Waiting

di _kookieo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alla stazione ***
Capitolo 2: *** Ricordi scomparsi ***
Capitolo 3: *** Le opportunità del destino ***
Capitolo 4: *** La risposta che contava ***
Capitolo 5: *** Il peso del silenzio ***
Capitolo 6: *** Giovani cuori ***
Capitolo 7: *** Nox ***
Capitolo 8: *** L'appuntamento ***
Capitolo 9: *** Seulpeun Iyagi ***
Capitolo 10: *** Incidenti ***
Capitolo 11: *** Rewind ***
Capitolo 12: *** Una giornata indimenticabile ***
Capitolo 13: *** Click ***
Capitolo 14: *** The truth untold ***
Capitolo 15: *** Il contest ***
Capitolo 16: *** Buon compleanno Hoseok ***
Capitolo 17: *** Meet me halfway ***
Capitolo 18: *** Il tempo delle attese ***
Capitolo 19: *** [B-side story] - Waiting bonus chapter ***



Capitolo 1
*** Alla stazione ***


-WAITING-

ALLA STAZIONE

 

Ancora due ore. Ancora due fottutissime ore. Jimin non ne poteva più di controllare l'orologio. Sapeva che era la cosa peggiore da fare e che per far passare più velocemente il tempo avrebbe dovuto fare tutt'altro, distrarsi. Eppure era più forte di lui, era stanchissimo e la voglia di urlare pericolosamente tanta. Erano già quattro ore che si trovava nella stazione di Daegu, due ore più di quante ne avrebbe dovute aspettare. Se solo quel maledettissimo treno non avesse avuto un guasto. Al tristo annuncio dato dalla voce metallica e megafonica erano seguiti gli occhioni spalancati di Jimin. Già aveva fatto male i calcoli e si era ritrovato alla stazione con un'ora di anticipo, ora avrebbe dovuto aspettarne altre cinque? Jimin odiava aspettare in stazione. Puzza, calca e sudore: gli elementi identificativi della massa prendi treno, nessuno di suo gradimento. Il posto a sedere che aveva trovato era stato accolto come un miracolo: per le tre ore successive Jimin vi era rimasto seduto incollato e il leggero mal di schiena che avvertiva non gli era parsa una scusa sufficiente per alzarsi e rischiare di perderlo. Adesso però stava iniziando ad arrivare un nemico peggiore, insieme alla disperazione: il sonno. Per quanto cercasse di sforzarsi, di focalizzare lo sguardo su qualcosa, di darsi colpetti sulle guance, la noia era troppa, e le palpebre si facevano sempre più pesanti. Seduto lì, con le gambe penzoloni dalla sedia, in canottierina e calzoncini, la bocca un po' socchiusa, mentre la testa cadeva abbandonandosi su stessa, Jimin comprese di non essere più capace di contrastare la nuvola sonnolente che ormai lo aveva avvolto.

 

"Oi"

La lieve pressione che avvertì sulla spalla fu abbastanza da farlo riprendere. Sobbalzò appena e sentì un risolino provenire dalla sua destra. Girandosi, ne vide la fonte: capelli neri, leggermente mossi, corporatura esile, camicia larga e jeans stracciati. Il ragazzo di fianco a lui lo guardò dritto negli occhi, ogni segno della risata dell'attimo prima scomparso.

"Vuoi che ti rubino anche le mutande?"

Il nuovo arrivato dovette cogliere spaesamento sul volto di Jimin, ancora non ripresosi del tutto dai pochi ma intensi minuti di sonno, perché precisò subito dopo:

"È pericoloso addormentarsi in stazione"

Jimin annuì con vigore, finalmente capendo, e si inchinò fino quasi a toccarsi le gambe col busto.

"Grazie mille. Hai ragione, sono stato sciocco!"

"È tanto che aspetti?"

"Il mio treno era in ritardo e sono qui da tre ore... me ne rimangono ancora due"

"Mmh"

Jimin rimase a fissare l'altro ragazzo, che ora sembrava pensieroso. Lo vide scendere dalla sedia con un saltello.

"Aspettami qui"

Che tipo strano, pensò. Comunque, ovviamente non sarebbe andato da nessuna parte. Doveva ancora tenersi quel posto a caro per altre due ore.

“Ma allora è vero che sei stupido”

Jimin sobbalzò per la seconda volta nel giro di dieci minuti. Diamine, si era addormentato di nuovo! Alzò lo sguardo verso la stessa voce di prima e rimase interdetto. Il giovane gli stava tendendo un ghiacciolo giallo già leggermente gocciolante.

“Prendilo, magari ti svegli”

“Grazie” balbettò Jimin mentre prendeva in mano la stecchetta di legno, arrossendo leggermente all’idea di essere stato colto nuovamente a dormire. Penserà che sia narcolettico.

“Dunque? Cosa ti porta a Daegu?”

“Uh? Cosa ne sai che non sono di qui?”

Gli occhi del ragazzo lo guardarono in modo canzonatorio e Jimin si rese conto di ciò che aveva detto:

“Ah, ma certo, vero, il mio accento!” rispose con una risatina nervosa prima di riprendere a leccare il suo ghiacciolo. Questo ragazzo lo metteva in agitazione e non sapeva nemmeno lui il perché. Però questo gelato è davvero buono. In fondo è stato gentile, anche se chiaramente non sta nascondendo il fatto che mi considera un idiota. “Vengo da Busan, sono stato a trovare mio cugino”

“…e?”

“E cosa?”

“Non lo hai detto con il tono di qualcuno contento di aver rivisto un familiare.”

“Ah…” come diamine ha fatto a capire? “Beh, si, diciamo… diciamo che non è stata una visita fatta per scelta”

Vide il ragazzo che ora si era di nuovo seduto vicino lui inclinare la testa di lato, come a indicare di essere incuriosito e volerne sapere di più. Per quanto l’idea di aprirsi con uno sconosciuto gli sembrasse strana, Jimin non riuscì a fermarsi. Non di fronte a quel viso. Chissà poi perché. Dicono che a volte sia più semplice parlare con persone a noi estranee. Ora capisco cosa intendono.

“Mio cugino fa l’avvocato. Ed è molto bravo. È una persona seria, come si deve, ha fatto tutto come si deve. Ha una moglie e una bambina e adesso aspettano il loro secondo figlio. Tutti gli anni di studio sono stati ripagati, la sua carriera va a gonfie vele e lui ha solo trentadue anni. Puoi crederci? È davvero bravo mio cugino. Un modello da seguire, come dicono sempre mamma e papà. Io ho ancora solo diciassette anni, ma non credo riuscirò mai a raggiungere una buona posizione a lavoro e a mettere su famiglia in così poco tempo. Non so nemmeno se avrò mai una carriera. Ma il problema è un altro, il problema è che non sono sicuro di volerla. Ed è un problema, lo so, mamma e papà dicono sempre che è un problema” quello che restava del ghiacciolo stava iniziando sempre più a sciogliersi, scivolando piano ma costante in rivoli appiccicosi lungo le mani di Jimin, ma ciò non fermò il ragazzo, ormai era diventato un fiume in piena “Ma cosa posso farci io se preferisco l’arte e la letteratura ai libri di legge? O di medicina? Non dico che non siano belle professioni, trovo che chiunque le intraprenda sia assolutamente degno di lode.  Ma io… non è quella la vita che voglio. A me piacciono i libri. Mi piace leggere storie e mi piace scrivere. Papà mi rimprovera sempre quando vede che passo troppe ore chiuso in camera a leggere. Mia mamma anche storce il naso. Non che siano persone ignoranti, assolutamente no! Anche loro leggono, ogni tanto. Ma hanno capito fin da quando ero anche più piccolo che la mia era una passione vera, forte. Che era la cosa che più amavo fare. E che non mi sarei mai appassionato di scienza o sviluppato interessi che avrebbero potuto portare a carriere prestigiose. Mi dispiace così tanto farli preoccupare. Lo so che in fondo è solo preoccupazione ciò che li spinge ad agire così. Mi hanno mandato da mio cugino perché adesso devo scegliere l’università e credo siano in ansia. Speravano che vedere la sua vita e chiacchierare con lui mi avrebbe dato la spinta necessaria a fare la cosa giusta. Ma… è tutta la settimana, da quando sono qui, che sento che invece è tutto incredibilmente sbagliato. Non voglio diventare avvocato. Non voglio nemmeno diventare medico. Voglio solo-“

“Allora non farlo.”

Jimin si scosse dal quasi stato di trance in cui era entrato.

“Come?”

“Non farlo. Non diventare avvocato. Non diventare nemmeno medico. Diventa quello che vuoi”.

“Che- che cosa intendi?” Jimin teneva gli occhi spalancati, sorpreso per l’ennesima volta da questo ragazzo così strano. Lo vide sorridere.

“Davvero, inizio a pensare che tu sia sul serio un po’ tardo. Avrei già dovuto capirlo, ma per qualche motivo continuavo a darti il beneficio del dubbio. Non. Farlo. Diventa. Quello. Che. Vuoi. Ci sei?”

“Ma come faccio?”

“Fallo e basta. Non devi compiacere nessuno, questa è la tua vita e solo tu devi esserne felice. Non guardarmi così, sembri un cerbiatto spaurito, va tutto bene. Puoi davvero fare quello che preferisci, non te lo hanno mai detto? Non sarà facile, questo posso garantirtelo, ma se la tua motivazione è vera troverai un modo. Non hai amici? Sicuro che li hai, le persone come te non possono non avere gente che gli vuole bene”

“Si... un paio, molto stretti.” Le persone come me?

“Appunto. Parti da loro. Chiedi aiuto se serve. Ma non permettere agli altri di scrivere la storia della tua vita. Non sarebbe un po’ paradossale, per un aspirante scrittore?”

 “C-credo di sì. Però… non è- “

“Facile, no, stupido, te l’ho già detto. Ma tu fallo e basta. Quando i dubbi ti assalgono, fallo e basta.” Sollevò lo sguardo sul tabellone delle partenze “Il mio treno è arrivato” si alzò e guardò Jimin dritto negli occhi “Ti ho chiamato stupido diverse volte… fa che io sia l’ultima persona a dirtelo per favore. Promettimi di fare la cosa che senti essere davvero giusta. Ci vediamo”.

Jimin lo vide afferrare una cartella nera da sotto la panchina – era sempre stata lì? – e correre poi veloce in direzione del suo binario.

“Aspetta!” urlò appena si rese conto di ciò che stava accadendo, ma lo aveva già perso tra la folla. Era successo tutto così di fretta, lo sfogo improvviso, i consigli inaspettati, la fuga dell’altro, che a fatica riuscì a convincersi che non fosse stato tutto un sogno. Sentì un piccolo buco aprirglisi nel petto. Non sapeva neppure il suo nome. Fu a quel punto che lo vide. Piccolino, solido e squadrato, sotto la panchina, nello stesso punto in cui prima si trovava la cartella nera del giovane sconosciuto. Un libro. Lo raccolse. Doveva essere caduto mentre il ragazzo correva via. Una piccola speranza gli si accese nel cuore, come se poi a questo punto potesse contare qualcosa. Aprì la prima pagina. Nulla. La seconda. Nulla. Ma ecco la terza, ed ecco quello strano senso di soddisfazione. Scritti con grafia nervosa, piccoli, nell’angolo destro superiore della paginetta, si trovavano due gruppi di segni. Un nome. Yoongi.

 

 

Note dell’autrice: Ciao a tutti e innanzitutto grazie per aver letto questo primo capitolino! Rieccomi qui a pubblicare una nuova fic :) L’idea iniziale per questa storia era che fosse una OS, quindi nulla di troppo lungo. Sulla lunghezza sono rimasta dello stesso parere: non vorrei farla uscire troppo lunga, anche perché la trama è piuttosto semplice. Il rischio però che esca fuori leggermente meno breve di come l’avevo immaginata c’è perché mi piace scrivere e anche se non ho intrecci complicatissimi da narrare, spesso butto giù parole anche solo per il semplice gusto di farlo o per magari esercitarmi con stili e toni differenti. Tutto questo è per dire che anche se alla fine ho preferito la struttura a capitoli perché mi diverte di più, di base la storia nasce come qualcosa di molto tranquillo e senza troppe pretese, un modo per me di rilassarmi davvero quando ogni tanto la vita e il lavoro diventano un po’ troppo e ho bisogno di isolarmi da tutto.

Chiarito ciò, passiamo alla frequenza di pubblicazione: al momento ho già scritto una parte della fic, mentre del resto ho solo la sintesi e siccome ho sia una vita che un lavoro di cui occuparmi (purtroppo, sigh) potrei a un certo punto aver postato tutto quello che ho già scritto, ma non aver completato nuovi capitoli. Per scelta non li farò mai troppo lunghi (la cosa potrebbe scioccare chi ha letto la mia “Quando si scioglie la neve”, visto che lì i capitoli erano chilometrici ahah) quindi sono abbastanza fiduciosa di riuscire ad andare avanti con la stesura di nuovi capitoli durante il periodo in cui pubblicherò quelli che ho già pronti. Però, se mai dovessi rallentare con il ritmo di pubblicazione, per favore abbiate pazienza e continuate a controllare se è uscito un capitolo nuovo, perché comunque ho intenzione di portarla avanti questa storia, no matter quanto ci vorrà.   Al momento, la frequenza con cui posterò sarà ogni 5 giorni. Ribadisco, è una storiella tranquilla nata per distrarmi un pochino e rilassarmi ed è questo l’unico obiettivo che mi do nel pubblicarla ovvero rilassare anche solo per un quarto d’ora anche voi con qualcosa di leggero e scorrevole.

I feedback mi fanno quindi davvero molto piacere e soprattutto mi sono sempre molto utili, per cui se volete e avete tempo lasciate pure un commento, li leggo e rispondo sempre :)  

Grazie mille per la pazienza se avete letto fin qui, spero tanto che le note non finiscano come mio solito per diventare più lunghe dei capitoli stessi sigh A venerdì, baci baci,

Elle ♥

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Capitolo 2
*** Ricordi scomparsi ***


Disclamer: età e provenienze dei personaggi sono stati in alcuni casi adattati rispetto alla realtà. Nello specifico: Taehyung non viene da Daegu, ma da Busan, come Jimin e Jungkook. Hoseok e Namjoon al tempo della storia, rispettando le differenze di età con gli altri avrebbero dovuto avere entrambi 20 anni, invece ne hanno 28.

Waiting ITA 13.07

 

RICORDI SCOMPARSI

[Un anno e mezzo dopo]

“Nemmeno le lacrime! Nemmeno le lacrime hanno funzionato, puoi crederci Taehyungie?! Quell’agente era fatto di ghiaccio, come possano esserci al mondo delle persone così fredde, io non ho proprio ide-aaAAH!”

L’urlo e il tonfo sordo di numerosi volumi che si abbattevano sul pavimento convinse Jimin ad andare a dare un’occhiata a ciò che stava succedendo dietro la porticina del retro. In realtà già lo sapeva: Hoseok ne aveva sicuro combinata un’altra delle sue. Prima di venire interrotto da un’intera pila di libri collassati al suolo – glielo dicevano sempre, lui e Taehyung, che non avrebbe dovuto utilizzare così tanto il suo corpo per esprimere le sue emozioni perché poi era normale che incidenti come quello fossero all’ordine del giorno – il ragazzo stava animatamente raccontando all’altro di come la polizia lo avesse fermato la sera prima e si fosse accorta, stupendo per primo lo stesso Hoseok, che la sua patente era scaduta.

“Quindi mi hanno sequestrato l’auto!”

Seduto a terra, cercando freneticamente di rimettere a posto il disastro combinato, ma tenacemente continuando la sua sfilza di lamentele come se nulla fosse accaduto. Tipico di Hoseok: viveva ogni emozione in modo talmente intenso che non riusciva a gestirne più di una nello stesso momento. Se adesso era la voglia di lamentarsi ad occupare la sua mente, quella sarebbe rimasta, anche se l’intero negozio avesse preso fuoco.

“Hyung aspetta che ti aiuto”

Taehyung si stava afflosciando su un’altra pila di libri, rischiando tra l’altro di far precipitare anche quella, ed era chiaramente troppo impegnato a ridere per poter essere di un qualche aiuto. Jimin si accucciò di fianco a Hoseok e con lui iniziò a ricreare una nuova torre cartacea.

 “Avresti dovuto vedere la scena Chim!  Gli si sono rovesciati tutti addosso! Ed era già così rosso!”

“Jiminnie, il tuo migliore amico è un sadico”

“Ogni tanto in effetti si” rispose Jimin con calma mentre un lieve sorriso gli si disegnava sulle labbra. Non era ovviamente la prima volta che scene del genere avevano luogo. In realtà Jimin non riusciva a ricordare un giorno in cui non fossero accadute, durante i mesi trascorsi come commesso di questo piccolo negozio di libri a Seul. Era arrivato nella grande città con la valigia semi vuota, ma con il cuore colmo di emozione. La ricordava ancora perfettamente. Ce l’aveva fatta. Finalmente era riuscito a mettere in pratica il proposito che si era prefissato quasi nove mesi prima. La parte più difficile era stata prendere, ma prenderla davvero, la decisione definitiva: andarsene di casa e provare a farcela con le proprie forze, opponendosi al volere dei suoi genitori. Una volta essersi convinto che fosse la strada giusta da percorrere Jimin si era lasciato alle spalle ogni dubbio, ogni incertezza, ogni senso di colpa. Era la sua vita d’altronde, no? E non doveva… quale verbo aveva utilizzato? Compiacere. Non doveva compiacere nessuno. Yoongi. Era stato lui a svegliarlo. L’unica cosa che Jimin sapeva su quel ragazzo misterioso era il suo nome, neppure il cognome, eppure gli aveva dato retta in modo quasi cieco. Si rendeva conto che da un punto di vista razionale era una cosa insensata ascoltare uno sconosciuto, anzi del tutto incosciente, ma il suo cuore non riusciva a convincersene. Tutto quello che aveva iniziato a mettere in moto dal giorno in cui aveva incontrato Yoongi alla stazione gli era sembrato avesse avuto più senso di ogni altra cosa che era stato costretto a fare nei suoi diciassette anni solo per far contenti gli altri. Se era così che si sentiva, perché queste sue emozioni non sarebbero dovute essere legittime solo perché andavano contro i principi del buon senso? Si, stava seguendo i consigli di una persona di cui non sapeva nulla, solo che si chiamava Yoongi e che gli aveva molto probabilmente salvato la vita. Ma questo Jimin non poteva dirglielo e il peso nel suo cuore derivante da tale consapevolezza lo accompagnava sempre. Voleva davvero ringraziarlo e dirgli che ciò che gli aveva detto a Daegu è vero, aveva ragione, niente era stato semplice, ma con la giusta determinazione ce l’aveva fatta. Non era stato uno stupido. Una marionetta. Aveva preso in mano la sua vita. Una volta tornato a Busan parlare del suo progetto con Taehyung era stato facile. Era il suo migliore amico da tutta una vita e Jimin solo con lui sapeva di poter parlare a cuore aperto. Gli aveva spiegato che intendeva farsi due conti in tasca, lavorare un po’ di più per mettere da parte dei soldi e iniziare fin da subito a programmare il suo trasferimento a Seul. In una città così grande ci sarebbe stato senza dubbio posto anche per lui. “Finirò la scuola e sarà quella la mia data di scadenza. Entro quel giorno tutto deve essere pronto così poi annuncerò la mia decisione ai miei genitori. Tra qualche mese avrò diciotto anni, non potranno impedirmi nulla”. Il cenno di Taehyung, che gli esprimeva in questo modo la sua approvazione, suggellò la scelta di Jimin. Quando a febbraio finalmente il liceo giunse al termine, prima ancora di avvisare i genitori il giovane comprò il suo biglietto di sola andata per la capitale. Fu un acquisto non facile e l’unica cosa capace di dargli la spinta per portarlo a termine fu il ricordo delle parole di Yoongi: “fallo e basta”. E allora Jimin lo aveva fatto e basta. Senza dar retta alla sua testa e a tutti i pensieri allarmanti che vi erano dentro. Fece e basta anche il discorso ai genitori, che se all’inizio si era prospettato difficile, una volta iniziato a parlare gli era poi scaturito dal cuore e aveva preso una forma propria, sicura e senza esitazioni. Anche il distacco fu meno duro di quanto immaginato. Anche se i genitori avevano accettato la sua scelta con sguardo triste, come se quasi se lo aspettassero, la loro già solita freddezza nei confronti del figlio si era rafforzata ancor di più e Jimin era stato solo contento di andarsene da una casa in cui ormai nemmeno più ci si parlava. Aveva Taehyung con sé e di sicuro si sarebbe fatto altri amici, tutto ciò sarebbe bastato. E così era stato. In appena una decina di mesi si era ambientato completamente nella grande e confusionaria capitale, tanto che addirittura si chiedeva come avesse fatto prima a vivere da un’altra parte. Jimin aveva imparato presto ad amare Seul, e Seul sembrava essersi innamorata di lui a sua volta: gli aveva donato tutto quello che aveva sempre voluto. L’appartamentino in cui abitava insieme a Taehyung era molto piccolo ma carino e la fortuna aveva voluto che avessero dei vicini disponibili e simpatici. Il negozio di libri in cui lavorava al momento era un luogo delizioso e Jimin ogni mattina apriva gli occhi pieno di gratitudine all’idea finalmente di poter svegliarsi sapendo di andare in un luogo amico, dove poter essere sé stesso senza sentirsi giudicato. Seul gli aveva poi donato Hoseok. Già dall’istante in cui lui e l’amico Taehyung erano passati dalla soglia della libreria per dare inizio al loro primo giorno di lavoro, lui, fino a quel momento unico commesso, era stato incredibilmente disponibile. Anzi, si era mostrato sinceramente contento di avere finalmente persone a fargli compagnia. “Odio stare da solo, quando il capo mi ha detto che ci saremmo ampliati e che avremmo avuto bisogno di un altro paio di commessi mi sono a stento trattenuto dall’abbracciarlo, sarebbe però in effetti stato molto imbarazzante se lo avessi fatto” la risata cristallina con cui quasi sempre il ragazzo – se era di buon umore – concludeva le proprie frasi aveva rilassato subito Jimin. “Comunque poi sono corso in pausa a chiamare Namjoonie, perché dovevo proprio sfogarmi con qualcuno. Ah, Namjoon è il mio coinquilino, scusate! Che bello, finalmente persone con cui posso parlare!!” “Sta davvero battendo le mani per la gioia?” aveva sussurrato furtivo Taehyung all’orecchio di Jimin mentre guardava Hoseok con sguardo tra il divertito e l’interessato “credo ne vedremo delle belle con lui, Chim”. In quel momento Jimin era stato colto un’altra volta da un’ondata di gratitudine nei confronti di Seul: aveva trovato un luogo bellissimo dove lavorare, e non solo il suo collega sembrava essere una persona adorabile, ma aveva anche avuto la fortuna di incappare in un lavoro per cui occorrevano una figura full time e una part time, dandogli così modo di continuare ad avere Taehyung al suo fianco. Il giovane si era iscritto all’università, ma aveva bisogno di un lavoretto e questa era apparsa come la soluzione ideale. Si, Jimin era contento di quello che era riuscito a costruire qui e dei nuovi legami che aveva intrecciato. Con Hoseok e Taehyung formava un bel trio ed era grato di aver potuto portare con sé a Seul tutto ciò che di davvero importante c’era nella sua vita a Busan. Tutto tranne Jungkook. Lui, invece, aveva dovuto lasciarselo alle spalle. Alcuni tra i suoi ricordi più belli erano legati ad esperienze vissute insieme al più giovane e Taehyung e per entrambi i più grandi dire addio all’altro ragazzo era stata la parte più difficile in assoluto di tutto il loro progetto. Taehyung e Jimin potevano conoscersi da una vita, ma il fatto che conoscessero Jungkook da leggermente meno non rendeva il legame che c’era tra tutti e tre meno forte. Erano come fratelli, sempre pronti a coprirsi le spalle a vicenda e a darsi una mano, sempre presenti l’uno nelle vite dell’altro. Jungkook era stata la seconda persona a cui Jimin aveva parlato del suo piano e lo aveva fatto in ritardo rispetto a Taehyung solo perché il ragazzo si trovava fuori città. Anche lui non aveva mostrato per Jimin nient’altro che supporto e Jimin gliene era stato incredibilmente grato. Nessuno dei due, nessuno dei tre, aveva fino all’ultimo voluto accennare a ciò che chiaramente si avvicinava di giorno in giorno: il momento di salutarsi. Jungkook doveva finire la scuola, non poteva seguirli. Avrebbero dovuto aspettare. Aspettare che crescesse e trovasse la propria strada. Un giorno forse avrebbe deciso lui stesso di trasferirsi anche lui a Seul, ma era una scelta che sia che Jimin che Taehyung volevano compiesse da solo, senza essere influenzato dalle decisioni intraprese da loro. Ma era ancora difficile, almeno per Jimin, le poche volte che riusciva a sentirlo, frenare l’istinto di chiedergli cosa avesse deciso per il suo futuro, raccontargli quanto incredibile fosse Seul e cercare di persuaderlo a raggiungerli. Ma non sarebbe stato giusto. Per cui Jimin, anche per Jungkook, aspettava. Ormai si era abituato ad aspettare. Che cosa in realtà, non lo sapeva neppure lui. Aveva ciò che aveva sempre desiderato, ciò per cui aveva lottato, ma continuava a sentirsi come se fosse in attesa di qualcosa che doveva ancora arrivare. Era per questo motivo che sotto la dolcezza del suo sguardo e la serenità del suo sorriso, già da tempo si poteva sempre trovare un’ombra di malinconia.

Con pazienza, tutti i libri furono alla fine rimessi al loro posto, sulle note dei risolini di Taehyung e delle lamentele nuovamente iniziate di Hoseok.

“E basta dai! Vai a rifare la visita medica, rinnovi questa benedetta patente e la macchina te la ridanno”

“Ma come ci arrivo fino al centro per la visita?”

“Mmh… i mezzi?”

“È troppo lontano, ci metterei una vita”

“Aaah, hyung sei un bambino! Come sarebbe a dire è lontano?!”

Jimin intervenne con la sua solita pacatezza: “Prova a chiedere a Namjoon hyung se può darti un passaggio, no? Siete sempre a casa più o meno alla stessa ora, sono sicuro che possa aiutarti”

Hoseok si illuminò e avvolse Jimin in un abbraccio improvviso:

“È vero! Grazie Jiminnie, non ci avevo pensato!”

“Questo perché eri troppo impegnato ad assillarci con lamentele inutili”

Da sopra la spalla di Jimin Hoseok lanciò un’occhiataccia a Taehyung per poi rivolgersi di nuovo all’altro, ancora stretto nella sua presa:

“Sei il mio preferito Jiminnie. Te l’ho mai detto che sei il mio preferito?”

Jimin emise una risatina e sospirò. Glielo aveva detto tante volte, ma lui non ci credeva. È vero, Taehyung aveva un carattere particolare, per quanto socievole a volte era poco accomodante e non ci pensava due volte a dire le cose come stavano, soprattutto ad Hoseok, per il quale per qualche motivo sembrava avere una predilezione particolare quando si trattata di mandare frecciatine. Tuttavia Jimin non poteva fare a meno di notare che però poi era proprio Taehyung il primo da cui il più grande andava, sia che fosse per raccontargli le cose belle, sia che, come nel caso presente, lamentarsi di quelle meno piacevoli. Non avrebbe saputo spiegare esattamente in che modo, ma Jimin vedeva qualcosa di molto simile tra Taehyung e Hoseok e doveva essere questo qualcosa ad averli fatti avvicinare così tanto fin dal primo momento. Uno sbuffo da parte di Taehyung e un colpetto di tosse al di là della porticina di legno riportarono tutti all’ordine.

“Vado io, è rimasto scoperto di là, deve trattarsi di un cliente”.

“Jiminnie, io vado al bagno un attimo, puoi continuare tu a sistemare qui? Stavamo mettendo in ordine alfabetico questo gruppo di libri negli scatoloni, sono quelli da portare alla fiera”

Jimin rimase solo nella stanza del retro, la luce soffusa delle lampade a muro che si rifletteva sull’oro dei titoli sulle costine dei volumi più datati. Pochi minuti dopo aver iniziato il lavoro Hoseok tornò a dargli il cambio e Jimin fu libero di andarsene. Prima di uscire dalla stanzetta si dette un’occhiata attorno, facendo vagare gli occhi lungo le pareti. Si, gli piaceva proprio questo posto. Non era uno di quei negozi di libri moderni, freddi e impersonali. Nonostante il proprietario l’avesse ingrandito aggiungendo un piano superiore, aveva mantenuto un’anima propria: c’era così tanto legno e l’odore di carta era così intenso che a Jimin spesso rimaneva nelle narici anche per qualche ora buona dopo essere uscito e tornato a casa. La porta d’ingresso verde era una delle cose che preferiva, con quel carinissimo vasetto di fiori appeso all’esterno. Disseminate qua e là all’interno della libreria c’erano delle scalette spostabili, che in teoria solo il personale autorizzato (ovvero lui, Taehyung e Hoseok) poteva usare, ma su cui poi spesso si arrampicavano anche i clienti. Lui e Hoseok facevano sempre finta di non notare e solo Taehyung, ligio al dovere, li rimproverava. Jimin non se la sentiva di dir loro nulla soprattutto perché li capiva benissimo: dovevano essere i lettori più accaniti, quelli a cui non si può chiedere di aspettare l’arrivo del commesso per mettere le mani sul libro che hanno avvistato e che sanno star chiamando proprio loro. A lui succedeva così spesso. La sua esperienza in libreria era incentrata su questo evento: l’attesa che il libro giusto lo chiamasse. E Jimin paziente aspettava e nell’attesa curiosava per ore in giro sfogliando le pagine di innumerevoli altri libri finché non capiva che ecco, è questo. Si lasciò alle spalle l’atmosfera ombrosa del retro ed uscì nel ben più luminoso spazio principale del negozio. Il turno alla cassa non era il suo preferito, perché non poteva girovagare e curiosare tra i titoli, ma non gli era nemmeno pesantissimo. Si sarebbe messo come al solito dietro il bancone ad aspettare clienti che volessero pagare. Ogni tanto riusciva anche ad avere con loro brevi conversazioni, se prendevano un libro che lui conosceva e che gli era particolarmente piaciuto. Si mise tranquillo al suo solito posto, in attesa. Si girò verso un rumore di passi che usciva da dietro una fila di scaffali proprio di fianco alla cassa. E lì ebbe un tuffo al cuore.

Era lui.

Ma come poteva essere possibile? Proprio a Seul? Il battito di Jimin prese ad aumentare esponenzialmente non appena Yoongi gli si mise di fronte per pagare il volume che aveva in mano. Finalmente lo rivedeva. Non era cambiato molto, il viso sembrava ancora giovanissimo, come il giorno in cui lo aveva incontrato. Gli occhi anche erano gli stessi, scuri e penetranti proprio come li ricordava. Si posarono nei suoi e Jimin sentì un brivido percorrergli la schiena. Aveva immaginato tante volte questa scena, pregando che un miracolo avvenisse e sognando di riavere anche solo un’altra occasione per parlare con il ragazzo. Ma adesso si trovava in difficoltà, non aveva mai creduto che davvero tutto ciò potesse realmente avvenire. Yoongi parlò prima che potesse farlo lui:

“Buongiorno”

Dio come gli era mancata quella voce. Non era per niente diversa da quella dei suoi ricordi, scura, roca e leggermente strascicata. Datti un contegno Jimin. Raddrizzò la schiena e si schiarì la gola per rispondere, cercando di apparire il più tranquillo possibile:

“Buongiorno”

“Dovrei pagare questo libro per favore”

“Certo, subito”

Il bip del codice a barre, il suono metallico dei pulsanti della cassa, il rumore dello scontrino sputato. Il sacchettino frusciante dove Jimin ripose con cura il libro. In lontananza i passi di Taehyung che girava tra gli scaffali e alle sue spalle Hoseok che rovistava tra gli scatoloni. Ognuno di questi suoni rendeva a Jimin ancora più assordante il silenzio dell’unico che invece mancava: quello delle loro voci. Avrebbero dovuto dirsi qualcosa, salutarsi propriamente, conversare. Invece tutto si concluse nel giro di pochissimi minuti con l’arrivederci secco di Yoongi e la risposta educata di Jimin. Non appena la porta d’ingresso si chiuse alle spalle del ragazzo, Jimin dovete sedersi un attimo sullo sgabello per via delle gambe tremanti e il fiato corto.

Non lo aveva riconosciuto. Yoongi non lo aveva riconosciuto. I suoi occhi erano rimasti vaghi, non c’era niente in essi che potesse far pensare che avesse anche solo una vaga idea di chi fosse il suo interlocutore. Come poteva d’altronde essere altrimenti? Cosa si era aspettato Jimin dopo tutto quel tempo? Che davvero la conversazione di un quarto d’ora avuta con lui potesse essergli rimasta in mente? Sentì il cuore affondargli un pochino di più nel petto e delle piccole lacrime lottarono per uscire, ma non glielo permise e ricacciò tutto in gola. Pazienza. Tanto comunque mi ero messo in conto di non vederlo mai più.

“Uh? Che ci fai seduto qui? Ti senti forse male?”

Hoseok sembrava leggermente preoccupato e decisamente incuriosito. Jimin non poté biasimarlo: non era davvero da lui mostrarsi affaticato durante le ore lavorative. A volte dovevano addirittura convincerlo ad andare in pausa. Non c’era dunque nulla di strano nel fatto che Hoseok si fosse allarmato vedendolo seduto a fissare un punto del vuoto con sguardo vacuo. Gli rispose di non preoccuparsi, si era solo seduto un momento per allacciarsi una scarpa, e si rimise subito a lavoro.

 

Note dell’autrice: Hello, grazie per aver letto questo nuovo capitolo! Oggi scopriamo un pochino meglio i personaggi, soprattutto Jimin, chi è, cosa fa, cosa ha fatto dopo l’incontro con Yoongi. E’ una persona molto malinconica questo mio Jiminie, però sotto sotto il fuoco c’è. E’ riuscito già a tirarlo fuori una volta nella sua vita, ha bisogno di un trigger però. Un trigger personale magari ;) È stata introdotta la libreria e ancora meglio la passione di Jimin per i libri. È davvero tantissimo che voglio scrivere una storia dove i libri siano in un certo senso tra i personaggi principali ed eccola qui. La libreria sarei voluta essere più capace di descriverla, non sono molto soddisfatta perché ce l’ho bene in mente, ma non sono riuscita a renderla come avrei voluto. Comunque, riuscita o meno, l’importante è ciò che vi è accaduto all’interno. Non so se a gran sorpresa o meno, ma l’incontro con Yoongi è già avvenuto, subito subito. MA! Chiaramente non è andato come avrebbe dovuto eheheh Staremo a vedere adesso che cosa succede. Anche questo capitolino è piuttosto breve per cui non ho troppissimo da dire, lasciate pure un commento se volete perché mi fanno piacere e soprattutto grazie mille per aver letto fin qui! Ci vediamo mercoledì!!

Baci, Elle ♥

 

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Capitolo 3
*** Le opportunità del destino ***


LE OPPORTUNITÀ DEL DESTINO

 

Non era vero che si era messo l’anima in pace e il suo turbamento non sfuggì all’occhio attento e indagatore di Taehyung. Lungo la strada verso casa, la sera, non mollò la presa continuando a fare domande finché non si sentì soddisfatto delle risposte e non convinse Jimin a dirgli tutto. Taehyung sapeva ovviamente già tutto dell’episodio della stazione risalente a quasi due anni prima e per poco non inciampò per la sorpresa quando venne a sapere che il cliente che aveva aiutato era proprio questo ragazzo che lui prima di quel momento non aveva mai visto, ma che continuava a popolare le fantasie e i sogni ad occhi aperti del suo migliore amico. Sentì subito un moto di stizza: come si era permesso di non riconoscere il suo Chim? Se solo avesse saputo con chi stava parlando, ci avrebbe pensato lui stesso a dargli una risvegliata ai ricordi. Jimin ci era rimasto male, e si vedeva. Il suo sguardo già solitamente malinconico adesso sembrava del tutto triste e Taehyung improvvisò una cena a ristorante – offerta da lui – per tirargli su il morale. Il cibo sembrò consolarlo un po’, ma l’effetto narcotico durò solo fino a casa. Sedendosi sulla poltroncina vicino al piccolo televisore Jimin mormorò un debole:

“Avrei dovuto dirgli qualcosa”

“Chim cosa potevi dirgli?” Taehyung finì di bere il bicchiere d’acqua che si era versato. Accidenti al ramyeon dei ristoranti, sempre così dannatamente salato “Hai capito che non ti ha riconosciuto e ti è venuto spontaneo fare finta di non avere a tua volta idea di chi fosse lui. Credo sia una reazione normale. Non annuire e basta però! Vorrei vederti più combattivo! Yoongi è a Seul, non sei contento di questo? È una buona notizia!”

“Tae, Seul! Ti rendi conto delle probabilità che posso avere di rivederlo?”

“Una su dieci milioni. Quante ne avevi prima? Zero su dieci milioni. Eppure lo hai incontrato lo stesso. Pensaci su”

Dopo tutta una vita, ancora Jimin non aveva idea se sentirsi grato della schiettezza di Taehyung o maledirla. Nella gran parte dei casi le due tendenze coabitavano in lui e questa volta non faceva eccezione. Aveva ragione, in teoria. Era stato secco nel modo di esprimersi e se ne era andato subito dopo a dormire lasciandolo da solo con il suo sconforto, ma come al solito aveva avanzato un punto valido. Yoongi era a Seul e se era a Seul Jimin avrebbe potuto trovare il modo di rincontrarlo. Scacciando l’ipotesi che si trovasse nella capitale solo di passaggio, Jimin passò quasi l’intera notte a pensare ai metodi possibili da adottare per ritrovarlo, ma alla fine gli apparivano sempre tutti uno più ridicolo del precedente e l’unica cosa che guadagnò da questa veglia notturna furono due occhiaie enormi la mattina dopo. Mannaggia a Tae e ai suoi consigli. Se potesse leggermi nel pensiero mi ucciderebbe, ma davvero credo sia il caso di mettersi il cuore in pace. Non lo rivedrò mai più. Il destino mi ha già regalato una bellissima opportunità e io l’ho sprecata. Ma come posso dirti addio, Yoongi? Prima di averti ringraziato adeguatamente?

***

Per tutta la settimana Jimin non riuscì a pensare ad altro. Cercò di fare bene il suo lavoro, ma chiaramente era distratto e con la testa altrove e di questo si accorse anche Hoseok. Cercò di indagare prima con Taehyung, ma quando il ragazzo si mantenne sul vago andò a chiedere spiegazioni direttamente al diretto interessato. Anche Hoseok sapeva dell’episodio di Yoongi. Non c’era voluto molto prima che il più grande diventasse amico intimo e fidato di entrambi i più giovani e anche in virtù dei suoi quasi dieci anni in più si era guadagnato la nomina di consigliere ufficiale. Quando scoprì da Jimin quello che era successo reagì al suo solito modo, esagerato e rumoroso, quasi urlando all’intero negozio la sua sorpresa. Decise di indire una riunione speciale a casa sua quella sera stessa e davanti a una ciotola di bibimbap (rigorosamente ordinato) cercò di fare il punto della situazione. Scettico fin dall’inizio sull’utilità di tale sessione di consiglio improvvisata, Taehyung a un certo punto non ce la fece più:

“Hyung, non voglio essere diretto, ma credo che tutto questo non stia aiutando Jimin, proprio per niente”

“Ma no Tae, fa sempre bene discut-“

“Chim, guarda che non devi dire cose che non pensi solo per essere gentile”

“Il che è il tuo motto di vita, non è vero Taehyungie?” ribattè Hoseok “stiamo solo cercando di capire cosa fare qui”

“Ma se sono due ore che l’unica cosa che stiamo facendo è avanzare ipotesi su cosa Yoongi stia facendo qui a Seul, come se potesse essere di una qualche utilità!”

“E invece potrebbe esserlo! Se sappiamo quello che fa, possiamo ritrovarlo!”

“Ma non lo sappiamo, è proprio questo il punto! Né abbiamo modo di scoprirlo! O vuoi chiamare la televisione per attivare una ricerca collettiva?”

“Non abbiamo nemmeno una sua foto...” disse debolmente Jimin.

“Appunto. L’unica possibilità è sperare che torni lui nel negozio credo, e a quel punto Jimin, davvero, prova a trovare una qualche scusa per parlarci e non bloccarti come è successo l’altro giorno”

Hoseok sollevò gli occhi al cielo, mentre Jimin si limitò a sospirare:

“Tae te l’ho già detto, i miracoli purtroppo non accadono due volte”

***

“E invece questa volta si”

“Come scusa?” Jimin era rimasto con il libro a mezz’aria, senza capire il sorriso di trionfo stampato sul volto del migliore amico.

“I miracoli. A volte accadono due volte”

La risposta fece quasi irritare Jimin:

“Ma ti sembra che dobbiamo metterci di nuovo a discutere adesso su questo pun-“

“Yoongiah è sotto. Sbrigati e vai”

Taehyung vide il libro dalla copertina rossa che Jimin aveva in mano fare un volo da in cima alla scala e finire sonoramente a terra. In qualche modo, e a fatica, tra un “adesso ti ammazzo” e un “vedi se devi essere così cretino”, riuscì a scrollare l’amico e obbligarlo a uscire dal suo irrigidimento, promettendo terribili conseguenze se si fosse lasciato scappare tra le dita anche questa occasione. Con passo incerto e un po’ tremante Jimin scese le scale per il piano inferiore e dopo aver svoltato un paio di angoli giunse alla meta e si ritrovò Yoongi di fronte. Gli dava la schiena, chino a leggere la trama di un libro, mentre batteva con frenesia il piede destro sul pavimento.

Jimin si schiarì la gola – perché gli si seccava sempre non appena lo vedeva? – e si costrinse ad emettere dei suoni sensati:

“Posso… posso aiutarla?”

Yoongi si voltò di scatto, come se fosse uscito da una trance.

“Mi scusi, non volevo spaventarla!”

“No… no va tutto bene. Ero solo assorto nella lettura” era per caso l’ombra di un rossore quella che Jimin gli vedeva sulle guance? “Non mi ha spaventato”

“Che libro le interessa?”

Yoongi sembrò titubante, quasi come se si vergognasse a dire il titolo. Jimin gettò un’occhiata alla copertina e sentì il sangue affluirgli alle orecchie: era quello! Era il libro che Yoongi aveva perso, tanto tempo prima, e che poi lui aveva raccolto e conservato gelosamente in un cassetto della sua camera. Aveva deciso di ricomprarlo adesso? Interdetto su cosa dire e timoroso di prolungare troppo il silenzio tra loro (poi chi lo avrebbe sentito Taehyung), farfugliò velocemente una risposta:

“È… è un bel libro”

“Lo ha letto?” gli occhi di Yoongi si fecero di colpo più penetranti e a Jimin parve di essere in trappola. Era intimorito, ma al contempo affascinato da questo ragazzo e anche se una minuscola parte di lui continuava a cercare di farlo ragionare mettendolo di fronte all’assurdità della situazione, tutto il resto del suo essere non voleva demordere: desiderava conoscerlo meglio e più lo osservava più Jimin si rese conto di non avere altra scelta che assecondare questo suo desiderio. Ne aveva bisogno. Aveva bisogno di conoscere chi fosse davvero Yoongi e soprattutto un giorno, quando il tempo sarebbe stato adeguato, ringraziarlo.

“L’ho letto” non fu capace di dire perché lo avesse letto e di quello si maledisse subito. Non era però sicuro di riuscire a spiegare il tutto senza sembrare uno stalker o uno spostato di mente ossessivo. Lo sguardo di Yoongi sembrò di nuovo cambiare, ma fu un lampo breve. Il silenzio fece ritorno e riabbassò gli occhi sul libro, con fare incerto e un po’ titubante, come se fosse indeciso se prenderlo o meno.

“Ne ho letti anche altri dello stesso autore!”

Jimin aveva praticamente urlato e Yoongi sollevò di nuovo la testa di scatto con occhi un po’ sorpresi, colto una seconda volta in contropiede. Ma anche ora tornò subito calmo, di quella calma quasi un po’ pigra che Jimin ricordava avergli visto addosso anche alla stazione di Daegu. Sembrava come se le sensazioni suscitate dagli stimoli esterni avessero un effetto di solo pochi attimi su Yoongi e per tutto il resto del tempo il ragazzo riuscisse a mantenere uno stato di completa imperturbabilità.

“Davvero?”

Jimin annuì e gli si mise vicino, sentendosi in qualche modo più sicuro di sé adesso che aveva iniziato con l’unico argomento che sapeva non avrebbe lasciato a secco la sua parlantina. Yoongi si mostrò genuinamente interessato ai suoi consigli e Jimin se ne rallegrò moltissimo. Forse era meglio che non ricordasse il Jimin stupido della stazione: aveva adesso modo di mostrarsi sotto una nuova luce, e anche se avrebbe voluto urlargli “eccomi qui, ti piace quello che sono diventato? È stato grazie a te!”, era comunque contento di poter parlare con Yoongi non più da ragazzino insicuro ma come una persona adulta che sa quello che fa.

Ma so davvero quello che faccio?

Intrattenere Yoongi mentre vestiva i panni del commesso era abbastanza facile, ma a lui serviva qualcosa di più. Doveva assolutamente inventarsi un modo per farlo tornare, far diventare chiacchierate come questa un rituale. Ma credo di star lasciando andare un po’ troppo libera l‘immaginazione…

Fu quando si trovarono alla cassa che l’ispirazione giunse improvvisa. Proprio mentre con il cuore carico di ansia si rimetteva dietro al bancone per far pagare a Yoongi i tre libri che aveva deciso di acquistare, Jimin intravide la salvezza. Una massa di volantini, arrivati lì quella mattina stessa, pronti per essere distribuiti.

“Ci sarà una fiera dopodomani, nella zona Nord della città dove solitamente vengono svolti gli eventi” porse a Yoongi uno di quei fogliettini stampati su carta riciclata, poco fiducioso del suo piano, ma tentando comunque il tutto per tutto “Verranno allestiti tantissimi stand pieni di libri, ci saranno anche volumi d’epoca e sconti speciali. Anche noi abbiamo un nostro stand, io sarò di turno la mattina, perché non ci viene a trovare?”

Sorrise, tanto per incoraggiare Yoongi quanto sé stesso. A seguito di un silenzio che a Jimin parve davvero troppo lungo, l’altro ragazzo rispose sottovoce, come se stesse parlando tra sé e sé:

“Non sono mai stato in quella zona…”

Jimin rispose istintivamente:

“Non sa come arrivare? Guardi, io sono di turno solo la mattina, non ho davvero problemi ad aspettarla alla fermata e accompagnarla poi in giro!”

Terminò queste parole e il battito del cuore iniziò a pulsargli nei timpani.

“Dopodomani… sabato giusto?”

“Si”

Vedendo Yoongi pensieroso si agitò.

“H-ha la nostra carta fedeltà?”

Yoongi alzò le sopracciglia e mormorò qualcosa riguardo al fatto che effettivamente sarebbe potuta essere utile e porse quindi a Jimin la propria carta d’identità. Jimin si illuminò: che cosa geniale che aveva appena fatto! Non ci aveva pensato mentre poneva la domanda, troppo smanioso di tirare fuori Yoongi dall’imbarazzo in cui probabilmente la sua richiesta assolutamente inappropriata lo aveva messo, ma questo era il modo migliore che potesse trovare per conoscere di più almeno le informazioni base sul giovane!

Riportò sul computer i dati anagrafici del ragazzo cercando di mascherare il suo entusiasmo. Eccoli, tutti belli allineati:

Min Yoongi.

Daegu

1993 marzo 9

“novanta..”clack “tre..” clack.

“Si. Sono più grande di te. Mi fai però un favore? Lasciamo stare gli onorifici? Non li uso mai, mi danno la nausea”

Jimin si meravigliò della richiesta: non gli era mai capitato prima che qualcuno gli dicesse una cosa del genere fin da appena conosciuti. Acconsentì però con emozione all’idea di poter parlare con tanta confidenza con l’altro. Min Yoongi. Daegu. Marzo. Odia gli onorifici. Quante cose in più sapeva già!

“Carta pronta, puoi attivarla con il tuo codice da internet”

 “Grazie” Yoongi prese la nuova carta e afferrò il suo sacchetto di libri “Va bene”

“Va.. va bene?”

“Si”

“Mi scusi.. ermh voglio dire, scusami, che cosa va bene?”

“Sabato. Va bene. Vengo alla fiera. Il mio numero ce l’hai, mandami il tuo. Buona giornata e grazie ancora”

Jimin vide le spalle del più grande allontanarsi progressivamente da lui e come al solito non poté fare a meno di chiedersi per quale motivo ogni volta che si trovava in sua compagnia le cose sembravano accadere alla velocità della luce sotto i suoi occhi e senza quasi che lui se ne accorgesse. Aveva davvero accettato?

Ripensò alla scena più volte nel corso delle ore successive e giunse alla conclusione che quando Yoongi aveva detto sovrappensiero di non conoscere l’area dove avrebbero tenuto la fiera, molto probabilmente non intendeva dire che non sarebbe stato in grado di arrivarci da solo. Poco importava però: comunque stessero le cose, Jimin era riuscito a farsi avanti e Yoongi aveva detto di sì. Tutto procedeva perfettamente e per la prima volta in tanti mesi Jimin avvertì la morsa che spesso gli attanagliava il cuore allentarsi.

 

Note dell’autrice: Ciao a tutti di nuovo! Queste note saranno brevine brevine, non c’è molto da dire sul capitolo, credo parli da solo! Yoongi e Jimin si ritrovano di nuovo! Chi lo avrebbe detto? Nel prossimo capitolo vedremo come andrà questo pseudo appuntamento e chissà, forse scopriremo anche qualcosa di nuovo su Yoongi. Come sempre vi ringrazio per la lettura e se volete lasciare un commento, siete sempre i benvenuti

Baci, a lunedì,

Elle ♥

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Capitolo 4
*** La risposta che contava ***


LA RISPOSTA CHE CONTAVA

 

Il cielo terso di quel sabato di febbraio fu per Jimin motivo di rallegrarsi. Era da un po’ che non si vedeva un cielo così azzurro e sgombro da nuvole – il che aveva perfettamente senso, visto che erano ancora nel pieno della stagione invernale – e riuscire finalmente a intravedere di nuovo il sole venne preso dal ragazzo come un segno che quella giornata era destinata ad andare bene. Non riusciva ancora a credere che Yoongi avesse davvero accettato il suo invito. Come gli era venuto in mente? Lui non era così, non era mai così. Se qualcuno fosse venuto a trovarlo dal futuro due mattine prima e gli avesse detto come si sarebbero svolte le cose gli avrebbe proprio riso in faccia. Eppure era tutto vero: per qualche motivo aveva tirato fuori il coraggio necessario ad invitare l’altro ragazzo senza effettivamente invitarlo. Forse per questo ci era riuscito. Era stato un invito vago e poco diretto, ma pur sempre una proposta di passare del tempo insieme.

Ci era voluto un po’ di tempo a Jimin per capire in che modo potesse avere il suo telefono. Ci si era arrovellato per diverse ore fino a che finalmente era stato Taehyung a fargli fare due più due:

“Ma non hai detto che ti ha dato i suoi dati per la tessera fedeltà? Beh, di solito bisogna lasciare anche il numero di telefono, o sbaglio?”

Aveva poi guardato Jimin con il suo solito sorriso sardonico, tra il divertito e il preoccupato per questo suo amico che sembrava avere sempre la testa da un’altra parte. Ma Jimin era semplicemente troppo emozionato per il fatto che sabato si sarebbero finalmente potuti parlare come si deve – cioè come due persone normali e non da cliente a commesso – per riuscire a focalizzarsi su altri dettagli, per quanto importanti fossero. Ciò che aveva più a cuore di tutti, incontrare di nuovo, conoscere il nome completo e avere l’opportunità di creare un rapporto con il misterioso ragazzo della stazione, era avvenuto, la sua mente era piena quasi solo di questo.

