Blue Moon

di Blackvirgo
(/viewuser.php?uid=42826)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Requiescant in pace ***
Capitolo 2: *** Il respiro del bosco ***
Capitolo 3: *** Ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae ***



Capitolo 1
*** Requiescant in pace ***


Iniziativa: questa storia partecipa al #Writober2019 di Fanwriter.it
Prompt.05: Fantasma
Numero parole: 653


Blue moon

Capitolo 1 – Requiescant in pace

“Anche stasera si sentono ululare i lupi. Per fortuna la porta della nostra stalla è bella robusta.” Dino chiuse l'uscio di casa e iniziò ad armeggiare con il chiavistello.
“Fra tre giorni ci sarà la terza luna piena della stagione.” La vecchia si sistemò meglio lo scialle sulle spalle perché il camino aveva sempre avuto la grande qualità di cuocere chi gli stava davanti, ma di lasciare la schiena alla mercé di ogni spiffero.
“Sai che novità? Ne capita una ogni ventotto giorni.” L'uomo biascicò due bestemmie a bassa voce per non incorrere nelle ire delle donne di casa. La ruggine ormai si era mangiata il ferro e quel catenaccio non avrebbe retto ancora a lungo agli strattoni a cui veniva sottoposto ogni volta per aprirlo e chiuderlo.
La vecchia posò per un attimo i suoi occhi neri sul volto del nipote, cotto dal sole e dalle intemperie, per poi riportarli alle fiamme che si intrecciavano nel camino in lunghe volute d'arancio e vermiglio.
“Ma quattro in una stagione non sono così comuni.”
Lia sollevò il viso dal tavolo e dallo straccio bisunto con cui lo stava pulendo. Spalancò gli occhi: “Una luna blu!”
La vecchia prese l'attizzatoio e smosse la la legna. Le fiamme si levarono più alte. “Si dovranno tenere i fuochi accesi e rimanere in casa. E pregare.”
Un silenzio immobile aleggiò per un attimo sulla stanza. Da sotto la tavola due testoline brune fecero capolino. “Perché, nonna? Che succede quando la luna diventa blu?”
“Succede che gli spiriti sono in giro. E quando ci sono gli spiriti, arrivano i lupi. E cose peggiori dei lupi.”
La piccola Maria si portò le mani ai fianchi. “Io scappo se ci sono i lupi,” affermò.
“Dove vuoi andare con quelle gambette sottili!” Dino sollevò la figlioletta e si mise a sedere con lei in braccio di fronte al camino. “Meglio se rimani in casa. I lupi sono un flagello.”
“E gli spiriti come sono fatti, nonna?” chiese Tonino accucciandosi ai piedi del padre.
“Ne ho visto uno una volta, quando avevo la tua età” La vecchia appoggiò una mano nodosa sulla testa del grosso gatto rosso che teneva in braccio. La bestia aprì appena gli occhi, sornione, per poi tornare a dormire. “La nonna di mia nonna disse che doveva essere un fantasma.”
Anche Lia li raggiunse, con la lampada a olio e il cesto della paglia da intrecciare.
“E com'era fatto?”
“Aveva le fattezze di una donna, ma era bianca come la schiuma del latte e trasparente come vapore. Portava una lanterna dentro la quale si muovevano piccole luci azzurrognole.”
“Fuochi fatui,” mormorò Lia senza alzare gli occhi dal suo lavoro. “Portano male.”
La vecchia annuì.
“E cosa ti ha fatto?” chiese curioso Tonino.
“Niente.” Un sorriso le snudò i pochi denti storti e ingialliti che le rimanevano. “Io mi sono nascosta e lei ha proseguito per la sua strada.”
Tonino sembrò deluso.
“Non bisogna disturbare gli spiriti,” lo ammonì sua madre. “Soprattutto quelli dei morti. Se vagano ancora sulla terra è perché è rimasto loro qualcosa da fare e, per quel che mi riguarda, spero che se finiscano in fretta e se ne vadano in pace per la loro strada.” Inspirò profondamente e intonò”Rèquiem aetèrnam, dona eis, Domine, et lux perpètua lùceat eis.”
Requiéscant in pace. Amen.” Risposero tutti gli altri, in coro.
“Ma non confonderti, Lia: i fuochi fatui sono gli spiriti dei morti, i fantasmi sono gli spiriti di coloro che non sono riusciti a morire. E la gente che non appartiene a nessun luogo è sempre pericolosa.”
Lia strinse le dita attorno alla sua paglia, Maria si rifugiò nel petto del padre. Persino Tonino abbassò lo sguardo, la curiosità improvvisamente mutata in timore.
La vecchia continuò a guardare le fiamme e ad accarezzare il gatto. Tre giorni.
In lontananza i lupi ripresero a ululare.

