Noch noch: are you ready to play your Role?

di Zomi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ciak 1 ***
Capitolo 2: *** Ciak 2 ***
Capitolo 3: *** Ciak 3 ***
Capitolo 4: *** Ciak 4 ***



Capitolo 1
*** Ciak 1 ***


 

 
** Fanfiction ideata da Daga & Virgo e partecipante all’iniziativa
“Inventa la trama, noleggia l’autore” indetta dal Midori Mikan **


 
 
NON E’ UN FILM TESORO,
E’ IL DESTINO CHE GIOCA
 
 


 
-Fratello mi raccomando: alle nove nella Hall dell’Hotel Thousend Sunny. Mi raccomando: devi essere in super orario e non devi perderti. Ok? Zoro ti prego: sii super puntuale e davvero, ti supplico… non ti perdere!!!-
 
Tsk.
Per chi lo aveva preso il suo agente?
Per un moccioso che si perdeva non appena metteva piede in una città che non fosse la sua?
Grugnì, urtando con la spalla un passante, che rispose con altrettanta educazione, sibilando scontroso.
Mugugnò contrariato, riprendendo il filo dei suoi pensieri.
Solo perché, durante le riprese dell’ultimo film, si era accidentalmente  perso un paio di volte, e dagli Studios dove si tenevano le riprese si era ritrovato, per una serie di equivoche indicazioni stradali, dall’altra parte della città, ciò non voleva dire che si perdeva ogni volta che non veniva accompagnato da qualcuno.
Poteva capitare a chiunque di perdersi, e non solo a lui, attore, bello, al culmine della sua carriera lavorativa e che girava il mondo recitando in ogni set.
Il suo inesistente orientamento era una diceria, e quei isolati casi di smarrimento personale non facevano testo.
E non lo faceva nemmeno il fatto che quella sera, dopo aver lasciato l’aeroporto e Franky con le sue valigie per sgranchirsi le gambe lungo le vie di Dressrosa, dopo tredici ore di volo, si trovasse in un quartiere squallido e poco illuminato e che di certo non era quello in cui si ergeva l’Hotel Thousend Sunny, men che meno uno di quelli del centro città.
Lui non si era perso.
Roronoa Zoro non si perdeva mai, semplicemente aveva preso la scorciatoia sbagliata.
Tutta colpa di quei dannati cartelli mal illuminati…
Iniziava a odiare di già Dressrosa, non solo per essere la città dove avrebbe dovuto girare l’ennesimo film melenso e romantico, per il pubblico femminile che gli permetteva il suo stile di vita, ma soprattutto per la totale somiglianza tra le varie vie cittadine che lo avevano fatto perdere.
Stupide vie!!!
Si passò una mano tra i capelli verdi, sbuffando mentre avanzava sul marciapiede, osservando i locali notturni accendersi mentre i negozietti rintanavano le loro rassicuranti vetrine dietro spesse grate di ferro.
Era tardi, le undici e mezza passate e aveva voglia di una bella birra fredda, un posto dove potersi sedere e far riposare le gambe, ora dolenti per la lunga camminata, e possibilmente nessun paparazzo a rompere le scatole.
Infossò le mani nei jeans scuri, superando l’unta vetrina di un take away, il cui profumo di lardo fritto e cipolla dolciastra gli fece storcere il naso.
Avrebbe potuto tranquillamente accendere il cellulare e chiamare Franky, facendosi recuperare in un batter d’occhio, ma le luci ombrate di quel quartiere lo affascinavano, ricordandogli un po’ il suo paese natale, e il fatto che nessuno dei radi e chiassosi passeggiatori che lo circondavano non lo avesse ancora fermato per un autografo con isteriche urla da ragazzina in calore, lo rincuorava.
Nessuno lo conosceva lì.
Non era l’attore bello da morire e dal ghigno seducente, ma semplicemente un ragazzo in jeans e giacca leggera che girovagava in cerca di un pub che era riuscito a superare il test della sanità pubblica, e che garantiva birre fredde senza l’aggiunta del botulino.
Si aggirò per un po’ lungo le vie del quartiere che andava a scurirsi insieme alle tinte nere della notte, fermandosi in fine davanti a un bar illuminato semplicemente dalla sua stessa insegna, che lampeggiava pigramente tra un balzo di corrente e un altro.
-… Green Bit…- ghignò leggendone il nome, afferrando subito la spessa maniglia antipanico della porta, entrando con una fluida falcata all’interno del pub.
La prima cosa che notò, con sommo piacere, era l’abbondanza di birra che colmava i boccali che i clienti della bettola facevano cozzare tra loro, tra risate e fischi eccitati rivolti a una giovane ragazza che ballava sul bancone degli alcolici, ancheggiando e ammiccando maliziosa verso il suo pubblico improvvisato.
Il bar non era grandissimo, e i pochi arrendi che lo riempivano erano disposti quasi tutti attorno al bancone degli alcolici, su cui lampeggiava una Tv mal sintonizzata e pompava uno stereo ben piazzato sopra le mensole dei liquori, che traballavano per il volume eccessivo.
La musica riusciva a zigzagare da parete a parete del locale, rimbalzando sulla cartapesta sudicia e scusa e sotto le luci soffuse dei lampadari oscillanti del soffitto, che promettevano di sfracellarsi al suolo entro fine serata.
Ma nonostante l’ambiente per niente ospitale e accogliente, il locale era gremito di gente, forse più per la ballerina che dava spettacolo che per il servizio del posto, e che si facevano rimboccare i bicchieri a ogni giravolta della minigonna della ragazza, facendo risuonare allegra la cassa del pub.
Zoro ghignò, guardandosi attorno, soddisfatto che la sua entrata non avesse attirato nessuna attenzione da parte dei beoni, che avevano continuato ad incitare la ballerina improvvisata con urla e spintoni.
-Ti dico che è lei!!!- ululò un omaccione, gettando il pungo nell’aria, schivando di poco il mento del verde.
-Ma chi se ne frega se è lei o meno…- gli passò un braccio attorno al collo un suo compare, gettando anch’egli il suo bicchiere di birra vuoto in alto -… ha delle gambe da urlo: BALLA ANCORA BELLEZZA!!!!-
Le iridi nere di Zoro zigzagarono tra la folla, cerando lievemente curioso di distinguere il corpo della ballerina tra quelli ammassati al bancone dei vari ubriachi, ma non riuscendovi si fece spazio tra la folla riuscendo a sedersi a un basso tavolino tra quelli disseminati nel locale.
-Ehi!!!- alzò un braccio verso una cameriera dal caschetto verde e i grandi occhi marroni –Una birra-
-Eh si si certo… scusi…- arrancò tra i clienti quella, avvicinandosi con un vassoio stracolmo di bicchieri sporchi -… tra un po’ arrivo… stasera c’è ressa…- ridacchiò indaffarata.
-Si, ressa- sghignazzò Zoro, fissandola scomparire tra la folla, momentaneamente calmata per il cambio di canzone su cui ancheggiava la ragazza sopra al bancone.
Ci fu un chiassoso mormorio,  tra scambio di battute sconce sulla bella e ordinazioni urlate con voce già impastata dall’alcol, ma non appena le prime note di una nuova canzone riempirono nuovamente il locale, gli ululati eccitati dei beoni e uno scrosciare di bicchieri rotti si amplificò, facendo tremare le mura del pub.
 
I know a place where the grass is really greener
Warm, wet and wild, there must be something in the water
Sipping gin and juice, laying underneath the palm trees
The boys break their necks
trying to creep a little sneak peek at us

 
Drizzò il collo verso il bancone, notando un ragazzo dallo strano ciuffo biondo che, storcendo la faccia nel vano tentativo di lanciare un occhiolino alla ballerina, stava rantolando a terra colpito in pieno volto dal tacco della su detta ragazza.
Un ghigno divertito si allargò sul suo viso, ruotando le iridi a notare come, nonostante le movenze e le parole della canzone invitassero a sbirciare sotto la gonna della ragazza e a sfiorarla, i clienti si tenessero a debita distanza, non diminuendo però i decibel dei loro urli eccitati.
Era evidente che la ragazza si sapeva difendere, se era ancora vestita e in piedi sul bancone, e che quel biondo dall’occhiolino mal riuscito era solo l’ennesimo cliente che aveva provato a fare il furbo, meritando una giusta punizione tacco dodici in faccia.
 
California girls, we’re unforgettable
Daisy Dukes, bikinis on top
Sun-kissed skin, so hot will melt your popsicle
Oh, oh, oh, oh, oh, oh

California girls, we’re undeniable
Fine, fresh, fierce, we got it on lock
West coast represent, now put your hands up
Oh, oh, oh, oh, oh, oh
 
Sex on a beach
we don't mind sand in our stilettos
We freak in my jeep,
Snoop Doggy dog on the stereo

 
-Ecco qui la sua birra- fece tintinnare sul tavolino il boccale schiumoso la cameriera dal caschetto verde, attirando l’attenzione di Zoro, ancora ghignate nel veder il biondo rantolare a terra.
Annuì portandosi alle labbra la birra, ruotando gli occhi sul locale, fino a posarli proprio sul bancone, incuriosito dai latrati vogliosi della folla sempre più ammassata attorno alle sgambettanti cosce della ballerina, la cui chioma, solo ora riusciva a intravederla, era rossa come il fuoco e brillava sotto la pallida e giallastra luce al neon della zona bar.
Indossava un tubino nero, morbido sui fianchi accentuandoli come i seni, tondi e sodi che facevano capolino dal corpetto, mentre le braccia, chiare e invitanti, danzavano attorno al capo ramato della proprietaria.
La vide oscillare con le gambe, scendendo a piegarle fino a sfiorare con le ginocchia il ripiano del bancone, facendo sbavare i clienti che si ammassavano attorno a  lei vogliosi, risalendo poi di scatto e con un colpo di reni mettendo in mostra il sedere tondo e sodo, nascosto sotto la minigonna nera, mandando in estasi alcuni dei beoni.
 
