento la sua Erza.
"Scommetto che non sei così male, se solo ti impegnassi un po'" era il rimprovero e la speranza che continuava a rivolgerle. Ironico come una di quelle volte in cui aveva dovuto fare sul serio si era ritrovata faccia a faccia contro il suo clone. Se solo lei fosse stata lì a vederla, avrebbe potuto avere il suo agognato "avevi ragione".
Ma questo non toglieva che le mancava, le mancava incredibilmente, come le mancava chiunque del suo mondo. Voleva solo tornare a casa e continuare ad aspettare Laxus, come aveva promesso.
Poggiò le mani sul materasso e si tirò su con una lieve forza, mettendosi a sedere e aprendo gli occhi a quella stanza poco illuminata e sconosciuta. Si guardò attorno, confusa, cercando di capire dove si trovasse e cosa fosse successo. Ricordava lo scontro con Erza, ricordava di aver volato verso la gilda, ma a metà del volo aveva perso conoscenza e da allora non c'era stato altro che il buio. Sentì il letto muoversi al suo fianco e notò solo allora la figura china sul materasso. Laxus, seduto al suo fianco, era chino sulle coperte e probabilmente aveva anche dormito in quella scomoda posizione. Si mosse, forse svegliandosi da un pisolino, forse attirato dal suo movimento, e alzò la testa. Aveva gli occhi arrossati, ancora umidi, e profonde occhiaie.
«Pricchan!» chiamò, allarmato. «Come ti senti?»
Priscilla non rispose ma lentamente si distese in un sorriso rassicurato. «Stai bene, meno male» disse, preoccupandosi più per lui che per la sua stessa salute.
Laxus annuì timidamente, ammorbidito da quello sguardo sereno e sollevato. Sembrava che niente le importasse più di quello. «Ci hai salvati».
«Come stanno gli altri?» chiese ancora Priscilla, preoccupata.
«Stiamo tutti bene, grazie a te. Le tue ferite erano...» un nodo alla gola, l'incapacità di proseguire. «Wendy ha usato un po' della magia curativa che le restava, ma non funzionava molto».
«Lo immagino» annuì Priscilla, come se avesse saputo perfettamente di cosa stesse parlando. Abbassò lo sguardo, costernata, prima di riuscire a pronunciare: «Mi dispiace averlo tenuto nascosto».
«Erza ti ha passata da parte a parte con quella spada...» provò a dire Laxus, ancora non capendo come tutto quello fosse possibile ma senza riuscire a trovare le parole per fare le domande giuste.
«Sì, è vero» annuì Priscilla. «Sai...» un sorriso, malinconico, e un dolore al petto. «Quando eravamo bambini, quando stavamo scoprendo da poco i nostri poteri, io e te ci divertivamo molto a giocare a fare gli Dei» ridacchiò, ma fu una risata triste. «Il Dio del tuono e la Dea del vento. La nostra stanza era sempre sottosopra per questo. Era divertente, fare la Dea del vento». Si lasciò andare per un attimo ai ricordi e interrogò la sua mente su quale sarebbe stato il modo migliore di provare a spiegare le cose, ma questo in verità le portava solo altro dolore: quante volte, nella sua vita, si era ritrovata ad affrontare quello stesso momento? Un Laxus inconsapevole che guardava la sorella malata sul letto, dopo solo "un po' di riposo" che l'aveva magicamente risollevata da delle ferite mortali.
"Solo un incubo" era quello che si ripeteva sempre. In un certo senso lo era, un incubo che tornava periodicamente, anche con un Laxus diverso su un letto diverso.
«Sono...» cominciò, dolorante.
«Sei quella bambina di vetro, Pricchan?» chiese Laxus, coraggioso nel suo dubbio. «Intendo... sei proprio quella bambina...» come poteva formulare i propri dubbi in un modo che non sembrasse ridicolo?
«No» sorrise Priscilla, intenerita dal suo tentativo. «Io sono la bambina di carta».
«Carta?» mormorò Laxus.
«Papà mi ha creata da una marionetta di carta e infine mi ha dato la vita. Mio padre è riuscito a fare ciò che il tuo ha sempre provato e sperato» spiegò Priscilla.
«Allora...» la voce rotta di Laxus, mentre abbassava lo sguardo. Sorrideva, felice, veramente felice, ma gli occhi tradivano le lacrime. «Da qualche parte, ci è riuscito alla fine. Ha realizzato il suo desiderio».
Certamente il desiderio di Ivan di Earthland era molto diverso da quello di Edoras, ma era bello vedere che almeno da qualche parte le cose andavano come uno sperava. Eppure quelle lacrime erano così abbondanti...
«Laxus...» un dubbio, atroce, mentre l'immagine di Ivan sollevato per i capelli da Erza le tornava alla mente. «Dov'è Ivan?»
Fu proprio la sua non risposta a darle una terribile notizia. Sentì il battito cardiaco accelerare, mentre sul volto sereno di Laxus ora scorrevano le lacrime, benché sorridesse.
«Mi hanno detto che posso restare qua, se voglio...» disse Laxus, rispondendo in qualche modo alla sua domanda. Lui non aveva più un posto dove andare, per questo Fairy Tail gli aveva proposto di restare. E non aveva più un posto dove andare perché Ivan era morto.
«Io... io l'ho mandato qua da voi... cosa...?» balbettò Priscilla, non capendo cosa fosse accaduto.
«Le sue ferite erano troppo profonde. Era praticamente già morto quando l'hai strappato dalle mani dei soldati. Wendy non ha potuto fare niente» spiegò Laxus, interrotto da dei singhiozzi che nonostante la forza nel provare a sorridere gli chiudevano la gola. «Sai, non è così male... qui...»
Quelle lacrime.
«Solo non posso tornare indietro a prendere le mie cose. Avranno preso d'assedio casa mia».
Quel volto deformato dal dolore.
«Ho lasciato Pricchan a casa... se la rompessero...»
Riusciva veramente ad accettare di poter vedere il volto di Laxus deturpato in quel modo? Fin dalla sua nascita non aveva amato che il suo sorriso, il modo di illuminarsi era esattamente lo stesso a Edoras che a Earthland ed era ciò che le aveva insegnato a vivere. E ora... cosa avevano fatto a quel sorriso?
Cosa avevano fatto alla sua famiglia? Alla sua gilda? Come avevano potuto spingersi così oltre? Avevano distrutto fino all'ultimo briciolo di speranza, non restavano che lacrime e dolore, persino nelle piccole rassegnazioni non c'era più godimento. Ogni cosa, ogni volto, ogni sorriso, persino quello dei suoi amici... tutto era avvolto dalla nebbia. E Ivan...
"Tu sei mia figlia".
Quanto era stato in grado di amarla? Per due settimane le era stato dato ciò che per un'intera vita aveva sempre cercato e mai ottenuto. Una famiglia, un padre, un fratello e una casa sorridente e accogliente. Ivan, quell'Ivan, aveva davvero desiderato essere quella Pricchan di vetro per lui. L'avevano ucciso, loro l'avevano ucciso, avevano distrutto la vita di Laxus, avevano condannato a morte la sua gilda, fatto soffrire per anni Gerard. Era troppo. Era decisamente troppo.
Si alzò dal letto, lo sguardo spettrale, i muscoli incredibilmente tesi. E si avvicinò alla porta.
«Dove vai?» chiese Laxus, sorpreso dal suo improvviso scatto. Ma Priscilla non rispose e uscì dalla stanza. Risalì rapidamente le scale con la voce di Laxus che la chiamava alle spalle, la ignorò, e infine uscì nella sala centrale della gilda dove tutti erano ancora riuniti.
«È in piedi» sentì qualcuno sussurrare.
«La ragazza immortale di Earthland».
«Sembra come nuova, è incredibile».
«Priscilla!» la voce di Laxus.
«Restate nascosti qua» disse lei, infine. «Sistemerò le cose una volta per tutte» era furiosa, tanto furiosa che si sarebbe fatta disintegrare ma non avrebbe smesso di lottare nemmeno in un momento come quello. Il rumore di un tuono e un fulmine atterrò preciso tra le sue gambe, proprio davanti ai suoi piedi, impedendole di andare oltre. Si voltò, guardando sconvolta Laxus che impugnava la sua alabarda.
«Ho imparato ad usarla» disse semplicemente, altrettanto severo. Una reazione che certo non si sarebbe mai aspettata da lui, non dal Laxus di Edoras per lo meno.
«Vuoi impedirmi di andare?» chiese lei, cercando di interrogare le sue azioni.
«No, non voglio farlo» disse Laxus.
«E allora?» chiese ancora Priscilla, provocatoria.
«Verrò con te» sentenziò.
«Sacrificarti inutilmente non riporterà indietro tuo padre, Laxus» gli disse, preoccupata per quella decisione. Il dolore per la perdita di suo padre era troppo vivo per permettergli di ragionare lucidamente. Non sapeva combattere, non aveva magia propria né la stessa forza dei maghi di Earthland. Era un suicidio e lei doveva impedirlo, ma Laxus la sorprese urlando un furioso: «Non è per mio padre! È per questa gilda, Priscilla!»
Un urlo che lasciò non solo lei senza parole, ma anche gli altri presenti.
«Da quando sono nato sono stato costretto a una vita di inferno, recluso e nel timore che i soldati avessero potuto farci del male. Non avevo amici, né speranze, né desideri ma niente di tutto questo mi ha mai fatto pentire di essere nato perché avevo una famiglia! Mio padre mi curava, giocava con me, mi divertiva e mi dava tutto ciò che poteva aiutarmi. Per questo se c'è una persona qui dentro in grado di capire come queste persone si sentono in questo momento, quello sono io e non rimarrò in disparte a guardare i loro volti terrorizzati sperando che un eroe qualunque che niente sa di noi faccia ciò che io non faccio solo per paura o debolezza. Mio padre ha basato la sua vita su questa giustizia e sul desiderio di dare a tutti una speranza e una famiglia, ora che non c’è più mi farò carico io di quella speranza! Io salverò Fairy Tail!» potevano davvero parole come quelle nascere dalla voce di Laxus? E pensare che nella sua terra lui non aveva desiderato mai altro che distruggerla e ricostruirla a suo desiderio. Quelle parole erano il cuore a cui il suo Laxus era sempre mancato, o che forse in realtà aveva sempre nascosto. Come poteva negargli la possibilità di mostrarsi al mondo?
«È pazzia» disse Wakaba, severo e risoluto.
«Ti farai ammazzare, ragazzo, per un ideale che non ti appartiene. Tu non fai parte di questa gilda e vuoi morire in nome nostro? Non essere stupido» si unì Macao.
«E allora combattete voi in nome vostro! Tutti insieme! Perché continuate a nascondervi dietro un dito? Per quanto ancora credete di poter scappare? E poi cosa farete? Accetterete di morire? Guardatevi attorno! Abbiamo un'opportunità, insieme a questa gente, insieme all'altra Fairy Tail... possiamo sistemare questo mondo» insisté Laxus.
«Tuo padre ti ha incoraggiato troppo fin da bambino, star chiuso lì dentro ti ha tolto il senso della realtà, Laxus» Disse Droy.
«Lascia perdere e risparmiati un inutile morte» si accodò Jet e, sollecitati dai loro compagni, pian piano anche il resto della gilda si unì a quel coro di disappunto, sempre crescente nel suo rancore, tanto da arrivare persino a prendersela con Laxus stesso. Come se fosse colpa sua. C'era chi lo accusava di aver fatto la bella vita, chi lo accusava di non essere membro di Fairy Tail, chi di voler fare il protagonista e c'era chi lo pregava semplicemente di lasciar perdere per non mettere ulteriormente loro in pericolo. Nonostante la situazione fosse opposta al suo mondo, nonostante lì Laxus amava e sosteneva la gilda, riceveva sempre lo stesso rifiuto in un modo o in un altro. E lei non poteva far altro che restare a guardare, mentre ancora una volta a lui veniva negata la casa che meritava e di cui aveva bisogno.
«Adesso basta, piantatela per la miseria!» urlò Laxus con una forza che colpì tutti, tanto da zittirli. «Vi siete dimenticati? Possibile vi siate dimenticati cosa significhi essere una famiglia? Avete dimenticato i volti di chi avete visto morire per colpa di quelle persone che si fanno chiamare Giustizia? Avete dimenticato il volto del vostro master, che è morto per proteggervi? Ascoltatemi! Per quanto tempo avete vissuto nel terrore in attesa della morte? Vi siete arresi all'evidenza perché non c'era nessuno che potesse tendervi una mano. Oggi io sono qui per darvi quella mano e non voglio farlo per sentirmi gratificato da nessuno di voi ma perché vi sono amico! Ricordate il significato di questa parola, maledizione! Conosco i vostri volti appena ma ho ben impressa nella mia memoria i vostri nomi e le vostre storie. Questa gilda racchiude un tesoro che non riguarda la magia, ma i vostri cuori, e io ascoltavo le storie che parlavano di voi con l'emozione nel petto perché questo posto, queste persone, voi siete la cosa più eccezionale che ci sia! In un mondo di dolore e povertà riuscite a far risplendere i vostri sorrisi perché le vostre anime intrecciate si scaldano a vicenda. Siete una gilda e perciò siete una famiglia! Ridete insieme, piangete insieme, vivete insieme e per questo che quando c’è da lottare dovete farlo insieme altrimenti la vostra forza non sarà mai abbastanza perché è dal cuore che viene il vostro potere! Oggi non siete più soli, io, Priscilla e i maghi di Earthland vi daremo quella mano che vi serviva a rialzarvi. Vi prego… Maghi di Fairy Tail afferrate la mia mano! Combattete al mio fianco!»
«Che diavolo» lamentò Fried, irritato.
«Quanto chiasso che fai» mormorò Bickslow, distrattamente, intento a giocherellare con le sue marionette.
«Probabilmente non ti interessa l'approvazione di una racchia come me, peccato» sospirò affranta Evergreen.
«Stronzetto! Chi ti credi di essere?» si fece avanti Fried a braccia conserte e sguardo minaccioso, ma Laxus non vacillò nemmeno per un istante. Aveva il terrore di Fried, ma era deciso ad affrontarlo se fosse servito.
«Pensi davvero di poter salvare il mondo? Tu? Non usciresti vivo nemmeno da quella porta» lo canzonò.
«Lo farò comunque» rispose a tono Laxus, ma Fried alzò ancora più a voce nell'istante in cui urlò: «Lo so! È per questo che verremo con te! Hai bisogno che qualcuno ti insegni come si sta al mondo, stronzetto!»
«Verrete... con me?» chiese Laxus, stupito e balbettante. Mai si sarebbe aspettato di avere l'approvazione di Fried prima di chiunque altro, proprio di quello stesso Fried che non poteva vederlo.
«Non azzardarti a pensare che sia perché il tuo discorso era appassionante!» ruggì Fried, mostrandogli un pugno che era già pronto a tirargli in faccia.
«Io un po' ero appassionata» mormorò Evergreen, timidamente.
«È stato molto triste» disse Bickslow.
«Ohi! Voi due! Di che cazzo parlate?!» ruggì Fried, estremamente contrariato non tanto per la loro confessione quanto perché gli avevano apertamente dato contro.
«Certo che voi maghi di Earthland siete proprio spericolati» commentò Lucy, pensierosa. «Forse davvero avete bisogno di qualcuno che vi insegni come funzionano le cose qui. Quel Natsu...» ridacchiò ricordando l'incontro con il Natsu di Earthland.
«Natsu è veramente fuori di testa» ridacchiò Priscilla, colta dalla malinconia.
«Non che tu sia da meno, Dea del vento» una voce familiare. Una voce terribilmente familiare, tanto da stringerle il petto. «Farsi inghiottire da Anima volontariamente, non pensavo saresti arrivata a tanto. Non sai che fatica ho fatto per riuscire a trovarti» l'accenno di un rimprovero, ma nella sua voce c'era solo la felicità di un lieto ritrovamento. Priscilla si voltò verso la porta della gilda, alle sue spalle, e diede finalmente conferma a ciò che aveva sentito.
«Gerard» mormorò con un filo di voce. Quanto tempo... quanto tempo era passato? Sembrava un'eternità, lo era sicuramente, sentiva le ferite di quei giorni che tornavano a pulsare nel tentativo di ricordarle quanto a lungo avesse aspettato guardando un cielo che non era il suo. Il volto le si deformò in un'espressione di dolore e le lacrime ripresero a scendere copiose dagli occhi. «G-G-Ger...» riprovò a pronunciare ma i singhiozzi le impedivano di parlare.
«Cielo» sospirò Gerard. «Quante volte devo ancora dirti di non chiamarmi con quel nome?»
Ma Priscilla non rispose se non con un rumoroso lamento, un pianto squillante, e gli corse incontro abbracciandolo tanto da strappargli un mugolio di dolore per la stretta troppo ferrea. Continuò a singhiozzare e urlare, schiacciando il proprio viso contro il suo petto, e Gerard le diede qualche carezza affettuosa sulla testa lasciando che si sfogasse.
«Mi spiace molto averti fatto aspettare» disse. «Avevi ragione, Anima ha prosciugato la mia forza con gli anni, non riuscivo più a gestirla né a sfruttarla per poterti raggiungere. A malapena riuscivo a percepirla. È stata una fortuna che mi trovassi a Magnolia qualche giorno fa».
«Che cosa è successo?» singhiozzò Priscilla. «Cosa è successo a Fairy Tail, Gerard? Dove sono tutti?»
«Purtroppo non ho buone notizie...» sospirò lui, abbassando lo sguardo. «Ma forse possiamo ancora fare qualcosa. Ho bisogno del tuo aiuto, Priscilla».
E a quelle parole Priscilla si raddrizzò e strofinandosi vigorosamente il viso asciugò le lacrime, anche se gli occhi rossi sarebbero rimasti probabilmente ancora un po'.
«Vostra maestà...» si fece avanti Laxus e quelle parole fecero sobbalzare chiunque lì dentro. «Vostra maestà?» chiese Lucy, sgranando gli occhi.
«Il suo vero nome è Gerard...» mormorò Wakaba, riflettendo, per poi sussultare tanto da far tremare la sedia. «Non sarà mica...?!» urlò.
«Il Principe Gerard?» capì Macao e sgranando gli occhi iniziò a studiare attentamente i lineamenti di quell'uomo che inizialmente si era presentato col falso nome di Mistgun.
«Principe?» urlò Levy.
«Ma non era morto?» si accodò una sconvolta Lucy.
Laxus ignorò le supposizioni e le idee che si facevano sempre più forti tra quelle persone e proseguì nel suo intento. «Vostra maestà, permettetemi di fare la mia parte».
«Questo Laxus è decisamente diverso dal nostro» mormorò Priscilla verso Gerard, accennando a uno sguardo divertito.
«Te l'avevo detto» sorrise Gerard, prima di tornare serio e prepararsi a spiegare la situazione. «Magnolia intera è stata trasformata in Lacryma, che in questo momento sta galleggiando sopra la capitale. Un piccolo frammento era stato portato nella piazza ma ci ha pensato Gajeel a romperla e liberare così Gray ed Erza. Pare che la magia del Dragon Slayer possa riportare tutti alla normalità, ma il resto della Lacryma è decisamente troppo grande, non farebbe in tempo».
«Qual è dunque il tuo piano?» chiese Priscilla, per niente intimorita da quelle informazioni ma anzi sicura che c'era un modo per risolvere tutto e che sicuramente Gerard conosceva quel modo. «Riporterò la Lacryma ad Earthland prima che possa venire trasformata in magia. In quel modo tutto tornerà alla normalità. Ho con me dei frammenti di Anima che posso utilizzare, basteranno per quella singola Lacryma. Ma ho bisogno che tu prenda tempo» disse a Priscilla.
«Tempo?» chiese lei, cercando di capire le ragioni di quella richiesta.
«Il piano di mio padre è in realtà molto più losco di questo. Vuole far schiantare la Lacryma contro l'isola galleggiante degli Exceed per ottenere così una pioggia di magia infinita. Ma questo ucciderà sia Magnolia sia tutti gli Exceed che si trovano sopra quell'isola».
«Exceed?» si chiese Priscilla, cercando di ricordare chi fossero. «Ah! La razza di Happy e Charle!»
«Ricordi che te ne avevo parlato, qui vengono considerati come Dei. Vogliono distruggere ogni cosa per il loro tornaconto».
«Ci saranno centinaia di vittime! Devi rimandare la Lacryma a Earthland il prima possibile!» disse Priscilla, preoccupata.
«Ci vuole tempo ad attivare i frammenti di Anima e loro hanno deciso di anticipare l’attacco. Erza e gli altri stanno cercando di fermarli, sono tornato adesso da palazzo dove ho studiato la situazione e li ho lasciati che stavano combattendo. Ma nel caso non riuscissero...»
«Rallenterò la Lacryma e ti darò il tempo necessario» decretò Priscilla, sicura di sé.
«So che posso contare su di te» annuì Gerard, prima di voltarsi verso il resto della gilda. «Non voglio che corriate dei rischi inutili, vi chiederei perciò di restare nascosti qui. Potrebbero esserci dei combattimenti, sono sicuro che Natsu scompiglierà i capelli a mio padre tanto che farà scendere sul campo l'intero esercito».
«Ed è per questo che verremo ad aiutarvi!» disse Lucy, risoluta.
«Qualcuno dovrà tenere l'esercito impegnato fintanto che voi risolvete le cose o potrebbero mettervi i bastoni tra le ruote» disse Wakaba, ora deciso a unirsi alla guerriglia.
«Se è il principe in persona a chiederlo... cielo! Che emozione!» si caricò Macao.
«Una gilda oscura che lavora per un reale, che ironia» disse Cana con il suo delicato candore.
«Ma la capitale è molto lontana da qui e se veramente c'è tutta questa fretta... come facciamo?» chiese Wendy.
«Il teletrasporto?» chiese Droy, guardando Levy che era corsa nuovamente a schiacciare tasti sul suo computer. «È ancora scarico, non posso attivarlo».
«Potremmo farci trasportare in volo dalla Dea del vento» propose Lucy.
«Sprecherebbe la sua magia prima di un importante scontro» mormorò Laxus prima di infilarsi una mano in tasca. «Io... ho questo» disse infine con una sorta di desistenza. Aprì la mano e mostrò a tutti un piccolo intaglio di vetro a forma di saetta.
«Che robaccia è?» chiese Fried allungando il collo per vederlo.
«Una Lacryma... doveva essere il cuore di Pricchan, ma è altamente instabile e tutte le volte che papà provava a installarglielo finiva col distruggerla. Ci ha lavorato per anni senza mai riuscirci, ma... l'ho conservato. Potrebbe ridare energia al teletrasporto per portarci lì».
«È perfetto!» decretò Levy.
«Laxus non...» provò a intervenire Priscilla, contrariata all'idea che usasse un simile oggetto per quello scopo. Era sicuramente qualcosa a cui era estremamente legato, il cuore pulsante di Pricchan, il desiderio di suo padre risiedeva lì. Non poteva sacrificarlo in quel modo. Ma Laxus la interruppe con un semplice: «Voi andate avanti!» sorrise, determinato. «Fermate quella Lacryma, salva la tua gilda Pricchan. Noi vi raggiungeremo appena saremo pronti».
«Laxus...» mormorò lei, non sapendo che altro dire. Era così triste, eppure non sembrava deciso a desistere nemmeno un po'. Era davvero pronto a sacrificare ogni cosa per quella gilda, era così nobile, così potente... non poteva che restare a guardare e ammirare la sua grandezza. L'enorme cuore di Laxus Drayen. Ne venne travolta e si caricò di forza nuova. Lui avrebbe dato ogni cosa per quella gilda e lei non avrebbe fatto di meno per la propria. Annuì, determinata, e infine uscì dalla gilda e insieme a Gerard spiccò il volo verso la capitale.



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Capitolo 25
*** Cerimonia di addio ***



Cerimonia di addio






«Gerard!» chiamò allarmata Priscilla, indicandogli la Lacryma che finalmente avevano davanti. Un'enorme catena nasceva dalla cima del castello, catena che terminava in quella che sembrava la bocca di un drago. Aveva afferrato la Lacryma fluttuante e la stava lanciando rapidamente contro l'altra isola fluttuante che si trovava poco lontana da lì.
«L'hanno attivato! Merda! Pricchan, prendi tempo!» disse Gerard. Priscilla lo fece scendere a terra poco dopo, dove avrebbe cominciato ad attivare i frammenti di Anima per riportare la Lacryma a Earthland, e infine volò con rapidità verso questa. Lucy, Gray, Erza, Natsu, Wendy, Happy, Charle e almeno un centinaio di Exceed erano ormai allo stremo delle forze e della disperazione. Schiacciati contro un lato della Lacryma, quello che lentamente si stava spingendo contro il confine di Extalia, urlavano e spingevano con tutta la forza che avevano in un gesto disperato ma potente. Non erano riusciti a impedire quel disastro con la strategia e l'impegno, ma non si sarebbero arresi nemmeno di fronte all'evidenza. Fino a quando non sarebbero tutti morti avrebbero continuato a lottare e avrebbero spinto via quella Lacryma dall'isola. Le lacrime agli occhi, i muscoli in fiamme, tremavano e urlavano, ma spingevano con tutta la magia che avevano. Un urlo si unì al loro con una carica colma di speranza e forza. Priscilla arrivò al loro fianco rapida come una saetta e si schiantò con un urlo contro il lato della Lacryma. Il vento ruggiva tutto intorno a lei e soffiava con la potenza del peggiore degli uragani. Il suo urlo disperato e rabbioso si univa a quel suono, diventando un tutt'uno di forza e speranza.
«Priscilla!» chiamò Lucy, sorpresa ed emozionata.
«Priscillanee-san!» quasi gridò Wendy, felice come mai lo era stata.
«Stai bene!» sorrise anche Erza.
Priscilla lanciò uno sguardo ai suoi compagni e sorrise di una forza e sicurezza unica. «Sono tornata» disse infine.
«Fermiamo quest’affare! Ragazzi!» ruggì, tornando a spingere con tutta la forza che aveva.
«Lo fermeremo!» urlò Natsu tanto forte da far tremare la terra e al suo urlo si unì quello di tutti gli altri, schiacciati contro la roccia dell'isola che ora cominciava miracolosamente a rallentare.
«Sta funzionando!» constatò Lucy.
«Non fermatevi ora! Spingete più forte!» ordinò Erza.
«Più forte!» urlò anche Priscilla aumentando ancora di più la potenza del suo tornado. E così fecero anche gli altri, uno dopo l'altro, sempre più forte, sempre più deciso e potente, sempre più speranzoso. Fino a quando l'isola non tornò indietro.
«Sta arretrando!» disse uno degli Exceed con le lacrime agli occhi.
«Funziona! Funziona!» pianse un altro dei suoi compagni.
La Lacryma venne spinta all'indietro, allontanato da Extalia ora salva e infine in un lampo accecante sparì nel nulla, lasciandosi alle spalle residui di magia fluttuante.
«Cosa?» chiese Lucy, sorpresa.
«Ce l'ha fatta» sorrise Priscilla, riconoscendo in quell'evento il tocco di Mistgun.
«La Lacryma non c'è più?» chiese Gray, sorpreso.
«Ha fatto ritorno su Earthland» rispose Mistgun comparendo al loro fianco in quel momento. In piedi su di un enorme gufo, volava al loro fianco, coperto con la sua bandana, forse ancora legato al timore di essere riconosciuto almeno dai suoi compagni.
«Mistgun!» sussultò Erza, vedendolo arrivare.
«Mi scuso per il ritardo, ma stavo cercando i frammenti di Anima da poter utilizzare per riportare Magnolia indietro. Inoltre, ho cercato Priscilla per un po'. Vi ringrazio, non ce l'avrei mai fatta senza di voi».
«Che significa che ha fatto ritorno?» chiese Natsu, confuso. Cos'era successo? Era davvero finita? I suoi amici erano salvi?
«Esatto. Utilizzando anima ho riportato tutto alla normalità. È finita» decretò infine Gerard e bastò quelle semplici parole per portare gioia e commozione nel cuore di tutti. Le lacrime e le urla di esulto, l'aria si riempì di festeggiamenti e di pianti.
«Priscillanee-san!» la voce di Wendy, prima che questa sfuggisse alla presa di uno degli Exceed e gli volasse tra le braccia. Piangeva, piangeva a dirotto, ma sorrideva come poche volte aveva fatto.
«Wendy!» esclamò Priscilla prendendola al volo. La tenne stretta a sé e roteò per la gioia, ridendo divertita.
«Stai bene! Stai bene davvero!» pianse Wendy, restando aggrappata a lei.
«Non ti sarai data la colpa spero!» disse Priscilla ma Wendy negò le sue speranze con un sentito: «Mi dispiace tanto!»
«Stupidina! Non è colpa tua!» rise Priscilla, stringendosi la bambina sul petto. «Sono così felice di vedere che state tutti bene. Mi siete mancati così tanto» disse infine, lasciando che della malinconia le sfuggisse dall'espressione.
Un rombo ruppe però quell'incantesimo di gioia e sollievo e un lampo attraversò il cielo, raggiungendoli. Un fascio di energia colpì in pieno il petto di un grosso gatto nero, un Exceed vista la forma, ma dalla stazza decisamente più grossa.
«Lily!» urlò Gerard, guardando sconvolto il gatto che colpito cadeva verso il suolo.
«Che succede?» ruggì Natsu, guardandosi attorno.
Priscilla guardò sconvolta l'Exceed che privo di sensi cadeva verso terra e allungò una mano verso di lui, pronta a usare la sua magia per evitargli la caduta ma un altro fascio di energia attraversò il cielo e la raggiunse. Si fece indietro appena in tempo per non essere colpita, ma quell'inconveniente bastò a farle perdere di vista l'Exceed ed evitarle di salvarlo. Alzò lo sguardo verso coloro che stavano letteralmente sparando nella loro direzione e incrociò infine gli occhi di Erza Knightwalker, sopra uno dei suoi soliti mostri, circondata dalla sua legione.
«Non è ancora finita!» ruggì lei. Era piena di ferite, probabilmente aveva lottato a lungo, e aveva i capelli tagliati di netto all'altezza della nuca. Erza lanciò uno sguardo colmo d'ira verso Priscilla, riconoscendola e probabilmente maledicendola di vederla di nuovo intera e in piedi. «Dea del vento» ringhiò furibonda puntandole contro la sua arma, ora trasformata in una sorta di cannone con cui sparava i fasci di magia.
Priscilla digrignò i denti e strinse ancora di più Wendy a sé. Non ci voleva, in un momento come quello quella Erza accanita e potente non ci voleva proprio. Sparò ma Gerard volò davanti alla ragazza e generò una magia che fu in grado di neutralizzare il colpo.
«Erza Knightwalker!» chiamò, scoprendosi infine il viso. «Intendi puntare la tua arma contro il principe di Edoras?»
«Principe?» sussurrò Wendy, sorpresa.
«Finalmente» sorrise Priscilla, colma di una forza nuova. Gerard aveva finalmente abbassato la maschera, abbandonato il nome di Mistgun... il principe aveva accettato il suo ruolo ed era tornato a casa. Finalmente aveva trovato la forza di combattere contro il proprio destino.
«Charle! Ti affido Wendy!» disse la ragazza lanciando la bambina contro la gattina che la prese al volo, anche se colta di sorpresa.
«Vuoi combattere?» chiese Gerard, preoccupato sulle sue intenzioni.
«Tu pensa a prendere tempo» sghignazzò semplicemente lei. Assunse una posizione di attacco, si preparò a un eventuale battaglia, ma rimase lì immobile, come in attesa della loro prima mossa. Era stato Gerard a insegnarle la tecnica del Mirage, sfruttando la densità dell'aria nelle sue componenti molecolari era in grado di farci riflettere la luce sopra nei modi che preferiva e così ricreare immagini fittizie. Con un grande impegno riusciva a creare immagini rapidissime, una dopo l'altra, in sequenza, in questo modo poteva nascondersi creando l'ambiente circostante e facendo sembrare che lei non fosse lì. Una tecnica che consumava una quantità di magia incredibile, impegnativa come poche lo erano, ma che riusciva a manipolare sempre meglio man mano che cresceva. L'immagine di Priscilla che ora aveva dietro di sé riconosceva non essere più la sua, lei se n'era già andata e forse riusciva anche a capire dove. Gerard aveva chiamato Lily con troppa disperazione, quando l'aveva visto cadere.
"Grazie" non riuscì a pensare ad altro e tornò a concentrarsi su ciò che aveva davanti.
Lily si trovava appeso al ramo di un albero. Penzolava, privo di sensi e forse anche di vita, ma Priscilla riuscì comunque a trovarlo e provare un briciolo di speranza. Lo tirò giù e lo posò delicatamente a terra, per poi assicurarsi che fosse ancora vivo.
«Ehy! Siamo arrivati anche noi!» delle voci provennero poco dopo dalla sua sinistra e un paio di Exceed raggiunsero la ragazza in volo. «Abbiamo bende e medicazioni!» esclamò uno di loro.
«Meno male» disse Priscilla, correndogli incontro e prendendo tutto il necessario. «È messo male, ma è ancora vivo. È un tipo tosto» commentò lei, cominciando a medicare la ferita.
«È il capitano di uno dei reggimenti dell'esercito» spiegò uno degli Exceed mentre utilizzava una Lacryma magica per aiutarlo nelle cure.
«Cosa?!» sobbalzò Priscilla, cominciando a chiedersi se avesse fatto bene a soccorrerlo.
«È stato cacciato da Extalia anni fa perché salvò un bambino umano da allora si è unito agli umani. Ma ci ha aiutati con la Lacryma poco fa, credo che sia dalla nostra ora» spiegò ancora l'Exceed.
«Un bambino umano?» chiese Priscilla, cominciando a mettere insieme i pezzi. La terra tremò minacciosamente e un ruggito si alzò nell'aria. Rombi e tuoni, ma i rami degli alberi impedivano di vedere cosa stesse accadendo.
«È la fine del mondo?» sobbalzò uno degli Exceed, tremando di paura. Sentivano il rumore degli alberi cadere al suolo, sradicati, uno dopo l'altro.
«È meglio allontanarci da qui. Andatevi a nascondere, penserò io a Lily!» disse Priscilla agli altri Exceed, che non se lo fecero ripetere due volte e volarono via. Un colpo d'aria, probabilmente mosso da un'esplosione o qualcosa di simile, fece volare via parte degli alberi che avevano attorno e alcuni di loro minacciarono di colpirli nel loro folle volo. Priscilla usò uno scudo di vento per proteggerli, ma decise di non restare lì ancora per molto. Si sollevò in volo e sollevò anche Lily, poi si allontanò rapidamente. Stavano ancora volando a gran velocità tra gli alberi quando Lily riaprì gli occhi, cominciando a riprendersi. Guardò la ragazza al suo fianco, confuso, forse ancora più confuso dal fatto che entrambi stessero volando mentre alle loro spalle si sentivano esplosioni e colpi violenti.
«Chi sei?» mormorò.
«Priscilla» rispose lei. «Compagna del principe Gerard, piacere di conoscerti!» sorrise candidamente. Si fermò poco dopo, posando delicatamente Lily a terra. Da quella posizione gli alberi si aprivano in maniera ideale, così da permettere loro di vedere cosa stesse accadendo sopra le loro teste.
«Qui dovremmo essere al sicuro» disse lei, allungandosi e cercando di scorgere oltre i rami. Fasci di luce irradiavano il cielo, uno dopo l'altro, colpivano gli Exceed che ancora volavano disperati nel cielo e non appena questi venivano toccati si trasformavano in Lacryma.
«Mettete in salvo gli Exceed!» l'urlo di Erza di Earthland.
«Non lasciateli sfuggire» l'eco di Erza di Edoras.
Una stessa persona, due vite diverse e due ideali diversi.
«Maledetti» digrignò i denti Priscilla, guardando con rabbia lo sterminio di cui era spettatrice.
«Dobbiamo... dobbiamo fare qualcosa...» balbettò Lily, provando ad alzarsi, ma la ferita al ventre lo dilaniò dal dolore e cadde nuovamente a terra.
«Non puoi fare niente tu adesso» disse Priscilla. «Ti chiami Lily, giusto?»
«Panther Lily, piacere».
«Adesso il nostro compito è un altro, Lily» disse Priscilla con una strana scintilla negli occhi. «Trattieni il tuo dolore almeno per il momento».
Gerard si fece avanti, disegnando un cerchio magico nell'aria fronteggiò un enorme drago metallico. Un'arma manipolata dal Re in persona, che lo portava ad attaccare con la forza devastante di un mostro. Lo colpì ma non ebbe nessun tipo di effetto e il drago ricambiò il colpo con un enorme cannone a magia. Gerard venne travolto dal fascio di luce e urlando per il dolore venne scaraventato a terra, tra gli alberi, accompagnato dalle urla dei suoi compagni e dalle risate di un padre sadico e malefico.
«Vado a recuperarlo. Resta qui e non muoverti» ordinò Priscilla a Lily prima di scattare come un razzo, spinta dal suo vento magico. Non le ci volle molto a trovarlo e, come aveva immaginato, non aveva che dei semplici graffi. Si rialzò da terra e guardò Priscilla che gli volava incontro.
«Lily sta bene, ci sta aspettando, andiamo» disse a Gerard prima di sollevarlo da terra e permettergli di starle dietro alla stessa velocità.
«Hai buone capacità recitative, sai? Credo che abbiano pensato che tu fossi stato davvero colpito» disse Priscilla quando ormai erano quasi arrivati.
«Sicuramente meglio delle tue» sghignazzò Gerard, prima di chiedere con curiosità: «Dea del vento?»
«È una lunga storia!» rise Priscilla, grattandosi la nuca imbarazzata.
«Vostra altezza!» si alzò in piedi Lily, nel vederlo arrivare.
«Lily! Sono felice di vedere che sei ancora tutto intero. Sapevo che Priscilla ti avrebbe trovato» sorrise Gerard, guardando sollevato il gatto che aiutato dalla ragazza provava a rimettersi in piedi. «Come va la ferita?»
«Non è niente di...» ma la voce gli morì in gola quando un movimento gli recò una fitta.
«Non è in ottime condizioni. Sei sicuro che debba venire con noi, Gerard?» chiese Priscilla, preoccupata.
«Sì, ho bisogno anche del suo aiuto. Andrà bene anche così, aiutalo a tenersi in piedi» disse lui e Priscilla non se lo fece ripetere due volte. Con un incantesimo Vernier e l'aiuto di un po' di vento Lily fu in grado di camminare da solo, non dovendo fare per niente affidamento alle proprie forze ed energie. Ancora la terra tremò e un ruggito sembrò far tremare il cielo stesso, a suggerire loro l'intensità della battaglia a cui il drago metallico stava facendo fronte.
«Che roba è quella?» chiese Priscilla, lanciando un'occhiata verso il punto dove vedeva generarsi luci di energia.
«Dorma Animu. L'arma definitiva di mio padre... è immune agli attacchi magici. Sta combattendo contro i Dragon Slayer» spiegò Gerard.
«Allora non c'è di che preoccuparsi, se c'è Natsu» sorrise Priscilla, sicura di sé.
«Andiamo. Noi metteremo fine a tutto questo definitivamente» disse Gerard cominciando a camminare deciso.
«Così si fa!» esultò Priscilla, entusiasta. «Questo è il mio Gerard! Andiamo a fare un po' di danni!» rise e camminò dietro al principe per i primi passi. Saltò infine a mezz'aria, spiccando il volo, e subito dopo anche Gerard e Lily fecero altrettanto mossi dalla sua magia.
«Nasconderò io le nostre presenze, non sprecare altre energie con il Mirage. Pensa solo a portarci a palazzo, Priscilla» disse Gerard applicando su di loro un incantesimo di invisibilità tramite uno dei suoi bastoni.
«Ricevuto!» disse lei e accelerò la potenza di volo.
Salirono sopra le creste degli alberi, abbastanza in alto da vedere la battaglia sotto di loro e il palazzo non troppo lontano. Il drago di metallo si muoveva con rapidità e aggressività, lanciando colpi su colpi contro i tre Dragon Slayer che non si risparmiavano nelle forza. I loro ruggiti erano udibili a qualsiasi distanza. Erza, nel cielo, combatteva invece contro la se stessa di Edoras con una ferocia e una rabbia sempre maggiore. Non era un semplice scontro tra nemiche, era uno scontro tra ideali. Nessuna delle due poteva accettare di vedersi negli occhi dell'altra, non con quelle parole che uscivano dalla bocca per lo meno. A terra, poco lontano il Dorma Animu, Lucy e gli altri stavano invece lottando contro il resto dell'esercito di Edoras. Da soli, disperati, ma forti e determinati, pronti anche a morire. La terra sotto i loro piedi si increspò, piante nacquero dal suolo con una rapidità eccezionale e presto prese forma da rami e tronchi una gilda... quella gilda.
Dalla porta d'ingresso di Fairy Tail Laxus fu il primo a uscire, imbracciando la propria alabarda, e con un urlo diede la carica al resto dei suoi compagni.
«Sono arrivati» sorrise Priscilla, guardandosi indietro. Laxus lottava a capo della squadriglia improvvisata, affiancato da Fried e Bickslow, alle spalle protetto da Evergreen, decimava decine di avversari da solo. Benché non avesse mai combattuto prima di allora la sua determinazione e l'amore per quelle persone erano la sua forza. E non c'era niente di più bello che vederlo circondato da quelle persone, tutti spinti dalla stessa energia, pronti a tendersi la mano. Priscilla sorrise nel vederlo, la tenerezza e la felicità nel cuore, poi tornò a concentrarsi sulla rapidità del proprio volo.
«Dunque qui avrà fine il nostro team, Gerard?» chiese Priscilla, abbozzando un sorriso sbarazzino. «La nostra ultima missione insieme. Dici che è una classe S?»
«Potrebbe essere anche una doppia S, vista la situazione» ridacchiò Mistgun, trascinato dal suo modo di fare.
«Figata! Lascia che lo dica al nonno quando tornerò!» rise lei, roteando per aria dalla gioia. Un entusiasmo decisamente fuori dal comune per una come lei, che mai aveva voglia di imbarcarsi in missioni troppo faticose e complicate. Non aveva mai la motivazione a impegnarsi, oscurata dal suo unico obiettivo, annebbiata dall'unica ombra che aveva sopra la testa, quella di Laxus e suo padre. Ora invece...
«Sei davvero cresciuta molto, Priscilla» sorrise Gerard.
«Allenata dal migliore, te l'ho detto» ridacchiò Priscilla tirandogli un pugno amichevole su una spalla.
«Non esageriamo» ridacchiò Gerard, sempre modesto. «Là! Entriamo da lì!» indicò infine.
«Ok!» disse Priscilla, cominciando l'atterraggio verso un'apertura su una torre. Entrarono e si guardarono attorno, attenti.
«Tutta l'armata dovrebbe trovarsi nella piazza per la battaglia, ma non abbassiamo la guardia. La Lacryma di Anima sarà sicuramente sorvegliata. Cerchiamo di mantenere un profilo basso» disse Gerard guidando i due lungo una scalinata stretta che saliva fino in cima alla torre.
«Questo posto è buio, non ho luce per utilizzare il mio Mirage nel caso ce ne fosse bisogno» spiegò Priscilla camminandogli dietro. «Anche l'aria non è molta. Sarebbe difficile per me combattere qui».
«Speriamo non ce ne sia bisogno» disse Gerard, prima di voltarsi e guardare l'Exceed che continuava a seguirli in silenzio. «Lily, come stai?»
«Posso camminare. Mi sento incredibilmente leggero».
«È la magia di Priscilla» spiegò Gerard e Priscilla in tutta risposta sorrise luminosa, felice di essere l'artifice di quella piacevole situazione, orgogliosa in un certo senso.
«Dunque il piano è distruggere la Lacryma di Anima? Metodo Fairy Tail, eh?» chiese Priscilla dopo minuti che camminavano nella torre.
«Non prima di averla utilizzata per riportare indietro te e gli altri e aver messo fine a questa inutile guerra» spiegò Gerard.
«Come intendi fare?» chiese ancora Priscilla e Gerard ci mise qualche secondo di troppo prima di rispondere: «Invertirò il processo e spedirò tutta la magia di Edoras su Earthland».
«Eh?» sussultò Priscilla, sconvolta.
«È follia!» si unì Lily.
«Creerò un nuovo mondo di ugualianza e parità, cancellando la magia da questo mondo. È a causa della magia che queste lotte continuano ad andare avanti. Fermerò tutto questo».
«È una soluzione troppo drastica! Edoras si regge a malapena in piedi con quel poco di magia che ha, se la elimina ci sarà il caos» insisté Lily.
«C'è già il caos, gatto» disse Priscilla. «Pensi davvero possa andare peggio di così?»
«Inizialmente sarà difficile ma il mondo può andare avanti anche senza magia» disse Gerard. Non camminarono ancora a lungo, come aveva previsto Gerard la parte grossa della guardia era all'esterno che lottava, incontrarono pochi soldati e da tutti riuscirono a nascondersi egregiamente grazie alla magia. Finalmente arrivarono alla sala della Lacryma, enorme padroneggiava al centro della stanza illuminandola di una soffice luce blu. Sopra le loro teste si apriva una fessura, protetta da dei vetri magici, che si aprivano sul cielo. Il sistema di puntamento, l'intera torre non era altro che una specie di cannone spara magia che centrava il cielo stesso e su cui apriva gli squarci dimensionali.
«Dunque siamo qui» disse Priscilla, osservando la Lacryma.
«Priscilla... ho bisogno del tuo aiuto, adesso» confessò infine Gerard.
«Immaginavo ti sarei servita prima o poi, non mi avresti chiesto di seguirti qui e abbandonare gli altri altrimenti» sorrise Priscilla, per niente sorpresa. «Che devo fare?»
«Posso prendere i comandi di Anima e direzionarlo su Magnolia, posso attivarlo e utilizzarlo, ma un cambiamento nel flusso non è mai stato concepito. Anima è stata creata in modo da farla scorrere a senso unico, non credo che esista modo di invertire il processo... non manualmente, almeno» iniziò a spiegare Gerard, prendendo la cosa alla larga, ma Priscilla lo interruppe.
«Mi stai chiedendo molto, Gerard» disse consapevole di ciò che lui stava in realtà cercando di dirle. Priscilla era stata in grado di entrare in risonanza con la magia di Leon, che ancora scorreva dentro lei, e aveva fatto lo stesso anche con Nirvana. Niente le impediva di fare altrettanto con Anima, prenderne possesso e costringerla perciò ad invertire la direzione del flusso.
«Lo so. Nirvana sicuramente ti tormenta ancora e non sappiamo se abbia avuto o se avrà mai effetti su di te, mi rendo conto di ciò che ti sto chiedendo. Ma non ho trovato altro modo, se non...»
«Lo farò» disse decisa Priscilla, interrompendolo di nuovo. «Ho promesso che ti avrei aiutato. Ti sono ancora debitrice, ricordi?» e si avvicinò alla Lacryma.
«Un attimo... volete davvero farlo? Come? Siete davvero sicuro, vostra altezza?» chiese Lily, sudando freddo ma senza avere il coraggio di contraddire apertamente il proprio sovrano.
«Fidati, Lily. È l'unico modo» disse Gerard, prendendo posto ai comandi per poter azionare la magia di Anima. Priscilla appoggiò una mano sul vetro magico della Lacryma e l'osservò attentamente, studiandola.
«Potrebbe non funzionare, lo sai?» sorrise, voltandosi verso Gerard, e lui sorrise di rimando confessando un: «Potrebbe essere un problema».
«Sono il tuo unico piano, questo mi fa sentire particolarmente sotto pressione. Ma...» allungò un braccio indietro e cominciò a caricarlo di vento. «Con te ormai sono abituata a sentirmi sotto pressione, Sensei» e lanciò il pugno in avanti con un urlo, perforando così la Lacryma e infilandoci infine il braccio dentro. Come per Nirvana, frammenti di Lacryma rotti e affilati la graffiarono e le aprirono squarci nella pelle, attraverso il quale cominciò a far fluire la propria magia al suo interno. Priscilla chiuse gli occhi e si corrucciò di fronte a quell'ormai familiare dolore. Magia diversa, stesso effetto, faceva sempre un gran male e la paura delle conseguenze era tremenda ma aveva giurato di aiutarlo e l'avrebbe fatto a qualsiasi costo. Lei aveva raggiunto la felicità grazie a Mistgun, era ora che ricambiasse, non importava il prezzo da pagare. Mistgun... era il suo amico più prezioso.
«Riesco a sentirlo» disse percependo la fluidità della magia di Anima scorrerle dentro. «È... avida... maledizione, è peggiore di quello che credevo!»
Si sentì svuotare, la sentiva quella risucchiante magia che succhiava ciò che aveva dentro. Anima era un vortice che aspirava via tutta la sua magia, se ne impadroniva avido, e per una come lei che la magia rappresentava la sua vita era come sentirsi trascinare e strappare via pezzi di carne dalla furia della morte.
«Merda!» le sfuggì, irrigidendosi mentre si sentiva sempre più debole. La sensazione era la stessa, l'aveva già provata, un vortice nel cielo che la tirava a sé con una forza immensa, solo che quella volta non era il suo corpo ad essere risucchiato ma la sua anima.
«Priscilla!» si allarmò Gerard, sentendola improvvisamente urlare dal dolore.
«Vostra altezza! Dovete fermarla!» disse Lily, allarmato nel vederla in quelle condizioni. Non aveva ben chiaro cosa stesse cercando di fare, ma certo non era niente di positivo e comunque, qualunque cosa fosse, era ovvio che non stesse funzionando.
«Priscilla...» disse ancora Gerard, digrignando i denti. Priscilla spalancò gli occhi e inarcò la schiena all'indietro, trascinata e dilaniata da un dolore che palesemente non riusciva a controllare. Non stava funzionando, il suo piano non stava funzionando e lei rischiava di essere in pericolo. Doveva fermarla, sapeva che doveva farlo anche se questo sarebbe significato rinunciare al suo piano. Il piano di creare un nuovo mondo sano e uguale per tutti stava crollando, ma davanti a lui la sua amica rischiava la vita. Lasciò i comandi di Anima e fece un paio di passi verso Priscilla, deciso ad abbandonare tutto e salvare la sua vita, ma Priscilla stessa lo fermò con un severo e ancora urlato: «Resta dove sei!»
«Priscilla...» balbettò lui, sorpreso e ancora combattuto.
«Ho detto che lo farò! Gerard!» ringhiò Priscilla puntando lo sguardo furioso contro la Lacryma. Tirò indietro anche il braccio sinistro e con la stessa foga del primo lo lanciò in avanti, creando un altro squarcio nella Lacryma. «Questo mondo...» ansimò, tremando per lo sforzo. «Tu hai bisogno di questo mondo! Questa è casa tua e la salverò! Ad ogni costo, la salverò!» L'urlo di dolore di Priscilla assunse un tono diverso, selvaggio e furioso, colmo di forza e decisione. Urlava per caricarsi, per lo sforzo, per il dolore e la fatica, ma soprattutto per il desiderio di vincere. Il suo tornado, la sua aria, avrebbe lottato contro la forza risucchiante di Anima e l'avrebbe rivoltata come un calzino, invertendola. Il suo attaccamento alla vita era più forte di qualsiasi magia prosciugante, non sarebbe morta né sarebbe stata vinta con una tale facilità. Tutti lottavano per quella causa, poteva sentirli, Natsu, Wendy e Gajeel contro Dorma Animu. Lucy e Gray contro l'esercito imperiale. Erza contro Erza. La Fairy Tail di Edoras a fianco dei suoi amici... e Laxus. Quello stesso Laxus che, anche se tanto diverso, le aveva dato molto più di quanto avesse mai potuto immaginare. Lo doveva a loro, a lui, più di chiunque altro. Lo doveva a Ivan che per quelle tre settimane le aveva dato una casa in cui stare, una famiglia che aveva sempre rincorso senza mai riuscire ad acchiappare. Avrebbe lottato per non cancellare il ricordo di un Laxus che seduto al tavolo scherzava allegro con suo padre. Avrebbe lottato per quei magnifici ricordi di quotidianità, semplici ma intensi, e per quella piccola se stessa di vetro che nella stanza del padre aveva sempre desiderato la vita senza mai riuscire ad ottenerla. Quella casa, quelle persone, meritavano di vivere.
E Gerard doveva farlo insieme a loro, finalmente sotto il suo cielo e non a inseguire un sogno perduto per una colpa non commessa. Poteva sentirla, la sua Fairy Tail, nel palmo della sua mano che l'afferravano e la trascinavano via, contrastando Anima con la forza dei loro sentimenti.
E niente importava se sentiva il proprio corpo andare in pezzi... l'avrebbe ricostruito. Doveva solo riposare.
«Funziona...» il sussurro di Gerard, timido e speranzoso, di fronte a un'evidenza quasi eterea. Persino lui faticava a crederci, lui stesso che aveva ideato quel folle piano. «Sta funzionando!» esclamò infine, entusiasta.
Fuori da quella torre poteva sentire il rumore dei crolli, della fine del loro mondo, ed era ironico come proprio quella fine fosse in realtà per lui fonte di gioia. Per i primi tempi sarebbe stato il caos, lo sapeva, ma poi tutto si sarebbe aggiustato e loro avrebbero trovato il modo di andare avanti. Un piccolo sacrificio iniziale.
«Adesso ho io il controllo» sorrise Priscilla, soddisfatta anche se affaticata terribilmente.
«Non posso crederci...» balbettò Lily, sbalordito. «L'avete fatto davvero».
«Senza la magia non ci sarà più motivo di combattere» disse Gerard, risoluto.
«Sì, ma ora... i cittadini...»
«Sono nel panico, lo so» disse Gerard, abbandonando i comandi. Anima ormai non aveva più bisogno di essere guidata. «Per questo c'è bisogno, adesso più che mai, di una nuova guida. Hanno bisogno di un nuovo Re per un nuovo mondo, un Re che possa condurre questa nazione dal terrore alla felicità».
«Capisco, allora adesso voi, in quanto Principe...» sorrise Lily, pensando di capire cosa avesse intenzione Gerard e trovandosi almeno su quella parte di piano d'accordo con lui. Ma Gerard abbassò lo sguardo e confessò: «No, non io. Non appartengo a questo mondo da molto tempo, non ne avrei diritto. Per quietare le masse ci sarà bisogno di un colpevole e di un eroe. Una persona che rivelerà alla gente chi ha gettato questo mondo nel caos e lo giustizierà».
«E... chi?» chiese Lily, spaventato da quanto avrebbe probabilmente ascoltato da lì a poco, forse già consapevole della follia a cui stava per incorrere Gerard.
«Lily... io mi sono ribellato al Re di Edoras, ho rubato tutta la magia di questo mondo. Io sono il colpevole. Tu invece, rappresentante di entrambe le razze, puoi portare l'armonia superando le incomprensioni e il pregiudizio. Tu sarai l'eroe. Devi giustiziare il traditore che ha mandato in rovina questo mondo e diventare il nuovo Re».
«Cosa cazzo stai dicendo, non scherziamo!» ruggì Priscilla, ancora ancorata alla Lacryma di Anima per continuare a controllare il flusso tra i due mondi.
«Mi hai chiesto di sacrificarmi in questo mondo, di lottare fino ad ora, per vederti morire? Mi prendi per il culo, Gerard?»
«Mi spiace, Priscilla, sapevo che se ti avessi rivelato tutto fino alla fine non avresti accettato» disse Gerard.
«Certo che non avrei accettato! E non lo accetto neanche adesso, folle!» urlò Priscilla. «Lily, azzardati a fare una cosa simile e ti ammazzo lo giuro!»
«Priscilla, sii ragionevole».
«Proprio voi parlate di ragionevolezza?» si unì Lily, rosso in volto dalla rabbia. «Credete davvero che possa accettare una cosa simile? Mi rifiuto! Non lo farò mai! Mai!» ruggì. «Chi credete che io sia? Davvero pensate che possa farlo così a cuor leggero?» insisté, furioso.
«Nonostante tu fossi un Exceed mi salvasti la vita quando ancora ero in fasce. Hai sfidato le regole del tuo stesso popolo, sei una persona che sa riconoscere il valore della vita» disse Gerard, ma ancora Lily lo interruppe urlando furioso: «Mi state chiedendo di portare una simile croce per il resto della vita?»
«Sei l'unico che può farlo. Cerca di capire, qualcuno deve farlo!» insisté Gerard.
«Allora lo farò io! Sarò io il traditore! Voi sareste un Re perfetto!»
«Ho causato io la distruzione di questo mondo, non potrei...» mormorò Gerard, affranto ma deciso.
«Lo avete fatto per il bene del paese! È esattamente della vostra incrollabile volontà, capace di mettere in gioco la propria vita per il bene del paese di cui abbiamo bisogno adesso. Se credete di essere la causa della distruzione di questo mondo allora assumetevi la vostra responsabilità non morendo e guidando il paese verso una nuova vita!»
«Non è così che potrò espiare le mie colpe» mormorò Gerard, sempre più abbattuto ma non per questo più convinto. Il senso di colpa lo lacerava, si sarebbe lasciato atterrare volentieri, avrebbe accettato la morte a braccia aperte pur di liberarsene.
«Sarò il cattivo! Giustiziate me, reciterò io la parte del traditore. Ho tradito gli Exceed e dopo ho tradito anche gli umani, non ho posto dove tornare. Mi assumerò io tutte le responsabilità».
«Inaccettabile!» urlò Gerard. «Tu sei quello che mi ha salvato la vita, non potrei mai ucciderti!»
«Potrei dirvi le stesse cose, non credete? Chi di noi due muoia non porterà altro che sofferenza» disse Lily, calmandosi ma continuando a restare risoluto sulla sua decisione.
«E allora... che possiamo fare?» si chiese Gerard, scoraggiato e ormai allo stremo delle forze. Era arrivato fin lì ormai distrutto, appoggiandosi a qualsiasi cosa avesse ancora tra le mani, a Fairy Tail, a Priscilla ed era pronto ad appoggiarsi anche a Lily perché di forza per combattere non ne aveva decisamente più già da anni. Ma qualcosa andava fatto e lui non sapeva più a cosa aggrapparsi. Era troppo stanco per lottare ancora e sentiva, in cuor suo, di non averne nemmeno il diritto. Lui era il traditore, lui era la disgrazia di Edoras, lui aveva tolto loro tutto ciò che avevano... indipendentemente da quale fosse la motivazione, in quel momento la gente piangeva a causa sua.
«Panther Lily-sama! Ci sono terribili notizie!» urlò un uomo, un sottoposto, correndo lungo il corridoio della sala di Anima fino alla Lacryma.
«So già tutto, se è di Anima che vuoi parlarmi. Sto...» disse Lily, ma il sottoposto allarmato e pieno di fretta lo interruppe: «Sì, lo so che state cercando di fermarla, ma non è solo questo! Ci sono persone che stanno creando il caos proprio qui vicino al castello. Stanno distruggendo ogni cosa!»
«A quanto pare l'effetto del panico è peggiore di quanto mi aspettassi. Dobbiamo fare qualcosa» intervenne Gerard, pensieroso.
«Quanti sono i ribelli?» chiese Lily, avviandosi per seguire il sottoposto all'esterno.
«Quattro! Una a capo, a quanto pare» rispose il sottoposto e quello fu come un fulmine a ciel sereno per Gerard.
«Una...» balbettò, sgranando gli occhi. Si voltò istintivamente verso Priscilla, ancora artigliata ad Anima, ma solo ora che si era voltato a guardarla veramente poté notare l'inconsistenza del suo corpo. La luce lì dentro era poca, per questo il Mirage non funzionava granché bene, eppure era bastato a permetterle di andarsene senza essere vista, sfruttando la discussione che li aveva tenuti estremamente impegnati tra loro. Doveva essere andata via già da qualche minuto, visto che ormai la sua immagine del Miraggio si stava praticamente dissolvendo da solo, restando semplicemente una nuvola di colori mescolati tra loro.
«Priscilla» disse preoccupato e corse all'esterno, superando Lily e il sottoposto che era corso a cercarli. Uscì su un balcone, il più vicino lì presente, e puntò gli occhi alla fonte del caos. Priscilla era immobile sopra i tetti, a braccia aperte e un viso solenne, guardava il popolo sotto di lei con un sguardo colmo di superiorità e malvagità. Un mantello, uno straccio, sulle sue spalle sbatteva e si muoveva sotto l'effetto del vento che la teneva sollevata da terra. Accanto a lei c'era persino Faust, il Re, sigillato dal suo vento, imprigionato e incapace di muoversi.
«Inchinatevi, ridicoli umani, alla Dea del vento!» ruggì e fece soffiare un vortice di vento tutto intorno alla città, tanto forte che fece volare gran parte dei piccoli oggetti presenti in giro. Vasi, sedie, ombrelloni e tende, finestre spaccate, ogni cosa girava intorno a lei minacciosamente e pericolosamente.
«Sono venuta qui con l'unico scopo di assorbire la vostra magia, la inghiottirò e me ne ciberò e voi non potrete far altro che restare a guardare. Ammiratemi, sono una Dea!» rise malignamente e istericamente, una scena veramente surreale per chi la conosceva davvero. «Andate miei draghi! Portate la distruzione su questa città! Dragneel, Marvell, Redfox... uccideteli tutti!»
E a quell'ordine Natsu saltò su un tetto, vestito anche lui da un mantello e da delle finte corna che aveva messo sulla testa. Alzò la testa verso il cielo e sputò fuoco, urlando e ridendo.
«È... un drago veramente?!» sentì dire qualcuno in città, terrorizzato, prima che il panico li portasse a urlare e scappare. Gajeel saltò giù da un tetto con un braccio teso, reso metallico dalla propria magia, e distrusse un intera casa tagliandola praticamente a metà. Wendy sbucò da dietro un angolo e fingendo un ruggito inseguì un bambino in lacrime. Priscilla rise ancora, alzando il viso al cielo.
«Temete il potere dei miei cuccioli di drago!»
«Cuccioli?» storse il naso Gajeel.
«Non suona tanto minaccioso» lamentò Natsu.
«E io invece vi dico che è terrificante, chiaro?! È la Dea che lo decide!» ruggì Priscilla, ferita nell'orgoglio. «Su, su... distruggete» disse poi, sventolando una mano annoiata.
«La Dea del vento!» sentì qualcuno urlare dalla piazza. «Io l'ho vista! Ha quasi sconfitto Erza!» era uno dei soldati del reggimento di Erza, uno di quelli che le avevano portato Ivan morto davanti agli occhi e che per poco non avevano colpito Fairy Tail. Forse era addirittura una fortuna che si trovasse lì perché la testimonianza di uno del popolo servì a creare ancora più il caos tra i cittadini, che ora cominciarono veramente a temerla. Se aveva addirittura quasi sconfitto Erza doveva essere terribile e pericolosissima.
«Priscilla! Che stai facendo?!» urlò Gerard dal suo balcone, fulminandola.
«Priscilla?!» sobbalzò lei, assumendo uno sguardo offeso e ferito. «Come osi additarmi con un insulso nome umano, stupido essere inferiore! Io sono la Dea del vento! E loro sono i miei adorati draghetti che hanno catturato per me il vostro Re e ora porteranno distruzione nella vostra città!»
«Adesso basta, smettila! So cosa vuoi fare, non funzionerà!» la rimproverò ancora Gerard.
«E invece questa volta funzionerà, dannato Principe! Per anni mi hai dato la caccia per proteggere questi insulsi umani dalla mia collera, per anni mi hai tormentato con le tue stupide idee di giustizia, ma oggi io prenderò finalmente ciò per cui sono venuta. La magia di questo mondo sarà mia e tu non riuscirai a sconfiggermi ancora! Non ora che ho con me i miei amati draghetti» disse.
«Sta decisamente divagando» commentò Gajeel, distruggendo qualche altra casa a fianco di una Wendy che non riusciva a fare altro che spaventare i bambini.
«Però è una bella storia» commentò questa.
«Principe» mormorò qualcuno del popolo, interrogandosi ora sul volto dell'uomo che sfidava la Dea dal balcone. «Il Principe Gerard? È lui davvero?» altri echi, altre voci.
«Allora non era morto».
«Ci ha protetti per tutto questo tempo».
«Era lei che chiudeva Anima e si prendeva la magia che doveva invece arrivare a noi!»
«Il Principe Gerard è tornato per affrontarla una volta per tutte!»
Stava andando anche meglio del previsto e Priscilla non poté che sorriderne. Gerard, dal canto suo, strinse la balconata tanto forte che si fece quasi male alle dita. Priscilla era folle e quell'idea era assurda: lo stava praticamente costringendo ad assumere il ruolo che invece aveva tanto ripudiato. Non si sentiva in grado di essere Re, non sentiva di meritarlo, e lei ce lo stava trascinando con la forza. Come avrebbe tolto dalla testa della gente, ora, che lui non aveva mai combattuto nessuna Dea e che a chiudere Anima era sempre stato lui stesso? D'altra parte Natsu e gli altri due Dragon Slayer non smettevano di seminare il panico in città e Priscilla faceva rombare il proprio vento tutto intorno, sradicando alberi e continuando a far volare tutto ciò che era in grado di volare.
«Forza Principe, se non fai qualcosa finirò col vincere senza alcun divertimento» ridacchiò Priscilla, provocandolo.
«Stupida!» disse infine Gerard, prima di saltare giù dalla balconata. «Adesso ci penso io!»
«Era ora» sorrise Priscilla e volò rapidamente nella sua direzione, atterrandogli di fronte con una tale potenza da aprire un cratere nel pavimento. «Draghi miei! Continuate a seminare il terrore... a lui ci penserò io, una volta per tutte. Questa è una resa dei conti, Principe!» urlò puntandogli un dito contro.
«Smettila subito! Te lo dirò per l'ultima volta» insisté Gerard.
«Dopo di ché, che farai?» sghignazzò Priscilla prima di scattare nella sua direzione. Neanche si era accorto di quando era saltata via, la potenza del suo vento non faceva certo pensare a una messa in scena, e nemmeno il pugno che destinò al suo viso parve tanto fittizio.
«Ti farai davvero sconfiggere così? Davanti agli occhi di tutti?» chiese Priscilla e fu proprio quella provocazione a convincere Gerard a contrattaccare con un calcio. Priscilla si chinò da un lato, contraendo il proprio viso in una smorfia di dolore, e cadde su di un ginocchio, dolorante.
«Allora... com'è ora la mia performance?» ridacchiò lei, aprendo un occhio per guardarlo. Stava facendo finta, stava facendo enormemente finta.
«Terribile, come sempre» rispose Gerard.
«E allora vedi di impegnarti di più!» disse lei, alzandosi in piedi e centrando Gerard in pieno mento con un pugno. Gerard volò all'indietro per un paio di metri e atterrò dolorosamente sull'asfalto, lasciandosi sfuggire un lamento.
«Forse stai esagerando» mormorò Wendy preoccupata, ma Gajeel al suo fianco non sembrò dello stesso parere. «L'eroe senza poteri che sconfigge il mostro, è questo che serve. Deve esagerare».
Priscilla si piegò e di nuovo saltò, caricando il colpo all'indietro e preparandosi a tirargli un altro pugno. Intorno a loro i cori si fecero sempre più accesi, tra incitamenti e lacrime rivolti al Principe, pregandolo di rialzarsi e non arrendersi. Gerard saltò appena in tempo, schivando il colpo e con un calcio atterrò Priscilla, facendola schiantare a terra.
«Li senti Gerard...» mormorò lei, rialzandosi. «Senti la loro speranza».
«È una bugia» lamentò lui, ancora non convito.
«La tua intera vita lo è sempre stata, questa è invece la realtà per la prima volta! La tua...» con uno sforzo si rialzò e tornò a colpirlo. Restando sospesa per aria tirava ora calci e pugni in una raffica incessante, colpi che Gerard riusciva in qualche modo a parare sempre. «La tua maledetta realtà» ruggì lei, alzando il vento e scaraventandolo verso l'alto. Saltò infine, volò, e lo raggiunse afferrandolo per la gola. «E questa è la mia cerimonia d'addio da Fairy Tail per te» mormorò vicino al suo orecchio con un tono di voce ora diverso, potendo usare la lontananza da terra e permetterselo senza essere scoperta. Gerard afferrò anche lei per il colletto e voltandosi di colpo, per niente intimorito dalla magia che lo sorreggeva da terra, lanciò Priscilla contro un muro. Lei per poco non cadde, ma si riprese subito, al contrario di Gerard che invece non venne più spinto verso l'alto dal vento e ora aveva cominciato a cadere verso terra. Priscilla usò quello stesso muro per darsi lo slancio e volò verso di lui per afferrarlo di nuovo e spingerlo verso la casa di fronte.
«Chiunque lasci Fairy Tail deve sottostare a tre leggi!» disse lei facendo schiantare Gerard, che ancora nel vivo del combattimento non si arrese e le diede subito il contrattatacco con un colpo dall'alto che la sbatté verso terra. Cadde anche lui, al suo fianco, ed entrambi si rialzarono con fatica ma nessuno dei due aveva sul viso il segno della tristezza o dell'arrendevolezza.
«Uno» mormorò Priscilla, rialzandosi. Si lanciò nuovamente contro di lui e riprese a colpirlo ripetutamente, riuscendo a volte a centrarlo, ma finendo molte volte per essere colpita a sua volta. «Non dovrai mai per tutto il resto della vita rivelare informazioni che possano risultare nocive a Fairy Tail». Un altro colpo e barcollò all'indietro, ma tornò a farsi avanti e riprendere a colpire, anche se Gerard barcollava decisamente meno di lei. «Secondo» roteò a mezz'aria e provò a colpirlo con un calcio in pieno viso che lui riuscì a parare perfettamente. Sorrise, soddisfatta, e proseguì: «Non devi mai contattare clienti passati per profitto personale». Con un colpo Gerard la spazzò via, ma lei si rimise subito in piedi e caricò l'ennesimo pugno, prevedibile ormai.
«E terzo!» quasi gridò spingendo la mano in avanti. «Non considerare mai la tua esistenza di poco valore e mai e poi mai...» Gerard lo schivò con facilità, chino su se stesso si rialzò infine con uno scatto e colpì Priscilla con un pugno sul mento, sbalzandola verso l'alto.
«Mai dimenticare gli amici che ti hanno voluto bene»mormorò Gerard nell'istante in cui colpì. Nascosto dai propri capelli, riuscì bene a impedire di mostrare il proprio volto, la propria espressione, eppure Pricilla poté scommettere di aver visto una lacrima volare via in quell'ultimo movimento. La maschera cadde, non poté più trattenere un sorriso e impedire agli occhi di inumidirsi. Cadde a terra, decisa a non muoversi più.
«Grazie di tutto... Mistgun» sussurrò, nascosta dal clamore della folla che intorno a loro aveva cominciato a urlare la propria ovazione verso il Principe vincitore.
«Non ti dimenticherò... Pricchan» sussurrò lo stesso Gerard, chino su se stesso per la fatica. Dei fasci di luce infine raggiunsero il corpo della stessa Priscilla e quelli di Natsu, Gajeel e Wendy. Vennero tutti trascinati verso l'alto da quella magia che stava lentamente defluendo verso il cielo, il potere di Anima che catturava la magia di quel mondo e lo portava a Earthland. Funzionava anche con le persone, incredibilmente, ma questo avrebbe permesso a Priscilla e gli altri di fare ritorno a casa. Natsu e Gajeel si dimenarono, fingendo di soffrire, urlando finti insulti verso il Principe che aveva definitivamente sconfitto la loro Dea e li stava bandendo per sempre da quel mondo. Wendy provò a imitarli ma certamente la sua recitazione era più scarsa. Priscilla rimase immobile, fingendosi esanime, ma con gli occhi nascosti dai capelli continuò a osservare il mondo che si allontanava sotto di sé. Gerard, al centro della piazza, si stava finalmente ergendo e stava accettando la sua condizione. Guardò Priscilla che stava volando via, consapevole che quello sarebbe stato il loro ultimo incontro, e non poté far a meno di riportare alla mente il giorno che si parlarono la prima volta. Il giorno che si era deciso a indagare più a fondo su quella ragazza che, tutte le volte, faceva finta di addormentarsi quando lui entrava nella gilda. La ragazza di carta, che non aveva bisogno di dormire, ma lo faceva lo stesso per il recondito desiderio di essere come coloro che amava. Quanto si erano fatti compagnia, quanto tempo trascorso in una solitudine che condivisa non era poi neanche troppo male.
«Tu... sei Mistgun, giusto?»
«Non dovresti avere difficoltà a riconoscermi, visto che fingi sempre di dormire quando arrivo alla gilda».
«Credevo di avere doti recitative migliori».
«Su di te per qualche strana ragione la mia magia non ha effetto. E ora comincio a capire perché. Che cosa sei?»
«Cosa sono?»
«Sì! Cosa sei? Qual è il tuo scopo a Fairy Tail?»
«Te lo dirò. Ma in cambio di qualcosa».
«Che cosa vuoi?»
«Addestrami».
Addestrarla. Era risultato così artificioso al tempo, meccanico, niente che avesse a che vedere con dei sentimenti. Era una macchina, vuota di qualsiasi emozione, desiderava solo rendere il proprio guscio più forte, non c'era niente dietro se non la freddezza di una donna priva di esistenza. Quando era successo... che le si fosse affezionato in quel modo?
«Sei cresciuta davvero molto» mormorò, sapendo che non avrebbe potuto sentirlo. Ma sapeva quale sarebbe stata la sua risposta, in un certo senso era come se la sentisse: «Ho imparato dal migliore».
Guardò a lungo il corpo di Priscilla che fingendosi fuori combattimento veniva trascinata verso il cielo, troppo serrato in quei ricordi per lasciarla ancora andare via. Quello sarebbe stato il loro ultimo addio. Poi la vide... la mano abbandonata a se stessa, allungata sopra la sua testa, fece il minimo movimento. Solo le dita si piegarono sul palmo della mano, non tutte, lasciando eretti verso l'esterno solo indice e pollice. Il simbolo, il loro simbolo, il segno che li legava tutti come famiglia.
"Anche se non potrò più vederti, io sarò sempre con te".
Tremò e la gola prese a bruciare, gli occhi si annebbiarono e nel petto il cuore scaldò come mai aveva fatto prima di allora. Alzò un braccio, teso e a denti stretti per lottare contro quelle lacrime che sembravano sempre più incontrollabili. E ricambiò il gesto, alzando l'indice, puntando il pollice verso l'esterno, chiudendo il resto delle dita.
"Anche se non potrò più vederti, io sarò sempre con te".
Fece un grosso sospiro e infine si preparò ad affrontare la sua nuova vita, a voltare definitivamente le spalle al suo passato che ora volava via, risucchiato dal cielo. Era pronto. Finalmente la lotta di Priscilla contro la sua debolezza, contro i suoi timori, aveva avuto fine e il Principe aveva finalmente fatto ritorno a casa a testa alta.
«Il tuo cielo ora può essere riparato» mormorò Priscilla, guardando dall'alto Gerard che si apprestava ad affrontare il suo primo discorso da Reale. Il cielo da riparare, quante volte gli aveva fatto quella battuta, visto che Anima sembrava uno squarcio in esso. "Quando capirai che mettere toppe non funzionerà per sempre? Deciditi a riparare quel cielo, una volta per tutte".
Quante volte.
Un uomo corse attraverso la folla, si fece spazio e si arrampicò su delle macerie, cercando di alzarsi ed ergersi rispetto agli altri. Dietro di lui altri tre lo seguivano, forse più con l'intenzione di stargli dietro che fare la scalata che stava facendo lui. Lo riconobbe.
«Laxus» bisbigliò, spalancando gli occhi. Tutta quella faccenda non le aveva neanche permesso di scambiare le ultime parole con lui. L'aveva salvata il giorno che era arrivata ad Edoras, si era preso cura di lei con una costanza e un amore incredibile, lui e Ivan l'avevano accolta come mai nessun'altro e l'avevano aiutata a rialzarsi da una terribile situazione. Si erano sacrificati, per aiutarla, avevano rischiato e messo in pericolo l'intero mondo... solo per la loro Pricchan. E ora lei volava via e neanche era riuscita a dirgli addio. Sentì un nodo alla gola, mentre sentiva il senso di colpa e il dispiacere scavare in lei. Ora che Ivan non c'era più come si sarebbe rialzato? Non aveva più una casa, non aveva più un posto dove andare o persone con cui stare. E lei lo stava abbandonando, senza neanche essere riuscita a parlargli. Stava per cadere completamente vittima dell'oscurità e del dolore, ma poi Laxus fece qualcosa che riuscì a scacciare con facilità tutti quei dubbi e oscuri sentimenti.
Alzò una mano.
Sorrise e semplicemente alzò una mano verso lei, salutandola animatamente.
Quella mano destra ora spalancata che rivolgeva nella sua direzione il proprio palmo, chiaro e ben visibile primeggiava il simbolo nero di Fairy Tail, appena stampato. Esattamente sul palmo della mano destra. Non piangeva, non urlava, non brontolata né la rimproverava per qualcosa. Sorrideva, felice, e a lei volgeva quel palmo marchiato con orgoglio e probabilmente col desiderio di mostrarglielo prima di vederla sparire per sempre. Bickslow, Fried e anche Evergreen alle sue spalle restarono in disparte, a guardarla andar via, con un semplice sorriso sulle labbra. Priscilla non riuscì a trattenere un enorme sorriso commosso e nonostante stesse ancora cercando di imitare un corpo senza vita si tolse comunque il guanto dalla mano destra e lo lasciò cadere. Allungò il suo stesso simbolo, giallo ma uguale nella forma e nella posizione, e ricambiò il saluto. Infine in un ultimo fascio di luce, Anima se la portò via.
«È andata via» sospirò Fried, poggiando una mano sulla spalla del ragazzo che ancora si allungava verso il cielo benché non ci fosse più nessuno.
«Già» sospirò Laxus, riabbassando il braccio ma non riuscendo a staccare gli occhi dal cielo ora di nuovo normale. «Maledizione» sghignazzò infine, abbassando lo sguardo. «Mio padre aveva provato ad avvertirmi».
«Eh? Avvertirti di cosa?» chiese curioso Fried, ma Laxus negò con la testa e semplicemente si voltò e scese dall'altura su cui si era arrampicato.
«Niente. Torniamo a casa».
"Non innamorarti di lei, Laxus, è probabile che non la rincontreremo una seconda volta".



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Capitolo 26
*** Sono a casa ***


Sono a casa




Dal cielo temporalesco si aprì uno squarcio da cui caddero almeno una decina di figure. Con un urlo il primo ad atterrare al suolo fu Natsu, subito seguito dal resto dei suoi compagni che trovarono in lui un ottimo modo per attutire l'atterraggio. Priscilla fu l'ultima del gruppo a scendere dal cielo, altrettanto urlante, ma a un passo da terra riuscì a usare la sua magia ed evitarsi una brutta testata. Si sollevò per aria, raddrizzandosi e incrociando le gambe tra loro si avvicinò al gruppo ammucchiato per terra.
«Tutto bene?» chiese innocentemente.
«Non potevi usare la tua magia anche con noi?» borbottò Gajeel, schiacciato tra una gamba di Lucy e la schiena di Erza.
«Mancanza di riflessi» ridacchiò Priscilla, grattandosi la nuca. «Scusate».
«Priscilla!» urlò Lucy, calciando la faccia di Gajeel per darsi lo slancio e aggrapparsi al collo della ragazza.
«Nee-san!» urlò quasi contemporaneamente Wendy, imitando la bionda e persino Happy e Natsu fecero altrettanto piangendo e urlando il suo nome. Per quanto Priscilla fosse stata in grado di schiantarsi al suolo, quell'attacco a sorpresa fu troppo pesante da sostenere e cadde infine a terra schiacciata dal peso dei suoi assalitori.
«Che diamine...» mormorò con un filo di voce. «Ragazzi...»
«Sei viva!» pianse Happy, stringendola ancora di più.
«Chi mi ha dato per morta?!» sussultò Priscilla, sconvolta. A risponderle fu il lamento di Wendy, prima che piangesse: «Non sapevo cosa fosse successo!»
«Ma c'era anche Mistgun quel giorno! Non ti ha spiegato niente?» chiese Priscilla in un misto tra lo sconvolto e l'arrabbiato.
«Quel ragazzo non è che sia di molte parole» rispose Charle, in disparte ma comunque sempre presente. Priscilla furiosa alzò un pugno verso il cielo e urlo verso di esso, forse sperando che Anima fosse ancora aperta abbastanza da far arrivare a Mistgun la sua voce: «Figlio di puttana!»
«Ohy! Guardate» chiamò Gajeel indicando un punto davanti a loro. Uno alla volta tutti i ragazzi si alzarono e andarono di fianco a Gajeel, illuminandosi non appena poterono guardare oltre l'altura.
«Magnolia è tornata normale!» commentò Lucy, emozionata.
«È presto per esultare» disse Erza, avvicinandosi. «Dobbiamo assicurarci che stiano tutti bene».
«State tranquilli! Stanno tutti bene!» rispose una voce dall'alto. Alzarono lo sguardo al cielo e spalancarono gli occhi quando lo videro invaso da Exceed che allegri gli svolazzavano sopra la testa.
«Gatti!» saltò in piedi Priscilla, guardandoli emozionata. Da tutta una vita conosceva solo Happy di quella bizzarra razza, era già stato emozionante trovarne un'altra quando Wendy e Charle si erano presentate a loro, vederne così tanti era sicuramente un'emozione incredibile.
«Siamo arrivati poco prima di voi e abbiamo fatto un bel giro. Tutti gli abitanti della città e la gilda stanno bene! Sembra che nessuno di loro si sia accorto di quanto successo» spiegò uno di loro.
«Earthland è fantastica! C'è magia ovunque!» disse un altro, alzando le braccia al cielo. Priscilla si alzò rapidamente da terra e volò tra di loro, euforica. Ne accarezzò un paio, poi prese tra le braccia un altro, strizzò una guancia a un quarto, volò ancora e pian piano interagì con tutti chiedendo a ciascuno di loro come si chiamassero e chi fossero. Infine stritolandone un paio per braccio chiese con gli occhi luminosi come una bambina: «Possiamo tenerli?!»
«Non scherziamo!» urlò Charle furibonda.
«Avere un gatto è prerogativa dei Dragon Slayer, stanne fuori mocciosa!» ruggì Gajeel geloso del suo titolo di "possessore di gatti". Priscilla si strinse ancora di più al petto uno di loro e urlò in risposta: «Anche mio fratello è un Dragon Slayer, lo tengo per lui!»
«Fratello?» mormorò Wendy, sorpresa nel sentire quella notizia. Priscilla aveva un fratello? Ed era un Dragon Slayer? Avevano passato molto tempo assieme, perché non gliene aveva mai parlato?
«Assolutamente no! Sono pericolosi, Priscilla!» intervenne Charle, furiosa.
«Che dici? A me non sembrano proprio» mormorò Priscilla strofinando la guancia contro l'Exceed che aveva intrappolato. «Vero piccolino?» chiese poi con un enorme sorriso.
«Aiuto» sibilò invece l'Exceed catturato, tanto strizzato al suo petto da restare senza aria.
«E invece sì! Devono tornare immediatamente a Edoras!» insisté Charle sempre più aggressiva. Una decisione e un tono di voce che dava poco spazio ad altre opinioni. Gli Exceed stessi, benché fossero sotto accusa, non fecero che abbassare il capo in silenzio.
«Su su» disse Happy, avvicinandosi e cercando di tranquillizzarla.
«Extalia oltretutto è distrutta, ricordi?» si unì Wendy.«Perché non li perdoniamo?»
«Assolutamente no!» rispose Charle risoluta.
«Ci dispiace averti tirato quelle pietre» disse uno degli Exceed.
«Scusaci» si accodò un secondo.
«Ma non abbiamo un posto dove andare» si aggiunse un terzo, a volto chino.
«Cambieremo atteggiamento, promesso».
«Non importa!» ruggì Charle, interrompendoli. «Mi avete inviata su Earthland con l'ordine di eliminare i Dragon Slayer!»
«Vero!» sbraitò uno degli Exceed. «La Regina ha rubato le nostre uova! Non lo perdonerò mai!»
«Ma anche se noi accettassimo di tornare... come possiamo fare? Siamo stati risucchiati da Anima proprio come voi» disse un altro.
«Accidenti» sospirò uno dei gatti anziani. «Non l'abbiamo mai spiegato a dovere, non è così?»
«Questa storia risale a sei anni fa» cominciò a raccontare una degli anziani, riuscendo a calmare gli animi dei suoi compagni con la curiosità di quella storia. «Ti avevamo già accennato che la Regina Chagot aveva un altro potere, vero Charle? Riesce a prevedere il futuro. Un giorno vide nelle sue premonizioni la distruzione di Extalia. Probabilmente quello che aveva visto è quello che è successo oggi a causa dell'esaurimento della magia a Edoras, ciò non toglie che al tempo pensammo che la causa di tutto quello sarebbero stati gli umani. Sapendo di non poter sostenere una guerra contro gli umani pensammo che l'unica cosa da fare fosse quella di evacuare tutti i bambini, per salvare almeno una parte di noi».
«Evacuare?!» sobbalzò l'Exceed che aveva giurato di non perdonare la regina per avergli preso l'uovo.
«Non è la stessa storia che ci è stata raccontata prima» osservò Happy, rattristato.
«Infatti, questo piano è rimasto nascosto anche ai cittadini e abbiamo mentito. La regina stessa ha messo su la messa in scena. Non avevamo scelta, come potevamo dire a tutti che Extalia si sarebbe schiantata al suolo? Ovviamente non abbiamo niente in particolare contro i Dragon Slayer» proseguì uno degli Exceed anziani.
«Lo sappiamo. Avevate solo bisogno di creare una storia convincente» disse Wendy.
«Se aveste detto la verità inoltre sicuramente si sarebbe scatenato il panico» rifletté anche Lucy.
«Abbiamo preso in prestito Anima dagli umani e il piano si è rivelato un successo» proseguì la regina stessa. «Cento uova sono state mandate su questo mondo. Ma è accaduto qualcosa di cui non abbiamo tenuto conto: il tuo potere, Charle».
«Potere?» chiese Charle, non capendo.
«Possiedi un potere simile al mio che ti permette di vedere il futuro, ma sembra che tu lo attivi in maniera inconscia, confondendolo con i tuoi ricordi e così sembra che tu abbia confuso il tuo potere con la tua missione. In realtà non esiste nessuna missione, non è mai esistita» spiegò ancora la regina.
«Mi dispiace averti fatto credere di essere stata manipolata» disse uno dei gatti a servizio della regina.
«Lo abbiamo fatto per mantenere salda la credibilità della regina» disse un altro che somigliava inquietantemente a Ichiya del loro mondo.
«Sono stata causa del tuo dolore e in più, sei anni fa, quando ho sottratto le uova alle loro famiglie sono stata causa del dolore anche del mio popolo» disse Chagot, abbassando lo sguardo colpevole. «Non sono tutti gli Exceed i colpevoli, Charle, ma lo sono io. Sono soltanto io la causa di tutto questo».
Il gatto che somigliava a Ichiya scoppiò in lacrime e l'altro, al suo fianco, provò ad essere di conforto con un: «Non è vero, vostra altezza! Tutto quello che avete fatto lo avete fatto per il nostro bene!»
«Siamo noi ad essere stati troppo sicuri di noi stessi» disse un Exceed del popolo.
«Visto che ora siamo tutti su Earthland possiamo andare a cercare i cento bambini che furono evacuati sei anni fa!» esclamò un altro e tutti si rialzarono in volo.
«Abbiamo trovato un altro obiettivo! Ora che siamo qui cercheremo di andare d'accordo con gli umani. E il nostro nuovo inizio!» continuarono a ripetere, colmi di entusiasmo e fervore, facendo sorridere emozionati chi in silenzio li stava guardando.
«Va bene» sospirò Charle, cercando di mantenere un certo contegno. «Lo accetto. Ma perché ho il tuo stesso potere?» chiese alla regina che divenne improvvisamente evasiva con un semplice: «Bella domanda...» per poi cambiare subito argomento. «Per il momento vivremo qui vicino».
«Ci potremmo vedere quando vogliamo!» disse entusiasta Wendy.
«Sì» disse Chagot, allungando una zampa verso Charle. Con le lacrime agli occhi, infine, si lasciò andare e abbracciò la gattina ripetendo un emozionato: «Potremmo vederci quando vogliamo».
La tenne stretta a sé per qualche istante e benché Charle all'inizio ne fu molto sorpresa, poi si rilassò trovando comunque confortevole quel contatto. Infine anche la regina insieme agli ultimi subalterni presero il volo e si allontanarono.
«A presto!» salutò Lucy.
«In bocca al lupo per i bambini!» gridò anche Priscilla.
«Ci si vede!» si unì anche Natsu e tutti allungarono le mani salutando lo stormo di Exceed che piano piano sparirono alla vista.
«Aspettate un attimo!» sussultò Gajeel, guardandosi freneticamente attorno. «Dov'è Lily! Non l'ho visto da nessuna parte!»
«Se è me che cerchi sono qui» rispose la voce di Lily, da dietro un cespuglio. Un passo pesante in una pozzanghera e bastò quello ad attirare l'attenzione, anche se nessuno sembrò pronto ad accoglierlo come avrebbero dovuto. Lo sguardo attonito, confuso, sbalordito più che altro.
«Ecco...» balbettò Priscilla, inclinando la testa da un lato e fissando il gattino nero dall'altezza decisamente ridotta.
«Si è rimpicciolito!» sussultò Natsu.
«A quanto pare la mia costituzione non è compatibile con Earthland» provò a spiegare semplicemente Lily.
«Perciò è questo ora il tuo corpo?» chiese Charle.
«Per il momento sì» rispose Lily risoluto, come se non fosse niente di cui preoccuparsi.
«Che carino!» commentò Priscilla.
«Comunque...» riprese Lily, tossendo per cercare di ridare un contegno alla situazione e puntò poi un dito contro Gajeel. «Voglio unirmi alla gilda che sua altezza stava aiutando. Sarà meglio per te, Gajeel, se mantieni la parola e mi lasci entrare».
«Ma certo, gattino mio!!!» urlò Gajeel in maniera decisamente poco virile, stritolando Lily tra le braccia.
«Quand è che quei due sono diventati amici?» chiese Priscilla.
«È una lunga storia» rispose Happy, sventolando una mano.
«Comunque...» riprese Lily, liberandosi dalla presa di Gajeel. «Ho catturato un individuo sospetto» disse mostrando la corda che teneva tra le mani e cominciò a tirarla, ordinando al famigerato sospetto di venire fuori.
«Aspetta un attimo!» rispose una voce femminile. Dai cespugli una ragazza cadde in avanti, nella pozzanghera, esclamando contrariata: «Sono anche io membro di Fairy Tail!»
Capelli bianchi, viso angelico, abiti di Edoras, ma il simbolo di Fairy Tail che ben si intravedeva attraverso la gonna marchiato su una gamba. La sorpresa zittì tutti i presenti, ma Natsu più di chiunque altro sembrò aver smesso proprio di respirare.
«Lisanna?» mormorò con un filo di voce.
«Che razza di gatto sei tu? Sei un Exceed?» chiese Lisanna, in ginocchio a terra con le mani legate.
«Mi chiamo Panther Lily» rispose tranquillamente Lily.
«Lisanna!» esclamò Priscilla, stupita.
«Non è possibile» balbettò Gray.
«Che sia la Lisanna di Edoras?» azzardò Charle, che conosceva bene la storia della sorellina morta di Elfman e Mirajane.
«È stata risucchiata insieme a noi?» sussultò Lucy.
«Che facciamo ora?» chiese Wendy, altrettanto preoccupata.
Lisanna si guardò attorno qualche secondo, fino a quando non incrociò lo sguardo di Natsu. Saltò come un canguro e lo assalì, abbracciandolo tanto forte da spingerlo a terra. «Natsu!!!» pianse e urlò, cadendo insieme a lui.
«Happy!» salutò poi lanciandosi anche sul gatto. «Sono io! Sono Lisanna! Gray, Erza, Priscilla! Che bello rivedervi! E loro due devono essere nuovi membri» disse poi guardando Lucy e Wendy.
«Ma tu dovresti essere morta!» sobbalzò Priscilla, capendo che si trattava della vera Lisanna.
«Potrei dire lo stesso di te! Erza ti ha passato da parte a parte con una spada!» rispose Lisanna, altrettanto sorpresa, anzi quasi offesa visto che lei doveva essere l'ultima a parlare.
«Ah già» Priscilla si grattò la nuca, imbarazzata, riflettendo che lei aveva rivelato il suo segreto a Fairy Tail quando Lisanna già non c'era più. «Tu non lo sai».
«Quando ti avrei infilzato con una spada io?» chiese Erza, confusa.
«Parlo della Erza di Edoras. Ha combattuto contro di lei e ha salvato la gilda, le ha dato del filo da torcere ma è dovuto intervenire Mistgun poi per guarire le sue ferite» spiegò Lisanna.
«Io ho finito in parità con lei» mormorò Erza, riflettendo al suo scontro con la se stessa di Edoras. Pensare che Priscilla era riuscita a salvare la gilda, combattendo e mettendo in difficoltà quella stessa Erza che aveva fronteggiato lei la turbava un po'. Quanto potere nascosto aveva Priscilla che in realtà non mostrava?
«Eh?!» sussultò Natsu, saltando in piedi. «Priscilla ha battuto Erza?! Priscilla devi combattere contro di me così se ti batto sarà come se avessi battuto Erza!» ruggì, sputando fuoco verso l'alto.
«Non l'ho battuta» provò a spiegare Priscilla, inutilmente.
«Ma quindi...» balbettò Gray, puntando un dito contro Lisanna. «Tu sei davvero la nostra Lisanna?»
«Sì» annuì lei, con le lacrime agli occhi.
«Sei tornata in vita!» esultò Natsu con le lacrime agli occhi.
«Non può essere tornata in vita!» li rimproverò Erza.
«Forse è immortale come Priscilla e nessuno lo sapeva!» disse Happy.
«Priscilla è immortale?» chiese Lisanna, inarcando un sopracciglio.
«È una lunga storia» ridacchiò Priscilla. «Ma prima è il caso che tu racconti la tua».
«Ecco... due anni fa, quando venni colpita da Elfman, probabilmente venni poi risucchiata da Anima. Immagino ce ne fossero diversi di Anima, sulla terra. Quando raggiunsi Edoras rimasi shockata, ma trovai anche lì Fairy Tail e sono entrata sperando di essere a casa. Erano persone in realtà diverse, ma i loro volti erano incredibilmente familiari. Oltretutto credo che loro mi abbiano scambiata per la Lisanna di Edoras, che in realtà era morta da tempo. Visto come mi accolsero e le lacrime di Mira-nee e Elfnii-chan non riuscii a dire loro la verità e ho finto di essere la Lisanna di Edoras» spiegò lei, abbassando lo sguardo colpevole di ammettere un simile inganno.
«Tu...» mormorò Natsu. «Ma perché sei giorni fa quando ci siamo incrociati non mi hai detto la verità?» chiese, quasi accusandola.
«Anche io non sapevo niente, quando sono arrivata alla gilda pensavo tu fossi la Lisanna di Edoras. Non mi hai dato modo di capire niente» si unì Priscilla, ricordando di averla vista ma di non essersi scomposta troppo proprio perché convinta di avere davanti l'altra Lisanna.
«Inizialmente, Priscilla, quando ti ho vista arrivare insieme a Laxus ho semplicemente pensato la stessa cosa. Che tu fossi quella di Edoras» sorrise Lisanna, divertita da quell'equivoco. «Poi hai detto di essere di Fairy Tail e di essere amica di Natsu, che era arrivato appena pochi giorni prima, e ho capito. Però, vedete... semplicemente non ho potuto. Non avevo il coraggio di rendere di nuovo tristi Mira-nee e Elfnii-chan. Però Anima ha preso anche me, ha tolto da Edoras tutta la magia e io essendo di questo mondo, avendola dentro me, sono stata portata via. Ma non sono triste, sapete!» disse benché le lacrime la tradissero. «Mira-nee e Elfnii-chan mi hanno rivelato che l'avevano sempre saputo. Non me l'hanno detto per non rendermi triste, ma hanno sempre saputo che non ero la loro Lisanna. Hanno detto che era giusto che tornassi dalla mia Mira-nee e dal mio Elfnii-chan».
«Perciò ora sei pronta a riabbacciarli?» chiese Priscilla con un sorriso felice in volto. Lisanna ricambiò tanto che le gote si arrossarono e annuì vigorosamente, nonostante le lacrime ancora le sfuggissero dagli occhi.
«Bene!» disse Priscilla, alzandosi in volo. «Non c'è motivo di farli aspettare oltre! Allacciate le cinture di sicurezza, signori, saremo lì in un attimo!» e lentamente sollevò anche loro.
«Che... strana sensazione» mormorò Lisanna sorpresa, che mai aveva avuto modo di provare la sensazione della magia del vento di Priscilla su di sé.
«È piacevole, vero?» chiese Erza, sorridendo.
«Voglio andare a piedi» disse invece Natsu, diventando verde per la nausea.
«Piantala di considerarmi un mezzo di trasporto!» ruggì Priscilla contrariata.
«Non mi sento granché bene neanche io» mormorò Gajeel a testa in giù.
«Anche tu ti ci metti?!» rispose Priscilla, sempre più infastidita. «Laxus non faceva tutte queste storie!» sbuffò prima di partire e dirigersi velocemente verso Magnolia.
«Alla cattedrale, Pricchan!» disse Lucy. «Se tutto è tornato come prima, Mirajane e Elfman erano andati in chiesa alla tomba di Lisanna».
«Ricevuto!» disse lei, accelerando.
«Voglio scendere» insisté Natsu.
«Finiscila!» sbraitò ancora Priscilla.
«Natsu, non sei cambiato tanto, eh?!» rise Lisanna.
Il volo durò solo qualche minuto prima di poter atterrare di fronte alla cattedrale. Lisanna non appena poggiò i piedi a terra corse all'interno, diretta al giardino sul retro dove stanziavano variegate tombe. China su di una poté riconoscere la figura di sua sorella, mentre Elfman al suo fianco le teneva l'ombrello. Entrambi guardavano una tomba, in silenzio, sotto la pioggia. Poi una voce...
«Mira-nee!».
Sembrava l'eco dei propri ricordi, la pioggia che giocava con le loro emozioni trasmutando in realtà ciò che avrebbero solo desiderato ardentemente sentire.
«Elfnii-chan!».
Eppure era così reale. 
Si voltarono, pallidi, chiedendosi se non fosse solo l'incanto di un sogno. La videro, Lisanna correva sotto la pioggia a braccia aperte, pronta a riabbracciarli.
«Mira-nee!» urlò ancora poco prima di lanciarsi su sua sorella e stringerla con tutta la forza che aveva. L'ombrello cadde dalle mani di Elfman, ora in lacrime, dilaniato dai singhiozzi. Mirajane non riusciva nemmeno a muoversi e non faceva che piangere, disperata. Dietro di loro, in rispettoso silenzio, il gruppo di Natsu li guardava mentre piangevano e si riabbracciavano senza neanche avere la forza di chiedersi come fossero andati avanti quei due anni separati. Solo una parola, l'unica che sembrava avere un senso.
«Bentornata» pianse Mirajane.
Ancora qualche minuto poi Priscilla decise di voltarsi e cominciare ad allontanarsi.
«Priscilla» chiamò Erza e lei si voltò, sorridente. «Credo che sia il caso di far sapere a mio nonno che sono ancora viva» disse. «Probabilmente sarà preoccupato».
Aveva sempre trovato inconcepibile che lui provasse reale affetto nei suoi confronti, come chiunque altro d'altronde. Non era umana, era una macchina creata con la magia, come poteva essere amata? Ma col tempo aveva imparato quanto si fosse mai sbagliata e quella separazione forzata nelle due settimane che era rimasta bloccata a Edoras aveva capito quanto la cosa fosse reciproca. Aveva sempre vissuto a Fairy Tail guardando solo nella direzione di Laxus, basando la sua intera esistenza su di lui. Edoras le aveva offerto ciò che nel cuore aveva sempre sentito di desiderare: aveva avuto Laxus tutto per sé e persino suo padre era la cosa migliore che ci fosse, ma non aveva avuto Fairy Tail. E solo allora, solo in quelle due settimane, aveva capito quanto fossero importanti per lei. Ne aveva sentito la mancanza, ne aveva sentito terribilmente la mancanza. E vedere Lisanna tra le braccia di Mirajane le aveva fatto desiderare la stessa accoglienza. Voleva rivederlo, voleva rivedere Makarov, e voleva rivedere il resto della gilda... compreso Bickslow e il suo inquietante modo di chiamarla "my baby".
«Giusto! Riportiamo a casa anche Priscilla!» disse Natsu, infervorato.
«È tornata anche Priscilla!» pianse Elfman vedendola solo in quel momento e intensificando ancora di più i suoi lamenti.
«Bentornata anche a te!» disse Mirajane, concendendole un sorriso felice.
«Niente lacrime per me, Mira-chan? Mi ferisci» disse Priscilla, fingendosi offesa, cosa che riuscì a strappare alla ragazza una risata divertita. Priscilla abbandonò così l'espressione finta che aveva e sorrise, luminosa come sempre, in quel suo modo tutto speciale.
«Aspetta, Priscilla!» disse Lisanna, correndole incontro. «Vengo con te! Voglio salutarli tutti!»
«Andiamo!» disse Priscilla entusiasta porgendole la mano. Corsero insieme sotto la pioggia, mano nella mano, mentre il simbolo della gilda appeso davanti all'ingresso sventolava e rumoreggiava per via del vento furioso.
«È cambiata» mormorò Lisanna, guardando la struttura molto diversa da come se la ricordava lei.
«Tante cose sono cambiate» spiegò Priscilla. «Avrai modo di fartele raccontare tutte» sorrise e insieme superaro infine l'ingresso. Aprirono la porta tanto violentemente che il rumore del colpo fece sobbalzare tutti i presenti e la loro sorpresa si trasformò pian piano in sbalordimento. Spalancarono gli occhi nel vedere le due ragazze all'ingresso, molti rimasero addirittura a bocca aperta tra cui Cana che si ritrovò a rovesciare nel barile parte del vino che aveva già bevuto. Entrambe fradice per la pioggia, ansimanti per la corsa, guardarono l'interno della gilda qualche secondo permettendo ai loro cuori di adattarsi a quella calda sensazione. Erano tornate. Erano finalmente tornate.
«Sono a casa...» mormorò Priscilla sentendo il petto tremarle dall'emozione. Sorrise sempre più luminosa, sempre più emozionata e infine ripeté vigorosa: «Sono a casa!» Alzò poi due dita in segno di vittoria ed esclamò, orgogliosa e più gioiosa che mai: «E ho portato con me Lisanna!»
«Lis...» balbettò qualcuno.
«Lisanna?» chiese qualcun altro, altrettanto sconvolto.
Poi un coro, un urlo, ruppe il silenzio che sembrava essere fatto di cristallo.
«Priscilla!!!»
Priscilla urlò terrorizzata persino prima di voltarsi e vedere i Raijinshuu saltarle addosso con la grazia di tre draghi, ma quando li vide fu già troppo tardi e i tre l'avevano atterrata sotto il proprio peso e le loro lacrime. Urlavano come animali, piangevano e rovesciavano lacrime come fiumi, e certo non accennavano a spostarsi e lasciarla libera. Rotto ormai l'incantesimo dai Raijinshuu anche il resto della gilda si animò in urla e cori, chiamando le due ragazze, piangendo e festeggiando.
«Lisanna è viva!» esultarono.
«Priscilla è tornata!» gridarono ancora.
«Brindiamo! Brindiamo! Chiamate Elfman e Mirajane, presto!»
«Festeggiamo!»
«Priscilla!!!» un altro urlo che anticipò l'arrivo di un assalitore proprio quando lei era appena riuscita a sgusciare in parte dalla presa dei tre amici di suo fratello. Makarov inondato di lacrime le si lanciò addosso proprio come avevano fatto i tre poco prima, anche se la sua stazza per lo meno non la fece nuovamente cadere a terra.
«Nonno...» mormorò Priscilla sorpresa di vederlo tanto esagerato in quella manifestazione. Era la prima volta che reagiva in quel modo, la prima volta che accettava di farsi vedere in lacrime per il ritorno di qualcuno della sua gilda. Ma Priscilla ormai sapeva che non c'era niente da stupirsi. Anche se non era umana aveva capito la sincerità dell'amore che riceveva ogni giorno da quella gente. Un singhiozzo la scosse e, con la sorpresa dei tre Raijinshuu a terra, si spinse in avanti e avvolse tra le braccia sia loro che il nonno ancora appeso al collo. Piangeva... Priscilla piangeva per loro.
«Mi siete mancati».


Nda.


La saga di Edoras è finita e arrivata a questo punto avevo desiderio di dire due parole perché sono successe un paio di cose davvero importanti. Questo è un punto cruciale per quanto riguarda la crescita della mia Pricchan, proprio quest’ultima frase “Mi siete mancati” è molto significativa. Da quando è stata messa al mondo il centro della sua esistenza era sempre e solo Laxus. Viveva in funzione sua, dove andava lui lei lo seguiva, quello che faceva lo imitava, ogni suo passo era mosso solo per Laxus. Ha imparato a essere più simile agli umani imitando quello che faceva lui, perché desiderava essere come lui, ha imparato a sorridere e si è costruita il carattere euforico e infantile che ha solo perché a lui divertiva e piaceva, è entrata a Fairy Tail solo perché lui glielo ha chiesto, partecipava a Phantasia solo perché lui la trascinava, era persino pronta ad abbandonare e tradire tutti pur di stare dalla sua parte (se non fosse stato per Makarov lei avrebbe preso la sua parte quando lui ha iniziato a dare contro Fairy Tail). Non si mischiava ai suoi compagni, non si credeva simile a loro, metteva in dubbio persino i loro sentimenti nei suoi confronti perché chi avrebbe potuto amare un mostro come lei?
E invece adesso… 
Ha affrontato Nirvana a viso aperto, era pronta persino a distruggersi, pur di proteggere i suoi compagni. Si è lanciata dentro Anima solo per proteggere Wendy e durante le sue settimane di permanenza a Edoras, nonostante questa le abbia dato tutto ciò che lei aveva sempre desiderato (Laxus amorevole, Ivan affettuoso, una casa e una famiglia) non faceva che pensare alla sua Fairy Tail. Ha riconosciuto apertamente, durante la cerimonia di addio a Gerard, che lei gli era amica e che gli voleva davvero bene, mentre fino a poco tempo prima non aveva sostenuto altro che la loro relazione era solo “per convenienza”: lui l’addestrava, lei lavorava per lui. Infine è tornata da suo nonno, ha abbracciato le persone più care che aveva e ha confessato apertamente “mi siete mancati”. Da quando Laxus se n’è andato Priscilla non ha fatto altro che crescere e diventare sempre più umana, tanto da riuscire finalmente a provare dei sentimenti anche per altre persone che non fossero “la persona per cui è stata creata”.
Avrete conferma di tutto questo anche nei prossimi capitoli.
Ah! E non temete… il ritorno di Laxus è vicino :P e allora ci saranno un sacco di scombussolamenti perché Priscilla non è più quella di un tempo, ha avuto più di cinque anni ed è cresciuta e cambiata davvero tanto, la cosa inciderà sicuramente sulla loro relazione. Lo vedrete…


Io come sempre ringrazio tutti quelli che mi leggono e vi invito a lasciarmi un commento se vi fa piacere, mi piacerebbe sentire la vostra voce ogni tanto xD
E approfitto di questo spazio per spammarmi un po’:
Questa è la pagina fangirlaggio potentissimo: https://www.facebook.com/RayWingsEFP/?ref=bookmarks
Qui troverete tutto ciò che riguarda EFP, fanfiction, fanart e qualche sclero da fangirl. Inoltre, molto importante, c’è un intero album dedicato a Pricchan con immagini focus relative ai capitoli della mia storia e qualche immagine extra. E’ sempre in aggiornamento.
Questa invece è la mia pagina seria:  https://www.facebook.com/ladenyautrice/
Se vi piace il mio modo di scrivere, a prescindere dalle FanFiction, qui trovate tutti i miei lavori extra-fanfiction (ci saranno solo original e cose “serie” via xD). E’ ancora in allestimento, ma ci sto lavorando.
Venitemi a trovare!! ^_^


Mando un saluto spassionato a tutti quanti.
Ray




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Capitolo 27
*** Fratello ***


Fratello





«Festeggiamo!» continuarono a dire a lungo, benché ormai fosse passata una notte dal lieto ritrovamento. La mattina dopo, appena la gilda aveva aperto, Lisanna e Priscilla avevano trovato ad accoglierle uno striscione di bentornate e tante risate. Alcol a fiumi, musica dal vivo sul palco, urla e risse, risate e scherzi. Tanto rumore e tanta confusione. Cana festeggiava nel modo che meglio conosceva, bevendo litri di alcol. Molti ballavano per la gilda e barcollavano per l'alcol ingerito. Il master guardava tutti dal bancone, bevendo silenzioso ma sorridente. I Raijinshuu si fecero trovare agghindati a festa, con tanto di bandierine e canzoni dedicati a Priscilla a cui probabilmente avevano pensato l'intera notte.
«Santo cielo, siete imbarazzanti» mormorò lei, cercando di prendere silenziosamente le distanze. Per quanto gli fosse affezionata, ormai non poteva certo negarlo, ma erano esagerati e asfissianti e nemmeno quello poteva negarlo.
«Gli sei mancata tanto, Priscilla-nee» sorrise Wendy, guardandoli divertita.
«Da quando i Raijinshuu ti stanno così dietro?» chiese Lisanna, avvicinandosi a Priscilla.
«Da quando Laxus se n'è andato hanno pensato di colmare il loro vuoto con l'unica cosa che gli somigliasse vagamente» mormorò Priscilla, sempre più imbarazzata e scoraggiata da quella situazione.
«Mira-nee mi ha raccontato la storia» disse Lisanna, prima di illuminarsi e chiedere affascinata: «Allora è vero che sei stata creata con la magia!»
«Già» rispose Priscilla, con certamente meno entusiasmo. «Questo spiega perché i colpi di Erza non mi abbiano uccisa e, detto tra noi, sono stata io ad invertire il flusso di Anima e riportarci a casa, ho usato la magia che è dentro di me» aggiunse poi con un certo orgoglio nella voce.
«Sei stata tu a rovinare la vita a tutte quelle persone?!» sussultò Lisanna con una reazione che certo Priscilla non si sarebbe aspettata. Voleva vantarsi delle sue prestazioni, di ciò che era capace, e invece aveva finito col ricevere un’accusa.
«Era… necessario! Staranno bene! Ne sono certa!» balbettò agitata, prima di rilassarsi di fronte a un pensiero, una verità. «C'è Gerard con loro, sistemerà tutto» pronunciare quel nome e soprattutto realizzare che lui era finalmente lì, al capolinea della sua avventura, nel suo mondo lontano dal proprio e che mai più l'avrebbe rivisto... che strana sensazione le faceva nascere in petto. Malinconia, gioia, tristezza, felicità, era tutto mescolato.
«Mistgun era in realtà il principe Gerard, incredibile» disse Lisanna, sovrappensiero. «Tu hai viaggiato a lungo con lui! Quanto? Quattro anni?»
«Tre anni. Andavamo in giro a chiudere Anima insieme» disse lei con malinconia.
«Che peccato che non ci sia modo di poter attivare quella magia tutte le volte che vogliamo. Saremmo potuti andare a trovarli» mormorò Lisanna alzando gli occhi al cielo, oltre la finestra, e ripensò a Mirajane ed Elfman che aveva lasciato dall'altra parte.
«Già» annuì Priscilla, imitandola e alzando lo sguardo al cielo.
«Priscilla-nee» si intromise Wendy, trovando il momento propizio per rivolgerle quella domanda che già dal giorno prima l'aveva colta. «Quindi hai un fratello? Non me ne avevi mai parlato prima. Dove si trova adesso?».
Priscilla si girò a guardare Wendy con curiosità, sorpresa dal fatto che lei tirasse fuori l'argomento Laxus proprio in quel momento. In realtà non avrebbe dovuto sorprendersi troppo, visto che l'aveva nominato un paio di volte da quando erano tornate da Edoras, ma era sempre abituata a dar per scontato che tutti sapessero già tutto, non aveva pensato che Wendy era arrivata dopo. Eppure, nonostante tutto, scoprì che il cuore era sempre in grado di farle male quando le si chiedeva di parlar di lui apertamente.
Dove si trovava... chi poteva dirlo?
Ammetterlo, faceva così male. Pensare che aveva vissuto tutto quello, che aveva rischiato di restare bloccata per sempre a Edoras, di non poter mantenere la sua promessa o di non riuscire a vederlo mai più. Tutto quello la soffocava.
Sorrise, di quei sorrisi che nascondevano mille risposte bloccate alla bocca dello stomaco, e semplicemente sospirò un: «Chissà» riferito alla sua ultima domanda. Si alzò da tavolo e senza dire una parola si allontanò, uscendo infine dalla gilda.
«Dove va?» mormorò Wendy, sorpresa nel vederla praticamente scappare via e sentendosi anche un po' in colpa.
«Questo non è cambiato, eh?» mormorò Lisanna inarcando le sopracciglia in uno sguardo addolorato. Tante cose erano cambiate, persino Priscilla stessa che adesso sembrava più amichevole con tutti, più sincera nei sorrisi, più forte e soprattutto più attaccata alla gilda. Ma il dolore che la legava a Laxus, quello, nonostante tutto, era rimasto invariato. Erano cinque anni che il suo cuore per un motivo o un altro non riusciva a trovare pace, nemmeno nelle persone che l'avevano accolta e l'avevano amata.
«Tu lo conoscevi il fratello di Priscilla?» chiese Wendy, intuendo che lei sapesse qualcosa. Lisanna annuì e semplicemente pronunciò: «Laxus».
«Lo stesso Laxus di cui avete parlato ieri?» chiese Wendy e Lisanna annuì nuovamente, tornando a guardare fuori dalla finestra.
«Che cosa gli è successo? Dice che non sa dove sia...» disse ancora Wendy rattristandosi tanto che si sarebbe potuta mettere a piangere.
«Litigarono, cinque anni fa. Laxus perse la testa e iniziò a diventare ostile verso tutti, persino verso di lei che l'aveva sempre seguito e adorato in maniera quasi morbosa. Sono passati cinque anni da allora, non si sono più parlati e quelle poche volte che si incrociavano Laxus non era mai gentile con lei. Eppure non ha mai smesso di amarlo. Mira-nee mi ha raccontato che un paio di mesi fa Laxus ha perso definitivamente la testa e ha messo la gilda in pericolo. Ha minacciato di distruggere l'intera città e per questo è stato bandito, ma lei ha promesso di aspettarlo. Posso capire cosa stia passando, io sono stata lontana dai miei fratelli per due anni e, anche se avevo gli altri Mira-nee e Elfnii-chan di Edoras con me, il vuoto era incolmabile. Mi dispiace solo che secondo me lui non merita tutto questo affetto, non dopo aver visto come l’ha trattata per questi cinque anni... provo tanto dispiacere per Priscilla».
«Un personaggio sicuramente da evitare, se è veramente così, sarebbe meglio per lei toglierselo dalla testa» intervenne Charle.
«Ma è pur sempre suo fratello, non è così facile» disse Wendy, profondamente rattristata per quella storia. Priscilla si era presentata a lei come una ragazza piena di allegria, forte e piena di amore per la propria gilda, sembrava un sole per la sua luminosità e il potere combattivo. Persino l'essere fatta a pezzi non l'atterrava mai, certo non si sarebbe aspettata che invece proprio lei portava dentro un dolore simile e una storia tanto infelice.
«In realtà...» continuò Lisanna, senza togliere gli occhi dal cielo. «Credo che lui sia qualcosa di più di un semplice fratello».
«Questo spiegherebbe l'attaccamento morboso» disse Charle.
«A me sembrava già abbastanza spiegato» la riprese ancora Wendy.
«Mira-nee ha detto che lei ha raccontato di essere stata creata da suo padre con la magia con l'unico scopo di occuparsi di Laxus. In pratica è venuta al mondo per lui, è la sua... sì, possiamo dire sia la sua ragione di vita. Ricordo come lei gli fosse affezionata prima che litigassero, lo seguiva come un cagnolino. Rifiutò persino di fare l'esame per diventare mago di classe S».
«Eh?!» sussultarono entrambe.
«Era stata selezionata per fare l'esame per la classe S?» chiese Charle, sorpresa che fosse così forte da essere valida per la classe S.
«E ha rifiutato? Perché?» chiese Wendy, sorpresa e anche preoccupata.
Lisanna alzò le spalle e rispose semplicemente: «Laxus era già un mago di classe S e loro avevano appena litigato. Non ci fu verso di convincerla. Neppure l'anno dopo».
«Non avrei mai pensato che Priscilla avesse una storia simile» mormorò Wendy, rattristata.
«A vederla non lo diresti, sembra semplice e sempre allegra un po' come Natsu» disse Charle.
«Dì un po', Wendy, perché la chiami nee-san?» chiese poi Lisanna, incuriosita.
«Quando ci siamo conosciute le dissi che per il modo in cui si comportava con me sembrava quasi una sorella... le è piaciuto e mi ha pregata di chiamarla così. La cosa mi divertiva ma ora...» mormorò lei, sempre più rattristata.
«Si dev'essere sentita molto sola» concluse Charle, capendo che il suo attaccamento verso quell'appellativo probabilmente era nato dal desiderio di avere di nuovo dei "fratelli di cui occuparsi".
«È stata i primi due anni da sola ed è stato il periodo in cui è diventata "Priscilla la più debole di Fairy Tail", aveva perso la motivazione in ogni cosa, non la si vedeva più. Poi si è unita a Mistgun, è stata con lui per tre anni ed è stato il periodo in cui ha iniziato a rialzarsi. Almeno tornava alla gilda e la si vedeva sorridere» spiegò Lisanna.
«E ora anche Mistgun se n'è andato per sempre» osservò Charle portando così allo scoperto la verità. Mistgun era stata la boa a cui si era aggrappata per riemergere, per tornare a vivere, Mistgun le aveva di nuovo dato la vita e ora anche lui l'aveva lasciata sola. Senza Laxus, senza Mistgun, il rischio che ricadesse vittima della sua solitudine era enorme e forse aveva già cominciato a fare effetto visto come se n'era andata, senza dare spiegazioni. Wendy si alzò di colpo dalla sedia, tanto che la lanciò via e fece spaventare Charle al suo fianco.
«Ma lei adesso non è sola! Ha noi!» disse risoluta, portandosi una mano al petto.
«La gilda non l'ha aiutata in passato, mi chiedo se riuscirà a farlo ora. Non credo riuscirà a trovare conforto in Fairy Tail, non l'ha mai accettato» disse Lisanna, ma Wendy non si arrese e insisté: «Da me lo accetterà! Vuole che la chiami sorella, dovrà pur significare qualcosa!» esclamò e corse via, fuori dalla gilda, sotto il richiamo preoccupato di Charle. Corse per la città senza un vero obiettivo, non avendo idea di dove potesse essere andata. Semplicemente provò ogni singola via che conoscesse nei paraggi per poi allontanarsi gradualmente e cercare ancora, sperando solo in un colpo di fortuna. Provò a usare il suo naso, ancora inesperto, ma ormai abituato a sentire il fresco profumo di Priscilla. Avrebbe potuto riconoscerla tra mille, sembrava che l'aria che si portava dietro fosse quella fresca di una montagna innevata. Probabilmente l'odore della neve era dato dal braccio di ghiaccio che Leon le aveva donato e che ancora permeava sotto lo strato di carne e pelle rigenerato. Anche se era tornata normale, toccandola si poteva sentire la differenza di calore tra la parte destra e sinistra del corpo a testimoniare che nel profondo quella magia del ghiaccio c'era ancora e faceva parte di lei. Riuscì finalmente a sentirla e la seguì come un segugio, ritornando un paio di volte sui suoi stessi passi e provando ad alzare il naso per sentire meglio. Infine, riuscì a trovarla.
In una delle strade più trafficate del centro, portava direttamente alla cattedrale di Caldia, in mezzo alla folla che portava con sé il rumore di gente allegra e spensierata, la figura di Priscilla si ergeva immobile di fronte a una casa dal muretto alto un metro e il cancello chiuso con lucchetto. Nonostante fossero in pieno centro e lì l'aria non aveva molto spazio per soffiare, poteva vedere i suoi capelli muoversi sotto il tocco del vento che probabilmente nasceva da lei stessa. Era delicato, anche se sfuggiva dal suo controllo, ma sembravano semplici carezze che le sfioravano il viso. Non poteva vedere che la punta del naso, oltre quei movimenti che le nascondevano completamente gli occhi e l'espressione. Non sapeva cosa ci facesse lì, di chi fosse quella casa che fissava immobile forse già da un po', né cosa stesse pensando in quel momento ma era come se riuscisse a sentire i sussurri all'interno del vento che l'avvolgevano. Erano struggenti e malinconici, poteva vederla affondarci dentro e le si strinse il cuore.
«Priscillanee-san!» gridò correndole incontro. Priscilla si voltò lentamente nel sentir chiamare il suo nome ma a differenza delle altre volte, sentirsi chiamare "nee-san" non la fecero sorridere. Era dolorosamente vuota quell'espressione che ora le volgeva vagamente incuriosita. Faceva così male vederla così, sapere ora cosa si portasse dentro, faceva così male. Le saltò addosso e l'abbracciò con tutta la forza che aveva, tanto da farla barcollare, e fu quello che riuscì a riportarla in parte indietro da quell'incubo di cui sembrava essere caduta.
«Wendy?» disse, sorpresa nel vederla e soprattutto nel vedersela addosso in quel modo. «Che succede?»
«Non sei sola!» disse Wendy a gran voce, stringendola ancora di più. «La gilda ti vuole bene, Natsu-san, Lucy-san e soprattutto i Raijinshuu, ti vogliono tutti bene! E ci sono io, anche se Mistgun è andato via, ci sono anche io! Ti prego non andartene perché ti senti sola» disse quasi alle lacrime.
«Wendy» sorrise Priscilla, intenerita dalle sue parole. «Ti sei preoccupata per me?»
«Lisanna-san mi ha raccontato di Laxus» mormorò Wendy, nascondendo il volto nella maglietta di Priscilla. «Non andartene, ti prego. Se vorrai andare a cercarlo verrò con te, ma non lasciarci».
«Wendy» ridacchiò ancora Priscilla, sempre più intenerita. Le posò una mano delicata sulla testa e continuò a ridacchiare, chiedendole: «Ma di che stai parlando? Io non voglio andarmene. La mia famiglia è qui, no?»
Wendy alzò finalmente lo sguardo verso di lei, per studiare e osservare la sua espressione, e fu proprio il sorriso luminoso che le rivolse a convincerla che stava dicendo il vero. Priscilla non aveva mai pensato di abbandonarli né tanto meno di andarsene, quella volta sarebbe stato diverso.
«Meno male» sospirò la bambina, continuando ad abbracciare Priscilla. Una reazione che la fece ridere divertita.
«Sei stata tanto dolce a preoccuparti per me» confessò, continuando ad accarezzarle la testa. Alzò di nuovo lo sguardo alle finestre della casa che aveva davanti, tornando ad osservarla con interesse e una strana espressione rasserenata. Solo allora Wendy si incuriosì di quella struttura che inizialmente non aveva considerato molto importante. Era una piccola villetta a schiera, incastrata tra altre come lei. Il muretto era annerito, rovinato, erano sicuramente anni che nessuno lo curava, così come tutto il resto della casa. Il vialetto era infestato dalle erbacce, le finestre cadenti, il cancello arrugginito. Da quest'ultimo pendeva un cartello, ingiallito e vecchio anch'esso, con sopra la chiara scritta: "Vendesi".
«È messa male per essere una casa del centro» commentò Wendy.
«Già» ridacchiò Priscilla. «È rimasta disabitata per almeno cinque anni».
«Eh?» mormorò Wendy, chiedendosi come facesse a saperlo.
«Questa era la nostra casa. Io sono nata qui» spiegò Priscilla con un sorriso armonioso. «Dopo che papà fu bandito abbiamo provato a mandarla avanti da soli, io e Laxus, ma quando anche tra noi le cose si ruppero io mi trasferii al dormitorio di Fairy Tail e lui decise di prendersi una casa più piccola, lontana da qui, in affitto. Forse lo fece per i soldi o forse perché desiderava prendere le distanze da ogni cosa, persino dai ricordi, non saprei. Non l'ha comprata nessuno da allora...» mormorò pensierosa.
«Chissà come mai? Sembra una bella casa» disse Wendy.
«È una villetta in centro città, vicino alla cattedrale, il prezzo non è certo dei migliori e comunque a vederla così non si presenta nemmeno bene. Meglio così!» sorrise infine, avvolta da un entusiasmo singolare. Wendy la guardò curiosa, chiedendosi perché la cosa la rendesse così felice e Priscilla non tardò a darle le spiegazioni necessarie: «Ho deciso di comprarla!»
«Cosa?!» sussultò Wendy, sorpresa.
«Mi metterò sotto con il lavoro, metterò da parte dei soldi e la ricomprerò!» disse Priscilla più decisa e felice di quella sua decisione. Ripensare a Mistgun e Laxus, durante la sua chiacchierata con Lisanna, le avevano fatto venire in mente i magnifici ricordi che si era portata dietro da quell’ultima avventura. Ivan con la sua simpatia e la sua dolcezza verso entrambi i figli, Laxus con la sua gentilezza. Aveva vissuto quei giorni con la mente rivolta a Fairy Tail e al desiderio di tornare, ma intanto imprimeva comunque nella memoria le risate tra padre e figlio, i piatti di Ivan, le attenzioni di Laxus, la morbidezza del letto che le avevano concesso o il piacere di stare sul divano a leggere qualche libro o ascoltare le storie di Edoras. Lei tutto quello non l'aveva mai avuto, non da parte di Ivan per lo meno, ma ricordava quanto Laxus da bambino le dedicasse le stesse attenzioni del Laxus di Edoras. Ricordava le cene sul tavolo della cucina con i piatti tutti di colore diverso. Laxus si arrampicava sulle sedie per arrivare a prenderli dalla credenza e apparecchiare, mentre Priscilla camminava a fatica con un pentolone in mano. Ricordava le serate davanti al camino, con dei libri illustrati che parlavano dei posti di Earthland o degli animali che vi abitavano. Laxus era più grande, aveva perciò imparato prima a leggere, per questo si stendeva accanto a lei, le indicava le figure e leggeva per lei le didascalie. Ricordava l'armadio dei vestiti ricoperto di fogli disegnati dove per la maggior parte rappresentavano la Dea del Vento e il Dio del Tuono contro qualche mostro di turno. Ricordava gli allenamenti nel giardino sul retro, quando si accanivano contro sedie o oggetti di varia natura per poter esercitare i loro poteri. La luce nello scantinato che sfarfallava e Laxus che ne aveva paura, anche se aveva supplicato di non dire niente a nessuno, ed era sempre Priscilla quella che scendeva a prendere le cose da sotto. Ricordava la mansarda, piena di oggetti ritenuti spazzatura ma che per lei erano tesori da scoprire. Spesso, quando Ivan non era a casa, lei e Laxus giocavano a nascondino lì dentro. Priscilla era terribile, si nascondeva sempre nella stessa cassapanca, ma nonostante tutto Laxus non l'aveva mai brontolata per non saper giocare. Faceva anzi finta di non sapere mai dove fosse, ridendosela sotto i baffi. Una volta ricordava avevano trovato un album di fotografie, c'erano tante persone ritratte che Laxus raccontava essere la mamma, il nonno, gli zii o il bisnonno. Ricordava la sua stanza da letto, vuota e triste, dove si chiudeva quando veniva dilaniata dalla magia nascente di Laxus e lì restava a recuperare le forze e riaggiustarsi. Laxus bussava spesso alla sua porta, ma papà lo rimproverava e lo portava sempre via. Ricordava che per riuscire a parlare con lei senza essere rimproverato aveva cominciato a lasciarle biglietti sotto la porta. Biglietti incoraggianti, dove le supplicava di guarire presto o dove le raccontava la sua giornata. Priscilla non ne aveva buttato via nemmeno uno.
Quella casa era così impregnata di sentimenti sia negativi che positivi che anche solo passarle davanti le aveva sempre lacerato l'anima e trascinata in un baratro in cui nuotava con difficoltà. Ma la gentilezza e le attenzioni della sua famiglia di Edoras le avevano fatto sentire la mancanza di quei piccoli spazi tutti suoi dove era cresciuta, spazi che raccontavano la sua storia, che le parlavano di Laxus anche se non c'era, spazi in cui poteva aspettare senza sentirsi troppo sola e vuota. Voleva ricomprarla, esorcizzare definitivamente l'anima di Ivan che l'aveva sempre tormentata, aprire le finestre e far entrare finalmente l'aria. In fondo... era la sua casa.
Wendy non poteva certo immaginare cosa l'avesse portata a una simile decisione e quali pensieri le stessero nascendo in quel momento, ma l'idea che fosse stata in grado di esorcizzare tanto i suoi fantasmi da desiderare di tornare a casa sua la rallegrò. Saltellò, stringendo i pugni decisa, e disse: «Voglio aiutarti!»
«Davvero?» chiese Priscilla, felice.
«Sì! Lavoreremo sodo e ricompreremo la tua casa!» annuì Wendy e Priscilla alzò le braccia al cielo, urlando entusiasta: «Sì, evviva! Ci verrai a vivere con me, poi, Wendy? Tu e Charle!»
«Eh? Io...» balbettò Wendy, in imbarazzo. Non poteva accettare un'offerta come quella su due piedi, in fondo era la casa di Priscilla, aveva davvero diritto di approfittare così?
«Ti prego! Restate insieme a me?» chiese Priscilla sorridendo come una bambina. Una naturalezza ed un'espressione che non lasciavano molte vie d'uscita, Priscilla desiderava veramente averle a fianco e sapere che voleva avere qualcuno vicino a sé, che non si sentisse sola, era già bello così.
«Sì!» sorrise Wendy, infine decisa.
«Evviva!» saltò ancora Priscilla. «Festeggiamo! Andiamo a fare shopping insieme!» propose euforica.
«Ma non dovevamo risparmiare?» chiese Wendy.
«Da domani! Oggi si deve festeggiare! Andiamo a fare una passeggiata sul fiume! E dal parrucchiere! Come due vere sorelline!» rise Priscilla, inginocchiandosi di fianco alla ragazzina ed abbracciandola con entusiasmo. «Lascia che la sorellona Priscilla ti agghindi i capelli e ti compri qualche vestitino nuovo!»
«Beh, di qualche vestito nuovo avrei bisogno in effetti» ridacchiò Wendy, divertita dalla sua euforia.
«Evviva!» esultò ancora Priscilla, sempre più felice. «Andiamo a chiamare Evergreen prima! Le avevo promesso che sarei andata a fare shopping con lei un giorno, possiamo andare tutte insieme! Un bel pomeriggio tra donne, che bello!». 
Prese la ragazzina per mano e corse a perdifiato verso la gilda, urlando già dal cortile esterno: «Ever-chan! Andiamo per negozi, vuoi venire?! Ever-chan!»
La donna uscì all'esterno della gilda con una tale foga che la porta sbatté contro il muro. Sembrava essere pronta per quello già da tempo, come se le avesse aspettate sull'uscio con trepidante energia.
«Se è di consigli in fatto di moda che avete bisogno vi siete rivolti alla persona giusta» disse sventolandosi col proprio ventaglio. «Farò di voi due delle splendide fate!»
«Sei sicura di aver fatto la scelta giusta a chiamarla?» mormorò Wendy, un po' spaventata dal suo modo di fare sicuro e forse quasi aggressivo.
«Non ne ho idea, comincio a dubitarne» ridacchiò Priscilla, nervosa.
«Forza, andiamo! Abbiamo poco tempo e dobbiamo fare tantissime cose. Prima tra tutte, dal parrucchiere! Pricchan, hai mai pensato a farti crescere i capelli? Il caschetto è così fuori moda da tanto tempo, mi addolora vederti in questo stato. Conosco una persona perfetta per questo compito, sa allungare i capelli con la magia, ti farà un'acconciatura perfetta!» disse Evergreen prendendo la ragazza sotto braccio e cominciando a trascinarla.
«A me non dispiacciono i miei capelli» mormorò Priscilla, a disagio. «Se sono corti non mi vanno davanti agli occhi quando uso la mia magia».
«Puoi sempre legarli, suvvia! Non devi guardare solo alla comodità ma anche al fascino. È ormai cosa nota che alla maggior parte degli uomini piacciano i capelli lunghi, pensa che una volta persino Laxus lo ha ammesso. Se te lo dico io, puoi fidarti. Staresti d'incanto e faresti strage di cuori con quel bel viso che ti ritrovi!»
«Piacciono... l-lunghi...» balbettò semplicemente Priscilla, afferrandosi una ciocca e studiandola mentre le guance diventavano sempre più rosse.
«Certo! E poi ti cambiamo un po' il look, basta con questo nero depresso, ci vuole un po' di colore! Non troppo acceso però, stonerebbe col tuo colore di capelli e la tua carnagione. Magari un bel verde, o un beige e qualche accenno di rosso. Ah, mi è venuto un'idea fantastica! Vedrai! E per te, bambina, direi di puntare su un viola o un rosa. E possiamo acconciare questi bei capelli lunghi che ti ritrovi».
«L-lunghi...» continuò a balbettare Priscilla, ormai intrappolata in una specie di incantesimo di cui non si sarebbe liberata tanto facilmente.
«Lasciate fare alla vostra Ever! Vi renderò splendide» sorrise entusiasta e senza chiedere i loro pareri le trascinò entrambe per la città, di negozio in negozio, sempre più cariche di buste (anche se la maggior parte erano per lei stessa), poi dall'estetista e infine dal parrucchiere, dove per qualche strana ragione Priscilla accettò di buon grado l'idea di farsi allungare i capelli.
Per quanto persino il nuovo stile che Evergreen aveva scelto per lei, con un corto top color mimetico, pantaloncini Beige, parigine nere e stivaletti marroni, fosse totalmente diverso da quello nero e attillato che aveva precedentemente non rifiutò nemmeno quello dal momento che tirò in causa tutta la faccenda del "fascino" e del "agli uomini piace". Era strano, non era da Priscilla, nessuno aveva mai pensato che potesse interessarle cosa pensassero gli uomini di lei ma non appena Evergreen scoprì che bastava giocare quella carta per convincerla a mettersi tutto quello che voleva lei, se ne approfittò in un batter d'occhio. Alla fine, quando a sera tornarono al dormitorio, nonostante fossero state rivoluzionate da capo a piedi, a Priscilla non dispiacque nemmeno troppo quel suo nuovo stile.
E poi… Ever diceva che piaceva così.
Se lo diceva lei, poteva crederle, anche se non capiva nemmeno lei stessa perché la cosa le interessasse così tanto. Più volte tornò a guardarsi i capelli, a farci scorrere le dita in mezzo, e non riuscì a togliersi dalla mente quelle parole. E più ci pensava più tornava ad arrossire.
Ma lo accettò... alla fine, le piaceva anche così.

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Capitolo 28
*** Esame ***


Esame




«Finalmente siamo tornate» sospirò Wendy, guardando la gilda in lontananza sulla strada di Magnolia. Charle, stanca più di tutte, riposava ancora tra le sue braccia con una zampa ben fasciata. «Questa volta è stata dura, ora capisco perché la ricompensa per questa missione era così alta» commentò Priscilla, svolazzando al suo fianco con le mani dietro la testa.
«Persino Charle ne è uscita ferita» osservò Wendy, guardando la gattina ancora debole tra le braccia. «Povera Charle» commentò poi dispiaciuta.
«Non preoccuparti Wendy, starò bene» provò a consolarla Charle.
«Meno male c'ero io a salvarvi la vita!» ridacchiò Priscilla, volando di fianco a Wendy per poter guardare bene in volto la gattina.
«Ma se sei stata tu a portarci dentro quella grotta?» la rimproverò lei invece.
«E sei stata tu ad alzare così tanto il vento lì dentro da far crollare tutto» infierì anche Wendy, anche se con meno severità.
«Wendy-chan, anche tu!» piagnucolò Priscilla, sentendosi sotto attacco. «Mi dispiace» reclinò la testa in avanti, colpevole.
«L'importante è che siamo tornate vive, no?» disse Wendy sorridente, provando a tirarle su il morale.
«Esatto! E abbiamo avuto successo! A proposito, nee-chan, con la ricompensa di oggi a quanto arrivano i nostri risparmi? Sono sei mesi che lavoriamo sodo, mi chiedo a quanto ammonti il bottino» gongolò Priscilla, felice.
«Dunque, aggiungendo i cinquecento mila jewells di oggi arriviamo a...» mormorò Wendy, cominciando a fare qualche conto. Poi esclamò: «Novecento mila!»
«Solo!!!» sussultò Priscilla sconvolta. «Abbiamo guadagnato più oggi che in sei mesi, com'è possibile!!!»
«In realtà abbiamo sempre guadagnato molto, ma tu ti sei sperperata ogni cosa nei ristoranti!» la rimproverò Charle. «E non mangi nemmeno poco, nonostante il tuo stomaco sia un finto stomaco!»
«Charle! Non essere così cattiva» la riprese Wendy.
«È proprio perché è un finto stomaco che non riesco a capire quando non ha più bisogno di cibo» piagnucolò Priscilla, colpevole.
«Ma perché mangi allora?!» insisté Charle, furiosa.
«Perché è buono» sorrise Priscilla, innocentemente, prima di illuminarsi e cominciare a sbavare come un animale. «E ogni posto dove andiamo hanno piatti tipici incredibili, come fai a non essere curiosa di assaggiarli tutti! Pollo, Manzo, Riso, Curry, salse, Mele, Manghi, aaaarrrgghhh» si portò le mani alla testa, su di giri, e infine urlò: «Ho fame!»
«Non è possibile!» ruggì Charle, ormai al limite.
«Ecco...» mormorò Wendy, attirando infine la loro attenzione. Priscilla smise di agitarsi per il cibo e curiosa portò gli occhi all'ingresso della gilda, dove in molti si accalcavano e allungavano il collo chiedendo di farli entrare e farsi da parte.
«Sono tutti qui?» chiese Priscilla, confusa.
«Che succede?» chiese Charle.
All'ingresso arrivò correndo anche Lisanna che prima di entrare le notò, pochi passi indietro, e alzando una mano urlò: «Pricchan! Wendy! Presto, entrate, sta per iniziare!»
«Iniziare?» si chiesero entrambe, guardandosi confuse.
L'interno della gilda era una vera calca, tutti i membri erano stati riuniti, anche chi di solito non c'era mai o i maghi di basso rango che poche volte si facevano vedere per qualche lavoro. Il palco era coperto per intero da un telo e a quello tutti volgevano il loro sguardo, mentre parlottavano tra loro creando quel tipico brusio da folla in attesa.
«Cosa starà succedendo?» si chiese Wendy ancora.
«Stanno facendo un bel casino» disse Priscilla, guardandosi attorno. «Beh, io vado a mangiare qualcosa. Tanto il palco si vede anche da lì» alzò le spalle e si allontanò con disinvoltura, lasciando sola Wendy e Charle.
«Wendy!» salutò Levy, vedendola. «Siete tornate appena in tempo!»
«In tempo per che cosa? Che succede?» chiese Wendy, correndole a fianco. Levy sorrise emozionata e decise di non togliere il gusto della sorpresa alla ragazzina, perciò si limitò a un allegro: «Vedrai».
«Quanto mistero» mormorò Charle.
«Sono emozionata anche se non so cosa sia» disse Wendy, lasciandosi trasportare da quell'euforia che sentiva in giro tra i suoi compagni.
«C'è anche Priscilla» mormorò Levy, guardando sorridente la ragazza che era andata ad abbuffarsi al banco. La ragazza sembrava disinteressata, si comportava come al solito, nonostante la situazione. Era ovvio che avesse capito, almeno lei, di cosa si trattasse e cercava di prenderne le distanze probabilmente, ma almeno non se ne andava. «È passato tanto tempo dall'ultima volta» aggiunse Levy, assumendo un'espressione addolcita.
Finalmente il telo venne fatto cadere e il palco si scoprì, sotto al boato emozionato di tutti i presenti. Il caos era anche maggiore del solito, tutti urlavano e si agitavano come mai avevano fatto prima, mentre sul palco a salutarli c'erano Makarov e gli attuali maghi di classe S della gilda: Erza, Mirajane e anche Gildarts che era tornato proprio in quei giorni.
«Master!»
«Ti stavamo aspettando!»
«Presto, l'annuncio!»
«Chi è quest'anno?»
E continuarono, sempre più emozionati e rumorosi, mentre Priscilla incurante di tutto continuava a mangiare silenziosamente, come se niente fosse. Makarov si schiarì la gola, cercando di vincere l'entusiasmo e assumere un’aura impostata, ma era ovvio che anche lui fremesse dall'emozione.
«Dunque, questa è ormai una tradizione di Fairy Tail e ora... ecco finalmente l'annuncio dei partecipanti per la prova di promozione a maghi di classe S!» gridò infine, facendo scoppiare un coro di ovazione ed entusiasmo.
«Promozione a classe S?» sussultò Wendy, capendo finalmente e sentendo il pizzicorio dell'eccitazione correrle lungo la schiena. Fece scorrere gli occhi sui suoi compagni, in particolare su Natsu e Gray che già si stavano schioccando le dita pronti a sostenere qualsiasi prova. L'eccitazione, il desiderio, tutto quello poteva essere percepito sulla pelle come fosse tangibile. Riportò però alla mente anche le parole di Lisanna.
"Priscilla rifiutò di sostenere l'esame per diventare mago di classe S". Era stata selezionata, per ben due anni di fila, il primo meritato e il secondo per il semplice capriccio del Master che conosceva il suo valore e non accettava vederla morire nella sua agonia silenziosa. Ma lei aveva rifiutato entrambe le volte, poi aveva smesso di lavorare e questo aveva costretto Makarov a rinunciare all'idea di darle la spinta per diventare uno dei migliori. La vide, mentre continuava a mangiare e nemmeno sembrava volesse dare ascolto a ciò che stava succedendo. Si comportava come se niente fosse, per niente interessata o forse volendo semplicemente prendere le distanze da tutto quello.
«Quest'anno la sede per la prova sarà l'Isola di Tenrou, la terra sacra della nostra gilda. Forza, cuore, spirito, è questo che cerchiamo! Quest'anno ci saranno nove partecipanti e ora vi dirò i loro nomi» proseguì Makarov, prima di alzare un foglietto e leggere solennemente: «Natsu Dragneel, Gray Fullbuster, Lluvia Loxar, Elfman Strauss, Cana Alberona, Fried Justine, Levy McGarden, Mest Gryder e per finire...» un attimo di esitazione, i muscoli che si tendevano appena, prima di pronunciare con un certo timore e sforzo: «Priscilla Dreyar».
Wendy si portò entrambe le mani alle labbra, mormorando un sorpreso: «Priscilla è stata selezionata», mentre il resto della sala cadde improvvisamente nel silenzio. Il che era decisamente strano, surreale, per una gilda come quella. Priscilla alzò la testa dal proprio piatto, con ancora in bocca l'osso di una costina di maiale che aveva appena finito di sgranocchiare, e guardò perplessa verso il palco. Non parlò, non subito, rimanendo semplicemente stupita nel sentir pronunciare il proprio nome e soprattutto vedere la tensione calare tanto addosso ai propri compagni da ammutolirli.
"Priscilla rifiutò di sostenere l'esame per diventare mago di classe S".
Chi era stato presente quell'anno ricordava bene la disinvoltura con cui lo fece, il giorno stesso dell'annunciazione disse semplicemente: «Rifiuto!» e uscì dalla gilda, sparendo per giorni e saltando la prova. L'anno dopo, benché non avesse più i requisiti necessari, Makarov che tanto aveva lottato con lei quell'anno per cercare di risollevarla la rinominò in una situazione proprio come quella. E anche quella volta, chi c'era se lo ricordava bene, la tensione era stata esattamente la stessa. Diventare classe S era il sogno di ogni mago, non c'era un singolo mago che volesse rifiutare di essere nominato come migliore. Era innato, perciò che qualcuno rifiutasse era surreale. Eppure lo sguardo era lo stesso: disinteresse, non c'era altro che disinteresse, i suoi occhi non facevano che dire "tenetemene fuori, non mi importa niente di queste cose". E ora che Laxus non c'era nemmeno più, ora che tutta quella faccenda era risolta a metà, come l'avrebbe presa?
Quella parola, «Rifiuto», era ancora stampata a fuoco nella memoria di chi allora reagì con lo sconcerto. Makarov era l'unico che non volgeva a lei lo sguardo, al contrario di tutta la gilda che la fissavano in attesa di una risposta -come se ci fosse davvero bisogno di una risposta!-. Era teso, glielo si leggeva in faccia, aveva riafferrato tra le mani un sentimento abbandonato cinque anni addietro e aveva voluto riprovarci approfittando del ritorno di Priscilla. Certo non si poteva dire che non fosse cambiata, perciò... perché non ritentare? In fondo, grazie a Mistgun, era anche diventata più forte. Perché non riprovarci?
Priscilla guardò sorpresa i suoi compagni, come se si stesse chiedendo se davvero l'avessero fatto, se davvero ci stessero riprovando dopo così tanto tempo. Magari anche lei si era appoggiata al fatto che ormai non dovesse spiegare più niente a nessuno e perciò non sarebbero più successe questo genere di cose. Era sorpresa, stupita, questo era certo. Ma poi sorrise...
Alzò un braccio, ingrossando un bicipite in segno di forza, e poggiandoci l'altra mano sopra mise in mostra il proprio vigore.
«Darò il massimo!» annunciò entusiasta e di quell'entusiasmo si macchiò la gilda, ora libera dal dolore del dubbio e dal timore di vederla riaffondare come la barca che era stata un tempo. Si era risollevata definitivamente, non c'era più niente da temere, Priscilla ora stava finalmente bene. Liberi da tutto quello, la gilda lasciò andare le proprie parole di sconcerto, emozione e sconforto per chi anche quell'anno ci aveva provato con tutto se stesso senza riuscirci. Sotto i baffi bianchi, le labbra anziane di Makarov si tirarono in un sorriso.
«Ci sarà anche Priscilla, fantastico! Ti sbriciolerò, Priscilla!» ruggì Natsu, colmo di fervore.
«Non avrò mai possibilità contro Natsu, Gray, Priscilla e c'è pure Lluvia! Perché mai mi hanno selezionata?» lamentò Levy, sconfortata.
«Nee-san!» saltellò Wendy, emozionata, fino a lei. «In bocca al lupo!» disse, unendo le mani di fronte al viso e continuando a saltellare dalla gioia.
«Wendy!» stridulò Priscilla, abbracciando la ragazzina e stritolandola. «Quanto sei dolce!»
«Fra di voi» proseguì Makarov, alzando la voce per farsi sentire nella confusione che si stava creando. «Solo uno verrà promosso. Avete tempo una settimana per prepararvi a dovere, perciò mettetecela tutta! Tra una settimana vi voglio in forma. Visto che alcuni di voi sono nuovi a questo evento ora andremo a spiegare le regole: avrete una settimana di tempo per scegliere il vostro partner».
«Partner?» mormorò Lucy, sorpresa.
«Valuteranno l'affiatamento di coppia» spiegò uno dei suoi compagni al suo fianco.
«Ah già...» ripensò lei, spostando gli occhi su Priscilla che aveva ripreso a mangiare allegra. «Mira-chan mi aveva detto Priscilla era stata la partner di Laxus per il suo esame» quella storia era così triste anche solo ripensarla, soprattutto visto che gli anni successivi a causa del loro litigio Priscilla aveva rifiutato di sostenere l'esame a sua volta, ma proprio per quel motivo vederla ora allegra e determinata portava una gioia decisamente maggiore rispetto al normale. «È bello vedere che finalmente sta bene!» sorrise allegra e riprese ad ascoltare Makarov che proseguì nelle spiegazioni.
«Ci sono due regole per la scelta del compagno: in primo luogo deve essere un membro di Fairy Tail; Secondo, non deve essere un mago di classe S» spiegò.
«Certo, avere Erza in squadra sarebbe stato un vantaggio forse troppo alto» ridacchiò Wendy, riflettendo sulle regole appena ascoltate.
«Vi sveleremo ulteriori dettagli solo una volta arrivati all'Isola. Sappiate solo che Erza scenderà in campo per ostacolarvi il cammino» disse ancora Makarov, alzando così un coro di sorpresa e anche terrore tra gli spettatori. Solo Natsu sembrò più eccitato del solito.
«Anche io mi unirò a lei!» disse Mirajane allegra e le urla di sorpresa e paura aumentarono ancora.
«Basta con le lagne» li rimproverò Gildarts. «Questo è un cammino che tutti i maghi di classe S hanno dovuto affrontare».
«A-aspetta...» balbettò Elfman.
«Non vorrai dire che...» provò a sibilare anche Gray, ora madido di sudore.
«Gildarts, parteciperai anche tu?!» urlò Natsu, tremante di eccitazione.
«Come puoi esserne felice?!» lo rimproverò Gray.
Priscilla ingoiò un altro boccone e si lasciò andare a una risata divertita, dondolando sulla sedia.
«Qualcosa ti diverte, Priscilla-nee?» chiese Wendy curiosa.
«Gildarts è una vera spina nel fianco, sei anni fa rischiò di non farci passare l'esame, siamo stati fortunati allora. Ma quest'anno sarò sola, accidenti» si stiracchiò e nonostante le parole non smise un attimo di sorridere.
«Sei anni fa?» chiese Wendy, cercando di capire a cosa si riferisse.
«Già... l'anno che Laxus divenne mago di classe S» rispose Priscilla.
«Avete combattuto contro Gildarts?!» sussultò Charle, sconvolta.
«E se Laxus poi è diventato classe S vuol dire che hanno persino vinto!» si unì Wendy a occhi spalancati.
«Un colpo di fortuna!» ridacchiò Priscilla, scoprendosi a diventare rossa in volto. Era un bel ricordo, quello dell'esame di Laxus, mai prima di allora erano stati così agguerriti e affiatati. Ma la battaglia con Gildarts era qualcosa che avrebbe dimenticato volentieri, non solo perché li aveva quasi schiacciati senza fatica, ma perché a farli vincere fu solo un imbarazzante evento fortuito. In un attacco troppo sbilanciato Gildarts si era fatto più avanti di quanto avesse calcolato, in fondo era risaputo che non fosse proprio bravo a controllarsi, ma Priscilla era finita accidentalmente tra i due avversari. Laxus l'aveva tirata indietro, per proteggerla, ma Gildarts aveva fatto in tempo ad afferrare la sua maglietta... e il risultato era stata la sua disintegrazione, lasciandola completamente nuda. Questo aveva distratto abbastanza Gildarts da permettere a Laxus di attaccarlo, cosa che fece con tutta la rabbia che aveva in corpo visto che quell’uomo non era sembrato intenzionato a staccare gli occhi da pervertito dal corpo nudo di sua sorella.
«Non l'ha mai perdonato per quella volta» mormorò Priscilla, grattandosi la nuca imbarazzata.
«Eh?» chiese Wendy, non capendo certo a cosa si riferisse quel commento.
«Beh, anche se sarò sola, non sarò meno determinata!» disse solenne Priscilla, incrociando istintivamente le braccia intorno al seno e stringendoselo, come a volerlo proteggere.
«Perché ti stai coprendo?» chiese Charle, trovando quel comportamento non solo bizzarro ma anche poco indicato.
«L'appuntamento per i nove partecipanti e i loro partner è il porto di Hargeon, tra una settimana! È tutto!» concluse Makarov, lasciando infine il palco.
«Natsu!» chiamò Priscilla avvicinandosi al gruppo che si era formato. «Sei finalmente stato selezionato».
«Evvai!» ruggì Natsu alzando la testa al cielo e sputando fuoco per l'entusiasmo.
«Priscilla! Hai accettato!» disse Lucy, guardandola con allegria.
«Eh già, quest'anno non ho scuse» ridacchiò lei.
«Com'è essere ritornata in pista?» chiese Lisanna.
«Lluvia vorrebbe ritirarsi» mormorò Lluvia, cupa in volto.
«Eh?!» chiese Priscilla.
«Perché mai?» chiese Wendy, preoccupata.
«Sta diventando contagioso! Non ci credo!» sobbalzò Lucy, terrorizzata.
«Perché... Lluvia... vorrebbe... ehm... Lluvia vorrebbe...» mormorò, stringendosi nelle spalle e arrossendo.
«Credo voglia essere la tua partner» ridacchiò Priscilla, sussurrando nell'orecchio di Gray.
«Lo sapevo! Anche tu gli vai dietro, Priscilla!» ruggì Lluvia, puntandole contro un dito.
«Eh?!» mormorò Priscilla, sconvolta per l'accusa.
«Comunque mi spiace, ma io ho già scelto il mio partner» disse Gray e in quel momento si avvicinò a loro Loki, vestito elegante, mettendosi al fianco di Gray.
«Ohy! Loki! È da tanto che non ti vedo in giro!» salutò Priscilla, alzando una mano allegra.
«Per forza, è uno Spirito di Lucy adesso» spiegò Wendy con pacatezza, cercando di non farla sembrare troppo una sciocca per quell'osservazione. Priscilla sgranò gli occhi e fissò il ragazzo sconvolta: «Sei uno Spirito Stellare?!»
«Ma come? Non lo sapevi?» la rimproverò Gray.
«Sono stata un po' assente ultimamente» ridacchiò lei, per niente imbarazzata per la gaffe. Si sollevò in volo, come sempre faceva, nonostante la sedia fosse appena sotto di lei, e incrociò le gambe tra loro. «Però mi ha detto Bickslow che state insieme ora» esclamò.
«È una bugia!» ruggì Lucy, offesa.
«Farò io coppia con Lluvia» si alzò Lisanna, decisa.
«Nee-chan?» sussultò Elfman, sorpreso.
«Su Edoras eravamo buone amiche e anche questa Lluvia mi sta simpatica» spiegò lei, allegra.
«Questo significa che dovrai affrontarmi sul serio. Voglio un bell'incontro appassionato come ai vecchi tempi» disse Gray e Lluvia arrossì tanto che per poco non sembrò prendere fuoco.
«Ap-ap-appassionato» balbettò, portandosi le mani al viso. Priscilla ne rise, divertita e intenerita, anche un po' invidiosa. L'amore tra due esseri umani era affascinante e dolce, quanto avrebbe voluto provarlo anche lei sulla sua pelle un giorno. Fingeva di essere come loro, dormiva e mangiava per assomigliargli, ma nel profondo sapeva che sarebbe sempre rimasta un passo indietro... a guardarli e basta. Era triste, ma se lo sarebbe fatto bastare.
«Immagino tu farai coppia con Wendy, Priscilla» disse Lucy, guardando la ragazza che galleggiava di fianco a sé.
«In realtà» disse lei, risvegliandosi da quell'incanto e tornando a concentrarsi sull'argomento del momento. «In realtà avrei piacere di chiederlo a Lily» confessò con un ampio sorriso. Il gatto sentendosi nominare distolse lo sguardo da Gajeel, che tenendo sollevata Levy le prometteva di renderla la migliore, e si voltò verso Priscilla. «Tu sei stato molto vicino a Gerard, gli hai salvato la vita e gli sei molto fedele. Mi piacerebbe condividere questo momento con te, che sei la persona più vicina a lui».
«Sarà un onore per me aiutare la discepola di sua maestà in questo importante evento. Conta su di me!» sorrise Lily, determinato.
«Non ci resti male, vero, Wendy-chan?» chiese Priscilla, notando lo sguardo avvilito della bambina. «Lily è più forte di me, probabilmente ti sarei solo d'intralcio. È meglio così» mormorò Wendy, cercando di rasserenarsi.
«Ma quanto sei carina quando fai così!» rise Priscilla lanciandosi su di lei e stringendosela al petto. «Non essere sciocca, sei la migliore di tutte! Con te condivido gli obiettivi più grandi della mia vita, solo volevo far qualcosa di speciale anche con l'ultimo ricordo di Mistgun che avessi. Solo per una volta» le disse con un occhiolino. Wendy sorrise, luminosa, prima di annuire e dire: «Ho capito!»
«A-aspetta, Nee-chan!» chiamò Elfman, preoccupato, verso Lisanna. «Ma io allora con chi dovrei fare coppia? Mira-chan è di classe S, non posso chiederlo a lei!»
«In realtà c'è qualcuno che ti sta fissando intensamente già da un po'» rispose Lisanna, indicando un punto non troppo lontano da loro. Seduta al banco, che si sventolava lentamente, Evergreen teneva lo sguardo immobile su Elfman tanto da sembrare quasi pietrificata. All'uomo vennero i brividi persino sui capelli e riuscì solo a sibilare con quel poco di voce che aveva: «Evergreen».
«Pare che si sia arrabbiata perché Fried ha scelto Bickslow come partner e Priscilla ha scelto Lily, dandole così il colpo di grazia» spiegò Lisanna.
«Oh! Non sareste male insieme!» osservò Priscilla, ancora avvinghiata a Wendy.
«Eh?!» sobbalzò Elfman tanto da far tremare persino il tavolo. «Mio dio, no...» sussurrò, terrorizzato.
«Bene!» si alzò Priscilla infine. «Abbiamo solo una settimana di tempo. Lily! Vorrei potermi allenare con te un po', per avere ben chiare le tue capacità».
«Dobbiamo intensificare un po' l'affiatamento se vogliamo avere successo, sono d'accordo. Resterò al tuo fianco per tutto il tempo, ci aiuterà a conoscerci meglio»annuì Lily.
«Ben detto, gatto! Andiamo, abbiamo ancora tempo prima di cena» disse lei dirigendosi verso l'uscita della gilda.
«Ma.... sta nevicando! Priscilla-nee, prenderai freddo» si preoccupò Wendy, ma lei sorrise semplicemente e disse: «Sono metà di ghiaccio, credi possa spaventarmi un po' di neve. Sta' tranquilla, tornerò in tempo per cena!»
«Fate attenzione!» rispose Wendy, alzando una mano e salutandoli.
«Cerchiamoci un posto isolato per sfogarci un po'» disse Priscilla, cominciando a camminare sotto la neve.
«Ora che siamo lontani dalla gilda puoi dirmelo» disse Lily, camminandole a fianco.
«Dirti cosa?» chiese lei, allegra, alzando la testa e permettendo a dei fiocchi leggeri di posarsi sulle sue guance. Era una sensazione delicata e piacevole.
«Il vero motivo per cui non hai scelto Wendy».
Priscilla ridacchiò, lanciando uno sguardo di traverso al gatto al suo fianco, per poi mormorare: «Sei sveglio. Ci ho visto bene quando ho pensato di chiederlo a te».
«Hai qualcosa in mente?» insisté Lily, cercando di indagare a fondo.
«Niente di particolare, solo una sensazione... preferirei che Wendy restasse a casa, al sicuro» confessò Priscilla, tornando a guardare di fronte a sé.
«Al sicuro da cosa?»
«Non sono sicura... ma è da quando ho rivisto Mest, questa sera, che ho questa strana sensazione addosso. È il discepolo di Mistgun...»
«Come te» disse Lily.
«Tu sei l'ultimo arrivato nella gilda, non hai conosciuto Mest prima d'ora, perciò ho pensato avresti potuto aiutarmi a sbrigliare i nodi. Ricordo bene che Mest è il discepolo di Mistgun, lo è stato prima che lo diventassi anch'io, per questo non ci siamo mai incrociati. Ma... non lo so, ho una strana sensazione».
«Il Principe ha preso te come discepolo, può benissimo aver preso qualcun altro prima di allora. È chiaro e normale, in fondo prima ancora aveva preso anche Wendy sotto la sua ala».
«Wendy è una Dragon Slayer, al tempo era una bambina abbandonata se l'avesse lasciata a se stessa sarebbe morta. Io non sono umana, l'ho incuriosito perché non dormivo quando veniva alla gilda, mi ha accolta perché voleva studiare e capire cosa fossi. Ma Mest... cos'ha Mest di particolare? Non riesco a ricordare. Gerard poi non faceva che ripetere quanto fosse solo e il fatto che ci volesse restare, per non far sapere chi fosse...».
«Ho capito» annuì Lily. «Io ero la persona più vicino a lui, quando era a Edoras, per questo hai chiesto di me».
«Tu lo conoscevi, magari puoi aiutarmi a capire» annuì Priscilla. «Forse mi sbaglio e sono solo gelosa che non fossi l'unica amichetta segreta del principe» ridacchiò poi divertita.
«Perciò è questo il motivo per il quale hai accettato di fare l'esame. Mi hanno raccontato che cinque anni fa ti rifiutasti. Anche ora non ti interessa, vuoi solo indagare su Mest» azzardò Lily ma lo sguardo di priscilla, quella volta, gli diede torto. Si raddolcì, assunse uno sguardo malinconico ma felice, e allungò il palmo della mano destra, scoperto e ben visibile, ad accogliere dei fiocchi di neve. «Sai, Lily... credo invece che su questo ti sbagli» sorrise, di un sorriso dolce e sincero. «C'è qualcosa di diverso, ora, in me».




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Capitolo 29
*** Prima prova ***


 Prima prova





La nave aveva lasciato il porto di Hargeon già da un po' e il clima, in quella zona di mare, era sempre caldo e soffocante per via delle correnti. I nove partecipanti all'esame insieme al loro partner cercavano di trovare conforto, ognuno per i propri problemi, il cui predominante era effettivamente la temperatura bollente. Lucy, che aveva deciso di partecipare come partner di Cana, era stravaccata su una sdraio, ricoperta di sudore, che si lamentava. Sedute a un tavolo anche Cana e Levy, in costume da bagno, cercavano conforto in una bevanda fresca. Elfman ed Evergreen, entrambi appoggiati all'albero maestro, speravano nel beneficio dell'ombra che la vela gli faceva in parte. Gajeel mangiava in un angolo, Natsu era appeso al bordo della nave pronto a vomitare da un momento a un altro. Nonostante Wendy alla fine avesse deciso lo stesso di partecipare, accettando la proposta di Mest e diventando sua partner, aveva però confessato di non voler sprecare la propria magia con quelli che almeno al momento riteneva avversari. Gray era completamente nudo, con Lluvia che impazziva nel guardarlo, Loki seduto al suo fianco conservava invece la sua integrità ed eleganza nonostante il tempo.
«Nonostante tutto è venuta lo stesso» mormorò Lily avvicinandosi a una Priscilla che galleggiava a mezz'aria avvolta da una corrente d'aria fredda. Il braccio di ghiaccio che Leon le aveva donato, in fondo, almeno in quei momenti era decisamente utile.
«Tra tutti, ha chiesto proprio a Wendy, che ha anche lei dei legami con Gerard. Non so, la cosa potrebbe tranquillizzarmi o allarmarmi maggiormente, non riesco ancora a capire. Avrei solo preferito tenerla fuori» disse fissando la bambina seduta al tavolo.
«Priscilla, condividi la tua aria con me!» lamentò Lucy, gattonandole incontro.
«Nein!» rispose Priscilla risoluta. «Non posso sprecare magia prima di un grande evento come questo».
«Lo stai già facendo!» lamentò Lucy.
«Questo serve a tenermi in forma! Se non lo facessi il caldo mi distruggerebbe prima di iniziare l'esame, non è positivo» si giustificò Priscilla, facendo piagnucolare Lucy, ormai vinta. «Danne un po' anche a me, mi farebbe comodo un po' di frescore al momento» disse Lily e Priscilla aprì le braccia, chiamando entusiasta: «Vieni, Lily!»
Il gatto si sistemò sulle sue gambe, ancora intrecciate tra loro, e si appoggiò al suo ventre rilassandosi mentre l'aria fresca lo ristorava.
«Non è giusto!» pianse Lucy, ancora più forte.
«Priscilla, visto che sei in grado di rinfrescarti, potresti almeno metterti dei vestiti invece che un costume da bagno?» chiese Fried, parzialmente irritato.
«Eh?» chiese lei, non capendo perché mai proprio lui avesse dovuto chiederle una cosa simile. «Perché, scusa? Ne approfitto per prendere il sole».
Fried si limitò a puntare un dito al suo fianco, indicando Bickslow letteralmente accasciato su un tavolino, sorrideva e la fissava ininterrottamente. «Baby, quel costume ti sta una favola».
«Gliel'ho comprato io!» gridò Evergreen dall'altro lato della nave, sorridente e orgogliosa.
Priscilla sussultò e stringendosi Lily al petto si voltò in parte, come a volersi nascondere. «Ma che diavolo, Bickslow!» ruggì, rossa in volto.
«Quel tipo ti fissa già da un po', l'ho notato anche io» disse Lily.
«Piantala!» gridò ancora Priscilla verso il ragazzo che certo non sembrava nelle condizioni di affrontare un esame.
«Me lo distrai» insisté Fried.
«Potremmo approfittarne» azzardò Lily.
«Scordatelo!» ruggì Priscilla e rossa in volto volò rapidamente dentro la sua cabina, pronta a cambiarsi. «Maledetto, volevo vedere se riuscivo ad abbronzarmi un po'» piagnucolò, finendo di rivestirsi. Uscì nuovamente sul ponte, ancora irritata, proclamando un furioso: «E poi c'è Gray che sa usare la magia del ghiaccio, fatevi fare da lui una stalagmite a cui appoggiarvi!» ma nessuno l'ascolto, tutti impegnati a osservare il mare dalla prua. «Che succede?» mormorò Priscilla, non capendo, e corse al loro fianco per potersi affacciare a sua volta. L'isola di Tenrou si ergeva fiera pochi metri più avanti, pronta ad accoglierli nella sua particolare forma a doppia isola. Un enorme albero che cresceva nel centro, si portava verso il cielo, si diramava in talmente tanti rami fitti tra loro da sembrare la base per una seconda isola.
«Wow» si illuminò Priscilla, spalancando gli occhi emozionata.
«Esisteva la leggenda che su quell'isola ci vivessero le fate» proclamò Makarov, mostrandosi da sopra il ponte , in piedi su una balaustra. «E che il primo master di Fairy Tail, Mavis Vermilion, riposi qui.Vado ora ad annunciarvi i dettagli della prima prova» disse tirando fuori un ventaglio e cominciando a farsi aria. Madido di sudore, nonostante l'importanza di quell'evento, non poteva resistere troppo al caldo nemmeno lui.
«Vedete quel fumo che si alza dalla spiaggia? Quello sarà il punto di partenza. Da lì si dipaneranno nove vie ed ogni coppia dovrà sceglierne una da intraprendere. Ecco cosa vi attende dietro ogni via: Potete incorrere in una battaglia tra due squadre che si incrociano, in una battaglia difficile contro uno dei nostri maghi di classe S, in un percorso tranquillo o un percorso bloccato» spiegò.
«Ti prego, non Gildarts» sussurrò Priscilla, alzando gli occhi intimorita al cielo.
«Eh?» mormorò Lily, sentendola, ma certo non poteva capire il vero motivo dietro quella scelta. L'osservazione cadde com'era nata e ripresero ad ascoltare la spiegazione di Makarov: «Solo le squadre che riusciranno ad arrivare alla fine avranno superato la prima prova e potranno accedere alla seconda. I percorsi che sfociano nell'arena di battaglia i due team che si ritroveranno dovranno combattersi e solo uno potrà passare oltre. Nei percorsi invece definiti con battaglia difficile troverete Erza, Gildarts e Mirajane ad aspettarvi: solo sconfiggendoli potrete passare oltre. Il percorso bloccato non lascia vie di uscita, la vostra prova termina ben prima di iniziare. Infine il percorso tranquillo invece è dove potrete passare alla seconda prova senza dover combattere con nessuno. Lo scopo della prima prova è di valutare la vostra forza e la vostra fortuna».
«C'è una possibilità su nove di trovare il percorso tranquillo» mormorò Lucy, pensierosa.
«E una su nove di trovare il percorso bloccato, senza possibilità nemmeno di provarci. La fortuna ha un ruolo essenziale» asserì Priscilla, ragionando sui percorsi.
«Le vie con i maghi di classe S sono quasi impossibili, perciò nel peggiore dei casi solo tre team potranno accedere alla seconda prova» rifletté Levy.
«È ora di dare inizio alla prima prova!» gridò Makarov, riattirando l'attenzione dei nove team. «Via! Iniziate!» urlò.
«Cos...?» sussultò Lucy.
«Qui?» si chiese Gray.
«Siamo ancora in mezzo al mare» mormorò Wendy, pensierosa.
«Lily!» chiamò Priscilla alzandosi in volo e scattando verso l'isola.
«Sì!» rispose il gatto prontamente, facendo sbucare le proprie ali e seguendo la ragazza.
«Happy! Non possiamo farci lasciare indietro!» ruggì Natsu e Happy non esitò ad afferrarlo e volare rapido dietro ai due con un deciso: «Aye, sir!»
Non fu difficile per Happy raggiungere con la sua velocità Priscilla e Lily, ma dopo pochi metri sia lei che Natsu, ancora sorretto dal gatto, si trovarono la strada sbarrata pericolosamente. Spiaccicati contro un muro invisibile, contro cui avevano tutti e due picchiato la faccia, si lamentavano massaggiandosi il naso dolorante.
«Ma che...?» lamentò Natsu tastando il muro invisibile davanti a sé per capire cosa fosse.
«Una runa?» mormorò Cana dalla barca, guardando le rune viola tutte intorno a loro.
«Fried!» sussultò Priscilla, vedendo sia lui che Bickslow volare via, il primo con delle ali di rune e il secondo sopra i suoi totem.
«Perdonami, Pricchan. Sarò io a prendere il posto di Laxus!» disse Fried.
«Tanto si dissolveranno tra cinque minuti!» spiegò Bickslow, volandogli dietro.
«E così non hai intenzione di farmi sconti, eh?» ridacchiò Priscilla, accendendosi in uno sguardo compiaciuto ed eccitato. «Bene così!»
«Conosci un modo per passare?» chiese Lily.
«Negativo. Dovremmo aspettare» disse Priscilla, incrociando le gambe in volo.
«Levy può modificare le rune!» disse Lucy, illuminandosi e voltandosi verso la ragazza che era già al lavoro.
«Esatto!» disse Levy, entusiasta. Completò l'opera in pochi secondi e infine sia lei che Gajeel passarono, ma il muro sembrò restare esattamente dov'era. «Ma solo per me e Gajeel! Scusami, Lu-chan!» disse tuffandosi in acqua e cominciando a nuotare verso la riva.
«Due team sono già passati... non è una gara di velocità, ma ci impedirà di provare a scegliere» commentò Priscilla, pensierosa.
«Tre!» gridò Elfman, tuffandosi in acqua insieme a Evergreen e cominciando a nuotare verso riva.
«Eh?!» sussultò Priscilla, guardandoli allontanarsi. «Ma come hanno fatto?! Ci sono dei punti deboli?! Devo scoprirlo!» digrignò i denti Priscilla cominciando a tastare il muro di fronte a sé con la stessa foga di Natsu, al suo fianco.
«Pare che Ever abbia detto qualcosa sul "conoscere Fried abbastanza"» spiegò Lily e Priscilla cominciò a tastare con più foga, lasciandosi sfuggire un irritato: «Maledetta!»
Quelli furono i cinque minuti di attesa più lunghi della loro vita, fino a quando finalmente le rune si dissolsero e anche al resto dei team fu permesso lasciare la nave.
Gray ghiacciò il mare per correrci sopra, pattinarci, e arrivare il prima possibile. Priscilla riprese a volare, affiancata da Lily e fronteggiata da Happy e Natsu che procedevano alla stessa velocità. Lluvia si unì al mare, trasformandosi in corrente per arrivare prima, mentre Lisanna al suo fianco aveva usato il Take Over per diventare un pesce. Wendy e Mest si erano tuffati, come Lucy e Cana, ma quest'ultime furono più lente e restarono indietro, per ultime.
Priscilla e Natsu arrivarono praticamente contemporaneamente, fulminandosi a vicenda, guardarono le vie davanti a loro.
«Scegliamone subito una!» disse Lily.
«Quattro sono già state prese...» mormorò Priscilla, guardando le gigantesche X che a inizio di ogni via bloccava l'ingresso.
«Io vado alla E come Erza!» ruggì Natsu, volando verso l'ingresso della caverna. «Erza arrivoooo!!!» urlò, fiondandosi all'interno.
«Eh?! Aspetta, chi te lo dice che sia lì...» provò a chiedere Priscilla, stupita della semplicità e la rapidità con cui Natsu aveva preso la sua via. Alzò gli occhi al cielo, sospirando, e infine disse: «Andiamo alla D!»
Entrarono e solo allora scesero a terra, decidendo di proseguire a piedi. L'interno della caverna, benché fosse chiuso, era comunque ben illuminato da dei pulviscoli magici. Le pareti erano di roccia e pietre, ben decorate, dalle quali ogni tanto sbucavano dei rampicanti. Colonne crollate, vecchie statue con pochi elementi ancora stabili.
«Sono delle rovine» osservò Lily, camminando al fianco della compagna.
«Chissà che posto era» commentò Priscilla, proseguendo con l'attenzione ben vigile. Sentì del rumore di acqua sotto ai piedi e osservò le infiltrazioni che dalle pareti portavano il pavimento ad allagarsi fino a raggiungere zone dove l'acqua arrivava alle caviglie.
"La luce è sufficiente a guardarsi attorno, in un luogo come questo non potrò usare il mirage" rifletté cercando di cogliere vantaggi e svantaggi da tutto ciò che l'ambiente le forniva. Sperava, in cuor suo, di aver avuto la fortuna del percorso tranquillo ma sapeva che le probabilità non erano dalla sua. In caso di battaglia, che fosse stato con qualche altro team o con i maghi di classe S, doveva essere pronta.
La galleria improvvisamente si aprì in un enorme stanza, altrettanto allagata, piena di rovine e macerie, da cui in mezzo si ergeva fiera una figura. Priscilla trasalì, vedendola.
«Erza...» mormorò Lily, preoccupato. «La fortuna non è stata dalla nostra a quanto pare».
«Priscilla!» salutò Erza, incrociando le braccia al petto. «Ci ho sperato molto, di veder comparire proprio te, lo devo ammettere» confessò con un sorriso deciso.
«Una delle persone che più hanno creduto nelle mie capacità fin dall'inizio» disse Priscilla, avvicinandosi temeraria. «Finalmente potrai mettermi alla prova come hai sempre desiderato».
«Vedi di impegnarti, non ti darò nessuno sconto» disse Erza e in un istante si equipaggiò con una delle sue armature preferite: la Heavens Wheel Armor. Si lanciò contro Priscilla, spada sguainata, e si preparò a colpirla. A fermarla, con sua sorpresa, non fu però lei stessa ma Lily che gonfio nella sua forma più potente aveva bloccato il suo attacco con la propria spada.
«Lily!» lo guardò sorpresa Erza.
«Da quando sono arrivato qui mi hai messo più volte alla prova per testare le mie capacità di spadaccino» disse lui, parando altri colpi che Erza accanitamente gli scaricava addosso. «Mentre io non potrei fare molto in un corpo a corpo armato» disse Priscilla, trovandosi sorprendentemente alle sue spalle. Sparò un tornado dal palmo della mano che colpì Erza in pieno, scaraventandola altrove.
«Per questo si occuperà lui della tua lama e io del resto» sghignazzò Priscilla, guardando Erza atterrare pochi metri da loro perfettamente intera. Lily non aspettò di vederla tornare alla carica, ma fu il primo ad attaccare e Priscilla gli corse dietro, fiduciosa del fatto che lui avrebbe parato ogni singolo colpo e le avrebbe permesso di cercare dei punti ciechi. Erza e Lily ripresero il corpo a corpo e Priscilla saltò sopra la sua testa, pronta a colpire Erza con un calcio potenziato dal suo vento. Ma una spada di Erza nacque nel vuoto e le si lanciò contro prima che lei potesse raggiungere la sua avversaria.
«Attenta!» urlò Lily, prendendo Priscilla per una gamba e lanciandola via per aiutarla a schivare. Questo però mise lui in svantaggio, distraendolo, e Erza approfittò per attaccare. L'avrebbe colpito in pieno se Priscilla non fosse riuscita a far nascere uno scudo di vento di fronte a lui e far rimbalzare il colpo. Roteò su se stessa e atterrò in ginocchio, guardando anche Lily vacillare all'indietro. Altre spade nacquero per aria, almeno quattro di esse si lanciarono su Lily che con una rapidità incredibile le respinse. Altre cinque o sei invece presero di mira la stessa Priscilla, che per un po' fu costretta a volare da una direzione a un'altra per schivarle. Impegnati nella loro lotta contro le armi di Erza, persero di vista lei che riapparve poco dopo sopra la testa di Priscilla. La colpì e e Priscilla cadde a terra, dolorante e confusa. Erza di nuovo si accanì su di lei ma Priscilla generò un altro scudo di vento per respingerla, forzando la pressione nella direzione opposta riuscì a lanciare via Erza.
«Adesso ti mostro cosa so fare» ruggì Priscilla, rimettendosi in ginocchio e allargando le braccia. Il vento rombò nella galleria e li raggiunse travolgendoli con la stessa forza di un enorme proiettile. Lily fu costretto ad aggrapparsi a qualcosa per non venir trascinato via, Priscilla restava immobile in ginocchio, a braccia aperte, mentre persino Erza dovette fare più forza sulle proprie gambe per non essere spazzata via. Era incredibile solo pensarci, che la magia di Priscilla potesse essere tale da costringere Erza a usare tutta la sua forza per fargli appello.
"Finalmente ti sei decisa a fare sul serio" sorrise Erza, compiaciuta.
Le sue stesse spade, che ancora fluttuavano nell'aria, vibrarono sotto la forza del vento. Priscilla da sotto il ciuffo lanciava sguardi glaciali in giro, controllando cosa avesse intorno o forse semplicemente calcolando il modo migliore per vincere quella battaglia. Più forza, più vento, e infine le spade di Erza si mossero contro la sua volontà, spinte solo dalla forza del vento. Le si lanciarono contro, mirando la loro stessa spadaccina, e persino la grande Erza si ritrovò a sbarrare gli occhi colpita di quanto stesse vedendo. Stava per essere battuta dalle sue stesse armi, mosse contro la propria volontà solo dal potere del vento di Priscilla. Si riequipaggiò rapidamente con l'armatura di Adamantio con cui si difese dai colpi della sua stessa spada. Riaprì l'enorme scudo, per tornare a guardare la propria avversaria che aveva già fatto la sua mossa in quel piccolo istante in cui l'aveva persa di vista. Il braccio sinistro teso indietro, ricoperto di un vento gelido, tanto che del pulviscolo nevoso si mescolava a esso. Voleva approfittare dell'apertura dello scudo di Erza per penetrarvi e centrarla nell'unico punto scoperto, il viso, ma Priscilla aveva sottovalutato la rapidità di Erza. Quest’ultima richiuse lo scudo appena in tempo e il suo pugno colpì la durezza della sua armatura con un clang alquanto sinistro. La mano di Priscilla, lievemente azzurrognola per il potere del ghiaccio che stava sprigionando in suo aiuto, si crepò e la ragazza urlando di dolore arretrò.
"Speravo che vento e ghiaccio fossero abbastanza forti da sfondare la sua difesa" rifletté, digrignando i denti. Si afferrò la mano ferita e guardò Erza che tornava a riequipaggiarsi con una nuova armatura, mai vista prima. Due spade, una per mano, e semplicemente roteò appena col busto. Una scia magica nacque da entrambe, formando una X nell'aria, e volò in direzione di Priscilla. Il vento colpito dalla X di Erza si dissipò, col rumore di un'esplosione, cessò come se fosse stato squarciato e spezzato. Infine i colpi magici raggiunsero la stessa Priscilla, travolgendola. Con un urlo la ragazza cadde infine a terra , tremante e ferita.
«Priscilla!» la chiamò Lily, preoccupato.
«Sei come la tua magia» disse Erza, perfettamente indenne nonostante avesse subito un paio di colpi. «Il vento può ferire solo nella sua forza bruta e ad essa ti affidi per colpire, ma non appena trovi di fronte a te un muro in grado di resistervi cadi a terra».
Priscilla tremando si girò, poggiando le mani a terra e rialzandosi lentamente.
«Sembra di tirare pugni a un muro» ridacchiò, benché sofferente. «Niente ti smuove o ti scalfisce, Titania».
«Hai intenzione di arrenderti?» chiese Erza.
«Arrendermi?» ridacchiò Priscilla, rialzandosi infine in piedi. «Ho appena cominciato. Lily!»
«Eccomi!» ruggì l'Exceed tornando a lanciarsi incontro alla donna. Erza impugnò entrambe le sue spade e le usò per difendersi, concentrandosi sull'avversario che aveva davanti ma senza perdere di vista Priscilla alle sue spalle.
«La vostra strategia è brillante, sfruttate i punti di forza di entrambi nel modo che meglio conoscete, non è affatto sbagliata. Ma con me avrete bisogno di altro» disse, riuscendo a sostenere il ritmo serrato dei colpi di Lily. Era veloce e forte, tanto da tenerla impegnata, ma non abbastanza da scalfirla.
«Sei tosta» commentò Lily, abbozzando un sorriso divertito.
«Potrei dire altrettanto» sorrise anche Erza.
Di nuovo Priscilla comparve alle spalle del compagno e si unì allo scontro, senza però approfittare dell'effetto sorpresa, semplicemente costringendo Erza a doversi difendere su due fronti. Lei colpiva con pugni e calci caricati, Lily con la propria spada, e Erza doveva tener testa ad entrambi. Era faticoso, era estremamente faticoso, e quando Priscilla vide una goccia di sudore sfuggire dalla fronte della donna contro cui stavano combattendo sorrise compiaciuta. Era forte, ma riuscivano a metterla in difficoltà.
«Arriva!» disse infine Priscilla, sorridendo soddisfatta nell'istante in cui un’ondata d'acqua li travolse coprendoli fino alle ginocchia.
«Acqua?» si chiese Erza curiosa, non capendo dove volesse andare a parare.
«Ho dovuto spingere il mio vento fuori di qua, fino al mare, per poterla portare qui dentro» spiegò Priscilla. «Ma le infiltrazioni mi hanno indicato la via più rapida, è bastato seguirle a ritroso».
«Mentre combattevi con me facevi questo?» chiese Erza stupefatta. «Che intenzioni hai adesso?» sorrise Erza.
«Il mio braccio di ghiaccio non è abbastanza per usare il potere di Leon, posso solo raffreddare l'aria, ma basterà se ho abbastanza umidità a cui accedere!» disse Priscilla immergendo il braccio sinistro nell'acqua. Un colpo di vento e sollevò un'onda che rapidamente si lanciò contro Erza stessa. Poco prima di colpirla la parte più superficiale colpita dal vento gelido del braccio sinistro di Priscilla si congelò, diventando così un vero e proprio martello di ghiaccio pronto ad abbattersi sulla donna. Erza saltò per evitarlo, ma Priscilla si decise a non darle tregua e si mosse, scatenando un'altra onda d'acqua che poi divenne ghiaccio. Gli schizzi contro la parete si congelarono, trasformandosi in tanti piccoli proiettili che si lanciarono nuovamente verso Erza. Per quanto lei si coprì con le braccia appena in tempo, le schegge di ghiaccio furono abbastanza da ferirla almeno nei punti scoperti.
«Sì!» esultò Priscilla, vedendo che finalmente era riuscita ad intaccarla. Erza atterrò nuovamente con i piedi ben immersi nell'acqua e Priscilla alzò il braccio in aria, decretando: «Non ho ancora finito! Tornado d'acqua!»
L'aria si raggruppò tutta intorno a loro e si strinse, soffiando in maniera circolare, catturando nel suo folle turbinio tutta l'acqua che era lì presente come una pompa. Si strinse intorno ad Erza e infine la intrappolò al suo interno. Un vero e proprio tornado formato solo di acqua vorticava di fronte ai loro occhi, tenendo ben imprigionata una Erza che ora non poteva più nemmeno respirare oltre che muoversi, trovandosi completamente immersa.
«Funziona!» esultò Lily, vedendo che passava del tempo ed Erza ancora non usciva da lì. Priscilla non si pronunciò ma non mollò la presa e continuò a tenerla ben salda all'interno del suo turbine di vento, aspettando un segno di resa o forse una sua mossa.
"Forza!" pensò, trepidante.
Un altro fascio di luce, la magia che spezzava la magia, Erza disintegrò il turbine di acqua di Priscilla e raggiunse entrambi i suoi nemici colpendoli e ferendoli ancora. Priscilla si rialzò da terra, restando in ginocchio, vicino a un Lily altrettanto mal messo. Avevano ferite ovunque, a malapena si reggevano in piedi per la stanchezza, e ora Erza si ergeva davanti a loro con la sua armatura del Re del Mare. Un'armatura pensata apposta per gli attacchi d'acqua, con cui aveva facilmente sciolto quell'incantesimo. Guardò i due avversari, ansimando per la fatica, ma ancora tutta intera. Lo sguardo di chi ancora l'aveva fatta franca e di chi gli stava urlando di essere ancora dei pulcini alle prime armi. Era pronta a trasmettere la sua lezione, quando notò il sorriso di Priscilla. Qualcosa era andato storto, i suoi calcoli erano sbagliati.
«Ho vinto» mormorò Priscilla, soddisfatta.
Un rombo sopra la testa di Erza la fece trasalire, alzò gli occhi su quelle che erano vere e proprie nuvole nere. Non ebbe tempo nemmeno di capire cosa stesse succedendo, cosa fossero e come fossero arrivate lì, quando un fulmine cadde da quel cielo artificiale e la colpì in pieno Il colpo del tuono fu almeno dieci volte superiore di uno normale amplificato dall’acqua in cui era immersa fino alle ginocchia e dalla stessa armatura di Erza.
«L'acqua è un'ottima conduttrice di elettricità, dovevo solo spingerti a indossare l'armatura più debole di fronte a questo attacco» disse Priscilla, vedendo Erza cadere a terra con un urlo. «Ho raccolto l'umidità della stanza sopra le nostre teste fin dall'inizio, usando il calore del clima di questo posto, combinandolo al freddo del mio braccio sinistro e sono riuscita a ricreare un bel temporale mentre tu eri concentrata a guardare i nostri attacchi diretti».
«Avete continuato ad attaccarmi frontalmente per costringermi a tenere lo sguardo su di voi» ridacchiò Erza, sollevandosi lentamente da terra. «Mi avete fatto credere che foste capaci solo di attacchi diretti, avete preso tempo per permetterti di ricreare il tempo adatto e infine mi hai spinta a indossare l'armatura peggiore per sopportare questo attacco» realizzò e continuò a ridere.
«L'idea mi è venuta quando ho visto le infiltrazioni dalle pareti, ho pensato di poter usare l'umidità del posto a mio vantaggio» sorrise Priscilla, felice della trovata.
«Davvero incredibile. Avevo ragione a pensare che ti sarebbe bastato impegnarti solo un po' di più» commentò Erza, mettendosi a sedere su una delle macerie a gamb incrociate e la spada piantata al suolo al suo fianco. Un chiaro segno di resa. Sorrise, compiaciuta, e infine decretò il tanto agognato: «Avete vinto. Puoi passare alla seconda prova».
«Evvai!» esultò Priscilla, saltando sul posto entusiasta. «Qua la zampa, socio!» disse infine, alzando la mano destra, adornata ancora del simbolo della propria gilda. Lily sorrise, altrettanto soddisfatto, e accettò di buon grado la mano della compagna battendoci contro un soddisfatto cinque.
«Andiamo! Non vedo l'ora di dire agli altri di aver battuto Erza!» disse lei, iniziando a correre lungo la galleria che, ora aperta, portava alla fine del percorso. «Voglio vedere la faccia di Natsu!» scoppiò a ridere, allegra e gioviale. Nonostante il corpo ferito, saltava e correva come se niente fosse appena successo. La sua forza era invidiabile, il suo buon umore una medicina per il cuore. Priscilla era finalmente rinata, si era liberata dell'ombra di suo fratello, di ciò che era, e aveva finalmente iniziato a vivere per se stessa. Ed Erza non poté far a meno di sorridere felice nel vedere la sua amica finalmente libera dalle proprie 
soffocanti catene. 






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Capitolo 30
*** Inutile ***


Inutile




Le voci di Gray e Lucy erano ben percepibili in fondo alla grotta e questo significava solo che sia lui che Cana avevano passato la prima prova. Priscilla si chiese, emozionata, chi altri avrebbe incontrato fuori da quel passaggio e chi avevano incontrato loro lungo il cammino. Corse verso l'esterno, seguita da un tranquillo Lily che invece arrivò con più lentezza e fierezza.
«Solo noi abbiamo passato la prima prova?» chiese Gray, guardando Lucy e Cana, Levy e Gajeel e infine Natsu.
«Ohy! Ragazzi!» salutò Priscilla, avvicinandosi allegra. «Che bello! Ce l'avete fatta anche voi!» saltellò.
«Priscilla...» balbettò Gray, guardando il suo corpo coperto di ferite e gli abiti al limite dello straccio.
«Chi ti ha ridotto così?» sussultò Lucy, sconvolta.
Priscilla allargò ancora di più il sorriso, orgogliosa, per poi esclamare piantandosi le mani sui fianchi: «Io e Lily abbiamo sconfitto Erza».
«Eh?!» urlarono i suoi compagni, sbarrando gli occhi per la sorpresa. Una reazione che riempì ancora più di orgoglio Priscilla, ma non ebbe modo di manifestarlo perché Makarov, seduto lì a fianco, aveva fatto la stessa esclamazione di sorpresa e aveva perciò attirato tutta la sua attenzione.
«Come sarebbe a dire "eh?!"? Nonno!» ringhiò furiosa della poca fiducia che il vecchio pareva riporre il lei.
«Niente, niente» mormorò Makarov in maniera assolutamente poco convincente. Priscilla decise comunque di lasciarlo perdere, anche se quella nota di nervoso per un po' non l'abbandonò, e incrociò le braccia al petto chiedendo: «Allora Lluvia, Mest e Elfman non sono passati?» chiese.
«Mest e Wendy li abbiamo incontrati noi» rispose Gray, prima di riflettere: «È stato più facile di quanto mi sarei immaginato». Nonostante la frase sarebbe potuta passare per quella di chi voleva vantarsi delle proprie capacità, lo sguardo pensieroso e confuso di Gray lasciarono invece trapelare appieno la sua perplessità. Mest era così debole anche l'anno precedente?
Un'osservazione che a Priscilla, già preoccupata fin dal principio su quella faccenda, non sfuggì.
«Noi siamo stati fortunati, abbiamo trovato il percorso tranquillo» gongolò Levy e seduta su una roccia agitò i piedi nel vuoto come una bimba.
«Fortuna?! Non ho potuto prendere a pugni nessuno!» ruggì Gajeel, invece, frustrato.
«Noi abbiamo incrociato Bickslow e Fried» disse invece Lucy.
«E siete riusciti a batterli?!» chiese Priscilla, sorpresa. «Incredibile!»
«Sì, beh...» arrossì Lucy. «Abbiamo avuto un po' di difficoltà».
«Noi abbiamo incrociato Gildarts!» saltò Happy, mettendosi in mostra, e questa volta a urlare un «Eh?!» sconvolto fu la stessa Priscilla.
«Lluvia e Lisanna non arriveranno. Hanno trovato il percorso bloccato» spiegò Makarov e, per quanto sapessero che era solo nelle loro teste, poterono tutti ben percepire il grido frustrato di Lluvia che esclamava in lacrime: «Volevo avere un incontro appassionato con Gray-sama! Lluvia è la donna della sciagura!»
«Quindi, andando per esclusione... Elfman e Evergreen...» e nel momento in cui lo realizzarono impallidirono tutti quanti. Elfman non poteva che aver incrociato sua sorella Mirajane che, per quanto fosse cambiata dopo la quasi morte di Lisanna, aveva comunque riacquistato le energie e la furia omicida del demone che era stata una volta.
«Poverini» sussurrò Lucy, abbattuta. Per quanto Elfman e Evergreen fossero forti e temibili, sapevano che niente potevano contro la forza disumana di Mirajane se si fosse messa a fare un pochino sul serio.
«Aspettateeee!!!» l'urlo virile di un uomo fiero, benché zoppicasse e fosse appoggiato alla sua partner altrettanto malridotta.
«Elfman!» sussultarono in molti.
«Ce l'abbiamo fatta! Abbiamo passato la prima prova!» disse lui fiero.
«Incredibile!» esclamò Lucy.
«Avete sconfitto Mira? Come?» chiese invece Happy, tanto sorpreso da non credere ai propri occhi.
«Ecco...» arrossì Elfman. «Come uomo non posso credere a quello che abbiamo fatto».
«Abbiamo approfittato di un'apertura che siamo riusciti ad aprirci!» esclamò invece Evergreen, sorridendo orgogliosa. Sicuramente una trovata sua, e conoscendo la donna doveva essere qualcosa di subdolo ed imbarazzante.
"Che avranno combinato?!" si chiese Lucy, altrettanto curiosa e convinta che sotto ci fosse qualche sporco trucchetto. Solo a Erza, al campo base, Mirajane avrebbe confessato che a farle abbassare la guardia era stata una finta dichiarazione di matrimonio da parte di quei due che l'aveva sorpresa tanto da permettere loro di approfittarne.
«Ad ogni modo» si schiarì la gola Makarov, cercando di attirare l'attenzione. «Questi sei team hanno superato la prima prova e possono accedere alla seconda!»
Natsu si alzò immediatamente in piedi. Era stato fino a quel momento chino su se stesso, a piangersi addosso per chissà quale strano evento che l'aveva sconvolto a tal punto -il che era veramente incredibile-, ma nessuno aveva fatto troppe domande: si era scontrato con Gildarts, qualsiasi cosa gli avesse fatto avrebbe potuto sconvolgerlo a tal punto. Priscilla poteva confermare, gli scontri con Gildarts non lasciavano mai indifferenti, anche se probabilmente i motivi erano ben diversi.
«Gray! Cana! Elfman! Levy! Priscilla!» esclamò puntando loro un dito contro. «Io vi sfido! Vediamo chi di noi riuscirà a diventare mago di classe S!» disse con un fuoco negli occhi che raramente mostrava. Il fuoco della determinazione e della forza, lo stesso fuoco che lo coglieva tutte le volte che si trovava di fronte a una sfida interessante e difficile. Natsu stava riconoscendo la difficoltà e la forza dei suoi compagni, per la prima volta da quando erano arrivati sull'isola, visto che fino a poco prima sembrava più essere un gioco per lui. Finalmente aveva capito che avrebbe dovuto fare sul serio, ed era pronto a sfoderare tutte le sue forze.
«Mi rifiuto di perdere contro di te» sorrise Gray, determinato. Stesso sorriso che colse anche Cana, silenziosa ma altrettanto emozionata.
«Anche io» si accodò Levy, con lo sguardo concentrato e deciso.
«Un uomo non rifiuterebbe mai una sfida!» ruggì Elfman eccitato.
«Ma essendo un esame non era già di per sé una sfida» mormorò Priscilla a Lily, al suo fianco, l'unica che prese la cosa con meno enfasi di quanta invece mostravano i suoi compagni.
«Forse voleva essere più una dichiarazione di guerra» annuì Lily, concordando con lei.
«Non prenderti gioco di me!» ringhiò Natsu, offeso, reazione che scaturì l'ilarità della ragazza. Ma dalle sue risate divertite nacque lo stesso sguardo deciso, a testimoniare che nonostante quello non lo stava sottovalutando neanche un po'. E chissà che forse, sotto sotto, anche a Priscilla la pigra che sempre evitava gli scontri quel genere di situazione non mettesse eccitazione.
«Bene, passerò ora a spiegarvi in cosa consiste la seconda prova» disse Makarov. «La seconda è la prova d'intelligenza e consisterà nel trovare la tomba del nostro primo Master: Mavis Vermilion. Il primo che la troverà diventerà mago di classe S. Il tempo limite per la riuscita della prova è di sei ore! Andate!» esclamò.
«Sei ore?» mormorò Levy, pensierosa.
«È un bel tempo...» osservò Lucy.
«Sì ma non abbiamo nemmeno un indizio e un'intera isola da perlustrare» le disse Cana.
«Andiamo! Happy! Useremo il naso!» gridò Natsu, cominciando a correre verso una direzione non molto specifica.
«L'olfatto di Natsu è buono, forse dovremmo seguirlo?» mormorò Evergreen.
«Un vero uomo non si abbassa a simili trucchetti!» ruggì Elfman.
«Abbiamo detto a tua sorella che ci saremmo sposati...» gli ricordò Evergreen e questo lo abbatté di nuovo.
«Beh restare qui a pensarci non ci aiuterà! Andiamo, Cana!» esclamò Lucy, indicando una direzione e cominciando a correre insieme a lei da quella parte.
«Lucy ha ragione. Andiamo da questa parte, Lily» disse Priscilla, infine, prendendo una direzione ancora diversa e lasciando così gli ultimi tre gruppi al loro destino. La vegetazione era fitta, su quell'isola, ma comunque accogliente. Ovunque erano presenti sentieri che permettevano di andare in tutte le direzioni, i profumi erano intensi, i rumori pacifici.
«Non lasciamoci ingannare, è pur sempre una prova. Probabilmente ci saranno trappole e pericoli ovunque» commentò Lily, guardandosi attorno guardingo.
«Sì, lo penso anche io» asserì Priscilla, continuando a camminare pensierosa. Troppo silenziosa persino per una come lei.
«Stai pensando a dove potrebbe essere la tomba?» chiese Lily dopo un po', troppo impensierito per quel suo atteggiamento improvvisamente cupo e silenzioso.
«Sinceramente... no, non in questo momento» Priscilla si fermò e fissò a lungo la strada davanti a sé, sempre più pensierosa, prima di dire: «Torniamo indietro».
«Eh?» chiese Lily, non capendo.
«Al percorso di Gray» disse lei ancora e solo allora Lily cominciò a capire.
«Sei preoccupata per Wendy?» chiese conferma.
«Gray e Loki sono sicuramente due avversari notevoli, ma entrambi molto scrupolosi e intelligenti. Se si fosse trattato di Natsu, che non pensa mai molto, avrei anche potuto capire una frase come quella, ma Gray sa ben valutare le situazioni» spiegò Priscilla. «Ha detto che era sorpreso dalla facilità con cui l'aveva battuto, se lo ricordava molto più forte e ha sicuramente ragione. Anche io ho questi ricordi, oltretutto dice di essere il discepolo di Mistgun, che l'anno scorso ci era andato vicino e a prescindere da questo anche solo per essere selezionato dal Master devi essere particolarmente promettente. Non dico che è strano che Gray abbia vinto, ma se veramente Mest è quello che dice avrebbe perlomeno dovuto metterlo in difficoltà».
«Tutto questo è molto strano, è vero... ma come li spieghi allora i ricordi? Dici che ti ricordi di lui e che ricordi che il principe te ne parlava, al tempo» disse Lily.
«Non è la prima volta che ho a che fare con questo tipo di magia. La manipolazione dei ricordi è delicata, non appena la riconosci essa perde il suo effetto, un po' come l'incanto Charme. La frase di Gray mi ha fatto capire e ora posso dirlo con sicurezza: Mest non fa parte della gilda».
«Un infiltrato?» sussultò Lily, sconvolto. «Com'è possibile? Perché è qui?»
«Non lo so, ma questa prova fa al caso nostro. Con la scusa di cercare la tomba di Mavis potremmo prenderlo senza creare troppo trambusto. Voglio prima scoprire chi è, non vorrei che fosse più pericoloso di quanto mi aspettassi».
«Sono d'accordo. Manteniamo per un po' il profilo basso» annuì Lily ed entrambi, facendo retro front, presero infine la strada per tornare indietro, al percorso dove Gray e Mest si erano affrontati. La zona del ritrovo dopo la prima prova era ormai vuota, anche Levy e Gajeel se n'erano infine andati e loro poterono entrare nel cunicolo senza essere sospettati. Camminarono rapidamente, fingendosi interessati all'ambiente circostante e agli indizi che avrebbero potuto portare alla tomba, ma restarono vigili e pronti nel caso li avessero incontrati.
"Ha tirato in ballo proprio Wendy... perché?" digrignò i denti Priscilla, agitata. "Forse perché è l'ultima arrivata, non conosceva abbastanza Mistgun e la gilda per rischiare di essere scoperto. Sapendo del suo legame con Gerard ha usato la scusa del discepolo di Mistgun per indurla ad accettare. Maledizione, avrei dovuto capirlo prima, come posso essere stata ingannata così proprio io che più di tutti ero vicina a Gerard".
Arrivarono infine laddove sicuramente c'era stata la battaglia tra i due , si vedevano i segni dei colpi di Loki e ancora qualche traccia del ghiaccio di Gray. Ma di Mest e Wendy non c'era traccia.
«Non è qui» si limitò a dire Lily, senza specificare chi o cosa. Dovevano continuare a sembrare due impegnati nella ricerca della tomba.
«Questo complica le cose» mormorò Priscilla, guardandosi attorno in cerca di segnali o qualsiasi cosa avesse potuto aiutarla a capire dove fossero finiti.
"Se fossero usciti dal nostro stesso lato li avremmo visti o per lo meno incrociati, anche se possono essere usciti dopo che ce ne siamo andati. Ma è più probabile che semplicemente siano tornati indietro, non penso che Mest avesse intenzione di incrociarci" rifletté e si appigliò a quel pensiero, che al momento sembrava l'unico che avesse un senso.
«Andiamo avanti, continuiamo a procedere a ritroso» disse riprendendo a camminare e più il tempo passava più l'agitazione si impadroniva di lei. Sapere che Wendy si trovava insieme ad uno sconosciuto che aveva aggirato l'intera gilda per infiltrarsi, anche se non conosceva le sue intenzioni, la tormentava. Accelerò il passo, senza nemmeno rendersene conto, fino a quando non tornarono alla spiaggia.
«Ancora niente» disse Lily, guardandosi attorno nervosamente.
«Non abbiamo più indizi, non so nemmeno dove guardare» digrignò i denti , frustrata.
«Potremmo provare a guardare dall'alto» propose Lily.
«Con questa vegetazione è impossibile scorgere qualcosa al suo interno, ma penso che non abbiamo altra scelta al...» si interuppe, colta da un nodo in gola. Uno sparo, un rombo nel cielo, una scia rossa di fumo e scintille. Il segnale del pericolo volava alto nel cielo, a comunicare chiunque fosse a portata di vista di fare attenzione e prepararsi perché sull'isola c'erano nemici.
«Il segnale di pericolo?» chiese Lily, confuso.
Chiunque fosse Mest, qualsiasi fossero le sue intenzioni, aveva probabilmente appena fatto la sua mossa.
«Merda!» ruggì Priscilla, terrorizzata all'idea che Wendy fosse in pericolo.
«Priscilla! Guarda là!» la richiamò Lily, indicando un punto nel cielo. Charle passò loro sopra la testa, veloce come un fulmine, volando in una direzione ben precisa.
«Andiamo, Lily!» disse Priscilla, intenzionata a raggiungerla e seguirla. Non sapeva cosa ci facesse lì, ma probabilmente era legata alla stessa preoccupazione che aveva Priscilla a riguardo, e se volava con una tale decisione verso quel punto preciso forse poteva significare che sapeva dove si trovasse Wendy. Si alzò in volo, seguita dall'Exceed, e rapidamente raggiunse Charle. Non ebbero nemmeno tempo di salutarsi o chiedersi a vicenda cosa facessero lì, che finalmente Wendy fu a portata di vista. In alto, su di un promontorio, guardava allegra il panorama di fronte a sé affiancata da Mest. Il sollievo nel vederla viva e vegeta non impedì loro di intervenire, prima che l'uomo avesse deciso di fare qualcosa di avventato visto che le sue attività sembravano appena essere scoperte.
«Wendy! Allontanati!» gridò Charle, panica nella voce. Priscilla scattò verso di lei e allungò un braccio, generando bolle d'aria compressa nello spazio che colpirono in pieno Mest e lo lanciarono via. Atterrò di fronte alla bambina, parandosi tra i due, livida in volto, tanto corrucciata che non sembrava più nemmeno lei.
«Charle! Priscilla-nee!» sussultò Wendy, sorpresa e anche un po' spaventata per la loro reazione.
«Alzati! Ti ho solo allontanato, non ti ho fatto niente» ordinò Priscilla all'uomo che ora alzava la testa confuso. «Adesso dimmi chi sei».
«Che stai dicendo, Priscillanee-san?» mormorò Wendy, sempre più confusa.
«Non capisco... sono l'allievo di...» provò a parlare Mest ma Priscilla lo interruppe con un severo: «Stronzate! Ho dissolto il tuo incantesimo, non ha più effetto su di me!»
«Incantesimo?» balbettò Wendy, non capendo.
«Solo pensare che tu abbia usato Gerard per i tuoi subdoli scopi mi fa infuriare, ma l'aver anche messo in mezzo Wendy basta a darmi motivo di prenderti a pugni fino a quando non avrai più nemmeno la bocca per rispondere alle mie domande, perciò ti conviene farlo adesso che puoi» i suoi occhi non sembravano più nemmeno umani, avrebbero potuto ucciderlo con solo la forza dello sguardo. E proprio di fronte a quegli occhi Mest abbandonò l'aria confusa che aveva avuto fino a quel momento, dando così infine conferma alle accuse di Priscilla. Lui sapeva benissimo di cosa stesse parlando e sapeva di essere stato scoperto. Sparì improvvisamente, facendo scattare ogni singolo muscolo di Priscilla che mai si sarebbe aspettata una capacità come quella. Si voltò istintivamente verso Wendy, alle sue spalle, per il desiderio di proteggerla da qualsiasi cosa sarebbe potuta accadere ma agì troppo tardi. Mest l'aveva già afferrata e l'aveva trascinata via poco prima che la terra improvvisamente cedesse in un'esplosione.
Il fumo le impedì di vedere cosa stesse accadendo e il colpo la scaraventò lontana, per fortuna incolume. Si bloccò a mezz'aria, volando, e Lily roteò al suo fianco gonfio nella sua forma potenziata, tenendo tra le braccia una Charle non altrettanto pronta di riflessi.
«Cosa succede?» sobbalzò l'Exceed.
«Un attacco!» disse Priscilla, guardandosi attorno per riuscire a ritrovare Wendy. La vide, ancora tra le braccia di Mest, al sicuro lontana dall'esplosione. Priscilla digrignò i denti e si lanciò verso di lui, pronta ad affrontarlo e riprendersi la bambina ma un'altra esplosione si mise tra loro due spaccando la terra a metà. Mest strinse di nuovo Wendy e la tirò via dal colpo, volgendo lo sguardo nella direzione da cui era partito. Qualsiasi cosa stesse accadendo, sicuramente non era lui a provocarlo.
«Che diamine...?»lamentò Priscilla, coprendosi il viso con un braccio per proteggersi dalle macerie.
«Chi sei? Mostrati!» ruggì Mest, confermando nuovamente che lui in tutto quello non c'entrava.
«Ha protetto Wendy...» mormorò Charle, sorpresa. La stessa sorpresa che aveva colto anche Priscilla, che aveva considerato Mest un nemico fino a quel momento, ma non poté concedersi di indagare oltre. Erano sotto attacco.
«Mi hai trovato...» una voce provenne da un albero, prima che questo si deformasse e prendesse lentamente le sembianze di una sagoma di un volto che pareva spingere verso l'esterno per uscire dalla corteccia. «Davvero bravo».
«Una faccia esce dal tronco» sussultò Charle, pallida.
«Chi sei?» ruggì Lily.
«Mi chiamo Azuma. Sono uno dei sette fratelli del purgatorio di Grimoire Hearts» si presentò, senza aver paura di mostrarsi.
«Grimore Hearts?» sussultò Priscilla. «La gilda Oscura dell'alleanza Balam!»
Dall'albero un corpo prese forma e l'uomo si spinse sempre più verso l'esterno, benché ancora avvolto dal tronco come fosse un telo che avrebbe potuto strappare da un momento a un altro per uscirne.
«Ora capisco, quel segnale serviva a indicare un attacco imminente» osservò Mest, facendo per lo meno tirare un sospiro di sollievo a Priscilla. Non sapeva chi fosse Mest, ma sicuramente non era con la gilda oscura e già questo la rasserenava.
«Forse è meglio per voi che sappiate che è troppo tardi».
«Tardi?» mormorò Priscilla, non capendo.
«Che stai dicendo? Cosa sta succedendo qui?» urlò Lily.
«Sapevo che infiltrandomi a Fairy Tail avrei trovato del marcio» mormorò Mest, allontanandosi da Wendy. «Ma oltre che il mago nero Zeref trovo anche Grimoire Hearts. Questa è una bella fortuna».
«Zeref? Che stai dicendo?» sbiancò Priscilla che già altre volte, come tutti, aveva sentito quell'infausto nome.
«Insomma, si può sapere chi sei?» intervenne Charle, furiosa.
«Ormai mi avete scoperto, è inutile continuare a nascondere» sogghignò Mest. «Sono un membro del consiglio della magia, mi sono infiltrato per trovare delle prove compromettenti su Fairy Tail».
«Prove... compromettenti?» balbettò Priscilla, terrorizzata e confusa all'idea che avessero a che fare con il concilio in persona. Non li avevano lasciato un attimo di respiro in nessuna occasione, sembravano cercassero la scusa per saltar loro al collo e sbranarli, persino quando avevano tirato in ballo lei stessa e il suo essere frutto di una magia proibita suo nonno aveva dovuto fare passi da gigante per poter proteggere sia lei che la propria gilda che addirittura rischiava di finire accusata di complicità del crimine. Negli ultimi tempi non si era più sentito arrivare niente da loro, se non le solite lamentele per le distruzioni in giro per il mondo durante le loro missioni, sembrava si fossero messi il cuore in pace. Invece ora veniva a scoprire che c'era addirittura un infiltrato solo per poter trovare un cavillo per attaccarli. Erano meschini e quel Mest lo confermava con le sue parole.
«Mai avrei potuto immaginare che una gilda oscura dalla sede sconosciuta come Grimoire Hearts sarebbe venuta su quest'isola. Se riesco ad occuparmi della situazione la promozione non me la toglie nessuno» rise Mest. Il pericolo era imminente, Grimoire Hearts minacciava la loro gilda e soprattutto le loro vite e tutto ciò che lui riusciva a pensare era la promozione. La rabbia le ribollì in corpo, ma riuscì a metterla da parte. Almeno per un po' avrebbe combattuto insieme a loro, poco importavano le motivazioni, avevano un nemico in comune e Wendy era salva. Questo bastava a convincerla a lasciar perdere, almeno per il momento, e puntare solo sull'unica minaccia che vedeva al momento: l'uomo albero. Azuma.
«Per sicurezza ho deciso di far attendere al largo una nave da guerra» proseguì Mest, sorridendo orgoglioso. «A quanto pare è stato saggio da parte mia. Vi dichiaro tutti in arresto! Non opponete resistenza o sarò costretto ad attaccare!»
«Una nave da guerra?» chiese Azuma, senza troppa emozione nella voce. «Non capisco di cosa parli» e a quelle parole un'enorme esplosione brillò all'orizzonte coinvolgendo le sagome delle navi che Mest aveva appena indicato. La distruzione fu totale e l'urto fu tale che persino loro, da terra, dovettero alzare le braccia per proteggersi dal calore e dal colpo d’aria.
«Cosa...?» sussultò Mest, pallido in volto.
«Che potenza» mormorò Priscilla, altrettanto sconvolta.
«Ora se non ti dispiace, signor Agente» disse ancora Azuma, uscendo del tutto al tronco dell'albero e mostrandosi finalmente nella sua forma umana. «Vorrei cominciare la mia missione».
Priscilla scattò in avanti e lo stesso istinto lo ebbe anche Lily. Si piazzarono di fronte ad Azuma, frapponendosi tra lui, Wendy e Charle, alle loro spalle. Era facile vedere la tensione dei loro muscoli e del loro viso, cosa che spaventò un po' le loro compagne. Se persino Lily e Priscilla sentivano il pericolo fino a quel punto, quanto poteva essere forte quell'uomo.
«Wendy... stai dietro di me» le ordinò Priscilla.
Lily fu il primo a scattare in avanti, spada alla mano caricò con tutta la forza che aveva in corpo.
«Bleve» mormorò Azuma, alzando una mano verso Lily. Un'altra esplosione scaturì dalla sua mano e travolse in pieno l'Exceed, sotto l'urlo spaventato di Wendy. Dal fumo emerse poco dopo una figura, sorprendendo Azuma. Priscilla, volata fino a lui coperta dal suo stesso colpo, riuscì a colpirlo in pieno viso con un pugno carico d'aria. Lily comparve nuovamente sopra di lui, perfettamente indenne grazie al vento di Priscilla che l'aveva scaraventato in aria appena in tempo e messo in salvo. Cadde sopra Azuma con la gamba tesa, schiacciandolo al suolo, e saltò via appena in tempo per permettere a Priscilla di colpirlo ancora con una serie di bolle d'aria compressa potenti come proiettili. Azuma venne scaraventato ancora via, senza accennare a ribellarsi, e fu quello a testimoniare che quei colpi nonostante la loro potenza non stavano avendo effetto. Volse lo sguardo glaciale su Priscilla e senza dire una parola un'altra esplosione nacque appena sotto i loro piedi, tanto estesa e potente che nemmeno volando via ebbe tempo di schivarla. Lei, Lily e persino Wendy e Mest vennero travolti e scaraventati altrove.
«Merda» mugolò Priscilla, roteando a terra per bloccare la sua caduta e rimettersi subito in ginocchio. Si pulì un rigolo di sangue da un angolo della bocca e guardò severa il nemico che si rimetteva in piedi senza nemmeno un graffio, a differenza loro. Azuma alzò poco dopo un braccio e generò un'altra esplosione, esattamente sopra la propria testa, apparentemente senza motivo. Solo dopo che venne travolta comparve all'interno del fumo l'immagine di Priscilla, mentre quella inginocchiata a terra si dissolveva come nebbia.
«La tua illusione è troppo statica e tu sposti troppo vento quando ti muovi. Persino un bambino capirebbe l'inganno» disse, mentre Priscilla cadeva a terra, apparentemente priva di sensi.
«Priscilla-nee!» chiamò Wendy, guardando terrorizzata la ragazza ora a terra.
«Ha riconosciuto l'effetto del Mirage» osservò Charle, pallida in volto.
«Vi aiuterò!» gridò Wendy, guardando l'Exceed ancora in piedi anche se tremolante per la fatica. «Vernier! Arms!» un fascio di luce avvolse sia Priscilla che Lily. Quest'ultimo si guardò sorpreso le mani, sentendosi improvvisamente più forte, ma capì che era una sensazione genuina e amica. Si lanciò nuovamente verso il suo avversario a spada tesa, ma Azuma schioccò semplicemente le dita e l'esplosione generata su di lui frantumò definitivamente la sua arma. L'urlo di Priscilla anticipò di qualche secondo il tornado che cadde dal cielo, centrando in pieno il nemico.
«L'ha preso!» esultò Charle, ma bastarono pochi istanti per vedere Azuma riemergere dal terreno stesso dietro Priscilla. Non solo non era stato colpito, ma così poté anche attaccare la ragazza alle spalle senza darle modo di prevedere il colpo. Esplosioni, le ulteriori, proprio sulla sua schiena. Le lacerarono gli abiti, le ustionarono la pelle, e ancora la lanciarono a terra. Lily corse verso di lui, per niente abbattuto dall'arma distrutta, deciso a usare pugni e calci se necessario. Uno squarcio nel terreno, tutto crollò e ancora una volta esplose, travolgendo non solo l'Exceed ma anche Priscilla che ancora accennava a volersi rialzare.
A denti stretti Priscilla si librò in aria e cercò di mantenere l'equilibrio.
«Sei tosta» commentò Azuma, per niente intimorito.
«Ora sto cominciando ad arrabbiarmi» ringhiò lei, avvolgendosi lentamente nel suo stesso vento. Azuma continuò a colpire con le sue esplosioni, generandone ovunque senza un criterio preciso se non quello di colpirli, ma questa volta Priscilla riuscì a schivarle. Una la travolse, ma il turbine di vento intorno a lei divenne tanto potente da spazzare fumo e fiamme altrove. Alzò il braccio sinistro verso il nemico, cupa in volto, e ancora se lo avvolse dal vento.
"Leon, prestami la tua forza!" pensò prima di scagliare quello stesso vento verso Azuma. Il ghiaccio all'interno del suo braccio cominciò a raffreddarlo a tal punto che l'umidità dell'aria si condensò presto a neve e infine grandine che venne sparata contro il nemico. Molti di quei blocchi di grandine si conficcarono nel suolo e nelle rocce, lasciando solchi a testimoniare la potenza di attacco. Azuma alzò un braccio, proteggendosi il viso, ma non bastò a salvarsi dalla pioggia furiosa di ghiaccio a cui era sottoposto. Del fuoco esplose dal terreno, proprio di fronte a lui, e tra ghiaccio, vento e polvere scomparve alla loro vista. Priscilla si tenne per aria, consapevole che lì non avrebbe potuto raggiungerla se ancora una volta si fosse unito al terreno. Ma ciò che non fu in grado di prevedere fu che dal terreno non uscì Azuma, ma un vero e proprio tronco d’albero che la raggiunse con rapidità, approfittando della sua distrazione. La colpì come se si trattasse di un enorme pugno riuscendo a penetrare nella difesa di vento di Priscilla. La ragazza cadde verso il suolo e lanciò uno sguardo in quel momento verso il nemico che riemergeva dal fumo... indenne. Nessuno dei suoi proiettili di ghiaccio l'avevano minimamente scalfito, solo un minuscolo graffio perse una goccia di sangue all'altezza di uno zigomo.
"Ho usato tutta la mia potenza..." pensò lei, lasciandosi andare verso terra, completamente sopraffatta. "Solo… un semplice graffietto?".
Lily tentò ancora di intervenire, ma per lui le cose erano anche peggio non avendo più la sua spada e non potendosi nemmeno avvicinare per via di quelle esplosioni. Tutto sembrava perduto, quel nemico era decisamente al di sopra delle loro possibilità, ma certo non potevano ancora arrendersi.
«Non mi fermerò» mugolò Priscilla, sforzando le braccia per rialzarsi.
«Non mi fermerò!» ruggì anche Lily.
«Mirage!» urlò Priscilla, unendo le mani tra loro, e una miriade di immagini di se stessa apparvero ovunque nel raggio di dieci metri. Dieci, venti, cento Priscille forse di più e continuavano ad apparire, accalcate le une sulle altre.
«Hai già visto che questo trucco non funziona» disse Azuma scoraggiato, studiando col minimo impegno ciascuna di loro per individuare quella vera. Ma la sua concentrazione nello studiare le figure di Priscilla lo distrasse dal suo secondo avversario: fu Lily a sfruttare quelle immagini per avvicinarsi a lui di nascosto e finalmente colpirlo con un pugno che riuscì a mandarlo a terra. Azuma si rialzò lentamente, ancora una volta senza mostrare i segni di cedimento.
«Mi avete sorpreso questa volta, ve lo concedo» disse, quasi divertito.
«Tempesta!» urlò ancora Priscilla e un rombo tuonò sopra la testa di Azuma, dove si erano raccolte nuvole artificiali in quei minuti che lui era stato impegnato a lottare contro di loro. Un fulmine scese dal cielo e colpì Azuma in pieno.
«Sì!» esultò Priscilla, felice che un altro colpo fosse andato a segno. All'interno del fulmine stesso Azuma mosse lo sguardo e lo puntò annoiato a lei, paralizzandola. La scarica cessò e lui era ancora in piedi, come se niente fosse. I piedi ramificati, conficcati nel terreno, diedero la risposta.
«Ha scaricato a terra...» balbettò Priscilla, ormai al limite della speranza. «Non ci credo... qualsiasi cosa faccia...» vacillò.
«Lily! Vola verso il cielo!» disse Charle improvvisamente e Lily, benché non fu subito chiaro il motivo di quel suggerimento, obbedì senza obiezioni. Azuma lo guardò, chiedendosi cosa avessero ora in mente, e si preparò ad attaccarlo, ma qualcosa bloccò entrambe le sue braccia e le sue gambe. Abbassò lo sguardo e notò dei potenti vortici di vento che lo intrappolavano e tenevano ben salde gambe e braccia, impedendogli di muoversi. Nonostante potesse sentirlo sulla pelle, il terrore e lo scoraggiamento di Priscilla, ancora non si arrendeva e continuava a inventare nuove strategie. Il turbine di vento si fece più intenso, benché concentrato su braccia e gambe per immobilizzare il nemico, rombò tutto intorno a loro con forza preparandosi forse a un altro attacco. Ma in realtà quello serviva a tenere nascosta la presenza di Wendy e Mest,ora teletrasportati dietro Azuma, e permettere a Wendy di caricare il colpo senza essere vista né sentita. Con la pancia gonfia di aria, tirò indietro la testa e si preparò a usare il ruggito del Dragon Slayer, il colpo più potente che conoscesse e su cui sapeva di poter sempre fare affidamento.
«Ridicoli» mormorò Azuma, lasciando sorpresi tutti e quattro i suoi nemici. «Tower Burst».
Una colonna di fuoco nacque dal sottosuolo e si alzò, immenso, fino al cielo, travolgendo metri e metri di terreno. Priscilla, Lily, Wendy, Mest e Charle non ebbero scampo e nelle urla di dolore vennero avvolti dalle fiamme e infine messi fuori combattimento. Nessuno di loro fu più in grado di muoversi, privi di forza, feriti praticamente a morte, con ustioni ovunque.
«Per un attimo ho sperato che poteste darmi qualcosa di interessante, mi ero illuso» commentò Azuma, osservando il suo operato. Si sorprese e rimase a guardare, curioso e interessato, quando vide la mano di Priscilla tremare verso la sua direzione. Non riusciva più a muoversi, tanto che restava stesa a terra, ma la sua determinazione era ammirabile.
«Non... posso...» mormorò, allungando le dita verso il nemico.
«Sei ancora viva... sono sorpreso» commentò Azuma, curioso di vedere cosa avrebbe fatto allora.
«Fairy Tail... posso ancora salvarla» tremò e si tirò su di un gomito, puntando infine la mano destra verso Azuma. «Controllo molecolare» mormorò e l'aria intorno all'uomo si fece improvvisamente più densa e consistente.
«Hai ancora tutto questo potere, è davvero notevole» disse lui, guardando l'aria intorno a sé.
«Ho promesso che poche volte avrei usato questa magia. È pericolosa, basta un minimo errore e può uccidere, ma con te non ho altra scelta. Deprivazione dell'ossigeno!» disse e improvvisamente una bolla d'aria avvolse Azuma, contraendosi e poi esplodendo verso l'esterno, come se avesse sparato lontano da lui qualcosa. E così era. Azuma poté sentirli, i polmoni che inutilmente cercavano di pompare aria verso l'interno del suo corpo. Non sentiva niente, l'ossigeno mancava completamente.
«In linea con le leggi della gilda, non ti ucciderò! Mi limiterò a farti perdere i sensi e metterti fuori combattimento. Dopodiché ti consegnerò al Concilio della magia e sarai sottoposto a giudizio!» disse lei, concentrando tutta la sua magia su quell'ultimo disperato tentativo.
«Mi stai dichiarando in arresto?» chiese Azuma, facendo fare al cuore di Priscilla un balzo di troppo solo per quella frase. Poteva parlare... se poteva parlare voleva solo dire che poteva respirare. Si assicurò della riuscita della sua magia, potenziandone l'effetto con l'ultimo sprazzo di energia che aveva in corpo ma lui non accennò nemmeno a lamentarsi.
«È un peccato che sia io il tuo avversario. Fosse stato qualcun altro forse avresti anche vinto» disse Azuma, alzando una mano verso di lei e preparandosi a colpire. «Quest'isola ormai mi appartiene. La sua aria, la sua terra, la sua acqua, le sue piante, tutto fa parte di me. Non ho bisogno del tuo ossigeno quando posso produrne di mio direttamente all'interno del mio corpo» spiegò e Priscilla lasciò cadere in avanti la mano tremante, ormai vinta. Non solo la mano, ma il suo intero corpo prese a tremare come colto da degli spasmi di dolore. Era inutile... era tutto inutile.
«Sono... inutile...» piagnucolò, rendendosi conto di non avere più carte da giocare. Fairy Tail era stesa al suo fianco, ferita e distrutta, e altri di loro avrebbero presto fatto la stessa sorte. Il simbolo su quella mano, che lei stringeva con grazia e amore per proteggerlo, se lo sentì come strappare via.
Un eco nei suoi ricordi, i peggiori che come sempre riemergevano di fronte alle situazioni senza speranza. La voce di suo padre.
"Non sei forte abbastanza, sei inutile, consumi solo la mia riserva magica. Se continuerai così ti toglierò di mezzo e basta".
Per tutta la vita non aveva fatto che allenarsi e studiare per migliorare le sue capacità, per rendersi più forte e riuscire a dare un degno avversario a quel primogenito per cui era venuta al mondo. Ivan la minacciava sempre di ucciderla per la sua inutilità, quando perdeva con facilità i combattimenti contro Laxus. La sua forza era l'unica cosa che le permetteva di restare in vita, il riuscire a combattere, il rialzarsi sempre e non essere sconfitta, non tanto facilmente almeno, era quello che la teneva in vita. Costretta a una vita di prigionia e torture, costretta a combattere fino alla lacerazione, non c'era comunque volta in cui non si fosse impegnata abbastanza perché altrimenti... sarebbe stata inutile.
Una lacrima le scivolò sulla guancia, immergendosi tra le labbra aperte dal dolore e dalla paura.
Se lei era inutile... sarebbe stata ammazzata.
«Non voglio...» pianse, ma non riuscì a finire la frase che una colonna di fuoco nacque da terra e ancora una volta la travolse con una potenza insostenibile. Infine cadde a terra, incapace di muoversi ancora.