***

Black notes:

  • Primo capitolo di una piccola mini-long i cui prossimi capitoli arriveranno nei giorni dei prompt corrispondenti. Sarà breve e di poche pretese... però sono contenta di essere tornata alle mie “origini” di scribacchina, in questa atmosfera che rimane sospesa tra il fiabesco e l'horror nostrano delle leggende popolari... ovviamente non quelle edulcorate per essere rivendute come storie per bambini!

  • Piccola precisazione sulla luna blu – o blue moon, come direbbero gli inglesi –: ho preferito prendere la definizione tradizionale che vuole che si tratti della terza luna piena in una stagione che ne contiene quattro invece delle abituali tre. È un evento piuttosto raro, tanto che gli inglesi parlano di 'once in a blue moon' dove noi diciamo 'ogni morte di papa'. Più recente è invece la definizione che prevede che la blue moon sia la seconda luna piena che accade in un mese, evento questo più frequente.

  • Il rating potrebbe cambiare... amo il writober perché costringe a scrivere ogni giorno, ma toglie ogni possibilità alla programmazione (che nel mio caso è scarna di suo, ma proprio senza senza...).

  • Grazie di essere arrivati fin qui... un abbraccio!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il respiro del bosco ***


Iniziativa: questa storia partecipa al #Writober2019 di Fanwriter.it
Prompt.09: Bosco
Numero parole: 810

 

Blue moon

Capitolo 2 – Il respiro del bosco

La creatura sentì un fremito riverberare nelle sue membra. Era troppo debole per muoversi, neppure gli occhi riusciva ad aprire. Le sarebbe piaciuto guardare la luce argentea che filtrava attraverso le fronde ormai spoglie degli alberi, invece doveva accontentarsi di sentirli, uno per uno, i raggi di quella Luna maledetta, capace di mettere disordine tra le stagioni, tra gli schemi degli uomini e delle stelle. Solo Lei era capace di donare nuove forze e nuovo vigore al suo corpo fatto di nulla, di strapparla all'abbraccio soffocante della terra, alla sua coltre di foglie marce e funghi velenosi. Iniziava come una fiamma che iniziava a bruciarle dentro e che spazzava via il torpore del sonno: il richiamo alla vita era così forte da non poter essere ignorato. La creatura si animava di speranza: voleva tornare a calcare la terra con i suoi passi leggeri, a respirare l'aria umida della notte e a alzare gli occhi e vedere il cielo. Ma c'era un tempo per ogni cosa e questo tempo ignorava la sua impazienza e il suo entusiasmo. E mentre era fragile come un respiro d'inverno, poteva solo aspettare che la luna le ridesse forma, che le restituisse i sogni e i ricordi che il suo lungo sonno le faceva obliare. Che desse un senso alla sua attesa. Che desse un senso alla sua esistenza.

Maria si alzò in piedi e tese l'orecchio al bosco. “Lo senti?” mormorò al fratello.
Tonino, preso a punzecchiare un rospo con un bastoncino, non la guardò neppure. “Cosa?”
“Il bosco respira.”
Tonino alzò appena gli occhi per poi tornare a dare tutta la sua attenzione al grosso anfibio che, mettendo una zampa tozza davanti all'altra, cercava di sottrarsi al suo aguzzino e di proseguire per la sua strada. “È il vento, stupida.”
La bambina si portò le mani ai fianchi. “Non tira vento da giorni. E lo stupido sei tu.” Guardò il fratello dritto negli occhi. “Lascia in pace quel rospo. La mamma si arrabbia se non torniamo prima che faccia buio.”
“Hai paura dei fantasmi?” la canzonò. Le storie della nonna potevano fargli paura di notte, con il fuoco che disegnava ombre sinistre sulle pareti della loro casa. Ma non sotto il sole luminoso di quel pomeriggio ottobrino.
"E tu?”
“Certo che no!”
“Secondo me sì, invece.”
“Vediamo chi ha il coraggio di stare fuori a vedere il fantasma domani sera.”
“La nonna ha detto che è meglio nascondersi dai fantasmi.”
“Fifona! Fifona!” Tonino riempì la brocca alla fonte e la passò alla sorella. Quindi si accinse a riempire i due secchi che avrebbe dovuto portare lui.

