Xyz Missione nonnina

di EleWar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova cliente ***
Capitolo 2: *** Un nuovo caso ***
Capitolo 3: *** Bombe, rivelazioni e altre amenità ***
Capitolo 4: *** Un letto condiviso ***
Capitolo 5: *** Inizia l'avventura ***
Capitolo 6: *** Ai bagni pubblici ***
Capitolo 7: *** Il sapore della gelosia ***
Capitolo 8: *** Imparare a sperare ***
Capitolo 9: *** Sulla Via del Kendo ***
Capitolo 10: *** Il guaio al Cat's eye ***
Capitolo 11: *** Ripensamenti? ***
Capitolo 12: *** Facciamo sul serio (basta fingere) ***
Capitolo 13: *** Sparizioni e spiegazioni ***



Capitolo 1
*** Una nuova cliente ***


Salve gente! Sono tornata con un altro delirio, nemmeno il caldo di agosto mi ferma!!
AVVERTENZA: Questa storia e mooooooolto romantica e zuccherosa, quindi chi temesse un'attacco di iperglicemia, è pregato di astenersi e di passare oltre, non vi voglio sulla coscienza :-D
Se potessi metterei il rating 
rosa non perché si avvina al rosso, ma per l'elevato tasso di mielosità....almeno secondo me.

A voi il giudizio.
Grazie a Briz65, a Sky_star e shirley jane che mi hanno incitato per tutto il tempo....spero vivamente di non deludere le vostre e le altrui aspettative


Cap. 1 Una nuova cliente
 
 
Driinnn driinnnn
 
“Ryo, stanno suonando alla porta”.
Risate.
 
Driinnnn driinnnn
 
“Ryo hai sentito?? Stanno suonando alla porta!!!”
“S-sì ha ha ha ha ha ha ha…e allora?” rispose l’interpellato fra una risata e l’altra.
“Come ‘allora’??? Vai ad aprire, non vedi che sto preparando la cena??? Muovitiiii”.
 
Driiiinnnn driiinnnn
 
Kaori ormai spazientita, uscendo dalla cucina con le mani sui fianchi, gli gridò:
“Insomma!! Vuoi muovere quel tuo culo dal divano???”.
E poi entrando in soggiorno, passando davanti al socio, si chinò per spegnere la tv:
“Mai che facessi qualcosa di buono in casa! Devo fare tutto io qui!”.
Poi con passo marziale e sbuffando raggiunse la porta.
Lo sweeper a quell’intromissione della socia, protestò con un:
“Ehi??” risentito prima di recuperare il telecomando e riaccendere la tv: stava guardando un programma comico demenziale e non se lo sarebbe perso per niente al mondo.
Kaori ormai alla porta, gridò all’impaziente visitatore che continuava a suonare imperterrito alla porta:
“Arrrivooooo”.
E poi borbottando fra sé e sé:
“Ma chi sarà a quest’ora?? Di sicuro un estraneo… i nostri amici sanno che la porta è sempre aperta e non occorre attaccarsi al campanello come fosse una questione di vita o di morte!”.
Kaori spalancò la porta con una certa veemenza, ma non vide nessuno.
Possibile?
Perplessa, Rimase impalata sulla soglia.
Un brivido freddo le scivolò lungo la schiena e ebbe un accenno di pelle d’oca.
“Kaori non fare la stupida…”.
Si redarguì, e già le stava salendo dalla gola una risatina isterica.
Poi però sentì qualcuno schiarirsi la voce, e percepì una presenza umana, istintivamente chinò il capo in direzione di quel rumore.
Di fronte a lei stava ritta una graziosa vecchietta, che le arrivava sì e no alla vita, vestita con abiti tradizionali giapponesi, una bella acconciatura che le teneva su i folti capelli bianchi, e morbidi come lanuggine.
Gli occhi a fessura, in un volto grinzoso e cotto dal sole, sorridevano come la bocca generosa, che lasciava intravedere i pochi denti rimasti.
Kaori ebbe un moto di tenerezza verso quella deliziosa vecchina, e si pentì all’istante di essere andata ad aprire con quella mala voglia.
Anzi provò una vera e propria ondata di affetto per quella perfetta sconosciuta, come se si conoscessero da sempre.
Infine la vecchina, soddisfatta dall’impressione che aveva suscitato alla giovane sweeper, si decise a parlare, con voce soave e armoniosa, quasi insolita in una signora della sua età e chiese:
“Mi scusi, abita qui City Hunter?”.
Kaori spalancò la bocca, colta di sorpresa.
A parte i loro amici, nessuno sapeva che lì abitassero i famigerati City Hunter, ci tenevano alla loro segretezza, la regola era che gli aspiranti clienti dovessero lasciare un messaggio alla lavagna della stazione di Shinjuku….come faceva quella graziosa donnina ad avere quell’informazione riservata?
Oltretutto sembrava essere uscita direttamente dall’epoca d’oro di Edo!!
Come poteva conoscere due tipi come loro?
La ragazza riuscì a balbettare un:
“Chi-chi lo cerca?”
“Oh voglia scusare i miei modi villani. Ha ragione, non mi sono ancora presentata, sono Obāsan Kitsune, ma lei può chiamarmi nonnina Kitsune o semplicemente nonnina, se preferisce” e le sorrise di nuovo.
Kaori contagiata dal fare dolce della donnina che aveva di fronte, rispose istintivamente al sorriso della signora.
Non sembrava il classico nemico sotto copertura, venuto per attaccarli o fargli del male, e poi Ryo se ne sarebbe accorto, era molto più bravo di lei a percepire l’aura delle persone, soprattutto dei mali intenzionati.
E invece se ne era rimasto stravaccato sul divano a ridere come uno scemo!
Sembrava innocua, poteva fidarsi della donna?
Sì, decise, quindi si riscosse e disse:
“Mi presento anch’io, sono Kaori Makimura e il mio socio è Ryo Saeba, cosa possiamo fare per lei?”.
E la vecchina tirò fuori dalla manica del kimono una striscia di carta filigranata, su cui apparivano in sequenza le ben note lettere, in caratteri occidentali xyz, minuziosamente vergate con inchiostro nero.
“Ah ecco”, si disse Kaori, “allora la signora è proprio una cliente”.
E un sorrisino sardonico andò a formarsi al lato della bocca della ragazza: una cliente…donna… bene bene.
Così si voltò, in direzione dell’interno della casa, e prese a gridare:
“Ryo? Ryo? Vieni…c’è del lavoro per noi… UNA CLIENTE” e attese.
Mentalmente contò i secondi che avrebbe impiegato il socio per metabolizzare l’informazione e per precipitarsi alla porta.
Infatti, in un lampo arrivò Ryo, con le mani giunte e gli occhi a cuoricino urlando:
“Una cliente? Una cliente? Dov’è dov’è? Dove sei bellissima donzella in pericolo? Il tuo Ryuccio è qui”.
Saltava intorno alla figura impettita di Kaori che lo guardava con un ghigno soddisfatto, lei aspettò il momento adatto per bloccarlo e gli disse, con soddisfazione:
“La nostra cliente è lì” indicando la vecchina che si produsse in un inchino accompagnato da un sorriso sdentato.
Ryo finalmente notò la nonnina, che quasi scompariva di fronte alla stazza del giovane uomo, e quando capì che la cliente era lei, rimase come fulminato sul posto, un’espressione terrorizzata gli si stampò sul quel suo bellissimo viso, deformandolo.
Sembrava aver visto Medusa in persona.
Kaori avrebbe tanto voluto scoppiare a ridergli in faccia, ma si trattenne per rispetto della signora.
Anzi, si accorse di non averla ancora fatta entrare, e spostando di peso Ryo, che come un manichino dalla posa scomposta, era rimasto pietrificato, ignorandolo, disse rivolta alla signora Kitsune:
“La prego entri, e scusi la mia maleducazione”.
E facendole strada all’interno della casa:
“Mi segua, posso offrirle un tè? Sa, stavo giusto preparando la cena, se lo gradisce può fermarsi da noi, e potremmo parlare del caso in tranquillità”
“Oh signora…”
E a Kaori non sfuggì l’epiteto, e prese nota di correggerla in un secondo momento, “lei è davvero una padrona di casa squisita, suo marito è davvero fortunato”.
A quest’ultima frase Kaori rimase paralizzata, e arrossì fino alla punta dei capelli, ma le parole che avrebbero dovuto chiarire la situazione, le morirono in gola perché la donnina proseguì:
“So che lei e il signor Saeba siete colleghi e che insieme formate il duo City Hunter, e immagino anche che siate sposati? Non è così? Vede, io sono una donna molto all’antica e a dirla tutta non mi piacciono questi giovani d’oggi, così liberali, così promiscui… Per quanto mi riguarda non transigo su certe cose, per me non è concepibile che un uomo e una donna vivano sotto lo stesso tetto senza essere sposati”.
Kaori richiuse la bocca che era rimasta aperta nell’atto di ribattere, e mentre un gocciolone di sudore le scivolava lungo la tempia, annuì lentissimamente, ridacchiando a disagio.
In qualche modo Kaori riuscì a non rispondere alla domanda, e conducendo la signora in soggiorno, l’invitò ad accomodarsi sul divano, facendo sparire con abili mosse, quasi da prestigiatore, le solite riviste culturali di Ryo e contemporaneamente spegnendo la tv, che blaterava sciocchezze a volume sostenuto.
Quella signora, con i suoi modi antiquati e sussiegosi, la metteva in soggezione.
Quest’ultima sedendosi sempre sorridendo, riprese:
“Prima di parlare del problema che mi ha portato fino a voi, voglio che sappiate che posso pagarvi profumatamente”.
E dall’ampia manica del kimono tirò fuori una mazzetta di banconote di grosso taglio, come Kaori non le aveva mai viste.
La ragazza deglutì alla vista di tutto quel denaro, e già mentalmente faceva i conti dei debiti che avrebbero potuto estinguere con il compenso di quel caso, anche se… la sua profonda onestà le avrebbe comunque imposto di non approfittarsi della situazione.
Ma fu solo un attimo, perché ripresasi dallo stupore esclamò:
“Ma nonnina Kitsune, non è bene che lei vada in giro con tutti quei soldi! Potrebbero approfittare di lei, scipparla, qui in città ci sono un sacco di delinquenti, che per molto meno non esitano a fare del male, anche e soprattutto alle nonnine indifese come lei!!”.
Ma la vecchina sorrise, con quel suo modo accattivante:
“Ragazza mia, i soldi per me non sono un problema, e poi…finché starò con voi non mi accadrà nulla di male” e le fece l’occhiolino.
Inspiegabilmente quella risposta la tranquillizzò.
 
Si rese conto, però che ancora la donnina non le aveva detto in cosa consisteva l’aiuto che avrebbero dovuto darle, e pensò bene di andare a scongelare Ryo per poterne parlare a tavola con calma, doveva anche finire di preparare la cena.
 
In tutto questo, Ryo era rimasto fossilizzato all’ingresso, e dallo shock era entrato in stato catatonico.
Così Kaori, prendendo temporaneamente congedo dall’ospite, educatamente disse:
“Voglia scusarmi, vado a chiamare mio….mio… il mio socio, così le terrà compagnia finché non avrò sbrigato le mie faccende in cucina…torno subito”.
E scomparve in direzione dell’ingresso.
 
Lui era ancora lì dove l’aveva lasciato e Kaori iniziò a scuoterlo per un braccio:
“Ryo? Ryo? E dai!! Vuoi muoverti??? Lo so che è stato un colpo basso per te, però dobbiamo accettare questo caso!” e continuava a strattonarlo energicamente.
Alla fine rinvenne di colpo e iniziò a sbraitare:
“No, no e poi no! Non accetto casi in cui la cliente è una vecchia!”
“Schhhhhh” e Kaori gli tappò la mano con la bocca “Sei matto? Parla più piano e non essere il solito zotico!!”
“MMMMmmmmmmm”
“Che stai dicendo?? Spiegati una buona volta!”
“mmmmmm”
“Insomma Ryo non fare il bambino. Dobbiamo accettare, siamo in rosso fisso e a meno che tu non voglia andare alla mensa dei poveri dobbiamo accettare per forza quest’incarico!! La nonnina poi va in giro con una mazzetta di soldi grossa così. Solo per questo dovremmo darle protezione. E poi che vuoi che ci chieda di fare?? Non mi pare un capo Yakuza…ed è così serena, non sembra preoccupata per qualcosa di grave”
“MMmmmmm”
“Smettila di mugugnare, cosa vuoi dire?”.
E Ryo togliendo finalmente la mano che lei continuava a tenere premuta sulla sua bocca:
“Come faccio a parlare con te che mi tappi la bocca??”
“Hi hi hi hi hi hi hi hi” ridacchiò nervosamente la socia.
“Non me ne ero accorta”.
 Poi facendogli gli occhi dolci:
“Ti prego Ryo, accettiamo?? E’ una tale donnina tenera ed indifesa… ti prego ti prego…”.
Il socio stava per riprendere a lamentarsi, ma non riuscì a dire niente perché fu rapito dall’espressione implorante e appassionata della sua partner, e si sentì rimescolare dentro.
Lei non immaginava quanto potere avesse sullo sweeper, e quando lo guardava con quegli occhi da cerbiatta perdeva letteralmente la bussola.
Sentendosi improvvisamente a disagio, sotto quello sguardo che lo stava facendo sciogliere, si schiarì la voce, e riuscì a dire, dissimulando il suo turbamento con un tono un po’ troppo brusco:
“Be’ almeno prima sentiamo di cosa si tratta… ma non ti prometto niente”.
A quelle parole Kaori s’illuminò in viso e presa dall’euforia, gli disse:
“Grazie!” schioccandogli un bacio sulla guancia, prima di scappare via felice verso l’ospite misteriosa.
L’aveva fatto senza accorgersene, altrimenti se ne sarebbe vergognata fino a morirne, le era venuto spontaneo, ma più di tutto quel bacio di gratitudine, aveva sconvolto enormemente il suo socio che, attonito si portò la mano alla guancia, dove ancora sentiva il lieve tocco di quelle labbra tanto desiderate.
Rimase lì impalato, mentre un sorriso ebete si disegnava sul suo viso.
Quella ragazza, quella benedetta ragazza… prima o poi, prima o poi cosa?
 
Era lì che si crogiolava, quando quella stessa ragazza tornò indietro, e facendo capolino dalla porta dell’ingresso, gli disse sorridendogli dolcemente:
“Ryo? Potresti tenere compagnia alla signora finché non ho finito di cucinare?”.
Lui si voltò a guardarla con aria sognante, ma lei non fece in tempo a vedere che espressione avesse il suo amato socio, perché era già sparita in cucina.
Con un sospiro beato, lo sweeper si recò in soggiorno e si sedette sulla poltrona davanti alla vecchina.
 
La nonnina non poté non sorridere di fronte alla figura di quel giovane uomo, che emanava forza e sicurezza, ma dietro quella facciata percepiva anche dell’altro, un passato tormentato, un profondo senso di giustizia, e un animo buono.
Si prese tutto il tempo di osservarlo sempre sorridendo compiaciuta.
Ryo aspettò pazientemente che la donnina finisse il suo esame, e infine si decise a parlare per primo, ma contrariamente alla reazione che aveva avuto all’inizio, fu garbato e galante con l’ospite e disse:
“Voglia scusare il mio atteggiamento di poco fa, non è stato molto professionale, e di sicuro non ho dato l’impressione di essere un buon padrone di casa”
“Oh non si preoccupi. Mi hanno parlato molto di lei, e so che è un burlone. Mi piacciono le persone come lei, divertenti e con la battuta sempre pronta. So anche che è un grande amante delle belle donne” e gli fece l’occhiolino.
Lui si sentì avvampare.
Possibile che una vecchina come lei riuscisse a metterlo addirittura a disagio in quel modo?
Proprio a lui, allo sfacciato stallone di Shinjuku?
La donnina continuò a sorridere, senza cambiare quel suo atteggiamento benevolo e sereno, e lo sweeper non si premurò di smentire alcunché.
Così lei, voltando la testa verso la cucina, dove un’affaccendata Kaori si destreggiava ai fornelli canticchiando, aggiunse:
“Direi che ha scelto proprio bene”.
Ammiccando in direzione della ragazza, che ignara continuava a cucinare.
“In questo caso però non credo che abbia contato solo la bellezza esteriore, o sbaglio? E’ stato fortunato a trovare una donna come la signora Saeba”.
E anche Ryo alle parole ‘signora Saeba’ si fece l’appunto di correggerla, ma lei continuò:
“Formate proprio una bella coppia”.
Ryo fece per dire qualcosa, ma Kaori avvertì che la cena era pronta e che la stava già servendo.
 
Quello strano trio prese finalmente posto a tavola e Kaori disse, rivolta all’anziana signora:
“Spero scuserà la semplicità dei miei piatti, ma la sera ceniamo con cibi leggeri”.
E mentalmente aggiunse:
“E certo, soprattutto se non abbiamo i soldi e mi tocca fare i salti mortali per trovare qualcosa che riempia lo stomaco di quel pozzo senza fondo lì davanti…”.
Istintivamente si voltò nella direzione di Ryo, pronta a ribattere all’inevitabile brutto commento che non avrebbe tardato ad emettere, ma lui intuiti i pensieri della socia, non disse niente, immergendosi a testa bassa nella ciotola del riso.
Kaori sorrise sardonicamente soddisfatta.
In ogni caso la signora commentò educatamente:
“Non deve scusarsi con me, cara la mia signora Saeba…”.
Ad entrambi gli sweeper andò di traverso il boccone, ma la donnina non se ne accorse e proseguì imperterrita:
“…penso invece che la sua cucina sia deliziosa e rispettosa della gloriosa tradizione del nostro paese…” e annuì orgogliosamente.
Ryo stava per ribattere e prodursi in uno dei suoi soliti insulti, soprattutto per quel ‘signora Saeba’ quando Kaori lo fulminò con lo sguardo e lui finì per dire:
“Davvero?”
“Certo, dico sul serio. Come le spiegavo pocanzi, lei è fortunato ad essere sposato con una donnina del genere”
“Davvero?”
Reiterò lo sweeper con un’aria ebete e interrogativa al tempo stesso.
“Mi scusi, lei signor Saeba non sa dire altro che ‘davvero’?”.
Ryo aprì la bocca per dire qualcos’altro, si vedeva che si stava preparando per spararne una delle sue, e Kaori rimase col fiato sospeso preparandosi al peggio.
Ryo iniziò dicendo:
“Veramente io… non-non….oserei mai…con quella… quella…”.
Ma Kaori gli sferrò un potente calcio in uno stinco, da sotto il tavolo e lo bloccò esclamando:
“Oh che sbadata!! Ryo ti prego corri in cucina a vedere il tubo dell’acquaio, che sta perdendo già da un po’ e se continua così, finiremo per allagare tutta la casa”.
E alzandosi in piedi, prese a tirarlo per un braccio, a viva forza verso la cucina.
Lui stupito protestò un:
“Ehi che maniere!”
“Presto, presto vieni”.
 
Una volta dentro la cucina, premurandosi che la donnina non li sentisse, Kaori iniziò a parlare a bassa voce, con fare cospiratorio:
“Senti Ryo…non so come dirtelo…ma…la nonnina crede che siamo sposati!!”
“Cosaaaaaaaaaaaaaa???” urlo lo sweeper!!
“Shhhhh che ti gridi??? Si è messa in testa questa idea e non so perché, inoltre è estremamente tradizionalista e non approva le convivenze… anche se la nostra non lo è tecnicamente…”.
E quest’ultima frase le morì sulle labbra, poi riprese:
“Io penso che se scoprisse che noi…che tu ed io… siamo solo colleghi, ma che viviamo insieme, ne rimarrebbe estremamente delusa e non ci affiderebbe più il caso, qualunque esso sia…”
“Però…”.
Provò a protestare Ryo, ma Kaori involontariamente si appese alle braccia conserte del socio:
“Ti prego, lo so che non è il tuo caso ideale, che non è una bella donna, e che devi fingere di essere sposato con una come me, e questa cosa ti pesa più di tutto…”
E si fece improvvisamente triste.
Ryo si sentì raggelare e provò una pena indicibile, Kaori proseguì:
“…ma veramente abbiamo bisogno di questi soldi, sono sicura che non ci vorrà tanto e che lo scomodo durerà poco… e poi dopo potrai andare finalmente a caccia di belle donne, e a fare baldoria in uno dei tuoi locali, con i soldi guadagnati…”.
Lo sweeper non seppe cosa rispondere di fronte all’atteggiamento sconsolato di Kaori, che oltretutto non strepitava, non lo minacciava, era la seconda volta che lo implorava quella sera, e tutto questo non era da lei.
La sua socia si era semplicemente rassegnata ad essere l’eterna rifiutata da lui, si era arresa alle sue cattive abitudini, senza più mostrare quella sua tremenda gelosia, si era talmente abituata ad essere umiliata da lui che gli chiedeva solo una tregua, in nome dell’economia famigliare, sempre soggetta ai periodi di magra, come quello che stavano vivendo.
All’improvviso Ryo si sentì un vero bastardo, un meschino della peggior specie, un uomo senza valore e quelle parole ebbero lo stesso effetto di uno schiaffo in pieno volto.
Finalmente capiva tutto il male che aveva sempre fatto alla sua adorata socia, che con pazienza gli restava accanto, nonostante lui la facesse invariabilmente soffrire.
Ma quanto ancora avrebbe sopportato i suoi modi scostanti e le derisioni?
E se si fosse stancata, e un bel giorno avesse deciso di andarsene?
Di lasciarlo per sempre?
Kaori continuava a guardarlo con occhi pieni di tristezza e rassegnazione, ma anche con speranza.
Ryo non seppe reggere il suo sguardo limpido, dove scorgeva anche il profondo amore che lei nutriva nei suoi confronti, e che gli rivelava fino a che punto fosse diventato un mostro, proprio con lei che era il suo bene più prezioso, così voltò la testa di lato, per non doverla continuare a guardare, e in un soffio rispose:
“D’accordo…faremo come vuoi tu…”
“Sul serio??”.
Rispose improvvisamente più sollevata la socia, con un sorriso luminoso.
Bastava così poco per fare felice la sua Kaori, e questa constatazione contribuì ulteriormente a farlo sentire uno schifo.
“Sì, sta volta faremo come vuoi tu, e…prometto di non fare lo stupido, sarò serio e professionale”.
Poi subito si riprese:
“Solo per la durata dell’incarico, poi dopo…”.
Ma lei era ormai troppo contenta e non diede peso a quest’ultima frase.
 
Nel frattempo la vecchina aveva allungato il collo per sbirciare in direzione della cucina: aveva intuito che non ci fosse nessuna perdita urgente da riparare e vedendo i due giovani, uno di fronte all’altra, con lei che teneva le mani sulle braccia conserte dell’uomo, che si guardavano con profondo amore, sospirò soddisfatta e sorrise maliziosamente.

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Capitolo 2
*** Un nuovo caso ***



….ed ecco a voi questo 2° capitoletto, leggero, leggero, spero vi piaccia ^_^
Come sempre GRAZIE alle mie lettrici storiche e a chi passa e va ;-)
Buon Ferragosto, ovunque voi siate.
Ciao ciao
Eleonora



Cap. 2 Un nuovo caso
 
Quando Ryo e Kaori tornarono a tavola, la ragazza sembrava contenta mentre l’espressione di Ryo era impenetrabile, ma la cena si svolse in maniera serena e a poco a poco lo sweeper riacquistò il suo buon umore, contagiato da quella calda atmosfera familiare.
La presenza della nonnina aveva un effetto positivo anche su di lui.
Chiacchierarono tranquillamente, fino a quando, al termine della cena, si spostarono in salotto per sorbire il caffè e parlare finalmente dell’incarico che la vecchina era venuta ad affidargli.
 
Fu Ryo che introdusse l’argomento:
“Allora, Obāsan Kitsune…”
“Mi chiami pure nonnina, bel giovane”.
Lo interruppe lei e lui annuì, riprese:
“…dicevamo…in cosa possiamo esserle utili?”
“Giusto, ancora non ne abbiamo parlato. Sapete sto così bene in vostra compagnia che per un attimo mi ero dimenticata il motivo per cui mi trovo a Tokyo” e sorrise.
“Magari vi sembrerà strana questa mia richiesta, ma forse siete abituati alle stranezze dei clienti…in realtà non saprei a chi altro rivolgermi, e visto che mi hanno indirizzato a voi come specialisti delle cause disperate, eccomi qui”.
I due soci si scambiarono un’occhiata eloquente, ma tacquero.
“Dunque dovete sapere che quando ero giovane ero perdutamente innamorata di un ragazzo ….”.
E nonostante l’età, la videro arrossire leggermente fra le rughe del viso. “…apparentemente a lui non interessavo, ma lo amavo troppo e il mio cuore non ne voleva sapere di dimenticarlo, non riuscivo in nessun modo a togliermelo dalla testa. Però sapete, ai miei tempi non c’era tutta questa libertà come adesso, e non potevo più di tanto esternare i miei sentimenti, era fuori discussione che mi facessi avanti io, ero una donna e provenivo da una famiglia onorevole. Anzi temevo che prima o poi i miei genitori mi presentassero un promesso sposo scelto da loro… Nel frattempo mi limitavo a spiare quel ragazzo che amavo in segreto, cercavo di farmi trovare negli stessi posti dove andava anche lui, così per caso. Quando c’incontravamo lui mi salutava educatamente, questo è vero, ma nulla di più, non mi rivolgeva nemmeno la parola, e subito abbassava lo sguardo a terra. La mia naturale timidezza e il mio stato non mi permettevano di espormi verso di lui più di tanto. Lui era orfano, e in un certo senso si era fatto da sé, i miei non conoscendo la mia inclinazione, non avevano espresso nessun tipo di giudizio nei suoi confronti, anche se dubito che lo ritenessero il cosiddetto buon partito. Non aveva alle spalle una famiglia solida e tradizionalista come la mia… aveva comunque un lavoro rispettabile, ma come ceto era inferiore al mio. Il tempo passava, ed io ero già in età da marito quando i miei iniziarono ad invitare a casa nostra diversi pretendenti. Ma inutile dire che non me ne piaceva nessuno, io ero troppo innamorata di Tagomi, quello era il suo nome, e cercai di temporeggiare il più possibile. Un giorno litigai con i miei genitori e fuggii al tempio che frequentavo fin da bambina, un piccolo tempio buddista, dove risiedeva un vecchio sacerdote molto saggio. Mi accolse in lacrime e fui costretta a raccontargli tutto, il mio segreto mi stava logorando dentro e avevo bisogno di parlarne con qualcuno. Il vecchio monaco ascoltò in silenzio le mie confidenze e alla fine disse ‘Ti consolerebbe sapere che anche Tagomi ti ama?’ potete immaginare che reazione ebbi, e subito di getto risposi, risposi…sapete ero molto impulsiva e passionale da giovane e….ah ah ah ah ah ah ah ah”.
 
Interruppe la narrazione per lasciarsi andare ad una grassa risata di cuore, che la scuoteva tutta, fino a farla piegare in due.
Gli sweeper prima si scambiarono uno sguardo perplesso, non capendo cosa ci fosse di così tanto divertente da ridere in quel modo, poi contagiati dalla risata della vecchina, si unirono a lei.
Infine la nonnina, asciugatasi le lacrime che le erano sgorgate dal troppo ridere,  si ricompose e abbassando leggermente la testa riprese:
“Scusate i miei modi poco ortodossi… non sta bene dimostrare la propria ilarità in quella maniera così sconveniente…”.
Fece una pausa e riprese a raccontare.
Kaori era affascinata dal suo racconto e Ryo, pur non tradendo nessuna emozione, era curioso di sapere come sarebbe andata a finire, e soprattutto si chiedeva cosa c’entravano loro in tutta quella vecchia storia d’amore.
Sorrise dentro di sé però, immaginando quanto tutto questo intrigasse la sua dolce e romantica compagna.
“…dicevo che di getto risposi al monaco che allora perché Tagomi non si faceva avanti? Lui mi rispose che il ragazzo non si sentiva alla mia altezza, e che quindi per non alimentare false speranze, e non essere respinto dai miei genitori, cercava il più possibile di evitarmi ed ignorarmi. Io andai su tutte le furie, era inconcepibile per me, io soffrivo tantissimo e come poteva lui essere così codardo da non provarci nemmeno? Non si era mai presentato in casa mia, davanti ai miei, come poteva sapere che non lo avrebbero accettato o anche solo preso in considerazione? Non riuscivo a farmene una ragione….”.
E tacque.
 
Il silenzio scese nel salotto, ognuno era chiuso nelle proprie riflessioni.
Da fuori provenivano attutiti i rumori del traffico della sera, e si poteva udire il ticchettio dell’orologio a muro, il tempo pareva essersi fermato.
Ryo e Kaori non si erano persi una sola parola del racconto della vecchina, e pericolose analogie si stavano formando nella mente dei due, ognuno le confrontava con il proprio vissuto… perché quella storia li aveva toccati così in profondità? Perché c’era qualcosa di così familiare in tutto questo?
Così, prima che i pensieri prendessero la consistenza di dolorosi spettri, Kaori ruppe il silenzio e chiese:
“E poi come è andata a finire?”
“In quella situazione di stallo, arrivò un giorno una comunicazione a mio padre a cui si chiedeva di trasferirsi in un’altra città, per lavoro…”.
Kaori e la vecchina sospirarono.
“Non potevo andarmene senza avergli detto che ero innamorata di lui, doveva saperlo, non potevo andarmene senza sentire dalla viva voce di Tagomi che anche lui ricambiava i miei sentimenti, anche se avrei dovuto rinunciare a lui per sempre. Non potevo nemmeno lontanamente immaginare di vivere con quel rimpianto. Così gli feci recapitare un biglietto, tramite il nostro monaco di fiducia, e gli diedi appuntamento proprio lì, la notte prima della partenza”.
 
