Yu Gi Oh: Duelist Chronicles

di UlquiorraSegundaEtapa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: I duellanti ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Il Parco dei Duelli ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: I pinguini sono persone orribili ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: La lista ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Una duellante formidabile ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Il domatore di draghi (prima parte) ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Il domatore di draghi (seconda parte) ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Come pezzi su una scacchiera ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Miss Parco dei Duelli ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Creature dagli abissi ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: Il Drago degli Abissi ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12: Si parte per il campo estivo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: I duellanti ***


YU -GI OH
Duelist Chronicles
 
 
 
By UlquiorraSegundaEtapa



Disclaimer: In questa fan fiction compariranno personaggi originali, personaggi di Yu gi oh e personaggi presi da altre opere – anime, fumetti etc… - riadattati per l’occasione.
C’è la possibilità che compaiano carte inventate dal sottoscritto o che alcune carte abbiano effetti presi dall’anime o modificati dal sottoscritto. In entrambi i casi avvertirò. In tal senso, la scelta viene fatta per amor di narrazione, così come qui si è deciso di adottare la regola di poter evocare mostri scoperti in posizione di difesa – cosa che nel gioco non sarebbe possibile.
Inoltre, questa storia è ambientata in una timeline che prevede l’utilizzo di carte fino a GX, e nonostante possano comparire carte o archetipi introdotti nelle serie successive, non saranno presenti evocazioni Synchro, XYZ, Pendulum o Link.
Vi auguro una buona lettura!!
 


 
CAPITOLO 1: I duellanti
 
 
Che finale signori, che finale! La competizione è accesa stasera all’Arena dei Duelli dell’Altopiano Vittoria, dove si sta disputando la finale regionale del campionato di Duel Monsters!
Così un’euforica voce al microfono annunciava lo svolgersi dell’evento della serata. L’arena era gremita, e i fari illuminavano gli spalti e la piattaforma dei duelli. Sembrava di stare ad un concerto, solo che lì non si faceva musica. Era una partita di Duel Monsters: due giocatori, quaranta carte e le ultime tecnologie in fatto di ologrammi per portare in vita mostri, magie e trappole e infiammare il cielo anche quella notte, assieme ai cuori di migliaia di tifosi e spettatori.
Il Duel Monsters aveva preso piede dopo il secondo conflitto mondiale, ed era diventato via via un fenomeno globale, fino a raggiungere lo straordinario successo degli ultimi anni, superando perfino sport che allora andavano per la maggiore, come il calcio in Europa o il Football americano.
Quello era solo uno dei tanti tornei che si disputavano di continuo nel mondo.
Il primo dei nostri finalisti, Aaron, è in seria difficoltà. Non ha mostri sul terreno e gli rimangono appena 200 life points!
I life points erano i punti vita di ogni duellante, fondamentali per vincere. Chi azzerava i life points dell’altro aveva vinto il duello. Il suddetto Aaron non se la stava vedendo per niente bene. Era un ragazzo dai capelli verdi a caschetto, con un ciuffo che sparava verso l’alto, e indossava una maglia smanicata con scarabei arancioni su sfondo nero, e dei pantaloni gialli. I riflettori gli facevano brillare la fronte madida di sudore. Come aveva detto il commentatore, non aveva mostri sul terreno, e questo significava che era scoperto.
Invece il nostro favorito, Gary, sembra essere in procinto di assaporare la tanto agognata vittoria!
Per tutta risposta Gary, un giovane dall’espressione confidente, i capelli marroncino sporco dalle punte ribelli, con indosso una polo blu e dei jeans da cui pendeva una catena, sembrava avere perfettamente il controllo della situazione. Guardava il suo avversario con sprezzo, tenendo a ventaglio le carte che aveva in mano. Era ben protetto dal suo Soldato Ingranaggio Antico in posizione d’attacco, un soldato di ferro e ingranaggi arrugginiti con un mitra improvvisato. Secondo i tabelloni, i suoi valori di attacco e difesa erano entrambi di 1300. In più, disponeva ancora di una carta coperta.
Chi uscirà vincitore da questo acceso conflitto? Sarà Aaron, il “novellino”? Oppure l’idolo della folla, Gary? La sfida è ancora aperta!
Gary era soprattutto il preferito della parte femminile della folla. Aveva un bel viso, ma l’aria da bulletto che lo faceva odiare dai maschi e adorare dalle femmine. In più era un duellante formidabile, qualcosa che il suo avversario aveva sperimentato in quello stesso duello. Avrebbe sul serio potuto rimontare?
La risposta si celava nella prossima carta. Aaron pescò a denti stretti, ma scoppiò subito in una risata fragorosa non appena vide che cosa gli era capitato.
- Si può sapere cosa c’è di tanto divertente? – domandò Gary. Bastava uno sguardo ai tabelloni, posti in alto al centro delle impalcature che sorreggevano il tetto dell’arena, che per quell’occasione era stato aperto, per capire che l’altro aveva poco da ridere. Su uno schermo erano riportati i valori di Soldato Ingranaggio Antico, mentre sull’altro i life points dei due contendenti.
 
LIFE POINTS AARON: 200
LIFE POINTS GARY: 2400
 
Ma quello gli rispose per le rime. – Oh, lo scoprirai subito! – gli promise, e subito dopo portò la mano al vano del suo Duel Disk, l’apparecchio che consentiva agli ologrammi di funzionare, corrispondente al cimitero, dal quale tolse due carte. Gary alzò un sopracciglio.
- Ihih – ridacchiò Aaron. – Ti starai domandando perché io abbia appena fatto questa mossa. Ebbene, devi sapere che la spaventosa creatura che sto per evocare è molto vorace, quindi per poterla chiamare in campo avevo bisogno di soddisfare la sua fame. Perciò ho dovuto rimuovere dal gioco due dei miei mostri insetto già presenti nel cimitero, per poter disporre del suo potere.
Gary non si lasciò impressionare. Con uno sguardo folle, Aaron esclamò: - Ora vieni a me, potente Doom Dozer!
Posizionò la carta quasi con ferocia, e linee arcobaleno accompagnate da suoni digitali illuminarono il dispositivo. Una casella corrispondente sul pavimento si accese, e dalle scintille emerse un gigantesco millepiedi dal dorso nero e il ventre roseo, le fauci rosse che terminavano in punte nere. Mandò un ruggito mentre si inarcava con la sua mole imponente. Il tabellone aggiornò i valori: quel mostro aveva 2800 punti d’attacco e 2600 di difesa. Era nettamente più forte del mostro avversario. La folla lanciò grida di esultanza.
- Mi spiace, ma il tuo povero soldatino non ha alcuna possibilità contro la mia tremenda creatura – sentenziò Aaron, stendendo la mano verso il rivale. – Vai Doom Dozer, distruggi il suo mostro!
Il millepiedi caricò, per poi afferrare il Soldato e stritolarlo fra le sue fauci. La creatura lanciò versi di protesta, prima di esplodere in schegge olografiche. In tutto questo, mentre il punteggio si aggiornava e la folla era su di giri, Gary era rimasto immobile a braccia conserte.
 
LIFE POINTS AARON: 200
LIFE POINTS GARY: 900
 
Incredibile signori! Con una sola mossa, Aaron ha ribaltato il risultato e ha messo Gary con le spalle al muro! Che rimonta incredibile!
Il verdino strinse il pugno. – Ormai la vittoria è mia!
Fu a quel punto che Gary fece un sorrisetto accompagnato da una risatina.
- Si può sapere cosa ci trovi di divertente? – gli domandò Aaron, con una punta di irritazione. L’altro fece una smorfia: - Rido perché non hai risolto assolutamente nulla con la tua patetica mossa. Anzi, mi hai dato il pretesto per la tua sconfitta perfetta.
- Ma di che parli?
- Se hai finito il tuo turno, te lo mostrerò.
Aaron si ritrasse con le gocce di sudore che gli scendevano lungo le guance. Sta bluffando, pensò, sta per forza bluffando. Rilassati, non c’è niente che possa fare.
- Termino il mio turno – dichiarò, fingendosi spavaldo. – Stupiscimi.
Il suo invito fu recepito dall’altro con un sorrisetto. – Ti accontento subito – gli disse, e poi pescò la sua carta. La ignorò completamente e passò all’attacco: - Ora scopro la mia carta coperta: la carta magia Sepoltura Prematura.
La magia ritraeva un sigillo magico e un morto che stava emergendo. Aaron sgranò gli occhi: - Quella carta ti richiede un sacrificio di 800 life points per poter richiamare un tuo mostro dal cimitero!
Fece un sorrisetto nervoso. – Hai praticamente deciso di suicidarti, eh?
Per tutta risposta, Gary ghignò. – Povero ingenuo. Non conta con quanto si vince, l’importante è che lo si faccia.
 
LIFE POINTS AARON: 200
LIFE POINTS GARY: 100
 
Un’altra mossa incredibile, caro pubblico! Gary il favorito ha deciso di rischiare il tutto e per tutto! Che mossa strepitosa avrà in serbo ora??
- Grazie a Sepoltura Prematura, riporto in vita il mio Soldato Ingranaggio Antico! – esclamò. Il mostro fece ritorno in un tripudio di luci e fumo, mentre i suoi valori tornavano su schermo. Gary separò una carta da quelle in mano: - Poi attivo il potere speciale di questa creatura: se controllo un qualsiasi mostro con “Ingranaggio Antico” nel nome, posso evocare tramite evocazione speciale Ingranaggio Antico dalla mia mano.
Il nuovo mostro sembrava il risultato fallito del tentativo di dare a una massa di bulloni e ingranaggi una forma vagamente umana. Era un insieme di rotelle, senza gambe e con degli stecchetti di ferro che dovevano fungere da braccia. La testa era una ruota dentata di ferro arrugginito. I suoi valori erano ridicoli rispetto a quelli di Doom Dozer: solo 100 di attacco e 800 di difesa.
Aaron si tranquillizzò. – E io che mi aspettavo chissà che cosa. Quel mostriciattolo non può certo difenderti dalla mia creatura.
Ma Gary non perse il suo sorriso. – Oh, questo lo so bene. Ma io non ho alcuna intenzione di difendermi, ho intenzione di distruggerti.
Lo sguardo del rivale si rabbuiò. – E come pensi di fare?
- Ti ringrazio per avermelo chiesto, e te lo vado subito a mostrare.
Tese una mano aperta in avanti. – Ora sacrifico entrambe le mie creature…
Prese un’altra carta dalla sua mano. – Per evocare il potente Golem Ingranaggio Antico!
La folla esultò ancor prima che la creatura potesse fare la sua apparizione. Da una nuvola di fumo emerse quella che sembrava la versione cattiva e arrugginita del Gigante di Ferro. Un solo, sinistro occhio rosso brillava sotto al suo elmo che sembrava la versione malfatta di un elmo spartano, una ruota dentata gli spuntava dalla spalla, come una dal bacino, e sbuffava vapore dalle guarnizioni. Era imponente, così come lo erano i suoi valori: 3000 di attacco e difesa.
Sensazionaleeee! Una mossa da urlo! Gary è riuscito anche questa volta a evocare il suo asso nella manica, il terrificante Golem Ingranaggio Antico! Questo mostro è stato il terrore dei suoi avversari. Aaron sarà la sua ennesima vittima, o riuscirà a tenergli testa?
- Merda! – esclamò il verdino. – E’ più forte del mio Doom Dozer!
Con la folla in visibilio, Gary ghignò: - Vedo che hai studiato, e se la matematica non è un’opinione, la differenza di attacco tra il tuo mostro e il mio è esattamente quanto ti resta da vivere.
Non mentiva: i due mostri avevano una differenza di duecento punti, lo stesso numero di Life Points che restavano ad Aaron. Mentre l’altro cominciava pian piano a realizzare la sua sconfitta, Gary infierì: - Ti consiglio di non perdere tempo a cercare nella tua mano qualcosa che possa salvarti: quando Golem Ingranaggio Antico sferra un attacco, le carte magia e trappola sono inutilizzabili fino alla fine del Damage Step.
Che era la fase di calcolo dei danni. Aaron spalancò gli occhi.
- No! La mia corona! La mia preziosa coronaaa!
- Ma quale corona! Vai, Golem Ingranaggio Antico, distruggi quel disgustoso insetto e poni fine al duello con la Zuffa Meccanica!
Mentre Gary dava l’ordine, la sua creatura cominciò a portare il braccio destro all’indietro, chiudendo il pugno, con uno stridore di ingranaggi e sbuffi di fumo. Quando ebbe tirato abbastanza indietro il braccio, il Golem lo stese in avanti e menò un colpo così forte da far esplodere l’altro mostro.
Aaron si parò con le braccia mentre pezzi di ologrammi volavano ovunque, e i suoi life points calavano a picco verso lo zero.
 
LIFE POINTS GARY: 100
LIFE POINTS AARON: 0
 
I riflettori si spensero e poi si accesero le altre luci dell’arena. La folla si alzò in piedi e cominciò ad applaudire a più non posso. Gli ologrammi scomparvero, e i tabelloni ora mostravano un'unica immagine: la foto di Gary con la scritta VINCITORE.
Il commentatore  si buttò a tutto fiato sul microfono: E VINCE! GARY OAK E’ IL VINCITORE DI QUESTO TORNEO REGIONALE! UN DUELLO INCREDIBILE SIGNORI, INCREDIBILE!! UN BELL’APPLAUSO PER IL NOSTRO NUOVO CAMPIONE!!
Ma la folla non aveva certo bisogno di farsi pregare. Stavano già applaudendo tanto da farsi male alle mani. Tutti tranne Aaron, che per lo spavento era finito a terra con le sue carte, e ora le stava raccogliendo mugugnando freneticamente.
- Non posso aver perso, non posso aver perso, non posso…
L’ombra del suo rivale si stagliò su di lui. Quando rialzò lo sguardo, trovò Gary che lo guardava con una mano in tasca e il sorrisetto bastardo. – Quanto meno hai offerto un po’ di intrattenimento. Ma la prossima volta ti consiglio di provare con le leghe minori. Magari sarai più fortunato.
E mentre lo denigrava lo aveva già superato, facendogli ciao con la manina. Aaron lo vide scendere dal palco e strinse i denti. Oltre al danno la beffa? No, non poteva accettarlo. Non l’avrebbe passata liscia. Che si godesse la vittoria, per il momento. Ma quella non sarebbe affatto stata l’ultima volta che sentivano parlare di lui.
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE:
 
Hola, popolo di EFP!
È da moltissimo che non mi faccio vivo, e probabilmente qualcuno di voi che sta leggendo questa fan fiction non mi conosce nemmeno. Io sono UlquiorraSegundaEtapa, e questa fan fiction è la prima di un progetto di reboot per il mio profilo di EFP. Il mio profilo era difatti arrivato a un punto morto, troppe storie inconcludenti e che non mi soddisfacevano nemmeno più, e se non sono soddisfatto io in primis non potreste mai esserlo voi lettori. Così mi sono preso il mio tempo, una pausa di riflessione, diciamo, e ho deciso di tornare alla ribalta con nuove storie e, soprattutto, con un nuovo metodo.
Questa di Yugi è una storia estiva, e lo so che siamo praticamente in agosto e che l’estate è cominciata da un pezzo, ma spero mi perdonerete. Ho deciso di andare a cadenza settimanale con i capitoli, quando riesco, e di pubblicare le fiction a cadenza mensile. Vale a dire che questa, che inizia in un periodo estivo, verrà pubblicata a partire dall’estate, e non si interromperà durante l’autunno o l’inverno, ma ad autunno ne comincerà un’altra – un grande ritorno per chi mi segue da un po’ – e poi un’altra d’inverno e così via.
Spero che questo mi aiuti ad essere più produttivo, e a portarvi capitoli di maggiore qualità.
Venendo a noi, ora, questa è una fan fiction che volevo portare da tantissimo tempo. Amo profondamente il mondo del Duel Monsters, l’ho sempre amato e ci sono sempre stato dentro fin da piccolo. Così, quando gli anni sono passati e ho deciso di investire i miei soldi in altro, e non più nelle carte, ho scelto di convertire la mia passione nella scrittura di una fan fiction apposita.
Un problema che ho riscontrato, leggendo diverse storie su Yugi, è che non si lasciava mai abbastanza spazio ai duelli, e che questi erano approssimativi, poco soddisfacenti, mentre chi segue Yugi lo fa soprattutto proprio per quelli. Non ho la presunzione di aver fatto meglio degli altri, ma ho cercato di trovare un equilibrio qui tra l’evoluzione dei personaggi e la resa di duelli avvincenti in una maniera che a me sarebbe piaciuta leggere. Spero davvero di esserci riuscito, e che questa storia vi piaccia.
È una fan fiction molto leggera, non pretende di dare grandi lezioni sulla vita o di dilungarsi con le descrizioni. Qui ho voluto puntare sulla dinamicità delle azioni. Prendetela davvero come se steste leggendo un fumetto o guardando una puntata dell’anime di Yu gi oh. Solo che questa fan fiction è anche un crossover, perciò è bene precisare quali personaggi andrete a trovare.
Mi sono principalmente ispirato a Pokemon. Sì, perché Pokemon, assieme a Yu gi oh e a Digimon, è stato uno dei tre show per ragazzi che più ha influenzato le vecchie generazioni, compresa la mia. Inoltre, ritengo che i personaggi di Pokemon si prestino molto bene a fare da duellanti, con i loro outfit, il loro look, le loro personalità e storie. Ho trovato che fosse un deposito ricco al quale attingere quello dei videogiochi di Pokemon. Chiaramente, molte cose sono rimaneggiate. Mi sono ispirato ai personaggi, ma questo non vuol dire che rispecchino a pieno le loro controparti dei videogiochi, anzi, sono per la maggior parte OOC (out of character). E vedrete che non compariranno solo personaggi di Pokemon nel corso di questa storia.
I due che hanno fatto la loro apparizione qui sono:
- Gary Oak, mitico rivale della prima generazione, il cui nome originale sarebbe Blue. Ma siccome non mi piaceva, ho scelto di utilizzare la sua controparte anime. Il perché del suo deck ve lo spiegherò più avanti.
- Aaron, primo Superquattro della lega di Sinnoh. Mi serviva un duellante che usasse gli insetti, e siccome lui è proprio un esperto di tipo insetto era perfetto. Come ha promesso qui, non sarà l’ultima volta che sentiremo parlare di lui.
Bene, non voglio dilungarmi troppo. Questo era solo il mio messaggio di bentornato, diciamo. Ho un paio di capitoli già pronti per questa storia, quindi spero di riuscire a rispettare la cadenza settimanale. Nel dubbio, ci salutiamo qui con una piccola preview di quello che andrete a trovare nel prossimo capitolo:
 
Nel prossimo capitolo: “Il Parco dei Duelli”
Faremo la conoscenza di Alan, un giovane ragazzo appassionato di Duel Monsters, che però non ha intenzione di duellare. Ma quando il suo migliore amico gli notifica dell’esistenza di un posto dove si riuniscono i duellanti, la curiosità si fa irresistibile. Non perdetevelo!!
 
Ciao ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: Il Parco dei Duelli ***


CAPITOLO 2: Il Parco dei Duelli
 
 
Knock knock!
- Bro, sei lì dentro?
Alan sobbalzò e per poco il cellulare non gli cadde nella tazza del cesso. Qualcuno aveva bussato alla porta, e da dietro riconosceva la voce di Barney. Si era rintanato nei bagni del vecchio complesso proprio per non essere trovato, ma l’amico aveva una specie di radar per cui sapeva sempre come rintracciarlo. Dicevano sempre di non andare in quell’edificio diroccato, proprio accanto alla scuola, per via di qualcosa sull’amianto, ma naturalmente ci andavano tutti perché era appartato, sicuro, e i rompipalle non ci si avvicinavano proprio per la paura dell’amianto.
Tranne Barney, naturalmente.
- Un attimo! – esclamò, cercando di non farsi sfuggire il telefono. Nello streaming, Gary stava stringendo la mano al promoter e presidente dell’organizzazione che aveva sponsorizzato l’evento,. Giovanni. Dio, se il nome e l’outfit non lo facevano sembrare un boss mafioso. Aveva sempre un elegantissimo completo nero, anche se lì dovevano esserci quaranta gradi, gli occhi dal taglio affilato e i capelli neri rasati che gli stavano incollati al cranio come un tupè. Quell’uomo gli aveva sempre fatto paura. Guardalo quanto sembrava falso, proprio mentre con una mano stringeva quella dell’altro e con l’altra gliela appoggiava sulla spalla, prestandosi ai fotografi. Spense lo streaming, uscendo dallo schermo intero, in mezzo alle pubblicità che dicevano che la tua ragazza si sarebbe arrabbiata se ti avesse beccato a giocare a quel gioco, con succinte donne egiziane in bikini, e medici che nascondevano il segreto per la lunga vita e modi per allungare il pene e durare per una settimana a letto.
Cancellò le attività e uscì dalla latrina. Barney lo aspettava di fuori col suo solito sorrisetto, la camicia a fiori e la giacca sottobraccio. Aveva sempre la giacca, per lui la giacca era più di un indumento, era uno stile di vita. Era un giovane di bell’aspetto, anche se piuttosto diverso da Gary, con i corti capelli biondi sempre ben pettinati e fermati col gel e gli occhi azzurro chiaro. Avevano fatto amicizia il primo giorno che Alan si era trasferito in quella scuola.
- Se continui così, ti verrà un infarto – gli disse squadrando i suoi pantaloni. Alan sollevò il cellulare: - Stavo recuperando la finale del torneo di Duel Monsters in differita.
- Ah, si chiama così ora “andare su Xvideos”? – chiese l’altro. Alan non poté trattenere una risata. – Piantala – lo canzonò, senza reale fastidio. Ti ci dovevi abituare, ma Barney era forte.
- Non ero su Xvideos. Ero in streaming.
- A consumare giga.
- Tanto ne ho cento.
- Oh. Che fico che sei.
- Grazie.
- Come si consumano cento giga?
- Guardando Game of Thrones in palestinese?
Barney annuì. – Immagino di sì.
Uscirono dal vecchio edificio, in mezzo alle erbacce e scacciando nugoli di moscerini che non volevano altro che cibarsi del loro sudore.
- Tu non giochi a Duel Monsters ma ne sei completamente infoiato – constatò Barney.
- E’ così strano? – gli domandò.
- Oh no mio caro, è esattamente quello di cui abbiamo bisogno per stasera – e nel dirlo, aveva assunto la classica espressione che, ormai Alan lo sapeva, non prometteva nulla di buono. E difatti, quando erano ormai agli armadietti e si stavano preparando per le ultime due ore, lui se ne uscì con: - Io e te, stasera, Parco dei Duelli.
Alan chiuse il suo armadietto e lo guardò come se provenisse da un altro pianeta. – Come hai detto, scusa?
- Ho scoperto di questo speciale “parco giochi” a qualche isolato da qui. Apre d’estate, la gente ci si ritrova la sera, soprattutto infoiati di Duel Monsters come te e me…
- Tu non sei un infoiato di Duel Monst…
- Questo non è lo spirito giusto, Alan!
Barney cominciò a gesticolare, poi lo afferrò per le spalle e lo mise davanti a uno schermo immaginario. – Pensaci, carte, birra e belle fig…liuole. Cosa puoi chiedere di più?
- Non saprei? Una doccia per togliermi di dosso il puzzo delle patatine del Burger Mart? Lavoro stasera.
Ma Barney non demordeva. – Allora ci andiamo dopo che avrai finito di lavorare! Arriveremo in piena notte, come i veri ganzi! A proposito, per che ora stacchi tu?
- Le undici – gli disse, finendo di riporre le robe nell’armadietto e chiudendolo con un sonoro clang! – E non ho alcuna intenzione di andare a nessun Parco. Ho chiuso con il Duel Monsters.
Si avviò a lezione con le mani in tasca.
- E allora perché stavi guardando quel video?
La voce di Barney lo fece bloccare a metà del corridoio, con file di ragazzi che passavano loro accanto. Si volse e sfidò lo sguardo del suo amico. Barney ora si era fatto serio e aveva messo su la migliore faccia di bronzo della sua vita. Pensare che stava facendo tutto questo solo perché voleva che il suo amico lo accompagnasse a cuccare da qualche parte. Non sapeva se prenderla a ridere o tirargli lo zaino.
- Ripeto, lo trovi strano tenersi informati?
- No, Alan, quello non è tenersi informati – gli disse, avvicinandosi a passo spedito. – Io sento la passione! Quella passione che dici di non avere più. Magari non duellerai, e chi se ne importa? Finché possiamo stare lì a contemplare qualche bella ragazza e berci un paio di birre. Si beve pure, lo sapevi? Credimi, sarà leggen, non ti muovere…
Pitturò qualcosa su una parete invisibile con un gesto della mano e fece il suo solito sketch. - … dario. Sarà leggendario!
Alan si scostò dal braccio che lui gli aveva messo attorno alle spalle e lo congedò con un amichevole: - Niente da fare, Barney. Ho chimica, ci sentiamo dopo, eh?
 
Non c’erano molte stelle in cielo, o forse non si vedevano bene per via dell’inquinamento urbano. Alan, con la divisa arancione con cappellino del Burger Mart e il grembiule bianco insozzato di grasso e altra roba unta, premette il piede sulla leva del cassonetto e ci buttò dentro il sacco nero pieno di questo mondo e pure l’altro. Soprattutto l’altro.
Quando si volse per poco non gli venne un infarto. – Cristo santo, a te manca qualche neurone, Barney!
Si mantenne il petto che gli faceva male mentre l’altro usciva dalla penombra masticando una Big Babol il cui odore arrivava alle nari dell’altro pungente come uno stocco. Faceva un pessimo contrasto in mezzo al marciume del retro del Mart. Barney si era vestito di tutto punto: jeans leggeri, Vans, camicia bianca con arabeschi e gilè.
E occhiali da sole, senza alcun motivo apparente. Lo scrutò abbassando una delle lenti.
- Puzzi da far schifo – gli disse.
- E’ il mio lavoro. Presente? Lavoro in un Mart, non da Lush. E non mi hai mai visto in uno dei giorni veramente brutti.
Guardò la busta trasparente che aveva in una mano. – Che diavolo hai lì?
Non gli aveva nemmeno chiesto cosa ci facesse alle dieci e tre quarti di notte sul retro del Mart con degli occhiali da sole e immerso nell’ombra. Era talmente evidente, e questa cosa la si poteva dire solo per lui.
Il biondo sollevò la busta. – Un ricambio. Per te. Roba chic. Per fortuna me lo sono procurato. Non cuccheremmo mai se ti presentassi conciato in quel modo.
Lo squadrò da capo a piedi come se fosse appena uscito da un letamaio, cosa che era più o meno lavorare in un Mart.
- E’ la mia divisa! – protestò Alan. E subito dopo aggiunse: - Io non vengo proprio da nessuna parte! Te l’ho già detto.
Fece per tornare nel locale, ma Barney si piazzò davanti alla porta. – Amico, qual è la cosa più bella che ci sia?
- Probabilmente una fusione tra Kaya Scodelario, Amber Heard e Zooey Deschanel.
Barney guardò il cielo e ci pensò un po’ su. – Okay, allora la seconda cosa più bella che ci sia?
- Spostati, che qui devo finire di pulire, o non chiuderemo mai.
Alan lo scostò di forza afferrando la maniglia e tirando verso l’esterno. Se la richiuse alle spalle con un sospiro, solo per ritrovarselo di nuovo davanti nel retrocucina.
- Te lo dico io…
- Come diavolo hai fatto?!
- La cosa più bella che ci sia è, dopo una lunga giornata di lavoro, andare a farsi una bella birra rinfrescante con il tuo migliore amico…
- Non sei il mio migliore amico.
- E’ irrilevante. Dicevo, col tuo migliore amico e rifarsi gli occhi con qualche bella ragazza poco vestita perché ormai è caldo e si vola, baby!
Si aprì la camicia sul petto villoso e cominciò a improvvisare dei passi di danza per il locale. – E questo non puoi farlo in qualsiasi discoteca? No, devi proprio andare a questo “Parco dei Duelli” o come si chiama?
Ormai si era arreso al fatto che non sarebbe riuscito a liberarsi di Barney tanto facilmente, così tanto valeva fare conversazione. Lui gli saltò quasi addosso: - Bravo! Vedi che hai già imparato il nome? Ascolta, bro: le duellanti hanno una carica sessuale paurosa. Paurosa, te lo dico io.
- Hai mai fatto sesso con una duellante?
- No.
- E allora come…
- Ma è l’occasione perfetta per scoprirlo!
Non condivideva l’entusiasmo dell’amico. Ma lui non gli lasciò molta scelta: - Ti aspetto fuori di qui. In dieci minuti. Sarà leggen…
Lo chiuse fuori. – DARIO.
 
Alan continuava a non spiegarsi certe cose di Barney, ad esempio come avesse fatto a ficcare la busta con il cambio nel suo armadietto. E poi che diavolo, gli aveva davvero comprato un cambio di vestiti per la serata? La sua determinazione era davvero notevole, di questo bisognava dargliene atto.
Il ragazzo si specchiò nello specchietto sporco del suo armadietto scassato. Era giovane, aveva la vita davanti. La barba gli cresceva sempre ispida, quindi si teneva sbarbato. Cominciava a far caldo per tenere quei capelli scuri così lunghi, doveva davvero dargli una spuntata. Ma i suoi bei occhi blu, sebbene stanchi per le troppe ore di lavoro, dicevano una sola cosa. Dicevano: datti una possibilità. Ma sì, una notte non avrebbe ucciso nessuno. Per questo si infilò velocemente nella sporca doccia del Mart, si diede giusto una sciacquata, si passò di deodorante e si lasciò i capelli bagnati. Gli avrebbero fatto i ricci, chi se ne fregava. Faceva caldo abbastanza per lasciarli asciugare da soli.
Barney gli aveva preso una giacca di jeans senza maniche da mettere sopra a una canotta nera, e bermuda con cintura con le borchie. Si sentiva un po’ ridicolo, ma la prima cosa che gli disse appena uscito fu: - Non voglio sapere come hai indovinato la mia taglia.
Barney era appoggiato al muso della sua Mustang blu. Ridacchiò: - Ora sì che ci siamo.
- Ma dove diavolo hai preso i soldi per tutta questa roba?
Alan gli indicò la macchina con la mano aperta. Lui fece un’altra risatina, e poi lo liquidò con un gesto della mano e uno dei suoi soliti: - Non chiedere. Coraggio, si parte!
Tempo qualche minuto e stavano lasciando il centro cittadino per dirigersi alla periferia. Erano le undici passate e sebbene tutto il suo corpo, nonostante la doccia fredda, gli gridasse che voleva riposare, oramai aveva preso la sua decisione. Con Barney era sempre così: ti imbarcavi in un’avventura e non sapevi mai come potesse andare a finire. Era eccitante e stressante allo stesso tempo.
Per fortuna, in macchina si respirava un po’ più che fuori, grazie all’aria condizionata. Le luci dei lampioni scorrevano su di loro, illuminando a tratti l’abitacolo. La radio riproduceva Bon Jovi.
- E’ il mio pezzo preferito! – gridò Barney.
- Sì, lo so. – Gliel’aveva detto almeno cento volte che You Give Love a Bad Name fosse il suo prezzo preferito. Era una strana canzone, triste e, come molte canzoni tristi, al contempo bellissima. Mentre si addentravano in aperta campagna, Alan chiese: - Ma sai di preciso dov’è questo posto, o stiamo andando a caso?
- No, no, so dove si trova – lo rassicurò l’altro. – E’ praticamente immerso nel verde. Presente Woodstock?
- Più o meno.
- Quello, ma in piccolo e con le carte. Però la birra e le belle ragazze e, sì, penso anche i Sandwich ci sono.
Sandwich era il nome in codice dei cannoni per Barney. Linguaggio da spacciatore, altro che.  Alan fece un sorrisetto, poi poggiò la testa sul pugno e guardò fuori. Eh sì, erano proprio in aperta campagna. In lontananza, tra i campi di grano, vedeva la fattoria dei Gallows dalle luci accese, con il fienile dove tenevano l’aratro, gli spaventapasseri dagli occhi cuciti e i covoni. Dall’altra parte, invece, c’erano le piantagioni di zucche della signora Lola. No, non quella del latte.
E loro? Dov’è che dovevano andare? Diversi minuti dopo, Alan cominciò a pensare che Barney l’avesse fregato; anche perché il suo amico era stranamente taciturno, si limitava a recitare motivetti a ritmo con la musica. Quando fece per dirgli qualcosa, lui finalmente esclamò: - Ci siamo!
Si ritrovarono in uno spiazzo rettangolare di terra battuta piuttosto largo, scavato praticamente in mezzo al grano. Lì erano parcheggiati almeno una cinquantina di veicoli e forse più, tra auto, moto, motorini e persino una jeep. Barney fece manovra per inserirsi tra una Fiat e un Phantom, pigiò delicatamente per andare a sfiorare le spighe di grano, diede un colpetto di retro, raddrizzò il volante e si disse soddisfatto. Quando scesero, Alan dovette fare attenzione a non urtare il motorino. Richiuse la portiera e si guardò intorno: - Io non vedo niente che somigli a un parco – constatò.
Barney, che aveva appena chiuso a chiave, gli fece un sorrisetto furbo. – E non la senti la musica?
Sulle prime il ragazzo pensò che l’altro avesse bevuto. Poi tese bene l’orecchio e gli parve di sentire qualcosa. Era un rumore di fondo, e veniva dagli alberi lì vicino. Barney gli fece cenno di seguirlo e si addentrò nel piccolo bosco, facendosi luce col telefono. Ad Alan la cosa piaceva sempre meno. Era notte, si trovava a chilometri da casa, da solo in un bosco e con Barney, la persona meno affidabile che gli venisse in mente. Inoltre sembrava lo stesse portando ad un rave, a giudicare dalla musica che si faceva sempre più forte. O magari a una messa nera, sì, una di quelle feste un po’ tanto, troppo, alternative con tanto sangue, capre e sangue di capra. Ma quando la foresta scomparve, dovette ricredersi.
Davanti ai suoi occhi si apriva uno spettacolo sensazionale: sotto di loro si estendeva una radura, intervallata da piccole collinette, come tante dune nel deserto. Nello spiazzo c’erano gazebo di legno, tavolini con ombrelloni, e frotte di gente che si muoveva tra gli stand o se ne stava seduta sull’erba. C’erano festoni che andavano da un gazebo all’altro, ma soprattutto c’erano qua e là quadrati pavimentati dove gente col proprio duel disk si sfidava a Duel Monsters. E tutto intorno, le lucciole danzavano accendendo la notte di mille bagliori infuocati. Sembrava di essere entrati in un’altra realtà.
Barney gli batté una mano sulla spalla. – Allora? Bel posto, eh?
Lui lo guardò. – Chi te ne ha parlato?
- Pff – fece lui, di nuovo. – Non chiedere. Coraggio, andiamo. Le pollastrelle ci aspettano.
Scese giù per la collina zampettando come un bambino che va a comprare i dolci. Alan era ancora così incantato da quel luogo che non riusciva quasi a muoversi. Barney dovette richiamarlo dal fondo della collinetta per convincerlo a darsi una mossa. Così lui cominciò a scendere, stando attento a non incespicare. Passò accanto a una coppietta che stava limonando lì su una delle collinette, sopra a un telo. Si ficcò le mani in tasca e attraversò la copia simbolica di un cancello, con due pali di legno e festoni che correvano da un’estremità all’altra. Là la musica era più forte. Si rese conto, con sua sorpresa, che era roba che conosceva. Quelli erano i Three Days Grace. Non si sarebbe aspettato di sentire i Three Days Grace, nessuno li metteva mai. La musica proveniva dal gazebo che doveva essere il bar, dove un tipo dai riccioli neri e pieni di tatuaggi versava da bere a frotte di ragazzi e ragazze al bancone. Quelli si sparpagliavano poi nei tavolini. Lo spiazzo era più grande di quanto non gli fosse sembrato visto da sopra. C’era un sacco di gente.
Passò vicino a uno dei quadrati dove si stava svolgendo un duello. Gli sfidanti erano un biondo dai capelli a punta in canotta verde e dal fisico muscoloso e un ragazzo dai capelli neri lunghi fino al collo, in jeans e maglietta.
- Sei in guai seri, Surge! – annunciò il moro. – Perché adesso uso Polimerizzazione per fondere i miei Eroi Elementali Calore e Lady Calore e dare vita a Inferno Eroe Elementale!
I due eroi in tuta rossa e bianca vennero assorbiti da un vortice, dal quale uscì un eroe più alto, con una fiammante armatura rossa e le mani fatte di magma, con un nucleo del genere al centro del petto. (Attributo: Fuoco; Lvl: 8; Tipo: Pyro/Fusione/Effetto; ATK: 2300; DEF: 1600).
Gli spettatori lì radunati batterono le mani, chi di loro non stava tenendo una birra almeno. Il biondo, che si chiamava Surge a quanto pareva, fece un sorrisetto. – Non così in fretta, mio caro Shaun. Hai dimenticato il potere del mio Drago Revolver? Se lancio una moneta tre volte ed esce almeno due volte testa, il tuo mostro è fritto.
Il mostro al fianco di Surge era un drago meccanico bipede, nero e con montati dei cannoni, due al posto delle braccia, e uno al posto della testa, sotto al quale spuntavano fauci meccaniche affilatissime.
- Il culo non può essere sempre dalla tua, Surge! – esclamò Shaun. Il biondo ghignò: - Ah, tu dici?
Estrasse una moneta dalla tasca e la fece volare. Mostrò il primo risultato: testa. La lanciò ancora in aria. Ora il ragazzo chiamato Shaun sudava visibilmente, la pelle riluceva sotto ai fari montati sui gazebo e lì attorno. Surge mostrò un sorriso a trentadue denti. – La dea bendata è dalla mia!
Mostrò la moneta: un’altra testa.
- Maledizione! – esclamò l’altro. Drago Revolver si caricò in risposta all’ordine di Surge, e tre proiettili di luce blu danzarono in cielo per poi colpire l’Eroe Elementale, facendolo saltare in aria. La folla esultò.
- Avete visto? – fece uno. – Surge ha proprio la dea bendata dalla sua.
- Già, dicono non abbia mai sbagliato un tiro – confermò un altro.
- Veramente nessuno di questi ha capito che sta palesemente barando? – domandò Alan, quasi sovrappensiero. Immediatamente, tutti si voltarono verso di lui. Sentendosi tutti quegli sguardi addosso, il moro capì di aver parlato forse un po’ troppo a voce alta. Quando Surge fece per voltarsi, e chiedere chi osasse infamare l’abilità del grande Lt. Surge, Barney aveva già trascinato Alan al sicuro.
- Dio buono, amico! – esclamò. – Non cominciamo bene.
- Ma dai, era così ovvio! – si difese Alan. – Quella era chiaramente una moneta truccata. Ci credo che poi uno perde.
- Ehi, ehi, ti ricordo che siamo qua per le pollastrelle, non per fare giustizia durante un duello. Oppure…
Si fece malizioso. – Hai per caso voglia di dimostrare a quello chi è che comanda, eh? Che puoi batterlo anche se usa i suoi trucchi, eh?
Cominciò a dargli di gomito, ma quello lo scansò e distolse lo sguardo.
- Io non duello più… - mormorò, gli occhi vacui.
Ma Barney non lo aveva praticamente sentito. – Guarda, c’è un bar! Ho proprio sete!
Ecco una cosa sensata. Effettivamente con tutto quel caldo una birra gli andava proprio, anche se poi l’avrebbe sicuramente sudata tutta.
Quel Parco, pensò, era tutto ciò che un duellante come lui potesse sognare. Se fosse stato ancora un duellante, naturalmente. C’era di tutto: la competizione, la birra, la compagnia. Tutto ciò che un giovane appassionato di     Duel Monsters potesse desiderare, coniugare la propria passione per il gioco con la compagnia di altra gente come lui. E quando era arrivato, e aveva visto che quel posto esisteva davvero, e cosa rappresentava, ed era lì da chissà quanto, qualcosa dentro di lui si era effettivamente riacceso. Quando aveva visto quei due, Shaun e Surge, duellare con i mostri portati in vita dai duel disk, aveva sentito il bisogno vivo di gettarsi nella mischia. E allora perché continuava a sentirsi così sbagliato? Perché stare lì gli faceva salire un peso alla bocca dello stomaco, come qualcosa che preme per risalire e trovare una via di uscita?
Era forse il peso delle piastrine che portava al collo? Se le strinse di riflesso.
Al banco del bar non era rimasta più tanta gente, giusto un tipo al cellulare e una ragazza dai capelli rossi e mossi che rimestava con la cannuccia nel suo mojito. Gli occhi di Barney luccicarono: - Okay, pollastrella a ore tre. Questa amico è miaaaa… DELLE ASIATICHE!
Una coppia di ragazze dagli occhi a mandorla e con dei bermuda praticamente inguinali passarono lì vicino. Barney cominciò a scodinzolare come un alano felice. Aveva questo strano fetish per le asiatiche, Alan non aveva mai capito perché. Si volse verso l’amico: - E’ la tua serata fortunata, ragazzo. Ti lascio la tipa al bar, io ho una coppia di belle tettone asiatiche da inseguire.
Era piuttosto sicuro che fosse il nome di un qualche sito illegale. – Barney, non sono affatto interessato a nessuna…
Ma Barney lo aveva già portato al bar. E stava per esibirsi nel suo gioco preferito. Quando lo vide col dito alzato gli intimò: - Oh no! Non ci provare nemmen…
Troppo tardi. L’altro batté il dito un paio di volte sulla spalla della ragazza e gli chiese: - Lo… conosci Anal!
Poi si dileguò, lasciandosi dietro la sua sagoma di fumo come nei cartoni animati. Aspettate un momento. Anal? Lo aveva chiamato ANAL?! Il moro voleva seppellirsi per la vergogna e poi riempirlo di botte. E lo volle ancora di più quando incrociò lo sguardo della ragazza: occhi di bronzo incastrati in un viso perfetto, labbra rosee e sottili, e capelli rossi voluminosi che le cascavano su una spalla. Indossava una camicia bianca a righe zafferano, senza maniche e arrotolata in un fiocco, bermuda di jeans e sandali alla schiava. Ad Alan si scollegò completamente il cervello. Era la ragazza più bella che avesse mai visto.
Lei soffocò una risata. – Anal? Sbaglio o il tuo amico ti ha chiamato Anal?
Aveva una voce così melodiosa. Alan invece riusciva solo a pronunciare versi sconnessi – Uh, ah, io… sì…
Lei ridacchiò. – Spero non sia il tuo vero nome.
- Uh? NO, NO ASSOLUTAMENTE NO!!
Mise le mani avanti quando si rese conto di che diavolo stavano parlando. – Io… è colpa di Barney, è… è così stupido a volte.
Lo cercò con lo sguardo, mentre lei soffocava una risatina con una mano davanti la bocca. Barney aveva già abbordato le due tipe asiatiche e stavano ridendo seduti a uno dei tavoli con ombrelloni. Da quanto gli sembrava, si era anche sbottonato un altro paio di bottoni. La rossa gli lanciò uno sguardo di sfuggita senza perdere il suo sorrisetto. – Ah, capisco il tipo.
Prese un sorso di mojito aspirando dalla cannuccia. Alan desiderò improvvisamente essere quella cannuccia. – Io… - tentò di dire – ehm, mi spiace.
Aveva gli occhi incollati sulla cannuccia, ma cercava comunque di parlare e di non sembrare un completo idiota, più di quanto già dovesse esserle sembrato. – Non volevo importunarti, davvero, non so nemmeno perché sono qui.
Si diede una rassettata, anche se non c’era bisogno. Si passò una mano tra i capelli e si chiese cosa diavolo stesse facendo, tutto davanti a lei. Si schiarì la voce. Lei lo guardava alquanto divertita divertita, la testa poggiata sulla mano, gli occhi socchiusi e la bocca chiusa in un accenno di sorriso.
- Be’, allora… scusa ancora. Buona serata.
Quando fece per andarsene lei gli fece: - Nah, resta.
Si volse e si sentì arrossire. – Ehm… come, scusa?
Lei gli indicò lo sgabello vuoto accanto al suo. – Nessun disturbo. Vedi qualcun altro, qui?
Entrambi i loro sguardi volarono al tipo al cellulare a un lato del bancone. Lei gli fece spallucce, e lui allora si sedette.
- E poi – aggiunse lei – come posso lasciarti andare senza aver saputo il tuo vero nome, Anal?
Lui fece un sorriso timido. – Oh, be’ io mi chiamo…
- Shh – lo fermò lei alzando un dito. – No. Non ora. Non subito. Non sarebbe divertente.
Lui deglutì. A che gioco stavano giocando?
- Immagino che neanche tu mi dirai il tuo, vero? – azzardò. Lei rise con la cannuccia tra i denti bianchi.
- Impari in fretta.
Si volse verso il barista, quello pieno di tatuaggi. – Fammene un altro, Rob – gli disse, alzando il mojito. – E per il nostro amico…
Lo squadrò per un attimo. – Ah, per me basta una bir…
- Fagli una caipirinha – gli disse, prima che avesse modo di completare la frase. Alan si ritrovò interdetto con una mano ancora alzata. Rob fece un sorriso sorprendentemente gentile, visto che era un omaccione di almeno due metri, con braccia spesse come tronchi e con una graffetta all’orecchio sinistro.
- Subito tesoro – disse. In meno di quanto Alan riuscisse a registrare, l’uomo allungò i due drink. Shakerava e si muoveva con gli ingredienti con una grazia inaspettata a guardare le sue mani. Quelle manone avevano una delicatezza sorprendente. Il ragazzo ringraziò. Non aveva mai assaggiato una caipirinha, era un po’ emozionato e forse anche spaventato. Non sapeva se poteva reggere.
La rossa allungò il drink. – Cin – disse.
- Cin – ripeté lui. Bevvero. Alan poggiò il drink e cominciò a tossicchiare. Cavoli se era forte.
- Allora, straniero, come sei capitato da queste parti? Sei un duellante?
- Uh? No, no, io non duello. Duellavo, una volta. Ma ho smesso, ecco. Mi ha trascinato lui.
Indicò Barney, che aveva cominciato a limonare con una delle asiatiche. L’altra era svenuta sul tavolo. Cristo, ma come faceva?
La ragazza non mostrò interesse per l’altro. Sembrava avere occhi solo per lui, e al contempo quel suo sguardo era impenetrabile. – E come mai non duelli più?
Quella domanda se l’aspettava. – Capita di perdere la passione, no?
- Se la perdi non l’hai mai avuta. La penso così. – Il suo tono non era di rimprovero, non era canzonatorio. Aveva semplicemente espresso il suo pensiero. Non sapeva se fosse frutto dell’alcool o dell’atmosfera, ma aveva cominciato a parlare tranquillamente con quella bella ragazza, con l’imbarazzo che andava via via scemando, e non se ne capacitava nemmeno pienamente.
- Mi sembra una visione un po’ drastica, no?
Bevve un altro sorso e tossì. Lei sorrise. – Alle volte bisogna essere drastici.
- E tu? Sei una duellante, invece?
Lei si tastò la cintura dei pantaloni e si girò per mostrargli il porta-deck lì appeso. Aveva dei bei fianchi e la pelle abbronzata. Alan si sentì avvampare.
- Diciamo che mi diverto – gli disse, succhiando dalla cannuccia. Lui passò il dito sull’anello bagnato che aveva lasciato il bicchiere sul bancone. Un nome, aveva un nome, ne era sicuro, ma non lo conosceva. Pensava alle parole della rossa, e a come si fosse divertito lui ai tempi andati, qualcosa come una vita fa.
Fece per dire qualcosa, quando improvvisamente qualcuno si mise a urlare. I due ragazzi si voltarono.
- Che succede? – domandò Alan. Barney si staccò dalle labbra dell’asiatica come intontito e disse. – Ehi, ma che c’è ora?
- IL PINGUINO! E’ ARRIVATO IL PINGUINO! – Gridò qualcuno, correndo a perdifiato. Gli altri si misero a correre allo stesso modo. Altri ancora si nascosero dietro ai gazebo o sotto ai tavoli.
Alan, confuso, guardò la ragazza. – Pinguino? Che significa “il Pinguino?”.
Lei lo ricambiò con quella che sembrava pietà. Pietà per la sua beata ignoranza, per non essersi mai dovuto trovare in quel genere di situazioni.
- Guai – disse, e ora aveva perso il sorriso. – Significa guai.
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Hola, popolo di EFP!
Ben ritrovati col secondo capitolo di “Yu gi oh: Duelist Chronicles”! La settimana scorsa vi ho dato un piccolo assaggio di ciò che avreste potuto trovare qui dentro, col duello fra Gary e Aaron che – mi sono dimenticato di dirlo – omaggia un po’ il filmato iniziale dei primi Pokemon, che vede Gengar combattere con Nidorino. In questo capitolo abbiamo scoperto che quel duello si stava svolgendo, in differita, sul cellulare del nostro protagonista, Alan.
La strana coppia Alan/Barney sarà difatti la protagonista delle nostre avventure da qui alla fine della fan fiction, e attorno a loro graviteranno una sfilza di personaggi, rivali, alleati, vecchie e nuove conoscenze, che si aggiungeranno nel corso del tempo. Dando vita alle avventure che spero vi divertirete a leggere.
Cercherò di essere sintetico per non rubare troppo la scena, anche se suppongo siate arrivati qui dopo aver già finito di leggere il capitolo. Abbiamo visto come Alan sia un ex-duellante, anche se non ci è chiaro il motivo che l’ha spinto ad abbandonare il mondo del Duel Monsters. Sta di fatto che prova emozioni contrastanti alla vista del Parco dei Duelli, questo luogo magico situato in una specie di radura fatata. Da una parte vorrebbe immensamente partecipare alla vita di quel posto, dall’altra sente che non dovrebbe essere lì, che il suo posto non è più nel mondo dei duelli. Il suo è un attaccamento che vive quasi con vergogna, al punto che si nasconde in bagno per seguire la finale del campionato – anche se poi lo dice a Barney, forse perché si fida di lui, dopotutto sono amici no?
E l’abbiamo visto un po’ impacciato alle prese con la bella ragazza dai capelli rossi di cui ancora non conosciamo il nome. Ma vi posso anticipare che sarà un personaggio fondamentale nel prosieguo della storia, e non una mera comparsa. Comparsa come invece lo sono stati, per ora, i due ragazzi che stavano duellando, lo scorbutico e spaccone Surge e il misterioso Shaun.
Ma anche di loro avremo modo di imparare qualcosa di più, non temete, così come certamente impareremo qualcos’altro su Giovanni, il tipo che proprio non è piaciuto ad Alan a inizio capitolo.
Come sempre, mi premuro di darvi qualche riferimento per capire a cosa mi sono ispirato per il capitolo. Anzitutto, la scena iniziale richiama diverse scene di “Sex Education”, una serie Netflix che ho amato. Loro hanno questi bagni diroccati dove si nascondono per fare le sedute di “counseling”, se così vogliamo chiamare, a sfondo sessuologico, e sanno che quel posto è tranquillo perché ci sarebbero dei residui di amianto, per questo non vuole mai andarci nessuno.
Il “Burger Mart” è invece un tributo a “Invincible”, la mia serie a fumetti preferita. Il Burger Mart è infatti il luogo dove svolge il suo lavoro part time il protagonista, Mark Grayson, alias Invincibile, prima di diventare un supereroe a tutti gli effetti. Tra l’altro è proprio con un divertente sketch al Mart che scopre i suoi poteri. Ma per chi lo voglia leggere, non vi anticipo nulla; Invincible va gustato, punto.
Il Parco dei Duelli è invece di mia invenzione. Al massimo potreste vederlo come ispirato al Parco Mezzosangue di “Percy Jackson”, ci si può trovare qualche affinità, ma è un’idea originale. Soltanto l’ambientazione circostante ha qualche riferimento a due opere, e in generale anche l’andamento che avranno questi primi capitoli lo avranno:
- la fattoria e i campi di zucche sono un riferimento al gioco “Medievil”. In questo senso, il Parco dovete immaginarlo situato nelle Pianure di Gallowmere, per chi conosce il gioco.
- l’ambientazione più generale è ispirata al primo mondo giocabile in “Yu gi oh: World Championship 2008”, tant’è che quando ho scritto la storia originale, anni fa, il suo primo titolo era “Yu gi oh: World Championship 2012”.
Ma di queste cose parleremo più avanti con più calma e meglio. Oh, e ora i personaggi: non sappiamo ancora chi sia la bella rossa al bar, ma penso che molti di voi abbiano riconosciuto Lt. Surge, il capo palestra di Aranciopoli nella prima generazione di Pokemon, anche se qui è nella parte del ragazzino spaccone. Un po’ come Gary, no? E guarda caso che deck usano entrambi? Un deck di tipo Macchina. Eheh.
Ringrazio invece profondamente uno dei miei fidati collaboratori nonché amici, TheTooDarkLordTwo per il personaggio di Shaun, che duella qui con Surge con un deck che gli appassionati di Gx conosceranno bene, anche se quelli non sono esattamente gli Eroi Elementali che siamo abituati a vedere.
Rob invece è un personaggio che mi sono inventato io apposta per l’occasione.
E mancano i nostri due protagonisti, naturalmente. Alan non è che quello stesso Alan di Pokemon che duella contro Ash nella lega di Kalos. Ho sempre amato il suo design, e mi piaceva molto l’idea di metterlo come protagonista della mia storia. Essendo un OOC, naturalmente, ha l’aspetto dell’Alan di Pokemon, ma il suo background, la sua personalità e ciò che farà in futuro sono completamente gestiti da me. E vedrete. Vedrete.
E Barney dubito necessiti di presentazioni. I suoi sketch iconici che ho cercato di mantenere e rendere al meglio, la sua personalità magnetica e accattivante, il suo look inconfondibile. Signore e signori, ecco a voi Barney Stinson, di “How I Met Your Mother”, interpretato dall’attore Neil Patrick Harris. Abbiamo qui la sua versione più giovane, nel mondo del Duel Monsters, dove lui preferisce però andare a caccia di belle ragazze, come il Barney originale, del resto. Ma non è un hippy come lo è la sua versione giovanile nello show.
E questo è tutto. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ricordatevi di lasciare una bella recensione, o di mandarmi un bel messaggio per farmi sapere che ci siete. Ho notato che le visite al primo capitolo sono state abbastanza, e ne sono molto felice. Ci vediamo la settimana prossima con un nuovo capitolo!
 
Nel prossimo capitolo: “I pinguini sono persone orribili”
Alan e Barney non hanno fatto in tempo a scoprire il Parco dei Duelli che subito se lo vedono minacciato. E la minaccia arriva sottoforma di un avversario senza scrupoli, che vuole appropriarsi di quell’oasi di pace. C’è un solo modo per scacciarlo: batterlo a un duello. Ma chi ne avrà il fegato?
 
Ciao ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!

N.B. Piccolo "easter egg",: quando Barney dice che deve inseguiire una coppia di "belle tettone asiatiche", provate a digitare "Busty Asian Babes" per capire. Bei tempi quelli dei fratelli Winchester.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: I pinguini sono persone orribili ***


CAPITOLO 3: I pinguini sono persone orribili
 
 
Quando era entrato lì, Alan aveva scambiato quel luogo per un’oasi felice, lontana dal tempo e dalle giurisdizioni del mondo. Avrebbe presto capito di essersi sbagliato.
Totalmente.
C’erano poche persone a non essersi nascoste, e loro erano tra questi. Mentre sentiva una grande tensione montare nell’aria, lui era stranamente concentrato sul braccialetto di vetri di mare della ragazza rossa. L’aveva appena notato. Aveva parlato di guai, ma che tipo di guai?
La risposta gli si palesò quasi subito. Ci fu il rumore di un motore, e subito dopo un minivan Mercedes nero fece la sua apparizione nello spiazzo, travolgendo qualche tavolino e frenando in sgommata. Le luci dei fari accecarono per un attimo Alan e la ragazza, che si schermarono con un braccio.
Poi le luci si spensero, il motore anche, e le portiere si aprirono. Scesero due tizi dalla cabina, e altri quattro dal vano dietro. Erano vestiti di tutto punto nonostante la canicola, in nero e sembravano non avere ottime intenzioni. I volti spigolosi e le espressioni minacciose non li rendevano certo tipi con cui ti veniva voglia di scambiare quattro chiacchiere. E poi come facevi a fidarti di uno che si vestiva pesante d’estate?
Al centro della banda c’era l’uomo più strano che Alan avesse mai visto. Era un ometto panciuto in tuba, monocolo e frac, ma la cosa che subito saltava all’occhio era il suo naso adunco, che lo faceva assomigliare a un volatile. Cos’è che aveva gridato il ragazzo? “Il Pinguino! È arrivato il Pinguino!”. Possibile che “il Pinguino” fosse quel tipo lì?
Aveva con sé un ombrello la cui punta sembrava affilatissima, e che usava come bastone da passeggio. Quando ghignò, le sue labbra si ritrassero su una fila di denti sporchi e macilenti. Guardò la fila di ragazzi e ragazze che si erano ritratti. Poi guardo quelli che invece erano rimasti lì.
Barney, con l’asiatica stretta a lui e l’altra ancora svenuta sul tavolino.
Un uomo di circa sessant’anni dai capelli ricci che si stava bevendo la sua pinta di birra e se ne sbatteva allegramente.
Alan e la rossa al bancone.
- Ohoh – constatò. – Voi non avete paura di me?
La ragazza strinse il pugno. – Siamo stanchi delle tue angherie, Cobblepot!
- Io è la prima volta che vengo! – annunciò Barney.
L’asiatica, per tutta risposta, se ne uscì puntando il dito a sé stessa e, dopo aver mormorato qualcosa in giapponese, esclamò: - KONO DIO DA!!
- NANI?! – urlò l’altra, appena risvegliatasi.
- Qualcuno può spiegarmi qualcosa? – domandò Alan. L’uomo che avevano chiamato Cobblepot, o Il Pinguino, fece qualche passo in avanti, l’ombrello che affondava nel terreno. Aveva dite grassocce.
- Le mie angherie? – disse, mimando le parole dell’altra. – Quelle che tu chiami angherie, dolcezza, sono affermazioni di potere.
Si batté l’ombrello sul palmo della mano. – Vengo soltanto a richiedere ciò che è mio. Eppure per voi sarebbe così facile mandarmi via. Basterebbe solo qualcuno che mi battesse a duello.
- Duello? – Alan credeva di non aver sentito bene. Si volse verso la ragazza, che lo guardò e gli spiegò: - Cobblepot è un criminale, un mafioso.
- Cosa?!
Barney improvvisamente esclamò: - Anvedi, fratello. Me stai a magnà tutte ‘e fettuccine!
- No Barney, quello è romano.
- Mo ce ripigliamm' tutt' chell che è 'o nuost
- Meglio.
- Viene continuamente a importunarci e pretende che gli paghiamo il pizzo per questo terreno, che non è nemmeno suo – continuò la rossa. Cobblepot fece una risatina.
- Suvvia, ragazza. “Mafioso” mi sembra eccessivo. Sono solo uno a cui piace farsi rispettare. Il rispetto è essenziale per il potere, e il potere lo è per il rispetto. Potere e rispetto sono tutto nella vita. Se non hai quelli, sei meno di niente.
Concluse quella frase con asprezza, sferzando l’aria col suo ombrello. Gli uomini dietro di lui annuivano vigorosamente.
- Non ci fai paura! – disse il barista, che la ragazza aveva chiamato Rob.
Cobblepot ghignò. – Davvero? Non mi sembra proprio, a giudicare da come scappate terrorizzati ogni volta. Pure tu, che sei grande grosso: fai il duro, ma come mai te ne resti lì dietro?
Rob strinse i denti, ma rimase al suo posto.
- Can che abbaia non morde, si sa. – Cobblepot spostò il suo sguardo, fermandosi un po’ su Alan e un po’ su Barney.
- Ohoh, carne fresca, mi pare – constatò compiaciuto. – Se volete, potete contribuire alla cassa comune.
- Quale cassa? Io non ho neanche il portafoglio – fece Barney.
- COME PRETENDEVI DI PAGARE QUALCOSA ALLORA?! – sbottò Alan. – E SE CI BECCAVANO? ERI SENZA PATENTE?!
- Vai in giro senza documenti, ragazzino? – Cobblepot si fece sorprendentemente serio ed assennato. – Ma sei scemo? Se ti beccano finisci in questura.
- Commuovente che un criminale si preoccupi così tanto per un giovane – commentò acida la rossa. – Vattene via, Cobblepot.
- Esatto! – disse Rob.
- Pff – lui ridacchiò. – Siete tanto bravi, a parole. Eppure nessuno di voi ha ancora fatto niente!
Puntò il suo ombrello contro di loro, accusandoli uno ad uno. – Sapete benissimo cosa dovete fare. Se non volete pagare, se non volete che il povero “Pinguino” continui a importunarvi, allora che qualcuno di voi si faccia crescere un paio di palle e mi sfidi a duello!
Una vena si era gonfiata sulla sua fronte. – Altrimenti continuate a strisciare per terra e a chinare il capo come i cani che siete. Perché è quello il vostro posto, in mezzo alla polvere.
I suoi uomini ridacchiarono.
La rossa strinse forte il pugno. Alan, che invece non si era mai fatto spaventare da prepotenti di nessun tipo in vita sua, chiese: - Di che duello parla?
La ragazza dagli occhi di bronzo lo guardò. – Uh?
- Parlava di duello, no? Non mi dirai che intendeva una partita di Duel Monsters.
La ragazza esitò prima di rispondergli. Ma poi annuì. – Esatto.
- Mi stai dicendo che basta che uno di voi lo sconfigga a duello e lui se ne andrà per sempre? Hai detto così, no?
Si rivolse direttamente al Pinguino, che fece una smorfia prima di rispondergli: - Sì, esatto.
- Stai scherzando?
- Perché dovrei? Ragazzino, si vede che sei nato ieri: oramai nel mondo il potere si esprime col Duel Monsters. Con un duello si decidono le sorti del mondo. Vuoi sapere perché la guerra fredda non è mai davvero scoppiata?
Ridacchiò. – Perché il duello tra il presidente americano e quello russo si è concluso in uno stallo, all’epoca.
Una goccia di sudore scese dalla fronte di Alan. – Cosa?
- Il Duel Monsters è potere! E il potere controlla ogni cosa – esclamò di nuovo. – Se mi sconfiggerete, sarete liberi. Ma se non ci provate nemmeno, vi attende una vita miserabile. Certo, a meno che non preferiate direttamente cedermi il vostro campo. Ho già un paio di utilizzi in mente per questo bel posticino.
- Non se ne parla nemmeno! – esclamò la rossa.
- Il campo è nostro! Non ce lo porterai via! – gli fece eco Rob.
Surge, che stava di profilo contro uno dei gazebo, mormorò: - Che branco di poveracci. Chissene frega di dove duelliamo, purché lo si faccia. A me interessa vincere, il luogo non importa. Piuttosto che farsi ammazzare da quelli…
Il sudore imperlava anche la sua fronte, nonostante cercasse di mantenersi composto. Nemmeno lui, muscoloso com’era, osava avvicinarsi a quei tizi là.
Alan, per parte sua, era allibito. – Mi state dicendo che avete sempre avuto la soluzione a portata di mano e non l’avete mai sfruttata?
Lei fece ondeggiare i capelli spostando di nuovo la testa verso di lui. – Non è così semplice… Non sappiamo a cosa andiamo incontro se perdiamo.
Sentì Cobblepot ridacchiare. Alan aveva la bocca serrata. Guardò la rossa e lei guardò lui.
- Combattete – le disse. – Abbiate il coraggio di lottare per ciò che sentite vostro.
Lei socchiuse la bocca. Rimase sospesa così, fece per dire qualcosa ma poi Barney si tirò in piedi e fece: - Momento, momento, momento…
Tutta l’attenzione si spostò su di lui. Si rassettò gli abiti e camminò al centro dello spiazzo, mettendosi tra i malavitosi in nero e loro due. Li guardò entrambi, poi disse: - Ho un’idea migliore.
- Non finirà bene – sospettò Alan. Barney gli puntò un dito contro: - Perché non duelli tu?
Alan sgranò gli occhi e si sentì subito gelare. – Sei impazzito? Io non c’entro niente con questo posto! E poi ti ho detto che non…
- Bla, bla bla – lo interruppe lui, mimando il becco di una papera con le dita. – Un sacco di chiacchiere. Fratello, sei il miglior duellante che conosca!
- Non mi hai mai visto duellare!
- Ma io lo sento! – Barney si mise una mano sul petto. – E so che puoi dare una lezione a questi che si credono i padroni del mondo. E fruttarci così un sacco di pollastrelle.
L’ultima l’aveva sussurrata.
- Col cavolo! – si difese lui. – Non mi metterò a duellare solo per le tue manie di protagonismo. Questi ci ammazzano!
- No – dissentì Cobblepot, in tono diplomatico. – Potremmo soltanto, come dire… confezionarvi un cappotto di legno. Ammazzarvi è così esagerato da dire.
- E’ la stessa cosa!
- Merda, sono più informati di quanto pensassi i giovani d’oggi – confidò a uno dei suoi uomini in nero.
- Colpa delle serie tv e dei meme, signore – gli disse quello. – Oramai sanno tutto di noi.
- Dannazione.
Barney, intanto, stava continuando la sua pantomima. – Andiamo, Alan – e gli si avvicinò zampettando come un coniglio. – E’ la tua occasione per farti valere. Potresti diventare la star, l’eroe di questo posto. E io, il migliore amico della star.
Si batté fiero una mano sul petto. Ma Alan, scolato il suo drink, disse: - Ce ne andiamo.
- Uh?!
Guardò la rossa, che lo stava fissando con una punta di disappunto, ma senza davvero poterlo biasimare. – Mi spiace, ma questa non è la mia battaglia. Dovete vedervela voi. Io sono qui… solo per caso.
Prese l’amico per un braccio. – Coraggio, Barney. Andiamo via.
Ma uno degli uomini del Pinguino sbarrò loro la strada. – Qui non se ne va nessuno – intimò.
- Spostati – fece Alan, per niente intimorito. Al che, il Pinguino ghignò e disse: - Ha fegato, il giovanotto. Non mi dispiacerebbe battermi con lui.
Alan passò i suoi occhi blu sul capo della banda. – Spiacente, non duello più. È la mia regola. Oltretutto, non ho neanche un deck dietro.
E quello era un problema non irrilevante. Barney gli mise le mani sulle spalle: - Le regole sono fatte per essere infrante, bro!
- Spostati, che mi fai caldo. – Alan lo scostò malamente, poi si mise le mani in tasca.
- Non sono venuto qui per farmi trascinare in una qualche battaglia. Tantomeno per rischiare la vita. Noi ce ne andiamo. E se volete provare a fermarmi…
Uno strano vento cominciò a soffiare, facendo ondeggiare la giacca smanicata di jeans di Alan. L’uomo fece un passo indietro senza neanche rendersene conto. Gli occhi blu dell’altro erano piantati nei suoi, la minaccia velata che non aveva finito di proferire era nel vento.
A quel punto, la rossa si fece avanti. – Aspetta.
Alan si volse. – Non potrai farmi cambiare idea.
- Non voglio farlo – lo smentì subito lei. Era proprio bella, vista da lì, in piedi, con la camicia arrotolata e quegli occhi di bronzo abbinati a quei capelli rossi. Alan pensò che si sarebbe potuto innamorare di lei in un istante, e continuare a farlo tutti i giorni per il resto dei suoi giorni. Ma era irrilevante in quel momento.
- Hai detto che non è la tua battaglia, e hai ragione. Il fatto è…
Si afferrò un braccio lungo il fianco. – Il fatto è che qui siamo un branco di cagasotto, come avrai potuto constatare – confessò, con un sorriso amaro. Sembrava che ora avesse gli occhi lucidi. Alan sentì una fitta allo stomaco.
- Però siamo anche dei ragazzini che vengono qui a divertirsi e a giocare al loro gioco preferito. Se sei stato un duellante, sai quanto questo significhi, no?
Alan ponderò le sue parole, non sapendo bene che dire. Si limitò ad annuire.
- Allora ti prego, aiutaci.
Strinse i pugni. Il moro la guardava di lato, con i pugni lungo i fianchi. I suoi occhi brillarono per un attimo, attraversati da un velo di tristezza. – Ho fatto una promessa. Non posso infrangerla.
- A chiunque tu l’abbia fatta – disse lei – sono sicuro che capirà. È importante, ti prego.
Alan mandò giù un boccone amaro. Cosa fare? Sentiva il peso delle piastrine che portava al collo, e che sbattevano sulla canotta nera. Ogni volta che se ne dimenticava, loro gli ricordavano di essere lì. Avevano cominciato a bruciare come fossero fuoco solidificato, il che era anche vero. Non sapeva se fosse solo suggestione o meno, ma sapeva perfettamente cosa significava. Il fuoco scioglie il ghiaccio, e lui stava camminando su una lastra particolarmente fragile. Strinse i pugni con forza.
Ricordava la sua promessa, ci pensava ogni giorno. Era il suo primo pensiero la mattina appena sveglio e l’ultimo prima di coricarsi la sera, o la mattina dopo. Era come quando sei innamorato, ma della persona sbagliata, o quando sei in lutto, o un po’ entrambe le cose. Sapeva cosa doveva fare, o meglio cosa non doveva fare. Ma d’altro canto, era davvero giusto lasciarli in quella situazione. Se poteva fare qualcosa, non era anche in dovere di farlo? E soprattutto, poteva davvero dire di no a quegli occhi di bronzo?
Fece un sospiro pesante.
- Coraggio, comincio a stancarmi – fece il Pinguino, alle sue spalle. – O duellate, o pagate. Non c’è una terza via.
A quel punto, come se quelle parole avessero innescato qualcosa dentro di lui, Alan si volse con la furia nello sguardo e nella voce e disse. – C’è sempre una terza via.
E poi aggiunse. – E l’aprirò io.
La ragazza dai capelli rossi, dopo un attimo di spaesamento, spalancò gli occhi e la sua bocca si aprì in un sorriso. – Dici davvero?
Avrebbe voluto che non fosse così. Sentiva le piastrine diventare roventi. Le afferrò e sopportò il dolore. Guardò il cielo stellato e aveva quasi le lacrime. Perdonami, Lucius. Perdonami, ma devo fare ciò che è giusto. Ti prego, perdonami.
Chiuse gli occhi, ispirando con forza e cercando di restare calmo. Sembrava sul punto di un attacco di panico. Si riebbe quando qualcuno gli batté una mano sulla spalla. Si volse e incrociò il sorriso di Barney: - Ben fatto, campione.
Con un sorrisino spento, Alan gli disse: - La pagherai per avermi trascinato in questa situazione, sappilo.
Come risultato, il sorriso di Barney si allargò ancora di più. – Certo, ma solo se ne usciamo vivi.
Non aveva tutti i torti. Alan si fece serio e tornò a guardare il Pinguino. Quello si tenne la pancia ed emise una sonora risata goliardica: - Bene! Molto bene! Finalmente qualcuno che ha le palle di farsi avanti. Questa è la mia nottata fortunata!
Poi aggiunse, con voce più sommessa: - Ma non la tua, ragazzino. Ti pentirai.
Socchiuse gli occhi, poi schioccò le dita e disse: - Duel disk, prego!
Oh, credimi, me ne sto già pentendo, pensò Alan. Ma già che sono in merda, tanto vale andare fino in fondo.
Si volse verso la rossa e gli altri. – Mi servirà un deck – annunciò – e un duel disk.
Quella annuì e si rivolse agli altri: - Chi può prestargli un deck?
Ma nessuno osò pronunciarsi. L’altra era indignata: - Oh, andiamo! State scherzando, ragazzi?!
- Mpf, non mi va di rischiare le mie carte per un novellino – disse Surge, esprimendo così il parere generale. Un mormorio si accese fra la folla.
- Non è il momento di fare gli stronzi! – esplose lei.
- Ah sì? – Shaun, che non si era ancora fatto sentire, le puntò il dito contro. - Allora perché sei venuta subito a chiedere a noi? Fatti avanti tu! Prestaglielo tu il deck!
- Sì, giusto! – esclamò un altro, e presto tutti gli diedero corda. La ragazza strinse i denti. Poi mise mano al porta-deck. – Come volete..
In quel momento, però, intervenne di nuovo Barney: - Io ho un’idea!
Tutti si zittirono e stettero a guardarlo. Barney aveva le mani stese in avanti e gesticolava come un ossesso. Si rivolse all’amico: - Alan, quante carte servono al minimo per comporre un deck?
- Quaranta – gli rispose lui, a braccia conserte. Era una di quelle cose che non ti scordi, una delle prime che impari, e che diventa un dato acquisito per sempre. Barney fece un rapido calcolo e poi disse: - Be’, siamo anche in più di quaranta qui. Se ciascuno di voi gli presta una carta, siamo a posto!
Tutti si guardarono e ricominciarono a discutere. – Non funzionerà mai – commentò uno degli uomini del Pinguino. – Non può combattere con un deck messo su dal nulla.
Cobblepot sorrise. – Allora perderà. Tanto lo farà comunque. La cosa importante è che mi faccia divertire.
Intanto, uno dei suoi uomini aspettava col duel disk fra le mani. Il Pinguino ricominciò a battere col suo ombrello. – Ci muoviamo? Non ho in programma di perdere tutta la serata dietro a voi marmocchi.
La rossa era visibilmente sudata e tesa. – Ultima chiamata, ragazzi. Non avremo un’altra occasione.
E detto questo, estrasse il suo deck, cercò fra le carte e poi ne scelse una. Andò da Alan e gliela porse. Lui la guardò e le disse: - Ti ringrazio.
- No, grazie a te.
Dopo di lei, un altro ragazzo venne avanti e gli diede la sua. – Spero che possa aiutarti. E che tu possa aiutare noi.
Alan gli sorrise. – Già.
Dopo di lui, altra gente cominciò a smuoversi. Surge li guardava con disappunto. – Siete pazzi. Completamente pazzi.
Andò a sedersi, mantenendosi cupo in volto e con le braccia conserte. Alan intanto era diventato il centro dell’attenzione di tutti. Sembrava quello che raccoglieva i biglietti della lotteria.
- Ragazzi, non solo gli scarti o i doppioni, anche carte forti – si raccomandò la ragazza. – O non vincerà mai.
- Non vincerà comunque – le ricordò il Pinguino. Lei lo fulminò con uno sguardo torvo, ottenendo come unico risultato quello di farlo ridere.
Tra la folla si fece largo un ragazzo alto, dai capelli rossi e gli occhi marroni, con una camicia rossa su pantaloni leggeri blu. Gli porse una carta piuttosto forte, anzi, la più forte che Alan avesse visto quella sera. Il moro lo guardò, e lui ricambiò lo sguardo con quegli occhi di un marrone intenso. Il rosso non gli disse nulla, e non appena Alan ebbe preso la carta, si volse e si allontanò dal campo. Alan guardò di nuovo la carta.
Un drago…, pensò.
Davanti a lui si pose subito dopo una ragazza sorridente, molto carina. Non era troppo alta, ma aveva delle belle gambe, messe in evidenza dal suo vestito bianco a fiori con le spalline. I capelli biondi tendevano al marrone ed erano lunghi fino alle spalle, e gli occhi erano di un colore tra il grigio e l’azzurro. Gli porse una carta con un sorriso.
- In bocca al lupo, mi raccomando! – lo incoraggiò, e poi andò dietro al ragazzo rosso dai penetranti occhi marroni. Alan li guardò scomparire, poi aggiunse le due carte al deck.
A donargli un’altra carta forte fu una ragazza dai bellissimi capelli lavanda, che masticava una cingomma. L’odore della cicca lo colpì come era successo al Mart con Barney. Lei gli allungò la carta, fece scoppiare la bolla appiccicosa, l’arrotolò e poi gli batté una mano sulla spalla.
- Sei tosto, mi piaci – concluse, per poi allontanarsi. Quanti tipi strani che c’erano.
Alla fine, anche il ragazzo chiamato Shaun si fece avanti. Alan lo guardò senza fiatare. Quello era recalcitrante, ma alla fine, dopo essersi battuto un paio di volte il deck su una mano, prese una delle carte e gliela diede.
- Non fraintendere – gli disse – non è che ce l’abbia con te, è solo che…
- Ho capito – lo interruppe lui, e non importava che avesse davvero capito o meno. L’importante era esserne convinti, no? Quello annuì, poi gli passò la sua carta.
Alla fine, il ragazzo aveva collezionato 39 carte. – Ne manca ancora una – constatò.
- Surge! – La ragazza si girò verso il biondo. – Non fare lo stronzo. E anche voi!
Ma il gruppo di reticenti non era intenzionato a farsi sentire. Surge ora aveva messo le mani dietro alla testa, come se fosse il più rilassato del mondo. – Ma fammi il piacere. Non ho intenzione di prendere parte a questa pagliacciata.
- Però ci vieni anche tu, qui! – gli fece notare Rob. Anche lui aveva contribuito con una carta.
- Non stare a rompere – gli disse il biondo.
- Quanto sei ignorante! – sbottò la rossa. Fece per urlargli altro, ma Alan le disse: - Non preoccuparti. Ci sono tutte.
Lei si volse verso di lui. Con la mano libera, il ragazzo si ficcò la mano in tasca, tirando fuori il portafoglio. Da esso, a sorpresa, estrasse una carta protetta da una bustina. La liberò e la aggiunse alle altre. Mostrò il deck completo.
- Ora sono tutte e quaranta.
- Fantastico! – esultò Barney. – Ma cos’è quella carta?
- Lo vedrai – gli disse l’amico. – Ora mi serve un duel disk.
Rob ne tirò fuori uno che era appeso a una delle pareti del suo bar. – Prendi, ragazzo!
Glielo lanciò come un pallone da football. Con riflessi sorprendenti, Alan lo afferrò con una mano sola. Mentre se lo sistemava sul braccio, sentì il fastidio che si era aspettato: era come quando ti togli una collana che indossi da anni, e poi te la vai a rimettere. Senti che qualcosa che avrebbe sempre dovuto essere lì è mancato per tanto tempo, e ora fai fatica ad abituarti di nuovo. È sempre stato lì, e al contempo no. Era una sensazione così strana. Lo inquietava, però gli dava anche una certa sicurezza.
Mentre si sistemava bene lo strumento, che era più pesante di quanto lo ricordasse, la rossa gli venne vicino. – E così ti chiami Alan, eh?
- Già – confermò lui, posizionando il deck nel vano. Quando ebbe finito, la guardò intensamente e le chiese: - Se vinco, mi rivelerai il tuo nome?
Sembrava un’altra persona. L’imbarazzo era sparito, e nel suo sguardo ora c’era solo una fredda determinazione.
Lei gli rispose con un sorriso. – Certo.
Al che sorrise anche lui. – Allora ci vediamo dopo.
Avanzò verso il Pinguino. Lui lo accolse con una risatina gracchiante.
- Oh oh, e così osi davvero avvicinarti.
- Non posso farti il culo se non vengo più vicino – gli rispose Alan, fissando dritto davanti a sé.
- Oh oh – ripeté quello. – Allora vieni pure. Avvicinati quanto vuoi. Perché tanto quella che subirai sarà una sconfitta bruciante. Sei pronto alla tua disfatta?
- Buffo. – Se ne uscì con un sorrisetto, e alzò il duel disk portandolo davanti a sé. – Stavo giusto per chiederti la stessa cosa.
Il vento spazzò le foglie via dal campo, soffiando in mezzo a loro. Ora tutto si era fatto improvvisamente silenzioso. I due si guardarono negli occhi. Il Pinguino si era fatto passare il duel disk, e dopo esserlo sistemato sul braccio sinistro infilò una mano nel suo abito. Ne estrasse un mazzo compatto, che ficcò nel dispositivo, accendendolo di luci e suoni.
Con la sincronicità che caratterizza gli sfidanti di Duel Monsters, i due urlarono:
 
COMBATTIAMO!!!
 
