Irresistible.

di LittleBunny
(/viewuser.php?uid=983765)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° Capitolo ***
Capitolo 8: *** 8° Capitolo ***
Capitolo 9: *** 9° Capitolo ***
Capitolo 10: *** 10° Capitolo ***
Capitolo 11: *** 11° Capitolo ***
Capitolo 12: *** 12° Capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° Capitolo ***


Irresistible ● In questa fanfiction, NON si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a quello dei fumetti;
● I personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.


1° Capitolo.




Se qualcuno avesse potuto vedere esternamente la vita del quattordicenne Peter Parker, avrebbe potuto constatare quanto fosse perfetta.
Era un ragazzo brillante ed intelligente che eccelleva, in particolare, nelle materie scientifiche - non per nulla, era diventato il fiore all'occhiello della MidTown High School in brevissimo tempo - ed era adorato da buona parte degli insegnanti.
Nonostante l'età delicata che stava vivendo, Peter era, fra le tante cose, una persona tranquilla e matura - forse anche fin troppo per la sua età - e non faceva che rendere fieri di lui i suoi zii.
Che poteva pretendere di più?

"Questa giornata è davvero uno schifo."

Proclamò l'adolescente in questione, rannicchiato davanti ai lavandini del bagno, mentre cercava di sistemare i suoi appunti, ora strappati e scarabocchiati orribilmente.

"Oh, fantastico Flash, mi mancava un disegno di un pene su un piano cartesiano. Davvero, dovresti parlare con qualcuno di competente di questa tua particolare 'fissa'." esclamò fra sé e sé irritato, riponendo il foglio in questione sull'ultima pagina del suo quaderno, per poi sospirare rumorosamente.

Decisamente, la vita di Peter era ben lontano dal definirsi ' rosa e fiori '.
Per quanto la sua maturità e la sua intelligenza fossero ben apprezzate nel mondo degli adulti - il più delle volte, almeno - purtroppo, non si poteva dire lo stesso dei ragazzi della sua età, che sembravano prenderci davvero gusto a rendere la sua vita un inferno - e se si pensava che la sua intelligenza non era proporzionata alla sua forza fisica, si può ben intuire che fosse un bersaglio anche fin troppo semplice da prendere di mira.
Ed era solo, in tutto ciò. Da una parte, aveva i suoi zii che adorava e che non voleva assolutamente tediare per questioni del genere - perchè sì, un tizio che sfogava la sua frustrazione omossessuale sui quaderni di un povero nerd qualsiasi, non era di certo un problema di cui parlare a Zio Ben o Zia May - e dall'altra, invece, aveva gli amici che cercava di evitare il più possibile perchè, beh, era un'idiota.

Ad interrompere quell'ammasso di pensieri che gli stavano invadendo la mente, fu lo sbattere della porta del bagno, che fecero sussultare irrimediabilmente Peter dalla sorpresa.
Forse avrebbe dovuto controllare se fosse effettivamente da solo nel bagno dei ragazzi, prima di mettersi a parlare da solo. Soprattutto, se stava commentando la dubbia sessualità del suo principale carnefice.
La sorpresa si trasformò in un istante in timore e si ritrovò a deglutire rumorosamente, come rendendosi conto in quel momento del passo falso appena compiuto.
Insomma, la sua situazione era qualcosa che poteva gestire al momento, ma... Beh, far arrabbiare quei bulletti da strapazzo, non sembrava propriamente un buon piano per migliorare quell'ottimo rapporto che già avevano. Dopotutto, conosceva piuttosto bene i suoi limiti.
Deglutì ancora, prendendo poi zaino ed appunti, per spostarsi nell'angolo più remoto del bagno per cercare di guardare di sottecchi il ragazzo che ora si stava lavando le mani, a circa un metro o poco più distante da lui.
Okay, decisamente non era qualcuno che conosceva, neanche di vista, quindi era probabile che non fosse qualcuno correlato al suo aguzzino. Ma, dall'altro canto, era pur vero che Peter era così immerso nello studio - e nel non farsi notare - che se anche quel ragazzo gli fosse passato vicino mille volte, non l'avrebbe sicuramente ricordato. O neanche proprio notato.
Ma di una cosa era sicuro : non era sicuramente uno studente della sua classe. A dirla tutta, era abbastanza sicuro che fosse più grande di lui, anche perchè lui-

Ecco che Peter si ritrovò ad abbassare subito lo sguardo, come notò l'altro ragazzo voltarsi di colpo.
Che l'avesse beccato? Non che non attirasse l'attenzione, effettivamente, visto tutti quei fogli che stava raccattando.
Era davvero umiliante che qualcuno lo vedesse in quello stato, a pensarci bene.
Strinse le labbra, pulendosi poi gli occhiali, cercando di far finta di nulla, sentendo il cuore battergli all'impazzata dal terrore.
Non poteva succedere quel genere di cose che accadevano sempre nelle serie tv o nei film? Quel qualcosa che salvava il protagonista da un destino nefasto? Non che si aspettasse che apparisse un Tardis nel mezzo della stanza, ma il suono della campanella , che magari avrebbe convinto l'altro a correre alla prossima lezione, non sarebbe stato male.
Ovviamente, non era dentro qualche storia fantascientifica e Peter continuò ad avvertire quello sguardo penetrante su di sè - anche perchè l'altro non tentò neanche di nascondere la cosa- e la cosa non fece che metterlo dannatamente a disagio, finchè... Finchè non sentì un suono, come di qualcosa che veniva strappato, all'altezza della sua schiena ed istintivamente si voltò.

"Uh." mormorò il ragazzo che ora stava davanti a lui con un foglio in mano, con un sopracciglio alzato "Wow. Davvero, wow. E' così che voi cercate di fare amicizia, qui? Non è un po' ortodosso come metodo?"

Peter si ritrovò a sistemarsi gli occhiali nervosamente come se, con quel gesto, potesse nascondere l'enorme disagio che stava provando in quel momento. Disagio che sembrò aumentare quando si rese conto che l'altro stava continuando a fissarlo.

"... Ermh, okay, immagino di doverti dire grazie...?" mormorò titubante, non sapendo davvero che altro dire "Che c'è scritto nel f-?"

"Foglio? QUALE foglio??" lo interruppe di colpo, iniziando a strappare il pezzo di carta in questione.

Mentre l'altro cercava, con estrema difficoltà, di strapparlo in pezzi sempre più piccoli , il ragazzo con gli occhiali si prese qualche istante per osservare il suo strano interlocutore - anche se, dire strano, era un eufemismo.
La prima cosa che gli venne in mente era che quel ragazzo sembrò il suo esatto opposto.
Insomma, era un ragazzo abbastanza alto - lo superava di altezza di una decina di centimetri, più o meno - e, dalla sua corporatura, non si sarebbe sorpreso di vederlo prossimamente come nuovo quarterback della squadra della scuola.
Constatò anche che fosse di bell'aspetto e provò istintivamente una gran pena per tutte le ragazze che ci avessero voluto provare e avrebbero scoperto che in realtà quel tizio fosse uno molto particolare.
... Ma a chi voleva darla a bene? Avrebbe avuto sicuramente successo, visto la superficialità che caratterizzava i ragazzi del liceo, anzi, le persone in generale.

"Beh, veniamo a noi."

Ecco che il più alto, dopo aver buttato quelli che ormai erano un centinaio di minuscoli pezzetti nella spazzatura, gli si avvicinò - anche fin troppo, per i suoi gusti, visto che non amava particolarmente il contatto fisico- con un sorrisetto sornione a contornargli il viso.

"Sembra che tu mi debba un favore, piccoletto."

"Prego?"

Il più piccolo fece un passo indietro senza distogliere lo sguardo da quello del suo interlocutore, assumendo un'espressione visibilmente confusa.
Non sembrava ci fosse rabbia nelle sue parole, anzi, sembrò piuttosto un tono divertito e... Lascivo?
E poi, che diavolo era quel nomignolo?!

"Quello che voglio dire è" esclamò il biondo, allargando il sorriso "Ti ho salvato la vita. Okay, non letteralmente ma ehi, non è forse la reputazione una delle cose più importanti per gli adolescenti? La reputazione, giovane Potter, è quello che uccide i giovani d'oggi di questi tempi, più che di un' Avada Kedavra! Uh, forse ho sbagliato citazione? Se non sei fan di Harry Potter, potrei-"

Dio.
Ma quanto parlava questo ragazzo? Peter sentiva la testa quasi girare per colpa di quell'interminabile chiacchiericcio del biondo davanti a sè e- Com'è che ora era di nuovo vicino a lui? E gli stava toccando il braccio, per giunta!

"... Quindi? Che te ne pare, dolcezza?"

Il moro si irrigidì all'instante alle sue parole, stringendo la mascella all'istante, mentre un certo rossore gli contornò il viso.
Non sapeva se stesse reagendo così perchè fosse davvero irritato da tutta quella situazione, se ora avesse raggiunto il limite dopo aver accumulato tanto stress a scuola o se, in qualche modo, l'altro avesse intaccato il suo orgoglio con quelle parole.
Forse un mix di tutte quelle cose.

"Senti tu." sibilò, quasi sfiorandogli il petto con l'indice, per poi tirarsi via dalla presa dell'altro "Non so cosa ti dica il cervello, ma se pensi che io-"

Ed eccolo lì, il  'miracolo-da-storia-fantascientifica' che il più giovane aspettava: il suono della campanella.

"... Beh, sei fortunato che debba andare a lezione." borbottò con fare minaccioso, per poi allontanarsi del tutto e prendere velocemente le sue cose.

"Ci vediamo. O forse è meglio di no. Per te."

Chiuse con forza la porte alle sue spalle, facendola sbattere abbastanza rumorosamente, per poi camminare a passo veloce verso il suo armadietto. Dopo averlo aperto, lo contemplò per un istante, prendendo i libri necessari per la lezione successiva ed infine lo richiuse.
Passò un lungo istante in silenzio, prima di iniziare a dare delle, seppur lievi, testate sul suo armadietto, sotto lo sguardo incredulo di alcuni studenti che, dopo averlo guardato in maniera perplessa, decisero di allontanarsi.
Smise quasi all'istante, mugugnando parole incomprensibili, un unico pensiero ad invadergli la mente: era un'idiota.
Lo pensava già da un po' , ma ora aveva la conferma definitiva.
Era. Un. Totale. Idiota.
Come diavolo gli era saltato in mente di dire cose del genere ad uno che era il doppio di lui? Non gli bastava quello che stava passando con Flash, doveva per forza stuzzicare uno che poteva prenderlo a pugni, senza trovare la benchè minima resistenza?
Ma non era pentito, almeno, non del tutto.
Il modo in cui gli aveva parlato e il modo in cui cercava di invadere i suoi spazi vitali, l'avevano irritato non poco. E ancora non aveva capito che diavolo volesse da lui!
In momenti come questi, avrebbe tanto voluto essere grande e forte, più che essere intelligente e maturo, così da non doversi preoccupare che qualche bulletto da strapazzo potesse picchiarlo violentemente per il semplice gusto di farlo.
Si voltò, poggiando la testa, per poi passare una mano fra i capelli già abbondantemente arruffati, per poi sospirare pesantemente.
Forse, non era poi una cosa così grave.
Nel senso, era una cosa grave ma la scuola era grande, c'erano tante classi, tanti studenti... Quante probabilità c'erano di ribeccarlo nell'immediato?
L'anno era già bello che iniziato e, se era fortunato, quel tipo era un diplomando e le possibilità di rivederlo diminuivano di più.
Bastava non incontrarlo nuovamente fino a fine anno.
Sì, Peter Parker, per una volta nella sua vita, sentì che poteva abbandonare la negatività che lo distingueva ed essere positivo.
Scrollò quindi le spalle, dirigendosi velocemente nella prossima aula per non far tardi.
Il ricordo di quello che era successo in bagno stava diventando lentamente solo un vano ricordo.

****************

Un vano ricordo un cavolo.

"Parker, mi sta ascoltando?"

Sentendosi chiamare, il ragazzo sussultò e sbattè gli occhi ripetutamente, rivolgendo lo sguardo al preside.

"Assolutamente." mormorò con un sorriso nervoso, cercando di controllare i sudori freddi che gli stavano percorrendo lungo la schiena.

L'uomo lo guardò perplesso, come se fosse incerto sulla veridicità delle sue parole, ma dopo qualche istante di silenzio ritornò a parlare, e gli occhi del moro caddero nuovamente sugli occhi azzurri del ragazzo al fianco del preside. Ragazzo appena trasferito dal Canada, il cui padre era grand'amico del preside. Stesso ragazzo, fra parentesi, beccato giusto qualche ora prima nella toilette. Ragazzo che aveva bellamente minacciato e che ora sembrava cercare di trattenersi con tutte le sue forze dal non ridere - anche se non capì bene se lo divertisse di più l'assurda situazione o l'espressione terrorizzata di Peter.

"... Quindi gradirei che lo aiutassi ad ambientarsi a scuola. Potrebbe farlo, signor Parker?"

In tutta risposta, il ragazzo riportò l'attenzione sull'uomo davanti a sè, alzando poi un sopracciglio, perplesso.
Lo stava prendendo in giro? Stava chiedendo a lui, il ragazzo più impopolare della scuola, di aiutare un tizio sconosciuto minacciato giusto qualche ora fa ad ambientarsi?
Tuttavia, osservando lo sguardo severo del preside aveva capito che no, non scherzava per niente.
Se questa non era sfiga, non sapeva davvero cosa pensare. Chi diavolo glielo aveva fatto fare di essere 'positivo'?

"Uh... Credo. Insomma. Immagino che cercherò di fare del mio meglio...?"

Nonostante il tono poco convito, il rettore sembrò rilassarsi visibilmente a quelle parole, e sorrise bonario al giovane.

"Bene, molto bene dire. " bofonchiò in tono soddisfatto "Allora, io torno ai miei doveri da preside. Vi lascio fare conoscenza."

Il moro deglutì rumorosamente come vide il preside allontanarsi sempre di più, lasciandolo in pasto al suo aguzzino. Se Peter aveva iniziato a tremare come una foglia, il ragazzo biondo davanti a sè aveva allargato il sorriso sempre più.
Che stesse già pregustando il pugno in faccia che si era meritato per quello detto poco prima?
Sarebbe stata l'occasione giusta, effettivamente, non c'era nessuno in quel momento nei corridoi e poteva agire indisturbato - non che sarebbe cambiato qualcosa se ci fosse stato qualcuno, effettivamente.

"Quindi, era questo che intendevi con 'ci vediamo'?" esclamò in tono divertito il ragazzo più grande, facendo qualche passo avanti "Se l'avessi saputo prima, mi sarei preparato per l'occasione."

Come avanzò sempre più vicino a lui, il più piccolo iniziò a tremare visibilmente. Quello lì era sempre stato così grande e grosso? O era la prospettiva di un pestaggio imminente a renderlo così minaccioso? In quel momento fatidico, potè quasi vedere la sua vita scorrergli davanti e dovette ammettere a sè stesso che, oltre che breve, era stata anche parecchio miserabile.
Appena l'altro fu abbastanza vicino, strizzò istintivamente gli occhi, preparandosi al pugno che ... Non arrivò.

"Aw, piccoletto, sei così emozionato al pensiero di rivedermi? Così mi fai eccitare, anche di brutto." esclamò invece, dandogli un colpetto sulla fronte con l'indice.

Il più basso mugugnò un 'ow', massaggiandosi la fronte, riaprendo gli occhi per potergli lanciare un'occhiataccia e si ritrovò lo sguardo ancora sorridente dell'altro che ora gli offrì la mano.

"Sono Wade Wilson. Ma puoi chiamarmi come meglio credi. Ma, cosa più importante, puoi chiamarmi in ogni momento. Sì, anche quelli più intimi e bagnati." esclamò, con tanto di occhiolino.

"... Cos-"

"E tu come ti chiami, begli occhioni?" continuò ancora, non dando l'opportunità di parlare all'altro "Qualcosa mi dice che hai un nome carino. Ma ehi, se non me lo vuoi dire, va bene lo stesso. Ho una lista immensa di nomignoli che ti potrei dare. Tesoro, stellina, principess-"

"PETER." gridò il moro disperato, interrompendo quella conversazione imbarazzante e senza senso.

Prese un grosso respiro profondo, per poi continuare in un tono di voce più basso ma esasperato.

"... Parker. Sono Peter Parker. Ora potresti smettila con questi nomignoli idioti?"

Come il ragazzo strinse la mano dell'altro, Wade lo fissò soddisfatto, per poi fare un fischio di approvazione.

"Uh, avevo indovinato. Comunque, non so come dirtelo, Petey, ma i 'nostri' nomignoli idioti sono appena iniziati. E-"

Si bloccò di colpo, per poi schioccare le dita entusiasta, preso da chissà che illuminazione.

"Petey. Petey pie. E' perfetto."

In quel momento il più basso scrollò le spalle, psicologicamente distrutto da quella conversazione. Come faceva una persona ad essere così stancante?
Mentre il più grande continuava senza sosta a parlare di nomignoli e quant'altro, immediatamente Peter si chiese che diavolo avesse fatto di male nella sua già miserabile vita per meritarsi una punizione simile.




~~Note dell'autrice~~

Eccoci qui con la mia prima fanfiction Spideypool! Spero vi piacerà!! ;_;
Essendo un ambiente un po' nuovo sia a livello di personaggi, che di ambientazioni, spero di non aver scriveredi non scrivere in futuro boiate ><  (Ho comunque fatto le mie ricerche, visto che , ad esempio anche il nostro sistema scolastico è diverso da quello americano).
Quindi... Niente, mi farebbe piacere se mi scriveste cosa ne pensiate, se avete qualche consiglio su come migliorarmi, etc. (forse non sembra, ma questo è un progetto davvero super importante e intenso (?) e a cui tengo parecchio e che avevo in mente da parecchio tempo).
Detto ciò... Alla prossima.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2° Capitolo ***


Irresistible02 ● In questa fanfiction, NON si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a quello dei fumetti;
● I personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.


2° Capitolo.




In tutta la sua intera vita, Peter non aveva mai conosciuta una persona logorroica come Wade. Insomma, fra citazioni di telefilm, film e quant’altro, gli stava raccontando la storia della sua intera esistenza e il moro iniziò a domandarsi perché ancora gli stava appresso e perché non se ne andasse, abbandonando l’ingrato compito di mostrare la scuola al nuovo arrivato.
Notò poi, per l’ennesima volta, come quelli che di solito gli facevano lo sgambetto o lo spintonavano o gli davano spallate, – giusto per elencare le cose più 'soft' che solitamente subiva – stavano a debita distanza dal biondo e Peter si ritrovò immediatamente a cambiare idea sul lasciare la sua 'ala protettiva'.
A quanto pare, essere grandi e grossi al liceo, ti aiutava ad avere il rispetto degli altri più facilmente.
E okay, anche il fatto che il primo idiota che aveva osato offendere il più piccolo, era finito con la testa attaccata agli armadietti, forse aveva facilitato il tutto.
Peter non l’aveva fermato dal fare quel gesto – perché era abbastanza palese che quel tipo se lo meritasse – tuttavia lo bloccò dal fare peggio, onde evitare che i professori lo beccassero e lo espellessero. Di nuovo.
Sì, perché fra le varie battutine e gli ammiccamenti, Wade gli aveva raccontato di come nella sua vecchia scuola in Canada era stato più volte ripreso dal preside ,come la volta che era stato beccato nel bagno della scuola in atteggiamenti intimi con una ragazza – e qui il moro dovette stopparlo più volte perché stava dando anche fin troppi particolari, che sinceramente non voleva sentire –  o la volta che aveva rotto un braccio ad un ragazzo che faceva, come l’aveva definito lui, la ‘testa di cazzocon dei ragazzini più piccoli di lui o come— Beh, a dirla tutta, Peter neanche ricordava più tutti gli episodi che gli aveva raccontato, ma non era difficile intuire che ne aveva combinate tante e gravi se era finito a girovagare per tutte le scuole possibili, fino ad arrivare al Queens per poter continuare con la sua istruzione e, da quel che aveva capito, questa era anche la sua ‘ultima chance’.
Non che Peter gliela avrebbe fatta sprecare di certo, visto che il preside sembrava tenerci particolarmente al fatto che aiutasse il canadese ad andare 'sulla retta via' – anche se non sapeva bene come – e fare un favore al preside, stava a significare buone probabilità per una raccomandazione ad un buon college e, sì, era una cosa che il newyorkese teneva particolarmente.

Ad ogni modo, quell'intensa sessione di socializzazione compulsiva gli aveva permesso di conoscere un po' meglio il canadese.
La prima cosa importante che aveva capito, era che non correva pericolo di essere pestato da lui, in quanto sembrava avere un 'target' ben specifico.
Da quello che si evinceva dai suoi discorsi, tutte le persone che pestava malamente era gente che meritavadi venire pestata, in un certo senso, come chi tormentava pesantemente gli altri senza motivo. In poche parole, tutti i bulli erano un probabile target.
Peter in qualche modo identificò immediatamente Wade come un qualche sorta di 'buono' che non si faceva scrupoli a fare del male ai 'cattivi' – e se fosse stato in un fumetto, il moro era sicuro che sarebbe stato di sicuro un antieroe abbastanza popolare fra i lettori – e dovette ammettere a sè stesso che, per quanto non fosse un amante della violenza gratuita, trovò questo suo lato quasi ammirevole.

Un'altra cosa che aveva imparato è che sembrava odiare enormemente suo padre ma non nel classico modo in cui gli adolescenti odiano tutto e tutti ma sembrava più qualcosa di profondo e viscerale.
Infatti, a differenza dall'aura pacifica e scherzosa che emanava solitamente,  e a differenza di quando attacava al muro i cretini della situazione, – e lì sembrava quasi un animale in preda agli istinti  – quando quelle poche volte aveva lo aveva nominato, era diventato improvvisamente freddo e parlava a monosillabi finchè, come accorgendosi della cosa, sorrideva come se nulla fosse, cambiando drasticamente argomento.
Peter si chiese se quell'atteggiamento fosse dovuto al fatto che il genitore fosse un militare.
Insomma, il carattere ribelle di Wade doveva essere parecchio in contrasto con quello rigido di un membro dell'esercito.
... Non che quelli fossero affari suoi, comunque.

"Comunque, c'è stata quella volta, in cui ero con questa tipa un sacco più grande di me e noi-"

Proprio mentre stava per esplodere da tutte quelle inutili e scioccanti informazioni, suonò la campanella, segno che le lezioni erano finite e che potevano andare a casa e per il più basso voleva dire far riposare il cervello, finalmente.
Non potè trattenere un sospiro di sollievo.

"Beh, si è fatto tardi." esclamò con fin troppo entusiasmo, per poi massaggiardi la fronte. Avevano – Wade aveva – parlato tanto, ma non della cosa davvero importante: farlo andare bene a scuola.

"Domani a scuola ci vediamo per metterci d'accordo con lo studio, okay? O se non domani, quando prefer–"

"Wooooh! Piano piano, piccoletto!" esclamò il canadese, un sorriso storto ed uno sguardo palesemente confuso a contornargli il viso "Tu cosa intendi con 'studio'?"

Ecco che immediatamente il newyorkese alzò il sopracciglio.
Che voleva dire con 'che intendeva con lo studio?' Era abbastanza sicuro che in Canada non avesse un significato diverso.

"Uh, voglio dire quello che ho detto." ribattè, senza battere ciglio "Hai detto che hai 17 anni, giusto? Quindi vuol dire che quest'anno ti diplomi. Sarà un anno difficile per te, per questo il prima possibile dobbiamo programmare un piano di stu--"

"Okay fermo, giovane Hobbit." esclamò, mettendogli una mano sulla spalla – che Peter spostò prontamente "Penso che tutto quel discorso sui problemi di Susan ti abbia confuso le idee. E' vero che è in una situazione complicata, ma cerchiamo di non pensarci al momento, okay?"

Il più piccolo annuì con la testa, con fare solenne: ovviamente, non aveva nessuna idea di chi diavolo stesse parlando ma fece finta di niente.

"Innanzitutto," esordì il biondo " sono stato espulso al terzo anno e quindi devo ripeterlo. Dovrai sopportarmi per altri due anni, contento?"

Il moro sospirò pesantemente, incrociando le braccia al petto, sentendo che stava esaurendo quel bricciolo di pazienza che gli era rimasta.
Erano due anni al posto di uno, okay, un anno in più in cui avrebbe dovuto fare degli appunti capibili anche da una scimmia ma quall'era il punto?

"E poi... Beh. Non sono proprio tipo da 'studio', non so se mi spiego."

Lo sguardo eloquente che gli lanciò l'altro, bastò a far capire al canadese che no, non si era spiegato.

"Quello che voglio dire è che, sono bravo in tante, tantissime cose, devi credermi."

Ecco che Wade gli rivolse uno sguardo strano e qualcosa dentro Peter gli suggeriva di non provare a chiedere spiegazioni a quelle parole.

"Ma?" commentò spazientito il moro. Perchè ci doveva essere un 'ma' in quel discorso strampalato, no?

"Ma lo studio non fa parte delle cose in cui sono bravo. E il preside ti ha detto di 'aiutarmi', no? Quindi immagino dovremmo giocare sporco, Petey pie. E parlando di sporco e di giocare, mi chiedevo se io e te--"

"No, aspetta." lo interruppe di colpo, capendo di colpo cosa l'altro volesse dire "Stai dicendo che tu pretendi che io ti faccia i compiti o qualcosa del genere?"

"Beh... Sì?"

Il moro passò dall'essere confuso, dall'essere visibilmente oltraggiato e arrabbiato. Avrebbe tanto voluto dare una testata a quello zuccone ma– Beh sì, era abbastanza sicuro che era così debole che il suo colpo più forte sarebbe stato una semplice carezza per Wade quindi, perchè sforzarsi inutilmente, rischiando di inimicarsi l'altro?
Sospirò pesantemente, posando l'indice e il pollice sulla base del naso, massaggiandolo lievemente: più passava il tempo con il più grande e più si sentiva stupido.

"Allora, mettiamo in chiaro le cose da subito." esclamò, guardandolo dritto negli occhi "Le cose sono due, o ti aiuto a studiare in qualche modo o ti arrangi da solo, molto semplicemente."

Ora fu il turno del canadese di cambiare repentinamente espressione. Dire che sembrava sbalordito era dire poco.

"... Che c'è?" borbottò perplesso il più basso, aprendo in quell'istante l'armadietto per prendere le sue cose "C'è altro? Perchè dovrei andare a casa ora, quindi--"

"Sei stupefacente, Parker." esclamò in tono di pura incredulità "Cioè, mi aspettavo che avresti acconsentito senza fiatare, tremando come un micetto spaurito, terrorizzato dalla vita, ed invece... Sei in piena fase ribelle, figliolo? Ora appiccherai qualche incendio, preso dagli istinti degli ormoni adolescenziali??"

... Micetto spaurito!?

"Avrò sicuramenti tanti difetti." mormorò, cercando di ignorare il commento di poc'anzi "Ma ho i miei principi. Non mi metterò ad imbrogliare per fare un favore a te, al preside o chicchessia, perchè per me è sbagliato."

Peter fece una pausa, aspettandosi da un momento all'altro che il più grande gli facesse qualche commento irriverente ma ciò non accadde e, anzi, Wade si era fatto silenzioso e continuava a guardarlo con uno guardo ricolmo di pura sorpresa.

"E poi non penso di dover aver paura di nessuna ripercussione. So che non sei un cattivo ragazzo." continuò, scrollando le spalle "L'hai detto tu stesso, in quella tua lunga chiacchierata, no? Dai una 'lezione' solo a quelli che 'se lo meritano' e io, beh, sono un bravo ragazzo, non penso quindi avrò problemi con te, no?"

Non sapeva cosa gli facesse dire una cosa del genere, dopotutto conosceva quel ragazzo solo da un paio di ore e si stava fidando solo ed esclusivamente delle sue parole ma qualcosa gli diceva che poteva fidarsi.Non che comunque avesse molta scelta. E non è che l'avrebbe provocato in nessun modo in futuro, ovviamente.
E parlando di provocazioni... Perchè il più grande continuava a non dire niente? La cosa si stava facendo sempre più imbarazzante.

"Uuuuh, beh, mh, fammi sapere poi che vuoi fare per la faccenda studio, mh?" esclamò nervosamente, alzando poi la mano in segno di saluto.

Come se si fosse risvegliato da un lungo sogno, Wade sbattè gli occhi più volte, tornando a focalizzarsi sul più basso.

"Ah, sì, giusto. Uh. Ci vediamo, Peter."

Peter? Wow.
Mentre usciva finalmente dall'edificio scolastico, il ragazzo si chiese cosa avesse mai fatto o detto per zittire in quel modo il canadese. Era riuscito pure a farsi chiamare col suo nome, senza nessun stupido appellativo in mezzo.
Forse, se mai l'altro avesse deciso di prendere sul serio lo studio, Peter avrebbe dovuto analizzare affondo la conversazione appena avuta, per gestire al meglio Wade Wilson.

****************

Nonostante i pessimi soggetti che doveva sopportare, il moro aveva le sue piccole 'oasi' in cui rifugiarsi a scuola.
Il primo fra tutti era l'ora che passava al club di fotografia, dove poteva fare ciò che più gli piaceva, senza doversi preoccupare di essere deriso –  anche se non si fidava ancora di portare la sua macchina fotografica , regalatagli da zio Ben, a scuola.
Il secondo era quel lasso di tempo dovuta alla pausa pranzo. Mentre i ragazzi comuni mangiavano in mensa, il solitario Peter Parker la passava fuori in giardino mentre, in pieno inverno come in quel momento, la passava dentro l'aula di scienze. Soprattutta, quest'ultima era la sua preferita. 
La considerava calma ed accogliente e trovava sempre rilassante quelle piccole cose che riguardavano la scienza: lo faceva sentire a casa, in qualche modo.
Poi, fra un morso al panino – fatto con amore da zia May – e un altro, si poteva portare avanti con gli esperimenti ma il lato migliore era che nessuno, ma proprio nessuno, si avvicinava a quell'aula a quell'ora.
Forse era meglio dire che nessuno immaginava che Peter mangiasse lì.

"Petey, posso disturbarti un attimo?"

O almeno, così credeva.

"Mary J--"

Peter non potè finire di parlare perchè un pezzo di quei meravigliosi panini gli rimase incastrato in gola e si mise a tossire.

"Uh, tutto bene? Vuoi che--?"

Il moro fece di no con la testa, continuando a tossire compulsivamente , con le mani sulla bocca. Ovviamente, se non faceva una figuraccia a giornata non era contento.

"Ti– Ti serve qualcosa?" balbettò in preda al nervosismo, abbassando subito lo sguardo.

Con la coda dell'occhio, intravide la rossa sorridergli e subito sentì le guanche colorarsi orribilmente. La sua cotta per MJ era alquanto imbarazzante.

"Oh Petey, non c'è bisogno di essere così nervosi con me, te l'ho già detto." mormorò la ragazza, ridacchiando appena – e il moro sentì l'urgenza di seppellirsi all'istante "Ti dispiace se parliamo un po'?"

Il ragazzo si ritrovò nel panico per una richiesta così semplice e si ritrovò a pensare quanto imbranato potesse sembrare ai suoi occhi. Di bene in meglio.

"Certo, io- mh, è un paese libero."

...Che diavolo diceva?!

"Giusto." esclamò la rossa con un risolino, sedendosi di fianco a lui e Peter sperò in cuor suo che non dicesse altre fesserie.

"Vorrei chiederti una cosa, se posso."

A quelle parole, il moro alzò lo sguardo, facendole segno che, sì, poteva chiedergli quello che voleva.

"Hai litigato con Harry, per caso?"

Il newyorkese si irrigidì a quella domanda, non sapendo bene che dire, visto che non era così semplice dare una risposta chiara a quella domanda.

"Assolutamente." mormorò, con un sorriso forzato.

"Sì?" esclamò, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio – e l'altro sentì il suo profumo inebriarlo per un istante "Eppure... Eppure Harry non fa che parlare di te, sai? So che siete amici da tanto, però non vi vedo mai parlare. Anzi, sembra quasi che tu lo stia ignorando."

A quelle parole, gli si strinse il cuore preso dai sensi di colpa: era vero.
Per quanto non avessero avuto una vera e propria litigata, Peter aveva iniziato ad allontanarsi, fino ad isolarsi del tutto. Harry era il suo migliore amico sin da quando erano bambini ed era una di quelle persone a cui doveva davvero tanto, per vari motivi, ma... L'aveva ferito.
Era una cosa stupida e di poco conto, ma aveva bisogno di un po' di tempo per accettare quel 'colpo basso'.

"... Penso solo che abbia bisogno di un po' di tempo per se stesso." mormorò, cercando di tranquillizzare la ragazza davanti a sè "Insomma, per voi due. Ora state insieme, no? E' giusto che abbiate un po' di tempo per fare i piccioncini."

Ugh, che dolore.
Era come se si fosse dato un calcio da solo all'altezza dello stomaco.

"Oh, che carino che sei." disse la rossa con un sorriso, non accorgendosi per niente dei veri sentimenti dell'altro "Ma sai, a lui... A noi, farebbe davvero piacere averti intorno come prima. Magari possiamo organizzare un'uscita tutti e tre, come una volta, che dici?"

Il newyorkese si irrigidì nuovamente, non sapendo davvero che scusa inventarsi anche perchè, sinceramente, non si sentiva ancora di parlare con lui ma non voleva rattristare la ragazza.

"Vado a chiamarlo." disse con fare entusiasta, prima che l'altro potesse dire o fare qualcosa "Aspettami qui."

Dopo che vide la ragazza sparire dall'aula, il panico iniziò ad invaderlo, tant'è che prese velocemente le sue cose ed uscì poco dopo dall'aula.
Dove poteva andare? Nei bagni, forse? ... Okay, no, aveva capito che nei bagni attirava gente strana.
Forse in qualche aula vuota? Ma quale? E se l'avessero trovato anche lì?
Ugh, è dire che dopo avevano una lezione assieme, quindi sicuramente Harry gli avrebbe chiesto perchè–

"Ouch!"

Preso com'era da quei pensieri, non si accorse dello studente che aveva appena girato l'angolo e a cui andò addosso.

"Scusami, non ti avevo vist–"

"Oh– Ecco il mio nerd preferito!"

Ed eccolo lì, con un sorriso sornione a contornargli il viso ed un tacos mezzo mangiato in mano, l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento: Wade Wilson.

"Oh, Wade, ciao. " esclamò nervosamente, guardandosi in giro "Ora non ho tempo, possiamo fare un'altra volta, mh?"

Come il moro cercò di sorpassarlo, subito l'altro lo fermò prendendolo dal colletto del maglione.

"Fermo, fermo, fermo" disse il canadese con aria sospettosa "Non me la racconti giusta. Che succede? Non è qualche altra testa di cazzo che ti tormenta, vero?"

"Che?!" esclamò esasperato il newyorkese, non sapendo come toglierselo di dosso "No. Niente di tutto ciò. E' che... Ci sono degli amici che– devo scappare da loro, è complicato."

"Mh." mugugnò il più alto, addentando un pezzo del suo tacos "I tuoi amici sono una rossa da urlo e un tizio super serio?"

"Ehi, non parlarle in questi term– No, aspetta, come lo sai?"

"Sono esattamente dietro di te, amico."

Peter si voltò di scatto e, il tempo di riconoscere i due, che subito girò l'angolo, portando con sè anche il più grande, che non oppose per niente resistenza.

"Wow, quanta audacia." mormorò Wade , dischiudendo le labbra dalla sorpresa "Quindi, dopotutto, non è vero che non sei un cattivo ragazz–"

"Wade, non è il momento." lo interruppe nervosamente Peter, in preda al panico.

"Ehi, rilassati, quei due sono ancora fermi lì, a discutere di... Buh. Non penso ti abbiano visto, ancora." disse l'altro, facendo poi spallucce. Riportò poi l'attenzione sul più piccolo, osservandolo con fare curioso "Fammi indovinare: ci hai provato con lei ed a lui non è piaciuta la cosa?"

"Assolutamente no, ti sembro il tipo?!" ribattè, con fare oltraggiato.

"Okay." Il canadese si prese un attimo di pausa ma riprese poco dopo, con sguardo stranamente serio. "Quindi, ci hai provato con lui e a lei non è piaciuta la cosa?"

"..Che – Cosa? NO."

" Oh beh, in ogni caso." lo interruppe, facendo spallucce "Stanno arrivando, principessa. Che hai intenzione di fare?"

Preso com'era dal panico, Peter manco badò all'ennesimo soprannome discutibile di Wade.
Non sapeva davvero che fare. Era ormai troppo tardi per fuggire da qualche parte e se l'avessero visto correre, si sarebbero insospettiti, ed avrebbe confermato l'ipotesi che ce l'aveva con Harry.
Anche se non ce l'aveva con lui, davvero.
Insomma, un po' sì.
Era complicato.
Era complicato e non voleva affrontare la cosa ora, detto più seriamente.
Ma, a quanto pare, pareva che non avesse altra scelta: era in trappola.

"D'accordo Petey pie. Mi si stringe il cuoricino a vederti in difficoltà quindiii indovina chi ti darà un aiuto non richiesto? Anche se il mio metodo non ti piacerà, credo."

Dette queste parole, Wade mangiò in un sol boccone il suo tacos – e Peter immediatamente si chiese come diavolo aveva fatto metà di quel tacos enorme ad entrare nella sua bocca – e gli si avvicinò velocemente, stringendolo a sè, facendo poggiare la schiena sugli armadietti davanti a loro.

".. Che diavolo–"

"Sssh, se non ti vedono, non succederà nulla, no?" gli sussurrò al suo orecchio, con tono tutt'altro che dispiaciuto.

Il moro si ammuttolì, ritrovandosi immediatamente senza parole.
Si ritrovò in un istante con la testa vuota ed il cuore che gli martellava dolorosamente sul petto.
Non gli piaceva quella vicinanza. Odiava quella vicinanza.
Voleva solo scappare ma i suoi muscoli sembravano non rispondere ai suoi commandi. Neanche la sua voce sembrava voler collaborare.
Non riusciva in nessun modo a dire che 'no', quello non lo voleva per niente e si sentiva terribilmente frustrato perchè quella brutta esperienza non gli aveva insegnato niente.
Era di nuovo lì, indifeso, senza fare nulla.

"Okay, sembra che siano andati. Sei libero!"

Come promesso, il canadese lo lasciò e Peter si ritrovò a trovarsi in seria difficoltà a rimanere in piedi, visto come gli erano diventate molli le gambe.
Le sue condizioni non erano certo delle migliori: era diventato estremamente pallido, aveva iniziato a tremare e sembrò guardare un punto non preciso.

"... Peter? Tutto bene?"

Nonostante il tono preoccupato, appena il moro vide nuovamente la mani dell'altro avvicinarsi a lui, istintivamente le cacciò via, tremando ancora di più.

"Non mi devi toc–"

Al più piccolo uscì la voce incrinata ed ebbe come l'impressione che, se avesse continuato a parlare, avrebbe pianto sul serio. Non poteva di certo permetterlo.
Abbassò lo sguardo e, dopo aver stretto le labbra, si spostò, avviandosi a passo svelto verso la prossima aula.
Ebbe comunque parecchia difficoltà ad ignorare lo sguardo preoccupato e al contempo dubbioso di Wade, che non l'aveva abbandonato nemmeno per un secondo.




~~Note dell'autrice~~

Ehi! Grazie a tutti quelli che hanno letto anche il secondo capitolo e grazie a tutti coloro che stanno seguendo al momento la mia storia.
Eeeee sì, la situazione fra i due pargoli è abbastanza complicata (e il comportamento di Peter è abbastanza strano, vero?) ma vedrete che con calma andrà meglio (sono una persona orribile che si diverte a far stare male i personaggi delle storie, ops).
Okay, piccola precisazione: in America le scuole superiori durano 4 anni (quindi ciò che ho scritto non è sbagliato, giuro!)
Quindi niente, sentitevi liberi di scrivere per qualsiasi cosa e continuate a seguirmi se ne volete sapere di più uvu)/ <3

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3° Capitolo ***


Irresistible02 ● In questa fanfiction, NON si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a quello dei fumetti;
● I personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.


3° Capitolo.





Era da qualche giorno, per non dire settimane, che stava succedendo qualcosa di davvero strano a scuola.
O forse, era solo Peter a notare quanto fosse tutto troppo insolito?
Insomma, lì per lì, quando per giorni non era stato 'tamponato' da nessun ragazzo per avere i soldi del pranzo o per i compiti o per il semplice gusto di sbatterlo al muro, aveva pensato che stesse girando una qualche sorta di influenza - un'influenza che colpiva, per qualche fortuito caso, gli spacconi dell'intera scuola.
Poi erano passate settimane e, nonostante avesse visto gli stessi ragazzi che solitamente lo prendevano di mira, girare per la scuola mentre gli lanciavano occhiate ostili, non aveva ricevuto un singolo colpo. Nessun quaderno era stato trovato orribilmente strappato. Niente di niente.
L'unica cosa che si era beccato, era un borbottio passivo-aggressivo, ogni qualvolta passava per i corridoi, - un borbottio che spesso diventava un 'sfigato' detto in tono sprezzante - ma niente che non potesse gestire.
Non sapeva se fosse qualcosa nell'aria che rendesse tutti più maturi o se gli studenti di quella scuola avessero finalmente raggiunto un'intelligenza paragonabile quanto meno a quella di uno scimpanzè, stava di fatto che era una situazione di cui non si poteva di certo lamentare anche se, in cuor suo, aveva paura che questa fosse la calma prima della tempesta.
Per certi versi, aveva paura a rilassarsi troppo.
Ma non era solo quello a essere strano ultimamente.
Infatti, in quello stesso periodo, aveva iniziato a ricevere dei 'regali'.
Lì per lì, quando per la prima volta aveva trovato un pacco di Skittles con tanto di fiocchetto rosa, sul suo banco nell'aula di letteratura inglese, aveva pensato ad un qualche errore, che magari fosse per qualche ragazza del corso e che avessero sbagliato a posizionare il regalo, così aveva spostato il pacchetto vicino alla finestra, in modo tale che la diretta interessata se lo prendesse, o che colui che aveva avuto questa brillante idea, ritornasse quando non ci fosse stato nessuno e dare il regalo alla destinataria.
Tuttavia, quando il giorno dopo si ritrovò sul suo banco dell'aula di matematica un pacco di Oreo, con l'immancabile fiocco rosa, iniziò a capire che qualcosa non quadrava.
Per un po' cercò di ignorare i pacchettini di dolciumi, ma questi sembravano aumentare sempre di più ed erano sempre di marche diverse. Sembrava quasi che, chiunque fosse, cercasse di capire i gusti del moro.
E quando arrivò a questa riflessione, immediatamente si chiese se fosse collegato allo strano comportamento dei bulletti della scuola e se questa fosse, in qualche modo una loro vendetta -  magari, aprendo uno dei pacchetti, non avrebbe trovato caramelle ma dei bigliettini piena di minacce o qualche dolciume con dentro lassativo - e, quasi a dimostrazione della sua tesi, arrivò un pacco di caramelle chiamate Nerds che, dopo averlo fatto diventare rosso dalla rabbia e dalla vergogna alla sola vista, li buttò senza pietà.
Quando però l'indomani, oltre ad un pacco diverso di dolci, si trovò un bigliettino con su scritto 'Scusa, errore mio' con tanto di faccine tristi , Peter non sapeva davvero che pesci pigliare.
Stava diventando paranoico per un po' di zucchero e iniziò a dubitare che quei cretini, che solitamente lo tormentavano, avessero ideato un piano così subdolo e diabolico. Non erano così scaltri, nè tanto meno così intelligenti.
Ma soprattutto, chi buttava così tanti soldi per uno scherzo?
No, la vera domanda era chi buttava così tanti soldi in caramelle e merendine per Peter, senza un valido motivo!
Così , dopo che si ritrovò nuovamente dolciumi non richiesti -  un pacco di Twinkie e Sno Ball, per la precisione - cedette e ne aprì un pacco e, dopo aver guardato per dei lunghi istanti con fare titubante la prima merendina che gli capitò a tiro, si decise ad addentarla.
Il primo morso fu lento e ricolmo di paura e si ritrovò ad attendere un lungo istante prima di prendere un altro morso. Non sentiva nessuna fitta alla pancia, quindi immaginava che fosse okay, giusto?
... Oh beh, in ogni caso, sarebbe stato comunque troppo tardi.

"Qualcuno sembra avere un ammiratore."

Stava giusto dischiudendo le labbra per dargli un ultimo morso quando sentì quella voce familiare e si ritrovò a voltarsi.

"Ah, ciao Harry." mugugnò l'occhialuto con un sorriso ricolmo di disagio, ringraziando mentalmente il fatto di non essere riuscito a mangiare in tempo l'ultimo boccone - onde evitare un'altra figuraccia come quella con Mary Jane "Emh, ne sai qualcosa di questi...?"

"I 'regali' dici?" disse Harry, per poi ridacchiare sotto i baffi "Sinceramente no. Ma non ho fatto a meno di notare che è da un po' che li ricevi. Mh, qualche idea di chi sia?"

Peter fece segno di no con la testa, per poi addentare l'ultimo morso della merendina.
Faceva strano parlare al suo amico, dopo tutto questo tempo - non che fossero passati anni, ma era comunque strano.
Era strano ma al contempo nostalgico.
Gli mancava avere queste interazioni con lui.

"Vuoi una?" mormorò titubante, offrendogli la scatola aperta.

"Sicuro che, chiunque sia, sarebbe felice di sapere che condividi il tuo regalo con altri?" esclamò ancora l'amico, per poi prendere comunque un dolcetto "Oh beh, poco male. Al massimo, finirò all'inferno. Grazie di avermi condannato alla dannazione eterna, Peter Parker."

A quella frase, immediatamente a Peter scappò una lieve risata, e l'amico sembrò sorridere a quella reazione.

"Wow, proprio macabro da parte tua ridere per le disgrazie altrui." disse Harry, con fare fintamente offeso, per poi scompigliargli i capelli, prendendo alla sprovvista il ragazzo con gli occhiali.

"E questa sarebbe una qualche sorta di vendetta o...?" disse, alzando un sopracciglio, per poi sistemarsi come meglio poteva i capelli.

"Nah, è solo che mi mancava."

Dopo quella frase, notò come Harry gli rivolse un sorriso un po' triste e si sentì immediatamente in colpa.
Dopotutto, era solo per colpa sua se erano in quella situazione.
Fece per replicare, quando l'arrivo del professore riportò tutti al proprio posto.

"... Ne parliamo un'altra volta." gli sussurrò, toccandogli una spalla e, prima che tornasse al suo posto, continuò con un "Se hai bisogno-- beh, sai dove trovarmi."

Peter si ritrovò a deglutire, dando un ultimo sguardo a quello che dovrebbe essere il suo migliore amico mentre si stava allontanando con fare malinconico.
Mentre metteva le varie merendine in borsa e prendeva il necessario per la lezione, sentì immediatamente una morsa all'altezza dello stomaco, ma qualcosa gli diceva che non erano le merendine ad averglielo provocato.

****************

"Parker, devi fare ancora due giri di campo. MUOVITI!"

Il giovane studente si ritrovò a sospirare stancamente mentre, nel limite del possibile, cercò di completare il compito che l'insegnante gli aveva richiesto.
Aveva la fortuna di piacere spesso e volentieri agli insegnanti, perchè era maturo, tranquillo e molto intelligente. E non aveva abbastanza vita sociale per trascurare lo studio.
Tuttavia, uno dei pochi insegnanti che proprio non lo tollerava era quello di educazione fisica, che era anche la materia in cui riusciva peggio - giusto per rispettare il pregiudizio dei nerd che allenavano la mente e non il corpo.
Quindi eccolo lì, a correre come un pazzo, facendo il doppio degli esercizi degli altri, senza lamentarsi minimamente, pur di avere in qualche modo una A nella sua materia.
... Ah, cavolo, gli stava venendo un crampo.
Voleva proprio sapere chi avesse inventato una materia così stupida ed inutile.

"Beh, che dire Parker." borbottò l'insegnante, guardando il cronometro, per poi spostare l'attenzione sullo studente che cercava prepotentemente di riprendere aria - e magari di non svenire lì sul momento "Decisamente non è il tuo forte lo sport, eh? Dannati cervelloni..."

Il moro strinse i pugni, continuando a fare enormi respiri profondi per cercare di riprendere fiato come meglio poteva. Posò le mani sulle ginocchia, sentendo le gambe tremargli incredibilmente e, appena riuscì a stare dritto, ne approfittò per pulirsi gli occhiali ormai terribilmente appannati e... Wow.
Non una singola persona che prendesse le sue difese, nè che prestasse attenzione alla scena in generale. Erano tutti lì negli scalini, a ridere fra loro e a farsi gli affari loro.

".. Grazie ragazzi come sempre, il vostro calore è davvero disarmante." borbottò sarcasticamente fra sè e sè, appena l'allenatore si fu allontanato.

Non che si aspettasse che qualcuno sarebbe intervenuto, ovviamente, ma erano sempre desolanti situazioni del genere.
Lo facevano sentire terribilmente solo e, sì, anche arrabbiato.

"Bene ragazzi." proclamò a gran voce il professore, rimettendo tutti gli alunni in riga "Oggi ci alleneremo con un'altra classe a dodgeball. Mi raccomando, concentrazione."

Oh, fantastico, lo sport preferito di tutti.
A chi non piacerebbe ricevere una pallonata in faccia?
Mentre si massaggiava la parte superiore dell'addome, chiedendosi se qualche organo stesse collassando, riflettè sul fatto che, quanto meno, con il fatto che aveva fatto il doppio della corsa rispetto agli altri, come minimo non gli avrebbe fatto fare subito un altr--

"Parker, tocca a te, vai in campo."

Non era possibile. Era qualche sorta di sadico o cosa?!

"... Ma signore--"

A quella lieve protesta, l'insegnante si voltò verso di lui, rivolgendogli un'occhiata ricolmo di astio e sufficienza. Uno sguardo che sicuramente, non voleva dire una A.

"... Vado subito in campo." mormorò a voce bassa, stringendo nuovamente i pugni.

Quanto era umiliante, tutto ciò?
Si morse il labbro inferiore, cercando di contenere il nervoso che stava provando per poi passarsi il braccio sulla fronte sudata, andando in campo con lo stesso entusiasmo di un uomo al patibolo.
Era davvero stremato e già si vedeva correre all'infermeria con un naso rotto e gli occhiali sfondati, visto che non credeva di avere le forze essenziali per correre via per sfuggire ad eventuali pallonate. Non che, in situazioni normali, sarebbe riuscito a fare di meglio.
Poteva solo sperare che, i ragazzi dell'altra squadra, avessero pietà di lui e ci andassero piano.

"Sei morto, Parker."

Ovviamente, tutte le sue speranze erano andate in frantumi appena si accorse che Flash e alcuni suoi compagni di classe, erano i loro 'avversari'. Ed inutile dire che, dopo che Flash disse quella frase così 'amichevole', i compagni di squadra di Peter abbassarono lo sguardo e cercarono di tenersi più distanti possibile.
Ah, e in tutto ciò, il professore non aveva sentito niente o aveva finto di non sentire, chissà.
Brr, il vento gelido della solitudine.
Oh beh, quanto meno, un colpo e sarebbe tutto finito. Non sapeva neanche se sperare o meno che gli risparmiasse quanto meno gli occhiali, per non far spendere soldi inutili agli zii, visto che ogni cosa in cui sperava veniva brutalmente rovinata.
Così, appena l'allenatore fischiò l'inizio della partita, il moro diede un'ultima occhiata a Flash, per poi strizzare gli occhi, in attesa che una pallonata lo colpisse in piena faccia.
... Ma non avvenne niente.
Sentì solo un tonfo ma nessun tipo di dolore.
Solo quando sentì anche dei gridolini di sorpresa, si decise a riaprire lentamente gli occhi.
Notando lo sguardo allibito e confuso di tutti, si guardò in giro cercando di capire che fosse successo - perchè, insomma, dubitava che fosse stato lui che, scoprendo di aver ereditato chissà che potere, aveva schivato magistralmente il colpo - finchè notò qualcuno a terra, a pochi passi da lui.
Qualcuno che stava mugugnando dal dolore perchè, a quanto pare, aveva preso la pallonata al posto suo, per qualche oscura ragione.
Qualcuno che, appena si voltò, nonostante il sangue che ora gli fuoriusciva dal naso, non era difficile da riconoscere.

"Ehi~ baby boy~ "

Wade.

****************

"Certo che, ogni volta che penso di capire come ragioni, mi stupisci ogni volta." mormorò Peter , con fatica, mentre reggeva il fianco del biondo abbastanza malconcio.

Dopo che il più grande si era letteralmente 'tuffato' per prendere di faccia la palla destinata al moro, l'insegnante aveva ordinato immediatamente a Peter di accompagnare Wade in infermeria. E mentre il professore continuava a sbraitare su come il canadese avesse fatto qualcosa di davvero stupido e sconsiderato, lo studente non aveva potuto fare altro che obbedire.

"Devo prenderlo come un complimento o--Ouch!" mugugnò dolorante Wade, dopo che il più piccolo lo poggiò sul lettino più vicino, con meno grazia di quanto immaginasse.

"Uh, scusami." disse, facendogli segno di stare seduto lì, per poi guardarsi in giro, massaggiandosi la fronte.

Perchè, ovviamente, nonostante l'altro fosse infortunato, non aveva smesso un attimo di parlare lungo il tragitto e, anzi, i suoi discorsi si erano fatti sempre più casuali e veloci - era passato a parlare di quanto zucchero avesse messo nei suoi cereali quella mattina, a come Nicolas Cage fosse un attore sottovalutato dalle masse e di come Peter fosse incredibilmente carino quel giorno, tutto nel giro di cinque minuti.
E, ovviamente, quando aveva più bisogno di un adulto responsabile, non c'era nessuno a cui potesse rivolgersi.
Tipico.

"... Okay campione, siamo solo noi due. Non sono un vero infermiere, ma cercherò di fare del mio meglio, okay?" esclamò con un sospiro, cercando di prendere il necessario per dare un primo soccorso a Wade.