La donna si zittì di nuovo, e sembrava proprio che non ci fosse nient’altro da aggiungere, che avesse terminato il suo racconto, i due sweeper si guardarono interrogativamente, entrambi non osavano chiedere come era finita fra i due, perché gli sembrava di essere tremendamente indelicati.
Ryo diede una leggera sgomitata alla socia, affinché dicesse qualcosa, lui non era bravo con le parole e quella era una situazione in cui era richiesto molto tatto, Kaori si voltò verso il socio e lui la incoraggiò con un cenno della testa, la ragazza pensò ironicamente:
“Sempre a me scarica le patate bollenti!”.
Si schiarì la voce e iniziò dicendo:
“Emmm emmm …dunque cara nonnina…ma noi…dopo tutti questi anni…insomma…”.
E iniziò a tormentarsi le mani, a quel punto Ryo venne in suo aiuto:
“Sì signora Kitsune, cosa dovremmo fare?”
“Semplice! Dovrete aiutarmi a ritrovare Tagomi!”.
Esclamò con un sorriso radioso.
 
Per poco i due soci non si capottarono dal divano.
Ma si ripresero all’istante e assumendo una posa professionale, Kaori disse:
“Bene, allora dovrà darci più informazioni possibili, dove abitava, il suo cognome, immagino che non abbia una foto recente con sé e comunque dopo tutti questi anni…”
“Oh ma io ho tutto qui nella mia testa! Mi basterà fare un giro per il mio vecchio quartiere, nei luoghi che frequentavamo entrambi e di sicuro quando lo vedrò saprò riconoscerlo!”.
Rispose decisa.
 
Uno stormo di libellule passò danzando sopra di loro, fino a schiantarsi sulla testa dei due soci, con doppio avvitamento carpiato.
 
Va bene che i due sweeper erano riusciti a risolvere anche i casi più disperati e disparati, ma qui dovevano affidarsi ai soli ricordi di una vecchina di quanti anni? 80, 90?
Ma non solo, come avrebbe fatto lei a riconoscere in un uomo anziano al par suo, il giovane di cui era innamorata?
E se lui si fosse trasferito nel frattempo, o peggio morto?
Se fosse in un ospizio, senza memoria?
Certo sarebbe bastata una telefonata a Saeko per sapere dell’effettiva esistenza del tipo, ma per il resto?
Come leggendo nei pensieri dei due ragazzi, la vecchina si affrettò ad aggiungere:
“Ah dimenticavo, di lui so solo il nome Tagomi, perché all’epoca essendo orfano non aveva famiglia né cognome. Inoltre il nome gli era stato imposto dai monaci delle montagne che l’avevano raccolto quindi…era un po’ come se non esistesse ufficialmente”.
E detto questo sorrise soddisfatta, socchiudendo gli occhietti e congiungendo le mani.
 
Ryo deglutì a fatica.
Ma la vecchina non lasciò troppo spazio ad ulteriori speculazioni perché chiese d’improvviso:
“Allora accettate il caso?”.
Kaori stava per rispondere affermativamente, era stata completamente assorbita da quella triste storia d’amore, però temeva ancora una volta che il socio si tirasse indietro, lo guardò in tralice, ma lui sfoggiava il suo solito sguardo enigmatico.
Però si accorse dell’occhiata della socia e rispose con un’altra domanda:
“In pratica si tratta di andarcene in giro per Tokyo, nel suo vecchio quartiere, con la speranza che lei riconosca nei passanti e nei residenti il suo antico amore?”.
Kaori tratteneva il respiro, la storia l’intrigava certo, ma capiva le difficoltà che gli si presentavano, allo stesso tempo avevano un disperato bisogno di quei soldi, il suo partner aveva detto che avrebbe accettato, però quello si stava rivelando un caso strano, al limite dell’impossibile…non sapeva più cosa pensare.
La donnina rispose:
“Esatto! Però io ho completa fiducia in voi e so che farete anche l’impossibile per aiutarmi. Immagino che state avendo delle perplessità in questo momento, ma sono disposta a pagarvi il dovuto anche se dovessimo fallire nell’impresa… è passato così tanto tempo… vi capisco”.
Quelle parole rassicurarono i due e Ryo rispose:
“Allora sia, accettiamo”.
 
Kaori espirò rumorosamente, ma non fece in tempo a rilassarsi che il socio aggiunse:
“Visto che è un caso non troppo pericoloso, direi che può bastare uno solo di noi due, e propongo che sia Kaori a occuparsene da sola”.
La ragazza trasalì a quell’uscita, ma all’iniziale stupore si sostituirono la rabbia e il risentimento.
Dicendo in quel modo, Ryo non stava ammettendo che la socia era in grado di risolvere il caso da sola perché era una sweeper in gamba, no, voleva semplicemente liberarsi di lei, per poter fare i suoi porci comodi e passare magari la giornata stravaccato sul divano.
Immaginava che tutta quella storia gli era già venuta a noia, e conoscendo la sua indole poco romantica, sospettava che la ritenesse solo un’enorme perdita di tempo.
Stava per affrontarlo, con uno dei suoi soliti energici scoppi di ira, era già sul piede di guerra, e inconsciamente si era rimboccata pure le maniche, quando fu bloccata dalla vocina soave della vecchina che disse:
“Se non le dispiace vorrei che entrambi lavoraste al caso, sono disposta a pagare un extra se è necessario. Ho bisogno di tutti e due. Mi sentirò più sicura e, ripeto, i soldi non sono un problema”.
 
Kaori a quelle parole si sgonfiò come un palloncino e non seppe più cosa dire.
Ryo non si sentiva di ribattere alle condizioni della nonnina, e dovette ammettere che non gli si chiedeva niente di eccezionale, al massimo si sarebbe annoiato a morte dietro quelle due romanticone, che avrebbero ripercorso la via dei ricordi di quella più anziana.
In fondo si trattava di fare un giro turistico della città… visto mai che gli sarebbe capitato di incontrare qualche bella donna a cui magari strappare un appuntamento??
E allora perché no?
Inoltre non gli era sfuggita la reazione di Kaori, se avesse insistito per non andare avrebbe passato dei guai con la socia, altri inutili strepiti.
Sospirò.
Si ricordò poi dello sguardo implorante con cui l’aveva pregato, e di quel bacio furtivo che gli aveva regalato senza pensarci, e istintivamente andò a posare la mano sulla guancia, come se glielo avesse appena dato.
Niente, era in trappola, doveva andare con quelle due!
 
“Bene, allora è deciso. Domani inizieremo le indagini.”.
 
Passarono il resto della serata a chiacchierare allegramente, poi ad un certo punto la nonnina disse:
“Comunque non crediate, io poi ho avuto una vita felice, sapete? Mi sono sposata per amore…. e credo che anche voi ne sappiate qualcosa, no?”.
E lanciò un sorrisino malizioso ai suoi due ospiti.
Kaori divenne rossa come un peperone e sprofondò fra i cuscini del divano, Ryo ridacchiò nervosamente, e di fronte a quella loro reazione la donnina commentò:
“Oh come siete teneri!! Ancora v’imbarazzate per queste cose, siete adorabili!”.
E accarezzò la mano di Kaori che era seduta accanto a lei peggiorando la situazione, poi però riprese:
“Sì, mi sono sposata per amore, e lui è stato l’amore della mia vita, abbiamo condotto una vita serena e appagante, allietata da due meravigliosi bambini, ora adulti, che ci hanno dato tante soddisfazioni. Non mi pento delle scelte che ho fatto. Nessuno di noi dovrebbe farlo. Non si può vivere di rimpianti”.
E li guardò con occhi penetranti: attraverso quelle due fessure gli occhietti brillavano di uno strano ardore e i due provarono ciascuno un brivido freddo scivolargli lungo la schiena.
Si sentirono…giudicati.
Ryo rispose:
“Ha ragione cara nonnina Kitsune, ma non sempre la vita ti mette nelle condizioni di fare le scelte giuste, a volte si prendono delle decisioni che sembravano buone all’inizio, e poi magari si sono rivelate sbagliate… non è sempre così semplice”
“Verissimo, ma credo che lei sappia, molto meglio di me, che a volte il destino ce lo creiamo noi, con le nostre mani…io l’ho imparato a mie spese… e comunque si può sempre riparare agli errori fatti”.
 
Era uno strano duello verbale quello fra i due, come se entrambi dicessero altro rispetto a ciò che pensavano realmente.
Kaori li ascoltava interessata, però non capiva bene dove volessero andare a parare, sembrava un dialogo pieno di sottintesi, ma per lei era già difficile decifrare Ryo, e non aveva nessuna intenzione di lanciarsi alla scoperta del pianeta Kitsune, almeno non per quella sera così ricca di intense emozioni.
Sospirò, e così facendo attirò su di sé l’attenzione della vecchina che, prendendole la mano sinistra osservò:
“Oh mia cara, ma lei non porta la fede!”.
Kaori per poco non svenne.
Doveva inventarsi qualcosa al più presto!
Pur in preda all’imbarazzo, fu presa da un’illuminazione improvvisa e rispose:
“Ah è vero, ma sa l’ho portata dall’orafo a far restringere che era troppo larga e rischiavo di perderla. Non sia mai che perda l’anello che mi ha messo al dito il mio amato Ryo”.
E condì il tutto con un rossore appena accennato.
Si complimentò con sé stessa per quell’exploit recitativo, ma il meglio lo diede quando aggiunse:
“Invece Ryo non la porta perché altrimenti potrebbe intralciarlo quando è costretto ad impugnare la pistola con la sinistra… stiamo pensando di infilarla in una catenina da portare al collo”
E sta volta si voltò verso di lui, che le sorrise divertito: era bravissima anche quando inventava le cose di sana pianta, trovava sempre una soluzione, le fece l’occhietto e Kaori arrossì ancora di più.

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Capitolo 3
*** Bombe, rivelazioni e altre amenità ***


Ho notato che la nonnina vi è piaciuta parecchio, eh???!!!!
Mette un po’ di pepe nella vita così “noiosa” dei nostri sweepers preferiti ;-)
Ma come già detto…siamo solo all’inizio!
Buona lettura e GRAZIE a tutti!!
Ele



Cap. 3 Bombe, rivelazioni e altre amenità
 
Quella vecchina era adorabile e la sua compagnia era rilassante per la maggior parte del tempo, tranne quando all’improvviso, proprio quando meno se lo aspettavano, se ne usciva con quelle sue domande, più che legittime, ma totalmente spiazzanti per quei due innamorati senza speranza.
Finora era andata abbastanza bene, ed erano riusciti alla meno peggio a districarsi fra quelle osservazioni insidiose, ma i discorsi stavano prendendo una piega un po’ troppo scomoda per i due sweepers.
Il peggio però doveva ancora arrivare, perché la donna tornò all’attacco:
“Piuttosto, da quant’è che siete sposati? Immagino che vorrete dei figli no?”.
 
Se Umibozu si fosse presentato lì nel salotto, e avesse lanciato una delle sue micidiali bombe a mano, avrebbe fatto sicuramente meno danni.
Quella domanda, gettata lì così, quasi per caso, fu come un’esplosione, i due caddero riversi a terra, mentre uno stuolo di corvi neri volteggiavano sulle loro teste berciando.
La donnina stupita e dispiaciuta insieme, per la reazione esagerata dei suoi ospiti si affrettò a dire:
“Oh mi dispiace, sono stata davvero inopportuna, scusate, sono questioni troppo delicate ed intime da poter discutere con un’estranea come me!”.
Ma Kaori, ripresasi la rassicurò:
“No-non si preoccupi…è che ancora…non ci avevamo mai pensato, seriamente… sa la nostra vita è abbastanza pericolosa, e insomma….essere genitori è una grande responsabilità”.
La ragazza pensava di aver così risposto per entrambi alla scomoda domanda della nonnina, ma Ryo inaspettatamente prese la parola e aggiunse:
“Kaori ha ragione, ma io credo che lei sarà comunque una madre meravigliosa. E’ paziente e amorosa con tutti, dovrebbe proprio vederla quando andiamo a trovare i bambini dell’orfanotrofio, sono così contenti di vederla, che non le danno nemmeno il tempo di scendere dalla macchina, che già le saltano addosso, quelle piccole pesti. E lei ha un sorriso e una carezza per tutti. Con i bambini ci sa davvero fare…e anche con gli adulti, soprattutto se si trovano in difficoltà. Nella vita, e a maggior ragione nel nostro lavoro, è importante avere queste doti. E’ così dolce che i suoi figli saranno fortunati ad averla come mamma e lei …be’ se lo merita di poterlo essere un giorno.”.
Kaori profondamente stupita e commossa da quelle parole, si girò lentamente in direzione di quell’uomo che tanto contava nella sua vita, voleva credere con tutta sé stessa che lui stesse dicendo la verità, ma aveva paura di guardarlo in faccia e scoprire che, invece, stava solamente recitando la parte del marito affettuoso.
Lui però non aveva il consueto atteggiamento freddo e distaccato, e nemmeno sembrava sul punto di scoppiare a ridere, dopo aver detto una fesseria.
Anzi pareva essersi totalmente perso in quelle riflessioni, e sentendosi osservato dall’oggetto dei suoi elogi, si riscosse.
Lo sweeper non capiva come avesse potuto rivelare quei suoi pensieri, così personali e intimi, con tanta facilità, di fronte ad un’estranea per giunta e soprattutto di fronte a lei.
Che strano effetto che gli faceva quella vecchina, aveva il potere di metterlo completamente a suo agio, tanto da farlo sbottonare su questioni delicate e spinose, e subito dopo in imbarazzo con certe domande.
Ad ogni modo quando Ryo si voltò, incontrò lo sguardo commosso della sua collega, così tanto turbata dalle sue parole, che poteva leggerle in viso un misto di sentimenti: gratitudine e amore sicuramente, ma anche timore di una possibile delusione, stupore, e molto altro ancora.
Lui ne rimase profondamente colpito e intenerito, e a sua volta a disagio, si strinse nelle spalle come a confermare una cosa ovvia e le indirizzò un timido sorriso.
 
Kaori allora si sentì presa da un’ispirazione improvvisa e fattasi coraggio disse:
“Anche Ryo credo che sarà un buon padre. Entrambi siamo orfani, è vero, però io ho goduto, seppur per breve tempo, del calore di una vera famiglia, ho avuto un fratello accanto, mentre a lui non è toccata la mia stessa fortuna. Ma proprio per questo, penso che sarà un padre fantastico, perché sa di quanto amore ha bisogno un bambino. L’ho visto all’opera quando ci siamo occupati della piccola Shiori, era così paziente e tenero con lei…e anche quando viene con me dai bimbi dell’orfanotrofio, si diverte come un matto con loro. Lo adorano. Fa tanto la parte del duro, ma so che sotto sotto ha un cuore d’oro, e soprattutto… tanto amore da dare. Vorrei che provasse un giorno la gioia di essere padre”.
E tacque guardandolo intensamente.
Non aveva provato nessun tipo di vergogna nel dire quelle cose, perché ne era profondamente convinta, ed era la prima volta che aveva la possibilità di esprimerle ad alta voce.
Lei amava quell’uomo così strano, chiuso in sé stesso, enigmatico, scontroso a volte, quell’uomo che aveva paura dei suoi stessi sentimenti, e di ammettere che amare non era una debolezza, ma la forza che fa andare avanti il mondo.
Lei conosceva la sua vera natura, la sua umanità, era la sola che conoscesse Ryo Saeba, più di quanto lui conoscesse se stesso, e pazientemente aspettava che anche lui si accettasse per quello che era, cioè un uomo meraviglioso che poteva ancora sperare ed essere felice…magari con lei.
Tutto questo esprimeva lo sguardo carico d’amore che Kaori in quel momento gli stava regalando, come a dar maggiore rinforzo a ciò che aveva appena detto, come a volerglielo comunicare, solo così, guardandolo.
Ryo a sua volta l’osservava stupito e la sua espressione sembrava quella di un cucciolo smarrito.
Mai avrebbe creduto che qualcuno potesse pensare questo di lui, che lo ritenesse un essere degno di poter diventare un padre, di mettere al mondo ed educare un altro essere umano, lui che era un reietto, un assassino, un uomo che sfidava la morte ogni giorno, che aveva vissuto in quell’inferno sulla terra, che non si aspettava mai nulla dagli altri, se non un tornaconto immediato, che non credeva nell’amore, né tantomeno negli uomini.
Lui non aveva un cuore…o meglio lui non credeva di averlo finché non l’aveva conosciuta, lei, Kaori, che insieme a suo fratello, il suo migliore amico Makimura, gli avevano insegnato che si può sempre sperare in un domani migliore.
Tutti quegli anni vissuti accanto a lei lo avevano profondamente cambiato, e se ne accorgeva solo adesso, perché per la prima volta desiderò ardentemente di essere quell’uomo fantastico che lei aveva appena descritto, non per sé stesso, ma per lei, per poterle piacere.
Era sicuro che lei non stesse recitando la parte della mogliettina innamorata, perché che lo amasse lo sapeva già da tanto tempo.
Però…
Possibile che lei avesse una tale stima di lui, nonostante si fosse sempre impegnato ad apparire come un perfetto buono a nulla, uno scansafatiche, un maniaco e un pervertito?
Come aveva fatto a vedere al di là delle maschere che ogni giorno indossava?
Come faceva lei a sapere che lui era anche così?
Guardandola con tutto l’amore che provava, si rese conto che quella che aveva accanto era una donna magnifica, e lui era stato l’uomo più fortunato del mondo ad averla incontrata, doveva ringraziare mille volte Hide per avergliela affidata.
Riuscì soltanto a dirle:
“Grazie”.
 
La nonnina deliziata, si gustava quel magico momento.
Tacque per non rovinare l’atmosfera.
Però poco prima che calasse un silenzio imbarazzante sui tre, proruppe con un:
“Be’ che la signora Saeba è una persona cordiale e dolce me ne ero già accorta, appena mi sono presentata alla vostra porta. La sua presenza da’ un tocco speciale a questa casa, si respira amore qui, credo che vi amiate molto voi due, no??”.
 
Booooommmm!!
Un’altra bomba.
Kaori pensò che se non fosse finita al più presto quella strana serata, le sarebbero saltate le coronarie.
Troppe forti emozioni tutte in una volta.
Ryo non era da meno, non faceva che cadere preda dei sudori freddi ogni volta che la vecchina apriva bocca, e gli sembrava di essere seduto sui carboni ardenti.
Avrebbe preferito mille volte trovarsi nel bel mezzo di una sparatoria con i peggiori criminali del mondo piuttosto che restarsene lì a subire quel fuoco di fila di domande innocenti.
Quella era la situazione più stramba che i due sweeper si fossero mai trovati ad affrontare, e quella era indubbiamente la cliente più originale che gli fosse mai capitata, all’apparenza così ingenua e svagata, ma letale come un killer silenzioso.
 
Poco dopo la vecchina saltò su dicendo:
“Oh si è fatto tardi ed è ora di andare a dormire. Che sbadata però, era tanta la fretta di incontrarvi che mi sono dimenticata di prenotare una stanza in un hotel. Sareste così gentili da accompagnarmi in un buon albergo, se non vi dispiace? Addebitate pure il servizio sull’onorario”.
Ryo, ansioso di mettere fine a quella serata assai bislacca, si fece ossequioso e servizievole e rispose di getto:
“Ma nonnina, dove vuole andare a quest’ora della notte! Ovvio sarà nostra ospite, e poi è la regola, le clienti vengono sempre a stare da noi per la durata dell’incarico”
“Veramente? Magnifico! Sto così bene con voi due che mi pare di essere a casa con i miei amati nipoti”
“Nonnina vado a prendere la sua valigia che è rimasta nell’ingresso”
“Oh caro non ce n’è bisogno, faccio da me! Sono vecchia ma ho ancora delle braccia sane e robuste” e ridacchiò andandosene.
L’unica che non aveva proferito parola era Kaori che appena la donnina si fu allontanata, prese in disparte il socio e gli disse:
“Senti un po’….e così la cliente dovrebbe dormire in casa con noi?”
“Certo, è la regola no? Non avrai paura che le faccia una visita notturna?? Per stanotte puoi stare tranquilla, non è di sicuro il mio tipo” e scoppiò a ridere sguaiatamente, ma Kaori gli assestò un bello scappellotto, e disse:
“Idiota! Ti sei dimenticato che di solito io dormo con le clienti?? Che la mia e quella degli ospiti sono la stessa stanza? Lei crede che siamo sposati, come faccio a spiegarle che in realtà non dormo con te??”
“Ops! non ci avevo pensato…”
“Perché sei sempre il solito…e adesso come facciamo??”
Ma non poterono proseguire oltre che la vecchina era già rientrata e tutta euforica disse:
“Allora dove dormo?”.
I due sweeper si guardarono, era comunque fuori discussione che la facessero dormire sul divano, alla sua età per giunta.
Stavano indugiando oltre e la nonnina iniziò a dire che non voleva creargli problemi quando Kaori con un sorriso le andò incontro dicendole:
“Venga, le mostro la casa e la camera degli ospiti”
“Oh dolce signora Saeba, lei è un angelo”.
Dentro di sé però la ragazza pensava:
“Sì, come no? Direi più un diavolo dell’inferno… se lo prendo a quel cretino!”. E passando davanti a Ryo gli lanciò uno sguardo che non lasciava presagire niente di buono, della serie dopo facciamo i conti.
Ryo ridacchiò nervosamente e si grattò la testa a disagio.
 
Quando tornò in soggiorno si parò davanti al socio con le braccia conserte e gli disse:
“Ed ora sapientone come risolviamo il problema?”
“Be’, dai non è la prima volta che dormiamo insieme… in qualche modo faremo”
“Oh sì certo, e ogni volta hai fatto sempre un sacco di storie su lasciarmi il letto, su come fare per dividercelo e tutto il resto, se credi che stavolta… ”
Ma Ryo, che voleva rimediare in qualche modo alla sciocchezza fatta, l’interruppe:
“Per farmi perdonare dormirò io nel divano della mia stanza, ti lascerò il mio letto senza protestare” e assunse un atteggiamento serafico.
“Sei proprio sicuro? Non è che dietro c’è la fregatura?” e gli lanciò uno sguardo inquisitorio, aggrottando le sopracciglia, ma il suo socio non si scompose.
“Mmmm be’…vedremo”.
 
Nel frattempo i due sweeper erano arrivati davanti alla porta della camera di Ryo e vi stavano per entrare, quando ricomparve all’improvviso alle loro spalle la nonnina, e trasalirono sentendo la sua voce dire:
“Allora ragazzi vi do la buona notte eh? Ci vediamo domani mattina” e producendosi in un inchino, sorrise e se ne andò.
“Accidenti!! Ed ora come faccio??” proruppe la ragazza.
“Che c’è ancora?” rispose Ryo leggermente esasperato.
“C’è che non ho fatto in tempo a prendere la mia roba dalla mia stanza!! Non ho nemmeno un pigiama….maledizione avrei dovuto pensarci e sgattaiolare in camera mia quando la nonnina era in bagno… uffaaaa” e si lasciò cadere stancamente sul letto.
Poi si ritirò su di scatto e iniziò a frugare nell’armadio del socio.
“Ehi che stai facendo?” chiese indispettito lui.
“Secondo te? Sto cercando qualcosa di tuo che vada bene come, come…camicia da notte. Non posso di certo mettere uno dei tuoi pigiama… tra l’altro dovresti averne qualcuno da qualche parte… ma già tanto tu non li usi mai!”
E voltandosi verso di lui e puntandogli il dito con aria truce, lo minacciò:
“E stanotte non ti azzardare a dormire nudo!”.
Ryo deglutì a fatica.
“Cer-certo”.
La socia era così arrabbiata che gli faceva quasi paura, però non capiva bene perché fosse così sconvolta.
 
Kaori in realtà nascondeva il suo profondo disagio sotto la maschera della rabbia.
Tutta quella serata l’aveva snervata, fra fingere di essere la moglie di Ryo, e poi ascoltare quelle sue parole e illudersi che fossero vere, e quelle domande semplici ma impertinenti della Signora Kitsune…. già, ma ora anche lei era una signora, niente meno che la signora Saeba, sbuffò con la testa completamente dentro l’armadio.
Aveva pregato il suo socio di accettare l’incarico per via dei soldi, e l’aveva convinto a recitare la commedia, per poi scoprire che a non esserne in grado era proprio lei.
Forse non era stata una buona idea…tutta quella storia era, era…pericolosa!
Ed ora doveva dormire con Ryo, come avrebbe fatto??
Si bloccò di scatto e profondamente irritata esclamò:
“Eppure ci dovrebbe essere qualcosa no? Conosco i tuoi vestiti a memoria, chi li lava e li stira se non io??”.
 
Ryo aveva finalmente capito che tutto quel nervosismo non era dovuto all’inconveniente di dover dormire con lui, e soprattutto senza neanche uno di quei suoi adorati pigiamoni; anche lui non ne era uscito benissimo da quella serata, tante cose erano state dette, alcune erano scappate senza preavviso dalla prigione in cui lui le aveva nascoste, altre non avrebbe mai immaginato di poterle udire, nemmeno da lei.
Non era abituato a gestire certi sentimenti, ma pur sentendo dentro di sé un rimescolio stano ed inquietante, era inspiegabilmente felice.
Si avvicinò alla socia, sperando di riuscire a calmarla, non avrebbe voluto in nessun modo peggiorare la situazione.
Le mise una mano sulla spalla e Kaori sussultò.
Si voltò a guardarlo ancora con gli occhi offuscati dalla stizza, ma appena vide lo sguardo benevolo del socio, il suo umore si stemperò e finì per sorridere.
Non riusciva comunque a rimanere arrabbiata troppo a lungo, nemmeno con lui.
Anche Ryo le sorrise e disse:
“Dai Sugar, troveremo qualcosa da farti indossare”.
E senza perdere tempo si mise a cercare anche lui, per poi riemergere trionfante dal guardaroba con una camicia piegata in mano, gliela porse e lei la prese con mani tremanti.
L’aveva riconosciuta come quella che lei gli aveva regalato tanti anni prima, quando ancora Maki era vivo e lui si presentava a casa loro sempre con i soliti vestiti stazzonati e sgualciti.
Gliel’aveva comprata perché si cambiasse di abito una volta tanto, era stato un regalo senza importanza, ma poi non gliel’aveva mai vista indosso.
Erano passati tanti anni ormai, troppe cose erano successe e lei se ne era completamente dimenticata.
Lo guardò interrogativamente e poi sfilandola dal cellofan gli chiese:
“L’hai tenuta?”
“Sì, era il regalo di una persona a me molto cara”
“E perché non l’hai mai messa allora? Di’ la verità, non ti era piaciuta, vero?” finì in tono ironico, ma Ryo rispose:
“Perché temevo che si rovinasse… non volevo che qualche pallottola finisse per bucarla ….” e sorrise a disagio.
Kaori annuì arrossendo.
 
Poi Ryo spense la luce centrale della stanza, non prima di aver acceso l’abat-à-jour sul comodino.
Approfittò della penombra per spogliarsi, non era sua intenzione mettere troppo a disagio la sua socia, come se non l’avesse mai visto nudo o quasi, e si infilò velocemente sotto la coperta stesa sul divano, si sistemò il cuscino sotto la testa e vi incrociò entrambe le braccia.
Kaori non si sentiva ancora completamente a suo agio, ed era fuori discussione di andare a cambiarsi in bagno, col rischio di incontrare la nonnina che le avrebbe fatto un sacco di domande sulla sua mise da notte, non voleva svestirsi davanti a Ryo però, e non sapeva come fare, era ancora lì, titubante, in piedi davanti all’armadio chiuso.
Lui vedendo che non si decideva propose:
“Apri tutte e due le ante dell’armadio così ti sembrerà di essere dentro un camerino”.
Kaori fece come gli aveva suggerito il socio, non sospettando minimamente che lui così sarebbe riuscito a vederla benissimo, riflessa in entrambi gli specchi degli sportelli.
Lei, troppo presa dalla vergogna, non se ne accorse e Ryo poté godersi la scena della sua seducente socia, che si toglieva i vestiti in maniera più impacciata del solito.
Ma era uno spettacolo dei più affascinanti, che non valeva lo spogliarello più hot di tutti night del quartiere, e non si pentì affatto di quel suo piccolo stratagemma.
Vedere la sua Kaori spogliarsi in camera sua, per prepararsi ad andare a letto, nel suo letto, era una situazione che lo faceva immaginare ben altri scenari, e ben altre conclusioni, molto lontane dalla realtà di quel momento.
Sorrise soddisfatto fra sé e sé.
 
