Lacrime di sangue

di Najara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lacrime di sangue ***
Capitolo 2: *** Solo un’altra notte ***
Capitolo 3: *** Fuga dal dolore ***
Capitolo 4: *** Una scheggia di rosso colore ***



Capitolo 1
*** Lacrime di sangue ***


Lacrime di sangue

 

La luce emanata dal globo ondeggiava insicura dal suo palmo verso le pietre fredde dello stretto corridoio, lontano poteva sentire l’eco degli assalitori che sciamavano come locuste nel suo castello, spezzando i portoni di legno, stracciando gli arazzi, bruciando i suoi libri.

Raggiunse la porta e si fermò, il palmo che si appoggiava sul caldo legno. Era lì, ma cosa doveva fare?

Un cupo rombo l’avvisò che gli invasori avevano trovato la porta segreta che conduceva a quel corridoio. Uno dei sui servitori doveva aver tradito il segreto. Quando aveva visto la folla inferocita assieparsi sotto le sue mura anche lei aveva sentito un fremito di paura attraversarle il cuore. Non poteva biasimarli per aver ceduto.

Un secondo secco boato risuonò nel corridoio, aveva sigillato quell’entrata, ma non poteva resistere a lungo sotto a quel poderoso e violento attacco.

Aprì la porta ed entrò nella stanza buia. Due occhi azzurri come il cielo in autunno si fissarono su di lei e Lena rabbrividì.

 

“Non andare.” Mormorò, incredula lei stessa nel sentire quelle parole uscire dalle sue labbra. La ragazza sbatté gli occhi, incapace di rispondere. “Perdonami.” Bisbigliò. “Pensavo di poter essere forte, di poter essere…”

“Tu sei forte.” Assicurò con dolcezza la donna. “Tu sei la mia forza, il mio Sole.”

Lena accarezzò il simbolo degli El circonfuso dal Sole che rispendeva sul petto d’acciaio della giovane. Chiuse gli occhi e capì che non sarebbe andata, se lei avesse solo chiesto ancora. Non sarebbe andata e l’intero regno avrebbe dovuto affrontare le conseguenze del suo egoismo.

“Torna da me.” Chiese allora e sentì la giovane sospirare, mentre abbassava il volto per far incontrare le loro labbra.

“Sempre.”

 

Chiuse la porta di legno alle sue spalle e il ritmico boato prodotto dall’ariete che tentava di abbattere la porta sparì.

“Lasciami andare e li ucciderò tutti.” La voce suadente della donna la fece rabbrividire di nuovo.

“No.” Affermò netta.

“Quindi lascerai che mi prendano?”

“No.” E nel dirlo seppe che era vero, non avrebbe permesso a nessuno di farle del male, poco importa cosa la donna avesse fatto.

“Liberami da queste catene, allora.” Mostrò i polsi e Lena distolse lo sguardo, vedere quei polsi piagati, malgrado le cure, malgrado l’attenzione con cui li medicava le fece male al cuore, come ogni volta. “Luthor!” Urlò la donna e lei sobbalzò, ora la voce della giovane era feroce, violenta, rabbiosa. “Tu trattieni un dio! Liberami!”

“Verrai con me, in catene.” Disse invece lei, cedendo alla decisione che nel suo cuore aveva preso nell’instate stesso in cui aveva sentito le voci rabbiose della folla avvicinarsi alle sue porte. “Usciremo dal castello passando dal fossato, spariremo nella notte.”

 

Il drago era rapido, elegante, letale. La giovane guerriera alzò lo scudo che in un istante divenne rosso come il suo mantello, quasi inutile sotto a quel torrente di fuoco. Lena poteva quasi sentirla mentre gemeva resistendo a mala pena al poderoso attacco. Nemmeno lei poteva farcela, nemmeno lei poteva abbattere un simile terribile e possente mostro.

Strinse le redini nei pugni, mentre osservava il drago evitare ancora una volta la lancia della giovane. Doveva fare qualcosa, non poteva stare lì a guardare la donna che amava morire.

Con eleganza e rapidità agitò le braccia, intrecciando un potente incantesimo, qualcosa che non aveva mai provato, qualcosa che poteva abbattere un essere imbattibile. Un incantesimo che aveva letto nelle oscure pagine scritte dal fratello, un sortilegio così potente che avrebbe potuto funzionare quando tutti gli incantesimi scagliati dai maghi avevano fallito.

“Lena, no!” Urlò Alex, un attimo prima che le sue dita lanciassero una singola e precisa freccia rossa verso il drago.

 

La donna si muoveva silenziosa dietro di lei, ma poteva sentire il suo respiro affannoso, appesantito dalle catene magiche che lei aveva creato. Alle loro spalle l’ennesimo boato fu seguito dal rumore di mura infrante.

“Una spada, una lancia… anche solo un pugnale e posso ricacciarli dal tuo castello.” Bisbigliò la donna. “Per noi…” Aggiunse ed eccolo di nuovo quel tono suadente. Lena chiuse gli occhi, mantenere quell’incantesimo lontano dalla stanza che aveva costruito per trattenere la donna richiedeva tutta la sua attenzione e quasi tutte le sue energie. Non rispose, continuando ad avanzare a tentoni nel buio.

“Lena, non riuscirai a portarmi fuori senza lottare e ad un certo punto dovrai decidere, le catene o la tua vita.”

Di nuovo non disse nulla, non voleva crederle, conosceva il suo castello, avrebbe potuto allontanare entrambe prima che gli invasori si mettessero sulle loro tracce.

