Nero su bianco

di SuperWhoLock
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritornare ***
Capitolo 2: *** Regali ***
Capitolo 3: *** Notte ***



Capitolo 1
*** Ritornare ***


Ho sempre vissuto la mia vita scappando. Non sempre sapevo da cosa.
Per anni, ogni giorno, rifuggivo dalle persone a me più vicine, quelle che conoscevo da una vita. Dal modo in cui agivano, dal modo in cui si relazionavano a me, sentivo di non essere bene accetta.
Mi sentivo la pecora nera: quella che quando è presente fa andare tutto per il verso sbagliato e che quindi, quando non è presente, sa che andrà tutto per il verso giusto. Ho sempre corso, non mi sono mai fermata.
Ma nella mia memoria riconoscevo un tempo in cui non era così, sentivo che c’era stato un momento dove ero ferma, mi beavo semplicemente della presenza dei miei cari. Per anni ho rifugito lo sguardo delle persone per paura di vederci qualcosa che mi avrebbe fatto capire di non essere adeguata. Poi tutto è cambiato.
Dicono che gli occhi sono lo specchio dell’anima e io volevo crederci. Anzi, di più, io volevo appurarlo da me. Da quel giorno, quando una persona mi rivolgeva la parola, la guardavo fisso. Studiavo le cornee, analizzavo le iridi. Vedevo colori diversi, sfumature di colori mai viste prima; anche notando le reazioni alle intensità diverse di luce o la reazione umana davanti alle emozioni provate mi sentivo vuota. Completa di annotazioni, ma persa. Poi un giorno li vidi: due occhi color cioccolato che mi fissavano. Ero destabilizzata. Da ubriaca avevo conosciuto parecchie persone ma in nessuna di esse mi ero sentita così in pace, mi sentivo come se fossi tornata a casa dopo anni passati da eremita in una caverna. Mi avvicinai a quegli occhi, incuriosita e spaventata. E a mano a mano che la distanza diminuiva mi resi conto perché quegli occhi mi davano tutte quelle emozioni.
Vederli da vicino è stato come nascere di nuovo: vi leggevo famiglia, sicurezza, amore incondizionato, tutte le cose che ad un certo punto della mia vita avevo perso e che stavo rincorrendo da tempo immemore. Mi avvicinai per toccare quel viso che mi aveva fatto riscoprire cose che pensavo di aver perso ma sentii solo freddo. Cercai di mettere a fuoco quello che avevo davanti e dalla mia mente appannata percepii quello che avevo dimenticato.
Quelli erano gli stessi occhi che avevo osservato per ore, di cui conoscevo ogni difetto, ogni pagliuzza e ogni sfumatura data dalla luce giusta. Quelli che evitavo da anni. E a quel punto la verità mi colpì duramente e capì cosa avevo perso e che stavo cercando.
Quegli occhi erano i miei.

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Capitolo 2
*** Regali ***


Odio i compleanni. 

Che sia chiaro: non ho niente contro le feste. Mi piacciono i preparativi, il dover organizzare, prenotare, ritirare, appendere, aspettare. Mi piace anche il momento in cui arrivano le persone, i parenti che vedi una volta l’anno, gli amici che vedi tutti i giorni. Unire le realtà che ti circondano, quella di quando eri bambina incarnata dai parenti che ti hanno vista crescere che si scontra con la te del presente capeggiata dagli amici che ti accompagnano nelle avventure quotidiane. 

Quello che non mi piace è il momento dei regali. 

Ammetto di aver passato la fase nella quale aspettavo con ansia l’apertura dei regali, mi rendo conto di non nutrire ora grandi speranze per quello che sto per ricevere. Anche perché ormai si dividono in due categorie: i soldi, sempre graditi e apprezzati, e i regali di cazzo. Quei regali che sono talmente brutti che sai non usciranno mai da casa, e allo stesso tempo talmente inutili che resteranno a prendere polvere nell’angolo nascosto della camera per un tempo indefinito, dimenticati e anche parzialmente schifati.

In genere quel momento è successivo ai congedi, quindi non c’è bisogno di mentire e fingere entusiasmo per i presenti appena ricevuti. 

Però non è per tutti così. Ci sono persone davvero entusiaste dei regali ricevuti e non riuscivo a spiegarmi il perché, finché non ho iniziato a guardare bene gli oggetti in questione: non sono regali di cazzo, sono regali veri. Quei regali che si vede c’è un sentimento dietro, preoccupazione e accuratezza nello sceglierlo. Impegno nel cercarlo. Gioia nel vedere che il regalo scelto è piaciuto davvero. 

Vedo quella gioia nelle espressioni delle persone e non riesco a fermare quella sensazione fastidiosa che dalla pancia piano sale fino al petto, costringendolo in una morsa dolorosa e opprimente. Sono gelosa. Gelosa del regalo che un’altra persona ha ricevuto al mio posto. Gelosa della sincerità nella reazione. 

Gelosa dell’affetto sincero che dovevano provare per il festeggiato tanto che li ha spinti a metterci impegno nella scelta del regalo. Arrabbiata per la mancanza di regali di cazzo per loro. 

Triste, perché a quanto pare nessuno tiene così tanto a me. 

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Capitolo 3
*** Notte ***


Ci sono giorni in cui dimentico chi sono, giorni in cui vedo la vita passarmi davanti inarrestabile.
Osservo la gente costruirsi un futuro, la sento mentre entusiasticamente pensa agli obbiettivi che raggiungerà e la osservo quando finalmente realizza il suo ideale di vita.  Non riesco a fare a meno di chiedermi dove trovano l’energia per portare avanti un piano che potrebbe non andare come dicono loro.
Suppongo che le giornate siano uguali per tutti e non mi ha mai sfiorato il pensiero che magari quelle persone non siano mosse solamente dall’ansia di non sapere cosa porterà il domani, dal terrore che impedisce di pensare lucidamente o dalla routine che culla in un senso di stabilità. 
Penso sempre che le persone siano tutte come me e che anche loro quando pensano al futuro non vedano altro che il buio che incombe e che li opprime. 
Poi ci sono giorni, invece, in cui mi odio talmente tanto che cerco di sabotare me stessa e resto in sveglia finché non vedo la città calmarsi e l’unico rumore provenire dai lampioni che ronzano calmi. 
Mi odio talmente tanto che nel momento stesso in cui mi accorgo di averlo fatto ancora, di aver di nuovo ignorato i bisogni del mio corpo, invece che andare subito a dormire mi alzo e mi avvicino alla finestra. Prendo a guardare la strada deserta, consapevole che non è ancora tutto perduto, che posso ancora mettermi a letto e provare a dormire un paio d'ore.
Ma a quel punto la mia mano si protrae verso la maniglia e sblocca la serratura facendo sì che l’aria fredda della notte mi arrivi al viso e inalo, facendo sì che tante piccole pugnalate fredde mi feriscano i polmoni. A quel punto avviene un cambiamento, come se il sortilegio si fosse spezzato e io possa tornare a prendere in mano la mia vita. 
Sono quelle serate in cui mi odio per aver fatto tardi, quando scelgo di osservare la città con una sigaretta tra le labbra mentre l’aria della notte mi accarezza il viso: è quello il momento esatto in cui mi rendo conto di essere viva e che il futuro non è poi così oscuro. 
C’è una luce infondo al tunnel.

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