Infilata la camicia, Kaori si rimirò un attimo allo specchio, ovviamente le andava un po’ larga, ma pensò che le stesse benissimo, certo sotto sotto avrebbe preferito che fosse una camicia di Ryo, che lui l’avesse già indossata, ma anche quella aveva il suo valore intrinseco: era un suo regalo e lui l’aveva conservata gelosamente per tutti quegli anni, poteva ritenersi soddisfatta lo stesso.
Lisciandosi delle pieghe immaginarie, con un sospiro si voltò finalmente verso il letto, Ryo distolse lo sguardo ostentando indifferenza.
In realtà non si sarebbe mai stancato di guardarla, così bella con la sua camicia, che le arrivava sì e no alle cosce, lasciando scoperte quelle sue lunghissime gambe.
Per non parlare dei suoi piedini minuti; camminava scalza sulle punte, come a non voler far rumore, sembrava un folletto uscito dal bosco, ed era lì davanti a lui, nella sua stanza.
Il suo amichetto aveva già dato chiari segni di apprezzamento e lui stava facendo i salti mortali perché non si notasse, da sotto la coperta leggera.
La ragazza entrò nel letto e spense la lampada.
La stanza ora era rischiarata dalla luce soffusa dei lampioni giù in strada, il traffico era rallentato, e la notte stava lentamente avanzando sulla città.
Uno spicchio di luna faceva capolino dalla finestra e timide stelle s’intravvedevano qua e là.
Il silenzio cadde nella stanza.

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Capitolo 4
*** Un letto condiviso ***


Ragazze che dire? Grazie che continuate a seguirmi e a commentare nonostante sia estate ed avrete sicuramente di meglio da fare ^_^
Siete pronte per un po’ di zucchero?
Eccovi servite!
Grazie
Ele



Cap. 4 Un letto condiviso
 
Era così strano dormire insieme, nella stessa camera, senza litigare e azzuffarsi!
Però Kaori si rigirava nel letto, e non riusciva a trovare la posizione giusta, così Ryo sentendo che si agitava, le chiese:
“Cosa c’è, non riesci a dormire? Forse ti da fastidio la camicia? Perché non te la togli direttamente? hi hi hi hi hi hi” ridacchiò.
“Idiota!” e si nascose imbarazzata sotto le lenzuola, anche se lui non poteva vederla comunque, ma Ryo non aveva intenzione di demordere, voleva stuzzicarla ancora un altro po’:
“Dai che vuoi che sia! Di cosa hai paura… ”
“Sì sì lo so che non mi salteresti comunque addosso, che sono l’unica che non ti eccita ecc ecc ecc” lo interruppe sbuffando infastidita.
“E dai, stavo solo scherzando… e poi non è per quello…io lo dicevo per te…sapessi come si sta bene senza vestiti…”
“…e senza pudore, come te!” concluse irritata.
 
Silenzio.
 
Kaori alla fine si era distesa sul fianco, e così poteva intravedere la sagoma del socio, sdraiato sulla schiena, nel divano lungo la parete; anche lui si era posizionato in maniera tale da poterla vedere seppur da lontano. Idealmente erano uno di fronte all’altra.
Timidamente la ragazza chiese:
“Ryo? … sei sveglio?”
“Mmmmm”
“…”
“Che c’è?” disse lui quasi sussurrando, con un’insolita intonazione dolce nella voce.
“Pensavo… secondo te, come sarà andata a finire fra la nonnina e Tagomi? Intendo quella notte, quando si sono finalmente incontrati e parlati…”
“Mah, chi lo sa?”
“Lei non ci ha raccontato altro… però ha detto che poi è stata felice…insomma che s’è sposata per amore, quindi alla fine è riuscita a dimenticarlo…senza rimpianti…”
“Ti stai chiedendo perché dopo tutti questi anni voglia ritrovarlo?”
“Già… non ci ha detto nemmeno se è vedova…cioè…che senso ha?”
“Che vuoi che ti dica? Forse ora che è diventata anziana, si è fatta prendere dalla nostalgia dei bei tempi passati e vuole solo fare un tuffo nei ricordi seguendo le tracce del suo antico amore…”
“Hai ragione… però, però… io penso che sia una bellissima storia d’amore, anche se molto triste, no?”
“Bah, io credo che a volte bisognerebbe lasciarci alle spalle il passato, perché tanto non si può tornare indietro e le cose belle non ritornano più”
“A chi lo dici…” sospirò la ragazza, e lui poté coglierci una nota triste.
“Scusa, non volevo rattristarti”
“Non fa niente…tranquillo”.
 
Nel buio potevano permettersi di parlare più liberamente di tante altre volte, era decisamente più facile perché non potevano vedersi bene in viso e si sentivano protetti, e poi c’era quell’atmosfera così intima, così complice…erano rilassati.
Bisbigliavano quasi e si concentravano solo sull’amata voce dell’altro.
Le pause e i silenzi non erano più pesanti come macigni.
Dopo un attimo di silenzio Kaori riprese:
“Ryo volevo ringraziarti..”
“E per che cosa?”
“Perché hai accettato il caso e perché….hai recitato bene la parte del-del marito felice…” quasi s’impappinò la ragazza.
“Non c’è di che, socia. In fondo siamo pur sempre una coppia e dobbiamo lavorare al meglio, insieme siamo City Hunter, no?”.
Rispose con una nota di orgoglio, cercando alla sua maniera di mascherare l’imbarazzo. Non era abituato ad aprirsi così tanto, però allo stesso tempo non voleva rovinare quel magico momento che stavano vivendo.
 “Comunque quello che ho detto di te e dell’essere madre…be’ lo penso veramente”.
Aggiunse subito dopo, stupendosi lui per primo di ciò che si era lasciato sfuggire e pentendosene quando ormai era troppo tardi.
A quel punto Kaori stupita esclamò:
“Sul serio????”.
E Ryo poté percepire il cambiamento dell’aura di Kaori, che si fece dolce e piena d’amore, espandendosi; si sprigionava dalla sua amata socia e giungeva fino a lui, l’avvolgeva come in un abbraccio, per poi scendere nell’anima e scaldargli il cuore.
Era una sensazione stranissima che lo turbava enormemente, ma era bellissimo lasciarsene pervadere.
Kaori riprese:
“Nemmeno io fingevo quando parlavo di te e del fatto che saresti un ottimo padre, io vorrei veramente…”.
Ma non poté finire la frase che Ryo quasi urlò:
“Pericolo!”
Kaori riuscì a dire soltanto:
“Ryo? Ma-ma che succede??” che lo sweeper, afferrato il cuscino e la coperta, era già schizzato via dal divano, per precipitarsi sotto le coperte accanto alla socia.
Poi sussurrandole all’orecchio:
“Non dire una parola e fai finta di dormire”.
Per poco Kaori non svenne dall’intensità dell’emozione che provò sentendo la sua voce così vicina, calda e carezzevole.
Ora entrambi erano distesi su un fianco, uno davanti all’altra e Ryo le aveva messo un braccio sulla spalla attirandola a sé.
Un secondo dopo, si spalancò la porta e quasi contemporaneamente si accese la luce.
“Ops! Ma questa è la camera dei ragazzi!!! Credo proprio di aver fatto confusione. Per fortuna non li ho svegliati… oh guardateli come sono teneri, dormono perfino abbracciati.”.
Era la nonnina, che infine spense la luce e tolse il disturbo, decisamente meno rumorosamente di come era entrata.
Ryo aveva percepito la sua presenza una frazione di secondo prima che entrasse e li sorprendesse… non a letto insieme.
 
Appena se ne fu andata, i due rimasero comunque in silenzio col fiato sospeso. Poi dopo un po’ Kaori si azzardò a sussurrare al socio:
“Se n’è andata?”
“Credo di sì, non percepisco più la sua aura”
“Giusto in tempo! Se ci avesse sorpreso a dormire da soli come minimo avrebbe pensato che eravamo nel bel mezzo di una crisi matrimoniale” e le venne da ridacchiare.
Continuavano però a rimanere abbracciati, e sembrava che nessuno dei due avesse fretta di liberarsi dalla stretta dell’altro.
Poi Kaori, in un bisbiglio suggerì:
“Forse è il caso che vada a vedere dove è finita la nonnina, senza farmi accorgere. Non mi va che giri così per casa nostra…cioè è un ambiente nuovo per lei, è anziana, e forse non è abituata a dormire fuori, magari si sente disorientata…”
“Secondo me ti preoccupi troppo, ma se ti fa star tranquilla… vai pure” le sussurrò ad un palmo dal viso.
Ancora quel brivido caldo.
Kaori pensò:
“Devo scappare da qui…oddio come farò a dormire con lui??”.
Si mosse per scivolare dalle braccia di Ryo, che lentamente la lasciò andare.
Kaori sgusciò fuori dal letto, senza accendere la luce, ma quando aprì la porta, quella rimasta accesa nel corridoio, illuminò la sua magnifica silhouette nel riquadro dell’entrata.
Ryo che non si era perso un movimento della sua socia, ammirò quel corpo armonioso, stagliato nel chiaroscuro e poté indovinarne le curve perfette sotto la sua camicia.
Sospirò.
Se prima aveva tenuto da conto quel capo di vestiario perché era un suo regalo e non voleva sciuparlo, ora non l’avrebbe nemmeno più lavato, perche era stato indossato proprio da lei e ne avrebbe conservato il profumo.
 
Poco dopo Kaori tornò soddisfatta dal suo giro di perlustrazione, spense anche la luce del corridoio e aspettò che i suoi occhi si abituassero all’oscurità della stanza, prima di provare ad avventurarsi verso il letto.
Il socio era ancora lì, si era addormentato con un braccio proteso nel posto in cui prima stava lei.
Dannazione ed ora?
Come avrebbe fatto?
Se fosse entrata nel letto, sarebbe finita per distendersi sul braccio del partner, oppure avrebbe dovuto toglierlo di peso, o peggio svegliarlo per dirgli cosa?
Che doveva andarsene?
Si sentiva anche un po’ in colpa, in fondo quello era il suo letto.
Avanzò lentamente, quasi tentoni, e più si avvicinava e più percepiva il respiro regolare e profondo del partner, e quando fu vicinissima al letto, lo sentì mugugnare nel sonno, ma erano parole inintelligibili, si chinò allora verso di lui per capire meglio.
Da quella distanza riusciva anche ad intravederne il bel viso disteso e sereno, stava sorridendo e lo sentì pronunciare chiaramente il suo nome…. stava forse sognando di lei???
Fu presa da un’emozione indicibile.
Apparentemente non era il solito sogno da maniaco, e a meno che non le stesse facendo uno scherzo, e già si preparava a vederselo saltare su e sghignazzare, lui sembrava profondamente addormentato e…sognava lei.
Sentì di non potersi più trattenere, voleva sentire ancora il suo calore addosso, voleva ancora che lui le parlasse come aveva fatto prima, voleva, voleva…dormire con lui.
Scostò le coperte e vi s’infilò sotto, e con lenti movimenti del corpo gli si avvicinò, prese delicatamente il suo braccio e lo spostò per trovare spazio, lui sospirando si svegliò e con la voce impastata dal sonno le chiese:
“Sei tornata?”
Quanta tenerezza le faceva!
Avrebbe voluto saltargli al collo e coprirlo di baci, sembrava quel bambino che forse non era mai stato.
Gli rispose in un soffio:
“Sì” e poi “E’ tutto a posto, ho lasciato la nonnina che russava come una locomotiva” e sorrise nel buio.
“Meglio così” e poi stirandosi “….allora io ritorno al mio divano” ma non mosse un muscolo per allontanarsi.
“Se-se vuoi …puoi…rimanere… se dovesse tornare ancora la vecchina… non si sa mai…” concluse in imbarazzo.
Desiderava tantissimo che lui restasse lì con lei, nonostante la cosa l’impensierisse un po’, ma più di tutto temeva un suo rifiuto, il suo solito atteggiamento scostante.
Quasi trattenne il respiro.
Ma il suo socio disse:
“Sì certo…. hai ragione…potrebbe sempre tornare…” e sottovoce ridacchiò.
“Per fortuna ti sei tenuto i boxer…” provò a scherzare la ragazza.
“Sugar…” ancora quel tono di voce, ma lo faceva apposta? Se avesse continuato così le avrebbe mandato in pappa il cervello.
“…. io…io… non farò nulla che tu non voglia”.
Kaori spalancò gli occhi nel buio.
Cosa le stava dicendo?
Dal tono della voce sembrava che fosse serio, non la stava prendendo in giro?
Il suo cuore le disse di no, stava dicendo la verità.
Allora cosa significava?
Che lui la rispettava?
Che non avrebbe fatto lo scemo, il maniaco, perché la rispettava, l’aveva sempre rispettata?
Forse.
Si fece audace e gli disse:
“Vorrei… vorrei dormire con te, come quella notte prima dello scontro con Kaibara…ricordi?”.
“Sì, certamente…”
E in maniera del tutto naturale si avvicinarono, per avvolgersi l’uno nelle braccia dell’altra.
Ryo non aveva mai provato così tanto turbamento al cospetto di una donna, si sentiva insicuro, ma allo stesso tempo desiderava rimanere abbracciato alla sua dolce Kaori.
Era sopraffatto da quel sentimento che aveva combattuto così a lungo, che ora voleva a tutti costi lasciarlo andare, voleva arrendersi.
Non poteva più nascondere a sé stesso, e a lei, che lui l’amava, che ne era innamorato da sempre, che la desiderava come nessun’altra, aveva finalmente deciso di stare con lei, ed essere suo.
Tutto era così nuovo, però, che provava come un senso di smarrimento, ma finalmente non aveva più paura perché sentiva che se Kaori l’avesse preso per mano, sicuramente sarebbe riuscita ad insegnarli come amare, come amare lei.
Ma era ancora troppo confuso per mettere ordine nei suoi pensieri e non disse nulla, non ci sarebbe riuscito, non in quel momento almeno, era troppo emozionato.
Però dopo un attimo di silenzio le disse:
“Ti ricordi quella volta che si è schiantato dentro casa nostra l’aereo di Shoko? E che non sapevamo come fare per dormire perché le nostre camere da letto erano andate distrutte?”
“Sì, mi ricordo bene…”
“Alla fine io mi sono addormentato sulla tua spalla, però quando mi sono risvegliato ero disteso con la testa appoggiata sulle tue gambe… Sai quella notte ho sognato mia madre…non riuscivo a vederla bene in viso, ma sapevo che mi sorrideva. Nel sogno mi prendeva fra le sue braccia e mi cullava. Stavo così bene con lei…poi ad un certo punto mi ha voltato le spalle e ha iniziato ad allontanarsi da me, io mi sono messo a rincorrerla, ma non riuscivo mai a raggiungerla, piangevo e sentivo un tale peso sul cuore… Quando mi sono svegliato e mi sono ritrovato lì con te, accoccolato sul tuo grembo, con la tua mano appoggiata sulla mia testa però….mi sembrava di sentire ancora la presenza di mia madre, lo stesso calore, la stessa tenerezza. Tu ti era presa cura di me…ed ora dormivi serena.”.
Fece una pausa.
“Non so come spiegartelo ma….ecco perché penso che sarai una mamma stupenda…”
“Ryo…” e quasi le sfuggì un singhiozzo, e lo strinse più forte a sé, quasi a volerlo consolare.
Quale abisso di dolore celava nel suo cuore?
E quale momento speciale era quello, se lui si lasciava andare e le rivelava i suoi più intimi segreti?
Quando Kaori lo strinse, Ryo s’abbandonò a quell’ondata d’amore ed affondò il viso nei capelli della ragazza, la quale disse, ancora in preda alla commozione:
“Io non ti lascerò mai… a meno che non sarai tu a mandarmi via”.
A quelle parole Ryo rialzò la testa, con una mano andò a cercare il viso di quella donna fantastica che era la sua socia e le fece una carezza dolcissima, poi le disse in un soffio:
“Allora rimani con me”.
E la baciò.
 
Fu un bacio leggero, aereo, appena un timido sfiorarsi di labbra, che ebbe però il potere di scatenare una potente tempesta emotiva nel cuore dei due sweeper.
Perché in quel bacio era racchiusa tutta la tenerezza e l’amore che provavano uno per l’altra, era racchiusa tutta la loro vita, tutti gli anni passati a rincorrersi e a sfuggirsi.
Sospirarono.
Si erano finalmente ritrovati.
 
Kaori in un bisbiglio disse:
“Tienimi stretta a te stanotte”.
E si addormentarono così, col sorriso sulle labbra, felici.

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Capitolo 5
*** Inizia l'avventura ***


Inizio ringraziando le mie care fedelissime Briz65, Kaory06081987, Valenicolefede, Sky_Star, 24giu, che sempre leggono e commentano e tutte/i le/gli lettrici/lettori che spendono un po’ del loro tempo dietro le mie storie matte.
Bene, se siete sopravvissuti al miele del capitolo precedente, ora siete pronti per questo nuovissimo exploit.
Grazie
con tanto affetto la vostra
Eleonora




Cap. 5 Inizia l’avventura
 
All’alba Kaori si svegliò, come di consueto, però stavolta non riusciva a capire cosa ci fosse di diverso in lei e nello spazio che la circondava.
Cos’era quel calore che l’avvolgeva?
E poi dov’era?
Quella non era la sua stanza.
Sbatté ripetutamente gli occhi assonnati, e più riprendeva contatto con la realtà, più le si schiarivano le idee.
Ora ricordava: la nonnina impertinente, lei che aveva dovuto dividere la camera con Ryo…
Sì guardò.
Il suo amato socio era abbracciato a lei.
Possibile?
Non stava forse ancora sognando?
Si mosse appena per vedere meglio e alla timida luce che filtrava dalle finestre lo spettacolo che vide la lasciò senza fiato.
Realizzò che era effettivamente a letto con Ryo e lui…lui stava dormendo con la testa appoggiata al suo seno!
La camicia che indossava si era sbottonata durante la notte e lasciava intravvedere il reggiseno di pizzo bianco, “Per fortuna l’ho tenuto” si congratulò con sé stessa.
Era una situazione imbarazzante ma, allo stesso tempo così, così eccitante!
E poi non era stata forse lei a dirgli che voleva dormire con lui, e che avrebbe dovuto tenerla stretta?
Sì, ma non poté lo stesso impedirsi di arrossire.
Però… come sarebbe stato bello risvegliarsi ogni mattina fra le braccia forti di Ryo.
Sorrise.
Ma… la sera prima non si erano forse baciati, o l’aveva solo sognato?
Stava così bene, in quella magica bolla fatta di calore e tenerezza, che non si sarebbe mai voluta alzare.
Richiuse gli occhi e si accoccolò meglio.
Non era ancora sicura che quello non fosse un sogno, quindi volle assaporarlo fino in fondo, tanto prima o poi la realtà, qualunque fosse stata, sarebbe venuta a reclamarla, e non aveva nessunissima intenzione di lasciarsi sopraffare dai problemi e dalle delusioni di tutti i giorni, non subito almeno.
Ad occhi chiusi però, non poteva gustarsi quella scena bellissima, di Ryo che dormiva beato sul suo seno, quindi li riaprì e contemplò l’amore della sua vita, lì accanto a lei, anzi su di lei.
Allungò una mano, dapprima esitante, a sfiorare un nero ciuffo di capelli, poi lo accarezzò, proprio come aveva fatto la famosa notte dell’aereo di Shoko, quella che anche lui ben ricordava, e infuse in quel gesto tutto l’amore che provava per quel suo socio idiota e sorrise deliziata.
A quel tocco leggero Ryo si mosse e piano dischiuse gli occhi.
Sembrava anche lui disorientato.
Dopo qualche secondo d’indecisione, lentamente si disegnò sul suo viso un largo sorriso vedendo, a pochi centimetri da lui, quei due occhi luminosi che lo guardavano amorevolmente.
Non era ancora totalmente sveglio ciononostante si sentiva felice, in pace, quasi senza motivo.
Mormorò:
“Sugar….”
“Sì?”
“Dimmi che è un sogno…”
“No”
“No cosa?”
“Non ti dirò che è un sogno” e la sua mano dai capelli scese giù fino ad accarezzargli la guancia.
“Ma allora, se non sto sognando, perché tu sei qui e non sbraiti e non mi prendi a martellate?”.
Kaori scoppiò a ridere divertita e quella risata cristallina fu per lui come sentirla per la prima volta.
Ne rimase affascinato.
Poi la ragazza tornò a guardarlo e gli disse:
“Sciocco, non ricordi che ieri sera siamo andati a dormire insieme…la nonnina, il caso…” e poi sempre sorridendo “Sei pronto ad iniziare le indagini, Signor Saeba?” e gli fece l’occhiolino.
“Ah è vero… la vecchina… ma non potremmo restarcene qui noi due da soli? Magari lei sta ancora dormendo, oppure si è già dimenticata di noi e di cosa è venuta a fare a Tokyo!”
“Dai su…. ormai abbiamo dato la parola, dobbiamo risolvere il caso” disse agitando un dito e assumendo una posa seriosa, non riusciva però a rimanere seria perché le veniva troppo da ridere.
Era così tanto felice di quel passo avanti che avevano fatto nella loro relazione che, da quando si era svegliata non aveva smesso di sorridere.
Era a dir poco euforica.
Di certo anche lei avrebbe preferito passare la giornata da sola con lui, ma il problema della nonnina restava.
Ryo, tirandosi su a sedere, si accorse finalmente di aver dormito sul morbido seno di Kaori, e che la sua camicia era per giunta quasi tutta sbottonata.
Si ritrasse di scatto e iniziò a dire:
“Scusa, scusa, non ho fatto apposta, non volevo!!!” e accompagnava le sue scuse dimenando le mani davanti a sé, e già si aspettava qualche potente martellata in testa, ma con sua grande sorpresa questa non arrivò perché, di fronte al suo panico, la ragazza scoppiò a ridere di nuovo.
Lui si fermò di botto e perplesso la guardò.
Ma veramente lei non era arrabbiata?
Si grattò la testa dubbioso, ma un secondo dopo finì per ridere anche lui.
Decisamente quello era il più bel risveglio della sua vita.
 
Poi immediatamente smisero di ridere e si fecero seri; si guardarono intensamente. Erano entrambi seduti sul letto, uno di fronte all’altra, e presero ad avvicinarsi lentamente, occhi negli occhi, una forza magnetica li stava attirando verso l’altro.
Kaori si morse il labbro inferiore, mentre Ryo si umettò le labbra; le parole erano superflue, entrambi volevano la stessa cosa.
Erano vicinissimi ormai, il respiro ansante, le loro bocche si stavano per toccare quando d’improvviso udirono una voce chiamare:
“Ragazzi??? E’ pronta la colazione! Forza scendete!”.
Trasalirono.
Si erano completamente dimenticati della nonnina… dannazione che tempismo.
L’incanto si era infranto e leggermente imbarazzati ridacchiarono, Kaori arrossì e scendendo dal letto gli disse:
“Vai giù tu per primo, così la terrai impegnata per un po’, mentre io faccio un salto in camera mia a prendere dei vestiti puliti e magari un pigiama per… per stanotte?”.
Sarebbero riusciti a portare a termine l’incarico in una giornata?
Ne dubitava, e se la nonnina fosse rimasta ancora con loro, avrebbero dovuto dormire ancora insieme.
Altrimenti la sweeper sarebbe tornata a dormire nella sua stanza, tutta da sola... o no?
Non voleva ancora pensarci, e prese a riordinare i vestiti della sera prima, ma il suo socio le disse:
“Vuoi dire che… che non metterai più la mia camicia?” sembrava dispiaciuto.
Lei si fermò a guardarlo per un attimo, stupita, poi sorridendo rispose:
“Se ci tieni così tanto… ”.
Lui annuì.
“D’accordo allora, vada per la camicia… Forza dai scendi, non vorrei che, non vedendoci arrivare, ci portasse la colazione a letto”
“E va bene…. ” sbuffò lo sweeper e si ributtò disteso sul letto “però non ci mettere tanto, che non voglio rimanere solo con quella là, a volte m’inquieta con le sue domande a trabocchetto”
“Ok, farò più presto possibile. Ah, Ryo?”.
Lui si ritirò su:
“Sì?”
Adesso la ragazza era in piedi dalla sua parte del letto, si chinò verso di lui, e prendendogli il viso fra le mani, lo baciò con passione.
Ryo rispose subito a quel richiamo così dolce e appassionato, le afferrò i fianchi e, con un’abile mossa, la trascinò giù sul letto sopra di sé.
Ridevano mentre continuavano a baciarsi, però quel corpo a corpo si stava facendo sempre più rovente; le loro mani erano partite alla scoperta dell’altro, finalmente libere di dare sfogo a tutte le carezze che da sempre avrebbero voluto regalarsi.
Ma ancora una volta furono interrotti dalla voce della nonnina, che con insistenza chiamò:
“Allora? Scendete o no? Devo venire a prendervi io? Forza, che il lavoro ci chiama!”.
Si separarono a fatica, ansimanti e si sorrisero complici.
Sì, quella sarebbe stata una lunga giornata.
 
Poco dopo si ritrovarono tutti e tre in cucina.
La signora Kitsune li scrutava con aria incuriosita.
Quei due erano diversi.
La ragazza aveva un’espressione sognante, con un bel colorito roseo a impreziosirle le guance, lui era più spavaldo, anzi no, più sicuro forse, ma anche ammorbidito, non le veniva in mente un altro termine, sì era più morbido rispetto alla sera precedente. Bene, si disse la nonnina, e sorrise fra sé e sé.
 
La donnina aveva preparato una colazione principesca, e Kaori si stupì di vedere tutto quel ben di dio, ricordando che nella dispensa e nel frigo non era rimasto granché; una folle idea le balenò in testa e cioè che la vecchietta fosse una specie di entità benefica, una dea dell’abbondanza, che era entrata nella loro vita per donargli un po’ di prosperità.
Di fronte allo sguardo smarrito e stupito della ragazza, la vecchina ridendo parlò:
“So a cosa sta pensando cara la mia signora Saeba…”
Ah è vero io sono la Signora Saeba, me l’ero dimenticato…” pensò la ragazza.
“… ma sa com’è, noi vecchi dormiamo più poco e mi sono svegliata prestissimo, non sapevo cosa fare e ho pensato di rendermi utile. Venendo qui avevo notato all’angolo un minimarket aperto 24 ore su 24 e vi ho fatto un salto. Ho comprato il necessario per una sana e tradizionale colazione giapponese. Ci aspetta una lunga giornata di lavoro e volevo restituirvi il favore della cena” concluse soddisfatta.
Ryo e Kaori si guardarono e fecero spallucce, tanto valeva approfittarne.
 
Entrambi avevano adocchiato un manicaretto dall’aspetto invitante e fecero per prendere il piatto su cui era adagiato, ma nel farlo si urtarono le mani.
Quel tocco fortuito fu per loro come prendere la scossa e ritirarono di scatto la mano, scusandosi a vicenda, Kaori arrossendo e Ryo abbassando lo sguardo.
Questo siparietto non sfuggì alla nonnina che, sempre più convinta, si disse:
Quei due stamattina sono strani… sono diversi da ieri sera” e maliziosamente volle metterli alla prova, chiese con apparente noncuranza:
“Avete dormito bene ragazzi stanotte?”.
Ryo fu il primo a rispondere e baldanzosamente disse:
“Oh sì certo, ho fatto una bella dormita, come mai prima d’ora, sarà tutto merito del nuovo cuscino” e assunse la sua solita faccia da schiaffi.
Kaori a quel sottinteso si sentì avvampare, ma era decisa a non dargliela vinta e ribatté:
“Se ti fossi deciso tempo fa a provare il cuscino nuovo, avresti già iniziato a dormire bene come stanotte” e pur rossa come un peperone lo guardò con aria di sfida.
Il partner capitolò con un:
“Touché socia” e le sorrise con occhi scintillanti.
“Oh che buffi, ma voi due vi chiamate sempre socio e socia?”
“Sa nonnina è la forza dell’abitudine, dopo tutti questi anni” rispose enigmaticamente Kaori.
 
Nemmeno un’ora dopo erano già in macchina: la signora Kitsune sedeva davanti insieme a Ryo, mentre Kaori stava dietro, ma allo sweeper pesava di non averla lì accanto, soprattutto ora, avrebbe preferito mille volte averla vicino, piuttosto che quella donna, dolce quanto vuoi, ma pur sempre una vecchia!
Doveva accontentarsi di sbirciarla dallo specchietto retrovisore e quando finalmente i loro occhi s’incontrarono si sorrisero con amore.
 
Arrivati al vecchio quartiere della nonnina, lei partì in quarta a perlustrare tutta la zona, si fermava ogni metro ad osservare tutto, dal cespuglio di rose rigoglioso che debordava da un giardino, al palo della luce esclamando che ai sui tempi ancora non era arrivata la luce elettrica fino a lì.
Era entusiasta di tutto ciò che vedeva, euforica si guardava in giro e si esaltava per qualsiasi cosa.
Si fermava giustamente davanti ad ogni casa a leggerne i nomi sul campanello e ragionava ad alta voce su chi fossero quelle persone.
Ben presto fu chiaro che la ricerca di Tagomi era passata in secondo piano, perché ogni cosa la distraeva e la assorbiva, a discapito del vero motivo per cui erano lì e cioè trovare tracce del suo antico amore.
Quel quartiere era cambiato tantissimo dalla fine della guerra ai giorni nostri, ed ora era abitato da giovani coppie con tanto di bambini piccoli, che vocianti correvano in direzione della scuola, o per mano alle mamme non la finivano di parlottare divertendo chi li ascoltava.
L’atmosfera era gioiosa, c’era un bel sole quella mattina, e tutti sembravano soddisfatti della propria vita.
Di anziani non se ne incontravano granché e quei pochi la Kitsune non li riconosceva.
 