La mattinata passò ovviamente lentissima per il povero ragazzo, che fu colto innumerevoli volte sia da Taehyung che da Hoseok a controllare l’orologio, perdendosi anche ogni tanto per strada le domande di qualche cliente, poi tempestivamente riacciuffato da uno degli altri due ragazzi.

“Jiminnie, ho capito che sei emozionato, ma devi cercare di restare un po’ più concentrato. Io e Taehyungie stiamo sudando sette camicie per star dietro a te” Hoseok suonava dispiaciuto, ma il suo tono era anche pratico.

“Devo dare ragione a hyung, non serve guardare l’orologio, mica il tempo passa prima così sai? Mettiti l’anima in pace, hai ancora due ore da aspettare e adesso devi concentrarti sul lavoro. Ripeto, concordo con Hobi-hyung”

“Non è esattamente ciò che ho detto io…” mormorò Hoseok.

“Lo so, avete ragione, ma non ci riesco! Non capite cosa significa per me…”

“Credi davvero che non lo capiamo?” Hoseok inarcò un sopracciglio notando un tono più dolce nella domanda di Taehyung. Allora anche tu conosci la pietà ogni tanto. “Non avremo vissuto la stessa identica situazione, ma entrambi possiamo capire benissimo cosa voglia dire contare le ore per vedere una persona speciale”

“Permettimi la domanda Taehyungie, tu saresti tipo da contare le ore?”

A questa uscita di Hoseok, come ripresosi all’improvviso, Taehyung sussultò e arrossì notevolmente, mettendosi poi subito freneticamente a rimettere a posto sul tavolo dello stand alcuni libri che non avevano assolutamente bisogno di essere rimessi a posto.

“Dicevo per dire, volevo far capire a Jiminie che non è l’unico a dover fare i conti con i doveri del lavoro mentre… mentre…” sembrò incartarsi.

“Mentre?”

Il tono serio di genuino interesse del più grande dovette irritare Taehyung, perché Jimin lo vide emettere quasi un ruggito di frustrazione e poi prendere e mettersi dall’altro lato dello stand a sistemare un’altra pila di libri già perfettamente in ordine.

“Ogni tanto è un po’ strano…” disse rivolgendosi con sguardo di scuse a un Hoseok dagli occhi sbarrati.

“Noto”

Con sollievo di Jimin dei clienti arrivarono e misero fine allo strano tafferuglio, mentre lui decise che era il caso davvero di concentrarsi sul lavoro, nella speranza che se lo avesse fatto il tempo sarebbe effettivamente passato un po’ più in fretta.

Quando il quadrante dell’orologio segnò le quattordici esatte, fu solo questioni di istanti prima che Jimin desse l’annuncio agli amici che era per lui venuto il momento di andarsene. Senza nemmeno quasi salutarli, saettò via verso l’uscita del parco in direzione della fermata del bus, sentendo il cuore un po’ più forte palpitargli nel petto ad ogni passo. Era preoccupato, davvero tanto. Non sapeva bene come avrebbe potuto intrattenere Yoongi e di cosa avrebbero potuto parlare di preciso visto che erano ancora due estranei, ma aveva deciso di non rifletterci troppo per evitare che i suoi dubbi costituissero un ostacolo in questo pomeriggio così importante. Fallo e basta. Ancora una volta quelle parole riuscirono a dargli la carica e Jimin tornò a provare la stessa ondata positiva che lo aveva colto la mattina quando aveva visto finalmente il sole. Arrivato all’angolo in cui avrebbe dovuto svoltare si arrestò bruscamente: la fermata era proprio a pochi metri e sarebbe stato molto imbarazzante se Yoongi fosse stato già ad aspettarlo e lo avesse visto venirgli incontro di corsa. Aspettò che il respiro si calmasse e girò l’angolo, immettendosi sulla lunga via che portava al luogo a cui da tutto il giorno Jimin non riusciva a smettere di pensare. quando il primo bus passò, ma non vide traccia di Yoongi non si preoccupò, ma quando la stessa cosa accadde anche con il secondo si chiese con timore se il ragazzo non ci avesse ripensato. Forse ha reputato tutto troppo imbarazzante. Mio Dio, che idiota che sono stato

Prima che potesse farsi prendere eccessivamente dalla paranoia, un altro bus si fermò di fronte a lui. Una massa di capelli neri gli quasi arrestò il cuore. È venuto!

“Oi”

Oi. Jimin ormai amava il suono di quell’oi.

Si incamminarono con calma verso il parco, avviando una conversazione che solo agli inizi rimase un po’ rigida, per poi però sciogliersi subito. Per qualche motivo, anche se Yoongi sembrava essere introverso e scostante, Jimin aveva comunque l’impressione che a modo suo avesse anche lui genuino interesse a trascorrere del tempo insieme. Non si scomponeva mai troppo, ma non per questo sembrava starsi annoiando, anzi. Con enorme piacere Jimin si convinse sempre più che fosse davvero preso dai discorsi che piano piano presero vita in quel pomeriggio. Lo aveva già intuito, ma ebbe la conferma che anche lui era un amante dei libri.

“Quando posso ficco il naso tra le pagine di qualche volume. Aiuta a distrarsi” aveva detto facendo spallucce “Certo, il mio sogno non è diventare uno scrittore come te”

E qual è il tuo sogno Yoongi? Jimin avrebbe tanto voluto porgli questa domanda, ma aveva troppa paura di risultare invadente. Eppure, se mai in un universo parallelo Yoongi avesse voluto confidargli ogni suo segreto, aspirazione, paura, Jimin sapeva già che lo avrebbe ascoltato non solo per giorni, ma anche mesi e addirittura anni interi. La voce di Yoongi lo rilassava e si chiese se quel timbro scuro, un po’ roco, sarebbe mai riuscito a toglierselo dalle orecchie, dalla mente e dal cuore. Perché per quanto strano sembrasse, per quanto assurdo forse effettivamente fosse, Jimin comprese all’improvviso di starsi innamorando. Poteva accadere in così poco tempo? Era mai possibile? Forse no, in circostanze del tutto normali, ma in fondo lui conosceva Yoongi da molto prima di quei pochi giorni. Tutto il tempo che aveva avuto per custodirlo nel cuore non doveva essere passato invano se adesso si sentiva così: Jimin aveva imparato giorno dopo giorno, nei due anni trascorsi, a rendere quei lineamenti e quella voce sempre più familiari, sempre più accoglienti. E se davvero i sogni di solito non coincidono con la realtà, beh, non era questo il caso. Se da un lato aveva da sempre sperato in un’occasione come questa, dall’altro aveva anche sempre avuto timore che essa si manifestasse: aveva paura di essersi innamorato di un’idea, di un’astrazione tutta sua che in realtà aveva ben poco a che fare con la persona che Yoongi realmente era. Non voleva crederci, ma ovviamente c’era un pezzetto di lui consapevole che il loro incontro, se mai fosse avvenuto, sarebbe potuto risultare in una delusione. La sua immaginazione lo portava a convinzioni che non avevano nulla di reale, trascinato da fantasie che galoppavano veloci così come le parole che buttava giù quando sentiva l’ispirazione inondarlo. Colpa delle tue letture, avrebbe detto suo padre. Tu leggi troppo Jimin, la vita non è un romanzo, avrebbe fatto eco sua madre. Già, forse erano semplici aspirazioni deluse, dettate da quel bisogno di romanticismo così frequente in tutti gli amanti della pagina scritta. E quindi alla malinconia solita di aver forse perduto per sempre il ragazzo senza aver avuto la possibilità di dirgli grazie, si aggiungeva spesso la tristezza causata dal capire di star sprecando il suo tempo ad aspettare qualcosa che non sarebbe mai arrivata, anzi, molto probabilmente nemmeno esisteva. E allora, in quelle occasioni, Jimin si metteva alla finestra della sua cameretta, a fissare con gli occhioni la luna chiara, quasi volesse trovare in lei le risposte che cercava.

Le risposte non erano arrivate dalla luna, bensì da Yoongi stesso. Per qualche ignoto disegno del destino, i due ragazzi si erano potuti rincontrare ed era ora la versione reale di Yoongi ad aver ufficialmente chiarito quanto fosse distante da quella immaginata da Jimin. Tutti i sentimenti che negli anni il ragazzo aveva tenuto chiusi per paura di cadere vittima di dolorose illusioni, furono lasciate di nuovo libere: si, era davvero come lo aveva immaginato. Più Yoongi parlava più Jimin se ne convinceva e più se ne convinceva più si innamorava. Perché adesso finalmente poteva, no? Finalmente era lecito, era sensato, amare una persona in carne ed ossa e non una sua proiezione creata solo grazie a dei ricordi.

Idee sugli ultimi libri letti, sui loro autori preferiti, impressioni su Seul, commenti sui passanti: parlarono di tante cose, muovendosi tra uno stand e un altro e curiosando tra vecchi volumi sbiaditi e copie fresche di stampa. Yoongi aveva un’opinione su tutto, e non si faceva problemi ad esprimerla con uscite taglienti e ironiche. Era divertente ascoltarlo. Diceva tutto con tono serio, quasi annoiato, ma a Jimin faceva ridere. Si rendeva conto che forse il suo modo di fare avrebbe messo in soggezione molte persone, ma lui si sentiva perfettamente a suo agio in sua compagnia.

Quando, intorno alle quattro e mezza, il sole prese a calare, Jimin dovette cercare di reprimere il suo magone. La giornata stava per volgere al termine, ma lui avrebbe voluto continuare a passare altro tempo con Yoongi. La fame venne in suo soccorso.

“Ti va se mangiamo qualcosa? Ho lo stomaco che brontola… C’è un piccolo bar dove fanno street food molto buono proprio qui all’uscita del parco, ti piacciono i churros?”

“Si, li mangio volentieri”

Nonostante il locale solitamente fosse pieno, in quel momento i ragazzi ebbero la fortuna di trovare dei tavoli liberi e decisero così di sedersi un attimo per riprendersi dalle ore passate in piedi in giro per la fiera.

“Carino qui” disse Yoongi guardandosi attorno mentre prendeva posto.

“Vero? È uno dei miei preferiti in questa zona, mi piacciono soprattutto i colori. Uh? Perché ridi?”

“Rosa pastello e azzurrino tenue, sono davvero colori da te Jiminah”

Jimin si sentì arrossire fino alla punta dei capelli al suono di quel soprannome. Come se non bastasse Yoongi lo stava guardando in modo strano, con un’espressione… affettuosa? Prima che l’imbarazzo potesse prendere il sopravvento, Jimin decise di uscire da quella situazione e si scusò più in fretta che poté per andare in bagno.

“Ok, ti aspetto qui”

Perché quando mi guarda mi sembra sempre che mi legga dentro? C’era qualcosa in Yoongi che lo lasciava con la sensazione che il ragazzo sapesse già tutto su di lui, mentre Jimin su Yoongi non sapeva nulla. Come se avesse capito, prima ancora che avessero l’opportunità di conoscersi davvero, la persona che era. Uscì dal bagno pensando che doveva smetterla di pensare troppo a questa cosa: per quanto la tentazione di mettersi a fantasticare sulla connessione e l’alchimia che c’era tra loro fosse forte, Jimin sapeva che non avrebbe dovuto cedervi o vi sarebbe rimasto invischiato come un topo in trappola. Tutto stava procedendo bene quindi era fondamentale non iniziare a costruirsi castelli in aria che lo avrebbero poi messo in imbarazzo ogni volta che avesse dovuto guardare Yoongi negli occhi. Vivila come viene. Non rifletterci su. Fallo e basta.

Tornato alla sala principale si guardò attorno spaesato, realizzando solo dopo qualche istante con confusione che quello che aveva davanti era proprio il suo tavolo: due pacchetti di churros fumanti erano arrivati, ma non c’era più nessuna traccia di Yoongi. 

 

Note dell’autrice: Annyeong! Lo scorso capitolo era terminato in modo troppo felice… cosa vi aspettavate da questo??! Eheheh Jimin e Yoongi hanno l’opportunità di parlarsi e conoscersi meglio e Jimin può finalmente scoprire di più il ragazzo e capire che tipo di persona sia. Tutto andava così bene…. Chissà se sabato scopriremo che fine ha fatto il nostro Yoongs ;)

Grazie come sempre per il tempo dedicato alla lettura di questa storia e se avete voglia lasciate pure un commentino ♥

Baci, Elle ~

 

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Capitolo 5
*** Il peso del silenzio ***


IL PESO DEL SILENZIO

 

“Mi scusi” Jimin si rivolse al barista dietro il bancone “Qui… qui c’era un ragazzo, lo ha per caso visto uscire?”

“In realtà no, credo sia uscito mentre ero nel ripostiglio… però fino a cinque minuti fa era qui, ho portato i vostri churros al tavolo da poco”

Jimin sentì il cuore iniziare a battergli più forte nel petto e combatté la sua ansia solo sforzandosi di pensare che di sicuro c’era una spiegazione logica dietro questa sparizione. In realtà, era proprio la spiegazione più logica che gli dava terrore: Yoongi si era stufato di stare con lui e aveva deciso di abbandonarlo lì mentre era assente per cavarsi dall’impaccio di dovergli dare spiegazioni poco piacevoli. Jimin afferrò i due pacchetti di churros e si slanciò fuori dal bar, ma non vide Yoongi da nessuna parte. Tornò indietro verso l’ingresso del parco, ancora più agitato di prima e cercando di combattere le lacrime.

“Oi! Jiminah!”

Yoongi!

Jimin si girò di scatto in direzione della voce, con il respiro un po’ affannato e le guance arrossate per l’agitazione. Yoongi era a pochi metri da lui e si stava avvicinando a passo tranquillo, come se non fosse successo nulla.

“Sono rientrato nel bar, ma non c’eravate più né tu né i churros” il suo sguardo interrogativo confuse Jimin. Cosa stava succedendo? era stato lui il primo ad andarsene, perché si meravigliava che fosse uscito a cercarlo?

“Dove eri finito?” chiese con voce flebile, quasi come se si vergognasse di essere così indiscreto.

“Uh? Io? Ah, da nessuna parte in particolare, nel retro dell’edificio credo, ho dovuto rispondere ad una chiamata. Me ne dai uno?”

Jimin rimase interdetto per un attimo. Guardò i due pacchetti tra le sue mani e si chiese per quale motivo in un momento del genere avesse fatto una cosa così stupida come portarseli dietro. Li porse a Yoongi e lo vide mettersene uno in bocca con sguardo pensieroso mentre la sensazione che sembrasse più distante di prima iniziò ad impossessarsi di lui. Si chiese se non fosse solo la sua suggestione, ma anche durante il resto del tempo che passarono insieme non riuscì a fare a meno di avvertirlo diverso, più rigido, come se avesse la testa da un’altra parte. Ciononostante non volle arrendersi e prima di salutarsi si fece coraggio e lo invitò ad uscire di nuovo insieme.

“Quella libreria trasformata in caffè di cui ti parlavo… ti va di farci un salto? Non so, mercoledì sera?”

Il si di Yoongi arrivò dopo un attimo di riflessione, ma arrivò, e Jimin ebbe modo finalmente di riprendere fiato. Lo avrebbe rivisto.

***

“Come ti è parso quel Yoongi-ssi?”

Taehyung ripose mentre riponeva una piccola pila di libri dentro uno scatolone:

“Mah, non mi è sembrato male. Carino è carino” Si sollevò e si stiracchiò la schiena. Avevano passato l’ultima mezz’ora a sbaraccare e stava iniziando ad essere davvero molto stanco dopo tutta la giornata trascorsa in piedi.

“Si, beh forse un po’ piccolino”

“Hyung, deve stare con Chim, potresti mai vedere con lui qualcuno come, che so, Namjoon-hyung?”

Hoseok ridacchiò:

“È vero, sono della taglia giusta. Ora che mi ci fai pensare forse il povero Joonie è sempre così solo perché fa fatica a trovare qualcuno alto come lui”

Taehyung non poté fare a meno di scoppiare in una risata:

“Ma che idee ti vengono?!”

“Ma pensaci Taehyungie! È alto e robusto, non potrebbe davvero mai stare con qualcuno come Yoongi o Minnie!”

Taehyung ci rifletté su un attimo e poi scosse la testa:

“No, hai ragione, proprio no. Ma se davvero non ha ancora nessuno perché sta aspettando di trovare qualcuno simile a lui credo attenderà ancora per un bel po’. Mi aiuti qui?” Hoseok accorse subito per aiutarlo a mettere il pesante scatolone dentro al furgoncino “insomma, non è frequente trovare tipi con la sua corporatura qui. Tre, due, uno, issa!”

“Uff, bene, era l’ultimo. Comunque è vero, al massimo potrebbe trovarli come noi”

“Noi?”

“Si, me e te. Non siamo piccoli come Jimin e Yoongi, ma nemmeno robusti come Joonie”

“Hyung, non so tu, ma questa conversazione mi sembra stia sfociando nel nonsense”

Hoseok scoppiò di nuovo a ridere:

“Si, si, un po’ hai ragione, forse dovremmo smetterla. Anzi, sai cosa dovremmo fare? Già che siamo in tema di nonsense, andiamocene in un bar a bere qualcosa, così avremo una scusa vera per dire cavolate, cosa dici?”

Fece l’occhiolino a Taehyung per poi andare a prendere il suo posto al volante del furgoncino. Il più piccolo lo seguì un attimo dopo, sbattendo la portiera e annunciando con decisione:

“Parcheggiamo questa carretta e andiamo”

Hoseok mise in moto con un sorriso soddisfatto sulle labbra.

Circa mezz’ora dopo si trovavano entrambi seduti a un tavolino in un angolo scuro di uno dei bar più in voga del quartiere, due bottiglie di soju e qualche piattino di stuzzichini di fronte a loro. La musica era alta, ma non così alta da disturbare la conversazione e questo era uno dei motivi per cui a entrambi questo posto piaceva. Nessuno dei due provava un amore particolare verso i locali alla moda, ma questo faceva eccezione e non era la prima volta che i due ragazzi si riunivano lì a bere, anche se di solito con loro c’erano anche Jimin o Namjoon.

“Cosa dice?”

Taehyung distolse lo sguardo dal cellulare per rispondere a Hoseok:

“Dice che non ci raggiunge, è un po’ stanco. Siamo solo io e te hyung”

“Beh immagino sia stata una giornata piena di emozioni per lui, ci sta che voglia riposarsi. E va bene Taehyungie, vorrà dire che ci sarà più soju per noi”

Tahyung sorrise malizioso:

“Ma quale soju, se tu l’alcol non lo reggi quasi per niente”

“Ah che guastafeste che sei! Nemmeno tu bevi mai troppo, non credo di averti mai visto alzare il gomito. L’unico che ci va giù sul serio è Minnie”

I due ragazzi ridacchiarono al ricordo delle serate trascorse a cercare di controllare Jimin.

“Già… A Chim piace bere. Anche a me in realtà, ma è meglio non esagerare troppo… non mi piace perdere la lucidità”

Hoseok annuì, e i due rimasero in silenzio per un po’.

“Chissà se a quel Yoongi piace bere…” disse a un tratto Taehyung “Ma a vederlo direi di sì. E qualcosa mi dice che ha anche un’ottima resistenza, il match perfetto per Jimin. Se mai lo invitasse a uscire con noi, avremmo qualcuno a cui mollarlo se Chim inizia a stare troppo su di giri”

“Poverino, hai già piani tremendi per lui, non ti è piaciuto proprio per niente?”

“In realtà a me è parso che a te non sia piaciuto molto, hyung. Perché?”

“No, assolutamente no! Non è vero che non mi è piaciuto, il contrario. L’ho trovato subito a pelle un tipo interessante, mi piacerebbe anche molto aver modo di scambiarci due chiacchiere. È solo che sembra molto diverso da Jimin, e quindi, non so, sono rimasto sorpreso, tutto qui”

“Si, pare molto diverso da Chim. Ma io stesso sono completamente diverso da lui e guardaci, migliori amici da una vita. A me ha fatto una buona impressione, mi è sembrato un tipo sicuro di sé e che sa il fatto suo e soprattutto non mi sembra uno di quelli che ti portano in giro. Non credo perderebbe nemmeno un secondo del suo tempo con persone che non gli interessano. Quindi non mi sento in ansia”

“Insomma è un po’ come te” Hoseok aveva adesso appoggiato la testa sulla mano e guardava Taehyung con affetto. Taehyung strabuzzò per un attimo gli occhi e mandò giù un sorso di soju prima di rispondere:

“No, hyung sei proprio fuori strada, sono qui con te in questo momento, sono chiaramente disposto a perdere il mio tempo inutilmente” Hoseok finse uno sguardo ripiccato facendo nascere un sorriso sulle labbra di Taehyung che però ebbe vita breve “Io… io non sono così determinato come sembro. Non lo sono proprio per niente”

L’improvviso abbassamento del tono di voce, misto allo sguardo quasi triste con cui il ragazzo aveva pronunciato queste parole, misero Hoseok leggermente in allarme e lo portarono ad avvicinarglisi un po’ di più.

“Tae-Tae, tutto bene? Forse è il caso di smetterla con il soju, che cosa vai dicendo?”

Fece per portargli via il bicchiere, ma Taehyung lo tenne stretto

“Ma no, non ho bevuto così tanto, non… non c’entra il soju”

Hoseok finse di credergli, ma sapeva che anche se il ragazzo non era neanche lontanamente ubriaco, comunque un pochino ciò che stavano bevendo aveva fatto un certo effetto su di lui. Doveva essere per forza così: era raro che Taehyung abbassasse la guardia in quel modo. Che c’entrassero le ultime novità riguardanti Jimin?

“Taehyungie, prometto che non sto per chiederti questa cosa per stuzzicarti, è il tuo hyung adesso che parla e che vuole occuparsi di te. C’è qualcosa che non va? Dici cose strane, anche prima, stamattina, parlavi di contare le ore e quel comportamento che hai avuto…”

“Già... si contano le ore e si aspetta che passi...” Taehyung stava fissando un punto qualsiasi con sguardo perso. Hoseok corrugò la fronte:

“Cosa?”

“Questo”

“Questo cosa?”

“Il cuore che accelera. Il nodo allo stomaco. Il pensiero fisso. Il desiderio di intimità. Tutto questo, lo metti sotto lucchetto e aspetti paziente che passi, perché non c'è altro modo.” Hoseok capì che aveva chiaramente smesso di parlare di Jimin. “Devi solo aspettare”

“Taehyung, ti fidi di me?”

Il più piccolo sembrò riscuotersi all’improvviso e provò vergogna. Si era lasciato andare un po’ troppo. Lo sguardo fermo di Hoseok però lo obbligò a dargli una risposta sincera.

“Ce-certo che mi fido di te hyung. Perché me lo chiedi?”

“Allora se ti fidi di me, ti prego di dimostrarmelo. Lo sai che ci sono sempre stato per te e Jiminnie. Siete sempre venuti da me se avevate qualche problema e io ho cercato di fare il possibile per aiutarvi, nel modo migliore che potessi. Però.. ecco, mentre Jimin ha fatto a entrambi una testa grande come una casa con questa storia di Yoongi” Hoseok gioì in cuor suo vedendo che era riuscito a tirar fuori almeno un piccolo sorriso a Taehyung “tu non hai mai avuto quel tipo di situazioni, non ti è mai servito consiglio su questa materia, capisci cosa intendo. E ora ti vedo strano e mi sto preoccupando perché non vorrei che ciò che sta accadendo tra Jimin e Yoongi ti abbia… rattristato. Quindi per favore, dimmi qual è il problema”.

“Non… non c’è un problema hyung. Davvero, dico sul serio, e non sono assolutamente disturbato da ciò che sta succedendo a Jimin, che amico pensi che sia?”

“No, va bene, non volevo dire questo, ma… Ascolta, facciamo così: ti faccio io un paio di domande e tu mi rispondi, ok? Magari ti è più semplice”

Taehyung trasse un sospiro e annuì. Perché si stava prestando a questa cosa? Forse perché ogni tanto aiutava alleggerirsi un po’. Non avrebbe mai potuto farlo del tutto, ma almeno un po’, per stasera, sarebbe stato sufficiente.

“Domanda uno: il discorso sull’attendere che passi… non tistavi riferendo alla situazione di Minnie, non è così?”

Taehyung fece segno di assenso.

“Lo avevo intuito. Domanda due: sembrava parlassi di dover tenere chiusi i tuoi sentimenti, farli scomparire dentro te come se al di fuori non avessero un posto…” si fermò.

“Dov’è la domanda?” disse Taehyung dopo un po’.

“Non c’è una domanda. Credo di non aver bisogno di farla”

“Ok, allora abbiamo finito qui. Hyung, fammelo dire, sei davvero un pessimo psicologo” disse il più piccolo con ironia.

“No, dai, mi sono espresso male!”

Entrambi si misero a ridere piano e l’atmosfera si distese un poco. Taehyung prese di nuovo la parola per primo.

“Si, intendevo proprio dire quello: bisogna aspettare che ciò che provi passi proprio perché non ha un posto là fuori”

“E perché credi non abbia posto?”

“Non è che lo credo, lo so… cioè, ci sono cose che semplicemente non possono essere”

Hoseok sospirò e tolse di mano a Taehyung il bicchierino che stava tenendo troppo stretto. Taehyung lo lasciò fare guardando nel vuoto con sguardo triste.

“Taehyungie.. sarò onesto con te. Mi pare di capire che c’è, o c’è stato, qualcuno nella tua vita a cui hai voluto bene, ma... da come parli mi viene questo dubbio: glielo hai mai detto? Hai mai espresso i tuoi sentimenti?”

“Hyung, è complicato…” Taehyung iniziò a scuotere la testa con veemenza e Hoseok gli portò una mano sulla spalla, stringendogliela. Voleva fare assolutamente qualcosa per aiutarlo, ma non sapeva da che parte iniziare. C’era qualcosa, anzi, qualcuno, che lo faceva soffrire, e avrebbe tanto voluto scoprire chi era per andargliene a dire quattro e aggiustare la situazione.

“Quanto complicato? E da quando in qua Kim Taehyung non va con decisione dritto al punto prendendosi ciò che vuole?”

“Non tutto ciò che si vuole è fatto per noi”

Gli occhi di Taehyung si coprirono di un velo di lacrime e Hoseok si sentì all’improvviso terribilmente in colpa per averlo spinto a tal punto. Lo abbracciò forte, cullandolo un pochino e sentendo, nel modo in cui l’altro gli si abbandonò, tutto il peso della sua giovane età. Hoseok ne era ora convinto: Taehyung stava soffrendo per amore, e tutto quello che era successo con Jimin aveva reso per qualche motivo il dolore più vivo. Sentì un moto di rabbia e impotenza dentro di sé, che cercò di reprimere con un respiro profondo. Il suo Taehyungie non doveva soffrire. Non sapeva ancora come, ma avrebbe certamente trovato un modo per aiutarlo, un passo alla volta, e questa idea lo rincuorò. Scostò con delicatezza il più piccolo da sé:

“Ma non si può aspettare per sempre, Tae” gli disse prendendogli il viso tra le mani e guardandolo dolcemente “Nemmeno Jimin ha dovuto farlo, e se l’attesa è terminata in un caso come il suo, io credo proprio che anche la tua debba avere presto una fine”  

 “Però non sempre i finali sono felici, hyung”

C’erano ancora piccole goccioline agli angoli degli occhi luminosi del giovane e il suo sguardo sembrava quasi implorare pietà. Hoseok capì che era giunto il momento di dargli una tregua. Gli lasciò un leggero bacio sulla fronte e gli disse con calma:

“Ne parliamo un’altra volta, adesso credo tu abbia bisogno riposarti. Hyung ti porta a casa”.

Taehyung annuì e si lasciò prendere per mano, seguendo docilmente Hoseok fuori dal locale.

Note dell’autrice: Ciaooo! ♥ Eccolo qui il nostro Yoongi! Per fortuna non gli è successo nulla di grave, lo ritroviamo sano e salvo, ma bisognava creare un po’ di panico, altrimenti dove sarebbe il gusto? ^^ Certo, ci sono ancora delle cose da scoprire su di lui, ma hey almeno lo ritroviamo integro. Il resto del capitolo sposta un po’ il focus dagli Yoonmin agli altri due personaggi principali di questa storia. Anche Tae pare abbia delle cosine che si porta dentro senza dir nulla a nessuno… cosa sarà? Scrivere questo pezzo mi è piaciuto molto perché anche se la storia si incentra sugli Yoonmin mi diverte sempre tanto approfondire anche un pochino tutti gli altri che si muovono attorno a loro e voglio bene sia a Tae che a Hopi, per cui è stato bello scrivere questa parte del capitolo. Spero piaccia anche a voi e che non vi abbia annoiato.

Vi ringrazio come sempre per aver letto fin qui e come al solito vi invito a lasciare un feedback se avete tempo e voglia ♥ Ci vediamo fra 5 giorni!

Baci, Elle ♥

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Capitolo 6
*** Giovani cuori ***


GIOVANI CUORI

 

Il peso dell’attesa fu di nuovo difficile da gestire per Jimin, ma questa volta almeno riuscì a mascherarlo meglio. A differenza di quanto accaduto il sabato alla fiera, il suo lavoro non risentì della sua agitazione e con un controllo di cui lui stesso si stupì riuscì a mettere da parte la sua vita privata. Solo ogni tanto si concedeva dei momenti per fantasticare e in quei casi si metteva a far finta di riordinare dei libri o a spolverare uno scaffale. Eseguendo gesti meccanici poteva lasciar vagare la mente e perdersi nelle sue immaginazioni: l’appuntamento con Yoongi era alle porte e lui non stava nella pelle. È vero, lo aveva visto strano verso il termine del pomeriggio che avevano trascorso insieme, ma il fatto che poi avesse acconsentito a uscire di nuovo con lui doveva necessariamente rappresentare un segnale positivo. Jimin arrivò alla conclusione che probabilmente sabato sera Yoongi era solo stanco e arrossì all’idea di aver agito in modo tanto ridicolo, correndo fuori dal bar in paranoia come se fosse stato rapito. Raccontò l’episodio anche a Taehyung e Hoseok il martedì sera, davanti a un piatto di ramyeon fumante e fu contento che entrambi riuscirono a sdrammatizzare il tutto, come spesso d’altronde accadeva. Non per nulla erano le sue persone preferite al mondo quando si trattava di sfogarsi e confidarsi.

“Minnie, non credo se ne sia accorto della tua, va bene magari un po’ eccessiva, agitazione. È chiaramente qualcosa che hai notato tu, ma che sono convinto sia sfuggito a lui”

“Ma si, hyung ha ragione, non c’è motivo di starci a pensare su troppo, Yoongi-ssi non avrà pensato niente di particolare. Così come penso che anche tu non dovresti fare una tempesta in un bicchiere d’acqua”

“Cosa intendi dire Tae? Che tempesta sto facendo?”

Come tante altre volte, Taehyung lo aveva guardato con sguardo di chi la sa lunga e Jimin si era chiesto, come tante altre volte, se sarebbe mai stato capace di nascondere qualcosa al suo migliore amico.

“Lo so che passi metà del tuo tempo a lavorare, mangiare, dormire, insomma fare cose ordinarie e l’altra metà a girovagare nella tua stessa testa. Chissà quante storie avvincenti ti sarai già raccontato su questa sparizione misteriosa, non è così?”

Portandosi le bacchette alla bocca Jimin aveva bofonchiato qualcosa e sia Taehyung che Hoseok avevano sorriso.

“Stai tranquillo, Chim. Capita di allontanarsi un attimo per fare una telefonata privata, d’altronde ancora tu e lui non vi conoscete poi così bene, mi pare normale che si sia preso un attimo i suoi spazi. Va tutto bene, io ne sono sicuro. Non sei d’accordo anche tu Hoseok-hyung?”

Hoseok aveva confermato di essere dello stesso parere e Jimin era riuscito a mettere da parte il senso di lieve inquietudine nel suo petto. Adesso, mentre frugava nell’armadio e sceglieva che cosa avrebbe indossato l’indomani sera, ripensare alla conversazione lo faceva stare bene e sentiva tanta gratitudine nascergli dentro per le parole di conforto offertegli dagli amici. Se loro dicevano che non c’era nulla di cui preoccuparsi, così doveva necessariamente essere. In effetti, tra loro tre, Jimin era sempre stato quello più incline ad emotività eccessive e seppure non rinnegava questa parte del suo carattere, era anche ben consapevole di aver bisogno del pragmatismo degli altri due come una nave ha bisogno di avere sempre con sé un’àncora.

“Allora? Scelto questo outift? Sei peggio di una ragazzina al primo appuntamento!”

Jimin finse un’aria seccata, ma la sua voce era tranquilla:

“È facile per te parlare Tae. Qualunque cosa indossi ti sta sempre a pennello”

Taehyung si buttò sul letto di Jimin e sospirò fragorosamente:

“Lo so, ma è anche un grande fardello, non credere. È difficile mantenere la propria reputazione”

“Jiminnie non ascoltarlo” Hoseok entrò con in mano un thè caldo “Anche tu stai bene con praticamente tutto, non capisco di cosa ti stai preoccupando”

“Voglio solo essere carino per Yoongiah!” sbottò Jimin lanciando violentemente sul letto il paio di pantaloni e la maglietta che stava osservando e si gettò sul letto vicino a Taehyung. Gli si buttò addosso e nascose il viso nell’incavo del suo collo esagerando un tono piagnucolante “Taeeeee aiutami tuuu!”

Hoseok scoppiò a ridere mentre Taehyung sbuffò e cercò di allontanare Jimin, ma il ragazzo tenne duro non mollando la presa delle braccia strette attorno alla vita dell’amico.

“Taehyungie dovresti aiutarlo davvero però. Ha ragione quando dice che ti sai vestire meglio di tutti noi. A volte penso che se fossi qualcuno di importante e avessi soldi su soldi da spendere ti vestiresti da capo a piedi solo di vestiti di designer, tipo Gucci”

“Se fossi qualcuno di importante Gucci li darebbe a me, Hoseok-hyung” rispose Taehyung facendogli l’occhiolino.

“Possiamo tornare al mio appuntamento per favore? Hoseok-hyung deve tornare a casa tra poco altrimenti poi si fa tardi e finisce che si mette a correre come l’altra volta e gli sequestrano la macchina di nuovo. Sul serio, abbiamo poco tempo e io ancora non ho idea di cosa mi metterò domani” Jimin aveva finalmente lasciato andare Taehyung e si era rannicchiato in un angolo del letto, lo sguardo supplichevole. Gli altri due ragazzi si scambiarono un’occhiata di intesa e decisero di mettere da parte i loro battibecchi per aiutare finalmente l’amico. Non ci volle moltissimo: Taehyung dette direttive precise sugli outfit da provare e fece poi da giuria insieme ad Hoseok, lasciando così a Jimin solo il compito di indossarli, sfilare e riporre piegato sul letto il vincitore del loro verdetto finale. Fu molto soddisfatto del capo deciso: una maglia di cotone a maniche lunghe nera leggermente aderente e con lo scollo un po’ largo e un paio di jeans normali.

“Semplice, ma efficace” aveva detto Taehyung schioccando la lingua e Hoseok si era trovato dello stesso parere.

Compiuta la loro missione i ragazzi decisero che era il caso di reputarsi soddisfatti e salutarsi.

“Domani hai una lunga giornata davanti a te, Jiminie. E chissà, magari anche una lunga notte…” prima Taehyung potesse finire la frase – che era stata accompagnata da sorrisetto malioso, occhiolino e gomitata – Jimin sentì il proprio viso raggiungere temperature vulcaniche in pochi istanti e urlò d’istinto:

“Tae! Che cosa ti metti a dire!!!”

“Ma perché, se succedesse qualcosa non saresti contento??”

Il ghigno di Taehyung mise Jimin ancora più in imbarazzo:

“Che c’entra, io no-non… voglio dire…insomma, ci conosciamo appena!

“Taehyungie basta! Non vorremo far andare il nostro Jiminie in iperventilazione la sera del suo primo vero appuntamento, no?” Hoseok abbracciò protettivo il più piccolo e Jimin gli si strinse contro, nascondendo il viso tra le stoffe del suo maglione.

“Hyuuuung, Tae è cattivo!”

“Su su” Hoseok prese ad accarezzare i capelli di Jimin “ti dico io cosa bisogna fare casi come questi: bisogna segnarsi tutto su un quadernino nero e poi vendicarsi con la stessa moneta il giorno che il nostro Taehyungie andrà al suo di primo appuntamento”.

Il lampo di scherno negli occhi di Hoseok si spense non appena vide Taehyung, che si era intanto portato al muro per godersi la scena del suo migliore amico nel panico, arrossire leggermente e distogliere per un attimo lo sguardo. Portò poi gli occhi al cielo e sbuffò:

“Non c’è gusto a scherzare con voi”

Jimin si scostò da Hoseok con sguardo incredulo:

“Nessuna battuta sul fatto che tu non ti scomponi per smancerie del genere?”

“Beh questo era scontato” disse Taehyung facendo spallucce dopo un momento di esitazione “Park Jimin, basta. Devi andare a letto sennò domani il tuo bello noterà di te solo le borse sotto gli occhi e in quel caso davvero ci sarebbe da preoccuparsi del vostro futuro sentimentale. Vai a dormire, dai, accompagno io Hoseok-hyung alla porta”

Con un altro caldo abbraccio e profusi ringraziamenti, Jimin salutò Hoseok e lo vide uscire dalla sua stanza insieme a Taehyung. Dormire… sì, ma come?

Sulla soglia di casa, Taehyung ringraziò di nuovo anche lui Hoseok a nome dell’amico, meglio un ringraziamento in più che uno in meno.

“Di nulla Taehyungie, ma ti prego, fino per sole ventiquattro ore fai lo sforzo di non assediare Jiminie con le tue battutine. Mi sembra già abbastanza agitato senza che qualcuno gli metta in testa ulteriori possibili scenari”

“Jiminie starà bene. Ha un po’ la testa fra le nuvole, ma non è uno sprovveduto. Ti preoccupi sempre troppo per lui” rispose Taehyung appoggiandosi all’uscio e sbuffando.

“Come uno hyung degno di questo nome dovrebbe fare! E poi, perché tu no? Stasera sei stato davvero bravo” così dicendo, Hoseok sorrise e dette un piccolo colpetto alla punta del naso di Taehyung. Si fermò un secondo, aspettandosi una reazione vistosa da parte dell’altro, ma vedendo che non si muoveva né emetteva suoni, come se stesse faticando a trovare una risposta, continuò: “Jimin è fortunato ad averti come migliore amico”

“A-anche io sono fortunato ad avere lui. Ci vogliamo bene e ci aiutiamo. Non c’è niente di speciale in quello che ho fatto, nulla che lui non avrebbe fatto per me”

Lo sguardo dolce di Hoseok si trasformò e un piccolo ghignò gli si disegnò sulle labbra:

“Ma d’altronde, tu non ne avresti bisogno, non è così? Bravo a vestire, Gucci, e tutta quella roba lì”

“Assolutamente. Vedo che ogni tanto ragioni”

Hoseok sorrise e iniziò ad andarsene.

“Buonanotte Taehyungie. Un giorno te la farò pagare per tutto il rispetto che non mi porti”

“Lo hai detto tu, non io, hyung. Lo pensavi davvero?”

Il tono nella voce di Taehyung spinse Hoseok a girarsi a guardarlo e qualcosa nel suo sguardo per qualche motivo lo convinse a deporre l’ascia di guerra:

“Lo penso davvero”

A ciò Taehyung, dopo un attimo di pausa, scattò facendo un mezzo inchino veloce, bofonchiò un grazie e buonanotte ancora in tutta fretta e tornò poi in casa sbattendo la porta di fronte a un confuso Hoseok. Il giovane andò via dal palazzo scuotendo la testa, cercando così di scacciare la strana inquietudine che negli ultimi giorni aveva preso a fare capolino in lui di tanto in tanto. Questi giovani cuori.

***

Il sonno arrivò molto tardi per Jiminie. Sebbene Taehyung lo avesse istruito per bene sull’importanza delle ore di sonno alla vigilia di eventi come quelli che lo attendevano, non riusciva davvero a chiudere occhio. Contare le pecore non era servito, mettersi a leggere nemmeno. Ogni due minuti Jimin si trovava infatti costretto a tornare tre, quattro righe indietro nella pagina, poiché si accorgeva di non star assolutamente seguendo la storia, ma al contrario essersi perso in elaborate fantasticherie circa il suo appuntamento con Yoongi. Si sentiva elettrizzato, e impaziente. Il pensiero di non riuscire più a resistere nemmeno pochi giorni senza vedere una persona che era mancata dalla sua vita per un anno e mezzo – e che addirittura nemmeno contava più di ritrovare – faceva un po’ sorridere Jimin. L’impazienza non era un suo tratto, ma se è per questo non lo era nemmeno l’audacia. Eppure quando c’era di mezzo Yoongi stava iniziando a capire che doveva mettere da parte tutto quello che sapeva di sé stesso: la presenza del ragazzo lo rendeva diverso e aveva il potere di farlo agire in modi a cui Jimin non avrebbe mai pensato prima. Tutto questo affascinava Jimin e lo faceva sentire ancora più attratto dal campo magnetico dell’altro. E si che era forte, il campo magnetico di Yoongi. Jimin se ne era accorto subito: era piccolino, ma in qualche modo riusciva a sprigionare un’energia fuori dal comune. Jimin un po’ ci credeva alle teorie sul fatto che ogni essere vivente ha una propria aura e pensò che se avesse potuto vedere quella di Yoongi essa gli si sarebbe senza dubbio presentata come una luce intensa, potente e soprattutto ampia. Pensando che fosse il caso di smetterla di pensare ad aure ed energie, Jimin decise che era giunto il momento davvero di dormire. Ripose il libro sul comodino di fianco a letto e chiuse gli occhi, cercando di frenare i battiti del suo cuore.

Il sonno che finalmente giunse di lì a poco fu tranquillo e ristoratore: Jimin si svegliò poco prima del suono della sveglia perfettamente riposato. Dopo il primo momento di spaesamento, tornò nel presente: oggi è il gran giorno! Si vestì in tutta fretta, credendo forse che così facendo il tempo sarebbe scorso più in fretta. Si ritrovò invece ad essere in anticipo e fu costretto ad aspettare che Taehyung finisse a prepararsi per poter fare colazione insieme come ogni mattina. Non importava che giorno fosse: anche in quelle occasioni in cui non avrebbero fatto la strada insieme perché Taehyung, impegnato la mattina con le lezioni universitarie, aveva il turno in libreria il pomeriggio, i due si riunivano sempre nella loro piccola cucina per iniziare la giornata insieme e salutarsi. Nel mentre che aspettava, Jimin si mise a ridare una controllata all’outfit scelto il giorno prima. Si, lo convinceva davvero. Come aveva detto Tae, semplice, ma efficace.

Arrivò poi il momento della colazione, durante la quale si stupì della delicatezza del suo amico. Niente battutine, niente uscite che potessero metterlo in imbarazzo. Jimin pensò che forse c’era lo zampino di Hoseo-hyung nel comportamento di Taehyung, ma decise di non indagare è fare domande: la situazione gli andava benissimo così com’era. Salutò Taehyung davanti al portone di casa e si avviò da solo verso la libreria con l’animo emozionato come se fosse il giorno di Natale.  

***

Il messaggio arrivò nel pomeriggio, dopo la pausa pranzo, mentre Taehyung serviva una signora grassottella con al seguito il suo cagnolino e Hoseok riforniva di nuove copie il piccolo scaffale con le riviste. Breve, ma spietato.

 

[[15:43

MinYoongi:

 

Mi dispiace, non posso venire stasera.

Ti richiamo io Jiminah.

Scusa ancora.

Yoongi ]]

 

 

Note dell’autrice: Annyeong yorobun! Allora, abbiamo oggi un capitoletto un po’ di transizione, ma in cui, alla fine qualcosa succede, poco piacevole, mi rendo conto :)) In compenso abbiamo modo però di guardare un po’ più da vicino nella vita dei nostri tre “amici librai” e qualche altra relazioncina e dinamica tra loro.

Jimin ce la farà mai a uscire con Yoongi? Nel prossimo capitolo avremo una risposta, quindi bisogna aspettare quello ;)

Grazie mille del tempo che avete dedicato a leggere fino a qui e vi invito a lasciare un commentino anche breve per farmi sapere cosa ne pensate ♥

Alla prossima, baci

Elle ♥

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Capitolo 7
*** Nox ***


NOX

h. 20:36

Il taxi correva veloce, ma non veloce abbastanza per Yoongi. Quanto gli sarebbe costata questa follia notturna? Sapeva che era una follia, una cosa del tutto insensata e ormai dopo tutti questi anni avrebbe dovuto imparare a gestire questi momenti, ma la situazione era diversa ora. C’era un elemento nuovo, una variabile che non avrebbe mai considerato di dover affrontare e forse era proprio questa ad aver fatto riaffiorare in lui sensazioni del genere. Appoggiò la fronte sul finestrino freddo della vettura appannandolo col proprio respiro e chiuse gli occhi per cercare di calmarsi. Andava tutto bene, tra poco lo avrebbe visto e lui avrebbe senz’altro saputo dirgli che cosa fare. Lo avrebbe tranquillizzato come sempre riusciva e lo avrebbe aiutato a guardare tutto in modo diverso. Si, aveva fatto bene così: andare da lui era la scelta giusta. Era sempre stata la scelta giusta. Ripensò al messaggio mandato a Jimin quel pomeriggio. Era stato secco e non aveva dato alcuna spiegazione, ma le spiegazioni non erano il suo forte. Sentì il respiro farglisi più affannato e trasse profondi sospiri per riportarlo alla normalità. Il taxi accostò, e Yoongi fu costretto a farsi forza e riscuotersi, il tempo necessario per pagare e salutare l’uomo. Poi, quella casa. Finalmente. Si precipitò al piccolo cancello e si attaccò al bottone del campanello, intenzionato a non staccarglisi finché il portoncino non si fosse aperto. Si aprì prima di quanto pensasse, invitando subito il ragazzo a entrare.

“A-avevo bisogno di vederti”

Dio, ma perché devo suonare sempre così patetico?

“Lo so, sono qui”

E Yoongi gli si buttò fra le braccia.

 

Stesso giorno, h. 17:23

“Come va?”

La mano calda di Hoseok si posò sulla spalla di Jimin e il più piccolo sospirò per la centesima volta quel giorno. Fece solo spallucce e rispose:

“Alla cassa chi c’è?”

“Ci dovrei essere io, ma non c’è quasi nessuno in negozio al momento. Jiminie, ti vedo così giù…”

Jimin non seppe come rispondere: non voleva più lamentarsi, ma d’altro canto non era bravo a mentire. Era giù, e dire il contrario sarebbe stato inutile, né Hoseok né tantomeno Taehyung ci avrebbero mai creduto. Non poteva però continuare a parlare di Yoongi, aveva già assillato gli amici fin troppo con tutta questa storia. Si era adesso ritirato nel retro proprio per non essere visto, non suscitare domande con il suo sguardo triste e evitare di riprendere il discorso. Hoseok però non demordeva:

“Perché non torni un po’ a casa?”

“No, hyung, a cosa servirebbe?” rispose Jimin con calma rassegnata finalmente volgendo lo sguardo all’altro “non cambierebbe le cose”

Nuove goccioline gli si formarono negli occhi e le scacciò via con la mano. Ecco che adesso piango di nuovo, sono un bambino. “scusami hyung, scusami per essere così insopportabile, lo so che sto infastidendo tutti con i mie-”

“Ma che cosa stai dicendo!” Hoseok abbracciò forte il più piccolo, che gli si strinse addosso cercando di non far scendere nuove lacrime e trattenendo a stento i singhiozzi “non dire più che ci infastidisci, né io né Taehyungie potremmo mai pensarlo e siamo seriamente dispiaciuti per quello che è accaduto. Shh, non piangere, sono sicuro ci sarà un motivo valido!”

“Lo spero anche io…” disse Jimin tirando su col naso inumidito “quello che però mi fa stare più male non è tanto il fatto che non ci vedremo più questa sera. Ciò che mi rattrista è vedere come ogni volta che credo di aver fatto qualcosa di buono, di essere un passetto più vicino a lui e aver creato una connessione, è sempre tutto momentaneo, un’illusione. Credevo che Yoongiah volesse passare del tempo con me, ma forse mi sono ingannato fin dall’inizio, forse mi ha un po’ sopportato e assecondato, ma senza un interesse vero dietro…”

“Jiminie, non ti sembra di star tirando delle conclusioni un pochino troppo affrettate da un messaggio solo?” Hoseok tolse dalle guance arrossate del più piccolo le ultime goccioline di lacrime e gli lasciò un affettuoso bacio sulla guancia prima di lasciarlo andare. “Non ti ha detto che si farà risentire?”

“Non credo lo farà”

Il più grande gli dette una piccola botta sulla testa fingendo uno sguardo arrabbiato e lo redarguì sul mostrarsi sempre così arrendevole. Non era certamente la prima volta che a Jimin veniva rimproverato questo aspetto del suo carattere, ma mentre non se la prese per tale affermazione, rimase invece molto colpito da un’altra frase che gli venne detta: “non mi sembravi così privo di energia quando hai chiesto a Yoongi di uscire con lui”

Aveva ragione, in quel caso aveva davvero cambiato le carte in tavola di sua iniziativa, tirando fuori un coraggio che prima non sapeva nemmeno di avere. Ancora una volta Jimn fu costretto a riflettere su quanto la presenza di Yoongi lo rendesse diverso. Sempre, da quando si erano incontrati la prima volta, il ragazzo era stato capace di gesti che in altre occasioni non si sarebbe mai sognato di poter compiere. Anche in virtù di questo, Jimin si era quasi convinto che ci fosse un motivo dietro il loro incontro, che la presenza di Yoongi nella sua vita non fosse casuale. Ma si può davvero parlare di destino quando solo una delle due parti si sente così? Jimin non sapeva cosa fare, al momento sapeva solo cosa non fare: non avrebbe cercato di nuovo Yoongi. Non gli avrebbe scritto, non lo avrebbe chiamato. Almeno non subito. Voleva smetterla di sentirsi ridicolo e insistere su qualcosa in cui l’altro chiaramente non si sentiva coinvolto nemmeno la metà di quanto si sentiva lui. Come aveva già fatto tante volte prima di allora, decise di aggrapparsi alla speranza che quelle brevi parole, “ti richiamo io Jiminah”, gli offrivano e aspettare.

 

h. 20:05

“Mi devo preoccupare?” lo sguardo interrogativo di Hoseok costrinse Namjoon a spiegarsi meglio “Sei troppo silenzioso questa sera, non capisco che cos’hai. È successo qualcosa di grave?”

Hoseok finì a lavare la sua ciotola e la poggiò sul bancone.

“Perché, di solito come sono, scusa? Che c’è di diverso oggi?”

“Hosokah, devo davvero rispondere?”

“Non faccio così tanto casino di solito...”

“Lo fai. Come tu riesca ad essere rumoroso anche nello svolgimento delle attività più banali della vita, è per me un mistero, ma il casino che ti porti dietro è ancora più evidente quando non ne crei” si avvicinò all’altro e si appoggiò al bancone incrociando le braccia “Che succede?”

Hoseok sospirò:

“Nulla di grave… sono solo un po’ triste per Jiminie, gli è successa una cosa spiacevole oggi”.