- Ci siamo – disse Barney.
- Buona fortuna, Alan… - mormorò la rossa.
Surge rimase fisso a guardare senza dire una parola, e così molti altri. Ora si era entrati in un altro mondo.
- Comincio io – annunciò il Pinguino, pescando la sua prima carta. Un ghigno si aprì sotto al naso adunco. – Ottimo. Attivo subito la carta magia continua Pericolo Acquatico.
La carta mostrava delle onde che si innalzavano verso il tramonto, ma brulicanti di mostruosi uomini pesce armati di tridente. – Quando non controllo mostri, una volta per turno posso evocare dalla mia mano un mostro di attributo Acqua, purché sia di livello 4 o inferiore. Chiedo ora l’intervento di Pinguino Fulminante!
Un piccolo pinguino dal manto blu e gli occhi verdi, con due fruste elettriche al posto delle ali, fece la sua apparizione sferzando l’aria. (Attributo: Acqua; Lvl: 3; Tipo: Tuono; ATK: 1100; DEF: 800).
Ad Alan venne da sorridere. – Pinguini? Sei serio?
- Ohh, sono molto serio – disse lui, portandosi una nuova carta davanti al volto. I suoi occhi cominciarono a muoversi nervosamente. – E presto scoprirai quanto seria sia la tua situazione. Con un’evocazione speciale, ho ancora diritto a un’evocazione normale, quindi chiamo in campo Pinguino Volante!
Questo pinguino era più grosso del precedente, aveva sempre il manto blu, delle lunghe sopracciglia che partivano verso l’alto, ma soprattutto le sue orecchie sembravano delle ali. (Attributo: Acqua; Lvl: 4; Tipo: Acqua; ATK: 1200; DEF: 1000).
- Ora metto sul terreno una carta coperta e termino il mio turno. Prego, a te la mossa. – Cobblepot si protese nella parodia di un inchino.
- Sì grazie, ma so come si gioca – rispose Alan, pescando la sua prima carta. Si accorse subito della sua mano tremante. Era l’emozione, e anche il senso di colpa che provava. Non avrebbe dovuto fare quella cosa. Sentiva le piastrine pesanti come massi e calde come se stessero fondendo. No, decisamente non avrebbe dovuto. Ma ormai era in ballo, e a volte certe cose diventavano così importanti che neanche riuscivi più a spiegarti perché. Sapevi solo che eri pronto a infrangere vecchie promesse in loro nome. Ora che era in ballo, doveva ballare. E dopotutto, duellare era come andare in bicicletta, no? Dopo le prime volte, è tutto in discesa, no? Sperava vivamente di sì.
Da quant’è che non metto mano a un duel disk? Saranno almeno due anni…
Sembrava un’infinità. Aggiunse la carta alla sua mano, e diede una rapida scorsa. Davanti a lui, il suo avversario aveva due mostri in posizione d’attacco.
Perché li ha messi in attacco? Sono deboli. Sta cercando di attirarmi in una trappola?
I suoi occhi corsero alla carta coperta. Be’, c’è un solo modo per scoprirlo.
- Gioco Grande Angus in posizione d’attacco! – dichiarò. Posizionò la carta sul duel disk, cercando di ignorare il tremito delle mani. Davanti a lui si materializzò il suo primo ologramma da due anni. Era una bestia feroce quadrupede, dalla pelle rossa come fuoco, e cosparsa di cicatrici. I muscoli erano possenti, i denti affilati e due zanne da cinghiale emergevano dal suo viso indefinito da animale. (Attributo: Fuoco; Lvl: 4; Tipo; Bestia; ATK: 1800; DEF: 600).
- Oh cavolo! – esclamò il Pinguino, notando la differenza tra i punti d’attacco delle due creature.
- Oh, puoi dirlo forte – gli disse Alan. Stese una mano avanti: - Vai, Angus, attacca il Pinguino Fulminante!
La bestia non se lo fece ripetere due volte e scattò all’attacco. Il piccolo pinguino era quello con meno punti d’attacco, perciò il danno sarebbe stato maggiore. Il volatile cominciò a strepitare quando si vide il mostro davanti, ma bastò una sferzata d’artigli per farlo tacere, facendolo esplodere in schegge olografiche. Il Pinguino fece un passo indietro.
 
LIFE POINTS ALAN: 8000
LIFE POINTS COBBLEPOT: 7300
 
I ragazzi lanciarono urla di approvazione. – E vai così, Alan! – esclamò Barney, stringendo forte il pugno. La rossa, che era al suo fianco con le braccia conserte, sorrise. – Niente male come prima mossa.
Tuttavia, i loro sorrisi morirono quando videro l’espressione sul volto di Cobblepot.
- Kehehe, povero ingenuo – disse – sei caduto così facilmente nel mio tranello.
- Di che tranello parli?
- Ammira! – Cobblepot scoprì la sua carta coperta: una trappola che raffigurava un soldato, in abiti militari romani, armato di lancia a guardia di un portone che cacciava un soldato in armatura grigia.
- Vattene Ladruncolo! – dichiarò Cobblepot. – Esattamente ciò che farai tu finito questo duello: ladruncolo o meno, che importa? Te ne andrai con la coda tra le gambe. Così come sta per fare il tuo mostro!
Puntò un dito contro Angus, e dalla carta si alzò un vento che lo avvolse. La bestia scomparve in quel vortice.
- Cosa ha fatto?! – domandò Barney.
- Kehehe, la mia trappola fa in modo che ogni volta che un mostro infligga danno all’avversario se ne torni immediatamente nelle mani del suo possessore.
- Oh no, ora Alan è scoperto – constatò la rossa. Alan, una goccia di sudore sulla fronte, riprese in mano la carta che aveva sul duel disk.
- Rischiare era l’unica cosa che potevo fare – disse, più a sé stesso che agli altri. – Posiziono una carta coperta, e termino il mio turno.
Il suo avversario rise di gusto. – Già in difficoltà, ragazzino? E dire che abbiamo appena cominciato. Pescò e il suo ghignò si allargò: - Adesso comincia il divertimento. Sacrifico il mio Pinguino Volante per evocare Byser Shock!
Il volatile fece posto a una creatura completamente diversa: non era un pinguino, ma quello che sembrava un piedistallo con sopra un set pronto per le torture, avvolto da un’inquietante aura rossa. Due lastre di metallo piene di spuntoni facevano da base a una struttura a U, fatta da palle di metallo affilate, due morse e un anello di spine che serviva ipoteticamente a cingere un cranio. (Attributo: Oscurità; Lvl: 3; Tipo: Demone/Effetto; ATK: 800; DEF: 600).
- E quello cos’è? – domandò Alan, spalancando gli occhi.
- Oh, quello è solo un piccolo mostro che mi è molto utile quando non voglio rischiare. Quando Byser Shock viene evocato, tutte le altre carte presenti sul terreno tornano in mano ai rispettivi proprietari.
L’aura rossa della creatura si trasmise a tutte le altre carte, che si accesero di scariche elettriche del medesimo colore. Alan vide il suo duel disk brillare, e fu costretto a rimuovere la sua carta coperta. – Dannazione – mormorò.
Cobblepot rise ancora. – E siccome Pericolo Acquatico è una carta magia, e non una trappola, posso posizionarla subito.
L’ologramma ricomparve, e da esso si sprigionò un’onda che faceva uno strano effetto, vista sotto quel cielo notturno e, soprattutto, in mezzo a un prato.
- Sfortunatamente non posso evocare altri mostri, dato che controllo già Byser Shocker, ma posso comunque attaccarti direttamente. Vai, mia creatura. Attacco Tortura!
Il set si scompose e volò addosso ad Alan, intrappolandolo in una morsa. Il ragazzo urlò prima ancora che le scariche lo attraversassero. Finito, il set si ricompose dalla parte del Pinguino. Alan cadde in ginocchio ansimando mentre i suoi life points scendevano.
 
LIFE POINTS ALAN: 7200
LIFE POINTS COBBLEPOT: 7300
 
- Alan! – urlò la rossa, spalancando gli occhi.
- Maledizione… - Barney aveva i denti stretti, e per una volta non era in vena di battute.
Vedendo il suo avversario agonizzante, il Pinguino se ne compiacque. – Coraggio, già stanco? È difficile quando competi con un professionista come me, dico bene? Un novellino come te deve essere terrorizzato.
Alan continuava ad ansimare con forza.
- Tch, che pagliacciata – commentò acido Surge.
La ragazza dai capelli rossi si mise una mano sulla fronte, sconsolata. – Forse non è stata una così buona idea assemblare quel deck mettendo insieme carte a caso. Non vanta per niente la forza e la compattezza che può avere un deck ben pensato.
E le sue parole gettarono un velo di malumore su una folla che si era animata per pochi, esigui danni inferti al loro nemico. Barney si volse verso di lei: - Noi dobbiamo avere fiducia in lui! A proposito, ti va di uscire dopo?
- No.
- MALEDIZIONE, ALAN VINCI QUESTO DUELLO!!
- CORAGGIO!
Alle esortazioni dei due, il ragazzo si rimise in piedi. Era visibilmente scosso.
Merda, non pensavo di essere così arrugginito…
- Te la senti di continuare? – gli chiese il suo avversario in tono provocatorio.
Lui strinse i denti. – Hai finito?
- No, non ancora. Penso che userò ancora questa carta magia, Recupero, per riprendere in mano i due pinguini finiti al cimitero, e poi completerò il turno.
La carta mostrava un’orca munita di gru che stava recuperando uno strano scafandro meccanico. Cobblepot riprese in mano le due carte come aveva detto, e fece segno ad Alan che poteva procedere. Il ragazzo non esitò oltre e pescò.
Okay Alan, hai sette carte in mano, cerca di farle fruttare. Sbirciò il suo avversario da dietro la propria mano. Ora hai un vantaggio, cioè che se non hai fatto male i calcoli sai perfettamente quali carte ha in mano lui. Due sono i pinguini che ha recuperato, e una è la trappola di prima. Hai solo un margine di errore, una sola incognita.
Ma era davvero tranquillo?
- Non mi resta che rischiare – disse – come prima cosa uso Vortice: pagando 500 life points, posso distruggere la tua carta magia.
 
LIFE POINTS ALAN: 6700
LIFE POINTS COBBLEPOT: 7300
 
Un vortice uscì dall’ologramma della carta di Alan, e travolse Pericolo Acquatico, facendo scomparire anche l’onda corrispondente. Cobblepot non sembrava affatto preoccupato: - Oh, certo, sacrifica pure altri life points – gli disse – come se non ti servissero.
- Un piccolo prezzo da pagare – obiettò Alan. – E ora difenditi da questo: evoco Forza d’Attacco Goblin d’Elite!
Un gruppo di quattro goblin in armature da cavalieri e muniti di spade fece la sua comparsa. (Attributo: Terra; Lvl: 4; Tipo: Demone/Effetto; ATK: 2200; DEF: 1500).
- E li equipaggio con Ascia di Distruzione, che ne aumenta la potenza di attacco di ben mille punti! – Alan fece apparire un’ascia che sembrava fatta di carne viva, e dove sembrava di poter addirittura scorgere un volto, vicino a dove spuntava la lama. Uno dei goblin la prese in mano al posto della spada, e subito fu avvolto da un’aura rossa e assunse un’aria feroce. Ora i loro  punti d’attacco erano di 3200.
- Vai così, Alan! – lo esortò Barney.
- Avanti Goblin, attaccate il suo mostro! – Appena dato l’attacco, i Goblin si lanciarono su Byser Shock, e fecero a pezzi quell’inquietante macchina di morte. Il Pinguino si riparò con un braccio dal fumo olografico che seguì alla dipartita della creatura, massacrata dai mostri verdi. Il danno stavolta era considerevole.
 
LIFE POINTS ALAN: 6700
LIFE POINTS COBBLEPOT: 4900
 
La gente ricominciò ad applaudire. Alan si sentì più motivato da quella mossa. Il suo avversario, però, non sembrava essersi impensierito. – Bravo, sei riuscito a farmi un danno notevole. Ma se è tutto qui, caschi male.
- No, non è tutto qui – lo smentì il ragazzo. – Prima di terminare il mio turno, gioco Agnelli Dispersi, che mi permette di evocare due segna mostro Agnello che utilizzerò dopo.
Due batuffoli di pelo, uno rosa e l’altro bianco, con delle corna ricurve e zero punti di attacco e difesa a testa spuntarono sul terreno, mettendosi l’uno sopra l’altro. Avevano delle espressioni così assonate e buffe.
- Ehi, è la mia carta! – gridò un ragazzo dal gruppo.
- Bravo, e vantati pure! – lo rimbeccò Cobblepot.
- Termino il mio turno – dichiarò cupo Alan. – Per il suo effetto, Forza d’Attacco Goblin passa in posizione di difesa fino alla fine del mio prossimo turno.
I Goblin si inginocchiarono.
- E’ il mio turno! – Il Pinguino pescò la sua carta e sorrise come al solito.
- Gioco Anfora dell’Avidità, che mi permette di pescare due nuove carte. – Una delle carte più famose del Duel Monsters, un vaso verde a linee blu con un volto inquietante e ridente sopra, comparve per un attimo, per poi scomparire non appena il suo possessore ebbe pescato le due carte come annunciato.
Ne mostrò una. – Ora gioco Torna all’Inizio: scartando una carta dalla mia mano, posso far tornare i tuoi goblin in cima al tuo deck. Muahahah!
Alan dovette trattenere un’imprecazione mentre rimuoveva la carta e la posizionava in cima al deck. Aveva praticamente perso una mano. E aveva anche perso Ascia di Distruzione, che era finita al cimitero. Ora, la sua difesa erano i due Agnelli. Ma Cobblepot fece qualcosa che non si aspettava: - Penso mi limiterò a mettere un mostro coperto in posizione di difesa, e concludere qui il turno.
L’ologramma della carta coperta si materializzò sul terreno. Il Pinguino ghignò. – Avanti, cosa potrai mai fare ora, ragazzo?
- Pesco! – Alan non perse tempo, ma ovviamente sapeva già quale carta avrebbe estratto dal mazzo.
- Sei stato uno sprovveduto a non attaccare, e anzi, mi hai fatto un favore! – dichiarò. – Difatti, ora posso nuovamente giocare la mia Forza d’Attacco Goblin in posizione d’attacco!
I quattro goblin fecero nuovamente la loro apparizione, ridendo tra loro.
- Perché Cobblepot avrebbe fatto una mossa del genere? – si domandò la rossa. Effettivamente, così facendo aveva avvantaggiato Alan. O era stata una svista, oppure il ragazzo stava per andare a cacciarsi in una trappola terribile.
Stai attento, mi raccomando, pensò. Barney, al suo fianco, le rivolse uno sguardo con la coda dell’occhio. Era proprio carina, altro che.
- Avanti Goblin, distruggete il mostro coperto! – Alan mandò i suoi mostri all’attacco, e quelli sguainarono le spade lanciandosi immediatamente all’assalto. Quando dalla carta coperta emanò la solita luce che indicava il formarsi dell’ologramma, il ghigno di Cobblepot si allargò talmente tanto che sembrò dividergli in due il volto. Dall’ologramma uscì il pinguino più bizzarro fino a quel momento: sembrava l’esatta riproduzione di Cobblepot se fosse stato un volatile, con frac e tuba, dalla pelle di un blu sinistro e il ventre bianco e panciuto, e due ciuffi biondi che emergevano da sotto la tuba.
Appena lo vide, il moro sgranò gli occhi. – Oh no, lui no!
- Oh sì, lui sì! – esclamò il Pinguino, esaltato. Stese il braccio: - Ammira il mio gioiello, il mio Pinguino dell’Incubo!
(Attributo: Acqua; Lvl: 3; Tipo: Acqua/effetto; ATK: 900; DEF: 1800)
- Ora si attiva il suo potere speciale! – Cobblepot puntò il dito contro i goblin di Alan. – Quando il mio Pinguino dell’Incubo viene scoperto, posso scegliere una carta sul tuo terreno e farla tornare nella tua mano, perciò dì nuovamente addio ai tuoi goblin.
L’ologramma scomparve, e Alan fu costretto nuovamente a riprendere in mano i suoi mostri. – Keheheh, sembra proprio che le tue adorate creature non vogliano lasciarti, eh? E sappi che non ho finito.
Strabuzzò uno degli occhi. – Siccome l’effetto di uno dei miei pinguini si è attivato, io posso richiamare Nopinguino dal mio cimitero!
- Cosa?! E quando ci sarebbe finito al tuo cimitero? – domandò Alan.
Quello ridacchiò. – Ma è ovvio, no? È stato per effetto di Torna all’Inizio. La carta che ho scartato, ricordi?
Alan corrugò la fronte. Quel duello si faceva sempre più difficile.
Il nuovo pinguino evocato da Cobblepot sembrava uscito direttamente da un cartone animato. Era una caricatura di pinguino, con un sorrisetto da beota e un cartello con una grossa X rossa. Agitava di continuo la pinna/ala. (Attributo: Acqua; Lvl: 3; Tipo: Acqua/Effetto; ATK: 1600; DEF: 100).
Non ho idea di cosa faccia, ma la mia offensiva è stata di nuovo respinta, come tutte le mie ultime offensive. Devo giocare sulla difensiva.
Guardò le carte che aveva in mano, il sudore che gli imperlava la fronte. Era in difficoltà, aveva decisamente sottovalutato il suo avversario. Aveva accettato un duello che non era sicuro di poter vincere. Un azzardo che non era abituato a fare. Perché lui era sempre sicuro di poter vincere. O almeno così era stato un tempo.
- E va bene – dichiarò – posiziono una carta coperta e termino il mio turno.
L’ologramma coperto fece scattare una nuova risatina del Pinguino. – Sento la paura nella tua voce, la leggo nei tuoi occhi e la vedo nelle tue azioni.
Pescò la sua nuova carta. – E la tua paura ti porterà alla rovina. Come la mia prossima mossa! Ora gioco la carta magia Distruggi-Carte, il cui effetto ci obbliga a scartare tutta la nostra mano al cimitero, e ad aggiungere lo stesso numero di carte dal deck.
La carta raffigurava una mano dalla pelle blu e le unghie affilate che gettava via delle carte nel vuoto. La luce che proveniva dal lato della carta faceva pensare che ci fosse un fuoco.
Alan fece una smorfia. Guardò la sua mano, e poi la posizionò nel vano corrispondente al cimitero. Il Pinguino fece lo stesso, poi entrambi pescarono altre carte. Quando pescò l’ultima, Alan avvertì una sorta di piccola scossa che si trasmetteva alla sua mano. Nascose appena lo stupore. Vide Cobblepot socchiudere gli occhi, dubbioso. Guardò la carta che aveva appena pescato, assieme alle altre due nuove di zecca.
Arrivi sempre al momento giusto, pensò. Cercò di calmarsi: ora vedeva una via d’uscita. Cobblepot, tuttavia, gli rispose con un ghigno compiaciuto.
- Preparati a conoscere il vero terrore, moccioso – gli annunciò. – Ora sacrifico Nopinguino, ed evoco…
Sfilò la carta dalla mano con lentezza, come a volersi gustare tutto il momento. Poi spalancò gli occhi di colpo ed esclamò: - Il Grande Pinguino Imperatore!!
Posizionò la carta e le linee arcobaleno si diffusero sul duel disk. I generatori di ologrammi entrarono in azione, il pinguino-caricatura scomparve, e quello che comparve al suo posto fece spalancare a tutti occhi e bocca. Quello era il Godzilla di tutti i pinguini. Era alto almeno quattro metri, enorme, minaccioso, il volto mostruoso e la bocca piena di denti affilati come lame, dei lunghi ciuffi di capelli biondi, e una strana pelliccia rosa dalla quale pendevano schegge di osso giallognoli, come una collana. Lanciò il suo verso assordante al cielo. (Attributo: Acqua; Lvl: 5; Tipo: Acqua/Effetto; ATK: 1800; DEF: 1500).
- Si mette male… - mormorò Alan.
- Oh no. – Barney si portò una mano allo stomaco.
- Calma – la rossa cercò di restare concentrata. – Quel mostro sembra fortissimo, ma ha solo 1800 punti d’attacco. Non è nulla d’impossibile.
Cobblepot, a sentire le sue parole, esplose in una risata sguaiata. – Ah, davvero dolcezza? Ma senti questa: il mio Pinguino dell’Incubo ha un altro potere speciale. Ogni mostro di attributo Acqua sul mio terreno ottiene un bonus all’attacco di 200 punti. Sì, nulla di che, ma così il potere del mio Pinguino arriva a 2000. Più che sufficiente a farti pentire di aver accettato questo duello!
Un’aura rossa avvolse i mostri di Cobblepot, i cui punti d’attacco salirono come indicato. Quelli del Grande Pinguino erano a 2000, mentre quelli di Pinguino dell’Incubo ammontavano ora a 1100.
- Alan, devi resistere! – gli gridò Barney.
- Non lo farà! Avanti, miei pinguini, divorate i suoi Agnelli Dispersi e sbaragliate le sue difese!
I due volatili si lanciarono all’attacco. Alan sembrava destinato a restare nuovamente inerme di fronte alle sue offensive. Ma in quel momento, fece qualcosa che nessuno si aspettava: sorrise.
- Guardate! – esclamò la rossa. – Che gli prende?
- Oh no, deve aver avuto un crollo mentale! – e Barney si mise le mani nei capelli. Ma l’altro lo tranquillizzò: - Tranquillo, Barney, nessun crollo. È solo che finalmente le cose cominciano a girare per il verso giusto.
- Ma di che parli? – gli fece Cobblepot. Nel frattempo, i due volatili erano sugli agnelli, che emisero versi atterriti. Il moro in quel momento stese il braccio: - Scopro la mia trappola: Annulla Attacco!
La carta raffigurava un vortice di luce su uno sfondo a spirale blu, rosso e celeste.
- Dannato moccioso! – esclamò l’altro. Una barriera di luce intercettò l’attacco dei Pinguini e li respinse. Le bestie si ritrassero, e gli Agnelli poterono tranquillizzarsi.
Barney e gli altri trassero un sospiro di sollievo.
- L’ha scampata bella – e Barney si tolse un fazzoletto dalla tasca con cui si deterse la fronte. La ragazza giocava col suo braccialetto di vetri di mare. – Sì – concordò – ma avanti di questo passo non resisterà a lungo. Ha avuto fortuna, fin’ora. Ma non può durare in eterno.
Barney si grattò una guancia, in difficoltà. – C’è proprio bisogno di fare l’uccello del malaugurio?
 
Lontano dal campo di battaglia, su una delle collinette, una coppia stava osservando il duello. Erano il rosso dai penetranti occhi marroni e la ragazza sorridente. Lui era in piedi a braccia conserte a osservare il duello; lei invece era seduta sull’erba, le braccia avvolte attorno alle gambe.
- Cosa ne pensi, Lance? – domandò la ragazza.
L’espressione del ragazzo era indecifrabile. – Penso che abbia buone possibilità di cavarsela, ora che ha pescato quelle carte.
Lei alzò la testa verso di lui. – Ehh? Riesci veramente a vedere cos’ha pescato da qui?
Lance le rispose senza guardarla. – Posseggo quindici decimi a entrambi gli occhi. Ci vedo benissimo.
Lei fece un verso meravigliato. – Vero, me lo scordo ogni volta. Sei sempre incredibile, fratellone.
Lui non rispose. Si limitò ad aspettare.
 
- Termino il mio turno – dichiarò Cobblepot. – Stavolta ti è andata bene, ragazzo, ma la prossima volta non sarai così fortunato.
Alan pescò. Diede uno sguardo alla carta con la coda dell’occhio, poi guardò il suo sfidante. Sorrise ancora.
- E ora si può sapere che hai? – Il Pinguino cominciava a irritarsi.
- Stavo solo pensando al fatto che la fortuna comincia a girare – gli ripetè. – Hai detto che la prossima volta non sarò così fortunato, eh? Be’, giudica tu se questa è fortuna o abilità.
Tolse dalla mano una delle carte. – Ora sacrifico uno dei miei Agnelli Dispersi.
Il batuffolo rosa scomparve in un turbine di luce. Alan alzò la carta e la sbatté sul duel disk: - Ed evoco Ohka Mech Maestoso!
Dal vortice di luce emerse un leone meccanico alato. Il suo corpo era diviso in sezioni e sembrava tenuto insieme dalla forza magnetica. Era prevalentemente bianco ma aveva anche delle parti rosa, come la punta delle ali, il nucleo che collegava il corpo alla testa, e diverse linee lungo il corpo, che era formato da due sezioni cilindriche. Atterrò sul terreno e lanciò un ruggito alla luna. (Attributo: Luce; Lvl: 6; Tipo: Fata/Effetto; ATK: 2400; DEF: 1400).
Vedere quel mostro risollevò il morale a tutti. La rossa strinse il pugno: - Ora sì che si ragiona.
- Distruggilo, Alan! – Barney faceva un tifo che nemmeno allo stadio. Cobblepot, invece, si mostrò per la prima volta preoccupato: - Oh, merda… Non avevo idea che avesse una simile carta nel suo deck…
- Te l’ho detto che la fortuna gira! – Alan strinse il pugno, per poi stendere la mano in avanti. – Coraggio, Ohka!
Indicò una delle creature. – Distruggi il Pinguino dell’Incubo usando il Respiro Celeste!
Il leone non se lo fece ripetere, e caricò molecole di luce nella sua bocca, per poi spararle sottoforma di un fascio fotonico. Il volatile lanciò uno strillo, per poi essere vaporizzato immediatamente dopo. Cobblepot si parò dalla luce con le braccia davanti al volto.
 
LIFE POINTS ALAN: 6700
LIFE POINTS COBBLEPOT: 3600
 
Quando il bagliore si diradò, i punti di Cobblepot erano calati sotto la metà di quelli originali, e il fumo era l’unica cosa rimasta al posto del suo pinguino.
- Maledizione… - Cominciò a grattare coi denti. Alan rinnovò il suo sorriso.
- Adesso che il tuo alter ego è scomparso, con lui se ne va anche il suo bonus.
Difatti, i punti del pinguino gigante erano ritornati al loro valore originale di 1800.
- Ora posiziono due carte coperte, e termino il mio turno. – Alan rimasto con una sola carta in mano, fissò l’altro in modo intenso. Cobblepot, stizzito, pescò la sua carta. Stavolta non era felice come al solito.
- Hai avuto solo fortuna, te l’ho detto – gli disse. – E ora ti mostrerò che essa è inutile contro di me! Come prima cosa, evoco Soldato Abissale in posizione d’attacco!
Il mostro di Cobblepot era un uomo pesce con la testa di balena, due enormi pinne sulle spalle e un tridente dorato in pugno. (Attributo: Acqua; Lvl: 4; Tipo: Acqua/Effetto; ATK: 1800; DEF: 1300).
- Attivo il suo potere speciale – annunciò. – Mi basta scartare un mostro dalla mia mano, e il tuo mostro si fa un bel viaggio per la tua mano. E sarà un viaggio di sola andata, perché non ti darò l’occasione di evocarlo di nuovo!
Indicò Ohka, che scomparve in un vortice di luce con un ruggito di disapprovazione. Alan ritirò la carta senza fare commenti.
- Oh no, di nuovo… - La rossa ora era di nuovo preoccupata.
Barney aveva cominciato a mordersi le unghie. La tensione era altissima.
- E per firmare definitivamente la tua condanna, ora uso l’ultima carta che ho in mano: Blocca Difesa!
Cobblepot mostrò la sua ultima carta, una magia che raffigurava un soldato armato di scudo con una grossa X bianca sopra la sua figura. – Questa carta costringe il tuo patetico capretto a passare in posizione d’attacco. Ed avendo zero punti, è inerme di fronte alla potenza del mio Pinguino Imperatore!
Strinse il pugno così forte da sbiancarsi le nocche. Alan lo guardò.
- E’ un agnello – lo rimproverò. Cobblepot si morse un labbro, - E chi se ne frega!
Cercò di riconquistare il controllo, ma non avere carte in mano lo faceva sentire stranamente nervoso. Eppure aveva il controllo, sì, certo che lo aveva. Il ragazzino era stato fortunato, ma la sua fortuna si era presto esaurita.
- Avanti, Pinguino Imperatore, sbarazzati di quell’inutile segna-mostro!
Il Pinguino emise il suo strillo mostruoso, poi si chinò sul piccolo batuffolo bianco, che stavolta non poté fare nulla per difendersi, né poté farlo Alan. La scena raccapricciante vide l’enorme pinguino calare sull’Agnello e ingoiarlo in un sol boccone, per poi mandarlo giù. E con lui, se ne andarono anche milleottocento Life Points di Alan.
 
LIFE POINTS ALAN: 4900
LIFE POINTS COBBLEPOT: 3600
 
Ma l’offensiva non era ancora finita. – Avanti, Soldato Abissale, colpisci direttamente i suoi Life Points!
L’uomo pesce spiccò un balzo e colpì Alan con il suo tridente. Il ragazzo si mantenne il fianco come se fosse stato colpito veramente e finì in ginocchio.
 
LIFE POINTS ALAN: 3100
LIFE POINTS COBBLEPOT: 3600
 
Surge fece una risatina scontrosa. Stava stravaccato con le gambe su una sedia e le braccia incrociate.
- Pare che questo duello sia giunto ormai alla sua fine. Il bamboccio ha dimostrato quello che già avevamo capito tutti: che non ci azzecca un cazzo qui.
La rossa si volse su tutte le furie. – Ma si può sapere perché devi fare lo stronzo anche in un momento del genere?
Lui fece spallucce e allungò la testa all’indietro, chiudendo gli occhi. Per lui, non c’era più nulla da vedere.
Alan si rialzò, il sudore che ormai gli aveva impregnato lo scollo della canotta. Era stanco, sfinito come se avesse corso la maratona. E aveva una sola carta in mano. Il Pinguino rise così forte da farsi venire la tosse. Si riprese e lo guardò con cattiveria da sopra il suo naso adunco da pennuto.
- Non posso fare altro che terminare il mio turno, ma per quanto ancora pensi di riuscire a resistere? Ormai è evidente chi sia il vincitore, keheheh!
Alan pescò la sua carta. E poi, dopo essersi riavviato i capelli con una mano, mostrò lo stesso sorriso di prima. La cosa fece irritare di nuovo il suo avversario, che sbottò: - Ma che cazzo ti ridi, mocciosetto?!
Lui lo sfidò. – Fai la voce grossa perché senti che stai per perdere, non è così?
Cobblepot aveva un tic nervoso all’occhio destro. – Di che diavolo parli? Non c’è modo in cui tu possa ribaltare le sorti del duello. Trovo il tuo perseverare patetico!
Alan inarcò un angolo della bocca. – Invece ho in mano la carta che è esattamente in grado di fare quello che hai appena detto. E se non mi credi, lo vedrai con i tuoi stessi occhi!
Ignorò la carta che aveva appena pescato, invece scelse quella che gli era rimasta in mano da prima. – Preparati a conoscere il volto della tua disfatta: evoco Drago da Richiamo in posizione d’attacco!
Quando i generatori di ologrammi proiettarono l’immagine corrispondente alla carta, le reazioni furono le più disparate. Ci fu chi lanciò urla di meraviglia, chi restò a bocca aperta, altri ancora – specialmente le ragazze – si prodigarono in urletti. Barney e la rossa erano rimasti semplicemente allibiti. E Surge, che stava per accendersi una sigaretta, la lasciò cadere con un “Ma che cazzo…?”. Una cosa era sicura: il mostro che era appena stato evocato non corrispondeva alle aspettative di nessuno. Era un cucciolo di drago, poco più grande di un gatto. Fluttuava a mezz’aria, aveva il dorso di un azzurro virante sul verde, così come la parte ossea delle ali e la corazza che gli difendeva il cranio. Il ventre, le membrane e il resto della parte morbida del corpo era invece arancione. Aveva due canini affilati che spuntavano dalla bocca chiusa, due piccole ali da pipistrello e due zampe anteriori ancora più piccole. La sua espressione era quella di un infante. (Attributo: Fuoco; Lvl: 2; Tipo: Drago/Effetto; ATK: 300; DEF: 200).
Dopo un attimo di totale spiazzamento, il viso di Cobblepot divenne rosso di collera. – Mi prendi per il culo?
Emise una risata nervosa. – Mi prendi per il culo, moccioso?! Quella sarebbe la mia disfatta?! Quella patetica creatura?! Ma non farmi ridere!
Diede una spazzata con il braccio. – E lo metti pure in posizione d’attacco? Povero idiota! Non solo hai firmato la tua condanna a morte, ma hai pure il coraggio di prendermi per il culo.
Agitò le dita come un ossesso. – Quando ti avrò sconfitto ti darò una bella lezione, lo vedrai.
- Alan dev’essere completamente impazzito per fare una cosa del genere – commentò la ragazza. Stringeva con forza il braccialetto di vetri di mare con l’altra mano. Era nervosa come non lo era mai stata.
- Perché l’ha messo in attacco? – Barney, per quel poco che ne capiva di Duel Monsters, aveva intuito fosse una pessima idea. Alan si era praticamente condannato. La tensione doveva avergli giocato un brutto scherzo. Quello, oppure…
Il moro rispose alle minacce del Pinguino senza perdere il suo sorriso. – Non mi rimangiò quel che ho detto, Cobblepot.
Posizionò la sua ultima carta coperta, e con Ohka in mano incrociò le braccia. – Il mio turno è finito. Goditi il tuo. Perché sarà anche il tuo ultimo turno.
Il malvivente pescò furioso. – Mpf, il mio ultimo turno? Non penso proprio! Guarda cos’ho pescato: Kraken! Questa merdina non è buona a nulla, se non a farsi scartare per poter attivare l’effetto di Soldato Abissale! Dì pure ciao ciao al tuo draghetto!
Rise di gusto. Ma Alan fu rapido a intervenire: - Non credo proprio! Attivo la magia rapida Controlla-Avversario!
La prima delle tre carte coperte di Alan si sollevò, mostrando un enorme joystick che fece la sua comparsa sul terreno. – Ti spiego subito come funziona – disse il moro. – Ho due possibilità: o cambiare la posizione del tuo mostro, ma questo non cambierebbe nulla, oppure sacrificare un mio mostro per prendere il controllo del tuo, e renderlo così inerme fino alla fine del tuo turno.
- Mpf, e allora? Perderai il tuo draghetto, io mi limiterò a evocare questo mostro, e tu sarai comunque distrutto al prossimo turno. Prendere tempo è inutile – gli fece notare Cobblepot. Ma Alan non era dello stesso parere.
- Non prendo tempo, mi guadagno la vittoria.
- E’ impossibile! – sbottò l’altro.
- Oh, lo vedrai. Scopro la mia seconda carta coperta: Diritto di Nascita!
La carta era una trappola raffigurante un corridoio distrutto con un cavaliere armato di spada che avanzava puntandola in avanti. – Diritto di Nascita mi permette di evocare un mostro normale dal mio cimitero sul campo di battaglia. E il mostro che scelgo è Pesce Luna Spaziale, che tu hai mandato al cimitero con Distruggi-Carte.
Dal cimitero fece il suo ritorno un gigantesco pesce simile a una sogliola, ma blu e con dei disegni che sembravano le Linee di Nazca che correvano lungo tutto il suo corpo. (Attributo: Acqua; Lvl: 4; Tipo: Pesce; ATK: 1700; DEF: 1000).
Gli occhi di bronzo della rossa si illuminarono assieme al suo sorriso. – E’ la mia carta, esclamò!
Prese Barney per una spalla. – Ha giocato la mia carta!
Alan la guardò con la coda dell’occhio e le rivolse un sorriso. Lei annuì di rimando. Anche Barney la stava guardando. Alan tornò a concentrarsi sul duello e proseguì la sua mossa: - Ora uso Pesce Luna Spaziale come tributo per attivare l’effetto di Controlla-Avversario.
Il pesce scomparve subito, e il controller nello stesso momento cominciò a digitare da solo una combinazione di tasti. Subito, Soldato Abissale fece un balzo e si mise dalla parte del campo di Alan, dandogli le spalle. Il Pinguino strinse i denti.
- Così non hai guadagnato assolutamente nulla… - gli ripeté.
Alan sorrideva ancora. – Perché non lo scopri da solo?
- Mi sono stancato di questa pagliacciata! Ora evoco Kraken il Demone, così da fare piazza pulita dei tuoi ridicoli Life Points!
Il mostro appena evocato era, letteralmente, un kraken, un calamaro gigante dal colorito giallognolo e due occhi come fari, emerso da abissi olografici. (Attributo: Acqua; Lvl: 4; Tipo: Acqua; ATK: 1200; DEF: 1400).
- Avanti Kraken, sbarazzati del suo inutile mostro!
Il gigantesco calamaro agitò i suoi tentacoli verso il draghetto, apparentemente indifeso, che iniziò a ritrarsi.
- Oh no, sembra l’inizio di un porno giapponese! – urlò Barney. Lui ne sapeva qualcosa, a casa aveva una mensola piena di… vabé, non è importante ora.
- Così Alan perderà la sua ultima linea di difesa – constatò la rossa, preoccupata. La presa sul braccialetto si era fatta più forte. Le sue parole rispecchiavano il vero: i mostri dell’altro erano forti a sufficienza da spazzare via sia il Drago da Richiamo di Alan che il Soldato Abissale dello stesso Cobblepot.
- Hai fatto male ad affidare a un cucciolo indifeso i tuoi life points! Persino i bambini sanno che non si mette un mostro così debole in attacco! – Cobblepot pregustava già la vittoria, anche se quell’offensiva non sarebbe stata sufficiente a spazzare via i restanti life points dell’altro. Ma lui sentiva di averlo ormai in pugno.
A quel punto, Alan prese a ridere, scuotendo le spalle. – Cosa diavolo ti ridi? - Cobblepot ormai aveva la voce ridotta a un sibilo rabbioso.
Alan lo sfidò. – Hai ragione, anche i bambini sanno che non si usano mostri deboli in attacco. E ti sei dimostrato peggio di loro, Cobblepot. Sei caduto dritto nella mia trappola!
- Di che parli?! – A quell’urlo dell’altro, i tentacoli del Kraken si arrestarono di colpo. Il sorriso di Alan si allargò.
- Vedi, il mio mostro non si chiama “Drago da Richiamo” per caso. E se l’ho messo in posizione d’attacco, è stato per far sì che tu lo attaccassi, e attivassi così il suo potere speciale. Ti ho teso una trappola, esattamente come hai fatto tu con i tuoi pinguini all’inizio del duello.
- Di che potere speciale parli?! – Cobblepot era incredulo.
- Di uno molto particolare, e unico nel suo genere. Quando Drago da Richiamo viene scelto come bersaglio di un attacco, può riportare in vita un mostro di tipo drago di livello 7 o superiore dal cimitero.
Alan strinse il pugno mentre lo diceva. Il Pinguino strabuzzò gli occhi. – Co-cosa?!
Indietreggiò agitando le braccia come il volatile di cui portava il nome. Poi parve tranquillizzarsi. – Eheh, aspetta un momento.
Puntò un dito contro il ragazzo. – Tu non hai nessun mostro drago di quel livello nel cimitero!
A quell’accusa, Alan rispose con un sorriso. – Ah, ma davvero? Il mio amico qui non è dello stesso parere.
- Di che parli?!
- Vieni a me – Alan lo ignorò, e stese un braccio in avanti. – Drago Tricorno!!
Davanti a lui esplose un vortice di luce. Da esso emerse prima un ruggito, e poi una figura imponente e minacciosa, che si erse addirittura sopra al Grande Pinguino di Cobblepot. Sembrava l’incrocio tra un dinosauro e un drago, con tre grandi corna che gli spuntavano dalla testa, la posa di un tirannosauro, la pelle di un blu intenso e il ventre rosso come fuoco, una selva di spine che gli correva lungo la colonna vertebrale fino alla coda, e due occhi rossi privi di pupille. Dalla bocca emise fumo, e poi lanciò un assordante ruggito al cielo. (Attributo: Oscurità; Lvl: 8; Tipo: Drago; ATK: 2850; DEF: 2350).
I presenti si tapparono le orecchie. Cobblepot strabuzzò nuovamente gli occhi e rischiò di cadere all’indietro. – No… non è possibile! Da dove è uscito quel coso?!
Alan gli mostrò il duel disk. – Non ricordi? Quando hai usato Distruggi-Carte, abbiamo entrambi scartato la nostra intera mano al cimitero.
- A-allora è stato in quel momento che…
- Già – gli confermò Alan. – Pensavi di mettermi in difficoltà, invece facendo così hai firmato la tua condanna a morte. Mi hai permesso di evocare questa potentissima creatura, e adesso diventerà il tuo incubo per il resto del duello.
Poi guardò il drago e aggiunse. – E non manca molto. Attivo il secondo potere speciale di Drago da Richiamo! Adesso, il tuo povero Kraken è costretto a spostare l’attacco contro il mio Drago Tricorno!
- No, non è possibile! – La tuba di Cobblepot volò sull’erba quando lui si mise le mani fra i capelli. Le cose stavano prendendo una piega che non gli piaceva affatto.
- Avanti Drago Tricorno – comandò Alan – schiaccialo!
Il mostro sollevò la sua enorme zampa e con essa spiaccicò il povero calamaro. I tentacoli ebbero degli spasmi per qualche istante, poi si afflosciarono ed esplosero in tante schegge digitali. Cobblepot vide scendere i suoi life points con la mascella che tra un po’ toccava terra.
 
LIFE POINTS ALAN: 3100
LIFE POINTS COBBLEPOT: 1950
 
- Grandissimo Alan! – gli urlò la rossa.
- Sei una forza, bro! – Barney strinse il pugno e portò all’infuori il mento, fiero.
Cobblepot, invece, sembrava diventato catatonico. – No… questo è impossibile, non può star succedendo davvero…
Alan pescò la carta di inizio turno, senza nemmeno aspettare che l’avversario gli passasse la mano. Tanto non aveva più carte a disposizione. – Spero tu ti sia goduto il tuo ultimo turno, Cobblepot.
Guardò la carta e sorrise. – Ottimo, quello che mi serviva. Indovina un po’? Ora gioco Controlla Mente, grazie alla quale il tuo Soldato Abissale continuerà a non infastidirmi.
La carta magia raffigurava due mani demoniache tese sopra a quella che sembrava una marionetta, o forse una povera anima. Dei fili invisibili trattennero sul posto il povero uomo pesce, che aveva appena lasciato il campo di Alan. Quello sorrise.
- E adesso, posso dare finalmente il colpo di grazia ai tuoi life points. Ma siccome voglio darti una batosta che non ti dimenticherai, ora scopro la mia ultima carta coperta: ed è la carta trappola Rinforzi, che conferisce cinquecento punti addizionali a uno dei miei mostri fino a fine turno!
La carta raffigurava dei soldati in armatura all’attacco. Da essa si sprigionò un’aura rossa che subito avvolse il Drago Tricorno, il quale lanciò un poderoso ruggito da tirannosauro mentre i suoi punti superavano la soglia dei tremila e arrivavano a 3350.
- Sei finito Cobblepot! Vai Drago Tricorno, distruggi Il Grande Pinguino Imperatore!
L’uccello infernale lanciò uno strillo disperato quando si vide il possente drago sopra. Quello però fu impietoso, e aperte le fauci se lo ingoiò intero come l’altro aveva fatto con uno degli agnelli. Tutti quanti restarono senza parole.
 
LIFE POINTS ALAN: 3100
LIFE POINTS COBBLEPOT: 400
 
Quando vide il mostro più forte del suo deck finire ingurgitato in un sol boccone da quel drago, Cobblepot ormai grondava peggio di una ninfomane in chiesa. Aveva le labbra dischiuse e balbettava parole che probabilmente erano un’invocazione a Cthulhu. Alan verificò i punteggi sul duel disk, fece una smorfia e poi disse: - Mm, sei sopravvissuto con una piccola percentuale di life points, ho calcolato male. Oh be’, non sono mai stato bravo in matematica.
E facendo spallucce, lo invitò pure a continuare. Cobblepot portò una mano tremante al vano porta-carte del duel disk, tirò su la carta, la guardò prossimo alle lacrime e la buttò per terra.
- Dannazione! – esclamò poi, facendo seguire una serie di imprecazioni. – Come ho potuto perdere così?!
Intuendo che la carta in questione fosse inutilizzabile, Alan fece un sorriso, pescò la sua carta, non la guardò nemmeno e poi sferrò il suo ultimo attacco: - Vai, Drago Tricorno, annienta definitivamente i suoi life points!!
Il drago era su Cobblepot. Quello, col moccolo al naso e le braccia ora abbandonate lungo i fianchi, alzò la testa e vide la grossa zampa del mostro calare su di lui. L’ultima cosa che sentì fu il ragazzino che lo chiamava: - Cobblepot!
Volse occhi tremanti verso di lui. Quello si sfiorò il naso col pollice. – Comunque, io non sono un novellino. Addio!
L’urlo del malvivente si perse col tonfo del piedone che toccava terra, sollevando fumo. Quando i riflettori si spensero e gli ologrammi scomparvero, Cobblepot era steso a terra, incosciente.
E i suoi life points erano andati.
 
LIFE POINTS ALAN: 3100
LIFE POINTS COBBLEPOT: 0
 
La folla esplose in grida d’esultanza. La rossa e Barney corsero da Alan, che stava ritirando le sue carte, e lo travolsero rischiando di buttarlo a terra. Presto tutti furono su di lui, tutti a toccarlo come neanche con Superman in Batman V Superman. A malapena riusciva a respirare.
Gli uomini in nero corsero da Cobblepot, invece. – Capo?? Cazzo, è svenuto! - constatò uno di loro.
- Non dovremmo dare una lezione a questi ragazzini? – fece un altro.
- E con cosa?? Era il suo deck la nostra unica arma, lo sai che ormai si combatte così!
E raggiunta quella conclusione, gli uomini in nero caricarono il Pinguino sul loro minivan, ripartendo all’impazzata.
- Sì bravi, e non fatevi mai più rivedere! – urlò loro dietro la rossa, saltando e agitando il pugno. Barney prese per le spalle Alan e gli batté le mani sul petto, poco importava che fossero tutti sudati.
- Bro, sei stato fantastico! Alla faccia che non volevi duellare.
Alan, che fino ad allora si stava godendo, anche se con un po’ di imbarazzo, tutte quelle attenzioni, improvvisamente ridiventò cupo. Guardò un attimo l’erba sotto di lui, per poi rialzare lo sguardo quando la rossa venne loro incontro. A poco valse, se non a fargli venire un debole sorriso.
- Ogni promessa è debito – le disse.
Lei sorrise, e gli tese la mano. – Io sono Mera – si presentò, finalmente. Lui le strinse la mano, sorridendo ancora.
- Mera – ripeté. – Mi piace.
- Ma non è il mio vero nome – gli rivelò lei.
- Ah no?
Scosse la testa. – No, è un diminutivo. Per sapere quello, ci vorrà molto di più.
- Tipo rubare il registro dalla tua scuola e leggerlo lì?
Lei rise. Rob, il barista, si fece avanti urlando a gran voce: - Birra! Dobbiamo una birra e molto di più, tutte le birre del mondo, a questo giovane!
Alla sua voce potente fecero seguitò quelle di molte altri. Solo alcuni erano rimasti fuori dai festeggiamenti, e tra questi c’era Surge, che afferrata la sua giacca di jeans se ne andò stizzito commentando: - Assurdo… mi rifiuto di dar credito a un moccioso come quello lì…
Sulle colline, invece, c’erano ancora Lance e sua sorella. – Hai visto? – gli fece lei. – Quel tipo ha vinto proprio grazie alla tua carta.
Lance fece un sorrisetto chiudendo gli occhi. – Niente male, davvero. Sapevo che nascondeva qualcosa.
E detto questo, si volse e prese a camminare. Lei lo seguì con lo sguardo. – Uh? Non vuoi riprenderti Drago Tricorno?
Lui la guardò con la coda dell’occhio. – E tu vuoi riprenderti Grande Angus?
Lei sorrise, scosse la testa e poi, dopo essersi alzata in piedi ed essersi battuta il vestito per liberarlo dall’erba, seguì il fratello nella notte.
Di sotto, nello spiazzo, Alan si tolse il duel disk con dentro il deck, recuperò la sua carta e lo consegnò a Mera, che lo prese dubbiosa. – Non vuoi tenerlo? – domandò. Rob le fece eco annuendo: - Esatto. Sei il nostro salvatore, non penso che qui qualcuno di noi abbia qualcosa in contrario, no?
Si guardò intorno, e tutti annuivano convinti. Ma quello ad avere qualcosa in contrario era Alan stesso. Era improvvisamente diventato insofferente, come se gli fosse venuto male allo stomaco e restare lì peggiorasse la situazione. Si afferrò le piastrine, che erano roventi, e fece una smorfia senza staccare la mano.
- Non posso – disse infine. – Quello che ho fatto stasera… mentirei se dicessi che non sono contento di averlo fatto. Ma non succederà ancora.
E detto questo si mise le mani in tasca e si incamminò. – Andiamo, Barney – disse all’amico. Quello indicò il gruppo di ragazzi col pollice e gli chiese: - Sicuro di non voler restare?
- No, sono troppo stanco – sentenziò lui. – Vorrei tornare a casa, se non ti spiace.
Il biondo aveva sentito un tono strano nella voce dell’amico, al quale non era abituato. Decise così di assecondarlo. Ma non prima di aver salutato Mera.
- E’ stato un piacere, bellezza. Ci vediamo.
E le fece l’occhiolino prima di seguire l’altro. Il gruppo di ragazzi del parco dei duelli restarono a guardarli mentre se ne andavano via.
- Ma… abbiamo fatto o detto qualcosa di male, secondo voi? – chiese Rob.
A rispondergli, fu il sessantenne coi ricci. Aveva le braccia tatuate, ed era la prova vivente che da vecchio non fai cagare coi tatuaggi. Insomma, lui non era più un giovane, ma aveva ancora il suo fascino.
- Ognuno ha i propri demoni – disse semplicemente, tirandosi in piedi e riportando il boccale vuoto al banco. – E a volte, soprattutto di notte, riescono a venire fuori.
Non disse altro, e si incamminò anche lui. Lo conoscevano tutti lì, se così si poteva dire. E se c’era qualcuno che aveva il diritto di parlare di demoni, quello era proprio lui.
Mera guardò il duel disk vuoto, e il deck assemblato al suo interno. Il vento spirò sul Parco dei Duelli e le gettò i capelli sul volto. Lei non ci fece caso. Rimase lì a lungo, anche dopo che gli altri avevano già finito di sbaraccare e le luci si erano spente. Poi, finalmente anche lei decise di andarsene, e infilatasi la giacca di jeans riprese la via di casa.
 
Mentre tornavano in centro, Barney chiese: - C’è niente di cui vuoi parlare?
- No, Barney – gli rispose Alan. Aveva la testa appoggiata al pugno e guardava le luci della città susseguirsi sopra di loro. Era malinconico. Con l’altra mano si teneva le piastrine.
- Assolutamente niente.
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Hola, popolo di EFP!
Ad essere sincero, avevo molta paura per questo capitolo. Questo è il primo duello ufficiale della storia, ma nel momento in cui avete letto queste pagine io ne ho già scritto un altro e sono in procinto di concludere il terzo. Questo capitolo è il banco di prova per vedere se vi piace il modo in cui descrivo i duelli, che sono poi, come ho già detto, la componente fondamentale di una fan fiction di Yu gi oh per come piace a me.
So già cosa potrebbe dare problema, cioè il fatto di segnare i valori dei mostri ogni volta. Tuttavia, quello è un dato che non sono molto disposto a cambiare: serve a me in primis, per avere sotto controllo cosa sta avvenendo, e poi penso possa servire anche a voi per capire come vadano certe cose. Quindi, se a qualcuno di voi ha dato fastidio, spero che possiate imparare a passarci sopra col tempo, a far scorrere l’occhio non appena vedete quelle parti in parentesi, e a concentrarvi sul duello vero e proprio, che ho cercato di rendere il più dinamico possibile.
Attendo comunque le vostre risposte e pareri in merito, sono sempre pronto ad ascoltarvi!
Comunque, venendo al capitolo: Alan è stato “costretto” a riprendere in mano deck e duel disk dopo ben due anni di astinenza, un’astinenza che pare si sia autoimposto. E abbiamo avuto questo nome, Lucius. Un nome che, almeno per ora, non ci dice assolutamente nulla.
Posso solo dirvi, prima che lo chiediate: no, non è Lucius Black. Harry Potter non mi fa impazzire, se devo dire la verità, ma non è questo luogo né tempo per parlarne. Comunque, c’è questo Lucius, e a quanto pare è a lui che Alan ha fatto la promessa di non duellare mai più. Ma perché? Chi è?
Per ora, non ci è dato saperlo. Quel che sappiamo è che oggi Alan ha infranto la sua promessa, ma l’ha fatto con un nobile intento. Il Pinguino era il classico criminale senza scrupoli che voleva l’appalto del Campo per poterci fare chissà che cosa. Le sue condizioni erano semplici: continuare a pagare il pizzo, cedergli direttamente il campo oppure – cosa che nessuno era riuscito ancora a fare – sconfiggerlo a duello. Avrete modo di osservare come il campo sia pieno di duellanti formidabili, sicuramente molto più forti di lui, ma a loro quel che mancava era il coraggio.
Alan, oggi, ha rappresentato il coraggio. Il coraggio di mettersi in gioco, e di andare anche contro i propri principi, se è per una causa che si ritiene giusta. Ha dato quella carica in più che molti, praticamente nessuno lì, non avevano. E così facendo, li ha liberati da chi li tormentava.
Ma posso anticiparvi che, come nelle migliori storie di questo tipo, Cobblepot non lavora certo da solo. Anzi, è a malapena l’ultimo anello di una catena tremenda, e che graverà ancora sul Parco dei Duelli e i suoi singolari “abitanti”.
I guai, per i nostri amici, sono appena cominciati.
Non voglio allungare ulteriormente questo capitolo dalla lunghezza già chilometrica, quindi ora procederò a darvi gli usuali riferimenti e dirvi a cosa mi sono ispirato.
Anzitutto, in questo capitolo ci sono le mie amate Jojo’s References. Come si può vivere senza di esse? E loro non hanno troppo bisogno di essere spiegate. La tipa asiatica che urla “KONO DIO DA!!” e la sua amica che risponde con il famosissimo “NANI?!”, l’interrogativo giapponese. E poi l’altrettanto famoso “Oh oh, so you’re approaching me”, che rappresenta l’inizio del duello tra Alan e il Pinguino.
Anche il Pinguino non ha bisogno di presentazioni, e difatti lo avete indovinato praticamente tutti nelle recensioni. È uno dei più iconici cattivi dell’Uomo Pipistrello, e meno male che stavolta non abbiamo avuto bisogno di scomodare il buon Bruce per togliercelo dai piedi. Ci ha pensato Alan, il “poster boy di Kalos”, come ha detto uno di voi.
Lance, colui che ha donato ad Alan la carta che ha vinto, è il famosissimo Superquattro di Kanto, il domatore di draghi. Lui e i suoi Dragonite sono l’incubo di moltissimi giocatori. Non ci meraviglia dunque che la carta che ha donato al nostro eroe per caso fosse proprio un drago, no? Per quanto riguarda invece la tipa che lo ha chiamato “Fratellone”, di lei parleremo nei prossimi capitoli, e sarà anche un personaggio importante, ma non è veramente la sorella di Lance. Che si sappia, Lance è imparentato con Sandra, capopalestra di Ebanopoli nella regione di Johto, che è sua cugina nell’anime e sua sorella nel manga. Ma non si tratta di lei.
E infine, la nostra misteriosa rossa si è finalmente rivelata. Altri non è che Mera, l’eroina della DC comics e compagna di Arthur Darvill/Aquaman. Mera è da sempre un personaggio noto all’interno dell’universo DC, ma sono sicuro che il film di Aquaman sia servito a donarle una visibilità mai avuta – poi confutatemi se sbaglio, eh. Bene, io ho amato talmente tanto quel film e talmente tanto la performance di Amber Heard come Mera – non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso – che non potevo non metterla. E guarda caso, la carta che ha donato ad Alan era di tipo acquatico. Che strano, eh?
Un piccolo trivia, anzi un paio. Uno di voi, il buon Emil, aveva praticamente indovinato il personaggio, senza saperlo, quando nella sua recensione ha riportato la frase che Darvill dice nel film (Rosse, devi amarle). Invece, io avevo inserito un piccolo indizio nel commento allo scorso capitolo che avrebbe potuto permettervi, leggendo fra le righe, e con la conoscenza necessaria, di identificare la misteriosa ragazza.
Ho detto infatti che lei non sarebbe stata una mera comparsa. E giuro che non me l’ero preparato prima, mi è uscito spontaneamente quando ho scritto il commento. Le magie dell’ispirazione.
Bene, detto ciò, e sperando di non aver tralasciato nulla, direi che possiamo salutarci qui. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, mi raccomando lasciate tante recensioni, soprattutto per questo, che è il banco di prova per capire come andranno i prossimi duelli – non saranno tutti così lunghi, tranquilli – e fatemi sapere anche solo con un messaggio privato cosa ne pensate.
Noi ci vediamo la settimana prossima con un nuovo capitolo!
 
Nel prossimo capitolo: “La lista”
Alan è deciso a lasciarsi alle spalle quanto accaduto al Parco dei Duelli, ma Mera non è della stessa idea e così gli gioca un piccolo scherzetto. Peccato che le cose prenderanno una strana e inaspettata piega, e ad andarci di mezzo sarà… Barney!
 
Ciao ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: La lista ***


CAPITOLO 4: La lista
 
 
La campanella decretò la fine delle lezioni e della scuola.
Masse di studenti euforici si riversarono fuori dai suoi cancelli, correndo in strada con tanta foga che alcuni di loro rischiarono pure di farsi investire. I festoni esplosero in cortile, e poco dopo seguirono i gavettoni. Persino gli insegnanti non mancarono di esserne travolti. Il professore di lettere stava venendo letteralmente annaffiato e in realtà la strana sensazione che dava era quella di essere protagonista di un bukkake, con lui a bocca aperta e gli occhi chiusi. Che foto che ne sarebbero uscite.
Dentro ai corridoi, nei quali i bidelli avrebbero tirato giù tutti i santi del calendario per pulire, Alan stava finendo di controllare che non avesse lasciato nulla nel suo armadietto, e Barney lo assillava come sempre.
- Io dico che potremmo tornarci. Che dovremmo tornarci. – Si riferiva al Parco dei Duelli. Erano giorni che andava avanti con quella storia.
- Piantala, Barney – lo ammonì Alan, mentre rovistava nei ripiani dell’armadietto.
- Ma perché?? – Il biondo non riusciva a capire. – Hai duellato alla meraviglia, li hai salvati da quel criminale! Il Pinguino poi, pff, che diavolo di nome è Il Pinguino?
Fece un gesto scocciato con la mano. – Pensaci! Tu potresti duellare, e io mi becco le pollastrelle. Saremmo la squadra più forte di sempre.
- Tu la chiami squadra quella? – gli domandò il ragazzo, perplesso come suo solito. – Io lo chiamo sfruttamento. E comunque ti ho già detto che non…
Stava per ripetergli per l’ennesima volta che non avrebbe duellato ancora, quando la sua mano urtò qualcosa. Rimase interdetto e cacciò a fondo il braccio, per poi tirare fuori un pacchetto di carta fermato con dello scotch.
- Oddio è una bomba! – urlò il biondo, già pronto a correre al riparo. Alan gli rifilò una scoppola tra capo e collo che lo mandò al tappeto. Ci sapeva fare il ragazzo.
- La vuoi piantare? – lo canzonò. – Questo per quanto mi riguarda può essere anche un tacchino ad aria compressa, ma ritengo improbabile che sia una… AVREI PREFERITO LO FOSSE, INVECE!!
Lanciò quell’urlo non appena ebbe finito di scartare il presunto pacco-bomba. Le riconosceva, impossibile non riconoscerle. Erano passati pochissimi giorni del resto, ma la loro vista lo riportò subito a quella sera. Erano le carte dei ragazzi del Parco dei Duelli, era il “suo” deck, tenuto insieme con un elastico rosa, e con un foglietto di carta ficcato nel mezzo.
Alan liberò il deck e lo poggiò sul ripiano dell’armadietto con le mani che gli tremavano, come se gli facesse senso tenerlo in mano, come se fosse sbagliato. Poi spiegò il messaggio, che era tutto incartapecorito, e si presentò davanti a lui una grafia elegante fra le pieghe della carta. Per qualche strano motivo non faceva fatica a capire chi l’avesse scritto.
 
Ehi, nostro eroe! Ti sei dimenticato di questo, e non ci sembrava carino tenerlo per noi. Ti appartiene ormai, te lo sei ampiamente guadagnato. Ne abbiamo discusso a lungo, e siamo d’accordo così. La verità è che non sappiamo neanche a chi appartenga la metà delle carte, e l’altra metà non ha risposto, quindi abbiamo fatto con quel che avevamo. Tuttavia, se fossi così cocciuto – e ho capito che lo sei – da obiettare ancora che non siano le tue carte, ti ho lasciato una lista degli eventuali proprietari. Ci ho speso tutta la notte, perciò vedi di non perderla, eh.
Oh, e sai dove trovarci. Buon divertimento, nostro eroe. XOXO
 
- Però, certo che la ragazza sa il fatto suo – commentò Barney, dopo essersi rimesso in piedi. Anche lui aveva capito il mittente – anzi, la mittente – di quel messaggino. Alan, invece, stringeva il foglio in una mano con tanta violenza che ora quello sembrava carta straccia.
In quel momento, il ragazzo dovette fare i conti con una realtà che era stata ovvia per lui in passato, ma che ora cominciava ad apparirgli stranamente scomoda: tutti duellavano. Era come fumare, arrivi al liceo e tutti fumano. Ecco, alla loro età tutti duellavano. Erano la generazione di duellanti. Alan si sentiva come un pesce fuor d’acqua.
Peggio. Si sentiva come un uomo che aveva fatto voto di castità in giro per Amsterdam.
- Quella tipa non sa veramente quando è ora di desistere – disse a denti stretti.
Il bidello fece il suo ingresso in quel momento, bastonandoli entrambi con la sua scopa.
- E fuori da qui, insomma! – inveì. – Ma voi non vedevate l’ora di andarvene? Che diavolo ci fate ancora qui?
- Ce ne andiamo, ce ne andiamo! – lo rassicurò Barney. – Ma insomma, che modi sono?
Si massaggiò il capo. Alan rivolse un’occhiata in cagnesco all’inserviente, poi prese, suo malgrado, il deck e disse: - Sì, ce ne andiamo. Buone vacanze anche a lei…
Si ficcò il deck in tasca mentre si sistemava lo zaino in spalla, camminando ora mogio per quei corridoi. Al suo fianco, invece, Barney saltellava come un coniglio ed era diventato il ritratto della felicità ora.
- Quindi che si fa? Andiamo al Parco, vero?
Nessuna risposta.
- Andiamo al Parco, eh?
Alan guardò dritto davanti a sé.
- Andiamo decisamente al Parco! – esclamò il biondo.
 
Andarono al Parco.
Parcheggiarono al solito posto di quella sera, e non appena furono scesi ed ebbero chiuso l’auto Barney si precipitò tra gli alberi come una furia. Era solo la seconda volta che faceva quel percorso ma lo aveva già imparato a memoria.
- Aspettami! – gli urlò l’amico, che non condivideva affatto il suo entusiasmo. – Ti ricordo che è me che vogliono, non te.
- Noi, Alan – lo corresse Barney. – Siamo noi le star di questo posto.
- Ma se ho duellato io! – protestò il moro.
- Questo è vero – gli concesse il biondo – ma se non ti avessi fatto scoprire questo posto, tu non ne saresti mai potuto diventare l’eroe. Quindi il cinquanta percento del merito è mio. Facciamo anche il sessanta, quando c’è di mezzo una bella pollastrella. Esagerare non fa mai male.
- Sì certo, se lo dici tu…
Scesero di nuovo per la collinetta. Alla luce del giorno, il Parco appariva molto diverso, ma comunque magico. C’era già gente che andava in giro ad allestire i gazebo e a portare roba. Si vedeva da lì Rob che riforniva il frigo del bar.
I due ragazzi passarono l’ingresso con i pali di legno e furono di nuovo dentro. Il sole picchiava forte quel giorno, contando anche che era primo pomeriggio, ma avevano cose più importanti a cui pensare.
Non appena li vide, il viso di Rob divenne raggiante. – Ohh, guarda chi si rivede! Temevamo che foste spariti nel nulla.
E detto questo tirò fuori una coppia di birre dal frigo. – Birretta, ragazzi?
- Birretta alle due del pomeriggio? – domandò Alan, scettico. – E alle sette? Vodka Martini?
Rob fece spallucce. – E’ sempre l’ora giusta per una birra. Fate come il vecchio Dan – e indicò loro il vecchio dai capelli bianchi ricci che se ne stava al solito tavolo con la solita birra. – Io non l’ho mai visto senza, ed è arrivato a sessantaquattro anni, eh.
Barney sorrise ottimista. – Quasi quasi accetto.
A Rob bastò quello, gli stappò la birra e gliela allungò. Alan invece rimase stoico: - Sono qui per altri motivi. Dov’è Mera? Mi ha giocato uno scherzetto.
Rob rise di gusto. – Parli della lista? E così suppongo che tu l’abbia ricevuta.
Il ragazzo rimase a bocca aperta. – Ah ma quindi questo è proprio un complotto!
Rob si appoggiò al frigo. Aveva il bar pieno di scatoloni che stava caricando. Alan si domandò quanto lavoro ci fosse dietro quel posto, e se qualcuno li pagasse per farlo o fosse semplice passione. Non aveva avuto modo di appurarlo, e sotto sotto gli sarebbe anche piaciuto. No, gli sarebbe proprio piaciuto far parte di quel mondo. Ma i fantasmi del passato continuavano ad aleggiare sulla sua testa, e l’avrebbero sempre fatto.
E forse era giusto così.
- Noi ti siamo debitori – gli disse il barista. – Hai idea da quant’è che il Pinguino ci perseguitava? Voleva che sloggiassimo, per prendersi questo terreno e farci chissà che cosa. Cosa diavolo ci vuoi fare con un’oasi incontaminata come questa? Un centro commerciale? Una pista da pattinaggio? Un casinò? Bah.
Sputò da una parte.  – La verità è che io sono grande e grosso, ma sono un cagasotto. Come tutti quelli qui. A parte il vecchio Dan, laggiù, ma anche lui sarebbe stato un uomo solo e si è sempre voluto fare i cazzi suoi. Un egoista, dirai, ma chi di noi si è comportato meglio di lui? Io sono uno che odia il suo lavoro e quando è libero viene qui a versare da bere ai ragazzi perché mi fa stare bene stare in mezzo a loro, e tutti qui sono solo dei giovani che vogliono un posto dove stare per divertirsi.
Si stappò una birra e ne scolò metà con un colpo solo. – Quei maledetti venivano a tormentarci, e noi pagavamo il pizzo una volta al mese come si fa con i veri mafiosi. Ultimamente non ne potevamo veramente più. Abbiamo anche pensato di chiudere il Parco, ma poi ci siamo detti di no perché non era giusto sottometterci così. Anche se qui ci sono avvoltoi come Surge che vivono a scrocco.
- In che senso “vivono a scrocco”? – domandò Barney, appoggiandosi coi gomiti al bancone.
- Questo è un posto che abbiamo messo su quando abbiamo sentito il bisogno di riunirci tutti assieme per duellare. All’inizio venivamo qui con i nostri duel disk e qualche roba da bere e mangiare. Era solo una specie di pic nic abbinato al Duel Monsters. Poi però la cosa si è ingrandita, sempre più gente si è unita a noi, e abbiamo capito che non bastava più. Avevamo bisogno di un vero posto tutto per noi. Dal momento che questa era sostanzialmente terra di nessuno, abbiamo deciso di mettere in piedi…
Allargò le braccia. – Quello che vedete. Ognuno di noi contribuisce dando qualcosa. Ma c’è anche gente che sta qui fissa senza dare un cazzo, come Surge.
Imprecò sottovoce. – Naturalmente, se la notizia era arrivata a uno come Surge, non ci avrebbe messo molto a raggiungere le orecchie di quelli della sua stessa specie. Così è arrivato il Pinguino e sono cominciati i guai. Pensavamo che non ce ne saremmo mai liberati, finché non siete arrivati voi.
A Barney si illuminarono gli occhi. – Sentito? “Noi”, ha detto noi!
Lo punzecchiò col gomito. Alan lo ignorò.
Ma Rob guardò lui. – Tu ci hai salvati, ragazzo. E di questo te ne saremo grati per sempre.
Dopo attimi di incertezza e sospensione, il giovane tirò un sospiro e si sedette. – Ho solo fatto quel che sentivo fosse giusto – ammise, più a sé stesso che agli altri. – Ma questo non cambia le cose. Ho chiuso con il Duel Monsters.
- Perché? – domandò il barista.
Alan si toccò le piastrine. – E’ una storia complicata. Non mi va di parlarne. È la mia decisione, comunque.
Rob alzò le mani. – Se è la tua decisione, non possiamo farci nulla. Tuttavia Mera è un osso duro, e dovrai fare di meglio per convincere lei.
Alan fece un’espressione scocciata. – Perché le importa così tanto se duello o no?
Rob sorrise. – Credo che voglia battersi con te. Non è facile attirare l’interesse di Mera, visto che è così brava.
- Mera è una brava duellante? – domandò Alan. Effettivamente, non se l’era mai chiesto.
- Oh sì, ci puoi scommettere – gli confermò il barista. – E dovrebbe arrivare tra un po’. Perché non vi fate un giro qui intorno, intanto? Questo posto è la fine del mondo.
 