Inizialmente Kaori era interessata ai guizzi della vecchietta che sembrava sempre sul punto di riconoscere qualcuno, salvo poi dirottarsi su qualcos’altro, ma a mano a mano che proseguivano quel giro turistico atipico divenne sempre più perplessa. Ryo trascinava i piedi dietro le donne, mani in tasca, con aria abbacchiata, tremendamente annoiato, ogni tanto Kaori si voltava a guardarlo come a scusarsi della situazione e lui faceva spallucce.
 
Poi ad un certo punto la ragazza si sentì afferrare e tirare in un vicolo con forza e pensò:
“Ecco, ci risiamo, vengo rapita un’altra volta”.
E sospirando dentro di sé già si preparava a difendersi, ma il suo aggressore le immobilizzò le braccia e lei non fece in tempo a reagire che si ritrovò travolta dal caldo bacio appassionato di Ryo.
Dopo l’iniziale sorpresa rispose entusiasta a quell’assalto e anzi pensò:
“Fossero tutti così i rapimenti!”.
Com’erano morbide le labbra di Ryo, ne aveva avuto un assaggio poche ore prima e solo in quel momento si rese conto di quanto le fossero mancate.
Non si sarebbe mai stancata di baciarlo, si era anche completamente dimenticata della nonnina che, sicuramente, nemmeno si era accorta della sparizione dei due, tutta presa com’era a seguire il filo dei suoi pensieri.
Quando infine si staccarono senza fiato, lui le sussurrò con voce roca:
“Sugar, avevo una voglia matta di baciarti”.
Kaori sentì di nuovo quel brivido caldo pervaderla e sì che quel bacio le aveva provocato un tale rimescolio di sensazioni!
“Direi che hai avuto una buona idea” gli rispose sfiorandogli le labbra con le dita sottili.
“Ora però dovremmo tornare dalla nonnina… se non dovesse trovarci…”
“Ma chi quella svampita? Nemmeno si rende conto della nostra presenza tutta presa dietro ai suoi ricordi….”
“Lo so però è pur sempre una cliente”.
Poi scoppiò a ridere.
“Perché ridi?” fece lui.
“Perché è divertente svicolare per baciarsi di nascosto come due amanti clandestini”
“E’ tutta colpa tua”
“Come sarebbe a dire colpa mia?” chiese perplessa.
“Sei così invitante che non ho saputo resisterti… ”
Lei gli sorrise gongolante però poi aggiunse:
“Eppure fino a ieri sera ci sei riuscito alla grande!”
“Vero… però sapessi che faticaccia ho fatto in tutti questi anni!”
E lei gli assestò un mezzo cazzotto in una spalla.
“Ahia!”
“Ringrazia che non ho usato il martello piuttosto. Sei il solito idiota comunque… ” e si voltò dandogli le spalle in atteggiamento sdegnoso, ma durò poco perché poi gli saltò al collo e lo baciò ridendo.
“Dai andiamo… vediamo di concludere questo caso, in un modo o nell’altro”.
 
Velocemente tornarono alla strada principale e raggiunsero la nonnina che imperterrita proseguiva nella sua ricerca.
Quando Kaori ansante la raggiunse, sia per la corsa che per quel piacevole intermezzo, aveva i capelli spettinati e le gote imporporate, la donnina si voltò verso di lei:
“Ah signora Saeba, stare all’aria aperta le dona, sa? Stamattina ha proprio un bel colorito”.
Kaori ridacchiò.
Poi la Kitsune girandosi a cercare Ryo:
“Ma suo marito perché cammina dietro di noi?” e poi verso di lui “Signor Saeba, ci raggiunga prego”.
E quando fu lì vicino alle due donne:
“E’ vero che vi ho detto che sono una donna all’antica, ma non dovete trattenervi di fronte a me”.
Per un attimo i due sbiancarono, che li avesse visti?
Proseguì:
“Voglio dire, se siete abituati a passeggiare mano nella mano o a prendervi a braccetto, fate pure… non mi scandalizzo per così poco. Insomma non fate caso a  me”.
A quelle parole Ryo e Kaori lasciarono andare rumorosamente il fiato che avevano trattenuto e scoppiarono a ridere nervosamente.
Ci mancava anche questo, di sentirsi in colpa a fare le cose di nascosto dalla nonnina.
Da che era entrata in casa loro la sera prima, in pratica avevano sempre finto di essere quello che non erano.
C’era da perderci la testa.
Ma la donnina rincarò la dose:
“Su avanti, prendetevi per mano… mi piacciono così tanto le giovani coppie, e voi siete così carini”.
E i due soci dovettero cedere, loro malgrado, alle insistenze della cliente.
Che situazione assurda!
Poco dopo, però, entrambi scoprirono che era davvero piacevole camminare mano nella mano come due innamorati… quali ora erano.
D’improvviso quel caso non gli sembrò più così noioso: anche loro si sarebbero gustati quello strano giro turistico.

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Capitolo 6
*** Ai bagni pubblici ***



E mentre tutti o quasi sono al cinema a godersi il nuovo film dei nostri miti, io aggiorno questa mia umilissima ff :-D
Come sempre GRAZIE a tutti e … buona lettura
Eleonora



Cap. 6 Ai bagni pubblici
 
Stavano girando già da un po’ e la nonnina continuava a stupirsi di come fosse cambiato il suo quartiere, e ogni cosa calamitava la sua attenzione, i due soci non le facevano più tanto caso, tutti presi a passeggiare tenendosi per mano, avvolti nella loro personale nuvola rosa.
Se fosse andata avanti così quel caso non l’avrebbero mai risolto!
La nonnina li precedeva costantemente, zigzagando da un lato all’altro della strada, attirata dalle cose più strane, camminava a passettini veloci sui suoi geta, e il ticchettio del legno sull’asfalto aveva un non so che di rilassante.
Ad un certo punto spuntò un delinquentello da strapazzo, che le si parò davanti e le intimò:
“Ehi nonnetta, sgancia la grana a tuo nipote qui!”
Successe tutto in un attimo, e nemmeno Ryo riuscì ad intervenire in tempo, pur avendo percepito vagamente il pericolo, un secondo prima che il tipo spuntasse dal vicolo.
La nonnina si slanciò sul tipaccio e, con una complessa mossa di kung-fu, gli rifilò un bel calcio volante al centro dello stomaco, che lo atterrò.
Lo sweeper si precipitò in aiuto della donnina, ma il ragazzotto era già bello che sistemato: piegato in due dal dolore, sputacchiava in terra tossicchiando.
Quando rialzò la testa, Ryo lo fulminò con il suo sguardo d’acciaio terrorizzandolo a morte, senza nemmeno dover mettere mano alla pistola, tanto che il tipo sì tirò su di scatto, e scappando a gambe levate urlò:
“Cambierò vitaaaaaa!!!!”.
Ryo e Kaori si fecero incontro alla vecchina che, serafica, era rimasta lì, come se niente fosse, la ragazza le chiese:
“Nonnina, tutto bene?”
“Sì perché? Sono un po’ fuori forma ma direi che me la sono cavata”e sorrise con quei sui occhietti a fessura.
Ryo tacque, ma scambiò con la sua partner uno sguardo eloquente.
 
Ripresero a camminare, però stavolta i due sweeper non si persero in romanticherie, erano lì per lavoro e la nonnina era la loro cliente.
 
Poco dopo proprio lei attirò l’attenzione dei due, quasi urlando:
“Non ci posso credere!!!”
“Nonnina Kitsune che c’è?” le chiese preoccupato Ryo, che non aveva sentito nessun tipo di pericolo.
“Guardate laggiù” e indicò all’angolo della via una vecchia costruzione con il tetto spiovente, un sentō, cioè un bagno pubblico.
Era così euforica che non stava più nella pelle, e appena la raggiunsero prese a dire:
“Che meraviglia! E’ ancora in funzione! Non credevo di trovarlo ancora qui, sapete ci venivo molto spesso con le mie amiche e con la mia famiglia. Conoscevo bene la custode, chissà se c’è ancora…” e poi rivolta ai ragazzi:
“Entriamo?”.
I due si guardarono e si strinsero nelle spalle, ma lei aggiunse:
“Mi dispiace solo che non siano bagni misti e voi piccioncini dovrete separarvi per un po’”.
Kaori avvampò, mentre Ryo a disagio, ridacchiava grattandosi la testa, ma la nonnina non ci fece caso.
 
Poco prima di entrare, Kaori tirò per la giacca il suo socio e gli disse:
“Ryo??”
“Sì?”
“No, niente” e abbassò lo sguardo titubante.
“Dai Sugar che c’è?”
“E’ che….non farai come il tuo solito, vero? Non dovrò preoccuparmi  che tu…” e lasciò in sospeso la frase, ma lui aveva capito perfettamente, e scompigliandole i capelli, le rispose sorridendo:
“Certo che no, stai tranquilla. E poi saranno tutte vecchie mummie come la nonnina!”
“Ma sentilo!”
“E dai sto scherzando”
“Mmmmm”.
Poi, un secondo prima che scomparisse dietro la porta del lato femminile del bagno, lui la prese per mano e la tirò a sé e le disse:
“Allora baciami”e le stampò un bacio sulle labbra.
Si salutarono ridendo.
 
Presero posto nei rispettivi bagni.
Nel salone riservato agli uomini c’erano solo ometti di una certa età, pensionati che chiacchieravano del più e del meno, e non erano un gran bel vedere.
Ryo, che avrebbe preferito essere attorniato da belle donne, ben presto si trovò a sbuffare annoiato e infastidito.
Era immerso nella vasca, ad occhi chiusi, con le braccia lungo il bordo e rimuginava su quello strano caso, sull’insolita prontezza di riflessi della nonnina che tradivano anni e anni di allenamento, e poi ripensò alla sua socia e alla piega che stavano prendendo le cose fra loro e sorrise soddisfatto.
Aprì gli occhi, si guardò intorno, e si ritrovò circondato da quei tipi bislacchi e sbuffò di nuovo.
Si era stancato di stare lì.
Alzò lo sguardo al cielo e si accorse che la parete divisoria dei due ambienti, maschile e femminile, non terminava attaccata nell’alto soffitto.
C’era uno spazio di circa 30 cm e si ricordò che era fatto apposta per far circolare l’aria.
Ebbe un’idea improvvisa.
Si sarebbe arrampicato fin lassù per dare giusto un’occhiata dall’altra parte.
Uscì velocemente dall’acqua e poi, con fare disinvolto, passò a recuperare tutti gli sgabelli sparsi qua e là, e le ciotole per lavarsi, poi le impilò una sopra l’altra addossandole alla parete di legno.
Gongolava perché, oltretutto, il suo radar mokkori gli stava inviando segnali positivi.
Si inerpicò fino in cima a quella pila traballante e raggiunse finalmente l’apertura del divisorio.
Per vedere bene dovette infilare la testa in orizzontale nell’apertura, stava scomodissimo, ma la curiosità era tanta che non gli importava: di là c’erano pur sempre delle donne.
Si disse:
Non vedo Kaori e la nonnina, chissà dove si saranno cacciate?”, ma girando lo sguardo a destra e a manca, fra le donnette attempate e le mamme con tanto di bambini al seguito, focalizzò una ragazza da sola, l’unica in tutto quel vecchio bagno pubblico.
Era di spalle e sulla testa portava un asciugamano a mo’ di turbante, mentre un altro legato sul seno le nascondeva le forme, ma non le lunghe gambe affusolate.
Ryo era al settimo cielo e iniziò a sbavare:
“Ooooh il mio radar mokkori non sbaglia mai! Guarda lì che bellezza. Che corpo, che portamento, ma chi sarà? Dai togliti quel maledetto asciugamano, perché non entri nella vasca? Dai dai non farmi aspettare” prese ad agitarsi, e per potersi sporgere ancora di più, si mise in punta di piedi, ma così facendo la pila di ciotole e sgabelli iniziò ad oscillare pericolosamente.
Fra i maschi ospiti del bagno si levò un coro di proteste:
“Ehi tu, lassù? Che diavolo stai facendo?”
“Scendi subito di lì, screanzato”
“Ridammi il mio sgabello e la mia ciotola”
Ma Ryo era troppo preso dalle sue fregole per dare retta a quei vecchietti.
La ragazza misteriosa, però, rimaneva sempre di spalle, mentre di Kaori e della nonnina non c’era traccia.
Ancora gli ometti:
“Ehi si può sapere cosa stai combinando?”
“Oh sapeste che sventola che ho trovato” disse Ryo, più a sé stesso che in risposta alle loro domande.
“Davvero? Fa vedere anche a noi”
“Scendi e facci vedere”.
 
Fu un attimo.
La ragazza misteriosa, forse sentendosi osservata, si voltò lentamente in direzione della parete divisoria e contemporaneamente si sciolse l’asciugamano dai capelli, scuotendo la testa con un movimento inconsapevolmente sensuale, rivelando un taglio sbarazzino dall’inconfondibile colore rosso mogano.
Esclamò:
“Ryo?”.
E lui di rimando:
“Kaori?”
Ma proprio in quel preciso momento gli ometti famelici assaltarono quella pila instabile in cui si era appollaiato Ryo, spintonandosi, decisi a godere della sua stessa visione celestiale.
Così facendo però, a forza di urti e scossoni, finirono per farla crollare miseramente, con un fracasso infernale.
Tutte le donne del bagno femminile si voltarono di scatto in direzione del rumore e Kaori proruppe con rabbia:
“Ryoooo!” mentre la sua aura divenne sempre più minacciosa.
Nel frattempo lo sweeper, a cui era venuto a mancare l’appoggio sotto i piedi, per non cadere nel vuoto, si era disperatamente aggrappato al bordo della parete, ed era rimasto con il corpo penzoloni e la testa incastrata nello stretto passaggio.
Quando le donne lo videro lì così che le spiava, presero a strepitare:
“Oddio un maniaco”
“Un pervertitooo”
“Ma chi sarà??”
“Chi l’avrà fatto entrare?”
“Bambini tappatevi gli occhi”.
Kaori fu travolta da un’indicibile furia cieca e presa dalla vergogna per l’ignobile comportamento del suo socio, fece materializzare all’istante un mega martello con la scritta oltraggio alle tradizioni e a passo di carica si precipitò in direzione del settore maschile.
Ryo ancora appeso e con la testa incastrata, prese a divincolarsi ripetendo:
“No, no, no questa non ci voleva!”.
D’improvviso si spalancò la porta del bagno, nel preciso istante in cui Ryo precipitava al suolo, sbattendo rumorosamente il sedere.
Kaori era lì, fiammeggiante, l’ira fatta persona, ma quando alzò le braccia per schiantare il suo mega martello sull’incauto socio, quel movimento le fece aprire e poi scivolare giù l’asciugamano che cadde a terra, rivelando così tutta la sua magnifica nudità.
Ryo rimase folgorato da quella visione affascinante: Kaori era davanti a lui, in tutto il suo splendore e in quel preciso momento era innegabilmente l’incarnazione della dea della bellezza e della vendetta.
Ancora atterrato, con sguardo trasognato sussurrò:
“Sei, sei bellissima”.
Fu una frazione di secondo, ma tanto bastò perché Kaori si fermasse in quella posizione statuaria, colpita dallo sguardo adorante e sognante del suo partner.
Si riscosse solo quando sentì alzarsi un coro di “Ohhhhh” dai restanti occupanti del bagno e si rese conto che la stavano guardando tutti.
Il suo volto s’incendiò come mai prima, e presa da un eccesso di vergogna calò con forza il martello su Ryo, che incredibilmente lo schivò.
Lui era infatti schizzato a recuperare da terra il suo asciugamano ed era corso a coprirla con fare protettivo, e voltandosi verso quel branco allupato di omuncoli gridò:
“Via, via, sciò, lasciate in pace mia moglie. Non c’è niente da vedere! Non è uno spettacolo per voi”.
Kaori ancora sotto shock per l’immenso imbarazzo che stava vivendo, nonché sull’orlo dello svenimento, a quelle parole di Ryo perse completamente la bussola, e con un ultimo barlume di lucidità pensò:
Ha schivato il mio martello per correre a coprirmi, per salvarmi dagli occhi famelici di quegli uomini e soprattutto mi ha chiamato moglie, mi ha chiamato moglie”.
Quel carico di emozioni però era troppo grosso per lei e in qualche modo doveva sfogarsi, presa la rincorsa, sferrò comunque una martellata sulla testa del socio, tanto che tutto lo stabile vibrò sotto la potenza del colpo.
Quando la nuvola della polvere alzata dalla botta, iniziò a diradarsi, gli ometti commentarono all’unisono:
“Che schianto!”
E lo sweeper, incastrato nelle vecchie assi di legno del pavimento, ripeté:
“Già, proprio uno schianto!” e con un sorriso ebete, collassò.
 
Poco dopo i due soci furono sbattuti fuori dal bagno in malo modo, con tanto di insulti e pedate nel sedere.
Si ritrovarono seduti in terra e si guardarono.
Perché finivano sempre in quelle situazioni imbarazzanti?
Ryo per sdrammatizzare esordì con:
“Be’ dai poteva andare peggio” e si grattò la testa ridacchiando.
“Peggio di così? Ci mancava che chiamassero la polizia!”
“E’ stato un incidente…”
“E lo chiami un incidente? E’ tutta colpa tua e delle tue voglie incontenibili! Cosa ti è preso di salire sulla parete per spiarci??”
“Ma non è colpa mia” piagnucolò “mi annoiavo e poi il mio radar mokkori si è messo in funzione…”
“Cosa?”
“Sì, mi ha segnalato che c’era una bella donna nei paraggi e… quella eri tu!” finì di dire, con un sussurro e con aria contrita, poi ridacchiò di nuovo.
Kaori arrossì in un misto di soddisfazione e vergogna, e le riuscì solo di mugugnare, poi riprese con:
“Comunque per fortuna la nonnina non ha assistito a tutto il casino che hai combinato….”
“Abbiamo…” l’interruppe lui.
“E’ uguale! Dicevo che per fortuna non ci ha visto sennò chissà cosa si sarebbe messa in testa! Uffa!”
“Piuttosto, dov’è?”
“Quando mi hai visto…” e si fermò per tossicchiare imbarazzata “… la stavo giusto aspettando. Stavamo per entrare nella vasca quando mi ha detto che le sembrava di aver visto qualcuno che conosceva, e che avrei dovuto aspettarla lì” e poi “E adesso non posso nemmeno rientrare a cercarla… per colpa tua”
“Ti rammento che tu hai fatto irruzione nella zona maschile dei bagni…”
Al solo ricordo Kaori arrossì violentemente e incassò la testa nelle spalle come a voler scomparire.
Ryo intenerito e ormai soddisfatto di averla stuzzicata a sufficienza, l’attirò a sé, le cinse le spalle con un braccio e le sussurrò all’orecchio:
“Per quanto mi riguarda però, puoi presentarti a me così tutte le volte che vorrai…  eri bellissima”.
Kaori sentendo la sua voce calda e leggermente roca si sentì sciogliere, voltò il viso verso di lui e imprigionò le sue labbra con un bacio appassionato, pieno di voluttà.
Lui, che non aspettava altro, rispose entusiasta all’invito.
Ma proprio mentre si stavano lasciando andare a quelle dolci effusioni, ecco che ricomparve la vecchina all’improvviso, che li fece trasalire con il suo:
“Ah eccovi qua finalmente!”.
I due si staccarono all’istante con fare colpevole.
Dannata nonnina, il suo tempismo era strabiliante, in più aveva il potere di farli sentire sempre a disagio, o per una cosa o per l’altra.
La donnina divertita dall’imbarazzo dei due:
“Immaginavo che non sareste stati bene, troppo a lungo lontani uno dall’altra” e gli sorrise sorniona.
Poi aggiunse:
“Direi che mi è presa fame, i bagni mi hanno fatto sempre quest’effetto. Che ne dite di andare a pranzo?”.
Non ci fu nemmeno bisogno che rispondessero perché gli stomaci dei due sweeper brontolarono all’unisono.
La Kitsune disse, sospirando:
“Ah beata gioventù”.
E s’incamminarono alla ricerca di un ristorantino tipico in cui lei andava sempre da giovane.
I due si guardarono perplessi: sarebbe ancora esistito?

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Capitolo 7
*** Il sapore della gelosia ***


Zitta zitta posto un altro capitoletto, semplice semplice, ma in linea con il resto della storia.
Spero vi piaccia ugualmente (tra l’altro mi ha fatto un sacco penare e non so quante volte l’ho “aggiustato”, lo pubblico lo stesso dalla disperazione :-D ).
Un GRAZIE enorme a chi legge, a chi commenta e a chi c’è sempre ^_^
baci



Cap. 7 Il sapore della gelosia
 
Quel quartiere era veramente immenso e ricco di strade e viuzze, un vero dedalo in cui sorprendentemente la nonnina si districava come niente fosse.
Nonostante l’età dimostrava di avere una buonissima memoria e i due soci pensarono che, forse, Obāsan Kitsune sarebbe riuscita veramente a ritrovare il suo Tagomi.
Dopo tanto girare, finalmente avvistarono il ristorante che stavano cercando, la nonnina batté le mani contenta come una bambina e si decisero ad entrare.
Ryo però aveva visto una cabina telefonica poco distante e disse a Kaori:
“Voi entrate, io telefono a Saeko e vi raggiungo” e le fece l’occhiolino.
Per una frazione di secondo Kaori accusò una fitta di gelosia, ma poi si disse che, in effetti, la loro amica poliziotta avrebbe potuto dargli le informazioni che gli servivano riguardo a questo fantomatico Tagomi.
Annuì ed entrò.
Ryo dalla cabina poteva vedere uno scorcio dell’interno del locale, e soprattutto la sua partner seduta al tavolo, e non smetteva di guardarla con il sorriso sulle labbra.
Compose il numero di Saeko quasi distrattamente.
“Pronto? Ispettrice Nogami, chi parla?”
“Sono io”
“Ah Ryo sei tu? In cosa posso esserti utile?”.
Ma Ryo si era incantato a guardare la socia, che stava sorridendo circonfusa da un’aura di dolcezza, era così bella… chissà cosa le stava dicendo la nonnina, per farle assumere un’aria così sognante e così intensa?
Si riscosse quando sentì dall’altro capo del telefono Saeko ripetere:
“Allora?? Ryo perché hai chiamato?”
“Ah sì, è vero… dunque potresti trovarmi delle informazioni su un certo Tagomi, so solo questo, un uomo che probabilmente ha abitato nel quartiere Asakusa  negli anni… diciamo… diciamo 70-80 anni fa…?”
“Mmmmm non sarà facilissimo… durante la guerra sono andati distrutti parecchi archivi e di conseguenza si sono persi tantissimi documenti. Tagomi poi è un nome abbastanza comune… se solo sapessi anche il cognome… ”
“Spiacente, questo è tutto quello che ho… però però…visto che ci sei, potresti vedere se ci sono, per piacere, anche delle notizie su una famiglia benestante che risponde al nome di Kitsune…”.
Pausa.
Ryo si era perso un’altra volta nella contemplazione della sua amata Kaori e non stava più ascoltando le battute di Saeko che diceva:
“Visto che dovrò lavorare parecchio per trovare queste informazioni, direi che mi scali come minimo due mokkori…”
“Sì, sì… hai ragione” rispose soprappensiero lui.
“Ryo? Ma hai sentito?” ribatté l’ispettrice, stupita dall’arrendevolezza del suo amico perennemente allupato.
Non era da lui, si aspettava che avrebbe strepitato a non finire almanaccando tutti i favori che lei gli doveva e che pretendeva venissero pagati in notti d’amore.
“Sì, ti ho sentito… hai detto che ti devo uno sconto…” rispose vago, sempre intento ad osservare Kaori che chiacchierava amabilmente dentro il ristorantino, e fu preso dalla voglia irresistibile di raggiungerla perché già gli mancava, voleva vedere quei suoi occhi ridenti, ed essere lui il motivo dei suoi sorrisi.
Saeko incalzò:
“Ma che ti prende? Sembri distratto!”
“Sì, sì, hai ragione…”sempre con noncuranza, poi sospirò.
“Ahhhh, ora ho capito! C’è in vista una bella donna, ecco perché non sei qui con la testa” ridacchiò l’ispettrice.
“Direi che ci hai preso in pieno….”
“Be’ allora è doppiamente strano che rimani al telefono con me e non corri dietro alle sue sottane”
“Non ne ho bisogno… mi sta aspettando…” rispose con un accenno di dolcezza.
Saeko era sempre più perplessa, cosa stava succedendo?
Non lo riconosceva più.
Osò chiedere:
“E Kaori… Kaori dov’è?”
“E’ là… ora la raggiungo, se no va a finire che si preoccupa” rispose con naturalezza, senza la minima traccia di preoccupazione nella voce.
Saeko dall’altra parte del telefono sgranò tanto di occhi e rimase senza parole, interdetta.
Ricapitolò: nei paraggi c’era una donna, presumibilmente bellissima, così affascinante da assorbire totalmente l’attenzione del suo amico, al punto che si dimenticava cosa doveva dirle al telefono, e che lo distraeva così tanto che lei, Saeko, era riuscita pure a farsi abbuonare qualche debito, senza che lui opponesse resistenza.
Ryo, poi, doveva tenere molto a questa donna misteriosa, per non saltarle addosso come un mandrillo in calore, quindi era seriamente interessato.
E il tutto avveniva sotto gli occhi compiacenti di Kaori.
Già da tempo l’ispettrice sapeva che Ryo era irrimediabilmente innamorato della sua socia, anche se si ostinava a tenerlo nascosto e negandolo ogni volta, ma tutti della banda ne erano a conoscenza, e dopo quella mezza confessione nella radura, ne avevano avuto la conferma e aspettavano che lui finalmente si sbloccasse.
Inoltre finché faceva lo scemo con le altre donne, la sua socia in teoria poteva stare tranquilla, che tanto non avrebbe combinato niente, ma di questa donna sembrava molto preso…
L’ispettrice s’impensierì: chi era questa donna “pericolosa”?
Ma allo stesso tempo… da quanto in qua Ryo si premurava di non far preoccupare Kaori? Quando al contrario faceva di tutto per indispettirla e provocarla?
Se c’era poi di mezzo una bella donna erano sempre guai, eppure… era così tranquillo!
Che lui non l’avesse importunata, invece, nemmeno per telefono, ne era felice, anzi.
Però… non ci capiva più niente.
Riuscì a dire soltanto:
“O-ok ti farò sapere presto…”.
Ma già il telefono dava segnale di libero che Ryo aveva riattaccato.
 
Questi, con il solito passo dinoccolato e con una mano in tasca, si diresse sicuro verso il ristorantino, scostò con l’altra mano l’insegna di tessuto appesa alla porta e si chinò per entrare.
Ma appena fu dentro il sorriso gli morì sulle labbra, dinanzi alla scena che gli si presentò alla vista.
In piedi al tavolo di Kaori e della nonnina c’era un aitante giovane uomo, nelle vesti di cuoco.
Era un ragazzo alto, dai capelli legati in un corto codino, il suo viso aveva dei bei lineamenti virili, sembrava sicuro di sé e del suo valore, aveva indubbiamente carisma ed era affascinante.
Era lui che stava parlando con Kaori e non la nonnina, era lui che la faceva ridere, era lui che le diceva chissà che cosa, ma che di certo suscitava l’attenzione della sua amata partner.
Il suo modo di fare era aperto e gioviale, e non nascondeva l’interesse per la ragazza che aveva di fronte, sorrideva e i suoi occhi di un nero penetrante scintillavano, e si vedeva lontano un miglio che era attratto da lei.
Solo Kaori non se ne era accorta, apparentemente, mentre la nonnina sorrideva bonaria.
Ryo si oscurò in viso e strinse il pugno dentro la tasca, s’irrigidì e rischiò seriamente di essere travolto da un’ondata di gelosia senza precedenti.
 
