A story of the Golden Lion and the Red Wolf

di Cara93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Premessa (o disclaimer, che dir si voglia): Questa fanfiction è nata sulla base del bellissimo contest creato da Setsy "Ti odio tanto che potrei morirne", a tema coppie improbabili. Jaime e Sansa sono improbabili, ma sono anche i miei personaggi preferiti (ok, tra i miei personaggi preferiti) e la storia, che sarebbe dovuta essere una one shot senza pretese, si è trasformata in una long ambiziosa (forse un po' troppo). Si tratta di un "what if", appunto, dove al posto di Tyrion, Sansa sposa Jaime. A partire da questa premessa, sono intenzionata a ripercorrere gli eventi della serie, partendo più o meno dalla fine della S3. Prenderò in considerazione solamente la serie, anche perché con i romanzi sono ancora un po' indietro (al momento della pubblicazione di questo prologo, sono a metà di A storm of swords. Dato che Giorgione se la sta prendendo comoda, lo stesso vale per me). Rimarrò fedele agli eventi principali della serie, fino alla S6, con qualche accorgimento date dalle diverse circostanze, perciò il focus sarà sempre su Sansa e Jaime e i personaggi che orbitano loro attorno. A partire dagli eventi della S7 i cambiamenti saranno più pesanti e subentreranno anche altri personaggi e coppie. Non escludo di farlo anche con la storyline di Dorne.
La storia non è conclusa, nei meandri del mio pc, ma la mia intenzione è di pubblicare a "blocchi"; perciò, inevitabilmente, ci saranno periodi in cui l'aggiornamento sarà più celere che in altri. E niente, credo di aver detto tutto.

Disclaimer (ma per davvero): spero di non aver reso i personaggi OOC, ma potrebbe essere successo, soprattutto nel caso di Sansa. Probabilmente, la mia Sansa ad Approdo del Re è un pochino più scafata sia di quella della serie sia di quella dei libri. Ah, per le esigenze di cui sopra, i piani temporali della liberazione di Jaime sono leggermente sfalsati: infatti lui giunge ad Approdo molto prima delle Nozze Rosse.




Tyrion Lannister camminava impettito per i corridoi della Fortezza Rossa, mascherando in una posa sicura dubbi e timori. Era stato convocato nelle stanze del Primo Cavaliere e questo non presagiva nulla di buono. Era altamente improbabile che suo padre lo volesse vedere di propria volontà. Temeva il peggio. Temeva per Shae.

Non era da solo, però. Con sua enorme sorpresa, era presente anche la regina, all'incontro. Cersei, i lunghi capelli biondi intrecciati con maestria, sempre impeccabile e imperscrutabile, lo fissava con curiosità. Con ogni probabilità non era stata avvertita del suo arrivo.

"Eccovi qui" esordì il Primo Cavaliere, ostentando un'estrema noncuranza. Come se i suoi figli avessero deciso di andare da lui spontaneamente. Come se fossero loro ad avanzare richieste.

"Sono sempre felice di rivedervi, padre" disse Cersei, mielosa. Istintivamente, aveva assunto un'aria remissiva e compiacente. Come sempre, di fronte al suo eroe.

"Padre". Al contrario, Tyrion era stato piuttosto brusco e noncurante. A differenza della sorella, non aveva alcun motivo per mostrarsi bendisposto nei confronti di Tywin Lannister.

"Siete qui per una ragione specifica: discutere degli affari di famiglia. Che, casualmente, coincidono con quelli dei Sette Regni." Lo sguardo freddo del Primo Cavaliere aveva ottenuto l'effetto sperato: Cersei aveva cercato di reprimere un brivido, inutilmente; Tyrion invece aveva contratto i muscoli facciali tanto da far sembrare il viso del nano, non proprio bellissimo, ancora meno attraente.

"Tu" continuò Tywin, rivolto alla figlia "devi risposarti. Non tollererò discussioni o ribellioni in merito."

"Ma sono la regina!"

"Margaery Tyrell sarà la regina, una volta che avrà sposato il ragazzo. E tu non conterai più nulla. Non ti permetterò di mettere in pericolo la nostra famiglia per una questione d'orgoglio."

"Quindi?" Il tono di Cersei era basso e disgustato. Sapeva di non poter contrastare Lord Tywin e per molte ragioni: innanzitutto, ciò che aveva detto era vero. In più, non solo era il Primo Cavaliere, ma anche il capo della sua Casata e gli doveva rispetto ed obbedienza.

"Abbiamo alcune scelte: possiamo incrementare la nostra alleanza con i Tyrell, con un matrimonio con il giovane Loras; possiamo proporre un'alleanza matrimoniale ai Greyjoy, anche se sembra che il figlio di Balon non abbia solo perso Grande Inverno. Rimanendo in casa Greyjoy, il fratello di Balon è una buona alternativa. Oppure, ultimo ma non meno importante, abbiamo il giovanissimo Lord della Valle. Sempre che la sua folle madre sia d'accordo, ovviamente."

"Scusate se mi intrometto, padre" la voce di Tyrion risuonava distaccata. In una situazione normale, non si sarebbe mai sognato di intromettersi in certe questioni, ma aveva un brutto presentimento. "Capisco che creare alleanze sia funzionale al mantenimento del trono, ma sia Stannis che il giovane Stark sono una minaccia al regno di Joffrey, non dovremmo concentrarci su di loro, prima?"

"Tra breve, il giovane lupo non sarà più un problema" rispose Tywin, secco.

"Resta comunque Stannis. E la gente del Nord. Non sembrano propensi a sottomettersi, ora che hanno alzato la testa. Lotteranno finché non otterranno l'indipendenza che vogliono."

"Senza gli Stark di Grande Inverno, il Nord non ha alcuna ragione di opporsi alla Casa Lannister e al legittimo re. Dei cuccioli Stark resta solo una docile cagnetta, che è sotto la nostra protezione, mi pare."
Tyrion deglutì. Aveva cominciato a capire dove l'altro aveva intenzione di arrivare.

"Dato che esiste sempre la possibilità che tu abbia ragione, ho pensato a come si potrebbe ovviare al problema: anche la ragazza Stark dovrà sposarsi" concluse Tywin.

"E chi avresti in mente, per la giovane Sansa?" La voce di Cersei, morbida come seta, si fece sentire sicura, per la prima volta. Forse, se avesse aiutato il padre a sistemare la questione in modo intelligente, avrebbe potuto evitare o almeno tardare il più possibile il proprio, di matrimonio. Tyrion, al contrario, non voleva sentire. Solo il semplice fatto che lui fosse lì, non faceva presagire nulla di buono nei suoi confronti.

"Credo sia giunto il momento che il lupo ed il leone diventino una cosa sola." Cersei, finalmente, sorrise. Aveva capito: suo fratello avrebbe sposato la giovane Stark. Pregustava il momento in cui avrebbe detto alla ragazza che sarebbe andata in sposa ad un nano ributtante, invece che al bel principe che tanto sognava. Tyrion aveva la gola secca. Non riusciva neppure ad emettere un fiato. Tutto ciò andava al di là dei suoi peggiori timori.
'Ma è solo una bambina', pensò.

"Jaime sposerà Sansa Stark" sentenziò il patriarca. Entrambi i suoi figli gelarono.

 

La prima reazione di Tyrion era stata una sorta di commistione tra gioia e sollievo. Non avrebbe perso Shae, non avrebbe perso la propria libertà e non sarebbe dovuto giacere con una moglie troppo giovane la cui famiglia era in lotta perenne con la sua. La stessa famiglia che le aveva tolto il padre, dando inizio ad una guerra logorante. Solo l'espressione di Cersei lo mise in allarme. Per tutta la sua vita, Tyrion aveva odiato Tywin con tutto sé stesso, perciò non gli era stato difficile decifrare l'espressione omicida della sorella.
'Nostro padre mi ha appena donato un'alleata. Chi l'avrebbe mai detto.' Sapeva che si sarebbe opposto. Non per Cersei, ovviamente. Per Jaime. Perché non era giusto. Perché la giovane lupa aveva già sofferto abbastanza.

"Perché?", chiese Cersei.

"La giovane Stark, una volta che Robb verrà tolto di mezzo, è l'unica erede di Grande Inverno e diventerebbe Protettrice del Nord. Sposando Jaime, il Nord diventerebbe nostro."

"Ma c'è lui per questo!", esclamò Cersei, indicando Tyrion.

"Credi che lascerei cadere il Nord e Castel Granito in mano a quell'essere? Mai!"

"C'è solo un piccolo problema, padre. Jaime ha preso il bianco", si intromise Tyrion. Cersei lo fissò con stupore misto a speranza. Non ci aveva pensato. Tywin sorrise, infrangendola in quell'istante.

"Quando tua sorella ha permesso a suo figlio di congedare Ser Barristan Selmy ha creato un precedente che si può facilmente sfruttare anche in questo caso. Joffrey revocherà il voto fatto da Jaime e, dopo che avrà sposato la ragazza Stark e rivendicato Grande Inverno, tornerà ad essere il mio erede."

"Non siamo nemmeno sicuri che sia vivo..." continuò ad obbiettare Tyrion, disperato.

"Lo è. Catelyn Stark lo ha liberato, provocando una sommossa tra i Lord fedeli al giovane lupo. Dovrebbe trovarsi a poche settimane da qui, se i miei calcoli sono esatti."
   

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***



Era passata una settimana da quella riunione sconvolgente per i Lannister più giovani. Tyrion non aveva avuto modo di vedere la sorella, ma sapeva che avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere perché quel matrimonio non avvenisse. Jaime era suo e non l'avrebbe diviso con nessun altro. Anche per questo, aveva la sensazione che la calma innaturale di quei giorni doveva necessariamente nascondere qualcosa.