Ed effettivamente era la fine del mondo.
Quel posto aveva di tutto. Il prato verde, l’ombra degli alberi, e dava persino su una scogliera a picco sul mare. Era incantevole, e nonostante il sole forte c’era un bel vento che spirava dal mare. Sembrava di stare in un sogno.
Barney si sentiva poetico. – Ahhh, è un posto magnifico. Qui, come dire… ti torna la voglia di scopare sepolta dalla neve e dal rancore che ti assale quando breve è il meriggio.
Alan, intento a guardare le onde infrangersi sugli scogli al di sotto, si volse verso l’amico inarcando un sopracciglio. – Shakespeare, se non erro.
Barney ridacchiò. – Andiamo, amico, guarda questo posto. Il sole, le belle ragazze, il vento, le belle ragazze, l’ombra degli alberi, le belle…
- Ho afferrato il concetto.
- Non ti sembra il posto più incantevole che ci sia?
Alan si guardò intorno. E c’era pure da starci a pensare? Sì, era decisamente il posto più magico che avesse mai visto. Perché erano le persone a renderlo tale. E il vero motivo per cui aveva combattuto con Cobblepot, era che non poteva sopportare l’idea che qualcuno infangasse quel santuario del Duel Monsters. Anche se ora non faceva più parte di quel mondo, era stato un duellante, e nel cuore, volente o nolente, lo sarebbe sempre stato.
- Sì, lo è – ammise infine. – Ma non basta questo a…
Il ragazzo fu interrotto da un verso selvaggio. Non ci sarebbe stato altro modo per descriverlo. Si voltarono di scatto verso gli alberi, le cui fronde avevano cominciato a muoversi e i cui rami a scricchiolare.
- Che diavolo è stato? – domandò Alan.
- Non lo so ma sembrava tanto mia cugina Janice quando l’ho minacciata dicendole “Smettila di rubarmi le caramelle, o ti dico chi ha ucciso Joffrey!” e lei ha risposto scioccata “JOFFREY MUORE?!”
- Sei veramente uno stronzo, Barney!
- LO SO!!
Dal folto del bosco sbucò un’ombra, lesta come un leone che insegue la gazzella nella savana. Solo che non era un leone. Era una ragazza. Si piazzò davanti a loro, e i due sbarrarono gli occhi per motivi diversi.
Alan perché non poteva credere a quello che stava vedendo.
Barney perché non poteva credere che non gli si fossero ancora strappati i pantaloncini.
La ragazza davanti a loro sembrava uscita da un racconto di Hemingway. Era praticamente nuda, eccezion fatta per degli intrecci di foglie e rami che le coprivano le parti intime. Aveva i capelli castani arruffati e legati con delle foglie, e pitture di un rosso scuro sulle guancie. I suoi occhi, invece, erano di un meraviglioso blu zaffiro. Stava di fronte a loro come un animale selvaggio, snudando dei denti così appuntiti da fare impressione.
- Cosa ca… - fece per dire Alan, quando Barney si fece avanti.
- Pare che abbiamo incontrato la fauna locale – commentò sardonico, avvicinandosi oltre quello che Alan riteneva essere il limite di sicurezza. Non capita tutti i giorni di vedersi sbucare davanti una selvaggia, ma quando succede viene istintivo pensare di starne alla larga.
Non per Barney, a quanto pareva. – Carissima! – esordì. – Cosa ci fa tutta sola in questo…
Quel che successe dopo fu difficile da capire. A quanto pare la “carissima” faceva Krav Maga, visto che flesse la gamba portandola all’altezza della guancia per sferrare un calcio che mise al tappeto il biondo. Poi, fulminea come una predatrice, se lo caricò in spalla con forza inaspettata e scappò verso il folto della foresta. Il tutto condito da delle urla alla Tarzan.
Il moro, rimasto solo sulla scogliera, ci mise qualche secondo a realizzare quanto avvenuto. Cioè, vedendola in un certo modo… il suo amico era diventato la bella bionda rapita da King Kong.
- Barney? – chiamò, come se si aspettasse di vederselo ricomparire. Quando ciò non avvenne, realizzò finalmente quanto successo e si mise subito a correre imprecando.
- Ma porca troia! Guarda te se devo correre sotto al sole per salvarlo da Mrs. Friday!
Si inoltrò nel folto della foresta, seguendo le urla della ragazza, che tuttavia sembravano provenire da ogni dove. Un paio di volte fu convinto di aver sbagliato strada, ma si aiutò con gli scricchiolii dei rami sotto al peso maggiorato della giovane, visto ciò che trasportava. Tuttavia, mentre la inseguiva nel folto degli alberi stentava ancora a credere che fosse successo davvero.
Poi se la vide sopra, che si spostava… di liana in liana!
- Ma che, davvero?! – urlò. La ragazza gli rivolse solo uno sguardo con i suoi ipnotici occhi zaffiro, per poi accelerare il passo subito dopo. Alan imprecò e provò ad accelerare il passo, ma evidentemente non conosceva la foresta bene come la singolare rapitrice di Barney, e perciò più di una volta rischiò di inciampare e di farsi male.
Alla fine, giunsero in una specie di spiazzo dove c’era un tronco d’albero caduto e tutto intorno un po’ di terra scoscesa. Gli alberi formavano una specie di cerchio attorno a loro, le chiome intrecciate sulle loro teste, e fu lì che la selvaggia si fermò.
Srotolò la liana, appoggiò Barney al tronco caduto e con fulminea rapidità lo legò con quella stessa liana.
- Ehi, che diavolo pensi di… - ma Alan non poté avvicinarsi che quella gli ringhiò contro come un animale, facendolo sobbalzare. Poi si volse completamente verso di lui, avanzando leggermente piegata in avanti. Adesso gli ricordava una specie di velociraptor, e la cosa lo avrebbe fatto anche ridere, se la situazione non fosse stata tanto assurda. La ragazza era pure molto bella, o almeno così se la immaginava vestita in modo normale. Però la sua aura da selvaggia e il suo aspetto la facevano davvero sembrare un animale feroce.
- Perché hai rapito Barney? – gli chiese il moro. Certo Alan, bella mossa provare a conversare con un’indigena, si rimproverò mentalmente. Ma quella lo sorprese rispondendogli in un linguaggio perfetto: - Perché voglio duellare.
Alan strabuzzò gli occhi. – Eh?
La ragazza lo indicò, poi indicò sé stessa. – Tu, Alan. Io, Sapphire. Io voglio duellare con te. Per questo rapito lui.
E indicò Barney. Ad Alan prese un tic nervoso a un occhio. – E’ uno scherzo, vero?
Quella scosse la testa.
- C’è qualcuno in questo posto che possa accettare il fatto che io non voglio più duellare?
Nuovamente, scosse la testa.
- IO NON TI CONOSCO NEMMENO! – sbottò.
La ragazza fece un passo in avanti e lui, di risposta, si fece indietro. – Io però assistito a tuo duello – gli spiegò. – Quando combattesti con Pinguino. Io ero nascosta tra alberi.
- Ah, ti cagavi sotto, ho capi…
Lei gli ringhiò contro e lui alzò subito le mani. – Va bene, va bene! Scusa! Però è un po’ inquietante spiare le persone dagli alberi, lasciatelo dire.
Lei rimase in silenzio per un po’ a fissarlo, come ponderando quello che il ragazzo aveva appena detto. Poi riprese: - Tu grande duellante, si vede. Sapphire cerca grandi duellanti da sfidare. Però tu hai bisogno di motivazione forte per duellare. Così ho rapito tuo amico.
Ad Alan girava la testa. Forse per la corsa sotto al sole, forse perché il sudore gli si stava attaccando addosso, dandogli i brividi. Forse per quanto assurda fosse quella situazione.
Ma certe cose non cambiavano. – Io non duello.
Era fermo su quella posizione.
Ma anche l’altra sembrava abbastanza convinta. – Se tu non duelli, io non libero tuo amico.
- Ah no? Be’, mi basterà chiamare la polizia, immagino.
Alan cercava di mostrarsi tranquillo su quel punto. Doveva farsi vedere solido nelle sue convinzioni, o non poteva sperare di averla vinta con quella strana ragazza. Sapphire si chiamava, no?
Lei disse una cosa singolare. – Polizia non farà mai in tempo.
- In tempo per cosa? – chiese l’altro, confuso.
Sapphire non rispose, ma invece si avvicinò al tronco d’albero caduto contro il quale Barney sonnecchiava legato. Certo che si era preso un bel colpo, altro che. Alan si allarmò nel vederla avvicinarsi a lui, ma poi vide che lo ignorava per girare attorno al tronco. Si mise dietro, rovistò tra rami e foglie come per cercare fuori qualcosa, e poi ricomparve con un pezzo di legno in mano. Solo che non era esattamente uno di quelli che mettevi nella stufa d’inverno. Cioè, poteva anche essere ma…
- Quello non somiglia a un…?
Quella confermò col capo.
- E tu non vorrai mica…?
Altro movimento affermativo di capo.
- Oh. OH!!
Forse la situazione non era così banale. Quella ragazza non era da sottovalutare. E ne andava di qualcosa di veramente importante. Alan provava un misto di paura, disagio e imbarazzo per essere finito in quella storia. Ma perché capitavano sempre tutte a lui?
Intanto Barney dormiva, ignaro del pericolo che il suo fondoschiena correva.
Sapphire lo puntò con un dito, mentre con l’altra mano stringeva il pezzo di legno dalla forma difficilmente equivocabile. Alan non si chiese nemmeno perché lo avesse o cosa ci facesse. Anche quello era difficilmente equivocabile.
- Tu – disse – duellare con me.
Alan strinse i denti. – Non preferiresti dei deliziosi cereali Ch…
Lo sguardo di quella si incupì. Batté un piede per terra e fece versi poco amichevoli.
- Tu! – ripeté a voce più alta. – Duellare. Con. Me!!
Il moro strinse i pugni. Poi gli venne in mente una cosa fondamentale.
- Spiacente – disse con un sorrisetto, allargando le braccia – ma non ho un duel disk. Non si può fare.
L’altra, come per magia, ne tirò fuori uno da dietro al tronco e glielo lanciò. Quando atterrò ai suoi piedi, Alan fece una smorfia quasi dolorante.
Sapphire posò il pezzo di legno, tirò fuori un altro duel disk, e poi un mazzo di carte. Era un duel disk che sembrava intagliato nel legno, almeno dal colore e dalle venature, ma era chiaramente elettronico. Se lo mise al polso, e poi vi infilò le carte. Il dispositivo rispose con luci e rumori di accensione.
- Pare che non ci sia scelta – disse infine Alan, anche se nello stomaco aveva l’inferno che si rivoltava. Raccolse il duel disk e gli sembrò estremamente pesante, mentre le piastrine che portava al collo ricominciavano a bruciare.
È tutta suggestione, Alan, si disse per cercare di calmarsi. Chissà se era veramente così. Per la seconda volta, dopo due anni di astinenza, stava infrangendo la sua promessa.
Eppure, se voleva sperare di salvare Barney da quella pazza, non aveva altra scelta. Dal modo in cui si muoveva fra gli alberi, sentiva che non sarebbe riuscito semplicemente a recuperare l’amico mettendola ko, e le buone maniere si erano già dimostrate insufficienti.
No, era da tempo che le cose non si regolavano più a quel modo. – Come faccio a sapere che libererai il mio amico, se vinco – le domandò, mentre si infilava lo strumento al polso ed estraeva dalla tasca il mazzo di carte.
Sapphire fece un verso simile a un grugnito stizzito. – Io leale. Io sarò selvaggia, ma non imbrogliona.
Sembrava veramente piccata. – Stabiliamolo comunque a parole – disse il ragazzo. – Se vinco io, tu liberi Barney senza un graffio e ci lasci andare, okay?
Quella annuì. Poi aggiunse: - Ma se perdi, mi divertirò con voi due.
Glom. Alan deglutì mentalmente. – E sia! Ma sappi che non perderò.
Cercò di convincere più sé stesso che lei. Quella fece un sorriso feroce, il sorriso di una belva selvaggia che pregusta la sua preda.
- Questo lo vedremo – disse, molto più sicura di sé di quanto lo fosse l’altro. – Sei pronto?
- Puoi giurarci!
E di nuovo, il loro grido fu all’unisono:
 
COMBATTIAMO!!!
 
Mera arrivò al Parco con i capelli rossi legati da una bandana azzurra e una canotta nera con bermuda di jeans. Andò subito al bancone a salutare Rob e quello l’avvisò.
- Ci sono i tuoi amici. Pare che il tuo piccolo scherzetto abbia funzionato.
La ragazza si lasciò scappare un sorriso e si sfilò gli occhiali da sole. – Splendido. E dove sono ora?
- Ti stavano cercando. Sicura che vada bene far duellare quel ragazzo contro la sua volontà? Mi è sembrato molto serio nel dire che non lo avrebbe più fatto.
Mera morse una stanghetta degli occhiali. Era molto sexy quando lo faceva, anche se probabilmente non se ne rendeva conto.
- Hai visto anche tu quello che ha fatto – disse al barista. – E hai visto anche tu il fuoco che aveva negli occhi. Quel ragazzo è nato per duellare, ed è un peccato sprecare un talento come il suo. Nessuno avrebbe potuto tirare fuori una combinazione vincente da quelle carte, ma lui l’ha fatto. Deve avere quel dono.
- Dono? – ripeté l’altro, confuso.
Mera si sedette e poggiò gli occhiali. Si tolse la fascia e lasciò i capelli liberi in ricci scomposti e voluminosi. – Il dono che hanno i grandi duellanti – spiegò. – Gli abbiamo dato carte messe a caso. Normalmente un duellante ha bisogno di temo per prendere confidenza con un deck che non sia il suo. Lui invece ha duellato e vinto come se conoscesse quelle carte da sempre. Sai cosa significa?
- Che è stato bravo? – ipotizzò Rob.
- E’ molto più di questo. Significa che gli è bastato dare un primo sguardo a quelle carte per capire come funzionano. Forse nella vita vera sarà uno studente di medio livello come tutti gli altri, ma riguardo al Duel Monsters la sua mente lavora peggio di un supercomputer. È riuscito a connettere tutte quelle carte cavate fuori dal nulla, e a elaborare una strategia vincente che gli permettesse di battere il Pinguino.
Rob era ammirato dopo quella spiegazione. – Ha talento da vendere. Mi chiedo chi sia in realtà.
- Uh? – Mera ora non lo seguiva.
- Ricordi che cos’ha detto a Cobblepot prima di sconfiggerlo? Ha detto “E comunque, io non sono un novellino”. Chissà se è uno famoso.
Mera ci rifletté su. – Non ci avevo pensato.
- E perché avrà smesso di duellare?
- Questo credo possa dircelo solo lui – osservò. – Comunque, ora vado a cercarlo.
Si rimise in piedi e si inforcò gli occhiali. – Forse è vero che ha anche avuto un po’ di fortuna – disse poi. – Ci vuole anche quella, nel Duel Monsters.
Rob annuì. – Chissà se vincerebbe di nuovo con quel deck, combattendo con un’altra persona.
Mera gli fece un sorriso da dietro le lenti scure. – Spero avremo modo di scoprirlo.
 
- Mio turno – decretò Sapphire. – Pesco!
Era molto concentrata. Alan intanto continuava a maledire sé stesso per essersi ritrovato in quella situazione per la seconda volta. Era come quando tradisci il tuo partner con qualcun altro, ripeti a te stesso che non succederà ancora, e poi invece ecco che subito ci ricaschi. Una pessima storia dove fai la stessa cosa due volte di fila, il capitolo di un libro dove fai esattamente ciò che avevi fatto e ti eri ripromesso di non fare nel precedente. Sarebbe un libro orribile.
Ma la vita, per quanto il paragone sia famoso, non è un libro. Nella vita non segui uno schema. A volte è lei che decide per te.
Sapphire fece la sua mossa. – Evoco Spadaccina Amazoness in attacco!
Una furente guerriera dai capelli rossi come il fuoco, vestita con un due pezzi di pelle blu con degli ornamenti simili ad artigli sguainò la spada. Aveva un ventre tonico e muscoloso, occhi feroci e l’ornamento di artigli sul capo a mo’ di fascia per capelli. La guardia della sua lama affilata presentava lo stesso motivo. (Attributo: Terra; Lvl: 4; Tipo: Guerriero/Effetto; ATK: 1500; DEF: 1600).
- Ora equipaggio lei con Eredità Amazoness – proseguì. Alla guerriera comparvero due orecchini che somigliavano a una strana bambola di legno stilizzata, con due gemme verdi di forma sferica al centro. – Quando questa carta è attiva, Amazoness non può essere distrutta in battaglia una volta per turno. Metto carta coperta e chiudo.
L’ologramma apparve sul terreno.
Niente male, pensò Alan. Nel frattempo, la foresta si animava di rumori attorno a loro. Gli uccellini che cinguettavano, i piccoli animali che si muovevano nel sottobosco. Era un luogo suggestivo in cui duellare. Alan non aveva mai combattuto un duello con una ragazza selvaggia in una foresta, e sapeva che, con molte probabilità, non sarebbe successo ancora una volta. Se lo sarebbe goduto molto di più, se non avesse avuto quel terribile fardello sulla coscienza.
Lo faccio solo perché devo, Lucius, si ripeté mentalmente. Poi pescò.
Dannazione, non ho mostri che possano sconfiggere la sua Amazoness, quindi per ora mi conviene giocare in difesa. E così fece. – Evoco Ciambellano dei Sei Samurai in posizione di difesa.
Venne fuori un samurai quasi interamente robotico, con un visore sull’occhio destro e una katana. Lo strano mix di tecnologia e armatura samurai era alquanto bizzarro a vedersi. Aveva i capelli lunghi e neri, raccolti in una coda, la faccia solcata da cicatrici e un’espressione attenta rivolta alla sua lama, che stava pulendo con uno strumento impiantato sulla sinistra. (Attributo: Terra; Lvl: 3; Tipo: Guerriero; ATK: 200; DEF: 2000).
- Dopo di che, posiziono due carte coperte, e termino il mio turno.
Gli ologrammi comparvero anche dalla parte di Alan, che tirò un sospiro. E al primo turno siamo sopravvissuti. Spero che questa cosa finisca il prima possibile.
Onestamente, non si stava ponendo troppi dubbi sulla sua capacità o meno di battere la ragazza. Quando duellava, era piuttosto sicuro di sé, anche se quel deck non era il suo. Anzi, la cosa a cui stava pensando era che le Amazoness erano un buon archetipo da abbinare a quella ragazza. Quel deck la rispecchiava, insomma, e la cosa gli piaceva, non poteva negarlo. Era soddisfacente.
Mi domando che storia abbia. Da dov’è saltata fuori questa?
Lanciò un’occhiata oltre la spalla di lei, al suo amico addormentato. Tieni duro, Barney. Alla fine, a te che sei svenuto sta andando sicuramente meglio di me.
Questo fino a prova contraria, vale a dire finché non avesse perso.
Sapphire pescò con un gesto quasi rabbioso. Ogni sua mossa lasciava trasparire la sua natura selvaggia. Alan cercava di guardarla negli occhi perché era dura concentrarsi col suo fantastico corpo così scoperto. Era una ragazza davvero attraente, e che diamine.
- Tuo mostro non mi fa paura – dichiarò. – Io guerriera. Io forte. Evoco Guerriera Amazoness in attacco!
Il nuovo mostro era un’altra Amazoness pompata, con i capelli neri dalle punte sparate e racchiusi in una coda. Lei indossava un due pezzi celeste e aveva delle borchie che le ingabbiavano il ventre. Aveva polsini blu a triangoli neri e fasce alle cosce dello stesso tipo, e delle bende sui polsi. (Attributo: Terra; Lvl: 4; Tipo: Guerriero/Effetto; ATK: 1500); DEF: 1300).
- Ora scopro mia carta coperta, Incantatrice Amazoness! – Era una carta magia, una semplice carta magia raffigurante una vecchia Amazoness, probabilmente lo sciamano della tribù, con le dita delle mani incrociate, attorniata da cerchi che racchiudevano dei simboli. Ce n’erano quattro sopra la sua testa, e due ai suoi lati, con una doppia freccia che li univa.
Una magia coperta?
La ragazza ci sapeva fare, giudicò, Alan. Di solito non si mettono le magie coperte, quella è prerogativa delle trappole, che non possono attivare i loro effetti senza prima essere posizionate coperte per un turno, salvo rarissime eccezioni. Quello era un ottimo modo per depistarlo.
- Con Incantatrice Amazoness, io posso scegliere mio mostro e tuo mostro, e scambiare loro attacco.
- Cosa??  - Forse Alan non aveva capito bene, dopotutto la ragazza si esprimeva in un linguaggio non al cento per cento corretto, eppure pareva fosse esattamente così. Ma perché mai avrebbe voluto che uno dei suoi mostri prendesse i duecento punti d’attacco del suo Ciambellano?
Sapphire indicò il mostro prescelto. – Scelgo Spadaccina Amazoness!
Un’aura rossa si innalzò dalla guerriera, volando con un pennacchio verso il Ciambellano. Contemporaneamente, un’aura celeste si innalzò da esso e volò in direzione dell’Amazoness. Le due auree si scambiarono, e i valori si aggiornarono. Ora Ciambellano vantava 1500 punti, mentre la Spadaccina solo 200.
Poi Sapphire stese la mano e fece una mossa ancora più assurda. – Ora va, attacca suo mostro! Fendente Amazoness!!
La Spadaccina balzò all’attacco. Impugnò la spada a due mani e menò un fendente. Il Ciambellano si difese con la sua katana e le due lame cozzarono.
È impazzita, giudicò Alan. Il mio mostro è comunque in difesa, e già così era più forte della sua. Perché abbassare i suoi punti d’attacco? Che effetto ha quella carta?
Il dubbio cominciava a insinuarsi in lui. Si concretizzò del tutto e mutò in timore quando vide la lama della Spadaccina infrangere quella del Ciambellano e poi squarciarlo con un fendente.
Il mostro esplose in tante schegge, e un bip! del duel disk fece abbassare gli occhi di Alan.
- Che diavolo vuol dire?! – esclamò quando vide i suoi life points abbassarsi.
 
LIFE POINTS ALAN: 6200
LIFE POINTS SAPPHIRE: 8000
 
- Non… non è possibile – mormorò, incredulo. – Il mio mostro era in difesa, e aveva più punti di difesa di quanti ne avesse lei in attacco. Perché è andato distrutto?
Guardò la ragazza, tremante per il nervosismo e l’incomprensione. – E perché ho subito io il danno?
Poi si rese conto di un’altra cosa che non era al suo posto. Il suo mostro è illeso?!
La sua Spadaccina era in piedi, senza nemmeno un graffio, e al fianco della sua nerboruta compagna. Tutta quella situazione non aveva senso.
- Cosa diavolo hai fatto?? – domandò esasperato all’altra. Sapphire fece un ghigno feroce.
- Mia letale combinazione ti ha sorpreso, lo vedo – disse lei, non nascondendo il suo orgoglio. – Quando mostro combatte con Spadaccina Amazoness, tu prendi tutto il danno che avrei dovuto subire io.
- Cosa?! – Alan era rimasto senza parole.
- E con Eredità Amazoness – gli ricordò lei – mia Spadaccina una volta per turno non può essere distrutta in battaglia, e per suo secondo effetto è il tuo mostro a venire distrutto. Ho abbassato intenzionalmente suo attacco perché tu subissi più danno.
Alan era davvero senza parole. Anche per il fatto che quella selvaggia riuscisse a pronunciare un termine complicato come “intenzionalmente”. Ma la cosa peggiore, è che l’altra aveva ancora un mostro. Come se gli avesse letto nel pensiero, Sapphire esclamò: - Ora tocca a mia Guerriera Amazoness! Colpiscilo con Danza di Calci Mortali Amazoness!!
La Guerriera fece un salto verso di lui e poi lo colpì con una raffica di calci volanti accompagnati da urla selvagge. Alan si schermò con le braccia e fu talmente realistico che gli sembrò di sentire per davvero le pedate dell’altra. Finì a terra mentre i suoi punti scendevano inesorabilmente.
 
LIFE POINTS ALAN: 4700
LIFE POINTS SAPPHIRE: 8000
 
Alan si rimise in piedi barcollando.
- Ho perso quasi metà dei miei life points in un solo turno… - osservò, incredulo. Guardò la sua avversaria. Se non sto attento, rifletté, io e Barney perderemo qualcosa di più importante che un duello.
Guardò l’amico, ancora svenuto, e di nuovo beato lui. Poi sentì un bruciore al basso ventre, ma dall’altro lato.
Perderemo la possibilità di sederci per una settimana!
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Hola, popolo di EFP!
Eccoci di ritorno con il quarto capitolo di Duelist Chronicles. Il duello dello scorso capitolo è stato accolto in maniera pressoché totalmente positiva, e ne sono davvero molto felice. Come già detto, avevo timore a presentare un capitolo così lungo con un duello ininterrotto, ma sono felice di aver fatto un buon lavoro – almeno stando ai vostri commenti. Grazie davvero!
Lo ripeterò brevemente qui: tendenzialmente cerco di non tagliare i duelli. Certo, avete appena visto che questo è spezzettato, e vi anticipo che anche quello dopo sarà così, ma se facessi così per tutti i duelli della fan fiction – ed essendo una fan fiction su Yu gi oh, questa è piena di duelli – essa finirebbe nel duemila mai. Perciò troverete capitoli autoconclusivi e capitoli in più parti, a seconda di cosa succederà. Non mi sono fatto una scaletta, a dire il vero. So come far finire la prima stagione, ma per arrivarci non ho calcolato quanti capitoli serviranno e non voglio farlo.
Godiamocela e basta, che ne dite?
Veniamo al presente capitolo. Il buon Alan credeva di essere al sicuro, ma invece ecco che per una macchinazione di Mera e degli altri del Parco si è ritrovato nuovamente in trappola. Solo che stavolta la colpa, imprevista, è della selvaggia Sapphire, che li ha sorpresi e ha in mente una punizione molto speciale per i due. Dopotutto, cosa potevamo aspettarci da una donna della foresta? E usa un deck di Amazzoni, direi che è appropriato, non trovate anche voi?
Trovare le idee per questo capitolo è stato davvero difficile. La bozza iniziale prevedeva una festa a casa di Mera, dove con una scusa qualcuno avrebbe dovuto duellare, probabilmente la stessa Mera, ma più lo scrivevo e meno mi sentivo soddisfatto. Così ho deciso di aspettare a far entrare in scena Mera – che comunque ci delizierà molto presto, non temete – e mentre stavo parlando con un mio amico mi è venuta l’illuminazione. Perché non usare la lista di tutti quelli che hanno dato le carte ad Alan come pretesto per fargli incontrare gente nuova e inscenare nuovi duelli?
Ma chiaramente il nostro eroe non fa in tempo a cominciare che subito si trova nei guai, e la sua strada prende una deviazione inaspettata. Sapphire infatti non solo non è fra quelli che hanno composto il suo deck, ma ha anche intenzione di divertirsi con il fondoschiena suo e di Barney! E be’, ognuno ha le sue necessità dopotutto, no?
Ma prima di tutto, Sapphire, come gli abitanti del Parco dei Duelli, è una fiera duellante, che vuole misurarsi con avversari sempre più forti, e non perde occasione per farlo. E così, Alan si è trovato suo malgrado costretto ad accettare di nuovo.
Ed ecco che il nostro protagonista, che si era ripromesso di non duellare mai più, ci è cascato per la seconda volta a nemmeno un capitolo di distanza da quello precedente! Dopotutto, il lupo perde il pelo ma non il vizio no? E lui sotto sotto ci prova gusto, a duellare. Anche se aleggia su di lei questo spettro del misterioso Lucius. Ancora non sappiamo chi sia, o che cosa leghi i due, ma pare che sia per causa sua che Alan abbia smesso di duellare.
Personalmente, non vedo l’ora di rivelarvi chi sia Lucius e la sua relazione con Alan, ma bisognerà aspettare. Così il tutto verrà reso più succoso. E fidatevi, ne varrà la pena, perché quando accadrà spero rimarrete a bocca aperta.
Ma ora resta da scoprire come se la caverà Alan contro la bella e selvaggia Sapphire, e soprattutto se Mera abbia ragione sul dono che secondo lei Alan possiede, e che lo accomuna ai grandi duellanti. Quanti misteri aleggiano su questo ragazzo.
Chiudiamo con i rapidissimi riferimenti di questo capitolo. O meglio, il riferimento, l’unico che sento di dare, la vera novità, cioè Sapphire. Sapphire altri non è che la “versione manga” di Vera Birch, la figlia del professor Birch nella terza generazione di Pokemon. Il manga di Pokemon – e ringrazio tantissimo il mio carissimo amico LB per avermelo fatto conoscere – è diversissimo dall’anime, e spulciando un po’ la wiki sono venuto a conoscenza di questa versione di Vera/May. Il suo look e temperamento selvaggio mi hanno subito catturato, così mi sono detto “Ehi, sarebbe fico se questa tizia uscisse dal folto degli alberi e stendesse Barney per poi rapirlo e costringere Alan a duellare con lei”. E così è stato.
Non ho altro da aggiungere. Come al solito non dimenticate di lasciare una bella recensione e di farmi sapere, anche solo con un messaggio privato, cosa ne pensate o se dovrei stare attento a qualcosa o cambiare qualcos’altro, i pareri e le critiche costruttive sono sempre ben accette.
Noi ci vediamo la settimana prossima con un nuovo capitolo!
 
Nel prossimo capitolo: “Una duellante formidabile”
Il duello con Sapphire è appena iniziato, e Alan si trova già alle strette. Le combinazioni di carte della duellante sono feroci quanto lei, e il ragazzo dovrà dare fondo a tutta la sua esperienza e tutto il suo talento se vuole sperare di vincere e di salvare sé stesso e Barney. Ci riuscirà?
 
Ciao ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: Una duellante formidabile ***


CAPITOLO 5: Una duellante formidabile
 
 
Alan era affaticato, sudato marcio e aveva appena perso quasi la metà dei suoi life points. Oltretutto, il suo amico Barney era svenuto e legato a un tronco d’albero, rapito da una specie di donna della foresta di nome Sapphire, che aveva minacciato di seviziarli entrambi con un pezzo di legno dalla forma difficilmente equivocabile, sia che il ragazzo non avesse duellato, sia che avesse perso.
Non era proprio la più rosea delle situazioni.
Va bene, provò a ragionare, scrollandosi di dosso la terra, questo non è il mio deck, e io non sono più bravo come un tempo. E quello non è di certo un deck di fottuti pinguini. Ma ci deve pur essere un modo per batterla…
Se c’era, però, non ne vedeva ancora la via.
- Termino mio turno – dichiarò Sapphire, incrociando le braccia. – A te la mossa.
Alan pescò. Questa può fare al caso mio, pensò, ma prima devo sacrificare un mostro per evocarlo. La mise così insieme alle altre, poi ne prese un’altra e dichiarò: - Posiziono un mostro coperto in posizione di difesa. E subito dopo scopro la mia trappola: Diritto di Nascita!
La carta col cavaliere nel corridoio distrutto si illuminò, mentre l’ologramma del mostro coperto le compariva davanti. – Con Diritto di Nascita, posso scegliere un mostro senza effetto nel mio cimitero e riportarlo sul terreno in posizione d’attacco. E naturalmente, io scelgo Ciambellano dei Sei Samurai!
Il samurai mezzo cyborg tornò in gioco, questa volta con i suoi 200 miseri punti d’attacco. Certo, avrei potuto subito usarlo come tributo, ma voglio vedere se riesco a farla cadere in trappola, rifletté. Se sopravvivo al prossimo turno, potrò evocare il mio mostro, e riprendere in mano la situazione.
- Termino il mio turno – dichiarò. Spero che questa cosa finisca presto, pensò, portandosi poi la mano tremante alle piastrine, che scottavano come sempre. Gli uscì una smorfia.
Sapphire lo notò, ma fece finta di nulla. Invece, gli disse sprezzante: - Giocare in difesa non salverà te e il tuo amico – e pescò.
Questo lo so bene, dannata, pensò lui a denti stretti e col sudore che gli imperlava la fronte. Pazienta un po’, e vedi come ti sistemo.
Dovette però ricredersi quando la sua avversaria esclamò: - Gioco Tempesta Potente, per spazzare via tua trappola coperta!
- Cosa?? – Quello Alan non l’aveva previsto. Perché, di tutte le carte, quella tipa aveva pescato proprio Tempesta Potente?
Un forte vento cominciò a spirare sul campo di battaglia, scoprendo la trappola di Alan, che era Malfunzionamento, e frantumandola in tante schegge olografiche. Se fosse stata un’altra trappola, gli sarebbe anche andata bene: Malfunzionamento è, difatti, una contro trappola che le distrugge al modico costo di 500 life points. Ma è assolutamente inutile contro le magie come Tempesta Potente.
Sapphire mise la sua carta appena usata nel cimitero, poi disse: - Ora uso carta magia Richiamo Amazoness, per prendere mostro Amazoness da mio deck e aggiungerlo a mia mano.
La carta raffigurava un’arciere dai capelli corti e un top di pelle sotto a una specie di giacca di pelle animale, in piedi su un tronco e con una mano accanto alla bocca aperta, un evidente segno di richiamo. Sapphire cercò nel suo deck finché non trovò la carta desiderata, poi la mostrò al rivale affermando: - E la evoco subito: Arciere Amazoness, in attacco!
Era esattamente la carta raffigurata nella magia, una giovane Amazoness dalla carnagione diafana, i corti capelli marroncino che le davano un che di mascolino, e armata con arco e frecce. (Attributo: Terra; Lvl: 4; Tipo; Guerriero/Effetto; ATK: 1400; DEF: 100).
Sapphire stese una mano. – Attivo suo potere speciale! Sacrificando due mostri, posso infliggerti direttamente 1200 punti di danno!
- Maledizione – imprecò Alan, che sudava sempre di più. Le due Amazoness a fianco dell’arciere si dissolsero, per poi tramutarsi in due frecce luminose. L’arciere le impugnò, per poi scagliarle direttamente contro Alan, che si schermò con le braccia, arretrando di qualche passo.
 
LIFE POINTS ALAN: 3500
LIFE POINTS SAPPHIRE: 8000
 
Alan riabbassò le braccia, dove brillavano due cerchi olografici fumanti in corrispondenza dell’impatto con le frecce. Questa tipa è formidabile, pensò. Se non faccio qualcosa al più presto mi annienterà. E io non posso permettermi di perdere.
- Attivo secondo potere speciale di mio Richiamo Amazoness – dichiarò a sorpresa l’altra. – Quando è in mio cimitero, posso rimuoverlo per permettere a uno dei miei mostri di colpire, una volta ciascuno, tutti i mostri sul tuo terreno fino alla fine del turno.
Chiuse il pugno. – Ti devasterò!
Oh, non è questo tipo di devastazione che mi preoccupa, avrebbe voluto risponderle Alan, che era molto più preoccupato per il destino delle chiappe sue e di Barney. Ma a proposito, quello con tutto quel baccano non si era ancora ripreso? Quanto diavolo lo aveva colpito forte la ragazza?
- Vai, Arciere, attacca e distruggi i suoi mostri!! – Al comando di Sapphire, l’Arciere Amazoness incoccò una freccia e la sparò con precisione mortale nel cuore del Ciambellano, che se ne andò per la seconda volta in una nuvola di fumo.
 
LIFE POINTS ALAN: 2300
LIFE POINTS SAPPHIRE: 8000
 
- E ora procedi, distruggi suo secondo mostro!
A quel comando, l’Arciere incoccò la seconda freccia, ma questa volta un ghigno compiaciuto si disegnò sul viso di Alan. – Oh, non penso che lo farai!
A quella esclamazione, la carta venne scoperta. Era un vecchio rugoso dalla pelle giallognola e cascante, con lunghi capelli grigi e denti gialli. Era gobbo e vestiva con una specie di armatura rossa sopra a una veste rossa e a un mantello blu, e si manteneva appoggiato a uno storto scettro verde con una gemma viola al centro.
- Cos’è quello? – fece Sapphire, visibilmente preoccupata ora. Era come se il suo istinto avesse percepito il pericolo insito in quella carta.
- Questo è Anziano Mago Vendicativo – spiegò Alan. (Attributo: Oscurità; Lvl: 2; Tipo: Incantatore/Effetto; ATK: 450; DEF: 600). – E tu sei appena caduta vittima del suo potere speciale.
Alan stese un braccio a sua volta. – Quando Anziano Mago Vendicativo viene scoperto, mi permette di distruggere un mostro sul terreno del mio avversario. E sai benissimo su chi ricadrà la mia scelta: sull’unico mostro che possiedi!
- Oh no! – esclamò la ragazza. Il moro puntò il dito: - Vai, Mago Vendicativo, distruggi l’Arciere Amazoness!
Il Mago puntò la sua bacchetta, e da essa sparò un fulmine oscuro che investì l’Arciere, che gridò per il dolore prima di dissolversi in polvere. Sapphire strinse un pugno, ringhiando rabbiosa.
- Colpo niente male – gli riconobbe.
- Ti ringrazio per l’onestà – le sorrise Alan, che ricadeva nuovamente vittima della frenesia e del mood del duello, ora che le cose avevano cominciato a girare per il verso giusto.
Siccome l’altra non dava segno di dover fare altro, Alan prese l’iniziativa. – E’ il mio turno, pesco!
Speravo di utilizzare Ciambellano dei Sei Samurai come tributo, rifletté mentre contemplava le quattro carte che ora stringeva in mano. Poi mi sono ricordato che non era la carta giusta per attivare il suo effetto. Un errore da principiante. Non posso farmi prendere dal nervosismo, o non ne usciremo interi qui.
Decise quindi di tentare per un’altra via. – Sacrifico ora Anziano Mago Vendicativo, per poter evocare Ohka – Mech Maestoso!
Il leone alato meccanico fece la sua ricomparsa issandosi sulle zampe posteriori, per poi ricadere sul terreno. (Attributo: Luce: Lvl: 6; Tipo: Fata/Effetto; ATK: 2400; DEF: 1400).
- Avanti Ohka, attacca direttamente i suoi Life Points con Respiro Celeste!!
Il leone caricò il suo raggio fotonico fra le fauci, per poi riversarlo sulla duellante, che lanciò un grido mentre si difendeva con le braccia davanti al volto.
 
LIFE POINTS ALAN: 2300
LIFE POINTS SAPPHIRE: 5600
 
Finalmente l’ho colpita!, esultò mentalmente. Ma era presto per cantare vittoria. Il vantaggio della ragazza e la ferocia del suo deck erano ancora ostacoli troppo grandi per poter dire di averla scampata.
- Posiziono una carta coperta, e concludo qui il mio turno – dichiarò, moderando i toni. Era meglio stare in guardia.
Sapphire pescò, quasi compita. – Mio turno sarà la fine per te – annunciò, con i toni di una funesta profezia. Alan faceva bene a non dirsi al sicuro. Sapphire gli mostrò una carta magia.
- Ora attivo la magia terreno Villaggio delle Amazoness!
Non appena ebbe inserito la carta nel duel disk, il paesaggio circostante iniziò a modificarsi. Alcuni alberi sparirono, per fare il posto a delle capanne di legno con i tetti di paglia. C’erano fuochi accesi, fili per stendere il bucato, e un vociare tutto intorno che animava la foresta. Barney ora è addirittura legato a un palo.
- Una magia terreno – constatò Alan, intimorito. Era da tanto che non ne vedeva una. Faceva sempre un certo effetto vedere il paesaggio circostante cambiare.
- Per effetto di questa carta, mie Amazoness guadagnano 200 punti di attacco! E te ne presento subito un’altra, Maestra delle Catene Amazoness!
Con quel nome accattivante, a fare la sua comparsa fu un’Amazoness dai lunghi capelli grigi legati in una coda, vestita con un due pezzi blu tigrato, muscolosa come le sue precedenti compari, e armata con una catena che terminava in un giavellotto a tre lame. (Attributo: Terra; Lvl: 4; Tipo: Guerriero/Effetto; ATK: 1500; DEF: 1300).
Grazie al Villaggio, i suoi punti d’attacco salivano fino a 1700. Ma Alan ora poteva contare su Ohka, che era molto più forte di lei. Tuttavia, Sapphire lo colse nuovamente di sorpresa, e stringendo un pugno dichiarò: - Ora ordino a mia Amazoness di attaccare tuo mostro!
Di nuovo??, pensò il ragazzo. Era una scena che aveva già visto. L’Amazoness stese la sua catena, impugnò il giavellotto e poi lo lanciò come una lanciatrice del peso. Alan non poté far altro che difendersi. – Vai Ohka, sbarazzati di lei!
Il leone alato caricò il suo fascio fotonico, e l’Amazoness non poté resistere alla potenza del colpo, finendo incenerita in un grande bagliore. Sapphire accusò il colpo splendidamente, senza scomporsi troppo.
 
LIFE POINTS ALAN: 2300
LIFE POINTS SAPPHIRE: 4900
 
- Perché l’hai fatto? – le domandò il moro.
La castana rispose col suo sorriso feroce. – Perché quando Maestra delle Catene Amazoness viene distrutta in battaglia, io posso attivare suo potere speciale, che al costo di 1500 Life Points mi consente di guardare nella tua mano per vedere se hai un mostro, e di aggiungerlo a mia mano!
 
LIFE POINTS ALAN: 2300
LIFE POINTS SAPPHIRE: 3400
 
Lo indicò e il ragazzo sobbalzò. – M-maledizione… - mormorò, e poi guardò le carte nella sua mano. Oh sì, un mostro ce l’ho, ed è pure buono. Se me lo prende sono nei guai…
Sapphire lo indicò con la mano aperta e il palmo rivolto all’insù. – Avanti, mostrami tua mano.
Alan non poté fare altro che acconsentire, seppure riluttante. Dopotutto, quelle erano le regole. Così andò verso di lei, e gli mostrò la mano. Naturalmente gli occhi dell’altra si illuminarono quando vide il mostro che immaginava. – Prendo questo! – esclamò, senza nemmeno starci a pensare a due volte, e glielo sfilò di mano. Alan non disse una parola. Quando furono tornati entrambi al loro posto – mentre erano vicini, Alan aveva sentito il forte odore della pelle della ragazza, un odore muschiato, un aroma intenso, che sapeva di foresta – Sapphire disse: - Non ho ancora finito.
- Che altro c’è ora? – domandò il ragazzo. Forse, avrebbe fatto meglio a non chiedere.
Lei ridacchiò. – Ora si attiva il secondo potere speciale del mio Villaggio delle Amazoness – spiegò.
- Un secondo potere speciale? – ripeté Alan, allarmato. Quella annuì di gusto: - Proprio così. Quando un mio mostro Amazoness viene distrutto, io posso sostituirlo con un altro che abbia lo stesso livello o meno, pescandolo direttamente dal mio deck!
Si mette male…, pensò il ragazzo. Oltretutto, ora la ragazza aveva in mano la sua carta.
Sapphire prese il suo deck e lo aprì a ventaglio, per poi estrarre una carta che mostrò subito all’altro. – Ora evoco Paladina Amazoness, in attacco!
La nuova guerriera era la più bella di tutte. Bionda, con bellissimi occhi azzurri, vestiva con un due pezzi bianco, con tanto di cappuccio dal quale trasparivano i fluenti capelli. Aveva il vestito ornato di penne viola, e mostrava fieramente il suo fisico allenato standosene appoggiata a una spada conficcata nel terreno. Guardava fisso negli occhi Alan, tanto che il ragazzo si sentì in soggezione. (Attributo: Terra; Lvl: 4; Tipo: Guerriero/Effetto; ATK: 1700; DEF: 300).
- Non solo mia Paladina, mio gioiello – enfatizzò Sapphire, lasciando intuire che quella fosse la punta di diamante del suo deck – beneficia di bonus dato dal mio Villaggio, ma ha anche un suo potere speciale.
- E ti pareva… - commentò l’altro.
Sapphire proseguì imperterrita. – Mia carta guadagna cento punti d’attacco per ogni mostro Amazoness che controllo o che è in mio cimitero, compresa sé stessa!
Alan, sgranati gli occhi, fece un rapido calcolo. La Paladina aveva 1700 punti, e raggiungeva i 1900 con il bonus dato dalla magia terreno. Contando poi sé stessa, e altri quattro mostri Amazoness nel cimitero della duellante, c’era un ulteriore bonus di 500 punti, che la portavano allo stesso livello di Ohka.
Era un’avversaria temibile. Tuttavia, Alan non demorse e disse: - Approfitterò dell’attivazione dell’effetto del tuo Villaggio, per scoprire la mia carta trappola: Detonazione a Catena!
La trappola mostrava una X gialla solcata da catene, con quattro punte affilate e un cerchio rosso al centro, palesemente pronta ad esplodere. – Questa carta mi permette di infliggerti 500 punti di danno, e siccome l’ho attivata in combinazione con il tuo Villaggio, essendo parte di una catena posso rimetterla nel mio deck e rimischiarlo!
Alan fece esattamente questo mentre Sapphire andava sotto di altri cinquecento punti.
 
LIFE POINTS ALAN: 2300
LIFE POINTS SAPPHIRE: 2900
 
- Mpf – fece lei – non è cambiato nulla.
Forse sì e forse no, pensò l’altro senza risponderle, e detergendosi il sudore dalla fronte. – La tua Amazoness non è più forte del mio Ohka – le fece notare – quindi non puoi attaccare.
- Questo è vero – concordò lei, guardando le ultime carte che aveva in mano. – Mi limiterò a posizionare questa coperta, e a terminare mio turno.
Un’altra carta coperta. Sarà una magia o una trappola?
Con questo dubbio, Alan pescò. Annulla Attacco, grandioso!
Non era mai stato così felice di pescare una trappola come quella. Se anche dovesse inventarsi qualcosa per superare le difese di Ohka, potrò ancora difendermi con questo. Ma se decidesse di attivare quella carta…
Pensava alla carta che l’altra era riuscita a sottrargli. Se lei avesse avuto il mostro giusto nel deck, sarebbe stato in seria difficoltà.
- Posiziono una carta coperta – dichiarò – e a seguire posiziono anche un mostro coperto in difesa. A te la mossa, Sapphire!
Un turno molto tranquillo. – Mpf – fece di nuovo lei. – Giocare in difesa non ti garantirà mai la vittoria.
Aspetta e vedrai, pensò lui. Se al prossimo turno pesco la carta giusta, ti farò ricredere.
Sapphire diede il via al suo turno. – Pesco!
E fece di nuovo quel sorriso feroce. – La vittoria è mia! Ora scopro mia carta trappola, Forza di Volontà Amazoness!
La carta raffigurava la Paladina Amazoness in ginocchio e appoggiata alla sua spada, i capelli sporchi e dismessi, il vestito ridotto a brandelli e in tante fasce che si stavano sfilando, ma con un’aura rossa attorno. – Questa trappola continua mi permette di scegliere mostro Amazoness nel mio cimitero e di evocarlo sul mio terreno. Io scelgo Spadaccina Amazoness!
La guerriera dai fulvi capelli rossi fece la sua ricomparsa, sferzando l’aria con la sua spada.
- Perché mai? – domandò Alan. Sapphire non perse il suo sorriso, e anzi gli spiegò: - L’ho fatto per poter attivare questa!
E gli mostrò la carta che aveva in mano. – E’ la magia Spirito Combattente Amazoness!
Quella magia continua raffigurava la Guerriera Amazoness avvolta da un’aura ventosa. – Quando mio mostro Amazoness attacca un mostro ed è più debole, guadagna mille punti d’attacco in più durante il calcolo dei danni – spiegò.
Il duellante cercò di mantenere i nervi saldi.
- Comincerò sbarazzandomi di tuo mostro coperto! – dichiarò. – Vai, Spadaccina Amazoness! Distruggilo con Fendente Amazoness!
La Spadaccina partì all’attacco,e in quel momento il mostro venne allo scoperto. Era un gigante dal corpo tozzo in armatura grigia, con due enormi mani avvolte nei guanti dai palmi arancioni, e una testa minuscola priva di collo incastrata nell’armatura. Il suo volto era un teschio infuriato, in linea col design scheletrico della sua armatura. (Attributo: Oscurità; Lvl: 4; Tipo: Demone; ATK: 100; DEF: 2100)
- Spiacente, ma il mio Renge, Custode del Mondo Oscuro non è così facile da buttare giù – spiegò Alan. Quella ridacchiò: - Hai dimenticato che se il tuo mostro è più forte, la mia Amazoness guadagna 1000 punti in più? – gli domandò.
La guerriera venne avvolta da un’aura rossa, e i suoi punti salirono a 2700. – Avanti Spadaccina, eliminalo!
A quell’ordine, la guerriera impugnò la spada a due mani e menò un fendente con un urlo selvaggio. Renge venne tagliato in due, ma siccome era in difesa Alan non subì alcun danno.
- Senza l’effetto di Spirito Combattente, avresti subito tu la differenza di forze tra i nostri mostri – gli ricordò la selvaggia. – Ma sfortunatamente per te, la battaglia non è ancora finita. Mia Paladina, attacca Ohka!
Stese una mano in avanti, e la Paladina andò alla carica con la spada alzata. I loro punti d’attacco erano ancora gli stessi, ma Sapphire disse: - Non mi interessa se vengono distrutti. Al prossimo turno la riporterò in vita con la mia Forza di Volontà Amazoness, mentre tu dovrai dire addio per sempre al tuo mostro!
Ecco perché aveva fatto quella mossa. Voleva assicurarsi di avere un mostro di riserva nel caso le cose si fossero messe male. E con quella combinazione di carte, quand’anche per un qualche motivo la sua Paladina fosse diventata più debole di Ohka, avrebbe acquisito un bonus mostruoso che l’avrebbe riportata in vantaggio.
Sapphire era una duellante formidabile.
Ma fu allora che Alan esclamò: - E’ qui che ti sbagli! Scopro la mia carta trappola: Annulla Attacco!
Una barriera si formò attorno ad Ohka, che respinse la spada della Paladina e la fece indietreggiare.
- Cosa? – fece la ragazza, stupita.
- La tua Battle Phase termina istantaneamente – le fece notare Alan – e conoscendo il mostro che hai in mano, anche il tuo turno termina con essa.
Sapphire provava un misto di stizza e confusione. – Non capisco – ammise. – Se avevi Annulla Attacco, perché non mi hai impedito di distruggere tuo mostro?
Alan pescò e non poté nascondere il suo sorriso. – Per fare questo!
Le mostrò una delle due carte che aveva in mano. – Dalla mia mano, attivo la carta magia Industria Oscura della Produzione di Massa!
Quella carta dal nome lunghissimo raffigurava un nastro trasportatore con un goblin in camice e cappello da lavoro. Sul nastro erano distesi dei Mokey Mokey, i mostri più inutili del Duel Monsters. – Questa carta magia mi consente di recuperare due mostri senza effetto dal mio cimitero, e di evocarli sul terreno. Ecco perché non ti ho impedito di distruggere Renge, perché così avrei potuto attivare questa carta.
Dal cimitero fecero la loro ricomparsa il Ciambellano dei Sei Samurai e Renge, entrambi in posizione d’attacco. Sapphire non ne fu per niente intimorita.
- E allora? Cos’hai guadagnato assemblando quegli inutili mostri?
Alan però non perse il suo sorriso, stavolta. – Mi spiace, ma questi mostri non sono “inutili” – ribatté. – Non quando posso usarli come tributo per evocare questo!
Sbatté la carta sul duel disk. – A me, possente Drago Tricorno! Accetta questi tributi e mostrati!
Renge e il Ciambellano scomparvero in due colonne di luce, e al loro posto si mostrò il temibile drago imperfetto che aveva decretato la sconfitta del Pinguino. Il suo ruggito scosse le foglie degli alberi e fece scappare via gli uccelli. (Attributo: Oscurità; Lvl: 8; Tipo: Drago; ATK: 2850; DEF: 2350).
Sapphire indietreggiò di un passo nel vederlo. – Com’è possibile?
- E’ possibile – disse lui – perché questo deck è nato dalle speranze combinate di tutti coloro che non volevano lasciare questo posto. La sua forza non è da sottovalutare, e lo scoprirai anche tu!
Strinse il pugno, per poi stendere la mano. – Vai, Drago Tricorno, schiaccia la Paladina Amazoness!
Con una zampata, il Drago si liberò all’istante della potente guerriera, causando una folata di vento dalla quale Sapphire dovette difendersi.
 
LIFE POINTS ALAN: 2300
LIFE POINTS SAPPHIRE: 2550
 
- E siccome l’effetto della tua carta magia si attiva solo quando sono i tuoi mostri ad attaccare, il mio Ohka può distruggere senza problemi la tua Spadaccina!
Sapphire ringhiò. – Certo, ma il danno lo subirai tu per il suo effetto!
Alan non si scompose più di tanto. – Va bene così. Un piccolo prezzo da pagare per liberarmi di lei. E visto che non è più equipaggiata con Eredità Amazoness, può essere distrutta in battaglia. Avanti, Respiro Celeste!
Ohka caricò e poi incenerì anche la Spadaccina, nonostante il danno andò dritto dritto ai life points di Alan.
 
LIFE POINTS ALAN: 1600
LIFE POINTS SAPPHIRE: 2550
 
Erano chiaramente gli ultimi turni, e si prevedeva un finale da cardiopalma. Ma ora Alan aveva ritrovato la fiducia necessaria.
- Allora, come ci si sente a sapere di avere in mano un mostro assolutamente inutile? – le domandò. Sapphire gli rispose con un ringhio. Forse il moro stava punzecchiando troppo la belva o forse no.
Il mostro che mi ha sottratto non può competere né con Ohka né tantomeno con Drago Tricorno. Meglio così.
Rimasto senza carte in mano, Alan cedette il passo.
- Pesco! – dichiarò rabbiosa, osservando poi con attenzione la carta appena pescata. I suoi occhi azzurri tornarono su quelli, di una tonalità simile, dell’altro. – Attivo Forza di Volontà Amazoness, per riportare in vita la mia Spadaccina Amazoness.
La guerriera dai capelli rossi tornò per l’ennesima volta.
- E ora le affianco Cerbottaniera Amazoness in posizione di difesa!
La nuova guerriera aveva lunghi capelli viola, un due pezzi verde, delle fasce di metallo a legarle le gambe e dei piccoli teschi demoniaci come ginocchiere. Impugnava una cerbottana la cui punta era a sua volta un teschio, forse quello di un primate, ma con delle zanne affilate. (Attributo: Terra; Lvl: 3; Tipo: Guerriero/Effetto; ATK: 800; DEF: 1500).
- Per il suo potere speciale, posso scegliere uno dei tuoi mostri una volta per turno, per fargli perdere cinquecento punti fino a fine turno.
Puntò il dito. – Io scelgo Drago Tricorno!
- Dannazione! – esclamò Alan. – Così il mio Drago sarà più debole della sua Spadaccina quando attaccherà.
La Cerbottaniera sputò un dardo avvelenato, che si conficcò nel collo del possente Tricorno, il quale lanciò un ruggito di dolore mentre i suoi punti d’attacco scendevano a 2350.
- Ah ah! – esclamò Sapphire. – Per effetto del Villaggio delle Amazoness, mia Spadaccina ha 1700 punti, ma ora per effetto di Spirito Combattente Amazoness ne guadagnerà altri 1000, salendo a 2700. Vai, Spadaccina, Fendente Amazoness!
La Spadaccina menò un fendente per diagonale che squarciò il Drago Tricorno, spedendolo direttamente al cimitero. Alan si riparò il viso dall’esplosione che ne seguì.
 
LIFE POINTS ALAN: 1150
LIFE POINTS SAPPHIRE: 2550
 
È pazzesco, pensò incredulo. La sua forza di volontà è incrollabile. Non solo non si è fatta intimidire da Drago Tricorno, ma è anche riuscita a trovare un modo per distruggerlo, ribaltando di nuovo la situazione.
Il sudore acido che gli colava dalla fronte gli bruciò gli occhi. Alan si deterse con un gesto rabbioso.
Avvicinò la mano al vano carte del duel disk. Siamo alla frutta, pensò. Tutto dipenderà da questa carta. Qualunque essa sia, ne andrà del mio duello. E non solo di quello!
Un bruciore al posteriore gli ricordò per cos’è che stava realmente duellando.
- Mio turno è finito – gli ricordò Sapphire – e pare che sia finito anche tu.
- Questo lo vedremo – disse il ragazzo. Sfiorò la carta con la mano, prima di prenderla. Un senso di calore lo invase. Guardò la carta appena pescata, e sorrise.
Arrivi sempre al momento giusto, eh?
Con la mano libera strinse le piastrine. Lucius, pensò, se soltanto allora mi fossi trovato con le spalle al muro come adesso, forse avrei potuto imparare davvero qualcosa. Questo duello… lo chiuderò per te!
- Posiziono un mostro coperto – disse, tornando a guardare Sapphire. – E termino il mio turno.
- Non vuoi attaccare la mia Cerbottaniera? – domandò quella, ridendo. – Be’ è naturale, tanto riuscirei a chiamarla ancora. Invece adesso torna Paladina Amazoness!
La potente guerriera bionda fece il suo ingresso lanciando un grido da battaglia che ne sottolineava la ferocia. – E visto che c’è nuova Amazoness sul terreno, Paladina guadagna altri cento punti, diventando più forte del tuo mostro.
Vero, sebbene solo di cento punti, ora la Paladina superava in potenza Ohka. In tutto questo, Sapphire non aveva ancora pescato.
- Eheh – ridacchiò. – Ho già tutto quello che mi serve per vincere. Sapphire forte, troppo forte! Tu sei stato bravo, ma io di più!
E si batté un pugno sopra il plesso solare. Alan non poté che ridere, ma stancamente. Quel duello l’aveva veramente provato. – Già, sei stata veramente un’avversaria incredibile. Ma questo duello non sarà finito finché non manderai a zero i miei life points.
Tornò serio. – Quindi fai la tua mossa, avanti!
La ragazza ghignò. – Sapphire la fa eccome! Cerbottaniera, indebolisci Ohka!
La Cerbottaniera sparò il suo dardo avvelenato, colpendo Ohka, il quale scalciò indispettito e morse l’aria facendo schioccare le fauci, mentre i suoi punti d’attacco scendevano a 1900.
- E ora tocca a te, Paladina, annientalo!!
La Paladina sollevò la spada sulla testa, impugnandola con entrambe le mani, per poi decapitare il leone fatato. L’esplosione mandò schegge olografiche contro il viso di Alan, che si difese con una mano.
 
LIFE POINTS ALAN: 550
LIFE POINTS SAPPHIRE: 2550
 
- Pensi ancora di poter vincere? – gli domandò Sapphire. – Ora tocca al tuo mostro coperto venire annientato, dopodiché mia Spadaccina cancellerà tuoi ultimi life points!
Dopo averlo detto spostò la sua Cerbottaniera in attacco, pronta a mirare al mostro coperto. La sua compare dai capelli rossi, invece, non vedeva l’ora che la sua lama assaggiasse il collo di Alan. – Avanti Cerbottaniera Amazoness, distruggi suo mostro con Fendente Amazoness!
Quella si preparò a prendere la mira. Ma quando stava per colpire la carta coperta, questa si illuminò di una luce accecante, costringendo il mostro e la sua proprietaria a farsi indietro.
Solo Alan ammirava lo spettacolo compiaciuto. – Sei caduta vittima del peggior mostro che potessi affrontare, Sapphire – le disse. – E se hai assistito al mio duello con Cobblepot, saprai anche tu quant’è pericoloso!
Stese una mano. – Mostrati a noi, Drago da Richiamo!
Il cucciolo di drago che tanti aveva fatto intenerire – e più di qualcuno aveva basito – diverse sere prima fece la sua comparsa lanciando un verso simile a un vagito. I suoi profondi e luminosi occhi neri guardavano la ragazza della foresta. (Attributo: Fuoco; Lvl: 2; Tipo: Drago/Effetto; ATK: 300; DEF: 200).
- Un cucciolo? – mormorò la ragazza, scandalizzata. – Un cucciolo ha bloccato il mio attacco?
Poi ricordò quanto successo quella sera, e i suoi occhi e la sua voce si caricarono di paura. – Oh no…
- Oh sì! – confermò Alan. – Hai attivato il potere speciale del mio invincibile Drago da Richiamo!
E strinse il pugno con forza. – Quando viene scelto come bersaglio di un attacco, il suo pianto può richiamare un drago tremendamente più forte dal mio cimitero. E guarda caso, tu ce ne hai spedito uno due turni fa!
Il drago cominciò a piangere, rivolgendo la testa al cielo, e subito la foresta prese a tremare. Qualcosa di molto pesante e molto grosso si stava avvicinando. Qualche albero cadde, sradicato da una forza spaventosa, e poi dal folto degli alberi emersero gli occhi cremisi del Drago Tricorno. Le sue fauci erano socchiuse e da esse usciva del fumo. Dei versi sommessi e feroci uscivano dalla sua bocca. Mentre avanzava, la sua lunga ombra si allungò sul terreno di gioco, sovrastando la duellante e le sue guerriere.
- Ma-maledizione… - mormorò quella, diventata all’improvviso balbuziente.
- Ora ecco che succede – spiegò Alan paziente – la tua Cerbottaniera dovrà spostare il suo attacco sul mio Drago Tricorno.
 Sapphire risucchiò a denti stretti. Poi però disse: - Il potere di Spirito Combattente Amazoness la renderà più forte!
- Questo è vero – le accordò Alan – ma non abbastanza da competere con Drago Tricorno!
Per tutta risposta, il Drago sferrò un’artigliata che squarciò l’Amazoness in tante piccole schegge olografiche. Sapphire imprecò.
 
LIFE POINTS ALAN: 550
LIFE POINTS SAPPHIRE: 1700
 
La ragazza cadde in ginocchio, al punto che il suo gonnellino di rami e foglie intrecciate si sollevò leggermente. Alan distolse lo sguardo, imbarazzato. Non che la cosa gli facesse schifo, chiariamoci, era perfettamente a posto col fatto che gli piacessero le donne. Solo che gli sembrava inopportuno.
- Ho perso… - mormorò lei. Capiva che la situazione era ormai irrimediabile. Non c’era niente che potesse fare. In mano aveva una carta non sua, e che non avrebbe potuto competere con il mostro dell’altro. Per di più, tutti i suoi mostri avevano già attaccato, e nessuno di loro, anche col bonus, sarebbe stato sufficientemente forte da competere con Drago Tricorno. L’unica era la Paladina Amazoness, ma aveva già attaccato. Era finita, e quella consapevolezza, la consapevolezza della sua sconfitta, la travolse improvvisamente con la furia di un torrente in piena.
- Pesco, anche se non farebbe molta differenza ora – disse Alan. – Ma è stato un ottimo combattimento, Sapphire.
Le sorrise, per poi ordinare al suo Drago di attaccare la Paladina Amazoness, che ora era tornata a 2400 punti per via dell’eliminazione della Cerbottaniera. Per la seconda volta in quel duello, il Drago la schiacciò con una zampata.
 
LIFE POINTS ALAN: 550
LIFE POINTS SAPPHIRE: 1250
 
- Termino il mio turno – disse Alan. – Puoi ancora fare una mossa, se vuoi.
Quella pescò, ma la sicurezza era scomparsa dal suo volto. Tuttavia disse: - Finché ho Amazoness Spadaccina dalla mia, tu non puoi infliggermi danno. Se la distruggi, sarai tu a perdere.
Eppure la sua voce tremava. Fino a qualche turno fa, lo avrebbe detto con sprezzo, sicura di essersi procurata una difesa invincibile, mentre invece ora non era più così convinta. Era come se avesse intuito che Alan aveva una strategia per aggirare l’ostacolo.
E difatti, non appena ebbe passato il suo turno, dopo un’altra pescata vuota, il ragazzo disse: - La tua Spadaccina non è affatto invincibile, e ora te lo dimostrerò! Dalla mia mano attivo Torna all’Inizio!
Era la carta usata da Cobblepot contro di lui, quella con lo strano gioco dell’oca sopra raffigurato. – Scartando l’ultima carta che mi è rimasta in mano, posso rimettere la tua Spadaccina in cima al tuo deck!
La guerriera venne avvolta dalla luce ,per poi trasformarsi in un raggio che colpì il porta deck dell’altra, che spalancò la bocca in un verso di protesta.
- E ora che sei senza difese, vai Drago Tricorno, sferrale il colpo di grazia!!
 Dopo l’implacabile ordine di Alan, il Drago ruggì ancora e sferrò una poderosa artigliata. Sapphire venne scagliata all’indietro e ruzzolò sul terreno, mentre intorno a loro la magia degli ologrammi scompariva e la foresta tornava ad assumere il suo aspetto normale.
 
LIFE POINTS ALAN: 550
LIFE POINTS SAPPHIRE: 0
 
Alan corse verso di lei. – Tutto bene? Ti sei fatta male?
Quella scosse la testa, ma sempre a denti stretti, e si rimise in piedi. Vista da così vicino era veramente bella, per quanto assurda fosse. Una ragazza selvaggia a pochi passi dalla cittadina in cui viveva, e nel XXI secolo, per giunta. Alan le tese una mano, ma lei la scacciò.
- Non mi serve aiuto – disse, scontrosa. Lui però le sorrise.
- Si vede. Sei stata veramente un’avversaria formidabile. Ma ora, per favore, libera Barney.
Lei lo guardò per un attimo con i suoi penetranti occhi azzurri, occhi dello stesso colore dell’altro e del suo amico. Gli occhi azzurri non sembravano una rarità, visti loro tre. Ci pensò un po’ su, e alla fine annuì. Con i capelli arruffati e sporchi di terra, e piegandosi scoprendo un po’ di natiche, spettacolo al quale Alan volle rinunciare, seppur controvoglia, la ragazza prese ad armeggiare con i legacci che tenevano stretto Barney.
Quello proprio in quell’istante cominciò a riaversi. – Do-dove mi trovo? – mormorò con la voce impastata e una guancia che si era gonfiata, con un vistoso livido rosso. Che bel sonnellino che si era fatto.
- Di certo non sei sull’isola del tesoro, Barney – lo informò Alan. Quello si guardò intorno, e poi vide la ragazza. Subito con un urlo balzò in piedi e corse dietro Alan.
- Non ho mai incontrato una bellezza così mortale – sussurrò all’amico.
- E mi sa anche che non la incontrerai mai più – gli rispose lui. Poi cominciò ad armeggiare col duel disk, per toglierselo e rimettere a posto le carte.
- Aspetta, perché hai un duel disk? – gli chiese il biondo, che lo notava solo ora. Poi guardò l’altra, e non ci mise molto a fare due più due.
- Ma voi avete duellato! – Lo disse come se avesse scoperto che avevano appena fatto sesso.
- Già, bella merda eh? – gli fece l’eco Alan, che intanto si era sfilato l’attrezzo rovente dal polso sudato. C’era qualcos’altro di rovente quel giorno, oltre al sole e al duel disk, ed erano le piastrine che portava al collo. Non vedeva l’ora di essere a casa sua. Quell’imprevisto gli aveva portato via molto tempo. Avrebbe pensato a quella dannata di Mera un altro giorno.
Mentre rimetteva tutto a posto, con la testa che gli sembrava un pallone pronto a scoppiare e tutta la fatica e la tensione accumulatesi che gli ricadevano addosso come una pesante zavorra, sentì gli occhi dell’altra su di sé. Rialzò lo sguardo e lei era lì che lo fissava, con le braccia cadute lungo i fianchi.
- Tu bravo a duellare – disse.
- Ti ringrazio, ma anche tu non scherzi – le fece notare lui.
- No, voglio dire – fece lei, scuotendo i capelli castani, che in parte le finirono sul volto. – Tu bravo, bravo davvero. Per battere Sapphire devi essere molto bravo.
- Ah, l’ho notato.
- Allora perché te non piace duellare?
Alan si bloccò. Inevitabilmente, si tornava sempre su quel punto. La domanda era sempre la stessa. Ti piace il Duel Monsters, allora perché non duelli? Sei veramente bravo, perché dici che non ti piace? La gente sembrava ossessionata da quella cosa. E sembrava che ormai duellare fosse diventato un obbligo.
- A moltissimi piace il calcio – si risolse a dire – ma non a tutti piace calciare una palla.
Sapphire inclinò la testa di lato. Alan si chiese se non avesse usato un paragone troppo difficile, e stava per spiegarsi meglio, quando lei gli disse: - Però a te piace.
Il moro si bloccò. Barney ora era curioso come una faina, lo si vedeva. Osservava la scena come un ornitologo assiste all’inaspettato incontro tra due specie di uccelli singolari che non c’entrano niente tra loro. Sapphire e Alan erano due mondi diversi, eppure nello strano linguaggio del Duel Monsters si capivano.
- Sì, mi piace – ammise Alan, che sentiva di non poter mentire a quella strana ragazza. – Mi piace molto. Ma non posso farlo.
- Perché no? – domandò tempestivamente lei.
- Non posso e basta – disse lui. Si aspettava che quella insistesse ancora, ma tutto ciò che gli rispose fu: - Okay.
E detto questo, si volse e fece per scomparire nel folto della foresta. Poi si fermò, ripensò a qualcosa e tornò verso di loro. Alan e Barney si irrigidirono per riflesso.
- Che cosa vuoi…?
Alan non fece in tempo a finire di chiederlo che lei lo afferrò da dietro la nuca e lo baciò. Fu un bacio rozzo, privo di dolcezza, carico di tutta la ferinità che lei si portava dietro. Alan ne rimase scioccato. Come Barney, a occhi e bocca spalancati al suo fianco, che ancora non aveva la minima idea di che pericolo i due avessero corso.
Quando si staccarono, Alan ansimava e sentiva l’odore penetrante dell’altra, sulle labbra aveva il suo sapore. Gli aveva ficcato la lingua in bocca quasi con violenza. Quella si pulì il labbro sporco di saliva col dorso della mano.
- Pe-perché l’hai fatto?? – sbraitò lui, sorpreso.
La risposta dell’altra fu di una semplicità disarmante. – Perché mi attrai.
Alan arrossì di brutto. Non aveva peli sulla lingua.
Lei gli lanciò un’altra occhiata. – Torna quando ne avrai voglia. Qui ad aspettarti, sarò.
E dopo quell’uscita alla Yoda, se ne andò tranquilla nel folto degli alberi, il gonnellino di foglie e rami che scopriva le natiche a ogni passo. Non prima di aver recuperato il legnetto dalla forma poco equivocabile, però. Stavolta lo notò anche Barney.
- Quello è…
- Sì – confermò Alan. – Tu eri la preda. E anche io, se avessi perso.
- Oh. OH!!
- Già.
- Quindi sei il mio eroe ora?
- Sì, ma non dirlo in giro.
I due si guardarono per un attimo, prima di scoppiare a ridere. Le loro risate si rincorrevano fra le fronde e i rami, assieme al riverbero del sole fra le chiome verdeggianti sopra di loro. Risero di gusto mentre cercavano di orientarsi fuori da quella foresta. Alan era piuttosto sicuro di ricordarsi la strada, nonostante l’inseguimento fosse stato così frenetico.
Fu Barney a riportare il discorso alla serietà, cosa che non era certo da lui.
- Alan – lo chiamò. Gli camminava dietro.
- Stai per chiedermi se un giorno ti racconterò mai cosa mi ha spinto a lasciare il Duel Monsters?
- Sì – ammise lui, pacatamente.
Alan continuò a guardare dritto davanti a sé. – Chissà – si risolse.
E la cosa cadde lì, mentre i loro passi facevano scricchiolare i rami. Quando uscirono finalmente dagli alberi, per ritrovarsi nella radura dove Barney era stato rapito – non avevano più visto Sapphire – la luce del sole colpì Alan con la forza di un dardo.
Si schermò con la mano a tendina, ma servì a ben poco. Il calore era così forte da deformare l’aria davanti a loro. Barney si sventolò con una mano.
Alan cominciò a sentirsi debole. Non voleva credere che fossero i sintomi di uno svenimento, ma forse aveva sottovalutato la pressione a cui era stato sottoposto durante il duello. Barcollò un istante.
- Bro, tutto bene? – gli domandò Barney, ma le sue parole gli arrivarono ovattate, come se fossero nello spazio. Si sentiva la gola secca e aveva ripreso a sudare. Davanti a lui, nel calore dell’aria, vide una figura venire verso di loro. Sulle prime pensò fosse Sapphire, ma poi riconobbe gli inconfondibili capelli rossi.
Mera sorrise loro da dietro le lenti scure degli occhiali. Disse qualcosa, ma lui non la sentì. Improvvisamente aveva le orecchie intasate da un fischio, come per l’acufene.
I suoi timori non ci misero molto a concretizzarsi. Vide l’espressione mutare sul volto di Mera, sentì una mano di Barney sulla sua spalla. Poi le palpebre si fecero troppo pesanti, il calore troppo forte. Cadde a terra e nemmeno se ne accorse. A malapena sentì gli steli che gli sfioravano il volto.
Cadde e fu nel buio.
Nel buio della sua memoria.
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Hola, popolo di EFP!
Rieccoci con il quinto capitolo e con la conclusione dell’acceso duello tra Alan e Sapphire. La nostra selvaggia duellante sbucata fuori dal folto degli alberi si è rivelata di certo un’avversaria ben più tosta del Pinguino. Devo dire che scrivere questo capitolo è stato difficilissimo, fin’ora la cosa più difficile di questa fan fiction. Ho controllato e ricontrollato, e tutt’ora non sono sicuro di non aver fatto errori. Mi rimetterò al vostro giudizio. Con i valori costantemente modificati è sempre una bella sfida, però dà quel pizzico di brio in più. Ed è qui che entra in gioco l’importanza delle informazioni delle carte, che io metto ogni volta che viene evocato un nuovo mostro. Come ho già detto, serve principalmente a me per non fare confusione. E in questo duello è stato un elemento fondamentale.
Ma c’è un altro elemento ,davvero fondamentale, e che mi sento di dire sia il protagonista di questo capitolo. È una cosa che vi avevo accennato negli avvertimenti del primo capitolo, e che ora posso ufficialmente introdurre qui. E mi basta una parola per farlo: SHENANIGANS.
Cosa sono gli shenanigans? Chi ha visto qualche video della serie “Everything Wrong with Yu Gi Oh” potrebbe sapere di cosa sto parlando. In parole povere, gli shenanigans sono gli “screw the rules moments”, sono i momenti in cui si fanno un po’ i birichini e si piegano le regole al proprio volere. Tradotto qui, significa sfruttare effetti che le carte non hanno nel gioco cartaceo – e in quello digitale – o modificarne i caratteri. E qui abbiamo ben due shenanigans, una tendenza della quale cercherò di non abusare, ma che diventerà a poco a poco presente nella nostra storia. Ogni volta che cambierò qualcosa, ovvero introdurrò uno shenanigan, ve lo riporterò qui. Come ho già detto, qui ne ho introdotti ben due:
- la carta “Industria Oscura della Produzione di Massa” non ha l’effetto di selezionare due mostri normali nel proprio cimitero e di evocarli sul terreno. Nel caso di carte come Drago Bianco Occhi Blu, ad esempio, sarebbe una carta op. Bensì, la carta originale si limita a far tornare quei mostri in mano. Ho scelto di cambiare questo effetto per una pura finalità narrativa: mi pareva fico offrire due potenziali tributi così, a gratis.
- “Paladina Amazoness” non aumenta il suo attacco di 100 punti per ogni Amazoness presente sul terreno e nel cimitero, inclusa sé stessa, ma solo per quelli presenti sul terreno, inclusa sé stessa. Ho aumentato leggermente il suo potere perché, essendo la punta di diamante del deck di Sapphire – a quanto lei ci ha detto – volevo potenziarla un po’.
Ecco qui, abbiamo notificato anche gli shenanigans. Non ho moltissimo da dire su questo capitolo, come già detto è stato molto difficile da scrivere, ma spero che anche in questo caso i miei sforzi saranno ripagati. Sono veramente felice di vedere che questa fan fiction vi stia piacendo, davvero mi riempie il cuore di gioia!
Spero sempre di riuscire a portare contenuti di qualità e intrattenenti, e che la cosa continui anche quando arriveranno, a poco a poco, le altre storie. Sto pian piano lavorando anche a quelle, non temete.
Non ho riferimenti da dare per questo capitolo, quindi direi che possiamo direttamente salutarci qui e vederci al prossimo. Io spero che abbiate gradito anche il personaggio di Sapphire, e la sua ferinità – quel bacio Alan non se lo aspettava proprio. Vi assicuro che rivedremo la nostra cara Mrs. Friday, ma prima dobbiamo accertarci che il nostro amico stia bene.
Lo scoprirete settimana prossima!
 
Nel prossimo capitolo: “Il domatore di draghi (prima parte)”
Ci aspetta una coppia di capitoli, e le cose cominceranno a farsi serie. Vedremo una parte del passato di Alan, e come gli eventi comincino lentamente a gravitare attorno a lui. Non tutti sono felici della sua performance al Parco dei Duelli, e quando cala la notte un’ombra scura si allunga su di lui.
 
Ciao ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: Il domatore di draghi (prima parte) ***


CAPITOLO 6: Il domatore di draghi (Prima parte)
 
 
Le urla e gli applausi risuonavano fin dentro gli spogliatoi e nei corridoi dell’arena.
Alan era seduto su una panchina, intento ad allacciarsi una scarpa come se dovesse prepararsi a giocare una partita di calcio. Sentì la porta aprirsi, e una voce familiare che gli domandava: - Ehi, tutto a posto campione?
La voce conteneva una nota sprezzante. Rialzò gli occhi per incontrare il ghigno di supponenza di Gary. Ricambiò con un’espressione simile.
- Che domande? Puoi giurarci!
Si rialzò in piedi e gli andò incontro. Aveva i capelli sbarazzini pieni di gel, indossava bracciali con le borchie e una camicia di jeans strappata qua e là. Aveva il sorriso di chi è perfettamente sicuro di sé e non aveva problemi a dirlo al resto del mondo.
Gary, dal canto suo, vestiva con una maglia viola a collo alto e dei jeans neri. Aveva al collo un ciondolo a forma di mezzaluna, e i capelli sparati.
I due si diedero una stretta di polso da camerati. – Mi raccomando, non puoi permetterti di perdere – gli ricordò Gary. – Altrimenti chi affronterò io in finale?
Alan rise di gusto. – Tranquillo, la mia sconfitta non è contemplata. E neanche la tua vittoria, se è per questo.
Gary fece una risatina a labbra cucite, poi gli batté un paio di volte con le nocche sul petto, come se stesse bussando, l’altra mano puntata contro il fianco. – Sarà, ma vedi di non farmi fare brutta figura in finale. Voglio uno spettacolo che il pubblico si ricorderà per sempre.
- Pazienta, Gary. Dobbiamo ancora arrivarci a domani. Sei ancora in tempo per ritirarti.
Gary Oak gli rispose con un bel ghigno. Così due ragazzi di appena sedici anni giocavano a vivere il mondo e a sognare la gloria, due giovani con gli occhi già proiettati al futuro, pieni di sogni e speranze. Degli adulti mancati che già facevano parlare di sé.
Da fuori, l’annunciatore al megafono richiedeva la presenza di Alan Kalos. Alan Kalos era pregato di presentarsi sul ring.
- Vado sugli spalti. Spacca tutto!
Gary prese a correre nella direzione opposta a quella nella quale sarebbe andato Alan. Il ragazzo lo guardò allontanarsi. Era il suo migliore amico.
Estrasse il suo deck e lo guardò. – Vinceremo anche oggi – disse alle sue carte. – Perciò godiamocela.
Fece per avviarsi, quando qualcuno da dietro lo chiamò. – Aspetta, ti prego!
Alan si volse. Verso di lui arrivava correndo un uomo di colore. Di certo non aveva sedici anni, ma più del doppio come minimo. Aveva i capelli brizzolati e i baffetti grigi. Indossava una camicia nera e dei pantaloni grigi. Aveva delle borse sotto gli occhi e il viso attraversato da un’emozione che Alan conosceva molto poco. La paura.
- Ascoltami, ho bisogno di parlare con te – gli disse il nero.
Alan inarcò un sopracciglio. Poi si illuminò. – Ma tu non sei l’altro semifinalista?
Era l’avversario con il quale avrebbe dovuto battersi proprio di lì a pochi minuti.
Lui si piegò sulle ginocchia. Aveva il fiatone, doveva aver corso.
- Sì, sono io – gli confermò fra gli affanni. Sembrava ancora più vecchio di quanto avrebbe dovuto essere in realtà.
- Com’è che ti chiamavi? – gli domandò il giovane, con una punta di irritazione per l’inutilità di quell’informazione. Gli stava soltanto facendo perdere tempo.
- Lucius – gli disse lui, guardandolo con grandi occhi liquidi. – Lucius Namory.
 