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Capitolo 31
*** Io credo in Fairy Tail ***


Io credo in Fairy Tail





«Wendy! Wendy!» una voce allarmata, familiare. «Priscilla! Maledizione! Cosa è successo qua?» riusciva a sentirla, ma non ebbe nemmeno il coraggio di aprire gli occhi e accertarsi della sua provenienza.
«Charle, Lily! Resistete!» un'altra voce, ovviamente sempre insieme a lui. Il corpo abbandonato a terra, non aveva la forza di muoverlo, ma non solo per le ferite che ancora bruciavano su ogni angolo del suo corpo.
«Natsu-san» la voce debole di Wendy, che pian piano riprendeva conoscenza.
«Chi è stato?» ruggì Natsu, furibondo. «Sei stato tu, eh?!»
«Natsu-san, quell'uomo fa parte del Concilio della magia» spiegò debole Wendy, probabilmente riferito a Mest, preso sicuramente di mira da Natsu. Non appena Priscilla l’aveva smascherato apertamente, l’effetto della sua magia manipolatrice dei ricordi era svanito e anche Natsu era tornato ad avere dei ricordi normali... dove Mest non esisteva.
Natsu urlò spaventato, prima di esclamare: «Il nostro nemico è il Concilio?!»
«No» la voce di Charle, altrettanto rotta dal dolore. «Il nemico è Grimoire Hearts».
«Priscilla» il tono addolorato di Happy, proprio vicino al suo orecchio adesso, prima di poter sentire la sua stessa voce rotta da dei singhiozzi. Quando aveva cominciato a piangere? Il viso veniva lavato via dal sangue e dalla polvere con un'ondata di dolore tanto abbondante che nemmeno la sua mano tremante riuscì a pulirla via, tanto altre lacrime nascevano subito dopo a prendere il posto delle prime.
«Natsu» lamentò, senza aprire gli occhi. «Mi dispiace».
Si portò entrambe le mani al viso, nascondendolo, e al suo interno esplose nel pianto più addolorato che avesse mai subito. «Mi dispiace» singhiozzò. «Non sono... io... ho avuto paura... non ho potuto... Fairy Tail... Fairy Tail è in pericolo… è colpa mia».
«Che stai dicendo?» la voce inquietantemente seria di Natsu, appena sopra la sua testa. E Priscilla trovò finalmente il coraggio di aprire gli occhi e guardare il suo amico, avvolto dalla nebbia offuscante delle lacrime incessanti.
«Credi che gli esseri umani non provino mai paura?» una domanda, una provocazione mirata al suo desiderio di essere come loro che diventava ogni giorno più ridicolo perché lei lo era già. Lei era umana, ma continuava a non capirlo.
«La paura, la rabbia, il dolore e la tristezza... finché proverai tutto questo non smetterai mai di vivere. E non smetterai mai di diventare più forte perché proprio queste emozioni ti daranno dei limiti da superare».
Per quanto le lacrime non smisero di scorrere, il dolore nel petto di Priscilla parve rendersi più leggero di fronte a quelle incoraggianti parole. Non aveva commesso nessun errore, nessuno la riteneva inutile, nessuno voleva sbarazzarsi di lei e lei poteva continuare a rialzarsi con onore accanto ai proprio amici. Amici... era davvero quello il significato di tutto. Era così bello averli al proprio fianco, porgere la propria mano in aiuto di chi si allungava disperato.
Un sorriso, triste ma rassicurato, tra le lacrime.
«Un simile discorso non è da te» ridacchiò, cercando di sdrammatizzare.
«Non l'ha pensata lui, infatti, è quello che gli ha detto Gildarts durante la prima prova!» spiegò Happy con innocenza, ferendo l'orgoglio di Natsu che aveva tanto desiderato farsi portatore di una così bella verità.
Nacque tra i due un piccolo bisticcio, fine a se stesso, senza neanche troppo senso nelle parole che si scambiavano e questo riuscì a tirar su di morale ancora di più Priscilla. Si asciugò le guance e infine si rialzò, guardando il resto dei suoi compagni tutti intorno.
«Sono felice che siate tutti vivi, per lo meno» confessò.
«Mi dispiace non essere stata di grande aiuto» mormorò Wendy, affossando la testa tra le spalle. Priscilla negò con la testa prima di dirle: «Senza il tuo Vernier e Arms non avrei potuto combattere così a lungo e sarei caduta al primo colpo. Sei stata brava, sei migliorata molto nel suo utilizzo».
«Mi sono allenata tanto!» confessò Wendy, abbozzando un sorriso orgoglioso.
«Ehy... cos'è quello?» balbettò Lily, con lo sguardo rivolto al cielo. Natsu e Happy smisero di bisticciare e, come gli altri compagni, alzarono lo sguardo a guardare lo stesso punto fissato da un Lily pallido e spaventato. Qualcosa volava nel cielo lasciandosi alle spalle una scia come quella degli aerei, forse utilizzando un jetpack. Sembrava proprio una persona, ma chi fosse e cosa ci facesse lassù era un mistero. Da lui partivano una serie di oggetti dalla forma sferica, che lasciava cadere a terra come una pioggia. Erano centinaia, forse migliaia, e cadevano su tutta l'isola man mano che l'uomo la sorvolava. Bolle luccicanti della grandezza di un pugno che non appena raggiunsero terra si ruppero, facendo uscire esseri umani che tornarono della loro statura originale. Priscilla e Wendy saltarono in piedi e corsero vicino agli altri, radunandosi e mettendosi in guardia.
«Chi sono?» chiese Wendy, guardandoli spaventata. Furono le loro armi e i loro sguardi poco amichevoli rivolti a loro a dare la risposta.
«Nemici» disse Natsu, irrigidendosi e preparandosi a combattere.
«Ancora?» lamentò Charle, spaventata.
«Non abbiamo avuto tempo di recuperare le forze» si unì Lily, ristretto nella sua forma più debole e incapace di tornare grande abbastanza da poter tenere testa a tutte quelle persone. Eppure, nonostante fossero già numerosi, continuavano a cadere dal cielo senza accennare a fermarsi.
«Sono veramente tanti... sarà un bel problema» disse Priscilla, preoccupata. Lily aveva ragione, avevano consumato praticamente quasi tutta la magia contro Azuma e ora non erano pronti a una battaglia di quel calibro. Se poi tra loro ci fosse stato anche solo uno della forza pari a quella del nemico che li aveva appena sconfitti era veramente la fine per loro.
«Caricano!» disse Happy vedendo i primi di quell'infinito esercito impugnare le armi e lanciarsi contro di loro.
«Fatevi sotto!» ruggì Natsu, prima di cominciare a sputare fuoco e travolgere i primi venti.
«Non abbiamo altra scelta, Wendy!» disse Priscilla e la ragazzina, a quel richiamo, cominciò ad aspirare quanta più aria poté, mangiando il suo naturale elemento per cercare di rafforzarsi almeno un po'. Priscilla tentò di generare del vento intorno a loro, per proteggere almeno la ragazzina e darle così il tempo di rigenerarsi, ma fu tremendamente debole e la costrinse a dover intervenire personalmente nel corpo a corpo. Per tutta la vita non aveva fatto che uso della magia, il corpo a corpo riusciva a sostenerlo solo se rinforzata dalla potenza del proprio vento che rendevano i propri calci e pugni più come armi pesanti, ma in quelle condizioni era tremendamente svantaggiata. Uno di loro la colpì e la lanciò a terra, mentre altri saltarono e si preparavano a trafiggerla con le proprie armi.
«Priscilla!» sussultò Charle, guardandola con preoccupazione.
«Leon!» gridò lei un istante prima che le armi la raggiungessero.
«Leon?» chiese Natsu, storcendo il viso in un'espressione confusa al limite dell'imbecillità. La metà del corpo che Leon aveva regalato a Priscilla durante la battaglia con Nirvana emerse improvvisamente, dissolvendo la pelle e la carne, rafforzandosi e prendendone il loro posto. Priscilla semplicemente espose ai colpi quella parte di corpo, proteggendo il resto. Le armi che andarono a schiantarsi contro il ghiaccio di Leon, nel corpo di Priscilla, si ruppero e si incrinarono trovandosi di fronte a un ostacolo ben più duro di quanto si fossero aspettati. Quello era ghiaccio magico, non si sarebbe rotto con tale facilità.
«Un demone...» balbettò qualcuno, guardando spaventato la ragazza che si rialzava da terra.
«Un mostro di ghiaccio» lamentò qualcun altro, intimorito.
«La benedizione del mio amico non mi ha mai abbandonata» sorrise lei, soddisfatta della riuscita del suo piano. «Avete la più pallida idea di cosa significhi avere dei compagni?» ruggì allungando verso loro la mano sinistra, completamente di ghiaccio, e facendo nascere dal suo interno una tempesta di ghiaccio e neve che li travolse.
«Quand'è che Gray ti ha rivestita di ghiaccio e ti ha insegnato la sua magia?!» sobbalzò Natsu, strabuzzando gli occhi.
«Questo è il corpo che mi ha dato Leon nella foresta di Nirvana, che c'entra Gray?!» lo rimproverò Priscilla, offesa che non lo avesse riconosciuto.
«Natsu, te lo sei già dimenticato?» disse scoraggiato Happy.
«Non distraetevi!» li rimproverò Lily, saltando e tirando un calcio in faccia a uno dei loro nemici.
«Ruggito del drago del cielo!» l'urlo di Wendy anticipò la sua mossa e il suo ruggito, potente nel suo vortice d'aria, travolse gran parte di quei nemici. Aveva appena finito il pasto, si era ripresa, non del tutto ma abbastanza da poter combattere ancora.
«Ben fatto Wendy-chan!» disse Priscilla. «Ora tocca a me!»
Alzò lentamente le braccia dal busto, allargandole, fino all'altezza delle spalle. Tirate indietro, i palmi ben aperti, e infine ruotando il polso chiuse le dita come a voler stringere e catturare qualcosa.
«Richiamo dell'Anima!» il vento cominciò a confluire tutto intorno a quei palmi, infilandosi nelle fessure tra le dita, confluendo al suo interno come risucchiato da un buco nero.
«Che succede?!» gridò Natsu, riparandosi la faccia e guardando Priscilla che, a occhi chiusi, galleggiava e veniva inghiottita dal quel vento che si infilava in ogni ferita e ogni fessura, penetrando dentro lei.
«Su Edoras Priscilla-nee si è unita a Anima per invertirne il flusso, ha scoperto che traccia di quella magia è rimasta all’interno del suo corpo come è stato per il ghiaccio di Leon» spiegò Wendy, lanciando un attacco contro un gruppo di nemici che certo non avrebbero aspettato che Priscilla completasse la sua magia.
«Sta risucchiando l'Ethernano presente nell'aria, usando proprio il vento come mezzo veicolante, così da ricaricarsi di magia. Non funziona molto, ci mette tanto tempo e si ricarica solo di un po', ma è abbastanza per permetterle di riprendere a combattere almeno un altro po'» si accodò Charle, aggrappata a Wendy per non essere spazzata via dal vento di Priscilla.
«Dobbiamo proteggerla fino a quando non avrà finito, Natsu-san!» disse Wendy e Natsu sorrise , tirandosi su una manica. «Sono tutto infuocato» ridacchiò, prima di tirare indietro la testa e ruggire, sputando altro fuoco per eliminare le persone che avevano puntato all'unica che in quel momento non sembrava essere in grado di difendersi.
E mentre Priscilla continuava a nutrirsi e alimentarsi dell'Ethernano dell'aria, il resto dei suoi compagni la circondarono, combattendo contro i soldati che nonostante tutto ancora non smettevano di cadere dall'alto. Sempre di più, sempre più a lungo, sembravano infiniti ma non si persero d'animo. Infine un colpo di vento più potente di altri li spazzò tutti via.
«Che...» disse Natsu, guardandosi attorno.
«Sono tornata» disse Priscilla, tornando a poggiare i piedi a terra.
«Ci hai messo troppo tempo» la rimproverò Natsu, guardandola storta.
«È complicata da usare, non è colpa mia!» rispose lei a tono.
«Ma quindi anche Nirvana è rimasta dentro te?» chiese Happy, volandole accanto.
«Nirvana?» chiese confuso Natsu e Happy lo rimproverò con un: «Natsu! Ti sei dimenticato anche questo?»
«Sia Nirvana che Anima sono magie da cui mi sono separata volontariamente, per questo al contrario di quella di Leon che è rimasta permanente e forte dentro me, ho solo alcune tracce che posso utilizzare poche volte e che comunque restano particolarmente deboli. Con Anima, hai visto, ci ho messo veramente molto e ho recuperato solo un quarto della mia energia, mentre Nirvana ho visto posso usarla per cambiare le intenzioni solo di esseri deboli e inferiori intorno a me. Animali, per lo più, magari i meno potenti... e umani particolarmente stupidi, ma a volte nemmeno quello» spiegò lei, felice di essere riuscita finalmente a capire quali effetti avevano avuto quelle due magie su di lei. Aveva studiato a lungo, in quei mesi, per esaminarne gli effetti, terrorizzata all'idea che potessero avere entrambe conseguenze negative. Entrambe, come la magia di Leon, avevano effetti secondari su cui non aveva controllo. Nirvana, ad esempio, la rendeva particolarmente suscettibile e la portava facilmente a perdere la testa per piccolezze, rendendola estremamente emotiva. La rabbia che la portava a diventare più forte o la paura che aveva provato poco prima, tutto era intensificato, forse proprio per quel motivo aveva vissuto quella sconfitta come qualcosa di estremamente doloroso o aveva passato i giorni su Edoras, a casa di Ivan, come uno spettro abbandonato a se stesso. Poteva renderla più forte o più debole, a seconda delle emozioni che provava, in base alla direzione che prendeva poteva essere più o meno favorevole, ma niente di esagerato e pericoloso. Se si sforzava poteva usarla a suo vantaggio, ma come aveva detto anche a Happy e Natsu funzionava con un enorme spreco di energia e solo su esseri dalla volontà e dall'intelligenza nettamente inferiori. Un potere abbastanza inutile, in fin dei conti. Al contrario delle tracce di Anima che invece le era risultato particolarmente utile: in generale il recupero delle energie si era accelerato e proprio notando quell'effetto si era spinta per studiare e capirne di più. Aveva visto che il tempo di recupero era praticamente dimezzato, rispetto a quanto era abituata, e studiandolo aveva scoperto di poter utilizzare Anima volontariamente come aveva appena fatto per recuperare in breve tempo parte della sua magia. Era utile in battaglia, anche se richiedeva tempo per la sua esecuzione e aveva un numero limitato di utilizzi al giorno.
«Ne arrivano altri!» disse Lily, puntando il dito verso il cielo, dove altre bolle luccicanti scendevano verso terra.
«Fatevi sotto!» esclamò Natsu, eccitato.
«Sono tutta infuocata» sorrise Priscilla, pronta a rimettersi in pista.
Uomini comparvero a decine di fronte a loro e Priscilla allungò una mano, pronta a spazzarli via come aveva appena fatto con il resto dei loro compagni, ma la terra tremò improvvisamente e questo bastò a distrarla.
«Che succede?!» lamentò Wendy, allargando le gambe per evitare di perdere l'equilibrio e cadere a terra.
«Trema tutto!» disse Lily, spaventato.
«Che magia potente...» commentò Natsu, percependo l'effetto di una magia come causa di quanto stava accadendo. Il tremolio si fece più intenso, tanto che squarci si aprirono nel terreno e alberi crollarono al suolo.
«Attenti!» disse Lily, mentre Wendy urlava spaventata.
Un sussulto, una strana sensazione al petto, e Priscilla si voltò verso il nulla come se avesse appena sentito una voce. Si portò una mano al petto, accorgendosi del suo battito accelerato, rimanendone sorpresa.
«Ho una brutta sensazione...» disse preoccupata, chiedendosi perché mai avesse avuto improvvisamente quel terribile dolore alla bocca dello stomaco, come se ci fosse qualcosa a terrorizzarla e ferirla. Non seppe il motivo, ma si ritrovò a pensare a Makarov e chiedersi dove si trovasse, se stesse bene.
«Priscilla!» la richiamò Lily appena prima che un uomo facesse scendere su di lei la propria spada. Priscilla alzò d'istinto il braccio congelato e la lama del nemico si ruppe contro di essa, facendolo tremare dalla paura.
"C'è qualcosa che non va..." rifletté sentendosi inghiottire da quella terribile sensazione, fremendo di paura e rabbia. Allungò la mano, toccando la fronte del nemico, e un getto d'aria congelata lo lanciò contro altri suoi compagni. I pochi che rimasero coscienti si ritrovarono quasi incapaci a muoversi, tremanti per il troppo freddo.
«Attacco d'ala del drago del fuoco!» ruggì ancora Natsu, colpendo altri nemici. Ancora un tremolio, sudori freddi alla base del collo, e Priscilla si voltò panica in volto verso il Dragon Slayer chiamandolo: «Natsu!»
Natsu si voltò verso di lei e quella fu la sua fortuna. Vide appena in tempo il getto di fuoco nero caricare verso di lui e riuscì a saltare appena in tempo per schivarlo, fortuna che non appartenne anche ai nemici che aveva di fronte che invece vennero carbonizzati dal colpo.
«Santo cielo...» mormorò Wendy, terrorizzata.
«Fuoco nero?» si chiese Natsu, atterrando pochi metri più avanti.
«Va bene così, tanto non eravate alla sua altezza e Grimoire Hearts non ha bisogno di rammolliti» una voce ispida, tagliente nelle sue risatine tra una parola e un'altra.
«Chi è?» gridò Priscilla, voltandosi verso il ragazzo che procedeva verso loro. I capelli lunghi biondi, lo sguardo di un folle e le movenze altrettanto bisbetiche, eppure quella voce era così inquietante.
«Zancrow-sama!» lo chiamarono alcuni degli uomini presenti, guardandolo con ammirazione. «Fate attenzione, Zancrow-sama, quello è il famoso Salamander ed è insieme a un mostro!».
«Non ho un nome io?!» ruggì Priscilla, offesa di essere per l'ennesima volta chiamata mostro.
«Sono fortissimi!» esclamò un altro e l'espressione di Zancrow cambiò, facendosi cupa, affilata, furiosa.
«Fortissimi?» mormorò. «Credete davvero che al mondo esista qualcuno più forte della famosa gilda Grimoire Hearts?»
«Eh? No... non volevamo...» balbettò qualcuno, intimorito -o forse, meglio, terrorizzato- da quello sguardo.
«Se lo pensate davvero allora potete anche togliervi dai piedi! Grimoire Hearts non ha bisogno di rammolliti!» e con quell'ultimo urlo sentenziatore generò dal palmo della sua mano delle fiamme nere che colpirono le persone che aveva di fronte.
«Ohy!» urlò Natsu, sconvolto quanto il resto dei suoi compagni. «Che stai facendo?!» ruggì.
«I suoi stessi compagni...» mormorò Priscilla, portandosi una mano sconvolta alle labbra. Ma Zancrow rise, libero da ogni senso di colpa, come se non gli appartenesse, come se quelle persone non fossero nemmeno esseri viventi.
«Maledetto! Quelli erano tuoi compagni!» urlò Natsu, furioso. Zancrow spostò lo sguardo su di lui e senza lasciarsi intimorire sparò anche nella sua direzione.
«Le fiamme non hanno effetto su di me!» disse Natsu, spalancando la bocca e preparandosi a mangiarle. L'ondata di fuoco nero lo travolse completamente e, sorprendendo persino lui stesso, lo scaraventò a terra ferito.
«Non riesco a mangiarle...» balbettò Natsu. «Che razza di fiamme sono?»
«Sei un po' ingenuo Dragon Slayer in erba» e Zancrow sparò ancora un'ondata più grossa e potente della precedente.
«Natsu!» urlò Happy, preoccupato, e fu Priscilla a reagire per prima. Volò con rapidità tra Natsu e le fiamme, sparò da entrambe le mani un soffio di vento tale da riuscire a fermare il colpo di Zancrow, rimandandolo indietro per almeno i primi metri.
«Oh...» disse Zancrow con un ghigno divertito.
«Fuoco nero o fuoco rosso non ha importanza, tutte le fiamme sottostanno alla forza del vento!» esclamò Priscilla sforzando ogni muscolo per riuscire a concentrare quanta più magia in quel singolo punto e poter contrastare le fiamme che ancora bruciavano. Zancrow rise ancora in quel suo modo inquietante e semplicemente disse: «Vale anche per le fiamme di un Dio?»
«Dio?» si chiese Priscilla, sbarrando gli occhi. Improvvisamente il getto di fuoco di Zancrow si fece più intenso, più gonfio, e spinse in avanti sfondando la difesa di Priscilla. La ragazza guardò la fiamme attraversare incuranti il suo vento, per niente influenzati da esso, e raggiungerla a gran velocità.
Non venne colpita. Natsu l'afferrò per la maglia in un istante e la lanciò via, verso Wendy, urlando: «Proteggi loro!»
Priscilla rotolò a terra, fino a quando non riuscì a fermarsi di fianco ai suoi compagni e rapida alzò la testa su Natsu appena in tempo per vederlo venir spazzato via dalle fiamme di Zancrow.
«Natsu!!!» urlò, terrorizzata.
Il ragazzo riuscì a restare miracolosamente in piedi, anche se ricoperto da un numero considerevole di ferite, ma lo sguardo del Dragon Slayer emanavano la forza necessaria a non arrendersi.
«Il mio potere è decisamente su un livello superiore al vostro. Io sono un ammazza Divinità: sono un God Slayer» disse Zancrow allargando le braccia con orgoglio.
«God Slayer...» balbettò Wendy, sorpresa.
«Esistono davvero certi tipi di maghi su Earthland?» chiese Lily.
Priscilla restò in ginocchio, col fiato corto, impegnata a riprendere le forze, ma si sistemò ben davanti al resto dei compagni. Natsu le aveva chiesto di proteggerli ed era quello che avrebbe fatto: quell'uomo era pericoloso e lei avrebbe stretto le dita su quel marchio, tenendolo al riparo da ogni tipo di fiamma, da ogni tipo di colpo. Il suo compito era curare Fairy Tail, proteggerli, non si sarebbe tirata indietro.
«Dov'è Mest?» chiese, notando solo in quel momento l'assenza dell'uomo.
«È sparito già da un po', te ne accorgi solo ora?» rispose Charle.
«In una situazione come questa... ci manca solo che arrivi anche il Concilio a dare problemi» digrignò i denti lei, sentendo la preoccupazione aumentare all'altezza del petto. Con un urlo Natsu caricò l'avversario e cominciò a colpirlo con rapidità con pugni e calci, colpi che Zancrow riusciva a parare perfettamente.
«God Slayer un corno! Sei stato cresciuto da un Dio, per caso?» ringhiò, tirando un altro calcio che riuscì almeno a far indietreggiare Zancrow.
«Se consideriamo che Master Hades si avvicina molto alla figura di una divinità, possiamo anche affermare che ho ricevuto questa magia perduta da un Dio» rispose Zancrow, ricambiando uno a uno tutti i colpi che riceveva.
«Perciò te l'ha insegnata un essere umano» ghignò Natsu. «Io invece ho ricevuto la mia da un vero Drago! Fiammata brillante del drago di fuoco!» urlò lanciando una bomba infuocata di dimensioni gigantesche contro il proprio avversario, che non si lasciò atterrire e rispose con la stessa moneta.
«Fiammata brillante del Dio del fuoco!» richiamò lui, lanciando contro la palla di fuoco di Natsu la propria di fuoco nero. L'urto fu tale da coinvolgere anche chi stava semplicemente osservando quell'incredibile scontro e Priscilla scattò davanti ai suoi compagni con un muro di vento, per proteggerli, per quanto le fosse possibile. Quelle fiamme, le fiamme nere del Dio, non rispondevano alle normali leggi fisiche di quel mondo e passavano attraverso la sua magia. Riuscì a indebolirle, ma comunque vennero colpiti dall'onda di calore bruciante e non si salvarono completamente dalle ferite.
«Merda... la mia magia non funziona granché contro di lui» gracchiò Priscilla, tornando a inginocchiarsi per cercare di riprendere forze.
«Dobbiamo avere fiducia in Natsu!» strinse i pugni Happy e Priscilla, per quanto non riuscisse a liberarsi dalla preoccupazione, decise di dargli ascolto e annuì.
«Ora state cominciando a stancarmi» disse Zancrow, voltandosi improvvisamente verso il gruppo in disparte e lanciando le proprie fiamme direttamente verso loro. Priscilla cercò di reagire rapidamente, usando ancora una volta il vento per proteggersi, ma come era già successo poté ben poco e vennero così travolti. Urlarono ma per fortuna vennero colpiti solo dall'ondata di calore di questo e non dal colpo stesso, in quanto in un ultimo sprazzo di disperazione Priscilla aveva usato una corrente ascensionale per lanciare tutti verso l'alto e riuscire almeno a schivare. Aveva comunque fatto male, anche solo l'aria bruciava a contatto con quelle folli fiamme, ma almeno erano ancora vivi.
«Wendy!» chiamò Charle, afferrando la ragazzina in volo.
«Priscilla!» chiamò lily, avvicinandosi al corpo devastato della ragazza.
«Sto bene» gracchiò lei, cercando di rimettersi almeno dritta.
«Ruggito del drago di fuoco!» urlò Natsu, soffiando le proprie fiamme contro il nemico. Ma Zancrow ancora rise vedendosi arrivare addosso il colpo. Spalancò la bocca e non appena fu raggiunto dalle fiamme cominciò a inghiottirle, cibandosene.
«Non è possibile!» sussultò Wendy.
«Sai chi è stato a concedere il fuoco agli umani? È stato un Dio! Non un Drago e nemmeno un altro essere umano. Un Dio!» scoppiò a ridere non appena ebbe finito il pasto. «Erano fiamme davvero gustose! Adesso tocca a me: Ruggito del Dio del fuoco!»
L'ondata di fuoco nero che nacque dall'interno della sua bocca si aprì gigantesca in tutto l'ambiente circostante ed esplose con un boato che fece tremare l'intera isola. Non solo Natsu, a cui aveva mirato, fu colpito, ma persino Priscilla e Wendy nonostante si trovassero a distanza di sicurezza. Il calore scottante, quelle fiamme devastanti, impedì loro di usare ancora la propria magia troppo concentrati sul dolore recatogli. Natsu venne sbalzato via, oltre il dirupo, nella foresta, e lontano da lui anche Priscilla, Wendy e gli Exceed caddero nel vuoto.


«Priscilla-nee!» chiamò Wendy, gattonando rapidamente verso di lei.
«Sto bene» mugolò lei, rialzandosi lentamente. «Come state voi?»
«Niente di rotto per fortuna, ma ce la siamo vista brutta» disse Lily.
«Natsu! Natsu sta bene, vero?» piagnucolò Happy, guardando con preoccupazione verso il dirupo da cui erano appena caduti.
«Natsu ha la pellaccia dura, sono certa che starà già trovando il modo di risalire e tornare a combattere» disse Charle.
«Dovremmo tornare anche noi» azzardò Lily.
«Non sento ulteriori esplosioni o urla provenire da lassù, dubito che Natsu si trovi ancora lì e non è prudente per noi andarci di nostra volontà. Il potere di quell'uomo è incredibile» disse Priscilla, portandosi la mano di ghiaccio sulla spalla destra, dove ardeva ancora un'evidente bruciatura. Il contatto col ghiaccio della seconda metà del suo corpo le recò quasi dolore, ma strinse i denti e cercò di resistere sperando che nel rigenerarsi non avesse consumato più magia di quanta fosse necessaria. Doveva ancora combattere e non poteva usare ancora il potere di Anima per ricaricarsi, era passato troppo poco tempo.
«Priscilla, stai bene?» chiese Happy, preoccupato nel vedere la sua espressione addolorata. Dal viso le colava del sudore, era stremata da tutti quei combattimenti, quasi al limite, e sapere che avevano solo appena iniziato era veramente preoccupante. Lei cercò di sorridere, rincuorante, e annuì.
«Andiamo. Ho visto Natsu cadere da quella parte, cerchiamo di riunirci a lui» disse cominciando a fare strada.
"Ho ancora questa sensazione opprimente nel petto, non riesco a placarla. Sono così preoccupata..." e d'istinto lanciò uno sguardo al cielo sereno, come se avesse sperato di vederci qualcosa in particolare. Magari delle nuvole nere, dei tuoni, a rassicurarla. Sicuramente un gesto dettato dalla paura: era terrorizzata e proprio di fronte a quella primordiale paura aveva sperato di sentire la vicinanza dell'unica persona che fosse mai stata in grado di farla sentire più serena. Chissà dov'era in quel momento.
"Laxus... come vorrei poterti vedere, adesso" una stretta al petto, il desiderio di un abbraccio confortevole. Quelle persone potevano realmente porre fine a Fairy Tail, potevano davvero portare la distruzione tanto temuta. Per quanto cercasse di avere fiducia, non poteva far a meno di sentire la vibrazione del terrore percorrerle tutto il corpo. Si era scontrata prima con Azuma, poi con Zancrow, se anche gli altri adepti di Grimoire Hearts erano come loro... avrebbero davvero potuto sopravvivere? E quel Master Hades paragonabile a un Dio, se persino uno come Zancrow lo ammirava a tal punto, quanto poteva essere forte? Soprattutto, perché suo nonno non era ancora intervenuto e non aveva messo fine a tutto quello con Fairy Law? Quando si erano trovati in difficoltà, di fronte a Phantom Lord, gli era bastato uno schiocco di dita per mettere fine a tutto, per salvarli. Che stesse combattendo anche lui? Che avesse trovato qualcuno così forte da portarlo a desistere?
"Chissà dov'è..." pensò sempre più preoccupata, avanzando con il volto cupo attraverso il bosco.
«Priscilla-nee» mormorò Wendy, guardandola preoccupata. Stava sudando freddo e aveva il volto contratto in un'espressione addolorata. Priscilla cercò di rasserenarsi e tornare con i piedi per terra. Si guardò il palmo della mano destra, stretto ai propri vestiti fino a quel momento e tirò un sospiro.
«Questa è la sensazione della paura» mormorò. «L'ho provata un sacco di altre volte, ma mai in questo modo».
«È colpa di Nirvana, intensifica le tue emozioni» provò a spiegare lei.
«Nirvana intensifica la mia reazione alle emozioni, non loro stesse. Qualcosa... non saprei, c'è qualcosa che...» mormorò, temendo persino nel pronunciare una simile frase. «È mai capitato prima d'ora che Fairy Tail affrontasse una crisi del genere? Siamo tutti qui, su quest'isola, con dei nemici tali da poterci uccidere...»
«Non dirlo nemmeno!» la rimproverò Wendy, intuendo cosa stesse pensando e cosa la intimorisse tanto. Aveva toccato con mano la forza di quelle persone e ne era rimasta terrorizzata, ma la paura non nasceva dal pericolo che lei stessa stava correndo ma da quello derivante per tutte le persone che conosceva. La paura di perdere anche solo uno di quegli amici a cui negli ultimi tempi si era legata fino a quel punto. La vecchia Priscilla, che vedeva Fairy Tail solo come un posto in cui stare, un posto come un altro scelto da Laxus e in cui era entrata per far felice lui e basta, la vecchia Priscilla non aveva mai provato quel genere di sensazioni. La paura verso gli altri, non verso se stessa. Una paura da cui non poteva proteggersi semplicemente nascondendosi in un armadio.
«Io credo in Fairy Tail! Sono sicura che andrà tutto per il meglio!» insisté Wendy e quella passione, quella fiducia, travolsero Priscilla come un'ondata. Era così intensa che per un attimo riuscì persino a crederci.
Un'esplosione e delle fiamme nere che si alzavano nel cielo, da una zona di bosco non troppo distante. Si voltarono a guardarle, spaventati, sapendo perfettamente da chi arrivassero.
«Zancrow» mormorò Charle.
«Starà combattendo ancora contro Natsu? O ha trovato qualcun altro?» chiese Lily.
«Restate qui!» ordinò Priscilla, volando via rapidamente.
«Priscilla-nee!» provò a richiamarla Wendy, ma lei, prima di sparire tra gli alberi, si limitò a ordinare ancora: «Non muovetevi, restate al sicuro!»
Che fosse Natsu il suo avversario, o chiunque altro, non sarebbe rimasta in disparte a guardare. Quelli non erano avversari da sottovalutare e finché avrebbe avuto la forza di combattere l'avrebbe fatto, fino allo sfinimento.
Sbucò all'interno di una radura e lì il cuore parve fermarsi per un attimo. Natsu imprigionato all'interno delle fiamme nere urlava dal dolore mentre queste lo consumavano, incapace di liberarsi e persino di muoversi. Ma ciò che recò al petto di Priscilla una fitta ancora più forte fu vedere Makarov, suo nonno, steso a terra ricoperto di sangue e ferite. Chi l'aveva ridotto in quel modo? Zancrow? Qualcun altro? Il dolore nel petto parve esplodere e prendersi tutto il resto del suo corpo, facendola vibrare come una corda di violino. La sentiva, l'ombra di Nirvana che le offuscava la vista di fronte a quell'assordante rumore di urla e terrore.
Suo nonno...
"Non siamo anche noi la tua famiglia, Priscilla?"
Il nonno che tanto aveva lottato per darle la felicità, combattendo persino contro il suo stesso animo avvilito e le sue convinzioni di non essere degna di trovarsi tra loro. Quel nonno dalla forza inconcepibile, che l'aveva salvata non solo da Phantom Lord ma anche dal peggiore dei suoi incubi.
"E questo che fai ai tuoi figli, Ivan?"
Il giorno che aveva scelto loro, la sua famiglia, a un figlio vile e folle.
"Non alzerai più nemmeno un dito non solo su Laxus e Priscilla, ma sull'intera gilda. Sei esiliato, Ivan".
Il nonno che aveva lottato persino con la follia di un nipote cieco, pur di proteggerla e difenderla, accettando le sue ridicole condizioni solo per vederla di nuovo sorridere.
La vide l'ombra di Nirvana che di fronte a quel sentimento incontrollabile, quella paura folle, le acceccava la vista. Tutto sembrò diventare buio e impercettibile, ma i battiti del suo cuore cominciarono a dirle la verità.
«Io credo in Fairy Tail».
Zancrow non ebbe nemmeno il tempo di accorgersi del suo arrivo che Priscilla lo centrò in pieno viso con un calcio diretto, usando la potenza del suo vento per caricare il colpo. Zancrow si sorprese, ma non fu solo quello a spingerlo contro il tronco dell'albero contro cui si schiantò. Il potere di quel calcio era stato di gran lunga superiore a tutto il potere che lei avesse mai sprigionato fino ad allora.
«Ci tieni a morire anche tu!» disse lui che, nonostante tutto non aveva ancora mollato la presa su Natsu e continuava a lanciare su di lui fiamme nere che lo logoravano. Allargò quelle fiamme come fossero morbide e in grado di allungarsi e la presero, coinvolgendola in quell'enorme bolla di fuoco e fiamme che stavano logorando Natsu. Ma Priscilla non si mosse, si fece inghiottire, infine svanì come dissolta. Zancrow si guardò attorno, senza riuscire a vederla, ma un tornado cadde dal cielo e centrò in pieno l'albero che aveva alle spalle, disintegrandolo. Pezzi di tronco volarono ovunque ma si fermarono a mezz'aria, ognuno gestito da una corrente diversa. Si direzionarono verso Zancrow e si lanciarono contro di lui. Lui ancora sorrise e la sua fiamma nera lo circondò, allargandosi tanto da bruciare non solo gli alberi che erano stati usati come proiettili -e quindi vanificare l'attacco- ma centrando persino la stessa Priscilla che si scoprì essere non troppo distante.
«Puoi creare illusioni, che brava. Credi che basti questo?» rise lui, guardando Priscilla contorcersi dal dolore.
«Certo che no» disse lei con uno strano sguardo in viso. Nonostante il fuoco la stesse lentamente dilaniando, nonostante tremasse per il dolore, si alzò e lanciò contro Zancrow un'ondata di vento che generata proprio all'interno di quelle fiamme si trasformò in un tornado di fuoco.
«Vuoi colpirmi con la mia stessa magia? Stai scherzando?» rise lui, colpito da un colpo che non gli fece nemmeno un graffio. Priscilla barcollò e per un attimo cedette a quel terribile dolore, mentre parti del suo corpo cominciavano a vaporizzare e bruciare.
«Non posso morire» mormorò. «Devo solo controllare il dolore, ma non posso morire. Posso farcela... io posso restare qui dentro» digrignò i denti e infine lanciò verso il suolo il proprio pugno sinistro, penetrando nel terreno.
"Il vapore del ghiaccio del mio corpo sciolto grazie a queste fiamme, lo userò a mio vantaggio" pensò poco prima di urlare: «Geyser!»
Sotto ai piedi di Zancrow si aprì un varco da cui uscì un getto di aria bollente e vapore, che lo colpì in pieno, ma ancora non ebbe che la sorpresa ma nessun effetto. Si spostò, schivandolo, ma il getto di aria calda cessò nel suo punto precedente ed esplose di nuovo da sotto i suoi piedi aprendo decine di varchi tutti intorno con solo lo scopo di riuscire a centrarlo.
«Quali speranze credi di avere, mocciosa?» rise Zancrow, saltando da una parte all'altra e schivando i colpi del suo Geyser.
«Io nessuna» disse lei con una serietà sconcertante. «Gli Dei hanno creato gli uomini, poi hanno mandato demoni, guerre, epidemie e mostri a distruggerli. Ti sei mai chiesto il perché?»
«Eh?» chiese Zancrow non capendo di cosa stesse parlando.
«Per paura» un sorriso inquietantemente vittorioso, nonostante lei stesse letteralmente bruciando viva. «Gli Dei cominciarono ad aver paura degli uomini perché consapevoli che loro, con la loro mortalità, avrebbero potuto ucciderli. Perché gli uomini, di fronte alla morte, possono solo colpire sempre più duramente... fino a uccidere».
«Stronzate! Il dolore ti sta dando al cervello» disse Zancrow, infastidito da quei discorsi e soprattutto da quello sguardo tanto convinto. Non stava che prendendo colpi, nessuno dei suoi attacchi andava a buon segno, eppure nei suoi occhi non c'era che la sicurezza di chi avrebbe vinto da un momento a un altro.
«Io credo in Fairy Tail» sorrise lei, cessando infine i propri colpi. Si lasciò andare, cadendo a terra, decisa a non combattere oltre, decisa ad arrendersi alla propria fatica.
«Non sottovalutare mai il potere dei sentimenti di un essere umano» disse infine, cadendo a terra. Ma ciò che sorprese Zancrow, più che le sue ultime parole, fu vedere il proprio fuoco lentamente venir dissolto. A occhi spalancati si voltò verso Natsu, che aveva tenuto prigioniero fino a quel momento, e lo trovò incredibilmente libero. A testa indietro, risucchiava e mangiava le sue nere fiamme, fino all'ultima fiammella.
«Non è possibile!» gridò Zancrow, sconvolto. «Non puoi mangiarle, come hai fatto?»
«Ora capisco» mormorò Natsu, carico di una nuova energia. «Mi sono dovuto prima liberare del mio stesso potere magico per riuscire a mangiare le tue, a quanto pare esistono fiamme che vanno mangiate in maniera speciale».
«Vai, Natsu» sorrise Priscilla, stesa a terra, incapace di muoversi ma ancora sveglia.
«Razza di idioti, state cercando di farvi uccidere?!» ruggì Makarov, dal centro della radura.
«Nonno! Sei sveglio!» esclamò Priscilla e sorrise felice.
«Certo che sono sveglio ed è da almeno dieci minuti che ti ordino di fermarti, stupida!»
«Davvero?» strabuzzò gli occhi lei. «Non ti sentivo».
«Sei tale e quale a tuo fratello! Testarda! Non ascolti mai!» si dimenò Makarov, per quanto fosse in grado di muoversi.
«Nessuno di noi morirà, vecchio» disse Natsu, puntando gli occhi severi su un Zancrow che ora cominciava a sudare freddo. «Torneremo a casa, tutti insieme. Fiamma brillante del Dio del Drago!» la fiamma che nacque dal pugno di Natsu, rivolto su Zancrow, brillò e vibrò come nessun'altra fiamma prima di allora. Rossa e nera, dorata e ambrata, cambiava sfumatura a ogni fiamma e Zancrow provò invano a pararlo. La potenza fu tale che nemmeno lui poté sostenerla e finalmente, incapace di combattere ancora, cadde sconfitto.
«Vecchio...» mormorò Natsu, ansimante. «Combattiamo. So che ci sono momenti in cui bisogno ascoltare la propria paura e fuggire via, me lo ha insegnato Gildarts, ci sono limiti per tutti. Ma non è questo il caso. Questa gente ha provato a fare del male a Fairy Tail, dobbiamo fargliela pagare, dobbiamo mostrar loro qual è la nostra forza. Dobbiamo comb...» non riuscì a terminare la frase, che esausto svenne e cadde a terra.
«Natsu!» chiamò Makarov, terrorizzato. Priscilla allungò istintivamente una mano verso di lui e riuscì a generare una corrente sufficiente a evitare che sbattesse a terra, appoggiandolo morbidamente.
«Priscilla-nee!» la voce di Wendy, che correva verso di loro.
«Wendy! Ti avevo detto di aspettare lì» la rimproverò Priscilla, guardandola severa, per quanto le sue condizioni non fossero quelle adatte a una cosa del genere.
«Santo cielo» mormorò Charle, guardando i corpi dei compagni e di Zancrow che aveva di fronte. «Che cosa è successo, qua?»
«Abbiamo vinto!» alzò un braccio Priscilla, contenta, ma il dolore la portarono ad assumere una smorfia e tornare ad appoggiarsi a terra.
«Vi curerò subito!» disse Wendy, correndole incontro.
«No, non io! Parti dal nonno! Ne ha più bisogno» le disse Priscilla, facendole un cenno col capo, e lei decisa annuì.
«Wendy, non hai molta magia. Non esagerare!» cercò di dirle Charle, volandole accanto.
«Non importa! Devo fare qualcosa!» insisté Wendy, alzando le mani sopra la testa di Makarov e cominciando a far brillare il tutto di una luce celestiale.
«Natsu!!!» il lamento di Happy, prima di corrergli incontro preoccupato.
«Priscilla, come ti senti?» chiese Lily, avvicinandosi infine alla ragazza.
«Ehy, socio» ridacchiò lei, ammorbidendosi a terra e poggiando la testa tra le braccia. «Sono distrutta, spero che gli altri sei fratelli del purgatorio mi diano prima qualche minuto per rigenerarmi. Non credo di potermi muovere in queste condizioni».
«Qual era esattamente il piano? Perché sei corsa qui in quel modo?» chiese curioso Lily, sedendosi al suo fianco.
«Nessun piano. Ho solo ripensato alle parole di Natsu sulla paura e... non so, ho voluto avere fiducia. Sapevo di non potercela fare contro di lui, ma sentivo che dovevo fare comunque qualcosa e speravo nel frattempo che a Natsu venisse qualche bella idea» ridacchiò, guardandolo steso a terra. Wendy aveva appena finito di usare la propria magia su Makarov e corse dal secondo malridotto, proprio lo stesso Natsu, ripetendo l'operazione.
«Sinceramente non so quanto sia stata buona» commentò, vedendolo ancora privo di sensi nonostante la magia di Wendy.
«Niente da fare, su di lui non funziona. Non capisco perché» disse Wendy, ansimando esausta.
«A quanto pare le sue ferite sono troppo profonde anche per essere curate dalla magia del cielo. C'è qualcosa che interferisce con la guarigione...» commentò Charle, guardando il corpo del ragazzo steso a terra. Priscilla, ancora stesa a terra, spostò semplicemente la testa per riuscire a guardare la scena.
«Che cosa posso fare?» chiese Wendy, disperata.
«Lily...» mormorò Priscilla, pensierosa. «Perché la sciarpa di Natsu è diventata nera?» un particolare che aveva notato solo in quel momento.
«Pare sia successo dopo che ha incontrato il tizio spaventoso dai capelli neri» rispose lui.
«Quale tizio?» chiese Priscilla, curiosa.
«Non so, è quello che ha raccontato lui. Possibile che si tratti...» un'idea, bizzarra, ma cominciava a diventare possibile.
«Zeref?» sussurrò Priscilla, colta dallo stesso dubbio.
«Wendy» la voce dolorante di Makarov, trascinato a fianco del ragazzo per permettere a Wendy di occuparsi di entrambi e tenerli vicini.
«Master!» sussultò lei, sollevata nel vederlo di nuovo sveglio. Dopo che aveva fatto la ramanzina ai due ragazzi e aveva visto Zancrow sconfitto, aveva per un po' perso i sensi, troppo affaticato persino per restare sveglio.
«La sciarpa di Natsu... è lei a interferire con la guarigione, è il segno del male. Riesci ad occuparti della sciarpa di Natsu?»
«Certo! Ci provo!» disse Wendy, determinata come sempre.
«Allora è vero che Zeref si trova su quest'isola» mormorò Priscilla, incupendosi. Un'ombra nei suoi occhi, più nera di quella che si sarebbe aspettata, incuriosì Lily che era lì di fianco a lei. «Qualcosa non va?»
«Il solo fatto che Zeref sia ancora a questo mondo e si trovi su quest'isola, non va» rispose lei, rannicchiandosi tra le sue stesse braccia. «Ma... la verità è che...» qualcosa bloccò le sue parole, un timore di cui faceva fatica persino pronunciare la sua esistenza. Girò faticosamente il palmo della mano, riuscendo a guardarne il simbolo ben stampato sopra. «Una magia che crea la vita... il mondo della magia ha sempre ritenuto oltraggioso una magia come questa, che profana la verità e l'essenza della vita. Ricrearla a proprio piacimento sembrava così ripugnante, un modo per appropriarsi dell'unica libertà concessa agli uomini: quella di esistere. Non ho idea di come mio padre sia riuscito a venirne in possesso e a utilizzarla... qualcuno deve avergli insegnato».
«La magia della vita... è una magia di Zeref?» azzardò Lily, cominciando a capire dove la ragazza volesse arrivare. Lei semplicemente annuì, poi tirando un sospiro tornò a guardare Wendy che ancora concentrava tutte le sue forze sulla sciarpa di Natsu. Pian piano era diventata grigia, perdendo il nero che la componeva, e continuava a sbiancare sempre più. Dalla fronte della ragazzina, ormai stremata, cadevano ipnotizzanti gocce di sudore.
«È da quando abbiamo incrociato Azuma, che ci ha detto di Grimoire Hearts e Zeref, che ho una strana sensazione addosso. È talmente opprimente che mi fa male al petto» un sospiro, forse più un lamento, nell'istante in cui sentì una fitta alla testa tanto forte da credere che potesse esplodere.
«Dovresti riposare un po', potrebbe esserci bisogno ancora del tuo aiuto» suggerì Lily, nel vederla così affaticata. Lei ancora annuì e pian piano, a grossi respiri, cedette alla sensazione del sonno che le intorpidiva il corpo. Non aveva bisogno di dormire, quando era piccola, appena nata, non lo faceva mai. Ma suo padre l'aveva costretta a imparare e il suo corpo aveva, con l'esperienza, imparato che nel sonno la rigenerazione e il recupero avveniva più rapidamente. Perciò semplicemente si poteva dire che si era evoluta e aveva cominciato a sentire lo stimolo del sonno le volte che doveva recuperare magia.
«Devo solo riposare un po'» la verità tagliente, onnipresente. Chiuse gli occhi e non ci mise molto a sentirsi più leggera, inconsistente come una vera marionetta di carta. «Svegliatemi subito se succede qualcosa» mormorò un istante prima di cadere definitivamente nel sonno. Neanche ebbe modo di sentire la voce di Lily che rispondeva rassicurandola. 


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Capitolo 32
*** Qualcuno ci aiuti ***


Qualcuno ci aiuti




Le voci si accalcavano le une sulle altre, diventando dapprima un ronzio fastidioso poi un vero e proprio tormento per il suo mal di testa. Qualcuno litigava e certo non era difficile cogliere tra quelle voci quella petulante e sempre squillante di Natsu. La magia di Wendy doveva aver funzionato, se ora aveva addirittura le forze per litigare, però questo non migliorava il suo umore: avrebbero potuto svegliarla con una delicatezza maggiore.
«Ma insomma, cos'è questo casino?» mormorò, aprendo gli occhi. «Una non può nemmeno concedersi un po' di riposo dopo una serie sfiancante di battaglie, siete proprio dei maleducati» sbadigliò, storpiando gran parte delle parole, e pian piano si tirò a sedere.
«Priscilla! Ti sei svegliata» osservò Lily, ancora al suo fianco. «Come ti senti?»
«Posso muovermi, questo è ciò che conta» disse, stiracchiandosi. «Natsu, cos'hai da brontolare, sentiamo?» chiese poi puntando gli occhi ancora stanchi e arrossati dal sonno al ragazzo. Solo in quel momento si rese conto che non era solo: Lucy era con lui e davanti a loro, motivo di quella litigata probabilmente, c'era Mest. 
«E voi due quando siete arrivati?» chiese, sorpresa. 
«Hai dormito per una buona mezz'ora, sono successe un po' di cose» spiegò brevemente Lily.
«Un attimo! Tu te la sei svignata durante la battaglia con Zancrow! Avresti potuto restare ad aiutarci, codardo!» ruggì lei, puntando un dito contro Mest, e lui reagì con uno sconfortato: «Sono del Concilio, ricordi? Ero vostro nemico...».
«Bazzecole!» 
«Chi usa il termine "bazzecole" ad oggi?!» sussultò lui.
«L'ho letto su un libro tempo fa, suonava divertente» ridacchiò Priscilla.
Era in grado di scherzare, era in grado di tornare a essere la solita confusionaria Priscilla, questo non poteva che significare che stava bene. 
«Comunque il punto adesso è un altro! Natsu, devi ascoltarmi, posso teletrasportarvi tutti, dobbiamo solo radunarci!» disse Mest, voltandosi verso un Natsu che ancora soffiava rabbia dal naso e se ne stava a braccia conserte.
«Perché mai dovremmo accettare l'aiuto del concilio?» disse stizzita Charle. 
«Prima te la svigni poi vieni qui a dirci che vuoi portarci via tutti per salvarci, magari con questa scusa ci troviamo tutti teletrasportati in prigione direttamente senza nessun motivo. Siete delle belle canaglie!» mormorò Priscilla, sedendosi a gambe incrociate e portandosi le mani dietro la testa.
«Non abbiamo prove contro di voi, lo sapete! Voglio solo aiutarvi, stare qui è pericoloso!» insisté Mest.
«E comunque» si alzò Priscilla, continuando a ignorare le sue parole. «Ci stai praticamente dicendo di scappare e lasciare Zeref su un piatto d'argento a Grimoire Hearts. Non ho idea di cosa vogliano farci, ma non mi sembra proprio una bella trovata».
«Parlavano del mondo definitivo della magia» disse Lucy, cupa in volto.
«E cosa sarebbe?» chiese Priscilla.
«Dicevano che volevano creare un mondo dove solo la magia poteva dimorare. Utilizzeranno Zeref per eliminare tutti quelli che non hanno magia dentro loro, solo i maghi potranno vivere su questo mondo» spiegò ancora Lucy.
«Non scherziamo!» rispose Priscilla, a occhi sbarrati. «Neanche il dieci per cento della popolazione ha magia dentro sé! Stermineranno praticamente la razza umana!»
«Il Concilio non lo permetterà, è proprio questo il punto!» intervenne Mest. «Non appena scopriranno cosa sta succedendo qui, attaccheranno senza pietà!»
«Cosa?!» sussultò Priscilla.
«Vogliono usare di nuovo l'Etherion?» urlò Happy, terrorizzato.
«Non imparate mai, vero?» mormorò scoraggiata Lucy. 
«Allora vuol dire che sistemeremo le cose prima che ciò accada» disse Natsu, risoluto. 
«Di cosa stai parlando? Hai visto come vi hanno conciati, persino Makarov è stato battuto! Non vincerete mai!»
«Intanto uno dei loro peggiori è a terra, mentre noi siamo qui a discutere sulla nostra prossima mossa» disse Priscilla, avvicinandosi al corpo di Makarov ancora a terra, privo di coscienza. Stava semplicemente riposando, la magia di Wendy aveva già cominciato a fare effetto, ma aveva bisogno di tempo. Si chinò e lo prese in braccio, avvolgendolo in una coperta per tenerlo al caldo. Si rialzò e camminando passò davanti a un Mest ancora senza parole, sconvolto per la decisione folle che quelle persone stavano prendendo.
«Hai ancora molto da imparare su questa gilda» disse e non furono solo le sue parole a zittire del tutto Mest, ma soprattutto i suoi occhi decisi, che non avrebbero lasciato spazio a nessun tipo di replica. La sicurezza che riponeva in quelle persone, nella loro forza e nel loro legame, era assoluto.
«Priscilla-nee» mormorò Wendy, chiedendosi dove si stesse dirigendo col corpo di suo nonno in braccio. 
«Andiamo al campo base, è l'unico luogo di ritrovo che conosciamo. Sicuramente anche gli altri saranno lì. Ci riuniremo a loro e insieme penseremo a qualcosa» disse lei, camminando avanti al gruppo.
«Non potete farcela...» balbettò Mest, guardandoli allontanarsi uno alla volta. «Siete solo una normale gilda, non potete farcela».
«Ascoltami bene!» il ruggito di un drago, il ruggito di un Natsu che sembrava pronto a staccare la testa a chiunque. «Non mi importa se ho a che fare con Grimoire Hearts o con il Concilio. Chiunque alzi anche solo un dito su questa gilda è mio nemico e io lo distruggerò».
«Se veramente vuoi esserci d'aiuto» si voltò Priscilla, squadrandolo dall'alto al basso con una superiorità che mai avrebbe immaginato di vedere in una ragazza infantile e sorridente come lei. «Prendi tempo e trattieni quegli schifosi dei tuoi superiori. Natsu! Andiamo!»
«Sì» rispose lui, semplicemente, camminando in coda al piccolo gruppo suicida.
«Priscilla» si avvicinò Lucy, guardando il cielo pensierosa. Le nuvole si stavano radunando rapidamente e già qualche goccia di pioggia, impaziente, aveva cominciato a cadere. Stava per venir giù un bel temporale, sembrava quasi che il cielo avesse deciso di cadere sul mondo stesso. «Hanno detto che vogliono portare via Zeref di qua. Sicuramente hanno raggiunto l'isola in qualche modo, una nave probabilmente. Penso sarebbe una buona idea provare a rintracciarla, almeno per avere un'idea di dove si trovi la base nemica e prepararci a dovere» disse la bionda.
«Lily, Charle, pensate di riuscire a fare qualcosa?» chiese Priscilla, voltandosi verso i due Exceed che senza farselo ripetere due volte si alzarono in volo.
«Faremo un giro di perlustrazione dall'alto» annuì Charle.
«Io ho terminato la mia magia, mi dispiace» mormorò Happy, colpevole. 
«Non preoccuparti, pensa a recuperare le forze. Potresti esserci utile più avanti» lo rassicurò Priscilla, prima di fargli un occhiolino complice e suggerire: «Perché non ti fai uno spuntino? Mangiare ti aiuterà».
«Aye!» esclamò lui, addentando con gioia il pesce che aveva appena tirato fuori dal suo piccolo fagotto verde. 
«Restiamo sulla strada, così ci ritroverete facilmente» disse poi a Lily e Charle, che annuendo non persero altro tempo e volarono via con tutta la velocità che la loro magia poteva dargli. 
Lucy al suo fianco la guardò per un po', mettendola anche vagamente in soggezione, fino a quando non le sorrise con un certo divertimento in volto.
«Cosa c'è?» mormorò Priscilla, rossa in volto per il disagio.
«Pensavo che è la seconda volta che il Master è fuori gioco e anche questa volta hai preso tu le redini della situazione e ci stai guidando» disse, riferendosi al giorno in cui Priscilla aveva invitato l'intera gilda a combattere contro Phantom Lord nonostante le loro scarse possibilità e le loro ferite. 
Priscilla rispose con uno sbuffo divertito, e tornò a concentrarsi sulla strada da percorrere. «Non sono portata per questo ruolo, ma comunque sono cresciuta con loro... qualcosa ho imparato. In fondo, glielo devo» disse guardando Makarov, che teneva tra le braccia, con affetto. 
«Loro?» chiese Lucy, cercando di capire di chi altro parlasse oltre che Makarov. Poi un nome le venne in mente e la domanda, incredula e scocciata, fu inevitabile: «Non mi dirai che invece Laxus è portato per questo ruolo, vero?!» 
Priscilla rise divertita dalla sua poca fiducia e l'incredulità, per poi semplicemente commentare con il solito: «Non l'hai conosciuto, è normale che tu la pensi così».
«Mah...» mormorò Lucy, pensierosa, e tornò a guardare il cielo che ora aveva cominciato a rovesciare enormi quantità di acqua, come lacrime disperate, lavavano via le ferite ma colpiva i loro corpi già abbastanza intorpiditi. «I Raijinshuu alla fine si sono dimostrati ottimi amici, e gli sono attacchi molto. Persino Natsu ha sempre creduto in lui, anche durante quel ridicolo gioco che si era inventato. Chissà, forse hai ragione».
«Quando tornerà lo vedrai con i tuoi occhi» sorrise Priscilla, convinta, e fu quella convinzione a rattristare Lucy. Sarebbe davvero tornato?
Camminarono a lungo e infine decisero di concedersi una pausa all'interno di una grotta, per cercare riparo almeno momentaneamente dalla pioggia. Natsu rimase sulla soglia, in vista sulla strada, per controllare quando Lily e Charle sarebbero tornati. Priscilla poggiò a terra suo nonno, coperto, e gli rimase seduta a fianco, a vegliare su di lui. Lucy evocò Virgo dal mondo degli spiriti, che servizievole come sempre portò sia a lei che a Wendy degli abiti nuovi. Si cambiarono entrambe e infine Priscilla, guardando allegra il nuovo look di Wendy, insisté per poterle legare i capelli in due codine che, a detta sua, l'avrebbero resa adorabile. Non era raro che Priscilla usasse Wendy come una vera bambolina, la sera si divertiva a pettinarle i capelli, sceglieva con lei gli abiti per il giorno dopo, ogni tanto si intrufolava persino nella vasca insieme alla ragazzina, nonostante l'imbarazzo di quest'ultima, e facevano il bagno insieme. Charle fece ritorno quando lei aveva quasi finito e stava finendo di allacciare l’ultimo dei due elastici.
«Charle! Sei sola?» chiese, guardando la gatta sull'ingresso insieme a Natsu. 
«Abbiamo incrociato il campo base, più avanti. Ci sono molti feriti, per questo Lily ha deciso di restare lì per cercare di aiutare» spiegò lei.
«Anche loro hanno incrociato qualcuno dei sette fratelli del purgatorio» mormorò Priscilla, lasciando finalmente andare la testa di Wendy.
«Già. Persino Gajeel e Mira sono feriti gravemente. La loro base invece sono riuscita a vederla, si trova sulla riva est».
«Mira in condizioni gravi?» sussultò Lucy, sorpresa che persino un temutissimo mago di classe S fosse stata messa tanto in difficoltà. Priscilla non disse niente, ma era ovvio che fosse altrettanto preoccupata, e d'istinto portò lo sguardo su suo nonno, vicino ai suoi piedi. Era davvero la crisi peggiore che Fairy Tail avesse mai dovuto affrontare, ma aveva fiducia. 
«È meglio sbrigarci» disse poi, alzandosi in piedi e sollevando nuovamente suo nonno. «Cerchiamo di raggiungerli alla svelta, Wendy può aiutare loro con le guarigioni e se sono davvero messi così male rischiano di essere in pericolo se qualcuno di Grimoire Hearts dovesse attaccarli ora che sono deboli e scoperti».
«È lo stesso che ha detto Lily, per questo si è fermato lì» asserì Charle.
«Sbrighiamoci allora!» disse Natsu e corsero sotto quella pioggia torrenziale, diretti al campo base. 
Avevano il fiatone e correva ormai da un po', quando all'improvviso Priscilla, in testa al gruppo, inchiodò e si fermò. Wendy, dietro di lei, con uno squittio le finì addosso ma il suo delicato peso non fece che darle semplicemente una piccola spinta in avanti. Meno fortunata fu Lucy, al suo fianco, che si sentì travolgere da un meno delicato Natsu.
«Che fai?» ruggì Lucy, stesa a terra.
«Perché ti sei fermata così?!» rispose a tono Natsu.
«Non ne ho idea!» rispose Lucy.
«Ma... cosa...?» balbettò Priscilla al loro fianco, attirando l'attenzione dei due litiganti. Fu il suo sguardo, più che le parole, a farli preoccupare. Pallida, gli occhi sbarrati, sembrava addirittura tremare. E infine lo sentirono anche loro: un tremendo potere magico, faceva venire la pelle d'oca e proveniva da appena poco più avanti. Alzarono gli occhi sulla strada, fino a incrociare l'ombra di un uomo che si avvicinava. La pioggia, sopra di lui, cadeva con una potenza decisamente maggiore. Era soprannaturale e per questo inquietante. 
«Perché la pioggia sopra di lui cade più forte?» balbettò Charle.
«Quest'aura...» mormorò Wendy, altrettanto terrorizzata. 
Natsu a denti stretti saltò in piedi e fece un paio di passi verso di lui, gridando furioso: «Chi diavolo sei tu?»
L'uomo si avvicinò ancora, lento e pacato, prima di mormorare: «Chissà se sai volare tu», poi alzò una mano e decretò quella che sembrò una sentenza: «No, ancora no».
La pioggia intorno a loro cessò improvvisamente, le goccioline galleggiarono davanti ai loro occhi come piuma, e infine l'uomo spalancò le braccia e disse: «Cadi».
Una forza incredibile li trascinò tutti a terra e anche sopra le loro teste la pioggia cominciò a cadere con più violenza, colpendoli come fossero proiettili. Ma non facevano neanche male, niente in confronto a quella terribile forza invisibile che li schiacciava sempre più verso terra. 
«N-Non riesco a muovermi» disse Charle, incapace quasi anche di respirare.
«Che cos'è?» lamentò Lucy.
«Gravità?» azzardò Happy, ma sembrò l'unica risposta possibile al momento.  E la forza si fece più schiacciante, più pressante, fino a distruggere il suolo stesso e creare una voragine in cui vi rimasero incastrati tra urla di dolore e di paura. 
«Non mi interessa di Fairy Tail e nemmeno di Zeref» disse l'uomo, allentando infine la pressione sopra i loro corpi e permettendogli di tornare a respirare.«Ma c'è una cosa che voglio e si trova qui. Ditemi, dov'è la tomba di Mavis Vermilion?»
«La tomba del primo Master?» chiese Lucy, sorpresa.
«Vuole diventare mago di classe S anche lui?» chiese Natsu, stupito, scatenando la furia di una Lucy che non riusciva mai a credere a quanto potesse arrivare la stupidità di quel ragazzo: «Ti pare possibile?!»
«Fairy Glitter» disse l'uomo, ignorando il piccolo battibecco tra i due. «È una delle tre magie supreme della vostra gilda, non è così?»
«Di cosa stai parlando?» ruggì Natsu, furioso, provando ad alzarsi e corrergli incontro per prenderlo a pugni. Ma di nuovo una forza incredibile lo spinse a terra e lo schiacciò fino a soffocarlo. 
«Natsu!» sussultò Lucy.
«Quella radiosità è una luce spietata che respinge la presenza di ogni nemico» e aumentò la gravità nuovamente non solo su Natsu, ma sull'intero gruppo, facendoli tornare a urlare. «Voglio quella magia. Ditemi dov'è».
«Non ne so niente» provò a mugolare Natsu, per quanto riuscisse a parlare schiacciato com'era al suolo.
«F-fa male» mormorò Wendy tra i lamenti.
«Ma quello è Makarov» osservò infine l'uomo, spostando lo sguardo sul vecchio steso a terra, parzialmente coperto dal corpo di Priscilla che apprensiva gli aveva tenuto un braccio intorno. Gli occhi della ragazza parvero annebbiarsi non appena notò l'interesse del nemico su di lui, sentì le viscere tremare. «Potrei chiederlo direttamente a lui».
La voce di Priscilla cominciò a uscire lamentosa dai suoi denti serrati, come un animale furioso, sembrava ringhiare come una bestia. Piantò i palmi delle mani a terra, continuando a emettere lamenti e ringhi, come se stesse da sola cercando di sollevare una montagna intera con tutta la forza che aveva. Gocce di sudore le caddero dalla testa tanto forte da schizzare ovunque non appena toccarono terra e l'intero corpo cominciò a tremare. Non fu immediato, ci volle qualche secondo, ma infine sia Natsu, che Lucy, o Happy, cominciarono a sentirsi più leggeri. 
«Posso muovermi» osservò Lucy, sorpresa.
«Natsu» ruggì Priscilla a denti stretti, sotto uno sforzo disumano. Non sapevano cosa stesse accadendo, ma era ovvio che fosse merito di Priscilla in qualche modo, e Natsu non voleva certo vanificare i suoi sforzi. 
«Sì!» gridò lui, lanciandosi infine contro il nemico col pugno già infuocato. E gridò, caricandosi, risalendo la voragine in cui erano intrappolati. «Non ti permetterò di far del male al vecchio!» gridò pronto a colpirlo, ma l'uomo non parve nemmeno spaventarsi. Mosse una mano in avanti e un colpo partì con una velocità incredibile nella direzione di Natsu. Non seppero cosa avesse sparato, probabilmente niente, ma l'aria era stata squarciata in qualche modo. Se Natsu si fosse trovato su quella traiettoria non ne sarebbe uscito intero sicuramente, ma per sua fortuna una corrente ascensionale l'aveva sparato verso l'alto appena in tempo per evitarlo.
«Magia dell'aria» mormorò l'uomo, notando Natsu che ancora rotolava a mezz'aria. «E così che stai vanificando l'effetto della mia magia. Una pressione inversa, contrasti la gravità eliminando la pressione dell'aria e spingendo il vento nella direzione opposta. Però non sembri in condizione di sostenere un ritmo serrato come il mio» disse notando la ragazza che inginocchiata continuava a latrare e sudare. «Vediamo che succede se aumento ancora di più» sorrise, quasi divertito, e di nuovo tutti furono schiacciati verso il basso, compreso Natsu che ancora volteggiava per aria. Priscilla cadde in avanti, sentendosi comprimere e quello fu il motivo che la spinse a usare più magia. Se avesse lasciato in quel momento, con una pressione del genere, i suoi amici sarebbero morti schiacciati. Urlò, sfiancata dallo sforzo, dilaniata dalla fatica, e aumentò il ritmo, riuscendo nuovamente a rendere tutti abbastanza leggeri da permettergli di muoversi, anche se ancora goffamente. 
«Natsu!» pianse, in una preghiera. Doveva fare qualcosa, lui che sicuramente poteva, doveva fare qualcosa, non avrebbe retto ancora a lungo. 
«Priscilla-nee» pianse Wendy, guardandola in quella straziante scena.
«Smettila subito!» ringhiò Natsu, tanto furibondo che gli si poterono vedere le vene pulsare sulla fronte. Scattò con una tale furia da lasciare una voragine sotto di sé e infuocandosi tornò a caricare contro il nemico. 
«Sarebbe divertente provare a vedere fin dove riesci ad arrivare, ma non ho tempo da perdere con voi» disse ancora Bluenote, l'uomo di Grimoire Hearts. «Mi hai stancato» ancora un gesto della mano e ancora quella specie di colpo che spaccava l'aria, una pressione tanto potente da attraversare lo stesso spazio. Centrò l'unica che in tutto quello non era in grado di muoversi. Priscilla smise di urlare e smise di respirare, colpita scavò un solco a terra e lì rimase, a occhi chiusi, sommersa di macerie. 
«Priscilla-nee!» urlò Wendy con le lacrime agli occhi, ma non ebbe modo di andare da lei né tanto meno tempo di preoccuparsi ulteriormente che la magia di Priscilla, ormai svenuta, smise di proteggerli. Vennero ancora schiacciati, più forte, più dolorosamente, e nemmeno la furia di Natsu che spesso risolveva le cose riuscì a salvarli. 
«Aiutateci» pianse Lucy. «Qualcuno ci aiuti».
«Eccoti qua!» una voce potente provenne dal bosco, alle spalle di Bluenote, e una donna saltò oltre la voragine fino a raggiungerlo.
«Cana!» chiamò Lucy, felice di vederla come mai lo era stata prima. 
«Non ti permetterò di far del male ai miei compagni!» disse lei, caricando un pugno indietro. Il polso e l'intero braccio cominciarono a brillare di luce propria, tanto brillante da squarciare la notte.
«Fairy...» cominciò a richiamare, preparandosi a colpire, ma la gravità di Bluenote fu più veloce di lei e la trascinò a terra con un tonfo. 
«Tu...» balbettò l'uomo, guardando il braccio marchiato di Cana. «Quella magia che possiedi... dove...»
«Che sia...?» si chiese Lucy, studiando lo sguardo sconvolto di Bluenote.
«Fairy Glitter?» chiese Happy, altrettanto sorpreso. 
«Lucy» si rialzò Cana, nonostante il colpo. «Scusa se ti ho abbandonata. Ma ora sono qui e con questa magia riuscirò a sconfiggerlo!»
«Fantastico! L'hai ottenuta dalla tomba?» chiese Lucy, felice di vederla e soprattutto di vederla così carica.
«Tomba?» chiese Natsu, storcendo il naso. «Quella della prova?» questo significava solo che lei ci era stata alla tomba di Mavis, che era arrivata alla fine e aveva superato tutti. 
«Ti dispiace se ne parliamo più tardi, Natsu?» disse Cana, concentrata. «Tienilo occupato finché non avrò accumulato un po' di potere magico, dammi una mano a sconfiggerlo!»
«Tsk» si lasciò sfuggire Bluenote, infastidito. Allargò le braccia e un colpo improvviso, una pressione, spinse via tutti quanti insieme a qualche roccia. Nessuno si salvò, neppure Cana che tentò di aggrapparsi al terreno stesso, e vennero spazzati via. «Nessuno è in grado di muoversi quando affetto dalla mia gravità e non sopporto l'idea che una come te abbia trovato innavertitamente la magia che ho cercato tanto a lungo» disse lui, cupo in volto, gli occhi iniettati di sangue e la mascella contratta. «Ora me la darai» ordinò, avvicinandosi a Cana.
«Questa magia può essere usata solo dai membri della gilda! Non puoi impadronirtene!» ruggì la donna. 
«Risalendo alle origini della magia, scoprirai che tutto è nato da una singola magia. Questo significa che tutte quelle che ora esistono, un tempo erano una unica» disse Bluenote, sollevando Cana per aria e comprimendo il mondo intorno a lei per cominciare a stritolarla. «Coloro che sono sintonizzati con il flusso originario della magia, le possono utilizzare tranquillamente tutte. Ora ti farò una domanda, ragazzina: tu sei in grado di usare Fairy Glitter?» un'ombra, una sicurezza accecante nei suoi occhi, una provocazione di cui sapeva poteva avere la meglio. 
«C-certo che lo sono...» balbettò Cana, dolorante.
«È inconcepibile che una mocciosa come te lo sia. Ma non preoccuparti... sarò io a liberartene» disse e Cana cominciò a urlare, lacerata dai dolori di un mondo che sembrava accartocciarsi e schiacciarla al suo interno. 
«Cana!» pianse Lucy, guardando l'amica inarcare la schiena per il dolore. 
Natsu urlò furioso, ancora incapace di muoversi, schiacciato a terra. E infilo con un tonfo la testa sotto terra, in un gesto apparentemente incomprensibile e anzi folle. Si chiesero cosa gli prendesse, ma non ebbero tempo di formulare a voce i loro dubbi che Natsu sparò direttamente sotto terra il suo ruggito del drago del fuoco. Il getto risalì verso il suolo e scoppiò sotto i piedi di Bluenote, come un vulcano in piena esplosione. Bluenote non ne risentì e uscì indenne dalla cortina di fumo che si dissipò poco dopo, ma il colpo gli aveva permesso di perdere il contatto con la sua magia e Cana si era finalmente liberata.
«Levatevi dai piedi!» ruggì, lanciando lontano Natsu e gli altri. 
«Grazie, Natsu» mormorò Cana poco dopo. Il pugno alzato al cielo cominciò a illuminarsi, risplendendo di una luce tale da farla sembrare una stella. Stava usando Fairy Glitter, l'attacco di Natsu le aveva dato il tempo necessario a caricare il colpo e si preparò a scagliarlo contro il suo nemico. 
«Oh, fiumi guida di luce, vi chiamo a raccolta! Risplendete per distruggere questa malvagia zanna... Fairy Glitter!» urlò puntando il pugno carico di energia contro Bluenote. Il fascio di luce lo circondò come un anello e si strinse su di lui, urlante per la paura. 
«Cadi!» un gesto disperato, un colpo di magia gravitazionale improvviso, e la luce di Fairy Glitter cadde a terra, schiacciata e distrutta, sotto lo sguardo attonito di chiunque riuscisse ancora a guardare lo scontro. Cana, più di tutti, sentì perdere le speranze. Cadde a terra, in ginocchio, con lo sguardo vacuo. 
"Non è possibile..." un pensiero assordante, come il pianto di un bambino.
"Non sono abbastanza forte" e il nemico le si avvicinò a mano tesa, pronto a distruggerla. «Questa tu la chiami Fairy Glitter? Non farmi ridere. Anche la magia più potente è inutile nelle mani di un incapace» disse Bluenote. «Lo sai che posso prendere la tua magia anche dopo averti uccisa?» la minacciò un'ultima volta, se non avesse ceduto Fairy Glitter spontaneamente l'avrebbe uccisa e che altro potere aveva Cana per riuscire a combattere?
Lei pianse, vinta, incapace di pensare a qualsiasi altra cosa. Sentiva di essere già morta.
«Fermo» mormorò Wendy, tremante.
«Ti prego...» singhiozzò anche Lucy, incapace di muoversi e perciò correre in aiuto dell'amica che sembrava avesse perso persino la voglia di esistere. 
«Sprofonda negli abissi dell'inferno» sentenziò Blunote e alzò una mano sulla ragazza per schiacciarla con la sua magia. Ma qualcosa ruppe non solo il suo gesto, ma l'intero mondo intorno a loro, come un colpo di proiettile tanto intenso da sfondare le barriere del suono. Bluenote venne spazzato via sotto lo sguardo attonito di chi ancora aveva occhi per guardare. In piedi, di fronte a Cana, appena protetta e salvata, c'era Gildarts.
«È Gildarts!» esultò Happy e Natsu gli fece eco con la stessa euforia. 
«Allontanatevi da qui» ringhiò Gildarts con un tono di voce che mai aveva avuto prima. Persino Natsu, che lo considerava come un padre, ne rimase sorpreso e inquietato. 
«Non ho mai visto Gildarts così infuriato» sussurrò Happy, con i brividi lungo la schiena.
«Andate!» urlò ancora Gildarts, prima di lanciarsi contro il nemico con una potenza tale che il terreno vibrò sotto ai suoi piedi. Bluenote usò la propria magia prima che lui potesse raggiungerlo e un enorme pezzo di terreno venne sradicato dal suolo, ribaltandosi e portando Gildarts a testa in giù. In un crollo di zolle di terra e macerie, tutto si rimescolava per confondere il nemico e infine stritolarlo al loro interno, ma Gildarts lo distrusse e si spinse con un salto contro Bluenote. I loro pugni si scontrarono, magia distruttiva contro potente magia gravitazionale, e l'onda d'urto che ne sprigionò fece volare via tutto ciò che si trovava nei paraggi, Natsu e gli altri compresi. Urlarono, roteando per aria tra macerie e sassi. Lucy riuscì ad afferrare al volo il corpo esanime di Makarov, proteggendolo, mentre Wendy ebbe la stessa prontezza di fare altrettanto con quello di Priscilla, anche se essendo più piccola di lei nell'atterrare ne rimase dolorosamente schiacciata. 
«Pazzesco» balbettò Wendy, ricoperta di sassi e terriccio.
«Hanno una potenza magica incredibile» sibilò Lucy, altrettanto allucinata, al suo fianco. 
«Andiamocene» disse Cana a sguardo basso, rattristata. «Se restiamo qui saremo solo d'intralcio a Gildarts» e per quanto l'idea di lasciarlo solo fosse poco etico e anche doloroso, sapevano razionalmente che quella era la scelta più saggia. 
«Che forza!!!» urlò Natsu eccitato. «Voglio restare a guardare!»
«Andiamocene, Natsu!» lo rimproverò Lucy, prendendolo per un braccio e cominciando a trascinarlo. Cana si chinò per aiutare Wendy e si caricò Priscilla sulle spalle, mentre Wendy faceva la stessa cosa con Makarov, e infine, guardandosi un'ultima volta indietro per la preoccupazione, diedero retta alle parole dell'uomo e scapparono via.


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Capitolo 33
*** Fino alla fine del temporale ***


Fino alla fine del temporale




«Ragazzi!» l'urlo di gioia di Levy ruppe persino il rumore della pioggia che cadeva ancora incessante. Era accampati in una piccola radura, sotto un telo per proteggere almeno i feriti, che erano certamente più di quanti si fossero aspettati. Certo anche gli altri non potevano vantare ottime condizioni, visto che gli unici che ancora riuscivano a camminare erano Wendy, Lucy e Natsu. Cana aveva provato ad avanzare con le sue stesse gambe, portando in spalla una Priscilla priva di sensi, ma anche lei era messa davvero male e a metà strada era caduta a terra. Lucy l'aveva aiutata a rialzarsi e Natsu si era caricato Priscilla in spalla, mentre Wendy continuava a portare Makarov. Si affrettarono a poggiare i tre feriti su dei giacigli che Lisanna preparò rapidamente per loro e li coprirono per proteggerli dal freddo. 
«Ma cosa è successo...?» mormorò Natsu, guardando sconvolto Elfman, Evergreen, Mirajane e Gajeel stesi a terra. 
«Inizio subito a curarli!» si propose Wendy, ma Lisanna la fermò subito con un gentile: «Apprezzo la tua volontà, ma sono veramente troppi».
«Senza contare che hai già usato gran parte della tua magia. Dovresti riposare» la riprese Charle e persino Happy si mostrò d'accordo, riuscendo così a convincerla. Bickslow e Fried si avvicinarono, dopo essersi sbarazzati del nemico che aveva attaccato il campo base poco prima dell'arrivo di Natsu, uno dei sette fratelli del purgatorio che erano riusciti alla fine a sconfiggere.
Si affacciarono oltre il telone, per vedere chi altro oltre Makarov avessero portato, già lamentando di come li avessero ridotti male e di quanto stessero cadendo a pezzi per colpa di Grimoire Hearts. Poi videro Priscilla, stesa in fondo alla fila, proprio subito dopo Makarov, e impallidendo urlarono portandosi le mani al volto: «Pricchan!»
«Anche lei, no!» urlò Bickslow, tirando indietro la testa.
«Non sono degno del compito affidatomi da Laxus! Non posso proteggerla!» piagnucolò Fried, stringendo un pugno per la rabbia. 
«Come faremo a guardarlo di nuovo in volto dopo questo!» si unì Bickslow, sempre urlando disperato.
«Davvero l'unica cosa che vi interessa è ciò che penserebbe Laxus?» chiese Lucy, guardando stralunata i due e sospirò scoraggiata. 
«La nostra piccola protetta!» pianse Fried.
«Siamo delle pessime guardie del corpo! Non meritiamo più il nostro nome!» insisté Bickslow. «Io te l'avevo detto che saremmo dovuti restare con lei invece che tornare sul continente!» si voltò poi verso un Fried che si portò le mani nei capelli e continuò a urlare: «Non potevo sapere! Non potevo sapere!»
Un leggero soffio di vento, abbastanza forte da spostarli, e i due si ritrovarono a scontrarsi l'uno contro l'altro, testa contro testa, abbastanza forte da fargli scappare un «Ahi!» e un lamento.
Guardarono curiosi Priscilla, che lentamente si metteva a sedere sul suo giaciglio. Aveva gli occhi ancora semichiusi, il volto addormentato, ma riuscì comunque a fulminarli abbastanza da trasmettere loro la sua rabbia.
«Come pretendete che una persona riesca a riposare se fate tutto questo baccano?» li rimproverò con la voce roca dal sonno. 
«Pricchan!» scoppiarono a piangere entrambi, saltandole addosso e abbracciandola. Priscilla strabuzzò gli occhi non tanto per la sorpresa, quanto per il dolore che il corpo ricoperto di ferite le trasmise non appena i due Raijinshuu le furono addosso, e le scappò un lamento più forte di altri. Non avevano proprio idea di cosa significasse spazio vitale, erano assurdamente appiccicosi e fastidiosamente rumorosi e assillanti quando si trattava di lei. Non ebbe però la forza di allontanarli, né di muoversi o dire niente. Guardò prima Fried e poi...
Un dubbio. Un colpo di scena. Una sorpresa.
Il secondo avvinghiato a lei e che aveva comunque una voce familiare era un ragazzo che mai aveva visto prima. Occhi rossi, capelli blu e neri, pettinati verso l'alto, e una specie di marionetta tatuata in centro sul viso. Lo fissò a lungo, chiedendosi se non fossero state le ferite a farle dimenticare di quella persona che invece sembrava conoscerla bene. Il che era strano, perché lo trovò anche particolarmente carino, sarebbe stato difficile dimenticarsi di un ragazzo come quello. 
«Chi diamine sei?» chiese infine, atona. Sia lui che Fried sussultarono, spalancando gli occhi per la sorpresa. Il ragazzo incurvò la schiena all'indietro, si prese la testa tra le mani, e urlò disperato: «La mia baby si è dimenticata di me!»
«B-baby?» questa volta a sussultare fu Priscilla. «Bickslow?!?!» strillò sconvolta. 
«Allora non ti sei dimenticata di me?» chiese lui, prendendole una mano emozionato.
«Ma sei un ragazzo!» gli urlò contro come fosse la peggior accusa possibile.
«Eh?» chiese semplicemente lui, confuso.
«Cosa credevi che fosse?» intervenne Fried, non capendo.
«Hai sempre portato in testa quella specie di elmo, credevo fosse quella la tua faccia! Invece hai una faccia vera!» urlò, puntandogli un dito contro. 
«Scusa, come ti sembrava possibile una cosa simile?» chiese ancora Fried, stralunato.
«E cosa ne so! Ma non avevo idea che avesse una faccia vera lì sotto!» si dimenò lei, in preda al panico e alla confusione. Poi, rossa in volto, realizzò qualcosa di importante.
"Ho pensato fosse carino!"
Se l'avesse scoperto, anche solo sospettato, sarebbe stata la fine per lei. Se lo sarebbe trovata addosso più di quanto già non facesse, era una catastrofe! 
«Allontanati da me!» urlò infine, in preda al panico, e lo spinse via con un colpo di vento, facendolo volare di almeno un paio di metri.
«Non sei una che prende bene le novità, vero?» chiese Fried, guardando il povero Bickslow steso in una pozzanghera.
«È una catastrofe. È una catastrofe. È una catastrofe» iniziò a mormorare tra sé e sé Priscilla, ignorando la frase di Fried, in preda a quello che sembrava a tutti gli effetti un attacco di panico. 
«Priscilla-nee... che ti prende?» chiese Wendy, innocente e preoccupata per il pallore sul viso di Priscilla.
«Penso sia meglio tu ti rimetta l'elmo, Bick» gli disse Fried, credendo ancora che la causa del suo trauma fosse l'aver scoperto che Bickslow era umano e non il fatto che per un istante, inconsapevole di chi fosse realmente, Priscilla avesse provato attrazione nei suoi confronti. E Bickslow, semplicemente, sospirò affranto non sapendo bene come prendere quella situazione. 
«Bene» disse infine Natsu, dopo qualche minuto, alzandosi da terra e stirandosi le gambe. «Vado a sconfiggere Hades. Happy, Lucy, andiamo».
«Aye!» saltò il gatto.
«Perché io?» balbettò Lucy, pallida all'idea di trovarsi coinvolta in una battaglia di quel calibro. 
«Perché siamo una squadra, noi tre!» disse Happy.
«Penso però che uno come Fried vi possa essere più utile» insisté Lucy.
«Io devo finire di racchiudere la zona con le rune per proteggere i feriti» disse Fried. 
«Noi resteremo qui a difesa della zona» gli diede corda Bickslow. 
«Vado anche io con Natsu-san!» disse Wendy, alzandosi in piedi. «Potrei essere utile».
«Aspetta, Wendy» provò a richiamarla Charle, ma non insisté oltre perché lo sguardo della ragazzina lasciava intendere che non avrebbe accettato repliche. Semplicemente sospirò, affranta. Priscilla mise una mano sulla spalla di Wendy, non parlò, ma il suo sguardo deciso e furioso lasciò intendere che si sarebbe unita a loro. Non riusciva a sopportare la vista di Makarov a terra in quelle condizioni, la vendetta non era mai stata uno dei suoi obiettivi, ma quella volta era diverso. Doveva essere un giorno speciale, non solo per lei che aveva finalmente accettato di sostenere l'esame, ma anche per tutti gli altri compagni. E loro non solo avevano distrutto l'isola sacra della loro gilda, ma avevano lasciato alle spalle un numero di feriti ineccepibile. Makarov, Gajeel, Mira, Evergreen e persino Elfman e Cana. Guardarli a terra, incapaci di muoversi, e sapere che il pericolo ancora girava per quell'isola la riempiva di collera. Li avrebbe fermati e avrebbe riportato tutto alla normalità.
«Priscilla-nee?» mormorò Wendy, preoccupata.
«Puoi farcela?» chiese Charle, altrettanto preoccupata visto come era stata ridotta e quanto magia avesse già usato. 
«Ho riposato» rispose lei semplicemente.
«V-vengo anche io...» balbettò Lily, tremolante e con le orecchie tirate verso il basso. «Priscilla è ancora la mia p-partner, devo a-aiutarla».
«Lily?» chiese Priscilla, non capendo perché tremasse in quel modo. Un tuono, in lontananza, scatenato dal temporale che stava venendo ancora giù rumorosamente, e lui sussultò.
«Hai paura dei fulmini?» chiese Charle.
«Che tenero» ridacchiò Happy.
«Piantatela!» ruggì Lily, offeso. 
«Io resto qui ad aiutare Fried con le rune» disse Levy.
«Io vorrei restare a fianco di Mira e Elfman» disse anche Lisanna.
«Allora è deciso» disse Fried. «Ci divideremo in due squadre, una di attacco e una difensiva».
«Proteggeremo questo posto ad ogni costo» annuì Bickslow, infilandosi nuovamente l'elmo in testa. 
«Metteremo fine a questa storia una volta per tutte» disse Priscilla, cupa in volto.
«Andiamo!» ruggì infine, Natsu, caricandosi come una batteria. E cominciò a correre, nella foresta, seguito dal resto della squadra. 
«Finalmente mi sono allontanata da quei due» sospirò Priscilla, sollevata.
«Era solo una scusa?!» sussultò Charle e Priscilla ridacchiò divertita, sentendosi in parte sgamata, ma poi tornò seria e decisa e confessò: «No, non lo era. Hanno fatto del male alla mia famiglia» e strinse i pugni per la collera. 
Famiglia... da quando aveva cominciato a chiamarli in quel modo? Da quando aveva smesso di essere solo un ospite di passaggio, diversa da coloro che aveva attorno, presente lì solo perché il suo ruolo glielo imponeva? Quando era successo che fosse diventata così… umana?
«Erza!» chiamò Natsu, vedendola per primo. Camminava sulla loro stessa via e appesa a lui c'era un Gray moribondo, ferito, ma ancora tutto intero.
«Gray!» esclamò Lucy.
«Ragazzi! State bene?» chiese Wendy, preoccupata.
«Sono riuscita a sconfiggere Azuma, anche se a caro prezzo, ma sono tutta intera» rispose Erza e Priscilla sussultò, terrorizzata, chiedendo: «Hai sconfitto quel tizio?»
Ricordava bene quanto l'avesse messa in difficoltà, tanto da farle perdere i sensi. Quanto poteva essere incredibile Erza? Trovava assurdo, ora, che fosse riuscita a sconfiggerla nella prova. Sicuramente si era trattenuta molto, in qualche modo le aveva dato un piccolo vantaggio, e ora che lo scopriva quasi se ne vergognava. 
«Io ho incrociato Ultear, il leader dei sette fratelli del purgatorio. Stessa sorte» disse semplicemente. 
«Quindi tutti i sette fratelli sono stati sconfitti» disse Lucy.
«Gildarts ha combattuto contro il tizio della gravità e ha certamente vinto» osservò Priscilla e Natsu le diede corda con un entusiasta: «Nessuno può battere Gildarts!»
«Perciò l'ultimo rimasto è Hades» osservò Lucy.
«Siamo all'atto finale, dunque» sorrise Erza.
«Andiamo» incitò ancora Natsu, questa volta più calmo e freddo. Era pronto, erano tutti pronti, presto quella storia si sarebbe conclusa definitivamente e loro sarebbero potuti tornare a casa tutti insieme. 
Giunsero sulla costa est, dove ad attenderli attraccata c'era la nave di Grimoire Hearts. In cima, in piedi sul bordo, un uomo anziano, dalla lunga barba e una benda su un occhio, li guardava con superiorità a  braccia incrociate. 
«Dev'essere lui» mormorò Wendy, stringendo i pugni e preparandosi ad attaccare. Si scrutarono a lungo, chiedendosi probabilmente chi avrebbe fatto la prima mossa e quale sarebbe stata, quando Hades voltò loro le spalle e rientrò all'interno della nave.
«Ehi, vieni giù!» ruggì Natsu, sgambettando furioso.
«Che arrogante» commentò Gray.
«Ha sconfitto il master dopotutto» disse Erza.
«Happy...» si voltò Natsu. «Ho un favore da chiederti. Vorrei che entraste in quella nave, per cercare qualcosa che sembra una fonte di energia per muoverla, e la distruggete».
«Impedirgli di mettere in moto e scappare o usare qualche trucchetto, una bella trovata. Strano per Natsu» commentò Priscilla, sorpresa, e Natsu arrossì infastidito cercando di puntare gli occhi altrove.
«Questo perché se si mettesse in moto lui starebbe male!» rispose Happy, facendo così crollare improvvisamente l'idea che avesse semplicemente usato la testa per una volta.
«Perché soffri i mezzi di trasporto!» lo derise Priscilla, divertita. 
«È un problema serio!» ruggì lui, infastidito. 
«Fino ad allora useremo Troia per farti stare meglio!» disse Wendy.
«Andate con lui, è meglio se non vi separate» disse Priscilla, rivolta a Charle e Lily, che non se lo fecero ripetere due volte e annuirono convinti. «Siete piccoli, sarà facile per voi intrufolarvi. Cercate di non farvi scoprire, non sappiamo quanti altri nemici ci sono a bordo».
«Lascia fare a noi!» annuì Happy, determinato.
«Bene... vogliamo cominciare?!» disse Gray, generando una scala di ghiaccio che  arrivava fino al bordo più alto, dove avevano visto Hades. Priscilla semplicemente spiccò il volo, permettendole così di arrivare in cima per prima, e per prima attaccò l’uomo nella sala con un furioso: «Hades!!!»
Gli lanciò addosso un tornado con tutta la potenza che aveva ancora in corpo, senza limitarsi, ma Hades non si fermò e semplicemente riuscì a deviarlo con una magia. 
«Assaggia il potere di Fairy Tail!» ruggì Natsu, arrivando subito dopo e cercando di colpirlo con un soffio di fuoco, ma anche quello fece la stessa sorte del tornado di Priscilla. Erza e Gray apparvero non appena fuoco e vento si dissiparono, cogliendo Hades di sorpresa, e si lanciarono contro di lui con una spada evocata con la propria magia.
«Apriti, portale del toro!» gridò Lucy, impugnando una delle sue chiavi. Tauros emerse da un fascio di luce, muggendo furioso, e non perse tempo. Imbracciò la propria ascia e si unì a Erza e Gray. 
Lo colpirono, ma Hades restò ancora in piedi.
«Arm x Armor x Vernier!» esclamò Wendy evocando le tre magie di supporto di maggior potenza che conosceva, in grado di incrementare velocità, difesa e potere di attacco. Erza e Gray tornarono all'attacco e provarono ancora a colpirlo, supportati da Tauros, ma Hades riuscì a schivare tutti i loro colpi. Delle catene magiche nacquero dalle sue mani e afferrarono sia Gray che Erza, li intrappolò e infine li trascino l'uno contro l'altra, facendoli scontrare miseramente. 
Caddero a terra, doloranti, ma Natsu comparve sopra la testa di Hades, pronto a sferrare un altro attacco caricando il fuoco su entrambe le mani. Priscilla, spinta da un soffio di vento, riuscì a essere rapidissima e si posizionò dalla parte opposta, schiacciata contro il pavimento, e caricò anche lei il vento nelle sue mani. L'avrebbe colpito, lanciandolo verso l'alto, e Natsu gli avrebbe dato il colpo di grazia. Ma Hades schivò con un salto il colpo di Priscilla e lanciò verso Natsu un'altra delle sue catene, afferrandolo e facendolo piroettare. Atterrò alle spalle di Priscilla e con un calcio la scaraventò lontana. Erza intervenì, tagliando la catena che teneva imprigionata Natsu, mentre Gray prendeva Priscilla al volo e le evitò di scontrarsi contro il muro. 
«Ancora!» urlò Priscilla. «Natsu!» chiamò, generando un tornado che lo avrebbe colpito e spinto in avanti con potenza. «Scorpio!» chiamò Lucy, evocando lo spirito stellare dello scorpione, che unì al vento di Priscilla un getto di sabbia per renderlo ancora più potente. Wendy lanciò il suo ruggito, unendolo anche lei alla magia dei suoi compagni, e infine le tre magie potenziate colpirono Natsu e gli diedero uno slancio tale che non furono neanche più in grado di vederlo arrivare. Infuocato completamente, alimentato dall'ossigeno che Priscilla aveva aumentato intorno a lui per permettergli di bruciare meglio, spinto dalla magia dei suoi amici, Natsu si trasformò in un vero e proprio proiettile infuocato e finalmente riuscì a colpire Hades. Il muro si frantumò, cadde a pezzi, laddove Hades venne scaraventato. Era stato il colpo più potente che fossero mai riusciti anche solo a pensare e aveva avuto il suo effetto, visto che gran parte della stanza almeno da quel lato crollò addosso al nemico. La polvere si dissipò e un'ombra si mostrò, indenne, senza neanche un graffio. 
«Non è possibile» mormorò Priscilla, sbarrando gli occhi per la sorpresa.
«Gli errori che si commettono vengono etichettati come esperienza. Ma quando si commette un vero errore, allora non ci si guadagna niente» parlò Hades, marciando verso di loro a braccia incrociate. «Perché l'errore che avete commesso nello sfidarmi vi ha precluso ogni futuro».
«Non ha nemmeno un graffio» Lucy si portò una mano alla bocca, shockata. 
«Ho usato tutta la mia potenza» lamentò Wendy. 
«Avete finito con il riscaldamento?» li fulminò Hades, facendo loro venire i brividi. Lo sguardo furioso, omicida, e sapevano che qualsiasi cosa avrebbe fatto in quel momento non ne sarebbero usciti interi. Arretrarono, terrorizzati, pallidi in volto.
«Arriva!» disse Erza, cercando di prepararsi a qualsiasi tipo di attacco Hades stesse per sparare loro.
«Katsu!» gridò Hades e dei colpi energetici, proiettili dalla velocità ineccepibile, attraversarono lo spazio tra loro senza che ebbero tempo nemmeno di vederli generarsi. Li sfiorarono, come ignorandoli, concentrandosi su solo uno di loro. Wendy, avvolta da quella magia oscura, sparì nel nulla lasciando cadere a terra solo i suoi vestiti. 
«Wendy!!!» l'urlo di Natsu divenne come un eco alle orecchie di Priscilla, come se non si trovasse nemmeno lì, con loro. Era tutto così inconsistente, così surreale, il mondo intorno a lei vibrava e ondeggiava come nel peggiore dei suoi incubi. Paralizzata, non riusciva nemmeno a voltarsi e vedere cosa fosse successo, in che condizioni si trovasse la ragazzina colpita. Sentì, semplicemente, che tutto perse di senso. E la voce di Gerard ora era l'unica cosa che le sembrasse reale, benché rimbombasse solo nelle sue orecchie.
"È una mia vecchia amica, si chiama Wendy Marvell".
«Wendy» sussurrò, o almeno era quello che avrebbe voluto fare, ma la sua bocca non si mosse, i polmoni non soffiarono, il cuore smise di battere e pulsare.
"Forse la sua magia curativa può liberarti dalle catene di tuo padre".
Ebbe la sensazione di cadere nel vuoto, si sentì un fantoccio lanciato in un pozzo, eppure i suoi occhi le dicevano che era ancora immobile, forse ancora in piedi. 
"Glielo hai già chiesto?"
"Non ancora"
"Sei decisa a farlo?"
Non aveva risposto. Non aveva mai e ancora risposto. Ma nel frattempo la ragazzina a cui non voleva recare il dolore di dover uccidere una persona era diventata qualcosa di più, una luce nel buio, una risata nel silenzio. Sorella. Non era solo un capriccio, ma il sentimento di una persona sola che desiderava solo poter tornare ad amare qualcuno come l'aveva amato in passato. Qualcuno che fosse più che una semplice conoscente, una vecchia amica della seconda persona più importante che avesse mai avuto in vita sua. Wendy stringeva tra le mani la sua intera esistenza, aveva il potere di liberarla, di realizzare il suo sogno più grande, quello di diventare umana, o di ucciderla. Wendy era la cosa che più somigliava a ciò che aveva perso, un fratello, un amico. Lei con la sua innocenza, la sua gentilezza, il suo buon cuore e la magia che le accumunava e che le aveva insegnato a padroneggiare meglio. Wendy era tutto. 
Aveva sempre pensato che sarebbe stata in grado di proteggerla in qualsiasi occasione, perché era pronta a dare anche la vita, era pronta a rinunciare alla sua libertà solo per il desiderio di vederla ancora felice. Sarebbe stata pronta a lanciarsi per prendere il suo posto, se solo l'avesse visto. Perché non l'aveva visto? Perché ancora una volta il mondo intero era stato crudele con lei?
«Calma, ragazzi» una voce, dall'alto. «Dice».
«Horologium!» esultò Lucy, alzando gli occhi al soffitto, dove lo spirito stellare si era aggrappato. «Sto bene, dice».
Il mondo pian piano sembrò tornare ad avere senso. 
«Sono entrato in modalità automatica di emergenza» spiegò Horologium.
«Perché i suoi vestiti sono rimasti qui?» chiese Lucy.
«Ho dato precedenza al salvataggio del suo corpo» rispose Horologium.
«Aspetta! Allora significa che Wendy lì dentro è nuda?» sussultò Gray, rosso in volto.
«Kyaaah» rispose Horologium, cercando di dare enfasi alla frase, per poi tornare a ripetere: «Dice».
«Grazie comunque per averla salvata» sorrise Erza.
«Purtroppo sono al limite, non potrò proteggervi di nuovo» disse Horologium, sparendo e facendo infine cadere a terra Wendy tutta intera e con degli abiti nuovi. «State all'erta, per favore» e con quell'ultima raccomandazione sparì del tutto.
Priscilla guardò Wendy atterrare pochi passi davanti a lei e nonostante la gioia di vederla ancora viva, non riuscì a liberarsi di quelle oscure sensazioni che per quei brevi istanti l'avevano ottenebrata. 
«Dunque sono questi i marmocchi di Makarov» commentò Hades, guardando la ragazzina che lo fissava a pugni stretti. «Molto interessante».
«Conosci il vecchio?» chiese Natsu, sorpreso per la confidenza che pareva dare al loro master. 
«Dunque non sapete niente di me»  ridacchiò Hades. «Sono stato il secondo master di Fairy Tail, con il nome di Purehito. Sono stato io ad affidare la gilda a Makarov, quando me ne sono andato».
«Bugiardo!» ruggì Natsu, furioso.
«Hai tentato di far del male a Wendy» una voce che parve emergere direttamente dall'inferno. L'aria intorno a loro iniziò come a vibrare, sembrava che da un momento all'altro il cielo stesso gli sarebbe caduto addosso. Il vento si alzò delicato, soffiando tra le loro gambe con un sibilo sinistro, come voci di fantasmi. 
«Ma che...» la sorpresa colse persino i compagni stessi di Priscilla. 
«Hai quasi ucciso Wendy» mormorò ancora. Immobile, con le braccia delicatamente stese lungo i fianchi, la testa china in avanti, il ciuffo nero che le copriva gli occhi dalle pupille tanto ristrette da non sembrare neanche umana. L'intera nave tremò improvvisamente.
«Attenti!» gridò Erza, spingendo Gray appena in tempo prima che un colpo di vento sfondasse il tetto stesso, tagliandolo in due come fosse un coltello. Hades saltò per schivare il colpo, anche se si trovò lui stesso a sorprendersi della velocità e potenza del colpo. Natsu non fu abbastanza rapido, ma per sua fortuna venne solo sfiorato, anche se ciò bastò a tagliargli di netto alcune ciocche di capelli e Lucy urlò terrorizzata notando l'effetto di quel semplice colpo di vento. Piccoli tornadi nacquero numerosi intorno a Priscilla, ancora morbida e ferma, come se fosse una semplice bambola di pezza. L'aria si congelò, tanto che Lucy si ritrovò a battere i denti, e all'interno dei tornadi si formarono migliaia di frammenti di ghiaccio, allungati e affilati. Frammenti che infine Priscilla lanciò contro Hades come una mitragliatrice, seguendolo e continuando a sparare anche quando schivava. Hades creò uno scudo magico che riuscì infine a fermare il colpo di proiettili di ghiaccio, si sentì soddisfatto, ma nonostante l'immagine di Priscilla fosse immobile al suo posto un colpo lo raggiunse sulla schiena. Priscilla era china dietro di lui, braccio teso, pugno rigido, ma a colpirlo a tal punto fu una bomba d'aria che diedero al colpo l'effetto di un vero e proprio sparo. E per quanto persino il Natsu di fuoco non l'avesse scalfito, questo riuscì a recargli il giusto accecante dolore. Venne sbalzato via e per un attimo gli mancò il fiato. Un tornado cadde dal cielo e lo colpì in volo, facendolo schiantare al suolo e sparando ancora su di lui proiettili di ghiaccio. Hades mosse la testa verso la ragazza e allungò una mano verso di lei, ignorando il dolore per i colpi. Puntò su di lei l'indice, alzando il pollice, come fosse una pistola, e sparò un proiettile di energia. La colpì a un braccio e Priscilla si mosse per lo sbalzo, ma tornò subito immobile, in piedi, nonostante parte di braccio le fosse stato mangiato via dalla magia di Hades. 
«Che potenza incredibile» mormorò Gray, portandosi le braccia al viso per proteggersi gli occhi da tutto quel vento che gli impediva persino di camminare.
«Ha perso la testa per l'attacco a Wendy» disse Erza.
«Da dove prende tutta quella magia?» chiese Lucy, guardando Hades liberarsi dall'attacco di Priscilla e tentare di spararle proiettili di energia mentre lei camminava nella sua direzione, colpita, ma senza fermarsi. Sembrava non provare più dolore, aveva perso il pieno controllo del proprio corpo.
«Priscilla-nee!» la richiamò Wendy, guardando i buchi che i colpi di Hades le lasciavano e di cui non sembrava neanche preoccuparsi.
Altri colpi di aria compressa diedero a Hades qualche difficoltà e rincarò la dose usando altri tornadi per bloccargli le vie di fuga. Tutta la stanza era inondata di vento, se non si aggrappavano a qualcosa persino Lucy e gli altri rischiavano di venirne inghiottiti, e lei non si fermava nel sparare proiettili di ghiaccio e colpi di aria compressa, molti dei quali andavano anche a segno. 
«Ce la può fare!» sorrise Lucy, ignorando che rischiava di coinvolgere anche loro e concentrandosi sul fatto che Hades sembrasse in difficoltà.
«Priscilla-nee fermati!» urlò Wendy con le lacrime agli occhi. Quel volto, quell’assurda richiesta visto che sembrava stesse vincendo, cominciò a far venire loro il dubbio che ci fosse qualcosa di strano, qualcosa di pericoloso. La guardarono con maggior attenzione e lì compresero...
La gamba destra di Priscilla era sparita fino al ginocchio e lei si teneva in piedi solo grazie al proprio vento. Una luce azzurra che nasceva da dentro di lei, quella che di solito si occupava di rimetterla in sesto, invece quella volta sembrava mangiarsela pian piano. Anche il piede sinistro cominciò a sparire lentamente, bruciando in quel leggero velo azzurro.
«Sta usando la magia che compone il suo corpo come riserva per combattere!» gridò Erza, con gli occhi sbarrati per lo sconcerto e la paura. 
«Finirà per consumarsi del tutto! Potrebbe addirittura...» mormorò Lucy, portandosi entrambe le mani alla bocca. 
«Priscilla-nee!!!» gridò Wendy con tutta la voce che aveva, ma nemmeno quello parve avere l'effetto di risvegliarla. 
«Fermati!» l'urlo di Natsu, sorprendentemente in piedi e vicino alla ragazza. Era riuscito a combattere con quel potere, a muoversi e raggiungerla, e si preparava ora a colpirla con un pugno infuocato nella speranza di farla tornare in sé o, nel peggiore dei casi, metterla fuori gioco e impedirle di andare oltre.
Ma Priscilla alzò un braccio nella sua direzione, sparò un'altra bomba d'aria compressa, e scaraventò Natsu dall'altro lato della stanza. Quella distrazione le fu fatale e Hades trovò uno spiraglio per riuscire a fare la sua mossa. La catena di ferro che guidava con la sua magia afferrò il suo polso sollevato e lo bloccò.
«E così alla fine ti ha chiamata Priscilla» ridacchiò Hades. Un battito, riuscì a sentirlo nel suo petto, la prima sensazione dopo lunghi minuti di torpore. Ma non era piacevole, non era felice, era un battito di terrore. Cosa significava quella frase?
Alzò gli occhi, finalmente, guardando Hades ma ancora si ritrovò distratta tanto da permettergli di afferrare la sua seconda mano con un'altra catena e bloccarle entrambe le braccia. La spinse in avanti, contrastando il suo potere del vento, e la sbatté al muro sopra la testa di Lucy e Wendy, bloccandola.
«Diedi al figlio di Makarov i segreti della magia della vita e un aiuto per riuscire a portarlo a termine, convinto che questo l'avrebbe in realtà consumato e ucciso, ma desideravo ardentemente studiare l'effetto di una così antica e oscura magia che avrei volentieri sacrificato qualche stupido ribelle. E poi era divertente che fosse proprio il figlio di Makarov» disse stringendo la presa sui polsi di Priscilla che ora pareva aver cambiato completamente espressione. Il vento nella stanza cessò di ruggire, le sue gambe smisero di consumarsi, e lei cominciò a tremare come una foglia. «Chi l'avrebbe detto che infine ci sarebbe riuscito davvero!» scoppiò a ridere. «La magia più grande di Zeref, la magia in grado di dare la vita, solo lui è mai riuscito a portarlo a termine senza controindicazioni grazie ai miei insegnamenti. Studiai a lungo, bramando di conoscerne l'essenza, poi arrivò tuo padre che mi chiese un'arma in grado di rafforzare l'incapace figlioletto piagnucolone. Era la mia occasione, era la cavia perfetta, gli insegnai come fare, lo assistetti... e ora eccoti qui davanti a me! Priscilla! Ti ha persino dato un nome!» rise come fosse la cosa più divertente che avesse mai sentito in tutta la sua vita. E Priscilla, colta da un terrore primordiale, si trovò incapace persino di respirare. Solo le lacrime le cadevano giù dalle guance a segnalare che fosse ancora viva.
«Lasciala!» ringhiò Gray, lanciandosi verso il nemico. Erza non lo lasciò solo e fece altrettanto, entrambi imbracciando le loro armi, corsero verso di lui pronti a ucciderlo. Hades tenne le catene con una mano sola, mentre l'altra la rimise come fosse una pistola e sparò contro i due una serie di colpi rapidi e potenti tali da togliergli il respiro. Caddero a terra, incapaci di muoversi ancora. 
«Erza» piagnucolò Lucy, sconvolta. 
«Ruggito del drago del cielo!» si alzò Wendy e sparò, ma Hades saltò e schivò per poi colpire anche lei con gli stessi colpi. 
«Ruggito del drago di fuoco!» la voce di Natsu, prima che comparisse da sotto le macerie che gli erano cadute addosso per l'attacco di Priscilla e provasse a colpirlo, ma lui ancora deviò e contrattaccò. 
«La vuoi sapere una cosa ancora più divertente?» disse Hades, atterrando, indenne. «Nipote di Makarov» sghignazzò. «Ho insegnato io quella magia a Ivan... ne conosco i segreti».
Priscilla si lasciò scappare un lamento dalla gola, in qualche modo consapevole di cosa avrebbe detto da un momento a un altro. Pregò che fosse una bugia, pregò che fosse un incubo. 
«Io so come ucciderti» una sentenza, una condanna a morte che anticipò un fascio di luce nero che nascendo dalla sua mano percorse l'intera catena fino alla ragazza. Il dolore che le recò, nato dai polsi e poi vibrato in tutto il resto del corpo, fu qualcosa che mai prima di allora aveva provato. Era come se avesse dentro tanti piccoli esseri che la stavano divorando, lentamente, e pian piano si sentiva le forze venir meno, le energie dissiparsi. Urlò, urlò in lacrime con tutta la voce che aveva, mentre la luce nera l'avvolgeva e la dilaniava. 
«Priscilla!» urlò Natsu, guardando sconvolto la ragazza che si contorceva per il dolore, per quanto fosse ancora piantata al muro. 
«Fa male, vero? È come se ti strappassi il cuore dal petto a mani nude. Poi non sentirai più niente, fino a quando ogni residuo di magia non avrà lasciato il tuo corpo» disse Hades, infierendo con quella tortura.
«Bastardo!» urlò Erza, alzandosi nonostante tutti i dolori, e tornando alla carica. 
«Priscilla!» chiamò anche Gray, unendosi all'amica e tornando a caricare. Natsu dietro di lui urlò semplicemente, infiammandosi di una fiamma scarlatta. 
«Bang bang bang» disse Hades, sparando ancora contro i tre e lanciandoli a terra. Ma nonostante le ferite sanguinanti, nonostante i lividi scuri e i dolori lancinanti, si alzarono nuovamente e tornarono a colpire. Ancora a terra, e ancora colpirono, sotto le risate divertite di Hades e le urla strazianti di Priscilla.
«Tauros, taglia le catene!» chiamò Lucy in lacrime e Tauros, evocato, provò subito ma un altro colpo lo raggiunse prima che potesse riuscirci. Lucy impugnò un'altra chiave, ma un colpo raggiunse anche lei, sbattendola contro il muro. 
«Priscilla-nee!» urlò Wendy, in preda ai singhiozzi, e colta dalla disperazione afferrò una catena intorno al suo polso a mani nude e provò a tirarla via. «Priscilla-nee! Priscilla-nee!» chiamò e chiamò e chiamò, fino a quando non si accorse che Priscilla aveva già smesso di urlare. Abbandonata a se stessa, la testa reclinata in avanti, priva di vita, gli occhi vitrei non erano più neanche umidi per le lacrime. Solo una, l'ultima, penzolava da una ciglia aggrappata come la sua ultima essenza di vita. 
«Avevo promesso… di aspettarlo» un sussurro a labbra schiuse, l'ultimo respiro, l'ultimo pensiero rivolto a chi per anni aveva rincorso nella speranza di poterlo ancora incontrare. «Laxus...» un sibilo quasi impercettibile in mezzo ai pianti silenziosi di chi aveva ancora la forza di farlo, le urla di Wendy. 
«Ho paura».
La lacrima cadde.
«Priscilla-neeee!!!»
Un fulmine colpì la goccia salata della sua lacrima prima che potesse schiantarsi a terra.
Wendy cadde a terra, portandosi istintivamente le braccia al volto per proteggersi. La stanza venne illuminata a giorno, mentre dallo squarcio sul tetto aperto dal vento di Priscilla finiva di penetrare un fulmine sceso dal cielo in tempesta. L'aveva colpita in pieno, sotto lo sguardo attonito dei presenti, e infine dalla luce dissipata emerse Priscilla, delicatamente sorretta dalle braccia di un uomo dai biondi capelli e l'elettricità che ancora gli vibrava intorno. Le catene che l'avevano prosciugata fino a tal punto erano ora distrutte e la magia di Hades evaporò in quell'istante. Wendy lo fissò sorpresa, non avendo idea di chi si trattasse, ma provando una gratitudine infinita per essere riuscito a salvare Priscilla. 
«Dunque sei tu la causa di tutto» disse l'uomo con voce bassa e roca. Anche da quella posizione Wendy riuscì a intravedere sul volto esanime di Priscilla comparire un sorriso, uno di quelli sereni, come se stesse facendo un bellissimo sogno.
«Laxus» un sussurro tanto sottile da essere udibile solo da lui, Wendy riuscì a coglierlo solo grazie all'udito raffinato del Dragon Slayer. E d'istinto si portò le mani alle labbra, sorpresa e anche un po' intimorita.
"È lui Laxus" pensò, sentendo il cuore nel petto cominciare a correre all'impazzata. 
"Priscilla-nee, quindi hai un fratello? Non me ne avevi mai parlato prima. Dove si trova adesso?"
"Chissà..." un sospiro, un desiderio, glielo aveva letto negli occhi allora e continuava a farlo tutte le volte che passavano di fronte alla casa per cui stavano lavorando sodo. Osservò le scintille di elettricità che ancora avvolgevano il ragazzo, inginocchiato al suo fianco, con Priscilla poggiata sul suo braccio. Si era voltato a guardarla in viso, quando l'aveva sentita pronunciare il suo nome, ma non aveva fatto altro.
"Ti piace il temporale, Priscilla?"
"Già" Wendy se lo ricordava il suo sorriso, il suo sguardo rapito, mentre generava una piccola nuvola in tempesta sulla mano tutte le volte che restava sola. "Mi piace davvero tanto" i fulmini che le colpivano il palmo della mano, pizzicandole la pelle, e lei che li guardava come avrebbe guardato un fiore delicato. Si sentì bruciare la gola dall'emozione, le veniva da piangere ma non per il dolore, ma per la gioia. Il temporale sulla sua mano, l'elettricità sul corpo di Laxus, ora riusciva a capirla. 
"Penso che per Priscilla sia più di un semplice fratello".
Ora riusciva a capirla. 
«Laxus...» chiamò Natsu, alzando la testa e sorridendo felice di vederlo.
«È arrivato Laxus!» mormorò Erza, altrettanto sollevata. 
«È venuto per noi» pianse Lucy, sollevando appena la testa. 
Laxus si abbassò verso Wendy e le porse Priscilla, chiedendole anche se indirettamente di badare a lei, e allontanandosi per rialzarsi disse semplicemente: «Guarda come ti sei fatta ridurre».
Priscilla aveva gli occhi chiusi e sembrava dormire, eppure per quel poco che riusciva a respirare trovò anche la forza per ridacchiare. 
«Mi dispiace» mormorò, sforzandosi per aprire un occhio e rivolgerlo a lui, ora in piedi davanti alle due ragazze. Wendy strinse la testa di Priscilla al petto, decisa a accollarsi pienamente quella responsabilità e proteggerla. Laxus sparì nuovamente in un fulmine e comparve davanti a Hades, tirandogli una testata e facendolo barcollare indietro. Il master di Grimoire Hearts si riprese rapidamente e fissò Laxus che scoppiettava di elettricità davanti a lui. 
«Quindi sei tu il figlioletto piagnucolone per cui Ivan cercava un'arma» osservò Hades con uno strano sorriso interessato e a quelle parole Laxus strinse di più i pugni, corrucciandosi fino a far scoprire le vene sulla fronte.
«Arma?» ringhiò semplicemente. 
«Provi dei sentimenti per lei... Cielo, che risvolti che ha dato questo esperimento» insisté Hades, sempre più eccitato.
«Priscilla non è un esperimento e tanto meno un'arma! È un essere umano come noi!» ruggì Natsu, sollevando la testa da terra.
"Io non posso morire" la voce di sua sorella, in lacrime, l'ultima sera che l'aveva vista quando l'aveva ferita in quel modo terribile, rimbombò nelle sue orecchie come uno dei suoi fulmini.
"Ma puoi soffrire!" il ruggito di Natsu, che aveva dissipato ogni cosa. 
Li ricordava, marchiati a fuoco nella memoria li aveva sognati per notti intere. Quel pianto disperato, "Desideravo così tanto essere come voi", non avrebbe mai potuto dimenticare il suo pianto. 
"Sono stata creata per questo."
Creata.
"Mi insegnasti a provare dei sentimenti".
Insegnare i sentimenti.
"Non hai forse anche tu sulla tua pelle il simbolo di Fairy Tail?"
Quel simbolo che aveva a lungo portato nascosto, negando la sua appartenenza a quella gilda, restandoci solo perché in quel modo sarebbe potuta restare al suo fianco.
"Sai piangere, sai ridere, sai scherzare e soprattutto... sai amare. E lo fai insieme a noi, ai tuoi amici e la tua famiglia. Non capisco davvero di cos'altro tu abbia bisogno per essere come noi!"
La rabbia di Natsu, era stata quella a sconfiggerlo quel giorno in quella cattedrale, perché doveva capire, lui doveva ricordare.
"Io ero solo la marionetta che doveva renderti migliore, che doveva prendersi cura di te e del tuo potere".
"Sono stata creata per questo".
"Il motivo per cui mi è stata data la vita era per darti qualcosa contro cui combattere".
"Mi insegnasti a provare dei sentimenti".
"Ohy, Pricchan! Perché tu non sorridi mai? C'è qualcosa che ti preoccupa, sorellina? A me puoi dirlo. Sono forte, lo sai! Se qualcosa ti fa soffrire me ne occupo io!" ricordava persino quella sciocca promessa infantile che le aveva rivolto quando era appena un bambino. Una promessa fine a se stessa che era servita solo a cercare di tirarle su il morale… e che poi aveva stupidamente dimenticato.
"Sorridere?" la sua innocente domanda, incapace ancora di comprendere cosa fosse un sentimento.
Priscilla, la bambina di carta. La bambina dallo sguardo vuoto e triste, la bambina che nessuno voleva avvicinare perché metteva i brividi, la bambina che mangiava solo se le veniva detto di farlo, la bambina che non sorrideva mai, che si ammalava spesso, che si nascondeva nell'armadio... perché aveva paura del temporale. La bambina che lui aveva promesso di proteggere.
"Se non vuoi uscire da lì, allora entro io. Così potrò proteggerti fino alla fine del temporale!"
«Fino alla fine del temporale» mormorò a pugni stretti. Una frase sconnessa da tutte, senza logica né apparente motivo, lasciò solo confusi la maggior parte dei presenti. Tutti, tranne l'unica che avrebbe potuto coglierne il significato, ben vivo nella sua memoria non moriva mai quel bambino che si chiudeva nell'armadio con lei per proteggerla fino alla fine del temporale. Con quell'unico occhio che riusciva a tenere aperto, Priscilla riprese a versare qualche lacrima, ma nessuna di esse aveva il sapore amaro della tristezza e del dolore. 
Laxus aveva ricordato e sarebbe rimasto, per proteggerla, almeno fino alla fine del temporale. Richiuse l'occhio e rilassandosi tra le braccia di Wendy sorrise d'un sorriso armonioso, mentre davanti a loro cominciò a imperversare la peggior tempesta di fulmini mai esistita prima.
Sentiva il rumore assordante dei tuoni che anticipavano le mosse e i colpi di suo fratello, ogni lamento, ogni colpo, era associato a quell'assordante crack tanto familiare. A occhi chiusi venne proiettata in uno dei suoi ricordi, un giorno di temporale, chiusa nell'armadio calda tra le braccia di un fratello che spesso si addormentava per la noia ma mai la lasciava sola. 
«Laxus...» il suo sussurro arrivava sempre quando lui russava bella grossa. «Posso restare per sempre con te?» non rispondeva mai. Come poteva? Trovava il coraggio di porgergliela, quella domanda, solo quando lo vedeva in quell'espressione innocente, appoggiato a lei per qualche motivo, che fosse proteggerla o semplicemente rilassarsi sulle sue ginocchia mentre lei applicava su di lui la magia riequilibrante per evitargli di soffrire i mezzi, le volte che viaggiavano per le loro missioni. Non rispondeva mai, ma il suono delicato della voce di Priscilla lo portava a muoversi appena nel sonno, ad avvicinarsi di più, a stringerla maggiormente, e a lei quello bastava. 
Un'esplosione le fece palpitare il cuore dallo spavento, riportandola con violenza al presente, e la forza di quel colpo fece volare via entrambe, sia lei che Wendy. Rotolò per qualche metro a fianco della ragazzina che per l'urto aveva perso la presa su di lei. Con un lamento Wendy riuscì poi a risollevare la testa e frettolosamente cercò il corpo dell'amica, trovandolo non troppo distante. Tremante, Priscilla si reggeva su di un gomito, e guardava con occhi spalancati ciò che era appena accaduto. Laxus, in uno dei suoi fulmini, era rimbalzato via dal polverone creato dall'ultimo colpo di Hades, che l'aveva comunque colpito, e gli era piombato addosso con un calcio tanto violento da stenderlo. Hades si era rialzato con fatica, ricoperto di ferite per il combattimento che si stava svolgendo contro il nipote di Makarov, ma anche Laxus non vantava l'incolumità, soprattutto per quell'ultimo colpo micidiale. Ebbe un cedimento, l'espressione si contrasse in una di dolore, e cadde in ginocchio a terra. 
Priscilla provò a chiamarlo, spaventata, ma la gola le bruciò e tutto ciò che riuscì a fare fu solo tossire. 
«Laxus!» chiamò per lei Natsu, guardando terrorizzato l'amico a terra.
«Resisti!» provò a incoraggiarlo Gray. Era stato l'unico tra loro che era riuscito a tener testa ad Hades, era la loro unica speranza, non doveva mollare, non poteva essere sconfitto. Era il solo che avesse la forza e le capacità di affrontare un nemico come quello. 
«Il mondo è davvero vasto» gracchiò Laxus, a testa china. «Chi immaginava che esistesse un mostro del genere?»
«Che stai dicendo?» sussultò Natsu, furioso per l'aria improvvisamente arrendevole che l'amico sembrava aver assunto. Si stava davvero arrendendo? Non poteva farlo! Lui poteva sconfiggerlo, non poteva arrendersi!
«Finalmente hai capito qual è il tuo posto, Laxus» disse Hades, puntandogli contro una mano e caricandola di energia luminosa. 
«Alzati, Laxus!» urlò Erza. Ancora una volta Priscilla schiuse le labbra, per dire qualcosa, ma non riuscì a far niente se non lasciar andar via dei lamenti doloranti. 
«Non sono più un membro di Fairy Tail...» mormorò Laxus, chinando la testa in avanti e poggiando un pugno a terra. «Ma se accade qualcosa al vecchio e a Priscilla... posso ancora arrabbiarmi, vero?»
«Certo che puoi!» ruggì Natsu un istante prima che Hades sparasse il colpo definitivo. «Ora scompari!» urlò come una sentenza.
«Schivalo!» urlò Lucy, terrorizzata.
«Se ti lasci colpire è la fine!» si unì Gray, pallido in volto, osservando il fascio di energia che lo raggiungeva. 
«Stupido!» finalmente la voce di Priscilla riuscì a uscire dalla sua gracchiante gola. Ma non era lì dove l'aveva lasciata, sorprendendolo.
«Senza magia in corpo, ti ucciderà!» un soffio di vento, di appena qualche secondo, ma abbastanza potente da spingerla e scaraventarla come una catapulta proprio dove desiderava essere. Di fronte a Laxus, venne travolta in pieno dal colpo di Hades. Non provò nemmeno a difendersi, le mancavano persino le forze per muoversi e tentare di portare le braccia di fronte al volto, si lasciò colpire nonostante la piena indifesa. Non fu sufficiente a bloccare definitivamente il colpo, ma ne assorbì parte del potere in modo che quando raggiunse Laxus dietro di lei fu abbastanza indebolito almeno da farlo sopravvivere. Fu trascinata in avanti, nella sua traiettoria, fino a raggiungere il fratello che a occhi spalancati per la sorpresa e la paura nel vederla in quella situazione allargò le braccia. Riuscì a prenderla al volo, la strinse al petto avvolgendola più che poté, digrignò i denti per il dolore che la magia di Hades gli recò e insieme a lei infine cadde a terra. 
«Priscilla-nee!» urlò Wendy, terrorizzata. 
«Laxus!» chiamò Erza, altrettanto spaventata. 
L'esplosione fu tale che persino parte della fiancata della nave venne coinvolta, aprendosi in un enorme buco, e dal fumo ora diradato videro cadere al suolo un Laxus completamente ricoperto di ferite, i vestiti stracciati, ma le braccia ben tese intorno al corpo di Priscilla, che stringeva come se avesse voluto e potuto proteggere. 
«Natsu...» mormorò. «Questo è il mio regalo per te».
«Grazie per il pasto» la voce roca di Natsu, che dalla polvere si rialzava come se niente fosse, mentre dei fulmini lo avvolgevano e scoppiettavano intorno al suo corpo.
«Ha… mangiato il fulmine?» mormorò Lucy, cominciando a capire cosa fosse successo. Laxus non aveva poggiato il pugno al pavimento per sostenersi, colpito e ferito, ma per trasmettere a Natsu ciò che restava del suo potere. Il rimprovero di Priscilla era nato da quello, nell’istante in cui il colpo di Hades l’aveva raggiunto lui si era appena svuotato, avrebbe rischiato la vita se ne fosse stato travolto direttamente.
«Ti ho donato fino all'ultima goccia del mio potere» mormorò Laxus, immobile a terra, tenendosi ancora Priscilla stretta al petto. Non si muoveva, a occhi chiusi era quasi sicuramente svenuta, però riusciva ancora a sentirla respirare. Riusciva ancora a sentirla mormorare: "Io non posso morire", anche se sapeva veniva tutto solo dai suoi ricordi. Sapeva era ancora viva e quella stretta che la teneva ben serrata al suo petto non l'avrebbe lasciata tanto facilmente. Le avrebbe permesso di riposare, di riprendersi, di curare ogni paura e ferita come quando andava a chiudersi nell'armadio insieme a lei, e avrebbe nel frattempo vegliato su di lei. Gli insulti, le urla, le minacce, Lucy le ricordava ancora. Ricordava il volto contratto di Laxus mentre le dava dell'immondizia e le ordinava di non chiamarlo più fratello, lo ricordava eccome, ed era bello vedere come tutto di quello adesso non esistesse più. Priscilla, immobile su di lui, poteva riposare tranquilla protetta dal suo abbraccio. Gli occhi di Laxus, rivolti a lei, non avevano più nemmeno l'ombra di ciò che era stato un tempo. Lo sentì sospirare, dolorante, e infine anche lui si rilassò lasciando cadere la testa all'indietro e spostando gli occhi su Natsu. 
«Perché l'hai fatto?» chiese Natsu, caricandosi di energia. «Io sono più debole di te...»
«Non è questione di chi sia più forte, ma di chi sia stato più colpito da questa faccenda. Dev'essere qualcuno con il marchio della gilda ad occuparsene. Prendi il dolore che è stato causato alla tua gilda e restituiscilo cento volte» sorrise, spostando la testa in modo da poterlo rivolgere a Natsu che ora si infiammò.
«Già... prenderò il dolore e lo restituirò con una potenza cento volte superiore» disse lui, mentre fuoco e fulmini lo avvolgevano. E infine anche Laxus, ora sereno e fiducioso, chiuse gli occhi e si abbandonò al riposo lasciando che un drago di fulmini e fuoco ruggisse nella stanza e ponesse definitivamente fine a tutto quanto.

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Capitolo 34
*** Bentornato Laxus ***


Bentornato Laxus 




I ruggiti, il fuoco, il tuono, luce e ombra, la nave tremava e ondeggiava sotto la furia di un vero e proprio drago contro l'inferno assoluto. Fino all'ultimo briciolo di energia, Natsu utilizzò tutte le carte che aveva per riuscire a stendere definitivamente Hades, infine crollò esausto. Ma il demone si rialzò ancora, dopo pochi secondi di riposo, ferito ma ancora pieno di energie. La paura li attanagliava, sembrava che niente fosse in grado di funzionare, che mai avrebbero visto la fine e ora che tutti loro erano ormai allo stremo la speranza cominciò a dissipare. Non avevano magia, non avevano forza, non gli restava niente se non un disperato bisogno di vivere e salvare i propri amici. E con quel terrorizzato desiderio combatterono ancora contro i mostri dell'inferno, evocati da un Hades che sembrava essere detentore di qualsiasi magia oscura esistesse al mondo. 
Poi il miracolo... come un colpo di aria fresca, la magia tornò improvvisamente a scorrere nuovamente dentro loro. L'isola di Tenrou, distrutta da Azuma in precedenza, era la loro protettrice. Rinvigoriva e proteggeva chiunque portasse su di sé il simbolo di Fairy Tail, ma quando era stata distrutta quella protezione era venuta a mancare. Avevano usato gli ultimi stralci di magia residua che avevano in corpo, Priscilla addirittura aveva usato quella del suo stesso corpo rischiando di consumarsi e morire, ma qualcosa, un miracolo, riportò improvvisamente l'isola allo stato originario. Sentirono l'energia scorrere in loro, la speranza di poter ancora fare qualcosa, e i membri di Fairy Tail tornarono a combattere più agguerriti che mai contro un nemico che ancora non sembrava cedere a nessun colpo. Ma anche così, anche con la magia che di nuovo aveva preso a scorrere dentro loro, si ritrovarono nuovamente in ginocchio, tremanti. 
«Il simbolo sul palmo della mano destra» un mormorio riuscì a far riaprire gli occhi a Laxus. «Posso stringerlo tra le dita, proteggerlo, o porgerlo in aiuto di chi ha bisogno» la mano destra di Priscilla si mosse lentamente sul petto di Laxus, fino a raggiungere la mano del ragazzo appoggiata alla sua spalla ancora in quel rinvigorente abbraccio. Incrociò le dita con le sue, ci scivolò in mezzo con delicatezza, fino a stringerle e unire così i loro palmi. Laxus non aveva certo idea di cosa le stesse passando per la testa, ma poteva facilmente intuirlo. Finché avesse avuto forza di rialzarsi, non avrebbe lasciato i suoi compagni da soli. Strinse la sua mano, deciso a unirsi a lei in quell'ultimo disperato tentativo di intervento, con l'ultima briciola di energia che aveva e che era riuscito a ricaricare in quei minuti di riposo a terra. Il vento soffiò sotto di loro, aiutandoli ad alzarsi da terra, e con quell'unico stralcio di forza che avevano corsero incontro ad Hades nell'istante in cui Natsu si ritrovò nuovamente in ginocchio. Strinsero le proprie mani più forte, dandosi coraggio, e con l'altra mano spinsero in avanti il pugno più arrabbiato che avessero mai tirato in vita loro. Centrarono Hades in pieno viso e lo fecero cadere all'indietro in un'espressione contorta di dolore. 
«Laxus!» si meravigliò Natsu e con lo stessa sorpresa Erza chiamò il nome di Priscilla. 
«Alzate la vostra testa, ora!» ruggì Priscilla.
«Andate, Fairy Tail!» urlò Laxus voltandosi a guardare i suoi compagni. 
Non era stato altro che un disperato gesto, dall'utilità abbastanza limitata, ma quelle urla e quell'ultimo desiderio che aveva spinto i due più moribondi a provarci ancora diede loro la carica di non arrendersi. 
«Attacco d'ala del cielo!»
«Ice Bringer!»
«Apriti portale del Capricorno!»
«Tenrin: spada pentacolare!»
«Esplosione cremisi della lama del fulmine!» 
E con quell'ultimo attacco, quell'ultimo straziante sforzo, videro finalmente Hades cadere a terra tra macerie e polvere, ferite e sangue, il volto steso in un'espressione ormai vinta che difficilmente sarebbe sparita. 
Era finita.
Natsu cadde in ginocchio, lanciando al cielo un urlo che più pareva un ruggito, libero finalmente di potersi scrollare da tutta quella tensione che l'aveva quasi ucciso.  Priscilla sorrise, sollevata e felice, poi finalmente la tensione lasciò andare anche il suo corpo privandola dell'ultimo briciolo di forza che le era rimasto. Perse l'equilibrio, su quell'unica gamba che le era rimasta, e cadde. Laxus si sporse rapidamente verso di lei e la tirò per quella mano che ancora stringeva saldamente. La prese per un fianco e riuscì a sorreggerla, impedendole la caduta a terra. Priscilla si lasciò aiutare e si aggrappò a lui saldamente, mentre le portava il braccio dietro il proprio collo per tenerla in piedi. Ansimava per la fatica, a malapena riusciva a tenere sollevata la testa, e il sudore continuava a colarle dalla fronte. Aveva decisamente bisogno di riposare, ma l'espressione del suo volto non trasmetteva nessun accenno alla fatica. Era serena, distesa e felice, saldamente aggrappata all'uomo riuscì persino a voltarsi e rivolgergli uno sguardo. Non parlò, forse non ne aveva la forza o forse non sapendo bene come trasformare in parole tutti quei pensieri, ma Laxus riuscì comunque a leggere nei suoi occhi la gratitudine per essere tornato e aver loro salvato la vita. Un grazie non espresso, ma che non aveva bisogno di parole. E questo gli permise di non dover cercare scuse per giustificare il suo improvviso interesse nella loro incolumità, ma poté semplicemente ricambiare il suo sorriso. Avevano di nuovo combattuto assieme. Erano passati cinque anni dall'ultima volta che aveva sentito quell'eccitazione in corpo, cinque anni dall'ultima volta che avevano potuto stringere le loro mani, guardarsi in volto e darsi forza, cinque anni dall'ultima volta che avevano tirato insieme un pugno. Era come se tutto quel tempo non fosse mai trascorso, improvvisamente si sentirono di nuovo normali, come se non avessero fatto altro che dormire e si fossero svegliati solo in quel momento. Niente di quanto era successo tra loro, stranamente, sembrò avere significato. Avevano temuto l'imbarazzo, la rabbia, il disagio di quando si sarebbero di nuovo visti, si erano più volte chiesti come sarebbe stato allora... invece era tutto così naturale, così normale, che solo i sorrisi avevano significato. 
Priscilla cadde in avanti con la testa, ancora troppo stanca, ma riuscì a restare sveglia e tenersi in piedi benché fosse totalmente sorretta da Laxus. 
«Dannazione» ridacchiò, divertita. «Sono troppo stanca ora per riuscire a parlare».
«Non credo ci sia molto da dire in verità» disse lui, evasivo, cercando di evitare quel lungo discorso da cui non sapevano nemmeno da dove iniziare. Cosa gli era successo, dove era stato, cosa pensava ora, cosa aveva pensato allora, cosa provava, perché era tornato, cosa aveva fatto lei nel frattempo, aveva continuato ad aspettarlo? Erano così tante le domande, così tante le cose da dire, che anche solo pensarle tutte era faticoso. E il disagio e l'imbarazzo di doversi aprire e raccontarsi era tale che lui ne avrebbe volentieri fatto a meno.
«Sei il solito» rise lei, con una giovialità esagerata. Fu come una catena che si ruppe, permettendo a un cancello di spalancarsi con un fragore assordante per far uscire e crollare una valanga che aveva a lungo trattenuto. Scoppiò a ridere, scoppiò a ridere rumorosamente ed esageratamente, a testa bassa lasciava uscire la voce con tale abbondanza che il fiato riuscì poco a starle dietro e a volte la costringeva a grossi respiri. A testa bassa, il volto coperto dai capelli, Laxus riuscì a intravedere solo poco dopo piccole gocce che si staccavano da lei e cadevano a terra. Non era sudore, lo capì subito, dal momento che quella risata sganasciata a volte assumeva i connotati di un lamento. Quella slavina non era gioia, ma era ogni sorta di emozione che aveva trattenuto dentro sé per tutta la durata di quei cinque anni. Il dolore, la gioia, il tormento, la felicità, il desiderio, il sollievo, la rabbia... c'era ogni cosa, mescolato l'uno nell'altro, lottavano per uscire finendo col fondersi e trovare rifugio in una battuta e una risata. Laxus la lasciò sfogarsi, non sapendo nemmeno cosa avrebbe potuto dire o fare. Era ancora tutto un enorme punto interrogativo, il futuro, il loro futuro, quello della gilda, non aveva idea di cosa sarebbe successo da quel momento in poi. Sarebbe tornato a vagare, l'avrebbero cacciato via come l'ultima volta, o forse avrebbero deciso di reintegrarlo, magari addirittura di perdonarlo... che razza di pensieri faceva? Chi avrebbe perdonato uno come lui dopo aver minacciato la vita di tutti loro e del master stesso? Erano troppe le cose da aggiustare, troppi pensieri a cui pensare, perciò semplicemente decise di lasciarsi trasportare dagli eventi. Avrebbe riportato tutti a casa e poi, semplicemente, se ne sarebbe andato di nuovo... forse. 
Certo era che tutto quel dolore che Priscilla ora stava lasciando andare, sapeva bene di esserne la causa, e non poteva far a meno di tormentarsi. Qualsiasi decisione avrebbe preso, ne avrebbe portato per sempre sulle spalle il loro peso. Sentì la mano fredda di Priscilla aggrapparsi alla sua maglia, proprio mentre i suoi pensieri lo stavano trascinando altrove. Neanche aveva fatto prima caso che quella mano era stranamente più fredda del resto del corpo, era curioso. Strisciò dietro al suo collo, si aggrappò in una specie di abbraccio che, data la fatica che faceva nel restare in piedi, sembrava più un modo per aggrapparsi a qualcosa. Alzò finalmente gli occhi, anche se rossi per il pianto, l'espressione contorta tra il sorriso e il dolore, e infine si illuminò in un modo che mai le aveva visto fare.
«Bentornato» singhiozzò, tirando il viso in un enorme sorriso. Una parola che per cinque anni si era tenuto ben segregata dentro, come un segreto che non aveva mai trovato il coraggio di rivelare. Una parola che per cinque anni aveva spinto all'interno del suo petto, desiderosa di uscire, senza però averne mai l'occasione, e più era passato il tempo più aveva logorato e distrutto quella prigione in cui era stata rinchiusa. Una singola parola che ora poteva finalmente uscire e liberarla. 
Non era veramente tornato, lo sapeva, era lì solo di passaggio. Era lì solo perché il cuore gli aveva detto di andarci, aveva voluto aiutarli, ma sapeva che non l'avrebbero mai riaccettato. Molto probabilmente sarebbe di nuovo dovuto partire quanto prima, anzi aveva desiderato farlo anche prima di incrociare suo nonno, ma ora... per quel breve istante, stupidamente, desiderò restare.
«Grazie» balbettò semplicemente, scosso da un certo imbarazzo. Probabilmente anche perché, nonostante la fine della battaglia avesse portato in ciascuno dei loro compagni il desiderio di chiedersi come stavano, di parlare e abbracciarsi, comunque l'evento del loro ritrovamento e le urla del pianto-risata di Priscilla avevano attirato su di loro gli sguardi degli altri. Lucy stava addirittura piangendo. Era decisamente imbarazzante. 
«Natsu!!!» la voce di Happy vibrò dal corridoio, prima che gli Exceed potessero entrare nella stanza dove si trovavano i loro compagni.
«Ragazzi! Aiutateci!» chiamò Charle, correndo al suo fianco, mentre Lily cercava di proteggerli dalle retrovie. Dietro di loro un numero indefinito di persone, soldati di Grimoire Hearts sicuramente, li inseguiva minacciandoli di ucciderli.
«Happy!» sobbalzò Priscilla, guardandoli sorpresa.
«Priscilla ti manca una gamba!» pianse Happy, correndo verso di loro e portandosi dietro la folla di manigoldi.
«Fosse la prima volta» ridacchiò lei imbarazzata e provò a separarsi da Laxus per prepararsi a combattere di nuovo, ma ancora ebbe un cedimento e il ragazzo al suo fianco dovette sorreggerla per impedirle di finire a terra.
«Ci hai preso familiarità con ‘sta faccenda» quasi la rimproverò Laxus, che invece trovava la cosa ancora strana, quasi fastidiosa perché legata a ricordi di cui avrebbe volentieri fatto a meno.
«Si mette male» disse Gray, provando a richiamare un po' della sua magia senza riuscirci.
«Siamo tutti senza forze, non abbiamo più energia magica a disposizione» notò Erza, trovando le stesse difficoltà nel riequipaggiarsi. 
«Che facciamo?» chiese Lucy, preoccupata e senza idee. 
«Fermi lì!» l'urlo imperativo di una voce familiare e confortante, proprio dietro di loro. Makarov, insieme a tutto il resto dei compagni che erano rimasti alla base, compresi i feriti, erano in piedi all'ingresso della stanza e fulminò l'intero plotone che stava rincorrendo gli Exceed.
«Ragazzi!» salutò Natsu allegro.
«Nonno!» salutò anche Priscilla, tanto felice di vederli che per poco non tornò a piangere. 
«C-ce ne sono altri!» esclamarono terrorizzati alcuni dei soldati di Grimoire Hearts.
«Quello è Makarov! Il loro master!»
«Hanno sconfitto Master Hades! È a terra guardate!» 
E lentamente il panico e la paura non solo li costrinse a fermare l'inseguimento, ma addirittura ad arretrare. Se nemmeno master Hades era riuscito a sconfiggerli, che speranza potevano avere loro?
«Sparite da quest'isola» ordinò Makarov e l'intero gruppo di uomini scappò via, senza farselo ripetere due volte, urlando dalla paura. Non ci era certo voluto molto, ma era ugualmente di grande conforto sapere che non avrebbero dovuto combattere ancora. 
«Evvai!» urlarono felici mentre si riabbracciavano e piangevano nel rivedersi tutti interi. Cana abbracciò Lucy, Wendy salto stringendo Charle, Erza andò a chiedere a Mirajane come stesse, Gajeel pianse riabbracciando Lily e nel caos di felicità Makarov fu l'unico a volgere a Laxus e Priscilla uno sguardo. Rivolto soprattutto a Laxus, ma lei gli era ancora aggrappata perciò fu inevitabile trovarsi tra loro. Laxus con una smorfia orgogliosa voltò semplicemente gli occhi altrove, facendo finta di niente, anche se la testa incassata nelle spalle tradiva il suo imbarazzo. 
«Sono felice di vederti qui» disse Makarov con tono serio, poco prima di ingigantire la propria testa con quella sua bizzarra magia e trasformarsi in una specie di leone famelico, urlando e sputacchiando contro al ragazzo: «Credevi ti avrei detto una cosa simile, testa bacata?». Laxus semplicemente afferrò Priscilla per i fianchi, la sollevò e la spinse in avanti, tenendola ben ferma tra lui e suo nonno. Tutta la furia e soprattutto la saliva incontrollabile del furibondo anziano non arrivò perciò a lui ma colpì l'innocente sorella, che terrorizzata aveva  da subito cominciato a urlare. «Come ti è saltato in mente di mettere piede su quest'isola mentre sei ancora in esilio, eh?» ruggì Makarov, davanti a una Priscilla ormai in lacrime.
«Sì, ma che c'entro io?» piagnucolò lei, inascoltata.
«Master, si calmi» provò a intervenire Levy.
«Sta' zitto, vecchio» rispose a tono Laxus, orgoglioso.
Fu solo allora che Fried, prima di tutti, riuscì a distogliere l'attenzione dalla gioia di essere ancora tutti vivi e aver vinto quella battaglia apparentemente impossibile e notò la presenza di Laxus.
Balbettò il suo nome, sconvolto di vederlo lì, poi in lui come negli altri due Raijinshuu la gioia esplose come una bomba e chiamandolo a gran voce gli saltarono al collo senza contegno né attenzione per le sue ferite. Priscilla ovviamente si trovò nuovamente  coinvolta, visto che era tenuta ancora sollevata a mo' di scudo da Laxus. Caddero tutti a terra, ma nessuno si preoccupò né delle sue urla né dei lamenti di Laxus, troppo impegnati a piangere e chiamarlo, stritolandolo come poterono.
«Dimmi che te li riprendi, ora che sei tornato, ti scongiuro» pianse Priscilla, incapace di muoversi, schiacciata come una sottiletta tra Laxus a terra e i tre Raijinshuu sopra di lui. 
«Non è che sia stato esattamente reintegrato, a dire il vero» provò a sibilare lui con il poco di aria che aveva.
«Oh, Priscilla, ci sei anche tu?» si accorse solo allora Fried. 
«Baby, stai bene?» chiese Bickslow felice di vederla tutta intera. L’afferrò per il collo, abbracciandola, e sollevandosi in ginocchio la tirò via da quell'intrigo di corpi dei loro amici. Un metodo non del tutto delicato e confortevole, che la ridussero a urlare ancora per il dolore della presa, perché incastrata a qualcosa, ed era finita con l'essere allungata e stritolata in modi che un corpo umano in realtà non sopportava. 
«Siamo stati attenti a lei, in questi tempi, hai visto Laxus?» chiese Fried, brillando di emozione.
«Ci siamo occupati di lei come ci avevi chiesto» si unì Evergreen, altrettanto entusiasta, mentre Bickslow alle loro spalle continuava a stritolarla per abbracciarla e lei cercava di allontanarlo piazzandogli le mani in faccia. 
«Quando esattamente vi avrei chiesto una cosa simile?» chiese Laxus, confuso, ma nessuno di loro ascoltò quell'affermazione e continuarono a brillare, standogli ben appiccicati, come cagnolini che aspettavano il biscotto per premio. 
«Bene, ora possiamo riprendere con la prova!» urlò Natsu, alzando le braccia al cielo. 
«Stai scherzando, vero?» sussultò Priscilla, ancora serrata nella ferrea presa di Bickslow. 
«L'ultima parte della prova è stata interrotta, perciò non conta! Non ci resta che deciderla combattendo!» insisté Natsu infervorato, tirando pugni al vento. 
«In verità, Cana l'ha portata a termine, a regola spetta a lei...» insisté ancora Priscilla, ma venne interrotta da Gajeel che ringhiando si portò di fronte a Natsu: «Credi davvero di potermi combattere conciato così? Ti è saltata qualche rotella?»
«A occhi chiusi! Ora ho il potere fiammeggiante del drago del fulmine!» rispose Natsu.
«Io non voglio più combattere nessuno» piagnucolò Priscilla, accasciandosi sulla spalla di Bickslow, arrendevole persino in quello. «Portami a casa, Bicks-chan».
«Bicks-chan!» sussultò lui, arrossendo per l'emozione di una tale confidenza. 
«Ma che gli prende a quei due?» chiese Laxus, guardando corrucciato la scena tra Bickslow e Priscilla. Evergreen si limitò a ridacchiare nervosa, mentre Fried più rassegnato disse semplicemente: «Credo che Bickslow voglia parlarti».
«Eh?» chiese Laxus curioso, chiedendosi che c'entrasse lui.
«Giusto!» sussultò Bickslow e corse ai piedi di Laxus, tenendosi Priscilla ben salda su una spalla. «Laxus chiedo umilmente la mano di tua sorella!» disse solenne e Priscilla sussultando urlò: «Giammai!»
«La sua... mano?» chiese Laxus con occhi spalancati e un lieve rossore in volto. Quando era successo che tra loro nascesse un simile rapporto? Certo era che lui non c'entrava proprio niente, Priscilla era liberissima di fare quello che voleva e il suo volere non contava assolutamente nulla. Sbuffò, incrociò le braccia al petto, senza riuscire a trattenere un vago sentimento irritato e ringhiò semplicemente: «Come vi pare».
«Cosa?!» gridò Priscilla in preda al panico.
«Ha accettato!» saltò Bickslow. 
«No! No! Aspetta!» cominciò a scalciare e dimenarsi, ma Bickslow era certamente più in forma di lei ed era in grado di gestirla. Tenendola in spalla come un sacco di patate si rimise in piedi e cominciò a correre verso l'uscita, diretto verso chissà quale prima chiesa avesse incontrato o forse semplicemente per rapire la ragazza e sparire nel nulla ora che aveva avuto il benestare dell'unico che gli interessava. Priscilla si allungò in avanti e riuscì in un gesto disperato ad afferrare il colletto della giacca di Fried, trascinandolo con sé, ma il tutto fu tanto improvviso che Fried semplicemente perse l'equilibrio, mugolò soffocato e cadde all'indietro. Allungò una mano in avanti, cercando qualcosa dove appigliarsi, e colpì involontariamente Evergreen facendole saltare gli occhiali.
«Avete finito voi tre, allora?!» ruggì Evergreen, furiosa per essere stata messa in mezzo. Una furia come quella era rara in Evergreen e proprio per questo faceva venire la pelle d'oca. Priscilla si ritrovò ad abbracciare Bickslow per lo spavento e Fried si schiacciò contro di loro, altrettanto intimorito.
«Scusami» sussurrarono all'unisono, facendo così calmare, almeno parzialmente, la donna più terrificante che conoscessero. 
«E tu impara a rispettare le volontà altrui!» ruggì Priscilla non appena Evergreen ebbe loro voltato le spalle e poté sentirsi sicura. Alzò il braccio e tirò in pieno viso a Bickslow un pugno tanto potente da fargli voltare la testa dall'altro lato. Questo lo portò a perdere la presa su di lei, che cadde con un tenero <<Kyah!>>, sbattendo il sedere a terra. Si massaggiò la zona colpita, con un lamento, mentre Fried allarmato si inginocchiava e chiedeva pressante: «Ti sei fatta male? Ti portiamo all'ospedale!»
«Io non vi sopporto più, tornateve dal vostro proprietario e lasciatemi in pace una buona volta» disse Priscilla scoppiando praticamente a piangere come una bimba. 
«L'hai fatta piangere!» abbaiò Fried verso un Bickslow che ora si grattava la nuca imbarazzato. «Io sta solo scherzando» confessò.
«Siete due incapaci, non avete idea di come si tratta una donna!» intervenne di nuovo Evergreen, riappropriatosi dei suoi occhiali. «Su, su! Vieni da Ever-nee» disse lei prendendo Priscilla tra le braccia e stringendola, quasi soffocandola, sul proprio seno. «Questi omaccioni cattivi ti trattano male?» chiese come una tata confortante e lei fulminando sia Bickslow che Fried annuì.
«Non è vero! È stato Bickslow!» balbettò Fried, cercando di difendersi. 
«Stavo solo scherzando per vendicarmi che non mi ha riconosciuto al campo base prima. Mi ha maltrattato senza motivo» mormorò Bickslow, cercando di giustificarsi. Priscilla in un flashback ricordò ogni cosa, non solo il non averlo riconosciuto ma anche che sotto quell'elmo che aveva sempre pensato fosse la sua vera faccia c'era in realtà un ragazzo in carne e ossa che aveva ingenuamente anche considerato carino. Arrossì violentemente e affondò di più il volto sul seno di Evergreen, che intuì nel suo atteggiamento qualche fastidio e imbarazzo. Perciò se la prese con lui, abbaiando un: «Che le hai fatto?»
«Niente!» sussultò lui. 
Un voce, una risata soffocata, sfuggita al suo controllo solo per qualche secondo, ma Priscilla non fu l'unica a coglierla con una palpitazione. Sollevò il volto dal petto di Evergreen e rossa per l'emozione si voltò verso Laxus, cosa che fecero anche gli altri tre. Era seduto a terra, gambe e braccia incrociate, cercava di fare l'indifferente e neanche li stava guardando, ma dal petto leggermente in movimento usciva comunque una debole risata sicuramente causata da quel quadretto ridicolo che i suoi amici avevano messo su insieme a Priscilla. La voce roca e cupa, ben chiusa all'interno della gola, eppure nel suo piccolo riusciva comunque a farsi sentire. 
Quella risata...
"Quando Laxus tornerà troverà una casa allegra e felice ad accoglierlo, proprio come piace a lui. È questa la mia promessa" se l'era dimenticata. Quella promessa che aveva fatto a Makarov, ma forse più a se stessa, quando aveva infine accettato il suo ruolo all'interno della gilda, dopo il loro litigio. A Laxus era sempre piaciuta quell'atmosfera, non lo diceva spesso, era assurdamente orgoglioso, ma lei lo conosceva e sapeva che lui amava passare il tempo dentro Fairy Tail per sentirne la gioia e le risate. Priscilla stessa era cresciuta con quel particolare carattere solare e infantile, aveva imparato a provare quei sentimenti, solo perché aveva visto che così riusciva sempre a strappargli un sorriso. Era orgoglioso, ma in realtà era una persona molto solare a cui piaceva quell'atmosfera raggiante. Ci aveva messo cinque anni, non aveva mai smesso di ridere e cercare di far ridere chi aveva intorno solo per mantenere viva l'atmosfera allegra di Fairy Tail, solo perché lui avrebbe così potuto tornare sempre in una casa allegra e felice. Come gli piaceva, anche se non lo dava a vedere. Dopo il combattimento contro di lui alla cattedrale e il suo esilio, con tutto quello che era successo successivamente, se l'era dimenticata. Ma nel profondo non aveva mai smesso di portare avanti il suo compito, il suo ruolo, quello di occuparsi di lui... e renderlo felice.
"È questa la mia promessa".
Ce l'aveva fatta. Era passato così tanto tempo, aveva sofferto e lottato molto, ma alla fine ci era riuscita. Laxus era tornato e ad accoglierlo c'erano state risate e scherzi, era riuscita a renderlo felice...a farlo ridere di nuovo. Gli occhi le si inumidirono, le guance si arrossarono e portandosi una delicata mano vicino alle labbra sorrise timida ed emozionata, guardando il volto disteso di suo fratello e il suo petto che ancora sobbalzava per la flebile risata che si teneva chiuso dentro.
«Bentornato... Laxus».

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Capitolo 35
*** Me l'hai insegnato tu ***


Me l'hai insegnato tu






Fecero ritorno al campo base, dove tutti si presero il loro spazio per riposare o prendersi cura di chi ne aveva bisogno. Natsu era crollato addormentato non appena aveva messo piede all'interno della tenda, Mirajane aveva preparato un pasto caldo per tutti, Wendy si occupava delle cure con quel poco di magia che era riuscita a recuperare. Uno alla volta vennero tutti assistiti e soccorsi, aiutati e rimessi in piedi, fino a quando l'atmosfera non tornò quella di sempre. 
Priscilla sedeva vicino a Happy e Charle, abbuffandosi con foga di ciò che Mirajane le passava e ascoltando i loro racconti. A quanto pareva Hades aveva una incredibile longevità ed era stato considerato addirittura come un Dio perché all'interno della nave c'era un cuore demoniaco che lo alimentava costantemente, rendendolo praticamente un immortale. Happy, Charle e Lily l'avevano distrutto e questo aveva permesso ai loro amici di dare il colpo di grazie ad Hades. 
«Dhunke è sholo ghashie a voi she abamho vintho» bofonchiò Priscilla con una forchettata stracolma di cibo in bocca.
«Per favore, puoi ingoiare prima di parlare almeno» la rimproverò Charle, irritata. Priscilla obbedì e deglutì rumorosamente, prima di tornare a sorridere e allungare una mano verso Lily esclamando: «Ottimo lavoro, socio!»
Lily sorrise di rimando, fiero e felice, e le batté il cinque orgoglioso. 
«Ehy! Lui è il mio gatto, non il tuo!» ruggì Gajeel intervenendo nella discussione, irritato nel vedere un tale feeling tra i due. 
«Sta' zitto» disse semplicemente Priscilla.
«A Priscilla-nee piacciono particolarmente gli Exceed» disse sorridente Wendy, sedendosi accanto a lei.
«Trovatene uno tuo allora!» ruggì Gejeel prendendo Lily tra le braccia e stringendoselo al petto.
«Io ne volevo uno ma mi avete detto che non potevo prenderlo, uffa!» sgambettò lei, infastidita.
«Non te ne puoi semplicemente appropriare» la rimproverò Charle.
«Ne avevi presi sotto braccio almeno tre e non avevi chiesto il loro parere, Priscilla-nee» si accodò Wendy.
«Uffa! Voglio un gatto! Gatto! Gatto!» piagnucolò, capricciosa. 
«Vattelo a cercare come hanno fatto tutti!» insisté Gajeel, contrariato e continuando a difendere Lily.
«Sta' zitto, uomo ruggine!» brontolò lei, inforchettando un pezzo di pane umido di minestra e usando la posata come catapulta glielo lanciò dritto in fronte, lasciandolo interdetto e furioso. Gajeel prese a ruggire e agitarsi come un animale, arrabbiato, mentre Priscilla seduta di fronte a lui scoppiava a ridere e gli puntava un dito contro. 
«Nonnino! Allora, che ne è della prova?!» si alzò Natsu e a grandi passi raggiunse Makarov sotto la tenda.
«È già sveglio?» chiese Priscilla, guardandolo sorpresa. 
«Ve l'ho già detto. È sospesa» disse Makarov risoluto, facendolo sbraitare furioso: «Non capisco perché sospenderla!»
«Ve l'ho già spiegato. Un membro del concilio si è infiltrato tra i candidati e Grimoire Hearts ha distrutto tutto, non posso agire diversamente» insisté Makarov ma Natsu continuò a sbraitare e insistere.
«Natsu, piantala!» provò a intervenire Priscilla scocciata da tutto quel rumore.
«Vediamocela con un combattimento! Decideremo chi diventerà mago di classe S con un combattimento tra noi! L'ultimo che resta in piedi vince!» ringhiò lui, puntando furioso un dito contro Priscilla ma lei non si perse d'animo e generando un piccolo tornado sul palmo della mano disse semplicemente, maligna: «Vuoi davvero sfidare la donna che ha sconfitto Erza?»
«Priscilla-nee fai paura» sibilò Wendy, spaventata, mentre Natsu non fece che sibilare ora intimorito. 
«Va bene, non ho altra scelta» sospirò Makarov. «Natsu, ti sottoporrò a un'ultima prova! Farò un'eccezione solo per te, questa volta».
«Yuppi!» esultò lui, rinvigorito.
«Sconfiggimi e diventerai mago di classe S» disse Makarov, facendogli cenno con la mano di avvicinarsi. «Davvero?» sbarrò gli occhi lui, cominciando subito ad allungare i muscoli. «Bene, non vedo l'ora! Fatti sot...» ma non terminò nemmeno la frase che con un pugno gigante Makarov lo schiantò contro il tronco di un albero e lo mise fuori gioco. Priscilla scoppiò a ridere, guardandolo ora a terra senza respiro, gli puntò un dito contro e con l'altra mano cominciò a sbattere contro il tavolino al suo fianco. 
«È la solita casinista» sospirò Charle, guardando il modo decisamente poco aggraziato di Priscilla. Wendy ridacchiò divertita nel guardarla, la metteva sempre di buon umore soprattutto quando era così solare, ma poi, sentendosi osservata, voltò lo sguardo verso qualche albero lontano. Laxus era appoggiato a uno di questi, seduto, già fasciato e con gli abiti cambiati, stava riposando con i Raijinshuu che gli gironzolavano attorno. Su una cosa aveva però sbagliato, il suo sguardo non era rivolto a lei, ma a Priscilla al suo fianco. La guardava con velato sorriso in viso, probabilmente già da prima. Wendy si sentì un po' a disagio e con un sospiro puntò gli occhi alle proprie gambe, imbarazzata.
«Che succede, Wendy?» chiese Charle notando lo stato d'animo della ragazzina.
«Sono un po' in soggezione. Non sono ancora nemmeno riuscita a presentarmi» confessò lei, timida.
«Parli di lui?» chiese Charle, volgendo lo sguardo a Laxus. «Perché mai dovrebbe intimorirti?» la rimproverò, stufa di vederla sempre così debole e timida.
«Hai paura di Laxus?» chiese Priscilla innocentemente, che aveva sentito la chiacchierata tra le due. Wendy sussultò e arrossì, sventolando le mani davanti al viso provò a balbettare una serie di scuse: «No, è che si tratta di tuo fratello, e dopo quello che mi hai raccontato... io...»
«Capisco» sorrise Priscilla, comprensiva, prima di rallegrarsi come soleva fare. «A Laxus piace abbaiare, ma in realtà è un tenero cucciolone, te lo assicuro. Sta' tranquilla, ti presento io!»
«Eh?!» sobbalzò la ragazzina ma Priscilla era già in piedi e la prese per mano, cominciando a trascinarla. 
«Laxus!» chiamò, correndogli incontro. Prese poi Wendy tra le mani, alzandola come un trofeo, aiutata dalla sua magia per renderla più leggera, e con un sorriso innocente e felice esclamò una volta che gli fu davanti: «Lei è la mia sorellina, Wendy! Ti piace?»
«Eh?» chiese lui stralunato, non riuscendo a capire se a sconvolgerlo di più fosse il fatto che fosse sbucata un'altra sorella dal nulla o il fatto che Priscilla gli chiedesse candidamente se "gli piaceva", come fosse un oggetto.
Priscilla si sedette di fianco a Laxus e prese Wendy tra le braccia, stringendola e strofinando la propria guancia sulla sua testa esclamò emozionata: «Ha detto che si vergognava a presentarsi, che carina!!! Non la trovi dolcissima?!»
«Priscilla-nee mi stai mettendo in imbarazzo» balbettò Wendy, rossa in volto come un pomodoro. 
«Lei è una Dragon Slayer del cielo!» spiegò Priscilla, sempre più emozionata. «È un po' come se fosse me e te messi insieme» scoppiò a ridere divertita, continuando ad abbracciare e accarezzare la testa di Wendy.
«Santo cielo, Priscillanee-san!» sibilò Wendy, sempre più in imbarazzo.
«Sorellina? Un'altra?» mormorò Laxus, alzando un sopracciglio pensieroso e chiedendosi da dove saltasse fuori ora quell'altra presunta sorella.
«Non essere sciocco!» lo rimproverò Priscilla, come se avesse appena detto un'assurdità. «Lei è solo mia! Non tua!» e strinse ancora di più Wendy tra le braccia.
«È un'assurdità quello che hai appena detto, lo sai?» le disse lui, non capendo cosa stesse accadendo.
«Ci siamo conosciute quando abbiamo combattuto contro Oracion Seis» spiegò Priscilla, ignorando il suo commento. «È una gilda oscura al pari di Grimoire Hearts, fanno parte della stessa alleanza. Io in realtà non ero invitata a prendere parte alla battaglia, ma mi sono imbucata perché volevo conoscerla. Sai è una vecchia amica di Mistgun, mi ha parlato molto di lei» raccontò entusiasta, dondolando su se stessa. 
«Questo non lo sapevo nemmeno io» osservò Wendy, sorpresa, ma Priscilla ignorò anche lei e proseguì: «Oracion Seis voleva appropriarsi di Nirvana, una magia incredibile che inverte luce e oscurità, e voleva distruggere Cat Shielter, la vecchia gilda di Wendy, perché erano loro ad aver creato Nirvana. Allora noi insieme ad altre gilde abbiamo combattuto tutti insieme e siamo riusciti a vincere, ma la gilda di Wendy si è rivelata fittizia, era un'illusione creata per dare a lei una famiglia e non appena abbiamo distrutto Nirvana anche loro sono scomparsi e l'hanno lasciata sola. Allora l'ho invitata a entrare nella nostra gilda, così non sarebbe rimasta sola! Usa la magia del cielo, tra cui anche il vento, ma non era molto brava a combattere perciò mi ha chiesto di insegnarle. Ora è diventata fortissima, ci siamo allenate molto, vero Wendy?» sorrise e tornò ad abbracciarla, dondolando ancora. Presa com'era dal suo racconto neanche si era accorta dello sguardo sereno e rapito di Laxus, che l'ascoltava con dolcezza mentre lasciava uscire in un fiume tutti quei ricordi e pensieri. «Wendy ha Charle, come Natsu ha Happy. Sono Exceed! A proposito! Sai da dove arrivano gli Exceed, Laxus? Questa devo raccontartela, è davvero incredibile!» Wendy riuscì a trovare modo di sgattaiolare fuori dal suo abbraccio e Priscilla era talmente presa dal suo racconto che neanche se ne accorse. Si voltò verso Laxus, per poterlo guardare in viso mentre gli raccontava di Edoras e della sua avventura con il Laxus e Ivan dell'altro mondo, gli raccontò di Mistgun che in realtà era il Gerard di questo mondo e che laggiù era un Principe. Gli raccontò dell'affetto che aveva scoperto che li legava, di come si era finta la dea del vento per aiutarlo a riprendersi il trono, gli raccontò delle avventure dei mesi successivi insieme a Wendy quando aveva deciso di risparmiare per ricomprare la loro casa, gli racconto di Phantom Lord, di come aveva combattuto e sconfitto Aria, di come aveva ricostruito la gilda, delle missioni insieme a Mistgun per chiudere Anima e diventare più forte in vista del suo combattimento contro di lui, gli raccontò dei Raijinshuu che l'avevano presa sotto l'ala, delle missioni svolte insieme a loro perché ce la trascinavano sempre, dell'esame per diventare mago di classe S a cui era stata appena selezionata, del suo combattimento con Erza e di come l'aveva addirittura vinta, delle sue tecniche migliorate considerevolmente e soprattutto di come mai e poi mai era più rimasta sola. E Laxus, sorriso in volto, non la interruppe nemmeno una volta. 
«E tu? Dove sei stato?» chiese infine, sorridendo esattamente come la ricordava. Laxus non smise di osservare ammaliato quel volto solare che per tanto tempo aveva pensato che non avrebbe più rivisto. Non rispose, non subito, semplicemente sospirò un vago: «In giro».
«Hai scoperto qualcosa?» chiese lei, una domanda che lo lasciò sorpreso non solo per la sua curiosità ma anche per la dolcezza con cui gliel'aveva posta. «Sei stato in alcuni dei luoghi che abbiamo visitato insieme, anni fa, quando facevamo le missioni per conto di Fairy Tail. Non passi molto inosservato, sai?» ridacchiò divertita. «Cercavi informazioni su di me, su ciò che sono, vero?»
«Mi hai tenuto d'occhio» disse lui, divertito e lei dondolando ammise innocente: «Un po'!» e ridacchiò. 
«Come sta la tua gamba?» chiese lui, incupendosi improvvisamente. Non riuscì neanche a spostare gli occhi e guardarla. 
«Meglio. Si rigenera velocemente, probabilmente è anche grazie alla magia di Tenroujima» rispose lei e ascoltò il silenzio che cadde tra loro, come un mattone sullo stomaco. 
«Ti ricordi quel vecchio libro che mi leggevi da bambini? Quello sulle fate» chiese lei, voltandosi per guardare il suo stesso punto nel vuoto e spostandosi gli si avvicinò maggiormente. «Creature fantastiche, leggiadre ed eleganti, da cui prendeva il nome la gilda del nonno. Mi dicevi che su quest'isola esistevano davvero».
«Mi pregasti di portarti qui a cercarle, un giorno» disse lui, soffocato da una pesante malinconia. 
«È vero» ridacchiò lei, divertita. «Sai... non mi importa più ciò che sono o non sono. E non importa nemmeno a loro, perché semplicemente sono Priscilla, maga di Fairy Tail, creatura fantastica... come le fate di Tenroujima» sorrise ancora sporgendosi oltre la sua spalla, per cercare il suo sguardo. «Come per tutte le cose, anche questo me l'hai insegnato tu. Te ne sono grata».
«Non essere sciocca» disse quasi irritato.
«Dico sul serio. Lasciandomi sola mi hai costretto a guardare meglio dentro me e intorno a me, sono riuscita a vedere qualcosa che non credevo esistesse. Non per me, almeno. Quando sono venuta al mondo mi è stato detto che l'unico motivo per cui esistevo era per starti accanto e occuparmi di te. È stato quello che ho fatto fino a poco tempo fa, credevo di non avere altra ragione di vita, ma poi tu sei sparito e mi hai costretto a cercarmene un'altra di ragione di vita. Mi hai costretta a restare con loro, a non seguirti, perché sapevi che erano le persone adatte a questo compito. Insegnarmi a vivere. È bello, sai? Vivere, amare, è qualcosa che mi piace davvero molto. Io non sono come loro, questo è innegabile, ma ciò non toglie che non possa lo stesso stare insieme a loro» si rannicchiò, tirando su un ginocchio e appoggiandoci una guancia sopra. «Non è questo il senso di una famiglia? Accettare tutti per quello che si è, indipendentemente da ciò che si è fatto in passato, guardare avanti insieme, nonostante tutto».
«Non tutto può essere perdonato» mormorò lui, duro, ma lei rispose con una risatina divertita e un sospirato: «Laxus». Allungò una mano verso la sua testa e lo colpì delicatamente con un buffetto, ridacchiando e innervosendolo ancora di più.
«Che vuoi?» chiese infastidito.
«Hai il cuore tenero» sorrise lei e lui arrossendo distolse lo sguardo, mirando altrove. «Ti senti in colpa perché hai il cuore tenero. Non mentire! C'è un delizioso bombolone alla crema qui dentro, vero?» disse spogendosi verso di lui e punzecchiandolo al petto.
«Piantala!» ruggì lui, offeso. Priscilla insisté, ridacchiando e punzecchiandolo con la punta del dito, sporgendosi sempre più verso di lui mentre lui arretrava furioso. E si stuzzicarono, ridacchiando, fino a quando Priscilla non riuscì ad aprirsi un varco e insinuarsi tra le sue braccia, stringendolo e affondando il volto sul suo petto. Un abbraccio così tenace anche se delicato, erano secoli che non ne aveva uno.
«Mi sei mancato da morire» confessò con la voce rotta e bastò quello a cancellare ogni dubbio e ogni timore. Non le importava niente, non le importava di ciò che facevano da bambini, dei combattimenti che la portavano a passare giorni nel letto in convalescenza o del fatto che lui avesse quasi ucciso tutti quelli che conosceva pochi mesi prima, colto da un attimo di pazzia. A lei interessava solo che lui fosse lì, in quel momento, finalmente dopo tanto tempo. 
Il senso di una famiglia era quello di accettare tutti, e guardare avanti, nonostante tutto. Ancora una volta provò il desiderio di non andarsene più.
«Sei cresciuta davvero tanto, Pricchan» disse, poggiandogli una mano affettuosa sulla testa. «Già» sorrise lei, stringendolo ancora più forte, ancora più felice. Le accarezzò la testa, lasciandola stare dov'era, stranamente rasserenato. Aveva viaggiato a lungo e spesso, lo ammetteva, aveva ripercorso i propri passi all'indietro andando alla ricerca di un passato che ricordava a macchie. Alla ricerca della vera essenza di quella ragazza che diceva di essere venuta al mondo solo per lui, che sembrava non avere un'anima propria, la bambina che prendeva parte ai suoi ricordi più belli era in realtà l'essere più triste che fosse venuto al mondo e la causa era sempre stato solo lui. A lungo si era tormentato e aveva cercato indizi, informazioni, solo per poterla scoprire di più, forse speranzoso di trovare un modo per salvarla da quella maledizione. Ma la verità era solo che lei era Pricchan, solo Pricchan, e nient'altro aveva importanza. 
«Ti sei fatta crescere i capelli» osservò assorto nei suoi pensieri, mentre faceva scorrere una delle sue ciocche tra le dita. La sentì sussultare, non poté guardarla in viso ma gli parve che fosse improvvisamente più agitata, e balbettante cercava qualche giustificazione.
«Guarda un po'» una voce tonante, prima che un paio di pesanti mani gli si posassero sulle spalle. «I fratelli tempesta sono di nuovo in azione, chi l'avrebbe detto!» rise Gildarts alle spalle di Laxus. 
«Che vuoi? Vecchio?» ruggì Laxus, improvvisamente furioso, stringendo Priscilla tra le braccia con più enfasi. 
«Darti il benvenuto, so che eri stato esiliato» rise l'uomo, dando al ragazzo un paio di pacche pesanti sulla schiena. «Che sfigato!»
«Sparisci!»
«Su, sto solo scherzando, non prendertela» poi un'idea, un ricordo. L'esame di Laxus, nei suoi diciassette anni, che... aveva avuto qualche piccolo incidente. «Aspetta, non ce l'avrai ancora per la faccenda del tuo esame?» chiese, notando quanto stesse stringendo Priscilla tra le braccia, tanto da soffocarla. 
«Fuori dai piedi!» ruggì Laxus, insistente. 
«Dai, è stato solo un incidente» rise lui.
«Cosa è stato un incidente?» chiese Natsu, che l'aveva raggiunto non appena l'aveva visto comparire dal bosco. 
«Vedi, quando Laxus diede il suo esame di classe S...» cominciò a raccontare Gildarts, ma Priscilla colta da un profondo imbarazzo anche solo nel ricordare quell'assurda scena, uscì dall'abbraccio di Laxus urlando: «Kyaaaah,no!!!» e con un turbine di vento improvviso fece sbattere la faccia di Gildarts contro un albero lì vicino, sotto lo sguardo attonito e sconvolto di Natsu.
Ma quella serenità parve improvvisamente disintegrarsi come uno specchio.
Il cielo ruggì sopra le loro teste, tanto forte da far tremare l'aria. Qualcosa di simile non l'avevano mai sentito prima di allora, chiudeva i polmoni dal terrore. In molti si portarono le mani alle orecchie, trovandolo insostenibile, altri urlarono spaventati guardando pallidi il cielo alla ricerca della fonte di tale fracasso. 
«C-che cos'è?» balbettò Priscilla, alzando la testa dal petto di Laxus e cercando tra le nuvole la fonte di quello che sembrava ora un vero e proprio ruggito. Non fu l'unica a dire o chiedere qualcosa, ma non riuscì a sentirli per quell'assurdo rumore che quasi faceva male alle orecchie. Poi vide Lily puntare un dito al cielo, gridando qualcosa, e anche se non riuscì a sentirlo capì che aveva visto qualcosa di incredibile. Alzò gli occhi al cielo e lo vide, come un angelo della distruzione, volava sopra le loro teste. Era tanto grosso che la sua ombra copriva gran parte dell'isola, facendoli cadere in un mondo di tenebre e oscurità.
«È...» balbettò Priscilla, intuendo che razza di creatura fosse, ma il solo nominarla faceva venire la pelle d'oca. 
«Un drago?» riuscì sentire qualcuno che con meno panico di lei era stato in grado di pronunciare quel nome. 
«In carne ed ossa?» balbettò Wendy.
«Com'è possibile?» sibilò anche Lisanna, portandosi le mani alle labbra terrorizzata. 
Non c'era persona, a quel mondo, che non conoscesse la natura e la storia dei draghi. Erano vissuti quattrocento anni prima, ma da allora si credevano estinti e pensarlo era un sollievo visto che gran parte di loro detestava gli umani. La loro potenza non era minimamente paragonabile a nessuna esistente al mondo, potevano spazzare via paesi interi con un solo soffio, facevano venire i brividi. Ma si erano creduti estinti, questo aveva rasserenato a lungo l'umanità, perciò vederne uno vivo non solo li sorprese perché li portava a un faccia a faccia con una creatura leggendaria ma li terrorizzò. Era un pericolo decisamente superiore a qualsiasi esistente. 
«Acnologia» balbettò Makarov, facendo qualche passo avanti e guardando la creatura nel cielo. «Il drago nero dell'apocalisse».
«Sta scendendo!!!» urlò Fried, vedendolo per prima in quella traiettoria che lo portò in picchiata verso la loro isola. 
«Attenti!» disse qualcuno cominciando a correre lontano dalla zona in cui si sarebbe schiantato, ma non fecero in tempo a fare neanche pochi metri che Acnologia atterrò non troppo lontano da loro, facendo tremare la terra. Tutto ciò che si trovò sotto le sue enormi zappe in collisione venne distrutto e raso al suolo, metri e metri di alberi e vecchie costruzioni crollate in un solo istante. Acnologia alzò la testa oltre gli alberi e guardò all'interno della radura dove Fairy Tail aveva allestito il proprio campo base. Paralizzati per la paura, non riuscirono nemmeno a trovare le forze per alzare le braccia e difendersi dai calcinacci che gli volarono addosso. Si trovavano faccia a faccia con un vero drago, ma non uno qualunque... il peggiore che la storia conoscesse. Acnologia li osservò per qualche interminabile secondo, poi spiccò quello che sembrò un salto anche se raggiunse una quota incredibile, e puntando la testa su di loro cadde nuovamente a zampe ben tese, pronto a schiacciarli. 
«Scappate!» ordinò Gildarts, facendo un gesto con la mano per enfatizzare. Non ci fu bisogno di ripeterlo, presero tutti a correre cercando di essere abbastanza veloci da riuscire a schivare almeno quel colpo. Acnologia non li prese, ma distrusse comunque l'intero accampamento, sfondando il terreno e lanciando macerie ovunque. Nonostante non furono colpiti, vennero comunque sbalzati tutti via dall'onda d'urto, facendoli atterrare metri più avanti. 
«Stiamo scherzando?» urlò Elfman, rialzando la testa.
«Guarda cos'ha combinato con un solo colpo!» tremò Levy.
«Da dove diavolo è uscito?!» gridò Cana, mentre si guardava attorno per assicurarsi che stessero tutti bene. 
«Alle navi, presto!» insisté Gildarts.
Acnologia abbassò la testa, fauci spalancate, pronto ad afferrare i primi che si fosse trovato nella traiettoria. Bickslow e Fried si ritrovarono sbalzati via appena in tempo e vennero solo sfiorati, mentre dieci passi indietro Priscilla ansimava per la fatica di quella magia appena usata per salvar loro la vita.
«Via, presto!» urlò Erza, indicando la direzione da prendere.
«Merda» sibilò Priscilla, chinando la testa in avanti. La magia di Tenroujima le permetteva un rapido recupero, ma ciò non toglieva che l'intera magia assorbita stava venendo utilizzata nella guarigione, non ne aveva per combattere. Anche solo quel piccolo soffio di vento usato per mettere in salvo i suoi amici le era costata una gran fatica, senza contare che doveva usarne costantemente un po' per tenersi in piedi visto che ancora parte della gamba le mancava. Le sfuggì un urlo sorpreso, quando si sentì afferrare da dietro e sollevare da terra. Laxus la prese in braccio rapidamente e si voltò verso i suoi amici, urlando: «Fried! Bickslow! Di qua, muovetevi!».
Priscilla si aggrappò al suo collo e si sporse oltre la sua spalla, guardando Acnologia che ancora si agitava con il collo e cercava di prenderli alzando non solo un gran polverone ma sradicando a ogni movimento alberi e rocce che volavano in ogni dove. Tremante per la paura, si strinse a Laxus, intento a correre e scappare nonostante il suo peso da sorreggere. Non che questo sembrasse costargli fatica, ma l'idea di dover dipendere da lui, di essergli di impiccio, non le piaceva molto anche se la sua preoccupazione era stato un atto di estrema dolcezza. Ancora un altro colpo, macerie che volarono nella loro direzione, e Laxus inciampò nel terreno sconnesso sotto al colpo del drago. Priscilla rotolò poco distante, urlando di dolore, ma Laxus si rialzò immediatamente, la prese di nuovo in braccio e ricominciò a correre. Denti stretti, ansante non solo per la fatica ma soprattutto per la paura, si voltava solo per assicurarsi che gli altri membri fossero ancora tutti lì con lui. Un ruggito, Acnologia non ebbe nemmeno bisogno di muoversi, bastò un ruggito per scaraventare di nuovo tutti a terra e contro gli alberi. Ancora a terra, Priscilla alzò la testa e vide Laxus che fece altrettanto pochi passi da lei. Allungò una mano nella sua direzione, mano che venne ricambiata, e inciampando e arrancando Laxus tornò al suo fianco. L'afferrò e si preparò a riprendersela in braccio e correre di nuovo, quando videro Makarov correre verso Acnologia e fermarsi davanti a lui, pochi passi indietro rispetto a tutti i membri della gilda. 
«Andate!» ordinò, alzando un braccio severo.
«Cosa...» mormorò Priscilla.
«Vecchio! Aspetta!» ringhiò Natsu, intuendo le sue intenzioni.
«Master!» chiamò anche Happy, già con le lacrime agli occhi.
Makarov iniziò a gonfiarsi e farsi sempre più grosso, trasformandosi pian piano nel gigante da sempre temuto e che gli permetteva di calibrare la sua forza con lo stesso rapporto. Voleva combattere. Makarov voleva combattere contro Acnologia per permettere ai suoi ragazzi di mettersi in salvo, ma per quanto la forza di Makarov fosse leggenda non era sicuramente abbastanza da lottare contro un drago, senza considerare le ferite che ancora lo debilitavano. 
«No, no» sibilò Priscilla, gattonando verso di lui, ma Laxus l'afferrò e la bloccò. 
«Ho detto di scappare!» ruggì Makarov ingigantendosi fino a raggiungere la stessa stazza di Acnologia e aprendo le braccia gli afferrò la testa, bloccando la sua marcia verso i suoi ragazzi. 
«Nonno!» urlò Priscilla, provando ad opporsi alla forza di Laxus e allungando una mano verso di lui, desiderosa di raggiungerlo. 
«Ho detto di andare alla nave!» ripeté Makarov, imperativo puntando i piedi a terra per bloccare Acnologia. Sollevò enormi zolle di terra e le bende intorno al suo fianco presero a macchiarsi di sangue, a testimoniare che quello sforzo aveva riaperto  alcune delle sue ferite.
«Se lui combatte, combatteremo anche noi!» urlò Evergreen, correndo verso le gambe del vecchio. 
«Distruggeremo quel coso tutti insieme!» gli fece eco Bickslow, al suo fianco, insieme a Fried.
«Avete intenzione di disobbedire anche agli ultimi ordini del vostro master, schifosi marmocchi?» ruggì Makarov, nero di rabbia.
Ultimi.
Faceva così male, faceva così male che l'aria sembrò improvvisamente pregna di un veleno irrespirabile. Nessuno riuscì nemmeno a sibilare, mentre il cuore nel petto doleva per la potente e incontrollata agitazione. 
«Che significa... ultimi?» mormorò Priscilla, prima che una lacrima le sfuggisse dagli occhi e le pulisse via la polvere dalla guancia. 
«Io sono un Dragon Slayer» urlò Natsu. «Se c'è qualcuno in grado di affrontarlo quello sono...» ma non terminò la frase che Laxus, caricatosi su una spalla una Priscilla praticamente inerme, afferrò il collo della maglia di Natsu e cominciò a trascinarlo via.
«Andiamo via, Natsu!» ordinò, correndo.
«Laxus! Bastardo!» ruggì lui, voltandosi per guardarlo e fulminarlo, ma tutta l'ostilità scomparve quando notò una lacrima volare via dal suo viso forzatamente concentrato. Era doloroso per lui, era doloroso per tutti, ma se quegli erano gli ordini del master... la sua ultima volontà... che altra scelta avevano?
Priscilla, accasciata a testa in giù oltre la sua spalla, non si muoveva ma stringeva la maglia di Laxus tra le dita e singhiozzava, nascosta e paralizzata. Tremò, ascoltando pian piano la voce e i passi di tutti i membri della gilda che li seguivano, ognuno nel proprio dolore, ognuno nei propri singhiozzi. Sollevò infine la testa, puntandola alla gigantesca figura di Makarov che veniva atterrato dalla potenza di Acnologia.
«Nonno!» urlò con tutta la voce che aveva. 
"È così che tratti i tuoi figli, Ivan?" la sua voce imperativa, la ricordava ancora, il giorno che era finalmente riuscito a scoprire cosa Ivan facesse fare a loro due. Ivan quel giorno la stava trascinando a peso morto nella sua stanza, per permetterle di riprendersi e rigenerarsi, mentre Laxus svenuto per il lavaggio del cervello dormiva già. Makarov l'aveva colpito tanto violentemente da sfondare la porta della stanza in cui stavano per entrare e aveva preso Priscilla delicatamente con un braccio, per niente disgustato dal suo volto sradicato in parte e dalle bruciature che le rinsecchivano il collo e il petto. "Se è questa la considerazione che dai al sangue del tuo sangue, come posso sperare che tu possa cambiare atteggiamento per quanto riguarda Lumen Histoire e il resto della gilda? So bene che cosa stai cercando di fare, so quali sono i tuoi scopi, ho cercato di sopportarti e ho cercato il modo di riportarti sulla retta via. Ma questo... questo non posso accettarlo. Laxus e Priscilla sono parte della mia gilda, non posso più permetterti di far del male ai miei ragazzi! Sei bandito!" quelle parole che per lei erano state come il rumore delle proprie catene che si aprivano, che la lasciavano finalmente andare. Non l'aveva mai dimenticato. Eppure... eppure nonostante tutto non era mai riuscita veramente a confessarglielo, quanto gli fosse grata. Non l'aveva capito subito, nonostante la liberazione e la felicità di non essere più costretta a tremare per le minacce di suo padre, Laxus aveva da subito cambiato atteggiamento e lei si era sentita scivolare in un incubo. Quando si era risvegliata, aveva sempre sentito che era troppo tardi per confessargli quanto in realtà gli volesse bene. Makarov l'aveva salvata, Makarov l'aveva accudita, curata, assecondata e protetta da ogni sorta di attacco, persino dal concilio stesso quando volevano ucciderla perché "proibita". I giorni passati ad Edoras, a casa di un Ivan amorevole e accogliente, le avevano fatto nascere nel cuore il desiderio di una casa e una famiglia che sentiva in realtà non aveva mai avuto, ma si era sbagliata. Si era sbagliata profondamente. Makarov, da sempre, era stato il padre che aveva desiderato.
"Dove lo vuoi il tuo simbolo, Priscilla?"
"Sul palmo della mano destra".
"Hai le idee chiare, vedo" aveva sghignazzato. 
"Il palmo della mano destra è la prima cosa che si porge a coloro che hanno bisogno di aiuto".
"È molto romantico".
Allungò la mano destra, allungò invano la mano destra verso la figura di suo nonno che andava scomparendo tra gli alberi, schiacciato e sanguinante, urlante per il dolore, sotto un Acnologia che non sembrava intenzionato a lasciargli nemmeno un cenno di speranza. 
«Nonno!» l'ultimo urlo.
"Non aver mai paura di porgerla, quella mano, Priscilla".
Piazzò una mano in faccia a Laxus e con un gesto irruento riuscì a sgusciare via dalla sua presa, spingendolo a terra. Si tenne sollevata per aria e mano ancora tesa volò spedita verso Makarov. Intercettò Natsu, poco più indietro, con quella stessa mano marchiata e lo afferrò per il collo della maglia. 
«Priscilla!» sussultò Charle, guardando il suo folle gesto. In quel volo veloce e disperato, si tirò dietro un Natsu che, dopo un attimo di sorpresa, sorrise infervorato intuendo le sue intenzioni. 
«Ridiamo insieme, piangiamo insieme, scherziamo insieme!» pianse lei, volando come un razzo, pronta a intervenire. Levy, Cana, persino Erza con le lacrime agli occhi la guardarono e strinsero i pugni. «È questo che significa essere una gilda! È questo che significa essere una famiglia! Me l'hai insegnato tu, stupido vecchio!» urlò con tutta la forza che aveva e nemmeno si sorprese quando sentì dietro di sé l'urlo carico e disperato dei suoi compagni che avevano cominciato a seguirla. Correvano a pugni alzati, lacrime agli occhi, dolore sul viso, ma l'avrebbero seguita perché era questo che aveva insegnato loro Makarov: nessuno sarebbe stato lasciato indietro. Nessuno. Con un urlo, Priscilla lanciò Natsu in direzione del drago e lui, avvolto da una fiamma, gli si aggrappò addosso e cominciò ad arrampicarsi per raggiungere la testa. 
«N-Natsu...» balbettò Makarov, ma la sua voce venne interrotta da quella di Erza che urlò, decisa: «Carica!!!»
«Ridacci il vecchio!» ruggì Natsu, aggrappato ad Acnologia, provando a colpirlo inutilmente, visto quanto si agitava e si dimenava. Il vento, le spade, il ghiaccio, l'acqua, ed esplosioni magiche, pugni e calci, ruggiti di vento, ruggiti di ferro, colpi di frusta, e tuoni, lampi, scintille, fuoco e frecce. Niente, niente venne risparmiato in quell'ultimo disperato tentativo di restare uniti fino alla fine. Anche nella morte. 
«V-voi...» pianse Makarov guardando i suoi ragazzi che non risparmiavano nemmeno un briciolo di forza.
«Tanto per essere chiari, io ero contrario» disse Laxus avvicinandosi a lui. «Ma credi davvero che questa sia gente che scappa lasciando indietro un vecchiaccio come te? È la tua gilda, dopotutto».
«Idioti» singhiozzò Makarov.
Un altro colpo, ad Acnologia gli bastò sollevare una zampa e riposarla a terra per sbaragliarli tutti, ma si rialzarono e tornarono all'assalto, feriti ma sempre più carichi e disperati.
«Priscilla, bloccalo!» ordinò Erza e lei si tirò immediatamente in ginocchio, preparando la posizione delle mani per la sua magia. «Ci provo! Fried, Levy, Gray, aiutatemi!» 
«Rune!»
«Solid Script!»
«Ice Make!» 
Tornadi nacquero alla base delle zampe del drago, provando a chiuderlo al loro interno e bloccarlo. Fried e Levy incisero rune e usarono scritte per creare barriere e catene per intrappolarlo, mentre Gray usò il suo ghiaccio per fare altrettanto. 
«Colpite al viso! Cercate i punti deboli!» continuò Erza e furono i tre Dragon Slayer ad alzarsi in volo nel cielo, aiutati dai loro Exceed, mirando così agli occhi con i loro ruggiti. Spade volarono nel cielo, cercando di penetrare all'interno di quella carne imperforabile, lampi luminosi, fulmini lo colpirono in altrettanti numerosi punti. Elfman, Mirajane e Lisanna tentarono attacchi diretti, usando la loro forza per colpire con quanta più potenza avessero. Persino Gildarts dava tutto se stesso in quei pugni che spazzavano via l'aria. 
«Non fermatevi!» ordinò ancora Erza e con un urlo gli attacchi si fecero più intensi, più disperati e selvaggi e per un breve istante sembrò loro dare un briciolo di speranza. Ma Acnologia si liberò con facilità dalle magie che lo tenevano intrappolato, si voltò e con un colpo di coda spazzò via ogni cosa, prima di volare in cielo. 
«State tutti bene?» chiese Erza, rialzandosi e guardando i suoi compagni che altrettanto mal ridotti almeno sollevavano la testa dalle macerie. 
«Merda!» ruggì Elfman, alzandosi tanto velocemente da lanciare via un masso che aveva addosso.
«I nostri attacchi non funzionano!» lamentò Mirajane, preoccupata.
«Dov'è andato, adesso?» chiese Cana, alzandosi a sua volta.
«Guardate! Nel cielo!» indicò Happy e tutti volsero gli occhi al drago che sopra le loro teste stava accumulando una quantità enorme di energia intorno alle sue fauci. Sembrò prendere un grosso sospiro, lungo innumerevoli secondi, e non ci volle molto a capire che intenzioni avesse.
«Sta per attaccare con un ruggito!» disse Gajeel, impallidendo. 
«Scherziamo?» balbettò Lisanna.
«Quel colpo raderebbe al suolo l'intera isola!» urlò Cana.
«Dobbiamo usare magie difensive! Chiunque sia in grado, la scagli a piena potenza!» ordinò Erza, voltandosi e passando in rassegna i volti dei suoi compagni. 
«Non ho abbastanza tempo per scrivere i sigilli delle barriere!» digrignò i denti Fried, sapendo che tra tutti era quello che poteva dare loro più speranza in quanto a difesa ma sentendosi impotente. 
«Ci sono un sacco di magie difensive che non richiedono l'uso di sigilli o scrittura di simboli!» ideò Levy, dando speranza a Fried di poter fare lo stesso qualcosa.
«Concentrate tutta la vostra energia magica su Fried» disse Erza e Mirajane le fece eco, suggerendo: «Prendiamoci tutti per mano!».
«Laxus» la voce di Priscilla, che anticipava la mano destra allungata nella sua direzione. Il simbolo ben in vista, brillava orgoglioso su quel palmo ben disteso.
"Il palmo della mano destra è la prima cosa che si porge a coloro che si vuole aiutare".
"Entrerò in questa gilda perché Laxus desidera farlo. Io l'aiuterò semplicemente".
L'afferrò, quasi orgoglioso. Nonostante la drammatica situazione, nonostante stessero combattendo per la sopravvivenza e le possibilità a loro favorevoli fossero così misere, non poté trattenere un sorriso di fronte a quei nostalgici ricordi. I ricordi del team più giovane e forte di Fairy Tail, quando lui viaggiava e lei non faceva che porgergli la mano, aiutandolo semplicemente nella scalata che si era imposto. Era come fare un salto indietro nel passato, spazzare via ogni cosa, tornare a essere "i fratelli tempesta".
L'afferrò e si voltò poco dopo a cercare quella di suo nonno, porgendogli a sua volta il palmo della propria mano destra. Un sorriso sul volto, a scacciare via ogni peccato e ogni brutto ricordo in onore solo di quel gesto d'amore e solidarietà. Persino verso il nonno e la sorella che per anni era stato convinto di odiare.
Niente aveva più importanza, ora che quelle lacrime lavavano via i dolori dal viso.
«Torniamo a casa, insieme».
Il colpo risuonò nel cielo per chilometri, venendo percepito persino sul continente. Un presagio oscuro, la sentenza di una condanna, scosse i cuori di chi persino non aveva idea di cosa fosse e da dove arrivasse. Il cerchio di Fairy Tail, stretti ognuno nelle proprie mani, chiusero gli occhi sentendo scendere sopra di loro quella fine disgraziata. Strinsero le propria dita più forte, qualcuno non riuscì a non piangere, ma il calore nel cuore sembrò essere abbastanza confortevole da affrontare anche una morte come quella. 
L'isola di Tenroujima sparì, lasciando al suo posto solo un immenso buco nel mare.


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Capitolo 36
*** 7 anni ***


7 anni





Furono il rumore, le voci e le urla, a svegliarla. Cercò di muoversi, lentamente per il dolore che ancora provava e per lo strano torpore che gli faceva formicolare la testa. Spostandosi, si liberò della polvere e dei sassi che l'avevano ricoperta. Le faceva veramente un gran male la testa e la luce era più accecante di quanto pensasse. Improvvisamente si ricordò: Acnologia li aveva uccisi. O almeno questo aveva temuto. Sobbalzando alzò la testa e si guardò attorno, apprensiva. Laxus, Bickslow, Evergreen, Fried, suo nonno, Wendy... stavano tutti bene e anche loro, come lei, si stavano lentamente rialzando.
«Siamo...» mormorò con la gola gracchiante. «Siamo vivi».
«Acnologia... dov'è Acnologia?» mormorò Bickslow, alzando gli occhi al cielo azzurro.
«È andato via?» chiese Evergreen.
«Priscilla, anche tu!» una voce alle sue spalle, prima che due ragazzi le saltassero sulla schiena e la stendessero nuovamente a terra. 
«Ma che....» lamentò lei, voltandosi e guardando con sorpresa i due compagni.
«Warren? Max? Cosa ci fate qui?» chiese sorpresa.
«Quando siete arrivati?» chiese Wendy, assalita con la stessa enfasi da Bisca. Qualcosa di strano... c'era qualcosa di assurdamente strano in tutto quello. Strinse le palpebre, poi le riaprì, sbatté gli occhi un paio di volte. 
«Ma che vi è successo?» sussultò infine, notando che Droy fosse ingrassato enormemente e Jet avesse una capigliatura diversa. 
«Siete invecchiati!» notò Evergreen, a occhi spalancati.
«E ingrassati!» si accodò Bickslow, guardando sconvolto Droy.
«Un attimo... quanto abbiamo dormito?» balbettò Priscilla, cominciando a intuire quale fosse la verità. 
«Sette anni» rispose una voce candida, eterea.
«Quanto?!» urlò Priscilla, insieme ad almeno la metà dei suoi compagni. Puntò gli occhi alla fonte della voce, una ragazza dai lunghi capelli biondi, un vestito chiaro, il viso di un angelo. 
«Chi è lei?» chiese Evergreen, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso.
«Una fata!» Priscilla si portò le mani al volto, emozionata. Allungò una mano verso Laxus, che si trovava sicuramente da qualche parte al suo fianco, e mancò almeno un paio di volte la presa prima di riuscire ad afferrarlo per la maglia e strattonarlo brutalmente.
«Laxus, guarda! Avevi ragione! È una fata! Ci sono le fate su quest’isola! L'hai vista, Laxus? Eh?! L'hai vista?» 
«L-l'ho vista, lasciami ora» balbettò lui, scosso avanti e indietro come un giocattolo. La ragazza dai capelli biondi sorrise, divertita, e infine disse: «Hai indovinato per metà, Priscilla».
«Conosce il mio nome!!!» si emozionò ancora di più Priscilla.
«Sono la prima fata della vostra gilda. Il mio nome è Mavis Vermilion, sono il primo Master di Fairy Tail» spiegò la ragazza sollevando un coro di «Eh?!» tanto assordanti che probabilmente anche sulla costa del continente vennero sentiti.
«Grazie alla forza del vostro legame e delle vostre speranze sono riuscita a convertire i vostri sentimenti in potere magico e ho evocato così una delle tre grandi magie fatate: Fairy Sphere» spiegò Mavis. «Una magia in grado di proteggere la gilda da ogni male, una magia difensiva assoluta. Tuttavia siete stati confinati in uno stato di congelamento e ci sono voluti sette lunghi anni per riuscire a liberarvi».
«Siamo stati protetti dal primo Master, tu pensa» piagnucolò emozionato Makarov.
«Questo è solo una forma eterea, per riuscire a evocare la magia di Fairy Sphere ho dato fondo a tutte le mie energie. Ora sparirò di nuovo» disse lei, cominciando ad alzarsi in cielo e brillando di luce propria. Sorrise, emozionata, rendendo quella sua tiepida immagine ancora più bella. «È diventata proprio una bella gilda, terzo» disse e infine sparì. Ci volle molto tempo prima che qualcuno di loro riuscisse di nuovo a proferire parola, era tutto così assurdo che non poteva essere reale. Ciò nonostante il desiderio di tornare a casa fu tale da convincerli a rimandare lo stupore e la gioia di un simile evento a quando avrebbero finalmente rivisto tutti. 
Sulla nave per il porto di Hargeon, come da previsione, tutti e tre i Dragon Slayer -tranne Wendy- dovettero affrontare un'ulteriore fatica, anche se Laxus riusciva comunque a mantenere una certa dignità a differenza di Gajeel e Natsu. Wendy si offrì di lanciare su di loro l'incantesimo Troia, ma quando si voltò per chiedere l'aiuto di Priscilla -visto che comunque erano tre persone e non una sola e lei aveva rivelato che conosceva una magia simile- sorprendentemente non la vide. Curò rapidamente il mal di mare di tutti e tre, poi si avvicinò a Bickslow, chiedendo innocentemente se sapesse dove fosse. Era assurdo che nemmeno lui lo sapesse e Wendy dovette girovagare a lungo, chiedendo a molti, prima di riuscire a trovarla: era seduta sulla cima di una vela, dove probabilmente era volata usando i suoi poteri, e guardava il mare di fronte a sé col viso assorto.
«Priscilla-nee! C'è del cibo in cabina! Vieni a mangiare qualcosa anche tu» provò a chiamarla, portandosi una mano vicino alle labbra per amplificare la sua voce, ma rimase inascoltata. 
«Che cosa ci fa lassù?» chiese Charle, curiosa.
«Non lo so, sembra però che qualcosa la turbi» confessò Wendy, prima di voltarsi verso la gatta e chiederle: «Charle! Potresti portarmi da lei?»
Charle acconsentì, in fondo anche se per loro era come se non fosse passato nemmeno un giorno, e quindi aveva ancora su di sé la fatica della battaglia affrontata sette anni prima, aveva comunque ancora forza necessaria a volare un po'.
«Priscilla-nee» chiamò Wendy, una volta che le fu accanto. 
«Wendy» si sorprese Priscilla di vederla. «Che fai qui?»
«Volevo chiederti la stessa cosa. Qualcosa non va?» chiese Wendy, sedendosi di fianco a lei sull'albero maestro. 
«Stavo solo pensando...» mormorò Priscilla, tornando a guardare il mare. Il silenzio in cui cadde nuovamente preoccupò un po' Wendy, perché dava conferma che c'era qualcosa che la turbasse.
«Sette anni... sembra assurdo. Ma scommetto che sarà tutto uguale a prima, alla gilda ci accoglieranno a braccia aperte!» sorrise, sperando di incoraggiarla.
«Già» annuì Priscilla, sempre pensierosa. 
«E poi siamo vivi! È incredibile, possiamo tornare a casa! Ah, ci scegliamo subito qualche missione da fare insieme? Così mettiamo da parte qualche altro soldo per la tua casa. Ora che Laxus è tornato, chissà, forse vorrà addirittura aiutarti» sorrise, trovando l'idea allegra e confortante, ma ancora una volta Priscilla rispose con un atono: «Già».
Sette anni... 
Non era certo la paura di ciò che avrebbero trovato, a turbarla tanto, ma di ciò che si era persa in tutto quel tempo. Non l'avrebbe mai ammesso a Wendy, quella ragazzina aveva troppo a cuore la vita di Priscilla per scoprire certi segreti e mai le aveva rivelato fino in fondo che tipo di legame ci fosse tra lei, suo padre e la vita stessa. Mai aveva avuto il coraggio di chiederle di usare la sua magia per renderla umana, perché nella quasi totalità dei casi quella stessa magia l'avrebbe uccisa come l'aveva quasi uccisa Hades. Interrompere il collegamento era la cosa che più bramava e la cosa che più la terrorizzava, e proprio quel collegamento ora le dava molto da pensare. Lei era rimasta congelata nei suoi ventun anni per tutto quel tempo, il suo corpo era rimasto immutato, ma la sua anima? Quella stessa anima che proveniva da quella di Ivan... la sua anima era invecchiata, insieme a tutto il resto. Ivan sarebbe potuto addirittura morire in quei sette anni, per un qualsiasi motivo: un nemico, un incidente, una malattia. E lei aveva rischiato di non potersi svegliare mai più, al contrario dei suoi amici, e nemmeno accorgersene. Solo pensarci le faceva venire la pelle d'oca dalla paura. Nel momento in cui Ivan sarebbe morto, nel migliore dei casi di vecchiaia, anche lei avrebbe cessato di vivere. E anche se il corpo non era cambiato di una virgola, comunque la sua anima si era accorciata di altri sette anni senza darle modo di poterseli godere almeno un po'. Lei era comunque sette anni più vecchia, e quel tempo l'aveva passato a dormire, congelata. 
«Senti... Wendy» mormorò infine, assorta. «Credi che quella casa sia sempre lì?»
Wendy ebbe un colpo al cuore e credette di capire perché Priscilla sembrasse così triste. Sette anni erano davvero tanti e niente vietava a una casa di crollare, di essere sostituita, o anche di essere comprata in tutto quel tempo. Il sogno di Priscilla, di poter tornare a casa sua, sarebbe potuto essere già morto. Wendy avrebbe tanto desiderato darle speranza, assicurarle che ovviamente era ancora lì ad aspettarla, che loro avrebbero realizzato quel sogno e l'avrebbero ricomprata. Ma era ovvio che nessuno poteva assicurarlo a lei. Guardò Charle, speranzosa di qualche idea, ma la gatta rivolse a lei lo stesso sguardo preoccupato e dispiaciuto, senza sapere dove andare a parare.
«Quante cose abbiamo perso in questi sette anni?» 


La gilda si trovava da tutt'altra parte, rispetto a dove l'avevano lasciata. Quasi in periferia, sembrava un misero mulino a vento. Era diroccata, triste e minuscola, cadeva decisamente a pezzi. 
«Quella è la gilda?» chiese sconvolta Lucy, camminando a fianco dei suoi compagni. 
«Già» sospirò Max. 
«Sono successe molte cose in questi sette anni, e non piacevoli a dire il vero» disse Warren.
«Ohy, chi sono i tizi all'ingresso?» chiese Priscilla, puntando il dito verso un gruppo di persone che invadeva l'entrata. 
«Twilight Ogre!» sibilò Jet. 
«Sono tornati!» lamentò Droy, tremolante. 
«Twilight Ogre?» chiese Lucy.
«La gilda rappresentativa di Magnolia, attualmente. Ci hanno superati, ci hanno prestato soldi per aiutarci e ora distruggono il nostro orgoglio e la nostra sede pretendendo soldi che non abbiamo. Sono una piaga» raccontò Max, infastidito.
«Beh, comunque ci sono di intralcio» ringhiò Natsu, guardandoli severo prima di avvicinarsi a loro a grandi passi. Il suo fine udito era riuscito a percepire le minacciose parole di quegli uomini, rivolti verso chissà chi all'interno, che screditavano l'orgoglio e il nome della sua gilda. Bastò quello a farlo infuriare. Calciò via il primo del gruppo all’ingresso, irritato, e poco dopo il resto dei suoi compagni diede il colpo decisivo anche agli altri invasori, stendendoli tutti in poco tempo. L'interno della gilda era anche peggio dell'esterno, tutto cadeva a pezzi, i tavoli si reggevano per miracolo, molti erano accatastati in un angolo già rotti. La bacheca degli annunci era praticamente vuota, eppure i volti dei loro compagni, benché tutti invecchiati di sette anni, bastarono a riempire quella lugubre sala di luce e gioia.
«Siamo a casa!» annunciò Natsu, alzando la mano per primo, e dietro di lui esplose il coro allegro e felice di tutti gli altri superstiti di Tenroujima.
«Ra-ra-ragazzi!» balbettò Macao a bocca spalancata e il viso già ricoperto di lacrime. 
«Guarda come sono giovani!» pianse Laki, correndo loro incontro per salutarli.
«Che cosa vi è successo?» pianse anche Nab. 
«Natsu-nii» piagnucolò Romeo in piedi di fronte all'ingresso. Il viso, nonostante le lacrime, si distese in un sorriso incontenibile e continuò a piangere anche quando provò a formulare: «Bentornati».
«Sei cresciuto molto, Romeo!» salutò Natsu, altrettanto allegro.
«Romeo?» spalancò gli occhi Priscilla, volandogli incontro. «Accidenti, quasi non ti riconoscevo!» 
«Priscilla-san» singhiozzò lui, continuando a sorridere. «Continui a farti staccare i pezzi» provò a sdrammatizzare, ridendo addirittura, notando parte del polpaccio che ancora si stava rimarginando: la magia di Mavis aveva bloccato i loro corpi e perciò anche la sua magia, impedendole di rigenerarsi in quei sette anni.
«Che vuoi che ti dica» rise lei, portandosi le mani dietro la testa e svolazzando avanti a indietro. «È un vizio che non mi toglierò mai» scoppiò a ridere. 
«Festeggiamo!» l'urlo non era ben chiaro da dove fosse arrivato, se dai superstiti di Tenroujima o dai restanti membri di Fairy Tail, ciò che fu chiaro è che senza rendersene conto si trovarono improvvisamente tutti coinvolti in balli, mangiate, bevute e brindisi. 
«Reedus! Sei dimagrito un sacco!» osservò Priscilla volandogli a fianco. 
«Mi sono messo a dieta!» disse lui con orgoglio.
«Priscilla-nee! Reedus-san mi stava dicendo che ha fatto dei nostri disegni provando a immaginarci come saremmo stati dopo tutti questi anni» spiegò Wendy, emozionata.
«Ah?! Davvero?!» si illuminò Priscilla. «Fammi vedere il mio! Fammi vedere il mio!» esultò come una bambina, fino a quando Reedus non consegnò ad entrambe il loro foglio. Un attimo di silenzio, da parte di entrambe, confuse e forse deluse per ciò che avevano tra le mani.
«Sono esattamente come prima» disse Priscilla, voltando il foglio e mostrando una sé uguale e identica al passato. 
«Ho pensato che essendo immortale non saresti cambiata affatto» rise Reedus, imbarazzato. 
«Ha senso!» si illuminò Priscilla, convinta e stranamente emozionata.
«Da quando sei nata sei cresciuta come un normale essere umano, non ne ha a dire il vero» la riprese Charle, ma venne ancora una volta ignorata.
«E il tuo?» chiese Priscilla, sporgendosi e guardando quella di Wendy.
«È piatta» sussurrò Wendy, pallida in volto. 
«Carina!!!» urlò Priscilla, stringendosi e avvinghiando il collo della ragazzina. «Anche sette anni più grande sei adorabile, Wendy-chan!»
«Il mio seno...» continuò a mormorare invece Wendy, in un limbo di tristezza e sconforto, osservando una sé più alta, più femminile e sinuosa, ma ancora senza l'accenno di un seno ben formato. «Su, su, vedrai che crescerà» disse Priscilla, volando alle sue spalle e facendo scorrere le mani sotto le sue braccia andò a palparle il petto semi-piatto che si trovava. «Possiamo chiedere a Polushka se ha qualche unguento magico, non credi? E poi ti aiuto a metterlo!»
«Priscilla-nee che dici?!» urlò Wendy, rossa come un peperone. Mollò il disegno a Reedus con tale foga da fargli volare via il blocco intero e scappò a nascondersi dietro la schiena di Lucy. 
«Wendy! Dai, scherzavo!» scoppiò a ridere Priscilla, guardando la bambina che la fulminava da dietro l'amica confusa. I fogli di Reedus le volarono tutti intorno, mentre lui disperato cercava di recuperarli tutti. Priscilla venne attirata da molti di quei disegni, alcuni assurdi, altri eccezionali, fino a quando non ne notò uno in particolare. Lo prese in mano prima che lo afferrasse Reedus e chiese, innocentemente: «E questo?» 
«No, ferma!» sussultò Reedus, più spaventato che imbarazzato, ma Priscilla volò più in alto di lui e fece in modo di impedirgli di prenderlo. Le guance le si riempirono di aria nell'istante in cui una risata la colse dal profondo della gola. 
«Laxus!» urlò, volandogli praticamente addosso. In un angolo, circondato dai Raijinshuu, Laxus stava semplicemente mangiando e bevendo dal suo boccale senza attirare troppo l'attenzione, come sua solita abitudine. Priscilla gli piombò sulle spalle con una ferocia tale che gli fece sbattere la testa contro il muro, alla sua destra. La fulminò con lo sguardo, ma lei gli restò arpionata addosso e gli sventolò il disegno di Reedus di fronte al naso.
«Guarda! Sei tu!» disse mostrando quello che era un vero e proprio demonio, con sguardo malefico, corna sulla testa, un aspetto orribile e i tre Raijinshuu che inginocchiati davano a lui quelli che sembravano sacrifici umani. 
«È terrificante» commentò lui, irritato e imbarazzato nello scoprire la visione che Reedus aveva di sé. Priscilla scoppiò a ridere così forte che Laxus ebbe il timore avrebbe potuto sfondargli un timpano, gli si accasciò tra le braccia costringendolo a farle spazio per potersi stendere parzialmente su di lui e continuando a ridere sgambettò per aria e si tenne la pancia. 
«Sei un mostro orribile!» si portò una mano al viso, poi si voltò di nuovo a puntò un dito al disegno chiedendo: «E questo? Sembra la testa di un bambino! Guarda con che devozione Fried te lo sta porgendo» rise ancora, continuando a prendersi lo spazio vitale di Laxus e agitandosi addosso a lui.
«Togli quell'affare da sotto al mio naso» disse lui, irritato anche se non capiva se era più il suo modo di fare invasivo o il disegno che lo ritraeva come il peggiore dei mostri a fargli ribollire così il sangue nelle vene. 
«Oh» si sollevò lei, piazzandogli le mani sulle ginocchia e puntando lo sguardo al piatto che aveva di fronte. «Che mangi? È buono?» chiese, prendendone un boccone a mani nude e infilandoselo in bocca.
«Ohy! Quello era mio!» la rimproverò, contrariato.
«Come puoi mangiare il cibo di Laxus così impunemente!» intervenne Fried, furioso.
«Che vuoi tu?» mormorò Priscilla, lanciandogli un'occhiata tanto glaciale da convincerlo a farsi nuovamente da parte. Non era un semplice "fatti gli affari tuoi", ma sembrava più "non rompermi mentre sto con mio fratello", un ordine difficile da ignorare visto che sembrava essere disposta a proteggere quell’attimo tanto ambito e prezioso anche con l’uso della forza. «Che cos'è? Dove l'hai preso? Ne voglio una porzione anche io!» insisté lei, tornando solare, e infilò di nuovo le mani nel suo piatto per rubarne un'altra porzione. 
«Che cavolo...!» mormorò lui, irritato. Afferrò il proprio piatto con la mano sinistra e lo alzò, allontanandolo dalla portata di Priscilla, mentre l'altra mano gliela piazzò in piena faccia per tenerla lontana. «Ti lascio sola per qualche anno e diventi così incivile. Il vecchio non ha fatto un gran bel lavoro con te, dovevo aspettarmelo».
«Di che stai parlando?» bofonchiò lei, a naso schiacciato contro il palmo della sua mano. «Dai, non essere cattivo, danne un po' anche a me! Da bambini condividevamo tutto!»
«Prenditi la tua porzione!» la rimproverò.
«Ma io voglio la tua!» insisté lei, cercando di allungare le mani verso il piatto.
«Non ha niente di diverso da quella degli altri!» inarcò le sopracciglia Laxus, chiedendosi perché dovesse asfissiarlo a quel modo per quel piatto di carne e verdure. Lasciò improvvisamente andare la sua faccia, facendola cadere in avanti per lo squilibrio, e con rapidità bloccò la sua testa tra il braccio e il proprio petto. Posò nuovamente il piatto sul tavolo e tenendo bloccata Priscilla con il braccio destro, tornò a mangiare serenamente con quello sinistro. La ragazza lanciò una serie di urletti, tentando invano di liberarsi, tirando indietro la testa, senza successo. I muscoli di Laxus la incastravano perfettamente e la sua forza era sicuramente su un livello superiore del proprio. Tirò, e tirò ancora, lamentandosi e piagnucolando di lasciarla andare, mentre indisturbato Laxus continuava a bere e mangiare come se non avesse una specie di anguilla che continuava a colpirlo al fianco destro. Alla fine decise di allentare la presa e Priscilla con un respiro profondo riuscì a liberarsi. 
«Mi hai fatto male, hai esagerato» piagnucolò, cercando di sistemarsi i capelli tutti scompigliati. 
«Non ci ho nemmeno provato a farti male» commentò lui, ancora con aria superiore e distaccata. 
«Guarda come mi hai ridotto i capelli» lamentò ancora. 
«Da quando in qua ti importa dei capelli?» insisté lui per niente ferito dal tentativo di Priscilla di farlo sentire in colpa. Ma la domanda era lecita, Priscilla non era mai stata tipo da preoccuparsi troppo del suo aspetto, le interessava solo essere funzionale al suo scopo. Non aveva la minima idea di quando avesse cominciato a preoccuparsi dei capelli, ma stranamente le tornò in mente la frase di Evergreen quando l'aveva portata dal parrucchiere insieme a Wendy.
"A molti ragazzi piacciono i capelli lunghi!"
Che sciocchezza, pensava, certo non le interessava davvero una cosa del genere. Eppure quel contrasto di pensieri, alla ricerca di una risposta a quella domanda, la portarono a irritarsi. Incassò la testa nelle spalle, si voltò dall'altra parte, e bofonchiò qualcosa di incomprensibile, forse semplicemente uno scimmiottio di ciò che Laxus le aveva appena chiesto. Lui la guardò qualche secondo spostando solo lievemente gli occhi, senza scomporsi, mantenendo il suo atteggiamento distaccato e isolato. Forse era stupido ed egoista per uno come lui, ma si ritrovò a provare un briciolo di felicità. La stessa che aveva provato per anni, prima del loro litigio, quando portarsi dietro quella che sembrava più un cagnolino che una sorella era la cosa più bella che ci fosse al mondo. In qualche modo riusciva sempre a metterlo di buon umore e quell'affetto, anche se faticava a riconoscerlo, non l'aveva mai dimenticato. Non poteva mentire, anche se forse ora probabilmente non l'avrebbe mai detto ad alta voce, ma quando erano piccoli lei era davvero la cosa più importante che avesse. E non aveva mai desiderato altro che vederla sorridere in qualsiasi occasione. C'erano state volte, innumerevoli, in cui Priscilla sembrava spegnersi ed era lì che lui aveva sempre giocato tutte le sue carte per riuscire a tirarle su il morale, anche se non aveva mai saputo quale fosse il vero motivo dietro a quello sguardo di vetro che ogni tanto le nasceva in volto. Ora invece lo ricordava il motivo, lo odiava ma lo ricordava: erano le volte in cui lui le faceva del male nei loro combattimenti, le volte in cui Ivan la prendeva in disparte per parlarle e probabilmente minacciarla, le volte in cui la usava come una vera e propria marionetta di carta. Quando Priscilla finiva a terra, nei loro combattimenti, Ivan non la degnava nemmeno di un sguardo. La trascinava per un piede, o per i capelli, fino alla sua camera dove la chiudeva per nasconderla al mondo fino a quando non sarebbe tornata nuova. Ora lo sapeva, ma al tempo ricordava solo che a volte Priscilla, soprattutto dopo la sua periodica influenza -o almeno, quello voleva fargli credere che fosse- tornava ad essere un essere vuoto, privo di vita, e lui detestava quei giorni. Ricordava, ora, la gioia e l'emozione che nascevano quando finalmente riusciva a strapparle un sorriso. Quel volto, l'aveva sempre pensato, non era fatto per essere triste. Il sorriso era l'unica cosa che avesse un senso, su di lei. 
Ora lo ricordava. 
Un sorriso gli sfuggì da un angolo delle labbra, scaldato da quella sensazione di nostalgia e felicità, divertito da quel suo solito modo di fare rumoroso e caotico. Aveva la straordinaria capacità di trascinarlo, talvolta, al suo stesso livello solo con la sua insistenza e la sua rumorosità. Ed era sempre uno spasso istigarla, visto quanto fosse innocente, e non ci voleva molto per prendersi gioco di lei. 
Qualcosa nel profondo del cuore... che fosse quella la sensazione legata alla mancanza di qualcuno? Avrebbe potuto dirle la verità, in quel momento di quotidianità che tanto ricordava il suo passato, avrebbe potuto semplicemente dirle: "Sai, mi sei mancata anche tu", ma certo quello non era il suo stile.
Allungò la forchetta nella sua direzione, continuando a guardarla solo di traverso, senza sporgersi troppo. Una gentilezza, quella di offrirle il suo boccone, in ricordo di quando da bambini condividevano tutto. Priscilla, come si era aspettato, si illuminò gioiosa e sporgendosi nella sua direzione addentò il pezzo di carne che lui, con finta indifferenza, le aveva offerto. Illuminandosi tanto da sembrare un cagnolino che scodinzolava, masticò il boccone che Laxus le aveva offerto dondolandosi felice sul posto. Fino a quando l'occhio non cadde su un'ombra, ai piedi del tavolo, che sbucava al di sopra di esso solo per un paio di occhi scintillanti. Priscilla saltò terrorizzata e istintivamente si aggrappò a Laxus, che mantenne certamente più il contegno, ma che non poté nascondere anche lui lo sguardo terrorizzato verso quello che sembrava uno spettro sbucato dal nulla. 
Solo successivamente, quando il cuore di entrambi cominciò a calmarsi dalla paura, riconobbero nel volto che li fissava da così vicino lo sguardo di Lluvia.
«Anche Lluvia vuole imboccare Gray-sama con il suo cibo!» pianse e singhiozzò, restando però nascosta sotto al loro tavolo e spiandoli da quella posizione.
«L-Lluvia» balbettò Priscilla, ancora scossa per lo spavento. «Da quanto tempo sei lì?»
«Da quando gli hai mostrato il disegno» confessò Lluvia.
«Così tanto!» sobbalzò Priscilla, ancora più inquietata. Era stata lì tutto il tempo e nessuno dei due l'aveva notata, faceva venire la pelle d'oca. 
«Terrificante» balbettò Laxus, guardando inquietato la donna sotto al tavolo. 
«Perché Gray-sama non accetta il cibo di Lluvia?!» scoppiò a piangere.
«Dai, Lluvia, non fare così» balbettò Priscilla, imbarazzata.
«Falla smettere» mormorò Laxus, infastidito.
«Falla smettere tu! Che vuoi che faccia io?» rispose lei a tono. 
«È tua amica» le rispose diretto.
«Ci conosciamo appena!» ringhiò lei.
«Priscilla è crudele con Lluvia! Non vuole essere sua amica!» pianse ancora Lluvia e Priscilla sobbalzò, rossa in volto. «Ma tu odi le ragazze! Pensi che tutte ci provino con Gray!»
«Priscilla ha ben altri interessi, questo Lluvia lo ha capito» annuì Lluvia, convinta.
«Non ho idea di cosa tu stia dicendo» mormorò Priscilla in un sospiro arrendevole: avrebbe smesso di tentare di capire cosa passasse per la testa a quella ragazza stramba. Una risatina non troppo lontano, dall'altro lato del tavolo, e Priscilla spostò lo sguardo su Evergreen che la guardava sottecchi e ridacchiava in maniera sinistra ed inquietante. 
«Che cosa ti prende, ora?» ruggì lei, infastidita del fatto che quelle due stessero complottando qualcosa e non capisse cosa. 
«Sei ingenua, Priscilla. Sottovaluti le capacità delle donne di vedere oltre le apparenze» disse Evergreen, sventolandosi con il ventaglio. 
«Continui ad irritarmi, lo sai?» disse Priscilla, contraendosi in un falso sorriso che serviva solo a mantenere la calma. E nemmeno capiva perché la cosa la infastidisse a tal punto. Lluvia sgusciò vicino a Evergreen, restando sempre nascosta sotto al tavolo, facendola sembrare ancora di più un fantasma inquietante.
«Evergreen capisce capisce ciò che Lluvia intende» mormorò Lluvia continuando a fissare Priscilla.
«L'ho già capito da tempo, non è complicato. Sei come un libro aperto» annuì Evergreen. «Nemmeno ti accorgevi delle volte che ti lanciavo qualche segnale per vedere se confermavi le mie ipotesi».
«Segnali?» chiese Priscilla, cominciando ad arrossire. Di che diamine parlava? Cosa stava succedendo?
«Tu hai capito di cosa stanno parlando?» Bickslow si voltò verso Fried, confuso e curioso, ma Fried mantenne la sua compostezza e rispose semplicemente: «Discorsi da donne, immagino. Un mondo in cui non possiamo nemmeno avvicinarci».
Priscilla gli lanciò un'occhiataccia e repentinamente rispose, sempre più irritata, «Tu sei più donna di chiunque altro».
Fried sussultò alla provocazione e semplicemente arrossì, sentendosi offeso in un modo che non era semplice contrastare... perché forse, sotto sotto, tanto errato non era.
In quella posizione voltata verso Fried, Priscilla ebbe modo di far cadere lo sguardo al piatto di Laxus, ora vuoto se non per l'ultimo boccone che stava prendendo proprio in quel momento. Dimenticò improvvisamente tutti quei discorsi e tornando a scodinzolare si riappoggiò alla spalla di Laxus, chiedendo dolcemente: «Posso averlo io quello?»
Laxus non rispose, spostò nuovamente gli occhi per guardarla senza mostrarle nemmeno chissà quale emozione, e infine le avvicinò quell'agognato ultimo bocconcino alle labbra. Rallegrandosi come una bambina Priscilla aprì la bocca, pronta a gustarsi il morso, ma proprio quando stava per chiudere le labbra e prenderselo Laxus lo tolse dalla sua traiettoria e se lo mangiò lui. 
«Prenditi la tua porzione» rispose, ancora masticando, con una Priscilla ora pietrificata ancora aggrappata alla sua spalla. Ci era rimasta talmente tanto male che nemmeno riusciva a chiudere la bocca, rimanendo immobile per qualche secondo. Poi scoppiò, lamentosa.
«Sei cattivo!» si lagnò e cominciò a tirargli una serie di colpi sulla testa, frignando come una bambina. Laxus la lasciò fare, semplicemente alzò un braccio per proteggersi da quella scarica incessante che erano solo fastidiosi, certo non dolorosi. E ancora una volta gli sfuggì una risatina divertita dal profondo della gola. Evergreen li osservò, lanciando loro quel suo sguardo glaciale che tutto voleva significare, e tornò a sghignazzare tra sé e sé. Priscilla la sentì, interruppe la sua aggressione a Laxus, e la guardò, sentendosi di nuovo sotto esame. Lluvia, ancora rannicchiata sotto al tavolo al suo fianco, annuì come se Ever avesse appena detto qualcosa su cui era d'accordo. 
«Mi fate venire i brividi, lo sapete?» mormorò Priscilla, inquietata, ma loro non risposero più sentendosi già soddisfatte così.
I festeggiamenti proseguirono tutta la notte, tanto che la maggior parte di loro si addormentò dentro la sede della gilda senza nemmeno tornare ognuno a casa propria. Natsu spalmato su di un tavolo, al posto di un tacchino mezzo mangiato ora buttato a terra. Gray più composto, a braccia conserte, seduto a terra ai suoi piedi. Avevano lottato almeno una decina di volte, in tutta la serata, ed entrambi non ne potevano più. Mirajane abbracciata a Lisanna, entrambe appoggiate al gigantesco petto di Elfman. Makarov steso sul bancone, Cana abbracciata ad un barile ormai vuoto, Gildarts al suo fianco russava malamente con la faccia schiacciata al tavolo. Sull'isola di Tenrou Cana gli aveva confessato che lei era sua figlia e da quando erano tornati perciò Gildarts non aveva fatto altro che urlarlo a tutti e avvinghiarsi a lei ogni volta che poteva, con conseguente urla irritate della ragazza per il suo essere troppo appiccicoso. Lucy era appoggiata con le spalle a un pilastro, vicino a Wendy, ed entrambe tenevano tra le braccia Charle e Happy. Gajeel steso su un altro tavolo, a testa abbandonata all'indietro, Levy ai suoi piedi e Jet e Droy al suo fianco. Bisca e Alzack poggiate testa contro testa, con la piccola Asuka, la loro figlioletta, stretta tra le braccia di entrambi. Laki, Macao, Wakaba, Romeo, Max, Warren, persino Reedus... tutti avevano trovato un angolo dove accasciarsi, pieni di alcol e cibo, e crollare senza avere la forza di tornare a casa, come se avessero avuto timore che nell'istante in cui avessero lasciato la gilda il giorno dopo si sarebbero accorti che era stato tutto un sogno. 
Laxus, ancora chiuso nel suo angolo di fianco ai Raijinshuu, aveva in realtà pensato a un certo punto di andarsi a cercare una stanza di Hotel ma Priscilla continuava a volergli parlare, gli stava a fianco continuamente, gli saltava al collo con qualsiasi scusa, e aveva temporeggiato fino a quando la ragazza non si era addormentata. La testa appoggiata alle sue ginocchia, il corpo rannicchiato sulla panca su cui sedeva e le braccia ben serrate intorno ai suoi fianchi; nonostante il sonno, le dita stringevano i vestiti del ragazzo costantemente, e a ogni movimento si faceva più rigida e più stretta nel suo disperato appiglio. Il terrore che lui fosse potuto sparire, una volta riaperti gli occhi, era più consistente di quello di chiunque altro. Lo aveva rincorso per cinque anni, decisamente troppo tempo per permettergli di svanire al primo cedimento che aveva, lo teneva intrappolato come il più bramato dei sogni. Laxus non aveva avuto il coraggio di farla spostare né di andarsene, consapevole del significato di quell’abbraccio, perciò alla fine persino lui si era addormentato lì. Schiena appoggiata al muro, gambe allungate sulla sedia che aveva a fianco, testa reclinata su una spalla e braccia conserte. Ma nel sonno i muscoli si erano allentati, le braccia erano scivolate giù e la mano destra era finita col poggiarsi delicatamente sulla spalla di Priscilla, come a voler ricambiare timidamente l'abbraccio disperato che lei mantenne per tutta la notte. Discreto, in linea con la sua figura, ma comunque non immune alla ferita che si era portato dietro per così tanto tempo e che, con la debolezza del sonno, non era riuscito a nascondere. Per loro due, più di chiunque altro, era stato un ritrovamento che meritava di essere festeggiato e preservato da qualsiasi ombra. Persino un uomo apparentemente disinteressato come Laxus lo sapeva e quel suo debole gesto dimostrava la sua volontà a proteggere e rispettare il dolore che Priscilla stava lasciando andare in quell’abbraccio notturno, per la prima volta dopo più di cinque anni. Quella sera non erano stati più solo l’ombra di un ricordo malinconico, quella sera loro, su quel tavolino alla finestra, c’erano tornati davvero a ridere, a giocare, di nuovo a parlare, di nuovo a viversi. 
Non avrebbero permesso più a nessun incubo di distruggerlo.


Allora io ti aspetto qui… Laxus.

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Capitolo 37
*** La ragazza che aspettava ***


La ragazza che aspettava





Quando la mattina dopo sorse il sole, lentamente tutti si risvegliarono e ciò che fu incredibile fu che man mano che ognuno di loro tornava in piedi i festeggiamenti sembrarono riprendere esattamente da dove si erano fermati la sera prima. Cana si appropriò di un altro barile, Gildarts tornò a urlare felice che lei fosse sua figlia e a dedicarle brindisi, Natsu afferrò il mezzo tacchino a cui aveva fregato il posto per dormire e riprese a masticarlo nonostante fosse ancora mezzo addormentato, mentre Gray lo rimproverava di essere uno schifoso, Gajeel si irritò con loro per il fracasso che stavano facendo e che non gli permetteva di dormire e alla fine i tre ripresero a litigare e a fare a botte. Elfman si unì a loro, senza un motivo preciso, urlando qualcosa sull'essere uomo, Mirajane sistemò un po' il locale mentre Lisanna le dava una mano portando a tutti altro cibo e altro alcol.  Lucy si stiracchiò e ridacchiò divertita del rumore che riuscissero a fare già di prima mattina, ma soprattutto come questo non disturbasse molti di quelli che ancora stavano dormendo. Tra cui anche Laxus e Priscilla. Incuriosita e soprattutto intenerita da quella scena che mai nemmeno nei suoi sogni migliori si sarebbe aspettata di vedere, si voltò verso Wendy che si stava anche lei alzando e le fece cenno di raggiungerla. Le guance di Wendy si arrossarono per l'emozione ed entrambe guardavano intenerite la posizione in cui i due stavano beatamente sonnecchiando. Lluvia comparve sotto di loro, inginocchiata e ancora parzialmente nascosta sotto al tavolo come la sera prima. Lisanna attirata da quel piccolo gruppetto si unì alle sue amiche, e così anche Laki e persino Erza, tutte con l'espressione emozionata e trasognante. 
«Che fate tutte qua?» chiese Natsu, sbucando oltre la spalla di Lucy, e lei lo fulminò con un «Ssshhh!». 
«State spiando delle persone che dormono, siete inquietanti» disse Gray, scoprendo che anche lui si era infilato in quel gruppo dove ora, per qualche ragione, comparivano anche i Raijinshuu. 
«E tu perché sei qua?» lo provocò Elfman, rivelando così anche la sua di presenza, incuriosito più dal gruppo che si era creato che dall'evento stesso. 
«Potrei chiederti la stessa cosa?» ruggì Gray, infastidito che la predica arrivasse proprio da lui. 
«Cinque anni, eh?» mormorò Lucy, sorridendo intenerita. «Se ripenso a quando si sono incrociati, in occasione dell'attacco da parte di Phantom Lord, quanta cattiveria e quanta tristezza che hanno mostrato allora. Sembra di avere davanti delle persone diverse».
«Sembra di essere tornati indietro di almeno dieci anni, che nostalgia» commentò Mirajane e Lucy sussultò nel notare anche lei lì al proprio fianco. 
«Disegniamo le loro facce» ghignò Natsu, incredibilmente fuori dal coro, e con lo sguardo inviperito si fece avanti con un pennarello in mano.
«Natsu!» lo rimproverò Lucy e cercò di fermarlo, insieme ad altri, afferrandolo per i vestiti. Ma il ragazzo si dimenò e cercò a tutti i costi di raggiungere i due, finendo col fare più baccano di quanto già non ci fosse. Alcuni persero l'equilibrio, pressati com'erano tra loro con un famelico Natsu tra le mani, e caddero sul tavolo davanti a Laxus ribaltandolo. I due fratelli sobbalzarono dalla paura e si svegliarono, fissando stralunati tutti i compagni che avevano intorno e che ora sghignazzavano nervosi. Non avevano idea di cosa stessero combinando, ma solo la loro presenza così soffocante li irritò.
«Ohy, voi...» ringhiò Laxus, pronto a tirar pugni a chiunque fosse la causa di tutto quello.
«Fate paura!» tremò Priscilla.
«Stavamo fermando Natsu che voleva scrivervi sulla faccia» disse candidamente Mirajane, dando al ragazzo tutta la colpa. 
"Mira-chan è malefica!" impallidì Lucy, facendosi venire la pelle d'oca. Lo sguardo di entrambi i fratelli si spostò verso il ragazzo ora a terra, pennarello ancora alla mano. Qualcosa sembrò tremare, forse l'universo stesso, mentre in quegli occhi pietrificanti Natsu poteva benissimo vederci la collera di una tempesta di fulmini e tornadi pronta a travolgerlo. Urlò terrificato, divenne pallido come uno straccio e infine si accasciò a terra senza nemmeno la forza di respirare. Mai in vita sua aveva avuto così tanta paura, quei due erano spaventosi già da soli quando ci si mettevano, ma insieme erano la vera e propria apocalisse.
«È già fuori combattimento solo con la forza dello sguardo!» sussultò Lucy, sconvolta.
Le porte della gilda si spalancarono e alcune persone fecero il loro ingresso, attirando ora l'attenzione.
«Vedo che la gilda è tornata al solito chiasso» Leon camminava a capo di alcuni membri di Lamia Scale che erano andati a trovarli. Cherry si sbracciò, gioiosa come sempre, dando il bentornati. C'erano persino Jura, Toby e Yuka e tutti salutarono con un gran sorriso. Priscilla si drizzò improvvisamente, allargando il volto in un sorriso gigantesco, e infine saltando spiccò il volo verso di loro urlando: «Cherry! Leon!»
Allargò le braccia e prese entrambi, stringendoli in un abbraccio. Un tornado nacque ai piedi di tutti e tre, facendoli roteare insieme, mentre Priscilla li stringeva e rideva felice.
«Pricchan!» ricambiò Cherry con altrettanta gioia.
«Ehy... f-fermati!» lamentò invece Leon cominciando a provare la nausea per tutto quel girare che un po' gli ricordava le punizioni della loro master. 
«Che bello rivedervi! Mi siete mancati così tanto!» insisté lei. 
«Avevo paura foste morti!» pianse Cherry, ricambiando l'abbraccio.
«P-puoi lasciarmi andare?» balbettò anche Leon, a disagio in quell'incastro tra donne e quel continuo roteare. 
«Vi abbiamo cercato così tanto insieme a Blue Pegasus, nonostante sentissimo strane tracce di magia dell'isola non c'era mai traccia. È stato così triste!» disse ancora Cherry e solo allora Priscilla smise di far girare tutti e tre.
«Avete aiutato nelle ricerche? Che carina, eri preoccupata per noi!» disse felice e si aggrappò al collo di Leon, stringendolo e strozzandolo.
«Perché abbracci me se parli con lei?» chiese lui, rosso in volto. 
«Perché ho continuato a sentirti dentro me per tutto questo tempo, che emozione!» disse priscilla, arrossendo e portandosi una mano alla guancia in un gesto timido. Leon avvampò ancora di più e le urlò contro: «Smettila di essere equivoca!»
«Anche questo è amore!» le fece eco Cherry, affiancandola e arrossendo allo stesso modo. 
Ma un improvviso e bizzarro brivido colse la schiena del mago del ghiaccio, una goccia di sudore freddo, la sensazione di un pericolo imminente che a breve avrebbe potuto ucciderlo. Non capiva cosa stesse accadendo, sentì solo che tutto a un tratto la sua vita era in grave pericolo. Seguì la sensazione, che lo portò a voltare la testa e guardare un angolo ben preciso della gilda, come se lì ci fosse stata la risposta a quell'orribile sensazione di morte e dolore che aveva allungato la propria ombra minacciosa verso di lui. E incrociò con enorme sorpresa un paio di occhi sottili e affilati che parvero accoltellarlo nell'istante stesso in cui li vide. Laxus sedeva ancora dove l'avevano lasciato, gambe accavallate, braccia incrociate, un atteggiamento quasi disinteressato ma dalla testa reclinata in avanti sbucavano quegli occhi che invece parvero strappargli l'anima dal corpo e farla a brandelli. Leon non aveva idea di chi lui fosse, né perché lo guardasse in quel modo, ma se ne terrorizzò e rabbrividì ancora. 
«Non sei più gelosa di Leon» disse Priscilla a Cherry, inconsapevole della minaccia incombente che stava per cadere sulla testa del suo amico. 
Cherry arrossì lievemente e, altrettanta ignara di ciò che stesse accadendo, confessò: «In verità io...»
«Si è fidanzata con Ren!» urlò Toby dietro di lei e Priscilla sussultò portandosi entrambe le mani al volto.
«Quello di Blue Pegasus!» esclamò sorpresa. 
«Come dire... è stato amore a prima vista» disse Cherry portandosi le mani al petto, all'altezza del cuore. 
«Ma quando?!» chiese Priscilla, guardandola emozionata.
«Già dall'incontro di Oracion Seis qualcosa è iniziato» spiegò Cherry.
«Non ci credo!» esclamò Priscilla, sempre più sorpresa.
«A me sembrava abbastanza evidente, a dire il vero» mormorò Lucy, ascoltando la chiacchierata tra le due. 
«Perciò ora se vuoi Leon, te lo lascio volentieri» ammise infine Cherry, con un sospiro, e Priscilla si voltò sghignazzante verso il ragazzo, già pronta a continuare quel gioco che aveva iniziato ai tempi di Nirvana, chiedendo: «Hai sentito Le...» ma si interruppe, notando improvvisamente che fosse sparito. «Eh?» si chiese, sbattendo le palpebre confusa. Si guardò rapidamente attorno, curiosa di sapere che fine avesse fatto, e quasi urlò dalla sorpresa quando lo vide insieme a Lluvia, che la guardava rosso sulle guance e tenendole le mani. 
«Ma che succede?» stridulò, sconvolta. 
Lluvia arretrò rossa in volto, balbettando: «A-aspe... no, non posso... Lluvia è... Gray-sama...»
«Un triangolo amoroso!» esclamò Cherry, guardando la scena tra i tre con un'espressione appassionata.
«Come nei romanzi!» Esclamò Priscilla, altrettanto rapita e ora interessata. 
«È ovvio che alla fine sceglierà Leon-sama, nessuna può resistere al suo fascino» speculò Cherry e Priscilla annuì convinta, sostenendo: «E Gray la maltratta sempre, è ovvio che alla fine la perderà».
«Smettetela con queste stronzate!» intervenne Gray, mettendosi disperato le mani nei capelli, ma entrambe lo ignorarono. 
«Mi devi raccontare di Ren, comunque! E di cosa avete fatto in questi sette anni!» esclamò Priscilla, lasciando perdere immediatamente la faccenda Leon-Gray-Lluvia e si sedette a un tavolo lì vicino insieme a Cherry, cominciando a parlare animatamente insieme a lei per ore. 
La festa a Fairy Tail proseguì per tutto il giorno seguente, insieme a Lamia Scale ma anche Blue Pegasus che andò loro a far visita. Sette anni erano stati lunghi, riuscire a racchiuderli tutti in solo un paio di giorni era difficile ma nessuno di loro sembrò demotivato a provarci. Avrebbero proseguito per settimane, se ne avessero sentito la necessità.