Si trovava nelle sue stanze e osservava le belle forme di Shae mentre questa si stava rivestendo. Prima, non avrebbe creduto possibile trovare erotico un gesto simile, che sanciva una conclusione. Come aveva sottilmente suggerito Varys, aveva fatto in modo che la donna diventasse una delle cameriere di Sansa Stark. L'aveva fatto per proteggerla e aveva dovuto combattere contro la testardaggine e fierezza di Shae, che trovava degradante un lavoro come quello che le proponeva. Per convincerla, aveva dovuto inventare una storia che, lì per lì gli era sembrata assurda; cioè che aveva bisogno di una persona fidata per tenere d'occhio Sansa Stark, la docile, ingenua figlia del Nord. A posteriori, non era stata una mossa così assurda. Da Shae aveva saputo che la bella giovane non diceva mai nulla fuori posto e che aveva imparato a non lasciare trasparire alcuna emozione. Inevitabile, se voleva sopravvivere alle attenzioni di Joffrey e alle premure di Cersei. Era diventata amica della giovane Tyrell e sembrava che le due volessero complottare qualcosa, con il benestare della vecchia Regina di Spine. Interessante. Ovviamente, Shae esponeva queste quisquiglie, forse dei pettegolezzi, con un disprezzo palpabile, come se trovasse quegli impicci sciocchi e futili. Quant'erano diversi e quanto l'ammirava per questo.
Ma, tra le informazioni più succose di Shae, ce n'era una che spiccava per la sua assenza: Sansa non aveva ancora ricevuto la notizia del suo imminente matrimonio. Tyrion aveva pensato che sarebbe stata Cersei, per non incorrere all'ira paterna, ad esporre quel progetto matrimoniale con tutta la sottintesa minacciosità di cui sarebbe stata capace. Riflettendoci, era giunto alla conclusione che la persona più indicata, dal punto di vista della sorella, sarebbe stata sicuramente Joffrey. Tra tutti, era l'unico che avrebbe tratto un certo godimento dallo sgomento e dal terrore di Sansa. Doveva correre ai ripari. Chiese a Shae dove avrebbe potuto trovare la sua padrona, nel corso di quel pomeriggio. Le opzioni non erano certo molte, ma il nano non aveva alcuna intenzione di sgambettare per tutto il castello alla ricerca di una ragazzina che cercava conforto e ristoro in un luogo in cui era cosciente di non essere al sicuro. Provava pietà per quella ragazza e biasimo per la sua famiglia, che era la causa di tutti i suoi mali.

 

Si trovava inginocchiata davanti all'unica cosa che aveva il potere di ricordarle casa sua, in quell'afosa e puzzolente città. L'Albero Diga malato e stanco nel Parco degli Dei di Approdo del Re. Tyrion le si era avvicinato con circospezione, non aveva alcuna intenzione di spaventarla. Per contro, Sansa, non appena si era accorta della sua presenza, si era comportata come le era congeniale: salutandolo con cordialità e cortesia. In quel momento, trovandosela davanti e potendola studiare con attenzione, Tyrion aveva subito avuto la sensazione che lei non si sarebbe mai spezzata. Ammaccata e ferita, forse, ma niente nell'essenza di quella bambina cresciuta troppo presto avrebbe ceduto. Sansa Stark lo guardava con calma glaciale e curiosa.

'Ecco, tutto questo è opera nostra', pensò. 'Dovrebbe essere come Margaery Tyrell: spensierata e civettuola. Magari un po' ingenua. Non dovrebbe osservarmi con cautela, come se la mia sola presenza potesse danneggiarla. Anzi, dovrebbe schermirmi e detestarmi per il mio aspetto. Sarebbe più sopportabile rispetto a questo terrore velato.'

"Lady Sansa. Sono contento di avervi trovata" cominciò, impacciato.

"Mi cercavate, Lord Tyrion?" nonostante la domanda fosse stata posta con fredda cortesia, il nano si era accorto del profondo timore che la ragazza provava. Aveva imparato presto che ad Approdo del Re non ci sarebbero mai state buone notizie, per lei.

"Io... sì, mia lady. Devo parlarvi... cioè, devo farvi sapere una cosa che riguarda il vostro matrimonio" riprese, sempre più a disagio. Non riusciva a capirne il motivo, ma tutta la sua eloquenza svaniva al cospetto di Sansa Stark.

'Maledizione. Eppure sono riuscito a convincere dei barbari a seguirmi solo attraverso la mia lingua lunga. L'unica altra dote che compensa la scarsa altezza, tra l'altro. E più utile, sotto certi aspetti.'

Sansa si irrigidì, le sue pupille si dilatarono un istante per il terrore folle, la saliva le si era prosciugata. Che i Lannister avessero scoperto il complotto della Regina di Spine?
"Prima o poi, Joffrey annuncerà il vostro fidanzamento ufficiale. Non volevo che vi trovaste impreparata e mia sorella non ha alcuna intenzione di... è difficile, Lady Sansa, non sapete quanto"

Sansa attese, un senso di gelo le era piombato addosso all'improvviso. Come il presentimento di un disastro incombente.
"Sposerete mio fratello, Lady Sansa" riuscì finalmente a dirle.

"Ma Ser Jaime è una Guardia del re, non può..." provò ad obbiettare la giovane, stordita.

"Il Cavaliere del Re ha trovato un modo per aggirare l'ostacolo" le rispose Tyrion, modulando dolcezza e amarezza con la voce.

"Si trova comunque prigioniero a miglia da qui, prigioniero di mio fratello!" ritentò, concitata. Sposare Jaime Lannister rappresentava il coronamento dei suoi peggiori incubi, superato forse dalla ripugnanza che avrebbe provato se fosse stata costretta a sposare lo stesso Folletto.

"Jaime è libero e si trova a circa due settimane da Approdo del Re. O almeno così dicono gli informatori di mio padre."

"Capisco." Con una compostezza che Tyrion non potè non ammirare, gli voltò le spalle, pronta a congedarsi da lui. "Lady Sansa" la chiamò "mi dispiace. Davvero."

"Non dovete dispiacervi, Lord Tyrion. Questo matrimonio è stato deciso da Re Joffrey, che io ammiro e servo fedelmente. Perché sono fedele al re che amo, mio Lord" e pronunciate queste parole, lo lasciò solo.
'Tu ci seppellirai tutti, Sansa Stark', pensò il nano, combattuto tra ammirazione e compassione.

 

Jaime Lannister e Brienne di Tarth erano giunti ad una sorta di tregua, nel corso del loro cammino. Una tregua data da una sorta di rispetto reciproco che ognuno si era guadagnato agli occhi dell'altro. Lo Sterminatore di re aveva salvato la guerriera in più di un'occasione, nonostante non fosse tenuto a farlo. La donna, per contro, si era mostrata di un idealismo affascinante e granitico, mostrandosi disposta a tutto pur di tener fede ad un giuramento e al proprio onore. Entrambi, da questo punto di vista, avevano molto da vendicare. Jaime doveva dimostrare che, nonostante la propria nomea e la macchia indelebile che portava, poteva essere un buon cavaliere. Brienne a sua volta indicata come una regicida, nonostante il proprio amore per Renly, doveva dimostrare il proprio valore e ripulire il proprio nome. E, se nel corso degli anni Jaime non si era neppure posto il problema e aveva scelto invece di sopportare tutto l'odio e il disprezzo degli altri cavalieri e lord, forte del proprio amore per Cersei; Brienne non aveva alcuna intenzione di farlo, anzi, aveva donato sé stessa e la propria spada al servizio dell'unica persona che le aveva creduto: Catelyn Stark. La loro condizione era così simile, eppure allo stesso tempo così diversa, tanto da avere il potere di far riflettere il più stupido dei Lannister, a detta di tutti.

"Siamo quasi in vista di Approdo del Re" borbottò Brienne, nel suo modo severo. Il cuore di Jaime sobbalzò, finalmente sarebbe tornato a casa. Da Cersei. Istintivamente, allungò il passo, rivelando la propria impazienza.

"Quando arriveremo, farò in modo di armarti e rifocillarti" rispose. "Mia guerriera" aggiunse sarcasticamente, solo per stuzzicarla. Lady Brienne aveva perso tutto il suo mordente, man mano che le miglia si assottigliavano. Probabilmente, pensava a quello che avrebbe detto a Lady Margaery, vedova di Renly.

"Fareste solo quello che avete assicurato a Lady Catelyn, quando avete giurato che avreste fatto tutto ciò che è in vostro potere per proteggere le sue figlie", si capiva chiaramente che non credeva possibile che lo Sterminatore di re sapesse mantenere la parola data. Nonostante tutto, Brienne di Tarth lo guardava ancora con diffidenza. Questa sua mancanza di fiducia irritava Jaime più del solito. Lo infastidiva che una donna che motteggiava un cavaliere lo ritenesse uno spergiuro.

"Non preoccupatevi, mia lady. Manterrò il giuramento" rispose piccato.

'Il fato è davvero ironico: ho reso storpio uno dei figli minori di lady Stark, le ho quasi ucciso il marito e sono sceso in battaglia contro il figlio maggiore. Fatto prigioniero, per guadagnare la libertà, le ho giurato che avrei protetto le sue figlie. E poi ci sono persone che dicono che la vita non è buffa.'