Borsa del ghiaccio, cottone, disinfettante, antidolorifici, cerotti... Ecco, doveva aver preso tutto.
Era diventato una farmacia ambulante.
Oh, giusto, anche un panno bagnato.

"Un infermiere? E io sarò il tuo paziente?? Beh, Petey pie, dimmi se questo non è l'inizio di un p--"

Ed ecco che di colpo, il biondo smise immediatamente di parlare nel momento esatto in cui Peter gli sfiorò il viso con le dita, come se quest'ultimo avesse toccato un qualche interruttore per spegnerlo.
Forse forse, era il suo giorno fortunato.

"Wow, certo che hai preso una bella botta, mh?" commentò il più piccolo, spostandogli il viso per osservarlo meglio e notò quanto fosse malridotto.

Aveva un bernoccolo sulla fronte, alcuni piccoli tagli, un livido all'altezza del collo e la faccia completamente intrisa di sangue.

"Almeno non ti esce più sangue dal naso." continuò, spostando le mano e posando invece il panno bagnato sotto il naso - cosa che notò fece irrigidire l'altro - "Ti conviene lavarti la faccia dopo. Hai mal di testa? Nausea?"

L'altro gli rispose con un cenno del capo, per fargli intendere che no, non aveva niente di tutto ciò e il moro iniziò a sentirsi un po' stranito da quello strano silenzio.
Silenzio, unito ai suoi occhi puntati su di lui, come se stesse studiando ogni suo più piccolo movimento.
Per qualche oscura ragione, Peter era davvero imbarazzato da quello sguardo.
Quasi gli mancava il Wade tutto chiacchierone e poco silenzio.
Ma, soprattutto, pochi sguardi.

"Dunque." esordì, sperando di farlo rinsavire "Sei in classe con Flash, mh? Non ti invidio, immagino che spasso averlo in giro per così tante ore di scuola."

Fece una pausa, sperando di scrutare un minimo di reazione da parte dell'altro ma il canadese sembrò più intento a prestare attenzione al panno bagnato che il moro gli stava passando in viso, piuttosto che alla conversazione in sè.

"Quindi, è per questo che ti sei lanciato a prendere la palla? Era un modo bizzarro e suicida per avere la sua attenzione o...?"

Nuovamente, Wade non rispose ma stavolta abbassò lo sguardo, come se rimuginasse su qualcosa a Peter sconosciuta.

"Okay, mmh. Mi puoi almeno dire perchè continui a lasciarmi regali sui banchi?"

"Cos--" Il ragazzo sussultò di colpo, alzando immediatamente lo sguardo "Come fai a sapere che sono stato io!?"

Oh, finalmente una reazione.
Era ora.

"Come, non te lo ricordi?" esclamò Peter con un sospiro, togliendo il panno dalla sua faccia e prendendo un pezzo di cotone "E' una delle tante cose che mi hai farfugliato mentre venivamo qui. Hai detto qualcosa alla 'perchè hai rifiutato i miei regali fatti con tanto amore?' e poi una manciata di lamentele a riguardo a cui non ho prestato tanta attenzione."

"Uh..."

In quel momento, il più grande iniziò a farfugliare qualcosa fra sè e sè e il più piccolo fece finta di niente, versando il disinfettante sul cotone. Immaginava che questo fosse un suo modo per riordinare le idee o qualcosa del genere.
Una delle tante stranezze di Wade Wilson.

"Beh, che dire. Non sono bravo a tenere i segreti, immagino? Forse dovrei mettere un lucchetto nella bocca, così, per evitare problemi del genere. Dici che esistono piercing del genere? Parlando di piercing, io-"

"Wade." lo ammonì Peter, mettendogli il cotone imbevuto di disinfettante su uno dei tagli senza avvertirlo volutamente.

"OUCH, okay okay! Parlerò." esclamò il biondo, sussultando a quel tocco.

Nonostante le sue parole, il canadese tacque per un lungo istante e il newyorkese si ritrovò a sospirare.

"Wade, non ho tutta la gior-"

"E' ... E' solo che--" lo bloccò l'altro, iniziando finalmente a parlare "Insomma, l'altra volta non abbiamo avuto una conversazione così piacevole. Tu... Tu... Beh, lo sai. Non è stato carino, cioè, non so bene in cosa, insomma, non volevo fare nulla di male ma, sì, l'ho capito che ho sbagliato. E ho pensato 'cosa potrebbe far star meglio Peter Parker?' e mi è venuto in mente che- che, beh, tu mangi, no? E a chi non piace un po' di zucchero nel sangue? Insomma, io se potessi me lo inietterei direttamente nelle vene e-- No, sto divagando. Però non sapevo bene i tuoi gusti e sono andato a caso?? Poi ho visto che con quel tipo mangiucchiavi il mio regalo che, non vorrei allarmarti ma, era qualcosa di esclusivo per te, ma non fa nulla, davvero, eh, però insomma è qualcosa di serio? Cioè, è un qualche sorta di amico del cuore o--"

"Okay, okay, fermo un attimo."

Peter spostò la mano, buttando poi il cottone nel cestino, scrollando le spalle.
Perchè aveva avuto l'idea malsana di farlo parlare nuovamente?
Nel mentre, Wade prese quell'attimo di pausa per scegliere con cura i cerotti da mettere - cosa con molto poco senso, visto che i tagli erano davvero minuscoli.
Ovviamente, fra i migliaia di cerotti classici, scelse gli unici con gli unicorni sopra e il moro non si sarebbe aspettato niente di meno da lui.

".. Okay, sintetizzando." mormorò Peter, prendendogli dalle mani i cerotti, applicandoglieli sui graffi "Hai capito di non esserti comportato correttamente con me e volevi farti perdonare ma, non conoscendomi abbastanza, hai optato per qualcosa di un po' basilare, offrendomi delle caramelle. Corretto?"

Il canadese annuì velocemente a quelle parole, iniziando a battere le mani un paio di volte.

"Wow, hai reso quello che ho detto meno stupido e più semplice da spiegare." mormorò, sinceramente ammirato "Comunque, sì, esatto. Quello, in più ho fatto in modo che nessuno ti tormentasse in alcun modo."

Ecco che il newyorkese si ritrovò ad allargare gli occhi dalla sorpresa e le sue labbra si dischiusero, iniziando poi a balbettare.

"No-- Tu-- Cosa? Perchè hai-- No, okay, ora devi rispondere ad alcune domande."

"Oh certo. Come vuoi, Petey pie."

Peter notò, con suo enorme disappunto, come l'altro ora sembrasse tranquillo e, anzi, era tornato a sorridere come se nulla fosse successo.
Che si divertisse del percettibile shock dell'altro?

"Non chiamarmi- vabbè, lasciamo stare. Intanto, metti la borsa del ghiaccio sulla fronte." mormorò, incrociando le braccia al petto "Ad ogni modo, che vuoi dire che hai fatto in modo che nessuno mi tormentasse? E come facevi a sapere ogni volta dove mi sedevo? E perchè hai buttato così tanto soldi per una cosa del genere? Ma, soprattutto, visto che volevi solo scusarti, perchè non mi hai scritto direttamente un bigliettino dove ti scusavi?"

"Okay, dunque." mormorò, mugugnando dal dolore per il ghiaccio sulla fronte "Punto prima, non ho fatto niente di che. Parlato con qualche tipo. Minacciato qualche tipo. Niente di più."

Fece una pausa, per poi notare lo sguardo scettico dell'altro.

"Oh, andiamo, non fare quella faccia! Sì, okay, va bene, ho anche pestato qualche tipo, ma se lo meritavano! E poi mi sono divertito, è da un po' che non pestavo così tanta gente e-- Uh, sì, non ne ho beccato uno. Cioè. Flash. Non l'ho mai beccato nel momento giusto. E poi è stato a casa per un po', credo influenza? Penso ne abbiano anche parlato, ma, ahimè, non presto spesso attenzione a quello che dicono gli altri."

Perchè Peter non ne era assolutamente sorpreso?

"Bene, prossima domanda! E' stato facile sapere dove ti sedevi, insomma, sei un tipo abbastanza abituale. E' bastato osservarti un po', fare qualche domanda in giro e il gioco era fatto."

Okay, ora era seriamente inquietato da Wade.

"E per rispondere alle ultime domande. L'ho fatto perchè volevo farlo e poi eravamo in periodo di San Valentino, quindi, perchè no? Tutti hanno bisogno di zucchero a San Valentino. E il tutto è venuto a costare qualche spiccio. E sul perchè non ho scritto un bigliettino... Uh...."

Il canadese si stoppò e il newyorkese gli rivolse uno sguardo interrogativo.

"... Ermh, non ho una risposta. Non ci ho proprio pensato." esclamò, facendo spallucce per poi assumere uno sguardo sbalordito "Wah, effettivamente, facendo così avrebbe avuto tutto più senso e sarebbe stato più facile. Cavolo, sei proprio un genio!"

"Gggià." confermò il moro, roteando gli occhi esasperato "Comunque. Quindi mi hai comprato una marea di merendina. Mi hai, emh, sei diventato il mio..."

"... 'Serial killer personale'?"

"... Stavo per dire 'angelo custode' ma, sì, immagino vada bene anche quel termine." mormorò, facendo spallucce "Insomma. Hai fatto tutto questo... Perchè?"

Wade rimase per un lungo istante in silenzio, per poi poggiare la borsa del ghiaccio di fianco a sè, iniziando a giocherellare con le dita.

"... Eeee che..." esordì, con un leggero sorrisetto "Potrai non credermi, ed insomma, non ti biasimo, chi lo farebbe mai? Maaaa, non so, ti trovo interessante? Sei particolare, mi piacciono le cose particolari! Non che tu sia una cosa, sia chiaro, le persone non sono cose, le cose non sono persone. Uh. Dicevo? Ah sì, io volevo davvero davvero davvero aiutarti quella volta! Con quel tipo. Che non so chi sia. ... E' il tuo amico dell'altra volta? Il tuo forse amico del cuore? Ma stavi scappando l'altra volta, quindi magari io potrei-- No no no no no , Wade, basta cambiare discorso!"

Era una sua impressione o si era appena parlato in terza persona?

"Ti ho osservato in tutto questo tempo e-- cioè, non osservato nella maniera creepy degli stalker ma tipo, a volte controllavo che stessi bene ed effettivamente sembravi stare meglio? Più tranquillo?? Credo. E.. E oggi, oggi non mi aspettavo che le nostre due classi avrebbero lavorato assieme e- ho cercato di non farmi notare troppo, ho pensato, 'se magari lo innervosisco e non mi vuole vedere?' e- è andata. Ma- Non so, ho visto come ti trattava l'insegnate, come gli altri facessero finta di nulla e- non so, dovevo fare qualcosa. Quindi, mi sono lanciato e-- e---"

" ... Hai provato a proteggermi?" sussurrò con sorpresa, non aspettandosi per nulla un discorso del genere.

"SI'. Sì, è quello ciò che volevo dire, bene, suona molto meno imbarazzante detta da te." esclamò il biondo, guardandosi intorno - e il moro avrebbe quasi giurato che le sue guance si fossero colorate un po' "Quindi... Non ti volevo spaventare, quella volta. E non volevo creare, altri problemi ora. Non sono bravo a scusarmi, quindi non credo che riuscirò a dire qualcosa meglio di questo discorso senza senso."

Peter non sapeva davvero che pensare di questo discorso.
Insomma, era confuso dal perchè avesse attirato così tanto l'attenzione dell'altro e del perchè avesse così tanto al cuore il moro.
Decisamente, il modo che aveva di pensare era insolito e, in qualche modo, per quanto il discorso forse strano e confuso, era riuscito a riscaldargli il cuore in qualche modo.

"...Non - Non mi ero spaventato quella volta." commentò quasi senza voce, passandosi una mano fra i capelli.

Dopo tutto quello che gli aveva confessato, il newyorkese quasi sentiva che dovesse dargli una spiegazione, come minimo, ma non ci riusciva. Era una cosa troppo difficile di cui parlare con chiunque, figurarsi con una persona che conosceva appena.

"... D'accordo." esordì nuovamente il canadese, inclinando il capo "Quindi. Siamo apposto, io e te?"

"... Sì, va bene." esclamò il newyorkese, lasciandosi scappare un sospiro di sollievo.

Era davvero grato che l'altro non avesse insistito oltre.
Dopotutto, per quanto avesse dei modi discutibili e, per molte cose, non sembravano compatibili,  non lo odiava.
E poi, quelle merendine e quelle caramelle che gli aveva regalato erano davvero buone.
E--- Oddio, stava ammettendo a se stesso che Wade Wilson gli stava quasi simpatico.

"Uh, ancora non arriva nessuno." esordì Peter, cercando di cacciare l'imbarazzo che provava in quel momento "Vuoi, mh, qualcosa per quel livido?"

"Livido?" chiese sorpreso il canadese "Che livido?"

Il più piccolo si guardò in giro, per poi trovare su uno dei tavolini uno specchietto, che portò poi all'altro, in modo che potesse vedersi.

"Vedi?" insistette, facendogli ancora segno "Vuoi che ti cerchi una pomata Wade, o-?"

Dopo che l'altro individuò il livido, alzò lo sguardo visibilmente perplesso, per poi scrutare il viso di Peter, come se volesse cogliere qualcosa.
Ma, notando l'espressione confusa dell'altro, Wade gli rivolse un sorriso strano.

"Oh tesoro, non so come dirtelo." mormorò con tono fintamente intenerito, cosa che infastidì il più piccolo "Ma questo non è un livido."

"Come non è un livido?" esclamò l'altro sorpreso, sbattendo ripetutamente gli occhi "Allora cos'è?"

Calò nuovamente il silenzio fra loro.
Peter guardava Wade.
Wade guardava Peter.
Peter guardava in maniera sempre più confusa Wade.
Wade iniziò a mordersi il labbro inferiore, tremando, distogliendo lo sguardo.
A quel punto, finalmente Peter capì che quello era un succhiotto e arrossì terribilmente mentre Wade cercava malamente di trattenere le risate.
Fortunatamente in soccorso del newyorkese - o forse, meglio dire in soccorso del canadese, visto che Peter era lì lì per strozzarlo - ecco che arrivò finalmente la responsabile dell'infermeria, segno che finalmente potesse lasciare il più grande in buone mani.

"Oh, uh." borbottò, distogliendo lo sguardo, cercando di calmarsi "Ora meglio che vada."

Davvero, per un istante, si era intenerito per uno come lui? Decisamente, aveva preso un abbaglio.
Non che comunque, ora avrebbero dovuto frequentarsi o qualcosa del genere. Quindi-

"No, aspetta!"

Il biondo si alzò di scatto e sembrò avere un giramento di testa così Peter e l'infermiera dovettero soccorrerlo all'istante per sorreggerlo e farlo sedere nuovamente.

"Penso tu abbia preso una brutta botta" ipotizzò l'infermiera "Forse dovresti--"

"Sìsì, un attimo." la bloccò subito Wade, -ricevendo in cambio un'occhiataccia dalla donna - per poi rivolgere l'attenzione nuovamente al più basso "Quindi. Uh. Possiamo. Sai. Fare quella cosa dello studiare?"

A quelle parole, il ragazzo lo guardò stranito, come se si fosse messo a parlare una strana lingua di punto in bianco.
Wade stava completamente impazzendo?

"... Anche se non ti farò i compiti?"

"Sì!"

"Anche se ti farò studiare sodo?"

"Sì."

"Anche se dovrai lavorare duramente?"

"Uh-uh, mi piace come suona..." mormorò il canadese con tono flirtante, per poi osservare lo sguardo serio di Peter che, no, non stava scherzando "... Cioè, sì."

Peter era davvero deciso se accettare perchè, insomma, aveva dei veri e propri alti e bassi con Wade.
A volte lo inteneriva, alcune volte l'avrebbe lanciato volentieri da una scogliera: era una relazione strana.
Tuttavia, pensò a tutto quello che il più grande avesse fatto per lui e di come si fosse ridotto per una pallonata destinata a lui. Effettivamente, se non fosse stato per l'altro, ora ci sarebbe il newyorkese sul lettino dell'infermeria.
Eh poi sì, al ragazzo faceva ancora gola quella probabile raccomandazione all'università.

".. Va bene."

"Va bene? Davvero?" esclamò il biondo, in tono sbalordito.

"Sì." borbottò Peter , sorpreso dalle sue stesse parole "Va bene. Ci... Vediamo venerdì in biblioteca?"

"Sì! Assolutamente. Quando vuoi. 24 su 24. Anche se vuoi fare al--"

"Ragazzo, adesso basta." commentò spazientita la responsabile "Vedo che ti hanno prestato delle prime cure, ma ora è il caso che ti visiti io. E cambiati quella maglietta, è orribile."

"Dottoressa, è un suo modo per flirtare con me o-"

"E' un modo per dirti che quella maglietta è così intrisa di sangue che sembra che tu abbia sgozzato un animale perciò muoviti. " esclamò stizzita, per poi far segno a Peter di allontanarsi con la mano "Tu torna a lezione, al tuo amico di penso io."

Il newyorkese annuì con la testa e dischiuse le labbra per salutare quando il biondo, senza vergogna alcuna, si tolse la maglia e la lanciò da un lato.
Peter non ebbe neanche il tempo di imbarazzarsi di nuovo, che vide qualcosa che lo sconvolse ancora di più: quelli che vedeva su tutto il corpo di Wade, questa volta, era assai sicuro che non fossero succhiotti.

//Salve ragazzi <3 
Intanto alcune precisazioni.
Sì, mi sono dimenticato di dirlo, la storia è ambientata verso metà gennaio (in questo capitolo dovrebbe essere metà Febbraio, more or less) quindi tranquilli, non ho sbagliato a scrivere. uvu
E sì, quelle che ho elencato sono tutti dolcicaramelle americane (alcuni li ho anche assaggiati, tipo gli Sno Ball, sono buonissimi, consigliatissimi per chi ama il cocco **)
E niente, dopo questa pubblicità occulta (?) spero il capitolo vi sia piaciuto! Grazie ancora a tutti che continuano a sostenermi e che leggono la storia! 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4° Capitolo ***


Irresistible04 ● In questa fanfiction, NON si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a quello dei fumetti;
● I personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.


4° Capitolo.





"Bene Wade, stavolta hai capito qualcosa di quello che ho detto?"

Peter alzò lo sguardo dai suoi appunti e, con suo enorme disappunto, si accorse nuovamente che il diretto interessato sembrasse più preso a fare navi di carta piuttosto che capire qualcosa della matematica.
Si ritrovò a sbuffare infastidito, incrocciando le braccia al petto, aspettando che l'altro gli prestasse nuovamente attenzione - gli avrebbe volentieri urlato contro ma era abbastanza sicuro che, a quel punto, la bibliotecaria della scuola li avrebbe cacciati fuori a pedate.
Ed ecco che, finalmente, forse avvertendo il troppo silenzio calato fra loro, il canadese alzò lo sguardo e gli sorrise come se nulla fosse.

"Ti stai divertendo Wade?" borbottò, assottigliando gli occhi.

"A dirla tutta, sì." esclamò l'altro, mostrandogli con orgoglio la nave appena creata "Guarda, questo è il nuovo prototipo della RCN*. Non è meravigli--?"

Senza dargli il tempo di completare la frase, il newyorkese arrottolò il suo quaderno e lo diede in testa al canadese, facendo un sonoro tonfo.
La responsabile della biblioteca gli lanciò un'occhiataccia.

"Ouch, sei crudele Parker." esclamò in tono teatrale, assumendo un'espressione fintamente dolorante "Pensi davvero che, in questo modo, le informazioni mi trapasseranno il cervello tramite ostosi?"

Il più piccolo sospirò afflitto, passandosi una mano fra i capelli.

"Osmosi. Si chiama osmosi, Wade."

"E io che ho detto?"

Dette queste parole, il più grande sistemò al meglio il quaderno di Peter e, dopo aver ripreso in mano il proprio quaderno degli appunti, tornò nuovamente a studiare, con la stessa espressione di un povero malcapitato che provava a tradurre l'aramaico senza successo.
Tuttavia, dopo appena qualche minuto che prendeva appunti, il moro notò l'altro iniziare di punto in bianco a fare disegnini sul proprio quaderno, così arrivò alla conclusione che Wade avesse la stessa attenzione di un pesce rosso.
Peter sospirò nuovamente, allungandosi sulla sedia e facendo scricchiolare la schiena, per poi dare un'occhiata sconfortata all'altro.
Non importava quanta cura e attenzione nei dettagli mettesse negli appunti, o quanto cercasse di renderli leggibili e chiari o quanto cercasse di sembrare calmo e chiaro mentre cercava di spiegare ogni punto a voce, sembrava proprio che non ci fosse verso per il canadese di imparare qualcosa e i suoi voti sembravano confermarlo.
Il newyorkese non sapeva davvero che pesci pigliare e stava iniziando davvero a preoccuparsi.
Non tanto per la paura di perdere la futura raccomandazione del preside, - anche se era comunque qualcosa che gli faceva ancora gola - ma perchè era genuinamente preoccupato per il futuro dell'altro.
Per quanto in momenti del genere avrebbe voluto solamente prenderlo a calci, dovette ammettere a se stesso che non gli dispiaceva la sua compagnia.
Il più grande sapeva essere davvero piacevole quando voleva e sembrava provarci davvero tanto nell'andare d'accordo con lui - faceva attenzione a cosa gli desse o non gli desse fastidio, evitava il contatto fisico non richiesto - e, assurdo ma vero, Peter lo considerava quasi un amico ormai. Quasi.
Ma era vero che Wade sembrava essere una brava persona, quando si impegnava, ma anche se non fosse, aveva comunque un debito nei suoi confronti.
Dopotutto, non si era fatto scrupoli a dare una lezione ai bulli della scuola per fare in modo che il newyorkese avesse una normale e tranquilla vita scolastica.
Gli tornarono alla mente i lividi che gli aveva visto in infermeria e gli si strinse lo stomaco al solo ricordo.
Si chiese se fosse per colpa sua o se ci fosse dell'altro ma il canadese non sembrava volesse dirgli qualcosa a riguardo.
Avrebbe dovuto chiedere ed insistere per farsi dire la verità? E, nel caso, ne avrebbe qualche diritto? E, anche se gli avesse detto la verità, avrebbe potuto fare qualcosa a riguardo? Dopotutto, era solo un ragazzino gracilino, che non valeva questo granchè.
Poteva davvero fare qualcosa di concreto per aiutarlo?
Incurvò la schiena, abbassando lo sguardo sconsolato dai suoi stessi pensieri, posando successivamente il gomito sul tavolo e poi la guancia sulla mano, guardando poi il biondo di sottecchi.
Perlomeno, poteva impegnarsi ad aiutarlo con lo studio, in qualche modo, visto che in teoria era il suo campo forte.
In teoria.
Che stesse sbagliando metodo di approccio? Magari Wade non era abbastanza spronato?
Si bloccò a quei pensieri, mordendosi l'interno guancia : Wade aveva un'idea di cosa fare del suo futuro?

"Wade?" mormorò il moro, cercando di attirare la sua attenzione.

Come se fosse stato beccato a fare qualche marachella, il ragazzo sussultò, per poi alzare lo sguardo verso l'altro e allungare il braccio, cercando in qualche modo di nascondere il quaderno.

"Petey pie." esclamò con un sorriso come se nulla fosse "Senti, lo so che sono bellissimo e simpaticissimo e vuoi stare tutto il giorno a parlare con me, ma, ehi, qui sto lavorando e nel mio glitteratissimo quaderno sto scrivendo cose importanti. Appunti. Sì, dettagliatissimi e importantissimi appunti."

Si bloccò, guardandolo negli occhi per un lungo istante.

"Oh no, non farmi quello sguardo, non posso mentirti. Non posso, gghh-- Okay okay, confesso, ho mentito, stavo facendo disegni cretini sul mio quaderno."

"Ma non mi dire." ribattè sarcasticamente il moro, incrociando le braccia al petto.

"So che avevi delle enormi aspettative sui miei appunti fantastici ma, ehi, io--"

"Senti, " lo interruppe Peter, scrollando le spalle con fare stanco "Non c'è-- qualcosa a cui aspiri?"

Notando lo sguardo palesemente confuso dell'altro, il più piccolo continuò.

"Sai, solitamente uno cerca di prendere bei voti a scuola o si butta nello sport a scuola, per avere qualche borsa di studio per andare al college. Ma-" si bloccò, mordendosi il labbro.

Spesso dimenticava che bastava avere una bella manciata di soldi, per avere il via libera ad una buona istruzione. Non è che tutti avessero problemi di soldi come lui.

"... Cioè, non tutti sono obbligati ad avere A ovunque, ma, insomma, quanto meno uno deve passare i corsi con la sufficienza, no? Anche se più raccomandazione hai e meglio è."

Si passò una mano fra i capelli, per poi mettersi a giocherellare con le dita.

"Quindi, penso dovresti pensare al--"

"Non mi interessa andare al college." proclamò candidamente Wade, per poi poggiare la guancia sulla mano.

Il moro sbattè ripetutamente gli occhi, rimanendo spiazzato dalla schiettezza dell'altro ma, a pensarci, era vero che non tutti puntavano a continuare gli studi. Forse aveva già un mestiere ben specifico in mente che non richiedeva l'ingresso al college.

"Punti a trovare un lavoro dopo il liceo?"

"Uhhh, immagino di sì?"

Peter rimase con la bocca semi socchiusa mentre lo osservava riprendere a disegnare come se nulla fosse.
In tutta la sua vita, non aveva mai incontrato qualcuno di così poco motivato a fare qualsiasi cosa.
Sembrava che non avesse nessuno scopo nella vita e la cosa lo preoccupò non poco.
Possibile che non avesse nulla che gli piacesse fare? Qualcosa a cui aspirasse?

"Quindi che lavoro--"

"Peter senti," mormorò Wade con lo sguardo perso nel vuoto "sei carino a dire tutte ste' cose incoraggianti e tutto maaa sto bene, okay? Insomma, per me la scuola è come. Ugh. Come spiegarlo. Ah! Sì, un po' come quando spalavo la neve dal giardino della signora Brown da piccolo, in cambio di qualche dollaro canadese e qualche biscotto fatto in casa. Con l'unica differenza che qui non ci guadagno nulla. E' solo un dovere. Un doloroso dovere senza soldi e senza biscotti."

Tacque per un'istante, osservando Peter per un breve istante, per poi rivolgergli un caldo sorriso.

"Anche se, beh, non è che non abbia qualche vantaggio dall'andare a scuola." bofonchiò poi, dandogli un colpetto con l'indice sulla fronte, facendogli strizzare gli occhi di riflesso "Quindi per il lavoro, non so, immagino cercherò qualcosa che non mi faccia finire sotto un ponte? O qualcosa del genere. Insomma, mi arrangerò come sempre." E dette queste parole, ritornò a scarabocchiare sul suo quaderno, in silenzio.

Se possibile, questo discorso preoccupò ancora di più Peter, che rimase senza parole lì impalato, senza sapere che aggiungere.
Era davvero allarmato dal fatto che il biondo avesse un'idea così misera di se stesso e di quello che sarebbe potuto essere il suo futuro.
Pensò che si svalutasse più di quanto desse a vedere e iniziò a chiedersi se, sotto quel sorriso, ci fosse qualcosa sotto - oltre la rabbia, ovviamente.
... Forse, neanche la sua vita era così perfetta.
I suoi stessi pensieri lo sconfortarono e il moro iniziò a tamburellare le dita sul tavolo, in cerca di una soluzione ma, più ci pensava, più si innervosiva e più si sentiva uno stupido a non avere idea su cosa fare.

"Ehi."

Sussultò appena sentì le dita del canadese sfiorare le sue, in una lieve carezza. Carezza che si spostò fino alle nocche, dove le dita del più grande fecero dei piccoli cerchietti immaginari e il moro si ritrovò ad osservare quei movimenti quasi ipnotizzato. Si sentiva un po' più calmo ora.

"Che hai ora Petey, mh? Non sarai realmente preoccupato per me?" esclamò con un tono di voce basso e calmo, in contrapposizione al suo sorriso beffardo "Se continui così potrei quasi pensare che mi vuoi bene."

Preso in contropiede da quelle parole, Peter spostò la mano di scatto, imbarazzato per qualche motivo da quella situazione, dando poi un'occhiataccia all'altro - occhiataccia che fu abbastanza sicuro che non fosse troppo minacciosa per colpa del lieve rossore che ora gli contornava il viso.
Dischiuse le labbra, pronto per rispondere a tono, quando un'idea gli balenò in testa all'improvviso.

"Hai detto che da quella signora ci 'guadagnavi' qualcosa, giusto?" mormorò pensieroso.

"Uh, sì??" ribattè confuso il canadese - e dalla sua espressione, si capì che aveva immaginato un altro tipo di reazione da parte del moro "Perchè? Vuoi farmi dei biscotti personalizzati, principessa?"

"E che stavo pensando" disse il più piccolo, ignorando completamente le ultime parole dell'altro "Con l'idea di poterci guadagnare qualcosa, magari potresti essere più spronato a studiare."

"E' tipo" mormorò l'altro, dopo una breve pausa "Come-- Come quando Aladdin trova la lampada magica ed esprime tre desideri ma invece di tre desiderio ne ho finchè prenderò voti alti a scuola...?"

In verità, l'esempio che venne in mente a Peter era di un cane che, dopo aver alzato la zampa correttamente, veniva premiato dal padrone con dei croccantini - perchè ce lo vedeva Wade come un enorme e grosso cane. Ovviamente, non disse nulla a riguardo ed annuì semplicemente con la testa.

"Okay. Sembra forte." ammise il canadese "Ma ora sono davvero curioso. Che mi daresti in cambio, scusa?"

Appena il più grande tornò a fissarlo, il newyorkese deglutì rumorosamente.
Effettivamente, questo era un dettaglio a cui non aveva pensato.
Non è che avesse tante cose a disposizione, nè tanto meno soldi a disposizione e nè aveva la più pallida idea di cosa uno come Wade Wilson volesse.

"Io- Uh-- Hai in mente qualcosa che vorresti da me?"

A quella domanda, il canadese allargò gli occhi, dischiudendo le labbra dalla sorpresa, irrigidendosi di botto.
Peter doveva averlo colto davvero di sorpresa, perchè lo vide lanciargli diverse occhiate, mentre chiudeva e apriva più volte la bocca, come se volesse dire qualcosa ma non sapesse come dirla.
Quando lo vide abbassare lo sguardo, nascondendo la faccia con le braccia e lo sentì farfugliare non sapeva bene cosa fra sè e sè, si chiese se non l'avesse rotto per sbaglio.
Che gli fosse sfuggito qualcosa?

"Facciamo--Facciamo così." disse di colpo Wade, uscendo dal suo 'nascondiglio' "Ora- Ora provo a finire i miei fantastici appunti, usando i tuoi ancora più fantastici e magici appunti e- e nel mentre penserò a-- qualcosa di-- beh, qualcosa di fattibile, mh? E vediamo se questo metodo funziona. Potrebbe rivelarsi, uh, sorprendente, sì,"

Proclamate queste parole, il canadese riprese i quaderni e la penna ed iniziò a scrivere, con un'espressione seria mai vista prima.
Il newyorkese, con fare preoccupato, iniziò a chiedersi che diavolo si stesse immaginando quella testa baccata.

****************

"FINITO!"

Come il biondo urlò, tutti i ragazzi che c'erano nella biblioteca si voltarono verso di loro e la responsabile esordì con un sonoro 'sssh', lanciandogli l'ennesima occhiataccia.
Peter iniziò a chiedersi se fosse il caso di cambiare luogo dove studiare.
Scrollando le spalle, prese il quaderno dalle mani dell'altro e iniziò a sfogliare le pagine, con una penna rossa in mano e, con un sorrisetto sulle labbra, si accorse che il suo piano avesse funzionato : a parte qualche piccolo errore d'ortografia e qualche disegno sparso qua e là, gli appunti erano scritti in maniera chiara e concisa.

"Sembra tutto apposto."

Pienamente soddisfatto di se stesso e del suo piano, fece per ridare il quaderno all'altro, quando notò qualcosa nell'ultima pagina degli appunti.

"Uh, questi cosa dovrebbero rappresentare?" chiese perplesso, indicando con l'indice due stickman.

"Noi due." esclamò, visibilmente orgoglioso del suo operato "Perchè siamo un fantastico team."

" ...D'accordo." mormorò, ancora più perplesso "E' il cuore al centro perchè--?"

Wade gonfiò il petto orgoglioso, facendo un enorme sorriso.

"Per indicare che siamo amici del cuore."

"... Ma noi non siam--"

"Non ancora, Petey pie. Non ancora."

Il newyorkese fece per aprire bocca ma, no, non gli vennero altre parole per ribattere a tutta quell'idiozia ed era abbastanza sicuro di non voler altre spiegazioni da lui.

"Duunque," esordì il canadese, con occhi ricolmi di speranza "Quindi posso esprimere un desiderio, giusto?"

"Beh, immagino di sì?" esclamò l'altro con un sorrisetto nervoso, ritrovandosi a deglutire rumorosamente "Solo- Uh- Qualcosa di piccolo, okay? Dopotutto, hai solo copiato degli appunti correttamente."

Wade annuì vigorosamente con la testa, con un enorme sorriso e Peter sperò con tutto il cuore che non gli chiedesse qualcosa di più costoso di un pezzo di pizza.

"So già cosa voglio." mormorò con fare serio il biondo, facendolo irrigidire "O, meglio, so già cosa voglio sapere."

Quel commento lo sorprese ma sentì improvvisamente le spalle non più cariche di tensione.
Voleva che rispondesse ad una domanda? Niente di più semplice.
Sperò solo che non fosse nulla di troppo stran--

"Chi era quello là?"

Ecco, appunto.

"Come prego?" esclamò Peter, visibilmente confuso.

"Io. UH. Insomma. E' tipo, quel- quel tipo che-- oh, dai, lo sai di chi sto parlando!" borbottò Wade, iniziando a gesticolare in aria come se, facendo in quel modo, potesse rendere più chiaro ciò che volesse dire.

"Wade, giuro che non ho la più pallida idea di cosa tu stia cercando di dirmi."

"Ma sì, quello-- Quello della volta che ti prendevo merendine e-- gliele hai fatte mangiare-- anche se-- erano per te."

Dopo qualche istante di spaesamento, finalmente il più piccolo capì.

"Ah sì, dici Harry giusto?"

"Sì, Harry." ripetè il biondo, facendo una vocina stupida, incrociando le braccia al petto, con una faccia visibilmente offesa "Quindi? Chi sarebbe?"

Il newyorkese lo fissò per un lungo istante, come cercando di capire se lo stesse prendendo in giro o meno ma, lo sguardo serissimo dell'altro gli fece capire che no, non stava scherzando per niente.

"Penso che tu sia la prima persona al mondo a non conoscere Harry Osborn." esordì Peter, con un sospiro stanco per poi roteare gli occhi alla vista dello sguardo spazientito e ancora più confuso del ragazzo con gli occhi azzurri "Harry è il figlio di Norman Osborn, il fondatore della Oscorp una famosa multinazionale miliardiaria. Finiscono spesso in tv, insieme alla Stark Industries che è--"

"Dove lavora Iron-man."

"Sì Wade, dove lavora Iron-man."esclamò con una scrollata di spalle "Cioè, insomma, Tony Stark è l'amministratore delegato. Sono gli altri che lavorano per- Vabbè, non importa. Comunque dicevo, sono due società rivali. Un po' come-"

Il ragazzo dagli occhi nocciola si bloccò per un'istante, cercando un esempio pratico che anche uno come il canadese potesse capire.

"... Un po' come le console della Nintendo e della Playstation. Solo che le due società non trattano di cose del genere, capito?"

Il canadese annuì con la testa per intendere che, sì, aveva capito il discorso.

"Ad ogni modo, davvero non conosci gli Osborn? Eppure appaiono in tv tanto quanto Tony Stark." spiegò ancora, per poi posare l'indice al centro degli occhiali, spingendoli all'indietro "Anche se Harry non ha bisogno del nome del padre per farsi conoscere. E' di bell'aspetto, bravo nello studio e di buon cuore. Lo è sempre stato. Credo che lo amino tutti in questa scuola."

Per il moro, l'amico era la versione diecimila volte migliore di lui, qualcosa a cui non si sarebbe mai avvicinato, neanche volendo.
Non c'era da sorprendersi che Mary Jane avesse l'avesse scelto.
Strizzò istintivamente gli occhi a quel pensiero, che ancora gli faceva male, dandosi poi mentalmente dell'idiota in quanto sapeva quanto fosse terribilmente sbagliato stare lì, a crogiolarsi di gelosia ed invidia per quello che doveva essere il suo amico d'infanzia.

"Meh, sarà." borbottò Wade in tono acido, interrompendo i pensieri di Peter "Io non ci vedo tutto sto granchè, sinceramente."

Si avvicinò quindi all'altro, facendogli l'occhiolino.

"Per me, tu sei più carino."

A quelle parole, il newyorkese rimase in silenzio con le labbra socchiuse, non aspettandosi quelle parole.
Allungò poi la mano, dandogli un colpetto con l'indice sulla fronte.

"... Ah-ah, battuta molto divertente, Wilson." esclamò, incrociando le braccia al petto "Ora torniamo a studiare."

Era strano ma, per qualche motivo, nonostante sapesse che quello era semplicemente il modo di scherzare dell'altro, quel semplice commento era riuscito a fargli tornare il buonumore.


****************

"Peter, posso parlarti un attimo?"

Il ragazzo nominato stava giusto per aprire la porta dell'ingresso della scuola, per tornare a casa dopo uno stressante ma proficuo pomeriggio di studio con il canadese e constatò che si trovò davanti la persona di cui stavano parlando giusto qualche oretta prima.
Che avessero eseguito un'evocazione senza saperlo?

"Oh ciao, certo." 

Harry gli sorrise caloroso, per poi mettergli il braccio intorno alla spalla, portandolo a chiacchierare in un angolo.

"Senti, so che non è molto ma," esordì a bassa voce, in modo che non lo potessero sentire eventuali studenti "Ho pensato a quello che è successo con il coach. Non mi va che faccia lo stronzo con te perchè pensa che può farlo."

"Harry, guarda che io sto bene, davvero." disse nervosamente il newyorkese "Non devi-"

"Certo che devo." ribattè l'altro "Cioè, non ho fatto nulla di così eclatante, credimi. Gli ho solo parlato per trovare un compromesso e credo che tu lo possa aiutare con la squadra di football. Domani prova a parlargli, okay?"

Peter si morse il labbro inferiore per poi abbassare lo sguardo, senza sapere davvero che dire.
Sin da piccolo, l'amico era sempre rimasto al suo fianco ed era sempre intervenuto, in caso di necessità per aiutarlo e ciò non faceva altro che aggravare il suo senso di colpa.

"Io--Uh-- Grazie Harry..."

"Dovere Pete." esclamò staccandosi da lui, dandogli un leggero pugnetto sulla spalla con fare affettuoso "Comunque, so che non dovrei chiedertelo ma..."

Il ragazzo dai capelli corvini tacque, come timoroso di continuare e l'altro inclinò la testa, guardandolo con fare interrogativo.

"Senti, so che non ho alcun diritto di dirlo. So che magari ce l'hai con me e-"

"Non ce l'ho con te."

"Sì invece, Pete." esclamò Harry, in tono lievemente più alto "E va bene, hai tutto il diritto di essere arrabbiato con me. Ma..."

Il ragazzo sospirò lievemente, per poi rivolgergli un sorriso malinconico.

"... Mi manchi, dico davvero. Ma non ti dico di perdonarmi, così, su due piedi. Solo... A piccoli passi, cerchiamo di recuperare la nostra amicizia. Chessò, chiacchieriamo nei corridoi o unisciti a pranzo con me e Mary Jane, qualche volta. Ti assicuro che anche a lei manchi."

Peter lo fissò per un lungo istante, non sapendo davvero che dire.
Non è che non gli mancassero, ma non era fosse peggio frequentarli di nuovo come se nulla fosse successo? Nulla fosse cambiato?
Sinceramente, non si sentiva pronto a frequentarli di nuovo.
... Ma non voleva dire di no ad Harry.

"Certo, non penso sia un problema." esclamò, cercando di fingere un sorriso sincero.

"Grande!"

L'amico gli rivolse un enorme sorriso, visibilmente sollevato dalla sua risposta e il newyorkese si sentì morire dentro.

"Un'ultima cosa e poi ti lascio andare." disse Harry, guardandolo dritto negli occhi "Ti stanno scocciando ancora? Dico Flash e gli altri."

"Che? Ah, no. Diciamo che in qualche modo ho risolto."

Grazie a qualcuno avrebbe voluto aggiungere, ma ovviamente non era per niente il caso di dire una cosa del genere perchè ciò avrebbe portato altre domande e non era sicuro di come l'amico avrebbe preso l'idea di un ragazzo che andava a picchiare i 'cattivi' della scuola.

"...Mh." mugugnò il ragazzo dai capelli corvini, con fare pensieroso.

Sembrò sul punto di dire altro, quando sembrò guardare qualcosa alle spalle dell'amico e il suo sguardo cambiò.

"Scusami, ti ho intrattenuto anche fin troppo, ora devo proprio andare. C'è dietro il tuo allievo che sembra voglia dirti qualcosa. Meglio che vi lasci soli, ciao Pete!"

Mentre Harry si allontanava, Peter si chiese che gli fosse preso così all'improvviso.
Sbaglio o le ultime frasi erano state glaciali?
... Aspetta, che intendeva con 'allievo'?

"Ora parlate di nuovo, Petey pie?"

Ah, ecco a chi si riferiva.
Ecco che il tempo di riconoscere la sua voce, che Wade gli mise l'indice e il pollice sulle guance stringendo appena.
L'espressione di Peter era parecchio buffa, in quel momento.

"Ehi-- che diamine fai?!" esclamò il newyorkese, mettendo una mano in faccia al biondo , cercando di spostarlo.

"Evito che il tuo faccino si rovini mentre cerchi di sforzarti."

Il moro si sorprese da quelle parole, guardandolo per un istante con occhi spalancati.
Da quando Wade capiva quando 'fingeva'?

"Non so di cosa tu stia parlando." borbottò il ragazzo, mentendo spudoratamente, abbassando lo sguardo "Che ti serve?"

"Eh- Uh- Sì." Ora sembrò Wade preso in contropiede. Sembrò quasi che non avesse niente da dirgli. "Eeeeh... Sì, giusto. Dici che dovrei puntare a qualche attività extra qui a scuola? Tipo, non so, il football?"

Strana cosa che, dopo che ne aveva parlato con Harry, magicamente anche il biondo tirasse fuori il discorso. Era forse un caso?

"Beh, sì, fa sempre comodo nel proprio curriculum fare attività extra." ammise Peter, facendo spallucce "E sì, potresti essere portato per il football, vista la tua stazza. Ma penserei anche ad altro. Più cose fai e meglio è."

"Figo." esclamò il più grande, con un sorrisone "Quindi ci beccheremo più spesso, giusto?"

Okay, decisamente Wade aveva ascoltato la discussione di poco prima. Quasi scordava che con lui non esiste il caso.

"... Wade, hai ascoltato la conversazione che ho avuto con Harry per caso?"

Il canadese sgranò gli occhi, come se avesse assistito ad una qualche sorta di magia dal vivo.

"Okay Parker, sei inquietante. Come diavolo hai fatto a capirlo?" esclamò allibito e sinceramente sorpreso "Comunque. Come dire? Diiiciamo di sì, ma non era del tutto intenzionale."

Ah-ah, certo, come no.

"E che, sinceramente, non so che pensare." continuò l'altro, facendo spallucce "Insomma, pensavo lo volessi evitare a tutti i costi mentre ora ti vedo parlaci come se nulla fosse. Insomma, più o meno, si vedeva che volevi scappare looontano da qui."

Peter si stupì da quelle parole: era davvero quella l'impressione che dava?

"Non è affatto così." mentì di nuovo, incrociando le braccia al petto e distogliendo lo sguardo "Non è che lo voglio ignorare o scappare da lui in eterno. E' solo che- spiegato in breve, ci sono rimasto male per una cosa che ha fatto. Ma niente che non si possa risolvere con un po' di tempo. Dopotutto, siamo amici da tanto, sarebbe stupido da parte mia tenergli il broncio per una cosa così poco grave."

Sinceramente, il più piccolo non aveva la più pallida idea di perchè stesse raccontando così tante cose all'altro.
Forse aveva solo paura che se la prendesse con Harry senza motivo, pensando che fosse anche lui qualche sorta di bullo.

"Sarà Petey." mormorò il canadese, facendo spallucce "Dico solo che non dovresti sforzarti a perdonarlo, se non vuoi, qualsiasi cosa sia successa. Anche se è il fighetto e il beniamino della scuola o quello che cavolo è."

Da quando in qua era diventato così saggio?
Dovette ammettere che, se non fosse che stesse parlando del suo migliore amico, avrebbe detto che aveva ragione.
Strana cosa da dire di Wade Wilson.

"Ti prego, dimmi che non è il cervellone o il più bravo della scuola. Potrei vomitare da tutta questa perfezione." continuò l'altro, in tono schifato.

"Come mai tanta curiosità per lui?" esclamò stancamente, scrollando le spalle "Comunque, te l'ho detto anche prima. E' bravo negli studi. Ma..."

Si bloccò per un istante, non sapendo se fosse giusto o meno continuare la frase.

"E' vero che prende voti alti ma non sono più alti della classe, diciamo."

Il biondo rimasse per un lungo istante a riflettere sulle parole dell'altro, come se le stesse elaborando. Poi, come se avesse capito quale verità, si illumino.

"Non mi dire, Petey, sei più cervellone di lui, eh?? Lo sapevo che eri meglio tu." esclamò entusiasta, dandogli una pacca sulla schiena che lo fece sussultare "Sembra proprio che il signor perfettino non sia poi così perfettino."

"Wade, piantala adesso." lo ammonì Peter, trattenendosi più che potè dal sorridere. Era pur vero che era forse la prima volta che qualcuno che non fosse un suo familiare lo lodasse, in quel senso.

"Okay, okay, un ultima cosa." esclamò Wade, alzando le braccia in segno di resa "Visto che siamo in tema, cosa è meglio secondo te : Oscorp o Stark?"

"Prego?"

"Oh andiamo, hai parlato della rivalità fra le due prima ma sono sicura che c'è una che preferisci di più delle altre." ribattè, con un sorrisone "Dove lavoreresti più volentieri? Dal padre del tuo amico o da Iron-man?"

Il newyorkese lo guardò dritto negli occhi, rimanendo per un lungo istante senza parole. Non è che non conoscesse la risposta.

"Beh," esordì, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e guardando un punto indefinito davanti a sè "penso che entrambe abbiano dei punti forti e dei punti deboli, come tutto. Penso sia impossibile scegliere su due piedi."

"Capito, capito." ribattè l'altro, roteando gli occhi. Fece per andarsene quando si avvicinò per sussurrargli una cosa nell'orecchio "Concordo che le armature-robotiche di Iron-man siano decisamente un sacco forti, per quanto non siano il mio genere."

Mentre quello gli dava le spalle, alzando la mano per salutarlo, Peter si chiede da quando Wade avesse imparato a leggerlo così bene.



*Royal Canadian Navy

//Buonsalve ragazzi! **
Eccoci finalmente al nuovo entusiasmante capitolo, vi ringrazio ancora di buon cuore per tutti quelli che stanno seguendo e recensendo la storia. Davvero, mi fate felice. <3
Piccolo annuncio : parto anche io in vacanza! Quindi è probabile che per agosto non avrete aggiornamenti, scusate, ci si vede a settembre ><
Detto ciò, sentitevi liberi di scrivermi per dirmi che ne pensate <3 byee

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5° Capitolo ***


Irresistible05 ● In questa fanfiction, NON si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a quello dei fumetti;
● I personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.


5° Capitolo.




"Beh Pete, come ti stai trovando col tuo nuovo 'lavoro'?"

Appena gli fu rivolta quella domanda, il ragazzo nominato alzò lo sguardo dai suoi appunti per poi guardare i suoi due interlocutori, non sapendo bene come rispondere.
Il lavoro - se così si poteva chiamare tale - che svolgeva col coach da qualche settimana, era difficile da definire.
Quello che doveva fare era stare seduto ed osservare i giocatori di football e annotarne i dati -ad esempio, quanti touchdown sono stati passati dal quarterback o quanti yard sono stati percorsi dal corridore - per portare in campo la formazione migliore ad ogni partita.
In poche parole, quello che faceva era semplice statistica e forse non era la cosa più entusiasmante al mondo ma, quanto meno, non doveva più strafare nelle ore di educazione fisica.

"Non è male." rispose dopo un lungo silenzio, facendo un mezzo sorriso.

"'Non è male'?" ripetè Mary Jane con un leggero sbuffo, per poi indicare Harry al suo fianco "Sai che, se questo qua pensasse che il tuo 'non è male' voglia dire 'fa schifo', sarebbe capacissimo di far licenziare l'allenatore con uno schiocco di dita?"

"Esagerata." rispose il diretto interessato, per poi alzare un sopracciglio "Piuttosto, non dovresti tornare ad allenarti con le tue amiche cheerleader, invece che perdere tempo con noi comuni mortali?"

"E tu non dovresti smetterla di fare la mammina apprensiva con Pete e dedicarmi qualche attenzione in più?" ribattè l'altra, per poi stringere il braccio dell'altro, rivolgendogli poi un sorriso furbetto.

Dopo aver distolto lo sguardo dai due che ora sembravano scambiarsi attenzioni da piccioncini, incuranti del fatto che lui fosse letteralmente al loro fianco, il moro riflettè sulle parole della ragazza. Effettivamente, non è che 'esagerasse' su Harry e sul suo essere iperprotettivo.

"Sì, voglio dire. Va tutto bene." si corresse immediatamente, per poi cercare di non storpiare la faccia con una qualche espressione disgustata, sentendo i due scambiarsi effusioni - rifiutandosi categoricamente di guardare nella loro direzione.

"Beh, meglio così." esclamò il corvino poi, dopo aver dato un'occhiata all'amico, mise la mano sulla spalla della sua ragazza, spostandola lievemente "Ora basta, lo stiamo mettendo a disagio. E dicevo sul serio prima, forse dovresti andare."

Mary Jane allargò gli occhi a quelle parole, alzandosi di scatto, palesemente infastidita. Fece per aprire bocca ma, dopo aver notato che le sue compagne di squadra stavano iniziando a radunarsi, alla fine si limitò a lanciare una semplice occhiataccia ad Harry.

"Beh, devo proprio scappare! Ci vediamo." disse con un sorriso affabile, rivolgendosi a Peter - che rabbrividì, percependo a pelle quanto l'altra fosse in realtà davvero irritata.

E mentre la rossa si allontanava, facendo un gestaccio al suo fidanzato, il moro dovette far uso di tutta la sua forza di volontà per non guardare troppo intensamente il suo bel fisico, rinchiuso in quella tutina aderente - a sua discolpa, aveva sempre avuto un debole per le divise delle cheerleader.

"Tutto bene, Pete?"

"Eh? Ah, sì." borbottò il ragazzo con gli occhiali, avvicinando un pugno alla bocca per tossire, cercando di nascondere in qualche modo il lieve rossore sulle guance "Piuttosto, tu con Mary Jane? Tutto bene fra voi? Forse dovresti andare da lei, mi sembrava un po'-"

"Va tutto bene, le passerà." lo interruppe, facendo spallucce "Sai com'è fatta. Piuttosto, scusa se ti abbiamo disturbato."

Il newyorkese tacque a quelle parole, abbassando nuovamente lo sguardo sui suoi appunti, rimuginando su quello appena successo.
Sicuramente, uno dei lati poco piacevoli del suo nuovo 'ruolo' nella squadra di football della scuola, era questa situazione fra loro tre.
Nonostante, qualche tempo fa Harry gli avesse assicurato che avrebbero iniziato a frequentarsi di nuovo per 'gradi', - con qualche chiacchiera nei corridoi e per la pausa pranzo ogni tanto, giusto per citare le sue parole - stava di fatto invece che gli stavano sempre attaccati.
Forse il suo comportamento avuto in precedenza era stato scorretto - insomma, prima fuggiva letteralmente ogni volta che li vedeva in giro - ma era anche vero che l'improvviso attaccamento nei suoi confronti era eccessivo.
Non è che li odiasse, questo no, ma si sentiva davvero soffocare.
E se lui si sentiva così, aveva come l'impressione che la rossa, al contrario, si sentisse alquanto trascurata dal suo ragazzo.
Insomma, era vero che tendeva ad essere abbastanza suscettibile, ma come darle torto se, tutte le volte che voleva stare col suo ragazzo, c'era Peter in mezzo?
E dire che aveva provato più volte a far ragionare l'amico, dicendogli che fosse più che normale che dovesse passare un po' di tempo con lei, ma l'altro sembrava irremovibile.
Si chiese quindi se fosse colpa sua questa situazione strana, se fosse perchè Harry aveva paura che 'scappasse di nuovo'.
A quel pensiero si sentì davvero mortificato.
Sperò, quanto meno per lei, che fuori dalla scuola avessero una normale vita di coppia, che uscissero e quant'altro.
Se lo meritava, dopotutto.
E Peter, beh, poteva dire che gli unici momenti in cui potesse 'staccare' dai tre, senza ferire i sentimenti di nessuno, era quando tornava a casa e quando studiava con Wade.
A proposito di Wade...
Ecco che, mentre appuntava con cura le informazioni sul suo quaderno, vide spuntare in campo proprio il canadese, cosa che lo fece sorridere di riflesso.
Non sapeva per quale motivo precisamente, ma ogni volta che lo vedeva in campo, gli tornava subito il buon'umore.
Ma forse era normale così, dopotutto, sul campo mostrava un lato di sè che lo divertiva parecchio.
Infatti, nonostante fosse davvero portato per quel gioco - anche se era un 'novellino' visto che aveva iniziato per la prima volta il football nello stesso periodo in cui Peter aveva iniziato a fare il 'consulente' - , il biondo si perdeva in stupidate, facendo finire gli allenamenti in un macello.
In quel momento, ad esempio, dopo aver afferrato la palla e schivato senza troppa difficoltà i difensori ed averli distanziati di parecchio, ecco che il più grande si fermò, di punto in bianco, in mezzo al campo, solo perchè aveva visto Peter dalle panchine e voleva salutarlo.
Nonostante fossero distanti, il newyorkese potè benissimo distinguere il sorriso a 32 denti dell'altro mentre muoveva velocemente la mano, stringendo con l'altro braccio il pallone di football e continuò così per un bel po', finchè i difensori finalmente non lo raggiunsero, buttandolo con un tonfo a terra.
La cosa che ogni volta catturava l'attenzione del più piccolo era che, non importava quanto l'allenatore urlasse come un pazzo verso di lui, quanto apparentemente si fosse fatto male, Wade rideva sempre di puro cuore.
In momenti come questi, il più grande poteva essere paragonato ad un bambino che amava saltare sulle pozzanghere, incurante del fatto che potesse scivolare e farsi male o che i poveri genitori avrebbero dovuto smacchiargli i vestiti rovinati.
Effettivamente, ce lo vedeva da piccolo comportarsi in quella maniera, facendo impazzire chiunque gli stesse intorno - non che ora non lo facesse.