Quella notte Priscilla e Wendy tornarono insieme al dormitorio, decise a non voler passare un'altra notte su una panca ma godersi un bagno caldo e poi il meritato letto. Il rientro non fu piacevole come si aspettavano, ad aspettarle ci furono sette anni di arretrati per l'affitto e pulizie. Le stanze erano in stato di abbandono, con polvere ovunque, vestiti divorati dalle tarme e oggetti rovinati. La notte di riposo e pace che si erano sognate, non solo loro due ma chiunque fosse tornata al dormitorio, l'abbandonarono in poco tempo costrette a risistemare le cose. Il giorno dopo era pomeriggio inoltrato quando Wendy fece il suo ingresso alla gilda, quella mattina aveva dormito fino a tardi per riuscire a recuperare un po' di sonno perciò non si era sorpresa quando al risveglio si era ritrovata sola in stanza. Priscilla era già dentro Fairy Tail da chissà quanto tempo, come aveva sospettato, anche se il suo aspetto non era altrettanto fresco. Era appoggiata al tavolo, vicino a Laki e Cana che ancora beveva. Sembrava ascoltare i loro discorsi, ma lo sguardo in realtà era perso nel vuoto.
Wendy la salutò e lei bofonchiò in risposta. 
«Sai, pensavo che avremmo dovuto prendere un lavoro per riuscire a cominciare a ripagare il debito dell'affitto al dormitorio, ma la bacheca è praticamente vuota» disse la ragazzina, pensierosa. Priscilla si mosse, ma continuò a restare distesa sopra il tavolo a cui era appoggiata. «Meglio così, dopo il caos a Tenroujima ho bisogno di almeno un paio di settimane per riprendermi» bofonchiò, apparentemente stravolta.
«La tua gamba sta ancora guarendo, vero?» chiese Wendy, capendo perché sembrasse ancora così stanca. 
«Ha finito questa notte, da quando mi sono unita alla magia Anima il recupero è diventato molto più veloce» sollevò la gamba, muovendo animatamente il piede, e finalmente sorrise: «Guarda che bella gambetta nuova che mi ritrovo!»
«Sei un po' come le stelle marine, se ti viene tagliato un pezzo torna com'era prima»commentò Wendy sorridente.
«Non mi piacciono le stelle marine» commentò Priscilla, tornando ad accasciarsi sul tavolo.
«Io penso invece siano molto affascinanti» e si illuminò, in vista di un'idea. «Perché non andiamo al mare ad allenarci come ai vecchi tempi?» propose.
«Non mi va» disse semplicemente Priscilla.
«Il mare! Che meraviglia! È da un po' che penso di provare ad abbronzarmi un po'» intervenne Cana, passandosi le dita lungo la pelle del braccio. «Vengo io con te, Wendy».
«Voglio venire con voi!» si unì Levy, entusiasta, e poco dopo anche Lucy, Natsu, Gray, Lluvia e Erza si unirono al coro. Quella che era partita come un'idea per allenarsi, un'idea per provare a tirare un po' su il morale di Priscilla che per qualche motivo sembrava a terra, si era trasformata presto in una gita tra amici a cui però Priscilla si incaponì e non prese parte, restando alla gilda. Wendy si sorprese molto quando la sera, tornando, la vide ancora lì, nella stessa identica posizione e stato d'animo del mattino stesso.
«Priscilla-nee, va tutto bene?» chiese preoccupata. 
Priscilla sospirò, vinta e forse convinta che non ci fosse motivo di tenerlo nascosto, e confessò: «Oggi Laxus non si è fatto vedere».
«È per questo che non sei voluta venire?» chiese sorpresa. 
«Il tuo attaccamento a quell'uomo supera quasi quello di Lluvia con Gray» disse Charle, irritata nel vederla così succube. 
«Non è questo...» disse Priscilla, abbassando gli occhi. «Siamo tornati da praticamente tre giorni e ancora non è stato ufficialmente riammesso alla gilda. Io... sono un po' preoccupata».
«Temi non voglia rientrare?» chiese Wendy dispiaciuta. 
«L'hai potuto riabbracciare solo ora dopo cinque anni, capisco che tu possa provare un po' di timore al pensiero che voglia sparire di nuovo» annuì Charle, ora più comprensiva visto che dietro quell'atteggiamento sembrava esserci un motivo ragionevole. 
«È cocciuto e il nonno peggio di lui. Se si incaponiscono che non vogliono parlarsi, finisce che non si risolve niente solo per l'orgoglio di due stupidi testoni» rifletté lanciando un'occhiata a suo nonno, come sempre seduto sul bancone a bere qualche bicchierino. 
«Perché non provi a parlare tu col master. Sono sicura che a te darà ascolto» provò Wendy.
«Laxus non accetterebbe mai di rientrare perché raccomandato da sua sorella, è testardo, te l'ho detto. È una faccenda che deve risolvere da solo. E comunque scommetto che anche il nonno vuole solo che sia lui a prendersi le sue responsabilità e farsi avanti, senza aggrapparsi a nessuno. Mettere da parte l'orgoglio e chiedere scusa, è questa la sua punizione. Santo cielo, perché gli uomini devono essere così complicati» sospirò Priscilla, massaggiandosi la fronte. 
«Benvenuta nel mondo, sorella» commentò Cana tornando a sedersi al suo fianco armata di un paio di bottiglie. «Tieni, sfogati come una vera donna» e gliene porse una. 
«Cana-san, non credo quello sia il metodo ideale» ridacchiò Wendy, nervosa. 
«Non so nemmeno se posso ubriacarmi» mormorò Priscilla, con una guancia poggiata sul pugno chiuso. 
«È giunto il momento di scoprirlo» spinse Cana. «Su, su, fammi compagnia».
«Dicono sia sbagliato affogare i dolori nell'alcol» mormorò ancora Priscilla, afferrando però la bottiglia e portandosela sotto al naso per sentirne l'odore. 
«Sciocchezze! L'alcol è il miglior amante di una donna, capisce e non tradisce. E soprattutto non ti lascia mai sola!» disse Cana e forse fu proprio quell'ultima frase che fece nascere nello stomaco di Priscilla un moto di nervoso tale che la convinse a bere. Aggrottò la fronte irritata per essere stata sola tutto il giorno e aver aspettato come una stupida che lui facesse il suo ingresso e buttò giù un lungo e infinito sorso. Rimase per un attimo in contemplazione, aspettando e studiando gli effetti che aveva sul suo corpo, per poi voltarsi verso Cana e dire: «Non funziona».
«Prova con questa» disse Cana, porgendole un'altra bottiglia.
«Cana-san, credo sia esagerato» disse Wendy, preoccupata nel vedere Priscilla tracannare anche quella bottiglia. Ma lei la ignorò e continuò a porgere bicchieri  e bottiglie a una Priscilla che beveva sempre con più rabbia e foga, fino a quando non sentì qualcosa cambiare in lei. Tutto si era fatto più leggero, soprattutto il peso che aveva sullo stomaco.
«Così Gildarts è tuo padre, eh?» biascicò con quel poco che riusciva a parlare.
«Non lo sapevi? In molti l'avevano capito» borbottò Cana, altrettanto ubriaca.
«Non sono mai stata molto tempo alla gilda, nessuno mi aveva detto niente» buttò giù un altro sorso. «Lo sai che tuo padre una volta ha distrutto la mia maglietta e mi ha fissato le tette?»
«Quel porco maniaco!» sobbalzò Cana, lanciando la sedia contro il muro dietro di sé. Priscilla scoppiò a ridere per la sua reazione, forse anche troppo esageratamente, e per poco non cadde dalla sedia. 
«Laxus ne approfittò per sconfiggerlo e superare l'esame per la classe S, ma da allora lo detesta» rise e si accasciò nuovamente sul tavolo.
«Allora è questa la leggenda che si nasconde dietro il superamento dell'esame di Laxus» rise Cana, prendendo un'altra sedia e tornando a sedersi. 
«Non dirgli mai che te l'ho raccontata» rise Priscilla.
«Laxus» sputacchiò Cana. «Tuo fratello è veramente un bastardo! Passa cinque anni a insultarti e farti soffrire, poi quando fa pace con se stesso sparisce di nuovo».
«Non è mio fratello» disse Priscilla, quasi offesa, versandosi un altro bicchiere. «Non sono geneticamente legata a nessuno dei suoi genitori» bevve e rifletté sulla questione, prima di dire: «Però ho nel petto parte dell'anima di suo padre. In pratica la mia essenza è Ivan... per questo possiamo dire che... tecnicamente... io sono suo padre».
«Laxus è tuo figlio!» scoppiò a ridere Cana, battendo colpi sul tavolo, e Priscilla fece altrettanto aggrappandosi poi a lei e ondeggiando al suo fianco.
«Mi viene da vomitare» mormorò infine e Cana la spinse via, urlando:«Non da questa parte, che schifo!»
Priscilla si accasciò di nuovo sul tavolo, ormai con gli occhi semi-chiusi mentre l'intero mondo intorno a lei vorticava impazzito. 
«Non riesco a pensare che a lui» confessò, raggomitolandosi all'interno delle sue stesse braccia. «Che fastidio, perché se deve sparire non lo fa una volta per tutte anche dalla mia testa e la facciamo finita?»
«Parli come un'innamorata» l'ammonì Cana, bevendo ancora.
«Non dire assurdità, Laxus è mio fratello!» 
«Tuo figlio» la corresse Cana e Priscilla si portò le mani alla testa, strapazzandosi i capelli e urlando: «Ah! Che confusione! Non ci capisco più niente!»
«Dì un po', è vera la storia che sei stata creata per lui?» chiese Cana.
«Dovevo essere il suo pungiball, Ivan cercava qualcosa per allenarlo brutalmente senza avere problemi ed incrementare così il potere della Lacryma di drago dentro lui. Dar vita a un vero essere vivente non era proprio nei suoi piani, cercava forse qualcosa da spacciarlo per tale. Dammi un altro sorso di quello!» disse allungandosi e attaccandosi direttamente alla bottiglia. «Diceva che se non avessi combattuto seriamente con Laxus mi avrebbe uccisa. Lui può farlo. È strano perché al tempo non provavo niente, eppure la morte mi spaventava. La paura è stato il primo sentimento che abbia mai provato in vita mia. Che squallore» e bevve ancora.
«Chissà qual è stato il mio primo sentimento» mormorò Cana, pensierosa. 
«Scommetto però che indovino qual è stata la tua prima parola!» disse Priscilla, sghignazzando prima di urlare come un pianto di un neonato: «Alcol! Alcol! Alcol!»
Cana rise di nuovo in maniera esagerata e sganasciata e Priscilla sghignazzò divertita, guardandola, ma poi tornò ad accasciarsi sul tavolo. Il sonno stava cominciando a prendere possesso dei suoi occhi stanchi e ormai tutto era così confuso da non capire nemmeno se si trattava di un sogno o realtà.
«Cana» mormorò. «Credi dovrei aspettarlo ancora?»
Un tentennamento, il primo di tutta una vita. Non aveva mai messo in dubbio i suoi sentimenti per Laxus, né il suo obiettivo. Sapeva che era venuta al mondo per lui e qualsiasi cosa sarebbe successa niente su quell'aspetto sarebbe cambiato. Era sempre stata convinta che avrebbe potuto sopportare ogni cosa, pur di vederlo felice, pur di adempiere al suo scopo. Era pronta ad aspettarlo per l'eternità, ma più di una volta in quei mesi di attesa si era ritrovata di fronte alla vera morte, soprattutto negli ultimi giorni con Hades sull'isola di Tenroujima. Aveva pensato a tante cose, soprattutto a lui, aveva pensato a lui fino a quando aveva avuto capacità di pensare. Ma stranamente quel pensiero non l'aveva legata al suo destino, quanto allontanata. La sua vita, avrebbe davvero accettato di passarla a seguire un'ombra? Aspettare era così doloroso, davanti alla prospettiva che forse non sarebbe servito a niente. Forse avrebbe dovuto semplicemente rinunciare, lasciarlo andare, e smettere di soffrire provando a combattere invece per voltare lo sguardo altrove. Era la prima volta che succedeva una cosa come quella e faceva un gran male. Laxus era da sempre stato il suo tutto, ma aveva rischiato di perderlo ben prima di poterselo godere. Quanto sarebbe stato triste per lei se fosse morta prima di poter sentire ancora una volta la sua voce. E Laxus continuava a voltarle le spalle, come se non gli interessasse, legato più al suo orgoglio che al suo desiderio. Poteva davvero accettarlo, di restare un passo indietro per tutto il resto della sua vita?
«Pricchan» disse Cana, stranamente più seria anche se non per questo più sobria. «Dimmi una cosa, per te lui è importante, vero?»
Rossa in volto, forse più per l'alcol che altro, Priscilla si rannicchiò nelle sue stesse spalle. «Ha dato un senso alla mia esistenza» mormorò. 
«E allora se quello stupido è tanto stupido da non capirlo da solo, vai e prenditelo!» ringhiò Cana, sbattendo la bottiglia sul tavolo.
«Prenderlo?» chiese Priscilla, sorpresa. 
«Basta essere la fanciulla in pericolo che aspetta il principe azzurro, sei una donna ormai, se vuoi qualcosa... te lo prendi! Anche con la forza se necessario!»
«Che dovrei fare? Picchiarlo?» ridacchiò Priscilla.
«Se necessario sì!» 
«Non credo sia un buon metodo per conquistare il cuore di qualcuno, sembra più un consiglio da Natsu» rise, lasciandosi andare lentamente al sopore del sonno.
«Conquistare?» mormorò Cana, sorpresa dal termine usato dalla ragazza. Ma lei non l'ascoltò nemmeno più e si addormentò rapidamente, appena prima aver biascicato con un ultimo sghignazzo: «Hai detto stupido due volte nella stessa frase. Sei proprio una scema, Cana».
«Oh, cielo... è completamente andata» ridacchiò Cana, tornando a bere e lasciando che la ragazza iniziasse a russare al suo fianco. «Sì, direi che l'alcol ha effetto su di lei».


La mattina dopo Priscilla si svegliò misteriosamente nel suo letto, anche se con un gran mal di testa. Ondeggiò fino al bagno, si lavò e cercò di darsi una svegliata, poi esattamente come il giorno prima tornò alla gilda e lì rimase, immobile, ad aspettare. 
«Pricchan! Ancora qui?» salutò Lucy, entrando nel tardo pomeriggio. Le si sedette a fianco e chiese a Mirajane di portarle qualcosa da mangiare e bere. Natsu e Gray arrivarono poco dopo, con loro anche Wendy e Erza.
«Dove eravate?» chiese  Priscilla, curiosa.
«A fare un giro per la città, abbiamo pensato che se ci facciamo vedere magari la gente ricorda i vecchi tempi e comincia a fare nuovamente richieste alla nostra gilda» disse Lucy con uno sguardo abbattuto. «Credo in realtà Erza volesse solo andare a vedere se c'era ancora la pasticceria dove andava sempre sette anni fa, non ho capito però perché abbia trascinato anche noi in giro per tutta Magnolia».
«Priscilla-nee! Come ti senti?» chiese Wendy, sedendosi al suo fianco. «Ieri sera Cana ti ha riportata al dormitorio sulle spalle, non sembravi molto in te».
«Non ho ricordi di ieri sera. Non molti in verità...» confessò lei, corrucciandosi per pensare e lottare contro il mal di testa. «Credo che Cana mi abbia consigliato di picchiare Laxus per qualche motivo... o forse di farci un figlio».
Erza sputò la bevanda con cui si stava rinfrescando e rossa come un peperone fissò Priscilla che ancora assorta aveva cominciato a mormorare tra sé e sé: «O forse che io ho un figlio da qualche parte che si chiama Laxus... o magari è lei ad avere un figlio... che picchiava... no, io l'ho picchiato. Ma per quale motivo? E chi ho picchiato? Ah, che confusione!!!» urlò alla fine, tormentandosi la testa.
«Cana non ci è andata leggera con te, vedo» ridacchiò Lucy.
«Come fa a piacervi questa sensazione? È terrificante non riuscire a ricordare, chissà cosa avrò mai detto o fatto! Non capisco perché a voi piaccia tanto ubriacarvi».
«Lo dici solo perché hai i postumi, vedrai che appena ti ricapiterà l'occasione lo farai di nuovo» ridacchiò Gray.
«Bah non saprei...» mormorò Priscilla, tornando ad appoggiare la testa al tavolo, tra le braccia. "Anche oggi non si è fatto vedere" rifletté e per qualche strano motivo le venne in mente Cana e la sua forza nello sbattere la bottiglia al tavolo. Non ricordava cosa fosse successo la sera prima, ma c'era qualcosa in lei che si muoveva. Una strana determinazione a non restare più con le mani in mano. 
Notò la porta della gilda aprirsi e Fried entrò, seguito come sempre da Bickslow e Evergreen. 
«Ah!» si sollevò Priscilla, notandoli. «Sono tornati!» e corse loro incontro, sotto lo stupore di Lucy e Wendy che mai si sarebbero aspettati di veder Priscilla cercare i Raijinshuu. Di solito era il contrario.
«Fried! Posso chiederti una cosa?» chiamò lei, avvicinandosi al ragazzo. Poche parole, pochi secondi, poi con un sorriso Priscilla scappò via.
«È raro vedere Priscilla venirvi incontro» osservò Lucy, quando i tre gli passarono a fianco. «Cosa vi ha chiesto?» si incuriosì.
«Se sapevo dove Laxus avesse trovato alloggio per il momento» rispose Fried, pensando che semplicemente volesse andare a trovarlo. Ma Cana, pochi tavoli più avanti, esclamò improvvisamente luminosa un: «Oh-oh!» che fece venire a tutti uno strano presentimento. 
«Laxus ha detto a voi dove alloggiava ma non a lei, perché?» chiese Wendy, rattristata della cosa.
«Perché siamo i Raijinshuu» ridacchiò Fried orgoglioso, ma Bickslow rovinò ogni cosa spiegando semplicemente: «L'abbiamo seguito».
«Spaventosi!» rabbrividì Lucy.


Priscilla arrivò all'albergo indicato da Fried, corse al suo interno e chiese di Laxus. Saltellando allegra come una bambina raggiunse la sua stanza e bussò, ma nessuno rispose. Provò ancora, lo chiamò, ma nessuna voce venne dall'interno. 
«Che non sia qui?» si chiese lei, uscendo nuovamente. Spiccò il volo, contando le finestre infine riuscì a trovare la sua. La stanza era vuota, la luce spenta, ma la finestra era accostata nella parte superiore e lei riuscì con uno sforzo a infilarsi al suo interno. 
«Chissà, magari è in giro» mormorò, lasciandosi ondeggiare fino al letto sotto la finestra dove ci si sedette a gambe incrociate. «Potrei aspettarlo qui» rifletté, restando per i successivi minuti seduta nella stessa posizione. Si alzò, si sgranchì le gambe, poi tornò sul letto e fissò il soffitto. Dalla noia, aprì qualche cassetto tirando fuori un libro e cominciando a sfogliarlo pigramente. Lo fece svolazzare sopra la sua testa, lei stessa svolazzò in giro per la stanza e infine tornò nuovamente a stendersi. 
«Sì, ma che noia!» si agitò alla fine, scocciata come poche volte lo era stato. «Uffa, Laxus, dove sei andato?» bofonchiò guardando il cielo ora scuro per la notte appena scesa. Si stese nuovamente, tenendo lo sguardo fisso al cielo, immersa nei suoi pensieri che spaziavano dai ricordi dell'infanzia, alle parole da dire ora che lui sarebbe arrivato, alle ipotesi dove fosse, a tutta quella situazione. Chissà, forse proprio la storia dei sette anni persi l'avevano spinta a rendersi così testarda su quella faccenda. La sensazione di aver perso il suo tempo, di essere da un giorno a un altro sette anni più vicina alla morte, l'averla provata sulla sua stessa pelle per la prima volta la paura di non poter vivere più. Tutto quello che era successo, tra Nirvana e Tenroujima, l'avevano cambiata profondamente. Non riusciva più a essere la Priscilla che sorridente restava sulla soglia, pronta ad accoglierlo quando si fosse deciso a farsi vedere. Qualcosa... aveva qualcosa nel petto, un’emozione mai provata prima che aveva imparato ad ascoltare forse solo da poco, forse da sempre senza mai riconoscerla, ma non sapeva bene che nome attribuirgli. Sentiva solo che aveva bisogno di vederlo.
"Avevo promesso di aspettarlo".
Quelle erano le parole che aveva pronunciato davanti a Hades, legata e svuotata, proprio quando si trovava a un passo dalla morte. Aveva pensato a molte cose durante quel combattimento, era impazzita per la quasi morte di Wendy che ora era diventata una delle cose più importanti che avesse. Aveva pensato alla gilda, a suo nonno moribondo, all'esame interrotto, al pianto dei suoi amici, alla speranza morente, ma non a Laxus. Non c'era stato tempo, non in quella frazione di tempo, le sue preoccupazioni erano altrove, la sua mente ingabbiata nel terrore di veder sparire ancora una volta la bambina a cui si era legata così ossessivamente. Mistgun, sì, aveva pensato anche a lui. 
Eppure quelle parole, le sue ultime parole se Laxus non fosse arrivato in tempo a salvarla, erano andate a lui senza che nemmeno se ne rendesse conto. Erano stati lontani così tanto tempo, aveva avuto modo di pensare a tutt'altro, di crearsi una vita, una famiglia. La sua testa, il suo corpo, il suo cuore... quante cose erano cambiate. C'era stato un tempo in cui Laxus era stato l'unico mondo dove credeva fosse possibile per una come lei esistere, ma era stato un tempo così lontano. Ora c'erano Happy con le loro scommesse stupide, Natsu con la sua presenza rumorosa in grado di divertirla e innervosirla contemporaneamente, Gajeel che si divertiva a volte a punzecchiare, Lily con la sua affidabilità e i racconti di un Mistgun bambino, Charle con la sua presenza materna, Wendy e la sua tenerezza, Evergreen e il suo modo di trattarla come una piccola bambola da pettinare e trascinare in giro, Bickslow e la sua presenza ossessiva, che per quanto dicesse di odiare in realtà era anche simpatico, e poi c'erano Leon, Cherry, Lucy, c'era Fried, c'era suo nonno, anche Cana, c'era Erza, c'era Mira... c'erano tutti. C'era un mondo intero, tutto nuovo, apposta per una Priscilla non umana ma amata, forse proprio per questo, più di altri. Era tutto ok, era di nuovo viva, era di nuovo con una famiglia, e non aveva mai desiderato niente di diverso da tutto quello. Allora perché l'ultimo pensiero prima di morire era andato istintivamente, di nuovo, a lui? Sospirò, strinse la federa del cuscino tra le dita, e lo abbracciò come fosse potuto essere un mezzo di conforto. Riusciva a percepire, delicato, l'aroma del suo profumo impregnato in quella federa dove lui aveva dormito la sera prima. Chiuse gli occhi e ci affondò il viso, lasciando che la sua espressione si rilassasse in un delicato sorriso.
«Pricchan» l'eco di un ricordo, mescolato a un sogno. «Che fai qui, davanti alla bacheca?»
«Ieri sei diventato di classe S, Laxus! Volevo farti un regalo per congratularmi, ma ho scoperto di non avere un soldo. Allora cercavo un lavoro».
«Ora che me l'hai detto non sarà più una sorpresa però» l'ombra di un sorriso, divertito come sempre dalla sua semplicità e innocenza. 
«Maledizione, è vero!» ma questo non l'aveva abbattuta troppo ed era tornata alla bacheca, dalla quale aveva già strappato un foglio. «Guarda! Voglio fare questa!»
«Guardiani allo zoo di animali selvatici?» aveva chiesto lui inarcando le sopracciglia, non troppo convinto dall'incarico.
«Arrivano nuovi animali, molto pericolosi, cercano qualcuno che possa aiutarli fino a che saranno messi in sicurezza. Allo zoo! Che bello, non ci sono mai andata! Tu sai quali animali ci sono allo zoo? Non vedo l'ora!» ricordava bene l'emozione di quel giorno, la prospettiva di vedere qualcosa di nuovo e affascinante come degli animali selvatici. Neanche le interessava il lavoro, voleva solo una scusa per andare a vederli... e nel frattempo ci avrebbe guadagnato.
«Divertiti allora» le aveva detto.
«Aspetta...» l'imbarazzo di una confessione. «Chiedono la presenza di almeno due persone. Vieni con me?»
«A fare la guardia alle bestie dello zoo? Scherzi?! Sono appena diventato mago di classe S, vado di sopra a prendere qualche missione degna di me».
«Ma...»
«Non ci penso nemmeno a sprecare il mio potenziale con due animaletti, che figura ci farei se la prima missione da classe S fosse "fare il guardiano"? Chiedi a quello stupido di Natsu, scommetto che accetterebbe volentieri».
«Natsu li arrostirebbe e se li mangerebbe» aveva bofonchiato, offesa.
«Sì, immagino di sì» era scoppiato a ridere. «Lascia perdere lo zoo, sennò. Se ci tieni a trovare dei soldi puoi venire con me nella missione che sceglierò io di sopra».
«Io volevo andare allo zoo...» aveva mormorato avvilita ed era tornata a fissare il suo foglio, profondamente abbattuta. Ci aveva pensato almeno qualche minuto, cercando una soluzione, ma la verità era che anche se nella gilda c'erano persone valide a cui poteva chiederlo, lei non riusciva ad immaginare di passare una giornata come quella lontana da Laxus. Sarebbe stata un'esperienza incredibile, voleva farla in sua compagnia. Ma capiva il suo stato d'animo, era così orgoglioso del nuovo titolo e trascinarlo allo zoo come prima missione l'avrebbe screditato. Perciò alla fine ci aveva rinunciato e aveva deciso di accettare la sua proposta, unendosi a lui qualsiasi cosa avesse scelto. La ricordava bene la mattina della partenza. Laxus l'aveva aspettata con i bagagli già pronti e lei si era già dimenticata della faccenda dello zoo. Aveva saltellato all'interno della gilda e gli aveva chiesto, rossa in volto per la felicità di quell'importante giorno per lui: «Allora signor mago di classe S, quale sarà la sua prima incredibile impresa?»
Il suo sorriso, come dimenticare quel sorriso? Laxus le aveva posato una mano sulla testa, in quell'affettuoso gesto che le dedicava continuamente. 
«Andiamo allo zoo. Non ci sei mai stata, giusto?»
Con i soldi di quella missione Priscilla gli aveva poi regalato un lungo cappotto scuro, con la pelliccia bianca sugli estremi. Il suo cappotto... l'aveva tenuto con sé anche nei cinque anni in cui diceva di odiarla. Come non notarlo?

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Capitolo 38
*** Io... voglio... ***


Io... voglio...




Laxus rientrò nella sua camera d'albergo che era già molto tardi. Era stato in giro tutto il giorno per delle faccende, a partire dal trovare un nuovo lavoro al trovarsi una nuova casa, un posto dove stare. Ricostruire la propria vita dopo un gap di sette lunghi anni non era qualcosa che aveva impegnato solo i membri di Fairy Tail, anzi forse per lui era stato anche più complicato visto che non c'era stato nessuno ad aspettarlo e accudire per lui la sua casa. Aveva perso tutto, dall'affitto, al lavoro momentaneo che si era trovato per riuscire a sopravvivere. Ripartire da zero era veramente una gran scocciatura, anche se con ancora qualche vecchio risparmio che almeno gli aveva permesso di trovarsi una stanza d'albergo momentanea e fare qualche pasto. Si era fermato per strada a comprare delle cose in un negozio, qualche stuzzichino per la sera, per la noia, e dei vestiti nuovi visto che i suoi vecchi erano tutti da buttare. Persino il suo vecchio cappotto era rovinato dal tempo, ma quello aveva preferito portarlo in sartoria nella speranza di ripristinarlo. 
Aprì la porta della sua camera, accese la luce, ma si bloccò all'ingresso sorpreso quando vide il suo letto occupato. Priscilla dormiva beatamente, rannicchiata su se stessa e il cuscino ancora parzialmente abbracciato. Il respiro pesante le usciva delicato dalle labbra schiuse, muovendole appena le spalle. Si chiese cosa ci facesse lì, come fosse entrata e soprattutto da quanto era lì visto che aveva avuto persino il tempo di addormentarsi. Ma dormiva così beatamente che svegliarla sarebbe stato alquanto crudele. Richiuse la porta alle sue spalle, poggiò il sacchetto con le sue compere vicino al comò e rispense la luce per evitare di disturbarla troppo. Prese una coperta dall'armadio e gliela stese addosso, infine si tolse la giacca dalle spalle e cominciò ad allentare i bottoni della camicia, dirigendosi verso il bagno. 
Era nella doccia già da qualche minuto, impegnato a sciacquarsi i capelli dal sapone, quando sentì la porta del bagno aprirsi.
«Laxus, quando sei tornato?» biascicò Priscilla, affacciandosi, con la voce e la faccia ancora addormentati. 
«Pricchan!» urlò Laxus, sentendosi paralizzare. I muscoli rigidi dallo spavento, il volto ora rosso dall'imbarazzo. La fulminò, oltre la parete di vetro della doccia e, sorprendentemente, invece di vederla uscire e chiedere scusa Priscilla entrò del tutto e riaccostò la porta alle spalle. «Davvero entri nel bagno altrui senza nemmeno bussare o preoccuparti?» la rimproverò, cercando di afferrare con rapidità l'asciugamano appeso al bordo superiore della porta della doccia. Chiuse l'acqua e si coprì più in fretta che poté, per quanto sapesse ormai essere già abbastanza tardi. Sperava solo che gli occhi addormentati di Priscilla non le avessero permesso di avere una vista abbastanza attenta.
«Bagno altrui? Che dici? Questo è il tuo bagno, mica quello di qualcun altro» mormorò lei, avvicinandosi al gabinetto e sedendosi sopra il coperchio.
«Che stai facendo?» chiese lui, ancora sconvolto.
«Ho bisogno di parlarti» disse lei, sbadigliando.
«Ti sembra il momento?!» ruggì Laxus, sempre più sconvolto e imbarazzato. 
«Ti ho aspettato tutto il giorno! Non stai facendo niente, adesso, perché ti devi ancora far desiderare?!»  piagnucolò lei.
«Sto facendo la doccia!!!» urlò al limite dell'esasperazione.
«Lo vedo» disse leggermente irritata per l'essere presa così scema da non accorgersi cosa stesse facendo. «E stai usando l'acqua troppo calda, sei tutto rosso. Non ti fa bene» aggiunse poi.
«Dici sul serio?!» strillò ancora.
«Perché ti arrabbi? Mi stavo solo preoccupando per la tua salute» sospirò poggiando i gomiti sulle ginocchia.
«Cortesemente, potresti uscire solo per qualche minuto?» tentò la via esplicita del favore, visto che non sembrava capire da sola quale fosse il problema. «Mi rivesto e poi parliamo, ok?»
Priscilla spalancò gli occhi e la sua espressione diede sollievo a Laxus perché era esattamente quella di una che aveva capito... o almeno così sperava.
«Ti vergogni di me?» chiese lei, sconvolta.
«Quando è successo che hai perso così il senso del pudore?» sospirò Laxus, stupito della sua innocenza. 
«Com'è possibile, Laxus?» piagnucolò lei, ferita. «Un tempo facevamo addirittura il bagno insieme».
«Eravamo bambini, abbiamo smesso non appena è arrivata la pubertà!» ruggì ancora lui.
«È vero, ora ricordo, ti chiudevi sempre a chiave quando entravi in bagno» rifletté lei, presa da un attacco nostalgico che comunque non la convinse a uscire. 
«Mi ero dimenticato dell'importanza fondamentale della chiave quando ci sei tu in giro» sospirò lui.
«Te lo ricordi? Anche allora mi sgridavi sempre» ridacchiò lei e solo il fatto che invece che uscire e capire si fosse messa a ricordare i vecchi tempi lo irritò ancora di più.
«Esci, per favore?» chiese minaccioso.
«Perché?! Voglio solo parlare!» sgambettò lei, infastidita. «Mi giro dall'altro lato e non ti guardo se la cosa ti disturba tanto».
«Qual è il problema di aspettare pochi minuti?!» la sgridò di nuovo. 
«Ma è urgente!» continuò a frignare. 
«Tanto da non poter aspettare un paio di minuti?» le chiese, per niente smosso dalla sua posizione. 
«Ho aspettato per quasi sei anni, Laxus!» si fece improvvisamente minacciosa, pronta a giocare la carta del senso di colpa. Si voltò, pronta a puntargli un dito contro, ma strillò spaventata quando se lo trovò a fianco, non aspettandosi di vederlo uscire dalla doccia con tale rapidità. Laxus si chinò e la sollevò di peso, caricandosela su una spalla. Uscì dal bagno ignorando i suoi continui capricci e i colpi che gli dava alla schiena per cercare di liberarsi, si avvicinò al letto e ce la fece cadere sopra con tale foga da strapparle un altro urlo. Priscilla riaprì gli occhi, chiusi per lo spavento, e si preparò a parlare ancora, insistendo sulla faccenda, ma qualcosa gli chiuse improvvisamente la gola. I capelli di Laxus erano ancora bagnati, tanto che le gocciolarono addosso nel momento in cui si sollevò sopra di lei per allontanarsi e rimettersi in piedi. La pelle ancora calda per l'acqua della doccia, a contatto con l'aria più fredda della stanza da letto faceva evaporare alcune delle gocce che gli scivolavano lungo le spalle, le braccia e il petto nudi. Lo sguardo intransigente, a breve distanza dal suo viso, e le braccia tese, poggiate al letto ai due estremi delle proprie spalle. Era nudo, bagnato, chino su di lei stesa su un letto. Nessun pensiero, non ebbe nessun pensiero particolare e questo la confuse ancora di più perché non riuscì a capire il motivo di quell'improvviso batticuore e agitazione. Laxus ebbe tempo di rialzarsi e allontanarsi, sorpreso che finalmente lei avesse capito, non sapendo in realtà che a convincerla a non muoversi non era stata la comprensione del suo gesto tanto quanto una sottospecie di paralisi che le aveva mandato in tilt completamente ogni facoltà mentale. Priscilla parve risvegliarsi solo quando sentì la chiave nella serratura del bagno scattare e mettere perciò un confine netto tra loro due. 
«M-ma...» balbettò lei, mettendosi a sedere sul letto e sentendo l'improvviso bisogno di nascondersi da qualche parte. «Che diamine era quella sensazione?» balbettò ancora e afferrò il cuscino alle sue spalle. Si rannicchiò nelle sue stesse ginocchia, strinse il cuscino tanto forte che avrebbe potuto farlo esplodere delle piume che conteneva e ci immerse il viso all'interno. Chissà perché ancora una volta le tornò in mente Cana che sbatteva la bottiglia sul tavolo. 
Laxus uscì dal bagno, finalmente vestito, dopo pochi minuti ma ancora Priscilla trovò il modo di sorprenderlo. Era infilata nel suo letto, la coperta tirata fin sopra il petto, seduta con la schiena poggiata allo schienale. La mano sinistra sorreggeva una patatina presa da un pacchetto appoggiato al suo fianco, mentre la destra portava una lattina di birra alle labbra di tanto in tanto. Usando la sua magia del vento teneva un libro sollevato davanti agli occhi, per poterlo leggere, e ogni tanto girava la pagina sempre usando la magia. 
«Tranquilla, fa' pure come se fossi a casa tua» disse sarcastico, ma Priscilla non colse il tono di voce e sorrise allegra, esclamando: «Meno male! Ammetto non mi sentivo molto a mio agio, temevo di essere invadente».
«Mi stai prendendo in giro?» 
Lei non rispose, diede giù un lungo sorso di birra e tornò a fissare la pagine di fronte a sé.
«Questo libro è interessante» biascico con una manciata di patatine in bocca. «Non pensavo ti piacesse leggere storie simili. Levy ne ha decine di questo genere, ogni tanto me ne presta qualcuno».
«Alla fine sei riuscita a legare anche con loro, eh?» sospirò lui, sollevato. Prese una sedia e si mise al suo fianco, vicino al letto. 
«La sera che Gajeel ci mandò all'ospedale, Levy mi aveva invitato nella sua stanza per fare un pigiama party. Penso che sia da lì che abbiamo iniziato a parlare un po' di più. Sa davvero un sacco di cose, è sempre bello stare a sentirla parlare. Ah! Lo sai Lucy scrive romanzi? Non vuole farli leggere a nessuno, ma qualche volta io e Natsu ci siamo intrufolati in casa sua e l'abbiamo letto di nascosto» spiegò innocentemente.
«Ecco da chi hai preso il vizio di violare gli spazi altrui» commentò lui. 
«Ah! Ti racconto questa! Una volta per sbaglio Natsu ha distrutto uno dei libri di Lucy, gli ha proprio dato fuoco, per poi scoprire che era uno dei più importanti che aveva nella biblioteca. Gliel'ha tenuto nascosto per un po' e ha girato mezzo mondo nella speranza di trovarne una copia per sostituirlo e far finta di niente. Alla fine non ci è riuscito e si è arreso nel rivelarle la verità. Beh, è saltato fuori che quello in realtà era uno dei libri scritti dalla stessa Lucy che per l'imbarazzo di dover ammettere che era opera sua si era inventata la storia che apparteneva a sua madre, morta. Poverina, scrive ancora lettere alla madre defunta, deve mancarle proprio tanto. Mentre suo padre era una canaglia, è stato lui a mandare Phantom Lord e fare tutto quel caos! Lo sapevi che Lucy è scappata di casa? In realtà è stra-ricca! O meglio, lo era visto che suo padre ha poi perso tutto. Sua madre era una maga degli spiriti stellari, come lei! È stata lei a regalarle Acquarius quando era bambina... l'hai mai vista Acquarius? È fantastica! Anche se decisamente scorbutica, se la prende sempre con tutti. Forse un po' ti somiglia» disse infine, mandando giù un'altra manciata di patatine. Laxus si lasciò scappare un sorriso, divertito dal flusso di pensieri in cui era caduta di nuovo come se avesse voluto recuperare quei cinque anni in pochi minuti. 
«Comincia a piacerti davvero molto Fairy Tail, vero? Non penso sia mai stato così, in passato» commentò, divertito. 
«Sai, penso che dopo quello che è successo... potrebbe piacere anche a te, se decidessi di tornare» e il viso le si fece improvvisamente serio e cupo. Era arrivato il momento di affrontare quella questione apertamente.
«Sono stato bandito, non posso tornare, lo sai» rispose lui, semplicemente. 
«Ci hai salvati contro Hades, se solo provassi a chiederlo al nonno scommetto che...» ma venne interrotta da un severo: «Pricchan!», come un rimprovero.
«Perché non vuoi tornare, Laxus? Ti stiamo aspettando tutti» disse lei, avvilita.
«Non posso tornare. La questione è chiusa».
«Se tu lo volessi veramente faresti qualcosa!» strillò Priscilla, colta da un improvviso moto di rabbia e frustrazione. 
«Credi che costringere il vecchio a riammettermi tirando in ballo la questione del "mi devi un favore" sia un gesto degno di un mago di Fairy Tail?» tentò di provocarla.
«Non devi costringere nessuno! Hai salvato la gilda, questo dimostra la tua redenzione, cosa c'è che non va in questo discorso?» insisté, sempre più furiosa.
«Non è questione di redenzione. Non si può fare e basta».
«Non essere così categorico, dammi una motivazione!»
«Non insistere, Pricchan!» il tono di Laxus si fece improvvisamente più duro e più forte, tanto che Priscilla ebbe un tentennamento. Non era questione di volere o meno, Laxus non avrebbe mai accettato la sua proposta né le sue motivazioni. Aveva sperato di riuscire a vedere la luce, finalmente, dopo tutto quel tempo e ora invece le veniva nuovamente strappato di nuovo. Quella pallida speranza, quel sentimento di felicità e sollievo, solo illusioni. 
"Cana... Credi dovrei aspettarlo ancora?"
Strinse le coperte tra le dita e gli occhi le si fecero più umidi. Il petto non aveva mai fatto male fino a quel punto, nemmeno quando nei cinque anni precedenti lui diceva di odiarla. Allora c'era una motivazione, c'era sempre stata una motivazione, delle cause maggiori, non era colpa sua. Non era mai stata colpa sua, continuava a ripeterselo, continuava a crederlo. Ma in quel momento... qual era la motivazione?
«Non posso essere sempre lasciata indietro, Laxus» lamentò, sentendo la voce morirle nel dolore di un pianto. «Avevo promesso di aspettarti, è quello che ho fatto. Ma se tu non hai intenzione di tornare, io cosa ti aspetto a fare? Non ti importa... neanche un po'?» sulle mani strette nella coperta caddero le prime lacrime, incontrollabili. Aveva da sempre basato la sua vita sagomandola secondo l'ombra di Laxus, tutto ciò che desiderava era potergli stare a fianco e vederlo felice, non importava cosa facesse o cosa le facesse. Era la prima volta in tutta la sua vita che cominciava a pensare a ciò che voleva lei, a se stessa, a quanto fosse il suo valore. Perché valore non ne aveva mai avuto prima, era sempre stata solo un corpo magico che si muoveva con un unico scopo, era questo che era sempre stata. Una macchina, uno strumento... un'arma.
"Un'arma in grado di rafforzare l'incapace figlioletto piagnucolone".
Poteva davvero una creatura come lei poter avere dei desideri, dei sogni, dei sentimenti verso se stessa.
"Quanto mi piacerebbe essere come voi".
"Avevo promesso... di aspettarlo".
"Voglio ricomprare questa casa".
«Io...» singhiozzò.
"Priscilla, non credi sia il caso di cominciare a pensare un po' anche a te stessa?" la voce di Erza.
«Io...».
"Sei una donna ormai, se vuoi qualcosa... te lo prendi!" La voce di Casa.
«Io voglio...».
"Laxus... posso restare per sempre con te?" una domanda che puntualmente gli rivolgeva tutte le volte che lui non poteva sentirla, solo quando era addormentato. Un desiderio, il primo e unico che avesse mai avuto e che mai si era sentita in diritto di esprimere ad alta voce, anche se non desiderava farlo sentire al resto del mondo, come se se ne vergognasse. 
Si irrigidì e schiuse le labbra, pronta a pronunciarlo ad alta voce quel sogno, quel desiderio, che aveva sempre e solo sussurrato quando lui non poteva sentirla. Ma una scossa elettrica le pizzicò il braccio e lei sussultò più per lo spavento che per il dolore. Fulminò Laxus con lo sguardo, chiedendosi che diamine gli fosse preso e irritata più che mai visto che aveva interrotto il suo unico moto di coraggio per aprirgli finalmente il suo cuore. Lui la guardava pigramente, chino sul letto, appoggiato al materasso col gomito e guancia piantata sul pugno.
«Spostati» le ordinò. 
«P-perché?» chiese lei confusa, con ancora le guance umide nonostante la sorpresa le avesse interrotto il pianto. 
«Fammi spazio, non ci sto» e nell'istante in cui lo disse alzò le coperte e cominciò a infilarcisi all'interno, premendo per costringere Priscilla a farsi più in là.
«Ma... che stai facendo?» lamentò lei, arrancando per riuscire a ritrovare la comodità visto quanto spazio occupasse lui e chiedendosi, sorprattutto, che diamine stesse combinando. Laxus si chinò e infilò una mano nella busta di patatine dove Priscilla aveva già rovistato abbastanza, prese un'altra lattina di birra e se l'aprì. 
«Quel libro fa parte di una trilogia. Quello è il più lento tra tutti, ti consiglio di leggerlo superficialmente e passare presto agli altri due, sono più avvincenti» disse lui, prendendo tra le mani il libro che Priscilla stava leggendo fino a poco prima.
«Parli... del libro?» balbettò lei, avvilita. «Ma... mi stavi...»
«Ti ho ascoltata» la interruppe di nuovo, con sguardo serio. Lui l'aveva ascoltata, l'aveva ascoltata più di quanto lei fosse riuscita a dire. Non voleva vederlo sparire di nuovo, l'aveva capito e ci aveva riflettuto abbastanza. Per quanto una parte di lui ancora non riuscisse a perdonarsi quanto successo, per quanto si urlasse da solo di sparire dalla circolazione per il bene di tutti, capì che non poteva continuare a ignorare ciò che lei gli chiedeva. L'aveva fatto per troppo tempo.
«Oggi pomeriggio sono andato a vedere un appartamento in periferia, non sono nemmeno venti minuti da qui. Potrei farci un pensiero...» disse e Priscilla sentì improvvisamente il cuore più leggero. L'aveva ascoltata, l'aveva sentita e forse avrebbe addirittura realizzato quel suo desiderio. Probabilmente il discorso Fairy Tail era ancora un tabù, ma lui sarebbe rimasto nei paraggi, disponibile e reperibile. Lei avrebbe sempre saputo dove andare a cercarlo. Pian piano il sorriso tornò ad adornarle il volto, sollevata, e si sistemò perciò meglio al suo fianco. 
«Ci pensi tu?» chiese Laxus, indicando il libro steso ai loro piedi. Priscilla annuì e lo sollevò di nuovo per aria, tenendolo ben aperto in modo che entrambi potessero leggerlo. Laxus allungò poi un braccio dietro le sue spalle, poggiandoglielo intorno e sorseggiando la sua birra prese a leggere in silenzio, insieme a lei. 
«Gira» disse poi.
«Aspetta, io non ho ancora finito» lo ammonì lei. 
«Quanto ti manca?»
«Se parli non riesco a leggere, sta' zitto!»
E lui sbuffò annoiato, aspettando qualche secondo prima che finalmente la pagina venisse voltata. Ancora qualche attimo di silenzio, entrambi immersi nella lettura, fino a quando fu di nuovo lui a parlare per primo.
«Gira».
«Aspetta un attimo!»
«Ma quanto ci metti?» 
«Mi godo le parole»
«Sei lenta».
«Stai zitto!» lamentò lei, scocciata. 
E ancora sbuffò, scocciato. 
«Alla prossima sarò più veloce io!» sorrise lei, girando ancora la pagina.
«È una sfida?» sorrise Laxus, improvvisamente interessato.
«Via!» annunciò lei, corrucciandosi e concentrandosi. 
«Finito!» disse lui per primo, dopo neanche un paio minuto, e lei sobbalzando lo fulminò.
«Stai imbrogliando!» lo accusò.
«Ma figurati» disse lui, superiore.
«Scommetto non hai letto nemmeno una parola, hai solo fatto scorrere gli occhi sulla pagina» insisté, offesa.
«Ti dico che ho letto»insisté Laxus.
«Non è vero! Imbroglione!» si allungò ad afferrare il libro e se lo portò vicino alla faccia, volgendo la copertina verso di lui. «Avanti, dimmi che cosa dice!» lo provocò, pronta a rinfacciargli la scorrettezza di cui era certa.
«I quattro per sfuggire all'attacco del nemico si lanciano in acqua e nuotano fino alla barca, a largo, salendoci sopra e mettendosi al sicuro. Poi iniziano a remare per raggiungere la riva opposta» disse lui con tranquillità e sicurezza e Priscilla iniziò a sgambettare sotto le coperte, irritata. «Non è giusto! Tu l'hai già letto, lo sapevi già!»
«Come facevo a ricordare che era proprio quella parte se non la leggevo?» ridacchiò Laxus, divertito dal suo modo di fare infantile e giocoso. 
«La prossima volta non mi batti!» brontolò, rimettendo il libro in aria sopra di loro e voltando pagina cominciò a far correre gli occhi sulle righe con una velocità incredibile. Tanto concentrata e irritata da quella sfida da corrucciarsi enormemente e bofonchiare tra sé e sé.
«Finito!» esclamò infine, felice di essere stata la prima. Si voltò verso Laxus, pronta ad annunciare la sua vittoria, ma lo trovò con gli occhi già spostati su di lei e un vago sorriso sornione sul viso. E capì.
«Avevi finito prima di me ma non me l'hai voluto dire per farmi vincere!» brontolò tirandogli pugni al petto.
«Perché ti arrabbi? Ti ho voluto dare un vantaggio» ridacchiò ancora, subendo i suoi colpi frustrati.
«Perché potevi fingere meglio, l'hai fatto apposta per farmi capire che stavi fingendo e prenderti comunque il merito! Sei malvagio!» gracchiò continuando a colpirlo e quella volta Laxus non riuscì a trattenersi, complice forse anche le quattro mura in cui erano rinchiusi dove poteva permettersi di non mantenere un certo atteggiamento ma poteva essere più libero. Scoppiò in una fragorosa risata, esclamando: «Malvagio? Ma come parli?» 
«Esiste come parola, l'ho letto in un libro» borbottò lei, infastidita.
«Lo so bene che esiste, Priscema» e le scompigliò ancora i capelli.
«Priscema?!» sobbalzò lei. «Non chiamarmi in quel modo, bastardo!» tornò a colpirlo, sempre più furiosa.
«Credevi me lo fossi dimenticato?» sghignazzò lui.
«Lo odiavo al tempo e lo odio adesso».
«A me piace» sghignazzò maligno.
«Non azzardarti a chiamarmi in quel modo di fronte agli altri!» lo minacciò.
«Altrimenti?»
«Vuoi davvero saperlo?» e il tono fu incredibilmente più minaccioso di quanto si sarebbe aspettato. L'aria prese a vorticarle intorno, scompigliandole e sollevandole tutti i capelli, e lui capì. Quando Priscilla si arrabbiava davvero con lui cominciava a farlo roteare in uno dei suoi tornadi ad alta velocità, senza l'aiuto della sua magia stabilizzante inevitabilmente cadeva vittima della nausea. Lo odiava.
«Va bene, va bene, calmati» mormorò, intimidito e per fortuna quello bastò a tranquillizzarla. Tornò a sedersi normalmente, di fianco a lui, con gli occhi sul libro anche se ancora infastidita per quella sfida persa miseramente. Poi Laxus afferrò il libro, strappandolo alla sua magia, e rispose allo sguardo incuriosito di Priscilla con una proposta di pace: «Leggo io ad alta voce, così resti al passo».
Quando erano piccoli Priscilla non aveva nessuno che le insegnasse a leggere, e comunque Laxus era più grande di lei di due anni, perciò aveva imparato prima. Nonostante fosse ancora il periodo di Priscilla la bambina di carta, senza anima sul volto, Laxus aveva notato come quegli occhi comunque si muovessero incuriositi spesso, intorno a sé, in cerca forse di risposte. Avevano iniziato per gioco, per trovare qualcosa che comunque potessero fare insieme e li accumunassero, ma era stato lui a prendere i primi libri e leggerli ad alta voce per coinvolgerla. Nonostante Priscilla fosse ancora la bambina di carta, nel sentire quelle storie e l'entusiasmo di Laxus che poi gliele spiegava o gliele imitava, i suoi occhi assumevano sempre un colore diverso. Erano stati quelli i primi momenti di vera vita di Priscilla, quando lui parlava e raccontava le storie che leggeva o anche semplicemente se le inventava. I primi sentimenti di Priscilla, meraviglia ed emozione, felicità e curiosità, erano nati tutti da quel gioco che Laxus aveva creato per loro. Lui leggeva ad alta voce, almeno un'ora al giorno, e lei ascoltava fissando il suo volto incantata. 
Fare quel salto nel passato, tornare a essere la bambina ammaliata dalla voce di suo fratello che con solo il potere della fantasia la prendeva per mano e la trascinava nei suoi mondi, era incredibile. In quei mondi... persino lei poteva essere umana e libera. Si illuminò, gli si lanciò addosso e cercando una posizione comoda si stese meglio, poggiando la testa al suo ventre. Lo abbracciò, chiuse gli occhi, e infine rimase in attesa dell'inizio del racconto con un sorriso emozionato in volto. 
Durò almeno una buona mezz'ora, poi Laxus la sentì mugolare, col respiro pesante, e capì da quello che doveva ancora una volta essersi addormentata. Le fece una carezza sulla testa e delicatamente chiuse il libro, riponendolo sul comodino. Cercò lentamente di scivolare sul materasso per potersi stendere anche lui, senza svegliarla, poi allungò una mano a spegnere la luce. 
E infine anche lui chiuse gli occhi, per quella sera.

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Capitolo 39
*** L'hai picchiato? ***


L'hai picchiato?




Quando Priscilla si svegliò era mattino forse da non molto. La luce entrava timida da uno spiraglio della tenda, mossa leggermente dal vento che soffiando delicato entrava nella stanza da una piccola apertura, la stessa dalla quale lei si era infilata la sera prima. Fu come risvegliarsi in un sogno. La luce delicata del mattino, l'aria fresca che circolava nella stanza, il calore di un abbraccio e il respiro ancora cadenzato della persona che le dormiva a fianco. Il braccio infilato sotto la testa, girato sul fianco destro, e il sinistro poggiato pigramente su di lei. Priscilla sorrise divertita nel notare che persino quando dormiva le sopracciglia restavano parzialmente aggrottate, in quell'espressione che sembrava perennemente seria e irritata. Allungò una mano, spinta dal desiderio di sfiorargliele quelle rughe che si formavano tra le due sopracciglia, ma poi si fermò a pochi millimetri dalla sua pelle. Non voleva svegliarlo, desiderava vederlo dormire ancora un po'. Ritirò la mano, portandosela vicino al viso, e restò per secondi, forse minuti, a fissare il suo volto disteso dal sonno. La cicatrice sull'occhio, ne ripercorse gli angoli e la storia, portandosi a sorridere ancora. Era stato solo un incidente quando era ancora bambino, un esercizio per allenare la sua tecnica Dragon Slayer che era finita male, non essendo ancora perfettamente in grado di padroneggiarla. Aveva temuto di vederlo restare cieco, si era preoccupata e occupata di lui per tutto il tempo della degenza. Ricordava la sorpresa quando, tolte le bende, aveva visto che nonostante fosse guarito gli era rimasto sulla pelle quel segno indelebile a sfregiarlo. Era rimasta sorpresa perché era ancora piccola, non aveva che esperienze di se stessa, e solo allora aveva cominciato a prendere consapevolezza della differenza che c'era tra loro due. La sua pelle, quando dilaniata, tornava sempre uguale. Non esistevano cicatrici  nel mondo di Priscilla la bambina di carta. Qualche volta ammetteva di averla odiata quella cicatrice: era come una bandiera sempre alzata a indicare cosa fosse umano e cosa no, a calciarla via, a renderla diversa e lontana. Poi le era stato messo il simbolo di Fairy Tail sulla mano.
Quello era l'unico segno che le fosse sempre rimasto, l’unico che la sua pelle non avesse cancellato per rigenerare l'idea primordiale di una bambina di carta di Ivan. Il simbolo di Fairy Tail era l'unica cosa che l'aveva per prima volta coinvolta nel loro mondo, resa parte di loro, resa uguale a lui. 
Essere come lui. 
Per quanto tempo aveva portato quel sogno nel petto? Come uno scrigno prezioso, l'apriva solo quando si sentiva sicura, quando non c'era nessuno nei paraggi ad osservarla. Essere umana, essere come lui, sarebbe stata la realizzazione del più grande dei sogni. Si era accontentata, si era accontentata per tanto tempo accettando di essere chiamata sorella perché era la cosa che più di altre le permetteva di avvicinarlo. Aveva accettato di essere membro di Fairy Tail perché anche quello era un velo che poteva indossare per sentirsi parte del suo mondo, per sentirsi come lui, ma era come una maschera a carnevale. Però l'aveva accettato, si era accontentata per tanto tempo. Essere sua sorella, essere sua compagna di gilda, essere sua partner... bastava davvero, lo era sempre stato, anche se mai aveva dimenticato.
"Wendy è la persona che cerchi. La sua magia curativa può realizzare il tuo sogno" Wendy poteva curarla da quel corpo fittizio di meccanismi magici pre-costruiti, poteva curare la sua pelle, liberarla dal suo incantesimo, addirittura renderla umana al cento per cento curando i suoi organi, i suoi processi biologici, rendendoli veri come quelli di qualunque essere vivente. Poteva farlo, anche se probabilmente aveva bisogno di diventare più potente di quanto lo fosse al momento, ma era una vana speranza.
"La sua magia può anche ucciderti" rompere il collegamento, rompere la magia, avrebbe quasi certamente fermato i suoi processi biologici anziché "curarli dalla maledizione della magia". Eppure c'era stato un momento della sua vita in cui avrebbe accettato anche la morte, purché avesse potuto anche solo per un istante sentire di potersi presentare di fronte a lui come un vero essere umano. Un duro compromesso, la morte in cambio di una sensazione sfuggevole di dignità, appartenenza, uguaglianza... la sfuggevole speranza di essere degna di poter provare quei sentimenti e non sentirsi una sciocca, manipolata da una finta illusione di vita. Quei sentimenti erano reali? Aveva imparato a mangiare, aveva imparato a dormire, perché gli era stato insegnato e ordinato di farlo. Aveva imparato ad amare, perché gli era stato ordinato di farlo. Aveva imparato a piangere perché anche quello le era stato insegnato. Niente di tutto quello che faceva o provava era naturale, era vero, ma tutto nasceva da un meccanismo di adattamento e apprendimento. Era solo una macchina... 
Quale futuro avrebbe mai potuto sognare una come lei?
Sarebbe persino morta prima di tutti gli altri, nell'istante in cui suo padre sarebbe stato troppo vecchio per continuare a donarle il miracolo della vita. Ma stare lì, in quel letto, sotto al possente braccio di Laxus, vicino al suo viso tanto da poter sentire il suo respiro accarezzarle una guancia. Persino per una macchina come lei quell'assaggio di felicità era consentito averla. E le bastava, le bastava davvero. Avrebbe sì potuto scegliere la via della liberazione, chiedere a Wendy di ucciderla e renderla umana anche solo per un breve istante, ma poteva anche scegliere di accontentarsi. Indossare quella maschera per poter avere piccoli assaggi, fino a quando ne avrebbe avuto la possibilità. Poter sentire il suo respiro sulla pelle. Lo aveva fatto per anni, aveva già accettato il compromesso nell'istante in cui, dopo avergli promesso di aspettarlo, aveva poi scelto di non chiedere a Wendy di liberarla. Per non ferirla, prima di tutto, la bambina sarebbe potuta morire dai sensi di colpa per quel genere di compromesso, ma soprattutto perché alla fine aveva accettato di vivere la sua vita a modo suo, ma pur sempre viverla! Sorridere, festeggiare, persino piangere... era tutto così bello per rinunciarvi. 
Ma allora, perché proprio in un momento come quello, all'apice della gioia potendo di nuovo stare al suo fianco, tornava a provare quelle contrastanti sensazioni?
Perché proprio in un momento come quello tornava a ripensare al suo desiderio di umanità?
Qualcosa bruciava nel suo petto, era infernale, faceva davvero un gran male. E più osservava il volto dell’uomo che aveva a fianco, serenamente rilassato e abbandonato alla debolezza del sonno, più il fuoco dentro lei cresceva e ardeva. E per una bambina fatta di carta il fuoco era il peggior nemico. La consumava, rapidamente e violentemente. Poté sentire il suo calore raggiungere addirittura il viso, bruciare nella gola e scaldarle le guance. Il petto sembrava essersi fatto tanto sottile, consumato dal bruciante dolore, che aveva la sensazione che il cuore battendo meccanicamente stesse per sfondarlo, indebolito, e uscire all'esterno. Quel respiro sulla sua pelle... 
«Laxus...» un sussurro tanto delicato che persino lei stessa fece fatica a percepirlo. Osservò la sua reazione, come sempre faceva, assicurandosi della pesantezza del suo sonno. Non doveva sentirla, non doveva realmente sentirla. «Posso restare per sempre con te?» 
E come nei ventun'anni precedenti, non ricevette risposta. Non la riceveva mai, ma era proprio quello il motivo per il quale faceva quella domanda solo quando lui non poteva sentirla. Per non avere una risposta. Non voleva sentirla, perché nel profondo già la conosceva.
No, non poteva restare per sempre con lui. Perché lei non era umana, perché lui avrebbe vissuto la sua vita, un giorno si sarebbe allontanato insieme ad un'altra famiglia e lei avrebbe dovuto fare un passo indietro. Era cresciuto, erano entrambi cresciuti, ma era innegabile la differenza dei loro mondi. Gli umani crescendo si evolvevano, si trasformavano, tutto sarebbe cambiato. Una nuova casa, una nuova famiglia, una nuova vita, magari in un nuovo paese. Mentre lei sarebbe per sempre rimasta Priscilla... la bambina di carta. 
Lui non poteva rispondere e lei avrebbe così avuto la speranza di poterlo ancora sognare, di poterglielo chiedere ancora, e ancora, fino a quando non sarebbe arrivata alla fine dei suoi giorni senza mai doversi realmente scontrare con quella dura realtà. 
Sollevò delicatamente il braccio di Laxus, usando il suo vento poteva evitare di muoversi troppo e rischiare di svegliarlo. Sgusciò fuori dalle coperte, riprese le sue cose in silenzio e infine volò via esattamente come era arrivata. C'era solo un posto dove poteva accettare di essere se stessa, senza preoccuparsi del futuro, perché lì tutto sarebbe stato immutato. Un luogo che sembrava una dimensione parallela dove ogni realtà cadeva, schiacciata dall'alcol, dal cibo, dai giochi e dai balli. La porta di un mondo incantato, il mondo delle fate.
Raggiunse Fairy Tail e già quando vide l'insegna, poco lontano, cominciò a sentirsi meglio. Entrò nella gilda che era tornata a sorridere, allegra, come se niente fosse appena successo. Aprì la porta e alzò una mano, pronta a salutare, ma un vero e proprio uragano la travolse. Non capì assolutamente niente di quanto stesse accadendo, ma quando tornò ad avere facoltà mentali adeguati a comprendere la situazione si ritrovò a essere trascinata per il collo della maglia da un Natsu in piena corsa olimpica. Di fianco a lui Gray correva con altrettanta enfasi, urlando per darsi la carica, e nessuno dei due parve dare molto importanza a una Priscilla che strisciava alle loro spalle lungo la strada, colpendo talvolta sassi che non erano proprio un buon piacere per la schiena.
«Ma che succede?!» gridò terrorizzata.
«Hanno aperto dei nuovi bagno pubblici in città, dicono siano eccezionali!» spiegò Gray vicino a lei.
«Arriverò prima di Gray, sicuro!» ruggì Natsu, accellerando la corsa.
«Aspetta, ma che c'entro io?!» ruggì ancora Priscilla, sentendosi ben intrappolata dalla mano ferrea di Natsu. Lui si voltò e le rivolse un gioioso sorriso, allegro e innocente, dicendo: «Sembravi giù di morale in questi giorni. Vieni con noi, così ti sentirai meglio!»
Fairy Tail era un luogo magico, un mondo incantato di fate e di draghi, dove ogni realtà perdeva di significato di fronte alla meraviglia di quella famiglia e la felicità dei giorni che scorrevano al loro interno. Era come le storie dei libri che Laxus le leggeva ad alta voce, dove a tutti era permesso avere un lieto fine. Persino a una macchina, creata per essere solo un'arma, che accidentalmente aveva persino imparato ad amare e avere dei sogni. Non aveva nemmeno messo piede al suo interno, che quell'incantesimo aveva già cominciato a funzionare. Natsu, tra tutti, era forse il più incredibile nel fare quelle magie. Sorrise, felice e intenerita dalla sua comprensione e dal suo gesto volto ad aiutarla, e annuì, acconsentendo alla sua proposta.
«Però ora potresti anche lasciarmi andare!!!!» urlò all'ennesimo sasso che le colpì la schiena. 
«Siamo quasi arrivati, resisti!» incalzò Natsu.
«Perché mai dovrei resistere?! Lasciami! Posso camminare da sola! Aiutoooo».


Natsu e Gray arrivarono insieme all'ingresso dei bagni pubblici e naturalmente cominciarono a litigare e picchiarsi, in contrasto su chi fosse arrivato prima. Priscilla, stesa a terra di fianco a loro, sembrava invece essere pronta a stendere il proprio testamento. La schiena le avrebbe fatto male per giorni per colpa di quella follia in cui era caduta vittima. Fecero in tempo ad arrivare anche gli altri che Natsu e Gray erano sempre lì, impegnati a litigare. 
«Oh, c'è anche Priscilla» osservò Lucy, vedendola stesa a terra, con la testa poggiata al muro della struttura. 
«Quando è arrivata?» Chiese Charle, volando verso l'interno dei bagni. 
«Chissà, magari l'hanno incrociata per strada» sorrise Mirajane, entrando dietro le sue amiche.
«Io... ero... davanti... alla... gilda» biascicò Priscilla, troppo moribonda per riuscire anche solo a seguirle. 
«Ohy ohy, guarda chi si vede!» scoppiò a ridere Cana, inginocchiandosi vicino a lei e dandole violente pacche sulla schiena.
«Natsu, Gray, cercate di non farci cacciare. Sembra un buon posto» disse Fried, superandoli ed entrando insieme al resto dei Raijinshuu.
«Come un uomo!» ruggì Elfman, dietro di loro.
«Sei consapevole di avere dei problemi con questo tic, vero?» chiese Evergreen, guardando di traverso l'uomo al suo fianco. 
«Priscilla-nee» mormorò Wendy, inginocchiandosi vicino alla ragazza dall'altro lato. «Hai bisogno di aiuto?»
«L'acqua calda del bagno la sveglierà e le farà passare la sbornia» disse Cana, afferrandola per un piede e trascinandola all'interno dei bagni pubblici.
«Io sono sobria» piagnucolò Priscilla, incapace di lottare ancora e lasciandosi trascinare come una bambola fino agli spogliatoi. 
Riuscì fortunatamente a trovare la forza di spogliarsi per conto suo e infine, tornando lentamente in sé, raggiunse il resto delle sue amiche all'enorme vasca nella sezione femminile. Si tuffò, urlando gioiosa e schizzando acqua ovunque, per poi accasciarsi e rilassarsi per il torpore e il benessere che quel calore le dava sulla pelle. 
«Che meraviglia» mormorò appoggiandosi al bordo della vasca con le braccia e poggiandoci la testa sopra. Erza si sistemò al suo fianco ed entrambe a occhi chiusi si lasciarono andare per lunghi minuti solo a sospiri rilassati. 
«Per un attimo sull'isola di Tenrou ho avuto davvero paura che non avessimo più potuto vivere momenti come questi» disse Lucy, altrettanto rilassata.
«L'isola di Tenrou ci ha messo tutti a dura prova, ma per fortuna siamo riusciti a tornare indietro sani e salvi» disse Erza. 
«Anche se con un sacco di problemi» commentò Levy.
«Non ho più i miei risparmi» piagnucolò Wendy. 
«E abbiamo sette anni di arretrato sull'affitto» disse Charle. 
«La gilda è veramente in condizioni pessime, ci vorrà un sacco di lavoro per sistemare tutti i debiti e ridare un po' di luce al nome di Fairy Tail» sospirò Evergreen.
«Spariamo noi per un po' e loro si ritrovano allo sfascio, chi pensava di essere così fondamentali» mormorò Priscilla, sghignazzando.
«Alla fine eravamo tutti lì per sostenere o aiutare con l'esame di classe S, eravamo i migliori, penso sia normale» disse Evergreen.
«Poveracci quanto hanno dovuto patire in queste sette anni» sospirò Lisanna, dispiaciuta.
«Sapete niente di quella gilda che minacciava Macao per il prestito?» chiese Priscilla, curiosa. 
«Pare che il master abbia intenzione di andare a fare due chiacchiere con loro... se capisci che intendo» rispose Levy.
«Ha chiesto a me e Erza di andare a dare man forte» sorrise innocentemente Mirajane e bastò quello a far capire dove sicuramente sarebbero finiti quel giorno. 
«Poveri loro, non vorrei essere nei loro panni» sospirò Priscilla, cercando di immagine l'apocalisse che un Makarov, Erza e Mirajane avrebbero potuto scatenare insieme.
«Perciò il master... cioè Makarov-san, ha intenzione di riprendersi il posto di Master? Che dice Macao?» chiese Erza, voltandosi verso Bisca. 
«Pare che per il momento Macao manterrà il posto per un po', per il volere di Makarov» rispose Bisca.
«Il nonno non ne può proprio più di essere a capo di questa mandria di pazzi» ridacchiò Priscilla.
«Gli abbiamo dato un bel po' di grattacapi, è vero» rise Lucy, ondeggiando con i piedi nell'acqua. 
«Probabilmente ha solo bisogno di tempo per sistemare un po' di cose, prima» disse Erza, guardando Priscilla che tirava indietro la schiena per stirarla.
«Mio dio, ho la schiena a pezzi. Stupido Natsu, mi ha distrutta» brontolò, tirandosela più che poté. Quasi non terminò la frase che sentì un peso piombarle addosso e un paio di mani cominciare a palparla ovunque e non solo sulla schiena dove aveva lamentato dolore.
«Se vuoi posso farti un bel massaggio, Pricchan» ridacchiò Cana.
«Cana!» sussultò Priscilla, urlando il suo nome. 
«Poi andiamo a farci un goccetto insieme» sorrise la donna, continuando a toccarla. 
«Lontana da me, demone tentatore!» ruggì Priscilla, piantandole le mani al petto e cominciando a spingerla per allontanarla. 
«Si dev'essere divertita molto insieme a Priscilla, l'altra notte, se le chiede di bere insieme di nuovo» ridacchiò Lucy.
«Cana-san devi sentirti molto sola, vero?» ridacchiò Wendy mentre Mirajane al suo fianco cercava insieme a Lisanna di convincere Lluvia a uscire da dietro una colonna e unirsi a loro. 
«Dai, Pricchan, facciamoci un'altra bella nottata insieme! Raccontami tutti i tuoi problemi di cuore, Cana-nee è pronta ad ascoltarli» insisté Cana aumentando le palpate al seno.
«Problemi di cuore?» sobbalzò Priscilla, confusa ma soprattutto molto imbarazzata. Di quali problemi parlava? Quando mai le aveva raccontato i suoi problemi di cuore?
«Parli di Bickslow? Sono molto curiosa anche io di saperne qualcosa» sorrise Lisanna, avvicinandosi alle due. 
«Bickslow?!» urlò Priscilla, sempre più rossa in volto. «Io ti avrei parlato di Bickslow? Aspetta... cosa ho detto di preciso?» si alzò in piedi, tesa come una corda di violino. Perché diamine non riusciva a ricordare niente di tutto quello?
«Eh?» storse il naso Cana, ancora seduta praticamente sotto di lei. «Non mi hai mai parlato di Bickslow. Perché? C'è qualcosa che devo sapere?» sghignazzò poi, eccitata all'idea del pettegolezzo. 
«Ma come? Non stanno insieme quei due?» chiese Lisanna, non capendo.
«Credo sia un fraintendimento» ridacchiò Lucy, che già conosceva quella storia. 
«Chi è stato a dire una tale fesseria?!» ruggì Priscilla, furibonda. 
«Ma non ha chiesto a tuo fratello se poteva sposarti, sull'isola di Tenrou?» insisté Lisanna, sempre più confusa.
«Spo-spo-spo...» tentò di balbettare Erza, in preda a un rossore tale che sarebbe potuta esplodere da un momento a un altro.
«Hai assistito a quella scena» piagnucolò Priscilla, accasciandosi di nuovo e tornando a immergersi in acqua. «Sono condannata, non me ne libererò mai».
«Quindi davvero non c'è del tenero tra voi?» chiese Lisanna, sorpresa.
«Credo che Priscilla-nee non abbia interesse in Bickslow-san, cerca sempre di evitarlo» ridacchiò Wendy, tentando di difenderla.
«Posso confermare, Bickslow non ha l'attenzione della nostra Pricchan» sghignazzò Evergreen, seduta su uno scalino. Tenendo immersi solo i piedi, si sventolò col suo ventaglio con fare superiore, come di chi la sapeva lunga.
«Ti sei portata dentro il ventaglio?!» sussultò Lucy, spalancando gli occhi. 
«È solo un pervertito» mormorò Priscilla con metà volto immerso nell'acqua, cosa che rese estremamente difficile parlare e alla fine tutto ciò che le altre compresero fu in realtà una serie di «Blu-blur-blu-blblbl».
«Che peccato e io che speravo in qualche pettegolezzo vecchio stile» sospirò Bisca, portandosi una mano alla guancia. 
«In effetti Priscilla è l'unica che non si è mai trovata in mezzo a qualche flirt all'interno della gilda prima dell'ultimo periodo, è normale che siamo tutti curiosi» disse candidamente Mirajane.
«Se non consideriamo Wendy, visto che è ancora troppo piccola per queste cose» annuì Lisanna.
«Che significa?» chiese Lucy, sorpresa. «Anche io non mi sono mai trovat-»
«Natsu!» la interruppero in coro praticamente tutte.
«Quando mai?!» urlò lei, sconvolta. 
«Quindi tutte quante avete avuto dei flirt?» chiese Wendy, curiosa. «Anche tu, Mira-chan?»
«Mirajane è la stella di Fairy Tail, non c'è uomo che non ci abbia provato con lei. Volente o nolente si trovava sempre coinvolta in qualcosa» annuì Bisca.
«Beh, Bisca si è sposata alla fine» disse Lisanna. «E Lluvia corre ovviamente dietro a Gray, penso che l'abbiano capito persino i sassi».
«Erza ha quella drammatica storia d'amore con quel suo amico d'infanzia, quel Gerard» sospirò Mirajane, trasognante e dispiaciuta come si trovasse di fronte a un film romantico dal finale straziante.
«Chi te lo ha detto?» balbettò Erza, rossa in volto tanto da far invidia ai suoi capelli.
«Levy ha Jet e Droy che le corrono dietro praticamente da quando l'hanno vista la prima volta» disse Bisca. 
«Ma no, siamo solo compagni» ridacchiò Levy, beccandosi una serie di «Figurati!» per niente convinti. 
«Ecco un bel pettegolezzo!» esclamò Cana, alzando un dito, maligna. «Pare che negli ultimi tempi si sia aggiunto un terzo contendente per la bella letterata della gilda. E forse ha addirittura qualche chance!» ridacchiò.
«Davvero? Chi?» chiese Lucy, spalancando gli occhi.
«Ma cosa dici!» urlò Levy, agitandosi tanto da schizzare acqua ovunque. «Non è assolutamente vero! Non c'è nessuno!»
«Chi è, Cana?» chiese Lisanna.
«Diccelo!» insisté Bisca e sorprendentemente anche Erza le si fece molto vicina, annuendo convinta, anche se ancora troppo imbarazzata per parlare. Le questioni d'amore la mettevano incredibilmente a disagio, più del normale, il che la rendeva tenera visto che di solito era quella forte e superiore a tutti.
«Non c'è nessuno! Piantatela subito!» urlò Levy, lanciandosi sul gruppo di ragazze e cercando di smuoverle fisicamente. «Vogliamo piuttosto parlare di Evergreen e Elfman, allora?» disse, sperando così di depistare l'attenzione su altro.
«Eh?!» urlarono praticamente tutte, voltando lo sguardo a una pietrificata Evergreen. 
«Non ho la più pallida idea di quali siano le vostre idee e comunque non mi abbasso a fare certi discorsi con voi» sventolò lei, sempre altezzosa.
«Ma se finora sembravi interessatissima!» la riprese Lucy.
«Persino Cana ha avuto una mezzo storia con Macao» ridacchiò Mirajane, divertita.
«Quel vecchio bacucco!» sobbalzò Priscilla, uscendo finalmente con la faccia da sotto l'acqua. 
«È stato molto tempo fa» sospirò Cana. 
«Ma è molto più grande di te! Ha persino un figlio!» insisté Priscilla, sempre più sconvolta. 
«Te l'ho detto, si parla del passato» disse Cana, per niente imbarazzata di parlare di quella questione, al contrario di tutte.
«Smettetela di parlare di quanto sia sexy Gray-sama! Lui appartiene solo a Lluvia!» intervenne infine Lluvia, sbracciandosi e lanciandosi in acqua pronta a combattere se necessario.
«Chi è che esattamente parlava di Gray?» mormorò Lucy, non capendo l'intervento di Lluvia. Ma probabilmente solo il fatto che si parlasse di flirt, pettegolezzi e storie d'amore l'avevano mandata in tilt abbastanza da non farle capire più quale fosse l'argomento. 
«E tu Lisanna?» chiese Wendy, sempre più curiosa. 
«Sono mancata a lungo, datemi tempo di riambientarmi e magari qualche pensierino posso cominciare a farlo anche io» disse lei, portandosi una mano alla guancia. 
«Per come ne parli, sembra che tu non aspetti altro» ridacchiò Lucy.
«Quale ragazza non sogna il principe azzurro?» si giustificò lei.
«Blu-blur-blu-blblbl» disse Priscilla, con la testa di nuovo parzialmente infilata sott'acqua e lo sguardo frustrato per qualche motivo.
«Se te ne stai lì sotto non capiamo cosa dici, Pricchan» le disse Cana.
«Blblblurlurlur-blbl-blu-blr» insisté Priscilla, sempre più irritata, e Cana ci rinunciò a cercare di capire cosa stesse cercando di comunicare. 
«Lluvia sogna Gray-sama tutte le notti» sospirò Lluvia, ondeggiando per l'emozione. 
«Chissà perché me lo aspettavo» ridacchiò Lucy e Lluvia la fulminò con una tale intensità che nonostante il calore della stanza Lucy cominciò a tremare. «È perché lo trovi sexy anche tu, vero? Rivale in amore!» ruggì come un animale. 
«Hai frainteso» balbettò Lucy, intimorita e scoraggiata all'idea di far capire a Lluvia quale fosse il suo ruolo.
«A Lucy piace Natsu, non Gray» disse candidamente Mirajane. 
«Non è vero!» urlò Lucy, rossa in volto. 
«Lui ti pppppiace» intervenne Happy, a bordo vasca.
«E tu cosa ci fai qui?! È il bagno delle donne!» urlò Lucy sempre di più, al limite dell'esasperazione. 
«Io sono un gatto» rispose lui candidamente.
«Quando c'è questo gioco Happy è sempre presente, è bravo a dirigere la situazione» annuì Erza, per niente sorpresa della sua presenza.
«Giochi?» chiese Lucy.
«A Fairy Hills, il dormitorio femminile. Ci riuniamo qualche volta e spettegoliamo, Happy riesce a tenere in ordine tutte quante e trovare un buon filo conduttore» spiegò Levy.
«Da poco ho iniziato a prenderne parte anche io» sorrise Wendy. «È divertente, una bella serata solo tra ragazze. Anche ieri sera ci abbiamo riprovato, ma non tutte potevano. Cana e Priscilla, ad esempio, erano fuori a bere insieme».
«Io non ero con Priscilla» disse Cana, sorpresa di essere stata presa in considerazione in quel fraintendimento. Per quanto potesse sembrare una cosa innocente, calò lo stesso il silenzio tra tutte quante. Per qualche motivo si erano convinte che le due fossero state di nuovo insieme, proprio come la sera prima, e scoprire che invece non era così era una sorpresa.
«Sei mancata tutta la notte...» mormorò Wendy, pensierosa, assottigliando ancora di più quel silenzio. Lei poteva confermarlo con precisione, visto che le due avevano deciso di condividere la stanza per dimezzare la spesa dell'affitto e permetterle di risparmiare maggiormente. Priscilla era stata fuori tutta la notte, da sola... o forse no? Magari erano i discorsi in cui erano appena cadute a far loro pensare, a farle emozionare inutilmente, ma inevitabilmente cominciarono a pensare ad ogni eventualità...e in tutte quelle c'era qualche ragazzo di mezzo, per qualche strano motivo. Forse Leon, dopo essersi ritrovati dopo sette anni di lontananza? O quello stesso Bickslow che diceva non interessarle? O magari c'era qualcun altro? Qualcuno di insospettato? Warren? Gray? Natsu? Gajeel? Nab? Fried?
«Sei stata con Gray-sama?» ringhiò Lluvia, pronta a saltarle al collo.
«Ma di che parli?» chiese Priscilla, immune a quell'atmosfera improvvisamente pregna di eccitazione ed interesse. Si alzò e si avvicinò al bordo della vasca, per potersi sedere e strofinare un po' la pelle con una spugna. «Ho passato la notte da Laxus» disse tranquillamente, senza notare l'effetto che fece quella frase sull'intero plotone di ragazze emozionate e nel pieno dei sentimenti romantici. Occhi spalancati, bocche schiuse, guance arrossate. C'era sorpresa e c'era soprattutto emozione di fronte a quell'assurda, eppure stranamente accettabile, idea che i due non avessero solo dormito. Evergreen solamente non si unì al loro sentimento, ma semplicemente rese il suo sguardo ancora più affilato, sorrise sogghignante e si sventolò più rapidamente. 
«Oh-oh!» urlò Cana, lanciandosi su di lei con tale foga da spingerla. Priscilla, lottando anche contro l'acqua fino alle cosce, perse l'equilibrio, cadde in avanti, scivolò sul fondo della vasca e con un urlo atterrò di faccia sul bordo della piscina lasciandoci su una piccola pozza di sangue uscitole dal naso colpito.
«Priscilla-nee!» chiamò Wendy, spaventata nel vederla ferita.
«Sei impazzita, Can-» urlò Priscilla, rialzandosi e voltandosi verso di lei, pronta a sbranarla, ma le parole le morirono in gola. Cana, Lisanna, Evergreen, Erza e Bisca erano in cerchio praticamente sopra di lei. La sovrastavano con la loro possente ombra, rinchiusa in un circolo della morte, sentiva i loro sguardi acuminati penetrarla e incatenarla. 
«Devi raccontarci ogni cosa» ruggirono come mostri assetati di sangue, chiudendosi su di lei e allungando le mani per bloccarla e impedirle di fuggire. 
«Sono le regole del gioco, non puoi tralasciare nemmeno un dettaglio» aggiunse Erza.
«A-aspettate...» balbettò Priscilla, rannicchiandosi e schiacciandosi contro la parete della piscina. «Possiamo parlarne. Un moment-blubblblblbrbrublu» si reimmerse completamente, nella speranza che l'acqua avesse potuto probabilmente scioglierla e salvarla da quella situazione. Ma le cinque l'afferrarono e la tirarono di nuovo su, trascinandola poi al centro della vasca dove la fecero sedere, immersa fino al petto, e la circondarono. 
«Voglio andare a casa» mormorò imbarazzata ed agitata da quella situazione che sembrava essere la sentenza di un condannato a morte.
«Non prima di aver sputato il rospo» decretò Cana.
«E bada bene a dire tutta la verità! Altrimenti per te, come da regolamento, ci sarà una severa punizione!» insisté Erza, puntandole un dito contro ed ergendosi come un generale.
«Ma di quale regolamento parli?» piagnucolò Priscilla. 
«Prima domanda!» annunciò Lisanna, alzando l'indice. «Quando sei andata da lui?»
«Ieri sera, appena dopo il tramonto. Subito dopo aver chiesto a Fried l'indirizzo del suo hotel» rispose Priscilla atona e scocciata. Non capiva tutta l'importanza data a quell'evento, ed era proprio quello il motivo che la spingeva a rispondere con tranquillità. Cosa c'era di sconvolgente nel fatto che fosse stata con suo fratello?
«Seconda domanda!» disse Bisca. «Perché sei andata da lui?»
«Volevo parlargli» borbottò Priscilla, sempre più immusonita e rannicchiata in se stessa.
«Di cosa?» incalzò Lisanna.
«Sono affari miei» mormorò Priscilla, infastidita all'idea di dover rivelare loro quel dettaglio. Con una rapidità inaudita Erza fece scattare la propria mano verso di lei, gridando: «Punizione!» e nonostante si trovasse sott'acqua riuscì comunque a colpirle il sedere con uno schiaffo schioccante. Priscilla si irrigidì e urlò, forse per lo spavento o forse per il dolore, o forse entrambe le cose.
«Erza!» sobbalzò Lucy.
«Erza-san stai esagerando» mormorò Wendy.
«Suvvia Priscilla» si unì Mirajane, con il solito tono innocente e vagamente preoccupato. «Cerca di non ribellarti troppo, per il tuo bene» e stranamente il tono sembrò molto meno rassicurante e più minaccioso di quanto si fossero aspettate.
«Mira-san fai paura!» pigolò Wendy.
«Alla fine è interessata anche lei!» sobbalzò Lucy, sconvolta quanto la ragazzina. 
«Voi...» blabettò Lluvia, rossa in volto, emergendo come un mostro marino di fianco a Cana. «Voi... avete...»
«Lluvia vuole fare una domanda» osservò Bisca, sorpresa e felice che anche lei si fosse unita.
«Acconsentito!» sentenziò Erza, severa. 
«Cosa sei? Un giudice?» chiese Lucy continuando a sentirsi a disagio per la povera Priscilla che si era ritrovata in mezzo a quella follia. 
«Voi... il letto... avete...» continuò a balbettare Lluvia, stringendosi in se stessa e ondeggiando sempre più imbarazzata.
«Credo voglia chiedere se avete condiviso il letto» suggerì Lisanna e Erza rossa come un peperone urlò: «Ottima domanda, Lluvia-chan!» 
Priscilla a sopracciglia aggrottate le squadrò, corrucciata e rannicchiata nelle sue stesse spalle. Voleva sparire, ma sapeva che in qualunque posto avesse provato a infilarsi quella pazza di Erza l'avrebbe scovata e magari sculacciata ancora. 
«Abbiamo dormito insieme» confessò, malvolentieri.
«Oh mio dio!» strillò Lucy, sentendosi stranamente coinvolta. Erza perse per un attimo i sensi e cadde all'indietro, tanto rossa da far preoccupare le sue amiche. Lluvia si portò le mani al voltò e completamente su di giri iniziò a roteare su se stessa urlando: «Un amore incestuoso!»
«Ma che diavolo vi siete messe in testa! Siete impazzite?» gridò Priscilla, rossa in volto. Cana si alzò improvvisamente in piedi, sollevando l'acqua tutta intorno e si puntò le mani ai fianchi, guardandola con severità dall'alto al basso.
«Lo hai picchiato?» chiese seria.
«Eh?» mormorò Lucy, chiedendosi se stesse puntando nella direzione del sadomaso. 
«P-picchiato?» balbettò Priscilla, altrettanto confusa ma meno esagitata. Qualcosa le aveva dato una strana sensazione, forse lo sguardo deciso di Cana , forse il suo tono, ma sentiva che quella domanda era abbastanza sconnessa a quell'assurdo gioco che stavano facendo e aveva qualcosa di importante.
«Sì» insisté Cana, sempre più decisa. «Lo hai picchiato?»
E una finestra si aprì improvvisamente in quella parete buia dei ricordi che aveva della sera in cui si era ubriaca insieme a lei. La sua voce, la voce di Cana che furiosa cercava di darle la motivazione a reagire a un dolore che già conosceva.
"Basta essere la fanciulla in pericolo che aspetta il principe azzurro, sei una donna ormai, se vuoi qualcosa... te lo prendi! Anche con la forza se necessario!"
Abbassò gli occhi, corrucciata e strinse tra loro le dita ora nervose. 
"Laxus..."
Quello che voleva.
"Io... io voglio..."
Arrossì, ma non per l'imbarazzo ma per il dolore, la tristezza e tutte le emozioni che arrivavano nel ripensare a ciò che la sera prima aveva provato a tutti i costi a riprendersi. A ciò che aveva provato quella mattina, a quel primitivo sogno che si era di nuovo risvegliato in lei. 
A ciò che non era ancora una volta riuscita a dire ad alta voce.
"Posso restare per sempre con te?"
Si alzò, improvvisamente cupa in volto, colta da una tristezza che avrebbe potuto farla scoppiare a piangere da un momento a un altro. Si voltò e, ignorando le ragazze intorno a lei, camminò decisa, lontana, verso l'uscita, mormorando semplicemente: «Non ho più voglia di giocare, ora».
«Pricchan...» mormorò Lucy, dispiaciuta nel vederla improvvisamente così diversa, così triste. 
Cana spostò tanta di quell'acqua muovendosi verso di lei che fece lo stesso rumore di uno tsunami e con la stessa foga la prese per un polso e la costrinse a voltarsi. Una mano dietro la nuca, l'altra dietro le spalle e la strinse in un abbraccio. Caldo, amichevole, confortante, niente a che vedere con le sculacciate di Erza sicuramente, eppure non meno stimolanti nel convincerla ad arrendersi a loro e fare ciò che volevano.
«Credi non sappia che significa avere accanto la persona più importante della tua vita e non riuscire a rivelargli i tuoi reali sentimenti perché non riesci a sentirti degna nemmeno di provarli?» le disse e la sentì sussultare, consapevole e colpita da quanto Cana fosse stata in grado di comprenderla. «Non ti senti all'altezza e per questo ti accontenti, ma restano lì, a macerare... e te lo dico per esperienza, possono portarti a commettere errori».
«So che stavi per lasciare la gilda perché non ti sentivi degna di essere la figlia di Gildarts» mormorò Priscilla, ammorbidita e consolata da quelle parole.
«Hai capito perfettamente» sorrise Cana. 
«Continuo a non capire cosa vi aspettiate da me» ridacchiò lei, sdrammatizzando. Non riusciva ancora a comprenderlo al cento per cento, era assurdo anche solo provare a pensarlo, ma nonostante questo il discorso di Cana l'aveva in qualche modo confortata. Cana ne sorrise, divertita e tornando anche un po' ghignante, ma più rilassata rispetto a prima.
«Siediti e ne parliamo tutte insieme» le disse, spingendola lentamente a rimettersi a mollo, con le spalle appoggiate al bordo della vasca.
«Lasciate fare a me» sospirò Evergreen camminandole incontro e mettendosi a sedere di fianco a lei, dall'altro lato rispetto a Cana. «Sono un'esperta quando si tratta di queste cose» sogghignò. «Vedi cara Pricchan, la natura ha fatto in modo che uomo e donna fossero sì due entità diverse ma comunque complementari...» cominciò a spiegare e Priscilla tagliò corto con un secco ed imbarazzato: «So come nascono i bambini, Ever».
«Chi te lo ha insegnato?!» sobbalzò Evergreen.
«Levy mi ha prestato qualche libro» disse guardando la ragazza che ora prendeva ad agitarsi e rossa in volto diceva: «È solo a scopo scientifico ed informativo! Non leggo certo romanzi a luci rosse io!»
«Sei una piccola porcellina, Levy-chan» sghignazzò Lucy, facendola urlare per l'imbarazzo una serie di: «No!»
«Credo che vi siete fatti un'idea totalmente sbagliata, ho capito dove volete arrivare. Io e Laxus siamo fratelli» disse Priscilla e Lluvia sussultò di nuovo, con le guance color pomodoro, portandosi le mani al viso e iniziò a roteare urlando: «Amore incestuoso!»
«Piantala!» abbaiò Priscilla. 
«Sei la prima che tutte le volte ribadisce che non avete nessun tipo di legame di sangue!» disse Lucy, dando corda all'idea delle ragazze intorno a lei. «Non perdi mai occasione per ricordare a tutti che chiami Ivan "papà" solo perché è la parola che più gli si addice in quanto tuo creatore, ma che geneticamente non avete nessun legame».
«L'hai ripetuto anche due sere fa, mentre bevevi» asserì Cana.
«Quante cose ho detto quella sera, maledizione? Non riesco a ricordare!» si disperò Priscilla portandosi le mani ai capelli e Cana sogghignò con un: «Non puoi immaginare!» che la fece agitare ancora di più.
«Ciò non toglie che io e lui siamo cresciuti insieme» provò a insistere Priscilla.
«Anche Natsu e Lisanna sono cresciuti insieme eppure tra loro c'era del tenero» ridacchiò Mirajane. 
«Mira-nee! Era solo un gioco!» borbottò Lisanna, rossa in volto. 
«Io davvero non capisco come vi siate potute fare un'idea del genere» borbottò Priscilla, stringendosi nelle spalle. 
«"Ha dato un senso alla mia vita"» rispose repentina Cana, ripetendo le sue stesse parole di qualche sera prima.
«"È la ragione per la quale sono venuta al mondo"» si unì Erza.
«Quella è una ragione logica e veritiera non c'entra con i sentimenti!» tentò di difendersi Priscilla.
«"Se tu te ne vai, quale sarà il mio scopo di vita?"» si unì Lucy, ricordandosi di una delle frasi che lei gli aveva detto il giorno che Laxus era stato bandito.
«Hai origliato?!» ruggì Priscilla. 
«Ti piace il temporale! A nessuno piace il temporale!» si unì Wendy, contenta di trovare anche lei qualcosa per sostenere quella tesi. 
«Wendy! Anche tu!» piagnucolò Priscilla.
«Volevi ricomprare la casa dove avete vissuto da bambini» disse Charle.
«Davvero?» chiese Lucy, sorpresa.
«L'hai aspettato per quasi sei anni» disse Mirajane, portandosi una mano emozionata alle labbra. «Com'è romantico».
«Giustificavi ogni suo errore, non facevi che proteggerlo» annuì Bisca. 
«Basta guardare quanto ti brillano gli occhi quando lo vedi» esclamò Lisanna.
«Hai passato due giorni alla gilda a fissare la porta nella speranza di vederlo comparire» annuì Levy.
«Tutto questo non dimostra niente» bofonchiò Priscilla, rossa in volto, con la testa infossata nelle spalle.
«Hai detto che non ti importava niente dei capelli, ma non appena ho detto che a Laxus piacciono le ragazze con i capelli lunghi sei corsa dal parrucchiere» si unì Evergreen.
«Ever!» esclamò Priscilla, sconvolta per l'attenzione a quel particolare. 
Ma la cosa ancora più sconvolgente fu che lei non si fermò e continuò, come una mitragliatrice: «Ti raccontai di quella volta che Laxus puntò una ragazza in un bar e per tutta la notte non fece che raccontare le sue gesta e offrirle da bere, hai passato tutto il giorno a grugnire e prendertela col mondo intero, era evidente che eri gelosa. Ti chiesi una volta di provare a descrivermi quale sarebbe stato il tuo uomo ideale per gioco, mi hai dato la descrizione sputata di Laxus, compresa la "cicatrice sul viso perché rende un uomo figo". Chiesi a Levy se aveva qualche libro che parlava di storie d'amore tra familiari, qualche rapporto incestuoso, pare che tu non l'abbia ancora restituito. Devo andare avanti?» sghignazzò lei e Priscilla le urlò contro, tesa come non mai e sconvolta al limite: «Sei una vipera!»
«Dunque possiamo dire di essere arrivati tutti a una conclusione!» Happy si alzò in volo e batté un piccolo gong con aria solenne, come un piccolo giudice che non aveva fatto che ascoltare, imparziale. Poi si portò la zampetta alle labbra, increspò le sopracciglia e sghignazzante disse: «Lui ti ppppppppiace».
«blu-blublblb-brr-blr-bru» Priscilla si era di nuovo immersa parzialmente sott'acqua e faceva bollicine di dissenso. Incrociò le braccia al petto, offesa e irritata, e infine si immerse completamente tornando a blubrare sempre più sonoramente per trasmettere il suo disaccordo. Le sentì scoppiare a ridere, oltre il pelo dell'acqua, divertite dalla sua reazione che ovviamente confermava le loro teorie e la rendeva estremamente tenera nel suo imbarazzo.
Le lasciò fare, che altro poteva dire? A quale altra scusa poteva appigliarsi? Avevano torto, lo sapeva, la sua mente glielo urlava in tutti i modi. Non poteva essere vero, a lei non era concesso, un sentimento come l'amore non poteva esistere nel suo mondo. Anche fosse esistito, non poteva rivolgerlo a una persona così diversa da lei. Cosa poteva offrirgli? Un corpo fittizio, una macchina creata ad hoc, un'esistenza manipolata, una vita che non avrebbe potuto dargli niente e che comunque sarebbe morta molto prima di lui, lasciandolo solo. Lei non era umana...
E forse per quello aveva sempre desiderato così ardentemente diventarlo?
Diventare come lui.
La sensazione dell'acqua sulla pelle e tutti quei pensieri la portarono a riflettere anche sulla sera prima. Una scena, in particolare, che aveva trovato inspiegabile e che non riusciva a togliersi dalla testa. Quel batticuore e quel bruciore allo stomaco provato nel vedere Laxus sopra di lei, così vicino, nudo se non per un asciugamano intorno alla vita. Non era riuscita a spiegarsi quella paralisi, quel rossore sul volto, nonostante di libri a tema romantico ne avesse letti a bizzeffe. Sapeva cos'era, sapeva come funzionava, eppure non era riuscita a riconoscerla su di sé forse proprio perché non aveva voluto riconoscerla. Ma era così, era veramente così. In quel momento aveva provato la palpitazione tipica dell'innamoramento, affascinata dal suo corpo, ubriaca da quella vicinanza inaspettata e incredibilmente piacevole. Era davvero così? L'aveva da sempre chiamato fratello perché sapeva che quella era la massima aspirazione a cui poteva puntare. Fratello era ciò che la legava a lui maggiormente, il massimo a cui poteva ambire, e perciò era così legata a quell'appellativo ma lei per prima, Lucy aveva ragione, negava ogni sorta di parentela effettiva. Lo era davvero, lo ricordava quando da bambina averlo intorno non significasse niente. Aveva cominciato a provare quel primordiale sentimento di felicità e vita solo nell'istante in cui aveva scoperto il suo sorriso, solo nell'istante in cui lui le aveva regalato la magia di una carezza, il calore di un abbraccio, la presa ferrea della sua mano che si insinuava tra le proprie dita per afferrarla. Ricordava come da allora fosse diventato per lei una sorta di angelo, da seguire e con cui stare, per riuscire a raggiungere la felicità. Niente a che vedere con il vero sentimento di fratellanza, ma solo puro e ingenuo amore. 
"Che abbiano ragione?"

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Capitolo 40
*** Parfum ***


Parfum




«Priscilla-nee!» Wendy corse all'interno della gilda, sorridente e allegra, e cercò rapidamente la ragazza tra i presenti. Da quando la gilda era finita nel dimenticatoio e le finanze erano crollate avevano dovuto spostare la sede a una struttura decisamente più piccola, perciò era molto più semplice cercare qualcuno al suo interno. Infatti riuscì a trovarla subito, accasciata su di un tavolo, insieme ad Happy, Natsu, Gajeel ed Elfman. Tutti nella stessa identica posizione, con lo stesso sguardo rammaricato, depresso. 
«Priscilla-nee?» chiese, avvicinandosi. «Qualcosa non va?» si preoccupò. Ma né lei né gli altri sembravano essere in condizioni di rispondere e si limitarono solo a mormorare e bofonchiare.
«Hanno fatto una stupida scommessa» spiegò Lucy, seduta al tavolo di fianco. «Lei e Happy hanno scommesso su chi avrebbe resistito di più respirando la fiamma puzzolente di Romeo. Natsu e Gajeel l'hanno presa come una sfida e si sono uniti a loro... non so che ci faccia lì Elfman, a dire il vero» osservò poi, sorpresa di vedere anche lui nel circolo dei disgustati. Non aveva preso parte alla sfida, quando era arrivato?
«Non trovare lavoro è da uomo» mormorò lui, piagnucolante, spiegando così il motivo della sua partecipazione al tavolo degli pseudo-defunti. 
«Le cose vanno male» sospirò Lucy. «È difficile trovare qualche richiesta decente, effettivamente. Come possiamo pagare i debiti in questo modo?»
«A proposito!» saltò Wendy, ricordandosi il motivo per il quale era andata a cercarla. «Priscilla-nee, ho trovato un lavoro!»
«Eh?» chiese Lucy, spalancando gli occhi.
«Davvero?» si alzò Priscilla di scatto, dimenticando la nausea che aveva avuto fino a quel momento. 
«Possiamo venire anche noi?» chiese Lucy, bramosa di avere qualche soldo per sé.
«Mi dispiace Lucy-san, ma la paga è già abbastanza bassa così» mormorò Wendy, dispiaciuta. «Se andassimo in troppi, finiremmo con l'avere pochi spiccioli a testa, sarebbe abbastanza inutile».
«Cercatene uno tuo, come abbiamo fatto noi» la riprese Charle, con il solito tono altezzoso.
«Voi dividete persino l'affitto, avete metà delle spese che abbiamo noi, non è giusto» piagnucolò Lucy.
«Tuo padre ha pagato tutti i tuoi debiti, credi che non lo sappiamo?» la riprese Priscilla, facendola arrossire per l'imbarazzo. L'espressione si tirò in un triste sorriso, mormorando con malinconia: «È stata la sua ultima lettera prima di morire. Mi ha lasciato tutti i suoi risparmi per aiutarmi. Dopo quello che c'è stato tra noi, è incredibil-»
«Andiamo Wendy! Il lavoro ci aspetta!» la interruppe Priscilla, ignorando la sua nostalgia e prendendo la bambina per mano corse all'esterno mentre Lucy dietro le urlava piangente: «Ehy!!! Io vi stavo aprendo il mio cuore!!! Insensibili!»
«Pri...scilla... hai... visto? Ho... vinto... i... i...» balbettò Happy, moribondo, ancora sciolto sul tavolo.
«È andata via, Happy» cercò di dirgli Lucy e lui sussultando urlò: «Eh?! Non mi ha dato i soldi! Mi ha ingannato...» e di nuovo, verde in volto, si accasciò sul tavolo.
Ai margini di Magnolia, non troppo lontano dalla città, una famiglia aveva appena comprato una nuova casa. Era il giorno del trasloco, ma nessuno di loro aveva forza sufficiente a spostare ogni cosa sul camion per potersele portare via. Ecco il motivo della richiesta d'aiuto, anche se la paga era tanto bassa -visto il rango povero di quella famiglia- e tanto degradante che avevano potuto spedirla solo alle gilde di minore importanza. Fairy Tail fu la prima a rispondere, mandando loro due dei loro maghi migliori... per un triste lavoro sottopagato utile a raccimolare almeno qualche briciola.
«Beh, sempre meglio di niente» disse Charle volando all'esterno della casa con un vaso tra le zampe ed entrando nel furgone. 
«Da qualcosa dovremmo pur partire, no?» disse Wendy incoraggiante, portando tra le braccia uno scatolone pieno di libri. 
«Ho sopraffatto Nirvana, sconfitto gli Oracion Seis, ribaltato un'intera nazione, combattuto contro Grimoire Hearts...» disse Priscilla immobile fuori dalla porta di casa. A gambe e braccia incrociate, galleggiava a un metro da terra, mentre davanti a lei sfilavano scatoloni più grossi e interi mobili sollevati dal vento e diretti al camion. «Ero una delle candidate per diventare mago di classe S e ora mi riduco a fare i traslochi» piagnucolò, sentendosi umiliata.
«Da quando ti interessa la tua immagine come maga?» la rimproverò Charle. 
«Non mi interessa» mormorò lei, pensierosa. «In realtà penso che io abbia solo voglia di sfogarmi e prendermela con qualcosa».
«Almeno è onesta con se stessa» commentò Charle, volando all'interno della casa per prendere altri soprammobili ben imballati.
«Qualcosa ti turba, Priscilla-nee?» chiese Wendy, saltando giù dal camion e andando verso l'interno della casa per raccogliere un altro scatolone. 
«Sono stati quegli stupidi discorsi di ieri al bagno pubblico!» iniziò a sgambettare, strappandosi i capelli per il nervoso. 
«Ci stai ancora pensando?» chiese Charle.
«Penso che le ragazze volessero solo divertirsi un po', non prenderle troppo sul serio» provò a consolarla Wendy, ma Priscilla si immusonì maggiormente e abbaiò: «Erza mi ha sculacciata!»
«Già» ridacchiò Wendy, nervosa. «Forse ha esagerato un po'».
«Se te la sei presa tanto e continui a rimuginarci dopo ventiquattro ore chissà che però non abbiano colto nel segno» la provocò Charle, trovando bizzarro e interessante il fatto che ancora ci stesse riflettendo su. 
«Colto... nel segno?» balbettò Priscilla, cadendo in una specie di vortice oscuro fatto di parole e provocazioni. 
"Ti sei fatta crescere i capelli".
"Dici che ha dato un senso alla tua vita".
"Ti sei ingelosita quando ti ho raccontato di quella volta che provò ad attaccar bottone con una ragazza".
"Sei la prima che nega ogni rapporto di sangue con lui, dicendo che non siete proprio proprio fratelli".
"L'hai aspettato per quasi sei anni... com'è romantico".
"Lo proteggevi sempre, giustificando ogni suo errore".
"Un amore incestuoso!"
«Priscilla-nee!!!!» la richiamò Wendy, terrorizzata, strappandola con violenza dalla confusione che aveva in testa e che per qualche secondo le aveva addirittura annebbiato la coscienza. Si risvegliò dal suo incanto e guardò nella direzione della ragazzina, che l'aveva chiamata: era vicina al camion ormai praticamente distrutto, ribaltato e sovrastato da parte dei mobili di quella casa, che ancora uscivano dall'ingresso con la velocità di un uragano e gli si schiantavano addosso. Presa dai suoi pensieri turbolenti, anche la magia che stava usando era diventata improvvisamente turbolenta sparando letteralmente gli oggetti di quella famiglia contro il camion invece che poggiarceli delicatamente dentro. Non solo il camion era distrutto, ma anche tutte le loro cose cadevano ormai a pezzi. Priscilla urlò per lo spavento di quanto avesse appena combinato e interruppe il suo circolo d'aria all'istante, facendo crollare a terra quelli che ancora galleggiavano, finendo col distruggere anche loro. Pochi metri da lei i due figlioletti, di appena sette e tre anni, erano stesi a terra. Il maschietto, più grande, aveva salvato la più piccola dal crollo di un tavolo, spingendola via appena in tempo. Lei aveva le lacrime agli occhi, mentre sul volto di lui si stagliava uno sguardo fiero e preoccupato, come un vero eroe. 
«Grazie, onii-san» piagnucolò la bambina.
«È tutto a posto, ci sono qua io» provò a rassicurarla lui, abbracciandola per farla calmare. Un'ombra calò su di loro, facendogli venire i brividi. Era come trovarsi di fronte al mostro peggiore di tutti, con quello sguardo omicida e l'aura di un vero serial killer.
«Tanto quando crescerà ti abbandonerà, come fanno tutti gli uomini» gracchiò Priscilla come un demone appena uscito dall'inferno che sentenziava la loro condanna. I due bambini si abbracciarono ancora di più, terrorizzati, e dopo infiniti secondi passati a tremare di fronte a quella terrificante donna scoppiarono entrambi a piangere chiamando i propri genitori. 
Di fronte a quel pianto straziato Priscilla parve di nuovo tornare in sé e rendersi conto di ciò che aveva appena combinato. Li guardò estremamente imbarazzata e ridacchiò nervosa.
«Dai, scherzavo...» balbettò, provando a inginocchiarsi e avvicinarsi a loro. Ma i due bambini presero a urlare ancora di più, completamente avvolti dal terrore, e lei deglutì con preoccupazione e imbarazzo. Due piedi caddero pesanti al fianco dei due bambini, facendo sobbalzare Priscilla tanto che dovette indietreggiare con la schiena. Il padre e la madre di quei due bambini, nonché proprietari della casa praticamente distrutta, sembravano stessero ruggendo come animali tanto erano furiosi.
«M-mi dispiace» balbettò inutilmente Priscilla, ridacchiando nervosa. 
«Non dovevi dirle quelle cose, Charle» sussurrò Wendy, vicino alla gatta, che sobbalzò e urlò contrariata: «Come potevo immaginare che avrebbe perso così la testa?!»
Wendy e Priscilla rientrarono alla gilda non troppo tempo dopo, ma non servì chiedere loro come fosse andata la missione per scoprire che qualcosa era andato storto. Wendy era palesemente in imbarazzo, Charle furiosa e Priscilla ondeggiando si avvicinò a suo nonno con la faccia di un cadavere.
«Ohy! Priscilla! Com'è andata la tua prima missione dopo il nostro ritorno?» chiese Makarov, non notando, o forse non volendo notare, la sua espressione. Priscilla non rispose ma sospirando gli allungò un foglio che lui lesse rapidamente, incupendosi riga dopo riga.
«Dobbiamo al mandante cento mila Jewels di danno e si sono rifiutati di pagarti!» urlò Makarov, portandosi le mani alla testa per la disperazione e alzandosi in piedi.
«Mi dispiace» pianse Priscilla. 
«Per fortuna non sono più io il Master, ora» sospirò improvvisamente Makarov, tornato sereno così rapidamente da essere surreale, e allungò il foglio a Macao che sbiancò come un fantasma. 
«Il debito aumenta invece di diminuire, è una tragedia!» mormorò, accasciandosi a terra come un corpo privo di anima. 
«È praticamente un mese di affitto, ti rendi conto?!» ruggì Charle contro la ragazza che scoppiò a piangere come una bambina e biascicò: «Mi dispiace».
«Con sette anni di arretrati credo che un mese più o un mese meno non faccia molta differenza, alla fine» provò a difenderla Wendy.
«Mi dispiace» pianse ancora Priscilla.
«Smetti di difenderla sempre!» la rimproverò Charle.
«Mi dispiace!» continuò Priscilla come un disco rotto.
«Dobbiamo fare qualcosa per quel tuo problema, non c'è altra soluzione!» decretò infine Charle, puntando un dito contro Priscilla, e infine decise: «Andiamo da tuo fratello!»
Priscilla smise di piangere, anche se aveva ancora il viso ricoperto di lacrime e la faccia arrossata e inebetita. «Eh?» mormorò semplicemente, confusa e anche un po' intimorita. A cosa pensava Charle? Che intenzioni aveva? Sicuramente niente di buono e certamente Priscilla non era intenzionata ad andare da lui e rivelargli tutti i suoi pensieri e turbamenti. Non quegli specifici turbamenti, non in quel momento.
«Laxus?» chiese Laki, seduta poco lontano, chiedendosi curiosa cosa c'entrasse Laxus nella distruzione della casa della missione da cui erano appena tornate. 
«Charle!» si avvicinò Priscilla, timida in volto, e portandosi un dito alla punta del naso sibilò un imbarazzato: «Sssshhh».
«Non mi interessa! Andiamo e risolviamo questa faccenda una volta per tutte! È da quando siamo tornate da Tenrou che non sei più in te, la cosa rischia di diventare anche pericolosa come hai potuto vedere» insisté Charle.
«È solo stato un incidente, non c'è bisogno di prendersela tanto. Prometto farò più attenzione, ora calmati però» tentò di dire Priscilla, sforzandosi di sorridere.
«È fuori discussione! Mi rifiuto di dover subire di nuovo un'umiliazione come questa!» insisté Charle furiosa.
«Charle, forse la stai prendendo troppo sul personale» balbettò Wendy, cominciando a sospettare che tutta quella rabbia fosse un po' esagerata. Non era la prima volta che Fairy Tail distruggeva qualcosa, ci erano passati un sacco di volte soprattutto con Natsu, eppure era la prima volta che Charle si infuriava in quel modo. Certo era che tra Charle e Priscilla non scorreva buon sangue, le due andavano d'accordo ma per qualche strano motivo erano sempre in conflitto tra loro. Un po' come Natsu e Gray, erano amiche, parlavano spesso insieme, ma non facevano che stuzzicarsi e infastidirsi a vicenda. C'era una specie di incompatibilità tra loro.
«Era un lavoro misero, da quattro soldi! E guarda che disastro! Hai coinvolto in tutto questo anche me e Wendy che dovremmo pagare a causa tua!» insisté Charle.
«Allora sono i soldi il problema?» provò a indagare Wendy.
«Ho già detto che non lo farò più, smetti di urlarmi contro» piagnucolò Priscilla. 
«Andiamo e risolviamo la questione! Sono stufa di vederti ridotta in questo stato per colpa di quell'uomo» ruggì Charle puntandole un dito contro, sempre più furiosa. E Wendy ebbe il sentore di cominciare a capire cosa stesse accadendo. Tra le due non correva buon sangue, erano sempre pronte a riprendersi e stuzzicarsi, erano amiche ma non riuscivano a fare altro che bisticciare per qualche motivo... per questo era stato difficile per Charle ammettere apertamente che era preoccupata per lei. 
«Non ci vengo!» si piccò Priscilla, rossa in volto. Non voleva un confronto aperto con lui, non l'avrebbe mai voluto. Dove avrebbe trovato il coraggio di affrontare non solo il più intimo dei suoi segreti ma anche le sue più profonde paure?
«Smetti di fare i capricci! Sei più infantile di Wendy, delle volte!»
«Io non sono poi tanto infantile, Charle» mormorò Wendy, a disagio per essere stata messa in mezzo.
«Non voglio! Non voglio! Ho detto no!» sbatté i piedi a terra, come una bambina in un negozio di giocattoli, e Charle nera in volto per la rabbia passò infine alle maniere forti. Le volò addosso tanto rapidamente che lei nemmeno la vide e senza rendersene conto Priscilla si ritrovò a testa in giù, presa per un piede, trascinata via con la forza. Urlò e si sbracciò, cercando di afferrare la testa di qualcuno, ma Charle si alzò abbastanza di quota per evitarle di arrivarci.
«A-aspettate!» provò a chiamarle Wendy, correndogli dietro. 
Charle volò fuori dalla gilda con la massima velocità che la sua magia poteva concederle, continuando a tirare Priscilla per un piede, portandosela dietro. Appena fuori dalle porte della gilda, Priscilla riuscì nel suo turbinio di mani e dita ad afferrare qualcosa a cui aggrapparsi ma non fu abbastanza per tenersi e impedire a Charle di alzarsi nel cielo. 
«Che...?» mormorò Priscilla, abbassando lo sguardo a ciò che aveva artigliato nel tentativo di salvarsi dalla furia di Charle e che ancora stringeva tra le dita. Gli occhi spalancati, rimase senza parole quando Laxus, tenuto ancora per il collo della maglia, alzò lo sguardo accusatore su di lei. Non sembrava agitato, era come se non fosse successo niente al di fuori delle sue aspettative, benché fosse stato afferrato all'improvviso e trascinato lontano da terra in pochissimi secondi. 
«Laxus?!» sussultò, sentendosi morire dentro. 
«Cosa stai combinando?» le chiese con tono di rimprovero, intuendo che sicuramente in quella storia c'entrava lei con qualche suo tipico disastro. Era incredibile come fosse in grado di trasmettere timore anche in un momento come quello, a metri e metri di altezza da terra, tenuto per la maglia, da una sorella che trascinata per un piede da un Exceed non aveva fatto che urlare fino a quel momento. A braccia incrociate, la fissava gelido. 
«Che... che ci fai qui?» chiese lei, confusa.
«Ero di passaggio».
«Ohy...» lamentò Charle, rallentando improvvisamente il volo. «Siete pesanti» digrignò i denti, sforzando la sua magia per riuscire a tenersi ad alta quota, ma pian piano perse potenza fino a cedere del tutto, facendo scomparire addirittura le proprie ali, sotto troppo sforzo. 
«Charle!» chiamò Priscilla, panica in volto poco prima di cominciare la pericolosa discesa verso il suolo. Urlò per i primi secondi, sbracciandosi per la paura e il vuoto allo stomaco, infine riuscì a tornare in sé. Afferrò Charle per la coda e Laxus per una mano, usò la propria magia del vento e bloccò la loro rovinosa caduta ad almeno una ventina di metri da terra. 
«Perché ti sei aggrappato a lui?» ruggì la gatta, restando appesa a testa in giù per la coda. 
«Smettila di darmi ordini! Se ti dico che una cosa non la faccio non la faccio e basta!» ruggì Priscilla, alzando Charle tanto da poterla guardare in faccia. 
«Priscilla!!!» l'urlo di Macao li sorprese e li spinse ad abbassare lo sguardo verso l'ingresso della gilda, dove l'uomo sgambettava furioso. «Hai cercato di imbrogliarmi modificando il documento! Sono trecentomila Jewels di danni, non cento! Maledetta, scendi subito!»
«L'ha già scoperto!» sbiancò lei, irrigidendosi. 
«Hai modificato un documento?!» la rimproverano in coro Charle e Laxus, fulminandola da entrambe le estremità a cui erano appesi. 
«Iiiihc!» rabbrividì Priscilla, consapevole di essere nei pasticci. 
«Stupida ragazzina! Trecento! Ti rendi conto?! TRECENTO!» Gridò Charle in un'escalation di furia omicida che la portarono ad agitarsi come un animale selvaggio. Tirò addirittura fuori le unghie e cercò più volte di raggiungere il volto di Priscilla con la chiara intenzione di distruggerlo come un foglietto di carta. 
«Che diamine vuoi? Pagherò ogni cosa, come ho sempre fatto! Sta' zitta, gattaccia di strada! Quante volte ho pagato io per tutte e tre prima di oggi, eh?!» strillò dall'altra parte Priscilla con gli occhi iniettati di sangue e prese a scalciare furiosa e fuori controllo. 
«Mai! Spendi sempre tutto in cibo! Dobbiamo sempre essere noi a sistemare le cose!»
«Prenderti i meriti non ti aiuterà a renderti più simpatica!»
«Come osi mettere in dubbio la mia simpatia?!»
«Non so come faccia Wendy a sopportarti!»
«Non capisco perché abbia accettato di dividere con te la stanza?! Sei caotica anche nel quotidiano! Lasci sempre i tuoi vestiti nella doccia! Quale essere umano dall'intelligenza moderata si spoglierebbe mentre apre la doccia! Ci si spoglia prima, anche i bambini lo sanno!»
«Cosa vuoi saperne tu di spogliarsi! Sei un dannato gattaccio e ti metti gli abitini come se ti dovessi coprire! Hai del pelo per una ragione, bestiaccia!»
«Sei una stupida!»
«Vanitosa!»
«Sei sciatta peggio che i barboni di strada!»
«Altezzosa e antipatica!»
«Quando dormi russi come un drago!»
«I tuoi peli sono ovunque! OVUNQUE!»
«Ohy, ohy... potreste almeno lasciarmi andare e parlarne tra voi?» mormorò Laxus affranto, continuando ad essere ben sorretto dalla mano sinistra di Priscilla. 
«Priscilla-nee! Charle! Smettetela di litigare. Ci troveremo un altro lavoro e pagheremo i danni di questo, non c'è bisogno di arrabbiarsi tanto!» provò ad urlare Wendy da terra, ma le due continuarono a scalciare e urlare, senza ascoltare nessuno.
«Ci penso io!» intervenne Happy, volando al fianco di Wendy e infine scattò verso Priscilla urlando: «Max Speed!» evocando la sua magia che gli permetteva di volare a gran velocità. Centrò Priscilla dritta in faccia e la sbalzò all'indietro per il colpo. Lei mollò la presa sia su Laxus che su Charle e roteò un po' su se stessa come una trottola, prima di cadere verso terra completamente frastornata dalle vertigini e dall'equilibrio perso a causa di tutto quel vorticare. Laxus si tramutò in fulmine per riuscire ad atterrare senza subire danni, Charle venne presa al volo da Wendy e infine Priscilla cadde a picco.
Si sarebbe sfracellata a terra, se Laxus non fosse stato di riflessi abbastanza pronto per prenderla al volo. 
«Mi gira la testa» lamentò, verde in volto.  
«Non potete cercare di andare un po' più d'accordo voi due?» chiese Wendy, affranta nel vedere entrambe le sue amiche fuori combattimento per così poco. E a quella frase Charle si raddrizzò, benché Wendy la tenesse ben ferma tra le braccia, e tornò ad urlarle e ringhiarle contro. Cosa che fece anche Priscilla, nel sentirla, tenuta ben ferma e bloccata da Laxus. 
«Va bene, ho capito, alla prossima missione ci vado da sola senza voi due! Così se succede qualcosa la responsabilità è solo mia!» gridò Priscilla, puntando un dito contro Charle che parve invece infervorarsi ancora di più e continuando a scalciare urlò con tutta se stessa: «Il fatto che fossimo con te non ci rende tue complici! La responsabilità è anche ora solo tua! Hai distrutto la casa di una famiglia innocente, ti rendi conto? E hai spaventato a morte quei due bambini! Cosa volevi fare? Mangiarteli?!»
«Perché loro sono felici e io no!» gridò Priscilla in un lamento, prima di accasciarsi sul braccio di Laxus, ormai stanca di agitarsi. «Non è giusto. Ho bisogno di coccole... Laxus» piagnucolò in maniera estremamente infantile. 
«C-coccole?» chiese lui, sconvolto e lievemente imbarazzato. Increspò maggiormente le sopracciglia e, stranamente per uno come lui, arrossì addirittura. 
«Non voglio più andare in missione per tutta la mia vita, non ne posso più di nessuno e di niente» piagnucolò ancora Priscilla.
«E come hai intenzione di ripagare i tuoi debiti?» la brontolò ancora Charle e Priscilla rispose con una strana serietà e poca preoccupazione: «Venderò il mio corpo».
Il gelo cadde in quel cortile, persino negli occhi di Macao dove fino a poco prima era possibile leggere un misto di disperazione e furia omicida. Nessuno ebbe più il coraggio nemmeno di respirare di fronte a una proposta tanto assurda quanto immorale. E proprio la sua serietà e la poca cura nell'esclamare una cosa del genere aveva raggelato il sangue di tutti quanti, mentre scene poco pudiche si aprivano la strada nel loro immaginario. Probabilmente a rendere il tutto maggiormente sconvolgente era il fatto che una come Priscilla avrebbe anche potuto farlo, con una ingenuità disarmante, senza rendersi conto di cosa realmente significasse.
«P-Priscilla-nee» sibilò Wendy con quel poco di voce che aveva. 
«Beh, è pur sempre un lavor...» cominciò Macao, il primo a riprendersi anche se aveva lo sguardo di chi ancora non aveva smesso di pensarci e forse non l'avrebbe più fatto. Ma un fulmine cadde dal cielo interrompendolo e sfiorò Macao, che urlando cadde a terra per lo spavento. «È...È.... è ovvio che io in qua-quanto Master non lo per-permetterei mai» balbettò modificando del tutto le parole che aveva cominciato a pronunciare e che sembrava essere intenzionato a dire. Lo sguardo gelido di Laxus, fisso su di lui, bastò come minaccia e lo convinse a dimenticarsi persino le immagini che aveva pensato pochi istanti prima. 
«P-poteva ucciderlo» balbettò Wendy, guardando l'angolo della giacca di Macao fumare ancora per aver ricevuto il colpo di Laxus. 
«Spaventoso» sibilò Charle, altrettanto sconvolta. 
«Ho bisogno di bere» continuò a frignare Priscilla, l'unica a non essere rimasta sconvolta dal fatto che Macao se la fosse quasi fatta nei pantaloni per quell'esagerata reazione di Laxus. Anzi, era come se non se ne fosse nemmeno accorta.
«Andiamo» disse Laxus, caricandosi la sorella moribonda su una spalla e avviandosi verso l'interno della gilda. 
«Beh... non si può certo dire che lui non ci tenga» osservò Wendy, cercando come sempre del buono in ogni cosa.
«Andiamo, Wendy! Cerchiamo di creare l'atmosfera!» disse Charle, stranamente determinata, stringendo i pugni come se si stesse preparando a un'intensa battaglia. 
«Atmosfera? Che dici, Charle?» sussultò Wendy. 
«Non capisci!» si voltò lei e prese il volto della bambina tra le zampe, avvicinandosela. «È il momento che stavamo aspettando! Dobbiamo spingerla a rivelargli ogni cosa! Il momento della dichiarazione! Dobbiamo rendere l'ambiente romantico!»
«Ti sei lasciata influenzare anche tu dai discorsi di ieri delle ragazze?» chiese lei divertita. 
«Assolutamente no! E non mi sono mai fatta prestare il libro di Levy sull'amore incestuoso che ha dato anche a Priscilla!» disse con uno strano fuoco negli occhi.
«Ora comincio a capire il tuo accanimento su questa storia» ridacchiò nervosa Wendy.
«Ho un'idea grandiosa!» si illuminò Charle. «So che Ichiya dei Blue Pegasus era in città in questi giorni! Lui ha quegli intrugli profumosi magici... avrà qualcosa per stimolare il romanticismo!»
«Cosa? Charle non credo sia una buona idea forzare così le cose» tentò di dissuaderla Wendy.
«Wendy!» la prese nuovamente tra le zampe. «Vuoi che Priscilla sia felice o no?»
«Certo che lo voglio!» disse Wendy.
«Hai sentito cosa ha detto? Che quei bambini, tanto legati tra loro, erano felici e lei no e questo la rendeva triste! È il momento, deve riuscire a riprendersi quell'uomo! Dobbiamo intervenire per il bene di Priscilla!»
Wendy la guardò qualche istante, ascoltando attentamente le sue parole, poi qualcosa si accese in lei. Una determinazione mossa dal desiderio di vedere Priscilla finalmente felice. Si corrucciò e annuì infine convinta.
«Bene! Osservali e impedisci a quell'uomo di andarsene!»
«Ma a me lui fa paura» ammise Wendy.
«Per la felicità di Priscilla!» insisté Charle, anche se aveva già dimostrato che non era tanto Priscilla in sé a stimolarla quanto l'entusiasmo di poter vivere con i propri occhi il romanzo che stava leggendo e che, a quanto pareva, l'aveva rapita particolarmente. In lei era scattato l'animo femminile romantico che portava una donna a passare le serate davanti a una Lacryma per film con un cuscino abbracciato e un coro di "aaww" a ogni scena. Con la sola differenza che quel film l'avrebbe vissuto in prima persona. 
Wendy si lasciò ingenuamente coinvolgere e annuì perciò convinta, ripetendo: «Per il bene di Priscilla!»
«Vado come un fulmine! Happy, vieni con me, in due faremo prima a trovare l’uomo di Blue Pegasus!» ordinò e Happy, stranamente senza chiedere nessun tipo di spiegazione, urlò semplicemente: «Aye sir!» e entrambi volarono via. 
«Fate presto! Charle! Happy!» incitò Wendy, prima di correre all'interno della gilda e cercare Laxus e Priscilla. Li vide, seduti a un tavolino in un angolo, e sgattaiolò dietro a dei barili vicino a loro per poterli tenere d'occhio e origliare, pronta a intervenire nel caso avessero accennato a volersene andare. Laxus beveva il suo boccale con aria apparentemente disinteressata mentre Priscilla, come sempre faceva negli ultimi giorni, era letteralmente spalmata sul tavolo anche se aveva la mano ben ferma sul manico del boccale. I Raijinshuu non appena avevano visto comparire il loro beniamino gli si erano andati a mettere intorno, fedeli come cagnolini, e così si erano uniti alla loro bevuta. 
«Perciò hai fatto piangere due bambini» disse Laxus di punto in bianco, cercando di indagare su quella faccenda. Priscilla si irrigidì, sentendosi nuovamente sotto accusa.
«Un demone si è impossessato del mio corpo» sibilò con un filo di voce, non sapendo che altra scusa inventarsi. Laxus ridacchiò a voce bassa e roca, prima di bere un altro sorso. 
«E i trecentomila Jewels di danno?» chiese Evergreen, curiosa. 
«Un demone si è impossessato della mia magia» disse ancora Priscilla, sempre più rossa per l'imbarazzo. 
«Non doveva essere un semplice trasloco? Anche senza magia era un compito facilissimo» commentò Fried, bevendo un sorso dal suo boccale. 
«La mia baby dev'essersi agitata per i vostri discorsi di ieri» rise Bickslow, divertito.
«Discorsi di ieri?» storse il naso Evergreen, prima di accusare: «Avete origliato?!» 
Un boccale partì dal tavolo di Natsu anche se nessuno sembrò averlo lanciato e con rapidità raggiunse il volto di Bickslow, colpendolo alla fronte tanto forte da farlo cadere indietro dalla sedia. Priscilla lo guardò oltre il proprio braccio, ancora stesa sul tavolo, con la fronte corrucciata benché avesse ancora gli occhi spenti, ammettendo così che era stata sua la colpa di quell'attacco. 
«Sei un pervertito» lo accuso. 
«Non è colpa sua, urlavate non era difficile sentirvi» lo difese Fried. 
«Urlavamo?» chiese Evergreen, confusa. Non le pareva di aver urlato e la cosa la fece sobbalzare improvvisamente, ricordandosi che l'argomento aveva più o meno toccato tutte. «Un attimo! Avete sentito tutti?».
«Rilassati» disse Bickslow, rialzandosi da terra. «Solo io e Fried».
«Come potevamo urlare e renderci perfettamente "sentibili" se solo voi due avete ascoltato?» mormorò Priscilla per niente convinta e ancora più sospettosa.
«Avete origliato!» insisté Evergreen, ora più convinta. 
«Eravamo solo preoccupati per voi per quanto riguardava le intenzioni del gatto, quando l'abbiamo visto volare verso i vostri bagni» disse Fried e Priscilla reagì questa volta contro di lui. Anche senza muoversi, un potente soffio di vento provò a colpirlo per sbatterlo a terra, ma si infranse su un muro violaceo che poi sparì lentamente. 
«Rune antivento» ridacchiò Fried fiero della sua trovata e Priscilla lo fulminò, ringhiando: «Abbasserai la guardia prima o poi».
Laxus lasciò il boccale sul tavolo e poggiò una mano sulla spalla di Priscilla, prima di chinarsi lentamente verso di lei. Si coprì parzialmente il volto con l'altra mano, mentre vicino al suo orecchio andò a sussurrarle qualcosa che solo lei riuscì a sentire. Priscilla sbarrò gli occhi, sorpresa da ciò che lui le aveva appena detto, e sollevandosi parzialmente dal tavolo chiese sconvolta: «Sul serio?!» 
Laxus annuì tornando in posizione seduta e riprendendo a bere. Priscilla voltò lo sguardo malefico verso Fried e sghignazzò, fissandolo in maniera sinistra, il che fece intuire che qualsiasi cosa Laxus le avesse detto doveva essere qualcosa contro di lui. 
«Un attimo! Laxus! Da che parte stai, insomma?» chiese Fried, spaventato all'idea che le avesse detto qualcosa di sconveniente. Magari il suo punto debole, così da permetterle di potersela prendere anche contro di lui come già faceva con il povero Bickslow. 
«Da nessuna» rispose lui semplicemente.
«Difende i più deboli, tipico dello spirito nobile di Laxus!» osservò Evergreen con un velo d'orgoglio per il leader del loro piccolo gruppo. 
«Che cosa ti ha detto?» chiese Fried agitato e Priscilla continuò a sghignazzare, rispondendogli: «Lo scoprirai».
L'agitazione prese possesso di lui, soffocato nel limbo dell'ignoto. Cosa sapeva? Cosa gli avrebbe fatto? Cosa le aveva detto Laxus? Era ovvio che lui sapesse tutti i punti deboli e i segreti di Fried, quale di questi aveva usato contro di lui? Da cosa doveva difendersi?
«Anche io posso rivelare un segreto!» disse infine, alzandosi in piedi. E Priscilla sapeva bene a cosa si stava riferendo, visto che avevano appena ammesso di aver origliato la loro conversazione del giorno prima. Si alzò in piedi a sua volta, col volto rosso dalla vergogna e dalla rabbia: Laxus era lì con loro, non doveva nemmeno accennare al fatto che quel fantomatico discorso che tanto le aveva agitate riguardava lui, non voleva nemmeno provare a dare delle spiegazioni. Sarebbe stato estremamente imbarazzante. 
«Provaci e puoi dire addio alla tua Action Figure di Hibiki dei Blue Pegasus!» minacciò puntandogli un dito contro.
«Quella era un segreto!» urlò Fried portandosi le mani al volto, moribondo per l'imbarazzo.
«Io so dove la tieni nascosta» sghignazzò Priscilla. «Anche in questo momento posso spedire laggiù il mio vento e farla a pezzi!»
«È un pezzo raro! Non osare neanche sfiorarla!»
«E allora obbediscimi!» ordinò Priscilla.
«Questo è un colpo basso, Laxus!» brontolò Fried, tremando dal nervoso.
«Mh?» aprì un occhio Laxus, disinteressato come sempre. «Non le ho detto questo, io».
«Eh?» squittì Fried, più confuso che mai. Bickslow emerse da sotto al tavolo ridacchiando nervoso e lentamente confessò: «Ecco, forse quello è sfuggito a me».
«Traditore!» rabbrividì Fried e Priscilla finalmente, dopo giorni interi di tristezza, riuscì a scoppiare a ridere come non faceva da tempo. Wendy ebbe un tepore al petto nel sentirla, erano davvero passati giorni dall'ultima volta che l'aveva sentita in quel modo, se non contava la sera in cui si era ubriacata con Cana. La presenza di Laxus, anche solo la sua presenza, senza che per forza fosse stato costretto a fare niente o dire niente, era riuscita a sbrigliare il nodo in cui si era incastrata ormai da giorni. Sorrise, intenerita, e continuò ad osservarli. 
«Hai visto, Fried!» esclamò Priscilla, saltando in ginocchio sul tavolo per poter avvicinare la propria faccia a quella del presunto nemico. «I fili della mia tela si allungano da ogni parte! Il mio potere è infinito!»
Un ginocchio sul tavolo, l'altra gamba ben tesa ancora verso terra, entrambe le mani poggiate sul tavolo e il corpo sporto in avanti. E Laxus al suo fianco che per un istante era stato addirittura costretto a spostarsi da un lato, per farle spazio e permetterle di mettersi in quella posa proprio davanti ai suoi occhi. Qualche istante, gli ci volle qualche istante prima di riuscire a tornare con gli occhi puntati al proprio boccale, anche lievemente irritato da quella particolare debolezza in cui era caduto proprio con lei. Si sentì osservato e leggermente infastidito da questo, si voltò verso Evergreen che si sventolava e sogghignava. Sicuramente aveva notato il suo sguardo cadere dove non avrebbe dovuto e la cosa le aveva dato molto da pensare, oltre che essere divertente. 
«Ti piace il nuovo look di Pricchan? Gliel'ho scelto io» ridacchiò, divertita dal fatto che quei pantaloncini così corti avessero in qualche modo svolto il loro lavoro, anche se in un momento che certo non si aspettava. 
«Dovrebbe importarmi?» grugnì lui, irritato all'idea che l'avesse scoperto.
«Chiedevo tanto per sapere» ridacchiò ancora Evergreen, attirando persino l'attenzione dei due litiganti, confusi sul motivo per il quale lei avesse tirato in ballo i vestiti proprio in un momento come quello. Priscilla ebbe un sentore e si voltò appena, notando come effettivamente cosce e sedere, senza volerlo, fossero puntati direttamente in direzione del viso di Laxus e nemmeno troppo distanti da lui. Avvampò, abbassando gli occhi, e Fried sopra di lei ridacchiò malefico sapendo che avrebbe potuto giocare benissimo quella carta a suo vantaggio se avesse voluto.
«Non fiatare» sibilò lei, tornando lentamente alla sua sedia. 
La porta della gilda si spalancò improvvisamente proprio in quel momento con un tonfo e Happy entrò, sudato e ansimante per il volo frenetico. Stringeva tra le zampe un flaconcino, fiero ed orgoglioso, che sventolò per aria urlando: «Ce l'ho!»
Ma Charle arrivò appena dietro di lui, non aspettandosi di trovarlo immobile proprio davanti all'ingresso, e gli andò addosso. Il flacone gli scivolò dalle zampe, sotto lo sguardo terrorizzato di Happy, Charle e persino Wendy che aveva immaginato cosa potesse essere. Cadde a terra e si frantumò.
«Che disgrazia!» urlò Happy, pallido in viso.
«Perché ti sei fermato così?» chiese Charle, altrettanto bianca in viso. 
Un aroma particolare si alzò lentamente dalla pozza che si era creata a terra, intenso, sapeva di fiori e di frutti, di cioccolato e dolci vari, il leggero pizzicore di un peperoncino, l'aspro di un limone. Odori che si susseguivano e si mischiavano, insinuandosi pian piano nei nasi di tutti quelli che si trovava nei paraggi. 
«E ora?» balbettò Charle, spaventata a cosa sarebbe successo da lì a poco.
Priscilla si sentì pizzicare il naso e starnutì almeno un paio di volte consecutivamente.
«Ti sei presa un raffreddore?» chiese Bickslow, preoccupato.
«C'è qualcosa nell'aria...» mormorò lei, pulendosi con un tovagliolo. «Pizzica» e starnutì nuovamente. 
«Funzionerà?» chiese Charle, guardando Priscilla attentamente e con un leggero batticuore. 
«Laxus...» la voce abbandonata, ammaliante, di Evergreen un attimo prima che si stringesse all'uomo. Gli avvolse un braccio, stringendo contro i suoi muscoli il proprio petto prosperoso, e con la mano sinistra risalì lungo il petto dell'uomo. «Ti ho mai detto che quella cicatrice è veramente affascinante?»
Laxus tentò di arretrare lievemente, sorpreso e soprattutto inquietato da quell'improvviso atteggiamento di Evergreen.
«Ever?» balbettò Bickslow, sconvolto, mentre la vedeva abbandonata su di lui che gli accarezzava sensualmente le spalle. 
«Perché lei?» gridò Charle, portandosi disperata le zampe alla testa. 
«Natsu» la voce di Lucy, altrettanto ammaliante, mentre la ragazza cercava come Evergreen di abbracciare e accarezzare il ragazzo. «Mi accarezzi il mento come fai sempre?» mormorò.
«Quando mai l'ho fatto?!» sobbalzò Natsu, shockato.
«Anche lei!!!» urlò Happy, sempre più pallido. 
«Macao» la voce di Cana, che lentamente strusciava su di lui con lo stesso atteggiamento suadente di Lucy e Evergreen. «L'età ti ha reso molto più sexy».
«Wakaba-kun, perché non mi inviti da qualche parte una volta? Ti mostro la mia collezione di Bikini» si unì Mirajane, abbracciando e stendendosi lentamente su Wakaba che perdendo sangue dal naso svenne nell'immediato.
«Persino Mira!» gridò Charle. 
«Gray-sama! Ho comprato un nuovo costume, vuoi vederlo?» esclamò Lluvia, cercando di avvinghiarsi a Gray.
«Lluvia è rimasta uguale» osservò Happy, per niente stupito. 
Levy che si sporgeva su Gajeel, schiacciandosi contro di lui e cercando di arrivare al suo viso. Lisanna che si stendeva su Jet, Kinana addirittura che si strofinava su Elfman, Bisca che facendo cerchi sul petto di Alzack gli rivolgeva proposte abbastanza esplicite, Erza in ginocchio davanti a Makarov che le chiedeva di accarezzarla perché era diventata un gattino.
«Ha coinvolto tutte quante!» si portò le zampe alla testa Happy. 
«Sì... ma perché solo le donne?!» gridò Charle, sconvolta, guardando come invece i ragazzi fossero sorpresi e confusi, per niente sotto l'effetto di quel profumo a detta di Ichiya "romantico". «E perché hanno tutte atteggiamenti sessualmente espliciti? Non c'è niente di romantico in tutto questo! Che razza di visione del romanticismo ha quell'uomo perverso!» e lentamente si accasciò a terra, sentendosi svenire. «Abbiamo commesso un errore».
«Su di te non ha effetto» osservò Happy. «Forse perché sei un Exceed».
«Nemmeno su di me ha avuto nessun effetto» si avvicinò Wendy, presa dal panico di quanto stesse succedendo. 
«Probabilmente è perché sei ancora una bambina» azzardò ancora Happy, mentre Charle sembrava non essere più in grado di riprendersi.
Il caos stava scendendo sull'intera Fairy Tail, con le donne che si strofinavano, chiedevano, adulavano e corteggiavano gli uomini più o meno accondiscenti. Alcune azzardavano persino la via diretta della proposta o del bacio, ma il risultato era che era evidente che ci fosse qualcosa di sbagliato in tutte quante e più passavano i minuti più la cosa si faceva intensa. Erza era diventata aggressiva, minacciò Makarov con la spada di obbedire a tutte le sue richieste. Mirajane si era addirittura trasformata per minacciare Wakaba di non svenire e pensare a coccolarla. Lentamente stavano tutte peggiorando, diventando sempre più aggressive in quelle richieste assurde, pretendendo non solo le attenzioni ma iniziando persino a contendersi gli uomini tra di loro. Lucy e Lluvia iniziarono a litigare per Gray, strattonandolo, ferendolo e finendo col combattere tra loro e farci finire lui in mezzo. Natsu provò a scappare, ma Erza lo schiacciò sotto al proprio piede, ordinandogli di leccarglielo.
«Erza ha fantasie feticiste!» si portò le mani al volto Wendy, sconvolta.
«Che razza di perversioni ha quella donna?!» si accodò Charle. Mirajane stava pretendendo di mettere il guinzaglio a Macao e Wakaba, ma Cana era scena in difesa di quella che a detta sua era il suo uomo e anche tra le due scoppiò la lite. Tutte litigavano, urlavano e si minacciavano, si abbandonavano sugli uomini chiedendo chi di loro preferissero, poi li strattonavano, se li bisticciavano e loro piangenti cominciarono a cadere, uno dopo l'altro, esausti. 
Priscilla riuscì a smettere di starnutire e si guardò attorno con occhi spalancati, notando la strage che stava avvenendo proprio davanti a lei.
«Che è successo a tutte?» chiese confusa e ora spaventata. 
«L'unica su cui doveva funzionare non ha funzionato!!!» urlò Charle, sentendosi morire. E di nuovo si accasciò a terra, ormai sconfitta. 
«Charle!» la chiamò Wendy preoccupata. «Non arrenderti!»
«Hai ragione, dobbiamo fare qualcosa!» si rialzò Charle, decisa a trovare una soluzione a tutto quello.
«Natsu è stato sconfitto!» pianse Happy, guardandolo a terra, moribondo, con Erza che lo sculacciava. 
Priscilla sentì Laxus al suo fianco sporgersi verso di lei e schiacciarsi con la schiena, come se stesse cercando di allontanarsi da qualcosa. Si voltò e solo allora notò Evergreen che, temeraria, aveva cominciato ad arrampicarsi sul suo petto per cercare di arrivare al suo volto e probabilmente tentare di baciarlo. Priscilla lanciò un urlo furioso e terrorizzato, prima di lanciarsi oltre la spalla di Laxus e colpire Ever con un pugno in faccia, lanciandola via. 
«Sei impazzita?!» le gridò contro, stringendo la testa di Laxus tra le braccia con fare protettivo. Evergreen si rialzò da terra con una luce malefica negli occhi e sogghignando come un demone si lanciò nuovamente sui due, pronta a lottare per il suo uomo. Priscilla strinse ancora di più Laxus al petto, forse anche troppo, ma il suo desiderio di protezione in quel momento trascendeva ogni evidenza. E Laxus si trovò quasi soffocato all'interno del suo seno, mentre lei cercava di tenere lontana Evergreen con un piede. 
«Raijinshuu!» provò chiamare in sua difesa, ma sia Fried che Bickslow erano a terra, caduti vittime delle ragazze prima che potessero rendersene conto. 
«Charle!» disse Wendy, stringendo i pugni determinata. «Vai a cercare Ichiya-san! Lui avrà sicuramente qualcosa per riportarle alla normalità!»
«Sì!» si alzò lei, pronta a tornare a volare. «Fai attenzione, Wendy».
La ragazzina annuì e si separò dall'amica che con velocità massima era di nuovo uscita dalla gilda. Corse verso il trio Laxus, Priscilla ed Evergreen e intervenne in difesa dell'amica, cominciando a spingere via una Evergreen che si dimenava come un serpente urlando di lasciar andare il suo uomo. 
«Wendy!» chiamò Priscilla, felice di vedere che almeno qualcuno, come lei, si era salvata da quella follia. «Che sta succedendo?» chiese, sperando che lei avesse qualche risposta. Notando come Ever fosse tenuta sotto controllo dalla bambina rilassò i muscoli, permettendo a Laxus di riprendere a muoversi, anche se non lo liberò del tutto dalla sua presa. Laxus stringeva tra le dita la maglia di Priscilla e aiutandosi in quel modo, tirandola un po', riuscì almeno a tirar fuori dal suo seno gli occhi per guardarsi attorno. 
«Fairy Tail la ricordavo caotica, ma non fino a questo punto» commentò con voce palesemente imbarazzata. Priscilla abbassò gli occhi su di lui e solo allora notò che nel disperato tentativo di proteggerlo se l'era stretto proprio sul petto, da dove ora emergeva ora parzialmente per guardarla con occhi pieni di vergogna. 
«È colpa di uno dei profumi di Ichiya!» spiegò Wendy. «È una lunga storia, ma Charle è andata a cercarlo per una soluzione. Cerca di resistere, Priscilla-nee».
«Lunga storia o meno, bisogna che me la spiegate poi» mormorò lei, incredula per l'assurdità di quell'evento.
«Laxus» la voce di Levy, come fosse quella di uno spettro appena riemerso dall'ombra. Con un urlo Priscilla lo strinse nuovamente al petto, tornando a soffocarlo, e si voltò verso l'amica che procedeva verso loro come uno zombie. Dietro di lei, anche Lucy, Laki, Cana... tutte erano lì, che li circondavano, e lentamente gli si avvicinavano. 
«Hanno messo tutti fuori gioco!» sussultò Priscilla, panica nel volto.
«Laxus è l'ultimo ancora in piedi! Lo vogliono tutte!» disse Wendy terrorizzata, un attimo prima di essere sopraffatta non solo da Ever ma anche dal resto delle ragazze di Fairy Tail che la schiacciarono come fosse un insetto per procedere verso la coppia Priscilla-Laxus.
«Wendy!» chiamò Priscilla, disperata come se l'avesse appena vista morire divorata da un mostro. Ma non poté concentrarsi troppo su di lei che le ragazze, con le loro affusolate mani, erano già su di loro.
«No!» tremò Priscilla, cercando di schiacciare Laxus tra lei e il muro alle loro spalle. «Non lo avrete mai! Non ve lo permetterò!» disse lottando per riuscire a restare frapposta tra loro e lui, come uno scudo umano. E pian piano vennero schiacciati, sopraffatti, come un'onda che li fece cadere a terra. Ma Priscilla non si arrese e continuò a tenersi a protezione dell'uomo, che in realtà l'unica cosa che faceva era cercare di tornare a respirare e tirar fuori la testa dal quel loculo dell'imbarazzo che era il seno di Priscilla. Presero Priscilla per le spalle e iniziarono a tirarla via, costringendola ad alzarsi, ma lei si portò ancora dietro Laxus, avvinghiata come un polipo non era intenzionata a lasciarlo andare per nessun motivo. Ma questo permise al gruppo femminile di Fairy Tail di circondarli, e mentre il lato sinistro tirava via Priscilla, quello destro riuscì ad afferrare Laxus. 
«Questa storia sta cominciando a scocciarmi» bofonchiò lui per quanto potesse.
«Non azzardarti a usare la magia!» lo riprese Priscilla, abbassando gli occhi e incrociando i suoi ancora schiacciati al proprio petto. 
«Non sono più in loro» cercò di giustificarsi lui.
«Sono mie amiche! Non puoi far loro del male! Dobbiamo solo resis-»
«Laxus» la voce mugolante di Lucy, mentre sgusciava sulla sua schiena e infilava una mano in una fessura che si era creata tra lui e Priscilla, accarezzandogli il ventre pronta a scendere verso il linguine. Un colpo di vento, potente da riprodurre il rumore di uno sparo, e Lucy venne scaraventata contro il muro sfondandolo. Perse sangue da un taglio sulla testa e svenne infine, sotto lo sguardo incredulo di Laxus. Non solo Priscilla aveva mandato in barba in un secondo tutte le parole sull'amicizia e il resistere, ma l'aveva ferita forse anche gravemente. 
«Ora mi avete stancata» sentì il ruggito di Priscilla, cupo e tetro, mentre il vento cominciava a scorrere lentamente intorno a loro, insinuandosi nei pochi spiragli tra i corpi che avevano avvinghiati addosso. 
Un turbine improvviso lanciò tutte lontano, molte delle quali sbattendo su sedie e muri persero i sensi. Ma minacciosamente due figure restarono invece illese, avvolte dalla loro aura oscura.
Mirajane e Erza, la prima trasformata in demone e la seconda equipaggiata con una sexy ma potente armatura, la guardarono furiose, per niente smosse dal suo attacco.  Sia Priscilla che Laxus ebbero un sussultò nel vederle non solo ancora in piedi ma più cariche e incazzate che mai. Ed entrambi seppero che non c'era nessuna speranza, di fronte alle peggiori creature che il mondo della magia avesse mai potuto partorire.
«Morirò» sibilò Priscilla, pallida in viso per il terrore. 
Laxus prese un grosso respiro e approfittando della debolezza che parve prendere i muscoli, ora molli, di Priscilla poggiò le mani a terra e si rialzò, separandosi da lei.
«No, se combattiamo insieme» disse lui, guardando le due determinato. 
«Eh?» chiese Priscilla, guardando Laxus sopra di sé con aria ora più sollevata e anche un po' emozionata. Bastava l'idea che lui non volesse finire nelle loro mani a farla sentire molto meglio.
«Non dobbiamo per forza sconfiggerle e far loro del male. Ci basta resistere il tempo che la micetta torni con la soluzione, giusto?» chiese Laxus, tirandosi in ginocchio e cominciando a caricarsi di elettricità. La guardò appena, rivolgendole un sorriso deciso. «Un gioco da ragazzi per i fratelli tempesta» e le porse la mano, per aiutarla ad alzarsi. L'emozione che le arrossò le guance, l'intenso batticuore nel petto. Con lui a fianco, persino il duo Erza-Mira non sembrava poi così pericoloso. 
«Sì» annuì, prendendogli la mano e rialzandosi insieme a lui. Il vento cominciò a soffiare ai loro piedi, l'elettricità li avvolse come uno scudo, mano nella mano fissarono le due nemiche pronti a qualsiasi evenienza. Fecero la loro mossa.
Mira e Erza si lanciarono su di loro, armi spiegate, pronti a colpirli. Un colpo di vento li fece saltare entrambi, permettendogli di schivare il loro attacco che ebbe come effetto solo quello di sfondare il pavimento. Vento ed elettricità si scagliarono contro di loro, insieme ai due detentori di quella magia, dopo essere rimbalzati sul muro lasciando in essi profondi solchi e buchi. Tentarono di colpirle, ma le due schivarono e il buco nel pavimento si amplificò inghiottendo l'intera gilda, facendone cadere le fondamenta e portando l'intera struttura ad inclinarsi.
«Arrivano!» disse Laxus, voltandosi e soffiando il suo ruggito del drago aprì uno squarcio sull'intero fianco nord della gilda. Ma ancora le due riuscirono a schivarlo. 
«Tornado» richiamò Priscilla, sfondando il tetto con un tornado che penetrò all'interno e cominciò a inseguire le due donne sotto ai propri comandi. Erza si trasformò ancora, lanciando le proprie spade ovunque nel tentativo di colpirli ma ancora il vento di Priscilla li protesse mentre Laxus lanciava fulmini ovunque nel tentativo di colpirle. Si tennero testa a lungo, con nessuno che riusciva a colpire nessuno, fino a quando Erza non cominciò a concentrarsi su Priscilla. Quest'ultima si trovò costretta a cedere a lei tutte le sue attenzioni e questo permise a Mirajane di approfittarne, attaccandola da sinistra. 
"Si sono organizzate, unendo le forze contro quella che considerano la più debole" pensò Laxus, voltandosi verso Priscilla. «Pricchan!» chiamò preoccupato, prima di trasformarsi in fulmine per raggiungerla in tempo. La spinse via, salvandola dall'attacco di Mira, e strinse i denti pronto a sentirne il dolore su di sé. Ma questo non avvenne.
Impegnati com'erano nella lotta si erano dimenticati il motivo per il quale essa era scaturita. Mirajane non lo colpì ma allargò le braccia e si aggrappò a lui, stringendolo e schiacciando il proprio viso sul suo petto mormorando un trasognante: «Laxus».
Laxus tirò indietro la testa e il petto, nella vana speranza di allontanarsi da lei. Il volto ora deformato in un'espressione di imbarazzo e disperazione, un "maledizione" colmo di vergogna stretto tra i denti. 
E ora scoperto anche per Erza fu facile raggiungerlo e avvolgerlo tra le braccia, sul fianco destro, schiacciando lentamente il seno contro il suo viso.
L'ultimo sguardo di Laxus, prima che i suoi occhi venissero inghiottiti dal petto di Erza, andò a Priscilla verso cui allungò una mano come a volerle chiedere aiuto. La vide rimettersi in piedi, gli occhi in lacrime, disperata, che correva verso di lui chiamando il suo nome. Priscilla saltò verso i tre, tirando un pugno indietro pronta a colpire e cercare di salvare l'uomo, ma con grande sorpresa da parte di entrambi sia Mirajane che Erza ebbero uno svenimento. Persero i sensi, caddero a terra, lasciando andare Laxus proprio quando Priscilla era vicino a lui. Il braccio si tirò in avanti, ora verso il vuoto che quell'improvviso evento aveva cambiato la posizione delle sue nemiche. Superò il volto, ora libero, di Laxus, diretto alle sue spalle, e lei trascinata ancora dalla potenza di esso si scontrò contro l'uomo che cadde a terra. Con il fiatone lei alzò la testa e aprì gli occhi, scoprendosi così stesa sopra Laxus, caduta insieme a lui. Poteva sentire il suo respiro, altrettanto affannato per la lotta appena sostenuta, sfiorarle il naso tanto i loro volti erano vicini. Il cuore le batté in petto tanto forte che la tensione e l'emozione le impedì di muoversi per qualche istante. Gli occhi persi in quelli dell'altro, anche Laxus parve per un istante incapace di muoversi, e restarono lì, a guardarsi, labbra dischiuse, i respiri che si toccavano, i profumi che li inebriavano, gli sguardi che parevano scavare a fondo in quello dell'altro, avidi, come se avessero potuto scoprire al loro interno un prezioso tesoro. Potevano sentire, attraverso i loro petti, il battito del cuore accelerato dell'altro. Colpa del combattimento, così si dissero, lasciando però che quei battiti si coordinassero e risuonassero insieme. 
«Wendy!» la voce di Charle, disperata mentre correva dalla bambina a terra, ruppe quella specie di incantesimo in cui stavano affogando. Si voltarono a guardarla mentre scuotendo il corpo della bimba Charle cercava di risvegliarla. In piedi vicino alla porta d'ingresso c'era Ichiya, boccetta ancora in mano, sguardo come sempre da duro e un occhio nero.
«Sono arrivato appena in tempo, men» commentò, guardando i due stesi a terra salvati in extremis dal suo intervento.
"Perché l'occhio nero?" si chiesero entrambi, anche se già potevano immaginare cosa fosse successo visto che a cercarlo e portarlo lì era stata Charle. Probabilmente non gli aveva risparmiato prima una bella lavata di capo su quanto quella sua pozione fosse pericolosa e soprattutto disgustosa. 
«Charle, fai presto ti prego» piagnucolò Wendy, ancora troppo colpita da quell'evento per rendersi conto che la micetta era già lì e aveva già risolto tutto. 
Priscilla si rialzò lentamente, mettendosi a sedere a gambe incrociate vicino a Laxus, anche lui che si tirava su, e si guardò attorno, contando ora danni e feriti. 
«Che razza di maleficio era?» chiese, potendosi ora concedere un po' di sorpresa e curiosità, visto la tranquillità della situazione.
«Il parfum dell'amore, i suoi micidiali effetti non lasciano scampo a nessuno. L'ho ideato io stesso, men» roteò Ichiya fino ad avvicinarsi a lei.
«Su di me non ha funzionato» si indicò Priscilla, sottolineando così il fatto che tanto micidiale e infallibile quel coso non fosse.
«Forse perché non sei abbastanza donna» suppose Ichiya, ferendo tanto Priscilla che il crash del suo cuore che andava in pezzi fu udibile quasi a orecchio nudo. Il pugno di Laxus fu rapido come uno dei suoi fulmini e lo centrò in pieno nell'altro occhio, quello ancora sano, non solo completando l'opera e annerendo anche quello ma impresse in quel colpo abbastanza forza da lanciare l'ometto fuori da uno degli squarci nei muri della gilda lanciandolo lontano fino a destinazione ignota.
Il suo «meeeeeeeen»  fu comunque udibile a lungo.
«Così la prossima volta ci pensa su due volte prima di inventare queste schifezze» così giustificò il suo colpo e lo sguardo furioso, ma Priscilla, in cuor suo, sentiva che non era stato proprio quello il motivo di quello scatto d'ira, quanto l'ultima frase che Ichiya aveva detto proprio riguardo a lei. Forse era solo un suo desiderio, ma si concesse di crederci che Laxus l'avesse difesa ancora una volta, e sotto quel dolce pensiero, ripercorrendo con la mente gli eventi appena passati tra il combattimento fianco a fianco e quel batticuore di poco prima, sorrise e arrossì.
Un lamento attirò la sua attenzione, primo fra tutti Macao aprì gli occhi e cercò di rialzarsi, guardandosi attorno confuso. La gilda pendeva da un lato, gran parte delle fondamenta erano crollate, il tetto ormai era praticamente inesistente, come tutta la fiancata sinistra e gran parte di quella frontale. Danni come quelli erano riparabili solo con la demolizione e la ricostruzione dall'inizio, con una spesa tanto alta da essere incalcolabile. Non ebbe neanche la forza di urlare, sembrò perdere l'anima tutto a un tratto, e crollò a terra nuovamente. 
Ci sarebbero volute ore e decine di tentativi, prima di riuscire a farlo riprendere del tutto.

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Capitolo 41
*** Sii forte ***


Sii forte




Erano passate due settimane, alla fine, dal ritorno dei dispersi di Tenroujima. La gilda era stata rapidamente ricostruita su minaccia di Macao, in pochi giorni, costringendo Priscilla a usare tutto il potere che aveva, giorno e notte. Natsu l'aveva vista come l'ennesima sfida e aveva per fortuna deciso di aiutarla, coinvolgendo in quell'assurda idea anche Gray e Gajeel. Wendy e Charle si sentivano dirette responsabili e anche loro aveva contribuito offrendo lavoro non solo per la manodopera ma anche per ricomprare i materiali necessari. Laxus se lo sarebbe volentieri risparmiato, ma Priscilla aveva brontolato così tanto sul fatto che anche lui avesse la sua parte di colpe in quella distruzione, che non poté far altro che accettare e dare anche lui il suo contributo. Erza si era unita per un qualche motivo ancora ignoto, blaterando di battaglie. Lucy e Happy si erano ritrovati a dover sollevare pietre senza sapere né il perché né come fossero finiti lì, sapendo però che era sicuramente colpa di Natsu che li coinvolgeva in tutto quello che faceva. I Raijinshuu si erano categoricamente rifiutati di lasciare soli i loro due beniamini in quel lavoro, Evergreen in particolare si era sentita talmente tanto in colpa per aver cercato di baciare Laxus di fronte a Priscilla che si era accollata i lavori più pesanti... per poi scaricarli sulle spalle di Elfman, che aveva coinvolto in un qualche misterioso modo. Lisanna aveva desiderato aiutare suo fratello, Mirajane aveva sostenuto tutti con delle bevande e del cibo, Kinana, Levy, Cana, Droy e Jet... alla fine tutti, per qualche motivo, si erano ritrovati coinvolti nei lavori, tranne Makarov e Macao che guardavano tutti come genitori severi che si assicuravano che le punizioni ai figli maldestri venissero rispettate. 
Erano passate due settimane dalla ricomparsa dei superstiti di Tenroujima e la gilda era appena stata ricostruita, dopo il terribile incidente del parfum di Ichiya -che nessuno, in realtà, capì mai come fosse potuto arrivare all'interno della loro gilda né il motivo per il quale fosse lì.
Il giorno successivo all'inaugurazione del nuovo edificio, Makarov radunò tutti i membri per un importante annuncio. Non perse troppo tempo nei convenevoli e andò dritto al sodo.
«Sono qui oggi per annunciarvi il mio ritiro come Master e presentarvi il mio ufficiale successore» disse e Macao, rosso in volto, cominciò a sistemarsi la giacca speranzoso. 
«Il quinto Master di Fairy Tail sarà... Gildarts Clive!» disse indicando Mirajane alle sue spalle. Un gesto che certo andava a cozzare con quanto avesse appena annunciato, anche se Mirajane sorrideva e salutava allegra. 
«Mira-chan ha cambiato nome?» chiese Priscilla, chinando la testa da un lato.
«Eh?» chiese Makarov, non capendo e voltandosi a guardare laddove era convinto si trovasse Gildarts. «Dov'è Gildarts?!» gridò sconvolto, notando anche lui che non fosse lì e che avesse messo Mira al suo posto. 
«Ha lasciato una lettera» disse Mirajane, porgendola a Makarov. 
«Cosa dice?» chiese curioso Natsu, vedendo il volto di Makarov impallidire riga dopo riga. 
«Al master e a tutti i miei compagni di gilda...» lesse ad alta voce. «Per quanto riguarda la questione del master mi dispiace ma non è proprio cosa per me. Ma dal momento che ne sono stato investito, ne approfitto per impartire alcune direttive in qualità di quinto master. La prima è di reintegrare Laxus a Fairy Tail, così forse potrà finalmente perdonarmi per quella faccenda di sua sorella» e per quanto fosse una notizia magnifica per i due fratelli Dreyar, si ritrovarono entrambi ad arrossire e cadere nel mutismo assoluto mentre gli sguardi dell'intera gilda si voltavano a loro, curiosi e confusi. 
«Che diavolo gli passa per la testa?!» ruggì Makarov, sgambettando furioso, prima di dire in un finto tono furibondo: «Bene. Se è un ordine del quinto Master, non posso che sottostare a questa condizione».
Evergreen e Bickslow saltarono alle spalle di Laxus, festeggiando per il suo ritorno, mentre Fried piangeva commosso al loro fianco. Laxus li lasciò fare, non mostrando né particolare entusiasmo ma nemmeno di essere contrario, anche se chi lo conosceva bene sapeva leggere dentro i suoi occhi un pizzico di felicità e sorpresa. Priscilla, stranamente per una come lei, non fu molto rumorosa né prese parte ai festeggiamenti. Restò al fianco dell'uomo, mani unite dietro la schiena, lo guardava sorridendo con una certa soddisfazione, leggendo la felicità negli occhi di Laxus e beandosi solo di questo. Lui la notò e non gli ci volle molto per riuscire a mettere insieme i pezzi. Cominciò a capire, Priscilla seppe che lo stava facendo, e sorridendo luminosa gli rivolse un occhiolino. 
«Gliel'hai chiesto tu?» chiese conferma e lei semplicemente ridacchiò. «Ho solo provato a suggerirgli che forse poteva essere un buon modo per sistemare quella vecchia faccenda dell'esame» ridacchiò ondeggiando.
«Quale faccenda?» chiese Bickslow, curioso.
«Già! Perché Gildarts ha qualcosa da farsi perdonare da te, Laxus?» chiese Evergreen, altrettanto curiosa.
«Non ne ho idea e non mi interessa!» rispose seccamente Laxus, tornando ad arrossire benché lo sguardo fosse dei più furiosi che avesse mai assunto. 
Priscilla ridacchiò divertita, restando semplicemente vicino a lui, a gongolare silenziosamente per la buona riuscita del suo piano. Non ce l'avrebbe mai fatta se non avesse avuto a fianco Cana, doveva ricordarsi di ringraziarla.
"Sei una donna ormai, se vuoi qualcosa... te lo prendi!"
Il consiglio migliore che qualcuno le avesse mai dato. 
«E la seconda» riprese a leggere Makarov. «È nominare Makarov Dreyar come sesto master di Fairy Tail... DI NUOVO IO?!» Urlò, sconvolto e disperato. Sembrava che qualcuno lo avesse appena condannato a morte. Lasciò cadere la lettera, privo persino della forza di proseguire, ma Mirajane la prese da terra e finì di leggere per lui: «Io girerò il mondo e al momento giusto tornerò. Fino ad allora statemi bene. Cana, scusa se ti lascio di nuovo sola, ma ogni volta che sentirai la mia mancanza puoi infondere i tuoi sentimenti in questa carta» e porse a Cana una carta da gioco con sopra disegnato il volto di Gildarts e sotto inciso il suo nome. «Quei sentimenti arriveranno a me tramite la carta che ho io e non appena li sentirò correrò da te» proseguì Mirajane, ma Cana con un sorriso in volto strappò la carta sostenendo: «E chi la vuole! Stupido vecchio, te l'ho già detto: le cose mi stavano bene già com'erano prima».
«Fairy Tail» continuò Mirajane. «Fairy Tail è la mia casa. Prometto che tornerò. Fino ad allora il mio desiderio è che Fairy Tail possa diventare di nuovo la gilda numero uno di tutta Fiore. Ma questa non è una mia responsabilità... è vostra. Master, questo è il tuo ultimo compito. Riporta Fairy Tail sulla cima di Fiore».
«Ultimo compito un corno, cretino!» ruggì Makarov, agitandosi per il nervoso. «Ti faccio vedere io! Non cederò mai più a qualcuno il titolo di master! Rimarrò Master fino a che non tirerò le cuoia! Ora portatemi da bere, presto!» e per quanto le sue urla furono serie, la sua rabbia tangibile, non ebbe altro effetto nei suoi compagni che quello di farli scoppiare a ridere divertiti nel vederlo così su di giri. 
«Cana!» l'urlo Priscilla anticipò il suo salto che la portò ad appendersi al collo della ragazza. Sorrideva felice come poche volte lo era stata, tanto che le guance non assunsero un colore diverso da quello del rosso per tanto tempo. «Beviamo assieme!» le propose per festeggiare e Cana si infervorò, decretando: «Essia! Mira-chan! Dell'alcol anche di qua, presto!»
«Io l'avevo detto che alla prima occasione ci sarebbe ricaduta» annuì Gray, convinto.
«Priscilla-nee, credi sia una buona idea? L'ultima volta le cose non sono andate granché bene» provò a fermarla Wendy, ma le due erano già sedute con i propri boccali in mano e stavano brindando al magnifico giorno. Un boccale si poggiò pesantemente di fianco a quello di Priscilla, poco dopo. Laxus afferrò la sedia al suo fianco e ci si lasciò cadere sopra, poggiando poi una pesante mano sulla testa di Priscilla. Un gesto che sembrava una carezza ma che assunse più le sembianze di un atto di tortura dal momento che la stritolava e spingeva verso il tavolo. Bevve un sorso, lasciando che la ragazza si lamentasse per il dolore alla testa e i capelli sfatti, prima di fulminare Cana oltre la spalla della sorella.
«Di' un po', sei stata tu a portarla sulla via dell'alcol?» si informò, anche se era pronto a scommettere sulla risposta. Suonava come una minaccia, sembrava pronto a prendersela con la donna per aver portato la sorella su una cattiva strada, ma Cana non si lasciò intimorire e anzi esclamò con orgoglio: «Ci puoi scommettere! Non hai idea di che gioiellino sia Pricchan quando è ubriaca, può rivelarti ogni suo più profondo segreto con estrema legger-» si interruppe, colta da un'idea improvvisa che nacque proprio dalle sue stesse parole. Un'intera conversazione avvenuta all'interno di una piscina in un bagno pubblico, con Pricchan che aveva praticamente lasciato intendere quali fossero i suoi reali sentimenti verso l'uomo che adesso sedeva al suo fianco. Scattò come una faina verso la ragazza, la prese per i capelli e tirandole indietro la testa le infilò una bottiglia ancora del tutto piena in bocca rovesciandone all'interno l'intero contenuto.
«Avanti, piccoletta, butta giù senza troppe storie!» la incitò improvvisamente infervorata, mentre Priscilla si dimenava nel tentativo di liberarsi da quella presa e quella tortura. 
«Ohy...» provò a richiamarla Laxus, preoccupato, ma senza avere le forze di intervenire realmente. Nessuno aveva mai visto Cana in quelle condizioni, metteva quasi i brividi con quel suo sguardo malefico. 
«Cana-san! Così la soffochi!» esclamò Wendy, terrorizzata. 
«Non essere sciocca! Non può morire, ricordi?» sghignazzò Cana, continuando a rovesciare nella gola di Priscilla litri e litri di alcol. 
«E questo basta a tranquillizzarti?!» chiese sconvolta Charle, notando come non le importasse del dolore che stesse recando alla povera malcapitata. Finalmente la bottiglia venne svuotata, anche se era più l'alcol che era uscito e caduto a terra piuttosto quello che effettivamente Priscilla aveva bevuto, e Cana la lasciò andare. Priscilla si accasciò sulle gambe di Laxus, al suo fianco e dall'altro lato rispetto a Cana, un modo non solo per cercare la pace ma anche per allontanarsi dal suo aggressore sentendo la vicinanza di chi invece avrebbe potuto tranquillizzarla. 
«Sei crudele ad approfittarti di questa mia debolezza per dirvertirti, Cana» biascicò, moribonda. 
«Stupida, lo faccio per te lo sai» sghignazzò Cana, impugnando un'altra bottiglia e sporgendosi con un piede sulla sua sedia. «Non abbiamo ancora finito!»
Priscilla urlò terrorizzata e cominciando a tirare calci si trascinò in braccio a Laxus, abbracciandolo e cercando di mettere lui come muro tra le due per difenderla. Cana l'afferrò per i vestiti e cominciò a tirarla per staccarla dalla presa dell'uom0, che ancora una volta rimase impassibile se non lievemente scocciato per essere ancora messo in mezzo a quel genere di questioni. 
«Aiuto! Cana è impazzita!» provò a dire Priscilla, restando arpionata a Laxus benché Cana avesse adesso messo un piede sul lato della loro sedia per fare leva e trascinarla. Charle e Wendy presero Cana per le spalle e in aiuto a Priscilla tentarono di tirarla via, per convincerla a staccarsi dalla ragazza, ma la presa di Cana sulla sua vittima era ferrea. Urlarono e si dimenarono ancora, con Priscilla che chiedeva pietà, un Laxus che restava impassibile benché avesse la sorella aggrappata a lui che lo strattonava con la stessa forza, Charle e Wendy che tiravano dall'altro lato e Cana sempre più infervorata nel suo desiderio di farla ubriacare il prima possibile. 
Fino a quando quella ridicola scena non venne interrotta dall'urlo di Macao, che imperativo ordinava: «Romeo, smettila! Ne avevamo già parlato, quest'anno non parteciperemo!»
«Dobbiamo farlo! Facciamolo!» insisté Romeo, per niente spaventato da suo padre. 
«No, no, e poi no! Mi oppongo totalmente!» ruggì ancora Macao. 
«Che succede?» chiese Cana.
«Partecipare?» chiese curiosa Priscilla. 
«Non hai l'autorità per decidere, papà! Non sei più Master!» si impose Romeo.
«Ma posso sempre esprimere un'opinione in quanto membro della gilda! Chi è contrario a partecipare alzi la mano!» e dietro a lui anche tutti i membri che non facevano parte dei dispersi di Tenroujima alzarono lentamente la mano, chi più o meno titubante. 
«Ma questa volta è diverso! Abbiamo i membri dispersi di Tenrou!» insisté Romeo. «Ci sono anche Natsu-nii, Erza-nee e Priscilla-nee!»
E Priscilla sentendosi nominare insieme ai più forti, anche se non sapeva quale fosse bene l'argomento, sorrise allegra e staccò una mano dal collo di Laxus -dove era ancora aggrapata- per fare un allegro segno di vittoria. 
«Sei diventata un membro dell'élite in mia assenza» osservò Laxus con un pizzico di orgoglio nella voce. «Sono diventata fortissima!» disse lei, inorgoglita e stringendo il braccio su se stesso contrasse il bicipite per sottolineare quel concetto. Un gesto che portò ad avere ancora meno presa sul collo di Laxus e sbilanciò l'equilibrio della loro posa, con Cana che in piedi sull'altra sedia ancora la tirava all'indietro per i piedi, e fece cadere all'indietro quest'ultima facendo volare via la sedia dove stava. Priscilla perse completamente la presa, sotto quell'improvvisa spinta, trascinata dalla povera Cana che urlando cadeva addosso a Charle e Wendy alle sue spalle, e con un urlo atterrò sopra di lei. Era cominciato come un gioco, dove Cana aveva il controllo e voleva far sbronzare Priscilla, ed era finito con tutte e quattro fuori combattimento per quell'orribile caduta. 
«Priscilla-nee... sei pesante» piagnucolò la bambina, sotto a tutto il cumulo di corpi. 
«Perché l'hai fatto, Cana?» piagnucolò Priscilla e l'amica con quel poco di voce che aveva sibilò un semplice: «Volevo aiutarti ad aprire il tuo cuore».
«Ancora con questa storia, lasciatela in pace per l'amor del cielo!» sobbalzò Charle, preoccupata e agitata visto che l'ultima volta che aveva provato a metterci lei lo zampino era finita con la gilda distrutta e tutti i membri fuori combattimento. 
«Insomma, si può sapere di cosa state parlando?» chiese Natsu a Romeo, incuriosito come tutti quelli che per sette anni erano stati lontani da casa. 
«Mentre voi non c'eravate è stato indetto un torneo annuale» spiegò Romeo. «Per decretare la gilda numero uno di Fiore. Partecipano tutte le gilde del continente, è un torneo tra maghi!»
«Wow! Sembra una figata!» si infiammò Natsu, eccitato all'idea. 
«Si chiama "I Grandi Giochi Della Magia"!» concluse Romeo, suscitando l'entusiasmo in tutti i membri dispersi di Tenrou. 
«Sembra divertente!» esclamò Happy. 
«È come una festa» sorrise Gray, animato allo stesso modo.
«Potrebbe essere una via diretta per riuscire a riportare il nome della gilda in cima» osservò Erza, sorridendo.
«Tutte le gilde partecipano? Ci saranno anche Leon e Cherry!» sorrise Priscilla, entusiasta, piantando le mani sul petto di Cana e sollevandosi da terra. Ma quel gesto fece ancora più peso sulle tre che invece erano ancora sotto di lei, trovandosi ancora più schiacciate. 
«Priscilla-nee» sibilò Wendy, allungando una mano nel vuoto. 
Bickslow dovette intervenire, prendendo Priscilla da sotto le braccia e sollevandola da terra come una bambina. Evergreen prese Cana per le braccia e la trascinò per spostarla da sopra Wendy, che infine venne raccolta da Fried e tirata nuovamente in piedi. 
«Grazie Fried-san» mugolò Wendy, tremolante. 
«Charle, stai bene?» si avvicinò Happy, guardando la gattina ancora a terra, senza neanche la forza di alzare una zampa.
«Quella donna...» ringhiò Charle, già pronta a prendersela e litigare di nuovo con Priscilla... non appena fosse stata in grado di rialzarsi. 
«Sì, ma il gruppo di Tenrou ha sette anni di vuoto davanti! Oggi pomeriggio Max ha persino dato del filo da torcere a Natsu» spiegò Jet e Natsu abbaiò un offeso: «Questo non è vero!»
«Ha ragione, il nostro livello è uguale a quello di sette anni fa mentre loro sono diventati tutti più forti» osservò Lucy, preoccupata.
«Se Leon è diventato più forte allora anche io lo sono! In fondo lui ha messo la sua magia dentro il mio corpo» disse Priscilla, tornando a sorridere e arrossire come sempre faceva quando pronunciava quella frase. 
«Cos'ha messo quel tizio nel tuo corpo?» chiese Laxus, improvvisamente corrucciato, non conoscendo bene nei dettagli quella parte di storia se non per ciò che Priscilla continuava ad esclamare con emozione "Leon ha messo della magia nel mio corpo".
«Non capisco perché ti diverte tanto creare quel tipo di ambiguità su quella faccenda» sospirò Fried, stanco di sentirglielo ripetere e sapendo bene quale fosse la realtà dei fatti. 
«Che c'è Laxus? Sei geloso?» lo provocò Evergreen, sventolandosi col proprio ventaglio e avvicinandosi all'uomo sogghignando. 
«Sono affari suoi» rispose lui, infastidito e cercando di tornare a essere indifferente. 
«Ambiguità o meno, ha osato intaccare il corpo della mia baby! Può essere l'occasione per fargliela pagare!» sostenne Bickslow, stringendosi Priscilla al petto come fosse una bambola. «Non sono tua... e comunque Leon è mio amico, non osare fargli del male» lo minacciò Priscilla. 
«Mmh...» mormorò Makarov, pensieroso. «Pensate davvero di poter partecipare al vostro livello attuale?» chiese, dubbioso.
«La gilda vincitrice si becca in premio trenta milioni di Jewels!» disse Romeo repentino, sapendo perfettamente dove andare a punzecchiare con il master. E, come previsto, ebbe effetto visto che Makarov saltò in piedi urlando deciso: «Partecipiamo!».
«Impossibile! Ci sono Lamia Scale e Blue pegasus» disse Droy preoccupato.
«Per non parlare di Sabertooth! Sono i numero uno di Fiore!» si accodò Jet. 
«Tutte le volte che abbiamo partecipato siamo arrivati sempre ultimi» disse Warren, altrettanto contrario. 
«Non vi preoccupate! Ce la caveremo bene!» sostenne Makarov, convinto più che mai. 
«Sono tutto un fuoco!» esclamò Natsu, soffiando fuoco come un vero drago. «Quando si terrà questo evento?» chiese poi.
«Fra tre mesi» rispose Romeo e Natsu si infuocò ancora di più, sorridendo deciso: «Abbiamo tutto il tempo per allenarci! Fairy Tail è pronta a tornare a essere la gilda numero uno di Fiore!» e dietro di lui si alzò un coro di decisione ed entusiasmo da parte del gruppo di Tenroujima, più convinta e più eccitata all'idea. 
«Ma dite sul serio?» mormorò Droy.
«Io continuo ad essere contrario» si unì Alzack, imbarazzato.
«Abbiamo già deciso ormai!» esclamò Makarov, col volto di chi aveva certamente cattive intenzioni.  «Andiamo a prenderci quei trenta milio... ehm... il titolo di gilda numero uno!»
E Fairy Tail trovò in questo un ulteriore motivo per fare festa e baldoria, nonostante  gli unici a mostrare interesse ed entusiasmo continuarono a essere i membri di Tenroujima. 
Il giorno dopo alcuni di loro erano già partiti dalla mattina presto, verso varie destinazioni dove andare ad allenarsi per prepararsi. Priscilla era all'interno della gilda insieme a molti di questi, che faceva gli ultimi preparativi prima della partenza. Era entusiasta, aveva deciso di partire con Laxus, riunirsi insieme a lui dopo tutti quegli anni. L'idea di allenarsi insieme, affrontare viaggi e avventure con lui come ai vecchi tempi, la eccitava tanto che non era nemmeno riuscita a dormire. I fratelli tempesta sarebbero veramente tornati e solo pensarci le scaldava il petto. Ne aveva parlato con Wendy tutta la notte, preoccupata per lei, ma la bambina l'aveva più volte rassicurata che se avesse deciso di andare con Laxus e i Raijinshuu lei ne sarebbe solo stata felice. Charle, che non vedeva l'ora non solo di liberarsi della sua fastidiosa presenza ma ancora sosteneva che quei due avessero bisogno di passare del tempo assieme, non fece che incitarla. E così Priscilla, insieme ai Raijinshuu, si ritrovò ad aspettare l'unica ritardataria prima della partenza: Evergreen. Fu durante quell'attesa che successe qualcosa che avrebbe sconvolto del tutto i suoi piani.
«Priscilla, posso parlarti solo un istante?» chiese Makarov interrompendo il solito bisticcio tra lei e Bickslow, che sembrava più emozionato di chiunque altro all'idea di passare i successivi tre mesi insieme all'oggetto delle sue più profonde fantasie. 
Per Priscilla fu solo una liberazione, si staccò da Bickslow con un colpo di vento e seguì suo nonno dentro un microstanzino adibito a ufficio. 
«Credo di essere il più felice tra tutti voi nel vederti riunita a tuo fratello» esordì lui, sedendosi a una scrivania e invitando la ragazza a fare altrettanto. «Vedere te e  Laxus sorridenti e felici, quando partivate insieme, è sempre stata la cosa più bella che un nonno possa mai sperare di vedere».
«Perché tanto romanticismo, vecchio? Che succede?»
«Vorrei solo farti capire che se avessi potuto avrei scelto sicuramente un momento migliore per mostrarti questo» disse lui con un sospiro, porgendo alla ragazza un foglio di carta. 
«Che roba è?» chiese Priscilla, afferrandolo e guardandolo con curiosità. Era un semplice foglio di carta, senza nessun segno specifico, con su scritto una richiesta di un lavoro anche abbastanza mediocre e una cifra come ricompensa di medio valore. Niente di eclatante, una missione come molte altre di media importanza, quasi nulla, che non avrebbe destato l'interesse di nessuno. Se non fosse stato che sopra di esso c'era scritto, specificatamente, "Priscilla del vento".
«Una richiesta specifica per me?» chiese lei. «Non capisco, perché tanto mistero?»
«Tu sei detentrice della magia del Mirage, una magia unica e originale che Mistgun ha ideato solo per te, sfruttando la tua abilità di controllo dell'aria» disse Makarov e Priscilla, sorpresa nel sentir tirare fuori quella questione, tornò a concentrare la sua attenzione sul foglio di carta che aveva tra le mani. Solo allora notò la sua particolarità. Era come se fosse ricoperto da un sottile velo di aria dalla consistenza  anormale. Quel foglio, ora riusciva a capirlo, nascondeva un segreto. 
«Solo una maga dell'aria può riuscire a percepire la differenza tra l'ambiente circostante e ciò che tiene nelle mani, perché è proprio l'aria che ne modifica l'aspetto. Se avessero usato una vera e propria magia illusoria sarebbe stato più facile individuarne il segreto da parte di chiunque avesse un minimo di consapevolezza magica. E solo chi possiede l'arte del Mirage può spezzarne l'effetto».
«Questo foglio... è sotto l'effetto del Mirage?» chiese lei, sconvolta. 
«Probabilmente è perché tra tutte le magie dell'illusione è quella più sicura perché non è diretta, ma sfrutta l'ambiente circostante» ipotizzò Makarov. «Un ottimo modo per arrivare a noi senza farsi scoprire. È arrivata due giorni dopo il nostro ritorno da Tenrou, all'inizio non ci avevo fatto troppo caso pensando a una richiesta come un'altra, ma c'era qualcosa che non riusciva a convincermi, un sesto senso che mi ha portato a indagare piuttosto che mostrartela subito. Tre giorni dopo ne è arrivata un'altra, identica alla precedente, e poi una settimana dopo ancora una terza. Sono riuscito a scoprirne il segreto solo questa notte e ho pensato fosse importante mostrartelo quanto prima, vista anche l'insistenza del mandante che pare avere una certa fretta».
Priscilla poggiò il foglio sul tavolino che aveva di fronte e ci avvicinò il palmo della mano, chiedendo: «Sai già cosa nasconde?» 
«No, sono solo riuscito a capire quale fosse l'incantesimo che lo protegesse. Visto che partirai per tre mesi, ho pensato fosse il caso parlartene prima».
«Mirage...» sussurrò Priscilla, prendendo così possesso dell'aria che circondava il foglio di carta e dissolvendola all'istante, liberando la piccola pergamena dal suo incantesimo. Le frasi, le parole, la ricompensa e l'immagine scomparvero all'istante, lasciando al centro del foglio solo un grande e scuro simbolo. Una specie di teschio, con un cappello da strega.
«Che cos'è?» chiese Priscilla, non riuscendo ad attribuirlo a nessun simbolo che conoscesse.
«Come immaginavo» sospirò Makarov, prima di pronunciare con una certa solennità: «Crime Sorcière».
«Crime Sorcière?» chiese Priscilla, non capendo ancora di cosa si trattasse.
«Una nuova gilda fondata pochi anni fa» disse Makarov, portando al simbolo lo sguardo. 
«Perché mai una gilda dovrebbe cercare proprio me?» chiese Priscilla, continuando a non capire. Non aveva mai sentito nominare quella gilda, non aveva mai avuto rapporti con loro, come la conoscevano? Perché la cercavano?
«Perché probabilmente sei l'unica di cui avrebbero potuto fidarsi e che non fosse loro troppo emotivamente attaccata. Natsu, Gray o Erza avrebbero perso la testa e non avrebbero mantenuto troppo il profilo basso». 
«Continuo a non capire. Chi sono?» insisté Priscilla, tesa per quella faccenda che ancora non riusciva a collocare al suo posto.
«Ultear, la figlia di Ur, la mentore di Gray. Meldy, sua fidata alleata fin dai tempi di Grimoire Hearts e infine Gerard Fernandez... ex membro del concilio» disse Makarov facendo sussultare tanto Priscilla che nell'agitarsi colpì la gamba del tavolo e per poco non lo ribaltò.
«Aspetta! Di che parli?! Grimoire Hearts è stata sconfitta! Gerard poi è stato arrestato, l'ho visto con i miei occhi!» esclamò Priscilla.
«Proprio perché tu eri lì quel giorno che Gerard deve aver pensato di contattarti. Non sei legata a lui emotivamente, non ci sono trascorsi, però hai comunque provato a difenderlo e sei dalla parte di Erza. Pensa di potersi fidare di te e che tu possa fare da perfetto intermediario, visto che comunque devono restare nell'ombra e usare fogli magici per riuscire a mettersi in contatto col mondo esterno. Crime Sorcière è una gilda nata da poco che non rientra tra quelle ufficiali ma nemmeno tra quelle oscure, in questi anni si sono sempre e solo occupati di eliminare le gilde fedeli alla causa di Zeref. È nata appena dopo l'evasione di Gerard da prigione, per questo benché non ci siano ancora conferme si pensa che ci sia proprio lui a capo. Visto il suo passato con Zeref, è anche plausibile. Non mi sono interessato troppo alla causa, a essere sincero, ero solo sollevato all'idea che quel ragazzo avesse trovato un modo per redimersi. Ma questo foglio...».
«Perché ci hanno cercati?» chiese Priscilla, guardando attentamente il simbolo di Crime Sorcière stampato su di esso. 
«Non ne ho idea, ma continuano a mandare questa richiesta da ormai due settimane. Non voglio chiederti di rinunciare al tuo allenamento con Laxus, ma...»
«Laxus è tornato appena ieri!» disse Priscilla, prendendo il foglio tra le mani e riavvolgendolo di quel sottile strato di vento che aveva appena dissolto. «Ci saranno tante altre occasioni per andarmene a spasso con lui, adesso qui c'è qualcuno che ha bisogno dell'intervento di Priscilla del Vento» disse con un occhiolino e alzò il foglio tornato allo stato originale, con la finta richiesta stampata sopra.
«Forse dovresti portare qualcuno con te» provò a suggerire Makarov, preoccupato.
«Meglio di no. Ho conosciuto Gerard... il nostro Gerard, intendo, non quello di Edoras. Ha avuto i suoi problemi, ma sono sicura che alla fine sia una brava persona. È l'innamorato di Erza, non può certo essere malvagio» ridacchiò, sperando di strappare un sorriso a Makarov ma senza riuscirci. «E poi questa richiesta è inviata a me specificatamente, perciò è giusto che sia io ad andare. Se avessero avuto cattive intenzioni non si sarebbero rivolti a me in maniera così specifica e aperta. No, va bene così» e guardando ancora il foglio con su scritto quella falsa richiesta, sorrise e si alzò. 
«Cercherò di farti avere notizie quanto prima» disse uscendo dall'ufficio, ma Makarov la richiamò con un solenne: «Priscilla».
La ragazza si fermò sull'uscio e rientrò appena solo con la testa, guardando suo nonno con curiosità. Un leggero sorriso sul volto invecchiato dell'uomo, prima che riuscisse a confessare: «Grazie per non essertene mai andata».
Quante volte aveva minacciato di lasciare la gilda, anni addietro, quante volte ci aveva provato e quanto aveva lottato Makarov per impedirglielo. Alla fine lei, con la sua forza e la sua presenza, non solo aveva permesso a Laxus di tornare, riportando indietro il suo amato nipote, ma aveva sempre avuto un ruolo di rilevanza nella protezione della sua gilda anche quando lui non poteva essere principalmente presente. Priscilla sorrise con quel suo solito candore, prima di mostrar lui il palmo della mano destra marchiato.
«Il simbolo sul palmo della mano, ricordi?» disse semplicemente, sottintendendo tutto il significato che avesse dietro. Il tendere la mano, il stringerlo delicatamente, prendersi cura e aiutare. Priscilla era venuta al mondo per quel motivo, indipendentemente da ciò che quello stupido di Ivan sostenesse, Priscilla era venuta al mondo solo per proteggere gli altri. Era come un angelo custode su cui Makarov sentiva di poter fare pieno affidamento.
«Torna tutta intera... almeno per questa volta» l'ammonì visto che in ogni missione in cui avesse preso parte perdeva sempre qualche pezzo. Annuì decisa e infine uscì del tutto dalla stanza, raggiungendo Laxus con dei saltelli allegri.
«Sei pronta?» chiese lui. Evergreen li aveva raggiunti da poco e finalmente erano pronti a partire, non appena Priscilla avesse concluso la sua chiacchierata con Makarov. Lei sorrise luminosa, candida come una bambina, ed esclamò: «Non vengo!»
«Eh?» chiese Bickslow sorpreso e anche un po' deluso. Priscilla alzò il foglio della finta richiesta, indicandolo con allegria ed esclamò: «Guarda qua! Una richiesta esclusiva per Priscilla, la Dea del vento! Hanno bisogno del mio incredibile potere da qualche parte in questo mondo» cercò di pomparsi, gonfiando le spalle per sembrare più grossa.
«Una missione specifica per te?» chiese Evergreen, avvicinandosi e sistemandosi gli occhiali sul naso. «Quando è arrivata?»
«Questa mattina, per questo il nonno voleva parlarmi. Quel povero vecchio si peritava nel chiedermi cosa volessi fare, non sai quanto ha insistito "nooo, non lasciare quel buono a nulla di Laxus da solo! Ha bisogno di te!"» disse sempre allegra e orgogliosa.
«Ha davvero detto così?» chiese Bickslow sconvolto.
«Certo!» annuì Priscilla, convinta.
«Figurati» sbuffò Laxus, che non ci credette nemmeno un po'. 
«Potremmo venire con te, sarà pur sempre un allenamento» propose Fried e Priscilla si strinse il foglio della richiesta, ruggendo con un: «Scordatelo! La paga è già bassa così, non dividerò i miei soldi con nessuno! Con tutti i debiti che ho ancora da pagare» finse di piagnucolare. «Macao continua ad aggiungere zeri al mio conto da saldare, è crudele!»
«Hai distrutto la gilda» le disse Fried.
«Anche Laxus è complice!» si difese lei.
«Per me puoi tenertela tutta la paga, mi basta provare l'ebbrezza della prima missione insieme a non uno ma ben due Dreyar!» esclamò Bickslow, eccitato.
«I Fratelli Tempesta di nuovo in azione, insieme alla loro Guardia Reale! Che emozione!» si accodò Evergreen.
«Scherziamo? Inviano una richiesta specifica per Priscilla Dea assoluta del vento e mi presento con la scorta?! Che razza di figure volete farmi fare?!» ruggì lei.
«Dea assoluta?» chiese Fried, per niente convinto.
«La Dea più bella che ci sia» rise Bickslow al suo fianco. 
«Muoviamoci» disse Laxus, interrompendo così la loro chiacchierata. «La strada è lunga, mettiamoci in cammino».
«Eh?» chiese Evergreen, guardandolo mentre si avviava all'uscita. «Vuoi veramente mandarla da sola, Laxus?»
«Quella richiesta è specifica per lei, noi non c'entriamo niente. Pensiamo al nostro allenamento» incalzò e Fried fu il primo a seguirlo, senza indugiare troppo. Bickslow e Evergreen, un po' più pensierosi, si guardarono a vicenda non troppo convinti ma alla fine accettarono e uscirono, raggiungendo i due compagni. Erano già qualche passo lontani da lei quando Laxus, in cima al gruppo, alzò un  braccio, a pugno serrato, il gomito piegato su se stesso e il bicipite ben gonfio. Un segno, un semplice gesto, che sapeva bene essere rivolto a lei. Le stava dicendo di essere forte e di fare attenzione. Le parole che aveva rivolto ai suoi compagni, l'atteggiamento nel portarli via, poteva farlo sembrare come se non gli fosse interessato del rischio che avrebbe potuto correre nel mandarla da sola in qualche missione. Ma quel gesto bastò a farla sorridere: non solo si era preoccupato, ma l'aveva compresa più degli altri. Quella missione, l'aveva capito, non era così mediocre come volesse far sembrare. C'era qualcosa sotto, lui l'aveva capito, e aveva capito che l'atteggiamento di Priscilla aveva il suo motivo. La sosteneva, ma le stava chiedendo comunque di fare attenzione e tornare indietro tutta intera. Doveva metterci forza. Come lui le aveva sempre insegnato. 
Sorrise, annuendo, e infine anche lei uscì dalla gilda e spiccò il volo, diretta lontana, verso le montagne a nord.

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Capitolo 42
*** Tre mesi ***


Tre mesi



Il foglio non indicava nessun luogo preciso, solo un'ampia zona che ricopriva quasi interamente una delle montagne della catena montuosa. Atterrò in un punto non troppo specifico, guardandosi attorno e cominciando da interrogarsi su dove fossero i suoi mandanti. La gilda Crime Sorcière. 
Camminò a lungo nei boschi, tra gli alberi, aspettandosi di vederli sbucare probabilmente da un momento a un altro, ma passarono ore intere e di loro neanche l'ombra. Non era difficile capirne il motivo, erano comunque ricercati e dovevano restare nell'ombra, se qualcuno avesse mai potuto intercettare quel foglio e fosse andato laggiù al posto suo non dovevano correre il rischio di essere visti. 
"Una richiesta specifica per me" cercò di riflettere, chiedendosi se non ci fosse proprio in quello il segreto per riuscire ad incrociarli.
"Priscilla del vento" era quello che avevano scritto. Non Priscilla, semplicemente, o Priscilla Dreyar...ma Priscilla del vento. 
«Dovete essere voi a trovare me» capì con un sorriso e fermandosi in mezzo a una radura fece scendere su di sé il turbine di un tornado. Rimase al suo interno per intere ore, aspettando e continuando a farlo ruggire sopra quei monti, fino a che uno degli alberi che aveva abbattuto col suo tifone non tornò miracolosamente in piedi. Non sapeva quale magia ci fosse dietro, ma capì che quello doveva essere il segnale. Cessò la sua magia, scese nuovamente a terra e attese vedendo infine comparire tre figure dall'ombra del bosco. 
«Hai accettato la nostra richiesta» commentò una voce femminile, prima di mostrare il suo volto. Non la conosceva, così come non conosceva la ragazza dai capelli rosa dall'altro lato, ma fu facile per lei riconoscere invece Gerard in mezzo alle due donne. 
«Crime Sorcière» disse. «Allora è vero quello che si dice. Perciò voi due dovete essere Ultear e Meldy, giusto?»
«Sull'isola di Tenrou non abbiamo avuto il piacere di incrociarci, ma abbiamo sentito comunque il frastuono del tuo vento durante le nostre battaglie» disse Ultear. 
«Non che mi dispiaccia essermi risparmiata altri due dei sette fratelli del purgatorio, ad essere sincera» commentò Priscilla, accennando un sorriso.
«I sette fratelli del purgatorio...» ridacchiò Ultear.
«È stato tanto tempo fa» disse Meldy.
«Sette lunghi anni» sospirò Priscilla, che ben sapeva il significato di quelle parole. «Ci siete in debito di sette anni».
«Se non avessimo commesso quel terribile gesto, sette anni fa, Acnologia forse non vi avrebbe attaccati» mormorò Meldy.
«Non credo ci sarà mai modo per porre rimedio ai nostri errori» concordò Ultear, a sguardo chino, rammaricato. 
«Ho perdonato cose ben peggiori» commentò Priscilla, più superficialmente. Tirò su le gambe, incrociandole a mezz'aria e restando galleggiante ad almeno un metro da terra. «Ma penso che non siano le scuse il motivo per il quale mi avete fatta venire qui, giusto?»
«Probabilmente è ipocrita da parte nostra» intervenne questa volta Gerard. «Ma sì, abbiamo una richiesta da farti». 
«Siete dei ricercati e vi esponete a tal punto da mandare una richiesta ad una gilda ufficiale, dovete essere proprio disperati» ridacchiò Priscilla. «Qual è il mostro da sconfiggere, sentiamo».
«Non riguarda te, specificatamente, ma vorremmo che tu ci facessi da portavoce» disse Ultear. 
«Portavoce?» chiese Priscilla, curiosa.
«Siete tornati solo da un paio di settimane, non so se avete avuto modo di sentir parlare dei Grandi Giochi della Magia» disse Gerard e Priscilla si lasciò sfuggire un sorriso divertito: «Ho interrotto il mio allenamento in vista dei Giochi per venire qui, quindi sì, ne abbiamo sentito parlare».
«Avete intenzione di partecipare, allora?» chiese Gerard con uno strano luccichio negli occhi. «Mi risparmiate il dovervelo chiedere» ridacchiò nervoso.
«Ora sono proprio curiosa» commentò Priscilla, inarcando le sopracciglia. Cosa avrebbe potuto spingere Crime Sorcière, Gerard e altre due fuggitive, a chiedere a Fairy Tail di partecipare a un semplice torneo? Cosa li legava tutti?
«Ti spiegherò tutto» annuì Gerard. «Intanto vorrei che sia chiaro che non siamo vostri nemici. Ho recuperato la mia memoria, ricordo bene gli errori che ho commesso e non ci sarà mai modo di rimediare a tutto questo. Anche Ultear e Meldy hanno i loro peccati impossibili da scrollarsi di dosso, ma ciò che conta è le nostre intenzioni attuali e future. Tutti e tre siamo colpevoli e sappiamo di esserlo, per questo dopo che Ultear e Meldy mi hanno fatto evadere di prigione abbiamo fondato Crime Sorcière: una gilda indipendente che non è né oscura né ufficiale. Il nostro obiettivo è aiutare quante più persone possibili e soprattutto combattere contro la piaga di Zeref che ancora annebbia questa terra. Esistono un sacco di gilde e maghi che lo venerano e portano avanti le sue volontà, per questo Crime Sorcière è nata per lottare contro tutto questo».
«Insomma, adesso siete i buoni ma avendo un passato oscuro non potete permettervi di uscire alla luce del sole» commentò Priscilla.
«Vedo che hai compreso bene la situazione».
«Ma questo cosa c'entra con il torneo dei maghi?» chiese ancora la ragazza.
«Ogni anno, durante i giochi, abbiamo avuto modo di percepire una strana e oscura forza magica. È una presenza malvagia che somiglia incredibilmente a quella di Zeref, probabilmente è proprio per questo che sembra che solo noi, che abbiamo avuto direttamente a che fare con lui, riusciamo a percepirla».
«Credete che Zeref si trovi lì?» chiese Priscilla.
«Non penso sia lui personalmente, ma temo possa essere comunque qualcosa che abbia a che fare con lui. Qualche tipo di magia originata da lui stesso. Vorremmo indagare più a fondo, pensiamo che attraverso questo riusciremmo persino ad arrivare a lui» continuò Gerard.
«Ma non potete avvicinarvi all'arena perché siete ricercati» concluse Priscilla.
«Esatto. Per questo abbiamo pensato di chiedere a voi se poteste indagare durante il vostro torneo» annuì Gerard.
«Ovviamente questo non ha niente a che vedere col vincere o perdere, noi faremo il tifo per voi da debita distanza!» sorrise Meldy. «Vi chiediamo solo di fare qualche ricerca nel frattempo».
«Ci saranno tutte le gilde del continente, sono passati sette anni, e solo ora chiedete aiuto proprio a noi» sorrise Priscilla. «Il vostro livello di fiducia nei nostri confronti è toccante».
«Vi conosciamo bene, ormai, sappiamo che se c'è qualcuno su cui si può far affidamento siete voi» disse Ultear.
«Volevamo contattare direttamente Erza, Natsu e Gray ma Gerard ha pensato fosse meglio coinvolgere prima te, cercare loro direttamente sarebbe stato pericoloso» disse Meldy.
«Vi serviva qualcuno di fidato, ma che non fosse troppo vicino a voi per non destare sospetti. Oltretutto il Mirage è una magia che ben si prestava al nascondere le prove senza lasciare troppe tracce magiche, ed è una mia magia» confermò Priscilla e Ultear sorrise, prima di dire: «Sei veramente sveglia come dicono».
«Eh? Chi lo dice?» chiese Priscilla, innocentemente, ma ancora la risposta fu solo una risata divertita. 
«Ci aiuterai... Priscilla del vento?» chiese Gerard con una certa solennità e speranza. Lei sorrise, infervorata, e battendosi un pugno sul petto esclamò: «Fairy Tail porta sempre a termine i propri incarichi! State tranquilli. Mi occuperò di informare Erza e gli altri da parte vostra e insieme indagheremo su quella strana fonte magica».
«Grazie» sorrise Gerard, sollevato. 
«Parliamo ora della tua ricompensa» intervenne Ultear, facendo un passo avanti. 
«Eh?» chiese Priscilla, inebetita. La storia della richiesta era solo una copertura per spingerla ad incontrarli, neanche ci pensava a una ricompensa e questo la lasciò alquanto confusa. 
«Hai interrotto il tuo allenamento per accettare la nostra richiesta di aiuto, non hai detto questo?» chiese Ultear e Priscilla annuì, ancora confusa. 
«Hai davanti a te un ex membro del consiglio della magia, un ex membro dei sette fratelli del purgatorio e il loro ex leader. Sta' tranquilla che in questi anni non ce ne siamo stati con le mani in mano. Credo che potremmo essere abbastanza per una come te, cosa ne pensi?» chiese Ultear e Priscilla si illuminò, emozionata, esclamando: «Volete addestrarmi?!»
«Addestrarla? Cos'è un cagnolino?» chiese Meldy, ridacchiando. 
«Se diventare più forte è ciò che desideri davvero sì, io, Ultear e Meldy ti alleneremo e useremo tutte le nostre carte per incrementare il tuo potere» annuì Gerard. 
«Figata!» esclamò Priscilla, al culmine della gioia. «Accetto! Farò una gran sorpresa a tutti gli altri quando mi vedranno tornare molto più potente!»
«Sembra una bambina» ridacchiò Meldy divertita nel vederla esultare e sorridere in quel modo così luminoso e allegro. 
«Per questa sera riposati, partiremo domani mattina. Preparati perché hai solo tre mesi di tempo, non ci andremo molto leggeri» comunicò Gerard, voltandole le spalle e preparandosi ad andarsene.
«Sarò prontissima! Un allenamento intensivo con Gerard come ai vecchi tempi, che emozione» ridacchiò dondolandosi per aria come una barca.
«Con me?» chiese Gerard, confuso e sorpreso. Non ricordava di aver mai avuto a che fare con lei, né tanto meno di essersi allenato.
«Lascia stare, a volte dimentico che non siete la stessa persona anche se avete la stessa faccia» ridacchiò lei per niente turbata dal piccolo incidente commesso. 
«Capisco» annuì Gerard. «Ti riferisci all'altro me, quello di Edoras. Ho sentito alcune cose sulla faccenda dell'altro mondo».
«Mistgun» sospirò Priscilla, improvvisamente nostalgica. Alzò gli occhi al cielo stellato, come se fosse stata in grado di vedere oltre quei bagliori luminosi per incrociare i suoi occhi. "Per me è come se fosse passato solo qualche mese, ma per lui sono passati ben sette anni. Chissà come vanno le cose, adesso, su Edoras" pensò malinconica. Persino quella foresta, quegli alberi, il fresco vento di montagna, ogni cosa ricordava i tre anni passati al suo fianco. 
«Perciò l'altro me è il vostro Mistgun» osservò Gerard.
«Non lo sapevi?»  chiese lei, incuriosita, tornando ad osservare Gerard che lentamente annuiva. «Non ci sono più notizie di lui da molto tempo, pensavamo fosse scomparso con voi a Tenroujima ma pare non sia così. È tornato a casa, vero?»
Una frase come quella lasciava molto a cui pensare, così una bizzarra idea cominciò a balenare in testa a Priscilla. «Sì» mormorò pensierosa. «È a casa».
«Doveva essere una persona speciale, mi avrebbe fatto piacere conoscerlo» disse Gerard semplicemente e si voltò, seguendo infine Ultear e Meldy nel bosco. 
"Non sanno che è tornato ad Edoras..." era plausibile in fondo, tutto ciò che quel mondo aveva appreso era che per qualche giorno Magnolia era scomparsa dentro un vortice nel cielo per poi tornare come niente fosse successo. Le informazioni trapelate parlavano di Edoras e del mondo parallelo, ma nessuno aveva effettivamente mai accennato al principe Gerard e alla sua reale identità. Mistgun era rimasto sempre e solo Mistgun.
Tornò a guardare il cielo, pensierosa e improvvisamente concentrata. 
«Potrebbe anche funzionare...» mormorò trascinata dalla scia della sua pericolosa ma geniale idea. 


Il corpo di Priscilla non aveva bisogno di dormire, non effettivamente, anche se spesso cadeva comunque vittima del sonno per noia, abitudine o semplicemente perché aveva scoperto che in quel modo il recupero delle forze era velocizzato. Ma se voleva poteva anche scegliere di non dormire affatto, esattamente come faceva da appena nata quando non era stata addestrata a essere umana. Aveva solo tre mesi per allenarsi, rendersi più forte abbastanza da fare la differenza nel torneo ma non solo per quel motivo. Ciò che si portava dentro da giorni e che, soffocata dall'evento Laxus, non aveva avuto mai modo di palesare nemmeno a se stessa era che ancora tremava al ricordo di quella semplice parola.
Inutile.
Sei inutile.
Aveva combattuto contro Grimoire Hearts con tutte le sue forze, aveva veramente desiderato proteggere la gilda che stringeva tra le dita della mano destra. Era impazzita di fronte a Wendy che aveva rischiato più volte la vita, eppure non era mai riuscita a fare niente. Azuma l'aveva miseramente sconfitta, Zancrow era stato così al di sopra che non aveva potuto far altro che farsi da parte e Hades era sembrato irraggiungibile. Solo mettendo a repentaglio la propria vita era riuscita a tirargli qualche colpo, decente a confonderlo e costringerlo ad impegnarsi di più, ma la verità era che lei sarebbe potuta morire di fronte a un nemico che nemmeno aveva accennato a cadere in ginocchio. 
"Il simbolo sulla tua mano destra... puoi stringerlo, per proteggerlo".
Non aveva potuto fare niente e la minaccia di Zeref stava diventando sempre più reale e consistente. Se si fossero mai presentati nemici forti come Grimoire Hearts, o addirittura peggiori, come avrebbe potuto impedirsi di impazzire? Come avrebbe potuto proteggerli, se non era forte abbastanza? E ora che anche Laxus era definitivamente tornato, nel suo cuore tornava a riscaldarsi il bisogno primordiale di far fede alla sua ragione di vita. Non le interessava se a ordinarglielo era stato l'essere peggiore del mondo, suo padre, lei nel cuore sentiva che doveva farlo o non avrebbe avuto ragione di esistere. Doveva diventare più forte anche di Laxus per proteggerlo, perché altrimenti, sigillata in quell'immortalità, non avrebbe dovuto aspettarsi altro che la pazzia eterna senza nemmeno avere l'onore di perdere la vita. 
Con il suo attuale potere... lei era inutile. 
"Devo essere forte" e con quel pensiero decise di tornare, solo per quel piccolo lasso di tempo, la bambina di carta che era stata una volta. Abbandonare ogni traccia di umanità, mettere momentaneamente da parte quel profondo sogno, per una causa maggiore. Non avrebbe mangiato, non avrebbe dormito, avrebbe solo pensato a rafforzare il corpo e la magia che suo padre le aveva donato. Mai più si sarebbe ritrovata di fronte all'incapacità di rialzarsi, mai più avrebbe visto i propri amici, la propria famiglia, piangere e soffrire di fronte ai propri occhi. 
Fairy Tail l'avrebbe stretta delicatamente tra le dita, una volta per tutte. 
Passò la notte in meditazione, sospesa per aria respirava tutta l'aria che la circondava, la studiava, la rendeva parte di se stessa e usava l'ethernano intorno a lei per rafforzare la propria anima magica. La sentiva scorrere dentro di sé, cercava di trattenerla, di controllarla, di renderla parte di se stessa. Fino a mattino non si mosse, completamente assorta e immersa nella sua stessa magia, e quando Gerard tornò insieme a Ultear e Meldy la trovarono ancora lì, avvolta da un'aura magica spaventosa che aveva raccolto per tutte quelle ore. 
«Non ha dormito?» mormorò Meldy, sorpresa e un po' preoccupata.
«È stata lì tutta la notte» si unì Ultear.
«La bambina di carta» sussurrò Gerard, consapevole di cosa avesse di fronte. La ricordava dopo lo scontro con gli Oracion Seis, aveva il corpo formato a metà di ghiaccio ed era stata Erza a dargli le giuste incredibile spiegazioni. La magia creazionale assoluta, la magia della vita, l'opera suprema di Zeref era stata manipolata da un essere umano e tramite un escamotage era riuscito a farla funzionare. Quello era il vero volto di Priscilla la bambina di carta, un essere di pura magia che per anni non aveva fatto che alimentare quel piccolo potere che le era stato donato dalla nascita. 
«Riesco a percepire ciò che mi circonda in un raggio di dieci metri, come se si trovasse dentro il mio stesso corpo» disse Priscilla, a occhi chiusi. «Voglio arrivare almeno a cinquecento» decretò infine. 
«È una bella ambizione» disse Ultear. 
«Cinque cento è davvero molto!»
«Quando hai imparato ad estendere le tue percezioni utilizzando il vento come fosse un tuo prolungamento?» si informò Gerard, prendendo in considerazione la sua richiesta. Ma prima di partire con l'addestramento aveva bisogno di più informazioni riguardo a quella sua capacità.
Priscilla aprì gli occhi e si voltò per volgere ai tre uno splendente sorriso. Infine rispose, allegra: «Questa notte!»
«Questa...?» balbettò Meldy.
«In così poco tempo?» si sorprese Ultear.
«È stata una lunga notte e ho riflettuto molto, prendendo alla fine due decisioni» disse lei, voltandosi definitivamente e allungando le gambe verso terra per poggiarci poi i piedi.
«Primo: Il mio corpo è composto praticamente esclusivamente di magia. È la magia che crea questo stato fisico/biologico. Muscoli, organi, ossa non sono altro che una  conseguenza del mio potere magico perciò è su quello che devo concentrare la mia attenzione. Devo potenziare la mia magia e soprattutto il mio controllo, la precisione della manipolazione, come se potessi prendere con la punta delle dita ogni singolo ethernano e muoverlo a mio piacimento. Così potrò raggiungere il potere» spiegò.
«È ragionevole. Credo sarà quella la nostra strada» annuì Gerard.
«E secondo?» si informò Meldy, curiosa di sapere su cos'altro avesse riflettuto. Priscilla sogghignò, determinata e stranamente potente nello sguardo. Puntò un dito contro Gerard e decretò: «Ti renderò un perfetto Mistgun e verrai con me al torneo».
«C-cosa?» balbettò Gerard.
«Voi potete sentire quella magia a differenza di altri perché avete avuto contatto diretti con Zeref. Alcuni di noi anche li hanno avuti, ma questo non significa che possiamo fare il vostro lavoro in egual maniera. Non abbiamo mai avuto a che fare con quella magia, potremmo non riuscire a percepirla a dovere o magari non riuscire a riconoscerla. Se è possibile è bene che siate voi stessi a prendere parte alle indagini» spiegò Priscilla.
«Esatto! Se è possibile!» disse Meldy, preoccupata.
«E lo è! Avete detto che pensavate che Mistgun fosse sparito insieme a noi, non è difficile credere che sia sparito per un po', rientra nelle sue abitudini quello di non farsi mai vedere in giro. Se nessuno sa che è tornato a Edoras, nessuno sa che ha lasciato la gilda e nessuno sa chi sia... perché non usare questo a nostro vantaggio?»
«È pericoloso! Qualcuno potrebbe scoprirlo!» disse Ultear, preoccupata.
«Sì, potrebbe, è per questo che mi impegnerò in questi tre mesi e ti renderò un perfetto Mistgun. Ho viaggiato e vissuto insieme a lui per tre anni, conosco a memoria ogni sua singola magia e abitudine, se seguirai le mie indicazioni non ci sarà nessun rischio».
«Ma...» balbettò ancora Meldy, preoccupata, ma Gerard la interruppe esclamando un deciso: «Va bene. Ci sto».
«Gerard!» lo richiamò Ultear, preoccupata come poche volte lo era stata.
«Priscilla ha ragione. Se potessi entrare io stesso nello stadio sarebbe molto più semplice indagare e visto che Mistgun ci ha lasciato questa opportunità dovremmo sfruttarla».
«Bene» esclamò Priscilla con un sorriso. «Cominciamo il nostro addestramento, allora» e una luce le brillò negli occhi prima di pronunciare: «Mistgun».


Furono tre mesi estenuanti ed impegnativi. Come si era ripromessa, Priscilla non mangiò e non dormì per tutta la durata dell'addestramento, utilizzando invece i momenti di pausa per rifocillare e allenare il controllo sulla propria energia magica tramite la meditazione. Alternava il proprio allenamento con quello di Gerard, insegnandogli tutte le magie di Mistgun, le abitudini, la sua storia e tutto ciò che lo riguardava. Nell'ultimo mese Priscilla lo costrinse ad assumere a pieno titolo l'identità di Mistgun, per abituarlo a quella nuova identità e impedirgli di commettere errori. Persino il suo allenamento avveniva usando le magie di Mistgun e non più quelle di Gerard, bandite del tutto fino a nuovo ordine. Ultear e Meldy li aiutarono nel loro addestramento, non solo affrontandoli per allenare la loro magia ma anche assicurandosi che Gerard non commettesse errori nel suo ruolo di Mistgun non appena Priscilla voltava lo sguardo. Fu estremamente difficile per entrambi, ma terminati quei tre mesi poterono infine ritenersi soddisfatti e pronti alla loro missione. Una settimana prima dell'inizio del torneo decisero di fare la mossa successiva, contattando Erza e gli altri e mettendo loro al corrente della situazione. La decisione di aspettare così tanto prima di informarli fu presa all'unanimità, visto che anche loro avevano bisogno di concentrazione per il proprio allenamento era bene tenere le loro menti sgombre da preoccupazioni e sentimenti. Una settimana prima dell'inizio del torneo, Priscilla assunse il suo primo ruolo importante: quello di informatore e tramite. Volò verso il mare, sulla spiaggia dove sapeva che il gruppo di Natsu si era riunito per il proprio allenamento, e lì rimase in attesa su un albero per qualche ora fino a che non vide comparire Jet e Droy.
Si calò dall'albero alle loro spalle, silenziosamente, mentre i due discutevano tra loro di niente di importante. Un soffio di vento improvviso ai loro piedi li fece roteare per aria, urlando terrorizzati più che per il colpo in sé, e Priscilla scoppiò a ridere divertita come una bambina guardando i loro volti. 
«P-Priscilla?» balbettò Droy.
«Quando sei arrivata?» chiese Jet, pallido dalla paura. 
«Poco fa! Vi cercavo! Ho terminato il mio allenamento con ben una settimana di anticipo, signorsì! E ho portato a termine anche un paio di missioni per la gilda, nel frattempo. Sono carichissima, una forza!» esclamò mostrando il bicipite e poggiandoci sopra una mano orgogliosa. 
«Non ero lontana da qui perciò ho pensato di venir a trovare Wendy-chan! Quanto mi è mancata! È diventata forte anche lei? Dove sono?» chiese allegra e vivace come sempre.
«Ecco...» mormorò Jet, arrossendo per l'imbarazzo e guardando Droy al suo fianco. Un gesto inaspettato che certo la sorprese e cominciò a preoccuparsi. 
«È successo qualcosa?» chiese vedendo come i due continuassero a mantenere il silenzio. 
«Tre mesi fa Lucy ha ricevuto la visita da uno dei suoi Spiriti Stellari» cominciò a dire Jet. «Diceva che c'era un problema nel loro mondo, una catastrofe».
«Ha parlato di distruzione o qualcosa del genere» disse Droy.
«E?» incalzò Priscilla, cominciando a sudare freddo. 
«E non abbiamo più avuto notizie di loro da allora» concluse Jet, con un sospiro rammaricato.
«Eh?!» urlò Priscilla, sconvolta. «Vuoi dire che sono andati nel mondo degli Spiriti Stellari e non sono ancora tornati?!»
«È quello che abbiamo detto» annuì Droy.
«Ma il torneo è tra una settimana!» gridò ancora lei, panica in volto. 
«Non sappiamo cosa fare, siamo stati lasciati indietro e non abbiamo più avuto notizie» disse Jet.
«Noi li stiamo aspettando da allora» confermò Droy.
«Tre mesi!» balbettò Priscilla, sempre più bianca. «Sono spariti da tre mesi. E chissà quando torneranno... il piano... il piano rischia di andare tutto in fumo».
Se il gruppo di Natsu non era lì chi avrebbe preso parte ai giochi della magia? Come avrebbero portato a termine la loro missione riguardo alla magia di Zeref che percepivano all'interno dello stadio? 
«È una tragedia!» esclamò sempre più disperata, prima di corrucciarsi e cominciare a riflettere attentamente. «Un piano di riserva. Mi serve un piano di riserva. Pensa, Pricchan, pensa. Hai solo una settimana di tempo».
«Non credevo fosse così importante il torneo per lei» disse Jet, curioso.
«Ha sempre detto che odiava combattere» annuì Droy, prima che Priscilla scattasse verso lui e gli poggiasse le mani sopra le spalle urlando: «Ho trovato!»
Droy urlò spaventato per l'improvviso attacco perciò fu Jet a provare a chiedere: «Di che stai parlando?»
«Non c'è tempo! Ho solo una settimana!» urlò Priscilla e non diede altre spiegazioni. Volò via rapidamente, sotto lo sguardo attonito dei due ragazzi che ci avevano certamente capito ben poco di quanto fosse successo, e infine sparì così come era arrivata. 
«Per prima cosa devo avvertire Gerard» disse Priscilla tra sé e sé, mentre volava a tutta velocità verso Magnolia. Estrasse da una borsa a tracolla che si era portata dietro una Lacryma di comunicazione e mentre era ancora impegnata nel suo volò contattò con essa Gerard, informandolo della tragedia dei suoi compagni scomparsi. «Cerca di restare tu nei paraggi, se mai dovessero tornare, e pensateci voi a informarli su quanto succede. Io mi occuperò del piano B!» disse dopo aver loro dato le indicazioni per la spiaggia dove si trovavano Jet e Droy e chiuse in fretta la comunicazione, troppo impegnata a volare e pensare al daffarsi. 
«Adesso devo trovare gli altri... dunque, c'era Laxus, poi Mirajane se non sbaglio è partita per conto suo con i suoi fratelli. Anche Gajeel non era qui con loro, potrei provare a rintracciarlo. Accidenti, nessuno ha detto a nessuno dove fosse diretto e dopo tre mesi potrebbero essere ovunque. Ci vorrà un bel po' per trovarli tutti» mormorò, accelerando il volo e raggiungendo Magnolia con la rapidità di una saetta. Atterrò di fronte alla gilda e corse al suo interno, sbattendo la porta con un sonoro: «Nonno!»
«Priscilla...» balbettò Macao, guardandola con gli occhi spalancati. 
«Ohy, Pricchan!» salutò Makarov, seduto come sempre sopra il bancone del bar. «Tornata finalmente dalla tua missione! Non ho più avuto tue notizie».
«Sono qui apposta per questo. Possiamo parlare?» chiese lei, indicando la porta del piccolo ufficio in fondo alla stanza. Makarov barcollò un po', segno della sua evidente ubriachezza, e insieme a Priscilla andò a chiudersi dentro la stanza dove Priscilla si apprestò a raccontargli ogni cosa riguardo a Gerard, al suo allenamento, della magia malefica che avevano sentito sull'arena dei Giochi di Magia e della scomparsa di Lucy e del gruppo di Natsu.
«Una catastrofe nel mondo degli Spiriti Stellari, non ci voleva proprio in un momento come questo» mormorò Makarov, pensieroso. 
«In un'altra occasione ti avrei suggerito di rinunciare al torneo, visto che comunque i nostri compagni stanno combattendo lontano da noi e forse potrebbero aver bisogno di aiuto. Ma vista la minaccia di Zeref e quello che Gerard mi ha raccontato non credo sia il caso di lasciar perdere» disse Priscilla. 
«Ma i membri che sono rimasti qui in questi sette anni si rifiutano di partecipare e la quasi totalità del gruppo di Tenroujima è sparita nel nulla, non ci restano molte carte in mano da giocare» commentò Makarov. 
«Quanti devono essere i membri di ciascun team? Cosa dice il regolamento del torneo? L'hai letto?» chiese Priscilla.
«Certo che l'ho letto e più volte! Ci devono essere cinque membri e ci possono essere delle riserve» spiegò Makarov.
«Allora ne abbiamo in abbondanza!» esclamò Priscilla. «Io e Gerard siamo già due, basta rintracciare almeno tre degli altri membri sperduti per il mondo e siamo a posto! Se trovassi Laxus e i Raijinshuu saremmo già a cavallo. Sai dove si trovano?» chiese.
«Mi spiace, non ho più avuto notizie di nessuno da quando siete partiti. Sono tutti troppo impegnati ad allenarsi per preoccuparsi di informare la gilda dei loro spostamenti» mormorò Makarov. 
«Non ho altra scelta, allora» sospirò Priscilla. «Comincerò a cercarli sperando di riuscire a fare in tempo per l'inizio del torneo. Ho con me una Lacryma di comunicazione» disse toccandosi la borsa a tracolla che si era portata dietro. «Informami non appena saprai niente di Lucy o se dovessero tornare Laxus e gli altri» gli disse e Makarov annuì semplicemente prima di veder Priscilla di nuovo scappare via, con la stessa rapidità con cui era arrivata.
«Ho solo una settimana! Dove sei Laxus?» 
Il viaggio di Priscilla durò interi giorni. Non aveva idea di dove partire, perciò semplicemente aveva deciso di seguire il vento, lasciandosi guidare dall'istinto. Non era un Dragon Slayer, non aveva un buon olfatto o un buon udito, ma aveva perfezionato incredibilmente la sua nuova tecnica di percezione, Aerial Perception, e con essa era come i suoi sensi potessero allungarsi fino a un raggio di un chilometro e sentire, percepire, tutto ciò che era a contatto con l'aria stessa. Aveva girato tutta la zona circostante a Magnolia e pian piano si stava allargando, cercando, percependo, alla ricerca anche solo di un semplice indizio. Erano passati cinque giorni, ne mancavano due all'inizio del torneo quando finalmente la sua Lacryma di comunicazione risuonò. Seduta su di un tetto, in una cittadina all'estremo ovest, guardava la strada acciottolata sotto di sé pensierosa quando rispose. 
«Splendide notizie! Abbiamo il nostro Team A!» esclamò Makarov, luminoso all'interno della sua Lacryma.
«Sono tornati?» chiese entusiasta Priscilla. 
«Natsu, Erza, Lucy, Wendy e Gray saranno i  nostri rappresentati. Stanno bene e hanno detto che non c'era nessuna emergenza ma hanno partecipato ad una festa» spiegò brevemente Makarov.
«Per tre mesi?!» sussultò Priscilla sconvolta della loro negligenza. 
«Pare che tre mesi nostri fossero in realtà un giorno da loro, per questo non sapevano del tempo che passava. Però sono comunque rinforzati, pare abbiano incontrato i mandanti della nostra richiesta» spiegò Makarov.
«Hanno incontrato Gerard! Bene!» esclamò Priscilla, entusiasta.
«Hanno usato una magia particolare per risvegliare i poteri dentro loro, non so bene i dettagli ancora ma posso assicurarti che sono molto più forti di prima» annuì Makarov.
«Allora siamo a cavallo! Posso rientrare senza preoccuparmi di cercare ancora gli altri» sorrise Priscilla, ma Makarov si fece improvvisamente cupo e ordinò severo: «Negativo!»
«Eh?!» chiese Priscilla, non capendo.
«Non è che non mi fidi di Erza e gli altri, eh!» disse per niente convincente. «Ma pensavo solo che potremmo usare tutte le nostre carte per quei trenta mil...ehm, per diventare la gilda numero uno di Fiore! E magari sfruttare l'asso nella manica di Mistgun per amplificare le ricerche per quella faccenda, sai».
«Stai mentendo spudoratamente, vecchio. Ti interessano solo i soldi, dì la verità» lo rimproverò Priscilla. 
«Mi chiedevo solo se tu sapessi niente dei nostri amici, tutto qua. Sai, Lluvia pare interessata a prendere parte ai giochi in qualche modo» disse lui insistente.
«Che hai in testa, vecchio?» insisté Priscilla, per niente fiduciosa. 
«Beh, semplicemente pare che da regolamento sia possibile iscrivere più di un team per gilda... perciò pensavo che avremmo potuto tentare, come dire, di approfittare dell'occasione e mettere su un team B. Per così dire» ridacchiò nervoso.
«Per così dire?» chiese Priscilla, alzando un sopracciglio. «Sei una canaglia. E non ci credo che Lluvia abbia accettato di fare squadra contro Gray!»
«E proprio qui il bello! Ho avuto una bella trovata!» disse lui, allegro.
«Sentiamo» sospirò Priscilla. 
«Il team che vincerà potrà costringere l'altro a fare tutto ciò che vuole per un giorno intero! Non è geniale?» rise Makarov, orgoglioso. 
«Sei malefico, ma astuto» sospirò Priscilla, rassegnata.
«Allora, li hai trovati? I nostri temerari membri del team B! Non dimenticarti di dir loro della giornata di schiavitù totale!» disse Makarov e Priscilla sghignazzò, divertita dal suo modo di fare e da quanto a volte potesse essere scemo suo nonno.
«Tranquillo» disse lanciando uno sguardo all'incrocio sotto di sé dove proprio in quel momento svoltarono l'angolo Laxus insieme ai tre Raijinshuu. Un sorriso delicato, felice di poter finalmente rivedere quel volto dopo ben tre mesi di allenamento estenuante. «Il team B è quasi pronto ad entrare in azione».