 

Sansa Stark raggiunse la sua stanza intontita, sconvolta e barcollante. Era grata a Tyrion Lannister, era sicura che né Cersei né Joffrey l'avrebbero mai preparata in privato, lasciandola in balia di una folla bramosa di godere della sua soffrenza. Così come avrebbero fatto il re e la regina madre, ovviamente. Appena entrata nella stanza, stranamente priva delle solite orribili guardie, si sedette sul letto. Aveva bisogno di stare sola e di rifugiarsi in quei rituali che avevano il potere di distrarla e mantenerla sana di mente, da quando la sua vita aveva cominciato ad andare a rotoli: fare il bagno, lavarsi accuratamente, scegliere gli abiti con attenzione maniacale e pettinarsi. Se si fosse mostrata come un'innocua bambolina, forse, l'avrebbero lasciata in pace. Fece chiamare Shae e le ordinò di prepararle il bagno. Una volta pronto, vi si immerse, la testa colma di pensieri orribili. Non poteva essere vero. Non poteva sposare Jaime Lannister, l'uomo che aveva catturato suo padre e l'aveva quasi ucciso. Il padre di Joffrey. Perché Sansa sapeva, ovviamente. Come tutti, a corte, fingeva di non aver sentito le voci e di essere completamente convinta della legittimità di Joffrey. E se questo era vero, se Joffrey era veramente figlio di Jaime Lannister, allora Jaime era anche l'amante di Cersei. La regina avrebbe fatto di tutto per allontanarla dal fratello. Si trovava in una situazione delicata. Sapeva che la sua stessa vita sarebbe stata a rischio, più del solito in quella città maledetta, se avesse sposato Jaime: la stessa Cersei avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per ucciderla. Forse avrebbe dovuto precederla, per non darle quella soddisfazione. Come le aveva mostrato la regina stessa durante la battaglia delle Acque Nere. Si immerse completamente, trattenendo il fiato. Se fosse morta in quell’istante, se si fosse uccisa e se tutti avessero saputo del suo dolore, era certa che gli aedi le avrebbero dedicato delle splendide ballate: la tragedia della giovane lupa, costretta a sposare un vile assassino, nemico mortale della propria famiglia e per questo, per evitare il dolore ed il disonore, si era suicidata, annegandosi durante un bagno. Ci sarebbe stata una sfarzosa cerimonia funebre, lacrime sarebbero state versate per la giovane infelice. Ma chi prendeva in giro? Se fosse morta, non sarebbe importato a nessuno, in quella città. Era lontana miglia dalle poche persone a cui importasse qualcosa di lei. Forte di quella consapevolezza, riemerse boccheggiando. Doveva tornare a casa. A qualsiasi costo, non aveva importanza quanto tempo ci sarebbe voluto.

 

"Shae sei sposata?", domandò Sansa, mentre Shae le acconciava i capelli per la cena. La donna prese a ridere nervosamente. Tutte le persone che avevano avuto modo di incontrarla, compresa Margaery Tyrell, avevano compreso o sospettato il suo passato. Tutte, tranne la giovane e candida Sansa.  

"No, mia signora."

"Ma c'è qualcuno che ti piace? Qualcuno che vorresti sposare?" la incalzò.

"Sì. Sì, c'è qualcuno" rispose infine, dopo qualche minuto di silenzio. Non vedeva ragioni per mentire a Sansa, ovviamente non avrebbe mai detto chi fosse quel qualcuno.

"Perché lo ami?" Aveva posto la domanda con circospezione e come se fosse, in definitiva, priva di significato.

"Cosa intendete con amore, mia signora?"

"Come... oh, non saprei... come quello cantato dagli aedi, trascinante e maestoso. Impetuoso, ma anche caritatevole. L'amore che porta un uomo a commettere ogni tipo d'azione per la donna amata e a votarsi per essa. Immagino."

"Non credo di essere mai stata innamorata, in questo caso, mia signora" le rispose Shae, indulgente. Sapeva che Sansa Stark, per le sue origini e per la vita protetta che aveva sempre condotto, nonostante fosse considerata pronta per il matrimonio, in realtà aveva ancora molto da imparare dalla vita.

"Ma allora perché vorresti sposarlo?" insistette. Proprio non capiva perché una donna come Shae, che non doveva sposarsi per accordi politici, si accontentasse di una vita priva d'amore.

"Perché è l'uomo più gentile che abbia mai incontrato. Perché mi fa divertire. E arrabbiare. Ma poi ha il potere di farmi preoccupare per lui. Perché si preoccupa per me."

Si bloccò per un attimo, pensierosa " Sì, perché si preoccupa per me. Nessuno l'aveva mai fatto prima."

Scese un silenzio imbarazzato, durante il quale Sansa si ritrovò a pensare che, forse, aveva sempre sbagliato tutto. Che non serviva per forza un principe per renderla felice. Forse.

"Ecco fatto, mia signora. Bellissima come sempre."




Angolo dell'Autrice: Rieccomi qua, con il capitolo vero e proprio. Spero di non essermi dilungata molto (anche se questa storia si sta allungando da sola, quasi per propria volontà. Ottimo) e che vi sia piaciuto. Se riscontrate errori o altro non esitate a farvi sentire. Per quanto riguarda le imprecisioni per quanto riguarda la successione degli eventi, vi rimando alla premessa scritta prima del prologo.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Jaime Lannister era tornato a casa, sporco e scarmigliato. Distrutto. Aveva anche paura. Non era più lo stesso uomo che era partito: sapeva di non essere intoccabile e aveva un patetico moncherino a provarlo. A niente era servito essere un Lannister, essere lo Sterminatore di re di fronte a persone che non avevano nulla da perdere e un astio astratto verso la sua persona e la sua famiglia, seppur forse giustificato. Tutto questo l'aveva annichilito e piegato su sé stesso, ma era nulla contro il terrore che provava mentre aspettava di vedere Cersei per la prima volta, da quando si erano separati.

"Jaime! Oh, dei Jaime!" Cersei gli corse incontro, incurante dell'aspetto di lui. Il suo cuore si riempì, mentre annusava il profumo dei capelli di lei, così soffici e dorati. Faticò a stringerla tra le braccia. 'Che scena patetica. L'amante in attesa e il povero storpio', pensò.

"Ma guardati! Come sei ridotto, come sei sporco! Il mio bel leone fiero e dorato" gli carezzò le guance ispide, tutto il terrore per la perdita che aveva provato le uscì dalle labbra, impedendole di registrare quella mancanza così pateticamente evidente. Perché Cersei aveva visto il misero moncherino e sapeva cosa significava, per un uomo, specialmente se aveva votato la propria vita all'azione, come Jaime. Ma faceva finta di nulla, creando una realtà diversa, dove lui aveva corso ogni pericolo per tornare da lei, trionfante e integro. Uno specchio di sé, quello che mai sarebbe potuta essere, ma che desiderava ardentemente diventare.

"Mi sei mancata"

"Anche tu." Non poteva più trascurare a lungo quella terribile verità: dolcemente, prese l'avambraccio destro, eliso del proprio arto, quello che gli aveva valso quel soprannome infame e baciò la fasciatura lercia.

"Andrà tutto bene. Troveremo una soluzione. Andrà tutto bene, ora che siamo di nuovo insieme."

 

"Sono contento che tu sia vivo, fratellone" Tyrion non riusciva ad ignorare l'handicap di Jaime. Non ce la faceva, eppure si era sforzato di farlo. E si rimproverava, per questo. Chi meglio di lui, che aveva passato tutta la vita ignorando sussurri e occhiate pietose poteva capire quello che stava passando Jaime? E, forse, la sua situazione era ancora peggiore, perché fino a poco tempo prima era l'immagine del perfetto cavaliere.

"Beh, con qualche pezzo mancante", sorrise Jaime, mostrando con orgoglio amaro il braccio privato dell'arto. Tyrion sorrise di rimando, versandogli del vino. Era passato un solo giorno dal suo arrivo, eppure Jaime si era ripulito e curato e aveva ripreso l'armatura della guardia reale. Non aveva ancora visto Tywin o, se lo aveva fatto, non gli era ancora stata annunciata la decisione che la Mano del Re aveva preso per lui. Tyrion non aveva intenzione di sciupare i pochi giorni di tregua che erano stati concessi al fratello, per nessun motivo.  

"Come farai ora?" Ecco la domanda fatidica e Jaime sapeva che, fra tutti, gliel'avrebbe posta suo fratello. Cersei aveva continuato a ripetere che niente era cambiato, che sarebbe tornato quello di prima, che era quello di prima. Tywin aveva taciuto, limitandosi a registrare il ritorno del figlio prediletto ed esortandolo a rimettersi in sesto al più presto: era un Lannister dopotutto e doveva onorare la sua casa, anche senza una mano. Aveva rimandato il più possibile l'incontro con l'accorto fratello fino a quel momento, proprio per potersi preparare.

"Armerò Lady Brienne e la manderò a cercare la piccola Stark, così che possa mantenere fede al proprio giuramento, dopo che avrà visto che Sansa Stark sta bene ed è al sicuro. Non credo che possa fare nient'altro, né per Lady Brienne né per Lady Sansa. Poi... immagino che devo trovare il modo di... tornare quello che ero", rispose, a fatica sul finale.

"Non credo possano esserci obiezioni, in merito alla prima parte del tuo progetto. Dopotutto, non hai proposto di liberare Lady Sansa, cosa che, date le circostanze, è piuttosto difficile che succeda. In più, non potrà far male, scoprire qualcosa sulla sorte della minore delle sorelle Stark." commentò Tyrion. Calò il silenzio, Jaime cominciò a sorseggiare il vino che Tyrion gli aveva porto. "Ti ricordi quando nostro padre ci ha portati nel cortile di Castel Granito, muniti di spada, per farmi esercitare? Come hai cercato di proteggermi e allo stesso tempo di insegnarmi a usare la spada, perché non rimanessi mai indifeso?"