"Perchè ridi?"

Trasalì di colpo a quella domanda, che lo fece tornare di botto alla realtà.

"Prego?"

"Ti ho chiesto perchè ridi." ripetè Harry, alzando un sopracciglio quasi divertito "Di punto in bianco, ti ho visto sghignazzare sotto i baffi e mi chiedevo se avessi per caso visto qualcosa di divertente."

"Ah..." mugugnò l'altro, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, in imbarazzo.

Non sapeva per quale motivo ma Peter non riusciva a parlare apertamente di Wade con il suo amico.
Forse perchè aveva paura che l'altro lo giudicasse male. Forse perchè non sapeva spiegarsi manco lui quella strana simpatia verso il biondo.

"Non è niente." mentì, facendo un mezzo sorriso "Ero solo sovrappensiero, tutto qui."

Il corvino non sembrò convinto e il newyorkese notò l'altro dare un'occhiata al campo, cambiando immediatamente espressione.

"Sei molto amico di Wade Wilson, mh?"

Colto in flagrante, il ragazzo si irrigidì di colpo a quella domanda.

"Beh, immagino si possa dire così..." borbottò l'altro, mordendosi il labbro inferiore. Non sapeva manco lui perchè si stesse giustificando in questo modo, visto che non stava facendo nulla di male. "Qual è il problema?"

"Mi stai dicendo che non sai tutte le voci che girano sul suo conto?" esclamò Harry con uno sbuffo infastidito, incrociando le braccia al petto.

Quel commento irritò Peter non poco.

"No, e non capisco perchè dovrei ascoltarli, nel caso." mormorò irritato, lanciandogli un'occhiataccia "E mi sorprende che tu mi dica una cosa del genere. Hai sempre detestato questo genere di cose."

"Peccato che so per certo che molte di quelle voci sono vere."

Che si riferisse al fatto che fosse stato espulso? Della sua condotta violenta contro le persone che, secondo lui, se lo meritavano?

"Beh, non mi importa." ribattè ancora, schioccando la lingua "Wade mi ha sempre detto la verità su di lui, non mi ha mai nascosto niente. Per questo so per certo che non mi farebbe mai nulla di male."

A quelle parole, notò come il corvino strizzò gli occhi, come se le parole dell'altro l'avessero ferito. Inconsapevolmente, aveva fatto breccia su una ferita ancora aperta e Peter si sentì in colpa al riguardo. Tuttavia, irritato com'era, non sentì davvero il bisogno di scusarsi.

"Scusami tanto se sono preoccupato che il mio migliore amico possa frequentare un poco di buono, per non dire delinquente." esclamò Harry, dopo un lungo silenzio, abbassando poi lo sguardo "Ti ha anche detto che è un dongiovanni? E sappi che sto usando il termine 'dongiovanni' per essere delicato."

"Io-- Sì, certo." borbottò il newyorkese, ripensando alla prima volta che aveva incontrato il canadese e di come, senza alcun problema, gli aveva raccontato alcune esperienze - e sarebbe andato anche sul dettaglio, se non fosse che il moro l'avesse più volte bloccato. Quel pensiero lo innervosì, per qualche motivo che non seppe spiegarsi. "Non condivido il modo di approcciarsi a, mh- queste cose. Ma la vita è sua e finchè è felice lui e non fa del male agli altri, non capisco perchè dovrebbe essere un problema."

"Sì? E non sei un po' preoccupato?"

Calò per un po' il silenzio e Peter si ritrovò gli occhi seri del suo migliore amico puntati addosso.

"Perchè dovrei preoccuparmi?" borbottò, sentendosi incredibilmente a disagio "Non è che io sia una ragazza e, anche se fosse, non sono decisamente il suo tipo."

Gli occhi del corvino sgranarono di colpo a quelle parole, per poi tacere per un lungo istante.

"Peter..." mormorò infatti l'amico, con fare grave "... Davvero sei ancora così ingenuo?"

"PARKER, ALZATI E VIENI A DARE UNA MANO!"

Lo studente non fece in tempo a ribattere, che l'allenatore lo chiamò, segno che doveva andarsene immediatamente.

"Io- scusa, ne parliamo un'altra volta." borbottò, salutando Harry con una mano, scendendo gli scalini.

Solitamente, era questo il lato di quel 'lavoro' che odiava di più in quanto, per il coach, raccogliere dati sui giocatori non era troppo faticoso e così lo obbligava a raccogliere l'attrezzatura o a fare commissioni.
In teoria lavorava sulle statistiche, in pratica era una sottospecie di raccattapalle.
Normalmente, avrebbe sbuffato sulla cosa, arrabbiato che dovesse essere comunque lo sguattero della situazione, ma non quella volta.
Dopotutto, grazie al coach, era fuggito da un discorso che Peter era sicuro non volesse sentire.

****************

"Mi spieghi perchè, fra tutti i posti possibili ed inimmaginabili, hai deciso di incontrarci proprio qui??"

Il moro lanciò un'occhiataccia al canadese, incrociando le braccia al petto, irritandosi ancora di più della faccia beota dell'altro.
Insomma, l'altro l'aveva 'letteralmente' placcato mentre riforniva di acqua la squadra, chiedendogli con una certa urgenza di incontrarsi.
Peccato che il loro luogo d'incontro fosse il dannatissimo spogliatoio, dove delle dannatissime persone giravano dannatissimamente nude.

"Perchè? Che c'è di male?" esclamò il più alto, guardandolo in maniera confusa "Pensavo che lo usassi anche tu."

"Prego?"

"Sì, insomma," continuò, alzando gli occhi al cielo, grattandosi una guancia "Fai anche tu parte della squadra, cioè, non sei propriamente un giocatore maaa l'allenatore ti fa sempre sgobbare quindi- insomma- pensavo che- sì, facessi la doccia con-- insomma, hai capito."

Il più piccolo alzò il sopracciglio mentre ascoltava il discorso dell'altro.
Per qualche oscuro motivo, qualcosa non quadrava e-- ecco che uno dei giocatori camminò tranquillamente come se nulla fosse, con appena un misero asciugamano a coprirgli le vergogne, proprio davanti a loro, costringendo Peter a guardare un punto non specifico del soffitto.

"Io- No, preferisco di gran lunga la doccia di casa mia. Sai, meno gente nuda in giro." borbottò sarcasticamente, in completo imbarazzo.

"Ma sai, Petey" insistette l'altro, passandosi una mano fra i capelli ancora umidicci "Anche se è più soleggiato, fa ancora abbastanza freddo lì fuori. E rischi di ammalarti, visto che sudi anche tu, a fare avanti ed indietro. Quindi non sarebbe forse meglio fare una bella doccia calda qui, in modo tale che la persona più intelligente della scuola non si ammali di colpo?"

"Da come stai insistendo Wade, sembra quasi che tu ci tenga particolarmente ad assistermi mentre mi faccio la doccia." ribattè poco serio, riposando gli occhi sui suoi, come il ragazzo di poco prima si fu allontanato abbastanza.

A quel commento, il canadese allargò gli occhi, rimanendo a bocca lievemente socchiusa.
Era solo una sua impressione o era appena arrossito?

"Ehi ragazzi!"  esclamò un altro ragazzo, salendo sopra una delle panchine dello spogliatoio - e il newyorkese notò l'amico trasalire, come se si rendesse conto solo ora di dove fossero - "Volete vedere come faccio l'elicottero col mio cazz--?"

"WITH THE LIGHT OUT" cantò - o, meglio dire, urlò - di colpo il più grande, coprendo tempestivamente con le mani gli occhi del più piccolo che balzò dallo spavento "IT'S LESS DANGEROUS. HERE WE ARE NOW, ENTERTAIN US. I FEEL STUPID AND CONTAGIOUS. HERE WE ARE NOW, ENTERTAIN US."

Mentre Peter veniva trascinato via dall'altro, senza riuscire a capire che stesse succedendo o che stessero dicendo gli altri, - e, in cuor suo, sapeva che fosse meglio così - sentì improvvisamente un profumo dolciastro.
Che provenisse da Wade? Dopotutto, erano davvero vicini ora.
Effettivamente, sembrava che si fosse appena fatto la doccia, così si chiese se fosse la fragranza del suo profumo o se usasse un bagnoschiuma particolare.
Era, ad ogni modo, un aroma che gli stava molto bene addosso.
... Perchè diavolo stava pensando ad una cosa del genere?

"Peter Parker!" lo ammonì il biondo, lasciandolo finalmente andare appena furono fuori, per poi chiudere la porta alle loro spalle "Te l'avevo detto che non era il caso di incontrarci nello spogliatoio ma tu eri tutto un 'ma no Wade, devo farmi la doccia, c'è freddo fuori' ma sai che ti dico, signorino? D'ora in poi la farai a casa la doccia, fine del discorso."

Di tutta risposta, Peter gli lanciò un'occhiataccia e, se non fosse stato troppo imbarazzato, avrebbe detto giusto due cosette a quel cretino.

"Ora. Si può sapere che dovevi dirmi?"

A quella domanda, gli occhi azzurri dell'altro si illuminarono di colpo e subito un enorme sorriso affiorò sul suo volto, mettendo in enorme difficoltà il più piccolo, che quasi non riusciva più ad essere arrabbiato con lui.
Il canadese si frugò le tasche, come in cerca di qualcosa per poi, finalmente, estrarre un ammasso di fogli accartocciati, che diede immediatamente all'altro.
Dopo che li ebbe sistemati, il newyorkese notò che erano tutti compiti in classe di Wade nella quale aveva preso voti che andavano da D a C-.
Il newyorkese non poteva credere ai suoi occhi.

"Ho recuperato tutti i corsi." esclamò orgoglioso, dandosi un pugnetto sul petto "Quindi, se continuo così, passerò l'anno senza problemi. Sono stato bravo, vero?"

"Tu- Sei stato bravissimo, Wade." gli rispose senza fiato, per poi sorridergli di puro cuore "Si vede che ti sei impegnato tanto."

Apparentemente, potevano sembrare voti di poco conto, ma sapendo quanto impegno ci avesse messo per recuperare in quei mesi, - contando che inizialmente non riusciva neanche a copiare un paio di appunti - era stata davvero un'impresa straordinaria.
Diede un ulteriore occhiata ai vari compiti, con uno sguardo di puro orgoglio in volto, per poi restituirli al proprietario che ora sembrava aver assunto uno sguardo stralunato.

"... Che c'è? Non era quello che ti aspettavi?" chiese Peter, perplesso dal suo sguardo.

"E' la prima volta che ti vedo sorridere. Mi ha sorpreso." ammise con le labbra semi socchiuse, per poi rivolgergli un sorriso gongolante "Allora è vero che ti piaccio almeno un po'!"

Il newyorkese roteò gli occhi a quell'affermazione, sospirando apparentemente esasperato.
Sinceramente, non sapeva perchè doveva comportarsi in questo modo, nei suoi confronti.
Potrebbe anche dirglielo, che per lui ormai era un amico. Che gli stava simpatico. Che adorava tutte le piccole attenzioni che aveva nei suoi confronti. Che lo faceva stare bene la sua presenza e lo faceva sorridere. Che lui-- Okay, no, poteva benissimo evitare tutti questi dettagli, - anzi, doveva evitarli nella maniera più categorica - però quanto meno poteva dirgli la prima parte del discorso, dell'amicizia insomma.
Ma che ci poteva fare, se il solo pensiero lo faceva imbarazzare da morire?

"Il solito antipatico." esclamò Wade, fintamente offeso "Comunque, ora posso chiedere il mio premio, sì?"

"Oh, uh."

Ah, quasi dimenticava quel piccolo dettaglio.
Piccolo dettaglio che aveva convinto l'altro a studiare, tra parentesi.

"Beh, certo." rispose il newyorkese, titubante "Ma sappi che non ho un soldo. Quindi se tu--"

"Oh no, no. Niente del genere." disse l'altro sorridente, per poi fargli segno di avvicinarci.

Come sentì la voce bassa dell'altro, rabbrividì, sorpreso di come il suo timbro di voce potesse essere così caldo.
... Seriamente, che diavolo gli stava prendendo oggi? Il sole gli aveva dato alla testa?!
Fortunatamente, ad allontanarlo da quel genere di pensieri, ci pensò la strana richiesta dell'altro.

"Quindi? Può andare bene?" chiese il canadese, con tono di voce eccitato.

"Uh, per andare bene, va bene. Ma..."

"Ma?"

Il più piccolo esitò per un breve istante, prima di continuare.

"Sicuro che la cosa ti vada bene?"

Il ragazzo lo guardò intensamente negli occhi per un istante, per poi sorridere raggiante.

"Assolutamente."
****************

"Continuo a non capire perchè hai voluto fare una cosa del genere." borbottò Peter, sistemandosi meglio sulla poltrona, stringendo a sè la busta con dentro dei popcorn.

"Petey pie, sarà almeno la centesima volta che lo dici." esclamò placidamente l'altro, per poi infilarsi in bocca una bella manciata di patatine, masticandole poi rumorosamente "Ziffo e godifi il film."

Nonostante le parole dell'altro, il newyorkese non riusciva semplicemente a 'stare zitto e godersi il film' visto che quell'uscita l'aveva messo in una situazione scomoda.
Era rimasto molto sorpreso alla richiesta di andare al cinema insieme, per quel fine settimana, come 'premio' per i suoi voti.
Non che gli fosse dispiaciuto quell'invito, era pure felice di poter accontentare l'altro senza problemi - e senza spendere chissà che soldi - ed era da un sacco di tempo che non vedeva un film sul grande schermo ma, seriamente, chi avrebbe mai voluto passare del tempo con Peter Parker all'infuori della scuola? Neanche lui avrebbe voluto uscire con se stesso se avesse potuto, quindi che diavolo di problema aveva Wade a volere una cosa del genere, fra tutte le cose che avrebbe potuto desiderare!?
Come se non bastasse, appena furono arrivati, si diressero in primis davanti al bancone dove vendevano ogni tipo di cibo spazzatura dedicato al cinema che, ovviamente, costava un occhio della testa, figurarsi per le povere tasche del povero nerd.
Fece per dire che non prendeva nulla, magari si sarebbe potuto inventare che non avesse tutta questa fame - giusto per non mettere a disagio nessuno -  quando vide il canadese comprare letteralmente tutto il possibile - sotto lo sguardo sconvolto del newyorkese e della commessa - per poi, con un sorrisone dire 'prendi quello che vuoi, offro io'.
E lo fece sul serio, non importavano le sue proteste - che ignorò bellamente - e come se nulla fosse, gli chiese che film volesse vedere, intenzionato a prendere anche i biglietti del cinema per entrambi.
A quel punto, Peter non ebbe altra scelta: per quanto ci fossero tanti nuovi film intriganti, puntò all'unico film vecchio visto e rivisto ma che costava pochi dollari.

"Ad ogni modo, non sapevo che ti piacesse così tanto Jurassic Park." mormorò di nuovo il canadese, ingurgitando un'altra manciata di patatine.

"Eh già..." borbottò Peter, con un sorriso tirato. Quanto meno, era riuscito a fargli spendere pochi dollari per i loro biglietti. "Mi spieghi perchè hai dovuto offrire tu? Non c'era minimamente bisogno, dico sul serio."

Il più alto si girò per fissarlo, mangiucchiando piuttosto lentamente le patatine che aveva in bocca - e il newyorkese cercò con tutte le sue forze di non ridergli in faccia, visto che aveva le guance gonfie come quelle di un criceto.

"Che c'è?" mormorò, cercando di tenere un'espressione seria.

"Uh..." borbottò il biondo, ingoiando tutto d'un colpo le patatine "E' che penso tu sia una delle prime persone che si preoccupa di quanto spendo, cioè, sai, la gente non si fa mica problemi se 'spendi' per loro, sai?"

"Wade, ma con che razza di individui esci di solito, me lo spieghi?" chiese l'altro stizzito, senza peli sulla lingua.

Prima che potesse anche solo rendersi conto del poco tatto usato e pensare all'eventualità di scusarsi, il ragazzo a suo fianco scoppiò in una fragorosa risata.
Nervosamente, il più basso si guardò intorno, aspettandosi da un momento all'altro che qualcuno gli urlasse contro di fare silenzio ma, sarà stato il fatto che ci fosse ancora la pubblicità, sarà stato che, per quanto fosse un classico, era un film davvero vecchio, sembrava che non ci fosse nessun'altro, oltre loro due, in quella sala.

"... Che c'è da ridere?" borbottò, cercando di cacciare l'imbarazzo - imbarazzo per cosa, poi?! - "Mi sembra una cosa comune fra amici, non approfittarsi l'uno dell'altro, no? E poi non sei mica una banca."

A quelle parole, il canadese smise improvvisamente di ridere e un sorriso sornione gli apparve in volto.

"Quindi ammetti che siamo amici, mh?"

Ah, era stato beccato in flagrante.
Mentre si mordeva il labbro inferiore, cercando di non arrossire, Wade gli rivolse lo sguardo di chi la sapeva lunga per poi, di punto in bianco, addolcire la sua espressione.

"Penso di non aver mai incontrato una persona genuina come te." ammise, girandosi una patatina fra le dita "E poi, insomma, non voglio essere troppo gay a dire una cosa del genere, ma, ecco. Sei tipo, la prima vera persona che si preoccupa per me, sai? E, non so, ero... Ero davvero felice di vedere che fossi, sai, felice per me? Uh, ha qualche senso logico questa frase? Dimmi di sì, ti prego."

Il newyorkese fu colpito dalle parole dell'altro.
Aveva sempre avuto come l'impressione - e il discorso che stava facendo l'altro sembrasse volerlo confermare - che, nonostante fosse una persona amichevole con lui, in realtà fosse incredibilmente solo, e che avesse solo persone pessime a girargli intorno.
Lo trovava così assurdo! Anche uno come lui, che non era di certo un campione nel socializzare, aveva qualcuno su cui contare: Harry, Mary Jane, i suoi zii.
Possibile che nessuno ci tenesse a lui? I suoi genitori, per esempio?

"I tuoi..." disse in un sussurro, titubante, per poi farsi coraggio ed alzare lievemente la voce "I tuoi non si preoccupano? Non erano felici dei tuoi voti?"

Capì subito che avesse detto la cosa sbagliata, perchè avvertì immediatamente il gelo calare su di loro.
Wade abbassò lo sguardo, guardando un punto non ben definito, la mascella si indurì e non emise nessun suono per un bel po'-  tant'è che il moro iniziò a chiedersi se, quanto meno, respirasse.

"No." disse infine, posando nuovamente gli occhi su di lui - e Peter si irrigidì notando quanto spenti fossero ora i suoi occhi "Non penso siano interessati a questo genere di cose."

Come il più grande tornò a guardare davanti a sè, senza che la sua espressione cambiasse di una virgola, il newyorkese si sentì davvero un idiota per avere creato quella situazione.
Insomma, l'aveva invitato ad uscire e- e- ora era lì, con l'umore sotto i piedi.
Abbassò lo sguardo sconfortato, guardandosi i piedi.
E dire che voleva semplicemente che fosse una bella giornata, voleva che l'altro si divertisse e che non pensasse a niente.
Provò a schiarirsi la voce, nel vano tentativo di attirare la sua attenzione ma il canadese sembrava più intento a guardare davanti a sè - anche se era abbastanza sicuro che non fosse per niente interessato a vedere la pubblicità di un nuovo profumo.
Iniziò a tamburellare le dita sulla poltrona, frustrato dall'idea di non sapere come risolvere quella situazione.
Dopotutto, fra i due, non era lui quello chiacchierone e bravo a parlare della prima cosa che, letteralmente, gli passasse in mente.
Sospirando lievemente, abbassò lo sguardo notando come ancora l'altro giocherellasse con la patatina ancora fra le dita, in maniera frenetica e nervosa e a Peter venne improvvisamente in mente quando, quella volta in biblioteca, Wade l'aveva tranquillizzato facendo dei piccoli cerchi con le dita sulla sua mano.
Avrebbe dovuto fare lo stesso? Così sarebbe riuscito a tranquillizzarlo?

"Umh..." mugugnò in maniera titubante, sfiorandogli la mano con le dita in maniera goffa.

Per niente sicuro di se stesso e di quello che stava facendo, il suo tocco risultò incerto e titubante e il più piccolo era già in procinto di allontanare la mano, sperando che l'altro non si fosse accorto della cosa, quando, spostando lo sguardo, si accorse che gli occhi azzurri dell'altro erano puntati su di lui.
Dall'espressione fra il perplesso e l'incuriosito che gli stava mandando, sapeva che purtroppo era tardi per tornare indietro e che doveva dire qualcosa alla svelta.

"Tu, beh" balbettò ancora più in ansia "Ti, uh, piacciono i dinosauri?"

Fra tutte le cose che potevano frullare nella mente di Peter Parker, questa era decisamente la cosa più stupida che potesse mai tirare fuori, in una situazione del genere.
Pensò mentalmente ad un modo veloce e indolore per sotterrarsi lì, sul momento, quando notò un sorriso abbozzare sul viso dell'altro.

"Sì, non sono male ma gli unicorni sono decisamente meglio." mormorò con tono decisamente meno glaciale del precedente "Quindi è per questo che ti piace Jurassic Park? Per i dinosauri?"

Il newyorkese gli rivolse un sorrisetto imbarazzato, non potendo di certo dirgli che aveva scelto proprio quel film perchè non voleva che spendesse tanto per lui.
In quel preciso momento, tuttavia, ricordò che era un film che aveva avuto un certo significato per lui, in un certo senso.
Non aveva idea del perchè si dovesse ricordare di una cosa del genere proprio ora.

"Sì, io" sussurrò, con fare timido "Insomma, da piccolo era il mio film preferito, ne ero letteralmente fissato. Tant'è che mi regalarono un, uh, peluche. Di, sai, un t-rex che- mh- adoravo, al pari di un amico, credo. Cioè, insomma, lo portavo sempre con me ovunque, ci, emh, dormivo assieme... Mi aiutava davvero tanto, quando ero giù."

Si interruppe di colpo, sentendo la vergogna sopraggiungere e bloccargli le parole in gola.
Ora, fra tutte le cose che poteva raccontare al canadese, doveva dirgli per forza qualcosa di così imbarazzante e stupida?
Certo, quando era solo un bambino era stato un 'giocattolo' molto importante per lui, perchè l'aveva aiutato ad affrontare determinate cose quando non aveva nessuno, o quasi, al suo fianco ma era pur vero che non era esattamente una cosa che un adolescente condividerebbe così facilmente con chiunque.
Conosceva abbastanza il più grande da sapere che non l'avrebbe di certo preso in giro per una cosa del genere, ma non voleva che ai suoi occhi risultasse infantile e patetico.
Si chiese da quando, effettivamente, la sua opinione valesse così tanto.

"Peter" mormorò il diretto interessato, facendo un grosso sospiro e il newyorkese raggelò.

Non lo chiamò Petey Pie, come faceva di solito, nè usò qualche altro nomignolo discutibile.
Solo Peter.

"L'ho capito che l'hai fatto per distrarmi, non sono così scemo." continuò l'altro, scrollando le spalle "Ma davvero, non c'era bisogno di inventarsi una storia del genere."

Oh, pensava che se lo fosse inventato.
Si sarebbe dovuto sentire sollevato della cosa, visto che fino a due secondi fa se ne stava vergognando da morire, eppure si sentì male alle sue parole.
Poteva essere una cosa stupida - anzi, sicuramente lo era - ma Peter era uno che difficilmente si apriva e sapere che aveva fatto uno sforzo tale, fidandosi di Wade, per rivelargli qualcosa del genere per niente, lo faceva sentire umiliato.
E ora si sentiva ancora più stupido per sentirsi umiliato per un peluche.
Un peluche ed un dannato canadese.

"Non me lo sono inventato." borbottò stizzito, per poi pentirsene un secondo dopo.

Sperava che non l'avesse sentito - perchè in quella serata, mancava solo che lo vedesse offeso per un pupazzo che ormai non vedeva più da anni - ma lo sguardo sorpreso che si sentì addosso gli confermò che sì, aveva sentito e anche piuttosto bene.
Dannazione.
Avvilito da come stava procedendo l'intera serata, abbassò lo sguardo, decidendo che forse era il caso di spostare le mani di dosso dall'altro - contando che non era servita a nulla - quando sentì una lieve pressione.
Spostò nuovamente lo sguardo e vide l'altro stringergli la mano, per poi accarezzargliela dolcemente col pollice per un breve istante.
Il più piccolo rimase letteralmente spiazzato da quel tocco, così dolce e tenero, che sembrava fatto apposta per tranquillizzarlo.

"Non dovresti distrarti ora, Petey pie." disse il più alto con voce improvvisamente bassa, rivolgendogli uno dei suoi soliti sorrisoni, indicando poi lo schermo "Sta iniziando il tuo film preferito dell'infanzia. Cosa direbbe Spielberg se ti vedesse in questo momento? Vuoi dargli un tale dispiacere?"

Dette queste parole, Wade lasciò subito la presa per poi posizionare la mano a fianco a quella dell'altro, in un gesto puramente casuale.
Il newyorkese, rosso in volto, si chiese perchè il suo cuore stesse battendo così forte per quel gesto.

****************
La serata si rivelò più piacevole di quello che credeva.
Wade aveva riacquistato la sua solita parlantina e in ogni momento 'morto' del film, trovava sempre l'occasione per avvicinarsi a Peter e sussurrargli qualche battuta all'orecchio - che non fecero altro che aumentare la tachicardia e la confusione del povero ragazzo.
Fra i vari commenti, quello che attirò di più la sua attenzione era la confessione che anche lui aveva un peluche, con cui dormiva tutt'ora - 'e non solo' , aveva anche aggiunto il canadese e, come al solito, il suo sesto senso gli diceva che era meglio non saperne di più.
Era un unicorno, ovviamente, e si chiamava Charlie e qualcosa gli diceva che gliel'aveva detto di proposito, per non farlo sentire a disagio dopo la sua 'confessione' di poco prima.
Gli venne da sorridere a quel gesto, che lo fece riflettere : il canadese sembrava cercare di fare di tutto per farlo stare bene in ogni occasione, anche con dei piccoli gesti.
Si domandò da quando aveva iniziato a fare caso ai piccoli gesti dell'altro, in maniera così frequente almeno.

"Terra chiama Petey, ci sei?"

A distoglierlo dai suoi pensieri, la mano che l'altro sventolò ad un palmo dal naso, facendolo sussultare lievemente.

"Io- Uh- Sì, scusami." disse, sistemandosi gli occhiali  "Dicevi?"

"Dicevo," rispose, aprendo la porta del cinema facendo passare il più piccolo "Sembri tanto minuto e tutto, ma mangi quanto me! Cioè, ci siamo spazzolati tutto il cibo che tu non volevi dal bancone del cinema."

"Non è che non volevo, non volevo che tu me lo comprassi." borbottò, per poi alzare il sopracciglio "Stai forse dicendo che sono grasso?"

"Che? Nuh-uh, assolutamente." esclamò alzando le mani, in segno di resa "Ero solo sorpreso. Piacevolmente sorpreso. Solitamente, nessuno mangia quanto me, in quel senso."

"E pensa che avrei un po' di spazio anche per altro."

Si incamminarono fino all'ingresso del cinema, per poi fermarsi l'uno di fronte all'altro.
La fine del film aveva segnato la fine della loro uscita e il newyorkese si sentì giù di morale a quel pensiero.
Non è che non avrebbe più visto il biondo, visto che andavano a scuola assieme, ma non gli sarebbe dispiaciuto passare ancora un po' di tempo assieme.
Oh beh, ormai, la sua parte l'aveva fatta.

"Beh, allora ci ved--"

"Senti, Petey, pensavo-" lo interruppe Wade, passandosi una mano sulla nuca "Insomma, la notte è ancora giovane- no, non è ancora notte, ma sai- quello che volevo dire è- è presto, e mi domandavo se ti andasse di, sai, visto che hai detto che hai ancora un buco nello stomaco, di- sì, mangiare qualcosa assieme, ecco."

Peter stentava a crederci.
Dopo tutte le varie gaffe, i momenti imbarazzanti e quant'altro, aveva ancora voglia di passare del tempo con lui, sul serio? Non poteva che esserne felice.

"Certo, perchè n-"

"Pete?"

Appena sentì la voce provenire dalle sue spalle, il ragazzo appena nominato si irrigidì, voltandosi molto lentamente, riconoscendo all'istante chi l'avesse chiamato.

"Uh, ciao Harry." mormorò con un sorriso tirato, mettendosi al fianco di Wade.

Notò immediatamente che fosse con Mary Jane ed entrambi sembravano vestiti particolarmente bene : che fossero ad un appuntamento?

"Ciao ragazzi, qual buon vento vi porta qui?" mormorò il corvino con fare apparentemente pacato e amichevole. Il moro notò subito come stava squadrando Wade mentre diceva quelle parole, per non parlare del sorriso forzato che aveva in volto.

Non vedeva l'ora di allontanarsi immediatamente da lì.

"Stiamo facendo solo un giro." esclamò il biondo, che non fece nulla per nascondere il profondo astio che aveva nei confronti di Harry - e il più piccolo per un istante ebbe quasi paura che potesse dargli un pugno da un momento all'altro. "Vedo che sei impegnato con la tua ragazza, quindi, che ne pensi se vi lasciamo fare i piccioncini e andiamo via? Così evitiamo che il tuo bel faccino subisca una paralisi facciale, mh?"

Mary Jane ebbe l'ardire di ridacchiare a quelle battute, con il risultato di ricevere uno sguardo di puro astio dal suo fidanzato.
Qualcosa diceva al newyorkese che era meglio che se ne andassero alla svelta, prima che Wade ed Harry si prendessero a cazzotti sul serio.

"Sì, uh, forse è davvero meglio se noi-"

"Perchè piuttosto non vi unite a noi?" disse invece il corvino, posando nuovamente lo sguardo sui due "Peter magari si divertirebbe di più insieme ai suoi amici."

Okay, questo era decisamente troppo.
Sapeva che il suo amico voleva solo proteggerlo perchè, fra le altre cose, di Wade non si fidava, ma qui si esagerava.

"Harry, che diavolo dici ora?" sbottò di colpo Peter, alzando la voce "Anche Wade è mio amico quindi è ovvio che mi stia divertendo con lui, ti pare?"

Di colpo calò il silenzio e il newyorkese notò che i tre gli stavano lanciando strane occhiate.
Il primo sguardo che avvertì fu quello del corvino, che sembrò carico di disappunto e ulteriore astio nei confronti del canadese.
Lo sguardo di Mary Jane era, invece, fatto di pura sorpresa e curiosità ma immaginò fosse dovuto al fatto che fosse la prima volta che lo vedeva arrabbiato.
Ma lo sguardo che più di tutti lo mise in difficoltà - oltre a farlo imbarazzare da morire - era sicuramente quello del più grande.
Quasi poteva vedere i suoi occhi carichi di devozione ed aspettative farsi a cuoricino nel momento in cui l'aveva definito 'suo amico' e quindi, no, Peter non poteva più rimangiarselo.
Già se lo immaginava a breve dirgli cose alla 'Ah-ah, l'hai detto Petey pie, l'hai detto! Ora la prossima tappa è diventare amici del cuore' per tutto il resto della serata.

"... D'accordo, mi sono espresso male." commentò Harry, incrociando le braccia al petto, con tutto fuorchè uno sguardo ricolmo di dispiacere "Ma la mia proposta rimane valida. Perchè non usciamo tutti assieme? Se siete già andati al cinema, possiamo andare da qualche altra parte, dove preferite voi."

"Ma- come scusa?!" protestò la rossa, parandosi davanti "Come sarebbe a dire? Mi avevi promesso che saremo andati al cinema insieme, noi due soli! E' da una vita che aspettavo questa uscita!"

Inutile dire che i due si misero a litigare di fronte a degli ignari passanti che non persero tempo a osservare la situazione, incuriositi dalla lite fra i due e il newyorkese si ritrovò a sospirare pesantemente.
Cavolo, quanto stava odiando questa situazione.
Oltre a sentirsi a disagio per tutti quegli sguardi, si stava sentendo in colpa, sentendosi il responsabile di queste discussioni fra loro.
Perchè doveva finire in questo modo? Voleva solo stare in pace, senza far preoccupare nessuno.
Invece finiva puntualmente per o far preoccupare da morire Harry o rovinare gli appuntamenti di Mary Jane.
Sembrava non ci fosse soluzione al problema.
... Forse sarebbe stato meglio mettersi d'accordo per fare un'uscita loro quattro, cercando di trovare un modo per accontentare i due, in qualche modo.

"Petey?"

Sentendo la voce del biondo, si voltò, accorgendosi in quell'istante che istintivamente aveva stretto un pezzo di stoffa della manica della giacca del canadese.
Si sentì uno stupido al suo stesso gesto. Non voleva sempre aggrapparsi a lui, quando stava male. Non voleva pesargli.

"Ah-" mugugnò, con voce stanca "Scusami, io...-"

Fece per togliere la mano ma Wade lo prese in contropiede, stringendogliela di colpo, facendogli allargare gli occhi dalla sorpresa.

"Beh, è stato bello seguire le vostre liti coniugali degne di Beautiful ma, sinceramente, mi avete rotto il cazzo." esordì Wade, senza troppi giri di parole "Quindi, se non vi dispiace, potreste togliervi di culo, che dovremo passare, mh? Lo avete messo anche fin troppo in imbarazzo."

I due fidanzati smisero di colpo di litigare, abbastanza sorpresi dalle parole dell'altro che, come aveva annunciato, si fece strada fra i due trascinando il più piccolo con sè, senza lasciargli la mano.
La cosa non passò inosservata ad Harry.

"Scusami? In imbarazzo?" esclamò rabbioso - e in quel momento il moro decise di mettersi il cappuccio, in un vano tentativo di nascondere la faccia "Fra i due non sono di certo io quello che lo tiene per mano, davanti a tutti, sapendo benissimo che non ha quel genere di inclinazioni!"

Calò il silenzio fra loro quattro mentre il chiacchiericcio fra i passanti aumentò pericolosamente - davvero, nessuno sapeva farsi i cavoli propri nel Queens, quando serviva?!
Se Peter non stesse valutando davvero l'opzione di buttarsi sotto una macchina, si chiese che diavolo frullasse nel cervello dell'amico.
Qua si andava decisamente oltre l'essere iperprotettivo!

"Che- Harry, sei impazzito? Lui non è--"

"... Oh. Quindi è questo?" esclamò il canadese, mettendosi una mano sulla guancia, formando una 'o' con la bocca, in un'espressione di finta sorpresa "Ce l'hai con me per pura e semplice omofobia?"

Prima che l'altro potesse controbattere, il più grande mollò la presa della mano del moro, avvicinandosi pericolosamente al corvino.
Il newyorkese sbiancò, terrorizzato che potessero picchiarsi da un momento all'altro e, dallo sguardo che incrociò della rossa, sembrò che la pensasse allo stesso modo.

"Senti Perry." sibilò Wade, a denti stretti.

"Harry." lo corresse l'altro, che sembrò perfettamente tranquillo, nonostante la situazione.

"Perry, ascolta." continuò imperterrito, ignorando le sue parole "Se non prendo a pugni quel visino del cazzo che ti ritrovi, devi ringraziare la presenza di Peter che, per qualche oscura ragione, sembra tenerci particolarmente a te. Detto ciò, il fatto che mi piaccia il cazzo non è affar tuo. Chiaro, mh? E magari fatti due domande. Tanto immagino avrai capito di cosa sto parlando, no?"

Il biondo gli fece l'occhiolino, per poi allontanarsi mentre Harry, pian piano, diventò rosso dalla rabbia ma a quel punto, fortunatamente, intervenne tempestivamente la ragazza, che lo allontanò, stringendolo dal braccio.
Wade osservò con uno sbuffo la scena, per poi prendere nuovamente per mano Peter e trascinarlo via e lui, dall'altra parte, non oppose nessuna resistenza.
Fra il terrore e la confusione che stava provando in quel momento, non era in grado di ragionare questo granchè ma , doveva ammettere a se stesso che c'erano delle cose che non quadravano in tutta quella storia.
In primis, non capiva il corvino.
Era sempre stato protettivo nei suoi confronti e, alcune piacevoli situazioni, l'avevano reso ancora più protettivo ma addirittura omofobo? Che diavolo, l'amico d'infanzia che conosceva non gli sarebbe passata neanche nell'anticamera del cervello di giudicare qualcuno in questo modo, che fosse per l'orientamento sessuale, la religione o quant'altro.
E poi, che voleva dire Wade con quel discorso? C'era qualcosa che non conosceva? Ed era per questo che l'amico sembrava odiare così tanto il biondo.
Ma c'era una domanda che, per qualche oscuro motivo, fra tutte le cose successe, tormentava la sua mente: Wade era davvero gay?


//Eccoci di nuovo qui, ragazzi <3
Visto il ritardo, ho deciso di allungare il capitolo, spero gradirete la cosa :3
Fatemi sapere cosa ne pensate <3 ((10 punti alla vostra casata se trovate il riferimento all'unicorno di Wade (....)))

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6° Capitolo ***


Irresistible06 ● In questa fanfiction, NON si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a quello dei fumetti;
● I personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.


6° Capitolo.




Il sole stava tramontando nel Queens, colorando il cielo di varie tonalità di arancione, segno che a breve sarebbe calata la sera.
Le persone iniziavano a stringersi nelle loro giacche, per via del freddo che caratterizzava quelle ore, radunandosi intorno ai mezzi pubblici per tornare a casa, chi dal lavoro e chi dalla scuola.
Insomma, una serata come un'altra, se non fosse che era la serata peggiore nella vita di Peter Parker.
Okay, non esattamente la peggiore in assoluto ma era entrata nella top ten.
Dopo essersi liberato dalla morsa di Wade - ed era abbastanza sicuro che, se non l'avesse fatto, la sua mano si sarebbe quantomeno rotta - il newyorkese, irritato e frustrato, decise che non aveva più voglia di uscire e che voleva solo tornarsene a casa.
La cosa che non si aspettava, tuttavia, era che il canadese potesse insistere per accompagnarlo.
Appena uscito da un'affollatissima metropolitana, il moro si prese un attimo per dare un'occhiata al suo amico: aveva smesso di rivolgergli la parola e ogni tanto gli lanciava delle occhiate tristi e desolate, come se non sapesse come comportarsi in quella situazione.
Quando poi lo sentì sempre più spesso borbottare da solo con fare sconsolato, Peter si ritrovò a sospirare, riflettendo sul fatto che forse era il caso di parlargli, prima che andasse completamente in tilt.

"... Sai, se vuoi tornare a casa, puoi farlo." disse stancamente, facendo spallucce "Insomma, casa mia è davvero a pochi passi da qui, non c'è bisogno che mi riaccompagni."

A quelle parole, Wade sbiancò, con fare quasi terrorizzato e il più basso provò istintivamente una fitta dolorosa al petto nel vederlo in quello stato.
Era questo ciò che chiamavano 'empatia'?

"Oh andiamo, non ti sto mica abbandonando sul ciglio della strada!" esclamò con uno sbuffo, tirandogli la guancia, facendo sussultare l'altro "Era per non farti perdere tempo se, sai, devi tornare a casa."

A quelle parole, il canadese si illuminò, rivolgendogli un sorriso storto, come se non aspettasse altro che quelle parole.

"Nu-uh Petey, rimango. E se ti rubano? Poi come faccio senza di te??"

Nonostante stesse scherzando, un lieve rossore colorò il viso di Peter che si ritrovò ad abbassare lo sguardo, iniziando poi a camminare verso casa, seguito a ruota dall'altro.
Mentre percorrevano la strada insieme, tornò nuovamente il silenzio fra loro ma gli sguardi che ora sentiva addosso, erano sicuramente più vispi ed incuriositi rispetto a prima e il più piccolo sperò con tutto il cuore che quell'atmosfera imbarazzante cessasse all'istante.

"Quiiindi... Il tuo 'amico' Harry è una persona abbastanza 'particolare', mh?"

Okay, il newyorkese doveva fare attenzione a quello che desiderava.
Decisamente, non era dell'umore di parlare di qualcosa del genere.

"Mh." mugugnò il newyorkese, facendo spallucce "Un po' come te."

A quelle parole, il canadese si fermò di botto, allargando la bocca per formare una grossa 'o'.
Tono indignato tra 3, 2, 1-

"Peter Parker!"

Ecco, appunto.

"Come osi paragonarmi ad un idiota del genere? Sono molto, molto deluso da te, signorino!"

Dal tono che utilizzò, il newyorkese capì che non era arrabbiato con lui ma si vedeva che, sotto sotto, c'era rimasto un po' male per quel commento.
Dopotutto, anche Peter ormai lo conosceva piuttosto bene.

"Non vi paragono." obiettò il più piccolo, roteando gli occhi "E concordo che sia stato un idiota. Ma questo non toglie che lo sia stato anche tu."

Continuarono ad avere quella sorta di battibecco finchè, finalmente, il newyorkese non arrivò a casa sua.
Ah, casa dolce casa.
Certo, era una casa piuttosto vecchia e malandata ma era pur sempre casa sua, ormai.
A quel pensiero, Peter si appuntò mentalmente di dire a zio Ben di riverniciarla assieme i muri di casa, visto che stavano perdendo colore.

"Beh, sono arrivato. Ora puoi andare, ci vediamo a scuola."

Il newyorkese lo salutò con la mano, per poi fare quei tre scalini che lo separavano dalla porta d'ingresso.
Arrivato davanti alla porta si voltò, poggiandosi allo stipite del portone con la spalla, per poi fissare per un breve istante il suo amico che ora lo guardava con fare interrogativo.

"Sai..." confessò il ragazzo, guardandolo con sguardo triste "Non volevo che finisse così, davvero. Mi sono divertito con te, al cinema."

Il biondo allargò gli occhi a quelle parole, guardandolo con sguardo di puro stupore.

"Peter, io-"

"Tranquillo, non devi dire niente."

Peter sospirò, passandosi una mano fra i capelli, con fare sconfortato, per poi accennare ad un lieve sorriso, apprendo l'ingresso di casa.

"Ciao Wade."

Prima che l'altro potesse replicare, il moro entrò chiudendo immediatamente la porta alle sue spalle.
Fece aderire la schiena sulla porta, per poi guardare in basso, in un punto non ben preciso.
Forse era meglio che fosse finita così la serata.
Insomma, aveva provato delle sensazioni strane in presenza del suo amico e non era sicuro che volesse approfondire la cosa, ora come ora.

"Tesoro, sei a casa?"

In quel momento, apparve una donna sulla sessantina, che portava dei lunghi capelli raccolti ordinatamente in una crocchia, con un lungo vestito blu e un grembiule bianco legato sopra i fianchi.

"Sì zia May, sono a casa." esclamò il moro, avvicinandosi a lei, cercando di sorriderle "Dov'è zio Ben?"

"E' andato a fare una commissione, tornerà presto... Mh?"

La donna lo osservò per un lungo istante, per poi posare le mani sulle sue guance, accarezzandole con affetto.

"Tutto okay? Mi sembri un po' giù." disse, rivolgendogli un sorriso ricolmo d'affetto "Successo qualcosa stasera?"

Il ragazzo tacque per un breve, fissando la donna, indeciso su cosa dirle o meno.
Alla fine allargò il sorriso, decidendo che non era il caso di allarmarla per qualcosa di così stupido.

"Non ti preoccupare, sono solo un po' stanco."

La zia alzò un sopracciglio a quelle parole, per nulla convinta, ma tacque e Peter la ringraziò mentalmente per la cosa.

"... Va bene. Nel caso sai che io e zio Ben siamo qui per te, va bene? Ora su, vai a cambiarti, la cena sarà pronta fra un'ora."

E dopo che May lo strinse a sè, regalandogli un bacio in fronte, improvvisamente i suoi ricordi andarono a quell'uscita, prima che venisse rovinata da quella stupida litigata e, in particolare, alla sensazione delle mani di Wade sulle sue.
Strinse gli occhi, affondando la testa sulla spalla della zia, cercando di cacciare via quei pensieri, che lo fecero avvampare all'istante.
Sì, dopotutto, era meglio che fosse finita così.

****************

Come volevasi dimostrare, non c'era nulla che la torta di mele della zia non potesse risolvere, infatti ora si sentiva decisamente meglio.
Salì pigramente le scale, sbadigliando rumorosamente diretto verso camera sua e, arrivato a destinazione posò lo sguardo sulla sua scrivania, dove aveva abbandonato il suo cellulare appena era tornato a casa.
Mentre si grattava la pancia con fare svogliato, accese il cellulare, per poi storcere il naso per i tanti messaggi arrivati in chat che quasi glielo mandarono in palla.
La maggior parte dei messaggi erano di Harry e potevano essere riassunti in 'sono mortificato per quello che è successo ma è colpa di Wade' - e Peter decise che non aveva voglia di rispondergli, ora come ora - e alcuni messaggi di Mary Jane, in cui gli chiedeva se stava bene e affermava che Harry era un cretino.
La cosa che notò istintivamente era che, al contrario dei suoi amici, Wade non gli aveva mandato neanche un messaggio.
Okay, non era di certo obbligato ma, insomma, poteva dirgli quantomeno che era tornato a casa o qualcosa del genere.
... Che forse non fosse tornato a casa?
Insomma, visto le sue abitudini, magari... Magari ora era con qualche altra ragazza o ragazzo.
A quel pensiero, strinse istintivamente il pugno, sentendo la pancia contrarsi dolorosamente.
Non è che non lo sapesse, aveva sempre saputo com'era fatto il canadese, quindi, perchè proprio ora gli faceva male...?
A farlo sussultare dalla sorpresa, l'ennesima vibrazione del cellulare, segno che era arrivato un altro messaggio e, sconfortato, si accorse che era nuovamente di MJ.

《 Sai Pete, devo confessarti che mi hai sorpreso prima. Non ti ho mai visto così irritato. Ti deve piacere davvero tanto Wade.》

Appena lesse quel messaggio, il newyorkese allargò gli occhi dallo stupore, per poi rileggere più e più volte ciò che gli aveva scritto.
Credeva che lui per Wade--?
Un enorme tonfo alla sue spalle lo ridestò dai suoi pensieri o, meglio dire, lo terrorizzò a morte.
Che diavolo era?!
Si guardò intorno, credendo che qualche libro o simile gli fosse caduto, ma non notò niente di strano intorno.
Iniziò a grattarsi nervosamente le mani, che erano diventate improvvisamente sudate: che se lo fosse sognato...?
Un altro tonfo, oltre a spaventarlo a morte, gli fece capire che, no, non se l'era sognato.
Si irrigidì immediatamente, iniziando ad andare nel panico all'idea che potesse essere entrato qualcuno in casa e iniziò a valutare l'idea di chiamare quantomeno i suoi zii, quando scoprì che quel tonfo proveniva dalla sua finestra : sembrava che qualcuno stesse lanciando qualcosa.
Gradualmente, il suo terrore si tramutò in pura irritazione.
Chi diavolo faceva questi scherzi cretini a quell'ora? Volevano rompergli la finestra per caso??
Senza pensarci due volte, con le mani ancora tremanti dal terrore, aprì la finestra, per poi affacciarsi.

"CHI DIAVOLO--??"

"Ehii Rapunzel, sciogli i tuoi capelli!"

Il newyorkese rimase a bocca aperta, fissando la scena che si presentava sul prato di casa sua, stentando a credere ai propri occhi: c'era Wade con un sorriso gongolante, le braccia alzate e fra le mani una scatola della pizza.
Non importava quanti pizzichi si desse sul braccio, sembrava tutto abbastanza reale.

"WAD-- Wade..." mormorò in tono di voce più basso, rendendosi conto che i suoi zii - e probabilmente mezzo vicinato - stavano dormendo "Che ci fai qui? Non dovresti essere a casa invece di lanciare sassolini contro le finestre altrui?"

"Petey, pensavo a quello che hai detto." rispose il canadese "E, sai, neanche io volevo che finisse così. E, insomma, mi sono arrangiato eee niente di meglio di una buona pizza per scaldare gli animi, giusto? ... Anche se ora non ho la più minima idea di quanto possa essere ancora calda, a pensarci."

Il moro non poteva crederci.
L'amico aveva fatto chissà che giro assurdo per il Queens, al buio e al freddo, solo per prendere una pizza da mangiare con Peter sotto casa? Perchè neanche a lui era piaciuto come era finita la loro serata?
Il suo cuore iniziò a battere all'impazzata a quel pensiero, al pensiero di quanto potesse essere stupido il suo amico.

"... Allora? Mi dai un'altra possibilità? O mi lasci mangiare la pizza in solitudine, e con fare triste e sconsolante? Avresti il cuore di lasciarmi qui agonizzante da solo?"

"B-Beh..." balbettò in preda all'emozione, trovando una grossa difficoltà a formare una frase di senso compiuto "... Alla, uh, alla pizza non... Non posso dire di no, per cui... Dammi, dammi qualche minuto, okay?"

Dopo che vide l'altro annuire velocemente con la testa,  Peter chiuse la finestra, fissando per un lungo istante il pavimento, per poi rannicchiarsi , cercando di contenere le emozioni che stava provando in quel momento.
Insomma, era solo Wade, no? Con della pizza. Dell'ottima pizza, almeno sperava per lui.
E non è che ci fosse chissà che significato speciale della sua presenza lì e, anche se fosse, non avrebbe dovuto importargliene più di tanto. Giusto?
Rendendosi conto che stava ancora tremando, optò per andare prima al bagno, per sciacquarsi un attimo la faccia e magari darsi una calmata.
Facendo il minimo rumore, si chiuse nella stanza, aprendo il rubinetto e lavandosi la faccia con acqua gelida, per poi fissarsi per un istante allo specchio, cercando di darsi una sistemata ai capelli.
Sbuffò poi frustrato, accorgendosi che, più toccava i suoi capelli e più questi si scompigliavano, inesorabilmente.
Abbassò poi lo sguardo, fissando il suo pigiama primaverile che gli stava quanto meno tre volte tanto - preso super scontato ai grandi magazzini - con il funghetto di Super Mario e la frase 'I need a power up' e notò quanto sfigato sembrava in quel momento ma, ehi, non è che potesse andarsi a comprare abiti firmati.
Abbassò poi lo sguardo, notando l'abbinamento con i calzini blu con lo stemma di Capitan America e le ciabatte e storse il naso.
Quanto meno, poteva mettersi delle scarpe più decenti, prima di raggiungere il suo amico che era impaziente di incontrare per qualche oscuro motivo.

****************

"Quindi... Come hai fatto a sapere dove fosse camera mia?" chiese Peter, appena si sedette sulla panchina vicino casa, sistemandosi di fianco al canadese "Non potevi mandarmi semplicemente un messaggio?"

"Allora, innanzitutto, sono andato a caso," ribattè l'altro con fare orgoglioso - e il newyorkese ringraziò mentalmente il fatto che i suoi zii dormissero dall'altra parte della casa - " E... Beh- UH. Dovresti conoscermi abbastanza da sapere che non sempre penso prima di agire. Anzi, diciamo che non lo faccio mai."

Il newyorkese roteò gli occhi a quelle parole, lì per lì per fargli qualche commento irriverente, quando il suo sguardo venne catturato dalla scatola della pizza poggiata sulla gambe dell'altro appena aperta e, immediatamente, i suoi occhi si fecero a cuoricino.
Il biondo non solo ne aveva presa una gigante ma l'aveva anche condita parecchio, infatti poteva vederci sopra patatine fritte, prosciutto, salame, wurstel... Era tutto bellissimo, tranne per l'angolino dove c'erano i peperoni.

"I peperoni li mangi tu, sì?" chiese innocentemente, prendendo con nonchalance il pezzo più ricolmo di condimenti "A proposito, quanto ti devo?"

"Niente, signor odiatore di verdure." rispose il canadese, ricevendo immediatamente un'occhiataccia dal più piccolo "Ma cosa più importante: hai davvero così freddo? Seriamente?"

Peter lo fulminò con lo sguardo a quelle parole, osservandolo poi togliersi la giacca, rimanendo in t-shirt , per poi prendere un pezzo di pizza come se nulla fosse.
Erano arrivati in quel periodo dell'anno nella quale, durante tutta la giornata faceva caldo ma, quando calava la sera, le temperature si abbassavano drasticamente, tant'è che prima di uscire il newyorkese si era fermato davanti all'ingresso fissando l'enorme ma davvero misero giaccone di zio Ben e il poco virile ma caldo cardigan rosa con i fiori di zia May, meditando attentamente quale sarebbe stato adatto per quella giornata.
Sfortunatamente era un adolescente stupido che aveva paura di sembrare troppo sfigato così, stringendosi al giaccone, sospirò.

"Giàà, pensavo che lo soffrissi anche tu, sai, come i comuni mortali, visto che ti sei portato una giacca..." borbottò sarcasticamente, poggiando i piedi sulla panchina, per poi stringersi le gambe mentre continuava a mangiucchiare.