Da sempre era geloso e possessivo nei confronti della ragazza, e quando se ne rendeva conto, si diceva, mentendo, che lo faceva per proteggerla e non gettarla in pasto ai maschi vogliosi che le ronzavano intorno.
In questo era convito di aver preso il posto del suo amato fratello, Hideyuki, e che quindi era suo dovere tenerla lontana dai guai.
La verità era ovviamente un’altra, ma lui se ne guardava bene dall’ammetterlo: voleva che restasse con lui, egoisticamente, anche se non voleva/poteva ricambiare i suoi sentimenti.
In tutti quegli anni aveva ripetuto a sé stesso, e agli altri, che sarebbe stato meglio per lei andarsene da quel mondo insidioso per rifarsi una vita normale e trovarsi un brav’uomo che l’avrebbe resa felice.
Nonostante questo sfacciato spirito altruistico, però, Ryo aveva fatto di tutto per tenerla legata a sé, perché ne era segretamente innamorato e temeva realmente di perderla. Se avesse incontrato un altro, poi, sicuramente migliore di lui, lei l’avrebbe lasciato per sempre, e questo non lo poteva sopportare.
Ogni volta che qualcuno si avvicinava alla ragazza, se lui era nei paraggi, lo inceneriva con lo sguardo e questi prendeva invariabilmente il largo.
Tutti nel popoloso quartiere in cui vivevano sapevano che la sua socia era intoccabile perché stava con lui, anche se non si preoccupavano di sapere in che rapporti fossero in realtà.
Kaori era la metà di City Hunter quindi nessun comune mortale poteva approcciarsi a lei, nessuno si sognava di intromettersi in quel duo così affiatato.
Prova ne era che i nemici dello sweeper, per arrivare a lui, si rifacevano su di lei e non si contavano le volte che era stata rapita, motivo in più perché Ryo volesse allontanarla.
Kaori quindi si vedeva respinta dal solo che amava, ed era convinta di essere così poco affascinante, da non suscitare l’interesse nemmeno di un qualsiasi uomo che le capitasse di incontrare.
L’arrivo di Mick aveva smosso le acque di quella palude in cui si dibattevano i due sweeper, e aveva portato notevole scompiglio nella loro vita.
All’inizio, perché lui aveva avuto l’incarico di uccidere Ryo e, immaginando che Kaori fosse la sua donna, come da prassi avrebbe dovuto sedurla per non farla soffrire quando avrebbe perso l’amato, e poi dopo, perché era finito per innamorarsene veramente e non aveva nascosto minimamente il suo interesse per lei.
Mick osava comportarsi come non avrebbe mai fatto Ryo, e in più rappresentava un bel pericolo, perché era indubbiamente un bell’uomo che ci sapeva fare con le donne, aveva dei modi raffinati, quando voleva, era un vero e proprio seduttore, e Kaori era ormai abituata a trattare con le persone del loro mondo.
Lei ci si era affezionata e il loro legame si era rafforzato moltissimo dopo che, sulla nave di Kaibara, l’aveva salvato, quando era in preda alla Polvere degli Angeli.
A volte Ryo era anche geloso del rapporto di amicizia privilegiata che avevano instaurato quei due, in ogni caso Kaori non esitava ad usare i suoi martelli anche con lui, quando passava il segno, quindi stava relativamente tranquillo.
Mick all’epoca era piovuto letteralmente dal cielo e non sapeva che Kaori fosse intoccabile, e anche dopo che lo aveva scoperto, se n’era bellamente fregato, salvo poi tirarsi indietro quando aveva capito che il cuore della ragazza batteva per quell’idiota del suo amico e che non c’era speranza per lui.
Poi più nessuno si era più intromesso nella vita privata di City Hunter, almeno per “insidiare” Kaori.
Solo con la comparsa del padre di Mayuko Huragami, la bambina che aveva perso la vista e che avevano conosciuto in ospedale, aveva seriamente temuto di perderla, ma questo era stato prima, prima ancora della venuta di Mick.
Per il resto, la situazione era sempre sotto il suo controllo.
Ma in quelle ultimissime ore, il loro rapporto aveva avuto una piacevole svolta ed ora la sua gelosia era cresciuta a dismisura.
Allora è questo che prova Kaori ogni volta che un’altra donna entra nella nostra vita? Quando faccio il cascamorto con le altre?” s’interrogò.
Conosceva bene la risposta e finalmente capì quanto l’avesse fatta soffrire, ma Kaori era innegabilmente sua e nessuno doveva posare gli occhi su di lei.
 
Entrando, la sua mole aveva oscurato la luce del sole che proveniva dall’esterno, e tutti si erano voltati verso il nuovo arrivato.
Kaori era raggiante e non si accorse subito dell’espressione truce dell’uomo, anzi gli si rivolse così:
“Oh Ryo sei arrivato finalmente! Siediti qui ”.
E gli fece segno di sedersi accanto a lei, sullo sgabello vicino; lui si sforzò di sorriderle, ma era teso e il suo sguardo era impenetrabile.
Il giovane cuoco non si scompose e fece un inchino ossequioso allo sweeper.
Aveva capito subito che avrebbe dovuto lasciare libero il campo, ma ciò non toglieva che gli faceva piacere parlare con quella simpatica ragazza e che, con le dovute maniere, non avrebbe smesso di rivolgerle la parola solo perché era arrivato il suo uomo.
La nonnina gli fece un cenno con la testa e Ryo prese posto silenziosamente.
Poi Kaori istintivamente gli prese la mano che aveva posato, stretta a pugno, sulla gamba, e a quel tocco gentile il socio allentò la stretta e distese le dita.
Si volse verso di lei e il suo cuore si alleggerì, poté così sorriderle amorevolmente.
La ragazza comprese allora la ridda di pensieri che si erano succeduti nella mente del partner e strinse appena la mano: voleva rassicurarlo, ma anche fargli sapere che apprezzava la sua gelosia.
Ancora una volta venne rapito dalla dolcezza di quella donna fantastica, da quella dolcezza tutta sua che ora poteva permettersi di assaporare fino in fondo, senza bisogno di fingere che non gli importasse, che non ne avesse bisogno come l’aria per respirare.
Si guardarono e si capirono.
Kaori allora gli disse:
“Sai Ryo? Questo ragazzo, Toshio, è il nipote di un signore che conosceva Tagomi! Non è fantastico? Finalmente una traccia! Ci stava giusto raccontando… ”.
E a Ryo non sfuggì che lei avesse detto ci e non mi.
“ …che Tagomi era un personaggio a quei tempi e che tutti lo conoscevano, nonostante fosse un tipo abbastanza riservato e taciturno. Domani potremmo andare dal nonno di Toshio e parlarci direttamente, che ne dici? Non è molto lontano da qui” e gli sorrise.
Ryo si sentì sciogliere.
Mentre lui si era fatto prendere dalla gelosia più nera, lei semplicemente aveva continuato a fare il suo lavoro di sweeper, ecco perché aveva quell’espressione interessata e le brillavano gli occhi, era eccitata dalla prospettiva di aver trovato qualcosa nelle loro indagini.
Lui allora la mise a parte della telefonata fatta a Saeko, ma davanti alla nonnina omise di dire che aveva chiesto all’ispettrice di indagare anche sulla famiglia Kitsune.
 
Nonostante le premesse, il pranzo si svolse senza intoppi: i tre clienti seduti al bancone poterono gustarsi dei piatti eccellenti nella migliore tradizione giapponese, e la vecchina non la smise più, per tutto il tempo, di elogiare questo e quello, dicendo che quei sapori la riportavano indietro nel tempo; che Toshio aveva imparato bene a cucinare come suo nonno, che tanto tempo prima gestiva quella trattoria.
Il giovane cuoco, dal canto suo, dopo i primi convenevoli tornò alla sua piastra rovente a far saltare verdura, carne e pesce con gran maestria e tutti s’incantavano a guardarlo; chiacchierava con loro allegramente mentre lavorava e ben presto Ryo si rilassò finendo per pensare che non era un rivale in amore e che poteva stare tranquillo.
Non fosse altro che Kaori gli aveva già dimostrato che non era minimamente interessata a lui.
Ora i suoi sorrisi erano solo per il suo partner e lui si sentì soddisfatto e…coccolato.

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Capitolo 8
*** Imparare a sperare ***


E per fortuna questa storia è da un mese circa che l’ho scritta! Il lavoro di limatura mi sta facendo impazzire sto giro, ma come sarà?
Cmq sia, eccovi qua un altro capitoletto semplice semplice, d'altronde ve l’avevo detto che questa fic era senza pretese e leggera, da leggere spensieratamente.
Un grazie a chi sempre legge e commenta.
Vi lovvo <3





Cap. 8 Imparare a sperare
 
Appena terminato il pranzo, si accomiatarono da Toshio, non prima di aver preso accordi per andare a trovare suo nonno il giorno dopo.
Ryo strinse brevemente la mano al giovane cuoco, e si sorrisero con uno sguardo che la sapeva lunga.
Lo sweeper tacitamente aveva messo in chiaro che Kaori era la sua donna e il ragazzo cavallerescamente cedeva il passo, si separarono senza rancore.
 
Non molto distante dal ristorantino c’era un bel parco ricco di alberi in fiore, e fu naturale per loro dirigervisi, senza che nessuno dei tre dicesse niente.
Trovarono una panchina ombreggiata in un vialetto secondario, e si sedettero a contemplare il laghetto, con le carpe che affioravano a pelo d’acqua.
Poco dopo la vecchina si assopì e Kaori bisbigliò al suo socio:
“Poverina, oggi ha camminato tantissimo, poi ha mangiato fino a scoppiare…. ci credo che ora le è venuto sonno. Magari a casa sua a quest’ora schiaccia un pisolino sul divano”.
“Vero…. e poi quante emozioni tutte insieme” rispose Ryo in un sussurro.
Subito dopo si alzò in piedi, le si mise di fronte e tendendole la mano le disse:
“Vieni”.
Lei prese la calda mano del socio e insieme fecero alcuni passi verso il laghetto, avrebbero potuto parlare un po’ da soli, senza disturbare la nonnina.
C’era una staccionata di legno che delimitava il bordo dello stagno e vi si appoggiarono mollemente con le braccia.
Lo sguardo di entrambi spaziava verso un orizzonte lontano e il silenzio era dolce e carico di promesse.
Il sole era ormai alto nel cielo, ma il caldo era mitigato da una leggera brezza che muoveva appena le fronde degli alberi, creando arabeschi di luce e ombra sullo spazio circostante; il fruscio delle foglie era rilassante e in quell’angolo di paradiso sembrava di essere lontanissimi dalla vita caotica di quella grande città, che viveva e pulsava instancabile ad un passo da loro.
Ryo ad un certo punto disse:
“Sai, invidio un po’ la nonnina e gli anziani come lei….”
Kaori si voltò a guardarlo interessata.
“Immagina! Loro hanno già alle spalle tanti anni vissuti… e pensa quante ne hanno passate! Avranno avuto sicuramente la loro parte di gioie e dolori, come tutti del resto, avranno lottato, a volte avranno perso, altre vinto. Ma se sono arrivati fino a qui, di sicuro si sono sempre rialzati, in un modo o nell’altro. Hanno trovato sempre la maniera di andare avanti. Se poi hanno avuto la fortuna di trovare l’amore della propria vita…”.
E i suoi occhi si posarono sul bel viso della ragazza che aveva accanto.
“… niente è stato troppo difficile per loro. Magari hanno avuto dei figli e poi dei nipoti, e chissà… sono stati felici. Ed ora guardali, sono sereni, vivono la vita come un dono, si entusiasmano ancora, niente è dato per scontato… non so come spiegarlo”.
Kaori annuì; capiva cosa voleva dire.
“Sai, prima di conoscere te e tuo fratello, non pensavo minimamente al futuro, vivevo alla giornata e la morte mi era compagna, e quando hai a che fare con lei non puoi permetterti di scherzare o fare progetti… Semplicemente non ho mai creduto che un giorno sarei potuto invecchiare anch’io… Per me un giorno valeva un altro: mi svegliavo la mattina, facevo il mio lavoro, cercavo di portare a casa la pelle e alla fine andavo a divertirmi nei locali per dimenticare le brutture del mondo, e la mattina dopo ricominciavo da capo: ogni giorno era buono per morire”.
Poi i suoi occhi si fecero dolcissimi e proseguì:
“Tuo fratello mi ha insegnato tanto, mi ha dato la speranza, ma più di tutto mi ha dato te… e di questo gliene sarò eternamente grato”.
A quelle parole Kaori, profondamente commossa, posò la mano sulla sua e la strinse.
“All’inizio pensavo che fossi la persona meno indicata per prendermi cura di una ragazza così ribelle e testarda come te”, sorrise aspettandosi le sue proteste e i suoi mugugni, invece lei ridacchiò solamente.
“…avevo la mia vita da vivere, avevo i miei problemi, esistevo solo io, era più che sufficiente dover badare a me stesso. Ma allo stesso tempo per l’amicizia che mi legava a Maki e la lealtà che provavo verso di lui, non potei tirarmi indietro, anche se, pensai che…che… tuo fratello mi avesse fregato…” e preoccupato guardò Kaori, non voleva ferirla con quelle parole, ma lei tacque e non diede segni di essersi offesa, lui proseguì:
“…non fraintendermi…non era te che non volevo, semplicemente non volevo nessun altro nella mia vita, e pensai che tuo fratello in qualche modo mi avesse incastrato perché, era come se mi avesse sfidato, per l’ultima volta, a fare qualcosa che io non credevo fossi in grado di fare. Non so cosa ci vedesse in me…mi stimava così tanto e mi dava così tanta fiducia, riusciva a guardarmi dentro. Mi ha insegnato a credere in me stesso, non come sweeper, ma come uomo”.
Tacque perso nei suoi ricordi, poi poco dopo riprese:
“E poi sei arrivata tu. Fu come un’esplosione di vita. Nonostante avessi appena perso il tuo unico fratello e fossi rimasta sola al mondo, cercasti in tutti i modi di nascondere il tuo dolore e di reagire. Ti ammirai tantissimo fin da subito, perché non eri come tutte le altre donne che avevo conosciuto, eri forte e dolce allo stesso tempo. Pur essendo giovanissima decidesti di prendere il posto di Hide e ti dedicasti anima e corpo a questo mestiere, rinunciando a tante cose. Non ti ho mai incoraggiato è vero, ma tu anno dopo anno hai imparato tanto e sei diventata una sweeper capace e professionale…anche se ti costringevo a sparare con una pistola modificata, perché non volevo che uccidesti qualcuno e diventassi un’assassina, come me.” terminò con voce amara.
Kaori allora, prendendogli entrambe le mani, e costringendolo a voltarsi verso di lei, disse:
“Non devi dire così, tu non sei un volgare assassino… il passato è passato, ma ora sei un giustiziere, un uomo meraviglioso che sfrutta le sue conoscenze per aiutare i più deboli, gli indifesi, e arrivi dove la polizia non può arrivare. Non tormentarti inutilmente con i sensi di colpa… Sapessi quanto bene fai!”.
E accompagnò quelle parole facendogli una tenerissima carezza sul viso e aggiunse:
“E poi io… non ho dovuto rinunciare a niente, io non potrei immaginare una vita diversa da quella che ho vissuto accanto a te”.
Allora Ryo riprese:
“Ad ogni modo starti accanto mi ha cambiato tantissimo, perché tu sei così, così fresca, così vera! Pur avendo sofferto tanto, riesci ancora a credere che ci saranno giorni migliori, che tutto si sistemerà; dove io vedo solo feccia e gentaglia, tu vedi esseri umani, dove io vedo solo nero e buio, tu vedi le stelle o un raggio di sole.”
“Oh Ryo…” gli sussurrò.
“Non sei un’ingenua perché vivi con i piedi per terra, ma non smetti mai di vedere il bello e il buono in tutti. Pensa alla nostra famiglia allargata, a Falcon, a Miki, allo stesso Mick... eravamo tutti fatti della stessa pasta, eppure guardaci ora! Siamo diversi da come eravamo un tempo, ora siamo più umani, e daremmo la vita per ognuno di noi, mentre prima cinicamente ce ne saremmo fregati. Se Falcon e Miki stanno insieme è merito tuo, se Mick non è più lo spietato killer che era prima e più ancora se è sopravvissuto alla polvere degli angeli, è merito tuo…”
“Ryo... ma cosa dici… come è possibile tutto questo? No, non è merito mio, siete voi che siete persone stupende… ”
“Ecco vedi? E’ questo che intendo! Tu riesci a vedere quello che gli altri non vedono… esattamente come tuo fratello”.
 
Kaori sembrava non capire, per lei era normale amare quelle persone, erano i suoi migliori amici e ognuno di loro era speciale a modo suo.
Lei si era subito affezionata a quei combattenti ed ex-mercenari, non li giudicava, li accettava così, nella loro totalità, in loro vedeva quello che erano e non quello che riuscivano a fare imbracciando una qualsiasi arma.
“E poi…” riprese Ryo “sei stata così paziente con me….ho fatto di tutto per farti stancare, volevo che fosse tua la decisione di lasciare questo nostro mondo così pericoloso, volevo che decidessi tu perché io… perché io non avevo il coraggio di mandarti via, soprattutto dopo, quando mi sono accorto di amarti. Non potevo immaginare di vivere senza di te, di rinunciare a te, ma allo stesso tempo non riuscivo a dirti quanto ti amassi e quanto avrei voluto passare il resto dei miei giorni con te…”.
 
Silenzio.
In lontananza si sentiva il vociare indistinto di bambini che giocavano, la campana di un tempio che scandiva il tempo, e lì al riparo degli alberi, il cinguettio degli uccellini e il frinire dei grilli.
“Quando ho scoperto di essermi innamorato di te, improvvisamente ho desiderato di poter invecchiare un giorno, di poter vivere ancora e ancora, mi resi conto che…che volevo vivere e non più sopravvivere. Ricordi quello che ti dissi nella radura?”
Kaori fece un cenno di assenso con la testa, troppo commossa per dire altro.
“Ecco perché prima ho detto che invidio la nonnina e quelli come lei, perché vuol dire che, per quanto dura e lunga sia stata la tua vita, poi arriva il momento in cui ti puoi finalmente riposare e smettere di lottare, puoi vivere serenamente i tuoi giorni, in pace con il mondo, che ce l’hai fatta, che hai vissuto…”.
Tacque.
 
Kaori era sopraffatta dall’emozione che le parole di Ryo le aveva provocato.
In tutta la loro vita insieme aveva imparato a conoscerlo e anno dopo anno aveva scoperto che, dietro quella sua maschera da buffone maniaco o dietro quei suoi occhi neri come l’acciaio, nascondeva un abisso di dolore e sensi di colpa.
E non perché lui si fosse confidato, no, perché raramente le aveva aperto il suo cuore, ma ogni volta che era successo, aveva fatto tesoro di ogni più piccola parola che lui le aveva detto.
Lei però aveva capito molto di più di quel poco che lui le aveva confidato, era andata oltre i suoi silenzi, i suoi occhi a volte tristi, i commenti distratti, aveva pazientemente raccolto tutte quelle informazioni che si era lasciato sfuggire quando era con lei, rilassato e con la guardia abbassata.
Aveva scoperto tardi, e solo perché Mary era entrata prepotentemente nella loro vita, il passato spaventoso che aveva segnato l’infanzia e la giovinezza di Ryo, e più che rimanerne sconvolta in sé, aveva sofferto solo perché lui non gliene avesse mai parlato.
Quella volta, oltre all’enorme ondata d’amore che aveva provato per lui, e per la sua infanzia negata, si era anche sentita rifiutata proprio da lui, dall’uomo che amava da sempre, perché non l’aveva ritenuta degna delle sue confidenze, perché non l’aveva messa a parte dei suoi segreti, se non come donna legata a lui sentimentalmente, almeno come compagna di lavoro.
Poi però era stata raggiunta da Umibozu, e lui le aveva rivelato che Ryo non parlava mai del suo passato, e nessuno ne sapeva niente esattamente; a quel punto Kaori aveva compreso che lui non le aveva detto niente per paura di essere giudicato, per paura che sapendolo un assassino spietato, un guerrigliero cinico e feroce, che si era macchiato dei più atroci delitti, al soldo di comandanti senza scrupoli, lei ne avrebbe provato orrore e avrebbe finito per abbandonarlo delusa e schifata.
In Giappone, lontano miglia e miglia dalle foreste dell’America Latina, si era rifatto una vita, nessuno immaginava il suo passato, e quando aveva conosciuto i fratelli Makimura, per la prima volta aveva provato il desiderio di essere un uomo migliore.
Alla fine lei era tornata a casa, decisa a donargli un compleanno, pronta a dimostrargli che fra loro non era cambiato nulla, ma nemmeno allora lui le aveva detto niente, e solo in seguito aveva capito quanto Ryo avesse temuto la sua partenza, quando non l’aveva vista rientrare insieme a Mary.
Quella sera sulla terrazza, Kaori con il suo solito fare allegro e solare, gli aveva comunicato di avergli trovato una data di nascita (che altro non era che il giorno in cui si erano conosciuti) e gli aveva attribuito trent’anni d’età; dopo le iniziali proteste, lui le aveva regalato un bacio dolcissimo, sulla fronte, che valeva molto di più di un lungo discorso di ringraziamento.
Allora ne era rimasta sconvolta, perché aveva percepito tutta l’intensità del sentimento che li legava, tutta la gratitudine che lui sentiva nei suoi confronti, per averlo accettato così com’era, per essere rimasta con lui, per amarlo senza riserve.
Ryo non era stato in grado di spiegarle quello che provava, tanto più che correva il rischio di scoprirsi troppo, ma lei aveva capito, il suo cuore aveva capito.
Ma quel pomeriggio lui aveva fatto molto di più.
Aveva finalmente dato voce ai suoi pensieri, ai suoi sentimenti, si era aperto come mai prima e quello che lei aveva solo immaginato, sospettato, temuto, o sperato, era stato confermato proprio dalla sua viva voce.
Se il giorno prima le avessero detto che il loro rapporto da lì a breve avrebbe subito un’accelerata e che Ryo le avrebbe parlato in quel modo, lei non ci avrebbe creduto.
Eppure era successo.
E tutto dopo che…Obāsan Kitsune era entrata in casa loro e che avevano accettato il suo caso.
Che c’entrasse qualcosa?
O era una pura casualità?
Che importanza aveva alla fine?
Kaori era troppo felice del momento che stavano vivendo e quando Ryo tacque, lo avvolse in un abbraccio pieno d’amore e nascose il viso nel suo petto.
Lui la strinse a sé e le posò una mano sui capelli.
E mentre il tempo sembrava essersi fermato, restarono così, senza parlare, dolcemente cullati dalla brezza che faceva dondolare i fiori e increspava appena la superficie dello stagno.
La nonnina, che nel frattempo si era svegliata, aveva continuato a far finta di dormire e non si era persa una sola parola di quello che si erano detti.
Sorrise dentro di sé e pensò di non aver mai visto spettacolo più bello.
 
Poco dopo, quando si sciolsero dall’abbraccio, Ryo disse:
“Accidenti, ma quanto dorme la nonnina? Dovremo portarla via di lì sulle braccia?”
Kaori ridacchiò.
Poi lo sweeper fece per sedersi sulla staccionata di legno ma Kaori lo avvertì:
“Senti, ma sei sicuro che ti reggerà?”
“Ma certo! Non vedi che è legno stagionato?”
“MMmmm sarà…”
“Che vuoi dire? Non sono mica così pesante? Guarda che fisico asciutto e slanciato” e si pavoneggiò, esibendosi in una posa da macho, ma per il troppo agitarsi perse l’equilibrio e cadde all’indietro, finendo miseramente in acqua.
La sweeper a quel punto scoppiò in una fragorosa risata, che destò definitivamente la nonnina, e scavalcata la staccionata, raggiunse il suo testardo socio, sulla riva del laghetto.
Lui riemerse con una ninfea sulla testa, sputacchiando un getto d’acqua come una fontana, con aria estremamente infastidita.
La ragazza era letteralmente piegata in due dal gran ridere, e più lo guardava e più si contorceva dalle risate, Ryo aveva una faccia che era tutto un dire!
“Smettila di ridere, scema!” gli disse infine.
“Ah ah ah ah ah ah ah no-no-non posso ah ah ah ah”
“Ho detto, smetti di ridere!”
Ma Kaori non ci riusciva proprio, nel frattempo però si era accovacciata per vederlo meglio, allora il socio l’afferrò per un braccio e la tirò dentro l’acqua insieme a lui.
Presa alla sprovvista Kaori finì nel laghetto senza opporre resistenza, e quando la sua testa uscì finalmente dall’acqua Ryo le disse:
“Ora sono io che rido ah ah ah ah ah ah ah”
“Idiota…” mugugnò lei con sdegno, bagnata fradicia.
Kaori sembrava sul punto di esplodere in uno dei suoi soliti scoppi di ira e la nonnina, che aveva visto tutta la scena, si portò una mano alla fronte e si disse:
Sono proprio senza speranza!”.
Ma poi la ragazza ci ripensò, cambiò all’istante espressione, e scoppiò nuovamente a ridere. Quella risata era contagiosa e ben presto tutti finirono per sbellicarsi.
 
Si erano già rimessi in piedi e sembrava che volessero uscire dallo stagno, quando Kaori si avventò di peso sul partner, con l’intenzione di ricacciargli la testa sott’acqua. Ridendo come una matta gli disse:
“Socio, fatti un altro bel bagnetto!”
Appena la testa di Ryo scomparve sotto la superficie dell’acqua, lei cercò di raggiungere la riva il più presto possibile, ma si sentì afferrare sui fianchi da due potenti braccia che l’imprigionarono. Lui riemergendo le disse:
“Dove credi di andare tu? Ora sei in mio potere”
“Ah sì? Se non mi lasci andare vedrai se non ti affogo sul serio!”
“Provaci se ne sei capace!”
E si misero a lottare, scherzando, schizzandosi l’acqua, dibattendosi, ridendo e divertendosi come bambini.
La Kitsune li osservava con aria divertita e pensò:
Ma come fanno a mantenere il loro spirito così gioioso e allegro con tutto quello che sono costretti a vedere e vivere ogni giorno? In ogni caso sono fatti per stare insieme. Sono due persone speciali”.
Alla fine Kaori riuscì ad allontanarsi da Ryo ed uscire dall’acqua, grondante e ansante per quel corpo a corpo giocoso e per il troppo ridere.
Quando il ragazzo raggiunse le due donne, si scrollò di dosso l’acqua come un cane schizzandole tutte:
“Fermatiiiiiii” gli gridò Kaori, ma entrambi continuavano a ridere a più non posso; la nonnina premurosa disse:
“Ed ora? Come farete che siete tutti e due bagnati fradici? Se non vi cambierete subito vi prenderete un malanno!”
“Ma no, si figuri nonnina” rispose la ragazza, però un istante dopo Ryo starnutì rumorosamente.
“Ecco, appunto!” rincarò la dose la vecchina un po’ più severamente.
Kaori si fece piccola piccola; quella donnina li stava sgridando come fossero due ragazzini pestiferi.
“Be’ la macchina è lontana” disse Ryo “e comunque dentro non avremmo degli indumenti di ricambio da metterci” poi si voltò a guardare meglio la socia, i cui vestiti bagnati e appiccicati al corpo, facevano risaltare le forme perfette.
I suoi occhi scintillavano di malcelato desiderio e Kaori, che se ne accorse, arrossì violentemente, gli bisbigliò imbarazzata:
“Smettila di guardarmi così!”
“Ho io la soluzione!” esordì la vecchietta “se non ricordo male il tempio in cui andavo da ragazza, quello in cui mi incontrai con Tagomi, ricordate? Non dovrebbe essere molto distante da qui. Chiederemo ai monaci di prestarci magari dei kimono mentre si asciugano i vostri abiti, che ne dite?”
“Perché no?” rispose lo sweeper, la socia annuì.
 
Ripresero il vialetto da cui erano venuti e ad ogni passo le scarpe dei due sciaguattavano producendo un rumore di risucchio che li faceva ridacchiare entrambi, mentre non smettevano di punzecchiarsi.
Sì, non c’è che dire, sono proprio come due bambini” si disse la nonnina “spero che possano sempre mantenere uno spirito gioviale e spensierato come adesso” e sorrise con affetto.

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Capitolo 9
*** Sulla Via del Kendo ***


Ecco un nuovo capitoletto tutto per voi.
Grazie che ancora sopportate i miei deliri e che continuate a leggere assiduamente questa mia fic.
Grazie a chi commenta, a chi legge, a chi mi sopporta :-D
Vi lovvo <3





Cap. 9 Sulla Via del kendo
 
Arrivati al tempio, si zittirono tutti e tre e si fecero seri, intimiditi dall’atmosfera mistica che si respirava, e assunsero un atteggiamento ossequioso quando si presentarono davanti al primo monaco che gli venne incontro.
S’inchinarono e fu la nonnina a parlare per tutti:
“Buona sera venerabile fratello, siamo qui a chiedere ospitalità e dei vestiti asciutti per questi ragazzi”
“Che la pace alberghi nei vostri cuori! Entrate.”
Si tolsero le scarpe e il monaco gli fece strada.
Attraversarono delle sale immense, ricoperte da pannelli di legno intagliato e finemente lavorato, il profumo dell’incenso pervadeva ogni stanza e il silenzio era a volte interrotto da suoni di campanelli lontani, o dal brusio dei devoti in preghiera.
Tutto era pace e serenità.
Il monaco li fece attendere in un ampio vestibolo e poco dopo ritornò con due semplicissimi yukata in cotone e un paio di salviette per asciugarsi i capelli.
Kaori e Ryo si guardarono senza aver il coraggio di dire una parola; da che erano entrati nessuno di loro aveva detto nulla, intimiditi dalla spiritualità che si sprigionava da quel luogo sacro.
Si strinsero nelle spalle e si diressero ognuno dietro un paravento di bambù e carta di riso dipinta.
Armeggiarono con gli abiti bagnati e con i kimono, poi poco dopo riemersero rivestiti di tutto punto.
La nonnina li osservò con interesse, e soddisfatta sorrise.
Non c’erano specchi e i due sweeper non poterono rimirarsi, ma quando si trovarono uno di fronte all’altro, trattennero il respiro, guardandosi con stupore e ammirazione insieme. Era emozionante vedersi abbigliati in quel modo, e si piacevano un sacco; per una volta potevano apprezzarsi reciprocamente ed esprimere il proprio gradimento senza bisogno di spiarsi o dissimulare.
I loro occhi scintillavano di felicità e la Kitsune ne era quasi commossa.
Kaori era splendida nel suo kimono dal taglio tradizionale, a tinta unita e di colore rosa pesca, che metteva in risalto il collo e la nuca di madreperla, Ryo indossava un kimono anch’esso tradizionale, ma di foggia maschile, marrone scuro, che metteva in evidenza le spalle larghe e il petto possente. Il suo portamento fiero e lo sguardo serio, lo facevano sembrare un giovin signore di altri tempi, ma quando posò gli occhi sulla sua Kaori, l’espressione si fece dolce e sognante e lei arrossì leggermente.
La nonnina non si stancava di guardarli e sospirò.
Il monaco disse che dopo aver messo ad asciugare i loro vestiti, se volevano, gli avrebbe fatto fare il giro del tempio.
 I tre furono più che d’accordo e anzi la nonnina esordì dicendo:
“In questo tempio, sul retro, Tagomi aveva una scuola di arti marziali. Era questo il suo mestiere”
I due sweeper la guardarono sorpresi e Ryo chiese:
“Perché non ce l’ha detto prima?”
“Oh scusate me ne ero dimenticata… forse perché non la ritenevo una cosa importante” e gli regalò un sorriso sdentato disarmante, tanto che i due non seppero cosa rispondere.
 