Il ragazzo prese così a raccontare all’amico gli avvenimenti dell’ultimo periodo e della giornata appena trascorsa. Namjoon, migliore amico di Hoseok da quando si erano ritrovati a vivere sotto lo stesso tetto cinque anni prima, ascoltò il ragazzo con attenzione come faceva sempre, sapendo quanto fosse importante per l’amico avere qualcuno con cui parlare. Hoseok solitamente tendeva a riversare in autonomia i propri sentimenti sulle altre persone, ma Namjoon ormai lo conosceva abbastanza a fondo da sapere che erano però proprio i momenti in cui era più silenzioso quelli in cui aveva più bisogno di sfogarsi. E lui era sempre stato lì per questo. Non gli pesava, non glielo faceva come un favore. Se cinque anni non potevano considerarsi troppi, per Namjoon – e sapeva che valeva così anche per Hoseok – erano stati più che sufficienti per portarlo a dire che voleva bene al ragazzo esattamente come lo si vorrebbe a un fratello. La storia di Jimin non gli era del tutto nuova. Nel corso dei mesi numerose volte Hoseok aveva parlato di tutta la faccenda, ma Namjoon non riusciva mai a ricordarsene troppo bene i dettagli. Un po’ non era colpa sua: quando Hoseok iniziava a parlare e raccontare quanto accadutogli durante la giornata, le loro conversazioni si trasformavano spesso in monologhi e la quantità di informazioni al secondo buttata sul povero Namjoon era davvero troppa. D’altro canto, Namjoon sapeva di avere dei limiti: era distratto e tendeva spesso a dimenticarsi le cose che gli venivano dette. Limite che più di una volta gli aveva anche creato problemi a lavoro. Inutile che Hoseok lo rimproverasse spingendolo ad appuntarsi tutto: spesso e volentieri la lista di consegne extra che il suo capo si premurava quotidianamente fosse sempre in crescita e mai in calo rimaneva solo nella sua testa, con conseguenze di solito poco piacevoli. Però era bravo, nel suo lavoro era fottutamente bravo, per questo sapeva che il posto sarebbe rimasto il suo e avrebbero continuato a pagarlo bene. L’unico inconveniente era sopportare il suo capo reparto, che appunto lo aveva ormai preso per una sorta di assistente personale.

“Beh, sì, mi dispiace per Jimin. Non se lo merita, è così dolce quel ragazzo”.

“Vero? Lo penso anche io. E mi dispiace da morire anche per Taehyungie”

“Taehyung?” chiese Namjoon inclinando la testa di lato.

“Si, Tae. Lo vedo che anche lui è preoccupato per Minnie e mi dispiace. Inoltre credo che ci sia anche qualcos’altro che non va con lui… Non so come aiutarlo, ho provato a farlo aprire, ma non è stato tanto utile”

“Che intendi?”

Hoseok iniziò ad asciugare le stoviglie e Namjoon si mise a dargli una mano.

“L’altra sera mentre eravamo al bar si è messo a fare strani discorsi, ho cercato di capirci qualcosa di più, ma non sono convinto… non so bene, è difficile tirar fuori le cose a Taehyung”

“Infatti mi sorprende già anche solo il fatto che ti abbia confidato qualcosa. Non mi pare il tipo da dire agli altri cosa gli passa per la testa”.

“E infatti non lo è. Però ogni tanto con me parla, per fortuna. L’ho visto così… indifeso e… non lo so, non capisco”

Hoseok farfugliò qualcos’altro e Namjoon perse il filo. Aveva l’impressione che il discorso non fosse finito, che Hoseok stesse parlando mentre cercava lui stesso le parole per esprimersi e dare senso a un filo di pensieri che solo in quel momento stavano prendendo forma. Prima che però potesse avere il tempo di chiedere ulteriori spiegazioni, il cellulare che aveva lasciato sul tavolo prese a vibrare. La suoneria era inconfondibile e Namjoon sentì su per la schiena il solito brivido di irritazione che solitamente la seguiva.

“Che cazzo vuole il mio capo reparto a quest’ora?”

Il tono formale che partì subito dopo, non appena ebbe risposto, non avrebbe mai lasciato immaginare le parole che lo avevano preceduto. Namjoon aveva ormai raggiunto il livello pro dell’arte dell’usare la voce in un modo e il corpo in un altro. Ad ogni “sì, certo” seguiva un’alzata d’occhi, per ogni “ha assolutamente ragione” c’era una scrollata di capo d’accompagnamento. Hoseok trovava sempre il tutto molto comico. Vide l’amico riappendere con stizza e accasciarsi sulla sedia lanciando un urlo.

“Che cosa voleva? Qualche altro compito ingrato?”

“Ingratissimo!” Namjoon aveva gli occhi spalancati e nella disperazione si era portato le mani tra i capelli “Mi ha chiesto… non ci posso credere, che faccia tosta! Senti questa! Devi sapere che il carissimo signor Choi sta divorziando e l’ex moglie viene circa venti volte ormai nel nostro ufficio per fare qualche piazzata o avanzare richieste. È completamente pazza e il signor Choi sarà stato un cretino fin dalla nascita, ma quindici anni con quella donna devono avere influenzato per forza. Adesso a quanto pare si stanno contendendo alcuni cristalli, roba di argenteria, che ne so. Sono ricchi tutti e due da fare schifo. Per qualche motivo, non mi interessa sapere quale, pare che lei abbia acconsentito a darglieli. Ma, ti ho detto che è pazza, ha detto che glieli darà solo se lo scatolone lo va a prendere lui o qualcuno di sua estrema fiducia, altrimenti la signora non si sente tranquilla a darli in mano a nessun’altro. Impacchetterà tutto nel week-end e poi da lunedì il pacco sarà pronto”

Si fermò per riprendere fiato e guardò l’amico con aria supplice, come a dire concludi tu per me o io esplodo di nuovo.

“Dunque” iniziò Hoseok “il povero cretino che si qualifica come suo uomo di estrema fiducia…”

“Io! Il coglione sono io, si! Li vuole subito lunedì stesso perché ha paura che la folle ci ripensi quindi mi ha detto di recuperare lo scatolone prima possibile. Lunedì inizio a lavorare alle nove mezza quindi indovina che vuol dire? Mi toccherà andare la mattina! Prima del mio turno! Ma ti rendi conto?!”

Hoseok non poté trattenere una risata di fronte all’isteria dell’amico e riuscì così facendo a distendere un pochino anche lui. Il tono di Namjoon si trasformò quindi da agitato a lamentoso.

“Non c’è nulla da ridere… è pure lontanuccio, dall’altro lato di Seul, nella zona ricca per intenderci”.

Hoseok emise un sonoro fischio:

“Uuuh, ce ne andiamo a spasso tra i milionari! Dai Joonie, magari ti capita l’occasione della tua vita. Questa gente piena di soldi è di solito fissata con l’aspetto fisico, potresti incrociare qualcuno mentre fa jogging e chissà, potrebbe essere amore a prima vista”

“Jiminie deve averti influenzato troppo” rispose Namjoon ridacchiando e sollevandosi dalla sedia “non me ne frega un cazzo di questi cretini arricchiti, voglio solo fare il mio lavoro possibilmente senza avere tra i piedi commissioni da Colf a cui badare”

“Infatti non capisco davvero come tu faccia a reggere questa situazione e sopportare il signor Choi e le sue richieste improponibili”

Namjoon tirò un sospiro e si mise a guardare fuori dalla finestra del grattacielo, lo sguardo rivolto verso la marea di luci fluttuanti nell’oscurità notturna:

“Lo sai perché, Hoseokah. Il signor Choi sarà anche un coglione, ma nel suo lavoro fa paura. È il miglior programmatore informatico di Seul, forse di tutta la Corea del Sud. L’ho visto io stesso all’opera ed è una macchina da guerra. E gli piaccio. Lo so che non sembra da come si comporta, ma ha visto in me un grande potenziale ed è grazie a lui se sto imparando tantissimo e soprattutto ho la possibilità di entrare in contatto con i nomi più influenti del settore. Ne vale la pena. Far parte del suo team, ottenere una lettera di referenze da lui, sono tutte cose che mi apriranno ogni porta in futuro”.

Hoseok sorrise e si avvicinò a Namjoon. Gli mise una mano sulla spalla e gli dette un piccolo bacino sulla guancia, causando un sussulto da parte dell’altro che poi si trasformò in una risatina.

“Tu e i tuoi bacini”

“È un ottimo metodo per risollevare qualcuno quando si sente giù. Li dispenso generosamente per questo motivo” sembrava davvero soddisfatto stando al suo tono e Namjoon evitò di dirgli che un giorno questo suo “dispensare generosamente” bacini lo avrebbe messo nei guai. In fondo, stava solo cercando di consolarlo.

“Grazie” gli disse “andrà tutto bene, ne sono convinto. Intanto lunedì faccio questa cosa, poi si vede. Magari davvero vado a sbattere con un bel milionario e la chiudiamo qui. Poi però dobbiamo trovarne uno anche per te, Hoseokah” lo stuzzicò dandogli un pizzicottino sul braccio.

“Non mi servono milionari, davvero”.

“E cosa ti serve?”

Hoseok fissò anche lui per qualche secondo il paesaggio cittadino immerso nelle tenebre, poi trasse un respiro profondo:

“Andiamo a nanna Joonie”  

 

h. 22:08

Jimin scostò la tenda bianca per guardare fuori. Seul era bellissima di notte, e solitamente la sua vista lo avrebbe fatto sentire sereno e senza preoccupazioni, ma stavolta era diverso. Il contemplare la bellezza di questa città che amava così tanto accentuava ancor di più la sua tristezza davanti alla constatazione che in quello stesso momento si sarebbe dovuto trovare ad ammirare la stessa vista in compagnia di un’altra persona. Si era detto di aspettare, ma stava diventando davvero troppo difficile. Se si trovava adesso in piedi di fronte alla sua finestra era proprio per questo motivo: non riusciva a prendere sonno e non faceva che agitarsi tra le coperte, tentando di resistere alla tentazione di mandare un messaggio o fare una chiamata.

Che cosa è meglio fare? chiese levando gli occhi al cielo, ben consapevole dell’inutilità di interrogarlo. Devo insistere? Lasciar stare? Perché mi sento tornato al punto di partenza?

Sbuffò, sentendosi all’improvvisamente incredibilmente ridicolo e stanco. Sobbalzò poi all’improvviso. Girandosi verso il suo letto vide una luce bianca irraggiarsi leggera attorno al suo cellulare lasciato sul comodino.

Corse con il cuore a mille: un altro messaggio da parte di Yoongi.

Breve come il precedente, ma dalle conseguenze così diverse:

 

[[22:17

MinYoongi:

 

Oi Jiminah.

Domani a cena?

Fammi sapere se sei libero.

Scusami di nuovo per questa sera.

Yoongi ]]

 

 

Note dell’autrice: Ciao a tutti! Quest’oggi sono un po’ in ritardo, mi dispiace! Mi dispiace anche che il capitolo sembri anche questa volta di passaggio: forse lo è, ma è utile per i successivi. Meno di passaggio però se consideriamo l’inizio (cosa succede a Yoongi?) e la fine (una cena all’orizzonte per gli Yoonmin!). chissà se stavolta avranno qualche gioia.. Lo scopriremo nel prossimo capitolo che però non credo riuscirò a postare fra qualche giorno :( Durante questo mese sarò in vacanza, quindi non credo che per almeno il prossimo paio di settimane riuscirò a trovare il tempo per aggiornare in modo regolare… verso la fine del mese mi sarà possibile riprendere con un ritmo più serrato, quindi vi prego di avere pazienza! ♥♥

Grazie mille per aver letto fino a questo punto, vi invito come sempre a lasciare un commentino e farmi sapere le vostre opinioni. Per il resto, ci si vede verso la fine di agosto (pure la fic si prende le ferie ahah), se volete updates più “istantanee” sulla pubblicazione dei prossimi capitoli, potete seguirmi su twitter (@_kookieo), dove posto sempre il link di un nuovo capitolo appena l’ho aggiunto ^^

Per ora è tutto, a presto, bacissimi e buone vacanze!

Elle ♥

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Capitolo 8
*** L'appuntamento ***


L’APPUNTAMENTO


Jimin ricapitolò mentalmente tutti gli step: doccia fatta, denti lavati, indirizzo ricontrollato, soldi nel portafoglio. Non aveva dovuto scegliere l’outfit: andava benissimo quello selezionato da Taehyung e Hoseok due sere prima. Si era chiesto a un certo punto se non fosse il caso di cambiarlo: in fondo non gli aveva portato granché bene visto che l’appuntamento non era nemmeno avvenuto. Però poi nitide in testa gli rimbombarono le parole che Taehyung gli avrebbe rivolto se avesse saputo che davvero stava contemplando l’idea di indossare qualcosa di diverso solo per superstizione e si convinse a lasciar perdere le paranoie. La serata sarebbe senza dubbio andata bene, in fondo era Yoongi che lo aveva richiamato questa volta, no? Quando aveva ricevuto il suo messaggio la sera prima Jimin si era lì per lì chiesto se non stesse sognando, ma alla sorpresa si era poi prontamente sostituita la gioia. Aveva risposto con mani quasi tremanti, tanta la sua emozione. Era abbastanza convinto che Yoongi non si sarebbe fatto risentire prima di un bel po’ di tempo e non aveva neppure escluso del tutto l’ipotesi che non si facesse proprio più vivo. Per questo adesso, mentre faceva scorrere la maglietta lungo i fianchi, stentava ancora leggermente a credere che alla fine ce l’avesse fatta, che davvero stesse per uscire con Yoongi per un appuntamento. Si rimirò un po’ allo specchio e trasse un sospiro profondo pensando a come avrebbe voluto avere Taehyung vicino in questo momento a dargli qualche ultimo consiglio di stile. Il ragazzo era però a casa di Hoseok e Namjoon, i quali ogni tanto avevano piacere ad invitare i due più piccoli per passare una serata insieme e guardarsi un film. Jimin anche sarebbe dovuto essere con loro, ma visto che era saltato fuori questo nuovo appuntamento si era trovato costretto ad assentarsi. Dai, va bene così, pensò dandosi un’ultima sistematina ai capelli e decidendosi finalmente ad andare. Lo schermo del telefono segnava le 19:08: era leggermente in anticipo, ma non gli importava. Preferiva essere lui ad aspettare un po’ al freddo piuttosto che costringere Yoongi a farlo. Si erano accordati di venirsi incontro a metà strada e andare poi insieme al bar-ristorante dove avrebbero cenato e che si trovava a meno di una decina di minuti di cammino. Scoprire che Yoongi non abitava poi così lontano dal suo appartamento era stata un’altra di quelle cose che Jimin non si era saputo spiegare al di fuori della parola “destino”. Come poteva essere? Da quanto tempo era lì? Perché non si erano mai incontrati prima? Perché si erano incontrati proprio ora? Jimin aveva la sensazione che qualcosa gli stesse sfuggendo, un particolare importante, e che forse per avere risposte avrebbe dovuto rivolgere queste domande non tanto a sé stesso, ma proprio a Yoongi. Non era tuttavia semplice per lui compiere un passo del genere. In parte non voleva sembrare troppo invadente (gli sembrava così strano che nei loro discorsi Yoongi non avesse mai accennato al motivo del suo trovarsi a Seul né a quando vi si fosse trasferito che aveva pensato fossero temi che il ragazzo non voleva discutere) e in parte temeva di sembrare un pazzo. Cosa gli chiedo? Perché il destino ci ha fatti riavvicinare adesso dopo tanto tempo? Non posso davvero. Era probabile che il discorso prima o poi sarebbe stato affrontato da Yoongi stesso in modo spontaneo e Jimin contava su questo. Per il momento si sarebbe limitato a godere della gioia di dividere il suo tempo con l’altro senza porsi – o almeno, tentando di non porsi – troppe domande.

Giunse fischiettando al punto di incontro e si preparò ad aspettare almeno un quarto d’ora. Invece, Yoongi lo stupì di nuovo: dopo cinque minuti vide una figurina minuta avvicinarsi e la riconobbe subito.

Yoongiah!” urlò senza riuscire trattenersi e pentendosene il secondo dopo. Lo vide però sorridere e si tranquillizzò.

Ti ho visto, cosa ci fai già qui?”

Ero pronto e ho deciso di scendere un po’ prima” rispose Jimin sentendosi leggermente arrossire. Yoongì annuì e disse borbottando:

Ho fatto bene a venire adesso allora, volevo essere qui in anticipo per evitare che aspettassi” Jimin si chiese se avesse sentito bene mentre Yoongi continuò con un sorrisino beffardo “sai, sembri il tipo di persona che potrebbe stare a letto giorni per un semplice raffreddore”

Hey! Non è vero! Nemmeno tu se è per questo sembri poi così resistente! Siamo della stessa taglia!”

Oi, Jiminah! Ti sembra questo il modo di parlare alle persone più grandi?”

Jimin si sentì arrossire di nuovo e abbassò il tono della voce:

M-ma sei tu che…”

Sono più alto io, il discorso finisce qui. Da che parte si va?”

Jimin non poté fare a meno di alzare gli occhi al cielo e ridacchiare. Nonostante le sue parole, Yoongi sembrava di buon umore. La serata non sarebbe potuta andare male.

Durante il tragitto fino al locale, che fu piuttosto breve, Yoongi approfittò per scusarsi del suo comportamento e questo rasserenò ancora di più Jimin. Il debole “mi spiace” uscito dalle labbra dell’altro gli era suonato sincero e cercò in tutti i modi di rassicurarlo sul fatto che non se l’era presa. Avrebbe anche voluto chiedergli quale contrattempo si fosse presentato e come mai avesse deciso di ricontattarlo così in fretta, ma visto che Yoongi non sembrava avere intenzione di farne menzione si morse la lingua. Non voleva rovinare l’umore del ragazzo ficcando il naso in affari non suoi, anche se certo era dispiaciuto del fatto che non si confidasse con lui. Che la serata fosse piacevole e priva di problemi era però al momento ciò che a Jimin premeva maggiormente e per questo fu ben felice di sacrificare la sua curiosità alla buona riuscita dell’appuntamento.

Fu solo un’oretta dopo che si erano accomodati al loro tavolo che Jimin iniziò a notare le prime avvisaglie di malumore da parte dell’altro. In realtà non poteva definirlo malumore, sembrava più inquietudine, e qualcosa di molto simile a quanto aveva notato il sabato precedente. Furono le piccole cose dapprima a dargli l’impressione che Yoongi stesse iniziando a sentirsi a disagio: l’angolo del tovagliolo di carta fatto a pezzettini, le dita tamburellanti sul bicchiere, il guardarsi ogni tanto attorno con fare quasi preoccupato. Quando poi si accorse più volte che lo sguardo del ragazzo a tratti appariva perso, come se non stesse più ascoltando nulla, Jimin si allarmò ancora di più. L’indizio finale fu quando, per la terza volta nel giro di venti minuti, Yoongi si scusò per andare al bagno. Che cosa gli succede? Stavamo così bene fino a non troppo tempo fa. Yoongi, ti prego, dimmi cosa c’è che non va. Dove sto sbagliando? Quando il ragazzo tornò al suo posto, la prima cosa di cui Jimin si accorse fu che aveva gli occhi leggermente rossi, mentre la seconda fu il ticchettio insistente della sua scarpa che batteva ripetutamente a terra. Inspirò a fondo e disse cercando di mascherare il più possibile la propria preoccupazione e dispiacere:

Che ne dici di uscire un po’? Non siamo arrivati da molto, ma magari possiamo andare da qualche altra parte… o no” le ultime due parole gli uscirono flebili e nel momento stesso in cui le pronunciò si ritrovò a dover combattere piccole lacrime che solo ora capì si trovavano lì pronte ad uscire già da un po’. Gli piombò addosso all’improvviso, un’altra volta, la sensazione che Yoongi stesse passando il tempo con lui solamente per dovere o come favore, e non perché realmente interessato.

Aveva creduto, anche se per poco tempo, di potersi mettere tali dubbi alle spalle, ma come interpretare questo comportamento se non spiegandoselo con una mancanza di interesse? Consunto da questi pensieri, Jimin si convinse quasi subito che Yoongi doveva essersi stufato a rimanere lì con lui e la risposta dell’altro non fu d’aiuto per fargli cambiare opinione.

Si… sì forse è meglio. Usciamo un pochino Jiminah”

I due ragazzi pagarono di fretta e in pochi minuti furono di nuovo sulla strada. Jimin non sapeva che cosa dire né da che parte cominciare e provò sollievo quando Yoongi parlò per primo:

Mi sento meglio qui fuori” Jimin lo guardò in viso e capì che non stava mentendo: il colorito che lo aveva a un certo punto abbandonato dentro al locale aveva adesso ripreso il suo posto e anche le labbra sembravano più rosse rispetto a prima. Almeno non sembra più sul punto di svenire. “Camminiamo?” aggiunse poi “Fa freddo per starsene fermi”.

Jimin annuì soltanto e prese a seguire l’altro che già aveva iniziato ad andare. Per pochi minuti tra loro regnò il silenzio più assoluto e la sensazione di vivere un déjà-vu fece venire a Jimin la nausea. Possibile che le cose dovessero finire sempre così? Era difficile, stra-maledettamente difficile leggere nella testa di Yoongi e per quanto volesse continuare a tenere duro, Jimin sapeva che se la serata si fosse conclusa di nuovo in un fiasco, la forza per farlo gli sarebbe venuta a mancare. Faceva male vedere ogni volta le proprie speranze frantumate in mille pezzi. L’angoscia portatagli da questi pensieri lo costrinse a buttarsi e compiere un ultimo disperato tentativo di capire cosa stesse succedendo in Yoongi e risollevare la situazione. Il ragazzo non aveva ancora aperto bocca e sembrava di nuovo perso nei suoi pensieri, tanto che quando Jimin parlò sobbalzò appena.

V-vuoi venire a casa mia? Ho una credenza piena di buone tisane. Possiamo riscaldarci per bene” accompagnare alla frase un sorriso fu difficile visto il buco allo stomaco, ma Jimin fece del suo meglio.

Si” rispose Yoongi dopo un attimo di esitazione. “Si, va bene. Se non ti dispiace ovviamente”

Assolutamente no. Non c’è nessuno in questo momento, Taehyungie è fuori, quindi non daremo fastidio. Non che per Tae ci sarebbero stati problemi ad avere ospiti a quest’ora. Tu vivi insieme a qualcuno?” Jimin si morse il labbro non appena pronunciate queste parole. Era una domanda forse indiscreta, visto che Yoongi sembrava tenere alla propria privacy riguardo la sua vita a Seul, ma il danno ormai era fatto. Attese una risposta col fiato sospeso.

No, sono… sono da solo. Ma il mio appartamento è un disastro al momento, per questo non ho proposto di andarci”

Tranquillo. Nessuno che ti aiuta con le pulizie, uh?” gli disse Jimin con un sorrisino. Yoongi anche sorrise, ma il suo sguardo sembrò triste:

Già, nessuno”

Ma qualcuno conoscerai qui a Seul, no?” Perché ho fatto questa domanda? Perché stasera sembra che non riesca proprio a starmene zitto? Così finirò per peggiorare tutto.

L’idea lo imbarazzava, perché lo faceva sentire sciocco e frivolo, ma il motivo dietro la sua insistenza era semplice: la curiosità. Jimin era curioso di sapere di più su Yoongi e anche se la parte razionale di lui voleva che fosse prudente, il suo istinto, per qualche ragione, gli suggeriva di insistere, di assecondare il bisogno che aveva di acquisire maggiori informazioni riguardo al giovane. E lui gli dette ascolto, incapace di fermarsi. “Chi frequenti di solito?”

Io- no-non esco molto, però si, qualcuno che conosco qui a Seul c’è”

Chi?”

In che senso chi?”

Yoongi si era fermato in mezzo alla strada e stava osservando Jimin con sguardo sorpreso, quasi incredulo. Forse ansioso.

Chi è che conosci? Ci hai fatto amicizia quando sei venuto qui? Eri del tutto solo quando ti sei traferito?”

Jiminah, fermati un momento, mi sembra un interrogatorio! Che problema hai?”

Yoongi sembrava particolarmente inquieto adesso e la sua risposta brusca spinse ancora di più Jimin a cercare di capire cosa non andasse.

Che problema hai tu?” nel pronunciare queste parole Jimin sobbalzò appena, chiedendosi come avesse potuto dare una risposta tanto brusca al più grande. Nonostante questo una forza lo spinse a continuare: “Sono solo semplici domande, perché non puoi rispondere?”

Yoongi riprese a camminare all’improvviso a passo svelto e quando parlò era chiaro che stava facendo un grande sforzo per mantenere un tono calmo.

Non voglio parlare adesso di queste cose. Possiamo per favore cambiare argomento?”

Ma perché non mi dici nulla?” era Jimin ad aver alzato la voce adesso, anche se alla fine della frase era risultata più bassa e tremula. Stava combinando un assoluto disastro, ne era consapevole, ma ormai aveva capito. Si era chiesto più volte perché, nonostante la loro notevole affinità, tra lui e Yoongi le cose sembrassero destinate a non funzionare. Perché la loro relazione fosse come quella tra due rette parallele, sempre vicine ma mai in contatto. Vi era sempre un elemento di disturbo che Jimin non riusciva a eliminare, per quanti sforzi facesse. Nel suo fiume di domande verso Yoongi tutto però gli era apparso chiaro. L’elemento di disturbo che aveva fino ad ora cercato di cogliere era tanto intangibile quanto consistente. Era il silenzio. C’erano troppe, troppe cose che non sapeva su Yoongi e all’improvviso si era reso conto che non avrebbe potuto sopportare questa situazione troppo a lungo. Non gli stava chiedendo di metterlo a conoscenza di tutti i suoi segreti. Tante volte Jimin aveva fantasticato di avere un rapporto così intimo con Yoongi, ma sapeva anche che per questo tipo di confidenza occorre tempo. E se c’era una cosa che Jimin sapeva fare era proprio aspettare. Non gli sarebbe costato molto. Il problema era che Yoongi sembrava non volerlo rendere partecipe nemmeno delle informazioni più banali riguardo la sua vita e dunque come poteva Jimin sperare di costruire un rapporto con lui? Già, il silenzio era il nemico. E ora che lo aveva individuato, il ragazzo decise di fare, per la prima volta nella sua vita, ciò che Taehyung avrebbe voluto facesse sempre: affrontarlo di petto. “Voglio conoscerti meglio, ma non me ne dai occasione!”

Ma perché??” Yoongi stavolta aveva urlato, girandosi con gli occhi sbarrati “Cosa ti interessa di me? Potrei essere uno spostato!”

Non è vero che lo sei!” urlando con foga Jimin si slanciò in avanti e afferrò Yoongi per un braccio “Lo so che non lo sei! Adesso perché vorresti farmelo credere?”

Yoongi non reagì alla presa sul braccio, né si scansò. Rilassò le spalle. Gli occhi gli si fecero impenetrabili.

Come?”

Uh?”

Come lo sai? Come puoi esserne così sicuro?”

Jimin fu preso in contropiede. Cos’era adesso tutta questa calma improvvisa? E la domanda… che senso aveva? Le mani iniziarono a tremargli leggermente, ma quella che stringeva il braccio di Yoongi non mollò la presa. Lasciarlo avrebbe significato… Jimin non voleva ancora arrendersi.

So-sono sicuro” la sua voce però comunicava il contrario, se ne rendeva conto. Non sapeva cosa dire. O come spiegare la fiducia assoluta che provava nei confronti di Yoongi in modo razionale.

Perché?” insistette Yoongi.

Perché… perché… non puoi. Non puoi esserlo…”

Vi fu un attimo di silenzio. Quando poi Yoongi sospirò prima di parlare di nuovo Jimin capì di averlo perso.

Scusami, ti ho fatto una domanda stupida. Forse volevo solo sapere se c’era un motivo per cui mi trovavo qui questa sera” con delicatezza cercò di liberare il proprio braccio e Jimin lo lasciò subito.

I-in che senso se c’è un motiv-“

Sono molto stanco adesso Jiminah, voglio tornare a casa. Per favore, non cercarmi più. Dimenticami e basta” rivolse di nuovo un sorriso triste al giovane di fronte a lui, che lo guardava sconvolto e smarrito, confuso dalla piega improvvisa presa dagli eventi “Non dovrebbe esserti difficile”.

Jimin rimase fermo, incapace di parlare, i piedi ancorati al terreno e gli occhi sbarrati fissi a guardare un sogno che si allontanava.



Note dell’autrice: Hellooo! Ce l’ho fatta finalmente a far uscire il nuovo capitolo! Ci sono voluti dei mesi ma sono finalmente riuscita a ritagliarmi del tempo per scrivere. In realtà questo capitolo in particolare era pronto già da un po', ma ammetto di non aver pubblicato prima perché ero molto indecisa sulla sua riuscita per diversi motivi. L’ho riletto, cambiato, letto di nuovo e ri-cambiato un sacco di volte, non mi sembrava mai andasse bene. Per cui alla fine mi sono detta che, basta, era tempo di buttarlo fuori e poi vada come vada. Spero nessuno mi odi dopo quello che è successo qui, mi è stato fatto notare che ho la tendenza a far accadere brutte cose sempre ai capitoli numero 8 nelle mie fic, non me ne ero accorta giuro. Comunque! Spero che il tutto vi sia piaciuto, e che riprendere il filo della trama dopo tutto questo tempo non sia stato troppo difficile! Come sempre mi fa piacere ricevere feedback quindi se avete voglia sapete dove andare ;) ♥

Grazie per la vostra attenzione fino a questo punto, ci si vede fra circa una settimana sul prossimo capitolo ♥♥

Baci, Elle ♥

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Capitolo 9
*** Seulpeun Iyagi ***


SEULPEUN IYAGI

Quando a film concluso aveva salutato calorosamente gli hyung, Taehyung si era aspettato la folata di vento freddo che lo accolse non appena aperta la porta e per questo si era premurato prima di uscire di tirarsi su il colletto del cappotto per coprire la gola. Quando si era poi seduto alla fermata in attesa del suo tram, sapeva che il notturno sarebbe stato in ritardo, e per questo motivo aveva infilato nella tasca dei jeans, quando quel pomeriggio aveva lasciato il proprio appartamento, delle cuffiette per sentire la musica. Oltre che per passare il tempo, la musica lo avrebbe anche aiutato a rimanere sveglio una volta dentro al mezzo ed evitare che il dondolio delle ruote lo facesse addormentare e perdere la fermata. Non era semplice cogliere Taehyung impreparato. Il suo sguardo realista e attento sul mondo lo rendeva una persona pratica, poco impressionabile e reattiva anche di fronte a inconvenienti e contrattempi. Eppure, una volta rientrato in casa e lasciate le scarpe all’ingresso, impreparato fu proprio il modo in cui si sentì nei confronti della scena che si trovò davanti.

Jimin era steso sul divano con ancora addosso il giacchetto per uscire, il viso affondato in un cuscino, le spalle scosse da singulti, e Taehyung aveva sentito il cuore strizzarglisi nel petto.

“Jiminie! Jiminie che cosa hai fatto?!” aveva urlato fiondandosi verso l’amico “Cosa è successo? Stai bene?!”

Si era gettato a terra di fianco a lui e gli aveva preso le spalle, scuotendolo leggermente e cercando di dare un senso alle sue parole confuse, strozzate dal pianto e soffocate dalla stoffa del morbido cuscino. Qualcosa doveva essere accaduto con Yoongi, fu questa l’unica cosa che il ragazzo aveva capito in quel momento e che Jimin aveva bisogno di essere tranquillizzato. In qualche modo era riuscito a farlo mettere a sedere, e dopo un po’ di tempo anche a calmarlo quel tanto sufficiente per farsi spiegare meglio cosa era successo. Ora gli si trovava dunque accoccolato vicino e lo teneva stretto, carezzandogli i capelli e cercando le parole giuste. Era difficile cogliere Taehyung impreparato, ma ciò che era successo quella sera all’appuntamento tra Jimin e Yoongi era qualcosa che davvero non aveva messo in conto e adesso sentiva addosso una sgradevole sensazione di impotenza.

“È tutta colpa mia” Jimin non aveva fatto altro che ripetere queste parole negli ultimi dieci minuti e Taehyung lo strinse più forte “tutta colpa mia…”

“Smettila, non è vero che è colpa tua”

“Si invece” Jimin tirò su forte col naso “Se non avessi iniziato a fare tutte quelle domande… non so cosa mi sia preso”

“Chim, credo che chiunque si sarebbe comportato come te. Voglio dire, il comportamento di Yoongi èun po’ sospetto, non trovi? Va bene essere riservati, ma non è normale esserlo così,quali segreti ha da nascondere? Ti si può davvero biasimare per aver voluto sapere di più? Ha ragione quando dice che da quanto ne sappiamo noi potrebbe essere davvero uno spostato o un criminale!”

“Tae ma cosa dici?! Lo sai anche tu che non è così!”

“Lo sappiamo?”

“Certo che si!!” Jimin si divincolò di scatto dalla stretta di Taehyung e si alzò in piedi, il viso rosso ancora rigato dalle lacrime “È una brava persona! Io lo so! Quindi non capisco perché non mi dice niente! Perché?!”

Provando un dolore infinito proprio al centro del petto, Taehyung vide il migliore amico accasciarsi al suolo e mettersi a piangere di nuovo. Era un pianto quasi isterico, che capì essere frutto di tante cose, della stanchezza, la tensione, la delusione. Dell’incredulità. E di quelle parole. “Dimenticami e basta”. Dovevano averlo colpito violentemente, Taehyung lo sapeva. Erano dure, troppo dure e non potevano essere giustificate solo dall’eccessiva ingerenza di Jimin. Se Yoongi avesse davvero voluto tenere Jimin all’oscuro di ciò che faceva avrebbe potuto mentire e poi magari smettere di farsi sentire. O perché non dire semplicemente la verità? Dopotutto Jimin gli aveva fatto solamente delle domande generiche, nulla di estremamente personale. No, il comportamento di Yoongi era stato davvero troppo strano e Jimin non meritava di essere trattato così. Aveva pensato al ragazzo per così tanto tempo e Taehyung immaginava come potesse sentirsi in questo momento. Gli si accucciò vicino e gli prese il viso tra le mani:

“Scusami, non intendevo dire che dovremmo sospettare di Yoongi. Scusami”

“Non so che cosa fare…” Jimin continuava a singhiozzare, ma dai suoi respiri si poteva capire che iniziava a sentirsi esausto. Taehyung lo abbracciò di nuovo e lo dondolò un po’.

“Chim, ti fidi di me?”

“Ce-certo..?”

“Bene, allora prometti che mi darai retta?”

Jimin non disse nulla per un attimo e infine annuì. Taehyung riprese:

“Ora non farai nulla, sei spossato e hai bisogno di riposo. Domani penseremo a tutto e se non vuoi andare a lavoro coprirò io il tuo turno, basta che tu me lo dica. Per oggi hai fatto abbastanza. Mettiti a letto e riprendi le energie, vedrai che a mente lucida le cose appariranno meno tragiche”.

Fortunatamente per Taehyung, Jimin era una persona docile e soprattutto quando si trovava emozionalmente in subbuglio era semplice da gestire.

“L’ho portato in camera sua e l’ho messo a letto. Poi stamattina a colazione aveva ancora degli occhi così gonfi che gli ho subito vietato di mettere piede in libreria. Così adesso sai tutto sul perché quest’oggi ti trovi qui in mia graziosa compagnia, hyung”.

Il sorrisetto finale del ragazzo spinse Hoseok ad alzare gli occhi al cielo, ma lasciò correre.

“Non mi sarei mai aspettato un epilogo del genere…”

“Ovvero che saresti stato così fortunato da ritrovarti a condividere il pranzo con me invece che Chim?”

“Tae, sono serio”

“Lo so” rispose Taehyung con un sospiro “Lo so, non volevo fare lo spiritoso, è solo che più ci penso più mi sale la rabbia, quindi-”

“Quindi preferisci metterla sullo scherzo, come fai sempre d’altronde” così dicendo Hoseok pizzicò affettuosamente Taehyung sulla guancia.

“C-che fai?! Ma ti pare il caso, siamo in un luogo pubblico!”

“Tae non ti sono saltato addosso!” rispose il più grande ridendo “Come sei timidino!”

“Ma timidino di cosa?! Aaah hyung…” con tono sconsolato si accasciò con la testa sul tavolo, mentre Hoseok scoppiava a ridere ancora di più “Davvero però… Jiminie… io lo conosco, so come si sente. Lui vive lì dentro, nella sua testa, e posso solo immaginare quanto tempo avrà passato nel corso di quasi due anni a sognare l’incontro con questo Yoongi. Il modo in cui ha pianto ieri mi ha fatto chiaramente capire quante speranze vi avesse riposto e la cosa mi ha fatto… male”.

Hoseok aveva ascoltato Taehyung con attenzione e non aveva potuto fare a meno di restare toccato dal suo tono sommesso. Anche lui era ovviamente dispiaciuto per Jimin, ma aveva visto Taehyung davvero scosso e triste e d’altronde la cosa aveva senso: i due ragazzi condividevano un legame speciale e per quanto Taehyung ci tenesse a mantenere una facciata disinvolta, Hoseok sapeva bene che ogni cruccio di Jimin era un dolore anche per lui. Guardò l’orologio:

“Tae, abbiamo ancora mezz’ora prima che la nostra pausa finisca. Che ne dici di cambiare aria?”

Senza nemmeno aspettare una risposta, il più grande si alzò e fece cenno all’altro di sbrigarsi. Taehyung non se lo fece ripetere due volte. A lavoro non aveva fatto altro che pensare all’amico rimasto a casa, a scrivergli di nascosto non appena era lontano dalla clientela, e adesso aveva appena passato metà della sua pausa pranzo a ripercorrere quanto avvenuto la sera prima. Trascorrere il resto del tempo in giro con Hoseok-hyung lo avrebbe senz’altro aiutato a rilassarsi un po’. Uscirono dal bistrot dove avevano pranzato e si buttarono nel caos delle strade di Seul, rese ancora più rumorose e pullulanti di gente data la ricorrenza speciale di quel giorno. Taehyung non riuscì per questo motivo a trattenersi dal dare voce al primo pensiero che tanta confusione gli suscitò:

“Spero Jimin non ricordi che oggi è San Valentino, anche se ne dubito”

Hoseok si guardò attorno prima di rispondere, fermandosi un momento ad osservare l’atmosfera intorno a sé. Coppiette che si tenevano per mano, bandierine a forma di cuore appese fuori dalle cartolerie, scatole e scatole di cioccolatini e adesivi sdolcinati alle vetrine dei supermercati. Tutto urlava che oggi era la festa degli innamorati e Hoseok fu contento in cuor suo che Jimin avesse accolto il consiglio di Taehyung restando a casa: anche la loro libreria infatti era stata decorata ad hoc per l’occasione con striscioni, cartelloni e pile di libri rosa in sconto disposti attorno al negozio, e sarebbe stato dunque assolutamente impossibile per Jimin dimenticarsi dei suoi problemi di cuore.

“Beh, forse rimanendo in casa c’è una piccola possibilità che se ne sia scordato, ma se devo essere sincero anche a me sembra difficile. Di sicuro avrà fantasticato anche su questo giorno da quando ha incontrato di nuovo Yoongi. Temo questa diventerà la sua STSV, storia triste di San Valentino”

“ST… che? Hyung, di che vai parlando?”

“Della storia triste di San Valentino. Tutti ne hanno almeno una da raccontare. L’episodio più miserabilmente patetico che ti sia mai accaduto il giorno di san Valentino e che ti ha fatto sentire un fallito completo”

Taehyung lanciò ad Hoseok uno sguardo dubbioso, cercando di capire se il più grande stesse scherzando o meno. Decise di scoprirlo mettendolo alla prova: “Ah si? Tutti ne hanno una? E allora la tua qual è?”

Con sua sorpresa, Hoseok fece un piccolo sospiro e iniziò davvero, con un tono tranquillo, ma chiaramente serio, a raccontargli la sua “STSV”.

“La mia? Risale circa a sette-otto anni fa, quando ero insieme al primo ragazzo che mi sia piaciuto davvero. Era un mio amico da un po’ e quando finalmente riuscii a dichiarargli i miei sentimenti e lui accettò di mettersi con me toccai il cielo con un dito. Passavamo molto tempo insieme nel nostro gruppo di amici e anche se ero ancora giovane e inesperto credo di aver provato qualcosa di molto simile all’amore per quella persona. Certo, per diverse ragioni non riuscivamo a frequentarci molto al di fuori della solita brigata, ma a me stava bene così. Il giorno di San Valentino arrivò allo scoccare del nostro quarto mese insieme. Circa una settimana prima del 14 decidemmo di vederci per un appuntamento al luna-park e per quei sette giorni io non fui capace di pensare ad altro, un po’ come ora fa Jiminie con Yoongi-ssi” Hoseok si fermò per sorridere un momento, una sensazione di tenerezza e nostalgia in cuore “La sera dell’appuntamento andai al nostro punto di incontro in anticipo, tanta la trepidazione, e quando l’ora prefissata arrivò il cuore prese a battermi a mille. Ero impaziente di vederlo arrivare e quando mi accorsi che stava tardando mi agitai moltissimo, ma cercai sulle prime di rimanere tranquillo. I motivi potevano essere tanti, era solo questione di aspettare. Aspettai e aspettai, ma di lui nessuna traccia. A un certo punto il ritardo fu tale che pensai di essermi confuso e che in realtà ci fossimo detti di vederci direttamente al parco giochi, così ricontrollai i messaggi di una settimana prima in cui prendevamo accordi, ma scoprii di non essermi sbagliato, il punto in cui avremmo dovuto incontrarci era proprio quello in cui mi trovavo. Mi colse allora il dubbio che fosse stato lui a sbagliarsi e quindi decisi di chiamarlo. Ricordo ancora tutto perfettamente. Ero genuinamente preoccupato che gli fosse successo qualcosa e quando dal suo ‘pronto’ capii che almeno stava bene sentii tantissimo sollievo. Gli chiesi dove si trovasse e… beh a quel punto lui ha imprecato. Dopodiché ha iniziato a balbettare e per fartela breve mi ha confessato di essersi del tutto dimenticato del nostro appuntamento. Mi piaceva da anni, sai? Ero davvero così innamorato da uscire di casa quasi un’ora prima mentre lui il giorno di San Valentino si era dimenticato del nostro appuntamento.

“W-wow” esclamò a mezza voce Taehyung. Hoseok si girò verso di lui e fu colpito dall’aspetto del giovane: aveva le guance leggermente imporporate e il suo sguardo appariva segnato da genuino dispiacere e lieve imbarazzo “Io non credevo… hyung, mi dispiace, non ero sicuro fossi del tutto serio con questa cosa della storia triste, non volevo farti ripercorrere-”

“Ma no Tae, figurati, ho tirato fuori io la questione” lo interruppe subito Hoseok “Certo all’epoca ci rimasi davvero malissimo, ma ormai sono passati quasi dieci anni, non mi dà assolutamente problema parlarne”

Fece un sorriso di incoraggiamento a Taehyung per fargli capire che andava tutto bene e fu felice quando, dal sorriso dolce con cui l’altro lo ricambiò annuendo, capì di essere riuscito a rassicurarlo.

“Dunque immagino posso chiedere… poi come è finita? Lo hai mollato?”

Hoseok ridacchiò prima di rispondere:

“In realtà no, perché fu luia mollare me”

“Che cosa??!”

“Già, lo crederesti mai? Evidentemente quando si è accorto della gravità di ciò che aveva fatto deve essere stato colpito dalla realizzazione che non dovevo poi piacergli così tanto quindi la chiuse il giorno dopo stesso, aspettandomi all’entrata di scuola, senza troppe spiegazioni. Questo rese il tutto peggiore in realtà perché mi chiesi per tanto tempo perché si fosse messo con me e dove avevo sbagliato”

“Hoseok-hyung, ma di chi cazzo ti eri innamorato?” Taehyung sembrava adesso quasi arrabbiato e Hoseok cercò di nuovo di distendere l’atmosfera.

“Eravamo giovani in fondo, non è niente di grav-”

“Col cavolo non è grave! Se era davvero tuo amico avrebbe dovuto capire quanto ci tenevi a lui e se non ricambiava allo stesso modo non si sarebbe mai dovuto mettere con te. E l’essere giovani non è una scusa, io ho adesso l’età che avevate voi, ma non farei mai una cosa del genere!”

Smise di parlare all’improvviso, arrestandosi addosso al muro vicino al quale stavano camminando e per pochi secondi sia lui che Hoseok si scambiarono uno sguardo spaesato. Il primo a sbloccarsi fu il più grande che non riuscì a fare a meno di avvolgere l’altro in un abbraccio protettivo. Diversamente da quanto accadeva di solito, questa volta Taehyung non si mosse, ancora pietrificato e con il respiro un po’ affannato. Le parole di Hoseok gli giunsero dolci e smossero in lui sensazioni che avrebbe voluto essere capace di tenere sempre sigillate:

“Mi dispiace, non avrei dovuto parlare di tutto questo. Ti ha fatto pensare a Jiminie e Yoongi, non è vero?” si spostò un po’ per guardarlo negli occhi e si accorse che erano velati da un leggero strato di lacrime “Guarda tu, adesso ti ho fatto anche piangere! Scusami Taehyungie, volevo distrarti e invece…”

Il più giovane sembrò riscuotersi, ma invece che mettersi sulla difensiva come al solito, rimase calmo, passandosi un dito sul viso per scacciare le lacrime e sorridendo a Hoseok:

“N-no, scusami tu hyung, non so cosa mi sia preso” levò un flebile risolino imbarazzato, cercando ancora di riprendersi da quanto appena accaduto, ma non riuscendoci del tutto.

Hoseok si portò le braccia sui fianchi:

“Ti sei agitato per colpa mia, ma devi stare tranquillo. Quello che è successo a me non è in nessun modo collegato con quanto successo a Jimin e noi dobbiamo credere che Yoongi si comporterà in modo diverso. Anzi, ne sono sicuro. Dobbiamo solo avere un po’ di pazienza, ma di certo le cose si aggiusteranno per tutti” gli scompigliò affettuosamente i capelli “Non sei d’accordo Taehyungie?”

Taehyung trasse un profondo sospiro e annuì energicamente, scoppiando poi in una risata un attimo dopo e trascinando Hoseok con sé. Fu un momento liberatorio per entrambi, al seguito del quale l’atmosfera sembrò tornata completamente normale. Si rimisero in cammino e Hoseok esclamò con la sua solita voce squillante puntando un dito al cielo:

“Positività mio caro Taehyungie! Positività sempre!”

Il più piccolo alzo gli occhi al cielo e scosse la testa, ma sorrise di cuore, come sempre dall’energia dell’altro. Lungo la strada verso la libreria, mentre ascoltava Hoseok raccontargli animatamente alcune delle ultime disavventure di Namjoon a lavoro, Taehyung si chiese più volte se il ragazzo avesse capito. Se avesse dato la colpa delle sue lacrime alla preoccupazione per Jimin solo per trarlo di imbarazzo o se credesse davvero che ciò ne fosse la causa. Perché per quanto Taehyung fosse triste per Jimin e sperasse con tutto il cuore che Yoongi non lo facesse soffrire, erano tutt’altri i pensieri che il racconto di Hoseok aveva suscitato in lui. La sua rabbia era stata scatenata esclusivamente dallo scoprire il modo in cui il ragazzo era stato trattato e dall’antipatia istantanea che aveva provato nei confronti della persona che lo aveva ferito. Non lo poteva certo dire però. Per questo quelle lacrime. Hoseok si era scusato con lui. Si era attribuito la colpa della sua agitazione e la possibilità che credesse davvero alle sue stesse parole aveva fatto più male a Taehyung del racconto stesso. Dava davvero per scontato che Jimin potesse essere l’unico motivo per cui Taehyung potesse arrabbiarsi così? Veramente non aveva pensato alla risposta più semplice? Che potesse essere genuinamente dispiaciuto per lui? Il pianto era stato l’unico modo che in quel momento avesse trovato per sfogare la sua frustrazione e il suo immenso dispiacere.

Perché mentre Hoseok forse credeva di non avere neppure un posto tra le cause degli affanni di Taehyung, Taehyung intanto avrebbe voluto confessargli come il suo unico vero problema fosse il non sapere in che modo toglierselo dalla testa.

 

***

A quello che Jimin avrebbe con facilità eletto uno dei fine settimana peggiori della sua vita, fece seguito un lunedì uggioso e che di certo non aiutò il giovane a sentirsi meglio. Per quanti sforzi Taehyung e Hoseok avessero fatto nelle due giornate precedenti per tenerlo impegnato e farlo sentire più sereno, la tristezza che sentiva non se ne era ancora andata ed ostinata manteneva le tende ben piantate dentro il suo cuore. Ciò nonostante, decise di andare lo stesso a lavoro quel giorno. Rimanere a casa il venerdì era stata una buona idea, ma il pensiero di rimanere un'altra giornata intera al chiuso gli dava la nausea. Che senso aveva evitare il lavoro? Erano passati quasi quattro giorni dalla serata con Yoongi, ma Jimin sapeva che ce ne sarebbero voluti molti altri ancora prima di riprendere a sentirsi meglio quindi tanto valeva cercare di distrarsi tenendosi occupato. Quella mattina sia lui che Taehyung erano di turno insieme ad Hoseok e Jimin ne fu contento perché in questo modo non avrebbe nemmeno dovuto fare il breve tratto di strada tra il suo appartamento e la libreria da solo. Lavorare con gli amici lo avrebbe certamente aiutato ed era convinto che anche il ritrovarsi di nuovo circondato di libri avrebbe avuto un effetto distensivo sul suo spirito.

Lui e Taehyung arrivarono alla libreria abbastanza prima rispetto all’orario di apertura poiché l’ala principale del negozio doveva ancora essere riordinata dopo le modifiche apportate al suo interno in occasione del giorno di San Valentino. Fu un’operazione un po’ penosa per Jimin, vista la quantità di cuori di cartoncino che si ritrovò a dover rimuovere dagli scaffali, ma rifiutò categoricamente la proposta degli altri di lasciar fare solo a loro e preferì mettersi al loro fianco a lavorare di buona lena.

“Che ore sono?” chiese a un certo punto Taehyung mentre con una paletta e uno scopino raccattava della polvere attorno ad alcuni scaffali “ho lasciato il mio telefono nel cappotto”

Hoseok fece per prendere il suo, ma Jimin lo precedette. Rispose all’amico e appoggiò il telefono vicino ad alcuni libri per riprendere a strappare via dello scotch che era rimasto appiccicato a un lato di una libreria e che gli stava dando del filo da torcere da circa cinque minuti buoni.

“Grazie, volevo capire quanto manca all’apertura”

“Hai fatto bene visto che in effetti dovremmo aprire tra poco” disse Hoseok “sarà meglio che ci sbrighiamo a ripulire tutto qui”

Jimin si lasciò andare ad un urlo frustrato e si arrese nella sua battaglia contro il nastro adesivo.

“È vero è tardi, non riuscirò mai a togliere questo schifo a mano, vado a prendere dell’alcol nel retro, torno subito”

Mentre Jimin era via Taehyung e Hoseok continuarono concentrati ad occuparsi delle rispettive mansioni, finché un suono improvviso interruppe il loro operoso silenzio distraendoli. Hoseok sobbalzò chiedendo ad alta voce cosa fosse. Taehyung si guardò un po’ attorno cercando di capire da che parte venisse quella vibrazione e non ci volle molto prima che lo scoprisse. Era il telefono che Jimin aveva lasciato su uno scaffale e che adesso aveva preso a squillare. Il ragazzo andò a prenderlo incuriosito:

“Chi è che lo chiama così presto?” sbarrò gli occhi non appena vide il nome sullo schermo e ciò non sfuggì a Hoseok.

“Che succede? Chi è?”

“H-hyung… è… Yoongi”

Hoseok spalancò gli occhi:

“Yoongi?! A quest’ora??”

“Così pare” disse piano Taehyung continuando a guardare il cellulare con espressione preoccupata come se potesse prendere fuoco da un momento all’altro.

“Tae! Dobbiamo portarlo a Jimin! Cosa fai lì impalato?” proprio mentre Hoseok diceva queste parole strappando il telefono di mano a Taehyung, questo smise di suonare “Ecco, chiamata persa!”

“Diamine! Sarei subito dovuto correre da lui, lo so, è che la sorpresa mi ha un po’ rallentato” si giustificò Taehyung mortificato.