"Comuni mortali? PFFF." esclamò, mordendo un pezzo di pizza con fare stizzito "Questo è niente in confronto al Canada. E poi sai, pensavo potesse servire al cinema."

"Per?"

"Beeeeeeh sai."

Il biondo roteò gli occhi, masticando molto lentamente, per poi fare spallucce.

"Solitamente, nei cinema fa freddo per, boh, condizionatori a palla senza alcun motivo apparente. Sono dei gran sadici, non trovi? Fanno di tutto per farti ammalare e-- beh, insomma, ho pensato che magari te l'avrei potuta prestare se, uh, ne avessi avuto bisogno. Sai, ho preso spunto dalle commedia romantiche."

Il più piccolo alzò un sopracciglio a quelle parole, trattenendosi dal sorridere.

"E tu segui i consigli delle commedie romantiche da...?"

"Da sempre, Petey. Sempre." rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo, per poi dare un'occhiata al moro, che si stringeva sempre di più a se stesso "Ad ogni modo. Visto che tu hai freddo, io ho una giacca e i clichè sono sempre belli... La vuoi? Tanto non mi serve."

Indicò la sua giacca per poi guardare il più basso, rivolgendogli un sorrisetto furbo.

"... O preferisci stringerti forte forte a me? Sono un calorifero umano, davvero. Wade Wilson 2.0 al tuo servizio. Poi però non ti staccherai più, ti avviso!"

A quelle parole, Peter sbuffò, finendo di mangiare l'ennesimo pezzo di pizza.
Pensava davvero di metterlo in difficoltà con così poco?

"Non ti preoccupare, sto bene con questo enorme e caldo giaccone." mentì, per poi stringersi nelle spalle "Proprio un peccato che tu non mi abbia offerto prima la giacca. Sarebbe stata perfetta."

A quelle parole, il più grande lo guardò oltraggiato e gli mise il broncio, tornando a borbottare fra sè e sè, per poi poggiare la scatola vuota di pizza sul lato vuoto della panchina.
Il newyorkese ridacchiò a quella scena, fissandolo poi di sottecchi con un lieve sorriso perchè, diciamolo, quelle parole l'avevano colpito, in fondo.
Diciamo anche che l'avevano un po' intenerito.
Okay, quelle parole gli avevano davvero fatto piacere, anche se faticava ad ammetterlo.
Dopotutto, l'amico diceva davvero tante stranezze e chi mai porterebbe una giacca appresso, tutta la giornata, solo per poter fare il galante e dargli la giacca per non sentire freddo? Chi mai farebbe una tale adorabile scemenza?
... Beh, Wade Wilson potrebbe.
In quel momento abbassò lo sguardo e si accorse che fra il braccio e il fianco del biondo c'era abbastanza spazio per infilare il braccio di Peter.
Quel pensiero lo fece arrossire e fece per allontanarsi, quando vide lo sguardo del suo amico ancora imbronciato.
Forse... Avrebbe dovuto annullare quella distanza?
Insomma, il canadese sembrava tenerci tanto a lui e chiedeva in cambio solo un po' di considerazione e un po' di contatto fisico, quindi poteva farlo per una volta, no?
Così, senza pensarci due volte, infilò il braccio sull'apertura, in modo tale che stessero a braccetto.
Quell'improvvisa vicinanza e la consapevolezza del suo braccio attaccato al suo, lo fecero avvampare ulteriormente.

"Hai ragione, sei davvero caldo..." mormorò Peter, cercando di sembrare naturale, fallendo miseramente.

Era nervoso da morire ma, a quanto pareva, non era il solo.

"... Perchè quella faccia...?" continuò con fare insicuro, vedendo l'espressione sconvolta del biondo "Sei tu che mi hai detto che se volevo, potevo attaccarmi."

"... No! Cioè, uh, sì. Ammetto che non mi aspettavo una cosa del genere. Cioè, che avresti fatto qualcosa del genere."

A quelle parole, il più piccolo ammutolì mortificato e, nella più totale vergogna, provò ad estrarre il braccio ma senza successo.

"EHI! Dove scappi!" esclamò l'amico offeso, stringendo la presa del braccio "Non ho mica detto che mi da fastidio, anzi! Lo sai che amo il contatto fisico. Pensavo solo che, mh, insomma, non sei amantissimo di queste cose e pensavo ti desse fastidio? Che non lo odi completamente è bene. Anzi. Sai cosa? Ha senso che ora possiamo permetterci determinate cose. Sai perchè?"

Wade lo fissò per un istante, come se fosse indeciso se fare o meno qualcosa ma poi, alla vista dello sguardo fra il confuso e l'incuriosito del moro, gli sorrise ampiamente, per poi inclinare la testa, affondando la guancia fra i capelli di Peter.

"Perchè ora siamo ufficialmente amici del cuore."

A quelle parole e a quel gesto - soprattutto a quel gesto - il rossore del più piccolo si espanse fino alle orecchie e la testa iniziò a girargli, per via di tutte quelle emozioni che stava provando.
Successivamente, venne inebriato da un odore dolciato già sentito prima e lo riconobbe come quello sentito qualche tempo fa su Wade e prese consapevolezza di quanto fossero vicini in quel momento, quanto il suo collo fosse vicino.
Che cavolo stava pensando in un momento simile?!

"... Non ho mai detto che siamo amici del cuore." borbottò il moro, cercando di darsi una calmata, cercando di ignorare quella situazione "Ed esattamente, ti stai strusciando fra i miei capelli perchè...?"

"Ho sempre sognato di affogarci dentro." confessò l'altro in tono sognante, chiudendo gli occhi "Ho sempre visto i tuoi capelli come delle nuvole soffici. Ho sognato anche di mangiarli. Letteralmente. Sapevano di cioccolato, se proprio vuoi saperlo."

Fece per obiettare a tutte quelle assurdità - come, ad esempio, che le nuvole non fossero morbide, in quanto costituite da vapore acqueo e che non potessero avere un sapore specifico - quando sentì l'altro accarezzargli i capelli.
Lì per lì si irrigidì appena, più dalla sorpresa che altro, per poi gradualmente rilassarsi sotto quelle piccole attenzioni.
Scoprì infatti che non solo amava essere toccato fra i capelli ma che il canadese era davvero bravo in quel genere di effusioni.
Inizialmente passava una mano fra i capelli, con fare casuale, poi iniziava a prendere alcune ciocche fra le dita, accarezzandole verso la punta.
La cosa che stupì di più il newyorkese era che il suo tocco era davvero delicato e dolce ma anche molto cauto, come se avesse paura di fare male all'altro.
Lentamente, si ritrovò a socchiudere gli occhi, e sentì i suoi pensieri farsi più chiari e lineari, non più agitati come prima.
Mentre stava per addormentarsi, si chiese se concedesse a qualcun'altro quel genere di effusioni.
Se con altri ragazzi e ragazze fosse così affettuoso.

"Ti comporti così anche con gli altri?"

Immediatamente, Wade smise di accarezzarlo e si staccò e Peter si sentì un cretino.
Proprio ora doveva pensare alle parole di Harry? Doveva per forza rovinare il momento per una sua stupida curiosità?
Okay, niente panico.
Magari l'amico non aveva collegato. Forse, se fosse stato abbastanza fortunato, avrebbe potuto pensare che si riferisse agli amici, in generale. E magari-

"Stai pensando a quello che ha detto il tuo amico?"

Ovviamente, non era una persona baciata dalla fortuna anzi, era più probabile che gli avesse sputato in un occhio.

"... Scusami, sono un idiota." esclamò con fare dispiaciuto, abbassando lo sguardo "Non volevo metterti in difficoltà con domande del genere. Perdonami, io-"

"Cos- Ma che dici, Petey pie!!"

Improvvisamente, il canadese si staccò dal suo braccio, solo per stringerlo di lato e attaccare la guancia alla sua, facendo avvampare immediatamente l'altro.

"Non è mica un segreto! Davvero. Cioè. Anzi. Non credevo che non l'avessi ancora capito."

"... Ho capito, ma ti sposti?" esclamò il più piccolo disperato, cercando di spostargli la faccia con la mano.

L'altro fece immediatamente come gli era stato detto, ridendosela di gusto, per poi guardarlo, inclinando il capo.

"Davvero non l'avevi capito?"

Il moro lo guardò confuso, tornando ad abbracciarsi le gambe.

"Io..."

Di colpo, nella mente gli affiorarono vari ricordi come, ad esempio, alcuni apprezzamenti sui suoi professori, sguardi - che Wade lanciava credendo di non essere visto - ai sederi di alcuni suoi compagni, i cerotti con gli unicorni, gli unicorni in generale.

"... A pensarci ora, non è che non me l'avessi mai fatto capire. Mh..." ammise, per poi roteare gli occhi nella sua direzione "Però quando parli delle tue..."

Fece una pausa, iniziando ad agitare nervosamente le mani, non sapendo come esprimersi.

"...Emh, 'conquiste'." borbottò, facendo ridere il biondo "Tu hai sempre e solo nominato ragazze, quindi..."

Il più grande tacque per un istante, pensieroso, poi poggiò la schiena sullo schienale della panchina, posando le mani dietro la nuca.

"Non ho mai avuto delle, sai, preferenze." esordì il ragazzo, alzando lo sguardo verso il cielo "Se trovavo un ragazzo carino, andavo con un ragazzo carino. Se trovavo una ragazza carina, andavo con una ragazza carina. Alcune volte, neanche dovevo scegliere, come quella volta che ero con questi due e io-" si bloccò, notando l'occhiataccia del moro "Oh andiamo, anche questo è esplicito per te? Lo riferirò al mio avvocato." rise di gusto, per poi continuare "Tuttavia, ammetto che non sono stato troppo chiaro su quel punto, perchè- insomma- non credo di- uh, di esserti stato simpatico all'inizio, mh? E, insomma, non ero sicurissimo che tu-"

I lineamenti di Peter si ammorbidirono e gli rivolse uno sguardo ricolmo di dispiacere.

"Wad-"

"No no no no no, cioè, lo so che è assurdo, okay?" lo interruppe l'altro, inclinandosi nuovamente, guardando in basso e gesticolando freneticamente con le mani "Cioè, ti ho fatto tutti quei commenti ambigui e e e tutte quelle uscite strane e, sai, è scappata anche una mezza cosetta con uno dei tizi che prima ti scocciavano ma, sai, è strano, perchè ho conosciuto tante persone ma di te- di te ho , insomma, timore che tu mi possa o--"

Il più grande si interruppe subito nel momento in cui il più piccolo gli strinse le mani, guardandolo con un sorriso rassicurante.

"Non è assolutamente un problema." gli disse semplicemente, in tono basso e tranquillo.

"... Sì?" chiese l'altro, dopo qualche attimo di silenzio "Anche se sono molesto, mi appiccico e sogno di mangiarti i capelli?"

"Certo." rispose con sincerità, accarezzandogli con dolcezza le mani "Ma non puoi mangiarmi i capelli. Non sanno di cioccolato e non voglio diventare calvo."

Risero entrambi di gusto per poi rimanere in silenzio per un po' finchè, ad una certa, il biondo ricambiò la presa dell'altro.

"Però... Sai... Andare con gli altri, insomma, è divertente ma - Penso mi stia annoiando, cioè- quello che voglio dire è- non sono più stato con nessuno. Cioè, da un po', ecco."

A quella confessione, Peter lo guardò incuriosito ma dovette ammettere che, nonostante fosse dell'idea che l'amico dovesse vivere la vita come meglio credeva, si sentiva molto più tranquillo all'idea che non frequentasse nessuno in quel senso... In tutti i sensi.

"... E c'è un motivo per questa scelta?"

A quella domanda, il canadese allargò lievemente gli occhi, guardando poi Peter, il quale si sentì confuso dalle sue stesse parole.
Perchè, nonostante non avrebbe dovuto importargliene, era così curioso della vita privata dell'amico? Perchè lo faceva stare così male l'idea che potesse stare con qualcuno e lo rassicurava l'idea che non avesse nessun altro?
Improvvisamente però, tutte queste idee sembrarono andare in secondo piano.

"No, aspetta. " disse il moro, prima che l'altro potesse rispondergli "In che senso 'ti è scappata una mezza cosetta con uno dei tizi che mi scocciava'? Che hai combinato?? E con chi?"

Il più grande rimase in silenzio per un breve momento, rivolgendogli un sorriso nervoso, per poi appoggiarsi nuovamente sui capelli dell'altro come se nulla fosse.

"Viiisto che ora siamo amici e siamo in tempo di confessioni." disse, ignorando la domanda dell'altro che sbuffò "Non sarebbe forse il caso di spiegarmi che è successo con Harry? Perchè scappavi da lui come se fosse la peste?"

Il più piccolo allargò la bocca a quelle parole, scrollando le spalle : ancora non si era arreso con quella storia?

"... Giuro che non capisco perchè ne sei così ossessionato."

"Petey pie, ora che siamo amici." sottolineò la parola in tono diverso, allargando il sorriso "E' ovvio che debba sapere tutto anche dei tuoi amici. E se si è comportato in maniera pessima nei tuoi confronti? Devo saperlo. Dopotutto, siamo amici, l'hai detto anche tu,no?"

Peter alzò gli occhi al cielo - almeno, più che potè visto che l'altro sembrava essersi affezionato alla sua testa - e sospirò : sapeva che si sarebbe pentito di averlo detto.

"Se te lo racconto." disse, con fare arrendevole "Prometti che poi farete pace?"

Wade allargò di colpo gli occhi, spostandosi da quella posizione, guardandolo oltraggiato.

"Cosa?! Con uno come lui?? Io no--"

"Wade, te lo dico una volta e poi mai più." esclamò , incrociando le braccia al petto "Si è comportato male, è vero. Ma non sei stato un santo neanche tu. Poi è vero, parlando in percentuali, lui ha il 90% della colpa, non c'è dubbio ma potevi benissimo ignorarlo, invece di rispondere alle sue provocazioni."

Il biondo tacque, in difficoltà, guardandolo con un adorabile broncio in viso.

"... Ma lui..."

"E' un cretino, lo so." ammise Peter, annuendo con la testa "Ma ti sembra il caso di diventarlo anche tu?"

Rimasero per un istante a fissarsi e, alla fine, il canadese sbuffò.

"D'accordo, d'accordo..." borbottò, poco convinto "Non posso dirti di no, uff. Spero per te che non abbia fatto nulla di grave."

"Non l'ha fatto. Anzi, è davvero una cosa stupida."

Peter sospirò, preparandosi al discorso e l'amico rimase in silenzio, in attesa che l'altro parlasse.

"... Devi sapere che io..." mugugnò, abbassando lo sguardo imbarazzato "... Avevo una cotta per Mary Jane. Insomma, si è trasferita qui vicino da sua zia verso le elementari- e, insomma, le nostre zie erano amiche e quindi ci frequentavamo anche noi e- sì, alle medie mi accorsi di avere una gigantesca cotta per lei."

Fece una pausa, passandosi una mano fra i capelli ormai completamente sparpagliati per colpa dei vari trattamenti ricevuti nel corso della serata.

"In quel periodo divenni anche grande amico di Harry e... Verso la terza media gli confessai questa mia cotta. E, insomma, all'inizio sembrava andare tutto bene. Cercava di aiutarmi a starle più vicino. Uscivamo tanto insieme noi tre. Ma..."

Strinse lievemente gli occhi, mordendosi il labbro inferiore.

"Di colpo divennero strani, come se nascondessero qualcosa. All'inizio del liceo scoprii semplicemente che la cosa che mi stavano 'nascondendo' era che si erano messi assieme. Li scoprii perchè li vidi baciarsi nel corridoio della scuola."

Senza guardarlo negli occhi, rialzò lo sguardo, non sapendo bene che dire. Questa storia era l'emblema della pateticità e non si sarebbe sorpreso se Wade l'avesse preso in giro, dopo questa storia.

"Ma che stronzo!"

Il moro si voltò verso l'altro e si accorse che aveva uno sguardo ricolmo di irritazione e disprezzo.

"Cioè, okay, non si merita un cazzotto ma, insomma, ha tradito la tua fiducia e e e e- è stato stronzo, ecco! Era importante per te."

Il newyorkese ridacchiò a quelle parole e il biondo gli rivolse uno sguardo offeso.

"Guarda che sono se-"

"Lo so." esclamò Peter, con un sorriso "E hai ragione, magari non si è comportato in maniera corretta ma- sono dell'idea che abbia avuto un ottimo motivo per comportarsi così. Anche se, ovviamente, mi sfugge quale potrebbe essere."

"... La verità è che tu sei fin troppo buono, Petey." rispose l'altro, scrollando le spalle.

Il più piccolo ridacchiò ancora, facendo poi di no con la testa.

"Diciamo che, qualche tempo fa, mi ha aiutato con qualcosa di davvero serio e... Beh, da allora ha la mia più completa fiducia, dico davvero."

Fece una pausa per un istante, mentre il suo sguardo cambiò e il suo sorriso sembrò incrinarsi.

"Ad ogni modo, non è un problema. Nel senso, non ho più una cotta per Mary Jane."

"... Sì...?" mormorò l'altro dubbioso, alzando un sopracciglio.

"Sì, davvero."

Peter si sorprese alle sue stesse parole.
Effettivamente, da quand'è che non provava più niente per la rossa? Da quando aveva smesso di soffrire per loro due come coppia?
Il suo sguardo si posò sull'altro, accorgendosi che era da quando lui era entrato prepotentemente nella sua vita, non era stato più male per la cosa.
Stava per chiedersi il perchè di questo cambiamento quando notò qualcosa in strada che lo fece sbiancare.
Si alzò di scatto dalla panchina, per poi cercare di trascinare l'altro con sè.

"Ehi ma che succede?!" esclamò allarmato, vedendo l'altro così spaventato.

"Vedi quella casa laggiù?" disse il moro nervosamente, indicando qualche casa più in là con il capo "Abita lì MJ. E vedi quella macchina costosissima che sta arrivando? E' quella del padre di Harry. Dobbiamo nasconderci, muoviti."

Un po' controvoglia, l'altro lo seguì e si nascosero in un lato della casa di Peter.

"Ma non dicevi che dovevi farci pac--"

"Shhh!" esclamò, posando la mano sulla sua bocca "Non ho voglia nè di vederlo, nè di sentirvi litigare di nuovo."

Il biondo alzò un sopracciglio ma il rumore di una portiera che si apriva li distrasse da qualsiasi cosa.
Poco più in là, videro uscire il corvino che tenne la porta della rossa per farla uscire dalla macchina, per poi camminare verso la porta di casa.
Parlarono per un po' e poi, con un sorriso si scambiarono un lieve bacio sulle labbra e, immediatamente, il canadese lanciò un'occhiata preoccupata all'amico.
Niente.
Non provava assolutamente niente, se non gioia per il fatto che il loro appuntamento non era andato in malora per colpa sua.

"Sono felice che sia andato tutto bene fra loro..." ammise, con un sorriso sollevato sulle labbra.

Tuttavia, quel momento di gioia passò nel momento in cui Harry, dopo aver salutato la sua ragazza si diresse nella direzione della casa di Peter: che li avesse visti?

"V-Vieni qui!" esclamò disperato, tirando verso di lui Wade per la maglia, il quale si irrigidì.

"Nu-uh Petey." sussurrò in difficoltà, facendosi forza sul muro di casa "L'ultima volta- tu sei stato tipo, sai, mal-"

"Lo so ma ora è diverso!" mormorò con fare deciso, per poi guardarlo con fare implorante "... Per favore."

Il canadese esitò per un istante ma poi fece come l'altro gli aveva chiesto.
Il newyorkese si ritrovò con la schiena al muro mentre l'altro quasi aderiva sul suo corpo, cercando di farsi notare meno possibile dal corvino.
Dopo che fu percorso da alcuni brividi di piacere appena sentì il respiro dell'altro sul suo collo, con il cuore a mille e avvampando pericolosamente, si chiese perchè aveva dovuto fare una scelta così stupida.
Insomma, di cose che avrebbe potuto fare ce n'erano tante.
Potevano nascondersi dietro casa, ad esempio, o invitare Wade dentro casa.
Perchè diavolo si era messo in una situazione così imbarazzante e idiota?
Non era di certo da lui, ragionare in quella maniera.

"... Se n'è andato...?" sussurrò il moro, all'orecchio dell'amico.

Lo vide sussultare a quelle parole e, dopo un lungo istante, si spostò lievemente, allungando il collo verso la strada.

"... Uh, nah." disse, facendo spallucce "Ma ha visto il cartone della pizza e lo sta buttando nella pattumiera. Che bravo amante dell'ambiente."

Tipico di Harry.
Sin da quando lo conosceva, era sempre stato contro qualsiasi tipo di inquinamento e, anzi, uno dei suoi più grandi sogni nel cassetto era inventare una qualche soluzione a questo genere di problemi.
Insomma, sapeva che non era una persona cattiva.

"... Tutto okay?"

Le parole e il successivo tocco di Wade sui suoi capelli, gli fecero ricordare in che situazione era.
Stava iniziando ad amare quel genere di attenzioni.

"Sai, non dovresti toccarmi i capelli così spesso." borbottò invece, guardandolo imbronciato "Mi fai venire sonno."

Il biondo lo fissò, inclinando il capo, per poi rivolgergli un sorrisetto che non prometteva nulla di buono.

"... Vuoi dire che ti rilassa?"

La sua espressione doveva essere davvero esaustiva perchè l'amico strinse le labbra, lì per lì per scoppiargli a ridere in faccia.

"Sei proprio un cretino." borbottò, in imbarazzo "Harry è andato via ora...?"

"Mmmh."

Il canadese si allungò nuovamente e fece di sì con la testa, segno che finalmente era andato via e ciò significava niente incontri strani.
Tuttavia, nonostante non fossero più 'in pericolo' Wade non si mosse dalla sua posizione e, anzi, ora lo guardava dritto negli occhi.

"Mi chiedo perchè, puntualmente, vengo trascinato da te in qualcosa." mormorò, con un lieve sorriso "Anche l'altra volta mi hai trascinato con te, ricordi?"

Ovvio che se lo ricordava, era la volta che voleva scappare da Mary Jane e Harry, perchè non se la sentiva ancora di parlare con loro.
La volta dell'attacco di panico.
A pensarci ora, aveva davvero fatto una pessima figura quella volta.

"C'è un motivo?" chiese il più grande che, notando la confusione dell'altro, continuò "Sul fatto che vengo trascinato da te continuamente."

Non c'era irritazione nella voce dell'amico, solo e semplice e pure curiosità mentre il newyorkese ora lo fissava con seria difficoltà.
Non sapeva davvero cosa rispondergli ed, effettivamente, era la prima volta che ci pensava.

"Credo... Istinto." mormorò, facendo spallucce "Avevo paura e tu eri lì. Come... Stavolta, ecco. Più o meno."

Wade rimase di stucco a quelle parole, non aspettandosi minimamente quella risposta, ma, quello decisamente più sorpreso era Peter.
Istinto? Da quando ragionava con qualcosa del genere? E dov'era finito il suo istinto di sopravvivenza?
Solitamente ragionava prima di pensare, non come un certo cretino di sua conosc-- Oh, gli venne improvvisamente in mente una cosa.
Il moro si mise a cercare nelle sue tasche qualcosa e, facendo sussultare l'altro - tant'è che fece due passi indietro - gli infilò dei soldi in tasca.

"Petey, che cosa--?!"

"Sono soldi." disse l'ovvio, incrociando le braccia al petto "Per la pizza. Non so quanto hai speso perchè non me lo vuoi dire ma almeno è qualcosa. Ricordi quello che ti ho detto al cinema, no? Non voglio sfruttarti e tu non devi comprarmi in alcun modo, dico sul serio."

Il ragazzo ammutolì e prese a fissare con fare scioccato il newyorkese, il quale si chiese se avesse fatto qualcosa di sbagliato... Finchè non vide l'altro ridere.

"Peter Parker, non smetti mai di sorprendermi."

Prima che l'altro potesse replicare, gli si avvicinò, strusciando la fronte alla sua, sotto il borbottio di protesta dell'altro.

"Rispondendo alla tua domanda di prima." mormorò, in tono estremamente dolce "Se mi comporto così anche con altri. Ebbene, la risposta è no."

Si staccò, giusto quanto bastava per guardarlo dritto negli occhi.

"Solo con te."

Peter ringraziò il fatto che stavano al buio in quel momento, che i suoi lineamenti si vedevano poco e niente - o almeno così sperava - perchè a quelle parole sentì il cuore battere all'impazzata, come se fosse sul punto di esplodere, e il viso farsi ridicolmente caldo.

"Beeeeeeh, Petey, la mia dose gay te l'ho lasciata oggi." esclamò improvvisamente l'altro, roteando gli occhi, apparentemente in imbarazzo "Ora credo sia il caso di andare, sennò rischio di rimanere qui."

Il canadese fece qualche passo indietro, per poi salutare l'altro con la mano ed, infine, allontanarsi.
Mentre osservava l'altro andare via, con il suono del cuore a spaccargli quasi i timpani, il newyorkese capì.
Capì perchè non provava nulla per Mary Jane, perchè era cambiato, perchè la vicinanza di Wade lo influenzasse così tanto e perchè era diventato così importante per lui.
Peter Parker era innamorato di Wade Wilson.




//Eccoci di nuovo! Grazie davvero tutte le persone che recensiscono, mettono la storia fra i preferiti\seguiti\ricordati! <3
In particolare, ringrazio la mia amica Alice che, in questi ultimi capitoli, mi sta aiutando a correggere i capitoli.
E' davvero un tesoro! ;__;
Detto ciò, avrei due annunci.
Uno, siamo all'incirca a metà della storia! *^* mancano all'inicirca 7\8 capitoli per finire (dipende un po' cosa riesco ad inserire ad ogni capitolo).
Due, nei prossimi capitoli, potrebbero esserci "contenuti forti" (eventualmente, avviserò all'inizio di ogni capitolo).
Tre... Il prossimo aggiornamento potrebbe subire un ulteriore ritardo! Fra Lucca Comics/impegni vari, non so se riesco a pubblicare a Novrembre... E' probabile che ci rivedremo a Dicembre.
Detto ciò, niente, fatemi sapere cosa ne pensate! ;*; Alla prossima. <3

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7° Capitolo ***


Irresistible07 ● In questa fanfiction, NON si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a quello dei fumetti;
● I personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
!!! Attenzione, capitolo con tematiche delicate!!!


7° Capitolo.




Parlare di amore alla giovane età di 14, quasi 15 anni, era davvero un azzardo.
O almeno, così pensava il giovane Peter Parker.
Forse aveva esagerato nel supporre che fosse addirittura innamorato di Wade.
Dopotutto, l'amare qualcuno implicava un forte sentimento, un legame particolare che collegava due persone, un qualcosa che spingeva a fare le peggio pazzie pur di rendere felice e proteggere l'altra persona.
Poteva davvero dire di provare un sentimento così forte a quell'età, per un ragazzo che conosceva da neanche un anno?
No, ovviamente no.
Tuttavia, era innegabile che gli piacesse, anche parecchio - e non come un semplice amico - e quella consapevolezza non faceva altro che confondere la sua ormai delicata psiche.
Insomma... Da quand'è che gli piaceva? E, soprattutto, questo voleva dire che era gay? E se quest'ultima affermazione fosse vera, era possibile che, improvvisamente, ora gli piacessero - anche? - i ragazzi? E se invece non fosse così, avrebbe voluto dire che il canadese era una qualche sorta di eccezione?
Erano queste le domande che iniziarono a tormentarlo nel cuore della notte, non facendolo riposare , e solo quando rischiò di addormentarsi durante un esperimento di chimica a scuola, trasse la conclusione che era il caso di darsi una calmata in qualche modo e, fortunatamente, la soluzione non tardò ad arrivare: non doveva pensarci.
Sembrava banale come tattica ma era effettivamente la cosa migliore che potesse fare.
Tutto sommato, cosa gli cambiava che fosse o meno omosessuale? Assolutamente niente ed era sicuro che i suoi zii lo avrebbero sempre amato, qualsiasi cosa fosse accaduta - non che si sentisse obbligato a dire qualcosa a loro o a qualcun'altro, specie perchè non sapeva bene neanche lui come 'definirsi' ed, effettivamente, ora come ora non sentiva la necessità di 'etichettarsi' in nessun modo.
Aveva una cotta per un ragazzo e per il momento non sentiva la necessità di aggiungere nient'altro a questa sentenza.
Per quanto riguarda il suo interesse amoroso... Beh, non è che avesse mai avuto speranze con lui da principio e il fatto che gli piacessero anche i ragazzi, non era una cosa che andava a suo vantaggio, semmai il contrario.
In conclusione, non solo non doveva pensare alla cosa ma doveva assolutamente trovare un modo per farlo.
Fortunatamente la macchina fotografica regalata dallo zio Ben era un ottimo modo per passare il tempo e non pensare a quei drammi adolescenziali.
Si era autoimposto, come regola, di non portarla mai dentro le mura scolastiche per paura di romperla ma la sua situazione - e il fatto che Wade l'avesse liberato da chiunque avesse potuto farla cadere accidentalmente - lo convinse a cambiare radicalmente idea , utilizzandola ogni quanto poteva durante le pause.

"Cosa stai facendo di bello?"

A farlo sussultare, mentre era concentrato a catturare l'ennesimo scatto, il suono della voce della persona a cui cercava di non pensare.

"Io, uh, ciao Wade..." balbettò in maniera impacciata il newyorkese, abbassando subito lo sguardo "Nulla di che, sto, ecco, facendo qualche foto."

Per quanto si sforzasse in tutti i modi, nonostante i suoi buoni propositi per sembrare che non fosse cambiato niente, proprio non riusciva a parlargli senza balbettare o arrossire in maniera imbarazzante e, dagli innumerevoli sguardi straniti che ogni volta gli lanciava - come in quel momento - sembrava che il biondo se ne fosse accorto ma sembrava non volerne fare alcuna parola, al momento.
Non ne sapeva il motivo ma Peter lo ringraziava mentalmente della cosa.

"Oh, davvero??" esclamò il maggiore, visibilmente interessato " Mi avevi accennato che facessi foto ma non ti avevo, sai, mai visto in azione! Posso vedere?"

"... Beh, se vuoi..." borbottò ancora, non sapendo dire di no a quegli occhioni azzurri puntati su di lui "Sono ancora alle prime armi, quindi non aspettarti granchè e-- uh, fai attenzione alla macchina fotografica e molto importante per me."

Come se gli avessero addossato chissà quale responsabilità, Wade prese lentamente l'oggetto, toccandolo con la stessa cautela con cui si tocca una bomba pronta ad esplodere, per poi mettersela intorno al collo.
La cosa fece sorridere il moro.

"Waaaah, altro che 'alle prime armi', sono delle foto un sacco belle!" disse con fare concitato il biondo, facendo spaventare per un istante l'altro, per lo scatto improvviso che diede alla macchina fotografica "Non ne capisco niente, ehi, mi sembrano tipo... sai, perfette e--Uh?"

Mentre scorreva ancora le foto, il canadese si imbattè di alcune foto di Mary Jane e si ritrovò ad alzare un sopracciglio verso Peter che arrossì immediatamente, come colto sul fatto.

"E... ehi, non è come sembra!" provò immediatamente a giustificarsi "Prima che si mettessero assieme, le facev-- gli facevo un sacco di foto! Non c'è solo lei, ecco."

Ed, effettivamente, scorrendo ancora le foto, c'erano foto dove appariva anche Harry da solo o con MJ ma, ovviamente, di quest'ultima c'erano decisamente molte più foto.
... La sua ex cotta stava diventando davvero imbarazzante.

"E tu non ti fai fare qualche foto?"

Il minore fu sorpreso di quelle parole, che comunque lo fecero sospirare di sollievo.
Si aspettava qualche battuta sul fatto che aveva avuto una cotta anche fin troppo evidente per la sua amica - e che magari aveva ancora - e non voleva assolutamente che lo pensasse, per quanto fosse sciocca come cosa.

"Io- Beh, preferisco fotografare, piuttosto che essere fotografato."

"Chissà perchè, la cosa non mi sorprende." esclamò in tono canzonatorio, per poi guardarlo dritto negli occhi "Quindi... prossimamente fotograferai anche me?"

A quella richiesta, si sorprese e perse le parole per qualche istante.

"... Perchè? Vuoi debuttare come modello con un fotografo alle prime armi?" mormorò con sarcasmo, senza riuscire a nascondere un sorriso un po' impacciato.

"Beh, perchè no? Magari divento famoso per, boh, qualche shampoo glitteroso o qualche intimo sexy ma strano. Insomma- sarebbe anche il mio stile ma- uh, con le tue foto, sicuramente finirei in prima pagina, sicuro."

"... Sai, vero, che dovresti fare qualcosa di importante o grave per finire in prima pagina, sì?"

"Oh, hai ragione." esclamò l'altro, dando un pugnetto sulla mano aperta, come trovando finalmente un'idea " Dici che se rapino una banca mentre indosso biancheria sexy potrebbe bastare per farmi finire in prima pagina?"

Suo malgrado, il moro si ritrovò a ridere di gusto per l'affermazione del suo amico.

"Sei davvero imbarazzante."

"Oh, andiamo, sai che non lo farei mai. Forse." esclamò Wade, con un sorriso gongolante "Però non merito anche io di stare in quella macchina fotografica? Dopotutto, siamo amici, no?"

Distolse subito lo sguardo a quell'affermazione, arrossendo lievemente : il modo in cui il canadese sembrava tenere al loro rapporto era davvero sconcertante.

"... Beh, dipende." borbottò Peter, cercando di cambiare discorso "Hai fatto pace con Harry, come ti avevo chiesto?"

Fortunatamente, nominare il corvino servì nell'intento.

"Quindi eri serio l'ultima volta...?"

"Mi sembra ovvio." esclamò deciso, per poi dare un'occhiata dietro le spalle dell'altro "Guarda, è lì con Mary Jane e stanno finendo di pranzare. Potrebbe essere la tua occasione."

Il biondo guardò nella stessa direzione del newyorkese, per poi guardare quest'ultimo, e fece così per un paio di volte, con espressione sempre più corrucciata.
Fece per aprire bocca - e il minore ipotizzò che volesse fare i soliti discorsi alla ' io non parlo con quello là ' - ma, improvvisamente, si bloccò.
Ora il suo sguardo era titubante anche se, nei suoi occhi, si poteva intravedere un certo interesse.

"Che c'è?" mormorò Peter, decisamente a disagio.

"Farò come mi hai chiesto, Petey pie, promesso." disse in tono serio l'amico "Ma..."

"....Ma?" ribattè il minore, con fare sospettoso.

"Vorrei condurre un esperimento, prima."

Okay, ora le aveva sentite tutte.

"Wade, hai sbattuto la testa per caso?" mormorò il moro, guardandolo sospettoso "Non dirmelo, non avrai provato qualche sostanza stra--"

"Cos-?!" Esclamò il canadese, alzando poi le mani in segno di resa e scosse velocemente la testa "No, no, no, no e no! Ma ti pare che io potrei- beh, oddio, conoscendomi, ci si aspetterebbe di tutto da me- ma, insomma, niente del genere. E' per, sai, l'amore della scienza."

... L'amore della scienza?
Se prima Peter si chiedeva se avesse preso qualche sostanza stupefacente, ora ne era quasi certo.

"Ah-ah, giusto." borbottò sarcasticamente, incrociando le braccia al petto "E che c'entrerebbe la scienza?"

Il biondo assunse un'espressione colpevole , per poi passarsi una mano sulla nuca.

"Beh, sai, da quello che mi hai detto, in, ermh, scienze se hai una teoria, per essere valida, deve essere dimostrata, o qualcosa del genere, no? Sennò tutti direbbero cazzate apocalittiche a gratis."

Wah, lo ascoltava sul serio quando gli spiegava le cose.
Era seriamente colpito.

"Quindi, sai, per dimostrare questa teoria...." concluse, stavolta usando un tono cauto "... Devo abbracciarti."

Doveva avere problemi di udito quel giorno, perchè gli pareva di aver sentito che l'amico volesse abbracciarlo per un 'esperimento scientifico'.

"Uh, sai, non credo di aver-"

"Aaaaaah, andiamo Petey, non renderla così imbarazzante!" esclamò il maggiore, posando lo sguardo al cielo "Ho chiesto un abbraccio, sì, ecco, se ho il tuo permesso, ovviamente."

Immediatamente, il moro si paralizzò, sentendo le guance riscaldarsi come realizzò che aveva sentito anche fin troppo bene.
Questa esclamazione era abbastanza ridicola, visto che la richiesta era imbarazzante.

"...Non capisco. E' una qualche sorta di scherzo?"

"Che? No! No... Uh."

Il biondo si passò una mano fra i capelli, per poi sospirare.

"Non ti , uh, posso spiegare il motivo." spiegò, scrollando le spalle "Diciamo che ho una teoria, come ho detto. E diciamo che, se la mia teoria è corretta si dovrebbero innescare... Delle reazioni? Ho formulato la frase in maniera corretta?"

Il minore annuì per dire che sì, aveva formulato la frase in maniera corretta, e la cosa non faceva altro che spaventarlo ancora di più.

"E ho notato che sei più... In buona con il contatto fisico? Cioè, ovviamente, non voglio abusare della cosa. Sarà una cosa di una decina di secondi, sempre se non vorrai allungare la cosa e io, ovviamente, non sono nessuno per vietartelo perchè a me piace. Il contatto fisico, sì. Non che sia un obbligo, eh, ma-"

Wade bloccò il suo sproloquio, guardando intensamente negli occhi l'altro, con sguardo sincero.

"Solo... fidati di me."

Ecco che, sostituendosi alla confusione iniziale, il terrore si impadronì di Peter, come un enorme dubbio si insinuò dentro di lui: che il maggiore avesse capito che gli piaceva?
No, era folle, il canadese non poteva essersi accorto della sua cotta per lui, a malapena se n'era accorto lui stesso... giusto?
Si ritrovò quindi a deglutire, sentendo che non importava che risposta avrebbe dato, ai suoi occhi sarebbe potuto sembrare sempre più 'colpevole'.
O, forse, era solo il moro a farsi paranoie inutili? Dopotutto, Wade sembrava tenerci tanto a lui e alla loro amicizia.
E poi gli aveva detto di fidarsi e quel commento non l'aveva lasciato indifferente.

"Io... non so cosa ti passa per la testa ma immagino si possa fare." rispose, guardandosi poi intorno, sentendosi più leggero dalla constatazione che non ci fosse tanta gente in giro "Ma se si rivelerà uno scherzo, non te la perdono."

Il maggiore si illuminò, per poi annuire energicamente e porse immediatamente la macchina fotografica all'altro, in modo che potesse conservarla.
Come lo fece, il moro si ritrovò ad arrossire ancora quando notò la vicinanza dell'amico, che ora lo guardava con occhi seri.
Forse era la sua impressione, ma sembrava quasi che volesse baciarlo, il che era assurdo, contando che all'altro non piace-
Ecco che il suo cervello si resettò completamente come le braccia del biondo lo circondarono, avvolgendolo in una stretta calda e rassicurante.
Inutile dire che il rossore peggiorò drasticamente, sia al pensiero di un ipotetico bacio - che, in ogni caso, non sarebbe mai arrivato - sia al fatto che, quella vicinanza, non faceva che agitarlo ancora di più.
Era una sensazione piacevole quella che stava provando, tutto il contrario della prima volta con gli armadietti, e avrebbe tanto voluto che non finisse mai.
Era anche strano, come il suo fisico secco sembrava combaciare perfettamente con il petto forte dell'altro, come le braccia intorno ai suoi fianchi sembravano essere fatte apposta per quel momento.
Con la testa che girava e le gambe che sembravano non volergli reggere dall'emozione, si chiese se avesse dovuto ricambiare in qualche modo quel gesto.
Non era tipo da abbracciare, quindi non sapeva bene che fare.
Era meglio mettergli le braccia intorno alla schiena? Intorno al collo? Non fare nien-

"CHE DIAVOLO FAI?"

Proprio nel momento in cui stava alzando le braccia, quell'urlo lo fece desistere e, appena vide la faccia paonazza dalla rabbia di Harry, seguito a ruota da una Mary Jane che cercava di fermarlo, quello che voleva fare Peter era solo sotterrarsi da qualche parte.

"Oh, ciao Osborn." disse Wade con una semplicità disarmante, non accennando a lasciare la presa dal moro.

"Ma ti sembra il caso?" esclamò adirato il corvino, indicandolo "Siete in una scuola, dove tutti sparlano di tutti. Ti sembra il caso di far correre pettegolezzi su voi due? Perchè devi coinvolgere Peter nelle tue stupidaggini?"

"Pettegolezzi? Che pettegolezzi, scusa?" ribattè prontamente, stringendo più forte a sè l'amico.

Ora il newyorkese era in una posizione tale dove aveva la testa completamente attaccata al petto dell'altro, tant'è che poteva sentire i battiti del suo cuore.
Il moro, che si sentiva sempre più morire dentro per una serie di cose data da questa situazione, constatò che quello era tutto fuorchè solo 'una decina di secondi'.

"Siamo solo due buoni amici che si stanno abbracciando." continuò imperterrito il maggiore "E anche volendo, non mi sembra di notare qualcuno oltre a voi due. Eeeeeeh ah, sì, visto che ci sono, volevo davvero davvero scusarmi per la discussione di qualche giorno fa. Sono davvero mortificatissimo. Spero che diventeremo super amici."

"... Che fai, prendi per i fond ---"

"Dio Harry, e basta!" sbraitò Mary Jane, infuriata "Non sei mica sua madre! Che ti frega se si abbracciano. Magari..."

La rossa si fermò un attimo, guardando per un istante i due di fronte a sè.

"... magari, che ne sai, stanno davvero insieme e-"

A quelle parole, il minore si irrigidì, per poi spostarsi bruscamente dal canadese, completamente paonazzo.

"No!" esclamò immediatamente, per poi guardare i due e il canadese, abbassando subito lo sguardo "Non- Siamo solo amici, ecco."

Calò per un istante il silenzio fra loro quattro, che venne poi spezzato dal sospiro del corvino.

"Capisco." esclamò Harry, con un tono di voce decisamente più calmo, per poi guardare il canadese "Ad ogni modo, scuse accettate, Wilson. Ora vi conviene rientrare comunque, credo che la pausa pranzo sia quasi finita."

Dette queste parole, il ragazzo sorrise e , prendendo per mano la ragazza abbastanza irritata, rientrarono all'ingresso della scuola.

"Beeeh, l'esperimento è finito." borbottò Wade e sembrò parlare più a sè stesso che all'altro.

Successivamente gli sorrise, per poi dargli delle leggere pacche sulle spalle e salutarlo con la mano, rientrando anche lui a scuola.
Il moro si ritrovò a rimanere per un lungo istante lì impalato, guardando l'amico con fare perplesso.
Era lui o ora sembrava avere uno sguardo estremamente triste?

****************

Peter non sentiva di aver fatto nulla di male, quel pomeriggio.
Perchè, allora, si sentiva così in colpa?
Eppure, in quei pochi messaggi che si erano scambiati durante i corsi pomeridiani, nella quale il canadese gli scriveva metà cose in francese, per stare 'in tema con il suo corso' - e, ogni volta, si sorprendeva come l'altro si fosse trasformato da 'che mi cambia se mi bocciano o meno' a ' faccio francese, che almeno sono avvantaggiato' - a Peter sembrava un po'... malinconico?
Non sapeva come spiegarlo, era più una sensazione.
E anche se fosse vero, non avrebbe senso, insomma, era lui che doveva sentirsi giù!
Insomma, aveva detto apertamente che non c'era niente fra loro e la cosa l'aveva mortificato da morire, per quanto pensava di aver già accettato la cosa.
E poi... e poi... che voleva dire quello spettacolino di fronte ad Harry e Mary Jane? Era stato alquanto imbarazzante ed inopportuno!
Ma, dopotutto, non era forse vero che il maggiore era il suo esatto opposto in quel senso? Insomma, magari per lui, quello era un abbraccio normale che avrebbe dato a chiunque e... okay, decisamente questo pensiero, non lo aiutava a farlo star meglio.
Cavolo, perchè si era dovuto complicare la vita, facendosi venire la cotta per uno dei suoi più cari amici?
Ad ogni modo, si erano messi d'accordo per vedersi all'ingresso della scuola ed uscire, quindi magari ne avrebbe potuto approfittare per vedere se era davvero triste e, nel caso, cercare di tirarlo su.
Aaah, cosa gli toccava fare per quello stupido...
Appena uscì dalla scuola e si diresse verso l'ingresso, notò immediatamente che l'aria intorno a lui era diventata elettrica e i ragazzi fuori sembrava più nervosi del solito.
Solo tramite vari bisbigli, capì che c'era una qualche sorta di rissa.
La prima reazione che ebbe Peter, fu quella di sbuffare infastidito, mentre allungava il passo - insomma, fra tutti i posti in cui i ragazzini cretini dovevano fare a botte, doveva per forza essere l'ingresso della scuola? - poi un pensiero lo bloccò, facendolo sbiancare: Wade avrebbe dovuto aspettarlo all'ingresso.
Che fosse lì in mezzo? O, peggio, fosse lui che stava picchiando o che si stava facendo picchiare?
Col cuore in gola, che non smetteva di fargli male per l'apprensione, si diresse alla zona dell'incontro, sperando con tutto il cuore che si sbagliasse, che quel pensiero fosse solo una inutile paranoia di un pessimista Peter Parker.
Mai come in quel momento, era così sconvolto dall'aver avuto ragione.
Poggiato sul muro, inerme, mentre riceveva cazzotti da un uomo ben piazzato sulla quarantina, c'era proprio Wade.
Il cuore iniziò a martellargli dolorosamente mentre il suo corpo si irrigidiva, incapace di fare alcunchè.
Il newyorkese si odiava per essere così debole mentre qualcuno a cui teneva era così in difficoltà ma odiava ancora di più tutte quelle persone che passavano e facevano finta di nulla.
Gente in gruppo. Ragazzi più piazzati di lui.
Tutte queste persone avevano la forza di fermarli, eppure preferivano ignorare la situazione, piuttosto che intervenire.
Era davvero desolante come tutti preferivano ignorare il tutto, piuttosto che fare la cosa giusta.
E parlando di fare la cosa giusta... forse, poteva fare qualcosa.
Se il suo corpo avesse iniziato a collaborare di nuovo, magari avrebbe potuto chiamare la polizia, come minimo, e magari... magari...
Ecco che il suo cuore si fermò di colpo, come lo sguardo del canadese incontrò il suo.
Il maggiore non chiedeva aiuto e nella sua espressione non sembrava provare rabbia o tristezza per la situazione, per il newyorkese lì impalato, per quel tizio che lo colpiva all'impazzata, per gli altri che ignoravano la situazione, no, quello che si leggeva sul suo volto era solo e semplice rassegnazione.
Come se sapesse che nessuno avrebbe fatto qualcosa.
Come se sapesse che Peter non avrebbe fatto qualcosa.
Nonostante il dolore che stava provando, la paura sembrò prendere il sopravvento per un istante e gli diede le spalle.
Dopotutto, che poteva fare lui, misero e secco com'era? Avrebbe solo peggiorato la situazione ed era davvero terrorizzato per quello che poteva accadere.
Quindi fece un passo, poi un altro ed un altro ancora.
Poi si voltò di scatto e si mise in mezzo ai due, di colpo.
Fortunatamente, l'uomo che ora stava di fronte a lui si stupì così tanto di quel gesto che si bloccò, dando il tempo al newyorkese, a tentoni, di prendere l'amico per il braccio.

"N-n-n-n-non può rimanere." balbettò, allontanandosi lentamente "D-dobbiamo studiare, addio."

E, dette queste parole, se la diedero a gambe.

****************

"Cristo Peter, ti vuoi fermare?!"

Peter non rispose, anzi, non emise proprio alcun suono, almeno finchè non raggiunse casa sua, dove entrò con il canadese all'istante.

"Certo che ti muovi veloce, quando vuoi..."

Nuovamente, il newyorkese tacque, chiudendo a chiave la porta dell'ingresso, per poi chiudere le tende, in un gesto quasi meccanico.
Si ridestò quando vide il maggiore quasi crollare a terra, andando subito a reggerlo.

"Scusami, ho fatto più che potevo ma... Immagino sia stato difficile nelle tue condizioni..."

Fu in quel momento che il moro si accorse di essere senza fiato e che le sue gambe fossero stremate, per non parlare dei suoi occhiali appannati.
Aveva fatto uso della sua misera forza per muoversi il più velocemente possibile, senza rendersene conto.

"Ce la fai ad arrivare al soggiorno?"

Prima che l'altro gli rispondesse, si mise un suo braccio intorno al collo, aiutandolo come poteva a raggiungere la sala, facendolo infine sedere sulla poltrona.

"Okay... vuoi un po' d'acqua? Qualcosa?" chiese, per poi passarsi una mano fra i capelli, riflettendo su quello che avrebbe dovuto fare in quel momento "Sì, giusto. In bagno c'è la cassetta del pronto soccorso. Dammi un secondo che vado a prenderla."

Il minore vide giusto di sfuggita l'altro annuire con la testa, visto che si avviò molto velocemente nella zona.
Appena fu entrato, si chiuse dentro poi, con uno scatto, si diresse verso il water, dove si piegò per vomitare, iniziando a singhiozzare sommessamente.
Era come se, dopo la carica di adrenalina, il suo corpo avesse deciso di crollare, facendolo stare male.
Strinse gli occhi, nel panico, cercando di respirare profondamente, in un vano tentativo di calmarsi e cercò di trattenere il suo pianto più che potè, sperando che l'altro non lo sentisse.
Non poteva mostrarsi così debole, aveva bisogno di reggere, almeno un altro po'.
Wade aveva bisogno di lui.
Appena riuscì a regolarizzare il respiro e le sue lacrime smisero di scendere, tirò lo sciacquone, assicurandosi di non aver sporcato in giro, per poi lavarsi i denti e la faccia.
Si guardò quindi allo specchio, sperando che non sembrasse troppo devastato.
Ovviamente, era in condizioni pietose.
Sperò quanto meno, che l'altro non se ne accorgesse.
Fece quindi un sospiro profondo, prendendo poi la cassetta del pronto soccorso con sè.
Come ritornò, notò che Wade si era sistemato meglio sul divano e aveva posato una mano sul petto, mentre il suo sguardo sembrava essere contorto dal dolore.
Quella vista gli spezzarono il cuore e sentì nuovamente gli occhi farsi lucidi.

"... Tutto okay? Sei stato parecchio in bagno." mormorò il canadese, lanciandogli un'occhiata indagatrice.

Il moro si morse il labbro inferiore, cercando di contenersi, scrollando la testa, nel tentativo di darsi un contegno.

"Dovrei essere io a chiederlo a te, ti pare?"

Ecco che a quelle parole, il biondo tacque nuovamente e il newyorkese ne approfittò per sedersi di fianco a lui, prendendo il necessario dalla cassetta.
Maledicendosi per le sue mani che avevano preso a tremare, prese innanzitutto dei fazzoletti pulendolo come meglio poteva dal sangue, cercando di trattenere la nausea dovuta a quell'odore ferroso che aveva invaso la camera.
Appena ebbe finito, lanciò i fazzoletti il più lontano possibile, osservandogli il viso decisamente più pulito, per cercare di capire meglio la situazione: aveva un occhio nero, il naso ridotto malissimo - molto probabilmente era rotto - e aveva una sfilza immane di ecchimosi rossastri sul viso e sulle braccia.
All'apparenza, sembrava che non si fosse difeso per niente, il che era strano per uno come lui.

"... Come ti senti? Vuoi che ti porti all'ospedale?"

"No, non è necessario. Ci sono abituato."

Quelle parole, fecero scappare ulteriormente un altro campanello d'allarme e si ricordò di quei lividi che gli vide tempo fa in infermeria.
Che fossero collegati?
Decisamente, c'era qualcosa che non andava in quella storia e, cavolo, quanto si malediceva per non aver insistito troppo, quella volta.

"Ascolta..." mormorò il newyorkese, cercando di assumere un tono di voce più fermo possibile "Si può sapere che è successo?"

Il maggiore si fece silenzioso e l'altro si ritrovò a mordersi il labbro inferiore dal nervoso, mentre iniziava a mettere del disinfettante in un pezzo di cotone.

"Wade, non sei d'aiuto se fai così. Non va bene la cosa e, se è una cosa che va avanti da tempo, dovremmo fare qualcosa a riguardo." disse ancora e, constatando che l'altro continuava a tacere, sospirò frustrato "Okay, allora ti farò un discorso vago, visto che non mi vuoi dire che diavolo è successo."

Il ragazzo posò gli occhi azzurri su un punto non ben definito del pavimento, come se cercasse di evitare gli occhi del suo amico, che iniziò a passargli il cotone su tutto il viso.

"Non so che è successo, se hai fatto o non hai fatto qualcosa ma non importa. Sai perchè? Perchè nessuno dovrebbe azzardarsi a fare qualcosa del genere, per nessun motivo. Nessuno, capito? Non so il motivo, ma non dovresti proteggerlo."

In tutta risposta, il ragazzo sbuffò e Peter non sapeva davvero più che altro dire, per convincere l'altro a parlare.

"Oh, andiamo!" sbottò disperato "Possibile che non ci sia niente che posso dire o fare per farti aprire con me? Siamo amici, maledizione!"

Finalmente, a quel punto, il canadese posò gli occhi azzurri sui suoi nocciola e, dopo un lungo istante, sembrò borbottare qualcosa.

"... Wade, non ho capito..." mormorò il newyorkese, inclinando il capo.

" Dicevo..." disse in un sussurro appena udibile "Ci tieni così tanto a sapere questa cosa? A qualsiasi costo?"

Peter si irrigidì per un istante a quelle parole, percependo che ci fosse come un significato nascosto a quella domanda ma non riuscì a capire quale.
Ad ogni modo, non era importante, visto che la risposta era abbastanza ovvia.

"Certo."

Il maggiore tacque nuovamente e sembrò quasi osservare ogni piccolo dettaglio e movimento di Peter, tant'è che quest'ultimo si sentì parecchio a disagio.

"Allora..." sussurrò l'amico, guardandolo negli occhi "Mi abbracceresti?"