California girls, we’re unforgettable
Daisy Dukes, bikinis on top
Sun-kissed skin, so hot will melt your popsicle
Oh, oh, oh, oh, oh, oh
California girls, we’re undeniable
Fine, fresh, fierce, we got it on lock
West coast represent, now put your hands up
Oh, oh, oh, oh, oh, oh

 
Ghignò coinvolto dalla danza della rossa, e si stupì di come il suo piede tenesse il tempo della canzone sotto il tavolino, mentre le dita tamburellavano contro il vetro del boccale ormai vuoto.
Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, ampliando sempre più il suo ghigno divertito.
I suoi boccoli rossi, gli occhi color marrone scuro simili al cioccolato fondente, le labbra carnose che si incurvavano maliziose nell’incrociare gli occhi allupati della folla che la incitava, le mani che graffiavano le rastrelliere delle luci al neon, le gambe affusolate che saltellavano prima di oscillare con tutto il formoso corpo, in una provocante onda.
Fece un giro su se stessa, oscillando i ricci di rame, portando le mani ai fianchi mantenendosi di spalle, ancheggiando e piroettando ricevendo l’ennesimo ululato di fischi e urli di eccitante approvazione.
Ci sapeva fare, lo doveva ammettete Zoro, ci sapeva decisamente fare.
 
Toned, tan, fit and ready
Turn it up cause its gettin’ heavy
Wild wild west coast
These are the girls I love the most
I mean the ones, I mean like she’s the one
Kiss her, touch her, squeeze her buns
aaah

 
The girls a freak, she drives a jeep
The men on the beach,
I’m okay, I won’t play, I love the bay
Just like I love LA
Venice Beach and Palm Springs
Summer time is everything

 
Sorridendo maliziosa la rossa roterò su se stessa ancora una volta, seguendo le parole della canzone.
Fece scivolare una mano dal seno al fianco, facendo l’occhiolino agli uomini che la circondavano, per poi inviare un bacio con un soffio, oscillando le spalle e facendo ricadere una cascata di riccioli rossi sul suo viso, celando per un attimo gli occhi colmi di furbizia e lussuria prima di risollevarsi con il busto e portarsi le mani sopra i seni, ancheggiando con falsa innocenza.
E poi, come se fosse un palco, scese dal bancone con naturalezza, continuando a ballare in mezzo alla folla, facendosi spazio e giocherellando con qualche ragazzo, stirando qua e là colletti e distribuendo pizzicotti sulle guance, quasi fosse in cerca di quello giusto.
Ancheggiò accanto a un biondo, sfregò il sedere su un altro prima di strattonare in una giravolta un terzo, allentandogli il nodo della cravatta, scivolando sempre via dalle loro mani non appena provavano ad allungarle su di lei. Doveva trovare quello giusto, quello che faceva al caso suo e che le avrebbe evitato quella orrenda scocciatura del suo lavoro.
Passò una mano tra la zazzera rossa di un ragazzo dagli occhi verdi, sorridendogli ammiccante, roteando sgambettando mentre si sventolava una mano sulla gola, allietandosi di un calore che molto probabilmente, e lei ben lo sapeva, attanagliava tutti i suoi fan di quella sera dalla vita in giù.
Sorrise malandrina, oscillando i seni prosperosi per poi notarlo, quasi per caso.
Seduto a un tavolo, immerso nel buio e circondato da ululanti ubriaconi, se ne stava ghignate a fissarle le gambe con quelle ametiste che aveva incastonate nelle iridi, battendo la pianta del piede sulla gamba del tavolino a tempo con la musica.
Carino, davvero carino, giovane e abbastanza sobrio rispetto al resto dei presenti in quella bettola, forse l’unico che la mattina seguente si sarebbe ricordato del suo spettacolino e in grado di raccontare alle persone giuste ciò che aveva in mentre di fargli.
Era lui.
 
California girls, we’re unforgettable
Daisy Dukes, bikinis on top
Sun-kissed skin, so hot will melt your popsicle
Oh, oh, oh, oh, oh, oh
California girls, we’re undeniable
Fine, fresh, fierce, we got it on lock
West coast represent, now put your hands up
Oh, oh, oh, oh, oh, oh
 
California girls, man
I really wish they all could be California girls
California girls, man
I really wish they all could be California girls

 
Roterò con grazia fino a raggiungere il suo tavolino, per poi sedersi con un lieve saltello su di esso, accavallando le gambe e posando, con naturale innocenza, un piedino  sul cavallo dei pantaloni del verde, ammiccandogli e lasciando che una ciocca di rame scivolasse da dietro l’orecchio fin sul volto, dondolando davanti ai suoi occhi di cioccolato fissi su quelli di lui.
Teatrale.
Perfettamente teatrale.
Lo vide ghignare con strafottenza, sicuro di sé e di aver fatto colpo forse, ignaro che fosse il contrario, ma certo che, il rigonfiamento dei suoi pantaloni, ben presto sarebbe stato libero dalla costrizioni dei vestiti.
E chi era lei per dargli torto?
 
 
***
 
 
La porta della toilette sbattè con forza contro la parete di mattonelle, mentre Zoro arrancava all’interno del sudicio bagno del Green Bit, trascinando con sé la rossa che lo aveva stregato, e che ora era incollata alle sue labbra.
La strinse al petto, passando le mani sulla schiena liscia di lei, strattonandole qualche riccio ribelle mentre avanzavano verso i gabinetti.
-A-aspetta…- ansimò lei, staccandosi riluttante dalle sue labbra.
La sentì incurvarsi verso la parete del bagno, allungando quel collo diafano e morbido su cui scese rapido baciandolo con foga, mentre lei tirava un pugno al distributore di preservativi, ridacchiando soddisfatta quando un condom ne scivolò fuori gratuitamente.
-… funziona sempre…- tornò a baciarlo, infilando le mani sotto la maglia rossastra che indossava, spingendolo decisa verso un gabinetto della toilette, che si aprì con un rugginoso crepitio, rivelando il water puzzolente e le pareti scarabocchiate che conteneva.
-Qui?- la trascinò dentro Zoro, indugiando appena.
Non era il massimo dell’igiene e, non che gliene importasse molto, del romanticismo.
-Qui- gli morse l’orecchio con i tre orecchini, spingendolo a sedersi sulla tazza, lanciandogli sul petto il preservativo.
Il ghigno di Zoro si accentuò nel vederla chinarsi per sfilarsi le mutandine e rapido si aprì la patta dei pantaloni, liberando la sua erezione e infilandosi il preservativo, eccitato come poche volte riusciva a ricordare di essere stato nella sua vita.
Si sistemò meglio sulla tazza del water, allargando le gambe e le braccia, accogliendo la rossa nel sedersi a cavalcioni su di lui, riprendendo a baciarlo con sfrenata passione.
Aveva un buon profumo quel ragazzo.
Sapeva di alcol, un po’ troppo forse, ma anche di un qualcosa che la tranquillizzava e la faceva sentire a suo agio nell’accarezzarlo e strusciarsi su di lui, gemendo piano quando i loro sessi si sfregavano tra loro accentuando l’eros che già le era in circolo nelle vene.
E poi baciava così bene.
Aveva delle labbra morbide, succose, e la sua lingua spaziava perfettamente nel suo palato, giocherellando con lei e facendola impazzire.
Si staccò riluttante, sistemandosi meglio su di lui e premendo le mani sulle sue spalle per trovare il giusto appoggio, mentre Zoro continuava a baciarla sui seni ancora vestiti, accarezzandole le cosce nude e morbide, la cui pelle si elettrizzava a ogni sua carezza.
Sapeva di mandarino quella rossa, di mandarino maturato al sole.
Era morbida, calda, seducente e maliziosa, tanto da fargli perdere il senno.
La sentì ansimare piano quando la penetrò con due dita, assicurandosi che fosse pronta, mordendole un capezzolo ancora vestito nel sentirla bagnata e morbida anche nella sua intimità.
Ghignò, afferrandole le natiche a mani piene e aiutandola a scendere su di lui, strozzandosi con un roco gemito nel sentirsi dentro di lei.
-Ahhh…-
La rossa reclinò il capo all’indietro, stringendo le mani sulle spalle poderose di Zoro, mentre iniziava a sollevarsi e abbassarsi su di lui, muovendosi a ritmo con le spinte del membro del ragazzo.
Indugiava a ogni spinta, godendosela fino in fondo e abituando la sua intimità all’intrusione fredda del preservativo in lei. Si sollevò dal bacino di Zoro, per poi discendere e mordersi il labbro inferiore scossa da un fremito di piacere, mentre le mani di lui l’accompagnavano con delicatezza, gemendo sulla sua gola a labbra spalancate, mordicchiandola a volte sulla pelle candida.
Ancora una spinta lenta, dolce, delicata, e poi iniziò a muoversi con maggior velocità su di lui, facendo cozzare i loro bacini e i seni sul suo petto, conficcando le mani nelle spalle del verde e lasciandosi condurre sempre più vicina al suo pube dalle sue mani grandi e calde, che le strizzavano le natiche, segnandole di rosso.
-… oh si…- ansimò acutamente, annaspando e muovendosi con lui, che rantolava e ansimava pesantemente sui suoi seni, bagnandoli di saliva e sudore.
La fibbia della cintura di Zoro tintinnava contro le piastrelle del pavimento, i tacchi della rossa cozzavano sulla tazza, scandendo il tempo del loro coito, sempre più veloce e passionale.
Le labbra si incontravano e scontravano, le bocche si mordevano, le lingue lambivano la pelle dell’altro fino a renderla paonazza.
L’orgasmo era ormai prossimo, il sudore univa le loro pelli e i gemiti rimbombavano contro la musica del locale, che giungeva attutita nel gabinetto.
-… oh si si si… ah ah ah ah…-
Si aggrappò con una mano alla nuca di Zoro, con l’altra alla sua maglia, graffiandogli un pettorale nonostante il tessuto, nascondendo la bocca spalancata per il piacere nella sua zazzera, mentre le pareti del suo sesso si stringevano all’asta dura di lui, esplodendo nell’amplesso.
Ansimò acutamente, stringendo le cosce sui fianchi di Zoro, che si liberò in un gemito basso e roco sui suoi seni, riempiendo la plastica del condom del suo seme, beandosi delle contrazioni calde del sesso della ragazza, immobile e ansimante su di lui.
-… ahhh…- annaspò, prendendo profondi respiri e beandosi del profumo della partner occasionale, a cui era ancora aggrappato alle natiche.
Si schiarì la voce, sollevando il volto dai seni, posando un bacio sulle labbra della rossa mentre questa si alzava da lui, incurvandosi a stirare alcune pieghe del vestito.
Se ne stette fermo, addossato alla parete dietro alla tazza, gustandosi la visione di quella ragazza dai capelli rossi e mossi che gli aveva appena fatto toccare il cielo con un dito.
Non aveva mai provato nulla di così passionale e travolgente, e lui di donne ne aveva avute tutte quelle che voleva.
Ma una come lei… wow.
-Tu… tu sei di qui?- ansimò, liberandosi del preservativo.
-No- ridacchiò lei –Non sono ne di qui ne di nessun’altra parte-
Si sporse a baciarlo ancora, posandogli le mutandine sul membro ora morbido, sollevandosi in fretta e rivolgendogli un occhiolino mentre si apprestava ad uscire dalla toilette.
-Come prova…- gli sorrise -… così tutti ti crederanno quando dirai che hai fatto sesso con Nami Cocoyashi-
Zoro sghignazzò, socchiudendo gli occhi e rilassandosi nel vederla sparire oltre la cigolante porta del gabinetto.
Nami Cocoyashi… bel nome, per una sconosciuta come quella rossa.
 