Jaime si scosse, stupito dalla piega che stava prendendo la conversazione. Certo che se lo ricordava. Come ricordava il modo in cui il fratello più giovane ma incredibilmente più sveglio, lo aiutava a decifrare le insondabili pagine che il loro precettore gli imponeva e gli insegnava trucchi per leggere meglio e tenere a bada quella fastidiosa tendenza che avevano le lettere di cambiare di posto.

"Sì, me lo ricordo"

"Credo sia giunto il momento di ricambiare il favore." Scoppiò a ridere, non appena vide lo sguardo perplesso di Jaime. "Oh, non personalmente, ma conosco qualcuno che potrebbe rimetterti in sesto ed insegnarti qualche trucco per... sfruttare le debolezze altrui. Sì, lui è molto bravo in questo."

"Da quando conosci dei maestri d'arme?"

"Conosco molte persone, mio caro. E non è esattamente un maestro d'armi. Anzi" aggiunse sospirando "probabilmente, i suoi metodi non ti andranno particolarmente a genio."

 

Sansa Stark aveva preso l'abitudine di passeggiare con Margaery Tyrell per i parchi del castello. Era uno dei pochi momenti piacevoli nella sua giornata. Almeno una volta al giorno, il re si premurava di ricordarle la sua posizione tramite violenze ed umiliazioni, piccole e grandi. Da quando Margaery Tyrell era arrivata ad Approdo del Re, la sua situazione era leggermente migliorata, probabilmente perché lei stessa si sentiva più serena e sollevata: non avrebbe sposato Joffrey e quello che un tempo avrebbe rappresentato il punto più basso della sua esistenza, alla stregua di una punizione, era diventato un premio ed un sollievo. Soprattutto con quel re. Provava compassione per la sua amica, sempre che potesse considerarla tale, in quel covo di vipere. Nonostante la confidenza che si era creata, non aveva accennato al suo imminente fidanzamento né aveva alcuna intenzione di farlo. Non voleva rischiare ritorsioni da parte della Regina di Spine, soprattutto. Ormai Sansa aveva capito che tra le grandi casate, nessuno faceva niente per niente. Olenna Tyrell aveva proposto il matrimonio tra lei e Loras non per bontà d'animo, ma per le stesse ragioni che avevano spinto Tywin Lannister a prometterla a Jaime. Era servita quella disgrazia, per farle aprire gli occhi. Sentiva di avere ancora molto da imparare, ma era intenzionata ad essere più accorta. O almeno a provarci. Quel giorno in particolare, voleva mostrarsi il più naturale e amichevole possibile. Quella mattina Shae, forse istruita da qualcuno, forse perché aveva sentito delle voci negli alloggi della servitù; le aveva annunciato che il leone dorato dei Lannister, lo Sterminatore di re, era tornato nella capitale. Era preoccupata. Non voleva che Margaery sospettasse qualcosa. Se avessa saputo che la Rosa dell'Altopiano l'aveva invitata per presentarle un'altra persona, si sarebbe risparmiata ansie e nervosismi. Margaery, infatti, non era sola: l'accompagnava una donna enorme, bionda e muscolosa, non proprio di bell'aspetto. Le venne presentata come Lady Brienne di Tarth, che aveva servito come guardia personale del giovane fratello di re Robert e precedente marito di Margaery, Renly Baratheon. Lo stesso che si era mosso contro re Joffrey e l'altro pretendente al trono, Stannis. Lo stesso uomo che era vietato nominare in presenza del re, onde evitare la sua ira. Non sapeva molto di Renly Baratheon, solo che era morto per mano di una delle sue guardie. Dal suo punto di vista, forse troppo romantico e candido, Margaery doveva detestare chi aveva compiuto un gesto nefando come l'assassinio del suo re. Perciò, quando Brienne le venne presentata, non le passò neppure nell'anticamera del cervello che potesse essere la stessa guardia; non data la familiarità e la premura che Margaery le stava usando.

"Lady Brienne ha insistito particolarmente per incontrarvi, Lady Sansa"

"Davvero?" chiese la diretta interessata, con estrema cortesia.

"Sì. Vostra madre mi ha salvata" esordì la donnona, con severità quasi comica, almeno dal punto di vista delle due giovani fanciulle "e le ho promesso che avrei fatto tutto ciò che era in mio potere per proteggere le sue figlie. Su sua richiesta, ho scortato fin qui Ser Jaime Lannister, affinché poteste essere scortata da lei. Ho colto l'occasione per chiedere il perdono di Lady Margaery, ma non appena il re mi darà il suo permesso, ce ne andremo."

Quindi era colpa di quella donna. Se non si fosse interessata, se non avesse voluto a tutti i costi tornare ad Approdo del Re per chiedere perdono, per cosa Sansa non riusciva a capirlo e neppure era interessata a saperlo, Jaime Lannister starebbe languendo da qualche parte o magari sarebbe morto. E a lei non sarebbe toccato sposarlo. Ma tutto questo, la donna che aveva di fronte non poteva saperlo. Come non sembrava capire che la sua richiesta era assolutamente insensata e pericolosa sotto molti punti di vista. Era sconvolta dall'ingenuità di certe persone.

'Sono anch'io così? Mi vedono così, in questo maledetto posto?', si chiese, prima di rispondere alla Lady di Tarth.

"Non ho bisogno della vostra protezione, Lady Brienne. Sono trattata con tutti i riguardi, non c'è alcuna ragione per cui debba lasciare Approdo del Re", disse freddamente.

"Ma..."

"Dovrete trovare un'altra causa a cui votarvi, mia signora."

'Io sono persa, ormai. Almeno per te.'    

 

Aveva pensato al modo migliore per ringraziarla, senza offenderla. Brienne di Tarth non era la classica lady a cui bastavano due moine ed un sorriso. Sapeva che non avrebbe mai accettato alla leggera il dono che era intenzionato a farle. Aveva sentito che la donna aveva palesato il proprio desiderio di andarsene dalla città, dopo un incontro con la giovane lupa, che gli era stato risparmiato, per sua fortuna. A quanto sembrava, la ragazza aveva convinto l'insistente guerriera del proprio stato e questa, decisa a portare a termine al meglio il proprio compito, aveva deciso di partire alla ricerca di Arya Stark senza nessun tipo di intervento da parte sua. Ne era sollevato ed offeso allo stesso tempo, soprattutto perché doveva a lui la propria libertà, data l'insistenza di Loras Tyrell nel vederla imprigionata. O meglio, decapitata. Lady Brienne lo disturbava.

'Sì, è molto meglio che parta, prima che il Cavaliere dei Fiori la spinga giù da un camminamento. Magari con il mio aiuto'

"Perciò avete deciso di partire, mia signora?" chiese, sempre con una nota ironica nella voce. Non perché non la prendesse sul serio, ma proprio per il terrore di ciò che quella serietà avrebbe dovuto comportare. Brienne non rispose, limitandosi ad una smorfia che poteva sembrare disgusto o disappunto.

"Aspettate." Questa volta, il tono di Jaime era meno scherzoso. "Senza di voi, senza il vostro aiuto non sarei mai potuto tornare ad Approdo del Re", disse sforzandosi di glissare su piccole pecche, come ad esempio la loro cattura, che avrebbero evitato, non fosse stato per la testardaggine della donna. "E ho una promessa da mantenere. Ho giurato a Catelyn Stark che le sue figlie sarebbero state al sicuro. Sansa si trova qui e impegnerò tutto me stesso per far sì che questo accada. Arya, per contro, è scomparsa. Ammiro la vostra dedizione e il vostro impegno e sempre per la promessa che ho fatto a Lady Stark, non posso permettere che partiate a mani vuote."

"Sono perfettamente armata ed equipaggiata, Ser Jaime. Grazie del pensiero", rispose seccamente.

"So che avete una spada. E che sapete usarla. Ma non ne avete una di Valyria." Questo sembrò attirare l'attenzione della donna. Le armi in acciaio di Valyria erano rare e costose quanto pregevoli e particolarmente funzionali. "Questa è Giuramento", disse lui sguainando la spada "è stata forgiata dall'arma di Ned Stark. Quale spada migliore, per proteggere una delle sue figlie?"

 

"Non posso accettare. Non dopo la spada..." Brienne fissava torva il ragazzotto che portava per le briglie il suo cavallo, vestito chiaramente da scudiero.

"Oh, ma non potete rifiutare, mia signora. Mio fratello non la prenderebbe troppo bene. E poi, il ragazzo deve pur imparare, no?" cercò di blandirla Jaime, nonostante avesse riso quando Tyrion aveva proposto quella soluzione. Il suo coppiere desiderava diventare cavaliere, un giorno. O quanto meno, entrare nella guardia cittadina. E avrebbe avuto bisogno di fare esperienza. E dopo aver sentito delle doti della lady cavaliere, Tyrion si era convinto che Podrick fosse in buone mani. E poi, se doveva cercare Arya Stark, una ragazzina che sembrava scomparsa dalla faccia dei Sette Regni, due occhi in più potevano esserle utili. Occhi che avevano visto la ragazzina in questione.

"Non credo di..."

"Sarete un'ottima insegnante."

"Lo credete davvero?"

Jaime Lannister sorrise, voltandosi senza darle alcuna risposta.

 

"Sono felice di vedere che ti sei ripreso" commentò Tywin, gli occhi bassi, intento ad esaminare le proprie carte. Era giunto il momento di informare il figlio della propria decisione, ma non voleva essere brusco, anzi voleva fare in modo che Jaime capisse che quello era l'unico destino possibile per lui.