Lì per lì, a quella domanda, il minore alzò il sopracciglio.
Che diavolo gli chiedeva in un momento simile? E che era tutta quella fissa per gli abbracci quel giorno?!
Improvvisamente, si mise a riflettere su quella richiesta.
Forse, quello era il suo modo di chiedere aiuto e conforto da qualcuno che reputava suo amico e, magari, non conosceva altro modo.
A quel pensiero, sentì il cuore farsi pesante.

"Se non vuoi, non-"

"D'accordo." esclamò prontamente il ragazzo, per poi aprire le braccia, guardandolo infine con fare impacciato "Solo- Uh- non penso di saper abbracciare qualcuno."

A quel commento, il canadese fece un sorriso storto, forse credendo che stesse mentendo.

"Oh, andiamo, non guardarmi così, sono serio!" sbraitò il newyorkese, in completo imbarazzo "Lo sai anche tu, no? Che non sono uno che dà affetto facilmente."

"Okay okay, ho capito Petey pie. Allora mi- sai- accascio su di te e poi stringi? Magari piano eh, che sono malconcio."

"... 'Ti accasci'? Non stai mica mor--"

Prima che potesse finisse di parlare, ecco che Wade si catapultò sul suo petto, poggiando il mento sulla sua spalla.
Se non fosse che era agitato da morire per l'incolumità dell'amico, sarebbe morto dalla vergogna.
Appena l'altro si fu sistemato, lo strinse, cercando di fare più piano possibile, iniziando ad accarezzargli in maniera impacciata la schiena.
Improvvisamente, il canadese scoppiò a ridere di gusto.

"Oddio Petey, sei davvero negato... Non pensavo che qualcuno potesse fallire in qualcosa del genere! Sembra che stai, non so, accarezzando un cane..?"

A quelle parole, il ragazzo avvampò vergognosamente.

"Cos- O-Oh senti, ti avevo avvisato che- che sono negato-!!" balbettò, imbarazzato " E poi... e poi... sono più tipo da gatti."

"Ahaha, certo, certo." esclamò il maggiore, stringendosi di più a lui "Puoi provare ad accarezzarmi i capelli?"

Con un evidentissimo broncio sul viso ed uno sbuffo infastidito, cercò di fare come gli era stato chiesto e cercò, stavolta, di essere più delicato e, gradatamente, sentì l'altro rilassarsi fra le sue braccia.
Era quasi ironico come, vista da fuori, quella scena poteva sembrare dolce.
E sarebbe stato anche giusto così, erano solo dei ragazzini, non avrebbero dovuto affrontare questo genere di cose.

"Era mio padre."

Sentita quella frase, il sangue gli si gelò e, per un istante, smise di respirare.

"Tuo... padre?" ripetè, sperando di aver sentito male.

"Giààà, il mio vecchio, in carne e ossa." commentò il biondo con uno sbuffo "E' sempre stato così, fin da quando ho memoria. Non è che ci si prende sempre a cazzotti, eh! Ma oggi... Beh, era più incazzato del solito. Penso non avesse creduto che stavo frequentando corsi pomeridiani a scuola e che ero ad abbordare qualcuno eeeee oddio, come dargli torto. Certo, poteva anche evitare di prendermi cazzotti di front-"

"Wade." mormorò l'altro, con tono grave "Il fatto che sia tuo padre, non migliora di certo le cose, anzi. Dovresti denunciarlo, non può fare così. E'... è sbagliato."

"Aaah Petey, non è mica così semplice." sussurrò, accoccolandosi di più a lui "Innanzitutto, è un ufficiale dell'esercito. Il che è buono, visto che non sta mai a casa e posso fare quello che mi pare. Il male, è che quando c'è fa danni ma, ehi, tutti lo rispettano, perchè gli avranno dato chissà che sbrilluccicosa medaglia al valore, wow! Sai che succede se lo denuncio? Mi ridono in faccia e becco altri cazzotti eee sai, non credo di essere così masochista."

"...Io..."

Effettivamente, il discorso dell'amico non faceva una piega ma la cosa non faceva che farlo sentire inutile.

"E...e... tua madre? Non può aiutarti...?"

"...E' complicato." mormorò il canadese, poggiando la fronte sulla sua spalla "Ma diciamo che sono solo. E diciamo anche che non sono abbastanza autosufficiente per dire, to', 'vado a vivere da solo'. Quindi preferisco divertirmi in giro ed andare avanti, in qualche modo, semplice."

Dio, quella situazione sembrava davvero senza uscita.
... Se solo fosse più forte, forse lui avrebbe potuto-

"Pete?"

Sussultò inesorabilmente come si sentì chiamare e, voltandosi di scatto, vide suo zio Ben che lo guardava fra il perplesso e l'imbarazzato.
Effettivamente, stava abbracciando e coccolando un ragazzo nel soggiorno... chissà che diavolo avrà pensato.

"Uh, zio... "bofonchiò imbarazzato, spostandosi lentamente dall'amico " Non è come--"

"Oh, buon dio, figliuolo, che ti è successo?"

Appena si rese conto delle condizioni del canadese, gli si avvicinò, osservandolo minuziosamente con preoccupazione.

"Eeeeeeermh, guardi, sono meno gravi di quello che sembrano." esclamò il biondo, cercando di scherzare sulla cosa "Giuro, ho fatto decisamente più danni io al-"

"Peter, prendi il cappotto e manda un messaggio alla zia e avvisala che torniamo più tardi." disse l'uomo, in tono fermo "E tu ragazzo, ce la fai ad alzarti? Ti porto all'ospedale, hai seriamente bisogno di aiuto. E non accetto un no come risposta."

Wade esitò per un istante, per poi sbuffare appena e annuire, alzandosi con qualche difficoltà.
Mentre mandò il messaggio come gli era stato ordinato, il newyorkese non potè fare a meno di guardare zio Ben che aiutava a sorreggere Wade, per portarlo alla macchina.
Mai come in quel momento desiderò essere grande e forte come lui.

****************

"Fortuna che non è nulla di grave, ragazzino. La prossima volta, cerca di evitare le risse con i tuoi amici, okay?"

Il biondo se la rise di gusto al commento dell'infermiera, blaterando qualcosa sul fatto che non poteva di certo fermare i suoi ormoni adolescenziali.
La capatina all'ospedale si rivelò abbastanza lunga ma, fortunatamente, l'amico non sembrava avere niente di rotto: era solo un po' tanto ammaccato.
Tuttavia, visto che un minorenne era ridotto comunque abbastanza male, sopraggiunsero un sacco di domande e Peter si chiedeva come l'altro riuscisse a mentire così bene sull'accaduto - lui stesso aveva dovuto mentire a zio Ben ed era stato assai difficile, oltre che estremamente doloroso.
Si chiese se era dovuto al fatto che, il maggiore, fosse ormai abituato a quelle domande e quel pensiero non fece altro che aumentare il peso che sentiva nel suo cuore.

"Senti, so che il tuo amico ha detto che non vuole un passaggio per tornare a casa." aveva esordito l'uomo, come Wade si fu allontanò per un istante per andare al bagno "Ma non mi sembra il caso di lasciarlo da solo, in quelle condizioni. Cerca di stargli vicino quanto puoi, okay? Magari a te, che sei suo amico, darà retta."

Peter dubitava fortemente di quelle parole - se non era riuscito a convincerlo ad andare all'ospedale, figurarsi accompagnarlo a casa - ma era d'accordo con lui sul fatto che non poteva mollarlo in quel modo, ecco perchè rimase con il biondo alla fermata del pullman, lasciando lo zio, con un bacio sulla guancia e la promessa di non fare troppo tardi.

"Uh... Perchè non sei tornato a casa con tuo zio?" chiese immediatamente il maggiore, sospettoso.

"Io- emh- avevo voglia di camminare un po'... Tutto qui" bofonchiò il moro, abbassando lo sguardo.

"Ah-ah, certo, come no." ribattè l'altro, per poi sbuffare sonoramente "Sei un pessimo bugiardo, Petey, ma sei adorabile quando ci provi, quindi te lo concedo. Ad ogni modo, senti, non te la prendere, ma non voglio che - insomma- ti avvicini lì, non quando c'è quello là, okay? Non è sicuro."

A quelle parole, il minore strinse i pugni, sentendosi frustrato dalla situazione.
Era sicuro che, se fosse grande e forte come lo zio, non avrebbe detto quelle parole e si sarebbe fatto aiutare e, anzi, avrebbe pure trovato una soluzione a quella faccenda.
Ed invece...

"... Uuuuh, non dirmelo Petey pie- ti sei offeso?" continuò l'amico, inclinandosi lievemente, posando l'indice nel punto esatto in cui la fronte del minore era aggrottata "Dai, lo sai che non lo sopporterei se fossi arrabbiato con me- farebbe più male di tutti i pugni del mondo."

"Non dirlo manco per scherzo, stupido." rispose in tono acido, lanciandogli poi un'occhiataccia.

A quel punto, il canadese si bloccò e spostò la mano dalla fronte ai capelli di Peter, scompigliandoglieli con affetto, ricevendo in cambio borbottii di protesta.

"Ah, mio caro, tu sottovaluti il potere che hai su di me." esclamò con fare melodrammatico "Sarei davvero tristissimo, dopo tutto quello che ti ho fatto passare oggi, poi..."

Tacque, per poi allontanare la mano e fare un passo indietro, rivolgendogli un sorriso malinconico.

"Mi dispiace."

Il moro lo guardò con tristezza a quelle parole e, subito, sentì come un nodo alla gola.

"Non-" sussurrò, per poi schiarirsi la voce "Non ti devi mica scusare, non hai fatto nulla di male."

Nonostante le sue parole, l'espressione del maggiore non cambiò e successivamente si voltò.

"Oh, quello è il mio pullman." esclamò, forse in un vano tentativo di cambiare discorso "Almeno ti faccio tornare subito a casa."

"Già..." mormorò l'altro, con un sospiro.

Farlo ragionare e fargli capire che non era un problema e che, anzi, l'avrebbe accompagnato volentieri a casa, sembrava abbastanza inutile.

"Ad ogni modo." disse ancora il canadese, facendosi pensieroso "Mi è dispiaciuto, sai, che sia saltata l'uscita oggi. Avevo già in mente di farti imparare un sacco di termini in francese."

"... Beh, sarà per la prossima volta" disse quindi Peter, con un mezzo sorriso "Ma sei ancora in tempo, se vuoi, puoi dirmi una frase ora, prima che arrivi il pullman. Ma ti avverto, sono pessimo nelle lingue."

Wade se la rise di gusto a quell'affermazione, per poi pensarci per un breve istante ed, in seguito, avere come un'illuminazione.
Il moro lo vide deglutire e guardarlo con un certo nervosismo, per poi dirgli una frase in francese.
Doveva ammettere che era affascinante mentre sussurrava in una lingua straniera ma, ahimè, aveva imparato a sue spese quanto avesse un debole per la voce dell'altro.

"...Quindi?" disse il biondo, appena ebbe finito, con una certa apprensione alla voce.

"Uh? Mi hai fatto una domanda?" esclamò il minore, confuso da quell'improvviso cambio d'umore dell'altro "Te lo detto che non sono portato per le lingue, no? Che mi hai detto? Qualcosa di importante?"

Il maggiore esitò per qualche lunghissimo istante, a bocca semi socchiusa quando, l'arrivo del pullman lo fece sussultare di colpo.

"Io- No, niente." mormorò l'amico, sorridendo come se nulla fosse "Ora scusa ma vado. Ci vediamo a scuola, Petey!"

Ecco che, come il pullman si allontanò, come vide l'altro allontanarsi sempre di più, salutandolo energicamente con la mano, il newyorkese ebbe di nuovo la spiacevole sensazione di aver sbagliato qualcosa.



//Salve a tutti!
Okay, non so come, non so perchè, sono riuscita all'ultimo a pubblicare prima di dicembre ahahah
Beeeh, cosa ne pensate di questo capitolo? Vi piace? :3
Fatemi sapere nei vostri commenti.
Su su, lo vedo che siete in tanti a seguirmi u_u
Ad ogni modo, ringrazio tutti quelli che seguono la storia e, in particolar modo, ringrazio la mia amica Alice che anche a sto' giro mi ha aiutato a correggere qualche punto. ;_; Bless her <3
Ci vediamo al prossimo capitolo (che sarà a Dicembre\Gennaio, causa feste natalizie) ! <3 <3

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8° Capitolo ***


Irresistible08 ● In questa fanfiction, NON si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a quello dei fumetti;
● I personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
!!! Attenzione, capitolo con tematiche delicate!!!


8° Capitolo.



"Come sarebbe a dire che non sono in squadra?!"

A quelle parole - seguite da un breve ringhio e uno sguardo sprezzante - istintivamente, Peter fece un passo indietro, dando quasi le spalle al coach.
Se all'inizio il suo 'lavoro' nella squadra come 'ragazzo-che-lavora-con-le-statistiche' aveva fatto storcere il naso a tutti, ora le cose erano drasticamente cambiate grazie alle innumerevoli vittorie che avevano collezionato.
Quando vinsero la prima volta, tutti si stranirono, ma ben presto non ci badarono più di tanto, considerandola solo una mera coincidenza - 'fortuna del nerd' l'aveva definita il professore stesso - tuttavia non fu l'ultima partita che vinsero grazie al suo duro lavoro e ora il ruolo del newyorkese era ben accettato e rispettato da tutti.
Per quanto avesse ancora il ruolo secondario di raccattapalle, la A in educazione fisica non gliel'aveva tolta nessuno.
Tuttavia, nonostante il benestare generale della squadra e del coach, c'erano delle volte che i ragazzi della squadra si irritavano per le scelte del minore, specie se comportavano la sostituzione dei ragazzi dal loro ruolo in squadra.
Questo, ovviamente, era uno di quei casi.

"Thompson, piantala! Ormai la decisione è stata presa." esclamò l'uomo, allontanandosi subito dopo.

"Oh, andiamo coach, è un'idiozia!" continuò Flash, imperterrito, cercando di attirare la sua attenzione "E' palese che Parker abbia scelto Wilson come nuovo quarterback perchè è il suo cazzo di amichetto del cuore."

"... Non è esatto." intervenne a quel punto il moro, cercando di tenere un tono di voce fermo, posando lo sguardo sull'insegnante che era uscito definitivamente dallo spogliatoio.

Possibile che lasciasse sempre il lavoro sporco a lui?
Sapendo ormai per certo che non sarebbe più tornato, sospirò sconsolato, posando lo sguardo sul suo quaderno

"Ho fatto semplicemente presente tutte le variabili, in maniera neutrale. Per fartela breve, è vero, sei il quarterback da un bel po' e hai sempre fatto un buon lavoro sia in campo, che con la squadra. Ma..."

Peter fece una piccola pausa, deglutendo appena.

"...ultimamente le tue performance sono state parecchio scarse."

Il newyorkese non si azzardò ad alzare lo sguardo dai suoi appunti ma sentì abbastanza distintamente l'ennesimo ringhio venire dal ragazzo.

"Wade, invece, nonostante sia entrato nella squadra ad anno inoltrato, ha imparato in fretta e le sue statistiche sono migliorate a vista d'occhio in pochissimo tempo."

Istintivamente, diede una veloce occhiata al canadese e, come notò che i loro sguardi si erano incrociati, abbassò nuovamente la testa verso il suo quaderno.

"... tuttavia è parecchio indisciplinato, non è bravo a fare lavoro di squadra ed è parecchio impulsivo." concluse frettolosamente "Ho dato tutte queste informazioni al coach e gli ho lasciato scegliere. Lui ha scelto Wade. Quindi io non-"

"TUTTE STRONZATE."

Con un colpo secco, il più grande gli fece cadere gli innumerevoli fogli pieni di statistiche a terra, prendendo poi per il braccio il newyorkese, stringendolo forte.

"'Performance scarse'?" sbraitò, stringendo sempre più forte la presa "Mi hai visto bene, eh nerd? Secondo me, semplicemente, non capisci un cazzo del-"

A bloccare il discorso dell'ormai ex quarterback, il canadese che lo spintonò in maniera tale da allontanarlo da un bel po' dall'altro.

"Dolcezza, non ti sembra di star facendo, come dire? Un po' troppo la testa di cazzo?" esclamò il biondo, mettendosi repentinamente in mezzo ai due e, dalla sua espressione sembrava sul punto di prendere a cazzotti l'altro.

"Un frocio come te non si dovrebbe neanche azzardare a toccarmi." sibilò Flash irritato, anche lui sul piede di guerra "Lo sanno tutti, sai? Che ti scopi qualsiasi cosa cammina, senza badare alle conseguenze delle tue azioni. Il tipo che ti menava l'altra volta è la prova lampante. Come minimo sarà qualche stronzo a cui non gliel'hai saputo succhiare per bene."

A quelle parole, Peter si irrigidì, capendo benissimo a cosa si stesse riferendo.
Come aveva previsto il biondo, in seguito al suo pestaggio, la gente aveva fatto girare i peggio pettegolezzi sull'accaduto, traendo conclusioni errate basandosi sulla pessima reputazione dell'altro.
Fra ciò che gli aveva riferito Mary Jane, fra ciò che leggeva nei bagni o anche solo sentiva nei corridoi della scuola, sapeva che stavano girando le peggio cose a riguardo, come che quell'uomo fosse un amante di Wade o che quest'ultimo avesse avuto uno o più rapporti intimi con qualche parente stretto dell'uomo - come moglie o figli.
C'era addirittura chi aveva voluto esagerare ed aveva parlato della possibilità che il biondo fosse immischiato in qualche cosa illegale, tipo droga e quant'altro.
Ovviamente, solo il newyorkese sapeva la verità - la verità su quell'individuo che non era portato a essere una figura genitoriale e che il canadese doveva subire passivamente - ma, ovviamente, non poteva fare o dire nulla perchè glielo aveva promesso.
Non che potesse fare qualcosa comunque, visto che era solo un povero ragazzino del Queens, che non valeva nulla in confronto ad un ufficiale.
Tuttavia, con il passare dei giorni, il moro stava accumulando una forte rabbia e, in momenti come questi - dove la gente sparava a zero solo per far star male il suo amico - avrebbe solo voluto prenderli a cazzotti ma, la cosa che forse gli faceva più rabbia e lo faceva stare peggio era come Wade, invece, sembrava sempre calmo ed indifferente ai pessimi commenti su di lui come se fosse abituato.
Come in quell'esatto momento.

"Pensala come vuoi." disse, facendo spallucce "Anche se, è stranino questo discorso, sai? Non so, ho come il dubbio che, sotto sotto, voglia provare le mie attenzioni. Vuoi provare a domare il piccolo, grande Wilson? Non è un problema, eh, ma non so quanto riusciresti a reggerlo."

"Ora piantatela..." esclamò Peter, in un mormorio appena udibile, sfiorando il braccio del biondo, vedendo Flash sempre più furente e preoccupato che potesse decidere di fare a botte con il canadese "Non ne vale la pena. Lo dico per entrambi."

Tuttavia, improvvisamente, sul volto dell'ex quarterback spuntò un enorme ghigno, che non prometteva nulla di buono.

"Ah, ora capisco." mormorò, improvvisamente calmo, posando lo sguardo sul più piccolo "Te la fai con il nerd, eh, Wilson? Ora ha senso la cosa, Parker è la tua fottutissima troiet--"

Prima che potesse concludere il discorso e il newyorkese potesse elaborarlo appieno, Wade tirò un pugno in piena faccia a Flash, facendolo cadere a terra.
A quel punto, i compagni di squadra - che fino a quel momento erano rimasti a guardare - si mobilitarono, chi per tenere fermo il biondo e chi a soccorrere Flash.

"Maledetto, giuro Wilson che--"

"Oddio Flash, piantala!" esclamò uno dei ragazzi, mentre lo teneva "Lo sai benissimo anche tu che Parker ha ragione! Da quando ti sei lasciato con Liz non ragioni ma, ehi amico, puoi sempre rimediare, non è la fine del mondo!! Non è che non giocherai più."

Dopo qualche protesta, l'ex quarterback si calmò e venne presto rilasciato dai suoi compagni di squadra, che gli consigliarono di andare in infermeria visto che il naso gli sanguinava copiosamente - molto probabilmente era rotto.

"... Me la pagherete." borbottò il ragazzo, lanciando un'occhiata a Wade e successivamente a Peter, che stava tremando come una foglia.

Appena se ne fu andato, si sfiorò il braccio precedentemente stretto, che ora gli doleva da morire, cercando di tranquillizzarsi.
Possibile che gli idioti dovevano circondarlo costantemente?
E parlando di idioti...
Se Flash si era calmato, non si poteva dire lo stesso del canadese, che ancora si stava sbracciando per liberarsi dalla presa dei suoi compagni di squadra.
Il newyorkese era allibito come anche tre ragazzi, che erano il doppio del biondo, fossero così in difficoltà davanti alla sua forza.
Mentalmente, il newyorkese si appuntò di non far arrabbiare mai l'amico.

"Wade, calmati." esclamò ,a quel punto, in tono calmo, avvicinandosi "Quel cretino se n'è andato, puoi stare tranquillo."

Istintivamente allungò il braccio verso di lui, ma prima che potesse raggiungerlo, l'altro si scostò bruscamente poi, come rendendosi conto di quel gesto, si calmò di botto, guardando Peter con sguardo indecifrabile.

"Waaah Parker, sei un grande." disse uno dei ragazzi, dopo aver mollato la presa dal canadese "Oltre che un bravo stratega, hai un talento innato come domatore di animali feroci!"

Dette queste parole, anche gli ultimi ragazzi si allontanarono - ignorando l'occhiataccia lanciata dal moro per come avevano affibbiato l'amico - e Wade e Peter si ritrovarono da soli.

"... Wade, va tutto bene." mormorò il newyorkese, cercando di usare un tono rassicurante, come vide lo sguardo mortificato di Wade.

Sembrava sul punto di piangere.

"Eri arrabbiato, non eri in vena di contatto fisico, e chi più di me può capirti?" cercò di ironizzare, per farlo ridere, fallendo miseramente "Comunque... Prima di uscire, prenditi qualche attimo per riprenderti, mh? Non hai una bella cera."

Il biondo annuì dopo qualche istante, sedendosi poi stancamente sulla panchina dello spogliatoio mentre Peter si mise a raccogliere gli appunti precedentemente caduti che erano stati malamente calpestati da mezza squadra.
Mentre sbuffava, borbottando su quanto il suo lavoro non fosse rispettato dagli altri, ogni tot lanciava delle veloci occhiate al suo amico, notando come ora fosse inclinato, con i gomiti appoggiati sulle gambe mentre aveva le mani fra i capelli, borbottando in maniera più rumorosa del solito fra sè e sè.
Il newyorkese era davvero preoccupato per tutta quella situazione.
Oltre alla consapevolezza della sua orribile situazione familiare, oltre il vedere come la gente sapeva tirare solo il peggio di sè, denigrando una persona, senza curarsi assolutamente della verità, vedeva come il canadese sembrava volersi fare carico della situazione da solo.
Quasi a confermare la sua teoria, dopo la volta che l'aveva accompagnato in pullman, Wade sembrava volerlo evitare il più possibile.
Sì, certo, si vedevano ancora per studiare e per le partite ma niente di più e ogni qualvolta il moro cercasse di instaurare una conversazione un po' più profonda o anche provava a chiedergli di uscire, il biondo si irrigidiva e cambiava discorso o inventava qualche scusa.
A quel punto, Peter aveva ipotizzato che avesse bisogno dei suoi spazi e così l'aveva lasciato in pace... anche se, il dubbio che non volesse più avere a che fare con lui, ce l'aveva eccome e, ovviamente, il pensiero non poteva che farlo star male.
Dal punto di vista romantico, sapeva benissimo che non era alla sua portata, ma non voleva perderlo anche come amico.
Dopotutto, ci teneva tanto a lui.
Facendo un sospiro sconfortato, si chiese se le cose sarebbero state diverse se fosse stato forte e coraggioso quanto bastava per dare un cazzotto al padre, quella volta, o se fosse stato abbastanza ricco o quantomeno importante, da poter denunciare questi maltrattamenti ed essere creduto o anche se solo l'intera scuola si fosse comportata in maniera più umana.

"Tieni."

A farlo sussultare dalla sorpresa e a farlo tornare nella realtà, Wade che ora era accovacciato vicino a lui e gli stava porgendo uno dei suoi fogli.

"Oh grazie ma non c'era bisogno, davvero."

Il biondo tacque, continuando a guardarlo con sguardo colpevole, per poi mormorare qualcosa fra sè e sè e, di tutto quel discorso, il moro capì solo un 'scusa'.

"Ah, dici per prima?" chiese, per poi fare spallucce ed alzarsi "Non era niente, te l'ho detto. Avevi solo bisogno di stare per i fatti tuoi e calmarti."

"Io non inten- sì anche per quello ma- no, non importa."

Il canadese si fece silenzioso nuovamente, alzandosi lentamente, rivolgendogli un'espressione enigmatica.
Dio, quanto odiava quanto non blaterava come suo solito.

"... Uh, d'accordo. Quindi devi stare qui o-"

"Ti fa male?"

Peter sussultò per poi strizzare gli occhi istintivamente come l'altro gli strinse lievemente il braccio stretto qualche istante prima da Flash.
Con la pelle scoperta per la camicia a maniche corte, si potevano intravedere dei segni rossi dovuti alla stretta.
Il moro pensò immediatamente che, sicuramente, gli sarebbe venuto il livido.

"... No, sto bene." mentì, con un lieve sorriso "Non ti preoccupare."

Doveva essere proprio un pessimo bugiardo perchè, a quelle parole, l'amico alzò un sopracciglio poco convinto, per poi passarsi una mano fra i capelli.

"Evitalo. E' una testa di cazzo." borbottò, sbuffando "Mi prudono ancora le mani. Dovevo dargli un colpo più forte."

"Credo che il pugno che gli hai dato sia più che sufficiente." rispose con un sospiro "Però, davvero, fai attenzione, okay? Stai andando bene a scuola e sei diventato il quarterback della squadra. Non ti rovinare per me, dico davvero! Va tutto bene."

Wade aprì la bocca, come se stesse per dire qualcosa, ma alla fine sembrò rinunciarci e sospirò, posando lo sguardo a terra.
Successivamente si avvicinò alla porta ma, prima di allontanarsi, gli rivolse un sorriso malinconico.
Detestavo vederlo così.

"... Wade- aspetta." esclamò Peter, facendo qualche passo verso di lui, ritrovandosi in poco tempo alle sue spalle.

C'erano tante cose che avrebbe voluto dirgli ma era davvero difficile, fra queste, scegliere le parole di cui aveva bisogno l'altro.

"Tu... non sei solo, lo sai questo, vero?"

Il biondo si voltò appena, rivolgendogli un mezzo sorriso.

"... Ci vediamo, Peter."

E con quest'ultima frase, ora il newyorkese poteva vedere perfettamente il muro che si era formato fra loro.

****************

"Sicuro che non vuoi che rimaniamo con te, Pete?"

"No ragazzi, state tranquilli." esclamò il ragazzo, sorridendo appena ai suoi due amici "Ce la faccio."

Come i suoi amici si allontanarono, Peter sospirò, sedendosi sugli asfalti, guardando il campo dove poco prima c'era stata l'ennesima partita vinta.
Sorrise lievemente, per poi passarsi una mano fra i capelli bagnati, osservando la sua macchina fotografica, felice nel constatare che almeno lei non avesse preso acqua.
Durante questa partita infatti, il coach aveva insistito particolarmente per fare qualche foto durante le partite per il giornalino della scuola, per commemorare l'ennesimo successo.
Sfortunatamente però, nonostante fossero in piena stagione primaverile, aveva iniziato a piovere molto forte e si era innalzato un terribile vento tant'è che, nonostante Harry e Mary Jane lo avevano aiutato il più possibile tenendogli l'ombrello e la borsa, era comunque riuscito ad inzupparsi dalla testa ai piedi - forse perchè aveva cercato di proteggere la macchina fotografica dalle intemperie, piuttosto che se stesso.
E dire che ora aveva smesso, come se nulla fosse successo.
... Decisamente, oggi non era la sua giornata.
Tirò su col naso e iniziò a scorrere le foto che aveva fatto e si ritrovò istintivamente a sorridere quando beccò alcune foto di Wade.
Era stato... fantastico.
Se avevano vinto la partita era grazie a lui.
Non che gli interessasse così tanto quello sport in sè, ma doveva ammettere che il biondo ce l'aveva davvero messa tutta.
Certo, tendeva anche fin troppo a fare le cose da solo, ma aveva dato i risultati sperati.
Istintivamente, sfiorò lo schermo dell'oggetto mentre il suo sorriso si incrinò.
Da quella volta nello spogliatoio, il canadese lo aveva completamente ignorato e la cosa non aveva fatto altro che renderlo sempre più triste.
Era davvero finita così la loro amicizia?
Improvvisamente, si ricordò delle parole che Harry gli rivolse durante la partita.
'Ammetto che lui non sta al centro delle mie simpatie' gli aveva detto ' ma penso siano ignobili i pettegolezzi che girano su di lui.'
In qualche modo, ricordava che l'aveva reso felice quel commento perchè gli faceva pensare che, in fondo, c'era qualcun'altro, oltre a lui, che pensava che stesse vivendo un'ingiustizia.
Magari, se tutti questi cretini avessero smesso di far girare certe voci, magari Wade sarebbe stato più tranquillo e magari... magari... sarebbero tornati amici come prima.

"Aaaaah Petey pie, ma che hai fatto? Sei completamente bagnato."

Il newyorkese si voltò lentamente, non sapendo come reagire alla vista del canadese sorridente, che ora gli sedeva a fianco.
Sembrava che più si avvicinasse al canadese e più quest'ultimo si allontanasse ma, al contempo, se Peter prendeva le distanze, questo riappariva come se nulla fosse.
Ormai non sapeva neanche più come reagire.
Sapeva solo che da 'Peter' era tornato nuovamente a 'Petey pie'.

"Beh, c'è stata la pioggia e dovevo fare le foto... insomma, ho potuto fare solo una cosa per volta." mormorò, facendo spallucce.

"Uh-uh, Petey, non va bene. Ti prendi troppe responsabilità, avresti dovuto mandare a quel paese il coach, per quella richiesta strampalata e con quel tempo, perdonami il termine, del cazzo e se lo dico io che sono strambo di mio, beeeeehhh.."

Si fermò di colpo, posando lo sguardo sulla macchina fotografica e gli occhi gli si illuminarono di botto.

"Quello... quello sono io?!" esclamò estasiato, avvicinandosi di più al moro, che arrossì d'istinto "Ma ma ma ma sono ancora più super iper mega figo del solito! Sei davvero bravissimo Petey, te lo dicevo io!"

Incantato com'era dalle foto, posò le mani sulla macchina fotografica, posando le dita molto vicino alle dita del minore che si ritrovò a fissarlo di sottecchi.
Peter si chiese se fosse il caso di provare ad approcciarsi a lui nuovamente.

"Wade, mh..." sussurrò in imbarazzo, sfiorandogli goffamente le dita con le proprie "Ultimamente sei strano. Cioè, uh, non il tuo strano solito ma strano... strano. Hai capito, no? Sembra che... tu mi stia evitando. Penso di lasciarti in pace e, puff, ecco che d'improvviso riappari e ti comporti come se nulla fosse successo. E io... non capisco più che fare."

Il biondo non spostò lo sguardo dalla macchina fotografica e, per un istante, sembrò quasi che non avesse sentito poi, improvvisamente, spostò le dita per accarezzare dolcemente quelle dell'altro.
Peter arrossì ancora di più, sentendo il suo cuore battere all'impazzata.
Gli mancavano questi momenti e sperava che non finisse tanto presto.

"... Mmmhh.... Non volevo, cioè, non devi stare male, non ne vale la pena." mormorò con un sospirò, per poi posare gli occhi sui suoi "Ma... fidati, è meglio così. Non ci pensare."

Peter si chiese se ci fosse un significato più profondo in quelle parole ma , non ebbe il tempo di chiedere, che il canadese lasciò la  presa e si alzò, frugando poi il suo zaino.

"In realtà ero venuto qui perchè volevo prendermi cura del mio protetto, come qualsiasi fata madrina che si rispetti." gli disse il biondo, porgendogli quello che il minore identificò come dei vestiti "E' la mia tuta. Sì, ti starà enorme e ci navigherai dentro ma ehi, almeno è roba asciutta."

Il minore prese i vestiti, per poi guardare l'amico confuso.

"Wade, uh, apprezzo il pensiero ma ora vado a casa e mi cambio. Non ha molto senso mettermi la tuta con sotto la roba bagnata."

"Per questo," replicò l'altro con un sorriso "speravo che potessi usare le docce degli spogliatoi. Lo so che non ti piace l'idea ma buh, ora non c'è nessuno, sono sicurissimo al cento per cento, si sono tutti lavati e, profumatissimi, sono usciti tutti. Sarai da solo, davvero."

Il newyorkese tacque, passandosi quei vestiti fra le dita, ancora dubbioso.
Effettivamente era fradicio, e rischiare di ammalarsi in questo periodo era un rischio che non poteva correre ma d'altro canto-

"Petey." sussurrò Wade con un tono di voce dolce, posando una mano sulla sua spalla "Non c'è nessuno, davvero, fidati di me."

A quel punto, visto che a quel tono di voce non sapeva dire di no, annuì timidamente e il canadese gli sorrise rassicurato, per poi incamminarsi a passo leggero verso l'uscita.

"Seriamente..." mugugnò il newyorkese fra sè e sè appena si fu allontanato abbastanza il suo amico, stringendo a sè la sua tuta "chi ti capisce è bravo.."

****************

"C'è qualcuno?"

Come sentì solo il rimbombare della sua voce nella stanza buia e vuota, Peter potè tirare un sospiro di sollievo sentendosi, subito dopo, un po' stupido.
Scrollò le spalle, accendendo le luci per poi chiudere la porta alle sue spalle, dirigendosi infine alle docce.
Posò lo zaino sulla panchina, sistemando meglio la macchina fotografica al suo interno, pensando mentalmente dove avrebbe potuto poggiare gli abiti bagnati e arrivò la conclusione che, molto probabilmente, se li sarebbe dovuti tenere a mano.
Sospirò di nuovo, stavolta in maniera sconsolata, e sperò con tutto il cuore che, almeno, non tornasse a piovere come prima.
Aprì l'acqua della doccia e in attesa che questa, con calma, diventasse calda ed iniziò finalmente a spogliarsi, strizzando i suoi abiti il più possibile, per togliere tutta l'acqua che avevano accumulato.
Dopo aver messo le vesti fradice sopra un termosifone - e, in cuor suo, sperò in qualche legge della fisica ancora sconosciuta all'umanità, che facesse asciugare i vestiti bagnati sul termosifone in 5 minuti - posò gli occhiali sulla panchina vicino al suo zaino, per poi entrare finalmente in doccia.
Sentì i suoi muscoli rilassarsi come l'acqua sfiorò gentilmente il suo corpo e si ritrovò a ringraziare mentalmente Wade per la sua trovata.
Sorridendo, si ritrovò a pensare che lui sembrava davvero il suo 'angelo custode' - o il suo 'serial killer personale', come si era definito l'amico - e la cosa, per un istante, lo fece felice.
... Poi improvvisamente, si ritrovò a pensare come il loro rapporto si era incrinato ultimamente e smise di colpo di sorridere.
Certo, col fatto che gli aveva prestato la tuta, aveva la scusa per riparlargli... ma dopo quello? Avrebbero continuato a parlargli? O avrebbe dovuto aspettare che fosse prima il maggiore a interagire con lui? E quando sarebbe durata? Qualche mese? Fino al suo diploma? Anni? Per sempre?
Ogni volta che ci pensava, una fitta gli prendeva alla bocca dello stomaco, come se l'avessero colpito fisicamente.
Mentre si insaponava velocemente, si chiese se sarebbe cambiato qualcosa se fosse stato il suo 'tipo ideale'.
Immaginava che in questo momento, il canadese voleva tutto fuorchè una relazione - visto tutti i casini che stava passando - e sapeva bene che, come amico, era abbastanza 'inutile' - per non dire una palla al piede - ma si chiedeva se sarebbe cambiato qualcosa se, quanto meno, fosse stato quel qualcuno di 'speciale' per l'altro.
Ma qui sorgeva un'altra domanda: qual era il tipo ideale dell'altro?
A quel pensiero, si passò una mano sulla pancia, per poi tirare un lembo di pelle ed, istintivamente, gli si formò una smorfia di puro disgusto in volto.
Sapeva perfettamente che il suo corpo non era qualcosa che qualsiasi persona potesse considerare 'bello' anche perchè non era niente di eccezionale: era la normalità fatta a persona.
Non era particolarmente alto, non era muscoloso, non era snello, era magro ma una magrezza 'morbida', dovuta forse alle porcherie che mangiava costantemente.
Insomma, Wade che ci avrebbe visto in un fisico come--?
A smuoverlo dai suoi pensieri, un rumore improvviso che lo fece sussultare di colpo e lo fece voltare di scatto.
Inizialmente si guardò in giro confuso, non capendo se c'era stato sul serio o se lo fosse inventato ma, non sentendo più niente, lasciò perdere, finendo di farsi la doccia.
Fu quando chiuse l'acqua, che i rumori tornarono e stavolta furono molto più forti, tant'è che Peter si chiese se fosse stato un terremoto o qualcosa del genere.
Si bloccò completamente, terrorizzato da quello che stava accadendo ma ciò lo aiutò ad analizzare meglio la situazione.
Notando che sì, il rumore era forte ma non stava tremando niente intorno a lui, dedusse che sicuramente non era un terremoto e, a sentire meglio, sembrava un suono ripetuto, un po' come il rumore dell'acqua del rubinetto quando gocciola ma più forte, come se stessero sbattendo ripetutamente un armadietto.
Fu in quel momento che, sbiancando di colpo, capì che c'era qualcun'altro in quei spogliatoi.
Ma chi diavolo poteva essere a quell'ora? La squadra di football era andata via e, a quell'ora, c'era giusto qualche membro di qualche club che comunque non dovrebbe stare all'interno degli spogliatoi.
Visto il rumore sempre più assordante, iniziò a chiedersi se non fosse qualche malintenzionato che stava cercando di sfondare qualche armadietto e la cosa lo terrorizzò.
Preso dal panico com'era, non si fece troppe domande, e si mise velocemente il sopra della tuta, gli occhiali e prese l'arma più vicino a lui - una scopa.
Con il cuore a mille, strinse a sè la scopa, incamminandosi verso l'uscita - con qualche difficoltà, visto che gli occhiali non facevano altro che appannarsi - sperando di non incontrare qualche malvivente lungo il percorso.
Forse, se riusciva a uscire poteva chiamare qualcuno e-
Si bloccò di colpo, nascondendosi dietro un muro, sentendo che la provenienza dei 'rumori' era proprio lì davanti a lui.
Tremando come una foglia, si pulì per l'ennesima volta gli occhiali, per poi osservare di nascosto la situazione e il sangue gli si gelò.
A terra c'erano tre ragazzi - che riconobbe essere Flash ed altri della squadra - che sembravano svenuti e ridotti abbastanza male, come se fossero stati pestati malamente e in un angolo Wade, seduto, che parlava da solo mentre dava ripetutamente dei pugni su un armadietto.
Sembrava che, apparentemente, il canadese avesse fatto a botte con i tre e che ora stesse scaricando la rabbia sul primo oggetto che gli era capitato a tiro.
Quasi preferiva l'idea strampalata, dovuta dal panico, nella quale pensava che qualche criminale avesse voluto svaligiare la roba puzzolente di qualche atleta adolescente.
A ripensarci... davvero, a che pensava?
Con un leggero sospiro, lasciò la sua arma fidata in un angolo, deciso ad avvicinarsi con cautela, al canadese.
I ragazzi non sembravano in pericolo di vita, ma lo preoccupava che il maggiore sembrasse così furioso: che avevano fatto di così orribile da farlo esplodere così, lui che aveva sempre reagito con indifferenza alle loro provocazioni?
Ma... soprattutto, che ci facevano lì?
Per far luce su queste cose, sicuramente, avrebbe dovuto fare con calma e con circospezione, per cercare di tranquillizzare in primis il biondo, che sembrava voler picchiare chiunque lo sfiorasse.
Ovviamente, l'idea di avvicinarsi a lui con delicatezza, fu mandato all'aria da uno starnuto abbastanza rumoroso che gli uscì e che rimbombò in tutto la stanza e, inutile dirlo, catturò l'attenzione dell'amico.

"... Ciao..." mormorò con un leggero sorriso il newyorkese, a pochi passi da lui, tirando su col naso, notando poi che l'altro aveva cambiato repentinamente atteggiamento.

Aveva smesso di prendere a pugni l'armadietto e ora, semplicemente, lo fissava, con uno sguardo un po' ebete in viso.
Sembrava quasi che lo stesse fissando con interesse.
Il minore avvampò per questo pensiero stupido.

"... Sono morto e ora sono in paradiso?" disse di colpo il maggiore, imbambolato, lasciando il moro sempre più confuso.

Solo quando si accorse di un enorme specchio di fronte a loro, si rese conto del perchè di quello strano atteggiamento da parte dell'altro.
Preso com'era dal panico, non aveva avuto il tempo nè di asciugarsi, nè di sistemarsi meglio, col risultato che la parte superiore della tuta - l'unica cosa che era riuscita a mettere - nonostante fosse enorme, gli rimaneva appiccicata al corpo e, come se non bastasse, avendo lasciato la cerniera mezzo aperta, una piccola parte del petto e una spalla erano completamente in bella vista.

"I-I-io," balbettò in completo imbarazzo, chiudendosi istintivamente la tuta "uh, senti non... non prendermi in giro, okay? Avevo, mh, ecco, sentito dei rumori, mi sono spaventato e, insomma, non è che ho proprio pensato che sarei dovuto uscire decentemente."

"Ma io non ti sto..." ribattè Wade, facendo una pausa nel momento stesso in cui Peter si alzò la cerniera fino in cima, deglutendo rumorosamente "... Prendendo in giro, mh-"

"...Sì, certo." borbottò sarcasticamente l'altro, posando una mano sulla fine dell'indumento, cercando di tirarla inutilmente giù.

La sua unica fortuna in quella situazione era che, essendo il canadese il doppio di lui e che anche a quest'ultimo piacesse vestire largo, sul newyorkese quella tuta gli faceva da vestito, tant'è che gli arrivava fino alle ginocchia ed era un bene visto che non aveva niente sotto.
Sperò con tutto il cuore che l'altro non se ne fosse accorto o sarebbe stata la volta buona che scappava in Messico dalla vergogna.

"Tornando a noi..." mugugnò il minore, cercando di cacciare l'imbarazzo per quella situazione con tutte le sue forze "... che è successo? Perchè vi siete picchiati? E perchè qui poi? Avevo capito che tutti se n'erano andati da un pezzo."

Il biondo, in tutta risposta, non disse una parola e distolse lo sguardo.

"... Oh sì Wade, davvero esaustivo da parte tua." esclamò con sarcasmo, sbuffando, guardando nuovamente i tre stesi a terra.

In quel momento, si accorse di un cellulare con lo schermo rotto vicino alla 'scena del crimine' e, come vide il canadese irrigidirsi di colpo, immaginò che centrasse qualcosa.

"Peter... non- non dovresti prendere quel cellulare..."

Il maggiore cercò di allungare il braccio verso di lui ma sembrò che un qualcosa gli impedisse di toccarlo, quindi si bloccò, mostrandosi in estrema difficoltà e Peter si ritrovò a guardarlo con un sopracciglio alzato, non capendo davvero che gli stava prendendo.
Era davvero il contenuto del cellulare così importante?
Preso dalla curiosità, osservò l'oggetto elettronico, notando che funzionava ancora e che stava registrando un video, che stoppò all'istante.
Di colpo si irrigidì e si chiese se quei tre deficienti avessero ripreso Wade in qualche situazione particolare, per il solo gusto di bullarsi di lui, magari anche ricattarlo.
Avrebbe spiegato il perchè di quella rissa.
Il sangue gli ribollì nelle vene a quei pensieri e si ritrovò ad avviare il video senza pensarci, preparandosi al peggio.
Tuttavia, non trovò quello che pensava.

-Eccoci ad una nuova puntata di 'Quanto può scendere in basso uno sfigato come Peter Parker?'-

Peter sbiancò terribilmente mentre le risate dei tre ragazzi risuonavano sprezzanti nel video che stava vedendo.
A quanto pare, avevano iniziato a riprendere fuori dagli spogliatoi, dove fra una battutina e l'altra, parlavano di come si sarebbero vendicati facendogli passare 'la migliore serata della sua miserabile vita', iniziando con una ripresa della sua 'sicuramente minuscola virilità' - e no, non avevano usato queste esatte parole.
Il newyorkese sentì il cuore farsi pesante, come vide quei tre farsi silenziosi ed entrare - senza però riuscire ad evitare il rumore causato dalla porta - ed avvicinarsi quatti quatti alle docce.
... Almeno finchè un qualcosa -Wade - non era sbucato da non si sa bene dove e li aveva attaccati.
Non si capiva bene che fosse successo di preciso - visto che il cellulare era caduto dopo il primo impatto -  ma era palese che il canadese ci fosse andato giù pesante.
La cosa forse più sorprendente dell'amico, e che era riuscito a coglierli così tanto di sorpresa, che non erano riusciti a contrattaccare.
Era stato sorprendente.

"Peter?"

Fu solo quando il biondo lo chiamò, che si rese conto che aveva smesso da un po' di respirare: quel video l'aveva sconvolto enormemente.
Non tanto per il contenuto - in quanto, grazie al maggiore, i ragazzi non erano arrivati alle docce e quindi Peter neanche si vedeva - ma per le loro intenzioni.
Quelli volevano riprenderlo in un momento di intimità, dove più era indifeso e perchè? Perchè li aveva 'esclusi' da alcune partite? Perchè, per i loro canoni, era uno sfigato?
E se non fosse intervenuto Wade, quali altre cattiverie gratuite avrebbe dovuto subire?
Era assurdo, completamente assurdo.
Lui non gli aveva mai fatto niente di male e, anzi, a pensarci, sin da subito erano stati Flash e altri ragazzi come lui a prenderlo di mira brutalmente, solo per il semplice gusto di tormentare uno più debole di loro.
Perchè era questa l'unica spiegazione che si dava, l'unico motivo per cui chiunque sembrasse volerlo tormentare alla prima occasione, perchè il moro sapeva benissimo di non aver fatto nulla, di essersi sempre comportato in maniera corretta con tutti.
L'unica sua colpa era di non essere abbastanza forte da fargliela pagare.
Tuttavia, di fronte a questa cattiveria, non si capacitava, di come qualsiasi persona potesse fare così tanto male a qualcun'altro, per una motivazione così stupida.
A quei pensieri, oltre a diventare sempre più pallido, iniziò a tremare brutalmente e gli occhi iniziarono a pizzicargli.

"... utto ben...?"

Preso com'era dai suoi pensieri, si scosse brutalmente come vide due braccia che cercavano di afferrarlo e si spostò di scatto.
Si rese conto solo tardi che era semplicemente Wade che, molto probabilmente vedendolo sconvolto, voleva dargli 'supporto' a modo suo con un abbraccio.
Si sentì mortificato, come si rese conto che l'aveva scacciato in quel modo.

"Scusa io-" mormorò e si rese immediatamente conto che la voce gli era uscita più piccola del normale.

"... sì, insomma, " disse ancora, dopo essersi schiarito la voce "ero sovrappensiero e- non volevo respingerti. Dammi, uh, solo un attimo, okay?"

Il biondo lo fissò con uno sguardo di pura tristezza in volto ed annuì, rimanendo ad una certa distanza - e il newyorkese si maledì a quella consapevolezza e sperò con tutto il cuore che l'altro non pensasse che lo odiasse o qualcosa del genere.
A quel punto, Peter fece un enorme respiro profondo e cercò di calmarsi perchè tutto voleva, tranne avere un attacco di panico davanti all'amico.
Abbassò quindi lo sguardo verso il cellulare che ancora aveva in mano e, per prima cosa, cancellò il video incriminante per poi controllare che non avesse mandato in giro altri video di quel tipo e, fortunatamente - a parte insulti gratuiti qua e là - non aveva mandato nulla di strano.
Con un sospiro di sollievo, lievemente più tranquillo, si mise a cancellare, a cancellare e ancora cancellare.
Non voleva che ci fosse più niente.
Dopo che fu soddisfatto, buttò a terra il cellulare senza tante cerimonie e frugò nelle tasche degli altri due, in cerca del loro cellulare, per avere un'ulteriore conferma che non ci fosse niente di strano conservato per poi, anche con loro, cancellare tutto senza pietà.

"... Stai sanguinando." notò a quel punto il moro, osservando le nocche di Wade che stavano praticamente gocciolando "Hai delle fasce con te?"

"Sì, certo, in borsa." rispose l'altro, osservandosi la mano "Ma non è così import-"

"Prendile." ordinò Peter, guardandosi poi in giro, indicandogli poi la panchina, facendogli segno di sedersi lì.

Come l'amico obbedì e prese la borsa poco distante, il newyorkese spostò per un istante lo sguardo sui tre ragazzi ancora incoscienti: per come aveva l'umore, quasi sperava che fossero schiattati.
Scosse subito la testa, cercando di cacciare via i brutti pensieri, per poi dirigersi verso le panchine, dove c'era l'amico ad attenderlo.

"Prima di fasciarla, forse ti conviene lavarle prima con l'acqua."

Nuovamente, il biondo eseguì le sue indicazioni senza battere ciglio e, come questo gli diede le spalle per aprire l'acqua, il newyorkese ne approfittò per spostare le sue cose e sedersi, facendo attenzione che la tuta non si alzasse troppo e mostrasse cose indesiderate.

"... Scusa Petey..."

Come sentì la voce del maggiore, che lo guardava con fare afflitto, il moro si stranì non poco.

"Certo che ti scusi tanto, ultimamente." disse a mo' di battuta, sforzandosi di fargli un mezzo sorriso "Anche se, a sto' giro, non mi sembra che tu abbia fatto nulla di male. Semmai sono io che dovrei ringraziarti."

Il più alto non disse niente e spostò lo sguardo sul suo zaino e, dopo averlo frugato per un po', trovò e porse le fasce all'altro.
Come Peter iniziò a srotolare la benda, si accorse immediatamente come l'altro ora sembrava agitato, che posava lo sguardo ovunque tranne nella sua direzione.
Che fosse preoccupato per la sua reazione di poco fa?
Sentendosi nuovamente in colpa verso la pessima reazione che aveva avuto - con l'unica persona che l'aveva aiutato, per giunta - con delicatezza, gli sfiorò la mano in una dolce carezza, facendo dei piccoli cerchietti sul palmo della mano.

"Pet- uh-" mugugnò il canadese, con un'espressione indecifrabile - sbagliava, o era appena arrossito? "Io, sai, non voglio togliere nulla a- CIOE' non togliere nel senso di togliere- ma voglio dire, insomma, sei gentile a fare- quello- ma, sai, forse dovresti solo, sì, tipo, bendarmi e basta. E lo dico per la sanità mentale di entrambi, specie la mia, che sai, è già abbastanza instabile."

... Era una sua impressione o l'amico era imbarazzato da morire?
Non sapeva la ragione ma la situazione, nonostante l'esperienza orribile vissuta prima, l'aveva fatto ridacchiare.

"D'accordo, d'accordo, come vuole lei signor Wilson." esclamò con un sorriso sincero, sistemandosi al meglio le maniche di quell'enorme tuta "Se ti faccio male, fai un fischio, okay?"

Il canadese annuì, sorridendo anche lui, lievemente più tranquillo e Peter si chiese se non fosse semplicemente preoccupato per lui.
A quel pensiero, allargò il sorriso e si mise, con delicatezza, a sistemargli le bende, cercando di non fargli male.
Calò nuovamente il silenzio fra loro, almeno finchè il newyorkese non avvertì il tocco della mano libera del canadese sui suoi capelli.

"Hai i capelli fradicissimi Petey, mh." sussurrò pensieroso, senza togliergli gli occhi di dosso "Cioè, sai, sei carino anche così eh, non fraintendermi, ma sai sei bagnato. ... Perchè detto da me suona malissimo la parola 'bagnato'? E' una parola così intensa e- no, dicevo, rischi di ammalarti, quindi ti conviene vestirti, sai? Per la salute. Di entrambi. Specie la mia, quella mentale. Ti prego principessa, abbi pietà."

Nonostante il nomignolo discutibile, il moro si ritrovò a ridere nuovamente al suo discorso strampalato.

"Ho perso ormai il conto delle volte che mi hai definito 'carino', quindi o ti diverti a prendermi in giro o dovrei regalarti un paio di occhiali, come i miei." esclamò il minore, passandogli le fasce nell'altra mano "Comunque, sì, dovrei decisamente sistemarmi. Non è l'ideale girare con solo il sopra della tuta addosso."

Ci fu nuovamente un silenzio terrificante, nella quale il moro si rese conto di aver detto qualcosa che non doveva dire.

"... Solo...?" mormorò in tono stranito il biondo, facendo un lungo respiro profondo "Nel senso, letteralmente, cioè, quindi, hai. solo. quello. addosso?"

In tutta risposta, Peter arrossì fino alla punta delle orecchie, non sapendo come dare una risposta all'altro, e di certo lo sguardo che gli stava lanciando non lo aiutava per niente.

"Bene bene, chi abbiamo qui?"

Al suono di quella voce che il newyorkese conosceva piuttosto bene, si raggelò, girandosi molto lentamente dove ora Flash e gli altri suoi compari erano in piedi, ammaccati ed arrabbiati.

"Wilson, sappi che me la paghi per quello che ci hai fatto." grugnì, passandosi una mano sulla testa, dove ora c'era un enorme bernoccolo "E i nostri cellulari sono resettati, che cazzo gli avete fatto?! Parker, sono sicurissimo che centri tu in questa storia."