ANGOLO DELL'AUTORE SCRITERIATO:
Della serie "ho quindiciunomila FF in corso, ma aggiungiamone ancora" ecco una nuova Long, che spero vi piaccia. L'idea è adattata alla richiesta (in origine i protagonisti erano cantanti, non attori) e si protrarrà -spero- per più o meno 11-12 capitoli. Buona lettura e Buona Zonami Week ^^... si ora potete fucilarmi <3
Zomi




INFIERMIERA1: Dottore, la paziente è grave!!!
DOTTORE: quali sono i sintomi?
INFERMIERA1: epistassi nasale, tachicardia e delirio!!!
DOTTORE: Un’altra?!? Cosa farnetica la paziente?
INFERMIERA1: parla di quarte spade, mandarini rubati, mocciose e buzzurri allupati e… oh dottore, non posso credere a quanto sto per dirle: farnetica di un luogo dove tutto ciò avviene veramente!!!
DOTTORE: dannazione!!! Dev’essere un epidemia!!! È la decima ragazza in poche ore che arriva con li stessi sintomi… che sarà mai?!?
INFERMIERA2: forse lo so…
DOTTORE: su parli allora… cosa causa tutto ciò?!?
INFERMIERA2: semplice: la settimana Zonami indetta dal Midori Mikan

 

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Capitolo 2
*** Ciak 2 ***






-… osa più romantica che mi abbiano mai raccontato!!!!- le porte dell’ascensore si aprirono in un silenzioso cigolio meccanico, permettendo a un rombante eco di commozione di liberarsi nella reception della Kamabakka’s Studios.
Gli occhi di  Zoro rotearono al soffitto color pesca, mentre l’imponente figura del suo agente si piegava in un microscopico fazzoletto, cercando di raccogliere tutte le lacrime che l’omone riversava.
-Sembra la f-favola di Ce-cenerentola!- si asciugò ancora il nasone Franky, incapace di smettere di lacrimare.
-Cenerentola?- sbottò l’attore, addossandosi con tutto il peso alla scintillante secretaire che accoglieva gli ospiti dello studio.
-E in quale versione della favola, a me sconosciuta, assomiglierebbe la mia serata di ieri?- domandò sarcastico.
-Bhè, la tua Principessa ti ha lasciato un modo per rintracciarla no?- si soffiò rumorosamente il naso l’agente, guarandolo di sottecchi e ghignando romanticamente.
Zoro si trattenne dal ringhiare, il braccio teso sul ripiano e le dita mosse ritmicamente sulla superficie liscia e splendente.
-Mi ha lasciato le sue mutandine Franky- si ripeté –Non una scarpetta di cristallo-
-È una versione moderna: devi stare al passo con i tempi vecchio mio. Le scarpe omai sono fuori moda per le signorine!-
Questa volta il ringhio non riuscì a trattenerlo.
Ben gli stava.
Ecco cosa ne guadagnava a confidarsi con il suo agente.
Se si stava già pentendo di averlo fatto partecipe dell’esperienza della notte precedente nel lasciare l'Hotel Thousend Sunny, ora ne era del tutto affranto, e masticava maledizioni contro il compare in diverse sfumature di rabbia.
Si massaggiò il ponte del naso, un sospiro sulle labbra e la testa che pulsava forte.
Non aveva esagerato con l’alcol, vero, ma il discutere con Franky lo logorava, soprattutto se l’argomento era la vita sessuale.
Sua, o dell’agente erano dettagli.
Dopo il piacevole incontro con la ragazza dai capelli rossi, aveva ferato un taxi avviandosi all'Hotel dove avrebbe alloggiato, soddisfatto di come la sua serata avesse preso quella piega piacevole e dle tutto inaspettata.
Al mattino Franky non si era trattenuto dal chiedergli che fine avesse fatto una volta fuori dall'aereoporto da cui era scomparso, e Zoro aveva laconicamente raccontato quanto accaduto.
Con poche scarne parole aveva ridotto il suo agente in un cumolo di singhiozzi e romanticismo di altri tempi, che non smetteva di lacrimare e invocare un amore dettato dal destino e ricaduto sul suo cliente.
Stava di fatto, che tra un pianto commosso e un racconto privo di grandi dettagli, Zoro si era ritrovato in fretta nella Hall dello studio per il quale avrebbe lavorato per i successivi mesi, e dove avrebbe dato vita a un nuovo film.
Ignorando il confabulare altisonante di Franky con la minuta segretaria dal caschetto color carota della reception, si guardò attorno annoiato, lasciando vagare gli occhi onice sull’ambiente.
Le luci bianche e candide illuminavano la centrale sala d’attesa, da cui continui squilli di telefono e vibranti messaggi facevano scattare sull’attenti le segretarie addette all’accoglienza dei famosi, quanto capricciosi, clienti e ospiti degli studi cinematografici.
-Prego signori da questa parte!- si affrettò a scattare dalla sedia la piccola receptionist, invitando lui e Franky a seguirla in una ala più appartata della hall.
-Miss Iva ha esplicitamente richiesto che al vostro arrivo vi facessimo accomodare nella sala VIP- ticchettava sui tacchi in continui sorrisi cordiali e timorosi.
-Vip…?- inarcò un sopracciglio Zoro, seguendola e lanciando un’occhiata perplessa a Franky.
Era un attore emergente, troppo giovane per essere un Very Important People a tutti gli effetti, ma in ascesa dell’alta piramide del successo grazie alla sua prestanza fisica e al fascino del ragazzo ribelle e indomabile, con lo sguardo oscuro e il ghigno inquietante che faceva palpitare innumerevoli cuori e che gli era valso la sua rapida notorietà nonché una buona stuola di fans.
Era stato notato per caso dal produttore della casa cinematografica alla premiazione del suo ultimo flm di seconda serie.
La proposta di partecipare a quella pellicola era arrivata ben presto e con essa la promessa di sfondare.
Non che a Zoro interessasse più di tanto, ma i soldi gli erano comodi come anche i vizi che il suo lavoro gli permetteva.
-Si…- zampettò ancora la segretaria, Cosette se non sbagliava, così aveva detto di chiamarsi  -… Miss Iva tiene particolarmente a questa sceneggiatura, e vuole che vi si dedichi un servizio privilegiato-
-Super!- commentò eccitato Franky, rivolgendoli pollice alzato alla ragazza quando quella gli aprì una porta a vetri alla fine del corridoio.
-La prima a destra- indicò con flebile dito teso, imbarazzata dal pollice dedicatole –Miss Iva e la sua assistente arriveranno subito-
Franky annuì, e seguito da Zoro varcarono la porta continuando il corridoio.
L’attore guardò  scomparire la figura della segretaria, la mente iniziava a ridestarsi dal torpore mattutino.
Il suo agente gli aveva detto fin da subito che il film sarebbe stato girato in segreto, per evitare fughe di notizie riguardo la trama o sui protagonisti e dai loro interpreti.
La casa cinematografica puntava molto sulla pellicola, e sui giovani attori che aveva scelto.
L’obiettivo era chiaro: creare un Colossal che sarebbe rimasto nelle memorie dei critici ma soprattutto nei cuori di generazioni di fan.
La segretezza era tutto, il possibile flop uno scenario da evitare ma che si poteva nascondere dietro a ogni singolo ciak.
Per questo, quando gli era stato annunciato che era stato scelto per il ruolo del protagonista maschile, Franky lo aveva imbarcato sul primo aereo disponibile per Dressrosa, armato di poche, se non esigue, informazioni sul suo nuovo incarico e fatto arrivare in gran segreto nella città sede degli studio cinematografici.
Sapeva solo che sarebbe stato il co-protagonista, la pellicola era una commedia romantica e che il contratto che aveva firmato lo riteneva responsabile per ogni tipo di fuga di notizie lui rigiuranti, e che se fosse successo tale disastroso scenario, lui sarebbe stato licenziato su due piedi e la casa produttrice avrebbe negato ogni singola sua partecipazione alla pellicola.
Lavora bene e tieni cucite le labbra, urlava il suo contratto.
Tuttavia, quelle magre informazioni non permettevano al giovane di orientarsi nel ruolo che presto avrebbe interpretato, e qualche piccola parola in più gli sarebbe stato utile.
-Franky- lo chiamò non appena rimasero soli, avanzando nel corridoio –Non mi hai ancora accennato nulla della sceneggiatura-
-Oh!- lo guardò l’omone, abbassandosi le lenti scure degli occhiali –Mi è arrivata una copia giusto, giusto stamattina in Hotel- agitò la ventiquattrore che stringeva con forza nel palmo sinistro davanti gli occhi di Zoro, picchiettandola con un ditone.
-Non preoccuparti!- gli fece l’occhiolino –Non gli ho ancora dato un’occhiata ma sono certo sia una buona merce-
Zoro storse le labbra.
-L’ultima buona merce che mi hai fatto firmare prevedeva che interpretassi un ammazza alieni in uno splatter senza capo ne coda- gli rimbeccò, memore di quante sacche di finto sangue gli erano scoppiate in faccia nella sua ultima pellicola.
-Ehi, quel film ti ha fato guadagnare centinaia di fangirls!- l’additò, fermandosi davanti alla porta indicata dalla receptionist –E da loro hai ricevuto tanti bei soldini per la vendita dei tuo merchandising-
Il verde tornò a ruotare le pupille al cielo, facendo ridacchiare l’agente.
-Non preoccuparti della sceneggiatura Zoro!- lo colpì con una spalata –Hai ben altro a cui pensare ora!-
-Per esempio?- sbottò con fare scontroso.
Non sapeva che razza di ruolo gli avevano affibbiato, non sapeva se sarebbe stato uno stupido omuncolo innamorato o il tipico clichè del lupo solitario dal cuore d’oro: era allo sbaraglio e il suo agente gli diceva di non preoccuparsi?
-Mi pare ovvio: devi ritrovare la tua Cenerentola!- abbassò la maniglia entusiasta –Hai il suo nome, quanto può essere difficile ritrovarla con i mezzi odierni? Facebook, twitter, instagram... ritrovarla sarà facilissimo. E quando la ritroverai, coronerai il tuo sogno d'amore!-
-Franky- sospirò -E' stata una botta e via. Non l'amore della mia vi…-
-… credimi Jinbe, fosse per me non sarei qui! Anzi, mi chiedo che ci faccio ancora dentro quetsa stupida saletta!-
Lo strillo che gli accolse li fece zittire.
-Ti prego calmati, sai bene che non posso farci nulla. Emporio è stato chiaro:  quella scena non è contrattabile-
Un uomo sulla quarantina si rivolgeva con calma e pacatezza a una giovane donna furiosa, che marciava avanti e indietro nel piccolo salottino privato che era stato riservato alla troupe degli attori del film, dando le spalle a Zoro e  Franky ignorando la loro esistenza.
-E la mia carriera lo è invece?!?- sbraitò, agitando la chioma fluida che s’infiammava come il suo carattere, rivolgendosi iraconda all’uomo placidamente seduto su una poltroncina in pelle.
-Siediti e parliamone- cercò di rabbonirla –Non è la fine del mondo e…-
Impiantò le lunghe gambe fasciate dalle calze davanti all’uomo, incenerendolo con lo sguardo nocciola e infiammabile.
-Io non girerò quella scena- sibilò ogni singola parola –Farò di tutto per evitarla… ho già iniziato!- sbottò, prima di coprirsi il volto con una mano –Solo devo aver beccato l’unico imbecille della città!-
-Come?- inarcò un sopracciglio Jinbe, scosso da un brivido di agitazione –Cosa hai fatt... oh!- si alzò dalla poltrona accorgendosi dei nuovi arrivati –Salve, voi dovete essere Mr Roronoa e il suo agente Mr  CuttyFlam- si sporse a tenere una mano al collega.
-Scusate la sfuriata della mia cliente- si scusò, richiamando con un borbottio la ragazza che piegò appena il capo verso il trio, non accennando a un sorriso e degnandogli di appena mezza occhiata.
Mezza occhiata che colpì in pieno Zoro, la cui espressione impassibile mutò in un rapido ghigno quando la riconobbe.
-Ma tu pensa- sorrise sghembo –Piccolo il mon…!-
Un tacco dodici attraversò la stanza.
Un tacco dodici schivò con accuratezza Jinbe e Franky, ancora intenti a stringersi la mano.
Un tacco dodici colpì in pieno viso Zoro.
Un tacco dodici si schiantò contro il naso dell’attore, facendolo sanguinare.
Un tacco dodici fece urlare Jinbe, esasperato.
-Nami!- urlò, invocando i suoi avi -Per l’amore del cielo! Che diamine ti prende?-
-Fratello! Fratello? Fratello stai bene?!?-
Un tacco dodici.
Solo a questo riusciva a pensare Zoro.
A un tacco dodici e al fatto che aveva appena ritrovato la sua Cenerentola.
E decisamente non in un modo convenzionale come nella favola.
 