"Sto imparando ad usare questa. Non è molto collaborativa, ma è molto scintillante" tentò di ironizzare, sollevando la protesi dorata che Cersei aveva fatto preparare per lui. Tywin non sorrise, anzi, quasi non lo degnò di uno sguardo. Jaime sapeva di essersi rivelato una delusione agli occhi del padre: non era particolarmente intelligente, aveva deciso di rifiutare la propria eredità, aveva perso uno scontro con un ragazzino ed era tornato senza una mano. Tutti e tre i figli della Mano del Re avevano provato sulla pelle la delusione del patriarca e ne erano stati, in un certo qual modo, temprati, ma esserne l'erede, almeno agli occhi paterni, era ancora più complicato.

"Non è una tragedia." Il commento lapidario del più anziano colse di sorpresa il più giovane, che non riuscì a proferir parola neppure quando questi aggiunse: "Sarà molto più facile accettare di perdere il tuo posto fra le Cappe Bianche."

"Ma non ho alcuna intenzione di..."

"Lo farai. Domani, durante il banchetto in tuo onore, il re annuncerà il tuo congedo e nel contempo il tuo fidanzamento con Sansa Stark."

"Io non sposerò mai Sansa Stark! Per prima cosa è troppo giovane... e poi... ho fatto un giuramento! Vorresti sputare sul mio onore? Dovrei sputare sul mio onore?" disse, irato.

'Ancora una volta', aggiunse mentalmente.

"Quale onore, Sterminatore di re?"


Angolo dell'Autrice: finalmente, in leggero ritardo rispetto ai miei piani, rieccomi! Spero che i piccoli cambiamenti apportati alla trama abbiano senso, tipo Brienne più o meno libera di muoversi nella capitale e Cersei che si slancia su Jaime (anche se qui, non è totalmente fuori dal personaggio: sa che Jaime le verrà portato e vuole ingraziarselo con ogni mezzo. Jaime anche se non le serve, non del tutto, è ancora suo e non permetterebbe a nessuno di portarglielo via. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Una cosa Jaime l'aveva capita: i suoi fratelli sapevano. E per ragioni del tutto aleatorie, avevano deciso di tacere. Erano passati giorni dal suo arrivo nella capitale, eppure né Tyrion né Cersei avevano accennato ai progetti paterni. In particolare, non poteva perdonare Tyrion. Sapeva che la gemella aveva la tendenza ad ignorare ciò che non le piaceva, convincendosi che non esistesse, finché non si fosse trovata costretta ad affrontare un problema più grosso di quello che aveva testardamente escluso dalla propria mente. Non così Tyrion. Non capiva perché il Folletto si fosse prestato a quella pratica omertosa.

"Tu lo sapevi" lo accusò, non appena uno dei servitori lo fece entrare nelle stanze del più giovane dei Lannister.

"Io sapevo cosa?"

"Sansa Stark" pronunciò il nome della ragazza con violenza. Tyrion lo guardò in silenzio, per un tempo piuttosto lungo, tanto da farlo irritare ancora di più."E non ti azzardare a dire che non sai di cosa sto parlando", aggiunse.

"So di cosa stai parlando, ma non vedo il problema."

"Non lo vedi? Dovrò sposare una ragazzina!"

"Anche Cersei dovrà sposarsi. Anche Loras. O Sansa. Eppure, non si stanno lamentando quanto te."

"Cersei guadagnerà un marito solo di nome, Loras avrà una solida copertura oltre a guadagnare un'alleanza con la famiglia più importante dei Sette Regni. La ragazzina diventerà Lady di Castel Granito. Non vedo per quale motivo dovrebbero lamentarsi!" sbottò irritato.

'Mio fratello non può davvero essere così stupido', pensò Tyrion, sospirando.

"Se credi che Sansa Stark sprizzi gioia da tutti i pori per questo fidanzamento, se credi che Loras Tyrell preferisca il matrimonio ai Guardiani della Notte, per esempio; se credi che Cersei non farà tutto quello che è in suo potere per evitare di sposare Loras o a te di sposare Sansa non hai capito proprio nulla di come funzionino le cose qui."

"Spiegamelo, allora"

"Se devo spiegartelo, significa che per te non c'è alcuna speranza, fratello."
 



Il grande giorno era arrivato. Quella sera, dopo aver congedato Ser Jaime dal suo ordine, re Joffrey avrebbe annunciato all'intera corte il suo fidanzamento. Per l'occasione, si sarebbe presentata all'apice della propria bellezza. Se gli occhi di tutti si fossero soffermati sul pregio del suo abito, sulla complessità dell'intreccio dei suoi capelli, forse nessuno avrebbe notato la profondità della sua disperazione. Si sentiva circondata, pressata. Approdo del Re era soffocante, non solo per il suo clima temperato. Non riusciva a credere che solo un anno prima, a Grande Inverno, il suo desiderio più grande era vivere a corte.

"Siete bellissima, mia signora. Quel colore vi sta a meraviglia!" disse Shae, sistemando l'ultima ciocca rossa in modo che si confondesse con le due trecce principali che cadevano sulla scollatura leggera dell'impalpabile abito azzurro. Ed era sincera. Sansa Stark, quella sera, possedeva la bellezza tragica della giovane immolata. E, dal punto di vista della giovane lupa era proprio così. Shae proprio non riusciva a vedere in quella situazione tutta la gravità che la giovane faceva trasparire nell'intimità delle proprie stanze. Mai, Sansa Stark si sarebbe sognata di mostrare le proprie debolezze all'intera corte, ma non aveva ancora appreso l'accortezza necessaria a celare i propri pensieri alla servitù. Ancora non aveva capito, non del tutto almeno, che lì tutti spiavano tutti per conto di tutti.    

"Grazie Shae. Sei gentile", sorrise tristemente.

"Mia signora" Shae non era del tutto sicura del perché lo stesse facendo, perché desiderasse alleviare lo sconforto della giovane "non sarà un cattivo marito. Ser Jaime."
Sansa si irrigidì. Pensava si trattasse di un annuncio riservato, invece, a quanto pareva il suo fidanzamento imminente era una sorta di segreto di Pulcinella.

"Forse hai ragione, Shae."
 




Non sarebbe dovuto passare per quei corridoi, ma una forza irresistibile, una preoccupazione inspiegabile, aveva spinto Tyrion Lannister a dirigersi per la prima volta in quella parte della Fortezza Rossa in cui Sansa era stata alloggiata. Sperava di alleviare le sue pene, perché sapeva che Jaime non era nelle condizioni di farlo. Aveva intenzione di tranquillizzarla, nel tragitto che la separava verso la Sala del Trono. La vide proprio mentre usciva dalle sue stanze, più con l’aria di una condannata a morte che di una futura sposa novella. Esattamente la stessa espressione di Jaime, che strana ironia. Tyrion non aveva più visto il fratello dalla loro infelice conversazione, ma era certo che Jaime avesse incontrato Cersei, probabilmente per farsi consolare da lei. Sapeva fin troppo bene quanto Cersei fosse in grado di circuirlo a proprio vantaggio.
‘È persino riuscita a portarselo a letto; come minimo, potrebbe convincerlo a uccidere Sansa nel sonno.’

“Lady Sansa” la apostrofò, schiarendosi la gola. Nello stato mentale in cui si trovava, sicuramente la ragazza non lo avrebbe notato.

“Oh, Lord Tyrion. Non vi avevo visto.”

“Posso scortarvi, mia lady?”

“Se vi fa piacere...”

Sansa non si era ancora del tutto abituata alla presenza di quel mostriciattolo, nonostante nel corso della sua permanenza ad Approdo del Re avesse cominciato a mettere in dubbio le proprie certezze: perché non sempre “bello” si accompagnava a “buono”. Eppure, trovò del tutto rilassante la sua presenza, anche se non gli avrebbe mai affidato la vita o accordato la sua fiducia. Era un Lannister, dopotutto. Tyrion, per contro, non riusciva quasi a guardarla, da quanto la trovava bella. Gli sembrava... immorale. Come se solo il semplice fatto di trovare Sansa Stark attraente lo facesse sentire sporco. ‘È una bambina’ continuava a ripetersi. Nel suo apprezzamento, però, aveva potuto notare l’accortezza che la ragazza aveva avuto nell’apparire: infatti, la giovane aveva optato per un abito dal taglio audace, come Margaery Tyrell, anche se piuttosto casto se confrontato con i canoni della futura regina; l’acconciatura accurata e vistosa, invece, rieccheggiava quelle preferite da Cersei Lannister, anche se meno ornata ed intricata. Come se Sansa volesse rendere omaggio ad entrambe le donne, o emularle. O annullare il proprio sé per necessità, per proteggersi dalle brutture della vita. Provava un preoccupante senso di protezione, nei confronti della giovane lupa. Non andava bene, per niente.

“Certo che mi fa piacere. Più o meno lo stesso sentimento che provereste se, al posto di mio fratello, doveste fidanzarvi con Loras Tyrell”, commentò con audacia. Non era da lui scoprire le proprie carte, ma era curioso di vedere la reazione della ragazza. Voleva stupirla, mostrarle la propria intelligenza, ne sentiva il bisogno. No, non andava affatto bene. Di nuovo.

Sansa non emise un suono, anzi, non mosse neppure un muscolo. E lui che sperava, con quella rivelazione, di strapparle uno sguardo sorpreso. Ma Sansa non era sorpresa, non troppo almeno.

“Siete l’uomo più arguto che conosca, Lord Tyrion,” si limitò a commentare. Per Tyrion quella frase sembrava avere un sapore dolceamaro, difficile da digerire. Il sapore dell’innocenza strappata di Sansa Stark.