Quando riaprì gli occhi stava fissando un soffitto sconosciuto.
Era disteso su un letto e fissava questo soffitto a quadrati bianchi, con un neon spento. La luce del giorno filtrava dalla finestra e lo colpiva sul viso. Qualcuno aveva aperto le tende.
Fece una smorfia accompagnata da un grugnito, e subito dopo sentì: - Bene, ti sei ripreso.
Si volse, la testa che gli girava ancora. Anche da sdraiato, sentiva di avere un principio di nausea. Sentiva l’acqua corrente, quella di un lavandino. Giudicò di essere in un’infermeria quando vide la scrivania, gli armadietti pieni di medicinali, l’altro letto simile a quello dove si trovava lui coperto da scottex bianco. E soprattutto, quando vide l’infermiere in divisa azzurra che gli dava le spalle. Si stava lavando le mani, e quando si girò lo riconobbe, anche se a dire il vero lo aveva già intuito dalla voce e dai capelli.
Non erano in molti ad avere quei capelli rossi a punta e quella voce profonda.
- Tu… sei il tipo che mi ha dato Drago Tricorno… - mormorò Alan.
Il rosso gli fece un sorriso caldo come il colore dei suoi capelli. – Mi chiamo Lance – lo informò. – Come ti senti ora?
- Come se qualcuno mi fosse passato sulla testa con una schiacciasassi – disse Alan, che si sentiva la voce impastata dal sonno. Provò a tirarsi su, ma quello subito gli corse incontro. Non era un’ottima idea. Alan si sentiva fiacco come se avesse corso la maratona senza allenamento. Rischiò di sbandare e cadere dal lettino, la stanza che gli girava intorno come una tremenda giostra. Lance lo afferrò per le spalle con una presa salda e pronta.
- No, no, no – gli ripeté, come una cantilena. – Pessima idea, amico. Non sei in condizione di alzarti.
- Cosa mi è successo? – gli domandò Alan, quando il mondo smise di girargli intorno.
Lance prese la piccola sedia girevole e si sedette affianco al letto. – Sei svenuto, un colpo di calore a quanto pare. Bisogna stare attenti a non uscire nelle ore più calde del giorno e a bere tanta acqua, lo ripetono fino allo sfinimento in tv. Tu hai fatto la prima e non la seconda. Che stavi facendo?
Alan cercò di ricordare. Che stava facendo? In testa aveva una fitta nebbia vorticante. Ricordava di essere stato a scuola con Barney, di aver trovato la lista, essere andato al campo e… oh. Oddio. Sapphire, la selvaggia, il duello per le chiappe sue e di Barney! Era stato quello a fregarlo, il duello con quel caldo.
- Stavo duellando – confessò a Lance. Il tono era quello di un bambino che era stato sorpreso a rubare in canonica.
Lance, dopo essere rimasto inizialmente con un’espressione sorpresa, fece una risatina. – Ma tu non eri quello che odiava duellare?
- Io non odio duellare – protestò debolmente Alan. – E’ che non posso farlo…
- C’è qualcuno che te lo impedisce? – gli domandò Lance.
- Lunga storia.
In quel momento puntò gli occhi sul camice dell’altro. – Sei un infermiere?
Lance abbassò gli occhi come se non sapesse di averlo. – Faccio tirocinio qui – gli spiegò. – Mai mi sarei pensato di avere come paziente l’eroe che ha salvato il Parco dei Duelli.
Non c’era traccia di scherno nella sua voce, solo sincerità.
Alan tornò a guardare il soffitto, e gli rispose come aveva risposto a Rob. – Non sono un eroe. Sono solo un tipo che ha avuto fortuna.
Sapeva di star mentendo, e lo sapeva anche Lance. – Un tipo che ha avuto fortuna non sconfigge il Pinguino con un deck messo su a caso. Ci vuole molto più della fortuna, in quel caso.
Alan incrociò brevemente il suo sguardo. – A proposito del deck – gli disse – sai dov’è finito? Devo restituirti la carta.
Lance andò ad aprire un armadietto, dove aveva poggiato gli effetti personali di Alan. Chiavi di casa, documenti, e il deck. Glielo poggiò accanto sul letto, si sedette nuovamente e gli disse: - Non devi restituirmi nulla.
Aveva in mano un pezzo di carta. Alan riconobbe la lista di Mera. Si sentì arrossire senza motivo, e ripensò a lei.
- E’ stata Mera a portarmi qui? – domandò. Lance gli lanciò un’occhiata da dietro il foglio spiegazzato. – Lei e Barney – gli confermò. – Mando un messaggio a Mera e le dico che va tutto bene. Ma hai rischiato. Non bisogna scherzare con questi caldi.
Alan fece una risatina priva di allegria. – Non mi crederesti mai se ti dicessi il perché ho dovuto combattere.
Già, scommetteva sarebbe stata una storia divertente da raccontare, in futuro. - Quando potrò andare a casa?
Lance, che aveva esaminato la lista con evidente divertimento, si rimise in piedi un’altra volta. – Per ora è meglio che passi la notte qui – gli confessò. – Tranquillo, c’è sempre qualcuno qui, se hai bisogno di qualcosa. Dopotutto, sei nel pronto soccorso di un ospedale. Io stacco alle nove e mezza, stasera, e torno domattina per le otto e mezza. Non me la sento di dimetterti ora, perché potresti avere altri mancamenti. Hai avuto un calo di pressione, e perso parecchi sali minerali. Anzi, per sicurezza ora ti preparo una fleboclisi.
- Una flebo-che? – Alan sospettava che anche se non gli fosse scoppiata la testa non sarebbe riuscito a capire di che parlava l’altro. Lance fece un sorrisino, da uno che c’era abituato.
- Una flebo di sali minerali – gli spiegò. – Serve a rimpiazzare i fluidi che hai perso con la disidratazione.
Alan sgambettò come uno che sta affogando. – Oh, no, no, no, amico, non mi vorrai bucare?
Lance inarcò un sopracciglio. – Disse quello che ha fatto il culo a un pericoloso criminale e ai suoi pinguini olografici.
E scomparve dietro l’angolo, con il telefono in una mano. Probabilmente stava scrivendo a Mera. Alan, quasi sovrappensiero, si ritrovò a domandarsi che rapporto ci fosse fra i due. Non li aveva mai visti insieme, però sembrava tipo da una come lei. Non certo lui, invece.
Si portò una mano sul petto, alla ricerca delle piastrine. Le trovò lì, come sempre, un memento del quale non poteva liberarsi. Continuò a guardare quel soffitto, e ripensò al buio che lo aveva avvolto.
Alla scena che riviveva ogni notte.
 
Alan si era comportato in modo non propriamente dignitoso davanti alla fleboclisi, causando la più pazza ilarità di Lance, che aveva cercato di fare il serio per poi ricordargli che se si muoveva troppo c’era il rischio che l’ago si spezzasse, e lui questo non lo voleva, vero?
No, decisamente non lo voleva. Così, alla fine, Lance gli aveva infilato la flebo, e c’era mancato poco che l’altro svenisse. Gli aveva fatto promettere di non raccontarlo a nessuno, e lui con un sorriso aveva detto che poteva considerarlo il loro piccolo segreto – evitando di menzionare che probabilmente lo aveva sentito tutto il pronto soccorso, però.
Comunque, per parte sua lui non l’avrebbe detto a nessuno. Specialmente a Mera. Al che, Alan era arrossito e aveva risposto scorbutico che non c’era nulla di speciale riguardo a lei. Poi erano tornati sulla questione del deck.
- Perché non vuoi riprenderti la carta? – gli aveva chiesto Alan, mantenendosi il braccio. Lo faceva sempre quando lo bucavano per qualsiasi motivo, fosse per analisi, vaccini o flebo. Aveva sempre paura, come se il braccio potesse sfuggirgli.
Quello, che si stava lavando di nuovo le mani, gli aveva risposto: - Perché non mi serve. E perché siamo tutti concordi nel dire che quel deck è tuo, ora.
- Sì, ma io non voglio usarlo – aveva protestato l’altro. – Mera mi ha dato questa fottuta lista, e ora devo fare tipo il postino che va a riconsegnare a tutti le proprie carte.
Lance aveva ridacchiato . – Non penso che qualcuno le rivoglia veramente indietro. Insomma, ti abbiamo dato le nostre carte più merdose, eh.
Alan era arrossito fino alla punta dei capelli, neanche si parlasse di Mera. – Le… le più merdose?
- Oh, avanti – aveva detto lui. – Drago Tricorno è un mostro senza effetto e con un punteggio che… mio dio, a chi è venuto in mente di stampare 2850? No, no. Stavo cercando da tempo un pretesto per liberarmene.
- Ma… è la carta che mi ha fatto vincere due volte… - gli aveva detto Alan, sempre con un certo imbarazzo.
- Pensa un po’ – aveva risposto ironico il rosso. – Spero che, quando duellavi, avessi un deck migliore di questo.
Alan aveva fissato il vuoto. – Puoi giurarci…
Poi cambiarono argomento, ma non troppo. – Ma chi era la ragazza che è venuta via con te quella sera?
Si riferiva alla ragazza dai bei capelli castani che gli aveva dato Grande Angus. Lance lo squadrò con il taglio degli occhi. – Quella è mia sorella, Serena. Sta alla larga da mia sorella.
Merda, è un fratello iperprotettivo!!
Alan era balzato subito sull’attenti. – Piano, piano! Non ci sto provando con lei. Dici che nemmeno lei rivorrà la carta?
- Ne ha altri due – lo aveva informato.
Alan aveva sbuffato. Ecco due persone da depennare. E probabilmente le altre avrebbero seguito lo stesso destino. Ma tentare non costava nulla. Pensava che se fosse riuscito a liberarsi anche solo di una delle quaranta carte, poi non avrebbero avuto più scuse per farlo duellare. Non si può duellare con meno di quaranta carte, no?
Almeno una di quelle quaranta persone avrebbe rivoluto indietro la sua carta, maledizione. Ma per ora, non poteva far niente.
Lance gli aveva consigliato di riposare, lui pensava non ci sarebbe riuscito per via dell’ago nel braccio che gli tirava, ma non appena la luce si era affievolita un po’ era crollato come un sacco di patate.
E così era venuta la notte, anche se tarda. Il cielo si era scurito definitivamente verso le nove e mezza. Nel reparto però c’era ancora molta luce, tranne in infermeria, dove Alan riposava.
Era crollato così bene che Lance si era domandato più di una volta se non si fosse sbagliato e non ci avesse aggiunto anche una dose di morfina alla flebo. Poi aveva semplicemente concluso che forse erano diverse notti che non riposava bene, e quindi lo aveva lasciato fare. E così, Alan ronfava beatamente al buio.
Ma non da solo.
Un’ombra scura si allungò sopra di lui. Era l’ombra di un uomo dai capelli ingelatati e le spalle grosse. Quando si fece in avanti, la luce della luna illuminò il suo profilo.
Era Surge.
Indossava una giacca di pelle da motociclista e una canotta nera sotto, assieme a dei pantaloni mimetici. Fissava il povero addormentato con disprezzo.
- Maledetto fenomeno del cazzo – gli disse, portandosi la mano dietro la schiena, sollevando la giacca. Nessuno lo aveva visto entrare, per sua fortuna. Doveva agire in fretta, ma non contava comunque di risparmiarsi dal dire quello che pensava all’altro. Che importava se poteva sentirlo o meno.
- Sai, io ero il centro della scena prima che arrivassi tu. Tu, con le tue bravate, tu che fai fuori il Pinguino e diventi l’idolo delle masse. E poi fai pure l’ipocrita del cazzo, e fai “No, no, non voglio gli onori”. Balle.
Estrasse il giratubi che portava infilato nei pantaloni, nascosto dalla giacca. Lo soppeso in mano. Sapeva che avrebbe dovuto fare in fretta, una volta menato il colpo. L’altro si sarebbe messo a urlare, perciò non avrebbe avuto il tempo di dargliene un altro. Doveva calcolare bene, fare in modo di massimizzare il danno.
- Non abbiamo bisogno di te – gli disse con disprezzo – né delle tue bravate. Loro hanno bisogno di me.
Levò il giratubi, che per un attimo splendette sinistro, illuminato dalla luna, il corpo coperto di ruggine. – Ti ci dovranno portare in braccio, al Parco dei Duelli. Sayonara!
Ma il giratubi non scese. Surge sentì tirare da dietro, e quando si volse incontrò prima una mano che bloccava la testa dell’arnese, e poi lo sguardo di fuoco di Lance.
- Surge, i calci in culo li preferisci ora o più tardi? – La sua voce era piatta e affilata come una lama, ma si vedeva che bolliva di rabbia.
Surge strinse i denti e imprecò mentalmente. Essere beccato in flagrante non rientrava tra le cose che amava particolarmente. Cercò di liberare la presa sul giratubi, ma la stretta di Lance era più forte, e così alla fine scivolò all’indietro, con l’arnese rimasto in mano all’infermiere.
- Non voglio neanche sapere cosa pensavi di fare – gli disse l’altro, avanzando verso di lui brandendo quello stesso giratubi. – E’ così evidente.
Surge ridacchiò nervosamente. – Che vuoi fare, ora? – lo sfidò. – Picchiarmi? Non credo che rientri nella tua etica professionale.
Lance non mutò minimamente espressione. – Tu metti a dura prova la mia etica, Surge. Ho sopportato le tue stronzate fin’ora, ma stasera hai passato il segno.
- Lui non è uno di noi – rispose il biondo. Evidentemente, per Lance, quella non era un’argomentazione valida.
- E’ uno di noi più di quanto tu lo sia mai stato – gli rispose, sempre con quella nota affilata. A Surge fece lo stesso effetto che ricevere una coltellata allo stomaco.
- Stronzate – sibilò.
- L’unico stronzo qui sei tu – lo rimbeccò Lance. E poi fece una cosa inaspettata: gli lanciò nuovamente il giratubi. Surge lo afferrò maldestramente, e per poco non gli cadde su un piede.
- E meno male che avevo delle cose da sbrigare e mi sono trattenuto fuori orario – disse il rosso. – O non avrei potuto beccare il bastardo che mi avrebbe fatto passare dei guai per essermi ritrovato con un paziente ferito.
- Mpf, già, una bella fortuna – grugnì Surge. – Allora, adesso che farai? Chiamerai la polizia? Mi prenderai a calci come hai detto?
Surge faceva lo spavaldo di fronte al rosso, in quella stanza buia. Alan, nel frattempo, continuava a dormire ignaro del pericolo appena corso. La sfida di sguardi tra i due andò avanti ancora per un po’, come se Lance stesse soppesando se prendere l’altro in parola. Ma poi gli disse: - No. Ho un altro metodo per regolare i conti. Seguimi.
E detto questo, gli diede le spalle. Surge digrignò i denti.
Che gran bastardo… si permette di darmi le spalle così, quando ho in mano qualcosa con cui potrei fracassargli la testa in un attimo. Se pensa che non lo farò solo perché ci sono altre persone…
Lance si fermò a metà strada, come se avesse captato i suoi pensieri.
- Visto troppi polizieschi? – gli domandò, dandogli sempre le spalle.
Surge sussultò. – Come hai detto?
- Se stai pensando di colpirmi adesso alla base del collo con quell’affare – proseguì lui, imperterrito – vuol dire che sei più stupido di quanto credessi.
Lo guardò con la coda dell’occhio, e Surge fece un sobbalzo. Siccome non rispondeva, Lance proseguì.
- Seguimi, se ne hai le palle. Anche se a questo non serve che tu risponda.
 
Forse Surge non aveva le palle, ma seguì comunque Lance doveva voleva portarlo.
Erano sul tetto dell’ospedale, dove solitamente infermieri e infermiere facevano il bucato la mattina presto. Invece, di sera, il tetto era sgombro.
Come leggendosi nel pensiero, Lance e Surge estrassero entrambi i duel disk. Il rosso ora indossava una camicia bianca di lino con le maniche arrotolate e dei pantaloni rossi leggeri. Il vento gli mosse di poco i capelli fermati col gel.
Surge ridacchiò. – Pensi davvero di riuscire a battermi? – gli domandò.
Lance avrebbe anche potuto coglierlo con le mani in pasta, ma quando si entrava nel Duel Monsters le regole cambiavano di brutto. C’era sempre una posta in gioco, nei duelli come quello, e di solito giocava sempre a favore di Surge. Dopotutto, la dea bendata era sempre dalla sua, no?
- Togli pure il “penso” – gli rispose Lance, inserendo il deck. Non perse tempo: - Ora ascoltami: se vinco io, voglio che porti il tuo culo lontano dal Parco dei Duelli. E che tu non ti faccia più rivedere.
- Non sei tu a decidere! – urlò Surge, indignato. – Il Parco è suolo pubblico. Non decidi tu chi entra o chi esce!
- Oh, sì invece – gli rispose lui.
- E perché mai?! – Questa voleva proprio sentirla. Surge sollevò il duel disk in modo da rivolgere il suo deck verso l’altro.
- Perché se vinci tu non soltanto io me ne andrò da qui, accettando le conseguenze di qualsiasi stronzata tu decida di fare – gli rispose. – Ma ti lascerò anche il mio deck.
- Rinunceresti al tuo prezioso deck e ti faresti cacciare da qui solo per la possibilità che io abbandoni il Parco?? – Surge era incredulo. Non si aspettava che l’altro arrivasse a tanto.
Il ragazzo non gli staccava gli occhi di dosso. – Che ti prende? Troppa paura?
- Paura? – replicò quello, indispettito, pescando già le sue carte. – Quando avrò finito con te, sappi che la tua vita sarà un inferno, Lance. Il tuo deck, lo ritroverai in un canale di scolo. E io potrò dire a tutti di aver battuto il grande campione del Parco dei Duelli!
- Questo è ancora presto per dirlo – gli ricordò il rosso. – Tu e le tue patetiche macchinazioni non ti salveranno da me.
Surge rise di gusto. – Macchinazioni? Curioso che tu lo dica. Vuoi dirmi che tu, avendone la possibilità, non sceglieresti la via più facile? Non fare l’ipocrita, Lance!
Gli puntò un dito contro. – Ti atteggi a una specie di paladino della giustizia, ma la verità è che giudichi gli altri dal tuo piedistallo credendoti inscalfibile. Tu non sai nulla di me!
Lance incrociò le braccia. E misurò bene il tono di ciò che stava per dire: - Non mi serve molto impegno per capire cosa passi per la testa di uno che stava per picchiare un ragazzo privo di sensi con un giratubi. Non dirò che sei uno squilibrato, ma non sei nemmeno niente di speciale.
Gli occhi di Surge tremarono come per un tic, gocce di sudore sulla sua fronte percorsa da vene pulsanti. – Che cosa hai detto?
-Tu bari perché evidentemente nessuno ti ha insegnato che le scorciatoie non portano a nulla nella vita. E la tua arroganza e il modo in cui tratti gli altri considerandoli inferiori la dicono lunga su di te. Non è difficile capire che sei un esaltato di merda che ha problemi col paparino.
Accese il duel disk, che rispose con le sue luci e i suoni elettronici. – Per quanto mi riguarda, non sei nulla di più che un libro aperto per il quale ho perso interesse il primo giorno. E adesso forza, fatti avanti!
Surge ora era rosso in viso e scoppiava di rabbia. – Figlio di puttana! – lo insultò. – Ti chiuderò quella fottuta bocca una volta per tutte!!
Accese anche lui il suo duel disk.
 
COMBATTIAMO!!!
 
Mera e Barney sedevano al bar del Parco dei Duelli davanti alle loro birre.
Stavano al bancone, e nessuno dei due sapeva cosa dire.
- Allora… - provò a rompere il ghiaccio Barney – è da tanto che duelli?
Mera bevve un sorso. – Da quando avevo circa dieci anni.
- Però! E adesso ne hai?
La rossa lo fulminò con lo sguardo. – Lo sai che non è carino chiedere l’età a una ragazza, vero?
- Stronzate – rispose il biondo, bevendo.
Un sorriso leggero affiorò sul volto di quella. – E tu, invece? – gli domandò. – Fai parte di quella rara specie che non duella?
- Qualcuno dovrà pur distinguersi, no? E poi, che ne sai, potrei star mentendo. Come Alan.
Non appena pronunciò il suo nome, lo sguardo di Mera si perse nel vuoto.
Fu in quel momento che Barney capì che la rossa si era innamorata del suo amico.
 
Sul tetto dell’ospedale, l’atmosfera cominciava a scaldarsi.
- E’ il mio turno, pesco! – dichiarò rabbioso Surge, per poi ridacchiare subito guardando la sua mano. – Evoco Meccacciatore in posizione d’attacco!
Il mostro evocato era una sfera metallica verde con la metà inferiore grigia, due ali da pipistrello metalliche e sei arti, ognuno terminante in un diverso strumento: una lancia, una falce, una ganascia e così via. Un volto ovale da robot con un visore rosso era piazzato nella parte superiore. (Attributo: Oscurità; Lvl: 4; Tipo: Macchina; ATK: 1850; DEF: 800).
- Prova a batterlo! – lo sfidò il biondo.
Lance pescò la sua carta. – Ti accontento subito – gli rispose. – Evoco Drago Avido in posizione d’attacco!
Dal terreno emerse un grosso e bellissimo zaffiro, che poi andò in frantumi rivelando un drago di piccole dimensioni, dalla pelle di un blu profondo, gli occhi rossi e i denti scoperti, con i due denti in fondo che uscivano dalla bocca e arrivavano quasi agli occhi. Le ali non possedevano membrana, ma solo scheletro, ed erano simili a due falci. Emise un ringhio sommesso, appoggiandosi sulle quattro zampe e sulle nocche di quelle anteriori come una sorta di ibrido con un gorilla. (Attributo: Vento; Lvl: 4; Tipo: Drago; ATK: 1900; DEF: 1600).
Sebbene di cinquanta punti, il mostro di Lance era comunque più forte di quello dell’altro. Surge non se lo aspettava. Ma Lance continuò: - Siccome adesso c’è un mostro di tipo Drago sul mio terreno, posso attivare la carta magia Fiammata di Drago.
Mostrò la carta magia, che raffigurava un drago nell’atto di sparare una palla di fuoco. – Ora posso scegliere tra due effetti: o infliggerti ottocento punti di danno, oppure…
Lo guardò. – Scegliere un mostro sul tuo terreno che abbia esattamente ottocento punti di difesa o meno, e spedirlo direttamente al cimitero. Indovina cosa sceglierò!
- Ah, merda! – imprecò Surge. Dall’ologramma della carta uscì la testa di un drago, tra le cui fauci si accesero le fiamme. La testa di drago sparò poi una palla di fuoco dritta sul Meccacciatore, che non poté resistere al calore e finì in pezzi.
- E ora sei scoperto – gli fece notare Lance, per poi stendere la mano. – Vai, Drago Avido, Fiammata Zaffirea!
Il drago caricò il fuoco e poi sparò una vampata di fiamme blu sul biondo, che lanciò un urlo stringendo gli occhi e parandosi con le braccia. Le fiamme gli accesero il volto di bagliori zaffirei, tingendo di bianco i suoi capelli biondi.
 
LIFE POINTS LANCE: 8000
LIFE POINTS SURGE: 6100
 
- Posiziono una carta coperta, e terminò il mio turno – dichiarò Lance, con l’ologramma che compariva vicino ai suoi piedi.
- Pesco! – fece Surge. Merda, ci sa fare davvero, pensò. Ma non c’è nulla da temere. I miei mostri sono imbattibili. Devo solo scegliere con quale di questi fargli il culo.
Guardò le carte che aveva in mano. Ah, questa fa proprio al caso mio, perfetto!
Un sorriso gli riaffiorò sul volto. – Preparati, ora evoco Roulette Russa in posizione di difesa!
La carta era una sorta di pistola da laser tag montata su una base in metallo. (Attributo: Luce; Lvl. 4; Tipo: Macchina/Effetto; ATK: 1000; DEF: 2000).
- Non solo il mio mostro ha più punti di difesa di quelli di attacco del tuo draghetto – spiegò Surge – ma ecco cosa succede: una volta per turno, posso lanciare un dado due volte, scegliere un risultato e, se lo faccio, la mia Roulette Russa distruggerà un mostro il cui livello sia uguale a quel risultato.
Surge cercò nelle tasche dei pantaloni finché non estrasse un dado a sei facce. Lo lanciò sul terreno davanti a sé. Quando si arrestò, il dado mostrava un bel 6.
- Per ora ti è andata bene – disse il biondo, con un sorriso confidente. – Ma se alla prossima esce un quattro, il tuo mostro è fritto.
- E immagino che la dea bendata non rimarrà sorda ai tuoi richiami – lo sfotté Lance, con un sorrisino.
- Mpf, fai pure lo sbruffone – lo rimbeccò Surge – ma te la farò passare io la voglia.
E lanciò un’altra volta il dado.
Se lo credi tu, pensò Lance. Come volevasi dimostrare, il dado diede stavolta un quattro come risultato. Il sorriso di Surge si allargò, e lanciò una risata al cielo notturno stringendo i pugni: - Dì pure addio al tuo mostro, Lance!
Tese una mano, e la Roulette Russa si accese, sparando poi un laser che colpì il Drago Avido e lo fece esplodere. La bestia lanciò un grido prima di dissolversi.
Il suo possessore non fece una piega.
Surge poi prese un’altra carta da quelle che aveva in mano e la mostrò. Era una magia raffigurante un soldatino medievale di latta inchiodato a una lapide di forma romboidale, coperto di ruggine ma con un bagliore rosso che gli illuminava gli occhi.
- Ora attivo la carta magia Pupazzo da Tributo, che mi consente di sacrificare il mio mostro per evocare dalla mia mano un mostro di livello sette!
La Roulette scomparve all’interno di un vortice formatosi nel terreno. Surge ghignò.
- Sai bene chi sta per arrivare, non è così Lance?
E subito dopo mostrò la carta in questione. – Saluta il mio Drago Revolver!
Il mostro firma di Surge emerse dal vortice, lanciando il suo grido simile a uno stridore metallico. I suoi tre cannoni, montati al posto delle braccia e della testa, sotto al quale si trovava una bocca, puntavano il terreno ora scoperto del rosso. (Attributo: Oscurità; Lvl: 7; Tipo: Macchina/Effetto; ATK: 2600; DEF: 2200).
- Ma non ho ancora finito – aggiunse il biondo. – Per assicurarmi che tu riceva una lezione memorabile, lo equipaggio anche con la carta magia 7 Completati!
La carta raffigurava tre carte magia con dei 7 sopra e la scritta ATK o DEF. – Questa carta magia equipaggiamento mi consente di aumentare l’attacco o la difesa di un mostro macchina di 700 punti. E indovina cosa sceglierò di aumentare?
Un 7 rosso si dipinse sul fianco del mostro, il quale fu subito avvolto da un’aura del medesimo colore mentre i suoi punti d’attacco schizzavano a 3300. Surge stese la mano: - Avanti Drago Revolver, colpisci Lance con Scarica Protonica!!
Il Drago caricò i suoi mortali proiettili di luce, per poi sparare un triplo colpo su Lance, che si difese portando un braccio in avanti, mentre la polvere si levava contro di lui e i suoi life points scendevano.
 
LIFE POINTS LANCE: 4700
LIFE POINTS SURGE: 6100
 
Surge si stava sganasciando dal ridere. – Che ne pensi, Lance? Sei ancora convinto di potermi battere? Avanti, a te la mossa, se ne sei in grado.
Lance riabbassò il braccio e fissò l’altro senza dire una parola. Quel silenzio irritava Surge ancora di più delle parole che si era sentito rivolgere prima. Non apprezzava né che qualcuno gli facesse la paternale, né tantomeno che si cercasse di metterlo sul lettino dello psicologo.
Lance avrebbe pagato doppiamente per quello.
Il suddetto duellante non era però dello stesso parere, e fece la sua mossa. – Pesco!
Guardò le quattro carte che aveva in mano, poi lanciò un’occhiata alla carta coperta. Sto per tapparti la bocca, Surge, pensò. Non aveva ancora pescato la carta con la quale avrebbe voluto seriamente impartire una lezione all’altro, ma quello sarebbe stato un buon inizio.
- Come prima cosa, scopro la mia carta coperta – dichiarò Lance, stendendo il braccio mentre questa si sollevava. – Maledizione di Anubi!!
La trappola raffigurava un piedistallo con sopra la statua di uno sciacallo, simbolo del dio egizio Anubi. La stessa statua si manifestò in forma olografica, e Surge arretrò di un passo.
- Oh no! – protestò.
- Oh sì – gli fece eco Lance. – Quando questa trappola viene attivata, tutti i mostri con effetto vengono messi in posizione di difesa fino alla fine del turno, e la loro difesa diventa pari a zero!
A quelle parole, il Drago Revolver di Surge si mise in ginocchio, abbassando i cannoni.
- Dopo di che evoco un altro Drago Avido! – dichiarò Lance, mettendo in campo un mostro identico a quello distrutto dal biondo il turno precedente. Non perse tempo e lo spedì subito all’attacco: - Vai Drago Avido, distruggi Drago Revolver con Fiammata Zaffirea!!
Il Drago sparò un cono di fiamme azzurre, e anche questo potente mostro di Surge fece la fine di quello precedente. Naturalmente, essendo un mostro normale, Drago Avido non aveva risentito dell’effetto di maledizione di Anubi, e quindi aveva potuto attaccare.
Surge digrignò i denti mentre una goccia di sudore gli scendeva lungo la guancia.
- Non te l’aspettavi, vero? – lo provocò Lance. – E ora posiziono una carta coperta. Ho finito.
- E va bene, ora ti faccio vedere io. Pesco! – Surge aveva tre carte in mano, ma riteneva fossero sufficienti per riportare il vantaggio dalla sua. Dopotutto, il suo deck non lo aveva mai abbandonato.
E neanche la dea bendata, ripeté a sé stesso, spiando Lance da sopra le sue carte aperte a ventaglio, con il rosso che ricambiava il suo sguardo attendendolo a braccia incrociate.
Vedrai, Lance, sarò io il vincitore oggi. E tornerò ad essere il campione che sarei sempre dovuto essere!
E con quella convinzione, Surge disse: - Lance, le mie macchine sono invincibili. Non importa quante ne distruggi, continueranno sempre a tornare!
E detto questo ne posizionò una. – Vai, Drago Doppia Canna!
Il nuovo mostro era più una sorta di velociraptor metallico che un drago, con al posto della faccia una pistola a doppia canna, come diceva il nome, con le fauci in mezzo. (Attributo: Oscurità; Lvl: 4; Tipo: Macchina/Effetto; ATK: 1700; DEF: 200).
- Per il suo effetto, quando viene evocato posso lanciare due volte una moneta, e se esce testa due volte posso distruggere un tuo mostro a mia scelta! – E dicendo questo, indicò il Drago Avido.
- Immagino che ti piacerebbe lanciare quella tua bella moneta senza croce – lo interruppe Lance con un sorrisino – ma non te ne darò la possibilità. Scopro la mia carta trappola: Teletrasportatore!!
La trappola raffigurava una futuristica capsula piena di cavi elettrici ed estremità appuntite che ricordavano delle falci. Surge socchiuse la bocca: - Uh?
- Grazie a questa trappola, posso rimuovere dal gioco un mio mostro fino alla fine del turno, e così il tuo effetto è annullato!
La capsula fece la sua apparizione, e inglobò il Drago Avido, che divenne una sfera di luce che andò ad inserirsi nella parte superiore della capsula. Poi questa scomparve.
Surge ridacchiò. – Oh, non importa, il risultato è lo stesso, e cioè che tu ora sei scoperto!
Lo indicò con la mano nella quale reggeva le altre due carte, puntate ora verso il basso. – Vai, Drago Doppia Canna!! Attacca i suoi life points!!
Il drago caricò i suoi proiettili di luce, che spararono dritti verso Lance, il quale si difese ma venne leggermente sbalzato all’indietro, rischiando di perdere l’equilibrio.
 
LIFE POINTS LANCE: 3000
LIFE POINTS SURGE: 6100
 
Lance ansimava dopo quel colpo, il tutto per il divertimento di Surge.
- Hai visto, Lance? Non importa quanto ti impegni, non riuscirai mai a vincermi - affermò. – Ora posizionò una carta coperta, e termino il mio turno.
Lance si diede una ravviata ai capelli, e poi pescò. – Molto bene – fece – Dal momento che il tuo turno è finito, Drago Avido torna sul mio terreno di gioco.
Il mostro fece la sua apparizione uscendo dalla capsula, e lanciando un ruggito verso l’altro.
- Ora gioco Anfora dell’Avidità per pescare altre due carte dal deck!
L’ologramma dell’anfora sorridente fece la sua breve apparizione. Quando se ne andò, il suo ghigno fu sostituito da quello di Lance, accompagnato subito dopo dalla sua risatina.
Surge corrugò la fronte. – Si può sapere cos’hai da ridere?
Poi la punta di irritazione nella sua voce lasciò il posto allo scherno. – Forse hai troppa fifa, eh? È così, vero? Ridi per sopraffare la paura di ciò che ti attende perso questo duello!
Infatti, Lance non avrebbe perso solo il duello, ma anche il suo prezioso deck. Ma al sentire l’affermazione del biondo, Lance scoppiò davvero in una risata sguaiata che squarciò l’atmosfera notturna, sovrastando il rumore delle auto di passaggio lì sotto. Ora sì che Surge non capiva.
- Paura? – gli ripeté quello, tornando a guardarlo, e nei suoi occhi si accese una luce inquietante e feroce, che per un attimo fece sussultare l’altro. Lance fece un passo in avanti.
- Tu non hai idea di cosa sia la vera paura… - E così dicendo prese una delle carte che aveva in mano, avvicinandola lentamente al duel disk.
- Permettimi di mostrartela – e detto questo posizionò la carta. – Come prima cosa attivo la carta magia Distruzione Schiacciante!
L’ologramma appena apparso raffigurava l’enorme zampa di un drago che demoliva delle costruzioni in legno. – Con questa carta magia, se c’è un mostro Drago sul mio terreno, posso distruggere una tua carta magia o trappola, e così facendo infliggerti cinquecento punti di danno!
La carta coperta di Surge esplose, e il suo corpo fu attraversato da scariche di dolore che lo fecero urlare a denti stretti.
 
LIFE POINTS LANCE: 3000
LIFE POINTS SURGE: 5600
 
- Pazienza… - mormorò il biondo – sono ancora in vantaggio!
- Oh, non per molto – gli rispose Lance. – Adesso dalla mia mano attivo la carta magia Altalena dei Ricordi!
La carta raffigurava una bambina accanto ad un’altalena appesa ad un albero su una scogliera al tramonto. Era un’immagine così poetica e così dolce. Lance la ricollegava sempre ai bei ricordi dell’infanzia.
- Con questa carta magia, posso evocare tramite evocazione speciale un mostro senza effetto dal mio cimitero – spiegò. – Ritorna, Drago Avido!
Il mostro gemello di quello che Lance aveva già sul terreno fece la sua comparsa.
Entrambi i mostri erano più forti del suo Drago Doppia Canna. Così pensava Surge, che non sapeva ancora quello che lo attendeva davvero.
- Il mostro che viene evocato da Altalena dei Ricordi sarà distrutto alla fine del turno – aggiunse poi Lance, andando a pescare un’altra carta dalle due rimastegli in mano. – Ma questo non accadrà mai, perché adesso sacrifico entrambi i miei draghi!
I due Draghi Avidi scomparvero in vortici di luce. Surge sgranò gli occhi. Cosa stava per evocare Lance?
Con un sorriso, il rosso posizionò il suo nuovo mostro sul duel disk. – Ora conoscerai la vera paura, Surge! Vieni a me, DRAGO NERO OCCHI ROSSI!!
Un vortice di luce scaturì dal pavimento dell’attico, e da esso emerse una gigantesca ombra che roteò intorno, prima di tornare a posarsi tra i due duellanti. Era un grosso drago nero, dal volto triangolare, quasi scheletrico, le possenti ali prive di membrana, una fila di denti affilati e due occhi cremisi che fissavano il biondo con odio. (Attributo: Oscurità; Lvl: 7; Tipo: Drago; ATK: 2400; DEF: 2000).
Surge fece un passo all’indietro, il volto mutato in un’espressione di sgomento. – Non… non è possibile! Il Drago Nero!!
Il mostro rispose con un ruggito assordante. Lance ghignò.
- Te l’ho detto, Surge. Adesso conoscerai la vera paura!
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Hola, popolo di EFP!
Con questo sesto capitolo cominciamo a gettare un po’ di luce sul passato del nostro Alan, come vi avevo anticipato. Lo so, scommetto vi sareste aspettati di più, ma tempo al tempo. Non sarei un buon narratore, se vi rivelassi tutto subito senza lasciare neanche un po’ di suspense.
Abbiamo avuto nulla più che un piccolo flash, in cui per altro abbiamo visto la fugace apparizione del misterioso Lucius, il quale è legato al motivo che ha spinto Alan a lasciare il Duel Monsters e a promettere di non duellare mai più. Ora sappiamo che i due erano entrambi giocatori di Duel Monsters, e a quanto pare erano sfidanti nella semifinale di un campionato. Campionato nel quale, per altro, concorreva anche Gary, il duellante che abbiamo visto nel primo capitolo di questa storia.
Quante persone che conosce il nostro Alan, eh?
Per fortuna, l’eroe del Parco dei Duelli ha avuto niente più che un colpo di calore, e così abbiamo avuto modo di vederlo interagire con Lance. È lui il nostro domatore di draghi, quello che dà il titolo a questo e al prossimo capitolo. Lance è un formidabile allenatore di Pokemon Drago, quindi mi è sembrato giusto omaggiarlo così. E si può dire che abbia finito in bellezza lanciando quella bomba che è Drago Nero Occhi Rossi. Uno dei draghi più famosi del Duel Monsters, come avremo anche modo di appurare.
Ora sì che il buon – si fa per dire – Surge è nei guai. Le sue macchine saranno forti, ma avrà il potere di resistere a Drago Nero? Immagino che lo scopriremo nella prossima puntata!
In questo capitolo non abbiamo moltissime references. In generale questo angolo dell’autore è un po’ giù di tono perché ho un esame questo giovedì e sono veramente stanchissimo. Conto di riprendermi dopo averlo dato, ma il capitolo qui presente è stato scritto molto prima, e non ha risentito della pesantezza di questi giorni.
Posso solo dire che anch’io mi sento come se mi fosse passata sopra una schiacciasassi. O meglio, UNA ROADO ROLLA DAAAA!!!! Sì, era una citazione a Dio in Jojo parte 3, ovviamente.
Serena è invece la protagonista femminile di Pokemon X e Y. Non è davvero imparentata con Lance, ma mi piace fare questi crack pairing anche a livello familiare, quindi ho trovato carino accostare questi due personaggi. E dare a Lance la parte del fratello iper protettivo.
Lance è un personaggio al quale mi sto affezionando più di quanto avrei creduto. Onestamente, arrivato al sesto capitolo pubblicato di questa fan fiction, e all’ottavo in corso d’opera, sono contento del lavoro fatto. E questo mi risolleva veramente molto. Mi fa pensare che sia stata una buona idea dare il via a questo reebot partendo proprio da questa fan fiction.
Spero di riuscire a passare un bel messaggio e a farvi passare dei bei momenti, leggendo di questi ragazzi che lottano per il presente guardando al futuro. Non avete idea di dove tutto questo ci porterà.
Per la nostra nuova rubrica degli SHENANIGANS, in questo capitolo abbiamo solo un caso, ed è quello riguardante la carta magia usata da Surge, Pupazzo da Tributo. Pupazzo da Tributo consente sì di sacrificare un mostro per evocarne uno di livello sette, ma quel mostro non può attaccare nel turno in cui viene evocato in questo modo.
Una piccola concessione che ho deciso di farmi, giusto per dare l’illusione che Surge avesse il vantaggio.
Bene, non ho altro da aggiungere, se non che sono felice che questa storia vi stia piacendo. Ricordatevi sempre di lasciare una bella recensione, o anche di farmi sapere cosa ne pensate con un bel messaggio privato. Ma sono grato anche ai lettori silenziosi, che non commentano ma ci sono. Grazie, davvero.
E ora, auguro a tutti una buona settimana, in attesa del prossimo appuntamento!
 
Nel prossimo capitolo: “Il domatore di draghi (seconda parte)”
Di fronte alla schiacciante potenza di Drago Nero Occhi Rossi, Surge è messo con le spalle al muro. La forza delle sue macchine sarà sufficiente a salvarlo, o soccomberà al fuoco della tremenda creatura? E quando il duello si sarà concluso, Lance farà una scoperta sconvolgente.
 
Ciao ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: Il domatore di draghi (seconda parte) ***


CAPITOLO 7: Il domatore di draghi (Seconda parte)
 
 
Furono i rumori della battaglia a svegliare Alan.
Si guardò intorno disorientato per la seconda volta quel giorno. Al buio era ancora più difficile riconoscere quel posto. Ma essendosi fatto un po’ di sonno, ora gli era più facile ricordare e tornare alla realtà. Era in infermeria, dopo il brutto crollo che aveva avuto quel giorno.
Si massaggiò gli occhi. Perché si era svegliato così di soprassalto?
A rispondergli furono nuovamente i rumori. Provenivano dal tetto. Si mise a sedere, tenendosi al lettino, e sollevò la testa. Riconosceva in maniera inconfondibile quei suoni.
Qualcuno stava duellando. Ma lì, sul tetto di un ospedale? Chi poteva mai essere?
Improvvisamente, la stanchezza e la perdita dei sensi gli parvero un lontano ricordo. Come una falena attratta dalla fiamma, sentiva l’impulso irresistibile di alzarsi e scoprire cosa stesse accadendo. Non sarebbe stato facile, certo, dopotutto era svenuto, e il braccio che gli tirava gli fece ricordare il marchingegno mostruoso che era infilato nella sua vena.
Ma ce l’avrebbe fatta, in un modo o nell’altro.
Quando poggiò i piedi sul pavimento freddo, lo invase un tremolio che gli ricordava le mattine d’inverno, quando metteva i piedi fuori dal letto per iniziare la giornata e subito il freddo del pavimento lo invadeva come una scarica dai piedi fino alla testa. Aveva le dita formicolanti, così provò a massaggiarle un po’. Sopra di lui, la battaglia imperversava. E la sua curiosità aumentava.
Quando i piedi tornarono a funzionare, afferrò il supporto per la flebo e si mise in marcia. Lasciò la stanza buia, la mano che non reggeva la flebo tesa in avanti per intercettare eventuali ostacoli. Arrivò in corridoio, dove non c’era quasi nessuno. L’infermiera che stava in fondo, alla reception, non doveva avere molta voglia di fare il turno di notte. A giudicare da dove puntava il suo sguardo, o si era addormentata, o stava controllando le stories di Instagram.
Meglio così, pensò Alan. Doveva anche avere i capelli tutti sfatti, tra l’altro, quindi meglio ancora di non avere qualcuno che gli chiedesse dove stava andando era il non essere visti affatto. Così arrivò indisturbato all’ascensore, e digitò per il tetto.
Mentre l’ascensore saliva, con qualche scossone, Alan pensava che era fin da piccolo che aveva il leggero timore di restare bloccato in ascensore; tuttavia, questo non gli aveva mai impedito di prenderlo.
Anche questa volta, i suoi timori non si concretizzarono. L’ascensore suonò, e le porte si aprirono. La porta dell’attico era lì in fondo, davanti a lui, alla fine di un corridoio buio. Avanzò, accompagnato dal rumore delle ruote del supporto per la flebo.
 
Quando aprì la porta, Lance aveva appena evocato il Drago Nero Occhi Rossi.
Surge era indietreggiato sgranando gli occhi. – Non… non è possibile! Il Drago Nero!!
Il drago ruggì e il suo verso squarciò la notte. Lance strinse il pugno.
- Te l’ho detto, Surge. Adesso conoscerai la vera paura!!
Alan era senza parole. Di fronte a lui, si trovava una delle carte più famose del Duel Monsters, una di quelle leggendarie, dei primissimi tempi. C’erano solo poche carte che potevano rivaleggiare con essa per fama. Ne era rimasto talmente rapito, che non si era nemmeno domandato perché Surge e Lance stessero duellando sul tetto a quell’ora, né cosa ci facesse lì Surge.
Lance strinse il pugno. – Vai Drago Nero Occhi Rossi, distruggi il suo mostro con Bomba di Fuoco Infernale!!
Il drago caricò la sua letale e leggendaria palla di fuoco cremisi, percorsa da scariche nere di potere, che sparò con precisione mortale sul Drago Doppia Canna di Surge, mandandolo in frantumi. Il biondo si schermò gli occhi dal bagliore.
 
LIFE POINTS LANCE: 3000
LIFE POINTS SURGE: 4900
 
- Ora non fai più tanto lo spavaldo, eh Surge? – lo rimbeccò Lance. – Non c’è nulla che tu possa fare di fronte al mio drago. Ora posiziono quest’ultima carta coperta, e termino il mio turno.
Un brontolio sommesso scaturì dalla gola di Surge. La tensione tra i due era tale che non si erano nemmeno accorti di Alan. Il ragazzo, da parte sua, stava in silenzio quasi religioso, affascinato dalla bellezza e dalla ferocia del mostro che aveva davanti. Il Drago Nero se ne stava imponente e proteso in avanti, gli artigli aperti e le fauci spalancate, pronto a colpire nuovamente al comando del suo possessore.
Surge pescò con rabbia. – E’ il mio turno! – dichiarò.
Aveva solo due carte in mano. Lance, da parte sua, non ne aveva nemmeno una, però aveva una carta coperta, oltre al suo Drago Nero. Surge, invece, aveva il campo di gioco completamente libero.
Ottimo, pensò, non potendo impedire però al sudore di imperlargli il viso e di scendergli lungo il collo. Con queste due carte, mi sarò guadagnato una difesa ben solida. E se pesco il mostro giusto, sarà fregato…
Tornò a guardare l’altro. – Ora posiziono un mostro coperto in difesa – disse, materializzando l’ologramma. – E termino il mio turno.
Cercò di non far trasparire la sua soddisfazione. La carta che ho posizionato è Sfera di Distruzione, pensò con un mezzo sorriso. Non appena la attaccherà con Occhi Rossi, la mia sfera si attaccherà al suo draghetto. E poi… Kaboom!
Guardò Lance con un ghigno. Ti dimostrerò che non sei invincibile.
Strinse con forza l’ultima carta rimastagli in mano.
- E’ il mio turno, pesco! – affermò Lance. Subito stese in avanti il braccio con la mano aperta: - Scopro la mia carta trappola, Cupidigia Insaziabile!
La carta raffigurava uno scrigno pieno di tesori, con dentro però un serpente e posizionato su una botola, con un avido ladruncolo che si stava avvicinando, le mani protese, la bocca contratta in un ghigno e gli occhi avidi. – Grazie a questa carta – spiegò Lance – posso pescare altre due carte, ma non potrò farlo per altri due turni.
Le aggiunse alla sua mano.
- Una mossa rischiosa – commentò Alan, appoggiato al suo supporto, e che ancora nessuno dei due aveva notato. – Lance potrebbe essersi precluso delle ottime possibilità.
Anche Surge era, non sapendolo, dello stesso parere. – Ohoh! E così sacrificheresti le tue prossime due mani? Mai sentito parlare delle “pescate morte”?
Quello a cui alludeva Surge era il pericolo di pescare carte inutilizzabili in quel momento. Lance poteva aver guadagnato due ottime carte, ma non avrebbe avuto diritto alle sue prossime Draw Phase, e c’erano carte, nel Duel Monsters, che si attivavano proprio nel corso della Draw Phase. Era un bel rischio.
Tuttavia, il ragazzo rispose con un sorrisino. – Il mio deck è a prova di pescate morte. E te lo dimostro subito!
Mostrò una carta magia che raffigurava il Drago Nero Occhi Rossi in procinto di sferrare il suo attacco mortale. – Attivo la carta magia Esplosione di Fuoco Infernale! Occhi Rossi non può attaccare in questo turno, in compenso però posso infliggerti un danno pari ai suoi punti di attacco originari!
- COME?! – Surge era stato colto completamente alla sprovvista. Non ha… intenzione di attaccare la mia carta coperta? Non si era aspettato quella mossa. Lance colse lo sgomento nei suoi occhi: - Scommetto che ti aspettavi che attaccassi la tua carta coperta, non è così? Peccato che io non sia tipo da cadere in simili trappole.
Strinse il pugno. – Avanti Occhi Rossi, Esplosione di Fuoco Infernale!!
Il drago caricò la sua mortale palla di fuoco, che scavalcò le difese del mostro coperto di Surge e lo colpì direttamente. Quello lanciò un urlo mentre le fiamme cremisi lo avvolgevano.
 
LIFE POINTS LANCE: 3000
LIFE POINTS SURGE: 2500
 
- Incredibile… - fece Alan, rimasto per la seconda volta ad occhi aperti di fronte alla forza di quel drago leggendario.
- E ti darò il benservito con questa – proseguì Lance. – Scommetto che ti ricordi della mia Fiammata di Drago!
Mostrò di nuovo la carta magia che raffigurava un drago nell’atto di lanciare la palla di fuoco. Il cuore di Alan mancò un colpo. Conosceva molto bene il drago raffigurato su quella carta. Si strinse le piastrine, facendole tintinnare.
- Ah! – Surge strinse il pugno, spavaldo. – Mi spiace per te, Lance, ma il mio mostro coperto ha ben più di ottocento punti di difesa!
E si ricordava perfettamente di quella carta che aveva aperto il loro duello. Ma quell’informazione a Lance non faceva né caldo né freddo. – Hai dimenticato che questa carta mi permette di scegliere tra due effetti?
- Cosa? – fece l’altro, corrugando la fronte e stringendo i denti.
Lance chiuse gli occhi, continuando a sorridere. – Permettimi di rinfrescarti subito la memoria.
Li riaprì di scatto, il loro marrone che bruciava così violento. – Essendo io impossibilitato a colpire il tuo mostro coperto, posso scegliere di infliggerti direttamente ottocento punti di danno!
- Maledetto!! – esclamò Surge, ricordatosi ora di quel primo effetto. L’ologramma proiettò la testa del drago, e per la seconda volta in quel turno Surge si ritrovò avvolto dalle fiamme, nascondendo il volto tra le braccia e cercando di soffocare un grido.
 
LIFE POINTS LANCE: 3000
LIFE POINTS SURGE: 1700
 
- Ho finito – disse Lance – ma non prima di posizionare la mia ultima carta coperta. A te la mano, Surge. Ma goditela bene, perché sarà la tua ultima!
Una vena pulsava con forza sulla fronte del biondo. – Che spavaldo! – esclamò. – Hai fegato a dire una cosa del genere, ma ti ricordo che non puoi prevedere il futuro!
E lo additò in quel modo. – Ora pesco! Un lusso che tu non puoi permetterti – gli ricordò con una risatina malvagia.
Lance fu impassibile.
Quanto mi sta sul cazzo quell’uomo, pensò Alan. Lo aveva odiato fin dal primo momento in cui l’aveva visto.
Surge guardò la sua carta con un sorrisino. Poi qualcosa catturò la sua attenzione, forse un moscerino, perché guardò di lato. E fu allora che finalmente si accorse di Alan. Quando incrociò lo sguardo del biondo, il ragazzo sussultò per un attimo. Quello, rimasto dapprima sorpreso, mutò la sua espressione in una di rabbia, e poi di scherno.
- Guarda un po’, c’è anche il moccioso – commentò.
Anche Lance si volse, sorpreso. – Alan? Che ci fai qui, dovresti riposare.
- E’ un po’ difficile con un Drago Nero che urla proprio sopra la mia testa, non ti pare? – gli fece notare il moro. Lance fece un sorriso colpevole.
Surge fece una risata sguaiata che richiamò l’attenzione di entrambi. – Sei venuto ad assistere alla disfatta del tuo protettore, Alan – lo informò. Alan corrugò la fronte a quelle parole.
- Cosa intendi? – gli domandò in tono poco cordiale.
Surge emise una risatina sommessa. – Sai, ti è andata bene che ci fosse ancora Lance qui, altrimenti avresti già rimediato una bella gamba rotta, o qualcos’altro.
Alan sgranò gli occhi, e subito dopo la rabbia lo invase realizzando ciò che l’altro gli aveva detto. – Hai cercato di aggredirmi mentre dormivo, bastardo?!
Ora era lui a voler dare una lezione a Surge. Aveva i pugni che gli tremavano.
- Calmati, Alan – lo invitò Lance. – Se vinco questo duello, Surge dovrà abbandonare per sempre il Parco dei Duelli.
Tornò a guardare il suo avversario. – Era una cosa che avrei dovuto fare già molto tempo fa.
Non è abbastanza, pensò Alan con rabbia.
- Mpf, allora fammi vedere come batti questo!
Surge posizionò la carta appena pescata. – Evoco Riflettore in posizione d’attacco!
La nuova macchina di Surge aveva un aspetto vagamente umanoide, con la base che era un’anfora blu dalla quale si sollevava un corpo meccanico rosso, con quello che sembrava un mantello, un ingranaggio come collare, e un volto con una maschera antigas e privo di espressione. Era ricoperto di specchi che riflettevano la luce della luna in modo sinistro. (Attributo: Luce; Lvl: 4; Tipo: Macchina/Effetto; ATK: 1700; DEF: 1000).
- Immagino che tu sappia perfettamente cosa fa questa carta, non è così Lance? – lo sfidò il biondo. L’altro non rispose alla provocazione. Anche Alan sapeva quale fosse l’effetto del mostro di Surge.
Se Lance lo attacca, subirà un danno pari a 2400 punti, l’attacco del suo Drago Nero Occhi Rossi. Inoltre, Surge ha ancora una carta in mano, e se è una magia rapida può metterlo in difficoltà.
Spostò lo sguardo. E non sappiamo cosa faccia quel mostro coperto
Tornò a guardarli entrambi. Pare un classico stallo alla messicana
- Avanti, Lance – lo invitò. – Termino il mio “ultimo turno”, stando alle tue parole. Che cosa farai? Attaccherai il mio Riflettore, accettando di subire quel danno solo per distruggerlo, oppure rischierai e sfiderai il mio mostro coperto?
Lance non rispose. Surge rise di gusto. – Ormai ti ho fregato!!
Strinse il pugno con tanta forza da farsi sbiancare le nocche. Se attacca la mia carta coperta, Sfera di Distruzione farà piazza pulita del suo Drago, e poi io potrò attaccare direttamente i suoi life points al prossimo turno. Se invece attaccherà Riflettore…
Guardò la carta che aveva in mano. Userò Rimozione di Limite per duplicare i suoi punti d’Attacco, e in questo modo azzererò i suoi life points.
Socchiuse gli occhi. In ogni caso vinco io!!
Surge ha creato una situazione dalla quale è difficile districarsi, dovette riconoscergli Alan, ora ancora più frustrato per via di questa cosa. Mi chiedo se Lance riuscirà a cavarsela.
L’altro sembrava molto sereno. – Tocca a me – disse, mostrando il duel disk. – Non posso pescare, per via di Cupidigia Insaziabile. Perciò non mi rimane che una cosa da fare…
La cosa che gli era rimasta da fare restò in sospeso nell’aria per un po’, un non detto che gravava su di loro. La tensione era tanta, e si avvertiva quella fatalità che fa presagire che il duello stia per terminare. Poi il domatore di draghi puntò il dito e disse: - Attacco la tua carta coperta con Drago Nero Occhi Rossi!!
- AH!! – esclamò Surge, trionfante. – Peggio per te, Lance! Ti presento…
Il mostro apparve. – Sfera di Distruzione!!
La carta era una sfera rossa di metallo con degli uncini che sembravano le zampe di un ragno, e una manopola simile a quella di un forno sopra. (Attributo: Oscurità; Lvl: 4; Tipo: Macchina/Effetto; ATK: 1400; DEF: 1400).
- Oh no!! – esclamò Alan.
- Oh sì!! – fece invece Surge. – Quando Sfera di Distruzione viene scelta come bersaglio di un attacco mentre è coperta, può equipaggiarsi al mostro in questione, e al prossimo turno salterà in aria infliggendo al possessore di quel mostro un danno pari ai punti d’attacco del mostro equipaggiato!
- Quindi Lance perderà Drago Nero Occhi Rossi in ogni caso – realizzò Alan, sconfortato.
Surge ghignò, godendosi appieno il trionfo. – Esattamente.
Stese in avanti la mano. – Vai Sfera, attaccati a Drago Nero!!
La sfera emise un bagliore rosso, e subito dopo arpionò il drago con i suoi uncini, attaccandosi al suo torso come uno schifosissimo ragno. Il drago lanciò appena un verso di disapprovazione. La sfera iniziò ad emettere dei “bip!” continui, il timer che lampeggiava di rosso.
Sta per esplodere!, pensò Alan.
Fu a quel punto che Lance fece una cosa che nessuno dei due si aspettava, rispondendo all’esclamazione di prima di Surge in un modo delicatissimo. – E tu attaccati al cazzo, Surge.
- Cosa hai detto?! – fece l’altro, visibilmente sorpreso. Lance ora stava sorridendo, un sorriso affilato come i denti del suo drago.
- Pensavi che sarei caduto nella tua trappola, e invece sei tu ad essere finito nella mia – rivelò. Ma Surge non ci stava. – Di che diavolo parli? Quale trappola?
Lance gli spiegò paziente come stavano le cose: - Nel momento in cui la tua Sfera di Distruzione si è equipaggiata al mio drago, tu hai perso il duello.
- Ma è impossibile! – Poi Surge si accorse di una cosa, un dettaglio che gli era sfuggito.
- Non mi dirai…
Ora gli tremavano gli occhi. Lance consolidò i suoi timori: - Proprio così! Scopro la mia carta trappola: Bruciatura Occhi Rossi!!
La carta raffigurava il Drago Nero Occhi Rossi con molteplici fasci di luce che uscivano dal suo corpo crepato, segno che stava per esplodere dall’interno. – Quando un mio mostro Occhi Rossi viene scelto come il bersaglio dell’attacco o dell’effetto di un mostro avversario, posso distruggerlo ed entrambi subiamo un danno pari al suo attacco!!
- Cosa?! – Surge cominciava a realizzarlo. – Ma questo significa che…
- Fai due conti – lo invitò Lance, anche se era palese. – Non hai abbastanza life points per sopravvivere a questo turno!!
- NOOOOOOOOO!!!!
La pelle del Drago Nero cominciò a squarciarsi in più punti, la luce rossa che usciva fuori come se la sua anima di fuoco premesse per liberarsi di quel guscio. Alla fine lanciò un poderoso ruggito al cielo ed esplose, portandosi con sé anche il mostro di Surge. L’esplosione si propagò per tutto il tetto. Surge fu sbalzato all’indietro come se lì fosse detonata una granata per davvero. Cadde a terra sbattendo schiena e gomiti, lanciando un verso ferito. Dalle sue tasche rotolarono monete truccate con solo testa e solo croce, e dadi a una sola cifra livellati in modi diversi, che il biondo aveva probabilmente memorizzato.
Lance se ne uscì dal fumo, trionfante.
 
LIFE POINTS LANCE: 600
LIFE POINTS SURGE: 0
 
- Incredibile… - mormorò Alan. Quella era stata una conclusione al cardiopalma.
Surge si girò di schiena e batté i pugni sul cemento. – Dannazione… come ho potuto perdere?
- E’ molto semplice – gli fece la voce di Lance, che ora torreggiava su di lui con uno sguardo implacabile. – Non c’è trucco che possa reggere contro chi sa duellare. Senza i tuoi inganni, tu non sei niente. E io ti ho dimostrato che anche con quelli non hai vita lunga.
Surge digrignò i denti come un cane appena bastonato che mediti la sua vendetta.
- Questo lo vedremo… - sibilò.
- No, direi di no – gli rispose l’altro. – Ho vinto io, il che significa che da questo momento in avanti ti è proibito tornare al Parco dei Duelli.
Surge sussultò, evidentemente dimenticatosi della posta in gioco. Quel verso fece godere Alan come mai prima d’ora. Il vento soffiò sul tetto, muovendo i capelli e gli orli dei vestiti dei presenti.
Il silenzio che ora era calato sembrava irreale. Come si sarebbe evoluta la situazione? Surge non sembrava il tipo da andarsene a testa bassa e accettare tranquillamente quanto successo. Ma Lance cosa avrebbe fatto? E lui? Mille domande giravano nella testa di Alan.
Era così intento a figurarsi i possibili sviluppi di quella situazione, che quando l’azione iniziò non se ne rese subito conto. Vide Surge rialzarsi di scatto, portare l mano dietro alla schiena ed estrarre un oggetto di ferro. Alla luce della luna mandò dei bagliori sinistri mentre rivelava la propria forma. Era un vecchio giratubi, arrugginito ma comunque mortale. Il suo cuore mancò un colpo. Se avesse colpito Lance, gli avrebbe lasciato ben più che qualche livido.
Ma anche Lance fu più reattivo dei suoi pensieri. Mentre non si rendeva neanche conto di star stringendo con maggior forza il supporto per la flebo, Alan vide Lance scattare di lato e menare un colpo all’avambraccio di Surge. La mano che stringeva il giratubi si aprì di scatto, e il biondo perse la presa sull’oggetto, che cadde sul cemento con un clangore metallico che esplose nelle orecchie di Alan. Il rosso scostò il braccio dell’altro, e ora che quello era rimasto scoperto gli piantò un bel pugno sullo zigomo sinistro. Il moro sentì le nocche che incrinavano le ossa sotto alla pelle della guancia.
Surge volò contro la ringhiera di sicurezza e si accasciò lì, mugugnando. Lance riabbassò il pungo ancora stretto, continuando a guardarlo. – Minacciare un rivale che ti ha battuto con un arma del genere – commentò, l’odio nella voce. Scansò il giratubi con il piede senza neanche degnarlo di uno sguardo. L’arnese roteò vicino ai piedi di Alan, che si scansò di poco come se ne provasse timore. Lance camminò verso Surge, e lo raccolse per il colletto della giacca di pelle, con una forza che Alan non gli avrebbe sospettato affatto. Se lo portò all’altezza del viso.
- Sei feccia della peggior specie – gli sputò in faccia, per poi scagliarlo nuovamente sul cemento l’istante dopo. Surge mugugnava, ma ora sembrava anche esibirsi nella macabra parodia di una risata, il suo corpo scosso come se stesse avendo una crisi epilettica.
- Sono fortunato… - mormorò. – Alla fine anche lo stoico e impeccabile Lance ha perso la calma. Eheh…
E subito dopo sputò un fiotto di sangue. Alan rabbrividì.
Lance si avvicinò nuovamente a lui. – No, questo non sono io quando perdo la calma – lo informò. Lo afferrò nuovamente per il bavero della giacca e lo rimise in piedi, facendo comunque in modo che lui gli desse le spalle. Surge doveva essere come in stato catatonico, perché non reagiva. Aveva gli occhi stralunati e il mento sporco di sangue.
- Questo – proseguì – sono io che contravvengo alla mia etica professionale.
E non appena l’ebbe detto fece la cosa che fece perdere a Surge, e ad Alan, almeno dieci anni di vita. Il biondo sentì la terra che gli mancava da sotto ai piedi mentre l’altro rafforzava la presa afferrandolo anche con l’altra mano. Aprì la bocca per urlare quando vide il mondo capovolgersi, c’era prima il cielo, e poi il pavimento dell’attico che ora però era diventato il soffitto, e poi di nuovo il cielo, e poi il pavimento – o soffitto, o tetto? – e poi ancora un vortice confuso, finché non si vide, come da fuori, precipitare.
Lance l’aveva gettato dal tetto.
Merda… è uno scherzo vero? Quel bastardo non può…
Ma sembrava proprio di sì. Non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere. Chiariamoci, Surge era sempre stato un imbroglione. Se la vita ti dà la possibilità di prendere scorciatoie, sarebbe stupido non approfittarne, no? Però ha sempre saputo che non tutti la pensavano come lui, e anzi, c’era gente a cui le sue giocate del cazzo non piacevano affatto. Il biondo aveva sempre saputo che si trattava soltanto di far girare i coglioni alla persona sbagliata per ritrovarsi in un… come l’aveva chiamato Cobblepot? In un cappotto di legno, ecco.
Ma non avrebbe mai immaginato che quella persona sarebbe stata Lance. Si dice che quando stai per morire ti passi tutta la vita davanti. Surge non sapeva se valesse soltanto per l’affogare, ma tanto il risultato era lo stesso. Il fatto è che stava precipitando così velocemente che non aveva tempo per visionarsi il filmino di tutta la sua fottuta vita di merda. Attendeva da un momento all’altro l’impatto con la strada che gli avrebbe frantumato le ossa. E tutto ciò a cui riusciva a pensare era: Che morte da coglioni!
E l’impatto ci fu. Ma non con l’asfalto.
Surge atterrò su una montagna alta circa tre metri di lenzuola sporche, tutte ammucchiate sul retro dell’ospedale. Il colpo lo sbalzò e lo fece rimbalzare come se fosse su un materasso gonfiabile al mega centro commerciale. Tentò di aggrapparsi a qualcosa, ma i bordi delle lenzuola erano scivolosi, e come unico risultato ottenne quello di rotolare giù. Questa volta finì davvero sull’asfalto, ma chiaramente tutta la potenza distruttiva dell’urto era stata assorbita e ammortizzata dalle lenzuola, che caddero su di lui come una coltre di fantasmi. Surge si dibatté come se un serpente gigantesco lo avesse appena divorato. Emerse fuori nella parodia di una macabra nascita, respirando l’aria notturna e tossendo per la puzza. C’era una pozzanghera lì vicino, anche se il cielo era terso e non aveva piovuto, perché c’era sempre una pozzanghera da qualche parte e per qualche motivo.
Il suo cuore galoppava all’impazzata, gli occhi spalancati come quelli di un cerbiatto accecato dai fari. Non si era ancora reso conto di essere vivo.
Si guardava intorno spaesato. Che posto era? Che ore erano? Perché il cuore sembrava volergli uscire dal petto e non c’era nessuna bella ragazza nelle vicinanze?
Poi lentamente tornò alla realtà. Era ancora vivo. E quel figlio di puttana di Lance gli aveva giocato un bello scherzo del cazzo.
Strinse i pugni con forza. Provò a rimettersi in piedi ma le gambe gli tremavano ancora per lo spavento e allora ricadde in avanti. Si fece schermo con le mani, che affondarono nell’asfalto irregolare, composto da tante piccole punte dove il catrame si era solidificato sotto i violenti raggi del sole.
I capelli ormai si erano scarmigliati e gli ricaddero davanti al volto quando riabbassò la testa e finì a imprecare. – Maledetto… maledetto bastardo.
Il tanfo delle lenzuola sporche non lo toccava nemmeno in quel momento. Sentiva la rabbia montare a tal punto che avrebbe potuto piangere. Sferrò un pugno all’asfalto e si sbucciò le nocche.
- Non posso credere di aver perso!
Lo gridò alla notte indifferente, al puzzo delle coperte che gli avevano, ironicamente, salvato la vita. Al rumore del vento che lasciava ondeggiare un vecchio giornale come uno scheletro trasparente per la strada. Alle fronde degli alberi che si stagliavano contro il cielo notturno. A qualunque dio ci fosse oltre quel firmamento. E a chiunque aveva deciso di punirlo con quella sconfitta.
Ce l’aveva fatta, aveva la vittoria in pugno, e invece Lance aveva ribaltato tutto con quell’ultima mossa. Se non l’avesse fatto, no, se non si fosse frapposto fra lui e il suo bersaglio, tutto quello non sarebbe successo. Surge voleva solo dare una lezione al ragazzino che gli aveva rubato la scena. E ora invece aveva perso, era stato messo in ridicolo – se si fosse sparsa la voce, di certo nessuno avrebbe più avuto paura di lui – e per giunta non avrebbe più potuto avvicinarsi al Parco. Sapeva perfettamente come funzionavano le cose lì. Aveva perso una partita, e per una sorta di qualche inviolabile legge non scritta del cazzo – lui ci credeva solo quando gli faceva comodo – ora era bandito da quel luogo come Adamo ed Eva dal Giardino. Lo avrebbero sicuramente linciato, se avesse provato ad avvicinarsi.
- Vaffanculo! – gridò.
Ma stavolta, a rispondergli non fu il silenzio della notte. Davanti al suo campo visivo si profilarono una coppia di mocassini ben lustrati, e i lembi di un cappotto lungo. Il tipo che lo portava era alquanto panciuto, e ogni suo passo era accompagnato dal ticchettio del suo bastone, no, del suo ombrello sull’asfalto.
Surge non aveva neanche bisogno di alzare gli occhi, ma lo fece ugualmente.
- Pare che tu abbia avuto una nottataccia, Surge – constatò Cobblepot. Il monocolo riluceva sinistro sotto alla luce della luna.
Surge sporse il labbro, snudando i denti. – E tu si può sapere che diavolo vuoi?
Il Pinguino gli rispose con un ghigno. – Parlare di affari. C’è una persona che vorrei farti conoscere.
 
Inizialmente Alan si era preso un colpo, ma poi non aveva potuto trattenere le risate quando Lance gli aveva spiegato che Surge era atterrato sulla montagna di lenzuola sporche che il camion della lavanderia passava a ritirare ogni venerdì per poi puntualmente riconsegnarle il lunedì mattina.
Era stato terribilmente da sconsiderati e fottutamente geniale al contempo. Il rosso lo aveva poi riaccompagnato nella sua stanza, e aveva detto: - Andrò a svegliare l’infermiera e le chiederò di fare attenzione, per favore. Dannazione a lei.
Alan ridacchiò, ora che la tensione si era lentamente sciolta. – Non posso credere di aver rischiato la vita due volte lo stesso giorno.
Lance rispose con una risatina a sua volta. – Pare proprio che tu sia una persona scomoda, Alan.
- Così sembra, sì.
Lance socchiuse le labbra. Poi fece per andarsene, quando l’altro gli disse: - Senti un po’…
Si volse. Quello intanto si era rimesso seduto sulla brandina. – Com’è che possiedi un Drago Nero Occhi Rossi?
Lance non si era aspettato quella domanda. – Perché?
- Pura curiosità – disse l’altro. Lance era ancora interdetto. Ma visto che non era certo un segreto di stato, gli rispose: - Apparteneva a mio nonno, Drake, uno dei campioni dell’Altopiano Vittoria.
Si grattò dietro la testa. – Di solito non racconto di essere il nipote di un campione di Duel Monsters, sai com’è la gente, potrebbe farsi strane idee. Riescono a pensare che tu sia un raccomandato anche in questo campo, pensa un po’. Il Duel Monsters non è un’azienda a conduzione familiare, non si può essere “figli d’arte”, ecco.
Alan rimase impassibile. – Comunque, me l’ha data lui diversi anni fa, prima di morire.
- E’ morto? – Alan ne sembrava addolorato.
Lance annuì. – Sì, un paio di anni fa, dopo essersi ritirato dal mondo del duelli.
- Come mai aveva smesso? – domandò il moro. – Sapevo che di solito i duellanti non si arrendono mai, neanche alla vecchiaia.
Lo disse con un sorriso. Lance non poté non sorridere a sua volta.
- E’ un’ideologia che condivido in pieno. Ma…
Il suo sguardo si rabbuiò. – Mio nonno era una persona orgogliosa, molto. Anche troppo, se vogliamo. E pare che… nel suo ultimo duello… non ci crederesti se te lo dicessi.
- Tu prova lo stesso – lo esortò l’altro. C’era una strana luce nei suoi occhi, che si vedeva anche al buio. Lance non sapeva spiegarselo, ma fu indotto a rivelarglielo.
- Be’, sembra che abbia perso contro un ragazzino di undici anni, o giù di lì.
Lo disse con una certa vergogna. – Non poteva sopportare questa cosa. Così mi ha dato la sua carta migliore, e si è ritirato per sempre. Ha passato i suoi ultimi anni a guardare il mare e a sentire il vento sulla pelle.
Si guardò il pugno e lo strinse. – Se non fosse stato così orgoglioso, forse avrebbe potuto continuare a duellare. Magari avrebbe persino preso sotto la sua ala quel bambino. Voglio dire… mio nonno era un grande campione, e se quel bambino l’ha sconfitto…
Allargò le braccia. Alan gli fece cenno di aver capito.
- Da quel giorno ho fatto una promessa, sulla tomba di mio nonno – gli rivelò Lance, tirando nuovamente fuori il suo sorriso. – Gli ho promesso che avrei trovato quel bambino e l’avrei battuto. Il mio sogno è di diventare un grande duellante, il più grande di tutti. Ma per farlo, devo prima trovare quel bambino, anche se non sarà più un bambino ora, e sconfiggerlo a duello.
Quando ebbe finito di parlare, Alan abbassò lo sguardo, i capelli sul volto in ciuffi scomposti. Lance era dubbioso. – Che ti prende?
Quando rialzò lo sguardo, Alan sembrava avere gli occhi lucidi. Lance non capiva.
- Temo che il tuo sogno non si avvererà mai – gli disse il ragazzo, dispiaciuto.
- Perché dici così? – Il rosso continuava a non capire.
- Perché quel bambino sono io, Lance – e quelle parole caddero come massi su quella stanza in penombra. – E visto che ti sei aperto con me…
Si alzò in piedi, di fronte a un Lance senza fiato e dagli occhi spalancati.
- E’ giusto che tu sappia perché ho smesso di duellare.
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Hola, popolo di EFP!
Ben ritrovati con questo settimo capitolo! Secondo i miei piani, dovremmo trovarci circa a metà della prima stagione, e non potrei essere più contento di così per come sta andando questo progetto. È partito senza tante ambizioni, ma pare che si stia rivelando un successo, e ne sono veramente orgoglioso. Questo è combustibile che mi fa andare avanti e mi sprona ad alzare l’asticella sempre un po’ di più, per sorprendervi sempre e portarvi ottimi contenuti – che naturalmente, in primis, piacciano a me.
Con questo capitolo, abbiamo assistito alla fine del duello tra Lance e Surge, e alla sconfitta di quest’ultimo. Devo confessare che mi sono trovato molto bene a scrivere questo duello, e sono complessivamente contento di come sia andato, ma voglio essere onesto: il finale di questo duello è stato un virtuosismo scenico. Non sono neanche sicuro che si possa chiamare SHENANIGAN questa cosa.
Vi spiego: l’effetto del mostro di Surge è giusto, ma la carta trappola utilizzata da Lance, Bruciatura Occhi Rossi, non sovrascrive l’effetto della prima carta. Questa trappola non si attiva quando un Occhi Rossi è bersaglio di un attacco, ma quando o viene distrutto in battaglia o per effetto di una carta, e allora infligge un danno pari all’attacco originale a entrambi i giocatori. In un vero duello, terminato il turno si sarebbe dovuto attivare l’effetto di Sfera di Distruzione, e in conseguenza di quello poi sarebbe scattata la trappola. In pratica, avrebbero perso entrambi!
Ma siccome mi piaceva troppo il finale scenico e a sorpresa, sempre per amor di narrazione, ho preferito modificare leggermente il contesto di utilizzo della trappola di Lance. Spero che la cosa non vi abbia dato troppo fastidio, e in caso mi scuso per questo.
Comunque, in questo capitolo si aprono un paio di strade. Ora Alan racconterà a Lance del suo passato e del motivo per cui ha smesso di duellare, e abbiamo anche scoperto che era un bambino prodigio. Infatti, era davvero molto piccolo quando ha sconfitto a duello un campione, il nonno di Lance. Drake, inoltre, è l’ultimo Superquattro di terza generazione, della regione di Hoenn, ovvero nei giochi di Pokemon Rubino, Zaffiro e Smeraldo. Anche qui, come nel caso di Serena, non c’è reale palentela. Ad unirlo a Lance è il legame con i draghi, e il fatto che siano entrambi dei Superquattro, ed entrambi i più forti della loro regione. Inoltre, Drake è abbastanza anzianotto, e quindi mi piaceva nella figura del nonno.
E poi abbiamo Surge, il nostro Surge, che dopo essere stato umiliato per ben due volte, è stato avvicinato da una figura che conosciamo bene, perché è in qualche modo con lui che è iniziata la nostra storia. Che cosa mai vorrà il Pinguino da lui? Chi è questa misteriosa persona che vuole presentargli?
Posso solo dirvi che nubi di tempesta si ammasseranno presto sul Parco dei Duelli. E i nostri amici quella tempesta se la prenderanno in pieno.
Concludo questo angolo dell’autore informandovi che, per fortuna, il mio esame è andato molto bene, molto oltre le mie aspettative, e oltre a essere al settimo cielo per questa cosa, adesso ho finalmente del vero tempo libero, e potrò dedicarmi un po’ di più alla scrittura e alla gestione del profilo qui.
Dunque, non resta che salutarci con i migliori propositi. Aspetto sempre le vostre recensioni e commenti, anche in privato, e grazie, di nuovo grazie mille, a tutti voi, lettori silenziosi o meno, per seguirmi in questo folle viaggio. Ci vediamo settimana prossima!
 