Il minore si mise a tremare brutalmente, sentendo la bocca improvvisamente secca e, quando vide il canadese alzarsi, non seppe davvero come reagire: era come se il suo intero corpo si fosse bloccato di colpo.
Tuttavia, anche se i tre ragazzi stessi si irrigidirono, pronti per un'altra scazzottata, Wade andò nella direzione opposta, dove c'erano le docce e aprì l'acqua, bagnandosi la testa con l'acqua gelida per una manciata di secondi.
Sotto lo sguardo attonito dei presenti, il ragazzo semplicemente chiuse l'acqua, per poi scuotersi i capelli a mo' di cane bagnato.

"Sì, sì, arrivo, dovevo fare una cosa importante" esclamò semplicemente, gonfiando il petto, improvvisamente più rinvigorito "Quindi, chi devo pestare per primo?"

"Wade, aspetta."

Il maggiore guardò con fare interrogativo al moro, che ora puntava uno sguardo di puro astio verso i tre ragazzi della squadra.
Grazie allo strano 'spettacolo' offerto dall'amico, quantomeno, ora era più tranquillo ed aveva trovato il coraggio per parlare.

"Penso sia il caso di parlare di cosa succederà dopo."

"'Dopo', hai detto?" esclamò uno dei ragazzi, con fare derisorio "Il tuo amichetto verrà espulso e tu verrai prossimamente chiuso in qualche armadietto."

I ragazzi se la risero di gusto e Peter dovette ingoiare un enorme rospo, per riuscire a continuare ad essere calmo, per poi dare un'occhiata all'amico, che sembrava sul punto di esplodere.
Doveva agire in fretta.

"Mi spiego meglio." esordì il newyorkese, schiarendosi la voce "Prima di resettare il vostro cellulare, mi sono mandato il video che avevate fatto. Sapete cosa vuol dire?"

Sotto lo sguardo confuso e scettico dei presenti, continuò.

"Mettete che il video finisca nelle mani del preside, cosa significherebbe? Che non solo dei suoi studenti hanno avuto un comportamento inaccettabile ma che c'è stata anche poca sicurezza nella scuola. Che succederebbe quindi se la notizia uscisse fuori dalle mura scolastiche? Uno scandalo, ovviamente. Quindi si cercherebbe di tenere la cosa sotto controllo ma, al contempo, di punire i colpevoli della situazione. E chi pensate siano i cattivi della situazione? Io, la vittima di uno scherzo, oltre che essere un bravo studente, Wade che ha cercato di impedire il tutto, che è il nuovo quarterback della squadra, oltre il fatto che il padre è amico del preside o voi tre, che nel video avete abbondantemente espresso il desiderio di fare le peggio cattiverie, e che ormai a livello scolastico e sportivo non siete delle cime?"

Capendo perfettamente dove il discorso di Peter volesse andare a parare, i due ragazzi della squadra sbiancarono e si guardarono preoccupati, mentre Flash digrignò i denti.

"Se pensi che noi-"

"Flash, dio, stai zitto!" disse uno dei ragazzi, mettendosi una mano fra i capelli "Non voglio finire nei casini perchè tu volevi la tua vendetta del cazzo."

"Davvero, ci dispiace." disse l'altro, guardando il moro con uno sguardo di completo panico "Non lo faremo più, ne ti daremo fastidio in nessun modo, okay? Ci è sfuggito di mano, non accadrà più."

Il minore, in tutta risposta, schioccò la lingua, irritato da questa situazione.
Era disgustoso come fossero diventati così sottomessi e gentili, pronti anche a scannarsi l'un l'altro, dopo che erano stati minacciati di perdere qualcosa a loro caro.

"D'accordo, non farò vedere il video." mormorò Peter, incrociando le dita al petto "A patto che chiediate scusa anche a Wade."

Il ragazzo appena nominato, che in tutto quel tempo si era fatto silenzioso, sbattè gli occhi ripetutamente a quelle parole, guardando l'amico confuso.

"No- io- cosa?" esclamò, grattandosi la testa, confuso "No no, cioè, la scusa migliore che ho ricevuto da loro è l'essersi fatti menare da me, quindi insomma, al massimo se sono pronti ad un nuovo giro, io-"

"Ci dispiace." dissero i ragazzi in risposta a quella 'velata' minaccia, a parte Flash, che ricevette un'occhiataccia da parte dei suoi amici "... A-Anche lui si scusa, vero?"

"... Sì certo." brontolò, incrociando le braccia al petto "Ma non finisce qui, Parker. Appena farai un passo falso, io-"

Prima che potesse aprire ulteriormente bocca, gli amici lo intercettarono, tappandogli la bocca e trascinandolo fuori dagli spogliatoi con la forza.
Nuovamente, Peter e Wade si ritrovarono da soli e si scambiarono una lunga occhiata.
Il moro fece per dire qualcosa, ma il rumore di un tuono lo fecero sussultare.

"... Hai un ombrello con te?" mormorò Wade, ricevendo subito un no con la testa da parte di Peter "D'accordo, senti, io ho l'ombrello quindi sai cosa? Ti accompagno, almeno eviti di beccarti altra acqua. Ora, sì, meglio che esca, visto che mi sto distraendo anche fin troppo. Ti aspetto fuori dalla porta, okay?"

Visibilmente confuso, il moro osservò il suo amico uscire dalla stanza con un'espressione strana in volto.

****************

"Si può sapere che hai? E' finita bene lì dentro, dovresti essere felice, non pensi?"

In tutta risposta, il biondo fece spallucce e, a quel gesto, il minore si ritrovò a sbuffare sonoramente, ormai esasperato dalla situazione.
Appena era uscito dallo spogliatoio - con la tuta e la sua roba mezza asciutta addosso - il maggiore l'aveva accolto sotto il suo ombrello ma non aveva spiaccicato bocca e, anzi, sembrava perso nei suoi stessi pensieri.
A quel punto, Peter si trovò a domandarsi se quella situazione avesse scosso anche l'altro, in qualche modo.

"Sei... sei stato sorprendente, prima." disse finalmente l'altro "Insomma, più ci penso e più, wah, hai ideato quel piano complicato in pochissimo tempo. Cioè, woh, chi l'avrebbe mai detto che in una situazione di quel genere, avessi avuto la testa per pensare ad inviarti il video? Insomma, più ci penso e più sono rimasto sorpresa dalla tua parlantina e-"

"Uh, attualmente..." sussurrò il moro, mordendosi il labbro inferiore "... non era vero."

A quel punto, il canadese si bloccò di colpo e guardò l'altro con occhi semi spalancati.

"Come?"

"Beh io..." disse ancora il moro, guardandosi poi attorno, per avere conferma che non ci fosse nessuno "... ero sconvolto quando avevo visto... beh, hai capito. Il mio primo istinto è stato cancellare tutto. Poi mentre stavate per litigare, mi è venuta questa idea e- beh- fortunatamente ha funzionato. Almeno non ci scocceranno più, no?"

A quel punto, Peter guardò negli occhi l'altro, non riuscendo a decifrare la sua espressione e, mai come ora, avrebbe voluto che gli dicesse qualcosa, qualsiasi cosa.

"Dico io, sei completamente andato fuori di testa?!"

Okay, non esattamente qualsiasi cosa.

"... Prego?" esclamò il newyorkese con un film di voce, guardando l'altro con la bocca spalancata dallo shock.

"Ti sembrava il caso?" ribattè con irritazione "E se scoprissero che, non so, guarda un po', le tue belle paroline di minaccia di morte erano tutte fesserie? Secondo te come potrebbe andare? Aaaaaaaah, Peter, perchè ti sei cacciato in questa situazione??"

Il newyorkese lo fissò, ferito a morte dalle sue parole.
Non è che avesse avuto molte scelte e Wade doveva saperlo piuttosto bene.

"... Scusa, allora che avrei dovuto fare?"

"Niente." ribattè il maggiore, senza pensarci troppo "Assolutamente niente, ci avrei pensato io, in qualche modo. Sai, a suon di colpi in testa, avrei potuto fargli dimenticare anche i loro nomi, puoi starne certo! Non era necessario il tuo intervento, anzi, è stato stupido."

A quelle parole, il moro si fermò di colpo, guardandolo in cagnesco e, dall'espressione del suo amico, si capiva che era conscio di aver detto qualcosa che non doveva dire.

"Quindi sarei stupido?!"

"Non ho detto che tu sei stupido." cercò di spiegarsi, con un sorriso nervoso "La tua azione è stata stupida, c'è, insomma, differenza, no? Era per dire che non era, emh, necessario il tuo intervento."

"... Quindi faccio cose stupide e sono inutile?!" ribattè il minore, stringendo i pugni.

"Beh, sì!" 

A quella conferma, Peter lo guardò con fare ferito, sconvolto che l'altro avesse potuto dire una cosa del genere.
E dire che si era preoccupato per tutto questo tempo per quello stupido.

"... Ho capito." disse in tono tagliente, per poi allontanarsi a passo svelto, incurante della pioggia che continuava a scendere.

"Pete--- Peter, aspetta."

Il canadese cercò di rincorrerlo e gli si parò subito davanti, con lo sguardo mortificato in volto.

"Io- uh- sai, no? Le parole non sono il mio forte e- so quello che può sembrare- ma sai- io non--"

"Era quello che hai sempre pensato di me?" esclamò il moro, interrompendolo "E' per questo che mi hai allontanato?"

Il maggiore si irrigidì a quelle parole, guardandolo con fare perso.

"... Uh? Petey, io non capis--"

"Pensi che non me ne sia accorto?" ribattè nuovamente il ragazzo, con rabbia "Di come mi hai allontanato? Pensi che io sia così stupido da non capire che hai cercato per tutto questo tempo di chiudere la nostra amicizia??"

A quel punto, l'altro non provò neanche a ribattere ma lo osservò con sguardo mortificato e questo valeva più di mille conferme verbali.

"... Sei assurdo." ridacchiò amaramente, passandosi la mano sui capelli nuovamente bagnati "Hai insistito così tanto per essere amici, per cosa? Buttarmi alla prima occasione?"

Nuovamente, il biondo non si azzardò a dire una parola.

"Per tutto questo tempo sono stato male per te, mi sono preoccupato, chiedendomi se fosse colpa mia questa situazione, se sarebbe cambiato qualcosa se io fossi stato abbastanza forte da aiutarti quando avevi bisogno. Se avessi potuto fare qualcosa, dandoti i tuoi spazi. Ho cercato davvero di fare qualsiasi cosa in mio possesso per starti vicino e ora dici a me, per una volta che sono riuscita a cavarmela con le mie solo forze e ti ho aiutato, che non era necessario??"

E ancora, Wade non disse una parola e Peter era disperato.
Sarebbe bastata una sola parola, una soltanto, e avrebbero concluso quella stupida discussione.
Avrebbe voluto sentirsi dire che si sbagliava, che non era così, che aveva frainteso tutto.
Ma quel silenzio era terrificante, era soffocante.
... E gli confermava semplicemente che tutto ciò che stava dicendo era la pura e semplice verità.
E dire che, dopo questa situazione orribile, avrebbe solo voluto la sua presenza, un suo abbraccio caloroso, un 'sei stato bravo'.
Non credeva che fosse chiedere molto ma, a quanto pareva, si sbagliava.

"Credevo che fossi mio amico." disse semplicemente, con una strana calma, sorridendo con un flebile sorriso "Che fossi uno dei miei migliori amici ma penso che abbiamo due concetti diversi di amicizia."

Sospirò afflitto, per poi fare spallucce.

" Comunque, non ti preoccupare, d'ora in poi non ti dovrai più preoccupare del fatto che faccio stupidate." sussurrò, guardandolo dritto negli occhi "Abbiamo chiuso."


//Scusate il ritardo e, visto che non l'ho fatto prima, BUON ANNO!
Spero abbiate passato delle buone feste! <3
Beh, che dire... anche a sto giro never a joy sempre e comunque, ops ;^)
Prima che me ne dimentichi ( di nuovo ) , ad ottobre ho fatto il kinkober (un writober p0rn, basato su kink) e OVVIAMENTE ho scritto anche qualche spideypool. Qualcuno è interessato a leggere qualche oneshot nel caso? Me lo faccia sapere :3
Come al solito , ringrazio tutti quelli che seguono la mia storia! <3 In particolare, ringrazio Ali per la correzione del capitolo <3
Fatemi sapere, se vi va, cosa ne pensate! Alla prossima <3
Ps: siamo a -3/4! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9° Capitolo ***


Irresistible09 ● In questa fanfiction, NON si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a quello dei fumetti;
● I personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.



9° Capitolo.



"Tesoro, non è decisamente il caso che tu vada a scuola oggi." proclamò la zia, dopo aver dato un'occhiata al termometro.

"Ma zia..." bofonchiò Peter, posando successivamente la mano sulla bocca, tossendo per un lungo istante "... sto bene, non è così alta e-"

"Oh no Pete, tu rimani qui." esclamò la donna, con un sospiro, sistemandosi meglio sul letto per guardarlo in faccia "E' meglio che ti prenda un giorno di riposo in casa ora, piuttosto che stare male a scuola dopo. Poi guardati, stai tremando e hai una brutta tosse... potresti peggiorare."

Il nipote tacque a quelle parole, sistemando la testa vicino alle sue gambe, in modo che la parente potesse sfiorargli delicatamente i capelli.
Ammalarsi in pieno maggio dove, a parte per la giornata del giorno prima, c'era un sole che spaccava le pietre, era una cosa davvero assurda - e da sfigato, se proprio doveva dirlo.
Per non parlare del fatto che era il periodo in cui, solitamente, a scuola riempivano di compiti in classe quindi non era proprio il caso di-

"Oh caro, posso leggere nella tua bella testolina quello che pensi." disse May con tono di voce affettuoso, dandogli un buffetto sulla guancia "So che è un periodo stressante ma vedrai, anche se mancherai qualche giorno, sono sicurissima che recupererai senza problemi. Sei tanto intelligente Pete, e sai che se hai bisogno, io e tuo zio saremo sempre pronti per aiutarti."

Il moro sorrise lievemente a quelle parole incoraggianti, per poi guardare sua zia alzarsi e sgranchirsi lievemente la schiena.

"Però devo ammettere che sei stato un po' sconsiderato ieri sera." proclamò la donna, sospirando nuovamente "Insomma, ieri sei tornato a casa fradicio e sei andato a letto senza praticamente toccare cibo... Capisco che sei giovane, ma non sei invincibile, pulcino. Fai più attenzione la prossima volta, okay?"

Il newyorkese tacque per un lungo istante, per poi annuire debolmente con la testa.

"Bene." sussurrò la zia, dandogli poi un bacino in fronte "Ti ho sgridato abbastanza, ora cerca di riposare, okay? Devo uscire a fare qualche commissione, ma ti lascio sul comodino qualcosa da mangiare e la medicina. Cerca di sforzarti e prenderla, va bene?"

Si avvicinò lentamente alla porta, in procinto di uscire, per poi indicargli la sedia.

"Prima che me ne dimentichi, ti ho lavato i vestiti di ieri, te li ho appoggiati sulla sedia. Quando ne hai voglia, conservali, okay?"

Come la donna andò via, chiudendo la porta alle sue spalle, Peter non potè fare a meno di posare lo sguardo sui vestiti piegati e, più precisamente, sulla tuta prestata da un certo qualcuno.
Improvvisamente, i terribili ricordi della serata di ieri apparirono nella sua mente e, rannicchiandosi nel lenzuolo, per la prima volta nella sua vita, si rese conto che non era poi così dispiaciuto di stare a casa quel giorno.
Insomma, chi glielo faceva fare di stare in un ambiente dove veniva costantemente preso di mira?
Certo, ora sembrava averli tenuti ' a bada ' ma chi glielo diceva che la cosa sarebbe durata?
Detto sinceramente, non aveva mai odiato l'umanità come in quel momento.
Se non fosse stato per quei tre amici che aveva a scuola, lui-
... Ah già, erano tornati ad essere due.
Si morse il labbro inferiore, al ricordo della terribile discussione con Wade che l'aveva portato a chiudere ogni rapporto con lui.
Aveva sentimenti contrastanti in merito a quella faccenda in quanto, sì, sapeva che aveva esagerato - la situazione avvenuta negli spogliatoi della scuola non era stato di certo un toccasana per i suoi nervi - ma il canadese non aveva fatto niente per impedirlo.
Non aveva detto niente quando l'aveva accusato di allontanarlo o di come lo considerasse in generale.
A pensarci meglio, non aveva detto proprio niente.
Tuttavia, ricordava perfettamente i suoi occhi sbarrarsi, le labbra dischiudersi in una smorfia di puro dolore e la mano libera stringersi in un pugno, come gli aveva annunciato la chiusura del loro rapporto.
Davvero, più ci pensava e più il minore non capiva cosa gli passasse per la testa e, soprattutto, perchè non avesse detto neanche una minima parola.
Si odiava per questo, ma nonostante fosse stato il primo a chiudere il rapporto con l'altro, era anche vero che era il primo che ogni volta guardava il cellulare, speranzoso di un suo messaggio che magari lo esortava a fare pace con lui.
Ovviamente, sapeva che era solo uno stupido e, il fatto che avesse una cotta gigantesca per l'altro, lo rendeva ancora più stupido.
Sospirando sconsolato, posando una mano sul petto che gli faceva male per tutti quei pensieri, pensò che dopotutto, non gli avrebbe fatto poi così male stare a casa.
... Anche se, i terribili brividi di freddo che gli percorrevano il corpo, la tosse e gli occhi lucidi che si facevano via via pesanti, gli davano l'idea che sarebbe mancato per un po' a scuola.
Prima di addormentarsi, Peter si chiese se il biondo avesse il cuore spezzato come ce l'aveva lui in quel momento.

****************

Come il newyorkese si svegliò, dopo qualche ora, un terribile mal di testa lo obbligò a borbottare, per maledirsi in centomila lingue diverse.
Chi glielo aveva fatto fare di ridursi in questo modo?
Nonostante ogni fibra del suo corpo gli ordinasse di andare in un letargo tattico, il moro si autoimpose di mangiare qualcosa e prendere la medicina, sperando che questo lo aiutasse a stare subito meglio.
A tentoni, allungò il braccio verso il comodino, in cerca dei suoi occhiali e come li indossò - focalizzando quello che, fino a quel momento, erano macchie indistinte - potè guardare con disgusto quello che la zia gli aveva lasciato, per poi piangere dentro al suo stesso pensiero: una fetta di pizza.
In situazioni normali, avrebbe mangiato più che volentieri la pizza avanzata dal giorno prima - anche se era poco probabile che ne sarebbe avanzata, in caso - ma quando stava così male, qualsiasi cibo diventava stomachevole, anche il più invitante.
E ciò significava solo una cosa: non gli sarebbe bastato un giorno per rimettersi.
Sbuffando a quel pensiero, cercò di sistemarsi come meglio poteva sul letto e addentò l'alimento il più lentamente possibile controvoglia, per poi ingoiare la pastiglia.
Una forte nausea si impadronì di lui e, stanco morto, sperò che gli passasse in fretta, almeno così poteva tornare a dormire.
Tuttavia, in un baleno, il suo malessere passò per un istante in secondo piano in quanto, una gamba - insieme al resto di un corpo - stava entrando dalla finestra di camera sua.
Non ebbe manco la forza di urlare per lo spavento, semplicemente smise di respirare e, molto probabilmente, sarebbe svenuto se non fosse che quasi subito riconobbe la persona che aveva scavalcato la finestra di camera sua come se nulla fosse.

"E tu cosa ci fai qui?!"

"Ciao a te, Petey pie." cinguettò come se nulla fosse Wade, pulendosi i vestiti dalla terra e dalle foglie.

"Io- tu-" balbettò il più piccolo senza fiato "Cioè, sei salito al piano di sopra utilizzando l'albero fuori in giardino--? Ma è una pazzia, potevi romperti l'osso del collo e-"

In quel preciso momento, si mise a tossire per un lungo istante, tant'è che fu costretto a strizzare gli occhi e mise le mani sopra la bocca.
Come li riaprì, lacrimando per lo sforzo, sussultò trovandosi il biondo a qualche centimetro dalla sua faccia.

"Non hai una buonissima cera, uh." mormorò pensieroso, osservandolo per un lungo istante "Quindi è per questo che non sei andato a scuola oggi?"

"... Per quale altro motivo, sennò?"

Il biondo non rispose e, come cercando di cambiare argomento, indicò il termometro sul comodino.

"Quanto hai?" chiese con sincera preoccupazione "Niente fahrenheit, eh! Da nobile canadese alpha, mi rifiuto di usare i vostri barbari metodi di misurazione!"

"Ah, uh..." mormorò Peter, troppo debole per ribattere alle sue fesserie "Dovrebbe essere... 38° celsius. Circa. Forse qualcosa in meno, uh, non ho voglia di fare calcoli."

"O- emme- gi!" esclamò immediatamente l'altro, posando le mani sulle guance, con fare scioccato "Cosa fai Petey, devi correre immediatamente a letto! Ah no, cioè, sei già a letto- ma sai, insomma, dovresti riposare- oddio, forse lo stavi già facendo e-"

Mentre il biondo continuava praticamente a parlare da solo, Peter non poteva che chiedersi che diavolo ci facesse l'altro in quella casa.
Insomma, avevano litigato, chiuso per sempre, e allora perchè?
Come se non bastasse, c'erano un'infinità di motivi per cui non voleva il canadese in stanza.
Punto primo, era in condizioni ancora peggiori del solito - non si era visto ancora allo specchio, ma ne era più che sicuro.
Secondo, era in pigiama e non quei pigiami fighi, no, aveva un pigiama stra largo e stra usato comprato a chissà quale mercatino delle pulci - giusto per rimarcare ulteriormente la sua povertà.
E terzo - ma non ultimo - motivo, era proprio la sua stanza, che trasudava nerd da tutti i pori.
Infatti, nella seppur piccola stanza di Peter Parker, oltre ad un piccolo armadio malandato, un letto a una piazza e mezzo, un comodino ed una scrivania ricolma di libri, scartoffie e un portatile aggiustato chissà quante volte, aveva appeso nei muri tutti vari telefilm che seguiva - mai come ora era pentito di non aver tolto quel poster di Xena che lo fissava con sguardo sprezzante - o foto di cui andava particolarmente fiero.
In quei pochi scaffali che si ritrovava, si potevano trovare tutti vari premi e trofei legate a cose di natura scientifica, oltre a due action figure di Iron Man e di Capitan America - perchè, insomma, chi non era fan di Steve Rogers? - regalate da Harry quando erano piccoli e poi libri, libri e ancora libri.
Aveva già detto libri?
Infine, in uno spazietto che gli era particolarmente caro - e di cui andava fiero, nonostante l'imbarazzo - c'era uno scaffale dove teneva le foto a cui teneva di più.
La foto dove raffigurava Peter e lo zio Ben e la loro prima volta a pesca assieme, la volta che aveva ricevuto la macchina fotografica dai suoi zii, il primo compleanno passato con Harry, la prima uscita con Mary Jane ed Harry... Insomma, tutti i suoi ricordi più cari.
A pensarci, non aveva fatto in tempo a fare neanche una foto insieme a Wade, nonostante lui per primo la volesse.
... O beh, in ogni caso, ormai era tardi.
****************

"Petey!"

Sentendosi chiamare, il più piccolo riaprì gli occhi, guardandosi in giro spaesato.
Quando diavolo si era addormentato? E da quanto tempo Wade stava nella sua camera?!

"Ow, mi sa ti eri appena addormentato, uh." mormorò il canadese, inclinando il viso "Devi stare davvero tantissimo male, principessa. Insomma, se te lo sei perso, avevo preso il tuo gameboy e vedevo che hai solo Super Mario e parlavo del fatto che- aspetta."

Si bloccò per qualche istante, fissando il moro e poi la sua vecchia console.

"C'è la principessa Peach. E tu sei Peter Parker. Principessa. Peter. Peach. Parker. P.P. Capisci??"

Ovviamente, non aveva idea di che cavolo stesse parlando e non aveva troppa voglia di scerverllarsi per capire come funzionasse il suo cervello bacato.

"... Uh, Wade, tu sei venuto qui, perchè...?"

"Ah! GIUSTO."

Con un sorrisetto soddisfatto, il biondo estrasse un quaderno dal suo zaino, indicandolo con l'indice.

"Tadaaaan!"

Non ricevendo alcun tipo di risposta, avvicinò il quaderno alla faccia di Peter, e ripetè la parola in tono più alto.

"TA-DAAA-"

"Wade, sono ammalato, non sordo." mormorò il newyorkese con un sospiro, prendendo poi l'oggetto fra le mani "Che sarebbe?"

"Beeeeeh, oggi hai saltato la nostra intensa sessione di studio e, insomma, ho chiesto nella tua classe eeee...."

Fece un lungo respiro profondo, facendo un sorrisone, come preparandosi al 'gran finale'.

"... eeee ho chiesto ad una tua compagna se poteva prestarmi il suo quaderno, sai, per gli appunti."

Con sguardo molto perplesso - perchè, insomma, chi diavolo prendeva appunti oltre a lui?? - guardò sulla prima pagina, per vedere a chi appartenesse quel quaderno e sospirò, posando una mano sulla faccia.

"Sai almeno chi è Elizabeth Allan?" chiese il moro, continuando successivamente allo sguardo da pesce lesso dell'altro "E' Liz, una delle ragazze più popolari della scuola... oltre a essere l'ex di Flash. Ricordi, l'avevano nominata quella volta e-"

Il ragazzo con gli occhiali tacque, mordendosi il labbro inferiore, cercando di cacciare via i ricordi dei giorni scorsi.

"... non è una che segue in classe, sicuramente ti ha lasciato il quaderno per darti il suo numero o qualcosa del genere."

"Che?!" esclamò il più grande, riprendendosi il quaderno, iniziando a sfogliarlo velocemente "Ma ti pare che una ragazza del genere, mi dia il quaderno perchè vuole--?"

Ecco che, improvvisamente, il canadese si stoppò e, senza aggiungere altro per un lungo istante, strappò un foglio, tagliandolo in minuscoli pezzettini.

"... Bene ma non benissimo, non ci sono più le giovani scolare di una volta." esclamò oltraggiato, nascondendo i pezzettini dentro il suo zaino, rimettendoci poi il quaderno stesso "Vorrà dire che chiederò a qualcun'altro."

"Non c'è nessuno che prenda appunti decentemente e che segua anche tutti i miei corsi." ribattè l'altro, roteando gli occhi "Se non Harry."

Sentito quel nome, come previsto da Peter, Wade arricciò il naso.

"Quel riccone del cavolo." borbottò, sbuffando sonoramente "Visto che è tanto figo e perfetto e un super amico, perchè non è venuto a trovarti per darti i compiti lui stesso?"

"Ha una salute abbastanza cagionevole." disse semplicemente il newyorkese, facendo spallucce "Una volta è venuto dopo che sono stato un paio di giorni a casa con l'influenza ed... è stato un mese a casa. E' un periodo abbastanza stressante, non è il caso che se la rischi."

Senza contare che il padre non permetterebbe mai che il ragazzo uscisse per trovare l'amico malato, ma questo era un altro discorso.

"Meh. E quell'altra? La rossa?"

"Lei prende appunti ma non segue tutti i miei stessi corsi." mormorò il più piccolo con voce impastata, sentendo che si stava per addormentare da un momento all'altro.

Decisamente, aveva bisogno di chiudere quella conversazione subito.

"Wade, l'unico che può darmi gli appunti giusti è Harry. Ad ogni modo, non capisco perchè questa discussione, non sei obbligato a prendere gli appunti per me."

Calò per un lungo istante un silenzio pesante, che venne spezzato giusto dallo scricchiolio del legno, causato dai passi di Wade, diretto nuovamente alla finestra.

"... okkkkay, forse è il caso di lasciarti riposare." esordì il biondo, con un tono di voce che non nascondeva il suo disagio "Ci vediamo, Peter."

Guardandolo di sottecchi sparire dalla finestra - chiedendosi perchè la porta dell'ingresso gli facesse così schifo - si rese conto che l'altro l'aveva chiamato nuovamente 'Peter'.
Che avesse esagerato e fosse stato esageratamente tagliente nei suoi confronti?
Forse, ma che altro poteva dire?
Era la pura verità, ufficialmente, non erano più amici e, anzi, avevano chiuso ogni rapporto.
O almeno, avrebbero dovuto.
... Sinceramente, iniziava a non capirci più nulla, ed era un tutto dire visto che Wade era... beh, Wade.
Mentre lentamente cadeva fra le braccia di Morfeo, Peter si chiese se quando l'avrebbe rivisto, la situazione fra loro sarebbe stata ancora così imbarazzante ma tanto, sapeva benissimo che non l'avrebbe rivisto così tanto presto.

****************

"Eccomi di nuovo qui! Ti sono mancato??"

Come non detto.
Era di nuovo lì, in camera sua, dopo essere passato dalla finestra e sembrava che, nuovamente, non fosse successo niente fra loro e, anzi, era arrivato con un sorriso più trionfale di ieri.

"... Non pensavo saresti tornato..." ammise il moro, con voce nasale.

"Perchè?? Dovevo portarti gli appunti giusti, era una questione di principio!" disse, porgendogli un'altra serie di appunti "Ecco a te il quaderno del Principe Mezzosangue! E ce ne sono tantissimi altri, eh!"

Il newyorkese non proferì parola ma non fu sorpreso più di tanto nel vedere che il nuovo quaderno apparteneva ad Harry, in quanto quest'ultimo l'aveva avvisato con un messaggio che diceva 'ho prestato gli appunti a quel tuo amico strambo, fammi sapere se sono arrivati tutti integri' ma era piuttosto stupito dal fatto che il canadese avesse superato le avversità con il suo amico per prendere quegli appunti... per lui.
Se non fosse che stava davvero male e che era rosso di suo per la febbre, sicuramente sarebbe arrossito a quel pensiero.
Si chiese perchè facesse tutti quegli sforzi ma molto probabilmente, come detto da lui stesso, era una questione di principio e, si sa, quando il più grande aveva in mente qualcosa, nulla poteva fargli cambiare idea.
Doveva essere questo il motivo o, almeno, era questo che si ripeteva mentalmente, per non farsi un'idea sbagliata della situazione.

"... Grazie." disse semplicemente, cercando di sistemarsi meglio nel letto "Potresti passarmi i miei quaderni? Inizio a copiarli."

"Cos-" esclamò il canadese, guardandolo scioccato "Peach, stai male, devi pensare a riposare, mica a studiare!"

Peach?!
Da quando quel nome faceva parte dei suoi soprannomi?

"... Devo farlo." disse semplicemente, facendo spallucce "Servono anche ad Harry, non posso tenermeli in eterno, deve studiare anche lui."

"Ma tu-- AAAAAH, Dannazione! Non potevi essere un normalissimo ragazzo di 14 anni che si droga??" esclamò esasperato, prendendo gli appunti dalle mani del più piccolo "Va bene, va bene, ho capito. Copierò io gli appunti, sei fortunato che sei carino."

A quelle parole, Peter non potè che lanciargli uno sguardo di puro scetticismo.

"Wade, sei sicuro di capirci qualcosa?"

"Ovviamente no." rispose, senza alcuna vergogna "Ma tanto devo solo copiare, no? Non importa che capisca o meno."

Il newyorkese lo fissò per un lungo istante, in quanto molte delle sue affermazioni erano in qualche modo sbagliate, ma sospirò, e si accasciò sul letto, troppo stanco per ribattere.
E, anche volendo, conosceva abbastanza l'altro da sapere che avrebbe fatto comunque come voleva.

"Come vuoi." disse semplicemente, rannicchiandosi sulle coperte "Lì ci sono i quaderni e le penne. Cerca di scrivere in maniera che io possa capire, almeno."

****************

Nuovamente, che il newyorkese lo volesse o no, si rese presto conto che si era nuovamente addormentato mentre il più grande parlava di come avrebbe copiato velocemente tutti quei quaderni in pochissimo tempo.
Chissà che fine aveva fatto... ora non sentiva nulla, quindi forse era andato via.
Ora come ora non importava, in quanto sentiva solo un gran freddo e l'unica fonte di calore che aveva intorno sembrava il cuscino che stava abbracciando in quel momento.
Anche se, a pensarci, aveva una forma strana, ma poco importava in quel momento.

"Ugh, mi stai bloccando la circolazione."

Sentendo quella voce familiare, Peter riaprì debolmente gli occhi, rendendosi conto che stava abbracciando il braccio del canadese, che ora era chinato a terra mentre, col braccio libero, scriveva ancora su un quaderno.

"Buongiorno principessa, dormito bene?" esclamò con un sorrisone, guardandolo con sincero stupore "Mi molleresti il braccio? Ti ho sfiorato la fronte per vedere come stavi e- insomma, giuro, non facevo nulla di strano e- sì, ti sei appiccicato tantissimo, e non c'è nulla di male, ma sai, penso che sto perdendo il braccio, potresti mollarlo o--?"

In tutta risposta, il moro non disse nulla e strinse ancora di più il braccio a sè, poggiando la guancia sulla mano aperta dell'altro.
E questo faceva parte dei mille e uno motivi per cui non voleva che Wade lo vedesse in quelle condizioni.
Quando aveva la febbre alta, il suo comportamento diventava quasi l'opposto del suo solito e diventava estremamente appiccicoso e bisognoso di attenzioni.
Diciamo che sarebbe stato capacissimo di confessarsi e chiedergli qualche coccola, in quella situazione.
... Sì, decisamente imbarazzante.

"... Non ti importa della fine che farà il mio braccio? Molto sadico da parte tua, Parker."

Il biondo sembrò osservarlo per un lungo istante, per poi mollare gli appunti e sistemarsi più comodamente, avvicinandosi col viso a quello di Peter, poggiando la guancia sul braccio libero.

"Mmmmh, stai proprio male, eh?" disse ancora, muovendo le dita sulla guancia dell'altro, per donargli una delicata carezza "E' stato un susseguirsi di merdate una dietro l'altra, questi giorni."

Rimase per un lungo istante in silenzio, guardando un punto non precisato della stanza, per poi voltarsi nuovamente verso Peter, che aveva nuovamente gli occhi socchiusi.

"Scusami Petey, ma meglio che vada, hai decisamente bisogno di riposare decentemente, senza rompipalle psicopatici intorno." esclamò, estraendo delicatamente il braccio dalle grinfie del minore, che sbuffò infastidito in quanto la sua fonte di calore si era appena allontanata.

Come vide il canadese poggiare i vari quaderni sopra la scrivania e sistemare lo zaino, gli occhi nocciola del ragazzo si spostarono per un istante sulla sedia, dove ancora erano sistemati i vestiti che la zia aveva lavato.

"... La tua tuta..." borbottò Peter con voce impastata.

"Che? Oh." esclamò Wade, ormai già metà fuori la finestra per poi fare spallucce "Beh, non ti preoccupare, la prenderò la prossima volta. Ci si vede!"

Dopo che passarono alcuni istanti, il newyorkese si obbligò ad alzarsi per chiudere la finestra e poi sfogliare con curiosità gli appunti fatti dall'altro.
Nonostante alcuni disegni nei lati e qualche errore d'ortografia, erano scritti abbastanza bene e si leggevano tranquillamente.
Posò poi lo sguardo fuori, notando solo in quel momento che fosse sera inoltrata e rimase turbato, pensando a quanto tempo l'altro avesse dedicato a quegli appunti.
Perchè passare un intero pomeriggio, in una posizione scomodissima, a scrivere un'infinità di cose su un'infinità di quaderni?
Perchè fare tutto questo... per lui?

****************

Dire che stava uno schifo era dire poco.
Certo, ora la febbre era calata ed era più 'lucido', ma aveva una fortissima nausea che faceva in modo tale che, qualsiasi odore di cibo sentisse, lo faceva correre in bagno a rigettare anche l'anima.
Mai come ora si sentiva come una donna in stato di gravidanza.
Era appena ritornato da una delle sue 'capatine al bagno', quando si ritrovò in camera nuovamente un canadese di sua conoscenza, che addentava con voracità dei biscotti.
...Decisamente, non era l'ideale ora come ora.

"Fao Fetey." borbottò con la bocca piena, ingoiando di colpo "Ti racconto una storia buffa. Stavo nuovamente per arrampicarmi in camera tua quando tua zia mi ha visto e ha detto che era pericoloso e di entrare dall'ingresso. E' stata proprio gentile, mi ha dato anche dei biscotti appena sfornati! Li vuoi anche tu??"

"Detto sinceramente, ora come ora qualsiasi cosa mi nausea, quindi..."

"Non c'è problema, risolvo io la situazione."

Detto queste parole, prese tutti i biscotti che aveva sulle mani e se li infilò nella bocca, masticandoli poi rumorosamente.
In un momento del genere, una scena del genere non faceva che farlo stare peggio.

"Comunque stavo pensando, i tuoi zii sembrano un sacco fighi, ma quindi abiti solo con loro? Non ho visto i tuoi, sono quel tipo di genitori che stanno spesso via o...?"

"Non mi va di parlarne." lo bloccò il moro con fare tagliante, incrociando le braccia al petto "Che volevi?"

Il biondo non sembrò scoraggiarsi da quelle male parole e gli mostrò una busta di plastica.

"Sai cosa? E' stata proprio una fortuna aver beccato tua zia, effettivamente, con questo addosso sarebbe stato un po' difficile scalare la finestra."

Estrasse dalla busta una pentola e, come tolse il coperchio, il più piccolo sbiancò, sentendo lo stomaco contorcersi nuovamente.

"E'...?"

"Brodo di pollo." esclamò orgoglioso l'altro "E' una cosa che si porta agli ammalati! L'ho visto su Gilmore Girls. O era O.C.? Oh beh, non importa, ma l'ho cucinato con le mie dolci manine, quindi devi assaggiare."

"... Senti..."

Decisamente, Wade aveva trovato il giorno peggiore per insistere sulle fesserie, senza contare che quella situazione, la loro situazione, lo stava stressando non poco.

"Io non capisco." esordì, posando l'indice e il pollice sul setto nasale, massaggiandolo lievemente "Fino a qualche giorno fa non mi potevi vedere e non hai battuto ciglio quando ti ho chiesto spiegazioni, nè quando ho chiuso la nostra amicizia. E ora, che sto male, non ho voglia di vedere niente e nessuno, appari ogni giorno come se non fosse successo niente, come se fossimo dei super amiconi! Mi spieghi che diavolo hai per la testa? Io non ti capisco più."

Il maggiore di bloccò a quelle parole, allargando gli occhi, per poi iniziare a borbottare da solo velocemente non si sapeva bene cosa.
Capendo che ne avrebbe avuto per le lunghe, il moro si sedette sul letto, sentendo che era troppo stanco per rimanere in piedi oltre - senza contare che, se avesse dovuto aspettare che l'altro si decidesse a parlare, sarebbe diventato vecchio.

"Ho... capito." esclamò con sguardo triste l'altro, porgendogli la pentola "Me ne vado, però, sai, dovresti prenderne almeno un po'. Non sei costretto eh, ma ti farebbe bene."

Rimase per qualche secondo fermo, come se volesse dire qualcosa, poi lentamente si avvicinò, scompigliò delicatamente i capelli dell'altro e se ne andò, chiudendo lentamente la porta di camera sua.
Come se ne andò, Peter sentì un enorme dolore al petto ed era abbastanza sicuro che non fosse per la zuppa che aveva portato l'altro - almeno, non solo per quello.
Si era pentito amaramente delle parole che gli aveva appena rivolto, ma che altro poteva fare?
Non poteva stare per sempre in balia degli umori dell'altro, non era giusto per se stesso.
Si ritrovò quindi a sospirare, osservando il brodo con certo disgusto per poi, nonostante tutto, prendere il cucchiaio all'interno della busta e assaggiarlo.
Nonostante i suoi pensieri, era comunque in balia di Wade.

****************

Quel giorno aveva fatto preoccupare da morire i suoi zii, quando la temperatura gli si era alzata pericolosamente, costringendoli a chiamare un medico, il quale gli aveva prescritto dei farmaci specifici - facendo sentire in colpa il moro per lo spreco di soldi.
Aveva passato l'intera giornata a dormire, svegliarsi per qualche istante, per guardare la finestra e poi sospirare, riaddormentandosi di nuovo.
Non importavano le volte che si ripeteva di aver ragione ad aver chiuso, non importava quanto si dicesse che non gliene fregava più nulla e non importava quante volte incolpasse la febbre per il suo umore, sapeva benissimo quanto il biondo gli mancasse, quanto avrebbe voluto che riapparisse e quanto avrebbe voluto fare pace con lui.
Quanto l'avrebbe voluto vedere ancora.
Ovviamente, sapeva bene che la cosa non era possibile in quanto, innanzitutto, il suo orgoglio glielo avrebbe impedito, per non parlare del fatto che l'altro si ostinava a non dargli spiegazioni e, infine, dopo il modo in cui l'aveva trattato l'ultima volta, era abbastanza palese che non l'avrebbe rivisto così tanto presto.
Era l'incoerenza fatta a persona.
Come se non bastasse, ogni volta che dormiva, sognava in maniera confusa momenti quotidiani passati assieme, nella quale chiacchieravano, ridevano o anche solo si facevano compagnia l'un l'altro.
Per questo non si sorprese più di tanto di sognare il maggiore in camera sua, con la divisa da cheerleader della squadra di football e i pompon.

"DATEMI UNA P. DATEMI UNA E. DATEMI UNA T. DATEMI UN- UH- MI SONO PERSO MA VA BENE UGUALE, GUARISCI PRESTO NON FARMI URLARE. OLE'!"

Mentre osservava con sguardo vuoto quel Wade-sogno che scuoteva con passione i suoi ponpon giallo fluo, dovette ammettere a sè stesso che non era affatto male.
Insomma, quel toppino gli stringeva al punto giusto il petto, mostrando per bene i suoi addominali perfetti, per non parlare della pelle nuda sulla pancia ed infine, la gonna che gli arrivava alle cosce.
Forse a parlare era l'influenza, il fatto che non lo vedesse benissimo o il suo debole per le cheerleader, ma gli stava enormemente da dio e ne era pressocchè affascinato.
Quindi, perchè non approfittare di quella situazione, nella realtà irrealizzabile, per stare in pace con se stesso, almeno un pochino?
In completo silenzio, allungò quindi il braccio verso di lui, accarezzandogli la gamba, spostandosi verso l'altro, prendendogli infine un pezzo di stoffa della gonna, alzandogliela lievemente.

"... Eh? Boxer al posto degli slip?" esclamò contrariato, sbuffando, lasciando immediatamente la presa "Neanche nei sogni può essere tutto perfetto..."

Con qualche difficoltà, si voltò dall'altra parte, dando le spalle alla versione sogno del suo ex amico, rannicchiandosi sotto le coperte.

"Invece di apparire nei sogni altrui, non dovresti comportarti da persona decente nella realtà? Stupido."

Tirò su col naso, prendendo uno dei suoi cuscini per abbracciarlo, sentendo gli occhi farsi nuovamente pesanti.

"Forse lo stupido sono io, visto che spero che fra noi due torni tutto come prima..."

E mentre perdeva nuovamente conoscenza, pensò che quelle mani che poco dopo raggiunsero i suoi capelli, fossero tremendamente reali e calorose.

****************

Non seppe quanto tempo era passato dall'ultima volta che era sveglio e lucido, ma sapeva che qualcosa era strana in quel momento, nella sua stanza, nel suo letto, quella sera.
Perchè Wade era addormentato sul suo letto e lo stava abbracciando?!
Okay, era il caso di ragionare a mente lucida, per quanto gli era possibile.
Intanto, indossava un paio di jeans ed una maglietta quindi era abbastanza sicuro che non fosse un altro sogno di dubbia moralità.
Il fatto strano era che, nonostante fossero a maggio e si morisse di caldo
- a parte Peter che aveva la febbre - il canadese indossava il sopra della sua tuta e l'aveva usata per 'imprigionare' il moro sul suo petto.
Il newyorkese sentì il viso arrossarsi nuovamente, ma stavolta non per la febbre e, con la faccia così vicino alla sua, dovette ammettere che l'altro mentre dormiva era davvero carin- no, non era questo il momento.
Che diavolo era successo mentre dormiva? E perchè l'altro era lì? Pensava che non l'avrebbe rivisto, se non a scuola e-

"Mh-"

A interrompere i suoi pensieri, il borbottio del ragazzo al suo fianco che lo strinse ulteriormente, per poi sgranchirsi le gambe.

" 'Giorno Petey pie." mormorò con voce impastata "Come stai ora?"

Senza aspettare una risposta, allungò il collo verso la fronte del minore, dandogli un leggero bacio, un gesto così familiare ed intimo da spiazzare l'altro.

"Mi sembri fresco." disse ancora pensieroso "Tu che dici? Ti senti ancora male?"

Come poteva parlare così tranquillamente dopo aver fatto qualcosa del genere ad un altro?
Insomma, okay, era stato intimo con 'tante persone' - in maniera decisamente più passionale - ma, insomma, doveva pur sapere che Peter non era abituato a quel genere di cose!

"... Non dovresti stare così appiccicato a qualcuno di malato." borbottò invece, guardandolo con un leggero broncio in viso.

"Che? NAH, vai tranquillo, non mi ammalo mai. Potrei far concorrenza a Capitan America e- sì, l'ho nominato apposta perchè ho visto il modellino e- è stata una sorpresa, sai? Okay Iron Man ma Cap- non c'è nulla di male eh, però non pensavo che fossi tipo da-"

Ecco che mentre il moro si stava perdendo nuovamente nei suoi discorsi sconclusionati, il ragazzo si bloccò, guardandolo con fare intenso, mettendo in difficoltà Peter.

"... Che c'è?"

"Hai le lentiggini." disse, con sguardo intenerito, sfiorandogli con l'indice il naso "Sono solo qui e si vedono appena ma ti stanno un sacco bene. Non le avevo mai notate perchè porti sempre gli occhiali e- okay, sono carinissime. Togli gli occhiali più spesso. Okay, forse no, non è l'ideale se non ci vedi. Hai mai pensato di usare le lenti a contatto?"

"Uh, non sono tutto sto' granchè, d'estate poi sono una tragedia e non ho soldi per una cosa di così futile..." mormorò in imbarazzo, non sapendo davvero che dire "Umh, Wade, esattamente siamo in questa situazione perchè...?"

"Oh? OH."

Fu a quel punto che il biondo tacque e, per la prima volta in quella serata, sembrava essere lui quello in imbarazzo.

"Sono venuto a trovarti come mio solito e mi sembravi che stavi davvero male e..." mormorò, bloccandosi nuovamente per un breve istante "Mi sembra che hai borbottato il mio nome e che avevi freddo e- sono intervenuto."

... Oddio.
Ora lo nominava pure nel sonno?
Quanto cavolo era patetica la sua cotta per l'altro?!

"Non potevi semplicemente mettermi la tuta sopra o chiedere a mia zia una coperta...? Perchè beccarti caldo a caso?"

"Io..."

Il canadese alzò lo sguardo al cielo, poi lo spostò di lato e infine lo guardò dritto negli occhi.

"... Sai com'è, non sono bravo a prendere decisioni sensate in situazioni di stress. Ma anche in situazioni normali." disse, facendo spallucce "Hai caldo?"

"Beh... Sì. Siamo anche fin troppo appiccicati." mugugnò il newyorkese in imbarazzo, abbassando lo sguardo "Forse è il caso di staccarti."

Il maggiore fischiettò felice, avvicinandosi velocemente, abbassando la cerniera della tuta che stava dietro la schiena di Peter.
Il suo respiro sul collo, unito alle dita che gli percorrevano appena lungo la spina dorsale, lo fecero rabbrividire piacevolmente, oltre a causargli l'ennesimo rossore.
Decisamente stava molto meglio ma non era il caso che fosse così 'reattivo' in quei casi.

"Oooooh, aria finalmente!" esclamò Wade, lanciando da una parte la tuta, facendosi aria con la maglietta "Ammetto che stavo soffocando là dentro."

Il newyorkese rimase in silenzio e, distanziandosi un po' dall'altro, appiccicandosi al muro piacevolmente freddo, lo guardò con fare interrogativo.

"Uh... Sei qui perchè...? Hai bisogno degli appunti?"

"Eh?"

"Beh..." mormorò roteando gli occhi "Tempo fa ti sei lamentato perchè non mi ero presentato alla nostra sessione di studio. Ho provato a scriverti qualcosa ma non avevo proprio testa."

"Cos- Sei assurdo Peter Parker." borbottò il biondo con uno sbuffo infastidito, mettendosi a pancia in su sul letto "Ti pare che vengo per studiare? IO? E comunque, stai male da una settimana, oggi è sabato."

Wow, si era assentato per parecchio a scuola, non osava immaginare tutto ciò che avrebbe dovuto recuperare.
Tuttavia, gli fece rendere conto che l'altro aveva passato quasi l'intera settimana a prendersi cura di lui, in un modo o nell'altro.
Quel pensiero, bastò per stringergli il cuore e lo convinse a provare un'ultima volta a capire cosa frullasse nella mente del ragazzo a suo fianco.
Così gli strinse la maglietta, in modo da attirare la sua attenzione e farlo smettere di borbottare fra sè e sè.

"Wade... Ascolta." borbottò Peter, in imbarazzo per la situazione "A me non ha fatto piacere com'è andata la situazione di- beh, lo sai. Non ti dico di tornare amici, specie se non lo vuoi, ma quantomeno vorrei capire... che è successo, ecco."

A quelle parole, il canadese allargò gli occhi, sconvolto.

"Oddio, Petey, non ho mai detto che io voglio-!! E poi tu-!!! E questo perchè--AAAAHH!"

Il moro osservò l'altro mettersi una mano sulla faccia, tornando a borbottare fra sè e sè in maniera frenetica e non potè fare altro che aspettare lì, pazientemente, che l'altro formulasse una frase di senso compiuto.
Dopo un lungo momento, il maggiore sembrò bloccarsi di botto, per poi fare un grosso respiro profondo e respirare più regolarmente.

"E' colpa mia."

Il newyorkese alzò un sopracciglio a quella frase detta dall'altro con un filo di voce, ma continuò a tacere, in modo di dare all'altro la possibilità di spiegarsi.

"Quello che è successo negli spogliatoi era colpa mia." continuò, mettendosi una mano sugli occhi "Nel senso, non doveva esserci nessuno, no? Era così. Per questo, quando il coach mi chiese dov'eri e gli risposi, non pensavo che Flash e quegli altri avrebbero sentito. Nè che avrebbero usato la cosa contro di te. Ma poi li ho visti confabulare e- e- ero in panico. Ma ormai era fatto, no? Ho provato tanta rabbia e- però ho provato a non esagerare, sai? Non volevo che i tuoi sforzi di farmi rigare dritto andassero a farsi friggere ma- poi ho sentito che ti sei inventato quella storia del video e sono andato in panico nuovamente perchè, insomma, sono forte, ma non sono onnipresente e se succedesse qualcosa e lo scoprissero e io non ci fossi a proteggerti? Sono queste le cose che mi hanno bloccato-"

"Oh Wade..."

"No aspetta Petey, non ho finito." esclamò nuovamente, raccogliendo nuovamente fiato "Lo so che ti ho evitato ed era quello che volevo. Ma non perchè non provi più affetto nei tuoi confronti. Ma perchè mi sto rendendo conto che è egoista da parte mia coinvolgerti nei miei casini. Insomma, avessi i problemi adolescenziali da ragazzino cringe, tant'è tanto, ma ho dei grossi problemi con la violenza e il fatto che mio padre è più psicolabile di me non migliora di certo la situazione. E se la prossima volta fossi coinvolto in qualche casino grosso per colpa mia? Non me lo perdonerei mai."

Si bloccò nuovamente e, a sto giro, il moro si chiese se stesse trattenendo le lacrime o qualcosa del genere.

"Ma nonostante i miei bei propositi del cazzo e l'idea che fosse meglio per tutti e due se ci frequentassimo meno ... Beh, eccomi a romperti le palle ogni volta che ne ho la possibilità." concluse, con uno sbuffo "Sono un casino, ecco la verità."

Peter lo osservò per un lungo istante, senza sapere davvero come rispondere dopo un discorso simile.
Era struggente vederlo soffrire in quel modo, non solo per ciò che gli capitava, ma perchè era tutto così dannatamente difficile.
Cosa dirgli, in casi del genere?
Come poteva, uno come lui, che non aveva niente, che non era niente, riuscire a tranquillizzarlo?
Sinceramente, avrebbe voluto risolvere tutti i suoi problemi e dubbi, ma oramai era abbastanza appurato che non potesse fare nulla, a riguardo.
Riflettè quindi per un lungo istante sui suoi vari discorsi sconclusionati, per poi sfiorare la mano sopra i suoi occhi e spostarla lievemente, in modo da poterlo guardare negli occhi.

"Innanzitutto." esordì, rivolgendogli un leggero sorriso "Un enorme problema bisognerebbe scomporlo in tanti problemi più piccoli, in modo che sia più facile risolverlo."

Mentre il maggiore gli lanciava un'occhiata ricolma di pura confusione, Peter si sistemò meglio sul letto, in modo che potesse guardarlo meglio.

"Punto primo, pensi davvero che non me la possa cavare da solo, neanche minimamente?" esclamò, schioccando la lingua "Ho combattuto con gente del genere per una vita, non crollerò così facilmente per cretini del genere, davvero."

Come cercando di tranquillizzarlo, gli sfiorò i capelli lievemente arruffati con le dita, nonostante non fosse tutto sto granchè a fare le coccole.
Tuttavia, il canadese non fiatò a quel gesto, nè sembro volerlo allontanare.

"Per la situazione di tuo padre... Beh. E' difficile. E non è una cosa che si possa risolvere così, su due piedi." ammise, con un sorriso triste "Ma non sarà sempre così, no? Praticamente l'anno è finito e andrai avanti. Avrai solo un anno, poi potrai lavorare dove vuoi. Hai un'infinità di scelte davanti a te, così potrai andartene di casa. Dovrai... Dovrai solo mettercela tutta per un po'."

Mentre continuava a sfiorare i capelli dell'altro, si chiese se un discorso del genere fosse fin troppo ottimista, per una persona che non aveva alcuna idea di cosa fare nella vita.
Senza contare che avrebbe dovuto aspettare un bel po'.