Visitarono i diversi ambienti del tempio e il monaco, instancabile, raccontò loro la storia di quel luogo venerabile; in poco tempo i tre dimenticarono il motivo per cui si trovavano lì e furono rapiti dall’atmosfera rilassante e spirituale.
Kaori sussurrò al suo socio:
“Dovremmo venirci più spesso”
“Hai ragione Sugar” e le sfiorò appena la mano.
Lì si sentiva intimorito e in soggezione, non gli veniva di fare lo scemo né di lasciarsi andare ad effusioni più sfacciate.
Alla fine del giro turistico si ritrovarono in una vecchia palestra, dove si praticava la nobile arte del kendo. Kaori entusiasta esclamò:
“Oh che bello! Ho sempre sognato di prendere lezioni di kendo… se avessi più tempo a disposizione mi iscriverei ad un corso”
“Direi che non hai bisogno di imparare a maneggiare una spada di bambù, te la cavi benissimo con i martelli” la canzonò lui, e lei gli rispose facendogli la linguaccia.
“Io penso invece che Kaori sia portata per quest’arte marziale. Signora Saeba…
Ah avevo dimenticato che sono io”  si disse la ragazza.
“…vorrebbe provare a combattere con me?”
“Oh nonnina, ma non è il caso eh eh eh eh eh” ridacchiò a disagio.
“E perché mai? Ero una discreta kendōka ai miei tempi ed è un po’ come andare in bicicletta, non si dimentica mai come si fa”
“Ma no, si figuri, io dicevo così per dire… e poi magari finiremmo per farci male”
“Stia tranquilla Signora Saeba, mi fermerò in tempo con la spada e non le nuocerò affatto” insistette la donnina, ma Kaori pensò:
Veramente intendevo che tu avresti finito per farti del male!”
Ma la donnina era decisa e già si era avvicinata alla parete dove erano attaccate le varie parti dell’equipaggiamento.
La ragazza era titubante e guardò Ryo con la speranza che lui le dicesse qualcosa, o l’aiutasse a far cambiare idea alla vecchina, ma il suo sguardo era impenetrabile, sembrava stesse pensando ad altro, e non le restò che prestarsi a malincuore, a quella lezione inaspettata di kendo, sperando di non colpirla troppo forte.
Prima d’iniziare la Kitsune le diede una rapida spiegazione sullo scopo e sulle tecniche dell’arte marziale, le mostrò dei passaggi e dei movimenti, prima lentamente e poi in successione, più velocemente. Li fece ripetere a Kaori e quando giudicò che fosse abbastanza brava per sostenere un combattimento, diedero inizio alla lezione vera e propria.
Lo sweeper era stranamente taciturno, e si sedette a gambe incrociate, ai bordi del tatami per godersi la scena.
Dopo i tre saluti rituali, la nonnina partì all’attacco e dimostrò immediatamente un’agilità incredibile per la sua età.
Kaori si trovò subito in difficoltà nello schivare i colpi e nell’attaccare, e si stupì della maestria della nonnetta.
Questa in ogni caso non era mai offensiva, e fermava sempre la spada prima che colpisse brutalmente la ragazza, la sfiorava appena o la toccava con precisione e leggerezza.
Alla fine del duello la vecchina si sfilò l’elmo rivelando un viso affatto congestionato, mentre Kaori, ansante, togliendosi il suo si asciugò il sudore dalla fronte e passandosi una mano nei capelli, disse:
“Wow che esperienza! Nonnina ma lei è fantastica! Mi sono divertita tantissimo”
“Sono contenta che le sia piaciuta. Io credo che la Via del Kendo le sia congeniale, veramente dovrebbe intraprenderla” e poi rivolta a Ryo, che se ne era rimasto in disparte tutto il tempo ad osservare le due donne:
“Signor Saeba, sua moglie è molto portata. Dovrebbe esserne fiero”
L’interpellato rispose:
“Infatti è così, non potrei desiderare una partner migliore” e guardò Kaori intensamente.
Lei gli sorrise piena di gratitudine e arrossì di piacere.
 
Poco dopo le due donne si tolsero l’equipaggiamento: la vecchina si era districata velocemente dall’armatura, come chi fosse abituato a farlo da sempre, invece Kaori era leggermente più in difficoltà.
Ryo si permise di aiutarla, e già lei protestava, dicendogli che non era poi così incapace e maldestra come sembrava, e che non aveva bisogno del suo aiuto, ma lui bloccò le sue rimostranze sul nascere dicendole semplicemente:
“Ti aiuto perché mi va di farlo” e sottolineò le sue parole con uno sguardo deciso e affettuoso insieme.
La ragazza si sciolse davanti a quel sorriso accattivante; era così raro vedere Ryo sorriderle in quel modo, diventava poi se possibile ancora più bello e non seppe resistergli.
Forse era arrivato il momento di lasciarsi coccolare un po’ e di non stare sempre sulla difensiva.
Kaori aveva passato gli ultimi anni della sua vita a cercare di farsi accettare da lui, come degna partner di City Hunter, a sforzarsi di essere alla sua altezza, e non si lamentava mai né chiedeva il suo aiuto. Ma ogni volta che lui spontaneamente aveva provato ad aiutarla, lei ostinatamente aveva sempre rifiutato per non apparire debole ed inetta. E nel fare ciò, si rese conto improvvisamente, si era persa tutte quelle volte che lui lo aveva fatto solo per il piacere di farlo, come in quel momento, e si sentì stupida.
Non era vero che Ryo non era gentile con lei, era lei che spesso non se ne accorgeva e vanificava i suoi timidi slanci.
Lo guardò armeggiare con la sua attrezzatura ancora indosso, e provò un tale amore per quel suo socio strano! Lo lasciò fare e poi alla fine gli sussurrò:
“Grazie”, che voleva essere un ringraziamento per tutto quello che sempre aveva fatto per lei.
Lui le scompigliò i capelli e le rispose:
“Non c’è di che!”.
Insieme si avviarono verso la nonnina, che già stava uscendo dal dōjō, senza voltarsi indietro.
Kaori ne approfittò per prendere la mano Ryo, che si stupì piacevolmente di quel gesto gentile, e stringendosi più vicino a lui, gli bisbigliò:
“Pensi che possiamo camminare così mano nella mano o è sconveniente da fare in un tempio?”
“Be’ non so cosa intendano qui per sconveniente ma…. io conosco ben altre cose da fare in pubblico ritenute sconvenienti….” e già stava assumendo la sua solita faccia da maniaco.
La ragazza allora si fermò di colpo e gli diede uno strattone, poi guardandolo severamente gli disse:
“Ma davvero non riesci a pensare ad altro??” sbuffando.
“Eh eh eh eh eh eh eh scusa, sai certe abitudini sono dure a morire”.
Lei irritata dal suo comportamento, che aveva rovinato quel loro romantico momento insieme, mollò la sua mano di colpo, e accelerò il passo, lasciandolo volutamente indietro, a quel punto lui contrito si mise a trotterellarle dietro, come un cagnolino e piagnucolando continuava a ripeterle:
“Sugar, scusa scusa scusa, dai mi è scappato… non lo faccio più…. e dai aspettami!”.
Fatti pochi passi però Kaori si fermò all’improvviso e lui le finì addosso, tamponandola.
Le sue spalle erano scosse da un leggero tremito, Ryo pensò:
Che le è preso? Oddio l’ho fatta piangere di nuovo?”
Ma Kaori non emetteva fiato, se ne restava lì impettita con le braccia lungo i fianchi e le mani strette a pugno, continuava a sussultare.
Lo sweeper era sempre più preoccupato.
Lei ad un certo punto scoppiò a ridere con una risata fragorosa, e finalmente si voltò a guardare il suo partner con le lacrime agli occhi.
Uno stuolo di libellule transitarono sopra la testa di Ryo, e lui perplesso si ritrovò ad osservarla con un enorme gocciolone di sudore sulla tempia.
Poi si riscosse e quasi le gridò:
“Si può sapere cosa c’è da ridere?”
“Tu-tu- ah ah ah ah tu- tu” ma non riusciva a spiegarsi dal gran ridere.
“Allora? Mi sembri tutta matta”
“Tu-tu hai fatto una faccia!! Eri così dispiaciuto ah ah ah ah ah”
“Scema, basta di ridere. Vorrei vedere te! Non mi piace quando ti faccio soffrire, non voglio più”
A quelle parole Kaori smise all’istante di ridere e si fece seria, si voltò a guardarlo e gli chiese:
“Co-cosa hai detto?”
“Ho detto che non mi piace quando ti faccio soffrire con il mio comportamento, non voglio più farlo…”
“Oh Ryo…perdonami” e gli volò fra le braccia “E’ che ancora non siamo abituati a certe cose abbiamo passato anni e anni a fingere, e a nascondere i nostri veri sentimenti che adesso…”
“Vero, dobbiamo prenderci la mano” e ridacchiò, poi chinandosi verso di lei, le regalò un bacio dolcissimo e rappacificatore che non durò a lungo, perché sentirono la nonnina gridare:
“Forza ragazzi che il tempio sta per chiudere… se non vogliamo rimanere a dormire qui dentro, bisogna che ci sbrighiamo ad uscire”.
Ancora stretti nell’abbraccio si guardarono e Ryo sospirò:
“Dannata… arriva sempre sul più bello!”.
 
I tre riattraversarono tutto il tempio fino al vestibolo, dove li aspettava il monaco che li aveva accolti all’entrata, e che gli aveva fatto da guida; reggeva sulle braccia i loro abiti ormai asciutti e ordinatamente piegati; i due sweeper li presero, non prima di aver ringraziato con un profondo inchino, e si andarono a cambiare.
 
Rientrare nei loro vestiti di sempre gli fece uno strano effetto, era un po’ come tornare alla realtà.
Tutta quella giornata in verità era stata strana, come la notte precedente del resto, per non parlare del caso che stavano seguendo.
In poche ore erano successe tante di quelle cose tutte insieme, ed entrambi stentavano a fare chiarezza nei loro pensieri, ma allo stesso tempo erano così felici che, per una volta volevano solo godersi quel momento così com’era.
Avevano rimuginato sempre tanto sul loro rapporto complicato, chi da un verso chi dall’altro; Kaori chiedendosi se Ryo provasse qualcosa per lei e perché non si decidesse a ricambiare i suoi sentimenti; Ryo combattendo contro l’amore che provava per lei, sempre preda di mille ripensamenti, che era giunta l’ora di lasciarsi andare e vivere il loro amore senza più riserve.
In fondo loro erano destinati a stare insieme, non solo come partner sul lavoro, ma come compagni per la vita, chi più di loro lo meritava?

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Capitolo 10
*** Il guaio al Cat's eye ***


Et voilà un altro capitoletto fresco fresco!!
Grazie a Briz65 che, spero, mi ha aspettato alzata, a Kaory06081987, a 24giu, a prue halliwel, a mrsdarcyfan e a tutti quelli che si prendono la briga di leggere i miei vaneggiamenti :-D
GRAZIE vi lovvo!!





Cap. 10 Il guaio al Cat’s eye
 
Quando uscirono dal tempio le ombre si stavano già allungando e si sentiva nell’aria che presto il giorno avrebbe lasciato il posto alla sera e poi alla notte.
Fin dalla mattina avevano camminato tantissimo e si erano allontanati parecchio dalla macchina, temendo che la nonnina si stancasse troppo a rifare tutta la strada, Ryo insistette per prendere un taxi.
Arrivati al parcheggio dove li aspettava la Mini la Kitsune disse:
“Bene, per oggi penso che possiamo fermarci qui con le indagini. Non avremo scoperto molto, a parte che il nonno di Toshio conosceva il mio Tagomi, e domani potremo incontralo, ma ho passato una bellissima giornata in vostra compagnia, mi sono divertita e ho rivisto luoghi a me molto cari”.
I due sweeper sorrisero.
La donnina riprese:
“Ora, per concludere bene la giornata, non ci resta che una cena leggera e soprattutto un buon caffè. Ho saputo che nel quartiere di Shinjuku dove abitate voi, c’è un locale che ne fa di ottimo, si chiama… si chiama… aspettate che mi ricordo… ha un nome inglese… ha a che fare con i gatti, credo…”.
Ryo e Kaori si guardarono e iniziarono a sudare freddo, possibile che…
“Ci sono! Ora ricordo! Vorrei andare al Cat’s eye!” e batté le mani entusiasta.
I due si guardarono di nuovo, e in un muto dialogo presero a dirsi:
 
K: “Questa non ci voleva! Come faremo a fingere che siamo sposati davanti a Miki e a Falcon?”
R: “Già, anche perché con la vecchia non si può mai sapere…capace che se ne esce con una domanda delle sue…”
K: “E sicuramente andrà a finire male…appena saprà che sono nostri amici, non la smetterà più di fare domande..uff. Già immagino Miki strepitare che ‘Perché non me l’hai detto’ ecc. ecc. Gestire la nonnetta chiacchierona e Miki con le paturnie..non ce la posso fare…”
R: “E poi non posso nemmeno provarci con la bella Miki …che figura ci farei?”
K: “Quello toglietelo dalla testa, con o senza nonnetta, se non vuoi essere polverizzato dal mio martello migliore!”
R: “Dai Sugar stavo solo scherzando, era per sdrammatizzare!”
K: “Mmmmm… vedremo… “
 
La vecchina li osservava in quel loro duello di sguardi e smorfie; sorrideva bonariamente, con gli occhietti a fessura che vedevano però fin troppo bene.
I due terminarono quel loro scambio di battute silenzioso con Ryo che ridacchiava e con Kaori che emetteva un lungo sospiro di frustrazione.
Sulla Mini fecero accomodare dietro la vecchietta, e poco prima di salire a loro volta, gli sweeper indugiarono un attimo a guardarsi da sopra il tettuccio della macchina, Ryo le disse:
“Dai, qualcosa ci inventeremo” e le sorrise incoraggiante.
Kaori annuì ricambiando il sorriso.
Non sarebbe certo stata una cosa del genere a mettere in difficoltà il mitico duo di City Hunter, o no?
 
Poco dopo erano già in movimento, sfrecciando nel traffico della sera.
Il sole stava tramontando e tingeva di rosso e rosa tutta la città.
I primi lampioni si stavano già accendendo, insieme alle insegne multicolori al neon e ai fanali delle auto.
Appena messo piede nella macchina, la nonnina si addormentò quasi subito, comprensibilmente stanca.
I due la osservarono con occhi pieni di tenerezza, e si misero a bisbigliare nell’atmosfera intima della loro auto, Kaori disse:
“Quando arriveremo davanti al Cat’s eye, io mi allontanerò con una scusa e andrò alla cabina all’angolo. Chiamerò Miki al telefono e le spiegherò al volo la situazione, chiedendole di reggerci il gioco…”
“Mi sembra un’idea eccellente. Sei un genio socia!” e le fece l’occhiolino, poi le prese la mano appoggiata sulla gamba e la strinse nella sua, grande e calda.
Proseguirono per un po’ così, in silenzio, e non si accorsero che la nonnetta aveva aperto un occhio e non si era persa niente di quello che avevano detto e fatto.
 
Arrivati davanti al locale Kaori scese e disse:
“Voi intanto avviatevi che io devo fare un salto qui in farmacia a comprare il filo interdentale…”.
Ryo le lanciò uno sguardo interrogativo e perplesso al tempo stesso, ma lei si strinse nelle spalle e fece per avviarsi quando la nonnina:
“Oh Signora Saeba?”
Ah è vero… sono sempre io la signora Saeba” pensò di nuovo la ragazza.
“… aspetti che vengo con lei. Quasi mi dimenticavo di acquistare le medicine per la pressione… che sbadata!”.
I due sweeper fulminei si guardarono e si capirono all’istante: cambio di programma, Ryo avrebbe telefonato a Miki. E già stava per sgattaiolare, quando fu bloccato dalla voce della donnina che querula gli chiedeva:
“Bravo giovane non è che mi accompagnerebbe? Sa, oggi mi sono stancata un pochino e faccio fatica a camminare” e avvicinatasi a lui lo prese a braccetto.
A Ryo scese un gocciolone di sudore lungo la tempia; erano in trappola.
“Ce-certo se proprio insiste…” balbettò a disagio.
Poi intercettò lo sguardo preoccupato della socia; ed ora come avrebbero risolto il problema? Quella donna era una vera e propria piattola; come sarebbero riusciti ad eludere la sua sorveglianza per avvertire Miki?
Che situazione incresciosa.
 
Una volta dentro la farmacia non poterono temporeggiare più di tanto, perché la nonnina trovò subito sullo scaffale il famigerato filo interdentale, e alla cassa chiese le sue medicine in un batter d’occhio.
Non c’era niente da fare, dovevano uscire di lì e andare per forza al Cat’s eye.
Se fosse successo l’irreparabile, probabilmente non avrebbero intascato il compenso per il caso ma, cosa più grave, giunti a quel punto, avrebbero deluso enormemente la nonnina, nel momento in cui avrebbe scoperto di essere stata ingannata per tutto quel tempo. Avrebbero perso la sua stima e questo pensiero li faceva star male.
Si erano affezionati a quella strana donnetta e tenevano a lei.
 
Sconsolati uscirono dalla farmacia e si diressero al Cat’s eye, con la donnina sempre attaccata al braccio di Ryo, questa gli disse:
“Oh, quando mi ricapita di passeggiare a braccetto con un bell’uomo come lei?”.
Ma il complimento invece di fargli piacere, lo fece sentire ancora di più in colpa e a disagio.
I due sweeper erano così afflitti che sembrava andassero al macello.
 
Appena varcata la soglia, il ben noto campanellino della porta tintinnò e Miki voltandosi esordì con:
“Buona sera!” poi appena averli riconosciuti, “Oh ma siete voi?! Che bello, era da un po’ che non vi vedevo! Che fine avevate fatto?”
“Abbiamo avuto da fare… ora siamo impegnati con un caso… questa è la nostra cliente” le rispose Kaori e gliela indicò, poi fece un passo indietro per trovarsi alle spalle di Ryo e della nonnina ed iniziò a farle segni strani che volevano dire:
Non prestare attenzione a quello che dirà la tipa, reggici il gioco” ma che Miki ovviamente non capì.
Ryo invece, contrariamente al suo solito, non fece il minimo accenno di fiondarsi su di lei; anzi se ne restava impalato, davanti al bancone, con quella cliente al braccio, spostando il peso da un piede all’altro, come se gli scottasse la terra sotto i piedi, estremamente a disagio. Il suo strano comportamento la sorprese tantissimo. Si chiese quale potere avesse quella nonnetta, tanto da riuscire a tenere a bada quell’allupato cronico con la sua sola presenza.
La bella barista guardava perplessa i suoi amici, e anche Falcon, che già si era preparato a respingere le fastidiosissime avances, che invariabilmente il suo amico-nemico avrebbe fatto alla moglie, rimase interdetto, ma non tradì emozione alcuna. Continuava a lucidare un piatto già lucidissimo, e se ne stava chiuso nel suo mutismo, ma ad un osservatore attento non sarebbe sfuggito il suo ghigno divertito sotto i baffi: percepiva qualcosa di diverso nell’atteggiamento dei due sweeper e la loro aura non era più la stessa.
Kaori continuava a gesticolare e a farle cenno di leggere il labiale, però Miki proprio non riusciva capire, anche lei però sentiva che c’era qualcosa di diverso, ma le sfuggiva cosa; era tutto insolito, a cominciare dal comportamento dei due, e anche il fatto che avessero una cliente donna, ma vecchia, non era da Ryo.
Così guardando ora l’uno ora l’altra, esordì dicendo:
“Ehi ragazzi si può sapere cosa avete stasera? Vi vedo strani…”.
A quel punto, proprio mentre Kaori continuava imperterrita a cercare di farsi capire dalla sua migliore amica, la vecchina si girò di scatto verso la ragazza ed esclamò:
“Oh signora Saeba… ma voi vi conoscete già? Che bello!” calzando sul signora.
Signora Saeba??” proruppero Miki e Falcon in coro.
Ecco ci siamo, la bomba era stata sganciata e i due soci si prepararono al peggio.
 
Improvviso scese il silenzio nel locale.
Poi si udì un singulto indeciso, come uno sbuffo, poi un altro e un altro ancora, che ben presto si trasformò in una risatina stridula, per poi diventare talmente potente che fece ribaltare Ryo dallo sgabello.
Era Umibozu, che si esibiva in una delle sue famose risate stentoree, che facevano tremare le pareti del bar; Miki cercava di calmarlo dicendogli che non stava bene ridere in quel modo davanti ai clienti, ma lui non la sentiva nemmeno.
“Buahahahahhahahahah” riecheggiava per il locale.
Ryo ritiratosi su a fatica e abbarbicato allo sgabello iniziò col dire:
“Vuoi smetterla? Brutto scimmione!!”
“Ah ah ah ah ah allora alla fine quella povera santa c’è riuscita ah ah ah ah ah ah”
“Cosa vorresti dire??”
“Che uno come te…. ah ah ah ah ah ah ah” ma non riusciva a terminare le frasi dal troppo ridere
“Uno come me cosa?? Solo tu puoi sposarti? Che c’è, hai l’esclusiva?”
“No-no ah ah ah ah”
“Smettila!” s’immusò Ryo, mettendosi a sedere con le braccia conserte.
Miki a quel punto diede una gomitata al marito, che si calmò un poco, si schiarì la voce e riprese:
“Volevo dire che uno come te, lo stallone di Shinjuku, ha trovato chi gli ha messo le briglie” e gli fece un sorriso abbagliante a trentadue denti.
La nonnina era rimasta basita davanti al comportamento del gigante e chiese rivolta a Ryo:
“Perché il suo amico ha avuto una reazione del genere? Non lo sapeva che eravate sposati? Mi sembra oltremodo strano…” terminò pensierosa.
Ma Ryo si affrettò a dire:
“Non gli presti attenzione cara nonnina, è un povero mentecatto, un invalido, non è colpa sua… è che la guerra l’ha profondamente segnato” e poi picchiettandosi sulla tempia con il dito, bisbigliando ma cercando di farsi sentire da tutti “… non ci sta più con la testa” e le strizzò l’occhio.
Falcon grugnì ma non aggiunse altro.
Kaori era rimasta in silenzio, imbarazzata, e quando Miki la guardò capì che c’era sotto qualcosa e incredibilmente prese in mano la situazione, si rivolse alla Kitsune dicendo:
“Signora…”
“Oh mi chiami nonnina, la prego”
“Dicevo…nonnina, voglia scusare mio marito, sa è un tale giocherellone…”
Ma i due sweeper fecero una faccia tipo “Sì è proprio un giocherellone” mentre l’interessato grugnì di nuovo.
“Niente scuse, dicevo già al signor Saeba che mi piacciono i tipi allegri.”
“Prego si accomodi che le porto subito qualcosa, gradisce un po’ di caffè?”
“Oh sì sono qui per questo”.
Kaori osservava tutta la scena augurandosi che il peggio fosse passato.
Ma poco dopo essersi accomodati ad un tavolinetto nell’angolo, quando Miki arrivò con il vassoio la donnina le chiese:
“Gentile signora, se non ha nulla da fare, perché non si unisce a noi e facciamo due chiacchiere? Magari potrebbe raccontarmi come si sono conosciuti questi due, o come è stato il loro matrimonio; sono così timidi e riservati in questo, che abbiamo parlato tanto ma non mi hanno detto niente”.
Eccola, si dissero i due sweeper, è tornata alla riscossa.
Maledetta impicciona”, pensò Ryo mentre Kaori tremante già pensava “Ed ora cosa dirà Miki?
La bella barista, guardò prima Kaori che aveva un’espressione supplicante da far quasi tenerezza, poi Ryo che sfoggiava la sua solita posa da duro impenetrabile, e sorrise divertita.
Si accomodò sul divanetto in modo da poter vedere entrambi i suoi amici, che sedevano uno di fronte all’altro e iniziò:
“Be’ cosa vuole che le dica? Quando li ho conosciuti io stavano già insieme… o meglio, erano solo colleghi di lavoro, erano innamorati l’uno dell’altra, ma ancora non lo ammettevano apertamente” e li guardò con affetto.
“Kaori fu la prima a rendersi conto dei sentimenti che provava per il suo partner, ma timida com’è e frenata da un mare di remore, che non le sto qui a dire, non si decideva mai a fare il primo passo. Io e un’altra sua amica Eriko, le abbiamo pensate tutte per convincerla a buttarsi, ma non c’era verso. Dall’altra parte lui, testone come è sempre stato “ e si rivolse a Ryo che fece la faccia offesa “non si decideva mai a dimostrarle il suo affetto e a ricambiare i suoi sentimenti, e cercava di tenerla alla larga con mille stupide scuse, faceva il farfallone e il buffone solo per mascherare che era innamorato cotto, ma tutti noi sapevamo come stavano veramente le cose… tutti tranne Kaori, che non se ne rendeva conto. Poi è successo che si sono dichiarati”.
E qui si fermò, temendo di dire troppo e di entrare nello specifico.
Finora non aveva mentito perché fondamentalmente aveva detto la verità, ma aveva capito che i due, per qualche oscura ragione, avevano deciso di far credere alla nonnina che erano sposati, e lei non voleva farli scoprire.
Kaori ormai di un bel rosa acceso, non immaginando che tutti i loro amici avessero così tanto a cuore la loro sorte, trattenne il fiato e sperò con tutta sé stessa che la donnina non volesse indagare oltre.
 
“Sì e poi è successo!”
Esordì inaspettatamente Ryo e tutti si voltarono a guardarlo stupiti “…nel senso che era arrivato il momento… io mi sono deciso e le ho detto che l’amavo, lei non aspettava altro e… ecco era fatta.” tagliò corto.
Kaori non riusciva a credere alle sue orecchie ed era preda di emozioni contrastanti, da un lato era imbarazzatissima per il fatto che si parlasse così apertamente delle sue vicende amorose, dall’altro lato non si aspettava questa schiettezza in Ryo.
Forse lui lo faceva per chiudere la bocca a tutti, e per impedire che la nonnetta continuasse con quel suo interrogatorio mascherato dalle buone maniere, e per trarla d’impaccio conoscendo la sua naturale ritrosia.
Certo, lui nelle ultime ore si era aperto tantissimo con lei, ma non era il tipo che si metteva a sbandierare i suoi sentimenti ai quattro venti, anche se davanti aveva i suoi migliori amici.
La ragazza abbassò lo sguardo timidamente, e iniziò a tormentarsi le dita; non ci capiva più niente.
E poi perché si doveva proprio parlare di loro?
Avrebbe tanto voluto cambiare discorso, ma era troppo confusa dagli eventi per trovarne un altro.
Ma quando Ryo parlò ancora, rialzò lo sguardo stupita.
Lui stava dicendo:
“E poi ci siamo sposati; volevamo una cerimonia intima, solo con i nostri amici più stretti… una piccola chiesa nel mezzo di una radura. Kaori era bellissima…” e si voltò a guardarla intensamente, ora sembrava che si rivolgesse solo a lei “…indossava un vestito bianco semplice ed elegante, che metteva in risalto la sua naturale bellezza, un trucco leggero, fresco, proprio come lei. Io ero emozionatissimo ma deciso. Era quello che volevo con tutto me stesso, stare con lei per il resto dei miei giorni…” e poi tacque.
Tutti erano rimasti col fiato sospeso, e non volevano perdersi nemmeno una parola di quello che stava dicendo lo sweeper: Kaori, Falcon e Miki non credevano alle proprie orecchie!
La sua socia profondamente commossa, sperava poi che quelle parole fossero vere, che lui desiderasse veramente stare con lei. Le aveva dimostrato che teneva a lei, quella giornata era stata fantastica, tutti i loro baci, le confidenze, il prendersi per mano… non stava fingendo… Poteva credergli? Voleva…
Miki anch’essa commossa, si appoggiò al braccio di Falcon, che silenziosamente le si era avvicinato, e che con la sua stazza incombeva sui presenti, e quando gli prese la mano, finì per diventare rosso come un peperone e la sua crapa pelata iniziò a fumare come un vulcano.
Tutta quella situazione era al limite per lui; si era dominato tutto il tempo, ma ora stava per cedere. Sentire Ryo fare certi discorsi non era così normale, anzi, e sperò che non stesse solo recitando la parte di fronte alla loro cliente, quale ne fosse la ragione, ma che finalmente si fosse deciso con la sua partner. L’aura di entrambi però era più dolce, serena, erano molto più in sintonia, e un flusso continuo andava dall’uno all’altra, uno scambio di energia positiva. Qualcosa era effettivamente successo fra i due.
Se ne compiacque, Kaori se lo meritava, e anche Ryo, perché no? Era ora.
 