Nel prossimo capitolo: “Come pezzi su una scacchiera”
Mentre Alan rivela a Lance il suo segreto, Surge e il Pinguino raggiungono una lontana città, dove il ragazzo scopre per chi lavora quest’ultimo. Malefici ingranaggi cominciano a mettersi in moto, e a farne le spese saranno gli abitanti del Parco dei Duelli.
 
Ciao ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: Come pezzi su una scacchiera ***


CAPITOLO 8: Come pezzi su una scacchiera
 
 
Stavolta, Cobblepot non si era presentato col suo Mercedes nero, ma con una elegante limousine, sempre coi vetri specchiati. A Surge ricordava tanto quelle da cui vedeva uscire i gangster nei film che guardava da piccolo. Mai avrebbe pensato di ritrovarsi su una di quelle vetture, con uno di quei gangster. Ma supponeva che ormai tutto potesse succedere.
L’interno era uno spazio a quattro posti, con una vetrina che li separava dalla cabina del guidatore. I sedili erano foderati in pelle, e c’era il porta bevande, proprio come nei film. Cobblepot aveva posato il suo ombrello sul sedile vuoto accanto a sé, e aveva invitato l’altro a salire. Surge aveva scoperto, con una certa sorpresa, di non avere motivi per rifiutare. In fondo, cosa aveva da perdere?
Surge puzzava come la spazzatura nella quale era finito, ma questo non sembrava importare troppo al suo ospite. Il Pinguino guardava fuori dal finestrino oscurato, guardava la città che passava loro di fianco.
Poi disse: - Sai, Surge, tu e io non siamo poi così diversi.
- Ah no? – rispose quello, brusco.
Cobblepot posò il suo sguardo su di lui, un ghigno che si apriva sotto al naso adunco. – Naturalmente. Noi non condividiamo lo stesso sistema di valori della gente in quel ridicolo Parco. Noi abbiamo capito che il Duel Monsters è potere, e che il potere non opera sempre con mezzi leali.
Surge incrociò le braccia sul petto. Dove voleva andare a parare?
Il biondo aveva ancora una sua dignità, e rifiutava di identificarsi in un criminale di bassa lega come il Pinguino. Eppure, una parte minuscola della sua coscienza gli suggeriva che, molto in fondo, quel che diceva l’altro non era del tutto privo di fondamento.
- Sai, ho capito che tu non avevi nulla da spartire con quelli là la prima volta che mi sono presentato – continuò l’uomo. – Tu eri arrogante, indisposto, ti astenevi dal mischiarti con loro. Ti ho osservato, Surge, e il tempo non ha fatto altro che confermare la mia teoria.
- La teoria secondo cui anch’io mi metterò a girare con un ombrello d’estate? Ma non farmi ridere – disse sprezzante il giovane. Cobblepot rispose a sua volta con una risatina che gli fece gelare il sangue.
- Se solo sapessi quanto facilmente potrei sbarazzarmi di te – e nel dirlo afferrò l’ombrello così in fretta che Surge non se ne rese conto finché non se lo ritrovò alla gola, la punta affilata che premeva contro la carne abbronzata. – Non faresti tanto lo stronzetto.
Cercò di farsi più indietro, ma i sedili non offrivano altro spazio. Sentì una leggera punta di dolore quando l’ombrello lacerò la carne e un rivolo di sangue gli corrette giù per il collo. Digrignò i denti: - E che cazzo sei venuto a fare stasera, allora?
Cobblepot lo studiò un po’, prima di riporre l’ombrello con un’altra risatina. Surge si massaggiò il collo, preoccupato più per le infezioni che poteva prendersi che per il sangue in sé, con tutto quello che quell’ombrello toccava.
- Te l’ho detto. – Cobblepot ripose l’ombrello e giunse le mani. Sembrava ancora più grasso, ora che i suoi abiti erano tutti schiacciati. – C’è una persona che voglio presentarti.
- Organizzi appuntamenti galanti, ora?
- Fai poco lo spiritoso, ragazzino – lo ammonì l’altro, perdendo il suo sorriso. – Io potrei essere l’ultima speranza per salvarti il culo. E anche tu.
Surge aggrottò la fronte. – Di che diavolo parli?
- Vedi, io lavoro per persone di una certa importanza – gli spiegò con orgoglio Cobblepot. – Uomini di cui tremeresti al solo sentirne il nome. E avendo una loro immagine da mantenere, be’, non sono molto tolleranti con chi li delude. Io avevo il compito di appropriami del Parco dei Duelli, ma quel fottuto ragazzino, Alan, me l’ha impedito.
Strinse il pugno grassoccio, e fece sbiancare le nocche. – So perfettamente che se dovessi tornare a mani vuote, sarebbe per l’ultima volta. Tu sei, diciamo, il mio lasciapassare per potere avere ancora qualche giorno di vita.
Surge parlò tra i denti. – Mpf, sei senza vergogna.
- Certamente! – esclamò l’altro. – Però voglio che tu guardi al lato positivo della mia azione. Funziona in entrambi i sensi, lo sai?
- Ah sì? – Surge aveva i suoi dubbi.
- Certo. Ora che sei stato battuto da Lance e ti è stato proibito mettere di nuovo piede al Parco dei Duelli, cosa credi che farai, eh?
Surge fece un ringhio stizzito, ma nulla di più. Can che abbaia non morde, dopotutto. E il Pinguino lo sapeva fin troppo bene. Il suo ghigno si allargò. – Come ti ho detto, lavoro per persone potenti. Persone di una certa influenza. E a loro sono sicuro che farebbe comodo uno come te. Dopotutto, sei un tipo senza scrupoli, no?
Su quello, Surge non aveva niente da ridire.
- Loro potrebbero offrirti protezione, accoglienza. E rimetterti in carreggiata.
- Non ho bisogno di rimettermi in carreggiata – protestò Surge, ma mentiva.
- Certo, come no – gli fece il verso Cobblepot. – Mettiamo in chiaro una cosa: io non sono il buon samaritano. Voglio solo pararmi il culo, e tu puoi aiutarmi nella cosa. E, guarda caso, questo potrebbe fruttare anche a te. Ti sto offrendo un’occasione come non te ne ricapiteranno nella tua fottuta esistenza. Quindi vediamo di non prenderci per il culo.
Surge tacque. Odiava dover dare ragione a quell’essere spregevole, e odiava ancora di più doversi identificare in lui, perché quello avrebbe significato che anche lui era un essere spregevole. E Surge non si riteneva tale. Lui era un campione. O almeno, era quello che avrebbe voluto essere.
- La vita non ti regala niente, lo sappiamo – proseguì Cobblepot, aprendo il palmo della mano. – Quando ero piccolo, mio padre è morto per una polmonite a seguito di un temporale. Così, mia madre è diventata iper protettiva nei miei confronti, costringendomi a portarmi sempre dietro l’ombrello.
Lo impugnò e prese ad accarezzarlo, come se fosse vivo. Quella scena mise a Surge una strana ed irrazionale paura. Mentre parlava, Cobblepot fissava l’ombrello, messo per lungo sulle sue ginocchia, e ora la sua voce si era addolcita. Era come se lo cullasse.
- Mia madre aveva paura che facessi la fine di mio padre. Era una rompicoglioni, ma mentirei se dicessi che non mi voleva bene. Il problema, anzi, era che me ne voleva troppo. A volte, le madri non sanno che la misura del loro amore può essere eccessiva, e non è vero che l’amore è sempre una cosa buona. Specie quando diventa motivo di scherno.
Soppesò l’ombrello. – A scuola c’era un coglionazzo che si faceva beffe di me. Ricordo ancora il suo nome: Randall Holmes. Il classico tipo che piaceva alle ragazze e che mi fotteva i soldi della merenda. Diceva che mi piacevano gli uccelli, lo diceva a tutti, ed era vero. Ma non quelli che pensi tu.
Per quanto potesse sembrare strano, in quel momento a Surge non era venuta affatto voglia di scherzare. Né da chiedersi dove volesse andare a parare il Pinguino con quel recap della sua vita.
- Mia madre aveva un negozio di animali. Sono cresciuto in mezzo al tanfo e ai loro peli. Ma ricordo soprattutto gli uccelli. Mia madre vendeva pappagalli, canarini… e pinguini. Quegli uccelli così strani mi hanno attirato fin da subito. Ma sono anche stati la mia rovina. Colpa di un branco di ragazzini idioti che non sanno distinguere fra uccelli e uccelli.
Strinse il pugno, poi si infilò la mano dentro al soprabito. – E’ stato per caso, un giorno, mentre tornavo da scuola dopo l’ennesima batosta, che sono passato davanti a un’edicola. E lì li ho visti, dei pacchetti di carte da gioco.
Estrasse il suo deck, compatto nella sua mano grassoccia. Lo guardò come si guarda al tesoro più prezioso che ci sia. – Ho investito i miei pochi risparmi in quelle carte da gioco. Non appena ho capito che cos’era il Duel Monsters, e cosa sarebbe potuto diventare, ho visto l’occasione che avevo per rifarmi. Non solo agli occhi di chi mi sbeffeggiava, ma anche agli occhi delle ragazze che non mi avevano mai considerato.
Si toccò il naso adunco. – Cominciai a lavorare per i vicini. Tagliavo il prato, portavo a spasso il cane, cose del genere. E ogni mio centesimo l’ho investito nella creazione di questo deck.
- C’era un barbone, dietro la scuola, il vecchio Sam O’Conner. Puzzava come una fogna aperta e aveva l’alito che sapeva di birra scadente, con i denti marci che sembravano canditi. Non era proprio un bel vedersi, ma una cosa la sapeva fare: era bravo a duellare. Così, quando ebbi finito di farmi il deck, cominciai a investire i miei risparmi in altro modo. Lui mi insegnava a duellare, e io gli davo i soldi per comprarsi la birra e qualche tramezzino. Dopo qualche mese, ho sfidato quel dannato Randall Holmes a duello, e l’ho battuto davanti a tutta la scuola.
La soddisfazione si impossessò della sua voce a quel ricordo. Surge si ritrovò malinconicamente a pensare che, forse, arrivati a una certa età, i ricordi erano tutto ciò che si aveva per essere felici.
- Ma quell’umiliazione non era ancora sufficiente. Doveva pagare per tutto ciò che mi aveva fatto, per tutte le cattiverie che aveva perpetrato. E siccome il vecchio Sam non mi aveva insegnato solo a duellare, ma anche qualche trucchetto della vita da strada, gli ho sfregiato il volto con la punta del mio ombrello.
Mimò il gesto in quello spazio ristretto, e Surge ebbe un sussulto repentino. Cobblepot ridacchiò.
- Una lezione per sempre. Quell’evento mi ha garantito potere e rispetto. Improvvisamente, tutti mi venivano dietro. Tutti volevano uscire con me, tutti volevano essere al mio seguito. Ma nessuno osava sfidarmi a duello. Quella fama così tanto repentinamente acquisita, era anche divenuta la mia nuova condanna.
- Le gioie date dal mio potere a scuola sono state esigue, ma comunque soddisfacenti. Al ballo di fine anno, ho pagato Patricia McCornwell, la ragazza più carina della scuola, per venirci con me. La ragazza più carina con lo schifoso Pinguino. E poi l’ho scopata nel parcheggio della scuola. Il tutto per un quantitativo di dollari con cui, all’epoca, ci compravi un deck come questo.
E lo sollevò. – Sì, il mio deck ha il valore di una trombata con Patricia McCornwell.
Ghignò. – Finita la scuola, sono entrato nel vero business. Quando volevano pignolarci il negozio, me lo sono ricomprato sfidando a duello il compratore, e ho cominciato il mio contrabbando di carte contraffate al porto. E da allora, la mia scalata al potere è proseguita senza intoppi.
Poi il suo sguardo si rabbuiò. – Finché non ho conosciuto l’uomo alle cui dipendenze sto ora.
La macchina si fermò di colpo, e Surge venne sbalzato leggermente in avanti. Fece una smorfia mentre ricadeva con la schiena contro il sedile.
- Perché mi hai raccontato tutto questo, Cobblepot? Cos’è, mi hai scambiato per un confessionale?
L’altro rise di gusto a quel paragone. – Non farmi ridere – gli disse poi, ricordandogli qual’era il suo posto e la differenza di posizioni tra loro. – Ora che conosci la mia storia, pensi davvero che ti lascerei andare? Se stasera vado all’inferno, ti trascino con me.
Quell’eventualità raggelò il biondo, che aveva per un attimo dimenticato con chi aveva a che fare. Il criminale glielo lesse negli occhi, e ne fu soddisfatto. Da fuori, aprirono le portiere.
- Coraggio, Surge – lo esortò. – Stanotte potrebbe iniziare la tua nuova vita. E anche la mia.
Scesero, e si ritrovarono immersi in una cappa d’afa. Erano nel centro di una qualche città, e molto lontano dal mare, a giudicare dall’umidità che infestava quella zona. Il sudore incollava i vestiti al corpo. Surge si guardò intorno: il cielo non era che uno spicchio scuro in mezzo alle cime di innumerevoli grattacieli.. Non riconosceva affatto quel posto.
- Dove siamo? – chiese repentinamente al Pinguino.
Quello era sceso dalla macchina, e si accompagnava al suo ombrello appuntito come al solito. Ora che sapeva che aveva sfregiato la faccia di qualcuno, forse anche più di qualcuno, con quello, lo guardava sotto un’altra luce. Dopotutto, lui era sempre il criminale che aveva tormentato il Parco dei Duelli fino all’altro ieri. Magari se qualcuno di loro lo avesse sfidato e avesse perso, si sarebbe ritrovato il viso sfigurato come Randall Holmes. Aveva fatto bene a farsi gli affari suoi.
Quello lo guardò sistemandosi la tuba in testa. – Sei molto lontano da casa, ragazzo – gli rispose. Poi volse lo sguardo, e quando Surge lo seguì si ritrovò a spalancare la bocca.
Davanti a loro, si stagliava contro il cielo notturno un imponente edificio, talmente imponente da svettare persino sopra gli altri. Impossibile calcolare quanti piani avesse, ed erano tutti in vetro, il che comportava che fossero difficili da scaldare d’inverno e impossibili da raffreddare d’estate. Era quasi del tutto immerso nel buio, eccezion fatta per una luce che brillava molto in alto, quasi a far compagnia alle stelle. Una scritta campeggiava, enorme, sulle vetrate:
 
DEVON SpA
 
- La Devon? – fece Surge, incredulo. – Questa è la Devon SpA? Vuol dire che siamo a…
- Saffron City – finì per lui il Pinguino. – Come ti ho detto, sei parecchio lontano da casa, stasera.
Si sistemò di nuovo il cappello, poi disse ai suoi uomini. – Voi aspettateci qui. Conto di far ritorno.
A quelle parole, Surge non trattenne un groppo alla gola. Cobblepot si avviò verso l’edificio. Dopo pochi istanti di incertezza, Surge si risolse a seguirlo. Quale altra scelta aveva? Ormai era in ballo.
L’atrio era illuminato, come la finestra all’ultimo piano. Le porte a vetro erano a scorrimento, e si aprirono quando Cobblepot passò un badge su un display lì accanto. Il goffo uomo lo precedette, mentre Surge si guardava intorno, alquanto ammirato. Dopotutto, uno come lui non avrebbe mai pensato di ritrovarsi in un posto come la sede della Devon. Chiunque giocasse a Duel Monsters conosceva la Devon.
Ai suoi albori, la Devon era una società mineraria. Ricavava pietre dalle cave e limature di ferro dalla sabbia. Tuttavia, dopo aver trovato, letteralmente, una miniera d’oro, aveva investito in azioni e aveva decuplicato il proprio patrimonio. E così, capendo che aria aveva cominciato a tirare negli anni, aveva volto la propria attenzione all’attrattiva principale: il Duel Monsters. Oggi, la Devon si occupava di tutto ciò che riguardava il mondo dei duelli, ed era la diretta rivale della Kaiba Corporation, che deteneva ancora il monopolio, anche grazie alla fama del suo presidente, Seto Kaiba.
Ma Giovanni Devon, proprietario dell’azienda di famiglia, non era di certo da meno. Era lui, da diversi anni a quella parte, a organizzare tornei di Duel Monsters che avevano risonanza a livello mondiale, e che permettevano a quelli che prima erano dei semplici sconosciuti di raggiungere un successo inimmaginabile. E naturalmente, la cosa aveva attirato l’attenzione della Kaiba Corp. La fusione tra le due compagnie sembrava ormai essere alle porte.
L’atrio in cui si trovavano i due era un ampio spazio dal soffitto alto, il pavimento piastrellato di blu, con molteplici divanetti e tavolini bassi con dei pouf gialli e blu. Al centro c’erano due fontane in perenne funzione. Quando ci passarono vicino, gli zampillii colpirono Surge in faccia e lasciarono qualche goccia più scura sul nero della canotta.
Ai lati erano disposti dei vasi con delle piante verdi lunghe e alte, che Surge non sapeva distinguere perché non ci capiva un cazzo di piante e non gliene era neanche mai fregato. Su una delle pareti c’era un’enorme cornice che conteneva la sigla:
 
DEVON SpA
“Tutto ciò di cui avrete bisogno,
lo troverete da noi”
 
Era uno slogan accattivante.
Si diressero verso la parete in fondo, che aveva tre ascensori. Scelsero quello di mezzo. Cobblepot passò di nuovo il suo badge, e poi si accese una luce verde. Quando le porte si aprirono, Surge avvertì una certa tensione e un movimento nella zona dell’inguine. Non ci poteva credere.
Cobblepot passò per la terza volta quella sera il badge su una fessura posta accanto al display dell’ascensore. Chissà se lì anche la macchinetta del caffè funzionava col badge.
Quando la luce verde di conferma si fu accesa, il Pinguino digitò un numero sulla tastierina: cinquantaquattro. Andavano al cinquantaquattresimo piano. Quel posto aveva più di cinquantaquattro piani. Roba da vertigini.
L’ascensore cominciò la sua salita. Fu allora che sulle labbra di Surge affiorò un sorriso a metà tra il nervoso e il divertito, la fronte madida di sudore alla luce dei led della cabina.
- Porca troia… - mormorò. – Sono alla Devon.
Accanto a lui, le mani entrambe poggiate sull’ombrello, Cobblepot commentò: - E’ presto per esserne entusiasti. Potrebbe essere l’ultima cosa che vedrai.
Preso da una strana eccitazione, Surge gli rispose: - Chi se ne importa. Il solo fatto di essere qui… cazzo, me l’ha fatto venire duro.
Abbassò gli occhi sul rigonfiamento dei suoi pantaloni. Cobblepot gli lanciò un’occhiata per poi fare una smorfia disgustata. – Se non altro, ora so che sei abbastanza malato.
Si tolse il monocolo e lo pulì contro il cappotto. – Cerca di fartela passare. Se mi presento davanti al capo con un ragazzino col durello, sarà difficile convincerlo che hai un deck in tasca.
A Surge si accese una lampadina – sì, ogni tanto succedeva: e se, visto il luogo in cui erano, il suo capo fosse stato nientemeno che Giovanni Devon? Possibile?
Il pensiero di apprestarsi a incontrare Giovanni Devon gli faceva un effetto molto singolare. La cosa, stranamente, non faceva che invigorire la sua erezione.  Ora sì che le parole di Cobblepot avevano senso: aveva detto che le persone per cui lavorava erano molto influenti; e Giovanni Devon era decisamente uno influente.
- Hai qualche idea? – gli domandò il biondo, mantenendo il sorriso nervoso.
- Potrei darti un’ombrellata sull’uccello – propose allegramente Cobblepot.
- Oppure?
Il malavitoso ghignò, il monocolo che riflesse per un attimo la luce. – Pensa a tua nonna.
 
Quando Alan ebbe finito di raccontare, Lance si lasciò ricadere sullo sgabello. Rischiò di finire per terra, ma riuscì ad appoggiarsi ai bordi e a mantenersi in qualche modo saldo. Saldo non era esattamente l’aggettivo che avrebbe utilizzato, ma in quel momento altri non gliene venivano.
In testa aveva un caos da capogiro. Dopo attimi in cui il silenzio la fece da padrone, il rosso riuscì nuovamente a guardare Alan. Gli sembravano passati vent’anni da che erano lì. Si sentiva invecchiato e non sapeva il perché. Forse perché, adesso, lui portava parte del peso di quella confessione. Era in qualche modo complice dell’altro.
- Il mio parere su di te non è cambiato dopo quanto mi hai detto stasera – riuscì a dirgli. Si sentiva la voce impastata.
Alan gli sorrise nella penombra della stanza. – No, non è vero.
La sua risposta lo spiazzò. – Te lo leggo negli occhi. Conosco bene il sentimento che trasmettono. Quella pallida, malriuscita imitazione della pietà. Non puoi avere compassione per me. E la pietà non è ciò che mi serve.
Si rimise lentamente sdraiato, guardando quel soffitto ora un po’ meno sconosciuto.
- Ho visto troppe volte quell’emozione. È per questo che me ne sono andato da casa, e sono venuto qui. Pensavo di essere abbastanza lontano. L’ho pensato a lungo.
Chiuse per un attimo gli occhi. – Io ti ho privato del tuo sogno. Ti ho privato della possibilità di superare tuo nonno, di rifargli un nome, sconfiggendo chi l’ha battuto. Perché non importa quello che dirai o che farai. Non importa quali circostanze potranno mai capitare. Non mi vedrai duellare ancora. E adesso, incredibile ma vero, non ho più bisogno di spiegarti il perché.
Poi tacque. Neanche Lance riuscì a dire qualcosa. Gli venne in mente, in quel momento, che era in un ritardo tremendo e che la sua ragazza, probabilmente, lo avrebbe fatto a pezzi. Ma era possibile sentirsi più a pezzi di così? Non ne era sicuro.
Alla fine si alzò. Guardò Alan, che aveva gli occhi chiusi, e non sapeva se dormisse o meno. Il petto si alzava e si abbassava tranquillamente. Gli diede un’occhiata: Alan non era minuto, ma non era neanche ben piazzato; era un ragazzo nella media, alquanto bello, e con una personalità intrigante.
Si chiese come potesse un corpo così piccolo sopportare una tale sofferenza.
Ma c’è forse una scelta?
Alla fine, riuscì a promettergli: - Non racconterò a nessuno quello che mi hai confessato.
Si portò una mano sul cuore. – Lo giuro.
Alan fece un debole sorriso, privo di allegria. – Te ne sono grato.
E quello chiuse la loro conversazione. Lance lo lasciò riposare, e uscì dall’ospedale guardando per terra. Si controllava i piedi come se non avesse mai saputo di averli.
Quando fu fuori, e il vento caldo lo investì, sentì il suo cellulare vibrare. La sua ragazza, sicuramente. Non aveva scuse, e non poteva dire la verità.
Alzò gli occhi alle stelle, che ricambiarono indifferenti. Pensò che la vita, a volte, sapeva essere davvero crudele.
 
Quando le porte dell’ascensore si aprirono con il classico scampanellio, Surge si teneva il cavallo dei pantaloni ed era piegato in avanti.
- Ti avevo detto di pensare a tua nonna. – Con compostezza, nonostante la sua stazza, Cobblepot se ne uscì dall’ascensore. Surge fece più fatica.
Tuttavia la terapia d’urto aveva funzionato, e ora la situazione nei pantaloni si era afflosciata. Si era fatto venire un’erezione per essersi trovato alla Devon SpA. Aveva veramente raggiunto il punto di non ritorno.
La reception del cinquantaquattresimo piano era arredata con poltroncine da design. Dietro ad essa sedeva una segretaria con gli occhiali e i fulvi capelli rossi, legati in una coda bloccata da un fermaglio dalla forma che Surge non riusciva a identificare. I suoi occhi erano di un azzurro ghiaccio, lo stesso colore dello smalto sulle sue unghie, che sembravano coperte di brina. Indossava un elegante tailleur nero smanicato sopra a una gonna viola, e aveva al polso destro uno spesso bracciale dorato. Non appena arrivarono da lei, lo sguardo del giovane cadde sulla sua scollatura Quanti anni poteva avere? Massimo una quarantina, giudicò il biondo, e comunque li portava molto bene. Si vedeva.
Ed ecco che il rischio erezione si ripresentava tosto. La segretaria sedeva sotto una riproduzione della Notte Stellata di Van Gogh. Il pavimento era coperto da un folto tappeto color ostrica. Il climatizzatore rendeva quell’ambiente fresco e piacevole. Surge si sentiva refrigerato.
La segretaria alzò gli occhi su di loro, un sorriso privo di felicità. – A buon rendere, Oswald – salutò l’altro. Surge non aveva mai sentito il nome di battesimo del Pinguino; saperlo faceva tutto un altro effetto.
Quello si tolse la tuba e se la portò al petto, protendendosi poi nella parodia di un inchino. – Buonasera, Lorelei.
- Il signor Devon ti attende. – Dava del tu, una cosa che nessuna segretaria avrebbe mai fatto. O quella non era una vera segretaria, o aveva appeso la maschera da segretaria per indossare chissà quale altra. Come se avesse captato i suoi pensieri, la rossa spostò lo sguardo su di lui. Inarcò un sopracciglio con un fare estremamente elegante.
- Chi sarebbe il biondino che ti porti appresso?
Cobblepot si volse un attimo a guardare Surge, come se si fosse accorto solo allora della sua presenza, e poi tornò a rivolgersi all’altra. – Qualcuno che voglio presentare al capo. Penso che gli farebbe molto piacere conoscerlo.
La donna, che l’altro aveva chiamato Lorelei, si alzò in piedi. La sua gonna aveva uno spacco laterale dalla quale usciva la gamba più bella che il ragazzo avesse mai visto. La serata si prospettava eccitante, anche se forse non nel modo in cui poi si sarebbe aspettato.
- Questa non è un’agenzia di incontri – lo rimproverò con tono. – E il capo non ha bisogno di un appuntamento.
- Perché ci sei tu, no? – ridacchiò il Pinguino, meritandosi un’occhiataccia da parte dell’altra. – Tranquilla. Sono convinto che gli piacerà.
Lorelei corrugò la fronte, ma non disse nulla. In tutto questo, non aveva affatto calcolato il biondo. Lui, per conto suo, aveva le mani in tasca e pareva molto concentrato sui suoi piedi; in realtà, era interessato allo spacco laterale della donna.
Quest’ultima li precedette lungo il corridoio. Cobblepot fece un cenno a Surge, e poi si misero al suo seguito. Mentre avanzavano, il Pinguino parlò sottovoce al suo nuovo “protetto”: - Ora, quando saremo in quella stanza, lascia parlare per me. Non farti venire in mente di aprire quella bocca se non te lo dico io, o non te lo dice qualcuno. Sempre che tu ci tenga a tornartene a casa, stanotte.
Surge giudicò che quella notte rischiava di diventare fin troppo lunga, talmente lunga da essere interminabile, perciò per una volta diede retta al suo buon senso e si limitò ad annuire. Cobblepot parve soddisfatto. Surge vide che aveva la presa salda sull’ombrello, talmente tanto che le nocche erano bianche. Giudicò che era quello il suo modo per mostrare la paura. Era molto composto, eppure traspariva in quel momento il suo attaccamento alla vita e il timore di perderla.
E Surge? Che dire di lui?
La tensione aumentava a mano a mano che ci si avvicinava alla porta in fondo al corridoio. L’aria era carica di elettricità. Se tendeva l’orecchio, poteva ascoltare dei borbottii concitati dietro la porta chiusa. Quasi sicuramente, Giovanni si trovava là dietro. E non sembrava felice.
Lorelei spalancò loro le porte, poggiandovi sopra le dita con le unghie di brina. E da quel momento, la vita di Surge non fu mai più la stessa.
Entrarono in una stanza abbastanza grande da disorientarlo. In fondo spiccava una scrivania con un’impressionante lastra nera di Lucite. Tutto intorno erano sistemati divanetti confortevoli in pelle nera, e scaffali a vista con gli sportelli in vetro. Vicino alla scrivania c’era una dispensa in mogano piena di liquori: Martini, Jack Daniels, Sheridan, ma anche marche che lui non conosceva – lui beveva soltanto Heineken e uno strano mix di Southern Comfort e Seven-Up.
La stanza era animata da un’accesa discussione: in piedi, al centro, c’erano due ragazzi che dovevano avere più o meno l’età di Surge; uno di loro aveva i capelli verdi a caschetto e un ciuffo sparato in aria come un’antenna. Indossava una camicia cachi sulla quale si vedevano aloni di sudore, e puntava il dito contro l’altro.
- Io mi rifiuto di lavorare con questo stronzo!
Lo stronzo in questione aveva le mani in tasca e indossava una polo blu. Sembrava molto sicuro di sé, e si passò una mano fra i capelli sparati, un braccialetto d’oro che brillò al polso. Era impossibile non sapere chi fossero quei due, se si bazzicava nel Duel Monsters. Erano i due che avevano da poco disputato la finale del campionato regionale: Aaron Underwood e Gary Oak, il campione.
- Questo dovrei dirlo io, casomai – precisò Gary con una risata. – Da quando accettate anche i perdenti? Pensavo che la Devon puntasse solo al meglio.
E così dicendo, con sommo disprezzo di Aaron, che stringeva i pugni e digrignava i denti come aveva fatto sul palco durante la finale, Gary si rivolse all’uomo intento a contemplare la città dormiente dalle vetrate.
Fu allora che Surge lo notò per la prima volta ,eppure sarebbe dovuta essere la prima cosa che l’occhio dovesse catturare appena entrati in quella stanza. La sua presenza era così… be’, presente. Non aveva altri termini per definirla. Dava loro le spalle, intento a contemplare Saffron City, che da lì sembrava un conglomerato di torri di ossidiana avvolte nel buio.
E lui ne era il re.
Aveva le mani intrecciate alla base della schiena, in perfetta posizione eretta. Indossava una di quelle giacche lunghe smanicate, un trend che Seto Kaiba e altri come lui avevano reso famoso, la moda della beat generation di Duel Monsters. I suoi capelli erano del colore del mare di notte, uno strano e inquietante blu, e quando si volse, i suoi occhi ambrati, come quelli di un gatto, non si posarono su uno dei due, ma direttamente su Surge.
Il biondo ne provò un’attrazione fatale, un pensiero di cui si sarebbe sempre vergognato. Ma in quel momento, sentì che fosse impossibile non farsi attrarre da lui. Si era aspettato di trovare Giovanni Devon, invece in quella stanza c’era un ragazzo che doveva essere appena più grande di lui, dai lineamenti delicati ma al contempo decisi, il taglio degli occhi come quello di un predatore, e un’aura irresistibile di potere che lo attorniava. Sembrava brillare di luce propria.
- Dipende da cosa intendi per “meglio” – rispose a Gary quel misterioso ragazzo, ma senza staccare gli occhi da Surge. Il biondo si sentiva come paralizzato sul posto. Fu allora che tutti i presenti si accorsero di lui
- E tu chi dovresti essere? – domandò con poco garbo Gary, mentre quello dai capelli blu lo oltrepassava. Mentre gli veniva incontro, oltre ad essere impossibilitato a muoversi, Surge notò anche che aveva uno strano pendente al collo, una pietra romboidale che mandava riflessi di luce sinistra. Sembrava ossidiana
- Buonasera, capo – si presentò umilmente il Pinguino, togliendosi nuovamente il cappello. Fece un cenno di saluto anche ai due, poi poggiò una mano sulla spalla di Surge, che sussultò, ma senza staccare gli occhi dall’altro.
- Posso avere il piacere di presentarle questo giovane? Si chiama Surge, l’ho recuperato da quella feccia del Parco dei Duelli.
Il ragazzo dai capelli blu si pose di fronte a loro. Aveva un buon profumo, acqua di colonia probabilmente. Era inebriante. Surge sentiva che cominciava a girargli la testa.
- Surge – ripeté, come assaporando quelle parole. – Dal Parco dei Duelli.
Fece un sorriso affilato come una lama. – Sei venuto in rappresentanza dei tuoi amici? – domandò.
Il biondo si riebbe e guardò di lato con disprezzo, - Pff, amici? Io non ho amici!
Lo disse come se ne andasse fiero. Questo suscitò un verso di approvazione nell’altro.
Cobblepot si introdusse di nuovo nella discussione; gli aveva detto di badare a quel che diceva e a come lo diceva. – Le chiedo perdono se mi sono permesso di portarlo qui. Ho pensato che ci avrebbe fatto comodo qualcuno che potesse raccontarci tutto su quei maledetti che stanno intralciando i nostri piani.
Gli occhi dell’altro brillarono di una luce sinistra mentre gli angoli della bocca si sollevavano leggermente. – E hai pensato bene – ammise.
Dietro di loro, Lorelei fece una leggera smorfia con la bocca.
- Parco dei Duelli? – domandò a quel punto Aaron. – E cosa sarebbe?
- Soltanto un piccolo pezzo di terreno al quale sarei interessato – commentò il ragazzo dai capelli blu. Poi si rivolse a Surge: - E così, saresti davvero disposto a tradire i tuoi compagni per l’uomo che ho mandato a distruggerli?
E così dicendo, lanciò un’occhiata di sfuggita a Cobblepot. Quello non si era rilassato neanche un po’, nonostante l’altro si fosse trovato d’accordo con lui.
- Non ho compagni così come non ho amici – ribadì Surge. A quel punto, il ragazzo dai capelli blu scoppiò in una sonora risata, cosa che fece sgranare gli occhi sia al Pinguino che a Lorelei. Evidentemente non ci erano abituati.
- Mi piace questo qui! – ammise poi quello dai capelli blu, guardando Cobblepot. – Oswald, hai la pelle dura, eh? O quantomeno sai come venderla.
Quello emise un gorgoglio dal fondo della gola. Dunque era scampato pericolo?
Conservando quello strano, e a tratti inquietante sorriso, il ragazzo tese la mano: - E’ un piacere averti con noi, Surge. Io sono Zachary, Zachary Devon.
A quel nome, Surge sgranò gli occhi e sentì la gola seccarsi.
Quello che gli tendeva la mano era niente meno che il figlio di Giovanni Devon, il prossimo presidente della compagnia. Se solo Surge avesse avuto qualche nozione base di economia, avrebbe saputo che tipo di persona era davvero quella che aveva davanti. Arriva per chiunque la notte, il momento della giornata in cui tutti si tolgono dai piedi e tu rimani solo con i tuoi demoni. Quel momento in cui, anche dopo il coito più acceso con la bella ragazza che hai abbordato al bar o col ragazzo con cui ti frequenti da mesi, ti stendi e prima di dormire guardi il vuoto, e pensi a tutto quello che hai fatto e ti domandi che conseguenze potrebbe mai avere.
Quando Zachary Devon fissava il vuoto, la notte, prima di dormire, non vedeva assolutamente niente. E la sua testa era sgombera da ogni tipo di pensiero o rumore di fondo. Non c’erano demoni ad attendere Zachary negli angoli bui della stanza, nel freddo delle notti d’inverno, sotto le braci ormai spente. Non c’erano perché lui era i suoi demoni.
Per lui, ogni cosa aveva un prezzo, tutto era valutabile in azioni. Quando sedeva al proprio laptop, Zachary non faceva certo come in quei dannati film americani che tanto odiava, dove si battevano tasti a caso su uno schermo nero sul quale uscivano combinazioni di lettere e numeri in verde, e dove il mouse non esisteva. Lui non faceva funzionare programmi suonando la tastiera come un pianoforte, e non lavorava su siti oscuri che andavano avanti anche quando ti fermavi per bere un caffè. Quando era a lavorare alla sua scrivania, sul laptop di Zachary c’erano sempre aperti un foglio di Excel con il rendiconto delle loro azioni costantemente aggiornato, assieme all’elenco degli ordinativi, e una maschera di Acces ridotta a icona subito a fianco sulla barra degli strumenti, vicino all’icona del browser, delle cartelle, dello store, del blocco note, di Word e One Note. Non aveva bisogno di Spotify; sia lode all’America per il Muzak.
Oh, e lui il mouse lo usava eccome.
Se Surge si fosse informato un poco, avrebbe saputo che la bevanda che gli piaceva tanto, la Southern Comfort più Seven-Up, stava venendo esportata nei paesi orientali, dove non c’era mai stata. E di chi era il merito? Di Zachary Devon. La Devon commerciava in molteplici settori, non solo nel campo del Duel Monsters, anche se quello era senza dubbio il più redditizio. Ogni cosa poteva fare da sponsor, perciò comprare la Southern Comfort più Seven-Up garantiva uno striscione in più sulla sede dell’Altopiano Vittoria, e la felicità di papà Giovanni. Quando Zachary dava l’assenso all’esporto in Cina e Giappone della bevanda, dava anche il suo assenso alla deforestazione per costruire le nuove fabbriche. E cosa gli importava se il polmone del pianeta andava a fuoco?
Nulla, perché tutti devono morire e perché è così che gira l’economia. Non esiste codice morale che regga di fronte alla fredda logica matematica. E la fredda logica di Zachary era ciò che gli aveva garantito il successo a soli ventun’anni, assieme a un’educazione perfetta, a un completo autocontrollo e a una mente capace di elaborare in breve tempo gli schemi più complessi. Dopotutto, la laurea ad Harvard non l’aveva presa in undici mesi per meritocrazia.
Inconsapevole di buona parte di queste cose, Surge allungò una mano tremante, e ricambiò la stretta. L’altro aveva una presa salda, da lanciatore di baseball.
- Sei stato furbo, Oswald – disse poi Zachary, lasciando andare la mano di Surge. – Sapevi che se fossi tornato a mani vuote non te l’avrei fatta passare liscia.
Cobblepot strinse con forza sia ombrello che tuba. – Vi ho servito fedelmente per anni – disse, come in sua giustificazione. – Merito una seconda possibilità.
- E l’avrai – lo rassicurò Zachary. Poi tornò a guardare Surge: - Una volta che il tuo nuovo “amico” ci avrà raccontato tutto quello che sa sul Parco dei Duelli, e soprattutto sul ragazzino che ti ha così facilmente umiliato.
Gary e Aaron si scambiarono un’occhiata a quelle parole. Cobblepot scoprì i denti e sputò fuori il suo disprezzo: - Quel dannato Alan!
A quel nome, gli occhi di Gary si illuminarono, e abbandonò il tono da spocchioso. – Alan? Hai detto Alan?
Tutti i presenti concentrarono la loro attenzione su di lui. Ora anche Zachary sembrava intrigato.
- Lo conosci? – gli domandò.
- Se è chi penso che sia – fece Gary, afferrandosi la polo al centro e stringendo, come se volesse strapparsi il cuore – mi meraviglio che non lo conosciate anche voi.
Zachary incrociò le braccia. – E’ molto difficile sorprendermi – lo avvertì.
Gary fece una risatina. – Ah sì? Buon per te.
Lorelei e Cobblepot sussultarono. Nessuno poteva dare del tu al capo, nessuno.
Ma quello rimase impassibile. Gary avvertì un certo disagio a quel silenzio di risposta, ma proseguì. – Il suo nome è Alan Kalos – rivelò. – Un tempo eravamo amici. Gareggiavamo per le finali del campionato regionale di due anni fa. Ma avevo sentito che non duellava più…
Si strinse nelle spalle.
- Alan Kalos? – Dopo averlo ripetuto, un lampo si accese negli occhi di Zachary, che sembrò ricordare. Andò verso la scrivania, e lo sentirono dire: - Ma certo. Il campionato di due anni fa. Quel campionato.
Si sedette, e invitò gli altri a fare lo stesso, indicando loro i divanetti. – Molto bene – osservò. – Lorelei, penso sia ora di aprire quella bottiglia di scotch invecchiato.
- Dice sul serio, signore? – domandò quella, con il rossore sulle guance.
- Oh, certo – confermò lui con un sorrisino. – Questa sarà una serata interessante.
Giunse le mani, mentre la rossa si avviava all’armadietto dei liquori. Il suo sguardo d’ambra si posò sui presenti uno ad uno.
- Gary Oak, il tre volte campione regionale. – Quello sedeva con un braccio pendente dal divanetto e le gambe accavallate.
- Aaron Underwood, il secondo qualificato. – Il verde si mordeva un’unghia, nervoso.
- E infine… - il suo sguardo scivolò lentamente, come se avesse melassa negli occhi. – Il nostro ultimo arrivato, Surge del Parco dei Duelli.
Quello sedeva nervoso come non mai. Il sorriso di compiacimento di Zachary si allargò. – Ottimo, davvero ottimo.
Si rilassò appoggiandosi allo schienale della sua poltroncina, e poggiò le mani sulle gambe. – Credo sia arrivata l’ora di spiegarvi perché vi ho convocati qui, a quest’ora della notte. Siete stati molto gentili a fare tutti quei chilometri per me.
Nessuno parlò. Lorelei riempì loro cinque bicchieri, uno anche per Cobblepot. Zachary la invitò ad aggiungerne un altro per lei, cosa che fece con il rossore che diventava quasi purpureo.
Il figlio di Giovanni prese il bicchiere e lo tenne sollevato. – Vi assicuro che se collaborerete con noi, la Devon sarà felice di soddisfare ogni vostra esigenza. Fama…
Guardò Lance. – Rivalsa…
I suoi occhi si puntarono su Aaron. – E potere. Oltre ogni immaginazione.
E stavolta guardò Surge. Quello era rapito da ogni singola parola. Non si domandava neanche più come ci fosse finito lì, come fosse iniziata quella sera. Lance che lo lanciava dal tetto dell’ospedale sembrava un lontano ricordo. Contava solo l’attimo presente, e il fatto che ne facesse parte. Era abbastanza per non pensare a un cazzo di niente e lasciarsi andare. Perdere il controllo non faceva male.
Afferrò il bicchiere, e si alzò per brindare. Guardò Zachary negli occhi, e quello ricambiò con un sorriso a labbra chiuse.
- Possiamo cominciare – dichiarò. – Siete qui per… ohh. Surge? Hai un deck in testa, o per caso sei felice di essere qui stasera?
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Hola, popolo di EFP!
Che dire? Pare proprio che io vi abbia leggermente mentito: vi aspettavate l’incredibile rivelazione sul misterioso passato di Alan, eh? E invece no!
Come disse Marshall D. Teach non troppo tempo fa in One Piece: “Troppo presto, ragazzino, troppo presto”. È giusto tenervi ancora un po’ sulle spine. Questo non diventerà una specie di meme, una sorta di “Aspettando Godot”. Vi assicuro che faremo chiarezza sul passato del nostro Alan, su Lucius e su cosa l’ha spinto ad abbandonare il Duel Monsters. E anche prima di quanto immaginiate. Ma rivelarlo in questo capitolo sarebbe stato prematuro, e anti climatico. Perché credetemi: quando finalmente lo scoprirete, sarà speciale. Mi piace pensare che sarà uno dei ricordi indelebili di questa storia.
Nel frattempo, possiamo anche divertirci un po’: scrivetemi pure un messaggio privato, se vi va, nel quale vi mandate le vostre ipotesi su cosa potrebbe aver spinto Alan a ritirarsi dalla scena. Meglio non farlo nelle recensioni, gli altri potrebbero ispirarsi, qualcuno potrebbe addirittura arrivarci. Però se volete scrivetemi in privato, anche solo due righe. Io non vi dirò se avete ragione o torto, ma quando quel momento arriverà – e ripeto, arriverà prima di quanto possiate immaginare, ma non posso dirvi quando – io potrò riprendere quei messaggi, e vedere chi magari ci ha beccato, e chi ci è andato più vicino.
Sarei molto curioso!
Nel frattempo, questo capitolo come avete potuto vedere è stato diverso dagli altri. È stata un’immersione nel lato oscuro della forza, se così possiamo dire. Abbiamo finalmente guardato negli occhi colui che muove i fili, il capo del Pinguino e, in ultima istanza, il principale antagonista della prima parte di questa fan fiction: Zachary Devon, figlio di Giovanni.
Vi avevo detto che è in arrivo una tempesta, e sarà proprio Zachary a portarla. Cos’avrà in mente, servendosi di gente come Gary, Aaron e persino di Surge ora? Una cosa è certa: è un genio, è senza scrupoli, e, ve lo assicuro, è anche fortissimo. E i nostri amici avranno la sfortuna di scoprirlo molto presto. Perché quando Zachary deciderà di fare la sua mossa e di scendere in campo di persona – come fanno tutti i buoni antagonisti, del resto – nessuno sarà in grado di fargli fronte. E il nostro Alan, ce la farà?
Ma è presto per scoprirlo. Certo è che se Alan è l’eroe del Parco dei Duelli, e Zachary quello che vuole vederlo distrutto, i due sono inevitabilmente destinati a incontrarsi. E noi non vediamo l’ora che questo accada, no?
La posta in gioco comincia a farsi alta, molto alta. Ma mentre noi progettiamo in vista del futuro, anche il passato può sorprenderci: il primo capitolo di questa fan fiction ha superato le 100 visite! Io non so davvero come ringraziarvi. Mi riempie il cuore di gioia vedere il supporto che state dando a questa storia. Spero di continuare così, e di non deludervi; e se mai dovesse accadere, di tornare alla ribalta cento volte più forte.
In questo capitolo non abbiamo avuto duelli, e ogni tanto va bene anche così. In compenso, ci sono un sacco di riferimenti e di cose da spiegare. Cominciamo da Saffron City e dalla Devon Spa: nel mondo di Pokemon, queste due cose non sono collegate. Saffron City è Aranciopoli, nella regione di Kanto, ed è sede della Silph SPA, non della Devon, che si trova invece a Ferrugipoli, ad Hoenn. Tuttavia, siccome mi piaceva l’idea che fosse un’azienda a conduzione familiare, e il nome Giovanni Silph non mi garbava affatto, ho preferito mischiare le due cose. L’aspetto estetico della Devon è invece ispirato a quello della Silph, così come il suo ruolo – nei giochi di prima generazione, la Silph è infatti occupata dal team Rocket, e all’ultimo piano c’è Giovanni in persona. Qui abbiamo trovato suo figlio, Zachary, che per design è ispirato all’omonimo pg affrontabile di Yu gi oh: Duel Links. Gli occhi ambrati sono un mio tocco personale.
La storia della Devon l’ho chiaramente riadattata io, così come quella di Cobblepot, anche se molti elementi sono presi dalla sua biografia originale. Non conosco però il nome della ragazza che lui ha portato al ballo, così me lo sono inventato sul momento.
Lorelei è la prima dei Superquattro di Kanto, invece. Per finire, devo ringraziare moltissimo, per la parte sulla descrizione della Devon e sull’operato di Zachary due fattori diversi:
- il libro di Stephen King “Uscita per l’inferno”; mi sono ispirato a un suo passo per la descrizione degli uffici interni. Il Re è magistrale come sempre.
- i miei amici con cui ho passato due giornate meravigliose questo giovedì e venerdì. Sentendoli parlare di economia e di come certe volte bisogna mettere a tacere il proprio senso morale, ho approfittato per disegnare un minuscolo scenario della realtà economica che, purtroppo, pare si trovi davvero ai piani alti.
Spero che abbiate gradito davvero. E siccome mi sono dilungato già abbastanza, direi che possiamo rivederci la prossima settimana!
 
Nel prossimo capitolo: “Miss Parco dei Duelli”
Un simpatico concorso di bellezza per i nostri amici del Parco diventa l’occasione per una ragazza di provare a tutti il suo animo da guerriera. Orgoglio e bellezza si sfidano in una battaglia mortale per il riconoscimento del proprio ruolo. Non perdetevelo!
 
Ciao ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: Miss Parco dei Duelli ***


CAPITOLO 9: Miss Parco dei Duelli
 
 
- E’ urgente? – domandò il ragazzo, senza minimamente cercare di nascondere il suo fastidio. L’uomo di colore sembrava mortificato, ma la sua spocchia gli impediva di notarlo.
- Non ti avrei fermato se così non fosse. – E detto ciò, fece l’ultima cosa che Alan si sarebbe aspettato: si prostrò ai suoi piedi. Era chino, la nuca piegata e i polpastrelli a contatto col pavimento. Un bizzarro incrocio, uno di quelli che ti aspetteresti se Spider Man si convertisse all’Islam e si mettesse a pregare rivolto verso la Mecca.
Il ragazzo sgranò gli occhi. Un forte senso di disagio si impadronì di lui. Quell’immagine aveva qualcosa di fortemente sbagliato; non sapeva spiegarselo bene, ma era così.
- Ohi… - arretrò spaventato – si può sapere che diavolo stai facendo?
Alan era praticamente un bambino di fronte all’altro. Eppure quello si era messo in ginocchio, no, di più, si era prostrato, come se fosse una divinità, o come se fosse un re e lui solo un umile servo.
- Per favore… - La sua supplica uscì esile come il sussurro di un fantasma in una tormenta. – Ti scongiuro, non farei tutto questo se non fosse importante. No, è essenziale!
- Ohi, la vuoi piantare… - Da fuori, chiamarono nuovamente il suo nome. Se quello gli faceva perdere altro tempo, rischiava di farsi squalificare. Ma non era quella la cosa che lo preoccupava di più. Era quel terrore irreale che si era impadronito di lui a turbarlo sopra ogni cosa.
Dal collo dell’uomo di colore pendette qualcosa. Erano…
 
Il telefono che suonava dentro al suo orecchio. Fu il primo suono diverso dal ronzio di una zanzara che svegliava Alan in quei caldi giorni d’estate. Solitamente erano sempre quelle stronze volanti, grosse come stronzi di topo, a ridestarlo dai suoi sogni – o dai suoi incubi – con quel ronzio acuto che Alan sospettava fosse ciò che sente un uomo l’istante in cui impazzisce e decide di guidare a luci spente nella notte perché sì, è davvero così facile morire.
Il cellulare squillava e gli sembrava veramente di avercelo nell’orecchio. In realtà era sul comodino accanto al letto. E quello sembrava invece dall’altro capo del mondo. Non serviva essere laureati ad Harvard per capire che quelli erano i postumi di una sbronza. Con uno sforzo che gli sembrò immane, allungò la mano verso il telefono, sfiorandolo un paio di volte prima di riuscire ad afferrarlo.
Si era dimenticato di mettere la luminosità al minimo, cosa che faceva sempre prima di andare a dormire. Lo schermo illuminato lo colpì con la violenza di un treno in corsa, facendolo protestare mugugnando. Si sentiva la bocca impastata. Premette l’icona verde senza neanche aver letto, e biascicò l’imitazione di un: - Sci?
- Alan! – La voce di sua madre,
- OH! – Si riebbe di colpo, quasi balzando sul letto. Gli esplosero una miriade di puntini luminosi davanti agli occhi; sbatté le palpebre nel tentativo di scacciarli, inutilmente. Costellazioni rosse, verdi, viola e blu brillavano sulla sua retina, mentre al suo orecchio sua madre domandava: - Tesoro, dormi ancora?
- Gno, gno – si difese lui – che, scherzi?
Si sfregò un occhio e avvertì l’odore del proprio alito. Puzzava terribilmente di birra.
- Ascolta caro! – La voce di sua madre era squillante come sempre, il che non sarebbe stato un problema, se non fosse che con quel mal di testa ogni sillaba era come un punteruolo che si conficcava nella sua carne. – Io e tuo padre pensavamo di fare un salto da te domani. Lo so, doveva essere una sorpresa, ma non vorrei che poi fossi troppo impegnato.
- Mm? Oh, gno, gno, gnessun problema – biascicò lui, continuando a sfregarsi gli occhi. Sentiva la testa incollata al cuscino per il sudore, così come il resto del corpo. Presa consapevolezza del sudore, avvertì anche la sensazione del freddo metallico delle piastrine sul suo petto, adagiate sulla distesa di peli in mezzo ai capezzoli come serpenti addormentati. Poi arrivò l’odore della sua stessa pelle sudata, e il calore del sole che filtrava dalle tapparelle che si era scordato di chiudere. Perché non l’aveva fatto?
- Alan? Tesoro, tutto bene? – domandò la voce al di là del telefono con una punta di materna, immancabile preoccupazione. Lui mugugnò ancora: - Ma sì, è che mi sono appena svegliato – si difese.
- Quindi stavi ancora dormendo.
- Va be’, è uguale – disse lui, stiracchiandosi e portando il braccio in alto. Gli schioccò la spalla.
- Va bene, allora ti lascio dormire. – Per fortuna, sua madre non aveva intenzione di farla lunga. – Tanto ci vediamo domani, va bene?
- Certo. – Lui era ancora abbastanza scombussolato da non aver per davvero seguito il filo del discorso, quindi non aveva realizzato che i suoi sarebbero passati da lui indomani.
- A domani, tesoro.
- Ciao mà.
Fu molto più brusco nel chiudere la conversazione, ma ormai ci erano abituati. Lanciò praticamente il telefono e per poco non mancò il comodino per finire sul tappeto. Ma alla fine sentì il tonfo sul legno e seppe che era andato tutto bene, più o meno come quando lei ha paura e tu le prendi la mano e le dici che non deve aver paura se lo fate al primo appuntamento perché tanto Dio è morto e solo gli uomini possono giudicarli.
Si lasciò andare a un rumoroso sbadiglio. Aveva il braccio spiattellato sul cuscino, e l’odore delle sue ascelle lo colpì con forza; aveva decisamente bisogno della sua doccia mattutina.
- Era tua madre?
- Esat… - Fermi tutti. Momento, momento, momento! Chi aveva parlato?
Lentamente, come se fosse in un horror, Alan ruotò il collo, un’espressione di gelato stupore sul suo volto. Quello che trovò dall’altra parte del suo letto a una piazza e mezzo, con metà testa sul suo cuscino, non fu un killer armato di machete pronto a fargli la festa – di prima mattina, poi.
No, era un volto assonnato, col trucco rappreso e dagli scompigliati capelli lilla. Lo sgomento del ragazzo contrastava col suo attuale stato fisico; era ancora troppo rincoglionito per sorprendersi davvero. Invece, si limitò a un: - Oh. Ciao.
- ‘giorno – mugugnò lei. Era nuda, e anche lui lo era; se ne accorse solo in quel momento. L’atmosfera surreale che si era venuta a creare si traduceva in una calma più completa per entrambi i soggetti. Alan non era sicuro di capire bene cosa stesse succedendo – o fosse successo, se quelli che stava smaltendo non erano i postumi di una normale sbronza – ma era molto tranquillo. E anche la ragazza dal’altra parte del letto non sembrava particolarmente infelice di essere lì.
- Okay – disse piano lui. Parlava a rallentatore, o tale era la sua percezione. – Io… ti conosco, vero?
La additò, e quella gli prese il dito e lo baciò con delicatezza. Alan sentì un fremito risvegliarsi in mezzo alle gambe.
- Mm-mm – confermò lei. – Eri parecchio sbronzo ieri sera. Più di me, che è tutto un dire.
Aveva una bella voce, anche se impastata dal sonno.
- Oh… - Alan non ricordava assolutamente nulla. – Ho… combinato casini?
- Be’, dipende da che intendi per “casini” – rispose lei maliziosa. – Sei fidanzato?
- No.
- Allora tutto apposto. – Sorrise ancora, spostandosi poi i capelli dal viso. - Comunque Winona, piacere di nuovo.
Tese la mano; Alan si sentì pervadere da un incontenibile accesso di ilarità. Era tutto così strano in quel momento; non sbagliato, solo fottuto di cervello. Ricambiò la stretta.
- E quindi, noi due…
- Direi di sì – gli confermò quella.
- Oh. Scusa, quanto avevo bevuto?
- Mm, credimi, non vuoi saperlo.
Alan si sistemò meglio sul letto sfatto, bagnato e puzzolente. Quella strana conversazione continuava. La cosa divertente, era che entrambi continuavano a mangiarsi con gli occhi. – Puoi riassumermi quanto è successo in poche parole?
Le piastrine gli si incollarono ai peli del petto; le scostò con una smorfia.
- Be’ – iniziò lei, sistemandosi a sua volta, le gambe che nascondevano di poco il pube in quella posizione, un braccio a sorreggere la testa, e il seno sinistro scoperto e invitante. Si lasciò andare i capelli oltre la spalla. Alan sapeva perfettamente che, come nel caso di Mera, era ancora una volta l’alcool – o meglio, i residui dell’alcool – a renderlo così calmo in compagnia di una ragazza nuda nel suo letto. Non era la sua prima volta, ma era sempre un po’ strano. Diciamo che, quando non lo fai da diverso tempo, poi è ancora più strano.
- Siamo usciti con i ragazzi del Parco a bere una birra. Solo che la serata è andata avanti, e le birre si sono moltiplicate neanche ci fosse Gesù con noi.
Un altro scoppio di risa incontrollato, tanto da fargli male il petto. Lei lo accompagnò.
- Alla fine eravamo tutti parecchio sbronzi – proseguì poi Winona. – Tu però penso ci battevi tutti. Così ti ho dato uno strappo a casa, che tanto era di strada. Hai sboccato un paio di volte…
- Cristo. – Alan odiava raggiungere quei livelli. Di solito aveva molto più autocontrollo di così.
- Poi ti ho messo a letto e tu mi hai baciata – rivelò la ragazza dai capelli lilla. Alan non era troppo sconvolto nell’udire la carrellata di stronzate che aveva fatto. Insomma, era un po’ come essere tornati ai vecchi tempi, no? Anche se mancava qualcosa.
- E poi hai sboccato anche tu perché il mio alito puzzava di merda – dedusse il moro. L’altra ridacchiò e fece no con la testa. – Ci abbiamo dato dentro, e pure parecchio.
Lo disse senza alcuna vergogna. Abbassò lo sguardo e con l’indice disegnò ghirigori distratti sul petto del ragazzo. Lui non la fermò. I tocchi di Winona erano piacevoli, quindi perché smettere?
- Probabilmente invece sarà stata una merda e tu eri troppo ubriaca per accorgertene – la canzonò Alan. – E’ impossibile che io abbia funzionato, se ho bevuto quanto credo.
Ora pensava di essersi fatto un’unità di paragone. Gli era già capitato, un paio d’anni fa, di fare così. A dire il vero, anche l’anno prima, quando aveva detto che non lo avrebbe mai più fatto, che non si sarebbe mai più svegliato in un posto senza sapere dove si trovava e con chi era andato a letto, perché non tutte le sconosciute – o gli sconosciuti, può anche andare in quel modo – che ti si svegliano accanto sono gentili e di bell’aspetto come Winona.
Però stavolta era a casa sua, quindi sapeva dove si trovava, e aveva con sé una ragazza che non aveva intenzione di scappar sene piangendo, a quanto pareva. Era già un miglioramento, no?
Prima di rispondergli, la ragazza si avvicinò a lui, e stavolta non solo lui non fece nulla per bloccarla, ma anzi l’accolse fra le sue braccia. Faceva caldo ed erano entrambi sudati fradici e puzzavano di birra, ma questo non sembrava infastidirli neanche un po’. Winona fece aderire il proprio bacino a quello del ragazzo mentre gli mollava un paio di baci a stampo. A lui venne da sorridere, mentre sentiva un indurimento al basso ventre fare resistenza contro la pancia piatta dell’altra.
- Sono venuta due volte – le sussurrò lei all’orecchio. – Non mi capita spesso. Se quella la chiami una merda, allora credo di non poter soddisfare i tuoi standard, caro mio.
Alan non fece commenti, ma dentro di sé si diede una pacca sulla spalla. E bravo Alan, forse ci sai fare più di quanto non immagini.
I capelli della ragazza gli finirono sul viso e gli solleticarono il naso. Non c’era motivo di rifiutare un simile contatto e simili carezze. Però ci tenne a precisare una cosa.
- Questo non ci creerà problemi, vero? Voglio dire…
Per fortuna, l’altra capì al volo. Lui era più bravo con i duelli che con le parole; e ora che non combatteva più, non sapeva in cosa poteva definirsi bravo. Magari a letto.
- Tranquillo, non ho pregiudizi su quelli che lo danno a gratis. Sono molto favorevole. – La sua battuta lo fece ridere di gusto. Lei continuò: - Nah, non sono fatta per i sentimenti, se non ti dispiace.
I suoi capezzoli gli puntellavano il petto. Non era affatto male, nossignore.
La guardò con un sorriso furbo. – Conosci il detto “non c’è due senza tre”?
Lei socchiuse gli occhi, senza perdere il suo sorrisino. Non ci fu bisogno di dire altro.
 
Bevettero un litro d’acqua a testa, si fecero una doccia – insieme, già che c’erano – poi Alan preparò la colazione. Uova fritte, due a testa, pane tostato e caffè con panna e zucchero. Winona indossava una maglia grigia con la scollatura sulla schiena, e non portava il reggiseno; Alan era in maglietta e pantaloncini.
- Sei anche un bravo cuoco – osservò lei, divorando il proprio uovo. Era l’effetto della fame chimica. – La donna che ti prende è davvero fortunata.
Non c’era ironia in quel commento, solo una semplice constatazione. Ma Alan rise lo stesso. – Non sono interessato alle relazioni, al momento.
Winona masticò il proprio uovo e puntò la forchetta. – Questo non devi dirlo a me.
Gli occhi azzurri dell’altro si persero nel vuoto. – Già – convenne. – Direi di no.
 
Barney aveva avuto il raro privilegio di vedere Mera struccata. E senza vestiti, ma quello era di secondaria importanza. Eppure, ora tutto ciò a cui riusciva a pensare, mentre la mano dell’altra si agitava inutilmente là dove le coperte facevano un pallone sul bacino del biondo, era se Alan fosse tornato a casa sano e salvo. E se si fosse divertito con quella Winona.
Dopo un altro minuto di esercizi manuali andati a vano, Mera sbuffò e lasciò perdere la presa, furiosa; Barney lanciò una smorfia dolorante.
- Qual è il tuo problema? – sbottò, scostando i capelli impiastricciati dal bel seno florido. Era bellissima nella luce del mattino, gli occhi di bronzo che rilucevano nel pulviscolo infuocato della camera.
- Questo dovrei dirtelo io! – protestò lui, massaggiandosi la zona inguinale. – Non ferire il mio povero Barnoccolo!
Quella mise le mani avanti. – Okay… il fatto che tu abbia trovato un nome per il tuo pene è già abbastanza inquietante…
- Non vedo cosa ci sia di… - cominciò lui, ma l’altra la bloccò.
- Ma io ti propongo di fare sesso, tu dici sì come neanche ti volessi regalare il Santo Graal, e poi mi dai… mi dai… questo!
Allungò le mani con i palmi tesi verso di lui. La sua voce non mascherava affatto il suo disappunto. – Voglio dire, non doveva essere qualcosa di leggen…?
- Dario – la interruppe Barney, per poi fare una smorfia. – Scusa, è più forte di me. Comunque…
Si rigirò su un fianco. – Devo aver bevuto troppo, è solo per questo che non ho dato il mio massimo.
Si grattò il petto, leggermente villoso e alquanto scolpito, e fece uno dei suoi adorabili sorrisi. – Magari, ritenta e sarai più fortunata.
- Ritentare? – fece quella, basita. – Ma neanche per sogno!
E cominciò a rivestirsi. – Io me ne torno a casa – annunciò.
Barney spalancò gli occhi e mosse inutilmente la bocca. – Cos… no, aspetta!
Mera si bloccò mentre si infilava gli slip, ma non per le parole dell’altra. Quando si volse, aveva gli occhi spalancati e la bocca socchiusa, e al contempo uno sguardo interrogativo. Come per un episodio di premonizione, Barney era già pronto a mettersi sulla difensiva quando quegli occhi lo puntarono.
- Oh. Mio. Dio – scandì la rossa.
- Mera, ascolta… - Barney ora quasi balbettava.
- TU SEI GAY!! – realizzò finalmente Mera. Era così ovvio, questo spiegava tutto.
- E TU SENZA RITEGNO! – le rispose prontamente Barney, balzando a sedere sul letto. – Dì la verità: hai fatto sesso con me solo per far ingelosire Alan, vero?
Fu il turno di Mera di essere spiazzata. – Cos… no.
- Oh, sì invece – continuò lui. – J’accuse, Mera! Sì, sono gay.
E spalancò le braccia nel dirlo. – E ho fatto sesso con te solo per cercare di depistarti. Ma tu l’hai fatto per puntare ad Alan. Be’, se usare il suo migliore amico per arrivare a lui è il tuo modo per conquistarlo, allora non hai capito un cazzo né di Alan, né di me.
E così dicendo si volse, indignato. Mera ora si sentiva addosso la rabbia colpevole di chi ha appena fatto una figura meschina e si è comportata da stronza, e che, cosa più importante, si pente di esserlo stata. Gattonò nuovamente sul letto e allungò una mano verso la spalla del biondo: - Barney…
- No, non mi toccare – si ritrasse lui, guardandola come se fosse una bestia pericolosa. Lei socchiuse le labbra in un’espressione mesta. Poi si appoggiò di schiena al cuscino, si premette le mani sul volto, tirò la pelle del viso fino a far venire fuori il bianco degli occhi e si passò le punte sui capelli.
- Dio, sono stata davvero una stupida… - mormorò. Barney continuava a guardarla con diffidenza. Mera lo spiò con la coda dell’occhio, per poi aggiungere: - E una stronza.
- Ah, ecco. – Barney ora le si fece più vicino. Si appoggiarono entrambi alla testiera in Alcantara del letto. Mera ora aveva le mani lungo le gambe e solo le mutandine addosso. Ma adesso che aveva scoperto quella cosa di Barney, non le importava affatto di essere così; non che prima lo avesse fatto, in realtà.
- Perché non me l’hai detto? – gli domandò, con un filo di voce. Non era risentita, era semplicemente confusa, e si vergognava. Barney volse i suoi occhi azzurri verso di lei, la bocca serrata e un’espressione che sembrava quella di un uomo sull’orlo delle lacrime.
- Perché ho paura di essere rifiutato, e allontanato – rivelò.
- Questo è ridicolo! – gli fece notare la rossa. – Perché mai dovremmo allontanarti solo perché… be’, perché io e te abbiamo una passione in comune!
Era anche divertente, detto così. Ma Barney non stava ridendo.
- Non da te – precisò poi. – Da Alan.
Mera lo guardò sbattendo le palpebre un paio di volte. – Come, scusa?
- Alan non è solo il mio migliore amico – le disse il biondo – ma è anche il ragazzo di cui sono innamorato.
A quel punto, fu il turno di Mera di fissare il vuoto, come aveva fatto Alan a casa propria pensando a lei.
- Oh… - fece. – Be’, questo sì che è un bel problema.
 
Serena si era svegliata di buon’ora quella mattina, e ora stava finendo di sistemarsi i capelli. Anche lei era uscito con il gruppetto di “alcolisti anonimi”, ma essendosi regolata più di loro si era svegliata non fresca come una rosa, ma quasi. Quando ebbe terminato l’operazione, attraversò il corridoio e vide che la porta della camera del fratello era aperta. Si affacciò con il suo classico sorriso e disse: - Ehi, fratellone, verrai stasera, vero?
Ma Lance non la stava guardando. Era sdraiato sul letto, o meglio semi-seduto, con un braccio dietro alla testa e la mano libera che reggeva il suo deck. Lo guardava con tanta concentrazione che sembrava stesse osservando il vortice del tempo.
- Sì, naturalmente – disse lui, senza però staccare gli occhi da lì.
Serena non aggiunse altro. Si allontanò da camera sua con un malessere allo stomaco. C’era qualcosa che preoccupava suo fratello da un mese, e non capiva che cosa. Lui non gliene aveva voluto parlare, chiaramente, ma lei sapeva a chi avrebbe dovuto chiederlo, ed era arrivato il momento di farlo.
Perché suo fratello aveva cominciato a comportarsi in modo strano il giorno in cui Alan era stato ricoverato in ospedale da lui.
 
Anche Shaun era uscito con gli altri, ma a lui non era andata altrettanto bene. Questo perché l’unica altra ragazza del gruppo, Serena, se n’era tornata a casa da sola in sella alla sua fiammante bici. Neanche un “ti riaccompagno a casa” con tanto di bacio rubato sotto la porta. Ma tanto lui c’era abituato, quindi non gli faceva neanche più tutto questo effetto. Il suo deck giaceva a prendere polvere da un bel po’ sul suo comodino, e lui non aveva in programma di muoverlo da lì.
E così, dopo la classica cagata mattutina, decise che si sarebbe fatto venire un’erezione in un altro modo: guardando The Boys.
 