 

 

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Capitolo 3
*** Ciak 3 ***


La tv crepitò mezza frase prima che il telecomando, su ordine del pollice violento che lo governava, cambiasse canale continuando la sessione di zapping forsennato.
Se fosse stato per lui, avrebbe lasciato Dressrosa quel pomeriggio stesso.
La città gli stava antipatica già prima, figuriamoci ora che era venuto a conoscenza di chi l’avrebbe affiancato nel film che avrebbe consolidato la sua carriera.
Premendo a caso un pulsante che comandava l’apparecchio televisivo, lanciò un’occhiata alla capricciosa attrice che aveva occupato, con una conquista violenta e veloce degna dell’impero romano, la stanza padronale della suité elité dell’Hotel SunFlower, vietandogli ogni accesso.
Non trattenne un grugnito, un’occhiata lanciata alle sue valigie accatastate frettolosamente sull’uscio della camera dove erano state malamente abbandonate al cambio di albergo, maledicendo Franky, complice di quell’assurda situazione.
Era stato costretto a lasciare il Sunny in fretta e furia, salendo nell’auto in cui la strega già lo aspettava e venendo scarrozzato per mezza città solo per seminare possibili paparazzi, prima di poter approdare la nuovo segretissimo Hotel.
Il tutto per una maggior segretezza della pellicola.
Il tutto solo per farlo innervosire ulteriormente.
 
 
-Sarà la stella di diamante della nostra produzione!- urlava l’ambiguo ed enorme personaggio che zampettava euforico nella saletta VIP, lo sguardo della sua elegante assistente sempre posato su di lui.
Lei… forse.
Esso?
Zoro non aveva ben capito se fosse un uomo o una donna, né tanto meno voleva saperlo.
Quel che gli era chiaro, da dietro la sacca del ghiaccio posata con cura e maniacale precisione sul naso contuso, era che quel bizzarro essere fosse il tanto citato Emporio Ivankov, proprietario dei Kamabakka’s Studios, famoso in tutto il mondo per i suoi film campioni di incassi, ricco possedente di attività annesse al campo cinematografico e amorevolmente indicato, ma su esclusiva solo per gli amici, con il nomignolo di Iva.
Liberò un basso respiro, masticando un’imprecazione quando le vie aeree nasali doloranti fremettero per il soffio, imponendosi di rimanere concentrato sulle parole dell’omone, piuttosto che sul suo bizzarro vestiario e atteggiamento.
Era un professionista ed era lì per lavorare.
Anche se, lanciò un’occhiata di striscio alla figura che occupava un divanetto alla sua destra, presentiva che non sarebbe stato affatto facile girare la tanto cara pellicola al ricco impresario con la collega lì presente.
Seduta con gambe accavallate e braccia strette sotto i seni, Nami non provava nemmeno a celare la rabbia che legava i suoi nervi in fasci pronti a scattare e a mietere vittime senza discriminazione tra coloro che osavano anche solo rivolgerle un cenno di saluto.
Dopo il lancio, aveva recuperato la sua scarpetta di cristallo investendolo con urla e insulti, minacciandolo di morte e insinuando che fosse leggermente un coglione.
Che dolci parole erano volate, che sguardi assassini gli aveva lanciato, ed era certo che lo avrebbe preso volentieri per la gola se il suo agente –Jinbe se non sbagliava- non l’avesse tenta stretta con entrambe le braccia, chiedendole di calmarsi e di darsi un contegno prima che…
-SONO QUI PASTICCINI!!! DOVE SONO I MIEI DUE INNAMORATI?!? DOV’È LA MIA FUTURA COPPIETTA CICCIA?!?-
Si, così era entrato in scena Emporio Ivankov, accompagnato dalla sua sobria assistente.
E così li aveva trovati: Zoro a terra con il naso sanguinolento, Franky che cercava ti tamponargli l’epistassi con il suo fazzoletto ancora grondante di romantiche lacrime, Nami inferocita che si sbracciava mentre un sospirante Jinbe richiamava a sé tutta la sua pazienza.

 
 
La Tv canticchiò, attirando l’attenzione di Zoro che storse il naso mettendo a fuoco dei fiori mal disegnati sgolarsi in una canzoncina infantile e idiota.
Era trascorsa quasi un’ora da quando avevano messo piede nella nuova stanza d’hotel e non aveva ancora avuto l’occasione di mettere piede nemmeno in bagno.
Pardon, non l’occasione, il permesso!
-Tsk- grugnì, un nuovo colpo di zapping, il capo voltato verso la camera padronale e al bagno annesso –Hai finito?-
Il fruscio di vestiti che faceva da sottofondo al chiacchiericcio incomprensibile della televisione si bloccò di colpo. Pochi felpati passi e una cascata di onde ramate, accostate a un visino candido e ad occhioni densi e cioccolatosi, si affacciarono alla porta spalancata della camera, squadrandolo stravaccato sul divano.
-Ti serve qualcosa?- cinguettò Nami, il capo piegato su una spallina della canotta nera che indossava.
-Il bagno- sbottò scontroso Zoro –Voglio farmi una doccia-
Una semplice doccia prima di dormire, per rilassarsi e recuperare le energie per affrontare il manicomio che l’avrebbe atteso l’indomani con il primo giorno di riprese.
Era chiedere troppo?
Nami sorrise, dolce e cara come una cucchiaiata di miele, sollevando una mano e alzando un dito medio in direzione dell’attore.
-Per quel che mi riguarda puoi andare a lavarti nel fiume… ed annegarci!-
Un colpo di reni per dargli le spalle e la visione del suo sedere nei striminziti short sportivi che non lasciavano molto all’immaginazione, e il mormorio di vestiti ricominciò selvaggio, incurante della presenza di Zoro e di cui aveva bisogno.
-Dannata str…- digrignò i denti, massaggiandosi il ponte del naso e imponendosi una calma non sua.
Chi?
Chi glielo faceva fare?
Chi gli imponeva l’obbligo di sopportare una vipera del genere?
Perché diamine doveva dividere la stanza con lei e il suo carattere di merda?
Perché?!?
 