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Capitolo 43
*** Sky Labyrinth ***


Sky Labyrinth



La città di Crocus, la capitale di Fiore, era splendente come poche città avesse mai visto prima. La roccia bianca, illuminata dal sole, era decorata da palloncini e festoni in onore della gara che sarebbe iniziata il giorno successivo. Ovunque c'erano fiori, profumi intensi, musica e banchetti per la vendita di gadget e leccornie. Priscilla sbarrò tanto gli occhi che sembrò che da un momento all'altro sarebbero potuti uscirle dalle orbite. Le mani davanti alle labbra, spalancate anch'esse, e le guance rosse per l'emozione.
«Che bella» commentò sentendo il petto batterle nel petto in piena corsa. «Animali!» indicò, come una bimba. «Fiori! Dolci! Innamorati sulla panchina!» e  ogni cosa che scorgeva la indicava e urlava emozionata. «Lluvia! Guarda che meraviglia!» saltellò impazzita, afferrando l'amica per le spalle e agitandola come uno shaker.
«Lluvia vorrebbe andare a cercare Gray-sama» confessò la ragazza, guardando i due innamorati sulla panchina che Priscilla aveva additato poco prima. «Ah, è vero! Saranno arrivati anche loro!» esclamò Priscilla, voltandosi verso il suo gruppo.
«Salamander non si aspetta di vederci, gi-hi» sorrise Gajeel. «Propongo di nasconderci e saltare fuori il giorno delle gare, voglio vedere la sua faccia disperata quando ci vedrà come avversari».
«Non mi interessa della faccia di Natsu, ma il consiglio mi sembra sensato» disse Laxus, accennando appena con il capo Mistgun dietro di lui. «Meno se ne sta tra la gente più sarà facile mantenere la copertura» aggiunse. 
«Giusto! Andiamo in Hotel a lasciare tutte le nostre cose, prima» annuì Priscilla per poi iniziare a saltellare piena di gioia. «E poi andiamo a cercare gli altri! Sono tre mesi che non vedo Wendy-chan! Sarà cresciuta? Magari ha bisogno di abiti nuovi! Potremmo andare in giro per negozi insieme! Che bello, non vedo l’ora!»
«Fatico a credere che uno silenzioso e riservato come Mistgun abbia passato volentieri tre anni insieme ad un uragano come lei» commentò Gerard, sorpreso dalla frenesia di Priscilla che sembrava anche ben diversa da quella dei tre mesi passati insieme. 
«Forse è proprio di un uragano come lei che i tipi silenziosi hanno bisogno, invece» commentò Laxus con un accennato sorriso in volto. Gerard, nascosto dalla sua bandana, spostò gli occhi verso l'uomo al suo fianco leggendogli attraverso lo sguardo. Chiunque, anche chi non lo conosceva abbastanza come lui, avrebbe potuto intuire i suoi pensieri in quel momento. Averla intorno non solo non gli dispiaceva affatto, ma gli riscaldava il petto. 
«Riesce a riempire il vuoto, eh?» sospirò Gerard, sorridendo nascosto dal suo fazzoletto.
«Già» annuì Laxus, guardandola mentre ancora una volta si allontanava dal gruppo e si schiacciava contro la vetrina di qualche negozio. Da una strada perpendicolare arrivò il suono di musica, il rumore di tamburi e trombe, applausi e urla entusiaste. Priscilla si staccò dall'ennesima vetrina e corse in quella direzione, attirata dalla sua curiosità. Si sollevò da terra, alzandosi di qualche centimetro sopra le teste delle persone, e vide passare in mezzo alla strada un carro tutto decorato con gente in maschera, ballerine, giochi di magia e musicisti.
«Una parata!» esclamò lei, guardandola con gli occhi che brillavano. 
«Credo che ora sarà più difficile trascinarla via» sospirò Laxus.
«Ricordatevi solo che entro mezzanotte, come da regolamento, dovete essere in hotel» disse Gerard, semplicemente voltandosi e tornando sulla sua strada. Li avrebbe lasciati lì, sapeva che sarebbe stato impossibile trascinare via Priscilla e probabilmente Laxus sarebbe rimasto a farle compagnia. Avrebbero raggiunto l'hotel anche da soli, non importava in fondo.
«Cercate solo di non farvi scoprire da Salamander!» ruggì Gajeel, severo. «Andiamo Lluv-» si voltò a cercare la ragazza, che misteriosamente era sparita. «Quando se n'è andata?!» strillò sconvolto. 
«Ha mormorato qualcosa su Gray circa dieci minuti fa e poi non l'ho più vista» disse Gerard, incamminandosi insieme al Dragon Slayer che brontolava di sorprese rovinate e soddisfazioni infrante. 
La parata durò a lungo e per tutto il tempo Priscilla restò ad osservarla con gli occhi che le brillavano, emozionata come una bambina. Quando finì si voltò verso Laxus, convinta di vedere anche Gerard e gli altri, ma si sorprese di scoprire che erano soli.
«Eri talmente assorta che non ti sei accorta che se ne sono andati» le disse Laxus, incamminandosi per allontanarsi dalla strada in festa. 
«Mi dispiace» ridacchiò lei, rimettendo i piedi a terra e camminandogli a fianco. 
«A questo punto facciamoci quel giro che volevi fare» disse lui, guardandosi attorno con curiosità. «Anche io non sono mai stato in questa città».
«Ah!» esclamò lei, prendendo Laxus per una mano e cominciando a saltellare. «Ho visto dei mercatini da quella parte, andiamo a dare un'occhiata?» e cominciò a camminare nella loro direzione, tirando Laxus per un braccio e tenendo su di lui lo sguardo per tutta la durata della frase. Cosa che la portò a scontrarsi contro qualcuno che aveva attraversato l'incrocio proprio in quel momento. 
«Ouch» mormorò dolorante per il colpo di spalla dato contro quello che sembrava un'armatura. Alzò lo sguardo sulla persona di fronte a sé, un uomo alto e possente, vestito di armatura e con un'enorme maschera che sembrava un leone, a coprirgli il volto. 
«Guarda dove cammini, ragazzina» una tetra voce provenne dal suo interno, distorta per il loculo in cui era rinchiusa. Un'oscurità improvvisa, il gelo intorno a lei. Si sentì come congelata, tanto che prese persino a tremare come una foglia. La città cessò improvvisamente di risplendere, il cuore di battere, sentiva solo un gran dolore provenire da dentro di sé. Come un fuoco, che bruciava, che l'ardeva e lentamente le consumava l'anima. Qualcosa sembrò risvegliarsi dentro lei, l'ombra di un passato angustiante, una paura primordiale di cui non ne conobbe né la provenienza né la ragione. Sentì solo che ne era terrorizzata.
L'uomo dalla maschera leonina si voltò e si allontanò senza aggiungere altro, seguito da una ragazza dai lunghi capelli rossi e un uomo alto, anch'egli con una maschera, dalla lunga tunica scura. 
«Quelle persone non mi piacciono molto» confessò Laxus, osservandoli con lo sguardo corrucciato. Si sorprese di non sentire Priscilla rispondergli e si voltò, allarmandosi quando la vide pallida e tremante come fosse sul baratro della morte.
«Pricchan» la chiamò poggiandole le mani sulle spalle, cercando il contatto con quegli occhi che sembravano essersi persi in un incubo. «Ehy, che ti prende?»
«Voglio tornare in albergo» riuscì a sussurrare nel terrore. 
«Stai tremando» osservò lui, ancora più preoccupato. 
«Ti prego, Laxus» sibilò. «Voglio andare via da qui».
«Andiamo» sospirò lui, senza riuscire a capire ancora cosa fosse successo ma certamente Priscilla non era più in condizioni di andarsene in giro per la città. La prese per mano e camminando attraverso la folla la trascinò fino al loro albergo, dove si chiusero fino allo scadere della mezzanotte. Gerard provò a chiedere cosa fosse successo, vedendo la ragazza ridotta a uno straccio rannicchiarsi sul proprio letto, ma né lei né Laxus seppero dare una risposta. 
«Ho solo avuto un'improvvisa paura...» confessò lei, ore dopo, quando fu in grado di tornare in sé. «Non so perché».
«Che fosse la magia oscura di Zeref di cui parlavamo?» chiese Gerard, allarmato ma felice all'idea di averlo trovato subito.
«Non lo so, non so dare una risposta. So solo quello che ho sentito. È come...» balbettò, guardandosi d'istinto il simbolo sulla mano destra. «È come se fossi potuta morire da un momento a un altro».
«Magari ti sei fatta suggestionare. Hai avuto brutte esperienze con i leoni in passato?» chiese Gajeel, ingenuamente. 
«No» mormorò lei, rannicchiandosi ancora di più. «Non con i leoni» e qualcosa cominciò a scavare dentro sé, un dubbio, un'idea folle e orribile.
"Non può essere" cercò invano di rassicurarsi. "Il nonno l'ha mandato via tanti anni fa, non può essere qui".
«Magari hai ragione» sospirò infine, cercando con forza di riprendere il controllo della propria mente. «È solo stata suggestione»
«È mezzanotte» disse Laxus, in piedi vicino alla finestra. Da quando erano tornati si era messo in quella posizione, a guardare fuori pensieroso, e come Priscilla non si era più mosso. Non aveva accennato a niente di tutto quello, ma Priscilla aveva come la sensazione che anche lui avesse sentito qualcosa di strano in quelle persone contro cui si erano scontrate. 
La campana della chiesa in centro alla città cominciò a suonare, rimbombando lungo tutte le vie silenziose. Un evento particolare e bizzarro, vista la tarda ora e il fracasso che stava facendo. La porta si spalancò in quel momento e Lluvia entrò, tremante e con il fiatone, all'interno della stanza.
«Lluvia è tornata appena in tempo» disse, accasciandosi a terra.
«Ohy! Dov'eri?! È tardissimo!» la rimproverò Gajeel, furioso, ma Lluvia non ebbe modo  di rispondere e spiegare il suo ritardo. Una voce sbarazzina, nasale e bizzarra, inondò l'intera cittadina notturna.
«Un buongiorno a tutte le gilde partecipanti ai Grandi Giochi della Magia!» esclamò.
«Buongiorno?» chiese Priscilla, stranita.
«Non mi sembra ancora giorno» mormorò Gerard, altrettanto poco convinto.
«Chi sei? Fatti vedere, bastardo?» ruggì Gajeel.
«Datti una calmata, santi numi» sospirò Priscilla, stufa di sentirlo ringhiare per ogni cosa come un animale rabbioso.
Delle luci partirono da ogni parte della città e andarono ad illuminare un punto ben preciso: enorme, sopra il centro cittadino, c'era la statua di un gigantesco uomo con la testa a forma di zucca. E da lì, scoprirono, arrivò la voce che continuò a parlare: «Al fine di ridurre le squadre da centotredici a otto inizieremo ora la fase preliminare» spiegò.
«Da cento a otto è una bella scrematura!» commentò Priscilla, sorpresa. 
«Ecco spiegato il motivo della regola che obbligava tutti a essere nelle proprie stanze a mezzanotte» osservò Gerard, avvicinandosi insieme al resto dei suoi compagni alla finestra. 
«Ogni anno partecipano sempre più gilde, questo significa che questo evento viene preso troppo alla leggera, per questo quest'anno abbiamo ristretto il numero di gilde ammesse a otto. Le regole della fase preliminare sono semplici!» e non appena finì di parlare la terra iniziò a tremare, l'intero hotel sembrò mosso come una barca su delle onde, costringendoli ad aggrapparsi alla finestra per non cadere a terra. 
«Che succede?» balbettò Gerard.
«Mezzo di trasporto» bofonchiò Gajeel, già verde in volto, e Priscilla gli ruggì contro: «Datti un contegno!» ma, sempre più sorpresa della loro delicatezza di stomaco, sentì anche Laxus lamentarsi anche se più pacatamente.
«Laxus!» lo richiamò, sconvolta.
«Dovrete competere gli uni contro gli altri» continuò a spiegare l'enorme uomo zucca. «Per arrivare all'arena dei giochi, il Domus Flau! Le prime otto squadre che arriveranno verranno ammesse ai giochi».
«È praticamente una sfida a tempo» commentò Lluvia, ancora aggrappata alla finestra mentre il loro hotel, ora lontano metri da terra, si stabilizzava e smetteva di muoversi. «La linea di partenza è il vostro alloggio» spiegò ancora la voce, mentre una scala cominciò improvvisamente a prendere forma davanti alla finestra della loro camera. «Usate tutta la magia che volete, non ci sono restrizioni. L'importante è riuscire ad arrivare tra i primi otto. Ma dovranno essere presenti tutti e cinque i membri o sarete considerati squalificati».
«Perciò dovremmo arrivare in fondo insieme, non possiamo mandare solo uno di noi avanti» commentò Gerard. 
«E un'ultima cosa: Non ci assumiamo la responsabilità se qualcuno perderà la vita nello Sky Labyrinth» concluse la voce.
«Sky labyrinth?» chiese Priscilla e Lluvia si sporse in avanti per prima, indicando qualcosa davanti a loro ed esclamando: «Guardate!»
Una struttura gigantesca dalla forma sferica si stagliava sopra la città di Crocus, all'interno della quale penetravano tutte le scale che partivano dai vari alloggi di tutta la città. 
«Che roba è?» chiese Priscilla, sconvolta.
«Che la fase preliminare dei Grandi Giochi di Magia abbia inizio!» annunciò infine la voce e in quell'istante furono in molti a saltare fuori dalle proprie finestre e correre verso la struttura. 
«Andiamo!» disse Laxus, saltando per primo e cominciando a correre a sua volta, seguito dal resto della sua squadra. 
«Non abbassate la guardia, non sappiamo cosa ci aspetta lì dentro se non altre centododici gilde pronte a qualsiasi cosa per superarci» disse Priscilla.
«Che ci provino!» sorrise Gajeel, già pronto a menar pugni a chiunque si fosse ancora solo lontanamente avvicinato. Non furono tra i primi ad entrare nel labirinto, riuscirono a vedere altri che erano stati più veloci di loro, ma si presero comunque qualche istante quando vi entrarono per osservare la situazione. Le scale proseguivano dritte, poi si sperdevano all'interno di un muro. Intorno a loro altre scale, altre porte, messe apparentemente a casaccio. Sembrava di essere entrato nel mondo del caos e si chiesero se molte di quelle scale, porte e muri non fossero lì solo per confondere ancora di più l'ambiente. Questo fino a quando qualcuno non urlò sopra le loro teste. Un gruppo di cinque uomini si lanciò da una di quelle scale, in picchiata verso di loro, urlando per darsi la carica. Laxus alzò un braccio verso l'alto, non si scompose troppo, e generò una serie di fulmini dal suo pugno che andarono a colpire e arrostire tutti e cinque gli assalitori. 
«Da dove sono arrivati?» chiese Lluvia.
«Direi che il nome ci suggerisce il tipo di prova» commentò Gerard. «È un labirinto, il tutto sta nel trovare l'uscita».
«E farlo prima delle altre squadre, soprattutto» confermò Lluvia, preoccupata, cercando di pensare a un modo veloce per riuscire a orientarsi e arrivare all'uscita. Priscilla, in cima al gruppo, si voltò verso i suoi compagni e sorrise radiosa e colma di uno strano orgoglio.
«Meno male c'è Pricchan con voi» ridacchiò, gioiosa. 
«Vuoi giocare subito uno dei tuoi assi nella manica?» chiese Gerard che, conoscendola, capì perfettamente a cosa si riferiva. 
«Questa sfida sembra pensata apposta per me» disse e improvvisamente allargò braccia e gambe, chiudendo gli occhi. «Datemi solo qualche secondo».
«Che vuole fare?» chiese Gajeel, sorpreso.
«Asso nella manica?» chiese Lluvia, altrettanto confusa. 
«Aerial Perception» mormorò delicatamente e chiuse gli occhi. Spalancò la bocca e tirò su un paio di boccate d'aria ampie e profonde, concentrandosi. Aspirò dentro sé quell'aria sconosciuta, l'aria di Crocus, l'aria dello Sky Labyrinth. La fece sua, se ne impadronì e riuscì infine a lasciarla andare, estendendosi come un invisibile e impercettibile telo. Le sue percezioni si allungarono, si aggrapparono ai soffi d'aria, ai respiri, e divenne essa stessa l'aria. Si insinuò in ogni angolo, con rapidità invase l'intero labirinto, incrociò tutte le centododici gilde avversarie e poté avere come la sensazione di vederle, di sentirle. Se si concentrava poteva persino capire di cosa stessero parlando. La sua mente viaggiò all'interno del labirinto, come se fosse lei stessa un uccello in grado di volare sopra le loro teste. Trovò persino l'uomo con la maschera da leone incrociato quello stesso pomeriggio, seguito cinque compagni, due dei quali già conosceva: la ragazza dai capelli rossi e l’uomo con la tunica e la maschera. 
"Sono partecipanti" realizzò, aggrappandosi a quello per confermare che non potevano trattarsi del suo incubo peggiore. Suo padre aveva fondato una gilda oscura, una volta esiliato, e alle gilde oscure non era concesso partecipare. Non potevano essere loro, anche se quella voce, quelle sensazioni, quegli odori, tutto la riportavano indietro di quindici anni e la facevano tremare. Li lasciò andare e proseguì la sua ispezione nel labirinto, tanto concentrata da non rendersi conto di altre due gilde che nel frattempo li avevano raggiunti e avevano costretto i suoi compagni a lottare per concederle il tempo che aveva richiesto.
«Ho trovato Natsu» sorrise a un certo punto, rallegrata.
«L'hai... trovato?» balbettò Gajeel, ancora confuso. 
«Sta andando dalla parte sbagliata» confessò poi, rammaricata, ma si illuminò e gridò: «Ah! L'ho trovata! Ho trovato l'uscita!»
Aprì gli occhi e si guardò attorno, notando Laxus che proprio in quel momento atterrava un uomo che per poco non l'aveva colpita, approfittando della sua distrazione.
«Da che parte?» chiese Laxus, deciso a rimandare successivamente le domande su quel suo nuovo potere. 
«Dunque...» mormorò lei, riflettendo sulle strade possibili. Aveva trovato l'uscita, ma questo non assicurava loro di poter arrivare per primi. «Ci sono gilde ovunque, qualsiasi strada prenderemo ci costringerà ad altre lotte e a perdere altro tempo. Sono già in molte ad essere quasi arrivate, questo torneo è pieno di maghi davvero promettenti» commentò, continuando a studiare tutte le vie possibili. Infine, prese la sua decisione. «Ho trovato la nostra via» e un improvviso soffio di vento sollevò da terra lei e il resto del gruppo. 
«C-che strana sensazione» balbettò Lluvia sorpresa, ma comunque trovando piacevole quel leggero tocco del vento sotto di sé che la teneva sollevata da terra. «Andiamo di fretta, scusatemi se sarò poco delicata!» disse Priscilla e con un boato fece partire tutti e cinque a gran velocità, volando attraverso il labirinto senza seguire le direzioni arbitrarie che esso imponeva a tutte le altre gilde, costrette a camminare. Lo videro cambiare conformazione, molte gilde caddero nel vuoto trovandosi improvvisamente senza appiglio. Priscilla schivò con rapidità e precisione i piloni o le strade della struttura che muovendosi sembravano cercare di impedirle di procedere. La sua concentrazione era assoluta, riusciva a vedere tutti i movimenti che avvenivano intorno a lei e procedeva spedita, senza indugio, elaborando volta volta tutte le possibili deviazioni migliori. 
Un urlo davanti a loro, fanciullesco, e una voce familiare chiamò da una delle strade che avevano davanti: «Chelia!»
Una ragazzina dai capelli rosa aveva perso l'equilibrio all'ennesimo movimento della struttura ed era caduta prima che i suoi compagni fossero riusciti a prenderla, compagni che si rivelarono essere i membri di Lamia Scale. Un colpo di vento e Chelia venne lanciata nuovamente sulla strada, davanti a Leon che aveva per primo cercato di afferrarla. 
«Eh?» chiese sorpresa la ragazzina, trovandosi per qualche motivo di nuovo insieme ai suoi compagni. 
Priscilla saettò davanti a loro insieme alla sua squadra e gli gridò contro: «Sono venuta qui anche per passare un po' di tempo insieme a voi, non azzardarti a perdere ai preliminari, Leon!» 
«Priscilla?» chiese Leon, guardando sconvolto la ragazza che volava via.
«Partecipano anche loro? Ma non è la squadra di Natsu a rappresentare Fairy Tail?» chiese Yuka.
«Il regolamento non vieta di iscrivere più team a rappresentanza delle gilde» spiegò Jura, tirando in piedi Chelia. 
«Come se questo possa dar loro un vantaggio» sorrise Leon. «Sarà un bel torneo. Vediamo di conquistarci il nostro posto nei primi otto!» e ricevendo l'approvazione dal resto dei compagni riprese a correre, più eccitato e convinto che mai di voler prendere parte ai quei giochi. 
«Hai aiutato uno dei nostri avversari!» Gajeel, ancora trascinato dal vento di Priscilla, le ruggì contro furioso. 
«Che dici?! Leon è mio amico! E con lui c'era anche Jura! Che bello, sento tanta nostalgia» sorrise, allegra. 
«Hai fatto un po' del favoritismo» disse Gerard, divertito dalla sua innocenza.
«Uffa! Quanto siete pignoli tutti quanti» brontolò lei, ma tornò immediatamente a illuminarsi, allungando un dito di fronte a sé. «L'uscita!» gridò, indicandola. 
«Ci siamo!» sorrise Gajeel, dimenticandosi subito la faccenda di Lamia Scale. 
«Sembra che siamo i primi» commentò Lluvia, ma proprio in quel momento un altro gruppo uscì da dentro una porta e corse verso l'uomo dalla testa di zucca che si trovava di fronte all'uscita. 
«Ci hanno superati!» commentò Lluvia, vedendoli andar via poco prima di loro. 
«Sabertooth» disse Laxus, riconoscendo il simbolo sopra la loro pelle. 
«Poco importa» sorrise Priscilla, facendo finalmente atterrare tutti davanti all'uomo con la testa di zucca. 
«Che sorpresa, kabo!» saltò lui nel suo scarso metro di altezza. «La seconda gilda classificata è il Team B di Fairy Tail!»
«Team B?» chiese Laxus, lanciando un'occhiataccia a Priscilla.
«Avevi detto che saremmo stati il Team A! Perché dobbiamo essere secondi?!» ruggì Gajeel e Priscilla semplicemente ridacchiò nervosa, grattandosi la nuca. 
«Una bugia a fin di bene» cercò di giustificarsi. 
«Lluvia già lo sapeva» annuì la donna. 
«Se vi avessi confessato che saremmo stati il "Team B" vi sareste fatti vincere dal vostro stupido orgoglio virile e non avreste accettato» borbottò Priscilla, cercando di giustificarsi.
«Certo che non avrei accettato! Non voglio essere il B, voglio essere la A! I numeri uno!» brontolò Gajeel, furibondo, ma Priscilla mantenne il suo contegno e cercò di dire seria e orgogliosa: «B sta per "Best"! Ovvero, migliori!»
Gajeel scoppiò a ridere, pieno di orgoglio, gridando: «Allora saremo il favoloso Team Best!»
«Non ci è voluto molto a convincerlo» commentò Gerard, guardando Gajeel ridere sempre più infervorato. Al contrario Laxus non era tanto sempliciotto, anche se il discorso sull'orgoglio virile certo poteva applicarsi anche a lui, per questo non smise di guardare male sua sorella, sentendosi ingannato e soprattutto svilito. Lei semplicemente ridacchiò nervosa, grattandosi la nuca, per poi limitarsi a tirar fuori la lingua e assumere un'espressione infantile e birichina.
«Mi perdoni?» chiese semplicemente, stringendosi nelle spalle con innocenza. Lui continuò a fulminarla con gli occhi, apparentemente per niente convinto, ma poi spostò lo sguardo altrove e sospirò un rassegnato: «Non mi interessa il nome del nostro Team, tanto siamo arrivati prima di loro».
«È stato anche più facile che con il Dragon Slayer del ferro» commentò ancora Gerard, stupito ancora più di prima. Lluvia al suo fianco si portò le mani al volto, arrossendo improvvisamente, ed esclamò emozionata: «La forza dell'amore!»
«Ma di che parli?» chiese Gerard, confuso e in qualche modo rassegnato all'idea di essere circondato da persone che certo non rientravano molto nei canoni della normalità. 
«Mi dispiace disturbarvi, kabo» intervenne l'uomo zucca, imbarazzato. «Ma ne stanno arrivando altri, se non entrate nella porta verrete superati».
Gajeel allungò le braccia di ferro da entrambi i lati e le usò per raccogliere e spingere via tutti e quattro i suoi compagni, trascinandoli all'interno del goal con una certa fretta e pressione. Avrebbe di gran lunga preferito arrivare primo e battere anche quelli di Sabertooth, ma il secondo posto andava bene comunque considerato che Natsu ancora non si era fatto vivo. Non aveva nessuna intenzione di farsi superare da lui. 


Vennero accompagnati all'interno di quello che era un vero e proprio spogliatoio, dove poterono riposare, cambiarsi e rinfrescarsi prima dell'inizio della cerimonia, prevista per quella mattina. Ma in piena notte, appena due ore dopo la qualificazione al torneo, Makarov bussò alla loro porta, seguito da Cana e Mirajane. Lo sguardo di tutti e tre era torvo, cupo, non prometteva niente di buono e questo li portò a sentire un'improvvisa preoccupazione. 
«Priscilla» cominciò Makarov, con tono cupo. «Avevo pensato di non dirti niente per non farti preoccupare e deconcentrarti dal tuo torneo, ma comunque avresti scoperto da sola che qualcosa non andava non appena aveste visto il Team A».
«Team A? Di che parli?» chiese lei, sentendo il cuore battere in petto sempre più forte. 
«Elfman sostituirà Wendy per almeno questo primo giorno» disse Mirajane. «Fino a quando non si sarà ripresa».
«Wendy? Un attimo... che cosa è successo a Wendy?» sbiancò e cominciò a tremare. 
«Qualcuno l'ha attaccata ieri notte, mentre visitava la città. Ora è in infermeria, Polushka si sta occupando di lei» disse Makarov e il mondo di Priscilla parve crollarle addosso. Wendy in infermeria per qualcuno che aveva provato a farle del male? Era inconcepibile! Chi poteva prendersela con una bambina in quel modo? Saltò in piedi e corse via, ignorando i richiami dei suoi compagni. Voleva dirsi che non era niente di grave, voleva dirsi che sarebbe andato tutto bene, ma come poteva sottovalutare gli occhi di Makarov? La preoccupazione sul volto di Mirajane? Come poteva pensare che non era niente di cui avere paura?
Corse a perdifiato fino all'infermeria, spalancando infine la porta con un tonfo ed entrò urlando il nome della ragazzina. La vide, pallida, sudata, stesa in un letto vicino a Charle. Entrambe faticavano a respirare, erano a pezzi come mai le aveva viste prima. Sentì la gola chiudersi dal dolore, la vista appannarsi. Era davvero niente di grave? Doveva esserlo, doveva sapere che sarebbe stata meglio nel giro di qualche ora, o sarebbe nuovamente impazzita. La piccola innocente Wendy, dalla dolcezza smisurata, gli occhi sempre attenti, che era pronta ad aiutare chiunque anche chi meno se lo meritava. Era la sua piccola protetta, se l'era ripromesso più volte, nessuno doveva neanchesfiorarla. E invece ora non riusciva nemmeno ad aprire gli occhi. 
«Wendy! Wendy!» la chiamò, terrorizzata, avvicinandosi al suo letto. Avrebbe dato qualsiasi cosa per sentire la sua voce chiamarla, pronunciare in quel modo sempre timido e piacevole il suo solito: «Priscillanee-san».
Ma a risponderle fu solo il suo respiro, affannato, e gli occhi restarono chiusi. 
«Makarov avrebbe dovuto trattenerti» una voce femminile, alla sua sinistra.
«Polushka» la riconobbe. «Che cos'ha? Cosa le è successo?»
«Fai troppo rumore. Deve riposare un po'».
"Deve solo riposare" una verità che conosceva fin troppo bene e che mai le era piaciuta. Quella frase, per lei, non era mai stata positiva. 
«Chi è stato?» ringhiò, sentendo i nervi tendersi.
«Non se lo ricorda. Dice che ha visto uno strano esserino scuro e poi è svenuta. Dev'essere deficienza magica. Perderne tanta in modo drastico può portare a ripercussioni fisiche. Ma è curabile, deve solo riposare un po'» spiegò Polushka, ma quelle parole parvero non rasserenare nemmeno un po' Priscilla che continuava a tendersi come una corda di violino. Strinse le coperte di Wendy tra le dita, i denti serrati, le sopracciglia corrucciate, la rabbia tanto palpabile che prese persino possesso dell'aria della stanza, cominciando a smuoverla e farla roteare intorno a sé tanto da farle svolazzare vestiti e capelli. 
«Mi aveva parlato di un libro che Grandine le aveva lasciato in eredità. Voleva imparare quelle magie in tempo per il torneo, voleva dare il suo contributo. Era disposta a impegnarsi così tanto e io la conosco, scommetto che lo ha fatto. Scommetto che ha dato tutta se stessa!» gracchiò, fuori di sé. «Chi è stato? Voglio sapere il suo nome!» urlò.
«Non lo sappiamo. Ma forse...» mormorò Polushka, turbata nel vedere la ragazza così fuori controllo. 
«Qualcuno che partecipa al torneo» ipotizzò la stessa Priscilla. «Chiunque osi sfiorare anche solo con un dito Wendy deve prima passare sul mio cadavere. Lei...» lei l'avrebbe potuta curare. Lei l'avrebbe potuta rendere umana. Non aveva mai avuto il coraggio di chiederglielo, forse non lo avrebbe mai fatto, ma ciò non toglieva che se mai un giorno avesse desiderato avrebbe sempre potuto provarci. Finché Wendy era accanto a lei il suo sogno, anche se irrealizzabile, poteva sempre essere sognato. Era il suo faro, la sua luce di speranza. La sua piccola e dolce sorellina. «Lei è la cosa più preziosa che ci sia al mondo. Gliela farò pagare. Gliela farò pagare molto cara, vedrai».
«Dovresti concentrarti sul torneo, lei sicuramente ti direbbe questo» provò a calmarla Polushka e si sorprese quando Priscilla spostando gli occhi su di lei mostrò uno sguardo sì furioso, ma concentrato e lucido come poche volte lo era stata. «Lo sono» disse decisa Priscilla. «Adesso ci penso io a tutto quanto» una sentenza, una minaccia che lasciava poco scampo. Avrebbe fatto sul serio, impiegando tutte le sue risorse, avrebbe scoperto e vendicato Wendy, avrebbe riportato il nome della sua gilda al primo posto, avrebbe ridato a tutta la sua famiglia gioia e serenità e avrebbe infine portato a termine quella missione che aveva cominciato insieme a Gerard. Niente avrebbe impedito a nessuno di loro di tornare a casa insieme, felici.
Restò al fianco di Wendy per tutta la notte, vigile e attenta, osservando il suo viso affaticato nel recupero. Troppe cose stavano accadendo, più di quante ne avesse previste, e sentiva che non tutte riguardavano la magia misteriosa che Gerard aveva sentito negli anni precedenti. Doveva essere un semplice torneo tra maghi, un gioco, un luogo dove riunirsi insieme a vecchie e nuove conoscenze, ma non erano nemmeno cominciati che qualcosa le fremeva in petto. Quell'accecante terrore di quel pomeriggio e la piccola Wendy ferita, debilitata, da uno sconosciuto che probabilmente minava alla sua famiglia. E quell'uomo, dalla maschera a forma di testa di leone, non faceva che pensare a lui con una certa inquietudine. Cominciò a sentire il rumore delle urla provenire dall'interno dello stadio e fu solo quello a darle un indizio sull'ora che si era appena fatta. Era mattina, lo stadio si stava riempiendo e i giochi sarebbero iniziati da lì a poco. 
«Priscilla-nee» la voce delicata e flebile di Wendy gracchiò al suo fianco, sorprendendola. 
«Wendy!» chiamò. «Sei sveglia?»
«Sei venuta a fare il tifo per noi?» chiese Wendy con la poca voce che aveva. Priscilla si lasciò scappare un sorriso intenerito: aveva da poco riaperto gli occhi e la prima cosa che andava a pensare era quel torneo per cui tanto si era impegnata. «Non mi sarei mai potuta perdere un grande evento come questo» disse e la ragazzina sembrò tornare ad addormentarsi, incapace di parlare ancora e troppo indebolita. «Mi dispiace» piagnucolò invece, pochi secondi dopo. «Fairy Tail contava su di me».
«È per questo che devi riposare. Non preoccuparti, Elfman ti sostituirà fino a che non sarai pronta a scendere in campo» cercò di rassicurarla e ancora Wendy parve crollare addormentata. Probabilmente lottava per restare sveglia, si sforzava di parlare, ma continuava a cadere vittima della stanchezza. 
«Fai il tifo per noi, Wendy-chan» sussurrò Priscilla dandole un tenero bacio sulla fronte sudata. Si alzò, lasciandola riposare, e infine si avvicinò alla porta pronta a tornare dai suoi compagni. Sentirla parlare, vederla pian piano riprendersi, l'aveva aiutata a ritrovare un po' di pace e calmarsi. Allungò una mano sulla maniglia ma ancora la sentì sussurrare, con quella poca voce che aveva. 
«Nee-san» un lamento, più che una parola. «Tu non puoi morire... vero?»
Una domanda come quella, per quanto era palese che Wendy stesse delirando per la malattia, certo non se l'aspettava in un momento come quello. Intensificava l'angoscia nel suo petto, i timori e i dubbi. Forse era solo un caso, forse solo un sogno, ma perché proprio di fronte a quella primordiale paura, perché proprio di fronte a quei dubbi sul ritorno di Ivan, Wendy andava preoccupandosi per la sua incolumità? Perché tutto doveva succedere proprio in un momento come quello?
«No» lamentò, abbassando gli occhi cupi. «Io non posso morire».
Una condanna per tutta la sua intera vita che ora, dopo tanto tempo, tornava a prendere la forma di un desiderio. Non poteva morire, non voleva morire. Tornò a concentrarsi sulla maniglia della porta, per aprirla e uscire, ma si sorprese quando si scoprì a tremare. 
Perché proprio in un momento come quello?

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Capitolo 44
*** Raven Tail ***


Raven Tail




«Priscilla!» sussultò Lluvia, vedendo tornare la ragazza dopo l'intera notte passata in infermeria. «Come sta Wendy?» chiese Gerard.
«Deve solo riposare un po'» rispose Priscilla avvicinandosi all'armadietto che le era stato designato e cominciando a sistemarsi, per prepararsi all'ingresso nell'arena. 
«Che cosa è successo alla mocciosa?» chiese Gajeel, fingendo che gli importasse poco ma lasciandosi sfuggire un briciolo di preoccupazione. 
«Non lo sappiamo. Dice che ha visto un esserino scuro e poi è svenuta. Polushka dice che è deficienza magica, qualcuno l'ha prosciugata di tutta la magia tutta in una volta e questo l'ha portata a qualche ripercussione fisica» spiegò, finendo di legarsi i capelli. 
«Qualche nemico di Fairy Tail? Magari qualcuno che partecipa ai Giochi» provò a ipotizzare Lluvia. 
«È probabile» disse Priscilla, chiudendo l'armadietto. Lo sguardo duro, furioso, si mosse lentamente verso i propri compagni. «Sinceramente lo spero» disse infine, corrucciandosi in un sguardo deciso. Una dichiarazione di guerra, non era altro che sete di vendetta a cui avrebbero volentieri preso parte anche gli altri. Quel torneo non era solo divertimento, ma erano lì per riscattarsi di ogni cosa. Riscattarsi dei sette anni in cui i propri compagni erano stati costretti ad abbassare la testa, riscattarsi delle sofferenze, delle derisioni e di tutti quelli che li colpivano alle spalle credendo così di indebolirli. Avrebbero mostrato la furia vendicativa di una Fairy Tail che non tollerava veder piangere i propri compagni. 
«Ghi-hi» sorrise Gajeel, altrettanto determinato. Una determinazione che emerse anche negli occhi degli altri compagni, ognuno furioso a modo suo di quanto il mondo si fosse preso gioco della loro famiglia fino a quel momento. Avrebbero messo fine a tutto quello, senza cedimenti. 
Le urla fuori dallo stadio si fecero più intense e un uomo entrò nel loro spogliatoio, vestito con la divisa degli addetti ai Giochi Magici. 
«Prego, da questa parte» indicò, facendo loro strada fino al corridoio che li avrebbe infine portati all'esterno, nell'arena. «Quando annunceranno il vostro nome potete entrare» spiegò l'uomo, facendosi da parte e lasciandoli infine soli. 
«Stiamo per cominciare dunque» commentò Laxus, sgranchendosi il collo.
«Lluvia darà il massimo» disse Lluvia, determinata. 
«Ghi-hi, non vedo l'ora di vedere la faccia di Salamander quando ci vedrà arrivare per secondi» ridacchiò Gajeel, euforico.
«Gerard» chiamò Priscilla, accostandosi all'uomo. «Non fare pazzie e ricorda il nostro addestramento. Sono io responsabile di te per il momento, non mettermi nei guai o Ultear me la farà pagare cara» sorrise divertita e come da copione Gerard non rispose, ma si limitò ad annuire semplicemente. Mistgun, in fondo, non era mai stato tipo da molte parole. 
«E anche quest'anno si aprono i Grandi Giochi della Magia!» la voce del commentatore sovrastò le urla del pubblico e il frastuono della musica. «Io sarò il vostro cronista, Chapati Lola! Con me, come commentatore, c'è l'ex membro del Concilio della magia Yajima-san. Grazie per essere con noi!»
«È un piacere» rispose la voce dell'anziano. 
«Questo complica le cose» sospirò Gerard, teso all'idea di essere riconosciuto da uno dei suoi ex colleghi del Concilio.
«Andrà bene, stai tranquillo» sorrise Priscilla, divertita nel vederlo in quella debolezza.
«Solo per oggi sarà nostra ospite Miss Fiore: Jenny Realight-san di Blue Pegasus!» continuò Chapati. 
«Attenti, quest'anno siamo qui per vincere» commentò la delicata voce femminile di Jenny. 
«I partecipanti stanno facendo ora il loro ingresso! Ecco che vediamo comparire per primi gli ottavi qualificati ai preliminari, riusciranno a rievocare i fasti del passato?  Non fatevi ingannare dal nome, sono i tosti e feroci membri di Fairy Tail!»
«Ottavi?» storse il naso Priscilla. 
«Per il rotto della cuffia» commentò anche Laxus, mentre Gajeel semplicemente se la rideva sganasciante.
«Questo non giova al nostro nome» sospirò Lluvia e non fece nemmeno in tempo a dirlo che un coro di fischi e insulti si alzò dal pubblico.
«Siamo messi peggio di quanto pensassi!» sobbalzò Priscilla, sconvolta nel sentire tanto odio nei confronti della propria gilda.
«Più in basso di così non potevamo cadere» si unì Laxus.
«Nonostante siano sempre arrivati ultimi, quest'anno sono riusciti a superare almeno i preliminari, anche se ottavi» commentò Chapati. «Con il ritorno del gruppo di Tenrou che anni fa spadroneggiava sulla regione, riusciranno a scalare la vetta?»
«Sono contento di vedervi! Complimenti Fairy Tail» disse il vecchio Yajima. 
«Ora i settimi classificati ai preliminari» continuò Chapati. «I segugi dell'esercito infernale: Quatro Cerberus!» e il tono del pubblico cambiò nuovamente, tornando alle ovazioni e al tifo.
«Siamo gli unici che deridono» sospirò Priscilla affranta. 
«Come osano deridere Gray-sama!» ruggì Lluvia, irritata, e Priscilla la guardò sconcertata chiedendole: «Solo di questo ti interessa?» per poi rendersi conto dell'inutilità della sua domanda. Sì, era ovvio, solo di quello le interessava.
«Al sesto posto» tornò a parlare Chapati. «Una gilda composte di sole donne! Le danzatrici dei profondi oceani, Mermaid Heel!»
E per quanto fossero seste e probabilmente non le favorite, le urla e i fischi di ovazione sembrarono amplificarsi, soprattutto quelli maschili. 
«I quinti arrivati! Le ali azzurre che brillano nel buio: Blue Pegasus!» continuò Chapati e Priscilla ebbe un brivido improvviso nel ricordarsi di Ichiya e del suo inquietante attaccamento al parfum delle donne. L'idea di incrociarlo di nuovo non la entusiasmava affatto.
«Classificati quarti, i distruttori sacri, la dea di amore e guerra: Lamia Scale!»  annunciarono ancora e Priscilla saltellò felice, esclamando: «Leon ce l'ha fatta! Evviva!»
«Il tuo aiuto è stato eccessivo!» ringhiò Gajeel, ancora infastidito per quanto successo nel labirinto. «Non so di cosa parli» sbuffò lei, facendo finta di niente e Gajeel sbraitò ancora di più, minacciandola che se avessero vinto loro per colpa sua gliel'avrebbe fatta pagare. 
«Pricchan» l'improvviso richiamo di Laxus, greve più di quanto si fosse aspettata, e smise immediatamente di bisticciare con Gajeel.
«Classificati a sorpresa al terzo posto abbiamo una gilda al suo debutto» uno strano brivido lungo la schiena di Priscilla, che per qualche ragione aveva cominciato a capire cosa si sarebbe dovuta aspettare. La sensazione, quell'orrenda sensazione, era troppo pressante per essere solo illusione. 
Tornò a sentirla schiacciare all'interno del suo petto, tornò a sentirla lungo la pelle, facendola rabbrividire. 
«I predoni di mezzanotte: Raven Tail!» 
Il mondo sembrò farsi improvvisamente cupo, oscuro e terribile. Sentì le ombre allungarsi, assottigliarsi come artigli affilati, circondarla, pronti a stritolarla. Aveva già provato una sensazione accecante e soffocante come quella, lo ricordava il macabro mondo in cui Nirvana aveva provato a trascinarla tempo addietro. La sua paura peggiore, il suo incubo primordiale, e la voce di Wendy che dolorante la supplicava di confermarle che non sarebbe morta, come se anche lei avesse avuto quell'orrenda profezia. 
Lui era lì. 
In quello stadio, a guardarla, a giudicarla, a strozzarla. Poteva sentirla la catena intorno al collo che si stringeva, ne sentiva il freddo metallo sulla pelle, il rumore agghiacciante vicino all'orecchio, la sua libertà e umanità che veniva improvvisamente lacerata e sviscerata. 
"La mia bambina di carta".
I ricordi di un'infanzia infelice e tormentata le caddero addosso, senza darle tempo di schivarli, schiacciandola con un impatto tale che si sorprese nel non urlare veramente per quanto male fecero. Sentì su di sé ogni colpo, ogni minaccia, ogni schiaffo, pugno, calcio, ogni singola parola rivolta a quella che non era altro che un giocattolino di cui giurava di sbarazzarsi non appena si fosse annoiato di lei. Il primordiale terrore della morte, la sua vera morte, improvvisa e incomprensibile, perché eternamente legata al demone peggiore che potesse esistere al mondo. Eternamente schiava, eternamente oggetto... lei era la sua bambina di carta. 
Una presa ferrea le catturò la mano, incrociando tra loro le dita. Poté addirittura sentirne il fragore, di quel fulmine che squarciava a metà il mondo, liberando il cielo e lasciando che la luce arrivasse persino a una come lei. Vide il cielo improvvisamente schiarirsi, le ombre dissiparsi, inghiottite dal calore e dalla forza con cui la sua mano veniva stretta. La prima e unica persona che fosse mai stato in grado di darle una via d'uscita. La persona che l'aveva resa più umana di quanto fosse potuta riuscirci alcuna magia. Riusciva sempre a sbrigliare le sue catene, con un abbraccio o un sorriso, la faceva respirare di nuovo.
Si voltò a guardare il volto corrucciato e duro di Laxus, rasserenata da quella sua severa espressione. Non avrebbe dimenticato, non più, a discapito di un padre manipolatorio e folle. Non l'avrebbe più lasciata andare, poteva sentirlo urlare in quella presa che la teneva ancora stretta nella sua mano. Lui era lì con lei, quella volta forse per sempre. E la paura scomparve. I fratelli tempesta avrebbero combattuto di nuovo insieme per sconfiggere il più grande dei loro demoni. 
«Rimangono solo due squadre che hanno superato i preliminari» annunciò Chapati e gli altri membri di Fairy Tail si avvicinarono ai due fratelli, pronti a entrare in scena. 
«Classificatosi al secondo posto ai preliminari una sorpresa inaspettata! Che le loro ali li abbiano fatti volare fino a qui? L'impronosticabile, l'incredibile Team B di Fairy Tail!»
Il Team B fece finalmente il suo ingresso sotto lo sguardo sconvolto di praticamente tutto lo stadio. Camminarono fino alla loro postazione, dove si fermarono, osservando incuriositi soprattutto la reazione di Natsu e gli altri che non mancò. Occhi sbarrati, bocche spalancate, lamenti e urla di sconcerto.
«Che fanno loro qui?!» gridò Natsu, sconvolto. 
«Cosa?!» sussultarono anche Gray, Elfman e Lucy. Erza avrebbe volentieri preso parte alle urla sconvolte, ma il suo occhio si era soffermato prima sulle mani ben intrecciate di Priscilla e Laxus, in testa al gruppo, e non aveva resistito dall'arrossire e balbettare semplicemente: «La mano».
«Un team capitanato dai fratelli Dreyar, che ventata di nostalgia. Ricordo quando molti anni fa facevano parlare l'intera regione per le loro incredibili capacità» commentò Yajima, con un sospiro che lo rese molto vecchio e nostalgico. 
«Non si può certo negare che Fairy Tail quest'anno ci stia regalando incredibili emozioni!» commentò Chapati. «Ben due team classificati! Ha dell'incredibile».
«M-ma...» balbettò ancora Natsu, incontrollabile nella sua reazione. «Quello è Mistgun?!»
«Mistgun?» chiese Erza, notandolo parzialmente nascosto dietro le spalle dei suoi compagni. «Aspetta... non sarai mica...» balbettò, cominciando a comprendere. Gerard si portò un dito ad altezza naso e semplicemente sibilò un imperativo: «Ssshh».
«Sul serio?!» gridarono Lucy e Gray, trovando allucinante quanto stesse accadendo davanti a loro. 
«Fairy Tail ha due squadre? Possibile?» sentirono mormorare dal pubblico, più e più volte, nel silenzio dell'incredulità che aveva colto tutti quanti. 
«A quanto pare c'è molta gente confusa dalla revisione del regolamento rispetto all'anno scorso, non credi, Yajima-san?» chiese Chapati all'anziano che intervenì spiegando: «Sì, a quanto pare da quest'anno una gilda può avere più di una squadra in gara».
«Ma nessuno ce l'aveva detto!» lamentò Lucy, voltandosi verso la tribuna dove Fairy Tail aveva allestito il loro striscione per il tifo alla propria gilda. Makarov si alzò in piedi sulla balaustra e rise a gran voce, gridando: «È così che si fa a Fairy Tail!»
«Tuttavia c'è anche il rischio che i due team della stessa gilda debbano affrontarsi a vicenda, riusciranno a combattere con i loro stessi compagni?» si chiese Chapati.
«Mi sembra però scorretto» commentò Jenny. «Se ci fosse una gara strutturata come un tutti contro tutti, Fairy Tail sarebbe ovviamente avvantaggiata essendo in dieci, no?»
«Delle oltre cento gilde partecipanti, Fairy Tail è stata la sola in grado di superare i preliminari con ben due squadre, è un vantaggio perciò che si sono guadagnati» rispose Chapati.
«Non diciamo stronzate!» ruggì Natsu, fulminando il gruppo dei loro compagni. «Io sono qui per fare sul serio!»
«Contro Natsu non puoi sperare in nessun tipo di favoreggiamento» ridacchiò Priscilla, portandosi divertita entrambe le mani dietro la nuca e sollevandosi in volo incrociò le gambe tra loro. 
«Chiunque mi ritroverò davanti lo affronterò con tutte le mie forze, non importa di che gilda sia!» insisté Natsu. «Non osate nemmeno pensare di trattenervi! Non perderò contro nessuno, tantomeno contro di voi!»
«Non chiedo di meglio, signor ottavo classificato»  disse Gajeel, avvicinandosi a Natsu con lo sguardo di chi era pronto a divorarlo. 
«Gajeel-kun, siamo arrivati secondi grazie a Priscilla, non hai fatto niente tu. Non dovresti pavoneggiarti in questo modo» intervenne Lluvia e Priscilla svolazzò dietro di lui, imitando la risata di Gajeel: «Gih-ih».
«Non ridere in quel modo!» la rimproverò Gajeel, offeso. 
«Gray!» si avvicinò Leon. «Non dimenticare la nostra promessa. Se vinceremo noi, Lluvia diventerà membro di Lamia Scale».
«Quando mai ho fatto una promessa simile?!» ruggì Gray e Lluvia si portò le mani ai capelli, lamentandosi disperata per quel triangolo amoroso in cui era caduta vittima. 
«Questo è interessante!» commentò sempre Priscilla, svolazzando al suo fianco e mangiucchiando dei pop corn con interesse.
«E quelli da dove li hai presi?!» sussultò Lucy, strabuzzando gli occhi, e Priscilla indicò innocentemente una venditrice di Popcorn sulle tribune che le urlava contro che quelli avrebbe dovuto pagarli.
«Lu-chan!» sorrise poi, mettendo da parte i pop corn. «Prometto che non ci andrò troppo pensate con te se dovessimo trovarci insieme in qualche scontro! Non sono mica come loro, io» disse allegra e Lucy parve cominciare a piangere, lamentando: «Non so se è peggio la tua bassa considerazione della mia forza o il fatto che tu possa veramente farmi a pezzi se volessi».
«Mistgun...» Erza si avvicinò a Gerard, squadrandolo come un delinquente. «Pensavo che non ti fosse permesso avvicinarti allo stadio. Oltretutto non sei un membro della gilda, questo è contro il regolamento. Di chi è stata l'idea?» rimproverò sapendo però già quale sarebbe stata la risposta. Ed essa non tardò ad arrivare, da una squillante Priscilla che confessò con una bizzarra allegria: «Colpa mia!»
«Non dovresti vantartene!» la rimproverò Erza.
«Però funziona» provò a giustificarla Gerard.
«Guardalo, Erza!» disse Priscilla, orgogliosa, volando addosso a Gerard e prendendolo sotto braccio. «È perfetto! L'ho addestrato benissimo, vuoi vedere?»
«Lo farai abbaiare a comando?» chiese Erza provocatoria, visto che sembrava stesse parlando di un cane. 
«Lo farebbe se glielo ordinassi!» disse lei con una strana luce negli occhi e Gerard sussultò con un: «Non è vero!»
«Comunque, Mistgun» disse Priscilla improvvisamente più seria, dandogli un lieve pugno sulla testa. «Ricordati che sei un tipo piuttosto silenzioso» mormorò, tornando solo per quel breve istante la seria e determinata Priscilla che era stata dentro a quegli spogliatoi. Per quanto giocasse a fare l'allegra ragazza casinista, non era certo tipo da perdere di vista i proprio obiettivi e quel rimprovero era giustamente finalizzato al loro piano e sicurezza. Se avessero scoperto che Mistgun non era veramente Mistgun sarebbe stata la fine di tutto. 
«Hai sentito niente di quella strana forza magica di cui parlavate?» chiese poi Erza, fingendo di guardare altro per non dare l'impressione che stesse parlando con lui.
«No, ancora niente. Voi avete visto niente di strano?»
«A parte la sospetta Raven Tail, niente» disse Erza e lentamente si allontanò dai due tornando nel suo gruppo.
"La sospetta Raven Tail" ripensò Priscilla, facendosi nuovamente seria e voltando leggermente lo sguardo in direzione della gilda oggetto di quei pensieri. L'uomo con la maschera da leone era vicino alla donna dai capelli rossi e l'uomo con la maschera e la tunica che aveva visto anche in città. Vicini a loro c'erano gli altri due partecipanti, un uomo interamente vestito di nero con degli strani occhi da serpente, e un altro che più che un uomo sembrava un mostro. Piccolo, squadrato, dalla pelle bluastra e il sorriso inquietante. Guardavano nella loro direzione e ridacchiavano tra loro, solo quello bastò a farle capire quanto la loro presenza non fosse dettata dal semplice torneo. Pensare che quegli uomini erano al servizio di suo padre le faceva ribollire il sangue nelle vene. Era certa che Ivan si trovasse lì, probabilmente guardava tutto dagli spalti, e quello era il motivo per il quale ancora non aveva alzato lo sguardo nemmeno quando aveva sentito il tifo provenire dalla tribuna di Fairy Tail. Vedere il volto dei suoi incubi peggiori dopo così tanti anni temeva avrebbe potuto farla impazzire. 
Poi il suo sguardo cadde su un particolare: un esserino scuro, poggiato sulla spalla dell'uomo con la tunica. Sghignazzava più degli altri, ciondolando di qua e di là.
"Ricorda solo di aver visto uno strano esserino scuro" le parole di Polushka le piombarono addosso come macigni, mentre lo sguardo e la risata di quell'essere sembrava volessero confermarle il dubbio che sapevano le si era appena insinuato dentro. 
«Sono stati loro» mormorò colma di una rabbia che difficilmente avrebbe trattenuto. Strinse i pugni, serrò la mascella e ancora il vento divenne incontrollabile intorno a lei, specchio della sua anima. Non fu violento, ma anzi delicato, leggiadro, per questo pesante e inquietante, come il respiro di un demone che soffia dietro la propria nuca. Spostava appena la polvere ai piedi di Priscilla che continuava a guardare la gilda di suo padre con uno sguardo che avrebbe potuto ucciderli se solo ne avesse avuto il potere. Una mano si posò sulla sua spalla, Laxus le si mise a fianco condividendo la sua rabbia e la sua silenziosa minaccia. Ma fu lui poi a mormorare: «Andiamo» e portarla via, prima che avesse potuto perdere il controllo. 
«E ora il team classificatosi primo ai preliminari!» annunciò Chapati, riprendendo il controllo dello stadio. «Sapete tutti di chi sto parlando! I più forti! Gli invincibili! I dominatori!»
«Già non li sopporto» biascicò Priscilla, infastidita per tutto quel clamore. 
«Sabertooth!» il boato che esplose nello stadio fu tale che persino l'aria parve tremare, mentre i cinque membri della gilda proclamata la più forte di tutte faceva il suo ingresso sotto una pioggia di palloncini e festoni. 
L'antipatia fu precisa e diretta, tra Natsu, Gajeel e i due draghi gemelli, Sting e Rogue. Probabilmente per qualche retroscena, per qualche vicenda passata, ma sicuramente tra loro non scorreva decisamente buon sangue benché fossero tutti e quattro Dragon Slayer. Dalle tribune arrivò il tifo non solo dell'intero pubblico, ma anche quello acclamato ed eccitato di due piccoli Exceed, uno rossiccio e uno con su un costume da rana, che gridavano il nome di Sting e Rogue entusiasti. Priscilla li notò e li fissò qualche secondo, prima di spostare lo sguardo deluso e rammaricato su Laxus. 
«Perché tu sei l'unico Dragon Slayer a non avere un gatto?» mormorò infastidita.
«Eh?» chiese Laxus, non capendo nemmeno di cosa stesse parlando. Ma lei incrociò le braccia al petto e sbuffò, imbronciandosi come una bimba: «Sapevo che me ne sarei dovuta tenere uno».
«E con questo abbiamo concluso la presentazione dei partecipanti!» disse ancora Chapati. «Grazie a tutti per l'attesa, ora passeremo in rassegna le modalità di questo torneo!»
Una pietra gigantesca emerse dal terreno, portando sopra di essa incise una lista dei sette giorni che avrebbero appena affrontato, con spiegati gli eventi quotidiani. Accanto a ciascun giorno c'era segnato un punto interrogativo, a indicare una gara, e poi una battaglia che avrebbe coinvolto tutte e otto le gilde partecipanti. 
«Ecco svelato il programma dei Grandi Giochi della Magia!» vicino al giorno uno vennero cancellati i punti interrogativi e al loro posto comparve il nome della prima gara che avrebbero affrontato: Nascondino. 
«Ed ecco come verranno ripartiti i punti!» spiegò ancora Chapati. «I primi classificati si prendono dieci punti, i secondi otto, i terzi sei, i quarti quattro e gli altri a seguire sempre meno punti fino all'ottavo posto che prende zero punti. Per la parte della gara saranno le squadre a selezionare i partecipanti, per quanto riguarda le battaglie invece i duellanti saranno selezionati dai nostri organizzatori. Le regole per la battaglia sono semplici, il vincitore prende dieci punti, il perdente ne prende zero, in caso di pareggio le due squadre prendono cinque punti a testa».
«Perciò alla fine vince chi ha accumulato più punti» osservò Laxus, studiando lo schema che gli era stato proposto. 
«È semplice e non è discriminatorio. In caso di qualche sconfitta si ha sempre la possibilità di rimontare» commentò Priscilla, altrettanto interessata allo schema.
«Senza ulteriori indugi, diamo inizio ai Grandi Giochi della Magia!» esclamò Chapati e ancora una fanfara diede inizio a una melodia allegra e motivante. «Vi presento ora la prima gara di questi giochi: Nascondino! Ogni squadra scelga il proprio rappresentante, dopodiché spiegherò le regole».
I primi a scegliere il proprio furono i Quatro Cerberus, poi Marmed Heel, a seguire Raven Tail e Blue Pegasus. Sabertooh mandò in campo Rufus, un uomo dall'aria aulica e l'abbigliamento di un moschettiere, poi fu il turno di Lamia Scale che schierò dalla sua Leon. Nel vedere Leon farsi avanti Gray non poté che fare altrettanto, sempre in eterna rivalità con il vecchio amico d'infanzia, e come una catena infine anche Lluvia si offrì prepotentemente volontaria.
«Credo che in una gara come "Nascondino" sia più utile il Mirage di Priscilla» provò a intervenire Gerard, più razionale e più calcolatore, certamente meno legato a quei sentimenti che correvano tra le loro gilde. Priscilla sghignazzò, portandosi le mani dietro la nuca ed esclamò: «Pare che tra quei tre ci sia un qualche risvolto amoroso. Lasciamola andare! Sarà divertente!»
«Se ti azzardi a perdere di proposito contro Gray ti prendo a calci!» ruggì Gajeel, meno convinto. 
«Si facciano avanti i partecipanti di Nascondino! Gli altri potranno seguire la gara dai palchetti a loro assegnati, da dove non è permesso allontanarsi durante lo svolgimento della gara» disse lo stesso ometto alto un metro con la testa da zucca che li aveva annunciati nei preliminari, il cui nome si scoprì essere Mato.
«Metticela tutta, Lluvia! Ricordati del premio!» disse Priscilla, allontanandosi e andando a prendere posto dove le era stato indicato.
«Finalmente siamo pronti a cominciare!» disse Chapati. «Chissà di cosa trarrà questo Nascondino. Yajima-san chi è da tenere maggiormente d'occhio, secondo lei?»
«Beh, conosciamo tutti il valore di Rufus-kun, ma sono curioso di vedere come se la caverà Gray-kun» rispose l'anziano.
«E secondo te, Jenny-san?»
«Eve-san, ovviamente! È fortissimo!» rispose la ragazza, sicuramente di parte. 
Il gruppo designato degli sfidanti si avvicinò a Mato, pronti ad ascoltare i particolari di quella gara che avrebbero affrontato, ma Nulpting, l'uomo di Raven Tail, intervenne.
«Scusate un attimo» avanzò. «Ancora non siamo stati messi al corrente della modalità di gara, ma di qualsiasi cosa si tratti per Fairy Tail è un vantaggio enorme avere due membri, no?»
«Ma che diamine vuole ora quella sottospecie di melanzana» digrignò i denti Priscilla, irritata all'idea che proprio Raven Tail fosse la prima ad avere qualcosa in contrario sui loro sui Team. 
«Avrà paura di noi, gih-hi» sogghignò Gajeel, in qualche modo soddisfatto da quella situazione. 
«Codardo!» ruggì Priscilla verso Nulpting, dando corda a Gajeel. 
«C'è poco da fare, kabo» rispose Mato. «Sono stati bravi a superare i preliminari con due squadre, ora ne godono il vantaggio».
«A me sta bene» rispose Rufus, di Sabertooth. «I miei cassetti della memoria mi ricordano che avere due partecipanti in gara alfine non garantisce un cosiddetto vantaggio».
«A me non fa alcuna differenza» disse Yaeger, di Quatro Cerberus.
«Anche a me va bene» sorrise la piccola Beth, di Mermaid Heel.
«Tié!» disse Priscilla dagli spalti, facendo verso l'avversario una linguaccia infastidita. 
«Sei particolarmente agguerrita, oggi» sogghignò Laxus, trovando divertente il suo infantile modo di gestire lo stress di un avversario fastidioso come Raven Tail.
«Come non potrei non esserlo?!» disse offesa e frustrata. «Quei maledetti...» strinse il marmo del balcone tra le dita, furiosa, prima di iniziare a urlare e sbraitare: «Fallo a pezzi, Lluvia! Disintegralo!»
«Non farti distrarre da Gray! Hai capito?» ruggì Gajeel al suo fianco. 
«Quei due bastano a fare il tifo per tutta la gilda intera» sospirò Gerard, di fronte a tutto quel baccano, e Laxus rispose con una semplice risata a labbra chiuse. 
«Si eriga il campo!» esclamò Mato e dal terreno emerse e venne ricostruita un'enorme città, ben più grande dell'arena concessa, ma l'uso della magia permise anche una cosa inconcepibile come quella. Degli enormi schermi comparvero all'esterno della città, per permettere al pubblico di seguire le vicende al suo interno e tramite quelli furono in grado di vedere come tutti gli sfidanti fossero stati separati e trasportati nei vari punti del campo da gioco.
«Allucinante!» commentò Priscilla, a occhi spalancati. 
«È gigantesca» annuì Gajeel. 
«Bene! Attraverso i Lacryma Vision è possibile vedere i vari partecipanti. Possiamo notare come nessuno di loro sappia dove si trovano gli altri, in questo momento» commentò Chapati. «Le regole di Nascondino sono semplici! Tutti dovranno cercare tutti. Trovate gli altri all'interno della città. Siete liberi di usare tutta la magia che volete! Basta colpire un avversario e verrà aggiunto un punto all'attaccante, togliendolo alla vittima. L'entità del danno è ininfluente» e proprio in quel momento intorno ai vari partecipanti si materializzarono centinaia di copie di loro stessi. Centinaia di Gray, centinaia di Lluvia, Leon o Rufus. Tutti intorno, tanto che persino camminare risultava difficile senza scontrarne uno.  Alcuni erano immobili, altri invece si muovevano lentamente. «Quelle sono tutte copie» spiegò Chapati. «Se ne attaccherete una per errore perderete un punto».
«Aaahh!!» lamentò Priscilla, sgambettando infastidita per aria. «Sarei dovuta andare io! Col mio Mirage sarei stata mille volte avvantaggiata!»
«Io te l'avevo detto» mormorò Gerard, sospirando rassegnato. Quella ragazza a volte sembrava decisamente più una bambina che una vera ragazza, ed era incredibile che lo fosse visto che nei mesi passati ad allenarsi assieme niente di tutto quello era mai emerso prima di allora. Era come avere di fronte una persona del tutto diversa, non era per niente la Priscilla fredda e potente con cui aveva avuto a che fare per tre mesi. Che fosse la presenza di Fairy Tail ad aver stimolato quel lato del suo carattere?
«Bene, svanite nell'anonimato!» annunciò Chapati. «Cacciate come pantere col favore delle tenebre! Che abbia inizio Nascondino!» e col suono di un gong la gara ebbe ufficialmente inizio. Era passato almeno qualche secondo quando su di una delle Lacryma fu possibile vedere Lluvia impazzire, con le mani rannicchiate vicine al volto, chiamando Gray in continuazione. 
«Ci sono troppi Gray!» esclamò Priscilla, sconvolta e anche un po' spaventata nel vederla roteare praticamente su se stessa chiamando in continuazione: «Gray-sama!».
«Sta andando in confusione» commentò anche Laxus e Gajeel scattò in avanti, urlando come se lei avesse potuto sentirlo: «Lluvia! Smettila con queste stronzate!»
«Ce ne sono così tanti! Che male c'è se ne prendo uno solo?» disse lei, lanciandosi su una delle tante copie e abbracciandola amorevolmente. Gajeel impallidì, lasciandosi sfuggire un sibilo dalla bocca spalancata, mentre Priscilla semplicemente scoppiò a ridere tanto forte che dovette accasciarsi sulla balaustra.
Lluvia venne improvvisamente avvolta da una luce magica e tra le sue urla spaventate venne fatta sparire.
«Guardate! Lluvia ha appena attaccato una delle copie e perciò ha perso un punto!» commentò Chapati e Priscilla si accasciò a terra con le lacrime agli occhi e i crampi allo stomaco per il troppo ridere. «Fra dieci secondi verrà ritrasferita in un'altra zona della città. Si può essere ritrasferiti all'infinito, entro i limiti di tempo. La gara durerà trenta minuti, alla fine dei quali si conteranno i punti. Oh! Guardate! Pare che ci sia il primo incontro tra i partecipanti!» esclamò ancora Chapati, alzandosi dalla sedia per l'entusiasmo. La Lacryma Vision mostrò Gray, intento a correre tra la folla di copie, venir raggiunto da Nulpting, pronto a colpirlo. 
«Melanzana» la voce di Priscilla sembrò quella di uno spettro mentre si affacciava oltre la balaustra del suo balconcino. Ancora in ginocchio a terra, con solo gli occhi che sporgevano oltre la balaustra, guardò la Lacryma sibilando come un serpente. 
«E così sei uscito allo scoperto?» disse Gray, cominciando a caricare il colpo. «Mi hai risparmiato la fatica di cercarti! Ice Hammer!» creò un enorme martello col ghiaccio, che cadde dall'alto sul suo nemico e lo colpì in pieno. Sorrise soddisfatto, preparandosi a ricevere il suo punto, ma con sua somma sorpresa venne avvolto anch'egli da una luce magica che lo trasferì altrove, sottraendogli un punto. Il vero Nulpting uscì infatti da dietro la copia ora a terra, mostrando il suo trucco: si era mosso dietro di esso, traendo in inganno Gray che aveva colpito la copia invece che quello reale. 
Gray venne ritrasferito tra un'altra parte della città, dove si rialzò e cominciò a camminare lentamente, insieme al resto delle copie.
«Si sono mischiati alla folla» commentò Laxus. 
«In questo modo sarà più difficile trovarli» disse anche Gerard.
«Gray-san!» la voce improvvisa di Nulpting costrinse Gray a voltarsi, allarmato, e Nulpting poté così scoprire quale dei tanti fosse il reale e perciò attaccare ingigantendo il proprio braccio pieno di spuntoni. 
«L'ha preso di nuovo!» esclamò Gajeel, mentre ai suoi piedi Priscilla continuava a sibilare sempre più nervosa: «Melanzana!»
«Subito dopo... non credo che sia un caso» commentò Laxus.
«Probabilmente l'ha preso di mira» disse Gerard e a quell'affermazione, fastidiosamente vera, persino Laxus si ritrovò a irritarsi tanto da lasciarsi sfuggire uno «Tch» contrariato. L'unica ragione per cui quel Nulpting avesse preso di mira Gray era sicuramente solo perché apparteneva a Fairy Tail, e questo lo faceva incazzare. Quel bastardo psicopatico di loro padre... cosa voleva ancora da loro?
Gray si rialzò e riprese a camminare lentamente, cercando di guardarsi attorno senza attirare troppo l'attenzione, anche se sul suo viso era difficile non riuscire a distinguere il sentimento della frustrazione. 
«In una situazione come questa, dove l'intera area di gioco è riempita di copie incredibilmente realistiche, come faranno i partecipanti a riconoscersi a vicenda?» chiese Chapati, continuando a commentare.
«Beh, ci sono molti modi. Uno di questi può essere quello di percepire la forza magica proveniente dalle altre persone» rispose Yajima e in quel momento si poté vedere il pavimento ai piedi di Gray smuoversi e aprirsi rapidamente. 
«Missili carota!» urlò una voce femminile, prima che una serie di carote venissero sparate contro il ragazzo. Beth uscì da sotto terra e guardò il suo avversario, incredibilmente incolume, e mormorò: «Accidenti! Mancato!»
Una pianta grassa uscì da sotto Beth, colpendola, e ancora il fascio di luce magico l'avvolse a decretare la sua sconfitta.
«Beccata!» rise Yaegar di Quatro Cerberus, ma anche lui venne colpito in pieno viso proprio in quell'istante da un getto di ghiaccio.
«Beccato lo dico io» disse Leon.
«Leon!» esclamò Gray, sorpreso di vederlo arrivare.
«Ti ho trovato, Gray» sogghignò Leon, ma in quel momento un urlo femminile attirò l'attenzione di entrambi, sopra le loro teste.
«Gray-sama!» urlò Lluvia, lanciandosi da sopra un tetto dritto in testa a un Leon troppo imbarazzato alla vista della sua gonna che svolazzava via per riuscire a reagire. 
«Usare la propria femminilità per confondere l'avversario, ottima trovata, Lluvia!» approvò Priscilla, soddisfatta del risultato che riuscì a portare nuovamente Lluvia da meno un punto a zero.
«È sleale» le disse Gajeel, contrariato.
«Siete voi che siete troppo stupidi per cascare in un trucco simile!» rispose Priscilla a tono. «E in guerra tutto è concesso! Usa il seno la prossima volta, Lluvia!» suggerì in un tifo alquanto particolare. 
«Tua sorella è diabolica» mormorò Gajeel a Laxus, al suo fianco, che sorprendentemente si ritrovò ad annuire con convinzione. 
«Gray-sama! Lluvia non ha intenzione di perdere, ti avverto. L'ho promesso al master» annunciò Lluvia, scendendo dalla testa di Leon che come gli altri scomparve in un fascio luminoso. 
«L'hai promesso al vecchio?» chiese Gray, storcendo il naso. 
«Sì! Ha detto che chi dei due team avrebbe vinto la competizione avrebbe fatto fare all'altro tutto quello che voleva per un giorno intero» spiegò prima di iniziare ad arrossire e ondeggiare emozionata. «Lluvia non vede l'ora di passare una giornata intera insieme a Gray-sama!»
«Stai scherzando?!» sussultò Gray, prima di urlare al cielo: «Vecchio! Perché noi non ne sapevamo niente? Stai facendo dei favoritismi?!»
«Anche a me sembrava divertente» sorrise Priscilla, tornando ad appoggiarsi con i gomiti alla balaustra e guardare la competizione con un sorriso in volto. «Non vedo l'ora di punire Wendy portandola con me a fare shopping per un giorno intero! Le comprerò un sacco di bei vestiti! E poi le agghinderò i capelli! E faremo un pigiama party!» ondeggiò emozionata ed entusiasta.
«Quella sarebbe una punizione?» chiese Laxus, per niente convinto.
«Non è quello che fate già ogni giorno?» borbottò anche Gajeel, ma Priscilla non ascoltò nessuno dei due e continuò a ridacchiare emozionata all'idea della giornata che avrebbe passato insieme alla piccoletta. 
«Tana alle fate!» gracchiò l'improvvisa voce di Nulpting, prima che roteando colpisse sia Lluvia che Gray.
«È di nuovo lui!» esclamò Gajeel, sporgendosi dalla balaustra. 
«Fino ad ora non ha fatto che cercare e colpire noi di Fairy Tail, penso sia abbastanza ovvio ormai che ce l'abbia con noi» commentò Laxus. 
«Lo fa di proposito» gracchiò Priscilla, irritata nel vederlo nuovamente su schermo. «Maledetto».
«Cosa sta succedendo?» esclamò improvvisamente Chapati non appena i primi fiocchi di neve cominciarono a cadere su di loro. «Nevica sulla città!»
«Questa è sicuramente opera di Eve-kun» commentò Jenny, con un sorriso soddisfatto in viso. 
«Eve ha un simile potere?» mormorò Priscilla, sorpresa, e Gajeel ancora sussultò e le ruggì contro: «Ci hai lavorato insieme e non sapevi nemmeno quale magia usasse?!»
«Scusami tanto, ma ero impegnata a non morire!» rispose lei a tono, irritata.
Ma Gajeel non si perse d'animo e continuò ad urlarle contro, sempre più irritato: «Tu non puoi morire!» 
Si sarebbe aspettato un'altra risposta diretta e altrettanto feroce, perciò quando questa non avvenne sentì una strana sensazione allo stomaco. Priscilla parve diventare improvvisamente seria, strano per una persona come lei, e senza dire altro tornò a fissare lo schermo della Lacryma Vision per seguire la gara. 
"Nee-san... tu non puoi morire, vero?"
Ancora non aveva avuto il coraggio di guardare verso gli spalti, ancora non aveva avuto il coraggio di vedere il volto di suo padre. 
Il pericolo, riusciva a sentirlo, era in agguato alle sue spalle e avrebbe potuto prenderla da un momento a un altro. Non voleva vederlo, non voleva nemmeno credere fosse possibile. 
Eve scattò improvvisamente, sorridendo soddisfatto, esclamando vittorioso che riusciva a vederli. Il freddo della neve portò le persone reali a generare nuvolette di vapore acqueo nei loro respiri e questo permise a Eve di identificare i reali dai cloni. Attaccò, strappando in un solo colpo ben tre punti. Leon comparve alle sue spalle, ininfluente da quell'attacco, ed esclamando che quel trucco con un mago del ghiaccio non funzionava riuscì a colpirlo e prendersi un altro punto. La gara proseguì per qualche altro minuto, tra colpi presi e colpi ricevuti, punti guadagnati e persi, in una lotta di numeri che andava aumentando e diminuendo continuamente. 
«Questa gara è troppo semplice» l'improvvisa voce di Rufus attirò l'attenzione degli spettatori. Immobile sul tetto di un edificio, si esponeva pericolosamente ma con una certa sicurezza ai suoi avversari. Il sorriso sul suo volto era quello di chi sapeva di aver già vinto. 
«Rimembro a menadito le sfumature dei vostri movimenti, la pesantezza dei vostri passi e le vostre energie magiche. Rimembro, rimembro tutti voi! Lago della memoria!» dei fasci luminosi sembrarono partire da intorno a lui, intrecciandosi e annodandosi tutto intorno alla città. Qualcosa prese forma, dando perciò indizio su che tipo di magia utilizzasse.
«Magia della creazione!» esclamò Erza, riconoscendola per prima. 
«In una notte di stelle cadenti!» disse ancora Rufus e dal lui partirono sette fasci di energia magica, brillanti come stelle cadenti, andarono a rincorrere e colpire con precisione assoluta tutti e sette i suoi nemici. Solo Nulpting riuscì in qualche modo a schivare il colpo, dando ancora dimostrazione delle sue capacità, e si lanciò all'attacco di Rufus. Colpì, ma l'immagine di Rufus svanì all'interno del suo braccio come un'ombra evanescente.
«Miraggio?» esclamò Priscilla, trovando quella situazione incredibilmente familiare.
«Quella era solo un ricordo di me» spiegò Rufus, comparendo di fianco a Nulpting.
«Ha creato una illusione di se stesso» spiegò Gerard, trovando sorprendenti le capacità di quell'uomo. 
«Non ho bisogno di esche» disse Rufus e un altro fascio luminoso colpì Nulpting, regalando così al rappresentante di Sabertooth il settimo punto dal settimo avversario.
«Li ha presi tutti» mormorò Laxus, sorpreso, mentre nello stadio scoppiava un tifo incredibile e potente. 
«Organizzatori, questa gara non è affatto interessante. Non c'è neanche bisogno che mi nasconda» disse Rufus, allargando le braccia con fare superiore.
«Quanto mi sta antipatico» confessò Priscilla, digrignando i denti dal nervoso. Afferrò Gajeel per il colletto e cominciando a scuoterlo con rabbia urlò: «Lluvia! Gray! Alzatevi immediatamente! Distruggetelo! Non state lì immobili! Fate qualcosa!» 
Gray e Leon furono i primi a rialzarsi e partire carichi verso Rufus, ma il primo venne bloccato da un calcio di Nulpting, apparso nuovamente al suo fianco.
«Ancora lui! Scherziamo?!» ruggì Gajeel e quella volta fu lui a prendere Priscilla e scuoterla con la stessa foga, ruggendo contro Gray per incitarlo a fare di meglio. Ma il gong suonò di nuovo interrompendo non solo la gara ma persino l'ira con cui Gajeel scuoteva una Priscilla che tentava di liberarsi piazzandogli le mani in faccia. Guardarono sorpresi gli schermi che si annerivano e la città che lentamente scompariva.
«È finita» esclamò infine Chapati.
Sabertooth aveva vinto.

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Capitolo 45
*** Voce ***


Voce



«Mostriamo dunque la classifica!» e gli schermi neri mostrarono la lista delle gilde in gara con i rispettivi punti di fine gara. Sabertooth, come da pronostico, si era posizionata al primo posto e perciò si era guadagnata dieci punti. Sotto di loro padroneggiava con otto punti Raven Tail e a seguire Lamia Scale, Blue Pegasus, Mermaid Heel, Quatro Cerberus, con un solo punto seguiva il Team B di Fairy Tail e infine con zero punti il Team A.
«È andata male» sospirò Priscilla, avvilita. 
Lluvia e Gray, sotto di loro, a testa china tornarono ognuno all'interno del proprio corridoio che avrebbe portato al balconcino delle rispettive squadre. 
«È stato un duro colpo» commentò Gerard.
«Povera Lluvia» disse ancora Priscilla, guardando il volto abbattuto dell'amica prima che sparisse dall'arena.
«Ci sono ancora le battaglie, possiamo rimontare a suon di pugni» cercò di essere positivo Gajeel. 
«Ed è solo la prima gara, niente vieta di ribaltare il risultato già domani» annuì Laxus. Ma non fu tanto la sconfitta ad abbattere i due membri di Fairy Tail, anche se certamente aveva influito, quanto le parole che il pubblico rivolse a loro e alla loro gilda. Insulti, derisioni, che non facevano male tanto perché rivolti a loro stessi ma perché rivolti alla propria famiglia. Lottavano per far risplendere il nome di Fairy Tail, invece non avevano fatto che affossarla ancora di più.
«Che cazzo avete da ridere, pezzi di merda?» urlò Natsu tanto forte da essere sentito dall'intero stadio, ma Erza gli poggiò una mano sulla spalla e cercò di farlo indietreggiare. Le risate e gli insulti non cessarono, ma anzi parvero aumentare di fronte all'espressione di Natsu che non venne affatto preso sul serio. 
«È difficile concentrarsi in una situazione simile» commentò Priscilla, guardando con rammarico il balcone del Team A. 
«Cerchiamo di non farci abbattere, o non avremo modo di riprenderci» disse Laxus.
«Mi dispiace» la voce rotta e rammaricata di Lluvia li raggiunse alle loro spalle. La ragazza stanziava all'ingresso del balconcino, a testa china e sguardo avvilito. 
«Non abbatterti, siamo solo all'inizio» disse Gajeel, sperando bastasse per rassicurarla. Priscilla la guardò qualche istante, prima di correre verso di lei e donarle uno dei suoi splendenti sorrisi, di quelli che le coloravano le guance di rosso.
«Siamo sopra Natsu e gli altri di un punto grazie a te, di questo passo ci conquisteremo la nostra giornata speciale. Hai già qualche progetto per quanto riguarda Gray?» chiese prendendole le mani e ammiccando. Lluvia arrossì al solo pensiero, dimenticandosi miracolosamente dell'umiliazione appena subita. E Priscilla, avendo trovato il suo aggancio, non lasciò la presa e cominciò a sgomitarla,  ammiccando in maniera sempre più evidente.
«Perché non mi racconti qualcosa, eh? Una bella cena romantica al chiaro di luna? Una passeggiata in spiaggia? Mano nella mano? Oh! Ho capito!» esclamò poi, notando il rossore in viso della ragazza aumentare secondo dopo secondo. «Farete il bagno insieme e lo costringerai a lavarti la schiena!» esclamò e Lluvia si portò le mani al viso ora rosso come un tizzone ardente. Immaginare una cosa come quella era decisamente troppo persino per una come lei e si trovò a mugolare e lamentarsi, senza controllo, ormai completamente fuori combattimento, mentre ondeggiava e si copriva la faccia con le mani. 
Priscilla scoppiò a ridere divertita nel vederla in quella reazione e l'abbracciò amichevolmente, dandole qualche tenero buffetto sulla nuca.
«Capisco, capisco, ci sono i ragazzi, è imbarazzante» insisté lei, ridendo divertita. «Stasera ci chiudiamo in stanza solo io e te, discorsi da donne, e mi racconti tutto! Potrei darti qualche utile consiglio, sai?»
«Proprio tu, parli di consigli?» lamentò Lluvia, aprendo due dita tanto da mostrarle uno dei suoi occhi che la guardavano con sconforto. Questo riportò alla mente di Priscilla tutti i discorsi che avevano fatto ai bagni pubblici, che più volte aveva tentato di archiviare. Ed era proprio quel suo disperato tentativo di negare qualsiasi cosa, di nascondersi dietro un dito di fronte all'evidenza di ciò che provava per Laxus, ad aver portato Lluvia a lanciarle quella provocazione. Provocazione che Priscilla accusò maggiormente proprio a causa della vicinanza di Laxus in quel momento, che la portò in un istante a pregare che non facesse domande o che non intuisse niente. Arrossì, spalancando gli occhi, ma decise di prenderla ancora col sorriso nel tentativo di tirare su di morale Lluvia. Ridacchiò nervosa, tirò fuori la lingua e semplicemente assunse un'espressione colpevole che le dava palesemente ragione. Espressione che portò come una potente magia a strappare un sorriso anche a Lluvia, nonostante gli insulti da parte delle persone che avevano attorno non fossero cessati. 
«Touché» ridacchiò ancora Priscilla e Lluvia abbassò le mani, scoprendosi il viso ancora arrossato ma ora più sereno tanto che riuscì persino a sorridere. 
«Bene, stanno per i iniziare le battaglie del giorno in cui le squadre si batteranno le une contro le altre. Basta già questa fase a stravolgere completamente il risultato, stiamo a guardare!» esclamò Chapati, attirando l'attenzione dell'intero stadio. 
«Stanno iniziando!» esclamò Priscilla emozionata, saltellando vicino a Laxus che già aveva ripreso a guardare l'arena. «Chi combatterà?» chiese.
«Ce lo diranno tra poco» rispose lui, prima di lanciare uno sguardo alle sue spalle, osservando Lluvia che incredibilmente serena si avvicinava anche lei per assistere. Era un potere incredibile, quello del sorriso di Priscilla, lo ricordava. Quando viaggiavano insieme lo faceva sempre anche con lui. Prima del litigio decisivo Laxus aveva già da anni assunto comunque un carattere silenzioso e burbero su certi aspetti, comunque sentiva su di sé l'effetto di tutte quelle manipolazioni che anche se non le conosceva lo portavano a essere sempre irritato e di cattivo umore. Oltretutto aveva cominciato a odiare l'idea di essere additato come "il nipote del Master", nessuno sembrava riconoscere il suo reale valore, e questo l'aveva portato già all'inizio dell'adolescenza a cambiare atteggiamento diventando quello che era stato. Questo significava che erano decine le volte in cui, per un motivo o un altro, era di cattivo umore. E ricordava perfettamente come ogni singola volta bastasse vederla ridere in quel modo, scherzare e saltellare al suo fianco per sentire una strana sensazione di benessere. Quante volte era riuscita a farlo sorridere, nonostante le situazioni lo portassero a essere sempre più nervoso. 
Era bello vedere come nonostante gli anni quel suo incredibile potere non fosse scemato nemmeno un po', ma anzi lo avesse esteso all'intera gilda. 
«Ma come ci riesci?» mormorò lasciandosi sfuggire un sorriso divertito. 
«Eh?» chiese lei, non capendo di cosa parlasse e lo guardò con innocenza e curiosità. Un'altra di quelle espressioni che la rendevano scaldante e confortevole. Le posò una mano sulla testa, accarezzandogliela affettuosamente, e disse: «Niente. Guardiamo gli incontri».
«Ecco che viene presentato il primo match del giorno!» esclamò Chapati, vedendo comparire le due sfidanti in centro all'arena. 
«Lucy di Fairy Tail A e Flare di Raven Tail!» presentò mentre le due ragazze si posizionavano l'una di fronte all'altra. 
«Quella ragazza mi mette i brividi» commentò Priscilla notando lo sguardo allucinato di Flare, mentre ridacchiando ondeggiava di fronte a Lucy.
«Se la caverà?» chiese Lluvia, preoccupata. 
«Lucy è in gamba, più di quanto si pensi» disse Priscilla, prima di assottigliare lo sguardo e lasciarsi sfuggire un'espressione preoccupata mentre pronunciava: «Ma Raven Tail...».
«Hanno colpito Wendy, si sono accaniti contro Gray, non penso che ci andranno leggeri con lei» disse Laxus. 
«Per qualche motivo hanno preso di mira Fairy Tail» disse Gerard. «Mi chiedo perché».
«Sinceramente non mi interessa» disse Priscilla, mentre le due sfidanti venivano presentate. «Spero solo che non commettano qualche vigliaccata».
«Non mi sorprenderebbe se commettessero qualche scorrettezza» annuì Laxus.
«Oh! Pare che i master delle due gilde siano padre e figlio» disse Chapati. «Che ne pensa, Yajima-san?»
«Beh, in un torneo come questo penso che i rapporti di parentela contino ben poco» rispose l'anziano. 
«Per la parte della battaglia il campo da gioco sarà l'intera arena!» disse Mato, al centro dello stadio. «I due sfidanti si facciano avanti!»
E Flare e Lucy si avvicinarono, fissandosi negli occhi per interminabili istanti. 
«Il limite di tempo è di trenta minuti. Se uno dei contendenti non è più in grado di combattere prima dello scadere dei trenta minuti, sarà considerato sconfitto» continuò l'arbitro a spiegare, prima di dare il via: «Che il primo incontro del giorno inizi!»
Fu Lucy a fare la prima mossa, estraendo una chiave dalla sua pochette ed evocando: «Apriti, portale del toro! Taurus!»
Taurus fece la sua comparsa muggendo con ferocia e sventolando la sua enorme ascia per aria, pronto a menar colpi. Si lanciò contro la sua avversaria, che riuscì a schivare il primo colpo senza troppa difficoltà. Lucy non perse altro tempo e tirò fuori una seconda chiave, chiamando: «Scorpio!»
«Due Spiriti contemporaneamente!» sussultò Priscilla, guardando la ragazza meravigliata. «È migliorata veramente tanto».
«Sand Buster!» ruggì Scorpio, sparando dalla punta della sua coda un turbine di sabbia che andò a centrare in pieno Flare. L'avversaria però sciolse i propri capelli, tenuti fino a quel momento legati in due trecce, e questi presero a muoversi autonomamente come fossero vivi. Si piazzarono di fronte al viso di Flare e riuscì a dissipare l'ondata di sabbia di Scoprio con quelli. 
«Taurus, usa la sabbia di Scorpio!» suggerì Lucy e lui tirò indietro l'ascia, assorbendo intorno a essa tutta la sabbia del compagno Spirito Stellare. 
«Che forza!» esclamò Priscilla, rimanendo affascinata dall'ingegno e dalla potenza con cui Lucy stava combattendo. Si alzò sulle punte, si sporse oltre la balaustra e gridò eccitata: «Forza Lucy!»
Taurus caricò su Flare con la propria ascia, ora avvolta dal turbine sabbioso, e il colpo che scaricò sulla ragazza fu tale da stendersi per qualche metro intorno a lei. Flare venne colpita, ma non accusò troppi danni e dopo essere stata scaraventata più lontano si rialzò immediatamente. 
«Hair Shower: Wolf Fang!» urlò Flare e i suoi capelli si allungarono con rapidità verso Lucy, assumendo i connotati di un lupo gigantesco. Lucy non si perse d'animo ed ebbe riflessi abbastanza pronti da afferrare un'altra delle sue chiavi, chiamando: «Cancer!» 
Cancer entrò in scena con le forbici già sguainate e in un solo colpo tagliò via i capelli di Flare, disintegrando il lupo che ne aveva preso forma. 
«I miei capelli!» esclamò Flare sconvolta nel vederli volare via ormai a brandelli, ma non si perse d'animo. Inginocchiata ancora a terra si incupì, furiosa, e lanciò ancora i propri capelli ma questa volta colpì il terreno e vi penetrò. 
«Vola Lucy!» si agitò Priscilla e Laxus le mormorò semplicemente sconfortato: «Lei non può volare».
Priscilla si portò le mani al volto, rendendosi conto della cosa, ed esclamò un sorpreso: «Oh no! È vero!»
«Eri talmente presa da non pensarci?» chiese lui, incredulo. 
I capelli di Flare sbucarono da sotto al terreno esattamente ai piedi di Lucy e le avvolsero le caviglie. La tirarono e la sballottarono, facendola cadere a terra con violenza. 
«Lucy!» gridarono almeno una decina dei suoi compagni di Fairy Tail, tutti estremamente preoccupati. 
«I miei capelli possono muoversi a mio piacimento» sghignazzò Flare, guardando la ragazza a mugolante a terra. Ma ancora Lucy sembrò non accusare il colpo se non nel fisico, afferrò la frusta magica che Virgo le aveva portato dal mondo degli Spiriti Stellari e la lanciò contro Flare. 
«Se è per questo anche la mia Fleuve D'Etoiles può muoversi a mio piacimento!» disse mentre il fascio magico della frusta raggiungeva Flare rapidamente e l'afferrò per un polso. La sbalzò via e Flare fece altrettanto con lei, ancora tenuta ben ferma per le caviglie. Le due ragazze caddero entrambe al suolo, mugolanti e doloranti, ma Lucy fu la sola a rialzarsi con lo sguardo di chi non aveva ancora finito, al contrario di Flare che invece sembrava essere sorpresa di aver trovato un'avversaria tanto tenace. 
«I suoi stivali...» mormorò Priscilla, guardando Lucy togliersi dai piedi quel che ne restava. Sembravano sciolti, come fossero stati immersi in un forno crematorio.
«Devono essere stati i suoi capelli» disse Laxus, mentre Lucy si rimetteva in piedi, ora scalza. 
«I miei capelli...» balbettò Flare, con lo sguardo allucinato. «I miei bellissimi capelli rossi! Biondina!» ruggì e rialzandosi infilò nuovamente i propri capelli all'interno del terreno.
«Di nuovo!» esclamò Priscilla, tesa. 
«Se la dovessero prendere adesso che ha le caviglie scoperte sarebbe un bel problema» commentò ancora Laxus, al suo fianco.
«Fai attenzione, Lucy!» gridò Priscilla, sempre più sporta in avanti oltre la balaustra. Lunghi attimi di tensione, mentre Lucy si guardava attorno concentrata, chiedendosi probabilmente da dove li avrebbe visti uscire. Passarono interminabili secondi, fino a quando, distratta da qualcosa, Flare non poté che approfittarne e colpirla. I suoi capelli rossi le avvolsero la bocca, impedendole di urlare, e di nuovo la scaraventò a terra. Lucy si rialzò, a denti stretti fissò Flare dal basso, ma ancora non fece niente fintanto che Flare nuovamente non la colpì e ancora, e ancora, e ancora, ridendo soddisfatta del suo operato mentre la maga a terra urlava di dolore e non faceva niente per difendersi. 
«Lucy!» urlò Priscilla, spaventata.
«Ma che combina?! Perché non reagisce?» ruggì Gajeel. Lucy ancora non si mosse e i capelli di Flare continuarono a colpirla, a lanciarla a terra, scaraventarla in giro, e ancora colpirla.
«Qualcosa non va» mormorò Laxus, che per quanto non conoscesse bene il livello di Lucy poté comunque notare la differenza troppo marcata tra le due rispetto a pochi minuti prima. 
«Magari l'attacco di poco prima? Forse quei capelli hanno un qualche effetto secondario?» provò a ipotizzare Lluvia, altrettanto preoccupata benché non sopportasse poi molto Lucy. 
«O magari è troppo tesa per la ciocca di Flare ancora infilata nel terreno, non sapendo da dove attaccherà si è paralizzata» provò a ipotizzare anche Gerard. 
«Raven Tail» ruggì semplicemente Priscilla, serrando il marmo della balaustra tra le dita tanto forte che avrebbe potuto incrinarlo da un momento a un altro. Non sapeva cosa stava succedendo, non riusciva a proprio a capirlo, ma era ovvio che quella non fosse la Lucy che tutti conoscevano e sicuramente c'era di mezzo qualche sporco trucco. Stavano giocando sporco, ne era certa, anche se non riusciva proprio a capire come.
I capelli di Flare avvolsero nuovamente Lucy in faccia, chiudendole la bocca, e altre ciocche la presero per braccia e gambe. 
«È scoperta! Se usa nuovamente lo stesso potere che ha sciolto i suoi stivali sono guai!» commentò Gajeel teso, e Priscilla si irrigidì sempre più, accecata dalla furia.  Un'altra ciocca di capelli, che ora fumava di calore, si avvicinò pericolosamente alla pelle di Lucy ora bloccata e prese la forma del simbolo della gilda di Raven Tail.
«Vuole marchiarla!» urlò Gajeel, sconvolto. Persino Lluvia si portò le mani al volto, pallida per l'angoscia di quell'orribile punizione. «Le vuole marchiare il simbolo della gilda nemica sopra quello di Fairy Tail» mormorò con un filo di voce. 
«Stiamo scherzando?» ruggì Priscilla, con tanta di quella rabbia in corpo che avrebbe potuto prendere fuoco. «Bastarda, fermati subito!»
«È scorretto! Giudice!» ruggì Gajeel al suo fianco. 
«Lucy!» urlò Priscilla con tutta la voce che aveva in corpo.
«Vai Lucy, è la tua occasione!» la voce incoraggiante di Natsu, sorprendentemente, non provenne dal suo balconcino ma dagli spalti dove era riunita l'intera gilda per il tifo alle due squadre. Stringeva tra le dita i capelli di Flare che sbucavano proprio da sotto i piedi di Asuka, la piccola figlia di Bisca e Alzack, e li stava strappando. Lucy riuscì finalmente a muoversi, nonostante le ciocche la tenevano ancora prigioniera si mosse e con uno scatto riuscì a liberarsene, evocando a gran voce: «Gemini!»
«Si è liberata!» esclamò Lluvia, felice. 
«Avevano preso in ostaggio Asuka-chan» mormorò Priscilla con meno voce, ma non per questo più calma. «Maledetti. Maledetti bastardi!»
Mise un piede sulla balaustra e si diede lo slancio, pronta a lanciarsi diretta probabilmente verso il balconcino di Raven Tail. Laxus, nonostante la sorpresa, fu abbastanza pronto da allungarsi in avanti e afferrarla per i vestiti, tirandola nuovamente indietro. Priscilla iniziò a scalciare e tirare pugni al vento, usando addirittura la propria magia nel tentativo di volare via dalla presa di Laxus che la teneva ben ferma, e con il volto contratto in un'espressione che la somigliava più a una bestia che a un essere umano cominciò a rivolgere alla gilda di suo padre ogni sorta di insulto che conoscesse e qualcuno, forse, addirittura inventato. 
Gemini, nel frattempo, colpì Flare e aiutò Lucy a liberarsi che già pronta in piedi ordinò: «Facciamo quella tecnica!»
«Non siamo ancora pronti» disse il primo dei due gemellini.
«Non ci siamo ancora allenati abbastanza» disse il secondo.
«Proviamoci lo stesso! Diventa me!» insisté Lucy e Gemini si trasformarono all'istante, prendendo le sembianze di una Lucy in accappatoio. 
«Perché vestito così?!» urlò Lucy, sconvolta, e Gemini si giustificò timido: «Non è colpa nostra. Eri vestita così l'ultima volta che ti abbiamo copiato».
«Non fa niente» tagliò corto, Lucy. «Facciamolo!»
Si presero per mano, chiusero gli occhi, e una luce cominciò ad avvolgerli.
«Sonda i cieli, spalancali. Fatti riconoscere da me attraverso il bagliore di tutte le stelle della volta celeste» recitarono all'unisono facendo echeggiare la propria voce in quella che sembrava un'altra dimensione. «Oh, Tetrabiblos, dominatore degli astri» e la luce si intensificò, avvolgendo non solo Lucy e Gemini ma anche Flare qualche metro più avanti. «Mostra il tuo volto! Apri la tua porta maligna!» l'energia si intensificò tanto che chiunque poté sentirne la sua potenza vibrare sulle corde della propria anima. Era come trovarsi di fronte a una benedizione divina, il cielo che prendeva il posto della terra, le stelle e viaggiavano nella loro incredibile velocità tra le due ragazze avversarie.
«Ottantotto segni! Risplendi! Uranometria!» Il mondo si fece scuro, la volta celeste scese su di loro, stelle e pianeti li circondavano e Lucy stessa iniziò a risplendere come una di esse. Era la mossa definitiva, il colpo che avrebbe messo fine a qualsiasi scontro la cui potenza poteva egualiare quella di una stella in piena esplosione. Avrebbe vinto, tutti lo sapevano, persino la stessa Flare che tremante si portò le mani a coprirsi il viso per proteggersi impacciatamente. 
Ma tutto scomparve in un istante, come una bolla di sapone che veniva fatta scoppiare, e Lucy cadde a terra.
«Che succede?» mormorò Priscilla, guardando sconvolta la scena. Era talmente atterrita, che aveva persino smesso di agitarsi ancora tenuta ben salda dal braccio di Laxus. 
«Si è vanificata?» chiese Gajeel, cercando anch'egli una spiegazione a tutto quello.
«Perché?» sibilò Priscilla, guardando l'amica a terra che non sembrava più capace di muoversi. 
«La magia di Lucy non si è attivata!» commentò Chapati. «Yajima-san, cosa crede sia successo?» Ma l'anziano per la prima volta non rispose e rimase a fissare la scena, con un terribile sguardo in volto.
«Lucy cade a terra! La battaglia è finita!» annunciò Mato, arbitro della gara. «Flare di Raven Tail è la vincitrice!»
Un coro, un boato, e il pubblico che esaltato urlava il nome della gilda in un tifo eccitato. 
«Non è possibile» mormorò ancora Priscilla, incapace di riprendersi.
«Povera Lucy» sussurrò Lluvia, abbassando lo sguardo. 
Il braccio di Laxus, ancora intento a sorreggere Priscilla nella sua precedente lotta per trattenerla, si fece più teso e stritolante. Non ci fu bisogno di chiedere spiegazioni, anche se non sapevano bene cosa fosse successo, erano assolutamente certi che qualsiasi cosa avesse fermato Lucy era partito da Raven Tail nel loro ennesimo imbroglio. 
Il coro del pubblico si trasformò pian piano in una risata di scherno e il nome di Lucy venne più volte pronunciato insieme a aggettivi certamente poco gradevoli. La deridevano, deridevano la loro gilda, l'atterrivano, e Lucy non riuscì nemmeno a rimettersi in piedi eppure fu possibile vederla tremare scossa dai singhiozzi. 
Natsu comparve all'interno dell'arena e si avvicinò all'amica, ancora intenta a piangere e singhiozzare. Il suo sorriso contrastava con tutto quello che li circondava, contrastava con l'umiliazione, con lo scoraggiamento, col dolore. Ma proprio per quello fu più potente di una tempesta. Allungò una mano verso Lucy, cercò di incoraggiarla, e riuscì, con la sua solita incredibile forza d'animo, a farla rialzare. L'incontro era finito, Lucy venne accompagnata in infermeria per un semplice controllo e l'arena venne preparata in fretta per gli incontri successivi. Priscilla sembrò essersi calmata e questo convinse Laxus a lasciarla andare, anche se qualcosa sul suo volto continuò a turbarlo. Era pensierosa, era eccessivamente pensierosa e cupa, cominciò a preoccuparsi un po' ma sapeva quale poteva essere l'unico motivo di tutto quello. Non c'era niente che potesse fare o dire, lo sapeva, doveva solo darle tempo e aspettare di potersi riprendere la loro rivincita non solo per la sconfitta di Lucy, ma per tutto quello che Raven Tail stava facendo da quando erano arrivati. Lunghi minuti di silenzio, strani per una come lei, e infine Priscilla si voltò e si allontanò.
«Dove vai?» le chiese. 
«In bagno» rispose semplicemente. 
«Gli incontri delle altre gilde stanno per cominciare! Tra poco toccherà anche a noi» disse Gajeel.
«Torno subito, non preoccuparti» una frase che portava qualsiasi tipo di sentimento, tranne il non preoccuparsi. Lluvia provò a fare un passo, per seguirla, ma fu lo stesso Laxus a bloccarla con un braccio e negare con la testa. Voleva restare sola e per quanto anche il suo istinto lo spingesse a correrle dietro, preferì concederle quel piccolo attimo per sé credendo fosse la cosa migliore. 
Priscilla camminò lentamente, a testa bassa, verso la toilette in fondo a un lungo corridoio. Aveva scelto di proposito di recarsi a quella più distante per il semplice motivo che aveva bisogno di muoversi, camminare per sciogliere i muscoli e la tensione. Si era sforzata molto, aveva fatto di tutto per cercare di lottare con quella sensazione, ma per quanto fosse facile fingere un sorriso, certamente era ben diverso il liberarsi il petto da quel macigno. Ogni istante, da quando aveva incrociato l'uomo con la maschera da leone, non aveva fatto che rivivere quelle orribili sensazioni, ogni istante da allora. Poteva distrarsi con la gara, poteva sforzarsi di sorridere per consolare un'amica, poteva lasciarsi travolgere dalla rabbia, cedere al desiderio di vendetta, ma qualsiasi cosa facesse lui era lì. La catena intorno al suo collo era invisibile, ma non per questo meno pesante. La portava a fare strani pensieri, la inghiottiva in un vortice di follia, e i residui di Nirvana dentro di lei certo non l'aiutavano a essere più forte di fronte a quei fantasmi. 
Avevano ferito Wendy, avevano umiliato Lucy, avevano ostacolato Gray impedendogli con ogni trucco di dare il meglio di sé. Qualsiasi cosa facessero, loro erano lì, a sghignazzare oltre le loro spalle.
Avevano persino minacciato la piccola Asuka, una bambina innocente la cui unica colpa era essere nata da genitori che portavano su di loro il simbolo della gilda tanto odiata. 
Poteva fingere un sorriso, ma la verità era che più passava il tempo più la paura la inghiottiva impedendole di muoversi. 
Una voce, un urlo e un pianto. Alzò la testa, incuriosita da quanto avesse appena sentito, chiedendosi chi stesse piangendo in quel modo. Si voltò verso la porta socchiusa, appoggiata al cardine, oltre il quale sentiva provenire quella voce femminile lamentosa. Quando le fu vicina riuscì a sentire altro: cose che cadevano, sedie che si spostavano, un tavolo forse urtato, il rumore delle percosse. Qualcuno stava picchiando una donna e non ci andava certamente leggero. Per quanto il buon senso le dicesse di farsi gli affari suoi, il suo istinto di maga le disse di intervenire. Qualcuno lì dentro aveva decisamente bisogno di aiuto. Scostò appena la porta, pronta a entrare e fare qualcosa in difesa di chiunque fosse, ma non appena l'occhio riuscì a penetrare all'interno della stanza e vedere quanto stesse accadendo si bloccò. Paralizzata. 
Il Nirvana la risucchiò completamente, la rese cieca, inconsistente, sola con il proprio dolore. Ivan Dreyar era in piedi, imponente, per niente cambiato nonostante tutti gli anni trascorsi, se non per qualche ruga in più sul viso. La mano ferma, sul collo di Flare, spinta contro lo spigolo di un mobile a perforarle la schiena. Ma Priscilla era cieca, Priscilla non riuscì nemmeno più a sentire la sensazione del proprio corpo al suo posto. Non era Flare che teneva tra le mani, ne era certa, lo vedeva chiaramente. I suoi occhi ingannati dal suo stesso terrore, ma avrebbe potuto scommetterci, quella che veniva strozzata e torturata era lei stessa di dieci anni prima. Si vedeva, abiti lacerati, lividi sulla pelle, una ferita sulla testa tanto profonda che avrebbe potuto uccidere chiunque altro. Il braccio ripiegato all'indietro, spostato dalla sua originale posizione, era come avere di fronte un terrificante racconto dell'orrore. Si portò le mani alle labbra, serrandole per costringerle a tacere, soffocandosi per non attirare l'attenzione, per non respirare nemmeno. Umide di lacrime che chissà quando aveva iniziato a rovesciare. Il pugno di Ivan partì, centrando la se stessa di molti anni addietro dritta nello stomaco, e lo spigolo del mobile infine penetrò con quell'ultimo colpo all'interno della carne. 
«Non hai fatto abbastanza!» un ruggito, un eco o forse era la realtà?
«Mi hai umiliato».
«Mi dispiace» la sua voce di bambina, che tentava invano di implorare pietà. A quel punto non era nemmeno più certa di ciò che realmente stesse accadendo, riusciva solo a vedersi incastrata in quel ricordo come se ne fosse stata inglobata. 
«Hai perso contro Laxus di proposito! Non ci hai nemmeno provato?! Come credi possa migliorare se non lo porti a fare sul serio? A che servi, tu, spiegamelo?» e come un macigno, la sentenza cadde su di lei: «Sei inutile».
La bambina urlò con tutto il fiato che aveva, mentre suo padre con un ultimo colpo le rompeva l'osso del collo e la lasciava cadere a terra, disumana, smontata come una bambola da torturare, un giocattolo divertente per un sadico bambino. Priscilla strinse di più le dita intorno alla sua bocca, soffocando un lamento, e si voltò poggiando le spalle al muro accanto. L'ultima immagine sfocata, di se stessa a terra, si mescolo a quella reale di Flare, anche se certamente lei era in realtà conciata molto meglio. Un normale essere umano non sarebbe sopravvissuto a una tortura simile, ma era stata comunque abbastanza da farle perdere i sensi. Ricoperta di lividi e graffi, venne lasciata sul pavimento, ma Priscilla in quel momento non la guardava nemmeno più. I suoi occhi, giogati da quei folli sentimenti, le avevano mostrato in realtà una ben altra scena.
«È l'ultimo avvertimento, la prossima volta ti toglierò la magia e ti eliminerò definitivamente. Di una bambola che non sa come si gioca non me ne faccio niente» era nella sua testa, era sicuramente solo nella sua testa, ma era stata così forte, così chiara, che non riuscì a crederci. Lo sapeva... lui sapeva dov'era, cosa faceva, lui vedeva tutto. Lui poteva ucciderla in qualsiasi momento, glielo ripeteva in continuazione in ogni sogno, in ogni pensiero, in ogni ricordo. 
Sentì i passi nella stanza, pesanti: stava per uscire. Ebbe almeno la forza di scappare. 
Raggiunse il bagno ed entrò sbattendo la porta, senza neanche preoccuparsi se qualcuno avrebbe potuto vederla o sentirla. Entrò dentro uno dei loculi della toilette e ci si chiuse dentro, schiacciando infine le spalle contro la porta. Cadde a terra, le gambe troppo molli per riuscire a sostenerla. Sentiva freddo, sentiva un freddo glaciale come mai lo aveva sentito prima. Si rannicchiò cercando un po' di calore, sperando di riuscire a farsi talmente piccola da sparire, ma tremava troppo e persino la sua voce non riusciva a salvarsi a quel tormento, uscendo incontrollabile dalla gola in lamenti e guaiti. 
"La mia bambina di carta".
Non poteva fuggire, non poteva nascondersi, ovunque andasse lui era sempre lì. Il suo macabro sorriso, le sue finte lusinghe quando cercava di convincerla ad obbedirgli, quelle stesse mani che potevano in un attimo recarle il dolore peggiore di tutti. A confronto delle sue torture e delle sue percosse, i fulmini di Laxus erano carezze. E comunque aveva sempre preferito, un attimo prima di svenire, vedere le lacrime e il volto preoccupato di Laxus che il sadico sorriso di chi soddisfatto si puliva le mani dal proprio sangue. 
"La mia bambina di carta".
Le parlava, ogni istante della sua vita l'aveva fatto, a ricordarle cosa fosse in realtà, quale fosse il suo scopo, quale fosse la sua prigione. Lei non era umana, lei non era una figlia, lei non aveva nemmeno un nome. Mai l'aveva chiamata Priscilla, se non davanti a chi avrebbe potuto fare qualche scomoda domanda. Lei era solo una bambina di carta, una bambola, un giocattolo. La sua marionetta meglio riuscita, ma pur sempre solo una bambina di carta. 
E soprattutto... gli apparteneva.
Si afferrò la testa, immerse le dita artigliate tra i capelli. Qualcuno, era certa, venne strappato via. Bruciava, ogni cosa dentro lei bruciava, faceva un gran male. Nemmeno le lacrime di cui era ricoperta riuscirono a dare un fresco sollievo alle guance bollenti. Sentì il sapore del sangue in bocca, il labbro morso chissà quando non faceva nemmeno male. Qualcosa nel suo petto spingeva per uscire, ma era segregato in una catena che mai si sarebbe spezzata. Lo sentì scoppiare dentro sé, lacerarla, e la sua voce... lui le parlava.
Riuscì solo a sibilare.
«Sento la sua voce nella mia testa».



La mia bambina di carta.

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Capitolo 46
*** Ombra dalle dita fameliche ***


Ombra dalle dita fameliche



«E ora l'ultimo incontro in programma per oggi!» la voce di Chapati fu tanto forte da rimbombare all'interno del corridoio. 
«Sono già all'ultimo?» mormorò Priscilla, avvicinandosi al balconcino assegnato alla propria squadra. «Sono stata via più di quanto credessi» sospirò, rattristata. Superò infine l'arco dell'ingresso e alzando una mano salutò, timida: «Sono tornata!»
«Priscilla» salutò sorpresa Lluvia.
«Si può sapere dove ti eri cacciata? Ti sei persa tutti gli incontri!» la rimproverò Gajeel e lei si grattò la nuca, imbarazzata, confessando: «Mi dispiace, mi ero persa. Questo posto è immenso!» 
Una palese bugia, visto che era stata in grado di orientarsi senza problemi all'interno dello Sky Labyrinth, ma stranamente a nessuno venne in mente di indagare approfonditamente. Per quelli che credevano di conoscerla, poteva benissimo non aver pensato a usare la sua magia per tornare o magari si era lasciata distrarre da qualche curiosità in giro per lo stadio.
«Dov'è Mistgun?» chiese lei, avvicinandosi alla balaustra per guardare chi stesse per affrontare l'ultimo incontro del primo giorno. Laxus semplicemente indicò con un dito il centro dell'arena e lei, vedendolo, sobbalzò tanto da lasciarsi scappare un piccolo urlo panico. «Cosa fa lui lì?!» chiese fissando Mistgun davanti a Jura di Lamia Scale. 
«È stato chiamato a combattere» rispose Laxus.
«Già il primo giorno?!» chiese lei, palesemente agitata. «È un disastro! Una catastrofe!»
«Non avevi detto di averlo addestrato bene?» chiese Laxus, non capendo il motivo di tanta agitazione. Andava fiera dell'allenamento e dell'idea avuta con Gerard, quando aveva proposto la cosa ai suoi compagni e al master era sembrata subito convincente e ora invece si agitava in quel modo. 
«Sì, ma speravo che si esponesse comunque il meno possibile!» disse lei, grattandosi la testa nervosa. «Ti prego, fa' che non faccia niente di stupido!» pregò a chissà quale divinità.
«Per quest'ultimo incontro abbiamo Mistgun di Fairy Tail B e Jura Neekis di Lamia Scale!» annunciò Chapati e Priscilla si agitò ancora di più:«Contro Jura, oltretutto! Lo costringerà a dare il massimo, siamo nei guai! Siamo nei guai!»
«Penso dovresti avere più fiducia» azzardò Gajeel. 
«Persino tra i ranghi di Fairy Tail, pochi conoscono il suo vero volto. Mistgun è il mago del mistero» commentò ancora Chapati, mentre i due avversari si preparavano a scontrarsi.  «Il suo avversario è uno dei maghi più forti del torneo, niente meno che uno dei dieci maghi sacri, Jura Neekis! I due avversari sono pronti l'uno di fronte all'altro, attendiamo il via dell'arbitro!» via che non tardò ad arrivare con una sonora suonata di gong. 
«Mistgun non fare stronzate, chiaro?!» urlò Priscilla dagli spalti, per poi mormorare tra sé e sé: «Ricorda cosa ti ho detto e non strafare!»
Mistgun partì per primo, impugnando uno dei suoi bastoni magici, mentre altri presero a galleggiargli intorno. Ma Jura fece solo un gesto con la mano e dal terreno salirono rapidamente decine di pilastri di roccia, che ostacolarono l'attacco di Mistgun. Lo lanciarono in aria e altri pilastri nacquero e si mossero per raggiungerlo e colpirlo, come fossero vivi. Con una serie di piroette Gerard riuscì a schivare i loro colpì ed evitò di restare schiacciato al loro interno. Corse lungo uno di  essi e infine lanciò i propri bastoni contro Jura, conficcandoli nel terreno tutti intorno a lui. 
«Cerchio magico a cinque punte: canzone sacra!» evocò e una colonna magica dalle dimensioni imponente scese dal cielo e schiacciò Jura, facendolo sparire al suo interno. 
«Quello è uno degli incantesimi di Mistgun» osservò Laxus e Priscilla sospirò lasciando andare un po’ la tensione. 
«Sta andando bene per il momento» mormorò, sollevata. 
Dalla colonna magica di Gerard emerse Jura, apparentemente illeso, insieme a un'altra colonna di roccia che prese forma di un pugno e volò in direzione di Gerard. 
«Cerchio magico a tre punte: specchio acquatico!» chiamò ancora Gerard e il colpo di Jura venne riflesso e rispedito indietro, verso di lui. Ma Jura colpendolo rispedì nuovamente la colonna verso Mistgun che questa volta, preso di sorpresa, venne centrato e lanciato via. 
Priscilla congiunse le mani e incrociò le dita portandole di fronte alla testa, cominciò a mormorare come una preghiera: «Non reagire male, non reagire male, non reagire male».
«Priscilla, stai sudando» osservò Lluvia incuriosita al suo fianco. 
«Meteora!» la voce di Gerard cadde su Priscilla come una sentenza, che urlò pallida e terrorizzata: «Ha reagito male!»
Gerard scattò lungo tutta l'arena di gioco con una velocità tale che sembrò essersi trasformato in una stella cadente, avvolto da una luce magica era praticamente impossibile vedere i suoi movimenti. Puntò Jura dopo una serie di movimenti confusionari utili a confonderlo, ma Jura fu rapido nei riflessi e fece alzare di fronte a sé un muro di pietra per proteggersi. Gerard lo deviò e riuscì con la sua incredibile velocità a colpire Jura, dietro il suo scudo di pietra. Tornò a piroettare sopra di lui mentre Jura, cercando di rimettersi in piedi, preparava già il prossimo attacco con una serie di pietre che generava e scagliava verso l'alto per colpirlo. Gerard riuscì a schivarle tutte, persino l'ultima che lo sfiorò appena, e infine tornò a terra.
«Ha disegnato nel cielo» commentò Gajeel e Priscilla guardando dove indicava urlò: «Le sette stelle!» prima di accasciarsi a terra e mormorare: «È la fine».
«Grande Carro!» richiamò Gerard e una pioggia di meteore parve abbattersi su Jura.
«Quella non è palesemente una magia di Mistgun» commentò Gajeel al fianco di una Priscilla che sembrava aver perso persino la voglia di esistere. 
«Sta esagerando» commentò Laxus.
Jura si difese anche da quell'attacco evocando un gigante di roccia che riuscì a bloccare ogni colpo. Il mago di Lamia Scale guardò il suo avversario con un sorriso soddisfatto e divertito in volto, lo sguardo di chi aveva cominciato a capire, ma Gerard non se ne preoccupò e passò all'attacco successivo. Entrambe le mani rivolte verso il basso, due dita allungate, una mano prese a risalire verso l'alto.
«Adesso che fa?» chiese Gajeel, curioso. 
Priscilla sollevò la testa oltre la balaustra, guardando il compagno con lo sguardo di chi avrebbe sicuramente visto qualcosa che non le sarebbe piaciuto. E così fu. 
«No, quella no!» urlò, portandosi le mani al volto. 
La magia della distruzione stellare era la magia più famosa di Gerard, del Gerard che conoscevano tutti, ex membro del consiglio e ricercato. Se l'avesse usata ci sarebbe stato sicuramente qualcuno che l'avrebbe riconosciuta, anche solo la presenza di Yajima tra i commentatori bastava a svelare la sua reale identità.
«Fermati, brutto scemo!» gridò lei provando a lanciarsi giù, per raggiungere l'arena e il suo compagno. Gajeel sussultò nel vedere la sua reazione, spaventato a ciò che avrebbe fatto, e allungandosi prese la ragazza da sotto le braccia e la trattenne. Priscilla insisté e sgambettò, usò addirittura la sua magia, e Gajeel fu costretto a piantare i piedi sulla balaustra per fare da leva e impedire alla ragazza di volare via. Anche Lluvia e Laxus diedero il loro contributo, afferrandola e tirandola indietro.
«Fermati!» la rimproverarono.
«Non puoi intervenire, rischiamo di essere squalificati!» provò a spiegarle Lluvia, ma lei era incontrollabile e sempre più furiosa. Un buco si creò nel cielo, l'energia cominciò a vorticare intorno a loro, nuvole addensate che minacciavano una catastrofe e Gerard che si preparava a pronunciare le parole che avrebbero evocato la sua magia definitiva. Ma poi improvvisamente tutto si dissolse. 
«Che succede?» chiese Gajeel, guardando oltre la spalla dell'amica. 
«Ci ha ripensato?» chiese speranzosa Priscilla, immobile a mezz’aria. 
Gerard fermo al centro dell'arena si portò le mani alla bocca ancora coperta dal fazzoletto che lo nascondeva. Mugolò e lamentò qualcosa di indecifrabile, sofferente. 
«Che succede?» chiese Chapati al microfono. «Mistgun sembra soffrire per qualcosa».
«Eh?» mormorò Priscilla, non riuscendo a comprendere cosa stesse accadendo. Ma poi Gerard, dopo una serie di mugolii sofferenti, scoppiò a ridere e si accasciò a terra. Iniziò a muoversi in maniera incontrollata, lamentando, piangendo, o ridendo. Era come se una forza esterna misteriosa lo stesse torturando senza che lui potesse fare niente e continuò qualche minuto, sotto lo sguardo perplesso e sconvolto degli spettatori e persino del suo stesso avversario. Fino a quando non cadde a terra, esausto, e questo non decretò la fine dell'incontro. 
«A-abbiamo perso?» balbettò Laxus, shockato per quanto successo.
«Come è successo?» chiese Lluvia.
«Dev'essere stata Meldy» sospirò Priscilla, sollevata, e si accasciò sul petto di Gajeel che ancora in posizione orizzontale la sorreggeva per le braccia e faceva leva sulla balaustra del balcone per trattenerla. Il vento cessò improvvisamente di fare forza, Priscilla aveva smesso di combattere, ma la posizione dei due non era favorevole a un morbido atterraggio e Gajeel trovandosi improvvisamente senza appoggio cadde di schiena a terra, schiacciato da Priscilla che cadde su di lui. La ragazza non accennò né a rialzarsi né a preoccuparsi per la salute del compagno e piagnucolando semplicemente mormorò infine: «Grazie al cielo».
«Devi smetterla di voler saltare giù dal balcone a ogni minima cosa!» ruggì Gajeel sotto di lei, furioso come poche volte lo era stato. 
«Dovremmo chiedere agli organizzatori di far installare una gabbia per uccelli» concordò Laxus, irritato per l'ennesimo tentativo di fuga della sorella. Priscilla continuò a piagnucolare, ora non più di gioia ma un po' anche di vergogna, e semplicemente mormorò: «Mi dispiace».
«Il vincitore di questo incontro è Jura Neekis!» decretarono gli organizzatori. 
«Si conclude qui il primo giorno di questi Giochi Magici! Vediamo la classifica di oggi: Sabertooth si piazza come da pronostico al primo posto con ben venti punti, a seguire Raven Tail con diciotto punti, Lamia Scale con sedici punti, Blue Pegasus ne ha quattordici, Mermaid Heel solo tre, Quatro Cerberus appena due e in fondo alla classifica abbiamo infine Fairy Tail B con un solo punto e Fairy Tail A con zero punti!» disse Chapati e ne seguì un coro di risate e insulti verso le due squadre Fairy Tail che per quel primo giorno non avevano mostrato altro che fallimenti, uno dietro l'altro, molti dei quali anche assurdi e incomprensibili.
«Eravamo partiti così bene con il labirinto» sospirò Lluvia, mentre Laxus tirava su di peso Priscilla da terra e permetteva a Gajeel di rimettersi in piedi. 
«Non è stata colpa nostra, alla fine ci sono stati un paio di eventi che ci sono stati contro» commentò Laxus. 
«Domani parteciperò io alla gara e vedremo!» ruggì Gajeel, furioso. Mistgun fece ritorno dai suoi compagni, ma non si fermò da loro e proseguì silenzioso e abbattuto verso l'uscita. 
«Mi dispiace» mormorò semplicemente, allontanandosi. Ma Priscilla parve animarsi di un nuovo fuoco e ruggendo come un drago lo rincorse a passi pesanti. Saltò e volò, catapultandosi con i piedi ben dritti verso la sua nuca. Gerard venne scaraventato contro il muro con tale forza da lasciarci qualche crepa, ma Priscilla non demorse e lo prese per il colletto cominciando a scuoterlo con furia.
«Sei impazzito, razza di cretino che non sei altro? Hai idea di cosa stavi per fare? Stavi mandando tutto all’aria! Tu e il tuo stupido orgoglio! Che ti passava per la testa? Parla, canaglia!» ma per Gerard fu impossibile persino respirare, tanto vigorosamente era scosso, figuriamoci provare a rispondere. 
«Calmati, Pricchan» provò a dirle Laxus.
«Magari voleva solo aiutarci» cercò di difenderlo Lluvia.
«Come hai potuto perdere in quel modo?!» ruggì invece Gajeel, nota stonante del coro che aveva desiderato solo riuscire a vincere quell'incontro e non gli importava niente della missione sotto copertura. Ma Priscilla non ascoltò nessuno di loro, continuò a maltrattare Gerard per qualche altro secondo insultandolo in tutti i modi conoscesse, per poi decidere di lasciarlo lì moribondo e allontanarsi a passi pesanti.
«Vado a trovare Wendy!» disse, furiosa, e scomparve nuovamente. 
Wendy stava ancora riposando, abbracciata a Charle, ma a differenza di quella notte aveva un colorito decisamente diverso e un pacifico sorriso sul volto. Bastava quello a confermarle che stava bene e probabilmente quello sarebbe stato uno degli ultimi pisolini che avrebbe fatto per riprendersi. Polushka aveva fatto un eccezionale lavoro, in meno di ventiquattro ore sembrava essere tornata quasi nuova. Priscilla si sedette al suo fianco e restò insieme a lei per minuti, forse ore intere. Non seppe dare una quantità al tempo che passava, la sua mente era ancora troppo annebbiata per riuscire a rimettersi sui giusti binari. Era riuscita a godersi l'incontro di Mistgun solo perché la paura di essere scoperti aveva per un attimo messo un tappo a tutto quello, unito allo sforzo di sembrare normale e non far preoccupare nessuno dei suoi compagni. Ma alla fine, nuovamente, aveva avuto il bisogno di fuggire e rintanarsi da qualche parte dove avrebbe potuto lasciarsi ingoiare da quell'oscurità senza essere giudicata. La presenza di Wendy rendeva persino quelle sensazioni meno dolorose di quanto non fossero in realtà. Era la sua boa sicura, lo era stata fin dall'inizio anche se col tempo aveva perso il suo reale obiettivo e Wendy era diventata una vera sorella per lei, da accudire e stringere ogni volta che ne aveva bisogno. La dolcezza di quella bambina era infinita, tanto che persino un corpo senza vita come il suo poteva arrivare a percepire il calore dell'affetto. 
Si sentiva vuota, sempre più vuota e senza forza, gli occhi accecati si stringevano su un'unica via d'uscita. Irraggiungibile per lei.
"Io non posso morire" ora suonava come una sentenza. Se solo fosse morta, se solo avesse anche solo potuto sperare di riuscirci, avrebbe potuto provare l'ebrezza almeno una volta di sentirsi libera. La sua vita era stata un tormento solo per quel motivo: la sentenza di un'eternità senza uscita. Quante persone avevano provato a raggiungere l'immortalità, quanti maghi avevano usato magie più o meno proibite per ottenerla, e lei che la possedeva fin dalla nascita la percepiva come una maledizione perché finché avrebbe potuto vivere… avrebbe potuto essere torturata.
«La mia condanna» mormorò e come una cantilena tornò a recitare, vittima di un incubo che più volte aveva vissuto in passato: «Il mio scopo. Il mio ruolo. Il mio compito. La mia condanna». 
Si guardò i palmi delle mani e notò il simbolo della sua gilda sul palmo della mano destra. Desiderò coprirlo. Dopo così tanto tempo, desiderò solo coprirlo. Era un insulto, la sua presenza in quella gilda era solo un gioco che insultava chi veramente faceva parte di quella famiglia. Tremante, allungò una mano verso un armadietto poco lontano. Si alzò e andò ad aprirlo, prendendo dal suo interno un rotolo di bende. Si fasciò la mano destra, coprì il simbolo che portava stampato indelebile sulla sua pelle, lo nascose ancora una volta dopo così tanti anni. Lei non era come loro, lei non sarebbe mai potuta essere come loro, lei era solo... una bambina di carta. La sua bambina di carta. Quel gioco, Fairy Tail, era stato bello, era stato divertente, ma la presenza di Raven Tail a quell'evento serviva a quello: rimetterla al suo posto, ricordarle chi era e soprattutto cos'era. 
«Priscilla-nee» la voce delicata di Wendy, mentre la bambina stropicciandosi un occhio si metteva a sedere sul letto. Priscilla sussultò e sentì le ombre intorno a lei scomparire improvvisamente, facendole vedere nuovamente la luce. 
«Ti sei fatta male?» chiese Wendy, guardando Priscilla che terminava di fasciarsi la mano destra. 
«Già» ridacchiò, nervosa, e terminò rapidamente. «Sono inciampata  e mi sono graffiata» mentì. «Ma niente di preoccupante, lo sai che guarirò presto».
«I Giochi di oggi sono finiti?» chiese Wendy, sbadigliando. 
«Sì» e lanciò uno sguardo a un orologio a muro, sorprendendosi di scoprire che era già passato il tramonto. Era stata lì più tempo di quanto avesse creduto. «Da qualche ora» mormorò.
«Come sono andati?» chiese ancora Wendy e Priscilla ridacchiò nervosa, prima di sospirare un: «Ce l'abbiamo messa tutta».
«Sono andati così male?» lamentò Wendy, intuendo dalle sue parole la cattiva notizia. 
«Ultimo e penultimo posto» rispose Priscilla, imbarazzata. 
«E pensare che ci siamo allenati così tanto!» piagnucolò Wendy, mentre Priscilla si sedeva nuovamente accanto a lei. 
«Siamo solo stati sfortunati, ma domani ha detto Gajeel che prenderà parte alla gara e sai com'è lui quando si impunta su qualcosa» sorrise Priscilla.
«Scommetto che anche Natsu-san farà il diavolo a quattro per andare, allora» disse Wendy.
«Scommetto che lo ha già fatto» sospirò Priscilla, che conosceva fin troppo il ragazzo. Aveva anzi trovato assurdo che non avesse partecipato già quel primo giorno.
«E tu hai già partecipato? Mi hanno detto Natsu-san e gli altri che vi siete iscritti come Team B» chiese Wendy.
«Beh» mormorò lei, sempre più imbarazzata e le tornò in mente la quantità di volte che aveva cercato di saltare giù dal balcone e intervenire. «Ho dato il mio contributo con un tifo affiatato».
«Scommetto che hai combinato qualche pasticcio» mormorò Charle, stiracchiandosi.
«Charle! Come ti senti?» chiese Priscilla, guardando la gattina sbadigliare. 
«Ci stiamo riprendendo. Secondo Polushka Wendy potrebbe addirittura partecipare negli ultimi giorni» disse Charle e Priscilla sorrise, esclamando: «Sarebbe fantastico».
«Spero solo di non ritrovarmi a combattere contro di te, Priscilla-nee. Sarebbe davvero dura» disse Wendy e Charle rispose repentina: «Scommetto che si butterebbe a terra al primo colpo lamentando di essere stata ferita a morte, pur di farti vincere».
«Non lo farebbe mai» la difese Wendy, ma la risata nervosa di Priscilla confermò in parte la frase di Charle. 
«Priscilla-nee! Mi racconti come sono state le gare di oggi?» chiese poi Wendy con gli occhi che le brillavano. «Le gare?» mormorò Priscilla e solo in quel momento si rese conto che non poteva raccontare troppo di quel giorno. Ricordava poco, se non qualche dettaglio, e per la grande maggioranza degli scontri era rimasta chiusa in bagno a piangere e non li aveva seguiti. Provò lo stesso a riportare qualcosa, quel poco che ricordava di Nascondino e dell'incontro di Lucy e Mistgun. Per quanto fosse misero e confuso, Wendy si emozionò lo stesso e cominciò presto a commentare insieme a Charle quanto le sarebbe piaciuto esserci e assistere. Priscilla fu stranamente silenziosa, le lasciò parlare e nel frattempo si stringeva la mano bendata, sorridendo semplicemente. Fairy Tail, la piccola Wendy soprattutto, aveva ancora potere su di lei, riusciva a prenderla e trascinarla via da qualsiasi tormento, ma quella volta era tutto così sfocato. Si sentiva sollevata, ma non abbastanza. Per quanto riuscisse ad avere una visione più chiara di ciò che aveva attorno, le ombre dietro di lei continuavano ad allungare i loro artigli nella sua direzione. 
Poteva sentirle sfiorarle la schiena.


Lasciò la stanza di Wendy qualche ora dopo, con lo stesso stato d'animo con cui vi era entrata. Sembrava non esserci nessuna via d'uscita, ovunque andasse quelle orribili sensazioni, quei pressanti pensieri erano sempre lì con lei. E la sua voce, che la chiamava, non smetteva un attimo di accompagnarla. Camminò lungo il sentiero acciottolato, dirigendosi a un bar vicino alla locanda di Natsu dove le era stato detto che si erano riuniti tutti. Desiderava restare ancora sola, desiderava fuggire via, ma sapeva che così facendo avrebbe fatto preoccupare eccessivamente chi le stava accanto e almeno per il momento avrebbe preferito evitarlo. Continuava a donare i suoi sorrisi, continuava a donare la Priscilla che era diventata, ma dentro si sentiva svuotata e consumata. Era come una crisalide, la farfalla che aveva contenuto fino a quel momento sembrava intenzionata ad andarsene, lasciandola sola a marcire. 
Cominciò a pensare di parlare a Wendy, tornare al suo obiettivo originale, chiederle di curarla e liberarla. Ma per quanto l'idea della morte la sollevasse, contemporaneamente ne aveva una paura folle. Non voleva morire, era quello il motivo che la spingeva ad avere così paura di suo padre. Lui poteva ucciderla, ma l'unica via d'uscita era la morte stessa, come poteva scivolare via da quell'intrigo che sempre più stringeva la sua catena intorno al collo? Esisteva davvero una via d'uscita che non sfociasse nella follia e nella disperazione?
Forse doveva solo arrendersi, smettere di lottare in quelle tetre acque, lasciarsi affogare. Forse non c'era altro modo per alleviare la sofferenza, che accettare la sua tremenda verità. Non era umana, mai lo sarebbe stato, mai sarebbe stata libera. E quella vita, quei sentimenti, erano solo un'illusione. 
«Ti ho ritrovata».
Quella paura, il cuore che batteva folle in una corsa senza tempo, i dolori lancinanti tra petto e testa. Tutto quello non esisteva, se lo credeva intensamente forse avrebbe anche potuto scoprire di aver ragione. Forse poteva scoprire che era veramente tutta una semplice illusione. Lei era vuota, non poteva provare un sentimento lancinante come la paura. Eppure, quella voce...
La risata alle sue spalle, la risata di chi sa di avere in pugno la situazione. Di chi crede di conoscere ogni cosa. 
«Siamo in questa città tutti e due da ieri e ancora non hai pensato di venir a salutare il tuo vecchio?» 
Si voltò, per quanto riuscisse a muoversi, più per la paura di un colpo alle spalle scoperte che per assicurarsi di chi avesse davanti. Arretrò, inciampò, e si schiacciò contro il muro di una casa lì vicino sotto lo sguardo divertito di Ivan e dei suoi compagni di gilda. Nulpting, Obra e Kurohebi sghignazzavano appena dietro le sue spalle. Non sapeva cosa ci facessero lì, ma il suo sesto senso le diceva che non era un incontro casuale. O forse era il suo angoscioso terrore ad urlarglielo: lui l'aveva cercata. E con ogni probabilità l'avrebbe nuovamente incatenata. Era pronto a riprendersela, a usarla nuovamente per chissà quale nuovo obiettivo. In fondo lei gli apparteneva, lo sapeva, lei era la sua marionetta. 
«Ho sentito molte cose su di te, mentre ero via» continuò Ivan, guardando la ragazza che tremava come una foglia, schiacciata sempre più contro il muro. «Priscilla del vento» disse con una certa solennità. Sentir pronunciare il proprio nome dalla sua voce era qualcosa che aveva desiderato fortemente che non succedesse più. C'era sempre qualcosa di macabro e agghiacciante nel suo modo di pronunciare Priscilla. Scandiva le lettere, come se le misurasse, come se studiasse e fosse pronto a smontarle per farci ciò che desiderava. Esattamente come il suo corpo e la sua vita. 
«Nonostante la mia lontananza ti sei evoluta molto, sei diventata più forte» non riusciva nemmeno ad attribuirle dei verbi umani come il "crescere". Lei era uno strumento, si era evoluta, era diventata più forte, non era cresciuta. Il crescere era qualcosa che solo gli esseri viventi erano in grado di fare. Lei non lo era. Lei non cresceva.
Le tornarono alla mente le parole di Laxus, quando aveva lasciato Fairy Tail tempo addietro. 
"Sei davvero cresciuta molto, Pricchan" una dolcezza tale era da tempo che non la sentiva. E faceva a pugni con la realtà che suo padre le lanciava addosso, come incantesimi da cui non si sarebbe potuto sottrarre. 
«Lasciarti con mio padre, piuttosto che portarti con me, è stata una buona scelta» e il mondo crollò definitivamente. Lei non era stata salvata, lei non aveva mai smesso di essere quella bambina di carta nemmeno negli anni in cui Ivan era stato mandato via. A lungo aveva creduto che la forza di suo nonno fosse stata la sua salvezza, l'aveva mandato via e aveva trattenuto Priscilla alla gilda per proteggerla, ma ora veniva a scoprire che niente di tutto quello era reale. E sapeva che poteva avere anche ragione. Se Ivan avesse voluto, avrebbe tranquillamente potuto portarla via con sé: sarebbe bastato minacciarla. La sua paura era talmente accecante che avrebbe accettato qualsiasi cosa, anche l'abbandonare per sempre Fairy Tail... forse abbandonare per sempre anche Laxus.
"Laxus... posso restare per sempre con te?".
Un corpo senza vita, un corpo senza passato, un corpo senza speranze. Quante illusioni aveva visto e in cui aveva creduto, ingenuamente. I suoi stessi sentimenti, erano anch'essi solo illusioni create sotto l'ordine di un creatore. Lei doveva sembrare umana per non attirare l'attenzione, aveva cominciato a dormire e mangiare per quel motivo, perché Ivan glielo aveva ordinato. Era tutto un'illusione... ma allora perché non riusciva a liberarsene?
Ivan allungò una mano verso il suo viso ora pallido, gli occhi umidi, spalancati e centrati su quelle dita che aveva visto arrivare nella sua direzione centinaia di volte. E mai per una carezza. 
«La mia bambina di carta».
Chiuse gli occhi, pronta a ricevere qualsiasi dolore le avesse inferto, e si irrigidì per la tensione. Una mano l'afferrò per le spalle, ma provenne da una direzione diversa da quella che si aspettava. Il rumore di un colpo, lo schiocco di uno schiaffo, e si sentì tirare verso sinistra, stretta da un braccio ben fermo che la schiacciò contro un corpo possente e muscoloso. Aprì gli occhi per la sorpresa e in qualche modo sentì già la paura cominciare a sciogliersi sotto al calore di quell'abbraccio e la solidità di quella presa che tanto sembrava dirle "Non ti lascerò cadere".
Il braccio destro di Laxus la teneva ben stretta a sé, tanto che persino il suo cappotto, scendendo dalle spalle, la copriva e la nascondeva. Il braccio sinistro invece era ancora parzialmente alzato dopo aver colpito la mano di Ivan per allontanarla dalla ragazza che ora teneva sotto la propria ala. 
«Sono passati tanti anni e ancora non riesci a chiamarla con il suo nome» disse Laxus, tenendo lo sguardo fisso su suo padre. Obra e gli altri due scagnozzi che si era portato dietro fecero un passo avanti, sghignazzando, forse pronti ad un eventuale combattimento. 
«Non dovresti girare sola a quest'ora, Pricchan» la voce di Fried e sia lui che gli altri due Raijinshuu si accostarono ai due fratelli. Sguardo concentrato, muscoli tesi, non si sarebbero risparmiati se la situazione avesse chiesto loro di intervenire per proteggere i loro compagni. 
«Il Master era molto preoccupato per te» disse anche Evergreen, incrociando le braccia al petto e fulminando le persone che aveva di fronte. Un avvertimento, più che una minaccia. Loro erano i Raijinshuu, il Commando del Dio del Tuono, avrebbero protetto sia Laxus che sua sorella a qualsiasi costo. Non dovevano nemmeno pensare di sfiorarla senza prima essere passati sui loro corpi. 
«Ti stavamo aspettando per cominciare a festeggiare» sghignazzò Bickslow, trovando quasi divertente quella situazione, consapevole della loro forza e superiorità. Ivan li guardò con la mano colpita ancora sollevata per aria, laddove era stata spostata. Non sembrò reagire, a differenza di Nulpting che ridacchiando fece il primo passo verso di loro, pronto a combattere. Ma Ivan stesso gli piazzò una mano davanti, fermandolo, e con un sorriso in volto disse semplicemente: «Scontri tra gilde al di fuori dei Giochi sono proibiti. Lasciamoci il divertimento per i prossimi giorni, all'Arena» e Nulpting obbediente fece un passo indietro. «E comunque non era certamente mia intenzione cominciarne uno. Ero solo di passaggio» disse voltandosi e lanciando un'ultima occhiata a Priscilla, stretta sotto al braccio di Laxus, disse infine: «Sono felice di vedere che stai bene, Pricchan» una provocazione tanto consistente che persino i Raijinshuu, che poco sapevano di lui, la colsero con tutta la sua malignità. Persino l'usare il diminutivo che Fried aveva usato poco prima serviva solo a sottolineare la sua minacciosità. Lui non la considerava umana, certo non la considerava degna di un nome, tanto meno di un nomignolo. Il modo in cui aveva pronunciato “Pricchan” era solamente denigratorio, divertito probabilmente nel vedere come tutti fossero stati coinvolti dal suo gioco della bambina di carta, la bambina che fingeva di essere umana. I Raijinshuu li guardarono andar via, tenendoli d'occhio, mentre Priscilla si stringeva di più contro il petto di suo fratello per cercare di dissipare tutta la paura provata fino a quel momento. 
«Non credergli» disse Laxus, continuando a fissare il punto in cui Ivan era sparito. «Qualsiasi cosa ti abbia fatto pensare, non credergli. Sai bene che tipo di persona sia» lo faceva anche con lui, quando era più debole. Lo manipolava, era bravo con le parole, con le minacce, sapeva dove andare a colpire. Era sempre stato in grado di aizzare Laxus contro Priscilla tanto da ridurla a brandelli, sapeva fare dei veri e propri lavaggi del cervello. 
«Quale pensi sia il suo obiettivo?» chiese Fried. «Ha attaccato Wendy, umiliato Lucy e Gray ai Giochi di oggi e ora minaccia Priscilla. È ovvio che ce l'ha con Fairy Tail».
«Non ne ho idea» disse Laxus, cominciando a incamminarsi verso il pub dove tutti erano riuniti. Priscilla ancora ben stretta sotto al suo braccio, finché l'avrebbe sentita tremare in quel modo non l'avrebbe lasciata più andare. «Ma non gliela lasceremo certa vinta. Non ha ben chiaro con chi ha a che fare» la presa sulla spalla di Priscilla si fece più forte, prima che pronunciasse con una certa decisione: «Sta facendo incazzare le persone sbagliate».



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Capitolo 47
*** L'ultimo desiderio ***


L'ultimo desiderio




Varcarono la soglia del pub e furono in molti ad illuminarsi, nel vederli entrare.
«Eccola!» esclamò Lucy.
«Ti aspettavamo» sorrise Mirajane.
«Sei riuscito a trovarla, meno male!» esclamò anche Lisanna.
Una serie di frasi ed espressioni che pian piano riuscirono a far sciogliere i nervi di Priscilla. Non ci aveva creduto in un primo momento, alle parole di Bickslow ed Evergreen. Le aveva credute solo scuse per convincerla ad andare con loro, forse per convincere anche suo padre che non era sola e perciò avrebbe dovuto temerli, ma vederli realmente in quegli atteggiamenti dava a quelle parole una consistenza diversa. Loro l'aspettavano realmente, si erano veramente preoccupati e davvero Laxus era andato a cercarla per quei motivi. Aveva cercato a lungo la solitudine, quel giorno, credendo che così avrebbe potuto proteggerli, che tutto quel dolore non li avrebbe contagiati, ma ora che tornava con quella sofferenza tra le dita e li vedeva così calorosi il freddo che aveva sentito sulla pelle si sciolse. I loro sorrisi, tutti i loro sorrisi, li scrutò uno a uno e ne fece tesoro. Persino la minaccia di suo padre si crepava di fronte a tutti quei sorrisi, le ombre che l'avevano attanagliata e soffocata rimpicciolirono improvvisamente. Si ritrovò a sorridere timidamente senza che neanche se ne accorgesse e semplicemente mormorò: «Scusatemi».
Laxus la lasciò scivolare via dalla propria presa nell'istante in cui Cana le si avvicinò, appoggiandosi a lei forse più per sorreggere se stessa che per abbracciarla.
«Sei già ubriaca, Cana?» ridacchiò Priscilla, guardando il suo viso arrossato. 
«Lo era anche quando siamo partiti noi per venirti a cercare» sussurrò Evergreen, avvicinandola dall'altro lato. 
«Sciocchezze!» esclamò Cana a voce decisamente troppo alta, cosa che divertì ancora Priscilla. «Siediti con me, amica confidente!» disse trascinandola via.
«Confidente?» sussultò Priscilla, preoccupata per cosa le sarebbe successo nel restarle accanto. Ma in quel momento Natsu e Gray, in piena lotta cominciata chissà quando, gli caddero davanti e distrussero il tavolo dove erano dirette facendo un gran casino. 
«Natsu! Bastardo!» ringhiò Cana, frustrata, e gli tirò calci in faccia mentre era ancora steso a terra intento a prendersela con Gray. 
«Marmocchi! Smettetela subito o distruggerete anche questa locanda!» ruggì Makarov da un altro tavolo e l'ombra di Erza si fece improvvisamente possente e imponente, mentre ruggiva sui due: «L'avete sentito il master?»
Gray e Natsu si abbracciarono improvvisamente, rabbrividendo di fronte alla donna, e cominciarono a balbettare qualcosa sull'essere in realtà grandi amici. Elfman si alzò in piedi sul tavolo, stimolato da chissà che cosa, e ruggì che le risse tra amici era cosa da uomini. Mirajane gli comparve a fianco e con candore gli disse di scendere dal tavolo e sedersi composto. Gajeel sbuffò qualcosa contro Natsu e sul fatto che facesse sempre casino, cosa che portò Natsu a reagire e i due cominciarono a litigare... di nuovo. Si sarebbe unito volentieri anche Gray, ma Lluvia aveva cominciato a delirare su quanto fosse sexy dal momento che si era ritrovato senza vestiti e si era aggrappata a lui. Levy sospirò, poco lontano, borbottando che almeno gli slip poteva tenerseli e Jet e Droy intervennero, gelosi, brontolando contro Gray e le sue manie di protagonismo. Scene quotidiane, in una gilda che ormai era più una famiglia, e per quanto Priscilla cercasse di prenderne le distanze, non sentendosi degna di tutto quello, non poteva far a meno di sorridere di fronte a quei soliti eventi. Cana aggrappata a lei la spingeva a bere, Erza bullizzava Natsu e Gray, Natsu se la prendeva sempre con tutto e tutti, Gray perdeva ogni dignità non appena si distraeva. Lucy, Levy, Lisanna, Mirajane ma anche Jet e Droy, Wakaba e Macao, ora persino il piccolo Romeo che era cresciuto così tanto, e la nuova arrivata Asuka, per non parlare dei Raijinshuu sempre così attenti e affezionati. Tutti avevano qualcosa da regalarle, tutti riuscivano con qualche bizzarro incantesimo ad afferrare un lembo di quell'oscurità che l'accecava e la strappavano via, senza fatica. Un pezzo alla volta, fino a quando magicamente non tornava ad essere serena, addirittura felice. E poco importava se istanti prima si era sentita in procinto di cadere nella follia più disperata, poco importava se aveva provato l'accecante paura della morte, bastava veramente così poco e persino lei riusciva a sorridere. Di nuovo. Si portò timida una mano alle labbra, come se non avesse voluto dar corda a quell'emozione, come se avesse voluto nascondersi, e ci sghignazzò all'interno divertita dall'ennesimo delirio sull'essere uomo di Elfman e dal litigio che ancora nasceva tra Natsu e chiunque gli si parasse davanti. 
Era incredibile la facilità con cui Fairy Tail fosse in grado di risollevarle il morale e ancora una volta, come in passato, a trascinarla dentro quella gilda era stato Laxus. L'aveva fatto già da bambini, quando correva nella sua stanza, la prendeva per mano e la trascinava alla gilda di suo nonno per andare a salutare gli eroi che tornavano dalle loro missioni. Le raccontava con entusiasmo tutto quello che facevano, le storie dei membri, i loro poteri. Da piccolo era un vero appassionato di Fairy Tail, un piccolo fan esuberante che trascinava l'apatica sorella ovunque andasse nella speranza di coinvolgerla in quelle emozioni. E ci riusciva. Ci riusciva sempre. Ci era riuscito anche quando superati i dieci anni si erano ufficialmente uniti anche loro, Laxus per realizzare un sogno, Priscilla solo perché lui gliel'aveva chiesto per poter lavorare insieme. Ci era riuscito persino quando una decina d'anni dopo si erano ritrovati a litigare, quando lui aveva lasciato la gilda chiedendole esplicitamente e obbligandola a restare insieme a loro. Laxus conosceva il potere curativo di quelle persone, i sentimenti che erano in grado di trasmettere, e aveva sempre fatto di tutto per dare tutto quello anche a lei, leggendo fin da bambini all'interno dei suoi occhi una tristezza incurabile. Fairy Tail riusciva a farla sorridere, Fairy Tail era capace di eliminare l'oscurità dal suo cuore, e per questo lui continuava a prenderla per mano e portarcela. Esattamente come quella sera. Anche se crescendo era diventato più burbero e meno allegro, esattamente l'opposto di quello che era da bambino, comunque non aveva perso il suo desiderio di proteggere sua sorella... fino alla fine del temporale. 
Un pensiero che le scaldò il petto, nell'istante in cui si rese conto di ciò che Laxus aveva appena fatto per lei. Non solo l'aveva salvata da quel terribile incontro, non solo l'aveva protetta e aveva promesso di farlo ancora, ma l'aveva portata laddove sapeva che ogni male sarebbe stato curato, come una medicina. L'aveva consegnata nelle mani dei suoi compagni, si era fatto da parte lasciando a Fairy Tail il compito di sistemare le cose perché ben sapeva che ci sarebbero riusciti. E dall'angolo della stanza, dove adesso era seduto a bere un boccale di birra, la guardava, come ad assicurarsi che tutto andasse secondo i piani. Anche se si era fatto da parte lasciandola nelle mani di Cana e degli altri, riusciva a sentirlo il calore del suo abbraccio, il suo sussurro, l'eco di un ricordo che tornava a distanza di anni: "C'è qualcosa che ti preoccupa, sorellina? A me puoi dirlo. Sono forte, lo sai! Se qualcosa ti fa soffrire me ne occupo io!"
Il sorriso, ora, non sembrava intenzionato a lasciarle il volto. Girò appena gli occhi, superando con lo sguardo il braccio di Cana che aveva ancora avvolto sulle spalle, cercando Laxus dietro di sé. Lo trovò seduto a bere, ma con lo sguardo fisso su di lei, un'attenzione che le fece battere il cuore e con le guance lievemente arrossate per l'emozione dedicò a lui uno dei suoi sorrisi, per ringraziarlo. Laxus alzò il boccale, portandoselo alle labbra, ma lei riuscì comunque a vederlo, anche se nascosto, l'angolo delle labbra tirate in un sorriso di risposta. Le ci volle qualche secondo per staccare lo sguardo da lui e quando lo fece le sue guance erano ancora più arrossate, l'emozione negli occhi ancora più evidente, il batticuore praticamente incontrollabile... e al suo fianco Cana, Lucy, Happy, persino Lisanna e Levy la guardarono sghignazzanti. 
Quando erano arrivate non seppe dirlo, ma almeno riuscirono a contenersi un po' e non farsi sentire troppo quando in coro arrovelarrono la lingua in quella osservazione che pareva più un'accusa: «Lui ti ppppppppiace».
«Iiiiich» non seppe cosa stesse a significare, la sua gola aveva semplicemente generato quel suono nel misto tra il panico e la vergogna, mentre diventava tanto rossa che avrebbe potuto benissimo fare invidia al fuoco di Natsu. 
«Ich?» chiese Cana, arricciando il naso.
«Sembrava un topolino» scoppiò a ridere Lisanna, trascinando in quell'ondata di divertimento anche il resto delle sue amiche. 
«Bene, ora che ci siamo tutti!» esclamò Makarov, dall'altro lato della locanda, saltando su di un tavolo. Alzò il suo boccale per aria, dando enfasi al discorso che avrebbe appena effettuato. «Ascoltatemi bene!» agitò il bicchiere e qualche goccia di birra volò in giro. «La sconfitta di oggi è il punto di partenza per la vittoria di domani. Ci rialzeremo e faremo vedere a tutti cosa siamo in grado di fare. Noi non sappiamo cosa significa arrendersi! Diventeremo i numeri uno di tutta Fiore!» gridò tanto che la voce gli gracchiò, ma questo non gli impedì di esaltarsi sempre più trascinando in quell'euforia anche tutto il resto della sua gilda. Le urla non si placarono, le risate si fecero più intense, cibo e alcol vennero ordinati in continuazione, senza mai fermarsi. Anche senza musica, c'era chi si mise a ballare, chi a cantare. Natsu sfidò Max in una rissa e vinse senza alcuna difficoltà, cosa che lasciò sconvolti alcuni membri visto che appena tre mesi prima si erano sfidati di nuovo e Max aveva quasi avuto la meglio. Gray continuava a spogliarsi con Lluvia che usciva di testa tutte le volte, inutile era brontolarlo. Persino Makarov, completamente ubriaco, si ritrovò senza maglia a ballare insieme a Visitor. Gajeel si alzò in piedi non appena vide Natsu vittorioso e decise di prendere parte alla sfida, sempre in eterna rivalità con il Dragon Slayer del fuoco. 
«Sarò io il tuo avversario!» decretò, alzandosi in piedi.
«Lascia perdere» sospirò Laxus, dietro di lui. «Ogni scherzo con Natsu finisce sempre male».
«Oh-oh» esclamò Gajeel e cominciò a picchiettare sulla testa di Laxus con una mano, come avrebbe fatto con un cagnolino. «Da quando sei diventato un pacifista, Laxus?»
«Come se fosse mai stato tipo da prendere parte alle risse» sghignazzò Priscilla, al suo fianco. Aveva bevuto un po' insieme a Cana, a cui si erano uniti poco dopo Bickslow e Evergreen, ma non aveva esagerato come loro e li aveva perciò infine lasciati moribondi al loro tavolo mentre lei si era avvicinata a qualcuno di ancora sobrio abbastanza da poterle fare compagnia. Beveva ancora, aveva le guance arrossate a testimoniare la sua ubriachezza, ma riusciva comunque a restare lucida abbastanza da comprendere cosa avesse attorno. «Laxus-dono è superiore a voi insetti per unirsi a simili futilità, dico bene?» ridacchiò, prendendo in giro il fratello che a volte era anche troppo silenzioso per i suoi gusti. Laxus si limitò a corrucciarsi, non capendo se provava più fastidio verso i colpi di Gajeel che continuavano a scendere sulla sua testa, o le provocazioni di Priscilla. Fried, seduto di fronte a loro, balzò in piedi torvo in viso urlando: «Bastardo! Come osi comportarti così con Laxus? Hai appena ferito l'orgoglio delle sue guardie del corpo, il commando del Dio del tuono! In formazione!» gridò a dei compagni troppo moribondi persino per rispondergli. Priscilla lo fulminò, chiaramente infastidita, infine alzò una mano e cominciò a picchiettare sulla testa di Laxus, lasciata in pace da Gajeel appena qualche secondo prima perché trascinato via da Levy.
«Che stai facendo?» sobbalzò Fried, furioso e sconvolto. 
«Sto ferendo il tuo orgoglio» disse esplicitamente Priscilla e Fried si corrucciò sempre più, arrivando a digrignare i denti dal nervoso. Era pronto a saltarle al collo e forse sbranarla, quando la sentì squittire. Laxus con lei si permetteva di avere reazioni ben diverse da quelle che avrebbe avuto con qualcun altro, per questo aveva cercato di ignorare la molestia di Gajeel ma non quella di Priscilla. L'aveva afferrata per il collo, avvolgendola sotto al proprio braccio, e come altre volte l'aveva bloccata, quasi strozzata, tra il bicipite e il petto. Lei si agitava, si dimenava, cercava di tirare via la testa bloccata in quella scomoda e sottomessa posizione, ma Laxus era decisamente più forte e neanche si scomponeva nonostante l'anguilla che aveva sotto braccio. Continuò a bere e a mangiare, ignorando il fracasso che faceva la ragazza e le minacce che gli rivolgeva nella speranza che la liberasse. Fried la guardò soddisfatto, sghignazzando malignamente, e questo la infuriò ancora di più. Lanciò un'occhiataccia a Laxus, intento a bere con superiorità mentre la teneva ancora bloccata sotto la sua ascella. Alzò un braccio e diede un rapido colpo dietro al bicchiere, sbilanciandolo in avanti e finendo col rovesciare il contenuto sul viso e sulla camicia del ragazzo. Sghignazzò divertita e orgogliosa della riuscita della sua vendetta, guardando il volto di Laxus che si guardava sorpreso la camicia ora zuppa di birra. Fulminò la sorella, ancora bloccata, e palesemente irritato finì di svuotare il boccale sopra la sua testa ignorando le sue urla di ribellione. Fried scoppiò a ridere fragorosamente, reazione eccessiva ma necessaria a sottolineare la sconfitta di quella che era stata sua nemica per i precedenti cinque minuti. In qualche modo il Commando del Dio del tuono aveva avuto la meglio, anche se lui non c'entrava niente, ma questo bastava a inorgoglirlo. 
Finalmente Priscilla venne lasciata libera e guardandosi la maglia fradicia per la birra che ancora le gocciolava dalla testa si mise a piagnucolare insulti verso Laxus in maniera decisamente infantile. 
«Così impari a metterti contro i Raijinshuu!» decretò Fried, orgoglioso.
«Ma non ne facevo parte anche io, adesso?» chiese lei, alternando il pianto lamentoso alle occhiatacce che mandava a quello che stava diventando un vero e proprio rivale. 
«Sei espulsa!» decretò lui, puntandogli un dito contro.
«Non hai potere decisionale in merito!» ruggì Priscilla.
«Laxus, a te l'ultima parola!» annuì Fried convinto.
«Che scocciatura che siete, smettetela con tutto questo chiasso e fate quello che volete» sospirò Laxus, scocciato, e Fried annuì convinto e felice come se quello avesse dato ragione a lui. 
«Non annuire come se avessi vinto tu, non è ancora stato deciso niente!» lo rimproverò Priscilla, ma Fried la ignorò e si avvicinò a Laxus gongolante, brandendo un fazzoletto. «Vuoi che ti aiuti ad asciugarti, Laxus?» chiese notando la sua camicia ancora umida per la birra rovesciata. 
«Non ignorarmi!» ruggì ancora Priscilla e volando sulle gambe di Laxus, allungò un piede per centrare la faccia di Fried, mentre con le braccia avvolgeva il collo del biondo e gli stringeva la testa al petto in una sorta di abbraccio protettivo. «E tieni le tue manie da donnicciola lontano dal mio Laxus, hai capito? Vai a flirtare con qualcun altro!» una palese gelosia che non era riuscita a tenere segregata, troppo annebbiata dall'alcol che stava tracannando da tutta la sera.
«Mio?» mormorò Laxus, sorpreso, ma nessuno dei due gli diede ulteriore ascolto, troppo impegnati a litigare e colpirsi come due bambini che bisticciavano per il loro giocattolo preferito. Fino a quando, di punto in bianco, Priscilla non si addormentò lì dov'era subito dopo aver tirato il calcio definitivo che era stato in grado di sfruttare l'ubriachezza di Fried e stenderlo colpendolo sulla fronte. Neanche avvisò o si spostò, semplicemente si appoggiò alla spalla di Laxus, restò avvinghiata al suo collo, seduta sulle sue ginocchia, e cominciò a russare di punto in bianco. 
«Quindi ora toccherà a me portarti in hotel» sospirò dopo qualche minuto Laxus, alzandosi e tenendo Priscilla in braccio. La maggior parte dei suoi compagni ormai era a terra, chi più o meno ubriaco, i restanti erano invece quelli ancora vispi abbastanza da bisticciare e fare gare tra loro, altri invece già se n'erano andati assonnati. Per questo passarono abbastanza inosservati quando se ne andarono. Priscilla dormì profondamente per tutta la durata del viaggio e continuò a dormire anche quando arrivarono alla loro stanza di hotel. Nonostante la tarda ora furono i primi ad arrivare: Lluvia era rimasta alla locanda per stare insieme a Gray, nonostante fossero ormai entrambi esausti. Gajeel si era addormentato su un tavolino e probabilmente sarebbe stato l'ultimo a tornare, quando i locandieri stessi l'avrebbero sbattuto fuori per chiudere il pub. Mistgun era sparito da quel pomeriggio e non si era più visto, probabilmente in giro per cercare informazioni su quella fantomatica fonte magica simile a quella di Zeref. Laxus si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò al letto di Priscilla, dove ce la poggiò sopra. Si tolse il cappotto dalle spalle e si annusò la camicia, corrucciandosi: l'odore di alcol era terribile. Così come lo era lui sicuramente lo era anche Priscilla, che aveva fatto un vero e proprio bagno di birra per colpa sua. I suoi capelli, oltretutto, erano ancora bagnati fradici e la maglia umida. 
«Ti prenderai un raffreddore a dormire in quelle condizioni» disse avvicinandosi a lei. La prese per una mano e la tirò su, cercando di farla alzare, ma lei continuò a dormire profondamente. 
«Non ci credo che tu stia dormendo a tal punto. Forza, svegliati» le disse provando a scuoterla, senza successo. Sbuffò e fece un verso lamentoso, prima di piegarsi e raccoglierla dal letto. Se la caricò su una spalla e si avviò verso il bagno, dove aprì l'acqua della doccia.
«Ultima chance per svegliarti e fare da sola, ti avverto!» le disse provando ancora a scuoterla e chiamarla. «L'hai voluto tu» disse infine, stufo di provarci, e tenendola sollevata da sotto le braccia la mise sotto il getto dell'acqua fredda. Come sperava quello bastò almeno a svegliarla e urlando per l'acqua congelata Priscilla cominciò a dimenarsi. Si liberò dalla presa di Laxus e cercò di fuggire via, finendo però con l'incespicare sui suoi stessi piedi e cadere addosso al ragazzo. Lui non si arrese e la spinse nuovamente sotto l'acqua, mentre lei si avvinghiava alla sua camicia tanto che avrebbe potuto strappargliela.
«È gelata!» pianse.
«Ti aiuterà a farti passare la sbornia!» le disse, spingendola via nuovamente.
«Perché vuoi torturarmi così?» pianse ancora, aggrappandosi alla tenda della doccia e cercando di usarla come corda per uscire. 
«Devi darti una ripulita, non puoi metterti a letto in queste condizioni» la rimproverò ancora. 
«È stata colpa tu-kyah!» urlò infine, scivolando sul pavimento bagnato della doccia e finendo a terra sotto lo sguardo spaventato di Laxus. Si inginocchiò vicino a lei, guardandola mentre si metteva a sedere, e chiese preoccupato: «Stai bene?»
«Sono scivolata e mi sono fatta male» scoppiò a piangere, come una bimba a cui si era appena sbucciato il ginocchio. Un atteggiamento infantile, amplificato dai fumi dell'alcol che palesemente ancora l'accecavano, anche se per lo meno ora era sveglia. Laxus sospirò, rassegnato, anche se in parte quella scena lo divertiva in realtà. Si tirò su le maniche della camicia e sistemò la temperatura dell'acqua che ancora le cadeva addosso, facendo in modo che fosse calda abbastanza da essere almeno tollerabile. Prese del sapone e sporgendosi appena all'interno della doccia lo rovesciò sulla testa di Priscilla, che seduta a gambe incrociate minacciava nuovamente di riaddormentarsi da un momento a un altro.
«Non dovresti bere così tanto se non sei in grado di reggerlo» le disse cominciando a strofinarle la testa e lavarle i capelli per toglierle l'odore dell'alcol. 
«Non sono ubriaca, ho solo la testa che gira un poco» biascicò lei, lasciandosi massaggiare la testa. «E tanto sonno» aggiunse infine. 
«Sono esattamente i sintomi di una sbornia, lo sai?» ridacchiò lui, finendo di lavarla e alzandosi a prendere il doccino glielo puntò sui capelli insaponati. 
«Tieni gli occhi chiusi» le disse, cercando comunque di evitare che il sapone le andasse in faccia. 
«Ma così mi addormento» disse lei, ciondolando in avanti con la testa.
«Non addormentarti» le disse lui, semplicemente, come se quell'ordine fosse bastato. 
«Laxus» biascicò ancora e lui rispose con un semplice: «Mh?» troppo impegnato in quel compito arduo, visto che lei non pareva collaborare nemmeno un po'.
«Perché mi sto facendo la doccia da vestita?» chiese e afferrandosi la maglietta cominciò a sollevarsela. Laxus sobbalzò e lasciò andare il doccino di colpo, allungando le mani verso le sue per impedirle di proseguire, balbettando un imbarazzato: «A-aspetta! Pricchan!»
Il doccino lasciato andare così bruscamente cadde nel vuoto e colpì sfortunatamente la ragazza sulla nuca, prima di ondeggiare incontrollato, sparando acqua ovunque.
Lei scoppiò nuovamente a piangere come una bambina e portandosi una mano alla testa gridò: «Mi hai fatto male? Perché?»
«N-non l'ho fatto apposta» balbettò lui, ancora rosso in volto per l'imbarazzo. Priscilla allungò una mano alla sua sinistra, prese il doccino ancora incontrollabile, e lo puntò al viso di Laxus con lo sguardo di chi aveva chiaramente intenzione di fargliela pagare. Lui non si scompose, rimase a subire per tutta la durata dello scherzo, cercando semplicemente di non abbassarsi al suo stesso livello e cercando di restare il più calmo dei due. Si alzò, si allungò alle manopole dell'acqua e la chiuse semplicemente. Prese poi per mano Priscilla e la tirò via dalla doccia, facendola sedere sulla tavoletta chiusa del water. Le fece cadere sulla testa umida un asciugamano e cominciò ad asciugarla. Stranamente Priscilla restò ferma e calma per tutta la durata del trattamento, forse troppo addormentata per dire o fare altro. Con un phon terminò infine l'operazione nonostante la testa ciondolante di Priscilla minacciasse di crollare a terra da un momento a un altro.
«Vado a prenderti dei vestiti asciutti. Mi allontano solo un minuto, cerca di restare sveglia» le disse e lei obbediente rispose solo con un mormorato: «Ok».
Laxus uscì dal bagno e si avvicinò alla valigia di Priscilla, vicino al suo letto. L'aprì, cercò al suo interno quello che poteva sembrare un pigiama e giusto quando stava per richiuderla e tornare indietro sentì un fracasso provenire da dentro il bagno. Spaventato, corse indietro e trovò Priscilla stesa a terra, caduta, insieme a un portasaponette che si era trascinata giù dal lavandino nel movimento. 
«Mi sono fatta male di nuovo» pianse nuovamente e Laxus, per quanto preoccupato, non riuscì a non sorridere divertito dal suo modo di fare imbranato e impacciato. «Ohy, ohy» ridacchiò, inginocchiandosi vicino a lei per aiutarla a rialzarsi. «Ti avevo detto di non addormentarti» le disse, accarezzandole la testa nella speranza di calmarla un po'.
«E non ci sono riuscita!» piagnucolò. 
«Sei proprio una stupidina» ridacchiò ancora e le porse i suoi vestiti asciutti.
«Dai, cambiati che ti porto a dormire» le disse e lei cominciò immediatamente a sollevarsi la maglietta per sfilarsela, mormorando un semplice e abbattuto: «Ok».
Rosso in volto, Laxus si coprì gli occhi con una mano e si voltò dall'altro lato rapidamente. «Potresti almeno aspettare che esco!» la rimproverò, ma lei lo ignorò e con grande fatica riuscì a togliersi la maglia. Prese quella del pigiama che Laxus ancora le porgeva e gli lasciò in mano quella bagnata, appena tolta. Se la infilò e infine, seduta a terra e con gran fatica riuscì a togliersi anche i pantaloni. Ma non si mise quelli asciutti che Laxus, ancora voltato dall'altro lato, le porgeva. Si alzò in piedi e barcollò verso l'uscita del bagno, poggiandosi addirittura al ragazzo che era in ginocchio davanti a lei, per aiutarsi. Laxus fu costretto ad aprire nuovamente gli occhi, per cercare di capire che stesse combinando, e si allarmò quando la vide uscire dal bagno con solo una maglia addosso. 
«Ferma!» le disse, prendendola per le spalle e tirandola nuovamente dentro.
«Voglio andare a letto» disse lei.
«Condividiamo la stanza anche con Gajeel e Mistgun, non puoi andartene in giro senza pantaloni!» la rimproverò sul ciglio della porta. 
«Non è vero, non ci sono, guarda» lamentò lei, capricciosa, indicando la stanza da letto vuota. 
«Torneranno tra poco» rispose Laxus, arreso all'idea che non sarebbe stato semplice con lei quella sera. «Avanti, mettiti questi» le ordinò, alzando i pantaloncini del pigiama e mostrandoglieli.
Priscilla sbuffò più per la fatica che per disobbedienza, e si accasciò tra le braccia di Laxus, mormorando: «Mi aiuti?»
«Aiutarti?» arrossì nuovamente chiedendosi che genere di aiuto si aspettasse. Erano fratelli, questo genere di consapevolezza era stata certamente maggiore in passato, quando era abituato ad averla in casa ogni giorno. Forse era colpa degli anni passati lontani l'uno dall'altra, o forse semplicemente l'aver ricordato chi e cosa fosse realmente, o ancora poteva essere semplicemente dovuto al fatto che ormai entrambi erano belli che adulti sia nel corpo che nell'atteggiamento. Qualunque fosse il motivo, il risultato non cambiava: anche se si sforzava di pensare che fosse sua sorella, e perciò quel genere di pensieri erano certamente sbagliati, non riusciva a non vederla comunque come una donna. Una donna dal corpo neanche troppo male. E lei, con quella sua ingenuità e totale mancanza di pudore, non lo aiutava nel tentativo di rimettere i pensieri sui giusti binari. 
«Ho tanto sonno, Laxus» mormorò lei, roteando tra le sue braccia e aggrappandosi così al suo collo. Si lasciò cadere, abbandonandosi alla stanchezza, e Laxus fu costretto a sorreggerla per evitare che cadesse a terra. Le sua braccia morbide intorno alle sue spalle, la testa poggiata sul suo collo, la prese per la vita con tale foga e rapidità che parte della maglietta si sollevò costringendolo a poggiare le mani sulla pelle nuda dei fianchi. «Aspetta... Pricchan. Vestiti prima!» provò a balbettare, sempre più imbarazzato. 
«Voglio andare a letto» biascicò già con gli occhi chiusi, per poi sorridere allegra e aggiungere: «Vieni a letto con me?»
Cominciò a essere decisamente troppo persino per lui. Si corrucciò e cominciò a fare uno sforzo disumano per riuscire a controllare ogni sorta di immagine che gli nacque in testa di fronte a quell'assolutamente ambigua frase e situazione. 
Era così ingenuamente provocante anche in passato? La ricordava, sì, quanto gli stesse vicino. Dove andava lui, lei lo seguiva, qualsiasi cosa faceva ce l'aveva sempre attorno. Ma non aveva ricordi di una Priscilla tanto esagerata né tantomeno coinvolta in simili atteggiamenti. Quando era successo che fosse diventata tanto scostumata?
Cominciò a passare in rassegna una serie di nomi, cercando a chi dare la colpa. Cana, sicuramente, non era una buona amicizia. L'aveva portata sulla via dell'alcol e non era mai stata una donna tanto pudica, probabilmente era stata la sua vicinanza a rendere Priscilla così tentatrice. Probabilmente anche Lucy aveva fatto la sua parte, era abbastanza rinomato quanto fosse legata alla sua femminilità e quanto le piacesse sedurre gli uomini. Per non parlare di Erza, che in quanto a sensualità era una maestra. Certo era che fosse palese che Priscilla non lo stesse facendo di proposito, ma avere accanto persone che l'avessero portata sulla strada della femminilità sicuramente aveva le sue colpe. 
«Sei fradicio» mormorò lei, aprendo un occhio e fissando la sua camicia bagnata. 
«Mi hai puntato addosso l'acqua della doccia, ricordi?» rispose lui, irritato più per quanto stesse accadendo che per la frase in sé.
«Spogliati, non puoi venire a letto così» biascicò lei, infilando un dito all'interno della sua camicia e sbottonandolo lentamente, con quel poco di forza che aveva. Un tocco, quello del suo dito che gli sfiorava delicatamente il petto, che certo non aiutò il suo autocontrollo. Non in un momento come quello. Afferrò la sua mano, per fermarla, e si voltò verso di lei pronto a lamentarsi che avrebbe potuto fare benissimo da solo, ma non riuscì a dire nemmeno una parola. La mano destra di Priscilla era ora più salda dietro la sua nuca, con la forza sufficiente a tirarlo verso di lei. Alzata in punta di piedi, raggiunse le sue labbra prima che potesse parlare, chiudendole in un assurdo bacio rubato. 
Era stato un gioco fino a quel momento, strano, particolarmente realistico e coinvolgente, ma pur sempre un gioco. Un gioco di fraintendimenti, con una Priscilla ingenua che stuzzicava la fantasia di un Laxus fin troppo maturo e sveglio. Un uomo e una donna che si lasciavano andare a stupidi scherzi, lei spontanea fin troppo lui certamente malizioso ma all'interno di un limite che mai si sarebbe sognato di varcare. Era stato a tratti divertente, sicuramente la mattina dopo ci avrebbe anche riso su se si fosse fermato a ripensarci, a quanto la sua sorellina fosse ingenua e per niente pudica. Avrebbe dato la colpa al suo carattere infantile, ai suoi sentimenti legati a una relazione vecchia di anni, quando erano bambini e facevano addirittura il bagno insieme. Avrebbe dato la colpa alla sua mascolinità, era abbastanza adulto ormai da comprendere certi meccanismi ed erano passati anni da quando nella prima adolescenza aveva cominciato a capire cosa significasse provare attrazione per un corpo femminile. Avrebbe dato colpe di cui avrebbe riso, imbarazzato, perché tutta quella situazione era al limite del ridicolo, una barzelletta. 
Ma quello...
Non c'era niente di divertente, niente di ingenuo, di stupido, di imbarazzante. Poteva dare tutte le colpe che voleva sia a se stesso che a lei, per aver creato una serie di equivoci di cui ci aveva creduto davvero. Solo equivoci. E forse lo erano davvero, certo Priscilla non sembrava nelle condizioni di ragionarci troppo su. Ma c'era qualcosa di disperato in quel gesto del tutto incomprensibile per uno come lui che aveva sempre creduto, fin da bambino, che quella ragazza non fosse altro che un legame di sangue come altri. Ogni cosa era appena crollata e la cosa che lo colpì di più fu che non ci fu bisogno di chiedere spiegazioni: era come se l'avesse sempre saputo.
"Sono stata creata per occuparmi di te, del tuo potere" non era nata come una sorella, non era mai stata progettata per quello. Non era stata progettata per provare un simile sentimento, per essere legata a una simile relazione. Lei era stata creata solo per stare al suo fianco. 
"Mi presentò a te e al mondo come tua sorella minore, per evitare che facessero domande scomode" non lo era mai stata sul serio, lei l'aveva saputo da sempre. E mentre nella sua mente venivano instillate false immagini di una sorellina che in realtà prima dei tre anni non era mai nemmeno esistita, lei aveva sempre saputo, fin dal principio, quale fosse la loro diversità, quali fossero i loro rispettivi ruoli.
C'era qualcosa di disperato in quel bacio, come fosse stato l'ultimo desiderio di condannato a morte. 
Qualcosa che aveva sacrificato a lungo, qualcosa che forse nemmeno sentiva di meritare, qualcosa che le era proibito ma che si era voluta concedere in quello strappo di tempo di pochi secondi tanto annebbiati da sembrare un sogno. Aveva bevuto, aveva riso, aveva abbandonato ogni pensiero, ma non aveva ancora dimenticato. Lo sentiva dentro sé, la mano soffocante di suo padre che l'avrebbe uccisa da un momento a un altro. Laxus poteva combatterlo quanto voleva, ma non sarebbe riuscito a salvarla. Quel bacio avevano lo stesso sapore delle ultime parole di un condannato prima della morte. Non ebbe coraggio di allontanarla, non ebbe coraggio nemmeno di chiederle perché lo avesse fatto. La guardò mentre nel completo silenzio, col volto apatico di chi ormai si è arreso al proprio destino, si avvicinava al suo letto e ci si lasciava cadere sopra, addormentandosi. 
Sospirò e le si avvicinò, sistemandole le coperte addosso. Lasciò i suoi pantaloncini sul comodino, dove li avrebbe trovati al risveglio e magari avrebbe avuto il buonsenso di non alzarsi in mutande ma coprirsi prima. Si mise a sedere poi sul proprio letto, di fianco a quello di Priscilla, e guardò a lungo il suo viso addormentato. 
«Sei stata creata per me» mormorò ricordando le esatte parole che lei gli aveva detto. «Stupida. Stai confondendo gli ordini di nostro padre per i tuoi sentimenti» sospirando ancora si portò una mano davanti agli occhi, massaggiandosi la testa che ora sembrava fargli male da quanto era affollata di pensieri. Infine si alzò, deciso a farsi anche lui una doccia e andarsene definitivamente a dormire nella speranza che la notte avesse in qualche modo messo ordine in quel caos che aveva ora nella testa.

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Capitolo 48
*** Io sono qui ***


Io sono qui



«Buongiorno a tutti!» esclamò Priscilla, raggiungendo i membri della sua gilda all'interno dello stadio. Erano già stati chiamati dagli organizzatori per prendere ognuno i propri posti, il secondo giorno di giochi sarebbe iniziato a breve, ma lei aveva prima desiderato fare un salto da Wendy per vedere come stava, per quello aveva tardato un po'. 
«Pricchan!» salutò Levy, vedendola arrivare saltellante.
«Sei di buon umore stamattina, baby» disse Bickslow, notando il suo sorriso radioso. 
«Ieri sera mi sono divertita tantissimo con voi alla locanda, mi avete tirato su il morale e oggi mi sento carica e pronta ad affrontare qualsiasi cosa!» disse gonfiando un bicipite per dare dimostrazione del suo stato d'animo. «Anche se devo aver bevuto un po' troppo, visto che non ricordo quando sono tornata in albergo» rise poi, imbarazzata. 
«Io l'avevo detto che tanto ci saresti ricascata» alzò le spalle Gray.
«Cana ti ha portata su una cattiva strada» annuì Lucy.
«Ha persino dormito in mutande» si unì Lluvia e Priscilla scoppiò a ridere, esclamando: «È vero! Dovevo essere talmente andata che mi sono dimenticata di mettere i pantaloni!»
«In camera con tre uomini?!» sussultò Lucy, arrossendo di vergogna.
«Perché non faccio parte anch'io del team B?!» si disperò Bickslow, portandosi le mani alla testa.
«Grazie al cielo, non voglio nemmeno immaginare cosa avresti potuto fare per approfittare della situazione» sospirò Priscilla, per niente rassicurata all'idea. 
«Mi sottovaluti» disse Bickslow, mettendo un braccio sulle spalle della ragazza. «Sono un galantuomo io, cosa credi?»
«Non ci credo manco se lo vedo» disse Priscilla e Bickslow, ancor meno rassicurante, scoppiò a ridere divertito. Risata che morì in un lamento terrorizzato, quando incrociò lo sguardo di Laxus, poggiato con le spalle al muro non troppo lontano. Non era raro che Laxus lanciasse occhiatacce in giro, non era certo famoso per la sua serenità e se qualcosa gli faceva girare le scatole era bravissimo a farlo capire con la semplice forza dello sguardo. Ma ciò che era raro era vedere un tale carico di rabbia diretto tutto in una volta, addirittura verso uno dei suoi amici più fidati. 
«Sei già arrivata in ritardo, non perdere altro tempo in chiacchiere. Andiamo» ringhiò Laxus e si allontanò, diretto al proprio balconcino. 
«Quanto è nervoso...» commentò Priscilla, storcendo il naso. «Che gli prende?»
«Sembra di pessimo umore» annuì Lucy, altrettanto sorpresa di vederlo così eccessivamente furioso. 
«Aveva una pessima cera, in effetti» si unì Levy, pensierosa. 
«Pare che non abbia chiuso occhio tutta la notte. Lluvia l'ha sentito più volte agitarsi nel letto e alzarsi» disse Lluvia e Priscilla la squadrò, chiedendole curiosa: «E tu che ci facevi sveglia?»
«Priscilla dormiva nel letto a fianco a lui senza pantaloni! Lluvia doveva sapere!» si animò lei, arrossendo improvvisamente, e Priscilla altrettanto rossa in volto sussultò e sbraitò un agitato: «Ma che stai dicendo?!»
«Chissà che forse non era per quello che non riusciva a dormire» sghignazzò Lucy, avvicinandosi a Priscilla che sempre più rossa si agitava e cercava di cambiare discorso.
«Ora che ci penso, ieri sera non siete andati via insieme voi due?» chiese Levy, schiacciandosi contro l'amica insieme a Lucy e guardandola maliziosa. 
«Eh? Davvero?» chiese Priscilla, sorpresa, e corrucciandosi si portò un dito al mento per riflettere. «Non ricordo» confessò, anche un po' infastidita per quella piccola amnesia. Un avviso all'interfono in quel momento attirò la loro attenzione, l'ultimo richiamo ai concorrenti di andare a mettersi ai loro posti in vista dell'inizio della gara. Dimenticarono all'istante ciò di cui stavano parlando ed emozionati per quel secondo giorno si salutarono rapidamente, si fecero gli in bocca al lupo, e poi ognuno scappò alla propria tribuna. 
«Eccoci!» esclamò Priscilla, raggiungendo il balcone a loro assegnato insieme a Lluvia. «Oh, Mira-chan! Che fai qui?» chiese curiosa, notandola mentre le sorrideva radiosa. 
«Sono il membro di riserva» spiegò lei.
«Gerard ha già dato forfait?» chiese Priscilla, scoraggiata.
«Pare sia in giro a cercare informazioni sulla fonte magica» disse Mirajane, mentre Priscilla, sospirante, raggiungeva la balaustra e ci si appoggiava per guardare l'arena sotto. «Così si farà scoprire, quel ragazzo è incontrollabile» disse, cominciando a lasciarsi andare all'evidenza che forse non era stata un'idea troppo buona quella di portarlo con loro alla gara. 
«È un membro di Fairy Tail, dopotutto» ridacchiò Mirajane, giustificandolo, e Priscilla disse scoraggiata: «No, non lo è».
«Gajeel-kun è già sul via?» chiese Lluvia, avvicinandosi al suo gruppo per guardare curiosa i Lachryma Vision che avrebbero trasmesso la corsa. 
«Sì, stanno per partire» annuì Mirajane.
«Che tipo di gara… è?» cominciò a chiedere Priscilla, alzando lo sguardo sui Lachryma, ma sibilò l'ultima parola di quella domanda quando cominciò a intuire cosa li aspettasse: i concorrenti, tra cui Gajeel e Natsu, erano in piedi su dei carri in pieno movimento lungo le strade di tutta Crocus. 
«Una corsa sui carri» spiegò Mirajane, già consapevole di quale sarebbe stata l'obiezione.
«Non ci posso credere» sibilò Priscilla, sconvolta. Tra tutte le gare che potevano loro capitare, avevano scelto di partecipare il giorno peggiore. L'arbitro non aveva ancora nemmeno dato il via che i due Dragon Slayer già barcollavano, verdi in volto per la nausea. 
«Sono stati un po' sfortunati» commentò Lluvia, mentre Priscilla si accasciava sulla balaustra e mormorava: «Il destino ci è contro».
Finalmente l'arbitro diede il via dopo qualche minuto di attesa e tutti i concorrenti alla gara Chariot partirono e corsero più veloce che potevano lungo i carri. Tutti, tranne Natsu, Gajeel e sorprendentemente anche Sting che partecipava per i Sabertooth.
«Anche lui soffre i mezzi di trasporto?» chiese Lluvia.
«Dev'essere qualcosa di genetico dei Dragon Slayer» disse Priscilla. 
«Quindi anche Laxus...?» chiese Mirajane, curiosa, e lui si corrucciò rispondendo: «Guai a te se lo dici a qualcuno».
«Penso sia abbastanza ovvio, ormai» disse Lluvia e Priscilla al suo fianco rise divertita.
«La gara è cominciata solo da pochi minuti ma abbiamo già una prima classifica» commentò Chapati, sempre presente sulla tribuna d'onore insieme a Yajima e l'ospite, che quel giorno si trattava del reporter del Sorcier. «In prima posizione vediamo già Kurohebi di Raven Tail, mentre in coda con un notevole distacco abbiamo Natsu di Fairy Tail A, Gajeel di Fairy Tail B e Sting di Sabertooth. Tutti e tre imperversano nelle stesse condizioni, sembrano in uno stato catatonico».
«Per lo meno anche quelli di Sabertooth avranno la loro piccola umiliazione» commentò Priscilla, guardando sbuffando la gara. 
«Dietro Kurohebi possiamo subito trovare Ichiya di Blue Pegasus, Yuka di Lamia Scale e Risley di Mermaid Heel» continuò Chapati e Priscilla si rianimò, alzando un braccio e gridando: «Vai, Yuka!»
«Fai il tifo per il nemico?» chiese Lluvia, alzando un sopracciglio.
«Tanto noi non abbiamo speranze e allora tifo per la gilda che mi sta più simpatica» alzò le spalle lei. 
«Povero Gajeel» sospirò Mirajane, portandosi timidamente una mano alla guancia. 
«Leggermente distaccato c'è Baccus, il membro di riserva dei Quatro Cerberus» disse ancora Chapati e la Lachryma Vision lo inquadrò, mentre arrancava dietro al gruppo dei tre davanti a lui che si facevano guerra con la magia per andare in vantaggio. Durò un po' quella disparità, fino a che con un colpo di piede Baccus non schiacciò il carro su cui si trovava, facendo volare per aria quello davanti per contraccolpo. Gesto che fece volare via i tre avversari e gli permise di superarli.
«Che forza incredibile!» commentò Priscilla, spalancando gli occhi e sporgendosi in avanti, oltre la balaustra. «L'hai visto, Laxus?» chiese, indicando il Lachryma Vision e voltandosi verso il fratello.
«L'ho visto» rispose lui, seccamente. 
Priscilla si imbronciò, trovando irritante il suo modo di fare quel giorno. Era davvero intrattabile e antipatico, probabilmente colpa del sonno mancato ma certo poteva sforzarsi un po' di più visto che stavano gareggiando per una causa importante. 
«Oh, Baccus passa in testa!» esclamò Chapati e Priscilla tornò a voltarsi per guardare lo schermo con gli occhi che brillavano per l'emozione. Per quanto il suo compagno si trovasse in fondo, a gareggiare contro la propria nausea, trovò comunque entusiasmante quella gara. Si sporse ancora, sollevandosi sulla punta dei piedi, fino a che non perse l'equilibrio e per poco non cadde giù. Laxus scattò in avanti e l'afferrò per la maglia, sollevandola e rimettendola con i piedi a terra. La fulminò con lo sguardo, rimproverandola senza usare le parole, mentre lei ridacchiava timida grattandosi la nuca. 
«Ed ecco che ci siamo! Baccus arriva a gran velocità e taglia il traguardo per primo!» la voce di Chapati attirò nuovamente l'attenzione di Priscilla, che tornò a guardare l'evento con entusiasmo. «Quatro Cerberus riceve dieci punti!»
«Che forza! Quel tizio è davvero incredibile» commentò lei.
«Inizierai a corrergli dietro come fai già con quel Leon?» la provocò Laxus, infastidito da chissà cosa esattamente. «Uffa» sbuffò Priscilla, voltandosi e facendogli una linguaccia. «Oggi sei veramente fastidioso! Non è colpa mia se soffri di insonnia, datti una regolata!» lo rimproverò, infastidita, e lui parve irritarsi ancora di più. Ma lei, che non ricordava niente dopo la serata al bar, non poteva certo immaginare che invece sì, era colpa sua eccome. 
«Al secondo posto arriva Kurohebi!» annunciò Chapati e lo schermo mostrò l'uomo di Raven Tail tagliare il traguardo per secondo. «A seguire ecco Risley e poi Yuka... ed ecco che arriva anche Ichiya! Gli ultimi tre sono ancora nel bel mezzo della corsa e si stanno dando battaglia per non arrivare ultimi!»
«Sono abbastanza ridicoli» commentò Lluvia, guardando Gajeel, Natsu e Sting barcollare da una parte a un'altra tirandosi fiacche spallate. 
«Non arrenderti Gajeel!» provò a incitare Priscilla. 
«Io... vado avanti!» ruggì Natsu, accasciandosi e procedendo gattoni. Gajeel si lanciò in avanti e lo imitò, barcollando e cadendo, ma procedendo appena dietro di lui con tutte le forze che aveva. E Priscilla si animò ancora di più, iniziando a saltare e urlare un tifo incontrollato verso i due Dragon Slayer di Fairy Tail. Anche se ridicoli e palesemente nei guai, ce la stavano mettendo tutta, lottando contro tutto quello che erano pur di riuscire a portare a casa anche solo un punto. 
Bastava quello, non importava arrivare primi da subito, loro lo sapevano. Fino a quando non si sarebbero arresi, anche di fronte alle più grandi delle evidenze, nessuno li avrebbe fermati e al contrario di molti altri sarebbero arrivati presto o tardi alla vetta. Urlando, lottando, avanzarono lasciandosi alle spalle uno Sting ormai arreso.
«Posso solo chiedervi una cosa?» chiese Sting, accasciandosi sul carro, deciso a non combattere più. «Perché state partecipando ai Giochi? Per la Fairy Tail del passato forza e prestigio non contavano niente. La Fairy Tail che conoscevo io faceva le cose a modo suo, fregandosene della propria immagine e reputazione».
«È per i nostri compagni!» rispose un Natsu sforzato oltre ogni limite. «Per sette anni loro ci hanno aspettato! Per quanto fosse dura o triste, hanno sopportato di tutto, proteggendo la gilda. Per i nostri compagni vi dimostreremo che Fairy Tail non si è mai fermata e che continuerà sempre ad andare avanti!» ruggì, mentre sforzando ogni muscolo si avvicinava al tanto agognato Goal. Un discorso che riuscì a commuovere non solo i propri compagni, che entusiasti si mostrarono felici anche solo del sesto posto che Natsu andò a guadagnare, ma anche l'intero pubblico che per la prima volta da quando erano arrivati non li fischiarono, né li insultarono, ma urlarono in un coro accalorato e felice per quella disgraziata gilda che tanto faticosamente si era guadagnata il sesto e settimo posto mettendoci tutte le loro forze.
Priscilla esultò come se avessero vinto l'intero torneo, abbracciò Lluvia e insieme a lei saltò dalla felicità nel vedere il loro compagno prendersi quel tanto affaticato punto di vittoria. Nella classifica generale restavano comunque agli ultimi due posti, ma lentamente, passo dopo passo, Fairy Tail aveva cominciato a scalare la vetta. Natsu e Gajeel vennero portati poco dopo in infermeria, troppo moribondi, avevano bisogno del sostegno di Polushka per riprendersi il prima possibile dal malore da mezzi di trasporto. Attesero qualche minuto per permettere di sgomberare il campo e preparare la fase successiva, quando finalmente diedero inizio alla seconda fase di quella giornata: le battaglie. Un biglietto arrivò ai membri di ciascuna gilda, a comunicargli la decisione degli organizzatori per quanto riguardasse le coppie di sfidanti di quel giorno. A leggere quello di Fairy Tail B fu Laxus, che cupo in volto lo passò infine a Priscilla. 
«Ok» disse semplicemente, senza mostrare nessun tipo di sentimento, e si allontanò. Era la prima di quella giornata, lei era stata selezionata per dare dimostrazione del suo potere. Niente di cui si sarebbe dovuta preoccupare, se non fosse che il suo avversario sarebbe stato un membro di Raven Tail. Ricordava l'uomo dagli occhi di serpente, era insieme a suo padre la sera prima, quando l'avevano bloccata per la strada. Era già abbastanza felice che non le fosse stato chiesto di vedersela con l'uomo con la maschera da leone, lui era stranamente più tetro degli altri, ma in verità nessuna di quelle persone era abbastanza terrificante per lei. Non avrebbe mai reagito come aveva fatto la sera prima se non fosse stata per la pressante presenza di Ivan. Suo padre… ancora non aveva avuto il coraggio di cercarlo tra gli spalti. 
«Pricchan» la voce di Laxus che la chiamava, dietro di sé. Si voltò appena, cercandolo con gli occhi, incrociando il suo sguardo solamente. Laxus non disse una sola parola, ma alzò un braccio, a pugno serrato, gonfiò un bicipite: un semplice messaggio di solidarietà, il loro gesto di sostegno, un po' stupido ma pur sempre efficace. Lo ricordava, l'avevano creato quando erano appena bambini, senza neanche troppo impegno. Laxus lo faceva sempre tutte le volte che voleva rassicurarla che lui era forte abbastanza da risolvere tutti i problemi che l'affliggevano, e lei aveva presto cominciato a imitarlo le volte che voleva rassicurarlo che sarebbe stata forte abbastanza. Senza accorgersene avevano iniziato a farlo così spesso che era diventato il loro gesto, un messaggio silenzioso diretto ai loro cuori. 
Sii forte.
Sarò forte.
Sorrise, rispose a quel gesto, indurendo il bicipite e sollevando il braccio ad altezza della spalla. E si allontanò, carica di una nuova energia.
Fairy Tail aveva un potere incredibile, la sera prima era riuscita in pochi minuti a salvarla dall'oscurità che l'aveva attanagliata da quando era arrivata a Crocus, le aveva concesso una notte di sonno e una serata di allegria, ma in quell'arena lei sarebbe stata sola. Sotto lo sguardo di suo padre che, chissà da dove, l'osservava e giocava con la sua vita. 
Non le importava. Sentiva che poteva farcela, sentiva che poteva riuscire a non importarle. Poteva mettere da parte ogni cosa, poteva non essere egoista almeno per quel giorno e guardare avanti. Raven Tail aveva ferito Wendy, la sua piccola e innocente Wendy. Aveva giurato che gliel'avrebbe fatta pagare e a quello si sarebbe aggrappata, stimolata dal discorso esortativo di un Natsu che aveva fatto l'enorme fatica del primo passo verso la vittoria. Lo doveva a tutti loro, doveva salvarli, doveva proteggerli. Stringere quel simbolo tra le dita, delicatamente. Prese il lembo delle bende con cui si era fasciata la mano destra, mentre camminava verso l'ingresso all'arena, e le strinse, pronta a strapparle. Mostrare il simbolo che portava sulla pelle, mostrarlo a se stessa, con orgoglio. Lo desiderava, lo desiderava davvero, ma tremò. 
Li avrebbe aiutati con tutte le forze che aveva, ma davvero meritava quel posto? Lei, creatura fittizia, bambola dimenticata in uno scatolone da un sadico bambino. Li aveva ingannati così a lungo, fingendosi come loro, fingendosi la loro famiglia, ma ricordando i loro sorrisi lo capiva sempre più. Lei non possedeva quel sorriso, ogni cosa dentro lei era solo formula e risultato di calcoli magici, meccanismi che si muovevano in sincronia grazie a un brillante calcolo. Voleva togliersi quelle bende, voleva poter urlare che era esattamente come loro, ma non ci riuscì. Avrebbe combattuto contro Raven Tail, lo avrebbe fatto davvero, ma non come Priscilla di Fairy Tail. Quella era la sua battaglia e lei avrebbe vinto come Priscilla, la bambina di carta. In nome di una vita avvolta dalle torture, in nome di un essere che aveva sempre e solo desiderato essere libero, essere reale. Lei avrebbe rivendicato il suo diritto alla vita, lì, in quel momento, di fronte agli occhi di un padre che ne pretendeva la possessione e che non riusciva a chiamarla per nome. L'avrebbe cercato, l'avrebbe guardato, e fissando quegli stessi occhi che per anni erano stati solo portatori di morte e sofferenza avrebbe sconfitto tutte le ombre che la strozzavano. 
«Guardami, perché io sono Priscilla del vento».
«Diamo inizio alla prima battaglia di questa seconda giornata di giochi!» esclamò Chapati dall'esterno di quel lungo corridoio che la portava esattamente al centro di un'arena sabbiosa e polverosa. «In questo primo combattimento vedremo la gilda debuttante e attualmente capolista della competizione! Raven Tail rappresentata da Kurohebi!» e il coro di approvazione si alzò tra il pubblico, in un applauso accalorato ed emozionato. «Contro una delle gilde che più di tutte sta facendo parlare di sé in questa edizione! La gilda dal cuore infuocato, Fairy Tail B rappresentata in questo incontro da Priscilla!»
L'entusiasmo che Natsu aveva appena lasciato nel pubblico fu tale da spingere almeno parte di esso a tentare un applauso, mentre la ragazza faceva il suo ingresso nell'arena. Muscoli rigidi, sguardo tetro, il vento che già accompagnava i suoi passi decisi mentre si avvicinava al centro dello stadio. Quello era il vero sguardo di Priscilla del vento, lo sguardo che anticipava ogni sua mossa più pericolosa. Avrebbe combattuto con tutta se stessa e per questo i suoi nemici non potevano che tremare.
«Al centro, per favore!» chiamò Mato, l’arbitro, e i due si posizionarono l'uno di fronte all'altro. 
«Lo tiene ancora coperto» mormorò Laxus, guardando con preoccupazione sua sorella dal loro balcone.
«Eh?» chiese Mirajane, non capendo a che si riferisse. 
«Il simbolo sulla mano destra» e parve irrigidirsi ancora di più, nervoso per quanto sarebbe successo di lì a poco.
«Priscilla è molto forte, sono sicura non avrà problemi» disse Mirajane, speranzosa e fiduciosa.
«Non è questo che mi preoccupa» confessò Laxus, facendo infine scorrere gli occhi dall'arena lungo gli spalti del pubblico, fino a trovarlo. Ivan era in piedi in fondo al primo livello delle gradinate. La schiena appoggiata al muro alle sue spalle, le braccia incrociate tra loro e un inquietante sorriso soddisfatto sul volto. 
«Assistiamo nuovamente a uno scontro tra le gilde dei master padre e figlio, che ne pensa Yajima-san?» disse Chapati, pronto a commentare ogni istante di quello scontro. «L'emozione è certamente triplicata se pensiamo che Priscilla sia figlia di master Ivan» disse Yajima.
«Priscilla del vento, figlia del master della gilda avversaria, è così cooool!» urlò Jason del Wekly Sorcier, ospite di quel giorno. 
«Sarà dura» commentò Erza, vicina al resto della sua squadra.
«Eh?» chiese Lucy, voltandosi verso l'amica. 
«Priscilla non si sta trattenendo, riesco a sentire la vibrazione del suo potere già da adesso» commentò Gray. «È davvero incredibile. Non credo perderà tanto facilmente».
«Ricordi cosa ti disse fuori dalla cattedrale, la sera che ci rivelò la verità sulla sua natura?» chiese Erza, torva in viso. 
"Dunque sei veramente immortale? Niente può ucciderti" ricordava quella piccola chiacchierata di qualche minuto insieme a lei, mentre Natsu la sosteneva e cercava di portarla alla gilda per curarsi. 
"No, esistono cose che possono uccidermi".
"E cosa?" l'insolente domanda di Natsu che proprio in quel momento dava tutte le risposte, inquietanti e terribili risposte: "Mio padre".
«Pensi potrebbe fare una cosa simile?» sobbalzò Gray, pallido in volto. 
«Nessuno conosce la verità su Priscilla, tranne i membri della gilda e qualche amico esterno. Se dovesse morire lì, durante il combattimento, potrebbero semplicemente pensare a un malore o a una ferita troppo profonda inferta dal nemico. Nessuno lo scoprirebbe» commentò Erza, guardando i due avversari che si preparavano a combattere. Kurohebi piegò leggermente le ginocchia, pronto a colpire, ma Priscilla rimase invece immobile a fissarlo, sguardo tanto fisso che nemmeno sbatteva le palpebre. La sua concentrazione era assoluta.
«Non può farlo! Dobbiamo impedirglielo?!» sussultò Lucy, cercando Ivan tra il pubblico sugli spalti. 
«E come?» digrignò i denti Gray. «Se ci avviciniamo a lui, passeremo noi dalla parte del torto!»
«Non credo lo farà» disse poi Erza. «Non l'ha uccisa per tutto questo tempo, probabilmente ha qualcosa in mente. Tenere in vita un secondo essere vivente consuma grandi quantità di energia magica, è sempre stato un sacrificio avere quella figlia da sostenere ogni singolo giorno della sua vita, eppure lei è ancora qui. Penso che le serva a qualcosa. Ciò non toglie che la verità è una sola: questo incontro è nelle mani di Master Ivan e anche Priscilla ne è perfettamente consapevole. Sarà difficile riuscire a vincere, indipendentemente dalle capacità del suo avversario».
«Metticela tutta Pricchan!» gridò Lucy, alzando un braccio per aria.
«Dimostra di che pasta è fatta Fairy Tail!» ruggì anche Elfman.
Priscilla riuscì a sentirli, nel caos delle urla, del tifo e della musica di fanfara. Sentì le voci di ogni singolo compagno, che la chiamava e urlava, che la sostenevano. Sentiva il loro calore sulla schiena, come un abbraccio. 
«A pezzi! Fallo a pezzi! Disintegralo!» l'urlo di suo nonno riusciva in qualche modo a superare la voce di tutti gli altri, nonostante l'età lo portasse a gracchiare come una rana strozzata. Sorrise, divertita nel vederlo con la coda dell'occhio mentre saltava sul bordo della balaustra e i compagni che gli stavano attorno che cercavano di calmarlo, impauriti che potesse cadere e farsi del male. 
«Pronti?!» chiese l'arbitro, alzando un braccio. Si allontanò rapidamente, infine, e diede il via che venne annunciato ufficialmente dalla campana del gong. Priscilla fu la prima a partire, correndo verso l'avversario e caricando il proprio braccio destro di vento. Caricò con un pugno, mirando al viso dell'avversario, ma spostandosi verso sinistra rapidamente Kurohebi riuscì a schivarlo senza troppe difficoltà. Sorrideva, probabilmente convinto della sua superiorità e guardò il volto di Priscilla mentre il suo pugno volava alla sinistra del suo viso, senza nemmeno sfiorarlo. Ciò nonostante un dolore lancinante gli prese al fianco destro, senza riuscire a comprendere chi e cosa fosse stato. Venne sbalzato via, lanciato da una forza misteriosa e nel volare per l'impatto attraversò l'immagine di Priscilla che ancora era al suo fianco, intenta a concludere quel colpo andato a vuoto. L'oltrepassò e la sua immagine si vaporizzò, mentre un'altra Priscilla compariva sempre di fronte a lui ma con la gamba ancora tesa ad altezza del fianco colpito. 
«Ha usato il Mirage per ingannare l'avversario e fargli credere che avrebbe attaccato frontalmente!» osservò Gray, sbalordito.
«Riesce a creare immagini in movimento, adesso?!» chiese Lucy, altrettanto stupefatta. 
Priscilla partì nuovamente, spinta da un soffio di vento tanto potente da lasciare un solco nel terreno colpì con una ginocchiata Kurohebi, facendolo ancora piroettare per aria. Ancora vento, ancora partì veloce tanto che avrebbe fatto invidia persino a Jet, e gli comparve alle spalle. Una gomitata e lanciò il nemico a terra. 
"Troppo facile" pensò lei, dubbiosa su cosa Kurohebi stesse cercando di fare. Cadde nella sabbia, ma in essa si dissolse, sparendo alla vista prima che potesse impattare. 
"È inutile che ti nascondi, posso vederti" rifletté  e chiuse gli occhi, concentrando le sue sensazioni sull'aria che aveva intorno, estendendo a essa le sue percezioni. Poteva diventare invisibile, ma lei l'avrebbe sentito lo stesso con il suo Aereal Perception . Ciò che non si sarebbe aspettata era di trovarselo alle spalle con una tale rapidità. Si voltò, a occhi sbarrati per la sorpresa, e tentò di incrociare le braccia davanti al volto per proteggersi dall'attacco imminente. Il braccio di Kurohebi si ingrossò a dismisura e con una potenza incredibile la colpì in pieno, lanciandola verso terra. Priscilla accusò il colpo con una certa sofferenza, per quanto avesse provato anche a evocare un po' del suo vento per bloccarlo era comunque riuscito a sfondare la sua difesa. Cadde a terra e rotolò nella polvere per l'impatto, ma piantò subito dopo un piede a terra e fermò la sua incontrollabile caduta bloccandosi in ginocchio. Alzò lo sguardo sul nemico sopra di lei e ancora la sorpresa ebbe un ruolo decisivo nella riuscita del suo attacco, nell'istante in cui vide un enorme martello di ghiaccio caderle dritto sulla testa.*
«La mia magia?!» sussultò Gray, guardando Priscilla alzare il braccio sinistro per bloccare il colpo. Il martello si distrusse nell'impatto, grazie a una buona difesa di Priscilla che aveva unito il suo vento come scudo difensivo e il ghiaccio di Leon che aveva nella parte sinistra del suo corpo. Ora, nel punto colpito, parte della pelle mancava lasciando completamente scoperto un avambraccio di ghiaccio. 
«L'ha conservato» sorrise Leon, riconoscendo in quel braccio il suo tocco di molti anni addietro, quando disperato le aveva donato quel potere per riuscire a riprendersi dopo l'attacco di Racer. Il giorno che lei gli aveva salvato la vita, non avrebbe mai potuto dimenticarlo. 
«Dove l'hai presa? Dove hai preso quella magia?» ringhiò Priscilla, fissando Kurohebi di fronte a lei con lo sguardo di chi non si sarebbe trattenuto nell’uccidere. Ma Kurohebi semplicemente sghignazzò e non disse niente. 
«Attenta!» urlò Droy improvvisamente dalle tribune, tanto spaventato che i pop corn che aveva tra le braccia saltarono da tutte le parti. Priscilla saltò appena in tempo, poco prima che delle piante uscissero dal terreno e cercassero di afferrarla. Volò in alto, lontano, evitando i rami di quella pianta che allungandosi cercava di prenderla come una mano. 
"Piante, ghiaccio... e quella mano!" rifletté, cominciando a capire. 
«Non dirmi che...» disse voltandosi nuovamente, sentendo la sua presenza dietro di lei. Kurohebi era lì, ancora alle sue spalle, e con un pugno avvolto completamente dalle fiamme si allungò in avanti e la colpì in pieno stomaco. Questa volta non riuscì a non trattenersi dall'urlare per il dolore, mentre cadeva nuovamente verso il suolo.
«Pricchan!» chiamò Lucy, sporgendosi in avanti. Priscilla poggiò le mani a terra e dolorosamente si alzò, alzando lo sguardo e cercando il suo avversario. Ma vide solo un'improvvisa colonna d'acqua che la travolse, l'avvolse e al suo interno la intrappolò.
«Quella è l'acqua di Lluvia!» esclamò Lluvia, guardando Priscilla che all'interno della bolla d'acqua cercava invano di respirare. 
«Usa le nostre magie!» disse Mirajane, altrettanto preoccupata. 
«Mimica» mormorò lo spirito di Mavis, il primo Master della gilda che si era presentato a loro il giorno prima per far da supporto e tifare per la gilda che lei stessa aveva fondato. «È una magia rara. Copia le magie degli altri» disse. 
Priscilla si dimenò un po' all'interno della bolla d'acqua, cercando il modo di uscirne, cercando una fonte d'ossigeno, senza riuscirci. Lei non poteva morire, non per una attacco simile, ma l'assenza di ossigeno avrebbe comunque rallentato i suoi processi biologici e necessariamente prima o dopo sarebbe caduta in uno stato catatonico. Un sonno che avrebbe preservato il suo corpo, in attesa delle condizioni ottimali per ritornare a funzionare. Questo avrebbe causato la perdita dell'incontro e ciò non poteva permetterlo. Non dopo una scoperta come quella.
"Hai rubato le magie dei miei amici!" pensò irrigidendosi e si rannicchiò su se stessa. Intorno alla bolla d'acqua caddero una serie di piccoli tornadi, sempre più numerosi, che li avvolsero e li circondarono. 
"Non posso perdonartelo!" digrignò i denti e la punta di ciascun tornado si mosse dal suolo, alzandosi e puntando lei stessa all'interno dell'enorme bolla d'acqua. Come una serie di piccoli trapani perforarono la bolla d'acqua, raggiunsero Priscilla e l'avvolsero poco prima di disintegrare l'intero incantesimo nemico. Il corpo di Kurohebi prese forma dall'acqua appena distrutta, mostrando una serie di ferite in vari punti, laddove probabilmente i tornadi aveva colpito. Priscilla uscì indenne dalla sua trappola e si rimise rapidamente in piedi, guardando il nemico che cadeva a terra.
«L'acqua di Lluvia è il corpo di Lluvia, colpendo essa colpisco te» disse prima di corrergli incontro pronta a un ulteriore attacco. Mosse il braccio sinistro con uno scatto, come se si fosse voluta liberare di qualcosa, e l'intero braccio ora divenne completamente di ghiaccio liberandosi della sua forma corporea umana. Con quello stesso pugno mirò lo stomaco di Kurohebi, che tornò ad usare la magia di Lluvia per difendersi. Il suo corpo d'acqua non gli permise di accusare il colpo, ma il pugno di Priscilla lo penetrò, restando impiantato al suo interno.
Un sorriso sul volto della ragazza.
«Credi di conoscere i miei amici meglio di come li conosco io?» sghignazzò e il corpo di Kurohebi cominciò laddove era infilato il pugno di Priscilla a congelare, lentamente, poco alla volta. 
«Lo sta congelando!» urlò Chapati, guardando la scena altrettanto sconvolto. 
«Non posso usare il ghiaccio di Leon, ma il corpo che mi ha donato mi permette di abbassare considerevolmente le temperature. Non è esattamente l'ideale per dell'acqua, non credi?» sghignazzò Priscilla e Kurohebi, digrignando i denti per il nervoso, la colpì frontalmente con una testata. Priscilla tirò indietro la testa e saltò via per schivarlo estraendo così il pugno dal suo corpo. Ma non si arrese: alzò il braccio di ghiaccio verso il cielo dove andò ad addensarsi sempre forte e ruggente un turbine di vento. 
«Anima del vento!» richiamò la propria magia e un cerchio magico si materializzò sopra il proprio pugno alzato. «Cuore del circolo polare!» 
Un soffio di vento cadde dal cielo, avvolgendo i due avversari in quella che sembrava una vera e propria tempesta. I loro respiri si addensarono, le temperature calarono drasticamente, persino tra il pubblico che comunque era rimasto fuori dalla magia di Priscilla in molti si strinsero nelle spalle e iniziarono a battere i denti. 
«Ha unito la sua magia del vento a quella del ghiaccio di Leon. In questo modo Kurohebi non può usare l'acqua di Lluvia e nemmeno le piante di Droy possono crescere in un clima simile» osservò Erza, meravigliata.
«Ne ha sempre una per la testa, quella» ridacchiò Gray, nudo nonostante lo sferzante vento gelato che li sfiorava. 
«Sì, ma che freddo!» balbettò Lucy, tremante al loro fianco. 
Kurohebi ancora non disse una parola, tanto che Priscilla cominciò a chiedersi se sapesse parlare. Smise di essere l'acqua di Lluvia, ma ancora si avvolse del fuoco di Natsu, questa volta completamente. Priscilla sorrise ancora, gli puntò una mano contro e chiuse la mano a pugno, tirando infine come se avesse strappato lui qualcosa. Il fuoco cessò di bruciare, lasciando Kurohebi un po' perplesso.
«Puoi copiare le magie degli altri ma non hai minimamente la loro potenza. Il fuoco non può bruciare in carenza di ossigeno, ma scommetto che quello di Natsu ci sarebbe riuscito comunque» sorrise. «Prova ancora, magari alla prossima ti andrà meglio» ridacchiò. 
«Tch» la prima parola di Kurohebi, palesemente frustrato, e si mise in posizione d'attacco scrutando la sua avversaria. Priscilla fece altrettanto, piegando lievemente le ginocchia e concentrando la sua attenzione sul suo avversario, ora immobile. 
«Che incontro incredibile! Kurohebi ha un arsenale praticamente infinito, gioca ogni carta diversa a ogni mano, ma Priscilla sembra sempre avere a disposizione una contromossa! Quale sarà il loro prossimo gioco? Chi può prevederlo?» si sollevò Chapati, tanto euforico che il parrucchino che aveva in testa si spostò dal suo asse centrale. 
Gli occhi di Priscilla si fecero sottili, il volto corrucciato, infine tirò indietro il pugno benché si trovasse a notevole distanza dal suo avversario.
«Io posso vederti!» ruggì colpendo a piena potenza il vuoto di fronte a sé, vuoto che improvvisamente prese le sembianze di un Kurohebi colpito in pieno volto e scaraventato di nuovo indietro. La sua immagine immobile a pochi metri di distanza perse di consistenza, rivelando così il suo imbroglio e l'uso di una tecnica che Priscilla ormai conosceva meglio di chiunque altro: il Mirage. Kurohebi aveva copiato persino la sua stessa magia, in previsione di quell’incontro. 
«Se è questo tutto ciò che sai fare, adesso tocca a me!» ruggì e allungò un braccio verso l'avversario, di nuovo a terra. Esplosioni, bolle d'aria che si addensavano improvvisamente, si comprimevano e poi esplodevano con la forza di una vera e propria bomba. Ne generò a decine, tutte intorno a Kurohebi, che lo scaraventarono  un po' ovunque per i successivi secondi, ferendolo tanto che non ebbe la forza di contrattaccare.
Un ultimo colpo, ma questa volta non lo ferì. Di dissolse nella sabbia, scivolò rapidamente sul terreno e raggiunse Priscilla sogghignando e preparandosi a colpirla con un pugno. Ma non la raggiunse. Deviò, spinto via da un altro soffio di vento potente come uno schiaffo. Priscilla piegò le gambe e colpì Kurohebi in pieno ventre, caricando il colpo con il vento per aumentarne almeno di dieci volte la potenza. Una spada comparve al fianco dell'avversario, l'afferrò nel suo sbilanciamento all'indietro e la fece roteare in avanti per arrivare a lei e colpirla. Alzando il braccio di ghiaccio Priscilla riucì a proteggersi, ma venne comunque scheggiata e questo la portò a corrucciarsi in un'espressione di sofferenza. 
«La mia magia!» esclamò Erza, viola in volto per la gelosia nel vedere una delle sue spade in mano al nemico. Kurohebi trovò il suo punto a favore e cominciò a colpire rapidamente contro il braccio di ghiaccio di Priscilla, che perdeva schegge a ogni fendente non rispandiandole il dolore di una ferita. Uno scudo di vento deviò nuovamente il colpo, ma Kurohebi ridendo evocò un'altra spada, diversa dalla prima, che indirizzò nuovamente a lei. Lo scudo di vento venne tagliato a metà e Priscilla venne raggiunta dal colpo dell'avversario. La sorpresa fu tale che non riuscì a schivarlo e il colpo di spada la ferì sul braccio destro, quello scoperto. Indietreggiò e si strinse la ferita con il braccio sinistro, gocciolando sangue a terra, ma la sua espressione non vacillò nemmeno per un istante.
«Eppure dovresti essere informato su di me» ridacchiò, consapevole che un attacco come quello non avrebbe mai potuto sconfiggerla. Un'altra immagine di sé comparve al suo fianco e poi ancora un'altra, e un'altra ancora. Decine di Priscilla si materializzarono tutte intorno a Kurohebi, come se si stesse letteralmente sdoppiando. Sorrise, ciascuna di loro sorrise.
«So che sai che si tratta di un miraggio. Puoi copiare la mia magia, ne conosci sicuramente i segreti» dissero tutte insieme, a testimoniare che quella magia aveva fatto un salto di qualità e ora poteva creare immagini in movimento. «E scommetto che sei anche in grado di capire dove io sia realmente, se ti sforzassi» uno strano sorriso, mentre lei stessa ammetteva quella che doveva essere la sua debolezza. Kurohebi si guardò attorno, si concentrò e usò le carte che aveva per ottenere quell'informazione. Infine... sudò.
«Sono... tutte...» balbettò e la prima delle copie si lanciò contro di lui, colpendolo con un pugno. Subito dopo una seconda fece altrettanto, rimandandolo indietro con un calcio. Una terza una gomitata. Poi un altro pugno dalla quarta. Una ginocchiata, una testata, un destro, poi un calcio, e un sinistro. Kurohebi venne travolto da una pioggia di colpi da ciascuna di quelle che doveva essere semplicemente una copia.
«Si è sdoppiata!» sussultò Happy, terrorizzato all'idea di avere un esercito di Priscilla. «No, è sempre lei» rispose Mavis, ondeggiando i piedi per aria. «Si muove con una velocità incredibile da una copia a un'altra, prendendone il posto giusto il tempo necessario a colpire, per poi ricreare la copia e spostarsi sull'altra. Velocità di movimento e velocità di esecuzione, combinando le due cose da l'effetto che lei si sia veramente sdoppiata. In questo modo sfrutta la confusione mentale del nemico. È davvero forte, tua nipote, sesto» sorrise il primo Master e Makarov puntandosi le mani ai fianchi scoppiò a ridere orgoglioso.
«Fin'ora Kurohebi non ha fatto granché, lei gli ha dato veramente del filo da torcere» commentò Erza.
«È decisamente su un altro livello, non ci sono speranze per l'uomo serpente» annuì Gray al suo fianco, mentre Elfman e Lucy si sgolavano in un tifo appassionato.
«È migliorata davvero tanto» sorrise Laxus e Mirajane accanto a lui ridacchiò divertita, cogliendolo in quella debolezza, e facendogliela notare: «Sei fiero di lei, vero?»
Un lieve rossore e grugnendo si voltò dall'altro lato, infastidito per quella specificazione. 
Dall'altro lato dello stadio, sul balcone di Raven Tail, tutti e quattro i membri che erano rimasti fuori dai giochi guardavano l'incontro con un certo nervosismo. Era ovvio chi dei due fosse in vantaggio e chi avrebbe vinto quell'incontro e la cosa non gli piaceva affatto. Orga fece un leggero movimento in avanti, ormai deciso a entrare nuovamente in azione esattamente come aveva fatto con quella Lucy, il giorno che si era scontrata con Flare. Ma Alexei, l'uomo con la maschera da leone, gli piazzò una mano sul petto per fermarlo. 
«Ha ancora una carta da giocare. Sarà divertente, sta' a guardare».
Kurohebi sorrise, nel vortice di colpi che Priscilla gli scaricava addosso come ultimo attacco decisivo, quello che avrebbe posto fine a quell'incontro. Spostò appena gli occhi, puntandoli sull'ennesima figura di Priscilla che gli si lanciava addosso, e una strana scintilla fece vacillare Priscilla, capendo che lui stava per fare la sua mossa. Non ebbe però tempo di capire cosa o da dove avrebbe attaccato, una scarica di fulmini scese dal cielo e colpì ciascuna di quelle copie dissolvendola. Con un urlo la vera Priscilla venne colpita da una di esso e cadde a terra, la pelle ustionata in più punti e i vestiti fumanti. Ci mise qualche interminabile secondo a riprendersi, il colpo era stato decisamente devastante sia in potenza che in sorpresa. Tremolante si rimise in ginocchio e alzò gli occhi sull'avversario che ora le stava camminando incontro. Il cuore fece un ultimo battito, più forte degli altri, tanto da essere doloroso, poi sembrò fermarsi del tutto. Non riuscì più neanche a respirare mentre guardava la figura che con sguardo severo le si avvicinava, lentamente, a pugni stretti. Sentì su di sé il tocco delle ombre, dita sottili che le sfioravano la nuca, facendola rabbrividire, e lentamente afferravano i suoi vestiti, come se volessero ammaliarla e infine catturarla. E ci stavano riuscendo. Ci stavano maledettamente riuscendo. 
«L...» balbettò, pallida in viso.
«Quello è Laxus?!» sussultò Erza, spalancando gli occhi. Si voltò istintivamente verso la balconata di Fairy Tail B, cercando l'uomo, e lo trovò esattamente al suo posto. Poi dopo capì l'assurdità del suo pensiero: Quello non era Laxus, ma lo era stato. Molti anni addietro. 
Una t-shirt gialla sopra una maglia a maniche lunghe, nera. Pantaloni verdi militare, capelli più lunghi e scompigliati e un paio di cuffie alle orecchie, le sue caratteristiche headphone. Il viso era molto più giovane di quello di ora, almeno cinque anni addietro, forse anche di più. Era un Laxus adolescente che con le mani nelle tasche si avvicinava a una Priscilla a terra, appena colpita da uno dei suoi fulmini.
«Un’illusione?» chiese Gray, sbattendo più volte gli occhi per riuscire a capire se stesse sognando. **
«Perché prendere le sembianze di quello di tanti anni fa?» chiese Elfman, non capendo il loro gioco. «È ovvio che non sia reale, Priscilla non ci cascherebbe mai».
«Non penso che imbrogliarla sia il loro obiettivo» disse Erza, digrignando i denti. E aveva ragione, avevano ragione entrambi. Era ovvio che quel Laxus dall'aspetto adolescente non fosse quello reale, chiunque poteva capirlo, persino la stessa Priscilla. Eppure, nonostante tutto, non riuscì comunque a muovere un muscolo. Lo sentiva, nel petto lo sentiva, il dolore che sembrava aver dimenticato. Quello stesso dolore che era costretta a subire tutte le volte che vedeva il volto del suo amato fratello contorcersi in quell'espressione di follia, manipolato al fine di vedere nel volto di Priscilla un nemico da eliminare. Il dolore nel sapere che non poteva fare niente se non sottostare a quelle assurde e insopportabili regole. Doveva combattere, doveva combattere con tutte le sue forze e la disperazione, fino a quando Laxus non l'avrebbe uccisa... ancora... e ancora... e ancora... e poi avrebbe sentito le sue lacrime, la sua agonia e i sensi di colpa che lo tormentavano.
"Lei è...?" quanto dolore che era costretto a sopportare, quanto dolore che suo padre gli faceva subire prima di cancellare ancora la sua memoria, eliminare dai suoi ricordi ogni traccia della Priscilla debole e ferita per stimolarlo a combattere nuovamente. 
"È stata colpa mia?" Non era mai colpa sua, eppure non riusciva mai a dirglielo, troppo dilaniata dalle ferite per riuscire anche a parlare. E se anche ci avesse provato, avrebbe poi subito l'ira di suo padre. Una bambola doveva fare solo ciò per cui era stata creata. 
«Solo un incubo» sussurrò, scuotendo la testa. Non era reale, lo sapeva, la testa glielo urlava con tutta la forza che aveva. Era solo un incubo, come tutte le altre volte. Non doveva credere a ciò che vedeva, doveva solo seguire la voce nella sua testa. Si rialzò e si rimise in posizione d'attacco, nonostante tremasse per il dolore del fulmine che l'aveva appena colpita e probabilmente anche per qualche altro motivo. Laxus, o almeno l'immagine che Kurohebi aveva creato di lui, alzò un braccio nella sua direzione. Lento, la fissava, cercava i suoi occhi e attraverso  essi sembrò incatenarla. Un fulmine partì dal palmo della sua mano e la raggiunse, colpendola e avvolgendola. Priscilla si tese, irrigidita dal dolore, e urlò per tutta la durata dell'attacco fino a quando di nuovo fumante non cadde a terra.
«Pricchan!» chiamò Lucy, spaventata.
«Poteva evitarlo benissimo!» disse Gray, preoccupato per la lentezza dei suoi riflessi. Dall'altro lato dello stadio, sulla balconata di Fairy Tail B, Laxus si irrigidì e irrigidì i muscoli nella sua posizione a braccia incrociate. Il volto corrucciato e dai denti serrati non riuscì a uscire altro che uno «Tch» snervato.
Makarov iniziò a sbraitare come un animale, agitandosi e minacciando di saltare giù dagli spalti per raggiungere quello che chiamava: «Quel bastardo di Ivan» e probabilmente prenderlo a pugni fino a che non si sarebbe sentito soddisfatto. Dovettero trattenerlo in quattro per riuscire a tenerlo al suo posto, mentre Ivan dagli spalti sghignazzava forse divertito forse orgoglioso della sua diabolica trovata. A parte i membri di Fairy Tail, che ben conoscevano il significato di quella trovata, nessuno tra il pubblico aveva idea di cosa stesse accadendo e in molti restavano in silenzio, confusi, semplicemente a guardare e chiedersi perchè la ragazza che fino a quel momento aveva combattuto egregiamente si fosse improvvisamente paralizzata. 
«Il fulmine che poco fa ha colpito Priscilla deve averla tramortita, Signori e Signore!»  provò a giustificare Chapati, nel suo commento. «Assistiamo ora a un'altra magia copiata di Fairy Tail, è ben rinnomato il potere del fulmine che appartiene a Laxus Dreyar, fratello di Priscilla! Yajima-san, crede che averne assunto anche le sembianze abbia amplificato il suo potere?» provò a chiedere ma Yajima era cupo in volto e non riuscì a rispondere in nessun modo se non con un verso pensieroso. Priscilla, stesa a terra, venne raggiunta da un'altra scarica di fulmini a cui rispose a ciascuno di essi con un urlo sofferente, ma senza potersi ancora muovere. Era paralizzante, vivere quel ricordo sulla propria pelle, caderci nuovamente all'interno era paralizzante. Aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita con la consapevolezza e speranza che mai più tutto quello sarebbe tornato, che mai più avrebbe dovuto affrontare suo fratello per un desiderio folle di suo padre. Sapeva che quello che aveva davanti non era il vero Laxus, eppure non riusciva lo stesso a muoversi dal terrore.
«Pricchan!» chiamò ancora Lucy. 
«Reagisci! Alzati!» incitò Elfman ma ancora Priscilla rimase a terra. Alzò la testa, guardò ancora una volta il suo avversario, cercando inutilmente una via d'uscita. Era un incubo, era solo un incubo che tornava dopo tanto tempo. Ma la sua forza riusciva comunque ad inghiottirla e quei fulmini che continuavano a colpirla... avevano la stessa consistenza amara di quelli di molti anni addietro. Era legata, intrappolata dalle catene di quel ciclo che non riusciva a spezzare in nessun modo. Laxus la colpiva, Laxus l'atterriva, la feriva profondamente nel corpo come nello spirito, poi ricordava, poi tornava sempre. Laxus le dava tutto ciò che aveva. E poi tornava. E la colpiva. E l'atterriva. Non poteva liberarsi, non poteva districarsi, poteva solo restare immobile nascosta dentro al proprio armadio ad aspettare che il temporale si scaricasse e infine svanisse. Era inutile ripetersi che non fosse reale, era inutile cercare di appigliarsi alle voci dei suoi amici per cercare di uscire da quel mare catramoso che la inglobava e la soffocava. L'irragionevolezza di quel sentimento era più forte di qualsiasi voce. E lei stava, ancora una volta, per l'ennesima, morendo davanti agli occhi di Laxus. 
«Arbitro! Forse dovremmo interrompere!» suggerì qualcuno, preoccupato nel vedere la ragazza esanime a terra, ustionata dai colpi che non cessavano di scendere sopra di lei. «Uh... sì» balbettò Mato e si avvicinò, pronto a decretare la fine dell'incontro.
«Pricchan!» la voce di Laxus, dalla balconata di Fairy Tail, tremò all'interno dello stadio come il rumore di un tuono. Si rifiutava di vederla perdere in quelle condizioni, di vederla perdere di nuovo in un duello assurdo e senza logica contro se stesso. Si rifiutava di vederla nuovamente dilaniata dal suo potere e dai suoi sentimenti annebbiati. Doveva reagire, poteva farcela, lui lo sapeva.
«Io sono qui, Pricchan!»
Fu l'unica voce che riuscì a sentire nell'assordante incubo in cui era caduta. La sua voce ruggente, come quella di un drago, penetrò oltre il muro di ombre che l'avevano del tutto avvolta e arrivò non solo alle sue orecchie ma anche al suo cuore. Lui era lì, fisicamente, era lì. Non era la persona che aveva davanti, per quanto lo sapesse sentirlo dire dalla sua voce era certamente differente. Il Laxus che la colpiva non era lui, perché lui era lì, su quella balconata. Ed era insieme a lei. Quell'incubo non esisteva più, non l'avrebbe più rievocato in nessun modo, perché lui ora era lì con lei, definitivamente. Non se ne sarebbe più andato, non l'avrebbe più lasciata, non le sarebbe più stato nemico. Poteva sentirlo, accanto a sé, che le prendeva la mano e l'aiutava a rialzarsi. Il fulmine successivo la colpì nuovamente, ma lei non lo sentì neppure. Era come averlo accanto, poteva sentire il suo braccio che l'avvolgeva e prendeva per lei quei colpi, proteggendola. 
Lui era lì.
«Lo so» disse alzandosi in ginocchio, sotto lo sguardo sorpreso non solo di un arbitro che cominciò a chiedersi se non fosse prematura definire conclusa quella gara. Ancora un altro fulmine, ma ancora non sentì più nemmeno il dolore del colpo.
«Ti ho sentito» aprì gli occhi e li puntò contro il finto Laxus che aveva davanti, riuscendo a non tremare alla sua vista. Alzò il braccio e delle bolle d'aria nacquero tutte intorno a lui, colpendolo più duramente di quanto avessero fatto poco prima. Il vento si alzò sull'arena, riflesso dell'anima di Priscilla che ora turbolenta si preparava a scaricare su di lui tutta la furia che celava negli occhi.
«Hai usato quel volto» gracchiò, irrigidendosi. «Hai indossato quel corpo per usarlo contro di me. Come hai potuto macchiarlo per i tuoi scopi?» urlò cieca di rabbia e il vento prese a girare intorno a lei sempre più forte, sempre più impetuoso, avvolgendosi intorno a entrambe le sue braccia ora stese verso il cielo. Il parrucchino di Chapati volò via definitivamente e dovette afferrare un paio di cose della scrivania per evitare che venissero risucchiate dal tornado che andava formandosi sopra Priscilla. Yajima stesso si aggrappò a un muretto, così come molti altri del pubblico. Per quanto cercasse di circoscrivere l'attacco solo alla zona dell'arena per non coinvolgere nessuno, quel vento era tanto potente che non riuscì a non colpirli comunque anche se in minima parte. Una cosa come quella se fosse stata scagliata contro la città sarebbe forse stata persino in grado di distruggerla. 
Il vento si accumulò sopra di lei sotto forma di tornado, ma il gelo che nacque dal suo braccio sinistro lo avvolse di una brina che lo rese quasi consistente e si modellò  prendendo sembianze di un enorme pugno.
«Che diamine è quel coso?!» urlò Lucy, guardando terrorizzata l'enorme mano di vento e ghiaccio che Priscilla aveva creato come prolungamento del suo stesso corpo. 
«La mano della giustizia di Fairy Tail cadrà su di te» sogghignò Priscilla, fulminando il suo avversario atterrito e palesemente terrorizzato. «Master's Hand!» gridò e quel nome dato a quel colpo specifico non fu difficile capire a chi si fosse ispirata per avere l'idea di un'enorme mano in grado di schiacciare i propri avversari. Ma quella era Priscilla: lei guardava, osservava attentamente ogni cosa, curiosa, e imparava. Imparava tutto. Imparava a combattere, imparava a sopravvivere, imparava ad essere viva... imparava ad amare. E con l'amore che aveva per il nonno che l'aveva salvata e liberata, era decisa a porre fine a quello scontro che avrebbe regalato i primi dieci punti alla sua squadra. Kurohebi, ancora nelle sembianze di un Laxus di appena diciassette anni, la guardò pallido in volto mentre cadeva su di lui. Riusciva a percepirne il potere, il pericolo, e sapeva che se solo fosse anche sopravvissuto sarebbe stato fortunato. Si portò impacciatamente un braccio davanti agli occhi e attese che il colpo lo raggiungesse, spinto verso il basso da una Priscilla ormai sveglia e consapevole di cosa avesse realmente attorno. La vittoria sulla punta della lingua. 
"Priscilla-nee... tu non puoi morire, giusto?"
Come aveva potuto dimenticare una cosa come quella? La voce di Wendy, dolorante, che arrivava proprio un istante prima della vittoria. Proprio quando era stata in grado di riaprire gli occhi, vedere la realtà, aveva infine incrociato il suo sguardo... sugli spalti. Applaudiva. Ivan applaudiva per lei e sorrideva. 
«La mia bambina di carta» riuscì a sentirlo, anche se a una tale distanza era come se glielo avesse sussurato all'orecchio, e in quei brevi attimi prima dell'impatto la verità le arrivò abbagliante davanti agli occhi.
«Morirò» sibilò soffocata dal terrore. La grossa mano di vento si dissolse nell'istante in cui avrebbe colpito Kurohebi e lei per lo sbalzo cadde in avanti, carponi a terra. 
«Che succede?» gridò Chapati, interrompendo il silenzio che era caduto sull'arena. «L'attacco di Priscilla sembra essersi dissolto nel nulla, che abbia perso le sue forze un attimo prima del momento decisivo?» si animò e puntò gli occhi alla ragazza, inginocchiata a terra, con la testa reclinata in avanti. Tremava, tremava come una foglia a pochi passi di distanza da Kurohebi, ancora nelle sembianze di Laxus, steso a terra e altrettanto scosso per quanto appena successo. Gli occhi le si riempirono di lacrime e nel silenzio dell'arena poteva ancora sentirlo, il suo applauso schernitore, la sua voce che la chiamava, che ne reclamava l'appartenenza. Poteva lottare contro gli incubi, vincere le paure, ma non sconfiggere una realtà. Se avesse portato a termine quell'attacco, Ivan l'avrebbe uccisa con ogni probabilità. Lei era una sua marionetta, lei era la sua bambina di carta, e se l'obiettivo di Raven Tail doveva essere quello di umiliare e spazzare via Fairy Tail da quei giochi non le avrebbe permesso di impedirglielo. La sua catena intorno al proprio collo era ancora troppo stretta per sentirsi libera di fare a modo suo. Doveva stare al suo posto, aveva provato a dirglielo nell'istante in cui Kurohebi aveva preso le sembianze di Laxus. Era un messaggio: doveva restare a terra, perdere quell'incontro, era quello che doveva fare per obbedire al suo ennesimo ordine. Singhiozzò, avvilita dalla rabbia e schiacciata dal terrore, ma non poteva ignorare tutto quello. Non poteva ignorare la voce di Wendy.
"Non puoi morire, vero?" quella vana speranza.
Chiuse gli occhi, strozzando le lacrime al loro interno, ma senza riuscire a impedir loro di uscire comunque. Poté così ricordarlo, il giorno in cui aveva cominciato a temere anche la morte, invece che desiderarla. Aveva imparato tante cose, aveva imparato tanti sentimenti e sicuramente il primo era stata la paura, ma non la paura di morire ma la paura del dolore. La morte era da sempre stata sinonimo di libertà e di umanità, la bramava tra le altre cose, ma ricordava il giorno in cui aveva cambiato completamente idea e aveva cominciato a temerla ciecamente. Non era stato nemmeno troppo tempo addietro, ma ricordò il giorno in cui si pensò che Lisanna fosse morta. Era il giorno del suo funerale e Laxus aveva raggiunto Priscilla sotto un albero. Le aveva lanciato addosso un cappotto scuro e le aveva detto, bruscamente: «Andiamo. Siamo in ritardo»
«Ritardo?» la voce innocente, di chi non ricordava e continuava a vivere la sua vita come se niente fosse. Il suo sguardo da bambina, l'aveva imparato tempo addietro, aveva imparato a sorridere. 
«Il funerale di Lisanna».
Priscilla si era battuta un colpo sulla fronte, sorridendo timida, e aveva confessato: «Me l'ero scordata, che scema!»
«Come puoi sorridere?» l'accenno di un rimprovero, l'irritazione di chi non comprendeva la sua illogica allegria anche in un momento come quello. Era sempre brutto quando Laxus la trattava in quel modo, anche se non ne capiva il motivo non sopportava vederlo in quello stato. L'avrebbe sempre voluto sorridente e gioviale, insieme a lei. «Possibile che la morte non abbia significato per te?!» una frase che era stata come una coltellata. No, la morte per una come lei, non aveva significato. Ma poteva dirglielo? Poteva spiegarglielo? Lui dimenticava così spesso...
«Lo fai sempre. Che sia qualcuno di lontano o vicino a noi, se si parla della morte sembra che non ti interessi e continui a sorridere in quel modo così irritante».
«Mi dispiace» aveva mormorato, rannicchiandosi nella sua colpevolezza. No, quando Laxus se la prendeva con lei per qualche motivo non le piaceva affatto. 
«Scusami» aveva sospirato lui, consapevole forse di aver esagerato. «È che... questa faccenda... Elfman e Mirajane sono veramente a pezzi» si era seduto accanto lei, pensieroso e affranto, cosa che era rara da vedere in lui. Nonostante fossero in ritardo, nonostante l'avesse appena sgridata di sbrigarsi, si sedeva al suo fianco e perdeva qualche secondo di tempo a guardare un cielo annerito che minacciava pioggia da un momento a un altro. «Senti, Pricchan... se io dovessi morire, almeno quel giorno, riusciresti a versare una lacrima?»
Se lui fosse morto. Era qualcosa che nemmeno voleva provare a pensare e solo l'averlo ipotizzato era bastato a mandarla nel panico più assoluto. Se lui fosse morto... di lei cosa ne sarebbe rimasto? Un corpo senza anima, una bambola senza neanche più il desiderio di provare ad alzarsi in piedi. Avrebbe sopportato le percosse e le minacce di suo padre per il resto della sua vita, non le sarebbe più importato. Non avrebbe più sentito nemmeno il dolore. 
«Perché...» aveva continuato Laxus timido, ma soprattutto addolorato. Era ovvio che quella faccenda l'aveva scosso enormemente, non solo per la perdita di un compagno di gilda ma perché aveva rivisto i suoi occhi riflessi in quelli di Elfman e Mirajane. E probabilmente i silenziosi ricordi che gli erano stati cancellati per anni, di una sorella che cadeva al suolo centinaia di volte, sempre più dilaniata, erano comunque tornati a galla sotto forma di orribili sensazioni. Si era rivisto sul volto di Elfman, mentre in lacrime ammetteva di fronte a tutti che era stata colpa sua. Non sapeva il perché, non ne aveva consapevolezza, ma sentiva che poteva sentire lo stesso strazio all'interno del proprio petto. E l'aveva fatto impazzire. «Perché, sai... io penso che se tu morissi, Pricchan... io credo che vorrei morire insieme a te».
La morte mai prima di quelle parole aveva avuto una consistenza tanto tetra e terrificante. Non sapeva nemmeno spiegare quale delle tante cose dette era stato lo stimolo a farle nascere quel sentimento in petto, forse l'accecante dolore di fronte all'idea che anche Laxus prima o poi sarebbe potuto morire, o forse l'idea che la propria morte sarebbe stata fonte di tanto dolore per lui. Sapeva che se suo padre l'avesse anche solo desiderato, lei sarebbe potuta morire… e per la prima volta aveva cominciato a temerlo veramente.
«Non voglio morire» un sibilo e Priscilla inginocchiata nell'arena di Crocus si abbassò, fino a sfiorare il suolo con la fronte. Pianse lacrime infinite, lacrime amare, di rabbia e dolore. «Mi dispiace» singhiozzò e i pensieri andarono a tutti i suoi compagni, che avevano tifato per lei fino a quel momento. L'intera Fairy Tail di cui si era fatta carico e portatrice, aveva giurato di vendicare Wendy, aveva promesso che avrebbe portato Fairy Tail in cima alla vetta. Sapeva che se voleva poteva farlo, c'era quasi riuscita, le bastava solo allungare una mano e avrebbe potuto regalare alla propria gilda tutta la gioia di cui aveva bisogno. Ma non l’avrebbe fatto.
«H-hai detto qualcosa?» chiese Mato, avvicinandosi timidamente a lei, intimorito forse che sarebbe potuta scoppiare nuovamente nella furia che aveva dimostrato poco prima. Ma Priscilla pianse, pianse tutte le sue lacrime rivolte alla gilda che l'amava più di ogni cosa e che lei stava per tradire. 
E tra le lacrime, infine, singhiozzò: «Mi arrendo».