Prima che finissero per annegare nel miele, la donnetta, ormai soddisfatta saltò su e disse:
“Bene allora, propongo di festeggiare!”
E tutti si riscossero e proruppero in una risata liberatoria.
I due soci si scambiarono uno sguardo pieno d’amore, che non sfuggì alla bella barista.
Magari non si erano sposati veramente, perché l’avrebbe saputo e guai se la sua migliore amica l’avesse fatto di nascosto proprio da lei, però sentiva che le cose erano realmente cambiate nella vita di quei due zucconi.
Lo vedeva da tante piccole cose, che sarebbero potute sfuggire ad una persona normale, ma non a lei, ex-mercenaria, abituata a guardare il mondo con occhi diversi, a non lasciarsi sfuggire il più piccolo particolare.
Sì, era successo qualcosa e presto o tardi l’avrebbe scoperto.
In ogni caso Ryo non stava fingendo, no, faceva sempre lo spavaldo e il cascamorto con qualsiasi bella ragazza gli si trovasse a tiro, ma era sempre stato un timidone quando si trattava di Kaori, e si limitava ad osservarla con tenerezza e affetto quando era sicuro che nessuno lo vedesse. Però stavolta il suo sguardo era sicuro, aperto e riconosceva nei suoi occhi l’amore per la sua amica.
Bene, si disse, ce l’avevano fatta, e sì era proprio il caso di festeggiare.
Tra l’altro, ma dove l’avevano beccata quella strana nonnetta?
La quale, rivolgendosi ad Umibozu chiese:
“Brav’uomo dica, lei è il marito di questa dolcissima ragazza?” indicando Miki.
Lui biascicò un sì a mezza voce.
“Che bella coppia che siete! Avete già dei figli? Pensate di averne?”.
Eccola di nuovo!
L’instancabile vecchina aveva lanciato una nuova bomba, questa volta però aveva cambiato il bersaglio.
A quell’uscita improvvisa Falcon si paralizzò sul posto, sul suo volto si succedettero tutte le gradazioni possibili ed immaginabili del rosso, fino a quando la sua testa prese letteralmente fuoco, sfrigolando. I suoi occhiali da sole si incrinarono per poi esplodere in mille pezzi e senza emettere un fiato, cadde all’indietro stramazzando al suolo.
Miki si precipitò a soccorrere il marito e più lo accarezzava e coccolava cercando di farlo rinvenire, e più Falcon sprofondava nell’incoscienza.
I due sweeper osservarono la scena in silenzio, e tirato un inconsapevole sospiro di  sollievo per non essere più al centro della morbosa curiosità della vecchietta, scoppiarono in una fragorosa risata.
Perplessa la nonnina chiese:
“Perché? cosa ho detto di tanto strano?”
Ma nessuno le prestò attenzione.
Quando Umibozu rinvenne, scomparve nel retro adducendo una scusa qualsiasi.
Si tenne alla larga dalla nonnetta, e ogni tanto si affacciava dalla porta del magazzino per spiarla, ma non rimise piede nel locale per tutta la sera.
Per fortuna di tutti la Kitsune non fece più domande imbarazzanti e poterono godersi la serata in tranquillità.
 
Al momento dei saluti, Miki li accompagnò alla porta e poco prima che uscisse, prese Kaori per un braccio e l’attirò a sé con decisione e dolcezza insieme.
L’avvolse in un caloroso abbraccio e le sussurrò all’orecchio:
“Sono contenta per te, amica mia”.
Kaori la strinse forte e rispose:
“Grazie Miki”.
Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto raccontarle tutto, e anche se le sue domande avrebbero finito per farla sentire a disagio, glielo doveva e sì, avrebbe fatto piacere anche a lei metterla a parte della piacevole svolta che aveva avuto il rapporto con il suo amatissimo socio.
Sorrise e se ne andò.
Erano ormai alla Mini quando Umibozu comparve sulla porta del locale e tuonò:
“Ryo!”
L’interpellato si voltò verso il suo amico e si fermò in attesa.
“Non deludermi” concluse Falcon.
Lo sweeper n. 1 del Giappone annuì, poi riprese a camminare, e poco prima di scomparire all’interno dell’abitacolo, alzò un braccio a mo’ di saluto, senza voltarsi.
Umi grugnì e sparì all’interno del bar.

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Capitolo 11
*** Ripensamenti? ***


Stasera mi annoiavo ed ho aggiornato un filino prima del solito.... spero di avervi fatto una "sorpresa" gradita ^_^
Siamo agli sgoccioli cmq..

Ancora GRAZIE a lettere cubitali e a luci al neon per essere arrivate/i fino a qui.
Vi lovvo
Ele




Cap. 11 Ripensamenti?

 
Si diressero verso casa quindi, ma appena giunti davanti al palazzo di mattoni rossi, scesero solo la nonnina e Kaori perché Ryo non diede segno di voler parcheggiare in garage e anzi disse alla socia:
“Stasera esco, non aspettarmi alzata” con un sorriso strano.
Kaori ne rimase interdetta, ma non fece in tempo ad aggiungere altro che già Ryo era scomparso dietro l’angolo sgommando.
Sentì nascere dentro di lei un profondo malessere, che tuttavia cercò di nascondere alla vecchietta che, ignara, prese a salire le scale con la sua solita aria soddisfatta.
 
Una volta dentro la nonnina disse:
“Cara signora Saeba…”
Già… sono sempre io” pensò sconsolatamente la ragazza “non mi ci abituerò mai
“Se non le dispiace vorrei ritirarmi in camera mia, che sono molto stanca…”
“Oh nonnina, si figuri! Ci mancherebbe! Oggi è stata una giornata intensa e la capisco. Dorma bene, ci vediamo domattina”.
 
Dopo la partenza inspiegabile di Ryo, Kaori voleva solamente rimanere da sola per rimuginare sulla situazione, e chiarirsi le idee; passare il resto della serata a chiacchierare amabilmente con la Kitsune, e dissimulare la profonda delusione che sentiva dentro di sé, era l’ultimo dei suoi desideri.
Salì pesantemente le scale e raggiunse quella che, dalla sera prima e momentaneamente, era la sua stanza; si gettò a faccia in giù sul letto e nascose il viso nel cuscino.
Perché Ryo era voluto uscire?
Perché non era rientrato con loro?
Aveva preferito andare a spassarsela in uno dei suoi soliti locali, anziché trascorrere il resto della serata (e la nottata, ovvio) con lei, dopo la magnifica giornata che avevano passato insieme, dopo le chiacchiere, le confidenze, i baci rubati, le risate, e ancora i baci dolci e appassionati…
Com’era possibile?
Allora quello che per lei era stato un passo avanti nella loro relazione, per lui non voleva dir niente?
Si era già stancato di lei??
Stava soffocando e si ritirò su di scatto.
Non voleva cedere all’angoscia e ai pensieri molesti, forse, si disse, forse dietro c’è un altro motivo, deve esserci!
Risoluta si svestì e andò a farsi una doccia per togliersi di dosso la stanchezza e i troppi dubbi che la stavano divorando.
Chiuse gli occhi sotto il getto di acqua bollente e cercò di cancellare dalla mente i brutti pensieri che la angustiavano, per concentrarsi sui magici momenti che avevano vissuto insieme.
A poco a poco le spuntò un sorriso sognante sul viso percorso dall’acqua, che venne però presto sostituito da cocenti lacrime.
Non poteva impedirsi di farsi del male, chiedendosi ancora una volta perché lui avesse preferito svignarsela dalle sue donnine anziché stare con lei. Immaginarlo amoreggiare con una di loro le straziava il cuore.
Si sentì stupida, anzi peggio, umiliata.
Se prima di quella giornata poteva solo strepitare con lui per la vita dissoluta che conduceva, per i suoi vizi, per le sue idiozie da perenne allupato, dimostrandogli la gelosia a suon di martellate, quando in sostanza non ne aveva nemmeno il diritto, ora, ora… non poteva più accettarlo, perché qualcosa era cambiato fra loro, il legame non si era forse consolidato?
Non stavano forse insieme?
Non erano finalmente una coppia?
O forse si era pentito del passo fatto nella sua direzione, ed era già tornato indietro? Non era la prima volta, purtroppo, lui era fatto così.
Ricacciò indietro le lacrime.
Cercò di dormire, ma inquieta si rigirava nel letto, in un letto che non era il suo, in un letto in cui il legittimo proprietario non voleva dormire, evidentemente, con lei. Ma non aveva altra scelta.
Avrebbe tanto voluto potersene stare in santa pace in camera sua, o andare di sotto a guardare un po’ di tv, ma non voleva essere sorpresa dalla nonnetta e inventarsi chissà quali scuse.
Si sentiva in gabbia.
Infine scalciò le coperte con rabbia, si alzò, e si trasferì sul divano, quello all’interno della stanza, si tirò su la coperta fin sopra la testa e al sicuro in quell’infantile riparo, si lasciò andare ad un pianto dirotto, fino a quando, sfinita si addormentò.
 
Ryo correva veloce sulla sua Mini rossa, non vedeva l’ora di tornare a casa, ma era così tardi. Aveva perso un sacco di tempo.
Voleva tornare dalla sua Kaori e già pregustava il momento in cui sarebbe entrato in camera sua e l’avrebbe trovata lì, nel suo letto.
Avrebbe voluto farsi una doccia, ma era troppo impaziente.
Salì silenziosamente le scale e raggiunse quella che sperava tanto diventasse presto la loro camera.
Si fermò davanti alla porta chiusa e pensò:
La sorprendo con una visita notturna?” e sorrise divertito “Chissà che effetto le farebbe?” e poi ancora “No, entrerò con passo felpato e mi metterò in un angolo ad osservarla dormire… resterei lì per ore a guardarla, è così bella…”.
Aprì lentamente la porta e indirizzò il suo sguardo sul letto, dove era sicuro di trovarla rannicchiata, ma al suo posto trovò le lenzuola disfatte e attorcigliate.
Era sicuro che fosse nella stanza però, perché ne percepiva la sua inconfondibile aura, ma allora?
Dov’era?
Aguzzò la vista, sfruttando il più possibile la poca luce che filtrava dalle finestre, e perlustrò l’interno della camera.
Infine percepì un lieve movimento alla sua destra, seguito da un sospiro, e fu allora che la vide dormire sul divano e si stupì non poco.
Perché non dormiva nel suo letto?
Che storia era quella?
Tra l’altro se fosse ricomparsa la vecchina nei suoi soliti vagabondaggi notturni, l’avrebbe trovata lì e si sarebbe fatta un sacco di idee strane.
Non avevano deciso che per fingere fino in fondo di essere sposati, avrebbero dovuto dormire insieme?
Dopo la fantastica giornata appena trascorsa, era certo che lei gradisse la sua vicinanza, giusto la sera prima era stata proprio lei a chiedergli di dormire insieme.
Che ci avesse ripensato?
Forse alla fine si era resa conto che lui non era degno di lei, e non poteva biasimarla.
Ma lui l’avrebbe accettato.
Se non lo voleva se ne sarebbe fatto una ragione, forse.
Sospirò frustrato.
In ogni caso non le avrebbe permesso di dormire su quello scomodo divano tutta la notte, quindi le si avvicinò, e delicatamente la prese sulle sue forti braccia e la portò al letto, dove la depose come fosse un fiore delicato.
Mentre la teneva stretta a sé notò che dalle lunghe ciglia spuntavano ancora tracce di lacrime, che avesse pianto?
E per quale motivo?
Non sarà stata che quella vecchia babbiona l’aveva messa troppo in difficoltà con le sue domande indiscrete?
La trepidazione di Ryo si era già spenta quando l’aveva trovata profondamente addormentata sul divano, anziché nel loro letto, e un senso di scoramento si era impadronito di lui.
Non sarebbe riuscito a restare lì a guardarla come si era ripromesso, farle una visita notturna era fuori discussione, lei aveva già messo le cose in chiaro con il suo atteggiamento.
Non gli restava che ritirarsi in buon ordine e prendere il suo posto sul divano.
Magari il giorno dopo avrebbero chiarito, magari no, e a lui andava bene anche così.
 
L’aveva appena lasciata quando lei si girò nella sua direzione, e con la voce impastata dal sonno disse:
“Ryo…? Sei tornato?”.
Quanta tenerezza gli faceva in quel momento, ebbe una stretta al cuore.
Si erano così tanto avvicinati quel giorno, lui si era aperto con lei come mai prima, aveva finalmente deciso di lasciarsi andare e di provare a stare insieme… ed ora… doveva rinunciare a tutto questo, ai suoi baci favolosi, alle sue carezze, alla sua pelle di pesca, rispose in un soffio:
“Sì Sugar, ma ora dormi”, non voleva disturbarla ancora di più.
“Ti sei divertito?” le sfuggì.
Ryo lì per lì credette di aver capito male e chiese:
“Cosa?”
“No, niente…scusami” e lasciò morire la frase.
Da quella distanza, chino sul letto, Ryo poteva sentirne il buon odore, e immaginò che si fosse fatta una doccia, riconobbe il suo shampoo preferito; la sua Kaori sapeva sempre di buono.
In quel momento avrebbe tanto voluto affondare il viso nei suoi capelli e aspirarne il profumo, ma ormai…
“E tu? Non vieni a dormire?”.
Questa domanda lo stupì e si bloccò a metà proprio mentre si stava per allontanare dal letto.
Lei aveva detto “vieni” quindi intendeva che lui dormisse con lei, ma allora…
“Sì certo…” rispose timidamente.
 
Si spogliò lentamente cercando di riordinare le idee.
Ma lei lo voleva o non lo voleva?
E poi, aveva così tante cose da dirle, magari avrebbe potuto anche aspettare il giorno dopo, ma si sentiva inquieto, c’era qualcosa di stonato in tutto questo e non capiva cosa fosse.
Scivolò sotto le coperte un po’ impacciato e ironicamente pensò:
Quasi quasi devo chiedere il permesso per entrare nel mio letto”, ma quando si sistemò accanto alla socia non osò toccarla né avvicinarsi, come invece aveva fatto la sera prima.
La sentì inspirare, quasi annusare, sì lo stava annusando, e anche se lo faceva discretamente, lui se ne accorse comunque.
Kaori infine disse:
“Strano! Non sento odore di donne”
“Co-cosa?”
“Sì, sento odore di fumo di sigaretta, di alcol, di polvere da sparo, della tua colonia ma…non sento odore di donne”.
Ryo era sbalordito e riuscì a dire soltanto:
“Ma che vuoi dire?”
“Che quando vai per locali la sera, i tuoi vestiti poi hanno questi odori”
“Da quanto in qua ti metti ad annusare i miei vestiti?” chiese stupito.
“… ”
La ragazza avrebbe potuto ammettere che lo faceva veramente solo per sentire il suo odore? No.
E comunque lui non avrebbe mai saputo che, quando era sicura che non ci fosse o che non la vedesse, indossava le sue camicie e le sue magliette per sentirsi addosso il suo profumo.
Arrossì violentemente e non le fu di conforto sapere che tanto lui al buio non l’avrebbe vista.
Era sceso un silenzio imbarazzante fra loro.
Kaori era ormai totalmente sveglia e si mosse a disagio sotto le coperte, Ryo invece si era girato su un fianco, verso di lei, per vederla meglio, e capire cosa intendesse.
Attendeva che lei dicesse qualcosa e l’incalzò:
“Allora?”
“Ma che annusare e annusare…. quando devo fare il bucato e raccolgo i tuoi vestiti in giro, be’ ecco io, riconosco gli odori tipici dei localacci in cui ami sbronzarti, fra le braccia di quelle tue donnine!” disse con tono acido e perentorio.
“Ma se hai appena detto che non hai sentito odore di donne, forse è perché stasera non ne ho frequentate, tu che pensi?”
“Ha importanza ciò che penso?”
“Certo, perché tu stai insinuando che io sia andato in giro a divertirmi e a spassarmela”
“Perché non è forse così?” rispose sulla difensiva.
“No che non è così!”
“Vuoi prendermi in giro? Chi è che ha detto ‘stasera esco, non aspettarmi alzata?’”
Bingo!
Ora si spiegava tutto!
Ryo aveva finalmente capito.
Kaori era convinta che lui fosse andato in uno dei soliti night, dove si rifugiava, peraltro a sua insaputa, quando voleva proprio fuggire da lei, dalla tentazione di saltarle addosso, dalla tentazione anche solo di baciarla, temendo che se fossero stati troppo insieme, avrebbe finito per fare…, per fare cosa? Quello che si era deciso a fare in quelle ultime ore.
Sospirò, in un misto di sollievo e frustrazione.
“Senti Sugar….in realtà stasera sono andato a fare il giro dei miei informatori, per cercare qualche notizia in più riguardo a questo fantomatico Tagomi e alla signora Kitsune…”
Ma la socia taceva e certo non lo incoraggiava molto.
Proseguì cercando di non pensare al disagio che stava provando, si concentrò sui dati raccolti e cambiando tono di voce, glieli illustrò.
“Dunque, anche i miei contatti più anziani non hanno saputo dirmi molto, nemmeno quelli che bazzicano il quartiere di Asakusa, spero che Saeko sappia dirci qualcosa di più domani o i prossimi giorni. In ogni caso abbiamo un appuntamento con il nonno di quel cuoco, Toshio, che ti faceva gli occhi dolci, tra l’altro…” e si aspettò che lei ribattesse qualcosa o commentasse, ma rimase chiusa nel suo mutismo; riprese
“…. quindi domani vedremo come andrà a finire”.
Tacque.
Ancora niente da parte di Kaori.
Tentò un’altra carta:
“Però, non ti sa strano la disinvoltura con cui la nonnetta sa praticare le arti marziali? Prima ha steso quel teppistello e poi addirittura ti ha dato lezioni di kendo, lei non ce la racconta tutta. Secondo me non è quello che cerca di farci credere…. un po’ come noi due…” finì per dire.
Kaori si decise finalmente a parlare:
“Hai ragione, anche noi fingiamo di essere ciò che non siamo…. non vedo l’ora che questo caso finisca, così quantomeno potrò tornare a dormire nella mia stanza, e tutto tornerà come prima o quasi…”.
E detto questo si girò dandogli le spalle.
Quelle parole ferirono profondamente Ryo.
Allora era vero, lei si era pentita, non ne voleva più sapere di lui.
“Kaori…”
“Che c’è?”
“Allora, allora… dimmelo, voglio sentirtelo dire… ”
“Cosa c’è ancora Ryo?” e si rigirò verso di lui, quasi scocciata.
“Ho bisogno di saperlo, di sapere che non mi vuoi… più”.
Kaori trasalì e spalancò gli occhi nel buio, ma che stava dicendo quell’idiota.
“Ma-ma come puoi dire una cosa del genere?”
“E me lo domandi? Da che sono tornato è tutto strano, il tuo comportamento… ti trovo a dormire sul divano, mi eviti, mi tratti male… dopo la giornata di oggi io credevo… credevo…. insomma non era quello che volevi? Che io ricambiassi i tuoi sentimenti?”
“Certo che vorrei essere amata da te, è una vita che ti aspetto, ma non a queste condizioni, ora non più!”
“Ma quali condizioni?”
“Ryo, tu sai che ti voglio bene, conosci i miei sentimenti da sempre, in queste ultime ore passate con te ho scoperto che potrei essere felice, ma se non posso essere l’unica donna della tua vita… allora, non voglio essere niente.”
Fu come ricevere una fucilata.
Come poteva dire una cosa del genere?
Lei era già l’unica donna della sua vita.
Si voltò di scatto e con una mano andò a cercare l’interruttore della lampada sul comodino, voleva vederla bene in viso, non credeva alle sue orecchie, almeno avrebbe creduto ai suoi occhi.
All’improvviso bagliore, Kaori si schermò la vista con la mano e poi si tirò su a sedere.
Ora erano uno di fronte all’altra e si guardarono in faccia.
Kaori era seria e decisa, Ryo invece era spaventato come mai lei lo aveva visto prima; un nodo stringeva la gola dello sweeper e si costrinse a parlare, a malapena riuscì a dire:
“Co-cosa stai dicendo, che-che mi vuoi lasciare?”
“No, è che se non puoi rinunciare alle altre donne, io non voglio restare a guardare e a farmi rodere dalla gelosia ogni volta, non voglio e non posso essere un ripiego”.
E Ryo ripensò alle battute che lei aveva fatto sul suo odore, sulle donne incontrate o non incontrate, e comprese che una volta per tutte doveva fare chiarezza con lei.
“Ho sbagliato a non farti nemmeno un accenno su dove stavo andando e tu hai pensato che…”
Ma lei lo interruppe:
“Se non è stato stasera, sarà domani o dopodomani, sarà in giro per la città, sarà con tutte le clienti che ci capiteranno, sarà con tutte le donne che incontrerai, sarà con Miki, con Saeko…”
“Aspetta, aspetta un momento… se deciderai di essere la mia compagna, e di continuare a vivere con me come una coppia, io dimenticherò tutte le altre donne e smetterò di fare lo scemo. Io sono innamorato di te, Kaori, e finora la mia è stata tutta scena. Ho combattuto a lungo contro il sentimento che provavo nei tuoi confronti e per sfuggirgli e per sfuggirti correvo nei night a sbronzarmi, per non pensare a quanto in realtà ti desiderassi. Ho provato mille volte a darmi alle altre donne, ma era sempre te che vedevo nei loro volti, non osavo andare oltre qualche effusione, perché poi mi sembrava di tradirti e mi facevo schifo da solo. Le donne dei locali sono pagate per strusciarsi addosso ai clienti e finché ho i soldi in tasca, sono compiacenti, ma con una scusa o con un’altra non ne ho mai approfittato…non da quando ho scoperto di amarti. Quanto alle clienti o a tutte le donne che incontriamo, ho mai concluso niente? No, perché  non ho mai voluto io, facevo lo scemo di proposito con loro per farti credere che tu non valessi niente in bellezza e fascino e Dio che ipocrita che sono stato…. in più sapevo che solo facendo il maniaco e il pervertito loro mi avrebbero respinto. E a me andava bene così, era quello che volevo. Ogni volta che avrei potuto approfittare dell’infatuazione della cliente di turno, che invariabilmente finiva per invaghirsi di me, immaginandomi come il suo eroe vittorioso, non ho mai concluso, né sono mai andato oltre. Perché era te che amavo, che amo, era sempre da te che tornavo. Ricordi la principessa Yuki? Che voleva portarmi via con sé? Ti pare che sarei partito lasciandoti qui? O con quell’altra, la veterinaria che voleva andare per due anni in Africa e mi voleva con lei? O ancora con Shoko Amano?? Lei quella volta mi ha costretto a salire sull’aereo e con il ricatto mi ha fatto confessare che ti amavo, altrimenti non si sarebbe fatta da parte… Kaori perché non capisci? Tu sei già l’unica, lo sei sempre stata…” e la guardò con occhi imploranti.
“Per quanto riguarda Saeko” riprese “non ho mai avuto intenzione di sedurla veramente, perché mi sarei sentito un verme a provarci con la donna del mio migliore amico defunto… e lei stava comunque al gioco. Ricordi quella volta che si era decisa a pagarmi i debiti in mokkori, che tu hai fatto irruzione in quell’hotel a ore? Io mi ero rifugiato nel bagno perché non sapevo come venire fuori da quella situazione imbarazzante, io lo stallone di Shinjuku non potevo ammettere che… che… non volevo consumare con una donna bella come lei, certo, ma di cui non ero minimamente innamorato. Esistevi solo tu e ripeto sarebbe stato come tradirti. Saeko quella volta aveva capito tutto, e infatti ti ha detto, l’ho sentito da dietro la porta, che non voleva finire di nuovo in un triangolo amoroso…”.
Mentre parlava Ryo, senza accorgersene, aveva preso fra le sue, le mani tremanti della partner.
Lei lo ascoltava rapita e non osava emettere un fiato, profondamente commossa, con la paura d’interrompere quel fiume in piena che era il suo amato socio.
Riuscì a dire solamente:
“Oh Ryo…”
Poi gli saltò al collo e nascose il viso nel suo ampio petto, e iniziò a singhiozzare e a ripetere:
“Perdonami…perdonami…”.
Ma lui ugualmente turbato le pose una mano sulla testa e l’attirò ancora di più a sé, affondò il viso nei suoi capelli morbidi e profumati e consolandola diceva:
“No, scusami tu, scusami tu…”.

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Capitolo 12
*** Facciamo sul serio (basta fingere) ***


Salve a tutti e ancora GRAZIE per la vostra pazienza e dedizione a questa causa persa ahahhahaha :-D
In ogni caso mi scuso anticipatamente per la brevità del capitolo, ma la storia richiedeva una certa suddivisione dei momenti e allora…
Speriamo che anche per il prossimo capitolo Briz65 mi rammenti il passare del tempo e l’
”ora di aggiornare” (GRAZIE come sempre ;-) ) così il gran finale non si farà attendere ^_^
Intanto godetevi (?) questo.
A presto
Eleonora




Cap. 12 Facciamo sul serio (basta fingere)
 
Una tempesta emotiva si era abbattuta sugli intrepidi City Hunter.
Il tempo si era fermato; da quanto erano lì a consolarsi degli anni passati lontani, delle incomprensioni, delle delusioni che si erano inflitti, di quel teatrino tragi-comico che era stata la loro vita?
Quando Kaori si discostò leggermente da lui, e rialzò il viso a guardare l’amore della sua vita, i suoi occhi erano ancora bagnati di lacrime, ma brillavano di una nuova luce, e il sorriso che regalò a Ryo, gli fece alzare in volo uno stuolo di farfalle nello stomaco; anche lui le sorrise come se da quello dipendesse tutta la loro vita, la sua mano si posò sulla guancia umida di quella donna meravigliosa e con il pollice le asciugò l’ultima lacrima in cima alle ciglia.
 
Baciarsi fu naturale come respirare.
E fu un bacio tenerissimo, più intenso di tutti quelli che si erano scambiati durante quella fantastica giornata; non era più solo un contatto di labbra, un incontro di bocche vogliose, era un raggiungersi in fondo all’anima, un comprendersi al di là di tutte le parole dette e non dette, era un aprirsi totalmente all’altro con la consapevolezza di essere amato.
Mai avevano vissuto emozione più intensa e quando si staccarono, ancora stravolti, si guardarono con occhi sognanti.
Ryo però non poté non commentare:
“Mi aspettavo che comparisse la vecchina da un minuto all’altro ad interromperci. Ha un tempismo quella dannata!”
“Ryo!! Non parlare così di quell’adorabile nonnina” rispose lei con finto cipiglio, poi scoppiò a ridere, “Comunque hai ragione, arriva sempre al momento giusto, o meglio, sbagliato!”
“Per questa notte l’ho fregata, però” disse Ryo maliziosamente “ho chiuso a chiave la porta, così non correremo il rischio di essere sorpresi”
“Bene, allora potrai dormire sul divano” scherzò la ragazza.
“Hai ragione socia” e Ryo fece per uscire dal letto, con un balzo era già fuori.
Kaori spalancò la bocca stupita e allarmata, e iniziò a balbettare:
“No-no io dicevo per scherzo… Ryo… dai torna qui… ”.
Ma lui non l’ascoltava, e anzi si diresse alla giacca abbandonata negligentemente sulla sedia, e iniziò a frugare nella tasca interna. Ne estrasse una scatolina che si premurò di far sparire nella grande mano. Si avvicinò al divano e facendo l’atto di stendersi si girò verso la socia e chiese:
“Allora? Vuoi farmi dormire qui?”
“Idiota, certo che no, vieni… vieni qui!”
“Volooooo” e si precipitò sul letto, Kaori spalancò le braccia per accoglierlo, ma lui le si parò davanti con la mano destra chiusa, le disse:
“Prima prendi questo” e riaprì la mano mostrandole la scatolina che vi aveva nascosto; lei al colmo dello stupore, con dita tremanti l’afferrò e l’aprì.
Dentro c’erano due anelli identici, due fedine a fascetta, di oro bianco. Le osservava affascinata senza osare dire una parola.
Lui le fece segno di prenderle, e ne estrasse una dal velluto blu, la rimirò alla luce della lampada e disse:
“Bene, domani le indosseremo e finalmente la nonnina si darà pace, saremo più credibili”
“Ma-ma… sciocca, che stai dicendo…queste sono vere, leggi dentro”
Kaori aggrottò la fronte, poi inclinò la fedina e lesse all’interno:
Kaori to Ryō wa zuttoisshoni*” ripeté “Kaori e Ryo per sempre insieme”.
Rimase un attimo a riflettere poi lo fissò e le sue pupille si dilatarono, i suoi occhi divennero enormi e Ryo poté scorgervi una felicità immensa, la stessa che stava provando anche lui.
Sorridendo le chiese:
“Allora?”
“Vuoi dire che…. che… ”
“Al termine di questo stranissimo caso… se vorrai… se mi vuoi… insomma hai capito no?” non si aspettava di perdere tutta la baldanza all’improvviso, si ritrovò a balbettare impacciato “…dicevo… se ancora vuoi… se mi vuoi… insomma... potremmo sposarci sul serio, che ne dici? Certo la cerimonia non avrà valore legale però… ”
Kaori emise un gridolino felice e gli si gettò addosso, atterrandolo; prese a baciarlo sulla bocca, sulle guance sul viso dappertutto, lui rideva divertito e fra un bacio e l’altro riuscì a dire:
“Devo prenderlo come un sì??”
Lei si bloccò di colpo e lo fissò con uno sguardo che avrebbe fatto sciogliere un iceberg:
“E me lo chiedi??? Sì sì sì per sempre sì” e riprese a baciarlo con maggiore passione, perdendosi su quelle sue labbra di fuoco, Ryo non si fece pregare e ben presto quel bacio divenne rovente, a quello ne seguì un altro, e un altro ancora e infine, ciò che avevano sempre rimandato, successe.
 