 
-…il più grande Colossal del ventunesimo secolo!!!- urlò iper eccitato Emporio, saltando a piè pari, con tutta la sua imponente e ambigua figura, sul basso tavolino da thè che ornava la stanza, gettando le braccia al soffitto.
-Immaginate: lei, stoica imprenditrice dalle forme fatali e dagli occhi di cerbiatta che incontra lui…- si portò una mano alla fronte, reclinando all’indietro il capo sospirando in una overdose di inspiegabile emozione -… passionale e dallo sguardo freddo uomo d'affari che apre il suo cuore solamente a lei…- unì le mani sotto il mento sporgente e appuntito, fissando negli occhi i due attori -… e dopo innumerevoli, straordinarie, incredibili sfighe… SCOPPIA L’AMMMMOREE!!!!-
-BRAVA, SUPER BRAVA!!! E’ così… così… COMUOVENTE!!!!- soffiò rumorosamente in un fazzoletto grande come una tovaglia Franky, battendo mani e piedi per il riassunto del film di Ivan, asciugandosi gli enormi lacrimoni che gli scendevano da dietro gli occhiali da sole.
Zoro storse le labbra, fissando il transgender che ancora torreggiava la stanza da sopra la scrivania.
Quella era la trama del film?
Un Lui stereotipato e una Lei vestita di cliché e abiti vari, che non si sapeva come si sarebbero innamorati?
Era quello il colossal che avrebbe raso al suolo miliardi di cuori di fan e confermato il suo ruolo come attore di alto livello?
Adagiò il ghiaccio secco sul divanetto che occupava, i singhiozzi di Franky ignorati come anche lo sguardo serio e scuro di Jinbe puntato al produttore cinematografico.
-Mi sembra un riassunto alquanto scarno- affermò serio e composto l’agente, unendo le mani sul pancione da quarantenne, trascurando volutamente la pernacchia della sua cliente, emessa con fin troppa enfasi.
-La sceneggiatura è in fase di scrittura- saltò giù a piè pari dal tavolino Iva, ancheggiando fino a portarsi davanti all’imponente uomo –Ma una bozza ben più corposa vi è stata già consegnata- gli regalò un occhiolino, prima di assottigliare lo sguardo colorato di ombretto viola e lanciare un’occhiataccia furente alla sua assistente –Giusto Reiju?-
La donna, sorriso composto e mani giunte su una cartellina ben stretta al grembo, annuì cordiale, ondeggiando il ciuffo biondo fragola che le accarezzava l’ovale del viso.
-La consegna è stata effettuata in data dodici maggio a Mr. SeaKnight- guardò convinta Jinbe, piegando educata poi gli occhi cerulei a Franky, intento a riprendersi dal commovente riassunto della trama –E a Mr. CuttyFlam in data odierna-
-Super confermo sorella!- alzò il pungo al cielo l’agente, sentendosi chiamato in causa.
Iva annuì, le mani unite dietro la schiena al livello dei reni, pronto a riprendere la sua filippica sull’importanza della pellicola e sul suo impatto sociale negli anni avvenire, ma un frusciò morbido di gambe e la voce dolcemente tagliente di Nami lo costrinsero ad eseguire una piccola piroetta su se stesso, concedendosi il lusso di ammirare la giovane attrice.
-La scenografia inviataci quindi non è definitiva- parafrasò le parole del produttore la ramata, accompagnandole con un sorriso sibilino -Possono esserci modifiche, cambi di personaggi, di trama- resse lo sguardo serio e multicolor del produttore, non accennando ad abbassare il suo -Tagli di scene- azzardò con sicurezza.
Iva ancheggiò sul posto, guadagnando una smorfia da Zoro e un sopracciglio alzato dal suo agente.
-Mia bigné ramata- miagolò allungando un braccio -Ovvio che si! I cambiamenti sono il pane di questo mondo: lo impone la dea ispirazione! Dovresti saperlo schiocchina- tese due dita, agganciando una paffuta guancia dell'attrice, strattonandola bonariamente nonostante le proteste della rossa.
-Ma!- mollò la presa prima che Nami le artigliasse il polso -Alcune cose presenti nell'attuale sceneggiatura sono intoccabili-
 Si fece serio, scrutando il volto della ragazza e i suoi occhi nocciola puntati su di lui.
-E perché mai?- lo interrogò ancora.
-Ma ovvio pasticcino!- volteggiò Emporio, camminando per la stanza -Perché ciò che piace a me non si tocca!-
Nami storse le labbra e Zoro fu quasi tentato di chiedere spiegazioni riguardo quello scambio di battute, ma preferì rimandare.
Aveva una strana sensazione al riguardo, ma poteva benissimo essere un trauma cranico causato dalla scarpetta della sua Cenerentola.
-Quindi…- sbottò, tamburellando le dita sul bracciolo della poltrona -… io e la strega dovremmo interpretare due idioti innamorati?-
Era la prima volta che prendeva parola, e forse fu l'appellativo con cui indico la collega, forse il suo tono altamente sfrontato e insensibile verso la sacra pellicola della casa, o forse semplicemente nessuno si aspettava che dopo il colpo ricevuto fosse in grado di comprendere ciò che si era detto, fatto sta che tutti i presenti lo guardarono con occhi sgranati, chi con sguardo offeso per essere stata definita una "strega", chi con rabbia per aver definito la sua perla un film con due innamorati idioti, chi sperava che la riunione finisse in fretta e senza vittime.
-Oh non solo quello, tesoro…- gli fece l’occhiolino Ivan, prendendo posto su una poltrona.
-Vi ho già parlato della clausole del contratto che avete firmato?-

 
 
Eccolo lì quindi.
In un altro Hotel per evitare che qualcuno venisse a conoscenza della presenza di due famosi attori in città.
In una stanza non abbastanza grande per sopportare la presenza dell'improvvisata coinquilina e collega, in quella convivenza forzata imposta dalla casa produttrice per evitare di dare troppo nell'occhio.
La clausola del contratto firmato lo imponeva senza alcuna possibilità di protesta.
Su un divano, comodo per carità e un frigo bar ben rifornito a portata di mano, ma con una ragazza che, se la notte precedente gli aveva regalato un pezzo di paradiso nella toilette di un bar di terz'ordine, ora gli stava facendo pagare cara la permanenza in quell'inferno di stanza, dove le sue scarpe tappezzavano il salottino, la sua scorta di profumo sembrava essere esplosa con gran fragore impestando ogni stanza e i suoi vestiti figliavano di secondo in secondo.
Eccolo lì, Zoro, impegnato a gare zapping e a ignorare i trentadue diversi modi in cui avrebbe potuto uccidere Nami.
Lei, la sua lingua biforcuta con cui lo stilettava ogni volta che gli rivolgeva parola e quel carattere tutto acidità e sarcasmo.
Che le aveva fatto poi per meritarsi quell'atteggiamento?
Non voleva che si sapessero i loro recenti trascorsi?
O si vergognava del malizioso regalino che gli aveva lasciato?
-... un deficiente! Altro che attore: era un piano perfetto! E lui che fa? Se ne sta zitto! Zitto! Ahhhhh!!!-
No, decisamente c'era dell'altro sotto.
Magari la sera prima era davvero troppo sbronzo, e aveva fatto o detto qualcosa che l’aveva offesa nel loro breve ma intenso incontro, che lui purtroppo non riusciva a ricordare.
Era stato brusco?
Aveva dei ripensamenti sul luogo scelto per il loro rendez-vous?
Ma non era stata lei forse a sceglierlo e a lasciarlo, alla fine di tutto, per prima e con quel simpatico regalino che ancora possedeva, disperso nel mezzo delle sue valigie?
Di che diamine si lamentava?!?
-… e ora devo pure dividerci la stanza! Come se non fosse sufficiente sopportarlo sul luogo di lavoro! E poi chi lo conosce?! Chi l’ha mai visto recitare?!?-
Zoro grugnì dal naso, fermando lo zapping televisivo su un canale a caso.
Non provava nemmeno a non farsi sentire quella iena ramata: lo insultava a gran voce dalla camera.
-Reciterà da cani!-
Le immagini confuse della pubblicità si susseguivano senza lasciare alcun ricordo nella memoria di Zoro, troppo concentrato a cogliere ogni singolo insulto che l’attrice gli dedicava.
-… upido contratto! Oltre al danno la beffa: divieto di lasciare la stanza d’Hotel senza scorta, divieto di parlare con i giornalisti, divieto di divulgare informazioni inerenti alla pellicola, divieto di interagire con l’esterno, divieto di parlare! Non basta incontrare il collega idiota sperando che facesse l’unica cosa giusta: anche Iva doveva mettere la sua dose di scemenza!-
La Tv parlava indefessa e inascoltata, trasmettendo pubblicità a raffica mentre Zoro contava.
Contava gli insulti che volavano per la stanza e né contò sette prima di sbottare e alzarsi in piedi dal divano, pronto ad affrontare la strega in formato Marilyn Monroe che era appena sbucata fuori dalla stanza padronale.
Era stanco di venir sgridato per non sapeva nemmeno lui che colpa, e non aveva alcuna intenzione di subire una simile compagnia per tutta la durata delle riprese.
Ringhiò e strinse gli occhi, squadrando severo la rossa nella sua striminzita canotta e mutandine nere a seguito.
-Ehi- parlò autoritario –Parliamoci chiaro razza di…-
-Non provarci nemmeno!- l’additò Nami, la striminzita canotta che fasciava il suo corpo formoso e angelico.
Attraversò la distanza che li separava in un fruscio leggero di capelli e, puntato il dito contro i pettorali di Zoro, lo affrontò senza alcuna traccia di paura.
-Non emettere una parola- lo avvertì –Forse non ti è chiaro, ma tutta questa situazione non mi piace affatto-
-Tranquilla: mi è chiaro- grugnì, per nulla disposto ad essere soggiogato da una dittatrice in gonnella come quella –Come mi è chiaro che tu c’è l’abbia con me per non so quale motivo-
Gli occhi nocciola di Nami si assottigliarono, ardendo di piccole braci iraconde.
-Tu non… mi prendi in giro?!?- strillò –Oh dovevo saperlo!- ringhiò –Scommetto che a te non da alcun fastidio!-
-Oh no, credimi- tornò steso sul divano, non riuscendo a capire il senso di quella discussione ma decidendo che da straiati sul divano, e con il sottofondo incomprensibile della pubblicità, fosse nettamente più rilassante affrontarla –Mi da un gran fastidio dividere la camera con te- sbottò, non frenando lo sguardo dal concedersi una languida panoramica della siluette della collega.
Gambe lunghe, fianchi morbidi, seno abbondante, e quel sedere alto e sodo, da tenere tra le mani e premere tra le dita…
-Certo- rise Nami –Si vede da come mi guardi quanto ti dispiace-
-Stavo giusto pensando che è un peccato che un bel fisico come il tuo sia associato al caratterino di merda che ti ritrovi-  parlò diretto come era nel suo essere.
Il nasino da Cleopatra di Nami si arricciò in una smorfia, e un vestito non ben definito volò contro il volto di Zoro.
Almeno questa volta non era una scarpa.
-Idiota!- tornò nella camera.
-Eri più simpatica ieri sera- sbuffò il verde, tornando a guardare distrattamente la tv, dove lunghe gambe zampettavano sullo schermo e una canzone in sottofondo accompagnava la loro camminata.
-Che hai detto?- la sentì urlare dall’altra parte della parete, ma non le concesse risposta, improvvisamente rapito da ciò che vedeva.
Era una vecchia pubblicità di intimo femminile, ricordava che era appena ventenne quando avevano iniziato la messa in onda, ma nonostante il lustro passato dalla sua prima apparizione, manteneva ancora il suo fascino grazie al sbarazzino gioco di inquadrature che, lo ammetteva anche Zoro, rendevano efficace e indimenticabile lo spot in cui poche cose erano presenti: una canzoncina sciocca, delle seducenti gambe prive di un corpo superiore e un marchio di moda.
L’inquadratura infatti correva dietro alle gambe in movimento sulle note del jingle, sollevandosi quando quelle si fermarono.
Tese e unite tra loro, le gambe permettevano alla camera di correre verso l’alto e inquadrare, nella sua perfezione, un sedere sodo e alto, dalle natiche piene e in cui affondare le dita, il tutto avvolto in uno slip semplice e che doveva –doveva- essere il protagonista dello spot.
Zoro ghignò, annotando la visione della pubblicità tra le poche cose positive della giornata e, premuto il tasto apposito del telecomando per fermare la schermata del video, fissare per un ungo attimo quel bel sedere che aveva accompagnato le sue notti nelle fasi finali dell’adolescenza.
Ah, bei tempi quelli, in cui non c’erano arpie ramate che berciavano senza motivo nei suoi confronti, agitandosi in una stanza non abbastanza grande con indosso solo una stupida canotta e delle mutand…
Schioccò la lingua sul palato, colto da un’improvvisa epifania.
-Strega!- chiamò privo di tatto, ricevendo come risposta un nuovo lancio di abbigliamento.
-Ti avverto Roronoa- lo minacciò Nami, avvicinandosi e brandendo un paio di zeppe –Queste che vedi sono un paio di zeppe firmate e potrebbero ben presto diventare la causa della tua morte-
-Lo sapevo- ghignò Zoro, ignorando totalmente ciò che gli diceva.
Piegò appena il capo, le iridi nere ruotate a studiare con attenzione il fondoschiena dell’attrice, il sorriso bastardo sempre più ampio.
-Quello- indicò a dito teso il sedere fisso sullo schermo piatto del televisore -È il tuo- alzò gli occhi e il ghigno verso Nami, beffardo e privo di paura.
Lo aveva stretto tra le mani la sera prima, e da ore gli girava sotto al naso con indosso poco o nulla: non poteva sbagliarsi.
Era sicuro, quello della pubblicità era il sedere di Nami Cocoyashi.
Ritrasse il braccio e si sistemò meglio contro lo schienale del divano, godendosi l’espressione scioccata della ragazza, che zigzagò lo sguardo da lui alla Tv.
Le guance dell’attrice diventarono bordeaux, il ghigno di Zoro si accentuò vittorioso nell’aver messo in difficoltà l’acida collega e le chiappe immortalate sullo schermo rimasero ferme a pavoneggiarsi della loro bellezza.
Le zeppe, in fine, volarono nella stanza.