" E... e poi sai, io dopo il liceo andrò sicuramente ad un college e mi cercherò un lavoretto, per cercare di non pesare troppo sui miei zii. E, quindi, se mai avessi delle difficoltà potremo, non so, lavorare assieme un giorno, vivere in un appartamento orribile per dividere i costi... insomma, quelle cose lì."

"Sai Peach" esordì Wade a quel punto, guardandolo con un sorriso "Dai tuoi discorsi sembra quasi che tu mi stia chiedendo di sposarci o qualcosa del genere."

A quelle parole, avvampò brutalmente, in seria difficoltà.
Che avesse esagerato con le sue parole?
Effettivamente, gli aveva praticamente proposto di vivere insieme, in un futuro.

"Non fare quella faccia, principessa, mica ti sto dicendo di no." esclamò, con un sorriso sornione "Però sai, non sono mica uno facile! Voglio come minimo un anello fatto di rubini e- nah, okay, lo perderei, ma almeno una cenetta romantica, okay? E voglio avere un bellissimo abito da sposa, scollatissimo ovviamente. Voglio essere sexy anche in chiesa."

A quel punto, Peter scoppiò a ridere e, successivamente, anche l'altro.
Risero assieme per un lungo istante finchè, con le lacrime agli occhi, non tornarono a guardarsi intensamente negli occhi.

"Scherzi a parte..." esordì nuovamente il minore " Quello che sto cercando di dirti... non sei da solo, Wade. Ma questo te l'ho già detto, no?"

A quel punto, il canadese non gli rispose ma allungò il braccio verso di lui, sfiorandogli dolcemente la guancia, per poi portargli dietro l'orecchio alcuni ciuffi ribelli.
Il newyorkese arrossì a quel gesto ma, quella volta, non disse, nè fece niente e, anzi, lasciò fare all'altro ciò che voleva.
Non sapeva se aveva usato le parole giuste con lui ma spero che, almeno, fosse più tranquillo e che non lo allontanasse più.
E non era forse giusto così?
Insomma, stavano bene assieme e entrambi sembravano stare male quando si allontanavano l'uno dall'altro, per cui perchè avrebbero dovuto dividere le loro strade? Non aveva senso.
Tuttavia, c'era un'altra cosa che non aveva senso in quel momento: l'atmosfera in quella camera.
C'era uno strano silenzio fra loro e sembravano comunicare solo con gli sguardi che si lanciavano.
Non era un silenzio imbarazzante o ricolmo di disagio ma era calmo, ma strano, come se entrambi sapessero che sarebbe successo qualcosa, anche se non sapeva bene cosa.
Fu quasi all'ultimo che il minore si accorse di come l'altro aveva quasi azzerato la distanza fra loro e continuava a guardarlo con occhi carichi di non si sapeva bene cosa.
Che Wade lo stesse per...?

"Peter, tesoro, come stai?"

Come il moro sentì la porta della sua camera aprirsi, istintivamente, spinse via il maggiore, facendolo finire a terra con un tonfo.
Quando la zia entrò, il minore era completamente rosso in viso, nascosto buona parte dalle coperte, mentre l'amico era di profilo, con il gomito poggiato a terra e la mano a reggergli la testa, sorridendole come se nulla fosse.

"Buonasera, signora Parker."

"Oh Wade caro, non sapevo che fossi qui." esclamò con un sorriso cordiale, avvicinandosi a Peter "Sei passato nuovamente dalla finestra? Te l'ho detto che è pericoloso!"

"Non si preoccupi, sono uno sprezzante del pericolo."

Il biondo si spostò, sedendosi più in là per terra, mentre la signora sfiorava dolcemente la fronte del nipote, assumendo uno sguardo più rilassato.

"Oh, meno male, sembra che la febbre sia calata del tutto." esclamò, dandogli un bacio in fronte, porgendogli gli occhiali "Ti va di mangiare qualcosa, tesoro?"

Dopo che il nipote annuì con la testa, si voltò poi verso Wade, che sembrava sul punto di prendere le sue cose ed andare via, rivolgendogli un enorme sorriso.

"Ti va di fermarti anche tu per cena?"

"Uh?" il canadese rimase sinceramente sorpreso da quelle parole, come se non fosse abituato a cose del genere "Errrmmhm, non vorrei disturbare signora."

"Nessun disturbo e puoi darmi del tu." rispose la donna, avvicinandosi poi alla porta "Peter, ti consiglio di farti la doccia, prima di scendere, sei davvero sudato. E... Oh. Anche tu Wade, sei messo nella stessa situazione."

Il maggiore si guardò la maglietta, facendosi aria con essa, incuriosito dalla cosa.
Forse si era scordato la sauna fatta con il sopra della tuta, per far caldo al minore.

"Forse è il caso che ti rinfreschi anche tu." esclamò, pensierosa "Ti lascio una maglietta pulita in bagno, okay? Dovrei avere da qualche parte una maglia della tua taglia."

"Ma non c'è-"

"Trovi tutto in bagno." disse, con un dolce sorriso che non permetteva repliche "Mi raccomando, fra un'ora scendete, okay?"

Come la donna chiuse la porta alle sue spalle, calò nuovamente il silenzio fra loro e, nuovamente, i suoi occhi azzurri tornarono su quelli nocciola dell'altro.

"Lo so, è tosta, ma a zia May non puoi dire di no." esclamò il newyorkese con un sorrisetto imbarazzato, sperando di cambiare argomento.

Insomma, non voleva parlare di certo di quello che era successo prima.
Perchè, davvero, che diavolo era successo prima?
Cos'era quell'atmosfera strana fra loro?
Si era immaginato cose o stava succedendo qualcosa di strano?
In ogni caso, non era certo di volerlo scoprire, ora come ora.

"Sì, hai ragione." rispose Wade, facendo spallucce - e Peter ringraziò mentalmente che anche l'altro sembrava non voler parlare della cosa "Comunque, devo ammettere che l'idea di tua zia mi ha salvato la vita. Effettivamente, avevo proprio bisogno di rinfrescarmi."

Senza aggiungere altro, si tolse di botto la maglietta di dosso, mostrando senza vergogna, il suo bel fisico e il moro si sorprese di quanto fosse simile al sogno che aveva fatto qualche giorno fa.
No, non era il momento di pensare ad una cosa simile.
Perchè si stava spogliando in camera sua?!

"Oh, scusa, ti da fastidio?" esclamò il più grande, con una strana cadenza nella voce "Mi sentivo davvero appiccicoso e non vedevo l'ora di togliermi quella stoffetta di dosso~."

"... Ah... Capito." riuscì a balbettare appena l'altro, non sapendo davvero dove guardare.

O meglio, dove non guardare, visto che non riusciva a smettere di guardare gli addominali dell'altro.
Dio, sembrava un maniaco.
Sperò almeno che l'altro non si fosse accorto della cosa.

"Oh Petey, senti ancora." disse ancora, avvicinandosi in maniera quasi lasciva "Sto pensando. Dici che tua zia se la prenderebbe se le chiedessi di farmi direttamente la doccia? Non mi sento appiccicoso solo sul petto."

Posizionò l'indice vicino all'ombelico, scendendo poi lentamente fino alla sua cintura, giocherellandoci appena.

"... Che dici, dovrei togliere anche questo?"

Fu a quel punto che il cervello del moro smise di funzionare e perse completamente l'uso della parola.
Aveva perso anche la capacità di elaborare un pensiero di senso compiuto.
Era abbastanza sicuro che avrebbe perso a breve la capacità di far funzionare i polmoni e il cuore, se non fosse stato per il suono della risata di Wade.

"Oddio Peach, dovresti vedere la tua faccia, è- pff, fantastica."

Il newyorkese, che finalmente riusciva ad elaborare quello che gli dicevano, guardò con bocca semi spalancata l'altra, rivolgendogli poi un'occhiataccia.

"... E' stato uno scherzo di pessimo gusto." mormorò con tono indispettito.

"Uh?" rispose Wade, calmandosi di botto "Scherzo? Chi ha mai detto che era uno scherzo?"

Mentre il minore gli rivolgeva uno sguardo assai confuso, il biondo si sedette al suo fianco, continuando a sorridergli come se nulla fosse.

"Non scherzerei mai su una cosa del genere con te." proclamò Wade "Vedila così, volevo solo dimostrare una tesi che avevo in testa da un po'."

Certo che, ultimamente, quello di 'dimostrare tesi' era diventato un vizio per lui.
Specie poi perchè con le sue 'tesi', gli faceva sempre prendere un infarto.

"Sì?" borbottò, il moro con fare stizzito "Tesi su?"

"Un dubbio che avevo da un po'." rispose semplicemente, alzandosi poi dal letto "Grazie a te, però, ho avuto una conferma."

Mentre Peter lo guardava ancora più confuso, facendo finta di nulla, Wade aprì la porta di camera sua.

"Oh, un'ultima cosa." esclamò, posando lo sguardo su di lui "Prometto di fare il bravo e di andarci piano. Ma..."

Fece una pausa, mordendosi il labbro inferiore.

"... Se vuoi seguirmi in bagno e fare una doccia davanti a me, non ti dico di no~." esclamò con voce calda, per poi ridersela da solo e chiudere la porta alle sue spalle.

A quelle parole, con un certo terrore, il moro iniziò a chiedersi che diavolo avesse capito quell'idiota.




//Eh-eh, volevate il porno, eh?
ED INVECE NO, MUAHAH.
Ad ogni modo, purtroppo ho già appuntato cosa doveva succedere in questo e nei prossimi capitolo, quindi davvero, era programmato dal almeno un anno che Peter si ammalasse, quindi spero che non la prenderete a male, visto i casini che stanno succedendo Spero che voi tutti stiate bene e che vi sia piaciuto questo capitolo!
Ci stiamo avvicinando sempre più alla fine, sob (-3!)
Concludo ringraziando tutti quelli che mi seguono ed in particolare la mia amica Alice, che oramai mi sta correggendo tutti i capitoli, è un angelo!;_;
Alla prossima ragazzi, fatemi sapere che ne pensate! <3

Ps: ho pubblicato la famosa raccolta di cui vi parlavo lo scorso capitolo! Andate a leggere e fatemi sapere che ne pensate della prima storia, se vi va <3

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10° Capitolo ***


Irresistible010 ● In questa fanfiction, NON si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a quello dei fumetti;
● I personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.



10° Capitolo.


La sua vita era diventata - ulteriormente - un inferno grazie a colui che era tornato ad essere il suo amico.
Chi? Ovviamente Wade Wilson.
Glielo aveva fatto capire a quella cena con gli zii, con quegli sguardi che sembravano volergli leggere dentro, con quei sorrisi maliziosi che non facevano altro che imbarazzarlo, per non parlare del piedino sotto il tavolo che gli fece andare di traverso il polpettone di zia May.
Aveva una cotta gigantesca per l'amico e il biondo lo sapeva benissimo, a quanto pareva.
Non si azzardava neanche più a pensare che 'non poteva andare peggio di così' perchè non c'era mai fine al peggio e, per l'esattezza, non c'era mai fine a quanto potesse cadere in basso.
Mentre percorreva i lunghi corridoi della scuola, stringendo forte lo zaino al petto, non poteva fare a meno di guardarsi intorno con circospezione, con l'angoscia di trovarsi davanti, quando meno se l'aspettava, il canadese.
Sinceramente, non si sentiva psicologicamente pronto a essere rifiutato da uno dei suoi migliori amici - perchè era questo quello che stava per succedere, no?
Sarebbe arrivato il momento in cui il più grande avrebbe smesso di scherzare sulla cosa e gli avrebbe dato il due di picche e-

"Pete!"

"AH!"

Il newyorkese saltò letteralmente sul posto, come si sentì sfiorare la spalla da Mary Jane, che ora lo guardava con un sopracciglio alzato.

"Mi fa piacere che ti sei ripreso dall'influenza." esordì la ragazza, incrociando le braccia al petto "Ma pensavo saresti stato più felice di rivedermi, dopo tanto tempo."

"Oh- scusami, davvero, non è per te." si scusò l'altro, con un sorriso flebile "È che, emh, diciamo non ho voglia di incontrare gente oggi."

"E dove sarebbe la novità?"

Si bloccò un attimo a rimuginare, per poi guardarlo con fare sospettoso.

"... C'entra qualcosa Wade?"

A sentire quel nome, istintivamente, le sue guance si colorarono di rosso.

"Io- Lui- No, cioè, perchè dovrebbe c'entrare lui?"

"Mmh... Sarà." mormorò, per poi posare lo sguardo su un qualcosa di non precisato di fronte a sè "Allora non sarà un problema, visto che il tuo amico si sta dirigendo proprio qui."

"Cos-"

"Ehi, principessa~"

Come sentì quella voce familiare, trasalì istintivamente e non ebbe neanche il tempo di inventarsi qualche scusa per fuggire da quella situazione che la rossa, senza dire una parola, si allontanò alla velocità della luce.
Era bello vedere le amicizie nel momento del bisogno.

"Ciao..." borbottò, girandosi molto lentamente nella direzione dell'altro "Ti, uh, serve qualcosa?"

Il maggiore lo guardò per un istante, con un sorrisone stampato sul viso e gli occhi che lo guardavano con fare interrogatorio.

"Come mai così 'rigido'? Successo qualcosa?"

Mentre parlava, Wade gli si avvicinò, cosa che costrinse Peter a poggiare la schiena sugli armadietti, nel vano tentativo di allontanarsi in qualche modo.
Il canadese sembrò notarlo e il suo sorriso si allargò.

"Beh, c'è da dire che le cose rigide non mi dispiacciono poi così-"

"Che vuoi??"

A quella reazione, il biondo se la rise fra sè e sè, a quanto pare divertito nel vedere il moro andare sempre più nel panico.
Era in momenti come questi che sperava davvero di sbagliarsi, che magari era semplicemente più 'vivace' del solito ma erano anche i momenti in cui più era conscio di quanto fosse palese il suo interesse nei confronti del maggiore.
Dannazione.

"Devo avere un motivo specifico per voler parlare col mio migliore amico?"

Disse l'ultima frase con un certo orgoglio e il minore non potè fare a meno di roteare gli occhi, quasi con esasperazione visto che non aveva fatto che ripete 'migliori amici' almeno un'infinità di volte, in qualsiasi contesto, in quel brevissimo arco di tempo in cui avevano 'fatto pace'.
Peter stava pagando il prezzo di parlare troppo con quel cretino.

"Ti sei proprio fissato.." borbottò, incrociando le braccia al petto, ancora a disagio per via di quella vicinanza.

"Non so a cosa ti riferisci" disse, con una finta espressione innocente "Però dovevo parlarti di qualcosa."

Il moro si irrigidì di colpo a quelle parole e si ritrovò a deglutire istintivamente.
Che fosse arrivato il momento di essere rifiutato?
Non che non se l'aspettasse da un momento all'altro ma, ehi, non così all'improvviso ma, soprattutto, non davanti a mezza scuola che potess-

"Sai cosa c'è fra poco?"

Okay, questo non se l'aspettava.

"...Eh?"

"Oh, andiamo, non fare finta di niente! C'è..."

Fece una pausa, imitando il suono del rullo di tamburi con la bocca, per poi gesticolare con le mani, come se stesse suonando una batteria immaginaria.

"... il ballo di fine anno!"

Il minore lo fissò perplesso, alzando un sopracciglio.

"Quindi?"

"Come quindi!" esclamò in tono oltraggiato "Penso che dovremo fare qualcosa quel giorno! Insieme, ecco."

Peter sbattè gli occhi ripetutamente, come se cercasse di capire se quello che si stavano dicendo fosse vero o fosse frutto della sua immaginazione.

"... Mi stai chiedendo di venire al ballo con te o qualcosa del genere?"

"Teeeeecnicamente," esordì l'altro, facendo spallucce " ti sto chiedendo di fare qualcosa con me quel giorno. Potrebbe, non so, essere figo, no? Ma se vuoi, possiamo fare qualcosa di più tranquillo, tipo-"

"Sì." esclamò il newyorkese di colpo, tutto d'un fiato "Io, uh, ci vengo. Cioè, non so bene che hai in mente ma"

"GRANDE." ribattè il biondo, con un sorrisone radioso "Allora, ci sentiamo, okay? WAAHHH"

Wade si esibì davanti al moro - e a tutti quelli che passavano per quel corridoio, che lo guardavano perplessi -  in alcune mosse, che sembravano un incrocio con le tecniche di Dragonball e Karate Kid.

"Ho fatto proprio bene a chiedertelo ora." disse ancora il ragazzo, facendo un po' di stretching sul posto "Ora sarò ancora più carico per gli allenamenti! Ci vediamo dopo, allora. Per la nostra solita sessione di studio! Ok??"

Mentre il minore lo salutava con la mano vedendolo allontanarsi, un piccolo sorriso gli affiorò in viso.
Stava succedendo davvero? L'aveva davvero invitato al ballo? Era davvero così semplice?
Da Wade ci si aspettava di tutto, quindi magari aveva in mente altro ma-

"Quindi hai un appuntamento??"

Ecco che, da dietro l'angolo, riapparve nuovamente Mary Jane che lo fece nuovamente sussultare.

"Cos- Non eri andata via?"

"Mi ero solo messa in disparte per lasciarvi un po' di privacy." ribattè, senza battere ciglio "Comunque non cambiare discorso. Ho sentito bene, ti ha invitato al ballo? Quindi Harry non si sbagliava quella volta. Lui è... insomma. E tu 'ci stai'?"

Peter avvampò brutalmente a quelle insinuazioni.

"Che... Che diavolo vorrebbe dire, scusa?!" esclamò, cercando di celare l'imbarazzo con il disdegno, fallendo miseramente "Il fatto che a lui piacciono anche i ragazzi, non vuol dire che ci stia provando con me. E poi, conoscendolo, non ha davvero intenzione di-"

"Ah-ah, certo." lo interruppe l'altra, roteando gli occhi "Però, nel caso l'invito fosse quello che sembra, hai qualcosa di decente da metterti?"

"Cioè?"

"Come cioè? Stiamo parlando di un ballo!" disse con esasperazione "Metti che ci andate, anche solo come amici perchè magari non trova qualcuno con cui andare, cosa tra parentesi improbabile, visto che è parecchio popolare... non penserai di andarci con felpa e jeans, vero?"

Immediatamente il moro si irrigidì a quelle parole, non tanto per la consapevolezza che il suo armadio fosse composto dal 90% proprio di felpe e jeans ma che Mary Jane sostenesse che Wade fosse popolare.
Non che ne dubitasse, visto che era conscio di quanto fosse di bella presenza, ma...
Che la rossa avesse visto l'amico con altre persone in atteggiamenti particolari? O qualcun'altro parlasse di lui, in quel senso? O...?

"Ehi! Terra chiama Pete!!" esclamò l'amica esasperata, passandogli la mano davanti agli occhi "Non mi hai risposto."

"Ah, uh." borbottò il newyorkese, cercando di ricomporsi "Io.. sì, credo di avere qualcosa."

"... Credi?"

Mary Jane fece un enorme sospiro profondo e si mise le mani sui fianchi.

"Sigh, sei fortunato: voglio darti una mano. E fortunatamente, abbiamo un po' di tempo prima della grande serata."

" In che senso?" ribattè Peter, alzando un sopracciglio "Che hai intenzione di fare?"

"Beh..." esclamò l'altra, facendogli l'occhiolino "Vedrai."

****************

"Sai Mary Jane, non penso che questa sia una buona idea... Lascia perdere."

"Oddio Pete!" sbraitò, avvicinandosi pericolosamente all'altro con una spazzola "Sono giorni che ti sento ripetere la stessa cosa! Ora stai zitto e fatti aiutare, stasera è il gran giorno, dopotutto."

Mentre delle lacrimucce di dolore gli uscivano dagli occhi come la rossa si avventò malamente sui suoi capelli, il moro non potè fare a meno di pensare in che modo erano passate le settimane con l'amica.
Dopo che lo aveva convinto a farle vedere cosa avesse nell'armadio per quella sera ed appurato che per il sopra fosse okay - anche se aveva storto il naso a sapere che la cravatta l'avrebbe chiesta in prestito allo zio - aveva insistito per andare a comprare assieme un bel paio di pantaloni eleganti.
Pur di convincerlo, era arrivata a mettere in mezzo zia May che, appurata la notizia che il nipote avesse una serata speciale in ballo, gli aveva prestato qualche spicciolo, raccomandandogli di prendere quello che voleva, senza preoccuparsi dei soldi.
Era quasi ammirevole che, in un modo o nell'altro, l'amica stava convincendo la gente intorno a sè a fare come volesse lei.
Oltre ad essere abbastanza spaventoso, ovviamente.
Mentre sembrava che l'altra avesse quasi finito di torturarlo, dopo avergli strappato brutalmente metà dei suoi capelli, Peter pensò all'ironia della situazione.
A inizio anno era stracotto di lei e cercava di evitarla il più possibile dopo la pugnalata al cuore con Harry ed ora eccoli di nuovo insieme, con Mary Jane che lo trattava peggio di una bambola, per riuscire ad avere l'appuntamento perfetto con un ragazzo.
Se al tempo, qualcuno dal futuro gli avesse detto che le cose si sarebbero evolute in questo modo, molto probabilmente gli avrebbe riso in faccia.

"Okay." esclamò la rossa, esasperata "I tuoi capelli sono completamente ingestibili, non importa quanto cerchi di domarli. Se usassi delle forcine? Giusto per dargli una forma."

"Vuoi davvero che dia la mia opinione o è una domanda retorica e farai comunque come pare a te?" rispose, stancamente l'altro.

"Va bene, vada per le forcine."

Scrollando le spalle, posò lo sguardo distrutto sullo specchio, dandosi velocemente un'occhiata.
Indossava una camicia nera, con intorno una cravatta blu scuro ancora da annodare e dei pantaloni dello stesso colore della camicia che erano anche fin troppo aderenti per i suoi gusti - ma sulle scelte di Mary Jane non osava più aprir bocca - mentre la giacca rossa, che era un mix fra qualcosa di sportivo ed elegante, era appesa in attesa di essere indossata.
Doveva ammetterlo : oggi si faceva meno schifo del solito.

"Ecco qua, trovate!" disse eccitata, avvicinandosi pericolosamente con le forcine fra le mani "Ora però devi stare fermo."

Peter cercò di stare fermo come gli era stato detto ma, essere toccato in quel modo fra i capelli, era davvero una rottura.

"Piuttosto, come sta andando fra te e Harry?" chiese per concentrarsi su altro, piuttosto che per vera e propria curiosità a riguardo.

"Oh..." mormorò l'altra "Normale direi."

Dal modo un po' piatto - e dal fatto che la presa sui suoi capelli era più delicata - il moro intuì che ci dovesse essere qualcosa.
Ovviamente, la cosa non potè fare altro che impensierirlo, non solo perchè era una sua cara amica ma perchè era preoccupato che fosse responsabile di qualche loro problema.

"Se non vuoi dirmelo, non importa, ma... ci sono problemi?"

"Mh, no, problemi no." ribattè, con un sospiro "Diciamo che è più complicato da capire di quanto pensassi. Agli inizi era così dolce, ora invece..."

Sospirò nuovamente, facendosi di colpo silenziosa e l'amico non aveva idea su cosa fare a riguardo, se insistere per saperne di più o se lasciarla fare.
Purtroppo, non ebbe il tempo di decidere, perchè un sonoro colpo alla spalla lo fece desistere.

"Ecco fatto Cenerentola, ora sei pronto per il ballo!" cinguettò l'altra, come se nulla fosse.

Il newyorkese si alzò e sulla bocca si formò una piccola 'o' dalla sorpresa, appena vide la trasformazione finale dei suoi capelli.
Nonostante tenessero il loro stile 'ribelle', con le forcine Mary Jane era riuscita a dargli una forma, spostandogli da un lato.

"Beh, c'è da dire che hai del talento." ammise il ragazzo, guardandosi allo specchio ancora esterrefatto.

"Lo so." esclamò, sorridendo soddisfatta "Sarebbe ancora meglio se tu togliessi quegli occhiali."

"Sai vero che questi occhiali mi permettono di vedere, vero?

La rossa sbuffò a quelle parole, per poi avvicinarsi all'altro, mettendogli il braccio intorno al suo, prendendolo a braccetto.

"Vedrai Pete, questa serata sarà un successone."

****************

Se il moro avesse saputo un modo per sparire in un istante dalla faccia della terra, sicuramente l'avrebbe fatto.
Dopo che aveva sentito il campanello ed aveva salutato gli zii con un bacio - per non mettersi pressioni da solo, gli aveva semplicemente detto che un amico l'aveva invitato al ballo per non andare da solo - aprì la porta e, come si trovò davanti Wade, capì immediatamente che qualcosa non andava.
Quando vide il canadese, che a differenza sua, era vestito in maniera abbastanza casual - con una canottiera rosa e un paio di jeans corti abbastanza aderenti - inizialmente fu confuso ma non ci fece caso più di tanto.
Insomma, l'altro era capacissimo di presentarsi ad un importante conferenza col tutù di Hello Kitty, quindi questo era davvero il minimo.
Ma quando vide, poco più avanti, dei ragazzi parcheggiati in macchina che incitavano il biondo a prendere il suo amico per il party, non solo capì che aveva capito male l'intera uscita - e che quindi non ci sarebbe stato nessun ballo - ma che non poteva sotterrarsi sul momento, anche se avrebbe voluto.
E, cosa forse ancora peggiore, il canadese non parlava e non faceva altro che fissarlo, facendolo sentire ancora più umiliato.

"Scusa, avevo capito che-"

"Ti sei fatto carino solo per me?"

Quella domanda fatta così di colpo e in tono così serio, lo spiazzò e non potè fare a meno di arrossire.
Praticamente, ormai era diventato l'andazzo con l'amico, ogni qualvolta gli parlasse.

"Io... non è che l'ho fatto per te." si precipitò a puntualizzare Peter, in preda alla vergogna "Pensavo che, insomma, sai, saremmo andati al ballo, cioè dai tuoi discorsi sembrava- e insomma, ci siamo capiti male, credo."

"Ow, sì, effettivamente, ho il brutto vizio di non essere chiaro." rispose, senza togliergli gli occhi di dosso "... Ma, sai, non è che non si possa rimediare."

Il moro lo guardò con fare interrogativo, in attesa di una spiegazione.

"Beeeeh, oggi sei... wow. Ecco. Non che tu non lo sia di solito, non fraintendermi, ma oggi sei... più wow del solito e-" disse, sorridendo in maniera un po' ebete "Quindi, insomma, non mi faccio problemi a dire a quegli altri di farsela a piedi per il party in spiaggia. Lo sai, no? Macchina mia, regole mie."

"Ma sono tuoi amici." replicò Peter, osservando da lontano quei ragazzi in macchina che non facevano che sbraitare e fare confusione "Non hai preso impegni anche con loro? E, sai, non hai proprio l'abbigliamento adatto al ballo."

"Tranquillo, non penso se la prenderebbero. Non siamo poi così amici." esclamò, facendo spallucce come se nulla fosse "E come sarebbe che non ho il vestito adatto? Io sarei sempre il top nelle feste, anche se andassi nudo!"

Vedendo che aveva fatto ridere il moro, Wade continuò con un sorriso più largo.

"Ma se ci tiene così tanto all'etichetta e al bon ton, possiamo andare a mangiare qualcosa assieme. Italiano? Messicano? CHIMICHANGA!" disse ancora, sempre più entusiasta all'idea "Almeno siamo diversi assieme. E' un idea molto intelligente, soprattutto detta da uno come me, no?"

Mentre il più basso continuava a ridere, si accorse ben presto di una mano che, delicatamente, gli sfiorava la guancia.

"Dio, non riesco a toglierti di dosso." esclamò il biondo con fare perso, spostando la mano verso una ciocca dei suoi capelli "E... davvero, principalmente, oggi volevo stare con te quindi... Ballo o tacos o anche solo barboneggiare sulla panchina, va bene per me."

Con estrema difficoltà visto quanto gli batteva forte il cuore a quelle parole e a quei tocchi, il newyorkese riflettè su quelle parole.
Sinceramente, era ovvio che avrebbe preferito qualsiasi cosa allo stare in macchina con gente che non conosceva - e che non gli facevano a tatto un'ottima impressione - per andare ad un party dove avrebbe ballato e sarebbe stato schiacciato da un milione di persone: praticamente il suo incubo.
D'altro canto, pensò alla situazione dell'amico a livello scolastico e familiare.
Wade aveva bisogno di persone che gli stavano intorno - non solo di Peter - e, per come era fatto, un party era l'ideale per fargli ricaricare un po' le batterie, dopo tutto quello che aveva e stava passando.
Forse, era proprio questo il motivo per cui aveva deciso di fare quel genere di uscita.
Quindi, che diritto aveva di rifiutare?

"Io..." mormorò il minore, titubante "Non è un problema se andiamo in spiaggia con i tuoi amici."

Il biondo alzò un sopracciglio, sospettoso.

"Sicuro? Non devi sentirti obbligato a-"

"Ma sì, cioè, fa bene cambiare una volta tanto... no?" disse ancora, con fare per niente convinto "Ma, mh, penso dovrò cambiarmi. Non penso sia il caso di farmi vedere così elegante."

"...Nah, te l'ho detto, sei carino." replicò il canadese, guardando pensieroso "Magari c'è da fare qualche modifica.. posso?"

Il newyorkese annuì e la mano dell'amico si spostò sul suo petto.
Con delicatezza, gli fece togliere la giacca, che gli mise fra le mani, per poi sfiorargli la camicia e allentargli con lentezza la cravatta.
I suoi movimenti e lo sguardo intenso che gli lanciò durante tutta la durata di quell'atto, lo agitarono e gli fecero sentire un improvviso caldo in tutto il corpo, per qualche motivo a lui sconosciuto.
Quando poi l'altro lo liberò dal primo bottone della camicia, si ritrovò a deglutire, per poi avvampare completamente quando fece lo stesso con il secondo bottone.

"Così dovresti andare bene." sussurrò il canadese con voce calda "Puoi lasciare la cravatta e la giacca a casa."

In quel preciso momento, il minore si chiese come non fosse cascato rovinosamente a terra, visto come le sue gambe si erano fatte di burro.

"Io..." borbottò Peter, schiarendosi successivamente la voce "Sei.. sicuro? Siamo praticamente a giugno ma in spiaggia dovrebbe fare freddo. Sei sicuro che dovrei lasciare la giacca qui?"

"Non ti preoccupare." proclamò l'altro, facendogli l'occhiolino "Nel caso, ho portato la felpa di riserva per te."

****************

Più passava il tempo in quella macchina, più si stava pentendo di non essere in qualche chioschetto a mangiare un hot dog in compagnia del suo amico.
Come era entrato in quella macchina, posizionandosi praticamente a fianco di Wade, che era il guidatore, subito il moro si ritrovò a storcere il naso per l'odore di sigaretta - e forse anche di altro - che emanavano i suoi amici che stavano fumando dentro la macchina con i finestrini chiusi.
Sentendo tossire il più piccolo e vedendolo cercare di aprire invano il finestrino - a quanto pare rotto - il biondo minacciò gli altri che, se non avessero spento tutto, avrebbero fatto meglio a 'mettere il culo fuori dalla macchina e farsela a piedi' e questo fece guadagnare al newyorkese la sua prima occhiataccia dai membri di quel gruppetto strampalato.
La seconda occhiataccia che si beccò in quella macchina fu quando i ragazzi si lamentarono che il biondo andasse 'troppo piano' ed era 'troppo precisino' e il minore era davvero sconcertato, visto che in quel breve lasso di tempo non aveva rispettato mezzo stop e, nonostante avesse la cintura, si reggeva comunque alla maniglia interna, per paura di volare via da un momento all'altro.
Non osava immaginare come guidasse di solito.
A quel punto, i tre ragazzi situati sul sedile posteriore, decisero di passare alle "attività ricreative".
Per la precisione, Noah e Liam - o almeno, così gli sembrava di aver capito che si chiamassero, visto che neanche si erano presentati decentemente- decisero di stringersi fra di loro e di infilarsi la lingua nelle loro reciproche bocche.
' Stronzetti ' aveva detto il maggiore a quel punto 'se trovo ancora macchie strane nel sedile, vi spacco il culo' e, se Peter era rimasto assai turbato da quel 'ancora' , non si potevano definire turbati i due, che continuarono a pomiciare come se nulla fosse.
Nonostante ciò, quei due non erano quelli che lo preoccupavano di più - anche se si rifiutava di guardare dietro, per paura di quello che avrebbe potuto vedere.
Cassidy, l'unica ragazza all'interno della macchina, non solo sembrava non essere per niente preoccupata dei due che, al suo fianco, erano nel pieno di effusione pubbliche , ma sembrava avere un certo interesse per Wade, con il quale non perdeva occasione di parlare delle cose più effimere in maniera languida o di toccargli il petto da dietro o di infilarsi in qualche modo al centro del sedile, inclinarsi e fare in modo, di stringere le braccia per mettere in risalto ulteriormente la sua scollatura al seno.
Ovviamente, la cosa non faceva altro che irritare un certo newyorkese di nostra conoscenza per quanto apprezzasse che l'altro la rifiutasse ogni volta.

"Oh dio Wade, sei diventato noioso!" esclamò la ragazza, con voce stridula "Quando ti ho conosciuto eri più divertente."

"Beh Cassy, la gente cambia ed evolve come un fottutissimo pokemon." ribattè l'altro, esasperato "Ora mi lasci guidare in pace?"

"Ma-"

"Scusa ma..." borbottò il moro a quel punto, nascondendo difficilmente la sua irritazione "Non conviene che ti metta... non so, la cintura? Potresti perdere l'equilibrio..."

Cassidy tacque per la prima volta da quando erano in macchina, per osservare Peter dall'alto verso il basso per un lungo istante.

"Con tutto il rispetto, damerino, sono rimasta in equilibrio a 'rodei' più intensi di questo, non so se mi spiego." rispose usando un tono di superiorità e malizia assieme "Una macchina è niente."

"Cassidy, è l'ultimo avvertimento." disse rabbioso Wade, lanciandogli un'occhiataccia "Sai che non mi interessa se sei una donna, la faccia te la spacco come chiunque altro, sì?"

"Uff, da quanto ti interessa così tanto di qualcuno?" mormorò con un finto broncio, tornando a toccargli il braccio, accarezzandoglielo sensualmente "Sei stressato, per caso? Sai che io conosco un ottimo modo per scaricare lo stress con-"

"AAAH!"

Ad interrompere la conversazione, fu l'urlo improvviso del moro che fece frenare il canadese dallo spavento, causando la caduta sul tappetino del sedile posteriore dei ragazzi e la perdita di equilibrio alla ragazza, che andò a sbattere sulla radio, accendendola di colpo.
La canzone Wannabe delle Spice Girls risuonava nell'aria mentre i cinque riprendevano fiato dallo spavento.

"Dio, che male..." esclamò Cassidy dolorante, tornando a sedersi con una mano sulla fronte "Ma sei cretino? Che urli a fare?!"

"... Scusate..." borbottò il newyorkese in imbarazzo "Mi pareva di aver visto un gatto che attraversava in mezzo alla strada..."

"Ma quale gatto?? Io non ho visto nessun gatto!"

"Beh, non mi pare che stessi badando tantissimo alla strada..." gli fece notare il biondo, con uno sbuffo.

"Ti dico che non c'era!" sbraitò ancora "E potevo farmi male sul serio!"

"Beh... ti avevo detto che era il caso di metterti le cinture di sicurezza..." gli fece notare Peter, guardandola dallo specchietto della macchina.

A quel punto, la ragazza divenne furente e fece per dire qualcosa quando i ragazzi al suo fianco, che nel mentre si erano sistemati nuovamente sui sedili posteriori, si misero a ridere.

"Beh Cassy, non sei brava a montare senza perdere l'equilibrio come pensavi..."

Mentre dietro iniziò una discussione animata fra i tre, il ragazzo dagli occhiali iniziò a muoversi molto lentamente in direzione del più grande, con l'enorme paura che fosse arrabbiato con lui.
Invece, oltre ogni aspettative, Wade era chino sul volante mentre nascondeva metà del viso, e lo fissava con sincera curiosità.

"... Cosa?"

A quel punto, il maggiore si spostò da quella posizione, facendo segno all'altro di avvicinarsi, per poi inclinarsi verso di lui.

"... Uh gatto, mh?" gli sussurrò all'orecchio, in modo che solo lui potesse sentirlo, con un sorriso sulle labbra.

A quel punto, il newyorkese arrossì, tornando a sistemarsi sul suo sedile, guardando il finestrino, evitando di proferire nuovamente parola fino a fine tragitto.
A quanto pareva, anche l'amico aveva capito che non c'era stato nessun gatto in mezzo alla strada.

****************

In qualche modo, con indomito coraggio, era riuscito a sopravvivere quell'eterna mezz'ora in macchina con tre - quattro, se si contava Wade - pazzi furiosi ed era riuscito a non ammazzarsi e non ammazzare nessuno: era fiero di sè stesso.
Tuttavia, vedendo poco distante il party, con gente più mezza nuda che vestita, che ballava a suon di musica a palla, la voglia di scappare si era fatta prepotentemente strada in lui.
Se solo pensava a quanto fosse stato stupido a credere che davvero l'amico l'avesse invitato al ballo...
Sperava con tutto il cuore che Mary Jane - sua amica e , purtroppo, sua vicina di casa - non l'avesse osservato dalla finestra per vedere come andava la situazione o, ancora peggio, che i suoi zii non avessero fatto lo stesso.
Sarebbe stato.... alquanto imbarazzante, vista poi come si era evoluta la situazione.

"Bene, finalmente siamo nuovamente da soli, principessa~"

Quelle parole, seguite dal braccio del più alto che gli circondò il fianco, per avvicinarlo a sè, lo fecero sussultare.

"Uh... Cosa?" balbettò in preda all'imbarazzo, sentendo le guance colorarsi "E i tuoi amici dove...?"

"Loro? Boh, saranno andati da qualche parte a divertirsi." mormorò, stringendolo un po' di più a sè, posando la guancia fra i suoi capelli "Te l'ho già detto che oggi i tuoi capelli sono più belli del solito? Hai fatto qualcosa di particolare?"

"Wade, li ho solo lavati e ci avrò messo qualche forcina... Non è niente di che."

"Niente di che, Petey?" esclamò l'amico in tono offeso, spostandosi di colpo per guardarlo negli occhi "Niente di che? Mi sento oltraggiato per la tua mancanza di prospettiva nel capire quanto tu sia una bomba, in questo momento."

"Perchè ho come l'impressione che tu non sappia il significato di metà delle parole che hai detto...?" mormorò il newyorkese, rivolgendogli un sorriso divertito.

Il biondo aprì la bocca fino a formare una 'o' per poi incrociare le braccia al petto, facendo la parte dell'arrabbiato.

"Sei uno schianto e manco ci credi se te lo dico. Sono arrabbiato, basta!" esclamò, in maniera sempre più teatrale "Come minimo, soprattutto dopo il colpo che mi hai fatto prendere in macchina, mi merito un bacio."

A quella proposta, il minore arrossì di botto fissandolo con occhi semi sbarrati dallo stupore.

"I-io... cosa?"

"Maaaa sììì..." esclamò il canadese, ghignando compiaciuto dalla reazione dell'altro, per poi inclinarsi e porgergli la guancia "Siamo migliori amici, no? E quale modo di far pace da bravi amichetti nel cuore se non con un bacio sulla guancia, mh?"

Peter lo fissò per un istante perplesso, senza parole dalla sfacciataggine e dall'infantilità dell'amico, che sembrava lo facesse apposta ad imbarazzarlo.
Anzi, sembrava proprio che lo divertisse metterlo così tanto in difficoltà.
Beh, questa volta sarebbe stato diverso.
Facendosi coraggio, avvicinò le labbra alla sua guancia, sporgendosi lievemente in punta di piedi, e gli scoccò un leggero e veloce bacio.

"B-Beh..." esclamò in preda alla vergogna, staccandosi di qualche metro "Ora siamo apposto, sì? La smetti di fare lo stupido??"

Tuttavia, il più alto non si mosse.
Rimase per un lungo istante in silenzio, guardandolo con la stessa intensità di un baccalà morto, senza quasi respirare.
Il moro iniziava a dubitare, effettivamente, se l'altro stesse respirando.

"... Uh, Wade tutto-?"

Prima che potesse rispondere, il maggiore diede un colpo alla sua macchina - un fuoristrada già malconcio di suo - per poi iniziare uno dei suoi solito sproloqui in solitario, ed infine fare un enorme respiro profondo.

"Assolutamente, sto benissimo." disse infine l'amico, prendendolo poi per mano "Ora , prima che mi vengano idee strane, tuffiamoci nella mischia!"

Il newyorkese non ebbe neanche il tempo di chiedersi cosa intendesse l'altro con 'idee strane' che venne letteralmente trascinato dall'altro in mezzo alla folla.
Per il ragazzo, fu come un tuffo in acqua, dove dovevi premunirti di prendere più fiato possibile per riuscire a stare sotto il più a lungo possibile e infatti, come appunto succede quando stai troppo tempo senza fiato in acqua, il senso di soffocamento si fece sentire ben presto e non migliorò la situazione quando iniziò a scontrarsi con la gente, ricevendo spallate, sentendosi sfiorare di sfuggita da mani sconosciute.

"Tutto bene??"

Sussultò violentemente quando sentì la voce di Wade rimbombare prepotentemente sulle sue orecchie, visto che era costretto ad urlare per via della musica assordante.
Con un sorriso flebile, cercando di cacciare via queste sensazioni, annuì debolmente con la testa.

"Sicuro?" gli urlò ancora all'orecchio, per farsi sentire " Non hai per niente una bella cera..."

Cercando di essere più convincente possibile, cercò di annuire più vigorosamente con la testa ma come venne colpito per sbaglio nuovamente, facendogli perdere quasi l'equilibrio, sentì una forte nausea invaderlo.

"... Senti, ho un'idea." disse ancora il canadese "Aspettami più avanti, sulla spiaggia. Lì è più calmo, solitamente fanno giochi stupidi come il gioco della bottiglia e simile. Non dovresti avere problemi con la folla. Nel mentre io vado a cercare un po' di cibo, okay? Solitamente c'è sempre chi ordina un trilione di pizze, magari con qualcosa sullo stomaco va meglio, mh?"

A quel punto, Peter avrebbe tanto voluto trovare la forza di dirgli 'no', che andava tutto bene, che poteva stare in mezzo alla folla e provare - goffamente - a ballare ma era arrivato davvero al limite e, annuendo con un sorriso flebile, si allontanò il più velocemente possibile dalla folla.
Dopo vari spintoni, beccandosi un sacco di accidenti di ogni tipo per la poca grazia con cui stava letteralmente scappando, finalmente ritrovò l'aria e potè respirare in pace.
Appena si fu tranquillizzato, ripensò a quanto dovesse essere pesante per il maggiore, uscire con uno come lui.
Praticamente, se non erano attività che riguardavano lo studio o il mangiare o lo stare chiuso in casa, il moro storceva il naso o si sentiva male, come in quel momento.
Era in momenti come questi che il newyorkese si chiedeva che ci vedesse l'altro di tanto divertente in lui..
A peggiorare la situazione, un ragazzo palesemente già ubriaco che, mentre il ragazzo era perso nei suoi pensieri, gli rovesciò per sbaglio la bottiglia di birra addosso.

"Oddio, scusa amico, non ti avevo visto..." biascicò il ragazzo particolarmente perso, andando poi a trascinarsi verso altri ragazzi che bevevano allegramente.

La tristezza del ragazzo con gli occhiali si trasformò presto in rabbia e frustrazione, vedendo come tutta la camicia e i pantaloni fossero orribilmente imbrattati di alcol, per non parlare dell'odore amaro nauseante.
E dire che buona parte della roba o l'aveva indossata davvero poco o comunque era stata comprata di recente, con i soldi che gli zii faticosamente guadagnavano.

"Bah, ci mancava solo questa..." borbottò irritato, guardandosi, sperando con tutto il cuore che con un lavaggio, la roba tornasse come nuova.

"Che disdetta... Uh, Pietro, giusto?"

Sentendo quella voce si voltò e riconobbe subito la ragazza dai capelli lunghi boccolosi, il trucco eccessivo e dalla scollatura esagerata.

"Ciao Cassidy." borbottò Peter, per niente in vena di essere educato in un momento come questo "Ti serve qualcosa? Comunque, è Peter."

"Oooh, scuuusa! Tieni questo per farmi perdonare. " rispose con voce civettuola, prendendo dalla sua borsetta minuscola un fazzoletto di stoffa che gli porse "Ecco a te, meglio di niente, mh?"

Assai perplesso, il moro prese dopo qualche tentennamento il fazzoletto, usandolo per tamponare il più possibile.
Doveva ammettere che, almeno apparentemente, era stato un bel gesto.

"Grazie."

"E di che, zuccherino?" esclamò la ragazza, sorridendogli "Ad ogni modo, perchè non aspetti Wade lì, sul pontile di legno? Lì c'è sicuramente meno gente ed eviti questi spiacevoli incidenti, che dici?"

Il newyorkese fissò il pontile poco distante da lì indicato dalla corvina, facendoci un pensierino : effettivamente, li pareva non esserci nessuno o quasi.

"Sì ma Wade..."

"Lo avviso io Wade." si propose la ragazza, con un sorriso ancora più raggiante "E poi, se ci sono problemi, puoi semplicemente tornare qui, no?"

Vedendo il ragazzo ancora titubante a quelle parole, Cassidy continuò.

"... O puoi andare a raggiungerlo o aspettare qui Wade e sperare di non beccarti altra birra addosso. Decidi tu!"

A quel punto, il moro si ritrovò a non avere altra scelta.
Aveva decisamente bisogno di un posto tranquillo, senza ubriachi in giro, anche se ciò costava il fidarsi di una ragazza che gli aveva fatto una pessima impressione.

"Io... D'accordo, allora grazie." mormorò con un sorriso, restituendole il fazzoletto "Allora, mi fido di te."

 ****************

Peter iniziò a domandarsi perchè, nonostante si definisse il primo ad odiare tutta o quasi l'umanità, si ostinasse a fidarsi così tanto delle persone.
Insomma, era passato parecchio tempo, circa una ventina di minuti, ma il biondo non si era fatto vedere e sì, era vero che ora il newyorkese aveva completamente ricaricato le batterie, seduto sul pontile con il suono delle onde del mare nelle orecchie a calmarlo - interrotto a volte, dalle coppiette che venivano lì per avere un po' di intimità - ma ora iniziava a pensare sul serio che quella ragazza gli avesse mentito.
O se ne fosse fregata, visto il tipo.
Aveva provato anche a scrivere vari messaggi al canadese senza ricevere alcuna risposta.
Le cose erano due : o era ancora in cerca di pizze o era successo qualcosa.
In ogni caso, si era davvero scocciato di aspettarlo, ora sarebbe andato a cercarlo e lo avrebbe pregato di andarsene da lì.
Conosceva Wade abbastanza da sapere che lo avrebbe capito e, regalandogli un sorriso, l'avrebbe portato dove avesse voluto.

"Scusaci piccoletto."

Nel momento esatto in cui il moro si alzò, qualcuno lo spinse e, ben presto, si ritrovò letteralmente in acqua.
Era quasi ironico come, poco prima si sentisse come essere nel fondo del mare e ora ci si ritrovasse letteralmente.
Il ragazzo riemerse subito dopo, fortunatamente, senza perdere gli occhiali, guardando sconcertato i ragazzi che l'avevano spinto, che riconobbe essere i ragazzi in macchina.

"Liam, te l'ho detto che il ragazzo sapeva nuotare..." esclamò uno dei due, dando una pacca consolatrice sulla schiena dell'altro.

"Scusaci piccoletto!" disse l'altro rivolto a Peter "Non abbiamo niente contro di te, davvero! Ma Cassidy è una nostra amica, non abbiamo potuto evitare di farle questo favore. Uh, spero ci perdonerai, ci vediamo."

Mentre vedeva i due ragazzi andare via dal pontile il moro, che ora stava ribollendo di rabbia, si ritrovò a perdere completamente la fiducia nell'umanità. Stavolta sul serio.
... Doveva assolutamente trovare Wade.

****************

Quella sera, il nostro protagonista aveva fatto il pieno di ciò che più odia nella vita: i fumatori, la birra addosso, gli scherzi stupidi, feste assordanti e ragazze irritanti che ci provavano con il ragazzo che gli piaceva.
Quando nuotando il più velocemente possibile, si ritrovò nuovamente in riva, si strizzò la camicia, passandosi poi una mano fra i capelli, per toglierli dal viso.
Immediatamente, ebbe un'illuminazione e si guardò freneticamente le tasche dei pantaloni.
Il suo portafoglio era completamente zuppo e dovette aprirlo con cautela, per non strappare i documenti e quei pochi spicci che aveva lì dentro - sperò con tutto il cuore che, asciugando i soldi, avrebbe potuto continuare ad usarli senza problemi - per poi prendere il suo cellulare: nonostante fosse pieno d'acqua, fortunatamente, sembrava funzionare.
Sicuramente avrebbe dovuto smontarlo ed asciugare tutti i componenti e cambiarli se era necessario ma, in quel momento, sperò con tutto il cuore che durasse fino al suo ritorno a casa e per far questo, doveva trovare il canadese che... a proposito, che diavolo di fine aveva fatto?
Ormai era da un bel po' che non si erano visti e iniziò a stringergli il petto.
... Non l'aveva dimenticato, giusto?
Insomma, lo conosceva abbastanza bene da sapere che lui non-

"WADE, DEVI FARE LA PENITENZA!"

Sentito quel nome, Peter si voltò immediatamente, notando un gruppo di persone attorno ad un fuoco a qualche metro di distanza, notò di spalle qualcuno che sembrava proprio il suo amico.
... Perchè era lì invece di cercarlo?
Un momento, forse era arrivato alla conclusione sbagliata: se Cassidy gli aveva fatto quel brutto tiro, era probabile che Wade non sapesse dove stava e che lo stesse aspettando lì.
Anche se non capiva perchè stava giocando al... gioco della bottiglia?

"Sìsì ho capito." lo sentì dire, con voce annoiata "Che devo fare?"

Per qualche oscuro motivo, il moro si irrigidì e qualcosa gli diceva che sarebbe successo qualcosa di pessimo a breve.

"Mmmh, vediamo un po'..." esclamò una ragazza che riconobbe come Cassidy.

Gli occhi della ragazza e del moro si incrociarono e, sul viso della corvina, apparve immediatamente un ghigno malefico.

"Come penitenza... Devi essere baciato da me." disse, in tono canzonatorio "Che ne pensi?"

A quelle parole, gli occhi del newyorkese si sbarrarono e sentì il cuore fare terribilmente male.
Nonostante avesse già capito che sarebbe successo da lì a breve, dentro di sè urlava di no, di non farlo, anche se non c'era motivo alcuno per rifiutare, perchè loro erano solo amici e niente di più.
Avrebbe tanto voluto urlare ma, per quanto avesse le labbra socchiuse, gli uscì a malapena un piccolo rantolo soffocato.
Ti prego, avrebbe voluto dire, tu mi piaci.

"Boh okay." gli sentì rispondere e il mondo del newyorkese gli cadde addosso.

Di lì a poco, tutte le scene che si susseguirono andarono come a rallentatore.
I fischi di approvazione da parte dei ragazzi intorno a loro.
La corvina che, senza troppi giri di parole, gli si era messa a cavalcioni sulle gambe.
I loro visi che si avvicinavano.
Le urla di approvazione ancora maggiori dell'inizio.
Non seppe dire quanto durò quel bacio ma sembrò sentire distintamente dentro di sè qualcosa che non sentiva da troppo tempo ma comunque abbastanza familiare: il suono del suo cuore a pezzi.



// Bello che ogni capitolo ormai inizia sempre - o quasi - con 'Wade Wilson mi sta rovinando la vita' , AHHAAHAH
Btw, ciao ragazzi, come state? Scusate il ritardo, ma il mood non è esattamente nei migliori per scrivere ;_;
Ho avuto pure un dubbio amletico (dubbio che poi riguardava TUTTA la parte di questo capitolo) e rip, fortunatamente CREDO di non aver scritto fesserie.
Come state? Spero che la vostra quarantena non si stata troppo stressante. ;_;
Parlando della storia... beh, che dire, ad ogni capitolo che passa, c'è sempre qualche casino.
E pensare che mancano altri 2 capitoli (e, oddio, mi fa così strano pensare di avere quasi concluso una long!)
Ringrazio come al solito Alice per le correzioni, ci vediamo al prossimo capitolo <3
Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate fra le recensioni, se vi va! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11° Capitolo ***


Irresistible011 ● In questa fanfiction, NON si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a quello dei fumetti;
● I personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.



11° Capitolo.


Non sapeva bene quanto fosse rimasto lì impalato, forse secondi, minuti, ore?
Stava di fatto che il mondo iniziò lentamente a scorrere quando sentì il tocco di una mano sulla sua spalla.

"Ehi Pete." mormorò quello che si rivelò essere Harry, con un lieve sorriso "Che ci fai qui?"

Quella era proprio una bella domanda, se lo stava chiedendo anche lui.
L'amico sembrò accorgersi immediatamente che qualcosa non andava perchè sembrò guardarlo con un mix di confusione e preoccupazione.

"Dimmi un po' se non è il nostro Peter che è diventato super carino grazie a qualcuno." esclamò Mary Jane al suo fianco, con un sorrisone "Piuttosto, come mai sei qui? E dov'è-?"