Hoseok lo rassicurò, avrebbero portato subito il telefono a Jimin e la questione si sarebbe risolta, non c’era motivo di allarmarsi. A metà del loro percorso verso il retro della libreria il cellulare prese a vibrare di nuovo, cosa che fece agitare i due ragazzi.

“Hyung, mi sa che è davvero importante. Minnie! Vieni fuori!” urlò Taehyung prima di afferrare di nuovo il telefono e prendere a correre per coprire più velocemente i metri che lo separavano dalla porta del retro dietro la cassa. Proprio in quel momento uscì Jimin, alcol e straccetto alla mano, sorpreso dalle urla e dalla corsa di Taehyung.

“Tae? Cos-”

Senza neppure farlo finire Taehyung gli buttò in mano il telefono ancora vibrante quasi urlandogli in faccia:

“È Yoongi, è la seconda volta che chiama, presto rispondi!”

In un attimo, il sangue defluì completamente dal viso di Jimin, il quale confuso e completamente impreparato a ciò che stava succedendo si ritrovò a toccare il tasto verde con mano tremante ed emettere un flebile pronto.

Impallidì ulteriormente e il suo cuore accelerò ancor di più quando sentì dei respiri affannati confusi a singhiozzi provenire dall’altro lato.

“Yoongi?” esclamò, quasi in preda al panico “Yoongi, sei tu?!”

“J-jiminah… lo so che forse mi odi, e avresti ragione a farlo, ma ti prego, puoi dirmi dove… dove sei in questo momento? Non so da chi altro andare e… e-” Jimin lo sentì trarre un respiro profondo “e ho bisogno del tuo aiuto, adesso”.

 

 

Note dell’autrice: Salveeeeee! Dopo tanta attesa per questi nuovi capitoli ho deciso di pubblicare questo un po’ prima rispetto a quando avevo programmato e dunque eccoci già di nuovo qui! Succedono diverse cose, no? Vediamo la reazione di Jimin a quanto avvenuto con Yoongi e abbiamo anche modo di vedere quanto Taehyung sia legato a lui, gli voglia bene e detesti vederlo soffrire. A proposito di Tae… scopriamo anche qualcosina in più su di lui! Si, anche il nostro Taehyungie ha un cuoricino che batte per qualcuno, chi aveva indovinato la sua cotta?? Conosciamo poi anche un pochino il passato di Hoseok e ci chiediamo insieme a Tae se davvero non abbia capito nulla riguardo il più piccolo o meno. E poi alla fine ecco Min Yoongi che ritorna a farci preoccupare! Cosa gli sarà successo? Lo sapremo (forse, chissà :P) nel prossimo capitolo, che verrà pubblicato in realtà ancora non so quando di preciso, ma in ogni caso la settimana prossima, tra venerdì e sabato. Io vi ringrazio come sempre per la vostra attenzione ela vostra lettura, lasciate pure un commento se avete voglia, anche questo capitolo mi ha richiesto parecchio tempo quindi mi fa piacere sapere cosa ne pensate. Mini disclaimer prima di andare: mi dispiace che il layout della storia sia cambiato rispetto ai precedenti capitoli, non frega a nessuno forse, ma a me dà fastidio davvero ahah Però ho cambiato computer e non ho più i miei vecchi programmi e per farla breve per il momento questo è il layout che posso dare al testo, spero nessuno stia perdendo la vista con questi caratteri piccoli sigh

Ci vediamo fra qualche giorno,

Baci, Elle ♥

 

Ps: Il titolo "Seulpeun Iyagi" è la trascrizione del coreano  슬픈 이야기 ovvero storia/e triste/i.

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Capitolo 10
*** Incidenti ***


INCIDENTI

 

 

“Cosa succede?!”

L’agitazione di Jimin era massima e ciò aveva messo in allarme anche Hoseok e Taehyung i quali presero a scambiarsi occhiate preoccupate alternate a sguardi interrogativi lanciati invece in direzione di Jimin. Ma l’attenzione del ragazzo era completamente catturata dalla voce di Yoongi all’altro capo del telefono:

“Stai bene?!”

“S-si, ho- ho solo un problema e- dove sei in questo momento, per favore?”

Il tono praticamente supplice di Yoongi scosse Jimin e lo convinse ad accantonare le sue domande e acconsentire il più presto possibile alle richieste del ragazzo. Gli disse così dove che al momento era alla libreria.

“Ok. Ok, perfetto” Jimin lo sentì trarre un profondo sospiro, come se stesse cercando di riprendere fiato “Arrivo subito, ti spiego tutto lì, te lo giuro”

“Ma certo, non ti preoccupare di questo! Ce la fai però a venire da solo? Vuoi che venga a-“

“No, non serve, sarò lì tra poco, davvero”

“Ok” rispose solamente Jimin. Fece poi per chiudere la chiamata, ma si fermò all’improvviso quando Yoongi parlò di nuovo:

“Jiminah?”

“Si?”

“Grazie”

Jimin non fece in tempo a rispondere che Yoongi aveva già riappeso.

Nella decina di minuti che intercorsero tra quella strana telefonata e l’arrivo di Yoongi, Jimin raccontò brevemente agli amici il contenuto della chiamata e cercò, per quanto possibile, di non farsi prendere eccessivamente dall’ansia. Hoseok e Taehyung lo aiutarono in questo e Jimin non poté fare a meno di essergli infinitamente grato. Era chiaro che anche i due fossero notevolmente preoccupati e non riuscissero, proprio come lui, a trovare un motivo per cui Yoongi avesse già di prima mattina un problema tale da spingerlo a telefonare proprio alla stessa persona a cui, solo pochi giorni prima, aveva detto “dimenticami e basta”. O meglio, non riuscissero a trovare un motivo poco allarmante. Tuttavia, nonostante anche la loro immaginazione stesse probabilmente galoppando allo stesso modo della sua, Jimin fu loro riconoscente per come riuscirono a mascherarlo il meglio possibile e fecero della sua tranquillità la loro priorità.

“Mancano solo cinque minuti alle nove” fece notare Jimin a un certo punto, colto da una nuova preoccupazione “cosa facciamo con i clienti? Se Yoongi ha un problema io devo… devo-”

Hoseok lo interruppe prendendolo per le spalle e costringendolo a guardarlo fisso negli occhi:

“Lo sappiamo Jimin, lo sappiamo. Lo devi aiutare. E noi non abbiamo nulla in contrario. I clienti non sono un problema, quanti ne vedi mai entrare qui dentro prima di mezzogiorno?”

Taehyung notò lo sguardo di Jimin cambiare leggermente e il suo respiro farsi meno affannato. Si stava tranquillizzando. Come poteva una persona chiassosa e iperattiva come Hoseok riuscire poi in modo così naturale a calmare le persone? A farle sentire bene? Taehyung se lo chiedeva ogni volta che lo vedeva confortare qualcuno e si domandava come facesse quella voce sempre squillante a diventare all’improvviso così avvolgente e rassicurante da farti sentire a casa, protetto e al sicuro. Ogni volta se lo chiedeva ed ogni volta la fiammella che quotidianamente combatteva per tenere spenta riprendeva a muoversi dentro di lui, facendogli nascere un puntino caldo proprio al centro del petto. Anche oggi nulla fu diverso.

“Appena arriva Yoongi puoi portarlo qui nel retro” continuò Hoseok “nessuno vi disturberà e io e Tae ci occuperemo del negozio, va bene Chim-Chim?” concluse poi sorridendogli e dandogli un buffetto sul mento.

Taehyung vide Jimin annuire più sereno e a questo rilassò le spalle che fino ad ora non si era nemmeno accorto di aver tenuto completamente rigide.

Un forte rumore sordo catturò l’attenzione di tutti e tre i ragazzi, facendoli sobbalzare.

“Yoongi!” urlò Jimin precipitandosi verso la porta.

Taehyung e Hoseok rimasero per un attimo dietro il bancone, indecisi se fosse il caso di seguirlo o meno, ma dopo una rapida occhiata si diressero anche loro all’ingresso. Il cuore in gola, Jimin si aggrappò alla maniglia e tirò la porta verso di sé con tutta la forza che aveva, troppo ansioso di vedere l’altro ragazzo. Ed eccolo qui.

Davanti a lui, Yoongi, più minuscolo che mai nella sua camicia di flanella a scacchi rossi e neri e che lo accoglieva con uno sguardo pieno di sollievo, ma anche di lacrime.  

 

***

Jimin prese uno sgabello incastrato tra due pile di libri per sedersi vicino a Yoongi. Le lacrime che gli rigavano il viso quando era entrato nel negozio stavano iniziando a seccarsi e Jimin sorrise quando Taehyung porse al ragazzo un fazzoletto. Yoongi, dalla vecchia sedia di legno su cui i tre lo avevano obbligato a sedersi, lo prese annuendo in segno di riconoscenza, ma senza utilizzarlo. Lo strinse solo tra le mani e Jimin pensò fosse un modo per aiutare i suoi nervi a calmarsi.

“Non ho molto tempo” iniziò Yoongi con voce bassa, senza però continuare. Sembrava spossato e l’unica cosa che Jimin avrebbe voluto fare era abbracciarlo e cercare di portare via attraverso quel contatto un po’ della sua angoscia. Rimase invece al suo posto, osando solo portargli con leggerezza una mano sulla spalla.

“Si, ce lo hai detto” rispose cercando di essere il più delicato possibile “Scusa se ti abbiamo prima fatto sedere, ma eri così sconvolto. Riprendere fiato ti fa bene, puoi dirci tutto meglio così”

Yoongi continuò a fissare il pavimento solo per pochi istanti prima di sollevare gli occhi e fissarli in quelli di Jimin. Lo guardò in un modo intenso, con uno sguardo che Jimin non riuscì a decifrare, ma a seguito del quale percepì i muscoli della spalla del ragazzo distendersi sotto la sua mano. Riprese fiato anche lui così come Taehyung, il quale all’improvviso iniziò a sentirsi di troppo e si chiese se non fosse il caso di raggiungere Hoseok, rimasto al bancone nel caso arrivassero dei clienti. Quando però stava per compiere il primo passo in direzione della porta Yoongi prese a parlare, e la curiosità ebbe la meglio. Si morse il labbro portandosi addosso al muro il più possibile e sperando che i due ragazzi si dimenticassero della sua presenza.

“Mi dispiace per il disturbo. Mi dispiace anche di averti detto quelle cose giovedì sera” si fermò un attimo e Jimin non seppe cosa rispondere. Per fortuna Yoongi lo trasse d’imbarazzo riprendendo subito “Non… non mi sono comportato bene, ho parlato a sproposito e… il fatto che tu mi abbia anche solo risposto al telefono significa molto per me. Non dovevi eppure-”

Jimin non riuscì a trattenersi:

“Te lo dovevo più di quanto tu possa immaginare”

Forse la risolutezza nel tono, forse la fermezza nella voce, qualcosa in quell’affermazione dovette colpire Yoongi perché Jimin vide per un secondo un piccolo lampo nei suoi occhi e quella che sembrava l’ombra di un’espressione dubbiosa. Come sempre però capitava con Yoongi, fu questione di un attimo. Riprese a parlare, questa volta un po’ più sciolto:

“C’è un motivo preciso se sono qui a Seul. Non te ne ho parlato prima perché, beh, in parte forse per scaramanzia, in parte perché mi imbarazzava l’idea di condividere questa cosa. Mi hai raccontato più di una volta del tuo più grande sogno. Vorresti scrivere un libro perché senti che sia l’unico modo a tua disposizione per esprimerti davvero e creare dell’arte. Anche per me vale la stessa cosa, ma con la musica. È ciò che amo di più al mondo e ho bisogno di farne la mia professione. Ho bisogno che diventi parte integrante della mia vita, al cento per cento, non solo come semplice hobby, mi capisci vero Jiminah?”

Occhioni spalancati, incapace di credere a ciò che stava succedendo, ma sicuro che lo avrebbe ricordato per tutta la vita, Jimin riuscì solo ad annuire.

“C’è un contest importantissimo per rapper che si svolge ogni anno qui a Seul. È un’occasione assolutamente unica perché alcuni dei più importanti nomi dell’industria discografica coreana si riuniscono nello studio più grande della regione e aprono le porte ad aspiranti rapper. Non è però un vero e proprio casting, è qualcosa di più elaborato. Innanzitutto, io ho parlato di aspiranti rapper, ma forse dovrei dire aspiranti rapper professionisti. Non puoi essere del tutto alle prime armi. La sfida è tra persone che sanno il fatto loro, devi avere un’esperienza nel settore di almeno diversi anni. Un altro requisito è poi passare la primissima selezione, con un team di esperti che decide se è il caso o meno di offrirti l’opportunità di esibirti davanti a quei colossi. Questa selezione si svolge in tutte le città principali del paese e avviene di solito circa sei mesi prima la data del contest. È una fase dura da superare, ma quando lo fai hai poi un vantaggio enorme: anche se non dovessi passare il contest, puoi poi riprovarci di nuovo ogni anno senza dover ripassare per la prima fase di selezione”

“Quindi il processo è più veloce?” chiese Jimin.

“Si, è più veloce perché l’esibizione del contest deve essere per regolamento diversa da quella delle selezioni, per cui dover ripassare dal via significherebbe perdere del tempo a creare un’altra traccia e un’altra performance. Due anni fa” Yoongi fece un attimo di pausa per poi riprendere “due anni fa ho passato la mia prima fase. Sono stato ammesso al contest, ma… non è andata. Ci sta, Jiminah, non c’è bisogno che tu dica che ti dispiace. È dispiaciuto anche a me, ma ora capisco perché mi abbiano considerato all’epoca ancora troppo acerbo. Ora però sono pronto. Quest’anno devo ritentare di nuovo, sono mesi, anni, che mi alleno per questo giorno e sono qui a Seul per questo. Però... però...”

Sia Taehyung che Jimin si allarmarono quando lo videro cercare di prendere fiato con difficoltà, mentre delle lacrime gli facevano capolino dagli angoli degli occhi e le guance gli si arrossavano sempre più. Taehyung si avvicinò e parlò per la prima volta da quando Yoongi aveva iniziato il suo racconto:

“H-hyung.. Yoongiah, stai bene? Stai sudando”

“Sto… bene” rispose il più grande portandosi una mano allo stomaco “ora mi passa… è che…”

“Ti prego Yoongi, devi calmarti, che cosa succede? Non riesci a respirare?” chiese Jimin.

Yoongi scosse la testa energicamente:

“Però stamattina si è creato un problema. C’è-” serrò gli occhi e trasse a fatica un profondo respiro dal naso “c’è una persona. Qui a Seul c’è una persona che conosco. Si chiama Kim Seokjin ed è lui che mi ha-” ansimò di nuovo “aiutato a prepararmi per oggi. Ha lui la base che ho registrato e su c-cui ho lavorato in questi mesi, doveva portarmela questa mattina, è indispensabile per il contest, poi insieme saremmo… saremmo andati nello studio”

Sembrò non riuscire più a parlare. Jimin rivolse a Taehyung uno sguardo spaesato per poi rivolgersi a Yoongi:

“E cosa” aveva paura di porre questa domanda, non voleva agitare Yoongi ancora di più, ma senza sapere tutto non avrebbe neppure potuto aiutarlo “Yoongi, cosa è successo?”

“Non lo so!” urlò Yoongi, di nuovo rosso e ansimante “Non lo so, gli ho telefonato questa mattina presto per sapere a che punto fosse, ma non mi ha risposto, ora sono già le nove e non ho notizie di lui! Non so che fine abbia fatto, non so come fare, io- io- Jiminah sto per avere un- un attacco di panico, cosa posso fare…cosa…”

“Ok ok ok! Aspetta un attimo! Calmati!” Jimin scattò su, accucciandosi vicino a Yoongi “Taheyung prendi dell’acqua per favore! Yoongi, aspetta, adesso risolviamo tutto, non c’è motivo di agitarsi” Yoongi continuava a fare cenno di no freneticamente con la testa e Jimin gli prese le mani “Andrà tutto bene, innanzitutto dicci dov’è che si tiene questo contest”

“È un po’... fuori dalla città. Saremmo dovuti andare in auto, non c’è modo di arrivare lì facilmente con il treno… bisognerebbe fare un pezzo di strada a piedi e ormai sono troppo in ritardo…  Se solo riuscissi ad essere in tempo per l’appello, poi potrei sperare che Jin si rifaccia vivo mentre attendo il mio turno, magari ha- a-avuto solo un contrattempo. Ma se non mi presento in orario quando aprono le porte sono fuori dal contest!”

“Ok, quindi l’obiettivo è arrivare intanto in questo posto” disse Jimin prendendo il bicchiere che Taehyung aveva portato e passandolo a Yoongi.

“Si. Si, se riesco ad essere presente all’appello posso recuperare del tempo per cercare Jin. Ma per farlo mi serve un’auto”

“Qualcuno ha parlato di auto?” una voce irruppe nella stanza, attirando l’attenzione di tutti e tre i ragazzi, i quali si ritrovarono confusi davanti a un Hoseok dal sorriso raggiante.

“Hoseok-hyung?” fece Taehyung “che cosa fai qui!? Non dovevi occuparti dei clienti?”

“In negozio non c’è nessuno” rispose Hoseok facendo spallucce “Mi è parso di capire che qui ci sia bisogno di un’automobile”

“Ma… hai- iniziò Jimin spaesato.

“Si ho sentito tutto. Il negozio è vuoto per cui mi sono messo qui dietro la porta. Non era giusto che fossi l’unico a perdermi tutto” disse con tono seccato. Guardò poi Yoongi e gli si rivolse con dolcezza “spero che la cosa non ti dispiaccia troppo Yoongiah. Voglio solo rendermi utile”

Qualcosa nel modo in cui Hoseok proferì queste parole ebbe l’effetto di rallentare il respiro affannato di Yoongi e per la prima volta da quando era entrato lo sguardo del ragazzo sembrò riacquistare lucidità. Hoseok continuò sereno:

“Prima non ci siamo presentati. Sono Jung Hoseok, collega e amico di Jiminie qui e Tae”

“M-Min Yoongi, piacere”

“Bene!” Hoseok battè le mani facendo sobbalzare il resto del gruppo “Ora che ci conosciamo tutti, veniamo al dunque! Serve qualcuno che corra con la macchina, giusto?” alzò un sopracciglio in modo eloquente e sorrise.

“Ma certo! Hyung può portarti!” esclamò Jimin raggiante.

Taehyung tirò un sospiro di sollievo e Yoongi parve riprendere vita, gli occhi di nuovo speranzosi:

“Davvero? Non è un problema?”

“Tu stai tranquillo e fatti portare. Jiminie ha ragione, questa è la prima cosa da risolvere, poi penseremo a ritrovare il tuo amico Seokj-“

Hoseok fu interrotto dallo squillo del suo cellulare nella tasca dei pantaloni. La suoneria era quella dedicata a Namjoon e vista la stranezza di una tale chiamata in orario di lavoro decise di rispondere.

Quando la voce di Namjoon giunse dall’altro capo a dirgli che c’era stato un incidente Hoseok si chiese se quella giornata avrebbe mai avuto un lieto fine.

 

 

Note dell’autrice: Salve gente! E questo capitolo è fuori, volevo aspettare un altro pochino a postarlo ma mi sono sentita buona ^^ Anche questo mi sa proprio che non rientrerà nei capitoli tranquilli ahah Sembra che finalmente ci stiamo avvicinando un pochino a conoscere meglio i segreti di Yoongi, anche se purtroppo siamo lontani dal far chiarezza su tutto. A questo proposito: il prossimo capitolo sarà abbastanza breve e forse non tutto quello che succederà e verrà detto sarà estremamente chiaro, ma sarà un altro piccolo tassello per rimettere a posto l’intero quadro, quindi prendetelo così per come è. Piano piano forse ce la facciamo a capire chi è Yoongi ;) Bisogna poi anche vedere cosa è successo a Namjoon, c’è sempre qualche problema, poverini eheheh

Bene, io non ho molto altro da aggiungere in realtà, lascio la parola a chi vorrà commentare e sapere cosa ne ha pensato di questo capitolo, io ringrazio in anticipo e ringrazio anche tutti voi che avete letto fino a qui. Ci vediamo la settimana prossima (il giorno a sorpresa ahah),

Baci, Elle ♥

 

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Capitolo 11
*** Rewind ***


REWIND

 

Il ritmico e lento girare in tondo del cucchiaino nella tazzina scandiva, come un orologio, i respiri di Yoongi. Aveva preso a fissare quel movimento ipnotico per calmarsi e decelerare i battiti del suo cuore e finalmente ci stava riuscendo. Il girotondo si fermò e lui prese la tazza che gli veniva porta quasi con rammarico.

“Allora” disse il ragazzo di fronte a lui accomodandosi finalmente sul largo divano beige “raccontami tutto e ricorda che non c’è motivo di agitarsi”

Quante volte era già accaduta questa scena? Yoongi aveva ormai perso il conto, e tale idea gli fece salire la nausea. Sono davvero patetico, pensò solamente, senza dirlo ad alta voce. Sapeva che non gli avrebbe fatto piacere. Lo vedeva dal suo sguardo come ogni volta si intristisse al sentirlo parlare in quel modo. Decise quindi di saltare la parte dei convenevoli auto denigratori e andare invece subito al punto:

“È successo qualcosa”

“Si questo l’ho capitoo. Bevi un po’ dell’infuso che ti ho preparato e poi inizia dal principio. Ci ho messo dentro della menta, per aiutare il respiro” terminò la frase con un occhiolino di incoraggiamento e a Yoongi non dispiacque obbedire. Il liquido caldo gli scorse giù per la gola e l’effetto della menta, che gli inondò i polmoni con la sua fragranza, fu quasi immediato.

“Grazie. Mi sento già meglio”

L’altro rispose con un sorriso soddisfatto e accavallò poi le gambe, sistemandosi meglio contro lo schienale morbido.

“Sapevo ti avrebbe aiutato. Quando sei pronto puoi iniziare, io sono qui che ti ascolto”

A Yoongi occorsero altri tre sorsi prima di riuscire a mettere via la tazzina e sentirsi pronto ad affrontare la questione per cui era venuto, ma sapeva che a lui non avrebbe dato fastidio. L’ultima cosa che gli mancava era la pazienza, e Yoongi sapeva bene che sarebbe rimasto lì con lui per tutta la notte anche solo a semplicemente guardarlo se glielo avesse chiesto.

Non era semplice capire da dove partire. La sua venuta in questa casa non era infrequente, ma, come spesso succedeva, nemmeno programmata. La gola gli si era serrata all’improvviso e aveva dovuto mollare tutto per precipitarsi con il primo taxi qui, da lui, che sapeva avrebbe come sempre trovato il modo di rimettere tutto in prospettiva. Non aveva però avuto tempo di preparare un discorso o riordinare le idee, per cui adesso non poté far altro che sperare di trovare le parole giuste e risultare il più chiaro possibile.

C’erano tanti problemi che affliggevano Yoongi, da sempre, ma era partito alla volta di Seul credendo che la sua permanenza lì glieli avrebbe, almeno parzialmente, risolti. Non si era aspettato che essi potessero aumentare e con una tale intensità. Era troppo, troppo tutto insieme e per la prima volta nella sua vita, malgrado fosse sempre stato capace di reagire a tutto, Yoongi sentì di essere sul punto di spezzarsi. Di essere trascinato via da quell’uragano di emozioni che si trovava ora a dover affrontare e che portava il nome di Jimin. Il suono di quelle cinque lettere uscì morbido dalle sue labbra e all’altro ragazzo sembrò di udire una carezza. Quel nome, così come la persona che ne rispondeva, doveva essere molto caro a Yoongi: il tono da lui usato, così soffice e protettivo, non lasciava spazio a dubbi.

 “Quando mi hai detto che il contest era stato… anticipato” Yoongi si allungò un attimo verso il basso tavolino ai suoi piedi per bere ancora un altro goccio di tisana “io ero con lui, con Jimin. Ho fatto del mio meglio per rimanere calmo ma…”

Ma non era durato molto. Tornato a casa si era messo a lavorare freneticamente, cercando di non farsi prendere dal panico ed ottimizzare quel poco tempo che gli rimaneva. Ad interrompere bruscamente la sua concentrazione c’era però sempre il piccolo “si” pronunciato il sabato sera precedente e per quanti sforzi Yoongi facesse per togliergli voce esso continuava a riaffiorare in continuazione, disturbando le sue prove e accrescendo la sua agitazione.

“Più questa serata si avvicinava più ho iniziato a sentirmi messo alle strette, e tu lo sai cosa succede quando mi sento messo alle strette”

Il ragazzo annuì, ma non disse nulla.

“Il panico è tornato, più forte che mai. Io… io non volevo scrivergli quel messaggio” appoggiò i gomiti sulle ginocchia ossute e si portò le mani tra i capelli “io volevo andare, volevo tanto andare. Ma come me lo sarei poi giustificato? Se tutto… se tutto andasse male di nuovo non so se sarei in grado di perdonarmi questa distrazione. E non so soprattutto come potrei reagire verso di lui. Lui non c’entra niente, non voglio ritrovarmi ad incolparlo, ma io non so… non so davvero cosa succederebbe se-” si interruppe brevemente solo per riprendere fiato e prevenire un altro attacco “l’agitazione per il contest, l’ansia per la mia performance, la fatica per le ore di prove, tutto questo io sapevo sarebbe arrivato. Ma Jimin… cosa devo fare con lui? È quello che mi chiedo da giorni, quello che mi ha portato a scrivere quel dannato messaggio questo pomeriggio. L’idea di starmi prendendo del tempo che non mi sarei altrimenti mai concesso, la paura che da questo dipenda il mio futuro… la testa ha iniziato a girarmi e ho pensato che il modo migliore per riprendermi fosse disdire l’appuntamento, rimandarlo a un momento migliore. Ma poi tutto è precipitato di nuovo”.

Più la lancetta dei secondi scorreva, più Yoongi avrebbe voluto andasse indietro. Indietro, indietro, indietro. Ma indietro di quanto non era convinto neppure lui stesso. Dopo aver scritto a Jimin si era accorto subito che il sollievo che avrebbe dovuto provare stava tardando ad arrivare. E più non arrivava più il nodo alla gola cresceva. Più il nodo alla gola cresceva più faceva fatica a concentrarsi. Le ore si erano trascinate, nell’attesa di una sensazione di liberazione che non solo non era presente, ma sembrava aver deciso di lasciare spazio al suo opposto. Yoongi si sentiva intrappolato, conteso tra due desideri incompatibili, ma che lo attiravano in egual maniera. Confessò tutto questo all’altro con le lacrime agli occhi:

“Il motivo per cui questa sera ho avuto bisogno di venire qui è perché… ho temuto davvero di soffocare. Non riuscivo a lavorare bene perché continuavo a pensare a Jimin, al fatto che se fossi andato alla fine avrei sacrificato solo un paio di ore mentre invece così, con la convinzione di avergli fatti un torto nella testa, stavo mandando all’aria un’intera giornata. Ho iniziato ad agitarmi al pensiero di lunedì mentre nello stesso momento ho sentito le viscere contorcersi all’idea che Jimin possa essersi davvero offeso e non voglia più avere a che fare con me, e ho continuato a fare avanti indietro tra questi pensieri finché ho capito che se fossi rimasto solo avrei avuto una vera crisi. Crisi che non potevo nè posso permettermi così come non posso… così come non posso permettermi Jimin” chiuse gli occhi per frenare le lacrime “Però non riesco a farci niente, voglio stare con lui, passare il tempo insieme… perché stasera non sono andato?! Forse adesso è troppo tardi, mi odia e non posso più rimediare… oh hyung ti prego, dimmi cosa devo fare”

Guardandolo attentamente da dietro gli occhi castani, il ragazzo reputò che Yoongi avesse parlato a sufficienza e fosse ora giunto il momento per lui di intervenire. Come sempre, le sue parole risultarono dolci, ma ferme.

“Yoongiah, è tutto molto più semplice di quanto non sembri. Tu a questo ragazzo ci tieni, allo stesso modo in cui – come è giusto che sia – tieni anche a vincere il contest di lunedì. Perché mai dici che sono due desideri inconciliabili? Dov’è che vanno a pestarsi i piedi a vicenda? Ora, io capisco il tuo problema immediato, trovare il modo di frequentare Jimin senza togliere energie o tempo alla tua preparazione. Sottolineo però “immediato”. È una difficoltà assolutamente transitoria, il contest è tra meno di una settimana, quanto può essere difficile trovare un compromesso per un lasso di tempo così breve? Lavori senza sosta sulla traccia da mesi, chi meglio di me può assicurarti che non saranno di certo quelle tre ore serali e compromettere tutti i tuoi sforzi? Ti dirò di più: tu hai bisognodi vedere questa persona, di uscire un po’, di occuparti anche della tua anima oltre che del tuo futuro. Il troppo lavoro non ha mai portato nulla di positivo, come puoi sperare di essere davvero produttivo con una mente affaticata? Che non ha avuto un momento per riprendersi?”

“Però sono gli ultimi giorni, ho davvero bisogno di rimanere concentrato”

“Lo so, e infatti proprio per questo non ti sto dicendo di far baldoria tutte le sere. Invitalo un’altra volta questa settimana, per qualcosa di tranquillo! Ti accorgerai che non ti odia – da come me lo hai descritto non mi sembra davvero probabile – uscire ti distrarrà, ti sentirai più rilassato e ripartirai con ancora più energia. Tutti gli altri problemi, annessi e connessi, saranno affrontati da martedì in poi” incrociò le braccia con fare risoluto “anche se ci tengo a sottolineare che continuo davvero a non vedere un solo motivo valido per cui tu debba farti problemi al pensiero di trascorrere del tempo con lui anche in futuro”.

Yoongi sembrò interdetto e l’altro lo guardò con affetto:

“Segui i miei consigli, ti faranno tornare tranquillo. Quando mai il tuo Jinnie-hyung ha fallito in questo?”

“Lo so” rispose iniziando a ragionare su quanto il più grande gli aveva appena detto. Per il momento, Jin aveva ragione. C’erano delle cose che non sapeva e che avrebbero potuto complicare tutto, ma, è vero, doveva pensare all’immediato e nell’immediato le urgenze erano due: l’importantissimo contest di lunedì e uscire almeno un’altra volta con Jimin per togliergli qualsiasi dubbio – nel caso ne avesse – circa la sua volontà di frequentarlo.

Una volta accomodatosi nella camera degli ospiti – era tardi ormai per tornare a casa – Yoongi prese la sua decisione. Digitò velocemente il testo del messaggio e lo inviò senza pensarci su, con il cuore che gli andava a mille e che smise di battere solo al dindella suoneria per poi riprendere ancora più veloce per la gioia della risposta.

 

[[22:17

Io:

Oi Jiminah.

Domani a cena?

Fammi sapere se sei libero.

Scusami di nuovo per questa sera.

Yoongi

 

 

Jiminah:

Libero come il vento!

Non devi scusarti!

Sette e mezza va bene? :D]]

 

 

 

Note dell’autrice:Ed eccoci quiii con questo nuovo, breve capitolo! Un flashback su quella serata in cui sapevamo così poco di cosa avesse fatto Yoongi. Questo capitolo è un po’ un unicum nella storia, nel senso che è l’unico in cui possiamo vedere le cose dal punto di vista di Yoongi e immergerci un po’ nel suo mondo. Dal prossimo si torna sui soliti binari e a ridare voce all’altro passerottino.

 

Forse non tutto di ciò che accade e viene detto qui è ancora troppo chiaro e questa parte non va sicuramente a rispondere a tutte le nostre domande, però! Però possiamo acquisire qualche informazione in più sul nostro enigmatico Yoongi e cercare di mettere insieme un po’ di pezzi per capire cosa gli frulla in testa. Scopriamo anche l’identità del ragazzo misterioso: Jin! Ancora non si sa che ruolo giochi nella vita di Yoongs, ma credo sia chiaro che sia qualcuno di cui lui si fida molto.

 

Disclaimer! Se a tratti le frasi di Yoongi sono sconnesse, sgrammaticate quasi… beh, tutto intenzionale! (Lo specifico per sicurezza ahah) Il ragazzo come si vede è molto confuso, agitato, ha tanto – troppo – che si tiene dentro e buttare fuori tutto di getto significa anche mandare un po’ a quel paese la sintassi. 

 

Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto. Mi ha dato un po’ di filo da torcere e come al solito non so se sia uscito come speravo per cui se avete tempo vi sarei grata se lasciaste un feedback per farmi sapere cosa ne pensate ♥♥

 

È tutto, grazie tantissimo per aver letto fin qui, ci vediamo sul prossimo capitolo!

Baci, Elle ♥

 

PS: Mi sono accorta che in questa fanfiction un sacco di capitoli terminano con una chiamata/messaggio, è un trend che ora smetterà, promesso ^^”

 

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Capitolo 12
*** Una giornata indimenticabile ***


UNA GIORNATA INDIMENTICABILE

 

Mentre Hoseok premeva per l’ennesima volta sull’acceleratore e svoltava una curva con poca grazia, Jimin si stava arrovellando per cercare di dare un senso a quanto accaduto nell’ultima mezz’ora. Era tutto reale? Quale assurdo allineamento di stelle aveva potuto portare ad una situazione del genere? Più ci pensava, più non riusciva a crederci e per la prima volta nella sua vita la parola destinogli fece venire i brividi. Con una brusca frenata il veicolo inchiodò di fronte all’ospedale e Jimin ebbe appena il tempo di registrare la voce di Hoseok annunciare “Siamo arrivati” che Yoongi si era già precipitato fuori dall’auto sbattendo la portiera dietro di sé.

 

Circa mezz’ora prima

 

“Quindi mi stai dicendo” disse concitato Hoseok al telefono mentre Jimin, Taehyung e Yoongi lo osservavano con occhi sgranati, in fremente attesa di capire qualcosa di più di quanto stava accadendo da quando il più grande aveva urlato un “che cosa??!” che li aveva fatti sobbalzare di dieci centimetri “mi stai dicendo che- Namjoon cosa vuol dire che hai mandato all’ospedale una persona??” 

A questo Jimin sussultò portandosi una mano davanti alla bocca, Yoongi sgranò gli occhi ancora di più, mentre Taehyung, ansioso di non perdersi nulla, consigliò a Hoseok di mettere la chiamata in vivavoce così che tutti potessero subito essere al corrente di tutto. Il ragazzo obbedì e nell’attivare il vivavoce si accostò anche un po’ di più ai tre ragazzi per far sentire loro meglio. Namjoon sembrava agitato, ma non particolarmente preoccupato:

Cioè... ehm...allora, intanto voglio premettere che stiamo entrambi bene, non è successo niente di grave. Poi, tecnicamente, ci siamo mandati all’ospedale a vicenda, anche io sono qui d’altronde

Scusa??! Chi è venuto addosso a chi?!

La voce di qualcuno che sembrava trovarsi a poca distanza da Namjoon fece irruzione dallo speaker e Yoongi scattò in piedi, con sorpresa di tutti gli altri. Mentre all’altro capo prendeva vita un battibecco acceso, il ragazzo afferrò il telefono dalle mani di Hoseok e urlò:

“Jin! Jin-hyung, sei tu?!”

Namjoon suonò spaesato dall’altro lato:

Ma chi è? Hoseok?

“Passami Jin! Quella è la sua voce! Hyung!”

“Na-namjoonah, puoi fare per favore come dice?” disse Hoseok con voce incerta. Yoongi gli sembrava tutto meno che stabile e pensò che la migliore soluzione fosse assecondarlo, per quanto la sua richiesta fosse sicuramente dettata solo dalla paranoia.

Ok siete in vivavoce ora” disse Namjoon dall’altro lato. Hoseok era già pronto a preparare Yoongi al fatto che si era ovviamente sbagliato, ma si zittì subito quando all’ennesimo “hyung” del ragazzo seguì effettivamente una risposta:

Uh?Yoongi-ah?? Che cosa-

“Dove sei?? Stai bene?! È tutta la mattina che ti cerco!!”

La risposta dall’altro capo tardò ad arrivare e Taehyung fu l’unico ad avere la presenza di spirito giusta per interrompere quello che chiaramente doveva essere un silenzio spiazzato. La situazione aveva mandato in confusione tutti, ma c’erano dei tempi da rispettare, giusto? Yoongi aveva messo in chiaro quanta fretta avesse, dunque prima questo contrattempo si fosse spiegato e risolto meglio sarebbe stato. Fu dunque con questo pensiero in mente che il ragazzo intervenne svegliando tutti dalla loro trance:

“Ok, possiamo riavvolgere il nastro e capire cosa sta succedendo? Yoongi, questo Jin-ssi è la persona che cercavi? Kim Seokjin? E ora è in ospedale con… il nostro Namjoon-hyung?”

La risposta giunse non da Yoongi, bensì direttamente dalla cornetta:

Wow, sono così famoso che degli sconosciuti sanno il mio nome?” ridacchiò, ma Yoongi non era in vena di scherzi.

“Che cosa ridi? Mi sono preoccupato tantissimo! Ti sei scordato che hai tu la mia traccia?! Come facc-”

Min Yoongi, per chi mi hai preso? Credi lo abbia fatto apposta?”la voce severa di Seokjin ebbe l’effetto di arginare il fiume di parole che sembrava sul punto di straripare dal ragazzo, ma si raddolcì subito “Ero preoccupatissimo anche io, sai? Io sto bene, non mi sono fatto niente di serio, ma non sapevo come raggiungerti senza il telefono e stavo per mandare questo ragazzo qui-”

Mi chiamo Namjoon!

 “-al tuo indirizzo”Jin continuò come se nessuno avesse parlato “nella speranza che fossi a casa. Gli avrei poi anche detto di accompagnarti allo studio, ma vedo che adesso non ce n’è bisogno” il suo tono soddisfatto tradì il sorriso con cui doveva star pronunciando quelle parole, come se trovasse il tutto molto divertente“però non capisco dove sei, che ci fai con-

Avresti detto cosa? Accompagnare chi? M-ma che- Ok, basta! Questo è il mio telefono! Stavo avvisando i miei amici, come è finita con te che parli col tuo??”

Per la prima volta dall’inizio della telefonata, Jimin intervenne, conscio anche lui all’improvviso dei minuti preziosi che stavano perdendo:

“Namjoon-hyung, abbiamo poco tempo! È Kim Seokjin-ssi la persona che hai mandato all’ospedale? È-è assurdo, ma se è davvero così, dobbiamo venire lì subito. Yoongi è qui con noi, lo conosce e deve farsi dare una cosa importantissima da lui!”

Prima che Namjoon potesse rispondere, fu Jin a prendere la parola:

Il tape, certo è con me! Yoongi-ah sei ancora in tempo per il contest, non devi agitarti, me lo prometti? Hai modo di venire qui?

Yoongi guardò disperato Hoseok, che intervenne quindi prontamente:

“Si, lo posso portare io con la macchina, saremo lì in meno di un quarto d’ora”

Perfetto. Non ho assolutamente idea di con chi io stia parlando, ma grazie davvero per l’aiuto

“Avremo tempo per le presentazioni quando saremo lì, ora voliamo”

Hoseok interruppe la chiamata e velocemente andò a prendere la sua giacca esortando Jimin a fare lo stesso.

“Ho la macchina parcheggiata a pochi metri da qui, saremo all’ospedale in men che non si dica, non preoccuparti Yoongi-ah” sorrise a Yoongi e si rivolse poi a Taehyung, il quale ancora non si era mosso “Taehyungie… mi dispiace tanto, ma qualcuno deve pur badare al negozio… mi prenderò tutta la responsabilità di questo cambio di turni, ma-“

“Hey, è un’emergenza” rispose Taehyung scuotendo la testa “voi andate pure, qui rimango io” si interruppe, indeciso se fosse il caso o meno di dire ad Hoseok quanto gli fosse grato per essersi offerto in modo così spontaneo di aiutare il suo migliore amico, facendosi carico di problemi che in teoria non c’entravano nulla con lui. Non era però così coraggioso, per cui decise di inghiottirsi le parole e reprimere anche l’istinto che lo spingeva ora più che mai a buttargli le braccia al collo e chiedergli come facesse ogni giorno ad essere sempre un po’ più straordinario di quello prima. Si buttò invece su un sorrisetto di scherno “che c’è, credi che qui la baracca crolli senza te? Ti piacerebbe essere così indispensabile!”

Prese poi il suo posto dietro al bancone ridacchiando, mentre Hoseok gli lanciava un “facciamo i conti con la tua sfrontataggine dopo!” e si affrettava a raggiungere Jimin e Yoongi già vicino alla porta d’ingresso in procinto di lasciare il negozio.

Fatta eccezione delle frequenti imprecazioni lanciate da Hoseok durante la sua – ben poco prudente – guida, non furono molte le parole che i tre ragazzi si scambiarono all’interno del mezzo. C’era ancora molto da processare, la tensione e la fretta iniziavano a farsi sentire e questa coincidenza assurda aveva avuto il potere di mandare tutti in uno stato di sorpresa tale da rasentare lo shock. Dallo specchietto retrovisore Jimin lanciò uno sguardo a Yoongi, seduto dietro nel sedile posteriore, e si chiese come si sentisse in questo momento. Aveva capito che questo era un giorno importantissimo per lui, per cui quanta angoscia si stava portando nel cuore con tutti questi imprevisti? Avrebbe voluto sederglisi vicino, stringergli di nuovo la mano come aveva fatto prima nella libreria e fargli sentire che su di lui poteva contare, ma sapeva che non era possibile. Yoongi lo aveva reso parte della sua vita oggi, è vero, ma solo perché spinto da una necessità. Per quanto Jimin fosse felice che si fosse fidato di lui a tal punto da cercarlo in un momento tanto critico, era anche consapevole di quanto tutta questa situazione fosse provvisoria. Yoongi era convinto di ciò che diceva, quella sera. Dimenticami e basta: non erano state solo parole, Jimin ne aveva percepito tutta l’intenzione. Sapeva di doversi arrendere all’evidenza. Il suo aiuto di oggi era di sicuro importante, ma non sarebbe mai stato sufficiente a ripagare davvero e interamente il suo debito. Per Jimin l’unico modo in cui avrebbe potuto sdebitarsi fino in fondo era donando a Yoongi quella forza che proprio da lui aveva ricevuto, ma ciò sarebbe stato possibile solo se Yoongi si fosse aperto con lui. Ad ogni modo, Jimin si rese conto che finché il ragazzo non avesse visto il suo amico sano e salvo con i suoi occhi e non avesse avuto tra le mani il disco con la sua traccia, non ci sarebbe stato modo di cavare da lui nessuna parola. Non poteva dire di conoscerlo così bene, ma a sufficienza per poter essere almeno sicuro di questo. Il suo amico… Kim Seokjin… da come Yoongi ne parlava sembrava che il ragazzo fosse davvero importante per lui, chissà che rapporto c’era tra loro e come si erano conosciuti. E adesso si trovava nella stessa stanza di Namjoon-hyung. Era incredibile ciò che era successo. Perché l’universo sembrava ormai averci preso gusto a scherzare con lui e le persone a cui voleva bene? Jimin ebbe la sensazione di essere una sorta di pedina in un gioco di cui non conosceva le regole e su cui non aveva il minimo controllo e per la prima volta nella sua vita la parola destinogli fece venire i brividi. Con una brusca frenata il veicolo inchiodò di fronte all’ospedale e Jimin ebbe appena il tempo di registrare la voce di Hoseok annunciare “Siamo arrivati” che Yoongi si era già precipitato fuori dall’auto sbattendo la portiera dietro di sé.

Non fu difficile trovare la stanza dove si trovavano Jin e Namjoon: al primo piano, la terza sulla destra, proprio come avevano detto le infermiere. L’odore pungente tipico degli ospedali, che Jimin detestava così tanto, gli fece venire un po’ di nausea, ma si sentì subito meglio non appena vide che i due ragazzi stavano tutto sommato bene. Yoongi si precipitò subito da Jin, steso su uno dei due lettini, il quale ci tenne a rassicurarlo:

“Non mi sono fatto troppo male, solo una caviglia storta che necessita il gesso per un paio di settimane, ma nulla di più”

“Namjoonah, tu come stai? Sei fasciato?” chiese Hoseok rivolgendosi a Namjoon, seduto invece su una poltroncina blu scuro accanto al letto di Jin. Dalla posizione sembrava che i due ragazzi, prima che gli altri facessero il loro ingresso, stessero chiacchierando tra loro e avessero cercato un modo per farlo più comodamente mettendosi vicini.

“Si si ma è solo una slogatura al polso, nulla di che. Mi potete dire meglio che cosa diamine è avvenuto qui? Cosa ci faceva con voi Yoongi?”

Yoongi lo guardò aggrottando le sopracciglia:

“Ci conosciamo?”

Il tono inquisitorio di Yoongi fece arrossire Namjoon, il quale balbettò un po’ prima di rispondere. Spiegò che era stato Jin a dirgli chi fosse, il che era tecnicamente corretto, ma la verità era che quando Namjoon aveva sentito Jimin intervenire durante la telefonata aveva ricollegato che si trattava proprio di quelYoongi, lo stesso con cui il ragazzo aveva avuto recentemente un appuntamento. Approfittò per presentarsi, sperando che in qualche modo ciò saldasse i conti, e procedette poi a presentare anche gli altri a Jin.

“Questi sono i miei amici, di cui ti ho parlato prima. Lui è Jung Hoseok, il mio coinquilino” lo indicò con un cenno della mano e il ragazzo fece un inchino “mentre il piccolino qui è Park Jimin”

Jimin anche fece un breve inchino in direzione di Jin e quando rialzò gli occhi non poté fare a meno di notare una scintilla strana nello sguardo dell’altro, perforante e come se fosse in grado di leggergli dentro.

“Jimin uh?” inclinò la testa da un lato e gli sorrise amabilmente “ho parlato anche con te al telefono vero?”

“Si” rispose Jimin sentendo le guance farglisi più calde. Per qualche motivo il modo in cui Jin lo scrutava lo stava agitando “mi-mi dispiace essere stato un po’ precipitoso, chiedo scusa anche a te Namjoon-hyung, è che eravamo- siamo un po’ con i tempi stretti, non è così?”

Cercò lo sguardo di Yoongi per ottenere una conferma e il ragazzo rispose annuendo.

“A tal proposito, la traccia è nel mio borsello, prendila pure Yoongiah” disse Jin e Yoongi non se lo fece ripetere. Il sollievo che si espanse sul suo viso una volta messe le mani sul piccolo CD fu evidente e Jimin se ne rallegrò di cuore. Anche Jin sembrò averlo notato:

“Visto che tutto si sta pian piano sistemando? Eri da Jimin perché eri preoccupato per me?”

Yoongi annuì di nuovo e sembrò per un attimo incerto sul se aggiungere altro o meno, ma Hoseok intervenne prima che potesse prendere una decisione:

“Dunque ricapitolando, tu Yoongiah stavi cercando proprio la persona con cui Namjoonah è andato a sbattere oggi, e ti trovavi da noi per dircelo esattamente quando questa calamità naturale mi ha telefonato, pazzesco!” si portò una mano tra i capelli “mi ricorderò di questa giornata per tutta la vita!”

“Ma calamità naturale a chi? Bisogna essere in due per scontrarsi!”

Jin sollevò gli occhi al cielo, ma non ribatté. Jimin cercò di non far riaprire il litigio chiedendo quale auto avesse riportato i danni più ingenti, ma la risposta di Namjoon non fu quella che si aspettava:

“Non eravamo in macchina quando ci siamo scontrati”

“Già, siamo solo caduti male, tutto qui” completò Jin facendo spallucce e sorridendo sereno.

“Ma come? Credevamo che fosse stato un incidente-” iniziò Hoseok.

Namjoon lo interruppe scuotendo il capo “No, nessuna macchina in questa storia. Ci siamo venuti letteralmente addosso. Fisicamente. Corpo a corpo”

“Che diamine??” l’esclamazione di Hoseok uscì di diverse ottave più alta di quanto solitamente permesso negli ospedali ma il ragazzo non se ne dette cura “Questa devo proprio sentirla!”

Con un veloce cenno di intesa Jin dette a Namjoon il segnale che lasciava a lui il compito di raccontare quanto era successo in quella strana mattina.

“Non c’è molto da sentire. Ricordi quella commissione del cavolo per conto del signor Choi, Hoseokah? Stamattina sono andato via presto proprio per andare a casa di sua moglie a prendere la dannata argenteria che lei gli ha ceduto. Ho cercato di parcheggiare la mia macchina più vicino possibile all’abitazione della signora, ma l’unico posto che ho trovato, ovviamente, è stato in cima a una salita. L’unico modo per arrivare alla villa da lì era farsi in discesa tutta la strada e girare poi a sinistra fino al secondo cancelletto. Puoi immaginare la mia gioia quando quella carissima donna mi ha detto che gli scatoloni da portare in macchina erano quattro. Tre volte quel salitone, non so come abbia fatto a trattenermi dal prendere dei piattini a caso e lanciarli per terra per il puro gusto di farlo” l’idea dovette piacere a Jin perché si lasciò uscire un risolino divertito “Dunque ho iniziato a accollarmi, una ad una, ognuna di quelle scatole infernali e vi assicuro che anche se non erano pesantissime non è stata comunque una passeggiata, dovendomela fare tutta in salita. Quando finalmente sono sceso a prendere l’ultimo scatolone volevo piangere dalla gioia, non potevo crederci che quella tortura era quasi finita. Mi sono quindi fatto forza, ho sollevato altri sette chili di roba e ho iniziato ad avviarmi di nuovo verso la salita. Ora, particolare importante, io nonvedevonullao quasi di dove mettevo i piedi, perché le scatole erano piuttosto grandi e quindi mi coprivano il viso. Andavo un po’ a istinto e guardandomi ai lati, ma d’altronde la strada era sgombra e il percorso facile. Io non so cosa sia successo, so solo che mentre svoltavo l’angolo con la gioia in cuore perché sarebbe stata l’ultima volta che avrei fatto quella ripida salita, sento qualcuno venirmi addosso-” Jin dette un piccolo colpo di tosse e Namjoon alzò gli occhi al cielo “ok, ero in contromano, per cui sono andato addosso a qualcuno”

“Qualcuno che arrivava dall’altra direzione e stava svoltando l’angolo dopo essersi fatto tutta la discesa di corsa. Me. L’impatto non è stato una passeggiata, avevo accumulato un bel po’ di velocità”

“Ma cosa diavolo ci facevi a quell’ora di corsa su una collinetta?”

“Stavo tornando a casa! Avevo appena finito di fare jogging, mi sarei fatto una doccia e poi sarei andato da Yoongiah. Invece mi sono ritrovato con una caviglia storta e un cellulare rotto” Jin guardò Yoongi “Per fortuna comunque Namjoon-ssi è stato gentile abbastanza da portarmi qui con la sua macchina e mi ha anche fatto il favore di entrare in casa mia per prendermi il borsello. Sapevo che avrei trovato qualche modo per darti la tua traccia”.

Mentre Yoongi, il volto imperscrutabile, faceva un breve inchino di ringraziamento verso Namjoon, ad Hoseok venne un flash e non poté trattenersi dallo scoppiare a ridere:

“Aspetta, aspetta, aspetta! Jin-ssi, stavi davvero facendo jogging?” il già confuso sguardo di Jin alla domanda lo divenne ancora di più quando al suo “si” di risposta Hoseok prese a ridere ancora di più “è uno scherzo… tutto questo non sta succedendo! Dov’è casa tua? Lì in quel quartiere?”

“H-hoseokah, che ti prende?” chiese Namjoon a mezza bocca imbarazzato mentre Jin rispondeva di nuovo affermativamente.

“Ooh ok, ok capisco tutto!” batté le mani e se le sfregò “Beh, allora noi, si, è tempo proprio che andiamo, non trovate ragazzi? Gambe in spalla! Ci aspetta un bel rally, ma arriveremo allo studio non solo in orario, ma anche vivi!”