Jaime fremeva di rabbia e risentimento. Dopo tutto quello che aveva fatto, tutto l’impegno e la devozione che aveva riversato sulle Cappe Bianche e sul suo compito, tutto ciò che rimaneva del suo onore, sarebbe stato rigettato dalla sua stessa famiglia. Dal figlio che non poteva riconoscere. E, oltre al danno la beffa: sarebbe stato immolato a fini politici, perché la Casata Lannister potesse annoverare il Nord tra i suoi affiliati. Un’alleanza di comodo. Il suo matrimonio con Sansa avrebbe spaccato i lord, quelli meno propensi a sostenere una guerra logorante si sarebbero schierati dalla parte della sorella del giovane lupo. Forse, se il suo destino non fosse stato deciso così, se quegli annunci non dovessero essere resi pubblici in quel modo, durante una beffarda giornata in suo onore, forse sarebbe riuscito a sopportarlo.

Il primo di essi, il più doloroso e quello che avrebbe sancito la fine di ciò che era, sarebbe stato dato nella Sala del Trono, perché era lì che tutti i suoi giuramenti erano stati pronunciati ed infranti. Suo padre era stato metodico, in questo.

“Ora che la corte è tutta riunita” cominciò il re, la voce non ancora del tutto adulta “io, Joffrey della Casa Baratheon, Primo del suo nome, Re degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini, Protettore dei Sette Regni proclamo e annuncio che Jaime della Casa Lannister, capo delle Guardie Reali è ufficialmente congedato. Jaime della Casa Lannister non farà più parte delle Cappe Bianche e tornerà ad essere l’erede di Castel Granito. Avete servito bene, zio.”

Quelle parole lo ferirono nel profondo. Come lo feriva e gli toglieva ogni certezza quello che era stato costretto a fare. Non voleva essere un Lord, voleva proteggere il suo re, qualunque esso fosse. Voleva essere un degno cavaliere. Tutti i presenti avevano cominciato a rumoreggiare, incapaci di
trattenere lo stupore. Solo i maggiori Lord avrebbero avuto l’onore di presenziare al banchetto ed assistere alla sua completa umiliazione.  



 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Il primo di essi, il più doloroso e quello che avrebbe sancito la fine di ciò che era, sarebbe stato dato nella Sala del Trono, perché era lì che tutti i suoi giuramenti erano stati pronunciati ed infranti. Suo padre era stato metodico, in questo.
“Ora che la corte è tutta riunita” cominciò il re, la voce non ancora del tutto adulta “io, Joffrey della Casa Baratheon, Primo del suo nome, Re degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini, Protettore dei Sette Regni proclamo e annuncio che Jaime della Casa Lannister, capo delle Guardie Reali è ufficialmente congedato. Jaime della Casa Lannister non farà più parte delle Cappe Bianche e tornerà ad essere l’erede di Castel Granito. Avete servito bene, zio.” 
Quelle parole lo ferirono nel profondo. Come lo feriva e gli toglieva ogni certezza quello che era stato costretto a fare. Non voleva essere un Lord, voleva proteggere il suo re, qualunque esso fosse. Voleva essere un degno cavaliere. Tutti i presenti avevano cominciato a rumoreggiare, incapaci di trattenere lo stupore. Solo i maggiori Lord avrebbero avuto l’onore di presenziare al banchetto ed assistere alla sua completa umiliazione.      
 
Sansa non capiva come mai Joffrey avesse deciso di aspettare per annunciare il suo fidanzamento. Avrebbe potuto farlo tranquillamente nella Sala del Trono, poco dopo aver rotto il giuramento di Ser Jaime.
‘Così, però, sarei stata pronta. Avrei capito cosa stava per fare. No, quel démone tormentatore vuole cogliermi di sorpresa e godere del mio sgomento’, pensò con rabbia. Una rabbia che non traspariva in nessun modo dalla sua esteriorità. Seduta fra Lady Olenna ed un posto vuoto, che sarebbe stato occupato da Ser Jaime qualora questi si fosse degnato di farlo, Sansa si stava comportando come si conveniva ad una perfetta lady: conversava amabilmente con le persone a lei più vicine, soprattutto di piccole sciocchezze, piluccava il cibo che le veniva servito subito dopo che il re e la sua Mano avevano dato il loro benestare, stava ben attenta a mostrarsi compita e rispettosa. Era ben consapevole che non le conveniva attirare l’attenzione, soprattutto non quella sera. Ma, a quanto sembrava, il suo promesso sposo aveva intenzione di farlo in sua vece: non si vedeva da nessuna parte. Sia la regina che Tywin Lannister avevano mandato più di un servitore a cercarlo. Re Joffrey fremeva d’impazienza e malumore. Se un annuncio a bruciapelo durante un banchetto poteva essere spiazzante e magari procurare al giovane re qualche malsano piacere, Sansa sapeva che per ogni minuto in cui questo piacere gli veniva negato, peggiore sarebbe stato il modo in cui l’annuncio sarebbe avvenuto. Non aveva bisogno di un altro incentivo per detestare Jaime Lannister, ma l’uomo sembrava deciso a continuare a fornirgliene. 
 
Jaime si era ritirato alla chetichella, corrompendo un paio di servitori affinché lo coprissero il tempo necessario a mettere abbastanza vino in corpo da rendergli sopportabile quella serata. Oltre a posticipare il più possibile “la disgrazia”. Sembrava che nessuno riuscisse a capire il suo punto di vista. Tyrion, che pretendeva che le altre persone coinvolte in quel poligono bizzarro fossero in una posizione più difficile della sua. Cersei, che aveva cercato di convincerlo che niente sarebbe cambiato, che si sarebbero comportati esattamente come quando Robert era vivo. D’altra parte, Loras non provava alcun interesse per lei e sarebbe stato ben felice di chiudere un occhio, mentre Sansa era ancora troppo giovane per capire determinati risvolti del proprio matrimonio e che doveva solo pazientare, perché anche il tempo della giovane lupa sarebbe scaduto presto. Quando Jaime aveva chiesto spiegazioni circa quella frase così criptica, Cersei aveva risposto che, quando i Lannister avessero ottenuto il controllo completo sui Sette Regni, sarebbe stato facile per lui sbarazzarsi della ragazzina, relegandola a Castel Granito o in quel suo tetro castello nel Nord. Ma Jaime non desideva questo. Tutto ciò che aveva sempre voluto era essere un cavaliere ed essere libero di amare chi volesse. Questo gli sarebbe stato tolto, con il matrimonio. 
Jaime svuotò un calice, prima di decidere di presenziare, finalmente, ai festeggiamenti, facendosi forza. Amava Cersei con tutto se stesso, eppure, allo stesso tempo la detestava. Sembrava non capire quanto fosse importante per lui, rispettare una promessa. Soprattutto da quando lo chiamavano Sterminatore di Re. Soprattutto da quando, per amor suo, aveva quasi ucciso un bambino. Aveva bisogno di trovare un motivo, qualcosa nel suo sé più profondo che lo rassicurasse di non essere davvero quel mostro che, nei momenti peggiori, sentiva che era.
 
Tyrion lanciava occhiate preoccupate al posto vuoto di fianco a Sansa. Come la ragazza, sapeva che più tempo passava, più l’annuncio sarebbe stato sgradevole. Perciò sospirò di sollievo quando vide il fratello entrare nella Sala dei Banchetti, tetro e visibilmente barcollante. 
‘Per i Sette Dei, Jaime. Maledizione!’
Una volta che il re l’ebbe avvistato, si alzò, portando con sé il proprio calice, un sorriso maligno sul viso. 
“Miei lord” cominciò “siete qui riuniti non solo per festeggiare mio zio Jaime, che è riuscito ad attraversare indenne le linee nemiche per tornare da noi, ma anche degli avvenimenti ancora più lieti. Infatti, sono più che felice di annunciare il fidanzamento della mia venerabile madre con il prode Loras Tyrell, rafforzando l’amore ed il rispetto delle nostre famiglie. Non pretenderei nulla di meno dall’uomo che avrà l’onere e l’onore di sostituire il mio amato padre, della forza e della sagacia di Ser Loras.” Uno scroscio di applausi lo interruppe, mentre Cersei si esibiva nel più freddo e finto dei suoi sorrisi. 
‘Quindi lo sapevano già. Mi hanno mentito per tutto questo tempo’, pensò Sansa, cercando di sfuggire allo sguardo di scuse di Margaery e quello indagatore della Regina di Spine. 
“Ma non è tutto. Sono lieto di annunciare il fidanzamento della lady che più mi sta a cuore, la cui sorte ha toccato la mia anima ed il mio cuore: Sansa Stark. Come ben saprete, essendo figlia di un traditore, Lady Sansa non può aspirare ad un unione più che rispettabile, ma noi, nella nostra magnanimità, abbiamo deciso di premiare la sua lealtà incrollabile ed il suo amore incondizionato. Lady Sansa avrà l’onore di sposare l’uomo che permise a mio padre di reclamare il trono, colui che uccise il re folle. Diventerà una Lannister di Castel Granito e si prenderà cura di mio zio Jaime, ora che non è più in grado di combattere come un tempo. So che si dimostrerà degna di tale ruolo.”
Di nuovo, la sala esplose in un insieme di borbottii e gridolini di stupore. Il discorso di Joffrey, al limite della lusinga e dello scherno, aveva toccato tutti. Tyrion si schermò il viso con il bicchiere, osservando le espressioni dei presenti a quell’annuncio così poco consono. Sansa mostrava un sorriso garbato, quasi canzonatorio, probabilmente consapevole di aver disatteso le aspettative di Joffrey, che, dal canto suo, la fissava con una smorfia di disappunto sul viso. Proprio quel sorriso aveva convinto il sovrano a calcare la mano, portando l’attenzione sull’imperdonabile menomazione di suo zio. Lady Olenna spostava l’attenzione su quel re capriccioso e rancoroso, sulla bella nipote e sulla figlia del nord, pensierosa. Cersei era una statua di sale, immobile e probabilmente troppo stordita per riprendersi. Lord Tywin cercava di dominare rabbia e orgoglio oltraggiato; nessuno, neanche suo nipote avrebbe mai dovuto osare ricordare al mondo che i Lannister, in particolare il suo erede, avevano delle debolezze. 
 