Maria la prese e l'appoggiò a terra. Quindi tornò a porre l'orecchio al bosco. Lo stormire delle fronde aveva un suono che non apparteneva al vento: andava e veniva, come le onde in riva al lago, come il respiro lento e profondo di suo padre quando si addormentava sulla sedia di vimini della nonna di tornare a lavorare nei campi. Era un suono calmo e profondo che sapeva di riposo e quiete. Che sapeva di vita. 

“Ma mamma! Il rospo ci ha inseguiti! Non voleva farci arrivare alla fonte. Voleva tenersi l'acqua tutta per sé!”
Lia li guardò arrabbiata. Si era raccomandata che facessero presto, di tornare prima che venisse il buio perché la fonte era troppo vicino ai bosco e quando i lupi ululavano la notte non c'era da star tranquilli neanche durante il giorno. Solo che non sapeva come fare a mettere un po' di sale in zucca a quello scavezzacollo di Tonino.
“Mamma, ho sentito il bosco respirare.” Maria la guardava con un'espressione troppo seria sul suo volto di bambina.
“Non dire sciocchezze! E adesso in casa!”
Lia non sapeva se essere più arrabbiata con loro che aveva tardato o con se stessa per averli mandati a prendere l'acqua a quell'ora. O se era solo sollievo che aveva bisogno di trovare sfogo nella rabbia. Li guardò entrare tutti e due per la porta cigolante con un sospiro di sollievo. Lì sarebbero stati al sicuro. Quindi scrutò sul bosco che cominciava oltre i campi che circondavano le case e si perdeva lungo i crinali delle montagne. “I boschi non respirano,” mormorò a se stessa. Di nuovo si guardò attorno: la nebbia accarezzava le cime degli alberi e pareva voler scendere a valle per celare ogni cosa concreta e reale alla vista. “Maledetta Luna blu!” Si fece il segno della croce per seguire i suoi figli. Doveva ancora preparare la cena. Dino non sarebbe stato contento.

La vecchia emerse dall'ombra della casa. I boschi non respirano, pensò. Quindi deve essere qualcun altro a farlo.Un lupo ululò in lontananza, altri gli risposero.“Stanno prendendo coraggio,” mormorò la vecchia al gatto che le si strusciava alle gambe. “Si stanno avvicinando.”

Nel fitto del bosco la creatura sorrise.

***

Black notes:

  • perdonate gli eventuali errori... è stata una giornata lunga e faticosa, ma volevo metterla su prima di andare a dormire. Perché, per me, le giornate non finiscono a mezzanotte, ma quando ci si corica...

  • grazie e buona notte!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae ***


Iniziativa: questa storia partecipa al #Writober2019 di Fanwriter.it
Prompt.13: luna piena - flashback
Numero parole: 1364

 

Blue Moon

Capitolo 3 - Ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae


“È ora di andare,” disse Lia. “Bambini, muovetevi!”

La vecchia prese il bastone, si sistemò lo scialle e si avviò lentamente verso l'uscita con Maria per mano. Tonino li aveva preceduti fuori, Dino era andato ad assicurarsi che la porta della stalla fosse ben chiusa.

I lupi ululavano. Non era ancora calata la notte e quella sera ci sarebbe stata la luna piena.

Era per quello che uscivano, quella sera. Sarebbero andati nella borgata vicina per recitare il rosario nella stalla dei Franchi. Quella luna stava sconvolgendo tutto e tutti.