Sia Jimin che Yoongi scattarono subito e dopo aver salutato i due semi-infermi lasciarono veloci la cameretta. Prima di seguirli in corridoio Hoseok indugiò un attimo. La tentazione di stuzzicare Namjoon era troppa e incapace come un bambino di resisterle le dette retta:

“È stato un piacere fare la tua conoscenza Jin-ssi, qualcosa mi dice che ci rivedremo mooolto presto!” gli fece l’occhiolino e vedendo il viso di Namjoon farsi completamente rosso uscì dalla camera felice e soddisfatto. Si girò per raggiungere gli altri due ragazzi, ma si bloccò subito, interdetto di fronte alla scena che si trovò di fronte. In fondo al corridoio c’erano Jimin, con un’espressione in viso che tradiva non meno sorpresa di quanta ne stesse provando lui, e Yoongi, il quale stava stringendo la mano al più piccolo con entrambe le sue e teneva la fronte appoggiata alla sua spalla.

 

Note dell’autrice: Hello babies! Capitolo nuovo nuovo tutto per voi, forse più in anticipo di quanto vi aspettaste! Ma se non avessi postato ora non avrei potuto prima della prossima settimana e ok, sono un po’ sadica ma non così tanto ♥ Definirei questo capitolo di passaggio, anche se forse fino a un certo punto. Dopo averli lasciati due capitoli fa alle prese con misteriosi incidenti, ritorniamo qui in compagnia di Jimin, Hoseok e Tae e scopriamo che cosa è accaduto a Namjoon e.. Jin! Il filo rosso del destino sembra proprio volerli collegare tuti i nostri piccini. Quiz! Avete indovinato cosa è tornato in mente ad Hoseok alla fine? :P

Non credo di dover aggiungere troppo in merito a questo capitolo, solo che spero abbiate goduto di questa tranquillità perché poi i prossimi che vi aspettano saranno un po’ più intensi ;)

Mi fermo qui, fatemi sapere nei commenti le vostre opinioni e grazie come sempre di aver letto fin qui! Alla prossima settimana!

Baci, Elle ♥

 

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Capitolo 13
*** Click ***


CLICK

 

Per l’ennesima volta in quella giornata, Jimin si sentì preso in contropiede. Lui e Yoongi si stavano dirigendo spediti lungo il corridoio verso l’ascensore quando a un certo punto aveva sentito due mani afferrare la propria e prima che potesse rendersene conto si era ritrovato il viso di Yoongi più vicino al suo di quanto fosse mai accaduto prima. Il ragazzo lo aveva guardato negli occhi, poi aveva appoggiato delicatamente la fronte sulla sua spalla, come se di colpo molto stanco, e a Jimin era apparso terribilmente fragile e vulnerabile.

“Grazie davvero Jiminah” la voce era flebile, piccola, così diversa da quella tagliente e spigolosa a cui il più piccolo era abituato “non me lo merito, ma grazie. Ti ho trattato male, ma non volevo, io giuro non volevo…”

Incapace di muovere un muscolo, Jimin cercò di articolare qualche parola nonostante la gola gli si fosse fatta secca:

“Y-Yoongi non devi preoccuparti di questo ades-”

“Ci sono delle cose… che devi sapere. Ti dirò tutto, va bene? Te lo devo” gli strinse forte la mano e puntò il suo sguardo su di lui “Te lo devo”

Jimin avrebbe voluto rispondere qualcosa, ma non ci riuscì. Rimase a fissare Yoongi per alcuni interminabili secondi, fino a che il ragazzo non lo lasciò andare e si allontanò di un passo, ponendo di nuovo la solita distanza tra loro. Jimin si chiese se il calore che sentiva nei punti in cui la pelle di Yoongi aveva toccato la sua sarebbe mai scomparso e si trovò a pregare che rimanesse per sempre lì, come prova che questo momento era stato reale e non solo uno dei suoi sogni.

“Dov’è Hoseok-ssi?” chiese Yoongi e Jimin gettò un occhio in fondo al corridoio. Si era del tutto dimenticato della presenza del più grande. Il ragazzo sembrava trovarsi ancora di fronte alla camera di Namjoon e Seokjin, intento ad osservare il suo cellulare. Considerata la fretta che tutti loro avevano al momento, Jimin pensò che l’unica ragione per cui Hoseok si era messo proprio ora a controllare il telefono dovesse essere che li aveva visti e non aveva avuto il coraggio di interromperli. L’idea che l’amico avesse assistito ad un momento del genere infuocò le guance di Jimin, ma il ragazzo decise che non era questo il tempo di pensare agli imbarazzi: avevano una missione da compiere e un contest da vincere. Chiamò Hoseok a gran voce facendogli cenno di venire e al più grande fu risparmiato così il disagio di dover lui stesso sollevare la testa e rischiare di assistere nuovamente a un momento privato come il precedente.

Nella macchina i tre presero posto come all’andata, Hoseok alla guida, Jimin di fianco a lui e Yoongi nel sedile di dietro. Di nuovo Jimin desiderò poterglisi mettere vicino, ma non sarebbe davvero stato carino nei confronti di Hoseok trattarlo come tassista. Erano partiti da soli pochi minuti quando il telefono di Jimin squillò.

“È Namjoon-hyung, cosa vuole?”

“Perché chiama te invece di fare un po’ dibondingquel rincretinito?” disse Hoseok con tono stizzito come se fosse stato fatto un torto direttamente alla sua persona “Aaah devo proprio parlargli a casa…”

Jimin rispose e la voce di Namjoon arrivò dalla cornetta:

Jiminie? Jin qui ti vuole parlare, però mi dice di chiederti il favore di non far capire che stai parlando con lui a Yoongi o Hoseok, ci capisco meno di te e non so nemmeno perché stia acconsentendo a prestarmi a queste stranezze, ma questa è la situazione, puoi farlo?”

Kim Seokjin? Al telefono? Perché voleva proprio lui? Acconsentì con la sua vocina chiara e, il cuore tamburellante, attese che l’altro parlasse:

Jimin-ssi? Sono Jin, perdona la stranezza della mia richiesta, volevo solo parlarti un momento senza che Yoongi ascoltasse” per qualche ragione, la sua voce rilassò immediatamente il più piccolo. Suonava amichevole, trasmetteva un calore accogliente e un’autorità su cui si poteva fare affidamento e Jimin sentì istintivamente che non c’era nulla da temere da questo ragazzo “Non so bene cosa ti abbia raccontato di sé, conoscendolo immagino davvero molto poco. Non fargliene un torto, per favore, Yoongiah è così, chiuso e un po’ scostante, ma è solo perché è molto impaurito. Mi dispiace dirti tutte queste cose adesso, insieme e senza maggiori dettagli, ma il tempo oggi non è davvero dalla nostra parte. Questa giornata è di importanza vitale per Yoongi e al momento mi preme che tu sappia quanto ha bisogno di aiuto e mi prometta che sarai pronto a offrirglielo. Qualcosa mi dice che nessuno meglio di te può riuscire in questo compito, forse nemmeno io, dunque puoi promettermi per favore che ti prenderai cura di Yoongiah? Che gli darai forza standogli vicino? È l’unica cosa che gli manca al momento, per il resto per vincere le carte le ha tutte. Devi ricordarglielo

Jimin esitò un attimo prima di rispondere, chiedendosi se meritasse o meno la fiducia che Jin stava riponendo in lui. Avrebbe voluto replicare che no, non poteva essere lui la persona più adatta, come avrebbe potuto esserlo quando non era neppure stato capace di avvicinarsi di un millimetro a Yoongi? In una sola serata e con appena un paio di domande aveva fatto saltare in aria l’intera situazione e lo aveva spinto ad allontanarsi da lui, precludendosi così ogni possibilità – se mai una ce n’era stata – di entrarci in contatto. Per quanto non ci fosse nulla che desiderasse maggiormente che diventare un appoggio per Yoongi tanto quanto Yoongi lo era stato per lui, Jimin era anche consapevole che questo non sarebbe ormai più potuto accadere. Come poteva adesso Jin sperare che riuscisse a scuoterlo su qualcosa di così importante? Come poteva far ciò che Yoongi aveva fatto per lui senza però conoscerlo, senza sapere davvero chi fosse, cosa volesse, cosa desiderasse? Jimin sapeva solo che amava la musica, ma tutto qui, non poteva davvero essere sufficiente per… prima che potesse formulare le sue perplessità a Jin, qualcosa scattò in lui. Come un fulmine saettò nella sua mente il ricordo di quel pomeriggio alla stazione e con esso una nuova consapevolezza: che tutto quello che Jimin cercava, o credeva di dover cercare, non era lì. Non esisteva quel giorno. Quando aveva incontrato a Daegu Yoongi per la prima volta non c’era amicizia tra loro. Non c’era conoscenza. Non c’era nemmeno fiducia. Erano due perfetti estranei. Eppure, questo non aveva fermato Yoongi. Non aveva idea di chi fosse davvero Jimin: solo un racconto confuso e vago sulla sua vita e il suo amore per la lettura, questo era tutto ciò che sapeva di lui. Ma gli era bastato. Non si era costruito scuse, non si era imposto paletti. E se se li fosse posti? Se avesse rinunciato a dargli quel consiglio solo perché “non lo conosceva abbastanza”? Jimin sentì il sangue farglisi ghiaccio nelle vene. Se Yoongi avesse agito, quel giorno, così come stava ora agendo lui come sarebbe stata la sua vita? Capì tutto. Capì che ciò che più di tutti doveva a Yoongi era dimostrare lo stesso coraggio, la stessa intraprendenza che lui gli aveva mostrato anni prima, ora che le parti erano inverse. Doveva smetterla di rimanere ancorato alle sue fantasie e prendere la realtà per quella era, cercando di fare del suo meglio con la situazione che gli veniva posta dinanzi. Tutto, o quasi, del suo incontro con Yoongi era stato e continuava ad essere incredibilmente diverso da quello che Jimin aveva immaginato, ma ciò non poteva più costituire una scusa per starsene con le mani in mano e accettare la distanza che Yoongi poneva continuamente tra loro. Non erano i desideri di Jimin adesso l’importante e il ragazzo comprese che l’unico modo per poter aiutare Yoongi era mettere loro da parte e farsi lui stesso avanti, imporsi anche magari con prepotenza affinché Yoongi lo ascoltasse e si scrollasse. Fino ad ora era stato troppo cauto, troppo remissivo. Forse non sarebbe mai stato capace di conoscere davvero Yoongi, ma nonostante fosse la cosa che più voleva al mondo, non doveva essere questo oggi il suo obiettivo. Né lo sarebbe mai più dovuto essere. Se questo Yoongi, lo Yoongi reale, in carne ed ossa che aveva di fronte, non voleva avere molto a che fare con lui, va bene, lo avrebbe accettato. Perché il suo debito nei confronti di questo ragazzo era enorme e Jimin sentì che se anche il suo sogno di averlo al fianco si fosse frantumato, ne sarebbe valsa la pena, sapendo che aveva fatto tutto quanto in suo potere per far sì che Yoongi avesse la vita che meritava, la vita che voleva.

“Va bene” disse determinato.

Sapevo che avresti capito” rispose soffice Seokjin dall’altro lato.

Si salutarono e nel rimettere a posto il telefono Jimin inventò una scusa per giustificare la chiamata di Namjoon. Stranamente nel dire questa piccola bugia la sua voce non tremò. Era calma e sicura e il ragazzo sentì che poteva farcela. Sarebbe riuscito ad aiutare Yoongi, a qualunque costo. Ogni volta che sono stato con lui l’ho fatto sempre cercando di realizzare i miei di desideri, ma adesso che so davvero cosa vuole, farò di tutto per aiutarlo. Non fa niente se non vorrà ascoltarmi, se odierà le mie parole, se gli sembrerò invadente. Devo farlo, devo riuscire a entrare nel suo cuore quel tanto sufficiente ad accendere la miccia. Il fuoco lo farà esplodere lui, lo so. E non fa nulla se poi non mi parlerà mai più, Yoongi deve vincere quel contest. 

Perso in questi pensieri gli venne istintivo girarsi verso Yoongi e si stupì nel vedere che il ragazzo lo stava già fissando. Non arrossì, ma mantenne il suo sguardo e poi gli sorrise, gli occhi due piccole mezzelune:

“Andrà tutto bene Yoongi-ah” agitò una mano stretta a pugno “Hwaaai-ting!”

L’altro gli rivolse a sua volta un sorriso così caldo e spontaneo che Jimin capì di aver fatto finalmente qualcosa di buono e fu sicuro che mai dalla prima volta in cui si erano incontrati gli occhi di Yoongi avevano brillato a quel modo.

Lo vide allungare schiena sul sedile continuando a fissarlo con dolcezza e fargli poi un cenno d’assenso con la testa prima di girarsi verso il finestrino e mormorare:

“Si… si forse qualcosa andrà finalmente bene”

“Ma certo che andrà bene!” intervenne Hoseok con energia “non manca troppo, e siamo adesso in perfetto orario”

“In perfetto orario perché stiamo correndo come dei pazzi, hyung” disse ridacchiando Jimin.

“Non perdiamoci in futili dettagli facendoci sfuggire il più importante: arriveremo in tempo” gli rispose l’altro puntando un indice verso l’alto.

Da dietro giunse una voce roca:

“Jiminah? Credo di doverti delle spiegazioni. Vuoi ascoltarmi?”

 

 

Note dell’autrice:Hello people, grazie mille come sempre per aver letto anche questo capitolino! E’ già un miracolo che questa settimana abbia trovato il tempo di postare per cui perdonatemi se sarò super breve nelle note, magari le faccio più lunghe nel prossimo per aggiungere alcune cosine. Per oggi vi lascio praticamente solo al capitolo, è brevino, ma direi intenso, no? ;) Come sempre se avete un momento fatemi sapere cosa ne pensate ♥♥

Alla prossima settimana, baci,

Elle ♥

 

PS: ci siamo di nuovo con la rubrica “quizzone”: perché il titolo “click”??

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Capitolo 14
*** The truth untold ***


THE TRUTH UNTOLD

 

“Prima di iniziare vorrei ringraziare tantissimo anche te, Hoseok-ssi. Non mi sarei mai aspettato tutto questo appoggio visto…” Yoongi ingoiò della saliva e fece un sorrisetto imbarazzato “beh, visto come ho trattato Jiminah”

Jimin scosse la testa:

“Davvero Yoongi, non devi-”

“No, invece devo” il suo tono colpì Jimin, sembrava essere tornato quello sicuro e secco che gli era tanto familiare nel ragazzo “Devo davvero. Quindi visto che entrambi avete modificato i vostri piani per causa mia e del mio amico credo che il minimo che io possa fare sia dare delle spiegazioni. Sia sul perché mi sia precipitato così da te, Jimin, e sia sul perché non sia riuscito in questo tempo a trattarti come avrei dovuto. Se me lo concedi partirò dall’inizio, mi agito sempre un po’ quando devo parlare e spiegare qualcosa per cui raccontare tutto in modo cronologico mi aiuta” si fermò per cercare gli occhi di Jimin. Il più giovane annuì e Hoseok anche lo esortò a continuare:

“Ma certo, segui tranquillamente la logica che preferisci”.

Yoongi si portò avanti sul bordo del sedile per farsi un po’ più vicino ai due ragazzi e riprese a parlare:

“Da quando ho memoria, il mio più grande interesse è stato per la musica. È stata letteralmente il mio primo amore e devo a lei il merito di essere riuscito a superare molti momenti bui della mia vita. Tu Jiminah hai sempre saputo scrivere, io non ricordo un momento in cui non abbia saputo mettere due note assieme. Fin da quando ero bambino ho preso lezioni di pianoforte, poi sono passato anche a qualche altro strumento e quando all’età di nove anni ho scoperto il rap me ne sono innamorato alla follia. Ho iniziato dei corsi mirati, mi allenavo il più che potevo a casa, da una certa età ho iniziato anche a frequentare altri ragazzi con lo stesso interesse e mi riunivo spesso con loro per partecipare a piccoli contest underground o gare informali tra noi. Come ti ho già detto, non sono il migliore, ma non sono nemmeno l’ultimo dei peggiori. Me la cavo bene ora e me la cavavo bene anche allora ed era un qualcosa di riconosciuto anche da tutti gli altri. Le varie piccole gare di cui ho parlato, beh, non vincevo sempre, ma davvero molto spesso ed ero tutto sommato uno degli avversari più temuti, soprattutto alle gare di improvvisazione. Io non sono una persona particolarmente socievole, e quindi avere un gruppo di persone che condividevano i miei interessi e con cui potessi essere a mio agio era molto importante per me. Sono stati un po’ tutti la mia famiglia in quegli anni, e ognuno di loro ha avuto un suo piccolo ruolo nell’insegnarmi tante cose che so adesso. Credo sia normale, no? Parlare di qualcosa che si ama con persone ispirate quanto te è estremamente edificante e il confronto sempre utile. Ti dà energia. Un po’ come tu la prendi da luoghi come la libreria, Jiminah. Comunque sto divagando, scusatemi. Volevo solo fare questa premessa per far capire quanto il mio sogno più grande sia radicato dentro me in profondità. Al momento la cosa che voglio più di ogni altra dalla vita è riuscire ad essere scritturato da un’etichetta e avere l’opportunità di incidere il mio primo disco. E’ questo ciò che desiderio di più al mondo e che mi ha guidato nelle mie scelte fin da quando ero più piccolo. Ora quindi capite perché per me il contest di oggi è un’opportunità unica, troppo unica perché io possa lasciarmela sfuggire di nuovo. Quando sono venuto qui due anni fa ero davvero sicuro di farcela, d’altronde nel mio giro ero tra i più bravi, perché non avrei dovuto? Avevo con me tutta la convinzione del mondo, ma non è stata sufficiente. E’ un’occasione che fa gola a troppi, il livello è quindi ovviamente molto, molto alto. Onestamente non ho molto da rimproverarmi, a pensarci ora. Ero più immaturo, ed è vero. Ormai ho compreso e lavorato sui miei limiti, posso ammettere con tranquillità che non c’era molto più che il me dell’epoca avrebbe potuto fare. Questo però lo vedo adesso, certamente non lo vidi allora. Il non essere passato mi mandò in totale sconforto, e il rialzarsi fu difficile anche perché venne reso ancora più duro da.. da..” si fermò un attimo e sospirò pesantemente prima di riprendere “da un problema che ho. Forse… forse lo avete già notato, ma… ecco io no-non sono molto bravo a gestire la mia ansia. E’ un qualcosa che ho sempre avuto, fin da bambino, ma che si è accentuato con il tempo. Quando c’è qualcosa che mi agita tendo a ripensarci e ripensarci per minuti, ore, giorni, finché a volte si fa così grande da diventare soffocante e quindi… quindi mi sento davvero soffocare. C’è stato un momento in cui ero diventato piuttosto bravo, per quanto possibile, a rimanere calmo, ma ultimamente la cosa è peggiorata e gli attacchi sono più frequenti” smise di parlare, prolungando il suo silenzio quel troppo in più da incoraggiare gli altri due ragazzi a intervenire:

“Mi dispiace molto Yoongi-ssi” disse Hoseok serio guardandolo velocemente dallo specchietto retrovisore.

“Yoongi, sei sicuro di voler parlare di questa cosa? Noi capiamo se-” iniziò a dire Jimin.

“No, no va tutto bene. Voglio davvero spiegarti perché a volte mi hai visto strano o silenzioso o distratto. Non era colpa tua Jiminah. È che questa cosa qui dentro mi mangia da sempre, e io non so come disfarmene. È sempre lì, anche quando credo di averla vinta lei mi raggiunge di nuovo per dirmi che le cose in controllo non sono io ad averle. Mi dispiace che tu ne abbia pagato le conseguenze, così come mi dispiace che anche i tuoi amici abbiano dovuto vedermi in quello stato. Ma non trovare Jin… sono andato nel panico e non sapevo cosa fare. Quando ho una crisi, è sempre da lui che vado. Ed è a lui se devo la mia ripresa dopo quel primo, vero fallimento della mia vita. L’ho conosciuto proprio il giorno del contest, subito dopo essere stato scartato. Ricordo che mi ero appoggiato a un muro e stavo cercando di processare quanto era appena successo quando me lo sono visto spuntare da dietro. Lì per lì nemmeno ci ho fatto caso, sono rimasto nei miei pensieri finché non mi è proprio venuto davanti sotto al viso facendomi cenno che stava parlando con me. Mi disse che aveva avuto modo di ascoltare la mia audizione e che ne era rimasto molto colpito. Mi raccontò anche che si trovava quel giorno in quell’edificio quasi per casualità. In pratica suo padre lavora come producer nella stessa casa discografica di uno dei giudici presenti al contest e i due oltre che essere colleghi sono anche buoni amici. Durante una cena a casa di Jin-hyung si era parlato di questo contest e a lui era venuto, quasi più per scherzo che altro, di chiedere se poteva unirsi come semplice spettatore per dare un’occhiata alla cosa. Era da poco entrato a lavorare anche lui nel reparto finanza della stessa etichetta, dunque alla fine sia il padre che l’amico che avrebbe fatto da giudice pensarono potesse essere comunque formativa come esperienza” Yoongi ridacchiò piano “non che si sarebbe fatto problemi ad andare anche senza un esplicito benestare da parte loro, Seokjin lì dentro fa un po’ come gli pare. Può anche permetterselo d’altronde, vista l’influenza del padre. Mi disse quindi come stavano le cose, ovvero che conoscendo il giudice avrebbe potuto farmi avere un’occasione all’interno dell’etichetta. Lo avevo colpito molto e aveva visto qualcosa in me, per cui mi garantì che sarebbe stato felice di darmi una mano lui visto che – quoto – quei cretini dei giudici non avevano capito nulla. Come vi ho detto, hyung è uno che va per la sua strada, poco gli importa di quello che dicono altri. Se gli avessi risposto di sì avrebbe probabilmente smosso mari e monti e avrebbe alla fine ottenuto ciò che voleva. Ma io dissi di no. Non esitai nemmeno e, come scoprì in seguito da lui stesso, fu proprio questo ciò che lo incuriosì di più. Mi ha confessato un giorno che il mio rispondere, con la massima tranquillità, che non potevo accettare perché avevo bisogno di farcela con le mie sole forze lo colpì enormemente perché... beh perché lui il problema non se l’era mai posto. Né tantomeno aveva visto la gente intorno a lui porselo. Lo ha proprio ammesso con me, lui viene da una famiglia benestante ed è sempre vissuto in un contesto molto privilegiato, dove ha avuto modo di veder coincidere spesso favori personali e vita professionale. Quindi crescendo ha sempre accettato le opportunità che gli sono state offerte, non in modo arrogante o prepotente, assolutamente, ma semplicemente senza pensarci troppo, come se fosse naturale. La mia altrettanta naturalezza invece nel dire di no dovette far scattare qualcosa in lui e da lì mi prese in simpatia. Poiché non volevo la scorciatoia mi promise di aiutarmi in ogni altro modo possibile e, primo fra tutti, mi mise a disposizione uno studio di registrazione. E’ stato quindi per lui se mi sono trasferito a Seul pochi mesi dopo quel contest e la sua presenza è stata di appoggio per me non solo da un punto di vista professionale – avrà scelto il campo della finanza, ma è pur sempre il figlio di un musicista, su alcuni aspetti della produzione ne sa ancora anche più di me – ma soprattutto umano. Io non mi sono mai arreso, mai, ma il fallimento subìto non è passato senza lasciarmi cicatrici. Le mie paranoie da alcuni punti di vista si sono acutizzate e gli attacchi, che a in un certo momento della mia vita avevano preso quasi a svanire, sono ritornati più frequenti. L’esperienza vissuta mi ha dato un forte colpo, ma la presenza di Jin-hyung in questi anni è stata l’unica cosa che abbia potuto riportare in me dell’equilibrio e placare le mie inquietudini. Quasi fin da subito ha capito il mio problema e anche in questo caso ha fatto di tutto per aiutarmi e renderlo il meno critico possibile per il mio lavoro. E’ stato un po’ una fata madrina spuntata dal nulla, come posso dire” ridacchiò piano – forse all’idea dell’amico vestito di blu – e sembrò fermarsi a riflettere per un attimo “già… mi ha aiutato così tanto… abbiamo lavorato insieme ovviamente alla traccia che porterò oggi e… beh ovviamente sapendo sempre tutto di quello che accade all’etichetta è anche venuto a sapere prima di me del cambio di data. Il contest non sarebbe dovuto essere questo lunedì, ma il prossimo. So che sette giorni possono sembrare una scemenza, ma per una persona come me… no, non lo sono. Appena ha scoperto la notizia mi ha chiamato ed è stato proprio il giorno in cui mi trovavo con te in quel bar azzurro e rosa, Jiminah. Quella volta che mi sono assentato lasciandoti da solo con i nostri churros”.

“Si certo, ricordo!” esclamò Jimin “credevo te ne fossi andato e mi ero preoccupato”.

“No, perdonami, è che da quando il contest ha preso ad avvicinarsi la mia ansia prende il sopravvento ogni volta che Jin-hyung mi chiama. La mia testa mi dice che vuole darmi qualche brutta notizia e quindi sento il bisogno incredibile di rispondere, altrimenti sto male. Solitamente sono solo paranoie però quella sera per me è stata una notizia bomba. Ho cercato di rimanere tranquillo con te, ma non credo di esserci riuscito bene e sempre a causa di questa mia angoscia ti ho dato buca mercoledì. Mi dispiace così tanto Jiminah, ma davvero sono stato preso dal panico di star togliendo tempo alle mie prove e solo dopo aver parlato con hyung mi sono convinto che era un discorso stupido da fare. Jiminah, ti giuro, io non volevo essere cattivo con te, è che la parte peggiore di me ultimamente ha preso il sopravvento e io ti devo chiedere davvero scusa per questo. Ho agito male e ti ho voluto dire il perché, lo so che questa non è una giustificazione ma-”

“Va bene Yoongi, basta così” la fermezza con cui Jimin disse queste parole stupì entrambi i più grandi, che lo guardarono con uno sguardo spaesato “devi smetterla di giustificarti con me. Per quale motivo dovresti? Se mai c’è uno che dovrebbe giustificarsi qui, quello sono io, che ti sono forse stato addosso senza capire mai niente. Continui a dire scusa, ma non capisco di cosa. È vero, i tuoi comportamenti sono stati strani ai miei occhi, poiché non avevo idea di come stessero realmente le cose, ma è forse colpa tua? No, non lo è. Non è colpa tua se esiste questa cosa con cui devi convivere giorno e notte, e non devi vergognartene o tantomeno giustificartene. È una parte di te e per quanto sia terribile conviverci ha sicuramente anche giocato negli anni un ruolo a farti diventare ciò che sei e tu nondevi giustificarti per ciò che sei” guardò Yoongi con occhi scintillanti, quasi roventi e fu abbastanza sicuro di vedere l’altro ragazzo arrossire violentemente. I due rimasero a fissarsi immobili per ancora qualche secondo fino a quando Yoongi non prese a balbettare qualcosa e Jimin, resosi conto di quanto fatto, decise di rimettersi al suo posto di nuovo rivolto verso la strada per non far vedere all’altro quanto fosse arrossito anche lui. Hoseok comprese al volo la situazione e decise di allentare un po’ la tensione. Aveva assistito all’ultimo scambio e ora dentro di sé stava scoppiando di orgoglio: non aveva mai visto Jimin comportarsi con tanta determinazione e capì in meno di un secondo quale fosse la fonte che alimentava tanta grinta. È davvero innamorato. E stavolta di Yoongi, non del suo ricordo.

“Yoongi-ssi, mi fa molto piacere che tu ci abbia raccontato tutto questo. Jiminie qui non ti ha mai incolpato di nulla, su questo posso garantire, ma credo sia stato molto importante per tutti avere una spiegazione per poter da questo momento iniziare a capirci meglio. Quindi grazie per aver condiviso il tuo racconto con noi”

Yoongi sembrò riprendersi un pochino dallo spaesamento di poco prima:

“Ah... si, si certo. Lo dovevo a tutti voi” disse poi puntando lo sguardo sulla nuca di Jimin.

Hoseok sorrise e poi disse strizzando un occhio:

“Cosa vi avevo detto che vi avrei portati qui in tempo e anche vivi? Date un’occhiata fuori”

Presi come erano da tutt’altro, né Jimin né Yoongi si erano accorti che, un po’ a distanza, si poteva già intravedere l’imponente grattacielo dentro il quale si sarebbero giocati le speranze e il futuro di Yoongi.

 

 

Note dell’autrice:Ed eccoci qui! ♥♥ Stiamo bene dopo l’esibizione e il premio (e soprattutto i pianti) dei bimbi ai MAMA? Probabilmente no, ma hey! The show must go on! Voi come l’avete presa?

Ma parlando del capitolo… Un capitolo, questo, più corposo dello scorso, dove finalmente scopriamo moltissimo su Yoongi! Forse non tutte le domande sono state ancora chiarite, ma credo che tante si, no? Forse quasi tutte. La gestazione di questo capitolo, così come dello scorso, mi è stata piuttosto complessa. Sul capitolo precedente avevo un sacco di dubbi perché temevo di non essere stata molto chiara nello spiegare il processo di pensieri di Jimin e tanti erano i timori che avevo deciso di metterlo insieme a questo. Poi invece ho deciso di dividerli, perché al di là di come il capitolo è uscito sono comunque due momenti importantissimi per entrambi i protagonisti ed era quindi giusto dare ad ognuno il proprio spazio. Fatemi sapere se condividete anche voi questo parere. A questo punto i nostri piccoli sono quasi arrivati, il contest è alle porte e anoi non resta altro da fare che aspettare e vedere che cosa succederà.

Per quanto riguarda la domanda posta nelle scorse note, ovvero a cosa si riferisse il “click” del titolo, con mia grande sorpresa ho ricevuto risposte ed interpretazioni di vario tipo, per cui ho deciso a questo punto di non dire nulla su ciò a cui io ho pensato e lasciare ognuno libero di interpretare la cosa come meglio preferisce ♥ Per la risposta alla domanda posta invece sulle note del capitolo 12, andate a rileggere il capitolo 7 ;)

Grazie mille per aver letto fin qui, come sempre lasciate pure dei commenti, li leggo sempre con estremo piacere ♥ Ci si vede la prossima settimana, pubblicherò dopo le feste quindi nel frattempo vi auguro anche una buona vigilia e un buon Natale, siate felici e soprattutto mangiate tanto!

A presto,

Elle ♥

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Capitolo 15
*** Il contest ***


IL CONTEST

 

Uno, due, tre. Ad ogni gradino le mani di Yoongi si facevano un po’ più sudate e la sua bocca più asciutta. Quattro, cinque, sei. La porta d’ingresso. Massiccia, a vetri e metallica, esattamente come la ricordava. Hoseok fu il primo a varcarla, dirigendosi sicuro verso lo spazio ampio dell’androne. Si guardò intorno come se cercasse qualcuno e infine indicò un punto:

“Qui c’è un cartello che ci indica dove andare” disse rivolto ai due ragazzi che si trovavano ancora fuori. Jimin si accorse dell’esitazione di Yoongi e senza pensarci troppo lo prese delicatamente per mano. A quel contatto Yoongi sobbalzò leggermente, ma Jimin non lo lasciò andare e lo strinse invece un po’ più forte.

“Andiamo?”

Yoongi prese un respiro profondo:

“Andiamo”.

La stanza dove si sarebbe tenuto il contest si trovava al secondo piano dell’edificio e una volta dentro il palazzo era possibile salire con le scale o prendere l’ascensore. I tre scelsero la prima opzione: Yoongi disse che guadagnare un pochino più di tempo – per quanto minimo – lo avrebbe aiutato a calmarsi. Nemmeno durante il percorso su per le quattro rampe Jimin smise di tenerlo per mano e non gli sfuggì come il ragazzo nel frattempo tenesse l’altra mano aggrappata alla ringhiera così forte da avere le nocche bianche.

“Come mai non ci sono persone? Non dovremmo incontrare anche qualche altro concorrente?” chiese Hoseok da dietro di loro.

“Nessuno viene mai a quest’ora, così in ritardo. Io stesso due anni fa arrivai con quasi tre quarti d’ora di anticipo”

“Ci sarà molta gente?” chiese Jimin iniziando a sentirsi agitato anche lui.

Yoongi annuì:

“Abbastanza, di solito riescono a farne un centinaio a giornata. Ognuno di noi ha un massimo di cinque minuti, si gioca tutto lì” si fermò. Erano arrivati. Una larga porta di legno chiaro chiusa li accoglieva insieme a un cartello appeso col nastro adesivo:

 

SECONDO PIANO

SALA PROVINI: CORRIDOIO A SINISTRA

 

Jimin strizzò un’altra volta la mano di Yoongi. Il gran momento si avvicinava e se lui stava provando questa agitazione poteva solo lontanamente immaginare cosa dovesse sentire il più grande. Hoseok toccò delicatamente la spalla del ragazzo:

“Yoongi-ah, noi siamo con te”.

Aprì la porta e il brusio che da fuori era impercettibile si fece adesso più definito. Alla loro destra furono accolti da una guardia seduta dietro a una scrivania che chiese chi di loro fosse il partecipante e che dopo averne preso nome e cognome si fece consegnare la traccia per l’esibizione.

“Siete appena in tempo, fra cinque minuti chiuderemo le porte. Questo è il suo numero di gara, potete andare verso il corridoio a sinistra, in fondo troverete un open space dove potrete sedervi insieme agli altri partecipanti e i loro accompagnatori. Il mio collega si occuperà di chiamarla quando sarà il suo turno di andare nella stanza dei giudici”.

Yoongi fece cenno di aver capito e Jimin pensò che di sicuro doveva già sapere perfettamente come funzionava il tutto, ma aveva ascoltato le istruzioni per educazione. Diverse teste si girarono quando i ragazzi fecero il loro ingresso, ma un attimo dopo ognuno tornò ad occuparsi dei propri affari. La prima cosa di cui Jimin si accorse fu la differenza tra l’atmosfera ovattata della parte di edificio che avevano percorso poco prima e quella febbricitante di questa dove si trovavano ora. Non c’era però propriamente disordine o eccessivo rumore, cosa che lo sorprese, visto che al momento dovevano esserci circa un paio di centinaia di persone – concorrenti con familiari e amici al seguito – nel largo open space di cui aveva parlato la guardia. Era uno spazio molto luminoso, incorniciato da ogni lato da grandi finestre che prendevano le pareti quasi per intero e in cui erano posizionate diverse file di sedie e poltroncine dove potersi sedere durante l’attesa. I tre ne trovarono solo un paio vicine che fossero ancora libere, un po’ isolate rispetto alle altre, e Hoseok le lasciò ai due più piccoli.

“Tanto io devo prima andare un attimo a cercare un bagno e poi pensavo di uscire per fare una chiamata a Taehyungie, che dici Minnie?”

“Si certo! Digli che siamo arrivati qui in tempo e che non si preoccupasse. E riferiscigli di Namjoon-hyung e Seokjin-ssi ovviamente”

“Tranquillo Jiminie, Tae è in buone mani, tu pensa ad occuparti del nostro Yoongi-ah adesso” disse prima di andarsene e lasciare i due ragazzi soli. Jimin si guardò un attimo meglio attorno e capì il perché dell’assenza del caos che si era aspettato. C’era qualche persona che parlottava, con i propri accompagnatori o anche con un altro concorrente, però la gran parte degli altri ragazzi era concentrata e probabilmente proprio come Yoongi troppo in ansia per stare a far chiasso. Qualcuno stava rileggendo i propri testi, altri avevano appoggiato la schiena al muro e chiuso gli occhi – furono i primi ad essere chiamati quindi Jimin capì dopo che doveva essere per questo motivo che sembravano essere i più agitati – altri ancora avevano delle cuffiette alle orecchie, mentre molti bisbigliavano sotto voce delle parole, esercitandosi fino all’ultimo nella performance che avevano preparato. Si girò verso Yoongi e lo vide pallido, troppo. La tensione nella stanza era palpabile e questo sicuramente stava avendo un effetto su di lui. Per un po’, Jimin rimase incerto su cosa fare o dire: non si era mai trovato in un contesto del genere e non sapeva se fosse meglio non disturbare il ragazzo o cercare di distrarlo in qualche modo. Gli tornarono però in mente le parole di Jin e sentì che prima di saltare a conclusioni e farsi già da parte, avrebbe quanto meno dovuto accertarsi dello stato di Yoongi e parlarci per capire davvero di cosa avesse bisogno.

“Riconosci qualcuna di queste persone?” chiese a bassa voce al più grande.

“No, non c’è nessuno qui che abbia già visto. Ma il contest dura due-tre giorni, nulla toglie che nei prossimi giorni possa essere presente qualcuno che fu scartato…” deglutì “insieme a me”.

“Yoongi-ah, andrà tutto bene questa volta”.

“Non lo so Jiminah. Non lo so”.

Il tono brusco ma al tempo stesso quasi implorante di Yoongi aiutò Jimin a prendere la sua decisione: il ragazzo aveva bisogno di essere incoraggiato e no, non era questo il momento per essere discreti e costringersi al silenzio.

“Lo so io per te” gli disse sereno portandogli una mano al ginocchio. Yoongi lo guardò in modo particolare, con uno sguardo che esprimeva al tempo stesso dubbio, ma anche il desiderio di voler credere alle parole dell’altro “e lo sa anche Jin-hyung. Non posso chiederti di fidarti di me, non penso di conoscerti abbastanza per meritare la tua fiducia, ma di lui ti fidi, no? Mi hai detto tu stesso che è una persona decisa e poco influenzabile, credi davvero che avrebbe, tra le centinaia di persone che ha visto in quei giorni, scelto proprio te se tu non gli avessi davvero trasmesso qualcosa? Yoongi, io penso-” si fermò un attimo, perché ciò che stava per dire avrebbe potuto portarlo su un sentiero che non era questo il momento di intraprendere. Decise comunque di continuare “io penso davvero che tu sia in grado di dare molto più di quanto tu stesso creda. Sei convinto di camminare in questo mondo inosservato e che ogni tuo gesto si perda in mezzo alle altre migliaia di miliardi di gesti che vengono compiuti ogni attimo, ma non è così. Soche non è così. Non ho mai ascoltato nulla creato da te, ma qualcosa mi dice che le tue parole sono speciali, che possono lasciare un segno. Come quello che hanno lasciato a Jin-hyung. Come quello che hanno lasciato-” a mestava per dire. Si fermò e gli sorrise dolcemente prima di riprendere in tono fermo “La tua energia, Yoongi, al di là delle tue paure, al di là dei tuoi fantasmi, al di là di tutto quello che tu credi ti imprigioni, è presente, visibile in ogni tuo gesto, anche nei momenti più bui. Ci credo a quello che mi hai detto prima, che non ti sei mai arreso. Ci credo perché ho potuto vederlo con i miei occhi. Anche quando eri lì in lacrime davanti a noi, anche mentre ci raccontavi in macchina quello che hai passato e la voce ti tremava, nessuno ti avrebbe mai potuto prendere per un perdente. Per una persona mediocre che si è fatta sconfiggere. La tua energia è quella dei combattenti, quelli veri. E’ fiera, indipendente e io lo so che può marchiare come il fuoco. Quindi adesso tu, quando entrerai in quella sala, ti lascerai alle spalle ogni timore, e ti concentrerai su un unico obiettivo: fare quello che ami di più. Lo farai e basta, e quei giudici idioti li incenerirai tutti”.

Solo una volta concluso il suo discorso Jimin si accorse del calore che gli si stava propagando sulle guance e del proprio respiro lievemente affannato, così come solo in quel momento si accorse che gli occhi di Yoongi erano diventati lucidi. Prima ancora che potesse iniziare a preoccuparsi di aver detto qualche parola di troppo il più grande gli afferrò entrambe le mani e le strinse fortissimo, serrando gli occhi per cercare di reprimere le lacrime. Aprì la bocca più volte, come se stesse cercando di capire cosa dire, finché a un certo punto sospirò. Sollevò poi lo sguardo su Jimin, immobilizzato e incerto su come comportarsi, e gli rivolse un sorriso pieno di gratitudine:

“Tutto quello che hai mi hai detto oggi, io non lo dimenticherò mai”.

Il cuore di Jimin ebbe un sussulto e fu come se il suo spirito si smuovesse. Fu sopraffatto da una sensazione strana, come se le stelle si fossero repentinamente allineate rendendo tutto finalmente perfetto. Si sentì leggero, così come non gli accadeva da anni, forse proprio da quando aveva incontrato Yoongi la prima volta, e per quanto non ci fosse nulla di razionale in ciò un istinto gli disse che questa leggerezza veniva dalla convinzione improvvisa che invase ogni fibra del suo essere: ogni avvenimento accaduto fino a quel momento era stato pianificato, l’intero universo si era smosso per loro e senza che nulla, nessun gesto, nessuna decisione intrapresa durante i loro cammini separati di vita, andasse perduto, li aveva finalmente condotti qui, per donarsi forza a vicenda e portare felicità l’uno nella vita dell’altro. Perché Jimin si sentì davvero felice. Quale sarebbe potuta essere per lui una fonte di gioia maggiore che sentire quelle parole? Yoongi lo aveva ascoltato, gli era grato e si era inciso le sue parole nel cuore, facendogli – inconsapevolmente – capire che il suo debito era estinto. E adesso nient’altro contava, la cosa più importante era avvenuta. Yoongi avrebbe superato quel contest, Jimin ne era sicuro, e sarebbe stato felice. Anche se poi avesse vissuto il resto della sua felicità lontano da lui, andava bene, perché il suo più grande desiderio si era avverato, contribuire alla felicità di Yoongi e lasciare un segno sulla vita. Ora dunque che si erano resi felici a vicenda, aiutandosi, senza nemmeno saperlo, a far veri i propri sogni come poteva qualcos’altro essere importante? La gioia di Yoongi avrebbe cambiato il mondo di Jimin per sempre, anche qualora non fosse rimasto al suo fianco.

“Grazie” sentì la voce roca di Yoongi e si scosse. Rimase un attimo incerto sulla risposta da dare, ma l’altro continuò subito, la voce concitata, sorriso beffardo in volto e una nuova fiamma negli occhi “La mia traccia spacca, quest’anno l’unico nome che sarà sulla bocca di tutti sarà quello di Min Yoongi”.

Jimin rise, una risata che fece girare parecchie teste, forse perché un po’ fuori luogo in quel contesto, ma né lui né l’altro se ne curarono e continuarono a ridere insieme, espellendo così parte di quella tensione che avevano accumulato fino a quel momento.

“E io che credevo di trovarvi in stato di preoccupazione estrema. È successo qualcosa di divertente?”

Completamente persi nel loro mondo, i due ragazzi non si erano accorti che Hoseok si era di nuovo avvicinato a loro e dunque non appena lo videro sobbalzarono spaventati. “Su ragazzi, non sono l’orco cattivo, vengo in pace! Ho preso qualcosa da mangiare al distributore qui fuori. Ho pensato che un po’ di cioccolata potesse dare energia”.

“Credo che il nostro Yoongi-ah oggi di energia ne abbia da vendere, ma direi che un po’ di più non può far male” disse Jimin scambiandosi poi uno sguardo di intesa con Yoongi. Hoseok ebbe la netta sensazione che qualcosa tra i due dovesse essere successo nel mentre che lui era via, e pensò che di qualunque cosa si trattasse aveva fatto bene ad entrambi. Sembravano più rilassati, più a loro agio, più complici. Le cose andranno bene, ne sono convinto, pensò mentre andava a sedersi su una poltroncina un po’ distante da loro, ma da cui comunque poteva tenerli d’occhio.

Di lì a poco un uomo uscì fuori da una porticina blu, e Hoseok immaginò dovesse trattarsi del collega della guardia che li aveva accolti dall’altro lato. Fece un veloce appello e dopodiché disse i nomi delle prime cinque persone che sarebbero dovute entrare. Da quel momento, l’intera sala perse quell’eccitazione febbrile che la invadeva e cadde in un vero e proprio silenzio concentrato, interrotto solo di rado. Hoseok notò che anche Yoongi e Jimin avevano smesso di parlare: ogni tanto si scambiavano cenni del capo come a dire “va tutto bene”, la gran parte del tempo però Jimin era lì a dare supporto solo con la sua presenza ad uno Yoongi che ogni tanto prendeva a ripassare sottovoce il testo della sua traccia, altre volte si alzava in piedi per fare due passi o ancora si allungava sullo schienale della sedia e prendeva a tamburellare per terra con i piedi fissando un punto fuori dalla finestra. Però era tutto nella norma. Hoseok non vide niente in lui che non fosse solo una normale e giustificata tensione rispetto alla prova che stava per sostenere. Fu anche certo che la presenza di Jimin dovesse starlo aiutando molto in questo, poiché nessuna traccia dell’ansia malsana e destabilizzante che gli aveva visto addosso prima era ora rimasta nei sui occhi.

Quando l’orologio batté le quattordici meno dieci, l’uomo uscì dalla porticina blu per l’ennesima volta e annunciò solenne:

“Fra dieci minuti si preparino: Kim Junyong-ssi, Choi Minso-ssi, Min Yoongi-ssi, Kim Soyon-ssi e Sin Hajoon-ssi. Vi esibirete in quest’ordine. Ripeto, Kim Junyong-sii, Choi…”

Hoseok smise di ascoltare e scattò su in piedi, affrettandosi verso Jimin e Yoongi. Anche loro si erano entrambi alzati, così come tutti gli altri che erano stati chiamati insieme ai loro cari.

“Yoongi-ah, noi crediamo in te. Non sei solo” gli disse facendogli l’occhiolino. Yoongi si portò giù, piegandosi a novanta gradi, sorprendendo entrambi i ragazzi.

“Grazie, Hoseokah-ssi. Grazie mille di tutto, ti sono debitore”

“Ahh ma ancora con questa storia?! Tirati su, e non inchinarti davanti a nessuno. Vai li a testa alta, ok?”

Si udì di nuovo la voce dell’omone:

“I candidati entrino in sala”.

Mentre un paio dei ragazzi entrati prima uscivano e i nuovi candidati prendevano ad avviarsi verso la porta, Jimin sentì il respiro mozzarglisi. Ci siamo, il momento è arrivato, ora devo lasciarlo andare. Nello stesso momento in cui però pensava questo, una forza lo spinse ad afferrare la mano di Yoongi proprio quando il ragazzo stava per andare insieme agli altri e trattenerlo. Aggrappandoglisi al braccio con tutte le sue forze si avvicinò al suo viso e dopo avergli mormorato “buona fortuna, Yoongiah” gli lasciò un bacio sulla guancia. Fu tutto molto veloce, e ripensandoci in seguito si convinse che nessuno dei tre ragazzi presenti, lui stesso compreso, realizzò bene subito cosa fosse successo. Yoongi sembrò preso in contropiede, ma appena il più piccolo mollò la presa si avviò anche lui come gli altri verso la porta blu. Così Jimin e Hoseok rimasero fermi ad aspettare che Yoongi fosse inghiottito al di là di quella soglia e fu solo quando la porta fu chiusa alle sue spalle che Jimin spalancò gli occhi avvampando completamente e Hoseok scoppiò a ridere.

****

Durante quella mattinata d’attesa, fino a che Yoongi non era stato chiamato dentro, Jimin aveva avuto modo di osservare molte persone ed era rimasto meravigliato dalla varietà delle reazioni umane di fronte ad essenzialmente le stesse emozioni. In questo caso specifico, quelle possibili erano due: la gioia o la tristezza. Il verdetto era chiaro fin da subito per quasi tutti quando essi uscivano da quella stanza, eppure ognuno aveva il proprio modo di dimostrarlo. Alcuni piangevano se non erano stati presi, altri invece lo facevano per il motivo opposto. C’erano quelli che spuntavano da dietro la porta raggianti, così come quelli che apparivano rassegnati, ma comunque sereni. Qualcuno era arrabbiato e imprecava. Jimin aveva anche visto un ragazzo uscire in silenzio, con sguardo vitreo e che sembrava in tutto e per tutto essere stato rifiutato. Quando però poi si era piazzato di fronte ai suoi genitori, aveva iniziato a saltare urlando che ce l’aveva fatta. Qualcuno più arrogante se ne veniva fuori baldanzoso dicendo agli amici che lo aspettavano fuori che erano degli sciocchi ad essersi agitati poiché era scontato che sarebbe passato. In quei casi Jimin sapeva che erano proprio queste le persone che più di tutti se l’erano fatta sotto all’idea di non riuscire. Non poteva dunque fare a meno ora di chiedersi quale sarebbe stata la reazione di Yoongi e se sarebbe stato capace di cogliere fin da subito nel viso del ragazzo l’esito del suo provino. L’agitazione lo stava consumando e nemmeno le continue rassicurazioni di Hoseok, che aveva preso il posto a sedere di fianco a lui, stavano avendo molto effetto. Jimin sapeva che Yoongi ce l’avrebbe fatta, però rimaneva il fatto che non era nemmeno un veggente e dunque non poteva ovviamente averne la certezza completa. Aveva quindi paura, paura di essere inadeguato nel caso ci fosse stato bisogno di consolarlo, paura che Yoongi potesse di nuovo infrangersi davanti ai suoi occhi senza essere capace di fermarlo. I suoi pensieri furono interrotti dal rumore di una porta che si apriva. La scena gli scorse davanti agli occhi a rallentatore: due ragazze che uscivano, una piangente, l’altra dall’espressione insondabile. A seguire un ragazzo dietro di loro e poi una figura minuta, avvolta da una felpa nera, che avrebbe riconosciuto fra mille. I passi di Yoongi che si avvicinavano a lui e Hoseok, i capelli scuri leggermente mossi che gli cadevano in ciocchette sulla fronte. Il tempo riprese a scorrere quando il ragazzo, arrivatogli davanti, allungò il braccio facendo segno di vittoria con il pollice in su e Jimin gli corse incontro buttandogli le braccia al collo.

 

 

 

Note dell’autrice:Ragaaaaa ho scritto questo capitolo un sacco di getto, ma era importantissimo per la storia e quindi indovinate? Non sono sicura sia uscito decentemente ahah 

Non so da dove iniziare, né se ci sia bisogno di dire molto in realtà perché è un capitolo fondamentale ma direi che si spiega un po’ da solo… Il contest è giunto! Jimin salda il suo debito! Credo sia stato chiaro, durante il momento di “estasi mistica” (ahah) del nostro bimbino ho inserito alcune citazioni da Serendipity. Ho voluto farlo perché credo sia la canzone che meglio possa rappresentare questa fanfiction ed aveva quindi senso metterla qui, in quello che è uno dei capitoli più chiave della storia. Ho amato scriverlo, a dir la verità, quindi spero davvero che vi sia piaciuto. Credo sia la prima volta in forse tutta la fic (o la seconda? Non di più comunque ahah) che un capitolo termina in modo felice, senza angst o tensioni, e per questo credo sia appropriato a chiudere questa prima parte della storia. Dico chiudere perché al momento mi trovo in revisione della parte finale, che per il momento comprende altri due/tre capitoli più un paio di capitoli bonus (sempre che non mi venga voglia di cambiare qualcosa nel mentre, il che è molto possibile) quindi non sono sicurissima di riuscire a postare la prossima settimana, probabilmente (99,9%) no. Comunque farò del mio meglio per terminare e postare il tutto tra gennaio e febbraio (per monitorare l’uscita dei capitoli comunque potete seguirmi su twitter, user @_kookieo). È un annuncio che volevo fare e spero che per il momento la positività di questo capitolo mi faccia perdonare. Ci sono però ancora diverse situazioni non risolte per cui per favore non abbandonatemi, torno presto ♥

Nel frattempo grazie mille per aver letto fino a qui, lasciate pure un commento se avete tempo ♥ approfitto anche per augurarvi un buonissimo anno nuovo, ci vediamo nel 2019! ♥♥

Baci, Elle ♥

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Capitolo 16
*** Buon compleanno Hoseok ***


BUON COMPLEANNO HOSEOK

 

Due palloncini rossi appesi per un filo vicino alla cassa, una cesta piena di caramelle sul bancone e un cappellino verde in testa ad Hoseok. Yoongi avrebbe voluto esserne sorpreso, ma nonostante lo conoscesse poco aveva ormai capito che dal più grande c’era da aspettarsi di tutto. Anche che addobbasse il luogo in cui lavorava con decorazioni a tema perché era il giorno del suo compleanno.