NDA


*Piccola osservazione per quanto riguarda il potere di Kurohebi. Non viene molto approfondito nel manga/anime, ma Mavis accenna al fatto che lui possa usare la magia “Mimic”, ovvero una magia che permette di copiare le altre magie. Infatti, per quel poco che si vede, Kurohebi riesce ad usare ad esempio il potere della sabbia di Max. Ciò che Mavis ipotizza (e unendo il fatto che Ivan dice che Raven Tail è una gilda creata apposta per contrastare Fairy Tail) mi ha portato a pensare come canon il fatto che lui possa copiare TUTTE le magie di Fairy Tail. Perciò la sabbia di Max, ma anche la velocità di Jet o il potere del ghiaccio di Gray… e anche altri. Usando questa info ho potuto creare uno scontro plausibile xD Volevo però specificarlo, nel caso qualcuno si chiedesse da dove ho tirato fuori L’ice Hammer e tutte le altre mosse successive xD
**Sempre per chiarire, i fulmini ovviamente sono di Laxus e quindi è la sua magia copiata. Ma Kurohebi ha anche preso le sembianze di Laxus, non a caso, ma è una delle magie di Mirajane, quella che le permette di cambiare forma. Quindi è sempre la magia Mimic, usata in combinazione.

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Capitolo 49
*** Io ti libererò ***


Io ti libererò





«Si è arresa!» la voce di Chapati inondò lo stadio pochi istanti dopo, riuscendo ancora una volta a interrompere l'incredulo silenzio che si era creato. «È incredibile, dopo uno scontro mozzafiato proprio quando sembrava avere la vittoria in pugno Priscilla di Fairy Tail B si è arresa dando così la vittoria a Raven Tail! Altri dieci punti vengono aggiunti alla gilda che sembra ora essere inarrestabile!» continuò, animandosi e agitandosi tanto da dimenticarsi della parrucca volata via un attimo prima. Il pubblico nell'intero stadio lentamente cominciò a tifare ed entusiasmarsi per la vittoria di Raven Tail, ma molti di loro restarono dubbiosi su quanto accaduto, altri invece trovarono in quel gesto la conferma della mediocrità di Fairy Tail. Nessuno di quelle voci Priscilla riuscì a sentire, ma continuò a piangere disperata, singhiozzando e lamentandosi. Si mise a sedere sui propri talloni, liberando le mani dalla sabbia in cui aveva artigliato le dita, e se le portò al volto per coprirsi e asciugarsi. Era una maledizione da cui sentiva non sarebbe mai riuscita a sfuggire, condannata per l'eternità, tanto da portarla a tradire coloro che avevano più fiducia in lei. Mai come in quel momento si era sentita sporca e vigliacca, mai come in quel momento aveva desiderato strapparsi via il simbolo dal palmo della mano. Natsu aveva fatto di tutto per regalare a loro anche solo due punti, aveva parlato dell'amore per i propri compagni, del desiderio di ridar loro la gioia, di sottrarli al dolore di essere sempre ultimi e derisi. E dopo tutto quello lei regalava dieci punti all'avversario volontariamente. Sottomessa al gioco maligno di Ivan Dreyar, era la sua bambina di carta, la sua marionetta, mai sarebbe stato diversamente per quanto l'avesse desiderato e sognato. Lei era sua. E lo odiava, si odiava, con tutta se stessa.
Qualcosa le cadde sulla testa, un peso delicato e scaldante, che la coprì fino a terra. Venne presa per un polso e trascinata via, delicatamente. Ordine a cui non si oppose, benché non aprisse gli occhi per assicurarsi chi fosse e dove la stesse portando.  Si alzò, a occhi chiusi, continuando a rovesciare lacrime anche se ben nascosta da quell'enorme cappotto, seguì Laxus che la tirò fin dentro lo stadio. 
«Mi dispiace» singhiozzò ancora, provando ad aprire un occhio e guardarlo. Camminava davanti a lei, silenzioso e teso, continuando a tirarla lungo il corridoio buio che dall'arena portava all'interno dello stadio. Pianse ancora più forte, interpretando quel suo silenzio come delusione, e tornò a coprirsi gli occhi. Tirò indietro il polso, sottraendosi alla sua presa, e indietreggiò prendendo le distanze. Lui si voltò e si allungò rapidamente, riafferrandole il polso e tirandola ancora, ma di nuovo Priscilla si tirò indietro e cercò di sottrarsi alla sua presa.
«No» mugolò. «Non voglio tornare da loro» confessò, per quanto riuscisse a parlare smossa dai singhiozzi. «Vi ho traditi. Vi ho delusi. Mi dispiace».
«Ma di cosa stai parlando?» la rimproverò lui, prendendola di nuovo per un polso e deciso questa volta a non lasciarla andare. Ma lei non smise di piangere e ripeté ancora, tra i singhiozzi: «Mi dispiace tanto!»
Laxus la tirò in avanti, verso di lui, e con un lungo passo eliminò definitivamente la distanza tra loro. L'abbracciò, immergendo il volto tra i suoi capelli, le avvolse un braccio intorno alle spalle a la strinse a sé con una forza tale che le fece quasi male. Le dita infilate tra i suoi capelli, a premerla contro la propria spalla, strinse tanto che avrebbe potuto strapparglieli. 
«Non farmi mai più preoccupare in questo modo» le sussurrò vicino all'orecchio, in un sospiro liberatorio e ora rasserenato. Era come se avesse tenuto il fiato fino a quel momento e solo allora avesse concesso ai propri polmoni di liberarsi.
«Preoccupare?» balbettò lei, sorpresa, lasciando che in quella presa stritolatoria Laxus sfogasse tutti i nervi che erano stati tesi fino a quel momento. 
«L'istante in cui hai dissolto la tua magia e sei caduta a terra, io...» la strinse ancora di più, teso, senza riuscire a terminare la frase. Si corrucciò e si sforzò ancora di più, nel tentativo di pronunciare: «Io...» ma anche solo pensarci era un'eventualità troppo dolorosa. 
«Hai pensato... mi avesse uccisa» mormorò Priscilla comprendendo le parole che avrebbe voluto dirle ma che con tale difficoltà riusciva persino a pronunciare. Aveva mai sentito dentro sé, prima di allora, una tale dolcezza? Di fronte alla più bruciante delle sconfitte, di fronte a un pilastro dei loro ideali che Priscilla aveva brutalmente abbattuto, quello di non arrendersi mai, di non fermarsi mai, lui neanche aveva dato considerazione a tutto quello. Era corso giù dalla balconata, lungo i corridoi, nell'istante in cui l'aveva vista cadere a terra, la mente annebbiata solo da quell'accecante e soffocante eventualità. Le tornò nuovamente in mente il giorno del funerale di Lisanna, la tristezza nei suoi occhi mentre tremava al pensiero che un giorno sarebbe potuta morire. Nonostante tutto, quella tristezza, non l'aveva persa. E per quanto fosse egoista era comunque bello sapere che qualsiasi cosa sarebbe successa lui non avrebbe mai smesso di amarla a tal punto da desiderare di morire insieme a lei. Fu talmente scaldante che persino le lacrime versate fino a quel momento smisero di uscire, a discapito di tutto il dolore provato. Si sentì pervadere dal tepore di quella sensazione, il calore che partiva dal suo petto e la irradiava, fino alle guance. Si ammorbidì all'interno di quella presa, poggiando la fronte sul suo collo, le mani delicatamente poggiate sul suo petto, restò chiusa all'interno di quel bozzolo come una farfalla pigra che non avrebbe voluto mai rompere la propria crisalide. Disposta a rinunciare al proprio giorno di vita all'aria aperta, per godere di tutto ciò che quella preziosa crisalide aveva da offrirgli. 
«Mi fai male, Laxus» ridacchiò timidamente, sentendo come ancora i muscoli tesi del ragazzo sembrassero intenzionati a stritolarla. Lui sospirò ancora e permise a tutta la tensione di fuoriuscire con quell'ultimo respiro. Si ammorbidì, ma non la lasciò andare. Sollevò il collo indolenzito da quella posizione ripiegata, ma era ancora troppo scosso per riuscire a separarsene del tutto. Poggiò la propria fronte su quella di Priscilla, continuando a respirare ritmicamente per cercare la pace. E lei da lì sotto guardò divertita le rughe del suo volto che pian piano si distendevano, così vicine a lei in quel momento. Sorrise, sempre più intenerita, sempre più felice. Nessuna parola valeva il confronto con l'averlo così vicino a sé, debole in quell'espressione che faticava a far tornare al suo posto. Leggeva sul suo volto tutta la preoccupazione di cui aveva parlato fino a quel momento ed era estremamente raro vederlo  cedere a una simile debolezza. Mostrare i propri sentimenti, non era qualcosa che gli succedeva spesso, troppo orgoglioso persino per ammettere di averceli dei sentimenti. Sollevò una mano e la poggiò delicata sulla sua guancia. Il tocco delle sue dita, leggere come un soffio di vento, aiutavano quelle rughe di rabbia e tensione a sparire più velocemente. 
«Ti libererò» disse lui, prima che quei sentimenti di apprensione sparissero del tutto. «Troverò un modo».
«Lo so» rispose lei più convinta di quanto si fosse aspettato. Riaprì gli occhi, trovando quelli di Priscilla così vicini ai suoi a causa delle loro fronti che ancora si toccavano. Sorrideva, sorrideva di una grazia e un'armonia che mai avrebbe potuto vedere sul viso di qualcun altro. Aveva appena affrontato il peggiore dei suoi incubi, aveva appena perso contro quello stesso incubo, si era lasciata inghiottire del tutto, si era portata addosso il peso di quella sconfitta come fosse stato il peggior tradimento che avesse potuto rivolgere alle persone che amava. Eppure ora sorrideva in quel modo, grazie a quelle poche parole che lui le aveva detto, come se non avesse nessun dubbio a riguardo.
«Tu puoi fare qualsiasi cosa, Dio del tuono» sorrise luminosa e gli accarezzò con un polpastrello la guancia su cui ancora teneva poggiata la propria mano. Non c'era nemmeno l'ombra di un timore, di un dubbio, in quegli occhi brillanti e sorridenti. La fiducia che riponeva in lui era superiore a qualsiasi cosa. Ricordava quegli occhi, quante volte ci aveva giocato inventando qualche assurda storia su delle avventure che diceva di aver affrontato ma che mai erano vere. Poteva raccontarle qualsiasi cosa, poteva persino dirle di aver sconfitto un drago a mani nude, e lei assurdamente gli credeva. Gli credeva sempre, mai riusciva a mettere in dubbio la sua forza nemmeno di fronte alle più grandi evidenze. Lo idealizzava decisamente troppo, per quanto facesse bene al suo ego e lo spronasse a non volerla mai deludere, sentiva che niente di tutto quello era giusto. Lui non aveva fatto altro che farla soffrire per tutta la sua vita, persino Kurohebi lo sapeva ed era solo quello il motivo che l'aveva spinto ad assumere le sue sembianze per potersi conquistare la vittoria. Era stato così doloroso, vedere come l'incubo peggiore che Priscilla avesse, tanto da destabilizzarla e portarla a perdere, fosse lui stesso. E nonostante tutto lei era sempre lì, a sorridergli con quegli occhi brillanti e baciarlo le notti troppo ubriache per riuscire a capire cosa stesse facendo. Perché? Perché provava quei sentimenti verso di lui? Perché l'aveva baciato la sera prima? E continuava a restare un passo indietro a lui, come se seguirlo e basta, come un'ombra, fosse più che sufficiente. Come se tra i due fosse lei quella che non si meritava niente. Come se fosse colpa sua. Tornò a chiudere gli occhi, a corrucciarsi, e schiacciò maggiormente la fronte contro la sua. Afferrò le dita della mano di Priscilla ancora poggiata sul suo volto e le strinse, come se avesse voluto levarle da lì ma non ne avesse avuta la forza.
Un tormento interno, strano agli occhi di Priscilla che non aveva idea di cosa avesse per la testa.
«Laxus?» chiese, preoccupata, chiedendosi cosa lo tormentasse in quel momento.
«Pricchan...» mormorò, serrando gli occhi e irrigidendosi ancora di più. Quanto poteva essere forte il suo egoismo per non riuscire a trovare la forza di mettere un muro definitivo tra loro? Per non riuscire a proteggerla e difenderla dall'ennesimo abbaglio, probabilmente sempre causato dalla follia di un padre che le aveva inculcato nella testa le cose peggiori che avesse potuto inculcare in un essere vivente. Quanto poteva essere grande il suo egoismo per arrivare a desiderare che lei commettesse ancora la follia della sera prima… approfittare della sua debolezza per assaggiare nuovamente le sue labbra. Folle, folle ed egoista.
«Pricchan!» le voci di molti dei loro compagni risuonarono in coro lungo il corridoio, alla loro destra. Voltarono entrambi appena gli occhi, senza muoversi dalla loro posizione, attirati dal loro fracasso. Lucy, Levy ed Erza inchiodarono nell'istante in cui li videro abbracciati e con i volti così vicini tra loro, lasciandosi sfuggire un «Iiiih»  e un brivido le percorse tanto che si scossero come fossero animali. Fecero immediatamente retro-front e insieme ad Evergreen e Cana afferrarono il resto dei loro compagni, compresa Erza stessa che si era completamente paralizzata e Lluvia che era per poco svenuta, e trascinandoli via dissero: «Non fa niente, torniamo più tardi!» 
«Che è successo?» chiese Laxus guardando sbigottito le ragazze che si allontanavano in quel modo sospetto.
«Vorrei poter dire che non lo so, ma temo di averne un'idea» sospirò Priscilla, abbattuta e imbarazzata. Non ci volle molto anche per Laxus per riuscire a intuire a che si riferisse, bastò tornare con i piedi per terra e guardare la situazione più lucidamente. I loro visi erano così vicini che si potevano sfiorare e certo quelle carezze e quegli abbracci potevano anche essere fraintendibili. Increspò le sopracciglia e lievemente rosso in volto prese un minimo le distanze, pur restando ancora aggrappato alle sue spalle. 
«Pricchan!» l'urlo di Makarov fu completamente diverso da quello degli altri compagni:  era colmo di gioia e saltava per il corridoio come una capretta sui monti. Saltò in testa ai membri di Fairy Tail per superarli e correre incontro ai due nipoti, quando Erza improvvisamente rianimata e folgorata da una carica combattiva ordinò ai suoi compagni: «Fermatelo immediatamente!» puntando un dito contro il vecchio che li aveva superati. Senza capire bene il perché di quell'ordine Jet, Droy, Macao, Wakaba e Elfman provarono comunque ad afferrarlo, senza riuscirci. Il vecchietto sgusciava via come un serpente e continuava a saltellare. 
«Ice Make!» intervenne addirittura Gray, pronto a bloccare la via a Makarov con l'uso coatto della magia ma quest'ultimo roteando e ingrossando la propria mano lo colpì prima che potesse fare qualcosa. Makarov ribalzò poi sulla testa di Natsu, che era saltato come un animale che braccava la propria preda, e con quello slancio si lanciò a braccia aperte contro Priscilla. Piazzò una mano in faccia a Laxus, spingendolo malamente a terra con uno scocciato: «Togliti tu» e infine assalì Priscilla con gioia e foga.
«Ohy, vecchio!» lo rimproverò Laxus, irritato per il trattamento, ma non ebbe cuore di continuare a brontolare quando lo vide praticamente in lacrime che abbracciava una divertita Priscilla che rideva senza freni. 
«Makarov's Hand! Che magia sublime!» piagnucolò Makarov, stritolando il collo della ragazza in un abbraccio e strofinando la propria rugosa guancia contro la sua. 
«Sarebbe Master's Hand, a dire il vero» rise Priscilla.
«Elegante» pianse ancora Makarov.
«A me sembrava terrificante» commentò Lucy, avvicinandosi a lei. Tanto ormai la magia del romanticismo era stata rotta, non c'era molto che potessero fare per ripristinarla. 
«Che potenza! Che stile!» insisté Makarov.
«Sei un po' di parte, Master?» disse Macao.
«La farò diventare una delle magie sacre di Fairy Tail» concluse Makarov, illuminandosi. 
«Sei decisamente di parte» ridacchiò Levy.
«E comunque non sei tu che decidi, sesto» mormorò lo spirito di Mavis, lì insieme a loro.
«Oh! La metteremo ai voti! Chi è d'accordo?» e alzò un braccio teso, tesissimo, tanto che avrebbe potuto toccare il soffitto. Ma fu il solo. «Perfetto, è deciso! Allora Makarov's Hand è da oggi una magia sacra di Fairy Tail!»
«È Master's Hand» lo corresse ancora Priscilla.
«Sei stato l'unico a votare!» lo rimproverò Macao e lui rispose burbero: «Sono il master, il mio voto è assoluto!»
«Io voto contraria» alzò la mano Mavis ed essendo lei oltre che master anche fondatrice, secondo la logica di Makarov, aveva sicuramente più potere decisionale di lui. Il vecchio spalancò la bocca e si lasciò andare a un verso abbattuto e demoralizzato, mentre il resto dei loro compagni scoppiavano a ridere divertiti da quella reazione. Priscilla, ancora segregata tra le braccia di Makarov, ridacchiò qualche secondo altrettanto divertita ma per qualche motivo quella risata si trasformò presto in un  pianto senza controllo. Affondò il volto sulla spalla di suo nonno e lentamente diede sfogo a tutte le lacrime e al dolore, mentre lui ora di nuovo serio le poggiava una mano sulla spalla e una sulla testa per consolarla. 
«Mi dispiace tanto» mugolò tra i singhiozzi, confessando così quale fosse il motivo di quell'improvvisa e profonda tristezza. Lei li aveva traditi, sentiva di averli traditi profondamente, eppure loro erano tutti lì a ridere e scherzare, addirittura complimentarsi per una mossa nuova. Nessuno, nemmeno per un istante, aveva accennato al dispiacere di quella sconfitta, come se non ci fosse stata nessuna sconfitta. Persino Natsu, dopo quel magnifico discorso sul non arrendersi, era lì a ridere insieme a loro, insieme a lei che si era arresa! 
«Sei proprio una stupida, Priscilla» gracchiò Makarov, cercando la sua mano destra e prendendola saldamente. Prese le bende che fasciavano il suo simbolo, sul palmo, e lentamente le sciolse portandolo di nuovo alla luce. «Quanto volte dovrò ripetertelo che anche tu fai parte di questa famiglia? Continui a coprirlo e non capisci che vedertelo addosso è il nostro più grande orgoglio».
«Hai fatto venire i capelli bianchi a quel Kurohebi!» ridacchiò Lucy, orgogliosa. 
«L'ho visto chiaramente farsela nei pantaloni» rise Cana, nello stesso stato d'animo dell'amica. 
«L'intero stadio era ammutolito, hai lasciato tutti senza parole!» saltellò Levy, altrettanto felice.
«Grazie a te, difficilmente la gente che uscirà di qua si dimenticherà del nome di Fairy Tail» disse Jet, alzando un pollice in segno di vittoria.
«Anche io ho fatto parlare di Fairy Tail, perché nessuno mi ha acclamato in questo modo?» bofonchiò Natsu, geloso di tutte quelle attenzioni che non erano rivolte a lui.
«Perché la tua esecuzione ha fatto schifo» rispose secco Warren.
«Anche se hai portato due punti» si unì Droy.
«Patetico» annuì Macao.
«È stato imbarazzante» si unì anche Wakaba, demolendo così a poco a poco l'autostima e l'orgoglio del ragazzo, che si lasciò andare a terra come un gelato sciolto al sole. Scoppiarono a ridere nel vederlo in quella ridicola posizione, risata a cui persino Pricilla non riuscì a trattenersi nell'essere coinvolta. Strinse ancora suo nonno, in un abbraccio sollevato e bisognoso. 
«Grazie» sussurrò infine, stimolando così Makarov ad accarezzarle ancora testa e spalla, cercando di rassicurarla. «Nessuna maledizione scioglierà mai i nostri legami. Questo è importante che te lo ricordi» le disse ancora e lei, finalmente sollevata anche se non intenzionata a separarsi da lui, non ancora, annuì e sorrise. 
«Preghiamo tutti i nostri ospiti di tornare ai propri posti. Il secondo incontro del giorno sta per avere inizio» comunicò una voce all'interfono e Elfman alzò i pugni al cielo, urlando entusiasta: «Tocca a me!»
«Metticela tutta, Elf-niichan!» disse Lisanna, stringendo i pugni. 
«Pricchan, vuoi fare un salto in infermeria?» chiese Mirajane, premurosa. 
«Ti accompagnamo» si unì Lisanna e lei lasciando finalmente andare suo nonno, mostrò fiera e orgogliosa un brillante sorriso risollevato. Negò con la testa e disse, allegra: «Voglio seguire gli incontri e fare il tifo per Elfman!»
«Come un uomo!» ruggì Elfman alzando i pugni per aria e Priscilla scoppiò a ridere, esclamando divertita: «Non significa niente!»
«Rinunciaci, fidati» sospirò Evergreen, sventolandosi sempre altezzosa con il proprio ventaglio. 
«Io vado!» disse lui determinato, anche se ora si poteva notare sul suo volto una vena preoccupata.
«Contro chi dovrà vedersela?» chiese Priscilla, alzandosi da terra e rimettendosi finalmente in piedi.
«Baccus di Quatro Cerberus» rispose Mirajane e Priscilla si voltò verso Cana, chiedendo sorpresa: «Non è il tizio che ti ha battuto ieri sera a bevute?» 
«E si è preso il mio reggiseno!» ruggì Cana, furibonda. «Elfman! Se ti azzardi a perdere ti spacco la faccia!» abbaiò. 
«Andiamo, Cana!» incitò Lisanna, prima di correre verso la propria tribuna. Si allontanarono rapidamente tutti quanti, diretti ai propri spalti pronti a riprendere con un tifo incontrollato. Lucy ed Erza tornarono al balconcino della loro squadra insieme a Natsu e Gray e infine anche Priscilla fece ritorno al proprio balcone insieme al resto della sua squadra. 
Elfman era già nell'arena, di fronte a Baccus, e stavano aspettando la fine delle presentazioni iniziali per dare il via dell'incontro. Priscilla si mise nuovamente appoggiata alla balaustra, per guardare meglio, quando notando Laxus al suo fianco le venne in mente di restituirgli il cappotto che ancora aveva sulle spalle. 
«Tienilo» le ordinò. «Nasconderà le ferite che si rimarginano. Eviteremo di attirare l'attenzione».
«Ok» arrossì, stringendocisi di più all'interno. Portava il suo profumo e il suo calore, averlo sulle spalle era come un delicato abbraccio. «Grazie» mormorò, cercando di tornare all'incontro, anche se fu difficile concentrarsi su di esso per i successivi minuti. Era tornato serio e distaccato nell'istante in cui erano arrivati tutti gli altri, ma quelle immagini, la passione del suo abbraccio, la dolcezza delle sue parole, erano tutte cose che non avrebbe dimenticato facilmente. 
L'incontro iniziò e bastò pochi minuti per portare subito Baccus in vantaggio, di fronte a un Elfman mal ridotto che neanche riusciva a sfiorarlo. A peggiorare lo stato d'animo di Elfman c'era anche la ridicola scommessa che Baccus il pervertito aveva lanciato a inizio incontro: se avesse vinto lui, Elfman avrebbe dovuto concedergli di passare una notte insieme a Mirajane e Lisanna. Solo l'idea era bastata a mandare Elfman su tutte le furie, aveva dato il meglio di sé, ma la disparità era accecante. Per l'ennesima volta Elfman tentò un Take Over con un altro dei mostri di cui aveva preso possesso in passato, ma ancora una volta Baccus sgusciò via come un'anguilla, schivò il colpo e portò il palmo della mano contro il suo mento facendolo roteare via. Faceva movimenti precisi, ma del tutto imprevedibili, si muoveva secondo uno stile che mai nessuno aveva visto. Eppure era tutto ben calcolato, visto come riuscisse a schivare ogni singolo colpo e penetrare nella difesa avversaria al momento opportuno. Ancora un colpo, ancora un Take Over a vuoto, e Elfman si ritrovò ancora una volta a terra. 
«Quel tipo è pericoloso» commentò Laxus, osservando con attenzione l'incontro.
«Non arrenderti, Elfman!» ruggì Priscilla, sperando di poter almeno in parte contribuire al suo stato d'animo. 
«Elfman sarà in grado di rialzarsi?» chiese Chapati, ma pochi secondi dopo lo vide rimettersi in piedi. Nonostante fosse in grave svantaggio il sorriso non aveva abbandonato il suo volto, sicuro di sé, sapeva che avrebbe trovato il modo per vincere. 
«Ehy, allupato» disse Elfman, sghignazzando. «Non abbiamo ancora deciso che succede se vinco io».
«Non credo sia importante, visto che non hai speranze, ma di' pure» concordò Baccus.
«Se vinco io dovrai cambiare il nome della tua gilda in "Quattro Cuccioletti" fino alla fine dei Giochi» sorrise Elfman e Baccus stesso a sentire quel nome non riuscì a trattenere una risata, benché fosse dispregiativa nei suoi confronti. «Ok, ok» disse infine, sporgendosi a prendere la propria fiasca di alcol che era rimasta intonsa fino a quel momento. «Allora direi di finirla alla svelta».
«Beve?» chiese Priscilla, storcendo il naso.
«Il falco ubriaco» mormorò Mirajane, preoccupata. «Ho sentito ieri Erza che ne parlava. Più beve e più la sua forza aumenta».
«Eh?! Allora sarà ancora più difficile!» esclamò Priscilla, sporgendosi per guardare meglio. «Non abbatterti Elfman! Mostragli quanto sai essere uomo!»
«Beast Soul!» richiamò Elfman e la sua pelle cominciò nuovamente a mutare, mentre di fronte a lui Baccus si metteva in una bizzarra posizione di attacco. Quest’ultimo scattò verso di lui con una rapidità tale che fu quasi impossibile vederlo e riuscì a colpirlo almeno una decina di volte in un solo secondo, esclamando infine vittorioso: «È tutto inutile!»
Ma qualcosa lo distolse dal suo attimo di gloria, un dolore accecante laddove non si sarebbe aspettato: le sue mani erano completamente ricoperte di tagli, lividi e ferite.
«Che diamine è successo alle mie mani?»
«Uomo lucertola» grugnì Elfman, mostrandosi infine nella polvere. La pelle ricoperta di scaglie, completamente, alcune ancora gocciolanti di sangue a dimostrare che erano state loro la causa di tutto quello. «Anche se non posso colpirti, tu devi pur sempre colpire me! Fatti sotto! Vediamo se si romperà prima la mia corazza o le tue mani».
«Geniale» mormorò Priscilla, con gli occhi brillanti per l'emozione e ancora si sporse, sempre più. Laxus al suo fianco sbuffò scocciato e per l'ennesima volta la prese per il colletto e la riportò indietro, rimettendola con i piedi per terra. Erano solo al secondo giorno e già l'aveva dovuto fare un sacco di volte, era incredibile, non imparava mai. 
«È un po' azzardata» commentò Lluvia.
«Uno scontro di logoramento, potrebbe essere rischioso ma è una buona strategia» si unì Mirajane, tesa per lo scontro che vedeva coinvolto suo fratello. I due uomini si lanciarono nuovamente l'uno contro l'altro, entrambi sorridenti di sicurezza ed eccitazione. Ero uno scontro emozionante, iniziato con una chiara disparità ora portava a chiedersi chi dei due avrebbe ceduto prima. Colpo su colpo, Baccus anche con le mani sanguinanti non diede tregua alla corazza di Elfman che accusava ogni colpo con maestria. E proseguirono, minuto dopo minuto, mentre dal pubblico ormai era difficile anche sentir volare una mosca, tutti col fiato sospeso. Fino a quando entrambi, stremati, non caddero in ginocchio l'uno di fronte all'altro. 
«Ti chiami Elfman, eh?» tremò Baccus, prima di rialzarsi e puntare le braccia al cielo.
«Baccus è in piedi!» annunciò Chapati, sapendo che quella sarebbe stata probabilmente la fine dell'incontro. 
«Lo sai...» mormorò ancora Baccus, prima di lasciarsi cadere all'indietro e andare a terra. «Sei un vero uomo» ridacchiò, ormai privo di forze. 
«È a terra!» esclamò di nuovo Priscilla, sporgendosi dalla balaustra in punta di piedi, con Laxus che ormai come un riflesso la riprendeva e la tirava indietro. 
«Baccus è a terra!» dichiarò ancora Chapati. «L'incontro è finito! Elfman è il vincitore!»
Mirajane con le lacrime agli occhi per l'emozione sorrise felice, insieme a Lluvia, mentre accanto a loro Priscilla aveva cominciato a saltare per l'euforia. Nello stadio un coro eccitato, un urlo di emozione, e anche al balcone di Fairy Tail A e sulle tribune di Fairy Tail non ci furono che salti e festeggiamenti. 
«Il vincitore è Elfman, regalando così a Fairy Tail i suoi primi dieci punti!» l'emozione per un simile evento fu sicuramente doppia, vista la fama che aveva Fairy Tail vederla finalmente vittoriosa regalò una ventata di novità e eccitazione. Il tifo durò per minuti interi, persino mentre i due giocatori venivano portati via verso l'infermeria. «Vado a vedere come sta!» disse Priscilla, scappando via subito dopo senza neanche dare tempo agli altri di rendersi conto di cosa stesse accadendo. Entrò in infermeria praticamente sbattendo la porta, con la solita grazia che non la caratterizzava, ed urlò emozionata: «Elfman!» 
Si tuffò sul letto dove Elfman era stato adagiato, mentre Polushka terminava le varie medicazioni, e si appoggiò al bordo di questo gongolando di felicità. «Eccezionale! Sei stato eccezionale!»
«Faremo tesoro della forza d'animo che ci hai trasmesso» annuì Erza, al suo fianco.
«Parlate come se fossi morto» sbuffò Elfman, sentendosi in imbarazzo. 
«Però è stato davvero emozionante» annuì Wendy, in piedi anche lei vicino al letto. Priscilla parve accorgersi di lei solo in quel momento e si illuminò ancora di più, prima di lanciarsi al collo della bambina e stritolarla con un entusiasta: «Wendy! Stai bene!»
«È sovraeccitata» ridacchiò Lucy, vedendo come Priscilla non facesse che urlare e saltare da tutte le parti. «Meno male, vuol dire che sta bene ed è tornata la solita» disse Lisanna. 
«Mi dispiace, ma in queste condizioni non credo di poter partecipare ai prossimi incontri» sospirò Elfman, prima di guardare Wendy che cercava di sopravvivere all'abbraccio stritolatore di Priscilla. «Lascio tutto a te, ora, Wendy».
«Ce la metterò tutta!» disse Wendy, felice, ignorando la ragazza che ancora l'abbracciava e strusciava la propria guancia sulla testa della bimba. 
«Ora ha bisogno di riposare» intervenne Polushka. «Ed è bene che torniate a guardare gli incontri, osservare il nemico è la prima mossa vincente».
«Tranquilli, resteranno i Raijinshuu a proteggerlo» disse Fried. «Le mie rune impediranno agli estranei di entrare».
«Proteggerlo?» chiese Priscilla, guardando curiosa il trio.
«Raven Tail aveva mandato poco fa un gruppo di mercenari per rapire Lucy» spiegò Charle, con un sospiro.
«Raven Tail? Di nuovo?» chiese Priscilla, sgranando gli occhi. 
«Ma hanno sbagliato e hanno preso me e Charle» sospirò infine Wendy e Priscilla parve prendere improvvisamente fuoco dalla furia, ringhiando come un animale:«Cosa hanno fatto a te e Charle?»
«Tranquilla, Natsu-san ci ha salvate» cercò di calmarla Wendy, inutilmente.
«Beh, comunque sia, non permetteremo che attacchino una seconda volta questo posto» si fece avanti Evergreen. «Potete starne certi».
«E nel caso in cui Elfman abbia bisogno di compagnia per riposare, possiamo sempre contare sul sostegno della nostra Ever» ridacchiò Bickslow spingendo la donna malcapitata sul letto, sopra Elfman. 
«Smettetela con questa storia!» ruggirono entrambi, rossi in volto, mentre il resto del gruppo cominciò a ridere divertito. Il rumore degli applausi e dei fischi che provenivano dalle tribune attirò la loro attenzione, facevano certamente più chiasso e rumore del solito e per questo lo trovarono curioso.
«Hanno già ripreso?» chiese Lucy, sorpresa. 
«A chi toccava adesso?» chiese Natsu.
«Non doveva combattere il tizio canino di Lamia Scale?» chiese Gray.
«Quanto entusiasmo, chissà che staranno combinando» osservò Lucy, sempre più sorpresa.
«Andiamo a vedere Toby, Wendy!» disse Priscilla con entusiasmo, prendendo la bambina per un braccio e cominciando a correre lungo il corridoio.
«Aspetta, Priscilla-nee! Io sono nell'altra squadra!» tentò invano di gridare lei, non potendo controllare l'entusiasmo con cui la ragazza la tirava durante la sua corsa. Arrivarono al balcone di Fairy Tail B che Priscilla ancora la tirava con decisamente troppo entusiasmo per rendersi conto dell'errore e quando Laxus le vide arrivare la domanda fu spontanea: «E lei?»
«C'è stato un errore» piagnucolò Wendy. 
«Dov'è Toby-chan?» chiese Priscilla, ignorando i due e avvicinandosi alla balaustra. Wendy si rimise finalmente in piedi e d'istinto anche lei portò lo sguardo all'arena, curiosa di vedere l'incontro che si stava svolgendo, ma entrambe si trovarono fortemente deluse e sconvolte. 
«Che succede?!» gridarono, sbiancando. 
Mirajane era al centro dell'arena, di fronte a Jenny, l'ex modella che faceva parte della squadra di Blue Pegasus. Entrambe in costume da bagno, assumevano in continuazione pose provocanti tipiche da ragazze copertina, sotto le urla sempre più caotiche del pubblico eccitato. 
«Volevano fare una pausa e hanno chiamato quelle due per intrattenere il pubblico nel frattempo, vista la loro fama» spiegò Gajeel. 
«Ma alla fine si è trasformata in una gara di pin-up» sospirò Lluvia.
«E sono tutti d'accordo?» sibilò Priscilla, guardando sempre più sconvolta le due che ancora cambiavano posizione.
«Così pare» sospirò nuovamente Lluvia, quando ancora Mirajane e Jenny cambiarono posa.
«È imbarazzante» sibilò Priscilla, arrossendo nel vedere quanto poco pudore le due avessero nella scelta delle pose. Lanciò istintivamente uno sguardo a Laxus, al suo fianco, che pareva una statua di bronzo. Che stessero combattendo o meno, aveva sempre la stessa faccia concentrata, ma certo quello non era un combattimento che meritava di essere studiato così attentamente. Con uno scatto felino fece volare la propria mano verso la sua faccia, piazzandosi sopra i suoi occhi per coprirli con una tale rabbia che al contatto improvviso avvenne lo schiocco simile a uno schiaffo. Laxus addirittura ne venne leggermente destabilizzato, portando indietro la testa e lasciandosi sfuggire dalla gola un lamento per il dolore del colpo. 
«Abbi un po' di rispetto per la tua compagna di squadra!» lo rimproverò, cercando in quella scusa il motivo di tanta ira.
«Non capisco di cosa parli» provò a rispondere lui, ma questo certo non convinse Priscilla a togliergli la mano da davanti agli occhi e lui si rassegnò all'idea di starsene in quelle condizioni per i successivi minuti. 
«Un attimo solo!» la voce della rappresentante di Mermaid Heel echeggiò nello stadio, mentre lei e due delle sue compagne comparivano nell'arena, non troppo lontano dalle due sfidanti. In costume da bagno anche loro, assunsero una posa di gruppo che avrebbe fatto perfettamente da copertina a qualche rivista. «Quando si tratta di bellezza unita a forza, Mermaid Heel sono la numero uno!» esclamò e il pubblico si infervorò ancora di più.
«Fermi tutti!» la voce femminile e squillante di Cherry comparve poco dopo e lei, insieme a Cheria, la sua cuginetta, fece il suo ingresso abbracciandosi in un'altra posa da copertina. «Voi ragazze non avete abbastanza amore! Se pensate di soddisfare il pubblico posando semplicemente in costume da bagno, avete fatto un grosso errore!» disse.
«È tutta questione di amore, senza amore non potete batterci!» diede sostegno Cheria.
«Cherry!» urlò Priscilla, portandosi entrambe le mani alla testa per la disperazione. «Sta diventando virale, è terribile!»
«Succedono anche cose come queste durante i giochi?» chiese Wendy, portandosi le mani al viso arrossato.
Priscilla fulminò nuovamente Laxus che ora senza mano a coprirgli gli occhi aveva osato provare ad aprire un occhio. E lo colpì nuovamente, più forte di prima, coprendogli la vista e facendolo lamentare ancora per il dolore. 
«Su su, non è il momento di starsene con le mani in mano!» Mavis comparve improvvisamente davanti al loro balconcino, facendole sussultare. «Le altre stanno già scendendo in campo! È tempo di far vedere di che pasta è fatta la nostra Fairy Tail!»
«Sta' scherzando, vero?» sussultò Priscilla, indietreggiando. 
«Ho portato costumi anche per voi!» sorrise allegra Mavis mostrando orgogliosa i due indumenti.
«Non voglio!» pianse Wendy, ma Mavis afferrò entrambe le ragazze per la maglia e le trascinò al centro dell'arena ignorando le loro urla e i loro pianti disperati. Priscilla tentò inutilmente, addirittura, di allungare una mano verso Laxus sperando nel suo aiuto ma lui restò ancora una volta impassibile deciso a non mettere bocca in quella ridicola situazione. 
Arrivarono in mezzo alle altre e si guardarono attorno in un misto tra l'imbarazzo e lo sconvolto, chiedendosi perché mai fossero state coinvolte in tutto quello. Solo in un secondo momento, sentendo qualcosa di strano, abbassarono lo sguardo ai propri vestiti scoprendo che non li avevano più addosso ma Mavis aveva già provveduto a cambiarle senza che potessero accorgersene. 
«Quando è successo?!» strillò Priscilla, cercando di coprirsi con imbarazzo con il cappotto di Laxus che aveva ancora sulle spalle -E che Mavis le aveva lasciato su per qualche strana benedizione.
«Priscilla-nee non mi sento a mio agio» piagnucolò Wendy, cercando di coprirsi. 
«Siete arrivate, finalmente» disse Lluvia avvicinandole. 
«Ma tu eri con noi!!!» sussultò ancora Priscilla. 
«Quando sei scesa?» si unì Wendy, altrettanto sorpresa. Lluvia ridacchiò graziosamente, portandosi una timida mano alle labbra e infine spiegò: «Se si tratta di gare in costume da bagno nessuno può battere Lluvia, Signora dell'acqua» per poi girarsi verso gli spalti e urlare: «Gray-sama! Guarda Lluvia! Sono qua!»
«Voleva mettersi in mostra» mormorò Priscilla, scoraggiata dal comportamento della ragazza follemente innamorata. Un braccio avvolse le spalle di Priscilla e il delicato peso di Cana la spinse quasi a terra nella sua poca femminilità. Sghignazzò, guardandola in un modo decisamente sinistro. 
«Sei tutta nuda sotto quel cappotto, mattacchiona» la riprese, facendola arrossire per l'imbarazzo.
«Anche tu sei in bikini!» provò a difendersi, chiedendosi cosa avesse da ridere in quel modo. Almeno lei in qualche modo riusciva a coprirsi, anche se solo in parte. 
«Sì, ma io non ho su il cappotto del mio uomo, così adesso quando se lo rimetterà porterà con sé il ricordo e l'odore di questa stoffa a diretto contatto con la tua pelle nuda» ridacchiò ancora infilando una mano all'interno del cappotto e cominciando a palparla ovunque riuscisse. Priscilla completamente rossa in volto le piazzò una mano sulla faccia, nel tentativo di allontanarla, ma Cana, come ormai faceva da sempre, divenne sempre più appiccicosa e insistente. 
«Vedo e non vedo, brava, è sexy! Gli uomini impazziscono per le donne che nude indossano solo i loro vestiti» rise ancora infilando entrambe le mani sotto al suo cappotto e cominciando con lei una vera e propria guerra di palpeggio. Fino a quando Cana vittoriosa non tirò via le mani portandosi dietro come trofeo il reggiseno di Priscilla slacciato. 
«Tadan!» esclamò, sventolandolo vittoriosa mentre Priscilla praticamente a terra sotto di lei urlava per la disperazione. Si chiuse il cappotto di Laxus il più possibile, cercando di coprirsi il petto completamente nudo, e rincorse la donna pronta a fargliela pagare urlandole dietro insulti a raffica. Fino a quando non inciampò. Fu come vedere la scena a rallentatore, ben consapevoli di cosa sarebbe accaduto da lì a pochi istanti successivi. Per lo slancio Priscilla allargò le braccia in avanti, lasciando andare i lembi del cappotto. Il vento sollevò la parte inferiore, scoprendo le gambe che volteggiavano per aria incontrollabili. Atterrò di faccia, braccia ben aperte davanti a sé, cappotto completamente alzato fino alla schiena dove rigirato le finiva ora sulla testa. Si sollevò carponi, non sapendo se mettersi a piangere o urlare dalla rabbia. Certo era che l'imbarazzo di essere a gattoni, con il sedere completamente scoperto e a malapena parte del cappotto ora storto a coprirle la schiena, facendo addirittura intravedere parte del seno, era abbastanza da convincerla a desiderare solo di sparire improvvisamente. 
«Cana!» ruggì mettendosi a sedere sui talloni e sollevando intorno a sé vento e polvere per la furia.
«Priscilla-nee, copriti santo cielo!» urlò Wendy lanciandosi sulla ragazza con un costume di ricambio e provando a coprirle il seno. 
Tornò in sé pochi istanti dopo, anche se la rabbia e la vergogna mai più l'avrebbero abbandonata. Ancora seduta a terra, in ginocchio ma con le gambe morbidamente divaricate in entrambe le direzioni, si coprì il seno con le braccia. Rossa in volto come un peperone, i capelli un po' scompigliati, prese il lembo del cappotto di Laxus su di una spalla e cercò impacciatamente di ricoprirsi come poté. Fulminò Cana, cercando di pensare a come e quando fargliela pagare, ma la vide sbuffare annoiata e le lanciò indietro il suo reggiseno, prima di allontanarsi.
«Che significa? Ora non ti importa più?» ruggì furiosa più che mai. Dopo averla umiliata a tal punto aveva persino il coraggio di scocciarsi e andarsene? Ripensò solo in quel momento alla direzione in cui aveva guardato prima di voltarsi e sbuffare e le venne in mente, rimettendo ordine al suo orientamento, che era il balcone della propria squadra. Si voltò a guardarlo anche lei e notò che c'era solo Gajeel, appisolato sulla sedia che russava.
«È andato via!» sussultò, rendendosi conto che Laxus era sparito. Si accasciò a terra e ormai priva della forza persino di arrabbiarsi, piagnucolò: «L'ho messo in imbarazzo, mi starà odiando».
Ma a lei, come a chiunque si trovasse nell'arena in quel momento, non era possibile vedere ciò che realmente stava accadendo nella sezione di Fairy Tail B. Laxus, nascosto appena dietro l'ingresso al balcone, in un angolo in ombra del corridoio, era appoggiato con una mano tesa al muro. Il suo viso aveva raggiunto una colorazione talmente amaranto che restare lì, a guardare ciò che stava accadendo, era diventato impossibile senza che potesse essere notato. Una mano piazzata sul volto, a coprirsi gli occhi con disperazione, i muscoli tesi e nervosi, cercava nella solitudine una possibilità di ritrovare la calma e soprattutto la dignità. Non poteva concedersi di cadere vittima di certe debolezze, almeno non di fronte agli altri o ne sarebbe andato di mezzo il proprio orgoglio. Ma più che quello c'era una lotta interna a cui avrebbe dovuto far fronte come minimo per i giorni successivi, nel disperato tentativo di togliersi dalla testa quelle immagini di cui si sentiva addirittura colpevole. E ancora quel dannato bacio che Priscilla gli aveva concesso la sera prima, che era già di per sé un disastro, andò a peggiorare la situazione scavando nella sua consapevolezza che se solo avesse ceduto anche solo per un istante ai suoi maschili istinti avrebbe persino avuto una chance. Il modo in cui Priscilla lo vedeva e il modo in cui lui stranamente aveva cominciato a vederla chissà quando, non rientravano in nessuna regola anche se poteva avere addirittura una sua logica. Era una vergogna, era un disonore, per anni l'aveva da sempre chiamata solo sorella e scoprire tutte quelle cose in quell'ultimo periodo, tra il non reale legame di sangue e ciò che lei probabilmente provava nei suoi confronti, aveva avuto un effetto inaspettato e assurdo su tutte le sue percezioni. E più lui cercava di rimettere ordine in quel caos, più lei sembrava fare di tutto per riportarlo sulla cattiva strada in maniera più o meno consapevole. Sicuramente era anche colpa sua, di una certa perversione sottostante legata alla sua natura maschile, ma in quel momento addirittura cercare di riportare alla mente la sua voce che lo chiamava "fratellone", nella speranza di ritornare alla normalità, non aveva l'effetto desiderato ma si mischiava alla sua immagine in bikini sotto al proprio cappotto, peggiorando il tutto. 
Si tolse un paio di dita da un occhio, concentrando la sua attenzione sul muro che aveva di fronte e che avrebbe volentieri iniziato a prendere a testate se questo sapeva poteva servire a calmarlo. Sospirò infine, affranto e al limite della disperazione.
«Questo mi porterà alla pazzia».

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Capitolo 50
*** Cappotto ***


Cappotto




La gara di costumi proseguì con un susseguirsi di temi sempre diversi, tra ragazze in divisa scolastica, ragazze con gli occhiali, ragazze con le calze, per arrivare addirittura ai vestiti da sposa. 
«Ma chi li sceglie questi temi?» chiese Priscilla che ancora coinvolta contro la propria volontà si era ritrovata nuovamente cambiata, senza che se ne rendesse conto. 
«Però sto cominciando a divertirmi» ridacchiò Wendy, ondeggiando nel suo abito bianco. Priscilla sorrise per la prima volta da quando era scesa nell'arena e con gli occhi che le brillavano disse, emozionata: «Wendy-chan! Ti sta benissimo!»
«Anche tu sei molto bella Priscilla-nee» sorrise Wendy, guardando con ammirazione l'abito dell'amica... per poi vederla sollevare da qualcuno alle sue spalle. Priscilla nemmeno si rese conto di chi fosse né di quando fosse arrivato, urlando per lo spavento e la sorpresa fu presa in braccio e sollevata da terra. Si voltò a guardare il suo assalitore, o pretendente a seconda dei punti di vista, e scoprì con sorpresa che si trattava di Bickslow. Vestito con un abito elegante maschile azzurro, senza l'elmo sulla testa, era decisamente tutta un'altra cosa rispetto che i suoi soliti abiti. 
«Che ci fai tu qui?!» sussultò Priscilla, rossa in volto per la vergogna. 
«La gara chiede di trovare un partner, baby!» disse prima di scoppiare a ridere come suo solito, con la lingua marchiata Fairy Tail ben in mostra. 
«Ma non dovresti essere con Elfman?» chiese lei, senza neanche troppa voglia di ribellarsi. «E poi da quando è diventata una gara?» mormorò.
«C'è Fried con lui, per qualche minuto può bastare! Quando ho sentito che c'era in corso una gara d'abito a cui partecipavate tutte sono corso qui: non potevo mancare!» rise ancora.
«Dovevo immaginarlo» mormorò ancora, prima di riflettere: «Fried? E Ever non è rimasta?» chiese, curiosa. Bickslow fece un cenno col capo a indicare poco avanti e Priscilla si voltò a guardarla, mentre con un abito magnifico addosso si guardava attorno come un rapace, gambe larghe, pronte a saltare al collo del primo che le fosse passato davanti. Faceva decisamente paura e per lo spavento Priscilla si aggrappò al collo di Bickslow e si strinse di più su di lui, urlando, inquietata: «Ever!»
«Vuole un partner» spiegò Bickslow, guardando la donna con altrettanto timore. 
«Sembra un predatore in cerca di un pasto» mormorò. 
«Bene, ora torniamo ai costumi!» annunciò Chapati e Bickslow si voltò verso di lui, furioso, esclamando: «Un attimo! Non ci siamo ancora sposati!»
«Stai scherzando, vero?» sussultò Priscilla, spaventata all'idea che lui facesse sul serio. 
«Fermi tutti!» una gracchiante voce provenne dall'alto. «Direi che è giunta l'ora di entrare in scena» e da sopra una delle tribune saltò nel mezzo dell'arena Oba Babasama, l'anziana Master di Lamia Scale. «Vi mostrerò qual è il vero fascino di una donna!» decretò un istante prima di togliersi il mantello dalle spalle e scoprire il suo striminzito e raggrinzito corpo flaccido e anziano, avvolto solo da un costume da bagno. Mettendosi addirittura in una posa provocante, con le natiche secche ben all'aria, iniziò a roteare il bacino. Bickslow con un urlo lasciò andare Priscilla, che cadde a terra squittendo come un topolino, e si portò entrambe le mani agli occhi, coprendosi. «Bruciano! I miei occhi bruciano!» urlò, tirando indietro la testa per il dolore. Le urla euforiche del pubblico improvvisamente cessarono, il silenzio calò come un mattone sullo stomaco dell’intero stadio. 
«Direi... che il break può ritenersi concluso» disse Chapati con un filo di voce, mentre lentamente tutti i partecipanti a quella follia tornavano ai loro posti con la morte sul volto. «Oh, sono arrivate le votazioni del pubblico proprio in questo momento!» esclamò poi, attirando nuovamente l'attenzione di chiunque fosse lì presente. 
«Votazioni?» chiese Priscilla mentre trascinava verso l'interno dello stadio un Bickslow ormai privo forza anche solo per respirare. 
«Un risultato incredibile anche se per molti prevedibile! Mirajane è la vincitrice! Fairy Tail B si prende ben dieci punti!!!» disse saltando sul tavolino per l'entusiasmo.
«Era una gara?!» chiese Priscilla sconvolta, portandosi le mani ai capelli. «Ma non era un break?»*
«Pare che Jenny abbia lanciato una sfida a Mirajane, anche se poi hanno partecipato tutte» spiegò Lucy, ridacchiando imbarazzata. «Chi conquistava più consensi dal pubblico vinceva dieci punti per la propria squadra. Agli organizzatori non è dispiaciuto».
«Questa gente si può permettere di manipolare così le regole di un torneo? Ma dove diamine siamo finiti?» chiese, sempre più sconvolta.
«Beh, alla fine erano tutte le ragazze contro tutte le ragazze. Non c'erano grandi disparità, è stato un tutto contro tutti» provò a giustificare Mirajane, che tornava soddisfatta. 
«Noi siamo solo uomini» arrivò la voce piagnucolante dei Quattro Cuccioletti da un angolo dell'arena, che non solo si erano trovati col nome completamente stravolto ma non avevano nemmeno potuto prendere parte a quella gara improvvisata. 
«La presenza di Mirajane e Jenny ha sicuramente influenzato la decisione, sono in fondo tra le ex modelle più famose del paese» disse Lucy, camminando insieme a parte delle sue compagne dentro lo stadio.
«Master! Ci ha fatte perdere!» lamentò Cherry verso la vecchia Oba Babasama che iniziò a strillare e sbraitare quanto invece fosse colpa loro e infine le fece roteare su se stesse usando la sua magia per scaricare la frustrazione. 
«Comincio ad aver voglia di tornare a casa» mormorò Priscilla camminando per i corridoi con ancora Bickslow tenuto per un piede e trascinato per riportarlo dentro insieme a lei. Wendy, al suo fianco, la guardò qualche istante prima di mettersi a ridere divertita.
«Priscilla-nee, sembra che tu stia portando Bickslow all'altare contro la propria volontà» confessò divertita.
«Sembra una scena da romanzo, è vero! Una cosa tipo: "se scappi ti sposo"» si unì Lucy, ridacchiando divertita.
«Oh, eccolo!» esclamò Evergreen arrivando da un altro corridoio poco dopo e puntando gli occhi su Bickslow. «Dobbiamo tornare da Elfman, che è successo a Bickslow?» chiese notando come fosse privo di sensi e trascinato da una Priscilla ancora vestita da sposa.
«Mio marito ha cercato di scappare prima del matrimonio, lo sto riportando all'altare» disse lei con una serietà quasi convincente, tanto che Lucy e Wendy scoppiarono a ridere divertite mentre Evergreen la guardava perplessa. La presa di Priscilla sulla caviglia di Bickslow si fece improvvisamente inconsistente, lasciandola per un po' confusa. Si accorse che non c'era più solo troppo tardi, quando Bickslow ormai era in piedi e l'aveva catturata, caricandosela su una spalla come un sacco di patate. 
«Bastava dirlo prima, Baby! Non ti farò aspettare ancora! Dateci un prete, ora!» gridò lui, cominciando a correre tanto rapidamente che per poco non lasciò il polverone dietro di sé come Jet durante i suoi scatti. E Priscilla adagiata sulla sua spalla, allungandosi verso le ragazze, urlò disperata, senza avere nessuna possibilità di fuga. 


Quando Priscilla riuscì a ritornare al proprio balcone, dal resto della squadra, era ormai passata quasi mezz'ora. Arrivò a passi pesanti, il volto corrucciato, di nuovo con i suoi abiti normali addosso e il cappotto di Laxus tra le braccia.
«Non voglio più saperne di matrimoni per il resto della mia vita!» ruggì, avvicinandosi ai suoi compagni.
«Si può sapere dov'eri finita?» brontolò Gajeel. 
«All'inferno» grugnì lei, ripensando a quanto le ci era voluto per riuscire a liberarsi di Bickslow. Anche se poi era stata costretta a perdere altro tempo: aveva deciso di cambiarsi e togliersi di dosso quell'abito che cominciava a detestare e aveva perso almeno un altro quarto d'ora a cercare il cappotto di Laxus che nel caos della gara di Mirajane aveva perso da qualche parte. 
«Blue Pegasus e Lamia Scale hanno già combattuto. Hanno vinto quelli di Blue Pegasus» spiegò Mirajane.
«Mi sono persa l'incontro di cagnolino-man» piagnucolò Priscilla avvicinandosi alla balaustra per guardare chi stesse combattendo in quel momento. 
«Ora stanno combattendo Sabertooth e Mermaid Heel» disse Lluvia e Priscilla sussultò quando vide l'arena invasa da due enorme pesci giganti che si lanciavano contro la donna con la spada. «Che mostri sono quelli?» chiese, sconvolta.
«Pisces» rispose Mirajane. «Pare che anche Yukino sia una maga degli spiriti stellari».
«Ce n'è un'altra, che forza!» esclamò Priscilla, sorpresa.
«Apriti, porta della bilancia! Libra!» evocò ancora Yukino e una donna con due bilancieri in mano fece la sua comparsa. Kagura di Mermaid Heel si trovò improvvisamente in difficoltà, schiacciata a terra da una forza invisibile, si contraeva per riuscire a sottrarsi a quell'attacco mentre Pisces ancora le giravano attorno.
«Due porte contemporaneamente! È forte davvero!» esclamò Priscilla, guardando l'incontro. Mentre Libra appesantiva il corpo di Kagura, costringendola a chinarsi e lottare per restare in piedi, Pisces puntò nuovamente l'avversaria e ci si lanciò contro per colpirla. Nonostante il peso sovraccaricato, Kagura fu lo stesso in grado di saltare e schivare il colpo.
«Nonostante la gravità riesce comunque a muoversi abbastanza da schivare e continuare a combattere» osservò Lluvia.
«Non sapevo Mermaid Heel avesse una persona del genere nella loro gilda» disse Mirajane, sorpresa.
«Hai intenzione di farmi aprire la tredicesima porta?» chiese Yukino, severa come una minaccia. «È proprio una sfortuna per te» disse, brandendo la chiave nera tra le dita. 
«Fin da quando sono nata non mi sono mai affidata alla fortuna!» disse Kagura, brandendo la propria spada e preparandosi a colpire la sua avversaria. 
«Combatte con il fodero?» chiese Priscilla, notando come ancora fosse ben sigillata e non sembrava nemmeno intenzionata a sguainarla.
«Da quando hanno cominciato non l'ha sguainata nemmeno una volta» rispose Gajeel, facendo sussultare Priscilla con un sorpreso: «Eh?».
Era davvero incredibile, quel torneo era incredibile, pieno di colpi di scena e persone dalle capacità infinite. Più guardavano le gare e più capivano che nessuna di loro era da sottovalutare, nemmeno per un istante. Ognuno di quelle persone era forte abbastanza da piazzarsi al primo posto. 
«Apriti porta dell'incantatore di serpenti!» disse Yukino. «Ophiuchus!» e un enorme serpente dalla testa corazzata fece la sua comparsa, invadendo quasi tutta l'arena. 
«Enorme!» sussultò Priscilla, guardandolo a occhi spalancati per la paura. Ma Kagura non fu dello stesso stato d'animo e senza indugio si scagliò contro il nuovo Spirito Stellare con la propria spada ben salda tra le mani, anche se ancora chiusa dentro il proprio fodero. 
«Stile dello spadone foderato!» esclamò saltando da un lato all'altro del serpente e colpendolo tanto selvaggiamente da riuscire ad aprire la sua carne in più punti. Piombò davanti a Yukino e si preparò a colpire anche lei, approfittando della distrazione causata dallo shock di vedere il più forte dei propri spiriti decimato in così poco tempo. E colpì, elegante e precisa, mandando a terra la propria avversaria. Attimi di silenzio, mentre Kagura si rimetteva in piedi, perfettamente indenne, lasciandosi alle spalle una Yukino sconfitta e sconvolta.
«Il...Il match è finito!» annunciò finalmente Chapati, dopo infiniti secondi di attesa. «La vincitrice è Kagura di Mermaid Heel!»
«E pensare che Sabertooth era la più quotata. Oggi non ha preso nemmeno un punto, tra la gara e la battaglia» disse Priscilla, guardando la vincitrice che silenziosa e trionfante tornava all'interno dello stadio.
«Certo è che quella Kagura è veramente forte» disse Gajeel.
«Tu oggi hai fatto schifo!» disse Priscilla a Gajeel, concedendogli un sorriso allegro, come se gli avesse fatto un complimento. «Io almeno un punto l'ho preso!!!» ruggì in risposta Gajeel, offeso, e Priscilla come una macchinetta automatica si inumidì gli occhi e cominciò a piagnucolare come una bambina. 
«Anche Lluvia ieri è riuscita a prendere due punti» disse Lluvia, orgogliosa, e questo non fece che aumentare la tristezza di Priscilla che cominciò a piangere. Si strinse il cappotto di Laxus al petto, come fonte di conforto, poi Mirajane l'abbracciò e le diede delle carezze sulla testa. «Su, su» le disse amorevole. «Sei stata bravissima anche tu» cercò di consolarla.
«Persino tu hai preso dei punti, Mira-chan!» pianse disperata.
«Anche Mistgun non ha vinto niente» provò ancora a consolarla.
«Mistgun è uno stupido» bofonchiò Priscilla, ricordandosi di come si era quasi fatto scoprire e provando rabbia.
«Anche Laxus non ha ancora vinto niente» aggiunse Lluvia e Priscilla lanciò un'occhiataccia al fratello, bofonchiando: «Tu cosa sei venuto a fare qua?» disse provocatoria, visto che ancora non aveva preso parte a nessuna battaglia e nessuna gara, a differenza loro. 
«Dai la colpa a me, ora?» chiese lui, chiedendosi che gioco stesse giocando. 
«Lluvia vuole andare da Gray-sama!» intervenne improvvisamente Lluvia, ondeggiando per l'emozione.
«Giusto, riuniamoci agli altri e andiamo a mangiare qualcosa» propose Mirajane  e Priscilla saltellò felice, gridando: «Yeah! Festa!»
«Avranno del ferro decente questa volta?» chiese Gajeel cominciando a incamminarsi. «Gajeel-kun, non dovresti mangiare le posate della locanda però» l'ammonì Lluvia, camminandogli a fianco. Mirajane ridacchiando divertita li seguì e Priscilla fece i primi passi, pronta a fare altrettanto, ma poi si fermò e si voltò verso Laxus, dietro di lei. Gli allungò il cappotto, sorridendo allegra, e disse: «Grazie! Le ferite stanno meglio, ora». 
Lui lo guardò qualche secondo, pensieroso, per poi allungare una mano sopra la testa della ragazza e concederle qualche affettuosa carezza. «Perché non lo tieni tu, per oggi? Ti stava bene, sai?» sorrise, mentre lei tornava ad arrossire appena di fronte a quel lieve complimento. 
«Da l'aria di un Dio, superiore a tutti gli altri» disse lei, ricordandosi il motivo per il quale glielo aveva regalato. Era il Dio del Tuono, al tempo adorava quell'appellativo che lo rendeva assoluto e unico, e quel cappotto dava al suo stile una nota in più. «Esatto» sorrise ancora, accarezzandole ancora la testa, prima di dire: «Dea del Vento».
I loro giochi da bambini, quegli stupidi appellativi che si erano dati per poter far correre la propria fantasia, li ricordava ancora anche lui. Probabilmente quello era solo il suo modo di coccolarla un po', vista la pesante giornata che aveva avuto. Un modo per abbracciarla, tenerla tra le braccia, anche se non fisicamente, ma quel cappotto l'aveva portato con sé talmente a lungo che era diventato ormai parte di lui. Con le guance arrossate timidamente, Priscilla si lasciò andare ad un radioso sorriso. Fece roteare il cappotto dietro le proprie spalle e se lo poggiò addosso, cominciando a correre davanti a lui per raggiungere i suoi amici e facendolo svolazzare ad ogni movimento. Era così lungo che le copriva persino le caviglie, era decisamente enorme rispetto a lei, ma vederglielo addosso era stranamente piacevole. Era come se portasse con sé una parte di lui, ovunque fosse andata. E per quanto i suoi sorrisi fossero ancora una volta tornati sapeva che non avrebbe potuto abbassare di nuovo la guardia, per il suo bene. Voltò lentamente gli occhi alle tribune che ora andavano svuotandosi, riuscendo a intravedere i membri di Raven Tail un attimo prima che sparissero dentro i corridoi dello stadio. Riusciva ancora a sentire l'eco delle lacrime di Priscilla di quel pomeriggio, la sua silenziosa preghiera: "Non voglio morire". Si corrucciò e strinse i pugni. L'aveva promesso e non aveva nessuna intenzione di infraggerla: in un modo o in un altro, avrebbe trovato il modo per liberare Priscilla. E finché non ci fosse riuscito non l'avrebbe più lasciata sola.
Era quello il significato di quel dono. 


Erano tornati ognuno al proprio albergo per cambiarsi e lavarsi, riposare un po' prima di cena, per poi ritrovarsi nuovamente tutti insieme alla locanda del giorno prima, non troppo lontana dagli alberghi di tutti i membri. Quel giorno, a differenza del primo, aveva portato con sé centinaia di soddisfazioni. I piccoli passi mossi per primo da Natsu si erano trasformati in una frenetica corsa grazie a Elfman e Mirajane che erano riusciti a prendersi i primi punti consistenti. C'era molto di più da festeggiare, non solo la voglia e la determinazione, ma anche la consapevolezza che ce la potevano fare. Erano ancora agli ultimi posti, ma era solo il secondo giorno e loro erano carichi più che mai. Ordinarono cibo in abbondanza, forse anche più di quanto fossero realmente in grado di mangiare, e svuotarono la cantina del povero locandiere che, per quanto portasse alle sue casse un introito sostanzioso, l'avrebbe costretto la mattina dopo a correre a fare rifornimenti se voleva tenere aperto per i successivi giorni dei Giochi. E avrebbe dovuto anche comprare posate e pentole in più, tutta la ferraglia del caso, visto che misteriosamente erano sparite anche quelle. Urlavano, per farsi sentire da tutti quando parlavano e sovrastare la voce degli altri, cantavano per liberare gli animi, ballavano per accompagnare quella gioia. E nessuno di loro riusciva a stare veramente fermo, alzandosi continuamente dai loro posti e lanciandosi su ogni singolo tavolo per stare in compagnia, un po' per volta, con tutti quanti. A pance piene, anche se mai abbastanza di alcol, in molti cominciarono a dar sfogo alla loro euforia con piccole risse e giochi che costrinsero il locandiere ad appuntarsi sulla lista della spesa qualche sedia e tavolo in più -che avrebbe ovviamente addebitato alla gilda. 
Priscilla fu certamente una di quelle, ma era anche comprensibile vista l'andatura delle sue emozioni di quella giornata. Era passata dall'oscurità più tetra alla luce più accecante, ai giochi e agli abbracci, era veramente sovraccarica di eccitazione per ogni motivo pensabile. Buttò giù un paio di barili, si stese sopra una tavola di legno -probabilmente uno dei tavolini a cui avevano appena rotto le gambe- e usando il proprio vento per spingersi surfò lungo tutta la locanda, da una parete a quella opposta, in ginocchio sulla tavola, sguardo sorridente ma corrucciato, come fosse una bandita pronta all'assalto. Il cappotto di Laxus ancora sulle spalle svolazzava come un mantello e in testa aveva un enorme cappello con piuma  che teneva parzialmente piegato in avanti a coprirle un occhio. Nessuno aveva ancora capito dove avesse preso quel cappello, anche se furono in molti a sostenere che somigliasse in maniera abbastanza decisa a quello di Rufus di Sabertooth. Preferirono non chiedere, anche se il sospetto che glielo avesse rubato era intenso. Attraversò tutta la locanda con una posa e uno sguardo fiero, urlando: «Largo alla Regina dei Pirati!» fino a quando non si schiantò sulla parete opposta. Natsu sputando fuoco come un drago le corse dietro ridendo come uno scemo, rimise a posto i barili e non attese neanche un secondo per imitarla e lanciarsi in scivolata urlando per la felicità. 
«All'arrembaggio, mozzo!» disse Priscilla saltando in piedi su quella stessa asse e mettendosi con un piede sopra la schiena di un Natsu accovacciato. «Mozzo?» mormorò lui, decisamente poco convinto per l'appellativo, ma ancora una volta iniziarono la scivolata lungo tutta la locanda. Stavano per superare Lucy e andare oltre, fino alla parete opposta, quando Priscilla indicandola urlò: «Sirena in vista!»
«Sirena?» chiese Lucy, guardando i due già con il terrore in volto. La consapevolezza di ciò che sarebbe successo non la salvò comunque dalle grinfie di Natsu che passandole a fianco l'afferrò per i vestiti e la trascinò con loro. Si scontrarono contro un asse di legno del pavimento che era leggermente dissestata, cosa che nei precedenti giri non era successa, e questo causò la distruzione della loro "nave" e la collisione di tutti e tre su di un tavolo vicino. Altro tavolo distrutto, altri danni da aggiungere alla lista di Makarov. 
«Lucy» mormorò Priscilla, stesa con uno degli assi di legno del tavolo che le premeva sulla schiena e la bionda stesa addosso a lei. «Sei pesante».
«È vero!» intervenne Happy e la ragazza, sotto accusa, reagì prendendosela col gatto e urlandogli contro un: «Chi ha chiesto la tua opinione?!»
Si tirò lentamente in ginocchio e questo permise a Priscilla di mettersi a sedere. Fissò la ragazza davanti a sé per qualche lungo istante prima di affermare: «Secondo me è colpa delle tette» e nell'istante in cui lo disse allungò le mani e le afferrò entrambe. «Che taglia porti? La quinta?» chiese palpandogliele vistosamente. Lucy urlò e divenne violacea per l'imbarazzo. Con un calcio colpì Priscilla sul viso, stendendola, e si portò entrambe le braccia intorno al seno per coprirsi e proteggersi.
«Dov'è il tuo pudore, Pricchan?» strillò, sommersa dalla vergogna. 
«A me sembrava una domanda lecita» disse Gray fingendo indifferenza. 
«Solo curiosità tra donne, non serve prendersela tanto» annuì Macao, che era decisamente meno velato di Gray e non riuscì a nascondere il rosso delle proprie guance. 
«Pervertiti!» ruggì Lucy contro entrambi, mentre dietro Gray Lluvia era caduta vittima in un circolo di paranoia di cui non si sarebbe districata tanto facilmente. Palpandosi il seno passava dalla furia omicida, guardando Lucy, alla depressione più profonda guardando invece Gray. 
«Ohy!» ruggì Priscilla, tirandosi nuovamente su con la schiena. Uno stuzzicadenti  in bocca si era unito al suo nuovo look piratesco, ispirato dal cappotto di Laxus che, nell'istante in cui aveva superato il quarto boccale di alcol, le aveva dato l'idea di un invincibile criminale, un essere superiore, una Regina e una Dea della malavita. Giocherellando con lo stuzzicadenti con la bocca, tenuto ben fermo tra i denti, si alzò in piedi e piantò violentemente un piede sul legno vicino a Lucy, ad altezza della sua testa. Appoggiò un gomito sul ginocchio ripiegato e avvicinò il volto, contratto in un'espressione rozza e violenta, alla ragazza spaventata.
«Come osi colpire la Dea dei Pirati?» disse arrovellando la lingua.
«Non era Regina?» chiese Wakaba, alzando un sopracciglio. 
«Pricchan ha di nuovo bevuto troppo» commentò invece Evergreen, seduta al tavolo di fianco a Laxus. 
«Dovrò farle un discorso il prima possibile» disse Laxus, corrucciato e visibilmente innervosito da quella situazione. 
«Ciurma!» ruggì Priscilla, alzando la testa per permettere alla propria voce di espandersi per tutta la locanda. Natsu, Happy e Erza si presentarono alle sue spalle, dritti come soldati, portandosi una mano alla fronte in segno di saluto militare.
«Erza?!» sussultò Lucy, sconvolta nel vederla coinvolta in quella situazione. 
«Punite questa insolente!» ordinò, puntando un dito contro Lucy a una vicinanza tale da poggiarglielo praticamente sulla punta del naso. E la bionda lanciò un altro urlo terrorizzato quando vide l'espressione di tutti e tre farsi maligna e oscura, mentre si avvicinavano a lei lentamente. Priscilla voltò le spalle a tutti e quattro nell'istante in cui la punizione del solletico cadde su Lucy, portandola a una risata volgare e incontrollabile mentre tutti e tre i suoi assalitori non davano tregua a nessun centimetro della sua pelle. Saltò sopra un tavolo e camminò senza preoccuparsi di calpestare e calciare piatti e bicchieri dei commensali che ci erano seduti sopra. Tra vari lamenti e proteste, saltò sul tavolo successivo e proseguì, diretta a una sedia vuota vicino a quella che era diventata l'amica migliore per quelle serate di follia e sbronza: Cana. 
Fino a quando non saltò sul tavolo dei membri di Quatro Cerberus, ora Quatro Cuccioletti, trascinati lì da un Baccus che aveva trovato particolarmente interessante i membri di Fairy Tail e aveva deciso di passarci un'altra serata insieme... anche se alla fine l'unica a cui si era avvicinato era ancora Cana. Passò anche sui loro piatti, con l'atteggiamento superiore di chi non gliene frega niente, sentendosi ancora padrona di quella locanda e Regina dei Pirati. Rocker battè un pugno sul tavolo, alzando lo sguardo alla ragazza che le passava davanti.
«Mocciosa! Guarda dove vai!» abbaiò furioso e Priscilla si fermò, lanciandogli dall'alto un'occhiataccia furiosa. Si voltò rapidamente e gli piazzò il piede destro sul petto con tale foga da sbilanciarlo indietro. Sarebbe caduto a terra se una ventata non l'avesse spinto nella direzione opposta, tenendolo così in una situazione di equilibrio perfetto. Priscilla si piegò in avanti e tornò a poggiare un gomito al proprio ginocchio, puntando gli occhi a quelli dell'uomo che teneva sotto al proprio piede. 
«Qualcosa non va, cagnolino?» chiese rallentando la voce nel pronunciare il nomigliolo attribuitogli, assumendo quasi un tono suadente benché minaccioso. Rocker sbatté gli occhi un paio di volte, certamente scosso dalla posizione appena assunta, ma in quel momento la gamba di Priscilla, ben vicino a lui, aveva di più la sua attenzione, fino allo stacco di coscia pronunciato anche dai suoi pantaloncini. Ed era ubriaca. Era palesemente ubriaca fradicia. 
Forse avrebbe potuto ottenere dei vantaggi da quella situazione, se se la fosse giocata bene. Allungò il volto in un malizioso sorriso, e disse provocatorio: «Vuole punirmi, capit-aaahhh». 
L'urlo terrorizzato interruppe il suo tentativo di abbordaggio nell'istante in cui un fulmine, arrivato da chissà dove, gli era passato sopra la testa tagliando via di netto entrambe le enormi ciocche dei suoi capelli e lasciando al loro posto solo qualche ciuffo ancora fumante e abbrustolito. Si portò le mani alla testa ora crespa, tastando per studiarne i danni e controllando con incredulità se fosse ancora vivo. Con una serietà decisamente strana per una gilda come Fairy Tail, tutti, nessuno escluso, interruppero qualche secondo le loro attività per guardarlo e negare rassegnati con la testa, come a suggerirgli che avesse commesso il più grosso e banale degli errori. Persino Baccus, che non conosceva né la gilda né i retroscena di quella ragazza, si unì al loro triste negare. Solo qualche istante, poi tutti tornarono alla loro serata come se non fosse successo niente, con un Rocker che ancora piangeva di terrore e di dolore per i capelli persi per sempre. 
«Bene!» esclamò Priscilla, interpretando quel suo modo di fare come una risposta alla sua domanda, come se avesse vinto lei. Diede la spinta decisiva al petto di Rocker e smise di sostenerlo con il suo vento, facendolo cadere di colpo a terra e tramortendolo definitivamente. La spinta le era servita per tornare con entrambi i piedi sul tavolo, ma il giramento di testa per l'alcol fu più forte e lei si ritrovò a barcollare per qualche attimo prima di cadere all'indietro senza più equilibrio. Con le braccia spalancate cadde di schiena verso i tre Cuccioletti rimasti, prendendo il primo con una testata e gli altri due con rispettivamente la mano destra e sinistra. Li trascinò tutti a terra, insieme a lei, facendo sbattere a tutti la testa e tramortendo anche loro in quell'ultimo colpo. Si guardò attorno e quando notò i tre uomini stesi e fuori combattimento scoppiò a ridere e alzando i pugni al cielo gridò: «Dieci punti a Fairy Tail B!»**
Si rialzò fiaccamente, calpestando senza pudore ciò che restava dei corpi dei tre poveri Cuccioletti vittime innocenti, e barcollò fino al tavolo di Laxus. Si lasciò cadere tra Bickslow e Fried, e poggiò la testa sul tavolo sospirando.
«Laxus, torniamo in hotel?» mormorò. «Quei tizi mi hanno fatto venire mal di testa».
«Credo che la colpa non sia esattamente la loro» rispose lui, infastidito. 
«Ma io voglio andare a letto» piagnucolò.
«Fatti portare da qualcun altro, io non ho ancora finito» rispose bevendo un altro sorso dal suo boccale. La sera prima era andata esattamente come quella, lei aveva bevuto eccessivamente e lui era stato costretto ad occuparsene, con un risultato che avrebbe volentieri evitato di replicare. 
«Ma io voglio andare con te!» insisté, capricciosa, prima di stendere le braccia in avanti e aggiungere con un sorriso intenerito: «Così facciamo la doccia insieme come ieri».
Per poco Laxus non si strozzò con il sorso di birra che aveva buttato giù in quel momento e l'imbarazzo aumentò a dismisura quando alzando lo sguardo trovò gli occhi di tutte e tre i suoi compagni puntati a lui, strabuzzati, e le bocche spalancate.
«Non abbiamo fatto la doccia insieme!» tentò di difendersi, lasciando trapelare più nervosismo di quanto fosse necessario.
«Che dici?» chiese Priscilla, offesa. «Ricordo perfettamente: eri tutto bagnato. E anche io lo ero! Poi tu hai aiutato me a spogliarmi... e io ho iniziato ad aiutare te... e poi... e poi... mh...» mormorò alzando gli occhi arrossati per la stanchezza al soffitto, concentrandosi per ricordare. Laxus ebbe l'istinto di iniziare ad urlare, ma era fin troppo sconvolto e pieno di vergogna anche solo per provarci. Non erano informazioni sbagliate, ma messe in quel modo era sicuramente equivoco e la cosa lo irritava fino alla follia, ma il suo orgoglio gli impediva di darne dimostrazione. Sapeva che un atteggiamento come quello avrebbe solo fomentato le idee, piuttosto che smorzarle. Perciò, nella confusione, non riuscì a fare altro che restare paralizzato come uno di quegli animali che attivavano come meccanismo di difesa contro i predatori la finta morte. 
«E poi cosa è successo? Non me lo ricordo» confessò lei, massaggiandosi la testa affaticata.
«Ti sei addormentata» mormorò lui, non sapendo che altro fare se non risponderle.
«Sei andato in bianco, eh?» sghignazzò Evergreen, tirandogli un paio di gomitate.
«Non è andata affatto così» disse lui, cercando di mantenere la calma nonostante dentro stesse esplodendo. 
«Certo che non è andata così!» si alzò Fried, tremando dalla rabbia. «Davvero credi alle parola di una come lei piuttosto che a Laxus?! Sei o non sei un Raijinshuu, Ever! È ovvio che si è inventata tutto, fino all'ultima parola!»
«Perché ti scaldi tanto?» chiese confuso Bickslow. Laxus si alzò, lasciando il boccale praticamente a metà sul tavolino, e senza dire una parola si avvicinò a Priscilla. Tenerla ancora lì stava cominciando a diventare persino pericoloso, perciò la prese in braccio e senza dire una parola uscì dalla locanda deciso a portarla in hotel come aveva chiesto. I Raijinshuu lo guardarono, cercando di capire cosa esattamente l'avesse convinto ad accettare la richiesta di Priscilla, ma probabilmente la risposta era data dal fatto che lei aveva già cominciato ad addormentarsi sul tavolo. 
«Dicono che ieri sera Pricchan abbia dormito senza pantaloni» disse improvvisamente Evergreen, con una certa serenità visto che per lei non era niente di strano che tra quei due stesse finalmente nascendo qualcosa. Bickslow si portò invece le mani alla testa dalla disperazione, chiedendosi probabilmente perché non fosse toccato a lui, e si deprimette subito dopo. 
«Devo lasciargli il passo, non ho speranze contro Laxus» biascicò, abbattuto.
«Su, su, vedrai troverai qualcun’altra» provò a rincuorarlo Evergreen, divertita, per poi notare al suo fianco anche Fried abbattuto e ricoperto di lacrime. 
«Tu perché stai piangendo, ora?» chiese, storcendo il naso, ma non ricevette risposta alcuna. 
Laxus tenne Priscilla sollevata per le gambe, poggiata al proprio petto, permettendole così di appoggiare la testa sulla sua spalla e cominciare a sonnecchiare. Le braccia avvolte intorno al suo collo per reggersi, anche se erano abbastanza morbide, visto la stanchezza. Il cappotto che portava ancora sulle spalle ondeggiava davanti a lui e continuava a coprirla proteggendola così almeno dal fresco della notte. 
Camminavano ormai da minuti, quando sentì all'improvviso la presa di Priscilla intorno al proprio collo farsi più stretta e il viso schiacciarsi di più sulla sua spalla. Non dormiva, lo sentiva, e sicuramente stava pensando a qualcosa.
«Laxus» un sussurro, addolorato e affaticato. 
«Mh?» chiese semplicemente.
«Non smetteremo mai di bere, mangiare e ridere insieme... Vero?» la sua voce trasmetteva tutto il dolore che quella frase portava con sé. La paura di veder sparire per sempre quei giorni felici, la paura che ancora tornava perché serate come quelle erano la cosa più bella che le fosse mai capitato.
«Non devi più preoccuparti di questo, lo sai?» disse in un sospiro, cercando come poteva di esserle di conforto. 
«Ho ripensato al funerale di Lisanna» confessò, nascondendo i propri occhi completamente nell'incavo del collo del ragazzo e stringendolo maggiormente. 
«Penso tu debba smettere di bere così tanto» l'ammonì, chiedendosi come fosse stato possibile che tra le risate e gli scherzi si fosse messa a pensare a qualcosa di tanto deprimente.
«No, l'ho pensato durante l'incontro, non stasera» disse. «Elfman era disperato, Mirajane è diventata praticamente un'altra. Quel giorno mi rimproverasti perché sembravo insensibile. Lo ricordi?»
«Sì, lo ricordo» le diede corda.
«Ora riesco a capirli» ammise con la voce rotta dal dolore. «Se tu morissi... penso che cercherei di morire insieme a te».
«Che sciocchezza» commentò Laxus, riuscendo a nascondere lievemente la sensazione di fastidio per quella frase. Non tanto per aver ipotizzato la sua morte, quanto per l'aver ammesso che avrebbe cercato di uccidersi. Per lui. Era follia. Non doveva nemmeno pensarlo. 
«È la verità» insisté. «Resta sempre con me, ti prego».
Un dolore al petto, inspiegabile, e come un macigno gli tornò in mente tutto quello di cui era consapevole. Dalla sua assillante presenza quando erano ragazzi, ai suoi occhi brillanti quando lui la coinvolgeva nei giochi quando erano bambini, i suoi sorrisi e la sua gioia svanita il giorno che avevano litigato, i mesi reclusa, dove era caduta nel baratro del "mago più scarso di Fairy Tail", gli esami che si era rifiutata di fare. Ogni cosa... persino il bacio della sera prima. Priscilla provava per lui qualcosa di molto più intenso di semplice affetto, riuscì a comprendere il significato delle sue parole il giorno in cui gli aveva confessato tra le lacrime che lui era la sua ragione di vita. 
Il non avere idea di come gestire tutto quello, la paura di ferirla qualsiasi cosa avrebbe fatto o detto, tutto era così insostenibile.
«Pricchan...» mormorò, corrucciato. «Tu non ricordi proprio niente di ieri sera, oltre alla doccia?»
Una domanda improvvisa e inspiegabile, ma gli diede comunque la sua attenzione.
«No... perché? Ho fatto qualcosa di strano?» chiese ridendo preoccupata, chiedendosi quale bizzarro evento avesse sconvolto a tal punto Laxus. Forse aveva di nuovo improvvisato una ciurma di pirati?
«No, non hai fatto niente» disse, abbozzando un sorriso per tranquillizzarla. Forse era meglio così, tenerlo custodito, in uno scrigno sicuro. Finché non sarebbe stato scoperto del tutto, chissà, forse avrebbe ancora potuto proteggerla. Non era poi l'unica a desiderare di tenerla con sé per sempre e se avesse permesso a tutto quello di uscire fuori non avrebbe potuto controllarlo. Il suo egoismo, non avrebbe potuto evitare di ferirla con esso. Lei doveva essere libera, era tutto ciò che desiderava, libera dall'assurda vita che il folle chiamato padre le aveva costruito. Libera da qualsiasi catena, persino da quelle che la legavano a un bambino di cui "doveva occuparsi". Non sarebbe stato giusto, non avrebbe potuto accettarlo, visto che d'altra parte quel bambino non aveva fatto che ferirla per tutta la loro vita. Sarebbe cambiato, quel potere che aveva accudito così a lungo e con tanta fatica non l'avrebbe più usato per ferirla ma per proteggerla, da quel momento in poi. Proteggerla... anche da se stesso. Se tutto quello fosse venuto fuori, un giorno, avrebbe sicuramente provocato una rottura di qualche sorta e se lei si fosse allontanata non sarebbe stato in grado di portare avanti quell'obiettivo. Tutto doveva restare esattamente com'era in quel momento, senza avvicinarla perché avrebbe stretto ancora di più la catena del suo collo, né allontanarla perché altrimenti non avrebbe avuto potere sufficiente a per prendersi cura di lei. Una promessa silenziosa, un dovere di cui si sentiva obbligato, un senso di colpa che probabilmente non avrebbe mai dissipato del tutto. In quei momenti si sentiva un po' come Gerard, era stato accecato così a lungo, aveva fatto cose orribili che per sempre l'avevano macchiato, aveva persino ferito la persona più importante della sua vita. Forse per quel motivo quando Priscilla gli aveva spiegato il suo piano per farlo infiltrare, renderlo Mistgun, aveva accettato praticamente nell'immediato. Poteva comprenderlo, erano uguali. Colpevoli e vittime, non potevano far altro che prendere l'unica decisione che al momento sembrava sensata: dedicare il resto della vita ad espiare le proprie colpe. E comunque non sarebbe stato lo stesso abbastanza.
«Pensa a riposare, adesso. Ci penso io a tutto quanto» riportarla in hotel, aiutarla nel mettersi il pigiama, metterla a letto. Avrebbe pensato a tutto lui... per il resto della vita. 
"Questo è Laxus, è tuo fratello. Occupati di lui" un promessa che lei aveva fatto il primo giorno che era venuta al mondo, di fronte a un padre dispotico e sadico. Quelle stesse parole, che per anni aveva ignorato, ora se ne sarebbe fatto carico al posto suo. Priscilla si sarebbe liberata da ogni macigno che lui avrebbe preso, masso dopo masso, sulle proprie spalle. Era una promessa silenziosa.
La sentì respirare pesantemente, vicino al proprio orecchio. La delicatezza di una bambina, l'accenno di una leggera ronfata aiutata dalla serenità che provava in quel momento. Ne sorrise, ascoltandola compiaciuto, ed infine esternò la sua promessa sigillandola in quell'attimo.
«Mi occuperò io di te».




NDA


*Avendo modificato un po’ gli incontri per permettere a Priscilla di partecipare e scontrarsi con Kurohebi, per questioni di trama, dovevo trovare poi il modo di far tornare però i numeri alla fine xD comunque Mirajane doveva vincere quei dieci punti per fare in modo che tutto tornasse come doveva, perciò ho un pochino modificato le cose trasformando l’incontro Mirajane/Jenny in una gara di bellezza tra tutte.



**DIECI PUNTI A GRIFONDORO!


.....Scusate, dovevo.

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Capitolo 51
*** Fairy Shot ***


Fairy Shot




Era il terzo giorno dei Grandi Giochi della Magia, a metà dell'evento, e la classifica aveva già avuto i primi accenni di un'instabilità sorprendente, considerata l'ascesa di Fairy Tail e il declino di Sabertooth. Al primo posto si era piazzata Raven Tail, con i suoi metodi poco accettabili ma sempre funzionali che l'avevano portata ad avere una notevole disparità rispetto al resto delle gilde. Sabertooth, con i zero punti del giorno precedente, era decaduta a un sorprendente ma pur sempre dignitoso secondo posto. Lamia Scale, Mermaid Heel e Blue Pegasus seguivano con una differenza di un paio di punti tra loro. Quatro Cerberus, come da scommessa, aveva cambiato il suo nome in Quatro Cuccioletti ed era decaduta al sesto posto nonostante la forza di Baccus dalla loro parte e il primo posto conquistato nella gara del giorno prima. Fairy Tail B e A erano sempre agli ultimi posti, ma avevano comunque cominciato a collezionare i loro primi pericolosi punti, tanto da metterli alla pari di Quatro Cerberus e solo cinque punti di distanza da Blue Pegasus. Il resto delle gilde, soprattutto coloro che avevano già avuto modo di conoscere la potenza nascosta di Fairy Tail in passato, potevano sentire il loro fiato sul collo e la cosa li metteva in particolare disagio. 
I preparativi di quella mattina erano terminati da poco, il pubblico era già pronto e aveva cominciato da un po' a far sentire la sua voce in un coro sempre più confusionario nel loro sostenere tutte e otto le squadre. Chapati aveva di nuovo cambiato parrucca ed era già da un po' che dava fiato alla gola, commentando l'inizio di quell'entusiasmante terzo giorno. Al suo fianco, come d'abitudine, era pronto a intervenire anche Yajima e come ospite del giorno era stato invitato Lahar, il capitano della squadra di custodia forzata del Consiglio della Magia. Le squadre erano già pronte, ognuno ai propri posti, per scendere in campo alla gara del giorno.
«La gara di oggi sarà Pandemonium! Ci sarà un partecipante per ogni gilda e come le volte precedenti non appena essi saranno stati decisi spiegheremo le regole di questa gara» disse Chapati, cominciando successivamente a fagocitare commenti sulle varie squadre, ipotesi sulla gara in preparazione e sui futuri risvolti. Tutto questo per dar tempo a ciascuna squadra di schierare il proprio campione. 
«Pandemonium» mormorò Laxus, pensieroso.
«Questa volta non abbiamo molte informazioni che possano suggerire che tipo di gara sia. Le volte precedenti siamo stati un po' avventati, forse ci conviene ragionare un po'» provò a suggerire Lluvia.
«Nascondino era più indicato per Priscilla e invece abbiamo schierato Lluvia, mentre Chariot era l'unica gara a cui non avrebbe dovuto partecipare Gajeel... ma Pandemonio... cosa potrebbe essere?» si chiese Mirajane, portandosi un dito al mento. 
«Il nome suggerisce qualcosa di caotico, forse dovremmo puntare sulla forza e resistenza fisica?» osservò Lluvia e Mirajane annuì prima di provare a suggerire: «Forse questa volta sarebbe più indicato Laxus?»
«Mandate me» intervenne improvvisamente Priscilla, con uno sguardo più cupo e severo di quanto si fossero aspettate. «Capisco i vostri discorsi, penso abbiate ragione, ma...» serrò la mascella e si corrucciò, tesa per qualche motivo. «Io...» tentò di nuovo, ma era come se non sapeva in che modo avrebbe potuto formulare i suoi sentimenti in maniera adeguata. La mano destra, ora libera, che portava il simbolo di Fairy Tail si strinse tanto che avrebbe potuto affondare le sue stesse unghie nella carne. Li aveva traditi, il giorno precedente sentiva di averli traditi regalando al nemico una vittoria immeritata e ingiusta. Non riusciva a vivere ancora con il senso di colpa, doveva riprovarci, riscattarsi. Notò lo sguardo preoccupato e poco convinto di Mirajane e Lluvia, sapevano che quella richiesta non aveva niente a che vedere con il loro ragionamento di scegliere la persona più indicata invece di andare a istinto, e forse il sapere che Raven Tail era ancora lì, pronta a turbarla, le preoccupava un po'. Lo sapeva, lo sapeva benissimo, e sapeva che la stessa Raven Tail avrebbe potuto nuovamente ingannarla e giocarsi di lei per avere la meglio, ma quel desiderio era troppo forte per essere ignorato.
«Per favore» supplicò, irrigidendosi.
«Forza e resistenza comunque non ti mancano» disse Laxus. 
«E quando si parla di caos è difficile non pensare a una pazzoide schizzata come te» grugnì anche Gajeel, che per quanto avesse il desiderio di lanciarsi contro ogni sfida a petto duro, era persino lui disposto a mettersi da parte. Riuscivano a comprenderla, riuscivano a sentirlo quel desiderio sfrenato di riscattare il proprio posto all'interno di quella gilda. Loro avevano sempre fatto molto per lei, desiderava ripagarli in qualche modo e visto il fallimento del giorno prima il desiderio era diventato ora più intenso. Un modo, forse, per chiedere scusa.
«Non sappiamo cosa ci aspetta, perciò non possiamo prepararci prima, ci vuole capacità di improvvisazione e adattamento... tra tutti credo tu sia effettivamente la più indicata. Io mi fido!» sorrise infine Mirajane.
«Lluvia è ancora preoccupata» confessò invece Lluvia, ma questo non la portò a opporsi. Priscilla abbandonò l'espressione costernata che aveva, ammorbidendosi e tornando lentamente a sorridere. «Grazie!» disse sincera.
«Cerca solo di non strafare» disse Laxus. Un avvertimento non troppo chiaro, ma che in realtà conservava dentro sé un'intensa preoccupazione. Non avrebbe più voluto andare a raccoglierla in lacrime, non avrebbe più voluto tormentarsi con l'angoscia che quei folli avrebbero potuto farle del male da un momento a un altro. 
«Va bene!» sorrise e infine uscì nei corridoi, dirigendosi verso l'ingresso dell'arena.
«Ecco che vediamo i primi partecipanti fare il loro ingresso! Pare che le gilde abbiano finalmente deciso chi schierare dalla loro parte!» commentò Chapati, alzandosi in piedi per l'eccitazione. «Per Fairy Tail A ecco vediamo scendere in campo Erza! Uno dei maghi più potenti che la gilda dispone il cui soprannome leggendario non sfugge a nessuno: Titania! Per Mermaid Heel scende in campo Miriana! La gattina sarà in grado di mantenere alto l'orgoglio femminile della sua gilda? Per Raven Tail vediamo fare il suo debutto Obra! Silenzioso e misterioso, scopriremo quali poteri cela dietro la sua maschera? Ecco anche il campione scelto da Fairy Tail B: Priscilla! Dopo l'inspiegabile declino di ieri la vedremo nuovamente rialzarsi in una bufera di vento e ghiaccio? Oh, ecco anche il campione di Blue Pegasus! Hibiki! L'uomo che ogni donna sogna al proprio fianco. E anche Sabertooth ha preso la sua decisione, vediamo fare il suo ingresso Orga, il Dio del fulmine nero! Anche i Quatro Cuccioletti schierano il loro campione scegliendo tra i loro membri di mandare Novally! Torneranno a essere wild? E per ultima Lamia Scale rappresentata da Jura, una delle stelle di questo torneo in quanto a mago sacro! Che gara incredibile, si ritroveranno faccia a faccia dei pilastri sacri della storia della magia come Jura e Titania, senza dimenticare di Orga che nella battaglia di due giorni fa ha sconfitto il suo avversario con un solo colpo. Yajima-san, cosa pensa di queste scelte?» si voltò già sudato per l'emozione crescente. 
«Di qualsiasi cosa si tratti sarà un vero e proprio scontro tra titani, vedremo sicuramente cose molto interessanti. Sono davvero curioso» commentò Yajima. 
«Sentiamo ora le regole di questa sfida!» disse Chapati, lasciando la parola a Mato, l'uomo Zucca. 
Dal centro dell'arena, ben prima che Mato potesse cominciare a parlare, nacque e si erse un enorme struttura dall'aria sinistra. Sembrava un enorme castello dell'orrore, con scheletri e Gargoyle, potevano sentirne il fetido odore arrivare fin lì. 
«Pandemonium è il tempio dove si annidano i mostri maligni!» disse Mato, presentando la struttura. «Questa è l'ambientazione! Dentro al tempio ci sono cento mostri. Beh, li chiamiamo così, ma sono in realtà oggetti magici che abbiamo creato noi stessi perciò non attaccheranno nessuna delle persone del pubblico, potete stare tranquilli. I mostri sono divisi in cinque livelli di potenza: A, B, C, D e S. I mostri di classe S sono i più forti, all'interno ce n'è uno solo. I mostri di classe A sono leggermente più deboli di S e così a scendere la B, C, e D. Come dicevo di classe S ce n'è uno solo, di A ce ne sono quattro, di B quindici, C trenta e D cinquanta per un totale di cento. Per farvi capire la difficoltà della prova, ecco un video di uno dei mostri di classe D» disse e una Lachryma Vision mostrò loro un gigantesco essere, ruggente e famelico, con semplicemente camminando e muovendosi distruggeva ogni cosa intorno a sé.
«Perciò sarà una caccia al mostro» mormorò Priscilla, cominciando a fare le prime valutazioni. 
«Quello è solo un classe D?» tremò Novally.
«A salire di livello la potenza sale esponenzialmente» spiegò ancora Mato. «Il classe S ha una forza tale che nemmeno uno dei dieci maghi sacri avrebbe certezza di sconfiggerlo» e quell'ultima informazione diede molto da pensare a Jura, che rientrava proprio in quella categoria.
«Ciascuno di voi entrerà a turno e sceglierà il numero di mostri da affrontare. Questo si chiama "diritto di sfida". Se ad esempio un concorrente sceglie tre, appariranno tre mostri e se sarà in grado di sconfiggerli otterrà tre punti. Il successivo concorrente può quindi esercitare il proprio diritto di sfida sui rimanenti novantasette mostri. Si procederà a turno fino a che il numero dei mostri non arriverà a zero e a quel punto si conteranno i punti».
«È praticamente un gioco di calcolo» disse Miriana.
«Esatto!» confermò Mato. «Saper valutare la situazione diventa molto importante. Comunque, come dicevo prima, i mostri hanno dei gradi ma che scegliate un mostro o cinque, il sistema è progettato affinché compaiano casualmente».
«In altre parole è necessaria una sorta di strategia per evitare di evocare il classe S» disse Hibiki, pensieroso e già sorridente, consapevole che la sua strategia di calcolo e grande intelligenza gli avrebbe giocato un grande favore. 
«Se compaiono a caso, quella strategia non funzionerà» commentò Orga di Sabertooth.
«No, invece. Con il mio Archive e un buon calcolo delle probabilità è possibile mettere a punto una strategia vincente» sorrise invece Hibiki.
«I punti vengono assegnati in base al numero di mostri sconfitti, senza considerare il loro grado!» aggiunse poi Mato. «Una volta entrati nel tempio, inoltre, non potrete ritirarvi fino a che non avrete vinto».
«E se si viene sconfitti?» chiese Novally.
«Allora il numero dei punti che avrete guadagnato fino ad allora rimarrà invariato, il numero di vittorie per quel turno verrà considerato zero e perciò uscirete in questo modo» spiegò Mato.
«È più complicato di quanto sembri» mormorò Priscilla, pensierosa. «Non bisogna né strafare né essere troppo coscienziosi, o si rischia in ogni caso di restare indietro».
«Detto questo! Ciascuno estragga il proprio numero!» disse Mato, mostrando una scatola con una serie di bastoncini che ne uscivano. «Deciderà l'ordine dei partecipanti che entreranno nel tempio».
Ciascun partecipante si avvicinò a Mato, uno alla volta, ed estrasse il proprio bastoncino per il sorteggio. La prima che sarebbe dovuta entrare fu Erza, mentre a Priscilla toccò il numero otto, l'ultimo.
«Essere ultima del primo giro darà un vantaggio numerico agli altri, ma può aiutarmi però a prendere delle decisioni più ponderate e puntare meno sulla fortuna» rifletté con attenzione.
«Bene» sorrise Erza. «Sapevo che questo gioco si basava sulla fortuna del numero estratto».
«Numero estratto?» mormorò Priscilla, guardando Erza con curiosità.
«Beh, no!» provò a correggerla Mato. «In realtà... come posso dire? Si basa sul saper valutare la situazione...»
«No» lo interruppe Erza con un sorriso. 
«Quella faccia non mi piace» si corrucciò Priscilla, cominciando a capire che avesse qualcosa per la testa.
«Questo gioco finisce qui» disse infine Erza. «Esercito il mio diritto di sfida su tutti e cento i mostri!»
«Tutti?!» sussultò Priscilla con un urlo, pallida in volto. 
«A-aspetta! Non è previsto che una persona riesca a sconfiggerli tutti in una volta!» provò a intervenire Mato, altrettanto sconvolto.
«Erza!!! Come puoi farmi questo? Se li batti tutti tu a noi che resta?!» lamentò Priscilla, sollevata in aria prese a sgambettare  roteare su se stessa, agitandosi per scaricare la tensione.
«È convinta che li batterà tutti?» sibilò Novally. 
«Non è giusto! Arbitro!» si impuntò Priscilla.
«Beh... non esiste una regola specifica in merito, però...» balbettò lui.
«Se non esiste una regola allora posso farlo. Entro» disse Erza, camminando all'interno del tempio.
«Uffa!» bofonchiò Priscilla, incrociando le gambe seduta a mezz'aria e si rannicchiò, imbronciandosi come una bambina. «Questa me la paghi» decretò infine.
L'incontro di Erza venne trasmessa dai Lachryma Vision e tutti poterono perciò assistere allo spettacolo di Titania, la fata danzante. Uno dopo l'altro, colpo dopo colpo, i mostri cominciarono a cadere giù. Erza non fu immune alla loro furia, ne subì di altrettante e più il livello dei mostri aumentava più cadeva in difficoltà, ma secondo la logica e il morale di Fairy Tail si rialzava sempre e tornava a combattere più agguerrita di prima. Il numero degli Requip salì molto, mostrando numerosi lati di sé a seconda dell'avversario che aveva di fronte. Ricoperta di ferite, con i vestiti logori, Titania si rialzava sempre e abbatteva vertiginosamente il numero dei nemici sotto lo sguardo attonito di chi di Fairy Tail aveva sempre e solo sentito parlare male. Chi non ricordava i tempi d'oro, prima della scomparsa del gruppo di Tenroujima, chi li conosceva sempre e solo per i loro fallimenti. Erza, che ne fosse uscita vittoriosa o meno, stava comunque portando con sé il nome di Fairy Tail per farlo brillare di una gloria inaspettata. E persino Priscilla, offesa per essere stata lasciata indietro e non averle concesso la possibilità di riscattarsi, sorrise alla fine orgogliosa. Quella era Erza, una delle maghe più eccezionali che la loro gilda conoscesse, una delle maghe più incredibili al mondo. Lei era sua amica, lei era la sua famiglia, e al suo fianco di fronte a tutti quei mostri risplendevano le anime e i cuori di tutti i membri della gilda. Nessuno avrebbe più avuto il coraggio di ridere di loro. 
Per ultimo, anche il mostro di classe S venne distrutto, e Erza ferita, affaticata, piena di sudore e sangue, non cedette nemmeno di fronte ad esso. Alzò orgogliosa la sua spada, in onore di una gilda di cui aveva portato fiera il nome. Il coro di eccitazione e festa esplose nell'arena, coinvolgendo addirittura le gilde avversarie, affascinate nell'avere tra le file dei propri avversari persone di quel calibro e potenza. 
«Erza Scarlet di Fairy Tail A ha dominato la scena!» ruggì Chapati con tanta foga che la voce venne persino a mancargli. «Una vittoria che non ammette discussioni! Sentite l'enfasi del pubblico, ancora non riesce a fermarsi nonostante la sfida sia terminata già da qualche minuto!»
Ad accoglierla fuori dal tempio Erza trovò la propria gilda in visibilio, caotica come sempre, un infinito coro di applausi e urla di incoraggiamento, e parole di ammirazione persino da parte di avversari anche notevoli. Una vittoria su tutti i fronti per Fairy Tail.
«Fairy Tail A guadagna così dieci punti!» annunciò Chapati e il suo commento si portò avanti per infiniti minuti, su quanto appena successo nel Pandemonium, mentre gli organizzatori discutevano tra loro il da farsi. Fino a quando Mato non tornò all'arena insieme a uno strumento magico. Una grande palla, una Lachryma sicuramente, sorretta da una struttura volante. 
«Dopo un'attenta analisi siamo giunti alla conclusione che le altre squadre devono comunque completare la classifica. È un po' banale, ma abbiamo preparato un gioco molto semplice» spiegò Mato, indicando l'oggetto al suo fianco. «Questo è il  Magic Power Finder, l'MPF».
«In pratica dovremo perciò confrontare solo il nostro potere magico» disse Hibiki, che informato sempre su ogni cosa non poteva non conoscere uno strumento come quello. «Questo potrebbe mettermi in una situazione di svantaggio. A proposito, Priscilla-san, non ti ho ancora detto che sono molto felice di rivederti. Sei molto più bella rispetto all'ultima volta che ci siamo incrociati» disse, provando ad avvicinarsi alla ragazza che con uno sguardo inebetito chiese: «Eh? Ci conosciamo?»
«Abbiamo combattuto insieme Nirvana» piagnucolò Hibiki, ferito tremendamente. Non era frequente che una ragazza non solo non si abbandonasse alle sue avance, ma che addirittura non lo riconoscesse. Priscilla si portò pensierosa un dito al mento, sforzandosi di ricordare e accompagnando quello sforzo da una serie di «Mh? Mh! Mh...» per poi illuminarsi con un: «Ah!»
Hibiki tornò a sorridere, felice che si fosse ricordata, ma poi Priscilla tornò a concentrarsi e disse: «No», confermando che di chi si era ricordata non era certamente lui. 
«Continueremo con l'ordine stabilito prima» disse Mato, ignorando la scena tra i due concorrenti, e Miriana si fece avanti già carica.
«Bene, inizio io allora!» disse cominciando a caricarsi di energia. «Vado! Kitten Blast!» disse e lanciando le mani in avanti una serie di fruste, simili a code di gatto, nacquero dai palmi delle sue mani e colpirono la Lachryma. Dei numeri nacquero appena sopra di esso, salendo rapidamente fino a fermarsi sulla cifra di 365.
Dal pubblico non arrivò nè approvazione né dispiacere, semplicemente rimasero confusi e pensierosi. «Non avendo termini di paragone non sappiamo dire se sia un valore alto o meno» disse Chapati, dando voce al pensiero di tutti i presenti. 
«Quello strumento lo usiamo anche noi cavalieri della runa per allenarci» spiegò Lahar. «È un valore alto! È sufficiente a diventare capitano di squadra».
«Il prossimo è Novally dei Quatro Cuccioletti!» annunciò Chapati, guardando il ragazzo avanzare verso la Lachryma e infine colpirla. 
«Punteggio 124, un po' bassino, eh?» commentò sempre lui, guardando i numeri che andavano formandosi sopra la Lachryma. 
«È il mio turno» si fece avanti Hibiki, sistemandosi con orgoglio la cravatta. Come i suoi avversari precedenti, caricò il colpo e infine centrò la Lachryma con tutto il potere che aveva.
«Solo 95 punti per Blue Pegasus!» commentò Chapati. 
«Povero me» piagnucolò Hibiki, tornando avvilito al proprio posto.
«Forse è per questo che non mi ricordo di te, non sei molto forte» disse Priscilla allegra, ma per quanto, a parer suo, dovesse essere una giustificazione in grado di tirarlo su di morale invece lo abbatté ancora di più e Hibiki finì la sua gara steso a terra, completamente demoralizzato. 
«Il prossimo è Obra, di Raven Tail» chiamò Mato, invitando l'uomo ad avvicinarsi. Priscilla perse momentaneamente la brillantezza del suo viso, osservandolo con una certa inquietudine. Quello era uno degli uomini di suo padre, aveva già avuto l'onore di scontrarsi con uno di loro e non era stato affatto semplice. Certo era che una gara come quella non dava molto spazio a scorrettezze, perciò rimase semplicemente attenta e curiosa. Quanto poteva essere forte? Quanto avrebbe dovuto impegnarsi per riuscire a superarlo? L'avrebbero di nuovo costretta ad abbassarsi e sottostare ai loro desideri?
Obra spalancò le braccia e lo stesso esserino scuro che aveva attaccato Wendy partì rapidamente, tirando alla Lachryma una spallata.
Fu Mato a dare voce al risultato che tutti vedevano: «Quattro punti!»
«Scherziamo?! Se starnutissi farei molto meglio!» scattò nervosa Priscilla, colta da una furia accecante. Che razza di scherzo era quello?
«Davvero una sfortuna, ma la prova non può essere ripetuta» disse Mato, guardando Obra tornare al suo posto sotto lo sguardo sempre più infuocato di Priscilla. 
"È un insulto! Certo! È questo il motivo! Ci hanno umiliato e ora fanno finta di essere degli sprovveduti, così da farci sfigurare come quelli che hanno perso contro degli escrementi simili!" pensò sempre più furiosa, vergognandosi enormemente per aver perso l'incontro del giorno prima contro uno di loro. 
«Orga di Sabertooth è il prossimo!» chiamò ancora Mato, mentre l'enorme uomo dal petto nudo e i tatuaggi sulle braccia avanzava verso la Lachryma. Fulmini neri scaturivano dalle sue mani, carico come una batteria. Il pubblico urlò incoraggiante ed entusiasta, festeggiando già quello che a parer loro era sicuramente il vincitore. Caricò il colpo a due mani, un'ondata di elettricità scura che colpì la Lachryma tanto da farla vacillare e il punteggio fu ben visibile a tutto pochi istanti dopo.
3825.
«Incredibile! Con un colpo micidiale Orga fa un salto in avanti non indifferente, mettendo tra lui e gli altri avversari una distanza praticamente dieci volte maggiore» commentò Chapati con gli occhi luminosi dall'eccitazione.
«C'era da aspettarselo» mormorò Priscilla, per niente sorpresa. Non sarebbe stato il God Slayer del tuono, se non fosse stato in grado di così tanto. 
«Bene, vediamo ora Jura, uno dei dieci maghi Sacri. Sarà in grado di sorpassare quel risultato?» chiese Chapati, guardando l'uomo vestito praticamente da sacerdote che con un sorriso sicuro si avvicinava alla Lachryma. 
Jura unì le mani davanti al petto e chiuse gli occhi, cercando concentrazione. Durò solo qualche istante poi il terreno parve esplodere e l'ondata di energia unita e terra e polvere colpì interamente la Lachryma. Il punteggio che nacque sopra di essa zittì lo stadio da quanto fu incredibile: 8544.
Un punteggio quasi triplo a quello del God Slayer, non a caso Jura era uno dei dieci Maghi Sacri. Sicuramente c'era da aspettarsi che avrebbe fatto parlare di sé, ma una cosa come quella riuscì a sorprendere persino chi lo conosceva da tempo. 
«Accidenti, Jura-san» ridacchiò Priscilla volando verso a Lachryma e incrociando l'uomo che invece tornava indietro. «Così mi metti in difficoltà. È praticamente impossibile fare di meglio».
«Sempre pessimista, piccola Priscilla?» ridacchiò Jura ma la luce negli occhi della ragazza lo rincuorò immediatamente. Una determinazione come quella non l'aveva mai vista, se non negli occhi di una Fairy Tail che non avrebbe lasciato scampo al proprio nemico. Quegli occhi, portavano l'orgoglio della sua gilda e con essa non avrebbe perso facilmente. Priscilla tornò nuovamente con i piedi per terra, fissando la Lachryma che aveva di fronte. Jura e Orga erano due pilastri insormontabili, solo loro bastavano a convincerla a dare tutta se stessa, ma la verità era un'altra. La sua mano destra, in quel momento, era ben scoperta. Lei non era lì per Jura, per Orga e nemmeno per suo padre. Lei era lì per Fairy Tail.
«È davvero dura» mormorò Lluvia, guardando preoccupata la ragazza. «Priscilla è forte, ma sarà all'altezza?»
«Jura potrebbe dare del filo da torcere persino a Gildarts» commentò anche Mirajane, altrettanto preoccupata. Ma Laxus, al loro fianco, sorrise e basta, senza aggiungere altro. Come se non avesse avuto bisogno neanche di chiederselo. Aveva una fiducia accecante nei suoi confronti, forse perché lui più di chiunque altro la conosceva e sapeva a cosa poteva arrivare se solo si fosse messa a fare sul serio. D'altro canto, era cresciuta con l'intenzione di allenarlo, era praticamente alla sua stessa altezza se non a un livello addirittura maggiore. Priscilla non era affatto da sottovalutare.
La guardarono sentendo la tensione annodar loro la gola, chiedendosi quale colpo avrebbe sferrato e che punteggio avrebbe raggiunto. Poi lei alzò una mano verso il cielo. A occhi chiusi, testa china, il braccio ben dritto verso il cielo... indice e pollice, le uniche dita che si allontanavano dal palmo della mano. Il loro simbolo, il simbolo di Fairy Tail nato dai suoi giochi di bambina insieme a un fratello che aveva amato più di ogni cosa. Il significato più dolce, nascosto in due semplici dita: anche se non posso vederti, io sono con te. E non solo i membri attuali di Fairy Tail le passarono per la mente, mentre si concentrava, ma era per tutti quelli che non erano lì ma lo erano stato in passato. Tutti quelli che bene o male avevano sempre incrociato il suo cammino. Quel simbolo... Priscilla avrebbe sferrato quel colpo per tutti loro. 
L'aria cominciò a muoversi lentamente su tutta l'arena, andando in direzione di Priscilla. Sempre di più, sempre più distante, persino ai confini di Crocus fu possibile sentire la brezza che cambiava direzione e andava verso lo stadio. Chilometri e chilometri di aria, era pienamente sotto al suo controllo e si dirigeva verso di lei, verso la punta del suo indice alzato al cielo. Aumentò di potenza e intensità fino a creare un vero e proprio vortice sferico sulla punta del dito, col diametro di appena pochi centimetri. Tutta l'aria della città si stava raccogliendo e comprimendo in quella semplice sfera turbinosa che tremava ogni istante di più. Di dimensioni minuscole, per riuscire a inglobarsi tutta in quel semplice punto era costretta a una compressione incredibile, e su quello che si basava quel colpo. Più aria avrebbe compressa l'una sull'altra, sfidando le leggi della fisica, più sarebbe stata distruttiva nell'istante in cui l'avrebbe rilasciata. L'evoluzione della sua magia caotica e senza controllo: non era più un solo scaraventare cose in giro o giocare con le molecole, schiacciarle o allentarle tra loro per generare campi di pressione. Le ci volle tempo, tempo nel quale sempre più aria, sempre più furiosa e frenetica correva e si stringeva in quel singolo punto sull'indice destro. La concentrazione era assoluta, riuscire a destreggiarsi con una quantità d'aria come quella non era semplice così come era complicato il riuscire a tenerla tutta insieme nonostante la forza che faceva per liberarsi. Le leggi della natura erano leggi a cui i maghi elementari dovevano sottostare, gliel'aveva insegnato lei a Wendy, lo sapeva bene. Lei non dominava l'aria, aveva solo imparato a conviverci, ma quel colpo, quella nuova tecnica, mandava tutto all'aria e per questo la costringeva a un utilizzo di magia esagerato. Un solo colpo, sapeva che quel genere di magia le avrebbe permesso di generare un solo colpo, dopodiché sarebbe probabilmente crollata a terra esausta. 
"Di più", per Fairy Tail avrebbe dovuto usare tutta se stessa. Ed esagerò, corrucciandosi quando cominciò a sentire i muscoli cedere per la fatica, la magia cominciare a mancarle. Ma non si arrese. 
"Di più".
Fairy Tail, quella famiglia che l'aveva accolta nonostante tutto, che l'aveva liberata dalle sue catene, che continuava ad abbracciarla e a proteggerla, meritava tutto ciò che avesse. E quella tecnica era nata solo con quello scopo. 
Era nata solo per loro.
Spalancò gli occhi, sentì che era pronta, e abbassò il braccio portandolo a novanta gradi con il terreno. Quelle dita sempre ferme nella loro posizione, con quella palla d'aria compressa sulla punta dell'indice ora puntato alla Lachryma dell'MPF come se fosse stata una pistola. Si afferrò il polso destro con la mano sinistra, per sostenerlo in quell'enorme fatica, e infine sparò.
«Fairy Shot!» 
Gridò il nome di quella tecnica con un orgoglio che poche volte aveva avuto e infine la pallina che racchiudeva in sé tutta l'aria di Crocus, forse dell'intera regione, venne rilasciata. La violenza con cui si liberò dal suo dito fu tale che persino Priscilla venne scaraventata indietro dal rinculo e dovette fare appello a tutta la sua forza per restare in piedi. La sfera d’aria compressa quasi non venne vista, tanto fu la potenza che aveva accumulato dentro sé, e si schiantò contro la Lachryma con un boato e un’esplosione che fece tremare l'intero stadio. Dal polverone che generò emerse lentamente il numero del punteggio, sospeso per aria nel vuoto, visto che dell'MPF non c'era più traccia. 
9999.
Un punteggio che probabilmente sarebbe salito ancora, se ne avesse avuto la possibilità, ma non era stato concepito per sopportare un colpo come quello. 
Priscilla, inginocchiata a terra per la forza del rinculo, guardò con orgoglio il proprio risultato e sghignazzò vincente. Poi una fitta la trafisse da capo a piedi, le controindicazioni di quella che era diventata la sua arma più potente: uno svuotamente magico completo. E cadde a terra... addormentata.
«Alla fine ha strafatto» sospirò Laxus, rassegnato, ricordandosi dell'unico avvertimento che le avesse dato prima di vederla andar via. 
«Questa è la nostra Priscilla» rise Mirajane, guardando divertita il volto beato con cui la ragazza ora russava sonoramente in mezzo all'arena. 
«Ha... ha distrutto...» balbettò Chapati, senza parole. Il boato di incitamento esplose sull'intero stadio, colti da un'eccitazione incontrollabile. Ciò che avevano appena visto era talmente incredibile che se lo sarebbero ricordato fino alla vecchiaia, quando l'avrebbero raccontato increduli ai propri nipoti: l'anno in cui Fairy Tail spazzò via decine di avversari e sette anni di fallimenti con un solo gesto della mano.

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Capitolo 52
*** Perché non muori?! ***


Perché non muori?




Priscilla riaprì lentamente gli occhi ma già prima di ritornare a vedere ciò che aveva attorno sentì una strana sensazione di disagio addosso. Un respiro le soffiava sulla punta del naso, qualcuno le stava tremendamente vicino. Aprì un occhio infastidita e trovò così il volto luminoso e infuocato di Natsu eccessivamente e fastidiosamente vicino.
«Priscilla, combatti con me!» urlò come se si trovasse dall'altro lato della stanza e lei per lo spavento reagì con un pugno sul naso. 
«Natsu!» l'ammonì Lucy prendendolo per la sciarpa e tirandolo indietro. «Lasciala in pace!»
«È da quando ha visto il risultato del MPF che non si è calmato un attimo, è sovraccarico» spiegò Erza.
«Priscilla-nee!» Wendy saltò sul suo letto, avvicinandosi a lei. Era sicuramente meno fastidiosa di Natsu, averla vicina anzi era piacevole. «Sei stata fantastica! Dove hai imparato quel colpo?»
Priscilla si leccò le labbra e cercò di inumidire nuovamente una bocca secca e impiastricciata dal sonno: sicuramente aveva dormito a bocca spalancata, per ridursi in quel modo. «Sono stati tre mesi di allenamento intensi» disse, sbadigliando. «Il Gerard di questo mondo è anche più forte di quello di Edoras, non ci andava piano e mi ha aiutata molto. Anche Ultear è stata di grande aiuto».
«Almeno per te sono stati tre mesi di allenamento vero» ridacchiò Lucy, ripensando nervosa al fatto che loro invece l'avessero passati a far baldoria con gli Spiriti Stellari. 
«Non è però un'arma che posso utilizzare in battaglia, come vedete» ridacchiò nervosa, grattandosi la nuca. Si era addormentata subito dopo averlo usato, aveva a malapena visto il suo risultato e chissà per quanto aveva dormito. A sufficienza, sicuramente, per essere portata in infermeria senza che se ne rendesse conto. 
«Ha permesso però alla tua squadra di prendersi otto punti» disse Erza, con orgoglio. 
«È la prima gara dove dominiamo! Fairy Tail A al primo e Fairy Tail B al secondo! Sono così eccitata!» sorrise Lucy, felice. 
«Sono stata fortunata a prendere il primo turno, se fosse entrata Priscilla al mio posto probabilmente si sarebbe presa lei tutti e cento i mostri e io sarei rimasta a bocca asciutta» disse Erza, sorridendo con un pizzico di orgoglio.
«Non essere sciocca» rise Priscilla. «Non sono mica pazza come te».
«Come ti senti adesso? Hai bisogno di dormire ancora?» chiese Mirajane, materna e gentile come sempre.
«Sto già meglio, grazie» sorrise lei, per poi passare in rassegna con curiosità i volti dei compagni che erano andati a trovarla. Una nota discordante, mentre vedeva Gajeel seduto su una sedia distante e Lluvia vicino al letto insieme a Mirajane. 
«Dov'è Laxus?» chiese dispiaciuta di non vederlo lì.
«Era qui fino a poco fa, ma è dovuto allontanarsi» rispose Mirajane, lasciandosi sfuggire un'espressione più triste e preoccupata di quanto si sarebbe aspettata. Qualcosa le dava da pensare e certo questo non rasserenò l'animo di Priscilla. 
«Hai dormito quasi per un'ora e mezza, si sono svolte le altre battaglie nel frattempo» disse Lluvia, come fosse una spiegazione.
«Toccava a lui, adesso» tagliò corto Gajeel.
«L'hanno chiamato in battaglia?!» sussultò Priscilla, cominciando a irritarsi per il fatto che non l'avesse svegliata. Aveva riposato a lungo e quello era l'incontro di Laxus, perderselo era fuori discussione. «Contro chi?» chiese poi, curiosa, e l'ombra negli occhi dei suoi compagni si fece più scura.
«Raven Tail» disse infine Mirajane, colpendo con quelle due semplici parole dritta nel petto di Priscilla. Raven Tail era di nuovo contro di loro, se l'erano vista prima contro di lei e ora anche contro Laxus. Era assurdo, sembrava fatto di proposito, forse gli organizzatori avevano solo desiderio di vedere figli contro padre. Ma questo non cambiava le cose: lei doveva esserci!
Saltò giù dal letto, scaraventando via le coperte, e spintonando Natsu e Lucy per riuscire a passare raggiunse la porta e infine corse via. 
«Ci aveva chiesto di tenerla qua e farla riposare» disse Lluvia, guardando dubbiosa la porta che era rimasta aperta.
«Come puoi farle una cosa simile? Sai bene cosa significa questo incontro per lei» sospirò Charle, alzandosi in volo e uscendo insieme al resto dei compagni fuori dall'infermeria. 
«Io comunque voglio vederlo» grugnì Gajeel, alzandosi e camminando a passo svelto verso il proprio balcone e Lluvia annuì, concordando con lui. Era la battaglia della loro squadra, indipendentemente dai risvolti che potevano esserci, era comunque la battaglia di Fairy Tail B e loro dovevano essere lì per sostenerlo. Natsu lo sapeva bene, per questo l'aveva molestata al punto da svegliarla. Inoltre Raven Tail era ben famosa, ormai, per i suoi metodi poco morali e anche se si trattava di Laxus era bene tenere lo stesso sotto osservazione la situazione. 
Raggiunsero il proprio balcone poco dopo, trovando Priscilla già affacciata dalla balaustra col fiatone di chi aveva corso con tutte le sue forze. Laxus al centro dell'arena osservava ancora il nemico, immobile, aspettando il via dell'arbitro per quell'incontro. Di fronte a lui c'era Alexei, l'uomo con la maschera da leone che aveva fatto venire i brividi a Priscilla fin dal loro primo incontro.
«Laxus!» chiamò con tutto il fiato che aveva, riuscendo ad attirare così la sua attenzione. Non aggiunse altro, non ce n'era bisogno, aveva solo avuto il desiderio di comunicarglielo: lei era lì. Per lui.
Laxus si lasciò sfuggire un sorriso divertito, prima di tornare a guardare il proprio avversario. «Fate sempre come vi pare, vero?» mormorò tra sé e sé, divertito dal fatto che non solo non l'avessero ascoltato nella sua richiesta di tenerla lontana dall'arena ma anche che con ogni probabilità l'avessero svegliata di proposito.
«Entrambe le parti si facciano avanti!» chiamò Mato, alzando un braccio. Li guardò, assicurandosi delle loro posizioni e che fossero pronti, per poi decretare: «Che l'incontro abbia inizio!»
Il suono del gong ufficializzò quelle parole e Laxus si prese il suo tempo, per studiare la situazione. «Della gilda del mio vecchio, eh?» mormorò, osservando attentamente l'avversario. «Chi sei?» ma a quella domanda Alexei rispose con un attacco che lo colse di sorpresa. Una gomitata e Laxus venne scaraventato via. Roteò a mezz'aria, si liberò del cappotto e puntò piedi e ginocchia a terra per fermarsi e cercare di rimettersi in piedi il prima possibile. Alexei gli fu immediatamente di fronte e gli tirò un calcio che lo scaraventò via di nuovo. 
«Non è possibile!» sussultò Lluvia, preoccupata.
«L'ha colpito per ben due volte!» osservò Gajeel, sorpreso della velocità e della potenza di quell'Alexei.
«Che succede?» mormorò Mirajane, preoccupata. Laxus aveva qualcosa di strano, Alexei poteva anche essere forte ma era assurdo vedere Laxus così in difficoltà con così poco. Alexei unì le dita tra loro, un raggio magico nacque dalle sue mani e colpì Laxus in pieno stomaco, tagliandogli il respiro. Un colpo verso l'alto e sul petto di Laxus si aprì addirittura una ferita che versò sangue, macchiando il terreno su cui cadde nuovamente.
«Qualcosa non va» mormorò Priscilla, prima di chiudere gli occhi.
«Non ci credo che Laxus stia venendo battuto in questo modo!» disse Mirajane e si voltò a guardare il volto concentrato di Priscilla.
«Riesco a sentire il suo respiro» sussurrò infine lei. «È calmo. Immobile. Quasi impercettibile».
«Non si direbbe, guarda come muove il petto per prendere aria» commentò Lluvia, sorpresa. 
«È affaticato!» annuì Mirajane, notando anche lei come faticasse a respirare mentre Alexei continuava a tormentarlo di pugni e calci tanto da riempirlo di ferite.
«Non è lui» disse decisa Priscilla, sempre a occhi chiusi. «Riesco a vederlo».
«Stai usando la magia?» chiese Lluvia, sorpresa e preoccupata. Se li avessero scoperti forse avrebbero passato qualche guaio. Priscilla spalancò improvvisamente gli occhi, guardando ora la scena di suo fratello che veniva maciullato dal nemico. Ma la ignorò. I suoi occhi si posarono su un punto lontano, dove sembrava non esserci niente e lì rimasero. 
«Lui è lì» disse infine, corrucciandosi.
«Come...?» balbettò Lluvia, confusa.
«Che stiano usando uno dei loro trucchetti?» ringhiò Gajeel, furioso.
«Bisca, Warren e anche Lisanna e i Raijisnhuu stanno tenendo d'occhio Raven Tail e master Ivan. Pare però che non abbiano notato niente di strano» disse Mirajane, chiedendosi con preoccupazione quali fossero i loro scopi. Priscilla digrignò i denti, guardando come quelle fittizie immagini stessero umiliando non solo Fairy Tail ma lo stesso Laxus. Non sapeva cosa avessero in mente, ma qualcosa stava succedendo e trattandosi di Raven Tail, lo sapeva, non era niente di buono. Ma lei riusciva a vederlo, lei riusciva a sentirlo. E riusciva a sentire anche tutti i cinque membri di Raven Tail davanti a lui, non solo Alexei. Volevano combatterlo in cinque? Speravano così di soggiogarlo? Quali intenzioni avevano? 
«Laxus!» chiamò con tutto il fiato che aveva prima di alzare in aria indice e pollice, nel loro simbolo di solidarietà e amore. «Sono con te» mormorò, guardando con determinazione il punto dell'arena vuoto dove in realtà li sentiva. 
Alexei, il vero Alexei, bloccato all'interno dell'illusione che aveva creato per imbrogliare gli occhi di giudice e spettatori, si lasciò scappare una risatina vedendo Priscilla sul balcone, alle spalle di Laxus, guardarli come se potesse realmente vederli.
«Quella mocciosa...» sibilò, procurando sul volto di Laxus una contrattura in più. «Era diventata una spina nel fianco già molto tempo fa».
Si portò una mano alla maschera, che cominciò a sollevare, deciso infine a mostrare la sua reale identità. Laxus non si stupì molto, quando si trovò di fronte lo stesso Ivan, suo padre.
«Chissà perché, ma me lo immaginavo» mormorò infastidito, prima di aggiungere, in un'implicita richiesta: «Dici che è una spina nel fianco, ma l'hai tenuta in vita fino ad ora».
«Sì, l'ho fatto» sghignazzò Ivan. «Sono qui proprio per parlartene e in base all'esito della nostra chiacchierata deciderò la vostra sorte, non solo quella della mocciosa ma anche del nostro incontro e del vostro torneo».
«Credi di tenerci tra le dita?» chiese irritato Laxus.
«Fino ad ora è stato così. Ieri la mia bambina di carta si è arresa, ricordi?» ridacchiò e qualche scintilla nacque intorno al corpo ora irrigidito di Laxus. Chiedersi se a infuriarlo tanto fosse stato l'averla chiamata "mia bambina di carta" o l'avergli ricordato del giorno prima era superfluo, tutto di quell'uomo lo mandava in bestia. «Andrò subito al dunque: dove si trova Lumen Histoire?»
«Non ho idea di cosa tu stia parlando» disse Laxus, sempre più nervoso.
«È impossibile che Makarov non te ne abbia parlato! Non fare il finto tonto. O preferisci che lo chieda direttamente a lei?» sghignazzò maligno e per quanto non ci fosse bisogno di specificare a chi si riferisse fu chiaro a tutti che Priscilla era diventata la loro merce di scambio. E Ivan nel vedere la furia crescere nei suoi occhi ridacchiò ancora di più, sapendo di averlo in pugno. «Il vostro legame non era nei miei piani, quando l'ho creata mai avrei pensato che tu fossi tanto debole da prenderla così a cuore. La cosa è andata crescendo negli anni, ancora adesso... è molto importante per te, non è così?»
«La ucciderai?» chiese Laxus, chiedendo conferma di quanto sospettasse.
«Al contrario. Se deciderai di collaborare, la libererò. Per sempre» ridacchiò Ivan. «Esiste un modo, l'ho scoperto. Può diventare un essere completo e finito, senza più essere legata a me. Non vivrete più nel terrore che un suo passo falso possa costarle la vita».
«L'hai portata ad arrendersi ieri per ricordarci questo, vero? Non ti interessava l'esito della gara» osservò Laxus.
«Questo torneo non è mai stato nei miei interessi. Posso regalarti fino all'ultimo punto, da qui alla fine, se lo desideri. Volevo solo incontrarvi... e scambiare due chiacchiere con voi» ridacchiò ancora.
«Ha vissuto nel terrore per tre giorni interi, a causa tua» Laxus digrignò i denti sempre più furioso. Tutto quello era voluto, lui aveva giocato con i suoi sentimenti, con i suoi timori, fino ad allora solo per un personale tornaconto. Come avrebbe fatto a dimenticare le lacrime versate da lei, il giorno precedente? Come avrebbe potuto perdonarlo per averla portata a un simile dolore? «Non ho idea di cosa tu stia parlando, ma anche se lo sapessimo nessuno di noi due te lo direbbe».
«Lei lo so bene, è così stupida che accetterebbe di morire pur di non tradirti. Ma tu sei davvero disposto a barattare la sua vita per un piccolo segreto... Laxus-chan?» ce l'aveva in pugno, lo sentiva. Da quando avevano messo piede a Crocus e avevano visto entrambi in quelle strade, ogni singola mossa era stata finalizzata a tutto quello. Portare Priscilla alla pazzia per stuzzicare il cuore di Laxus e costringerlo così a vuotare il sacco, legato a un affetto di cui Ivan conosceva ogni segreto. Li aveva visti crescere insieme, li aveva visti combattere insieme, aveva assistito a ogni singola lacrima di ciascuno di loro. Aveva più volte pensato di separarli, impedire a Laxus di legarsi così a lei, ma Priscilla era una marionetta difficile da gestire. Attirava troppo l'attenzione, nei suoi primi anni di vita, con quello sguardo di vetro che si portava appresso. Aveva cominciato ad avere qualche accenno di umanità solo nell'istante in cui Laxus l'aveva presa sotto l'ala, per qualche strano motivo lei l'aveva trovato affascinante e aveva imparato ad imitarlo. Imitava le sue abitudini, imitava i suoi gesti, imitava la sua umanità, le sue espressioni, imitava qualsiasi cosa e questo l'aveva infine resa più simile a un umano di quanto fossero stati in grado di fare i suoi ordini e minacce. Per questo aveva alla fine accettato quel loro bizzarro legame, anche se aveva portato qualche effetto collaterale successivo. Convincere Laxus a combattere contro di lei con tutte le sue forze era sempre più difficile, ma Priscilla aveva il terrore di Ivan e bastava questo a convincerla nel dare tutta se stessa per portare Laxus all'atto estremo di usare tutta la sua magia. Ora, quel legame che aveva deciso di permettere, gli aveva dato delle carte in più da giocare e questo bastò a renderlo orgoglioso e felice delle sue scelte. 
«Pensaci bene, Laxus-chan. Anche in questo momento potrei ucciderla e se solo tu ti azzardassi a farmi del male anche lei ne risentirebbe gravemente. Lascia perdere, accetta le mie condizioni, non hai che vincerne. Dimmi dov'è Lumen Histoire» insisté.
«Sei un vecchio schifoso» rispose Laxus, fulminandolo con lo sguardo, e Ivan ridacchiò ancora di più. «Ma hai perso il potere persuasivo che un tempo mi portava a fare simili stronzate».
«Cosa?» si corrucciò Ivan, non aspettandosi una simile risposta. Cominciò a irritarsi: «Bada bene a quello che dirai. Voltati e guardala negli occhi, mentre decidi».
«Non lo farò» disse Laxus, deciso. «Perché sono solo stronzate. Tu non puoi ucciderla» e gli occhi di Ivan gli dissero che aveva trovato la verità, in fondo al barile. «Lei è già libera».
«Che stai dicendo?!» ruggì Ivan, colto da una bizzarra rabbia.
«Primo aveva ragione» mormorò Laxus, lasciando che alla mente gli tornasse una fresca chiacchierata di appena pochi minuti addietro, quando aveva da poco lasciato la stanza di Priscilla. Era carico ma turbato per l'incontro che avrebbe affrontato da lì a pochi minuti, camminava a testa bassa. Non riusciva a smettere di ripensare alla promessa che le aveva fatto il giorno prima, lui doveva trovare il modo di liberarla, ma era stato avventato. Non aveva nemmeno idea di dove cominciare.
Ma Mavis -o almeno il suo spirito- , il Primo Master di Fairy Tail, l'aveva intercettato in quei corridoi. 
«Tu sei il secondo nipote di sesto, giusto?» gli aveva chiesto con la sua candida aria innocente. «Secondo?» aveva chiesto lui, non molto contento di essere identificato come "secondo", visto che in realtà tra i due lui era quello di età più grande. E poi l'idea di essere secondo non gli era mai piaciuta.
«Perché sei attratto da tua sorella? È perverso» una domanda diretta, provocatoria, ma sicura di quello che sosteneva e lui non aveva potuto far altro che arrossire e paralizzarsi. Ma era una domanda che aveva invece portato a una riflessione che gli aveva aperto una finestra sul mondo. «Forse perché non è realmente tua sorella, vero? Non la conosco, eppure ho la sensazione di poterla comprendere fino all'ultima cellula. La magia della vita... un miracolo e una maledizione, una delle magie supreme di Zeref. È incredibile che un normale essere umano sia stato in grado di portarla a compimento. Ivan ha sicuramente una mente deviata, ma è stato abile nel riuscire a dar la vita a quella ragazza».
«Il Secondo Master pare gli abbia spiegato come fare» aveva mormorato Laxus, dando qualche risposta.
«Purehito! Certo... capisco. Purehito avrebbe potuto farcela, è vero. La sua abilità era leggendaria, la ricordo bene. Ma nessun essere umano ha davvero la capacità di creare un anima, per quanto abile sia. O sbaglio?» Aveva chiesto, curiosa di sapere come fosse stato possibile. Laxus aveva negato e aveva ancora una volta spiegato: «Pricchan non ha un'anima propria. È legata a quella di nostro padre, un collegamento invisibile che la tiene in vita».
«Certo! Un collegamento spirituale! Solo uno come Purehito poteva pensare a qualcosa di tanto incredibile» aveva detto con gli occhi che le brillavano.
«Lo stai ammirando troppo per i miei gusti» aveva mormorato lui infastidito. 
«Vi ha dato un bel po' di problemi, vero? Adesso comprendo il motivo per il quale ieri lei ha deciso di arrendersi proprio di fronte alla vittoria e comprendo tutte le sue lacrime. Dev'esserne stata tormentata, povera ragazza. Però, vedi, è proprio questo il punto!» aveva detto alzando l'indice, decisa.
«Quale punto?» aveva chiesto lui, infastidito per il fatto che non riuscisse a seguirla. 
«Lei piange! Piange veramente. E ride, l'ho vista con i miei stessi occhi! Ha dedicato un attacco a suo nonno e un altro all'intera gilda. Il suo amore per i suoi compagni glielo si legge negli occhi e quello che prova per te è evidente anche a una sconosciuta come me» tutti quei discorsi gli avevano riportato alla mente le parole di Natsu, sul fatto che lei fosse esattamente come loro proprio perché provava dei sentimenti. E cominciò a rifletterci, per la prima volta, in maniera più attenta. «La magia nasce sempre dal cuore, è qualcosa che non dobbiamo dimenticare, e il miracolo della vita è la magia suprema».
«Che stai cercando di dirmi?»
«C'è qualcosa di molto strano in tutto questo, non lo credi anche tu? L'ha tenuta in vita per anni, avrebbe potuto utilizzarla per i suoi scopi, invece l'ha lasciata libera di vivere nella nostra gilda. Davvero credi che uno come Ivan avrebbe accettato di cedere parte della sua anima a una creatura che neanche considera umana, quando non avesse più avuto bisogno di lei?» aveva chiesto pensierosa e sempre più quei dubbi avevano cominciato a insinuarsi nella sua mente. 
«Magari ha ancora bisogno di lei» aveva azzardato.
«Magari sì, ma c'è qualcosa che non consideri, forse perché sei abituato ad averli intorno e non ci hai riflettuto».
«Su cosa non ho riflettuto?» l'agitazione, il nervoso, mille emozioni che l'avevano portato a uno stato di preoccupazione profonda. Cosa, di tanto fondamentale, gli era sfuggito? 
«Il tuo amico Bickslow si è preso una bella cotta per quella ragazza. Lui non ha il potere di vedere le anime? Credi davvero che avrebbe potuto invaghirsi di un'anima sudicia come quella di Ivan?»
L'anima di Ivan era veramente sudicia, lo sapeva e in quel momento ne stava avendo un'ulteriore conferma. Conosceva Bickslow, si sentiva uno stupido a non averci pensato prima lui stesso, ma sapeva che mai avrebbe potuto provare quei sentimenti verso un corpo senz'anima o addirittura verso un'anima orribile come quella di loro padre. L'unica risposta possibile era che Priscilla avesse, in qualche inspiegabile modo, un'anima tutta sua ormai. 
Chissà da quanto tempo.
«Lei era già libera e tu hai comunque giocato al padrone per indurla a cadere ai tuoi piedi. Per usarla come merce di scambio, per ingannarci» la furia lo accecò a tal punto che non contenne più l'elettricità del suo corpo, facendo nascere intorno a lui una scarica continua di scintille e piccole saette. E Ivan si corrucciò sempre di più, sentendosi smascherato e sorpreso. 
«Ti sbagli!» provò a negare, ma la sua faccia non era abbastanza convincente. Ormai Laxus aveva capito e non c'era niente che potesse convincerlo del contrario.
«Da quanto tempo?» chiese, digrignando i denti. Le sue lacrime... come poteva dimenticare le lacrime versate perché costretta a scegliere tra la propria vita e l'orgoglio della sua gilda? Pensare che era stata ingannata, che era stata accecata per tutto quel tempo, pensare che tutto quel dolore non aveva fondamenta su cui poggiarsi. Lo mandava in bestia.
«Da quanto tempo?» chiese talmente furioso che non riuscì a trattenersi dall'urlare, ruggire come un drago. Ma Ivan, di fronte a sé, si rifletteva in quella rabbia e non riuscì a controllare più la propria calma di fronte a quel vergognoso e tanto odiato ricordo: il giorno che aveva trovato i fili della sua marionetta dondolare inermi dalle sue dita, mentre lei correva beata lontana da lui. «È colpa tua!» ruggì con altrettanta furia. 
«Mia?» chiese Laxus, non capendo.
«La magia nasce dal cuore, quello stupido di papà non faceva che ripetermelo. Lui sapeva, ne sono sicuro, lui sapeva tutto fin dal principio! Si prendeva gioco di me. Per questo non c'era giorno che non me lo ripetesse, con quell'aria da paparino superiore, e tu, moccioso, non facevi che portarmela via! Le insegnasti a provare quegli stupidi sentimenti! La mia bambina di carta... lei è mia! Mia! Ridammela!» impazzì e allungò la mano di fronte a sé. Dalla manica della sua giacca nacquero e partirono come un'onda delle piccole marionette di carta, ritagli a forma di uomo stilizzato che obbedendo ai suoi ordini vorticarono l'uno a fianco all'altro e attaccarono Laxus. Il ragazzo alzò un braccio e riuscì a difendersi, anche se sentì comunque la potenza di quel colpo sulla pelle. 
«Non lo è mai stata!» ruggì Laxus, rimandando indietro quel getto di marionette magiche ma altre ne nacquero e arrivarono da ogni direzione, colpendolo ancora.
«Ma lei non lo sa» Ivan sorrise di un sorriso folle e inquietante. «Me la riprenderò con le minacce e la costringerò a portarmi dal Lumen Histoire! Lei mi ascolterà, lei mi teme. Ho aspettato nell'ombra per tutto questo tempo, ma ora... questo è il mio momento! Obra, prendilo! Annulla la sua magia!» ordinò a uno dei suoi sottoposti che scattò senza repliche. «È stato lui a colpire Wendy e Charle, dunque!» disse Laxus e si avvolse in uno dei suoi fulmini. Sfondò senza difficoltà la barriera di marionette di carta di Ivan e raggiunse Obra prima che potesse anche solo pensare di attaccare, colpendolo con una tale forza da atterrarlo immediatamente. Flare e Nulpting intervennero, la prima allungando i propri capelli il secondo caricando un colpo col proprio braccio colmo di spuntoni. Laxus schivò i capelli di Flare e si lanciò su Nulpting, guardandolo in un modo che mai avrebbe probabilmente dimenticato. «Questo è per Gray» disse colpendolo con un pugno  e un tuono subito dopo avvolse l'avversario, tramortendolo. I capelli di Flare gli avvolsero un braccio e lei sorrise, felice di esserci riuscita, ma quella felicità fu mal riposta. 
«E questo è per Lucy!» Il fulmine di Laxus, colmo d'ira, percorse i suoi capelli a ritroso e la raggiunse, colpendola tanto brutalmente da farle perdere i sensi. 
La sabbia si mosse ai suoi piedi e da essa prese forma Kurohebi, alle sue spalle, pronto a fare la sua mossa. Laxus lo fulminò con lo sguardo e la rabbia lo irrigidì nuovamente.
«Tu...» ringhiò, mentre nella testa gli tornarono pesanti come un masso le immagini del giorno prima. Priscilla, inginocchiata a terra, che tremava nel vedere quel vile che aveva preso le proprie sembianze e con esse la attaccava. «Hai riportato alla mia mente il peggiore dei ricordi» lo afferrò per la gola e strinse, furioso, fino a che altri fulmini non scaturirono dalla sua pelle e misero fuori gioco anche quell'avversario. 
«E adesso io e te faremo i conti» disse voltandosi a fulminare quello che chiamava padre. «Hai manipolato tutta la mia vita, mi hai portato a fare cose atroci e hai da sempre ferito la mia famiglia. Per questo sarai annientato».
«Prendertela con me non ti salverà dalle tue colpe, Laxus» ridacchiò Ivan, nervoso e agitato di fronte alla sua intera gilda anti-Fairy Tail sbaragliata con una tale facilità. «Eri tu quello che colpiva, ricordi? I tuoi crimini sono forse anche più gravi dei miei. Io le ho dato la vita, tu gliela toglievi tutte le volte. Ho sentito che eri stato bandito anche tu dalla gilda... sbaglio?»
«Tsk!» sibilò tra i denti Laxus, ascoltando disgustato e furioso quell'ennesimo tentativo di manipolazione. «Delle mie colpe me ne occuperò io stesso, ma non permetterò più a nessuno di far del male alla mia famiglia d'ora in avanti» urlò e riempiendo i polmoni sparò infine il proprio ruggito di drago del fulmine contro Ivan. Dalla polvere e dalle macerie, Ivan alzò appena la testa e guardò l'ombra di suo figlio, sopra di lui, pronto a dargli il colpo di grazia. Aveva pensato attentamente a quella strategia, conosceva perfettamente la mente di Laxus e di Priscilla, li aveva cresciuti lui, sapeva come manipolarli. Tutto era sembrato andare per il verso giusto, persino l'incontro con Kurohebi era stato perfetto perché aveva permesso alla ragazza di cadere completamente nel baratro del suo abbraccio. Tutto era perfetto e corretto, ma allora dove aveva sbagliato? Ancora una volta... aveva commesso un errore inspiegabile ancora una volta!
«Lei doveva morire» ringhiò tra i denti, ormai accecato dalla follia non gli interessava più nemmeno che Laxus l'avrebbe sconfitto e il suo piano sarebbe andato in fumo. Troppa rabbia covava dentro, da troppo tempo. 
«Lei doveva morire! Perché? Perché non è morta?!» una frase, una semplice e viscida frase come tutte le altre, che però aprì l'ultima delle finestre a illuminare l'ultimo angolo buio del suo passato. 
"Perché non muori?!" era stato il suo urlo furioso e disperato, condito dalle lacrime e dalle urla di una Priscilla incapace di muoversi, a svegliarlo da quella specie di coma in cui era entrato tanti anni addietro. Ora ricordava... il giorno in cui Makarov aveva preso l'estrema decisione di esiliare suo figlio, che per quanto folle e pericoloso continuava ad amare e pregare per lui, dandogli una fiducia immeritata.
Ivan quel giorno di tanti anni addietro li aveva costretti a combattere, per l'ennesima volta. Quel giorno Laxus non ne aveva nemmeno particolarmente voglia, c'era da poco stato il funerale di Lisanna, si portava ancora addosso l'angoscia di quel terribile evento. Ma suo padre era persuasivo e manipolatorio, riusciva a muovere i meccanismi dei suoi pensieri con eccessiva sicurezza e tranquillità, e li aveva fatti di nuovo combattere. Era passato molto tempo dall'ultima volta, forse addirittura quasi un anno. Da quando Laxus aveva cominciato a scalare la vetta di Fairy Tail, avvicinandosi sempre più alla classe S, le manie di suo padre sembravano essersi placate. In fondo, non c'era bisogno di ulteriore allenamento, era già perfetto così. Però ogni tanto li faceva combattere lo stesso e portava comunque Laxus a colpirla a morte. La prendeva come una vecchia bambola, la riportava nella sua stanza col volto contratto dalla rabbia e pochi giorni dopo Priscilla tornava ad essere la solita, splendida, sorridente sorellina appiccicosa. Era arrabbiato, a differenza di quando erano più piccoli, gli ultimi anni a fine combattimento lui era sempre furioso. E ora cominciava a capire perché: quei combattimenti non servivano più ad allenare il debole e impacciato figlioletto. I combattimenti dei loro ultimi anni assieme servivano esclusivamente a tentare di ucciderla, perché non serviva più, perché diventata inutile, e perché non averne più il controllo lo faceva impazzire.
Ricordò il giorno del loro ultimo scontro, il giorno dell'esilio di Ivan.
Sicuramente era stata colpa del funerale di Lisanna, non riusciva a scrollarsi di dosso il dolore all'idea della perdita di una sorella, e questo l'aveva portato a colpire Priscilla con meno violenza. Semplicemente, non ne aveva voglia. L'aveva perciò ferita profondamente, come sempre, ma non tanto da distruggerla come aveva fatto molte altre volte. 
«Ti sei trattenuto! Sei un debole!» aveva ruggito Ivan, furioso per come fosse andato l'incontro e Priscilla, nonostante le ferite che le impedivano comunque di camminare, si era sporta in avanti gridando: «Non fargli del male, ti prego!»
Mai era successo, prima di allora, che lei provasse a interferire. Di fronte a Ivan lei chinava sempre la testa, perdeva la luce dei suoi occhi, si lasciava colpire fino allo sfinimento pregando per una morte che mai sarebbe arrivata. Ma quel giorno no... quel giorno lei aveva parlato. Terrorizzata all'idea che Ivan avesse potuto scaricare su Laxus la stessa furia che scaricava su di lei, era intervenuta. Chissà che forse non fossero state proprio le parole di Laxus a portarla a tanto. Anzi, ora che ci ripensava, ne era certo. La consapevolezza della morte, il terrore di perdere l'unica persona che amasse davvero, era nata proprio da quelle parole il giorno del funerale di Lisanna.
"Se tu morissi, credo che vorrei morire insieme a te".
E ora cominciava a comprendere anche il motivo che aveva spinto Ivan a quella reazione esagerata. Lei aveva cominciato a provare sentimenti, quegli stessi sentimenti le avevano donato la vita perché dal cuore, dall'amore, nasceva ora la magia che la teneva in vita. Ivan non le serviva più, i fili erano stati tagliati, la sua marionetta non era più sua e lui era furioso come un bambino viziato a cui era stato negato il giocattolo preferito. Vederla in quell'atteggiamento protettivo, tanto da sorvolare il suo terrore verso suo padre, vederla rivolgere ancora a lui tutto il suo amore l'aveva accecato completamente e aveva perso la ragione.
Lei doveva morire.
Laxus era stato di nuovo manipolato, i ricordi annebbiati, probabilmente l'aveva addormentato e reso inoffensivo. Ma ricordava, ora, che in quella stanza lui si era risvegliato sotto l'urlo furioso di Ivan che colpiva Priscilla con tutta la furia che aveva e le urlava a gran voce: «Perché non muori? Perché non muori? Perché non muori?» e ogni parola era un colpo, una tortura per quella ragazza che urlando di dolore non poteva che coprirsi il volto impacciatamente e piangere. Semplicemente piangere. 
Priscilla doveva morire, probabilmente era una sentenza che aveva lanciato su di lei ben molti anni prima. Aveva tentato di interrompere il collegamento, rendendosi conto solo allora che non funzionava, che niente aveva effetto, e nonostante le battaglie e le torture lei tornava sempre in piedi. Lei non moriva mai, anche se lui aveva desiderato farlo. Sentirla sfuggire dalle dita l'aveva portato alla pazzia, la sua magia più grande, la sua arma più incredibile, gli aveva voltato le spalle dopo anni di soddisfatto utilizzo. Non le apparteneva più e questo l'aveva logorato più di ogni altra cosa. Priscilla quel giorno, il primo di una lunga vita, era stata accecata dal terrore di morire. Forse per via di quelle parole, forse per i colpi più furiosi del solito volti non a punirla ma ad ucciderla, e quella frase che le martellava la testa.
Se lei fosse morta... Laxus avrebbe provato a morire con lei? Non poteva permetterglielo, non l'avrebbe mai accettato. Lei non aveva mai desiderato altro che restare insieme a lui per sempre, glielo chiedeva ogni notte. Lei aveva cominciato a sognare. 
Aveva colpito Ivan usando le ultime forze rimaste, in lacrime era corsa via, gattonando, strisciando, lasciando una scia di sangue dietro di sé... fino a che Makarov non l'aveva trovata e non l'aveva accolta tra le braccia, disgustato e sconvolto.
«È così che tratti i tuoi figli, Ivan?»
Il giorno dell'esilio di suo padre. E lui non aveva fatto che colpevolizzare Priscilla, accecato dal potere di Ivan, dimenticandosi di ogni cosa, aveva persino accusato lei di tradimento. Per cinque infiniti anni non aveva fatto che odiarla, disprezzarla, insultarla... per il suo semplice desiderio di voler continuare a vivere. 
«Perché non è morta?!» urlò ancora, sempre più furioso, e Laxus decretò la fine di quell'incontro con un ultimo scaricante pugno. L'illusione venne dissolta, tutti nello stadio videro il vero Laxus emergere al posto di quello fittizio. In piedi, i cinque membri di Raven Tail a terra, lo stesso Ivan adesso privo di sensi. 
Una lacrima gli cadde infine dal viso. 
Ignorò la voce di chiunque scoprisse la verità in quel momento. Il pubblico sconvolto, l'arbitro disperato nel scoprire che lui stesso era stato ingannato a tal punto, la rabbia nello scoprire l'imbroglio di Raven Tail, le regole che non erano state rispettate e soprattutto l'incredulità di fronte a Laxus, l'unico che fosse riuscito a sconfiggerli tutti insieme, master compreso. Ignorò ogni cosa e semplicemente si allontanò, tornando all'interno del lungo corridoio che riportava dentro lo stadio, per tornare alla propria postazione. Camminò per qualche metro, mettendo finalmente una decisiva distanza tra lui e le voci, riuscendo infine a nascondersi nell'ombra. Si fermò, tremante, e aprì solo in quel momento la mano che aveva tenuta serrata per tutto il tempo. Sul palmo della mano riposava ora una bambola di carta, una sagoma vagamente umanoide, le armi di Ivan. 
"Sono nata da una delle sue marionette di carta" lei era come loro. La Pricchan di cui aveva ricordo, piccola appena di tre anni, aveva preso forma da una di quelle. Per quanto si fosse da sempre sforzato di vederla diversamente, avere la verità ben visibile, stretta tra le mani, rendeva tutto di una consistenza ben diversa. Era così doloroso, era così accecante. E lei lo sapeva, lei l'aveva sempre saputo che quella era in realtà il suo vero aspetto, il suo legame col mondo. Il desiderio più profondo, il desiderio di diventare umana... come loro. Quanto aveva pianto, quel giorno che lui aveva colpito la gilda e che gli era costato l'esilio. Quanto aveva pianto, nel pronunciare una frase che aveva sempre faticato a comprendere: "Desideravo così tanto essere come voi... essere come te". Riusciva a comprendere, ora, il suo dolore più angosciante. La consapevolezza di essere solo una marionetta di carta che amava fingere di essere umana. Priscilla era la sua bambina di carta, poteva vederlo chiaramente e fece un male incredibile. Tutti quei ricordi, tutte le volte che l'aveva vista cadere per mano sua, i ricordi di una Priscilla che con lo sguardo vuoto guardava il cielo mentre si riprendeva da una "delle sue malattie", o che si nascondeva nell'armadio perché terrorizzata dal temporale. La bambina di carta, che quando aveva appena tre anni non sapeva nemmeno sorridere, era stato lui a insegnarglielo. Era stato lui a insegnarle ogni cosa. Ora che anche l'ultimo tassello era andato al suo posto, l'ultimo ricordo che forse proprio perché il più doloroso era stato così ben nascosto, il più difficile da evocare... ora che anche lui era tornato, sentì che sarebbe potuto cadere nella follia da un momento a un altro. Non c'era al mondo senso di colpa più intenso di quello, non c'era al mondo dolore più accecante. Lei era davvero la cosa più importante che avesse sempre creduto di avere, eppure... come poteva lui essere un mostro del genere? Come aveva potuto farle un male simile per tutta la sua vita? Quanto forte e disperata poteva essere quella ragazza che per anni aveva nascosto la verità, subìto le peggiori barbarie e crudeltà chiusa in un angolo, sola più di chiunque altro, per mostrare al mondo solo il meglio di sé in quello che era il gioco della vita. 
«Laxus!» la sua voce, cristallina, sembrava l'eco di un angelo che lo chiamava dal cielo. Si voltò, riuscendo solo in quel momento ad allentare leggermente la tensione dei suoi muscoli, tesi tanto da fargli male. Si sorprese quando la trovò più vicina di quanto si fosse aspettato: quando era arrivata? Aveva spiccato un salto, probabilmente si era alzata in volo per arrivarci meglio e gli era saltata addosso abbracciandolo con una tale enfasi da sbilanciarlo indietro e farlo cadere. Osservò il suo volto, in quei brevi istanti in cui cadevano entrambi, farsi sempre più vicino al proprio. Sentì il tocco delle sue labbra sfiorare le proprie, il respiro sulla guancia, un bacio velato e nascosto dalla scusa di un incidente nella caduta. La vide, una volta seduto a terra, allontanarsi da lui con un luminoso sorriso in volto, le guance arrossate rigate da lacrime che non sembravano intenzionate a smettere di scendere. 
«Sapevo che ce l'avresti fatta» una sicurezza che aveva riposto in lui fin dal primo momento e a cui mai aveva ceduto. Quelle lacrime, ora le riconosceva, erano lacrime di gioia. Lei era libera, dopo una vita in catene, incubi e terrore, poteva finalmente considerarsi libera e felice. E sapeva che doveva tutto a lui, che aveva combattuto in suo nome.
«Non sono stato io» mormorò con quel poco di voce che ancora gli rimaneva, ancora soffocato dal dolore di tutti quei ricordi e pensieri con cui era stato costretto a scontrarsi. 
«Che dici?» sorrise lei. «Certo che sei stato tu, l'ha detto anche Ivan! La magia nasce dal cuore... giusto?» inclinò la testa da un lato, si strinse nelle spalle. Un ciuffo di capelli scivolò dalla sua testa, accarezzandole la fronte. Sembrava risplendere come il più delicato e scaldante dei soli. Era il suo sorriso più bello, il suo preferito, riusciva sempre a tirarlo via da qualsiasi tenebra, riusciva sempre a far sorridere anche uno scorbutico e sempre cupo come lui. Quel viso... se solo ripensava a quante volte l'aveva ferito, senza consapevolezza.
Tremò, tremò come mai aveva fatto. 
«Laxus?» mormorò lei, preoccupata. E la sorpresa aumentò quando lo sentì stringere i propri vestiti tra le dita, una foga tale che avrebbe potuto strapparglieli. La tirò a sé e nascose il proprio viso sul suo petto. La stringeva, la stringeva tanto da farle male, e tremava tanto che persino i polmoni facevano uscire aria nella sua gola senza controllo, scontrandosi con delle corde vocali altrettanto instabili. Era un lamento, un incessante e doloroso lamento. Aveva mai provato prima di allora qualcosa di così doloroso? 
Pianse, nascosto e protetto dal suo abbraccio, pianse silenzioso se non per i respiri che non riusciva a controllare, i singhiozzi che lo facevano sobbalzare. E lei non poté che tenerlo appoggiato a sé, proteggerlo in quell'attimo di estrema debolezza che persino per lei, che lo conosceva da una vita, era una novità incredibile. 
«Perdonami» riuscì a sussurrare, senza smettere di piangere. 
«Perdonami, Pricchan».

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Capitolo 53
*** Amiche ***


Amiche




«Ed eccoci all'incontro finale di oggi, dopo la truffa di Raven Tail costatagli l'espulsione da questo torneo mi chiedo cos'altro ci aspetterà! È un escalation di sorprese, quest'anno, non riesco a placare l'emozione!» disse Chapati, guardando finalmente le due ultime concorrenti fare il loro ingresso e posizionarsi l'una di fronte all'altra. «Per l'ultimo scontro abbiamo le ultime due gilde rimaste: Fairy Tail A contro Lamia Scale! Ed ecco le due concorrenti: Wendy per Fairy Tail contro Chelia di Lamia Scale! Sarà un incontro tra piccoli angeli!» si emozionò Chapati, anche forse in maniera esagerata. 
«Sta iniziando l'incontro di Wendy... Priscilla non è ancora tornata?» chiese preoccupata Lluvia, guardando l'ingresso al proprio balcone.
«Ci stanno mettendo decisamente troppo, quei due» gracchiò Gajeel.
«Dubito che se lo perderebbe, arriverà a momenti» disse Mirajane, fiduciosa, e come una premonizione appena un paio di secondi dopo Priscilla fece il suo ingresso al balcone di Fairy Tail B. Trafelata, dopo la corsa, si lanciò verso la balaustra e guardò l'arena sotto di loro. 
«Metticela tutta Wendy-chan!» gridò portandosi le mani intorno alle labbra per amplificare la propria voce. Wendy, sentendo la sua voce, mosse gli occhi verso di lei e un sorriso felice e deciso le adornò il volto. «Però cerca di non farti troppo male!» la rimproverò, come una madre preoccupata.
«Che razza di incoraggiamento sarebbe, Priscilla-nee» mormorò Wendy, sospirando affranta. Quella ragazza non sarebbe probabilmente mai cambiata, continuava a  trattarla con estremo senso di protezione nonostante col tempo fosse diventata più forte e capace di badare a se stessa.
«Hai capito, Chelia? Vedi di andarci, piano, capito?» insisté Priscilla, cambiando improvvisamente tono, lasciandosi travolgere da quell'ondata di maternità come un fiume in piena contro cui non avrebbe lottato. E presto tramutò, fino a diventare vera e propria collera: «Se ti azzardi a torcerle un capello te la farò pagare, chiaro?»
«Come osi dire queste cose alla mia cuginetta!» ruggì Cherry dalle tribune di Lamia Scale, un urlo isterico tanto potente da poter essere sentito persino da loro, dall'altro lato dello stadio. 
«Insegna ai tuoi parenti a stare al loro posto!» si incattivì Priscilla. 
«Non azzardarti mai più a minacciare la mia famiglia!» rispose a tono Cherry, allungando un piede per scavalcare la tribuna e sporgersi maggiormente per farsi sentire. I membri della sua gilda dovettero afferrarla per evitare che si lanciasse nel vuoto e forse tentasse di correre incontro a Priscilla, che dal suo balconcino aveva cominciato a fare altrettanto tenuta da un rassegnato Laxus e un incazzato Gajeel, stufo di vederla sempre tentare di saltare giù dal balcone. 
«Ti faccio vedere io, racchia!»
«Ti faccio passare la voglia di sorridere, puttanella!» 
«Com'è bella l'amicizia tra donne» sorrise intenerita Mirajane e Lluvia sussultò, incredula, chiedendo sconvolta: «Quelle due sono amiche?».
«Wendy, spaccale la faccia!» urlò infine Priscilla.
«Chelia, spezzale le braccia!» fece eco Cherry.
E due bambine, al centro dell'arena, abbassarono gli occhi rosse in volto per la vergogna. 
«Priscilla-nee, ti prego...» sibilò Wendy.
«Cherry-san, mi stai mettendo in imbarazzo...» confessò Chelia, con lo stesso tono rammaricato. Alzarono gli occhi l'una sull'altra, sorprese nello scoprire che stavano condividendo in quel momento lo stesso sentimento e la cosa le divertì timidamente. 
«Siete pronte?» chiese infine Mato, giudice anche di quella gara. Si allontanò rapidamente e infine diede il via all'incontro. Le due ragazzine riacquistarono lo sguardo determinato e concentrato che avevano avuto all'inizio e non persero tempo. Wendy fu la prima a lanciare una magia, colpendo se stessa con tutte le magie di supporto che conoscesse: «Arms x Vernier! Enchant!»
«Quelle le ha imparate da me» sorrise Priscilla orgogliosa, facendo un gesto di vittoria verso Laxus per mostrargli quanto fosse orgogliosa di quella ragazzina. Aveva già dimenticato la sua piccola disputa con Cherry, ora troppo concentrata sulla bambina.
«Attacco d'ala del drago del cielo!» gridò Wendy e dei turbini di vento nacquero dal suo corpo e colpirono Chelia con una potenza tale da essere in grado di spazzarla via. Ma Chelia poggiò una mano a terra e rapidamente riprese l'equilibrio, dandosi lo slancio per roteare e tornare dritta. 
«Dio del cielo Boreas!» gridò a sua volta, sparando altro vento contro la stessa Wendy, di una colorazione tanto scura da essere quasi nera e una potenza decisamente maggiore. 
«Magia del cielo?!» sussultò Priscilla, sconvolta. 
«Anche lei?» chiese Lluvia, altrettanto sorpresa.
Wendy si mise rapidamente in posizione di difesa e riuscì a bloccare l'attacco senza subire troppi danni.
«Oh, wow! Sei riuscita a bloccarlo!» disse Chelia, emozionata e sorpresa. Le corse incontro, nascosta dal suo vento nero, così che quando fu vicina a Wendy lei non fu pronta non avendola vista arrivare. «Che ne dici allora di Danza del Dio del Cielo!» Wendy volò via, travolta, colpita, e roteò per aria alzandosi per metri sopra da terra. 
«Wendy! Vola!» urlò Priscilla, guardando preoccupata la ragazzina che urlava per il colpo che ancora la trascinava verso l'alto.
«Mi sto solo scaldando!» urlò Chelia, saltando e raggiungendola rapidamente, mentre Wendy riuscì a usare il vento per stabilizzarsi e bloccare il suo impazzito volteggiare. 
«Artiglio del drago del Cielo!» ruggì Wendy, dando un calcio dal quale scaturì l'ennesimo colpo d'aria che andò a segno, colpendo Chelia. 
«Ruggito...» caricò, prendendo aria, ma Chelia fece altrettanto mormorando: «Urlo...»
«Che fa?!» sussultò Lluvia.
«Non può essere!» si sporse Priscilla, guardando Chelia con gli occhi sconvolti. 
«Del Drago del Cielo!»
«Del Dio del Cielo!» gridarono  all'unisono, ognuno con la propria magia, simile, quasi identica, l'una all'altra se non per la colorazione che possedevano: bianca per Wendy, nera per Chelia, era uno scontro cromatico tra luce e ombre. La collisione tra le due magie generò un'onda d'urto non indifferente, che travolse l'intero pubblico. Volarono via cappelli, oggetti vari, persino i bambini dovettero essere presi e ben tenuti per evitare che potessero essere sbalzati via. Ma alla fine, chi dalla sabbia emerse in ginocchio, ferita in maniera più che profonda, fu Wendy. Chelia, di fronte a lei, sorrideva per niente intaccata.
«God Slayer del Cielo...» mormorò Laxus, riconoscendo il tipo di magia che la cugina di Cherry possedeva e usava con maestria.
«Che disparità incredibile!» osservò Mirajane sorpresa e preoccupata.
«Non abbatterti nee-chan!» urlò Priscilla con quanto più fiato avesse. 
«Forse ho esagerato un pochino, mi dispiace» sorrise Chelia, chinandosi in avanti con grazia per guardare meglio Wendy in volto. «Ti sei fatta male?»
«È tutto ok» disse Wendy, alzandosi anche se con gran fatica. 
«Ci divertiamo ancora un po', ok?» sorrise Chelia, sempre con estremo candore.
«Combattere non è affatto divertente. Ma per amore della mia gilda non mi tirerò indietro!» disse Wendy, combattiva, e dal palco di Fairy Tail B Priscilla sorrise amorevolmente gongolando con un gioioso: «Ha preso tutto da sua sorella!»
«Tu non sei sua sorella» provò ad ammonirla Gajeel, inutilmente. 
«Nessun problema! Per me va bene!» disse Chelia, allungando le mani in avanti e generando altri vortici di vento nero. «Io farò lo stesso, per amore della mia gilda».
Con un urlo Wendy venne nuovamente colpita e scaraventata via, ma con una determinazione incredibile piantò di nuovo i piedi a terra e riuscì a restare in piedi nonostante le evidenti ferite su tutto il corpo. Alzò la testa al cielo e cominciò a risucchiare aria nei polmoni, sempre più, masticandola come se stesse mangiando qualcosa.
«Oh! Allora anche tu sei in grado di mangiare l'aria!» esclamò Chelia, sorpresa. «Penso allora che mi unirò a te!» e alzando la testa cominciò a fare altrettanto. Mangiarono per qualche secondo, ricaricandosi di forza e energia, poi Wendy divaricò le gambe e allargò le braccia puntando sull'avversaria uno sguardo deciso e severo. 
«Tecnica segreta del Drago! Onda Brillante!» vento violento e tagliente come lame cominciò a girare intorno a entrambe, intrappolandole al suo centro in una gabbia da cui sarebbe stato estremamente pericoloso uscire. E infine Wendy diede il colpo finale, richiamando la magia: «Trivella del cielo!»
Un fascio di luce colpì Chelia, una colonna di vento ed energie, era come se il cielo stesso fosse caduto su di lei e l'avesse atterrita. Fu tanto potente che volò via, verso l'alto, trascinata dalla sua incredibile forza che la colpiva secondo dopo secondo. E infine Chelia cadde a terra, ferita e apparentemente esausta.
«Wow!» mormorò Priscilla, guardando la piccola Wendy con gli occhi che le brillavano. «È molto più forte di tre mesi fa!»
Wendy barcollò, senza più forze, avendo dato fondo a tutte le sue energie. Riuscì a restare in piedi per miracolo, ansimando per la fatica e il dolore, ma il sorriso ebbe comunque la forza di brillare quando sentì il giudice cominciare ad annunciare la sua vittoria. Annuncio che venne interrotto da Chelia stessa, che si rialzò come se niente fosse, esclamando: «Sono proprio sbadata» divertita.
«È stato davvero un bel colpo, Wendy!» sorrise allegra, mentre dalla pelle scomparivano tutte le sue ferite, tornando a donarle una pelle liscia e perfetta.
«Ce n'è un'altra?!» gridò Priscilla sconvolta, portandosi le mani ai capelli, interpretando quell'incredibile rigenerazione come il segno che Chelia fosse fatta unicamente di magia come lei.
«Non credo sia così» disse invece Laxus, più pacato e attento. «God Slayer del Cielo... ha sicuramente anche lei poteri curativi, probabilmente  può indirizzare quello stesso potere verso se stessa al contrario di Wendy».
«Ma allora è imbattibile!» sussultò Lluvia, preoccupata.
«No, può farcela se riuscisse a colpirla con la giusta forza. Deve solo fare in modo che il suo potere sia maggiore di quello curativo della ragazzina di Lamia» disse ancora Laxus.
«Però Wendy ha già giocato le sue carte migliori e questo è il risultato» mormorò ancora Lluvia. 
«Può farcela» disse Priscilla, tesa. «Wendy non è debole, non lo è nemmeno un po'» e sporgendosi ancora in avanti gridò qualche altro incoraggiamento alla ragazzina.
«Ti reggi a malapena in piedi» osservò Chelia. «Forse dovresti arrenderti».
Ma Wendy, anche se ansimante e tremante, restò in piedi e ben concentrata.
«Io non odio combattere» continuò Chelia. «Ma quando c'è un chiaro vincitore è inutile continuare. Non c'è niente di male se ti arrendi, sai?»
«Non posso» mormorò Wendy, ancora affaticata. «Il fatto che io sia qui significa che sono disposta a tutto per combattere per la mia gilda. Non ho bisogno della tua pietà! Finché non sarò caduta a terra, priva di forze e incapace di muovermi, ti prego non risparmiarti!»
Una determinazione che riuscì a cogliere nel profondo non solo la sua gilda, commossa di fronte a tutta quella forza di volontà che la bambina metteva per loro, ma anche la stessa Chelia, che sorrise convinta. «Va bene, allora! Lo faccio per buona educazione» e alzò le braccia al cielo, raccogliendo altro vento scuro ed evocando un'altra magia, pronta ad attaccare. Dalla sua pelle iniziarono a nascere come delle piume nere che andarono ad accumularsi, raggruppandosi in fasci e muovendosi nell'aria sotto ai suoi comandi. «Amatsu no marakumo!» chiamò e il fascio soffice di aria e piume si lanciò contro Wendy, roteando e vorticando fino a lei. Ma non la colpì, mancandola, probabilmente per l'affaticamente accumulato. Wendy approfittò per lanciarsi contro la sua avversaria e tornare a colpirla, anche se subito le sue ferite tornavano a rimarginarsi. Calci su calci, pugni su pugni, magia e strategia, continuarono a lungo con una che cedeva da una parte e l'altra che cedeva dall'altra, ma poi tornavano e di nuovo si scontravano. Uno scontro tra piccoli pugni, la definirono i commentatori, ma in realtà era più uno scontro tra determinazioni. Nessuna delle due lasciava la presa nemmeno per un attimo, nonostante il continuo colpirsi, ferirsi e accasciarsi dalla stanchezza.
"Io non sono in grado di combattere" di fronte a quell'incredibile dimostrazione di forza e coraggio, a Priscilla non poterono che tornare alla mente le parole che la bambina le disse il giorno che la invitò a unirsi a Fairy Tail, dopo lo scontro con Nirvana. Ricordava il suo viso rattristato, lo sguardo pieno di vergogna mentre confessava di ammirarla perché sapeva usare la magia del vento anche per combattere mentre lei non sapeva fare altro che guarire ferite. 
"Devi solo crescere un po', vedrai che diventerai un'ottima Dragon Slayer!" erano state le sue parole d'incoraggiamento di fronte a quel dolcissimo viso rammaricato. Inutili, allora, solo fumo al vento, ma avevano una consistenza tanto diversa ora. Quel giorno Wendy le chiese di insegnarle, di prenderla sotto la sua ala. Aveva iniziato a chiamarla Nee-san, seguiva duri allenamenti insieme a lei, la osservava e la seguiva, ammirandola e cercando di apprendere tutto ciò che poteva. Tutto quello... era inevitabile che tornasse di fronte a quello spettacolo.
Sorrise, raddolcita e colta da un inevitabile malinconia. 
«Non c'è più niente che debba insegnarti adesso, Nee-chan» mormorò guardandola mentre dava vita a colpi dalla potenza incredibile e strategie sempre più astute per sfruttare quel poco di forza che le era rimasto. «Sei diventata proprio un'ottima Dragon Slayer».
«E il tempo è scaduto!» annunciò Chapati, ponendo infine termine a quell'incontro. «L'incontro è terminato! È un pareggio! Cinque punti a ciascuna delle due gilde».
Entrambe le ragazzine caddero in ginocchio, ansimanti, ma Chelia fu la prima ad allungare una mano verso di lei e chiederle: «Ti fa tanto male? Mi dispiace».
«Non è niente» provò a rispondere Wendy e Chelia sorridente le si avvicinò. Allungò le mani verso di lei e un piccolo fascio di luce l'avvolse poco prima che le ferite di Wendy cominciassero lentamente a sparire.
«È stato divertente, Wendy» sorrise, mentre la curava.
«Sì... anche per me è stato divertente... un po'» mormorò timida.
«Diventiamo amiche?» chiese infine Chelia, con un sorriso tanto luminoso che avrebbe fatto invidia al sole stesso. 
«Sì!» rispose Wendy, altrettanto contenta ed entrambe si strinsero la mano, unite in quel nuovo legame.
Gajeel sentì poco dopo accanto a sé uno snif sospetto e sporgendosi verso il viso di Priscilla, ora chino e nascosto, le chiese incredulo: «Stai piangendo?»
«Non sto piangendo!» rispose repentina Priscilla, ma il tono di voce la tradì miseramente rivelando perciò a tutti la sua commozione. Commozione che quella sera, nella solita locanda, si trasformò in un vero e proprio pianto scrosciante. Abbracciata alla bambina, con le guance rosse non solo per il dolore ma anche per l'alcol che ancora una volta aveva buttato giù a fiotti, Priscilla piangeva disperata stritolando la bambina al petto.
«Non lasciarmi Wendy» continuava a ripetere, intensificando sempre più la propria voce disperata. 
«Non voglio andare da nessuna parte, Priscilla- nee» provava inutilmente a consolarla Wendy.
«Sei diventata così grande! Così grande! Adesso che non ti servo più mi abbandonerai come un calzino sporco... sei una donna forte e indipendente adesso» arrivò persino a strillare, incontrollabile nel suo dolore. 
«Continueremo a stare insieme, Priscilla-nee! Davvero» tentò ancora e ancora Wendy, fino a che finalmente un barlume di speranza. Priscilla tirò rumorosamente su col naso e guardandola negli occhi le chiese: «Davvero resteremo insieme per sempre?»
«Certo! Sei la mia nee-san, giusto?» sorrise Wendy, felice di essere riuscita a consolarla, ma Priscilla scoppiò nuovamente in un violento pianto e tornando a stritolare la bambina si disperò in un: «Sei così dolce Wendy-chan! Così dolce!»
Laxus rientrò in quel momento insieme a Makarov. I due si erano allontanati per qualche istante per poter parlare, i discorsi di Ivan sul Lumen Histoire l'avevano un po' preoccupato soprattutto visto quanto sembrasse follemente desiderarlo. Avevano così avuto modo di parlare, anche se non gli era stata comunque rivelata la verità per lo meno era bastato a tranquillizzarsi e capire che non era niente di preoccupante. 
Ovviamente il pianto di Priscilla lo attirò subito, non tanto perché era lei, quanto perché urlava così tanto da essere in grado di sovrastare tutte le voci dei suoi compagni. La guardò in un misto tra lo sconforto e l'incazzato, chiedendosi nervoso: «Mi allontano solo qualche minuto e lei si ubriaca di nuovo! Vi avevo chiesto di tenerla d'occhio» disse poi ai Raijinshuu, voltandosi a cercarli, ma li trovò tutti e tre abbandonati e accasciati sul tavolo insieme a Cana. Rossi in volto, sguardi addormentati, biascicate risatine che nascevano ogni tanto, dal nulla: quello bastò a fargli capire che pure loro non ci erano andati molto leggeri. 
«La tua influenza è decisamente pericolosa» disse a Cana, l'unica che nonostante l'ubriachezza fosse ancora in piedi e sveglia. La donna scoppiò a ridere, orgogliosa del suo operato e a Laxus non restò che sospirare un rassegnato: «Questa storia non avrà mai fine».
Quella sera però fu in realtà molto diversa dalle precedenti. Priscilla era molto più carica e non si addormentò poco dopo. Bevette ancora, mangiò, cantò e ballò. Cherry, Chelia, Leon e altri membri di Lamia Scale li raggiunsero poco dopo e con la prima Priscilla passò il resto della serata. Rise, rise a non finire, e continuò nei suoi scherzi e giochi con Natsu e altri membri. Volava da ogni parte, rideva, importunava chi voleva stuzzicare, scommetteva con Happy su ogni cosa, tornava ad abbracciare Wendy e poi a parlare con Cherry. Il fatto che Wendy e Chelia avessero legato tra loro portò Priscilla e Cherry a stare più tempo assieme, ribandendo in continuazione quanto fossero carine. Organizzarono un pigiama party tutte insieme, una volta che il torneo sarebbe finito, e di andare a fare Shopping da qualche parte. Priscilla e Cherry cominciarono a trattare le due bambine come fossero le loro bamboline, ipotizzarono vestiti e capigliature che le avrebbero provato anche per renderle più simili a sorelline e questo le entusiasmò. E proseguì... proseguì tutta la notte, senza stancarsi e fermarsi mai, come se avesse avuto paura che a chiudere gli occhi poi quel giorno sarebbe svanito nel nulla. La sua prima notte di libertà, di consapevole libertà, fu la più bella della sua vita. Non aveva passato molto tempo con Laxus, troppo impegnata a rincorrere e stare insieme a tutti gli altri, a godersi la serata, ma non c'era stato attimo in cui non approfittasse per voltarsi, guardarlo, e rivolgergli un sorriso, come a ringraziarlo. Che lo accettasse o meno, tutto quello era solo grazie a lui. Non l'avrebbe mai dimenticato. 
Riuscì persino a tornare in albergo da sola e mettersi nel letto senza il bisogno di aiuto da nessuno, era talmente arzilla che continuò a parlare e ridere fino a quando non cadde nel sonno che era ormai notte fonda. 
Eppure, nonostante la sua ormai indipendenza e libertà, Laxus al mattino al risveglio la trovò accanto a sé. Non aveva idea di quando avesse lasciato il proprio letto per infilarsi nel suo, non l'aveva neanche sentita, ma quando aprì gli occhi il quarto giorno del torneo Priscilla dormiva beata appoggiata contro la sua schiena, sul fianco destro. Le dita ancora strette delicatamente sul tessuto della propria maglia, il respiro pesante di chi è ancora immersa nel proprio assorto sonno, il sorriso però ben stampato sul volto. Qualsiasi libertà avesse deciso di regalarle, non avrebbe smesso mai di tenere ben stretta la sua mano ora che era riuscita a ritrovarla. Era egoista da parte sua, lo sapeva, ma non riusciva a non sorriderne felice.


Quel quarto giorno si aprì ai grandi giochi con la sfida di "Battaglia Navale". Il nome aveva suggerito loro un ambiente d'acqua, o per lo meno qualcosa che ne avesse a che fare -speravano- così avevano sapientemente mandato di nuovo Lluvia. La speranza fu ben riposta, dal momento che proprio di un combattimento in acqua si trovava e per una come Lluvia quella era una sfida che era già vinta. Ciascuna squadra schierò il proprio campione, Jenny di Blue Pegasus, Chelia di Lamia Scale, Risley per Mermaid Heel, Lucy per Fairy Tail A ma per Sabertooth si presentò una nuova concorrente, vista l'espulsione di Yukino: Minerva. Una sfida tra sole donne se non si contava Rocker per i Quattro Cuccioletti.
Lucy giocò subito la sua carta migliore, chiamando Aquarius a sostegno. Con il solito volto contratto dalla furia, Aquarius attaccò subito con violenza, senza riserve. Ma Lluvia dominò la sua acqua e gliela rispedì indietro. Jenny approfittò per prima della confusione creata da Lucy e Lluvia per colpire il primo dei concorrenti, mandando fuori dall'enorme bolla d'acqua Rocker per i Quattro Cuccioletti. 
«Quel tipo fa proprio schifo» commentò Priscilla, guardandolo con un certo disgusto. 
«Mi chiedo cosa sperasse di fare» mormorò Laxus, guardandolo con un certo astio. Una frase apparentemente collegata al torneo, forse un po' cattiva, ma in realtà a tornargli in mente non era stata altro che la sera che aveva tentato l’approccio con Priscilla. Uno così non aveva il diritto nemmeno di guardarla. 
Chelia e Risley si colpirono a vicenda, approfittando a loro volta della distrazione delle più pericolose avversarie: Lucy e Lluvia, che continuavano a lanciarsi addosso turbini di acqua con pari potenza. Fino a quando Aquarius, parlando di un appuntamento, non sparì lasciando sola la propria padrona. A salvare Lucy dall'eliminazione furono Virgo e Aries, che la trattennero e le impedirono di uscire dalla bolla d'acqua.
Lluvia prese in mano la situazione, pronta a sconfiggerle tutte in un solo colpo e lanciò una nuova tecnica... piena di cuori e amore. 
«Gray-sama Love!» era il suo nome e Gray, dalla sua tribuna, non poté che di nuovo scattare dal nervoso per essere sempre in mezzo a quella situazione. 
Jenny, Risley e persino Chelia non poterono niente contro la sua potenza e caddero fuori dalla bolla d'acqua una dopo l'altra, perdendo così la sfida. Lucy venne ancora trattenuta da Virgo e Aries, mentre Minerva usò i suoi poteri con la minima fatica per riuscire a manipolare lo spazio intorno a lei e restare intoccata. 
«Inredibile! Lluvia ne ha sconfitte tre con un colpo solo!» disse Chapati, mentre Lluvia a braccia aperte si prendeva il suo meritato applauso con una fierezza rigogliosa. Si voltò infine, rossa in volto, verso Gray guardandolo colma di speranza, chiedendosi se lui l'avesse notata. Ma questo le costò una tremenda distrazione che la portò senza rendersi conto a uscire dalla bolla e cadere a terra. 
«Quell'idiota» commentò Gajeel, frustrato, mentre Priscilla scoppiava a ridere fragorosamente. 
«Abbiamo perso cosa c'è da ridere?» ruggì Gajeel, iracondo.
«Quando si tratta di Gray non capisce più niente. È troppo divertente!» rise, sollevandosi in volo e chinandosi a metà si tenne la pancia ora dolorante. 
«Restano solo Minerva e Lucy, dunque! Chi delle due vincerà!» commentò Chapati. «Entra ora in vigore la regola dei cinque minuti! Se in questi cinque minuti una delle due cadrà fuori dall'arena, finirà automaticamente all'ultimo posto!»
«È una regola crudele» commentò Priscilla. 
«Gli organizzatori farebbero di tutto per tenere alta l'attenzione del pubblico, non hanno grande interesse nelle sorti delle gilde» osservò Mirajane.
Minerva attaccò per prima generando una bolla di calore che colpì Lucy con una violenza incredibile. Un'altra bolla, non più bollente, ma pesante come piombo le cadde sulla schiena. Lucy non si arrese e allungò una mano verso le proprie chiavi, pronta a sfoderare qualche altro colpo, ma con sua somma sorpresa non le trovò al loro posto. Minerva stringeva le chiavi, fiera di aver neutralizzato la sua avversaria, e la colpì ancora con l'intenzione di mandarla fuori dal campo. Ma Lucy diede fondo a tutte le sue energie, lottò a mani nude contro quella forza e con qualche potente bracciata riuscì a rimanere dentro l'acqua. Minerva trovò interessante la sua ostinazione e fu proprio questa a spingerla a giocare di più con lei. La colpì e la rispedì al centro dell'arena, poi la colpì di nuovo e la sparò lontano per colpirla ancora a riportarla indietro. Fece di lei un vero e proprio yo-yo, continuando a ferirla e colpirla con quella bizzarra e potentissima magia. 
«Lucy!» chiamò Priscilla, guardandola con preoccupazione.
«Perché la riporta sempre indietro?» chiese Lluvia, preoccupata.
«Vuole torturarla!» esclamò Gajeel. 
«Questo incontro è già terminato» strinse i denti Laxus, altrettanto irritato nel vedere una sua compagna trattata in quel modo.
«Basta, fermati!» insisté Priscilla, sempre più furiosa, ma Minerva non accennò nemmeno a tentare di darle tregua e continuò, continuò e continuò, fino a quanto Lucy non ebbe più nemmeno la forza di urlare.
«Fermatela! Fermate la gara!» dovette intervenire il capo delle guardie, orripilato per quanto stesse accadendo e Mato non esitò a interrompere arbitrariamente l'incontro. Minerva rise, divertita, e prese Lucy per il collo portandola all'esterno della bolla mentre lei si prendeva la gloria della vittoria. Lucy, bloccata dalla sua mano, non si mosse più.
E infine Minerva la lasciò andare, facendola cadere nel vuoto per quella ventina di metri sopraelevati. 
«Lucy!» chiamò Priscilla, portando automaticamente le mani in avanti. Un soffio di vento accolse il corpo dell'amica, portandola delicatamente a terra, mentre Gray e Natsu correvano da lei per vedere come stava. 
«Portate immediatamente Lucy al pronto soccorso!» esclamò una delle guardie, mentre Wendy correva davanti a tutti ed esclamò: «Le darò io le prime cure».
«Vi aiuto!» esclamò Chelia, correndo al fianco della ragazza.
«Lucy!» si avvicinò anche Lluvia, preoccupata.
L'immagine di Priscilla si materializzò di fronte a Minerva, ancora chiusa nella bolla d'acqua, e con un colpo di braccio le strappò di mano le chiavi di Lucy approfittando dell'effetto sorpresa che il suo Mirage le aveva concesso.
«Queste non sono tue» ruggì, fulminandola. Minerva sghignazzò, per niente intimorita, e incrociando le braccia disse semplicemente: «Fa' pure, non mi interessano» e cominciò a scendere verso terra, abbandonando l'arena d’acqua che pian piano si dissolse con la stessa magia con cui era nata. «Cos'è quello sguardo?» chiese, continuando a sentirsi superiore. «Non ho infranto nessuna regola. Piuttosto dovreste ringraziarmi per aver fatto arrivare seconda quel rifiuto di ragazza».
Mentre Lucy veniva portata via, diretta all'infermeria, Natsu, Gray e Erza si trovarono di fronte a una Minerva sempre più orgogliosa di sé. Sarebbero volentieri tutti partiti in quell'istante per prenderla a pugni, furiosi per il suo modo ma soprattutto per le sue parole, ma Erza fu lucida abbastanza da bloccare soprattutto il Dragon Slayer. 
«Non mi interessa se siete la gilda numero uno di Fiore» disse lei, portavoce della sua squadra. «Ma sappiate che se avete deciso di farvi dei nemici, avete fatto incazzare la gilda peggiore».
Una dichiarazione di guerra, nient'altro che quella per il momento, poi il gruppo di Fairy Tail fece dietrofront e corse verso l'infermeria per stare affianco alla compagna ferita. 
Infiniti minuti di attesa, estenuanti cure da parte di Chelia e Wendy, e finalmente Lucy con estrema fatica riuscì a riaprire gli occhi quando si trovò già sotto le coperte del letto dell'infermeria. 
«R-ragazzi... scusate» balbettò. «Ho... perso di nuovo» un accenno di un singhiozzo, una tortura a cui non riusciva resistere.
«Ma che dici? Sei arrivata seconda, grazie a te abbiamo ottenuto otto punti» cercò di rincuorarla Gray, ma lei nascondendo il volto sotto le coperte non riuscì che a pensare ad un'unica cosa, il più grande dei dolori. 
«Le mie chiavi...» le erano state rubate ed era stato come se avessero attentato alla vita dei suoi affetti più cari. Chissà che forse, in realtà, non fosse veramente così. Non c'era niente al mondo che Lucy amasse più dei suoi Spiriti, questo ormai era risaputo non solo ai suoi compagni. Un tintinnio familiare e il suo mazzo di chiavi le ondeggiò davanti al viso. Priscilla le sorreggeva e dietro di loro cercò di sorridere rincuorante, dicendo semplicemente: «Ecco a te».
«Pricchan...» tremò Lucy, prendendo il suo mazzo e stringendoselo amorevolmente al petto. «Grazie».
E con quell'ultima parola affaticata, infine, Lucy si addormentò. Priscilla restò china davanti al suo letto, guardando il suo volto graffiato ma ora finalmente sorridente, e le concesse una carezza sulla fronte sudata. 
«Resto io con lei. Andate pure voi, tra poco inizieranno le battaglie» disse.
«Solo un attimo, per favore» la voce di Makarov anticipò la sua entrata in quella stanza. «Visto che siete già tutti qui posso parlarvi».
«Che succede?» chiese Lluvia, incuriosita.
«Non so se è la cosa migliore» sospirò Makarov. «Ma l'organizzazione mi ha ordinato di unire le due squadre».
«Unire?» chiese Gray.
«Perché?» domandò Mirajane, non capendo il motivo di una tale scelta. 
«Con la squalifica di Raven Tail sono rimaste solo sette squadre, un numero dispari. Questo crea difficoltà per gli accoppiamenti per le battaglie. Perciò ci hanno chiesto di unire le due squadre in una, formata dai cinque elementi più forti di entrambe» spiegò il Master.
«E i punti?» chiese Charle, preoccupata.
«Prenderemo quelli della squadra in svantaggio, perciò trentacinque» spiegò Makarov.
«Ma non è giusto!» brontolò Priscilla. 
«Se l'ha deciso l'organizzazione non possiamo farci niente» commentò Erza.
«A pensarci, unendo i membri più forti di entrambe diventeremmo ancora più potenti» disse Cana.
«Chi manderemo?» chiese Lluvia.
«Io direi che a questo punto mi tiro indietro. Penso che Natsu, Gray e Erza possano fare molto più di me» disse Wendy. «E poi così posso restare insieme a Lucy per aiutarla in caso di bisogno».
«Mi sembra una buona idea» annuì Erza e Gray si mostrò altrettanto d'accordo.
Priscilla alzò una mano, chiedendo parola come se si trovasse a scuola, e con solennità e una certa superiorità disse: «In quanto Leader del team B...»
«Leader?» storse il naso Gajeel, già pronto a incazzarsi. 
«Io offro della mia squadra Gajeel e Laxus» annunciò.
«Mi sta bene» si calmò Gajeel improvvisamente.
«Chi ti ha dato il diritto di decidere per gli altri?» si informò Laxus, divertito da quella sua improvvisa posizione di potere. 
«Ho fondato io il team, decido io. Ammetto che potrei commettere un grosso errore, sarebbe molto meglio se andassimo io o Mirajane invece che Gajeel...»
«Come hai detto?!» si corrucciò nuovamente il Dragon Slayer. 
«Ma so già che non mi darebbe pace, quel rompiscatole, perciò glielo concedo. Tanto accanto a Laxus e Erza, persino uno come lui può riuscire a vincere qualcosa» insisté Priscilla e questa volta, insieme a Gajeel, scattarono anche Gray e Natsu ringhiando: «E noi non contiamo niente?!»
«Brutta stronza! Vuoi prenderle?!» ringhiò Gajeel, offeso, ma Priscilla non lo guardò nemmeno in volto. Un minitornado prese possesso di lui, avvolgendolo, e cominciò a farlo roteare come una trottola a velocità particolarmente elevata. Ma non fu tanto la potenza del suo tornado a disturbarlo, quanto il senso di nausea tipica dei mezzi di trasporto che lo colse e lo rese incapace di altre repliche.
«Che questo ti serva di lezione» disse Priscilla, incrociando le braccia al petto con una superiorità da Dea.
«È meglio non farla incazzare» mormorò Laxus, ben conoscendo quel suo diabolico modo di prendersi gioco dei Dragon Slayer. Poche volte lui se l'era risparmiato, quando erano ragazzi e tentava di stuzzicarla un po' troppo. 
«Bene, allora è deciso. Vado a dare comunicazione ai giudici, voi fatevi trovare pronti. Tra poco inizieranno le battaglie a coppie» disse Makarov, uscendo nuovamente dalla stanza. 
«Mettetecela tutta!» disse Cana, incoraggiante.
«Vendicherò Lucy, ad ogni costo!» ringhiò Natsu, ancora furioso per quanto successo alla sua compagna. 
«Andiamo. Prepariamoci» disse Erza, uscendo per prima dalla stanza. Gray e Natsu furono i primi a seguirla, subito dopo si incamminò anche Gajeel, insieme al resto di Fairy Tail che sarebbe andata sugli spalti per assistere nel tifo. Per ultimo si avviò Laxus, ma si voltò verso Priscilla, prima di allontanarsi da lei, e le chiese semplicemente: «Tu resti qui?»
Lei annuì e disse: «Faccio compagnia a Wendy e terrò al sicuro questo posto. Sabertooth al contrario di Raven Tail almeno rispetta le regole, ma è sempre meglio non fidarsi» e infine con un occhiolino disse: «Lascio a te la Leadership!»
«Che sciocchezze» mormorò Laxus, apparentemente disinteressato, e infine uscì dalla stanza. Priscilla si accostò vicino a Wendy e portandosi una mano vicino alle labbra le disse, come se le rivelasse un segreto: «In realtà gli piace da matti l'idea» e la bambina ridacchiando si portò una mano alle labbra unendosi al suo scherzo.

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Capitolo 54
*** Lotta tra draghi ***


Lotta tra draghi





Wendy e Priscilla poterono vedere le battaglie di quel giorno attraverso una Lacryma Vision installata all'interno della stanza dell'infermeria, mentre Lucy ancora riposava accanto a loro. Il primo incontro vide come protagonisti Blue Pegasus, che schierò in campo Ichiya e un tizio col costume da coniglio di cui ancora non si conosceva l'identità. Avrebbero dovuto combattere contro Rocker e Baccus di Quattro Cuccioletti.
«Tu chi credi che ci sia sotto a quel costume?» chiese Wendy, curiosa.
«Chissà... comunque non credo possano comunque farcela contro Baccus. Ichiya è inquietante, mentre Baccus un vero figo» sghignazzò.
«Non dovresti giudicarli dall'aspetto, lo sai?» l'ammonì Charle ma lei sghignazzò divertita. Non appena il giudice diede inizio all'incontro il coniglio fece la sua prima mossa... togliendosi il costume e scoprendo così che sotto a essa c'era un Exceed. Un Exceed oltretutto conosciuto.
«Ehy, ma quello...?» chiese Priscilla, guardando il gatto attraverso lo schermo.
«Nichiya?!?!» sobbalzò Charle, sbiancando. 
«È identico a Ichiya! Questo incontro sta diventando un film dell'orrore» rabbrividì Priscilla. Con estrema commozione Ichiya si affiancò a Nichiya, l'Exceed che un tempo su Extalia era capo delle guardie della Regina Chagot. A occhi socchiusi diedero inizio a un romantico e intenso racconto per spiegare il loro miracoloso ed emozionante incontro di qualche tempo prima. Rocker parve perdere la propria anima, di fronte a quell'inquietante duo, ma Baccus invece si animò ancora di più e partì alla carica ben prima che potessero anche solo cominciare. Colpì e atterrò con un solo gesto l'Exceed, portandolo perciò a perdere i sensi. 
Priscilla, sulla sua sedia, si infervorò e, sicuramente di parte, cominciò a tifare per la stella dei Quattro Cuccioletti tirando pugni al vento per incitarlo a colpire più forte. Rocker partì subito dopo, prendendosela con uno sconvolto Ichiya. Lo colpì, spedendolo ben lontano, e Baccus tornò alla carica e si preparò a stenderlo definitivamente. 
«Forza cagnolini!» insisté Priscilla, guardando come Baccus e Rocker continuassero a colpire Ichiya.
«Un po' mi dispiace per lui, però» confessò Wendy, sempre troppo dolce. 
Ma all'ennesimo pugno, improvvisamente, Ichiya si animò e ingrossò il proprio corpo in una forma muscolosa e robusta. Nonostante il fisico scolpito, però, mantenne la sua inquietante faccia che ora era peggiorata dal fatto che avesse addirittura perso un dente. 
«Fa ancora più schifo di prima» biascicò Priscilla.
«Non essere così cattiva, Nee-san»ridacchiò Wendy, sempre dispiaciuta per le sorti di quell'ometto. Ichiya caricò con un singolo pugno, colpendo entrambi i suoi avversari e spedendoli dritto contro il muro opposto dell'arena. Priscilla sbiancò, sconvolta, nell'istante in cui l'arbitro decretò la vittoria di Blue Pegasus.
«Non ci credo!» sibilò. 
«È forte, alla fine» osservò Wendy, sorpresa. 
Il secondo incontro vide Leon e Yuka contro Kagura e Miriana, di Mermaid Heel. Priscilla saltò in piedi sulla sedia e non smise un solo istante di agitarsi, incitando Leon tanto forte che Charle dovette intervenire più volte per cercare di calmarla o avrebbe svegliato Lucy. Ma l'incontro si chiuse in parità, con nessun vero vincitore alla fine del tempo limite. 
Infine come ultimo incontro della giornata ci fu il tanto atteso Fairy Tail contro Sabertooth. Natsu e Gajeel scesero l'uno di fianco all'altro, contro Sting e Rogue, i draghi gemelli di Sabertooth. Un incontro che dava le palpitazioni solo nel suo preludio, conoscendo perfettamente forza e pericolosità di tutti e quattro i membri delle due gilde, sarebbe stato sicuramente un evento che avrebbero ricordato in molti. Persino nella stanza di Lucy cadde finalmente il silenzio, nonostante Priscilla fosse una persona totalmente avversa all'assenza di rumore. A braccia conserte, concentrata, guardò con attenzione e nervoso l'intera durata dell'incontro. Lucy, al loro fianco, continuò a riposare ma il pensiero era sicuramente rivolto a loro dal momento che mormorò nel sonno il nome di Natsu. Natsu e Gajeel ebbero un primo vantaggio, cogliendo gli avversari di sorpresa, mossi dal loro desiderio di far loro pagare ogni cosa. Quelle persone insultavano i loro sentimenti, si facevano chiamare gilda, li denigravano e offendevano i loro compagni, non avevano la minima idea di cosa volesse dire avere una famiglia. Solo questo bastava a mandar su tutte le furie chi, come loro, aveva trovato in una gilda una nuova ragione di vita, chi aveva disperato per tutta la sua esistenza, chi aveva commesso errori ma era stato perdonato, chi amava e chi era stato amato nel momento in cui ne aveva avuto più bisogno. Sabertooth non meritavano di essere chiamata gilda, non allo stato attuale, e considerato ciò che avevano anche fatto a una loro compagna non meritavano nemmeno un briciolo di indulgenza. La furia nei loro occhi era assoluta e con essa colpirono duramente entrambi i draghi gemelli. I loro ruggiti andarono a vuoto, gli attacchi speciali annullati, Gajeel e Natsu sembravano su un altro livello. Erano passati appena cinque minuti e Gajeel e Natsu erano incolumi, solo tanto arrabbiati, mentre Sting e Rogue contavano già numerose ferite e della fatica negli occhi. Ma non si arresero e scatenando tutta la loro energia si coprirono di luce bianca e ombra. Era bastato solo quello, caricarsi appena, che Sting e Rogue fecero un grosso balzo in avanti nella loro potenza riuscendo infine a colpire e stendere sia Natsu che Gajeel in brevissimo tempo. L'ago della bilancia ora era di nuovo finito dalla parte di Sabertooth, mentre Natsu si trovava in grosse difficoltà con addosso un incantesimo in grado di paralizzarlo. Ma lo bruciò... E Gajeel, poco lontano, riuscì incredibilmente ad afferrare le ombre di Rogue e bloccarlo. Nonostante la forza amplificata dei due draghi gemelli, Natsu e Gajeel riuscirono comunque a rimettersi al loro stesso livello e colpirli con tutta la rabbia e la determinazione che avevano.  Un attacco supremo, da parte di Sting, illuminò l'intera arena ma Natsu, al suo centro, restò impassibile e lo bloccò senza mostrare nessun tipo di affaticamento. Gajeel, nonostante la difficoltà iniziale causate dalla magia di Rogue che lo rendeva intoccabile, trasformandosi in ombra, riuscì anche lui infine a trovare il modo di colpirlo e mandarlo a terra a fianco al proprio spocchioso compagno. Fairy Tail era pronta a dare una lezione a chi aveva osato pestargli i piedi. 
Sting e Rogue tornarono a rialzarsi e un'altra magia li avvolse, trasformando la loro pelle in scaglie e dando una consistenza alla propria energia bianca e nera che li inondava. 
Dragon Force, la forza segreta del Dragon Slayer, loro dimostrarono di essere in grado di attivarla a loro piacimento. Sting si fece avanti, chiedendo al compagno di restare indietro, consapevole o forse illuso che sarebbe bastato lui a stenderli entrambi. Nonostante l'orgoglio di Gajeel mormorava di non sottovalutarli, fu impossibile non notare l'evidente disparità con quelli che erano stati fino a poco prima. Sting si trovò di fronte a Natsu che questo non era nemmeno riuscito a vederlo e riuscì a mandare un pugno a segno. Gajeel lo mancò e ancora Sting fece la sua mossa vincente, con palle di luce bianca che esplosero sul Dragon Slayer del ferro. Natsu provò ad approfittare della sua distrazione, ma ancora Sting fu più veloce e lo colpì. Mandò di nuovo al tappeto Gajeel e infine si preparò a ruggire con il suo soffio sacro del Drago Bianco: un attacco che fu in grado di disintegrare il terreno dell'arena, creare un'immensa voragine in cui caddero i due Dragon Slayer di Fairy Tail. Ma non si arresero e tentarono ancora, usando tutte le loro carte in gioco. Sting venne scaraventato a terra, ma senza un graffio né nessun tipo di difficoltà si rialzò e ancora si preparò a fare la sua mossa: un raggio di luce bianca che li colpì e li mise al tappeto. Si rialzarono, tentarono ancora e ancora, a Sting continuava ad avere la meglio, fino a quando i due non finirono completamente a terra. 
Il giudice era già pronto a decretare la loro vittoria, Chapati aveva già cominciato con il suo commento sulla forza di Sabertooth, quando però Natsu e Gajeel tornarono in piedi. Ricoperti di ferite, lamentandosi per il dolore, ma ancora arzilli e carichi, pieni di un strano ottimismo. Natsu sorrise e con esso annunciò di averlo compreso, aver compreso il suo metodo di combattimento e perciò avrebbe finalmente vinto. Ma nel riportare qualche esempio, per spiegare in che modo l'avesse studiato, si ritrovò a bisticciare con Gajeel in quanto disaccordo sul modo di piegarsi di Sting. 
«Sono seri?» mormorò Priscilla, guardando la Lacryma con nervoso.
«Quei due non riusciranno mai ad andare d'accordo» ridacchiò Lucy, sollevandosi lentamente dal letto e puntando gli occhi alla Lacryma.
«Lu-chan!» disse Priscilla.
«Sei sveglia» osservò Wendy, felice di vedere che stava bene. 
Il bisticcio tra Natsu e Gajeel continuò qualche secondo, sembravano pronti a cominciare a combattere tra di loro dimenticandosi dell'incontro e dei loro avversari, quando Natsu, stufo, lo spinse infine su una carriola. Questa, posta su dei binari, venne spinta via dallo stesso Natsu e si portò infine dentro cunicoli sperduti nei sotterranei di Crocus un Gajeel troppo moribondo per la nausea da mezzi di trasporto per riuscire a ribellarsi. 
«Che imbecilli!» commentò Priscilla.
«È già molto che siano riusciti a collaborare fino a questo punto» ridacchiò Wendy. 
Natsu decretò con quel gesto e con poche parole la sua superiorità di fronte ai due draghi gemelli. Sostenne di poter essere in grado di sconfiggerli da solo e quell'affermazione condita da quell'immenso orgoglio mandò in bestia entrambi gli avversari. Sting tornò a caricare con la stessa identica potenza di poco prima, ma a differenza di allora Natsu riuscì a pararlo. Contrastò il ruggito di Rogue con il proprio, riuscendo addirittura a sovrastarlo. I due ragazzi non si arresero e tornarono alla carica, sempre più furiosi, ma ormai Natsu era deciso a mettere fine quell'incontro e riusciva a tener loro testa in maniera sublime e perfetta. Fino a quando, sconfiggendo da solo persino il loro unison raid, non ebbe per sé la campana della vittoria di fronte a Sting e Rogue a terra completamente inermi. 
«Alla fine ce l'ha fatta davvero, quel bastardo» ridacchiò Priscilla. 
«Natsu» mormorò Lucy, guardando commossa lo schermo dove il suo migliore amico si prendeva la gloria di quel momento. E con un risvolto inaspettato Fairy Tail, ultima gilda di Fiore per sette anni, superò Sabertooth.
Wendy abbracciò Charle, esultando dalla felicità, mentre dallo stesso stadio si sentivano arrivare le urla di un pubblico decisamente sovraeccitato. Lucy sorrise, con gli occhi umidi dalla gioia, e Priscilla al suo fianco dondolava per aria a gambe incrociate come se si trovasse su un'altalena, ridacchiando felice. 
Anche il quarto giorno dei Giochi della Magia, superando un ulteriore incredibile ostacolo, ebbe fine portando con sé l'eccitazione di un incredibile ribaltamento della situazione. Niente era scontato, niente era noioso, Fairy Tail quell'anno aveva fatto davvero grandi cose. 
«Andiamo , Lucy! Andiamo a salutarli!» disse Priscilla, prendendo per mano Lucy. Quest'ultima non ebbe neanche tempo di assimilare la frase detta che Priscilla aveva cominciato a tirarla, tenendola sollevata per impedirle di camminare, ed era corsa fuori dall'infermeria. Correva a una velocità incredibile, trascinandosi dietro una Lucy urlante per la sorpresa e lo spavento, lungo tutti i corridoi dello stadio fino a quando non videro in lontananza il gruppo di Fairy Tail che faceva rientro. 
«Cut Fastball!» gridò Priscilla tirando indietro la spalla per prendere lo slancio e infine con forza lanciò letteralmente Lucy contro il gruppo, ben mirando contro Natsu. Ovviamente la sua magia aiutò la ragazza a cadere nel punto giusto e nel modo giusto, evitandole dolori, ma comunque l'arrivo di Lucy non fu delicato e finì con il buttare a terra Natsu.
«Perfect Game!» saltò Priscilla entusiasta.
«Lucy! Che fai qui?» chiese Natsu, guardando sconvolto Lucy che tremava tra le sue braccia. 
«Non ne ho idea» mormorò lei, ancora scossa. «Dove sono? Quando sono arrivata? Natsu... che fai tu qui?»
«Lucy voleva salutarvi!» disse Priscilla avvicinandosi sorridente.
«Hai fatto tutto da sola!» le ruggì contro Lucy. 
«Stai bene, Lucy?» chiese Natsu, ignorando ciò che era appena successo. La ragazza smise di agitarsi per il viaggio turbolento e sorrise, annuendo semplicemente. 
«Certo che sta bene! È stata curata da Wendy, dopotutto!» sorrise Priscilla orgogliosa dei poteri della bambina. 
«Dov'è Gajeel?» chiese Lucy, guardandosi incuriosita attorno. 
«Eh?» chiese Natsu con voce nasale e sguardo sperduto. «Mi ha mollato da solo nel bel mezzo della battaglia, dove si è cacciato?»
«Sei stato tu a spingerlo via, idiota!» gli urlò contro Gray, furioso nel vedere quanto fosse debole la memoria del Dragon Slayer. Priscilla, come sempre faceva quando vedeva qualcun altro battibeccare, scoppiò a ridere fragorosamente, tenendosi la pancia.
«Eccoli i nuovi quotati per la vittoria di quest'anno» commentò Leon camminando a capo della propria squadra. Erano diretti all'uscita e stavano passando di lì quando avevano sentito il caos delle loro voci. «Non pensate che vi permetteremo di vincere tan...» ma si interruppe quando Priscilla gli saltò al collo urlando il suo nome con tutta la voce che aveva. Lo abbracciò e usando il proprio vento portò entrambi a girare come una trottola, mentre lei rideva e lo stringeva. 
«Siete stati bravissimi! Anche se avete finito in parità, davvero incredibili!»
«Priscilla! Lasciami!» tentò di chiedere lui, cominciando ad avere i primi capogiri per quell'incessante girare e vorticare. Ma Priscilla non smise e continuò in quella tortura fino a che, girando girando, Leon non intravide la figura di Lluvia raggiungerli. Piantò i piedi a terra e allungò una mano verso di lei, urlando: «Lluvia! Non è come credi!»
Ma Lluvia gli diede la minima importanza e si limitò a pensare che fosse un po' un cascamorto che ci provava con tutte. La cosa in realtà un po' la tranquillizzava, sarebbe stato più facile districarsi in quel triangolo amoroso in cui era caduta se Priscilla riusciva a togliere Leon di mezzo prendendoselo lei. 
«Ma voi due non stavate insieme?» chiese Natsu, innocentemente.
«Eh?!» urlò Leon tanto forte che poterono sentirlo per tutto lo stadio. «Chi ti ha detto una cosa simile?» ruggì, rosso in volto come un peperone. Accanto a sé Priscilla si portò innocentemente le mani dietro la testa e ridacchiando ammise: «Credo che sia colpa mia».
«E lo ammetti con tanta innocenza?» urlò Leon, al limite della disperazione.
«Perciò non è vero che avete fatto zozzerie quando siete rimasti soli tu e lei in quel bosco, durante lo scontro con Nirvana» disse Levy, con innocenza. 
«Che cosa abbiamo fatto noi?!» impallidì sempre più Leon. 
«Eppure siete stati via così tanto» ripensò Lucy, ricordando il volto di Priscilla mentre raccontava loro cosa era successo. E come se fosse uscita direttamente dalla sua testa, Priscilla tornò ad arrossire, si portò le mani alle guance e gongolando come una ragazza innamorata disse con candore: «Leon ha messo la sua magia dentro al mio corpo».
«Smettila di essere equivoca!» strillò di nuovo Leon, sempre più al limite, fino a quando un piede pesante non si posò vicino a lui attirando la sua attenzione. Più che un uomo sembrava una montagna oscura, ma comunque Laxus mantenne la sua compostezza nonostante lo sguardo stesse palesemente cercando di ucciderlo. 
«Non sono sicuro che io e te ci siamo mai presentati» disse col tono di voce che faceva presagire una condanna a morte. Leon iniziò a sudare freddo ma cercò comunque di mantenere una certa dignità, nonostante Priscilla fosse tornata ad appendersi al suo collo. Cosa che fece infuriare ancora di più Laxus, tanto che i lembi del suo cappotto cominciarono addirittura a muoversi sotto l'effetto della sua magia fuori controllo, un'energia sprigionata anche senza volerlo.
Levy, Lucy, Erza e Lluvia si rannicchiarono tra loro, fissando il ragazzo con lo sguardo sorpreso, gli occhi sbarrati, le guance arrossate di chi aveva ben capito.
«È geloso!» mormorò Lucy, emozionata.
«Che carino» si unì Levy e le altre due annuirono convinte. Osservazioni che sfortunatamente raggiunsero l'orecchio di Laxus e ne uscì ancora più irritato ma colmo di vergogna. 
«Mi sono stufato di stare qua. Vado a bere un goccio» disse irritato, voltando le spalle a Leon e Priscilla e allontanandosi con le mani nelle tasche. 
«Aspetta! Laxus! Vengo con te» disse Priscilla staccandosi finalmente da un Leon distrutto e correndo dietro al biondo. Non disse niente, non chiese il motivo di quell'apparente nervosismo, semplicemente lo affiancò e saltellando continuò a stargli accanto sorridendogli. Avevano visto tante Priscilla in quegli anni, l'avevano vista vestita di mille sorrisi diversi, ma nessuno di quello era mai sincero e splendente come quello che dedicava sempre a Laxus. Avevano affrontato di tutto, qualsiasi difficoltà, qualsiasi pazzia. Erano stati persino cinque anni separati, accecati da un litigio che non aveva nessun senso, ma avevano affrontato anche quello, avevano affrontato il più grande e angoscioso dei demoni. Ne avevano fatta di strada, molta di quella anche separati, addirittura avversari, eppure ora vederli camminare l'uno di fianco all'altro con quei sorrisi sul volto, come se non ci fosse altro nella vita che avrebbero voluto, dava finalmente un senso di quiete e di pace. Cos'altro avrebbe potuto dividerli?
«Domani hanno detto che avrete il giorno libero!» esclamò lei, prima di sparire dietro un angolo.
«Che cosa vuoi fare?» le chiese Laxus, ben consapevole che quella frase avrebbe portato sicuramente a una richiesta.
«Ho sentito dire che c'è una piscina qui vicino. Un parco acquatico! Ci andiamo?» e con quel sorriso e quella domanda, i due sparirono del tutto.


Era passata un'altra serata di svago e divertimento alla locanda, con cibo e alcol forse anche più del solito per festeggiare il primo posto di quel giorno di Fairy Tail. Ancora caos, ancora risate e Priscilla quella sera non aveva fatto che passarla al tavolo con Laxus. Per quanto lui fosse sempre di poche parole e sempre apparentemente distaccato, lei si agitava abbastanza per tutti e due e questo riusciva nella totalità dei casi a strappargli un sorriso. Vedere Laxus sorridere era qualcosa di praticamente assurdo, eppure quando aveva Priscilla intorno lo faceva in continuazione. La guardava mentre si agitava, mentre mangiava e beveva, la guardava ridere, scherzare, prendersi persino gioco degli altri. Fece addirittura un paio di scherzi, usando la magia del Mirage e del vento per fregare soprattutto Natsu, il più stupido e ingenuo di fronte a quelle cose, e stringendosi a Laxus per sussurrargli qualche battuta verso il ragazzo persino lui si ritrovò almeno un paio di volte a ridere divertito. Parlarono tutta la sera, Priscilla non riuscì a stare zitta nemmeno mentre masticava anche se quello la portò ad essere rimproverata un paio di volte per la maleducazione, ma alla fine non importava. Anche vederla così sfacciata e sciatta era comunque dolce e divertente. Tornarono insieme verso l'hotel e lei continuò a ridere e parlare persino dal bagno, impegnata a lavarsi e cambiarsi per la notte. Si lanciò infine sul proprio letto, saltandoci sopra come un canguro, ancora troppo esagitata per mettersi a dormire. Tentò di provocare Laxus, tirandogli un paio di volte il cuscino addosso, nella speranza di innervosirlo e magari cominciare qualcuna delle loro lotte per giocare. Ma lui si dimostrò, come sempre, superiore e distaccato, fino a che all'ennesima cuscinata non perse la pazienza e con una presa di lotta libera non la ribaltò sul letto e quasi la stritolò fino a che lei non si arrese. 
«Vai a letto, adesso» cercò di insistere, infilandosi sotto le coperte del suo letto e provando a prendersi il suo spazio, stendendosi sul fianco destro e voltandole le spalle. Priscilla gli saltellò accanto, ancora euforica, confessando: «Non ci riesco, sono troppo emozionata! Possiamo addirittura vincere questo torneo, ti rendi conto?» sorrise e stendendosi vicino a lui poggiò il proprio mento oltre la sua spalla per riuscire a guardarlo in viso.
«Sarebbe una bella soddisfazione. Se pensi a quanto hanno sofferto i nostri compagni durante la nostra assenza, se lo meritano» rispose Laxus e Priscilla nel sentirlo parlare così sorrise ancora di più.
«Che hai da fissare così? Sei inquietante, lo sai?» provò a difendersi lui, sentendosi imbarazzato dal suo sguardo fisso. 
«È bello vederti così» rispose lei, allegra, restando appoggiata alla sua spalla. Lui si corrucciò, cercando di interpretare quelle parole ma finì solo con l'arrossire un po' per quella specie di complimento che doveva essere. 
«Hai sempre avuto il cuore grande, Laxus. Io lo sapevo, non l'ho mai dimenticato nemmeno per quei cinque anni» disse, con dolcezza.
«La persona di cui parli non avrebbe mai fatto le cose che ho fatto io» rispose lui.
«Eri annebbiato, lo abbiamo capito tutti. Non è stata colpa tua. È per questo che ti hanno riaccettato nella gilda»  ma lui non rispose, pensieroso e cupo. Questo però non abbatté Priscilla che, sempre sorridente, chiese infine con dolcezza: «Riuscirai mai a riaccettarti anche tu... Laxus?»
Non rispose, ma si lasciò scappare un sorriso, a confessarle che aveva colto nel segno. «Perché io e te siamo sempre i primi e i soli a rientrare in hotel?» chiese lievemente nervoso, sperando di cambiare discorso e non entrare nel merito di quei sentimenti che certamente non l'avrebbero lasciato mai più in pace.
«Gajeel finisce sempre con l'addormentarsi in giro e Lluvia vuole stare insieme a Gray fino al mattino» spiegò sorridente Priscilla. «Gerard è sparito già da un po', comincio a preoccuparmi. Mi chiedo se abbia scoperto qualcosa per quella storia della fonte magica simile a Zeref. Sono stata così assorta da questi giorni di torneo che non ci pensavo nemmeno più e pensare che si trattava della mia missione» sospirò affranta. 
«Starà bene. Se avesse scoperto qualcosa probabilmente sarebbe venuto a dirtelo» la rassicurò. 
«Sai a volte mi chiedo ancora come sta l'altro Gerard, su Edoras. È passato davvero molto tempo... quanto mi piacerebbe incontrarlo di nuovo» sospirò, malinconica. 
«Ti sei affezionata, alla fine» commentò Laxus.
«Mi ha dato una speranza quando ho pensato non ce ne fossero più. Forse... dovrei confessarti che per i primi mesi non ero molto convinta di ciò che sarebbe successo. Ho pensato fosse veramente la fine. Non mi avevi mai trattata in quel modo prima di allora, nonostante tutte le volte che papà ti aveva manipolato».
Laxus non rispose ma il verso che gli uscì dalla gola trasmise lo stesso tutto il suo disagio e dolore, legato a quei ricordi. Priscilla si lasciò scivolare dalla sua spalla lungo la sua schiena, poggiando la testa sul cuscino al suo fianco. Fece scorrere la mano oltre il fianco, appoggiandosi sul ventre e infine lo abbracciò. 
«Il nonno ha provato molte volte a cercare di consolarmi e convincermi che avrei potuto essere lo stesso felice, ma è stato Mistgun alla fine a darmi la scintilla per rimettermi in vita. Quando si è avvicinato a me, incuriosito dalla mia natura, ho avuto l'idea dell'addestramento. Ho pensato che se ti avessi combattuto come ai vecchi tempi, ad armi pari, e ti avessi spinto a dare tutto te stesso forse saresti tornato indietro con la memoria e saresti tornato. E a quanto pare avevo ragione» sorrise allegra e immerse il volto nella sua schiena, schiacciandosi contro di lui. 
«È stato crudele» sospirò Laxus. «Ci ho messo giorni ad accettare i ricordi che mi tornavano alla mente».
«Non è stata colpa mia» provò a difendersi lei, imbronciandosi come una bambina e lui ridacchiò divertito e intenerito. Prese la sua mano, poggiata sul proprio petto e la strinse delicatamente. 
«Senti, Laxus...» mormorò Priscilla pochi minuti dopo, ignorando il fatto se lui stesse dormendo o meno. Fece scorrere le proprie dita tra le sue, fino a incrociarle e stringerle delicatamente. «Mh?» chiese lui, già parzialmente addormentato.
«Cosa pensi ne sarà di me, adesso?» una domanda inaspettata, vista la gioia di cui si vestiva in quei giorni mai si sarebbe aspettato di vederla ancora turbata da qualcosa. Riaprì gli occhi, ma non rispose subito, cercando il modo migliore per indagare e riuscire a capire di cosa avesse bisogno.
«Insomma... Non sono umana, ma non sono più nemmeno una marionetta di Ivan. Credevo di avere delle certezze che ora non ci sono più. Non fraintendermi, ne sono felicissima, ma non posso far a meno di chiedermi a questo punto... cosa io sia e quale sarà il mio destino».
«La cosa ha veramente importanza?» chiese lui, cercando di riempire quelle parole di leggerezza e inutilità. Che fosse umana o meno, l'importante era che fosse libera e felice. Era questa l'unica cosa a cui doveva pensare: a vivere e farlo sempre con il sorriso. Tormentarsi su quelle cose non aveva senso, portava solo una tristezza inutile. Ma Priscilla esitò, esitò fin troppo. 
C'era molto più in tutto quello, una consapevolezza di cui aveva preso coscienza solo di recente e che cominciava addirittura a considerare come reale. Persino tenerlo abbracciato nella notte, dormire semplicemente vicino a lui, sentirne l'odore, non faceva che scaldarle il petto. La verità era che loro avevano ragione, tutte loro, le ragazze della gilda, per quanto imbarazzante fosse, cominciava a capirlo. Avevano stramaledettamente ragione. Il tocco delle sue dita tra le proprie la faceva arrossire, il calore del suo corpo, le chiacchiere fino a notte fonda, o di fronte a un piatto di cibo e un bicchiere di alcol. Era tutto meraviglioso ed emozionante. 
Cominciava a capirlo, cominciava ad accettarlo, e lei... lei forse lo amava davvero.
Ma avrebbe potuto una come lei averne il diritto? Poteva un essere come lei, un essere unico che non aveva nemmeno idea di cosa fosse, amare un essere umano?
«Potrebbe» rispose alla sua domanda, con uno sforzo palpabile. 
Laxus fece un profondo sospiro, muovendosi nel letto, e lentamente si voltò dall'altro lato. Non aveva certo idea di cosa le passasse per la testa, ma era ovvio che avesse bisogno di qualche sorta di rassicurazione e conforto. Allungò una mano dietro la sua nuca, le afferrò la testa e lentamente si mosse per portarsela al petto. Le labbra che le sfioravano la fronte, e se la schiacciò contro, abbracciandola teneramente. 
«Sei Pricchan. La mia sorellina solare e caotica. Ti può bastare?» le chiese con una dolcezza che in realtà fece solo male. 
Sorellina.
Poteva bastarle, forse un tempo avrebbe detto di sì. C'era stato un tempo in cui era convinta che essere sua sorella fosse il livello più alto che a cui sarebbe potuta arrivare. C'era stato un tempo in cui aveva amato essere chiamata con quell'appellativo perché li rendeva legati, uniti e vicini in maniera assoluta. Ma erano successe così tante cose... e lei era cresciuta. Era cresciuta non solo di età, ma soprattutto come entità. Aveva compreso molte cose del mondo, aveva compreso molte cose di se stessa, e ora cominciava persino a comprendere quale fosse il reale nome di quei sentimenti che da sempre si era portata dentro. Un tempo, sorellina era la cosa migliore che potesse dirle. Era egoista, forse stupido, ma no... non le bastava neanche un po'. Ed era così doloroso. 
Aveva alzato la testa, aveva scoperto che poteva esistere dell'altro a cui poteva arrivare, un mondo nuovo e forse ancora migliore. Aveva allungato una mano, curiosa di potercisi immergere, ma lui con una semplice parola l'aveva rimessa al suo posto. Che altra scelta aveva? Era normale, l'aveva da sempre chiamata in quel modo, nonostante la realtà emersa comunque il passato non poteva essere cambiato. E lei sarebbe stata per sempre solo la sua sorellina.
Almeno quello le avrebbe permesso di dormire nel letto insieme a lui.
«Sì» mentì. «Può bastare».