Dino si avvicinò alla moglie e prese dalle sue mani il cesto con la paglia, offrendosi di portarlo. Lia sorrise per quella gentilezza. Non poteva permettersi di stare per una sera intera con le mani in mano, le avevano commissionato delle borse di paglia: con il compenso avrebbe comprato il sale. Tra qualche mese avrebbero dovuto ammazzare il maiale e la carne, purtroppo, non si conservava recitando rosari. Anche se, indubbiamente, aiutavano.

***

La creatura sì alzò e iniziò a camminare lentamente, sfiorando appena il terreno coperto da foglie secche e foglie marce. Aveva solo la vaga idea di dove dovesse andare, ma sapeva di dover trovare il torrente: da lì sarebbe stata in grado di orientarsi. Avanzò guardandosi attorno e beandosi del suo profumo: non se lo ricordava così fitto quel bosco. Non se lo ricordava così vivo. Un rapace prese il volo sopra la sua testa, spaventato, e lei sorrise nel vedere il suo battito d'ali silenzioso portarlo a diventare ombra tra le ombre. Camminò fino a una radura, erbosa dove i suoi piedi sfiorarono fili d'erba umidi. Alzò lo sguardo, il viso rivolto al cielo, le braccia all'indietro, e respirò a pieni polmoni l'aria della notte. Pochi attimi e gli stralci di nuvole grigie attorno alla luna se ne andarono, lasciandola rifulgere in tutto il suo splendore.

Anche quella notte c'era la luna piena. Ricordava di aver corso lontano da casa, senza sapere dove andare. Voleva scappare. Doveva scappare per salvarsi, per sopravvivere. Per vivere. Il terreno era duro sotto i suoi piedi scalzi e l'aria era troppo fredda perché la camicia da notte di cotone che lei stessa aveva ricamato potesse ripararla. Ma avrebbe sopportato il freddo e le ferite ai piedi, avrebbe superato anche la paura... ma una radice si era messa tra lei e la salvezza. Aveva sentito il sangue scendergli dal naso, la bocca riempirsi di foglie secche e di foglie marce, gli occhi di lacrime. Vide l'ombra di quel demonio coprirla e lei seppe di essere perduta.

Ma ora era tornata, sotto la stessa luna dalla luce blu.

I fuochi fatui che l'avevano seguita facendo capolino tra gli alberi, si fecero coraggio e si avvicinarono a lei, attratti dal richiamo alla vita. Le danzarono attorno e lei seguì con le mani e con la testa i loro movimenti, unendosi al ritmo del respiro delle fronde, allo sfrigolio con cui si muovevano nell'aria.

I lupi ulularono.

Le braccia le caddero lungo i fianchi. Doveva trovarli. E poi doveva trovare la strada di casa.

Si mosse leggera come nebbia. I fuochi fatui la seguirono.

***

Ave Maria, gratia plena,
Dominus tecum,
benedicta tu in mulieribus,
et benedictus fructus ventris tui, Iesus.
Sancta Maria, mater Dei,
ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae.
Amen.

“Dicono che fosse la figlia del mugnaio.” La vecchia Aurora, padrona della stalla dei Franchi, mise via il rosario.

“Ma non si è sposata ed è andata a vivere in città?”
“Ma non quella!” Aurora alzò lo sguardo dal suo lavoro che già teneva a pochi centimetri dagli occhi. L'età era una brutta bestia, ma non era mai stata una scusa per restare inoperosi. “E soprattutto non quel mulino, che Dio ce lo conservi! Quello distrutto lungo il torrente. Ormai gli unici ad abitarlo sono gli scoiattoli e gli uccellini che fanno il nido nel salice che vi è cresciuto dentro.” Fece una pausa per raccogliere altra paglia dal suo grembo. “Dicono che la fanciulla fosse uscita di casa da sola, di notte, e che l'avesse presa il Diavolo in persona. Non la ritrovarono mai anche se era una notte di luna piena, come questa.”
“Neppure il corpo?” chiese Lia.

Aurora scosse il capo. “No, è per questo che ogni tanto torna. Perché non è stata neppure seppellita e nessuno le ha tolto la maledizione di essere stata toccata dal Maligno.”

Tutti i presenti si fecero il segno della croce.