Jaime si rabbuiò ancora di più. Tutto il disappunto che provava, si concentrò su Sansa ritenendola la vera responsabile della sua umiliazione. Prese a versarsi un enorme quantità di vino, ignorando i tentativi della giovane di fare conversazione. Sansa lo osservava con un misto di sconforto e preoccupazione. Pensava che Jaime non si sarebbe dovuto mostrare così suscettibile, mostrare quanto quel matrimonio lo turbasse era una debolezza paragonabile al mostrare il fianco in un duello.
‘Ma lui è un leone alla corte dei leoni, non si deve preoccupare di nulla.’
Sbirciò il futuro marito, cercando di capire se poteva fare qualcosa per alleviare il suo umore nero. O se dovesse aiutarlo a mangiare, anche se sembrava che Ser Jaime avesse più intenzione di rendere giustizia al vino che al cibo. Alla fine, dopo l’ennesimo tentativo di avviare una conversazione andato a vuoto, si decise ad ignorarlo, almeno finché, barcollante, Jaime si alzò nel bel mezzo di una portata, borbottando una scusa e lasciando la sala. Strinse le labbra, decisa a mostrare quanto quell’affronto non l’avesse toccata. 
 
“Mio figlio, il mio erede, è un idiota” sbottò Tywin, una volta raggiunto Jaime nelle sue stanze. Il Primo Cavaliere non aveva avuto modo di assentarsi prima di un paio d’ore, dopo l’uscita plateale del figlio. Perciò, era stato costretto ad aspettare che il re aprisse le danze, prima di esprimere tutto il suo malcontento a Jaime. Non poteva credere che fosse così insofferente all’etichetta da mettere in ridicolo tutta la loro famiglia. Non che questo lo stupisse, dato che Jaime si era impegnato a fondo in quello. E, se le voci calunniose sulla sua relazione incetuosa con Cersei fossero state vere, non ci sarebbe stato limite al peggio. Possibile che non lo capisse? Possibile che non gli interessasse? Tra i suoi figli, Jaime era colui su cui aveva riversato tutte le proprie aspirazioni ed ambizioni e, paradossalmente, si rivelava quello più sprovveduto. Persino Cersei, pur nella sua limitatezza naturale, riusciva a capire quale fosse l’atteggiamento giusto da tenere a corte e, nonostante sapesse benissimo dello scontento della figlia riguardo il suo secondo matrimonio, questa non glielo aveva mai palesato. Non così esplicitamente, almeno. Tywin era certo che, se al posto di Jaime ci fosse stato Tyrion, questi si sarebbe comportato in modo più confacente e dignitoso. E quella certezza derivava da come il nano si era affrettato a prendere il posto di Jaime al fianco di Sansa, intrattenendola e mostrandole quel minimo interesse che un futuro cognato è autorizzato a dimostrare. Per contro, la ragazza Stark si era dimostrata più matura e dignitosa di quanto credesse, capace di tenere testa al re e di non cedere alle sue provocazioni.
‘Non posso credere che una bambina si sia rivelata migliore di mio figlio’, pensò infuriato. 
“Allora vi consiglio di diseredarlo, padre” biascicò l’ex Cappa Bianca, palesemente ubriaco.
“Se solo tuo fratello fosse... degno” commentò, prima di lasciarlo da solo. Era inutile una lavata di capo, in quelle condizioni. Ma da quella sera, tutto sarebbe cambiato. Era ora che Jaime prendesse sul serio il suo posto nel mondo: futuro Protettore dell’Ovest, Lord di Castel Granito, erede di una delle più importanti famiglie di Westeros, se non la più importante. 
 
“Mio fratello è impulsivo e piuttosto restio agli attuali... cambiamenti, mia signora. Abbiate la compiacenza di scusarlo.” Tyrion riusciva a capire quanto fossero vuote quelle parole, nel momento esatto in cui le aveva pronunciate. Per tutta la serata, si era prodigato per distrarre Sansa, sfoderando tutte le sue doti comunicative. Oltre ad impegnarsi a riempirle con costanza il bicchiere. La giovane aveva accettato con gioia quelle premure, tanto che si era persino dimenticata di mostrare la propria espressione più vacua, che riservava indistintamente a tutti i Lannister. Ere persino riuscito a strapparle un sorriso riluttante ed ora stava rovinando tutto con una semplice frase. 
“Lo so. Neanch’io ne sono proprio entusiasta. Ma cosa ci possiamo fare? Il potere è nelle mani di altre persone, non nelle nostre.” Anche Sansa si pentì immediatamente delle parole che aveva pronunciato, oltre che dell’amarezza del tono. Non avrebbe dovuto dire quelle cose ad alta voce e, soprattutto, non avrebbe dovuto dirle a Tyrion Lannister. Aveva abbassato la guardia e questo avrebbe comportato la sua fine. Era quello che aveva imparato ad Approdo del Re. 
“Non tenete conto di ciò che vi ho detto, Lord Tyrion” si affrettò a rettificare, mentre il Folletto la scortava verso le sue stanze “il vino deve avermi fatto brutti scherzi.”
“Certo, Lady Sansa. Il vino.”
“Cosa sta succedendo qui?” intervenne la voce armoniosamente esotica di Shae. Aveva sentito delle voci nel corridoio e si era affrettata a controllare chi fosse. Alla vista della giovane e di Tyrion si incupì, serrando le labbra, indispettita.
“Nulla, Shae. Lord Tyrion mi ha solo accompagnata.”
“Ah sì?” sibilò questa in direzione del nano, quando Sansa ebbe varcato la soglia, in modo che non la sentisse.
‘Guerriero dammi la forza di affontare una donna gelosa. Gelosa di cosa, poi’, pensò Tyrion allontanandosi il più velocemente possibile.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Erano passati giorni da quella serata disastrosa. Sansa non aveva più avuto modo di vedere il suo futuro marito. Jaime Lannister si teneva il più lontano possibile dalla torre in cui era alloggiata e cambiava strada letteralmente ogni volta che la incrociava nella Fortezza.
‘Benissimo, possiamo anche continuare così per tutta la vita, se vuole’, pensò indispettita. Lei più di chiunque altro avrebbe tutte le ragioni di disprezzare una simile unione, eppure sembrava che Jaime Lannister non avesse alcuna intenzione di dissimulare il proprio disappunto. 
‘Come un bambino.’
Se il leone dorato dei Lannister aveva deciso di giocare a nascondino con lei, lo stesso non si poteva dire di Cersei e Lady Olenna. La prima, l’aveva invitata nei suoi appartamenti per uno spuntino leggero, invito che era più che altro una convocazione. Durante l’ora colma di tensione e disagio, la regina madre le aveva fatto intendere chiaramente che il suo matrimonio con Jamie sarebbe stato esclusivamente una formalità, un modo come un altro per controllare il Nord e di non avere aspettative sul fratello. Come se non lo sapesse già o come se non avesse intuito la minaccia implicita nei toni di Cersei. Lady Olenna, per contro, l’aveva invitata a vedere le sue rose, che coltivava personalmente. In maniera molto più subdola rispetto a Cersei, la Regina di Spine si era scusata per il mancato accordo matrimoniale con Loras, ma nessuno, nemmeno i Tyrell, potevano permettersi di mettere i bastoni tra le ruote a Tywin Lannister. E, dopo aver elogiato la sua bellezza e la sua educazione, le ricordò che “molti leoni, anche se sembrano feroci, sono meno pericolosi delle loro femmine, perché, mia cara bambina, sono le femmine che si occupano della famiglia.” In un certo senso, era lusingata da quei consigli. Senza Septa Mordane e senza sua madre si era spesso sentita persa, ma stava crescendo ed imparando. Doveva diventare un’abile giocatrice, se voleva tornare a casa. 
 
Tyrion era stato convocato negli appartamenti del padre. Di nuovo. Non era un buon segno. Sapeva che Jaime non aveva fatto molto, per avvicinarsi a Sansa, così come sapeva che la rossa Stark aveva avuto una settimana intensa. Varys gli aveva riferito dell’incontro della ragazza con Lady Olenna e Cersei. Poteva immaginare cosa le avesse detto sua sorella. ‘Non dovrebbe fare l’errore di sottovalutare la giovane lupa. Tutti hanno sempre sottovalutato Cersei perché costantemente offuscata dal nostro nome e dal carisma di Re Robert. Con Sansa è lo stesso: tutti la credono stupida. Ironico, però, che tra quei tutti ci sia anche Cersei.’
“Ah, eccoti”, borbottò Tywin, una volta che entrò nella stanza, chiaramente irritato dal ritardo del figlio minore. Tyrion biascicò qualcosa in risposta, più interessato a capire perché Tywin Lannister avesse deciso di convocarlo. “Robb Stark e tutta la sua famiglia sono morti”, comunicò asciutto.
“Tutti?” chiese Tyrion, la bocca asciutta. Sapeva che Robb Stark aveva una moglie ed un figlio in arrivo. Era stato argomento di un lungo dibattimento sulle sorti del Nord, da quando i figli minori di Ned Stark erano morti. “Tutti, compresa Catelyn Stark.”
“È opera nostra?”
“Certo che è opera nostra! Credevi che avrei lasciato questa questione in sospeso?”
“Ovviamente no, padre. Cosa volete?” chiese, andando direttamente al punto. 
“Tieni d’occhio il ragazzo e fa’ in modo che non commetta sciocchezze irreparabili, come ha fatto con Ned Stark.”
“Perché? Cosa mi state nascondendo, padre?”
 