- Grazie per la colazione – disse Winona, lo zaino con cui aveva portato le birre l’altra sera che le pendeva da una spalla. Erano fuori dalla porta di casa di Alan, e faceva caldo, come sempre.
- Grazie a te – le disse lui. Lei si guardò intorno: - Vivi in un bel posticino.
- Puoi tornare a trovarmi – le ammiccò il ragazzo. Quella fece un sorriso leggero, e furbo.
- Vacci piano, campione. Questo te lo devi guadagnare.
Allungò la mano verso le sue piastrine per giocherellarci, ma lui la allontanò e le rimise dentro. – Meglio di no – disse, inespressivo e atono.
Lei non fece commenti. Gli chiese solo: - Perché?
E non si riferiva alle piastrine. Alan alzò gli occhi; la domanda, sempre e solo quella.
- Vuoi davvero saperlo?
- Naturalmente.
Lui aspettò qualche istante. – Quando sei bravo, gli altri si aspettano che tu lo sia sempre. Ma per un ragazzo che ha meno di vent’anni, il peso del successo e della propria bravura può essere troppo da sopportare. Sei bravo, e quindi non puoi non duellare. Sei bravo, e quindi non puoi perdere. Devi sempre dare il massimo, il riposo non esiste. E la tua passione diventa un lavoro.
Afferrò con una mano lo stipite della porta. – Non ce la facevo più. Non potevo buttare via così la mia vita. Così ho mandato tutto a fanculo, e poi mi sono trasferito. Non subito qui; ho viaggiato un po’, prima.
Lei stette ad ascoltarlo senza fare smorfie e commenti. E alla fine, con la stessa espressione, disse: - Sei un pessimo bugiardo.
Lui ne fu spiazzato. – Cosa No!
Lei ridacchiò. – Voglio dire – si corresse – sono sicura che questa sia parte della verità. Ma c’è altro che non vuoi dire.
Abbassò i suoi occhi, dello stesso colore dei capelli, un prodigio della genetica, sulla collana che teneva insieme le piastrine che aveva nascosto nella maglia. – Il segreto dietro a quelle piastrine, dove le hai prese e cosa ha significato per te.
Fece un paio di passi in tondo. – Io ti ho visto duellare, come tutti quella sera al Parco – proseguì. – E Sapphire mi ha raccontato del vostro duello.
Sapphire. Alan non l’aveva più vista per un mese. Era come un’ombra che doveva aggirarsi dalle parti del Parco. Anche vero che le altre volte che era uscito con quelli del Parco, non lo aveva fatto lì.
- Per essere uno che non voleva più duellare, fai parecchi strappi alle regole – lo provocò.
Alan si risolse a una risatina mesta. – Non è che non voglio più duellare – la corresse. – E’ che non posso.
- Perché?
- Perché ho fatto una promessa. A una persona che ora non c’è più. Ed è già più di quanto avrei dovuto dirti.
Lei si cacciò le mani in tasca. – Okay, come vuoi. Non ti chiederò altro.
- Lo apprezzo molto – le disse lui, ed era sincero.
- Lascia solo che ti dica un’ultima cosa, se posso.
Lui incrociò le braccia e si appoggiò alla porta. – Spara.
Lei salì di nuovo di un gradino e lo penetrò con il suo sguardo, tanto che il ragazzo se ne sentì in soggezione, ma resse bene.
- Quando fai una promessa a chi non c’è più, o se ne sta andando, devi essere assolutamente certo che quello che prometti rispecchi e rispetti le volontà dell’altra persona.
Alan sbatté le palpebre e i suoi occhi si fecero più grandi a quel commento.
- L’interpretazione lascia il tempo che trova – concluse la ragazza. Poi gli schioccò un bacio sulla guancia. Fu la cosa più bella del tempo che avevano trascorso insieme.
- Ci vediamo stasera, campione?
Alan sbatté le palpebre, confuso. – Perché, che c’è stasera?
Lei sorrise mordendosi il labbro inferiore. – Come che c’è? C’è…
 
MIIIIIISS PARCO DEI DUELLI!!
La voce spacca timpani di Rob era accentuata dal microfono. Più di qualcuno si massaggiò le orecchie.
- Ho urlato? – gridò poi il barista. La sua stazza era imprigionata in una maglietta grigia con qualche macchia di sudore e pantaloncini che lasciavano scoperti i tatuaggi che aveva in fondo alle gambe. Indossava i sandali, e sembrava la persona più tranquilla del mondo.
Lo spettacolo che era stato allestito era qualcosa di cui Alan aveva sentito parlare per la prima volta in quel giorno. A quanto pareva, tutti gli anni si teneva questo pseudo concorso di bellezza al Parco. Le ragazze più belle sfilavano sotto alla piccola cascata che si trovava dalla parte opposta rispetto alla scogliera, in una piccola conca circondata dagli alberi, dove il ruscello mutava e poi scorreva placido in mezzo ai ciottoli. Era un posto magnifico, e Alan non ne sapeva niente. Continuava a scoprire meraviglie su meraviglie in quel paradiso terrestre; e sempre più motivi per farsi del male.
Tutti gli spettatori sedevano a bordo riva, dove il boschetto declinava in un leggero pendio o sopra alla cascata. Era gremito, e c’erano anche Barney e Alan; il primo, soprattutto, non si sarebbe perso quell’evento per nulla al mondo.
- Eleggere la più bella ragazza che sfila in costume sotto alla cascata? – aveva fatto. – Diavolo, perché non me l’avete detto subito?!
Avevano una birra in mano, e il vociare era concitato. File di ragazzi con gli ormoni a mille non vedevano l’ora che iniziasse l’evento. Il biondo mise un braccio attorno alle spalle dell’amico.
- E’ bello averti qui stasera, bro.
Lui gli sorrise. – Grazie, Barney. Suppongo che per una sera non mi farà male stare qui.
- Questo è lo spirito! – convenne l’altro con un sorriso.
Alan ripensava a Winona, non tanto alla nottata insieme, di cui non si ricordava nulla, ma alla mattinata e alle parole che gli aveva rivolto prima di andarsene. Guardava dentro il collo della bottiglia, come se si aspettasse di trovarci le risposte ai suoi interrogativi. Interrogativi che aveva suscitato la ragazza, per altro.
Non si era portato dietro il deck, quella sera. Aveva concluso che fosse il modo migliore per evitare altri guai, e per stare in pace con sé stesso. Diavolo, non poteva andarsene in giro lì senza che qualcuno lo sfidasse a duello.
Oh, e ovviamente Winona non aveva voluto riprendersi la carta che gli aveva dato la sera in cui aveva sfidato il Pinguino a duello, la sera in cui si erano conosciuti. Che fregatura; così tutti i suoi problemi si sarebbero risolti in un baleno. E invece no, non è mai così facile.
Rob riprese il microfono:
allora, buonasera e grazie a tutti per essere venuti, anche quest’anno, alla serata in cui eleggeremo la ragazza più bella del Parco dei Duelli!!
Ci fu un applauso scrosciante e fischi di incitamento. Vicino ad Alan e Barney venne a sedersi anche Shaun, con indosso una maglietta nera a maniche corte della Image Comics, pantaloncini e sandali.
- Ehilà! – li salutò, poi si diede il cinque con Barney. Alan passò i suoi occhi su entrambi; i due parevano intendersela bene, specialmente in termini di quanto fossero allupati.
- Vedo che anche tu non potevi perderti questa serata e sei infine uscito dalla tua grotta – commentò Shaun, rivolto ad Alan.  Quello assunse un’espressione confusa.
- Ma se sono uscito con voi anche ieri sera!
- Bruh – fece quello nel suo slang – io non ricordo gli effetti delle mie carte; e sono scritti. Ti pare che mi ricordo cos’abbiamo fatto ieri sera?
La sua logica ineccepibile convinse Alan che non c’era bisogno di aggiungere altro. I tre ragazzi presero contemporaneamente un sorso dalle proprie birre e poi guardarono verso la cascata. Lo scroscio dell’acqua era sovrastato dalla voce amplificata di Rob.
Per quelli di voi che sono nuovi alle nostre usanze, ecco come funziona! Ogni anno, scegliamo cinque ragazze del Parco per partecipare a questa serata!
Stese il braccio in direzione della cascata.
Le ragazze sfileranno sotto la cascata, e andranno a mettersi laggiù!
E indicò un punto dove, neanche a farlo apposta, convergevano abbastanza ciottoli perché potessero restare lì in piedi. La loro forma piatta, e in alcuni casi concava, garantiva un appoggio sicuro.  Rob tornò a rivolgersi al pubblico.
Dopodiché, ognuno di voi dovrà votare per una di loro. Ognuno di voi.
Scandì bene sulla parola “ognuno”.
E ognuno di voi potrà dare un voto a una sola ragazza. Controlleremo che nessuno di voi bari! Quando la votazione sarà giunta a conclusione, eleggeremo la nuova Miss Parco dei Duelli! Prego applauso!!
Il pubblico rispose, esultante.
- Credo che Rob abbia guardato troppa crisi di governo – rifletté Shaun, attaccato alla propria birra.
- Sì, credo anch’io – convenne Barney.
In quel momento, un lampo alla coda del suo occhio catturò l’attenzione di Alan. E fu un lampo rosso. Volse il suo sguardo e vide Lance comparire in mezzo alla folla , sopra la cascata. Indossava una camicia hawaiana bianca con palme arancioni e bermuda di jeans. Si appoggiò ad un albero con la schiena e le mani in tasca. I suoi occhi incontrarono per un attimo quelli di Alan. Nessuno dei due disse nulla.
- Che è successo tra te e Mr. Parco dei Duelli? – domandò Shaun. Anche Barney si interessò al discorso.
- Mr. Parco dei Duelli? – Alan inarcò un sopracciglio.
- Praticamente – confermò il moro. – Gli sbavano dietro tutte. È forte, è bello… e grazie al cazzo, quando duelli coi draghi sei figo per forza!
Fece un movimento con la mano con cui teneva la bottiglia e la birra al suo interno ondeggiò e per poco un fiotto non risalì lungo il collo per poi finire fuori. Alan guardo l’acqua che rifletteva in macchie bianche le luci dei fari che lo “staff” del Parco aveva montato per l’evento.
- Già – convenne – lo puoi ben dire.
Rob riprese a intrattenere la folla con un sorriso malizioso sulle labbra.
Ma non finisce qui! Infatti, colei che verrà eletta Miss Parco dei Duelli, stasera, potrà scegliere uno fra voi come suo cavaliere!
Violenti fischi di approvazione e grida di giubilo si diramarono tutto intorno come un’orchestra scoordinata. Alan si guardò intorno; quanto poco bastava ad accendere gli animi di una generazione vogliosa.
Il fortunato potrà accompagnare la nostra regina del Parco alla festa di fine estate, che teniamo sulla spiaggia come ogni anno. Perciò pazientate pochi minuti, gentili spettatori, perché questa potrebbe essere la vostra notte magica!!
Partì l’applauso finale, poi Rob posò il microfono e andò a parlare con altra gente.
Mancavano solo pochi minuti alla tanto attesa sfilata delle bellezze. Fu allora che Alan si sentì chiedere a Barney: - Allora, com’è andata con Mera?
L’altro raggelò. – Oh. Oh… di che parli?
- Dai, Barney – lo rimproverò quasi dolcemente l’altro. – Mica siamo fidanzati.
- CHI?! – Barney era diventato improvvisamente cereo a quell’insinuazione. Alan corrugò la fronte.
- Io e Mera – rispose impassibile. – Sei il primo che di solito spettegola sempre, mi aspettavo qualche commento sulla tua nottata.
- Oh. – Barney sembrava sulla luna. – Be’, è stato, è stato…
- Leggendario? – suggerì il moro.
- NO! – Barney sembrò riaversi. – E’ stato prima leggen, e poi dario!
Si batté uno dei suoi auto-cinque. Ora sì che Alan lo riconosceva.
- Madre de Dios – commentò Shaun. – Ti sei fatto Mera?
Barney gli rivolse un sorrisetto sbarazzino. – Be’, cose che capitano.
E bevve un sorso di birra. Subito dopo, si volse fulmineo contro Alan.
- Contro domanda! – esclamò. – E tu te la sei spassata con miss lilla?
- EH NO – fece Shaun – tu ti sei fatto Winona? Porca puttana, sono l’unico che è rimasto a secco??
I due ragazzi continuavano a fissarsi con intensità. Ancora poco e avrebbero tirato fuori gli Stand.
- E’ stato soddisfacente – commentò Alan ad occhi socchiusi.
- Vale lo stesso per me – disse Barney con un sorriso tagliente.
- Bucchin e’ mamm’t – si lasciò scappare il terzo ragazzo, sorseggiando la sua birra e guardando le onde che si creavano nell’acqua. Dall’alto, Lance continuava a fissarli impassibili.
Per fortuna, a rompere quell’atmosfera di tensione ci pensò Rob, che preso nuovamente il microfono esclamò:
Grazie per la vostra pazienza! E ora diamo ufficialmente inizio alle danzeeeeeeeeeeee!!
Nuovi, scroscianti applausi fecero da contorno alle sue parole. I fari si puntarono sulla cascata, illuminandone gli zampillii. Rob stese il braccio con la mano a taglio rivolta in quella direzione.
Signori e signore, diamo il benvenuto alla nostra prima concorrente. Anche se lei non necessita davvero di presentazioni. E’ stata infatti la beniamina del pubblico per le scorse due edizioni. Il suo portamento regale e la sua bellezza ammaliante sono stati la chiave del suo successo! La porteranno alla vittoria anche stasera? Sta a voi deciderlo! Diamo il benvenuto stasera a LUVIAGELITA EDELFELT!!
Barney e Alan si scambiarono un’occhiata confusa.
- Chi? – domandò il biondo.
A rispondergli fu la cascata. Una sagoma scura si palesò dietro la barriera d’acqua, per poi attraversarla. Gli scrosci si separarono per un attimo, e ad emergere, composta e impassibile, fu una ragazza dalla bellezza straordinaria. Indossava un trikini blu, e camminava a piedi nudi sui ciottoli con la stessa sicurezza di chi è su una superficie pianeggiante. Era alta, con delle curve mozzafiato, aveva lunghi capelli biondi che si attorcigliavano in boccoli bagnati, e gli occhi di un castano acceso. Sul volto c’era il sorriso di chi è perfettamente sicuro di sé.
La folla era in visibilio. Alan e Barney la osservavano con le mascelle che quasi toccavano terra.
- Santa madre di Shiva, buongiorno erezione… - biascicò Barney, con gli occhi che tra un po’ gli uscivano dalle orbite.
- E questa chi è? – e Alan non l’aveva mai vista né ne aveva sentito parlare. Fu Shaun a rispondergli: - Luvia non viene quasi mai al Parco. È troppo impegnata a girare con i suoi amici snob pieni di soldi. Viene solo quando ci sono cerimonie del genere, e a fare un duello ogni tanto. Roba per farsi vedere.
C’era un sottile disprezzo nascosto nel suo tono. – Però è figa, quindi glielo perdonano praticamente tutti.
La ragazza arrivò a pochi centimetri dal loro sul ciottolato. Lanciò uno sguardo ad Alan, gli fece l’occhiolino e poi si volse, agitando un lato B da urlo. Barney era talmente proteso a sbavare che rischiava di finire in acqua, così l’amico lo trattenne e lo riportò indietro.
Luvia avanzò fino a uno dei ciottoli più grandi, e ci si posizionò sopra con le gambe leggermente piegate e una mano sul fianco, mentre con l’altra salutava tutto il suo pubblico. Alan non aveva visto una folla così agitata neanche nelle arene in cui aveva combattuto, a momenti. La bionda lanciò baci a destra e a manca.
Rob riprese il microfono:
E ora la nostra seconda concorrente! Impossibile non notarla: il colore più unico che raro dei suoi occhi e capelli la rende irresistibile, e tutti qui abbiamo imparato ad amarla. Sarà la nostra favorita stasera, spodesterà il trono della nostra Luvia? Signori e signore, un bell’applauso a WINONA!!
Alan aveva già capito che sarebbe stata lei quando Rob aveva fatto riferimento al colore dei suoi occhi e capelli. Non c’era alcuna altra ragazza al mondo che avesse un colore così particolare, ne era sicuro. E dopo quello che avevano passato insieme, non poteva fare a meno di vederla sotto un’altra luce. Non importa quanto si dica che non cambia niente; cambia sempre qualcosa.
La ragazza emerse dalla cascata in uno sfavillante bikini che mischiava verde e azzurro, con un motivo hawaiano. I suoi capelli erano legati in una lunga coda che rimase praticamente intatta quando passò sotto al getto d’acqua. Mostrava un fisico snello e longilineo, con gambe bellissime. Per Alan non era uno spettacolo nuovo, ma paradossalmente ora che la vedeva più coperta di quanto fosse stata quella mattina riusciva ad apprezzare di più la sua femminilità. Anche la ragazza, una volta arrivata al termine della “passerella”, lanciò uno sguardo ad Alan e fece un sorriso, quello di chi la sapeva lunga. Alan non poté che ricambiare.
- Maledizione, ma tutte con te ce l’hanno!! – Barney sembrava su tutte le furie. A fargli compagnia c’era Shaun, che era dello stesso parere e umore: - Bruh, dobbiamo bandirti a vita dal Parco! Non è cattiveria, ma così noi restiamo a secco.
- Esatto! – convenne il biondo.
- Tranquilli – ridacchiò lui mentre guardava Winona allontanarsi – non mi avrete qui intorno.
Su certe cose non cambiava idea. Quella sera era un’eccezione.
Winona si posizionò accanto a Luvia, e anche lei salutò il pubblico. I maschi sembravano sempre più eccitati, ed erano in netta superiorità rispetto alle ragazze, ovviamente. Ce n’erano comunque di più di quante ci si potesse aspettarne, così Barney fece una curiosa domanda all’amico: - Alan, mi spieghi come mai ci sono così tante ragazze che giocano a Duel Monsters?
Lui lo guardò, stupito dalla puntualità e serietà di quella domanda. – Come scusa?
- Voglio dire… - Barney gli si fece più vicino sull’erba. – Non è uno di quegli sport che vengono considerati, sì, insomma, “da uomini”?
A quel punto, Alan fece una risatina comprensiva. – Vedi, il Duel Monsters non veniva considerato uno sport da uomini, casomai un gioco da ragazzini.
Guardò le macchie bianche rincorrersi sull’acqua. La cascata era bellissima nello scrosciare bianco delle sue acque alla luce dei fari, mentre nascondeva le altre tre bellezze al suo interno.
- Durante la grande guerra, il Duel Monsters serviva soprattutto a intrattenere i bambini che si nascondevano nei bunker o nelle mansarde. Dava loro qualcosa con cui giocare. Nessuno immaginava l’impatto che avrebbe avuto nell’immediato dopoguerra. Ci sono ancora molti che lo ritengono uno sport da bambini, e tuttavia questo non gli ha impedito di prendere piede.
Prese un sorso della sua birra. – Ma c’è una cosa che distingue il Duel Monsters dagli altri sport agonistici come il calcio o il rugby, e lo avvicina di più a sport come gli scacchi: non è un gioco di muscoli, a meno che tu non voglia vedere il cervello sotto questa prospettiva. Il Duel Monsters non ha discriminanti di sesso o età. Se conosci le regole, se puoi mettere insieme un deck di almeno quaranta carte e sei pronto a sfidare e a farti sfidare, allora sei automaticamente un duellante.
Agitò la sua bottiglia. – Ecco perché le donne lo hanno subito visto come un’opportunità per condurre la propria battaglia sulle pari opportunità – commentò, atono. – Donne e uomini di colore.
Il suo sguardo corse alle piastrine. – Ecco, per farla breve, il Duel Monsters mette d’accordo tutti. E guarda cosa ci gira intorno.
Il suo sguardo corse ad abbracciare tutto l’ambiente circostante. Barney lo stava a sentire senza dire una parola. Alla fine, non fece commenti e bevve dalla sua birra.
La nostra terza concorrente è una personalità particolare! Potremmo quasi dire che sia un nostro esemplare autoctono. Alcuni credono che sia una leggenda, ma altri hanno provato la ferocia del suo deck, ferocia seconda solo alla sua straordinaria bellezza. Signori e signore, questa sera per noi, la nostra unica e inimitabile SAPPHIRE!!
Alan e Barney sputarono contemporaneamente la loro birra. I ricordi del Vietnam cominciarono a palesarsi davanti ai loro occhi. Il boschetto attorno a loro divenne una foresta di mangrovie, e l’acqua si riempì di sangue e cadaveri. Dal nulla giunsero grida tribali e rumori di bonghi, e le luci diventarono di un rosso inquietante. I due ragazzi non sapevano dire se stessero avendo un’allucinazione collettiva o se qualcuno avesse attivato una carta magia terreno a loro insaputa. Tuttavia, erano come paralizzati ed entrambi terrorizzati. E quando Sapphire emerse dalla cascata, fiera e feroce, con i capelli castani scarmigliati e un bikini leopardato che fece calare le braghe a più di qualcuno, i due amici si abbracciarono e per poco non si misero a urlare.
La ragazza avanzò con il portamento fiero della cacciatrice che è tornata col suo trofeo, e si piantò al fondo del ciottolato. Guardò le sue due vecchie prede, in particolar modo Alan. Poi si leccò le labbra con fare affamato, e fece dietro front, lo slip del bikini che le andava leggermente in mezzo alle natiche e mostrava il sedere sodo.
Qualcuno cominciò ad ululare, ma Barney e Alan erano arretrati di almeno venti centimetri.
- Aoh, ce n’è una che non ti sei fatto in questo Parco?! – domandò Shaun.
- Credimi, poteva andare molto peggio – fece Barney, rabbrividendo.
- Se le cose dovessero mettersi male, non so se riuscirò a pararti di nuovo il culo – confessò Alan.
- Ah! – esplose il biondo. – Non parliamo di culi!
Sapphire diede loro un’altra occhiata, prima di sistemarsi ufficialmente al fianco delle altre due. Luvia le scoccò un’occhiata che in pochi notarono. Cominciava a emergere la sua supponenza.
La nostra penultima concorrente è una beniamina del Parco! È impossibile non amare la sua bellezza acqua e sapone e la sua semplicità. Da anni ci regala sorprese e gioia ogni giorno, ma occhio a farla arrabbiare, altrimenti ve la vedrete davvero brutta! Signori e signore, un bell’applauso per la nostra SERENA!!
Alan era sicurissimo che Rob stesse parlando di Mera, fino a che non lo sorprese pronunciando quel nome. Il suo sguardo corse subito in alto. Lance applaudiva come gli altri, e ora sulle labbra gli era affiorata l’ombra di un sorriso mentre guardava verso la cascata. Alan distolse lo sguardo prima che potesse accorgersi di lui.
Serena fu una sorpresa, un vero fulmine a ciel sereno. Alan l’aveva vista poche volte, contando la prima sera e quella scorsa, dov’erano usciti tutti insieme, e comunque neanche se la ricordava bene. La ricordava però come una ragazza minuta, energica ma al contempo timida. Quindi gli risultava difficile immaginarla in uno di quei costumi che lasciavano così poco spazio all’immaginazione.
Perciò, quando la vide apparire non se l’aspettava così bella. Passò sotto alla cascata, e il getto d’acqua le inondò i capelli facendoli ricadere in punte bagnate lungo le spalle. Perdeva goccioline d’acqua a mano a mano che avanzava, ma guardava fissa davanti a sé, senza curarsi dell’acqua che le scivolava addosso. Si notava il rossore sulle sue guance puntellate di lentiggini. Indossava un bikini col pezzo sopra giallo e quello sotto verde. Era avvolta in un delicato pareo che era divenuto traslucido. Il suo fisico era minuto, ma aveva un seno prosperoso e si muoveva con la grazia di una ballerina di danza classica.
A più di qualcuno vennero gli occhi a cuoricino. Lance la guardava con un sorriso, mentre gli passavano accanto commentini che preferiva ignorare. A dir la verità, conoscendo la loro parentela, la gente troppo vicina a lui non osava proferire parola. Invece i suoi occhi colsero la sorella andare fino al bordo del ruscello, dove si trovava Alan. Il moro era rimasto completamente incantato dalla ragazza, lo si vedeva. La guardava ammirato come si guarda qualcosa di meraviglioso, e quando la giovane dai capelli a metà tra il biondo e il castano gli giunse davanti, gli rivolse un tenero e leggero sorriso.
Poi si volse. Vide Barney protendersi a sbavare e vide Shaun che scuoteva Alan per le spalle chiedendogli quale fosse il suo asso nella manica o se stesse barando.
Distolse lo sguardo, stringendo inconsapevolmente il pugno. Le cose per lui non erano più state le stesse dopo quella notte. Era persino venuto senza deck quella sera, una cosa che non faceva mai.
- Hai capito la carissima – stava dicendo Barney. Ma Alan non lo sentiva, era come in un’altra dimensione. Vide Serena andare a mettersi accanto a Sapphire, che prese ad annusarla, per poi fare un commento; probabilmente sul suo profumo. La ragazza, dopo l’imbarazzo iniziale, sembrò contenta e mise una timida mano sulla spalla di Sapphire; lei glielo lasciò fare.
Alan era ancora perso, come nel suo mondo. E mancava solo un altro nome, ormai. Fu la voce amplificata di Rob a riportarlo alla realtà.
E per finire, l’ultima concorrente è la ragazza più amata del Parco assieme alla cara Luvia. L’eterna rivale, una bellezza mozzafiato e inafferrabile, come le onde dell’oceano. Riuscirà quest’anno a strappare la corona di Miss Parco dei Duelli a Luvia? Signori e signore, è un piacere avere con noi stasera la nostra MERAAAAAAA!!!
La cascata sembrò tuonare in quel momento, il suo fragore pareva aumentato. Con gli scrosci che fluivano tra i ciottoli, l’ultima ombra scura si fece avanti dietro la parete d’acqua. Prima apparve il suo riflesso trasparente, acceso di un accenno dei suoi colori. Poi la cascata uniforme si infranse in due parti, e come Mosè che separava le acque ne uscì Mera. Bella come Alan non l’aveva mai vista.
I suoi capelli rossi assorbirono l’acqua senza diventare crespi, anzi, sembrava fossero fatti per esseri bagnati, al naturale. Sembravano fuoco liquido che le ricadeva sulle spalle e sulla schiena in spirali roventi e inarrestabili come rapide. I suoi occhi di bronzo rilucevano quasi sinistri e minacciosi, come fulmini sopra un vasto oceano, a sormontare la sua espressione impassibile.
Ora che Alan la vedeva per la prima volta in costume, si accorse di quanto davvero avrebbe desiderato che non lo avesse. Mera era una dea, perfetta in ogni sua forma. Era una nereide, una ninfa delle acque. Era uscita perfetta, come la Venere del Botticelli dalla sua conchiglia. Ogni sua proporzione era giusta come in una statua rinascimentale. Aveva un ventre tonico, un sedere sodo, un seno abbondante ma non cascante, e una pelle liscia e vellutata. Come si poteva anche solo pensare di competere con lei? Era prodigiosa, la cosa più bella che avesse visto, e che forse avrebbe mai visto.
Indossava un costume intero color verde acqua, con un motivo che ricordava le squame di un drago marino. Il costume le cingeva fianchi e spalle, e doveva avere aderenza proprio intorno ai capezzoli, lasciando scoperti la curva del seno e l’ombelico. Camminava quasi in punta di piedi, e sembrava volteggiare su quei ciottoli.
Arrivò sul bordo con la folla che era ormai impazzita e non si capiva più niente. C’era talmente tanto movimento che sembrava di stare ad un baccanale. Alan non udiva nemmeno il suono dei propri pensieri. Per un attimo dimenticò il Duel Monsters, dimenticò Lucius e tutta la merda della sua vita. In quel momento tutto ciò che desiderava era correre da Mera, abbracciarla e immergersi con lei per scomparire negli abissi. Era come una sirena che non aveva neanche bisogno di cantare per risultare irresistibile.
I loro sguardi si incrociarono. Occhi di cielo contro occhi di bronzo. Lei sorrise, e mormorò qualcosa. Dovette farlo, perché se avesse parlato non l’avrebbe sentita. Doveva leggerle il labiale.
Lei gli disse: Sono felice che tu sia qui.
Poi si volse, facendo ondeggiare i capelli che rilasciarono un ventaglio di gocce d’acqua. Andò a prendere il suo posto, ma mentre passava si scambiò uno sguardo con Luvia. Nessuna delle due fingeva di sorridere. La tensione ora era a mille, e gli applausi si sprecavano. Tutte e cinque le bellezze erano allineate, e ad Alan venne da pensare: fanculo Miss Universo, fanculo Victoria’s Secret e fanculo altre cagate del genere, siamo noi quelli veramente fortunati!
Perché a guardare quelle cinque bellezze, nel pieno dei loro anni e del loro vigore, non potevi che pensarlo.
Sembrava il sogno di una notte di mezza estate. Solo che era vero.
Venne poi consegnato a ciascuno un foglio con i nomi delle cinque concorrenti. Andava barrata a penna la casella corrispondente a chi si voleva votare. Facile e intuitivo. Alcuni erano già così andati che persero i propri fogli o li lasciarono cadere nell’acqua. Per fortuna ne avevano stampate un sacco di copie.
Le presero anche Alan, Barney e Shaun. Mentre gli altri due andavano sul sicuro, Alan dovette pensarci un po’. Si mise la penna al mento, e guardò verso la cascata, e poi a lato, dove stavano le concorrenti. La misteriosa eppure così popolare Luvia se ne stava in disparte, in altezzoso isolamento, le braccia conserte e un sorrisetto di superiorità sul volto. Sapeva di avere già la vittoria in tasca, praticamente.
Un motivo in più per non votarla. Non importava quanto bella fosse, non avrebbe dato il suo voto a quella snob.
È solo un gioco, lo so, che diamine! Ma io non gioco mai alla leggera…
Guardò poi Winona, che si osservava i piedi mentre tracciava cerchi con la punta di uno dei due. Aveva lo smalto anche alle dita, l’avevano notato quando era passata loro davanti, visto che stavano praticamente in prima fila. Posti d’onore, signori e signore.
Lei era bellissima, niente da dire. Ed era una che sapeva come fare colpo. Alan non riusciva a lasciarsi scivolare addosso le sue parole di quella mattina. Si ritrovò inconsciamente a pensare, deviando dal suo flusso di coscienza, che era facile innamorarsi di una così. Ma per quanto tempo?
Su Sapphire preferiva non esprimersi. Okay, era molto bella anche lei, di quella bellezza selvaggia che scatena la componente animale di ogni essere umano, ed era anche, lo ricordava bene, una bravissima duellante. Aveva rischiato grosso con quel duello di un mese fa. Cavoli, era un mese che non duellava! Ottimo risultato, pensò.
E doveva continuare così. Ma comunque, Sapphire sarà stata anche tutto quello che aveva pensato, ma non sentiva proprio di dare a lei il suo voto; per mille motivi.
Restavano le ultime due, Serena e Mera. Non credeva di doverci ragionare sopra, era evidente chi delle due meritasse il voto. Ma cos’è che l’aveva esattamente colpito in Serena?
La sua bellezza acqua e sapone, come l’aveva definita Rob? O era qualcos’altro. Vedeva che le due stavano chiacchierando. Mera era leggermente più alta di Serena, e quel giorno sembrava decisamente più in alto di tutti loro. A chi delle due avrebbe dovuto dare il voto?
Rob aveva anche detto un’altra cosa, ora che ci pensava: aveva detto che Mera era l’eterna seconda, il che voleva dire che finiva sempre dietro a quella Luvia. A ben pensarci, doveva supportare Mera. Nel bene o nel male, era diventato parte di quel mondo non solo grazie a Barney, ma anche e soprattutto grazie a lei. Era stata lei a esortarlo a fare la cosa giusta. E Alan, a dover essere onesto, non se n’era veramente pentito.
Scrisse il suo voto nel momento in cui stavano venendo ritirati i foglietti. Consegnò il suo al ragazzo in jeans e maglietta assieme alla penna. Poi giunse le mani e appoggiò i gomiti alle ginocchia.
- Bruh, chi hai votato? – gli domandò Shaun, sporgendosi da oltre Barney.
Alan lo guardò e gli rivolse un sorriso tagliente. – E tu? Immagino che la scelta ovvia fosse tra la favorita e la seconda in carica, giusto?
Shaun fece un cenno d’assenso con la zazzera di capelli scuri che si muoveva nell’aria, illuminata dai fari. – E’ stata una dura scelta – confessò.
- E? – lo esortò Barney.
Shaun bevve l’ultimo sorso dalla sua birra, poi l’appoggiò in mezzo alle scarpe.
- Mera – disse infine.
- Ohhh – fece Alan – ti facevo più un tipo da bionde.
Il ragazzo si passò una mano fra i capelli, scompigliandoli. – Non fraintendere - esordì – Luvia è la favorita non per caso. Sì, è una spocchiosa. Anzi, diciamolo pure, è una gran stronza. No, meglio ancora: una befana.
Barney finse un verso sconcertato. – L’ha detto davvero!
- Essì – confermò Alan, divertito. L’atmosfera fra loro si stava allentando grazie a Shaun, ed entrambi gliene erano silenziosamente grati.
- Sì, si vede, anche dal suo modo di duellare – proseguì quello. – E’ una a cui piace schernire i suoi avversari; li vuole sottomettere, ecco. Ma è bellissima, e questo non è un test della personalità. Qui vince la più gnocca. È per questo che le femministe sono incazzate e vengono poi a buttarci merda.
- Brutta storia – convenne Alan.
- Ma Mera – disse poi il moro – è… è Mera.
Calzò su quel nome, e ad Alan ricordò quanto suadente suonasse alle orecchie di Andy Dufresne e Red il nome Zihuatanejo. Chiuse gli occhi e ispirò quel nome; gli venne un fremito.
- E’ come chiedermi di scegliere tra Land Down Under e Africa – stava dicendo Shaun. – Land Down Under è una canzone magnifica per mille ottimi motivi. Potrei startene a parlare per ore, ed è questo il punto: che dovrei startene a parlare per ore. Ma Africa
Scosse la testa e guardò la cascata. – Africa è semplicemente perfetta, in tutto e per tutto. Non ha bisogno di tante parole. Come Mera. Guardatela.
I due fecero come diceva. Shaun scosse di nuovo la testa: - E’ semplicemente magnifica. Perfetta, come deve esserlo il tramonto in Africa quando smette di piovere.
I due lo guardarono poi ammirati. Non se l’aspettavano una performance scenica del genere da parte sua. Era un ragazzo pieno di sorprese. I due si diedero uno sguardo di intesa e gli batterono le mani.
Shaun, in quel momento, parve ridiscendere dalle nuvole alla realtà, e giocherellò con la bottiglia in uno dei classici momenti di autismo che hanno a volte le persone. In quel momento, anche loro tornarono alla realtà quando Rob, finiti di esaminare i risultati, impugnò il microfono.
Sembrava in imbarazzo.
Ahem. Come dire… è successa una cosa inaspettata.
Luvia, che stava già pregustando la sua ennesima vittoria, tese le orecchie come un animale che ha percepito il pericolo. Le altre ragazze erano altrettanto attente; nonostante ciò, Mera e Alan si scambiarono un rapido sguardo, come se le loro menti si fossero sfiorate.
Hai fatto tu qualcosa?, era la muta domanda della rossa. Come se Alan avesse scombussolato un equilibrio che durava da sempre lì dentro. Rob proseguì:
Signori e signore, incredibile a dirsi, ma per la prima volta nella storia del Parco…
Pausa di suspense.
ABBIAMO UN PAREGGIO!!
- COSA?! – esclamarono all’unisono le cinque concorrenti e buona parte della folla. Mormorii di stupore e versi concitati si mossero, come il frinire delle cicale nelle notti estive.
- Un pareggio? – fece indignata Luvia, che finalmente parlò. – Siete impazziti? E con chi?
A risponderle fu un sempre imbarazzato Rob.
Be’, abbiamo due vincitrici a pari merito: per pari numero di voti, si classificano al primo posto sia Luvia che… MERA!!
La folla esplose. Un sorriso genuino affiorò sul volto di Alan, con spontaneità, espressione che contrastava con la crescente irritazione sul viso della bionda e lo spaesamento della rossa.
- A pari… merito? – ripeté. Winona e Serena stavano applaudendo. Sapphire invece le mise una mano sulla spalla, rivolgendole un sorriso.
- Te lo meriti – le disse.
Mera sembrava su un altro pianeta.
- No – fece Luvia. – No, no, no. Non esiste. Avrete sbagliato a contare!
Puntò un dito contro l’improvvisata giuria, formata da Rob e un altro paio di ragazzi e ragazze. In disparte in un angolo, il vecchio Dan fece un verso aspro con la bocca.
- Ragazzine viziate – commentò, la voce arrochita dal fumo. – Non sanno proprio perdere.
Anche Lance, sempre in disparte e con le braccia incrociate, fece: - Questa sì che è una sorpresa. Mi chiedo come si risolverà ora la cosa.
Rob si difese dall’accusa. – No, non è vero. Abbiamo anche ricontrollato!!
Impossibile.., pensò quella a denti stretti, non mi farò soffiare il titolo di Miss Parco dei Duelli per il terzo anno consecutivo da quella maledetta Mera.
Il suo sguardo si puntò direttamente sulla rivale, che sembrava, paragone calzante, un pesce fuor d’acqua. È il mio titolo, è mio.
Strinse i pugni con forza fino a farsi sbiancare le nocche. A quel punto parlò Mera: - Datele pure il punto – disse, a sorpresa. Tutti si volsero increduli, Luvia compresa.
Cosa… cosa sta dicendo??
Stentava a credere alle sue orecchie: l’altra aveva forse dato forfait con quella facilità?
Mera non sembrava scherzare. – Non ho mai avuto interesse in questa competizione – confessò. – Lo faccio solo perché gli altri si divertano.
Le rispose un mormorio confuso. Anche Alan lo era: Ma che sta dicendo? La facevo una più combattiva.
Ma il ragazzo colse qualcosa che molti non dovevano aver notato: Mera non aveva convinta. Aveva gli occhi tristi, velati da un’ombra grigia. Lo vedeva anche da lì. Le dispiaceva rinunciare così; ma allora perché lo stava facendo.
- Il titolo è nuovamente tuo, Luvia – disse la rossa, avviandosi poi verso di lei, le punte dei piedi che creavano onde nelle pozzanghere formatesi nelle cavità dei ciottoli.
Tese la mano alla bionda. – Congratulazioni.
La sua voce era piatta e atona. Luvia invece era visibilmente sconvolta. I capelli sembravano ora molle impazzite saltate per quell’incredibile evento. Guardava la sua mano come se lei le stesse porgendo un insetto disgustoso. Era paralizzata, visibilmente, e molti cominciarono a parlare fra di loro. Era evidente che nessuno l’aveva mai vista così. Alan l’aveva intuito presto: il sorriso di sicurezza dell’altra era evaporato nell’istante in cui era emersa la possibilità di un pareggio, e ora era stata abbattuta dalla notizia di una facile vittoria, anzi, di una vittoria regalata. Era una ragazza bloccata nell’immane contraddizione di vincere sempre ma di non accettare quando questo non succedeva come lo voleva. La contraddizione che li rendeva tutti umani.
Le sue mani tremavano, la sua bocca era incapace di pronunciare parola alcuna.
Non può essere, pensava, e la sua mente era come un treno lanciato a velocità folle verso una galleria murata. Non posso vincere così. Se accetto, la gente dirà che sono una raccomandata. Tutti penseranno che la “la grande Luvia” non sia altro che una farsa, una menzogna. Tutti crederanno che io sia una buona a nulla!
Guardò Mera negli occhi. Ma se rifiuto… perderò il titolo. E questo non posso permetterlo!
Nei suoi occhi si accese una scintilla di rabbia. Che tu sia dannata, Mera, per avermi messa in questo impasse. Non sei altro che una fottuta sgualdrina che non merita di stare qui.
La sua cattiveria da serpe stava per trasparire oltre i suoi pensieri.
- Che ti prende? – domandò paziente la sua rivale. – Hai vinto. Perché non…
A quel punto, una voce si fece sentire, una voce che sovrastò tutte le altre: – NON SONO D’ACCORDO!
Tutti si volsero e lanciarono grida di stupore. Alan spalancò gli occhi e avvertì un profondo senso di disagio. Ad aver parlare era stato Lance.
Il rosso ridiscese con agilità dalla collinetta, sotto lo sguardo basito e preoccupato della sorella, mentre tutti gli mormoravano attorno. Lui ritornò in pianura e avanzò con la calma e l’impassibilità che lo contraddistinguevano, guardando dritto davanti a sé, perfettamente sicuro di dove poggiava i piedi senza nemmeno il bisogno di guardare.
Lance, pensò Luvia in panico, che diavolo vuole ora?
Quando parlò, il ragazzo lo fece con franchezza: - Sappiamo tutti benissimo che Luvia non è la vera regina del Parco. E non lo è mai stata.
- Come osi! – protestò lei, indignata.
Lance la sfidò con uno sguardo di fuoco e le rispose con voce profonda: - Zitta, donna – le intimò – non sto parlando con te. Sto parlando di te.
Luvia si zittì immediatamente, terrorizzata. Lance proseguì: - Mi appello a voi, amici e compagni.
Sembrava stesse tenendo un comizio nell’Acropoli. – So perfettamente che questo è un concorso che si è sempre basato sulla bellezza. Ma vogliamo davvero accettare passivamente di eleggere come nostra regina una frequentatrice sporadica del nostro Parco?
Indicò Luvia. – Sappiamo perfettamente che Luvia ci sfrutta soltanto per acquisire notorietà. Noi siamo solo pedine nella sua scalata verso il successo. O, piuttosto, verso una vita fatta di gioie effimere e di magre consolazioni, oserei dire.
Luvia serrò le labbra. Era completamente rossa in volto, ma si vedeva che non osava rispondere. Lance la stava pubblicamente umiliando, e lei era costretta a tenersi tutto dentro.
- C’è una sola, vera regina, una sola Miss Parco dei Duelli degna di questo nome – disse, chiudendo il pugno. – E noi sappiamo perfettamente chi è.
Puntò il dito. – Mera! Perché è sempre stata lei, fin dal primo anno. Lei è la nostra regina.
Mera non sapeva cosa dire. Era scandalizzata, forse quasi quanto Luvia, anche se per ragioni diverse. Il pubblico cominciava a dare ragione a Lance. Erano incantati dalla sua retorica, dalla convinzione delle sue argomentazioni, dalla sua affabilità. Lance era uno che sapeva tenere banco. Anche Alan lo ascoltava in silenzio, ma dentro di sé non poteva che domandarsi: Lance, che stai facendo?
E, anche se non lo sapeva, l’identico pensiero angustiava la sorella, bellissima nel suo costume da bagno, ma con lo sguardo preoccupato.
- Mera ha tutte le qualità per essere eletta stanotte – proseguì il giovane. – Perché è arrivata l’ora di confessarlo: lei non è solo bellissima, è anche una duellante straordinaria.
Il viso di Mera era dello stesso colore dei suoi capelli. – Piantala, Lance! – lo pregò. – Non serve darsi tanto sbattimento per uno stupido concorso.
- Stupido concorso? – Una vena pulsava ora sulla fronte di Luvia, che tornò a parlare: - Questo non è uno stupido concorso! Vuoi forse dire che non mi sono meritata i miei titoli? Pazza!
Puntò il dito. – Io sono una duellante straordinaria. IO, hai capito?
- Come vuoi tu… - Mera sembrava essersi spenta.
- C’è un solo modo per provarlo – rivelò Lance, e ora era finalmente chiaro dove volesse andare a parare. – Un duello! – disse infatti, e la folla lo imitò intonando: DUELLO, DUELLO, DUELLO!!
Il grande pubblico reclamava il duello. Ora un sorriso di sfida era tornato sul volto di Luvia. – Mpf, vuoi che io e lei duelliamo?
Guardò Mera. – Sarebbe un gioco da ragazzi, e soltanto l’inutile riprova di quello che sapete già: sono io la migliore.
Sul piano dei duelli, ora Mera mostrò di essere piccata. – Ah, davvero?
Si mise sul piede di guerra. Ma Lance le interruppe: - No.
Entrambe si voltarono davanti a quella negazione perentoria. – Eh? – domandarono all’unisono.
Lance incrociò le braccia. – Luvia ci ha dimostrato per anni di essere la favorita del pubblico, per quanto io non capisca questa cosa. Ora è il turno di Mera di provare il suo valore.
Tutti gli occhi erano di nuovo su di lui, compresi quelli di Rob, delle altre tre concorrenti, che lasciate ora in disparte sembravano le Tre Grazie, e del trio composto da Alan, Barney e Shaun.
- Ma non lo farà contro di te! – E Lance spiazzò di nuovo tutti. – Io chiedo che stanotte si disputi un duello, e che Mera combatta per il titolo di Miss Parco dei Duelli. Perché la nostra regina, la nostra vera regina, deve essere non solo bellissima, ma anche valente. Deve dimostrare il suo valore! E qui abbiamo un solo modo per provare una cosa del genere.
La folla rispose ancora: DUELLO, DUELLO, DUELLO!!
- Taglia corto Lance! – sibilò Luvia. – Tanto rumore per nulla, alla fine? Con chi dovrebbe combattere, se non con me?
Lance fece un sorriso che nessuno gli aveva mai visto fare; in quel momento, un senso di disagio si insinuò in Alan, che si portò una mano allo stomaco.
- Il suo avversario… - Lance alzò lentamente il dito, prima su Luvia, poi sulle altre tre. Gli fece fare un bel percorso, puntandolo praticamente su ognuno dei presenti,  o quasi. E infine, additò la sua vittima sacrificale: - SARA’ ALAN, L’EROE DEL PARCO DEI DUELLI!!
Tutti si voltarono a bocca aperta. Barney e Shaun guardarono il moro come se fosse una specie di strano alieno.
- ALAN!! – lo interpellò, davanti al suo sguardo incredulo. – SARAI DISPOSTO A SFIDARE MERA, PERCHE’ DIMOSTRI IL SUO VALORE, O TI TIRERAI INDIETRO, DIMOSTRANDO DI NON AVERE ONORE?! CHE COSA RISPONDI?!
Il suo tono ora era feroce. Alan lo guardò con inappellabile pietà.
Lance… davvero mi odi fino a questo punto?
Dall’alto della collinetta, nascosto molto indietro negli alberi, Gary Oak fece un sorrisino intrigato.
- Si fa interessante…
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Hola, popolo di EFP!
Non è stato facile scrivere questo capitolo, e nella mia mente ha cambiato direzione molte volte prima di diventare ciò che avete appena letto. Mi perdonerete per la sua lunghezza, ma sono alquanto contento di com’è uscito. Meno contento sono del fatto di averlo dovuto spezzare. Doveva essere un capitolo unico, ma siccome la preparazione ha richiesto più tempo del previsto, e questa settimana è stata davvero terribile a livello di tutte le cose da fare, non sarei mai riuscito a portarvi in tempo qualcosa da leggere ora, se avessi seguito i miei piani originali.
E sono già abbastanza in ritardo con la pubblicazione. Perciò, sono giunto a qualche compromesso per rispettare i tempi proposti, ma ripeto, non mi pento di com’è venuto, e comunque questo non cambia nulla rispetto alla programmazione della prima stagione di questa fan fiction.
Vi ringrazio per la pazienza che avete portato, e questo angolo dell’autore sarà molto breve, visto che il capitolo già di per sé è abbastanza lungo e l’ora è tarda. Inizialmente, il duello avrebbe dovuto svolgersi tra Mera e Luvia, ma ritengo giusto donarvi un duello con Alan. Lance lo sta mettendo alla prova: sarà disposto a rinunciare ai suoi propositi di non duellare più, oppure rimarrà coerente con sé stesso, e in questo modo disonorerà anche Mera.
Non mi serve dirvi che lo scoprirete nel prossimo capitolo, perché la risposta è ovvia: Alan duellerà. Contro la sua volontà, certo, ma lo farà. E come vedete, ad ogni capitolo, un po’ alla volta, cominciamo a scoprire pezzi del passato di Alan. Fino a quando non avremo il quadro completo, e il momento di rivelarvelo non è cambiato. Sarà presto, davvero presto.
Abbiamo visto i nostri amici alle prese con gli ormoni, e abbiamo scoperto una cosa abbastanza sconvolgente su Barney: non gli piacciono le ragazze, malgrado tutto! Esattamente come l’attore che lo interpreta, Neil Patrick Harris. Non è una scelta di fan service, è che lo trovavo carino. E vedrete come si svilupperà la cosa.
Nel prossimo capitolo, vedremo come si evolveranno le cose, e cosa penserà Luvia, che altri non è che un personaggio dell’universo di Fate. Compare, per la precisione, alla fine di “Fate: Unlimited Blade Works”, ed è un personaggio principale di “Fate: Kaleid”, se non erro.
Oh, avremo modo di dare risalto anche a lei, non preoccupatevi. Intanto rivediamo il nostro Gary, che a insaputa di tutti è venuto ad assistere, come se sapesse che Alan avrebbe finito per duellare. Chissà come sarà finita quella serata da Zachary.
Ringrazio tantissimo chiunque abbia lasciato una recensione, e anche chi segue in silenzio. Sapete che mi trovate sempre qui, aperto a voi e ai vostri commenti. Mi scuso per la fretta e la brevità di questo angolo, e prometto che ci sentiremo meglio al prossimo capitolo. Che sarà entusiasmante, io ci credo!
 
Nel prossimo capitolo: “Creature dagli abissi”
Alan è costretto a raccogliere il guanto di sfida di Lance, ma i mostri marini di Mera lo metteranno in seria difficoltà. Riuscirà a prevalere ancora una volta, o sarà battuto da quello che è il suo avversario più forte fin’ora? Mera combatte per molto di più che la vittoria. E la notte si accende!
 
Ciao ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10: Creature dagli abissi ***


CAPITOLO 10: Creature dagli abissi
 
 
Come si sente un condannato a morte? O uno la cui vita dipende dal giudizio degli altri?
Alan pensava di essersene fatto un’idea in quel momento. Gli occhi di tutto il Parco, di tutte quelle persone che lui aveva salvato duellando un mese prima contro il Pinguino, erano ancora una volta su di lui. Le luci della ribalta puntavano i loro fasci crudeli, e lui non poteva scappare. Ma questa volta, Alan aveva un’argomentazione incontrovertibile.
- Non so perché tu abbia voluto mettere su questo spettacolino – rispose, tenendo testa a Lance, che lo guardava con una faccia di pietra – ma non starò al gioco. Non stavolta.
Mosse un passo, calciando inavvertitamente un sassolino in acqua. Fece un paio di cerchi sul posto e affondò lentamente, andando a fare compagnia agli altri sul fondo.
- O hai forse dimenticato – proseguì – quello che ti ho detto quella sera?
Il non detto dei loro sguardi caricava l’aria di tensione. Si sfidarono così, con tutti che li guardavano ammirati. Nonostante neanche Lance avesse voluto rischiare il culo con Cobblepot – era solo un ragazzo, non diverso da loro – al Campo aveva fama pari a quella di una divinità. Nessuno osava sfidarlo, alcuni avevano persino timore a guardarlo negli occhi, come quando in Pokemon non vuoi iniziare lo scontro con un altro allenatore e allora cerchi di evitare il suo sguardo. Le ragazze, invece, se lo mangiavano solo con quelli, tanto gli sbavavano dietro.
Ma nessuno prima di allora aveva osato sfidarlo così apertamente. – Pare che la gente qui abbia una certa considerazione di te – disse Alan, che voleva giocare proprio su quello. – Perché non la sfidi tu, Mera? Avrebbe più senso che sconfiggesse te, che sei rispettato da tutti, piuttosto che un novellino venuto dal nulla.
Fece scorrere lo sguardo sui presenti. Nessuno aveva qualcosa da ridire, a quanto sembrava. E di certo, nessuno voleva azzardarsi a sfidare neanche Mera.
La sottoscritta li guardava trattenendo il fiato, così come Serena, anche se lei lo dava più a vedere. Dopotutto, era direttamente coinvolto suo fratello. Mera, anche se era la diretta interessata, era comunque leggermente più composta. Aveva una mano appoggiata al fianco e l’altra lunga, ma ogni tanto la chiudeva e apriva, come a saggiare la forza della sua stretta.
Lance, finalmente, rispose con un sorriso privo di allegria. – Lo farei volentieri, ma purtroppo stasera ho dimenticato il deck a casa.
Alan rispose con una risatina poco convinta e una faccia di bronzo. – Oh, ma che peccato: anch’io.
E si vuotò le tasche per dimostrare che non stava mentendo. Qualcuno fra il pubblico cominciò a mormorare. Una ruga comparve sulla fronte di Lance, e la sua non era affatto un’espressione piacevole. Alan stava sorridendo sornione; stavolta ce l’aveva fatta, l’aveva spuntata e niente e nessuno avrebbe potuto cambiare le cose. Insomma, non è che si potesse materializzare un deck così dal nulla, no?
Ma la sfiga ha tanti nomi, e a volte uno di essi è Barney. Il biondo si tirò in piedi, lisciandosi i bei calzoncini estivi – riusciva ad essere elegante anche in bermuda, incredibile, pensò Alan – e barcollò un attimo. L’amico lo guardò terrorizzato: non farlo, era la sua tacita supplica; qualsiasi cosa tu stia pensando di dire o fare, ti supplico, non farla.
Ma Barney la fece lo stesso. Si ficcò una mano nelle tasche, e gli occhi di Alan si spalancarono perché aveva già intuito cosa stesse per estrarre.
No… non può essere vero…
- Be’ – esordì il ragazzo, nel momento peggiore in cui avrebbe potuto farlo – sì da il caso che qui abbia qualcosa per te.
Lo mostrò a tutti. Non c’erano dubbi, come non ne aveva avuti quando l’aveva trovato nel suo armadietto l’ultimo giorno di scuola. Quello era il suo deck!
Afferrò Barney per la maglietta mentre il deck, fermato da un altro elastico, stavolta verde, cadeva sull’erba. Lo guardò dritto negli occhi, aspirò il suo fiato che sapeva di birra e comprese che anche il suo aveva lo stesso sentore. Una luce omicida si accese nel suo sguardo.
- Da ora in poi – gli promise, parlando a bassa voce – dedicherò il resto della mia vita a portarti via tutto ciò che ami. Non importa da oggi in poi quante ragazze conoscerai, non importa quali cose la vita ti regalerà, dove andrai o cosa farai, sappi che in ogni, singolo istante della tua vita, io ci sarò. Tu non mi vedrai, ma saprai che sarò sempre al tuo fianco. Vivrò nella tua ombra, sarò presente ogni giorno, come un revenant che non vuole saperla di smettere di tornare.
Si avvicinò ancora di più a lui, quasi come se volesse baciarlo; non notò che le guance di Barney erano paonazze, perché socchiuse ancora di più gli occhi. – Lascerò che tu abbia successo, che ottenga tutto ciò che hai sempre sognato. Ma poi, quando le tenebre caleranno e ti ritroverai nel tuo loculo domestico, io apparirò. E ti costringerò a guardare mentre trasformo la tua vita in un inferno e ti tolgo tutto, tutto.
Lo lasciò infine andare, e Barney per poco non cadde all’indietro. – E poi ti ucciderò – concluse. La folla era talmente scioccata che non volava una mosca. Tutti lo guardavano a bocca spalancata, tranne Sapphire, che mostrava solo una leggera sorpresa. Persino Lance aveva perso la sua compostezza.
- Maan… - mormorò Shaun, rompendo il silenzio – competition is on. And is savage.
- Bro, che cazzo c’era in quella birra? – domandò Barney. – Sicuro che abbiamo bevuto la stessa marca?
Non sembrava affatto preoccupato.
Alan sbottò: - Maledizione a te, Barney! Non sono qui per farmi coinvolgere in un qualche teatrino del cazzo. Ho chiuso col Duel Monsters. Chiuso!
Fece un gesto a spazzare con le braccia. In quel momento, qualcosa scattò dentro Mera, qualcosa che le fece stringere i pugni e infiammare gli occhi.
- Scusate, dovrei dire anch’io la mia, se permett… - stava giustamente facendo notare Luvia, visto che era lei tecnicamente a essere in pareggio con Mera. Ma quest’ultima la interruppe con un deciso: - NO!!
Tutti si voltarono verso di lei, Alan compreso. La gente mormorava il nome della ragazza, che ora avanzava sul ciottolato verso la sponda. I suoi capelli rossi ondeggiavano come fuoco, i suoi occhi erano carichi di una determinazione che prima non aveva, e puntavano Alan. A lui venne subito in mente la sera in cui si erano conosciuti. Se quella sera le era sembrata bella, seduta al bancone con quella camicia arrotolata e la spruzzata di lentiggini sul viso, che era così vicino al suo da poterla baciare, ora le sembrava semplicemente divina.
I due si guardavano negli occhi.
- Tu non hai chiuso un cazzo finché non lo dico io – annunciò la rossa, per poi guardare a lato verso il suo compagno alla pari.
- Lance ha ragione – annunciò alla folla. – Colei che vuole essere regina dovrebbe provarlo come proviamo qualsiasi cosa qui: con un duello!
Un paio di persone applaudirono, altre la incitarono. Lei sollevò il pugno: - Vi dimostrerò che la vostra Mera è degna del titolo di regina, sconfiggendo l’uomo che ci ha salvati!
E puntò il dito contro di lui. – Alan!
Lance ora sorrideva soddisfatto. E ora che farai, Alan?, pensò. Sarai coerente con te stesso, scappando stasera sapendo che non potrai fare ritorno qui, e disonorando te stesso e Mera al contempo, oppure accetterai, scendendo a patti con te stesso?
Spostava lo sguardo dall’uno all’altra, e attendeva paziente, le braccia nuovamente incrociate. In ogni caso, non penso che cambierebbe molto, rifletté poi, perché con il deck che ti ritrovi… non hai alcuna possibilità contro Mera!
- Ohi! – si intromise Luvia. – Bella, guarda che devi prima vedertela con me!
Si portò una mano al petto. – Voglio dire, sono campionessa da diversi anni, ormai, e…
- Luvia – la interruppe spietatamente lei – questa giuria ti ha ormai squalificato.
- CO-COSA?! – esclamò quella, incredula. – E CHI L’AVREBBE MAI DECISO?! QUALE GIURIA?!
In quel momento, volarono fischi di disapprovazione verso di lei. – Mera ha ragione! – gridò qualcuno. – Duellate con onore!
- La nostra regina non può essere solo bella!
- Deve anche essere forte!
Mera sorrise, convinta. Alan, invece, era allibito, tanto quanto lo era Luvia.
- Non… non potete farlo – biascicò. Mera le puntò il dito contro: - C’è un solo modo in cui puoi dimostrare di essere la vera regina, ed è sconfiggendo chi di noi due prevarrà stasera!
Ritirò il braccio. – Perciò mettiti in fila, cocca…
I suoi capelli sventolarono quando fece un’elegante piroetta per girarsi. Luvia aveva gli occhioni blu spalancati e increduli. Quella doveva essere la sua serata, il momento in cui avrebbe nuovamente dimostrato di essere superiore a tutti gli altri. Perché lei era Luviagelita dalla famiglia Edelfelt, lei era la migliore, doveva esserlo. Che fosse sfilare in costume in qualche ridicolo parco pieno di gente arrapata o vincere la finale dell’Altopiano Vittoria. Lei era Luviagelita Edelfelt.
E invece erano bastate poche parole da parte di Lance e Mera per metterla in ombra. Era inconcepibile.
- Temo che stiate tutti facendo i conti senza l’oste – s’intromise Alan, spostando lo sguardo con fare deciso dalla rossa a Lance. – Il semplice fatto che Barney abbia portato quel deck qui non significa che mi presterò ai vostri giochetti.
- Tu li chiami giochetti? – sbottò Mera. Alan non l’aveva mai vista così indispettita, neanche la prima sera per via di Cobblepot. C’era qualcosa di particolare nella sua rabbia, qualcosa che non riusciva bene a identificare ancora.
Sospirò, sconsolato. – Sentite – fece, mettendo le mani avanti – pensate quello che volete. Stasera sono qui solo perché mi hanno invitato, ma se le cose stanno così, toglierò il disturbo.
Winona lo guardava a braccia conserte, l’espressione indecifrabile. Al suo fianco, Sapphire sembrava molto interessata a seguire gli sviluppi di quella discussione; sembravano dei predatori che si stavano azzannando a vicenda, e lei sarebbe stata pronta a colpire il vincente, esausto, per raccogliere le carcasse di tutti e tre. O questo era quello che traspariva dal suo sguardo; che fosse una tipa strana, lo si era già capito.
Serena fu l’unica di loro a esprimersi: - Lance, ora basta! Non potete costringerlo!
Aveva parlato con le mani racchiuse sul petto, come se fosse in preghiera. Sembrava ancora più minuta, sotto ai riflettori.
In quel momento, una scintilla si accese negli occhi di Lance, una luce strana, che lei non gli aveva mai visto, e che la inquietava. Era come se davanti a sé, in quel momento, suo fratello fosse stato sostituito da un altro. Quella luce, quel ghigno, dicevano che lui poteva costringerlo eccome. Aveva esattamente il mezzo per costringerlo, e la cosa ironica, la fottuta ironia del tutto, era che era stato proprio Alan a consegnarglielo.
- Duella – ordinò perentorio – o preferisci che io riveli a tutti il tuo segreto?
Calò il gelo. Il tono dei mormorii si abbassò al rumore di fondo che fa una televisione spenta; nessuno osava fiatare ad altra voce. Segreto, si domandavano, quale segreto?
Alan fissava Lance con gli occhi talmente spalancati che sembravano dovergli rotolare via dalle orbite e sull’erba da un momento all’altro. Nella sua espressione c’era un misto di incredulità, rabbia e amarezza. Sì, perché lui aveva aperto il suo cuore a Lance, gli aveva confidato quel segreto mortale, che nessuno sapeva tra loro, e ora lui lo ripagava con la stessa moneta? E per cosa? Perché Alan lo aveva privato della sua possibilità di rivalsa?
No, si rifiutava di credere che quello fosse lo stesso Lance che lo aveva salvato da Surge un mese prima. Quale uomo poteva cambiare così repentinamente?
Strinse i pugni. – Non lo faresti mai… - azzardò.
Ma Lance era stoico e inamovibile. – Oh, puoi giurarci. Disonoreresti Mera e te stesso più di quanto non abbia già fatto, rifiutando questa sfida. È finito il tempo della fuga, Alan.
Gli puntò un dito accusatorio. – Combatti! Altrimenti rivelerò a tutti di Lucius, e del terribile segreto che ti porti dentro!
Al riparo nella sua postazione sopraelevata, Gary fece un fischio divertito. – Ohoh, e così c’è qualcun altro che sa.
Alan strinse i denti talmente forte che per poco non se ne spezzò qualcuno. Gli tremavano i pugni. In quel momento, non voleva duellare con Mera, non voleva duellare affatto; voleva riempire Lance di botte, urlargli che era un codardo a voler usare quei mezzucci per costringerlo a fare qualcosa che non voleva fare, urlargli che non era così che si ripagava la fiducia altrui.
Ma nulla di tutto quello sarebbe servito, così rilassò i pugni e abbassò le spalle. In quel mondo parallelo, all’ombra di quelle fronde, nel fragore di quella cascata, con le luci che si riflettevano nel laghetto, c’era una sola legge che valeva: la legge del più forte. Del più forte duellante, ovviamente.
Così, ormai rassegnato, guardò Lance e ammise la sconfitta. – E sia, duellerò.
Il rosso si permise un sorriso soddisfatto. – Saggia decisione – convenne.
- Ma io e te faremo i conti un’altra volta – stabilì perentorio Alan, prima di avviarsi a raccogliere il proprio deck. Il tutto sotto la supervisione di Lance, il quale poi gridò a Rob: - Prepara due duel disk, e qualcuno porti qui il deck di Mera!
Il barista non sembrava convintissimo dell’atteggiamento di Lance, ma non fece domande.
- Coraggio, tra cinque minuti si va in scena! Diamoci da fare – sentenziò, come se fosse un regista.
Alan, ormai arresosi all’ineluttabilità dei fatti, ora si sentì pervadere da una sensazione nuova, che aveva sostituito in parte la rabbia di prima, ma senza snaturarla. Sì, quella che provava ora era una rabbia calma, come un vasto oceano pronto a incresparsi e infuriarsi al primo segno di tempesta. Un mare enorme, pronto a inghiottire chiunque.
Se non poteva farli ragionare con le parole, sarebbe sceso a compromessi ancora una volta con sé stesso, e avrebbe accantonato la sua morale per zittirli tutti nell’unico linguaggio che conoscevano: quello del Duel Monsters. Dopotutto, pensò stringendo con forza le piastrine, non avrebbe avuto problemi a far fuori un branco di cocciuti duellanti amatoriali, anche quel deck.
Perché lui sarebbe dovuto essere il campione dell’Altopiano Vittoria, se tutto non fosse andato a puttane.
 
Duellanti, in posizione!!
La voce del cronista era risuonata per tutto lo stadio, seguita dal roboare di spettatori frementi per l’inizio della semifinale. Ai due lati dell’arena, Alan e Lucius si guardavano negli occhi. Il ragazzo era ancora sconvolto per quanto successo prima nel corridoio, ma cercava di non darlo a vedere, nonostante il sudore che gli imperlava la fronte.
Dagli spalti, Gary si stava certamente chiedendo che cosa avesse. Conosceva l’amico fin troppo bene per sapere che non era uno che si faceva prendere dal panico così. Che cosa gli aveva detto quel nero?
D’altro canto, negli occhi di quest’ultimo era scomparsa qualsiasi traccia di supplica, e invece c’era una fiera determinazione.
PRONTI?!
Chi poteva dire se lo erano davvero.
COMBATTETE!!
- Mi hai costretto tu a fare questo, ragazzo! – sentenziò l’uomo. – Pesco!
Guardò le sue carte e ne prese subito una. – Evoco Servitore del Teschio in posizione d’attacco!!
Uno scheletro coperto da un sudario viola e con un’aura inquietante si posizionò dal suo lato del terreno. Le sue orbite vuote sembravano fissare Alan. Ma invece di lasciarsi inquietare, alla vista di quel mostro l’altro riacquistò coraggio e rise sprezzante.
- Dovrai fare molto di meglio che buttare sul terreno un misero Servitore del Teschio, se vuoi sconfiggermi!
- Questo lo so bene – disse l’altro, con voce priva di inflessione. Alan fece una smorfia infastidita. Quell’uomo lo stava mettendo in difficoltà sul piano psicologico.
- Ti chiuderò molto presto la bocca, vedrai! – sentenziò. Pescò la sua carta e sorrise: - E prima di quanto immagini, a quanto pare!
Mostrò la sua carta. – Ora evoco…
 
La folla chiedeva a gran voce un duello, e a quanto pareva anche quella sera l’avrebbero ottenuto. Portarono un duel disk ad Alan; fu Serena a farlo. La ragazza lo guardò con aria apprensiva, per poi spostare lo sguardo sul fratello.
- Ti chiedo scusa a nome suo, Alan – disse in tono colpevole. – Ultimamente non so davvero cos’abbia…
Alan si agganciò il duel disk al braccio, poi estrasse il portafoglio; nella bustina plastificata c’era la sua solita carta, Drago da Richiamo, che aggiunse al deck per completarlo.
- Lo so io – disse alla castana. – Ma non importa. Immagino che non si possa sfuggire al proprio destino, giusto?
Si sistemò meglio l’apparecchio, e poi vi inserì il deck. Il duel disk si accese.
- E il mio destino è questo – concluse.
Serena non sembrava più tranquilla. – Se vuoi posso trovare un modo per…
L’altro la interruppe. – Il modo è questo. È l’unico modo.
Le fece un sorriso di tenerezza. – Ti ringrazio per la tua preoccupazione. Ma me la caverò.
Ancora una volta, lei non sembrava convinta.
- Ehi. – Alan si sentì una mano sulla spalla. Si volse ed era Winona; i loro occhi si incontrarono. La ragazza gli fece un cenno col capo, ad indicare Mera, che si stava preparando a sua volta. Avrebbero combattuto sul ciottolato del laghetto; c’era il rischio di finire in acqua, quindi avrebbero dovuto avere i piedi ben saldi. Qualsiasi colpo preso per la distruzione di uno dei loro mostri avrebbe potuto significare la fine. Non importava che fossero ologrammi, l’effetto che avevano sul corpo era psicosomatico. Sarebbe stata una battaglia di resistenza.
- Ascoltami – gli disse la ragazza dai capelli lilla – non so che tipo di avversari eri abituato ad affrontare…
- Tu pensa al peggio – le suggerì l’altro.
Quella lo guardò intensamente. – Lo spero – gli disse – perché Mera non è niente di simile a quanto hai affrontato fin’ora.
Indicò Sapphire, che era al fianco dell’altra e stavano parlando di qualcosa. – Dopo Lance, Mera è la duellante più forte del Parco. E non sono sicura che con quel deck che hai riuscirai a tenerle testa.
- Non ho scelta – si risolse Alan. – Grazie a entrambe.
Si avviò. Barney gli venne in corso e gli fece: - Bro, qualunque cosa accada, farò il tifo per te.
Alan lo guardò, e non poté fare a meno di sorridere. Realizzato che, volente o nolente, il suo destino era quello di duellare in quelle circostanze, la rabbia nei confronti dell’altro si era dissipata come nebbia al mattino.
- Ti ringrazio, Barney – gli rispose. – Ne avrò bisogno.
Guardò Mera, che lo aspettava a braccia conserte. Era di una bellezza mortale, e altrettanto pericolosa. Non avrebbe dovuto farsi distrarre dal seno prospero e dalle sue curve invitanti, né dalla bellezza dei suoi occhi o del suo viso. Avrebbe dovuto vederla per ciò che era quella sera; un’avversaria. E gli avversari vanno sconfitti.
Così si avviò, ma non poté fare a meno di sentirsi al patibolo. Le piastrine che aveva sul petto ripresero a scottare, immancabile monito del fatto che stava venendo meno alla sua promessa.
Lucius, lo so che è egoista, si disse, mentre lasciava la terra ferma per muovere passi incerti sui ciottoli. Erano più scivolosi di quanto avesse pensato. Si tolse le scarpe prima di proseguire.
Ma dovunque tu sia ora, spero che farai il tifo per me!
Sentì una morsa allo stomaco dopo aver pronunciato mentalmente quella blasfemia. A quanto pareva, Lucius non l’avrebbe aiutato. Oh be’, pazienza; era anche giusto così.
Finalmente raggiunse Mera. I due si guardarono, mentre tutto attorno a loro taceva. Erano stati immersi in un silenzio irreale, erano finiti in un mondo in cui esistevano solo loro e i loro deck.
Alan sentì il bisogno di spezzare quella calma innaturale, perché cominciava ad agitarsi.
- E così, finalmente ci incontriamo ai due lati dell’arena – disse, con una leggera risatina. – Chi l’avrebbe mai detto, eh?
Mera era seria come lui non l’aveva mai vista. – Voglio dirti una cosa: anche se in questo periodo ho simpatizzato per te, stasera non avrò alcuna pietà!
Simpatizzato, pensò. Mera aveva simpatia per lui; non erano neanche definibili amici.
La rossa gli puntò contro un dito. – E tu non osare andarci piano con me solo perché sono una ragazza, hai capito?
La sua voce si era alzata di un tono con quella raccomandazione. – Non tollererò un simile comportamento. Stasera io sono una duellante, è chiaro? Non sono Mera, sono una duellante!
Alan la ascoltò senza fiatare. – Quindi ecco cosa faremo – proseguì l’altra - stabiliremo le nostre condizioni. Alan…
Misurò il suo nome sulle proprie labbra, una lettera dopo l’altra che scorrevano come carrelli su montagne russe. – Se vinco io stasera, sarò la Regina del Parco. E nominerò te mio cavaliere!
Versi di disapprovazione e gelosia si levarono dalla folla, in una cacofonia assordante.
- Quel gran figlio di puttana! – sentenziò Barney. Ma Shaun, al suo fianco, era se possibile ancora più infuriato: - MA IO… MA NON… MA COME SI FA… MA TUTTE LUI?! CIOE’, NON E’ CHE… QUESTA… E’… UNA STANZA!! NON E’ UN CANTIERE!!
- Come hai detto? – il biondo era confuso.
Il moro si risedette a gambe incrociate come un monaco buddista. Barney lo sentì mormorare qualcosa che non riuscì a identificare; qualcosa del tipo: - Ma va sto patagarroso di un uomo…
Alan, dal canto suo, era confuso. – Come… scusa?
- Hai sentito benissimo – disse la rossa, che aveva preso la cosa molto sul serio. – La Regina può nominare un cavaliere, e sarai tu.
- E… e che dovrei fare? – era questo che sfuggiva ad Alan.
- Be’… - l’altra era leggermente disorientata dalla sua reazione – dovresti… semplicemente venire al falò di fine estate come mio accompagnatore.
- Ah. Tutto qui?
- TUTTO QUI?! – sbraitarono alcuni. Winona soffocò una risatina: - E’ adorabile – commentò.
- C’è gente in questo Parco che ucciderebbe pur di avere una serata con Mera - commentò acido Shaun. Barney, al suo fianco, fischiettava disinvolto guardando il cielo.
Mera ritrasse la mano e la chiuse a pugno. – Tch… c’è anche un’altra condizione che voglio porre, comunque.
- E sarebbe? – domandò Alan paziente.
- Se vinco io, mi rivelerai finalmente il motivo per cui non vuoi duellare!
Un brivido percorse la schiena e le spalle del ragazzo. Effettivamente, doveva aspettarselo. Oramai il suo segreto era più ambito del Sacro Graal. E pensare che sarebbe bastata fare una ricerca su Google, cercare le notizie di cronaca relative al torneo dell’Altopiano Vittoria di due anni prima, e tutte le loro richieste sarebbero state esaudite. Almeno in parte, comunque; c’era sempre la versione di Alan, del resto, che la stampa non riportava. C’era quello che lui aveva discusso con Lucius nel corridoio, c’era il loro duello, e le sue conseguenze. E c’erano le piastrine che portava al collo.
- D’accordo – acconsentì infine. – Se vincerai, esaudirò le tue richieste. Verrò con te, e sarai informata sui fatti.
Mera rilassò i muscoli facciali in un sorriso soddisfatto. Sorriso che scomparve l’istante dopo, quando il ragazzo aggiunse: - Ma ho anch’io delle condizioni da porre, visto che vogliamo giocare così.
- Sta bene – disse l’altra, prudente. – E quali sarebbero?
- Tre anche le mie – spiegò, e cominciò a enumerarle sulle dita della mano. – Se dovessi invece vincere io, come prima cosa sarà Luvia ad essere proclamata Miss Parco dei Duelli.
L’altra, che era stata forzata a ritirarsi in disparte, e si stava mordendo nervosamente un’unghia, sbiancò come tutti a quelle parole. – COME?!
- Certo – disse pacifico Alan, scambiando poi un’occhiata con la bella bionda nel suo trikini blu. – Visto che avevate lo stesso numero di voti, ma è stata brutalmente accantonata così, per stavolta mi farò suo rappresentante.
Guardò Mera con serietà, poi spostò lo sguardo sulla folla. – Qualcuno ha qualcosa in contrario?
Guardò Lance mentre lo diceva. Molti si scambiarono sguardi, ma nessuno disse nulla. Dopotutto, a parlare era l’eroe del Parco dei Duelli.
Gary non poté fare a meno di sorridere. – Questo è l’Alan che conosco.
- Secondo – riprese lui. – Smetterete di coinvolgermi nei vostri duelli. Vi riconsegnerò questo mazzo una volta per tutte, e la faremo finita. Questa cosa sta diventando una presa per il culo, e non lo sopporto; se vinco, questo sarà davvero il mio ultimo duello.
Di nuovo, nessuno fiatò.
- E infine – e stavolta parlò in tono più greve del solito – se vincerò io, Mera, tu getterai il tuo deck in questo lago.
Silenzio di tomba. Mera era allibita, così come le altre ragazze; persino Sapphire aveva la bocca spalancata e gli occhi enormi. Alan aveva appena pronunciato una sentenza terribile. Il deck rappresenta tutto per un duellante, specialmente per una duellante orgogliosa come Mera. Gettarlo in acqua significa perdere il proprio onore e, in alcuni casi, anche la propria ragione di vita.
Era una richiesta terrificante.
- Che cosa ti prende? – la schernì ora lui. – Troppo spaventata? Dopotutto, sei tu ad aver voluto mettere una posta in gioco.
La fulminò con uno sguardo torvo e serissimo. – Io non gioco mai per giocare; io gioco solo per vincere.
Dalla sua posizione, Lance scoprì leggermente i denti, una piccola goccia di sudore che gli rigava una guancia per poi scomparire. Alan, non puoi davvero farle questo?
Ma poi ripensò all’Alan di un tempo, a quello che gli aveva raccontato, e non ne era più tanto sicuro. Credeva di avere davanti una persona molto diversa da ciò che era stato, ma forse avrebbe dovuto cominciare a ripensarci quella stessa sera.
L’impulso a intervenire fu irrefrenabile. – Aspetta – disse – non puoi chiederle una cosa del…
Ma Mera lo bloccò. – No, Lance, va benissimo.
- Cosa?! – Il rosso era incredulo. – Mera!
L’altra non lo stava guardando. I suoi occhi erano fissi in quelli di Alan. Si poteva quasi vedere l’elettricità intorno a loro.
- Non perderò – giurò, più a sé stessa che a loro. – Qualsiasi cosa accada, io non perderò.
Sulle sue labbra comparve un sorriso di sfida. – Temo tu stia sopravvalutando le tue capacità, ragazzino.
- Ragazzino? – ripeté Alan, con una punta di divertimento. – Io temo invece che tu stia sopravvalutando le tue. Vuoi sapere chi sono, Mera?
L’altra rimase interdetta.
- Dico bene? – insistette l’altro. – Sì, perché se sapessi chi sono davvero, non correresti dei rischi così alti a cuor leggero!
Gary, dall’alto, allargò il suo sorriso. – Oh sì, eccolo che torna. Ecco l’Alan che conoscevo… il duellante prodigio, il mio unico e degno rivale.
Afferrò la polo sul petto e la strinse.
- Basta chiacchiere! – sentenziò Mera. – Non scelgo di sacrificare il mio deck a cuor leggero! Ti ho detto di non sottovalutarmi! Ora pesca le tue carte e…
Scattò la sincronia.
 
COMBATTIAMO!!!
 
- Ci siamo – osservò Winona, a braccia conserte.
Serena si stava stringendo le mani così forte da farsi male. In disparte, ora Luvia stava sorridendo leggermente.
Kukuku, non mi interessa che un ragazzino qualsiasi mi faccia da portavoce, pensò, ma nulla stasera potrà eguagliare la soddisfazione di vedere Mera ricevere una bella lezione.
Socchiuse gli occhi, e il suo sorriso si incupì leggermente. Spero solo che ne sia davvero capace
- Apro io le danze, se permetti – disse la ragazza. – Pesco!
Guardò il ventaglio di carte, e senza esitare ne posizionò una. – Evoco Kaiser Cavalluccio Marino in posizione d’attacco!!
Una luce brillò sotto la superficie dell’acqua, che si increspò in un vortice. Dai flutti emerse poi un guerriero coperto da un’armatura di squame celeste e viola. Due occhi rossi brillavano nel suo elmo. Portava uno scudo che sembrava una manta e una lancia dorata a doppia punta. (Attributo: Luce; Lvl: 4; Tipo: Serpente Marino/Effetto; ATK: 1700; DEF: 1650).
Alan sgranò gli occhi di fronte a quel mostro. No… lui no, lui no, lui no…, si ripeté. La forza dei ricordi lo colpì con la violenza di un fiume in piena. Un lampo di dolore si accese dietro al suo occhio. Si portò una mano al volto e premette, soffocando un gemito, mentre la sua retina confondeva nuovamente il presente con il passato…
 
- Ora evoco… Kaiser Cavalluccio Marino!!
Un guerriero in armatura marina munito di lancia e scudo fece la sua apparizione al fianco di Alan. I miseri 300 punti di Servitore del Teschio non potevano competere con i 1700 del mostro di Alan.
- Vai Kaiser, spazza via la sua inutile creatura! Attacco con Lancia Marina!!
Kaiser fece roteare la propria lancia, per poi abbatterla con un micidiale affondo sullo scheletro, che andò in frantumi. Lucius si parò con un braccio mentre i suoi life points scendevano di millequattrocento punti.
Alan rideva. – Se utilizzi mostri così deboli, mi domando come tu abbia fatto ad arrivare fin qui!
L’altro fece una smorfia mentre pescava. – Lo scoprirai, te l’assicuro!
 