“Ma si può fare?” chiese perplesso a Jimin quando lo venne ad accogliere vicino all’ingresso del negozio.

“A quanto pare si, lo fa da quando io e Tae siamo qui” guardò Hoseok e sorrise nel vederlo prendere una manciata di caramelle gommose dalla cesta e offrirle a una bambina di cinque anni venuta insieme alla sua mamma “lui e il padrone si conoscono da anni, credo sia per questo motivo che ormai può prendersi certe libertà. Appende festoni o palloncini e porta qualcosa da mangiare da offrire alla clientela annunciando a tutti che è il suo compleanno. Ci sono alcuni dei clienti più abituali e affezionati che gli portano addirittura dei regali”.

“Ah allora forse è per questo che lo fa” disse ridacchiando Yoongi.

Jimin sorrise e gli fece l’occhiolino.

“Yoongi-aaah!” la voce acuta di Hoseok trillò da dietro di loro “che fai lì sulla porta? Ci sono dei dolcetti anche per te!”

“No, sono apposto” rispose Yoongi avviandosi verso di lui, Jimin al suo fianco “grazie mille lo stesso. In realtà ero passato di qua per farti gli auguri e accettare il tuo invito di persona”

“Verrai alla festa?!” esclamò Jimin gioioso.

“Ma si, perché no? Mi farà bene qualcosa del genere dopo la tensione di questo periodo”.

Hoseok si slanciò al di là del bancone e acciuffò Yoongi per il collo. Nel vedere la reazione spaesata e abbastanza terrorizzata di Yoongi Jimin scoppiò a ridere così forte che non riuscì a trovare il fiato per avvisare Hoseok che non tutti erano abituati al suo modo di manifestare affetto con gesti fisici.

“Ma certo che devi un po’ rilassarti! Che bello che vieni anche tu a festeggiare il mio compleanno, Yoongi-ah!”

“M-mi stai soffocando, sono contento anche io ma-” dimenandosi un po’, Yoongi riuscì a staccarsi con malagrazia dall’altro senza però che ciò avesse alcun tipo di conseguenza sulla sua euforia. Al contrario, vide Hoseok continuare a saltellare e battere le mani e non riuscì a trattenere un piccolo sorriso.

“Abbi pazienza con Hoseok-hyung” gli disse Jimin “dopo un po’ ci si abitua”.

“Perdonami” disse Hoseok sistemandosi un po’ il cappellino conico di carta che aveva in testa e riposizionandosi dietro la cassa “è che sono felice di avere qualcuno di nuovo sotto il mio tetto. E dimmi” si appoggiò con i gomiti al banco e poggiò la testa sui palmi delle mani “Seokjin-ssi? Viene? L’invito è valido anche per lui ovviamente!”.

Prima che Yoongi potesse rispondere una voce irritata raggiunse i tre ragazzi. Le loro teste si mossero sincronizzate e si puntarono su Taehyung, che si avvicinava visibilmente innervosito.

“Jimin!” disse piano cercando di essere il più incisivo possibile, ma allo stesso tempo non attirarsi l’attenzione dei clienti “Hai lasciato mezza libreria scoperta, ti semb- ah, ciao Yoongi, scusa, non sapevo fossi qui”.

Yoongi si strinse nelle spalle:

“Sono arrivato ora. Jiminah è venuto qui per colpa mia”.

“Hai saputo qualcosa?” chiese Taehyung spalancando gli occhioni e dimenticandosi della lavata di capo che avrebbe voluto fare a Jimin “ti hanno detto nulla?!”

Contento di cambiare argomento anche Jimin intervenne:

“È vero Yoongi, novità dal contest?”

Jimin adesso sapeva come funzionavano le tempistiche ed erano ormai un paio di giorni che si sentiva fremere anche lui. Quando la domenica Yoongi aveva comunicato di aver passato la selezione, aveva poi anche spiegato meglio a Jimin e Hoseok la procedura precisa. Ottenere il consenso dei giudici non assicurava accesso al premio finale – l’opportunità di incidere un disco o avviare una collaborazione con i produttori migliori del settore – ma rappresentava solo un secondo step. La registrazione del provino di tutti coloro che avevano ottenuto una risposta positiva sarebbe infatti stato analizzata di nuovo, così che poi da questo gruppo più piccolo i giudici potessero scegliere quelli che sarebbero stati i vincitori finali. Di solito questo processo di revisione e scelta durava qualche giorno e Yoongi era dunque ora in attesa di sapere cosa ne sarebbe stato di lui.

“Sono venuto qui anche per dirvi questo” rispose “mi hanno comunicato oggi che fra massimo tre giorni dovrebbero terminare la selezione finale, quindi mi aspetto una risposta entro venerdì. Come puoi ben vedere Hoseok-ah” disse poi rivolgendo lo sguardo al più grande “credo che venire alla tua festa stasera e distrarmi un po’ possa solo farmi bene”.

“Ma certo!” esclamò Hoseok battendo le mani “farà bene a tutti quanti. Sentitevi pure liberi di arrivare quando preferite, tu e Seokjin. Mi stavi dicendo che verrà anche lui, vero?”

“Jin-hyung? Si, si, viene anche lui, pare si sia subito adattato alle stampelle” disse Yoongi tranquillo. Jimin si chiese per un attimo se Yoongi si rendesse conto delle intenzioni di Hoseok, ma si convinse poi subito che il suo volto raggiante a quella risposta e il perfetto devo dirlo a Joonie!dovevano essere stati più che sufficienti a toglierli ogni dubbio.

***

Era Taehyung che aveva proposto ad Hoseok questa festa. Sapeva che il ragazzo più grande da anni celebrava a modo suo il proprio compleanno all’interno del negozio, ma l’idea di organizzare qualcosa di più elaborato in casa gli era sembrata carina e dopo averci riflettuto un po’ aveva pensato che non c’era nulla di male nel condividerla: c’erano in ogni caso nuovi incontri e nuove amicizie da celebrare, perché non cogliere l’occasione e riunirsi tutti insieme in quello che era solo giusto fosse un giorno di festa? Mentre si insaponava i capelli sotto la doccia Taehyung si ritrovò a ripensare alla reazione positiva di Hoseok e si convinse ancora di più di aver fatto bene a suggerire la serata. Era sicuro ce ne fosse bisogno e non solo per il motivo che aveva riportato all’altro. C’era infatti un’altra motivazione che lo aveva spinto ad insistere sulla sua idea, ma poiché si basava solo su vaghe impressioni e ipotesi probabilmente sbagliate il ragazzo aveva deciso di tenerla per sé. Tutto era cominciato la settimana prima, quando Hoseok gli aveva raccontato quanto successo con il suo primo ragazzo durante San Valentino. Lì per lì non aveva collegato nulla, ma alcuni dubbi avevano iniziato a roderlo il giorno dopo, quando per un’associazione di idee si era ricordato degli album fotografici di Hoseok. Durante una delle prime sere a casa del più grande, quando ancora erano un po’ agli inizi della loro amicizia, a un certo punto Namjoon aveva accennato ad alcuni album fotografici che il suo coinquilino custodiva gelosamente nella propria camera e che solo in rarissime occasioni gli aveva permesso di sfogliare. Stranamente però quella sera Hoseok non fece molte storie e decise di mostrarli subito ai più piccoli, forse perché intenerito dalla loro curiosità, forse per metterli in qualche modo ancora più a loro agio o forse perché quel bicchierino di troppo aveva avuto il suo effetto. In ogni caso, era corso nella propria camera ed era tornato nella cucina dove i quattro stavano cenando con tre grossi album, pieni di scatti incollati a volte alla rinfusa, altre disposti in modo ordinato sulla pagina con dei pezzettini invisibili di nastro adesivo, altre ancora lasciati liberi tra le pagine, in cerca da anni di una posizione. Taehyung ricordava come lui e Jimin li avessero sfogliati con gratitudine e attenzione e come avessero poi reputato quello come il primo vero momento di legame con Hoseok e probabilmente il punto d’inizio dell’amicizia che li univa adesso. Il ricordo di quelle foto era dunque vivido in Taehyung, anche perché poi nel corso dei mesi ogni tanto aveva avuto modo di riguardarle. Fin da quando era piccolo, Hoseok aveva l’abitudine di dare feste di compleanno e la prova di ciò era lì, in quegli album, immortalata per sempre nelle sue ombre e le sue luci, e dunque Taehyung si muoveva nel campo delle certezze. Ma perché – e fu questo il particolare a cui non aveva mai fatto molto caso e che invece adesso gli era tornato in mente e lo aveva allarmato – a un certo punto allora queste fotografie scattate durante il compleanno del ragazzo smettevano? Taehyung sapeva di passare adesso ad un campo più incerto e che per la stessa domanda potevano esistere diverse risposte possibili. Il fatto che non ci fossero foto presenti a testimonianza che Hoseok avesse festeggiato il suo compleanno negli ultimi anni non voleva infatti necessariamente dire che non avesse fatto nulla per l’occasione. Magari semplicemente non aveva fatto delle foto. Taehyung voleva concedersi però la piccola presunzione di conoscere Hoseok sufficientemente bene per ritenere inverosimile un’ipotesi del genere. Il ragazzo amava scattare foto ovunque e per qualsiasi occasione, perché smettere di punto in bianco di farne addirittura durante il proprio compleanno? Qui Taehyung sapeva di entrare nel campo della speculazione, ma, dopo aver ascoltato quel racconto, non riusciva a togliersi dalla testa la convinzione che dovesse esserci un nesso tra l’assenza di foto improvvisa, l’episodio di San Valentino, e quella strana abitudine di festeggiare il compleanno esclusivamente in libreria. Ripose vicino al lavandino l’asciugamano appena usato per sfregarsi i capelli e sospirò: voleva sapere la verità, ma erano considerazioni incredibilmente azzardate e non poteva dire tutto questo ad Hoseok. Non poteva dirgli niente, niente di niente. Né avrebbe potuto per chissà ancora quanto tempo. Fissò la propria immagine riflessa nello specchio e sentì una gran voglia di romperlo, voglia che siccome dovette reprimere si trasformò un attimo dopo in desiderio di piangere: il suo viso era bello, ma i lineamenti troppo morbidi, gli angoli ancora troppo dolci, le fattezze troppo giovani. Per questo non poteva ancora dire nulla ad Hoseok. Un giorno sì. Ma mancava del tempo e Taehyung era terrorizzato all’idea di alzarsi una mattina e scoprire che era troppo tardi, che qualcuno era arrivato prima di lui e che tutte le parole che aveva dentro erano destinate a rimanervi sigillate per sempre.

Jimin bussò e lo fece tornare alla realtà:

“Taeyungie? Ci sei? Siamo un po’ ritardo e anche io devo farmi la doccia”.

Rispose all’amico uscendo direttamente dal bagno e lasciandogli la stanza libera, tanto lui lì aveva finito. Andò in camera sua a vestirsi e si sentì di nuovo completamente immerso nel tempo presente: doveva prepararsi per la festa e fare del suo meglio affinché Hoseok si divertisse e stesse bene e, chissà, magari decidesse anche di scattare qualche foto.

 

***

“Che bella idea che ha avuto il nostro Taehyungie!” esclamò Namjoon allegro mentre aiutava Hoseok a mettere una tovaglia colorata sul tavolo della loro cucina “tutto un po’ improvviso, ma sento che ci divertiremo molto!”

Hoseok sorrise e basta: voleva evitare di rovinare tutto con qualche parola di troppo, ma era più che convinto che l’entusiasmo di Namjoon avesse a che fare meno con il suo compleanno e molto più con la presenza di Jin confermatagli quel pomeriggio. Anche lui era contento: sapeva già quale sarebbe stato il finale della storia e gli faceva estremamente piacere sapere di esserne in qualche modo stato lui l’artefice con quel suo strambo desiderio buttato lì per caso. “Uuuh, ce ne andiamo a spasso tra i milionari! Dai Joonie, magari ti capita l’occasione della tua vita. Questa gente piena di soldi è di solito fissata con l’aspetto fisico, potresti incrociare qualcuno mentre fa jogging e chissà, potrebbe essere amore a prima vista”. Gli aveva detto proprio così e così era accaduto.Sentimenti di onnipotenza invadevano Hoseok ogni volta che pensava ai due ormai. Sistemò un angolino della tovaglia e si chiese perché però quello spillo continuasse a rimanere lì, ben puntato ed affondato nel suo cuore. Non sarebbe dovuto essere così. Come aveva detto Taehyung? C’erano tante cose nuove da festeggiare, e aveva ragione. Oggi doveva essere un giorno di serenità e allegria.

“Certo che ci divertiremo, Joonie” disse portando poi le mani sui fianchi e guardandosi intorno “Beh, direi che qui tutto è pronto, rimane solo da mettere piatti, posate e bicchieri sulla tavola, puoi farlo tu per favore? Io adesso mi vado a vestire, poi così puoi andare tu in bagno. Ti ci vorrà un bel po’, ma sono sicuro che alla fine riuscirai anche tu ad essere splendido” gli mandò un bacino con la mano facendogli tanto di occhiolino e si allontanò soddisfatto al suono delle lamentele dell’altro.

“Che cosa vuol dire che mi ci vorrà un bel po’??”

Hoseok ridacchiò senza nemmeno rispondere e sparì in camera sua. Si mise a rovistare nell’armadio alla ricerca di qualcosa da indossare e all’improvviso sentì un enorme groppo in gola. Represse il magone e cercò di concentrarsi sulla scelta di un outfit, ma a un certo punto non ce la fece più. Lasciò stare tutto e si sedette sul letto, portandosi le mani agli occhi, per evitare che le lacrime prendessero a scorrere libere.

Quanti anni erano che non festeggiava più il suo compleanno in questo modo? Il fatto che Taehyung avesse proposto la festa che si sarebbe tenuta di lì a poche ore significava per Hoseok molto più di quanto il più piccolo si sarebbe mai immaginato. Ripensava al momento in cui gli aveva accennato quell’idea e sorrise, sentendo una serenità calda propagarglisi dentro. Taehyung aveva avuto davvero un pensiero carino, come poteva Hosek non volergli bene? Perché gliene voleva, di bene, e anche tanto. Forse troppo, più di quanto avrebbe potuto concedersi. Se avesse potuto, se lo sarebbe tenuto accanto per sempre. Ma ciò non era ovviamente possibile e questo pensiero riportò la tristezza nel suo cuore, facendogli ricordare il motivo per cui stasera si sentiva così malinconico. Non era facile per Hoseok riprendere una tradizione che aveva interrotto deliberatamente. Sarebbe stato così conveniente trovare un colpevole e scaricare tutte le colpe addosso a Ji-Hun, quel cretino del suo primo ragazzo che gli aveva spezzato il cuore. Ma Hoseok non era così sciocco da mentire a sé stesso. Ormai non gliene importava più niente di quella persona e il pensiero della delusione d’amore vissuta tanti anni prima era diventato non solo sopportabile, ma addirittura quasi dolce, romanzato, come capita spesso quando la patina del tempo si posa sui nostri ricordi. No, la colpa di ciò che Hoseok sentiva oggi non era davvero di Ji-Hun.

Il febbraio di quell’anno lontano fu per Hoseok incredibilmente spiacevole. Non soltanto il suo ragazzo lo aveva dimenticato il giorno di San Valentino, ma – dopo averlo scaricato senza troppi giri di parole – non aveva nemmeno fatto lo sforzo di dirgli qualcosa in occasione del suo compleanno. Se questo Hoseok un po’ se lo aspettava, d’altro canto non aveva messo in conto che ci sarebbe stata una sorta di oblio collettivo. Era un periodo di esami, quello, e le persone intorno a lui, tutti studenti, erano prese dallo studio e dalle loro ansie quotidiane a tal punto che nessuno, assolutamente nessuno, si ricordò di fargli gli auguri. Persino i suoi genitori furono molto frettolosi a riguardo, un veloce “buon compleanno” detto la mattina e nulla più. La questione festa era stata discussa il giorno prima: Hoseok aveva comunicato che quest’anno non avrebbe festeggiato per via, appunto, della mole di studio, e ai genitori la cosa era andata bene così. Erano persone semplici, con una situazione economica poco agiata e dedite al duro lavoro. Probabilmente accolsero la notizia come una maniera per risparmiare qualche won in più. Quella notte Hoseok andò a letto e si chiese perché. Perché nessuno se ne fosse accorto che non aveva neppure festeggiato. Aveva sempre dato feste a cui invitava diverse persone e anche quell’anno, prima che Ji-Hun lo lasciasse, ogni tanto nelle settimane precedenti aveva accennato alla festa che si sarebbe tenuta a casa sua. Ma poi era successo quello che era successo e Hoseok aveva deciso di non fare più nulla. Il fatto che però questa decisione dell’ultimo minuto fosse passata inosservata gli aveva fatto male e aveva accentuato in lui un sentimento che già lo aveva afferrato due giorni prima, mentre con sguardo vacuo chiudeva il telefono dopo aver parlato con Ji-Hun davanti all’ingresso del LunaPark. La solitudine. Hoseok si era sentito solo come non mai e era stato proprio per esorcizzare la sua paura di essere dimenticato di nuovo che, una volta iniziato a lavorare nella libreria a Seul l’anno dopo, aveva deciso di auto organizzarsi quei piccoli festeggiamenti all’interno del negozio e mettere al corrente la clientela che in quella data lui, Jung Hoseok, festeggiava gli anni e nessuno doveva avere l’occasione di dimenticarsene. Feste private però non vi erano più state, Hoseok ne aveva perso il gusto. Organizzarne una avrebbe significato ricordarsi di quelle passate, rivedere nella memoria il volto di persone che gli sorridevano, ma a cui non importava poi molto di lui, come avevano dimostrato in seguito. Avrebbe significato riportare alla mente quel diciotto febbraio di tanti anni prima e Hoseok non poteva permetterselo. Non poteva permetterselo perché mentre la delusione datagli da Ji-Heun era un segno ormai cicatrizzato e quasi scomparsa, la solitudine che aveva provato allora era ancora una ferita aperta e sanguinante. Era un sentimento che si portava dietro da tutta la vita, ad ogni momento, e non aveva bisogno che gli venisse rafforzato ancora di più con memorie spiacevoli. Il fatto che Taehyung avesse comunque avuto questo pensiero e si fosse dato il disturbo di aiutarlo con l’organizzazione significava però moltissimo: che proprio lui fosse stata la prima persona ad essersi interessata alla cosa e ad aver avuto questo pensiero per lui procurava al più grande un piacere enorme e una sensazione di sollievo strana, come se si sentisse rincuorato. Lo faceva sperare che ciò potesse avere un suo senso, un suo perché. Allo stesso tempo però – e gli si strinse il cuore all’idea – non poteva fare a meno di provare magone. Pensava agli amici che sarebbero presto arrivati e a tutti i modi in cui le loro vite erano unite dal filo rosso del destino. Tutti condividevano un legame speciale con qualcuno e Hoseok questo lo invidiava. Invidiava il rapporto che legava Jimin a Taehyung – non solo migliori amici, ma praticamente come fratelli da tutta una vita – così come il legame che aveva visto esistere tra Yoongi e Jin, solido, disinteressato, puro. Come lasciar poi fuori quei sentimenti chiaramente romantici che aleggiavano nell’aria e che Hoseok era sicuro presto avrebbero avuto coronamento felice? Jimin avrebbe avuto Yoongi e il suo coinquilino Namjoon senza dubbio sarebbe riuscito a far breccia nel cuore di Kim Seokjin. Perché era sempre lui quello che rimaneva fuori? Jung Hoseok, quasi ventotto anni, sorridente ed estroverso, vispo e deciso ma anche dolce e altruista, si sentiva completamente solo. Lo era sempre stato e aveva una paura fottuta di rimanerci per sempre.

Nonostante queste riflessioni gli portassero dolore, riuscì a riprendersi piuttosto velocemente dal suo momento di sconforto e decise, come faceva sempre nella vita, di cercare di guardare il lato positivo della situazione: i suoi amici erano lì per festeggiarlo e la serata, al di là di tutto, sarebbe sicuramente stata piacevole. E se la malinconia lo avesse colto… beh, c’era sempre il soju che poteva venire in aiuto. Così pensando afferrò i pantaloni scuri che aveva selezionato e prese ad infilarseli.

 

***

Spegnere le candeline fu bello. Sentire attorno a sé gli amici cantargli la canzoncina di buon compleanno anche. La serata non stava andando male. Nonostante la sua caviglia slogata, Jin aveva insistito per occuparsi di preparare una torta come regalo e mentre le sue bacchette affondavano nel pan di spagna morbido e si bagnavano di crema il ragazzo pensò che aveva fatto benissimo ad accettare questa cortesia. Il dolce aveva un aspetto stupendo ed al gusto era ancora più squisito. “È anche bravo a cucinare. Perfetto per il caro Joonie” pensò. Jin gli piaceva. Nel corso della festa aveva avuto modo di conversarci meglio e più ci parlava più il ragazzo lo convinceva. Era arrivato puntuale insieme a Yoongi – a cui in via del tutto eccezionale aveva dato il permesso di guidare la propria macchina e accompagnarlo lì – ben prima di Jimin e Taehyung, i quali invece erano sempre e comunque in ritardo. Aveva con sé una stampella, ma nonostante la sua difficoltà nell’usarla fosse evidente, quell’ingombro non sembrava aver scalfito il suo buonumore. Hoseok lo aveva invitato ad accomodarsi sul divano, ma Seokjin aveva detto di preferire rimanere in piedi. “Voi in piedi e io a guardarvi dal basso lì seduto, così si che mi sentirei davvero un infermo. Non sono finito su una sedia a rotelle per fortuna” aveva detto, guadagnandosi così il suo posto appoggiato al bancone della cucina. Le sue parole avevano fatto sorridere Hoseok e gli avevano fatto ricordare il racconto di Yoongi: era chiaro come Jin non fosse abituato a sentirsi da meno, ma questo suo essere uomo di mondo non lo aveva reso spocchioso o antipatico, anzi. Era una persona estremamente gradevole, chiaramente abituata a stare in mezzo alle persone e ad essere affabile, ma allo stesso tempo spontanea e genuina. Capì perché Yoongi si fidasse di lui e pregò che il suo coinquilino non fosse tardo come suo solito e non si lasciasse scappare un’occasione del genere. Ad Hoseok non sarebbe dispiaciuto avere Jin attorno più spesso. Smise di avere dubbi quando vide la reazione di Namjoon, che fino a quel momento era a finire di prepararsi, il secondo in cui entrò in cucina e posò gli occhi su Jin. Non ci si poteva sbagliare: il ragazzo fu chiaramente colto alla sprovvista trovandoselo lì davanti, ad accoglierlo sorridente con un “buonasera Namjoonah”, appoggiato al bancone, il peso del corpo quasi tutto su un piede, indosso semplicemente una maglia bianca leggermente scollata e una giacca nera che gli stavano però divinamente. Si arrestò, arrossì e bofonchiò un saluto, scordandosi nell’emozione di usare l’onorifico. Mentre Hoseok e Yoongi sorrisero alla scena, quella mancanza di rispetto fu occasione per i due per iniziare fin da subito un battibecco vivace e giocoso e si può dire che la serata ebbe inizio da lì. Poco dopo arrivarono anche gli altri e finalmente le bottiglie vennero stappate e il cibo messo in tavola.

“Hyung, questa torta è buonissima, davvero!”

Seokjin sembrò davvero contento del complimento:

“Grazie Jiminie! I dolci mi riescono sempre molto bene, mi fa piacere che anche questa volta non abbiano deluso”.

Sorrise soddisfatto e Yoongi scosse la testa: Jin era sempre il solito. Prese un piattino dal tavolo e poi si avvicinò alla libreria in fondo alla sala mangiucchiando la sua fetta di dolce.Certo che è vero che le torte le sa proprio fare. Lo avevano incuriosito i tanti dvd e cd appoggiati sulle mensole insieme a numerosi gadget.

“Guardi la loro collezione?”

Jimin lo sorprese da dietro e Yoongi sobbalzò.

“Agli hyung piace molto il collezionismo, sai? Mettono qui tutte le action figure che comprano e stessa cosa vale per la musica e i film. È sempre piaciuta anche a me questa parte della casa”.

“Già, è molto bella”.

Jimin lo guardò avvicinarsi ancora di più ad alcuni scaffali per analizzare meglio i titoli. Dall’altro lato, vicino al tavolo, si sentivano le voci concitate degli altri ragazzi. Trasse un respiro profondo e si fece coraggio.

“Yoongi… hai- hai già pensato a cosa farai una volta avuta la risposta? Parlo del contest”.

“Uh?” Yoongi rispose distratto, assorto nella lettura della trama scritta sul retro di un dvd. Sollevò poi lo sguardo su Jimin “che cosa intendi con cosa faccio?”

“Cioè voglio dire, tu… tu sei qui a Seul ora per via del contest e l’etichetta in cui i vincitori entrano è anche qui a Seul… insomma io sono convinto che tutto andrà bene, ma-”

“Oh. Ho capito. Ma se non dovessi vincere?” rimise con tranquillità il dvd al suo posto insieme agli altri “Mi stai chiedendo cosa farei in quel caso? Tipo, se mi metterei a piangere, ridere, se andrei a comprarmi venti casse di soju, cosa farei in questo senso? È questo che mi stai chiedendo Jimin?” lo trafisse con gli occhi e Jimin rimase immobile. Gli si fece più vicino e abbassò appena la voce “O mi stai chiedendo se resterò a Seul?” Quel diavolo di sguardo. Quando Yoongi fissava i suoi occhi scuri nei suoi in quel modo Jimin non sapeva mai come reagire. Gli scavavano dentro. Ci aveva preso, ovviamente. Era esattamente quello che Jimin stava cercando di domandare, perché il dubbio lo attanagliava: se la peggiore delle ipotesi si fosse realizzata, sarebbe rimasto in quella città? Con lui? Riuscì solo ad annuire.

Yoongi fece spallucce:

“Non lo so, non ci ho pensato. Troppo agitato per il contest stesso per pensare al dopo. Perché vuoi saperlo?”

Jimin socchiuse le labbra rosee un paio di volte. La gola gli si era fatta leggermente secca e i battiti del suo cuore avevano preso ad accelerare. Rimani con me, stava per dire…

“Minnieee!!”

Tutto il peso del corpo di Taehyung finì sulle sue spalle. Il ragazzo doveva aver bevuto un paio di bicchierini di troppo, pensò Jimin alla vista delle sue guance rosso fuoco. Prima che potesse anche solo aprire bocca per chiedere cosa fosse tutta quella agitazione, Taehyung lo precedette buttandogli lo schermo del telefono davanti al viso e urlandogli nell’orecchio:

“Guarda! Ha pubblicato di nuovo!”

Jimin vide il nome dell’account e capì:

“Aah bene! Però Tae c’era bisogno di dirmelo così?” era a metà tra il divertito e lo sconcertato.

“No, scusa” Taehyung sembrò calmarsi un poco “è il soju credo… ero contento e ha esaltato la mia reazione. Però dai era un bel po’ che Kookie non pubblicava un nuovo video sul suo canale! Mi ero iniziato a preoccupare, ho pensato che magari la scuola lo stesse impegnando troppo oppure che fosse giù di corda perché noi non ci facciamo sentire spesso… soprattutto tu Jiminie, dovresti scrivergli di più! Lo sai che ci tiene a ricevere tue notizie”.

“Hey! Io scrivo spesso a Jungkook, perché dici cos-”

Taehyung gli puntò l’indice davanti al naso:

“Ti ricordi quando è stata l’ultima volta che lo hai sentito?”

Jimin ci pensò un attimo e si rese conto che in effetti doveva essere passato ormai un mesetto. Brontolò sconsolato:

“Tae… mi stai facendo passare per uno hyung tremendo”.

“Questo lo hai appena detto tu, non io” ridacchiò beffardo e Jimin sollevò gli occhi al cielo.

Si sentì un lieve suono metallico, come di una forchetta posata su un piatto, e Jimin fu di nuovo consapevole della presenza di Yoongi:

“Ah! Yoongi, scusa! Ci siamo messi a parlare tra noi, non volevamo escluderti”.

“No, no, tranquilli…” sembrò sul punto di andare via ma parve ripensarci. Inclinò la testa di lato e guardò Jimin “chi è Jungkook?”

Taehyung spalancò gli occhi:

“Non hai mai parlato a Yoongi di Jungkookie??!”

Jimin sembrò sinceramente imbarazzato e riuscì solo a balbettare un semplice forse non c’è stata mai occasione.

“Ma che gli hai raccontato di te?! Almeno che sei di Busan Yoongi lo sa?”

“Taehyung, puoi darci un taglio per favore?” Jimin si stava iniziando ad irritare. Se il suo amico non aveva già peli sulla lingua da sobrio, con un po’ di alcol nel sangue era davvero imprevedibile. Il suo tono però sembrò bastare a far tornare Taehyung sui suoi passi.

“Ok, ok, scusa, mi sono solo un po’ sorpreso perché, sai” disse rivolto a Yoongi “Kookie è un nostro carissimo amico, anche lui di Busan e prima della nostra partenza abbiamo trascorso per anni praticamente ogni giorno insieme. Per questo credevo che in qualche modo la cosa fosse uscita fuori. Comunque scusami davvero Yoongi, non volevo mettermi in mezzo alla vostra conversazione. È che poco fa ho ricevuto un messaggio proprio appunto da Kookie perché voleva avvisarmi di aver pubblicato un nuovo video sul suo canale YouTube e di andare a guardarlo”.

“E metterelikeimmagino” disse ridacchiando Jimin. Taehyung gli fece l’occhiolino.

“Quindi fa video?” chiese Yoongi.

Jimin annuì:

“Si, ed è anche molto, molto bravo. Adesso è presto per dirlo perché è ancora a scuola, ha due anni meno di me, ma non mi meraviglierei se facesse del video makingla sua professione, e giuro non sono di parte! Dovresti vederli anche tu i suoi video Yoongi, la penseresti come me”.

Yoongi fece un gesto con la mano in direzione del telefono di Taehyung come a dire “mostra”.

Taehyung prese in mano la situazione, entusiasta all’idea di poter portare nuovo pubblico al suo amico:

“Guarda! Questo è il nome del suo canale, mentre questi i follower, non sono pochi per essere ancora agli inizi! Adesso ti faccio vedere il mio video preferito”.

Jimin sapeva quale avrebbe scelto: durante le ultime settimane trascorse insieme a Busan, ovunque i tre fossero andati Jungkook aveva sempre portato con sé la sua telecamera, non smettendo quasi mai di riprenderli. Ai ragazzi non aveva dato fastidio, perché ci erano abbastanza abituati, ma si erano certo chiesti che cosa mai se ne sarebbe potuto fare l’amico di tutto quel materiale. Lo avevano scoperto dopo circa una settimana dalla loro partenza: Jungkook aveva infatti pubblicato sul proprio canale un video bellissimo, interamente dedicato a loro e montato proprio con quelle riprese che aveva fatto nell’ultimo periodo in cui erano a Busan, come saluto per la loro partenza e augurio per la loro nuova vita. I due ne erano rimasti profondamente toccati ed entrambi avevano pianto nel guardarlo, chiedendosi se avessero fatto davvero la cosa giusta a lasciare così una delle persone a cui tenevano di più al mondo. Ma in qualche modo prima o poi si sarebbero riuniti, era su questo che contavano. Anche stavolta, come ogni volta che guardava il video in questione, Jimin sentì delle sottili lacrime agli angoli degli occhi. Anche Taehyung era di nuovo commosso, mentre Yoongi completamente assorto nella visione.

“Beh” disse alla fine “non c’è che dire, di talento ne ha da vendere, nessun dubbio. Ci tiene a voi e si vede da ciò che fa. Comunica. È la cosa più importante”.

Dalla serietà con cui Yoongi disse queste parole, Jimin capì che il ragazzo era rimasto sinceramente colpito e che non stava dicendo così solo per far loro piacere. Il petto gli si riempì di orgoglio.

“Il nostro Jungkookie è bravo. Davvero bravo”

“Senti, nel messaggio mi ha anche chiesto se ci va di sentirci in videochiamata” Taehyung riacquistò il suo tono pragmatico “domani o dopodomani, potrebbe andare bene per te?”

Per Jimin non c’era problema, e così rispose all’amico, il quale si mise subito soddisfatto a scrivere una risposta al più piccolo.

Si udì all’improvviso un’altra voce arrivare dalla tavola dove i tre ragazzi avevano lasciato il gruppo Namjoon-Hoseok-Seokjin:

“Perché non ci guardiamo tutti insieme un bel film?” disse Namjoon  “Avrei proposto di uscire ma-” Seokjin fulminò con lo sguardò e lui ridacchiò “lo so, lo so, è colpa mia se sei in queste condizioni, stavo scherzando. Però un film potrebbe-”

“Trovo che sia un’ottima idea Namjoonah!” lo interruppe Jin battendo un pugno sul tavolo. Eccone un altro che ha bevuto troppo, pensò Jimin divertito. Sorprendentemente, la proposta fu accolta con entusiasmo anche da tutti gli altri ragazzi e ciò fece molto piacere a Namjoon. Era una persona tranquilla e accomodante, ma gli piaceva il ruolo di leader. A lavoro svolgeva attività prevalentemente da solo, ma quando si ritrovava in gruppo riusciva a farsi seguire, cosa che lo gratificava sempre. Nella vita privata domestica però doveva fare i conti con Hoseok e le sue mille punzecchiature, per cui quando aveva pensato di proporre un film non si era aspettato un verdetto così unanime. Anche il festeggiato sembrava infatti convinto.

“Prendo il computer di Hoseok-hyung così cerchiamo dei bei titoli recenti!” esclamò Taehyung dirigendosi spedito verso la camera di Hoseok. Il più grande balzò in piedi dalla sua sedia per inseguirlo.

“Taehyungah!” esclamò una volta in camera “Così senza chiedere il permesso?!”

Taehyung aveva già preso posto alla scrivania di Hoseok e rideva soddisfatto:

“Permesso di cosa? Non vuoi vedere anche tu un film?”

“Permesso per entrare in camera mia così! Quando bevi sei ancora più irrispettoso. Un ragazzo della tua età non dovrebbe parlare-”

“Ok ho capito” disse Taehyung secco tornando serio. Schiacciò il tasto di accensione. “Il bambino torna in silenzio”.

Hoseok corrugò la fronte, interdetto:

“Dai, non ho detto bambino, Tae... Ah! No, aspetta!!” balzò in avanti verso lo schermo del computer, ma era ormai tardi. Lo aveva scordato. Aveva dimenticato di non averlo spento, ma solo messo in pausa. Per cui adesso gli fu impossibile impedire al più giovane di vedere il sito che aveva visitato quel pomeriggio. Guardò Taehyung con il cuore a mille: il ragazzo sembrava perplesso. Sicuramente sorpreso.

“C-cosa..? Perché eri-”

“Non è nulla, lascia stare!” esclamò Hoseok cercando di prendere il mouse dalle mani di Taehyung.

“Aspe-aspetta un attimo, hyung” il più piccolo si alzò in piedi e gli bloccò le braccia nel tentativo di fermarlo e calmarlo “huyng! Che c’è? Perché fai così?!”

Taehyung aveva alzato appena la voce e il suo sguardo sbalordito fu probabilmente ciò che fece capire ad Hoseok di avere appena avuto una reazione eccessiva. Il più giovane sentì i muscoli delle braccia del ragazzo, ancora saldamente tra le sue mani, rilassarsi e si rilassò anche lui. Non capiva cosa stesse succedendo, ma non voleva mettere Hoseok a disagio. Lo lasciò andare.

“Mi dispiace hyung, non volevo, sono stato indiscreto, fingerò di non aver visto nulla”.

“No Taehyungie, va tutto bene” Hoseok sospirò e fece cenno a Taehyung di rimettersi a sedere. Prese poi uno sgabello per sé e gli si sedette di fianco “dispiace a me, sto qui a parlarti di rispetto ed età e poi faccio queste scenate. Non volevo, davvero. Ormai è andata, hai visto, ma va bene così. Non c’è poi nulla di male in fondo, è solo che… non so, non ne ho ancora parlato con nessuno”.

Taehyung esaminò meglio la pagina web che aveva davanti.

‘Psicologia, corso di laurea’ ” lesse “Stai… stai pensando di iscriverti all’università?”

Hoseok si fece completamente rosso e Taehyung pensò che il suo hyung così fosse la cosa più dolce che avesse mai visto.

“I-io… si, insomma… volevo… aaah, lo so che non sono proprio nell’età adeguata ma, si, mi piacerebbe tanto prendere una laurea. Quellalaurea soprattutto. Sarò troppo vecchio forse, ma è un po’ che ci pensavo”.

“Hyung, tu non sei vecchio e l’età non c’entra niente se è qualcosa che vuoi davvero fare e a cui tieni”.

Il tono di Taehyung colpì Hoseok: ogni traccia dell’euforia alcolica di poco prima era scomparsa. Il ragazzo continuò:

“Sono solo rimasto sorpreso perché non sapevo che fosse una cosa che volevi fare. Da quanto vuoi farlo?”

“Un po’... in realtà… in realtà anni. Cioè è quello che avrei sempre voluto fare. Ma poi ho semplicemente fatto delle scelte sbagliate. Per non pesare sulla mia famiglia ho deciso di venire a Seul e lavorare prima di iniziare l’università per poter così pagarmi gli studi, però le cose non sono andate esattamente così. C’erano tante spese a cui far fronte che non avevo messo in conto e quindi metter da parte i soldi non era assolutamente semplice. Da uno gli anni di attesa sono diventati due. Nel frattempo mi sono abituato al lavoro alla libreria, sai com’è, io sono un po’ pigro su certe cose e i cambiamenti mi spaventano. Ho preso le misure di questa vita che intanto diventava sempre più diversa da quella dei miei vecchi amici del liceo, che studiavano, si laureavano, iniziavano la loro carriera, e alla fine il divario è diventato talmente tanto che non ho più sentito in me la forza necessaria a cambiare le cose e a un certo punto credo di essermi semplicemente perso”.

“Che cosa ti ha fatto cambiare idea adesso?”

Hoseok si raddrizzò un po’ con la schiena:

“Credo sia stato tutto quello che è successo con Yoongi-ssi. L’ho visto quel giorno. Ho sentito la sua storia. La sua fatica, il suo impegno, il suo coraggio… vedere qualcuno lottare così duramente per ottenere qualcosa è stata una sorta di scossone. Lui mi ha ringraziato dieci mila volte per averlo aiutato, ma vorrei sapesse che forse è stato piuttosto lui ad aiutare me. Anche Jiminie però… anche lui ultimamente ha lottato. Ha fatto di tutto per conoscere Yoongi e rimanergli vicino. Cavolo, Jiminie ha addirittura detto addio ai suoi genitori, mollato tutto e tutti e si è trasferito qui per inseguire il suo sogno di diventare scrittore. E vedo anche te, sai? Sei così determinato e indipendente. Ti impegni più di tutti noi in libreria nonostante a volte sia chiaramente stanco, e vai comunque benissimo all’università. Non mi sono scordato di quello che mi hai detto, di quella casa tutta per te che speri un giorno di riuscire a progettare. E Namjoon anche si spezza la schiena perché vuole diventare tra i più bravi programmatori informatici di Seul. Io… voglio anche io iniziare a combattere per il mio sogno. Ho aspettato troppo, troppo. È un regalo che mi merito. Il mio regalo di compleanno. Tu credi sia… sciocco? Dopo tanto tempo? Certo non sarà facile da solo, ma-“

“Hyung, credo sia una cosa bellissima” Taehyung era quasi sul punto di piangere per la commozione “credo che tutto ciò sia una cosa bellissima e no, è vero che non sarà facile rimettersi sui libri soprattutto con un lavoro di mezzo, ne so qualcosa, ma Hoseokie-hyung, te lo prometto” avvolse le mani di Hoseok nelle proprie “non sarai da solo”.

Gli sorrise, perché sentì che non c’era bisogno di dire altro, e quando Hoseok ricambiò fu certo che aveva capito. Il ragazzo che amava aveva deciso di intraprendere un nuovo sentiero e Taehyung non avrebbe permesso che si perdesse di nuovo. Gli avrebbe preso la mano e non l’avrebbe più lasciata andare.

Quando i ragazzi tornarono finalmente in sala con il laptop si ritrovarono davanti un curioso quadretto: Yoongi e Jimin a ripiegare la tovaglia insieme, ognuno con un paio di angoli tra le mani, e ridacchiare mentre Jin dava indicazioni in merito alla modalità di lavaggio dei piatti a un Namjoon che ormai sembrava fumare dalla testa.

“I calici non si tengono così quando li sciacqui, rischi di romperli”.

“Come dovrei fare invece?! Ma ti pare che devi venirmi a dire come lavare i miei piatti in casa mia??”

“Oh, Hoseok-ssi, Taehyungah, eccovi” disse Jin alla loro vista, ignorando come suo solito le lamentele di Namjoon “Ho pensato che fosse il caso di ripulire un po’ l’ambiente prima di continuare la serata, no?”

Yoongi e Jimin scoppiarono ancor di più a ridere e per i due appena arrivati non fu difficile capire cosa doveva essere successo. Era incredibile come Jin riuscisse, pur nella sua condizione fisica, a gestire tutto e tutti con tale facilità. Ovviamente, trovò anche a Taehyung qualcosa da fare – Hoseok fu risparmiato in quanto convenne non sarebbe stato educato mettere proprio il festeggiato a lavorare – e solo una volta che la cucina fu di nuovo splendente permise a tutti di accomodarsi sul divano.

La serata sembrava pronta a terminare nel migliore dei modi e quando una volta scelto il film, prima di spegnere le luci, Hoseok esclamò “Un momento! Prima di iniziare! Una fotooo! Facciamoci una foto tutti insieme!” Taehyung sentì il cuore esplodergli di gioia.

 

 

 

Note dell’autrice:Ciaoooooo eccomi qui, di ritorno con gli ultimi capitoli di questa storia la cuipubblicazione è stata fedele al suo titolo e si è fatta molto aspettare ahah Non è stato facile occuparmi di quest’ultima parte. La mia vita è stata un po’ un casino e trovare non solo il tempo ma soprattutto le energie è stata piùdura del solito. Spero comunque di essere riuscita a fare un lavoro dignitoso e che questi ultimi capitoli vi siano piacevoli.

Èun capitolo questo più lunghino del solito, e credo anche, a suo modo, piuttosto pregno, dove viene dato spazio anche agli altri protagonisti della storia, in particolar modo i nostri vhope. E finalmente appare il piccolino numero uno che era rimasto nell’ombra fino ad ora, Kookie! Non so se vi stava mancando, ma a me si~ 

La gestazione di questo è stata travagliatiiiissima quindi se riuscite fatemi sapere cosa ne pensate ♥

Io vi ringrazio della pazienza nell’aspettare e per aver letto fino a qui, ci si vede alla fine della prossima settimana ♥♥

Baci, Elle

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Capitolo 17
*** Meet me halfway ***


 

 

MEET ME HALFWAY

 

 

Jimin si era raggomitolato sotto le coperte e ripensava alla serata appena trascorsa. Era andato tutto molto bene a casa di Hoseok-hyung, si erano divertiti e l’idea del film era stata buona. Erano in particolar modo proprio quel paio di ore trascorse davanti alla televisione che Jimin stava adesso ripercorrendo nella mente. Si era ritrovato sul divano al buio di fianco a Yoongi e sarebbe stato sciocco provare a negarlo: metà del tempo la sua attenzione era stata rubata al film dalla consapevolezza di avere il ragazzo così vicino sè. Era forse anche arrossito un paio di volte, quando Yoongi si era mosso un po’ sfiorandogli appena il braccio, e aveva ringraziato l’oscurità che li avvolgeva. Anche le loro ginocchia erano state vicine tutto il tempo, e in quei punti dove si erano toccate Jimin aveva provato un formicolio bruciante. Risuonava ancora nelle sue orecchie il rumore leggero del respiro del ragazzo regolare e la sensazione di calore data dal suo corpo era qualcosa che Jimin era sicuro non avrebbe mai scordato. Non riusciva a smettere di pensare a quanto sarebbe stato bello poter stare così con Yoongi, ma da soli. Averlo al buio tutto per sé, vicino, poterlo toccare, accoccolarsi contro di lui. Forse non sarebbe nemmeno stato poi così impossibile, se solo… strinse nel pugno le lenzuola e cercò di non pensarci. Ma come poteva? Aveva una paura incredibile del futuro. Voleva sapere il verdetto di quei giudici nei confronti di Yoongi con la stessa intensità con cui lo temeva. Aveva cercato di indagare, quella sera, ma non era servito a nulla perché Yoongi si era tenuto sul generico e poi era arrivato Taehyung. Ma Jimin voleva davvero sapere che cosa avrebbe fatto qualora non ce l’avesse fatta. Era l’incognita più grande e più importante, perché era l’unica in grado di poter drasticamente cambiare le cose. Negli ultimi giorni Jimin si era convinto di avere una speranza con Yoongi, ma se una bomba del genere fosse piombata tra loro lui non riusciva davvero a prevedere cosa sarebbe potuto succedere. Ma era piuttosto sicuro che lo avrebbe perso per sempre.

In ogni caso avrebbe saputo tutto l’indomani o il giorno dopo. Si addormentò sperando che l’universo non si fosse ancora stancato di ascoltare le sue preghiere.

 

***

 

Il giorno dopo Jimin era estremamente distratto a lavoro e se Hoseok e Taehyung non fossero stati a loro volta piuttosto immersi nei propri pensieri lo avrebbero senz’altro notato.

La sera prima Taehyung non era neppure lontanamente ubriaco, però di certo quel po’ di soju che aveva bevuto non lo aveva reso più lucido e se quella notte stessa, tornato a casa, non aveva avuto modo di riflettere sulle sue azioni perché troppo assonnato, la mattina invece non aveva potuto evitarlo. Che diamine aveva combinato? Era questo il motivo per cui odiava bere troppo: l’alcool lo rendeva sicuro di sé in modo quasi eccessivo e a Taehyung non piaceva quando qualcosa era imprevedibile. Come gli era saltato in mente di entrare in quel modo in camera di Hoseok? Di accendere addirittura il suo computer? Certo, i due battibeccavano spesso e era senz’altro capitato altre volte che il più piccolo si comportasse con confidenza con lui, ma in quel modo non era mai successo. E poi... e poi…

Dio, ma sul serio gli ho preso le mani così dal nulla? Il ragazzo si fece color fuoco e si portò i palmi sugli occhi scuotendo forte la testa. Da quando si era svegliato la mattina questa era la millesima volta che ripensava alla stessa scena e ogni volta la sua reazione era la stessa. Avrebbe voluto urlare per l’imbarazzo, ma si trovava a lavoro e non gli sembrava il caso di aggiungere qualcos’altro alla lista delle sue figure del cavolo. Rimise a posto un paio di libri solo per poi accorgersi di averli riposti sullo scaffale con la costina al contrario. Li sistemò di nuovo sbuffando. Cercò di razionalizzare.

“Ok, ok” mugugnò tra sé e sé “sto esagerando, non è accaduto nulla di grave, insomma gli avrà fatto solo piacere, che io gli abbia detto...” strizzò gli occhi gli occhi forte e arrossì di nuovo. Ma si Taehyung, in fondo che cosa hai fatto? Gli hai solo detto che non lo lascerai da solo guardandolo negli occhi e tenendogli le fottutissime mani!!! Ma a che stavi pensando??!! E che penserà lui!

Sistemò qualche altro libro e annotò un paio di titoli di cui dover fare rifornimento, ma come distrazione ebbe vita breve.

Però tutto sommato l’ho solo incoraggiato… mi sembrava avesse bisogno di qualcuno... dai Taehyung, non gli hai fatto una dichiarazione! Sarò stato un po’… melodrammatico, ma… non credo ci sia molto che hyung abbia potuto pensare. Va tutto bene, va tutto bene, va tutto bene.

Si allontanò dagli scaffali per avvicinarsi a degli altri, ripetendosi va tutto benecome un mantra e cercando di auto convincersi che non c’era niente per cui essere così in imbarazzo. Ripensò anche a come Hoseok si stava comportando quella mattina con lui: convenne che nulla sembrava essere fuori dalla norma e le sue paranoie erano assurde, pur continuando in fondo a chiedersi che cosa mai pensasse il suo hyung di tutta questa storia.

 

Se la mente di Hoseok non era nello stesso stato confusionale di quella di Taehyung, comunque anch’essa al momento si trovava in un certo qual modo in fermento. Non aveva visto molto il ragazzo quella mattina perché era di turno al piano superiore, mentre lui era rimasto dietro la cassa al piano terra insieme a Jimin, che invece si occupava di girare tper il negozio e aiutare i clienti. Aveva dunque avuto un po’ di tempo da solo per pensare. Ricordava bene la conversazione avuta con Taehyung la sera prima e avrebbe mentito se avesse detto che non gli aveva fatto piacere. Non aveva messo in programma di parlare ancora con nessuno della sua decisione di volersi iscrivere finalmente all’università, ma la faccia di tosta di Taehyung lo aveva in fondo aiutato a sbloccarsi. Ora che ne aveva discusso si sentiva meglio perché aveva reso tutto più ufficiale e concreto e soprattutto aveva avuto conferma da un’altra persona che ciò che stava facendo non era follia. Taehyung non avrebbe potuto rivolgergli parole migliori, per quanto Hoseok non potesse fare a meno di domandarsi quanto di ciò che gli aveva detto – e anche del modoin cui lo aveva fatto – rispecchiasse davvero il pensiero del ragazzo, soju a parte.

Non lasciarlo solo… questa promessa era come acqua sul deserto del suo cuore. Era come se qualcuno avesse annaffiato la pianta della speranza dentro di lui e essa avesse ripreso a mettere radici. Non poteva contarci troppo però. Taehyung avrebbe terminato l’università prima di lui e Hoseok sapeva che sarebbe diventato un architetto talmente bravo e ricercato non solo a Seul, ma in tutta la Corea del Sud, che non avrebbe senza dubbio avuto più molto tempo per stare dietro a lui. Ma questo si sarebbe visto più avanti. Per il momento Hoseok voleva concentrarsi su quanto di bello aveva intorno e Taehyung era sicuramente la cosa più bella. Era felice che fosse stato proprio lui il primo a cui aveva annunciato la sua decisione e sapeva anche di potersi fidare: non lo avrebbe detto a nessuno, nemmeno a Jimin, senza il suo consenso e tale idea lo rendeva tranquillo.

Ciò che non lo rendeva tranquillo era tutt’altro. Era il modo in cui il suo cuore aveva sussultato quando le mani del ragazzo si erano posate sulle sue. Il modo in cui la vista di Taehyung così vicino a sé, con gli occhi velati di lacrime e le guance un po’ rosse, gli aveva per un attimo annebbiato il cervello e gli aveva fatto desiderare di… di… Ecco, continuava a pensare a questo. E questo lo preoccupava molto.

 

***

 

Nonostante tutti e tre i ragazzi avessero ognuno la propria parte di ansie, preoccupazioni e turbamenti, la giornata del mercoledì trascorse in modo tutto sommato tranquillo. La clientela al negozio fu costante, ma non numerosa e quando Jimin e Taehyung tornarono al loro appartamento non potevano dire di sentirsi poi così stanchi e fu così anche per Hoseok. Rincasò con l’intenzione di occuparsi di un po’ di faccende che erano diversi giorni che rimandava, sperando che Namjoon lo aiutasse per quelle che erano alcune questioni riguardanti la casa. Al suo posto però trovò solo un biglietto sul tavolo: “Non aspettarmi per cena, Seokjin-ssi mi ha invitato da lui ;) Buona serata Hoseokaaaah”.

Hoseok rimise il foglietto dove l’aveva trovato, si guardò un po’ attorno nella casa vuota e infine decise di aver bisogno di un bagno calda.