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Capitolo 55
*** Parco acquatico ***


Parco acquatico



Ryuuzetsu Land si chiamava il parco acquatico e non era troppo lontano da Crocus. Arrivarono che era mattina presto, eppure nonostante ciò c'era già un sacco di gente. Le piscine erano immense e ce n'erano di svariate per tutti i gusti, con scivoli più o meno ovunque. Qualche chiosco posto in giro che vendeva cibo, bevande e frutta fresca. C'era persino un acquario dove poter passeggiare, ammirando le vasche di pesci dalla forma e colori incredibili. Priscilla, colta dall'eccitazione, iniziò a spogliarsi ben prima di arrivare, lanciando in giro maglia e pantaloni e infine correndo verso l'ingresso. Con meno enfasi, anche Erza, Lucy e Wendy la seguirono.  Lluvia si prese qualche istante in più, Bisca le fece compagnia insieme a Levy. Quando entrarono, trovarono i ragazzi che già erano pronti e avevano già cominciato a girare per il posto. 
«Pricchan! Andiamo a comprare qualcosa da bere, vieni con noi?» le chiese Fried, indicando il chiosco più avanti. Priscilla si voltò a guardare le sue amiche, vedendo come bene o male tutte avessero già preso la loro strada, perciò saltellando annuì e seguì lui e Bickslow.
«Evergreen non è voluta venire?» chiese camminando al fianco dei due ragazzi. 
«L'abbiamo lasciata con Elfman in infermeria» disse Fried.
«In realtà non glielo abbiamo nemmeno detto» scoppiò a ridere Bickslow.
«Che crudeli! Perché mai?» chiese lei, dispiaciuta.
«Sono certo che starà bene» sghignazzò Bickslow.
«Credi che possa davvero nascere qualcosa tra quei due?» chiese Priscilla, curiosa e allegra. 
«Probabilmente è già nato, ma non vogliono dircelo» rispose Fried, appoggiandosi al bancone del chiosco e cominciando a pensare a quale bibita prendere. Priscilla spostò lo sguardo su una vetrina con dentro vari bicchieri di frutta e si illuminò come una bambina di fronte a un negozio di dolciumi. Ne scelse uno grande di anguria e mangiandolo si rallegrò tanto che riprese, come suo solito, a svolazzare invece che camminare. I capelli, lasciati sciolti quel giorno, ondeggiavano sulle punte come fossero stati immersi in acqua. «È dolcissima» disse con le guance rosse per la gioia e ne addentò un secondo pezzo. 
«A proposito...» disse poi, svolazzando a fianco ai due. «Avete visto Laxus? Siamo arrivati insieme, ci siamo divisi per gli spogliatoi... pensavo poi di trovarlo con voi».
«Negativo, è sparito. Ma sarà qui da qualche parte» disse Bickslow.
«Sperando che non si sia perso» disse Fried, scoraggiato all'idea che non sarebbe mai riuscito a migliorare quel piccolo difetto che aveva col senso dell'orientamento. Priscilla anche lo sapeva bene, era qualcosa che si portava dietro fin da bambino e non c'era verso che ritrovasse da solo la strada. Si strinse nelle spalle e scoppiò a ridere divertita a quel pensiero. Ondeggiò leggiadra per aria, ridendo con una voce candida e rilassata, e nel vederla nella morbidezza delle sue curve senza veli, con solo il costume addosso, i capelli sciolti e la sua solita tenerezza, Bickslow cadde di nuovo nella sua trappola, benché si fosse ripromesso che avrebbe lasciato il passo a Laxus. 
«È una sirena» mormorò con lo sguardo inebetito. 
«Sai, penso che tu abbia fatto male a rinunciarci. In fondo tra lei e Laxus non c'è assolutamente niente, ti sei solo fatto dei castelli in aria» disse Fried, risoluto e anche lievemente infastidito. 
«Questo è quello che speri tu» rispose Bickslow, guardando l'amico che ancora negava l'evidenza e in tutta risposta lui ruggì furibondo: «È la nuda realtà!».
«Eh?» mormorò Bickslow, voltandosi poi per tornare a guardarla e restando sorpreso nel non vederla più. L'aveva persa di vista solo per un brevissimo istante e lei era sparita completamente.
«Dov'è andata?» si chiesero entrambi prima di sentire la sua voce urlante provenire da qualche metro più in là. Volava via, distesa in orizzontale, le braccia allungate indietro che lasciavano cadere anguria da tutte le parti e una mano attaccata a un lunghissimo braccio che la teneva per una caviglia e la stava trascinando via con violenza. Nessuno dei due ebbe neanche la forza di chiedersi cosa stesse accadendo e di chi fosse quella mano disumana, restarono semplicemente perplessi fino a quando non la videro sparire dietro a una finta montagna che rovesciava una cascata dentro una piscina. 
Priscilla venne trascinata con violenza dentro un'altra piscina, poco lontana, e solo quando atterrò dentro l'acqua la mano che l'aveva presa la lasciò finalmente libera. Riemerse lentamente, solo per una parte della testa, lasciando naso e bocca sommersi e facendo bollicine d'aria contrariata. Puntò gli occhi su suo nonno, seduto a bordo piscina non troppo lontano da un Laxus abbattuto e scocciato. 
«Finalmente sei arrivata anche tu» disse Makarov.
«Avevo scelta?» chiese lei, restando immersa in acqua.
«Volevo te fin dal principio, ma ho trovato prima lui e speravo fosse abbastanza. Cosa che invece non è» disse Makarov, indicando Laxus al suo fianco. Poi fece un gesto della mano per incitarla ad andare e disse: «Forza, falla divertire».
«Eh?» si chiese lei, non avendo la più pallida idea di cosa stesse parlando. Fino a quando non sentì l'acqua al suo fianco muoversi e si voltò appena in tempo per vedere Mavis lanciarsi su di lei saltando fuori dall'acqua della piscina. Urlò spaventata, ma venne immersa dal peso cadutole improvvisamente addosso e sempre mentre era sott'acqua Mavis le piazzò un piede in faccia per darsi la spinta e tornare a nuotare allegra. Priscilla roteò per un po' sott'acqua, perdendo il senso del sopra e del sotto, fino e quando non arrivò a bordo piscina con la testa immersa, la schiena poggiata alla parete, e i piedi sollevati fuori dall'acqua. Li lasciò cadere in avanti, facendo un altro mezzo giro usando il peso della caduta delle sue gambe e con quel poco di forza che aveva riemerse e si aggrappò alla parete della piscina. 
«Ma non doveva essere uno spirito?» chiese completamente distrutta da quella specie di attacco.
«Così doveva» rispose Laxus, scocciato di essere stato coinvolto anche lui in quella faccenda. 
«Pare possa toccare alcune cose, tra cui noi membri... visto che abbiamo il simbolo e possiamo anche vederla» spiegò Makarov, come fosse qualcosa di semplice ed ovvio.
«A me sembra assurdo lo stesso» mormorò Priscilla.
Mavis saltò fuori dall'acqua nuovamente al suo fianco e saltellando per la gioia disse: «Facciamo una gara di nuoto! Da qui a lì!» disse e cominciò a nuotare rapidamente verso la parte opposta della piscina. Priscilla la guardò ancora intimorita, chiedendosi cosa si aspettassero da lei e perché mai fosse stata trascinata in quella storia, ma alla fine decise di non fare troppe domande e semplicemente godersi il momento. Si spinse via dal bordo e nuotò per cercare di raggiungere Mavis, che nel frattempo era già arrivata al lato opposto. 
«Ancora, via!» disse Priscilla, raggiungendola poco dopo e ridendo divertita si tuffò di nuovo e prese a nuotare con rapidità verso l'altro lato. Nonostante non avesse idea di cosa stesse accadendo e perché mai avesse avuto il compito di farla divertire, trovò lo stesso la situazione piacevole e presto si dimenticò del modo in cui era stata tirata lì in mezzo. Nuotando, ridendo, cominciò a giocare con Mavis come se fosse una vecchia amica e non lo spirito del primo Master della loro gilda. Si schizzavano, si facevano scherzi, nuotavano e si immergevano, provarono a fare qualche gara a chi teneva di più il fiato e così passarono almeno la prima ora di quella giornata. Fino a quando, stanca, Priscilla non tornò di nuovo a bordo piscina. Restò immersa in acqua e si rilassò, poggiando braccia e testa sul marmo vicino a un Laxus che non faceva che sbuffare annoiato. 
«Perché non ti fai una nuotata anche tu invece di tenere il broncio?» gli chiese Priscilla e lui in tutta risposta sbuffò ancora. 
«Sei noioso» disse lei, infine, tornando a rilassarsi coccolata dal tocco dell'acqua leggera sulla pelle. 
«È per questo che ho chiamato anche te» disse Makarov e Laxus borbottò sempre più irritato: «Potevi pensarci da solo, vecchio».
«Su, su! Divertiamoci!» disse Mavis, avvicinandosi di nuovo a Priscilla e prendendola per le spalle. Lei spalancò gli occhi, colta di sorpresa, ed esclamò con un filo di terrore: «Ancora?!»
Si aggrappò a Laxus quando Mavis provò a tirarla nuovamente in mezzo alla piscina , ma lui restò immobile, impassibile, e alla fine Mavis vinse di nuovo. Come una bambina, si lanciò di nuovo sulla ragazza, cercando di coinvolgerla nel suo divertimento ma finendo solo con il stremarla ancora di più e tentare più volte di affogarla. 
«E va bene!» esclamò infine Priscilla, alzandosi in piedi. «Vuoi il divertimento? Essia!» esclamò fingendo di tirarsi su una manica. Urlando per darsi carica generò battendo le mani tra loro un tornado che nacque proprio nel centro della piscina e coinvolse tutta la sua acqua e la stessa Mavis.
«A-aspetta, Pricchan!» provò a richiamarla Laxus, preoccupato, ma Priscilla ormai aveva cominciato la sua missione: sfinisci Mavis. Fece roteare lo spirito della loro master portandola lentamente sempre più in alto, e incredibilmente Mavis rispose a quel trattamento con una risata e urla divertita come se si trovasse su di una giostra. Quando Mavis raggiunse un'altezza decente la lasciò andare, facendola cadere nel vuoto e ancora lei urlò e rise divertita. Un soffio di vento catturò ancora l'acqua e lei e la trascinò verso destra, poi verso sinistra, la fece piroettare e la lanciò ancora in aria.
«E su! E giù! Scivola scivola!» disse Priscilla, sempre più presa e concentrata in quel nuovo gioco che portava il proprio vento a essere un mega scivolo e una giostra per lo spirito. «E ora... giro della morte!» disse allargando le braccia e Mavis venne sbalzata in alto con potenza. La videro rapidamente volare verso l'altra parte del centro e solo quando fu troppo tardi si resero conto che era ora fuori il controllo di Priscilla.
«Mi è sfuggita!» gridò lei, guardandola terrorizzata mentre cadeva verso il suolo anche se ancora rideva come una matta. «Laxus! Prendila!» urlò Makarov pallido in volto e insieme al ragazzo cominciarono a correre come folli per raggiungere Mavis prima che si schiantasse a terra. 
«A-aspettate!» gridò Priscilla, saltando fuori dalla vasca vuota e cominciando a correre dietro di loro. Tutti e tre a testa alzata, guardavano la figura di Mavis pallidi in volto cercando di calibrare le misure in quel pochissimo tempo che gli restava. Laxus si voltò, credendo di trovarsi sotto la sua traiettoria e alzò le braccia pronto a prenderla al volo. Suo nonno alle sue spalle invece ancora correva in avanti e guardava lo spirito sopra di loro, cercando ancora di prendere bene le misure. Priscilla li raggiunse e allungò le braccia verso Mavis, pronta a usare il suo vento per riprenderla, ma il pavimento della piscina era bagnato e questo la portò a scivolare miseramente. Urlò e cadde in avanti a braccia ben tese, afferrando la prima cosa che trovò sulla traiettoria in un impacciato tentativo di salvarsi... inconsapevole che quello fosse proprio il costume di Laxus. Il ragazzo rosso in volto per la vergogna lasciò perdere il primo master che ancora cadeva e rideva come una matta, si afferrò il costume prima che fosse troppo tardi riuscendo a coprirsi e restare nella decenza, ma il gesto, unito allo spavento e al fatto che ancora stesse correndo all'indietro per intercettare Mavis, lo fecero inciampare. Cadde all'indietro, atterrando dritto dritto sopra Makarov e schiacciandolo. Mavis arrivò a terra, ma non toccò il freddo e duro pavimento in quanto in un ultimo disperato tentativo Makarov aveva allungato il proprio braccio e ingrandito la propria mano tanto da riuscire a prenderla come fosse una pallina da baseball durante una partita. Esultò e alzò le braccia al cielo, urlando: «Ancora! Ancora!» e tutti e tre, stesi l'uno sull'altro, più o meno feriti -sia nel fisico che nell'orgoglio- sospirarono abbattuti. 
Makarov e Laxus tornarono a una delle piscine, riportando Mavis in acqua per far in modo che si sfogasse e divertisse ancora. Priscilla invece si offrì di andare a comprare per tutti qualcosa da bere per cercare di rilassarsi almeno un po'. Tornò con un bicchiere per tutti e quattro, dando a Makarov e Laxus i loro rispettivi. Provò a chiamare Mavis più volte, ma lei continuò a nuotare allegra e neanche l'ascoltò. Appoggiò il suo drink a bordo piscina e tenendo infine il proprio si sedette di fianco a Laxus, a gambe incrociate, guardando il primo Master che si divertiva come una bambina. 
«Si stancherà prima o poi» commentò guardandola.
«È uno spirito, ha davvero un "corpo da stancare"?» rispose lui sorseggiando dal proprio bicchiere e Priscilla ridacchiò nervosamente in risposta, sapendo quale sarebbe potuta essere la risposta. «Oh, sai una cosa?! Mentre tornavo ho intravisto Elfman ed Evergreen. Pensavo fossero rimasti in città e invece si nascondono qui in giro» ridacchiò e ondeggiò divertita. «Tu sapevi della loro storia clandestina?»
«Mi avevano accennato qualcosa» mormorò lui semplicemente, dandole la minore delle attenzioni. «Sul serio?» esclamò lei, sbarrando gli occhi. «Pensavo fossero solo fantasie di Bickslow invece è vero. Sono carini, non credi?»
«Bah, non saprei» sospirò ancora. 
«Ah! E poi ho visto Natsu cavalcare un treno acquatico» disse ancora «Ma poi gli è venuta la nausea» scoppiò a ridere divertita e a quel pensiero persino Laxus riuscì ad accennare un sorriso e sospirare: «Quell'idiota».
«Ho visto poi Happy andare verso l'acquario. Spero non abbia intenzione di mangiarli quei pesci» mormorò pensierosa e preoccupata.
«Hai visto molte cose per essere semplicemente andata a prendere da bere» le disse Laxus, abbozzando un sorriso divertito. Lei arrossì dall'imbarazzo e ridacchiò nervosa, tornando a bere dal proprio bicchiere. «Ho solo fatto un giro un po' più lungo, per camminare un po', tutto qua» tentò di giustificarsi. 
«Stavi tentando di evadere, vero?» e lei sempre più rossa bevve sempre più forte dal proprio bicchiere, evitando di rispondere. Ma dopo infiniti secondi di sorseggiamenti rumorosi, confessò: «Avrei solo voluto godermi un po' di più questo posto, invece che stare fermi qui» confessò imbarazzata.
«A me sta bene» disse improvvisamente Mavis, comparendo davanti a loro tanto inaspettatamente da farli sobbalzare. «Perché non andate a fare una passeggiata da qualche parte? Io posso restare insieme a sesto» sorrise e alle sue spalle Makarov sbiancò all'idea di restare solo con lei e trovare qualcosa per intrattenerla. 
«Ah!» si illuminò Priscilla, colta da un'idea. Si inginocchiò a fianco di Laxus e si appoggiò a lui, aggrappandosi a una sua spalla, prima di dirgli: «Ho visto che c'è uno scivolo incredibile! Gigantesco! Ci andiamo insieme?»
«Sembra divertente» le diede corda Mavis e Priscilla si strinse ancora più su Laxus, finendo col schiacciare il proprio seno ancora bagnato dall'acqua della piscina contro il proprio bicipite. Certo le sue intenzioni non erano maliziose, semplicemente inclinò la testa da un lato e disse come una bambina: «Ti preeego!» ma ancora una volta la mente di Laxus non riuscì a non tornare a tutto ciò che era successo nei giorni precedenti e ciò che ne aveva conseguito. Voltò la testa dall'altro lato, sforzandosi di non cedere alla tentazione di posare gli occhi sul suo corpo ora avvinghiato a lui, e maledisse ancora una volta l'ingenuità di Priscilla che la portavano in simili atteggiamenti senza rendersi conto di ciò che poteva fare alle persone.
«Non mi interessa. Vacci da sola» disse cercando di prendere le distanze. 
«Ma dicono che bisogna andarci per forza in due» lamentò lei, continuando ad agitarsi e di conseguenza strusciarsi contro il suo braccio. «Laxus» brontolò con un tono di voce supplichevole che certo non aiutavano la sua mente a tornare a pensieri meno perversi.
«Che razza di scivolo è che ha questa assurda regola?» lamentò lui, sempre più sotto tensione nel sentire la pelle del suo petto strofinargli contro il bicipite. 
«Quello lì» indicò allungando il braccio verso l'enorme scivolo che si diramava per metri e metri, in curve e discese alte decine di metri da terra.  Sulla cima, all'inizio dello scivolo, l'enorme scritta rosa dava il nome a quell'attrazione unica: Lo scivolo dell'amore. Lo fissò qualche istante, incredulo e ormai rassegnato all'idea che non avrebbe mai trovato una via d'uscita a quel problema.
«Parli sul serio?» mormorò semplicemente, non avendo più neanche la forza di imbarazzarsi, trovandolo semplicemente assurdo. 
«Vieni con me?» chiese innocentemente, facendo penzolare la testa da un lato e stringendosi al suo petto.
«No» rispose lui, secco e irritato.
«Uffa!» sbuffò lei, finalmente separandosi da lui. «Sei veramente noioso, volevo solo fare un giro sullo scivolo».
«Vai su un altro scivolo» le rispose secco.
«Ma quello è il più grande di tutti! Io volevo andare su quello» si imbronciò, rattristata. Ci rifletté qualche istante, poi il sorriso le tornò pensando a una soluzione: «Ho visto Leon prima, magari lui accetterà di venirci con me!» batté le mani, allegra della trovata. Poggiò un piede sul bordo della piscina e si diede giusto lo slancio per alzarsi in piedi, ma non riuscì mai a drizzarsi del tutto. La mano di Laxus la bloccò, scorrendole lungo i fianchi e infine prendendola per la vita. La sollevò da terra, come un sacco di patate, e se la caricò su una spalla mentre si alzava.
«Che fai?!» lamentò lei, scalciando e tirandogli pugni sulla schiena. 
«Ti porto lassù» disse cominciando a camminare verso lo scivolo con la ragazza ben ferma sulla spalla. «Così smetti di fare i capricci e mi lasci in pace» una scusa stupida, visto che aveva già deciso di lasciarlo in pace, ma era ben intenzionato a non lasciare che quel Leon la sfiorasse nemmeno.
"Perché mai deve irritarmi così tanto?" si chiese, facendo così aumentare l'imbarazzo e soprattutto il nervoso ora rivolto anche verso se stesso che era di nuovo caduto in quello stesso errore. Prendeva decisioni ponderate e ben ragionate, ma alla prima provocazione di Priscilla finiva sempre col mandare tutto a monte e non solo rendersi così ridicolo ma farsi anche coinvolgere in situazioni che eviterebbe volentieri. Sentì Priscilla puntare delicatamente i gomiti sulla sua schiena, forse per poggiarci la testa e tenerla alzata nonostante la scomoda posizione. Non le avrebbe dato peso se solo non avesse visto la punta dei suoi piedi ondeggiare allegri avanti e indietro, colmi di spensieratezza.
«Stai sorridendo?» chiese infastidito, non potendola vedere in volto.
«No, affatto» disse, ma il suo tono di voce era in realtà decisamente troppo allegro. 
«L...L'hai fatto di proposito?!» cominciò a realizzare, tremando all'idea che avesse scoperto quel suo punto debole. Quella gelosia che non aveva motivo di esistere ma che comunque non riusciva a tenerlo sotto controllo.
«Ti dico di no» disse lei ancora allegra e per niente convincente. E questo lo innervosì ancora di più, maledicendo quella sua stupida debolezza che era stata palesemente scoperta. Spostò lo sguardo verso di lei, appesa alla sua spalla, ma tutto ciò che riuscì a vederci furono le sue gambe e il sedere nudo se non per quello striminzito costume che la copriva appena nelle zone più delicate. Non seppe se odiarla o lasciarsi ancora travolgere da quei perversi pensieri che ultimamente non facevano che venirgli tutte le volte che potevano. Cedette però a un infantile istinto di punirla e con la mano che non la sorreggeva le diede un pizzicotto sulla coscia. Lei squittì dal dolore e sobbalzò, ma non disse niente anche se l'offesa era stata immensa. Pochi secondi dopo e lei si vendicò con un morso ben deciso sulla schiena di Laxus, che lo fecero mugolare e irrigidire. Le diede una spinta con la spalla su cui era poggiata e si aiutò con l'altro braccio, tirandola via da quella posizione e portandola sul davanti, sempre tenendola in braccio ma facendo così in modo di allontanare la sua faccia dalla sua schiena. Priscilla si aggrappò al suo collo per non cadere a terra e approfittando della posizione che le permetteva di vederlo in volto gli fece una linguaccia. Laxus era pronto a rispondere a sua volta, sempre più offeso e irritato, ma l'urlo di Natsu li distolse da quel silenzioso battibecco un attimo prima che potessero vederlo arrivare a bordo di un enorme cuore dritti verso di loro scivolando giù per l'enorme scivolo verso cui erano diretti. Priscilla si aggrappò ancora di più al collo di Laxus, temendo il peggio, e vennero travolti ben prima che potessero pensare a qualche modo per reagire o capire cosa stesse accadendo. Vennero trascinati via con lui, ma a differenza sua caddero poco dopo dritti nell'acqua dello scivolo. Laxus steso di schiena nell'acqua, Priscilla praticamente sopra di lui che ancora lo abbracciava. Riaprirono gli occhi, chiedendosi cosa stesse succedendo, e si lanciarono reciprocamente uno sguardo perplesso. Sentirono da un lato differente dello scivolo anche Levy urlare, seguita da un paio di ringhi di Gajeel, e si voltarono per guardarli mentre anche loro scivolavano via fuori controllo.
«Ma che è successo?» chiese Priscilla, non capendo come e quando fossero finiti lì.
«È colpa tua!!!» l'urlo di Erza, poco più avanti, abbracciata a Mistgun e diretta furiosa verso un Natsu che ancora biascicava sopra l'enorme cuore che cadeva giù.
Laxus sotto di lei si lamentò, silenziosamente, ma comunque non riuscì a trattenere un verso gutturale dal profondo della gola. Priscilla tornò a guardarlo preoccupata e lo trovò con gli occhi serrati, l'espressione concentrata e corrucciata, tanto che i denti si stringevano tra loro. Lo conosceva abbastanza da sapere di cosa si trattasse: «Ti... ti è venuta la nausea?!» sobbalzò lei, non sapendo se preoccuparsi o ridere di quanto il suo stomaco fosse dannatamente debole a certe cose. Non reggeva nemmeno uno scivolo. 
«Maledetto... Natsu...» gorgogliò, prima che un conato lo costringesse a irrigidirsi ancora di più.
«Resisti! Ci penso io!» disse lei, allarmata. Alzò le mani sopra la sua testa, poggiando i gomiti sulle sue spalle per trovare una posizione ideale e si concentrò per generare quella magia di supporto che aveva imparato proprio per lui anni addietro. Usava il vento e la pressione dell'aria per riuscire a ristabilire un minimo l'equilibrio all'interno del suo padiglione auricolare, riusciva ad aiutarlo, ma la costringeva ad un uso continuo di magia e concentrazione che la portavano poi a non poter fare altro. 
Laxus riuscì nuovamente a riaprire gli occhi, sentendosi meglio grazie alla magia di Priscilla, e tenendola per la vita con un braccio cercò di far leva sull'altro e poter cercare Natsu con lo sguardo. L'avrebbe incenerito non appena l'avesse visto, ma questo fece perdere l'equilibrio precario di Priscilla che non poteva reggersi con le mani e scivolò sulla sua spalla. Urlò mentre veniva sbalzata in avanti e perse contatto con la sua magia. Fu inutile per Laxus provare a tirare indietro la testa, nel cadere comunque il seno di Priscilla arrivò dritto dritto al suo viso, schiacciandolo. 
«L-Laxus?! Stai bene?» provò a chiedergli e lui non seppe se a farlo stare peggio era il luogo in cui era finito o ancora il senso di nausea che tornava a tormentarlo. L'urlo di Lucy attirò nuovamente la sua attenzione e lei la guardò curiosa e perplessa mentre la vedeva scivolare poco lontana ben stretta a Lluvia.
«Lucy?» mormorò, sorpresa.
«P... Pricchan...» biascicò Laxus, tentando di riprendere la sua attenzione e portarla a fare qualcosa prima che fosse potuto impazzire. 
«Ah!» sobbalzò lei. «Scusa!» e si sollevò nuovamente, cercando di tornare in una posizione migliore. Poggiò di nuovo i gomiti sulle sue spalle e portò le mani a sfiorargli la testa, tornando poi a concentrarsi. Certamente Laxus si sentì nuovamente meglio, ma ci avrebbe messo giorni interi per riuscire a cancellare quei ricordi e sensazioni dalla testa. Quand'è che il suo seno era cresciuto così tanto? Perché era dovuta dannatamente crescere così tanto e diventare così stramaledettamente sexy? Perché non riusciva più a pensare a lei come a una sorella e smettere di avere quegli stupidi pensieri?
Rosso in volto, decise che la cosa migliore era restare immobile e semplicemente aspettare che la discesa finisse quanto prima. Ma non arrivarono in fondo come aveva sperato, perché l'acqua sotto di loro cominciò a congelarsi sempre più rapidamente, tanto che non lo scoprirono fino a che non ne furono travolti. 
«Ma che...» ringhiò lui, cercando di stringere Priscilla e provando in maniera istintiva e infantile a proteggerla, sollevandola come poteva. 
«Kyaaa» urlò Priscilla aggrappandosi a lui ma venendo comunque congelata. «È fredda» balbettò.
«Perché diamine mi sono fatto coinvolgere in tutto questo?» mormorò Laxus ancora una volta schiacciato contro il suo petto. 
«Gray!» ruggì Natsu, saltando in piedi sullo scivolo completamente congelato. «Idiota! Non congelare la piscina!» ringhiò e caricò il proprio pugno di fuoco prima di saltare e puntare contro il ghiaccio.
«Natsu!» richiamò Priscilla spaventata, già sapendo come sarebbe potuta andare a finire. Natsu non aveva mezze misure e la sua rabbia verso il compagno del ghiaccio era tale che certo non l'avrebbe aiutato a trattenersi.
«Quell'idiota!» disse Laxus, vedendolo mentre puntava contro lo scivolo ma incapace di poter intervenire. 
E l'intera struttura esplose e venne completamente distrutta dal colpo infernale di Natsu, che soddisfatto non fece che ridere e complimentarsi con se stesso per essere riuscito a vincere. 
Spostando quello che probabilmente una volta era un pezzo di muro, Laxus riuscì a liberare sia lui che Priscilla e rialzarsi. Lei cadde subito dopo a terra, piagnucolando per il dolore, ma lui aveva fin troppa rabbia da scaricare. Si avvicinò a Natsu come un mostro pronto a divorarlo, lo colpì in testa tanto forte da mandarlo a terra e poco dopo destinò lo stesso trattamento anche a Gray. 
«Chi è stato?!» sentì urlare Makarov, uscendo anche lui da sotto un paio di sassi crollati, e Laxus semplicemente sollevò da terra entrambi i ragazzi già fuori combattimento. 
«Natsu!» ringhiò Makarov, già pronto ad assalirlo e probabilmente decapitarlo, ma un addetto gli si avvicinò tossendo rumorosamente. Il preludio di una disgrazia che già, purtroppo, conosceva fin troppo bene.
«Metto tutto a spese di Fairy Tail, giusto?» chiese l'uomo e Makarov, con lo spirito di Mavis al suo fianco dello stesso umore, scoppiò in lacrime senza neanche riuscire più a rispondere.

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Capitolo 56
*** Assi nella manica ***


Assi nella manica



Era ormai sera inoltrata quando Laxus e Priscilla lasciarono la locanda con l'intenzione di andarsene finalmente a letto. Dopo il disastro alla piscina c'era voluto un po' prima di riuscire a raccogliere tutti i loro compagni, si era fatto intanto ora di cena ed erano andati tutti insieme a mangiare qualcosa. Avevano passato così ore intere a parlare e mangiare e infine, due tra gli ultimi, Laxus e Priscilla si erano messi sulla sua via dell'hotel.
«Certo che stasera è stato misteriosamente tranquillo» osservò lei, stiracchiandosi e sbadigliando.
«Non c'erano né Natsu né Gajeel, mi pare normale» commentò lui.
«Già, che strano. Chissà dov'erano tutti» si chiese, curiosa ma anche un filo preoccupata.
«A distruggere un'altra piscina, probabilmente» disse Laxus e Priscilla scoppiò a ridere, esclamando: «A Natsu servirebbe un guinzaglio!»
«A Natsu servirebbe una gabbia» specificò e Priscilla ancora rise di gusto. «Un po' come a te» aggiunse poi Laxus e a lei passò subito la voglia di ridere.
«Oh, dai! Io sono stata brava oggi!» rimproverò, incrociando le braccia al petto. Laxus avrebbe potuto replicare almeno in dieci modi diversi, considerato il numero di volte che l'aveva più o meno intenzionalmente provocato, ma ciascuno di esso poi avrebbe comportato delle spiegazioni che si sarebbe volentieri evitato. Perciò si limitò all'unica scusa che sembrasse normale: «Hai sparato il primo Master praticamente in orbita».
«È stato un incidente!» ruggì, offesa.
«Sei una maga eccezionale ma continui ad essere distratta e impacciata. Hai imparato a volare solo per evitare di inciampare ogni tre passi!» insisté.
«Questo non è vero!» si voltò offesa, ma camminando di lato il suo precario equilibrio sui piedi venne meno e si ritrovò a inciampare su se stessa. Barcollò, sventolò le mani per aria mentre cercava di riacquistare l'equilibrio. Non cadde, rimettendosi presto in piedi, ma il suo imbranato tentativo certo non restò nell'ombra e Laxus si ritrovò a ridere soffusamente mentre lei a guance arrossate si imbronciava sempre più. Alzò la testa verso il cielo stellato, coperto solo da poche nuvole su cui si rifletteva il candore della luna. Era una notte silenziosa, estremamente silenziosa e pacifica.
«Si sta proprio bene, stanotte» commentò Priscilla alzando il mento e respirando profondamente l'aria fresca di quella notte. 
«Andiamo lassù» propose Laxus improvvisamente, sorprendendola. «Come quando eravamo ragazzi» un timido ricordo, di notti insonne passate a sorvolare la città insieme, nel completo silenzio se non per il timido rumore del vento. Era rilassante, dava pace e serenità. E vedere il mondo dall'alto era anche divertente: di notte succedevano molte più cose di quanto ci si fosse aspettati. Priscilla sorrise, colta dallo stesso desiderio. Era passato già del tempo da quando si erano ritrovati, ma ancora non avevano avuto modo di riprendersi tutte le esperienze e le abitudini che avevano costruito nella loro infanzia. I momenti felici e piacevoli, come il passare le nottate a sonnecchiare per aria, sopra i tetti, guardando il mondo dall'alto, non tutto ancora erano stati in grado di riprendersi. In realtà, solo in quel momento lo realizzava, aveva creduto di essere tornata normale ma niente di tutto quello lo era. Quei cinque anni, ciò che ne aveva conseguito, li aveva cambiati entrambi molto profondamente. Era bello poter tornare, potersi concedere per una volta, di tornare quelli di un tempo. Sorrise, prese Laxus per mano e si alzò in volo, sempre più verso il cielo, superando i tetti di qualche metro. Arrivarono a una quota che li permetteva di avere una piena visuale dell'intera città e lì si fermarono, semplicemente galleggiando. Laxus assunse una posa rilassata, come se si trovasse steso su una sdraio, con le braccia dietro la nuca e restò in completo silenzio ammirando il mondo che lo circondava. Priscilla, accanto a lui, era a pancia in giù e la testa poggiata sulle braccia incrociate come se si trovasse su di un letto e guardava le strade sotto di lei. 
«Ammettil0, ti è mancato tutto questo» disse lei e Laxus, nonostante il suo orgoglio, non poté negarglielo. Sorrise, semplicemente, divertito dall'essere stato scoperto in quella debolezza. «Gli Dei hanno dimora nel cielo» recitò Priscilla con solennità, riportando alla mente alcune parole con cui quando era piccolo giustificava il fatto che starsene lassù gli piacesse così tanto. «Ti ricordi quando facevo volare i mobili di casa nostra e tu ci saltavi sopra fingendo di essere un avventuriero?»
«Ho rischiato di farmi male sul serio davvero un sacco di volte» commentò lui, con un sospiro. 
«E trattenevi le lacrime fingendo che non ti fossi fatto niente perché non volevi ammetterlo, eri orgogliosissimo fin da bambino!» rise Priscilla, ricordando la sua buffa espressione arrossata quando dolorante mentiva tra le lacrime dicendo che stava bene ed era forte. 
«Non si tratta di orgoglio» provò a difendersi lui, ma lei disse repentina: «Sì che è orgoglio!»
«Affatto» insisté, lievemente offeso. 
«Figurati» ridacchiò Priscilla sapendo di avere perfettamente ragione. 
Sentirla ridere in quel modo, vivere ancora una volta esperienze come quelle, potersene stare tranquillo, rilassato, a vivere pacificamente il mondo al suo fianco. Sorrise e spostò gli occhi su di lei, ancora a pancia in giù che guardava rilassata le strade sotto di loro. Non poteva negarlo, non poteva negarlo davvero quanto tutto quello gli fosse effettivamente mancato. Si sentiva un tale stupido ad essere caduto così miseramente nella trappola di suo padre, in quei sentimenti dolorosi e frustranti che da anni si era portato dietro. Non era stato solo l'esilio di Ivan a fargli perdere la testa, ma tutto ciò che aveva accumulato negli anni. Anche se suo padre manipolava i suoi ricordi, eliminava le immagini di ciò che Priscilla doveva subire per mano loro, i sentimenti permanevano... e lui per un'intera vita si era ritrovato ad accumulare frustrazione, rabbia, dolore, senza riuscire a capire il motivo di tutto quello. Aveva dato la colpa a suo nonno, perché il fastidio che provava nel non vedere i propri sforzi avere il giusto merito era un ottimo incanalatore di tutta quella rabbia. Ce l'aveva dentro, da anni, e aveva trovato in quella scusa il motivo perfetto. Era stato tutto inconscio ovviamente, ma l'aveva portato a vivere in maniera esagerata qualcosa che in realtà avrebbe potuto gestire benissimo. L'esilio di suo padre era stata un'altra ragione in cui depositare tutti quei sentimenti negativi, mettendoli assieme lo aveva perciò portato a far nascere un vero e proprio odio verso suo nonno per primo ma anche verso Priscilla. Perché l'aveva sempre sentito, anche se non sapeva come, che lei era uno dei motivi per cui provava tutto quell'odio. Era bastato poco, una frase storta, una presa di posizione e lui era riuscito a trovare la sua valvola di sfogo ripudiandola e dichiarandole guerra e odio. Senza sapere cosa stesse accadendo realmente, aveva persino programmato di eliminarli tutti, li aveva messi in pericolo... aveva messo in pericolo lei. Eppure avrebbe dovuto ricordarlo, sapere, che l'unica cosa che fosse mai riuscito a farlo sorridere era vederla viva come in quei momenti. La bambina di carta, la ricordava nei suoi primi anni di vita, era come un fantasma. Lo sguardo vuoto, l'espressione sempre abbattuta, sembrava non vedere mai ciò che aveva attorno ma vivere in un mondo tutto suo. Era così triste, non poteva sopportarlo perché nel cuore aveva sempre nutrito e sostenuto gli ideali di suo nonno. Proteggere e difendere era la cosa più bella che ci fosse al mondo, perciò aveva cominciato a farlo. Aveva lavorato davvero molto e forse proprio perché era stato molto faticoso e impegnativo, quando tanti anni addietro vide il suo primo sorriso abbozzato, la felicità nel cuore per essere riuscito nel suo intento fu tale che quel compito lo svolse sempre con più passione. Ogni suo sorriso era una vittoria per il piccolo mago Laxus, difensore dei più deboli, Dio del tuono, membro d'eccellenza di Fairy Tail la gilda migliore che ci fosse al mondo. Era questo quello che aveva provato e pensato a lungo e nonostante tutto quello che fosse successo, vederla sorridere era ancora motivo di profonda felicità. 
«Pricchan» mormorò, senza nemmeno sapere bene lui cosa avrebbe dovuto o potuto dire. Sentiva solo quel calore nel petto e il bisogno di rivelarglielo, in qualche modo. Di allungare una mano nella sua direzione, stringerla e avvolgerla in un bozzolo sicuro e indistruttibile. Mai più, mai più avrebbe permesso a quel viso di storpiarsi nelle lacrime. Quella era la sua missione.
«Mh?» chiese lei, curiosa, vedendolo titubare.
«Prometti che non piangerai mai più da sola» le sopracciglia lievemente corrucciate, mentre esprimeva quel desiderio che solo a pensare il contrario lo tormentava.
«Eh?» mormorò, non capendo il motivo di una tale frase né il suo significato.
«D'ora in avanti, qualsiasi cosa dovesse succedere, qualsiasi cosa dovesse farti del male... non cercare più di restare sola, va bene?» il tormento di Ivan di quei giorni passati lo aveva vissuto nella solitudine, il suo dolore di tutta la vita, tutte le disgrazie che aveva sopportato, era sempre stata sola. Non aveva mai rivelato a nessuno le barbarie di Ivan, le lotte con Laxus che la colpiva così duramente, non lo aveva rivelato nemmeno a lui che era da sempre stato suo angelo protettore. Era rimasta sola persino quando lui le aveva voltato le spalle, distaccandosi dalla gilda, distaccandosi dalla sua umanità, dalla sua famiglia. Aveva vagato nella solitudine da sempre, persino quando lui le era stato effettivamente a fianco, lei aveva sempre pianto in silenzio, nascosta in un armadio. Non doveva più farlo, come avrebbe potuto proteggerla altrimenti?
"C'è qualcosa che ti preoccupa, sorellina? A me puoi dirlo. Sono forte, lo sai! Se qualcosa ti fa soffrire me ne occupo io!" quella voce, poteva sentirla perfettamente quella voce che tanti anni addietro le aveva detto praticamente le stesse cose anche se con parole diverse. Sotto la sua maschera di timidezza e orgoglio, Laxus aveva conservato tutti i suoi desideri e tutta la sua dolcezza. Priscilla sorrise, con le guance arrossate per l'emozione. Era come se riuscisse perfettamente a sentirlo su di sé l'abbraccio protettore del ragazzo che da quel momento non l'avrebbe mai più lasciata sola. 
«Ok» disse semplicemente.
A interrompere l'atmosfera fu una voce, familiare, ben forte nella sua isteria. Mossero entrambi gli occhi alla sua provenienza, lungo la strada non troppo distante dal castello del Re, incuriositi.
«Natsu?» mormorarono entrambi, vedendo il ragazzo agitarsi come poche volte aveva fatto mentre Gray, Gajeel e Wendy cercavano di trattenerlo. 
«Che succede?» chiese Priscilla.
«Andiamo» sollecitò Laxus e lei annuendo cominciò a volare nella direzione dei loro compagni, scendendo giù verso la strada. 
«Ragazzi!» chiamò un attimo prima di atterrare insieme a Laxus e avvicinarsi a loro.
«Priscilla-nee!» esclamò Wendy, sorpresa ma felice di vederla. 
«Che fate qui?» chiese lei, cercando di indagare, ma a risponderle fu Natsu che ancora dimenandosi urlò: «Lasciatemi andare! Vado a riprenderla! Vado a riprendere Lucy! Lasciatemi!»
«Piantala, idiota!» ruggì Gray, sforzandosi per trattenerlo.
«Lucy?» domandò Priscilla, cominciando a preoccuparsi, ma nessuno di loro riuscì a trovare il modo di spiegare e parlarle, troppo impegnati a calmare e tenere Natsu.
«Lascialo andare» ordinò infine lei, stufa di sentirlo e irritata da quella confusione.
«Eh?!» sobbalzò Wendy. «Non possiamo, se lo lasciamo andrà sicuramente a palazzo. Saranno guai».
«Perché dovrebbe andare a palazzo? Che cosa è successo?» chiese Laxus, increspando le sopracciglia. Priscilla al suo fianco annuì semplicemente con convinzione, convincendo così Gray a mollare la presa. Natsu saltò in avanti e si allungò, pronto per iniziare a correre, ma un colpo di vento lo travolse e lo sollevò per aria, impedendogli di procedere.
«Lasciami!» ruggì dimenandosi come un forsennato, ma il vento sotto ai suoi piedi iniziò a girare su se stesso, sempre rapidamente, coinvolgendolo in un vero e proprio micro-tornado. Il volto di Natsu si fece verde e improvvisamente smise di urlare e agitarsi, colto dal tipico malessere debilitante che gli causavano i mezzi di trasporto.
«È crudele» mormorò Laxus alla sorella, trovando sempre irritante come fosse in grado di prendersi gioco di quella che per loro era un vero e proprio tasto delicato.
«Almeno così starà zitto» rispose lei, secca, prima di chiedere: «Cosa è successo a Lucy?»
«È stata rapita» mormorò Wendy, abbassando lo sguardo costernato.
«Rapita?» sobbalzò Priscilla, non riuscendo a spiegarsi una cosa come quella. 
«È una lunga storia» disse Gray. «Ma adesso è sotto la custodia delle guardie reali. Quei bastardi» digrignò i denti. Laxus e Priscilla si scambiarono uno sguardo preoccupato, capendo che la situazione era certamente grave.
«Il nonno era ancora alla locanda fino a poco fa» disse lei, pensando subito a coinvolgere chi di dovere.
«Probabilmente è ancora lì, se ci sbrighiamo riusciamo a trovarlo» annuì Laxus e insieme al resto dei compagni, seguiti dal tornado che ancora teneva calmo Natsu, corsero per tornare alla locanda ormai buia, in procinto di chiudere.
«Nonno!» chiamò Priscilla, spalancando la porta. 
«Master! Un'emergenza!» si unì Gray, alle sue spalle. 
Dentro la locanda, come speravano, c'era ancora Makarov e insieme a lui solo Mirajane, Erza e Lluvia erano ancora rimasti.
«Ragazzi...» mormorò lui confuso.
«Che succede?» chiese Mirajane preoccupata.
«Hanno preso Lucy» disse Gray, avvicinandosi al vecchio seduto su di un tavolino. «Le guardie la tengono segregata nelle prigioni».
«Lucy?» sobbalzò Mirajane, portandosi una mano alle labbra.
«Perché?» chiese Erza, preoccupata.
«Abbiamo scoperto cose che non dovevamo scoprire e pensano che lei sia una minaccia» disse Wendy, costernata e preoccupata.
«Di cosa parlate?» chiese Erza.
«Raccontateci tutto» incitò Makarov.
«Quando ieri Gajeel è stato cacciato da Natsu nei sotterranei della città, durante il loro scontro con Sabertooth, è finito molto in fondo e ha scoperto che nel sottosuolo è nascosto un vero e proprio cimitero di draghi» disse Wendy e la domanda fu immediata e lecita: «Draghi?!».
«Sì! C'erano ancora dei residui di pensieri, tracce di anime, e con una delle ultime magie che ho imparato di recente sono riuscita ad evocare uno dei loro spiriti. Ci ha detto che quattrocento anni fa c'era stata una guerra tra draghi che consideravano gli umani come cibo e quelli che invece sostenevano che potevano vivere tutti insieme pacificamente» continuò Wendy.
«I Dragon Slayer sono nati in quel periodo, erano umani addestrati dai draghi stessi per dargli la forza di combattere quella guerra contro gli oppositori» spiegò Gajeel.
«Acnologia era uno di loro» disse Gray, facendo spalancare gli occhi a tutti quanti.
«Un attimo! Acnologia era un Dragon Slayer? Era umano?!» chiese Priscilla, sconvolta.
«Pare che usare troppo la magia del Dragon Slayer porti questo effetto collaterale, trasformando gli umani in draghi» annuì Gray.
«Il punto è che mentre parlavamo con lui è comparsa Yukino, di Sabertooth, accompagnata dal capo delle guardie reali. Ci hanno scoperti e ci hanno spiegato del segreto che c'è dietro il torneo» disse Wendy.
«Quale segreto?» chiese Mirajane.
«Eclipse» disse Gajeel.
«È un portale magico che hanno alimentato per tutti questi anni rubando la magia dei maghi durante i vari tornei» disse Gray.
«Hanno rubato la magia per sette anni?» sobbalzò Mirajane, portandosi le mani alle labbra.
«E a che serve?» chiese Erza.
«A tornare indietro nel tempo» rispose Gray e un coro di «Eh?!» sconvolto si alzò nel resto dei loro compagni. «Vogliono usarlo per tornare indietro e uccidere Zeref quando ancora non era un mago immortale e potente come oggi».
«Zeref...» mormorò Priscilla, prima di illuminarsi. «Che abbia a che fare con la faccenda della strana magia che Gerard sentiva in questi giorni?»
«Penso che ormai sia abbastanza evidente» rispose Laxus.
«E Lucy in tutto questo cosa c'entra?» chiese Mirajane, preoccupata per la sua compagna.
«Il portale per funzionare ha bisogno della magia degli Spiriti Stellari. Ecco perché Yukino era con lui, lei ha due delle dodici chiavi...» disse Wendy e Lluvia la interruppe mormorando, ora cominciando a capire: «E Lucy ha le altre dieci».
«Perciò l'hanno rapita per costringerla a usarle?!» chiese Erza.
«No, l'hanno rapita per impedirglielo» disse Gray, prima di spiegare. «Pare che il piano Eclipse sia un'esclusiva del capitano Arcadios, in realtà il primo ministro non accetta tutto questo e vuole impedirglielo. Dice che cambiare il corso della storia è pericoloso. E perciò ha arrestato lui, Lucy e Yukino».
«Beh, potrebbe non avere torto» mormorò Lluvia, trovando logico quel discorso ma restando comunque turbata. Turbamento a cui Mirajane diede voce: «Ma addirittura arrestare Lucy per questo. È esagerato!»
«Perché invece voi vi ha lasciati andare? Potreste diffondere questo genere di informazioni e mettere in pericolo l'impero» disse Erza. 
«Forse vuole che testimoniate contro Arcadios» ipotizzò Lily.
«E metterebbero a rischio queste informazioni per una cosa simile?» chiese Charle, mettendo in evidenza come quella giustificazione non reggesse. 
«Forse perché siete partecipanti alla gara» disse Mirajane.
«Per tenere il segreto avrebbero dovuto catturarci tutti e se improvvisamente domani non partecipassimo sicuramente non passerebbe inosservato» annuì Gray.
«Anche se si tratta di un impero probabilmente non ha intenzione di farsi nemica una gilda» disse Lluvia.
«Hanno catturato una nostra compagna, è troppo tardi per cercare di sistemare le cose. Si sono già fatti dei nemici!» disse Priscilla, galleggiante per aria a gambe incrociate. 
«Ci hanno dato una possibilità, però» disse Wendy, speranzosa.
«A me sembrava più un contentino per stimolarci a partecipare domani, come se niente fosse» disse Gajeel.
«Non possiamo certo fidarci della loro parola» annuì Gray.
«Di che si tratta?» chiese Mirajane.
«Hanno detto che il Re ha simpatia per la nostra gilda e per questo se domani riuscissimo a vincere il torneo ci concederebbe di chiedergli un favore. Potremmo così chiedergli di liberare Lucy» spiegò Gray.
«Decisamente poco convincente» disse Priscilla pensierosa. «Probabilmente vogliono che ci comportiamo come se niente fosse per non destare sospetti, per evitare che qualche nostra azione o decisione possa insospettire il paese».
«Non penso che manterranno la parola data» annuì Laxus, altrettanto convinto. 
«D'altra parte non possiamo nemmeno lanciarci a testa bassa contro l'intero impero e cercare di riprendercela con la forza» aggiunse Priscilla. 
«Dobbiamo rifletterci attentamente» disse Makarov, pensieroso. «questa volta abbiamo un nemico ostico davanti. D'altro canto, restare in silenzio non rientra nel modo di fare di Fairy Tail».
«Ci vuole un piano» disse Mavis, comparendo in quel momento al loro fianco. 
«Primo?!» si sorprese Makarov di vederla comparire in loro aiuto. 
«È la forza dei vostri sentimenti ad aver richiamato il mio spirito, non posso certo restare a guardare mentre questi ribollono dentro voi. La forza di Fairy Tail risiede in loro, è quello che ho sempre sperato di ottenere da questa gilda. Ho già pensato a un paio di strategie, permettetemi di spiegarvele e aiutarvi» disse Mavis e non ci fu nessuno che neanche per un istante pensò di rifiutare un'offerta come quella. In fondo la sua fama era legata al suo soprannome: la fata stratega. Mavis aveva vinto infinite battaglie solo con la forza delle sue strategie, sapevano che se lei li avesse aiutati niente sarebbe andato storto. 
«Ho avuto modo in questi giorni di analizzare ogni vostro aspetto e quello dei vostri avversari di domani, se i miei calcoli sono corretti vinceremo su entrambi i fronti così da garantirci una riuscita del cento per cento» disse Mavis.
«Entrambi i fronti?» chiese Priscilla, inarcando le sopracciglia. 
«Dobbiamo sottostare alle loro regole, domani parteciperete ai Giochi e vincerete questo torneo. Ma nel frattempo una seconda squadra si muoverà nell'ombra, approfittando dell'attenzione che l'intero impero sta dando ai giochi per passare inosservata e si occuperà del piano B: nel caso in cui non dovessero mantenere la parola, ci riprenderemo comunque Lucy».
«Quindi la squadra dei giochi parteciperà come di consueto ma un'altra si infiltrerà nel castello e salverà Lucy. Ho capito bene?» chiese Priscilla e Mavis sorridendo indicò sia lei che Laxus esclamando: «Voi due siete i miei assi nella manica».
«Eh?» arrossì Priscilla, voltandosi a guardare Laxus confusa.
«Squadra di sfondamento, punterà tutto sulla forza per la vittoria di domani e tra i presenti sicuramente Laxus è quello che ha più potere visto come sia riuscito a sconfiggere da solo un'intera gilda e senza neanche troppa fatica» spiegò Mavis.
«Che Laxus sia il più forte qui dentro penso sia abbastanza chiaro» annuì Erza e Natsu, ancora intrappolato nel vortice di Priscilla, biascicò qualcosa contrariato.
«Squadra di infiltrazione! È necessaria capacità di improvvisazione e buona velocità di calcolo e sfruttamento degli elementi circostanti. Priscilla adattava perfettamente la sua magia, anche se semplice aria, per difendersi da ogni sorta di attacco di Kurohebi. Rapidamente inventava una contromossa e riusciva sempre a cavarsela, sfruttando le debolezze del suo avversario che scovava immediatamente. Hai una buona capacità di strategia, osservative e di problem solving. Per questo affido a voi due le rispettive squadre e la buona riuscita del piano».
«Mi sento un po' sotto pressione» confessò Priscilla, intimorita. 
«E poi Priscilla sei in grado di tenere Natsu a bada, che sicuramente vorrà venire a salvare Lucy invece che partecipare al torneo, perciò c'è bisogno che qualcuno possa domarlo e impedirgli di combinare guai» aggiunse Mavis con un sorriso.
«In pratica dovrà fare da baby sitter» sospirò Gray, consapevole che il Primo avesse ragione. C'era bisogno che qualcuno si occupasse di Natsu e gli impedisse di rovinare tutto. 
«Lluvia prenderà il posto di Natsu per il torneo di domani, per il resto la squadra resterà immutata. Invece con Priscilla si unirà Wendy, Mirajane i tre Exceed e ovviamente Natsu. Bene, ora passerò a spiegare a entrambe le squadre le rispettive mosse. State molto attenti, ho calcolato tutto nei minimi particolari ho bisogno che facciate molta attenzione perché ci sono variabili che hanno bisogno della vostra forza più che della mia strategia» disse Mavis e con precisione e meticolosità passò la successiva ora a spiegare, passo dopo passo, come si sarebbero dovuti muovere per ottenere la più alta percentuale di riuscita. 
«Dunque ora tocca a noi» mormorò Laxus, a termine della riunione quando ormai tutti avevano cominciato ad allontanarsi. 
«I fratelli tempesta di nuovo in azione! È emozionante!» ridacchiò Priscilla, alzando il pugno e gonfiando il bicipite in segno di forza.
«Cerca di fare attenzione, ok?» le disse lui, lasciando trapelare un pizzico di preoccupazione.
«Me la caverò... come sempre» disse portando le mani dietro la testa e assumendo una posizione più sbarazzina, mentre camminava al suo fianco per tornare al proprio hotel. Laxus sorrise, convinto, e disse: «Ne sono certo».
Mavis restò a guardarli fino a quando non sparirono oltre la porta, apparentemente incuriosita da quel piccolo scambio che avevano avuto, ma questo servì solo a sostenere in realtà la sua strategia. 
"I sentimenti per la gilda di quei due sono stati quelli che sono emersi meno degli altri, non hanno dimostrazioni troppo esuberanti come può averle Natsu, ma proprio per questo sono i più intensi. Non si mettono in prima linea urlando il loro nome, ma restano nelle retrovie, affidandosi completamente ai loro compagni, ed entrano in azione solo quando ce n'è bisogno. Fiducia, stima, affetto e attenzione... hanno tutto questo ed è ciò che li rende perfetti per questo piano. Più di tutti hanno istinto protettivo nei confronti dei loro amici, tanto da spingerli ad affrontare i loro peggiori demoni, anche a costo della vita, anche a costo della loro integrità e sanità mentale. Sono riusciti a vincere contro Raven Tail solo grazie a questo, nonostante Ivan avesse completo possesso della loro mente e dei loro cuori. Se qualcuno dei loro compagni dovesse non farcela per qualche motivo, ci penseranno loro a sistemare tutto. Ne sono sicura. E poi..." sorrise, di fronte a quei pensieri. "Il loro legame sarà la loro forza. Renderli consapevoli che sono di nuovo una squadra, che l'altro gli guarda le spalle, che hanno una responsabilità verso ciascuno di loro... i tempi dei leggendari fratelli tempesta torneranno. È come un invisibile e costante Unison Raid. La vicinanza all'altro li rende più forti. Andate... date al mondo la dimostrazione della potenza dei vostri sentimenti, Fairy Tail!"


La mattina dopo Priscilla correva a capo della piccola squadra che le era stata affidata, quando sentirono infine le urla del coro provenire da dentro lo stadio. 
«La finale sarà cominciata» commentò Mirajane. 
«Le strade sono effettivamente deserte, come aveva detto Primo» commentò Wendy, guardandosi attorno.
«Ci permetterà di passare inosservati, ma non dobbiamo comunque abbassare la guardia» disse Priscilla. «Anche se facilitati è pur sempre il castello reale, non sarà semplice entrare».
«Come faremo? Useremo il Mirage?» chiese Wendy intuendo quale sarebbe potuta essere la sua strategia.
«Lo sto già usando» disse Priscilla, facendo sussultare tutti: quando aveva iniziato?
«Siamo dentro una bolla d'aria che ricrea le immagini delle strade come se non ci fosse nessuno, se qualcuno ci avesse visto correre in questo modo in direzione del castello si sarebbe potuto fare due domande. Potrò usarlo fino a quando non arriveremo all'interno del castello, ma poi starà a noi» spiegò Priscilla. «Non conosciamo la struttura del castello e la posizione delle prigioni, perciò dovrò concentrare tutta la mia magia sul dilatamento percettivo, l’Aereal Perception. La stessa tecnica che ho usato nel labirinto della prima prova per trovare l'uscita rapidamente. Ma il dilatamento percettivo e il Mirage sono entrambe magie molto dispendiose, non posso usarle contemporaneamente senza affaticarmi eccessivamente. Non sapremo se dovremo affrontare lotte o qualche trappola, perciò è bene che risparmi energia almeno in parte».
«Perciò una volta entrati dovremmo solo fare attenzione a non farci scoprire perché non saremo più invisibili» disse Lily.
«E soprattutto fare silenzio. Il mio Mirage può manipolare le immagini, ma non i suoni».
«Ti è chiaro, Natsu?» chiese Mirajane, accennando un sorriso divertito, e il ragazzo reagì ruggendo a voce eccessivamente alta: «Che diamine vuoi da me?!»
«Sono molto preoccupata» mormorò Priscilla, già irritata.
«Ecco il castello!» Wendy indicò un enorme portone in legno, subito dopo un lungo viale che attraversava i giardini e un arco con un ponte levatoio abbassato. Si fermarono e si nascosero dietro a una siepe, per poter studiare la zona senza sentirsi eccessivamente esposti.
«È chiuso» disse Charle. 
«E ci sono guardie all'ingresso» aggiunse Lily.
«Dovremmo convincerli ad aprire per noi. Come possiamo fare?» chiese Wendy e fu Priscilla, dopo qualche istante di riflessione, a chiamare: «Mira-chan».
«Sì?» chiese lei, pronta a intervenire qualsiasi cosa avesse avuto in mente.
"Non dimenticare la tua forza. La tua capacità risiede nel sfruttare ciò che hai attorno, amici e nemici compresi, per trarne vantaggio. Tieni ben a mente tutte le capacità di chi ti sarà a fianco" le parole di Mavis l'avevano accompagnata fino a quel momento e non era intenzionata a lasciarle perdere proprio in quel momento. 
«Usa la tua magia di trasformazione, prendi le sembianze di uno di loro. Natsu e Wendy saranno i tuoi prigionieri, dirai che li avevi trovati in giro a bazzicare da queste parti» disse.
«Essendo Fairy Tail sicuramente si allarmeranno e cercheranno di portarci dai loro superiori per un giudizio, non ci lasceranno semplicemente andare» disse Wendy.
«Esatto. Ma con ogni probabilità in questo momento saranno tutti al torneo, non solo per diletto ma perché vorranno tenerci d'occhio. Ti chiederanno di portarli in prigione, per aspettare che tornino i capi. Io e i gatti ti resteremo dietro coperti dal Mirage, ti seguiremo fino all'interno» disse.
«Ok!» rispose Mira, determinata e in pochi istanti assunse le sembianze di una delle guardie. «Si va in scena!» sorrise e legò sia Natsu che Wendy, per simulare l'arresto. Si avvicinò alle due guardie al cancello, mostrando i prigionieri e come da programma disse di averli trovati in giro da quelle parti che avevano cercato di entrare.
«Intrusi Fairy Tail? Che facciamo?» chiese il primo delle guardie.
«Al momento non ci sono né il Re né il Ministro della Difesa. Mettiamoli in cella per ora» confermò il secondo e Priscilla sorrise alle spalle di Mirajane, avvolta dal Mirage insieme ai tre Exceed. Si scambiarono uno sguardo complice e annuirono, confermandosi così la buona riuscita del piano.
«Entra» disse una delle guardie aprendo per Mira il cancello e permettendo così all'intera squadra di entrare. 
«Da che parte?» sussurrò Mirajane una volta che fu qualche passo distante dalle due guardie alla porta.
«Non lo so. Non posso ancora usare l'Aerial Perception, non finché dovrò mantenere il Mirage attivo» mormorò lei vicino al suo orecchio per evitare che le guardie alle loro spalle li sentissero.
«Allora improvviso» disse Mirajane provando a svoltare a sinistra e prendere il primo corridoio. «Ehy!» urlò una delle guardie, alle loro spalle, facendoli rabbrividire. «Le prigioni sono di là!» indicò davanti a sé, lungo una perpendicolare.
«Ah, scusi» disse Mirajane, cercando di mantenere il sangue freddo. «Sono nuovo» inventò e la cosa, per quanto banale, parve funzionare. 
«Ben fatto!» esclamò Priscilla, orgogliosa. 
«Perfetta come sempre, Mira-san» ridacchiò Wendy e infine il gruppo, non appena fu fuori dalla vista delle due guardie alla porta, si nascose dietro a un angolo che dava su un vicolo cieco con una semplice finestra. Un rientro nel muro, dove si apriva una porta. 
«Tenete d'occhio la situazione, mi ci vorrà qualche secondo» disse Priscilla liberandosi del Mirage. Natsu piantò la schiena sulla porta che avevano di fianco, mettendosi così a guardia di questa, mentre Mirajane e Wendy si occupavano di controllare che nei corridoi non passasse nessuno. Priscilla fece qualche sospiro profondo, concentrandosi ed entrando in pieno contatto con l'aria circostante.
«Aerial Perception» mormorò e un cerchio magico le si disegnò sotto ai piedi. A occhi chiusi, restò concentrata a lungo mentre le sue percezioni si dilatavano lungo tutti i corridoi del castello. Si infilava sotto le porte, attraversava spifferi nei muri, si scontrava con le guardie rimaste a curarsi del castello, saliva e scendeva scale e in pochi minuti ebbe ben impiantata nella mente la mappa dell'intero castello. 
«Priscilla-nee?» chies Wendy, cominciando a preoccuparsi nell'istante in cui vide un paio di guardie andare verso di loro. 
«Ho fatto!» decretò lei, riaprendo gli occhi. «Le ho trovate!»
«Le?» chiese Natsu, chiedendosi a chi altro si riferisse.
«È insieme a Yukino... ma non sono invece riuscita a trovare il comandante Arcadios, questo è molto strano» mormorò preoccupata. 
«Lo avranno portato da qualche altra parte?» chiese Mirajane.
«Arrivano» sussurrò Wendy, preoccupata e Priscilla reagì repentina con un: «Mirage!» giusto un istante prima che le due guardie di pattuglia gli passassero davanti, riuscendo a nascondere tutto il gruppo alla loro vista. 
«Andiamo» sussurrò Priscilla, sciogliendo il Mirage una volta che furono sparite. «Da qui alle prigioni non dovrebbero essercene altre».
«Vado avanti io, così controllerò i corridoi. Resta indietro ed evita di usare ancora la magia se non è necessaria» le disse Mirajane, riprendendo nuovamente Natsu e Wendy come fossero due prigionieri. Per quanto Priscilla avesse usato con parsimonia entrambe le magie era comunque impossibile nascondere il leggero fiatone che già la stava cogliendo. Erano magie intense, l'Aerial Perception anche più del Mirage, e usarle così a lungo con un'alternanza così serrata comunque la stancava. Era meglio se risparmiasse le forze, perciò accettò di buon grado quel suggerimento. 
Come previsto non trovarono altre guardie fino all'arrivo delle scale che avrebbero portato alle prigioni sotterranee. Mirajane utilizzò lo stesso stratagemma, presentando Wendy e Natsu come due prigionieri, mentre ancora Priscilla nascondeva lei e gli Exceed con il Mirage. Fino a quando non arrivarono di fronte alla cella di Lucy e Yukino.
«Lucy!» chiamò Mirajane, sorridendo allegra. La ragazza  stesa nel letto aprì gli occhi da quello che doveva essere il suo pisolino e sussultando chiamò: «Natsu! Mira-san!»
«Sssh!» le disse Natsu.
«Ci sono anche Wendy e Priscilla» mormorò Lucy, sorpresa e felice di vederle.
«Sto usando Aerial Perception per assicurarmi che non arrivi nessuno» disse Priscilla a occhi chiusi. «Ciò non toglie che siamo un po' di fretta e dobbiamo cercare di fare piano».
«Nessun problema!» disse Natsu, afferrando le sbarre della cella e cominciando a riscaldarle tanto che divennero rosse per l'incandescenza. «State indietro».
«Siamo venuti anche noi!» salutò Happy, insieme a Charle e Lily.
«Ragazzi...» mormorò Lucy, commossa di vederli.
«Come avete fatto a trovarci?» chiese Yukino.
«È stato facile, alla fine» sorrise Wendy lanciando un'occhiata a Priscilla che ancora a occhi chiusi restava concentrata sulla sua magia. 
Natsu scaldò tanto le sbarre che parte del ferro cominciò a colare, fuso, e approfittando della sua ora malleabilità le sforzò fino ad allargarle e romperle. Dal buco creato Lucy e Yukino riuscirono finalmente a uscire.
«Ora dobbiamo andarcene» disse Charle.
«Sarebbe bene passare inosservati» disse Lily.
«Priscilla-nee comincia ad essere stanca, forse non dovremmo chiederle di usare ancora il Mirage» mormorò Wendy, guardando preoccupata una goccia di sudore che colava dalla fronte dell'amica.
«Nessun problema, sono ancora piena di energie!» sorrise Priscilla, cercando di tranquillizzarla. 
«Aspettate! Prima devo trovare le mie chiavi!» disse Lucy. «Chissà dove le avranno messe» non terminò neanche la frase che il pavimento sotto ai loro piedi si spalancò all'improvviso. Vennero colti talmente tanto di sorpresa che caddero tutti, compresi gli Exceed che non ebbero prontezza di spirito di spalancare le loro ali e volare. L'unica che non rimase coinvolta in quella botola fu Priscilla, rimasta sollevata per aria fino a quel momento era così concentrata nella sua magia rivolta ad eventuali soldati che avrebbero potuto scoprirle che non fu veloce abbastanza nel cessare quella magia e provare a usare l'aria per riportarli tutti sopra. Il pavimento sotto i suoi piedi si chiuse prima che potesse allungare una mano e usare la sua magia del vento per impedir loro di cadere. Fissò silenziosa il pavimento ora richiuso, dopo aver inghiottito tutti i suoi amici, per poi solo dopo qualche secondo portarsi le mani alla testa e gridare in preda al panico: «Che cosa è successo?!»



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Capitolo 57
*** Diecimila draghi ***


Diecimila draghi




«Ridammeli! Ridammeli immediatamente!» ruggiva Priscilla da ormai qualche minuto, intenta a tirare calci e pugni contro un pavimento sigillato. Si sollevò nuovamente per aria, a gambe incrociate, e rifletté molto attentamente su quanto fosse appena accaduto. Si era distratta, concentrata su altri tipi di minacce, e questo aveva permesso al nemico di giocare con vantaggio e "rubarle" gli amici da sotto al naso.
«Come glielo dirò a Primo che me li sono fatta rapire così da sotto al naso?!» si portò le mani alla testa e iniziò a sgambettare, sempre più spaventata e preoccupata. «Aveva dato a me tutta la responsabilità, con che coraggio torno indietro e le dico che ho fallito?» piagnucolò, sempre più in preda al panico.
«Eccola là!» sentì urlare alle sue spalle e un gruppo di soldati le corse incontro ad armi spianate. «Adesso che è sola, prendetela!» 
«Tch» le sfuggì dai denti, guardandoli mentre le correvano incontro. Attivò nuovamente il Mirage, svanendo così come una nuvola di fumo che veniva cancellata con la mano.
«È sparita!» esclamò qualcuno. 
«Può rendersi invisibile! Cercatela!» ordinò qualcun altro, inconsapevole che lei in quel momento stava volando sopra le loro teste.
«Chiudete le uscite! Non permettetele di scappare!» e a quell'ordine dei pesanti portoni cominciarono a cadere dall'alto, chiudendo così tutte le vie d'uscita di quella prigione sotterranea.
«Era una trappola, dunque?» si chiese Priscilla, accelerando tanto la propria velocità di volo che il suo Mirage ne risentì e la costrinse a rendersi visibile, non riuscendo a tenerne il passo. 
«Eccola! Sparate! Sparate!» ordinarono e a quell'ordine frecce e proiettili volarono nella sua direzione. Priscilla proseguì la sua fuga di spalle, voltandosi verso coloro che la attaccavano e con un soffio di vento rilanciò indietro sia frecce che proiettili. Raggiunse la porta un istante prima che si chiudesse del tutto, tanto che volando di spalle senza guardare bene dove fosse diretta non notò e non era stata in grado di predire il livello raggiunto dalla grata. Ci sbatté la testa, roteò col corpo per il contraccolpo passando sotto di essa e infine riuscì a passare oltre ma senza essersi risparmiata un dolore dilaniante alla nuca. Si rialzò a gattoni e si portò una mano dietro la testa, massaggiando laddove già sentiva nascere un terribile bernoccolo. 
«E che male!!» lamentò con le lacrime agli occhi. Voci e rumore di passi alle sue spalle, tornò ad allarmarsi: «Ne arrivano altri» mormorò, prima di rimettersi in piedi e cominciare a correre lungo un corridoio adiacente per sfuggire.
«Come hanno fatto a scoprirci? Era tutto tranquillo, riuscivo a percepirli» mormorò, cercando di riflettere. «Forse ci osservavano? O magari hanno fatto in modo che noi salvassimo Lucy. Forse volevano che noi lo facessimo! Per quale motivo?» 
Girò un angolo ma un gruppo di soldati le si parò di fronte e lei, piantando i piedi a terra, tentò invano di fermarsi, urlando per lo scontro che avrebbe avuto di lì a poco.
«Trattenetela!» ordinò qualcuno, vedendola stesa a terra sopra un paio di soldati travolti. Furono almeno in cinque a circondarla e la presero bloccandole mani e piedi, cominciando a legarla il più rapidamente possibile.
«Portiamola dalla Principessa. Deciderà lei la sua sentenza» disse uno di loro, affermazione che fece riflettere Priscilla: «Principessa?»
C'era un nuovo personaggio da tenere perciò in considerazione, una certa Principessa che probabilmente era a capo di quell'imboscata. Un’imboscata che probabilmente come stava cogliendo lei stava cogliendo anche i suoi amici, ovunque fossero finiti. Certo c'erano Natsu, Wendy e Mirajane, c'era poco di cui preoccuparsi, ma era anche vero che né Lucy né Yukino avevano con loro le loro chiavi. Se davvero fossero caduti vittima di un’imboscata, come stava accadendo a lei, avrebbero anche potuto usare la debolezza momentanea delle due ragazze a loro vantaggio. 
«Loki può attraversare la porta a suo piacimento» mormorò riuscendo a svincolarsi da quella confusione e formulare il primo accenno di un piano. Un'idea. «Bene!» esclamò e un turbine di vento le nacque da sotto ai piedi, scaraventando tutti i soldati che aveva attorno quel momento contro le mura del corridoio. Si alzò in volo, avendo ora le mani legate dietro alla schiena, e aumentò la velocità del vento all'interno di quel corridoio. Si lanciò a gambe tese contro uno dei pochi soldati che non erano impegnati a difendersi dall'attacco magico e lo stese a terra, atterrandogli sul petto. 
«Dove tenete gli oggetti requisiti ai prigionieri?» chiese, schiacciandogli la gola con il piede e assumendo un'aria minacciosa.
«Io... non lo so...» balbettò questo e subito dopo un altro le arrivò alle spalle, cercando di dare man forte al proprio compagno. Si sollevò nuovamente in volo e colpì l'uomo in faccia con un calcio, roteando su stessa. Ne spinse un altro contro il muro, usando sempre i piedi come unico metodo di combattimento e ripeté la stessa domanda minacciosa, schiacciando il nemico contro il muro.
Stessa risposta, lo scaraventò via e passò al successivo. Altri tre, quattro, cinque interrogati e nessuno che si decideva a collaborare. 
«C'è qualcuno qui dentro che sappia dove si trovano gli oggetti requisiti ai prigionieri, accidenti?!?!» ringhiò a un certo punto furiosa, ma come si poteva aspettare nessuno di loro rispose e pensarono principalmente ad attaccarla.
«Quando qualcuno vi fa una domanda dovete rispondere, maleducati che non siete altro!» urlò furiosa e ormai al limite della pazienza. Un colpo di vento li travolse tanto rapidamente e tanto potente che con solo quel singolo istante vennero tutti sbaragliati, restando a terra fuori combattimento.
«Potevate evitare di farmi arrabbiare e provare a rispondere» ringhiò Priscilla, allontanandosi a gambe larghe e passi pensati. Usò nuovamente la magia del vento per sollevare da terra una delle spade appartenute ai soldati e portarsela dietro la schiena per tagliare le corde che le tenevano i polsi legati. Sentì nuovamente dei passi provenire dai corridoi adiacenti e con rapidità si nascose nuovamente all'interno del suo Miraggio, per evitare di essere vista. 
Un piccolo gruppo di soldati comparve pochi istanti dopo proprio in quello stesso corridoio dove ancora a terra giacevano i corpi moribondi dei loro compagni. Si avvicinarono a loro, preoccupati, assicurandosi delle loro condizioni, prima di scambiarsi qualche osservazione.
«Credete sia stata lei?» chiese il primo.
«Non sappiamo di cosa sia capace, non è da negare» rispose un secondo e fu proprio quella frase a far riflettere Priscilla. L'avevano vista ai Giochi Magici, sapevano perfettamente chi fosse e cosa sapesse fare Priscilla del vento perciò c'era solo una spiegazione.
"Non parlano di me. Stanno cercando qualcun altro?" rifletté chiedendosi quali altri risvolti avrebbe assunto quella storia. 
«Meglio continuare a cercarla. Eseguiamo gli ordini» disse un terzo e un quarto si alzò, esclamando: «Vado ad assicurarmi che le chiavi siano al sicuro. Se è davvero quello che sta cercando allora avranno bisogno di rinforzi».
"Qualcuno che cerca le chiavi e che non sono io. Questo è un bel mistero" pensò Priscilla cominciando a volare, nascosta dal suo Mirage, dietro al gruppo di soldati che si era staccato dal resto del gruppo. Non ci volle molto per arrivare a una stanza chiusa da delle sbarre, oltre la quale stanziavano altri due soldati ben dritti con le armi pronte. 
«Tutto ok?» chiese il primo dei soldati di pattuglia.
«Fin'ora niente di strano» annuì la guardia.
«I fuggitivi di Fairy Tail sono caduti nella trappola della Principessa, non dobbiamo preoccuparci di loro» commentò uno di loro, affiancando i compagni per guardare le chiavi delicatamente appoggiate dentro una teca di sicurezza. 
«La Legione dei Lupi Famelici si occuperà di loro» Concordò il collega e un altro sghignazzò ammettendo: «Poveracci, un po' mi fanno pena».
«Quei tizi sono terrificanti, fa venir la pelle d'oca pensare che un gruppo di mercenari come loro sia al servizio del Re» si accodò l'altro. 
«E per quanto riguarda l'altra? L'intrusa?» chiese una delle guardie.
«La stanno cercando. Pare che un battaglione l'abbiano incrociata, non ne sono usciti granché bene. Siamo venuti a darvi rinforz-» non terminò la frase che un improvviso turbine di vento li colpì tutti quanti e li scaraventò con furia contro le pareti della stanza. Nessuno di loro restò cosciente dopo un simile colpo.
«Ho ascoltato abbastanza» disse Priscilla, tornando visibile sopra di loro. Si avvicinò alla teca e caricò il proprio pugno destro con un turbine di vento, per poi caricare contro il vetro e disintegrarla. Prese i due mazzi di chiavi, uno di Lucy e uno di Yukino, e li osservò per qualche secondo.
«Qualcun altro si è infiltrato nel castello e vuole queste» mormorò pensierosa. «Beh, prima di tutto vediamo di aiutare gli altri dal gruppo dei lupi affamati di cui parlavano» cominciò a far scorrere le varie chiavi tra le dita fino a quando finalmente non trovò quella che faceva al caso suo. La chiave col simbolo del segno zodiacale del leone.
«Loki! Ho bisogno di te!» gridò puntando la chiave davanti a sé, ma nonostante tutta la buona volontà e la voce alta abbastanza da essere sentita da chiunque lo Spirito Stellare non accennò nemmeno alla propria comparsa.
«Andiamo, ti sembra il momento di fare lo schizzinoso?!» ruggì lei, cominciando a scuotere la chiave con rabbia. «Ok, non sono maga degli Spiriti Stellari! Ok, non ho detto le parole magiche! Mi dispiace, va bene?! Ora però esci di lì! Loki! Loki, maledizione, mi senti?!» urlò portandosi la chiave vicino alla bocca.
«Lucy ha bisogno di aiuto, l'hai capito o no? Loki brutto pervertito donnaiolo infedele che non sei altro, guarda che se non esci subito vengo lì io e ti concio per le feste!» urlò sempre furiosa e cominciò a sbattere la stessa chiave contro il tavolo, urlando e ruggendo sempre più furiosamente il nome dello Spirito. Fino a quando non fu troppo stanca per continuare a provarci.
Sbuffò e incrociò le braccia e le gambe, galleggiando a mezz'aria. Chiuse gli occhi e tentò di concentrarsi, cercando una soluzione a quell’ennesimo problema. 
«Non ho molto tempo» mormorò, cominciando a preoccuparsi e scavando nelle varie ipotesi che le si palesavano nella mente. L'intrusa cercava le chiavi, c'era alta probabilità che sapesse utilizzarle, ma chi glielo diceva che era amica e non nemica? Avrebbe potuto perdere altro tempo in uno scontro? Un'altra strada che aveva intenzione di percorrere era quella della Principessa: trovarla e parlarle, minacciarla se necessario, ma voleva capire quale fosse il suo ruolo in tutto quello. C'era qualcosa di molto strano, ma nessuno le diceva che trovare la Principessa l'avrebbe aiutata a portare Loki da Lucy. La salvezza dei suoi amici era la priorità, doveva prima di tutto trovare un modo per parlare con Loki.
«Lascia che ti aiuti» una voce amica, una voce familiare, femminile, improvvisamente le parlò dalla porta. Era così assorta, e i nemici fino a quel momento erano stati tanto ridicoli, che aveva abbassato la guardia e non l'aveva sentita arrivare. Una figura incappucciata, a testa china per non farsi riconoscere, con un lungo mantello scuro sulle spalle.
«Sapevo che avresti trovato difficoltà, anche se Loki mi aveva detto che eri stata tu a mandarlo da me» mormorò, accennando un sorriso. «Ho fatto bene a volerti cercare».
«Eh? Cercavi me?» chiese Priscilla, aguzzando la vista per riuscire a cogliere i suoi lineamenti sotto all'enorme cappuccio. La figura allungò la mano in avanti, porgendole il palmo. «Dammi la chiave. Chiamerò io Loki per te».
E finalmente la voce, anche se rotta e ovattata, riuscì a trovare una figura all'interno della sua memoria. I capelli biondi scivolarono fuori dal cappuccio, la mano allungata scopriva in parte i vestiti che credeva ormai di conoscere bene.
«Lucy?!» sussultò Priscilla, lanciandosi su di lei e scoprendole con forza il viso. «Sei riuscita a uscire da lì? Dove sono gli altri?» le chiese felice di vederla, ma comunque preoccupata. Perché aveva il viso così triste? Gli occhi arrossati? Cosa le era successo?
«Non... non sono quella Lucy» mormorò lei, arretrando di un passo. «È... difficile, Pricchan. Ma è così bello poter aver visto nuovamente il tuo volto» confessò, lasciandosi sfuggire una lacrima che eliminò dalla guancia con la mano destra tremante. Una mano candida, pulita, priva di qualsiasi segno... proprio di ogni segno. Il simbolo della gilda sul dorso della mano non era lì dove era sempre stato.
«Lucy...» mormorò Priscilla, confusa e ora profondamente preoccupata. «Tu... tu sei Lucy, vero?» chiese, cominciando a dubitare, e la ragazza annuì.
«Non c'è tempo, Pricchan. Dammi quella chiave, manda Loki da me non appena sarà apparso e cerca il modo di far uscire gli altri dai sotterranei. Anzi, io verrò con te... ricordo questi corridoi, forse posso aiutarvi a evitarli».
«Evitare chi? Di cosa stai parlando?» insisté Priscilla, sempre più confusa. 
«Eccola lì!» la voce dei soldati li interruppe, comparendo dal fondo del corridoio. Un intero plotone, una truppa infinita e lei non aveva tempo da perdere con loro. Prese Lucy per un polso e volò lungo il corridoio, più rapidamente che potesse. Svoltò l'angolo, ma altri soldati arrivavano da entrambi i lati, chiudendole così in una morsa da cui sarebbero potute uscire solo aprendosi la strada a pugni. Ma non c'era tempo, lo sentiva sulla pelle il brivido dei secondi che scorrevano sempre più pericolosamente. Lasciò andare il polso di Lucy, anche se continuò a farla volare al suo fianco, e si voltò e fissare il muro alla sua destra. Puntò entrambe le mani contro di esso e un tornado nacque dai suoi palmi, sparandosi con violenza contro di esso. Si corrucciò e rafforzò la propria magia, notando la difficoltà nello sfondare la spessa pietra, fino a quando finalmente non riuscì a creare un varco che portò entrambe all'esterno. Volarono via e facendo ancora appello alla magia nascose entrambe con il Mirage, prima di deviare e cercare di trovare un appoggio dove andarsi a posare. Trovò un balcone che ben faceva al caso loro e si avvicinò ad esso, sbirciando con circospezione la stanza all'interno della finestra: vuota e apparentemente sicura. Infiltrò uno spiffero di vento sotto lo stipite e usando tutta la concentrazione che aveva riuscì a manovrarlo e dar lui la giusta potenza per poter aprire la portafinestra e permettere loro di entrare. Chiuse in una stanza, avrebbe potuto abbandonare il Mirage per un po' e restare nascoste senza ancora sfruttare appieno la sua magia. Prese di nuovo il polso di Lucy ed entrò rapidamente, chiudendosi alle spalle finestra e tende, prima di correre alla porta e poggiare un orecchio sul legno cercando di ascoltare ciò che succedeva fuori. 
«Qui forse saremo tranquille per un po'» disse ansimando per la fatica. Stava decisamente usando troppa magia, il Mirage e L'Aerial Perception erano due magie incredibili ma molto dispendiose. Soprattutto il Mirage su immagini in movimento o in ambienti poco illuminati, aveva imparato a perfezionarlo su quel punto di vista ma consumava il triplo della magia che consumava solitamente. Doveva cercare di essere parsimoniosa, ma gli eventi la stavano portando a non risparmiarsi. Riprese in mano il mazzo di chiavi di Lucy e glielo porse, avvicinandosi rapidamente.
«Tieni! Non ci ho capito niente di quello che sta succedendo, ma faremo quello che dici tu» le disse e Lucy esitò, guardandola con occhi sorpresi e commossi. 
«Tu... ti fidi di me?» chiese, titubante.
«Di che stai parlando? Perché non dovrei?» chiese Priscilla, continuando a porgerle le chiavi che lei prese con mani tremanti.
«Perché... io...» balbettò, sicuramente turbata da qualcosa che non riusciva a trovare le parole per confessare apertamente.
«Perché non sei la Lucy di questo mondo?» chiese Priscilla, riuscendo in parte a sviscerare la verità. E la cosa non sembrava turbarla neanche un po'. «Esiste un altro mondo oltre Edoras? Vieni da lì? Beh, poco importa al momento! Hai detto che non c'è tempo, giusto? Bene, facciamo quello che hai detto e poi mi spiegherai. Sei venuta fin qui per aiutarci, no?» e a quell'ultima domanda Lucy alzò gli occhi, annuendo, e di nuovo si inumidirono di lacrime. «È per questo che mi cercavi. Mi spiace, se lo sapevo mi sarei fatta trovare più facilmente» ridacchiò, imbarazzata, grattandosi la nuca. Quel suo tipico sorriso cordiale e luminoso, sbarazzino e infantile che quella Lucy, la Lucy del futuro, trovò splendido più del solito. Se solo lei avesse saputo... se solo avesse saputo che quel sorriso, la Priscilla del suo futuro, non riusciva più nemmeno a ricordarlo. Se solo avesse saputo della morte di Laxus e di come lei, disperata, non potendosi nemmeno togliere la vita, fosse impazzita. Se solo avesse saputo che alcune delle morti dei loro compagni era stata causata proprio dalle sue lacrime, dalle sue urla, furiose, che evocando enormi quantità di vento aveva colpito gran parte della città uccidendo indiscriminatamente chiunque si trovasse lì intorno. E invece ora poteva nuovamente vederla sorridere, non più sentirla urlare, non più vederla dilaniarsi, impazzire sempre più di fronte alla sua immortalità che l'avrebbe portata a un'eternità di solitudine e dolore di cui mai si sarebbe liberata. Quel sorriso... quel sorriso ora faceva così male. 
Afferrò la chiave di Loki con entrambe le mani, tremanti per il dolore che sentiva in quel momento nel petto. Ed infine chiamò: «Apriti, portale del Leone! Loki!»
Lo Spirito Stellare comparve di fronte a loro e Priscilla, commossa della buona riuscita del piano, gli saltò al collo gridando e piangendo: «Finalmente sei qui!»
«Priscilla, non sapevo che...» disse Loki, guardando affabile la ragazza che aveva appesa al collo. «Potevi semplicemente dirmelo, avrei potuto darti molte più attenzioni».
«Cosa stai dicendo?» chiese lei, cominciando a capire con un certo disagio a cosa si stesse riferendo. 
«Potremmo andare a cena da qualche parte, se per Lucy non è un problema» disse sistemandosi gli occhiali sul naso.
«Hai frainteso ogni cosa» gli disse, allentando la presa sul suo collo e allontanandosi. «E la prossima volta rispondi anche a me, quando ti chiamo! Era una cazzo di emergenza!» ringhiò poi, roteando su se stessa e piantando così un potente calcio sul fianco di Loki, calcio che lo fece cadere senza fiato a terra, contro un tavolino. Ridacchiando divertita, Lucy porse a Priscilla le chiavi che aveva appena utilizzato e lei poi le fece oscillare davanti alla faccia di Loki.
«Muoviti tra i mondi come fai sempre e porta queste a  Lucy. È in pericolo, ha bisogno del tuo aiuto» spiegò rapidamente e Loki, confuso, indicò la Lucy del futuro alle sue spalle: «Ma è lì» sibilò, ancora tramortito dal calcio.
«Non è la nostra Lucy! Non riesci a percepirlo nonostante tu sia un suo spirito?» lo rimproverò.
«Ci sono due Lucy!» esclamò Loki, entusiasta, rialzandosi e guardando la bionda con il volto arrossato dall'emozione.
«In realtà credo sia normale che non senta la differenza» mormorò Lucy. «Non sono un'altra Lucy, sono sempre io».
«Eh?» mormorò Priscilla, sempre più confusa. «Ora davvero non capisco».
«Vengo dal futuro, Pricchan. Ho usato Eclipse per tornare indietro» spiegò finalmente e Priscilla sbarrò gli occhi, quasi urlando: «Che figata! Allora quell'affare funziona davvero!»
«Perché sei tornata indietro?» chiese Loki, intuendo che qualsiasi motivo l'avesse spinta lì non era certamente positivo.
«Per... avvertirvi» disse Lucy con un filo di voce. «Qualcosa di orribile sta per accadere, dobbiamo trovare il modo di impedirlo» confessò, portandosi una mano davanti alle labbra e non riuscendo a trattenere un singhiozzo.
Loki e Priscilla si lanciarono uno sguardo preoccupato mentre Lucy ora scoppiava nuovamente a piangere. Senza aggiungere altro, Loki prese le chiavi che Priscilla gli porgeva.
«Vado dalla nostra Lucy. Lascio lei a te» disse lui, prima di sparire portandosi via le chiavi. 
«Lucy» disse Priscilla, avvicinandosi alla ragazza. L'avvolse in un abbraccio e se la tirò contro una spalla, lasciando che sfogasse su di essa tutte le lacrime che la scuotevano.
«Perché non hai più il simbolo, Lucy?» chiese anche se non si aspettava in realtà una vera risposta. Lucy in futuro avrebbe perso il simbolo e sarebbe tornata indietro, piangendo disperata, da sola, per avvertire i loro compagni di una presunta catastrofe. Non poteva esserci altra spiegazione se non la più terribile: Fairy Tail sarebbe stata spazzata via. 
Lucy singhiozzò ancora, ma, come previsto, non rispose confermando così la dolorosa ipotesi di Priscilla. 
«Che cosa dobbiamo fare?» le chiese, pronta ad affrontare qualsiasi cosa le avesse detto.
«Io non lo so» singhiozzò. «Mi spiace, sono venuta qui e non ho nemmeno un piano».
«Che cosa accadrà?» chiese Priscilla, cercando almeno di scoprire a cosa si sarebbe dovuta preparare.
«Draghi» mormorò Lucy, corrucciandosi per il dolore. «Oltre diecimila. Attaccheranno questo paese domani».
«Q-quanti?» balbettò Priscilla, pallida in volto. «Io non so come fermarli, ma dovevo fare qualcosa! Devasteranno ogni cosa, tutti... tutti...» singhiozzò.  Priscilla le posò una mano sulla spalla, costringendola nuovamente a portare a lei il volto.
«L'ho trovata» disse infine. 
«Eh?» chiese Lucy, non capendo a che si riferisse.
«L'uscita dai sotterranei. So dov'è. Vai incontro a Natsu e gli altri, parla anche con loro e portali fuori da qui in tempo. Dobbiamo riunirci tutti, affrontare la cosa insieme alla gilda» disse.
«Hai usato...» mormorò Lucy, sorpresa.
«L'Aerial Perception mentre parlavamo, sì. E ho trovato anche la Principessa. Ha sicuramente un ruolo in tutto questo, devo capire quale. Vai da Natsu, io penso a lei. Puoi farcela?» le chiese infine e Lucy, dopo qualche secondo, semplicemente annuì. Non aveva idea di cosa fare, la disperazione l'aveva attanagliata così a lungo, ma quello sguardo... aveva dimenticato com'era lo sguardo di un membro di Fairy Tail quando decideva di proteggere le persone che amava. Scaldava il petto, dava forza. Si alzò, si tirò il cappuccio sulla testa e Priscilla le spiegò rapidamente come raggiungere la porta che avrebbe permesso ai suoi compagni di uscire dai sotterranei. Infine, volò dalla finestra, diretta al balcone della principessa. 
Avvolta ancora dal suo Mirage si affacciò al balcone che dava su una stanza aperta, dove all'interno la principessa era seduta su di una grossa poltrona. Guardava una Lacryma Vision che trasmetteva in quel momento la finale dei Giochi della Magia. Vicino a lei c'erano decine di guardie e anche il Ministro della Difesa, Darton. C'era sicuramente molta più gente di quanto avesse sperato, ma certo non l'avrebbero fermata. Volò invisibile e silenziosa alle spalle della Principessa, lanciando una curiosa occhiata alla Lacryma che in quel momento trasmetteva lo scontro tra Lluvia e Gray contro Leon e Chelia. In un angolo dello schermo erano riportati i punteggi attuali, aggiornati al secondo. Sorrise nel constatare che tutti i suoi compagni erano ancora in gara, a differenza delle altre squadre che erano state eliminate o erano rimaste con solo qualche membro. Stavano palesemente vincendo e per quanto la situazione fosse critica e molto più importante che di un torneo, non poté far a meno di rallegrarsi anche di quella piccola vittoria che si stavano prendendo. Laxus non stava deludendo le sue aspettative e lei avrebbe fatto altrettanto, mettendoci tutta se stessa in quella missione che le era stata affidata. 
Diede inizio allo spettacolo. 
Un'immagine fittizia di sé arrivò dal cielo, atterrando nella stanza. Non solo sorpresa ma anche paura nacque nei presenti e fu il Ministro della Difesa ad allungare una mano verso di lei, urlando: «È di Fairy Tail! Prendetela prima che possa far male alle Principessa!»
Un gruppo di  guardie si lanciò contro l'immagine realistica di una Priscilla che in realtà ancora si trovava alle spalle della Principessa, ma un colpo di vento li sbalzò tutti via. Hisui si sollevò, pronta a dire qualcosa, allarmata, ma si sentì afferrare da una forza invisibile. Una mano sulla bocca e una forza misteriosa la paralizzò.
«Assecondami solo per un istante, voglio solo parlare. Non ti farò del male» le sussurrò una voce femminile vicino all'orecchio, benché non vedesse ancora nessuno. Spostò lo sguardo su Darton, chiedendosi per quale motivo nessuno di loro reagisse di fronte al fatto che lei avesse palesemente bisogno di aiuto. Ma con sua grande sorpresa, nessuno di loro sembrò notarla.
«Non possono vederti» sussurrò ancora la voce al suo orecchio e volando si spostò dalla sua poltrona a un angolo, lontano da soldati e Darton. Eppure, nonostante lei si trovasse lì, bloccata da quella che sembrava un fantasma, la sua immagine continuava a restare seduta su quella poltrona e guardava l'intrusa con lo sguardo terrorizzato. Un illusione in cui lei era lì e l'intrusa era alla finestra e non alle sue spalle. L'immagine di Priscilla volò contro quella di Hisui, facendosi largo tra gli attacchi delle guardie a colpi di vento, infine la raggiunse e l'afferrò. Volò via, trascinandosi con sé l'immagine della Principessa che teneva serrata e con una mano sopra la bocca, così da giustificare il suo silenzio. Infine volò di nuovo dalla finestra, portandosi via quella che era un ostaggio. Le guardie si affacciarono terrorizzate, mentre Darton urlava nel corridoio per avere rinforzi.
«Hanno preso la principessa! Presto!» urlò.
«Dovremmo avvertire il Re?» azzardò uno dei soldati ma Darton lo ammutolì con un: «No! Risolviamo questa faccenda tra noi! Cercatela e portatela qui, immediatamente!»
«Si è infilata in una finestra del sesto piano! Cercate di intercettarla!» gridarono altri soldati e non attesero molto per partire alla carica, seguiti da Darton che corse verso le sue stanze per organizzare un piano di salvataggio.
«Come speravo e immaginavo, se si venisse a sapere che si è fatto fregare la Principessa da sotto al naso passerebbe dei guai lui prima di tutti, perciò non fermerà i Giochi e terrà tutto nascosto» disse Priscilla con sollievo ridando sia a lei che a Hisui la propria immagine. La stanza ormai era svuotata dei soldati, corsi a cercare un’illusione creata a regola d’arte, ignari del fatto che la vera Principessa e il suo aggressore non si erano mai mossi di lì. Il Mirage le dava grandi possibilità di manovra e inventiva, era sicuramente la magia che più apprezzava, non avrebbe mai smesso di essere grata a Mistgun per avergliela insegnata. Chiuse la porta con l'aiuto del vento, così da restare nascosta, poggiò i piedi per terra ma non lasciò andare Hisui. 
«Adesso ti lascerò andare» disse infine alla Principessa. «Ma ti avverto, l'aria è sotto al mio totale controllo, se provi a scappare ti riprendo. Se provi a urlare posso privarti dell'ossigeno necessario a respirare. Perciò non fare niente di sciocco. D'accordo?» Hisui, stranamente poco spaventata, annuì semplicemente e Priscilla mantenne la parola data, liberandola.
«Che diamine era quello?» mormorò Hisui, guardando la finestra da dove aveva visto volare entrambe. 
«Un Miraggio. Una chicca che ho imparato anni fa e continua a essere utilissima. Solo un’illusione, se ne accorgeranno presto» rispose Priscilla. «Volevo parlare con te, solo con te senza impicci in mezzo, avevo bisogno di un escamotage».
«Potevi semplicemente chiedermi di mandarli via» disse Hisui.
«Non sono sicura avesse funzionato... siamo dalla stessa parte?» chiese Priscilla, lanciandole uno sguardo provocatorio. Tutto girava intorno a quella domanda, capire chi fosse la principessa e che ruolo avesse in tutto quello.
«Ti stupiresti della risposta» rispose Hisui e Priscilla sghignazzò, confessando: «Ti stupiresti nel scoprire che non mi stupirei».
Un urlo di gioia provenne dalla Lacryma Vision ed entrambe spostarono lo sguardo, curiose e attratte, allo schermo che in quel momento mostrava un Gajeel vittorioso su Rogue e un punto venne aggiunto a quelli di Fairy Tail. 
«È davvero stupefacente quello che sta succedendo» commentò Hisui, corrucciandosi e ripensando alla profezia che le era stata rivelata. Un risultato stupefacente ai Grandi Giochi della Magia avrebbe testimoniato che il terribile futuro predetto, con i diecimila draghi, poteva essere realtà.
«No, non lo è» sorrise Priscilla, piena di fiducia verso i suoi compagni. «Ma probabilmente pensavate che fossimo persone più deboli, quando avete deciso di intrappolarci nei vostri sotterranei e minacciarci. Credevate davvero di averci in pugno? Leggo nei tuoi occhi l'ignoranza che porti nei confronti della nostra gilda, tu non ci conosci realmente».
«Stai cercando di spaventarmi?» chiese Hisui e Priscilla ridacchiò, confessando: «Forse un po'. Ma se avessi la totale convinzione che tu fossi un nemico allora ti avrei già conciata per le feste, piuttosto che chiederti un semplice colloquio».
«Che colloquio? Cosa vuoi dirmi?» chiese Hisui.
«Sei stata tu ad aprire il pavimento delle prigioni e intrappolare i miei amici lì sotto. L'hai fatto nel momento più opportuno, sapendo che lì sotto avrebbero trovato la morte. È ovvio che ci osservavi, eppure nonostante tu abbia visto che io invece ero rimasta lassù non hai aperto nemmeno quando sono stata io stessa a chiederlo. Mi hai mandato contro qualche soldato da quattro soldi, per una come te che guarda tanto attentamente i Giochi credo fosse abbastanza ovvio che non mi avrebbero torto nemmeno un capello. Non capisco il motivo dietro a tutto questo, ma l'ho trovato particolarmente strano» disse Priscilla.
«Ho solo pensato che qualcuno doveva pur tirarli fuori da lì» mormorò Hisui, camminando verso la finestra e lanciando uno sguardo fuori. 
«Allora catturarci non era nelle tue reali intenzioni, avevo ragione» osservò Priscilla. «Sei stata nell'ombra fino ad ora. Qual è il tuo ruolo, Principessa?»
«Non potevo andare direttamente contro il Ministro della Difesa, non potevo creare troppo caos... non prima di aver compreso».
«Compreso che cosa?»
«Se quello che diceva quella persona era la verità. Ho simpatia e fiducia verso la tua gilda, ho visto la vostra forza durante questi giochi per questo ho...» un attimo di esitazione, prima di riuscire a confessare. «Arcadios si trovava lì sotto. Il progetto Eclipse non può essere realizzato senza di lui. Ho bisogno del suo sostegno».
«Il capitano...» mormorò Priscilla cominciando a capire. «Perciò tutto questo è solo uno spiacevole equivoco? Siamo tutti dalla stessa parte».
«Circostanze. Ma non è ancora finita. Ho avuto una premonizione...»
«Ha detto anche a te dei diecimila draghi, dunque?» mormorò Priscilla, cominciando a mettere a posto ogni tassello.
«Hai incontrato anche tu quella persona? La persona che dice di essere venuta dal futuro!» esclamò Hisui, sorpresa, e Priscilla annuì. 
«Ma se sapete di domani perché vi accanite ancora con Eclipse? Non mi sembra il momento di pensare a Zeref quando un'orda di draghi può distruggere la città» disse Priscilla.
«Eclipse può essere usato in un altro modo. La magia accumulata in questi sette anni è immensa, può essere tramutata in un cannone magico e può essere in grado distruggere anche diecimila draghi» disse Hisui, avvicinandosi nuovamente alla sua poltrona. Si sedette e tornò a guardare la Lacryma Vision, interessata ai Giochi. 
«Dici sul serio? Allora è fatta! Possiamo vincere!» esclamò Priscilla.
«Non ho intenzione di attivarlo» disse Hisui, risoluta.
«Cosa?» impallidì Priscilla e la principessa spiegò: «Una volta usato ci vorranno anni per mettere di nuovo da parte l'energia necessaria a portare a termine il piano principale, quello contro Zeref. Perciò non ho intenzione di sprecarla e usarla indiscriminatamente. A meno che... il futuro che quella persona ha predetto non sia vero».
«Dubiti di lei?» chiese Priscilla.
«Non la conosco, devo avere la certezza».
«Io sì! Non c'è persona al mondo di cui ci si possa fidare maggiormente, sicuro! Dobbiamo usare quel cannone e fermare i draghi!»
«Lo faremo... ma aspetteremo la fine dei Giochi».
«Eh?» mormorò Priscilla, confusa.
«Quella persona mi ha detto che questi Giochi si concluderanno in maniera incredibile e inaspettata, un risultato che nessuno avrebbe mai potuto predire. Se questo sarà vero, allora saprò che anche i draghi sono veri e allora useremo Eclipse».
«Che sciocchezza» mormorò Priscilla, contrariata dalla sua mancanza di fiducia verso Lucy.
«Tanto i draghi non appariranno prima di domani. Possiamo aspettare e vedere» disse Hisui, tornando a guardare i Giochi. Dalla finestra comparve nuovamente l'immagine proiettata dal Mirage di entrambe, che facevano ritorno, e una volta messo piede all'interno della stanza svanirono.
«Sicuramente qualcuno l'avrà visto e tornerà qua» disse Priscilla, volando al fianco della principessa e mettendosi a sedere per aria, fissando la Lacryma. «Dì loro che abbiamo trovato un accordo e io resterò qua. E digli di smettere di dar la caccia ai miei amici» ordinò.
«Parlerò con Darton e lo convincerò a lasciarli andare. Mi spiace aver dato tutti questi problemi alla tua gilda, ma non avevo molta scelta. Non sono io che decido, talvolta» mormorò lei, sconsolata. 
«È per questo che hai chiesto il nostro aiuto, no?» sorrise Priscilla. «Anche se non esplicitamente, avevi bisogno dell'intervento di Fairy Tail. Non deluderemo le tue aspettative. Non lo facciamo mai con nessuno dei nostri clienti» sorrise di una sicurezza che mai avrebbe vacillato. 

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Capitolo 58
*** Sette draghi ***


Sette draghi




Era ormai sera, i combattimenti si erano dilungati tanto che la luna aveva avuto tempo di prendere il posto del sole. Sotto un cielo stellato, i cinque membri del team di Fairy Tail l'uno accanto all'altro fissavano l'ultimo avversario rimasto. Sting, che aveva fatto brillare il suo simbolo nel cielo con la chiara intenzione di essere trovato, vaneggiava di una vittoria che si sarebbe preso da solo. Nove punti di differenza tra le loro squadre, se fosse riuscito a sconfiggerli tutti avrebbe portato la propria gilda al primo posto ma non sembrava essere veramente quello il suo intento. Lo sguardo non era quello di chi lottava per i propri compagni, ma sembrava essere più il bisogno di una personale vendetta, un accecante bisogno di rivalsa. Niente che avrebbe potuto intimorire nessuno dei cinque membri, sicuri della loro forza non come umani ma come compagni, invincibili nella potenza dei loro sentimenti. Nonostante i loro corpi fossero tanto distrutti che a malapena si reggevano in piedi, le loro anime si ersero verso il cielo come imponenti giganti. E Sting tremò.
«Non... posso farlo...» sibilò, cadendo in ginocchio di fronte a loro. «Questa è la mia sconfitta» pianse e più riuscì ad alzare la testa di fronte a degli avversari che erano stati in grado di sconfiggerlo nel cuore prima che nel corpo. 
«Tutto come previsto» sorrise Priscilla, seduta a fianco della principessa Hisui che guardava con sorpresa la Lacryma Vision.
Il tabellone segnò l'ultimo punto... e con un punteggio di sessantaquattro Fairy Tail mise fine al torneo, guardando dall'alto della loro vetta tutte le gilde che avevano superato con orgoglio e potenza. L'ultima gilda di Fiore era finalmente tornata a brillare.
«Ecco a voi i campioni dei Grandi Giochi della Magia di quest'anno: Fairy Tail!» urlò Chapati con emozione e commozione. Fuochi d'artificio nacquero dalle torrette e fecero brillare il cielo, urla di gioia e di emozione, chiunque dal pubblico non riuscì a risparmiare la propria euforia. Persino le squadre nemiche, nella loro sconfitta, sorrisero con un certo orgoglio per essersela vista con una gilda dalle capacità come quelle. 
«Allora» sospirò Priscilla, senza riuscire a nascondere un sorriso orgoglioso e soddisfatto. «L'abbiamo sorpresa abbastanza, Principessa?» 
Hisui si alzò di scatto dalla sua poltrona regale, lo sguardo serio e corrucciato. 
«Darton, prepara i tuoi uomini. Prendi il mio soprabito» ordinò, decretando così con quelle singole parole la sua decisione: Eclipse sarebbe stata aperta, il suo potere sarebbe stato usato contro la calamità che, ora ne era certa, si sarebbe abbattuto su di loro poche ore più tardi. 
«Priscilla-san... vieni con noi» disse infine, coprendosi le spalle con il mantello sfarzoso che Darton le porse. 
«I miei amici non sono ancora usciti dal castello» disse Priscilla, camminando dietro di lei. Un'accusa, una richiesta velata: non desiderava altro che la loro incolumità.
«La voce si sta spargendo rapidamente all'interno del castello, spero arrivi presto anche ai lupi famelici e al resto della truppa. Li lasceranno andare appena possibile» disse Hisui camminando rapidamente lungo le scale che portavano all'enorme cortile dove era conservato il portone di Eclipse. 
«Spero non è una parola che apprezzo molto» confessò Priscilla, preoccupata per i suoi amici. Raggiunsero in silenzio Eclipse, davanti al quale si fermarono per contemplarlo e prepararsi all'uso. 
«Diecimila draghi attaccheranno veramente questo paese» mormorò Priscilla, guardando il portale con un certo rispetto. «Avrei voluto parlarne prima con i miei compagni. Spero che non gli succeda niente».
«Useremo Eclipse contro l'orda di draghi, salveremo questo paese e i tuoi amici, Priscilla-san. Hai la mia parola» disse Hisui con determinazione.
«Apprezzo il vostro buon cuore e la vostra determinazione. Mi solleva sapere di non avere più l'impero contro, sarebbe stata una bella scocciatura» ridacchiò come una bambina innocente di fronte a un divertente accaduto. 
«Principessa!» la voce di un uomo provenne dalle loro spalle e portò tutti a voltarsi, scoprendo così l'arrivo di Arcadios, vestito di una sontuosa armatura bianca.
«Arcadios-sama! Sei disarmato!» esclamò Hisui, guardandolo con preoccupazione.
«Comandante...» si fece avanti Darton. «Riguardo quell'incidente dei sotterranei è stato un mio errore di valutazione».
«Per quanto mi riguarda è acqua passata. Le persone qui riunite sono tutte al corrente della versione di Eclipse due?» chiese Arcadios. 
«Sì, in questo momento chi ancora non ne è al corrente verrà informato molto presto» rispose Hisui.
«I miei amici? Come stanno i miei amici?» chiese Priscilla, facendo un passo avanti.
«Sono usciti dai sotterranei, sono tutti interi. Abbiamo incrociato la persona che dice di essere venuta dal futuro, ha informato anche loro di ciò che sta per accadere» disse Arcadios e proprio mentre terminava si avvicinò a Hisui.
«Il futuro predetto da quella persona si sta avverando, da questo momento porteremo avanti il piano di Eclipse due» mormorò lei, determinata in volto.
«Perciò annulleremo la prima fase? Non lo useremo per annientare Lord Zeref?» chiese Arcadios e Hisui confermò: «No. Dobbiamo prima occuparci della minaccia che abbiamo di fronte».
Arcadios non disse neanche una parola, ma in un breve istante afferrò l'elsa della spada che portava al suo fianco e la sguainò. 
«Come osi?» ruggì d'istinto Darton mentre Priscilla, mossa dallo stesso istinto, fece un passo in avanti verso di loro, pronta a intervenire. Ma non ce ne fu bisogno. Arcadios volse la spada verso se stesso e mise l'elsa nelle mani di Hisui, puntandola su di lui. 
«Un cavaliere non dovrebbe mai dubitare delle parole del suo sovrano. Quando le vostre parole si avvereranno, mi toglierò la vita» decretò lui.
«Eh?» sillabò Priscilla con voce nasale, guardando sconvolta la scena.
«I sospetti che avevo circa le vostre motivazioni ci hanno recato molta vergogna, sono pronto a pagare la mia trasgressione... con la vita» disse ancora Arcadios, di fronte a un Hisui paralizzata per la sorpresa. 
«Sei impazzito?» chiese Darton, un po' meno pacato.
«Principessa, vi prego, siate sincera con me» insisté Arcadios.
«Arcadios-sama, che significa tutto questo?» chiese Hisui, sempre più confusa. 
«La persona che viene dal futuro che abbiamo incontrato non sapeva niente di Eclipse due. Non può essere stata lei a parlarvene. Ha pianto pensando all'imminente catastrofe, perché non sapeva come porre rimedio alla situazione» spiegò Arcadios.
«Lucy...» mormorò Priscilla, cominciando ad essere invasa da qualche domanda. «Un attimo! Eclipse due non era un vostro piano?» chiese.
«No, mi è stato suggerito dalla persona che mi ha detto dei draghi. Lui era certo del modo in cui affrontarli» disse Hisui e quelle parole, benché contrastanti con quello che diceva Arcadios permise comunque di cominciare a capire.
«Lui?» chiese Arcadios, sbarrando gli occhi.
«Lucy è una donna» storse il naso, Priscilla. 
«Lucy? Di chi parlate?» chiese Hisui. «La persona che ha viaggiato nel tempo e mi ha dato quel consiglio era un uomo, non una donna».
«Un uomo?» chiese Priscilla, sorpresa.
«Qualcun altro è venuto indietro dal futuro?» si interrogò Arcadios. 
«Perciò sono due le persone del futuro...» mormorò Priscilla, cominciando a capire.
«Non mi sorprenderebbe se ce ne fossero anche tre o quattro» disse Hisui con sicurezza. «Vista la gravità della situazione è normale pensare che in molti abbiano pensato di tornare indietro per evitarlo e salvarci».
«Ha senso» mormorò Priscilla, voltando lo sguardo a Eclipse. «Ma chi ce lo assicura?» aggiunse poi, sovrappensiero. Non sapendo nemmeno di chi si trattasse, come avrebbe potuto dire con sicurezza che era venuto per salvarli?
«Se davvero siete un cavaliere allora dovreste puntare la spada dove occorre. Sto per aprire le porte» disse Hisui, passando nuovamente l'arma ad Arcadios. 
«Non dovremmo aspettare di vedere comparire i draghi, almeno?» chiese Priscilla, dubbiosa, lanciando uno sguardo al cielo. La luna aveva cominciato già da un po' a coprirsi di una luce rossastra, la luce dell'eclissi del sette luglio che avrebbe dato alla porta le condizioni necessarie a sfoderare la sua potenza e liberare così tutta l'energia accumulata in quegli anni.
«Eclipse ha bisogno di caricarsi prima di poter sparare, dobbiamo prepararci prima» disse camminando di fronte alla porta. Si voltò infine e alzò una mano, gridando all'intero esercito che si trovava lì: «In risposta all'imminente attacco dei draghi diamo inizio alla procedura di azionamento del cannone Eclipse. Ora!» ordinò. La porta venne attivata, dodici pilastri circolari che bloccavano la chiusura della porta si ritrassero lentamente, uno alla volta. 
Il rumore era come quello di un enorme orologio che dava indicazione del tempo che rimaneva loro prima di una battaglia dalle proporzioni gigantesche.
«Ancora nessun avvistamento dei draghi dall'osservatorio ovest!» annunciò uno dei soldati, mentre la porta lentamente veniva sbloccata.
«Nemmeno dall'osservatorio est!» aggiunse un secondo, appena ricevuta la notizia.
«Come procede l'evacuazione dei cittadini?» si informò Darton.
«Tutto sotto controllo, i soldati li stanno mobilitando rapidamente» rispose un altro dei soldati.
"Oggi doveva essere un giorno di festa" pensò Priscilla, continuando a guardare i pilastri che uno alla volta venivano sbloccati. "Avremmo festeggiato fino al mattino. Anzi, no, per giorni interi. Doveva essere un giorno di grande gioia" sospirò, cercando di placare i battiti del suo cuore.
"Ho davvero una brutta sensazione".
«Prego che riusciamo ad eliminarli tutti con un colpo» sospirò Hisui. «Ci vorranno anni per ammassare ancora una tale quantità di energia».
Priscilla alzò la testa per prima e la voltò a dei cespugli, alla loro destra, cosa che fece subito dopo anche Arcadios. Non c’era bisogno di avere un grande istinto per riuscire a percepire il movimento di foglie che indicava la presenza di qualcuno.
«Non c'è bisogno che vi nascondiate» disse il cavaliere a nessuno, apparentemente. «Mostratevi».
Happy e Lily saltarono fuori per prima, a pugnetti stretti.
«Non abbiamo fatto niente di male!» esclamò Happy, agitandosi nervoso.
«Liberate subito Priscilla!» disse Lily, prendendo tra le mani la piccola spada che si era conquistato tempo addietro. Una spada in grado di cambiare le proprie dimensioni, era quello che faceva al caso suo.
«Liberate?» mormorò Priscilla, prima di farsi sfuggire un sorriso divertito.
"Credono mi abbiano catturato" capì l'equivoco e la cosa in parte la divertì.
Anche Charle, Lucy e Wendy uscirono da dietro i cespugli, mostrandosi turbate in parte, anche se confuse.
«Fairy Tail?» chiese Hisui, riconoscendole.
«Aspettate. Le circostanze sono cambiate» disse Darton, facendo un passo avanti. «Siamo tutti dalla stessa parte, adesso».
«Non mi hanno catturata» ridacchiò Priscilla.
«Sei stata tu a catturare la principessa, in realtà» le disse Darton, fulminandola ancora furioso per quanto accaduto quel pomeriggio e lei ridacchiando si grattò la nuca imbarazzata, rispondendo: «Solo un evento di circostanza, è tutto risolto adesso».
«Vi porgo le mie più umili scuse» disse Hisui, facendosi avanti. «Data la situazione spero mi permetterete di rimandare a un altro momento le scuse formali».
«Charle! La principessa!» sussurrò Wendy, portandosi entrambe le mani al volto emozionato. 
«Ora che ricordo» sorrise ancora Hisui. «Congratulazioni per la vittoria ai Grandi Giochi della magia».
«Ce l'hanno fatta!» esclamò Wendy, felice.
«Evviva!» si unì Happy, saltellando felice. 
«Ragazzi... dov'è Natsu? E la Lucy del futuro?»  chiese Priscilla, avvicinandosi ai suoi compagni. I loro volti si fecero cupi, gli occhi tristi, e solo la freddezza di un ex comandante come lo era Lily riuscì a pronunciare: «È stata uccisa. C'era un altro uomo dal futuro, abbiamo lasciato Natsu che combatteva contro di lui».
«Un uomo dal futuro?!» sussultò Priscilla, attribuendo immediatamente quel nuovo evento allo stesso di cui parlava Hisui. Con ogni probabilità era proprio lui che aveva parlato alla principessa di Eclipse due. Perché allora lo stavano combattendo e aveva ucciso Lucy?
«Quell'uomo ha detto che io avrei interferito con l'apertura delle porte e che quindi il cannone Eclipse non sarebbe stato azionato!» disse Lucy.
«Per questo ha cercato di ucciderti?» chiese Arcadios e Lucy annuì.
«Lo farai? Interferirai con l'apertura?» chiese Hisui, guardandola con preoccupazione e probabilmente già pronta a intervenire per impedirglielo. 
Ma Lucy negò vistosamente ed esclamò, quasi offesa: «Non lo farei mai! Solo non capisco perché vogliate aprire Eclipse prima che i draghi siano comparsi» aggiunse poi.
«È semplice. Il cannone ha bisogno di tempo per caricarsi. Se aspettassimo il loro arrivo, non faremmo in tempo» spiegò Hisui, voltandosi a guardare le porte che ancora lentamente venivano sbloccate.
Wendy fu l'unica a voltarsi verso Priscilla, stranamente silenziosa, e si preoccupò quando la vide col volto rabbuiato che si fissava il simbolo della gilda sul palmo della mano destra.
«Priscilla-nee» mormorò, avvicinandosi a lei.
«Loki l'aveva lasciata a me» mormorò lei, con la voce rotta dal dolore. Non fu difficile capire di chi stesse parlando, anche se Wendy non conosceva quel piccolo dettaglio. La Lucy del futuro aveva detto di aver incrociato Priscilla, prima di arrivare lì, e che le aveva già raccontato ogni cosa. Sicuramente sapere che era morta non l'aveva lasciata indifferente.
«Forse sarei dovuta andare con lei» disse, abbozzando così un senso di colpa di cui si stava caricando come un masso. Come avrebbe dimenticato le sue lacrime, come avrebbe dimenticato la sua mano priva del simbolo di cui non riusciva nemmeno a pronunciare a voce alta il motivo della sua scomparsa? Priscila era rimasta con la principessa, credendo di tenerla d'occhio, credendo che così avrebbe potuto avere controllo su Eclipse e su quanto stesse accadendo, ma così facendo l'aveva lasciata sola... aveva lasciato sola una sua amica e ora veniva a scoprire che era morta. Come poteva non pensare che fosse stata colpa sua? Strinse le dita intorno al proprio simbolo, con rabbia e dolore.
«Non credo sarebbe andata diversamente» disse Charle, avvicinandosi alle due. «La Lucy del futuro si è sacrificata per salvare la nostra Lucy. Nemmeno Natsu è stato abbastanza veloce da fermarla, non credo che se fossi stata con noi avresti potuto salvarla. Non hai sbagliato» e se a dirlo era proprio lei, che non perdeva mai occasione per prendersela con Priscilla per una sorta di rivalità che mai aveva avuto ragione di esistere, allora non poteva non crederle. Anche se il dolore della perdita non diminuì, riuscì almeno a sentirsi in parte sollevata.
«Grazie, Charle» disse, rilassando le spalle. 
«Principessa» avanzò Lucy, guardando severa la porta di Eclipse. «Quella cosa è davvero in grado di sconfiggere tutti i draghi?» chiese, preoccupata.
«Non lo so. Ma mentre parliamo sua maestà il Re starà facendo tutti i preparativi nel caso la situazione volga al peggio» rispose Hisui.
«Quali preparazioni?» chiese Happy.
«Chiederemo aiuto e sostegno da parte di tutti i maghi che hanno partecipato ai Grandi Giochi. Sono gli unici che possono aiutarci» spiegò Hisui.
«Tutti i maghi?» chiese Priscilla, riuscendo a percepire la portata di un tale esercito.
«Ce ne sono davvero tanti con un grande potere, se contiamo anche i Master» disse Wendy, sollevata all'idea di avere dalla loro una simile potenza.
«Sì, ma abbiamo già avuto modo di scontrarci contro Acnologia e non è andata molto bene. Se sono tutti come lui...» disse Priscilla senza avere la forza di terminare la frase. 
«Non abbiamo altra scelta se non fidarci della nostra forza e delle nostre armi» disse Lily.
«Sono sicura che se lotteremo tutti insieme possiamo avere una possibilità. Vero, Charle?» chiese Wendy, stringendo i pugni con determinazione. Priscilla le posò una mano sulla testa, una carezza, un gesto affettuoso e solidale.
«Ben detto, Wendy-chan» disse, carica di una nuova forza. «Non permetterò che nessun'altro muoia» si corrucciò e Wendy si sentì ancora più carica da quelle parole. Se Priscilla faceva sul serio, se Priscilla lottava con tutte le sue forze, non c'era niente che non potesse fare. Aveva piena fiducia in quella che ormai da tempo si era abituata a chiamare sorellona. 
E infine, davanti ai loro occhi decisi e pronti, le porte di Eclipse finalmente si aprirono. Aria uscì dal suo interno, soffi di vento dall'odore intenso, di antico e potente. L'energia magica che sprigionava era possibile percepirla sulla pelle, faceva venire i brividi. La luce abbagliante che proveniva dall'interno era come un faro di speranza per chi tremava all'idea di ciò che sarebbe accaduto da lì a poco.
"Speriamo serva davvero a qualcosa" pensò Priscilla, sentendo ancora la preoccupazione martellarle nel petto. Quella brutta, orrenda, sensazione che qualcosa sarebbe andato storto. 
«No...» il sussurro di Lucy, mentre lentamente si avvicinava all'ingresso della porta.
«Lucy-san?» chiese Wendy e non solo lei si tese, come una corda di violino. 
«Questa porta... deve restare chiusa! Dovete chiuderla!» disse, quasi urlò, stringendo i pugni. «Non permettete che si apra completamente! Chiudetele!»
«Lucy-san?» chiese ancora Wendy, impallidendo. Il futuro che l'uomo aveva predetto, una Lucy che avrebbe impedito alle porte di aprirsi, di usare il cannone... si stava avverando. Nonostante la sua promessa a non interferire, ora Lucy urlava e supplicava di chiudere immediatamente quelle porte.
Priscilla scattò, senza esitazione, correndo verso l'apertura della porta. La sensazione nel suo petto non si era ancora fermata e le parole di Lucy erano come una conferma a ciò che sentiva, ai suoi timori. Non aveva idea del motivo di quella richiesta, non sapeva cosa sarebbe potuto accadere, ma aveva imparato a fidarsi ciecamente dei suoi amici e non avrebbe smesso proprio in un momento come quello. Se Lucy chiedeva di chiudere le porte, allora andava fatto.
«Fermatela immediatamente!» urlò Arcadios, mentre altri soldati erano già intervenuti a bloccare Lucy nonostante si stesse dimenando. Priscilla scaraventò via chi gli si parò di fronte e fermandosi davanti all'enorme portone puntò a lui entrambi i palmi delle mani. Il vento prese a soffiare con rabbia e una potenza che avrebbe potuto sradicare città intere, spingendo i due portoni con il chiaro intento di richiuderlo. Senza successo. 
Non era questione di forza, ma questione di magia, e anche se Priscilla vantava di essere una delle maghe con più quantità magica posseduta, essendone lei stessa composta, non era abbastanza da sovrastare la magia di tutti i maghi di Fiore accumulata per sette lunghi anni. L'aria cambiò improvvisamente la sua consistenza, un odore, una vibrazione, poi un ruggito tanto potente da essere sentito a distanza di chilometri. Un soffio di vento proveniente dal suo interno, come il respiro putrefatto di chi aveva masticato morte per secoli, colpì Priscilla e nonostante il vento fosse il suo elemento  fu abbastanza da vincerla e scaraventarla via. 
«Ma che succede?» chiese Charle, aggrappandosi a Wendy per non essere lanciata via. 
«Dovete chiuderla! Chiudetela! Non capite? Quella porta non è un cannone, è collegata a quattrocento anni nel passato!» gridò ancora Lucy, ma le sue parole non ebbero tempo di finire di essere pronunciate che la verità si palesò davanti ai loro occhi. Un mostro, un enorme creatura, un drago in carne e ossa poggiò la possente zampa fuori dalla porta e uscì camminando con fierezza nel cortile del palazzo. Ruggì ancora, sotto lo sguardo attonito e sconvolto dei presenti, e ancora si fece avanti poggiando con un altro passo la zampa a pochi centimetri da Priscilla, quasi schiacciandola.
«Priscilla-nee!» provò a chiamarla inutilmente Wendy, mentre lei paralizzata guardava il mostro che aveva sopra di sé tremando dal terrore. Solo con la forza del proprio ruggito l'intero cortile venne ridotto in macerie e i presenti lanciati lontani, spinti dall'urto della sua voce. Alzò la zampa per aria e la riposò a terra con foga, aprendo con solo quel gesto un cratere che per chilometri divise la città a metà.
E dietro di lui altri si fecero avanti, entrando uno dopo l'altro in quello stesso cortile per poi prendere ognuno una direzione diversa e alzarsi in volo. Wendy si sollevò delle macerie e guardò pallida l'esercito di draghi che lentamente entrava dalla porta che loro stesse avevano aperto. Uno di questi si fece pericolosamente vicino, anche se non sembrò notarla l'avrebbe schiacciata con una zampa se Priscilla non fosse volata da lei e l'avesse presa appena in tempo.
«Wendy!» la chiamò, prendendola in braccio e volando via evitando di essere calpestate. Atterrò poco distante e rimise la bimba a terra, guardando i draghi che uno alla volta entravano, distruggevano e spiccavano il volo pronti a distruggere l'intera città.
«Priscilla-nee...» balbettò Wendy, terrorizzata.
«Dobbiamo fermarli» mormorò Priscilla, prima di alzarsi e cercare Lucy nel caos di quanto stesse accadendo. «Lucy! Dobbiamo chiudere le porte!» le urlò, prima di riprendere a correre verso di esse.
«Priscilla!» la richiamò inutilmente Charle, preoccupata per lei. 
Lucy ebbe la stessa prontezza di spirito e si voltò rapida verso la principessa Hisui, paralizzata di fronte a quel terrificante spettacolo. La prese per le spalle e non si preoccupò dei convenevoli, quando le urlò: «Come si chiudono le porte?»
Ma Hisui non ebbe nemmeno la forza di ascoltarla, tremava e mugolava dalla paura e dallo shock.
«Principessa! Torna in te! Dimmi come si chiudono!» insisté Lucy, mentre alle sue spalle Priscilla, schivando le zampe di quei mostri era tornata a posizionarsi davanti a loro. Urlò, urlò con tutta la forza che aveva, e il vento scese dal cielo su di lei con una tale potenza che era possibile sentirlo ruggire e rombare nei suoi turbini perfino dalla periferia. 
«Non andrete oltre!» ringhiò, lanciando nuovamente contro le porte il proprio potere ma questa volta non per richiudere le porte ma per impedire ai draghi di entrare ancora piazzando davanti a loro un muro d’aria e vento. Un ruggito provenne dal suo interno e il muro di Priscilla venne sfondato senza difficoltà, permettendo a un altro drago di entrare a Crocus. Priscilla, scaraventata nuovamente indietro dalla potenza di quei ruggiti, piantò i piedi a terra per riuscire a frenarsi dalla caduta e rialzarsi dal capitombolo. Nuovamente corse di fronte alle porte, ostinata, ripetendo ancora una volta l'attacco. 
«Principessa! Torna in te!» urlò Lucy, dietro di lei, continuando a scuotere Hisui nel tentativo di farla riprendere. 
«Lì...» balbettò Hisui. «Su quel piedistallo» riuscì finalmente a dire e Lucy cominciò a correre verso di esso, dove era possibile vederci un’ampia leva. Sicuramente la loro salvezza.
Altro vento si frappose tra i draghi e il cortile e colui che stava tentando di uscire in quel momento ebbe addirittura dell'esitazione. Non tanto intimorito da colei che manco notava, considerandola niente più che un insetto da schiacciare, ma perché quel vento magico fu in grado di farlo indietreggiare con la sua forza di qualche centimetro. Sbatté un piede a terra, infastidito, e ruggì contrariato e furioso da quella piccola ma irritante interruzione. Bastò quello, Priscilla venne nuovamente lanciata indietro, il muro disintegrato e persino Lucy roteò all'indietro allontanandosi dalla leva che avrebbe dovuto tirare. 
«Lucy!» chiamò Priscilla, rialzandosi nuovamente. «Sbrigati!» disse e un potente soffio di vento raccolse la bionda da terra e la scaraventò nuovamente davanti, verso la leva che finalmente riuscì ad afferrare. 
«Priscilla-nee!» chiamò Wendy, vedendola poi nuovamente correre di fronte alla porta e provare ancora a fermarli.
«Wendy!» chiamò Priscilla. «Aiutami!»
«Ok!» disse la bambina, senza neanche esitare e corse al fianco di Priscilla. Entrambe presero nuovamente posizione e usarono la propria magia del vento e del cielo per bloccare il cammino ai draghi, mentre Lucy appesa alla leva la tirava con tutte le sue forze, senza riuscire però a smuoverla. Ancora una volta lo stesso drago, benché fosse sembrato respinto indietro per pochi centimetri, semplicemente ruggì e batté a terra le zampe per rimandare indietro le due maghe del vento.
«È tutto inutile!» esclamò Lily, ora vicino alle due.
«Ma che sta succedendo?» gridò Charle, cercando di ripararsi come poteva. «Come ha fatto Lucy a capire quello che stava accadendo?»
«Non sono stata io» rispose Lucy, ancora impegnata a tirare la leva. «Ho fatto fare delle ricerche al vecchio Kru, ha finito giusto un attimo fa. Questa porta ha un meccanismo che collega la magia degli Spiriti Stellari con quello dei libri di Zeref. In origine questa porta serviva a controllare il tempo e spostarsi in esso, ma ora a causa della luna piena e dell'eclissi, la magia contenuta al suo interno sta uscendo all'impazzata. La porta si è connessa a quattrocento anni fa, quando i draghi ancora vagavano su questa terra, per questo stanno uscendo da qui!»
«I draghi stanno ancora uscendo!» esclamò terrorizzato uno dei soldati e Priscilla, al suo grido, scattò nuovamente e allungò di nuovo una mano verso la porta, pronta a tentare ancora per cercare di guadagnare tempo.
Ma non appena il vento controllato dalla maga si scagliò si suoi nemici, cessò improvvisamente e Priscilla cadde a terra, in ginocchio.
«Priscilla-nee!» chiamò Wendy, preoccupata.
«Stai usando troppa magia!» l'ammonì Charle, capendo l'origine del suo cedimento.
«Merda» gracchiò Priscilla, prendendo profonde boccate d'aria mentre il sudore le colava giù dalla fronte. "È tutto il giorno che uso Mirage e Aerial Perception, ero già affaticata ben prima di cominciare" rifletté sentendo i muscoli tremare per la fatica.
«Lucy!» chiamò, guardando con disperazione l'amica che ancora tirava la leva con tutta la forza che aveva, inutilmente.
«Perché non si chiude?!» ruggì Lucy, allo stremo delle forze senza riuscire ad avere il controllo di quella porta. Ancora un ruggito e anche Lucy venne nuovamente scaraventata indietro dall'onda d'urto. Rotolò tra le rocce, ma si rialzò e di nuovo corse verso la manopola. Priscilla serrò pugni e denti, prima di rialzarsi e tornare a correre verso i draghi.
«Priscilla-nee!» chiamò Wendy, terrorizzata all'idea di cosa avrebbe potuto fare.
«Lo costringerò a combattermi! Se resta fermo sulla porta, impegnato, gli altri dietro di lui non potranno passare. Prendo un po' di tempo!» disse saltando e spiccando il volo.
«Ferma, pazza!» gridò Charle.
«Ti farà a pezzi!» provò a chiamarla Lily, altrettanto sconvolto. Ma nessuno dei due venne ascoltato e Priscilla con un urlo si lanciò contro il muso dell'ennesimo drago, caricando il proprio pugno di vento circolante. Sparò avanti il colpo e il vento si allungò, fino a raggiungere il muso del drago, senza nemmeno scalfirlo. Il drago si mosse di lato e con un semplice colpo di muso colpì Priscilla, scaraventandola via come un moscerino fastidioso. Priscilla roteò per un po' per aria, apparentemente priva di coscienza, ma poi si bloccò a mezz'aria e tornò a fissare il suo nemico. Ricoperta di ferite da capo a piedi, tremante, si teneva lo stomaco colpito mentre un rivolo di sangue le usciva dalle labbra. 
«Fermo... fermo dove sei!» gridò, tornando nuovamente all'attacco. Alzò la mano al cielo mentre volava verso di lui e ancora il vento di accumulò intorno al suo braccio e si estese per almeno una decina di metri. Condensandosi, mischiandosi al ghiaccio proveniente dal lato sinistro del suo corpo, prese infine la forma di una mano gigante che lanciò in avanti, verso il nemico.
«Master's Hand!» gridò, mentre la mano di vento chiusa a pugno cadeva sulla testa del drago. Lo colpì e sorprendentemente il drago ciondolò appena con la testa, tramortito per il colpo.
«L'ha preso!» esultò Wendy.
«Ci è riuscita davvero» mormorò Charle, sconvolta dalla forza che Priscilla dimostrava ogni volta. L'effetto del colpo durò solo qualche istante, non ci volle molto al drago per tornare perfettamente in piedi e senza nemmeno un graffio.
«Ho promesso...» ansimò Priscilla, in volo davanti a lui, tenendosi un fianco ferito. «Ho promesso a Primo che mi sarei occupata di loro. Sono il suo asso nella manica, hai capito?!» gridò verso il cielo e ancora un tornado scese al suo richiamo e l'avvolse al suo interno, sprigionando una potenza che costrinse parte dei soldati ad aggrapparsi a qualcosa per non essere lanciati via. Il vento si condensò in un singolo punto, proprio intorno a Priscilla, e si raffreddò sotto al potere che Leon aveva concesso alla sua parte sinistra. Non solo una mano, ma lentamente il vento si divise alla base, si allungò alle estremità, e infine prese la forma di un vero e proprio essere umano gigantesco formato solo di vento e ghiaccio. Al suo interno, Priscilla era proprio laddove sarebbe dovuto esserci un cuore e allungò in avanti le mani, sporgendosi verso il drago. La sagoma di vento fece altrettanto, imitando i suoi movimenti, e poggiò entrambe le mani sulle spalle del drago. Non seppero se a urlare fosse più Priscilla al suo interno, il drago contrariato per quella forza che in qualche modo riusciva a tenergli testa, o il rombo del vento che formava l'enorme uomo magico di Priscilla. 
«Master's Heart!» gridò lei e l'uomo di vento piantando l'enorme piede dietro di sé, le mani sulle spalle del drago avversario, cominciò a spingerlo indietro. 
Una luce brillò alle sue spalle, ma lei non poté vederla, impegnata a usare tutte le forze che le erano rimaste in corpo per spingere indietro il drago. Drago che ruggendo e ringhiando, si ritrovò persino ad indietreggiare sotto quella forza che non avrebbe mai pensato di trovarsi di fronte. Era con metà corpo al centro della porta e ancora indietreggiava, spinto all'interno dall'uomo di vento di Priscilla, quando le voci di Lucy e Yukino risuonarono per tutto il cortile. Avvolte dalla stessa luce accecante che brillava sopra di loro, la luce sprigionata da tutte e dodici le chiavi, si tenevano per mano e recitavano con solennità: «Oh, Spiriti Stellari dei dodici sentieri dateci il potere di sigillare questo male. Apritevi dodici porte dello zodiaco!» la luce intorno a loro splendette ancora maggiormente, mentre una forza magica spingeva e raggiungeva il cielo con tale potenza da far volare i loro vestiti e capelli. Intorno ad entrambe tutti e dodici gli Spiriti dello zodiaco apparvero, evocati tutti insieme, per poi lanciarsi con rapidità contro le due ante dell'enorme porta. Con ancora urla e rabbia, Priscilla aveva spinto al suo interno il drago che aveva di fronte almeno fino al collo e continuò anche quando i dodici spiriti cominciarono a chiudere le due ante. 
«Non sottovalutate... Fairy Tail!» gridò Priscilla in un ultimo sforzo, prima che finalmente l'enorme porta di Eclipse venne chiusa e il drago contro cui aveva combattuto fino a quel momento rispedito indietro, nel suo tempo. L'enorme uomo di vento e ghiaccio che aveva custodito Priscilla nel petto e di cui si era fatto carico della sua forza si dissolse all'istante e la ragazza, senza più nemmeno un briciolo di forza, cadde a terra senza neanche più l'energia di farsi galleggiare come faceva sempre.
«Pricchan!» gridò Lucy, correndo quei pochi metri in avanti verso di lei e si tuffò in avanti a braccia allungate. Atterrò al suolo sotto Priscilla, appena in tempo per permetterle di cadere su di lei e non a terra. Mugolò dolorante quando il peso di Priscilla le colpì la schiena, ma fu un dolore che accettò volentieri, sapendo di aver evitato alla sua amica un duro colpo sulla pietra.
«Lucy» sussurrò Priscilla su di lei, con quel poco di forza che aveva. Neanche riusciva a muoversi per spostarsi e permetterle di alzarsi. Lucy alzò la testa e si voltò per guardarla, felice di sentirla ancora viva. «Le tue enormi tette hanno ammortizzato il colpo» disse e Lucy, rossa in volto, ringhiò un furioso: «Scherzi anche in momenti come questi?!»
Priscilla accennò una risata, per quanto riuscisse, tossendo appena tra un colpo di voce e un altro. «Sono completamente a pezzi, non riesco neanche a muovere un dito» sibilò, divertita dallo stato in cui si era ridotta, ma felice di essere riuscita a tenere testa addirittura a un drago per proteggere i suoi amici. Vederli ancora tutti interi, poi, dava un significato a ogni singola fitta che la colpiva ad ogni respiro. 
«Ce l'hanno fatta!!!» esultò Happy.
«Evviva! L'hanno chiusa!» esultò Wendy.
«Q-quella donna è...» balbettò Lily, ancora sconvolto dall'uomo di vento di Priscilla che era stato in grado di far arretrare un drago e spingerlo indietro.
«Priscilla ne ha sempre una nuova per la testa» disse Charle, guardando la ragazza a terra con un certo orgoglio negli occhi. 
«È presto per esultare!» intervenne Arcadios, severo. «Quanti ne sono entrati?!»
«Ce ne sono sette, signore!» rispose uno dei suoi sottoposti, pronto e informato. 
«Dovevate proprio ficcare il naso in cose che non vi riguardano?» la voce di un uomo comparve in quello stesso cortile, attirando l'attenzione di chiunque fosse lì presente. Era un ragazzo, dal volto anche conosciuto, la lunga capigliatura scura e un tatuaggio nero sul volto. Priscilla, in ginocchio e sorretta da Lucy, lo guardò con quel singolo occhio che riusciva ora a tenere aperto e chiese, titubante: «Ma lui non somiglia...?»
«Rogue» sussurrò Lucy e Priscilla sussultò nel sentire il suo nome. «Quel Rogue?!» chiese, sconvolta.
«È venuto dal futuro. È lui che ha tentato di uccidermi» spiegò Lucy e Rogue sghignazzò, prima di affermare: «Ma sette saranno più che sufficienti. A dire il vero, tentare di controllarne diecimila sarebbe stato un vero incubo».
«Controllarne?» chiese Priscilla, sgranando gli occhi.
«Che stai dicendo?» chiese Mirajane, tornata insieme a Yukino appena in tempo per riuscire ad aiutare Lucy con le chiavi.
«È... è lui che mi ha detto del futuro» balbettò Hisui, riconoscendolo, e Arcadios le si piazzò rapidamente davanti ordinandole: «State dietro di me, Principessa!»
«Così è lui il cattivo» digrignò i denti Priscilla, riuscendo finalmente a capire cosa in tutta quella faccenda non le quadrasse. 
«Era questo il tuo obiettivo fin dall'inizio?!» ringhiò Lucy, furiosa.
«Ascoltatemi, sciocchi cittadini! Da questo momento in poi... la razza umana si estinguerà!» esclamò Rogue, ridendo e sogghignando. «Ora ha inizio l'era dei draghi» e sopra la sua testa i sette draghi che avevano fatto in tempo a uscire dalla porta ruggirono, facendo tremare la terra e i cuori. Volavano in cerchio, sopra le loro teste, ma non fecero altro per il momento che far sentire la loro voce.
«Per prima cosa trovate tutti i maghi in città ed eliminateli!» disse Rogue alzando la testa verso di loro e con un altro ruggito tutti e sette si sparpagliarono nel cielo.
«I draghi gli obbediscono!» esclamò Charle, sconvolta. 
«Ha detto qualcosa sul controllarli... possibile che...» mormorò Lily, altrettanto shockato. 
«L'arte segreta del dominare i draghi» disse Rogue, mentre uno dei draghi gli si avvicinava alle spalle. «La magia di manipolazione dei draghi!» disse prima di saltare e venir accolto dall'enorme zampa di questo. Il drago si alzò in volo, pronto ad andare chissà dove e portarsi dietro Rogue, quando un altro dei draghi si avvicinò a lui.
«Puoi fare quello che ti pare, qui» gli disse e infine volò via. 
«Zirconis!!!» esclamarono all'unisono Wendy, Happy e Lucy, riconoscendo il drago dalle scaglie verdi che volava ora in mezzo al cortile.
«È lui veramente» mormorò Wendy.
«Lo conoscete?» chiese Priscilla, voltandosi a guardare Lucy che ancora la teneva con un braccio appoggiato alle sue spalle per aiutarla a rialzarsi. 
«È il drago con cui abbiamo parlato ieri nei sotterranei. O almeno, abbiamo parlato con la sua anima» spiegò Lucy.
«Avete parlato con me?» chiese Zirconis atterrando al centro della piazza e voltando gli occhi a Lucy.
«Non ricordi, Zirconis? Ci hai raccontato di Acnologia e della guerra tra draghi di quattrocento anni fa» provò a dirgli Wendy, avvicinandosi di qualche passo.
«Non ricordo assolutamente niente! Ed è impossibile che io l'abbia fatto, io detesto gli umani, non ci parlo mica» disse offeso.
«Io sono un gatto, hai parlato con me» disse Happy e Zirconis disse, annuendo: «Ah, capisco... in tal caso...»
«Accetta la cosa in questo modo?!» sussultò Priscilla, sconvolta della semplicità di quel drago.
«È inutile Wendy, noi abbiamo parlato con il suo spirito di quattrocento anni dopo. È normale che non si ricordi» disse Charle alla bambina. 
«Dici di odiare gli umani ma in questo momento ci stai parlando» mormorò Lucy, alzando un sopracciglio, e Zirconis sussultò, sentendosi probabilmente offeso. 
«Ridicolo! Non sto parlando con voi, ma con quel gatto!» disse indicandolo con la punta dell'unghia.
«È serio?» mormorò Priscilla, arrendevole.
«Io accetto di avere a che fare con gli umani in una sola occasione! Per pranzo» sghignazzò Zirconis. «Deliziosi umani che fanno venire l'acquolina alla bocca! Ben rosolati, o anche crudi, al vapore o affumicato. In qualsiasi modo si metta sono sempre deliziosi».
«A quanto pare gli piace molto parlare» ridacchiò Lucy, sentendosi in imbarazzo per lui. 
«Ne approfitto per recuperare un po' di energie, userò la magia di Anima. Mi affido a te, Lucy, sarò distratta per un po'. Fatelo parlare ancora» disse Priscilla, chiudendo gli occhi e cominciando a fare respiri profondi mentre i frammenti di Anima, mischiati alla magia del suo corpo, cominciavano a risucchiare l'ethernano presente nell'aria. Sentì a malapena la voce di Zirconis che ancora parlava, forse ipotizzando qualche succulenta ricetta, stimolato dalle domande dei presenti che cercavano solo di fargli perdere tempo. L'unico che riuscì a sentire più chiaramente fu Natsu, che gridava dal cielo: «Si chiama magia del Dragon Slayer per un motivo! Ci sono sette draghi! Noi siamo sette Dragon Slayer! È a questo che serve la nostra magia!»
Nella sua concentrazione Priscilla si lasciò sfuggire un sorriso.
«Laxus, Wendy… sta a voi, adesso» mormorò appena e tornò a concentrarsi sulla magia da assorbire per riuscire a rimettersi in forze abbastanza da tornare a lottare. Fino a quando Lucy non la spinse a terra, interrompendo così la sua fase di meditazione. Aprì nuovamente gli occhi, sconvolta, e vide un fascio luminoso passare sopra entrambe, superarle appena e scagliarsi contro i soldati alle loro spalle.
«Ha iniziato ad attaccare?» chiese, preoccupata.
«Così pare!» disse Lucy, schiacciandosi sopra di lei per evitare il colpo. 
Un attimo di silenzio, subito dopo il colpo di Zirconis, e i sopravvissuti si voltarono sconvolti a guardare lo scenario pronti a contare il numero di vittime… che risultò essere zero.
Un urlo generale si alzò sulla piazza nell'istante in cui tutti gli uomini colpiti si ritrovarono completamente nudi, senza più vestiti nemmeno a coprir loro i genitali. Priscilla si portò una mano alle labbra e trattenne una risata, riducendosi solo a sputacchiare un «Ppfff» intrattenibile.
«Non c'è niente da ridere!» l'ammonì Lucy, rossa come un peperone. 
«Gli umani sono veramente gustosi ma i loro vestiti un po' meno. Quindi mi sono preso la libertà di toglierli per voi» disse Zirconis, spiegando così cosa fosse successo. 
Le urla aumentarono, con chi esclamava semplicemente: «Non guardare!» e chi scappava coprendosi il volto, chi si limitava a balbettare quanto fosse imbarazzante, e chi si copriva come meglio poteva in maniera ridicola e inutile. Persino Darton, Ministro della Difesa, rimase colpito dall'onda magica elimina vestiti di Zirconis e si ritrovò completamente nudo di fronte a Hisui che timida si copriva gli occhi dalla vergogna. 
«Ritirata!» fu l'urlo generale che accompagnò la fuga dell'intero esercito di uomini nudi, mentre Zirconis si portava una zampa al mento e rifletteva: «Ora che ci penso, anche gli uomini hanno un cattivo sapore. Solo le donne hanno un sapore delizioso» ridacchiò puntando gli occhi sulle ragazze del gruppo che aveva davanti. «Sono un donnaiolo dopotutto».
«Un drago Playboy, credo che questo sia il limite persino per una come me» disse Priscilla, guardando Zirconis con sempre meno timore e sempre più squallore. 
«Quella di prima era magia?» chiese Wendy.
«Perspicace!» rispose Zirconis. «Tutti i draghi sono in grado di usare la magia» ridacchiò, prima di spostare lo sguardo su Lucy e Priscilla. Tirò in dentro l'aria e infine soffiò su di loro delicatamente. Di punto in bianco i vestiti di entrambe sparirono, lasciandole nude, persino senza elastici a legar loro i capelli. Non avevano praticamente più niente addosso se non la propria pelle. Lucy si rannicchiò e si coprì come poteva, esclamando un semplice: «No!!!» imbarazzato.
Priscilla ignorò il suo stato e, con quel poco di forza che era riuscita a recuperare, semplicemente alzò un braccio e urlò contro il drago: «Maledetto drago pervertito!»
Ma Zirconis sghignazzò, ignorandole, e rispose: «La mia magia è in grado di far perdere la dignità agli umani».
«La mia magia...» disse Wendy, stringendo i pugni decisa. «È quella che ti sconfiggerà, invece!»
«Che mi sconfiggerà, dici?» chiese Zirconis, divertito dalla sua provocazione.
«Sì, ma ridatemi prima indietro i vestiti!» ruggì Lucy, cercando ancora di coprirsi come riusciva. Distratta, non notò la zampa che rapidamente la raggiunse e l'afferrò. Stessa sorte subì Priscilla, presa dall'altra zampa, ancora troppo debole per riuscire a trovare il modo di evitarlo.
«Kyaah!» urlarono entrambe, sollevate da terra e portate vicino al muso di Zirconis.
«Priscilla!» gridò Charle, vedendola ben stretta e stritolata dalle zampe del drago.
«Lucy!» chiamò anche Happy, altrettanto terrorizzato. 
Le due ragazze inutilmente tentarono di dimenarsi, scivolando via dalla sua presa. Le sue dita erano troppo ferree, troppo strette e forti per riuscire a trovare anche solo il modo di sgusciare via. Provarono a lamentarsi, mentre si agitavano e cercavano di liberarsi, inutilmente. Sotto di loro sia Wendy che Mirajane si prepararono invece alla battaglia, caricandosi di energia.
«Lo farò!» disse Wendy, lanciando su se stessa la magia di Vernier e Arms per rafforzare velocità, forza e difesa. 
«Tu piccola arrogante!» ruggì invece Zirconis con tale potenza che bastò anche solo la forza della sua voce a sbalzare via l'intero gruppo che aveva davanti. Si alzò sulle zampe posteriori e infine spiccò il volo, allontanandosi dal terreno. 
«Voi umani non potete neppure volare! Provate a seguirmi qui!» provocò orgoglioso. «E io intanto me le mangio» ridacchiò poi, avvicinando entrambe le ragazze nude e urlanti alla bocca ora già piena di bava. Ma si fermò, colto da un improvviso dubbio, o forse una sensazione. Lasciò momentaneamente da parte Lucy e si avvicinò Priscilla alle narici tirando su un paio di sniffate tanto pesanti che i capelli le volarono verso l'alto, puntando le sue narici. Lo guardò sconvolta, chiedendosi che stesse facendo, ma poi Zirconis aprì la bocca e tirò fuori la lingua puntandola dritta a lei. Priscilla non ebbe nemmeno tempo di urlare dal terrore e da ciò che sarebbe successo da lì a pochi istanti, che la bavosa e rugosa lingua di Zirconis la percorse interamente dal ventre fino alla punta dei capelli lasciandole addosso uno spesso e viscido strato di saliva misto a vergogna. Restò pensieroso qualche istante, di fronte ad una ragazza umiliata, sconvolta e disgustata da quanto appena successo. 
«Tu hai un sapore disgustoso! Si può sapere cosa diamine sei? Che schifo!» disse infine Zirconis, offeso all'idea di aver perso tempo con qualcosa di tanto rivoltante, e come fosse stata spazzatura la lanciò via alle sue spalle con un offeso: «Sciò!».
Come una stella cadente, Priscilla saettò sopra i tetti di Crocus urlando per ogni motivo le fosse potuto venire in mente, compresa la paura di schiantarsi al suolo dato che la sua magia era ancora troppo debole per permetterle di volare. Ma forse, in realtà, era più l’umiliazione a darle realmente la forza di gridare, tanto accecante che non riuscì neanche a chiedersi dove alla fine sarebbe atterrata.

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Capitolo 59
*** Nirvana ***


Nirvana


Qualche decina di metri dalla piazza della città Atlas Flame, il drago completamente di fuoco, combatteva contro i maghi di Fairy Tail. Makarov era stato colpito duramente e ora non poteva fare altro che dare il suo supporto al resto della squadra, lottando contro i piccoli draghetti nati dalle uova che erano cadute dal cielo poco prima, partorite da uno dei sette draghi entrati dal portale Eclipse . La maggior parte dei suoi compagni stava facendo la stessa cosa, tenendo i piccoli lontani dalla battaglia principale: Atlas Flame contro uno dei sette Dragon Slayer presenti a Fiore, Laxus Dreyar. Il commando del Dio del Tuono cercava di dar lui il maggior supporto di cui fosse capace, considerato anche l'enorme quantità di ferite che Laxus si era portato dietro dalla finale del torneo. Nonostante fosse Dragon Slayer, la potenza di un Drago era impressionante e per lui fu davvero un grosso problema riuscire anche solo ad avvicinarsi, soprattutto considerato che il nemico era completamente ricoperto di fiamme. I Raijinshuu colpirono incessantemente, Laxus tentò un nuovo ruggito ma niente di tutto quello parve scalfirlo nemmeno. 
«Merda!» ringhiò Laxus, indietreggiando per l'ennesima volta.
«È tutto inutile» mormorò Evergreen, guardando con rabbia il drago che non sembrava essersi nemmeno fatto un graffio. 
«Non possiamo fare altro che continuare a provare» disse Fried, stringendo l'elsa della sua spada. 
«Mh?» mormorò Bickslow, di fianco al resto dei suoi amici, alzando infine lo sguardo al cielo. «Lo sentite anche voi?»
«Eh?» chiese Fried, alzando gli occhi come il suo amico, e solo allora riuscì a sentire una voce. Un urlo che si faceva sempre più intenso, proveniente dal cielo. Una figura, una sagoma indecifrabile sembrava essere catapultata nella loro direzione e portava con sé quell'urlo terrorizzato sempre più forte.
«Pricchan!» urlò Evergreen strabuzzando gli occhi, riconoscendola per prima. 
La ragazza in piena caduta libera era rannicchiata su se stessa, ma questo non impediva comunque di mostrare il suo corpo completamente nudo. A occhi serrati, urlava terrorizzata mentre raggiungeva a piena velocità il terreno sotto di lei e il gruppo di Laxus. 
«Vola vola vola vola vola» ripeté come un mantra attimi prima dell'impatto, concentrandosi sul suo ormai esaurito potere con tutte le forze rimaste. «Solo un pochino ti prego!» piagnucolò, temendo già il dolore lancinante che avrebbe provato nell'istante in cui sarebbe arrivata al suolo. Un soffio di vento improvviso e incontrollabile, durò solo pochi istanti ma riuscì a spingerla verso l'alto abbastanza da impedirle di spaccarsi la faccia sull'asfalto. Ne perse immediatamente il controllo e tornò a cadere, ma almeno la velocità e l'impatto sarebbero stati decisamente diversi avendo attutito un po’ la caduta. Urlò nuovamente per lo spavento, dimenandosi in aria nel tentativo di trovare una posizione adatta all'atterraggio, ma fuori dalle sue previsioni si ritrovò Laxus in piena traiettoria e finì col trascinare a terra anche lui, atterrandogli addosso. 
«P-P-Pri...» balbettò lui, con il volto tanto rosso che avrebbe fatto invidia allo stesso Atlas Flame lì di fronte. La ragazza restò immobile, come sciolta, sopra di lui, incapace di muoversi anche se non sembrava essere svenuta. 
«È tutta nuda!»  urlò Bickslow portandosi le mani alla testa come se si trovasse di fronte alla più grande delle scoperte. Laxus riuscì finalmente a reagire, sentendo il tono di voce del suo amico, e roteò su se stesso in modo da stendere Priscilla a terra e coprirla col suo stesso corpo, cosa che venne aiutata anche dal suo giubbotto che come una coperta cadeva dalle sue spalle e copriva entrambi. 
«Non mi sembra il momento di distrarsi!» ruggì furioso contro un Bickslow ora moribondo. Appoggiato a Fried, sembrava essere incapace non solo di camminare ma anche di capire cosa stesse accadendo e riuscì solo a sussurrare: «Ho visto il paradiso».
«Bickslow!» chiamò Fried, preoccupato.
«Pricchan...» mormorò Evergreen, avvicinandosi preoccupata. «Ma che ti è successo?»
«Mi ha leccata» sibilò Pricchan incapace di muoversi, con lo sguardo vitreo e il volto pallido. 
«Che...?» singhiozzò Evergreen, arrossendo violentemente. Ancora steso su di lei con l'intento di coprirla e proteggerla dagli occhi di chi aveva attorno, Laxus si ammutolì ma i muscoli si irrigidirono tanto che le dita gli si conficcarono nel terreno e una roccia rimasta incastrata nella sua mano andò in mille pezzi. 
«Pricchan ha subito una violenza sessuale in un momento come questo?» sussultò Fried, altrettanto rosso, e Bickslow si rianimò improvvisamente.
«Chi è stato?!» ruggì scavando un solco nel terreno nell'istante in cui allargò le gambe come se si fosse dovuto lanciare a combattere. Avesse avuto il potere di Natsu avrebbe probabilmente preso fuoco come una lanterna. 
«Quel...» balbettò Priscilla, ancora sotto chock. «Quel... quel...»
Poi improvvisamente carica e furiosa, tornata finalmente in sé, piantò un piede sulla pancia di Laxus e lo lanciò via saltando infine in piedi. «Quel vecchio drago pervertito!» ruggì furiosa. «Me la pagherà! Me la pagherà cara!».
Cominciò ad allontanarsi, camminando a gambe larghe e pestando i piedi in terra per la rabbia. Rossa in volto, non tanto per la sua nudità quanto per l'umiliazione e il disgusto di essere stata assaggiata e poi lanciata via come spazzatura, mormorò tra sé e sé: «Disgustosa a chi?».
«Ma prima copriti, per l'amor del cielo!» urlò Evergreen portandosi le mani al volto arrossato. 
«Sei un indecente!» la rimproverò Fried e Laxus saltò letteralmente da terra fino a lei, lanciandole addosso il proprio cappotto. Bickslow parve svenire di nuovo e fu ancora una volta Fried a doverlo sorreggere, mentre ora Laxus afferrava Priscilla per le spalle e se la stringeva al petto con fare non solo protettivo ma proprio possessivo. Si voltò verso il gruppo di alcuni compagni che lottavano non troppo lontano contro i cuccioli di drago, gruppo che aveva portato al corpo nudo della ragazza i propri occhi perversi, e li fulminò tutti con lo sguardo più aggressivo e pericoloso che avesse mai sfoderato contro qualcuno. I membri di Fairy Tail presenti urlarono terrorizzati e corsero in mezzo ai draghetti, che stranamente trovavano meno pericolosi in un momento come quello, e ripresero la loro lotta. 
Atlas Flame, alle loro spalle, lanciò uno strano urlo. Irritato, forse addirittura ferito, cominciò a dimenarsi come se volesse scrollarsi di dosso qualcosa. 
«Eh?» mormorò Laxus, voltandosi a guardare il drago.
«Natsu!» riconobbe Priscilla, notando il ragazzo sulla testa infuocata del drago.
«Che stai facendo?! Stupido umano! Scendi subito!» ruggì Atlas, sbattendo la testa sulle case circostanti nel tentativo di scrollarsi il ragazzo di dosso. 
«Sono Natsu!» si presentò. «Il Dragon Slayer di fuoco... e ora ti mangio!» disse prima di prendere le fiamme del drago e portarsele alla bocca.
«Eh?!» urlarono sconvolti tutti i membri della squadra, tranne Priscilla che battendosi il pugno destro sul palmo sinistro esclamò: «Ottima trovata!»
«Scendi immediatamente!» ruggì Atlas, continuando ad agitarsi.
«No! Non voglio! Ho detto che ti mangio e allora lo faccio!» insisté Natsu.
«Mi prende in giro?» sibilò Laxus, guardando sconvolto il ragazzo che lentamente si stava mangiando la testa infiammata del drago.
«Mi occupo... io di questo...» disse Natsu, sbattuto da una parte all'altra.
«Si occupa lui...» sibilò ancora Laxus, per niente convinto di fronte a quella che sembrava più una scena da libro comico piuttosto che un vero combattimento. Priscilla sobbalzò in quel momento, colta da un'idea. Prese Laxus per una mano e disse: «Vieni con me!»
«Mh?» mormorò semplicemente Laxus, cercando di capire che avesse intenzione. 
«Ho lasciato Wendy da sola al castello! C'è Mira-chan con lei, ma Mira non è una Dragon Slayer e Wendy è comunque ancora piccola e inesperta! Natsu si occuperà di questo, tu aiuta lei, per favore!» disse condendo l'ultima frase con un accenno di disperazione. Non aveva più magia, era completamente inutile e sapere che non poteva far niente per aiutare la bambina la preoccupava profondamente. Anche se Mirajane era una delle maghe più forti del continente, l'unico di cui sentiva poteva fidarsi al cento per cento era solo Laxus. Lo idealizzava sicuramente, ma sapeva che se lui si fosse occupato della faccenda l'avrebbe sicuramente risolta. 
«Va bene» disse, voltandosi poi verso i Raijinshuu. «Andiamo al castello! Presto!»
Iniziarono a correre per le strade assediate e disastrate, sentendo i colpi dei loro compagni che lottavano incessantemente contro i piccoli, eppur sempre pericolosissimi, draghi. 
«Non ingaggiate battaglia! Perderemmo solo tempo!» disse Laxus ai suoi compagni, invitandoli a schivare quando possibile e continuare a correre.
«Non faremmo prima a volare?» azzardò Evergreen.
«Già» ridacchiò Priscilla, grattandosi la nuca imbarazzata. «Mi spiace, ma credo di essere a corto di magia. L'ho usata tutta per spingere un ottavo drago dentro la porta del viaggio nel tempo prima che Eclipse si chiudesse così da impedirgli di entrare».
«Spingere...?» sobbalzò Fried. 
«Hai spinto un drago dentro Eclipse?» chiese Evergreen, incredula.
«Lucy era impegnata a chiudere le porte e gli altri non riuscivano nemmeno ad avvicinarsi, ho dovuto fare da sola e per questo ora mi riduco a correre e cadere come voi» piagnucolò, affranta all'idea di non poter usare più la sua magia. «Beh, almeno ora posso muovermi, prima non riuscivo nemmeno a fare quello» aggiunse poi.
«Priscilla ha creato un enorme uomo di vento e ha spinto un drago dentro la porta!» confermò Happy, che li aveva raggiunti in quel momento dopo aver lasciato Natsu con Atlas Flame.
«D-davvero?» balbettò Evergreen.
«Laxus non riusciva nemmeno a fargli il solletico» osservò Bickslow, che come al solito era quello senza peli sulla lingua.
«Questo non vuol dire niente! Laxus è stremato per la battaglia contro Jura, uno dei dieci maghi sacri!» ruggì Fried, in difesa del ragazzo. «E sicuramente il drago di Priscilla era molto più debole».
«Sì, lo credo anche io» ridacchiò Priscilla. «Il drago contro cui stavate combattendo, ho cercato di fermare anche lui ma mi ha lanciata via con un ruggito. Questi mostri fanno venire la pelle d'oca» confessò. 
Uno dei draghi piccoli sfondò una parete alla loro destra e per poco non li colpì. Piantarono i piedi a terra, fermarono la loro corsa e Laxus tirò indietro Priscilla appena in tempo. Happy prese la ragazza per il cappotto e la sollevò da terra, volando sopra un tetto per allontanarsi dai draghetti che li avevano attaccati, mentre il resto dei loro amici semplicemente usarono la propria magia per schivare il colpo e raggiungerli.
«Questi bastardi sono ovunque» commentò Laxus, raggiungendo Priscilla e Happy dopo essersi trasformato in fulmine. «Dovremmo accelerare un po' il passo».
«Fai strada, vi stiamo dietro Pricchan!» disse Fried alzandosi in volo con delle ali create dalle sue rune. Accanto a lui anche Evergreen e Bickslow poterono volare, ognuno con la propria magia. Priscilla puntò un dito davanti a loro ed esclamò: «Eccolo! Laxus!» 
Non troppo lontano era possibile vedere il cortile del castello, dove stanziava Zirconis ancora indenne e Wendy che inutilmente provava a colpirlo con tutte le armi che aveva, aiutata da una sempre più stanca Mirajane.
«Sono in difficoltà!» esclamò Fried.
«Andiamo! Happy!» disse Laxus. 
«Aye, Sir!!!» disse Happy, prendendo nuovamente Priscilla per il cappotto e volando a piena velocità verso il castello seguito dai fulmini di Laxus e il resto dei Raijinshuu. Arrivarono rapidamente al cortile e i Raijinshuu furono i primi a lanciarsi contro il drago, mentre Happy portava Priscilla in una zona apparentemente sicura. Laxus li raggiunse immediatamente dopo, già carico di energia, e colpì il drago con tutta la potenza che aveva. 
«Laxus» esclamò Mirajane, felice di vederlo.
«Priscilla-nee!» chiamò Wendy, vedendola seduta a terra vicino a Happy e, ora, al resto dei suoi compagni. «Sei viva!»
«Ho portato rinforzi!» esclamò Priscilla, felice.
«Ancora tu!» ruggì Zirconis, guardando la ragazza. «Puzzolente schifezza!»
«Iiiiccch» squittì Priscilla, portandosi una mano all'altezza del cuore. Rabbuiandosi abbassò la testa, ingobbita, e si chinò nella sua depressione.
«Puzzolente...?» balbettò Laxus, troppo confuso persino per riuscire ad arrabbiarsi. 
«Ci sei anche rimasta male?» chiese Charle, guardando incredula la reazione ferita della ragazza. 
«Come osi dare della schifezza alla nostra splendida Pricchan?!» sgambettò Bickslow furioso.
«Questa è un'offesa al nostro Laxus! Non te la perdoneremo!» ruggì Fried.
«Che c'entro io?» mormorò Laxus, non capendo la connessione tra l'insulto a Priscilla e lui. 
«Raijinshuu!» chiamò a raccolta Fried. «Carica!» ordinò e tutti e tre si scagliarono rabbiosi contro il drago, lanciando su di lui tutte le magie più potenti che conoscevano. 
«Che insetti fastidiosi!» ruggì Zirconis voltandosi e sbalzando via tutti e tre con solo il potere dell'onda d'urto.
«Non fatevi ingannare!» disse Charle, guardando i tre che malridotti provavano a rimettersi in piedi. «Può sembrare un vecchio scemo ma è pur sempre un drago! È molto forte!»
«Vecchio scemo?!» sobbalzò Zirconis offeso. 
«Lo abbiamo notato» digrignò i denti Fried, sforzandosi nel rimettersi in piedi. 
«Adesso basta giocare» disse Laxus, facendo scoccare i fulmini intorno a sé. Scaricò sul drago avversario tutto il suo potere, ruggì e saltò, colpì e schivò, eppure qualsiasi cosa facesse Zirconis non sembrò muoversi nemmeno un po’. I Raijinshuu e persino Mirajane provarono più volte ad aiutarlo, colpendo da più fronti, ma Zirconis sembrava imbattibile e qualsiasi cosa facessero lui aveva sempre la meglio. Alla fine solo Laxus riuscì a conservare le forze necessarie a continuare a combattere, mentre Mirajane, ferita e stremata, si portava da parte, vicino a Priscilla. 
«Quel mostro...» mormorò.
«È veramente forte» commentò Priscilla, turbata. «E io non riesco a fare niente se non guardare» digrignò i denti, irritata all'idea di non poter aiutare in nessun modo.
«Pensa a recuperare le forze, hai già fatto molto prima evitando che un ottavo entrasse» provò a rincuorarla Charle. 
«Proverò ad aiutarlo ancora!» disse Wendy, partendo e alzandosi in volo per poi lanciare contro il drago colpi d'ala magici. Un attacco improvviso, visto che la bambina si era ritirata da un po' anche lei stremata, insieme al resto del gruppo. Lo distrasse e mischiata ai fulmini di Laxus gli fece provare anche un po' di dolore, ma soprattutto diede a Laxus la possibilità di contrattaccare.
«Ben fatto, Wendy!» esclamò l’uomo, lanciando un altro colpo e approfittando dell'effetto sorpresa riuscì persino ad atterrare il drago. 
«Ce l'ha fatta!» esclamò Charle, allegra.
«È solo l'inizio» commentò invece Mirajane, vedendo Zirconis tornare in piedi. 
«Mi sto solo riscaldando» commentò Laxus. 
«State iniziando a farmi arrabbiare sul serio!» disse Zirconis, avvicinandosi a Laxus a denti stretti. «Mi diverto a stuzzicare le ragazze, ma non mi sollazzo a chiacchierare con gli uomini. Vi divorerò anche se non siete nudi» ridacchiò e voltando lo sguardo posò i suoi inquietanti occhi, ora più minacciosi e pericolosi, su Wendy. 
«Eh?» mormorò Wendy in quel breve istante in cui lo vide correre nella sua direzione, una velocità incredibile che a malapena diede tempo di realizzare cosa stesse accadendo. 
«Wendy!» gridò Priscilla, allungandosi verso di lei e porgendole la mano. Ma nessun vento, nemmeno una lieve brezza, nacque dalle sue dita ancora ferite. Era la prima volta che allungando una mano verso qualcuno... non riuscisse ad afferrarlo.
Guardò la bocca di Zirconis spalancarsi, i denti ben umidi e affilati che si allungavano verso di lei, incapace persino di arretrare. Gli occhi di Priscilla erano spalancati di fronte a quell’inconcepibile visione, il cuore sussultante nel petto, la mano tremante che non emetteva nemmeno un soffio di magia, il volto pallido e la gola secca. Nonostante la paura di un imminente disastro, ciò che vide in realtà fu anche peggio di quanto si fosse aspettata. 
«Scappa, Wendy!» la voce di Laxus anticipò la sua mano che spingeva via la bambina e nello slancio ne prendeva il posto. I denti di Zirconis si chiusero in uno schiocco, imprigionando in un fiume di sangue il corpo dell'uomo. Il tatuaggio di Fairy Tail, sul fianco sinistro di Laxus, era ora lacerato da quei denti affilati e macchiato di un sangue che deciso usciva a fiotti.
Il mondo parve paralizzarsi, scorrere lento, rallentato, mentre in un gesto di gola e mascelle Zirconis ingoiava tutto il resto. La voce di Fried, che chiamava Laxus con un tale sfogo da rompersi e stonare, persino quella parve solo un eco lontano. 
«Oh no» il singhiozzo di Mirajane, mentre si portava le mani alla bocca, a placare la sua voce lamentosa. E Priscilla, che bloccata nel suo mondo rallentato, non riuscì a muoversi di un millimetro, né a respirare. Lo sentiva, sentiva la voce delle persone intorno a lei che lo chiamavano, sentiva chi correva, chi urlava, chi provava ad attaccare. Qualcosa stava accadendo, lo sentiva, ma che significato aveva ancora? 
"Pricchan" la sua voce, riusciva a sentirla ancora. "Se io morissi... almeno in quell'occasione, riusciresti a versare una lacrima?"
Piangeva? Stava piangendo? Riusciva a piangere? Non riusciva proprio a capirlo, ma era abbastanza sicura che avesse le guance asciutte. Gli occhi non bruciavano, il cuore non pulsava, i polmoni non respiravano. Tutto era fermo, immobile. Come il suo corpo artificiale… che sarebbe rimasto in vita, a scapito di qualunque desiderio. 
Per sempre. 
"Perché sai, io penso che se tu morissi... sì, io credo che vorrei morire insieme a te"
I suoi sentimenti, tutto ciò che aveva imparato in quegli anni di vita, improvvisamente non sentì più niente. 
"Laxus" quel nome. Riusciva a malapena a ricordarlo, in quel vuoto assoluto in cui sentiva di essere appena caduta. Aveva significato? Quel era? Chi era? 
Il mondo intorno a lei si mosse, scorreva alle sue spalle lentamente e ondeggiante, neanche riusciva a rendersi conto che erano le sue stesse gambe quelle che l'avevano sollevata da terra e la stavano facendo avanzare verso il drago. 
"Laxus" qualcuno glielo sussurrò all'orecchio, la fece sorridere. Era possibile ancora sorridere? Ondeggiò, camminò, e con gli occhi vitrei ridacchiò. Riusciva a ricordarlo. Sentiva il rumore dei tuoni nel cielo, erano come una voce. Era così dolce... e calda. 
«Pricchan! Allontanati da lì!» qualcuno provò a chiamarla ma ancora non era che un eco lontano.
«Vuoi che mangi anche te?» ruggì Zirconis, ormai furioso. Il sangue che macchiava i suoi denti colò a terra e lei ancora ridacchiò, folle in quell'incubo tanto strambo. Allungò una mano verso di lui, verso quel sangue e quei denti, e non riuscì a vedere altro. Ridacchiò, ridacchiò di gusto mentre si sentiva affogare in quell'unico colore rosso che riusciva a vedere.
"Laxus" di chi era quel nome?
Qualcosa le scivolò via dalle spalle, sentì il freddo sulla pelle e rapita si voltò a guardarlo, chiedendosi quale altra bizzarria e follia sarebbe successa. Il cappotto nero cadde a terra, delicato, si posò al suolo sporcandosi di quello stesso sangue che ora creava lì una pozza in cui aveva immerso i piedi.
"Laxus" lo vide. Piccolo, ragazzo, adulto, in qualsiasi età. Un istante lancinante, un mal di testa accecante, mentre vedeva quel sorriso dal primo giorno fino all'ultimo, della sera prima. La chiamava, con tutte le voci che aveva avuto, bambino o ragazzo, persino la voce furiosa dei cinque anni che erano stati separati. Era lì, in quella pozza, in quel cappotto a terra, era tutto lì. La sua intera esistenza, il significato della sua vita... non restava altro che sangue di cui sporcarsi e un cappotto ora vuoto.
"Posso restare per sempre con te?
Un urlo agghiacciante raggiunse non solo il cielo, ma ogni angolo di quella città. Priscilla cadde a terra, in quella stessa pozza di sangue in cui si macchiò le ginocchia. Si portò le mani al volto mentre la sua voce incontrollabile non faceva che urlare sempre più forte, fino a strapparsi. 
Voleva chiudere gli occhi, voleva accecarsi, smettere di guardare, smettere di credere che quella fosse una realtà. La gola graffiava, sentiva il bruciore scendere lungo l'esofago, fino ai polmoni. Ogni cosa pareva prendere fuoco e dalla sua bocca dischiusa non riusciva a uscire altro che urla incontrollabili. 
"Almeno quel giorno, riusciresti a versare una lacrima?"
Lacrime, saliva e muco, aveva perso il controllo di ogni cosa. Le dita conficcate nella pelle del volto, tra i capelli, alcuni restavano impigliati alle sue unghie e venivano strappati. 
«Priscilla-nee!» una voce, l'unica che riuscì a sentire nonostante molte altre stessero urlando in quel momento. Mescolate dal rumore di una tormenta improvvisa, fulmini che cadevano ai suoi piedi all'interno di un ciclone che aveva avvolto l'intero cortile del castello. Non riuscii a sentire niente che la tiepida disperazione di una bambina che lottando era riuscita a salvarsi da quella follia. Dov'erano gli altri, cosa era successo a ciascuno di loro, non ne aveva idea e non riusciva nemmeno a trovare la voglia di chiederselo. La sua stessa magia, probabilmente la magia che la componeva visto che era tutto ciò che le restava, era esplosa incontrollata esattamente come il suo dolore scatenando una tormenta che aveva investito chiunque nel raggio di un paio di chilometri… ma non la vedeva. Non capiva cosa stesse accadendo, non vedeva niente se non quel cappotto immerso nel sangue.
«Priscilla-nee, torna in te!» tentò di urlare Wendy. La testa ferita, un rivolo di sangue che le usciva da un profondo taglio sulla fronte le bagnava un occhio e una guancia. 
"Perché, sai... io penso che se tu morissi, Pricchan... io vorrei morire insieme a te".
«Io non posso morire» sibilò con un filo di voce, l'unica che riuscisse a utilizzare. Tremò, singhiozzò e guardò la ragazzina che lottando contro vento e fulmini cercava di farsi strada per raggiungerla, senza esserne uccisa. 
"Io vorrei morire insieme a te".
«Io non posso morire» pianse della sua condanna più di quanto avesse mai fatto e per la prima volta rimpianse di non essere più legata a Ivan. Sarebbe stato tutto più semplice e avrebbe evitato quell'orrendo supplizio, se avesse potuto morire insieme a lui. 
"La magia di Wendy potrebbe anche ucciderti" un’improvvisa voce, proveniente da chissà quale ricordo, parve sussurrare al suo orecchio.
«Wendy...» biascicò alzando gli occhi spettrali sulla bambina.
"La magia di Wendy potrebbe anche ucciderti". 
«Ti prego... uccidimi».


Aprì gli occhi.


«Ben fatto, Wendy!» esclamò Laxus e caricò il pugno di elettricità, colpendo in pieno mento Zirconis e approfittando del fatto che il drago fosse stato distratto dal colpo di Wendy.
«Ce l'ha fatta!» esclamò Charle, allegra.
«È solo l'inizio» commentò invece Mirajane, vedendo come Zirconis tornasse in piedi. 
"Che... cosa è stato?" si domandò Priscilla, guardando quella scena che già sentiva di conoscere. 
«Che... sensazione strana» mormorò Lily al suo fianco, guardandosi le zampe.
«Un Deja-vù?» mormorò Mirajane.
«L'avete visto anche voi?» domandò Charle, sconvolta. 
«State iniziando a farmi arrabbiare sul serio!» disse Zirconis, avvicinandosi a Laxus a denti stretti, ignorando l'apparente stato confusionario in cui sembravano tutti caduti. «Mi diverto a stuzzicare le ragazze, ma non mi sollazzo a chiacchierare con gli uomini. Vi divorerò anche se non siete nudi» ridacchiò e voltando lo sguardo posò i suoi inquietanti occhi, ora più minacciosi e pericolosi, su Wendy. 
«Eh?» mormorò Wendy, guardando il drago lanciarsi a gran velocità su di lei, tanto che nemmeno riuscì a vederlo. Ma il cuore batté nel petto più forte di quanto si fosse aspettata, mentre le immagini di quello che sembrava un possibile futuro l'assalivano. Laxus che la spingeva via, che prendeva il suo posto e finiva sbranato. Priscilla che impazziva, le sue urla, il rombo del vento e dei tuoni, le urla dei suoi compagni che venivano colpiti a morte dalla loro stessa amica fuori controllo. Quell'orrenda supplica.
"Uccidimi".
Cos'era? Era veramente la realtà? Era veramente il futuro? Voltando gli occhi ebbe tempo di vederlo, Laxus allungato in avanti con un braccio, pronto a spingerla via. Riuscì a sentire tutto in quegli attimi così brevi eppure così intensi. Le urla lancinanti, l'odore del sangue. Era lì... davanti ai suoi occhi.
Qualcuno le aveva mostrato il futuro, ne era certa adesso. 
Ma non era stata l’unica.
Charle superò la mano di Laxus e la raggiunse prima di questo, afferrandola e trascinandola via. La sua magia Aerial le permise di essere abbastanza veloce, per evitare che entrambe venissero mangiate. Dietro Laxus, correndo con un giusto anticipo, Priscilla allungò le mani verso di lui e riuscì ad afferrarlo per le bende che gli circondavano il ventre. Lo tirò indietro con tale forza da inciampare e cadere, ma questo gli permise di essere solo sfiorato  dai denti affilati del drago che avevano davanti, salvandosi. 
Laxus guardò il muso di Zirconis farsi indietro dopo quel morso mancato, a pochi centimetri da lui. Dall'altro lato anche Wendy lo fissò con la stessa incredulità e una paura che ancora non l'aveva abbandonata, consapevole di cosa sarebbe potuto accadere se le due non fossero state pronte abbastanza da intervenire. 
«S-sono vivo?» mormorò l'uomo, sorpreso visto che per un istante aveva giurato di aver potuto vedere un futuro in cui moriva. Poggiò una mano a terra e cercò di rialzarsi, pronto a tornare a combattere, ma delle esili e tremanti braccia lo avvolsero dalle spalle. Lo strinsero, con una decisione e una forza che non gli avrebbero permesso di liberarsi di loro tanto facilmente. Priscilla, inginocchiata dietro di lui, tremava e quasi conficcò le unghie nelle spalle dell’uomo tanto lo stringeva al petto. Quelle immagini, la sensazione di aver perso ogni cosa, di non poter far altro che vivere in un infinito tormento di cui mai si sarebbe liberata. Quel dolore, ormai, bruciava nel suo petto anche se era riuscita ad evitare che quell’orrenda visione si realizzasse.
«Hai cercato di portarmelo via» un ringhio, profondo, gutturale. Il futuro era cambiato, ma quella stessa follia che l’aveva strozzata nella visione aveva ancora una volta accecato i suoi occhi vitrei. Solo pensare che sarebbe potuto accadere, solo pensare che anche se solo nella sua testa lei aveva vissuto quel momento, la portava alla pazzia più accecante. 
«Charle!» disse Wendy, allarmata, ricordando la premonizione. 
«Priscilla! Torna in te» chiamò la gattina.
«Pri...» provò a chiamarla Laxus, ancora artigliato nella sua presa, pronto a cercare di parlarle, di consolarla e risvegliarla, ma voltandosi incrociò il suo sguardo e solo quello bastò ad ammutolirlo. Non era folle, non era furiosa, non era nemmeno disperata.
Era sollevata.
E le sue braccia così saldamente avvolte alle sue spalle e il petto non erano le braccia di chi si aggrappava, ma -poté ora sentirlo- era un guscio dentro cui stava cercando di chiuderlo. Per proteggerlo. Priscilla non si mosse, a occhi socchiusi, un sorriso appena abbozzato, il volto disteso e rilassato e quelle braccia che cercavano di avvolgerlo il più possibile. Restò immobile persino quando sentì la terra tremare e il rumore di passi pesanti arrivare alle loro spalle.
«Sono quelli piccoli!» gridò allarmato Fried, guardando una specie di orda di almeno quindici draghetti correre furiosi verso di loro. 
«Fate attenzione!» urlò Bickslow, preparandosi a combatterli, ma Evergreen si allungò su di lui e posandogli un braccio davanti disse: «Aspetta un attimo!»
«Eh?» chiese lui, confuso, venendo semplicemente spostato di qualche passo. 
«Guarda!» disse lei, indicando i primi draghetti che li raggiungevano ma non li attaccavano. Li superarono e proseguirono oltre, alle loro spalle, ignorando i maghi come se non esistessero. 
«Ma...cosa...» balbettò Fried, restando immobile, sorpreso e allucinato di fronte a quell’assurdità. 
«Non ci attaccano...» mormorò Mirajane, voltandosi per seguire la loro traiettoria e capire dove fossero diretti. Superarono loro prima di raggiungere Laxus e Priscilla, a terra, ma non si fermarono nemmeno lì. Corsero oltre, un paio addirittura saltarono oltre la loro testa come se i due fossero stati d’intralcio e basta, e tutti e quindici si lanciarono a fauci spalancate contro Zirconis. Il grosso drago indietreggiò in un primo momento, più per la sorpresa che per le ferite vere e proprie, ma questo passò in secondo piano nell'istante in cui tutti insieme i draghi piccoli lo attaccarono. Alcuni erano saltati sulla sua schiena e lo mordevano, altri da terra gli sparavano contro raggi di magia. Zirconis in un divincolarsi continuò si ritrovò costretto a lottare contro quelli che erano cuccioli della sua stessa specie. Li colpiva con la coda, li azzannava, ringhiava loro contro, ma molti tornavano alla carica e approfittavano della loro superiorità numerica per metterlo in difficoltà. 
Nemmeno dieci metri più distanti Laxus continuava a restare seduto a terra, tenuto ben saldo dalle braccia di Priscilla, inginocchiata alle sue spalle. Il volto reclinato in avanti, gli occhi chiusi, un'espressione tanto abbandonata da sembrare quasi addormentata.
«Che succede?» balbettò Fried, sempre più confuso.
«Sono dalla nostra parte?» chiese Mirajane non capendo quando avessero cambiato idea e soprattutto per quale motivo. 
Solo pochi istanti, Wendy si prese qualche secondo prima che un'idea le balenasse in testa. Si portò le mani al volto per la sorpresa ed esclamò, incredula: «Sta usando il Nirvana!»
«Eh?!» urlò Charle, sorpresa.
«Il Nirvana che è nel suo corpo, finora era riuscita a usarlo per manipolare al massimo gli insetti e in un numero limitato. Ma le forti emozioni provate in questo momento l'hanno fatto esplodere dentro lei ed è riuscita a usarlo sui draghi più piccoli, forse anche perché non hanno una volontà propria ma rispondono agli ordini della madre che li ha generati. Sono comunque creature dall'intelletto quasi nullo, per questo ci riesce!» spiegò Wendy.
«Aspetta! Stai dicendo che Priscilla li sta manipolando?!» sussultò Fried. 
«Non poteva farlo prima?» chiese Evergreen.
«Probabilmente non ne è nemmeno consapevole» mormorò Charle. «Nirvana vive dentro lei come una maledizione, è una magia oscura. La sua fortuna è stata che ne è rimasto solo qualche frammento legato al suo corpo, perciò non troppo influente se non per il fatto che a volte amplifica le sue emozioni».
«Per questo nel futuro che abbiamo visto tutti è impazzita in quel modo. Nel futuro dove Laxus è morto la sua follia si è manifestata col desiderio di morire, in questo futuro invece la sua pazzia si sta manifestando col desiderio di proteggerlo. Ma è comunque accecata da Nirvana nello stesso identico modo» disse Wendy.
«Credo che Laxus l'abbia capito. Per questo la sta assecondando e non si muove da lì» mormorò Charle, osservando l'uomo che immobile nella sua posizione non faceva che alternare sguardi tra Priscilla e Zirconis di fronte a sé che ancora disperato lottava contro quei fastidiosi draghetti.
«Ragazzi!» l'urlo di Lucy interruppe i loro discorsi e la ragazza, brandendo un quadernetto mal ridotto, corse loro incontro. «Guardate!» esclamò porgendolo ai suoi amici. 
«Che cos'è?» chiese Yukino, prendendo il diario tra le mani.
«È il diario della me del futuro. Leggete che scrive!» disse aprendo le pagine e indicando una riga specifica.
«"Qualora le porte venissero distrutte in quest'epoca anche la mia esistenza nel futuro cesserebbe, come conseguenza di una reazione a catena"» lesse Yukino, ad alta voce. 
«Che cosa significa?» chiese Arcadios, avvicinandosi al fianco di Hisui.
«In altre parole» spiegò Lucy. «Se le porte vengono distrutte ora, possiamo alterare il futuro in modo che sia legato a questo evento. Se le porte non funzionano nel futuro, Rogue non potrà venire nel passato».
«Capisco» mormorò Lily. «Se Rogue del futuro perde il suo mezzo per viaggiare nel passato allora potremmo riscrivere la storia, in teoria».
«Ma anche se così fosse davvero potrebbe fermare qualcosa che è già accaduto?» chiese Hisui, titubante. 
«Nel migliore dei casi Rogue e i draghi dovrebbero sparire, giusto?» chiese Happy.
«Vale la pena tentare» sorrise Charle. 
«Ma non abbiamo i mezzi per distruggere qualcosa di così grosso» mormorò Arcadios, voltandosi a guardare le porte.
«Lo colpiremo con tutta la magia che abbiamo!» esclamò Lucy, convinta, e Yukino le andò dietro decisa ruggendo: «Esatto!»
Lucy insieme a Yukino non esitò e insieme tentarono rapidamente quella nuova soluzione: dando sfogo a tutte le forze rimaste colpirono la porta, ma nonostante il colpo fu in grado di far tremare persino le pareti del castello, essa non mostrò nemmeno un graffio. 
«Impossibile...» mormorò Lucy.
«È fatta di una lega resistente alla magia, credo che distruggerla sia più facile dirsi che a farsi» disse ancora Arcadios, corrucciandosi. Avevano la soluzione lì, a portata di mano, eppure non sarebbero riusciti ad afferrarla nonostante la vicinanza. Era frustrante come non mai.
«Ci riproveremo!» disse Lucy, per niente arrendevole.
«Tutti insieme!» le diede corda Mirajane, avvicinandosi alle due maghe degli Spiriti Stellari insieme ai Raijinshuu. E una volta che furono tutti vicini caricarono i propri colpi, disegnando in aria ognuno un proprio cerchio magico, e colpirono ancora le porte con tutta la forza che avevano. Ancora, ancora e ancora. Tremavano, vacillavano, ma niente sembrava essere in grado persino di scalfirla. Fino a quando un urlo provenne dal cielo.
«Toglietevi tutti da lì!» la voce di Natsu attirò i loro sguardi verso l'alto e lì lo videro, in caduta libera, avvolto da una fiamma brillante e immensa. Rogue era intrappolato dentro essa e con grande stupore persino il drago che aveva cavalcato fino a quel momento veniva spinto dalla furia infiammata di Natsu. Lucy e gli altri scapparono e cercarono di mettersi in salvo mentre Natsu, dietro di loro, atterrava insieme ai suoi nemici dritto dritto sulla porta magica.
Eclipse venne così infine distrutta.

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Capitolo 60
*** Ballo ***


Ballo





«Sei bellissima vestita così, Yukino!» la voce di Mirajane squillò all'interno della stanza. Accanto a lei Lucy, ancora in reggiseno, si accostò per guardare la ragazza vestita con un elegante abito sontuoso. Era rossa in volto per la vergogna, si stringeva in se stessa con timidezza e la cosa peggiorò nell'istante in cui anche Lucy sorrise guardandola. 
«Mira-nee» chiamò Lisanna, alle sue spalle. Di fronte ad uno specchio si allungava all'indietro nel tentativo di stringere dei nodi dietro la sua schiena, senza riuscirci troppo: «Dai una mano anche a me?» chiese. Mirajane si voltò verso la sorella, attirata dalla sua richiesta d'aiuto, e corse da lei. 
«Non dovresti stringere troppo i nodi, però, Lisanna. Hai ancora qualche livido» cercò di dirle, allentando appena i lacci stretti del corpetto.
«Sto bene, sono già passati alcuni giorni. Sto guarendo, davvero» cercò di rassicurarla.
«Ci hanno messo solo un paio di giorni a sistemare i danni maggiori in città causati dai draghi. È davvero incredibile» commentò Lucy, tornando a scegliere il proprio vestito. 
«È incredibile pensare che solo pochi giorni fa c'erano draghi per la città. Ora sembra solo un brutto sogno» disse Lisanna e Lucy annuì.
«Per fortuna il piano della futura Lucy ha funzionato e non appena distrutta Eclipse sono tutti spariti e tornati nella loro epoca» sospirò Yukino, sollevata. 
«Già... e siamo tutti vivi» disse Mirajane, lasciando che un'ombra le oscurasse per un istante il volto. Lucy la guardò preoccupata poi silenziosamente e cercando di non farsi notare spostò lo stesso sguardo su Priscilla che, di spalle, stava ancora scegliendo un vestito all'interno dell'enorme armadio che la Principessa Hisui aveva loro concesso. La vittoria contro i draghi era stato un gran successo, non c'era stata singola persona che non fosse esplosa in un pianto di gioia e urla di felicità. Per giorni si erano trascinati dentro l'entusiasmo di quell'evento, che era andato ingigantendosi man mano che realizzavano che stavano bene ed era tutto finito. Per tutti era stato così... tranne che per lei. Non appena Zirconis era sparito, dopo un breve scambio di parole con Hisui, Priscilla era pian piano tornata in sé. Laxus aveva cercato di accogliere con dolcezza quel suo ritorno alla ragione, le aveva sorriso, le aveva detto che avevano vinto e che era anche merito suo. L'aveva ringraziata per averlo protetto, uno sforzo non da poco visto il suo animo orgoglioso, ma lui come tutti gli altri sapeva la delicatezza che avrebbero dovuto usare con lei fino a quando non si sarebbe ripresa del tutto. Era stato di una dolcezza surreale, mentre cercava di rincuorarla e rasserenarla, ma nonostante tutto... Priscilla non aveva più sorriso. Né quella sera, né nei giorni successivi, nemmeno di fronte ai battibecchi tra Natsu e Gajeel o alla follia di una Lluvia che continuava a rincorrere con ossessione Gray. Tutto era tornato alla normalità, persino il caos della gilda più attaccabrighe di tutta Fiore, i sorrisi e la gioia, le bevute e il cibo, tutto sembrava come prima. Ma Priscilla non sorrideva. 
Non glielo avevano chiesto cosa la tormentasse a tal punto, ma dentro sentivano di saperlo: si era fatta sopraffare da Nirvana e accecata da esso, in un futuro che per fortuna avevano riscritto, aveva però dimostrato di essere capace di uccidere alcuni dei suoi compagni se fosse caduta nella follia. La conoscevano abbastanza da poter essere certi che il motivo di un simile tormento era sicuramente un inguaribile senso di colpa. 
«Beh, l'importante è che è tutto finito per il meglio!» esclamò Lucy, sforzandosi di sorridere e tornare alla normalità. «Il passato è passato, pensiamo solo a divertirci stasera. Non ho mai partecipato a una festa in un castello come questo, credete ci saranno tante persone importanti?»
«Una festa a corte tra nobili e Reali! Che emozione incredibile!» disse Wendy, arrossendo appena. «Tu hai mai partecipato a una festa simile, Priscilla-nee?» chiese, tentando di coinvolgerla come faceva sempre da qualche giorno. 
«No, mai» rispose lei, semplicemente. 
«Credi ci divertiremo?» chiese, avvicinandola e guardando insieme a lei gli abiti che fissava ormai da minuti interi.
«Credo che Natsu rovinerà tutto come al solito» disse con un'inquietante apatia e a far zittire tutti fu non tanto il tono usato quanto la verità contro cui si stavano scontrando. Le probabilità che Natsu facesse qualche guaio erano estremamente alte.
«Trovato!» esclamò Charle. Si fece largo tra qualche vestito e volando uscì dall'armadio, dove si era nascosta fino a quel momento. A un paio di metri da terra, teneva alzato e ben dritto un abito: «L'abito perfetto! Che ne dici?!» sorrise orgogliosa mostrando l'abito azzurro con i ricami dorati a Priscilla. Il corpetto decorato d'oro scendeva in una corta gonna dai ricami squadrati che davano quasi l'aspetto di una pelle di drago. Stesso ricamo sul seno, dove terminava l'abito lasciando così le spalle scoperte. A dare eleganza c'erano strati di organza che scendevano dai fianchi  fino alle caviglie, in una gonna asimmetrica che lasciava scoperta solo la parte frontale delle gambe. 
«È un po' azzardato!» commentò Lucy, lievemente rossa in volto. Era sicuramente splendido a vedersi, ma l'asimmetria era veramente accentuata e avrebbe lasciato le gambe di Priscilla completamente nude. 
«È un ballo Reale, forse ci vorrebbe qualcosa di più elegante e meno sensuale» si unì Yukino.
«Invece è perfetto!» disse Charle alzando il mento con orgoglio. Un'espressione che Wendy aveva già visto altre volte e che non lasciava presagire niente di buono... proprio come l'ultima volta, quando presa dall'euforia dell'incontro romantico tra Laxus e Priscilla aveva portato in gilda quel terribile unguento magico di Ichiya che aveva fatto impazzire tutte le donne presenti.
«Charle, hai ripreso a leggere quel libro, vero?» le chiese Wendy guardandola poco convinta.
«Un ballo a palazzo! Tra dame e nobili cavalieri, i due giovani incrociarono i loro sguardi e restarono ammaliati dalla bellezza accentuata dagli eleganti abiti in cui erano fasciati! Lei, più delle altre, risaltava per il suo fascino e la meraviglia con cui il suo abito faceva splendere le sua bellezza» recitò Charle, roteando su se stessa insieme all'abito che frusciò nel suo insieme di veli.
«Ma di che parla?» chiese Yukino, che non conosceva tutti i retroscena, e Lucy rispose semplicemente con una risata nervosa. 
«A me sembra molto bello» disse Mirajane, avvicinandosi a Priscilla e poggiandole le mani sulle spalle da dietro la schiena. «Ho visto degli splendidi gioielli nel portagioie. Potremmo aggiungere un bel collier delicato».
«Mira-nee! Che ne pensi di questi manicotti di raso?» chiese Lisanna, intervenendo e stringendosi anche lei a Priscilla che ancora sembrava mostrare apatia di fronte a tutto quello. 
«Ci vorrebbero anche delle belle scarpe» aggiunse Mirajane e Wendy si illuminò, correndo verso la scarpiera e disse: «Quelle le voglio scegliere io!»
«Aspetta, Wendy! Ti aiuto!» disse Lisanna e le corse a fianco.
«Perché intanto non vedi come ti sta il vestito?» chiese Mirajane e Charle glielo spinse addosso, costringendola così a prenderlo tra le mani.
«Posso chiedere a Cancer di occuparsi dei tuoi capelli!» sorrise poi anche Lucy, felice di quel gioco che avevano cominciato a fare. Priscilla non rispondeva e non accennava a sorridere, ma comunque spostava lo sguardo su ognuno di loro, le ascoltava, non era completamente assente. Sembrava anzi addirittura incuriosita. Magari se avessero insistito avrebbero anche potuto strapparle un sorriso.
Ma Priscilla sospirò e abbandonandosi si mise a sedere su di una panca, appoggiando l'abito sulle propria ginocchia. 
«Non ti piace?» chiese Charle. «Ne posso cercare un altro, dammi solo qualche minuto».
«Sto rovinando tutto, non è vero?» mormorò rassegnata Priscilla, ignorando la frase di Charle. Ma non riuscirono a capire di cosa stesse parlando, si presero qualche istante di silenzio solo per riuscire a trovare un significato a quella frase e questo permise a Priscilla di aggiungere: «Siete tutte così entusiaste per questa festa e io non faccio che tenere il broncio. Forse era meglio se non venivo».
«Ma cosa stai dicendo? Proprio perché non ti senti molto bene devi venire! Stare tutti insieme ti aiuterà a tirarti su di morale, vedrai!» sorrise Lisanna, incoraggiante.
«Non dirmi che non sei curiosa di vedere cosa combinerà Natsu questa volta» ridacchiò Lucy.
«Non mi sentirei tranquilla sapendo che non sei con noi in un momento come questo, Pricchan» confessò Mirajane, sempre amorevole come una madre. Una frase, in mezzo alle altre, senza un significato più profondo rispetto a ciò che avevano detto anche le sue amiche ma che fu in qualche modo più incisiva. Riportò alla mente una promessa, vecchia di nemmeno troppi giorni.
"Promettimi che non piangerai mai più da sola".
«Priscilla-nee!» Wendy si infilò tra le sue amiche e si avvicinò a Priscilla, poggiandole le mani sulle ginocchia. «Se sei triste non importa, resterò con te per tutta la sera e sorriderò anche per te, fino a quando non tornerai a farlo da sola. Così nessuno avrà la sensazione che tu stia rovinando niente!» sorrise e cercò di farlo con tutte le sue forze, come a volerle dimostrare che poteva riuscirci. Sorridere per lei, proteggerla fino a quando non si sarebbe sentita pronta e fare in modo che non ci sarebbe stata nessuna conseguenza. Priscilla fu rapida nella sua reazione, anche fin troppo, tanto da sorprenderla. L'avvolse in un abbraccio, chinandosi in avanti per raggiungerla, e la strinse nascondendo il proprio volto tra i capelli sciolti della bambina.
«Wendy» mormorò lasciando uscire con la sua voce il dolore che si portava dentro. L'aveva promesso, non avrebbe più pianto da sola. Doveva farlo. «Mi dispiace tanto» disse, tremando.
«Eh?» mormorò la bambina, non capendo assolutamente cosa le fosse preso.
«Devo dirti una cosa» confessò, infine. «Io...» un singhiozzo la fece sobbalzare, ma non le impedì di proseguire con decisione: «Ti ho mentito... per tutto questo tempo».
«Che stai dicendo, Priscilla-nee?» chiese Wendy, cominciando a preoccuparsi. 
«Il motivo per il quale mi sono infiltrata nella missione di Nirvana... il motivo per il quale fin da subito mi sono mostrata attenta e legata a te. Io... io sono così egoista» tremò e singhiozzò ancora. Poggiò una mano dietro la nuca di Wendy e se la strinse ancora di più, mossa dal terrore che rivelando quel particolare lei sarebbe potuta scappare. 
«La tua magia... io volevo la tua magia» riuscì a dire, con grande sforzo.
«La mia magia?» chiese Wendy, confusa.
«Ho da sempre desiderato liberarmi dal legame di mio padre e diventare completamente umana, non ho mai sognato niente così ardentemente. Gerard mi parlò di te, della tua magia curativa, la magia del cielo... disse che forse avresti potuto farlo. Avresti potuto realizzare il mio desiderio. È solo per questo che quando ho sentito che Cat Shelter avrebbe preso parte alla missione di Nirvana mi sono infiltrata, è solo per questo che io... io ti ho ingannata, Wendy, mi dispiace tanto» scoppiò a piangere, infine, tra le braccia di una Wendy troppo sconvolta per riuscire persino a ricambiare l'abbraccio. 
«Può... davvero farlo?» sussurrò Lucy.
«Ti ho fatto credere che fossimo legate dal destino, che mi fossi affezionata a te dal primo istante, quando invece mi interessava solo poter usare la tua magia per realizzare il mio desiderio» pianse ancora Priscilla. «Ma alla fine... alla fine ti ho voluta bene davvero, Wendy. Ti voglio bene davvero!» singhiozzò.
«Perché non mi hai mai detto che avrei potuto farti diventare umana... Priscilla-nee?» chiese Wendy, con un filo di voce.
«Perché...» tremò ancora Priscilla, esitò, per poi riuscire a confessare. «Perché con ogni probabilità non funzionerebbe e tu mi uccideresti».
"Uccidimi".
Quella richiesta, in quell'ipotetico futuro che erano riusciti a vedere ed evitare, ora aveva una consistenza così diversa. La disperazione di Priscilla di fronte a un futuro che non aveva più senso senza l'uomo che aveva amato fin dal primo istante in cui aveva cominciato a provare dei sentimenti, quella disperazione aveva colpito ogni cosa, uccidendo persino i suoi compagni, ma lasciando in vita l'unica speranza che poteva ancora avere. Wendy era l'unica che era rimasta viva da quell'attacco di pazzia, aveva creduto in un caso ma la verità era ben diversa. Wendy poteva ucciderla... e lei le aveva chiesto di farlo. La fata immortale, la bambina di carta, aveva da sempre tenuto sotto l'ala l'unico suo punto debole. Proteggendo Wendy avrebbe protetto il proprio futuro, un desiderio che sotto sotto non aveva mai smesso di covare, una speranza da conservare per il giorno in cui avrebbe avuto il coraggio di affrontarlo, il giorno in cui si sarebbe sentita di non aver niente da perdere. Proteggere Wendy significava proteggere se stessa, perché in una vita immortale lei poteva essere la sua fine ma anche la sua unica via d'uscita.
"Uccidimi".
Lo ricordava quel primo giorno, il giorno in cui si erano conosciute. Wendy era caduta miseramente all'ingresso della gilda di Blue Pegasus e Priscilla le aveva allungato una mano, sorridente. L'aveva protetta dall'attacco di Brain usando tutta la rabbia e la forza che aveva, l'aveva cercata e salvata, l'aveva stretta tra le braccia dal primo istante decisa a colpire a morte chiunque avesse provato anche solo a sfiorarla. Il suo tesoro più prezioso. 
Quanto tempo era passato da allora? Ne erano successe di cose, ne avevano vissute di avventure. Gli allenamenti al porto, la stanza condivisa, le notti insonne per parlare al buio, raccontarsi e ricordare, gli abbracci, le missioni, l'avventura a Edoras e il sacrificio di Priscilla per cercare di salvarla finendo col venirne risucchiata per prima. I mesi passati a risparmiare per cercare di ricomprare la casa della sua infanzia, il ritorno di Laxus che l'aveva per un attimo intimorita, i guai con il profumo dell'amore di Ichiya e quel torneo che era finito in una lotta contro dei veri draghi. Quante cose... quante volte si erano cercate, si erano sorrise, si erano protette. Niente di tutto quello era stato finto, Wendy ne era certa. 
«Nee-san» mormorò e sentirsi chiamare così, nonostante tutto, fece tremare Priscilla ancora di più. «Mi hai dato una famiglia e una casa proprio quando ne avevo più bisogno. Mi hai resa forte, ti sei presa cura di me per tutto questo tempo. Io non ti credo, non credo affatto che tu sia egoista e l'hai fatto solo per questo. Non mi importa cosa tu abbia creduto fino a questo momento... io e Charle siamo le tue sorelline, giusto?» sorrise e l'incoraggiante discorso, l'amore di quelle parole, fece commuovere le amiche che avevano intorno. Ma Priscilla ancora non sorrise. La strinse più forte e poté sentire il suo respiro affaticato contro la pelle del proprio collo. 
«Wendy...» la sentì mormorare cupa e severa. «Usa la tua magia su di me».
«Eh?» sbiancò la bambina, chiedendosi se quel sentimento di follia provato nell'ipotetico futuro della morte di Laxus fosse in realtà ancora presente. 
«Ma non hai appena detto che...» mormorò Lucy, altrettanto preoccupata.
«Se non lo farai, lascerò la gilda» aggiunse Priscilla e Charle fu la prima a fare un passo verso di lei, balbettando un confuso e spaventato: «Aspetta un attimo...»
«Nirvana è presente dentro me solo in piccole quantità, finora non era mai stato un grosso problema portarlo con me, pensavo di essere in grado di controllarlo e che al massimo avrei dovuto sopportare qualche esplosione emotiva un po' più complessa del solito. Ma... l'avete visto anche voi...» la pazzia che l'aveva accecata, la follia che aveva fatto esplodere, incontrollata, la sua magia fino a colpire i suoi stessi amici. Era stato Nirvana, anche se in quantità minuscole era riuscito a trovare qualcosa a cui appigliarsi, un intenso sentimento di disperazione che gli aveva permesso di allargarsi e spandersi come una macchia d'olio e l'aveva sopraffatta completamente. Quel futuro che fortunatamente avevano scampato le aveva lasciato un avviso ben più importante di quello di un semplice salvataggio momentaneo... quel futuro poteva accadere. Contro ogni sua credenza e speranza, poteva succedere che poteva perdere il controllo tanto da fare del male ai suoi stessi amici. 
«Non posso permettere che ciò accada» confessò. «Elimina Nirvana dal mio corpo o me ne andrò, così non sarete mai più in pericolo a causa mia».
«Io... non lo so fare...» balbettò Wendy, confusa e spaventata. 
«Hai appena detto che c'è il rischio che possa ucciderti!» esclamò Charle.
«È così. La magia che mi compone, la magia che Ivan ha usato per crearmi, è magia nera di Zeref. Una magia purificatrice come quella di Wendy potrebbe entrare in contrasto con questa e annientarla, uccidendomi. Ma non ho altra scelta» disse Priscilla.
«E allora quello che mi stai chiedendo è impossibile!» urlò Wendy con gli occhi umidi. 
«Perciò non mi resta che abbandonare Fairy Tail e allontanarmi il più possibile da voi» concluse Priscilla. 
«Non dire sciocchezze! Non puoi semplicemente scappare e basta!» intervenne Lucy.
«Non eravamo preparati, per questo Nirvana ci ha colpito così duramente in quel futuro. Ma ora che lo sappiamo possiamo trovare il modo di controllarlo, tutti insieme» disse Mirajane, speranzosa. 
«È troppo pericoloso» disse Priscilla. 
«Siamo Fairy Tail! Credi che il pericolo ci spaventi?» insisté Lucy. «Non ti permetteremo di andartene così, non per queste assurde ragioni!»
«Non credo ti sarà nemmeno possibile, Laxus e i Raijinshuu metterebbero a soqquadro l'intero continente per ritrovarti e ti legherebbe alla gilda per impedirti di andartene ancora» disse Lisanna. 
«Hanno vissuto tanti anni senza di me, possono tornare a farlo» commentò ancora Priscilla.
«Credi davvero che potremmo accettarlo così, silenziosamente?» la rimproverò Lucy e aspirò un grosso quantitativo di aria, pronta a scaricarle addosso tutte le sue ragioni ma Wendy la interruppe con un deciso: «Lo farò!»
«Wendy!» sobbalzò Charle. 
«Priscilla-nee non vuole morire e non vuole nemmeno lasciare la gilda, se così non fosse non ci avrebbe pensato silenziosamente tutti questi giorni, non avrebbe esitato fino a questo punto» disse Wendy e Priscilla si trovò ad ammorbidirsi. Lo sguardo deciso della bambina, le sue dure e sicure parole: era stata in grado di capirla così a fondo in così poco tempo e quella forza trasmetteva solo tutto il desiderio di aiutarla. 
«Wendy...» mormorò commossa.
«Questo significa solo che crede nelle mie capacità e sa che posso riuscirci. Perciò lo farò! Chiederò aiuto a Polushka-san e anche a Chelia, troveremo insieme il modo di eliminare Nirvana senza intaccare la magia che la tiene in vita» disse stringendo i pugni con determinazione. Mirajane, Lucy e Lisanna si scambiarono uno sguardo preoccupato, chiedendosi probabilmente se questo sarebbe stato possibile. Ma alla fine sorrisero, decise a crederci e avere fiducia. 
«Vi aiuteremo anche noi» disse infine Lucy. «Posso chiedere a Crux di fare qualche ricerca e Levy può cercare qualcosa sui suoi libri».
«Ottima idea!» sorrise Lisanna, guardando l'amica con entusiasmo. «Ci daremo da fare tutti quanti, vero Mira-nee?» chiese alla sorella che con un luminoso sorriso annuì. 
«Ragazze...» mormorò Priscilla, abbassando gli occhi al vestito che ancora teneva sulle ginocchia. Per giorni si era interrogata su quale sarebbe potuto essere il modo migliore di proteggere quella gilda che con fierezza e delicatezza stringeva tra le dita e qualsiasi risposta le venisse alla mente non era mai niente di bello e confortante. Per giorni non aveva pensato che a loro, sentendosi una bomba a orologeria, chiedendosi come avrebbe potuto curarli e accudirli. Ma alla fine erano loro che si erano ritrovate ad accudire lei, con forza e dolcezza. 
«Lascia fare a noi, Pricchan! Troveremo una soluzione tutti insieme» disse Lucy con un sorriso allegro e convincente.
Tutti insieme.
Era così bello. E per la prima volta dopo quel terribile evento, l'angolo destro delle labbra di Priscilla accennò a sollevarsi appena. Impercettibile, ancora abbattuto, ma vinto per un istante dal desiderio di sorridere.
«Tu intanto fatti sparire quel muso lungo, indossa questo splendido abito che Charle ha scelto per te con tanta cura e stasera divertiti fino allo sfinimento!» disse Lisanna inginocchiandosi di fronte a lei e alzando nuovamente l'abito in modo che aderisse al suo corpo. Ancora una volta le sue labbra cedettero allo sforzo di tirarsi appena verso l'alto, a segnalare che finalmente quel sorriso stava vincendo contro la tristezza.
«Ah!» esclamò Mirajane, battendo le mani con euforia. «Potremmo aggiungere un po' di trucco sul viso! Sarai tanto bella da far invidia alla principessa!»
«Laxus resterà senza parole» sghignazzò Lucy, divertita ed emozionata all'idea.
«Santo cielo» sospirò Priscilla, cedendo totalmente a quell'accenno di felicità e concedendosi un divertito risolino. Le sue amiche erano tornate a sognare su quell'evento, forse desiderose di riportarla su pensieri ben diversi da quelli terribili di poco prima, e per quanto fosse da sempre stato imbarazzante doveva ammetterlo che in quel momento in qualche modo stava funzionando. «Non mi costringerete a ballare con lui, spero» azzardò, cercando di farsi trascinare da quell'argomento abbastanza da dar loro soddisfazione e magari attenuare un po' anche il suo senso di tensione. 
«Assolutamente!» esclamò Lucy.
«È il minimo, diamine!»si unì Lisanna quasi offesa.
«Ti trascineremo noi se non ci provi tu!» annuì Charle. 
«È come una fiaba, che emozione» disse Mirajane, portandosi le mani al volto arrossato. 
«E noi terremo Bickslow-san lontano!» si unì Wendy con determinazione.
«Bickslow?» mormorò Priscilla, sorpresa di sentirlo nominare ma capendo presto a cosa la ragazzina si riferisse. Vedendola vestita e truccata come le sue amiche stavano progettando, Bickslow avrebbe potuto intromettersi e cercare di tenerla per sé per tutta la sera. Anche se spesso lo faceva solo per scherzare, avrebbe potuto rovinare quello che per loro era un grande momento. Solo pensarci la metteva profondamente in imbarazzo, ma proprio quello stesso imbarazzo le fu incredibilmente familiare. Quante volte avevano affrontato quei discorsi "da donne" e quante volte, anche se imbarazzanti, si era sentita... normale. Come loro. Come una famiglia. Desiderò davvero dimenticare ogni cosa, almeno per quella sera, lo desiderò ardentemente. 
«Lasciate fare a me, sarò un bellissimo diversivo» ridacchiò Lisanna e Lucy, accanto a lei, la guardò a bocca e occhi spalancati prima di esclamare: «Lisanna! Tu... ti interessa... da quando...?» balbettò rossa in volto.
«Chissà» sospirò lei. «Cana ha detto che troverò presto l'uomo della mia vita e che si trova proprio vicino a me, tutto potrebbe essere».
«Li vuoi girare tutti fino a trovare quello giusto?» chiese Charle, alzando un sopracciglio. 
«Santo cielo, per chi mi hai preso?! È ovvio che alcuni sono già stati presi, devo fare un'attenta selezione» commentò Lisanna.
«Sembra che tu debba andare a fare la spesa e ti serva la lista» mormorò lucy, guardando di traverso l'amica. 
«Non posso mica aspettare tutta la vita, una donna deve anche darsi da fare per incoraggiare il destino a sorriderle» insisté Lisanna. «E un ballo a palazzo Reale è un sogno per ogni ragazza, è come nelle fiabe! Tra dame e nobili cavalieri, i due giovani incrociarono i loro sguardi e restarono ammaliati dalla bellezza accentuata dagli eleganti abiti in cui erano fasciati! Lei, più delle altre, risaltava per il suo fascino e la meraviglia con cui il suo abito faceva splendere le sua bellezza» recitò emozionata e Wendy mormorò, riconoscendo quelle parole: «Stai leggendo lo stesso libro di Charle, vero?»
Una delicata voce singhiozzò timida alle sue spalle e attirò non solo la sua attenzione ma anche quello di tutte le altre. Si voltarono in silenzio verso Priscilla e la videro a occhi socchiusi, il volto chino, la mano timida vicino alle labbra. Le spalle si muovevano delicatamente mentre dalla gola usciva timida e timorosa quella che sembrava essere una risata soffocata. Spensierata, sempre più libera da ogni peso e dolore, si ammorbidì sempre più e permise a quella candida risata di uscire con più leggerezza dal suo petto. La tensione sparì del tutto, lasciando in loro solo tanta gioia. Priscilla finalmente era tornata a sorridere.


Il salone del palazzo che ospitava quella festa era decisamente immenso. I membri di tutte le gilde si erano riuniti al suo interno e con la musica che già rimbalzava su pareti e pilastri avevano tutti cominciato a mangiare, bere, ballare e festeggiare. Gli invitati erano vestiti con una certa eleganza e classe, persino Gray aveva addosso un papillon... anche se in mutande.
Elfman si stava abbuffando a un tavolo, Cana ballava con una bottiglia in mano in maniera sganasciata, mentre Macao tentava invano di riprenderla e rimetterla al suo posto. Dall'altro lato della sala era possibile sentire persino da lì il coro di Blue Pegasus che elogiava l'eleganza di Ichiya e avevano ripreso a cantare e ballare. Baccus si avvicinò a Cana e bevve insieme a lei, temerario e pronto a passare la notte ad annaffiarsi d'alcol insieme alla compagna migliore che avesse potuto trovare in quel campo. I Quattro Cuccioletti cercarono, alle loro spalle, di prendersi un po' di attenzioni, urlando quanto fossero Wild e unendosi ai due. Ancora altrove era possibile scorgere i membri di Mermaid Heel, anche loro eleganti e bellissime, anche se Kagura sembrava non trovarsi molto a suo agio in quelle vesti. Makarov era insieme ai master delle altre gilde e Yajima, con cui condivideva l'età avanzata e qualche vecchio ricordo, e insieme a loro beveva e parlottava sulle gioie della vecchiaia e la bellezza delle nuove generazioni. 
Lucy arrivò insieme al piccolo gruppo di ragazze con cui si era preparata, facendo qualche minuto di ritardo a causa della loro chiacchierata, ma non se ne pentì minimamente. Da quando Priscilla si era sbloccata, dopo che l'avevano aiutata a vestirsi e prepararsi, era lentamente tornata la stessa di prima. Bastava quello a rendere magnifica quella serata. Si dispersero poco dopo, Lisanna e Mirajane raggiunsero Elfman insieme a Yukino, Priscilla e Wendy si avvicinarono avide al banchetto dei dolci, Lucy si avvicinò a Gray e Lluvia chiedendosi dove fosse Natsu e intanto cominciò a mangiare alcuni di quei magnifici manicaretti preparati in loro onore. 
«Wow» mormorò Priscilla, guardando con gli occhi che le brillavano il tavolo ricolmo di frutta e dolci. «Fragole caramellate!» esclamò già con l'acquolina in bocca e in pochi istanti se ne mise un paio in bocca.
«Mangiane una alla volta!» la riprese Charle, ma lei la ignorò e ne aggiunse un'altra assumendo così un'espressione che tutto poteva sembrare tranne quello di una dama di corte. «Tanta fatica per renderla graziosa e femminile e poi scivola al primo dolcetto che incontra. È una battaglia persa» piagnucolò la micetta, accanto a Wendy che sghignazzava divertita. 
«Wendy!» la voce di Chelia attirò la ragazzina. Le due si salutarono e cominciarono a parlare tra loro, guardando con gli occhi brillanti i dolci che avevano davanti e chiedendosi cosa avrebbero dovuto assaggiare per prima. Priscilla intanto, sempre seguita e rimproverata da una Charle ostinata nel suo tentativo di renderla una principessa, stava percorrendo tutto il tavolo e faceva scorta sotto braccio di tutto ciò che sembrava gustoso. 
«Priscilla-san» chiamò Hisui, avvicinandola. 
«Principessa!» esclamò Priscilla, sorridendo allegra, e poggiò momentaneamente il piatto stracolmo sul tavolo al suo fianco per poter salutare decentemente la ragazza che ora aveva davanti. 
«Finalmente siete arrivate, non mancavate che tu e le altre» sorrise Hisui. «Il banchetto è di tuo gradimento?»
«Sembra tutto delizioso!» commentò Priscilla, voltandosi a guardare il tavolo di nuovo con l'acquolina in bocca. 
«Ne sono felice! I cuochi di corte sono giorni che si danno da fare per dare a voi maghi il meglio. Di solito non facciamo feste di questo genere, ma vista l'occasione ci sembrava opportuno ringraziarvi. Avete messo a rischio le vostre vite a causa nostra e avete salvato la città, è qualcosa che vale molto di più che qualche dolcetto» disse Hisui.
«Oh, i dolci basteranno, stai tranquilla» ridacchiò Priscilla, luminosa, e Charle dietro di lei le ruggì contro: «Sei la solita sfacciata!» 
«A proposito...» disse Priscilla, ignorando il rimprovero di Charle. Arrossì imbarazzata e si grattò la nuca, prima di confessare: «Perdonami per il finto rapimento e il trattamento di qualche giorno fa. Spero capirai che... ecco stavo agendo per il bene della mia gilda».
«Sta' tranquilla, è stato in un certo modo divertente» ridacchiò Hisui ricordando l'incredibile avventura di cui era caduta vittima nell'istante in cui aveva creduto che un fantasma le fosse apparso a fianco. «Siete una gilda veramente incredibile, il risultato di questi Giochi lo hanno dimostrato ampiamente. Stavo giusto andando ora da Laxus-sama per congratularmi, sono già stata anche dagli altri ma non riesco a trovare invece Natsu-san. Sai dove si trova?» 
«Sapevo che sarebbe successo qualcosa» sospirò Priscilla, nel sentir dire che Natsu non si trovava in giro. Non aveva grandi speranze nel compagno, sapeva che certo non poteva aspettarsi che si fosse messo a riposare da qualche parte, probabilmente stava combinando qualche guaio e presto sarebbe uscito fuori.
«Come?» chiese Hisui, non capendo e chiedendosi se avesse sentito bene.
«No, niente» ridacchiò Priscilla, nervosa. «Mi spiace ma non ho idea di dove sia».
«Se dovessi vederlo mandalo da me, per favore, vorrei ringraziarlo profondamente per quello che ha fatto per noi» e con quell'ultima frase si congedò, allontanandosi.
«Quanto credi che ci metterà a far saltare in aria l'intero castello?» sospirò Priscilla, in parte consapevole di ciò che si sarebbe dovuta aspettare, e si voltò a cercare Charle. Con sua grande sorpresa però la sua interlocutrice non era più lì. Si guardò attorno disorientata, chiedendosi quando la gattina si fosse allontanata e per quale motivo, ma non la trovò da nessuna parte inconsapevole del fatto che Erza fosse passata di lì appena pochi secondi prima e l'avesse letteralmente rapita infilandosela all'interno dell'abito. Stessa sorte destinata anche a Happy e Lily con l'unico scopo e obiettivo di comprare l'amore di Miliana che ultimamente vacillava un po', da quando aveva scoperto che Erza era tornata a frequentare Gerard.
Si voltò ancora, cercando questa volta Wendy, ponderando l'idea di stare un po' con lei. La trovò però già distante, impegnata a parlare con Chelia e condividere con lei un dolcetto che il fantasma di Mavis bravama avidamente alle loro spalle. Fece ancora scorrere gli occhi sulla sala, trovando poco lontano Lisanna impegnata a rimproverare la voracia di Elfman che rischiava persino di sporcarsi l'abito. Insieme a lei anche Mirajane tentava di dire la sua. Lucy si era fermata a parlare con Hisui, Yukino si era riavvicinata a Sting e al resto della sua vecchia gilda, con cui sembrava stesse nuovamente riallacciando i rapporti dopo che il vecchio master, non avendo gradito la sua battaglia persa, l'aveva cacciata via brutalmente. Erza parlava con Kagura e Miliana, abbracciando la prima e regalando Exceed alla seconda per poterla convincere a tornare a sorridere.
Abbozzò un sorriso, tornando a guardare il suo piatto di dolciumi in completa solitudine. 
«Tante storie sul vestito e convincermi a ballare e poi mi lasciano sola alla prima occasione» ridacchiò e benché fosse una triste situazione, provò lo stesso un certo sollievo. Si sarebbe evitata volentieri tutta una serie di imbarazzanti eventi che probabilmente avrebbero cercato di realizzare tra lei e Laxus. Avrebbe invece passato la serata a mangiare e godersi quel sottile vociare. Oltretutto fuori il cielo era luminoso come poche volte, pieno di una quantità innumerevole di stelle. In fondo era una bella serata. 
«Potrei andare a cercarlo» mormorò tra sé e sé, chiedendosi per la prima volta da quando aveva messo piede lì dentro dove fosse Laxus. Il malumore di quei giorni passati era stato decisamente intensificato le volte in cui lui le stava attorno. Non perché avesse fatto qualcosa di male, ma vederlo le portava sempre alla mente tutte quelle orribili scene che aveva provato a dimenticare con tale fatica. Il sangue... il suo cappotto. Bastava il ricordo per aprire uno squarcio nel suo petto, il pensiero che quello sarebbe potuto essere realtà, e il proprio urlo disperato rimbombava all'interno delle sue orecchie tutte le volte. Non era mai stata in grado di percepire Nirvana dentro sé tanto forte come quel momento. Di crisi ne aveva affrontate a bizzeffe, di momenti orribili e terrificanti, aveva collezionato infiniti momenti drammatici in quegli anni di vita eppure mai nessuno era stato in grado di ucciderla tanto quanto l'assistere alla morte di Laxus. Non solo la terrorizzava l'idea di poter ricadere vittima di quell'incubo, terribile e disperato, ma tutto quello non faceva che confermare ulteriormente i suoi più grandi timori: i suoi sentimenti verso di lui erano decisamente più intensi di quanto avesse mai sospettato. E non era qualcosa contro cui voleva scontrarsi, non con quella profonda consapevolezza di cos'era e chi era lei in realtà. Una sorella, una bambina di carta, certo non un essere umano... che speranze avrebbe mai potuto avere con lui? Perciò non restava che prendere dei provvedimenti: dimenticarlo. Allontanarsi. Smettere quel divertente gioco che la portava a spingersi sempre oltre, mangiando dal suo piatto, abbracciandolo così spesso, dormendo nel suo stesso letto, ridere dei pettegolezzi che nascevano con le altre ragazze. Si era avvicinata troppo, aveva giocato col fuoco e aveva finito col scottarsi. Ora sapeva che tutto ciò che doveva fare per evitare di venirne incenerita era fare un passo indietro.
«Chissà che al mondo non esista qualcuno di adatto a me» ridacchiò, giocando con una amarena all'interno di un piattino. La inseguiva con una forchetta, cercava pigramente di infilzarla, ma questa sfuggiva e correva via e lei ancora la rincorreva, la fermava e ci riprovava. «Qualcuno come me» mormorò sempre più pensierosa.
«Eccolo!» la voce di una ragazza squillò non troppo lontana da lei e Priscilla si distrasse dalla sua amarena, per guardarla curiosa. La ragazza afferrò l'amica che aveva a fianco per un braccio e allungando una mano indicò, rossa in volto: «Laxus-sama! L'abbiamo trovato!» 
«Wow! È anche più muscoloso di come sembrava nella Lacryma Vision» ridacchiò la seconda, portandosi una mano alla guancia arrossata. 
«Come vorrei che mi invitasse a ballare» sospirò la prima e la seconda la tirò per una mano, incitandola: «Vieni, andiamo a salutarlo».
Priscilla le seguì con lo sguardo, dimenticando il gioco con la sua amarena nel piatto, fino a quando le due ragazze non arrivarono alle spalle dell'uomo. Vestito di un abito bianco elegante, i capelli più pettinati del solito anche se ancora indomabili, restava a braccia conserte appoggiato a una colonna mentre un gruppo di ragazze intorno a lui lo adulavano e si congratulavano per il torneo. Alcune, più temerarie, si erano persino appoggiate alle sue braccia e ridacchiavano imbarazzate commenti adulatori sulla sua prestanza fisica. Era un vero e proprio divo e inutili erano le minacce di un geloso ed irritato Fried verso le ragazze che gli stavano troppo addosso. Evergreen e Bickslow al suo fianco semplicemente non ci facevano caso, come se fosse cosa normale, e parlavano tra loro mentre sorseggiavano dello spumante da un calice. 
Quelle ragazze... almeno due o tre di loro non erano neanche male, con la giusta dose di bellezza e delicatezza. Notò che qualcuna tra loro aveva persino i capelli lunghi, morbidi sulle spalle, e si ricordò delle parole di Evergreen quando le confessò della debolezza di Laxus per quel genere di taglio. Lo sentiva quel qualcosa premerle nel petto di profondamente spiacevole, ma semplicemente lo ignorò. Non ebbe neanche il desiderio di provare a raggiungerlo, la voce nella sua testa ora sempre più consapevole la convinse che era giusto così e che anzi sarebbe stata anche una bella cosa per uno musone come lui riuscire ad aprirsi un po' con qualche ragazza. Probabilmente avrebbe trovato chi l'avrebbe reso felice, senza troppe complicazioni. In fondo, a guardarle, erano sicuramente molto meglio di una bizzarra creatura per niente femminile come lei. Era nata come una sorella, era nata come una bambina di carta, negare l'evidenza non l'avrebbe aiutata a stare meglio. 
Riuscì persino a sorridere, mentre una piccola fiammella dentro lei ebbe forza di convincerla che una parte, microscopica ma presente, del suo cuore era persino felice per lui. Laxus aveva sognato così a lungo di diventare un famoso e potentissimo mago, ora ci era riuscito, quello era il risultato della sua fama. E lei riuscì ad esserne felice. Nonostante tutto. Perché era quella la sua promessa, lo era sempre stata… prendersi cura di lui.
Sorrise timidamente, tornando ad osservare la sua amarena. Tutte quelle sensazioni, dolore mischiato alla felicità, paura e rassegnazione, serenità e solitudine... tutte così diverse tra loro, eppure mescolate armoniosamente a generare un semplice calore all'altezza del petto, fastidioso ma ammaliante, come una falena folle che non trovava la forza di allontanarsi troppo dalla sua fiammella nonostante le stesse lentamente bruciando le ali. Lasciò il piattino ancora pieno sul tavolo che aveva a fianco e si allontanò, diretta a uno dei balconcini esterni alla sala, in cerca di silenzio e solitudine insieme all'unica cosa che era sicura le appartenesse: l'aria e il vento. Accostò la porta alle sue spalle e si avvicinò alla balconata, dove ci si poggiò con i gomiti. Alzò la testa al cielo, chiaro e luminoso di stelle, tanto che le fu possibile riconoscere la maggior parte delle costellazioni. Era sicuramente uno spettacolo incredibile, ma sorrise divertita dal pensiero che una come lei forse preferiva un bel cielo in tempesta a uno sereno come quello. E per quanto fosse passato ormai tanto tempo, guardare il cielo inevitabilmente le riportava alla mente Edoras e il tempo trascorso laggiù. Pensare a Ivan, dopo il torneo appena superato dove si era ritrovata a scontrarsi contro Raven Tail, era inevitabile. Ma per quanto l'Ivan del suo mondo le avesse sempre portato brutte e spiacevole sensazioni, aver conosciuto la sua controparte amorevole e gentile aiutava a demonizzarlo meno. Un nodo di malinconia le si formò in petto, chiedendosi come stessero Gerard e Laxus di Edoras, come stesse la Fairy Tail senza magia che abitava in quel mondo. Decisamente, preferiva i cieli in tempesta... erano quelli che le avevano permesso di raggiungerli e conoscerli. 
Le voci dall'interno della sala si fecero più intense, tanto da sovrastare la musica, e la porta poco dopo si aprì maggiormente per un attimo facendole uscire in tutto il loro fragore. Si voltò, curiosa, e vide Laxus camminarle incontro poco dopo aver richiuso la porta alle sue spalle.
«Che succede lì dentro?» chiese lei, trovando bizzarro il caos appena formatosi. A meno che non fosse già arrivato Natsu, allora tutto era nella norma.
«Pare che le gilde abbiano cominciato a contendersi la ragazza di Sabertooth, la vogliono tutte nella propria» spiegò lui, mettendosi al suo fianco. 
«Per quale motivo?» chiese lei, sempre più curiosa.
«Non ne ho idea, ma cominciavano a fare troppo chiasso per i miei gusti» sospirò.
«Finiranno in rissa?» ridacchiò lei, divertita all'idea.
«Probabilmente» mormorò Laxus, rassegnato e irritato all'idea. Priscilla si portò rapidamente una mano alle labbra, ma non fu abbastanza per contenere il suono della sua risata divertita. Un evento nuovo in quei giorni, che sorprese piacevolmente Laxus: da quando la battaglia di Eclipse era terminata non l'aveva vista più sorridere. La guardò in silenzio, lasciando che quel lieto evento si appropriasse di tutto il tempo e lo spazio necessario. Come un colpo di spugna, cancellò con quel semplice potere il dolore e la preoccupazione di quei giorni passati. Sentire la sua risata era sempre stata la medicina migliore per ogni male, e quando avveniva persino uno come lui riusciva addirittura ad allentare i muscoli del viso in un rilassato e piacevole sorriso. 
Il caos all'interno del salone si fece più intenso, fu possibile sentire il rumore e il frastuono di sedie e tavoli, oltre che urla e insulti di ogni genere. Voleva solo significare una cosa.
«Eccoli che cominciano» sospirò Laxus.
«E pensare che Natsu non è neppure qui» rise Priscilla.
«Se ci fosse stato a quest'ora saremmo già stati cacciati» commentò Laxus con un velo di rassegnazione nella voce. La risata di Priscilla si fece più intensa di fronte a quella frase tanto vera quanto assurda. Doveva essere qualcosa di spiacevole e di cui vergognarsi, ma era proprio quello che le piaceva tanto di quella gilda: qualsiasi cosa facessero era sempre divertente.
«Ricordi qualche giorno fa alla piscina?» disse lei, asciugandosi una lacrima dall'angolo dell'occhio destro.
«Che imbecille» commentò lui, ricordandosi di come l'avesse distrutta con una tale semplicità e stupidità. La ragazza al suo fianco continuò a ridere, sempre più divertita, e facendo un passo verso di lui gli si appoggiò a un braccio. Tocco che lo spinse a voltarsi nuovamente verso di lei, a guardare il suo viso disteso e luminoso. E ancora quella sensazione piacevole di calore e felicità gli distese il volto, tanto che a lungo andare si lasciò trascinare dalla sua voce e cadde anche lui vittima di una soffocata e divertita risata.
«Non siamo proprio fatti per questo genere di eventi» ridacchiò lui, ascoltando il rumore della rissa che si faceva intensa all'interno della sala. 
«Tu non stai tanto male in questi panni» disse Priscilla con tono lievemente provocatorio. «Sei la pecora nera» lo canzonò. 
«Hai trasformato in pochi istanti un complimento in un insulto, hai del talento» commentò lui, ma lei lo ignorò e proseguì divertita: «Sarà per questo che hai tanto successo con le donne. Dove le hai lasciate, a proposito?» 
«Di che diamine parli?» chiese lui, tornando a irritarsi e facendo finta di non avere idea di cosa si riferisse. Priscilla gli avvolse il bicipite con un braccio mentre con l'altra mano cominciò ad accarezzarlo. Strinse il proprio petto contro di lui e chinandosi lievemente sculettò con fare civettuolo.
«Laxus-sama, che muscoli portentosi che hai» disse imitando esageratamente le ragazze che aveva visto poco prima stargli attorno. Laxus non rispose ma si irrigidì, guardandola infastidito per la provocazione e sempre più rosso in volto per l'imbarazzo dell'argomento. 
«Non fare il finto tonto» rise poi lei, tirandogli un lieve pugno sulla tempia. «La cosa non sembrava nemmeno dispiacerti troppo, non credere di cercare di fregarmi. Ti conosco da troppo tempo» aggiunse sempre divertita e lo lasciò finalmente andare. 
«Non ho interessi nei loro confronti» disse Laxus cercando di tagliare corto, ma il rossore del suo viso e l'imbarazzo con cui gli uscì la frase di gola lo fecero più sembrare una ricerca disperata di una giustificazione. 
«Fai il timido, adesso?» rise di nuovo Priscilla. «Povere ragazze coi sogni infranti. Sei crudele. Potevi almeno invitarne qualcuna a ballare, anche solo per dar loro il contentino».
«Non mi sembra che qualcuno stia ballando, lì dentro» commentò lui, trovando nella rissa che stava avvenendo all'interno del salone la scusa perfetta per districarsi da quell'argomento. 
«Non sono nemmeno certa che i nostri compagni lo sappiano fare» scoppiò a ridere lei, dandogli corda e pensando divertita a quanto fossero più abituati a situazioni più rozze e meno di classe. La loro idea di ballo si limitava alle sgambettate di Visitors o agli sculettamenti sul tavolo di Natsu, niente che avesse la minima somiglianza con un ballo a corte. 
«Ho visto i tizi di Blue Pegasus improvvisare un ballo in onore di Ichiya poco fa, erano abbastanza raccapriccianti» disse Laxus, dando corda a quel discorso che era decisamente molto più divertente. E come sperava, Priscilla rise di nuovo ben consapevole di quale sarebbe potuto essere il famigerato raccapricciante ballo. 
«Io una volta ho provato a imparare» disse poi e Laxus chiese sorpreso: «Davvero?». Non che non ce la vedesse, soprattutto con addosso un abito come quello era graziosa come poche volte, ma non sembrava il tipo che potesse interessarsi a quel genere di cose. Era rozza, caotica, esuberante, più sullo stile di Fairy Tail che quello di un ballo elegante. 
Priscilla annuì, prima di rispondere: «Quando ero piccola, non ti ricordi? Eravamo andati alla gilda per salutare il nonno e c'erano alcuni maghi che si stavano esercitando perché una delle missioni che avevano accettato prevedeva che si infiltrassero in un castello durante una cerimonia. Tu avevi storto un po' il naso, trovandolo assurdo e strano, mentre io ne ero rimasta più incuriosita. Avevo letto qualche libro su principesse e castelli, mi affascinava».
«Ah, sì! Adesso ricordo» disse lui, abbozzando un sorriso divertito.
«Il nonno mi fece salire sopra i suoi piedi e mi fece ballare in mezzo a loro» ridacchiò Priscilla.
«Al tempo poteva farlo, eravate della stessa altezza» ridacchiò Laxus con un pizzico di malizia nella voce, velando così il lieve insulto che aveva appena rivolto alla bassezza di suo nonno. Priscilla scoppiò invece in una risata più fragorosa ed esclamò: «Povero vecchio!».
Ancora una volta Laxus si lasciò coinvolgere dal suono armonioso della sua voce, lasciando che una risata sfuggisse anche a lui. Il petto gli si mosse sotto lo sforzo e la voce roca gli uscì dalla gola, ma più sentiva lei ridere in quel modo, più ripensava all'altezza bambino di suo nonno, e più l'ilarità finiva per farsi incontrollabile. Pochi istanti, in cui la voce cresceva sempre più, fino a quando non si trattenne e per la prima volta dopo chissà quanti anni anche Laxus scoppiò in una risata più aperta e sganasciata, una di quelle che lo costringevano a chiudere gli occhi e spalancare la bocca. Riprendeva fiato, tornava a ridere, e proseguì per minuti interi accompagnato tutto il tempo dalla stessa voce cristallina di Priscilla al suo fianco. 
«Credo che ora sarebbe un po' in difficoltà» disse lei, man mano che la risata si placava. «Il che è un peccato, mi divertii molto allora» aggiunse divertita.
«Non hai più imparato?» chiese lui.
«Perché, tu sì?» gli rispose lei, imbronciandosi per quel lieve difetto che era appena emerso. Laxus continuò a ridacchiare, ancora trascinato dall'ilarità di poco prima, e semplicemente la prese per mano e si voltò mettendosi di fronte a lei. Le si avvicinò rapidamente con un solo passo e lei arrossì tutto in una volta, colta di sorpresa per quell'improvviso e intimo gesto. Lo guardò, cercando di capire che stesse facendo, e restò per un istante paralizzata e col fiato corto. Laxus le strinse la mano e gliela sollevò a mezz'aria mentre con l'altra le avvolse i fianchi per tirarsela contro e farla avvicinare.
«Puoi salire sui miei piedi, se vuoi» ridacchiò canzonatorio, mentre guidava la mano di Priscilla sopra la propria spalla, intorno al collo.
«Non prendermi in giro, dovresti essere più gentile con le ragazze che inviti a ballare» bofonchiò lei, timida, incassando la testa nelle spalle. Espressione che lo fece sghignazzare ancora, prima di cominciare a muovere i primi passi. Impacciata e sempre più rossa in volto, lei provò a seguirlo concentrandosi smisuratamente sui propri piedi in movimento. Era rigida come un tronco e decisamente troppo tesa, staccata da lui di almeno trenta centimetri si fissava i piedi e non si muoveva in nessun modo che facesse pensare che stesse ballando. 
«Cerca di starmi dietro» le disse Laxus lievemente rimproverante, notando come a volte lei sembrasse andare per i fatti propri.
«Ci sto provando» mormorò lei irritata, tenendo gli occhi puntati sui piedi di entrambi e cercando di imitare i suoi movimenti. Lui alzò gli occhi al cielo, sapendo di trovarsi di fronte a una causa persa, ma la cosa continuò ancora a farlo divertire e lo spinse a proseguire nel suo disperato tentativo di farla ballare. Priscilla era proprio come una bambina a volte, le andavano spiegate le basi di ogni cosa e se la prendeva persino quando qualcuno cercava di fare una carineria. Era sciocca... e a suo modo adorabile. Laxus lasciò andare la sua mano per portare infine le dita al mento della ragazza. Con un solo gesto la costrinse ad alzare il volto, puntando i propri occhi nei suoi, e la strinse contro il proprio petto così da chiuderle la via che l'avrebbe riportata ad abbassare lo sguardo ai loro piedi.
«Non fissarli, ti distraggono» la rimproverò e lei restò più immobile di quanto si sarebbe aspettato, come se fosse appena stata pietrificata. «Sono più distratta ora» confessò Priscilla senza rifletterci, con le guance completamente colorate di rosso, il respiro più affannato, e gli occhi intrappolati in quelli di Laxus tanto da essere quasi incapaci di battere ciglio. Piccola e minuta, schiacciata contro il suo petto, aveva appena iniziato a tremare stretta all'interno del suo braccio. Lo guardava a così breve distanza, paralizzata, probabilmente spaventata, ma incapace anche solo di pensare di voltarsi e sciogliere la tensione delle spalle. Il mento sorretto dalle dita di Laxus, in un gesto che era nato con l'intenzione di alzarle il volto, avrebbe anche potuto trasformarsi ora in una guida per tirarla ancora più verso di sé. Poteva avvicinarla, direzionarla verso se stesso, raggiungere quelle labbra schiuse che per qualche strano motivo avevano adesso tutta la sua attenzione. Non era la prima volta che lui provava quelle bizzarre e folli sensazioni, ma era certamente la prima volta che non riusciva a trovar loro un posto dove stare e controllarle. Uno strano vuoto esplose nella sua testa dove non c'erano domande, ragioni, non c'era il passato a tormentarlo, a deriderlo e umiliarlo, a ricordargli quale sarebbe dovuto essere il suo posto. Non c'era futuro, non c'era niente che potesse sembrare una domanda, un dubbio, su cosa sarebbe potuto accadere se solo...
Solo... socchiuse gli occhi. La presa sul mento di Priscilla si fece più ferrea, più decisa.  Poté sentire il respiro della ragazza farsi più accelerato, il cuore battere impazzito contro il proprio petto. I suoi eccezionali sensi di drago lo aiutarono molto in quella particolare nuova ed incredibile esplorazione. Il profumo di Priscilla parve farsi più intenso, la pelle più calda, la sentiva tremare fragile all’interno del suo abbraccio ora più serrato, quasi violento. Ascoltava il rumore del suo cuore tamburellante come se si fosse trovato poggiato contro il proprio orecchio. Avrebbe potuto raggiungerla, avrebbe potuto assaggiarla e lei con ogni probabilità non gliel’avrebbe nemmeno impedito. 
Un urlo provenne dall'interno della sala, diverso da quelli che avevano sentito fino a quel momento. Un urlo corale, sconvolto, allucinato, e in mezzo a questo poterono sentire qualcuno gridare il nome di Natsu. Fu un appiglio abbastanza sicuro a cui aggrapparsi per uscire da quella follia che li stava accecando e tornare alla realtà. Si voltarono verso la porta del balcone, riuscendo a distogliere lo sguardo l'uno deall'altro, e si chiesero cosa stesse accadendo intorno a loro, anche se sentir chiamare Natsu da più fronti dava già un indizio. Con sorpresa videro Chelia affacciata oltre la porta del balcone che li fissava, con gli occhi trasognanti, le guance arrossate, e continuò a farlo a lungo ignorando il fatto che fosse stata colta in pieno sul fatto di sbirciare. Una mano piccola e minuta uscì da dietro di lei, la prese per il colletto del vestito e la tirò via con forza, strappandola da quell’imbarazzante situazione. Con ogni probabilità si doveva trattare di Wendy.
«Quella non era la ragazzina di Lamia Scale?» mormorò Laxus, confuso.
«La cuginetta di Cherry» sospirò Priscilla, rassegnata all'idea che probabilmente quella storia avrebbe fatto presto il giro di tutte le gilde. "Vista la sua faccia, scommetto che ha la stessa fissazione sull'amore come ce l'aveva Cherry" pensò interpretando l'immobilità con cui li aveva fissati. 
Scivolando via dalla sua stretta con un’incredibile maestria, Priscilla si allontanò rapidamente da Laxus, che non oppose resistenza. Era tornato alla realtà, anche se ancora confuso e su di giri, ma era abbastanza lucido ora da rendersi conto del bisogno di prendere le distanze quanto prima. La guardò mentre precedendolo si avvicinava alla porta del balcone e l’apriva per rientrare. La seguì silenzioso e ora nuovamente corrucciato, entrando nella sala dopo poco di lei. Non ci fu bisogno di chiedere cosa stesse accadendo, il disastro era abbastanza palese di fronte ai loro occhi e bastò come spiegazione: Natsu urlava e rideva dal balcone più alto della sala, vestito con un mantello sontuoso, e indossava una corona imperlata di diamanti e pietre preziose. La corona del Re.
«Sono il Re! Sono diventato il Re!» urlava a braccia alzate, sotto lo sguardo sconvolto e furioso di tutte le gilde e le guardie presenti. 
«Che imbecille!» scoppiò a ridere Priscilla, tornando all'umore di poco prima con una facilità incredibile. Era come se niente fosse appena successo, e forse per lei lo era davvero, visto che aveva già preso consapevolezza da un po' di ciò che aveva nel cuore, cosa completamente diversa per Laxus. Lei era ormai abituata a vivere quei momenti di desiderio ed emozione, tornare alla normalità non era difficile, l’aveva già fatto un sacco di volte. Ma lui... era tutto ancora completamente confuso, folle. Un'incrinatura nella sua solida certezza che si aggiungeva a quelle avute nei giorni precedenti, ma a differenza di quelle ultime questa aveva seriamente rischiato di mandare tutto in pezzi. Non erano più solo imbarazzanti situazioni messe su da un mascolino istinto e dei loschi pensieri che nascevano nel momento in cui si fissava sul suo maturo aspetto esteriore. Non era più un semplice far cadere lo sguardo sul suo sedere o sul seno ben formato, come un qualsiasi idiota, non era più un semplice arrossire di fronte alla sua sfacciata nudità e il comportamento innocente che la portava ad atteggiamenti talvolta poco pudici. Non erano più solo stupidi pensieri giocosi.
Era successo qualcosa di diverso, di profondamente diverso. 
Nonostante la voce di Priscilla, cristallina al suo fianco, ridesse con tale divertimento che avrebbe potuto trascinarlo ancora, non ebbe in realtà lo stesso effetto rilassante e scaldante delle altre volte. Si corrucciò, turbato, e per il resto della serata non fece che restarsene in silenzio, pensieroso.