- Alan? – Qualcuno lo stava chiamando. – ALAN?!
Lui si riebbe. A chiamarlo dalla riva era stata Serena.
- Che ti succede? – gli stava urlando.
- Non è… - mormorò lui – non è nulla.
Mera lo guardò impietosa. – Che c’è? Il mio mostro ti ha terrorizzato?
C’era una vena di scherno nella sua voce. Alan la guardò seria, e al contempo mortalmente divertito dalla crudele ironia della sua situazione.
- Ohhh, se solo sapessi…
- Prestò saprò tutto ciò che c’è da sapere – gli assicurò l’altra, e riprese il proprio turno. – Ora posiziono due carte coperte, e termino il mio turno. A te la mossa, se non hai troppa paura per farla.
Alan avvicinò la mano al vano del deck. Prima di pescare, fece un bel respiro.
Coraggio, Alan, calmati, si disse. Conosci molto bene Kaiser, non c’è motivo per farsi prendere dal panico. Puoi batterla!
Con quella carica di motivazione, pescò la sua carta. Non riuscì a trattenere un gemito di sorpresa.
Drago Tricorno e Drago da Richiamo alla prima mano?!
Guardava incredulo la combinazione di carte che gli era capitata. Quelle sei carte erano probabilmente le migliori di sempre.
Fantastico, pensò come un sorriso, metterò a tacere Mera ben prima di quanto immaginassi.
- Come prima cosa, attivo la carta magia Torna all’Inizio! – Mostrò la carta con lo strano gioco dell’oca sopra. – Scartando una carta dalla mia mano, posso far tornare un mostro sul tuo terreno in cima al tuo deck! E io scelgo l’unico mostro che possiedi!
Puntò il dito, e Kaiser scomparve in un vortice di luce. Senza fiatare, Mera lo rimise in cima al deck; la sua prossima draw phase sarebbe andata a vuoto. Alan scartò Drago Tricorno con un sorrisino.
- Ora posiziono un mostro coperto in difesa, e termino il mio turno.
Incrociò le braccia. E ora mostrami di cosa sei capace, Mera, pensò, spostando poi lo sguardo alla sua carta coperta. Anche se nessuno ha mai sconfitto il mio Drago da Richiamo.
E quell’affermazione suonò ineluttabile nella sua mente. La certezza di cui aveva bisogno.
- Pesco! – dichiarò Mera, anche se sapevano entrambi quale carta avrebbe pescato.
- La tua mossa non ti è servita a nulla – gli disse l’altra. – Ora il mio Kaiser torna sul terreno!
Evocò di nuovo il suo mostro in armatura, ma stavolta Alan era pronto ad accoglierlo.
La mia mossa è stata inutile? Questo lo dici tu.
Mera chiuse il pugno. – Vai Kaiser, attacca il suo mostro coperto! Attacco con la Lancia Marina!!
Kaiser si mise in posizione, in un tetro deja vu, ma stavolta i ricordi di Alan non fecero altro che scalfire una corazza impenetrabile. Il ragazzo stese il braccio: - Mera, pensi davvero di potermi sconfiggere attaccandomi senza pensare?? Sei caduta dritta nella mia trappola.
Scoprì il suo mostro coperto. – Vai, Drago da Richiamo! Segna la sua disfatta!!
Il dolcissimo drago fece la sua ennesima comparsa sul terreno, lanciando versi simili a cinguettii. (Attributo: Fuoco; Lvl: 2; Tipo: Drago/Effetto; ATK: 300; DEF: 200)
- Drago da Richiamo? – disse Lance fra sé e sé. – Ma questo significa che con la carta di prima…!
Lo realizzò all’improvviso. Alan allargò il proprio ghigno soddisfatto.
- La mia mossa non serviva davvero a far tornare il tuo mostro nel deck – spiegò, indicandola – ma serviva a darmi la possibilità di scartare un mostro al cimitero. E tu sai perfettamente chi sta per arrivare, vero?
Spalancò le braccia. – Risorgi, DRAGO TRICORNO!!
Il terrificante drago imperfetto si sollevò dalle acque e lanciò un poderoso ruggito. La folla era in visibilio. (Attributo: Oscurità; Lvl: 8; Tipo: Drago; ATK: 2850; DEF: 2350).
- Grande! Alan ha già evocato il suo mostro più forte! – esclamò Barney, stringendo il pugno.
- Ah, è il mostro più forte che gli abbiamo dato? – Shaun l’aveva realizzato solo in quel momento. – Messo bene…
- Ehi, non fare il disfattista? – lo rimproverò il biondo. Ma l’altro era serio mentre fissava il campo da gioco.
- Mera non è tipo da farsi fregare così – rivelò. Barney e Serena si volsero verso di lui.
- Vuoi dire che…? – mormorò la sorella di Lance.
Shaun socchiuse gli occhi. – Ho paura che Alan sia in guai seri…
- Ora sei costretta a spostare l’attacco di Kaiser sul mio Drago Tricorno! – stava esclamando Alan. – E il tuo mostro non può competere con lui!
Ma a quel punto, Mera sorrise. Alan, che era già sicuro di avere la vittoria in pugno, sentì il proprio sorriso spegnersi nello stesso istante. – Cosa stai…?
- Penso tu stia dimenticando un paio di fattori decisamente importanti – lo riprese Mera, paziente. – Primo, il tuo drago è un mostro senza effetto. Il che vuol dire che è anche privo di protezioni.
- Protezioni da cosa? – domandò l’altro, ora più teso.
- Lo scoprirai subito! – gli promise l’altra. – Scopro la mia prima carta coperta: Teletrasportatore!
Scoprì la stessa carta che Lance aveva usato nel suo duello con Surge. – Grazie ad essa, il mio Kaiser viene rimosso dal gioco fino alla fine del turno!
- Tch, ti sei salvata per ora – le concesse Alan, mentre Kaiser veniva incapsulato e rimosso dal gioco. Ma Mera non aveva finito: - Salvata? Ma io non sto giocando per salvarmi, io sto giocando per batterti!
E detto questo, scoprì la sua seconda carta coperta: - Non ho rimosso Kaiser dal gioco per difenderlo dal tuo drago, ma per proteggerlo dalla mia trappola: Tributo Torrenziale!
- Cos’hai detto?! – fece Alan, sgranando gli occhi. La carta di Mera raffigurava un devastante getto d’acqua, e nulla di più; perché nulla sarebbe rimasto dopo la sua attivazione.
- Quando viene evocato un mostro, non importa in che modo, Tributo Torrenziale si attiva e spazza via qualsiasi mostro sul terreno!
Fece spallucce. – Io non ne ho, ma temo che i tuoi draghi stiano per farsi un bel bagnetto. E sarà l’ultimo della loro vita!
Dopo quella promessa, dalla carta scaturì un violentissimo getto d’acqua. Si riversò sul terreno, e i due draghi di Alan ne furono travolti. Il ragazzo li guardò incredulo venire trascinati via da quella corrente olografica, e lui stesso dovette puntare i piedi con tutte le sue forze per non esserne trascinato via. Non era reale, ma vedere tutta quell’acqua che gli arrivava addosso aveva comunque un effetto devastante.
Quando il getto si esaurì, e tutti quanti erano ancora asciutti, i mostri di Alan non c’erano più.
- No… - mormorò incredulo – non è possibile…
Cadde in ginocchio. Mera lo guardava con le braccia conserte, altezzosa come una regina.
- Davvero pensavi che utilizzare sempre la stessa strategia ti avrebbe permesso di vincere contro di me? Per favore.
Cominciò a giocare con uno dei suoi ricci rossi. – Ho visto il tuo duello con il Pinguino, e Sapphire mi ha raccontato del vostro duello. Ero perfettamente preparata all’eventualità che giocassi Drago Tricorno; non me lo aspettavo certo nei primi turni, ma come vedi non ha fatto alcuna differenza.
I suoi occhi di bronzo lo fissarono implacabili. – Sono in grado di contrastare ogni tua mossa, e tu dovresti imparare a bluffare. Quando hai fatto quel sorrisino, avevo intuito che avessi in mano la tua combinazione vincente, e così mi sono premunita.
Mentre Alan era ancora in ginocchio, allibito che qualcuno avesse, per la prima volta, sconfitto il suo Drago da Richiamo, l’altra fece una risatina. – Il Duel Monsters è come il poker. Nel poker devi saper bluffare, perché i tuoi avversari non devono assolutamente capire che tu abbia in mano la combinazione di carte più alta. E non puoi pretendere di vincere con solo una combinazione; non si può sempre puntare al poker, ma esistono il Full House, il Royal Flush…
Lo puntò. – Tu invece sei più simile a un pessimo giocatore di burraco, che cerca di arrivarci con solo una combinazione, e non si apre molteplici strade.
Alan si riebbe, infine, e la guardò senza più sorridere. – Oh, ti ringrazio per la lezione sui giochi di carte, Mera.
A malincuore, posizionò Drago da Richiamo nel cimitero; un po’ meno a malincuore Drago Tricorno. Il suo proprietario originale lo guardava ora soddisfatto: Che ti serva da lezione, Alan. Affidarti alle solite carte non ti porterà lontano.
- Ti devo ringraziare – disse poi il ragazzo, e il sorriso morì sul volto dei due duellanti più forti in contemporanea.
- Come? – disse la sua sfidante.
- Ho detto che ti devo ringraziare – ripeté. – Non so perché mi fossi fissato solo su quello. Si vede che sono davvero arrugginito.
Fece un sorriso mesto, e poi la guardò. – Il vero duello comincia ora, Mera!
- Me lo auguro per te! – gli rispose pronta lei.
A riva, Serena espresse le sue preoccupazioni. – Ma come farà Alan, ora? Drago Tricorno era il suo mostro più forte, e l’ha già perso.
- Be’, il Duel Monsters non è solo questione di numeri – le rispose Winona – ma anche di strategia. Sono sicuro che caverà fuori qualcosa.
Oltretutto, c’è un modo in cui potrebbe sconfiggere Mera. Ma gli servirà la mia carta per farlo.
Ma questo se lo tenne per sé.
- Termino il mio turno, e ora Kaiser torna sul mio terreno – disse la rossa. – A te la mossa, Alan.
- Con piacere. Pesco!
Diritto di Nascita??
La carta che aveva appena pescato gli avrebbe potuto permettere di recuperare Drago Tricorno dal cimitero, e spazzare via il mostro di Mera, che non aveva più carte coperte a cui affidarsi. Ma poteva avere ancora magie rapide in mano. E ora aveva imparato la lezione. No, non avrebbe fatto ancora affidamento su Drago Tricorno, non per il momento almeno.
- Evoco Kong Voltaico in posizione d’attacco!
Il mostro di Alan era uno scimmione dal pelo rosso, e percorso da scariche elettriche che rilasciava ogni volta che si batteva i pugni sul petto, lanciando versi e grida mentre la pelliccia gli si rizzava. (Attributo: Luce; Lvl: 4; Tipo: Bestia/Effetto; ATK: 1800; DEF: 1000).
- Vai Kong Voltaico, distruggi Kaiser Cavalluccio Marino!!
Lo scimmione non se lo fece ripetere e sbatté i pugni sull’acqua. Le folgori danzarono illuminando il laghetto, per poi colpire Kaiser, che lanciò un verso di dolore prima di esplodere in pezzi. E il primo era andato.
 
LIFE POINTS ALAN: 8000
LIFE POINTS MERA: 7900
 
- Ora si attiva l’effetto di Kong Voltaico – spiegò prontamente Alan. – Quando infligge danno da battaglia all’avversario, quest’ultimo deve scartare carte dal suo deck pari al numero di mostri di attributo Luce che controllo.
- Va bene, allora scarterò una carta – disse Mera, facendo come appena annunciato.
- Ora posiziono una carta coperta, e ti passo la mano.
Alan poté respirare di nuovo. Se l’era cavata, ma non le aveva inflitto che cento, miseri punti di danno. Ne aveva ancora quasi ottomila da azzerare, ma era meglio che niente.
Mera, tuttavia, era pronta ad un’offesa spiazzante. – Pesco!
Non appena vide la carta appena presa, il suo sguardo si piegò in una maniera che voleva dire tutto o nulla. Senza poi esitare, scoprì subito gli altarini: - Ora sono io a ringraziare te, Alan, perché altrimenti avrei dovuto attendere ancora un turno per poter giocare questa!
Alan deglutì.
- Gioco la magia terreno Umi!! – Alle parole di Mera, il livello dell’acqua si innalzò all’improvviso, raggiungendo anche la riva. Più di qualcuno si lasciò suggestionare, e cominciò a ritrarsi più in alto. Ma era tutto finto; o così si ripeteva Alan, mentre vedeva l’acqua arrivargli alla vita. Ora sembrava di galleggiare davvero nell’oceano; qualcuno aveva solo la testa fuori.
- Ehi, ma che succede?! – Barney non si raccapezzava. – Mi si bagnerà la camicia!
Aveva una splendida camicia hawaiana.
- Tranquillo, la tua camicia è al sicuro – gli rispose Shaun. – Ora però Mera ha iniziato a fare sul serio.
- Ah, perché prima scherzava? – domandò l’altro.
Già, prima scherzava, pensò Winona, che era rimasta completamente immobile, nonostante l’acqua le arrivasse, letteralmente, alla gola. Con Umi sul terreno, Alan dovrà pensare in fretta a qualcosa. O il vantaggio sarà sempre della sua rivale.
Alan si controllò i pantaloni, e naturalmente erano asciutti; ma era del parere che non ci si abituava mai davvero alle magie terreno. E questa era molto più invasiva di quella giocata da Sapphire. La carta raffigurava soltanto una distesa d’acqua che si estendeva a perdita d’occhio sotto a un cielo sereno; era stata disegnata in diagonale, per mostrarne la vastità.
- Umi conferisce un bonus ambiente alle mie creature – spiegò Mera con un sorriso. Ad entrambi gli sfidanti, l’acqua arrivava alla vita. – Adesso, i miei mostri sono più forti di 200 punti.
Alan fece una smorfia. – Duecento punti in più non faranno la differenza.
Mera gli rispose con un sorriso provocatorio. – Ah no?
Abbassò lo sguardo su una delle carte che aveva in mano e la colse, come il petalo di una margherita. – Perché non provi a dirlo al mio Pesce dai 7 Colori?
Il mostro che balzò fuori dall’acqua era esattamente un pesce le cui squame viravano fino alla coda nei sette colori, dividendolo in sezioni, simile a una barriera arcobaleno. Aveva due zanne che gli fuoriuscivano ai lati della bocca, piena di denti affilati. (Attributo: Acqua; Lvl: 4; Tipo: Pesce; ATK: 2000; DEF: 1000).
Alan vide i valori sul display del suo duel disk, e le parole di Mera cominciarono a concretizzarsi. Ora quel pesce era più forte del suo Kong Voltaico. E Mera non esitò un istante: - Vai, Pesce dai 7 Colori, distruggi il suo mostro!
La creatura dell’altra si immerse, la sua ombra che correva sotto la superficie. Riapparve poi per saltare alla gola dello scimmione, affondando le sue terribili zanne. Il mostro esplose e il pesce si inabissò di nuovo.
 
LIFE POINTS ALAN: 7800
LIFE POINTS MERA: 7900
 
- Cominci ad avvertire la tensione, Alan? – gli domandò spavalda l’altra. Quello riabbassò le braccia, che aveva usato per difendersi dall’attacco del mostro, e le rispose: - Non esaltarti per duecento, miseri punti di danno.
- No, hai ragione – convenne lei divertita. – Il meglio deve ancora venire.
Prese un’altra delle due carte che aveva in mano. – Attivo la carta magia Grande Onda Piccola Onda!
La carta magia raffigurava dei mostri marini e dei goblin travolti da quelle che sembravano onde di lava all’interno della bocca di un vulcano; in lontananza, era vagamente visibile un cielo stellato dai tratti violacei. – Con questa carta, posso distruggere un qualsiasi numero di mostri di attributo acqua sul mio terreno, e poi evocarne altrettanti dalla mia mano.
Il mostro di Mera venne inglobato da un’onda, e scomparve. – E siccome ho rimasto una sola carta in mano, ti presento la mia Sirena Cavaliere!!
Dalle profondità degli abissi riemerse una fiera sirena dai capelli rossi, come la sua proprietaria. Era abbastanza robusta, ma quello non era grasso; erano muscoli. Era coperta da un’armatura, che le rivestiva anche parte della coda, al termine della quale aveva un fiocco rosso. Impugnava anche una spada corallina e un pesante scudo di metallo. (Attributo: Acqua; Lvl: 4; Tipo: Acqua/Effetto; ATK: 1700; DEF: 900).
- Coraggio Sirena, attaccalo direttamente!
La terribile guerriera pesce si fece avanti.
Che fare? Se lascio che mi attacchi, perderò altri life points…
Guardò la sua carta coperta. Ma se ora uso Diritto di Nascita, e recupero Drago Tricorno, rischio di fare nuovamente la figura del dilettante che si affida a un solo mostro…
Strinse i pugni. Era ormai troppo tardi per decidere, così la sirena sferrò il suo fendente. Alan dovette reggersi saldo sulle gambe, mentre la spada olografica lo attraversava, facendolo tremare.
 
LIFE POINTS ALAN: 6100
LIFE POINTS MERA: 7900
 
- Non fa nulla – disse il moro, cercando di farsi coraggio. – Dovrai fare anche di meglio!
Mera rise con le mani sui fianchi. – Oh, caro Alan, tu continui a provocarmi, e io non posso non rispondere.
La sua voce era melodiosa, ma nascondeva significati terribili. – Immagino tu non conosca il potere speciale della mia Sirena Cavaliere – e nel dirlo, le sue labbra si piegarono in un sorriso, e i suoi occhi si socchiusero.
- Potere speciale? – ripeté Alan.
- Già – disse l’altra. – Quando Umi è presente sul terreno, Sirena Cavaliere può attaccare due volte nella stessa Battle Phase.
- Cosa?! – Lo sgomento di Alan fece posto all’attacco violento della sirena, che guizzò con la sua coda di pesce e la spada che brillava sotto ai riflettori. Lì non c’era tempo per pensare, e non c’era tempo per i moralismi. Il danno rischiava di diventare troppo consistente, e di incrementare il vantaggio dell’altra.
- Non te lo lascerò fare! – esclamò. – Scopro la mia carta trappola: Diritto di Nascita!
Mera batté velocemente le palpebre, mostrandosi sorpresa. – Con questa carta, posso riportare in vita un mostro senza effetto dal mio cimitero…
Alan puntò il dito. – E io scelgo Drago Tricorno!!
Il gigantesco drago bipede blu fece la sua seconda apparizione in quell’incontro! La Sirena Cavaliere di Mera si arrestò bruscamente di fronte al colosso, la cui ombra si estendeva ora fino a raggiungere la rossa. Poi si arretrò, e ritornò dall’altra parte del campo di gioco.
- Per stavolta ti è andata bene – gli concesse Mera – ma vedo che continui a fare affidamento sulla stessa carta.
Incrociò le braccia, ora sprovvista di carte in mano. – Un errore da principianti – commentò.
- Da principianti o meno – la rimbeccò lui – finché un mostro è efficace, continuerò a usarlo.
Ma non era convinto fino in fondo della veridicità delle sue parole. Tuttavia, doveva continuare a mentire, se non a sé stesso almeno a chi aveva di fronte. Mera aveva una determinazione incrollabile, non si era minimamente spaventata neanche un istante e aveva avuto il controllo del duello sino a quel momento.
Cinque turni erano passati, e lei aveva subito appena cento punti di danno. Ma le cose stavano per cambiare. Sapeva di essere sotto lo sguardo accusatorio di Lance, di star abusando della carta che lui gli aveva donato, ed era il primo ad essere convinto che un duellante non dovrebbe affidarsi ad una e una sola carta. Ma col deck che si ritrovava, quella sembrava essere praticamente l’unica alternativa.
Perciò ce l’avrebbe messa tutta. – Dato che non hai altre carte in mano o sul terreno, suppongo sia il mio turno. Pesco!
Guardò la carta appena presa. Una Spada di Bamboo Spezzata? A che diavolo dovrebbe servire??
Meglio non pensarci. La aggiunse alle altre, poi ne prese un’altra e la posizionò sul duel disk. – Gioco Pterodattilo Nero in posizione d’attacco!!
Un dinosauro volante nero, il collo irto di spine e la bocca piena di denti affilati, planò sulla cresta dell’acqua, per poi sospendersi in aria e lanciare uno stridio contro Mera, creando onde olografiche sulla superficie di Umi. (Attributo: Vento; Lvl: 3; ATK: 1000; DEF: 500).
L’altra fece appena una smorfia, socchiudendo leggermente un occhio; Alan pensò che era terribilmente sexy nel farlo.
Ma non doveva farsi distrarre. – Vai Drago Tiranno, distruggi Sirena Cavaliere!!
Il drago lanciò una sferzata d’artiglio che fece a pezzi la Sirena, la quale uscì di scena con un grido di dolore.
 
LIFE POINTS ALAN: 6100
LIFE POINTS MERA: 6750
 
- E ora è il tuo turno, Pterodattilo Nero!! – Non appena Alan ebbe steso il braccio e lanciato il comando, lo pterodattilo volò contro Mera, dando poi un colpo d’ala che generò dei mulinelli sull’acqua. Le correnti d’aria investirono Mera, che si difese con le braccia mentre perdeva altri mille punti.
 
LIFE POINTS ALAN: 6100
LIFE POINTS MERA: 5750
 
- Evvai, Alan ha di nuovo il vantaggio! – esultò Barney.
- Posiziono una carta coperta, e termino il mio turno. – Alan aveva ritrovato un vago sorriso. Ma quando la sua avversaria riabbassò le braccia, si accorse che sul suo volto non c’era traccia di preoccupazione. Anzi, Mera stava sogghignando. Quella cosa non piacque affatto all’altro.
E se avesse potuto sentire i suoi pensieri, gli sarebbe piaciuta ancora meno.
Esulta pure per il tuo amico, Barney, pensò con una punta di malizia. Strinse il pugno, facendo tintinnare leggermente il braccialetto di vetri di mare. Credi di avere la vittoria in pugno perché sei riuscito a distruggere un paio dei miei mostri? Ingenuo.
Il suo sogghigno si distese in un vero e proprio sorriso. Sto per insegnarti una lezione che non dimenticherai, Alan: il mio deck nasconde insidie alle quali neanche tu sei preparato. E se ti avventuri troppo a fondo negli abissi, rischi di non riuscire più a tornare in superficie!!
E mentre lo pensava, dietro alle sue spalle si proiettavano le spire e gli occhi di fuoco di un imponente drago marino.
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Hola, popolo di EFP!
Ben ritrovati con questo capitolo, e in questo angolo abbiamo cose di cui parlare. Lo scorso capitolo è stato pubblicato in maniera frettolosa – tornavo da una laurea, avevo avuto una settimana piena – e non è venuto come volevo. Non dico di non essere arrivato anche oggi con l’acqua alla gola – perdonate la battuta, vista la situazione – ma non ho tutta l’ansia e la stanchezza addosso dell’altra volta.
Quindi ora possiamo fare due chiacchiere, e posso dirvi anche un paio di cose sullo scorso capitolo. Anzitutto, questo è il secondo di un trittico di episodi dedicati al duello tra Alan e Mera, il che significa, come avrete già intuito, che il loro duello si concluderà nel prossimo capitolo. Mera ha ancora parecchi assi nella manica, e Alan dovrà sfoderare tutta la sua bravura contro un avversaria che, fin’ora, si è dimostrata praticamente inscalfibile.
Originariamente, l’idea era invece di far duellare Mera e Luvia per il primo posto. Non so se ve l’ho già detto, non ricordo quel che ho scritto nello scorso Angolo dell’Autore. Ma siccome questo trittico di capitoli è ispirato ai capitoli del manga di “Yu gi oh GX” in cui Jaden e Alexis combattono per la prima volta – nell’anime è molto diverso – ho preferito alla fine far duellare i due. Era da tempo che volevo trovare la scusa per far combattere Alan e Mera, e sono felice di esserci riuscito.
Luvia invece è stata messa in disparte, ma avrà anche lei la sua occasione di rivalsa. A proposito, lei è un personaggio dell’universo di Fate creato da Nasu. Mentre Winona è il nome inglese di Alice, la capopalestra di Forestopoli nella terza generazione di Pokemon. Lei e Alan ci hanno dato giù a quanto pare, e fra i due si è creato uno strano legame. Bisogna vedere a cosa porterà. Dopotutto, Winona ha detto che per vincere Alan avrà bisogno della sua carta. E che carta sarà? Per ora, il ragazzo sta di nuovo facendo affidamento su Drago Tricorno, ma conoscendo Mera forse avrà qualche altro asso nella manica per sbarazzarsi nuovamente di quel mostro.
Sono particolarmente contento di com’è venuto l’inizio del duello, perché volevo mostrare un piccolo trivia del Duel Monsters: non è chiaramente possibile affidarsi a una sola combinazione di carte, proprio come dice Mera, per vincere. Gli esempi degli altri giochi di carte mi sono derivati dalle ultime serate, e sono ottimi per smontare la strategia messa in atto da Alan. Mera ha infatti trovato il modo di counterare all’istante il suo Drago Tricorno, e come ho appena detto, è molto probabile che ci riesca di nuovo.
Ora, concludiamo parlando del futuro di questa fan fiction, in due sensi. Finito il prossimo capitolo, avremo l’ultimo arco della prima stagione, composto da cinque-sei capitoli. Non ho ancora ben deciso come suddividerò il tutto. Non vorrei farne di più, ecco. Quest’ultimo arco ci aprirà poi le porte a quella che sarà la seconda stagione, ma prima di pubblicare anche quella mi prenderò una pausa, per poter staccare un po’, lavorarci con calma e cominciare a mettere le basi anche per altri progetti. Non voglio portare solo questa fan fiction, ho un mio piano, devo solo vedere se riesco ad attuarlo.
Ad ogni modo, questo significa che Yugi ci terrà compagnia ancora per più di un mese! Però, e qui viene il secondo punto, da adesso non posso più garantire l’uscita settimanale. Oggi sono cominciate le lezioni dell’ultimo anno di magistrale, e tra lavoro, devo iscrivermi in palestra, studio e tesi, sarà veramente dura riuscire a incastrare tutto. La fan fiction non si interromperà! Questo è importante. Però magari pubblicherò a quest’ora, magari pubblicherò in altri giorni della settimana, o magari salterà una settimana.
Io ce la metterò tutta per continuare ad essere regolare! A voi chiedo solo di avere pazienza; vi giuro che sarete ricompensati.
Detto questo, direi che possiamo salutarci. Alla prossima, quando sarà!!
 
Nel prossimo capitolo: “Il Drago degli Abissi”
Il duello tra Alan e Mera prosegue sotto gli occhi di tutti! Il ragazzo pensa di averla finalmente messa alle strette, ma la rossa ha in serbo per lui ancora diverse sorprese. Riuscirà Alan a fronteggiare il mostro più forte della sua avversaria, o sarà costretto a rivelare il suo inconfessabile segreto?
 
Ciao ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!
 
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11: Il Drago degli Abissi ***


CAPITOLO 11: Il Drago degli Abissi
 
 
LIFE POINTS ALAN: 6100
LIFE POINTS MERA: 5750
 
In quel momento, Alan non sentiva il vociare del pubblico attorno a loro. Sentiva solo i propri pensieri, e questi spingevano più del motore di un treno. Aveva acquisito un effimero vantaggio su Mera, cosa di poco conto. Fin’ora, la sua avversaria si era rivelata implacabile. E non sembrava ancora essere riuscito a metterla all’angolo come avrebbe voluto.
- Hai finito? – gli domandò l’altra.
Alan guardò le carte che aveva in mano. Una era Spada di Bamboo Spezzata, una carta assolutamente inutile, e le altre due erano mostri. Sì, aveva finito. Fece un cenno con il capo a Mera, e quella abbassò lo sguardo sul proprio duel disk. La rossa non aveva carte in mano né sul terreno, eccezion fatta per Umi. Se non avesse pescato qualcosa di utile, pensò il moro, sarebbe rimasta scoperta ai suoi prossimi attacchi, e Alan avrebbe persino potuto annientare i suoi life points. Concludendo quel duello e la sua sofferenza in un colpo solo.
La tempestività di quel pensiero lo fece tremare. Poteva davvero dipendere tutto dalla prossima mano? Be’, molto spesso nel Duel Monsters era esattamente così che andava. E Mera pareva saperlo molto bene; ne era consapevole tanto quanto lui.
- Pesco! – dichiarò, afferrando la carta con rapidità quasi scottasse. Il sorriso che le si delineò sul volto fece perdere ad Alan la speranza di una rapida vittoria.
- Esattamente ciò di cui avevo bisogno – commentò la rossa, mostrando poi la carta al suo avversario. – Gioco la Carta di Santità!
- NON CI POSSO CREDERE!! – L’esclamazione di Alan era ben giustificata. Quella carta, che ritraeva due soldati sotto a una pioggia di monete, intenti a cercare di raccoglierle coi propri elmi, era quella che si poteva definire una vera botta di culo. Tutti ne conoscevano l’effetto; tutti, eccetto Barney.
- Perché Alan è tanto preoccupato? – domandò.
- Immagina di dovere dei soldi a Totò o’ Scugnizz’ – intervenne Shaun, con i suoi modi peculiari – e che stiate giocando una partita a poker. Sono già passate le tre di notte, quindi è il momento di tirare fuori le pistole e i documenti di vendita della propria casa. Tu hai dovuto fare All-In perché se no sei nella merda, e a un certo punto arriva qualcuno che ti dice “Ehi, ti regalo sei assi”. Ecco, questo fa la Carta di Santità.
- Non ho capito… - ammise l’altro.
- Carta di Santità permette a entrambi i giocatori di pescare finché non hanno sei carte in mano – spiegò Winona, le braccia incrociate sotto al seno. – Mera ha pescato la carta migliore per la sua situazione.
Ora sì che Barney aveva capito. – Quindi Alan è di nuovo nella merda… - realizzò. Serena, vicino a loro, si tormentava le mani, osservando il duello con apprensione. Suo fratello, molto più in alto, aveva ora un sorriso nervoso sul viso, specchio dei sentimenti contrastanti che si muovevano dentro di lui. Be’, sarebbe da pazzi negare che il Duel Monsters non abbia anche una componente di sano culo. Mera avrebbe potuto perdere il duello in questo preciso istante, ma il fatto di avere quella carta nel suo deck l’ha salvata. È stata lungimirante.
Anche se lui pensava che tutti dovessero avere almeno una Carta di Santità nel loro mazzo.
Mentre entrambi pescavano, Alan rifletté: Questa non mi ci voleva. Adesso posso solo sperare che non abbia pescato tutte queste gran carte.
Ma sfortunatamente, quella sera le stelle rilucevano sinistre per lui. Mera guardava la sua mano come se avesse appena trovato la mappa per una miniera d’oro. Era passata da zero a sei in un lampo, e ora si poteva ricominciare a ballare.
- Permettimi di mostrarti quanto ho detto poco fa – intonò la rossa, togliendo una delle carte dal ventaglio. – E cioè come affidarsi allo stesso mostro sia un gravissimo errore.
La posizionò. – Gioco Lancio del Martello!
La carta ritraeva un enorme martello di legno che schiacciava dei goblin. Alan strabuzzò gli occhi: - Oh merda!
- Eggià – sorrise lei. Subito dopo, un grosso martello di legno comparve sopra a Drago Tricorno, per poi spiaccicarlo come fosse stata una mosca. Gli arti del drago si piegarono fuori dal raggio dell’arma, mentre un ultimo verso soffocato accompagnava la dipartita della creatura.
- Lancio del Martello è semplice ma efficace – spiegò Winona. – Distrugge il mostro scoperto col più alto numero di punti d’attacco. Alan ha perso il suo Drago per ben due volte nella stessa partita.
- Errore da principiante – commentò Sapphire dall’alto del suo rifugio. – Pensavo fossi più sveglio di così, Alan.
Anche Gary, dal canto suo, era deluso. – Si può sapere che diavolo ti è preso? - domandò, come se l’altro potesse sentirlo. – Commettere simili errori da novellino non è da te.
C’era una punta di amarezza e rimprovero nella sua voce.
- E ora – proseguì Mera – è tempo di dare una bella svolta a questo duello così noioso, non trovi?
No, Alan non trovava, ma si limitò a digrignare i denti.
Mera proseguì. – Evoco Madre Grizzly in posizione d’attacco!
Un grosso e furioso orso dal pelo nero si levò imponente, superando i due metri d’altezza, e coprendo ad Alan la vista della sua avversaria. Ringhiava rabbiosa, come se le avessero toccato i cuccioli. (Attributo: Acqua; Lvl: 4; Tipo: Guerriero-Bestia/Effetto; ATK: 1400; DEF: 1000).
- E ora – continuò – rimuovo dal mio cimitero Kaiser Cavalluccio Marino e Pesce dai 7 Colori…
Mostrò all’altro una carta. – Per poter evocare con evocazione speciale Fenrir!
Prima si udì un ululato, che spinse tutti a guardarsi intorno, e subito dopo dall’ologramma emerse un grosso lupo grigio e dagli occhi rossi che brillavano come fari. Sembrava un lupo che si preparava a diventare uomo, o un uomo che non aveva finito di trasformarsi in un lupo, e anche questo era enorme. (Attributo: Acqua; Lvl: 4; Tipo: Bestia/Effetto; ATK: 1400; DEF: 1200).
- Sfortunatamente, nessuno dei due beneficia del bonus ambiente dato da Umi. Ma sono comunque entrambi sufficientemente forti per distruggerti!
Puntò il dito. – Vai Fenrir, distruggi Pterodattilo Nero!
Il lupo si lanciò all’attacco, e con una sferzata d’artiglio lo fece a fettine. Alan si difese dalle schegge olografiche che gli arrivarono in faccia.
 
LIFE POINTS ALAN: 5700
LIFE POINTS MERA: 5750
 
- E ora è il tuo turno, Madre Grizzly!! – Alle parole di Mera, Alan si vide l’imponente orso caricarlo a quattro zampe. Il suo cuore mancò un colpo quando quello gli lanciò un’artigliata. Perse l’equilibrio e scivolò all’indietro. Qualcuno lanciò un grido; udì, lontana anni luce, la voce di Barney che gli urlava di stare attento. Ma Alan in quel momento ringraziò la sua proverbiale agilità, trovò subito un’altra roccia dietro di sé e quindi controbilanciò con il tallone, per poi portare indietro anche l’altro piede. Ora era arretrato di un passo, ma non era ancora caduto in acqua.
Sulla riva, qualcuno tirò un sospiro di sollievo; Barney e Serena tra questi.
 
LIFE POINTS ALAN: 4300
LIFE POINTS MERA: 5750
 
- Tutto bene? – domandò la sua avversaria con una punta d’ironia. Alan strinse i denti, e poi fece una risata nervosa.
- Preoccupati per te stessa – le raccomandò. – Perché tra un po’ ne avrai bisogno.
- Mpf, giocare a fare lo spavaldo è inutile con me – e detto questo, posizionò due carte coperte e terminò il turno.
- Molto bene, pesc…! – Ma il duel disk lampeggiò di rosso e gli comparve la scritta errore. Alan lo guardò con paura: - Si è danneggiato con gli schizzi d’acqua?
Ci mancava solo quello. Ma le risate di Mera lo smentirono.
- Mi spiace – si scusò, sinceramente – ho dimenticato di avvertirti del potere speciale di Fenrir. Quando distrugge un mostro in battaglia, il possessore di quel mostro non può condurre la sua Draw Phase per quel turno.
- Stai scherzando? – Alan guardò il lupo grigio, la fronte madida di sudore.
- Oh, nient’affatto. – Ma Mera lo rassicurò. – Tuttavia, hai sei carte in mano grazie alla mia generosa pescata. Immagino che per un campioncino come te non sarà un problema farci qualcosa, no?
Se questo fosse il mio deck, pensò nervoso mentre guardava la propria mano, a quest’ora non si sarebbe neanche posto il problema, perché probabilmente avresti già perso. Ma è inutile continuare a pensare alle favole: questo non è il mio fottuto deck, questa è una fottuta truffa!
Si tenne le piastrine. Lucius, sto cercando di fare più in fretta che posso. Ma temo di aver esaurito la mia proverbiale fortuna, e di aver imparato la lezione nel peggior modo possibile…
La sua mente volò nuovamente all’arena…
 
- Combatti!! – Lucius lo stava esortando, mentre davanti a lui c’era un’imponente scheletro con un sudario viola e un’aura maligna attorno. I suoi punti d’attacco avevano toccato i 3000, lo stesso valore del leggendario Drago Bianco Occhi Blu di Seto Kaiba.
- Avresti fatto meglio ad ascoltarmi, ragazzo – stava dicendo il nero – perché sarebbe finito tutto molto più in fretta.
Poi un sorriso non ancora del tutto rilassato comparve sul suo volto. – Ma ce l’ho fatta, alla fine…
A quel punto, il giovane Alan, dall’altra parte dell’arena, scoppiò in una risata fragorosa. – Temo tu abbia preso un granchio – gli rispose, e il sorriso sparì dal volto di Lucius. – Io sono tutt’altro che finito. Quello, casomai, sei tu.
E prese una delle carte che aveva in mano. – Permettimi di rispedire il tuo patetico scheletrino nella fossa. Assieme al resto dei tuoi life points.
- Non puoi! – aveva protestato l’uomo. – E’ impossibile, ormai, sconfiggere il mio Re dei Servitori del Teschio!!
Ma Alan non aveva perso il suo sorriso. – Oh, questo lo dici tu. Adesso sacrifico Kaiser Cavalluccio Marino attivando il suo potere speciale!
Il guerriero marino si illuminò di un’aura dorata, poi diverse crepe si formarono sulla sua corazza, lasciando emergere fasci di luce.
- Cosa… cosa stai…? – Ma Lucius non riuscì a finire la frase, perché un’esplosione di luce lo costrinse a schermarsi gli occhi.
E successivamente, due immense ali si spiegarono gettando la loro ombra sopra di lui.
 
Persosi nuovamente fra i ricordi, Alan spostò lo sguardo dalla propria mano a Mera. Dio, quanto era bella, e quanto avrebbe voluto non dover lottare così contro di lei. Si meritava di più, molto di più. Sarebbe stato tentato di dare forfait anche solo per la vergogna che provava, se non fosse che quello andava contro la sua etica di duellante, e che avrebbe significato dover rivelare ciò che per nessun motivo avrebbe mai dovuto rivelare.
Quel pensiero spostò il suo sguardo verso Lance. Non lesse niente, se non sdegno, negli occhi del rosso. E promise a sé stesso: Un giorno sistemerò anche te. Non so ancora come, ma lo farò.
Non aveva idea di quanto avesse ragione.
- Sto aspettando – lo esortò Mera. – Comincio a stancarmi. E anche i miei fan.
Di risposta, dei sonori “buuu!” si levarono dalla folla.
- Ma se i tuoi fan sono tutti ologram… ah no, ho sbagliato duello – borbottò Shaun tra sé e sé. Vicino a lui sulla riva, Serena guardò Winona e le domandò: - Pensi che Alan ce la farà?
- Difficile a dirsi – le rispose onestamente la ragazza dai capelli lilla. – Ora come ora, sta messo un po’ nella merda. Però è bravo, quindi se non si fa prendere dal panico potrebbe anche trionfare.
Ma la vedo grigia, pensò.
- Va bene – si risolse Alan. – Fammi vedere come rispondi a questo! Gioco Cavaliere della Regina in posizione d’attacco!
Una bella guerriera dai capelli biondi e con un’armatura rossa, armata di spada e scudo, con un elmo alto e la corazza ricoperta dai simboli dei semi delle carte fece la sua apparizione. (Attributo: Luce: Lvl: 4; Tipo: Guerriero; ATK: 1500; DEF: 1600).
- E la equipaggio subito con Ascia Ferro Fortuito! – esclamò il duellante, pescando una carta magia da quelle che aveva in mano. La spada e lo scudo della cavaliera furono sostituiti da un’ascia nera con delle scritte luminose vergate sulla parte piatta della lama. Il suo attacco schizzò a duemila punti.
- Subito dopo, attivo la carta magia Agnelli Dispersi, per evocare due segna mostro!
I due batuffoli di pelo comparvero dal lato di Alan, tutti contenti nonostante i loro zero punti di attacco e difesa. Mera lo giudicò con sguardo tagliente.
- Pensi di nasconderti dietro a una difesa così esile? – lo provocò. Ma Alan le rispose per le rime: - Io non mi sto affatto nascondendo.
L’espressione dell’altra mutò. Subito dopo, Alan prese un’altra carta dalla sua mano e la mostrò: era Controlla Avversario.
- Con questa carta, posso scegliere di sacrificare uno dei miei mostri per prendere il controllo di uno dei tuoi fino alla fine del turno – spiegò. – Quindi adesso sacrificò uno dei miei segna mostro Agnello, per prendere il controllo del tuo Fenrir!
Il controller gigante si materializzò dalla parte di terreno di Alan, e con la sua combinazione di tasti il grande lupo Fenrir scattò all’erta, gli occhi che lampeggiarono come i fari di un auto. Spiccò un balzo e si posizionò dalla parte di Alan, ringhiando contro la sua padrona.
Ma quella rimase impassibile.
È glaciale, osservò Alan. Nonostante ora l’abbia messa con le spalle al muro, non dà alcun segno di cedimento…
Strinse i denti. No, non posso farmi prendere dal panico ora. Il vantaggio è dalla mia parte, quindi devo procedere senza esitare.
E così fece. – Coraggio Cavaliere della Regina, distruggi Madre Grizzly!!
La bionda cavaliera spiccò un balzo per poi abbattere la sua ascia sul possente orso. Un taglio fiammeggiante lo divise in due, facendolo esplodere. Le schegge olografiche finirono tra i capelli di Mera, che si riparò con un braccio.
 
LIFE POINTS ALAN: 4300
LIFE POINTS MERA: 5150
 
- E ora è il tuo turno Fenrir, attac… - Ma il ragazzo si bloccò per via dello sguardo e delle parole di Mera.
- Non credo proprio – lo contraddisse infatti la rossa. – Quando Madre Grizzly viene distrutta in battaglia, il suo potere speciale mi consente di chiamare in campo un altro mostro di attributo Acqua, purché abbia massimo millecinquecento punti d’attacco.
Alan si ritrasse. – Dannazione.
Mera estrasse il suo deck a ventaglio e prese una carta. – E io scelgo un’altra Madre Grizzly!
Un nuovo orso comparve sul terreno, innalzandosi sulle zampe posteriori e ruggendo contro Alan. Ora, Fenrir si trovava contro un avversario dello stesso livello.
Ma almeno eliminerò anche il suo mostro…, e il ragazzo la trovava una soluzione migliore della semplice resa.
- Vai Fenrir, distruggila!! – gridò. Il lupo si lanciò all’attacco a fauci spalancate. Lui e la Grizzly si avvinghiarono in una feroce battaglia, prima di esplodere entrambi in fumo e fiamme.
- Metto una carta coperta – si risolse Alan, che ora contava solo su Cavaliere della Regina – e termino il mio turno.
Mera sorrise. – Bene. Dato che non ho subito danni da battaglia da parte di Fenrir, posso condurre tranquillamente la mia Draw Phase.
Pescò la sua carta, in una maniera quasi elegante, e le sue belle labbra si curvarono in un sorriso.
- Ottimo – disse. – Sei pronto, Alan? Perché da adesso non ti farò più concessioni.
E quando mai me le hai fatte?, pensò l’altro.
- Come prima cosa, scopro la mia trappola: Chiamata del Posseduto!
La carta raffigurava una sfilza di lapidi dalle quali si alzava del fumo violaceo. Quella carta inquietò Alan in un modo particolare; era una delle più famose del Duel Monsters, ma per lui aveva un significato molto profondo.
- Con Chiamata del Posseduto, posso riportare in vita dal cimitero uno dei miei mostri, e io scelgo Madre Grizzly!
Per la terza volta, il grosso orso fece la sua apparizione dalla parte di Mera. Alan se lo vedeva già che gli correva incontro. Ma venne subito smentito.
- Tuttavia non resterà a lungo con noi – proseguì Mera, che separò la carta che aveva appena pescato dall’altra che aveva in mano. – Perché ora lo sacrifico…
L’orso venne avvolto da una spirale di luce, prima di scomparire. Mera sollevò la carta: - Per evocare Mobius, il Monarca Glaciale!!
Un vortice di neve si sollevò dall’ologramma della carta, e parte di Umi si coprì di ghiaccio. Subito dopo, un gigante in armatura bianca e con un mantello blu si posizionò sul terreno, inginocchiandosi e appoggiando i pugni a terra come un gorilla. Un vento gelido spirava dalla sua figura, e Alan si sentì molto, molto piccolo. (Attributo: Acqua; Lvl: 6; Tipo: Acqua/Effetto; ATK: 2600; DEF: 1200).
- Ohhh merda – fece Barney – quel coso è più grosso del mio Barnoccolo!
E sì, ovviamente si riferiva al suo pene.
- Cazzo… - mormorò Winona. – Ora sì che Alan è nella merda. E non è neanche il mostro più forte di Mera…
- Cosa?! – esclamò Barney. – Com’è possibile? Ha tantissimi punti di attacco!
- Ingenuo – gli rispose la ragazza dai capelli lilla. – Mera sta giocando con lui come il gatto col topo. Con questa mossa, è come se volesse dimostrare che non le serve il suo mostro più forte per mettere al tappeto Alan.
Si strinse il braccio. Spero tanto che peschi la mia carta
Sul terreno di gioco, Alan cominciò inaspettatamente a ghignare. Mera inarcò un sopracciglio. – Che ti prende? – domandò serafica.
- Oh, nulla di che – fece il moro – se non che sono contento.
- Contento di cosa?
- Del fatto che sei caduta nella mia trappola! – E a quel punto, il ragazzo stese il braccio. – Ero preparato a questa eventualità Mera, ed è per questo che ho giocato Buco Trap…
Ma quello che vide gli fece letteralmente gelare il sangue nelle vene. L’ologramma della sua trappola coperta era completamente imprigionato da cristalli di ghiaccio.
- Co… cosa? Quando è successo?!
E non era l’unica cosa ad essersi congelata; anche l’Ascia Ferro Fortuito nelle mani di Cavaliere della Regina era diventata un blocco di ghiaccio. Il sorriso sottile di Mera ammazzò tutto l’entusiasmo dell’altro.
- Te l’ho detto – gli ripeté – io posso contrastare ogni tua mossa. Non importa che carte giochi, o cosa tenti di fare. Il mio deck è molto, molto più forte del tuo mazzo assemblato.
Guardò Mobius, che torreggiava dal suo lato del campo da gioco. – Quando il mio Monarca Glaciale viene evocato con successo, posso scegliere fino a due carte magie o trappola sul terreno, e renderle completamente inutilizzabili.
I cristalli di ghiaccio esplosero per la pressione, e Alan dovette dire addio a Buco Trappola ed Ascia Ferro Fortuito.
Non sta succedendo davvero…, pensò. Ma purtroppo era così.
E Mera chiuse il pugno, e da implacabile esecutrice della volontà divina esclamò: - Il tuo mostro ora è tornato ai suoi punti d’attacco originali, ed è ancora più debole di fronte alla Lancia di Ghiaccio del mio Mobius!!
Il gigante chiuse il pugno, sul quale si formò uno strato di ghiaccio, che poi sparò sotto forma di lancia; questa trapassò il petto del Cavaliere della Regina, che divenne una statua di ghiaccio prima di finire in pezzi. Alan si coprì il volto e soffocò un grido.
 
LIFE POINTS ALAN: 3300
LIFE POINTS MERA: 5150
 
- Ricorda che ride bene chi ride ultimo, Alan – lo rimproverò Mera. – Termino il mio turno.
Alan ingoiò il rospo e pescò la sua carta. La mostrò subito: - Uso Anfora dell’Avidità per pescare due carte.
Le estrasse e le esaminò. Grande Angus, pensò, è la carta di Serena. Ma in questo contesto, con Umi sul terreno, non è particolarmente vantaggiosa.
Scoccò una rapida occhiata alla ragazza, che osservava il duello con apprensione. Lei intercettò il suo sguardo e cercò di mostrarsi sicura per motivarlo. Alan sentì di poter quasi arrossire; sì, era minuta, e per certi versi anonima, ma la trovava veramente carina.
Tornò a concentrarsi sulle carte. Tuttavia, ragionò poi, potrei guadagnare del tempo con quest’altra carta…
Osservò il terreno di gioco. Mera ha ancora una carta coperta, e fin’ora si è dimostrata in grado di anticipare tutte le mie mosse. Ma se pescassi la carta giusta…
Guardò il suo duel disk. Allora potrei ribaltare la situazione.
Stava sudando. La rossa, davanti a lui, erra invece tranquillissima, le braccia incrociate e lo sguardo fisso. Lo stava guardando, o stava pensando? Impossibile saperlo.
Tanto vale tentare. Si decise, e separò una delle carte: -          Evoco Grande Angus in posizione di difesa – annunciò.
La grossa bestia rossa era decisamente fuori posto in quel grosso oceano, ma si acquattò emettendo un ringhio gutturale, i denti scoperti e gli occhi feroci che fissavano l’altra. (Attributo: Fuoco; Lvl: 4; Tipo: Bestia; ATK: 1800; DEF: 600).
- Mpf – Mera fece un sorrisino. – Sei fortunato che il tuo mostro sia di tipo Bestia, e non di tipo Pyro. O Umi avrebbe ridotto il suo attacco di duecento punti.
Guardò il suo Mobius. – Non che cambi molto, comunque.
Questo lo so perfettamente, pensò Alan, cercando di mantenere il controllo. Poi disse: - Io non ho ancora finito, perché ora gioco quest’altra carta.
E la mostrò. – La magia continua Messaggero di Pace.
La carta raffigurava un uomo vestito con un saio e un mantello viola. Aveva un’aura divina che lo illuminava da dietro, stringeva un libro, probabilmente una Bibbia, al petto con una mano, mentre l’alta era alzata in segno di pace. Aveva un ciondolo verde al collo e una colomba posata sulla spalla sinistra.
Mera corrugò la fronte. – E così vuoi impedirmi di attaccare, eh?
Fece un sorrisetto. – Prendere tempo non ti servirà a nulla, però.
Alan posizionò la carta. – Questo lo vedremo.
- Sono confuso – ammise Barney. – Cosa stanno dicendo?
Fu Serena a rispondergli. – Con Messaggero di Pace in gioco, nessun mostro che abbia 1500 o più punti d’attacco può attaccare. Alan si è così garantito una difesa contro Mobius, almeno per il momento.
Ma non c’era sollievo nella sua voce mentre lo diceva. Stessa cosa valeva per quel che pensava Luvia, in disparte e altezzosa come sempre anche nel portamento. Sì, per quel che può valere. È una difesa debole: qualunque carta magia o trappola può spazzarla via. Se pensa che questo gli basterà a pararsi il culo da Mera, si sbaglia di grosso.
Si morse un’unghia con frustrazione. Dannazione.
Alan è alle strette, pensò Lance. È evidente che ha esaurito le possibilità del suo deck attuale.
Chiuse gli occhi e abbozzò un sorrisino. Prevedibile, non ha mai avuto speranze contro Mera.
Così dovrei aver guadagnato un po’ di tempo, pensò Alan, guardando il suo terreno di gioco. Uno dei suoi segna mostro evocati da Agnelli Dispersi era ancora sul terreno, ma non avendo punti d’attacco o difesa non serviva a nulla. D’altro canto, Mera aveva sul terreno quel colosso di Mobius, e per lui era attualmente impossibile da buttare giù.
Devo inventarmi qualcosa, pensò allarmato.
- Termino il mio turno – dichiarò. Aveva solo una carta in mano, ed era quella Spada di Bamboo Spezzata che non serviva assolutamente a nulla. L’avrebbe scartata alla prima occasione utile.
Mera pescò, guardò la carta appena presa e si limitò a dire: - Passo.
Ci fu più di qualcuno che lanciò un verso sorpreso.
- Mera non fa nulla? – domandò Barney.
- Sono ad una specie di stallo – disse Winona. – Ora i potenti mostri di Mera non possono attaccare, a meno che lei non trovi il modo di liberarsi di quella carta magia.
Alan pescò. – Passo anch’io.
Mera lo seguì. – Passo ancora.
Qualcuno cominciò a lanciare versi di disapprovazione.
- Pesco – disse il moro – e passo di nuovo.
- Ma che diavolo fanno? – domandò Barney. – Così il duello non finirà mai.
Ho capito, pensò Lance. E, quasi telepaticamente, sua sorella dall’altra parte del campo di gioco disse: - Stanno approfittando dell’occasione per riempirsi le mani.
Si batté un pugno sul palmo aperto nel dirlo. – Si stanno preparando per la loro prossima mossa.
- Qualunque essa sia – disse Shaun, che ora si stava mordicchiando un unghia. – Alan è alle strette. E se Mera riesce a sbloccarsi sarà completamente travolto dalla sua offensiva.
- Speriamo in bene – disse Serena.
Avanti, pensò Luvia, nervosa. Questo duello sta diventando sfiancante. Sbrigatevi a fare qualcosa. Non me ne frega nemmeno più di questo stupido concorso, voglio solo che qualcuno perda e che questa tortura finisca!
Aveva una vena che le pulsava sulla fronte, e muoveva il piede come fosse un cavatappi, torcendolo.
Mera pescò ancora, e di nuovo passò. Ora la rossa aveva quattro carte in mano; ma non accennava ancora a fare nessuna mossa.
Alan pescò, e questa volta disse: - Posiziono una carta coperta, e poi sacrifico il mio ultimo segna-mostro per chiedere l’intervento di Ohka – Mech Maestoso!
Il leone alato meccanico arrivò ruggendo in una nube di polvere rosa e bianca, impennandosi sulle zampe posteriori come un cavallo, e spiegando le ali meccaniche. Il suo ruggito creò increspature sulla superficie dell’acqua. (Attributo: Luce; Lvl: 6 Tipo: Fata/Effetto; ATK: 2400; DEF: 1400).
Mera ridacchiò. – E allora? Il tuo mostro non può attaccare per effetto della tua stessa carta, e anche se potesse Mobius è ancora più forte di lui.
Alan si sforzò di non replicare, la fronte madida di sudore. Si sentiva la camicia attaccata al corpo. Aspetta e vedrai, Mera. Al prossimo turno userò Vortice, che ho qui in mano, per distruggere Messaggero di Pace, e subito dopo potenzierò Ohka con la mia carta coperta, Rinforzi, per distruggere il tuo Mobius. A quel punto, Angus avrà campo libero.
Strinse il pugno. E ti pentirai di avermi sfidato!
- Pesco! – esclamò la rossa. Ora aveva cinque carte in mano. Gli si accesero gli occhi nel vedere l’ultima carta, cosa che non prometteva niente di buono, almeno per Alan.
Mera sorrise in modo gelido. – Preparati, Alan – disse – la pacchia è finita.
Alan deglutì.
- Come prima cosa – fece la rossa – rimuovo dal mio cimitero Madre Grizzly e Fenrir, per poter evocare un altro Fenrir!
Il grosso lupo grigio con due fari rossi al posto degli occhi si innalzò ancora, ululando alla luna. Un brivido gelido corse lungo le braccia scoperte di Alan. Non farti prendere dal panico, disse a sé stesso, per effetto del bonus ambiente lui guadagna duecento punti, il che significa che raggiunge proprio quei millecinquecento che gli impediscono di attaccare.
Fece un sorrisetto stentato. E ora che farai, Mera?
Per tutta risposta, quello della rossa non fu affatto un sorriso stentato. Prelevò un’altra carta da quelle che aveva in mano, e qualcosa diceva all’altro che fosse proprio la carta che aveva appena pescato.
- Sei pronto ad ammirare un potere che non puoi sconfiggere? – gli domandò, e quelle parole lo fecero rabbrividire. Gli occhi di bronzo dell’altra scintillarono: - Pronto o no, niente ti salverà da quello che sta per arrivare.
- Oh no – mormorò Winona. – Non dirmi che lo ha pescato…
La duellante fece il suo annuncio: - Sacrifico Mobius e Fenrir!!
I due vennero avvolti dai flutti e scomparvero. Alan era incredulo. Cosa?! Perché ha sacrificato Mobius?? Cosa diavolo sta evocando?
Non dovette attendere molto la risposta. – Vieni a me, potente drago degli abissi!
Mera abbatté la carta sul duel disk. – Levia Dragone Dedalo!!
Un enorme spruzzo d’acqua, simile allo sfiatatoio di una titanica balena, si sollevò al centro dell’arena, schizzando verso l’alto. Tutti i presenti guardarono a bocca aperta, incapaci di proferire parola. Poi il getto si curvò fino ad annodarsi su sé stesso, assumendo la forma di spire inquietanti. Infine, l’acqua esplose ovunque, rilevando il corpo gigantesco di un serpente marino. Il ventre era bianco e liscio, mentre il dorso era corazzato e azzurro, con una lunghissima cresta dorsale rosso vivo che arrivava fino alla coda, che terminava con quattro pinne rosse. Il collo e la testa erano corazzati da una fila di placche sovrapposte, aveva quattro arti, ognuno con tre artigli, sparsi lungo il corpo, e un volto sormontato da una scaglia a punta. La bocca era piena di denti affilatissimi, come quelli di uno squalo, e gli occhi erano piccoli e malefici.
Mentre le sue spire si arrotolavano come montagne russe fatte d’acqua, la creatura guardò Alan e lanciò un ruggito che fece assordare chiunque. (Attributo: Acqua; Lvl: 7; Tipo: Serpente Marino/Effetto; ATK: 2800; DEF: 1700).
Alan si fece indietro, ancora una volta rischiando di cadere. Fissò la creatura gigantesca che si ergeva sopra di lui.
- E così… sarebbe questo il tuo mostro migliore? – chiese, rabbrividendo quasi. La risposta era ovvia. Mera ora lo guardava fiera e altezzosa come una divinità, le braccia conserte e il duel disk illuminato che mostrava la carta posta su di esso. Il drago marino intanto stava spiegando le sue spire dietro di lei.
- Esatto, Alan – confermò. – Ora che hai visto il mio Levia Dragone Dedalo hai capito che non hai modo per sconfiggermi. È ora di chiudere qui la partita.
Strinse il pugno, e subito dopo stese la mano. – Attivo il potere speciale della mia creatura: sacrificando Umi sul terreno, posso distruggere ogni altra carta a eccezione del mio mostro!
Alan era sbiancato. – COSA?!
- Vai Levia Dragone Dedalo, usa il tuo Tsunami e spazza via ogni cosa!!
La bestia si innalzò emettendo un possente verso, un grido lancinante di rabbia e potenza. Le acque cominciarono ad agitarsi e ribollire sotto di lui, finché Umi non si trasformò in una gigantesca onda anomala, pronta ad abbattersi sul lago.
- OH SANTA POLENTA!! – esclamò Barney.
- Qua finiamo come morto de la ucciso – disse Shaun, balzando in piedi.
L’onda si piegò, travolgendo il campo da gioco. Alan si parò ripetendosi costantemente che erano solo ologrammi, era tutto finto, non stava per essere trascinato via davvero dalla corrente. Ma la sua mente non poteva fare a meno di ingannarlo e di fargli percepire l’acqua che gli scorreva addosso. Ohka ne venne travolto assieme a Grande Angus, e anche la magia Messaggero di Pace venne distrutta.
Quando la marea si placò, un sacco di gente era visibilmente scossa; ma tutto era tornato alla normalità. La cascata ora era solo la cascata, e il laghetto era solo il laghetto.
Ma Alan era scoperto. E aveva improvvisamente freddo.
Mera non perse tempo. – Facciamola finita, Alan – e stese il braccio. – Vai, Levia, attacca i suoi life points con Idrocannone!!
Il drago caricò fra le fauci una sfera blu, poi sparò un getto d’acqua ad alta pressione percorso da spirali di spuma marina. Alan incrociò le braccia e chiuse gli occhi, la sua mente che gli fece percepire l’impatto reale. Perse l’equilibrio e atterrò di schiena sulla roccia dietro di lui. Le scarpe gli affondarono nel laghetto, inzuppandosi completamente.
 
LIFE POINTS ALAN: 700
LIFE POINTS MERA: 5150
 
- Alan, non mollare! – gridò Barney dalla riva. Alan aveva la testa che gli rimbombava e non riusciva a sentirlo. L’unica cosa a cui pensava erano i piedi bagnati e il fatto che stesse per perdere il duello.
Ormai siamo al limite, pensò Lance a braccia conserte. Alan non ha mai avuto speranze contro Mera. E questo duello è durato fin troppo.
Abbozzò un sorriso, che rifletteva la corruzione del suo animo in corso. Presto il tuo segreto sarà rivelato.
- Avanti bruh, tirati su! – lo incitò anche Shaun.
- Resisti! – gridò Serena.
- Avanti Alan, sai fare meglio di così! Lo hai già dimostrato – e quell’esortazione veniva da Winona, che strinse il pugno con forza. Il ragazzo si tirò nuovamente in piedi, stringendo i denti. Levia torreggiava sopra di lui, le spire azzurre che sembravano non avere fine. Senza Umi in campo, era tornato al suo valore base di 2600 punti; ma era un numero ancora troppo alto, inscalfibile per i mostri del suo deck.
“Suo”. Non era suo. Forse era vero che non si poteva vincere con un deck che non sia proprio. Forse le carte hanno una loro volontà e forse le promesse non vanno infrante.
No, si corresse subito dopo, e strinse forte le piastrine. Non si era mai dimenticato del loro peso, ma ormai gli era diventato familiare. Erano roventi.
Staccò subito la mano.
Non sono tipo che si arrende così. Già che sono in ballo, devo ballare.
Guardò la sua mano. Aveva Spada di Bamboo Spezzata e Vortice. Neanche un mostro, e comunque nessuno di essi era abbastanza forte per combattere Levia. O meglio, uno c’era, ma era stato spedito al cimitero non una, ma ben due volte.
- Posiziono una carta coperta – disse la ragazza – e terminò il mio turno.
I suoi occhi di bronzo lo guardarono e giudicarono senza alcuna pietà. – Fai le tue ultime mosse. Perché nulla può salvarti dal mostro più terribile del mio deck.
Come per risposta, Levia emise un ringhio sommesso. Era un verso antico, che risuonava dagli abissi.
Alan avvicinò la mano al suo duel disk. Provava un fastidio bestiale per le scarpe e i piedi zuppi, ma non poteva deconcentrarsi. Afferrò la carta, ma attese ad estrarla.
Mi trema la mano, realizzò. Pazzesco. Non mi sono mai tremate le mani in tanti anni di duelli, in tanti tornei. E lo fanno ora, contro…
Guardò la sua avversaria. Contro di lei.
Al riparo su una delle collinette, Gary si stava spazientendo. Si era poggiato al tronco di un albero, e aveva un’espressione di disappunto sul viso.
- Sei veramente arrugginito, Alan – commentò aspramente. – Evidentemente mi sono sbagliato sul tuo conto.
Alan cercò di tranquillizzarsi. Una voce nel profondo della sua psiche gli disse: Ricorda per un istante chi eri. Ricorda il duellante senza paura che dominava le arene dei duelli. Ricorda il bambino prodigio che tutti ammiravano e tutti temevano.
Poi aggiunse: E anche quello che tutti odiavano. Ricorda la loro rabbia, nell’istante in cui riconoscevano la loro impotenza.
La voce si fece più decisa. Tu sei Alan Kalos. E non sei mai, mai stato sconfitto!!
Fu allora che la mano di Alan smise di tremare.
I suoi occhi si fissarono con decisione sulla rossa. E dichiarò: - Il duello non è ancora terminato!
Mera dischiuse le labbra, lo stupore sul suo volto. Credeva di averlo ormai abbattuto. Tutti i suoi avversari si erano sempre sentiti schiacciati dalla potenza di Levia. Quindi perché lui non cedeva?
- Pesco! – Alan guardò la carta e sbatté velocemente le palpebre. La mostrò all’avversaria, e al loro pubblico: - Gioco anch’io la Carta di Santità!
- Cosa?! – Mera non se l’aspettava.
Alan pescò velocemente quattro carte; Mera, dal canto suo, doveva prenderne solo due. Lance strinse i denti: Non pensavo avesse anche lui una Carta di Santità. Mpf, poco male. Tanto non ha mostri in grado di battere Mera.
Alan guardò le carte appena pescate, e non poté trattenere un sorrisino.
- Si può sapere perché sei così contento? – gli domandò stizzita la sua avversaria.
Alan le rispose con un sorriso meraviglioso. – Perché non hai idea di quello che sta per arrivarti addosso. Il corso della partita sta per cambiare, Mera, e tu stai per perdere!
Le puntò il dito contro.
Ma di che parla? Sono in netto vantaggio, e ho dalla mia un mostro imbattibile.
Guardò poi la sua carta coperta. Oltretutto, la mia magia rapida è in grado di spazzare via qualsiasi mostro potente gli sia rimasto in campo.
Strinse il pugno. Non ha alcuna possibilità di ribaltare la situazione!
Anche Lance, che osservava il tutto a braccia incrociate, pensava le stesse cose. Alan sta palesemente bluffando. È impossibile che riesca a sconfiggere Mera. Ha già distrutto Drago Tricorno più di una volta, e non ha altri mostri così forti nel suo deck.
Poi un pensiero lo colpì come una scarica elettrica. A meno che
Voltò gli occhi di scatto verso la ragazza dai capelli Lilla. Winona! Che carta gli ha dato lei?
Una goccia di sudore gli scese lungo la fronte. No, si convinse, non ha alcuna importanza.
Ma importanza ne aveva eccome.
- Secondo voi Alan è impazzito o fa sul serio? – chiese Shaun.
- Alan è già riuscito a ribaltare la situazione in più occasioni – disse il biondo al suo fianco. – Sono sicuro che abbia trovato il modo anche stavolta.
- Me lo auguro – commentò Winona, a braccia conserte. – O sarà annientato al prossimo turno.
Spostò lo sguardo su Levia, che torreggiava sul terreno, imperioso e invincibile.
- Preparati, Mera! – la avvisò Alan. – Posiziono subito un mostro coperto! E poi metto questa carta coperta!
I due ologrammi comparvero sul terreno. – A te la mossa!
Mera scoppiò a ridere. – E questa sarebbe la tua incredibile strategia per sconfiggermi?!
Pescò una carta. Tch, nessun mostro eh? Be’, non importa, Levia mi basta e avanza. Anche se non pescassi altri mostri fino alla fine del duello, Levia può annientare qualsiasi sua linea di difesa. Sta solo ritardando l’inevitabile!
Guardò il suo mostro. – Povero illuso – gli disse – anche se, senza Umi, il mio mostro è tornato al suo valore originario di duemilaseicento punti, non c’è mostro nel tuo deck che possa tenergli testa. Quindi barricati pure dietro a tutte le carte coperte che vuoi, ma non ti servirà a nulla!
Stese il braccio. – Vai Levia, distruggi il suo mostro con Idrocannone!!
Levia sparò un violento getto d’acqua pressurizzato. Il mostro nascosto dietro la carta emerse un attimo prima di essere distrutto dall’acqua. Era un uomo vestito da fabbro, nudo se non per un grembiule sporco e un cappello. Aveva in mano un martello, una pancia prominente, la pelle arrossata e un pizzo blu come i suoi capelli. I loro display mostravano che avesse solo cinquecento punti d’attacco e difesa. Venne annientato senza pietà da Levia.
Mera ridacchiò. – Pff, mostri del genere sono solo dei bocconcini per il mio drago marino.
Alan ricambiò con un sorrisino. – Sì? Be’, ho paura che questo bocconcino gli farà venire una leggera carie, tra un po’.
Mera si rabbuiò. – Che vorresti dire?
- Il mostro che hai distrutto si chiama Kotetsu Fabbro del Ferro – spiegò il moro. – E quando viene scoperto, mi permette di aggiungere una magia equipaggiamento dal deck alla mano.
Aprì il deck a ventaglio e pescò una carta, che aggiunse alle altre che aveva in mano.
- Credevo di aver distrutto tutte le tue carte equipaggiamento – rivelò la rossa.
- Tra un po’ pregherai di averlo fatto – la provocò Alan. – Hai finito?
Mera dovette ammettere a malincuore che sì, aveva finito. In quel momento, le carte che aveva in mano non le erano di alcune utilità. Possibile che la mia fortuna sia finita così? No, non è mai stata questione di fortuna.
In mano aveva tre trappole e quattro magie che, in quel momento, non servivano a niente. Molte delle magie richiedevano la sostituzione di un mostro dell’avversario, mentre le trappole servivano in caso di magie e trappola scoperte o da attivare.
Ne posizionò una coperta, e poi terminò il turno.
- Ottimo – disse Alan. – Pesco!
Guardò la nuova carta, poi la aggiunse alla mano. – Ora evoco Ragazza Arpia in posizione di difesa!!
Una giovanissima ragazza uccello, dai bei capelli biondi e gli occhi azzurri fece la sua apparizione. Aveva arti da volatile, e calze rosa, come rosa erano le fasce sulle sue braccia. Dai gomiti le spuntavano ali piumate dello stesso colore. Il piumaggio formava una coda dietro la vita, e aveva anche una piuma in testa. Si rannicchiò emettendo un pigolio timido. (Attributo: Vento; Lvl: 2; Tipo: Bestia Alata; ATK: 500; DEF: 500).
Mera strinse un pugno con rabbia. – Mi prendi in giro?! Sono questi i mostri che mi mandi contro, Alan?! Pensavo avessi più considerazione di me!
La sua voce ora era di un rabbioso prossimo alle lacrime. I presenti furono per un attimo scossi da quella reazione.
- Mera, di che parl… - provò a dire lui, ma lei lo interruppe furiosamente.
- Tutti qui mi trattano come una regina solo perché sono bella – confessò – ma la verità è che a nessuno importa di quanto io sia brava!
I suoi occhi di bronzo erano ora velati di lacrime. – Questo corpo…
Si toccò un seno, un gesto assolutamente privo di volgarità, ma che anzi esprimeva la sua impotenza e condanna. – Questo corpo è una maledizione per me!
Tutti la ascoltavano in silenzio ora.
- La gente mi ha sempre dato attenzioni solo perché sono bellissima. I ragazzi volevano avermi intorno solo per uscire una gran figa! Nessuno pensa mai a cosa c’è sotto questi vestiti e questa carne.
Si passò ora una mano sul ventre, per poi rialzarla a pugno. – Io ho sempre lottato con le unghie e con i denti per farmi strada nel mondo. Ho iniziato a giocare a Duel Monsters perché credevo mi avrebbe dato la possibilità di affermarmi finalmente come essere umano! Sarei stata una duellante, al pari degli altri! Finalmente la gente non mi avrebbe considerata più solo perché ero bella, ma anche perché ero forte!
Gli urlò contro: - Quindi smettila di usare questi mezzucci con me e dacci dentro!! O vuoi dirmi forse che un mostro del genere è il meglio che sai tirare fuori da quel fottuto deck?!
Urlò fino a sgolarsi. La gente era ammutolita.
- Mera… - sussurrò Rob. E non al microfono.
- Ohi – mormorò Shaun. – Questa non me l’aspettavo.
- Mera… - fece Barney.
Persino Luvia non sapeva cosa dire.
Serena, che dalla sua era molto empatica, aveva ora gli occhi lucidi. – Mi dispiace così tanto…
Winona la guardò e le poggiò una mano sulla spalla. – Su, non fare così.
- No – singhiozzò lei – Mera aveva bisogno di noi, e noi non ci siamo mai accorti che stava soffrendo.
Dall’alto del suo albero, Sapphire disse: - Finalmente hai fatto uscire il dolore che provavi. Tu… sei la vera Regina, amica mia.
Incrociò le braccia e appoggiò la testa al tronco, chiudendo gli occhi. Un sorriso le affiorò sul volto.
Dall’altro lato del laghetto, Alan cominciò a ridacchiare.
Mera era più che ferita. – Hai pure il coraggio di sfottermi, dopo tutto questo?
Non se l’aspettava proprio da lui. – Siete tutti uguali! – sbraitò.
- Ohi, ohi, adesso fai la sessista? – Ma nonostante le sue parole, il sorriso del ragazzo era caldo. – Mera… sei davvero un’ingenua.
L’altra non fiatò.
- Metto due carte coperte sul terreno – disse il moro – e termino il turno.
Riabbassò le braccia. – Sono incazzato nero. Incazzato perché ho i piedi fradici per colpa tua. Incazzato perché probabilmente per essermi preso anche questa serata mi licenzieranno da lavoro. Incazzato perché sto infrangendo per l’ennesima volta la promessa che ho fatto a una persona che ho deluso.
La indicò. – E tutto questo è colpa tua! Quindi ora smettila di frignare, e affrontami come hai fatto fin’ora! Da duellante a duellante!
Quelle parole la fecero sussultare. – Ritieni che il mio mostro sia indegno di te? Benone! Puniscimi! Fammi vedere di che pasta sei fatta! Guadagnati la vittoria, guadagnati la verità!
Fissò Lance. – E tu! – proseguì. – Speravi forse di buttarmi giù con questo spettacolino? E dire che la gente qui ti considera il campione, il migliore di tutti!
Chiuse il pugno fino a far sbiancare le nocche. – Ma la verità è che non puoi accettare che il tuo sogno venga tradito così, dico bene? Per questo ti nascondi dietro Mera.
Lo fulminò. – Non sei migliore di me, Lance.
- Bada a come parli, Alan! – inveì quello, piegandosi in avanti.
Alan ghignò. – Certo. Anche tu sei come tutti gli altri.
E non disse altro.
- Posiziono una carta coperta, e termino il mio turno. Goditi il tuo, Mera, perché sarà l’ultimo.
La ragazza aveva i nervi a fior di pelle dopo quelle parole. Era arrabbiata, era in tensione, e profondamente umiliata. Si passò una mano sul viso, asciugandosi le lacrime di rabbia. Non era da lei aprirsi in quel modo, cedere alle emozioni. Doveva assolutamente riaversi. Doveva soltanto terminare quel duello, e poi filare via da lì, il più velocemente possibile. Non le importava nemmeno più un tubo del segreto di Alan. Era troppo arrabbiata e triste per restare là un secondo di più.
Ma la peggior nemica di un duellante è la paura. Mera aveva sempre avuto paura a lasciarsi andare in quel modo. Si era agitata, e questo la rendeva frettolosa e confusa.
Pescò, e neanche il tempo di realizzare che carta avesse preso, perché l’aveva già posizionata.
- Gioco Kaiser Cavalluccio Marino!! – Un altro Kaiser emerse dal laghetto, ma stavolta Alan non si fece intimorire.
Ordinò subito l’attacco. – Vai, Kaiser, distruggi subito la sua Ragazza Arpia!!
Il cavaliere marino scattò all’assalto con la sua lancia. Distrutto il suo mostro, annienterò il resto dei suoi life points con Levia.
Sorrise nervosamente. Ho vinto!
Ma Alan era di un altro parere. – Scopro la mia carta trappola: Annulla Attacco!
Si alzò la carta, che raffigurava un vortice di luce. – No! – esclamò Mera. – Non lo farai! Scopro la mia trappola: Tornado di Polvere!
La carta raffigurava un grosso vortice, con delle piume marroni in primo piano.
- Grazie a questa trappola, posso distruggere una tua magia o trappola, e poi posizionarne una a mia volta!
Ma Alan intervenne prontamente: - Oh no, non lo farai! Attivo la mia contro trappola: Malfunzionamento!
La carta raffigurava un macchinario che stava letteralmente per esplodere, con il fumo che copriva buona parte del disegno.
- Pago 500 life points – spiegò il ragazzo – e così facendo la tua trappola torna coperta, e non puoi attivarla per questo turno!
 
LIFE POINTS ALAN: 500
LIFE POINTS MERA: 5150
 
Detto fatto, la carta si riposizionò da sola.
- Alan è agli sgoccioli – commentò Barney, che si stava divorando le unghie nel panico.
- Sì, ma ha creato una catena da tre mosse in una situazione così disperata. Niente male – osservò Winona.
- Una cosa, scusa? – chiese il biondo, che, ormai si è capito, è ignorantissimo in materia di Duel Monsters.
- Una Catena è quando gli effetti di alcune carte si concatenano. Nel caso di Alan, lui ha usato Annulla Attacco, che ha fatto scattare il Tornado di Polvere di Mera, che a sua volta ha attivato la contro trappola Malfunzionamento, di Alan… - spiegò Serena, intensamente.
- Che al mercato mio padre comprò – intonò Shaun, per poi ricevere un coppino da Winona.
- Dobbiamo credere che Alan abbia un piano e non stesse bluffando – insistette Serena. – Forza, facciamo il tifo per lui!
- Buona idea! – concordò il biondo, che mise le mani a coppa davanti alla bocca. – Ehi fratello, non mollare!
Alan si girò verso di loro con il pollice alzato e un sorriso sicuro. Dall’altra parte, per canto suo, Lance urlò: - Mera, che stai aspettando?! Finisci questo duello!
- La tensione è alle stelle! – Bob non sapeva davvero per chi tifare. Da un lato c’era Mera, la beniamina del pubblico, ma quella sera si stava comportando davvero non come suo solito. E dall’altro c’era Alan, che sì aveva salvato il parco, ma era dopotutto il nuovo arrivato. Era davvero combattuto.
Il vecchio Dan, seduto vicino a lui, si accese una sigaretta e ridacchiò. – Non pensavo che questa sera mi sarei divertito così tanto.
Aveva la voce arrochita da fumo. Se la tirò via dalle labbra e soffiò. – Però le cose hanno preso una piega davvero interessante. E ora? Cosa farà il ragazzo?
Avanti Alan, fammi vedere se ci sai ancora fare, pensò Gary, che aveva riacquistato il suo sorrisino divertito. Mostrami che non hai perso la tua capacità speciale, quella che ti ha salvato in ogni occasione, e che ti ha reso il grande duellante che sei.
Socchiuse gli occhi. Dimostrami che sei in grado di sconfiggerla in un turno.
Mera si ritrasse di un passo, impotente. Non farti prendere dal nervoso, si disse. Sta solo ritardando l’inevitabile, ritardando l’inevitabile, ritardando l’inevitabile…
Se lo ripeteva come un mantra; ma invece di calmarla, la metteva sempre più in confusione.
- Termino… il mio turno – disse. Perché ho la gola secca? Fa troppo caldo qui!
Lance la guardava incredulo. Mera è… nel panico?
Non l’aveva mai vista così.
Alan pescò la sua carta. E disse una cosa strana: - Ultimo turno.
Un silenzio di tomba calò sul laghetto. Sembrava che tutti i suoni fossero scomparsi, anche il frinire delle cicale e i versi degli uccelli notturni. Tutto si era fermato.
Gary, in alto sopra a tutti, fece un sorriso folle. – L’ha detto – sussurrò, come per paura di rompere quella calma quasi sacrale. – L’ha detto.
Si piegò su sé stesso, trattenendo un riso isterico. Poi rialzò il capo e ghignò.
- Allora sei ancora il vecchio Alan.
Alan contemplò la sua mano. Era tutto pronto, tutto perfetto.
- Sacrifico Ragazza Arpia! – La giovane ragazza uccello venne inglobata in un vortice di luce, e scomparve in una manciata di piume. Alan prese una carta dal ventaglio che aveva in mano e la posizionò con un gesto aggraziato, ma che al contempo tradiva un’enorme potenza.
- Ed evoco Joe Veloce Uomo Alato!!
 Un turbine si sollevò improvvisamente sul campo, spazzando via foglie olografiche e piume d’ala. La gente si coprì dalla violenza di quelle animazioni così realistiche. Poi una luce si accese al centro del tunnel, e dalla luce emerse la figura di un aitante uomo uccello, il petto glabro e il piumaggio con tre tonalità di colore, giallo, verde e rosso sulle punte. Quel piumaggio componeva anche i suoi capelli. Discese placidamente sul campo, nonostante l’irruenza della sua apparizione, incrociando le braccia e mostrando un sorriso sghembo. (Attributo: Vento; Lvl: 6; Tipo: Bestia Alata/Effetto; ATK: 2300; DEF: 1400).
- L’ha pescata! – esultò Winona. – Alan ha pescato la mia carta!!
Mera digrignò i denti. – Bene, e così avevi un altro mostro valido. Peccato però che non sia all’altezza del mio Levia.
Aveva ragione. Il drago marino rappresentava ancora un ostacolo invalicabile, e Alan aveva troppi pochi life points per potersi permettere di giocare in attacco. O almeno così pensava lei.
E difatti, il ragazzo la contraddisse. – Spiacente, mia cara, ma non ho alcun bisogno di essere all’altezza del tuo Levia.
- Cosa? – lei non capiva.
- Vedi, una montagna non va per forza scalata per arrivare dall’altra parte. Un ostacolo può anche essere aggirato.
- Ti è forse entrata l’acqua nel cervello – domandò lei, aspramente. – Finché Levia è sul mio terreno, i miei life points sono protetti.
- Oh, questo è quello che credi tu – replicò l’altro. Subito dopo indicò nella sua direzione: - Attivo il potere speciale di Joe: quando viene evocato sacrificando un mostro di attributo vento, tutte le carte magie e trappola sul terreno tornano in mano ai proprietari!
Joe spiegò le ali, e un vortice si dipanò da esse. L’ologramma della carta di Mera scomparve in particelle di luce. La rossa la riprese, stizzita.
- Fortunatamente – continuò l’altro – le carte che mi servono per decantare la tua sconfitta sono magie. E la prima è questa…
La mostrò. – Spada di Bamboo Spezzata!
La carta raffigurava una spada di bamboo spaccata diagonalmente, e le due metà fracassate erano appoggiate a un muro, abbandonate.
La stessa spada spezzata apparve in mano a Joe, che la guardò incuriosito mentre la stringeva fra le zampe da uccello.
- Non ha alcun senso – disse Shaun. – Quella carta affibbia zero punti d’attacco al mostro equipaggiato. È praticamente inutile.
- Da sola, sì – osservò Luvia dall’altra parte del laghetto, e tutti si voltarono verso di lei, stupiti che avesse parlato. Si erano praticamente dimenticati della sua esistenza. La bionda dagli occhi blu guardava il duello con intensità, le braccia conserte sotto al bel seno florido.
- Ma se combinata con un’altra carta…
Le sue parole furono quasi profetiche, anche se non si trattava proprio di profezia; Alan aveva programmato perfettamente la prossima mossa.
- E ora viene la mia seconda magia equipaggiamento: Spada di Bamboo Proibita!!
La spada di bamboo spezzata in mano a Joe venne sostituita con un'altra spada. Sembrava in legno d’ebano, ed emetteva un’aura sinistra; la guardia era percorsa da spine.
- Adesso sacrifico metà dei miei life points! – e subito dopo averlo detto, Alan strinse il pugno e cominciò a fare un “oooooohhhh”, come quando in Dragonball la gente deve trasformarsi. Un’aura rossa lo avvolse, mentre i suoi life points calavano ancora.
 