 

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Capitolo 4
*** Ciak 4 ***




Le riprese erano iniziate con ritmo forsennato.
Da una settimana, ogni mattina lasciavano l’hotel in cui erano alloggiati e, usando differenti uscite secondarie per non dare nell’occhio e attirare l’attenzione di qualche paparazzo indesiderato, si recavano agli studi di registrazione, che brulicavano in fermento già da ore prima del loro arrivo.
Seguiva poi una breve preparazione con i truccatori, la consegna della sceneggiatura giornaliera che mutava a ogni dì, aggiungendo, togliendo, amplificando scene e dettagli prima che la cinepresa si azionasse e per dodici lunghe ore entrambi si dimenticassero la loro identità e diventassero i protagonisti del film.
Dopo di che, tornavano ad odiarsi come al mattino.
Il grugnito di Zoro sfiorò appena i suoi pensieri, ma lo ignorò bellamente.
Non aveva intenzione di dedicargli tempo ed energie maggiori a quelle che già gli riservava per insultarlo e litigarci quando erano in camera.
Accavallando le lunghe gambe sulla sedia confortevole del camerino, Nami focalizzò vagamente la sua immagine riflessa allo specchio, tornando naufraga delle sue riflessioni.
Da una settimana perseguitava Emporio, ma non aveva ancora tolto un ragno dal buco.
Quel testardo di un travestito si ostinava a non ascoltarla e ad imporsi con elitaria autorità sull’argomento.
Jinbe non le era di maggiore aiuto, e minimizzava il tutto dicendole che erano i rischi del mestiere.
Fu il suo turno di sbuffare infastidita, scuotendo il capo rosso di natura e di rabbia e guadagnandosi un’occhiata di striscio di Roronoa.
La situazione non stava migliorando di un millimetro, ma lei si vietava di arrendersi e gettare la spugna, accettandola.
Aveva provato a intercettare lo sceneggiatore, genio creatore del film e pupillo della produzione, ma sembrava che vivesse segregato nel suo studio, cibato a pizze e panini al bambù mentre stillava le straordinarie scene che avrebbero reso epocale la pellicola.
Pandaman, firmava le sceneggiature che cambiavano quotidianamente, e Nami iniziava a sospettare che la diceria che correva sul set che il sopracitato sceneggiatore vivesse con una maschera da panda sempre indosso, fosse una precauzione per non essere riconosciuto al di fuori dell’ambiente di lavoro e venir massacrato dai colleghi.
Perché, lo ammetteva e le prudevano le mani al solo pensiero, cambiare una scena tre volte nel giro di una giornata lavorativa, meritava come minimo la punizione di un pestaggio di gruppo ad opera di quei poveri mal capitati che erano costretti a girare la scena fino alla forma definitiva designata dal vaporoso e maledetto Pandaman.
La sua unica salvezza era la protezione di Iva, che lo coccolava e proteggeva da ogni forma di stress rinchiudendolo nel suo studio a lavorare.
Un secondo mugugno di disperazione lasciò le labbra di Nami, che piegò il capo massaggiandosi le palpebre socchiuse.
Doveva trovare un modo per frenare quella circostanza che le avrebbe costato la nomea della sua carriera.
Non poteva permettere che ciò accadesse!
Non aveva lavorato tanto per tornare al punto di partenza, per ritrovarsi di nuovo messa a nudo su cartelloni pubblicitari, inserzioni giornalistiche o meme di internet!
Non l’avrebbe permesso, mai e poi mai, anche al costo di…
-Sai che assomigli a una vera mocciosa?-
Alzò di scatto il volto, infiammandosi e incenerendo con lo sguardo il troglodita dalla capigliatura verde al suo fianco, che nemmeno la degnava di uno sguardo mentre il truccatore lo spogliava della sua identità per vestirlo del protagonista maschile della pellicola.
-Tu…- riempì i polmoni, carica di frustrazione e bisognosa di scaricarsi.
-Continui a martoriarti le labbra- parlò lapidario Zoro, l’iride nera inclinata a guardarla di sfuggita ma con ferma serietà.
Nami sussultò, la mano portata alle labbra strette tra loro in un morso feroce.
Non se n’era nemmeno accorta, così persa dalle sue preoccupazioni da permettere la nervosismo di causarle quel lieve tic d’insicurezza.
Con nonchalance, scosse il capo ondeggiando i ricci ramati, il nasino sollevato con sufficienza e il totale controllo su di sé tornato in suo possesso.
-Mi stavo immedesimando nella scena- mentì, tamburellando le dita sulla sceneggiatura che le giaceva in grembo.
-A me sembrava più che ti stessi rivoltando lo stomaco dal nervoso, mordicchiandoti il labbro come una bambina- accennò un ghigno l’attore, gettando un’occhiata poi alla sua copia del copione.
Non l’aveva ancora aperto, risparmiandosi così la fatica di imparare le battute con fin troppo anticipo.
Era certo che, come i giorni precedenti, appena accesa la cinepresa sarebbe arrivato qualche galoppino di Iva con nuovi manoscritti con battute e situazioni totalmente o quasi diverse dall’originale memorizzato, mandando all’aria le ore di preparazione appena effettuate.
-Non sono affatto nervosa- lo rimbeccò Nami, attirando la sua attenzione –E se anche lo fossi ne avrei tutte le ragioni- si addossò meglio allo schienale della sedia, fissando il truccatore rovistare nella sua trousse.
-Ogni giorno studiamo una scena che viene totalmente ribaltata a pochi secondi dal ciak, i nostri agenti sono costretti a perlustrare il set per evitare fuoriuscite di notizie nemmeno fossero dei segugi, il cast è ridotto all’osso per evitare ciò…- alzò gli occhi al truccatore lasciandosi sfiorare il viso dal fondotinta -… per non parlare degli addetti e i tecnici, e le ore di lavoro sono infinite!- sbuffò riaprendo gli occhi e puntandoli su di lui –Dulcis in fundo, tu di notte russi e la trincea di cuscini che ci divide il letto non attutisce i tuoi movimenti da karaketeka!-
Mai che non fosse anche colpa sua il suo cattivo umore.
Averla in camera era una lotta continua, e tra turni in bagno scaglionati a timer e una barriera di cuscini imposta come linea del confine del letto, da non oltrepassare nemmeno in caso di morte, le liti non si contavano nemmeno più.
Erano arrivati a discutere per fino sulla temperatura interna della stanza.
In vado l’attore aveva chiesto a Franky di trovare un’altra stanza nell’Hotel scelto da Iva, dove poter sopravvivere a quel set, ma l’agente gli aveva confidato che non era nemmeno ammissibile una tale opzione: due stanze prenotate a nome degli Kamabakka’s Studios nello stesos Hotel avrebbero attirato l’attenzione di paparazzi e ladri di notizie.
Scenario da evitare come l’apocalisse, a sentire il sentimentale agente.
-Tsk! Ha parlato la bell’addormentata nel bosco: ieri notte mi hai tirato un calcio nel sonno e ho tutt’ora un ematoma- le rinfacciò Zoro, storcendo il profilo delle labbra.
-Tranquillo: non stavo dormendo!- gli tirò una linguaccia.
-Molto matura-
-Molto cretino-
-Mocciosa!-
-Troglodit…-
-Noch noch meinen Nachtigall, ich hör dich trapsen!!!*-
Nami scattò in piedi, un sorriso entusiasta e felice in volto, gli occhi sgranati e una pagliuzza di entusiasmo nell’iride nocciola.
Era la prima volta che la vedeva felice dal loro primo incontro, euforica quasi, e ne rimase stranamente colpito.
-Oh mio Dio, oh mio Dio!- la vide scartare la parrucchiera, correndogli dietro le spalle e costringendolo a voltarsi con la sedia girevole per vederla gettarsi a braccia aperte sulla figura appena apparsa sulla porta del camerino.
-Non posso credere che tu sia qui!- urlacchiò Nami, abbracciando l'alta figura dai riccioli biondi e liberi sulla schiena.
Zoro ne studiò la silhouette slanciata, stretta in strappati jeans di alta moda abbinata a una camiciola bianca, che illuminava la di per sé già pallida e lampante carnagione candida del biondone.
-Mein Stern!- parlò accigliato ancora in quella lingua che non riusciva ad afferrare, ma che sembrava capire appieno Nami -Wo sollte ich sonst sein?!-
-Ti credevo in turnéé con le sirene del Mermaid Café- rise la rossa, stringendolo ancora e staccandosi solamente quando le punte dei piedi iniziarono a farle male, nell’issarsi per colmare la differenza di statura -Non dovevi partire con loro Cavendish?-
Il biondo arricciò il naso, sputacchiò qualche insulto nella sua dura lingua e poi rise tornando a guardare la rossa.
-Übrigens- le prese una ciocca di rame e se l’arricciolò sull’indice -Dein Zirpen hat mich betäubt, als ich aus dem Flur kam...-
Nami storse il nasino e lo colpì con un pugnetto sullo sterno, strappando un ghigno a Zoro: se lo malmenava l’aveva come minimo presa in giro, e solo per quello già gli stava simpatico quel biondone d’oltralpe.
-Fai poco lo spiritoso, Cav!- lo rimbeccò -Se solo sapessi che cosa non mi tocca fare… e non mi hai ancora spiegato perchè sei qui!-
-Ein Moment, bitte!- sfarfallò le lunghe ciglia, ondeggiando la chioma principesca.