*traduzione fatta con google traslate ^_^

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Capitolo 13
*** Sparizioni e spiegazioni ***


Bene, eccoci al tanto famigerato gran finale, dove tutti i (pochi) nodi verranno al pettine.
Quindi pronte per l’ultima doccia di melassa??? ^_^
Che altro dire?
Vi R*I*N*G*R*A*Z*I*O* a lettere cubitali e con le luci al neon, per la dedizione e la pazienza che avete messo nel seguire questa mia ennesima fic; presto ve ne proporrò un’altra, molto diversa, ma che spero vi piaccia.
L’elenco dei nomi a cui dire grazie sarebbe lungo e dovrei citare tutti quelli che leggono e passano, quelli che magari hanno letto e commentato una volta sola, quelli che l’hanno messa fra le seguite ecc, però un GRAZIE particolare vorrei farlo alle mie fedelissime, che non hanno saltato un capitolo (qualcuna l’ho messa anche a rischio di infarto da crisi iperglicemica, vero???[se mai esistesse una tale patologia]) e sono: l’insostituibile Briz65 con le sue spassosissime rec, Kaory06081987 che mi aspetta sempre al varco e m’inonda di complimenti, 24giu che quando commenta ci prende sempre alla grande e infine - the last but not the least - Valenicolefede perché apprezza sempre la dolcezza delle mie storie.
Vi lovvo e…buona lettura ;-)






Cap. 13 Sparizioni e conclusioni
 
Dalle tende tirate filtrava un raggio di sole che cadeva direttamente sul viso addormentato di Kaori.
Lei si mosse lentamente, infastidita dalla luce, e mugugnò nel sonno.
Infine si destò completamente aprendo gli occhi a fatica.
Non ci mise tanto a realizzare che quello che stava vivendo non era più un sogno: svegliarsi abbracciata all’uomo che amava, era ora una meravigliosa realtà.
Quella era stata indubbiamente la notte più bella della sua vita.
Si erano amati lungamente, con passione e tenerezza insieme, e aveva scoperto con piacere quanto Ryo sapesse essere di una dolcezza infinita; era stato un amante attento e premuroso, si era dedicato a lei anima e corpo, e l’aveva fatta sentire pienamente amata e desiderata.
Era diventata una donna fra le sue braccia, era diventata la sua donna e sentiva che ormai lui le apparteneva senza più alcun dubbio.
Si erano donati totalmente l’uno all’altra, senza riserve, e non sarebbe stato certamente un semplice anello a legarli per la vita: loro lo erano già.
A proposito, che fine aveva fatto quello che lei aveva preso fra le dita, e la sua scatolina?
Magari erano finiti in qualche piega delle lenzuola, fuori o sotto dal letto, o chissà dove. Si disse che dopo avrebbe dovuto cercarli.
Quello in cui ora stavano riposando non era più un letto, ma un vero e proprio campo di battaglia, un ring, dove si erano sfidati alla lotta più antica e bella del mondo e dove entrambi avevano finito per vincere ogni volta.
Sorrise beata ripensandoci.
Osservò il suo compagno, profondamente addormentato, bellissimo, con il viso rilassato, quasi che sorridesse nel sonno.
Era lì, con la testa appoggiata al suo stesso cuscino ad un soffio da lei, le gambe e le braccia avvinghiate alle sue, ancora una volta a formare un unico corpo, un’unica anima.
Il respiro regolare, entrambi appagati.
Si strinse di più a lui.
Il contatto della pelle nuda fra loro, era una cosa totalmente nuova ed elettrizzante, ma anche naturale, come lo era stato amarsi senza timori, dubbi o imbarazzo, perché dove mancava l’esperienza c’era stata la passione e il sentimento, e il desiderio aveva fatto il resto. Ambedue avevano imparato come amare con tutto sé stessi.
 
Anche se si era mossa lentamente, qualcuno si era già svegliato lo stesso e lei non poté non sorridere, constatando ironicamente che, quel qualcuno, era instancabile, nonostante il grande movimento che c’era stato sopra e sotto le lenzuola, ma era anche soddisfatta che la causa scatenante di tutto fosse stata sempre lei.
Era così tanto felice, che sarebbe rimasta lì abbracciata a Ryo, per ore ma… a proposito di ore… che ora era? Il sole era già alto nel cielo!
D’improvviso fu presa dall’agitazione.
Di solito si svegliava prestissimo al mattino, e la nonnina?
Possibile che non aveva ancora strepitato come il giorno prima?
Doveva preparare la colazione, dovevano andare dal nonno di Toshio per le indagini, il caso… santi numi!!
Avevano dimenticato totalmente che stavano lavorando ad un caso.
Prese a divincolarsi un po’ più energicamente, per sfuggire all’abbraccio di Ryo che biascicò:
“Ancora Sugar? Dai, sono esausto, lasciami dormire ancora un po’… ”.
Kaori si bloccò di colpo e arrossì come un pomodoro maturo, e le guance presero a fumare.
Non riusciva nemmeno a parlare tanto era il disagio e la confusione: non le sembrava di essere stata così tanto focosa, come poteva dire una cosa del genere… e se lo diceva lui c’era da morirne di vergogna.
Ma lui, prima aprì un occhio, poi anche l’altro e scoppiando a ridere le disse:
“Ti stavo prendendo in giro!”.
E Kaori gli mollò un pugno nella spalla, per poi nascondersi sotto le lenzuola tirate sopra la testa.
Lui allora la raggiunse nel suo nascondiglio e regalandole un bacio dolcissimo le disse:
“Stavo scherzando… e comunque sappi che non mi tirerò mai indietro; fare l’amore con te è stata un’esperienza bellissima, se penso che ho aspettato così tanto… ma va be’ lo sai già che sono un’idiota…” e la guardò con amore.
Quanto amava vederla arrossire, sempre pudica e facile all’imbarazzo! Si augurò che non cambiasse mai, perché anche in questo stava il suo fascino, e la sua dolce Kaori gli piaceva anche e soprattutto così.
La ragazza si sciolse a quelle parole; lui avrebbe sempre continuato a prenderla in giro, per una cosa o per l’altra, era nella sua natura, ma ora sapeva che l’amava e non le importava più nulla.
Gli rispose però:
“Io sarò anche insaziabile, come stai insinuando tu, ma anche tu non scherzi!” e ammiccò in direzione del suo amichetto bello sveglio, “Inoltre, direi che per essere la mia prima volta, ti ho tenuto testa” e gli strizzò l’occhio maliziosamente “va a finire che lo stallone ha trovato chi riesce a domarlo”.
“Oh Sugar, non aspettavo altro… Tu sei la mia dea dell’amore e mi arrendo a te”, e chiuse gli occhi abbassando il capo in segno di sottomissione.
A quel punto scoppiarono a ridere, per poi riprendere a baciarsi, ma ad un certo punto Kaori s’interruppe e quasi urlò:
“La nonnina!! Mi sono di nuovo dimenticata di lei”
“La nonnina cosa?” disse lui, fra un bacio e l’altro.
“La nonnina Kitsune, il caso… Ryo è tardissimo! Che ore sono?”.
Svogliatamente lasciò il corpo della sua donna per voltarsi a metà e guardare la radiosveglia sul comodino.
“Sono le 10:30”
“Cosaaaaaaaaaaaa? Ma è tardissimo! Oddio cosa penserà di noi? E se ci avesse sentito?”
“Kao, cosa vuoi che penserà mai… siamo una giovane coppia appena sposata, ricordi? Lo sa anche lei come vanno certe cose… per quanto riguarda se ci ha, o meglio se ti ha sentita, me lo auguro!” concluse orgoglioso.
Kaori gli assestò una cuscinata in pieno viso:
“Sei sempre il solito!”.
 
Si alzò di corsa dal letto e prese a vagare per la stanza, cercando la sua biancheria intima, ma non le tornavano i conti. Allora si fermò in piedi, davanti al letto, con le mani sui fianchi, dimentica di essere completamente nuda, e di offrire uno degli spettacoli più belli che il suo socio innamorato potesse mai desiderare e disse:
“Ryo? Dove hai messo le mie mutandine?”.
E lui che la guardava ammirato e con uno strano luccicore negli occhi:
“Non so di cosa parli”.
Voleva far durare quella situazione il più a lungo possibile, perché ciò che vedeva era troppo affascinante e conturbante per farlo finire così presto.
“Avanti, non fare lo stupido. So che le hai prese tu… a parte che sei stato l’ultimo… ” voleva dire “a maneggiarle”, ma non ci riuscì, presa da un eccesso di timidezza.
Riprese:
“Dai avanti, è tardi, mica posso andare di sotto in questo stato!” e per la prima volta si accorse di essere nuda, d’istinto si ripiegò su sé stessa e si strinse il seno con le braccia.
Lui piagnucolò.
“No, non coprirti… sei così bella…”
Ma vedendo che lei era al colmo del disagio, che il giochino stava andando un po’ troppo per le lunghe, e che avrebbe finito per provocare l’ira della sua compagna, sospirando si voltò verso il cassetto del comodino, l’aprì e prese le sue mutandine di pizzo.
“Addio mie care… ” e simulò un singhiozzo “è stato bello finché è durato, volevo tenervi con me, come ricordo di questa magnifica nottata, ma il destino avverso ci vuole separare… ”
“E piantala con queste scemenze! Se ogni volta che faremo l’amore mi ruberai le mutandine, non ci basteranno tutti i compensi dei casi per ricomprarle!”.
E immediatamente si portò una mano alla bocca, pentita di quello che si era appena lasciata sfuggire; non voleva apparire come una maniaca o come un’assatanata del sesso come lui, ma il suo compagno sfoggiò un sorriso da predatore, e i suoi occhi ripresero a brillare di desiderio:
“Questa prospettiva non mi dispiace affatto…”.
Kaori sbuffò, sempre più rossa in viso, in un misto di fastidio e vergogna.
Ryo capitolò.
“Ok eccole” e gliele lanciò.
La ragazza fece un balzo per afferrarle, e così facendo si mostrò di nuovo completamente al suo innamorato.
Lui sospirò affascinato.
Poi in fretta si rivestì, ma per far prima indossò solo la camicia di Ryo, che la notte prima era finita in fondo al letto.
Si precipitò scalza alla porta, stava già per uscire quando, Ryo la chiamò:
“Kaori?”
Si voltò.
“Sì?”
“Ti amo”.
La ragazza lo guardò con amore e rispose:
“Anch’io”.
 
Poco dopo ricomparve allarmata.
“Ryo, Ryo!”
“Che c’è?”.
Bofonchiò lui, che nel frattempo si era riaddormentato, di traverso sul letto, con il suo bellissimo corpo scolpito e ben in evidenza, ovviamente nudo.
Kaori si arrestò sulla porta, dimentica per un attimo dell’urgenza che l’aveva portata fin lì, si appoggiò allo stipite e sospirò.
Quanto era bello quell’uomo?
Ed era finalmente suo.
Un moto di desiderio si agitò nel suo ventre e per una volta non lo represse.
Ora poteva desiderarlo pienamente, anche senza negarlo a sé stessa, e ancor meglio, poteva dimostrarlo anche a lui.
Sospirò di nuovo.
Poi si riscosse, saltò sul letto, e mettendosi in ginocchio lo chiamò di nuovo:
“Ryo, Ryo” e prese a strattonarlo “Svegliati! La nonnina non si trova, non c’è in casa!”.
Finalmente l’interpellato si ridestò:
“Che vuoi dire che non si trova? Sarà uscita come ieri mattina no? Magari non ha voluto disturbarci ed è andata a fare un giro”
“Ma che giro e giro, non conosce il quartiere, e potrebbe essere aggredita, e poi in camera era tutto in ordine, non c’era nemmeno la sua valigia”.
A queste parole Ryo saltò su a sedere anche lui, improvvisamente interessato.
“Sei sicura?”
“Ma certo! Dove può essere andata?”.
 
E mentre i due City Hunter s’interrogavano sull’improvvisa e intempestiva uscita di scena della cliente, si sentì suonare alla porta.
 
Driinnnn driinnnnnn
 
“Ryo stanno suonando alla porta”.
 
Driiinnn driiinnn
 
“Ryo hai sentito? Stanno suonando alla porta”, ma lui rimaneva seduto a gambe incrociate sul letto, con la mano sul mento, in atteggiamento di chi sta pensando intensamente.
La ragazza invece era seriamente preoccupata e proseguì “Chissà, magari è la polizia che l’ha recuperata mentre vagabondava da qualche parte, e lei gli ha detto che abitava da noi…”.
Ma Ryo continuava a pensare, senza proferire parola.
Poi se ne uscì con:
“Se se n’è andata, chi ci preparerà la colazione?”.
Uno stuolo di libellule si schiantarono sulla testa della sweeper, prima che cadesse riversa all’indietro.
Era sempre il solito, non sarebbe cambiato mai.
 
Driiinnnnn
 
“Uffa, ho capito, vado giù io…”.
Kaori prese a scendere di corsa le scale, borbottando invettive all’indirizzo del socio.
Mentre si avvicinava alla porta, gridò:
“Arrivoooo”.
L’aprì e si trovò di fronte la sempre splendida Saeko, e Kaori pensò:
Dannazione, come fa ad essere sempre bella e affascinante ad ogni ora del giorno e della notte?” con una puntina d’invidia.
Tra l’altro si ricordò improvvisamente di indossare solo una camicia, da uomo per giunta, e di essere spettinata, con i capelli corti arruffati.
Nemmeno a farlo apposta l’ispettrice esclamò:
“Bella camicia!” e poi “Buon giorno Kaori-chan”.
La ragazza si affrettò ad allacciare i bottoni fino al mento, in un moto di disagio e imbarazzo, e si passò una mano fra i capelli per cercare di dargli una parvenza di ordine.
Si fece da parte e la poliziotta entrò dicendo:
“Ho delle notizie interessanti sulla vostra cliente…”
“Sugar? Allora è tornata la nonnetta?”
Kaori vide Saeko fissare un punto alle sue spalle, con un misto di compiacenza e malizia, la sweeper si voltò a seguire quello sguardo e vide arrivare Ryo che, completamente nudo, con il suo corpo statuario, scendeva con noncuranza le scale.
Appena realizzò che il suo partner era in costume adamitico, fu presa da un eccesso di rabbia e vergogna, fece materializzare un enorme kompeito e glielo scagliò contro urlando:
“Vestitiiiiiiii! Sei senza pudore”.
Saeko a quella scena, non nuova in verità, sorrise divertita pensando:
Qui gatta ci cova…”.
 
Poco dopo i tre erano seduti al tavolino della cucina, davanti ad un caffè fumante, in un silenzio imbarazzato; per fortuna Ryo aveva avuto la decenza di infilarsi almeno un paio di boxer.
Fu la pragmatica Saeko a rompere gli indugi dicendo:
“Dunque, ho svolto le indagini che mi aveva richiesto Ryo, è stata dura….” e lo guardò con aria inquisitoria, ricordandogli che con quelle ricerche lo sweeper si era impegnato ad abbuonarle diverse bottarelle.
Lui annuì.
“Sono riuscita ad accedere a vecchi archivi, grazie ad un collega che mi doveva dei favori… ed è risultato che, l’unico Tagomi trovato, detto Delle montagne, è vissuto all’incirca nel 1915, nel quartiere di Asakusa, insegnava arti marziali e aveva la sua scuola in un tempio. Mentre la nobile famiglia Kitsune, possedeva un palazzo nello stesso quartiere, andato distrutto in un incendio durante la Seconda guerra mondiale. Ho guardato i registri per vedere se all’epoca nella casata ci fosse una giovane donna che potesse avere suppergiù la stessa età di Tagomi, ed è venuto fuori che vi era una certa Atsuko, solo che dopo quella data non si hanno più notizie di lei, e non risulta che sia morta. A matita ho trovato un appunto, vergato chissà da chi, in cui c’era scritto Giustiziera del popolo, e la cosa strana è che, anche accanto alle notizie di Tagomi, c’era scritto Giustiziere del popolo. Sembrano scritte dalla stessa mano, ma, incredibilmente, le notizie provengono da due archivi differenti e non sono in relazione fra loro. Avrei tanto voluto conoscerla, questa vostra cliente, ma a quanto vedo, non è qui. Bene, credo che quando tornerà dovrete chiederle parecchie cosucce. A proposito, quanti anni avete detto che ha? Perché, stando alle mie fonti, dovrebbe avere più di cento anni. ” concluse con un sorriso smagliante.
 
I due sweeper, che non avevano aperto bocca per tutto il tempo, ascoltando attentamente i resoconti della bella ispettrice, non dissero niente nemmeno quando terminò di spiegare.
Sedevano vicini e lentamente si voltarono per guardarsi in faccia; deglutirono a fatica, con la gola secca.
Kaori sentì un brivido scivolarle lungo la schiena, e iniziò a ridacchiare a disagio, ripetendo:
“No-non è possibile… che è anziana, è anziana, ma che abbia più di cento anni, non mi sembra… Ryo? Tu-tu che ne dici?”
“Be’ la nonnetta non è il mio tipo, però il suo secolo lo porta bene!”
“Smettila di fare lo scemo! Ti rendi conto della portata delle rivelazioni di Saeko??”
“Sì, certo. Però ciò che mi preoccupa, più di tutto, è che la vecchietta è andata via senza nemmeno salutare, né pagare!”
“Ryoooo! Da quando t’interessano queste cose? Se la nonnina è la stessa Kitsune di Saeko vuol dire che…. vuol dire che…. o mio Dio,  non riesco nemmeno a dirlo” e gli saltò addosso, avvinghiandosi a lui.
“Tranquilla Sugar, vorrà dire che era un fantasma!”
“Noooooooo, non dirlo, non dirlo” urlò con i capelli ritti dalla paura.
“Ragazzi, io non so che dirvi, quello che potevo fare, direi che l’ho fatto…” e guardò dritto verso l’amico, che stranamente non l’aveva ancora insidiata con le sue avances da maniaco, e non aveva nessuna intenzione di liberarsi dall’abbraccio della socia, che anzi teneva stretta con fare protettivo.
L’ispettrice non sapeva cosa pensare; certo che quei due fossero strani, sempre, era una cosa del tutto normale, ma quella mattina erano strani in modo diverso.
Si passò una mano sul ciuffo che le ricadeva sull’occhio e alzandosi disse:
“Va bene, grazie per il caffè, ora vi saluto che il lavoro mi aspetta” e poi, giusto per non avere dubbi chiese “Allora Ryo siamo intesi?” e gli ammiccò significativamente.
Ma lui rispose distrattamente“Sì, sì…” stranamente pensieroso.
Saeko pensò che quei due insieme, ne avevano passate di cotte e di crude, facendo il loro mestiere da tutto quel tempo, e che in teoria niente li avrebbe stupiti più di tanto, eppure sembrava che quelle sue rivelazioni li avessero profondamente colpiti.
Tra l’altro, ammesso che la misteriosa nonnina fosse stata davvero un fantasma, per loro non sarebbe stata nemmeno la prima volta di avere per cliente uno spirito tormentato, quindi perché preoccuparsi?
Non era neanche una questione di soldi, perché spesso rimanevano a becco asciutto, con gran disperazione di Kaori, o di ricompensa in mokkori per Ryo, visto che anche lui, invariabilmente, andava sempre in bianco.
Mah.
Guadagnò la porta, ma poco prima di uscire sentì alle sue spalle:
“Grazie Saeko, sei stata gentile a venirci a trovare” era Kaori che, nonostante fosse sconvolta, non aveva dimenticato di ringraziarla.
Saeko le sorrise affettuosamente, e pensò che sì, quella ragazza veramente rappresentava tutto ciò che c’era di buono nella loro banda.
 
Quando Saeko se ne fu andata, Kaori disse a Ryo:
“Non è possibile che fosse un fantasma, l’hai vista anche tu, girava di giorno e di notte, ha mangiato con noi, si è difesa alla grande col teppistello, mi ha insegnato il kendo… non posso crederci!”
“Però in giro per casa non ci sono tracce del suo passaggio, non ha dimenticato niente, è tutto in ordine… se non fosse che l’hanno vista e conosciuta anche Falcon e Miki, direi che ce la siamo immaginata” fece lui di rimando.
Kaori sospirò.
“Bene socio, siamo rimasti senza lavoro e senza soldi, quindi dai, vestiti, che andiamo alla lavagna a vedere se c’è qualcosa per noi, altrimenti non abbiamo di che mangiare”
“Quanta fretta… io avrei un’altra proposta da farti, aspetta che te la dico…”.
Le si avvicinò, e prese a mordicchiarle il lobo dell’orecchio, con fare sensuale e voluttuoso, quindi le sussurrò:
“Che ne dici, ti piace l’idea?”.
Quel gesto aveva già messo in subbuglio i sensi della compagna, e le sue parole scivolarono dentro di lei, come un brivido caldo, che l’accesero di desiderio; aveva dimenticato tutto: la nonnina, il fantasma, il compenso, tutto ciò che non fosse lei e il suo attraente compagno, che non chiedeva altro di fare l’amore con lei.
Si voltò, e in risposta gli imprigionò le labbra in un bacio pieno d’ardore, che innescò in entrambi una passione travolgente.
Il desiderio li stava divorando e, sempre avvinghiati, si spostarono verso il più comodo divano, ma tanta era la foga e la brama, che inciamparono e finirono in terra, fra il tavolino da tè e il sofà, in un turbinio di cuscini che ricaddero sulle loro teste.
Dapprima imprecarono, poi inevitabilmente scoppiarono a ridere, e proprio mentre erano ancora distesi, un foglio volteggiando si posò sul naso di Ryo.
Questi stupito lo afferrò, e si accorse che era una lettera; la porse alla compagna che esclamò:
“E questa? Da dove salta fuori? Giuro che prima non c’era!”.
Tanta era la curiosità di leggerla, che si tirarono su a sedere sul divano, ma non rinunciarono a stare insieme, e la ragazza si accomodò sulle ginocchia del socio.
“Ma è una lettera della nonnina… guarda… è anche bella lunga!”
“Leggila dai” propose lui.
Cari Ryo e Kaori, innanzitutto mi scuso per essermene andata via senza salutare, ma il mio compito era terminato e… alla grande direi! Il caso era ormai risolto. Immagino che a questo punto avrete le idee parecchio confuse, e vorrete delle spiegazioni, vedrò di spiegarvi un po’ di cose. Quella sera di tanti anni fa, quando raggiunsi Tagomi al tempio, gli confessai il mio amore, e lui fece altrettanto con me, così decidemmo di metterci insieme. Sapevo già che i miei genitori mi avrebbero ripudiata, e così fecero, ma il mio amore per Tagomi era talmente forte che non mi pentii mai della mia scelta. La mia famiglia lasciò il quartiere ed io rimasi a vivere con lui, che non era solo un semplice insegnante di arti marziali, ma un giustiziere del popolo, un professionista che si occupava di risolvere i problemi delle persone, con i suoi metodi certo, ma sempre in maniera giusta ed equa. Lui era un po’ come voi due ora. Io oltre ad amarlo, rimasi letteralmente stregata dal suo modo di vivere e decisi di diventare come lui, di lavorare insieme a lui. Mi allenai tantissimo e diventai quella che oggi voi definireste una brava sweeper. Mi sposai per amore quindi, come vi dissi, e insieme vivemmo una vita felice e serena, nei limiti del nostro mestiere. Non mi pento di niente. La mia missione non era quella di ritrovare Tagomi, perché io non lo avevo mai perduto, ma quella di aiutare voi a trovarvi. Alla festa di Tanabata*, avete scritto dei tanzaku**, ricordate? Erano una sorta di xyz per noi, per me, e ho deciso di intervenire. Bene, ora conoscete la verità. Ovviamente io lo sapevo fin dall’inizio che non eravate sposati, ma siete stati così convincenti! E mi sono divertita come non mi succedeva da… un secolo! Siate felici carissimi, che ogni pace e benedizione possa scendere su di voi e sulla vostra casa, dove mi avete accolto con amore. Amatevi sempre. La vostra nonnina Atsuko Kitsune”.
 
La sweeper finì di leggere con un nodo serrato alla gola.
Era sparita ogni traccia di terrore al pensiero di aver conosciuto un fantasma, piuttosto la ragazza ora percepiva come un senso di vuoto e di affetto allo stesso tempo.
La nonnina era accorsa in loro aiuto, perché stavano sprecando la loro vita a rincorrersi, ad amarsi in segreto, senza mai per questo essere felici.
E li aveva aiutati veramente.
A pensarci bene era stata una benedizione la sua venuta.
Sì, le sarebbero stati eternamente grati.
 
Kaori si voltò a guardare il suo amato, anch’esso turbato da quelle parole; era chiuso nel suo mutismo e sembrava lontanissimo, la ragazza lo richiamò a sé accarezzandogli la guancia leggermente ispida, e lui si voltò verso di lei.
Si sorrisero teneramente.
 
Era vero, l’estate scorsa erano stati alla festa di Tanabata e come tutti del gruppo avevano scritto dei tanzaku; all’insaputa uno dell’altro, avevano espresso dei desideri che li riguardavano, fin troppo segreti da poterli rivelare.
Ryo strinse al petto la sua amata Kaori e le chiese in un soffio:
“Cosa avevi scritto sulla tua strisciolina di carta?”
“Io-io… avevo scritto che desideravo che tu mi amassi finalmente, che ricambiassi i miei sentimenti. E tu?”
“Avevo scritto solamente che pregavo perché tu fossi felice”.
A quelle parole Kaori si rifugiò nelle sue braccia, troppo commossa per aggiungere altro.
Rimasero così a coccolarsi, piacevolmente rapiti nella loro personale nuvola rosa. Fino a quando uno strano brontolio non provenì dallo stomaco dello sweeper.
La ragazza si staccò da lui e lo guardò interrogativamente, lui ridacchiò a disagio, grattandosi la testa, con un enorme gocciolone che gli colava dalla tempia.
Era dispiaciuto di dover rovinare un così bel momento e temeva che lei s’infuriasse, ma al suo stomaco fece eco quello della socia, a quel punto scoppiarono a ridere di  nuovo.
Lei disse:
“Vado a vedere se in frigorifero c’è rimasto qualcosa da ieri… altrimenti… ci toccherà andare alla mensa dei poveri o ad elemosinare del cibo dai nostri amici.”.
Si alzò con l’agilità di una gazzella e raggiunse la cucina in men che non si dica.
Un secondo dopo la si udì gridare:
“Ryooooooo! Ryo vieni presto!”.
Il socio non se lo fece ripetere due volte e allarmato corse da lei.
“Che succede?”
Kaori era lì, con lo sportello del frigorifero spalancato, che mostrava ogni sorta di ben di Dio.
L’interno era stipato di cibo fino a scoppiare e sembrava risplendesse di luce propria.
Rimasero a bocca aperta investiti da quella luce sovrannaturale, poi con timore reverenziale si avvicinarono ai vari ripiani, con l’acquolina in bocca. Quando furono abbastanza vicini, notarono una busta di carta gialla, l’aprirono e vi trovarono dentro una mazzetta di soldi di grosso taglio, la stessa che la nonnina custodiva all’interno del suo kimono; vi era anche un bigliettino vergato con inchiostro nero con la semplice frase “Buon appetito!”.
 
 
XYZ – MISSIONE NONNINA = Conclusa con successo!
 
* Tanabata "settima notte" è una festa tradizionale giapponese.
Celebra il ricongiungimento delle divinità Orihime e Hikoboshi, rappresentanti le stelle Vega e Altair. Secondo la leggenda i due amanti vennero separati dalla Via Lattea potendosi incontrare solo una volta all'anno, il settimo giorno del settimo mese lunare del calendario lunisolare.
La festa viene celebrata il settimo giorno del settimo mese lunare (in inglese è conosciuta come "Festa del Doppio Sette").
 
** I tanzaku sono desideri o preghiere che vengono appesi ai rami degli alberi di bambù e sono tipici della festa giapponese di Tanabata.
I desideri vengono scritti su apposita carta tradizionale giapponese, a volte circondata da un bordo dorato.
 
Fonte Wikipedia

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