Quando ne uscì una ventina di minuti dopo si sentiva meglio, ma c’era comunque qualcosa che continuava a turbarlo. Una piccola sensazione di fastidio che non riusciva a spiegarsi. Mentre si metteva il pigiama in camera lo sguardo gli si posò sul calendario da tavolo che teneva sulla scrivania. Fra quindici giorni la data ultima per iscriversi ai corsi di laurea che partivano nel semestre successivo sarebbe arrivata. Doveva fare qualcosa. Forse quel fastidio che provava, natogli dentro dopo aver letto il messaggio di Namjoon, era dato dall’impressione di star rimandando la propria vita e di non star procedendo né in una direzione, né in un’altra. Ripensò alla sera prima e decise che non doveva essere per forza così. Avrebbe messo un punto a tutto, in quello stesso momento, e buttato via il suo quaderno ormai logoro per prenderne uno completamente nuovo. E sapeva già cosa scrivere, sulla prima pagina bianca.

Prese il telefono e cercò il numero nella rubrica. Uno squillo. Due squilli. Clack.

Hyung? È successo qualcosa?”

“No Taehyungie, va tutto bene, scusami l’ora, volevo solo… puoi parlare un attimo?”

 

Ricevere una chiamata da Hoseok a quell’ora della sera non era molto frequente – che si scambiassero messaggi era normale, ma che si telefonassero a quell’ora proprio no – e Taehyung guardò allarmato Jimin, seduto a tavola con lui, prima di rispondere. Per fortuna il più grande lo rassicurò.

No Taehyungie, va tutto bene, scusami l’ora, volevo solo… puoi parlare un attimo?

“S-si, certo. Dimmi” il suo cuore prese a battere più velocemente. Di cosa mai voleva parlare?

Questo weekend… mi piacerebbe iscrivermi. Posso farlo direttamente online, è tutto molto veloce. Non mi va più di rimandare, una volta fatta è fatta. Ti andrebbe di essere con me quando lo farò?” Taehyung esitò nel rispondere – troppo sorpreso dalla richiesta – e Hoseok aggiunse “Mi farebbe piacere che tu ci fossi”.

Dopo un altro attimo di silenzio Taehyung disse con voce calda e ferma:

“Certamente. Ci sarò”.

Grazie” il sorriso di Hoseok traspariva dalle sue parole“A domani allora, Taehyungie

“A domani hyung”.

Taehyung richiuse il telefono in uno stato quasi sognante e Jimin battè le mani per attirare la sua attenzione:

“Tae! Ci sei? Che voleva hyung?”

Taehyung guardò Jimin come se non capisse per quale motivo si trovasse lì, ma poi tornò subito in sé:

“Ma niente, stai calmo! Solo avere informazioni sul mio turno di domani”.

Jimin rispose perplesso:

“E ti ha chiamato?”

“Ma che ne so Chim, lo sai che hyung è un po’ strano, chissà che cosa gli stava passando per la test-ah!!!” Taehyung si portò una mano sulla fronte “Jungkookie! Dovevamo dargli un orario per oggi, abbiamo scordato!”

Jimin anche sgranò gli occhi. Non ci aveva per niente ripensato.

“Porca miseria, è vero, mi è del tutto passato di mente! E poi stasera…”

Taehyung aveva già preso a digitare una risposta e scuoteva la testa:

“No, per stasera ormai niente, meglio passare. Gli dico di sentirci domani”.

Jimin annuì. Si sentiva davvero mortificato per essersi dimenticato della videochiamata con Jungkook e maledisse la sua perenne sbadataggine. È che oggi era stato così preso a pensare a Yoongi e ad attendere una sua chiamata per fargli sapere del verdetto che semplicemente non era riuscito a far spazio ad altro. Trovò però strano che anche Taehyung si fosse scordato, proprio lui che di solito era sempre così preciso, soprattutto poi quando si parlava del più piccolo. Comunque stessero le cose, ormai era andata. Jungkook rispose subito che non c’era problema e che si sarebbero tranquillamente potuti sentire tutti e tre l’indomani. Glielo avevano promesso e andava fatto, ma Jimin non poté evitare di sentirsi un po’ in ansia perché l’indomani sarebbe stato giovedì, il giorno in cui si sarebbe finalmente saputa la verità. Un terribile dubbio tra l’altro aveva preso a torturarlo da circa il primo pomeriggio, orario dell’ultimo messaggio scambiatosi con Yoongi: che avesse già ricevuto la fatidica notizia, ma non gli avesse ancora detto nulla perché la risposta era stata negativa e quindi stava ancora cercando di processarla. Jimin avrebbe voluto chiedergli un aggiornamento, ma aveva il terrore di fare quel passo e rivedersi di nuovo la vita stravolta.

Il giorno dopo non andò meglio. Fino a metà mattinata sembrò di si: di nuovo telefonò a Yoongi e quantomeno seppe che non aveva ricevuto ancora nessuna notizia. Poi però di nuovo ci fu silenzio e Jimin iniziò ad agitarsi di nuovo. Sarebbe voluto andare da lui, ma doveva lavorare fino a metà pomeriggio e poi tornato a casa lo aspettava la chiamata con Jungkook. Non poteva davvero rimandarla più.

 

***

 

Non appena il volto tondo e solare del giovane Jungkook fece la sua comparsa sullo schermo del computer la sensazione dei due ragazzi più grandi fu la medesima: di essere a casa. Ogni volta che rivedevano o risentivano Jungkook si ricordavano di quanto ne sentissero la mancanza. Si salutarono con entusiasmo e come prima cosa i più grandi si scusarono di nuovo per avergli dato buca la sera prima.

"Hyung davvero non dovete preoccuparvi" Jungkook sembrava effettivamente tranquillo "anche io non ho avuto molto tempo ultimamente con la scuola e alcuni test importanti".

"Beh si immagino" concordò Jimin sollevato dalla risposta "neppure tu avrai molto tempo".

"Jimin-ssi! È inutile che mi dai ragione per portare acqua al tuo mulino! Ti piacerebbe cavartela così!" il suo tono di rimprovero fece arrossire Jimin "La tua scomparsa prolungata non è comunque accettabile"

“Ma- ma ti pare questo il modo di rivolgerti al tuo hyung??"

"No no" replicò Jungkook deciso "non provare a far cadere il discorso su di me. Il problema è tuo perché guarda un po' come a Tae voglio bene come prima".

Taehyung si portò le braccia sulla testa a formare un cuore esclamando:

"Ti voglio bene anch'io!" mentre il più piccolo sogghignava soddisfatto.

"Va bene mi dispiace! Mi dispiace davvero Kookie... è che sono accadute tante cose"

"Quali cose?"

"Ahh ma Kookie qui non sa nulla di Yoongi-ssi!" disse Taehyung

"Yoongi? Chi è?! Jiminie cosa mi nascondi!! Voglio sapere tutto! Ma mi lasciate all'oscuro cosi??"

Poiché Jungkook sapeva già del ragazzo della stazione, per Jimin fu piuttosto semplice entrare direttamente nell’argomento. Raccontò, cercando di essere il più breve possibile – Taehyung doveva essere stufo ormai di tutta la storia – di come avesse avuto la fortuna di rincontrare Yoongi e come avesse avuto modo di instaurare un rapporto con lui anche grazie all’emergenza contest. Jungkook ascoltò tutto con attenzione e alla fine parve entusiasta di questa novità.

Ma guarda tu il nostro Jiminie cosa combina! Bene bene! E noto anche che già lo chiami Yoongi! Che cosa è successo tra voi? Siete diventati intimi?!

“Cosa? Ma che ti viene in mente di dire! Non è successo proprio un bel niente ancora. Niente!”

Intervenne anche Taehyung in favore di Jimin:

“Kookie, è che Yoongi si fa chiamare così da tutti, ha detto a Jiminie che gli onorifici non gli piacciono”.

Ah davvero?” Jungkook sembrava perplesso e per qualche motivo non intenzionato a lasciar cadere il discorso “che cosa… strana? E te lo ha proprio detto lui?

“Si” rispose Jimin “è stata praticamente la prima cosa che mi ha detto quando ci siamo… bah, non so nemmeno se definirlo presentati”

Perchè dici così?

Jimin aveva quasi dimenticato quanto Jungkook potesse essere puntiglioso a volte. Se la sua curiosità non veniva soddisfatta del tutto era capace di stare anche delle ore a fare domande. Cercò di essere più esaustivo possibile nella sua risposta:

“È solo perché il nostro è stato un modo un po’ strano di scambiarci i nomi e tutto… Da ciò che sa lui io ho ufficialmente scoperto il suo mentre scrivevo i suoi dati anagrafici al computer per registrarlo come nostro cliente. Stessa cosa per l’età, ho letto ad alta voce la sua data di nascita dalla carta d’identità che mi aveva dato e lui mi ha subito detto che, sì, era più grande di me, ma comunque odiava gli onorifici e quindi di non usarne con lui”.

Aah ok ho capito!” Jungkook sembrava soddisfatto, o quasi “beh, devo dire Jiminie che mi fa un po’ strano immaginare te, così timido, mentre tiri fuori la questione dell’età con un cliente quasi a voler suggerire di adottare un modo di parlare più informale. Specialmente poi se il cliente in questione è un bel ragazzo che ti interessa!

Jimin ridacchiò, non aveva tutti i torti:

“E infatti non è andata così! Io non ho mai aperto nessun discor-” si bloccò a metà frase e un brivido gli corse lungo la schiena “io non…”

Taehyung sedutogli lì di fianco gli rivolse uno sguardo interrogativo.

 “E’ che… sto un attimo ripensando a quel giorno e… beh Kookie ha ragione, non avrei mai avuto il coraggio di chiedergli l’età così dal nulla e dirgli la mia. Non credo proprio di avergliela mai detta in effetti. Ora che mi è stato fatto notare sto cercando di ricordare, ma non riesco proprio. Io non ho mai detto di avere meno di lui, eppure lo sapeva…”

“Ma Jiminie, è impossibile, non vi eravate mai presentati prima di allora, devi averglielo detto per forza” disse Taehyung pragmatico. Jungkook seguì:

Presentati no, ma…

“Ma parlati si” disse Jimin. Il brivido che aveva sentito si stava trasformando in vertigine. Sgranò gli occhi fissando un punto nel vuoto, il cervello che lavorava freneticamente “Oh mio dio. Oh mio dio!! Non può essere!”

Si alzò di scatto dalla sedia rovesciandola e iniziò ad ansimare. Taehung scattò subito prendendolo per un braccio e lo scosse:

“Jiminie che ti prende?!”

Fu Jungkook a rispondere per lui:

Ma Tae non capisci? Come poteva Yoongi-ssi sapere l’età di Jimin con così tanta certezza? Non avevano mai parlato in merito prima di allora. Qual è l’unica altra occasione in cui Jimin potrebbe aver accennato alla sua età se davvero non lo ha fatto al negozio?

Taehyung anche finalmente capì.

“Vuo-vuoi dire che…”

A Jungkook brillavano gli occhi, come sempre succedeva quando il ragazzo si sentiva sicuro di sé:

Non c’è altra spiegazione. Yoongi si ricordava di Jimin”.

Jimin si portò una mano alla bocca e delle lacrime iniziarono a formarglisi negli occhi. Taehyung pensò fossero di felicità e se da un lato la cosa avrebbe reso felice anche lui, dall’altro non voleva che il suo migliore amico si nutrisse di speranze vane. Capì però presto che Jimin al momento aveva tutt’altro per la testa.

“Jiminie, non siamo sicuri, non ci conterei troppo se fos-“

“Contarci? Contarci?! Taehyung se Yoongi ricordava… se Yoongi davvero si è sempre ricordato di me, cosa che a questo punto non credo di poter mettere più in dubbio, lo sai cosa significa? Che per tutto questo tempo ha creduto che lo avessi dimenticato! Dopo quello che ha fatto per me, io gli ho fatto credere di non ricordare niente di lui!! Sono due giorni che non lo sento! E se gli hanno dato una risposta negativa? Potrebbe aver deciso di prendere e andarsene senza dirmi niente, tanto perché farlo? Da ciò che lui sa, per me è stato solo un’ombra, non sa nulla di ciò che significa per me, e forse non lo saprà mai…”

Ormai singhiozzava e Taehyung guardò allarmato Jungkook. Non sapeva che cosa fare, non aveva mai visto Jimin così fuori di sé e anche se ciò che diceva era completamente senza senso aveva comunque paura che qualunque cosa avesse detto potesse peggiorare ancora di più la situazione. Fu allora il più piccolo a prendere la parola, senza esitazione alcuna:

Jimin-ssi! Piangere e battere i piedi adesso non serve a niente, cosa ci guadagni? Se hai davvero così tanta paura di perderlo allora vai da lui! Vai da lui ora, subito, non perdere nemmeno un attimo. Corri! E se credi di averlo già perso, corri ancora di più perché nel confessargli tutto hai nulla da perdere e tutto da vincere” gli sorrise per rassicurarlo “Andrà tutto bene Jiminie. Però se sei spaventato non puoi rimanere qui, devi davvero andare da Yoongi”.

Jimin, il respiro ora più regolare, passò con lo sguardo da Jungkook e Taehyung e vide l’amico annuire.

“Vai. Jungkook ha ragione”

“Grazie” disse con la voce strozzata “Grazie Kookie.. se-se tu non avessi-”

Tick tock. Jiminie, esci”.

Jimin annuì e obbedì, schizzando come una saetta verso la sua camera lasciandosi Taehyung e Jungkook alle spalle.

Iniziò a frugare nel cassetto della scrivania come un forsennato:

“Dov’èdov’èdove’èdove’è?? Ero sicuro di averlo messo- eccolo!”

In mezzo al disordine di uel cassetto, Jimin ritrovò la scatola che stava cercando. Era una scatola sottile e consunta, che non ricordava più nemmeno dove si era procurato, ma il suo contenuto importantissimo. Dentro vi aveva riposto, impacchettato per bene, il libro che Yoongi aveva lasciato cadere in stazione due anni prima. Lo aveva sempre custodito gelosamente e quando finalmente aveva rincontrato il ragazzo aveva deciso di impacchettarlo come se fosse un regalo. Sperava di avere il coraggio di riuscire a darglielo un giorno, se mai Yoongi si fosse ricordato di lui. E invece, di nuovo, non aveva capito niente. Cercò di non mettersi di nuovo a piangere mentre prendeva velocemente il primo giacchetto che gli capitò a tiro e si precipitò fuori dalla porta senza neppure salutare.

Taehyung guardò sconsolato Jungkook da attraverso lo schermo e il più piccolo fece spallucce, come a dire doveva andarecosì.

Speriamo solo che riescano a chiarirsi

“Già… A volte mi chiedo se tutta questa storia con Yoongi avrà mai una fine. È davvero troppo tempo che vedo Jimin giù per questa cosa. A volte in realtà l’ho visto anche su. Ma è proprio questa altalena che mi spaventa, capisci? Vorrei solo che finalmente avesse un po’ di pace”

Beh, credo che l’unica cosa da fare sia avere pazienza”.

“Si, ma quanta ancora?”

Jungkook non rispose. C’erano tante cose che anche lui ancora stava aspettando e sebbene cercasse ogni giorno di ricordarsi che era solo una questione di tempo, spesso prendevano anche a lui momenti di sconforto.

“Mi manchi Kookie” la voce di Taehyung era scura e i suoi occhi velati di tristezza “Non dovrei dirtelo, perché fa star peggio tutti e due, ma mi manchi tanto. Mi sembra sempre come…”

Come se ci fosse un pezzo fuori posto?

Taehyung annuì:

“Come se ci fosse un pezzo fuori posto”.

Un giorno saremo di nuovo tutti e tre hyung. Questa situazione non sarà per sempre. Non so ancora come, ma un modo si troverà, è solo questione anche qui-”

“Di aspettare. Già” rimase un momento in silenzio e poi si riprese “ma non volevo rattristare l’atmosfera! Tu invece cosa mi racconti? Ci sono novità? Ah! Io e Jiminie abbiamo visto il tuo ultimo video!”

Così i due ragazzi iniziarono di nuovo a chiacchierare in modo fitto e concitato e si persero talmente tanto nei loro discorsi che sentirono il cellulare di Jimin suonare solo quando lo fece per la terza volta.

Taehyung si accorse del rumore e interruppe Jungkook:

“Aspetta un attimo, sento un rumore” guardò meglio oltre il computer ed eccolo lì “Jimin ha dimenticato il suo telefono qui sul tavolo! Era Yoongi, lo ha chiamato tre volte!”

Oddio, sarà successo qualcosa a Jimin?!

“Non credo, dovrebbe essere vicino a casa di Yoongi, ma non ancora lì-”

Il telefono prese a vibrare di nuovo. Era la quarta chiamata nel giro di nemmeno di dieci minuti, era davvero il caso di rispondere. Taehyung emise un flebile “pronto?”.

 

***

 

Jimin correva. Correva, correva, correva. Si fermò solo due volte per riprendere fiato ed entrambe riprese poi a correre più veloce che poteva, proprio come gli aveva detto Jungkook. Il pacchettino stretto in mano, non gliene importava niente se senza sciarpa il vento gli sferzava violento il viso, o se il giacchino che aveva preso era decisamente troppo leggero per quella gelida serata di febbraio. Correva e correva, pensando solo a raggiungere Yoongi. Era troppo stanco di rimandare. Una minuscola parte di lui gli diceva di essere pazzo, che non c’era tutta questa urgenza, che sarebbe potuto andare da Yoogni anche l’indomani, magari avvisandolo. Ma troppo tempo era stato perso, troppo, e adesso ogni secondo senza Yoongi al suo fianco era per Jimin insopportabile. Una fiamma si era impossessata di lui e doveva dirgli la verità ora, subito, non poteva aspettare un attimo di più. Quanti metri ancora mancavano? Mai quel tragitto gli era parso così interminabile. Nella sua corsa folle andò a sbattere con diverse persone, senza mai curarsi di girarsi per chiedere scusa, poi svoltò un angolo troppo bruscamente e quasi inciampò, ma all’ultimo riuscì a riprendere l’equilibrio. Aveva il fiatone, il sudore gli si stava ghiacciando addosso e la gola gli bruciava, ma c’era quasi. Attraversò la strada senza quasi guardare ed infine lo vide, il palazzo di Yoongi. Si precipitò su per le scale che conducevano alla porta d’ingresso per suonare al citofono e tenendo la testa bassa per guardare i gradini ed evitare di inciampare sui suoi stessi piedi non si accorse che qualcuno era appena uscito. Gli andò a sbattere quasi con tutto il peso e solo per pochissimo non caddero entrambi a terra.

“Jimin!”

“Yoongi?!” di fronte a lui c’era proprio Yoongi, i capelli neri scompigliati, un piumino blu addosso e uno sguardo incredulo. Jimin parlò a fatica, ancora ansimante “Che-che fai qui fuori?”

“Cosa ci fai tu! Ti ho cercato al telefono poco fa, ma ha risposto Taehyung e mi ha detto che stavi venendo qui e che era meglio se ti venivo incontro. Jimin ti ho telefonato perché… volevo avvisarti subito! Mi hanno chiamato dal contest!”

Così dicendo Yoongi gli appoggiò le mani sulle spalle e Jimin scattò in avanti aggrappandosi al suo piumino. Ora che lo vedeva meglio, si accorse che gli occhi di Yoongi erano leggermente rossi e lucidi, come se avesse pianto. Pregò non fosse accaduto il peggio.

“E?!”

“E mi hanno preso Jiminie! Sono dentro! Sono… sono finalmente dentro!”

Jimin lanciò un urlo e si avvinghiò al collo di Yoongi, stringendolo forte e prendendo a saltellare.

“Yoongi Yoongi Yoongi!! Ma è bellissimo!!” sentì anche lui le lacrime arrivare e strinse il ragazzo ancora più forte. Adesso stavano saltellando insieme, lì in cima a quelle scale, ignari del freddo così come dei passanti che spediti camminavano per strada. Quando si staccarono Yoongi stava piangendo di nuovo:

“Quando me lo hanno detto mi sono sentito svenire. Non ci credevo, gli ho chiesto se non si fossero sbagliati. Jimin… Jimin è anche tua questa vittoria” gli prese le mani e Jimin sentì tanto calore affluirgli in tutto il corpo “se non ci fossi stato tu io non so se ce l’avrei mai fatta”.

“No! No Yoongi, ti prego, non mi devi dire niente. Non è stato merito mio, sei stato tu a vincere questo premio, solo tu. Ed io ti ero debitore”

Lo sguardo di Yoongi si fece confuso, ma prima che potesse dire qualcosa Jimin gli mise il pacchetto tra le mani.

“Tieni! Questo ti appartiene” sentiva altre lacrime iniziare a scendergli. Tutto quel tempo perso… tutto quel tempo perso… “avrei dovuto dartelo prima, ma non… non ho avuto il coraggio…” la voce gli morì sulle labbra nel momento in cui la sottile carta in cui aveva avvolto il libro cadde a terra e Yoongi posò lo sguardo sulla copertina. Dalla luce che vide nei suoi occhi capì che lo aveva riconosciuto “io non ti ho mai dimenticato Yoongi. Io so chi sei. Sei il ragazzo della stazione di Daegu. Il ragazzo che mi ha salvato la vita. Ti ho cercato per così tanto Yoongi, e quando mi sei apparso davanti io non ho saputo fare nien-”

“Jimin…” Yoongi guardava ipnotizzato il libro e anche le sue guance sembravano esserglisi fatte rosse. Guardò poi Jimin dritto negli occhi “questo è il giorno più bello della mia vita”.

“Non sei… non sei arrabbiato? Yoongi ti ho mentito, non è vero che non mi ricordavo di te, mi disp-”

 “Non ha più importanza adesso” lo interruppe con dolcezza Yoongi facendoglisi più vicino “tu sapevi chi sono Jiminie”.

Così dicendo Yoongi posò con delicatezza le proprie labbra su quelle di Jimin, non lasciando all’altro nemmeno il tempo di prendere il respiro. Il più piccolo sentì la testa girargli e per un attimo temette di svegliarsi. Ma era tutto vero. Le labbra di Yoongi erano morbidissime e il loro calore iniziò a propagarsi in ogni fibra del suo essere. Ricambiò il bacio, prima con delicatezza poi un po’ più di intensità, e fu lì che Yoongi si staccò piano. Jimin fece per cercare di nuovo le labbra del più grande, il respiro ancora corto e le guance di fuoco, ma Yoongi gli si sottrasse, prendendogli con delicatezza le mani e ridacchiando della sua foga.

“Jimin, siamo in mezzo alla strada, entriamo”.

Lo condusse dentro, prima nell’atrio poi nell’ascensore e Jimin lo seguì senza dire una parola, ancora sconvolto da quanto stava avvenendo. Una volta dentro il piccolo ascensore Yoongi premette il numero 7 e poi gli si fece di nuovo vicino, unendo ancora una volta le loro labbra. Jimin stavolta rispose da subito con più foga, cercando di avvicinarsi a Yoongi quel tanto che gli consentivano i loro giubbini, ma il più grande anche qui prese il controllo e lo costrinse a dei baci più lenti.

“Perché me lo hai tenuto nascosto?” chiese piano tra un soffice bacio e un altro “ero qui… sono stato qui tutto il tempo”.

Jimin scosse la testa e gli dette un profondo bacio prima di rispondere “No-non lo so, io… non so…”

Yoongi ridacchiò, Jimin in stato confusionale era dolcissimo. Strofinò il naso contro il suo:

“Siamo arrivati, adesso ne parliamo in casa, mh?”.

Uscirono dall’ascensore ed entrarono nel piccolo appartamentino. Jimin si sentiva leggero come l’aria.

 

 

 

 

 

Note dell’autrice:SALVE! Io non so se questo sviluppo delle cose proprio in questo capitolo fosse prevedibile o meno… però c’è stata una bella impennata, no? LO YOONMIN KISS. Ne avevo bisogno io come voi, giuro. Allora, con ordine. Intanto grazie per aver letto il capitolo, spero vi sia piaciuto. Non è l’ultimo della storia, ma comunque quello principale per lo snodo finale, che avverrà nel prossimo capitolo. Per chiunque fosse preoccupato su JK: niente da temere! L’ho tenuto fuori da tutto il resto della storia, ma potevo dimenticarmi di lui? dargli solo una parte di contorno? Ovviamente no. C’è pochissimo, ma direi che la sua presenza è stata fondamentale, no? ;) come ogni capitolo importante scriverlo non è stata semplicissimo, spero che tutto sia al suo posto e le cose non sembrino senza senso. La realizzazione di Jimin in particolar modo. I dubbi sul se Yoongi si ricordasse di Jimin o meno erano già chiariti tutti sin dall’inizio ehheheh Aiuto non so come scriverle queste note, stanno venendo sconclusionate… è che questo capitolo parla un po’ da solo? Si, facciamo così, facciamolo parlar da solo, io oggi sto zitta. Aggiungerò altro sul prossimo capitolo, che, purtroppo, sarà anche l’ultimo. Mi sento di avvisare in merito, ma ci sarà poi anche una sorpresina in aggiunta di cui vi dirò ^^ Allora io per il momento mi eclisso, grazie anche ancora per aver letto, ci vediamo sul prossimo capitolo! ♥

Baci, Elle

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Capitolo 18
*** Il tempo delle attese ***


 

IL TEMPO DELLE ATTESE

 

Yoongi continuava a rigirarsi il libro fra le mani. Aveva fatto accomodare Jimin sulla sua piccola poltrona e gli si era poi seduto vicino su una sedia. Aprì la prima pagina.

“C’era il mio nome. Sapevi anche il mio nome…” emise una strana risatina “che idiota sono stato…”

“Perché? Se ci abbiamo messo tanto è colpa mia che non ti ho detto nulla-” replicò acceso Jimin.

“Ma io avevo capito com’eri fatto” tagliò corto Yoongi scuotendo la testa in modo sconsolato “alcune cose ti si leggono addosso. Avrei dovuto pensarci che sarei dovuto essere io a fare il primo passo e a dirti la verità”.

Jimin non voleva sembrare sciocco, ma si sentiva un po’ confuso per cui chiese timidamente:

“Il primo passo per cosa? Tu sapevi… sapevi chi ero? Mi avevi riconosciuto anche tu?”

Se così fosse stato ciò avrebbe significato che anche il più grande aveva la sua parte di responsabilità in questo fraintendimento, ma invece che fargli provare fastidio o rabbia il pensiero che Yoongi lo ricordasse gli fece battere il cuore più veloce “ma io non ho detto niente proprio perché ti ho visto-”

“Mi hai visto fingere. Ho finto anche io di non conoscerti, pensando però che se mi fossi messo lì vicino a quello scaffale preciso, la seconda volta che mi hai visto, tu avresti ricollegato. Non so nemmeno io cosa stessi facendo in realtà, e adesso che la dico così mi sembra davvero un’idea stupida e assurda. Il punto è che io non ero sicuro che avessi tu il mio libro, ma volevo sperarci. E invece ti ho dato un dispiacere e il tutto per il mio egoismo”.

“Yoongi, scusami però non credo di capire bene. Tu sapevi chi ero” ripetè Jimin come un automa.

“Si”.

“Ok. Ok” Jimin prese a muovere la testa in segno di assenso mentre cercava di elaborare questa nuova informazione. Si sentiva senza fiato, ma cercò di vincere la propria emozione per dare precedenza ai chiarimenti di cui così tanto entrambi avevano bisogno “Ve bene. Però perché saresti stato egoista?”

“Jiminah, c’è un’altra cosa che non sai. Quando sono venuto in libreria quel giorno… beh non era la prima volta che ti ho visto qui a Seoul”.

“Cosa??”

“Viviamo nello stesso quartiere… c’è stato un giorno in cui mi è sembrato di vederti al supermercato, tu eri già alla cassa mentre io ancora in fila. Non ho capito nulla in quel momento, però per qualche motivo mi sembravi familiare. Poi un’altra mattina ti ho visto di nuovo, stavi entrando nella libreria dove lavori. Sono riuscito ad associare il tuo viso al ricordo che avevo di quel giorno a Daegu, ma non ero sicuro, volevo guardarti meglio. Allora… lo so che suona da psicotici, ma ho deciso di entrare e… seguirti..?” Yoongi si portò la mano alla nuca muovendosi a disagio sulla sedia “aaah qual è il modo migliore per dire questa cosa senza sembrare davvero uno spostato?”

Se non fosse stato troppo preso dallo stupore Jimin avrebbe probabilmente riso. Quante volte aveva evitato di dire tutto a Yoongi solo per paura di sembrare un pazzo? O strano? Inquietante? Ora invece era proprio Yoongi che gli diceva la stessa cosa. Ma perché al destino piacciono così tanto i parallelismi? pensò. Yoongi intanto sembrava pensieroso, forse si stava chiedendo se continuare o no con la sua confessione. Alla fine lo vide fare spallucce e continuare:

“Vabbè, tanto ormai è andata. Che non sono uno spostato dovresti averlo ormai capito…” ridacchiò “o almeno, non uno spostato completo. Comunque, io ovviamente non sapevo che tu lavorassi li, la mia idea immagino fosse quella di venirti intorno per cercare di capire meglio se eri davvero tu il ragazzino con cui avevo parlato alla stazione. Lì ho capito che eri proprio uno dei commessi, il che mi ha sorpreso visto che tu non sei di Seul. Ho quindi anche realizzato che forse la tua decisione aveva a che fare con la nostra conversazione. Ed è qui che entra in gioco il mio egoismo Jimin. Ho detto ho capito, ma in realtà non potevo esserne sicuro. Io ho sperato, con tutto me stesso, intensamente, che tu adesso fossi a Seul, lontano da casa tua, ma circondato da ciò che ami di più, perché nonostante tutti i tuoi timori e la tua giovane età in qualche modo avessi trovato un po’ del coraggio che all’epoca ti mancava seguendo il mio consiglio. Insomma io… io speravo di aver fatto breccia in te, di aver lasciato un segno nella tua vita. Ne avevo bisogno. In quel momento avevo estremo bisogno di sapere che potevo dare qualcosa, che la mia esistenza non era completamente inutile e che anche se il mio sogno era già fallito una volta, non sarei rimasto nell’ombra per sempre. Tu non mi hai visto la prima volta che sono entrato in quel negozio, ma io ti ho osservato per un po’. Mi sei parso così tranquillo, rilassato, parlavi con le persone con il sorriso. C’era in te ancora una traccia del ragazzino dolce che avevo incontrato, ma tutto quello che lo teneva a freno era sparito. Sembravi davvero felice e sicuro di te. Se solo avessi potuto avere la certezza che quell’energia te l’avevo in parte tirata fuori io… per me sarebbe stata la prova di essere riuscito ad aiutarti e se ero riuscito ad aiutare te a realizzare il tuo sogno, perché non avrei dovuto trovare le forze per realizzare il mio? Per questo motivo non ho detto nulla, Jiminah. La prima volta che ci siamo incontrati sembrava davvero che tu non avessi idea di chi fossi e è stata dura da digerire. Ho però continuato a sperare e sono tornato, ma avevo già deciso di non rivelarmi. Volevo essere sicuro al cento per cento che ti ricordassi davvero di me, e non mi dicessi di sapere chi ero solo perché io te lo avevo ricordato. Insomma, forse il mio discorso non ha senso, voglio solo dire che se sono stato zitto tutto questo tempo è solo perché volevo capire se non ero… dimenticabile”

Yoongi sospirò un attimo. A Jimin faceva male il cuore, ma decise di farlo continuare, proprio come aveva fatto durante il viaggio in auto. Il più grande riprese:

“La sera in cui ci siamo visti al ristorante… ti giuro, non volevo dire quelle cose. Non volevo ferirti. Io avevo intuito che nutrivi un interesse per me e avevo anche capito che tutto quello che ti frenava era essenzialmente il mio atteggiamento scostante, ma nonostante questo… non riuscivo a rilassarmi. Stare con te era per me un’arma a doppio taglio. Volevo vederti, avevo bisogno di vederti, ma ogni volta che la mia speranza aumentava, ogni volta che mi sembrava che anche tu, come me, stessi solo fingendo di non sapere chi io fossi, tu dicevi o facevi qualcosa che mi gettava di nuovo nello sconforto. Che mi faceva pensare di starmi solo facendo sciocche illusioni. Quella sera non è stata diversa. Avrei davvero voluto che andasse tutto bene, ci tenevo da morire. La volta precedente ti avevo dato buca per dei timori idioti, ma quella sera ero intenzionato sul serio a far funzionare le cose, devi credermi”.

“Cosa è successo?” Jimin lo interruppe con la sua domanda. Non c’era accusa nel suo tono, ma solo sincera curiosità “Yoongi, io ti ho visto agitato ben prima della nostra discussione. Perché?”

“Di nuovo la mia ansia. È sempre la mia ansia. Lì non c’entravi niente tu, sii sicuro di questo. Ho iniziato ad agitarmi, sempre per l’idea di star sottraendo tempo prezioso alle mie prove. Mi sentivo in colpa e i timori di andare incontro a una sconfitta certa avevano ripreso a divorarmi. Mi serviva aria e quando siamo usciti è andata meglio, ma poi… hai preso a farmi tutte quelle domande e io volevo così tanto che tu mi dicessi il perché. Mi sembrava assurdo che potessi essere interessato a me così dal nulla, e quando hai affermato con così tanta fermezza che non credevi fossi uno spostato, come se già mi conoscessi, ho pensato che dovevi, dovevi assolutamente sapere già chi ero. In quel momento di terrore puro per il mio futuro, avevo bisogno di sentirmi dire solo questa cosa”.

“E invece non è successo… ti ho solo strillato contro”.

Jimin stava per mettersi a piangere. Si sentiva mortificato. Non aveva pensato che Yoongi avesse provato tutto questo. Forse tra loro due era quello che aveva sofferto di più e lui non se ne era mai reso conto. Yoongi fece un gesto con la testa:

“Ma no, io capisco i tuoi motivi. Eri stanco anche tu. Lo eravamo entrambi, ma nessuno dei due in quel momento ha usato le proprie ultime energie per cercare di risolvere le cose. Ti ho chiesto che cosa ti spingesse a volermi conoscere e tu non mi hai detto niente. Poi mi sono spinto ancora più in là, cercando di metterti quanto più all’angolo, ma ancora una volta… nulla. Per me quello è stato il colpo di grazia. Mi sono convinto che la tua memoria aveva davvero fagocitato in un buco nero quel giorno a Daegu e questa cosa mi ha fatto uscire di testa. Era l’ennesima prova di quanto fossi irrilevante. Per questo ti ho rivolto quelle parole, per questo ti ho detto che non ti sarebbe stato difficile scordarti di me. Sono stato ingiusto, ma in quel momento è stato l’unico strumento che ho sentito di avere per potermi difendere dal dolore. Perché ogni volta che tentavo di scoprire la verità e tu la negavi, io perdevo un po’ di fiducia in me. Mi convincevo che sarei per sempre rimasto nessuno, per tutti. E perché… perché mi stavo innamorando. Mi stavo innamorando Jiminah, ed era orribile continuare a vedermi sbattere in faccia la realtà: non essere stato nessuno per te”.

Jimin spalancò gli occhi e sentì il respiro mozzarglisi in gola. Non sapeva cosa dire, non sapeva come reagire. Di colpo gli era piombato addosso tutto il dolore che Yoongi aveva dovuto affrontare e più dettagli il maggiore gli aveva fornito su quanto aveva provato più lui si era maledetto per non avere il dono di tornare indietro nel tempo. Adesso però Yoongi gli aveva detto che si era innamorato di lui. Glielo aveva detto chiaramente e anche se Jimin sapeva essere sbagliato, non poté fare a meno di provare un enorme senso di sollievo. Si, perché se entrambi si amavano, ci sarebbe stato il modo di risanarsi a vicenda le ferite, quelle stesse ferite che si erano procurati l’un l’altro. Si erano fatti del male, inconsapevolmente, per tanto tempo e anche se il pensiero di ciò aveva fino a pochi minuti prima devastato Jimin, adesso aveva capito che finalmente gli era stato concesso il bellissimo dono di rimediare agli errori fatti. Allungò una mano leggermente tremante verso il viso di Yoongi e delicatamente rimosse una lacrima che stava lasciando un solco bagnato lungo quella pelle chiarissima. E morbidissima, pensò. Gli venne voglia di sfiorare di nuovo le sue labbra, anch’esse soffici e delicate. Si ricordò di quando Yoongi lo aveva ringraziato all’ospedale. Anche in quel momento era apparso ugualmente fragile e delicato e forse per la prima volta Jimin comprese davvero chi era davvero Yoongi. Un vaso meraviglioso, ma estremamente frangibile. Frastagliato da così tante crepe da essere sempre sul punto di rompersi in mille pezzi. Ma Jimin non lo avrebbe permesso. Facendogli scorrere la mano dietro la nuca lo guardò dritto negli occhi e disse:

“Sono più di due anni che sei il mio tutto. Volevi sentirtelo dire: io, Park Jimin, non ti ho mai dimenticato perché se oggi sono qui, felice, libero e sicuro di ciò che voglio lo devo a te, e a nessun’altro. Te l’ho già detto prima, mi hai salvato la vita quel giorno. Non so per quale motivo tu abbia deciso di parlare proprio con me, ma di sicuro so che se non lo avessi fatto il mio destino sarebbe stato terribilmente diverso. Yoongi... quando ci siamo incontrati qui a Seul, io ero già innamorato di te. E adesso, dopo averti conosciuto meglio, averti compreso davvero, lo sono ancora di più. Perdonami per tutto il dolore che ti ho provocato, non sei stato tu il vero egoista, ma io”.

Yoongi sembrò incerto per alcuni secondi, finché non abbassò lo sguardo.

“Che stai…” ridacchiò, ma era un riso strano, quasi prossimo al pianto “che stai dicendo, stupido?”

Attirò all’improvviso Jimin a sé e lo baciò con impeto. Il più piccolo fu preso in contropiede, ma ricambiò subito, sedendosi meglio sopra di lui e affondandogli le mani tra i capelli. Yoongi si staccò per primo, sussurrando all’orecchio dell’altro:

“Non ti avevo detto che non dovevi più farti chiamare stupido?”

Strinse appena con un po’ più di forza i fianchi di Jimin, quasi a rimarcare il suo fastidio. Lo guardò però poi con uno sguardo pieno di affetto “Eppure dici cose stupide. Egoista tu? Ma se stavi per mandare a puttane la tua vita pur di non dare un dispiacere ai tuoi genitori”.

“I-io… ero ancora piccolo e non-”

“L’età non conta” lo interruppe Yoongi scostandogli con dolcezza un ciuffetto di capelli dalla fronte “mai sentito parlare di ragazzi ribelli? Che fanno solo ciò che vogliono? Che tornano a casa tardi la sera?”

“Mi stai prendendo in giro, vero?” Jimin si imbronciò “scusami se a diciassette anni non ero ancora sufficientemente ‘ribelle’”.

“Eri perfetto” disse con tenerezza Yoongi dandogli un leggero bacio sulla guancia “e ti si leggeva in faccia tutto. Quando ti vidi addormentato… beh ammetto di essere stato… come dire…”

Sembrò in difficoltà e Jimin aggrottò la fronte:

“Tentato di rubarmi tutto?”

“Colpito da quanto eri bello”.

Lo disse così, in modo semplice, guardandolo negli occhi, e la temperatura di Jimin salì di diverse decine di gradi.

“Waaaah Yoongi!!” disse portandosi le mani sul viso “che cosa dici?!!”

Yoongi ridacchiò, l’imbarazzo di Jimin lo aiutava a vincere il suo. Lo abbracciò stretto, mentre Jimin affondava il viso nell’incavo del suo collo cercando di nascondersi:

“È vero, però. Eri chiaramente ancora giovane e un po’ acerbo, ma la tua era una bellezza pura, di quelle che vengono non solo da fuori, ma anche da dentro. E poi mi sono accorto che non potevi restare lì addormentato, con le valigie attorno alla mercè di chiunque. Mi è venuta voglia di aiutarti e così ti sono venuto vicino. E da vicino eri ancora più bello”.

Jimin gemette ancora per l’imbarazzo e Yoongi ridacchiò di nuovo, prendendo poi a cullarlo piano e accarezzargli i capelli morbidi.

“Quando poi mi hai raccontato di te… non potevo lasciarti così. Ho dovuto dirti ciò che sentivo, ciò che credevo fosse giusto farti realizzare. Ero così sicuro di me all’epoca che mi sentii in dovere di guidare anche te verso i tuoi sogni. Sai che ero lì proprio per il primo contest a cui ho partecipato? Non credo di avertelo detto la scorsa volta, o avrei dovuto rivelarti troppo, ma quel giorno mi trovavo alla stazione di Daegu pronto per prendere il treno per Seul. Ero convinto che ce l’avrei fatta e per qualche motivo l’idea che non avessi anche tu l’occasione di inseguire i tuoi sogni mi sembrò ingiusta e insopportabile”.

“Ti amo Yoongi” la voce di Jimin suonò ovattata, ma limpida. Si tirò su e guardò il più grande, che invece si era ora immobilizzato “non mi importa se è presto per dirlo. Ti amo davvero. E sei il più bel sogno che io abbia mai raggiunto”

Con queste parole Jimin chiuse gli occhi e accostò le proprie labbra a quelle di Yoongi. A quel punto, nella stanza calò il silenzio. Le parole non servivano più. I due ragazzi rimasero per un po’ lì, su quella piccola sedia, prima di spostarsi sul divanetto, un po’ più largo. Infine Yoongi portò Jimin sul proprio letto. Passarono lì tanto tempo, e tra abbracci, carezze e dolci parole si confermarono a vicenda l’amore e l’affetto che l’uno provava per l’altro.

Fu solo prima di alzarsi – si era fatto tardi e Jimin doveva assolutamente delle spiegazioni a Taehyung – che Yoongi riprese il discorso interrotto:

“Parlavamo di sogni…” prese una mano di Jimin e lasciò soffici baci su ognuna di quelle piccole dita “il tuo che fine ha fatto?”

Jimin sorrise e rispose vivace, gli occhi a mezzaluna brillanti:

“Chiuso in un cassetto Ma terminato, rilegato, e pronto per uscirne”.

 

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DUE ANNI DOPO

 

Ma possibile che tu debba essere sempre in ritardo? Anche in un’occasione del genere?!

“Eddai Taehyungieeeee! Lo so, ma non è colpa mia! La lavanderia non aveva-“

Non mi interessano le scuse! Noi siamo già tutti qui, vedi di sbrigarti!”

Taehyung terminò così, con malagrazia, la telefonata. Jimin si rimise il telefono in tasca sconsolato.

Yoongi, di fianco a lui sulla soglia dell’appartamento, sollevò un sopracciglio tendendogli il cappotto:

“Era furioso, vero?”

Jimin alzò gli occhi al cielo:

“Si, ovviamente! Ma cosa posso farci io?” così dicendo si infilò il cappotto con uno strattone e Yoongi sobbalzò.

“Ehi, stai attento! L’ho pagato un sacco, non vorrai romperlo proprio la prima volta che lo indossi? Aspetta, ti aiuto io” si mise dietro Jimin e gli dette una mano ad indossare il bellissimo cappotto blu notte che gli aveva dato in regalo proprio poche ore prima, in occasione di quel giorno così speciale. Gli andò davanti e sistemò con mano esperta il bavero e i bottoni, lisciando infine per bene le maniche “ecco. Così sei perfetto”.

Gli indicò lo specchio all’ingresso e Jimin ci si guardò dentro. In effetti quel cappotto sembrava cucito su misura per lui. Anche il completo nero che avevano scelto insieme gli stava davvero bene e la lavanderia aveva fatto un lavoro egregio nello stirarlo. Peccato solo che poi c’erano stati dei fraintendimenti sulle tempistiche e quindi Jimin lo aveva potuto ritirare con un’ora di ritardo. Taehyung si era arrabbiato, ma tutto sommato ne era valsa la pena. Il giovane non avrebbe mai creduto di poter risultare elegante, invece che ridicolo, in giacca e cravatta.

“Sembro quasi una persona importante…”

Sei una persona importante”

Jimin ridacchiò guardando Yoongi divertito, ma l’altro rimase serio.

“Jiminah, hai appena pubblicato il tuo libro. Con la casa editrice più importante del paese. Non denigrare i tuoi successi”

“Senti chi parla…” rispose Jimin avvicinandosi e lasciandogli un delicato bacio sulle labbra.

“Io mantengo un ‘low profile’, non denigro. È diverso. E adesso andiamo o credo che a Taehyung non importerà nulla se sei l’ospite d’onore, ti farà fuori ugualmente”.

Non potendo affermare il contrario, Jimin seguì docilmente Yoongi fuori dall’appartamento e poi sulla strada. Il taxi era già lì ad aspettarli per fortuna. Mentre i due entravano in vettura, Jimin ricevette un messaggio, sempre da Taehyung.

“Mi chiede dove siamo. Quel ragazzo è qualcosa di assurdo, mi ha chiamato due minuti fa! Mi chiedo a volte se faccia così anche con hyung… Yoongi? Mi stai ascoltando?”

Anche Yoongi aveva ricevuto un messaggio, e Jimin lo vide scorrere velocemente le dita sulla tastiera, un po’ rosso in viso.

“Chi è?”

“Uh? Niente, lavoro” rispose sbrigativo.

“Il sabato sera?”

“L’industria discografica non dorme mai” rispose Yoongi con un sorrisetto malizioso e mettendo via il cellulare nelle tasche del lungo cappotto grigio. Jimin sbuffò divertito:

“L’ennesimo giornalista che vuole un’intervista esclusiva per chiederti della tua segretissima vita privata?”

Yoongi non rispose, semplicemente ridacchiò e si girò poi verso il finestrino. Jimin non se la prese, era abituato agli atteggiamenti evasivi di Yoongi. Si lasciò cullare dal movimento del veicolo in corsa e nel percorso dalla propria casa a quella – ben più imponente – di Seokjin cercò di rilassarsi e prendersi un momento per pensare a tutto quello che aveva nella sua vita e per cui doveva ringraziare.

Il fatto che il suo libro fosse stato accettato da più di un editore era già stato un miracolo, ma ancora di più lo era stato scoprire che una delle case editrici interessate al suo racconto era la più importante del mercato. Ci era voluto tempo e fatica, prima di arrivare alla pubblicazione. Nulla era stato semplice e Jimin aveva dovuto sudarsi tutto. Ma l’appoggio che aveva trovato in Yoongi era stato di valore inestimabile. Non soltanto lo aveva aiutato nei mesi in cui ancora stava revisionando la prima bozza del libro per poterla poi inviare a tutte le case editrici possibili, ma gli aveva anche offerto un grandissimo aiuto successivamente, una volta iniziati i rapporti con l’editore che voleva pubblicarlo. Anche Seokjin gli aveva dato una mano, sia personalmente che con i suoi contatti, aiutandolo a rendersi conto dei suoi diritti e guidandolo nelle fasi delle trattative a decifrare le parti più complesse del contratto che avrebbe dovuto firmare. Era stato un percorso lungo. Mesi per attendere una risposta, mesi per trovare un accordo, mesi occorsi all’editore per revisionare il romanzo, scegliere una copertina, un titolo adeguato. Infine mesi per mandare in stampa e pubblicizzare prima di pubblicare. Erano così passati due anni. Ma ce l’aveva fatta. E la cosa di cui era più grato era essere riuscito a raggiungere questo traguardo non solo con le proprie forze, ma anche grazie al sostegno di tutte le persone intorno a lui che gli volevano bene. Sostegno materiale, spirituale, emozionale. Di qualsiasi cosa avesse avuto bisogno – sfogarsi, riposarsi, piangere, lamentarsi, distrarsi – tutti i suoi amici, nessuno escluso, avevano fatto di tutto per non fargliela mancare. Il romanzo era suo, ma il merito della sua pubblicazione di tutti. Jimin era sicuro che questa non fosse solo una propria impressione: il giorno in cui aveva firmato il contratto avevano celebrato tutti insieme con una felicità tale che davvero risultava chiaro come ognuno percepisse quel traguardo come collettivo. Quella sera Jimin aveva anche telefonato ai genitori, per avvisarli. La mamma aveva mostrato un po’ più di emozione, dicendogli – seppur con voce incerta e tremante – di essere fiera di lui, ma il padre era rimasto piuttosto freddo. Ci era rimasto un po’ male, ma in qualche modo sentiva che prima o poi sarebbe riuscito anche a recuperare un rapporto con i genitori, forse quando il libro sarebbe stato ufficialmente pubblicato.

E adesso finalmente il libro era fuori, nelle librerie di tutto il paese e pubblicizzato su importanti testate che lo definivano “la rivelazione dell’anno”. Poteva davvero essere tutto vero? Cercò la mano di Yoongi istintivamente, quasi come per accertarsi che non fosse tutta un’illusione. Yoongi gliela strinse all’istante e Jimin sospirò sollevato.

Buttò uno sguardo fuori e si accorse che stavano per arrivare. La casa di Jin si intravedeva in lontananza tra la lunga fila di villette a schira e Jimin sentì un senso di benessere diffonderglisi nell’animo. Presto avrebbe festeggiato con le persone che amava di più. Un piccolo spillo lo trafisse al cuore. Non erano tutte. Jungkookie, tornerai mai a far parte della nostra vita? Quanto tempo ancora vorrai farci aspettare?

Yoongi lo scosse dai suoi pensieri. Gli fece notare di essere finalmente arrivati, così i due, dopo aver pagato il taxi, si diressero al cancelletto e suonarono il citofono. I ragazzi dentro aprirono senza nemmeno rispondere, forse li avevano visti arrivare dalle finestre del primo piano o dalle grandi vetrate del piano terra.

Prima di oltrepassare il cancello ed entrare nello spazioso giardino Jimin vide ancora una volta Yoongi buttare uno sguardo al cellulare e guardarsi poi nervosamente intorno. Stava per chiedergli spiegazioni, ma una voce squillante glielo impedì.

“Minnieeeee!! Finalmente sei arrivato! Il nostro uomo è qui!” urlò Hoseok saltandogli al collo e stritolandolo in un abbraccio. La serata era tiepida ed il ragazzo indossava una semplice camicia bianca leggera senza cravatta né giacca ed il sole in procinto di tramontare faceva apparire la sua pelle ancora più ambrata del normale. Hoseok era sempre stato allegro e solare, ma negli ultimi tempi si vedeva che era finalmente felice. E Jimin sapeva il perché.

“Hyung! Mi spiace per il ritard-”

“Non dirlo nemmeno per scherzo! Ho già rimproverato Tae, trattarti così proprio oggi! Infatti credo che poi ti abbia mandato un messaggio di nascosto per non farsi vedere da me… Comunque vieni, sono tutti dentro a bere, Joonie era impaziente di aprire il soju per cui ci siamo già fatti un bicchierino” sorrise poi amichevolmente in direzione di Yoongi “spero non vi dispiaccia”.

“Assolutamente no Hoseokah” rispose Yoongi ricambiando sereno il sorriso.

Oltrepassato il grande atrio, Jimin, Yoongi e Hoseok entrarono finalmente nel grande open space moderno che accoglieva sala da pranzo e cucina. Questa casa era formidabile, accessoriata con tutti i lussi del design moderno e Jimin ne era innamorato. Non era stupito che Namjoon si fosse ormai praticamente trasferito qui. Lo accolsero tutti festosi, Taehyung compreso. Abbracciò forte Jimin con un braccio rischiando di far cadere il soju nel bicchierino che aveva in mano. Uno alla volta tutti i ragazzi lo salutarono, per ultimo Jin il quale, da bravo padrone di casa, lo invitò anche a togliersi finalmente il cappotto.

“Ma è bellissimo!” esclamò mentre lo prendeva in mano “Yoongiah mi aveva accennato al volerti regalare un capo di pregio, ma con questo si è superato!”

Namjoon si avvicinò con sguardo interrogativo:

“Beh, è vero che è bello, ma non è alla fine un cappotto normale?”

Taehyung scoppiò a ridere, quasi sputando il contenuto del suo bicchiere, nello stesso momento in cui Jin alzava gli occhi al cielo con fare esasperato:

“Aaah Jonie, ma perché devi essere sempre così semplice?!”

“Hyung” intervenne Taehyung “quello è l’ultimo modello della collezione primaverile di uno dei fashion designer più in voga del momento. Possibile che tu non ne abbia mai sentito parlare?”