Fu solo allora, dando aria ai riccioli d’oro con movenze morbide e di prima donna, che notò Zoro.
-Und er?!?- sgranò gli occhi -Wer ist… oh-
Due passi zampettati e con un sorriso inquietante che però non scompose l’attore, il biondo Cav gli si piazzò davanti, esaminandolo.
-Wunderbar!!!- trillò eccitato - Ma buongiono mio caro!-
Se prima l’idiota straniero era incomprensibile, ora l’accento pesante era quasi peggio.
-Perdona me che no sono mi presentato- un lieve inchino, con braccio teso e l’altro al ventre -Cavendish Doppelgesicht, truccatore und hairstylist und single… verstehst du?-
Zoro si sporse con il busto oltre la bionda figura, ghignando a Nami.
-Amici sani di mente non ne hai?-
La rossa arricciò il nasino con finto fastidio, coprendo la distanza che la separava dai due, aggrappandosi possessiva al biondo.
-Lui è Cavendish- presentò il ragazzone, che si piegò in un cavalleresco inchino, stringendosi al fianco l’attrice -È il miglior truccatore del jetset-
-Oh, mein Stern: bitte!- si sistemò la chioma Cavendish -Dell’intero Welt!-
-... ed è molto modesto come vedi- rise la rossa, strappando un sorriso leggero anche a Zoro.
Com’è che sembrava perfino carina se non urlava come un’isterica perennemente sul punto di commettere un omicidio?
Il suo, per essere precisi.
-Ci siamo conosciuti sul set di un film, lui era il truccatore ufficiale e io una dei protagonisti- raccontò breve -E da allora è stato-
-Liebe!- trillò il biondo facendola ridere ancora -Un immenso und grande ammore!
-Amicizia- lo corresse bonaria -Mi ha insegnato la sua lingua ed io la mia-
-Anche se lei no parla ancora buono come me- conscesse un occhiolino a Zoro, che ridacchiò.
-Noto- annuì il verde tornando a guardare la ora raggiante e sorridente collega.
Davvero bastava così poco?
Perchè non era arrivato prima?
A saperlo...
Per calmare la capricciosa attrice non erano necessari calmanti in dose da elefanti, ma solo un biondone armato di trucchi e gaio in tutti i sensi.
-Sono così felice di averti qui- si strinse all’amico Nami, dondolando.
Finalmente un volto amico, un confidente, una persona con cui sfogarsi e che avrebbe capito.
Altro che il suo agente: lui sminuiva le sue paure e… e non era emotivo e plateale come Cav!
-Ma perchè sei qui?- tornò a chiedergli -Non eri in tourneè?-
-Und perdermi il colossal di diese secolo?!?- sgranò gli occhi il truccatore -Bist du Dumm oder was?-
Un’altra risata e un pizzicotto al biondo.
-A dire il verità- tornò a guardare Zoro- Un zerto Zimbe ha chiamato me und di una zerta triste Nami ha raccontato… Sa nulla du, liebe Zoro?-
L’occhiolino del biondo questa volta fu più complice del previsto e il verde annuì.
-Ho presente il soggetto- volse gli occhi a Nami, che gli abbozzò un sorriso.
Si, definirla triste era giusto. ma anche socntrosa e rabbiosa.
A ben pensarci, forse era stata un tantino insopportabile con il collega.
-Und so, ecco me qui!- mosse la chioma platinata con una mano -A servire und truccare und pettinare und ascoltare petegolezzen, alle für uns Nami- la baciò su una guancia, tirandogliela poi con due dita -Alle sottopagaten! Emporio Geizhals!-
Zoro rise, guardando il volto della rossa illuminarsi e abbracciare con calore l’amico, scambiando qualche parola nella dura lingua dagli strani accenti del truccatore.
Strano.
Sia il nuovo arrivato che il cambiamento della giovane.
Da nevrotica e scontrosa donna, che mutava in professionale attrice sul set, ora dietro la cinepresa vi era una persona totalmente diversa: sorridente, cordiale, dai gesti meni omicidi e luminosa.
Jinbe avrebbe dovuto chiamare prima quel strano soggetto, ma aveva rimediato in tempo.
A chissà quale colpa, solo Nami e il suo manager lo sapevano.
-... nto felice tu sia qui- era tornata a sedersi Nami, permettendo al truccatore di armeggiare con la sua chioma, schiafeggiando sui dorsi la precedente parrucchiera che aveva osato avvicinarsi e allungare una mano.
-Ich auch- prese una spazzola con dita esperte, pettinandola con fare abituale -Dressorosa mi rikorda le mie vakanze di acthzehn in… in…-
-In?- lo incalzò Zoro, divertito.
Era facile capire come Nami riuscisse a rilassarsi al fianco di quell’ambiguo capellone: con il suo strano accento, parlava, parlava e parlava di tutto riempiendole la mente e spazzolando via ogni sua preoccupazione.
-In… non ricordo me!- sbuffò -Ma! In kesta città c’è la stessa aria di chioia und leggherezza und pubblichità su tetti di case und… oh!- un colpo di spazzola all’aria, per cogliere un’improvvisa illuminazione -Nami!-
-Si Cav?- ridacchiò la rossa, guardando Zoro in un chiaro invito a divertirsi con quella Barbie versione parrucchiera.
-Sapessi was ich habe visto gestern in Tv!- saltellò eccitato -È un kalkosa che a du non piace ma che, wunderbar, intero mondo rincrazia per kuesto-
Gli occhi di Nami persero colore e aumentarono di grandezza nel sgranarsi e focalizzare il riflesso del suo amico, che la specchiera le regalava.
-Di cosa stai par-
-Ma delle tue rosa chippetten e della tua erste pubb… Oh! Mein Stern non è che kesto film und kuella pubblichità sind collegaten?-
La mano di Nami fu più lunga della lingua del biondo, che si ritrovò un paio di forbici ad abbracciare una delle sue ciocche dorate.
-Una parola ancora e dovrai dire addio alla tua chioma!- sibilò la rossa.
Zoro ruotò gli occhi al cielo: la strega era tornata.
La vacanza in Namilandia col Sorriso era stata breve. Troppo.
Sospirando, l’attore si alzò dalla sua postazione, ignorando i piagnistei del truccatore sul graziare la sua adorata capigliatura, portandosi a fermare la mano armata della collega.
-Zii buona, mein Stern! Bitte!-
-Dipende tutto da te Cav… zac zac!!!-
-Noooo! Bitte!-
-Andiamo- le prese il polso, deviando le forbici e guadagnando un’occhiataccia di Nami -Le riprese iniziano tra poco-
La ramata storse il nasino da Cleopatra, abbandonando la presa sull’arma occasionale, creandone una con le dita che aprì e chiuse a un soffio dal naso di Cavendish.
-Ti tengo d’occhio Doppelgesicht: o la lingua o la chioma!-
-Sei krudele!- piagnucolò il biondo, stringendo le ciocche dorate nei palmi -Zimbe aveva raghione: hai preso zu a kuore diese kosa! Kualziazi kosa zia!-
La linguaccia di Nami fu la degna risposta al piagnucolare capriccioso di Cavendish di cui Zoro era spettatore.
Ecco perchè andavano d’accordo: erano mocciosi entrambi.
Purtroppo per loro, lui non era una bambinaia e non era suo compito gestirli. Già era complicato sopportare la rossa, alla bionda poteva rinunciare.
Con passo deciso, Nami uscì dal camerino davanti a lui, inseguita dal truccatore che armeggiava con gli ultimi ritocchi prima della messa in azione delle cineprese.
Zoro li guardò bisticciare tra vocali con umlaut e minacce più o meno velate, mentre fard e fondotinta venivano stesi come carezze sul volto della rossa.
C’era del professionale nel loro rapporto, lo doveva ammettere, ma vi era anche una sana complicità che lo divertiva e affascinava.
Chissà cosa nascondevano quei due?
Soprattutto, cosa nascondeva Nami per portarla a promettere vendetta su una capigliatura cotonata e pagliericcia di un makeup artist chiacchierone e vagamente gaio?
Scosse il capo, buttando nel dimeticatoio le sue stesse domande e avviandosi verso il set, già pronto a continui cambi e riadattamenti della pellicola nell’arco della sola mattina.
Non osava pensare al pomeriggio.
Erano a pochi metri dai macchinari di ripresa, nel caos febbricitante del pre Ciak, quando una sobria ed elegante figura attraversò il set inseguendone una mastodontica e dal passo incazzato.
Con la sua elegante silhouette, Reiju rincorreva un tecnico del set, armato di cavi e chiavi meccaniche nelle mani, bestemmie e imprecazioni nella bocca.
Li superò marciando inferocito, la farfalla dal caschetto rosa alle calcagna, su cui Nami posò gli occhi carichi di elecubrazioni.
Se Ivan era irreperibili come il suo pupillo, perchè non attanagliare la fidata segretaria dell’impresario cinematografico per raggiungere il suo scopo?
Magari, lavorandola bene ai fianchi e mirando alla complicità femminile, avrebbe potuto ottenere un vantaggio per la sua causa.
Scartò Cavendish veloce, ripercorrendo i suoi passi e incrociandoli con quelli di Zoro, pronta a tallonare l’assistente.
-Reiju?- la chiamò cortese e decisa -Reiju devo parlarle!-
-Miss Cocoyashi al momento sono un pò presa, se potessimo rimandare- cercò di liquidarla, il rosso scaricatore di porto che non accennava a fermarsi -Mr Eustass! Mr Eustass gentilmente: sa bene che-
-No!- non mollò il passo Nami -È importante! È riguardo il film, il copione, dobbiamo asoslutamtne discutere del-
-Hai rotto il cazzo!-