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Capitolo 61
*** Ritorno a Magnolia ***


Ritorno a Magnolia




La mattina dopo si svegliarono tutti relativamente presto, per preparare bagagli e infine partire almeno prima di pranzo. Ci sarebbero volute ore per tornare a Magnolia, almeno mezza giornata, e la speranza era quella di riuscire a tornare prima che facesse buio. Avevano molte cose da sistemare, l'idea di tornare a casa li elettrizzava dopo la settimana passata fuori e l'incredibile disavventura con i draghi. Nonostante tutto, un velo di malinconia non riuscì a lasciarli. Proprio quell'incredibile disavventura l'avrebbero portata in eterno nel cuore: aveva lasciato il segno, non solo in negativo, ma soprattutto in positivo. Avevano conosciuto la Principessa Hisui e il suo cavaliere bianco Arcadios, dimostrandosi entrambi delle persone veramente deliziose e amichevoli. Il torneo era comunque stato una fonte infinita di emozioni e gioia, aveva regalato ogni singolo giorno qualcosa di eccezionale e unico, li aveva persino trasformati. Priscilla soprattutto si lasciava alle spalle una vita intera di prigionia e paure, pronta a vivere una nuova vita totalmente libera dall’ombra di suo padre. E poi avevano conosciuto e legato con molte altre persone, tra cui Sabertooth che, nonostante i trascorsi, alla fine si erano dichiarati grandi amici. Ma anche Mermaid Heel e Quatro Cerberus avevano regalato la loro dose di emozioni e nuovi legami. Gente che avrebbero rivisto più frequentemente e gente che invece non avrebbero più incontrato per lungo tempo, ma la cosa importante era che fossero tutti lì, nel petto, a cui attingere nei momenti di desiderio. 
Priscilla fu l'ultima del gruppo a uscire dall'hotel, con ancora un panino dolce in bocca a testimoniare che il suo ritardo era stato dovuta a una lunga e intensa colazione. 
«Crocus ha i dolci migliori del mondo» aveva provato a giustificarsi, ma tanto sapevano che avrebbe detto la stessa cosa di qualsiasi città. 
«Dove sono gli altri?» chiese, notando come gli unici ad aspettarla fossero i Raijinshuu e Laxus. 
«Sono già partiti» rispose Fried e lei, portandosi le mani ai capelli, esclamò abbattuta: «Mi hanno lasciata indietro!»
«Ti abbiamo aspettata noi» cercò di rincuorarla Bickslow. 
«Tanto era scontato che fossi venuta nella nostra carrozza, visto che sicuramente qualcuno avrà bisogno del tuo aiuto» ridacchiò Evergreen, lanciando un'occhiata a Laxus che, appoggiato alla carrozza, faceva finta di niente. Lui si corrucciò e voltando gli occhi altrove si limitò a fare un verso gutturale infastidito. 
«Possiamo anche noi prendere i mezzi di trasporto ora che c'è Pricchan» disse Bickslow trasognante. 
«Niente più chilometri a piedi» si unì Evergreen, altrettanto commossa.
«Non siate stupidi! Il viaggio a piedi era il momento migliore di tutte le missioni!» li rimproverò Fried, sempre dalla parte del suo amato Laxus. 
«Li costringevi a camminare per chilometri?» ridacchiò Priscilla, lanciando un'occhiata divertita a Laxus. «Io non costringevo nessuno. Erano loro che volevano venire con me».
«Come se avessimo potuto lasciarti solo! Ti saresti perso appena uscito di casa» lo rimproverò Evergreen, salendo per prima nella carrozza che li attendeva. Bickslow  le andò dietro, ridendo sganasciamante, e Fried li seguì subito dopo continuando a rimproverarli per le accuse, a suo dire infondate, che stavano rivolgendo al loro leader. 
«Mi mette in imbarazzo pensare che una volta sarei potuta sembrare ossessiva come te nel difenderlo da ogni cosa» disse Priscilla, andando dietro a Fried, prima di aggiungere: «No, aspetta... non credo di aver mai raggiunto certi livelli».
«Non sei degna di essere un Raijinshuu» disse repentino Fried, orgoglioso di sentirsi l'unico lì dentro degno. 
«Come se l'avessi mai chiesto» mormorò Priscilla, mettendosi a sedere di fronte ai tre. «Mi avete praticamente rapita» aggiunse, ricordando come i primi tempi la trascinassero ovunque senza che lei lo chiedesse. 
«Era nostro dovere provvedere alla tua salute e incolumità» disse Fried, solenne, mentre anche Laxus saliva e si metteva a sedere per permettere alla carrozza di partire.
«E quelle poche volte che ti perdavamo di vista tornavi a casa a pezzi» aggiunse Evergreen, annuendo.
«Come quando sei tornata dalla missione contro gli Oracion Seis. Metà di ghiaccio e contaminata da una magia oscura» ricordò Bickslow.
«O quando sei sparita per settimane, risucchiata da Anima e finita ad Edoras» insisté Evergreen. 
«Devo ricordarvi grazie a chi siete tornati tutti sani e salvi?» cercò di difendersi Priscilla, alzando il mento orgogliosa. Si appoggiò con la schiena allo schienale e cercò di sedersi il più composta possibile, prima di picchiettarsi un paio di colpi con le mani contro le gambe per indicare a Laxus che poteva poggiarsi. 
«Non saremmo mai finiti lì se non fosse stato per te» continuò ad accusarla Evergreen, mentre Laxus, ignorando quei discorsi, si limitava a guardare fuori dal finestrino e cercare di ignorare l'invito di Priscilla. Dopo tutto quello che era successo, anche una cosa normale come quella sembrava azzardatissima, senza contare la vergogna nel doversene stare poggiato lì come un bambino per tutta la durata del viaggio. Era imbarazzante a dir poco. 
«È stato un grande gesto invece, ho permesso al Principe di tornare a casa e ho sistemato per sempre quel problema di Anima e della magia ad Edoras» disse Priscilla con orgoglio, prima di lanciare uno sguardo contrariato a Laxus che ancora si rifiutava persino di guardarla. «Sono un'eroina, altroché!»
«Ti abbiamo perso di vista anche su Tenroujima e sei tornata senza una gamba. Saresti morta addirittura, se non fosse arrivato Laxus!» insisté Evergreen.
«Quella non è stata certamente colpa mia!» brontolò Priscilla. 
«Però conferma che non appena ti allontani da noi ti succede qualcosa di brutto» disse ancora Evergreen.
«Ti ostini a voler seguire Natsu e gli altri e guarda cosa succede» la rimproverò ancora Fried.
«Io non seguo Natsu, io seguo Wendy è ben diverso» disse Priscilla orgogliosa e alzò le mani, facendo spazio davanti a sé, nell'istante in cui una forte folata di vento penetrò dal finestrino. Colpì Laxus in pieno e lo spinse con impeto di lato, costringendolo così ad appoggiare la testa sulle sue gambe. «Piantala di fare l'orgoglioso, perderesti la tua dignità alla prima curva» lo rimproverò e poggiò una mano sulla sua testa, liberando così la magia che permetteva di sistemare il suo equilibrio ed evitargli la nausea. Lui restò immobile, ben consapevole che avesse ragione e decise di assecondarla, anche se non smise di restare corrucciato e contrariato. 
«Approfittane per riposare un po', hai delle occhiaie assurde. Hai dormito questa notte?» chiese Evergreen, studiando il volto dell'uomo. 
«Ho dormito!» rispose lui, nervoso, voltandosi a pancia in su e sistemandosi meglio. Incrociò le braccia al petto, poggiò un piede sul sedile e il ginocchio alzato e poggiato sullo schienale, mentre l'altra gamba la lasciò pigra verso terra. Una posizione che gli permetteva almeno in parte di mantenere la sua dignità e anche di rilassarsi. Priscilla gli tenne il braccio poggiato addosso, avvolgendogli il collo e continuando a tenere le dita poggiate contro la sua tempia  per continuare a svolgere quel delicato lavoro sulla sua testa. 
«Pricchan, ho la chinetosi anche io» provò a intromettersi Bickslow, guardando con invidia Laxus che poteva riposare appoggiato alle sue coscie avvolto dal suo delicato braccio. 
«Puoi appoggiarti sulle mie gambe, se ti va» ridacchiò Evergreen, stuzzicandolo di proposito. «Ti curo io».
Più che una proposta di aiuto sembrava una minaccia e Bickslow d'istinto sussultò, spingendosi dall'altro lato per cercare di prendere le distanze. Gesto che schiacciò Fried contro il finestrino e lo portò a brontolare più animatamente, prima di spingerlo nuovamente contro Evergreen. La donna non apprezzò vedere il proprio spazio violato e l'irruenza con cui venne spinta, perciò tornò a fare altrettanto, irritata, per poi scoppiare in un infantile lite con i due amici. Priscilla li guardò, di fronte a sé, con occhio pigro e la testa poggiata su una mano con il gomito contro il finestrino. Sorrise, lievemente divertita, e accompagnata dal suono delle loro litigiose voci spostò gli occhi alla campagna che correva di fianco alla carrozza. Erano successe veramente tante cose, eppure niente sembrava cambiato e tutto era tornato alla normalità. Quella era veramente la felicità più grande a cui poteva ambire: che il mondo fosse andato avanti esattamente come lo era sempre stato, immutato nella sua semplicità e felicità. Immutato... esattamente come lei. Per sempre. 


Raggiunsero Magnolia e la carrozza li lasciò all'ingresso della città. Gli altri compagni erano già arrivati ma stavano scaricando gli ultimi bagagli e sistemandosi per poter fare l'ultima tratta, all'interno della città, verso la propria gilda. Ciò che non si aspettavano fu l'accoglienza che l'intera città e persino stranieri giunti lì per curiosità gli diedero. Feste e musica, applausi e urla, coriandoli e festoni, manifesti e cartelloni. Urlavano i loro nomi, salutavano e alcuni addirittura piangevano.
«Bentornati!» 
«Congratulazioni!»
Erano le parole che più sentivano, ma man mano che passavano nelle strade i più temerari si facevano avanti e salutavano i loro beniamini. Chi più e chi meno vistosamente i membri di Fairy Tail esprimerono la loro gioia e il loro stupore nel vedere così tanta gente accorsa per salutarli. Natsu e Happy, in cima alla colonna, ridevano e si sbracciavano. Mirajane correva da una parte all'altra a stringere mani e salutare candidamente tutti. Makarov prese la piccola Asuka sulle spalle che eccitata si sbracciava e salutava tutti quanti. Cana correva e barcollava in giro, afferrando qualsiasi bottiglia gli capitasse tra le mani e tracannando tutto ciò che poteva. Wendy semplicemente si inchinava e ringraziava educatamente, sotto uno sguardo rassegnato di Charle che sapeva che mai l'avrebbe vista più sciolta e meno sottomessa. Elfman prese Lisanna sulle spalle, nonostante la ragazza fosse più imbarazzata che felice, ma la gioia era troppa. Bickslow, poco dietro di lui, volle imitarlo preso dallo stesso entusiasmo e si piegò per prendere su una spalla Priscilla. La sollevò per aria con Fried che gli diede una mano dall'altro lato e Evergreen che camminava davanti a loro come una dama che apriva un corteo. Con un sorriso, Laxus semplicemente camminò dietro di loro, guardando sua sorella che nonostante la paura e la sorpresa iniziale si stava lasciando portare in giro come un trofeo  e ridendo si univa ai festeggiamenti, salutando e ringraziando. 
«Lucy-san, ben fatto!» 
«Erza-san, il combattimento nel Pandemonium è stato eccezionale!»
«Laxus-sama complimenti per la vittoria contro Jura!»
«Bravissimi, complimenti!»
«Mira-san sei sempre la più bella!»
E i cori proseguirono, gli incitamenti sempre più calorosi, la gioia sempre più incontenibile. 
«Ora vi mostro qualcosa che vi farà spalancare la bocca!» esclamò Natsu, sogghignando divertito e infilò una mano dentro la sua sacca per cercare il famigerato tesoro. Con un «Tadan» vittorioso sollevò infine la corona Reale, sotto lo sguardo inebetito e l'urlo sconvolto di chi scopriva in quel momento il deplorevole furto. 
«L'hai rubata?!» esclamarono Wakaba e Macao, sentendosi già venir meno mentre squillò sopra ogni cosa la risata esilarata di Priscilla. 
«No, non era questa» mormorò Natsu, disinvolto, prima di rimetterla via.
«E che altro hai rubato?» mormorò Wendy, altrettanto bianca in volto.
«La prova della nostra vittoria! Il trofeo Reale!» urlò sollevando per aria l'enorme coppa d'oro imperlata di gioielli. Un coro di euforia si alzò intorno a lui, mentre gran parte dei suoi compagni lo accerchiavano per esultare insieme a lui. Natsu prese Romeo sulle spalle e gli passò la coppa, esclamando: «Romeo sollevala tu!» e il ragazzino non se lo fece ripetere due volte, alzando tanto le braccia al cielo che avrebbe potuto raggiungerlo. 
«E ora il sindaco di Magnolia conferirà a Fairy Tail un dono commemorativo» annunciò un uomo distinto, in presentazione del sindaco che schiarendosi la voce si fece avanti. 
«Un dono... non ce n'è bisogno» mormorò Makarov, imbarazzato anche se felice.
«Membri di Fairy Tail, per favore ammirate» disse il sindaco prima di allungare un braccio in avanti e farsi da parte per mostrare cosa li avrebbe aspettati in fondo alla strada che stavano percorrendo. I loro occhi si inumidirono, iniziarono a brillare, mentre nel petto sentivano il cuore battere sempre più forte. 
Fiera in tutto il suo splendore, con gli stendardi che si muovevano al vento, la loro vecchia gilda, quella splendida e gigantesca che si erano costruiti tempo addietro, splendeva a cancelli aperti, pronti ad accoglierli. 
«Abbiamo contribuito tutti e abbiamo ricostruito la vostra gilda» spiegò il sindaco mentre tra i membri c'era chi si metteva a urlare per la gioia, chi piangeva e chi semplicemente se ne stava a fissarla, inebetito. 
C'era solo una cosa che aveva senso dire, di fronte a tutto quello: «Siamo a casa».
E l'emozione non terminò nemmeno quando finalmente poterono attraversare le porte della gilda. Nonostante il silenzio di un luogo rimasto incontaminato tanto a lungo, il freddo delle mura che mai erano state scaldate prima di allora, sentirono il tepore di casa invaderli lo stesso. 
«È esattamente come a sette anni fa» piansero Jet e Droy, mentre il resto della gilda entrava e si guardava attorno. 
«Evviva!» gridò Priscilla, roteando a mezz'aria come una bambina su una giostra e Natsu le faceva volentieri eco, gridando e correndo in cerchio.
«Che casino che fanno» mormorò Lucy, guardando la scena tra i due più euforici. 
«Chissà se ci sono scorte di alcol nella dispensa» disse Cana, avvicinandosi al bancone seguita da Mirajane, pronta a prendere la sua postazione. 
«Che aria di casa, è così bello essere di nuovo qui» disse Levy, aspirando quell'aria a grandi polmoni.
«Chissà se anche la piscina è stata ricostruita» chiese Wendy a Charle, al suo fianco. Curiosità che fece fermare il vorticare impazzito di Priscilla. Spalancò gli occhi, un'espressione colma di curiosità ma che non lasciava presagire niente di buono. Volò verso Wendy con una velocità incredibile, tanto che nemmeno la vide avvicinarsi, e si accorse di quanto stesse accadendo solo nell'istante in cui si sentì trascinare senza controllo. Tenuta da Priscilla per il collo della maglia, volava a gran velocità verso la porta che dava sul cortile sul retro. Si lasciò scappare un'esclamazione di sorpresa ma questa aumentò e divenne un vero e proprio urlo quando vide che nell'altra mano Priscilla teneva Lisanna per un piede, finita chissà come nella stessa trappola. Sfondò con un colpo di vento la porta e uscì nel cortile, lanciando letteralmente le due amiche verso la piscina. Con un urlo, caddero nell'acqua con ancora tutti gli abiti addosso e non appena riemersero, guardandosi paniche gli abiti fradici, tornarono a urlare nel vedere Priscilla in fase di atterraggio proprio verso di loro. Il tuffo generò un'onda che andò a inzuppare parte del pavimento intorno alla piscina, ma questo non la mise a disagio nemmeno un po'. Tornò a galla e scoppiò a ridere guardando le due ragazze nuotare al suo fianco, ancora sconvolte per l'accaduto. Lisanna sogghignò dopo qualche secondo e la guardò maliziosa prima di esclamare: «Ah sì?» e le si lanciò addosso, spingendola per le spalle e facendola di nuovo immergere.
«Vuole affogarla!» esclamò Wendy, portandosi le mani al viso, mentre le due cominciavano una guerra di spintoni e schizzi. Guerra interrotta dall'urlo di Cana che, anche lei ancora interamente vestita, si lanciò dal bordo della piscina verso le due e le investì a sua volta ridendo come una matta. 
«Bagno vestiti in piscina!» gridò euforico Bickslow e ridendo come un matto afferrò Fried, se lo caricò su una spalla e corse verso l’acqua. Si fermò sul bordo e semplicemente lanciò l'amico, senza unirsi a loro, ridendo di lui. Natsu prese Lucy per la vita e la sollevò da terra, ridendo sganasciamente, e ignorando i calci di ribellione dell'amica la trascinò con sé fino a quando non caddero entrambi nell'acqua. 
«Oh, il bagno in piscina è un buon modo per festeggiare il nostro ritorno» esclamò Erza, avvicinandosi con l'aria di chi non si sarebbe mai lasciata scappare una simile occasione.
«Che scemenza» sospirò Gray, avvicinandosi solo per guardarli, ma per qualche ragione Jet e Droy gli arrivarono da dietro scivolando e roteando sul pavimento bagnato. Lo travolsero e sempre roteando come una trottola finirono in piscina anche loro, continuando a schizzare in giro e peggiorare le situazione. L'onda che l'arrivo dei tre generò fu tale da superare il bordo e travolgere in pieno Erza ben prima che potesse prepararsi e saltare, cosa che la lasciò frustrata e nervosa non potendo aver realizzato il tuffo perfetto a cui si stava preparando da qualche secondo. 
Priscilla, riemersa e finita la guerra con Cana e Lisanna, la guardò e scoppiò a ridere tanto che dovette reggersi la pancia con una mano mentre con l'altra la indicava canzonatoria. Kinana e Laki si guardarono, esprimendo solo con quello sguardo il loro entusiasmo, e corsero verso il bordo a braccia alzate pronte a tuffarsi anche loro. 
«Che gioco infantile» ridacchiò Evergreen, sventolandosi con superiorità vicino alla porta, affiancata da un Laxus sempre silenzioso ma per qualche ragione sempre presente.
«Credi che non tocchi anche a te?» esclamò Priscilla nuotando fino al bordo e uscendo dalla piscina, pronta a inseguirla. Si liberò rapidamente delle scarpe, che in quella situazione le erano più di intralcio che altro e corse verso di lei. Ma il pavimento bagnato non aiutò il suo già sempre precario equilibrio e scivolò rovinosamente, cadendo in avanti a braccia tese in maniera scomposta e infantile. Si aggrappò alla prima cosa che trovò, ma non l'aiutò a restare in piedi. Quando rialzò la testa, dolorante e abbattuta per la misera figura, si trovò di fronte Lucy senza più la maglia addosso. La bionda infatti aveva provato a uscire, allontanandosi da il principio di rissa che già stava nascendo tra Gray e Natsu per qualche motivo, ma Priscilla nel cadere aveva afferrato la sua maglietta e l'aveva strappata via. Urlando, si coprì il petto nudo, mentre Natsu alle sue spalle la guardava rassegnato e rammaricato, dicendole: «Lucy, non hai capito il senso di bagno vestiti».
«Non perde mai occasione per mostrarsi nuda» lo assecondò Gray, guardandola allo stesso modo, e Lucy lo attaccò con un esasperato: «Senti da che pulpito!»
Macao e Wakaba guardarono la scena con gli occhi spalancati, il volto arrossato e un procinto di sangue pronto a uscire dal naso. Tipico sguardo da pervertiti che Romeo, frustrato dall'atteggiamento di suo padre, rimproverò imbarazzato. Levy prese Gajeel per la maglia e indicò la piscina, chiedendogli di unirsi a loro, ma Gajeel sempre scorbutico si era rifiutato trovandolo ridicolo. Non aveva nemmeno finito la frase che una sdraio gli era arrivata in testa, lanciata da chissà chi, ma per qualche motivo decise che la colpa era di Natsu e ringhiando il nome di Salamander corse verso la piscina, pronto a menar pugni. Levy lo guardò irritata e si imbronciò, prima di fare retro front e prepararsi a rientrare scocciata dal fatto che lui non le desse mai corda e soddisfazione. 
«Giocare in acqua è da uomini!» gridò Elfman correndo fuori, superando Levy, e dirigendosi verso la piscina a pugni alzati e muscoli gonfi. Il gelo scese sull'intero cortile mentre guardavano, pallidi in volto, l'enorme uomo che saltava dal bordo e si tuffava in acqua. Volti che, man mano che l'ombra gigantesca di Elfman si faceva largo nella piscina, assumevano sempre più l'espressione del panico, consapevoli di cosa sarebbe successo. E come previsto, l'arrivo di Elfman non solo generò una vera e propria onda anomala ma svuotò quasi del tutto la piscina coinvolgendo nell'impeto tutti i compagni che aveva attorno. L'acqua arrivò fino a Levy e Laxus, vicino all'ingresso, travolse Evergreen, Macao e Wakabe poco lontani, e chiunque fosse dentro la piscina venne scaraventato fuori spinto dall'onda. Rotearono, si ribaltarono, sbatterono su qualsiasi cosa trovassero nella traiettoria, si colpirono tra di loro e alla fine, quando tutto si placò non restò che un cortile completamente fradicio, una piscina semi vuota e la quasi totalità dei membri di Fairy Tail fuori gioco sparpagliati a terra, sui tavoli e lettini ribaltati, sugli stessi ombrelloni abbattuti, contro il muro o anche ammucchiati tra loro. 
«Questa è lo forza di un vero uomo» rise orgoglioso Elfman, guardando con fierezza il risultato del suo micidiale tuffo. Rise per qualche secondo abbondante, potendo godere della sua notorietà e vincita, poi lentamente Gray, Natsu, Gajeel e altri si alzarono furiosi. Si lanciarono contro Elfman al centro della piscina e con lui ingaggiarono battaglia, in una rissa tipica di cui certamente non sentivano la mancanza. In qualche modo ne vennero coinvolte anche  Erza, Evergreen (furiosa per essere stata bagnata) e Cana. 
«Lucy» la voce di Priscilla, bofonchiante e dolorante, provenne da sotto il sedere di Lucy e solo allora si accorse che trascinata dall'onda di Elfman era finita col cadere sopra di lei. «Sei pesante» piagnucolò Priscilla, sofferente, e Lucy urlando spaventata si lasciò cadere di lato per permetterle di riprendere fiato. Con un profondo sospiro Priscilla tornò a riprendere colore e si voltò, lentamente, poggiando le mani a terra e cercando di rialzarsi. Guardò la rissa che si stava svolgendo all'interno della piscina, chiedendosi probabilmente quando e perché avessero cominciato, ma alla fine sentì qualcosa di caldo emergere in fondo al cuore. Si voltò a guardare Lucy, inginocchiata al suo fianco che ancora si teneva e si copriva il petto nudo, ma non dissero una parola. Semplicemente si guardarono, forse ponendosi le stesse domande o sentendo la stessa sensazione di felicità in fondo al petto. 
E semplicemente scoppiarono a ridere.


Era mattina appena e la gilda aveva fatto ritorno da nemmeno ventiquattro ore, quando tutti i membri di Fairy Tail che avevano fatto parte delle due squadre ai giochi della magia si ritrovarono gli uni di fronte agli altri all'interno di quello  stesso salone. Braccia conserte, sguardi severi, pronti a tutto pur di vincere quell'ennesima battaglia. Gli organizzatori dei giochi avevano deciso a metà torneo di unire le due squadre e questo aveva perciò mandato in fumo un loro grande obiettivo, che ora si ritrovavano proprio per portarlo a termine. 
«Le squadre A e B ora salderanno i conti» annunciò Makarov severo, in piedi su un tavolo proprio in mezzo alle due squadre che non smettevano di squadrarsi. Avevano già scelto i loro campioni, i loro leader da mandare in campo per quella resa dei conti che valeva ogni cosa. Il più forte, il migliore, Laxus e Erza ora si guardavano a pochi centimetri l'uno dall'altro pronti a ingaggiar battaglia. 
«Come d'accordo, la squadra perdente dovrà obbedire a qualsiasi cosa il team vincente gli ordinerà. Questo per l'intera durata della giornata, fino a mezzanotte» spiegò Makarov e Priscilla con un sogghigno aggiunse: «O fino a che non cadrete a terra esausti» ridacchiò malefica.
«Che intenzioni hai, psicopatica?!» sussultò Lucy, già sudando freddo. 
«Non possiamo assolutamente perdere» disse Laxus, schioccandosi le dita.
«Spiacente, ma saremo noi a vincere» disse Erza, risoluta e dietro di lei Natsu ruggì furioso: «Finiscilo, Erza!»
«Nella squadra B sono più equilibrati» commentò Gray, preoccupato.
«Chissà cosa succederà se dovessimo perdere» piagnucolò Lucy, ancora spaventata per la frase che Priscilla gli aveva rivolto.
«Pronti?» Makarov richiamò la loro attenzione e Laxus e Erza si prepararono.
«Via!» 
«Sasso carta forbice!» dissero in coro i due sfidanti prima di lasciar cadere ognuno la propria mano. Erza la forbice... Laxus il sasso. 
«Evviva!» esultò Priscilla mentre Makarov annunciava allegro: «Vince il team B!»
Con lo sguardo vitreo i membri del team A non poterono fare altro che sibilare, terrorizzati: «Che ne sarà di noi?»
«Sembra divertente» ridacchiò Happy.
«Ci sarà da soffrire, Wendy» sorrise malefica persino Charle, che per quanto fosse sempre dalla parte della sua amica non poteva trovare quella situazione che divertente.
«Lo stesso vale per voi» Lily ruppe la loro allegria con quella semplice frase, prima di spiegare: «Come loro partner, voi subirete la stessa cosa».
«Ma che razza di regola è?!» sussultò Charle, guardandolo con terrore.
«Bene...» sghignazzò Laxus, facendosi avanti per primo dopo una piccola riunione di consultazione. «Ho trovato il vostro primo compito» e sollevò un foglio disegnato a matita che rappresentava una specie di mappa. 
«Dovrete attraversare la palude e portarmi una pietra magica» spiegò.
«Una pietra magica?» chiese Wendy, cercando di studiare la mappa disegnata. 
«Questa foresta viene chiamata la Porta dell'Inferno. Avrete tempo fino a mezzogiorno» spiegò ancora lui.
«È impossibile!» brontolò Happy.
«Io questo tratto di matita lo conosco...» mormorò Charle, avvicinando il naso alla mappa disegnata. Wendy al suo fianco fece altrettanto, ma non poté che rabbrividire all'idea che avrebbero davvero dovuto affrontare una foresta e una palude piena di quei mostri disegnati. Ridacchiando nervosa cercò lo sguardo dell'unica persona che sapeva avrebbe potuto salvarla da tutto quello. Priscilla sedeva sul tavolo a gambe incrociate e non aveva smesso nemmeno per un istante di sorridere luminosa e gioiosa, come una bambina che si preparava a una divertente giornata di giochi e scherzi. 
«P-Priscilla-nee...» mormorò Wendy, sperando che il suo amore per lei l'avesse convinta a provare a parlare un po' con Laxus e cercare qualcosa di meno crudele. 
«Buon viaggio, Wendy-chan» disse lei semplicemente, alzando la mano per salutarla. Wendy si portò una mano al petto ferita, trattenendo a stento le lacrime, mentre Charle finalmente urlava sconvolta: «L'ha disegnata Priscilla!»
«Sentii parlare di quella pietra tempo fa, durante una missione, ma ho sempre pensato che non valesse la pena affrontare simili pericoli per una semplice pietruzza come quella perciò ho sempre rinunciato» spiegò lei, alzando le spalle.
«È stata tua l'idea?!» chiese ancora più sconvolta Lucy, che mai si sarebbe aspettata una simile cattiveria da quella che sembrava la più dolce, ingenua e gentile del gruppo.
«Quella pietra non vale i pericoli che dobbiamo affrontare» pianse Wendy, già disperata. 
«Non c'è problema» disse risoluta Erza. Piena di orgoglio non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vederla abbattuta. «Affronteremo senza problemi la palude. Andiamo! Natsu! Gray!» ruggì, afferrando i due ragazzi e trascinandoli via.
«Priscilla-nee» pianse Wendy, tirata via da una Charle rassegnata. 
«Elfman tu resta» chiamò Laxus, prima che lui potesse seguire i suoi compagni e cominciare a incamminarsi. «Avrai l'onore di massaggiarmi la schiena» disse indicandosi le spalle, già rilassato, pregustando il trattamento. 
«Perché solo tu ti senti in diritto di trattenerne uno per i tuoi scopi?» mormorò Priscilla, sentendosi un po' fregata visto che avrebbe volentieri trattenuto anche lei Wendy ma aveva ritenuto più adeguato mandarli tutti insieme.
«Perché voglio un massaggio alla schiena» rispose Laxus, semplicemente.
«Ti basta fischiare e Fried te ne fa quanti te ne pare, lo sai?» insisté Priscilla ma Laxus la ignorò e si tolse la giacca, sistemandosi sulla sedia in modo che Elfman potesse iniziare subito il suo imbarazzante e umiliante compito. 
«Perciò ora non ci resta che aspettare che tornino» disse Gajeel, cominciando a dubitare del divertimento di quella punizione. Se non potevano vederli soffrire che gusto c'era? 
«Quando torneranno inventeremo nuove punizioni» disse Mirajane, avviandosi verso il bar e preparandosi a cominciare una normale giornata lavorativa. Priscilla fece penzolare i piedi giù dal tavolo e ondeggiò come una bambina, alzando lo sguardo al soffitto. Sbuffò e realizzò, un po' rattristata: «E io ora che faccio?»
Domanda a cui rispose chi non c'entrava niente, ma aveva comunque qualcosa da dire: Cana le mise il braccio intorno alle spalle e se la tirò contro, schiacciandosela al petto, e sventolò una bottiglia sopra la sua testa.
«Perché non fai compagnia alla tua sorellona?» ridacchiò con una scintilla negli occhi.
«Lo sai che in realtà io sono più grande di te, vero?» rispose Priscilla, senza scomporsi di fronte a quella che sembrava una vera e propria proposta indecente. 
«In teoria, ma in pratica no. Sei nata che avevi già tre anni, perciò la tua vera età è di tre anni meno» disse Cana, stranamente lucida nel fare i conti nonostante fosse già ubriaca. «Quindi abbiamo la stessa età, ma tu sei nata in autunno mentre io in primavera perciò sono la tua sorellona».
«Come facevi a saperlo?» chiese Priscilla, sorpresa, e lei semplicemente mostrò le proprie carte magiche ridacchiando. La magia delle carte aveva mille diversi utilizzi, tra cui quello delle predizioni e della lettura dei tarocchi, non aveva fatto perciò altro che leggere nel suo passato.
«Da quanto ci pensavi a questa faccenda?» chiese Priscilla, divertita dal fatto che avesse avuto tempo e premura di mettersi a fare i tarocchi solo per poter dire di essere la sua sorellona. Cana la ignorò e sorrise in un modo molto più serio, meno sbronzo rispetto al solito, quando le disse: «Vieni a fare una passeggiata insieme a me». Un tono insolito, fin troppo deciso, che smosse la curiosità di Priscilla tanto da convincerla ad accettare. Camminarono per un po', semplicemente in silenzio, mentre Cana beveva al suo fianco. Eppure la curiosità di quel gesto fu tanta e solo dopo un po' Priscilla trovò il coraggio di lasciarsi andare a chiedere: «Siamo diretti da qualche parte, Cana?»
«Non ti si può nascondere niente, eh?» ridacchiò Cana e Priscilla ancora arrossì, sentendosi presa in giro. «Chissà perché non riesco a prenderti sul serio» mormorò mentre Cana accanto a lei scoppiava a ridere, probabilmente già sbronza. Svoltarono l'angolo e proseguirono ancora per un po', fino a quando Cana non si fermò davanti a un piccolo cancello in ferro battuto. Sulla cima di questo e oltre, sul tetto della costruzione che racchiudeva, risaltava una modesta croce in ferro.
«Una chiesa?» si chiese Priscilla, notando come essa avesse la più completa attenzione di Cana. 
«Quando mia madre morì restai sola, vagai per cercare mio padre ma non entrai subito a Fairy Tail. In quegli anni, quando ero sola, ho vissuto qui. Mi hanno accolto e ospitato, mi hanno dato veramente molto» spiegò Cana.
«Questa era la tua casa?» chiese Priscilla, curiosa, e Cana ancora annuì. «Il parroco della chiesa offre letto e alloggio agli orfani, si occupa di crescerli grazie anche alle offerte dei volontari. Ma ciò non toglie che sono comunque bambini soli, senza genitori e con qualche speranza di troppo. Ogni tanto vengo a trovarli» spiegò, prima di avvicinarsi al cancello. «Vieni, te li presento».
Entrarono all'interno e subito un uomo dalla bassa statura e la capigliatura bianca, spettinata, gli andò incontro. La prima cosa che fece fu quella di redarguire Cana per il fatto che bevesse alcol nella casa del Signore, lei ovviamente ci scherzò su e lo ignorò, camminando fino al cortile. Un numeroso gruppo di bambini andò loro incontro, salutandoli calorosamente e alcuni si schiacciarono persino contro Priscilla.
«Tu sei la maga del vento!» esclamò qualcuno. 
«Ti abbiamo visto ai Giochi della Magia!» disse qualcun altro.
«Sei incredibile! Hai distrutto la Lacryma per la misurazione del potere magico con un solo colpo!»
«Perché ti sei arresa contro l'uomo di Raven Tail? Stavi andando alla grande!»
«Hanno seguito i Giochi?» chiese Priscilla, voltandosi verso una Cana felice e orgogliosa. 
«Già» rispose l'amica. «Sono dei piccoli accaniti fan di Fairy Tail».
«Wendy ha veramente la nostra età?» chiese qualcuno, timoroso.
«Wendy...?» mormorò Priscilla, sorpresa nel sentirla tirare in ballo. E in pochi istanti tutto le fu chiaro: quello strano atteggiamento di Cana, la sua richiesta di fare una passeggiata, il portarla a conoscere quei bambini. 
«Vuoi portare qui Wendy?» chiese a Cana, intuendo le sue intenzioni.
«Credi accetterebbe?» 
«Che domande!» rise Priscilla, trovando ridicolo anche solo pensare il contrario. Una persona dalla dolcezza infinita come quella di Wendy mai avrebbe rifiutato una cosa simile. «Perché non l'hai chiesto direttamente a lei?»
«Beh, volevo farlo, ma pare che oggi lei sia sotto la tua giurisdizione perciò ho pensato fosse prima il caso di chiedere il permesso» disse, sghignazzante, alzando le spalle.
«O forse volevi solo far parte della famigerata punizione» provò a coglierla in fallo Priscilla e vista la reazione sganasciata che ebbe Cana, con la sua sonora risata, poté dire di averci visto lungo. «Beh, in fondo avevo pensato che quando sarebbe tornata a mezzogiorno l'avrei voluta portare a comprare qualche nuovo vestito. Può essere una buona occasione».
«Però non le diciamo niente e le facciamo credere che la stiamo preparando per qualcosa di malefico» sghignazzò Cana, accendendosi di fronte alla crudele idea.
«Sembra divertente!» esclamò Priscilla, prima di sospirare affranta: «Così anche gli altri non avranno da ridire che sono troppo morbida con lei».
«Ma tu sei troppo morbida con lei» l'ammonì Cana e lei si imbronciò sbuffando nell'immediato un infastidito: «Non è vero!»


Mezzogiorno arrivò prima di quanto si fosse aspettata e tornando alla gilda trovò Natsu e gli altri già lì, con la famigerata pietra tra le mani, vittoriosi. La vasca era già stata montata praticamente in mezzo al salone e mentre Laxus si appropriava della sua ambita vittoria, Gajeel e Mirajane alle sua spalle in costume da bagno si stavano già immergendo. Priscilla e Cana si cambiarono poco dopo ed entrarono insieme al resto dei suoi compagni quando anche Laxus era già immerso in acqua calda e bollicine. Bollicine rese possibile proprio dall’effetto magico della pietra che Erza e gli altri erano andati a prendere. L'unica che non volle prenderne parte fu Lluvia, per qualche motivo sempre timida del suo corpo, preferì restare vestita e fuori dall'acqua. 
«È veramente piacevole come dicevano» mormorò Priscilla, accasciandosi sempre più dentro l'acqua fino a rannicchiarsi.
«Perché lei è qui?» mormorò Gajeel, guardando Cana contrariato. Lei non faceva parte del team B, perché si appropriava dei loro trofei? Ma Cana rispose sghignazzante e vittoriosa, stringendosi al petto una Priscilla ormai in trance per il piacere dell'idromassaggio. 
«Com'è andato il vostro viaggio?» chiese Mirajane, curiosa di conoscere i dettagli della loro traversata. Soprattutto perché Gray sembrava averne risentito molto: pallido in volto, non aveva aperto bocca se non per lasciarsi sfuggire lamenti e piagnucolii. 
«Lucy-san è stata attaccata da una sanguisuga gigante» mormorò Wendy, abbattuta.
«Erza ha decimato un'intera specie di coccodrilli» si accodò Lucy, altrettanto costernata.
«Gray è stato...» iniziò Happy ma Lucy scattò in avanti e gli tappò la bocca, sussurrando: «Forse questa parte è meglio lasciarla perdere».
Forse per evitare che Lluvia, sapendo che Gray era stato baciato da una scimmia, desse di matto o forse semplicemente per evitare che loro sapessero che quella pietra veniva proprio dalla sua bocca, cosa che non gli avrebbe fatto piacere. Qualunque fosse il motivo, era bene che restasse nascosto e per loro fortuna la vasca idromassaggio rilassò talmente tanto i loro compagni che non ebbero la forza di sollecitare la curiosità.
«Beh, comunque ora faremo sul serio» annunciò Laxus sogghignando già pregustandosi la giornata che lo aspettava.
«Sul serio? Questo non era abbastanza?» lamentò Natsu.
«La giornata non è ancora finita» sorrise Laxus, malignamente, prima di annunciare: «Io prendo la coppia Natsu Elfman».
«Lluvia vuole prendere Gray-sama!» esclamò Lluvia, aggrappandosi al braccio di Gray.
«Io prendo Erza» sorrise Mirajane, uscendo dalla vasca.
«Scelgo te!» esclamò invece Gajeel, puntando il dito euforico contro una Lucy che già piangeva dalla disperazione.
«Oh beh...» mormorò Wendy, abbozzando un sorriso. Non era difficile immaginare a chi le toccasse obbedire per il resto della giornata e conoscendo Priscilla sapeva che non sarebbe potuto accaderle niente di così orribile. Ma con sua grande sorpresa fu Cana ad alzarsi dalla vasca e andarle incontro, pronunciando un inquietante: «Ci penserà la tua sorellona ad occuparsi di te» annunciò mentre Priscilla alle sue spalle, quasi del tutto addormentata, sventolò semplicemente una mano e disse: «Ti lascio nelle sue mani. Ha un paio di idee interessanti».
«Perché?!» pianse la bambina disperata, mentre Cana la prendeva per una mano e la trascinava fuori dalla gilda. 
«Non volevi portare Wendy a comprarsi qualche vestito nuovo?» chiese Evergreen, raggiungendoli e immergendosi nella vasca insieme ai due fratelli Dreyar, gli unici rimasti visto che anche Mirajane e Gajeel stavano trascinando le loro vittime altrove. 
«Quello posso farlo quando voglio, ora voglio godermi questa vasca» mormorò lei.
«O forse non hai il coraggio di punire Wendy e lasci il lavoro sporco a qualcun altro» ridacchiò Fried, mettendosi al loro fianco. «Sei troppo morbida con quella bambina» aggiunse e questo bastò a far corrucciare Priscilla, infastidita.
«Non sono morbida» lamentò mentre Bickslow li raggiungeva, si immergeva a sua volta e scoppiava a ridere in quella sua fragorosa e folle risata. 
«L'averla lasciata nelle mani di Cana in realtà penso sia una punizione abbastanza severa. Povera bambina, chissà cosa le accadrà» sospirò Evergreen, ma Priscilla non rispose. Semplicemente sorrise, consapevole che probabilmente tra tutti sarebbe stata quella più felice di quella giornata. Incontrare quei bambini non avrebbe fatto bene solo a loro, ma anche a lei che da sempre era stata spinta a vivere e comportarsi più come un'adulta che come una ragazzina della sua età. Aveva bisogno di stare un po' con qualche coetaneo, qualcuno come lei, e se non lo capiva Priscilla un bisogno come quello nessun'altro poteva capirlo. 
«Laxus, comunque grazie per averci invitato» disse Fried sorridendo amichevolmente verso il compagno. «Oh, ho trovato! Posso strofinarti la schiena per ringraziarti».
«Ogni scusa è buona, eh?» mormorò Priscilla infastidita, immergendo le labbra sotto al pelo dell'acqua appena dopo e mescolando così il suono della sua voce con quello delle bollicine. 
«Hai qualcosa da dire?» rispose stizzito Fried e Priscilla semplicemente si voltò di spalle, scostandosi i lunghi capelli dalle spalle. Si voltò verso Fried e con un occhiolino gli disse: «Perché non strofini anche la mia di schiena, Fried caro?»
Per qualche secondo la guardò sbattendo semplicemente gli occhi, chiedendosi a che gioco stesse giocando e se dovesse aspettarsi un tiro mancino da parte sua. Poi Bickslow come una faina gli strappò dalle mani il panno umido che lui aveva già preso per sé e si sporse verso la ragazza, pronto a prendere il posto del suo amico esitante e certamente non meritevole di un simile onore. Nonostante fosse l'ennesimo intervento di un Bickslow asfissiante e con sempre non tante buone intenzioni, Priscilla si sentì decisamente troppo rilassata anche solo per provare a pensare di dargli contro. Alzò le spalle e poggiò le braccia sul bordo della vasca, dove ci appoggiò poi anche la testa.
«Mi sta bene lo stesso» disse volgendo le spalle a Bickslow che rosso in volto ed eccitato per l'occasione che Priscilla gli stava fornendo, cominciò a strofinarle la schiena con delicatezza e attenzione. 
«Quello era mio» brontolò Fried.
«Trovatene un altro» lo zittì subito l'amico mentre Priscilla, a occhi chiusi per il relax, borbottava: «Ci vorrebbe qualche stuzzichino».
«Ohy» mormorò Laxus, voltandosi a guardare i due ragazzi che aveva deciso di schiavizzare per quel giorno. «Andate a comprare del pane».
«Panini dolci per me!» esclamò Priscilla, con allegria, mentre Natsu sudando freddo tratteneva dentro sé tutti gli insulti che desiderava in realtà rivolgere all'uomo. 
«Hai cinque minuti» insisté Laxus e Natsu, insieme a Elfman, si ritrovò costretto a correre e obbedire. Tornarono poco dopo, ansanti e trafelati per la corsa, porgendo ai due fratelli il pane richiesto. Priscilla addentò il suo, sorridendo felice come una bambina mentre Bickslow ancora le massaggiava le spalle.
«Però ci vorrebbe anche del latte per buttarli giù meglio» disse poi.
«Non è questo il pane che volevo io» disse invece Laxus, facendo così sussultare entrambi i suoi schiavetti. 
«E non potevate dirlo prima?!» strillarono, offesi e infastiditi.
«Natsu» biascicò Priscilla, imbronciandosi. «Non farmi arrabbiare» e Natsu rabbrividì all'idea che lei avesse potuto farlo di nuovo roteare nei suoi tornadi e fargli venire la nausea approfittando della sua chinetosi. 
«Da qualche giorno ha aperto un nuovo forno. Dicono che il loro pane sia delizioso. È quello che voglio» spiegò Laxus e i due, urlando per la rabbia, non poterono che scappare nuovamente fuori dalla gilda pronti ad obbedire alle loro richieste. 
«Hanno risvegliato il lato sadico di Laxus» ridacchiò Evergreen.
«Se era solo del pane che voleva non poteva mandarci me?» borbottò invece Fried, verde d'invidia. 
«Io quello comincio a non sopportarlo più» mormorò Priscilla riferita a Fried. Tornò a incassare la testa nelle spalle e ancora una volta furono le bolle e il suo tono eccessivamente basso ad evitarle di essere sentita... tranne che da Bickslow che sghignazzò e si affacciò oltre alla sua spalla per sussurrarle: «Sei gelosa, baby?»
Forse il baby o forse proprio la frase la irritarono così tanto che la spinsero ad afferrare la sua testa con forza e spingerla verso il basso, dentro l'acqua per annegarlo direttamente. E nonostante stesse letteralmente uccidendo un uomo con la mano sinistra, con la destra sollevò uno dei panini dolci che Natsu le aveva portato e l'offrì amichevolmente a Laxus al suo fianco. 
«Credi ci metteranno troppo?» chiese divertita, mentre Laxus accettava l'offerta e le faceva compagnia nel pasto. Finalmente Bickslow riuscì a riemergere pochi secondi dopo, prendendo ampie boccate d’aria. Si accasciò da una parte e lì rimase, ad essere consolato da una sempre materna Evergreen.
«Spero di no. Ho altre cose per la testa» sogghignò Laxus. 
«Pane e latte non sono grandi idee, lasciatelo dire» lo canzonò lei ma lui non si lasciò abbattere e semplicemente rispose: «Lo sono, fidati».
Ci rifletté qualche istante, cercando di interpretare il suo sguardo soddisfatto, per poi farsi nascere un dubbio: «Che razza di posto è questo nuovo forno?» e Laxus semplicemente sghignazzò, ben consapevole di quanto quei due avrebbero sofferto nel tentativo di appropriarsi del pane e del latte in quello che era un vero e proprio parco dei divertimenti... con montagne russe e giochi di precisione, per niente adatti a uno con la chinetosi e la delicatezza di presa di un uomo nerboruto come Elfman. 
«E comunque il latte è stata una tua idea» aggiunse lui poi.
«Ma io lo volevo veramente» sorrise Priscilla, angelica. Un sorriso, quello stesso sorriso con cui era cresciuto, che era sempre stato in grado di spazzare via ogni oscurità e malessere. Era rimasto pensieroso e nervoso da quando c'era stato il ballo a palazzo, nonostante si fosse sforzato di tornare normale non era mai riuscito ad eliminare del tutto la ruga di preoccupazione che gli era nata sulla fronte, nonostante non ci avesse neanche più pensato -o almeno ci aveva provato- a quello che per poco non era successo su quel balcone. Aveva temuto che quella crepa avrebbe distrutto tutto e sarebbe stato impossibile tornare come prima, ma vederla sorridere in quel modo lo aiutò a sentire la serenità della quotidianità. E la ruga scomparve, lasciando il posto a un finalmente rasserenato sorriso.

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Capitolo 62
*** Storie di dolci ***


Storie di dolci





«E poi Cana-san mi ha fatto provare addirittura un abito da sposa. Ero così agitata!» esclamò Wendy con un sospiro, entrando nella gilda. Priscilla svolazzava al suo fianco e non appena la sentì raccontare di quella disavventura scoppiò a ridere fragorosamente. «Scommetto però che ti stava da dio! Che peccato non averti potuta vedere» sospirò.
«Cana-san ha detto che se fossi venuta anche tu non saresti riuscita a mantenere il gioco e avresti subito fatto capire che stava scherzando» disse Wendy e Priscilla si imbronciò, bofonchiando: «Malfidata!»
«Diceva che mi avrebbe portata da un vecchio a cui piacevano quelle cose. Priscilla-nee io ho veramente avuto paura» confessò Wendy, ancora pallida in viso per l'orribile esperienza anche se poi il tutto si era rivelato uno scherzo di cattivo gusto. Wendy si sarebbe aspettata una punizione, come d’accordo per l’aver perso contro il Team B dei giochi magici, e invece si era ritrovata a vivere una bellissima esperienza. Stare l'intero pomeriggio con quei bambini dell'orfanotrofio, bambini della sua stessa età che la guardavano come un'eroina, era stato veramente incredibile ed emozionante. 
«Che crudele» rise ancora Priscilla, avvicinandosi insieme a Wendy al bancone oltre al quale c'era come sempre Mirajane. Seduti lì di fianco Happy e Charle stavano bevendo un succo di frutta mentre Asuka, la figlioletta di Bisca e Alzack, supplicava Natsu di comprarle della torta.
«Mi spiace Asuka-chan, l'abbiamo già terminata per oggi» disse Mirajane, dispiaciuta.
«Allora Natsu, vai in città a comprarne un pezzo!» disse la bambina.
«Devo andare fino in città per un po' di torta?! Dai, te la compro la prossima volta» lamentò Natsu e la bambina rispose con un lamento deluso.
«Natsu-san» intervenne Wendy. «Se vuoi posso prepararne una io».
«Sai fare le torte?» chiese Mirajane, sorpresa, e Wendy sorrise orgogliosa mentre al suo fianco Priscilla ondeggiava come una barca ridacchiando. Non ci fu bisogno di spiegazioni, si leggeva sui loro volti il reciproco favore che si facevano con quella passione nata chissà quando. Wendy preparava torte per divertimento e Priscilla se le spazzolava tutte con gioia.
«Ne ho preparate tante da quando sono arrivata qua» disse Wendy. «Farò del mio meglio!» sorrise poi, determinata.
«Bene!» esclamò Erza, pochi tavoli più in là, e si alzò in piedi. «Se insisti allora ti aiuterò!»
«Insisti?»  mormorò Priscilla, inarcando un sopracciglio e chiedendosi quando esattamente l'avessero tirata in causa. 
«Prepareremo insieme la miglior torta di tutta Fiore, Wendy»  disse Erza, avvicinandosi.
«Io l'assaggerò per voi, così da assicurarmi che sia perfetta per la piccola Asuka» disse Priscilla, sghignazzando, senza riuscire a nascondere il suo secondo fine.
«Servono delle fragole d'oro! Sono le fragole di qualità migliore  al mondo» spiegò ancora Erza. 
«Fragole d'oro?» chiese Priscilla curiosa e già con l'acquolina in bocca.
«Esatto! Sono rarissime, crescono una volta ogni mille anni» rispose Erza.
«E sono buone?» chiese ancora Priscilla, sempre più su di giri.
«Le migliori» annuì Erza e Priscilla non si trattenne più. Alzò le braccia al cielo e urlò, entusiasta: «Allora andiamo! Andiamo a cercare le fragole d'oro!»
«Bene, allora! Andiamo a caccia di fragole!» esclamò Erza e cominciò a camminare a passi pesanti e decisi verso l'uscita. Priscilla, dietro di lei, canticchiava e saltellava a braccia sollevate, allegra come poche volte lo era stata. L'idea di andare a caccia di fragole la entusiasmava non solo perché sembrava una cosa divertente, ma anche perché non vedeva l'ora di mettere le mani su quelle deliziose fragole così rare. Uscirono e incrociarono i Raijinshuu sulla soglia che invece stavano entrando. Si voltarono a guardare curiosi Erza e Priscilla che uscivano insieme, chiedendosi dove fossero dirette, e Priscilla ancora saltellando e ridendo allegra si voltò ed esclamò: «Andiamo a cacciare fragole preziose!» 
Salutò con una mano, continuando ad andare dietro ad Erza, e disse: «A più tardi!»
«A caccia?» mormorò Bickslow cercando di immaginarsi fragole con le gambe che scappavano via.
«È sempre la solita» ridacchiò invece Evergreen, felice di vederla così di buon umore. 
«È bello essere di nuovo tornati a casa. Quest'atmosfera mi era mancata» disse Fried, camminando dietro Laxus. 
«Speriamo solo non combini qualche guaio» sospirò il biondo, rassegnato e nervoso nonostante fosse una così bella giornata.
«Chissà perché non riesco a tranquillizzarti in merito» ridacchiò nervoso Fried. 
«Andiamo, sta andando a raccogliere fragole! Cosa potrebbe mai succedere?» alzò le spalle Bickslow e scoppiò a ridere.
Fuori dalla gilda Erza e Priscilla salirono su di una carrozza che in neanche mezz'ora riuscì a farle arrivare a destinazione. Il paesaggio sconfinato mostrava una vera e propria catena montuosa davanti ai loro occhi, l'aria fresca di montagna non era nemmeno troppo fredda, in un clima adatto a far crescere fragole. Scesero dalla carrozza e si guardarono attorno, vedendo montagne ovunque lo sguardo si posasse.
«Bene! Dove sono queste fragole epiche?» chiese Priscilla, tornando a svolazzare e guardandosi attorno emozionata.
«Qui da qualche parte su queste montagne» rispose Erza. 
«Qui... da qualche parte?» mormorò Priscilla, cercando di interpretare quelle parole. «Aspetta! Dovremmo cercare su tutte queste montagne?! Sono troppe, come facciamo?» sussultò, ma Erza sogghignò con orgoglio e decisione. Aveva in mente un piano infallibile e ne andava enormemente orgogliosa, glielo si leggeva negli occhi. 
«Requip!» esclamò e un fascio luminoso l'avvolse per pochi secondi. Quando finalmente se ne liberò, al posto dei vestiti aveva un enorme costume da fragola, tanto grosso che era possibile per lei muovere all'esterno solo le mani e a malapena i piedi. 
«Avevi davvero una cosa simile tra le tue scorte?» chiese Priscilla, guardandola con imbarazzo. Dire che era ridicola, all'interno di quel costume, era dir poco.
«Bisogna sempre essere pronte a tutto» rispose Erza con orgoglio.
«E a cosa serve? Attirerai le fragole spacciandoti per una di loro?» la provocò Priscilla, chiedendosi come quel costume avrebbe potuto aiutarle.
«Non essere sciocca!» l'ammonì Erza. «Quest'armatura...»
«Armatura...» mormorò Priscilla sempre più imbarazzata, interrompendola, ma Erza proseguì come se non l'avesse sentita: «Questa armatura mi da un dolce aroma di fragola».
«E quindi?» incalzò Priscilla.
«Usa il tuo vento e spargi questo profumo ovunque nei dintorni» ordinò Erza e Priscilla, sempre meno convinta, decise comunque di assecondarla. «Speri che l'odore attiri le fragole a te?» chiese, sempre più dubbiosa.
«No, non le fragole» ridacchiò Erza. «Vedrai».
E neanche pochi minuti dopo poterono sentire la voce gutturale di bestie che si avvicinavano trafelate, battendo a terra i piedi tanto forte che quasi sentirono il suolo tremare. Spostando lo sguardo verso destra poterono poco dopo veder arrivare un branco di scimmie gigantesche, dal pelo verde a macchie rosa a forma di cuore sulle braccia, con lo sguardo eccitato e famelico. 
«Una donna che sa di fragola!» esclamò uno di questi ansimando e correndo verso di loro.
«Scimmie pervertite!» sussultò Priscilla, guardandole con timore. 
«A loro piacciono molto le fragole, possiamo chiedergli dove si trovino le nostre fragole d’oro» spiegò Erza e Priscilla, finalmente capito il suo piano, sorrise e si poggiò una mano sul bicipite gonfio in segno di forza. «Bene, allora, non ci resta che catturarne un-» si interruppe quando vide con sorpresa quanto veloci arrivarono. L'averle finalmente trovate aveva dato loro uno sprint inaspettato e Priscilla si ritrovò per un attimo paralizzata, guardandole allucinata mentre le si lanciavano addosso. 
Urlò quando venne afferrata da una delle scimmie che se la strinse praticamente al viso, schiacciandola tra le proprie braccia. Piantò le mani in faccia a questa e cercò di allontanarla, arretrando col busto mentre lei schiacciava invece il proprio viso contro il suo seno e rideva con perversione. Stufa e umiliata, caricò indietro il pugno e lo colpì in pieno naso con tale forza da fargli perdere i sensi, ma altre le furono di nuovo addosso. La presero per i piedi, per le braccia, qualcuno le mise addirittura le mani sulle cosce nude tra le parigine e i pantaloncini e altre ancora azzardarono ad afferrarle la maglia. 
«Donna, donna, donna» continuavano a pronunciare con lo sguardo sempre più pervertito, intenti a prendersi ognuno la propria parte di corpo.
«Perché ce l'hanno tutte con me se quella che odora di fragola sei tu?!» ruggì Priscilla verso Erza, mentre cercava di dimenarsi e di liberarsi da quelle fameliche mani. 
«Probabilmente è per via del vento» mormorò Erza, per niente turbata ma affrontando la questione con un'eccessiva serietà. «La magia del vento che parte dal tuo corpo ha fatto sì che il profumo si concentrasse intorno a te, piuttosto che me. Approfittane, Priscilla! Prendile!»
«Sono loro ad aver preso me!» rispose lei, furiosa. 
«Sta' tranquilla! Vengo ad aiutarti!» disse facendosi comparire in mano una spada con l'elsa a forma di fragola. Camminò goffa e lenta nel suo enorme costume, cercando di avvicinarsi a Priscilla presa d'assalto, e tentò di colpire qualcuna di quelle scimmie. Per quel poco che riusciva a fare fu anche utile, non aveva certo perso le sue capacità nonostante il costume non l'aiutasse minimamente nei movimenti, ma le scimmie continuarono ad essere troppe e troppo accanite. Fino a che una di essa non riuscì a strappare a Priscilla il lembo superiore della maglia, scoprendo così il suo seno. Parvero impazzire, con le guance rosse cominciarono ad urlare estasiate, ma Priscilla, ormai al limite, decise che non avrebbe fatto prigionieri e perciò non ci sarebbe più andata piano. Un tornado scese dal cielo e li colpì tutti, senza risparmiare nessuno, persino Erza. Con lei furiosa al centro, si ritrovò scimmie e Erza roteare tutti intorno a una velocità tale da mandare KO la quasi totalità dei loro assalitori. Infine, ansimante più per l'agitazione che per la fatica, tenendosi le braccia strette al petto per coprirsi, fece cessare il turbine di vento e permise a tutti loro di ricadere a terra. 
«Hai esagerato» disse Erza, rialzandosi come se niente fosse successo. 
«Non mi interessa!» ruggì Priscilla, spettinata, scomposta e soprattutto furiosa. 
«Ora a chi chiederemo dove si trovano le fragole?» chiese Erza, cercando di afferrare una delle scimmie e provando a schiaffeggiarla per farla riprendere. Priscilla si avvicinò a passi pesanti verso la prima di loro che aveva accanto e gli piantò un piede nello stomaco, facendolo svegliare per il dolore del colpo.
«Dove sono le fragole dal massimo sapore» chiese in quello che era più un ordine che una richiesta. La scimmia mugolò qualcosa di insensato, in un misto tra l'eccitato per essere preso a calci da una donna senza maglietta e lo spaventato per quanto fosse pericolosa. Alzò una mano e indicò una direzione, continuando a fare versi indecifrabili.
«Portateci lì!» ordinò ancora Priscilla e con rapidità la scimmia balzò in piedi e cominciò a dare colpetti a tutti i suoi compagni per risvegliarli. 
«Ben fatto, Priscilla» sorrise Erza e usando il suo requip fece materializzare una corta canotta senza spalline su di una mano. «Tieni, mettiti questa per il momento» disse porgendola a Priscilla che ancora a braccia conserte cercava di coprirsi. Questa accettò volentieri la maglia offerta da Erza, anche se più che una maglia sembrava un reggiseno tanto era scoperto, e salì infine sulle spalle di una delle scimmie ormai rianimate. Erza, al suo fianco, si mise invece a sedere sulle braccia di un'altra ed entrambe così trasportate vennero condotte sotto la loro scorta ad un enorme campo di fragole.
«Wow!» esclamò Priscilla, puntando gli occhi sulle gigantesche fragole che scendevano a grappoli dalle piantine rigogliose che avevano di fronte. Era un campo infinito, pieno di fragole enormi e succose, con alcune di queste che erano addirittura più grosse di angurie. «Devono essere buonissime!»
«Dunque è questo il famoso giardino di fragole» commentò Erza.
«No, queste sono delle normalissime fragole giganti. Le fragole dal massimo sapore sono qui, ai nostri piedi» spiegò la scimmia che portava Erza in braccio e indicò con un gesto del capo il terreno ai loro piedi. Piccole e nascoste, sorgevano come pepite alcune fragole dorate più minute e meno numerose, ma dalla bellezza eterea. 
«Bene, ne raccoglieremo una per la nostra torta!» esclamò Erza scendendo dalle braccia della scimmia.
«Una sola?!» sussultò Priscilla, contrariata. 
«Sarà una torta speciale, la migliore di tutte, prenderemo solo quella necessaria e che sembra più gustosa delle altre» disse Erza, cercando infervorata tra le fragole quella che le sembrava la migliore. 
«Ma così basterà solo per Asuka» piagnucolò Priscilla, ancora seduta sulle spalle della scimmia che aveva deciso di schiavizzare. «Non me ne andrò a mani vuote, no Signore! Scimmia! Raccogli una di quelle gigantesche e portiamola alla gilda!» ordinò e la scimmia, con un verso accondiscendente, prese tra quelle che avevano di fronte la più grossa, tanto che Priscilla potè abbracciarsela come un cuscino al petto. Erza nello stesso istante emerse dal fogliame del sottobosco brandendo la sua bramata fragola dorata e chiudendola di una minuscola teca di vetro tornò a sedersi sulle braccia della sua scimmia.
«Bene! Possiamo fare ritorno!» disse, puntando un dito di fronte a sé. «Alla gilda!»
A Fairy Tail, intanto, Wendy aveva da poco finito il pan di spagna e Charle stava terminando la panna montata quando proprio in quel momento le porte si aprirono. Il branco di scimmie dei monti fece il loro ingresso, capitanate da Erza seduta come una nobil donna sulle braccia di una e Priscilla che cavalcava le spalle di un'altra al suo fianco. 
«Siamo tornate in groppa alle scimmie perverse!» esclamò, ridendo divertita dal loro ingresso trionfale e certamente inusuale, visto che spesso in realtà quelle scimmie erano più una minaccia e un problema che una nota positiva. Averle nel pieno centro di Magnolia non era assolutamente una buona idea, infatti poco dopo molte di quelle che si trovavano in coda al corteo, e che quindi non erano sotto la vista delle due donne, sparirono e cominciarono a seminare il panico per la città andando in cerca di donne. Erza corse rapidamente da Wendy, pronta a terminare la loro torta con quell'incredibile fragola che aveva raccolto esclusivamente per quell'evento mentre Priscilla ancora se la rideva e sventolava la sua enorme fragola vittoriosa. Addosso aveva un top che non era quello con cui era uscita, mentre il suo era possibile vederlo a brandelli, ancora tra le dita della scimmia che cavalcava. Non sapevano cosa fosse successo, ma era facilmente intuibile. 
«Cosa potrebbe mai accadere, eh?» disse Fried tirando un'occhiataccia a Bickslow. 
«Questo è un vero talento» rise invece lui, trovando divertente la capacità di Priscilla di creare il caos da cose così insignificanti come l'andare in cerca di fragole. 
«Ci toccherà sistemare le cose in città» sospirò Evergreen. «Verranno di sicuro a cercare noi per quanto sta succedendo».
«Laxus!» chiamò Priscilla, saltando giù dalle spalle della sua scimmia. «Guarda cosa ho trovato!» esclamò correndo verso di loro con l'enorme fragola tenuta sopra la propria testa. 
«Fermatela!» esclamò Fried, già terrorizzato da cosa avrebbe potuto ancora combinare.
«Pricchan, non correre!» tentò di dirle Evergreen, ma esattamente come previsto e come accadeva praticamente sempre, quando Priscilla poggiava i piedi per terra finiva con l'inciampare. Non c'era niente contro cui avesse potuto inciampare, né un dislivello del terreno né un oggetto tra i suoi piedi, lei semplicemente inciampò nel nulla perché non era in grado di far andare i piedi come avrebbe dovuto. E cadde in avanti, facendosi sfuggire dalle dita la fragola che volò verso una traiettoria ben precisa. L’enorme frutto atterrò dritto sulla testa dello stesso Laxus, verso il quale Priscilla stava correndo, e nell'impatto si frantumò ed esplose in una pioggia di succo e polpa. Laxus non si mosse nemmeno di un centimetro, benché avesse tutti i capelli completamente appiccicati e fradici di fragola, con gocce e pezzi che cadevano sul viso e sulle spalle. Restò immobile, per niente sorpreso e senza neanche la forza di arrabbiarsi perché dentro sé l'aveva saputo fin dall'inizio che lei avrebbe combinato qualcosa. Quella era solo l'ennesima riprova che non era in grado di fare niente senza combinare guai, perciò si limitò a fissarla infastidito ma rassegnato. 
«La mia fragola» piagnucolò Priscilla, tirandosi in ginocchio e guardando Laxus con le lacrime agli occhi. «Hai rotto la mia fragola».
«Io ho rotto la tua fragola?» mormorò Laxus, sempre più irritato.
«Tanta fatica per trovarla. Doveva essere buonissima» pianse ancora lei, avvicinandosi gattoni e raccogliendo con tristezza da terra alcuni brandelli ora immangiabili. 
«Laxus, aspetta! Ti ripulisco io!» disse Fried, armato di tovagliolo e le guance già rosse per l'emozione di poter essere utile al suo amato Laxus -e persino toccarlo con quella semplice scusa.
«Adesso saprai di fragola per tutto il giorno» commentò Evergreen osservando il succo che gocciolava dai suoi capelli. Un pezzo di polpa scivolò lungo la sua tempia, fino allo zigomo e sarebbe probabilmente caduta a terra se Priscilla, colta da un inspiegabile e irrazionale raptus, dettata solo dalla golosità, non si fosse sollevata da terra fino a raggiungerla... e mangiarla raccogliendola dalla sua guancia direttamente con la bocca. Labbra e lingua scivolarono sulla pelle di Laxus delicatamente, raccogliendo e intrappolando quel piccolo pezzo di fragola che infine Priscilla ingoiò con la gioia di una bimba che aveva appena dato una leccata al suo gelato preferito. Neanche notò la paralisi che aveva colto non solo Laxus, tanto rigido che era diventato praticamente una statua, ma anche i Raijinshuu al suo fianco sconvolti per l'innocenza e la naturalezza con cui Priscilla aveva appena compiuto un gesto dalla sensualità così accentuata. 
«Era buona davvero!» esclamò innocentemente.
Poggiò una mano sulla gamba di Laxus e si sporse in avanti per raggiungere nuovamente il suo volto. Raccolse con le dita un altro pezzo di fragola che stava scivolando dalla fronte del ragazzo e se lo portò allegra alle labbra, mangiando anche quella sotto lo sguardo dei Raijinshuu troppo sconvolti per riuscire a intervenire. Laxus, dal canto suo, sembrava aver persino smesso di respirare e forse neanche si stava accorgendo che ancora Priscilla raccoglieva brandelli di fragola dalla sua faccia per mangiarli. Non riusciva a togliersi di dosso la sensazione umida e delicata della sua bocca contro la propria pelle, e probabilmente non ci sarebbe riuscito mai più. Aveva da poco ripreso il controllo delle sue emozioni dopo il ballo a Crocus, era stato finalmente in grado di rimetterle al loro posto, di dimenticarsene, ed ecco che lei tornava ad essere così innocentemente equivoca e lui finiva di nuovo col perdere la ragione. 
Le piantò finalmente una mano sulla fronte dopo qualche secondo di accecante black out, fermandola dal procedere oltre, e la allontanò con una certa irruenza.
«Piantala!» le ruggì contro, stranamente poco pacato per uno come lui. Era palese la sua agitazione che, più di altre volte, non riuscì a controllare. Era raro vederlo così poco composto, di solito il suo orgoglio e il suo senso di superiorità lo rendevano sempre molto silenzioso e controllato, tanto che mai aveva preso parte a una rissa se non per porne fine. Ma non quella volta, quella volta Priscilla era riuscita a disintegrare persino la sua dignità e pareva averlo fatto arretrare di almeno una decina di anni, rendendolo un ragazzino rumoroso come tanti altri. Era un evento eccezionale e non era nemmeno difficile comprendere come fosse stato possibile: Laxus aveva decisamente raggiunto il limite.
«Sto solo raccogliendo ciò che è mio!» si giustificò lei, dimenandosi per liberarsi dalla sua presa e tornare a raccogliere pezzi di fragola dalla sua faccia. Ma lui, corrucciato e tremante di agitazione, non le rispose e continuò invece a fare di tutto per tenerla lontana da sé. Fried al suo fianco era ora scosso da fremiti di imbarazzo e probabilmente di rabbia nel aver visto Priscilla letteralmente leccare Laxus, ma tornò lo stesso silenzioso nella sua operazione, cercando di ripulire la testa del ragazzo come meglio riusciva, mentre quest’ultimo immobile, frustrato e imbarazzato, si impegnava solo nel placare l'agitazione della ragazza al suo fianco con l'unico metodo che conosceva: la forza fisica. Lottò contro il suo continuo agitarsi, fino a che Priscilla infine non si stancò. Rattristata all'idea di non aver potuto godere della bontà di quella fragola, si accasciò sul tavolo e cominciò a giocherellare nervosamente con un bicchiere. In silenzio… per il resto della giornata. 


Erano passati alcuni giorni dal loro ritorno a Magnolia dopo l'avventura a Crocus con Eclipse e i draghi. Priscilla uscì dalla sua stanza di Fairy Hills canticchiando allegra, tutto sembrava tornato alla normalità ed era persino riuscita a fare qualche missione e racimolare qualche soldo nel frattempo. Si portò entrambe le mani dietro la testa e camminando spensierata lungo il corridoio si avvicinò alle scale per scendere nella hall e infine uscire, ma già da quei primi passi sentì qualcosa di strano. Una presenza, una sensazione, come se qualcuno la stesse seguendo. Si voltò curiosa e un po' intimorita, ma con stupore e una certa inquietudine non vide nessuno. Uscì da Fairy Hills e percorse le strade di Magnolia con ancora quell'inquietante sensazione addosso. Arrivò alla gilda e alzò una mano, salutando con allegria: «Buongiorno a tutti!» 
«Buongiorno Priscilla» salutò Mirajane, guardandola con un sorriso. «Buongiorno Lluvia» aggiunse poi dopo qualche secondo.
Priscilla si voltò sorpresa, chiedendosi quando la maga dell’acqua fosse arrivata e rabbrividì nel vederla  rannicchiata, incredibilmente vicino a lei. «Lluvia!» sussultò per la paura. «Mi... mi hai seguita?» chiese poi, cominciando a dare una forma e un significato a quella sensazione che le aveva fatto venire i brividi per tutto il tempo.
«Ecco...» mormorò Lluvia, arrossendo imbarazzata. «Lluvia ha bisogno di farti una domanda».
«E non potevi farmela e basta senza pedinarmi?» mormorò Priscilla.
«Lluvia è imbarazzata, voleva trovare il momento ideale» confessò Lluvia, arrossendo.
«Imbarazzata?» chiese Priscilla, inclinando la testa da un lato in segno di curiosità.
«Ecco... Priscilla-san, che cosa hai regalato a Laxus-sama per il vostro anniversario?» chiese infine, arrossendo violentemente. 
«Anniversario?» mormorò Priscilla, arrossendo a sua volta di fronte all'idea che loro avessero potuto avere un anniversario.
«Del giorno che vi siete incontrati» specificò Lluvia.
«Si chiama compleanno» provò a difendersi Priscilla, trovando ancora imbarazzante l'idea che venisse considerato come un anniversario. Ma Lluvia ignorò il suo disagio  e facendo un passo in avanti le afferrò entrambe le mani, supplicando: «Per favore, Priscilla-san, so che puoi aiutare Lluvia!»
«Perché vuoi fare un regalo a Laxus?» si informò Priscilla, sentendo anche un lieve fastidio nascerle alla bocca dello stomaco. 
«Non essere sciocca, Priscilla-san, Lluvia non ti ruberebbe mai il fidanzato» arrossì Lluvia e Priscilla insisté, sempre più a disagio: «Cominci a irritarmi, lo sai?»
«Il fatto è che oggi è il 413esimo anniversario dell'incontro tra Lluvia e Gray-sama» spiegò Lluvia, continuando a ignorarla.
«413esimo? Che data sarebbe?» chiese Priscilla, sempre più confusa.
«Oggi sono 413 giorni che Lluvia e Gray-sama si sono incontrati, è un giorno speciale! Lluvia aveva deciso di festeggiarlo come il 412esimo e il 411esimo, ma Erza-san le ha suggerito di festeggiare facendo a Gray-sama un regalo. Purtroppo Lluvia non ha idea di cosa regalargli però» sospirò infine, affranta.
«Hai bisogno di un consiglio, ho capito!» sorrise Priscilla, finalmente felice di riuscire a capirci qualcosa. 
«Lluvia ha già chiesto a Erza-san, Levy-san, Laki-san e persino a Evergreen-san che è più adulta ed esperta ma nessuno ha saputo darmi un buon consiglio. Poi Lluvia ha pensato che tu sei l'unica che conosce che abbia una vera storia d'amore, perciò sarai sicuramente più esperta in fatto di regali agli uomini!» spiegò Lluvia e Priscilla tornò a corrucciarsi, nervosa. «Continui a fraintendere la situazione, vero?»
«Hai fatto regali a Laxus-sama in passato?» chiese Lluvia, illuminandosi e preparandosi a ricevere qualche idea. 
«Regali...» mormorò Priscilla e d'istinto voltò la testa, in cerca del ragazzo che aveva già visto essere all'interno della gilda, in compagnia di Fried. Seduto, mangiava e beveva in silenzio, con la sua solita compostezza e il cappotto scuro appoggiato sulle spalle. 
«Beh, sì...» sorrise infine, arrossendo. Ne erano successe talmente tante in quegli anni che neanche ci aveva pensato più: quel cappotto che gli aveva comprato un po' anche per gioco, per vederlo pavoneggiarsi di essere un Dio, ancora lo portava con sé. Aveva visto momenti migliori, ne aveva veramente subite di tutti i colori tra strappi e bruciature, eppure continuava a essere in buone condizioni a segnalare l'attenzione che Laxus gli riponeva nel portarlo tutte le volte a riparare o lavare. 
«Che cosa gli hai regalato?» incalzò Lluvia, curiosa ed eccitata all'idea di poter avere un buon suggerimento. Priscilla tornò a guardare la ragazza di fronte a sé con un sorriso luminoso ed emozionato, per poi indicarsi semplicemente le spalle. Lluvia si affacciò per guardare Laxus seduto poco lontano e arrossì di colpo, portandosi le mani al volto: «Il suo cappotto!»
«Già» ridacchiò Priscilla, incamminandosi per mettersi a sedere al bancone e ordinare per sé qualcosa da bere. «È stato per festeggiare il giorno che è diventato mago di Classe S. Al tempo non era proprio nel suo stile, ci abbiamo scherzato a lungo quando l'abbiamo visto nella vetrina del negozio, però alla fine glielo presi perché mi era sembrato di capire che era comunque sia qualcosa che apprezzava. Aveva già iniziato a ponderare un cambio di stile, si sentiva importante e forte e voleva qualcosa che lo rappresentasse. Così il giorno che superò quell'importante traguardo glielo regalai» raccontò Priscilla, con un pizzico di nostalgia nella voce.
«È stato facile, è stato lui alla fine a dirti che lo voleva. Gray-sama non ha mai detto a Lluvia se c'era qualcosa di particolare che desiderava» ragionò Lluvia. «Però sarebbe bello se fosse qualcosa da indossare ogni giorno, in ricordo dell'amore di Lluvia proprio come Laxus-sama!» arrossì portandosi le mani al volto emozionato.
«Lo indossa ogni giorno perché gli piace, non certo per quelle scemenze sull'amore...» mormorò Priscilla, sempre più a disagio. 
«Però non credo che un cappotto possa piacere a uno come Gray-sama» bofonchiò Lluvia, sconsolata.
«Considerato che non perde occasione per spogliarsi, no, direi di no» ridacchiò Priscilla. «Potresti regalargli un paio di mutande, magari almeno quelle così facendo si ricorda di tenerle» aggiunse poi Priscilla, divertita dal difetto incorreggibile di quel ragazzo che, bizzarramente, tutti avevano persino imparato ad accettare. 
«È imbarazzante!» sussultò Lluvia, prima di ondeggiare e portarsi le mani al volto arrossato. «Regalare delle mutande è troppo intimo, potrebbe contenere dei significati nascosti, significati perversi!» poi si voltò, guardando Priscilla sconvolta. «Laxus-sama ti ha mai regalato delle mutandine?!» chiese, mettendo insieme i pezzi e trovando in quello il motivo per il quale a Priscilla era venuta in mente una simile idea. Priscilla per poco non si strozzò col bicchiere di succo che stava bevendo e con ancora qualche goccia che le cadeva dalla bocca e colpi di tosse per liberare le vie respiratorie, urlò: «Ma come ti salta in mente?!»
«Un completo intimo sexy!» urlò Lluvia, in preda a un raptus fatto di fantasie romantiche ed erotiche su quel famigerato amore incestuoso che ultimamente la faceva palpitare tanto. 
«L-L-Lluvia!» ruggì Priscilla tanto imbarazzata da non riuscire neppure più a respirare, mentre per colpa dell'amica nella sua mente compariva ora un seducente Laxus che le porgeva un paio di slip in pizzo e le sussurrava suadente: «Perché non lo indossi per me?»
Parve che del fumo le uscisse dalla testa, mentre in preda alle urla e alla vergogna si dimenava e si tirava i capelli, sperando che così facendo quell'assurda fantasia le sparisse dalla mente. 
«Ohy» la voce di Laxus comparve alle sue spalle appena prima che la sua mano si posasse sulla spalla della ragazza. Priscilla urlò come mai aveva fatto prima e saltò via, lanciandosi addosso a Lluvia, finendo entrambe col cadere a terra. Lluvia era con ancora il volto arrossato ed entrambe le mani vicino alla bocca, emozionata, mentre Priscilla era completamente disordinata e le guance che sembravano avrebbero potuto prendere fuoco. Si voltò a fulminare Laxus, chiedendosi come diamine avesse fatto ad avere un simile tempismo tanto irritante, e lui semplicemente alzò un sopracciglio, confuso per quell'eccessiva reazione. 
«Che c'è?!» ruggì Priscilla, ancora stesa sopra Lluvia e per niente intenzionata ad alzarsi. 
«Abbiamo preso un incarico. Saremo di ritorno entro domani. Non combinare niente mentre non ci siamo» le disse, minaccioso. 
«Starò buona» sibilò lei, ancora troppo turbata per quanto era appena accaduto per riuscire a prenderlo sul serio. In quel momento sperava solo che se ne andasse il prima possibile. 
«Perché non vieni con noi, baby?» disse Bickslow inginocchiandosi vicino alle due. 
«Penso che starò qui, devo aiutare Lluvia con una faccenda» ridacchiò Priscilla nervosa trovando in quello la scusa perfetta. In altre occasioni avrebbe pagato oro per potersene andare in giro con Laxus come ai vecchi tempi, ma in un momento come quello aveva solo bisogno di restare sola e eliminare quell'assurda immagine dalla sua testa. Averlo intorno l'avrebbe costretta a ripensarci in continuazione, sarebbe potuta impazzire. Lluvia, ancora bloccata sotto di lei con le mani vicino alla bocca e lo sguardo emozionato, annuì semplicemente dando corda all'amica. 
«Andiamo» disse Laxus, incamminandosi per primo. 
«Cerca di non combinare guai mentre non ci siamo, ok?» l'ammonì Fried e insieme al resto dei Raijinshuu uscì infine dalla gilda. Priscilla sospirò finalmente rasserenata quando non li vide più e rimase accasciata su un'ancora paralizzata Lluvia.
«Avete legato molto voi due» squillò la voce di Lucy al loro fianco, pochi minuti dopo.
«Ah! Lucy!» si illuminò Priscilla nel sentirla. Tornare al discorso regalo per Gray era la cosa migliore da fare per liberarsi l'anima da tutta quella sovraeccitazione, perciò finalmente si sollevò da dosso Lluvia e restando inginocchiata disse: «Ottimo tempismo! Tu cosa regaleresti a un uomo per conquistare il suo cuore?»
«Cibo!» esclamò Natsu, sbucando al suo fianco con un paio di cosciotti arrosto tra le mani. 
«Ti sei decisa a dichiararti apertamente a Laxus?» ridacchiò Lucy, portandosi una mano alle labbra, e Priscilla tornò ad arrossire e agitarsi, gridando: «Piantatela tutti con questa storia! Si tratta di Lluvia! Parlo in vece di Lluvia, chiaro?!»
«Ho capito, non ti scaldare» ridacchiò Lucy.
«Oggi è l'anniversario di Lluvia e Gray-sama e Lluvia sta cercando un'idea per un regalo» spiegò Lluvia, rialzandosi da terra. Priscilla al suo fianco restò invece seduta a gambe incrociate e semplicemente si sollevò, volando, restando nella sua posizione ma arrivando almeno ad altezza delle ragazze. 
«Regalagli un pesce!» esclamò Happy, seduto vicino a Natsu e impegnato a mangiare del pesce fresco.
«Non credo che Gray-sama sarebbe felice di ricevere del pesce» rispose Lluvia candidamente.
«Questo non è vero!» disse Happy e Natsu gli diede corda confermando: «Io sarei felice di ricevere del pesce per cinque persone tutto in una volta».
«Gray non ha certo il tuo appetito» disse Lucy, ridacchiando imbarazzata per la risposta dei suoi amici. In quel momento Priscilla notò passare Elfman accompagnato da Gajeel, che cercavano entrambi un posto dove sedersi e mangiare la propria porzione. «Elfman, Gajeel!» li chiamò Priscilla. «Voi cosa vorreste ricevere come regalo?»
«Cosa vorrei ricevere?» chiese Elfman prendendosi una pausa per riflettere. «Io vorrei ricevere... uomo!» esclamò poi, fiero, e Priscilla sospirò un: «Dovevo aspettarmelo».
«Non riesco a capire cosa voglia dire» si unì Lucy.
«A me piacerebbe un vestito bianco e una chitarra» disse Gajeel, sorridendo già all'idea di poterne avere una. «E una rosa rossa, sarebbe perfetto!»
«Una rosa rossa? Fai il romantico?» ridacchiò Priscilla, tirando al ragazzo un paio di sgomitate.
«È per creare l'atmosfera!» ruggì Gajeel, offeso di non essere compreso. 
«Ho la sensazione che gli starebbero bene» disse Lluvia, cercando di immaginarsi Gray sotto quelle sembianze. 
«Ma non credo che siano proprio adatti a Gray» disse Lucy, che non riusciva a immaginarsi uno come Gray conciato in quel modo. 
«Per un regalo penso che sarebbe carino qualcosa di fatto a mano» intervenne Mirajane, attirata dalla loro chiacchierata. 
«Ma sì! Sembra una buona idea!» esclamò Priscilla, convinta. 
«Per esprimere i propri sentimenti, qualcosa di fatto a mano è la via giusta» annuì Mirajane.
«Una chitarra fatta a mano non mi dispiacerebbe riceverla» disse Gajeel, confermando così che quella poteva essere una buona via.
«Un completino fatto a mano» mormorò Lluvia, spostando lo sguardo su Priscilla che di nuovo torva in volto ruggì furibonda: «Basta con questa storia!»
«Io voglio del cibo!» esclamò Natsu, sventolando il suo cosciotto arrosto.
«Smettila! Non ci interessa cosa vuoi tu!» lo rimproverò Lucy.
«L'idea di Natsu invece è buona» disse Mirajane, sorridendo. «Questo mi ricorda la deliziosa torta che Erza e gli altri hanno preparato per Asuka la settimana scorsa».
«Ma certo! Una torta fatta a mano, Lluvia!» disse Priscilla, illuminandosi e battendosi un pugno sull'altra mano per enfatizzare la buona idea avuta.
«Una torta...» mormorò Lluvia, cominciando a sorridere convinta. «Sì! Ci proverò!» esclamò infine, decisa. 
«Ce la fai da sola?» chiese Priscilla, già pregustandosi i vari assaggi che avrebbe sgraffignato con la scusa di aiutarla.
«Certo! Lluvia farà un tentativo!» disse lei, felice e convinta. 
«Quando hai finito fanne un po' anche per noi!» disse Happy.
«Non posso! È tutta per Gray-sama» rispose Lluvia e Priscilla le diede corda, aggiungendo: «Una torta fatta a mano è il simbolo dell'amore, non può certo condividerlo con chiunque!» 
Sia Natsu che Happy sospirarono, dispiaciuti, e Lluvia stringendo i pugni vicino al volto con determinazione infine disse: «Bene! Vado a mettermi subito al lavoro!» e scappò via, diretta rapidamente a Fairy Hills. Dopo una buona mezz'ora Priscilla, accompagnata da Lucy, Charle e Wendy decisero di andare a controllare come stesse andando, ma quando arrivarono al dormitorio tutte le loro speranze andarono in fumo. Dalla finestra di Lluvia era proprio del fumo quello che usciva e bastò quello a dar loro un indizio su come stesse andando la sua operazione. Le sue urla di rabbia erano la ciliegina sulla torta, era come se stesse lottando contro qualcuno. 
«Ohy ohy» sospirò Priscilla. 
«Proprio come avevamo pensato» disse Wendy preoccupata.
«Andiamo a vedere!» disse Lucy e le ragazze corsero verso l'interno del dormitorio, per dirigersi rapidamente alla stanza di Lluvia. Non c'era niente che si fosse salvato dal suo attacco, c'erano pezzi di torta e ingredienti ovunque, parte della stanza era addirittura bruciata, una finestra rotta, ogni cosa era sottosopra. E Lluvia ansimante per la fatica le accolse con in braccio un pupazzo Gray e un grosso sorriso sul volto. 
«Lluvia ce l'ha fatta!» esclamò, indicando un piatto sul tavolo dove sopra era poggiata una torta bruciata, terrificante e dalla decorazione pessima. 
«No, non ce l'hai fatta» sospirarono in coro le quattro ospiti.
«Non è venuta bene?!» sussultò Lluvia, cadendo dalle nuvole. 
«Beh... c'eri quasi...» mormorò Priscilla, imbarazzata all'idea di rivelarle apertamente che era terribile.
«Sicuramente ti sei impegnata molto» disse Lucy, altrettanto incoraggiante.
«Ma anche le parole sono scritte male» sospirò Wendy, leggendo la decorazione che recitava "Lovery" invece che "Lovely" e  “SamaGa” invece di “Gray-sama”.
Tutto totalmente sbagliato.
«Fa schifo» disse più diretta Charle e Lluvia, abbattuta, cadde a terra colta da un attacco profondo di depressione. 
«Forse la torta non era la scelta giusta» disse Priscilla, poggiando una mano sulla spalla dell'amica.
«Però forse è buona da mangiare!» esclamò Wendy, cercando una via d'uscita da quel disastro. Si avvicinò alla torta e con un dito raccolse un po' di glassa al cioccolato, portandosela alle labbra. Non disse niente, ma la sua espressione schifata e rattrappita lo fece per lei. Era decisamente immangiabile. 
«Eppure ho usato normali ingredienti» sospirò Lluvia.
«Potrebbe essere un qualche tipo di talento, il tuo» disse Charle.
«Cosa dovrei fare?» mormorò Lluvia, affranta, stringendosi al petto il pupazzetto a forma di Gray che si era tenuta tra le braccia fino a quel momento.
«Magari puoi provare con qualcosa di diverso, più adatto alle tue capacità» suggerì Priscilla.
«Magari qualcosa che non abbia a che fare con la cucina» disse Charle. 
«Penseremo noi a pulire qui, così tu potrai pensare a qualcos'altro per Gray-san» disse Wendy.
«Facile a dirsi... ma cosa potrebbe andare bene?» mormorò ancora Lluvia, sempre più abbattuta.
«Che ne dici di un accessorio? O qualcosa che possa indossare?» provò a suggerire Charle e Priscilla si illuminò, esclamando: «Mi sembra un'ottima idea!»
Persino Lluvia riuscì a sorridere di nuovo, colta da un nuovo ottimismo, ed esclamò: «Ha senso! Lluvia farà un tentativo! Vado subito a mettermi al lavoro» disse e si alzò, uscendo dalla cucina e andandosi a mettere su di un divanetto in camera. Prese ferri e lana e cominciò a lavorare a maglia, concentrata su quella che sembrava l'inizio di una sciarpa. 
«Ce la sta davvero mettendo tutta, eh?» sorrise Lucy, buttando nel cestino la torta mostro immangiabile. 
«Ci tiene davvero molto» sorrise Wendy, prendendo una scopa e mettendosi a pulire. 
«Anche se l'occasione non ha alcun senso» disse Charle, prendendo un panno e andando verso un mobile lercio. Priscilla, in silenzio, prese le ciotole e gli utensili sporchi e si avvicinò al lavandino per poterli ripulire e rimettere a posto.
«Ma per lei resta molto importante. È una bella cosa» sorrise Wendy, prima di affacciarsi verso Priscilla e chiedere: «Non è vero, Priscilla-nee?»
«Certo» rispose lei, distrattamente. Improvvisamente assorta nei suoi pensieri, aveva chissà quando iniziato a smettere di ascoltare ciò che le sue amiche avevano da dire. Wendy la guardò curiosa, ma non si preoccupò dal momento che il suo viso, anche se assorto, sembrava stranamente sereno.
"Un regalo..."


Laxus tornò dalla sua missione il giorno dopo, come previsto. Non fece rientro direttamente alla gilda, ma preferì prima passare da casa sua per potersi  lavare e cambiare. Oltretutto avevano passato tutte quelle ventiquattro ore in viaggio e impegnati, senza neanche il tempo di riposare, e aveva davvero bisogno di farsi una lunga dormita. Grattandosi la nuca pigramente e mugolando già per la fatica, aprì la serratura di casa sua ed entrò nell'appartamento. La sua attenzione fu catturata nell'immediato dalla luce nella sua camera accesa, ma più che preoccuparsi si infastidì all'idea che qualcuno fosse potuto entrare in sua assenza. Priscilla si voltò a guardarlo nell'istante in cui lo sentì aprire la porta della camera. Era stesa sul suo letto, i piedi sollevati per aria che ciondolavano come fosse una bambina pigra, i gomiti erano piantati sul materasso e aveva un libro che teneva sotto di sé e che l'aveva tenuta assorta talmente tanto che non aveva fatto caso alla serratura che veniva aperta. Si illuminò nel vedere Laxus e sollevandosi col busto, mettendosi poi in ginocchio sul letto, esclamò allegra: «Bentornato! Com'è andata la tua missione?»
«Che ci fai a casa mia?» le chiese, vagamente irritato. Quando e soprattutto come era entrata? Chi le aveva dato il permesso? Era incredibile come non perdesse mai occasione per violare i suoi spazi, non aveva la minima idea di cosa fosse la privacy e il pudore. 
«Ti aspettavo» sorrise candidamente e per quanto lui trovasse irritante quel suo modo di fare invasivo, non rimase immune alla dolcezza di quella scena. Morbidamente appoggiata al proprio letto, inginocchiata, con i piedi nudi, stretta nelle spalle e il viso candido e allegro mentre gli dava quella dolce accoglienza. Per un istante provò il desiderio di averla sempre lì, a dargli il benvenuto tutti i giorni.
Si tolse la giacca dalle spalle e la lasciò cadere su di una sedia vicino all'ingresso della camera, prima di cominciare a rimboccarsi le maniche della camicia per dare più libertà alla pelle. 
«Come sei entrata?» si informò, trovando divertente quella sua incredibile capacità di intrufolarsi ovunque.
«Dalla finestra! Dovresti chiuderla almeno quando sei via, qualcuno potrebbe intrufolarsi in casa tua, lo sai? È pericoloso» lo ammonì  con severità e preoccupazione e lui non poté che sghignazzare divertito e ammettere un: «Me ne sono accorto».
Priscilla inclinò la testa da un lato, senza dire niente, assumendo semplicemente un'espressione incuriosita e confusa. Probabilmente non le era chiaro che l'intrusa era lei, forse sentendo come tutto quello fosse normale. 
«Ecco io...» mormorò poi, arrossendo lievemente e lasciando subito da parte il discorso della finestra. «In verità, sono venuta qui perché volevo darti una cosa» confessò e Laxus, che era già andato all'armadio a cercare un cambio d'abito pulito, si voltò a guardarla con curiosità.
«Ti ho portato un regalo!» esclamò, sorridendo allegra.
«Un regalo?» chiese li, arrossendo lievemente per l'imbarazzo.
Priscilla annuì e si allungò ora sul comodino, dove notò solo in quel momento che c’era appoggiato un piatto vicino anche a un pacchetto. Priscilla prese prima il piatto e lo porse a Laxus, togliendo da sopra la pellicola trasparente usata per proteggerne il contenuto. 
«Biscotti al limone! Li ho fatti io!» disse felice. «Assaggia!» invitò e Laxus, dapprima esitante, si lasciò alla fine convincere. Si avvicinò a lei, le si sedette pesantemente a fianco facendo sobbalzare un po' il letto su cui lei era ancora inginocchiata e osservò il piatto ricolmo di biscotti. Lei continuò a sorridere e con un gesto lo invitò ancora a prenderne uno, cosa che lui fece poco dopo. Se lo portò alle labbra e lo assaggiò, sotto lo sguardo emozionato di Priscilla che attendeva con fervore l'esito. 
«Sono buoni» confessò Laxus, dopo qualche secondo in cui non aveva fatto altro che cercare le parole adatte per evitare che trapelasse l'emozione di quel momento. Era stato un gesto inusuale, di una dolcezza infinita, persino una statua di marmo come lui non poteva non trovarla deliziosa nelle sue attenzioni. Priscilla allargò maggiormente il sorriso, felice di sentirglielo dire, e infine spiegò: «Da quando sei tornato sono successe così tante cose che non abbiamo nemmeno avuto il tempo quasi di rendercene conto. Prima Acnologia, i sette anni, il torneo a Crocus... ti ho aspettato così a lungo e oggi, visto che era un giorno tranquillo e felice, mi è solo tornato in mente che non ti ho ancora dato il bentornato come si deve. È un grande momento, finalmente abbiamo messo un punto a tutta questa faccenda che è durata fin troppo, ho solo pensato che dovessimo festeggiare! Siamo di nuovo insieme» e le guance presero a colorarsi di rosso, sotto una palese emozione che faticava a nascondere. Per Laxus era stato imbarazzante trovarla improvvisamente a casa sua, con tutte quelle gentilezze che sembravano senza ragione e servivano solo a riempirla di una dolcezza forse anche esagerata. Ma ora era tutto così chiaro che la vergogna venne spazzata via in un attimo, lasciando posto solo a un felice benessere. 
«Già» mormorò lui semplicemente, lasciandosi sfuggire a sua volta un sorriso. Erano di nuovo insieme, dopo tutto quel tempo, tutto quel dolore e quella follia, erano di nuovo insieme. Era stato tutto spazzato via, anche se ci avevano messo decisamente troppo tempo, ogni cosa era sparita e lasciava spazio solo al futuro che avrebbero d'ora in avanti percorso insieme. Di nuovo. 
«Oh! E ho un'altra cosa!» disse lei, lasciando il piatto con i biscotti sulle ginocchia di Laxus e tornando ad allungarsi a prendere anche il pacchetto che era stato lasciato sul comodino. Laxus si portò alla bocca un altro goloso biscotto e la guardò ora con curiosità, chiedendosi cos'altro avesse ideato per celebrare quel momento. 
Priscilla poggiò il pacchetto sulle proprie gambe e ne sollevò il coperchio, mostrando al suo interno le vecchie cuffie che erano appartenute a Laxus un tempo. Cuffie a cui era stato talmente legato che si era portato dietro ovunque, in qualsiasi occasione, per anni interi da quando era ragazzino. 
«Si erano rotte...» confessò lei, arrossendo un po' forse per l'imbarazzo o forse per il dolore nel ricordare quel momento. «Durante il nostro scontro alla cattedrale di Caldia, quando sei stato poi esiliato. Le avevi lasciate lì, si erano rotte. Le ho prese con me... e le ho fatte aggiustare» spiegò, sentendosi in imbarazzo nell'ammettere che aveva avuto quell'attenzione. 
«Dovrebbero funzionare, adesso» disse prendendole tra le mani e porgendogliele. Per quanto fosse un gesto come un altro, anche se incredibilmente dolce e premuroso, a colpirlo fu principalmente l'attenzione che riportò a quel famigerato giorno. Il giorno in cui avevano combattuto, il giorno in cui lui si era ricordato e si era reso conto di tutti gli errori fatti, di tutto il male che le aveva recato. Quell'orrendo giorno, che non aveva fatto che tormentarlo. Le mani di Priscilla si allungavano nella sua direzione a porgergli quell'insignificante oggetto che lei aveva preso a cuore, le stesse mani che si erano preoccupate di risanare ciò che era rimasto di quel giorno. Quelle ferite, riportate anche su quelle cuffie, ormai erano sparite grazie alla cura che lei aveva avuto nei loro confronti. Non era un semplice regalo, era qualcosa di molto più grande. Il dolore di una ferita che spariva, il rendersi conto che tutte le sue cure e le sue attenzioni erano state in grado di disinfettarlo e richiuderle, eliminarle per sempre. Quel giorno sembrava ora così distante da sembrare... solo un incubo.
Quella sera avrebbero festeggiato il loro ritrovamento, la loro di nuovo unione, ma soprattutto avrebbero festeggiato tutte le sofferenze che finalmente avevano abbandonato definitivamente alle spalle. Quella sera loro erano lì per ricominciare da capo. Guardare solo avanti perché niente di quello che era stato aveva più bisogno di essere riparato... persino quelle cuffie.
Poggiò una mano sulle sue, abbassandole per potersi fare spazio e spingere da parte quelle cuffie che ora non avevano più così importanza. Allungò infine le braccia dietro la  schiena della ragazza e se la tirò contro, stringendola con tutto il desiderio che aveva trattenuto dentro sé per tutto quel tempo. Una mano dietro la nuca, con le dita che si incastravano tra i suoi capelli, vi affondò il volto tra quei capelli dal profumo così familiare. Il profumo di casa. Finalmente a casa.
«Pricchan» sussurrò, scaricando in quell'abbraccio tutto se stesso.
«L-Laxus...» mormorò lei, rossa per l'imbarazzo e l'emozione che il suo tocco e la sua vicinanza le davano. Non era difficile giocare all'amata sorellina, ormai c'era abituata, le riusciva bene, ma talvolta accadeva che quel ruolo le stesse stretto e tornasse in lei l'unico sentimento che sapeva ora essere reale. L'amore che provava nei suoi confronti, non l'avrebbe più negato anche se consapevole di non averne il diritto, avrebbe comunque continuato a tenerlo nascosto. Momenti come quello, dove la barriera del gioco veniva sfondata e lei poteva avvicinarsi così tanto a lui, le facevano perdere il controllo di tutto quello e per un attimo diventava una semplice ragazza innamorata piuttosto che una sorellina affezionata. Quell'abbraccio valeva così tanto, eppure proprio per questo aveva lo stesso sapore amaro del sangue. Era bello poterlo avere così vicino, ma ricordarsi qual era in realtà il suo posto e costringersi sempre a tenere un passo indietro era così doloroso. Ma aveva imparato ad accontentarsi... già molto tempo prima. Prese timidamente la sua camicia tra le dita e tentò un goffo abbraccio di ricambio, rilassandosi sotto la sua ferrea e disperata presa. Restò immobile, permettendogli di prendersi tutto il tempo che desiderava.
«Grazie» sussurrò lui, infine. Una parola che andava ben oltre il semplice regalo, che avvolgeva anni e anni di sacrificio che lei aveva fatto solo per amor suo. «Grazie» ripeté più deciso e lei semplicemente sorrise e arrossì, non riuscendo a trovare le parole adeguate a rispondergli. Attese fintanto che non fu lui ad ammorbidirsi e allontanarsi nuovamente, anche se non lo fece mai del tutto. Le poggiò una mano sulla guancia e si allungò, cedendo al desiderio di un contatto, stampandole un deciso bacio sulla fronte. Prese poi le cuffie dalle mani di Priscilla, si portò la destra al proprio orecchio destro mentre la cuffia sinistra la poggiò all'orecchio sinistro della ragazza. Fece partire la musica e socchiudendo gli occhi restò rilassato ad ascoltarla, con la testa poggiata su quella della ragazza al suo fianco. Prese un altro biscotto dal piatto e poi ancora un altro. Priscilla, restando incastrata sotto al suo braccio, con la testa poggiata alla sua, mangiò insieme a lui. E solo ore dopo, nel silenzio se non per la musica che risuonava nelle orecchie, riuscirono a finirli.

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Capitolo 63
*** La città dei fulmini ***


La città dei fulmini






Priscilla era alla gilda già da quella mattina e da quando era arrivata non aveva fatto altro che canticchiare e ondeggiare sulla propria sedia. Con le guance arrossate, il volto trasognante, sembrava non notare niente di quello che le stava accadendo intorno, ignorò persino l'ennesima rissa a cui Happy le chiese di scommettere. 
«Sei di buon umore stamattina, Priscilla» osservò Mirajane, contenta di vederla sorridere in quel modo. Priscilla gongolando trasognante semplicemente si sfiorò la fronte con la punta delle dita e mormorò: «Non mi laverò mai più questa zona».
«Eh?» mormorò Mirajane, non capendo cosa le fosse successo di tanto bello e perché mai non avrebbe più dovuto lavarsi. 
Priscilla si strinse di più nelle spalle, nascondendo il volto arrossato tra le braccia poggiate sul bancone, e ridacchiò sempre più emozionata. Era ovvio che fosse successo qualcosa di incredibile, ma probabilmente non l'avrebbe raccontato con tale facilità. Non avrebbe più potuto liberarsi dei pettegolezzi, se avesse rivelato loro che il motivo di tanta felicità ed emozione era la serata passata insieme a Laxus, appena il giorno prima. I biscotti, la musica, la dolcezza del suo abbraccio... e quel bacio sulla fronte. Per quanto da ragazzino fosse stato più aperto di quanto lo era adesso, mai si era spinto a tanto. Il suo modo di esprimere affetto nei suoi confronti si era sempre e solo fermato a una carezza sulla testa come fosse stata un cagnolino. Persino gli abbracci erano rarissimi, potevano contarsi sulle dita, ed era Priscilla quella che di solito gli si appendeva al collo per ogni occasione. Ma un bacio... il tocco delle sue labbra morbide sulla propria pelle, calde, la carezza fugace del suo respiro contro i propri capelli. Solo ripensarci la fecero emozionare e tornò a ridacchiare, portandosi le mani alle gote accaldate e sgambettando come una bimba. 
«Chissà che le è successo?» ridacchiò Lucy, prima di spostare lo sguardo su Natsu e Happy, seduti non troppo distanti ma con un umore decisamente diverso da quello della compagna. Appoggiati al bancone, sospiravano affranti e rattristati, piagnucolando di tanto in tanto.
«E voi invece che avete?» si informò, curiosa ma già pronta a brontolarli per qualsiasi cosa avessero combinato. Perché loro combinavano sempre qualcosa. 
«Fame» risposero in coro.
«Perché non usate i soldi dell'ultimo incarico per comprarvi qualcosa?» chiese Lucy, domandandosi per quale motivo stessero a piangersi addosso e basta.
«Li abbiamo già spesi tutti» rispose Natsu.
«C'era da aspettarselo» mormorò Lucy, per niente sorpresa.
«Moriremo» piagnucolò Happy. «Lucy, prestaci dei soldi» disse poi.
«Non posso, anche io sono alle strette» rispose la ragazza. «Perché invece non vi mettete a lavoro? Chi non guadagna non mangia! Guardate, lì c'è una richiesta» disse indicando l'unico foglio rimasto sull'enorme bacheca riaperta da poco tempo. 
«Quella non possono prenderla» si intromise Mirajane. «È una richiesta specifica per Laxus» disse notando come proprio in quel momento i Raijinshuu si stessero avvicinando alla bacheca. 
«Una specifica per Laxus?» chiese Priscilla, riuscendo finalmente a riprendersi dal suo sogno ad occhi aperti. Svolazzò al fianco di Fried mentre lui osservava il foglio e leggeva mandante e compenso. Priscilla si affacciò oltre alla sua spalla e studiò anche lei ciò che c’era scritto, curiosa. 
«Da quando abbiamo vinto i giochi le richieste specifiche sono aumentate un sacco. Persino Gray e Natsu ne hanno ricevuta qualcuna» disse Fried.
«In molti hanno avuto modo di studiare le nostre tecniche durante i giochi e per questo se hanno delle esigenze specifiche sanno già a chi rivolgersi» disse Evergreen.
«Io non ne ho ancora ricevuta nessuna» sbruffò Priscilla, lasciandosi scappare con quella frase un sentimento di dissenso e invidia. 
«Non sei certo l'unica, non prendertela» disse Fried, passando a Laxus il foglio con la richiesta per permettergli di esaminarlo. 
«Uffa» sbruffò ancora lei, per niente consolata, mentre Laxus si metteva in cammino. I Raijinshuu lo seguirono subito dopo e Priscilla insieme a loro.
«Vieni con noi, baby?» chiese Bickslow, felice di poterla avere intorno.
«Non ho niente da fare, perciò...» alzò le spalle lei, con fare disinteressato.
«Wendy è partita per una missione insieme ad Erza questa mattina e non l'hanno invitata» disse invece Fried, dando una spiegazione più sensata al suo volersi intrufolare. Quando Evergreen si voltò a guardare il volto di Priscilla, pronta a chiedere spiegazioni sull'accaduto, la trovò rannicchiata in se stessa con le lacrime agli occhi. Nonostante continuasse a seguirli, volando, si stringeva nelle ginocchia e tirava su col naso per la tristezza.
«Wendy-chan si è dimenticata di me» piagnucolò affranta. 
«Oh, no Pricchan, sono certa che non è così» provò a consolarla Evergreen, abbracciandola e schiacciandole il viso contro il proprio prosperoso seno con fare materno. 
«Mi ha lasciata sola» singhiozzò ancora Priscilla, aggrappata all'amica.
«Ci sarà sicuramente qualche spiegazione, non abbatterti» insisté Evergreen, dandole amorevoli pacche dietro la nuca.
«Su, su, quando torneremo ci fermeremo da qualche parte a prendere un gelato alla faccia di Wendy, eh?» la consolò Bickslow, come se  si trattasse di una bambina. E vedendola annuire in quel modo, timida, sembrò proprio che lo fosse.
«La viziate troppo, voi due» mormorò Fried, contrariato. 
«E tu invece sei sempre troppo duro» lo rimproverò Evergreen.
«Inizialmente non eri così, che cosa ti è successo?» provò a chiedere Bickslow, ricordandosi come i primi tempi fosse anche lui molto protettivo e attaccato a Priscilla. A rispondergli fu Evergreen che, sghignazzando, disse: «Sarà la gelosia».
Un sola frase che ebbe il potere di colpire e far avvampare entrambi, stranamente consapevoli di cosa la donna stesse parlando. Erano entrambi particolarmente attaccati a Laxus, anche più del normale, per quel motivo da quando il biondo era tornato loro due avevano cominciato con i loro battibecchi. 
Per loro fortuna l'oggetto del loro interesse sembrò aver già smesso di ascoltarli da molto, e anche se così non fosse stato comunque non si mostrava interessato e continuava a camminare per la sua strada. 
«Comunque» sospirò dopo un po' Priscilla, costringendosi a cambiare argomento per cercare di smorzare l'imbarazzo. «Che posto è Borwatt? La richiesta dice che è piena di fulmini, per questo hanno chiesto di Laxus».
«Non ne ho mai sentito parlare» mormorò Evergreen, pensierosa.  «Andiamo a dare un'occhiata» concluse.
«Prendiamo il treno?» chiese Priscilla, entusiasta.
«Andiamo a piedi» disse invece Laxus, irritato. Il solo pensare all'oscillazione del mezzo lo faceva già stare male. 
«Ma ci metteremo un'eternità» brontolò lei, irritata.
«Cammineremo velocemente» rispose lui.
«E' lo stesso troppo!» lamentò lei, capricciosa come una bambina.
«Ancora problemi con la chinetosi? C'è Priscilla che può aiutarti, sbaglio?» chiese Evergreen, inconsapevole del fatto che il problema fosse proprio quello. Laxus non aveva dimenticato, anche se sembrava essere tornato a una specie di normalità, non poteva dimenticare quella sensazione che ultimamente lo accecava tutte le volte che aveva un contatto troppo prolungato con lei. Non aveva nessuna intenzione di ricaderci ancora.
«Infatti! Un tempo ti stava bene» lamentò Priscilla.
«Ho detto a piedi» insisté Laxus, risoluto, e lei si imbronciò, incrociando infastidita le braccia al petto. «Che noia» disse dopo neanche un quarto d'ora di cammino, per poi illuminarsi improvvisamente. «Ho avuto un'idea!» esclamò.
Un soffio di vento raccolse tutti i suoi compagni da terra, sollevandoli rapidamente. Si lasciarono sfuggire uno squittio sorpreso, ma ben presto si ammorbidirono sorretti dalla corrente di Priscilla. «Volando arriveremo prima!» sorrise. «Fried, indicami la via».
Seguendo le indicazioni del compagno, volarono per ore intere ma almeno riuscirono ad arrivare alla città che era pieno pomeriggio. Priscilla si fermò però ben prima di entrarci dentro, atterrando insieme ai suoi compagni qualche chilometro più indietro.
«Che succede? Perché ci fermiamo qui?» chiese Bickslow, risvegliandosi in quel momento da quello che era stato un vero e proprio sonnellino, cullato dal vento di Priscilla.
«Non posso volare lì dentro» spiegò lei, con uno sguardo tetro. Sopra i tetti della città c'era un'enorme nube scura, ruggente e scintillante in più punti, ad indicare il temporale a cui era soggetta. Non era un semplice cielo in tempesta, c'era molto di più, le nuvole avevano come una consistenza fisica, massiccia. Sembravano sarebbero potute cadere su quelle persone da un momento a un altro, e tutto, sotto alla sua ombra, era tetro e oscuro. 
«Andiamo» disse Laxus camminando avanti al gruppo. 
Per le strade non c'era anima viva, tutto era silenzioso se non per il rumore dei tuoni sopra le loro teste, persino il vento sembrava aver paura di soffiare tra quelle mura.
«Quest'aria pizzica» disse Priscilla, guardandosi la punta delle dita.
«Elettricità statica» commentò Fried, notando le scintille che i suoi vestiti facevano ad ogni movimento. Priscilla si voltò a guardarlo e rimase qualche secondo perplessa, osservando i suoi verdi capelli tutti ben ritti diretti verso il cielo. Con un urlo sorpreso si portò le mani alla sua stessa testa, chiedendosi se stesse subendo la stessa sorte e scoprì che, come sospettava, anche lei aveva tutti i capelli sparati verso l'alto.
«Io non ho il vostro stesso problema con i capelli» ridacchiò Bickslow, guardando quel poco di cresta che gli usciva dall'elmo che era esattamente nella stessa posizione di sempre. «Anche i tuoi» aggiunse poi, guardando Evergreen che subiva la stessa sorte. 
«Stai zitto» lo rimproverò lei, cercando di nascondere l'offesa dietro una maschera di disinteresse. Priscilla guardò tutti e tre i suoi compagni, vittima di quell'elettricità: anche se lei stava subendo la stessa sorte li trovò comunque esilaranti come poche volte. Scoppiò a ridere e puntò contro Fried un dito denigratore. A interrompere la sua candida e divertita risata, fu il rumore dei fulmini che infine con un potente rombo caddero dal cielo colpendo i parafulmini della città. Laxus fece rapidamente un passo avanti e alzò un braccio al cielo, attirandone così su di sé la maggior parte per evitare che si scatenassero su alberi e soprattutto sui suoi compagni. 
«Laxus!» lo chiamò preoccupato Fried, ma lui semplicemente si sgranchì il collo e rimase in posizione per raccogliere i successivi.
«Scendono senza sosta» commentò Priscilla, alzando gli occhi al cielo e studiando le nuvole che erano la causa di tutto quello. «Forse potrei dissiparle con una corrente d'aria ideale, ma penso che l'elettricità statica li attirerebbe di nuovo qui dopo poco» disse, notando come l'aria di quella città e quel cielo non fossero per niente di normali. Una semplice ventata d’aria non avrebbe mai potuto risolvere il problema.
«Sono però troppi, di questo passo neanche Laxus sarà in grado di contenerli tutti» disse Evergreen, guardando come uno dopo l'altro Laxus li attirasse tutti.
«Devo dargli una mano!» esclamò Priscilla preoccupata e correndo provò ad avvicinarlo per fare qualcosa. Ma, con sorpresa, uno dei fulmini scesi dal cielo arrivò da lei ben prima che potesse accorgersene, cadendo proprio ai suoi piedi. Priscilla squittì dalla paura e si tirò indietro tanto velocemente, per evitarlo, che cadde a terra.
«Che... spavento...» lamentò, pallida in volto.
«Stai indietro» le disse Laxus, alzando gli occhi al cielo ora più calmo ma sempre minaccioso. «Che spina nel fianco» sussurrò scocciato, prima di prendere fiato e preparare il proprio colpo: «Ruggito del drago del tuono!» 
Sparò contro le nuvole e per quanto fosse elettricità contro elettricità il suo attacco fu in grado di distruggerle, dissiparle e soprattutto disperdere momentaneamente l'elettricità del luogo. Il cielo tornò sereno, mostrandosi sotto la coltre ora sparita, e il sole brillò su di loro e su quelle case ormai nere per il numero incredibile di elettricità che avevano dovuto subire. 
«Non durerà a lungo, presto le nuvole si raduneranno di nuovo» disse Laxus.
«E l'elettricità statica è ancora qui» commentò Evergreen, avvicinandosi al compagno. Fried si avvicinò a Priscilla e senza chiederle niente, semplicemente le porse una mano per aiutarla ad alzarsi da terra.
«Dovrebbe almeno darci il tempo di indagare, giusto?» chiese aiutando la ragazza al suo fianco. 
«Già» annuì Laxus con un sospiro, ma ben presto la sua attenzione fu catturata da ben altro. Le persone uscivano dalle porte delle case tutte intorno a loro, ragazzi e ragazze, anziani e bambini, uomini e donne, pian piano, timorosi, si avvicinarono e radunarono intorno al gruppo di maghi. I loro volti, dapprima sorpresi e impauriti, presto si trasformarono in un sorriso e mormorii felici. 
«Che succede?» si chiese Priscilla, guardando quelle persone che presto li accerchiarono. Un bambino corse loro incontro, sorridendo con allegria, e si fermò proprio davanti a Laxus chiedendo: «Tu sei Laxus di Fairy Tail, vero? Tu sei il mago fortissimo che ha battuto Jura ai Grandi Giochi della Magia!» e dietro di lui altre voci, sempre più emozionate, gli fecero eco riconoscendo l'uomo e soprattutto adulandolo.
Un'enorme schiera di fan che puntava a lui tutta la loro emozionata ed eccitata attenzione, chiamandolo e congratulandosi con lui per la sua forza e capacità. Priscilla si avvicinò a Laxus, sbucando al suo fianco con timidezza e semplicemente rivolse a lui un sorriso felice. Quello era esattamente quello che aveva sempre sognato, vederlo realizzato nel suo infantile sogno di diventare il mago più forte e famoso di tutto il continente. Laxus semplicemente la guardò spostando appena gli occhi, ma non appena notò la sua candida felicità arrossì appena e distolse lo sguardo cercando ancora una volta di tornare il solito disinteressato di sempre. 
«Ehm...» la voce imbarazzata di una ragazza attirò la loro attenzione e questa si mostrò alla guida di un piccolo gruppo di quattro ragazze, sue amiche probabilmente. «Ecco... potresti stringere la mia mano?» chiese rossa per l'emozione. 
«Eh?» mormorò lui, confuso.
«Anche la mia!» disse un'altra ragazza al suo fianco.
«Mi faresti un autografo sulla schiena?» chiese una terza e sulla scia di questa molti altri si fecero coraggiosamente avanti, chiedendo una stretta di mano, un autografo o semplicemente desiderando parlargli. Gli corsero letteralmente incontro, sotto lo sguardo perplesso e anche un po' spaventato di Priscilla, che si ritrovò spintonata via con violenza e schiacciata tra alcuni di loro. Dovette farsi largo a spintoni, per riuscire a uscire dalla calca, e nonostante questo si ritrovò comunque a sgusciare via con fatica finendo nuovamente col perdere l'equilibrio e cadere a terra.
«Ehy! Che modi!» gridò frustrata contro la gente che l'aveva non solo ignorata, allontanata da suo fratello, ma trattata persino come se fosse spazzatura fastidiosa da spostare. 
«Questo è il nostro Laxus» commentò invece Fried, orgoglioso nel vederlo al centro dell'attenzione dell'intera città. 
«Sono un po' invidioso» rise Bickslow.
«Finge che gli dia fastidio, ma in realtà sappiamo benissimo che gli piace» ridacchiò Evergreen notando come cercasse di ignorare tutte le richieste che le venivano fatte. Priscilla si voltò verso il trio alle sue spalle, restando seduta per terra, e mostrò solo in quel momento il suo volto ricoperto di lacrime.
Si indicò con l'indice, tremolante, e tirò su col naso piagnucolando: «Ma ho partecipato anche io ai Giochi, perché nessuno mi riconosce?»
«Ecco...» mormorò una bambina dall'altezza che non raggiungeva nemmeno il metro. Ciondolando sui piedi, rossa in volto per la vergogna, si avvicinò alla ragazza a terra e balbettò con un filo di voce: «Tu sei la sorella di Laxus-sama, vero? Io mi ricordo di te. Posso avere un tuo autografo da portare al mio fratellone?»
Un attimo di gelo tra i Raijinshuu, sapendo che quello avrebbe dato a Priscilla il colpo di grazia.
«L'ha riconosciuta come la sorella di Laxus» sibilò Evergreen.
«E non lo vuole nemmeno per sé» commentò Fried.
«Probabilmente suo fratello è suo fan persino per i motivi sbagliati, quel pervertito» commentò Bickslow.
«Questa è una conclusione affrettata» gli disse Evergreen, ma la loro attenzione ora andava alla ragazza a terra. Avrebbe fatto una sfuriata, lo sapevano, si sarebbe messa a piangere come una bambina e forse forse se la sarebbe addirittura presa con quelle persone che continuavano a inneggiare Laxus ignorando lei. Senza contare il numero spropositato di voci femminili che aumentavano, nel chiamare il nome del ragazzo, cosa che sicuramente avrebbe fatto aumentare la sua gelosia. Era una tragedia.
«Pr-Pricchan» sibilò Fried, allungando una mano verso lei che ora sembrava paralizzata come una statua. La calma prima della tempesta. 
«Che carina!» strillò Priscilla, saltando al collo della bambina e stringendola come fosse una bambolina. Strofinò la propria guancia contro la testa della piccola, che ora rideva divertita per il trattamento euforico e amorevole che stava ricevendo... forse esagerato. Ma Priscilla sembrò essersi del tutto ripresa e dimenticata della faccenda, troppo emozionata per la sua piccola timida fan.
«Certo che ti faccio l'autografo! Te ne faccio quanti ne vuoi! Come ti chiami piccolo angioletto prezioso?! Quanto sei dolce! Mi ricordi tanto qualcuno...» aggiunse poi, senza però soffermarsi troppo su quella sensazione di familiarità.
«Eh?» mormorò Bickslow, inclinando la testa e chiedendosi a chi somigliasse quella bambina di cui Priscilla sembrava essersi ora innamorata.
«Capelli blu» notò semplicemente Fried, puntando gli occhi alla chioma colorata della bambina. Non ci fu bisogno di altro. Tutti e tre annuirono convinti, esclamando un semplice e ora comprensivo: «Ah, ecco».
Non somigliava per niente a Wendy, a dire il vero, ma il semplice fatto che fosse una bambina e che avesse in comune con lei la colorazione dei capelli era bastato per rasserenare l'animo tormentoso di Priscilla. 
«Ti porto a casa con me» decise infine Priscilla e Fried scattò furibondo, rimproverandola con un: «Non puoi rapire bambini!»
«Antipatico» bofonchiò Priscilla, contrariata ma comunque sottomessa alla sua volontà. Laxus riuscì a liberarsi dall'assalto delle persone, deciso a incamminarsi per andare a parlare con il mandante della sua richiesta. Fu per un po' scortato dalle continua voci adulatorie della gente della città, soprattutto le femminili che non smettevano di esclamare quanto fosse figo e affascinante.
I Raijinshuu gli andarono dietro, seguendolo, e subito dopo anche Priscilla si alzò lasciando sola la sua piccola fan con un foglio scarabocchiato che aveva la presunzione di chiamarsi autografo. Corse per raggiungerli, si avvicinò al resto dei suoi compagni giusto in tempo per sentire il mormorio perplesso di Laxus che si chiedeva, stranito: «Qualcuno vorrebbe davvero stare con me?»
Priscilla sentì come una fitta al cuore, un colpo di cannone che pareva averla raggiunta e centrata in pieno petto, demolendola definitivamente. Si portò una mano a stringersi gli abiti all'altezza del cuore e tornò a piangere, silenziosamente, in un'espressione sconvolta e addolorata. Dopo tutto quello che lei faceva e provava verso quell'uomo, davvero aveva dei dubbi in proposito? Come se non bastasse si era perfettamente reso conto degli atteggiamenti flirtanti di perfette sconosciute, li aveva  valutati e per come ne parlava sembrava non aver neppure disdegnato quelle attenzioni. Questo confermava solo le sue addolorate teorie: lui la vedeva sempre e solo come una sorella, non avrebbe mai letto nei suoi occhi l'amore folle che provava verso di lui. Le sue speranze erano state violentemente sbattute a terra, schiacciate dai piedi di decine di ammiratrici e belle donne che avevano sicuramente più possibilità di lei. Sempre troppo lontana, sempre alle sue spalle. 
Tremolante e piagnucolante, ferita a morte, Evergreen tornò a consolarla con un amorevole abbraccio e qualche carezza sulla testa. Poi un lamento attirò la sua attenzione e si voltò verso Fried, rimasto indietro di un passo, sorprendendolo nello stesso abbattuto stato emotivo di Priscilla. 
«Anche tu?! Perché?!» sussultò Evergreen.
«Ne ha distrutti due con un colpo solo, questo è il nostro Laxus!» rise divertito Bickslow notando come con una semplice frase, mormorata tra sé e sé, fosse riuscito a decimare le speranze e la voglia di vivere di ben due persone. 
«Mh?» si voltò Laxus, inconsapevole di cosa stesse accadendo ai suoi amici e per quale motivo. «Che vi prende?»
«Sono triste per questa povera gente» risposero in coro Fried e Priscilla, trovando in contemporanea la stessa scusa perfetta a cui aggrapparsi per non giustificare le loro lacrime. 
«Datevi una regolata, santo cielo» disse irritato e Priscilla e Fried reagirono aumentando il tono di voce nel loro pianto disperato, sentendosi oltretutto incompresi. 
«Povera piccola» disse Evergreen, materna, stringendo la ragazza al petto e accarezzandole i capelli. Dall'altro lato Fried si appoggiò a Bickslow, altrettanto disperato, ma al contrario di Evergreen Bickslow si tirò indietro e lo rimproverò con un: «Io non ti coccolo».
«Bene, bene, bene» la voce nasale di un ometto dall'altezza discutibile attirò la loro attenzione, interrompendo così quel patetico quadretto di disperati d'amore. Si avvicinò a loro, salutando con la mano e un caloroso sorriso sul volto, seguito da quello che sembrava in tutto e per tutto un maggiordomo.
«Salve, salve, salve» disse.
«Perché parla così, così, così?» mormorò Priscilla, ancora aggrappata al seno materno di Evergreen.
«Non lo so, non lo so, non lo so» rispose Evergreen, dando corda all'amica.
«Oh, il sindaco!» esclamò qualcuno dalla folla che avevano ancora alle spalle.
«Il sindaco?» chiese Laxus, camminandogli incontro. 
«Avete mandato voi la richiesta, giusto?» chiese Fried, ricomponendosi rapidamente e tornando al fianco di Laxus. 
«Salve, piacere di conoscervi» rispose il maggiordomo. «Questo è il sindaco di Borwatt, Mr. De Cybele» disse indicando l'ometto al suo fianco. «E io sono il suo segretario, Ga Maille» continuò e con uno scatto felino porse a tutti e cinque un biglietto da visita. «Sono stato io a mandare la richiesta»
«Ti ho osservato! To ho osservato!» disse ancora con voce nasale il sindaco. «Sei fantastico! Il più grande uomo del fulmine del mondo. Mi piaci. Sì, mi piaci molto».
«Questo tipo ha la voce da psicopatico, sembra un pervertito» sussurrò Priscilla, vicino all'orecchio di Evergreen che semplicemente annuì.
«Avete la vista acuta sindaco Cybele» osservò il suo segretario, con ammirazione decisamente eccessiva. Priscilla spostò lo sguardo su Fried, guardandolo in malo modo,e bofonchiò denigratoria: «Che somiglianza incredibile».
«Che?!» sussultò Fried, offeso per essere messo a paragone di quell'uomo che non aveva niente di simile a lui.
«Grazie a voi abbiamo di nuovo un buon clima» continuò il segretario. «Ma possiamo anche non parlare per strada. Se non vi dispiace, posso chiedervi di accompagnarci alla residenza del sindaco dove potrò spiegarvi nel dettaglio le nostre condizioni?»
«Certo» rispose Fried e l'intera squadra seguì così il segretario chiacchierone e il sindaco inquietante fino in cima a un'altura, dove sorgeva l'enorme villa lussuosa. Con lunghi corridoi, statue e colonne, sembrava più una reggia che una villa e questo dava un'idea della ricchezza che portava quell'uomo nonostante la città in molti punti cadesse a pezzi -probabilmente a causa dei fulmini. Vennero fatti accomodare su un divano, in un'enorme sala, e fu loro servito del tè e dei biscotti. Priscilla fu l'unica a non fare troppi complimenti, cominciando a bere e mangiare, poco dopo seguita da Evergreen, che prese solo il té, e Bickslow, anche se sicuramente più pacati ed educati. 
«Dunque, parlando dell'incarico» disse Fried, scuro in volto. «Quando è cominciato il fenomeno?»
Il volto del sindaco si fece più cupo e tenebroso, accusatorio nel rispondere infine con un tono del tutto diverso dal precedente: «Da quando sei arrivato tu, Laxus».
«Che scemenza» commentò Priscilla, senza troppi peli sulla lingua. «Abbiamo visto le nuvole e i fulmini da lontano, ben prima di mettere piede in città. Non può essere stato lui».
«Non parlo di oggi» disse il sindaco. «E' successo circa una settimana prima dei Grandi Giochi della Magia. Non ti ricordi?»
Laxus abbassò il volto, pensieroso, cercando sicuramente di ricordare. Poi si illuminò, colto da un pensiero. Sì, ora ricordava. 
«Avevo svolto un lavoro non troppo lontano da qui, ero di passaggio quella stessa sera» spiegò. «Un gruppo di delinquenti si è avvicinato, cercando di attaccare briga e gli dato una lezione».
«Ti sei messo a far rissa con dei ragazzini come un qualunque teppistello?» lo rimproverò Priscilla e lui, imbarazzato, ammise: «Ero un po' alticcio per l'alcol».
«Non è certo una giustificazione!» lo rimproverò. 
«Dunque... i fulmini hanno cominciato a cadere dopo quell'episodio?» chiese Laxus, diretto al sindaco.
«Esatto, sì!» disse il sindaco, sempre con lo sguardo furioso. «Borwatt era una prosperosa città di provincia, ma a causa dei fulmini non viene più nessuno, quindi ora siamo considerati una città fantasma. E ciò che ha dato inizio alla piaga dei fulmini è stato il tuo primo fulmine, quella sera».
«Che accuse infondate!» disse Evergreen, in difesa di Laxus, ma fu lui stesso a interromperla con un serio: «Aspetta» per poi rivolgersi di nuovo al sindaco. «Che cosa volete da me?»
«Beh, facile» sorrise il sindaco. «Libera la città dai fulmini».
«Liberarla?» mormorò Fried, pensieroso. 
«Sì! Dopotutto sei tu quello che ha dato inizio a tutto, perciò prenditene la responsabilità. È naturale, no?» disse sempre il sindaco, con un tono di voce decisamente diverso. Le accuse e ora quel tono che sembrava quasi volerlo prendere in giro, la forza con cui martellava il senso di colpa di Laxus l'avrebbe potuta percepire anche un idiota. Priscilla smise di mangiare e in silenzio restò semplicemente ad ascoltare. 
«I cittadini ti vedono come eroe, ma la tua sciocca rissa nel vicolo ha portato a tutto questo» aggiunse il segretario. «Se si venisse a sapere la tua reputazione e quella di tutta Fairy Tail cadrebbe. Abbiamo un accordo?»
Il silenzio cadde in maniera così improvvisa che sembrò avere la stessa consistenza di un mattone che cadeva sullo stomaco. Solo il rumore dei piattini, che venivano poggiati sul tavolino, ruppe quel silenzio. 
«Faremo sparire questi fulmini» decretarono semplicemente, nonostante sul loro volto non ci fosse nessuna traccia di positività. Quello non era un accordo, era un ricatto, e l'aver tirato in ballo la reputazione dell'intera gilda grattando così furiosamente il senso di colpa di Laxus non faceva che alimentare la rabbia in ciascuno di loro. Silenziosamente, uscirono e cominciarono a ripercorrere la strada a ritroso verso la città sotto a un cielo che nuovamente si era annuvolato e tuonava, pronto a scaricarsi. 
«Sta per ricominciare» sospirò Fried, notando con tristezza quanto poco ci avesse messo. 
«È una stronzata» disse Priscilla improvvisamente, a braccia conserte e tono severo.
«Pricchan!» la ripresero Evergreen e Fried, sorpresi dal suo tono e dal linguaggio. 
«Sono anni che Laxus usa il suo potere, non ho mai visto una cosa simile prima di oggi. Sicuramente non è la verità» disse severa.
«Non voglio mettere in dubbio che tutto sia iniziato da me, quel giorno. Ricordo la rissa, è plausibile» disse Laxus, pensieroso.
«Come se tu non avessi mai preso parte a una rissa! Ricordi tutte le volte che combattevamo io e te? Usavi molto più potere e non è mai successo niente di simile» lo ammonì Priscilla.
«Anche durante il combattimento alla cattedrale di Caldia hai dato tutto te stesso e non è successo niente di tutto questo» annuì Fried. «C'è sicuramente qualcosa di losco sotto».
«Quel tizio è il primo ad essere sospettato, per quanto mi riguarda» disse Evergreen, d'accordo con loro.
«Ho già provveduto a lasciare uno dei miei babies dentro una delle sue statue, non appena troverà qualcosa di compromettente verrà a riferircelo» spiegò Bickslow.
«Bene» disse Laxus. «Per il momento noi occupiamoci di questa scocciatura» disse alzando gli occhi al cielo che aveva già ripreso a tuonare.
«Conta pure su di noi» sorrise Bickslow.
«Dicci solo cosa fare. I Raijinshuu ti seguono perché credono in te!» disse Fried.
«Anche se dissipassimo ancora una volta le nuvole, queste torneranno a riformarsi» osservò Priscilla, guardando il cielo sopra le loro teste. «È come se fossero attratte da qualcosa».
«Ho una strana sensazione» commentò Laxus, riflettendo sulle parole di Priscilla. E rispose poco dopo al suo sguardo interrogativo: «Fin da quando siamo arrivati in questa città sono stato attirato dall'elettricità. Ho come la sensazione che la mia magia ne stia venendo attirata».
«Che sia lo stesso principio?» mormorò Priscilla, pensierosa. Poi si voltò verso Laxus, che ora le camminava a fianco, e sorridendo allegra esclamò come se avesse appena avuto una brillante idea: «Perché non dai un'annusata in giro come fa Natsu e seguiamo questa tua sensazione? Magari ci porterà alla fonte».
«Come Natsu?» chiese lui, guardandola offeso. «Per chi mi hai preso?»
«Per un Dragon Slayer» rispose prontamente Priscilla, beccandosi uno sguardo irritato dal ragazzo. «I Dragon Slayer fanno così! Anche Wendy e Gajeel annusano quando devono trovare qualcosa».
«Non paragonarmi a Natsu» disse lui, infastidito.
«Ti sei fermato lì? Guarda che ho detto altro dopo la parola Natsu» disse lei. A interrompere quel piccolo battibecco fu il rumore dell'elettricità che ora, più di prima, cominciava a vibrare nell'aria tra le pareti delle case. 
«Va sempre peggio» commentò lei, guardando preoccupata.
«Davvero qui vivono delle persone? E' pericoloso» si corrucciò Evergreen.
«Andiamo» disse Laxus, prima di iniziare a correre seguito dal resto del suo gruppo giù dalla collina, verso la città. Il rumore dei tuoni si fece sempre più intenso e l'elettricità statica si trasformò in vera e propria corrente elettrica che scoppiettava dentro vicoli e strade.
«Ce n'è molta più di prima» commentò Fried.
«Che sia la presenza di Laxus a stimolarla?» azzardò Priscilla, ma non le venne risposta. Si accorse di uno dei tuoni che scendevano verso di loro appena in tempo e con un colpo di vento riuscì a far spostare tutti quanti dalla sua traiettoria. 
«Ma che...?» balbettò Fried. Altri scesero verso di loro, uno dopo l'altro, mentre altri ancora corsero lungo la strada come veri e propri serpenti di elettricità puntando ancora verso di loro.
«Tch» disse Priscilla tra i denti e di nuovo, tenendo l'intero gruppo intrappolato dal suo vento, riuscì a muoverli in modo da tale da schivare i vari colpi.
«Perché ci puntano?» disse Evergreen.
«Puntano me» rispose Laxus. «Pricchan! Pensa a loro» ordinò e senza esitare Priscilla lasciò libero Laxus, permettendogli di allontanarsi e correre avanti. Il ragazzo intercettò uno dei fulmini e lo colpì con un pugno, assorbendolo all'interno del proprio braccio. Poi un altro e un altro ancora, e ancora. Priscilla, notando come l'intervento di Laxus avesse placato gli attacchi verso di loro, poggiò i suoi compagni nuovamente a terra. 
«Non sono sicura, ma posso provare a usare l'Aerial Perception per scoprire se c'è un punto d'origine» azzardò.
«Laxus! Ti stai sovraccaricando» disse Fried preoccupato, vedendo come pian piano a furia di assorbire elettricità l'uomo stesso stesse cominciando a risplendere e emettere scariche. 
«Non ho altra scelta! Se non l'assorbo voi e la città potreste restare feriti» rispose Laxus, continuando a colpire l'elettricità che gli arrivava addosso. 
«Non ha senso, se veramente c'è un generatore di fondo non si consumerà mai» disse Priscilla preoccupata. Evergreen si voltò verso di lei e le disse: «Pricchan! Fallo! Cerca il punto d'origine, ci occupiamo noi di voi e di tenere la zona al sicuro».
«Ok» annuì Priscilla prima di fare un grosso sospiro. Chiuse gli occhi e si concentrò, cercando di prendere il pieno contatto con l'aria che la circondava, il suo elemento. Intorno a sé sentì le voci dei suoi compagni che richiamavano le proprie mosse, combattevano, e il crepitio dell'elettricità che continuava ad arrivare addosso a loro. Altri due respiri profondi e infine fu pronta.
«Aerial Perception!» chiamò e in quell'istante sentì come se il proprio corpo esplodesse e si frantumasse in mille particelle. Si allargava, la sua percezione e sensazione si allargava con rapidità incredibile, inglobando al suo interno tutto quello che li circondava. Riuscì a sentire e vedere i movimenti di Evergreen, le mosse di Bickslow, il respiro affaticato di Laxus. Alzò il mento, allargò il petto, e ne assorbì di più. Più aria, più spazio, si infilatrava nelle case, vedeva e sentiva le persone al loro interno. I pianti di paura, le rassicurazioni dei genitori ai propri figli. E l'elettricità. Tutta quell'elettricità pizzicava l'aria stessa ed era come se pizzicasse la sua stessa pelle. Si corrucciò, sentendola come fastidiosa, ma poter usare quella mossa su quel genere di magia le permise di capire una cosa molto importante: quella era proprio l'elettricità di Laxus. La poteva riconoscere, l'aveva avuta sulla pelle talmente tante volte che ormai la conosceva a memoria. La sua consistenza, il suo prurito, il calore e il pizzicore, erano caratteristici. E infine riuscì a sentirla: c'era una zona, non troppo lontana, dove più di altri posti l'elettricità era concentrata. Un tombino appena sotto una fontana spenta, riuscì a intrufolarsi tra le grate ed entrare con la propria percezione all'interno delle fogne dove l'elettricità era incredibilmente maggiore. 
«Trovata!» esclamò infine. 
«Che rapidità!» disse Bickslow, con un sorriso orgoglioso.
«Nelle fogne» disse Priscilla, riaprendo gli occhi e cominciando a correre. «Laxus, vieni!»
«Lasciate fare a noi qui» disse Evergreen verso i due che annuendo si allontanarono rapidamente. 
«Ce la faranno?» chiese Priscilla, lanciando uno sguardo alle sue spalle preoccupata. 
«Non preoccuparti. Sanno come gestire una cosa come questa, sono in gamba»  la tranquillizzò Laxus e quella frase ebbe molto più effetto di quanto avesse potuto immaginarsi. Laxus nel corso della missione aveva nominato la gilda, si era preoccupato per la reputazione di Fairy Tail, si era preoccupato per quei cittadini, per i suoi stessi amici e ora dimostrava di avere fiducia nelle persone che aveva accanto. Vederlo in quel modo, così legato a qualcuno nonostante il carattere burbero e il passato tormentoso dove non aveva fatto che odiare tutti quanti, era miele per il cuore. Quello era il Laxus che Priscilla conosceva e di cui si era innamorata tempo addietro, il Laxus che si preoccupava e che accudiva gli altri. Più lo notava e più la gioia la portava a sorridere. 
«Lì» disse infine, indicando la fontana spenta e lo scolo ai suoi piedi. «Là sotto».
«Questo è il posto dove ho atterrato quella gente, ora che ci penso» mormorò Laxus, guardandosi attorno.
«Il che avrebbe senso» disse Priscilla, usando un turbine di vento per aprire la grata e permettere a entrambi di entrarci dentro. Si guardarono attorno nell'istante in cui poggiarono i piedi sul rialzo in pietra di quella che era una fogna, accanto a loro viscide e putride acque puzzolenti scorrevano ma proprio quell'umidità aiutava l'elettricità a intensificarsi. Priscilla guardò dietro di sé e poi davanti, prima di indicare la strada e tornare a correre seguita da Laxus. 
«Eccolo lì» disse infine lei, indicando quella che era un'enorme sfera di energia ed elettricità. 
«Quella è la mia elettricità» constatò Laxus, riconoscendo il tocco della propria magia. 
«È come concentrata in quel singolo punto, è da lì che nasce e si rigenera in continuazione» commentò Priscilla. «Ancora non capisco come sia stato possibile però».
«In qualche modo deve essere successo» disse Laxus. «Non mi interessa come, metterò fine a questa cosa».
«Come hai intenzione di agire?» chiese Priscilla.
«La colpirò» disse lui e lei lo guardò perplessa e stranita, mormorando un semplice e confusissimo: «Eh?».
«Userò l'elettricità che ho assorbito fino ad ora per neutralizzarla» cercò di spiegare lui.
«Non credo sia una buona idea» tentò di prendere parola lei.
«Ne hai una migliore?» la provocò lui.
«Beh... no» mormorò, pensierosa. «Però se è un nucleo che attira elettricità non penso che lanciargliene addosso dell'altra serva a neutralizzarla».
«Userò la potenza del colpo per neutralizzare il nucleo, così il resto dell'elettricità semplicemente si scaricherà e si disperderà. L'importante è eliminare la fonte che la attira» spiegò lui, avvicinandosi all'enorme sfera che, come attratta dalla sua presenza, reagì scaricandogli addosso altra elettricità. 
«Il metodo Fairy Tail, eh? Beh, di solito funziona... oppure ti manda su Edoras, ma di solito funziona!» disse lei, arretrando di un passo per riuscire a proteggersi dall'elettricità scaricata dal nucleo che cominciava a diventare sempre più reattivo e pericoloso. 
«Quel metodo non ha mai avuto senso» disse Laxus con un sorriso divertito e Priscilla ricambiò l'ilarità, confermando: «Sono d'accordo. Forse proprio per questo funziona».
«Bene» disse lui, tirando indietro il pugno e caricando tutta la forza che aveva in un attacco segreto da Dragon Slayer. Il rombo del colpo fu enorme, tanto da stordire, e la sfera esplose letteralmente in un'onda micidiale di elettricità e potenza. Esplosione che si restrinse, senza dilatarsi e infine colpì il suolo in un solo minuscolo punto fino a scaricarsi e scomparire. Laxus guardò sorpreso la scena che ora si presentava calma, priva di qualsiasi scarica. Il suo piano era riuscito, ma ciò che lo sorprendeva era che la sfera non fosse esplosa e non avesse causato danni, ma semplicemente si fosse scaricata a terra. Alzò lo sguardo, attirato da un'ombra, e solo allora notò delle nuvole nere sopra la sua testa che andavano lentamente dissipandosi fino a scomparire. Riconosceva quella magia. Si voltò verso Priscilla che ora cadde in ginocchio, ansimando  e tremando per la fatica. 
«Pricchan» la chiamò preoccupato, avvicinandosi a lei. Si inginocchiò e la prese per le spalle, aiutandola a stare dritta.
«Sei un vero idiota» disse lei semplicemente, senza aggiungere molto altro. Le labbra tirate in un sorriso, nonostante la fatica nell'evocare una magia in grado di contenere e manipolare l'elettricità. La magia Tempesta era una magia che Laxus stesso le aveva insegnato sfruttando la sua capacità del controllo molecolare e il poter ricreare nuvole e tempeste. Non poteva generare veri e propri fulmini, se non qualche piccola scintilla, ma l'avere il controllo dell'ambiente molecolare le permetteva di creare una specie di strada dove costringere i fulmini di Laxus, o più in generale l'elettricità, a percorrere. Un modo per manipolarli, costringendoli ad andare dove voleva lei. Non la usava spesso e non era una magia semplice, per questo il suo modo di utilizzarla era sempre molto grossolano e la stancava incredibilmente. Ma nonostante tutto, era riuscita a prendere il controllo dell'esplosione che Laxus stava per generare e direzionarla al suolo, per scaricarsi ed evitare così di distruggere l'intera città. In qualche modo gli aveva coperto le spalle, sacrificandosi molto. 
«Sei davvero uno stupido casinista» ridacchiò. «Come tutti gli altri membri di Fairy Tail».
Lui era come tutti gli altri, lui era un membro di Fairy Tail esattamente come gli altri e quel semplice gesto, secondo lei, lo dimostrava. A nessuno importava più cosa avesse fatto, i sentimenti di astio nei confronti della gilda da tempo erano spariti e per quanto avesse da sempre pensato di essere diverso, di essere migliore, era esattamente come loro. Anche lui faceva parte di quella famiglia. Priscilla l'aveva offeso, chiamandolo idiota e stupido, ma mai un'offesa era stata tanto apprezzata.

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Capitolo 64
*** Olympos ***


Olympos




Un rumore attirò la loro attenzione, ed entrambi alzarono lo sguardo. Una palla di vetro era caduta a terra e rotolava nella loro direzione. Si alzarono e le si avvicinarono per raccoglierla.
«Una Lacryma?» chiese Laxus, riconoscendola.
«Deve essere a causa di questa che la tua elettricità è rimasta intrappolata qui e si è amplificata a tal punto» realizzò Priscilla.
«Come può essere successo?» chiese lui e Priscilla si corrucciò, arrivando finalmente alle sue conclusioni. «Credo un'idea di essermela fatta» disse semplicemente e Laxus non ebbe bisogno di chiederle altro, pensando anche lui alla stessa cosa. Non c'era altra soluzione se non che qualcuno avesse organizzato tutto e l'unico che sembrava loro tanto viscido e fastidioso da poterlo fare poteva essere solo il sindaco e quel suo segretario riverente. 
«Laxus! Pricchan!» chiamò Evergreen, raggiungendo i due insieme a Bickslow e Fried. 
«Ever aveva ragione!» disse Bickslow. «È stato il sindaco, ha organizzato tutto lui. Il mio piccolo è tornato e ci ha raccontato tutto» spiegò, indicando uno dei suoi totem.
Laxus e Priscilla si scambiarono uno sguardo irritato e complice. I loro fastidiosi sospetti erano perciò fondati: il sindaco aveva organizzato ogni cosa, a discapito di quella città, probabilmente per estorcere qualche soldo a Fairy Tail con la scusa dei danni che avevano e avrebbero potuto provocare. 
Non dissero una parola, ma si allontanarono torvi in viso, seguiti dal resto dei Raijinshuu. La loro direzione era ovviamente la casa del sindaco, dove sarebbero andati per scambiare con lui due parole. 
«Restate qui» disse però Laxus, non appena furono fuori dalle fogne. «Cominciate a cercare una carrozza per tornare a casa, vado io a parlare con quel bastardo».
«Eh?» mormorò Bickslow, chiedendosi perché li stesse lasciando indietro. Ma non se ne preoccupò molto, era normale che Laxus volesse trovarsi solo faccia a faccia con quell’uomo. D'altra parte un lamento di Priscilla diede un’ulteriore motivazione. Evergreen scattò in avanti appena in tempo per prenderla per le spalle e aiutarla a restare in piedi.
«È stato difficile contenere e manipolare tutta quell'elettricità» disse con un sorriso imbarazzato, mentre cercava di rimettersi in piedi. «Una parte di questa mi ha colpito, ho i muscoli un po' rigidi, mi spiace» ridacchiò.
«Va bene, allora» disse Fried a Laxus, avvicinandosi a Priscilla per aiutarla a mettersi a sedere sulla fontana. «Ti aspettiamo qui».
«Cerca di non strafare, ok?» disse Priscilla, riuscendo così a strappargli ancora una volta un sorriso divertito. Strafare era nello stile di Fairy Tail, ovviamente avrebbe strafatto e lei lo sapeva bene.
Si allontanò, lasciando la ragazza nelle mani dei suoi amici per aiutarla a riprendersi, e si incamminò verso la casa del sindaco portandosi dietro un fiume di potenti e incazzati fulmini che cadevano dal cielo intorno a lui. Dopo qualche minuto uno di questi centrò in pieno la casa del sindaco, sfondando il tetto e disintegrandone gran parte del fianco sinistro. Nello stesso identico punto altri fulmini caddero, violenti, uno dopo l'altro, fino a quando un ultimo non esplose a mezz'aria, nel cielo sopra di loro. 
«Alla fine ha strafatto» ridacchiò Priscilla, seduta sul bordo della fontana, intenta a guardare il cielo. 
«Tipico di Laxus» disse Evergreen al suo fianco. Priscilla sorrise, socchiuse gli occhi e restò immobile per lunghi istanti mentre intorno a loro il vento cominciava a soffiare leggermente più forte. Le nuvole sopra la loro testa si mossero fino a quando in più punti non cominciarono ad aprirsi squarci che lasciavano intravedere l'azzurro candido dietro di loro. In pochi minuti sparirono tutte, dissolte, e Priscilla con un sospiro raccoglitore tornò ad aprire gli occhi. 
«Il cielo in tempesta a me non dispiace, ma penso che queste persone se ne siano ormai stancate» disse, spiegando così il motivo che l'aveva spinta a far sparire con la magia quelle nuvole senza permettere a loro di farlo con i propri tempi. E mentre aspettavano il ritorno di Laxus dalla casa del sindaco una folla li circondò lentamente, inneggiando al loro valore e alla loro incredibile forza. Urlavano il nome di Fairy Tail, chiamavano con entusiasmo i nomi dei membri lì presenti, salutavano e ringraziavano, e quando Laxus fu di nuovo insieme a loro vennero accompagnati con la stessa euforia sino al confine della città, dove trovarono solo lì una carrozza disposta a riportarli indietro. Apparteneva a uno dei cittadini di Borwatt che per tutto quel tempo l'aveva tenuta chiusa, al sicuro, insieme agli animali che la trainavano. Finalmente poteva tornare a fare il suo lavoro, senza più temere i fulmini, e il modo migliore che aveva per ringraziarli era quello di riportarli a Magnolia evitando loro la strada a piedi. Laxus ebbe ovviamente bisogno della magia di Priscilla per evitare di star troppo male e di nuovo si appoggiò con la testa sulle sue gambe, mentre lei tenendogli una mano sulla tempia usava il suo potere per aiutarlo. Come spesso accadeva, finì con l'addormentarsi in quella rilassata posizione, e stanchi per la missione appena compiuta anche gli altri Raijinshuu finirono pian piano con l'addormentarsi. La stessa Priscilla cadde nel sonno, smettendo così di utilizzare la sua magia sul centro dell'equilibrio di Laxus, ma dormendo anche lui difficilmente si sarebbe accorto del cambiamento. 
Nessuno di loro seppe perciò avere idea alla strada che stavano  percorrendo, non sapevano quanto tempo fosse passato né di dove fossero quando improvvisamente vennero svegliati da una vera e propria esplosione. La carrozza venne sbalzata via, con loro all'interno, e schiantandosi contro rocce e alberi finì in frantumi. 
«Che succede?» ringhiò Fried. Spostò un asse di legno della carrozza esplosa e cominciò a rialzarsi, guardandosi attorno confuso. Non troppo lontano anche Bickslow e Evergreen si stavano lentamente rialzando, doloranti e con lo sguardo corrucciato. Dall'altra parte sentì altre macerie che venivano spostate e anche Laxus uscì indenne da sotto un pezzo di carrozza. La terra tremò e sentirono l'urlo di Priscilla, a pochi metri da loro. Un ruggito tanto potente da scuotere gli alberi con le loro stesse radici, e dal bosco che li circondava un gigantesco mostro emerse sfondando almeno una decina di alberi. La testa di un facocero, camminava a quattro zampe ma poteva benissimo alzarsi su due. Il corpo massiccio, ricoperto di muscoli e artigli alle zampe che usava per raspare il terreno. Correva furioso, lanciando bava in giro, dritto verso Priscilla che nell'esplosione era finita incastrata con una gamba sotto a un albero, sbalzato e atterrata proprio su di lei. 
Laxus tese i muscoli, pronto a correrle incontro. Bickslow e Fried erano già pronti a mettersi in piedi per seguirlo, diretti contro l'enorme bestia, mentre Evergreen sarebbe corsa ad aiutare Priscilla a liberarsi. La ragazza stessa aveva già alzato le braccia, pronta a usare il suo potere per difendersi come poteva. Ma nessuno di quei gesti venne portato a compimento.
Con un grugnito spaventato e dolorante il facocero interruppe la sua corsa, come se fosse stato tirato da qualcosa dietro di sé. Si voltò e vide la causa del suo blocco: un uomo. Un singolo uomo dagli occhi rossi, i capelli scuri, un tatuaggio intorno all'occhio sinistro, il petto nudo, scalzo, vestito di solo un paio di pantaloni scuri, anonimi. L'aveva afferrato per una zampa e nonostante la differenza di stazza fosse di almeno cento volte la sua sola forza fisica si rivelò abbastanza da trattenerlo. L'uomo ghignò e piantò un piede meglio a terra con tale forza che ne scavò un solco. Iniziò a tirare, irrigidendo ogni singolo muscolo delle sue massicce spalle e braccia, e il mostro grugnì per lo spavento sentendosi tirare all'indietro. Era un microbo, al confronto suo, un insetto minuscolo eppure aveva una forza tale in grado non solo di contrastare la sua corsa ma anche trascinarlo indietro. 
Priscilla, come il resto dei suoi compagni, restò talmente scioccata che smise di muoversi. Sentì, in quel frangente di tempo in cui si era paralizzata, il terreno sotto di lei farsi più morbido e viscoso. All'improvviso si mosse, come fango che veniva manipolato sul momento da una forza invisibile, circondarono la sua gamba incastrata sotto l'albero e si allungò verso l'alto, spingendo via il tronco. 
Arretrò, terrorizzata benché il terreno ora fangoso l'avesse in realtà appena salvata, ma non andò troppo lontano. Alle sue spalle il terreno si sollevò come vicino alla sua gamba, ma questa volta da esso prese forma e consistenza una testa e un mezzo busto che si piazzò alle sue spalle e contro cui si scontrò. Spaventata si voltò a guardare chi fosse e scoprì una -mezza- donna fusa col terreno sotto di sé. Aveva la pelle dello stesso colore del fango, scura, gli occhi neri erano protetti da un paio di occhiali da lavoro, di quelli che aderiscono alla pelle ed evitano che ci possa entrare qualcosa. I capelli verdi, corti, macchiati ancora di fango che però scivolava giù con un'inusuale facilità lasciandola pulita. 
«Niente di rotto?» chiese semplicemente, senza nessun tipo di emozione sul volto se non forse addirittura una velata noia. Il mostro davanti a loro urlò e grugnì ancora, dimenandosi nel tentativo ora di liberarsi e riprendere a correre, ma l'uomo, anche in mezzo al polverone delle sue zampe, riusciva a tenerlo ben fermo dov'era.
«Eris!» gridò con voce roca e spazientita. 
«Ecco, arrivo» sbuffò una ragazza alle spalle dei Raijinshuu. «Che palle» aggiunse, facendo scoppiare fuori dalle labbra la bolla di una gomma da masticare. Capelli corti, rosa con sfumature viola e bianche, aveva sul viso un trucco pesante nero e viola intorno agli occhi e un rossetto rosso acceso. Giacca in pelle, top bianco e giallo, una collana borchiata, pantaloncini strappati praticamente inguinali, una calza parigina rossa e l'altra nera e un paio di guanti gialli. Non c'era niente di sensato in quel look, sembrava essere saltata nell'armadio di un membro di un gruppo punk ed esserne uscita con le prime cose che aveva trovato, senza abbinarle troppo. Stringeva nella mano destra un'enorme spada dall'aspetto inusuale, probabilmente più lunga di quanto lei fosse alta, nera all'interno, gialla nella parte esterna della lama. La fece roteare al suo fianco, spostando con quel semplice gesto un enorme quantitativo d'aria, e infine corse verso il mostro trascinando la lama che con la punta poggiata a terra lasciò un solco al suo passaggio. Urlò, saltò e atterrò sull'articolazione dell'arto anteriore del mostro. Saltò di nuovo, come uno stambecco, atterrando ora sulla spalla, poi sulla zanna, poi sul naso e con un ultimo salto arrivò sopra la sua testa. Alzò l'elsa della spada sopra di questa, indirizzando la punta dritto tra gli occhi del mostro all'interno del quale penetrò. Con un ultimo ruggito il mostro scosse la testa, dilaniato dal dolore del colpo che l'aveva centrato in testa. Eris rimase aggrappata all'elsa della propria arma e venne sballonzolata per un po', prima che il mostro infine privo di vita non si accasciasse a terra. L'uomo lo lasciò andare e con un sospiro si asciugò il sudore della fronte con dorso della mano. Eris, anche quando riuscì a disincastrare la propria spada dal cranio del mostro, ci restò sopra sedendosi in quello stesso punto. A gambe divaricate, in una posa sciatta e volgare, tornò a masticare rumorosamente la propria gomma mentre guardava il mondo da lassù.
La donna fango alle spalle di Priscilla si allungò verso l'alto, dando forma a un corpo completo che si staccò dalla terra. Tirò su Priscilla in quel gesto, permettendo anche lei di mettersi in piedi. Le diede un paio di pacche sulle spalle, le tolse la polvere dai vestiti, una foglia dai capelli e infine annuì soddisfatta guardandola compiaciuta per essere riuscita a ripulirla e rimetterla in ordine. 
«Tutto a posto, mocciosa?» chiese Eris, guardando Priscilla rigida e ancora sotto shock di fronte alla donna dalla pelle scura. 
«Eris, sii educata» la rimproverò l'uomo con tono annoiato e apatico, sintomo che era sicuramente qualcosa che le ripeteva talmente spesso da aver perso le speranze di vederla cambiare. 
«Non rompere» rispose lei a tono, facendo scoppiare un'altra bolla fuori dalle labbra. L'uomo superò le zampe posteriori del mostro appena atterrato e si avvicinò a Priscilla, ancora assistita dalla sua silenziosa, inquietante e invadente compagna. Ma non appena riuscì a intravedere il suo volto si paralizzò, sgranando gli occhi, e restò per qualche secondo a fissarla esterrefatto. «Aspetta... aspetta un attimo...» balbettò.
«Ehy... che ti prende?» chiese Eris, curiosa e stranita nel vedere il proprio compagno così sbigottito.
«Lei... lei...» balbettò, senza riuscire a concludere la frase.
«Athena aveva ragione» disse la donna dalla pelle scura, allontanandosi da Priscilla di un passo con fare solenne.
«Athena?» mormorò Priscilla, cercando di capire cosa stesse accadendo.
«Pricchan!» chiamarono in coro i tre Raijinshuu. Le corsero incontro trafelati e subito la presero d'assalto, esaminando ogni centimetro della sua pelle e del viso.
«Stai bene? Sei ferita?» chiese Evergreen prendendole il viso tra le mani con tale irruenza da schiacciarle le guance.
«Mi fai male, Ever» bofonchiò Priscilla a labbra strette, incapace di parlare decentemente con la donna che la stringeva in quel modo. 
«Che diamine era quel coso?» chiese Bickslow, guardando il mostro a terra. 
«Dobbiamo ringraziarvi» disse Fried avvicinandosi alla donna dalla pelle scura. «Ci avete salvati da quella bestia» ma la donna parve non ascoltarlo nemmeno e continuò a tenere gli occhi, ora liberi dagli occhialini da lavoro poggiati sulla testa, su Priscilla che veniva ancora maneggiata e studiata da un iper apprensiva Evergreen. 
«Pricchan» mormorò Eris, storcendo il naso e cercando di esaminare probabilmente dei ricordi. Infine si illuminò e spalancando bocca e occhi gridò: «Per la miseria! Tu sei Priscilla!»
Saltò in piedi e cominciò a correre sgraziatamente giù dal mostro, inciampando e arrancando sui peli e sulla pelle granulosa del suo naso. 
«Eris, piano!» cercò di dirle l'uomo, vedendola cadere di faccia a terra non appena fu giù dal mostro. Ma la ragazza lo ignorò e corse a perdifiato verso Priscilla, senza neanche alzarsi del tutto, procedendo in un primo momento a quattro zampe. 
«Fuori dai piedi!» ruggì una volta raggiunta Priscilla e lanciando in avanti entrambi i pugni colpì sia Evergreen che Bickslow, scaraventando entrambi a terra. Prese Priscilla per le spalle e se la tirò contro, per guardarla meglio in volto, ma il suo trattamento irruento durò ben poco. 
«Ilizia, per favore» sospirò l'uomo, mentre lentamente li raggiungeva. La donna dalla pelle scura si fece di nuovo malleabile e allungò il proprio corpo come fosse fatto di plastilina. Si attorcigliò intorno a Eris, la intrappolò e le chiuse la bocca, per poi tirarla via. Eris provò a ribellarsi, si dimenò e urlò, ma Ilizia la teneva ben serrata nel suo corpo di gomma come fosse un serpente che stringeva la propria preda e le impediva di far sentire troppo la sua voce. L'uomo si avvicinò a Evergreen e Bickslow, stesi a terra, e porse loro la propria mano per aiutarli ad alzarsi.
«Perdonate mia sorella. A volte le ci vorrebbe la museruola» disse ignorando la voce di Eris che alle sue spalle si fece più forte e potente nei suoi lamenti. 
«Oh, non è successo niente, è solo una ragazza esuberante» disse Evergreen alzandosi da terra come se niente fosse appena successo, e benché avesse ancora la guancia rossa e gonfia per il colpo si strinse nelle spalle con fare femminile e cominciò a sventolarsi civettuola. Era ovvio che non fosse rimasta indifferente al corpo scultoreo dell'uomo.
«Che direbbe Elfman se ti vedesse adesso» le disse Priscilla, colpendola nel profondo e facendola sussultare. «Che c'entra Elfman adesso?» ruggì Evergreen, cercando di difendersi inutilmente. 
«E così conoscete la nostra piccola stella, eh?» ridacchiò Bickslow mettendo un gomito sulla testa di Priscilla per appoggiarsi e in qualche modo marchiarne anche il territorio. «L'avete vista ai Grandi Giochi? Un vero spettacolo, non è così?»
«Beh...» mormorò l'uomo, spostando gli occhi ora diventati neri e non più rossi su Priscilla. La guardò dritta negli occhi così a lungo e così intensamente che lei, anche se non ne capì il motivo, finì con l'arrossire. «Sì, l'abbiamo vista ai Giochi».
«È davvero notevole» mormorò Laxus, avvicinandosi a loro e guardando il mostro a terra morto. «Non è facile uccidere un mostro del genere. Siete maghi anche voi, devo pensare» disse, guardando poi Ilizia che ancora teneva prigioniera Eris nel suo corpo deformato. 
«Già» annuì l'uomo, prima di guardare il mostro. «Da queste parti siamo abituati, bestiacce come lui non sono rare, anche se di solito se ne stanno volentieri per i fatti loro. Probabilmente il passaggio della vostra carrozza deve averlo disturbato».
«A proposito!» sussultò Priscilla. «Dov'è l'uomo che la guidava?» chiese preoccupata, guardandosi attorno. 
«Siamo molto lontani dalla strada per Magnolia, come siamo finiti qui?» si chiese poco dopo Fried, studiando l'ambiente circostante. 
«Probabilmente è colpa della magia del sonno di quegli uomini se non vi siete accorti di niente» commentò l'uomo.
«Accorti?» chiese Priscilla.
«Magia del sonno?» chiese anche Evergreen.
«Una gilda di ladri, hanno sede non troppo lontano da qui e sono una vera piaga. Sono anni che gli diamo la caccia. Vi hanno addormentati, compreso l'uomo alla guida, e hanno preso possesso della vostra carrozza portandovi su questa strada. Athena, nostra sorella, ha un potere simile ad Archive. Questa è la sua zona e riesce a vedere tutto quello che accade, vi ha visti e ci ha mandati per aiutarvi. L'incidente col facocero non era previsto, ma non è niente che non abbiamo già affrontato. Probabilmente vi hanno seguiti dall'uscita di Borwatt, volevano appropriarsi della ricompensa per la missione svolta» spiegò.
«Come sapete della nostra missione a Borwatt?» chiese Laxus corrucciandosi appena e l'uomo si grattò la nuca, imbarazzato, mormorando un preliminare: «Oh, beh...» ma una voce infantile lo interruppe gridando: «Athena sapeva anche questo!»
L'uomo parve paralizzarsi nel sentirla ma sul suo volto sorpreso si dipinse immediatamente un'espressione furiosa, mentre una seconda voce di un ragazzino gridava con la stessa enfasi: «Athena sa sempre ogni cosa, è fighissima!»
«Ti stava cercando, Priscilla!» disse il primo, poi il secondo subito dopo: «Guarda, Ares! Abbiamo preso i cattivi!»
«Cercando?» mormorò Priscilla, mentre l'uomo, che scoprirono in quel momento chiamarsi Ares, si voltava verso i due ragazzini che si erano intromessi nella discussione. Non avevano sicuramente più di quattordici anni, uno aveva capelli rossi, ricci, spettinati a tal punto da sembrare un vero e proprio cespuglio. Un sorriso sdentato, lentiggini sul viso, vestito come un campagnolo dal rango estremamente povero e completamente ricoperto di macchie e sporco vario. Il secondo era un pochino più alto del primo, con i capelli rasati sui due lati e un accenno di cresta sulla testa. L'abbigliamento era meno da contadino del primo, ma comunque restava strappato e sporco in più punti, con addirittura un buco nelle scarpe. Nessuno dei due emanava un odore gradevole, chissà da quanto tempo non si lavavano o in quale fogna erano andati a nascondersi, ma avevano comunque in tutto e per tutto l'aspetto di due incivili. I tipici ragazzini a cui piaceva far scherzi, far rumore e cacciarsi nei guai. Tenevano sollevati sopra la testa due uomini fuori combattimento, svenuti e reduci sicuramente da un violento combattimento viste le innumerevoli ferite che avevano addosso. Nonostante fossero ben più grossi di loro, li tenevano sollevati sopra la testa come due trofei e li sventolarono allegri di fronte ad Ares che pareva ora ingrossarsi e gonfiare di più i propri muscoli.
«Voi due...» ringhiò con voce roca e questo bastò a far terrorizzare i due ragazzini. Urlarono, lasciarono andare i corpi dei due uomini che avevano catturato e si voltarono pronti a scappare ma Ares fu più veloce e li prese entrambi per la testa. Li sollevò da terra, mentre loro urlavano, sgambettavano e inutilmente cercavano di liberarsi dalla presa stritolatrice di Ares.
«Non vi avevo forse detto di restare alla gilda insieme a nostro padre e ai gemelli?» ruggì Ares. 
«E' stata Athena a mandarci qui!»
«Ci annoiavamo!»
«Papà sta benissimo, poteva stare da solo pochi minuti!»
«C'era Ebe con loro».
«E Dike!»
«Volevamo solo aiutarvi!»
«Siamo grandi abbastanza da andare anche noi in missione, ora!»
«Volevamo conoscere Priscilla!»
«Athena diceva che era qua!»
«Alla fine abbiamo preso noi i cattivi, tu non hai fatto niente!» e urlarono maggiormente sotto la stretta sempre più furiosa di Ares che pareva volergli sfondare il cranio da un momento a un altro. 
«Conoscere... me?» mormorò Priscilla, sempre più confusa. Quella gente parlava di lei come di una diva, di un sogno a cui sembravano aver ambito da chissà quanto tempo. Aveva partecipato ai Giochi, non c'era da stupirsi se era conosciuta, ma il loro modo di parlare e di fare sembravano andare ben oltre la semplice ammirazione. 
«Siete parte di una gilda?» chiese Fried, chiedendosi con curiosità quale gilda si trovasse nella zona. Ares lasciò andare i due ragazzini solo al sentire quella domanda, convinto probabilmente di averli puniti abbastanza anche se avrebbe volentieri preso ancora a calci entrambi. La loro disobbedienza era incredibile, lo facevano diventare matto. Si indicò un bicipite, mostrando così un simbolo a forma di montagna aguzza, circondata da nuvole, e disse con orgoglio: «Olympos».
«La casa degli Dei!» esclamò il ragazzino con la cresta, sporgendosi oltre Ares per guardare Priscilla.
«Siamo la gilda degli immortali!» gli fece eco il rosso, sbucando al suo fianco, e Ares fu costretto a fare un passo di lato per permettere a entrambi di guardarla senza doverlo usare come pilastro per nascondersi dietro.
«I-immortali?» balbettò Evergreen, turbata e confusa. I due ragazzini lanciarono uno sguardo corrucciato ad Ares, prima di bofonchiare contrariati: «Non glielo hai ancora detto?»
«Non c'è ancora stato modo» disse Ares, imbarazzato. Eris, incastrata tra le spire di Ilizia, tornò a bofonchiare qualcosa e Ilizia la guardò come se stesse capendo ciò che diceva. Poi sospirò e disse timidamente: «È complicato».
«Noi siamo come te!» esclamò invece con esuberanza il ragazzino con la cresta e al suo fianco il rosso disse, altrettanto rapido: «Guarda!» 
Estrasse un coltellino dalla tasca e con una velocità tale da essere praticamente invisibile pugnalò l'amico dritto al petto. Il ragazzino con la cresta aprì la bocca, sputando sangue e cercando invano dell'aria, sorpreso in quell'attacco improvviso. Si accasciò a terra, sotto lo sguardo attonito e le urla spaventate e preoccupate dei membri di Fairy Tail. Ma loro furono gli unici a spaventarsi tanto. Ares tirò un calcio al rosso, stendendola a terra, e gridò furioso: «Idiota!»
Prese il ragazzino con la cresta per il collo della maglia, lo sollevò da terra e gli tolse il coltello dal petto. Iniziò poi a tirare calci dietro la nuca del rosso, ruggendo sempre più furioso: «Quante volte devo dirvi che non dovete fare questi stupidi giochi!»
«Fa male» pianse il ragazzino con la cresta afferrandosi la ferita che ancora grondava sangue.
«Certo che fa male! Cosa credevi?! Essere immortali non significa che non potete farvi del male, cretini che non siete altro!» insisté Ares, continuando a colpire il ragazzino a terra.
«Ehy... un attimo...» balbettò Bickslow, il primo che sembrò cominciare a riprendersi da quello shock. 
«Non stanno scherzando, vero?» sibilò Evergreen, pallida in volto. 
«Sono...» mormorò Fried, ma il fiato sembrò sparire improvvisamente e non riuscì a concludere la frase. Laxus, al suo fianco, d'altro canto sembrava aver già smesso di respirare da un pezzo, probabilmente già da quando avevano accennato alla gilda degli immortali e al fatto che volessero conoscere Priscilla. Priscilla si portò le mani tremanti al volto, coprendosi le labbra dalla quale ora usciva un fiato spezzato, rotto dal dolore di un pianto che avrebbe potuto iniziare in qualsiasi momento, visti anche gli occhi lucidi. 
«Sono...» sibilò, lievemente, e il ragazzino con la ferita al petto sorrise allegro notando la sua espressione. Si alzò la maglietta e le mostrò il taglio che aveva appena smesso di grondare sangue. Una luce sottile, azzurra, usciva dall'interno del suo corpo e da quella stessa luce la pelle pian piano si andava allungandosi e rinchiudendosi.  «Sono come me».
Ilizia lasciò andare infine Eris, che parve ora calma e tranquilla. Ares cessò di colpire il rosso ai suoi piedi e rimise a terra l'altro ragazzino, che stava pian piano guarendo dal colpo e aveva già smesso di lamentarsi. Si voltarono tutti verso Priscilla e le concessero solo un amichevole sorriso, uno di quelli dolci e rassicuranti, il sorriso di chi dava il benvenuto a un fratello tanto mancato. 
«So che siete in viaggio per tornare a casa, ma vorrei tanto che accettaste la nostra ospitalità anche solo per questa notte» disse Ares. «Nostro padre sarebbe felicissimo di conoscerti, e anche il resto della gilda».
«Il resto...» balbettò Bickslow. «Aspetta, siete tutti...?» cercò di chiedere, non sapendo bene come formulare la domanda, ma Ares riuscì comunque a cogliere la sua curiosità. Annuì prima di spiegare: «Nostro padre è il Master di Olympos, ha dato vita alla gilda mettendo al mondo noi figli. Purtroppo non siamo ancora una gilda ufficiale, anche se non facciamo del male a nessuno rientriamo ancora nel rango delle gilde oscure per il semplice motivo che il Concilio non ha molta simpatia per quelli come noi. Un'intera gilda formata da immortali non li entusiasma molto, ci stanno dando un po' di grattacapi ma papà ci sta lavorando molto».
«Un'intera gilda... quanti siete?» chiese Fried, ancora sotto shock.
«Dunque... con l'arrivo dei gemelli, tre mesi fa, direi che siamo più o meno una quindicina di persone» provò a ragionare Ares.
«Quindici?!» sussultò Evergreen.
«Una sola persona che riesce a tenere in vita tutti voi?» mormorò Fried e Ares annuì imbarazzato, confessando: «Sì, nostro padre è un uomo molto potente. Vi posso raccontare tutto per la via, possiamo anche farla a piedi, la gilda non è molto lontana da qui» disse Ares, invitandoli ancora a seguirli. Laxus e i Raijinshuu esitarono di fronte a quella richiesta, voltandosi verso l'unica che avrebbe dovuto dire qualcosa in merito. Priscilla era pallida, sconvolta, e ancora non riusciva né a respirare né a parlare. 
«Pricchan...» mormorò Fried, chiedendole in quel semplice richiamo cosa avesse voluto fare. Lei deglutì e tremando ancora, semplicemente annuì. 
«Fantastico!» si illuminò Ares, lasciando che l'emozione gli sfuggisse non solo dagli occhi ma anche dalla voce. «Fantastico!» ripeté voltandosi a cercare i due ragazzini che aveva malmenato fino a quel momento. «Hermes! Dioniso! Andate avanti, veloci. Avvertite tutti quanti. Preparate dei letti, per tutti e cinque, e un banchetto! Uno ricco e abbondante».
«Un banchetto?» storse il naso il ragazzino con la cresta, Dioniso. 
«Che diamine è un banchetto?» gli fece eco Hermes, il ragazzino dai capelli rossi.
«Un banchetti, imbecilli! Cibo! Cibo umano! E da bere! Acqua, vino, birra... chiedete ad Athena, saprà sicuramente cosa fare» disse Ares.
«Oh, beh! Salta in groppa, socio!» disse Hermes, cominciando a correre sul posto per riscaldare le gambe. Si abbassò e Dioniso gli saltò sulle spalle, urlando entusiasta poco prima che Hermes partisse correndo a una velocità incredibile, lasciandosi alle spalle un gran polverone e sparendo dalla vista nel giro di mezzo secondo.
«Che velocità!» esclamò Evergreen, notando come fossero già spariti. 
«Seguitemi, da questa parte» indicò Ares e cominciò a camminare. Priscilla gli andò subito dietro, affiancandolo, seguita poi dai Raijinshuu e da Laxus. Ilizia e Eris semplicemente restarono qualche passo indietro, ma li seguirono anche se più pigramente. 
«Cibo umano...» mormorò Laxus. «Voi non mangiate?»
«Priscilla sì?» chiese Ares di rimando, voltandosi curioso verso la ragazza che ancora muta annuì. «Oh, capisco» sorrise Ares, per niente sorpreso. «Sei cresciuta in mezzo agli umani, hai assunto le loro abitudini. Quindi immagino che dormi anche».
«Il sonno mi aiuta a recuperare le forze» disse lei, semplicemente.
«Sì, capisco. Anche i gemelli dormono, loro sono ancora bambini non hanno imparato a recuperare gradualmente e volontariamente. Non ancora».
«Volontariamente?» chiese Fried.
«Quando usiamo troppa magia, magari per svolgere qualche lavoro, il nostro corpo va ovviamente in una specie di risparmio energetico. I più inesperti si lasciano travolgere da questa sensazione e si abbandonano al sonno per il recupero, chi ha un po' più consapevolezza di sé riesce invece a evitarlo. Basta non fare sprechi, starsene buoni seduti a riposare, prendersi del tempo, magari aiutare con un po' di meditazione e tutto passa. Lo stesso vale per il cibo, il nostro corpo anche se biologicamente funzionante non ha bisogno perché si nutre di Ethernano che si trova nell'aria, intorno a noi».
«Pricchan mangia più di tutti noi, è un po' diversa su questo» rise Bickslow, trovando divertente quella piccola e particolare caratteristica della ragazza.
«Sono stata abituata a farlo» rispose semplicemente Priscilla, ricordandosi con dolore le innumerevoli volte che suo padre l'aveva sgridata perché doveva somigliare a un umano e come tale, perciò, dormire e nutrirsi. Una risposta che zittì i suoi amici, ma che ancora di più portò Laxus a corrucciarsi e avere quell'orrenda sensazione in petto. Quelle persone erano così diverse da loro, rendersi conto che Priscilla fosse più simile a loro che a lui lo portava a dover sopportare un fastidioso dolore. Erano cresciuti insieme, l'aveva sempre chiamata sorella, qualunque fosse la verità non era mai stato in grado di vederla come un essere diverso da ciò che era lui. Pricchan era semplicemente Pricchan, aveva incredibili capacità, ma era parte della loro famiglia, era esattamente come loro. Niente di diverso da un umano... ma ora gli veniva invece buttata in faccia una realtà totalmente differente. Una realtà che addirittura lo spaventava. Una realtà che avrebbe potuto farla persino allontanare. 
«È naturale, è stata cresciuta come un umano. Nostro padre, benché sia un umano, ci ha da subito fatto conoscere e accettare la nostra vera natura e per questo non siamo abituati a dormire o mangiare, anche se lui lo faceva» continuò a spiegare Ares.
«Un'intera gilda di immortali nati dalla stessa magia di Pricchan» rifletté Fried. «Perché non ne siamo mai venuti a conoscenza? Dicevi che la stavate cercando».
«Perché non sapevamo dove fosse, non prima di qualche settimana fa. Vedete, io sono stato il primo a nascere e sono venuto al mondo circa sette anni fa, poco prima che spariste tutti con l'isola Tenroujima. Mi ero già messo in viaggio per venire a Magnolia e cercarti, mio padre ti conosceva, mi ha parlato molto di te. Ma quando sono arrivato scoprii della tragedia dell'isola e perciò semplicemente me ne sono tornato a casa con la coda tra le gambe. Mio padre mise al mondo Athena, dopo di me, concentrando la sua capacità magica sull'intelligenza e su Archive. Sperava che lei sarebbe stata in grado di trovarvi, ma così non è mai stato. Intanto papà ha scoperto  il piacere di avere intorno dei figli e ha cominciato a nutrire il desiderio di allargare la famiglia. È sempre stato un uomo molto solo, perciò quando ha iniziato a scoprire il piacere di averci intorno ha provato a darci dei fratelli... per noi è meraviglioso poter avere qualcuno con cui condividere la nostra natura, una famiglia, un'appartenenza e lui ci amava così tanto che, anche se questo è sempre andato a discapito della sua magia e forza vitale, ha continuato a dar vita ad altri fratelli per non farci sentire soli. Senza nemmeno rendercene conto abbiamo infine formato una gilda. Gli ultimi ad essere nati sono i gemelli, Apollo e Artemide, hanno solo tre mesi di vita anche se le sembianze di bambini di cinque anni».
«Capisco i timori del Concilio, in soli sette anni vi siete allargati a macchia d'olio» mormorò Fried, pensieroso.
«Noi...» mormorò Ares, abbassando lo sguardo abbattuto. «Non facciamo niente di male».
«Credi che siamo pericolosi solo perché non siamo umani?» ringhiò Eris, affiancando Fried e lanciadogli un'occhiataccia traversa.
«No, assolutamente!» sussultò lui, preoccupato per essere stato frainteso. 
«Stai calma, Eris. Non c'è bisogno di arrabbiarsi» provò a tranquillizzarla Ares, ma lei disse offesa: «Ci ha dato dei criminali!»
«Non mi pare proprio che abbia detto una cosa del genere» sospirò Ares, rassegnato all'idea che Eris non perdesse occasione per attaccare briga con qualcuno.
«Scommetto che pensi che siamo dei mostri, non è così?!» si corrucciò maggiormente Eris e Fried cominciò a sudare freddo, ma per fortuna gli venne di nuovo in soccorso Ares dicendo: «Sono la famiglia di Priscilla, come credi che possa anche solo pensare una cosa simile?! Lascialo in pace, smettila di fraintendere volontariamente».
«Non sto fraintendendo volontariamente!» disse Eris, offesa.
«Sì, invece, perché vuoi solo litigare con qualcuno! Piantala, adesso» la rimproverò, prima di sospirare ancora. «Perdonala, ha un tale caratteraccio».
«No, ok, va bene così. È colpa mia, non dovevo dire quelle cose» disse Fried imbarazzato.
«L'evidenza della morte è qualcosa a cui siete molto legati» proseguì Ares, cupo in volto. «Poter uccidere qualcuno è qualcosa che vi rassicura. Se una persona è nemico, basta ucciderlo e tutto si risolve. Con noi questo ragionamento non è applicabile, capisco i timori del Concilio e di voi umani di fronte a una gilda come la nostra. Non vi biasimo».
«Ma questo non è totalmente vero!» esclamò Evergreen. «Priscilla ha rischiato la vita un sacco di volte, ci sono cose che possono uccidervi».
«E comunque possono sempre imprigionare i delinquenti, non per forza bisogna ricorrere alla morte» le diede corda Bickslow.
«I ragionamenti del Concilio sono assurdi e illogici» annuì Evergreen. 
«Ciò non toglie che chi non comprende a fondo la nostra natura, può rimanerne spaventato. È molto complesso in realtà. Penso che Priscilla sia stata solo molto fortunata, è cresciuta come fosse una di voi e questo ha facilitato la sua accettazione» disse per poi lasciarsi sfuggire un verso di dissenso e aggiungere: «Scusate, sono stato indelicato».
«No, capiamo. State lottando da molto per farvi accettare, è normale che pensiate di essere discriminati» disse Fried e Ares, sentendosi appoggiato, si sentì libero di aggiungere: «Gli umani ci temono, o ci vedono come un esperimento, un oggetto. È difficile per loro comprendere che siamo esseri viventi anche noi, per questo ci siamo chiusi tra questi boschi e non facciamo molto parlare di noi. Ci siamo un po' isolati, probabilmente per questo motivo abbiamo scoperto che eravate ancora vivi e in circolazione solo quando siete apparsi ai Grandi Giochi. Abbiamo da allora pensato più volte di tornare a Magnolia, venirci a presentare, ma confesso che siamo sempre stati frenati da un certo timore. Sai, non potevamo aprire le porte della vostra gilda e presentarci con un semplice "ehy, siamo immortali, creati con la magia anche noi". Abbiamo titubato un po', ma alla fine il destino ci ha fatti comunque incontrare qui. È... eccezionale» sorrise, emozionato. 
«Sette anni fa...» mormorò Fried, sempre pensieroso e sorpreso.
«Già! Abbiamo fatto ricerche, pare che siamo gli unici ad essere così. Per questo volevamo conoscere Priscilla... lei è stata la prima».
«Ed è nata da un padre diverso! Insomma, volevamo vedere com'era» aggiunse Eris.
«Nostro padre ti conosceva già da molto tempo, è per questo che ha voluto provare anche lui. In qualche modo siamo venuti al mondo grazie a te. Capisci il nostro entusiasmo?» chiese Ares con timidezza, volgendo lo sguardo a Priscilla. 
«Sei l'origine di ogni cosa! La capostipite di una nuova razza!» saltellò Eris, guardando Priscilla con gli occhi che luccicavano. 
«Io...» mormorò lei. «Io sono solo Pricchan» disse ancora annebbiata e confusa. Un tocco sulla propria testa, delicato ma ben presente, una carezza che conosceva ormai fin troppo bene. Alzò lo sguardo, in quel mondo confuso e assurdo, terrificante e del tutto nuovo, ma in mezzo al caos e alla paura trovò una luce familiare e confortante. Laxus le si era avvicinato, per quanto non avesse parlato molto, era ben deciso comunque a farle sentire la sua presenza. Le aveva accarezzato la testa, in quel suo solito modo di fare affettuoso, e solo questo era bastato a riportarla con i piedi per terra. Incrociare i suoi occhi, gentili e amorevoli, lo sguardo di chi le sarebbe stato a fianco di fronte a qualsiasi cosa, le avevano infine acceso una luce di tranquillità e fiducia. Un semplice gesto, era bastato per sentirsi meglio, meno sola e terrorizzata. Con un solo sospiro riuscì a far uscire tutta l'angoscia che l'aveva strozzata fino a quel momento. Finché Laxus era con lei, niente avrebbe potuto atterrirla.

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Capitolo 65
*** Zeus ***


Zeus





«È tornato Ares!» gridò un bambino nel cortile. Si alzò da terra, dove era seduto per giocare con degli insetti, e corse lungo il vialetto erboso incontro al gruppo sbucato dagli alberi proprio in quel momento. Il cancelletto che delimitava il cortile cigolò come un vecchio lamentoso, quando Ares lo aprì. 
«È tornato Ares! È tornato Ares!» fece eco la bambina che era con lui. Si alzò anche lei e saltello a braccia alzate, prima di avvicinarsi correndo.
«Ehy, piccoletti!» ridacchiò Ares, vedendosi i due bambini correre incontro. Prese il primo in braccio e si avvicinò alla seconda, che ancora entusiasta chiese: «Ci hai portato qualche souvenir?»
«Non sono andato così lontano da poter trovare dei souvenir» disse Ares e la bambina scoppiò a piangere istantaneamente, come fosse stata una macchina programmata per farlo, urlando: «Ares non ci vuole bene!»
«Non fare i capricci!» ruggì Ares, infastidito dall'improvvisa accusa.
«Artemide stava facendo ballare le formiche, lo sai?» disse il bambino che aveva in braccio, ignorando le urla e i pianti della sorellina. Ares si abbassò e prese la piccola sotto un braccio, alzandola da terra come fosse una borsa, ma lei non parve infastidirsi per il trattamento. Probabilmente era abituata, perciò semplicemente continuò a piangere rumorosa. 
«Non dovreste disturbare il lavoro delle formiche per intrattenervi, lo sapete?» provò a correggerlo.
«Davvero?» chiese il bambino, innocente, e la bambina smise di piangere con la stessa meccanica con cui aveva cominciato, chiedendo curiosa e ora di nuovo allegra: «Le formiche lavorano?» 
«Certo che lavorano» rispose Ares, continuando a camminare tranquillo lungo il vialetto dirigendosi verso l'interno di una casetta in legno. Un po' diroccata, con molte riparazioni di emergenza poste qua e là, era comunque graziosa nella sua semplicità. Il cortile era pieno zeppo di fiori e per questo anche abitatissimo da insetti e animali di vario genere, che andavano e venivano per niente turbati dalla presenza di quelle persone. Alberi, cespugli e piante, ovunque c'era del verde e natura incontaminata. Sulla destra e sulla sinistra si alzavano altre due strutture, sempre di legno, organizzate su due piani con balconcini pieni di vasi ben curati. Da uno di questi svolazzavano delle lenzuola, appese ad asciugare al sole. Su tutte e tre le strutture, infine, sventolava sulla cima una bandiera dipinta a mano con su lo stesso simbolo che Ares portava sul bicipite: una montagna con il cucuzzolo aguzzo circondato da nuvole. 
«E che lavoro fanno?» chiese il bambino, curioso.
«I carpentieri!» rispose Artemide.
«I muratori!» disse altrettanto entusiasta il bambino.
«I cuochi!» disse di nuovo Artemide con rapidità ed entusiasmo e ancora il bambino, alzando le braccia al cielo, disse a gran voce: «I supereroi!»
Ares scoppiò a ridere nel sentirli e la sua risata fu calda, avvolgente, luminosa come il sole stesso che riscaldava la loro pelle. Una donna uscì da uno dei balconi delle due case ai lati del cortile e rovesciò sulla balaustra una coperta, prima di cominciare a batterla con un battipanni per liberarla dalla polvere. Eris, in fondo alla colonna di persone, chiuse il cancelletto del cortile e infine corse, superando tutti quanti, verso la casa che avevano di fronte.
«Siamo tornati!» gridò a gran voce. «Athena! Afrodite! Efesto! Siamo a casa! Abbiamo una sorpresa, padre Zeus!»
«Una sorpresa?» mormorò Artemide, tenuta ancora sollevata da terra come una borsa sotto braccio. Il bambino, aggrappato alle spalle di Ares, voltò la testa a guardare le persone che li seguivano. Erano stati così entusiasti del ritorno di Ares che non li avevano notati e solo ora li guardava e studiava. Si corrucciò e si strinse al collo di Ares, fulminandoli tutti quanti con severità e rabbia. Era palese che non apprezzasse la visita, forse perché non abituati ad averne, e i Raijinshuu provarono inutilmente a sorridere e cercare di sembrare amichevoli.
«Ciao Ares!» gridò la ragazza al balcone. «Così sono loro i nostri ospiti?» 
«Ospiti?» squittì una voce dietro di lei e una ragazza, inciampando e portandosi dietro il rumore di vari oggetti distrutti e caduti, si affacciò improvvisamente per guardare chi stesse arrivando. Poggiò le mani sul piumone appoggiato alla ringhiera, sporgendosi per guardare il vialetto, ma il piumone stesso sotto la sua presa scivolò in avanti e lei con lui. Con un urlo cadde nel vuoto, giù dal balcone del secondo piano, atterrando miseramente sul cortile esterno. 
«Sei la solita, Ebe» sospirò la ragazza sul balcone. 
«Questo è quello che ti meriti per esserti messa a correre ed esserti sporta!» ruggì un'altra ragazza, da dentro la casa. 
«Fa malissimo!» urlò Ebe, alzandosi da terra con il collo girato in una posizione decisamente innaturale, probabilmente spezzato. «Ahia! Ahia!» continuò a urlare, sfiorandosi la testa nel tentativo di afferrarla e rimetterla al suo posto, ma il troppo dolore le impediva persino di toccarsela. 
«È...» sibilò Evergreen, pallida nel vedere la macabra scena. 
«Abbastanza raccapricciante» completò per lei Fried e Bickslow, dietro di loro, annuì altrettanto pallido e sconvolto. 
«Scusateci» disse Ares, torvo in un misto tra il furioso e il rassegnato. Un'altra ragazza uscì dalla porta principale di quella stessa struttura, si avvicinò silenziosa a Ebe che ancora si disperava a terra con la testa al posto sbagliato e gliela afferrò. Senza darle tempo di dire niente gliela rigirò e la mise nella posizione corretta, con un inquietante crack
«Ecco fatto» disse pigramente, prima di tornare dentro casa e riafferrare la scopa che aveva appoggiato al muro. Ebe rimase perplessa qualche secondo, tastandosi testa e collo e assicurandosi che fosse tutto tornato normale. Poi si voltò verso la porta lasciata aperta e ruggì un infastidito: «Mi hai fatto male!»
Un vaso volò nella sua direzione e la prese in pieno viso, disintegrandosi sulla sua fronte e lasciandole graffi più o meno profondi che iniziarono a grondare sangue. 
«Ringrazia la prossima volta» le disse la stessa voce pigra della ragazza che le aveva aggiustato la testa, anche se non si mostrò.
«Insomma, voi due, mi avete stancato!» ruggì l'altra ragazza dal secondo piano, che aveva rimproverato Ebe di essere maldestra. «Tornate immediatamente al lavoro o vi punirò come si deve!»
«Chi ti da il diritto di punire gli altri!» ruggì Ebe e finalmente l'altra ragazza si mostrò, uscendo sul balcone e affacciandosi urlò: «Sono la sorella maggiore! Ho la vostra responsabilità!»
«Io sono più maggiore di te!» gridò Ebe.
«Più maggiore non si dice, capra!» ruggì l'altra e la ragazza al suo fianco, ancora intenta a colpire le coperte con un battipanni sospirò un rassegnato: «Ecco che ricominciano».
«Ne vuoi, eh?!» gridò Ebe, alzandosi in piedi e mostrando alla ragazza contro cui stava litigando un pugno. 
«Sei stupida e infantile, le dispute non si risolvono con i pugni ma se è questa la lingua che parli, allora...» disse lei rimboccandosi una manica e preparandosi a saltarle addosso, dal secondo piano in cui si trovava. Ares, avvicinatosi a Ebe senza che se ne accorgesse, lasciò cadere un piede pesante al suo fianco, sbattendolo rumorosamente a terra. Il segnale, per attirare la sua attenzione, e la fulminò con lo sguardo più severo che fosse capace di esprimere. 
Artemide, ancora sotto alla sua ascella, sgambettò allegra e rise: «Ares vi picchia a tutte e due!»
Ebe impallidì e con un «iiich» terrorizzato, arretrò prima di scappare in casa gridando: «Magari un'altra volta, eh?!»
«Io torno al lavoro!» gridò la seconda, altrettanto spaventata, e da allora non ci fu altro che il rumore di scope e battipanni. Ares sospirò, affranto e sconsolato, per poi alzare lo sguardo alla ragazza ancora impegnata a spolverare il piumone.
«Dike, dove sono tutti gli altri?» chiese Ares. 
«Hermes ci ha detto che sarebbero arrivati ospiti importanti, per questo sono tutti impegnati a pulire e sistemare la gilda» rispose Dike. «Eunomia, Nemesi ed Ebe mi stanno aiutando a sistemare i letti e le stanze per questa notte, mentre Persefone  ad Eirene e Afrodite sta dando una rassettata al giardino dietro. Efesto si stava invece occupando del camino alla sede principale ed Hermes e Dioniso sono andati a comprare del cibo giù al paese».
«Athena?» chiese Ares.
«Con Padre Zeus, raggiungili pure, sono nella sala comune» disse Dike, indicando la struttura al centro, alla fine del vialetto. Ares annuì e tornò indietro, raggiungendo nuovamente il gruppo che aveva lasciato solo con Ilizia. «Venite» disse semplicemente, facendo loro strada verso la sede principale. Mise a terra entrambi i bambini prima di aprire la porta in legno cigolante ed entrare in un salone non troppo grande. Aveva più le sembianze di una sala da pranzo, con un grosso camino sulla destra all'interno del quale si potevano vedere i piedi penzoloni di un uomo -Probabilmente l'Efesto di cui aveva parlato Dike. Eris era seduta proprio lì davanti e lo osservava come ipnotizzata, senza fare niente per aiutarlo. Al centro della stanza c'era un grosso tavolo, messo a ferro di cavallo con una ventina di posti disponibili. Proprio al centro, invece che una sedia normale in legno, ce n’era una un po' più raffinata, imbottita e vellutata. Sulle mensole e sugli scaffali ai muri c'erano decine, centinaia di libri, e al centro della sala, in mezzo al ferro di cavallo formato dal tavolo, dei giochi abbandonati a terra. 
«Noi non siamo abituati a mangiare ma nostro padre sì, lui è umano, e a noi piace fargli compagnia. È un modo per stare tutti insieme» spiegò Ares, giustificando la presenza del tavolo e delle sedie. Si avvicinò infine al camino, di fronte al quale si inginocchiò e lanciò uno sguardo verso l'interno, dove penzolavano i piedi di Efesto.
«Tutto bene?» chiese.
«Ares! Non ti avevo sentito!» urlò l'uomo da dentro il comignolo. «Sì, è tutto ok. Sono arrivati anche gli ospiti speciali di cui parlavano i due mocciosi?»
«Sì, sono qui con me. Vuoi conoscerli?» chiese Ares e Efesto, senza uscire dal camino, rispose imbarazzato. «Magari più tardi».
«È incastrato» spiegò Eris senza preoccupazione sul volto, né interesse. Probabilmente lo trovava divertente e sarebbe rimasta lì a guardare i suoi piedi disperati per il resto della giornata. 
«Sicuro di non aver bisogno di aiuto?» chiese Ares, imbarazzato per la situazione.
«Assolutamente! È tutto sotto controllo! Vai pure nell'ufficio, Athena e Padre Zeus si trovano lì» disse Efesto e Ares decise di ascoltarlo, sapendo che avrebbe probabilmente trovato da solo il modo di uscire dignitosamente. Superò il tavolo, attraversò la stanza e infine entrò in una porta sulla destra facendo cenno al gruppo di Fairy Tail di seguirli. La stanza dentro cui entrarono era talmente stretta che Fried e Laxus furono costretti a restare all'esterno, mentre Bickslow non poté andare oltre che la soglia. In realtà sarebbe stata abbastanza ampia da poter ospitare tutti, ma i libri avevano invaso ogni singolo centimetro di quel luogo. Accatastati, ammucchiati, vere e proprie montagne di libri e al centro solo un paio di poltrone e un minuscolo tavolino dove ora era poggiata una teiera fumante e una tazza. In piedi, davanti a una libreria, c'era una donna dai lunghi capelli argentei e l'aspetto delicato come quello di un fiore. Un paio di sottili occhiali poggiati sul naso, il kimono orientale che indossava era semplice nei colori tenui e ondeggiava e frusciava ad ogni passo. Aveva appoggiati su un braccio un paio di libri, ma stava prendendo un terzo in quel momento dallo scaffale scelto. Alle sue spalle, su di una delle poltrone, sedeva invece un uomo anziano. I capelli bianchi, lunghi, la barba altrettanto lunga e folta, gli occhi socchiusi racchiusi sotto delle spesse sopracciglia. Leggermente ingobbito, sembrava essere appisolato, ma non appena sentì la porta aprirsi si raddrizzò lentamente e puntò i piccoli occhi grigi ai suoi ospiti. 
«Oh» gracchiò con la sua profonda e vecchia voce. «Ares, siete arrivati» disse emozionato, prima di allungare una mano tremante al fianco della poltrona. Prese un bastone e lo portò vicino a sé, facendo leva su di esso cominciò lentamente e con grande sforzo a sollevarsi in piedi. Ares scattò in avanti e gli si mise al fianco, prendendolo per le spalle. «Padre, non affaticarti» gli disse preoccupato, ma il vecchio poggiò una rugosa mano sulla sua e gli diede qualche pacca affettuosa, prima di dire: «Sei sempre così attento. Non preoccuparti, figliolo, ho riposato abbastanza per oggi». 
«Appoggiati a me» disse Ares, offrendogli il braccio e l'uomo accettò ben volentieri. Si tenne in piedi con il bastone sulla destra, mentre con la sinistra si teneva ben aggrappato al suo braccio. «Athena, per favore prepareresti dell'altro tè? Ci spostiamo nella sala, qui stiamo stretti».
«Certo, ci penso io» disse la donna, rimettendo i libri che aveva preso al proprio posto. Lentamente Zeus, accompagnato da Ares, si avvicinò al tavolo a ferro di cavallo e si sedette sulla sedia più morbida, imbottita. 
«Accomodatevi» invitò, facendo un cenno ai suoi ospiti che gli si sedettero attorno ben volentieri. Athena si avvicinò al camino, dove ora stava finalmente uscendo Efesto, un uomo grosso di spalle e pelato, ricoperto completamente di fuliggine e carbone.
«Eris, vai ad aiutare le tue sorelle insieme a Ilizia e portate con voi i bambini» le disse Athena e lei, come previsto, sbuffò uno scocciato: «Che palle». Ma comunque obbedì, alzandosi e uscendo dalla sala insieme alla sorella e ai due gemelli. Efesto rimase ancora un altro po', aiutando Athena ad accendere il fuoco per mettere su una teiera colma d'acqua.
«Una gilda quasi completamente al femminile» commentò Bickslow, notando come le ragazze fossero in netta maggioranza.
«Acuta osservazione» mormorò Zeus, accennando un sorriso. «Non è un caso che sia così. È una questione di genetica e biologia, le femmine sono più facili da creare e da far vivere, piuttosto che un genere maschile. In fondo, anche tra gli umani statisticamente parlando sono superiori le donne agli uomini».
«Creare...» mormorò Evergreen, corrucciandosi. «Che brutto termine».
«Ma è quello che è realmente. Loro sono stati creati, non vedo perché disdegnare e rifiutare qualcosa solo perché lontano dalla nostra comune visione. I miei ragazzi hanno imparato già da tempo ad apprezzare e conoscere la loro natura, per ciò che sono realmente. Non pretendo però che riusciate a capire in una sola sera, non preoccupatevi, comprendo ogni vostro dubbio e perplessità. I miei figli hanno vissuto a lungo con le discriminazioni del mondo esterno, per questo tendiamo a restare isolati, ma questo non abbatte minimamente il nostro spirito. Io sono umano, loro sono immortali, siamo cose completamente differenti e non ci sogniamo di costringerci a chiuderci tutti in uno stesso sottoinsieme. L'amore è tale per quello che è, non per forza dobbiamo amare qualcosa che sia come noi. La diversità, in fondo, è completezza. Ha una bellezza molto caratteristica che ci piace preservare. E anche parlare di qualcuno che è stato creato, invece che nato, non significa denigrare o sminuire. È solo diverso, e perciò non per questo meno eccezionale di una vita che viene al mondo spontaneamente. Non possiamo amarla semplicemente per ciò che è realmente?»
«Sono nobili parole» sorrise Fried, trovando quel discorso molto poetico e illuminante. 
«La nostra Pricchan è fantastica così com'è» esclamò Bickslow, dando una scompigliata di capelli alla ragazza al suo fianco.
«Fa parte della nostra famiglia» sorrise Evergreen, volgendo un sorriso rassicurante alla ragazza che ancora restava cupa e in silenzio, spaventata e ancora sconvolta da quella novità.
«È esattamente quello che intendevo» sorrise Zeus. «Conoscere la piccola Priscilla, vi confesso, da al cuore di questo povero vecchio un paio di palpitazioni di troppo» sghignazzò. «Ho tanto sentito parlare di te».
«Mi conoscevi?» chiese Priscilla. «Cioè... sapevi già di me, da prima?»
Solo i membri di Fairy Tail conoscevano il suo segreto, e comunque anche loro ne erano venuti a conoscenza solo da poco tempo, dall'incontro alla Cattedrale con Laxus. Prima, se non per il suo premuroso e dolce nonno, era tutto un segreto che teneva solo per sé.
Zeus annuì lentamente, sospirando profondamente. «Come forse avrai capito, Zeus non è il mio vero nome. Lessi un libro una volta, un libro che parlava di vecchie divinità e credenze e c'era la figura di Zeus che emergeva come padre degli dei. Visto quello che avevo intenzione di creare, mi sembrò un nuovo nome appropriato per ricominciare da capo».
«Ricominciare che cosa?» chiese Fried e Zeus con un altro sospiro disse: «La mia vita. Prima di Zeus non ero affatto un buon uomo rispettabile, ammetto di aver fatto cose di cui mi pento profondamente. Ma tra queste ce n’è una che, per quanto discutibile, non credo ripudierò mai».
«Che cos'è?» chiese Fried, curioso, e Zeus voltò gli occhi su Laxus e Priscilla, seduti uno di fianco all'altro. «Aver aiutato vostro padre» confessò infine, turbando visibilmente l'animo di entrambi. 
Zeus alzò uno scheletrico dito verso Laxus e facendolo lentamente ondeggiare si corrucciò, dicendo: «Mi ricordo di te. Eri una vera preoccupazione per tuo padre, gracile e piagnucolone. Ricordo come Ivan trovasse frustrante l'idea di aver dato vita a un figlio apparentemente tanto debole e probabilmente non saresti mai stato in grado di usare la magia, vista la tua debolezza. Se ripenso a com'eri mingherlino, fatico a riconoscerti Laxus» ridacchiò e sospirò ancora, malinconico. «Quanti anni sono passati da allora. Al tempo ero una vera testa calda, passatemi il termine volgare ma possiamo dire che ero proprio una testa di cazzo» rise, divertito.
«Facevi parte di Fairy Tail?» chiese Laxus, cercando di mantenere comunque un certo autocontrollo. 
«Oh, no. Tuo nonno non mi avrebbe mai accettato» rispose Zeus. «Facevo parte di una gilda oscura, è stato così tanto tempo fa che non riesco nemmeno a ricordarne il nome. Tuo padre aveva agganci con l'esterno, aveva amici potenti, sapeva su chi fare affidamento e anche se portava su di sé il marchio di Fairy Tail frequentava i bar più puzzolenti della città. Era un uomo sempre in cerca di qualcosa di nuovo, di potere, e per uno come lui l'aver dato al mondo un figlioletto misero come te era una vera vergogna e disgrazia. C'era quest'uomo, ricordo, un certo Purehito... diceva di essere l'ex Master della gilda di Fairy Tail. Eravamo entrati in contatto tempo prima per alcuni affari, cercava magie oscure, libri proibiti, cose del genere e io sapevo dove trovarli. Fu Purehito a presentarmi tuo padre, spiegandomi la situazione, e proposi lui di provare a instillare dentro te la Lacryma di Drago. Avevo sentito appena di recente di un bambino a cui era stata appena fatta la stessa cosa, un certo Erik, anche se in realtà alcune fonti dicevano che non fosse sopravvissuto ho pensato che se avessimo studiato attentamente il caso noi saremmo riusciti a farcela».
«Cobra...» sussurrò Priscilla, capendo di chi si trattasse, e benché avesse parlato più a se stessa che a lui fu sentita comunque.
«Sai di chi parlo?» chiese Zeus, curioso, e Priscilla annuì. «Ci siamo incontrati, qualche tempo fa».
«Oh, beh...» sorrise Zeus. «Allora le voci erano infondate, non è morto, è un sollievo».
«Perciò...» mormorò Fried, turbato. «Sei stato tu a fornire a...» tentò, non sapendo bene come formulare la domanda, ma Zeus riuscì a anticiparlo. «Ho dato io la Lacryma del tuono a Ivan e insieme a Purehito l'abbiamo messa nel corpo di Laxus. Non è stato un giorno piacevole per te, Laxus. Le tue urla di dolore, ogni tanto, le sogno ancora. Mi sento così costernato» sospirò.
«Io non mi ricordo di quel giorno, né tanto meno di te» confessò Laxus. 
«È normale, eri così piccolo» rispose Zeus.
«Senza la Lacryma di Drago, probabilmente Laxus oggi non sarebbe quello che è diventato» disse Fried, rassicurante. «Indipendentemente da quali fossero le vostre intenzioni, non possiamo che esserne comunque grati».
«Senza questo potere avrei rischiato di morire molte volte» confermò Laxus e Zeus tornò a sorridere, rasserenato. «Siete davvero persone eccezionali, non avete esitato a perdonare il passato di un vecchio come me».
«È stato molto tempo fa» disse Fried e Zeus annuì. «Il passo successivo fu quello di creare un essere vivente» continuò. «Ivan e Purehito tornarono dopo breve tempo con questa nuova bizzarra idea. Purehito al tempo lavorava molto duramente sulle magie proibite che riguardavano la vita e la morte, ne era affascinato per qualche strano motivo. Magie che avrebbero potuto donare l'immortalità, che avrebbero riportato in vita i morti, o ucciso, o che avrebbero potuto modificare lo scorrere del tempo. Ce ne sono così tante e tutte, come ben sapete, sono estremamente proibite perciò si serviva di gente di poco conto come noi per procurarsi i tomi necessari allo studio. Mi disse di aver sentito parlare di un libro oscuro, un libro di Zeref che spiegava come creare la vita a partire da un'idea. Era pura fantasia, ma avevo già lavorato con loro alla Lacryma di Drago e il risultato mi aveva lasciato senza parole. Ero eccitato all'idea di provare qualche altra stranezza, perciò mi misi subito al lavoro e trovai quei volumi per loro. Lavorammo per mesi interi e penso che non ce l'avremmo mai fatta se non ci fosse stato il genio di Purehito a mettere insieme i pezzi. Infine il tuo corpo venne concluso, ma continuava a restare l'incognita dell'anima. Per quanto provassimo, niente sembrava funzionare e per un anno intero sei stata solo una bambina morta. Poi Purehito trovò la soluzione...»
«Il collegamento...» mormorò Priscilla, sapendo già cosa avrebbe detto.
«Già. Ivan rischiò molto, la sua vita è rimasta in bilico sul precipizio della morte per giorni interi, era decisamente una magia troppo pericolosa. Ma quell'uomo era un pazzo visionario e voleva avere il pieno potere su un essere vivente, l'idea di poterti controllare come una marionetta lo eccitava. Diceva che eri la sua bambina di carta» e sentire dopo tanto tempo di nuovo quel raccapricciante soprannome le fece venire di brividi lunga la schiena. Sentire i ricordi tornarle alla mente, rivivere nuovamente quei terribili momenti che sono stati i primi anni della sua vita quando in lei non c'era altro che obbedienza e paura, tutto quello era  sempre un colpo al petto. Anche se aveva fatto enormi passi in avanti, anche se aveva superato ogni incubo del suo passato, sconfitto l'ombra di suo padre, era pur sempre qualcosa che aveva vissuto. Un fardello di cui non si sarebbe mai liberata del tutto.
«Quell'uomo mi da il voltastomaco» confessò Ares, corrucciandosi. 
«Ma non è poi la stessa cosa che hai fatto tu? Dare la vita, usare una magia proibita...» azzardò Bickslow, che aveva certamente meno peli sulla lingua di altri.
«Sì, puoi vederla così» rise Zeus. 
«È certamente diverso!» rispose invece Ares, offeso. «Noi siamo una famiglia, quell'uomo invece la picchiava!» disse indicando Priscilla.
«Conoscete anche questa parte di storia, eh?» disse Priscilla, abbozzando un timido sorriso e sperando così di sdrammatizzare. 
«Venne da me dicendo che voleva un'arma per allenare il figlioletto che aveva da poco imparato a usare la magia che gli avevamo dato. L'idea di dargli un fantoccio contro cui prendersela sembrava entusiasmante, avrebbe potuto sperimentare varie cose senza temere nessuna ripercussione perché tanto tu non saresti morta e saresti sempre stata sotto al suo controllo. Perciò, sì, conosco anche questa parte di storia. Anche se dopo la tua nascita Purehito è sparito dalla circolazione, andando in cerca di altro, e questo ha causato una rottura anche nel rapporto con Ivan, sono comunque rimasto informato» annuì Zeus, accettando la tazza di té caldo, ora pronto, che Athena gli porse prima di versarlo anche agli altri.
«Immagino che quel bastardo non abbia avuto fortuna nel suo piano» disse Ares, lanciando uno sguardo provocatorio a Laxus prima di dire: «Io non avrei mai accettato di colpire mia sorella».
Laxus non rispose, ma ebbe comunque la forza di tenere gli occhi fissi nei suoi, sostenere lo sguardo per non cedere a quella provocazione che andava a infierire più di quanto avesse potuto immaginare. Uno squarcio gli si era aperto in petto, l'odio e la rabbia di fronte all'evidenza che lui aveva invece ceduto, il dolore nella consapevolezza che lui era la causa della più grande sofferenza di Priscilla... tutto quello lo faceva ancora impazzire. Nonostante l'apparente indifferenza, i muscoli si tesero e si irrigidirono tanto che sarebbe potuto scattare ed esplodere da un momento a un altro. 
«Comunque siano andate le cose, l'importante è il presente. La redenzione, il perdono, sono gioielli tanto brillanti e preziosi forse anche più di una vita vissuta senza peccato» disse Zeus, rompendo la tensione. «Parlo come un uomo che l'ha sperimentata su di sé. Ho accettato di collaborare a simili atrocità, influendo su due bambini, e ho fatto tante altre cose orribili nella mia vita. Non meritavo il perdono, non meritavo nemmeno la vita stessa, pertanto non posso esporre né accettare giudizi del genere» un velato rimprovero verso quella che era stata la provocazione di suo figlio a un caro ospite.
«Mi spiace» disse semplicemente Ares, rilassando le spalle e comprendendo il suo errore. 
«Un giorno, tanti anni dopo, ho sperimentato sulla mia pelle le conseguenze di tutti gli orrori che avevo commesso in vita» disse Zeus, sorseggiando il suo té. «Mi sono ritrovato solo e ho compreso l'importanza di avere una mano da stringere nei momenti più bui. Ma ormai era troppo tardi, mi chiedo se possiate capirmi, ma a volte le lezioni più severe che la vita vuole impartire arrivano sempre quando non c'è niente che si possa fare per rimediare. La vita a volte è così matrigna... prima ti punisce e solo dopo ti impartisce l'insegnamento» sorrise, ancora malinconico. «Sono rimasto solo a lungo, rifiutato dal mondo intero, senza un posto dove andare e nel frattempo ho continuato a pensare ai due bambini di Ivan. Vi incontrai un giorno, ma non ebbi coraggio di farmi avanti e presentarmi a voi. Non eravate che ragazzini, allora, di rientro da una missione. Eravate così allegri, così felici, così dolci l'uno di fianco all'altro mentre vi sorridavate e parlavate con tale entusiasmo di cosa avreste fatto una volta tornati a casa. Ne rimasi colpito, affascinato, e ammetto egoisticamente di aver  pensato che un po' vi sentivo miei. È stato quello il momento in cui ho cominciato a pensare a dei figli miei, una famiglia, il calore di una casa, l'amore di chi ti da il bentornato. Ricordavo perfettamente tutti i passaggi che avevamo fatto, al tempo, per portare in vita Priscilla. Per questo alla fine cedetti e ci provai... ci volle molto più tempo del previsto, senza l'aiuto di Purehito ci misi anni interi prima di riuscire a ricreare tutte le condizioni ideali alla vita. Infine, sette anni fa, venne finalmente al mondo Ares. La prima cosa che feci fu parlargli di te, della graziosa bambina che mi diede l'ispirazione e fece nascere in me il desiderio di crearlo. Volle conoscerti e, benché spaventato all'idea di mandarlo solo per il mondo, acconsentii e gli permisi di partire per venirti a cercare».
«Questa parte ve l'ho già raccontata per strada» intervenne Ares. «Raggiunsi Magnolia, ma solo quando fui lì venni a sapere che l'isola Tenrou dove eravate era sparita nel nulla, portandosi voi dietro. Perciò tornai a casa con la coda tra le gambe».
«Vederlo così triste mi strinse il cuore, aveva così tanto desiderato trovare qualcuno come lui, qualcuno in grado di condividere la sua esistenza unica e incredibile. Io per primo sapevo benissimo cosa significasse essere soli, perciò con ostinazione ci riprovai e diedi vita ad Athena. Poi venne Efesto, Eris, Ebe e Ilizia, Persefone, Nemesi, Afrodite, Dike e Eirene, Eunomia, Dioniso ed Hermes e infine i due gemelli Apollo e Artemide. Mi sono lasciato prendere un po' la mano» ridacchiò, nervoso. «Ma ammetto che vederli insieme, ogni giorno della mia vita, tutti intorno a me è la cosa più bella che fosse mai potuta capitarmi. Ecco perché non riesco a pentirmi di ciò che vi feci, tanti anni fa, nonostante sia stato complice di quegli orribili esperimenti e la causa, probabilmente, di tutti i vostri problemi. Se non fosse stato per voi non avrei mai avuto tutto questo».
«Io...» mormorò Priscilla. «Non avrei mai immaginato che...» ma non seppe bene nemmeno che cosa dire con precisione. 
«È davvero una storia incredibile» disse Bickslow, voltandosi verso Evergreen che sorrise e disse: «E pensare che ci siamo incontrati per caso».
«Non proprio per caso. Ci stavate cercando, giusto?» disse Fried.
«Vi abbiamo visto ai Grandi Giochi» disse Athena, restando in piedi al fianco di Zeus. «Lì abbiamo scoperto che eravate ancora vivi ed eravate tornati».
«Perciò abbiamo cominciato a pensare che forse avremmo potuto incontrarti e presentarci» disse Efesto, alzandosi finalmente da davanti al camino. «Tutto pronto, fatelo bruciare per il pomeriggio intero e stasera avremmo un bel tepore a cena per scaldarci» disse indicando il fuoco alle sue spalle.
«Hai davvero mandato i due marmocchi a fare la spesa da soli?» chiese Ares, voltandosi verso Athena. «Senza nessuno che li tenga d'occhio? L'ultima volta sai bene cos'è successo!»
«Li ho redarguiti abbastanza» rispose Athena. «Sono certa questa volta sapranno prendersi le loro responsabilità, in nome dei nostri ospiti». 
«Scommetto che mi toccherà scendere in paese e andarli a prendere, invece» sospirò Ares, nervoso. 
«Riponi più fiducia nei tuoi fratelli, tutto questo è funzionale alla loro crescita» insisté Athena con un tono solenne e delicato, ma Ares piantò la guancia sul pugno chiuso e sputacchiò un semplice e poco convinto: «Bah».
«Avete ragione, abbiamo parlato abbastanza» ridacchiò Zeus, notando lo scambio dei suoi figli e interpretandolo come stanchezza nell'affrontare certi discorsi. Non avevano perso tempo a cambiare argomento, interessati più a tornare alle loro normali vite. «Fate come se foste a casa vostra, Athena e gli altri miei figli sono a vostra completa disposizione. Se posso consigliarvi, alle spalle della gilda, sul lato sud-est, c'è un laghetto veramente delizioso con acque purificative. Una vera chicca di questo posto, potete immergervi i piedi e in pochi minuti vi sentirete ristorati completamente, anche se avete appena affrontato una camminata faticosa di chilometri. Athena, Ares, perché non gli fate vedere dove si trova?» chiese ai suoi due figli che annuirono con serenità. «Farà bene anche a me farmi un bagno rinfrescante» disse Ares, alzandosi e sgranchendosi le spalle.
«Potrebbe essere un'esperienza interessante, provare qualche nuova fonte per la bellezza della pelle» disse Evergreen con un pizzico di malizia negli occhi, mentre già si pregustava la visione dei muscoli di Ares bagnati dall'acqua del laghetto intento magari in qualche vigorosa nuotata.
«Credo che verrò anche io, non vorrei che il povero Elfman dovesse ricevere qualche triste notizia» ridacchiò Bickslow, lanciando occhiate derisorie a Evergreen e alla sua palese debolezza.
«Alcune specie botaniche sono caratteristiche di questo posto, mi piacerebbe mostrarvele. È l'orgoglio della nostra gilda, spero mi concediate questa piccola superbia» disse Athena sempre con eleganza e questa volta fu Fried a sorridere e rispondere con un: «Ho sentito parlare di alcune piante di sottobosco che nascono solo qui intorno, sono proprio curioso».
«Se poi vorreste andare a riposare, Dike e le altre dovrebbero ormai aver finito di sistemare i vostri letti. Efesto può accompagnarvi alla vostra stanza» disse Zeus e ad alzarsi, intenzionato a seguire quel consiglio, fu Laxus mormorando un semplice: «Se non è un problema...».
Aveva ancora addosso la stanchezza della missione a Borwatt, che con tutta quell'elettricità accumulata e riversata l'avevano stremato. Aveva dormito un po' sulla carrozza, ma certo non poteva avere paragoni con un letto serio. E poi aveva davvero un gran bisogno di starsene solo per un po', riflettere e mettere pace al proprio animo. Quelle persone... era egoista e stupido, ma in qualche modo aveva cominciato a sentire la mano di Priscilla scivolare via dall'istante in cui li avevano incrociati. Una strana angoscia, un doloroso turbamento e un celato nervoso che doveva soffocare in qualche modo lontano dagli sguardi di tutti. 
«Affatto. Ti faremo chiamare per la cena, quando i ragazzi saranno tornati» disse Zeus. «Efesto, per favore...» disse poi, verso il figlio, chiedendogli indirettamente di accompagnarlo. 
«Certo» rispose il figlio, aprendo la strada a Laxus e conducendolo verso la piccola casetta con balcone dove avevano visto Dike al loro arrivo. Priscilla si alzò, senza comunicare cosa avrebbe fatto e dove sarebbe andata, probabilmente avrebbe seguito qualcuno di loro solo per inerzia. Ma Zeus la bloccò con un timido: «Ah, Priscilla...» attirando la sua attenzione. Tornò ad afferrare il proprio bastone e provò ad alzarsi, faticosamente. «Faresti compagnia a questo vecchio durante la sua passeggiata del pomeriggio? Mi aiuta a tenere in forma le gambe e ho davvero desiderio di parlare un po' con te. Raccontami qualcosa di te, per favore».
Priscilla si avvicinò rapidamente al vecchio, vedendolo in difficoltà, e l'aiutò a mettersi in piedi. Gli restò a fianco e lui prese saldamente il suo braccio, prima di cominciare a camminare verso l'esterno della gilda, lentamente e faticosamente.
«C'è un sentiero davvero piacevole da quella parte, vieni, passeggiamo un po'» disse Zeus, facendo lentamente strada verso il bosco fuori dal cortile della gilda. Ci misero un po', data la lentezza dei passi dell'uomo anziano, ma pian piano riuscirono a prendere e tenere un ritmo ben serrato. Entrarono nel bosco, seguendo un sentiero leggero di pendenza, quasi del tutto privo di buche, tiepido nell'ombra degli alberi e profumato per l'odore di fiori e foglie. 
«Allora... ora che siamo solo io e te, vuoi dirmi come ti senti?» disse Zeus spezzando quel silenzio.
«Come mi sento?» mormorò lei.
«Sì. Non ti conosco così bene, ma ti ho vista quel giorno tanti anni fa con Laxus e ti ho vista durante i Giochi. Sei una ragazza molto solare e caotica, riesco a leggere anche io la stranezza di questo tuo comportamento» disse Zeus e lei, accennando un sorriso imbarazzato, confessò: «Mi spiace. Non è facile da accettare, così su due piedi».
«Certo, è normale. C'è qualcosa in particolare che ti turba? Magari se ne parli, riesco ad aiutarti» insisté lui, premuroso in quell'attenzione. 
«Ecco...» sospirò lei, un po' titubante. «Sono confusa... e un po' spiazzata. Io...» ma ancora esitò, lasciando andare infine un sospiro arrendevole. «Ho sempre detestato la mia natura» confessò. «Ero sola, sapevo di essere unica nel mio genere e per questo assurda. Non avevo nessuno che potevo definire uguale a me, perciò ho sempre pensato che... sì, ecco, il mio desiderio più grande è sempre stato quello di diventare umana per poter avere... una specie. Un posto mio, dove stare. È... è qualcosa che non dovrei dire, probabilmente, visto quanto la mia famiglia tiene a me e stia facendo di tutto per farmi sentire parte di loro. Il nonno, soprattutto, ha sempre insistito sul fatto che meritassi Fairy Tail esattamente come tutti gli altri. Probabilmente soffrirebbe se mi sentisse dire certe cose».
«È naturale» annuì Zeus. «Anche se ti sforzi, non puoi negare l'evidenza. Tu non sei come loro e non essere come il resto del mondo include che uno possa sentirsi solo. È ciò che ha provato Ares per un po', prima che mi decidessi a far nascere anche Athena. Ma ora eccoti qua, non sei più sola, non è perciò bellissimo?»
«Sì» rispose Priscilla, mostrandosi ancora titubante. «Ma... ma io ho Fairy Tail. Insomma...»
«Vi siete tutti appena scontrati con una realtà che avevate invece imparato a surclassare, l'avevata inglobata nella vostra, pensando che fosse parte di un unico mondo. Tutto questo invece ha dato un taglio netto, non è così? È come se ti venisse sbattutto in faccia che fino ad ora hai sbagliato e che è vero che non sei come loro, proprio quando aveva iniziato a credere il contrario».
«Esatto, è questo...» annuì Priscilla. «E poi... perché...» arrossì e si corrucciò, sempre più imbarazzata. «Mi sono sentita veramente a casa, qui».
«Senti di averli traditi?» chiese Zeus, sorpreso e lei ancora piena di vergogna annuì. 
«Oh, piccola Priscilla» sospirò lui, facendole un sorriso. «Come ti chiamano, loro? Pricchan?» e lei annuì, sorridendo.
«Una persona può avere più di una casa, lo sai? Una casa...» sorrise. «Sono le persone che fanno di un posto una casa, non certo delle mura. E non puoi certo credere che qualcuno possa legarsi solo a una persona o un gruppo di persone di una certa cerchia. Prova a pensare, non hai amici al di fuori di Fairy Tail?»
E Priscilla, pensierosa, annuì ripensando a Leon e Cherry.
«E non ti sentiresti a casa stando in loro compagnia?» chiese ancora Zeus.
«Credo di sì» rispose lei.
«Questo significa tradire gli altri? O scordarti dell'altra casa? I legami, le persone, di qualunque consistenza siano fatti e qualunque sia la loro natura, non si dimenticano. Ripensa al tuo Laxus... suo padre gli cancellava la memoria, gli faceva dimenticare le barbarie che lo costringeva a commettere, ma non restava comunque dentro lui turbamento e senso di colpa nei tuoi confronti? Non vedevi in lui il dolore e la confusione? I ricordi cambiano, possono essere manipolati, ma i sentimenti sono per sempre».
«Hai detto che non hai più avuto contatti con Ivan... come sai di...» azzardò Priscilla, un po' turbata, ma lui ancora sorrise e disse: «Bambina mia, io vedo tutto. Come credi che abbia trovato la Lacryma di Drago e il libro per la magia della vita, se non fossi stato in grado di vedere ogni cosa?» ridacchiò. 
«È per questo che hai ripreso Ares prima, quando ha provato a provocare Laxus» disse lei. «Sapevi».
«Ho parlato più volte ad Ares della vita disgraziata che vi siete ritrovati a fare per colpa di quell'uomo, non sono entrato nei particolari perciò lui non sa esattamente se Laxus abbia fatto quello che ha fatto o meno. Ma, anche se è un bravissimo ragazzo, ha il difetto di avere un po' troppo fuoco dentro e a volte è troppo istintivo nelle reazioni. La sua provocazione serviva solo a scavare dentro tuo fratello e capire se realmente aveva fatto quelle cose o meno, perché in tal caso avrebbe probabilmente perso la testa. L'ho rimesso in riga appena in tempo. Ares...» ridacchiò. «Tiene insieme i pezzi di questa baracca, ormai, si occupa di ogni cosa e riesce tenere unita la famiglia. Si occupa di crescere i suoi fratelli, di educare i più piccoli e tenere in riga le più grandi. È un pugno di ferro, sono felice che sia così perché io ormai non sarei più in grado di correre dietro ai gemelli per impedir loro di farsi del male. È davvero un bravo ragazzo, anche se a volte un po' attaccabrighe. Non voglio essere ipocrita e dirti che sono felice così, perciò sarò sincero con te... ti confesso che mi piacerebbe davvero molto averti qui con noi. I ragazzi ti ammirano molto, soprattutto dopo che ti hanno vista combattere ai Grandi Giochi, ti credono eccezionale. Sei una leggenda, sono sicuro saresti una guida eccezionale per questo povera gilda di reietti».
«Guida?! Io?!» sobbalzò lei, sorpresa di sentire un discorso come quello. Si conoscevano appena, anche se loro l'avevano sempre seguita, ma comunque si erano appena incontrati e già accennavano a farla restare e addirittura a essere la loro guida. Zeus sospirò, tristemente, anche più di quanto si aspettasse. 
«Ho un desiderio in fondo al cuore, piccola Priscilla. Capisco sia eccessivamente prematuro, soprattutto considerando il tuo attuale turbamento, ma ho timore di non avere altre occasioni se non questa. Dimmi una cosa, bambina mia... tu sei libera, non è così?» e Priscilla restò semplicemente in silenzio, perplessa e sorpresa nel sentire che era riuscito a scoprire anche quello di lei. «Il collegamento con Ivan è stato spezzato, riesci a vivere di una vita tua, esclusiva, non è così?»
«Sì...» mormorò lei.
«È un evento incredibile, probabilmente più unico che raro» commentò Zeus e Priscilla cominciò a comprendere. «Loro... non lo sono?»
«Già. Ma non per volere mio. Ti assicuro sono anni che continuo a cercare, insieme ad Athena, la più intelligente delle mie figlie. La sua magia della conoscenza sta sfogliando da anni decine di libri, cercando risposte e soluzioni, senza riuscire a trovarne. E io intanto sono invecchiato. Guardami... ho bisogno di un braccio e di un bastone per camminare. Cosa credi succederà quando persino il mio cuore sarà troppo debole per continuare a battere?»
Una straziante immagine le pervase la mente, una dolorosa verità, e in un istante vide in un ipotetico futuro tutta quella gente morire in un sol momento. Persino i gemelli, i piccoli bambini allegri che facevano ballare le formiche, a terra, vuoti, privi di anima e di vita. 
«Tenerli in vita tutti quanti consuma un sacco di magia, mi ha portato a un invecchiamento precoce, la mia vita è sempre più breve e la rapidità con cui arriva per me il fato della morte è troppo veloce per permettermi di perdere altro tempo. Potrebbe succedere anche domani stesso» e Priscilla si portò istintivamente una mano alle labbra. 
«Purehito...» mormorò. «Master Hades, lui aveva trovato il modo di diventare immortale!» disse Priscilla, trovando in breve tempo una soluzione.
«Purehito era sceso a patti con il mondo dell'oscurità, si era lasciato corrompere dai demoni per poter ottenere l'immortalità ed è diventato infine un uomo corrotto e violento, benché nei suoi primi anni di vita fosse famoso per la sua bontà e giustizia. Posso davvero accettare lo stesso destino? Diventare il master di una gilda di demoni immortali? Diventeremmo peggio di Grimoire Hearts» era uno scenario apocalittico che certamente non avrebbero mai voluto vedere.
«E allora...» mormorò lei, spaventata e confusa. 
«Una soluzione esiste, per fortuna Athena e il suo incredibile genio è riuscita a trovarla. Ha studiato gli stessi libri di Purehito e ha compreso a fondo il segreto di questa magia che vi tiene in vita» disse Zeus e Priscilla, rapida, chiese: «E qual è?»
«Il collegamento può essere passato...» disse Zeus, prima di aggiungere più preciso: «O meglio, può esserne creato un secondo così che quando il primo morirà ci sarà la seconda fonte a sostenerli. Qualcun altro prenderebbe a carico l'anima di Ares e gli altri così che quando io morirò loro non subiranno la stessa sorte e potranno proseguire nella loro incredibile vita. Ma stiamo parlando di quindici persone, non è cosa che possono sostenere tutti quanti, inoltre il mio desiderio più profondo... ciò che vorrei più di ogni altra cosa è che la vostra natura venga rispettata per quello che è realmente e che siate felici di questo. Priscilla, siete nati da immortali... dovete restare immortali! È questo che siete voi, è questo che dovete accettare di essere e dovrete essere per sempre. Non è giusto che qualcuno possa cambiarvi o pretendere che voi siate qualcos altro per compiacerli. Voi siete immortali e questa è Olympos, la casa degli Dei! Priscilla... ascolta questa mia preghiera» disse mentre la ragazza pallida, ora ferma in mezzo al viale, aveva cominciato a negare debolmente. Cominciava a capire, cominciava a capire ogni cosa, ma non poteva farlo. Non avrebbe mai potuto accettare... di lasciare Fairy Tail.
«Prendi il mio posto. Il tuo potere è in grado di sostenerli tutti quanti, li salverai da morte certa, ed essendo immortale non vi esuarirete mai. Io sono l'ultimo ostacolo da abbattere per rendere questa gilda ciò che è realmente, una gilda di dei, una gilda di immortali. Diventa Master... salva le vite dei miei figli, te ne prego».