Le parole della rossa le morirono subito in gola quando anche lei guardò meglio il suo amico.
Peter si chiese se sembrasse più patetico perchè puzzava di alcol, perchè era completamente bagnato o per la sua espressione, che sicuramente doveva sembrare ancora più patetica.
A farlo desiderare di scomparire all'istante, fu quando si voltarono a si accorsero che a pochi passi da loro c'era Wade, completamente all'oscuro della loro presenza, ancora appiccicato a Cassidy - era più la ragazza appiccicata a lui, che sembrava non volersi staccare ma, dopo ciò che aveva appena visto, non è che facesse poi chissà che differenza.
Istintivamente il moro posò lo sguardo sul suo amico, notando come il suo sguardo si fosse indurito e sembrasse sul punto di andare lì e prendere a pugni il canadese ma, fortunatamente ciò non accadde e, anzi, prese delicatamente il moro dal braccio e lo trascinò nella direzione opposta, seguito a ruota dalla sua ragazza.
A quel punto, il newyorkese non potè che tirare un sospiro di sollievo e ringraziare la maturità del corvino, che già se lo vedeva lì a litigare nuovamente col biondo o fargli una ramanzina alla ' te l'avevo detto ' : non ne aveva decisamente voglia, ora come ora.
Mentre si allontanavano velocemente, il ragazzo dagli occhi nocciola si voltò un'ultima volta per guardare il ragazzo lì, vicino al falò, così divertito e spensierato.
Sembrava non ci fosse posto per lui, lì in mezzo.
... Forse, non c'era mai stato.

****************

Oltre ad avere il cuore frantumato in mille pezzi per l'ennesima delusione d'amore e ad essere infuriato per ciò che aveva dovuto subire in quella serata, era attanagliato dai sensi di colpa per essere stato nuovamente un pessimo amico.
Dopo essere scappati a gambe levate dalla festa in completo silenzio - silenzio interrotto puntualmente dall'amica che borbottava cose come 'è proprio un idiota' e, puntualmente, veniva zittita da un'occhiataccia di Harry - i suoi amici lo portarono ai parcheggi, offrendogli un passaggio verso casa, che rifiutò più volte e non solo perchè non voleva rovinargli ulteriormente la serata ma, soprattutto, perchè non aveva voglia di interagire con nessun essere vivente, neanche se stesso se avesse potuto.
Così l'avevano caricato in un taxi - chiamato e pagato dall'amico, facendo sentire ancora più in colpa Peter - insieme alla raccomandazione di avvertirli quando fosse tornato a casa.
In quel tratto di strada che lo separava da casa sua, il cellulare non aveva smesso per un istante di vibrare, invaso di notifiche da parte dei suoi migliori amici, che sembravano sinceramente preoccupati per lui e gli chiedevano come stava, di avvisare quando fosse tornato a casa e che ci sarebbero stati se avesse voluto parlare di 'quello'.

-Sto bene, sono a casa - aveva scritto freddamente nel loro gruppo, appena uscito dal taxi - Penso che spegnerò il cellulare e lo metterò nel riso per via dell'acqua. Voi pensate a divertirvi, ok?-

Era orribile, aveva degli amici fantastici e non voleva assolutamente sapere di loro - almeno non in quel momento.
Sperò perlomeno che, nonostante il brutto inizio di serata, almeno per loro ci sarebbe stato un lieto fine.
Con passi lenti e con lo sguardo perso nel vuoto si ritrovò davanti al suo portone, giocherellando con le chiavi tra le dita, quasi come se fosse un anti-stress.
Si ritrovò a chiudere gli occhi, pensando a cosa avrebbe dovuto fare appena entrato in casa.
Non aveva infranto nessun 'coprifuoco' in quanto i suoi zii gli avevano dato via libera - visto quanto andasse bene a scuola, quanto fosse un bravo ragazzo e quanto poco uscisse di solito - perciò era sicuro che non ci fosse nessuno ad aspettarlo sveglio ma doveva fare completo silenzio mentre asciugava il cellulare con metodi casalinghi, metteva i suoi vestiti a lavare - sperando che con un lavaggio la roba sarebbe stata 'come nuova' - si faceva una doccia per eliminare quella pseudo fragranza di salsedine e birra e, dopo aver cancellato altre eventuali prove come sabbia e quant'altro, morire sul letto, deprimendosi su quanto schifosa fosse la sua intera esistenza.
Riaprì quindi gli occhi, inserendo la chiave per poi entrare, cercando di evitare il più piccolo rumore.
Quando richiuse la porta alle sue spalle, si ritrovò a pensare a quanto l'indomani avrebbe peggiorato la sua 'condizione psicologica', mentendo spudoratamente ai suoi zii.
Insomma, che altro poteva fare? Spiegargli che c'era stato un cambio di programma ed era finito in un party dove girava alcol, fumo e quant'altro? Quando l'unica regola che gli avevano imposto era proprio evitare quel genere di cose?
Non aveva scelto, eppure-

"Peter?"

Ad irrigidirlo così tanto da bloccare il flusso dei suoi pensieri, fu la voce di suo zio che lo accolse nel momento stesso in cui varcò la cucina.

"Zio Ben..." balbettò il moro in preda al panico "C-che ci fai qui ancora sveglio?"

"Non riuscivo a dormire." rispose l'uomo, ridendo in tono basso e pacato, per poi dargli una lunga occhiata con un sopracciglio alzato "Piuttosto, che ti è successo, figliolo?"

Il newyorkese passò un lungo istante di silenzio cercando di non iperventilare sul posto, per essere stato scoperto prima ancora di poter azionare il suo - non così tanto infallibile - piano.
Ovviamente, per completare la serata disastrosa in bellezza.

"I-io..." mormorò sempre più nervoso "So cosa può sembrare, ma non è così. Giuro. E' stato... tutta una serie di spiacevoli incidenti, dico davvero."

"D'accordo Peter."

"No davvero, io-"

A quel punto, Peter si bloccò rendendosi conto che con una calma invidiabile, mentre sorseggiava quello che dall'odore sembrava caffè, l'uomo non sembrava aver battuto ciglio sulla mezza spiegazione farfugliata del ragazzo.

"... tu mi credi?" disse, incredulo.

"Figliolo, ti ho praticamente cresciuto io e so che sei un bravo ragazzo." rispose l'altro, con una sincerità disarmante "Avrai sicuramente i tuoi buoni motivi, che mi spiegherai con più calma domani. Ora come ora, non mi sembri proprio in vena di parlare, dico bene?"

Il moro non gli rispose ma non riuscì a non rivolgergli un sorriso colpevole.
Era circondato da persone stupende e, in un modo o nell'altro, finiva sempre per approfittare di loro.
Notò subito dopo lo zio dargli un'occhiata indagatoria ai suoi abiti ed, immediatamente, il pensiero di aver rovinato, forse per sempre, degli abiti comprati praticamente nuova si fece strada in lui.

"Ti va qualcosa di caldo?"

Nuovamente, il parente disse qualcosa che Peter non si aspettava - non in un momento come quello, almeno - e, in poco tempo, gli avvicinò una tazza lievemente ricolma di caffè.

"Uh... sicuro?" chiese, alzando un sopracciglio "Pensavo che la zia avesse detto che avrei potuto berlo quando sarei stato più grande."

"E' solo una piccola goccia, non ti farà nulla ma... nel caso, teniamolo segreto alla zia, okay?"

Nonostante tutto, a quelle parole il minore si ritrovò a ridacchiare, posando poi lo sguardo sul liquido nero in fondo alla tazza, per poi avvicinarlo lentamente alla bocca.

"E'... strano." affermò il ragazzo, facendo una faccia indecifrabile.

"Lo apprezzerai di più da grande." affermò lo zio, prendendogli la tazza, mettendola subito a lavare "O forse no? Non so se augurartelo. Dopotutto, ne sono dipendente."

Il newyorkese si ritrovò a sorridere nuovamente alle sue parole - che aveva capito erano fatte apposta per tirarlo su di morale - poi, in completo silenzio, sotto lo sguardo dello zio, iniziò ad asciugare come poteva il suo cellulare e lo immerse in un bicchiere colmo di riso.

"...Non mi chiedi che sto combinando?" chiese il ragazzo, come a spezzare quello strano silenzio fra loro.

"Ragazzo, dopo che ti ho visto aggiustare un televisore all'età di 8 anni, non mi faccio più domande." rispose, con un sorriso affabile "Piuttosto, ti va di stare con me ancora un po'? Ho voglia di chiacchierare con te. Non ti devo fare nessuna ramanzina, promesso."

A quelle parole il minore non potè non annuire: dopotutto, almeno quello glielo doveva.

"Bene." esordì l'uomo, bevendo un altro sorso di caffè "Ti ho mai raccontato di come ho rischiato di chiudere la relazione con tua zia, in gioventù?"

Peter alzò un sopracciglio, molto confuso da quella rivelazione.

"Forse non ci crederai." continuò con la massima tranquillità "Ma da ragazzino ero parecchio ribelle, frequentavo pessime compagnie e facevo arrabbiare parecchio la zia ma mi perdonava sempre. Finchè un giorno non la feci infuriare seriamente, tant'è che mi diede un ultimatum. Diciamo che non ci sarebbe stata una 'prossima volta', se mi fossi comportato nuovamente male. Ero abbastanza ostile ma amavo, e amo ancora, May, quindi ci mettemmo seduti per trovare un compromesso che potesse far funzionare la nostra relazione."

Il newyorkese non sapeva cosa dire e non capiva il perchè di questo discorso proprio ora ma, con quel racconto, non potè non immaginarsi lo zio da giovane in una versione alternativa di Danny Zuko e la cosa lo fece sorridere indirettamente.

"Okay, ma questo bel racconto a lieto fine, perchè...?"

"Ora ci arrivo." promise lo zio "Con la zia andò bene ma ti posso assicurare che ho avuto esperienze di ogni tipo, ho tenuto strette le relazioni a me care ma anche chiuso quelle che non facevano per me. Posso farti l'esempio delle amicizie che frequentavo ai tempi di tua zia non erano pazienti e comprensivi come lei, non andavo più bene per loro e loro per me. Il punto del mio discorso è, caro Peter, nel corso della tua vita, avrai a che fare con tante, tantissime persone, a cui vorrai davvero molto bene. Ma bada, figliolo, ogni persona è unica nel suo genere e questo, a volte, crea dei contrasti quindi fai attenzione a non lasciarti sfuggire occasioni. Se hai l'opportunità e pensi che ne valga la pena, fai tutto il possibile per ritrovarti a 'metà strada' con la persona a cui tieni di più al mondo, di trovare un compromesso che faccia felici entrambi."

Fece una piccola pausa, posando anche la sua tazza a lavare, aprendo lievemente l'acqua del lavandino per lavare le due tazze, sotto lo sguardo attento del nipote.

"Tuttavia Peter, a volte non ne vale semplicemente la pena. Ci saranno persone che se ne vogliono approfittare, che vogliono buttarti giù con loro o, più semplicemente, per quanto ci si provi, non si può proprio trovare un modo per 'far funzionare le cose'. A quel punto, se fa troppo male, se non ce la fai più... lascia perdere. So che, detto così, sembra un discorso egoistico e insensibile ma, in momenti come questo, dovrai pensare a quello che va bene a te, quello che ti fa star bene. In sostanza, quello che voglio dire è, se pensi che una relazione, qualsiasi tipo di relazione, è troppo, non ce la fai più e non trovi altri modi per sistemarla... beh, non c'è nulla di male ad essere egoisti, in questi casi."

Il ragazzo rimase molto interdetto dopo quel discorso, non sapendo bene dove volesse andare a parare lo zio.
Non credeva di aver afferrato appieno il discorso ma si chiedeva se l'altro gli avesse fatto quel discorso, riferendosi in qualche modo a qualcuno di particolare.

"Non è importante se tu abbia capito ora quello che ti ho detto." disse Ben, come capendo cosa stesse pensando il nipote e, con un altro sorriso, dopo essersi asciugato le mani, gli scompigliò delicatamente i capelli "Da grande sono sicuro che capirai."

****************

Nonostante il caffè gli avesse lasciato un saporaccio in bocca, ammise che gli era servito per essere un pochino più lucido per tutto quello che aveva dovuto fare prima di andare a letto: aveva messo la sua roba a lavare, fatto una doccia, messo un pigiama, pulito qualsiasi residuo di sabbia, preso il bicchiere col riso e il cellulare per portarlo in camera, messo la roba a stendere e tutto in completo silenzio.
Si era appena seduto sul letto, quando sentì l'effetto della caffeina svanire e la stanchezza stravolgerlo in pieno.
Mentre posava gli occhiali sul comodino e si stendeva sul letto, i suoi pensieri ricaddero sul discorso avuto poco prima con lo zio e, successivamente, ricaddero su Wade e la serata appena trascorsa.
Si chiese che dovesse farci del rapporto col canadese, se fosse il caso di farla finita con quella stupida cotta e rimanere amici o chiudere definitivamente.
Ultimamente, con tutto quello che era successo fra loro, ogni tanto quel pensiero ritornava in mente.
Stare vicino ad uno come lui era un po' come andare sulle montagne russe: era in grado di farlo sentire al settimo cielo ma, quando meno se l'aspettava, lo faceva precipitare di botto giù.
Come quella sera...
Posando nuovamente lo sguardo sulla finestra, quasi si aspettava che, da un momento all'altro, apparisse come aveva fatto la volta scorsa, magari dandogli una spiegazione plausibile a tutto quello accaduto quella notte ma... c'era davvero una spiegazione che avrebbe voluto sentire su quanto successo?
Stanco, si ritrovò a sospirare, prima di chiudere gli occhi e cercare di dimenticare.
Dimenticare l'appuntamento disastroso.
Dimenticare come aveva posto fiducia sulle persone sbagliate.
Dimenticare il barbecue.
...Dimenticare Wade.
Tuttavia, sembrava che i piani dovessero andare diversamente.
Quando sembrava che si stesse per addormentare, sentì vari colpetti provenire dal vetro della sua finestra e , riaprendo gli occhi, si ritrovò il canadese volenteroso di entrare.
Lì per lì si chiese se fosse stato così traumatizzato da sognarsi il maggiore - un po' come successo tempo fa - ma, più sbatteva gli occhi e più la forma di Wade sembrava non voler sparire e, immediatamente, si risedette di colpo sul letto, sentendo il cuore andare in tachicardia dal panico e si rese presto conto di non voler proprio vedere l'altro, ora come ora.
Che diavolo gli avrebbe dovuto dire poi?
Effettivamente, perchè era lì?
... Che fosse venuto ad informarlo che si era fidanzato?
Scrollando le spalle, si ritrovò ad aprire molto lentamente la finestra, ormai arreso al suo destino.
Sperò, perlomeno, che se fosse stato il caso, avrebbe potuto mettere una pietra sopra ai sentimenti che aveva per l'altro.

"Waaah, era ora che mi aprissi Peach!" esclamò come se nulla fosse Wade, sgranchendosi le braccia appena fu entrato "Si può sapere che fine avevi fatto? Se ti annoiavi così tanto potevamo-!"

"Che ci fai qui?"

Il maggiore di bloccò per un lungo istante, guardandolo con fare confuso, e Peter si chiese se l'altro avesse notato quanto si fosse immediatamente distanziato o il tono freddo usato per parlare.

"...Come sarebbe che ci faccio qui?" chiese, alzando un sopracciglio "Avevamo un appuntamento, ricordi? Sono andato a prenderti le pizze e... Puuff! Sparito in bagno. Quanto cavolo erano distanti per farti arrivare fino a qui??"

"... Il bagno?"

"Sì, il bagno!" rispose con una certa convinzione "Non ti trovavo e Cassidy mi aveva detto che ti eri allontanato per cercare un bagno."

Ah, perchè la cosa non lo sorprendeva?

"Siccome non tornavi, mi ha convinto ad aspettarti vicino ad un falò e-"

"Okay, basta così."

Il moro si massaggiò le tempie, facendo un sospiro: non era sicuro di voler sapere il resto della storia.

"Wade, è stata... una lunga, lunghissima serata. E voglio solo dimenticare e dormire, quindi se non ti dispiace potrest-?"

"Dimenticare? Che vuoi dire??"

Istintivamente, il biondo annullò la distanza fra loro e il newyorkese arricciò il naso, sentendo provenire da lui un odore che conosceva ormai piuttosto bene.

"Hai... bevuto un sacco di birra, pare." borbottò, senza riuscire a nascondere uno sguardo disgustato "Hai guidato fino a qui ubriaco?"

"Ubriaco? Io? PFF. Ci vuole di più per stendermi." ribattè il canadese, convintissimo della cosa "Ad ogni modo, non cambiare discorso, principessa! Ti ho mandato anche un sacco di messaggi e-"

Si bloccò, notando nel comodino il cellulare completamente immerso nel riso.

"... E' una nuova moda?" chiese, alzando un sopracciglio.

"Solo un metodo casalingo per asciugare il cellulare, con la speranza che sopravviva."

"... Come 'asciugare'? Che diavolo hai combinato?" esclamò Wade, sempre più confuso, per poi irrigidirsi, come se avesse intuito qualcosa "Ti hanno fatto qualcosa? Dimmi chi è stato, che gli sfondo il cu-"

"WADE, NON E' QUELLO IL PUNTO."

Cadde nuovamente il silenzio fra loro e Peter si morse il labbro inferiore, cercando di controllarsi : non poteva di certo urlare in piena notte.

"... Non è questo il punto." ripetè, in tono di voce molto più basso "Anche se fosse successo realmente qualcosa, non mi sembra che a te importi qualcosa."

"Sai Petey, non capisco se sono io che ho bevuto più di quanto credessi o sei tu che stai parlando più arabo del solito perchè, davvero, non ti capisco!" rispose il più grande, grattandosi la guancia "Ti ho scritto, ti ho cercato per mezzo party, beccando il tuo 'amichetto' che, ew, lasciatelo dire è sempre più irritante e- che dicevo? Ah sì, e lui mi ha detto che eri tornato a casa e ho pensato fosse tutto strano, insomma mi guardavano male e- e- non ho capito niente! E ora anche tu mi parli così e- insomma. Con la tua bella boccuccia potresti spiegarmi ad uno scemo come me che è successo per farti correre a gambe levate dal party?"

"... Io..."

Il moro tacque, passandosi nervosamente una mano fra i capelli, sapendo benissimo che fosse arrivato il momento di dire la verità.
Come poteva non fare altrimenti? Non è che potesse spiegare il perchè il bacio con quella ragazza l'avesse shockato così tanto, se non dicendogli quello che provava.
 E non poteva proprio evitare di omettere proprio quella parte, per cui...

"Sono... successe delle cose e..." disse in un sussurro, arricciandosi una ciocca di capelli fra le dita "ma... la cosa che mi ha ferito di più è che..."

Si fermò, abbassando lo sguardo.

"Diciamo che... era abbastanza palese che non ti importasse della mia presenza lì."

Era un vigliacco.
Un vigliacco che non sapeva neanche affrontare la cruda e dura verità ma la sua bocca non sembrava voler collaborare, come ad impedirgli di dire quelle parole che gli avrebbero fatto rimembrare ciò che avrebbe voluto dimenticare.

"... Non mi importerebbe?"

A ridestarlo dai suoi pensieri quella frase ripetuta e si rese presto conto della schiena appoggiata all'armadio e dell'impossibilità di scappare via, visto le braccia dell'altro attaccate al legno.
L'atmosfera fra loro divenne improvvisamente strana e a Peter mancò il fiato, completamente impossibilitato dal fare qualsiasi cosa.
Fu una cosa molto lenta e silenziosa - silenzio interrotto da dei borbottii indefiniti provenienti da Wade - ma, in qualche modo, le loro labbra si unirono in un delicato bacio a stampo.
Il moro era davvero spiazzato da quel gesto completamente inaspettato e, a fine di quell'atto - che, nonostante fosse arrivato in maniera molto lenta, finì in maniera molto veloce - lo guardò con occhi sbarrati, sentendo il cervello come se si fosse resettato completamente.
Quindi lo fissò, inerme, sperando che l'altro potesse spiegargli il perchè di quel gesto.
Dare un senso a quella situazione.

"Uh, sai di caffè." esclamò, dandogli una leggera pacca sulla spalla, allontanando subito i loro visi "Maaaa avevo proprio bisogno di cambiare sapore, se capisci cosa intendo~"

Peter continuò a tacere ma presto iniziò a sentire una pesantezza assurda alla pancia, come se gli stessero strappando le viscere dal corpo.
Immaginava che per il biondo, un bacio del genere non fosse niente di che - avrà sicuramente fatto molto, molto altro - ma sapere che non avesse significato niente per l'altro, lo faceva stare male, facendogli provare una sensazione parecchio soffocante.
E poi, cosa voleva dire con 'cambiare sapore'? Si riferiva a quanto era successo con Cassidy?
... Già.
Perchè baciarlo se poco prima aveva baciato un'altra?
Sapeva bene che molte sue relazioni fossero state superficiali, ma doveva sapere benissimo che lui non fosse uno da baciare qualcun altro , tanto per.
Perchè non aveva pensato ai suoi sentimenti? Perchè aveva reagito senza pensare alle conseguenze delle sue azioni?

"... Petey..."

Sentendosi chiamare, posò lo sguardo sull'amico e notò che anche lui ora sembrava parecchio spaesato, per non dire spaventato, e pareva parecchio pallido mentre lo fissava con occhi sbarrati.
Inizialmente, pensò che si fosse reso conto del suo gesto e se ne fosse pentito ma presto, il newyorkese si sfiorò le guance e si rese presto conto perchè il biondo sembrava così tanto scosso: stava piangendo.
Come il moro si rese conto che aveva iniziato a piangere, presto trasformò quelle delicate lacrime in veri e propri singhiozzi disperati.
Si era reso conto che stava piangendo letteralmente di fronte all'amico e rischiava di svegliare i suoi con quel pianto ma, più cercava di trattenersi, più quel senso di disperazione aumentava, facendolo stare peggio.

"Okay, uh, okay." balbettò Wade, che sembrava andare più in panico dell'altro "Io... io... mi dispiace, okay? Ti prego, non stare male, io- uh, non sono buono a risolvere queste cose- sei- sei tu quello bravo a parlare, a dire la cosa giusta al momento giusto- e - e- se non parli, non posso capire come aiutarti e-"

In tutta risposta, il moro tremante gli mise le braccia sul petto, allontanandolo da sè debolmente: non voleva essere toccato.

"... Va bene, mi sposto, okay...? Ma tu stai tranquillo, va bene...?" mormorò in un filo di voce "Anzi, è stata, è stata una cattiva, cattivissima idea venire qui. Tu non volevi vedermi e io ho... frainteso cose e- uh, ora me ne vado, mh?"

Quando vide l'altro allontanarsi ulteriormente, istintivamente allungò verso la sua mano, stringendola con fare tremante.
Era strano non volere nessuno vicino ma, al contempo, non volerlo vedere andare via?

"... D'accordo Peter..." disse l'altro, ricambiando il gesto, stringendogli la mano "Se è questo che vuoi, starò qui. Non ti preoccupare. Pensa solo a calmarti."

E Wade mantenne la sua promessa, rimanendo con lui tutto il tempo necessario.

****************

Quando il moro si risvegliò il giorno successivo, un terribile mal di testa lo accolse insieme al gonfiore agli occhi, quasi come se l'intero universo gli dicesse che quel giorno era meglio stare a letto.
Si mise a sedere con grossa difficoltà e, confuso, si guardò intorno, cercando di fare mente locale su quanto fosse successo la sera prima.
Mentre aveva avuto un'imbarazzante crisi con tanto di lacrime e singhiozzi vari, Wade era rimasto lì, attendendo che si fosse finalmente calmato e l'aveva portato a letto, rimanendo con lui tutto il tempo, perchè Peter continuava a volere che rimanesse con lui.
... Dio, che imbarazzo.
Come se non bastasse, l'amico sembrava davvero in preda al panico e genuinamente preoccupato da morire per lui, senza contare che sembrava non avere la più pallida idea su perchè e cosa avesse fatto soffrire il newyorkese,
Forse... Forse meritava una minima spiegazione.
Ieri non era riuscito a spiegarsi ma magari al telefono, si sarebbe sentito più sicuro.
... Aveva già detto che si sentiva un vigliacco, sì?
Dopo un enorme sospiro, prese il suo cellulare e lo accese, constatando fortunatamente che non sembrasse avere nulla di rotto.
Insomma, non aveva proprio nessuna scusa per non chiamarlo.
Fece un lungo respiro profondo, preparandosi mentalmente a quella chiacchierata, per poi comporre il numero.

"Oddio, Petey, che succede??" esclamò con voce acuta il canadese, agitatissimo.

"Uh.. ciao?" rispose il moro, a disagio "... Volevo, emh, solo sentire come stavi."

"... Beh, è un orario un po' assurdo per chiedermi come sto, ti pare?"

Peter rimase un po' confuso, per poi guardare l'orologio sul suo comodino : le 5.40 del mattino.
Effettivamente, a vedere ora, fuori dalla finestra, il sole stava sorgendo in quel momento.

"... Perdonami, eeerrmmmh." borbottò , in preda all'imbarazzo per la gaffe "Mi sono svegliato e la prima cosa a cui ho pensato è stata di... chiamarti, ecco. Ieri non... ci siamo 'salutati' nel migliore dei modi e-"

"Peter, risparmia le belle parole, so benissimo di aver commesso un enorme cazzata ieri."

Il ragazzo tacque, stringendo istintivamente il cellulare per poi deglutire.
Intendeva quello successo con quella ragazza? O con lui quella notte?

"Ho frainteso i... emh, segnali che mi mandavi e- cioè, so che è colpa mia, sei sempre carino e io- insomma- non dovevo fare quello che ho fatto, ti piacciono le ragazze e immagino che il tuo gesto ti abbia-"

"No aspetta." lo bloccò subito il newyorkese "Pensi che sia stato quello il motivo? Per, emh, quello che è successo?"

"... Non è così...?"

Dal tono palesemente confuso, il moro istintivamente sbuffò frustrato.

"Okay, Petey, allora." esclamò in tono demoralizzato il biondo, facendo sussultare l'altro "Sono confuso, okay? Non ci sto capendo più niente. Lo sappiamo tutti che sei quello più intelligente, ti andrebbe di spiegarmi cosa ti ho fatto? Giuro, vorrei capire e sono troppo stanco per ragione, quindi se la facessi in termini più semplici possibili ti sarei grato."

Il minore riflettè alle sue parole, sentendosi un po' in colpa nei confronti dell'altro.
L'aveva fatto soffrire, era vero, ma non sembrava che se ne fosse reso conto e aveva scontato abbondantemente la pena, prendendosi cura di lui la sera prima.
... A proposito, chissà quando era tornato a casa?

"... Anche io sono stanco e non mi va di parlare di quella sera... quindi... quindi... cerca di prestare attenzione, perchè cercherò di essere sintetico, okay?"

Calò il silenzio e Peter iniziò a domandarsi se fosse caduta la linea.

"Wade?"

"AH sì, ci sono, scusa." esclamò, per poi sbadigliare sonoramente "Ho tipo, dimenticato che non potevi vedermi annuire. Vai pure avanti.

Il newyorkese si ritrovò a sospirare ancora.

"Allora... non ero entusiasta di andare al party."

"Ma dai?" esclamò l'altro sarcasticamente.

"... Ma, insomma, sembrava che ci tenessi ad andarci e ho provato ma è stato un fiasco. Sono stato male ma, ancora peggio, mi hanno tirato un brutto tiro e- diciamo che per una serie di cose sono finito in acqua. Per questo sono stato via per tanto e-"

"Ah-ah! Quindi c'è davvero qualcuno a cui devo rompere il culo."

"Wade, non la finiamo più se mi interrompi ogni due secondi." esclamò esasperato il più piccolo.

"Ops, pardon."

"... Dunque, dicevo." mormorò stancamente "A quel punto me ne volevo andare ma... umh."

Fece una pausa, mordendosi il labbro inferiore.
A quanto pareva, neanche parlarne al telefono rendeva le cose più facili.

"Petey?"

"... Ti ho visto e... sembrava che ti fossi dimenticato di me, che non ti fossi accorto che ero svanito e- ci sono rimasto male. E ho visto delle cose che- beh- uh, a quel punto sono arrivati Harry e Mary Jane e mi hanno convinto a tornare a casa. Poi a casa è successo-"

Si ritrovò ad arrossire, nonostante la situazione, a quel ricordo.

"... Emh, diciamo che unito a quello successo e a come è successo... pensavo non fossi tanto serio e-"

"Aspetta, aspetta, aspetta, aspetta." lo bloccò nuovamente "Non so bene che è successo alla festa, fra quei cretini e- e- boh, non pensavo di essermi comportato così male e, anche ora non capisco bene che ho fatto ma- insomma. Ero , forse sono ancora, un po' brillo e magari ho fatto qualche cretinaggine che non ricordo. Strano però, ero abbastanza lucido e- sto divagando. Ma non ho capito l'ultima cosa. Che volevi dire che 'non pensavi fossi serio'?"

"... Beh..." borbottò Peter, in preda all'imbarazzo "Sei abituato a baciare tante persone e-"

"Petey, mi stai dando della zoccoletta?" ribattè l'altro, senza trattenere un certo risolino nella voce.

"COSA? NO." esclamò in tono più acuto del previsto "E' che so bene che sei una persona con - uh- più esperienza di me e quelli sono magari gesti che... si fanno con più facilità, senza pensare."

"Okay, questo mi ferisce." mormorò, con un sospiro rassegnato "Pensi che farei qualcosa come questa con facilità?"

Il newyorkese ripensò a quanto fosse bastato il gioco della bottiglia per far in modo che il biondo baciasse qualcun'altra.
... Ma non voleva assolutamente nominare la cosa, ora come ora.

"Uh, più o meno." borbottò, un po' irritato a quel ricordo.

"... Okay, è vero. Sono un po' sciacquetta." confermò l'altro "Ma non era stato questo il caso. Cioè, non con te."

"Wade, hai presente che dopo che mi hai baciato hai commentato sul fatto che almeno avevi cambiato sapore o qualcosa del genere?"

"... Petey, pensi che ti abbia scambiato per un collutorio?" ribattè ancora, ridacchiando nuovamente e, a sto giro, irritò non poco il moro.

"Senti, non lo so che diavolo si dice in un momento del genere ma so per certo che quello non fossero propriamente le parole adatte in quella situazione." rispose in tono sempre più irritato "E anche ora non mi sembri tanto serio."

"Principessa, sono più serio di quanto tu creda ma, ammetterai che sono sempre stato strano forte e non ho chiuso occhio e mi hai chiamato ad un orario improponibile ma che comunque ti sto parlando perchè ci tengo, anche se ho un modo folle di tenere alle persone?"

Il minore sapeva che l'altro non aveva tutti i torti, ma era troppo stanco e il suo mal di testa non aveva fatto che aumentare nel poco tempo che aveva parlato con l'altro, quindi non era per niente in condizione di fare la persona matura, ora come ora.
Non gli restava altro che sbuffare con fare infastidito, non trovando nessuna argomentazione valida per ribattere.

"Ammetto che mi sono un po' perso e penso che molte cose tu non me le voglia dire... ancora." disse pensieroso il maggiore "Però ad una cosa devi rispondere."

"A cosa?"

"Siamo più o meno d'accordo che non ho avuto i modi, il- uh, tatto giusto? Ma... Se l'avessi avuto?" chiese, con sincera curiosità "Se avessi dimostrato che fossi stato serio, sarebbe cambiato qualcosa? Vuoi che la prossima volta ti porti dei fiori, ti faccia una richiesta scritta o-"

"Dio, quanto sei cretino." sbottò il più piccolo, esasperato "Ovvio che sarebbe cambiato. Sarebbe cambiato tutto."

E a quel punto, Peter si rese conto cosa avesse appena detto.

"... Mh, interessante~"

Mai il newyorkese avrebbe voluto sotterrarsi come in quel momento.

"Peach, ci sei ancora?"

"Vorrei dire di no." borbottò, in completo imbarazzo "Perchè con te divento sempre più stupido?"

"Non saprei, ma credo sia contagioso." esclamò l'altro in tono allegro, quasi raggiante "Seeeeenti, avrei un'idea. Ora siamo stanchi, fusi, isterici eeee non mi vengono altri aggettivi, quindi mi fermo qui. Ma magari non sarebbe male parlarne... Faccia a faccia? Chiarire definitivamente? Non ti dico ora, magari dopo aver riposato o fra qualche giorno o- quando preferisci. Basta che tu... stia tranquillo, ecco."

Peter rimase in silenzio per un lungo istante, cercando di cacciare via la vergogna per quanto ammesso poco prima e per tutta quella situazione in generale, per poi riflettere sulle sue parole.
Avevano bisogno di parlare di tante, tante cose ma, soprattutto, in completa tranquillità.

"... Sì, penso anche io."

Avrebbero dovuto chiarire, in bene o in male, una volta per tutte.

// Scusate l'ennesimo ritardo! ;_;
Ero convintissima di riuscire a pubblicare per i primi di giugno... Ed invece, eccomi quasi a luglio. ;7;
Comunque... Ragazzi, vi rendete conto che, oltre ad essere quasi alla fine (il prossimo è l'ultimo capitolo) è passato un annetto dalla pubblicazione?**
E' un anno che state seguendo questo mio progretto e siete aumentati sempre più! (Fra le gente che ha messo la storia nei preferiti, ricordata, etc. siamo a circa una quarantina di persone che leggono **)
Come al solito, ringrazio la mia amica Alice per le correzioni e per tutta la sua pazienza.
Che dire? Ci vediamo fra un mesetto (e stavolta dovrei essere anche puntuale, visto che il prossimo pezzo è un po' più breve (?)) con la fine di questa fanfiction. <3

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 12° Capitolo ***


Irresistible012 ● In questa fanfiction, NON si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a quello dei fumetti;
● I personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.
!! Attenzione, leggere le note a fine capitolo!!



12° Capitolo.


- Quindi ora state assieme? -

A quel messaggio appena mandato dall'amica, Peter istintivamente si era grattato la guancia, guardando per un lungo istante la tastiera del suo cellulare, quasi sperando che il correttore gli consigliasse la risposta corretta a quella domanda ma... la verità, era che non esisteva una vera e propria risposta.

Teoricamente, lui e Wade si erano incontrati, avevano parlato e, anche se non avevano chiarito del tutto - il moro non aveva avuto nuovamente il coraggio di chiedere di quel fantomatico bacio - avevano fatto pace e ora sembrava tutto tornato alla normalità.
Nonostante ciò, il loro rapporto sembrava profondamente cambiato infatti, ad esempio, anche se le scuole erano chiuse per le vacanze estive, i due si vedevano piuttosto regolarmente - e con regolarmente intendeva dire che un giorno sì ed uno no, anche solo per qualche ora, si vedevano.
Ovviamente, il biondo aveva comunque una vita, usciva con i suoi soliti amici e lo stesso faceva il newyorkese.
... O almeno, avrebbe voluto dire così.
D'estate Harry partiva col padre all'estero e solitamente passava le giornate con Mary Jane ma, da dopo la festa, sembrava un po' fredda nei suoi confronti e aveva iniziato a parlargli un po' di più solo recentemente.
Si chiedeva se le avesse fatto qualcosa o, peggio, se fosse successo qualcosa fra lei e il suo migliore amico per colpa sua ma, ogni volta che provava a chiederle qualcosa, evadeva la domanda e gli parlava di tutt'altro e, a quel punto, Peter aveva iniziato a non chiederle più niente.
Insomma, fra il corvino che era chissà dove in Europa e la rossa che si faceva sentire di rado, Wade era l'unica persona con cui uscire, letteralmente.
Era strano, si era sempre considerato introverso e spesso agognava un momento di pace, lontano dai problemi ma, ora che passava giornate intere senza fare niente, se non studiare, senza quasi sentire qualcuno, lo facevano sentire... solo.
Ovviamente, il minore faceva attenzione a non menzionare la cosa al canadese, praticamente l'unica persona che sentiva con regolarità, per paura che si precipitasse e si presentasse 24 ore su 24 sotto casa sua.
Non era giusto, non voleva dipendere troppo da lui e non voleva di certo che la sua vita ruotasse solo intorno alla sua.
... Al contempo, Peter avrebbe tanto voluto che il maggiore chiudesse i ponti con le sua amicizie.
Non tanto per ' averlo tutto per sè' , ma più per la pessima influenza che avevano su di lui.
Da quel che aveva visto la volta del party, non erano per niente delle brave persone e aveva paura di cosa sarebbe successo al canadese se avesse continuato a frequentarle.
Wade aveva tanta rabbia dentro di sè, probabilmente per la situazione familiare, ma aveva come l'impressione che la costante esperienza di individui del genere non facesse altro che fermentare questo sentimento e, una piccola parte di sè, aveva paura di dove questo l'avrebbe portato.
Aveva provato più volte ad affrontare il discorso, soprattutto perchè molti dei loro 'incontri' erano causati dal biondo che 'per puro caso' si ritrovava nelle vicinanze della casa del newyorkese e, con un sorriso ebete, gli chiedeva se poteva fargli da infermiere personale, presentandosi con qualche ferita dovuta a chissà quale lite.
'Non ti preoccupare, sto bene', lo rassicurava prontamente il ragazzo, ogni volta 'ho avuto i miei buoni motivi per ridurmi in questo stato' e da lì gli raccontava come aveva menato qualche cretino a fin di bene e la discussione finiva sempre con un gran sospirone da parte del minore.
Col tempo, il più piccolo aveva iniziato a fare sempre meno morali all'altro, in parte perchè non sapeva davvero che altro dirgli - Wade era testardo e Peter non era poi tanto sicuro di essere la persona adatta per convincerlo del contrario - e in parte perchè iniziava a pensare che avesse ragione.
Nonostante fosse comunque preoccupato che l'altro rischiasse di farsi male sul serio, doveva ammettere che ammirava sempre più questo lato di lui.
Insomma, era una vita che il moro aveva a che fare con la gente che lo derideva, lo prendeva in giro e lo umiliava e quell'anno, dopo tutto quello che era successo, era nato dentro di lui un forte risentimento e quasi invidiava il canadese che aveva tutta la forza e il coraggio che a lui mancavano.
A quei pensieri, finiva sempre con avere uno strano broncio combattuto, mentre magari sistemava qualche benda o simili all'amico e puntualmente, notando la cosa, il maggiore gli si avvicinava per scoccargli un piccolo bacio sulla fronte, facendolo arrossire all'istante.
Infatti, la loro quotidianità non era fatta solo di sgridate e fasciature ma di carezze, abbracci e coccole in generale.
All'inizio si sentiva stranito di come l'altro, pian piano, si fosse preso sempre più confidenze e, al contempo, avesse reso la cosa così naturale ma, in qualche modo, era riuscito ad abituarsi - per quanto questo significasse diventare rosso come un peperone ogni volta.
Certo, c'erano delle volte che il moro non voleva quel genere di attenzioni - specie se si trovavano in pubblico - e l'altro non lo premeva più di tanto ma, appena ne aveva l'opportunità o anche solo vedeva Peter più in 'vena', eccolo che lo abbracciava o lo riempiva di bacini sulla guancia o se lo prendeva in braccio, stringendolo forte a sè.
Per quanto, a pensarci era strano perchè, nonostante tutte quelle effusioni, non aveva più provato a baciarlo sulle labbra, neanche una volta.
Ma ancora più strani erano i loro 'appuntamenti'.
Solitamente stavano a casa a giocare a qualche videogioco che il biondo riusciva a procurarsi o uscivano al parco a mangiare un gelato.
Effettivamente, molte loro uscite erano molto limitate, un po' per il caldo afoso che faceva passare la voglia di fare qualsiasi cosa ma, in parte, il newyorkese sentiva che fosse per colpa sua, anche perchè l'altro sembrava evitare il più possibili i posti affollati.
Ma non era questa la cosa strana.
Lo era il fatto che passavano momenti in cui parlavano tantissimo - Wade aveva provato ad insegnargli addirittura un po' di francese, per poi smettere alla consapevolezza che l'altro non fosse portato per niente - a momenti in cui praticamente si ignoravano, facendo ciascuno un'attività diversa nonostante fossero nella stessa stanza.
Una volta, all'ombra di un albero al parco, dopo aver abbassato il libro di chimica, aveva guardato timidamente l'altro che stava giocando da solo con un frisbee, saltando da una parte e l'altra, chiedendogli se non si annoiasse in sua presenza e quello, molto semplicemente, gli aveva regalato un sorrisone commentando con 'nah, mi piace la tua compagnia, anche se facciamo cose diverse. E poi devi studiare tanto se mi vuoi sposare, aspetto ancora la mia cenetta come proposta di matrimonio.'
Inutile dire che, da allora, si era rifiutato di chiedergli qualsiasi cosa, per non morire dall'imbarazzo.

Con un grosso sospiro, Peter spostò momentaneamente il cellulare, dopo aver letto almeno un altro milione di volte il messaggio dell'amica e accantonò tutti quei pensieri, per posare lo sguardo sul suo amico, che ora dormiva placidamente per terra.
Da qualche tempo, il minore era riuscito a convincere l'altro a rimanere qualche volta a dormire da lui anche se il più alto si rifiutava di dormire sullo stesso letto perchè 'è meglio così per entrambi, fidati' gli aveva detto e il moro non aveva insistito.
Il suo primo pensiero, appena lo vedeva dormire così tranquillo, per terra, con un semplice lenzuolo e un cuscino era che, almeno, non stava sotto lo stesso tetto di quel padre tossico.
L'altro era che fosse il caso, prima o poi, di prendergli una qualche sorta di materasso per dormire.
Sospirò, constatando sempre di più quanto fosse strano, tutto troppo strano quando si trattava di Wade e, a quel punto, decise di rispondere alla rossa.

- Non lo so. -
****************

"Che ti è arrivato di bello?"

Appena sentì quella voce accompagnata dal tocco di due braccia che gli circondarono la vita da dietro, sussultò imbarazzato, per poi sfiorare appena i capelli biondi dell'altro, con un mezzo sorriso.
Solitamente quando riapriva gli occhi la mattina, Wade non c'era quasi mai, se ne andava prima che lui si svegliasse.
Le rare volte in cui rimaneva, erano le volte che la zia lo beccava scappare dalla finestra e lo costringeva a tornare a casa, come quella mattina.
Non si poteva dire di no a zia May, mai.

"La vera domanda è perchè sei in boxer." borbottò, guardandolo di sottecchi.

"Perchè l'estate da voi è atroce e rischio di sciogliermi da un momento all'altro." esclamò con tono teatrale, posando una mano sulla fronte e accasciandosi ancora di più al corpo di Peter che a malapena riusciva a reggerlo.

"... Eppure mi resti appiccicato, nonostante il caldo." ribattè, arrossendo lievemente.

"Perchè non posso resisterti" rispose, con quel suo tono fra il divertito e il malizioso, che non si capiva mai se fosse serio o no "Poi i tuoi non ci sono e non rischio di scandalizzare nessuno. Perchè tu per primo, non sei scandalizzato no? Sono sicurissimo al 113% che non ti dispiace guardare."

A quel punto, il newyorkese sospirò, prendendo il taglierino che era posto sopra il tavolo per aprire il pacco, non avendo più voglia di rispondere all'altro.
In parte perchè era inutile ed era quasi stancante trovare risposte con un senno logico per farlo ragionare e in parte perchè poteva avere, anche se in minima parte, ragione.
Si staccò quindi dall'altro, inchinandosi per tagliare con cautela il nastro adesivo che ricopriva l'intera scatola, immaginando già chi gli avesse spedito il pacco senza neanche leggere il mittente.
Da principio, vide solo un ammasso di imballaggio e carte poi, dopo tanto scavare, estrasse da là dentro vari pacchi e pacchettini contenenti dolci, statuine e quant'altro.

"Cos'è?"

"Souvenir." rispose il moro con un lieve sorriso "Harry, ogni volta che parte, mi spedisce un pacco contenente cose riguardanti i posti che ha visto. Gli ho detto che è una spesa inutile ma non ascolta mai. Vallo a capire..."

"...Mh" borbottò il maggiore, in modo contrariato "Perchè quel pacco ha un fiocco sopra?"

"Ah.." mormorò distrattamente Peter, estraendo i pacchettini rimasti, per poi rimettere apposto e buttare la scatola con all'interno tutto l'imballaggio da una parte "Ad Harry dispiace saltare il mio compleanno ogni anno, così mi manda il regalo in anticipo ed io lo apro il giorno giusto. Comunque, puoi prendermi un gelato dal congelatore che-?"

"No aspetta." disse Wade, guardandolo con fare indecifrabile "Cosa hai appena detto?"

"Eh?" disse il più piccolo, con fare confuso " 'Prendi il gelato dal congelatore?' "

"No, prima."

"Cosa allora? 'Mi manda un regalo in anticipo'?"

"No! Cioè sì! Cioè- AH! Odio questi clichè." esclamò il canadese con fare frustrato "Dicevo. Sì insomma. Compleanno? Come, dove, quando? E perchè non ne sapevo niente?!"

"... Allora, uh." rispose l'altro, abbastanza a disagio "Faccio gli anni fra qualche settimana, ad agosto e- insomma, non pensavo ti interessasse."

Ovviamente aveva detto, al solito, la frase sbagliata, perchè ora l'amico lo guardava con occhi sbarrati, con uno sguardo abbastanza offeso, come se l'avessero appena insultato.

"Come osi tu, Peter Parker, osare dire che io, il mago delle feste, il migliore intrattenitore, il bellissimo ragazzo canadese della porta accanto, non gli importa della festa compleanno della mia principessa preferita?"

C'erano molte cose che non gli quadravano nell'affermazione appena detta da parte dell'altro ma non ebbe il tempo di dire o fare altro che, il tempo di aprire bocca, Wade prese ed uscì dalla stanza e successivamente dalla casa, incurante di quello che gli disse il newyorkese, nel vano tentativo di fermarlo.
Ritornò indietro giusto quando gli fece notare che era uscito dalla casa in mutande, per poi cambiarsi, rubare un gelato ed andarsene nuovamente, con fare indignato.

****************

Nonostante il loro rapporto fosse mutato drasticamente, c'erano ancora delle cose che il moro proprio non riusciva a comprendere dell'altro, in particolare, come ragionasse.
Non erano passati manco tre quarti d'ora da quando era uscito di casa, che Wade gli aveva scritto un messaggio lunghissimo - e scritto molto velocemente, visto tutti gli innumerevoli errori di battitura - nella quale gli chiedeva il giorno preciso del suo compleanno, se avesse dei programmi e , nel caso, di prepararsi psicologicamente perchè avrebbero festeggiato il compleanno assieme, solo loro due.
Quando gli aveva chiesto un minimo di spiegazioni, il biondo aveva sbottato con un 'oh andiamo, mi sto impegnando tanto per far finire questa storia con un happy ending, dammi tregua!'.
Ovviamente, non aveva idea di cosa significasse, sapeva solo che la sera del suo compleanno era stato costretto a non prendere nessunissimo impegno, perchè sarebbe passato e gli avrebbe fatto una sorpresa - e, conoscendolo, poteva essere qualcosa di stupefacente o traumatizzante.
Nonostante si fosse ripromesso di non crearsi troppe aspettative per non ricascare in situazioni come quella del ballo - che gli aveva lasciato una ferita ancora aperta - era davvero su di giri per la serata che avrebbe passato con il maggiore, così tanto che a malapena mangiò una fetta della sua torta al cioccolato fatta dalla zia e aprì frettolosamente il loro regalo, il microscopio che tanto voleva.
Si sentiva davvero in colpa per essere un cattivo nipote - specie pensando a quanto avranno speso per quel regalo - e sapeva che nessun bacio e abbraccio che aveva dato loro quella sera sarebbe bastato a ripagarli per tutto l'amore e la pazienza che gli davano ogni giorno - ma... non poteva fare a meno di controllare ogni minuto quella dannata porta d'ingresso, in attesa che l'altro arrivasse.
Dopotutto, a parte per i suoi zii, l'uscita con il canadese era una delle sue piccole gioie del compleanno, visto che Mary Jane a malapena gli aveva fatto gli auguri ed Harry era all'estero e- a proposito, non aveva ancora aperto il suo regalo quindi si ripromise di farlo a fine di quella serata.
Aveva appena finito di cenare e di aiutare a sistemare la cucina, quando finalmente bussarono e Peter si precipitò, quasi cascando sui suoi stessi piedi e, quando vide l'altro, gli si illuminarono gli occhi.

"Ciao Wade! Vuoi entrare un attimo? E' rimasto un pezzo di torta e-"

"Petey pie, sono in tremendo ritardo." lo interruppe l'altro, senza fiato.

Il newyorkese gli diede un'occhiata un po' stralunata, per poi posare lo sguardo lo sguardo sull'orologio che aveva al polso: non solo non era in ritardo ma era arrivato anche in anticipo.
Nonostante ciò, l'altro sembrava aver fatto una lunga corsa per arrivare lì, rovinando in parte la sua camicia bianca per colpa di sudore, ed era un peccato perchè gli stava davvero bene, gli metteva in risalto i suoi-- okay, doveva concentrarsi.

"Veramente sei perfettamente in orario."

"No, non hai capito, io-" esclamò, passandosi frettolosamente una mano fra i capelli "Cioè, lo so che ufficialmente sono qui ma non sono propriamente qui ma- insomma, ho avuto dei problemi- mio padre e io-"

"Okay, calma, non riesco a capirti." lo bloccò il moro, preoccupato sentendo nominare il padre dell'altro "E' successo qualcosa con tuo padre? Ti ha fatto qualcosa o--?"

"No! Diciamo, okay sì. Più o meno."

Il biondo inspirò profondamente, schiarendosi la voce.

"... Non ci ho... diciamo, discusso a sangue, se è quello che pensi ma-" borbottò, con fare pensieroso "Ma è tornato a casa prima del previsto e- posso dire che- ecco, non sono riuscito a finire... 'tutto'."

"Tutto?" chiese con sincera curiosità "Tutto cosa?"

"LA SORPRESA!" disse Wade, come se fosse la cosa più ovvia del mondo "Non ho fatto in tempo e ora è tutto rovinato!"

"... Okay." rispose con un leggero sospiro, molto più sollevato che non fosse successo niente di grave "Beh- non fa niente. Cioè, ci sarà un'altra occasione per-"

"NO!" lo bloccò, guardandolo con fare quasi disperato "Doveva essere oggi. Stasera. Dovevano succedere cose... su cose... ma ora... uh..."

Peter non sapeva davvero che dire, l'altro sapeva davvero sconvolto per la cosa.

"Allora... come mai sei arrivato prima?"

"Beh, per sistemare mi ci voleva davvero un sacco di tempo ed avevo paura di far tardi e rovinare tutto ma... se ci penso ora, in qualche modo, è come se avessi comunque rovinato tutto."

A quel punto, il minore si appoggiò allo stipite della porta, fissando l'altro con sguardo intenerito: sembrava davvero che ci tenesse a fargli questa sorpresa per il suo compleanno.
Era... davvero uno stupido, quando faceva così, ma in senso buono.

"Potresti..." mormorò il moro, goffamente "Potresti, insomma, potrei darti più tempo. Ti ci vuole tanto?"

Il canadese lo guardò dritto negli occhi, sbattendo un paio di volte le palpebre.

"... Penso qualche ora." rispose pensieroso "Ma... sei sicuro? E' il tuo compleanno, non vorrei mandarlo a rotoli."

A quelle parole, il newyorkese gli sorrise dolcemente, tirandogli la guancia successivamente.

"Che stupido, mandare a rotoli cosa? Non ho comunque altri impegni per la serata."

Il più grande si lasciò tirare le guance, senza togliere gli occhi di dosso all'altro, per poi stringerlo forte a sè, lasciando di sasso il festeggiato.
Gli scoccò un bacio sulla guancia, per poi staccarsi di colpo, con un enorme sorriso.

"Farò super in fretta per il mio super festeggiato preferito." annunciò, iniziando ad allontanarsi.

Quando ancora Peter era fuori dalla porta, il ragazzo si voltò, alzando le braccia per salutarlo energicamente.

"Ritornerò presto! Tu aspettami, okay??"

Il ragazzo con gli occhiali, se la rise a quelle parole, per poi chiudere la porta alle sue spalle, sorridendo in maniera un po' ebete.
Era felice di quel giorno, felice di Wade e felice di quello che avrebbe riservato quella serata.
Chissà cosa aveva in serbo per lui? Beh... L'avrebbe sicuramente scoperto fra qualche ora.
Andò subito a mettere la suoneria al massimo, in caso l'altro lo chiamasse e fece quello che gli era stato chiesto: aspettò.
Attese...
Attese...
Ma Wade non tornò.


Fine Prima Parte.



//Bene ragazzi, spero mi abbiate stiate leggendo ora perchè ho un annuncio da fare!
Penso l'abbiate capito ma ci sarà un continuo.
Ebbene sì, la storia di questi due piccoli, grandi (?) imbecilli non si fermerà qui (pensavate davvero che avrei lasciato questo finale inconcludente? E lasciato così tanti buchi di trama?? TSK TSK).
Non so dirvi con esatezza quando riprenderò a scrivere (volevo fare un po' di pausa, mettere in ordine tutte le idee e magari riprendere cose lasciate in sospeso e continuare le cose che ho ancora aperte) ma posso già dirvi che il titolo sarà Indestructible e farà parte della raccolta 'You and Me are' quindi niente, spero di rivedervi tutti appena farò uscire la seconda parte. <3
Detto ciò, ho un enorme favore da chiedervi.
Essendo un favore, non siete obbligati, ma mi farebbe davvero, davvero comodo avere dei pareri dalle persone che leggono la storia, in particolare mi piacerebbe sapere cosa ne pensate del modo in cui scrivo, quali buchi di trama avete notato (sì, sono stati fatti apposta in previsione di un seguito, non vi preoccupate lololol), cosa vorreste vedere prossimamente e, in generale, se avete qualche critica costruttiva.
Mi farebbe davvero comodo, anche solo per migliorarmi e darvi in futuro 'lavori' migliori!
Quindi, non siate timidi e, se avete voglia, dite tutto alla vostra Bunny (?) <3 ( pubblicherò comunque, anche se nessuno dovesse scrivere, non vi preoccupate).
Detto ciò, voglio ringraziare come al solito tutte le persone che mi seguono dall'inizio, tutte quelle che hanno trovato anche solo un minuto di recensirmi o anche chi solo la legge in silenzio, amandola silenziosamente (?) ed in particolare, grazie a tutti quelli che mi hanno sostenuto ma, soprattutto, alla mia amica Alice che mi ha aiutato a sistemare il 90% dello scritto di questa fanfiction (se è un minimo decente è anche grazie a lei u.u)
Quindi, detto ciò, non mi dilungo oltre.
Alla prossima ragazzi. <3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3834407