LIFE POINTS ALAN: 100
LIFE POINTS MERA: 5150
 
- Caaazzo, sono vicinissimi allo zero! – osservò Barney con le mani nei capelli. Non vedeva l’ora che quel duello finisse, era troppo agitato.
- Quando Spada di Bamboo Proibita viene equipaggiata ad un mostro già equipaggiato con un’altra Spada di Bamboo, io posso sacrificare metà dei miei life points per attivare il suo potere – spiegò il moro. Poi afferrò le carte che componevano il suo cimitero, e le aprì a ventaglio: - Adesso posso scegliere di rimuovere un mostro tra quelli che ho nel cimitero, e io scelgo…
Mostrò la carta, molto nota ormai. – Drago Tricorno!!
Si mise in tasca la carta; sfortunatamente, i duel disk non era provvisti di uno spazio apposito per le carte rimosse. – Adesso Spada di Bamboo proibita assorbirà il potere di Drago Tricorno, e lo conferirà al mio Joe Veloce Uomo Alato!!
La carta si accese di fiamme cremisi, e la stessa aura percorse poi il corpo dell’uomo uccello, che emise uno stridio. I suoi valori di attacco schizzarono alle stelle.
- Cinquemilacentocinquanta!! – urlò incredulo Barney.
- Adesso il mostro di Alan è più forte del Dragone Dedalo di Mera – disse Serena, le mani giunte all’altezza del petto.
- Alan ce l’ha in pugno – fece Winona.
Mera indietreggiò di un altro passo. – No, non è possibile, ti avevo in pugno!
Guardò la sua carta, il suo prezioso mostro. – Il mio Levia…
Ma Alan la richiamò all’attenzione. – Il mio bersaglio non è Levia – rivelò, puntando poi il dito verso di lei. – Sei tu!
Mera sussultò. – Come?
- Spada di Bamboo Proibita ha un ulteriore effetto – annunciò funesto lui. – Il mostro equipaggiato, per un solo turno, può attaccare i life points dell’avversario direttamente.
Joe aveva ora gli occhi che brillavano di rosso. – Fai un rapido calcolo: non ti sembra familiare il suo valore di attacco?
Ghignò. – Bingo: è esattamente quello dei punti che ti restano!
La rossa sbiancò completamente. – NO. NON E’ POSSIBILE!!!
Alan stese il braccio. – Vai Joe, annienta i suoi life points!!
L’uomo uccello si alzò in volo col verso di un’aquila, volando oltre la testa di Levia, che non poté fare altro che ruotare il collo e seguirlo con i piccoli occhi malefici, impotente, mentre attaccava la sua padrona.
- VAI, ATTACCO DELLA SPADA DEMONIACA!!!
Joe passò veloce come una scheggia, e menò un fendente micidiale. Un taglio rosso si disegnò su Mera, mentre l’immagine residua del volatile le passava attraverso. La rossa fece appena in tempo a sganciare il duel disk, perché poi la violenza del colpo la spedì in acqua, facendola finire sotto la superficie del lago con un grande schizzo.
E il suo counter finì a zero.
 
LIFE POINTS ALAN: 100
LIFE POINTS MERA: 0
 
La folla esplose in un boato disarmonico.
Tutti si alzarono in piedi e cominciarono a urlare il nome di Alan. In mezzo a loro, Lance guardava il lago con occhi tremanti e l’espressione incredula, mentre la testa rossa di Mera riemergeva. La ragazza riprese fiato e rimosse i capelli dal volto. Era riuscita a salvare le sue carte, sganciandosi il duel disk in tempo.
- Impossibile – mormorò il domatore di draghi – questo non può essere vero.
- Mera ha perso sul serio… - Shaun doveva ancora realizzarlo.
- SIIIIIIIII – Barney spiccò un salto alzando il pugno.
- Menomale… - Serena poté finalmente tirare un sospiro di sollievo. Winona, accanto a lei, aveva un ghigno di sfida. Fece schioccare le nocche: - Alan, è un vero peccato che tu non voglia più duellare…
I suoi occhi si infiammarono. – Perché mi hai fatto venire una gran voglia di batterti.
Dall’alto del suo albero, Sapphire non aveva cambiato posizione. – Impressionante – commentò. – Sapphire è colpita.
I suoi occhi brillarono di una strana luce.
Nel laghetto, Mera nuotò fino alla roccia dove stava prima. Si issò a fatica. Era delusa, umiliata. Si odiava profondamente e ce l’aveva a morte con sé stessa più di quanto non avesse mai fatto. Le sue mani toccarono la pietra umida, e vide le sue carte lì, a terra, esposte al rischio dell’acqua. Le venne voglia di piangere.
Poi un’ombra si allungò su di lei.
Alzò di scatto il capo, e vide Alan che le sorrideva e le tendeva un asciugamano, preso da chissà dove. – Tieni – le disse mentre glielo porgeva – rischi di rovinare le tue carte.
Lei riabbassò lo sguardo, scoprendo i denti. – Che ti importa? Tanto dovrò comunque gettarle nel lago, no?
Era quella la parte peggiore del patto. Se avesse perso, avrebbe dovuto rinunciare al suo deck. Stava per perdere tutto, tutto ciò che la rendeva una duellante; anni di fatiche e sacrifici, anni di perfezionamento, anni di vita vissuta, di esperienze, di storie, di vittorie ma anche di salate sconfitte in tanti ambiti, buttate sul fondo di un lago.
Le lacrime le offuscarono la vista.
- Ero sicura – confessò, singhiozzando – ero sicura di vincere. Ero imbattibile, no?
Fece un sorriso sciocco. – In tanti anni, non mi sono mai sentita così svilita… come ora.
Abbatté un pugno sulla roccia, facendosi male. Ma il dolore alla mano non era niente paragonato alla ferita nel suo cuore.
Sentì l’asciugamano sui suoi capelli. Sussultò e vide Alan che si inginocchiava; i loro volti erano ora alla stessa altezza. Non ci aveva mai fatto caso, ma da così vicino poteva vedere tutti i pori della sua pelle, i ricci scombinati dei suoi capelli umidi per il sudore e gli schizzi d’acqua, il blu intenso dei suoi occhi. Era bello, bello da morire.
Ma era anche così crudele.
Le strofinò un poco i capelli, increspandoglieli. E poi le disse: - Non devi liberarti di niente.
Mera non capiva. – Come? – sussurrò.
- Non ho mai avuto intenzione di farti buttare il deck nel lago – confessò, e fece un sorrisino. – Era per spronarti. Solo un pazzo furioso farebbe davvero una cosa del genere, non ti pare?
Mera lo guardava con gli occhi di un cerbiatto abbaiato dai fari. Alan si tirò nuovamente in piedi e si sganciò il duel disk.
- Io sono stato un duellante – proseguì. – E credo che, nel profondo, lo sarò sempre. So bene quanto sia importante il proprio deck, e quanto amore ci si metta nel costruirlo. Chiederti di rinunciarvi, sarebbe come chiederti di buttare la tua anima in fondo a questo lago.
Posò a terra il duel disk, rimettendo tutte le carte al loro posto. Tutte eccetto Drago da Richiamo, che ripose nuovamente con cura nella busta plastificata che teneva nel suo portafoglio.
- Io la mia l’ho chiusa a chiave in un baule e dimenticata in una polverosa stanza molto tempo fa, ormai – confessò. – Ma tu non hai motivo di diventare come me.
Si volse verso Luvia. – Allora, sembra che io abbia vinto.
Si era cacciato le mani in tasca, e si diede una scrollata di spalle. – Perciò…
Era un po’ in imbarazzo nel dirlo. Ma quella fece un gesto con la mano che lo sorprese e gli disse: - Lascia perdere.
- Eh?
Più di qualcuno fu stupito da quella risposta. Luvia riassunse la sua aria impettita.
- Questo combattimento non mi rappresenta affatto – commentò. – E’ stato penoso! Tenetevi pure il vostro titolo…
Si volse e prese ad incamminarsi. La sentirono sussurrare: - Ma non credere che finisca qui, ragazzo prodigio…
La folla si aprì in due ali mentre lei ci passava in mezzo, per poi richiudersi. I suoi boccoli biondi furono l’ultima cosa a scomparire, un lampo giallo nella notte.
- Che tipa – commentò Alan. C’era una strana calma che lo pervadeva ora, la sensazione della chiusura di un cerchio. Ce l’aveva fatta, si era liberato dal peso di quei duelli. Si era preso una pausa dalla sua promessa, ma le cose stavano per tornare alla normalità. Tuttavia, quei combattimenti che lo avevano riportato indietro nel tempo gli avevano regalato uno strano miscuglio di disagio e serenità. Qualcosa che nemmeno lui sapeva bene come definire, ma che in definitiva lo aveva sicuramente fatto crescere.
Uhm…
Rob aveva ripreso il microfono.
E quindi… non abbiamo una regina, per quest’anno?
Alan si volse verso di lui. – Ti sbagli – affermò sicuro. – Una regina ce l’avete eccome.
Guardò Mera. – A dire la verità… ce l’avete sempre avuta.
Le prese la mano e la aiutò a rialzarsi. Mera era come proiettata in un sogno, mentre vedeva sé stessa con Alan che la aiutava a rimettersi in piedi. L’asciugamano dal capo le scivolò sulle spalle. Il ragazzo le teneva la mano e la guardava intensamente.
- Mera – il suo nome suonava così dolce sulle labbra di lui – tu hai detto di avere sempre faticato per avere il tuo riconoscimento come duellante, e non come donna. Ma qui, in questo Parco, da quel poco che ho capito, qualsiasi riconoscimento avviene con i duelli.
Guardò tutto il pubblico, e sorrise. – E tu sei la duellante più forte che abbia mai conosciuto.
Le gote di Mera si accesero del calore delle lanterne estive, quelle che si perdono nel cielo per cadere nel mare.
Ora la folla intonava il suo nome. Era un coro unisono, che cantava ripetutamente:
MERA
MERA
MERA
La ragazza sentì di nuovo gli occhi umidi e velati di lacrime. Ma stavolta non erano lacrime di rabbia o di tristezza. Sentiva il cuore gonfio di gioia e orgoglio, l’animo pieno di felicità per aver finalmente realizzato che ciò che cercava lo aveva già ottenuto da tempo.
Intensificò la stretta sulla mano di Alan.
E gli fu profondamente grata.
 
Lance si volse con rabbia e si incamminò. La folla lo fece passare come aveva fatto con Luvia. Lance era un pezzo grosso, e in quel momento sembrava bello incazzato.
Pregava che sua sorella non lo rincorresse, perché in quel momento era veramente fuori dai gangheri, e non sapeva come avrebbe potuto reagire. E odiava far piangere la sua sorellina.
Era a metà strada per l’uscita del parco, quando una figura sbucata da dietro uno degli alberi gli sbarrò il passo.
- Chi va là? – fece lui, balzando sull’attenti. La figura venne alla luce della luna, e nonostante la penombra il rosso lo riconobbe.
- Ma tu sei… Gary Oak! – domandò incredulo.
Gary gli sorrise. – Lance Nightingale – lo chiamò – è un vero piacere incontrarti di persona. Tuo nonno era una leggenda nel mondo del Duel Monsters.
Lance si rabbuiò, come le tenebre fra le fronde. – Che cosa ci fai qui? E che vuoi da me?
Gary non perse il suo sorriso. – Sono qui per proporti un affare – dichiarò. – E perché anch’io, come te, voglio vendicarmi tanto, ma proprio tanto di Alan Kalos.
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Hola, popolo di EFP!
Ne è passato di tempo, eh? Il vostro UlquiorraSegundaEtapa non è andato in pensione, no signori! Ho avuto un periodo molto duro a livello lavorativo e di studio, facevo settimane intere dove non avevo tempo per scrivere, nemmeno la sera. Da una parte sono stati giorni molto belli, dall’altra mi dispiace davvero tanto di questo ritardo.
Ora non è che la situazione sia così diversa, ma mi ci sono messo di impegno e sono riuscito a finire questo capitolo che mi portavo avanti da quanto, un mese, più? Non importa, quel che conta è avercela fatta.
Non mi dilungherò troppissimo con questo angolo dell’autore. Ci tenevo soltanto a salutarvi, a dirvi che no, non me ne sono andato, ci tengo a continuare queste storie. E spero veramente che il duello con Mera vi sia piaciuto. Ho fatto una faticaccia a finirlo, è stato il duello più difficile fin’ora. E anche il nostro Alan l’ha trovato così, oh, ci potete giurare. Per sua affermazione, Mera è la duellante più forte che lui abbia mai affrontato; il che significa, potenzialmente, che Mera è persino più forte del fu nonno di Lance, Drake.
Lance che abbiamo scoperto far di cognome Nightingale. No, non cercate strani significati, gliel’ho affibbiato io, mi piaceva come suonava. E ora Lance è stato abbordato da Gary; che voglia reclutarlo per conto di Zachary, come ha fatto il Pinguino con Surge? Sarebbe ironico, visto che è stato proprio Lance a sconfiggere Surge, e a condurlo in qualche modo dal Pinguino. Cos’ha da spartire lui con loro? E cosa sta facendo esattamente Zachary?
Troppe domande ancora, e troppe poche risposte. È per questo che vi invito a restare con me fino alla fine.
Questo duello al cardiopalma chiude questo arco narrativo, e ci apre all’ultimo di questa stagione. Mancano pochi capitoli, e vi assicuro che non avranno nulla da invidiare a quelli letti fin’ora. Certo, ora dovremo fare i conti col fatto che Alan si è finalmente liberato del suo deck provvisorio, e può tornare a onorare la promessa fatta a Lucius. Lucius il quale abbiamo imparato un po’ di più a conoscere con questi flashback, ma ancora non ci è chiaro che ruolo abbia giocato nella vita di Alan, oltre al fatto di essere stato un suo avversario.
Pazientate: ancora un po’ e lo saprete. La soluzione è vicina, davvero molto.
In questo capitolo è stato presente un piccolo Shenanigan, per tornare a noi: Messaggero di Pace, la carta usata da Alan, richiede il pagamento di 100 life points durante ogni Standby Phase, altrimenti viene distrutta. Un piccolo prezzo, ma che avrebbe condizionato l’andamento del duello, e quindi ho preferito soprassedere.
Invece, Spada di Bamboo Proibita non esiste. È la prima custom card che ho inserito in questa fan fiction – salvo che io non ne abbia già create altre di cui mi sono dimenticato, in quel caso farei una figura barbina. La spada di bamboo che originariamente doveva essere utilizzata era “Spada di Bamboo Divora Anime”, ma il suo effetto consente di saltare la main phase dell’avversario nel caso il mostro equipaggiato infligga danni. Certo, cosa non da poco, ma sicuramente non avrebbe garantito ad Alan il vantaggio che gli avrebbe permesso di sconfiggere il mostro di Mera.
Inoltre, il fatto che i life points della rossa e i punti d’attacco totali di Joe fossero identici è stata una pura casualità. I casi della vita.
Joe era anche la carta che Sapphire aveva preso da Alan nel loro duello, fun fact.
E, per finire, la battuta di Shaun sul fatto che tutti i fan di Mera siano ologrammi – salvo poi correggersi – è una citazione a un video di uno youtuber chiamato Cvit, che ha realizzato la serie “Everything Wrong with Yu gi oh”, dove analizza le varie stagioni del primo anime e ne espunge Shenanigans vari ed errori. La sua battuta è stata fatta in occasione del celebre combattimento sulla torre dei duelli tra Yugi e Kaiba, in cui Kaiba si è lamentato del fatto che Yugi stesse facendo annoiare i suoi fan.
Salvo che, appunto, i suoi fan erano tutti ologrammi generati da lui.
Ahh, il buon vecchio Seto.
Bene, io vi lascio qui! Come sempre, non dimenticate di scrivere una bella recensione o anche solo un messaggio privato per fami sapere cosa ne pensate. Noi ci rivediamo col prossimo capitolo!!
È bello essere tornati.
 
Nel prossimo capitolo: “Si parte per il campo estivo!”
I ragazzi del Parco dei Duelli si prendono una breve pausa, e partono per un campo estivo assieme. I loro ospiti sono la nuova generazione di aspiranti duellanti! Ma questi ragazzini sono davvero delle pesti, e Alan, Barney, Shaun, Serena e Winona dovranno darsi da fare per tenerli a bada!
 
Ciao ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!


 
PROSSIMAMENTE
 
 
ULQUIORRASEGUNDAETAPA PRESENTA…
 
 
WAKING THE DEMON
 
“Coccodrilli che escono dai fiumi, gatti parlanti e case infestate. A Fortuna è meglio non girare dopo una certa ora. Ma Allison è stanca di avere gli incubi sulla vecchia villa dei Kusanagi, andata distrutta in un misterioso incendio, e decide così di recarsi lì per capire qual è il suo legame con il posto. Quando poi il suo nuovo compagno di classe si rivela essere proprio Kyo Kusanagi, sembra evidente che il destino voglia dirle qualcosa.
Ed è qualcosa di grosso”.
 
Coming soon…
 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12: Si parte per il campo estivo ***


CAPITOLO 12: SI PARTE PER IL CAMPO ESTIVO

 

 

Alan si lavò la faccia nell’acqua gelida.

Era mattina presto, ma il cielo era chiaro e si stava bene. Si sciacquò il viso, per poi guardarsi allo specchio sopra al lavabo. I capelli erano arruffati; doveva tagliarli di nuovo. Gli occhi erano scavati e aveva i capillari in evidenza. Aveva dormito poco, o forse poteva dire che era sveglio da parecchio; entrambe le versioni andavano bene. Non riusciva mai a dormire prima dei viaggi, anche in occasione di quelli “stupidi”.

Aveva ricontrollato mille volte di aver messo tutto nella sua valigia da viaggio, e mille volte aveva pensato di star dimenticando qualcosa. Persino ora, mentre si asciugava la faccia con l’asciugamano blu che aveva appena in bagno, pensava di star tralasciando un dettaglio fondamentale. In realtà, non aveva dimenticato nulla di indispensabile per quella breve trasferta. A turbare così tanto il suo animo era il fatto di aver finalmente riconsegnato il deck ai ragazzi del Campo. Un patto era un patto: dopo aver vinto – con estrema difficoltà – il suo duello con Mera, Alan aveva ridato agli altri il deck, e stavolta Barney non avrebbe potuto tirarlo fuori dalla tasca o da un cappello. Ma proprio ora che si sarebbe dovuto finalmente rilassare, il suo animo soffriva per la mancanza di quel mazzo di carte. Lui non se ne rendeva conto, ma l’emozione di stringere nuovamente in mano uno strumento al quale era tanto abituato anni prima, aveva influito potentemente su di lui. Il suo cuore di duellante si stava ribellando con tutte le sue forze.

Ma Alan, incapace di ascoltarlo, e pensando solo al peso delle piastrine che aveva al collo, continuava a chiedersi se stesse dimenticando qualcosa.

Lo strombazzare di un clacson appena fuori la finestra lo richiamò all’ordine delle cose. – Merda! – esclamò, subito prima di saltare fuori dal bagno. Era ancora in pantaloncini. Si cambiò di corsa, mentre fuori continuavano a strombazzare.

- Arrivo, arrivo! – esclamò, e a quel punto non c’era più tempo per protestare. Si era cambiato, e ora indossava una maglietta bianca a mezze maniche. Sopra c’era una scritta in inchiostro blu che sembrava una pennellata:

 

CAMPO ESTIVO

DI

LILYCOVE CITY!

 

Alan corse fuori, la valigia in una mano e una giacca estiva nell’altra.

Fuori, sulla strada davanti casa sua, in una Subaru blu e il braccio abbronzato fuori dal finestrino, c’era Barney. Portava gli occhiali da sole e aveva la stessa maglia.

Se li calò con un dito.

- Salta a bordo, schiappa – lo esortò. – Si va a duellare.

 

- Non ci credo che non vuoi venire! – Serena era quasi sull’orlo delle lacrime. Suo fratello non aveva mai saltato un campo estivo, neanche uno da quando erano piccoli, prima come partecipante e poi come educatore. Ma ora, mentre lui le dava le spalle e stava infilando il proprio deck e altri oggetti personali in un borsone con il quale andava in palestra, sembrava proprio che quel giorno fosse arrivato.

Era come la fine di un’era.

- Scusami, sorellina – le disse, un po’ brusco – ma ho di meglio da fare ora che badare a qualche marmocchio.

Fece per uscire dalla sua camera, ma lei gli sbarrò il passo.

- Questo non sei tu, Lance – gli disse, guardandolo intensamente negli occhi. Un guizzo a lato della bocca del rosso, ma nulla più.

- Spostati, dai – la pregò.

- Dove stai andando?

- Non sono affari tuoi, Serena. – L’inflessione della sua voce era diventata dura, non conservava quasi nulla dell’abituale calore che aveva di solito. Serena ne fu quasi spaventata.

- Perché non vuoi dirmi cos’è successo tra te e Alan?? – Era disperata. Aveva notato che il cambiamento in suo fratello era cominciato da quella volta che Alan era stato ricoverato in ospedale dopo quel brutto colpo di sole. Ma ignorava cosa potesse essere successo tra di loro. E Lance non aveva voluto parlare, specialmente dopo il duello tra Alan e Mera. Non era proprio da lui comportarsi così.

- Se ci tieni tanto a saperlo, puoi chiederlo a lui visto che siete così amici – le rispose lui, e poi la scostò, non troppo delicatamente. – Devo andare.

Serena lo guardò andare via impotente. Poi lo vide fermarsi sulla soglia, come per un ripensamento, e nel suo cuore si accese una flebile speranza. Ma durò poco, perché lui si voltò e le disse: - Io lo sconfiggerò, Serena.

- Cosa?

Lui la guardò con i suoi occhi penetranti. – Lo batterò, è chiaro?

Poi aprì la porta, travolgendo per poco Winona, che stava per suonare al campanello.

- Oh, Lance, stavo giusto venendo a chiamar… - Si interruppe quando lui le passò accanto, senza nemmeno degnarla di uno sguardo. Salì in macchina e partì spedito.

- Ma che diavolo – borbottò la ragazza dai capelli lilla, poi si introdusse in casa dopo aver mormorato un “permesso”. Indossava anche lei la maglietta bianca del campo di Lilycove.

- Che gli è preso a tuo fratello? – domandò, indicando col pollice la porta aperta.

Serena ricadde a sedere sul letto dell’altro, abbattuta.

- Vorrei tanto saperlo anch’io…

 

- “Si va a duellare” – Alan fece il verso a Barney. – Difficilmente ne ho conosciuti di più coglioni di te.

Il sorriso del biondo gli illuminò il volto quasi quanto il sole che si rifletteva sul parabrezza. – Lo so, per questo siamo amici.

Alan dovette concordare. Poi si diede una rapida occhiata intorno, c’era qualcosa che non gli tornava.

- Ma… questa macchina è nuova?

- Eggià – annuì l’altro, senza staccare gli occhi dalla strada.

- Come puoi permetterti tutta questa roba??

Risatina. – Non chiedere.

Arrivarono ad un semaforo. – Sì, questo è il nuovo modello della Subaru, la Subaru SW.

- SW? – Alan non l’aveva mai sentita.

- Oh sì. È super innovativa, ti faccio vedere: qui c’ha le frecce…

- Come tutte le auto, Barney.

Il biondo sogghignò, poi fece ruotare la levetta delle frecce, che si spostò a destra del volante. – E qua le marce!

Alan, le braccia incrociate sul petto, si piegò in avanti, gli occhi che ora si riempivano di meraviglia. – Spettacolo… - mormorò. Barney annuiva soddisfatto.

- Se poi faccio così – proseguì, e stavolta la levetta si fermò al centro, sopra il volante – prende tutte le frequenze!

- AM, FM…? – Alan le stava contando sulle dita.

- CQC, certo – annuì soddisfatto.

- Bestiale. E com’è messa a sistemi di sicurezza?

- Te lo mostro al prossimo semaforo. – Ripartirono non appena scattò il verde. Arrivati al nuovo semaforo, in coda con altre due auto, Barney afferrò il volante. Alan non capì cosa volesse fare fino a che lui non disse: - Metti che fai un incidente grave…

L’intero impianto del volante si spostò di lato. – Sposti il piantone e ti salvi la vita!

Alan era a bocca aperta e con gli occhi grandi come bocce. – Guarda che i giapponesi sono avanti – e fece un gesto con la mano, come se avesse appena dato un pugno e si fosse fatto male.

- I giapponesi ne sanno a pacchi. Be’, dopotutto l’hanno inventato loro il Duel Monsters.

Alan ridacchiò. – Vero.

Ripartiti, Barney gli fece un cenno con la testa. – Comunque, telefona a Shaun, che dobbiamo andarlo a prendere e quello non è mai pronto se no.

Alan tirò fuori il cellulare e represse uno sbadiglio.

Cercò il numero di Shaun in rubrica, e premette il tasto. Attese qualche secondo, finché qualcuno non rispose.

- Ehi Shaun, siamo n…

Barney sentì Alan arrestarsi. Spostò rapidamente lo sguardo dalla strada a lui, e poi di nuovo alla strada. Inarcò un sopracciglio; Alan sembrava contrariato. Alla fine, il moro chiuse la telefonata.

- Che… ti ha detto? – Barney aveva stranamente paura a chiederlo.

Alan guardava il cellulare come se fosse un oggetto alieno, la bocca contratta in una smorfia. – Ansimava – disse alla fine.

Barney lo guardò per un attimo. – Eh?

Alan continuava a fissare il cellulare, ed era tornato alla rubrica ora. – Non ho capito se fosse un maniaco, o sua sorella.

- O magari un maniaco con sua sorella – suggerì il biondo.

Alan lo guardò, sgranando gli occhi. – E se… il maniaco con sua sorella fosse proprio lui?

Indicò il telefono. – Cioè, era il suo numero dopotutto!

In quel momento, alla radio partì Sweet Home Alabama, di quella band di cui nessuno aveva mai imparato a pronunciare il nome. – Meglio se lo richiami – suggerì Barney.

- Ma io ho paura. – Alan era seriamente inquietato.

- Metti in vivavoce – gli disse il biondo. Poi abbozzò un sorrisino: - Se ci sono dei gemiti, voglio sentirli anch’io.

Indicò la presa per il cellulare. Alan lo infilò lì e compose il numero, per poi metterlo in vivavoce. Gli squilli riempirono l’abitacolo.

- Allora? Che fa, non risponde? – Barney cominciava a farsi ansioso.

- Eh no, se sta scopando con sua sorella no che non risponde!! – e Alan aveva ancora quella scena in mente.

Poi qualcuno rispose. I due non fecero in tempo a fare un verso che sentirono rumori di botte e urla.

- Oh, ci va giù pesante il ragazzo – disse Barney.

- No, io credo che sia una cosa seria – e Alan era seriamente preoccupato. – Shaun? Shaun, ci senti?

- Chi cazzo è quello là?! – sentirono urlare una voce, che forò i loro timpani. – Da dove ha parlato??

Alan chiuse d’impulso la conversazione. I due si guardarono ancora.

- Senti, forse è meglio se non chiamiamo più e ci facciamo trovare direttamente sotto casa sua – propose.

- Potrebbe essere una buona idea – concordò il biondo.

Imboccarono la strada per la via di Shaun, dopo che Barney ebbe passato due minuti buoni a strombazzare un tipo che gli ostruiva la strada, e dopo una curva a S nella quale Alan ringraziò di non aver ancora fatto colazione.

Alla fine, arrivarono in un complesso residenziale che sembrava uno dei quartieri malfamati di Scampia. Si guardarono intorno.

- E ora che facciamo? – domandò il moro.

- Facile, lo chiamiamo a voce. Come facevano gli strilloni per vendere i giornali.

Alan non era molto convinto, ma si sporse comunque verso il finestrino. Prima che Barney potesse avvisarlo, lui si mise a urlare il nome dell’altro.

- SHAUN?! SH-

- MA SEI SCEMO?! – Barney aveva le orecchie che gli fischiavano. – Gridi in macchina senza abbassare il finestrino? Così diventiamo sordi!

Alan fece un gesto col dito che voleva indicare tutto l’abitacolo. – Ma non è insonorizzata?

Barney lo guardò con una faccia da triglia. – Sì, ma da dentro per fuori, non da dentro per dentro!

Alan fece una smorfia. – Finché compri il modello base. Altro che innovazione.

E smontò direttamente. – Modello base – gli fece il verso Barney, smontando a sua volta. Si misero a gridare per il viale, finché una delle finestre non si aprì e ne uscì fuori l’altro ragazzo, con i capelli che non avevano mai conosciuto il pettine e gli occhiali da vista calati per sbilenco.

- Oh ma che urlate? Qua la gente mi conosce, poi mi viene a chiedere che amici ho! – protestò. – E scusate, non potete urlare un po’ più piano?

I due lo guardarono a metà tra l’interrogativo e il seccato. – Scusa, non abitavi di là? – gli domandò il biondo, indicando col pollice oltre la sua spalla la palazzina lì di fianco.

- Se vieni di qua abito di qua, se vieni di là abito di là. – I due non sapevano come replicare. Alan lo esortò: - Dai, vieni giù o rischiamo di far tardi.

- Finisco il competitivo in Mortal Kombat X e scendo – e dopo quell’avviso, il ragazzo si ritirò chiudendo di nuovo le persiane. I due si scambiarono uno sguardo confuso.

- Competitivo in Mortal Kombat X a quest’ora del mattino? – fece Alan. – A mezzogiorno che facciamo, World Championship di Duel Monsters con un deck di mostri normali?

Barney fece spallucce. – Io ho giocato solo a Mortal Kombat Armaggedon.

E così dicendo rientrarono entrambi in macchina, tenendo stavolta i finestrini abbassati per non soffocare.

 

Serena fissava pensierosa il paesaggio che le scorreva accanto senza guardarlo davvero. Alla radio, Wynona aveva messo su la musica pop che tanto le piaceva.

- Non pensarci – le disse, e lei si riebbe.

- Come?

Sbatté un paio di volte le palpebre.

Wynona le lanciò un colpo d’occhio e poi torno a concentrarsi sulla strada.

- Qualunque cosa sia presa a tuo fratello, gli passerà. È inutile che ti preoccupi.

Serena si tenne il volto con una mano. – Non è da lui comportarsi così – sospirò. E poi aggiunse: - Non riesco a fare a meno di pensare che dipenda tutto da Alan.

Wynona le rivolse uno sguardo, più lungo di quello precedente, e poi tornò a guardare la strada.

- Perché lo pensi?

- Perché tutto è cambiato quando loro due si sono parlati – sputò fuori la bionda, sistemandosi meglio sul sedile. – Qualunque cosa gli abbia detto… ha turbato Lance più di quanto abbia fatto persino la morte del nonno.

Serena si ricordava bene quel giorno. Entrambi erano molto legati al nonno, perché era quello che aveva insegnato loro come giocare a Duel Monsters. Ma Lance, anche per il tipo di deck che poi aveva scelto di adottare, ci era legato in una maniera più profonda di quanto lo fosse Serena. Perso suo nonno, ci aveva messo del tempo a riprendersi.

- Ricordo che Lance fece una promessa…

Guardò la strada che si estendeva davanti a loro, mentre piano piano lasciavano la città e si immettevano per la super strada.

- Promise al nonno che sarebbe diventato un campione di Duel Monsters – proseguì, giocando con una ciocca di capelli. – E che avrebbe onorato la sua memoria.

La ragazza dai capelli lilla fece un sorriso. – Una cosa molto bella – osservò.

- Certo… - Ma Serena era cupa. – Solo che ora mi chiedo cosa volesse dire davvero…

 

- Chiedo scusa, ma perché dovrei stare io dietro?

La domanda di Alan era alquanto legittima. Shaun, appena montato in macchina, si mise la cintura e disse: - Sto male nelle curve.

- Finché giochi a Mortal Kombat a quest’ora per forza che stai male nelle curve! – osservò Barney, piccato. – Non fanno altro che squartarsi a vicenda!

- Quello che fanno i nostri mostri tutti i giorni, solo con meno budella – gli rispose Shaun, e tirò fuori dal suo zaino una bottiglietta d’acqua frizzante.

- Bevi acqua frizzante? – Intanto Barney aveva fatto manovra.

Il moro rischiò quasi di strozzarsi con l’acqua per la brusca sterzata del biondo. Si pulì col dorso della mano e rimise l’acqua a posto.

- Finché posso scegliere tra l’acqua normale e quella coi DLC perché dovrei bere quella normale? – gli chiese.

Alan guardò fuori dal finestrino come sperando che qualcuno gli rispondesse.

Dopo che anche loro si furono immessi lungo la super strada, Barney dichiarò con un sorriso: - Be’ dai, tra un paio d’ore saremo a Lilycove!

- Che bello – convenne Shaun, e poi indicò un punto a destra col dito. – Puoi fermarti là? Devo fare pipì.

Barney e Alan si scambiarono uno sguardo, dopodiché il biondo fece un risolino nervoso. – Vuoi scherzare, vero? Siamo appena partiti.

Il moro lo guardò in modo quasi trasognato, come se non fosse veramente lì. – Sì, ma a me scappa.

- Potevi farla a casa tua – gli fece notare Alan, sporgendosi tra i due sedili.

- Prima non mi scappava – si difese l’altro.

Barney cercò di essere ragionevole. – Va be’ dai, alla prossima stazione di servizio che incontriamo…

- Ti faccio il pieno – finì per lui Shaun, anche se era sicuro che non fosse quello che voleva dire l’altro. – Se ti dico che mi scappa, mi scappa.

- Non puoi reggere? – gli domandò Alan.

- Tu non hai idea. – Shaun si sporse verso di lui. – La mia vescica rompe le leggi della logica. Piscio ogni mattina appena sveglio. Se per caso vedo un corso d’acqua ho l’improvviso impulso di correre in bagno. Una volta mia sorella ha osato bere davanti a me…

Si strinse nelle spalle. – Non è finita bene – concluse.

Barney, che era leggermente inquietato, se ne uscì con: - Sì, ma se fai così ci tocca fermarci ogni mezzo chilometro, e arriviamo dopodomani. Non possiamo!

E sbatté le mani sul volante, rafforzando la presa. Shaun, dopo qualche attimo di silenzio, asserì: - Benissimo.

Alan e Barney sorrisero, rinfrancati.

Poi l’altro afferrò la zip dei bermuda e dichiarò: - Ti piscio in macchina!

 

Intanto, Lance era arrivato a Saffron City.

Odiava il modo in cui si era congedato da sua sorella, tuttavia, per quanto brutale potesse suonare, aveva altro di che preoccuparsi ora. Serena non era più una bambina, avrebbe capito. Dal canto suo, il viaggio in macchina che aveva affrontato fin lì, quasi due ore, non lo aveva aiutato a schiarirsi le idee come pensava.

Anzi, se possibile aveva ancora più domande.

Seguì il navigatore fino ad arrivare presso la zona residenziale. Là, in mezzo ai vari edifici, svettava l’imponente profilo della Devon. A guardarlo, faceva una certa impressione, con i suoi sessanta e passa piani tutti in vetro che brillavano incandescenti alla luce del sole.

Dovette districarsi un po’ tra sensi vietati e zone a traffico limitato, sbagliò strada un paio di volte perché il navigatore non considerava le zone dove non poteva andare, e alla fine parcheggiò in una viuzza laterale. Mise i soldi nella macchinetta e ottenne un biglietto per due ore. Contava che bastassero.

S’incamminò a piedi. La città si era svegliata da poco, e il profumo del pane e delle brioche appena sfornate gli ricordò che non aveva fatto colazione, era partito di getto. Si sedette a un bar e ordinò un caffè d’orzo e una brioche vuota. Scoprì di non avere molta fame. Pagato il conto, si diresse alla volta della Devon.

Il suo appuntamento era alle nove, e secondo il suo orologio digitale aveva cinque minuti per presentarsi in orario. Nonostante non fosse un impiegato che doveva timbrare il cartellino, avvertì comunque una certa tensione. Arrivato nella piazza che precedeva la Devon, che cominciava a riflettere i raggi del sole sulle sue vetrate, Lance vide Gary Oak che lo aspettava fuori dall’edificio, intento a soffocare uno sbadiglio con una mano mentre con l’altra teneva il cellulare, scorrendo il suo Instagram.

Lance aveva deciso che Gary non gli piaceva. Era più giovane di lui, e aveva l’aria di quello che alle medie doveva essere il bullo della classe, solo in versione più figa. Aveva i capelli ricoperti di gel e indossava una polo blu a mezze maniche. Quando lo vide, la sua espressione mutò in un sorrisino soddisfatto.

- Ma guarda, addirittura con qualche minuto d’anticipo – constatò sul suo telefono.

Lance salì le gradinate. – Sono partito presto per non incontrare traffico – rispose.

Gary rimise in tasca il cellulare. – Scusa per l’orario, neanch’io sono abituato. Ma non dipende da me.

Lance alzò gli occhi al profilo del grattacielo. – Cos’è, vuoi dirmi che tu lavori qui?

Gary scoprì i denti. – Non esattamente. Non sono un impiegato, se è quello che intendi. Ma ho firmato un contratto con la Devon.

- Per cui sei comunque un loro impiegato – constatò il rosso.

Il sorriso di Gary si smorzò, per poi riaccendersi subito dopo.

- Seguimi.

Lo condusse dentro attraverso le porte automatiche. Lance osservò l’atrio con la fontana senza fare commenti, limitandosi a chiedersi che bisogno ci fosse di avere una fontana lì dentro. Gary pigiò sull’ascensore, e quando furono entrati prenotò la corsa per il quarantesimo piano.

L’ascensore salì con una velocità quasi vertiginosa. A Lance parve che avessero percorso quella tratta in una manciata di secondi. Quando le porte si aprirono, Lance si trovò di fronte a uno spettacolo ben diverso da quello che si sarebbe aspettato: era all’entrata di un’enorme palestra, con macchinari di qualunque tipo, e scaloni laterali sia a destra che a sinistra che ospitavano numerosi attrezzi per il corpo libero e conducevano alla zona cardio, costruita sullo stesso piano ma nella parte alta. La zona davanti a lui era divisa in tre ali: a sinistra c’erano le macchine da cross fit e pesi di diversa misura, con tanto di bilancieri e ketter bell. Al centro c’erano diverse macchine per il potenziamento di gambe e braccia, come la leg press o la vertical traction. A destra, invece, c’erano le panche per i crunch, una macchina easy chin dip e altre attrezzature.

Il ragazzo era leggermente disorientato. – Non capisco, perché mi hai portato qui?

Gary avanzò con le mani in tasca, dirigendosi verso gli scaloni laterali senza dire una parola. Lance lo seguì. La palestra era deserta, ma il Muzak diffondeva musica da allenamento, e di sopra si sentiva il rumore di una macchina in funzione. Quando furono saliti, Lance vide che una delle cyclette era occupata da un ragazzo dagli insoliti capelli blu e grondante di sudore. Indossava un completo nero traspirante da palestra, e aveva un asciugamano attorno al collo mentre pedalava come un ossesso.

Gary si rivolse a lui. – Ecco qua Lance, come mi hai chiesto.

Lance non capiva. Quel tipo aveva richiesto la sua presenza?

Il ragazzo doveva avere più o meno la sua età, e gli sorrise non appena i loro sguardi si incrociarono; aveva gli occhi ambrati.

- Oh, il famoso Lance, che piacere – disse, smettendo di pedalare e smontando dalla cyclette. Si tamponò il viso con l’asciugamano e si tirò all’indietro i capelli impregnati di sudore.

- Perdona il mio aspetto un po’ sfatto, non sono abituato a ricevere ospiti a queste ore, ma ho detto a Gary di farti venire il prima possibile. – Gli tese una mano; portava dei guanti da palestra senza dita.

Lance ricambiò la stretta senza farsi troppi problemi. – Con chi ho il piacere di parlare? – domandò, senza addolcire la propria espressione.

L’altro continuava a sorridere, ma quel sorriso non trasmetteva nulla di allegro, neanche un po’. – Zachary Devon – si presentò. Lance venne come fulminato sul posto. L’altro lo notò subito.

- Dalla tua reazione, deduco che tu abbia sentito parlare di me.

Il rosso annuì. – Erede della Devon Spa, laurea in economia ad Harvard con distinzione di lode in soli undici mesi e detentore del record di vittorie in rappresentanza della Devon: cento cinquantuno vittorie e zero sconfitte.

Lo ripeté come se lo sapesse a memoria. Zachary sorrise soddisfatto. – Non si può dire che tu non abbia fatto i compiti.

Afferrò la sua borraccia, contenente una qualche bevanda energetica, e tracannò un lungo sorso. Quand’ebbe finito, si ripulì col dorso del braccio.

- Seguitemi – li esortò, e li condusse nuovamente verso l’ascensore. Stavolta salirono al cinquantesimo piano, dove c’era l’ala relax. Disse loro di accomodarsi sulle poltroncine, e di attenderlo. Un quarto d’ora dopo, che passò in un silenzio alquanto sentito da parte di Lance, Zachary riapparve docciato, pulito e profumato, e vestito in maniche di camicia. – Immagino tu ti stia chiedendo perché ti ho fatto venire qui, Lance – gli disse, mentre si arrotolava i polsini.

Il rosso lo seguì con lo sguardo. – Mi sembra il minimo.

Zachary sprofondò nella sua poltrona ad acqua, emettendo un sospiro sollevato. Aveva un buon profumo ora, balsamo o qualche altra roba iper costosa dall’Egitto, sicuro.

- Salterò i convenevoli, dal momento che mi sembri una persona franca – dichiarò. – Vorrei proporti un contratto con la Devon.

Lance strabuzzò gli occhi. – Perché?

- Perché ho sentito dire che sei un duellante niente male, e io odio quando il potenziale rimane inutilizzato.

Si aggiustò anche il colletto della camicia, e poi affondò le mani nei braccioli della poltrona. – Da quanto so sei un medico tirocinante; professione lodevole, ma ben misera per sbarcare il lunario.

Lance aguzzò lo sguardo.

- Ha indagato su di me?

- Ovviamente – rispose pronto l’altro. – Mi piace sapere con chi ho a che fare.

Lance avvertì una fitta di fastidio per essere stato praticamente spiato. – Che bisogno avrebbe uno come Zachary Devon del mio aiuto?

L’altro sorrise, e la cosa mise alquanto a disagio il rosso.

- Non ragionare in termini di aiuto, Lance, ma in termini di appalto – gli suggerì.

- Appalto?

- Dimmi una cosa: chi possiede l’atto di proprietà del vostro amato Parco dei Duelli?

Lance si irrigidì come se fosse stato trafitto dallo sguardo di Medusa. Dunque si ritornava sempre e comunque a battere lì, eh? Ci mise un attimo a fare due più due, e smise anche di dargli del lei: - Tu… - sibilò – hai mandato tu il Pinguino.

Zachary alzò le mani. – Colpevole.

Poi tornò composto e il suo sguardo si fece serio. – Io sono molto interessato a quella fetta di terreno che chiamate Parco dei Duelli. E se non viene fuori un atto di proprietà, temo proprio che qui ci troviamo di fronte ad un caso di abusivismo edilizio.

- Cosa?! – Lance balzò in piedi. – Mi stai minacciando?

Zachary si alzò a sua volta, lisciandosi la camicia. – Non io – precisò. – Ma gli USA. Questa è la legge, Lance. Tuttavia, comprendo l’importanza affettiva che ha per voi quel lotto di terreno.

Il suo tono si addolcì un po’. – Non vi trascinerei mai in tribunale, puoi starne certo.

- No, ovvio che no – gli rispose aspro – non dopo che hai mandato più e più volte un malavitoso a chiederci il pizzo!

- Cobblepot? – Zachary sembrò quasi cadere dalle nuvole, poi fece un risolino. – Oh, lui è solo la punta dell’iceberg. Se l’avessi voluto, i miei avvocati vi avrebbero già fatti a pezzi.

Si afferrò le mani. – Il fatto è… che io credo che quel contratto esista eccome. Solo, non in forma cartacea.

Lance sbiancò. – Bingo! – Zachary puntò il dito su di lui.

- È come immaginavo. L’atto di proprietà consiste in un lascito testamentario a una persona. E quella persona scommetto che sei tu, Lance.

Il rosso strinse i denti, una goccia di sudore che gli attraversò il volto e si insinuò nella camicia. – Già – ammise – e con questo?

Zachary lo guardò con un sorriso che non lasciava trasparire nulla. Lance trovava incredibile il fatto che quell’uomo fosse illeggibile. Era come un libro scritto in una lingua che non conosceva.

Alla fine disse: - Come ho detto, sono molto interessato al vostro piccolo lotto…

- Perché? – lo interruppe bruscamente l’altro. Un guizzo delle sopracciglia di Zachary gli fece capire che non aveva gradito né l’interruzione né la domanda.

- Motivi personali – rispose semplicemente. – Quel che conta è che sto per farti un’offerta. Mi sembri una persona ragionevole, perciò vorrei contrattare con te.

- Contrattare?

Zachary andò alla sua scrivania e tirò fuori un libretto degli assegni. Prese la sua penna da scrivania e scarabocchiò qualcosa sopra al foglietto, poi lo strappò e lo porse a Lance. Il rosso sbiancò nel vedere la cifra scritta sopra, in un’elegante calligrafia ondulata.

- Co-cos’è questo? – mormorò.

- La cifra che ti offro per la cessione del vostro Parco – spiegò il ragazzo dai capelli blu. Attese pazientemente la risposta dell’altro.

Dopo quelli che sembrarono attimi interminabili, Lance riacquistò la compostezza. E fu con calma glaciale che strappò in due l’assegno.

FRRRRRR!

Gary Oak balzò in piedi. – Ma che stai facendo?!

Lance lasciò cadere i riccioli di carta. Zachary lo fissò con un sorrisino, come se se lo aspettasse.

- Il Parco dei Duelli non è in vendita – disse con fermezza. – E ho sbagliato a venire qui.

Fece per andarsene, ma Zachary lo richiamò. – Sei davvero sicuro di volertene andare così, Lance?

Il rosso tese la mano verso la maniglia, senza però toccarla. Si volse e socchiuse gli occhi. – Che intendi?

Zachary si appoggiò alla scrivania. – Hai il mio rispetto, se devo essere sincero. Uno che straccia un assegno del genere con una certa disinvoltura lo merita senz’altro.

Lance fece per aprire bocca, ma lui lo fermò con un gesto della mano. – Tuttavia, dubito che tu riesca a immaginare le possibilità che sono in grado di offrirti.

- Non mi interessa affatto.

- Oh davvero? – Zachary non sembrava convinto. La sua aria di superiorità cominciava a dare sui nervi a Lance. Strinse i pugni.

- Stammi bene a sentire – gli disse, avanzando con fare minaccioso nuovamente verso di lui – non mi importa assolutamente di chi tu sia. Che tu sia Zachary Devon, o qualsiasi altro ragazzino montato…

Si fermò vicino a lui. – Non cederò il Parco e non mi farò comprare. Quel posto rappresenta un’isola felice, e non solo per me, ma per tutti noi.

E con un gesto, andò ad abbracciare immaginariamente tutti i ragazzi, compresa sua sorella, che passavano i pomeriggi e le serate lì, in quella piccola radura lontana dalla civiltà, dal rumore e dall’inquietudine.

- E non sarai tu, né nessun altro, a portarcela via – concluse. Come unico risultato, il sorriso di Zachary non fece altro che allargarsi.

- La tua dedizione è ammirevole, Lance – commentò. Si scostò dalla scrivania e si rimise eretto; era poco più basso del rosso.

- Ma forse non hai capito – e il suo tono si fece più deciso. – Io non ti sto dando la possibilità di scegliere. Io voglio quel parco.

Il fuoco si accese negli occhi dell’altro ragazzo.

- Dovrai passare sul mio cadavere, per averlo.

Zachary scoprì i denti. – Spero di non dover ricorrere a tanto – e a quelle parole Lance non poté impedire a un brivido di attraversarlo.

- A dire il vero – disse l’altro – stavo pensando ad un altro modo, molto meno violento, per risolvere la nostra questione.

I due si compresero senza bisogno di parole.

Parlavano entrambi la stessa lingua, del resto.

Quella dei duellanti.

 

Era pomeriggio inoltrato, quando Alan, Barney e Shaun arrivarono finalmente a Lylicove City, una graziosa cittadina sul mare.

Il viaggio era stato orribile.

Dopo la brusca frenata per impedire che Shaun la mollasse nell’auto, Barney era ripartito sgasando perché l’altro aveva fatto cadere qualche goccia sulle scarpe, e la macchina era nuova. Recuperato uno Shaun in procinto d’infarto per la corsa, avevano lasciato la superstrada per immergersi nel verde delle campagne.

Speravano di godersi una tratta più tranquilla, immersi nel verde, anche perché subito dopo Shaun aveva vomitato una colazione alquanto pesante.

Be’, del resto l’aveva detto che stava male nelle curve.

Sfortunatamente, il vomito non era stata la cosa peggiore della tratta, perché su una sterrata strada di campagna, dove il navigatore li aveva fatti finire, Barney aveva investito un’intera famiglia di ricci selvatici. E nel fare retro per controllare se se ne fosse salvato qualcuno, aveva investito anche l’ultimo.

Così, l’ultima tratta se l’erano fatta in cupo silenzio, e quando erano finalmente arrivati a Lilycove volevano solo farsi una doccia e scendere. Alan cominciava addirittura a soffrire un po’ di cinetosi.

- Dov’è che dobbiamo andare di preciso? – chiese Barney, che stava trafficando col navigatore.

Alan diede un colpetto al sedile. – Hai tu l’indirizzo, Shaun.

- Ah giusto. – Il moro si infilò le mani in uno dei calzini e ne tirò fuori un foglietto spiegazzato. Alan non aveva nemmeno più la forza per essere allibito. Barney, invece, gli chiese: - Lo tieni in un calzino?

- Nelle mutande pizzicava – si giustificò lui.

Lesse sul foglio. – Skylab, Via Washington, 24.

Alan ridacchiò. – Skylab, Via Washington? – Il nome lo faceva ridere per qualche motivo. Forse gli ricordava quello di un vecchio sketch dov’era assolutamente fuori luogo.

- E il proprietario chi sarebbe? Mr. Jones?

 

Mr. Jones era un nero dalla pettinatura afro e gli occhiali da sole.

Li accolse con il calore e l’entusiasmo di chi deve assolutamente vendere la propria merce al mercato di Abu Dabi.

- Benvenuti duellanti! – esclamò. – E grazie per aver scelto il mio Skylab per soggiornare!

Strinse loro le mani con forza.

- Ma porca… - mormorò Alan.

L’albergo aveva diversi piani, e sembrava fin troppo di lusso perché potessero permetterselo, ma a quanto pare era così. Si trovava su una collinetta, rialzato rispetto alla cittadina sotto di loro, e da lì si poteva ammirare il mare. Tutto intorno c’erano boschetti e percorsi che portavano sulle montagne. Era una zona veramente caratteristica.

Le porte a scorrimento dell’albergo si aprirono e ne uscirono, trafelate, Winona e Serena.

- Alla buon’ora – commentò la ragazza dai capelli lilla.

- Cominciavamo a pensare che vi foste persi – disse Serena. Indossavano entrambe le magliette del campo estivo. Da dentro veniva un vociare confusionario di voci di bambini.

Alan cominciò a scaricare le valigie dal bagagliaio della macchina di Barney. – Abbiamo avuto un viaggio… interessante – e non volle aggiungere altro.

- Siamo gli ultimi? – domandò il biondo.

- Direi – gli rispose Winona a braccia conserte – noi siamo arrivati ore fa.

I due ragazzi guardarono Shaun, che era davanti al telefono. Rialzò lo sguardo e domandò: - Cosa?

- Stai condividendo meme sul gruppo? – insinuò Alan.

- No – e mise via il cellulare. Subito dopo, quelli di Alan e Barney squillarono. Lo guardarono con un forte istinto omicida. Il moro cominciò a fischiettare.

 

- Voglio morire – dichiarò Barney, una volta entrati nell’albergo. Mr. Jones nel frattempo si era volatilizzato.

- Non mi sento più le gambe – gli venne dietro Alan. Stavano arrancando con le valigie verso l’ascensore; così tante ore di macchina li avevano provati. Barney aveva lasciato l’auto nel parcheggio dell’hotel, e ora volevano solo mettersi a letto, nonostante il sole non fosse ancora tramontato.

Shaun, intanto, era sparito chissà dove.

- Alan. – Quella voce lo richiamò da in fondo alle scale. Serena lo fissava, e non sembrava molto contenta.

- Serena – fece lui, abbastanza sorpreso – qualcosa non va?

- Dopo cena – e non aggiunse altro, voltandosi e lasciando il corridoio con i capelli che le svolazzavano dietro. Alan e Barney si guardavano interrogativi.

- Ho fatto qualcosa di male, dici? – chiese il moro.

- A me sembrava quasi un invito a… - e le sopracciglia del biondo furono più che eloquenti.

- Oh… OH!

Le porte dell’ascensore si chiusero. Dopo un altro attimo di attenta riflessione, Alan disse: - Penso sia per colpa di Lance, invece.

- Che c’entra ora il nostro incazzoso amico?

Alan non rispose. Fissava la propria immagine nel vetro. Era fiacco, sudato e stanco; avrebbe voluto buttarsi a letto, ma decise che si sarebbe fatto una doccia e poi sarebbe sceso a cenare. Doveva risolvere la questione con Serena il prima possibile; quella ragazza era adorabile, e odiava farla star male. Ed era molto sicuro che c’entrasse il fatto che Lance non si vedeva lì in giro da nessuna parte.

Quando l’ascensore si aprì e si ritrovarono al terzo piano, Alan disse: - Allora ci vediamo a cena, Barney.

Il biondo parve disorientato. – Cosa? Ma… non stiamo in camera insieme?

Alan mostrò la propria chiave, alla quale era appesa una pesante palla di rame con il numero 308. – No. Tu hai la 306, a quanto pare.

E si avviò verso la sua stanza, salutandolo con la mano.

- Aspetta… ma se Alan è nella 308… chi c’è con me??

Corse subito alla sua stanza. Non appena aprì, sentì tirare lo sciacquone e vide la porta del bagno spalancarsi.

- Bene, bene. – Shaun, in mutande e con un asciugamano davanti alla faccia, sembrava alquanto compiaciuto. – Indovina chi si farà una run su Pokemon Spada “only Croagunk” questa sera con me?

- NOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!

 

Alan aveva preso una singola.

Non era stato un problema, gli animatori erano dispari, e lui era abbastanza maturo da non destare troppe preoccupazioni se avesse dormito da solo. Voleva bene a Barney, ma aveva bisogno di stare da solo. Perché la sera era sempre il momento più difficile, quel momento in cui le ombre si allungano e il sole non riesce più a tenerle a bada.

Quel momento in cui i demoni vengono fuori.

La sua stanza era molto minimale, un letto all’angolo, una scrivania piccola e in legno consumato, sotto ad uno specchio a parete. C’era il bagno con doccia e sanitari, nulla di più che un minuscolo spazio ricavato in una già piccola camera, con una luce che sapeva di ospedale.

Ora capiva perché avevano potuto permettersi quel posto là; sembrava super stiloso visto da fuori, ma ero uno specchietto per le allodole. Era come uno di quei cartonati con dietro niente che si vedevano sui set dei vecchi film western.

Nell’armadio aperto c’era una piccola cassaforte, dove Alan ripose il portafoglio e chiuse a chiave, non perché temesse di essere veramente derubato. Era più un gesto… simbolico, diciamo.

Mi dispiace, amico mio, pensò.

Nel suo portafoglio c’era quella carta, l’immancabile Drago da Richiamo; l’unica carta che aveva conservato, perché era la sua. La portava sempre con sé, in una bustina plastificata per non farla rovinare. L’aveva protetta dal tempo, e dal destino riservato al resto del suo deck. Quel pensiero gli faceva salire emozioni contrastanti dalla bocca dello stomaco. Provava rabbia e disgusto nei confronti di sé stesso, ma anche amara accettazione e un distorto senso di pace.

Aveva vinto, l’aveva spuntata. Aveva rinunciato per la seconda volta al Duel Monsters, e stavolta definitivamente. Aveva vinto in maniera legittima e firmato quel contratto, anche se non c’era nessun foglio di carta ad attestarlo. C’erano però dei testimoni, diversi testimoni. Aveva battuto Mera, e dio se non era stato il duello più difficile della sua vita; e tutt’ora sentiva di aver vinto per pura fortuna, non per abilità.

Mera aveva seriamente rischiato di batterlo.

E lui aveva seriamente rischiato di dover confessare.

Ma ci sono segreti che non possono essere confessati, cose che bisogna portarsi dentro, di cui bisogna accettare il peso. L’eredità di Lucius era una di quelle cose. E anche se sapeva che quella minuscola cassaforte non avrebbe bloccato i suoi pensieri, che quelle quattro mura in cui avrebbe dormito da solo per qualche giorno non sarebbero bastate a impedire ai fantasmi di uscire, preferiva affrontare tutto questo da solo.

C’era una porta finestra che dava sul balcone, così vi si affacciò. Il panorama, che dava sulla città sottostante, era bellissimo. Il lungomare cominciava a risplendere delle luci dei lampioni. La gente passeggiava e andava a fare aperitivo. Dall’altra parte, le montagne guardavano nella sua direzione, i profili neri dove il sole era già scomparso, e le chiome degli alberi si confondevano diventando macchie scure contro il cielo notturno.

Il mondo, in quel momento là, sembrava perfetto.

Una leggera brezza gli scompigliò i capelli. Per la seconda volta quel giorno ricordò a sé stesso che doveva tagliarli.

Gli affiorò l’ombra di un sorriso. Quante cose doveva ancora fare.

 

La sala mensa era straripante di marmocchi.

Alan ne aveva contati almeno un centinaio, e altri ancora dovevano arrivare.

- Non so se riuscirò a resistere – confessò, più a sé stesso che a Winona, che in quel momento si era avvicinata. La ragazza dai capelli lilla gli rispose con una risatina.

- È il tuo primo campo?

- In tutti i sensi – gli rispose l’altro. – Non ho mai partecipato a cose del genere.

- Troppo impegnato a vincere campionati già da piccolo?

Nonostante l’avesse detto in modo ironico, Alan si irrigidì. Winona se ne accorse subito. Stava per dirgli qualcosa, ma in quel momento arrivarono gli altri educatori, capeggiati da Serena. Lei e Alan si scambiarono una strana occhiata; il moro si sentiva sempre più a disagio.

Con lei c’erano delle facce nuove.

- Ragazzi, voglio presentarvi dei miei amici che si sono offerti per fare da educatori per il campo estivo – spiegò la sorella di Lance, introducendoli con un gesto della mano. C’era un ragazzo dai capelli neri legati in una coda e gli occhi marroni, che tese la mano con un mezzo sorriso: - Sono Shun Kazami – si presentò, tendendo la mano ad Alan.

- Io sono Marucho Marukura – disse un ragazzino biondo dai capelli a caschetto, gli occhi azzurri e due spessi occhiali dalla montatura rossa. Sembrava strano che avesse la loro età o giù di lì.

Mio dio, ha un nome impronunciabile…, pensò Shaun mentre ricambiava la stretta.

- Io sono Gardenia! – fece allegra una ragazza dai capelli arancioni con delle mesh nere e la frangia, alta e magra.

Carissima, pensò Barney, che doveva coordinare mente ed espressione facciale per mantenere la propria farsa.

- Non siete frequentatori del Parco, mi sembra – notò Alan. Fu Gardenia a rispondergli: - Oh, ogni tanto ci veniamo, ma abitiamo piuttosto distanti da dove si trova. E poi…

Shun la scavalcò. – Ci siamo offerti quando abbiamo saputo che si stava organizzando un campo estivo!

Strinse i pugni. Marucho sembrava eccitato quando lui: - Avere la possibilità di passare quattro giorni a batterci a Duel Monster è troppo eccitante!

Saltellava qua e là come una rana.

- C’è una cosa che mi domando – se ne uscì all’improvviso Barney. – Chi è che ha portato qua i marmocchi?

Improvvisamente alle loro spalle echeggiò una risata. – Bwahahah!!

Quando si voltarono, tutti sgranarono gli occhi. Davanti a loro c’erano Dan, Rob e… Mera!

- Pensavate davvero di liberarvi di noi? – fece la rossa.

Alan iniziò improvvisamente a sudare. I miei peggiori incubi tutti assieme, pensò. Si sentiva circondato: da una parte c’era Serena, che probabilmente lo odiava per le tensioni con Lance; e ora, dall’altra, era spuntata Mera, con la quale non aveva più parlato dopo il loro duello.

Poi c’erano Rob, il barista tatuato del Parco, e Dan, il vecchio che aveva l’aria da galeotto e che si sedeva sempre a bere.

- Ci siamo offerti volontari per portare noi i marmocchi – spiegò Dan, la voce arrocchita dal fumo.

- Del resto uno solo di noi non sarebbe bastato – spiegò Rob.

- Ma… e che ne è del Parco? – chiese Winona, che a quanto pare era sorpresa quanto gli altri. Mera le rispose: - Non preoccuparti. I ragazzi sono rispettosi, non manderanno tutto a monte. E poi, ho lasciato Sapphire a fare la guardia.

Meno male…, pensarono all’unisono Alan e Barney. Almeno una se l’erano evitata; avevano entrambi i flashback del Vietnam quando si faceva il nome di Sapphire.

- Be’ allora, vogliamo sederci? – propose Rob. – Non so voi, ma io sto morendo di fame.

Si trovarono tutti d’accordo.

La parte più difficile fu convincere i bambini a sedersi. È veramente complicato avere a che fare con una torma di un centinaio di mocciosi da tenere d’occhio, specialmente mocciosi che andavano dalla prima alla terza media. Una delle età peggiori, almeno secondo Alan.

- Alan, tu com’eri alla loro età? – gli domandò Barney, quando finalmente si furono seduti a tavola. C’era un tavolo riservato apposta per gli educatori, mentre i bambini erano stati distribuiti in altre tavolate, dalle quali proveniva un baccano infernale. Alan era in mezzo a Barney e Winona, mentre davanti a loro c’erano i tre nuovi “acquisti” appena conosciuti. Mera si era seduta lontana dai due ragazzi, e aveva vicino Serena e Shaun. A capotavola c’erano Rob e Dan, che avevano già riempito di vino le proprie brocche e stavano brindando con le gote in fiamme.

- Mm – ci pensò il moro – ero un ragazzino abbastanza impertinente.

A quella confessione, Barney sgranò gli occhi. – Davvero?? Sai, non ti ci vedo proprio.

Alan fece un sorrisetto, prima di tracannare un lungo sorso d’acqua, e poi afferrare un pezzo di pane. – Sì, be’… diciamo che non vado proprio fiero del mio passato.

Winona gli lanciò un’occhiata, ma decise di non fare commenti.

Barney incrociò le braccia. – Mm… be’, io ero un bambino bellissimo – affermò, e a quel punto Gardenia davanti a loro sputò l’acqua che stava bevendo per il ridere.

- Cosa c’è? – domandò il biondo.

- Mi è piaciuto il tono in cui l’hai detto – ammise lei, candidamente. Barney arrossì leggermente: - Oh… grazie.

Alan gli diede un colpo di gomito e gli fece un sorriso furbo. – Potresti evitare di fare il marpione anche a tavola? – gli sussurrò.

Barney si mise un fazzoletto davanti la bocca. – Io non ho fatto niente – si schermì.

Tutti presero a ridere tra loro. Quasi tutti, almeno.

- Che hai, Serena? – domandò Mera, morsicando un pezzo di pane.

- Mm… nulla di che – la liquidò l’altra, anche se guardava il piatto vuoto come se in esso fosse contenuta la verità della vita. La rossa socchiuse i suoi occhi di bronzo: Dev’essere per via di Lance.

E dopo aver fatto quel pensiero, rivolse subito la propria attenzione ad Alan, che stava ridendo con Barney e Gardenia.

Qualunque sia il segreto che Alan si porta dentro… deve riguardare anche Lance, ormai.

L’aveva capito anche lei che c’era qualcosa che non andava, l’avevano capito tutti, a dire la verità. Ormai, il peso del segreto di Alan sembrava aleggiare su tutti loro. E più guardava le piastrine che il ragazzo portava al collo, più Mera non poteva fare a meno di chiedersi cos’avesse a che fare tutto quello con lui.

Poi le porte della cucina, che davano sulla sala da pranzo, si spalancarono, e ne uscì la cuoca Aloé: un’enorme donnone di colore con una fascia per capelli e il sorriso da mamma affettuosa, seguita da uno stormo di cuochi e cuoche. Trasportava un’enorme pentolone fumante pieno di riso, che fu adagiato su un carrello. Il personale passò poi a servirlo in mezzo ai tavoli, causando urli di gioia nei marmocchi.

- Ahhh, il risotto con le erbette! – commentò Barney non appena anche loro furono serviti. – È il mio piatto preferito.

- Ma non è una citazione ad Alex l’Ariete? – domandò Shaun.

- Ohh, andiamo – lo riprese bonario Alan – se spoileri gli rovini la caccia, stasera.

Aveva un sorrisetto furbo sul viso. – Quale caccia?? – si impose Shaun. – Stasera Pokemon Spada Only Croakung, SONO STATO CHIARO?!

- Amo la gioventù – commentò Rob. Dan, vicino a lui, scosse la testa ridacchiando, il bicchiere costantemente pieno di vino.

- Se ci penso che abbiamo avuto anche noi la loro età – fece il vecchio. Poi il suo occhio furbo colse qualcosa, un confabulare in uno dei tavoli vicino al loro.

E non aveva torto, il vecchio Dan, perché ad uno dei tavoli c’era un gruppo di marmocchi che stava pianificando qualcosa.

- Sei veramente sicuro di volerlo fare? – domandò Liam, un ragazzino mingherlino e di media altezza, dai capelli nero chiaro. Vicino a lui, verso dove si era sporto, sedeva un ragazzino suo coetaneo, dagli occhi vispi e i capelli castani con la riga di lato. – Voglio dare una lezione a quello sbruffone – mormorò, ingoiando poi una grossa forchettata di riso, salvo quasi strozzarsi e farsi venire le lacrime agli occhi perché era bollente.

- Ma se non riesci neanche a mangiare senza scottarti – lo riprese Mickey, che sedeva dall’altro lato della tavolata. Andava in prima media, era più basso degli altri due, che erano ragazzini di seconda, e aveva i capelli che sembravano un ciuffolo castano di prezzemolo sulla testa.

Accanto a lui sedeva un ragazzo magrolino, e talmente pallido che sembrava dover svenire da un momento all’altro. Aveva i capelli verdi e gli occhi chiari, e un inalatore poggiato sul tavolo accanto al piatto. – Non devi farlo per me, Nick! – lo stava pregando il ragazzino.

- Stai scherzando vero? – aveva replicato il bambino chiamato Nick, che aveva ancora le lacrime agli occhi e la faccia in fiamme. – Tuo cugino è un grandissimo stro…

- No Nick, ti sentiranno!! – aveva urlato spaventato Mickey.

- Puzzone, allora – aveva replicato stizzito, incrociando le braccia.

Tutti si misero a guardare nella stessa direzione. In fondo al tavolo c’era un ragazzino che se ne stava per i fatti suoi: anche lui aveva i capelli verdi, e sembrava più grande di loro, infatti andava in terza media. Aveva lo sguardo perso fuori dalla finestra, e non sembrava molto interessato al proprio piatto.

- Quel gradasso – fece rabbioso Nick – si dà tante arie, ma io dico che posso batterlo.

- No, Nick! – aveva ripreso allarmato a dirgli il ragazzino dai capelli verdi. – Mio cugino Vito è troppo forte per te. Non voglio che ti umili per causa mia.

Sembrava davvero preoccupato. Nick gli rispose con un risolino sprezzante: - Tranquillo, Lino. Se c’è qualcuno qui che finirà umiliato sarà lui.

E così dicendo guardo di nuovo in direzione del verde, che non si accorse di lui neanche stavolta.

 

La sera si era alzata una brezza leggera, ma anche leggermente fredda.

Serena si strinse nella propria giacca di jeans, mentre si dirigeva verso la terrazza. I bambini erano stati mandati nelle loro camere, in quanto stanchi per il viaggio, e anche lei cominciava a sentire la stanchezza affossarla.

Quasi quasi me ne vado a letto…, le venne da pensare. Sono troppo stanca adesso per poter avere un confronto con…

- Serena?

La voce alle sue spalle la fece sussultare. Si volse e vide Alan che le veniva incontro. Si scurì in volto; qualunque cosa avesse pensato di dirgli, le morì sulle labbra. Il ragazzo l’aveva colta alla sprovvista; pensava che sarebbe toccato a lei braccarlo, che avrebbe provato lui a evitare l’incontro. E invece era lì, e l’aveva addirittura chiamata per nome. Aveva le mani in tasca, e non sembrava patire per nulla il freddo. Il vento creava delle onde sulla maglietta che indossava.

- Non sei scappato – osservò la ragazza, stringendosi nelle spalle, e un po’ pentendosi per quella sua asprezza. Alan fece una smorfia.

- Pare che l’acidità stia diventando una caratteristica di famiglia – le rispose a tono. Lei si indispettì, e tagliò corto: - Che cos’ha Lance? Dimmelo.

Alan distolse lo sguardo. Al di sotto di loro, il boschetto si muoveva a ritmo del vento, e le scure chiome accarezzavano il profilo della terrazza, come sollevandosi a sbirciare ed ascoltare la loro conversazione.

- Se potessi lo farei – le rispose alla fine. – Ma è qualcosa di cui preferisco non parlare.

- Però ha cambiato Lance! – osservò lei. – Se ha avuto questo effetto su di lui, io devo sapere cos’è.

- No – replicò pacatamente il ragazzo. – Lance non…

Abbassò lo sguardo. Lance non sta soffrendo per il mio segreto, in realtà… Lance non riesce ad accettare il fatto che non potrò riscattare la memoria di suo nonno.

Tornò a guardare la ragazza. E se lo sapesse anche lei, come reagirebbe? Non ha la stessa indole di Lance, ma non posso far soffrire così anche lei…

Strinse i pugni, e una fitta di dolore lo attraversò alla punta dello stomaco. Quante diavolo di vite ho rovinato??

Fece per dire qualcos’altro, quando qualcosa catturò la sua attenzione. – Serena, guarda!

- Non cambiare discorso – protestò lei, le braccia incrociate.

- No, no, guarda. Sul serio!

Stava indicando oltre l’inferriata, verso il boschetto. Serena decise di sporsi e guardare in quella direzione, e sussultò. C’erano delle luci nel bosco, che procedevano in fila, quasi trotterellando. Erano luci di cellulare, in mano ad alcuni dei bambini del campo. Erano in sei, e si dirigevano nel folto del bosco.

- Ma dove diavolo vanno? – protestò Serena, e fece per urlare. Alan la bloccò tempestivamente. – Non urlare! Altrimenti ce li perdiamo.

La ragazza lo guardò, scettica. – Che vuoi dire?

Alan sorrise, e l’altra non poté fare a meno di detestare un po’ quel sorriso in quel momento.

- Non sei mai stata bambina? – le domandò. – Se urli a un bambino di fare qualcosa, lui farà esattamente l’opposto. Se adesso fai sapere loro che li abbiamo sgamati, e gli urli di tornare qui, non lo faranno mai. Anzi, scapperanno e dovremo mobilitare tutti.

- Allora cosa proponi? Di urlare loro di non tornare qui e sperare che ci caschino?

- No, chi mai sarebbe così idiota da fare una cosa simile? – protestò Alan, offeso, e Serena arrossì un pochino.

Poi lui la tirò per una manica della giacca. – E ora che vuoi fare?? – protestò lei, mentre il ragazzo la trascinava nella sua direzione.

- Tu che dici? – le chiese, voltandosi e mostrandole uno strano sorriso. – Li seguiamo.

 

ANGOLO DELL’AUTORE

 

Hola, popolo di EFP!

Non mi sono ancora ritirato, eh no! Basta lasciare cose in sospeso, non importa quanto tempo ci vorrà. Se anche dovessi finire con un lettore, questa serie si finisce. Ebbene gente, come state? Io sono qui per voi, e mi siete mancati. Nuovo capitolo, nuovo arco narrativo. E anche ultimo, per questa prima stagione. Ci avviciniamo sempre di più al finale, ma abbiamo messo parecchia carne al fuoco.

Abbiamo il campo estivo, dove i nostri amici vorrebbero rilassarsi e godersi una breve vacanza; ma puoi davvero rilassarti con un esercito di marmocchi al seguito? La risposta l’avete già da voi.

Poi abbiamo la side story di Lance, che sta combinando un bel casino, a quanto pare, mischiandosi con gente non proprio raccomandabile. Zachary Devon è tornato in scena, e ha iniziato a tirare i fili che ci porteranno al finale di stagione e alla prossima. Lance accetterà davvero di cedere il Parco? E come andrà il loro duello?

Ci sono un sacco di domande che devono ancora trovare risposta, e non è detto che non dovremo aspettare. Intanto spero vi siate goduti questo capitolo, visto tutto il tempo che avete atteso. Ho voluto giocare un po’ con lo sketch della “Subaru Baracca” di Aldo, Giovanni e Giacomo, ma immagino che fosse impossibile non notarlo. Non mi resta che parlare un po’ dei personaggi che ho introdotto, e poi lasciarvi – non voglio dilungarmi troppo – in attesa del prossimo capitolo.

Non faccio promesse, ho tesi, esami e roba da gestire, ma ce la metto tutta. Sto cercando di regolarizzarmi con la scrittura.

Perciò via, vediamo un po’ chi abbiamo qui. Le new entry Shun e Marucho sono personaggi di “Bakugan”, anime che io ho amato alla follia, almeno per le prime stagioni.

Gardenia e Aloé vengono direttamente dall’universo Pokemon, dal quale provengono la maggior parte dei personaggi di questa fan fiction. Gardenia è la capopalestra di Evopoli in Diamante, Perla e Platino, mentre Aloé è la capopalestra di Zefiropoli in Bianco e Nero, giochi che sto recuperando solo ora e che sto amando alla follia. Anche Lino e Vito provengono dall’universo Pokemon: Lino è uno dei rivali nei giochi di terza generazione Rubino, Zaffiro e Smeraldo. Vito è un fantallenatore, ed è il quinto membro della famiglia Vinci, dagli stessi giochi. I due non sono realmente imparentati, è un legame che ho creato io appositamente per la fic.

Nick, Mickey e Liam sono invece duellanti che si possono affrontare in Duel Links, esattamente come Zachary.

Mr. Jones, che ha fatto un cameo per la gag, è un personaggio di “Rage of the Dragons”, dall’universo SNK.

Bene, detto questo, ci vediamo al prossimo capitolo!!

 

Nel prossimo capitolo: “Il prodigio”

 

Nick sfida Vito per difendere il suo amico Lino. Ma il ragazzo è un vero e proprio prodigio del Duel Monster; ciò che gli manca è l’umiltà. Alan, rivedendo il sé stesso del passato, decide di farsi avanti.

 

Ciao ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!

 

 

 

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