“Davvero?!” esclamò Jimin, colto anche lui di sorpresa “avevo capito che era costoso, ma non così tanto! Yoongi non me lo aveva specificato”

Taehyung lo guardò incredulo e Jin orripilato. Hoseok aggiunse il carico da novanta sul loro sbigottimento:

“Nemmeno io lo avrei mai capito, ad essere onesto”.

“Bestie! Siete delle bestie!” esclamò Jin allontanandosi per riporre il cappotto sull’appendiabiti.

“Ma non ti ho insegnato niente?” disse invece Taehyung a Hoseok che, di suo, ricambiò lo sguardo di rimprovero con una risata cristallina.

Namjoon anche stava per aggiungere qualcosa ma si bloccò:

“Scusate, dov’è Yoon? È già andato al bagno?”

Tutti si guardarono attorno e si accorsero che, in effetti, Yoongi non c’era più.

“Mi scompare il fidanzato la sera stessa del mio successo?” disse Jimin sconfortato non sapendo cosa pensare e facendo vagare gli occhi spaesati per la stanza.

“Ma no, sono qui” la voce di Yoongi giunse da dietro l’angolo del muro che divideva il salone dall’atrio. Entrò, mani in tasca nel cappotto che ancora indossava, sorriso alle labbra rosse “che melodrammatici. Ero solo andato un attimo fuori a ritirare un pacchetto”.

“Che pacchetto?” chiese Jin confuso, ma poi si interruppe, come se avesse capito.

“E’ permesso..?” disse una voce timida e calda. Jimin ebbe un tuffo al cuore e Taehyung con lui. Con passo un po’ incerto, fece capolino Jungkook. E Jimin lanciò un urlo.

Non fu capace di porsi domande su cosa ci facesse lì, in quel momento e in quella stanza, troppa la gioia che gli aveva pervaso il cuore al vederlo. Gli corse incontro d’sitinto, senza riuscire a fermare le lacrime e lo soffocò in un abbraccio fortissimo che il ragazzo più piccolo ricambiò ridendo felice. Taehyung dal canto suo aveva portato una mano davanti alla bocca, leggermente tremante e incredulo. Quando Jungkook sollevò lo sguardo su di lui da dietro la spalla di Jimin, non riuscì più. Si precipitò anche lui e cercò di scansare Jimin.

“Chim, levati! Dallo anche a me!”

Jungkook rideva e rideva, cercando di accontentare entrambi gli amici e intanto anche a lui iniziarono ad affiorare delle piccole gocce umide ai lati degli occhi luminosi.

“Che cosa ci fai qui?!” esclamò Jimin mentre Taehyung gli teneva ancora le braccia appese al collo.

“Va bene, basta, non me lo consumate, che il ragazzo mi serve!”

La voce di Yoongi giunse alle loro spalle e Jimin si voltò. Vide Seokjin, Hoseok e Namjoon tranquilli e non particolarmente sorpresi, e si chiese se non sapessero qualcosa di quanto stava accadendo.

“Yoongi… cosa significa? Kookie, che cosa ci fai qui?!”

Yoongi gli mise un braccio attorno alla vita:

“Oggi è un giorno speciale. Hai finalmente tutto ciò che volevi, ma mancava un pezzo no?” lanciò un’occhiata a Jungkook e il suo sguardo si riempì di dolcezza “Jungkookah qui ha talento da vendere. Lo capii già quella sera a casa di Hoseok-hyung, quando mi mostrasti i suoi video. Lui adesso ha terminato la scuola. Ha bisogno di un lavoro, io di un editor per i miei video. E voi due, anzi voi tre” indicò col dito i tre ragazzi più giovani “avevate bisogno l’uno dell’altro. Così ve l’ho portato qui”.

Taehyung e Jimin lo guardarono senza parlare. Non erano sicuri di aver capito bene il significato delle parole di Yoongi. Jungkook andò in loro aiuto.

“Hyung è stato gentilissimo con me. Mi ha contattato qualche mese fa per chiedermi che progetti avessi per il mio futuro. Quando mi ha proposto di lavorare qui a Seul per lui non potevo crederci”.

“Ma quindi- tu rimarrai..” iniziò Jimin, ma fu interrotto da Taehyung, che non riusciva a rinunciare al suo senso pratico nemmeno in situazioni del genere.

“Come ti sei messo in contatto con lui? Dal canale?”

Yoongi sorrise beffardo:

“Diciamo che ho avuto una fatina che mi ha aiutato”

Hoseok, appoggiato con i gomiti alla tavola di marmo, ridacchiò e fece segno di vittoria con le lunghe dita affusolate:

“Potrei aver fatto un giretto sulla tua rubrica. Te l’ho sempre detto che dovresti mettere il pin al telefono”

“Già” disse Yoongi “Jiminah non mi dice il suo e non volevo insospettirlo per cui ho chiesto a Hoseokah”.

Mentre Taehyung rimaneva a bocca aperta Jimin prese a guardare alternativamente Yoongi e Jungkook.

“Rimani qui Jungkookie..? È vero? Yoongi, è vero?”

Yoongi annuì stampandogli un bacio sulla fronte.

“Adesso ci siamo proprio tutti, no?”

“Vuol dire che è tempo di aprire lo champagne!” la voce di Jin trillò acuta mentre prendeva a distribuirne a tutti “facciamo un bel brindisi al nostro Park Jimin e al suo sicuramente splendente futuro!”.

“E a tutti voi” aggiunse il ragazzo sollevando il bicchierino colmo di liquido frizzantino color oro “le persone a cui tengo al mondo e senza cui non sarei qui oggi”.

Brindarono tutti insieme e la serata finalmente poté finalmente avere inizio. Jimin si guardò un po’ intorno. Namjoon e Jin stavano portando le pietanze in tavola, ridacchiando di qualcosa che solo loro sapevano. Poi spostò lo sguardo su Jungkook: non poteva ancora crederci. Il regalo di Yoongi era stato meraviglioso. Avrebbe avuto finalmente anche lui di nuovo nella sua vita e il pensiero gli fece inumidire gli occhi. Per così tanto tempo lui e l’amico avevano sognato che questo giorno giungesse e adesso il loro Jungkookie era proprio lì, vicino a Taehyung, a far la conoscenza di Hoseok. Osservando il più grande Jimin si chiese che cosa avesse risposto alla proposta di Taehyung. In quei frenetici giorni non aveva avuto tempo di parlare per bene con l’amico, ma glielo avrebbe chiesto tornati a casa perché voleva davvero sapere. Il suo cuore gli diceva però che era andato tutto bene. E che ogni cosa, ognuno di loro, era finalmente al proprio posto. Cercò la mano di Yoongi, la strinse forte e sorrise. Il tempo delle attese era finito.

 

Fine

 

 

 

Note dell’autrice: Ciao ciao ciao! Eccomi di ritorno dopo un bel po’ di tempo per un finale che è rimasto fedele al suo titolo e si è decisamente lasciato attendere. Che cosa dire? Mi dispiace davvero molto di aver pubblicato questa fic a singhiozzo, ma spero comunque che la lettura vi sia risultata gradevole. Per me è stato un piacere scriverla ed ammetto di essere un po’ dispiaciuta di essere giunta al termine perché forse mi sarebbe piaciuto rimanere ancora un altro po’ a curiosare nelle vite di questi sette ragazzi. Ma non mi piace l’idea di deragliare troppo una storia dal suo percorso, e credo che ciò che questa storia aveva da dire l’abbia detto tutto. Solo una cosina ancora rimane: e per questa aspettate solo un altro pochino poiché a breve arriverà un capitolo bonus dove si entrerà più nello specifico di una determinata situazione… sono sicura avete capito qual è ;)

Che altro aggiungere… grazie tantissimo a voi che avete seguito con pazienza per mesi lo sviluppo di questa storia, sia chi lo ha fatto silenziosamente, sia chi mi ha fatto sapere cosa ne pensava. Per favore datemi un feedback anche su questo ultimo capitolo: mi rendo conto che non è denso di azione, e la cosa mi dispiace visto il tempo che ho fatto aspettare per pubblicare, però era necessario per dare una degna conclusione alla storia, no? Se però vi ha fatto schifo, fatemi sapere anche quello, accetto ogni commento ahah E spero di aver reso un po' tutto chiaro, ma nel caso aveste dubbi su quanto succede nel capitolo non esitate a chiedere. 

Grazie ancora tantissimo (anche per essere arrivati alla fine di queste note) e se vi andrà di leggerlo spero di rivederci sul capitoletto bonus che prestò pubblicherò.

Annyeong, Elle ♥

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Capitolo 19
*** [B-side story] - Waiting bonus chapter ***


[B-SIDE STORY] - WAITING BONUS CHAPTER

 

 

[Seoul, tempo presente]

 

Con Taehyung al suo fianco, Jimin rientrò in casa, inalando con un profondo respiro il familiare odore del loro appartamentino. Pensò subito alla propria cameretta e al letto che lo attendeva per la notte e si rallegrò di aver deciso di dormire lì quella sera. Non accadeva spesso ormai: dopo il successo ottenuto dal suo album di debutto, Yoongi aveva iniziato a guadagnare a sufficienza per potersi permettere un appartamento più grande e quando lo aveva scelto aveva deciso di prenderlo con un’ampia stanza matrimoniale, così che Jimin potesse restare da lui ogni volta lo avesse voluto. Il che era quasi sempre. A Jimin piaceva molto la casa di Yoongi, era luminosa e moderna, essenziale ma in qualche modo accogliente e lui ci si trovava bene. Aveva parte dell’armadio e dei cassetti tutti per lui, il proprio spazzolino in bagno, persino un accappatoio personale. Non si era però ancora trasferito in modo definitivo. Non se la sentiva di lasciare da solo Taehyung e costringerlo a trovarsi un monolocale per conto suo e preferiva così di gran lunga fare un po’ la spola tra il suo appartamento e quello del suo fidanzato. Trovava fosse la soluzione migliore per tutti e Taehyung non aveva d’altro canto mai insistito affinché avvenisse il contrario. Jimin sapeva che nessuno dei due era ancora realmente pronto a fare un passo del genere e iniziare a vivere separati. Ciononostante, le serate trascorse a casa di Yoongi erano comunque piuttosto frequenti, e per questo Taehyung se ne meravigliò:

“Chim, come mai sei tornato a dormire qui? Proprio stasera poi, in un giorno dedicato a te… perché non sei con Yoongi?”

“Volevo stare un po’ con te. Parlare. Di cose importanti” Jimin vide gli occhi di Taehyung perdersi in uno sguardo smarrito “voglio sapere cosa ha risposto hyung. Anzi, no. Voglio sapere ogni dettaglio”.

Detto ciò, afferrò l’amico per un braccio e lo trascinò in cucina. Lo costrinse a sedere e prese poi a sua volta una sedia, accavallò le gambe e facendosi scappare un sorrisetto rimase in attesa.

Jimin era pronto a grandi novità. Aveva la sensazione che l’amico stesse per buttargli addosso una bomba bella grossa, esattamente come era accaduto quel fatidico giorno dell'anno prima, quando il suo telefono aveva squillato alle cinque del mattino.

 

[Seoul, un anno prima]

 

Una lampada da terra dalla luce soffusa, diverse magliette lasciate disordinatamente sul divano, una pila di scodelle sporche nel lavandino. Un basso tavolinetto con un paio di libri aperti, fogli sparsi pieni di appunti a terra, evidenziatori e penne lasciati in vari angoli della sala. Taehyung spostò lo sguardo su Hoseok. Non solo quello della stanza, ma anche il suo aspetto urlava “esame imminente alle porte”. Quanti giorni era che non si cambiava quella canottiera? Due? Tre? E chiaramente non aveva riposato a dovere.

Anche con le borse sotto gli occhi rimane bellissimo… Hoseok-hyung, come diamine fai?

“Taehyungie? Che c’è, hai caldo?”

Taehyung si riscosse dai propri pensieri e portandosi istintivamente una mano alla guancia si rese conto di essere completamente rosso.

“No! C-cioè un po’, scusami hyung, cosa… cosa stavamo dicendo?”
Hoseok lo osservò un attimo prima di rispondere:

“Ti stai annoiando vero? Mi dispiace Taehyungie, ti giuro che è l’ultima volta che ripasso questo capitolo, è che davvero ci sono delle cose che non riesco a memorizzare!”

L’espressione mortificata sul viso di Hoseok aiutò a riportare Taehyung completamente alla realtà. Si affrettò a rassicurare il ragazzo:

“Ma ti pare?! Non mi sto assolutamente annoiando! Sto seguendo tutto, te lo assicuro, è-è solo che… che…” che mi sono messo a pensare a quanto sei bello e la fantasia ha poi fatto il resto “si ecco, avevo un po’ caldo”.

Hoseok fece uno sguardo interrogativo, ma si alzò lo stesso:

“Ok, apro un po’ la finestra se vuoi. Certo che sentire caldo a novembre…”

“No, no, hyung va tutto bene! Lascia stare!”

“Ma non avevi caldo?!”

In realtà Taehyung era perfettamente a suo agio alla temperatura tiepida dell’appartamento e aprire la finestra alle sette di sera in pieno inverno non gli sembrava una buona idea. Insistette:

“Mi tolgo la felpa, tu sei in canottiera, non mi pare il caso di prenderti un malanno due giorni prima dell’esame, no?”.

Il ragionamento convinse Hoseok, che decise di tornare al suo posto, seduto sulla sedia al lato opposto di Taehyung, al tavolinetto pieghevole che aveva sistemato in cucina appositamente per studiare.

“A proposito hyung… ti sei fatto almeno una doccia? Sei distrutto e questa casa è un porcile. Almeno lavarti i panni… il cestino è completamente pieno. Hai intenzione di far trovare questo spettacolo a Namjoon-hyung quando tornerà?”

“Ah! Accogliere Namjoon è l’ultima cosa che mi preoccupa al momento! Lo so che qui è uno schifo, ma chi credi abbia avuto tempo di occuparsi delle pulizie di casa?”

“Nemmeno per l’igiene personale hai tempo?”

“Igiene personale! Tae, ho un esame tra due giorni! Due giorni! E non sono minimamente pronto!” esclamò Hoseok lanciando una penna per terra con stizza.

“Ma si che sei pronto” riprese il più giovane, per niente impressionato di fronti agli sbalzi umorali dell’altro. Ne aveva viste un bel po’ di crisi pre-esame nell’ultimo anno e mezzo, da quando Hoseok aveva iniziato i suoi studi presso la facoltà di psicologia “così a ridosso della data, va bene studiare intensamente, ma dovresti anche evitare di trascurare troppo sia te stesso che l’ambiente intorno a te, ti influenza negativamente e ti fa arrivare esausto il giorno dell’esame”.

“Fai subito tu a parlare con la tua razionalità”

“Hyong, è anche esperienza. Ne ho dati anche io di esami negli ultimi due anni e questo terzo non è una passeggiata”.

“Beh comunque è colpa di Joonie” rispose l’altro incrociando le braccia.

Niente, era inutile, quando Hoseok si lasciava prendere dalle emozioni parlava come un bambino. Taehyung però non si scompose, sospirò e basta, paziente:

“E perché sarebbe colpa di Joon-hyung?”.

“Perché è vero che la casa è uno schifo, ma dovrei occuparmene io?! Ho l’esame più tosto di tutto il semestre da dare, sono agitato, non dormo per studiare, ti pare che possa mettermi a pensare ai piatti nel lavandino o alla polvere sugli scaffali? Namjoon avrebbe semplicemente dovuto dire di no a questo viaggio con Seokjin e rimanere qui per darmi supporto morale e pratico, invece che lasciarmi da solo!”

“Da solo?”

La voce di Taehyung era incerta e Hoseok sentì una piccola scossa al cuore. Merda, pensò, me e la mia boccaccia.

“Hyung, non sei da solo… io che cosa ci sto a fare qui secondo te?” si alzò in piedi di scatto, con rinnovata energia “vuoi che ti metta a posto la cucina? Perfetto!”

Prima che Hoseok potesse ribattere, Taehyung si era già rimboccato le maniche e posizionato davanti al lavello. Invitò il più grande a portare la sedia vicino a lui e sedersi lì per riprendere con il suo ripasso e questi si lasciò convincere subito. Passarono così alcune ore, con Taehyung che puliva determinato prima le stoviglie, poi il lavandino, poi il ripiano della cucina, per poi passare al resto della stanza, sempre rimanendo comunque attento a ciò che Hoseok gli diceva, annuendo nei punti giusti, e facendo ogni tanto domande là dove credeva il ragazzo avesse bisogno di fissarsi meglio un concetto in testa.

Si fecero le nove di sera. Taehyung posò la scopa all’angolo della sala e si buttò sul divano, allungandosi sopra di esso.

“Aaah, tutto fatto hyung! Adesso direi che manchi solo tu”.

Hoseok si alzò dalla sedia in cui era rimasto seduto tutto il tempo e si stiracchiò per bene. Un angolo della canottiera nera si sollevò, scoprendo la pelle scura e Taehyung distolse lo sguardo percependo le proprie guance scaldarsi.

“Vero. È tempo anche per me di farmi una bella doccia” si guardò un attimo attorno, mani ai fianchi “uuoah! Non ci posso credere che mi hai davvero rimesso a posto tutta la sala! Taehyungie, grazie mille. Visto che sei così bravo se vuoi pensare anche a me fai pure!”

“M-ma che ti metti a dire?!”

Hoseok scoppiò a ridere davanti alla faccia color peperone del ragazzo. Si allontanò verso il bagno ed entrando esclamò:

“Se ti va io sono qui dentro, lascio aperto!”

Sentì Taehyung gridare “Smettila!!” e ridacchiando chiuse la porta. Il sorriso scomparve. Appoggiò la fronte alla porta e tirò un profondo sospiro. Aveva giocato con Taehyung, ma la verità era che non scherzava del tutto. Fece per girare la chiave nella serratura, ma fermò la mano a mezz’aria. Che cosa sciocca. Eppure… la speranza è l’ultima a morire.

Si svestì lentamente, mentre l’acqua scrosciava dalla doccia prendendo a scaldarsi. Quando fu della temperatura giusta – a lui piaceva bollente – entrò. Iniziò a insaponarsi piano e guardando dritto a sé intravide l’incerta sagoma della porta da dietro i pannelli opachi della doccia. Si sentì il viso di fuoco e gettò la spugna che aveva in mano a terra.

“Ma che cosa sono, un cretino di quindici anni?!” bisbigliò, irritato con sé stesso fino all’inverosimile “lasciare la porta aperta sperando che… che… diamine, non vivo mica in un drama! Aaaah Taehyungie, mi farai diventare matto…” si inginocchiò, accoccolandosi in un angolo della doccia e nascondendosi la testa tra le braccia. Doveva smetterla, doveva davvero smetterla. Pensare a Taehyung era devastante per lui. Sapeva di essere ormai come un treno dai freni rotti che si precipita a tutta velocità verso la sua imminente fine, ma non può arrestare la sua folle corsa. Perché folle era. Tutto ciò che provava per Taehyung era folle, forse anche sbagliato. E se non era sbagliato, era comunque insensato. Come avrebbe mai potuto funzionare tra loro? Certo, nove anni non erano un abisso, ma rimanevano comunque tanti. Taehyung avrebbe dovuto rimanere con gente della sua età, pensare alle feste universitarie, a divertirsi, viaggiare, vivere spensierato. Il mondo di Hoseok era popolato da persone in carriera – come Seokjin e Namjoon – che conducevano uno stile di vita diverso, avevano priorità diverse. Frequentando l’università, dove la gran parte degli studenti aveva l’età di Taehyung, il ragazzo aveva avuto modo di vedere lo stile di vita di chi è appena alle soglie dei propri vent’anni e si era accorto di quanto fosse diverso dal suo. E’ vero, stava studiando come loro, ma c’era una grande differenza tra le loro esperienze, le loro sensibilità, le loro percezioni del mondo. In tutta onestà, Hoseok non poteva dire di aver avuto voglia di stringere amicizia con qualcuno di loro. Davanti a tutti quei ragazzi più giovani di lui, si era sentito diverso, quasi escluso. Loro stessi si comportavano in modo più distaccato con lui, portandogli un rispetto a tratti anche esagerato, tutto per via della sua età. La cosa gli aveva fatto strano: non si era mai sentito così con Jimin e Taehyung, ma forse ciò era dovuto ad un rapporto che si era da subito costruito in modo diretto, informale, e alla confidenza che aveva dato fin dal primo istante ai due amici. Oltre al fatto che era diverso parlare a tu per tu, come accadeva con Jimin e Taehyung, rispetto al ritrovarsi di fronte a un’orda intera di neo-ventenni. Certo, a pensarci bene, anche Jimin a tratti rimaneva molto bambino e per questo Hoseok aveva sempre cercato di stargli il più vicino possibile e proteggerlo fin dove poteva. I genitori gli avevano voltato le spalle, aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lui. Taehyung però… Tae era qualcosa di completamente diverso. C’era una sicurezza nei suoi modi di fare, una fierezza nei suoi occhi, una decisione tale nel suo parlare, che era impossibile a volte ricordarsi dell’età che aveva. Anche il suo modo di reagire rimaneva sempre razionale, a tratti forse anche troppo, rischiando di farlo sembrare se non cinico comunque distaccato, freddo. Cosa che però non era e Hoseok lo sapeva bene. Perché pur dotato di una personalità forte e tratti scostante, Taehyung era una delle persone più leali, generose e affidabili che avesse mai conosciuto. Avrebbe dato la sua vita per i propri amici e il suo infallibile occhio clinico lo portava a capire sempre, e a volte per primo, se qualcosa non quadrava. Se uno di loro aveva bisogno di aiuto. Se doveva tendere una mano. E se serviva, Taehyung la tendeva e non si vergognava a farlo. Così come non si era fatto problemi a rimanergli vicino, letteralmente quasi ogni giorno, per quasi due anni, da quando si era iscritto all’università. Aveva promesso di non lasciarlo solo e non lo aveva fatto. Hoseok sentì il cuore scaldarglisi. Chissà che cosa aveva fatto di buono nella sua vita passata per avere una persona così straordinaria al suo fianco. Se lo chiedeva spesso, così come si chiedeva anche quanto sarebbe durato tutto ciò. Perché ovviamente sapeva che non poteva essere per sempre. Per quanto le ore trascorse con Taehyung fossero pura felicità per lui, nel frattempo, in un angolo del suo cuore, era preda di un continuo terrore. In questi anni era riuscito finalmente a non sentirsi solo grazie all’appoggio incredibile del ragazzo. Si era sentito accudito, protetto. Riprendere a studiare dopo tanto tempo non era stata cosa da nulla, ma ci aveva pensato Taehyung a tenerlo sulla buona strada. Ormai Hoseok si era abituato ad averlo spesso in casa propria, a sollevare la testa dal proprio libro e vederselo davanti, stupendo e assorto a sua volta nello studio dei propri testi, ad ordinare cibo insieme per non togliere tempo prezioso allo studio, ad incoraggiarsi a vicenda prima di sostenere un esame e rallegrarsi insieme quando veniva superato brillantemente. Ma Taehyung si sarebbe laureato tra pochi mesi e a lui stesso restava solamente un altro anno, poi sarebbe tutto finito. Non ci sarebbe stato più niente. Taehyung sarebbe diventato un bravissimo architetto e probabilmente avrebbero finito col prendere strade diverse. Il ragazzo avrebbe frequentato fiumi di gente interessante e presto anche lui avrebbe trovato lì in mezzo qualcuno in grado di stuzzicare il suo interesse. Cosa poteva farsene un futuro architetto di grido di un perditempo come lui? Che solo all’alba dei trent’anni aveva capito di dover dare un senso alla sua vita?

Hoseok capì di essere arrivato al punto limite. Quando questi pensieri iniziavano a farsi strada nella sua mente, si era allenato a bloccarli sul nascere. Sapeva che pensieri di tal genere erano quelli che affondavano radici nelle sue paure più profonde e che proprio per questo erano i più tossici di tutti. Se li avesse lasciati liberi avrebbero avvelenato tutto e perciò era importante non far loro oltrepassare una certa linea. Dar loro retta avrebbe significato entrare in un tunnel di disperazione e tenebra e la personalità fondamentalmente positiva ed ottimista di Hoseok non poteva accettarlo. Che senso aveva soccombere ad un’oscurità priva di speranza? Che nasceva da previsioni negative e pessimiste di un futuro che era ancora tutto da definire? Nessuno poteva dire se le cose sarebbero andate così. E anche fossero andate nel modo peggiore, pensarvi su, vivere già in quel tetro futuro, non avrebbe reso le cose più facili nel momento in cui fosse divenuto presente. Non avrebbe preparato Hoseok alla botta, non lo avrebbe aiutato a soffrire meno. Perché anche scegliendo di vivere nell’oscurità più fitta, una microscopica luce non cessa mai di brillare finché tutte le carte non sono messe sulla tavola.

La verità è che non si è mai preparati al peggio. Quindi tanto vale che mi goda ciò che ho ora.

Così pensando, Hoseok uscì finalmente dal bagno, profumato e pulito.

“Come nuovo!” disse entrando in sala “Mi ci voleva proprio, avevi ragione Taehyu-” si arrestò quando si accorse che il ragazzo, ancora sdraiato sul divano, si era addormentato profondamente. Lo osservò a lungo, catturato da quella bellezza così delicata, così eterea. Gli si avvicinò un po’ di più: lunghe ciglia, incarnato perfetto, labbra rosee, leggermente dischiuse. Si avvicinò ancora. Lasciò un morbidissimo bacio su quella guancia bianca.

Il mio Taehyungie…

Si ritrasse di scatto, portandosi d’istinto una mano alla bocca.

“Che cazzo faccio? Lui non…” andò velocemente al lavandino per prendere un bicchiere d’acqua e avere una scusa qualsiasi per allontanarsi dal ragazzo “lui non è il mio Taehyungie. Non è mio. Né mai lo sarà”.

Ricacciò indietro delle lacrime, poi sorrise. Drizzò meglio le spalle. Si voltò:

“Taeeeeee, che cosa fai addormentato?! Non hai fame? Ordiniamo qualcosa!!” e rise poi fragorosamente vedendo il più piccolo sobbalzare spaventato a quelle urla.

***

Quando lo chiamò per riferirgli che i risultati dell’esame erano usciti, non fu una sorpresa per Taehyung venire a sapere da Hoseok che lo aveva passato quasi a pieni voti.

“Visto? Ti agiti ogni volta senza motivo”.

“È inutile parlare con il senno di poi, era un esame veramente comples-”

“Che hai superato perfettamente” lo interruppe il più giovane “come ero sicuro avresti fatto. Complimenti hyung, sul serio. Ti senti più tranquillo ora che la tua media non è alterata?”

“Decisamente. Soprattutto sono felice del fatto che adesso di esami non se parlerà più fino a dopo Natale. La cosa merita festeggiamenti: ci sei domani sera?”

Taehyung non ci pensò su nemmeno un momento:

“Scrivimi dove vuoi andare e ci vediamo lì. Ora scappo che la pausa pranzo è finita”.

Richiuse la chiamata felice come sempre gli accadeva quando si sentiva con Hoseok e attraversò il campus in direzione della sua aula pensando intensamente a cosa avrebbe potuto indossare.

Tornò a casa non troppo tardi, ma comunque era già buio e quando entrò nell’appartamento lo trovò immerso nell’oscurità. Solo una luce da sotto una porta chiusa tradiva la presenza di Jimin nella propria stanza. Entrò senza bussare:

“Jiminie, sono tornato”.

Jimin sobbalzò di diversi centimetri, inveendo poi contro l’amico che lo aveva spaventato.

“Ero concentratissimo, non ti ho nemmeno sentito rientrare!”

“Beh sono qui” disse Taehyung ancora ridacchiando un po’ per la reazione che l’altro aveva avuto al suo arrivo “che facevi? Il libro?”

Jimin sospirò e iniziò a raccontare a Taehyung come fosse andata la sua giornata. A quanto gli disse qualcosa era andato storto con l’ultimo capitolo che aveva inviato e l’editore gli aveva così chiesto di effettuare parecchie modifiche.

“È tutto il giorno che cerco di capire come farli contenti e davvero non ne posso più”.

“Mi dispiace molto Minnie” disse Taehyung guardandolo rattristato “se c’è qualcosa che posso fare, se ti va di parlare… insomma, lo sai”.

Jimin annuì:

“Ma certo Tae, so che posso contare su di te. Ma già stamattina ho passato due ore intere al telefono con quel poveretto di Yoongi a lamentarmi e chiedermi se questo libro vedrà mai la luce, non mi va di iniziare anche con te. Anzi, sai che ti dico? Basta così” si alzò deciso dalla sedia e portò le mani sui fianchi “che ne dici se ce ne andiamo al supermercato e ci prendiamo qualcosa di buono da cucinare insieme stasera? Tu ed io, è tanto che non ricapita con tutti i nostri impegni. Ecco, questo potresti davvero farlo per me Taehyungie: farmi trascorrere una bella serata con il mio migliore amico”.

Taehyung fece l’occhiolino e si alzò a sua volta:

“Corro a riprendere il cappotto!”

In fretta si infilarono giacche, cappelli e sciarpe e in pochissimo tempo furono davanti alla porta d’ingresso, pronti per uscire.

“Sento che questa sarà l’ultima volta che vedrò la luce prima di un bel po’” disse Jimin sconfortato mentre Taehyung gli faceva cenno di prendere le scale dopo aver notato l’ascensore occupato “mi serviranno diversi giorni di reclusione per quel dannato capitolo temo…”

“Ma la sera non potresti uscire con Yoongi per svagarti un po’? In realtà domani dovrei vedermi con Hoseok-hyung, che stupido, mi sono dimenticato di parlartene!”.

Taehyung raccontò così a Jimin della conversazione avuta con il più grande e l’amico si rallegrò per l’esito dell’esame. Fece poi un’espressione pensierosa:

 “In realtà mi piacerebbe partecipare, però…” rifletté un altro momento e disse poi con voce mortificata “no Taehyungie, mi dispiace davvero tanto, ma non posso venire. Ci terrei a festeggiare con hyung, ma Yoongi dopodomani deve partire per lavoro e starà via qualche giorno, quindi vorremmo… insomma…”

“Stare per conto vostro, ovviamente, figurati Jiminie” Taehyung sentì nel proprio petto qualcosa di simile al sollievo all’idea di poter stare da solo Hoseok, ma decise di ignorarlo” con Hoseokie ci rifaremo tutti insieme in un altro momento! Magari quando torna Yoongiah”.

Erano arrivati al portone principale. Jimin schiacciò il bottone per aprirlo e Taehyung lo tenne aperto. Quando ripresero a camminare vicini alla volta del supermercato Jimin esclamò:

“Ma potreste sempre chiedere a Namjoon e Jin-hyung di unirvi a voi!”

Taehyung alzò gli occhi al cielo sorridendo:

“Come se anche loro non avessero i propri progetti! Tra l’altro non credo che chiedergli di far venire Namjoon sia il modo migliore per renderlo contento, ce l’ha ancora con lui per averlo lasciata solo in casa in quello che ha definito il periodo più critico della sua carriera scolastica”.

Jimin ridacchiò:

“Il solito esagerato. Beh intanto prova a dirglielo, no? Se glielo dici tu si convince”.

“Non credo basti che glielo chieda io…”

“Tae, io credo invece che acconsentirebbe a qualsiasi tipo di richiesta, purché gliela faccia tu”.

***

Ottenere quei biglietti fu più facile del previsto. Fu sufficiente dire a Jimin di averne bisogno per vederlo scattare e darglieli senza nemmeno insistere. Gli aveva balbettato a mezza bocca qualcosa riguardo a uno Yoongi impegnato e senza tempo per i Luna Park, ma Taehyung non sapeva bene se crederci o no. Conosceva l'amico come le sue tasche, e il suo istinto gli suggeriva che Jimin glieli avesse ceduti apposta. Non era comunque importante, quello che contava era che adesso quei biglietti fossero in mano sua, garantendogli l'ingresso all'inaugurazione del parco giochi più grande di Seul. A lui e anche a Hoseok, se avesse acconsentito ad accompagnarlo, ovviamente. Ma prima Taehyung doveva chiederglielo e non era per niente sicuro che il più grande gli avrebbe detto di si.

E invece, contrariamente alle aspettative, anche far dire si ad Hoseok fu relativamente facile. Avrebbe voluto invitarlo degnamente, in modo ufficiale, ma il suo animo vigliacco - che non spuntava fuori mai, tranne che nei momenti in cui più sarebbe dovuto restarsene al suo posto - non glielo aveva concesso. Aveva presentato il tutto come se fosse una casualità, come se non avesse passato le notti precedenti a pensare prima a come potersi far regalare i biglietti vincenti (alcuni ingressi erano stati messi in palio gratuitamente e sia Jimin che Taehyung avevano prtecipato alla lotteria, ma era stato il primo il più fortunato dei due) e a come convincere Hoseok ad accettare il suo invito poi. "Minnie e Yoon non possono piu andare, li hanno dati a me e mi sembra un peccato sprecarli, mi faresti il favore di accompagnarmi? Mi scoccerebbe perdere questa occasione". Era difficile prevedere la reazione di Hoseok: di solito era disponibile, ma andare al parco giochi era un'attività quasi interamente dedicata alle coppie o alle famiglie e Taehyung avrebbe capito perfettamente se il più grande non se la fosse sentita. Ci sarebbe stato male da cani, ma avrebbe compreso. E invece Hoseok- per qualche motivo- non era rimasto poi cosi scandalizzato dall'idea. Aveva però fatto presente che la sua compagnia avrebbe avuto un prezzo: "Se mi offri la cena mentre siamo lì, ci sto". Taehyung aveva provato a protestare. Aveva ricordato a Hoseok quanto lo avesse aiutato durante il periodo degli esami che si era appena concluso, ma il più grande gli aveva a sua volta fatto presente tutte le volte in cui gli aveva mancato di rispetto e Taehyung si era arreso. D'altronde, il suo obiettivo era uno ed era stato raggiunto. Almeno per il momento.

Non sapeva bene nemmeno quale fosse esattamente il prossimo obiettivo, né era sicuro che cosa sperava di ricavare da questa serata. È che le parole di Jimin lo avevano colpito e di nuovo era stato il suo istinto ad impedirgli di gettarle nel dimenticatoio: “credo che acconsentirebbe a qualsiasi tipo di richiesta, parchè gliela faccia tu”. Era una frase che forse Jimin aveva buttato lì così, senza nemmeno pensarci su molto, eppure Taehyung sentiva che così non era, che forse, anche se in parte in modo inconscio, l’amico aveva cercato di comunicargli un messaggio. Forse era stato il sorriso strano che aveva visto nel suo volto, o la piccola nota maliziosa che aveva colto nella sua voce e che lo aveva quasi portato ad arrossire. Taehyung non era sicuro del perché, ma quella frase gli era rimasta dentro. E sempre istintivamente nella sua mente aveva gradualmente iniziato a prendere forma questa idea. “acconsentirebbe a qualsiasi cosa… e se gli chiedessi…”. Chissà poi perché avrebbe dovuto tra tante cose proporgli proprio quella. L’unica spiegazione che Taehyung trovò non gli fece piacere: dentro di sé, nella parte più oscura ed egoista del suo cuore, vedeva questa come una sorta di prova. Se Hoseok avesse davvero acconsentito ad andare al Luna Park con lui, il suo orgoglio l’avrebbe presa come una conquista, una vittoria. Ma gli era sembrata, questa, una motivazione meschina e ci aveva ripensato. Ma poi era uscita la lotteria e a lui era parso un segno del destino. Ed ora era lì, che si avviava verso l’ingresso del parco domandandosi perché invece di sentirsi euforico come aveva creduto si sentisse ancora più schiacciato da un peso enorme. Forse perché sapeva che se dopo un’uscita così significativa nulla tra loro fosse cambiato, si sarebbe dovuto arrendere all’idea che non sarebbe successo mai più. Ma su cosa dovesse concretamente fare per smuovere questa situazione di stallo, Taehyung non aveva la più pallida idea, né la sua mente divenne più lucida alla vista di Hoseok. Al contrario, andò ancora più in confusione. Le luci abbaglianti e multicolore del parco disegnavano sul suo volto le più belle sfumature, donando, per contrasto, ancora più vitalità alla pelle ambrata del giovane. Sembrava assorto nei propri pensieri ma appena intravide il più piccolo ogni ombra sembrò sparire dal suo viso per far posto al più bello e dolce dei sorrisi, e Taehyung, come sempre gli accadeva, si innamorò diecimila volte di più.

Taehyung era bellissimo e Hoseok avrebbe voluto che i suoi occhi non si staccassero mai da lui, che lo guardassero sempre così, con quel misto di ammirazione, dolcezza e fiducia. Che cosa avrebbe fatto quando avrebbe preso a guardare qualcun altro in quel modo? Hoseok non riusciva a immaginarlo. Una vita senza Taehyung non riusciva più a immaginarsela. Ecco perché aveva accettato di andare con lui questa sera. Sapeva che il ragazzo aveva solo bisogno di qualcuno che gli facesse compagnia, eppure era rimasto lo stesso un po’ stupito che tra tutti avesse chiesto proprio a lui. Ma probabilmente, in un futuro nemmeno troppo lontano, il ragazzo avrebbe preso a fare questo genere di attività con qualcun altro e Hoseok aveva colto al volo, disperatamente, questa opportunità. Voleva andare con Taehyung immaginando che fossero una coppia. Voleva che le altre persone lo credessero. Voleva convincersene lui stesso, vivendo seppur solo per poche ore una vita che forse non gli sarebbe mai stata concessa.

Si divertirono molto e Taehyung mantenne la sua parola, offrendo la cena a Hoseok nel posto che preferiva. Se durante la prima parte della serata si erano dati alle attrazioni più spericolate, dopo aver mangiato si concessero solo quelle più tranquille e come ultima cosa decisero di salire in cima alla torre che svettava su tutto il parco e godersi il panorama notturno.

Si appoggiarono alla balaustra e sentirono entrambi i sensi rilassarsi. Erano stati bene e ripensando al tempo appena trascorso insieme Taehyung si accorse che aveva del tutto scordato i suoi “piani” per far funzionare le cose tra loro. Durante le varie attrazioni, Hoseok sembrava essersi davvero divertito e si rese conto in quel momento di aver vissuto ognuno di quei momenti con in cuore solo la serenità donatagli dalla vista del benessere dell’altro. Capì di essere molto meno egoista di quanto pensasse.

“Hanno fatto un buon lavoro, con questo Luna Park” disse rivolto a Hoseok. Il più grande annuì, un sorriso pacifico sul volto. Taehyung si schiarì la voce, un po’ esistante:

“dunque… dunque non è stato… difficile? Venire qui?”.

Hoseok aspettò un momento prima di rispondere, come in attesa di altro. Quando capì che la domanda era tutta lì aggrottò la fronte:

“Che intendi con difficile? Il traffico..?”

“No, no!” Taehyung si affrettò a chiarire “intendo… venire in un Luna Park, non ti ha… fatto tornare brutti ricordi?”

Una luce negli occhi di Hoseok suggerì a Taehyung che il ragazzo aveva finalmente capito a cosa alludesse. Con sua sorpresa però, lo vide sorridere, e la sua risposta non fu ciò che si aspettava:

“No, Tae, ovvio che no. Quello che ti ho raccontato…” abbassò un po’ la voce e Taehyung fu costretto ad avvicinarglisi. Adesso i loro giubbini si toccavano e se avessero voluto anche le loro mani avrebbero potuto fare lo stesso “è certamente qualcosa di brutto che mi è accaduto e si, in qualche modo ha lasciato in me una sua traccia, ma non in questo senso. Non mi è più capitato di andare ad un Luna Park in questi anni più per causalità che per scelta. Forse all’inizio sì, ma poi semplicemente perché non ho più avuto l’occasione”.

Terminò di parlare e guardò poi Taehyung con sguardo cristallino. Non stava mentendo, sembrava sereno. Un’ombra però passò sul suo viso di fronte all’espressione confusa di Taehyung. Si sentì per qualche ragione in dovere di dare spiegazioni e riprese:

“Ero giovane, Tae! E’ vero ho avuto una bella delusione e quel ragazzo mi piaceva molto, ma ero pur sempre un raga-”

“Un ragazzino?” c’era una nota di rabbia nella voce di Taehyung e la cosa lo sorprese “avevi intorno ai vent’anni va bene, e quindi? Che cosa significa?”

Hoseok si drizzò meglio e gli venne naturale spostarsi in un angolo verso il muro, più al riparo dalle poche altre persone che erano con loro a godere del panorama della terrazza. Il tono del più giovane aveva qualcosa di allarmante e sembrava che il ragazzo fosse pronto a urlare di lì a poco. Lo prese quindi per un braccio per portarlo con lui  chiedendogli spaesato cosa succedesse.

“Voglio solo capire che cosa intendi quando dici ero giovane, come se questa fosse una ragione sufficiente. Che cosa c’entra l’età con ciò che si prova?”

“N-no non è per forza-”

“Credi forse che qualcuno più giovane, qualcuno come me, non sia capace di amare allo stesso modo di qualcuno come te?”

C’erano lacrime adesso nei suoi occhi e Hoseok si sentì stringere il cuore. C’era sofferenza in loro, una sofferenza che mai prima di quel momento Taehyung aveva mostrato e che penetrò nel petto di Hoseok come una freccia. Lo afferrò per le braccia e lo scosse leggermente, anche la sua voce iniziò a tremare, ma cercò di mantenere un tono basso:

“T-Tae, non sto dicendo questo, tu sei-“

“Giovane! Sono giovane anch’io hyung! Lo so!” Taehyung si liberò della presa di Hoseok con uno strattone “Ma pensi che i miei sentimenti non possano essere ugualmente forti, stabili? Validi? Credi che non sarei capace di amare, di amarti, in mod-”

Incapace di trattenersi oltre, Hoseok lo afferrò di nuovo, questa volta portandolo completamente verso di sé e stringendolo forte prima di unire le loro labbra. Non sapeva il perché, sapeva solo che in quel momento, di fronte alla disperazione crescente che aveva visto nascere nel ragazzo, era quella la cosa che gli era sembrata più naturale fare. Ne aveva bisogno e a quanto poté capire, dal modo in cui Taehyung ricambiò, il bisogno era di entrambi. Il loro contatto non durò a lungo, ma fu intenso e Hoseok vi si abbandonò del tutto. Aveva aspettato così a lungo e quando lo aveva sentito rispondere positivamente al suo gesto avventato fu come se tutto il dolore che si era portato dentro per tutti quegli anni avesse acquistato un senso. Gli sembrò per la prima volta nella sua vita utile, necessario. Se non avesse sofferto così tanto, come avrebbe potuto capire davvero il significato della gioia che lo stava inondando adesso? Staccò da sé in modo deciso Taehyung, che invece chiaramente avrebbe continuato. Lo vide aprire gli occhi e notò il suo sguardo mutare come le nuvole in cielo: sognante prima, incredulo un attimo dopo. Non gli dette modo di parlare.

“Taehyungie… io credo che tu sia…” si fermò un attimo a riprendere fiato, la sua voce un sussurro “la persona più straordinaria sulla faccia del pianeta e credo che la tua età non significhi assolutamente nulla, almeno per me” si guardò intorno per un secondo. Poche persone, forse nessuno li aveva visti, ma aveva fretta di andarsene di lì. Prese delicatamente la mano di Taehyung e la strinse nella propria. Sorrise malizioso “E credo anche che vorrei davvero, davvero portare questa conversazione da un’altra parte”.

Entrarono in casa di Hoseok trepidanti e accaldati, incapaci di resistere oltre al bisogno di un contatto che avevano dovuto evitare durante tutto il tragitto verso l’appartamento. Percorsero la strada dall’ingresso al letto senza mai staccarsi, con Taehyung sempre più impaziente e Hoseok sempre più euforico. Stringeva Taehyung toccandolo ovunque, quasi non potesse capacitarsi che il giovane lì di fronte a sé fosse reale, caldo, pieno di vita e suo.

Quando lo stese sul letto morbido, si fece guidare dalle sue mani più esperte e Hoseok non avrebbe potuto desiderare altro. Lo aveva voluto per cosi tanto tempo senza saperlo e anche quando lo aveva capito aveva creduto di non poterlo mai avere. Vedere ora quel ragazzo di solito posato, sicuro di sé e scostante sciogliersi in quel modo sotto il suo tocco e abbandonarsi completamente a lui gli fece venire le lacrime agli occhi. Quando poi la sua voce roca sussurrò vicino al suo orecchio “ti amo Hoseok” il mondo intero si appannò. Si strinsero ancora più forte e furono finalmente una cosa sola.

Taehyung si svegliò poco prima delle cinque del mattino. Gli ci volle qualche secondo per capire dove si trovava, ma presto i ricordi della notte appena trascorsa riaffiorarono con slancio. Il cuore prese a battergli fortissimo e il profilo di Hoseok, steso lì di fianco a lui, morbidamente appoggiato al cuscino, fu la prova che non aveva sognato. Provò ad addormentarsi di nuovo, ma non riuscì. Troppa l’emozione, la novità, la felicità. Si girò su in fianco e i suoi occhi si posarono sui pantaloni che aveva lasciato per terra prima, sul cellulare che faceva capolino da una tasca poi. Sorrise. Non vedeva l’ora di sapere come avrebbe reagito il suo migliore amico.

 

 

[Seoul, tempo presente]

 

“Hoseokie…”

“Si?”

“Ho bisogno di una mano, potresti un momento?”

Tahyung vide Hoseok sollevare lo sguardo dal manga che stava leggendo. Si era accoccolato sul divano e indossava una felpa larga verde smeraldo che era stato proprio lui stesso a regalargli. Gli stava perfettamente.

“Un aiuto per cosa? Cosa sono quei fogli?” quando Hoseok gli faceva qualche domanda la sua curiosità lo portava sempre rendere l’intonazione più acuta del necessario ed era questa una cosa che Taehyung adorava. Un po’ di incertezza lo assalì prima di rispondere. Non sapeva se quello era il momento migliore per tirar fuori l’argomento, ma Jimin era fuori con Yoongi a comprare il completo che avrebbe indossato il giorno, ormai prossimo, della pubblicazione del suo libro, e sarebbe rimasto da lui fino al mattino dopo. Era tanto che Taehyung voleva parlare con Hoseok e adesso che finalmente stava vedendo il sogno dell’amico realizzarsi aveva provato un senso di impellenza nel voler esaudire i propri. Ma senza Hoseok i suoi avrebbero perso di significato, per questo adesso era lì, di fronte al più grande che lo guardava interrogativo, a chiedersi se davvero era pronto a un passo del genere.

Decise che non lo sarebbe stato mai, per cui non esisteva un momento migliore o uno peggiore.

Non rispose subito, ma andò al tavolo e aprì i diversi grandi fogli che fino a un attimo prima teneva arrotolati in mano.

“Guarda tu stesso”.

Hoseok si alzò repentinamente e si affrettò a guardare il contenuto di quelle carte misteriose. Taehyung osservò la piccola ruga in mezzo alle sue sopracciglia aggrottate farsi ancora più profonda quando capì cosa stava guardando ma non il senso.

“E’ la pianta… tu e Chim volete restaurare casa?”

Taehyung ridacchiò, ma tornò subito serio:

“Questa casa non è nostra sciocchino. No, non c’entra nulla Jimin, questo sono…io. Mi hai chiesto qualche tempo fa cosa ho intenzione di fare con il mio futuro e il pezzo di carta che mi sono guadagnato all’università, ebbene è questo” indicò i vari fogli che aveva sotto gli occhi “Ti avevo già detto di voler costruire da zero una mia casa, ma non ti avevo mai mostrato materialmente quanto concreto fosse il mio desiderio. Questi sono progetti di case a cui sto lavorando da anni, ogni giorno aggiungo qualcosa, ogni giorno ne rimuovo tre. Sto considerando ogni particolare, ogni dettaglio che possa rendere questo luogo il più bello del mondo. Almeno per me. Sono cresciuto in un minuscolo appartamento di un grande condominio, senza privacy, senza comfort, senza bellezza. Entrambi i miei genitori lavoravano troppo e nessuno dei due ha mai avuto tempo di occuparsi della casa. Era angusta, poco accogliente, troppo stretta per tutti e cinque. Qui, dove sono ora con Jimin, in confronto è quasi una reggia, accidenti almeno ho una camera mia, un armadio mio! E qui, in questi fogli, sto lavorando per costruire il mio sogno: una casa mia, costruita interamente da me, progettata personalmente in ogni minimo particolare. Voglio diventare il più bravo architetto di Seul non per la gloria o la fama, Hoseok, ma per avere l’opportunità di costruire il posto perfetto per me. Ogni mio sforzo sarà per questo fine, ogni mia risorsa verrà impiegata per riuscire a regalare al me bambino il suo più grande desiderio”.

Aveva parlato di getto, senza sollevare lo sguardo dal foglio e sentendosi le guance in fiamme, e solo quando Hoseok si schiarì la gola finalmente posò di nuovo su di lui. Sentì la sua mano morbida cingergli la vita.

“Tae, grazie… per avermi mostrato tutto ciò. Io non avevo idea che tu stessi già da ora progettando la tua casa” Taehyung sentì uno spillo trafiggergli il cuore a quel ‘tua’ “È un’idea bellissima e io so già da ora che riuscirai a dar vita a qualcosa di meraviglioso”.

“Non sono l’unico che può rendere tutto ciò meraviglioso” la sua voce era un sussurro e sperò Hoseok lo avesse sentito. Aveva paura di ciò che voleva dire e ripeterlo gli sarebbe stato impossibile. Si fece coraggio e guardò il suo fidanzato negli occhi “il posto perfetto per me… è-è… se sono da solo non-” sentendo il fiato mancargli e non riuscendo a sostenere oltre lo sguardo incerto di Hoseok decise di tentare il tutto per tutto buttandosi. Avvicinò il più grande a sé e lo baciò con dolcezza. Ogni volta che lo faceva sentiva ancora il cuore battergli forte come la prima volta. Con gli occhi chiusi, in un morbido bisbiglio, disse le parole che tanto bramava condividere: “vieni a vivere con me Hoseokie” sentì l’altro irrigidirsi appena ma non si fece scoraggiare e, anzi, gli prese entrambe le mani e lo guardò pieno d’amore “la casa che sto progettando… è per tutti e due. La costruiremo insieme ed io farò tutto quanto in mio potere per esaudire ogni tuo desiderio. Vorrai un attico? Te ne metterò tre. Un grande giardino? Te lo costruirò grandissimo. Lavorerò giorno e notte per poterti assicurare tutto questo, l’unica cosa che tu devi fare, Jung Hoseok, è dirmi di si”.

***

“E quindi? Che cosa ha risposto??” esclamò Jimin, quasi impazzito per la tensione.

Il sorriso di Taehyung gli fece capire tutto. Urlò di gioia per l’amico e dopo averlo stritolato in un abbraccio fortissimo corse a prendere la migliore bottiglia di spumante che avessero in casa.

 

 

 

Note dell’autrice: allora questo capitolo bonus era davvero sul punto di non vedere mai la luce, dapprima perché non riuscivo a terminarlo, poi perchè ero fermamente intenzionata a non pubblicarlo. Ma mi sono sentita in colpa nei confronti di questi due personaggi, e quindi ho sentito che alla fine, per quanto cheesy e sloppy, si meritavano anche loro un finale. E dunque eccolo, un piccolo “capitolo OS” per mettere davvero la parola fine a questa fic. Spero vi sia piaciuto, e non esitate a farmi sapere la vostra opinione nei commenti. Grazie a chi ha fatto ritorno qui dopo mesi per questo capitoletto e grazie anche a chi lo ha letto insieme a tutto il resto della fic. È fatta, finita! Non mi avete mollata dopo le prime tre righe! Ahah Grazie di cuore davvero. Love you all.

Spero di riuscire a tornare presto con nuove storie (sono disponibile a richieste! ahah), nel frattempo, arrivederci ~

Baci baci, Elle ♥

 

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