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Capitolo 66
*** Banchetto ***


Banchetto



Stava calando la sera quando Evergreen, Bickslow, Ares e Athena rientrarono alla gilda dalla loro passeggiata. La sala era ben scaldata dal fuoco che aveva bruciato per tutto il giorno, e il camino ancora acceso illuminava di un colore caldo e pacifico tutto ciò che li circondava. La tavola stava finendo di essere apparecchiata da Apollo e Artemide, piccoli ancora, tanto che dovevano salire in ginocchio sulle sedie per riuscire a mettere i piatti, ma ben volenterosi di aiutare. Dike, in piedi vicino al camino, stava assaggiando una zuppa da un pentolone proprio in quel momento per assicurarsi del suo gusto. Dioniso e Hermes, seduti a terra, giocavano rumorosi con delle carte mentre Eirene li guardava, curiosa, e Nemesi li sgridava invece per il troppo baccano. Efesto era chino sotto al tavolo, impegnato a sistemare una gamba un po' troppo traballante, infine Zeus era seduto su una poltrona vicino al caminetto, per scaldarsi. Priscilla gli faceva compagnia su una sedia al suo fianco, gli teneva una mano e parlava ancora con lui, mentre Ilizia e Eris se ne stavano a terra ad ascoltarli e ogni tanto intervenire. 
«Ah, siete tornati» osservò il vecchio, guardando i Raijinshuu entrare con un sorriso. «Allora, com'è stata la vostra scampagnata?»
«Quel posto è paradisiaco» disse Evergreen, visibilmente rilassata probabilmente per il bagno nel laghetto. 
«Saresti dovuta venire con noi, Pricchan» disse Bickslow. «Ti sarebbe piaciuto da matti».
«Magari domani mattina faccio un salto» sorrise lei.
«Poi però è meglio se ci rimettiamo in marcia, o non arriveremo più a Magnolia» disse Laxus, comparendo all'ingresso proprio in quel momento. Subito dietro di lui, entrarono infine altre due ragazze che quel pomeriggio non avevano avuto piacere di incontrare. Una dai capelli d'ebano, mossi, lunghi fino al ginocchio, lo sguardo perso nel vuoto e un semplice abito di veli bianco, tanto sottili da lasciar intravedere al di sotto di essa alcune delle forme del corpo. L'altra era una ragazza molto giovane e dal fascino decisamente su di un altro livello. Bionda, capelli mossi, ben curati, vestito color pastello, fiori nei capelli, lasciava al suo passaggio una scia di profumo delicato. 
«Potete restare anche di più, se lo volete» disse Dike, prendendo in braccio Artemide e sollevandola per aiutarla a mettere un fiore sulla tavola. 
«Non vedo che fretta ci sia, abbiamo ancora tanto da raccontarci» disse Ares, lasciando trapelare un pizzico di fastidio dalla voce e anche se Laxus non rispose, preferendo sempre cercare di non esporsi troppo, lo trovò irritante.
«A casa potrebbero preoccuparsi se non ci vedono tornare» rispose Evergreen, avvicinandosi al tavolo e prendendo il suo posto. Fried si avvicinò a Priscilla proprio mentre Apollo, ora libero dagli incarichi, le saltava sulle ginocchia e cercava di mettersi a sedere in braccio a lei. «Come ti senti?» le chiese, vedendola finalmente più serena e sorridente. 
«Meglio. Ho avuto tempo di parlare e riflettere molto, e poi... beh... forse non avrei dovuto» ammise, rossa in volto per l'imbarazzo.
«L'ho aiutata io» disse Eris, intenta a togliersi delle pellicine da un unghia. 
«Il potere di Eris è molto particolare, riesce a vedere le emozioni delle persone addosso a loro come fossero colori» spiegò Zeus. «Quando queste sono molto intense è persino in grado di manipolarle e cambiarle a suo piacimento».
«Il tormento ha un colore veramente sgradevole, un marroncino fogna, disgustoso. La paura invece è viola, la rabbia nera, l'invidia verde... e così via. Ho solo dato una mano, eliminando il suo turbamento» spiegò Eris.
«Che forza» disse Bickslow.
«Riesci a farlo con tutte le emozioni?» chiese Fried, curioso. 
«Tutte» confermò Eris. 
«Sapete tutti usare la magia qui dentro, dunque» disse Bickslow, sedendosi vicino a Evergreen. 
«Esatto» annuì Zeus, prima di allungare una mano e accarezzare la testa di Apollo. «Persino questi piccoletti qui. Sono ancora inesperti, ma sanno già il fatto loro».
«Io so usare i veleni!» disse il bambino allegro, ciondolando con le gambe. «Artemide invece sa comandare gli animali!»
«E siete entrambi degli arcieri incredibili» aggiunse Zeus e Apollo disse allegro: «Ares ci insegna!»
«Ares insegna a tutti noi» aggiunse Artemide, raggiungendo il gruppo e appoggiandosi alla gamba di Priscilla sopra il quale era seduto il piccolo Apollo. 
«E tu, Priscilla-sama, che magia usi?» chiese la bambina. 
«Sei forte?» chiese subito dopo Apollo e Artemide ancora aggiunse, senza dar tempo alla ragazza di rispondere: «Come Ares?»
«Ares usa i pugni!» disse ancora Apollo.
«E i calci!» aggiunse Artemide, ancora entusiasta. «È forte!» aggiunse.
«Può sollevare un elefante intero!» rise Apollo sollevano le braccia al cielo.
«Che peperini» ridacchiò Evergreen, notando la loro vitalità che li portava a parlare in continuazione.
«La mia è una magia un po' rozza e rudimentale» ridacchiò Ares, dando una carezza alla testa della piccola Artemide. «Aumenta la mia forza fisica, niente di speciale e spettacolare. Quella di Persefone la trovo invece molto bella e scenografica» disse voltandosi poi a cercare la ragazza, ma rimase paralizzato quando la vide. Nascosta sotto al tavolino, timida e impacciata in quel tentativo di non farsi notare, fissava i piccoli totem che galleggiavano intorno a Bickslow e il ragazzo stesso con uno sguardo affascinato, trasognante e un vivido rossore sul volto.
«Persefone?» balbettò Ares, chiedendosi che diamine le fosse preso. Bickslow si voltò, seguendo lo sguardo di Ares, e la vide alle sue spalle che lo fissava inginocchiata e nascosta sotto al tavolo. Cercò di rivolgerle un amichevole sorriso e alzando una mano disse semplicemente: «Ehy, ciao!»
Persefone lanciò un urlo e si coprì il volto con le mani, prima di scappare via e andarsi a rannicchiare in un angolo. Con il volto schiacciato al muro, inginocchiata a terra, disegnava cerchi depressi a terra con la punta del dito. Dall'ombra che partiva dai suoi piedi scalzi nacquero figure scure, sagome vagamente umanoidi, che l'avvolsero e cominciarono a ondeggiare e lamentarsi intorno a lei con delle protuberanze vagamente simili a mani premute contro il volto. 
«Ma che...?» balbettò Ares, guardandola ancora sorpreso. 
«È di colore rosso» disse Eris, indicandola. «Intenso».
«Eh?!» sobbalzò Ares. «Rosso? Così in fretta?!»
«Che sentimento è il rosso?» chiese Priscilla curiosa e Ares, alzando lo sguardo imbarazzato, semplicemente sospirò: «Preferirei non dirtelo».
«È molto strano da parte di Persefone, di solito è così cupa» osservò Ilizia.
«Quelle sono anime» riconobbe Bickslow, vedendo gli esseri umanoidi che partivano dalla sua stessa ombra e che ancora ondeggiavano e si lamentavano intorno a lei. 
«Potere degli spiriti» spiegò Ares. «Riesce a entrare in contatto col mondo ultraterreno, anime e spiriti, anche di defunti, e gestirli a suo piacimento».
«Se avete qualcuno di morto che desiderate reincontrare lei forse può trovarlo e farvi parlare con lui. È una specie di Medium» disse Ilizia.
«Fa venire i brividi» confessò Evergreen, stringendosi nelle spalle. 
«Ecco perché era tanto interessata ai tuoi totem» osservò Fried e Bickslow scoppiò a ridere, accarezzando un paio di questi ed esclamando: «I miei bambini!».
Gli spiriti nati dall'ombra di Persefone lanciarono un lamento ancora più forte quando lo sentirono parlare e si agitarono ancora di più, intorno a Persefone.
«Bordeaux» osservò Eris, indicando nuovamente Persefone con fare annoiato e accusatorio.
«Datti un contegno!» ruggì Ares verso la ragazza nell'angolo con ancora il volto nascosto. Zeus si lasciò andare a una tiepida risata, intercalata da qualche colpo di tosse, ma comunque divertita e libera. 
«È pronto! Metto il cibo in tavola» disse Ebe, prendendo il pentolone dal fuoco aiutata da Dike. «Servitevi pure! Padre Zeus, potete restare anche lì se lo preferite, vi porto io la vostra porzione».
«Non sarei mai così scortese da non mettermi a tavola insieme ai nostri ospiti in un giorno di festa come questo» disse Zeus e allungò una mano verso Ares, chiedendogli indirettamente di aiutarlo ad alzarsi. Ares lo prese per le spalle e gli permise di appoggiarsi a lui, poi lentamente lo portò al suo posto a tavola. 
«Che profumino» disse Priscilla alzandosi dalla sua sedia e tenendo Apollo in braccio si avvicinò anche lei alla tavola. «Ho una fame».
«Eh?!» esclamò il bambino, storcendo il naso. «Mangi anche tu?» chiese, stupito.
«Ma non eri come noi?» chiese Artemide, vicino a lei. 
«Sì, ma mangiare è bello lo stesso. Il cibo ha un sapore buonissimo e la sensazione della pancia piena è estasiante» sorrise lei, allegra e gioiosa, finalmente tornata se stessa. Forse anche grazie a Eris, ma comunque era bello rivederla di nuovo sorridere.
Hermes e Dioniso interruppero il loro gioco di carte, la guardarono curiosi e perplessi per un po' mentre lei si sedeva di fianco a Laxus e si poggiava nuovamente Apollo sulle ginocchia. Artemide saltò invece sulla sedia a fianco e restò vicino a lei, anche se Athena dovette metterle un paio di cuscini per permetterle di guardare sopra la linea del tavolo. 
«Sarà vero?» mormorò Hermes e Dioniso saltò in piedi, urlando: «Voglio provarci!»
«Se lo fa Priscilla-sama allora lo faccio anche io!» disse Ebe, alzando il mento orgogliosa e decisa, come se si trovasse di fronte a un'incredibile prova di coraggio. 
Dike prese i primi piatti e cominciò a riempirli, passando il primo a Zeus e i successivi a tutti gli altri.
«Dike» disse persino Ares, allungando il proprio piatto. «Mi sembra una buona occasione per provare qualcosa di nuovo».
«Soffiate bene, è calda» disse la ragazza ma non fece nemmeno in tempo a finire che proprio Hermes lanciò un urlo, portandosi le mani alla gola e urlando: «Scotta!»
«Che cosa ti ha appena detto Dike?!» ruggì Nemesi, contrariata. 
Dioniso, a fianco del ragazzino invece, non appena mise in bocca il primo boccone spalancò gli occhi e così rimase per lunghi infiniti secondi, senza neanche avere la forza di masticare e ingoiare. «Questo... è il paradiso» mormorò e dopo un po' finalmente rinsavì e si lanciò avidamente e follemente su tutto ciò che aveva davanti, ingoiando e trangugiando qualsiasi cosa. «Cos'è questo?!» chiedeva a bocca piena e prima di ingoiare infilava dell'altro, chiedendo: «E questo? Come si chiama? Che cos'è?! Persefone tu non mangi, vero?» e questo riportò l'attenzione alla ragazza ancora inginocchiata nell'angolo, lamentosa.
«Dovremmo fare qualcosa per lei?» azzardò Evergreen, preoccupata, ma non ebbe risposta. 
«Afrodite, perché non ci suoni qualcosa?» propose Zeus e la ragazza dai capelli biondi e il profumo floreale si alzò rapidamente. Sorrise con allegria e si mise al centro della stanza, imbracciando un violino che aveva raccolto da un angolo. «È sempre un piacere esibirmi per voi» commentò con voce melodiosa, prima di iniziare a suonare un motivo dolce e delicato. Priscilla prese un pezzo di pane inumidito di salsa dal proprio piatto e sorridendo lo porse ad Apollo, invitandolo ad assaggiarlo. Il bambino lo prese con entrambe le mani, guardandolo dubbioso, per poi voltarsi verso la sorellina che dondolava i piedi sotto la sedia allegra e ascoltava la musica di Afrodite mentre masticava una carota croccante. Alzò un sopracciglio dubbioso, poi si fece coraggio e socchiudendo gli occhi si portò il pezzo di pane alla bocca. Con espressione sempre dubbiosa e poco contenta continuò però a succhiare il pane inumidito e il contrasto tra l'accanimento sul proprio cibo e l'espressione al limite del disgustato fece ridere Priscilla. Sentire la sua voce finalmente serena e tranquilla convinse persino Laxus ad ammorbidirsi. Non aveva smesso di essere in tensione nemmeno per un istante, da quando avevano incontrato Ares nella foresta. Ogni cosa, di quelle persone, lo portava a provare strane sensazioni fastidiose ma ora, vedere finalmente Priscilla più serena, l'aiuto a fare un sospiro liberatorio e convincersi a rasserenarsi. 
«Adesso suono io!» esclamò Dioniso, scattando in piedi tanto velocemente da far saltare via la sedia. Non furono pochi quelli che sobbalzarono terrorizzati dall'esclamazione, mentre Dioniso con furia spingeva via Afrodite e ne prendeva il posto. Alzò le braccia sopra la testa e una chitarra elettrica si materializzò in quel punto, cadendo poi sulle sue mani. La imbracciò, sorridendo euforico, e alzò il braccio destro pronto a dare la prima pennata.
«Hermes! Fermalo!» ordinò Ares, scattando in piedi. 
Dioniso diede il primo colpo alle corde della chitarra e un rumore assordante, capace di far vibrare persino gli alberi del bosco dietro la gilda, li travolse. Ma non ebbe tempo di proseguire che Hermes scattò e gli fu vicino in mezzo decimo di secondo. Alzò una gamba e colpì l'amico in pieno viso, stendendolo, e gli urlò furioso: «La tua musica fa schifo!»
«Non è vero!» ruggì Dioniso rimettendosi in piedi e usando la propria chitarra come una clava colpì Hermes dritto in testa. I due presero a litigare furiosamente tra loro, anche abbastanza violentemente, colpendosi abbastanza da aprirsi ferite in più punti. 
«Eirene, li fai smettere per favore?» chiese Athena, seduta anche lei al tavolo anche se al contrario degli altri non aveva provato a mangiare niente. Con gli occhiali ben tirati sul naso, teneva una mano aperta davanti a sé e sopra di essa fluttuava un libro evocato con la magia che si sfogliava da solo. Una ragazza seduta al suo fianco teneva la testa poggiata sul tavolo e guardava con occhi pigri e assonnati i ragazzini che si picchiavano al centro della stanza. «Zitti» ordinò, allungando un braccio pigro verso di loro. I due ragazzini si immobilizzarono, per poi accasciarsi a terra con lo sguardo vacuo.
«La magia di Eirene potrebbe calmare anche il peggiore dei demoni» spiegò Zeus, al fianco di Priscilla. 
«Ne conosco uno su cui sarebbe interessante provare» commentò Laxus e non ci fu bisogno di chiedere spiegazioni: sapevano che al mondo non c'era nessuno di più caotico e agitato di Natsu. Chissà se fosse stata in grado di calmare anche lui. 
«Tieni» disse poi Laxus, tornando a guardare Apollo ancora dubbioso nel succhiare il pezzo di pane ammollato. Prese dal proprio piatto un cosciotto di piccione caramellato e lo porse al bambino sulle ginocchia di Priscilla. «Prova questo».
Apollo lasciò il proprio pane mezzo masticato sulla tavola e allungò le manine a prendere l'offerta dell'uomo, meno dubbioso e più curioso rispetto a un attimo prima. Se lo portò alla bocca, ciucciandolo un po' prima di decidersi a tirarne un vero morso. L'espressione ancora pesantemente corrucciata, probabilmente intimorito da quella nuova esperienza, ma pian piano si distese e infine si illuminò addirittura, segno che il piccione era sicuramente più apprezzato del pane. Si sporse in avanti, una volta divorato il suo piccolo assaggio, e senza chiedere permesso a nessuno infilò una mano nel piatto di Laxus e ne prese un altro boccone.
«Ehy...» lamentò Laxus, sorpreso dalla sua impertinenza, ma non si mise certo a discutere e fare storie con un bimbo così piccolo. Sospirò rassegnato e spinse il suo piatto di lato, offrendolo completamente ad Apollo, e Priscilla ancora rise divertita quando lo sentì mormorare un contrariato: «Piccola canaglia».
Un tocco sulla gamba, una pressione sotto al proprio braccio e Laxus fu costretto a spingersi un po' da parte quando Artemide si intrufolò tra lui e Priscilla. Si aggrappò alla sua camicia e la usò per sollevarsi, arrampicarsi e salire sulle sue ginocchia, ancora una volta senza chiedere il permesso. La bambina, una volta seduta sulla gamba dell’uomo, si sporse verso il fratellino e iniziò anche lei a rubare cibo da quello che ormai non era più il piatto di Laxus. 
«Prego, servitevi pure» disse Laxus sarcastico, alzando un sopracciglio sconcertato ma senza riuscire a trattenere un sorriso divertito. 
«Ehy! Io vi ho dato i vostri piatti, chi vi ha dato il permesso di mettere le mani in quello degli altri!» rimproverò Dike, vedendo i due piccoli della gilda importunare gli ospiti. Ma restò inascoltata, troppo impegnati ad assaggiare ogni cosa ci fosse dentro quel piatto rubato. 
«Tanto ci sono abituato» commentò Laxus, abbozzando un sorriso divertito.
«Stai insinuando qualcosa?» lamentò Priscilla, imbronciandosi, ben consapevole che quelle parole erano rivolte a lei. Ma lui non rispose e si limitò a ridacchiare divertito, poggiando il gomito sul tavolo e il mento sul proprio pugno chiuso. 
«Signor uomo...» disse Artemide, voltandosi poi verso Laxus.
«Signor uomo?» mormorò lui, chiedendosi che razza di appellativo fosse quello.
«Si chiama Laxus» ridacchiò Priscilla, spiegandolo alla piccola che però, ingenuamente, disse: «Signor uomo Laxus...» e Priscilla scoppiò a ridere sonoramente. «Signor uomo Laxus» riprese Artemide. «Tu sei forte? Sei grosso quasi quanto Ares...»
«È perché mangi tanto? Dicono che gli uomini che mangiano tanto diventano grossi» disse Apollo e Priscilla rise sempre più forte, fino ad arrivare a battere una mano sul tavolo e tenersi la pancia con l'altra.
«A noi non succede!» disse Artemide, sempre con rapidità e senza dar tempo all'interlocutore di rispondere. Ce l'avevano di vizio, ormai l'avevano capito, cercavano di parlare con gli altri ma alla fine si rispondevano tra loro senza dare possibilità di appello.
«Perché non mangiamo!» disse Apollo.
«Ma tu ora stai mangiando» osservò Artemide.
«Diventerò grosso anche io?» chiese Apollo a Laxus.
«Come Ares» esclamò Artemide.
«Wow! Dike-san mettine ancora!» disse Apollo porgendo il piatto semi-vuoto alla ragazza. 
«Andateci piano, non siete abituati a mangiare, rischiate di farvi venire il mal di pancia» disse la ragazza, mettendone comunque un altro po'. 
«Che cos'è il mal di pancia?» chiese Apollo.
«Forse è quando la pancia ti cresce tanto così!» disse Artemide e allargò le braccia intorno al proprio ventre, dando una misura esagerata. 
«Non la voglio la pancia così!» esclamò Apollo, contrariato e spaventato dall'evenienza. Artemide prese un'ala di piccione e voltandosi di colpo la puntò al viso di Laxus, ordinando: «Mangiala tu!» ma nel gesto un po' di salsa schizzò via dal cibo tenuto in mano da Artemide e colpì Fried, al loro fianco, dritto in faccia. Con un faccia di bronzo, Fried fece finta di niente, si allungò a prendere un tovagliolo e si pulì con eleganza. Artemide lo guardò qualche istante, prima di scoppiare a ridere, puntandogli un beffardo dito contro. 
«Dunque è così che la mettete?» Fried abbozzò un sorriso maligno. 
«Il commando del Dio del tuono è pronto ad entrare in azione contro i bambini pestiferi!» esclamò Bickslow, scattando in piedi e mettendosi a ridere. Fried, con più lentezza ma non per questo meno minaccioso, si alzò a sua volta e fissò Artemide dall'alto al basso. 
«Commando del Dio del tuono?» mormorò Apollo, alzando un sopracciglio poco convinto. 
«Siamo le guardie del corpo di Laxus, abbiamo un nostro orgoglio» disse solenne Fried e Artemide storse il naso, dicendo: «Eh?! Guardie del corpo?!»
«Allora non sei tanto forte se hai bisogno di essere protetto» commentò Apollo ferendo l'orgoglio di Laxus come pochi erano riusciti a fare in passato. Non troppo lontano, Ares non riuscì a trattenere una risata soffusa, divertito da quell'ingenua provocazione. Laxus lo fulminò con lo sguardo, irritato come non mai, ma sapeva che poteva certamente fare ben poco se non ignorare la questione. 
«Quel tizio mi da sui nervi» confessò poi a denti stretti, a voce tanto bassa che non venne sentito da nessuno. Anche perché in quell'istante Bickslow riprese a urlare e ridere, malignamente: «Preparatevi! Veniamo a prendervi e vi divoreremo!»
Apollo e Artemide lanciarono un urlo spaventato, anche se non realmente, e saltarono giù dalle ginocchia di Laxus e Priscilla. Cominciarono a correre per la stanza, urlando e ridendo divertiti, mentre Fried e Bickslow dietro di loro si rendevano abbastanza ridicoli fingendo facce cattive e correndo palesemente a velocità ridotta per permettere loro di scappare. I bambini si infilarono sotto una poltrona, riuscendo a passare facilmente dall'altro lato strisciando e continuando a correre. Fried fu il primo a lanciarsi nello stesso punto, per continuare a inseguirli, ma Bickslow non aspettò di vederlo scivolare via e fece altrettanto... finendo con l'incastrarsi tra il pavimento e le gambe della poltrona. Cominciarono ad agitarsi, dimenarsi per spingersi via, prendersela tra loro e colpirsi sotto lo sguardo attonito dei due bambini. 
«Sono più infantili quei due dei bambini» commentò Evergreen e Afrodite, trovando un posto libero ora al suo fianco le si sedette accanto commentando: «Gli uomini, che siano umani o immortali, sono tutti uguali». Era palesemente irritata e infastidita per essere stata cacciata via da Dioniso, durante il suo spettacolo, e aveva solo voglia di sfogarsi con qualcuno. 
«Come negarlo» sospirò Evergreen, d'accordo.
«A volte anche Efesto e Ares iniziano a bisticciare come due poppanti, e pensare che sono i fratelli maggiori e dovrebbero dare l'esempio» aggiunse Afrodite. 
«Su quei due potrei raccontartene un'infinità» sospirò Evergreen rassegnata, guardando i due compagni che ancora litigavano per riuscire a uscire da sotto quella poltrona. 
Laxus roteò appena con la sedia, uscendo con le gambe da sotto al tavolo, e chinandosi in avanti chiamò l'attenzione di Apollo e Artemide con un gesto della mano. I due bambini gli corsero incontro, curiosi di sapere cosa volesse,  e lui semplicemente sussurrò qualcosa vicino alle loro orecchie. Fried sapeva che quello non era un buon segno, era capitato altre volte che suggerisse a Priscilla il modo per prendersi gioco di lui, perciò reagì impanicandosi ancora di più. I due bambini si scambiarono uno sguardo complice, prima di mettersi a ridere e urlare. Corsero verso i due incastrati sotto alla poltrona e approfittando dei punti scoperti iniziarono a far loro il solletico, facendoli ridere così sganasciamente da far perdere a entrambi ogni cenno di mascolinità. Tolsero a Fried persino una scarpa e iniziarono a solleticargli il piede, portandolo alle lacrime.
Evergreen sghignazzò, volgendo uno sguardo a Laxus che ora guardava la scena soddisfatto e divertito, prima di dirgli: «E tu fai tanto il duro, ma poi non resisti nell’unirti ai giochi, eh?!»
Laxus, come sempre, non rispose ma semplicemente incrociò le braccia al petto e rosso in volto provò a spostare lo sguardo altrove, nonostante persino Priscilla avesse cominciato a ridere al suo fianco. Ares si alzò e trascinando pigramente la propria sedia andò infine a riposarla tra Laxus e Priscilla, restando dietro di loro di un passo. La girò al contrario e ci si sedette cavalcioni, poggiando il braccio su quello che era in realtà lo schienale. 
«Ti fai chiamare Dio del tuono?» chiese rivolto a Laxus, curioso e palesemente intenzionato a fare conversazione. 
«È solo un soprannome» disse Laxus, disinteressato e troppo orgoglioso per ammettere apertamente che era qualcosa che gli piaceva da matti.
«È un po' arrogante» commentò Ares, corrucciandosi, e non appena vide l'espressione di Laxus farsi più irritata scoppiò a ridere. Gli diede un paio di potenti pacche sulla spalla, tanto forti da farlo vibrare per il colpo, e rise con voce grossa e potente: «Stavo scherzando!»
«È un nome nato per gioco, quando eravamo bambini» spiegò Priscilla, sorridendo come sempre faceva quando si ritrovava a rivivere la nostalgia di quei bellissimi ricordi. «Lui era il Dio del tuono e io la Dea del vento» ridacchiò divertita. 
«Dea...» ripeté Ares, illuminandosi in un sorriso. «Ti si addice molto».
«Ares, sei un po' di parte» commentò Eunomia, un'altra delle sorelle della gilda che era stata fino a quel momento tanto tranquilla da passare quasi inosservata. Ares scoppiò nuovamente a ridere fragorosamente e tornò a tirare potenti pacche sulla spalla di un Laxus sempre più irritato, esclamando: «Hai certamente ragione!»
«Non dovresti andarne fiero» mormorò Eunomia, rossa in volto per l'imbarazzo.
«I nostri nomi sono stati presi da un libro che parla di vecchie divinità» spiegò Ares a Priscilla. «Ci diverte perciò definire anche noi stessi Dei, perché siamo immortali come loro. Anche il nostro è solo un gioco, ma ammetto che sentire un mortale definirsi Dio ha un che di esilarante».
«Anche se non è immortale, Laxus è tanto forte che può essere chiamato Dio» disse Priscilla, sorridente e orgogliosa.
«Hai un debole per lui, eh?» chiese Ares, divertito, e Priscilla arrossì di colpo lasciandosi scappare uno squittio dalla gola. «Ma no, è... è mio fratello! Lo ammiro molto... è solo...» balbettò, agitata, e Ares fece ancora una volta sentire la sua grossa e potente risata. Colpì ancora le spalle ormai martoriate di Laxus, che aveva cominciato ormai da qualche minuto una lotta interna per evitare di cedere alla tentazione di spezzargliele quelle mani.
«Che invidia, amico mio. Sei fortunato ad avere una sorellina deliziosa come lei» esclamò Ares, ignorando il palese stato d’animo furente di Laxus.
«Deliziosa?» sibilò Priscilla, sempre più rossa.
«Direi che di sorelle ne hai abbastanza» rispose Laxus.
«Non siamo deliziose per te, Ares?!» ruggì Afrodite, alzandosi di colpo in piedi qualche posto più a sinistra.
«Ma tu non stavi parlando con Evergreen? Che razza di orecchio hai?» mormorò Ares, trovando inquietante la sua attenzione per certi particolari. «Scherzi a parte» tornò a parlare poi, ignorando la furia di Afrodite. «Ho visto i Grandi Giochi, sei davvero in gamba, fulminato».
«Fulminato?» mormorò Laxus, trovando fastidioso persino quel nomignolo. Tutto di quel tizio lo mandava in bestia e più parlava e più ne aveva la certezza. 
«Sei la roccia della tua gilda, vero?» chiese Ares. «Un po' come me con queste piccole canaglie. Tenere tutti a bada è una bella responsabilità ma è un bene per loro sapere di poter contare su qualcuno di forte quando ne hanno bisogno. Avevo proprio voglia di conoscerti, è bello poter parlare con qualcuno della mia altezza».
«Adesso chi pecca di arroganza sei tu»gli disse Laxus e Ares scoppiò nuovamente a ridere. «Beccato! Sei davvero una forza, lo sai?» disse, prima di appoggiare i gomiti allo schienale della sedia e chiedere con un sorriso: «Ehy! Parlatemi della vostra gilda. Sono curioso di sapere dove siete cresciuti».
«Fairy Tail» mormorò Priscilla con un sorriso orgoglioso. «È un po' come questo posto. Caotico, ma caldo e accogliente. Loro... sono la nostra famiglia» e Ares poggiò il mento sulle proprie braccia, ascoltando Priscilla con un'attenzione tale da sembrare ipnotizzato. Vederlo così interessato, così curioso, stimolò il desiderio di Priscilla di parlarne maggiormente e perciò cominciò animatamente: «Il Master è nostro nonno! È un vecchietto piccolo e scemo, ma è solo perché gli piace divertirsi. È molto forte e ha molto a cuore noi della sua gilda, dice che siamo tutti suoi figli. Ci protegge in qualsiasi occasione, è veramente incredibile. E ha fatto così tanto per noi, sacrificandosi tantissimo un sacco di volte. Può sembrare un po' scemo, ma in realtà è molto saggio» ridacchiò, divertita lei stessa dallo "scemo" che ben si addiceva a suo nonno. Si alzò lentamente in volo, senza neanche accorgersene, desiderando trovare una posizione più comoda. E lei odiava stare con i piedi a terra. Incrociò le gambe e svolazzò di fronte ad Ares, sopra il tavolo su cui si sedette, così da poterlo guardare bene in volto mentre proseguiva: «Ad aiutare il nonno nelle faccende burocratiche e alla gilda c'è Mirajane. È bellissima, ha fatto la modella per tanti anni. A vederla può sembrare piccola, minuta e indifesa ma in realtà è una delle maghe più forti della gilda. Se si arrabbia c'è da scappare via, è pericolosissima. Lei fa il take over sui demoni, non c'è davvero da scherzare. Anche i suoi fratelli sanno fare il take over, ma non sui demoni. Elfman è enorme, anche più di te o di Laxus, fa il take over sui mostri che riesce a sconfiggere, mentre Lisanna, la sorellina più piccola, lo fa sugli animali. È molto graziosa e anche tanto gentile, ha preso tutto dalla sorella in questo. Ma Mirajane non è l'unica fortissima della gilda, c'è anche Erza che è un vero mostro. Ha partecipato ai Grandi Giochi, è la donna dai capelli rossi che ha affrontato tutti e cento i mostri di Pandemonium».
«Ah sì! Mi ricordo di lei!» esclamò Ares. «Che magia usa?» chiese curioso.
«Il Requip! Può evocare armi e armature di qualsiasi genere, a una velocità incredibile, ma la sua più grande qualità è proprio la forza. Il suo spirito non si lascia vincere da niente e da nessuno. Ah! Nella nostra gilda abbiamo anche dei Dragon Slayer, umani con i poteri e la forza di un drago. Laxus è uno di loro, ma ci sono anche Natsu, Wendy e Gajeel. Loro tre, a differenza di Laxus, dicono di essere stati cresciuti da un vero drago, sono micidiali!» e animandosi sempre più, lasciandosi andare alla gioia di ricordare con affetto quelli che erano i suoi amici più cari, parlò di Fairy Tail così a lungo che quando finì era già notte fonda. Athena aveva portato via i gemelli, che tra di loro erano ancora quelli che avevano un controllo magico tanto rudimentale che avevano ancora bisogno di dormire per recuperare le forze. Efesto e Afrodite, insieme a Dike, avevano accompagnato Zeus nella propria stanza per permettergli di riposare per la notte. Ebe aveva cominciato a sparecchiare e riordinare, insieme a due delle sue sorelle. Persefone era sparita, scappata via probabilmente approfittando della confusione. Eris era rimasta invece seduta vicino al camino, a terra, a rilassarsi. Eirene, ancora appoggiata al tavolo, sbuffava silenziosa e i Raijinshuu ormai avevano decretato la loro sconfitta contro il sonno. Salutarono, ringraziarono e accompagnati da Ebe raggiunsero le loro stanze. Priscilla e Laxus furono gli ultimi ad allontanarsi, lasciando infine Ares nella sala comune insieme ad alcuni dei suoi fratelli. Il rumore del fuoco rumoreggiò per un po', accompagnato solo da quello delle stoviglie che venivano raccolte e portate al lavello. Pochi secondi, pochi minuti, ma attesero il tempo necessario ad assicurarsi di essere soli.
«Ti sei divertito?» chiese Eris rivolta ad Ares, anche se non si voltò a guardarlo. Lui ridacchiò, prima di chiedere: «Era così evidente?»
«Non puoi proprio farne a meno, vero?» lo rimproverò.
«Athena ha detto di essere amichevoli» bofonchiò Eirene.
«Non ero abbastanza amichevole?» chiese Ares, alzando un sopracciglio.
«Non facevi che punzecchiarlo, era palese» disse Dike.
«E con la scusa delle pacche amichevoli per poco non gli lussavi una spalla. Stava persino per strozzarsi con la birra a un certo punto» insisté Eris, prima di aggiungere, irritata: «Hai rotto le palle a me per farmi stare tranquilla e poi sei tu quello che attacca briga!»
«Già» sghignazzò Ares, divertito ma non per questo pentito. «Hai ragione, ma non posso farci niente. Quel tipo ha una faccia che proprio non mi piace».
«Stronzate!» disse Eris, alzandosi e raggiungendolo. «Ti diverti e basta, è questo il punto».
«Diverte anche a te, altrimenti non mi avresti rivelato che tra quei due c'era del rosso» sogghignò Ares, lanciando alla sorella uno sguardo malizioso. 
«Amore» sghignazzò lei, saltando sul tavolo e mettendosi a sedere al suo fianco. «Che sentimento becero. È un colore così pacchiano e irritante».
«Meglio la gelosia, vero?» la punzecchiò Ares e lei ridacchiando ammise: «Ha sfumature interessanti».
«Allora sei dalla mia parte».
«Siete solo due idioti» la voce di Athena li sorprese, nell'istante in cui rientrò nella sala comune. «Avete rischiato molto, potevate metterci in una cattiva situazione. Persefone!» chiamò, puntando gli occhi a un punto vuoto della stanza. Poco dopo la ragazza prese pian piano forma dal nulla, emergendo da un'ombra  avvolta da una foschia eterea. «È tutto tranquillo. Possiamo parlare» disse lei con un filo di voce.
«L'uomo con l'elmo ha il potere di domare le anime, non poteva venirvi in mente che avrebbe potuto inserire una di queste in questa stanza e ascoltarvi mentre parlavate stupidamente di quanto vi siete divertiti a punzecchiare il Dragon Slayer?» e tutti e due i fratelli rimproverati risposero semplicemente con un verso gutturale infastidito. 
«Abbiamo conquistato la loro fiducia, perché mai avrebbero dovuto spiarci?» chiese Eris, infastidita.
«Sei assolutamente certa di aver conquistato la loro fiducia?» chiese Athena, provocatoria.
«I sentimenti non mentono» rispose Eris ma Athena la zittì con un: «Ma possono essere vinti dalla logica».
«Sono solo umani!» alzò le braccia Eris. «Quale logica vuoi che abbiano?!»
«Non sottovalutare i tuoi avversari, Eris. Qualunque cosa essi siano».
«È per questo che la mente qui è lei e non sei tu» disse Ares verso la sorella irritata e rimproverata. 
«E tu smetti di giocare con loro, Ares!» lo rimproverò Nemesi, entrando appena dopo. 
«Voglio solo prendere a pugni quel biondino schizzato» confessò lui, come se non ci fosse stato niente di male. «Ha una faccia di cazzo» aggiunse.
«È solo perché è il più forte del gruppo e hai voglia di mostrare la tua superiorità!» lo accusò Eris.
«Sei superbo» mormorò Eirene e lui alzò le spalle, per niente ferito. «Ho le mie ragioni».
«Persefone hai chiamato gli altri?» chiese Athena, ignorando i discorsi dei suoi fratelli. «I miei spiriti li hanno avvertiti della riunione e altri stanno in questo momento tenendo d'occhio gli ospiti» disse lei sempre con un filo di voce.
«Bene» disse Athena portandosi al centro del ferro di cavallo.
«Perché questa riunione? Non è pericoloso parlarne mentre loro sono qui?» chiese Ebe, uscendo dalla cucina dove aveva portato il resto delle stoviglie. 
«Anche se Ares è stato imprudente con il Dragon Slayer, ha comunque svolto un ottimo lavoro. Ha scoperto qualcosa di molto importante, è bene valutare tutto questo insieme perché al novantotto per cento domani mattina attueremo una nuova strategia, in vista di questi risvolti» spiegò Athena.
«Problemi?» chiese Dike, asciugandosi le mani e raggiungendo il resto dei suoi fratelli.
«Uno sicuramente, il resto solo curiosità» spiegò Athena.
«Di cosa si tratta?» chiese Eris, curiosa.
«Wendy Marvell» disse Athena con una certa solennità.
«Marvell?» mormorò Eunomia. 
«Non è la bambina che ha partecipato ai Giochi?» chiese Ebe.
«Perché mai una mocciosa come quella dovrebbe essere un problema?» si irritò Eris.
«Aspettiamo che arrivino gli altri, affronteremo tutte le questioni per gradi. Vi anticipo solo che molto probabilmente Ares avrà il suo scontro col Dragon Slayer» disse Athena e Ares allargò il sorriso, eccitato, mentre nuovamente le iridi gli si coloravano di rosso come quando aveva combattuto contro il mostro cinghiale nella foresta. Si leccò le labbra e mormorò, rauco: «Questa è musica per le mie orecchie».


NDA.


Buongiorno a tutti! Finalmente sono tornata xD sto pubblicando molto più di rado ultimamente e mi dispiace, ma col rientro a lavoro è diventato tutto molto più complicato. Il tempo è molto meno e quel poco che ho lo sto dedicando a un progetto più importante e corposo, faticoso come pochi altri, ma che mi sta comunque riempiendo l’anima: un romanzo (uno vero!!! OMG!). Mi piacerebbe dirvi di più ma penso che non sia questo il posto ideale, anche perché di spoiler ne sto facendo ancora ben pochi essendo tutto in fase di costruzione. Però se avete piacere e interesse a seguirmi anche in questo io ne sarei felicissimissima!
Mi trovate sui vari social (vari… 2 sono… vabbè, atteggiamoci a influencer quale non sono XD).
Su FB con il nome: La Deny  https://www.facebook.com/ladenyautrice
Ma anche (e soprattutto) su instagram: ladeny_deny  https://www.instagram.com/ladeny_deny/?hl=it
Lì trovate alcune OS original inedite e qualche spoiler/aggiornamento sulla stesura del romanzo. Non sono presente quotidianamente, lo ammetto, però ogni tanto faccio capolino con qualche news. Ci tengo molto, anche se non sembra ahahah
Spero di vedervi anche di là :D
A presto!


Ray/Deny :P


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Capitolo 67
*** Piano ***


Piano




Non ci volle molto prima che tutti i loro fratelli, nonché membri della gilda, si facessero vedere. Ognuno prese il proprio posto, seduto al tavolo o vicino al camino. Dioniso e Hermes erano comodamente buttati a terra, Eris con un piede sul tavolo si dondolava sulla sedia, Eirene non si era mossa dalla sua posizione pigra con la testa poggiata al tavolo, Persefone invece galleggiava ancora semi-trasparente in un angolo. Athena sedeva sulla poltrona vicino al camino e nell'attesa aveva evocato un altro dei suoi libri, che leggeva con attenzione e minuzia. Per ultimo, dalla porta, fece il suo ingresso Padre Zeus sostenuto da un attento Efesto che lo accompagnò sulla morbida sedia a metà del tavolo a ferro di cavallo, così da avere un'ampia visuale su tutti quanti. Gli unici a mancare, per ovvie ragioni, erano solo i gemelli. Erano ancora troppo piccoli per riuscire anche solo a comprendere cosa stesse accadendo. Athena chiuse il suo libro con uno schiocco e si alzò in piedi, portandosi al centro della stanza. 
«Facciamo il punto della situazione» iniziò, incrociando le braccia sotto al seno, ma senza neanche darle il tempo di iniziare Dioniso alzò la mano per prendere parola. «Sì, Dioniso» acconsentì Athena.
«Perché ci sono anche gli umani?» chiese lui repentino e Hermes si accodò rapido con un: «Già! Cosa c'entrano loro? Non potevamo prendere solo Priscilla?»
«Fanno schifo» annuì Dioniso e Hermes gli diede corda specificando: «Puzzano!»
«Ma di che parlate?» bofonchiò Eirene. «Io non ho sentito nessuna puzza».
«Ti dico che puzzano! Puzzano di umano!» ruggì Hermes, inviperito.
«Hermes, calmati» cercò di intervenire Athena ma fu Ares ad ammutolirlo, fulminandolo con un: «Non penso che voi due siate nelle condizioni di esprimere un parere in merito, visto il casino che avete fatto nella foresta!»
«Quella era una missione riservata ad Ares, Eris e Ilizia. Non eravate autorizzati a intervenire» annuì Athena. 
«Avete pagato troppo quei due stupidi umani per rapire la carrozza di Priscilla» disse Dioniso. 
«Ci siamo ripresi i soldi!» annuì Hermes, d'accordo.
«Se disgraziatamente i due che avete pestato avessero aperto bocca mentre eravate in compagnia di Priscilla e avessero lasciato intuire che erano d'accordo con noi, tutta la copertura sarebbe saltata» li rimproverò Athena.
«Non capisco perché fare tutta questa sceneggiata. Non potevamo rapirla e basta?» bofonchiò Dioniso.
«Dobbiamo andarci cauti, abbiamo bisogno che la ragazza sia dalla nostra parte. L'obiettivo è quello di stimolare i suoi sentimenti angosciosi a tal punto da poter dare a Eris la possibilità di impadronirsene. Una volta sotto al controllo di Eris sarà tutto in discesa» spiegò Zeus. «Per questo le abbiamo subito rivelato che voi siete uguali e abbiamo organizzato la cena per farla sentire a casa, per darle questo bel quadretto di vita felice e famiglia amorevole».
«Perché mai questo dovrebbe angosciarla?» chiese curiosa Eirene.
«Perché io le ho detto che morirete» disse Zeus abbozzando un sorriso. «Il vecchio umano decrepito, è un ruolo che riesco a impersonificare bene. Lei ha vissuto sulla sua pelle l'esperienza del rischio di morte a causa del collegamento spirituale, sa cosa significa vivere ogni giorno col timore che chi ti nutre possa cadere per motivi che tu non puoi gestire. Quando era ancora legata a suo padre, in ogni istante lui avrebbe potuto ucciderla, quella paura ha caratterizzato la quasi totalità della sua vita. Le abbiamo mostrato i nostri sorrisi, la nostra gioia, il calore e l'amore di una famiglia così che sarà più doloroso per lei pensare che potrebbe essere la causa della sua cessazione. Oggi durante la nostra passeggiata le ho detto che stavo morendo e le ho chiesto di prendere il mio posto, formare un collegamento con voi così che almeno voi sareste potuti sopravvivere. Questo la terrà in bilico per un po' e Eris avrà possibilità di giocare con lei».
«Ci ha creduto?» chiese Efesto.
«Assolutamente. È una ragazza così ingenua, non ha la minima idea di trovarsi invece davanti un demone di Zeref. La recluteremo, diventerà nostra alleata, così la gilda degli immortali sarà al completo e non ci sarà nessuno che sarà in grado di ostacolarci» disse Zeus.
«Averla come nemica non sarebbe stato vantaggioso» concordò Athena. «Avevamo già studiato abbastanza le possibilità future e abbiamo già concordato che averla dalla nostra sarebbe stato necessario per portare a termine la nostra missione».
«Mio fratello, Marde Guille, è ossessionato dal libro di E.N.D., è un conservatore legato alle tradizioni» spiegò ancora Zeus. «Lord Zeref ci trasmise la consapevolezza, quando ci creò, che E.N.D. fosse il demone assoluto, colui che avrebbe potuto ucciderlo. Ha creato una gilda tutta sua, Tartaros, e persegue con essa i suoi scopi. Ho lavorato per un po' con lui, ma quando Purehito mi venne a trovare e mi chiese di aiutarlo nella creazione della bambina immortale mi si aprii un mondo. Priscilla la bambina di carta, la bambina che non poteva morire, e chi meglio di un immortale può uccidere un altro immortale? Una gilda di immortali... divenne un sogno che ora ho qui davanti ai miei occhi» disse, allargando le braccia. «Figli miei, Dei immortali, siete coloro che porteranno a compimento tutte le volontà del nostro Signore Oscuro e non posso permettere a nessuno di togliervi la vita prima che abbiate compiuto la vostra missione. Priscilla è come voi, conosce ogni vostro più piccolo segreto, come se non bastasse ora è persino libera e non c'è modo di ucciderla per questo dobbiamo averla dalla nostra piuttosto che come nemica».
«In realtà un modo c'è» intervenne Ares e alzando lo sguardo severo sui suoi fratelli aggiunse: «E vale anche per noi».
«È per questo che ho voluto fare questa riunione» disse Athena. «Ares è riuscito a spingerla a fidarsi tanto di lui da raccontargli tutto ciò che riguarda i suoi alleati e da questo è emerso un particolare importante».
«Wendy Marvell» disse Ares. «La ragazzina è una Dragon Slayer del cielo e come tale ha poteri curativi».
«E con questo?» chiese Ebe. 
«È solo un'ipotesi, ma ha una sua logica e un suo valore» disse Athena. «La magia che ci tiene in vita alla fine è magia nera, magia di Zeref. La magia curativa è magia bianca, rischia di essere in grado di neutralizzare il nostro funzionamento. "Curando" il nostro corpo lo purifica e perciò lo libera della magia oscura. Questo può renderci umani, se i nostri organi fossero in grado di continuare a funzionare autonomamente, oppure ucciderci perché è proprio quella magia che li fa funzionare e ci fa sopravvivere».
«Una stupida ragazzina può essere in grado di ucciderci?» storse il naso Dioniso. 
«Non possiamo rischiare» insisté Athena. 
«Priscilla ha inoltre detto che quella stessa magia può anche essere in grado di liberarci dal collegamento col Padre» aggiunse Ares. «Sempre per lo stesso principio della cura e purificazione, può donare alla nostra anima la possibilità di autorigenerarsi. È sempre un'ipotesi, ma con questa possibilità tra le mani dubito che accetterà di unirsi a noi spontaneamente o si turberà tanto che Eris potrà usare i suoi sentimenti a nostro vantaggio. Probabilmente ci proporrà di provare questa via e così il piano di Padre Zeus decade».
«E quindi che facciamo?» chiese Nemesi.
«Rapiamo anche la bambina?» azzardò Ebe.
«Io dico di passare al pugno di ferro!» disse Hermes, battendosi un pugno sul palmo della mano aperta. 
«Sì! Andiamo ed eliminiamoli tutti senza scrupolo!» annuì Dioniso.
«Siamo la gilda degli immortali, che paura vuoi che ci facciano degli stupidi umani?!» asserì Ebe. 
«Questo è quello che farebbe quello sciocco di mio fratello!» disse Zeus. «Crede che con un pugno possa risolversi ogni cosa, non capisce invece l'importanza della strategia e della pazienza. Lord Zeref è un uomo molto strategico, intelligente e paziente... e noi saremo esattamente come lui. Athena, lasciamo tutto nelle tue mani».
«Ci sono molte variabili in ballo» osservò Athena. «Dobbiamo liberarci degli umani che hanno accompagnato qui Priscilla, prendere possesso della sua volontà e infine eliminare Wendy Marvell. Ma se ci pensiamo in tutto questo c'è un unico filo conduttore: Fairy Tail».
«Purehito era affascinato dalla magia di Zeref più che dalle altre, per questo è venuto a cercare me, un demone di Zeref di Tartaros» disse Zeus. «Pare che un tempo Zeref abbia avuto contatti particolari proprio con questa gilda. Una volta l'ho sentito dire che è stato proprio Zeref ad uccidere la loro fondatrice, una certa Mavis».
«E quindi?» chiese Ebe.
«Quindi sto cominciando a valutare l'ipotesi di un attacco diretto. Anche se azzardato, siamo comunque superiori a loro in forza e natura, possiamo ucciderli. Per diminuire i rischi effettueremo un attacco a sorpresa. Rimandando indietro i quattro uomini che hanno accompagnato qua Priscilla l'effetto aumenterà perché oggi abbiamo familiarizzato con loro. Rimarranno sopraffatti, sorpresi di vederci ostili e questo ci darà un vantaggio. Porteremo con noi anche i gemelli, non avranno il coraggio di far del male a due bambini e anche se riusciranno comunque non daranno sfogo a tutta la loro potenza. Il nostro obiettivo è Wendy Marvell, ma è protetta perciò non possiamo far a meno di doverci prima scontrare col resto della gilda. Questo, inoltre, ci dà una possibilità in più per quanto riguarda il nostro secondo fine: se veramente Lord Zeref ha un legame con quella gilda, vederla sterminata dovrebbe riuscire ad attirare la sua attenzione. Nel migliore dei casi si mostrerà a noi e noi compiremo il nostro destino».
«Attaccare Fairy Tail era comunque nei piani per evocare Zeref» disse Eunomia. 
«Alla fine stiamo solo anticipando il tutto per eliminare la ragazzina» annuì Dike.
«Resta però l'interrogativo su Priscilla» osservò Ebe e, con sorpresa di tutti, Eris che fino a quel momento non aveva fatto che ascoltare in silenzio, dondolandosi sulla sedia, alzò una mano per prendere parola.
Non aspettò il permesso, ma le bastò avere la loro attenzione per dire: «Forse riesco a prenderla anche così».
«Come sarebbe?» chiese sorpresa Nemesi.
«Che significa che "riesci anche così"?» chiese curiosa Dike. 
«È successo quando Zeus mi ha chiesto di usare i miei poteri per tranquillizzarla. Ho manipolato la sua angoscia per vedere se riuscivo ad averne il controllo, per instaurare un primo legame con lei e perché Zeus voleva che si godesse la felicità della cena così da stimolare maggiormente i suoi sentimenti. Entrando in contatto con questi, in quel momento, mi sono accorta di qualcosa di strano» confessò. 
«Di cosa si tratta?» incalzò Athena.
«C'è qualcosa in lei di strano, oscuro e maligno. È minuscolo, come una piccola macchia ad angolo del foglio, l'ho notato solo in quel momento ma ha una strana vibrazione. Sembra come se fosse pronto da un momento a un altro a esplodere e prendersi tutto ciò che c'è. Ed è nero pece» spiegò.
«Una malignità?» mormorò Dike, pensierosa.
«Segregata nel profondo» rifletté Eunomia. 
«Che sia un residuo della magia oscura di Zeref?» azzardò Nemesi.
«Dubito. Noi non ce l'abbiamo» disse Eris. 
«Eris» si avvicinò Athena. «Saresti in grado di mostrarmela?» 
Eris annuì e si lasciò cadere in avanti con la sedia, smettendo di dondolarsi. Si sporse in avanti con la testa e concesse ad Athena di poggiare al centro della sua fronte due dita. Chiuse gli occhi e disegnò sulla fronte di Eris un cerchio magico. Riuscì a entrare nella sua testa. Scavò tra i pensieri, i ricordi, le parole e le immagini, fino a quando non giunse laddove desiderava. Il ricordo di Eris di quel pomeriggio. Vide Priscilla fare grossi respiri mentre Eris lavorava con la sua magia sui suoi colori. Ne aveva un'infinità, ma il viola della paura era predominante e di quella Eris si stava appropriando per modificarlo col suo pennello magico. Non sembrava esserci niente di strano, fino a quando il pennello non fece scintilla contro qualcosa dal rumore e consistenza ferrosa. Gli occhi di Eris si erano concentrati su quel minuscolo punto, scovando solo con molta fatica il globo nerastro dalla consistenza viscida e la forma instabile. Si agitava e si dimenava, come se avesse voluto liberarsi di una catena che lo imbrigliava e contro proprio quella catena il pennello di Eris si era scontrato creando una scintilla. Il ricordo terminava poco dopo, con Priscilla che sospirava più lentamente e stava molto meglio e Athena ne uscì, riaprendo gli occhi. 
«Che cos'era?» chiese Ebe, curiosa. 
«Cos'hai visto, Athena?» chiese Ares ma lei non diede una risposta repentina. 
«Che strano» mormorò, evocando uno dei suoi libri magici e cominciando a sfogliarlo rapidamente. Lesse per qualche interminabile secondo, cambiando libro, cambiando pagina e mormorando pensierosa man mano che trovava informazioni. Infine sussurrò: «Nirvana».
«Nirvana?» mormorò Zeus che aveva altre volte sentito quel nome.
«Non ho idea di come sia finito dentro di lei, ma sono certa che sia lei. La magia Nirvana. Ne è macchiata» disse e tornò a leggere i suoi libri e mormorare tra sé e sé, intenta a riflettere e calcolare strane percentuali. «Potrebbe...» disse dopo un po'. «Se Eris....» continuò e tornò a borbottare. «Sì... potrebbe.... potrebbe funzionare» annuì e infine sollevando la testa con solennità sorrise.
«Ho un piano, ascoltatemi tutti molto attentamente».


Era da poco mattino ma già tutti i rumori del giorno avevano cominciato a farsi sentire. Il fruscio delle foglie, il canto degli uccelli, il rumore delle cicale, il ronzio delle api. Immerso in un silenzio soprannaturale, sembrava di trovarsi in un Eden prezioso e curato. A rompere quella religiosità furono le voci dei gemelli, Apollo e Artemide, che ridendo aprirono la porta della camera dove dormivano Priscilla e i suoi compagni. Data l'ora, stavano ancora tutti dormendo, tranne Priscilla stessa che seduta sul letto, con il lenzuolo sulle ginocchia, guardava la luce del sole fuori dalla finestra. Con ogni probabilità non aveva dormito per tutta la notte e quello spiegava il suo essere mattiniera e già assorta nei propri pensieri. Ares comparve poco dopo alle spalle dei due bambini e chinandosi su di loro, con un sorriso divertito, si portò l'indice alla punta del naso suggerendo ai due di fare silenzio. I bambini annuirono e camminando goffamente si avvicinarono alla ragazza in punta di piedi, che li osservava ora curiosa e divertita dalla loro ingenua semplicità. Ma non appena arrivarono ai piedi del suo letto ci saltarono sopra e ripresero a parlare a voce alta, dimenticandosi probabilmente il motivo di far silenzio. 
«Andiamo al laghetto, Onee-san» disse Apollo.
«La mattina ci sono tanti animali carini, vieni a vederli?» disse Artemide rimbalzando sul morbido materasso con euforia. Ares si avvicinò ai due sospirando affranto, per poi afferrarli entrambi per la testa e fermare i loro movimenti agitati che facevano cigolare il letto. «Cosa esattamente non avete capito di "fate piano e non svegliateli?"» brontolò in un sussurro.
«Abbiamo fatto piano» bofonchiò Artemide confusa, non comprendendo il suo errore. 
«Onee-san era già sveglia» cercò di giustificare Apollo ma a rispondergli non fu più Ares, quanto Laxus nel letto a fianco che bofonchiò irritato per la sveglia poco garbata. 
«Laxus-sama si è svegliato!» esclamò Artemide, felice di vederlo aprire gli occhi.
«Dike ha preparato per tutti una bella colazione, ha detto di raggiungerla alla sala grande quando vi sarete svegliati» disse Apollo.
«Dike fa sempre tante cose» sorrise Artemide. 
«Quanto chiasso» mormorò Laxus, grattandosi la testa ancora assonnato. 
«Perdonali, sono bambini rumorosi» disse Ares in un sorriso imbarazzato. 
«L'ho notato» commentò Laxus, lasciandosi andare a uno sbadiglio.
«Onee-san, allora vieni con noi?!» insisté Apollo.
«Ares ha detto che ci insegna a pescare!» disse Artemide e Ares, alzando le spalle, ammise: «Ci tenevano».
Priscilla si strinse timidamente nelle ginocchia e sorrise, intenerita dai due piccoli casinisti della gilda. «Va bene» disse infine. «Datemi solo cinque minuti per cambiarmi».
«Ricordati poi che dobbiamo ripartire» le disse Laxus, alzandosi dal letto. Camminò pigro verso il bagno, continuando a grattarsi e stendere i muscoli, impegnato a svegliare anche il resto del corpo oltre che la testa.
«Te la riporto indietro in tempo, sta' tranquillo Mr Tuono» sorrise Ares, divertito, facendo ancora una volta scattare per qualche motivo i nervi a Laxus. 
«Forza, fuori di qua! Diamo tempo a Onee-san di cambiarsi» disse poi ai due bambini, spingendoli verso la porta. Priscilla esitò qualche minuto, continuando a fissare la porta da cui erano usciti pensierosa. Aveva qualcosa nel petto, una forte angoscia che non voleva lasciarla in pace fin dal giorno prima se non fosse che solo nella sera si era attenuata grazie all'intervento di Eris. Quelle persone sarebbero morte... Ares, Athena, Eris, Dioniso e Hermes e persino i due piccoli gemelli. Poteva veramente una come lei riuscire a salvarli? A quale prezzo?
Si alzò dal letto e cominciò a cambiarsi, mentre lentamente anche Evergreen e Fried si svegliavano. Non appena Laxus uscì dal bagno ci entrò lei, concludendo la preparazione e infine uscì dalla stanza che i suoi compagni, chi più o meno sbadigliante, si stava alzando. 
«Vado a fare una passeggiata» comunicò. «Hanno detto che Dike vi ha preparato la colazione, potete raggiungerla nella sala comune» spiegò e infine uscì, correndo verso l'esterno della struttura. I due gemelli stavano giocando a rincorrersi, sotto lo sguardo vigile e attento di Ares che ogni tanto veniva usato come albero per arrampicarsi e saltare. 
«Ecco Priscilla!» urlarono quando la videro arrivare. 
«Sei pronta?» chiese Ares, avvicinandosi e lei annuì.
«Non staremo via molto, vero?» chiese, preoccupandosi di non far aspettare troppo i suoi compagni. 
«Tranquilla, torneremo in tempo» sorrise lui e cominciò a incamminarsi, dietro ai gemelli che per l'emozione avevano invece iniziato a correre. «Allora...» sospirò, dopo qualche secondo, cercando probabilmente la forza e il coraggio di formulare quella fatidica domanda: «Hai deciso che te ne andrai?»
«Mi dispiace» confessò lei, abbassando lo sguardo avvilita. «Scoprire di tutti voi non mi ha sicuramente lasciata indifferente, devo ancora riuscire ad accettarlo e rendermene pienamente conto. È qualcosa di talmente incredibile che non riesco a dare un ordine a tutte le emozioni che provo. Ma questo non cambia le cose: io ho una casa. Gente che mi aspetta... persone con cui voglio passare il resto della mia vita».
«Già» mormorò Ares, comprensivo forse anche più di quanto Priscilla si sarebbe aspettata. Un'ombra nei suoi occhi, un dolore inespresso che lasciò uscire in silenzio, mentre guardava con affetto i due bambini che aprivano loro la strada tra gli alberi. 
«Zeus mi ha...» cominciò lei, ma Ares la interruppe: «Lo immaginavo» un sorriso avvilito. «Si preoccupa sempre così tanto per noi. Probabilmente sarebbe morto già da un pezzo, in realtà, se non si fosse aggrappato alla forza di darci qualche altro giorno di vita in più».
«Forse potete trovare qualcun'altro che...» azzardò lei, ingenuamente, ma lui ancora chiese interrompendola: «E chi? Chi accetterebbe una simile responsabilità verso dei totali sconosciuti con cui non ha niente da spartire? Chi, che non voglia usarci per qualche scopo personale?»
«Ma anche io sono così, Ares» disse lei. «Cerca di capire, non è facile. Siete una scoperta eccezionale, ma per me non siete che dei totali sconosciuti. Non è la natura, l'origine, la razza o il luogo o il metodo di nascita che fa una famiglia, ma lo sono i sentimenti, i legami che hanno le persone. E i miei si trovano a Fairy Tail, questo è qualcosa che niente potrà cambiare. Lo so che per voi non è facile da comprendere, io stessa l'ho capito solo poco tempo fa. Per tutta la vita non ho fatto che sentirmi sola, ma le persone che avevo intorno a me mi amavano e alla fine sono riuscite a farmi aprire gli occhi. Anche se non sono come loro, io sono una di loro. Capisci?»
«Mi ferisci un po'» confessò lui, prima di abbozzare un sorriso raddolcito. «Ma forse questo è un po' colpa mia. Padre Zeus mi ha parlato così tanto di te che non riesco a vederti come estranea. Prendi le distanze...»
«Non voglio farlo!» rispose lei, con un sorriso determinato. «Non vi lascerò soli, questo ve lo prometto. Magnolia non è  molto distante da qui, posso tornare... e vi aiuterò» disse poi, attirando così l'attenzione di Ares. «Non posso accettare di abbandonare la mia famiglia, non posso prendermi la responsabilità delle vostre vite, ma non vi lascerò soli. Conosco delle persone... un'esperta guaritrice e una maga eccezionale nella magia curatrice. Padre Zeus conosce tutti i segreti della magia che ci tiene in vita, insieme a loro sono certa possiamo trovare una soluzione. Sciogliere il collegamento è possibile, io ne sono la dimostrazione, dobbiamo solo trovare il modo. Le porterò qui e ci lavoreremo insieme. Va bene?» sorrise, radiosa, sperando di riuscire a rassicurarlo almeno in parte. E ancora lui esitò, corrucciato, osservandola per infiniti secondi. Infine, riuscì a sospirare e lasciar andare via tutta la tensione. «Sono stato un po' sfacciato, vero?»
«Eh?» mormorò lei, non capendo.
«Mi dispiace. Ho insistito sulla questione, non avrei dovuto. È un mio piccolo difetto, non riesco a controllare la lingua certe volte» confessò con un sorriso imbarazzato.
«Sei preoccupato per la tua famiglia, lo capisco. Sei stato il primo a nascere, in fondo, ti sei sempre preso cura di tutti loro» osservò lei, guardando l'allegria dei gemelli che giocavano a saltare le buche. 
«Athena ed Efesto mi aiutano molto, ma alla fine sono io quello che si deve preoccupare di tenere tutti in riga» ridacchiò. «Athena si preoccupa più dell'organizzazione, della parte burocratica e delle regole. È lei che raccoglie le richieste per farci fare qualche lavoro, ogni tanto. Mentre Efesto è troppo pacato e ingenuo, non sai quante volte Dioniso e Hermes si prendono gioco di lui. Però è lui che ha costruito la nostra casa, ha una manualità eccezionale».
«Dioniso e Hermes devono essere quelli che ti danno più pensieri» ridacchiò Priscilla e Ares, alzando gli occhi al cielo sbuffò: «Non sai quanto! Sono due pesti» e Priscilla scoppiò a ridere. 
«Essere il fratello maggiore è una bella responsabilità, vero?!» rise, ma lui si fece stranamente silenzioso. Gli occhi scuri ancora puntati ai due bambini, il volto disteso in un intenerito sorriso. «Non mi dispiace» confessò dopo qualche secondo. «Sai, prima che Athena venisse al mondo sono passati due anni. Due infiniti anni di solitudine. Padre Zeus non è mai mancato, mi ha sempre dato tutto quello di cui avevo bisogno, ma ho sempre sentito qualcosa dentro me, una voce, che mi diceva che era tutto sbagliato. Lui mi amava come se fossi un vero figlio, ma certo non si può negare la realtà. Lui dorme, lui mangia, lui... se viene ferito, non guarisce subito. Ti senti un'ombra, in questo mondo equilibrato. È come se ci fosse qualcuno a ricordarti ogni istante della tua vita che tu non dovresti trovarti qui».
«Conosco la sensazione» mormorò Priscilla. «La gente intorno a te non fa che ripeterti quanto sei preziosa, ti ama con tutto quello che ha, ma a te resta sempre quel "sì, ma..." sospeso. Hai visto la cicatrice di Laxus, sul suo occhio?»
«Sì» annuì lui, curioso di sentirla proseguire. 
«È stato un incidente di quando era piccolo, i primi tempi che allenava il suo potere di Dragon Slayer. Un potere che ti viene iniettato è ben diverso da uno con cui nasci fin dall'inizio, i primi tempi era instabile ed è stato difficile per lui imparare a controllarlo. Si ferì per sbaglio e restò per almeno un mese per una benda sull'occhio, per aiutare la guarigione. Io al tempo ero piccola e ancora inesperta su molte cose. Sai, mio padre è stato molto diverso dal tuo, non si è mai preso la briga di aiutarmi a capire cosa fossi e come funzionasse il mondo. Quando mi fece nascere mi disse solo che ero in vita per l'unica ragione di occuparmi di Laxus, nella mia testa non c'era altro, neanche ero consapevole di cosa volesse dire essere in vita. Perciò non mi preoccupai della sua ferita all'occhio, nella mia esperienza tutte le ferite si rimarginavano e tutto tornava come nuovo. Quando invece gli tolsero la benda e vidi la cicatrice, quello fu il momento in cui capii di essere diversa. Un segno sulla pelle, un segno che sarebbe rimasto per sempre, a me non succedeva mai, qualsiasi ferita mi venisse inferta, e sapevo che mai sarebbe accaduto. Cominciai chiedermi cosa fosse realmente la vita, cosa fossi realmente io e più avevo le mie risposte più mi sentivo sola perché capivo che nel mondo intero quella che era diversa ero io, non gli altri. Il mondo era armonico, ben costruito, tutto funziona allo stesso modo. La vita e la morte, non cambiano per loro, che siano umani o animali l'essenza della vita è sempre la stessa. Ma non per me. Non per noi». 
«Ti senti una distorsione, una macchia» mormorò Ares, consapevole di provare esattamente le stesse cose. 
«Quella cicatrice che Laxus si porta in faccia fin da quando era bambino è sempre stata una condanna più per me che per lui. Non faceva... non fa» si corresse. «Non fa che ricordarmi quanto io e lui siamo diversi».
«Vorresti essere come lui?» chiese Ares, non potendo non notare i sentimenti addolorati che avevano accompagnato quella frase. 
«È... complicato» confessò lei, lievemente imbarazzata.
«Beh...» sorrise lui, deciso a non indagare oltre per evitare di metterla ancora più a disagio. «Adesso però dovrebbe essere diverso. Con me è stato così. Quando Padre Zeus mi parlò di te ti venni a cercare immediatamente, ammetto anche abbastanza ossessivamente, ma perché avevo disperato bisogno di trovare un'identità. Smettere di sentirmi solo, smettere di sentirmi quella macchia, ma non ti trovai. Padre Zeus lesse la tristezza e la solitudine dentro me, per questo diede vita ai miei fratelli. Questo ha messo a repentaglio la sua vita, gliel'ha accorciata, forse puoi pensare che sia stato uno sconsiderato ma in verità lo faceva perché ci amava e non sopportava di vedere la tristezza dentro noi. Ci ha dato una famiglia e ti assicuro che nessuno meglio di noi può capire come ti senti e ti sei sentita per tutto questo tempo. Anche se vorrai tornare a Fairy Tail... potrai tornare tutte le volte che vorrai. Siamo vicini, possiamo comprenderci, confortarci e per quanto tu possa amare gli umani che hai accanto lo sai anche tu che non potranno mai comprenderti fino in fondo, a differenza di noi. Perché siamo uguali».
«Voi siete come me» mormorò lei, lasciandosi sfuggire un sorriso emozionato. Più volte nella vita si era ritrovata a chiedersi se mai avesse trovato un posto adatto a lei, un posto dove incastrarsi perfettamente. Si era da sempre sentita come un pezzo di puzzle ma di una scatola diversa, si incastrava in qualche modo al posto a lei assegnato ma  non apparteneva a quel disegno. La sua realtà era un'altra, da qualche parte. Forse al tempo si era legata tanto a Mistgun perché in qualche modo condividevano quella sorte: vivevano in quel mondo, appartenevano a quella famiglia, ma erano di una realtà ben diversa da quella. Così diversi... 
E ora lei aveva trovato la sua Edoras.
«Onee-san!» gridarono Apollo e Artemide da più avanti. «Siamo arrivati, vieni!» dissero prima di correre via, lasciando il sentiero. Si tuffarono tra le siepi alla loro destra e sparirono tra la vegetazione abbastanza fitta in quel particolare punto del bosco. 
«Eccomi!» disse lei, accelerando il passo e preparandosi a seguirli, ma la mano di Ares la fermò istintivamente, prendendole una spalla e lasciandosi sfuggire un preoccupato: «Priscilla...»
«Sì?» chiese lei, curiosa di sentirlo improvvisamente così turbato. Ma lui, dopo qualche istante di esitazione, tornò poi a rilassarsi e la lasciò andare. Negò con la testa, abbozzando un sorriso. «Niente» disse. «Solo... quei cespugli hanno le spine, fai attenzione» e camminò, mettendosi davanti a lei. 
«Ares» chiamò lei, dolcemente, mentre si infilava tra la vegetazione alle sue spalle. «Chiamami Pricchan, per favore» sorrise dolcemente ma il volto di Ares ora sembrò improvvisamente così duro, così serio.
«Non credo che lo farò» disse severo, stranamente severo. 
«Cosa...?» mormorò lei, confusa non solo da quell'improvviso cambiamento ma anche da una strana sensazione che le prese subito alla testa. Girava, tutto cominciò a girare vorticosamente, sempre di più, tanto che stare in piedi divenne difficoltoso. Perse improvvisamente il contatto col resto del suo corpo, che si accasciò disarticolato, fuori dal suo controllo e inutile fu provare ad alzare una mano verso l'uomo al suo fianco. Provò a chiamarlo, ora terrorizzata, ma persino la sua lingua e la bocca non rispondeva ai comandi che gli dava e non riuscì a pronunciare nemmeno una sillaba. 
«Pricchan è il soprannome che ti hanno dato loro» disse Ares, guardandola a terra  senza nessuna preoccupazione. «Non ti appartiene. Non sei come loro, perciò non ti chiamerò nel modo che loro desiderano. Tu sei Priscilla e basta».
«Onee-san!» esclamò Apollo, saltellando allegro fino a mettersi sopra di lei e guardarla in viso. «Adesso resterai sempre con noi!»
«Giocheremo insieme per sempre, Onee-san!» disse Artemide, altrettanto allegra. Per quanto fossero innocenti parole di bambini, furono la cosa più spaventosa che sentì quel giorno. Per sempre... l'avrebbero tenuta con loro per sempre. Quanto poteva essere lungo un per sempre? Lei lo sapeva bene, supplicava sempre Laxus di trascorrere con lei quell'enorme lasso di tempo. Insieme per sempre... quanto poteva essere terrificante. 
«Ben fatto, Dioniso» la voce di Afrodite la portò a spostare gli occhi nella sua direzione. Camminava delicata e bellissima come sempre, accompagnata da Eris e Persefone. Pochi passi da loro, Dioniso era accucciato a terra, sghignazzante e divertito si dondolava sui talloni. 
«Tu che ci fai qui?» chiese Eris, guardando Ares. «Athena ti aveva detto di restare alla gilda» e lui semplicemente sghignazzò divertito, mentre a rispondere fu Afrodite: «Voleva far ingelosire il biondino, di nuovo. Non è ovvio?»
«Athena si arrabbierà molto» sussurrò Persefone, nascondendo il viso tra le maniche del proprio abito bianco. 
«Che vuoi che succeda? Il piano sta comunque proseguendo come previsto, no?» si giustificò Ares, alzando le spalle. 
«Beh» ghignò Eris, stirandosi le spalle. «Direi che a questo punto tocca a noi».
«Hai visto come si fa, Afrodite?» chiese Dioniso.
«Sì, sì» sventolò una mano lei. «Che scocciatura, è tutta la notte che cerchi di insegnarmi questa magia».
«Cerca di impararla come si deve, piuttosto» la riprese Ares. «Il fulminato ti chiederà sicuramente di usarla e non possiamo rischiare che tu venga scoperta».
«Grande e grosso e poi vomita se sale su un mezzo di trasporto, che schifo» ridacchiò Afrodite, avvicinandosi a Priscilla ancora stesa a terra, incapace di muoversi. Le posò la punta del dito su una tempia e lasciva lo fece scorrere lungo tutto il perimetro del volto, guardandola con sguardo sensuale. «Non preoccuparti» le sussurrò. «Il tuo centro dell'equilibrio sarà ripristinato da Dioniso non appena sarai pronta. Nel frattempo mi occuperò io del tuo prezioso uomo» staccò la punta del dito dal suo mento non appena terminata la frase e in quel preciso istante la sua immagine divenne confusa e sfocata. Durò solo pochi istanti, prima che potesse tornare a essere ben visibile ma a quel punto non aveva più le sue sembianze. Capelli neri, lunghi, legati in una disordinata treccia, occhi azzurri, aspetto grazioso e minuto. Quella che Priscilla aveva davanti ai suoi occhi era una perfetta immagine di sé stessa, identica persino nei più piccoli particolari. Roteò su se stessa, alzando le braccia, e disse con la stessa voce di Priscilla: «Come sto?»
«Cerca di tirartela meno o ti scopriranno al primo cenno» la rimproverò Eris e Afrodite sbuffò un: «Tranquilla, sono un'ottima attrice, lo sai».
«Adesso camufferò anche la tua anima» disse Persefone con un filo di voce, avvicinandosi ad Afrodite e direzionando a lei un incantesimo.
«Il tizio che può manipolare le anime è una vera rottura, è una fortuna che abbiamo Persefone dalla nostra» disse Eris.
«Sarebbe stato in realtà molto più semplice se non ci fosse stata la donna con loro. Mi sarebbe bastato usare la magia Charme e quei tre stupidi sarebbero caduti sotto al mio controllo» disse Afrodite lasciando che Persefone ultimasse il suo incantesimo che avrebbe reso anche la sua anima simile a quella di Priscilla, così che nemmeno Bickslow avrebbe potuto scoprirla. «Nessun uomo può resistermi» aggiunse poi con un occhiolino. 
«Quanto mi dai sui nervi» le disse Eris, lasciandosi sfuggire uno sbuffo infastidito. 
«Ricordati» le disse Ares. «La magia per l'equilibrio sul fulminato per fargli passare la nausea, così non avranno sospetti, e cerca di esporti il meno possibile. Almeno fino a quando non arriveremo anche noi».
«Non appena sarai alla gilda va' a cercare il vecchiaccio» le disse Eris. «Athena dice che deve essere il primo ad essere eliminato, approfitta della fiducia che ha verso di lei».
«Superato l'ostacolo del master, il resto dovrebbe essere un gioco da ragazzi» disse Ares e i suoi occhi tornarono a diventare rossi, non appena ghignando aggiunse: «Però lasciate il fulminato a me».
«Non avevo dubbi» sospirò Eris, arrendevole.
Apollo saltellò vicino ad Afrodite e allungando le mani le porse una minuscola boccetta con all'interno un liquido dal color amaranto. «Apollo ha preparato il veleno per te!» disse felice e Afrodite gli diede una carezza sulla testa, mentre la prendeva.
«Diventi ogni giorno più bravo, tesoruccio» gli disse e lui luminoso esclamò: «Vero!»
«Anche Afrodite è sempre più brava! Ucciderà più esseri umani di te, vedrai!» disse la bambina, gelosa delle attenzioni che Afrodite dava solo ad Apollo. Afrodite aprì bocca, pronta a consolare anche la bambina, ma la sua attenzione venne attirata invece da alcuni lamenti che provenivano da Priscilla. Tremava, tremava come una foglia, anche se immobile e incapace di muovere un solo muscolo. Il volto ora bagnato di lacrime, guardava le persone intorno a sé con gli occhi terrorizzati. A labbra socchiuse, provava a parlare, ma solo lamenti uscivano dalla sua gola.
"Non riesco nemmeno a usare la magia" realizzò sempre più in preda al panico. Né il suo corpo né la sua mente riuscivano a rispondere ai suoi comandi, completamente disconnessa dal suo corpo e dalle sue capacità. Poteva solo osservare, passiva, quell'assurda e terrificante scena. 
«Eris...» disse Ares, voltando le spalle alla ragazza a terra. «Cerca di fare in fretta».
«Non ti starai lasciando impietosire da lei!» lo rimproverò Eris, guardandolo mentre si allontanava.
«È pur sempre nostra sorella» rispose Ares, semplicemente, e insieme ai gemelli uscì infine dalla vegetazione tornando sul viale. Afrodite, ora perfetta nell'interpretazione di Priscilla, lo seguì pronta a tornare indietro, verso la gilda, insieme a loro. 
«Va bene» sospirò Eris, avvicinandosi a Priscilla a terra. Si sgranchì le dita e il collo, prima di evocare dal nulla un pennello magico. «Vediamo se riesco a prendere possesso di questo tuo Nirvana. Vedrai, diventerai completamente nera come la pece. Il mio colore preferito» ridacchiò e Priscilla sibilò ancora più terrorizzata, mentre lei con un ghigno aggiungeva un inquietante: «Onee-san».

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Capitolo 68
*** Cos'è una Pricchan? ***


Cos’è una Pricchan?




La carrozza si fermò proprio di fronte ai cancelli di Fairy Tail. Fried aprì la portiera e uscì per primo, seguito dai Raijinshuu, un'allegra Priscilla e infine Laxus. Pagarono il cocchiere, che se ne andò pochi istanti dopo, e infine rientrarono alla gilda. Priscilla corse davanti a tutti e fu la prima a spalancare le porte, urlando un allegro: «Siamo a casa! Mira-san, ti è rimasta un po' di torta?» chiese repentina alla ragazza che le stava passando davanti con un vassoio. 
«Bentornati» sorrise Mirajane, aprendo la strada alla ragazza fino al bancone. 
«Com'è andata la vostra missione?» chiese servendo alla ragazza una fetta di torta alle fragole. 
«Alla grande!» esclamò Priscilla, sedendosi sullo sgabello per mangiare. «Nessun intoppo, ovviamente. In fondo stiamo parlando di Laxus e i Raijinshuu» ridacchiò orgogliosa. «A proposito! Dov'è il nonno? Devo parlargli».
«È successo qualcosa?» chiese Mirajane, curiosa.
«Beh...» mormorò lei, timida e un po' intimorita. «In realtà sì... ma vorrei prima parlarne con lui».
«Capisco» sorrise Mirajane comprensiva. «È fuori per alcune faccende burocratiche, ma dovrebbe tornare nel pomeriggio».
«Ho capito» sorrise Priscilla. «Allora lo aspetterò».
«Priscilla-nee!» una timida e squillante voce al suo fianco la fece voltare. «Sei tornata anche tu!»
«Wendy-chan!» esclamò Priscilla, felice di vederla. «Com'è andata la tua missione?»
«È successa una cosa incredibile! Abbiamo conosciuto Warrolt-sama, uno dei fondatori di Fairy Tail. E abbiamo scoperto di un villaggio di giganti! Era tutto congelato e noi dovevamo trovare il modo di liberarli» Wendy saltò sullo sgabello di fianco al suo e cominciò a raccontarle con emozione e incredulità l'avventura che avevano vissuto e da cui avevano fatto ritorno solo quella mattina. Priscilla silenziosa l'ascoltò per tutto il tempo, giocherellando con la propria fragola nel piatto, assorta e pensierosa. I Raijinshuu si sparpagliarono, avvicinandosi a chi volevano salutare, bevendo e mangiando per festeggiare il loro ritorno e furono un po' meno vaghi e misteriosi sulla scoperta della gilda Olympos. Mantennero la voce bassa, pensando che per Priscilla sarebbe stato bene trovare il proprio modo di raccontare la faccenda, ma misero già alcuni dei loro compagni al corrente di quella incredibile scoperta. Laxus invece, fin da quando avevano messo piede nella carrozza per tornare a casa, non aveva ancora aperto bocca nemmeno per fiatare. Più cupo del solito, silenzioso e assorto, non aveva nemmeno avuto voce per salutare. Si era seduto non troppo lontano, a bere, e sottecchi continuava a fissare Priscilla con uno strano sguardo assorto. Probabilmente ancora preoccupato per lei, visto quello che era successo, o forse altrettanto turbato all'idea che al mondo esistessero altre persone che condividevano con lei la stessa natura. Era ovvio che tutta quella faccenda lo turbasse enormemente, non aveva fatto che restarsene corrucciato fin dall'incontro con Ares nella foresta e, anche se aveva provato durante la cena ad allentarsi un po', l'umore rabbuiato continuava a permanere nel suo petto. 
«Sembra stare molto meglio» disse Evergreen, sedendosi dopo un po' vicino all'uomo e guardando a sua volta Priscilla che ascoltava il racconto di Wendy.
«Già» mormorò lui, senza distogliere gli occhi dalla ragazza che ancora giocherellava con la fragola nel piatto. «Perché non la mangia?» mormorò, fissando il frutto ormai ricoperto di panna residua della torta che ancora rotolava qua e là spinta dalla sua forchetta. Non era da lei temporeggiare sul cibo, senza divorarlo.
«Eh?» mormorò Evergreen, non capendo invece di cosa stesse parlando.
Una strana sensazione, una fastidiosa e irritante percezione proprio all'interno del suo cuore. Da ore non faceva che punzecchiarlo, ma non ne comprendeva il significato. Non c'era niente di strano, tutto era normale, il viaggio era stato tranquillo e il rientro sereno. Ma forse proprio per quello era così turbato... era tutto anche troppo normale. E un fastidioso mal di testa non faceva che rimbombargli nelle orecchie. 
«Niente» sbuffò alla fine, alzandosi. «Sono solo un po' nervoso, probabilmente è perché non ho dormito molto bene questa notte. Vado a casa a riposare» disse e si allontanò rapidamente, senza dar tempo a Evergreen di replicare o indagare su cosa avesse. Lo sguardo di Priscilla, dal bancone, si spostò momentaneamente su di lui e lo vide uscire dalla gilda. Solo un attimo, per poi tornare subito a guardare e ascoltare ciò che Wendy aveva da raccontarle. Allegra come sempre, per niente diversa dal solito, se non per quella fragola con cui continuava a giocare piuttosto che mangiarla. 


Era tornato a casa, si era steso sul proprio letto e si era messo le cuffie alle orecchie lasciando che fosse solo la musica a farsi sentire. Occhi fissi al soffitto, cercava tutti i modi per riuscire a domare quella sensazione che nel petto diventava sempre più pesante e irritante. Tante cose gli vennero in mente, ricordi, parole, suoni e odori... i suoi. Olympos poteva voler significare tanto, anche se ammetterlo per lei non era semplice, lui non poteva dimenticare.
"Volevo tanto essere come voi... essere come te" la sua supplica in un pianto. 
"Mi insegnasti a essere un'umana" certi desideri, certe parole, non erano superate, lo sapeva bene. Il suo desiderio di appartenere a qualcosa, di avere un posto in cui stare, il desiderio di non essere ciò che era solo per poter avere qualcuno da chiamare famiglia. 
"Guardami... sono un mostro" i singhiozzi quando di fronte a Natsu, nella cattedrale di Caldia, aveva ammesso la sua natura che odiava e ripugnava. Col tempo aveva fatto pace con se stessa, si era accettata, ma solo di fronte alla convinzione che non fosse diversa da loro. Invece lo era, Olympos glielo aveva sbandierato di fronte al volto, loro erano diversi e lei poteva non essere più sola. Eppure non aveva fatto che sorridere per tutto il tempo, da quando era tornata dalla passeggiata con Ares e i gemelli nella foresta. Non aveva fatto... che evitare il suo sguardo. Era come se avesse tirato su un muro, si fosse corazzata, avesse fatto un passo indietro. La sua mano, poggiata sulla sua testa mentre cercava di aiutare la sua chinetosi, era sembrata così fredda e immobile. Il tocco che gli aveva destinato era sembrato così diverso. Il suo sorriso, il suo sguardo, il rossore delle sue guance, nei suoi ricordi ce n'erano a bizzeffe e nemmeno troppo lontani. La delicatezza del suo tocco contro il proprio collo la sera che a Crocus avevano ballato sul balcone del palazzo, il sorriso con cui gli aveva dato il pacchetto con le proprie cuffie in regalo, l'armonia della sua voce quando chiamava il suo nome, il suo odore...
...
il suo odore...
«Laxus» la sua voce rotta dal pianto rimbombò nella propria testa, scuotendolo tanto da costringerlo a riaprire gli occhi e scoprire solo in quel momento che si era addormentato. E in un sonno privo di sogni, immerso nel buio che aveva susseguito quegli ultimi pensieri, aveva chiaramente sentito nella sua testa la voce disperata di Priscilla che lo chiamava. Il cuore in petto pulsava furiosamente, come se avesse appena affrontato un incubo, di cui però non aveva ricordi. La fronte sudata, le mani tremanti, fece solo qualche profondo respiro per cercare di calmarsi. Spostò lo sguardo fuori dalla finestra, attirato dal rumore della pioggia che ora cadeva da un cielo nero come la pece. Non sapeva quanto aveva dormito, che ore erano, ma certamente era passato molto tempo visto che il cielo aveva avuto tempo di annerirsi di nuvole. E ripercorrendo rapidamente tutti i pensieri che l'avevano accompagnato prima e durante il sonno, trovò subito ciò di cui aveva bisogno.
Il suo odore.
Come aveva fatto a non notarlo prima? Turbato dai suoi pensieri e sensazioni, egoisticamente incentrato su di sé aveva probabilmente attribuito istintivamente quel cambiamento alla sua passeggiata tra alberi e fiori. Non gli aveva dato importanza, ed era stato uno sciocco perché tutta quella superficialità ed egocentrismo l'avevano accecato e non gli avevano dato modo di capire da subito che quello non era l'odore di Priscilla. Si alzò rapidamente dal letto, strappandosi via le cuffie dalle orecchie, e corse fuori dal suo appartamento lanciandosi a perdifiato lungo la strada, sotto una scrosciante pioggia che non lo risparmiarono dall'inzupparsi dopo solo tre passi. Corse  verso la gilda che, rincuorato, trovò ancora al suo posto, senza percepire niente di strano. Le voci dei suoi compagni venivano dall'interno, rumorose e allegre come sempre, e questo gli suggerì che era arrivato in tempo. Entrò, sotto lo sguardo sorpreso di chi venne attirato dalla furia con cui spalancò la porta, e si guardò rapidamente attorno. La vide: Priscilla era ancora ferma al bancone, che parlava con suo nonno, entrambi con un boccale tra le mani. Si corrucciò, ricordandosi della prima domanda che lei aveva fatto entrando alla gilda: cercava il master. Non sapeva il motivo, ma non gli importava. Si corrucciò, sapendo del pericolo che stava correndo non solo lui ma anche il resto dei suoi compagni e agì rapidamente, seguendo solo il suo istinto. Mescolandosi a uno dei suoi fulmini, scattò alle sue spalle prima che lei potesse sentirlo, e l'afferrò. La spinse con tale violenza in avanti che sfondarono il bancone e si schiantarono entrambi al muro, pochi passi da Mirajane che indietreggiò spaventata. 
«Laxus!» esclamò Macao, alzandosi in piedi.
«Che ti prende?» gli diede corda Wakaba, alzandosi di fianco al suo amico con altrettanto vigore, pronto a intervenire in difesa della ragazza che ora restava premuta contro il muro, tenuta per la gola. 
«Ohy...» ringhiò Gray, altrettanto turbato da quella scena ma Fried, al suo fianco, allungò una mano e gliela mise davanti al petto, per fermarlo. Il volto serio, per niente spaventato come gli altri, come se sapesse benissimo cosa stava accadendo.
«Avevamo ragione allora a preoccuparci» disse Fried.
«Abbiamo fatto bene a restare qui per tenerla d'occhio» si accodò Evergreen.
«Tenerla d'occhio?» mormorò Lucy, confusa.
«Quei tipi non mi sono piaciuti fin dal primo momento in cui li abbiamo incrociati» disse Bickslow, altrettanto serio e torvo e Fried annuì, concordando con lui.
«Di che parlate?» balbettò Lucy, non capendo e tornando a guardare Laxus che teneva ben ferma per la gola una Priscilla che si dimenava e lo guardava terrorizzata. 
«Dov'è lei?» ringhiò Laxus a voce bassa e roca. Priscilla afferrò con entrambe le mani il polso di Laxus, cercando invano di allentare la sua presa, e continuò a guardarlo a lungo con terrore. «Laxus...» provò a mormorare, ma non vide in lui nemmeno un accenno di tentennamento. Guardò i suoi occhi a lungo, scavando in essi, esaminandoli fino in fondo, e trovò infine l'inutilità della sua insistenza. L’uomo aveva capito e nessun giochetto lo avrebbe ingannato ancora. 
Sogghignò. 
«Abbiamo sopravvalutato la vostro stupidità, umani» disse con una voce che chiaramente non era la sua. «Credevo non l'avreste capito nemmeno nell'istante in cui ponevamo fine alle vostre vite».
«C'erano degli spiriti nella nostra stanza ieri notte che ci osservavano, ci stavate tenendo d'occhio, era ovvio che nascondavate qualcosa» disse Bickslow.
«Il sesto senso femminile non sbaglia mai, avevate una strana aura» incrociò le braccia al petto Evergreen. 
«Sapevate che eravamo a Borwatt, ci stavate palesemente seguendo eppure avete aspettato che fossimo ben lontani prima di intervenire. Oltretutto vi siete comportati come se foste sorpresi di vederci lì, quando voi stessi avete detto che ci tenevate d'occhio. C'era qualcosa di strano in quella faccenda fin dall'inizio» disse Fried.
«Perciò non vi fidavate di noi, capisco» sogghignò Priscilla. «Dev'essere stato questo l'errore di Athena. Ma avete comunque perso» ridacchiò.
«Perso?» mormorò Fried, corrucciandosi.
«Non siete riusciti a smascherarmi prima, quando avreste potuto fermarmi» insisté lei.
«Che significa?» mormorò Fried. 
«Sono a dire il vero comunque sorpresa che siate riusciti a scoprirmi, anche se dopo così tanto. Avevo mascherato persino la mia anima» ridacchiò ancora lei e Laxus le disse: «L'olfatto di un Dragon Slayer è superiore a quello degli altri. Era una sfumatura minuscola, tant'è che nemmeno Wendy ci ha fatto caso, ma comunque non eri perfetta».
«Non ha importanza» sogghignò la falsa Priscilla, assumendo un'espressione inquietante.
«Dove l'avete nascosta?» chiese Laxus, sempre più furioso ma la falsa Priscilla, per niente intimorita, rispose repentina: «È troppo tardi, ormai».
«Master!» gridò Mirajane in quel momento e Laxus si voltò appena in tempo per vedere suo nonno crollare in avanti, verso il pavimento. 
«Sono qui» sussurrò la falsa Priscilla e in un istante l'intera gilda venne riempita da una fitta e lugubre nebbia, tanto spessa che nessuno di loro fu più in grado di vedere oltre il proprio naso. Si guardavano attorno, confusi, cercandosi, senza riuscire a trovarsi. Laxus tornò a guardare di fronte a sé: anche se non poteva vederla, la sentiva, era ancora tra le sue mani, e si preparò a minacciarla, farle del male se necessario. Un pugno improvviso sbucò dalla nebbia e lo colpì in pieno sul fianco con una tale potenza da togliergli il fiato. La mano cedette e poté sentire il collo della ragazza che aveva tra le dita scivolare via, scappare, approfittando del suo cedimento. Cadde in ginocchio a terra, tremante, ma strinse i denti e cercò di riprendersi il prima possibile. Un altro colpo arrivò però dall'alto, prima che riuscisse a tornare anche a respirare e lo stese definitivamente a terra con tale forza da spaccare le assi del pavimento. Sentì la voce del suo assalitore, grossa e sadica, divertita di quel massacro: la voce di Ares che rideva soffusamente, nascosto dalla nebbia. Dietro di lui altre voci arrivarono alle sue orecchie e riuscì a riconoscerle tutte, mischiate a quelle della propria gilda che urlava per i colpi inaspettati che arrivavano a ciascuno di loro. Poté sentire le voci di tutti i membri di Olympos. 
Un piede arrivò sulla sua testa e lo schiacciò ancora a terra con una forza bruta e sovrumana, mentre il ghigno di Ares restava impermeabile nell'aria e rideva a ogni colpo. 
«Figlio... di...» mormorò Laxus, tremante e dolorante. 
«Ma che succede?!» ruggì Natsu, esasperato, cominciando a sputare fuoco in giro senza una logica. La voce dei suoi compagni arrivò poco dopo, che lo brontolavano e lo rimproveravano perché nella furia colpiva anche loro. Teso e altrettanto furioso, Laxus lasciò andare tutta la sua rabbia e anche se non riusciva a muoversi da terra, continuamente colpito, poté almeno utilizzare la propria magia. Si caricò di elettricità che sparò in ogni direzione intorno a sé, sapendo che ovunque Ares fosse l'avrebbe comunque colpito, ma alle sue orecchie non arrivò nessun segnale che gli dimostrassero la riuscita del suo attacco. 
«Che credevi di fare, eh, biondino?!» ruggì Ares improvvisamente e un altro calcio arrivò al suo fianco. Il fiato ancora gli mancò, probabilmente addirittura una delle sue costole venne incrinata, e nell'impatto venne lanciato via, contro un tavolo e un paio dei suoi compagni di gilda.
«L-Laxus?!» sussultò Droy, guardando il ragazzo apparentemente privo di sensi sopra di lui.
«Hanno sconfitto Laxus?!» urlò Jet, pallido in volto.
«Che succede?! Chi sono queste persone?!» gridò Lisanna, prima di urlare per un altro colpo ricevuto da chissà dove.
«Ora mi sono stancato!» ringhiò Elfman. «Take Over: Beast Souls!»
«Wendy!» disse Charle e la ragazzina rispose repentina: «Sì!»
«Vi aiuto anche io!» disse Lucy e chiamò pochi istante dopo Scorpio.
«Solid Script: Air!» si unì anche Levy e tutti insieme, ognuno con la propria magia, generarono delle correnti d'aria tali da riuscire a dissipare finalmente la terribile nebbia che impediva loro di guardarsi attorno. 
Jet e Droy urlarono terrorizzati quando, potendo finalmente vedere, videro l'enorme stazza di Ares fermarsi proprio di fronte a loro. L'uomo si chinò, scrutando entrambi con i suoi macabri occhi rossi, e afferrò Laxus per la camicia sollevandolo da terra. 
Bickslow stava in quel momento terminando un attacco, tirando un pugno in avanti dove aveva visto l'anima di una persona e sapeva era suo nemico, ma si bloccò improvvisamente quando invece si trovò davanti Evergreen. 
«Ever!» esclamò, evitandola e preoccupandosi che per colpa di quella nebbia per poco non aveva colpito un'amica. Evergreen sgranò gli occhi, sorpresa e spaventata da quello scontro evitato per un soffio, ma quando lui fu ormai vicino e distratto sogghignò. Roteando su se stessa colpì Bickslow in faccia con un calcio e lo stese a terra. Solo mentre cadeva, Bickslow notò una seconda Evergreen -quella vera probabilmente- più lontano rispetto a loro due e capì di essere stato ingannato da una copia. 
A terra, vicino al bancone, Eirene era seduta. Tra le braccia teneva il corpo di Makarov, come fosse un bambino, e stesi intorno a lei c’erano anche Mirajane e altri due membri della gilda. Non erano feriti, probabilmente non erano stati colpiti se non da qualche incantesimo. Non si muovevano, ma avevano gli occhi vitrei, spalancati, e respiravano pigramente come fossero addormentati. 
Natsu, al lato opposto della gilda, aveva appena tirato un pugno laddove aveva sentito la presenza di un estraneo ma questo non ebbe l'effetto sperato. Il pugno penetrò in un corpo ardente e liquefatto, un corpo di lava pura dalle temperature tanto esponenti che il legno intorno a loro era nerastro e bruciato. In tutta la gilda volavano decine di inquietanti spettri, lamentosi, mentre sul terreno si stendeva pian piano del fango da cui erano già usciti, e continuavano a uscire, mostri umanoidi costituiti di quello stesso materiale. 
Dioniso era in piedi su un tavolo, brandendo la sua chitarra, si divertita a tirare calci alla faccia di Gajeel messo fuori gioco da una nausea stordente più di qualsiasi attacco di chinetosi che gli fosse preso prima di allora. Hermes correva per tutta la gilda a una velocità tale da essere quasi invisibile e tirava pugni a destra e a manca, scappando prima che il colpito avesse potuto reagire. 
Dalla finestra un esercito di formiche continuava a entrare e avevano già colpito e assediato Levy, Cana e Erza, disperate nel dimenarsi per togliersele di dosso inutilmente. Vicino all'ingresso infine, Eunomia, Ebe e Nemesi restavano momentaneamente da parte insieme a un Apollo che entusiasta gridava: «Morite, umani!»
Dike prese forma dalla nebbia residua proprio accanto a loro e guardò la gilda che aveva di fronte.
«Ohy... ma chi diamine siete?!» ruggì Gray, facendo un passo in avanti. Eunomia mosse una mano nella sua direzione e apatica disse, in un ordine: «Siedi».
Una scritta luminosa comparve sulla fronte di Gray e un istante dopo una forza misteriosa lo costrinse a sedersi a terra, lasciandolo per un po' lì immobile non tanto per la forza della magia quanto per l'incredulità di quanto appena successo. 
«Ascoltatemi, umani» parlò Nemesi, facendo qualche passo all'interno della gilda. «Siete condannati a morte con l'accusa di essere deboli e inutili. Servirete la gilda Olympos, verrete sterminati per l'ultima finalità di evocare il grande Zeref e così compiere il nostro destino. Oggi morirete per un bene superiore e noi, dei immortali, porremo fine alle vostri insulse vite. Questa è la vostra sentenza».
«Zeref?» mormorò Lucy, terrorizzata nel sentire di nuovo quel nome.
«Perciò era questo il vostro obiettivo fin dall'inizio» ringhiò Fried. 
«Dove... avete messo... Priscilla?» digrignò i denti Laxus e afferrando la mano di Ares, che ancora lo teneva sollevato, riuscì ad aprire un occhio e guardarlo.
«Oh, allora sei ancora vivo» sogghignò lui. «Meno male, temevo di aver esagerato. Così mi sarei perso tutto il divertimento».
«Che l'esecuzione abbia inizio» decretò Nemesi e a quell'ordine il caos scoppiò all'interno della gilda. I fantasmi di Persefone si lanciarono contro i primi, trapassandoli si aggrapparono alle loro anime e la tiravano via, come se avessero voluto strappargliele. Coloro che ne venivano colpiti soffrirono come se fossero state portate via dal loro corpo interiora stesse, ma riuscirono disperatamente a resistere nonostante i solleciti di Persefone. Bickslow intervenì appena in tempo. Si tolse l'elmo, riuscì a prendere possesso di un paio di loro con il potere celato nei propri occhi e li usò per attaccare le altre e proteggere così i suoi compagni di gilda. Dioniso ancora in piedi sul tavolo colpì tutti quelli che aveva attorno con la magia sull'equilibrio e la dissociazione corpo-mente, la stessa magia che aveva immobilizzato Priscilla nel bosco e che sembrava funzionare particolarmente su Wendy e Gajeel. Natsu, sputando fuoco dalla frustrazione, cominciò a colpire Efesto sempre più rabbioso ma il suo corpo di lava non ne risentiva minimamente. Iniziò così tra i due un furioso corpo a corpo che pian piano incenerì gran parte della gilda stessa. Dike si tramutò nuovamente in nebbia e restò bassa, all'altezza delle caviglie, emergendo solo di tanto in tanto per colpire ora uno e ora l'altro. Ilizia creò dei soldati di fango che si lanciarono all'attacco contro il resto della gilda, Artemide chiamò a raccolta altri insetti che diedero loro grandi difficoltà, Apollo lanciava frecce avvelenate che quando centravano il bersaglio portava loro dolori e malesseri tali da renderli inoffensivi. Nemesi si lanciò a suo volta nel combattimento e si ritrovò faccia a faccia con Cana, ma la prima la bloccò puntandole semplicemente un dito contro. 
«Leggo nel tuo passato» disse. «Sei colpevole di aver abbandonato una tua compagna al pericolo su un'isola durante un combattimento, per perseguire il personale scopo di vincere una sfida» in poco tempo era riuscita a leggere nel suo cuore, scavare le sue colpe e trovare la più grande: la volta che aveva abbandonato Lucy, durante l'attacco di Grimoire Hearts a Tenroujima. «Colpevole! La tua pena sarà il tuo braccio destro!» e fece un semplice gesto della mano. Il braccio destro di Cana le trasmise un dolore lancinante, come se fosse esploso, e lei se lo afferrò, urlando, mentre questo violaceo e ricoperto di lividi e contusioni diventava inutilizzabile. 
«Che razza... di magia...» sibilò, troppo dolorante persino per parlare.
«Magia del giudizio. Scovo nei vostri cuori le vostre colpe più vili e infliggo su di voi la giusta punizione. E nessun uomo è senza colpa» sogghignò, prima di tornare a parlare con voce solenne: «Colpevole di ubriachezza e atti osceni in luogo pubblico! Pena: Alluce destro!» e il suo alluce subì la stessa terribile sorte del braccio, implodendo, disintegrandosi dall'interno. Viola e livido, rotto probabilmente, la portò nuovamente a urlare di dolore e strazio. 
«Cana!» urlò Lucy e corse in soccorso della sua amica, lanciando contro Nemesi uno dei suoi spiriti stellari. Nemesi saltò via e schivò il colpo, prima di puntare gli occhi su Lucy ed esclamare: «Leggo il tuo passato! Sei colpevole di abbandono verso il proprio genitore! Pena: il fianco destro!» e anche Lucy cadde a terra, tenendosi il fianco ora nero e livido ma non si arrese e chiamò a raccolta un secondo Spirito Stellare. Tauros si unì a Virgo e insieme provarono a colpire Nemesi, che saltando e schivando abilmente, diede ai due la stessa sorte.
«Colpevole di molestie sessuali! Colpevole di masochismo!» e anche a loro inflisse le proprie severe pene. 
Gray, poco lontano, provò a tornare all'assalto di Eunomia assistito di Lluvia ma anche loro ebbero le loro difficoltà con la maga dell'ordine e della legge. Imprimeva su ciascuno di loro un ordine, semplice e conciso, a cui però non riuscivano a sottrarsi e questo li portò persino a tirarsi un paio di colpi tra loro.
Jet tentò di rendersi utile partendo all'inseguimento di Hermes, che ancora correva, colpiva e scappava. Anche se non era particolarmente forte, la sua velocità gli permetteva di mettere in difficoltà i membri della gilda facendo loro perdere la stabilità o distraendoli appena in tempo per dar modo ai suoi compagni di colpirli. Ebe lottava con una lancia, con agilità e abilità incredibile, ma la sua temibile magia trasformò Kinana, Laki e Lisanna in poppanti e impedì loro di continuare a combattere. Si lanciò su tutte e tre, per dar loro il colpo di grazia, ma Elfman, Macao e Wakaba intervennero per difenderle. Macao e Wakaba vennero improvvisamente trasformati in vecchi, ma questo non impedì loro di usare comunque la propria magia e riuscire a difendere le ragazze. Su Elfman invece la magia di Ebe non funzionò, probabilmente perché il Take Over sulle bestie in qualche modo lo proteggeva. Afrodite, benché avesse una magia abbastanza inutile al combattimento, riuscì lo stesso a tenere testa a Evergreen con il corpo a corpo e anche se veniva colpita e ferita in pochi istanti si rimarginava. Anche se Fairy Tail si trovò comunque in svantaggio, in un primo momento, qualche colpo riuscirono a tirarlo ma tutti poterono presto notare come questo fosse inutile. Le ferite dei loro nemici si rimarginavano in pochi secondi, con la stessa luce bluastra che ben conoscevano grazie a Priscilla. 
«Ma che hanno questi tizi?» lamentò Droy, guardando terrorizzato Ebe rimettere a posto il proprio collo dopo un brutto colpo. 
«Sono come Priscilla!» urlò Fried, impegnato a lottare contro le copie di fango di Ilizia. «Sono stati creati con la magia, possono rigenerarsi!»
«Cosa?!» urlò Levy, spaventata.
«Ma allora sconfiggerli è impossibile!» piagnucolò Jet, fermandosi per riprendere fiato mentre Hermes ancora correva in giro senza sosta e con molta più energia e velocità sua. 
«Un attimo...» si fermò Gray un istante. «Ma se quella non era la vera Priscilla... lei dov'è?»
Non terminò nemmeno la domanda, i fulmini di Laxus esplosero all'interno della gilda, sfondando il tetto e gran parte del muro. Lui e Ares avevano cominciato a combattere non appena Laxus aveva riaperto gli occhi, pugno contro pugno, forza contro forza, e più erano andati avanti più il loro potere aveva fatto tremare il pavimento. Laxus, tenendo ben fermo Ares per il collo, lo trascinò con sé dentro uno dei suoi fulmini fin fuori dalla gilda, sfondando il muro. Atterrò al suolo e lo trascinò su di esso per decine di metri, prima di saltare via, finito lo slancio. Ansimando per la fatica, si pulì il sangue dalla bocca e guardò furioso Ares che ancora una volta si rialzava sghignazzante. Nonostante la sua forza fosse estrema e certamente al di fuori della portata di un umano, amplificata dalla sua magia, non era comunque riuscito a uscire del tutto indenne dalla furia del mago più forte di Fairy Tail. Graffi e ferite su tutto il corpo erano intente a rimarginarsi, ma comunque erano state procurate.
«Niente male» ridacchiò Ares, rialzandosi. «Era quello che speravo».
«Ti piace farti prendere a calci? Posso andare avanti tutto il giorno, se ci tieni» ringhiò Laxus, caricando uno dei suoi pugni con l'elettricità e Ares scoppiò a ridere prima di urlare: «Dio, quanto mi stai sul cazzo!»
«Mi sembravi più furbo e intelligente quando fingevi di essere buono» disse Laxus e ancora caricò contro di lui con tutta la rabbia che aveva in corpo. Pugno contro pugno, l'aria stessa vibrò per l'incredibile potenza che i due uomini si riversavano addosso. L'elettricità di Laxus si diffondeva sul corpo di Ares, portandolo comunque a irrigidirsi e risentirne, ma la forza fisica di Ares era superiore alla sua e anche Laxus ne risentiva a ogni colpo. Ciò nonostante nessuno dei due sembrava intenzionato a mollare.
«Dimmi dove l'avete nascosta!» urlò ancora Laxus, prima di lanciare su di lui uno dei suoi attacchi migliori: la morsa del drago del fulmine. 
«Neanche vi siete accorti che era un falso e ora pretendete di averla per voi? Ipocriti!» urlò Ares, rialzandosi e colpendo l'uomo al mento. 
«Non vi permetterò di farle del male!» urlò Laxus, roteando a mezz'aria e fermando la sua caduta con mani e piedi contro il terreno. Aprì la bocca e lanciò il ruggito del drago contro il suo avversario, che riuscì con un salto a schivare il colpo. 
«Farle del male?» scoppiò a ridere Ares. «Siamo la sua famiglia, non preoccuparti, ci prenderemo cura di lei».
«La sua famiglia?»  Laxus tremò per la rabbia. «Siamo noi la sua famiglia» digrignò i denti. «Sono io la sua famiglia!»
«Tu?!» ruggì Ares, atterrando su di lui con un piede e approfittando dello slancio per dargli un calcio. Laxus riuscì a proteggersi con un braccio ma ancora una volta il colpo fu carico di una potenza tale che il terreno ai suoi piedi si incrinò.
«Tu non hai fatto altro che farla soffrire per tutta la vita! E ancora non riesci ad accettarlo...» urlò tornando a tirare pugni contro di lui. «Non riesci ad accettare che sia diversa! Distogli lo sguardo dalle sue ferite, non è forse così?»
E quella verità fece più male di quei colpi da cui si stava difendendo con rabbia e tenacia. Era vero, riuscire ad accettare che per tutta la vita aveva vissuto una menzogna, che aveva vissuto accanto a qualcuno che non conosceva appieno, ancora non era facile. Ma non per lei, per se stesso. Sapere che per anni non era mai stato in grado di accorgersi, di ricordare, chi e cosa fosse realmente... che razza di fratello era? Che razza di uomo pretendeva di essere? Odiava le sue ferite, ne distoglieva lo sguardo, perché continuavano a ricordargli quanto vile e bastardo, quanto cieco ed egoista, era stato in passato. 
«Non pensi forse che sarebbe stato molto meglio se fosse stata umana? Se fosse stata come voi?» urlò Ares, caricando l'ennesimo pugno, ma con sua estrema sorpresa quello di Laxus arrivò prima del previsto. Lo colpì dritto in faccia, sfondando con rapidità la sua guardia, ma fu soprattutto il suo sguardo a ferire di più il suo orgoglio, ad animare quel misero sentimento della paura e della sconfitta. Quell'uomo... quel misero, debole e sciocco umano era in grado di tenergli testa e forse poteva addirittura sconfiggerlo. Lui, l'immortale dalla forza sovrumana… poteva davvero essere schiacciato da un essere umano?
«Come osi dire una cosa del genere?» ringhiò Laxus dando a quel pugno la forza necessaria ad atterrare il suo avversario. Dietro di lui le pareti della gilda tremarono e infine il muro stesso venne sfondato da un soffio di fuoco inarrestabile. I membri di Olympos volarono allesterno, chi più o meno bruciato, mentre la voce di Natsu si faceva sentire nel suo furioso: «Ridateci indietro Priscilla!»
Dalle fiamme di Natsu, chi più o meno ferito, almeno metà dei membri di Fairy Tail uscirono e raggiunsero i loro avversari ora stesi nel cortile. Sul volto avevano lo sguardo furioso di chi non si sarebbe arreso nemmeno alla morte e non gliene importava niente se ancora una volta le ferite dei loro nemici erano tornate a rimarginarsi. Avrebbero lottato ancora e ancora, fino a che non si sarebbero stancati persino di rialzarsi. 
«Avete rapito una nostra compagna» Erza strinse i pugni. «E avvelenato il nostro Master. Vi faremo pentire di essere immortali, pregherete affinché la morte possa portarvi via da tutto questo».
«Avete scelto gli avversari sbagliati» gli diede corda Gray, schioccandosi le dita delle mani. Ares, di fronte a Laxus, tornò nuovamente ad alzarsi anche se ansimante e ricoperto di ferite. Sogghignò ancora, pulendosi del sangue dal naso con una strusciata di polso. «Adesso comincio veramente a divertirmi» confessò, puntando nuovamente gli occhi a Laxus.
«Ares» l'improvvisa voce imperativa di Athena lo sorprese e lo costrinse a voltarsi, cercando la donna. Di fianco a lei camminava, ora dritto e senza nessun problema apparente, anche Zeus dimostrando così che anche la faccenda del vecchio in fin di vita era tutta una finta. Dietro di loro Eris camminava con le mani nelle tasche e infine, ancora dietro, Priscilla avanzava a testa bassa e gli occhi coperti dall'ombra dei propri capelli. 
«Pricchan!» chiamò Laxus, sorpreso e felice di vederla tutta intera.
«Priscilla... stai bene?» chiese anche Erza avanzando di un passo.
«Ares...» chiamò ancora Athena. «Adesso basta. Hanno detto che rivogliono la loro compagna». 
Ares sputò a terra, contrariato, ma si alzò e lentamente si allontanò da Laxus.
«Che scocciatura» mormorò infastidito, mentre Eris e Zeus si facevano da parte per permettere alla ragazza alle loro spalle di passare. Priscilla alzò la testa e si guardò attorno come se avesse aperto gli occhi solo in quell'istante, sorpresa e anche un po' spaventata. 
«Dove... come...?» mormorò confusa.
«Ti abbiamo riportata a Fairy Tail, Priscilla» disse Zeus, permettendo alla ragazza di avanzare.
«Priscilla-nee!» chiamò Wendy, correndo rapidamente verso di lei. 
«Cosa le avete fatto, si può sapere?» ruggì Gray furioso, mentre anche Lucy e Cana correvano verso la ragazza insieme a Wendy. 
«A... Fairy... Tail?» mormorò ancora Priscilla, camminando lenta verso le tre che le correvano incontro. «Ah già» disse infine con una nuova e strana luce negli occhi. 
«Aspettate! Lucy!» gridò Erza, ma non fece in tempo. Un'enorme folata di vento colpì tutte e tre le ragazze di Fairy Tail e le scaraventò via, spingendole a terra. 
«Ma che...?» chiese Evergreen, ma non fece in tempo a terminare la frase che l'aria intorno a loro iniziò a rombare furiosa con tale forza che costrinse tutti ad aggrapparsi a qualcosa e proteggersi il viso da ciò che veniva sollevato da terra e lanciato loro contro. 
«Fairy Tail...» mormorò ancora Priscilla, mentre il suo viso si scuriva sempre più. Gli occhi accecati di una strana follia e la rabbia manifestata in quel tornado che ora avvolgeva sia lei che la gilda. «La mia vecchia casa» disse con una voce quasi spettrale. «La casa che non mi ha voluta. La casa che mi ha abbandonata e sempre disprezzata per quel che sono».
«Ma che dice? Noi non l'abbiamo mai disprezzata!» disse Lucy, aggrappata a Natsu per evitare di essere trascinata via.
«Priscilla-nee, torna in te, ti prego! Siamo la tua famiglia!» urlò Wendy, inutilmente.
«Me la pagherete, me la pagherete cara!» ruggì lei, aumentando l'intensità del proprio vento. Sentì, nonostante tutto, dei passi al suo fianco e si voltò appena in tempo per veder arrivare Laxus verso di lei. Correva, combattendo contro la forza del suo vento, e la stava per raggiungere. Allungò un braccio verso di lui e gli sparò contro bolle di aria compressa che non solo lo colpirono violentemente, ma lo allontanarono nuovamente. «Io volevo solo essere come voi» digrignò i denti. «Ma non mi avete mai accettata. Non mi mettevate mai al vostro stesso piano!» insisté sempre più furiosa e accecata dall'ira. L'urlo di Natsu arrivò di fronte a lei e vide anche il secondo Dragon Slayer correrle incontro, con un pugno infuocato. «Torna in te!» ruggì, preparandosi a colpirla, ma il vento gli soffiò contro e spense il suo fuoco. Si piegò, schivando il colpo, e dandosi slancio con un piccolo tornado colpì Natsu con un pugno in pancia. Lo sbalzò via, facendolo rotolare per terra, e Efesto corse nuovamente verso di lui. Un calcio, un pugno e tornò ad assorbire completamente la sua attenzione. 
«La fermo io!» annunciò Gray preparandosi a congelare il terreno, ma uno spirito di Persefone sbucò da sotto ai suoi piedi e lo colpì, tramortendolo. Bickslow intervenì nuovamente, l'unico che avesse qualche speranza di vincere contro degli spiriti, e di nuovo anche Dike, Nemesi e tutti gli altri tornarono in piedi, pronti a combattere. 
«È stata Eris, Laxus!» gridò Fried, prima di tornare a impegnarsi nella battaglia.  «Può manipolare le emozioni! Ha usato le paure di Priscilla» disse.
Erza, non appena sentì nominare la ragazza e capì che la colpa era sua, si lanciò verso di lei iniziando a schivare gli attacchi degli altri membri di Olympos. Eris sghignazzò, imbracciò la propria gigantesca spada e corse incontro al nemico temeraria e per niente intimorita. La spada di Erza e quella di Eris si scontrarono provocando scintille nell'aria, ma nessuna delle due ebbe la meglio in quel primo colpo e fecero un salto indietro prima di tornare a lottare. Spada contro spada, ad armi pari, le capacità spadaccine di Eris erano veramente incredibili e questo diede ad Erza qualche difficoltà.
«Perciò sei tu la causa?!» ringhiò Erza, all'ennesimo colpo.
«Non ho fatto altro che liberare la gabbia del suo Nirvana, è tutta opera sua in realtà» sghignazzò Eris, schivando l'ennesimo colpo. «Rabbia, paura, gelosia, pazzia, invidia, passione... tutta la sua oscurità era rinchiusa dentro la bolla di Nirvana, mi è bastato poco per farla esplodere. Ora è completamente nera, nera come la pece, accecata dalla follia e l'odio» sghignazzò. 
«Falla tornare normale!» ordinò Erza.
«Impossibile! Ormai è una dei nostri!» disse Eris, per niente intimorita. «Non esiste colore al mondo che sia in grado di sopraffare il nero. Una volta macchiata, un'anima non tornerà mai come prima. È la legge dei colori!»
«Pricchan!» chiamò Laxus, spostandosi di dosso una trave e cercando di rimettersi in piedi. «Ascoltami, devi calmarti!» tentò di dirle, ma restò inascoltato e il vento di Priscilla si fece tanto intenso che pezzi della gilda vennero risucchiati verso l'alto, smantellati, distrutti e fatti sparire nel cielo. Lisanna, Laki e Kinana, ancora infanti, vennero quasi trascinate anche loro ma fu Elfman a prenderle al volo ed aggrapparsi a qualcosa per evitare di perderle anche se con gran fatica. Droy si aggrappò a una trave, Jet prese il suo piede, Gajeel piantò i propri piedi di ferro al suolo e tenne stretta Levy a sé per evitare che subisse la stessa sorte. Happy, Charle e Lily provavano inutilmente a lottare contro quella forza usando la propria magia, con grande sforzo. Evergreen tenne stretta a sé Mirajane, ancora moribonda per la magia di Eirene, mentre Fried teneva il Master svenuto e ancora ammalato. 
«Pricchan, fermati!» disse ancora Laxus e provò nuovamente a correrle incontro. «Sono Laxus, sono io!» provò a chiamarla, nella speranza che sentir pronunciare il suo nome avrebbe sortito qualche effetto. Priscilla finalmente mosse lo sguardo e lo puntò su di lui, ma ciò che vi lesse dentro non fu niente di piacevole. Odio, profondo odio e follia. 
«Laxus» sibilò. «È colpa tua. È tutta colpa tua...» disse con voce rotta dal dolore e dalla rabbia. Il vento cessò improvvisamente, lasciando finalmente andare i membri della gilda e macerie che cominciarono a schiantarsi pericolosamente al suolo. Si lanciò infine contro di lui, spinta dal suo vento, e gli ruggì contro un attimo prima di colpirlo con un pugno: «È colpa tua se sono venuta al mondo!»
"Sono stata creata per te" nonostante avesse fatto pace da tempo ormai con quel passato, tornò lo stesso a fare male più del pugno da cui Laxus si fece colpire. Piantò i piedi a terra e nonostante il dolore del colpo, restò lo stesso in piedi.
«È colpa tua... la mia condanna. Sei la mia condanna» ringhiò lei.
"Sei la mia ragione di vita, il motivo per cui sono venuta al mondo" era esattamente la stessa storia, ma con parole molto diverse. Priscilla caricò ancora, si avvolse nel vento e tornò a colpire, furiosa e impazzita, con pugni e calci potenziati dal vento. Laxus cercò semplicemente di pararli, ma non reagì a nemmeno uno di questi e finì lentamente col cedere. All'ennesimo calcio cadde addirittura a terra, tremante. 
«E a te non importava...» ruggì lei, ancora più nera di rabbia. «Non importava mai niente. Sorridevi... sorridevi sempre come se niente fosse. E poi mi colpivi con tutta la furia che avevi e mi facevi male. Mi hai sempre fatto un gran male, maledetto!» insisté e tornò a colpirlo con calci sempre più forti, mentre Laxus, lamentoso per il dolore, non faceva che subire e starsene immobile. 
«Maledetto!» ringhiò ancora e colpì con tutto ciò che aveva. Pressione, ascensione, discensione, ogni sorta di magia in grado di infliggere ferite le usava e le riusava. «Ma ora te la farò pagare» sogghignò e tenendolo alzato a mezz'aria, facendolo volare, cominciò a colpirlo con forza e insistenza con pugni e calci caricati all'inverosimile dalla potenza della propria aria. «Ti ucciderò come tu hai sempre ucciso me. Vedrai cosa si prova a morire, Laxus. Morire lentamente, per mano di chi ami, ogni singolo giorno. Ti ucciderò...» un altro sorriso e inutili furono le voci di supplica dei suoi amici alle sue spalle, ancora impegnati e trattenuti dal resto della gilda Olympos. 
«Laxus!» chiamò Fried, disperato.
«Perché non contrattacca? Che lo scontro con Ares l'abbia stremato?» chiese Bickslow, altrettanto preoccupato di vedere il loro amico e leader non alzare nemmeno un dito se non per provare a difendersi.
«No, lui...» mormorò Evergreen, mordendosi un labbro per il dolore. «Non vuole farle del male».
«Che?!» sussultò Bickslow.
«Non mostra emozioni, ma le parole di Priscilla lo stanno ferendo realmente. Anche se è acqua passata, non riesce a dimenticare» mormorò Fried, preoccupato.
«Tu... tu sei mortale» disse Priscilla, con una strana euforia e follia negli occhi. «Perciò puoi morire. Tu puoi morire» sghignazzò. «E io ti ucciderò» ancora dei colpi di aria compressa lo travolsero con tale forza da creare in più punti del suo corpo lividi e contusioni. Lo sentì lamentarsi, ma il volto ancora coperto dalle braccia per proteggersi banalmente nascosero la sua espressione di sofferenza. 
«Laxus devi fermarla!» urlò Fried, prima di trovarsi nuovamente coinvolto nella battaglia contro Ilizia.
Laxus venne ancora lanciato via, sbattuto per terra più e più volte e infine lasciato sull'asfalto. Piantò le mani a terra e tremò mentre cercava di rialzarsi, tanto affaticato da ansimare e perdere gocce di sudore dalla fronte. 
«Laxus! Fa' qualcosa!» gridò anche Evergreen, prima di essere colpita da una sghignazzante Afrodite.
«Ci sto provando!» ruggì lui, furioso. Le braccia continuamente tenute contro il volto per proteggersi, nessuna parola detta, e solo in quel momento, all'ennesimo richiamo, era riuscito a manifestare ciò che stava accadendo in lui in quell'istante. Ciò che provava... era solo rabbia e terrore. «Lo so bene... lo so bene che devo fermarla. Ma tutte le volte che provo a...» la voce gli morì in gola e i muscoli tremarono ancora di più. «Vedo quel sorriso» sibilò con quel poco di voce che riusciva a usare. Si accasciò lentamente, fino a poggiare la fronte a terra e tutto ciò che riuscì ancora a pronunciare fu un disperato: «Maledizione...»
Quel sorriso, il sorriso di una Priscilla morente mentre veniva uccisa dai suoi colpi finali. Il sorriso che, a volte rigato di sangue, gli diceva "sta' tranquillo". Come poteva stare tranquillo? Come poteva trovare pace nel cuore, quando scopriva cosa le faceva? Come poteva accettarlo e amarlo nonostante tutto? Aveva ragione, la Priscilla folle che continuava a sfogare la sua rabbia in pugni e calci aveva perfettamente ragione. Lui non era la ragione della sua vita, lui era da sempre la sua condanna. Lo era sempre stato. Eppure...
"Mi insegnasti a vivere, a provare dei sentimenti".
Priscilla lo sollevò da terra, chiudendolo in una bolla d'aria. 
"La magia nasce dal cuore e la magia è ciò che mi da la vita".
Lo fissò con quei suoi occhi ora colmi di una follia che non le apparteneva, ma di cui era accecata. Tutti i dolori di una vita, le sofferenze, ogni cosa era riemerso come un sottomarino portando con sé tutto ciò che aveva celato fino a quel momento. Le onde che ne aveva provocato, non facevano che investirlo e affogarlo. 
Eppure...
"Ce l'hai fatta... mi hai liberato".
Eppure se al mondo c'era qualcuno che poteva dire di averle veramente dato il dono della vita, per ciò che era realmente, quello era lui. Suo padre aveva creato una macchina, lui l'aveva resa umana. E non gli importava niente se in lei scorreva magia bianca, nera, o un'anima vera o finta. Lei era Pricchan. Solo... Pricchan. 
«Ti ucciderò» decretò lei infine e avvolse la bolla d'aria in cui aveva chiuso Laxus con un incantesimo, il più pericoloso che avesse mai imparato. Il controllo molecolare, la deprivazione dell'ossigeno, che avrebbe portato chiunque intrappolato all'interno della sua bolla a morire soffocato, senza via di scampo. 
Ma Laxus sorrise. 
A braccia aperte, bloccato nella sua presa, di fronte al suo attacco peggiore... semplicemente sorrise. Come aveva sempre fatto lei. Quel sorriso delicato, amorevole, che non recriminava niente e che semplicemente sussurrava delicato "sta' tranquilla". Perché alla fine non era colpa sua. E ora lo sapeva, sapeva cosa significava trovarsi dall'altra parte, essere colpito a morte dalla persona che più si amava. A lungo si era chiesto cosa avesse spinto Priscilla a non odiarlo, per quello, e finalmente trovava risposta perché ora che toccava a lui... non riusciva a fare altro che sorriderle, rassicurarla. Sarebbe andato tutto bene, sapeva che non era colpa sua. 
"Mi occuperò io di te".
E i suoi demoni scomparvero mentre lentamente sentiva l'aria mancargli, i polmoni bruciare, il petto gonfiarsi sempre più, disperato, in cerca di un'aria che lei aveva deciso di togliergli definitivamente. La vista si annebbiò, cominciava a perdere i sensi, non riusciva a respirare e questo lo faceva impazzire ma riuscì comunque a restare calmo... e guardarla, fino a quando avrebbe avuto possibilità di farlo.
Sorrise. Semplicemente.
Così che quando lui sarebbe morto e lei sarebbe magari tornata in sé avrebbe saputo, avrebbe avuto la certezza, che lui non l’aveva mai odiata, che non l’aveva colpevolizzata. Che l’aveva amata fino all’ultimo istante.
Priscilla si toccò una guancia, sorpresa, sconvolta a dir il vero. Trovò le dita umide, come le proprie guance, ma non riuscì a comprenderle. Da dove arrivavano quelle lacrime, adesso?
«Piangi? Per me?» ridacchiò Laxus con quel poco di forza che gli restava. 
"Pricchan... se io dovessi morire, almeno in quell'occasione, riusciresti a versare una lacrima?" una voce, un ricordo, un pensiero. Di chi era? Da dove arrivava?
«Dunque sei ancora... la mia piccola Pricchan» mormorò e la testa infine gli cadde in avanti, mentre alle sue spalle i suoi compagni gridavano disperati il suo nome. 
«Pri...» mormorò Priscilla, ma la voce le morì in gola mentre un'improvvisa ondata di immagini e parole le travolsero la mente. I temporali da cui si nascondeva, chiusa nell'armadio, insieme a Laxus che la stringeva e la rassicurava. Le storie, i libri che lui comprava sempre solo per lei, per portarglieli. Le sere stesi di fronte al camino, mentre lui leggeva e le insegnava a distinguere le lettere. Le sue lacrime, quando scopriva la verità, un attimo prima che dimenticasse ancora. Le visite continue che faceva in camera sua, quando sapeva che lei aveva l'influenza. I giochi, le storie, gli abbracci, le innumerevoli volte che si metteva di fronte a lei a braccio teso per proteggerla da qualcosa, che fossero animali o qualche stupido bulletto. E un funerale, sotto la pioggia, quando nascosti dietro a una Mirajane e un Elfman in lacrime non avevano fatto altro che stringersi la mano, come a volersi supplicare di non lasciarsi mai. 
«Vieni Pricchan, ti porto a vedere il nido che ho trovato ieri!» la sua voce di bambino, mentre saltellava in una foresta. Da un sasso a un altro, era ancora tanto piccolo che rischiava di cadere ad ogni passo, e lei non aveva ancora imparato granché della vita. Però lo seguiva volentieri, era piacevole, lo faceva già da così tanto tempo.
«Laxus...» un dubbio, che da tempo la tormentava e che finalmente aveva deciso di chiedere. «Che cos'è una Pricchan?»
«Che cosa...?» aveva mormorato Laxus, divertito da quella domanda, quasi derisorio. Aveva fatto un passo indietro e le si era avvicinato, per poi darle un tenero buffetto sul naso. «Sei tu, stupidina!» Aveva riso.
«No...» aveva mormorato confusa. «Io sono Priscilla, non una Pricchan».
«Lo so bene!» aveva riso ancora. «Ma... ecco... Ho sentito un amico di papà dire una volta che il nome Priscilla ha un significato così crudele. Non so quale sia, a dire il vero, ma non mi piace. Priscilla... è così freddo... e triste. E tu non devi essere triste, mai! Questa è la mia promessa!» 
«Che cosa significa essere triste?» aveva chiesto lei, ancora ingenua e curiosa.
«Essere triste...» ci aveva riflettuto qualche istante per poi spiegare, diligente e attento a rispondere ad ogni sua curiosità: «Essere triste significa che ti fa male il cuore, che ti bruciano gli occhi e che ti escono le lacrime! Quando succede vuol dire che sei triste. Ti è mai capitato?»
Il cuore in fiamme, gli occhi brucianti e le lacrime che uscivano incontrollate. Non solo l'aveva provato decine di volte, quando da piccola suo padre aveva avuto il pieno potere e controllo sulla sua vita, quando aveva combattuto contro suo fratello, ma tornava ancora... a distanza di anni. Si era dimenticata di nuovo cosa significasse essere triste. Dunque quelle lacrime che ora, di fronte a un Laxus morente, le erano uscite dagli occhi senza apparente motivo, avevano in realtà un significato. Lei era... triste.
«La mia piccola Pricchan non è mai triste, ma sorride sempre! Ed è sempre felice! Per questo ti ho dato questo soprannome: trasmette allegria perché sembra il verso di un animaletto».
Il verso di un animaletto.
«Allora... ti piace? Vuoi essere la mia piccola Pricchan?»
«Pri… chan» mormorò tremante e si premette ancora le dita sulle guance fradice di lacrime, mentre dal suo volto spariva ogni cenno dell'espressione furiosa che l’aveva accecata fino a quel momento. 
"Se io morissi..."
«Laxus» sibilò con un filo di voce, strozzata.
«Che succede?!» gridò Eris, voltandosi improvvisamente verso di lei. Il nero della sua anima, quell'oscurità pece che aveva rilasciato dal Nirvana residuo che aveva trovato, si ritirò improvvisamente e spontaneamente. Qualcosa di incredibile, che mai avrebbe potuto nemmeno immaginare. Non esisteva al mondo colore capace di sovrastare il nero, eppure, in quel momento, il miracolo stava avvenendo. Un'esplosione di colori, un vero e proprio arcobaleno, e il Nirvana color pece si restrinse immediatamente tornando ad essere la bolla piccola, quasi invisibile, che era stata all'inizio. La bolla d'aria in cui Laxus era imprigionato si dissolse all'istante e lui cadde nel vuoto, ora libero di respirare ma privo di sensi. Priscilla lo accolse tra le braccia e lo sorresse, inginocchiandosi a terra per lo sforzo. Lo strinse a sé e rovesciò su di lui urla, lacrime e singhiozzi incessanti.
«Non va» commentò Ares allarmato, facendo un passo avanti.
«Si è liberata dall'incantesimo di Eris!» disse Athena, sistemandosi gli occhiali sul naso e evocando un paio di libri da cui lesse rapidamente informazioni. «Com'è possibile una cosa del genere?»
«È lo stesso potere usato per liberarsi dal controllo di Ivan» commentò Zeus, aggrottando le sopracciglia. 
«Che razza di potere è?» chiese Athena, irritata e per la prima volta agitata. Il non avere risposte, il non sapere, la rendeva inquieta e nervosa. 
«Un potere che non si impara dai libri, a quanto pare» mormorò osservando Priscilla inginocchiata a terra, col corpo esanime di Laxus appoggiata a sé, alla sua spalla, contro cui continuava a piangere disperata mentre lo stringeva e lo accarezzava. «Ares!» chiamò lui. «Il piano è cambiato, farla dei nostri è stato un errore. Distruggi lei e questi schifosi umani».
«Ricevuto» commentò lui e a passi pesanti si avvicinò alla ragazza, ma un'improvvisa folata di vento lo colpì. Non cedette, la sua forza fisica era superiore a ogni cosa e mentre almeno l'elettricità di Laxus poteva perlomeno scalfirlo, il vento di Priscilla non gli avrebbe fatto che il solletico. Sogghignò, per niente intimorito e proseguì verso di lei, ma improvvisamente si bloccò colto da uno strano timore. Gli occhi di Priscilla si erano riaperti e ora lo fissavano con una furia che mai aveva visto in nessun'altro. Una bolla d'aria compressa gli esplose all'altezza dello stomaco e per quanto Ares vantasse la forza muscolare degna di un Titano quel misero colpo riuscì comunque a togliergli il fiato e destabilizzarlo. 
«Che... cazzo...?» sibilò, respirando ad ampie boccate.
«Come avete osato?» ringhiò Priscilla a denti stretti. «Come avete potuto usarmi per far del male alla mia famiglia?» centinaia di piccoli tornadi cominciarono a scendere dal cielo e uno a uno colpirono tutti i soldati di fango di Ilizia, decimandoli in poco tempo. Un altro raccolse la nebbia di Dike, risucchiandola al suo interno, e così intrappolò anche lei. Altri scesero contro Nemesi, Eunemia, Dioniso, Ebe ed Efesto, colpendoli e intrappolandoli. Un urlo dopo l'altro, i membri di Olympos venivano sottratti alla loro battaglia, bloccati e immobilizzati. Alcuni riuscirono a sfuggirle, Hermes con la sua grande velocità ad esempio, Eris per la sua prestanza e agilità, Persefone in quanto Spettro o Eunomia riusciva ancora a imprimere ordini nonostante la sua difficoltà, usando i membri stessi di Fairy Tail come soldati contro il resto dei loro compagni, ma comunque il suo intervento fu decisivo. Fairy Tail tornò a combattere più furiosa e decisa di prima, ignorando le ferite dei loro nemici che continuavano a rigenerarsi, aggrappandosi all'evidenza che prima o poi avrebbero consumato del tutto la loro magia e si sarebbero arresi. Fried e Evergreen riuscirono a liberarsi dai loro scontri e corsero verso Priscilla, preoccupati per Laxus che ancora non accennava a muoversi o aprire gli occhi. Ares, ora furioso più che divertito, tornò a caricare, deciso a stendere lei e Laxus una volta per tutte, ma altri tornadi scesero dal cielo e puntarono con la propria punta verso di lui. Ne schivò due, poi tre, poi quattro ma il quinto lo centrò in pieno e per quanto si trattasse solo di aria lo crivellò comunque come fosse stato un trapano.
«Che... diamine?» si chiese, guardando la propria ferita al braccio perdere sangue. Diede uno sguardo più attento al tornado che lo aveva colpito e notò al suo interno infinite schegge di ghiaccio che roteavano e che sulla punta si concentravano formando una vera e propria punta aguzza. 
«Che cos'è? Ghiaccio?» chiese, confuso.
Priscilla lasciò delicatamente andare Laxus, affidandolo a Fried, e si avvicinò al proprio avversario avvolta lei stessa dal un vento furioso che le faceva svolazzare in maniera sinistra capelli e vestiti. Contrasse il braccio sinistro e lo distese con un colpo secco, come se avesse dato un colpo di frusta, e in quel gesto lo strato superficiale di pelle parve sparire come polvere lasciando il posto a un braccio completamente di ghiaccio.
«Il dono di un amico» rispose lei. «Il desiderio di salvare una vita, l'affetto che lega le persone. Hai idea di cosa io stia dicendo... Ares?» chiese provocatoria, prima di muovere ancora il braccio di ghiaccio in linea orizzontale. Una bufera si scatenò al suo gesto, un vento talmente gelido da congelare l'acqua presente nell'aria e renderla brina, neve e grandine che lanciò violentemente contro il suo avversario. Ares alzò le braccia per cercare di difendersi, ma i proiettili formati erano tanto piccoli e affilati che riuscirono ad aprire decine di squarci nella sua pelle. Anche se li rigenerava, altri, costantemente, ne venivano aperti da quella bufera che non sembrava avesse avuto intenzione di fermarsi. Avrebbe probabilmente continuato a colpirlo fino a che lei sarebbe rimasta in piedi. Digrignò i denti, irritato, e infine furioso tirò indietro il braccio. Il bicipite si gonfiò mostruosamente, mentre urlando caricava uno dei colpi più forti che avesse mai scagliato, e infine tirò il proprio pugno in avanti colpendo l'aria stessa. Fu solo l'onda d'urto a essere sprigionata, ma fu tale da contrastare quella bufera di grandine e arrivare fino a Priscilla, colpendola. Venne scagliata all'indietro, ma restò comunque tesa nella sua posizione difensiva e usando ancora il proprio vento riuscì a fermarsi e rimettere i piedi a terra.
«Non hai usato questo potere poco fa» ringhiò lui, accecato dall'ira.
«Mi avete macchiata, mi avete accecata, ma il mio cuore è sempre rimasto al suo posto e non ha mai smesso di battere in modo corretto, anche se sigillato. Per questo ho pianto e per questo non ho usato nemmeno un briciolo della mia vera forza per colpire i miei amici» spiegò Priscilla, prima di rialzarsi e cominciare a correre verso di lui urlando: «Non lo capisci, Ares?».
Saltò, si diede lo slancio col vento e arrivò contro l'uomo col pugno avvolto da un piccolo tornado caricando così il proprio colpo. Pugni e calci, cominciò a colpirlo con tutto ciò che aveva con una velocità incredibile e una potenza via via crescendo, ma nessuno di quei colpi scalfì nemmeno un po' l'uomo che aveva di fronte. 
«È questa la vita! Nasce dal cuore, si ciba dei sentimenti, è così che io mi sono liberata dalle catene di mio padre» continuò a urlare, intenta a colpirlo. 
«Sei solo debole!» ringhiò Ares, infine, stufo. Un solo pugno, gli bastò un solo pugno e Priscilla cessò la sua scarica di colpi e cadde in ginocchio senza fiato, tenendosi la pancia ora livida. Ares  la guardò solo qualche istante, dall'alto al basso, per poi sogghignare vittorioso. Mosse la gamba, le diede un violento calcio in pieno viso e Priscilla cadde a terra. Il vento intorno a lei e soprattutto i tornadi che avevano intrappolato alcuni dei membri di Olympos si dissolsero, come effetto della sua coscienza annebbiata per il colpo subito. Svenuta, o almeno così era sembrata. Non appena Ares passò oltre, diretto verso Laxus con chiari intenti omicidi, venne in realtà afferrato. La tremante mano di Priscilla, ancora stesa a terra ma ancora forte abbastanza da non arrendersi, afferrò la sua caviglia e gli impedì di proseguire oltre. 
«Che stai facendo?» sibilò Ares, furioso. Tutto quell'accanimento, quella determinazione... era inspiegabile. Si voltò nuovamente verso di lei e le piantò un altro calcio dritto nella schiena, schiacciandola a terra e facendola urlare per il dolore delle ossa sicuramente frantumate. Tornò ancora sui propri passi, intenzionato ad andare a dare il colpo di grazia a Laxus, ma ancora una forza lo trattenne per il piede. Un piccolo tornado gli si era attorcigliato alla caviglia e lo teneva ben fermo a terra, mentre dentro di lui continuavano a nascere schegge di ghiaccio che lo ferivano in continuazione. Solo graffi, fastidiosi e infiniti graffi che continuavano sempre a rimarginarsi. Con rabbia tirò via il piede, consapevole che la sua forza sarebbe bastata a liberarlo, ma con sorpresa questo non avvenne. Priscilla, ricoperta di ferite e sveglia per miracolo, alzò la testa e sghignazzò. 
«Sei molto più duro di me» disse. «Ma non per questo diverso. Rimarginare le tue ferite consuma la tua magia, prima o poi la finirai. Ti stai indebolendo e se continuerò a ferirti pian piano cadrai dalla fatica».
Ringhiando come un animale furente, Ares roteò su se stesso restando con la caviglia impiantata nella trappola di Priscilla, e tentò di colpirla con l'altro piede. Il colpo attraversò una foschia, la sua immagine che venne immediatamente dissipata dal colpo, e scoprì solo in quel momento che era appena stato ingannato da un’illusione. Colpi di aria compressa gli esplosero dietro la schiena e ancora ghiaccio e schegge si unirono, a creare di nuovo quei minuscoli tagli che non gli facevano niente ma che portavano la sua magia a consumarsi sempre di più. Tentò di voltarsi, di cercarla per colpirla, ma non trovò altro che aria e vento, freddo e ghiaccio, a imprigionarlo, a ferirlo e indolenzirlo.
«Il freddo intorpidirà i tuoi muscoli» disse ancora Priscilla, nascosta dal proprio Mirage, invisibile agli occhi. «Arrenditi, Ares. Più passa il tempo più ti indebolisci e se non puoi muoverti, non puoi colpirmi».
«Ti stancherai anche tu, prima o poi» sogghignò Ares. «Credi di conoscere i miei punti deboli perché siamo uguali, ma dimentichi che questi sono anche i tuoi. Chi credi cederà prima? Questa è una battaglia di logoramento perché sei ben consapevole che se mi affrontassi a viso aperto perderesti. Ma anche tu sei stanca, Priscilla. Hai immobilizzato solo un piede, in fondo» ridacchiò e in tutta risposta altro vento e altro freddo si abbatté su di lui, che nonostante il respiro pesante continuava a restare sempre ben fermo e dritto. Si guardò attorno, attento e preciso, cercandola senza trovarla.
"Sa che i miei pugni possono creare onde d'urto tali da colpirla anche a distanza, per questo si è nascosta" rifletté, ma non si sforzò nemmeno di trovare un modo per sopperire alla mancanza. Sapeva che Olympos aveva in realtà un grande vantaggio.
Zeus alzò semplicemente un dito, verso il cielo, e dalla sua punta nacque l'oscurità. Fu come se tutta la luce della zona fosse stata assorbita e risucchiata da quel dito, di loro non ne restò che ombre più o meno definite. E senza luce, il Mirage di Priscilla non poteva funzionare. Ares la vide, una sagoma nera che però era perfettamente riconoscibile, sollevata da terra dal proprio vento per evitare di fare rumore, tremava per la fatica ma era ancora in forza abbastanza da combattere. Tirò indietro il pugno, caricò tutta la forza che aveva e di nuovo colpì nient'altro che l'aria generando un’onda d'urto che, avanzando rapida, la colpì in pieno. La luce tornò appena in tempo per vedere Priscilla ancora una volta cadere a terra, urlante per il dolore.
«Adesso mi sono stufata, non mi importa se sei più forte di noi» urlò Evergreen, correndo verso Ares. «Non ti lasceremo uccidere così i nostri compagni!» 
«Ever, no!» urlò Priscilla, guardandola mentre preparava il suo attacco. Ares tirò nuovamente indietro il pugno e con un sorriso sadico si preparò a colpirla con tutta la forza che aveva. Il vento soffiò sotto Priscilla e le diede lo slancio per arrivare in tempo, spinse via la sua amica e il colpo di Ares centrò nuovamente lei. Ma questa volta non cadde a terra. Il braccio di ghiaccio era teso davanti al proprio viso, incrinato, cadeva a pezzi in più punti. Le ossa rotte, ma la sua magia era ciò che la teneva in vita e ciò su cui avrebbe fatto affidamento per restare in piedi. Il vento la teneva dritta, guidava i suoi movimenti, la muoveva come una bambola e la teneva in piedi. 
«Avresti potuta ucciderla con un colpo simile» ringhiò, notando un pezzo di ghiaccio del suo braccio cadere a terra in frantumi. 
«Era quello che speravo» ridacchiò Ares. «La morte... per un immortale come me che mai ne conoscerà il sapore è qualcosa di tanto affascinante, quanto esilarante. Bramo vederla sul volto dei miei nemici, scoprire ciò che essa ne comporta, non è curioso?»
«Sei ancora solo un bambino» disse Priscilla, irritandolo per il velato insulto. «Giochi a uccidere le formiche per sentirti onnipotente, per scoprire il significato di qualcosa che è infinitamente lontano da te. Tuo padre... tuo padre è stato anche più crudele del mio».
«Tch» sputacchiò Ares e sempre più furioso cercò di colpirla con un pugno, per farla stare zitta, ma lei con una velocità sorprendente viste le sue condizioni riuscì a schivarlo. 
«Non hai mai avuto paura di morire» continuò lei, schivando altri dei colpi di Ares ora incredibilmente rallentati visti la quantità di magia spropositata che aveva usato fino a quel momento. «Credi che sia qualcosa che non ti appartenga e se non sai cosa significa morire allora non sai cosa significa vivere. È per questo che voi non siete ancora liberi, mentre io sì. Non siete immortali, Ares... non siete immortali perché non siete nemmeno vivi. Siete solo marionette».
«Sta' zitta!» ruggì lui provando disperatamente a colpirla, senza riuscirci.
«Burattini» sussurrò lei, schivando l'ennesimo colpo. Un tornado scese dal cielo, il rumore di un ruggito, il rombo di un tuono. Nuvole addensate sopra la loro testa le avevano portate a scontrarsi e generare, con quel gioco di atmosfera e umidità, un freddo e affilato temporale. Le gocce di pioggia che scendevano dal cielo erano vere e proprie schegge di ghiaccio che continuavano a cadere su di loro e un tornado scese proprio sopra Ares, portando con sé la potenza di un tuono che aveva raccolto ed era riuscito a direzionare proprio nella sua direzione. La combinazione ghiaccio, vento e tuono fu fatale e Ares cadde a terra, ferito come mai lo era stato prima di allora. 
«Io non volevo uccidervi» confessò infine Priscilla, con un filo di voce. «Volevo liberarvi, volevo aiutarvi, ma la verità è che voi non volete essere aiutati e io mi sto accanendo nel voler salvare dei giocattoli troppo pericolosi. Voi non siete vivi, non posso salvarvi in nessun modo».
«Non essere stupida» digrignò i denti Ares, sollevandosi da terra. Alzò improvvisamente la testa e volgendole uno sguardo furioso le urlò contro con rabbia: «Tu sei esattamente come noi, lo vuoi capire o no? Salvare questa gente non ti renderà come loro, non sono la tua famiglia! Dici che con noi hai preso un abbaglio ma ti sbagli, sono loro il tuo errore, Priscilla! Guardaci... guarda le nostre ferite, guarda la magia che scorre dentro noi. Se noi siamo burattini, lo sei anche tu... un burattino che crede di essere un umano, un burattino che crede di essere vivo, una bambola di pezza convinta che la bambina che chiama sorella non si dimenticherà mai di lei e giocheranno per sempre insieme. In quale ridicola storia i bambini non crescono mai e continuano a giocare per sempre con le stesse bambole, eh?! Loro moriranno Priscilla, che tu lo voglia o no! E vivranno! Si dimenticheranno di te, come le bambine che troppo cresciute smettono di giocare con le bambole. Siamo immortali, io e te, e mentre le nostre strade non muteranno mai e proseguiranno per sempre, loro, in un modo o in un altro, spariranno dalla tua vista. Aggrapparti al desiderio di appartenergli non cambierà la realtà e tu stai combattendo ora le uniche persone che possono veramente darti un futuro».
Priscilla restò in silenzio, ad ascoltarlo, per tutto il tempo. Paroli forti, parole piene di un significato che non poteva negare e lei lo sapeva. Sapeva che Ares aveva ragione... ma non le importava.
«Conosco una storia in cui una bambola è infine diventata umana» disse lei, severa. Aprì il palmo della mano destra e lo puntò contro Ares, mostrando con orgoglio il simbolo giallo che primeggiava sulla sua pelle. «Ho imparato a provare dei sentimenti, a dormire, a mangiare, a sognare e desiderare, ho imparato a provare paura, a soffrire, ho imparato a combattere e soprattutto ho imparato ad amare. Ho imparato a vivere... posso imparare anche a morire. Che io sia una bambola, un gatto o un essere umano, fintanto che questo simbolo resterà su questa mano io sarò sempre e solo Pricchan, una maga di Fairy Tail. Niente di più e niente di meno. E in questo momento sto combattendo le uniche persone che stanno cercando di portarmi via tutto ciò che ho e che sono. Sinceramente del futuro me ne frego, per il momento. Non è la fine del percorso che conta, ma i passi che facciamo per arrivare ad esso. Io e te... siamo completamente diversi, Ares. Io non sono come voi, neanche un po'».
«Stronzate!» urlò Ares cercando di alzarsi e tornare a colpirla, ma un altro tornado ricolmo di fulmini e ghiaccio lo atterrò nuovamente. 
«Ho pietà di voi, perché è ciò che sono stata anche io in passato. Vi darò un'opportunità... una sola. Andatevene, adesso, e non toccate più la mia famiglia» minacciò, severa, ma Ares non si lasciò intimorire nemmeno un po'. Sogghignò, orgoglioso, e i suoi muscoli cominciarono a gonfiarsi. «Ci minacci? Credi che immortali come noi possano provare qualcosa come la paura? Priscilla... cosa credi di fare? Come ci fermerai? Noi non possiamo morire» sghignazzò.
«Sì, invece» e una pallida ombra nei suoi occhi fece per la prima volta venire i brividi all'uomo che aveva davanti a sé. «Voi potete morire... esattamente come me. Vi farò capire che significa avere paura della morte, vi farò provare lo stesso terrore che ha strozzato me per vent'anni... Ares, vi insegnerò la vita e lo farò uccidendovi».

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Capitolo 69
*** Dissolvenza ***


Dissolvenza






C'era solo un modo per porre fine a degli immortali come loro, ancora legati allo spirito e all'anima del loro creatore. Zeus era lì, osservava e vegliava sui suoi figli, ma non faceva la sua mossa, affiancato da un'altrettanta silenziosa e giudiziosa Athena. Così come Ivan aveva da sempre minacciato il suo spirito, la sua esistenza, così come Ivan aveva insegnato lei il primo sentimento che avesse mai imparato, quello della paura, lei ora poteva insegnarlo a loro. Uccidendo Zeus... loro sarebbero caduti come burattini senza vita.
Ombre su di lei, spalancò gli occhi sorpresa e si voltò a guardarsi le spalle. Ebe e Eris sbucarono dalla nebbia che Dike aveva fatto avvicinare silenziosamente alle sue spalle e si prepararono a colpirla. Un soffio di vento, poté schivarle, ma questo la spinse a sporgersi verso Ares alle sue spalle che trovò finalmente l'occasione per colpirla. La scaraventò via, facendola rotolare, e Ebe e Eris caricarono nuovamente, ad armi spianate. Con un urlo Erza tornò alla carica, piena zeppa di ferite, ma ancora forte e determinata. Intercettò la lama di Eris, mentre Bisca e Alzack riuscirono a sparare contro Ebe. Ares, ora libero e di nuovo carico, tornò a puntare Priscilla ma un fulmine lo colpì in pieno trascinandolo al suolo per almeno un paio di metri. Laxus emerse da esso, ora di nuovo in piedi, e lo spinse via. Efesto strisciò all'interno della sua lava fino a lei e saltò fuori appena in tempo per travolgerla, ustionarla e bruciarla col calore del proprio corpo, ma l'urlo di Natsu anticipò la sua mossa e riuscì a salvarla, trascinando via il proprio nemico. Persefone lanciò contro di lei i propri spettri, ma Bickslow prese possesso di un paio di loro e li usò per rivoltarsi contro i suoi compagni.
«Ti aiuto!» gridò Fried, incidendo delle rune al suolo che avrebbero distrutto tutti gli spettri che fossero finiti al suo interno. Hermes corse verso di lei ma Gray ghiacciò il terreno, lo fece scivolare e Jet poté finalmente prenderlo. I soldati di fango di Ilizia tentarono anche loro il proprio attacco ma Levy, Cana e Lucy riuscirono a distruggerne un po'. Gajeel colpì la chitarra di Dioniso e la distrusse prima che avesse potuto usarla per far loro esplodere le orecchie dal frastuono che era in grado di produrre, un suono acuto e terribile in grado di distruggere persino i neuroni. Wendy usò la propria magia curativa per contrastare l'effetto della magia dell’immortale che colpiva l'equilibrio e Romeo diede al ragazzino il colpo di grazia colpendolo con il proprio fuoco. Lluvia riuscì a prendere il controllo dell'umidità della nebbia di Dike e così manipolarla per allontanarla, combatté contro di lei corpo a corpo, nebbia contro acqua, alla pari ma comunque abbastanza forti entrambi da restare impegnate. Apollo e Artemide diedero il loro contributo lanciando frecce, ma i proiettili di Bisca e Alzack le neutralizzavano tutte. Eirene, Eunomia e Nemesi, ciascuna di loro provò a modo suo a lanciarsi furiose contro Priscilla ma vennero come le altre intercettate e bloccate, impegnate in una lotta furiosa contro una gilda che colpivano sempre più duramente ma che non sembrava aver intenzione di cedere nemmeno di fronte alla morte stessa. 
«Pricchan!» chiamò Laxus, tornando a tirar pugni furiosi contro l'uomo più forte che avesse incontrato fino a quel momento. Prima Ares, poi Laxus, ciascuno di loro restava ferito e colpito, atterrito, si rialzava, colpiva di nuovo, sempre più furioso, sempre più feroce, facendo vibrare l'aria e il terreno. Priscilla si alzò da terra e cominciò a correre verso il suo ultimo e unico obiettivo. Zeus.
«Fermatela! Athena!» gridò Ares, guardando la ragazza correre indisturbata verso il loro creatore, in mezzo a lotte che non sembravano turbarla nemmeno un po'. Ciascuno di loro dava il proprio contributo per proteggerla, aprirle la strada, e Zeus era sempre più vicino.
«È l'ultimo avvertimento, Ares! Andatevene adesso!» ruggì Priscilla avvolgendo il suo intero corpo di vento che l'avrebbe protetta e avrebbe caricato il suo colpo di una forza necessaria a uccidere. 
«Athena!» gridò ancora Ares, prima che Laxus gli tirasse un colpo di testa in grado di destabilizzarlo. 
Con un urlo Priscilla ingrossò il vento presente sul braccio. «Vi spazzerò via tutti e due!» gridò preparandosi a colpire. Un passo dopo l'altro, finalmente a pochi centimetri dal suo bersaglio, il tempo era come rallentato. Zeus alzò di un solo centimetro da terra il bastone che usava per camminare e lo sbatte al suolo, con un tocco secco e deciso... e Priscilla cadde in avanti. Non un alito di vento le accarezzava più la pelle, né un briciolo di energia le permise di muovere anche solo un dito. Zeus la tenne sollevata da terra con un braccio, sorreggendola come fosse stata una bambola senza vita, e non si scompose minimamente.
«Pricchan!» gridò Laxus, terrorizzato nel vederla in quelle condizioni.
«Priscilla-nee!» gli fece eco Wendy, già con le lacrime agli occhi.
Dioniso, di fronte a lei, sghignazzò orgoglioso e soddisfatto prima di dirle: «Nessuno può avvicinarsi a Padre Zeus, lui risucchia ogni cosa. Magia, energia, luce... la vita stessa. Se ne impadronisce, ciucciandola via dagli altri. Come credi che possa tenersi ancora in vita e in forma nonostante la fatica di dare un'anima a ben quindici figli?»
«Risucchia...» mormorò Wendy, cercando di comprendere appieno quell'informazione.
«Risucchia questo allora!» ruggì Natsu, furioso, prima di gonfiare la propria pancia e lanciare contro Zeus e Athena il suo Ruggito del Drago. La palla di fuoco dalle dimensioni imponenti raggiunse rapidamente Zeus, ma Athena mosse una mano e un enorme libro comparve davanti a loro. Il colpo di fuoco di Natsu colpì le pagine aperte e vi entrò, come se stesse attraversando un portale magico, e ne venne risucchiato. 
«Natsu, vai ancora!» incalzò Laxus tirando ad Ares l'ennesimo pugno per allontanarlo. Si voltò subito dopo e in un istante gonfiò anche la propria di pancia, lanciando addosso a Zeus il proprio ruggito di fulmini. Natsu, da un'altra angolazione ripeté l'attacco e Gajeel, da un'altra ancora, non si tirò indietro. Ruggito del Drago di Fuoco, del Fulmine, del Ferro, del Cielo con Wendy, e poi i proiettili di Bisca e Alzack, il fumo di Wakaba, l'ombra di Macao, le carte di Cana, il ghiaccio di Gray e l'acqua di Lluvia. Un attacco combinato a distanza, da parte di tutti i membri della gilda, anche a costo di voltare le spalle al proprio nemico e dar ai membri di Olympos un vantaggio per colpirli. Decine di libri si aprirono intorno a Zeus e Athena e assorbirono con facilità ciascuno di quegli attacchi, lasciando intaccati i due al centro se non per una nube di fumo e polvere che la potenza di Fairy Tail aveva scatenato su di loro. Intoccati, nonostante avessero ricevuto su di loro la scarica magica di una gilda intera, più di tutti quei due dimostravano di meritare il ruolo di Master e assistente. Ma proprio da quel fumo che ora occludeva loro la vista una piccola saetta bianca sbucò a una velocità incredibile e imprevista, afferrò Priscilla per la maglia e la trascinò via, in volo. Priscila riuscì ad aprire gli occhi, sentendo l'energia tornarle piano piano man mano che si allontanava da Zeus, e curiosa di vedersi sollevata da terra spostò pigramente lo sguardo a colei che la teneva per la maglia con le sue piccole e tremanti zampe bianche.
«Charle» mormorò, vedendola in lacrime.
«Non azzardarti a morire qui, stupida ragazzina!» la rimproverò, tirando su col naso. Priscilla non ebbe nemmeno la forza di rispondere, si sentiva come se si fosse appena svegliata da un infinito sonno e dovesse ancora riprendere piena coscienza di sé. Abbassò lo sguardo al suolo, guardando le due gilde ancora impegnate in quell'estenuante combattimento dove Fairy Tail dava fondo a tutta la sua disperazione mentre Olympos, per quanto venisse colpita, riusciva sempre a rialzarsi come se avesse appena cominciato. Ogni attacco, ogni colpo, ogni speranza sfumava via di fronte all'ennesima ferita che si rimarginava e a un Master inavvicinabile e intoccabile. Si corrucciò, addolorata, quando vide che quell'ultima mossa che aveva permesso a Charle di aprirsi una breccia e venirla a salvare era costato così tanto. I membri di Fairy Tail, per sparare quell'attacco all'unisono, avevano voltato le spalle ai loro avversari e questo aveva permesso di dar loro il colpo decisivo. Caddero a terra, distrutti, feriti, disperati, sfiancati e probabilmente privi di ogni speranza. Riuscì a intravedere, nel pigro ondeggiare delle sue braccia, il proprio simbolo di Fairy Tail stampato sul palmo della mano e ripensò al suo significato.
"Il palmo della mano destra è la prima cosa che si porge a coloro che si vuole aiutare" aprì la mano e l'allungò, delicata e affaticata, verso terra, verso i membri di Fairy Tail, come se avesse voluto afferrarli. "Il simbolo di Fairy Tail puoi stringerlo delicatamente tra le dita, proteggerlo, curarlo" e delicatamente strinse le dita, in quell'azione simbolica, portandosi poi quella stessa mano al petto, all'altezza del cuore. Dove avrebbe portato per sempre ciascuno di loro. 
Charle cedette improvvisamente, le sue ali scomparvero prima che avessero potuto raggiungere una distanza di sicurezza, ed entrambe cominciarono a cadere verso terra.
«Quell'uomo ha una magia... assurda» commentò Charle, ora priva di forza e energia. Solo passargli accanto, per prendere Priscilla e poi allontanarsi, era bastato per risucchiare la totalità della sua magia ed energia nonostante gli fosse stata accanto solo per un brevissimo istante. 
«Charle!» chiamò preoccupata Priscilla, prendendola al volo e stringendola al petto mentre entrambe cadevano verso terra. Si corrucciò e un improvviso soffio di vento riuscì a sorprenderle dal basso, facendole galleggiare per qualche istante e poi atterrare delicatamente sui propri piedi. Strinse la gatta, che ora respirava faticosamente, al petto. 
«Priscilla» ansimò lei, sforzando un sorriso. «Possiamo... ancora vincere, vero?» chiese, in un ultimo guizzo di speranza e desiderio. Intorno a loro, con urla di dolore, uno a uno, tutti i suoi compagni cadevano per mano di un nemico che era praticamente invincibile. Lacrime, urla, speranze che non volevano cedere nemmeno di fronte all'ennesima ferita. Eppure almeno la metà di loro, ora, non riusciva più nemmeno ad aprire gli occhi. 
«Sì» strinse i denti Priscilla. La fronte si corrucciò, ma lo sguardo, benché invaso di lacrime, era di una sicurezza indiscutibile. «Possiamo ancora vincere, Charle».
E lo credeva davvero. 
Poggiò delicatamente Charle a terra e fece un paio di passi avanti, distanziandola appena ma restando frapposta tra lei e i nemici, per proteggerla. Fissò intensamente Zeus e Athena, con uno sguardo infuocato di rabbia e ora determinazione.
L'avrebbe fatto. Non c'era altra scelta.
Sapeva che quella mossa avrebbe potuto farli vincere, ne era certa, soprattutto se Zeus era un risucchiatore come aveva appena spiegato. Quella era la sua unica debolezza, poteva sfruttarla al massimo, poteva vincere certamente. Eppure... non riusciva a smettere di tremare. 
Athena aveva il potere della lettura. I libri erano la sua arma, ma la sua incredibile capacità risiedeva nella lettura. Poteva leggere qualsiasi cosa, decine, centinaia di libri anche in lingue sconosciute e perdute da tempo, ma soprattutto poteva leggere le persone. Passato, presente, futuro, i pensieri e le intenzioni, chiunque era come un libro da scoprire e da leggere fino in fondo. E parole uscirono dalla testa di Priscilla, parole che lei poté leggere con chiarezza. Spalancò gli occhi e per la prima volta da quando l'avevano incontrata abbandonò l'espressione superiore e concentrata che aveva in un solo istante.
«Stupida, se userai quella magia non potrai più tornare indietro!» ruggì, lasciandosi sfuggire uno sguardo panico dal viso. Una voce, una frase, che non riuscì  a non attirare l'attenzione dei presenti. Chi per il significato di quelle parole, chi perché sorpreso e spaventato di vedere proprio su Athena un'espressione terrorizzata come quella. Che stava succedendo?
«Se la cosa ti spaventa tanto allora significa che ho ragione... posso uccidervi con questa ultima mossa» disse Priscilla abbozzando un sorriso, benché stesse ancora tremando come una foglia. Athena digrignò i denti e non esitò a chiamare a raccolta alcuni dei suoi libri, che lanciò violentemente contro di lei. Priscilla saltò e volò, schivando i loro colpi. Erano ottimi per difendersi, come avevano visto, ma in attacco erano alquanto carenti. Erano lenti e imprecisi, schivarli era una passeggiata soprattutto per una maga del vento come lei. 
«Il tuo master ti ha proibito categoricamente di usarla, ricordi?!» ruggì ancora Athena, furiosa, leggendo nel suo passato qualcosa a cui avrebbe potuto aggrapparsi per fermarla.
«Il... master?» mormorò Wendy, in ginocchio per l'ennesimo colpo andato a vuoto e che aveva permesso a Dioniso di colpirla. 
«Una mossa che il master le ha proibito di usare...» mormorò Lucy, stesa al suo fianco, ormai stremata. 
«Credi che questo mi fermerà? Sono pronta a tutto per salvare la mia gilda, anche rinunciare al mio corpo!» gridò lei, prima di spazzare via quei fastidiosi libri con un colpo di vento. 
«Cosa...?» mormorò Laxus, in ginocchio di fronte a Ares che lo teneva per la maglia. Aveva preso pugni in faccia fino a quel momento, ma di fronte a quelle parole entrambi avevano per un istante abbandonato il loro istinto belligerante. 
«Cosa significa...?» insisté lui, pallido in viso.
«L'aria è instabile, le molecole si disperdono, ti sparpaglierai per tutto il mondo e per te sarà impossibile tornare indietro. Non potrai più ricomporti! Che razza di vittoria è quella in cui non sarai qui?! Ti stai sacrificando per una gilda che non rivedrai mai più!» ruggì Athena ma lei restò irremovibile. Nonostante le guance umide di lacrime, sul volto di Priscilla nacque un sorriso. L'ultimo sorriso. Era quello il ricordo che era intenzionata a lasciare di sé nei membri della sua famiglia. Una Priscilla sorridente, felice di averli a fianco. Divaricò appena le gambe e incrociò le braccia a forma di X tra loro sopra la sua testa, stringendo i pugni. 
«A-aspetta un attimo...» mormorò Laxus, che ancora non capiva di che razza di mossa fosse ma non gli importava. Gli bastavano quelle parole per comprendere che non avrebbe voluto mai nemmeno scoprirlo. «Un attimo solo... Pricchan!» balbettò, spingendo via Ares con una mano e cominciando a gattonare verso di lei. 
«Ragazzi» disse lei con un tono inquietantemente amorevole e sereno. «L'aria che vi circonda, che respirate, di cui vivete...» un singhiozzò la interruppe, ma non smise di sorridere. «Anche se non potrete vedermi... sarò sempre con voi» tremò. Evergreen si portò le mani alle labbra, mentre una lacrima le scese dal viso, ma non fu la sola di cui si udì lamenti e singhiozzi. Ares scattò, rapido come una faina, anche senza l'ordine di Zeus. Il volto panico, disperato e furioso. Superò Laxus, tanto ferito da non essere nemmeno in grado di alzarsi in piedi, e corse a pugno teso verso Priscilla. Non disse una parola ma saltò e spinse il pugno in avanti a piena forza, pronto a colpirla con tutta la violenza che aveva dentro. Ma Priscilla, un attimo prima di essere colpita, allargò le braccia sopra di lei, formando un semicerchio le portò rapidamente in orizzontale. Spalancò le mani, assumendo una forma come di un crocefisso e infine urlò il nome di quella terribile mossa che persino suo nonno le aveva sempre proibito di utilizzare.
«Dissolvenza!»
Il pugno di Ares colpì il vuoto, attraversando solo qualche immagine residua di una Priscilla che come farina si sgretolava  e si disperdeva nell'aria circostante. 
«P...» la voce di Wendy, di fronte a una scena tanto assurda che sicuramente aveva iniziato a pensare fosse solo frutto di un incubo. Pallida, gli occhi vitrei, le spalle abbandonate a se stesse. «Priscilla-nee?» chiamò con un filo di voce, come se da un momento a un altro lei fosse potuta apparire da qualche parte e risponderle: «Sono qui». Ma niente di ciò accadde, solo il vuoto e un inquietante silenzio rotto dal rumore di un vento delicato e caldo che accarezzava loro la pelle, in un soffio lamentoso.
«Pricchan!» l'urlo disperato di Laxus fece tremare quello stesso vento da cui erano circondati. Una voce imponente, una voce straziata, una voce strappata dal supplizio e dal rancore di non essere riuscito a essere tanto forte da impedirle quell'ultimo folle gesto. Tremò e tentò di gattonare in avanti, per raggiungere il punto dove lei era scomparsa, ma le ferite, il dolore e la disperazione  gli obnubilavano la testa. Arrancò e non riuscì che a strisciare. Intorno a lui, per qualche strano maleficio, il mondo intero sembrava come congelato. Non un fiato respirava, solo lamenti da chi era più emotivo, sussurri di incredulità, il vuoto che era crollato sulle loro teste. Persino i membri di Olympos si erano paralizzati, confusi, spaventati, chiedendosi probabilmente cosa sarebbe successo a ciascuno di loro. 
«Ares?» la voce di Eris, un sibilo, mentre lei avanzava di un passo verso il suo compagno immobile. Una goccia di sudore freddo le scivolò giù dalla tempia e pallida, come se la vita l'avesse già abbandonata da un pezzo, allungò una mano verso di lui. «Ehy... Ares... fa' qualcosa, no?»
«Noi... non possiamo morire, giusto? Ares, è vero?» chiese anche Ebe con la stessa voce rotta dal terrore, ma a rispondere a quel quesito fu lo stesso Zeus. Un lamento gutturale, si portò straziato una mano tremante al petto. Perse la presa sul proprio bastone e si accasciò, in ginocchio, respirando faticosamente ad ampie boccate. Athena al suo fianco lo guardò, senza muovere un dito, non facendo che tremare. Si interrogava, interrogava le sue infinite conoscenze, su un modo per riuscire a difendersi da tutto quello, ma non c'era risposta. Priscilla era diventata l'aria stessa, era penetrata nei tessuti di loro padre, ogni respiro era un accesso libero per lei all'interno del suo corpo e da lì lo stava distruggendo. L'unico modo per impedirle di proseguire era privare padre Zeus della stessa aria che lo circondava, ma anche quello voleva dire ucciderlo. 
«Padre Zeus!» gridò Dike, terrorizzata.
«Padre!» gli fece eco Eirene e insieme a Eunomia, Efesto, Dioniso e Hermes, lo circondarono. Cercarono di tenerlo sollevato, lo guardavano e lo studiavano, ma nessuna risposta arrivava alla loro mente. Athena, al suo fianco, fece un passo indietro. Si portò le mani al volto e negò debolmente con la testa, fissando suo padre che ai suoi piedi cadeva a terra. L’anziano tossì, sputò sangue, mentre le molecole di Priscilla dentro di lui distruggevano ogni organo e chiudevano ogni vena.
«Athena!» chiamò in lacrime Ebe. «Che facciamo?» 
«Ares!» chiamò Eris, puntando all'unico punto di riferimento che avesse, ma lui continuava a restare immobile. Spalle abbandonate, testa china in avanti, gli occhi non erano più rossi. Aveva perso ogni istinto combattivo.
«Ares... ti prego» singhiozzò Afrodite, ora inginocchiata a terra.
«Padre Zeus!» l'urlo disperato di Dike, che tenendolo tra le braccia, lo sentì spirare l'ultima volta. «Padre Zeus!» chiamò ancora e un lieve lamento nacque tra di loro, sempre più forte. Dioniso cadde in ginocchio, in lacrime, Hermes subito dopo lo imitò. Ebe, Dike, Nemesi, Persefone... Eunomia prese tra le braccia i due gemelli e li strinse entrambi forti al petto, Ilizia si avvicinò a Eris, ora seduta per terra, e le mise una semplice mano sulla spalla. Afrodite cominciò a singhiozzare, coprendosi il volto con le mani, Efesto si lasciò cadere steso a terra, stanco per la battaglia, decise di dedicare quegli ultimi istanti di vita che gli rimanevano per ammirare il cielo. 
«Athena l'aveva detto» mormorò Eris, abbandonata si appoggiava alla sua spada conficcata a terra, ormai rassegnata. «Averla come nemica è stato un errore». 
«Eunomia-nee» mormorò Apollo, confuso, ancora troppo piccolo per comprendere. «Perché piangete tutti?»
«Hanno vinto loro, Eunomia-nee?» chiese Artemide, altrettanto confusa. 
«Vinto» mormorò Ares e lentamente spostò gli occhi di fianco a sé. Respirando faticosamente, più per il dolore che per la stanchezza, Laxus si era trascinato fino a lì. Dalla gola serrata continuavano a uscire lamenti mentre una guancia si inumidiva di una lacrima che persino un uomo orgoglioso e virile come lui non era riuscito a trattenere. Si aggrappò, con le dita tremanti e rigide, all'unica cosa che restava di Priscilla... i suoi vestiti, abbandonati a terra. Singhiozzando e lamentandosi, se li avvicinò al viso e ci affondò il volto, chiudendo gli occhi. Poteva ancora sentire il suo odore, non solo su di essi, ma tutto intorno a sé. Poteva sentire la sua voce chiamarlo, in quel leggero soffio di vento che gli fischiava nelle orecchie. Poteva sentirla ridere, divertita, in un eco caotico dei loro compagni di gilda mentre si azzuffavano. Non voleva alzare gli occhi, non voleva alzarsi da terra e rendersi conto che tutto ciò che aveva sempre avuto in un solo istante l'aveva perso. Era stato lui a voltarle le spalle per ben due volte, a prendere le distanze, era stato sempre lui quello che decideva di andarsene perché dentro sé sapeva, egoisticamente, che quando voleva tornare indietro l'avrebbe sempre ritrovata. L’aveva sempre data per scontata, convinto che lei sarebbe sempre stata lì per lui. Una casa allegra, una casa accogliente, il calore di un sorriso, di un abbraccio, di una parola gentile... sapeva che mai avrebbe perso tutto quello e appoggiarsi a quella realtà l'aveva da sempre spinto a temporeggiare, a voltarsi dall'altra parte, a non guardare. Adagiato a una quotidiana presenza, al desiderio di lasciare tutto com'era, era rimasto immobile anche quando la realtà andava ben oltre, sempre più avanti, e solo ora che sentiva di averla persa per sempre si rendeva conto di quanto fosse stato sciocco. La sua presenza, costante ed eterna, l'aveva da sempre rassicurato così tanto. Ma ora... quando avrebbe voluto tornare a casa, dove sarebbe andato? Quale posto era degno di chiamarsi casa, se a riceverlo non c'erano i suoi sorrisi? Persino quando l'aveva allontanata, all'alba dei suoi diciotto anni, aveva avuto bisogno di lei. Era stata una presenza fissa, eterna, a cui si era sempre appoggiato. Tutto ciò di cui aveva davvero avuto bisogno. E ciò che faceva più male... era che non glielo aveva mai detto. Che non le aveva mai risposto, che aveva sempre eliminato dai ricordi un bacio che lei gli aveva coraggiosamente rubato o il sussurro di una supplica che da sempre gli rivolgeva quando pensava che lui non potesse sentirla. Lei lo amava e lui aveva sempre fatto finta che non fosse vero, di non vederlo, per paura di quello che poi ne sarebbe stato di loro. Convinto, stupidamente, che se l'avesse negato tutto sarebbe rimasto immutato per l'eternità e lei avrebbe per sempre condito ogni suo ricordo con quel suo candore primaverile. Come se non fosse mai potuta sparire, come se avessero potuto entrambi vivere per sempre nella semplicità di quella felicità genuina e quotidiana. 
Ma ora... non restavano che degli abiti vuoti e un'aria tanto dolce e tiepida a tormentarlo, perché sapeva che quelle erano le sue carezze, i suoi abbracci, i suoi sussurri d'amore, ma lui non poteva più sentirli. Ormai lui non avrebbe più potuto sentirla sussurrare nella notte, speranzosa di non essere sentita, di tenerla sempre con sé. 
«C'è davvero un vincitore?» mormorò Ares, guardando Laxus a terra che tremava e piangeva nascosto negli abiti abbandonati di Priscilla. Il vento gli scompigliò i capelli, facendo svolazzare il lembo dei suoi pantaloni, e lui alzò il naso verso il cielo, socchiudendo gli occhi. Ne assaporò il tocco e un amaro sorriso infine gli adornò il volto.
«Adesso riesco a capirlo» mormorò, prima di aggiungere in uno sforzo improvviso: «Priscilla...». Il dolore gli accecò la vista, poté sentirlo all'altezza del petto che parve stritolargli il cuore. La vista si oscurò, la mente si annebbiò, i muscoli persero improvvisamente tutta la loro forza. Cadde in ginocchio e respirando affannosamente si portò una mano al petto. Vide con la coda dell'occhio metà dei suoi compagni già stesi a terra, immobili, mentre altri stavano subendo la sua stessa sorte. Padre Zeus era morto, i suoi organi collassati per mano di Priscilla che sfruttando l'aria era penetrata dentro lui e l'aveva distrutto dall'interno. La magia difensiva di Athena era stata inutile, ogni magia era inutile, persino il suo risucchio non l'avrebbe salvato ma anzi aveva accellerato il processo risucchiando dentro sé sempre più molecole magiche di una Priscilla ormai dissolta e dispersa per l'intero mondo. E con la morte della loro unica fonte di vita, anche loro, uno dopo l'altro, esaurivano la scorta di vita che gli restava e cadevano a terra. Olympos stava morendo, la gilda degli immortali era stata uccisa e con quell'ultimo atto, solo in quei brevi attimi, avevano finalmente vissuto e l'avevano fatto liberi. Solo pochi istanti, brevi minuti, eppure anche se per così poco loro erano stati liberi e avevano compreso cosa significasse vivere in un mondo come quello. Avevano compreso la vita... attraverso il sentimento della paura.
«Ares» fu l'ultimo respiro di Eris, stesa a terra vicino alla sua spada, con la mano allungata verso il fratello maggiore. Una preghiera, una supplica, che lui colse appieno. Lo stava pregando di salvarla, i suoi occhi spalancati, anche se ora vuoti, erano umidi di lacrime. Sua sorella, nell'ultimo istante, aveva rivolto a lui la sua unica speranza perché sapeva, sentiva, che lui poteva salvarli. Ingenuamente, lo credeva. Ares si era sempre occupato di tutti loro, fin dalla loro nascita, Eris era certa che poteva farlo ancora. Ma quella certezza, lui lo sapeva, era mal riposta.  Non poteva salvarla, non poteva salvare nessuno di loro. Tutti i suoi fratelli, che tanto aveva desiderato avere a fianco, di cui si era occupato con tutto l'impegno che aveva avuto fin dal primo giorno della loro vita, tutti i fratelli che quando avevano bisogno sapevano che potevano chiamare il suo nome... tutti loro, ora, giacevano a terra senza vita. E la colpa era solo sua.
Ares cadde a terra, primo della sua generazione, ultimo nella sua cessazione, seguito dalla prima lacrima che fosse mai stato in grado di versare. 
Così moriva la gilda degli immortali.
Così iniziava a vivere Olympos.
Dioniso fu il primo a tirare un grosso respiro, come se fosse appena riemerso da una terribile apnea. Hermes tossì e poco dopo anche lui riprese a respirare, Ilizia dopo di lui e poi Ebe, Eunomia, Eirene, Afrodite, i gemelli ed Eris. Uno a uno, chi prima e chi dopo, tornava a respirare e a riaprire gli occhi. Confusi, increduli, neanche avevano la forza di chiedere cosa stesse accadendo e se magari Athena o Ares fossero stati in grado di fare qualcosa. Si guardavano attorno, constatando che anche gli altri fratelli uno a uno si tiravano nuovamente su, in ginocchio, seduti, tornando a respirare e vivere. 
Wendy, pochi passi da Dioniso, infine crollò a terra e venne sostenuta da Cana vicino a lei. Sudata fradicia, ormai priva di forze, si lasciò andare a un meritato riposo ansimando un soddisfatto: «Ci sono riuscita... appena in tempo».
«Wendy... stai bene?» si avvicinò Happy, preoccupato, mettendole una zampa amichevole su un ginocchio. Lei annuì, nonostante non avesse nemmeno le forze di tenersi in piedi. «Da quando Priscilla-nee mi ha detto che la mia magia forse avrebbe potuto liberarla e darle la vita, insieme a Polushka-san abbiamo studiato molto su questo aspetto. Non ero sicura di poterlo fare, ma visto che in alternativa sarebbero morti... ci ho voluto provare» spiegò. «È stato molto più difficile del previsto» ammise, per giustificare la sua stanchezza.
I membri di Olympos, sentita la spiegazione di Wendy, cominciarono a lanciarsi silenziosi sguardi di vario tipo. Chi sorpreso, chi ancora confuso, chi cominciava invece a manifestare la prima vergogna. Il nemico, coloro che avevano insultato e cercato di uccidere fino a un attimo prima, proprio quello stesso nemico aveva loro salvato la vita. 
«Però...» mormorò poi Wendy, spostando gli occhi poco più avanti. Nonostante tutto quello che era successo, nonostante Zeus fosse stato sconfitto e Olympos liberata, nonostante fossero quasi morti... nonostante tutto quello che stava ancora accadendo, Laxus non si era mosso nemmeno per alzare gli occhi e guardarsi attorno. Ancora accasciato a terra, i muscoli tesi, i lamenti che ancora gli uscivano dalla gola, versava lacrime su quegli abiti che ancora stringeva tra le dita tanto che avrebbe potuto strapparli. «Non sono riuscita a riportarla indietro» mormorò Wendy, abbassando lo sguardo per nascondere un singhiozzo. «Ho usato tutto il mio potere per salvare i membri di Olympos, non ho forza di cercarla. A quest'ora sarà sparpagliata per tutto il continente» singhiozzò ancora, portandosi poi le mani al volto e lamentando un supplichevole: «Priscilla-nee».
E per quanto anche i più duri cercassero di restare calmi, persino membri del calibro di Elfman o Gray non riuscirono a trattenere una lacrima. Levy si strinse contro il petto di Gajeel, soffocando su di lui i propri lamenti, Lucy stesa a terra non trovò la forza di alzarsi e Lluvia, stringendosi in se stessa, si asciugava inutilmente una guancia. 
«È colpa nostra» la voce rotta di Dioniso diede un suono a ciò che macerava dentro i petti di tutti i suoi compagni. Abbassavano lo sguardo, lacerati dai sensi di colpa, ma solo lui aveva avuto il coraggio di esprimere a parole ciò che realmente sentivano. Hermes, che era un'anima pura e spontanea come lui, lo seguì poco dopo mettendosi a piangere e tirando su col naso. 
«Mi dispiace tanto essermela preso con voi» singhiozzò il rosso.
«Non pensavamo fosse sbagliato» singhiozzò Dioniso, vicino a lui.
«Non volevamo che Onee-san morisse o soffrisse» insisté Hermes. «Volevamo solo che restasse con noi».
«Non sapevamo cosa volevamo» mormorò Eris, tirandosi su con le braccia a mettendosi a sedere. «Facevamo solo quello che ci veniva detto».
«Ci siamo legati molto a Priscilla perché lei, a differenza nostra, era riuscita a liberarsi e sembrava sapere perfettamente cosa significasse stare al mondo. Abbiamo insistito per averla con noi» disse Ilizia, vicino all'amica. «Athena ha fatto in modo di convincere Padre Zeus che lei fosse necessaria».
«Desideravate che vi insegnaste, che vi aiutaste... ed è quello che ha fatto» la voce di Makarov, seppur rotta dalla stanchezza, arrivò non troppo lontana da loro.
«Master!» chiamò Lisanna, sorpresa e felice di vederlo sveglio. Al suo fianco sedeva Apollo, con in mano una fiala vuota e uno sguardo colpevole, mentre Afrodite dietro di lui gli accarezzava la testa sussurrandogli quanto fosse stato bravo a conservare l'antidoto. 
«Athena ha detto di portarlo» confessò Apollo e pian piano la matassa sembrava sbrigliarsi. Erano perfetti soldatini, macchine progettate per uccidere, obbedienti avrebbero seguito il loro master fino all'inferno, ma dentro loro già da tempo aveva cominciato a macerare il bruciante desiderio di avere qualcosa di più di un semplice percorso precostruito da seguire. Il bruciante desiderio di camminare con i propri piedi, verso luoghi diversi da quelli che gli erano stati ordinati. Il desiderio di libertà, di vita e amore, che Athena aveva silenziosamente accudito di nascosto. Costretta a seguire suo padre, aveva nell'ombra cercato di portare i propri fratelli sempre più vicini alla realizzazione di quel sogno di cui forse erano persino inconsapevoli. Uccidere delle persone non era mai stato la loro reale indole, per questo Athena aveva spinto Apollo a portare con sé l'antidoto che avrebbe potuto salvare il loro master. 
Makarov sospirò, cercando di nascondere in quel gesto di rassegnazione e fatica il dolore di scoprire che la sua amata nipote gli aveva disobbedito, usando una mossa che l'avrebbe condannata per sempre. 
«Priscilla porge sempre la mano destra verso chi chiede aiuto. È qualcosa contro cui non posso combattere» mormorò. «Ha provato a stimolare i vostri sentimenti, perché è da essi che nasce la magia, ma eravate troppo accecati da vostro padre per ascoltarla. Perciò si è aggrappata al sentimento primordiale, quello che ha provato anche lei prima di tutti gli altri... la paura. Ha cercato di insegnarvi il significato della vita, ha stimolato il vostro cuore e con l'aiuto della magia di Wendy è riuscita infine a liberarvi, salvando al contempo anche la sua amata gilda. Di fronte all'aspettativa di poter salvare tutti quanti, il sacrificio del suo corpo era ciò che le interessava meno. È questo il prezzo... che ora dobbiamo pagare» terminò Makarov, lanciando uno sguardo straziato al nipote che ancora inginocchiato a terra, con la testa poggiata al suolo, sembrava non si sarebbe mai ripreso. 
«Ares!» la voce imperativa di Athena si alzò insieme a lei, mentre tornava ad assumere una posa piena di orgoglio e superiorità. L'uomo a terra, che seduto guardava silenzioso ciò che gli stava accadendo intorno, si voltò curioso verso la sorella ma non proferì parola. «Terminiamo ciò che abbiamo iniziato» ordinò, lasciando persino Ares stesso sorpreso. Dopo tutto quello che era successo, dopo tutto ciò che avevano passato, proprio lei non si arrendeva?
«Uccidili» continuò Athena. «Uccidi Fairy Tail».
«Aspetta...» mormorò Ilizia, sconvolta.
«Athena, solo...» fece un passo avanti Afrodite, ma uno spettro le nacque da sotto i piedi e la bloccò. Persefone prese timidamente forma da esso e alzando le mani sussurrò con la sua solita sottile e timida voce: «Aspettate, per favore. Solo un attimo... per favore» si strinse nelle spalle, vergognandosi probabilmente di quell'atto di coraggio che era stato parlare a voce alta e mettersi contro i suoi stessi fratelli. Ma proprio quello fece capire che c'era qualcosa sotto... e li convinse a stare semplicemente a guardare.
Ares si alzò in piedi e si sgranchì il collo, si schioccò le dita, e si avvicinò infine a Laxus. Si fermò a un passo da lui e alzando il mento sogghignò.
«Patetico» disse e sentire anche solo la sua voce ebbe un primo effetto. Piccole scosse elettriche cominciarono a schioccare intorno ai muscoli di Laxus. «Si è sacrificata per cercare di ucciderci e guarda... siamo ancora tutti qua. Inutile e patetico. Cosa sperava di ottenere? Sperava che bastasse questo a spingerci a cambiare idea? Spaventarci, credeva sarebbe bastato per cominciare a provare ridicoli sentimenti e magari convincerci a lasciarvi in pace... debole e patetica. Vi ucciderò, e lo farò mentre lei non potrà fare niente per fermarci, sotto al suo sguardo» sghignazzò e guardò dall'alto al basso Laxus che reagiva alla sua provocazione esattamente come aveva sperato. Alzò finalmente gli occhi da terra, accecati da una rabbia folle, tanto che i denti serrati avrebbero potuto rompersi da quanto erano stretti dalla mascella. Avrebbe persino cominciato a sbavare come un cane rabbioso da un momento all'altro, probabilmente l'avrebbe fatto davvero. E l'elettricità intorno al suo corpo aumentava di scariche e intensità. 
«Guarda un po'» sogghignò Ares, sempre più provocatorio, e sorrise malignamente. «Tante belle parole, biondino, eppure non sei ancora riuscito a proteggerla come promesso. Tu sei anche più patetico di lei».
Con un urlo furioso Laxus si sollevò da terra e tirò ad Ares un cazzotto avvolto dal proprio potere dei fulmini. Ares riuscì a pararlo, anche se dovette indietreggiare di un paio di passi e questo gli costò una bella bruciatura sul braccio sinistro. Parò un altro colpo e contrattaccò, riprendendo così con lui la lotta esattamente da dove avevano lasciato... con un’unica differenza: Ares non aveva gli occhi rossi, ma scuri. Il suo intento non era uccidere, né tanto meno combattere. 
«Sei la sua condanna, non è ciò che ti ho già detto? E non sei nemmeno riuscito a sentire da subito che la Priscilla che ti ha riaccompagnato a casa non era lei» insisté Ares e più parlava, più l'elettricità intorno a Laxus aumentava, segno della sua rabbia che cresceva, del suo potere che veniva sprigionato nonostante fosse al limite già da tempo. «Pretendi di amarla, ma ti fai fregare così sotto al naso. Tante belle parole, solo tante belle parole e poi non sei che una delusione, una palla al piede! E ora vi uccideremo...» continuò, tirandogli una testata. «Così tutti i suoi sforzi saranno stati vani» ridacchiò e in un ultimo accecante atto di follia Laxus urlò di rabbia, si caricò con la restante elettricità che aveva in corpo e tirò ad Ares un potente pugno in pieno viso. Lui non provò nemmeno a difendersi. Venne lanciato via di qualche metro e restò seduto a terra, massaggiandosi il volto colpito, e guardando ciò che stava accadendo. Non aveva idea del perché Athena gli avesse chiesto di continuare, aveva intuito che doveva aver a che fare con Laxus visto che aveva indicato lui, ma si fidava di sua sorella e anche se non sapeva cosa nascondeva l'aveva assecondata. Fu una sorpresa anche per lui quando vide una sagoma azzurra prendere sempre più forma proprio davanti a Laxus, in ginocchio di nuovo per la fatica, ma ancora avvolto dall'elettricità per la rabbia accecante di cui non riusciva a liberarsi. Un pulviscolo azzurro si radunava sempre più, si accumulava di fronte a lui, fino a prendere una sembianza vagamente umana . E più i fulmini di Laxus schioccavano più rapidamente il pulviscolo riusciva a radunarsi e condensarsi. Quando Laxus si accorse della figura che aveva di fronte, Priscilla era ormai quasi del tutto riformata. Aggrappata al suo collo, stretta come se avesse paura di sparire di nuovo, ansimava per la fatica ed era madida di sudore. Terminò finalmente di ricomporsi e si abbandonò sulla sua spalla, senza avere persino le forze di tenersi sulle ginocchia. Laxus dovette afferrarla a stringersela contro per evitare che cadesse a terra. La nebbia di Dike li avvolse immediatamente e quando lei vi emerse si affrettò a poggiare sulle spalle nude della ragazza la giacca di Laxus, raccolta da terra non troppo lontano. Si allontanò poi lentamente, a testa bassa, lasciando ai due il loro spazio e sottolineando così la sua intenzione di non interferire se non per coprirla. 
«Grazie... Athena...» ansimò Priscilla con un filo di voce, troppo stanca persino per restare sveglia. Quella era stata la magia più sfiancante e straziante che avesse mai provato prima di allora, sentire il proprio corpo andare in frantumi aveva toccato un livello nella scala del dolore che mai prima di allora aveva anche solo sfiorato. Ma più di tutti era stato quasi impossibile riuscire a ricomporsi. Il vento, ribelle e irrequieto, l'aveva in poco tempo sparpagliata ovunque. Una parte di lei era rimasta lì, ad occuparsi di Zeus, ma il resto di sé era subito stato pronto ad allontanarsi e raggiungere luoghi infinitamente più lontani. Si era arresa al destino nell'istante in cui aveva deciso di usare quella magia, quando l'aveva attuata l'aveva fatto con la consapevolezza che quello sarebbe stato il loro ultimo addio, ma poi qualcosa di incredibile era successo e a quell'effimera speranza si era aggrappata disperatamente.
«Persefone mi ha detto che ha visto la tua anima lottare con tutte le tue forze per restare aggrappata a lui» disse Athena, abbandonando la sua posa colma di superiorità e avvicinandosi al resto dei suoi compagni. Artemide le corse in contro e lei si inginocchiò per prenderla in braccio a stringerla, rassicurarla. «Era l'elettricità dunque, come avevo intuito. L'elettricità della sua magia ha creato un campo elettromagnetico che si è rivelato particolarmente attrattivo nei confronti delle tue molecole. Hai usato ciò che restava della tua magia per aumentare questa forza attrattiva e restare almeno nei paraggi, ma bisognava che questa aumentasse per permettere a tutte le parti di te di radunarsi nuovamente e permetterti di ricomporti definitivamente. Probabilmente la forza attrattiva è dovuta al fatto che tu sei stata creata su misura per quella magia. Ares non è delicato, ma sapevo che avrebbe saputo toccare i tasti giusti per stimolare quell'uomo a dare fondo a tutto ciò che aveva e permetterti di riuscire nel tuo disperato intento».
«E io che speravo che tu volessi che lo uccidessi davvero» ridacchiò maligno Ares, benché fosse ormai palese che stesse solo scherzando per stuzzicare Laxus, cosa che ancora non aveva smesso di divertirlo. 
«Spero così di aver ripagato il nostro debito» confessò Athena, stringendo la piccola Artemide al petto. «Non vi chiediamo di perdonarci, ma spero che almeno così non ci riserverete rancore» aggiunse e tolse dai capelli della bambina dei pulviscoli causati dal combattimento di poco prima. Parole forti, colme di una vergogna che tutti provavano e di cui lei si era fatta portavoce. Sapevano che niente avrebbe potuto perdonare quel loro attacco insensato, avevano messo a repentaglio troppe vite, non gli interessava nemmeno la redenzione. Ma era giusto che loro potessero andare avanti con le loro vite senza ripercussioni, dimenticandoli se necessario. Mirajane, finalmente sveglia, si avvicinò a lei a passi lenti e delicati. Le si inginocchiò di fronte e diede una tenera carezza alla testa di Artemide, sorridendo amorevole ad Athena.
«È sempre difficile occuparsi di tutti, vero? Però è divertente poterli avere attorno, anche se ogni tanto esagerano» disse con una leggerezza che la colpì profondamente. Non c'era traccia di odio né tantomeno di rancore in quegli occhi. 
«Accidenti, piccoletto, sei veramente un fulmine!» esclamò Jet, avvicinandosi a Hermes e guardandolo con le braccia conserte e un allegro sorriso in volto. 
«Hai tenuto a bada da solo due Dragon Slayer e sei così giovane. Mi fai quasi invidia, lo sai?» disse Droy, inginocchiandosi di fronte a Dioniso. 
«Ci riusciva solo perché ci faceva venire il mal di mare!» ruggì Gajeel, offeso del fatto che lui e Wendy fossero stati messi alle strette da un moccioso come quello. Dioniso tirò su col naso e guardò con uno strano fascino il pacchetto di patatine da cui Droy si stava abbuffando -e chissà dove da dove aveva preso. «Cosa sono?» chiese timido, ma affascinato. Era stato l'unico che dopo la cena che avevano fatto insieme a Priscilla e i membri di Fairy Tail era rimasto veramente affascinato dal sapore del cibo. Almeno la metà di loro aveva finto, solo per sembrare simpatici verso Priscilla, ma lui aveva scoperto un vero e proprio paradiso terrestre. Il cibo era vita!
«Patatine! Vuoi assaggiare?» chiese Droy porgendogli il pacchetto e Dioniso annuendo timidamente allungò una mano, prese una manciata di patatine e iniziò ad abbuffarsi selvaggiamente. 
«Ehy, piano! Così le finisci!» sussultò Droy, contrariato dal fatto che un atto di gentilezza si fosse tramutato in un vero e proprio furto.
«E così hai bisogno di trasformarti in altre donne per sedurre un uomo?» chiese Evergreen provocatoria verso Afrodite, che in tutta risposta si trasformò in lei... ma senza vestiti. «Posso fare anche tante altre cose» disse Afrodite, per niente timida della sua nudità -anche perché era quella di Evergreen. Elfman lanciò un urlo nel vederla per poi diventare tutto rosso e assumere un'espressione per niente innocente. Evergreen, quella vera, reagì cominciando a colpire l'uomo con tutta la furia e la vergogna che aveva addosso. Bickslow scoppiò a ridere di fronte a quella scena, senza risparmiarsi nel tornare a sottolineare come tra i due ci fosse del tenero sicuramente, e anche lui si beccò qualche insulto dall'amica. Nascosta dietro Fried, che ora raggiungeva il compagno, sbucò la timida faccia di Persefone che lanciò lunghi e intensi sguardi a Bickslow, perfettamente visibile nonostante avesse cercato di nascondersi dietro l'amico. Non appena Bickslow la vide provò ancora a salutarla, visto che la prima volta era andata male, ma lei ancora reagì lanciando piccoli urletti di imbarazzo e si rannicchiò maggiormente dietro Fried decisa a restare lì tutto il giorno. Erza si sedette vicino a Eris, che si voltò dall'altro lato apparentemente astiosa e per niente intenzionata a socializzare, ma poi lei le mostrò una delle sue spade e il fascino della lama attirò l'attenzione dell'immortale tanto da farle dimenticare tutti i rancori. Efesto e Natsu iniziarono a scherzare tra loro senza neanche il bisogno di sforzarsi, cominciando una sfida a chi dei due fosse stato in grado di raggiungere temperature più elevate. Chiesero a Lucy di fare da giudice ma la ragazza si rifiutò categoricamente. Cana si avvicinò a Nemesi, Lisanna al piccolo Apollo e al Master che ancora aveva bisogno di riposare e riprendersi dagli effetti del veleno, Lluvia a Dike, Ebe e Ilizia e infine anche Eirene... tutti, senza bisogno di chiederlo apertamente, vennero coinvolti in qualche discorso o gioco come fosse una normale rimpatriata tra amici, come se non ci fosse stato tra loro nessuno scontro mortale fino a poco prima. 
E Priscilla, finalmente salva e a casa, poté piano piano riprendere le forze tra le braccia dell'uomo che inconsapevolmente le aveva salvato la vita. Lo sentì, che ancora tremava, scosso da quanto era successo poco prima. Nascondeva il volto sul suo collo, la stringeva tanto da farle male, si copriva con i suoi capelli come se si vergognasse, e in quell'antro tanto familiare poté sfogare del tutto la propria frustrazione e la propria felicità, mentre non poco lontano da loro il resto della sua famiglia riempiva quel luogo, che fino a poco prima era stato avvolto dalla morte, di gioia e vita. 
«Laxus...» mormorò Priscilla con quel poco di voce che aveva. Quella voce... sentire quella voce pronunciare il suo nome, aveva temuto che non sarebbe più accaduto. La strinse ancora di più, lasciando che un lamento gli uscisse dalla gola, e questo la intenerì immensamente. Era la prima volta in tutta la sua vita che lo vedeva così debole, così fragile. E per quanto desiderasse proteggerlo, evitare che potesse sprofondare nella vergogna per aver fatto scappare un lato di sé come quello, sentirlo così aggrappato a lei, sentirlo così disperato per lei, le portava al petto un'intesa gioia egoista. 
"Se io morissi... almeno in quell'occasione, verseresti una lacrima?"
«Laxus, stai piangendo... per me?» chiese amorevole e riuscì ad alzare una mano per potergli accarezzare la nuca. Sapeva che il suo orgoglio l'avrebbe portato a rispondere in un certo modo, perciò si preparò a sentirlo sbraitare o brontolare, accennando un sorriso divertito di fronte a quell'evenienza. Ma si sorprese molto quando invece Laxus reagì stringendola ancora di più e con voce lamentosa le disse, imperativo: «Non azzardarti mai più a morire senza di me».
"Perché sai, io penso che se tu morissi... sì, io credo che vorrei morire insieme a te".
Il cuore prese a batterle nel petto tanto forte che faticò a tenere sotto controllo il respiro. Era sciocco e forse era colpa dei suoi sentimenti, ma quelle semplici parole ebbero lo stesso effetto che avrebbe potuto avere una vera dichiarazione d'amore. Li legava, li legava indissolubilmente, li rendeva una cosa sola, li costringeva a stringere le dita le une nelle altre e non lasciarsi mai più andare. Il suo desiderio più grande, il suo sogno di averlo per sempre accanto a sé, era esattamente lì. Tra le sue dita... ed era lui stesso che glielo stava offrendo. 
«Ok...» mormorò lei, con le guance arrossate per l'emozione. «Va bene» balbettò non sapendo come altro rispondere,  e semplicemente si beò della dolce sensazione di poterlo stringere a sé in tutta quella bontà e in tutto quell'amore che aveva solo per lei. 
«Onee-san!» l'urlo simultaneo sia di Apollo che Artemide fu la freccia che ruppe definitivamente quella bolla in cui si erano rifugiati. Si voltarono entrambi a guardare i due bambini che gli correvano incontro, rincorsi da Lucy e Evergreen che imploravano loro di fermarsi e lasciarli stare. Inutilmente. 
Apollo e Artemide saltarono tra le braccia di Priscilla e l'abbracciarono, scoppiando in lacrime e chiedendole scusa per non essere stati bravi. La loro interruzione permise a Laxus di staccare la testa da quell'oblio in cui sembrava caduto, tornare alla normalità e anche ripulirsi il viso dalle lacrime che aveva smesso solo allora di versare. Tornare normale... in un certo senso gli fu grato. Gli permise di ricomporsi.
Priscilla strinse entrambi i bambini, accarezzò loro le teste e li rassicurò, amorevolmente. Nessuno di loro, nessuno di Fairy Tail, portava rancore nei loro confronti. Sapevano benissimo cosa significava avere un padre manipolatore e viscido. 
Li consolò per un po', per poi spostare infine lo sguardo sull'unico, di tutta la gilda Olympos, che ancora non avesse accennato nemmeno a un sorriso o a una parola amichevole. Ares se ne stava da solo, ancora seduto a terra dopo l'ultimo colpo subito da Laxus, a pochi metri da loro. Con lo sguardo torvo, silenzioso, non faceva che guardare la sua famiglia che stringeva amicizia con coloro che avevano tentato di uccidere fino a quel momento. Non c'era bisogno certo di conoscerlo bene per capire e leggere sul suo volto che tra tutti lui fosse quello più turbato. In fondo era stato il capostipite di quella generazione, era stato lui l'inizio di ogni cosa, era stato lui a crescerli, a guidarli e infine era stato lui a vederli morire fino all'ultimo. Quella lacrima che aveva versato un istante prima del suo ultimo respiro non poteva dimenticarla. Priscilla si alzò da terra, coprendosi con il cappotto di Laxus, e si avvicinò a lui. Benché potesse comunque vederla e sapesse perfettamente di averla a fianco non le rivolse minimamente la sua attenzione. 
«Quel pugno...» disse Priscilla, anche se ancora non ebbe da parte sua un minimo di considerazione. «Quello che hai cercato di darmi quando ho fatto la dissolvenza... non me l'hai dato per impedirmi di uccidervi, vero?» ma lui ancora non rispose. «Volevi impedirmi di sparire per sempre, non è così?» insisté ma ancora nessuna risposta. Lei sorrise, capendo che quel silenzio, quel mutismo frustrato, era solo la conferma di quanto lei stesse dicendo.
Non era molto diverso da Laxus, in fondo.
«Le cose che mi hai detto erano vere, nonostante tutto» continuò, volgendo lo sguardo alle proprie rispettive gilde che in quel momento ridevano e scherzavano. «Lo so bene, anche se vuoi farmi credere che erano tutta una finzione. Eri sincero. Ti senti un'ombra, una distorsione, senti che è tutto sbagliato... ti sei sentito solo così tanto che quando Athena ed Efesto sono venuti al mondo hai iniziato a dubitare del reale significato che avesse la tua vita. Ti importava solo proteggerli e crescerli... e proprio per questo hai continuato ad assecondare i desideri di Padre Zeus, purché lui avesse continuato a darti dei fratelli. Questa guerra non ti è mai interessata... avevi solo bisogno di avere qualcosa da chiamare casa. È la stessa cosa che provavano tutti i tuoi fratelli, ma loro ne erano inconsapevoli a differenza tua. Perché tu sei il più forte... e sapendo che a te si sono sempre appoggiati, sentendo sulle tue spalle la responsabilità di tutte le loro vite, hai lottato fino alla fine contro le tue volontà sperando così di proteggerli» disse lei e Ares, che fino a quel momento era stato in silenzio, assorto, apparentemente arrabbiato, si sciolse in un sorriso. «Adesso lo capisci, Ares?» chiese ancora lei, dolcemente. «La forza del legame, il calore dell'amore, il desiderio di salvare una vita...»
«Comincio a capirlo» confessò Ares, prima di abbozzare un sorriso divertito. «Sei una pazza spericolata. Ti sei spinta a tanto solo per darci una lezione».
«In realtà ho pensato veramente che sarebbe stata la fine per me! E non avevo idea che vi sareste salvati, ho solo pregato che Wendy ci riuscisse e tutto andasse per il meglio. Che fortuna, eh?» ridacchiò e Ares sbarrò gli occhi, sussultando con un: «Stai scherzando, vero?!».
Sospirò, ignorando quanto appena successo, e tornò a guardare i membri delle due gilde che familiarizzavano amichevolmente tra loro. Assunse un'aria meno orgogliosa, più debole e preoccupata, svelando così il suo reale animo.
«Che ne sarà ora di noi?» chiese. «Non abbiamo più né una guida né un posto dove andare, non sappiamo più nemmeno chi e cosa siamo».
«Ma che stai dicendo?» ridacchiò Priscilla, voltandosi e guardando Ares con un enorme sorriso. «Non è cambiato assolutamente niente. Avete una casa non troppo lontana da qui, lo scopo di diventare una gilda ufficiale, avete un nome e un'identità, potete usare il vostro incredibile potenziale per fare del bene e potete cominciare ad esplorare il mondo... le vostre vite sono appena iniziate, ci sono così tante cose da fare e scoprire. Ma soprattutto...» e si voltò, per poi porgergli una mano e aiutarlo ad alzarsi da terra. Un simbolico gesto di amicizia, di fraternità, ma soprattutto di sostegno. Tutti i suoi fratelli si erano rialzati, ora doveva farlo anche lui. Soprattutto lui. «Loro hanno ancora una guida» gli sorrise, facendogli capire che fosse lui il soggetto della sua frase. Era stato il primo a nascere, era quello con maggiore esperienza, era stato lui a desiderarli e soprattutto era stato lui a crescerli. Eris ed Ebe erano diventate forti grazie ai suoi allenamenti, Dioniso ed Hermes avevano la testa sulle spalle grazie ai suoi rimproveri, Athena si rivolgeva sempre a lui per primo quando aveva bisogno di un confronto e qualcuno di affidabile a cui dare qualche incarico, era lui che tirava fuori dai guai Efesto, era lui che si occupava della crescita dei gemelli, era lui che aiutava, che indicava, che spiegava, che teneva tutti sotto controllo... era lui che guidava. 
«Non sono tanto diverso da loro» sorrise Ares, divertito, ma nonostante l'apparente rifiuto non disdegnò la sua mano. L'afferrò e si rialzò, aiutato. «Sarebbe meglio se a guidarci fosse qualcuno che ha già percorso questi passi» le disse, senza lasciar andare la sua mano.
«Ancora ci provi» inarcò un sopracciglio lei, divertita.
«Non ho proprio speranze di convincerti a venire con noi, vero?» ridacchiò lui, arrendevole. 
«Ares» sospirò lei, intenerita da quella sua titubanza che dimostrava solo la sua fragilità. Aveva paura di quello che sarebbe successo, una simile responsabilità lo terrorizzava, ma era pronto a prendersela per amore della sua famiglia. «Hanno chiamato te» sottolineò Priscilla e fu proprio quell'affermazione a dissolvere ogni suo dubbio. Un istante prima di morire, di fronte alla novità di quel terrore, con il loro ultimo respiro loro avevano chiamato il nome di Ares. Non di Priscilla e nemmeno Padre Zeus... loro avevano bisogno solo di Ares. 
«Ho capito» sospirò e sorrise. Era pronto, pronto ad affrontare quella nuova vita e soprattutto pronto a farlo insieme alla sua famiglia, le persone che più amava al mondo... perché adesso sapeva bene cosa significasse amare. 
«Forse è meglio così» aggiunse poi, alzando le spalle e abbozzando un sorriso malandrino. «Se fossi venuta con noi mi sarebbe toccato avere intorno quel fulminato biondastro e certo non ho voglia di vedere ancora il suo brutto muso» provocò ed ebbe effetto, visto che Laxus reagì ingrugnendosi e lanciandogli occhiatacce furiose. L'antipatia sicuramente era ricambiata. Potevano essere entrati in pace, ogni ostilità era cessata, ma non cambiava la situazione tra loro... quel tizio gli dava sui nervi. E la cosa era sicuramente reciproca. 
«Ciò non toglie che ci mancherai, piccoletta» aggiunse poi suadente, guardando Priscilla. Fece un passo verso di lei, usò la mano che ancora stringeva per tirarla più vicino a sé e sfruttando la sua forza a suo vantaggio e l'effetto sorpresa la prese per la nuca e se la portò al volto. Le proprie labbra intrappolarono le sue con una tale rapidità che lei riuscì a comprendere che quello si trattava di un bacio solo qualche secondo dopo, quando addirittura lui stava già allontanandosi soddisfatto del furto. Aprì gli occhi guardandola divertito, ma pochi istanti dopo volse lo sguardo a colui che veramente gli interessava stuzzicare. Sogghignando lanciò a Laxus, alle spalle di Priscilla, l'occhiata più maligna che avesse sfoderato fino a quel momento facendo ben intuire che quel gesto aveva forse più l'intenzione di provocarlo e punzecchiarlo ancora piuttosto che dimostrare i propri sentimenti verso Priscilla. Una risatina diabolica gli uscì dalla gola quando lo vide livido in volto, a pugni stretti, la mascella serrata, tanto furioso che tremava dalla voglia di scattare in avanti e ammazzarlo di botte. 
Priscilla restò ancora paralizzata qualche secondo, persa in chissà quale mondo incantato, con le guance leggermente arrossate... e poi urlò. Si voltò di spalle e si portò le dita alle labbra profanate, piagnucolò e tremolò come una foglia, agitata e sconvolta come poche volte lo era stata. 
«Come hai potuto?!» pianse, piena di vergogna. «Quello era il mio primo bacio... me l'hai rubato così» sibilò, sotto shock, e la fronte di Laxus si corrucciò ancora di più mentre alla sua mente  esplodeva come una bomba l'immagine della loro prima nottata a Crocus dove lei ubriaca l'aveva baciato un attimo prima di addormentarsi. 
«Non è esattamente così» sussurrò, imbarazzato e ora altrettanto agitato di fronte a quella confessione: se Ares era arrivato dopo di lui e lei sosteneva di non aver mai baciato nessun altro prima, allora il famigerato primo bacio l'aveva dato proprio a lui... e ne diventava consapevole solo in quel momento. Era come un masso che gli cadeva sulle spalle.
«Il primo, eh?» si leccò le labbra Ares, e sempre più divertito e provocante si accostò a lei, per sussurrarle. «Se vuoi posso regalarti altri primi momenti altrettanto emozionanti, sai?»
Priscilla rabbrividì e la faccia le prese letteralmente fuoco di fronte a quella che era una vera e propria proposta sessuale senza troppi veli. Si coprì il volto completamente rosso con le dita tremanti e lanciò un altro urlo pieno di imbarazzo e vergogna, quando Laxus intervenne mandando al diavolo ogni cenno di orgoglio. Strinse Priscilla al petto, protettivo, e sporgendosi da un lato piantò violentemente la propria fronte contro quella di Ares. 
«Che intenzioni avresti, sentiamo un po', stupida montagna?» ruggì furioso, spingendo Ares con la fronte per dimostrare la propria forza.
«Hai i criceti nel cervello, fulminato? C'è bisogno che sia più esplicito di così perché altrimenti non ci arrivi?» ringhiò Ares con altrettanta furia, respingendo Laxus dal suo lato. 
«Non azzardarti più nemmeno a guardarla» ricambiò ancora Laxus, contrastando la sua forza e tornando a spingerlo lontano con la sola forza della testa. 
«Qual è il tuo problema? Sei suo fratello, mica il suo ragazzo, no?» una palese provocazione, visto che ormai era ovvio persino ai loro occhi cosa ci fosse tra quei due. Laxus continuò a rispondere e Ares rispondeva a sua volta, spingendosi a vicenda con solo la fronte, tanto da farsele diventare rosse per lo sforzo a cui erano sottoposte. E nel frattempo Priscilla, stretta nell’abbraccio protettivo di Laxus, continuava a lamentarsi e cercare riparo all’interno delle sue stesse mani, nascondendo il volto color peperone.
«Che succede tra quei due?» chiese Evergreen, notandoli pochi secondi dopo.
«Hanno capito che abbiamo finito di lottare?» si sporse Lucy, curiosa.
«Santo cielo» sospirò invece Afrodite. 
«Quando Ares si fissa con qualcuno non c'è verso di tenerlo» disse Eris, avvicinandosi alla sorella. 
«Ha odiato il biondino dal primo istante in cui l'ha visto» annuì Afrodite. «È come un bimbo, farà sempre i capricci per potergli tirare due cazzotti».
«Forse è il caso di andarcene» disse Athena avvicinandosi alle due sorelle e i due gemelli sembrarono essere della sua stessa idea, visto che si avvicinarono ad Ares per chiamarlo. Lo strattonarono per il pantalone per attirare le sua attenzione e sbadigliando e stropicciandosi un occhio chiesero, pigramente: «Ares... possiamo andare a casa, ora?»
A casa... 
Ares sorrise e finalmente lasciò in pace Laxus e Priscilla, ammorbidendosi di fronte alla tenera richiesta del piccolo della famiglia. Un semplice gesto, una frase innocente, ma che gli riportava alla mente e al cuore quanto sarebbe successo da lì in poi. Le parole di Priscilla... loro avevano ancora una casa, un luogo dove tornare, una vita da vivere e lo facevano aggrappandosi a lui. Apollo e Artemide si erano avvicinati a lui, per chiedere il permesso di poter tornare, per quanto sembrasse banale lo riportava con i piedi nelle proprie scarpe. Avrebbe preso sulle spalle ciascuno di loro e li avrebbe guidati, come aveva sempre fatto e forse anche con più amore di prima. Ares sarebbe stato il secondo Master di Olympos e avrebbe accettato quel ruolo con responsabilità e orgoglio. 
Si piegò e prese in braccio entrambi. Questo permise ai due bambini di appoggiarsi alle sue spalle e poter cominciare a riposare. Eris, Afrodite, Athena e poi anche Efesto, Dike, Dioniso e tutti gli altri pian piano gli si avvicinarono, lo circondarono e volgevano a lui i loro sguardi speranzosi. L'avrebbero seguito ovunque e sempre, qualsiasi cosa avesse deciso di fare.
«Sì» annuì verso il piccolo Apollo, per poi guardare tutti gli altri. «Torniamo a casa».
Inaspettatamente ci fu gioia nella loro voce, mentre esultavano e cominciavano a progettare come avrebbero impiegato il resto della giornata. Alcuni volevano provare a dormire, Dioniso voleva andare a comprare del cibo in paese, Eris e Ilizia progettavano di andare ad esplorare le montagne a nord, Athena avrebbe liberato lo studio... per riempirlo con libri nuovi. Si incamminarono, parlando tra loro, felici, quando Efesto si avvicinò ad Ares che guardava ancora immobile il resto della sua famiglia che lo precedeva. 
«Che facciamo con lui?» chiese con voce bassa, volgendo uno sguardo al cadavere di Padre Zeus. Ares lo guardò qualche istante, pensieroso, per poi spostare lo sguardo su Priscilla. Era stata lei a ucciderlo, e probabilmente era anche la prima volta che uccideva qualcuno, ma nonostante tutto non c'era rimorso nei suoi occhi. Senza Padre Zeus Olympos avrebbe potuto vivere realmente la sua vita e non riusciva a pentirsi di una cosa come quella. Lei aveva donato a quelle persone speranza e futuro. 
«Ai membri di una gilda ufficiale non è permesso uccidere nessuno, nemmeno se questo si trattasse di un nemico» disse, ricordando anche a lei la regola a cui avrebbe dovuto sottostare. Se il Concilio avesse scoperto ciò che era successo con ogni probabilità l'avrebbe arrestata. Priscilla non tentennò, dimostrando di essere pronta a prendersi persino una responsabilità come quella. 
«Ma una gilda oscura non è costretta a sottostare alle stesse regole» aggiunse poi Ares, voltandosi verso Efesto che semplicemente annuì, comprendendo. Si avvicinò al corpo di Zeus, lo raccolse da terra e si incamminò portandoselo via. 
«Non vi permetteranno mai di diventare una gilda ufficiale se vi prenderete la responsabilità di un omicidio! Ares, aspetta...» disse Priscilla, facendo un passo verso di lui. «Sono pronta a prendermi la mia responsabilità, non fate sciocchezze!»
«No, non è vero che sei pronta» sogghignò Ares, lanciando uno sguardo a Laxus e poi al resto di Fairy Tail. «Devi restare qui, con loro. Per noi non farà molta differenza, ci odiavano già prima».
«Ma...» insisté lei, ma Ares la interruppe: «Vedila come una forma di ringraziamento. Il nostro modo di ricambiare il favore. Ti dobbiamo la vita... Pricchan» quel soprannome. 
Proprio quel pomeriggio, all'ingresso del bosco, Ares aveva rifiutato categoricamente di chiamarla in quel modo. Era il soprannome che le aveva dato la sua famiglia, che le avevano dato gli umani, non si sarebbe mai abbassato a pronunciarlo perché lei non era come loro. O almeno questo aveva sostenuto, fino alla fine non aveva fatto che ripetere ostinato che lei appartenesse a Olympos e non agli umani, ma ora con quel semplice soprannome ammetteva di voler fare un passo indietro. Priscilla non era Priscilla e basta, Priscilla apparteneva agli umani, era come loro... e per questo meritava di restare lì. Era questo che quel semplice soprannome stava a significare. Lei non era Priscilla l'immortale, lei era Pricchan... Pricchan e basta. Maga di Fairy Tail, sorella di un umano, forse umana lei stessa anche se con qualche potenziale in più. Non avrebbe mai permesso che un loro errore le avrebbe negato tutto quello. E lei, di fronte a quell'atto di ammissione, di coraggio e soprattutto di gentilezza non potè che chinare la testa e accettare le loro condizioni.
«Grazie» mormorò semplicemente, tornando di fianco a Laxus che, nonostante tutto, non aveva ancora smesso di essere così protettivo e possessivo nei suoi confronti da voler togliere il braccio dalle sue spalle. Se la strinse vicino e guardò infine anche Ares, con i gemelli in braccio, e Efesto che teneva il corpo di Zeus allontanarsi e seguire il resto della loro famiglia.
«A presto» sussurrò ancora Priscilla, abbozzando un sorriso malinconico nel vederli andar via. 
«Tornate a trovarci!» urlò Lucy per prima, alzando una mano per salutarli, e subito la seguirono anche il resto di Fairy Tail urlando saluti, sbracciandosi, augurando loro il meglio per il futuro. Apollo e Artemide furono i primi a ricambiare, allungandosi oltre le spalle di Ares per alzare le mani e salutare gioiosi. Davanti a loro anche il resto di Olympos si voltarono per salutarli, alzando una mano, saltando dall'allegria come nel caso di Dioniso e Hermes o semplicemente gridando con felicità una promessa che avrebbero volentieri mantenuto.
«A presto!»


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