Jaime e Bronn, il mercenario di suo fratello e suo attuale insegnante di scherma, si stavano dirigendo alla sala del trono. Re Joffrey aveva convocato lì lo zio, e Bronn, che aveva notato l’umore nero del Lannister più alto, aveva deciso di accompagnarlo per evitare che facesse casini. D’altra parte, veniva pagato almeno tre volte: una, per difendere il nano; un’altra per insegnare al damerino come usare una mano sola e l’ultima per controllare che non si mettesse nei guai. E con l’umore nero che si ritrovava, probabilmente il nipote o meglio figlio, se doveva credere alle voci, lo avrebbe fatto decapitare. I Lannister lo stavano facendo diventare ricco, ma allo stesso tempo erano una fonte innegabile di grattacapi. Quando arrivarono nella sala del trono, l’odore acre e ferrigno del sangue colse le loro narici allenate. Bronn si fece ancora più attento, non gli piaceva quella situazione. Non gli piaceva il re: da quel poco che aveva avuto modo di vedere e di sentire, non era il caso di attirare la sua attenzione. 
“Zio! Ma che piacere vederti in questo giorno glorioso!” Joffrey Baratheon riusciva a stento a contenere l’eccitazione. Evidentemente, aveva ricevuto buone notizie. Da una delle porte laterali, caracollò Tyrion, ansimando per lo sforzo: aveva appena saputo che Joffrey aveva ricevuto le spoglie di Robb, Catelyn e Talisa Stark. Poteva solo immaginare cosa avesse in mente di farne. 
‘E adesso siamo al completo’, persò Bronn. 
“Oh, che bello. Ci siamo proprio tutti, nani e pezzenti compresi” commentò Joffrey crudele “o quasi.” 
Quasi fosse una parola d’ordine, dal portone principale dal quale erano entrati Jaime e Bronn, avanzò, scortata da due guardie, Sansa Stark. Jamie cercò di trattenere un moto di fastidio, alla vista della ragazza. Il risentimento e la ripugnanza che da sempre provava nei confronti dei nobili della corte, così molli e meschini, da soli sarebbero bastati a giustificare la sua scarsa inclinazione verso Sansa, che tra gli Stark gli era sempre sembrata quella più incline ed interessata a quel mondo. Come se non bastasse, ce l’aveva ancora con la giovane per il fatto stesso di essere obbligato a sposarla. Sapeva di essere infantile. Sapeva di essere ingiusto. Non poteva farne a meno. Spesso, nei momenti peggiori, aveva anche sperato che le accadesse qualcosa di brutto. Solo sperato, però. Non si sarebbe mai sognato di far del male ad una ragazzina.
‘Perché sono un cavaliere’, si disse, un moto d’orgoglio. ‘Sì, come no. Dillo a Brandon Stark, non appena lo incontrerai di nuovo nel regno dei morti’, aggiunse amaramente. Anche per questo, non solo per aver tradito il suo re, doveva riscattarsi. Sembrava essere la costante della sua esistenza. Era a buon punto, però. Forse. Era suo dovere proteggere Sansa Stark e, finché la ragazza fosse rimasta nel castello, circondata da guardie, era sinceramente convinto che si trovasse al sicuro: era un nobile ostaggio, dopotutto.
“Qualsiasi cosa tu voglia fare Joffrey ti prego, ti scongiuro, di non farla”, implorò Tyrion, provocando nel ragazzo una reazione sproporzionata. “Io sono il re e posso fare quello che voglio! Potrei tagliarti la testa con la spada di zio Jamie in questo momento, se volessi!” sbottò, infuriato. 
“Perché ci avete convocati, mio re?” chiese Jaime, nel tentativo di stemperare l’atmosfera. Il viso di Joffrey si aprì in un ghigno sadico: “Non vuoi vedere la testa di chi ti ha tenuto prigioniero, zio Jaime?”     
 
Sansa era visibilmente sbiancata, ma era riuscita a mantenere il solito contegno compito. Fissava in silenzio Joffrey, in attesa di istruzioni. Jaime si era ammutolito: non poteva credere che Joffrey avesse intenzione di mostrargli la testa di Robb Stark davanti a Sansa. Non era giusto ed era crudele. Non aveva intenzione di prestarsi a quello che Joffrey aveva in mente, cioè mettere in scena un’ulteriore umiliazione pubblica ai suoi danni. 
“No, mio re. Non ci tengo particolarmente”, rispose irrigidito. 
“Ah. Allora preferiresti quella di sua moglie? O di sua madre? Oppure ancora il minuscolo bimbo che la sua cagna non ha avuto modo modo di partorire?”
‘Non è successo davvero. Robb è vivo e sta bene. Stanno tutti bene. Va tutto bene’, continuava a ripetersi Sansa. L’aveva detto talmente tante volte, che stava quasi per crederci; anche quando Joffrey le si avvicinò, tenendo la testa di Robb per i capelli. Il suo sguardo si era appannato, tanto da accentuare l’illusione che fosse tutto un terribile incubo. Il sangue le pompava nelle orecchie tanto da non consentirle di sentire ciò che stava raccontando Joffrey, che doveva essere terribile a giudicare dall’espressione degli altri presenti. Sentiva di stare per svenire, ma non si sarebbe mai sognata di dare a Joffrey quella soddisfazione. ‘Forse dovrei farlo e basta. Forse mi lascerà in pace’, pensò. Sapeva che non era vero: Joffrey aveva deciso di tormentarla quando l’aveva catalogata come la più debole e ingenua della sorelle Stark. Se Arya fosse stata al suo posto, non si sarebbe mai sognato di trattarla come faceva con lei.
‘Quanto vorrei essere come Arya. Quanto vorrei essere Arya.’
“L’alfiere dei Tully, Lord Frey, è stato così scontento dell’onore di tuo fratello da decidere di ucciderlo. Non l’ha fatto da solo, ovviamente. Anche uno dei signori del Nord, Lord Bolton, si è reso conto di quanto Robb Stark fosse indegno. Li hanno uccisi tutti durante un banchetto. Hanno sgozzato il Re del Nord. Pugnalato al ventre la puttana che ha sposato. Sgozzato sua madre. E non è finita. Sai cos’hanno fatto con il corpo? Hanno ucciso uno dei cani rognosi che voi Stark vi portate sempre dietro e hanno attaccato la testa al corpo di Robb. Quanto avrei voluto essere lì!” Joffrey gongolava, incurante delle espressioni sbigottite dei presenti e di quella vagamente assente di Sansa. 
“Cosa dovrei fare con questa, mia signora?” chiese, portando la testa all’altezza degli occhi della ragazza, in modo che non potesse ignorarlo. Gli uomini tacevano. Non sapevano bene cosa fare, troppo sconcertati per intervenire. 
“Non mi importa cosa ne farete, mio re. Potete anche gettarla nel fango o darla in pasto ai poveri di Fondo delle Pulci” gli rispose, la voce priva di colore. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare quanto le fosse costato pronunciare quella frase. Jaime Lannister sussultò, Bronn sgranò gli occhi, mentre Tyrion la guardava rammaricato. 
“Davvero?” rispose Joffrey, lanciando lontano la testa di Robb, che finì contro una colonna, producendo un rumore sordo. Sansa serrò gli occhi un istante, sforzandosi di non trasalire. Non stava succedendo niente di diverso da quelle ore interminabili in cui Joffrey la torturava usando le spoglie di suo padre, facendogliele trovare davanti agli occhi nei momenti più disparati o usandole come pupazzi, al solo scopo di inorridirla e spaventarla. “E con quella di tua madre?”
“Sono traditori, mio re. Sono certa che sceglierete con saggezza cosa farne”, questa volta non riuscì a reprimere un tremito, che non sfuggì ai presenti. Per Joffrey, invece, non era abbastanza dato che si appollaiò sul trono, imbronciato. 
“È un peccato che l’abbiano ucciso al Tridente. Avrei voluto usare la mia spada su di lui, come vi avevo promesso” brontolò Joffrey. 
“La vostra mano non è degna di sporcarsi tanto, mio re” lo blandì quasi meccanicamente. ‘Anch’io avrei voluto che avessi affrontato Robb, stupido imbecille. Ti avrebbe ucciso ed ora non saresti qui a mostrarmi gongolante le teste dei miei famigliari’, pensò sforzandosi di trattenere una risata isterica. Forse la vera intenzione di Joffrey era di farla impazzire. Beh, non mancava molto. Sentiva la pelle tirare e prudere, le mani tremare e un sapore ferroso in bocca. Si era morsa la lingua.
“Mio re” intervenne Tyrion, quasi con disperazione, attirando l’attenzione di Joffrey “la vostra fidanzata ha richiesto la presenza di lady Sansa. Non vorrete certo...”
“Andate. Tutti” tagliò corto il re, congedandoli, senza più ombra dell’entusiasmo di poco prima.


Angolo dell'autrice: mi scuso per questi ritardi immensi, non sto rispettando i tempi di pubblicazione che mi sono imposta sia per cause di forza maggiore, sia perché sto facendo delle digressioni impreviste (e perché ho la brutta abitudine di cominciare anche altre storie). Però voglio portare a termine questa long, prima o poi; la scaletta con i punti principali della storia c'è e la voglia anche, quindi se siete ancora interessati, beh, tranquilli: si vedrà una fine non come qualcuno. A presto e grazie a chiunque legga e recensisca! 

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