No, ok, magari non era il momento più adatto per promuovere la sua causa.
Avrebbe aspettato un momento migliore.
Magari senza tecnici delle luci incazzati neri che urlavano.
-Porca troia! Ma siete laureai ad asfaltare cazzi qui?!-
E usavano gerghi molto colorati.
-Mein Gott: che linguaccio!- si coprì le orecchie Cavendish, occhiando poi Zoro e coprendo le sue -Non askoltare Liebe: fa male al tuo sex appeal!-
-Mr Eustass- sospirò pesantemente Reiju correndo sui tacchi dietro all'imponente addetto alle luci del set e ignorando il trio -La prego!-
-Quella frase funziona con me solo se sei nuda, a carponi sotto di me e con il fiato corto- buttò a terra il fascio di cavi, voltandosi a squadrare da capo a piedi l'assistente di Emporio -Per il resto dei casi me ne sbatto il cazzo: sei ore ci vogliono e sei ore impiegherò per sistemare l'impianto come cazzo dico io-
-Mr Eustass le riprese non possono bloccarsi per un lucernario mal funzionante- protestò educata la donna, imponendosi con dovuta eleganza contro lo scaricatore di porto-elettricista che aveva dinanzi.
-Sa bene quanto siano pressanti i tempi e bloccare il set per sei ore è impensabile- prese un respiro profondo, mettendo in coda alla sua lista di pensieri la presenza non necessaria a quella discussione degli attori protagonisti e del truccatore appena assunto su insistente richiesta di Mr SeaKnight.
Come se non avesse nulla di meglio a cui pensare se non ai truccatori del set!
-Gentilmente- riprovò -Trovi un modo per accelerare i lavori Mr Eustass, ne va della-
-Parliamoci chiaro bambolina- serrò la mascella il tecnico, i guanti sfilati e mal riposti a penzoloni in una tasca della tuta -Qui non c'è nessuno "Mr Eustass"- storse il naso di per sé già mal dritto -Mr Eustass è rimasto a casa a farsi fare un gran bel bocchino da Mrs Eustass: un deepthroat ad essere precisi, e- alzò la voce quando Reiju provò a interromperlo -Dato che non esiste nessuna Mrs Eustass e nessun gran servizietto, non esiste nemmeno nessun cazzo di Mr Eustass- si fece avanti di un passo, ghigno in faccia e occhi d'ambra ricolmi di straffottenza, oscurando con l'elevato fisico la figura sobria e diplomatica dell'assistente -Quindi o mi chiami Kidd o ti metti in ginocchio, bocca spalancata e labbra morbide e ti fai chiamare Mrs Eustass. Solo allora potrai chiamarmi Mr Eustass-
Il silenzio non ritardò a calare pesante e colmo di non troppo velate sfumature d'imbarazzo tra i presenti.
Cavendish fissava a occhi sgranati i due litiganti non sapendo bene se sperare in un ceffone da parte di miss Vinsmoke all'energumeno, con evidenti carenze affettive e sessuali, o in una risata isterica da parte della stessa ragazza. Zoro scrutava la scena con sopracciglio alzato e Nami attendeva l'epilogo del siparietto per poter provare un nuovo attacco all'assistente.
Passarono una manciata di secondi prima che Reiju liberasse un esile respiro e chiudesse gli occhi.
-Come desidera- annuì -Quindi può sistemare il problema in un paio d'ore... mr Kidd?-
Le risate mal trattenute di Cavendish e Nami vennero attutite dall'imprecazione a pieni polmoni del rosso.
-Cazzo! Lo fai apposta?! Sei ore cazzo, sei ore mi servono, Bambolina!- ruggì il rosso, ergendosi sulla donna -E che diamine è questo darmi del lei?!? Porco cazzo, piccola io-
-Mein Gott kualkuno si sacrifichi und faccia l’ammore con kuesto uomo! Non si recspira da kuanta tenziun sexual gibt es hier! Es ist inakzeptabel, ist… oh ok! Mi sakrifiko ich!-
La mano di Nami arpionò in tempo un ricciolo di Cavendish nel fermarlo dal suo sacrificio, il capo di Zoro oscillò sospirando.
Davvero, a lui bastava la rossa, che si riprendessero la bionda.
-Quindi- si portò vicino all’assistente e al tecnico, Nami, lasciando il truccatore a borbottare offeso per la censura ricevuta -Vi sono dei ritardi per le riprese?-
-Poche ore- le sorrise Reiju, cortese nonostante il crollo nervoso che minacciava di coglierla se avesse continuato a lavorare per Iva.
La rosa già lo sapeva.
anzi, lo aveva appuntato in agenda per il mese di marzo del duemila-chissà-quanto.
-Sei- masticò l’aria Kidd -Sette se ci siete voi bambocci in mezzo alle palle- addito Nami e Zoro.
-E se non ci fossimo?- colse la palla al balzo la rossa. Ecco la sua apertura!
Perfetto.
-Miss Cocoyashi cosa-
-Al tecnico delle luci serve il set vuoto- riassunse veloce Nami, guardando negli occhi color zaffiro Reiju -E a lei serve almeno un’ora di relax-
Il sorriso dell’attrice si fece suadente, malandrino quasi e Zoro fu certo che qualsiasi cosa avesse in mente sarebbe stata a suo egoistico favore.
Seppur le sue parole celassero il reale intento.
-Un massaggio alle spalle, una maschera facciale, oppure- gli occhi le zigzagarono al truccatore professionista, che cinguettava attorno a Zoro ignaro del sorriso diabolico dell’amica -Un paio d’ore sotto le abili cure di un makeup arstist dalla fama internazionale-
Entrambe le donne ruotarono gli occhi su Cavendish, intento a registrare le misure di Zoro mentalmente, che impiegò qualche secondo per avvertire lo sguardo delle due su di lui.
-Was?- domandò veloce -Kosa…-
-Cav, Reiju avrebbe bisogno delle tue cure- incalzò veloce Nami, ignorando l’occhiata azzurra che la chiamata in causa le concesse.
-Veramente non necessito di nulla se non che il set riprenda il suo operato entro un’ora-
-Sei ore- ganasciò Kidd, armeggiando a terra con cavi e aggeggi vari.
Con passo deciso Cavendish si avvicinò alla rosa, analizzandola con occhio critico ed emettendo mugugni di assenso.
-Ja, ja… gut… uhm… so…- le prese una ciocca tra le dita, facendo ruotare le iridi di zaffiro su di lui -Direi un impakko per kuesto biondo fragola und manikur und di zicuro krema gegen stress: mein Liebe da kuanto non dormi almeno acth Hur? Zolo dormire, per il zezzo… ah, io avere ghià capito tutten-
Il sospirò che uscì dalle labbra di Reiju fu pesante quanto i fasci elettrici trasportati da Kidd.
-Mr Kidd- trattenne la disperazione nella voce, ricevendo in risposta un grugnito -Tre ore?-
-Cinque- concesse quello.
-Tre e mezza?-
-Quattro e voglio fuori dal set anche questa barbie che mi sta fissando chiappe: ti vedo arriccia peli in culo-
-Colto me in flagrante ja! Ma lo fachievo für du, mein bocciolo di rotten Rose-
-Perfetto!- battè le mani Nami.
Gli occhi le luccicavano di vittoria e il sorriso felino non celava la sua grondante felicità.
-Il tecnico sistemerà il lucernario, lei si riposerà e Cavendish sarà impegnato in modo da non ostacolare la rimessa in opera del set- sostenne lo sguardo di Reiju, solenne e decisa -Siamo tutti felici così no?-
Ennesimo sospiro, di sollievo, in cui l’assistente si permise di chiudere gli occhi.
-Quattro ore a partire da ora- annuì guardando il volto trionfante di Nami -E sappia che so bene che mi costerà caro questa sua premura nei miei confronti-
-Ovviamente- rise la rossa -Ma non parliamone ora-
-Ja! Ora noi andare und sistemare te!- prese per le spalle Reiju il makeup artist, marciando verso i camerini -Auf Wiedersehen mein Stern. Bye Bye Zoro Liebe! Gut arbeit mein fokoso Rotten!-
-Crepa! Lasciatemi lavorare! Fuori dai coglioni anche voi due bamboccioni!-
Zoro aveva rinunciato in partenza a capire cosa stesse architettando Nami, ma non vi vedeva nulla di male in quattro ore libere dal lavoro.
Si stava già incamminando verso l’uscita degli studios, quando la voce di Reiju lo richiamò.
-Miss Cocoyashi le affido mr Roronoa: il signor CuttyFlam ha accennato a problemi di orientamento-
Gli occhi nocciola si specchiarono in quelli d’ebano.
Ah, quattro ore con la mocciosa? Ecco che appariva il male della faccenda.
E Nami doveva saperlo che dietro ogni buon affare c’è una clausola truffaldina.
Quel film ne era la prova.
-Uff e va bene!- lo prese per un polso e lo strattonò dietro di lei, scendendo a patti con se stessa.
Il suo piano non poteva di certo fermarsi perché doveva badare al suo collega scemo.
-Andiamo, e cerca di essermi utile questa volta- lo portò fuori dal set.












*Noch noch meinen Nachtigall, ich hör dich trapsen!!!
È un modo di dire tedesco, letteralmente si traduce con “Di più di più mio usignolo, ti sento in trappola”. Nella traduzione perde un pò del suo fascino.
Deriva da un’usanza dei cacciatori della baviera, che cacciavano usignoli per usarli come esca per i simili. Si è evoluta poi per indicare una persona che è costretta a fare un qualcosa di negativo per sè stesso nonostante non ne abbia voglia, molto simile al nostro “Fare buon viso a cattivo gioco” ma è una traslazione troppo generica.
Da questa frase comunque prende il titolo la storia “Noch noch, are you ready to play your role?”

 

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