“Sono i fuochi fatui a mostrarsi per chiedere preghiere,” commentò Agata, il fazzoletto che portava in testa storto su un orecchio.

“I fuochi fatui vorrebbero che qualcuno ricordasse il loro nome,” rispose la vecchia Viola. “Ma i fantasmi... a loro è rimasto qualcosa da fare, un cruccio da risolvere, una vendetta da perpetrare. Ma il tempo passa diversamente per loro e per noi. E diventa difficile risolvere qualcosa, quando chi l'ha combinata è ormai morto e sepolto.”

Il silenzio invase la stalla, disturbato solo dagli sbuffi degli animali. Dino guardò la prozia e una goccia di sudore freddo gli scese lungo la schiena. Odiava quelle storie che mettevano i brividi alla gente, buone solo a convincere i bambini che la notte è un affare pericoloso. E odiava quel modo che aveva di raccontarle lei, come se fossero vere, come se non fossero materia per vecchie fuori di testa, ma insegnamenti da seguire. “È ora di tornare a casa,” disse.

“Volete rimanere a dormire qua?”

“No, grazie.” Non sarà una vecchia storia a farmi venire paura del buio.

I due bambini si erano appisolati, ripresi più volte perché non facessero confusione durante le preghiere e quindi annoiati dall'inedia e dalla monotona litania del rosario. Lia chiamò Tonino che si sfregò gli occhi mentre Dino prese in braccio la piccola Maria che pareva non volesse saperne di svegliarsi. Le buttò addosso una coperta perché non prendesse freddo.

“Buona notte,” salutarono. Non accesero la lanterna che si erano portati dietro: la luna piena illuminava il sentiero quasi a giorno, tanto valeva risparmiare l'olio e lo stoppino. Sembrava impossibile che potesse accadere qualcosa di male in una notte come quella: era incantevole. Di tanto in tanto un'ombra offuscava la luce e, alzando gli occhi, si vedeva solo una nuvola fugace passare davanti all'astro d'argento. Camminavano silenziosi, il tempo del passo scandito unicamente dal bastone della vecchia sul terreno.

“I lupi ululano,” osservò Dino. Di tutte le storie che raccontavano dietro quella luna, questa era l'unica che davvero riusciva a preoccuparlo. Perché i lupi erano pericolosi e lui, con il vecchio schioppo che suo padre usava per andare a caccia e le poche cartucce che aveva, non era sicuro di essere in grado di proteggere la sua famiglia o il suo bestiame.

“Le storie di quella vecchiaccia di Aurora mi mettono sempre i brividi,” osservò Lia, tenendo saldamente Tonino e il cesto con la paglia intrecciata nell'altra.

Viola ridacchiò sotto i baffi: lei e quella vecchiaccia erano andate a scuola insieme, ai pascoli assieme e si erano sposate nello stesso anno. Non erano propriamente amiche, ma erano coetanee. Bello sapere cosa pensava sua nuora anche di lei! Perché quelle storie erano anche le sue, narrazioni che avevano perso il contorno della realtà per trasformarsi in leggenda, ma che solo gli sciocchi le deridevano. E Lia non era una sciocca: aveva paura, ma voleva mostrare coraggio, voleva avere il coraggio per difendere i suoi bambini. Stirò gli angoli delle labbra in un sorriso: magari non sarebbe successo niente. Magari sarebbe bastato andare per la propria strada. Dovevano attraversare il torrente, ma erano anni che nessuno si avvicinava al vecchio mulino. Dicevano che portava male e quello era sufficiente a renderlo un posto per banditi e gente di malaffare.

Una folata d'aria si alzò all'improvviso assieme alla polvere e ogni stralcio di nube si allontanò dalla luna.

“È questo, mamma!” esclamò la piccola Maria, improvvisamente sveglia. “Quello che ho sentito ieri. Il respiro del bosco.”

I lupi ulularono, sempre più vicini.

La vecchia alzò lo sguardo verso gli alberi, verso un punto in cui la luce della luna sembrava brillare più intensa e di una sinistra sfumatura bluastra.

***

Black notes:

  • Ce l'ho fatta a rimettermi in pari! Olé!

  • E anche oggi due prompt al prezzo di uno... XDDD

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3863645