 

Cadde da cavallo, tutta la sue energia prosciugata, ma la freccia volava sicura nel cielo verso il suo bersaglio.

Alex si inginocchiò accanto a lei cercando di aiutarla, ma gli occhi di Lena erano fissi nel lontano cielo, dove il grande drago lottava con la piccola El.

La freccia rapida come il suo pensiero oltrepassò la guerriera e si frantumò nel petto del drago. Scaglie di rossa magia volarono ovunque mentre la lancia della giovane sceglieva quel momento per colpire, quel punto, quella piccola scaglia spezzata dal violento impatto con la magia di Lena.

Il momento si condensò nel cielo, mentre il drago urlava e la guerriera veniva scagliata indietro.

Non cadde lontano da loro e Alex la aiutò a raggiungere la giovane.

Con sollievo vide che il suo petto si alzava ed abbassava, mentre quello del drago che cadendo aveva sollevato una nube di polvere, era immobile.

“Ce l’hai fatta.” Disse, mentre sfilava l’elmo e liberava i biondi capelli della giovane. Un brivido di paura le attraversò il cuore quando notò il graffio così vicino all’occhio e la singola lacrima di sangue che stava scendendo lungo la gota della guerriera.

Chiamò piano il suo nome  e la donna aprì gli occhi nei quali Lena vide per un istante un lampo di rossa magia.

 

Le catene tintinnavano, sembrava che lo facesse apposta.

“Smettila.” Chiese, aveva bisogno di silenzio, aveva bisogno di concentrarsi.

“Perché non ti arrendi?” Le domandò allora. E per una volta il suo tono non era suadente o rabbioso, solo perplesso e forse fu ancora peggio. Si voltò a guardarla evitando si notare come l’incantesimo alle catene stesse sbiadendo a causa del venir meno delle sue forze.

“Davvero?” Chiese e fu nel suo tono che serpeggiò la rabbia. “La donna che conoscevo lo saprebbe.”

“Quella donna era sciocca, debole, ridicola…”

“Era il migliore essere umano che conoscevo.” Ribatté lei interrompendo un discorso che aveva sentito troppe volte.

“Sei debole e sciocca quanto lo era lei.” Disse allora la sua prigioniera. “E ti farai uccidere.”

“Cosa ti importa?” Sbottò lei. Strinse i pugni e la magia si rinforzò di nuovo. “Andiamo avanti.” Ingiunse, voltandosi e proseguendo lungo il corridoio, non mancava molto.

 

Si svegliò nel cuore della notte, il posto nel letto accanto al suo era vuoto. Allungò la mano e ne percepì il freddo. Quando ruotò la testa la vide che osservava il cielo, seduta sulla finestra.

“Tutto questo non ha senso.” Le disse, sentendola sveglia.

“Di cosa parli?” Chiese lei, alzandosi e infilandosi una vestaglia a coprire il corpo nudo.

“Potremmo dominare il mondo.” Affermò e Lena sorrise avvolgendo le braccia al corpo di lei, caldo malgrado la sua pelle fosse interamente esposta alla fresca aria notturna.

“Manie di grandezza notturne?” Domandò. Posando un bacio sulla spalla della giovane.

“Non sto scherzando.” Dichiarò allora la donna e si voltò a guardarla. Nei suoi occhi non vi era mai stata tanta durezza. “Siamo dee, tu ed io. Questo…” E con la mano indicò la stanza semplicemente arredata e forse l’intero piccolo regno che era la loro casa. “Non è nulla. Possiamo avere molto di più, possiamo imporre la pace, guidare i popoli all’unione e alla prosperità”

“Ma a quale prezzo?” Aveva già sentito simili discorsi, suo fratello aveva parlato così anni prima e lei aveva visto follia nel suo sguardo.

“Il giusto prezzo.”

 

Quel lato del castello era deserto, gli assalitori si erano riversati all’interno delle mura passando dalla porta principale, nessuno aveva pensato di creare un cerchio di sentinelle per evitare un’eventuale fuga.

Forse non tutto era perduto.

“Sentili: urlano e cercano, vogliono la mia testa.” Il tono della donna era di nuovo arrabbiato. “Io! Che li ho salvati da mille minacce, che ho sfidato un drago kryptoniano per loro! Che ho ucciso un essere di rara bellezza, una creatura da venerare, l’ultima della sua specie, per loro…” La sua testa si voltò verso le mura dal quale provenivano gli schiamazzi e le grida della folla ancora inferocita, probabilmente furiosa nel non trovare la preda promessa. “Cercano noi che abbiamo ucciso il drago per loro.” Precisò, guardandola.

“Esiste ancora un noi?” Chiese. Era la stanchezza a farla parlare, forse solo il tono con cui la donna aveva detto l’ultima frase o più probabilmente il sorriso che l’aveva accompagnata.

La donna la guardò per un lungo istante, poi un ghigno beffardo apparve sulle sue labbra.

È mai esistito per davvero un noi?” La ferì come faceva sempre e lei si diede della sciocca per esserci cascata, ancora una volta.

 

“Non può essere…” Scosse la testa, ma il viso di Alex era pallido, mentre cercava di tirarsi a sedere, le mani imbrattate dal suo stesso sangue.

“Ho provato a fermarla, ma…” Scosse la testa, mentre Sam si piegava su di lei mormorando rapidi incantesimi che fermarono il sangue e riportarono un po’ di colore alle guance della donna.

“Un intero villaggio… non può essere…” Si trovò a dire ancora lei.

“Niente può fermarla.”

“Io posso.” Affermò alzandosi, ma Alex le afferrò il braccio trattenendola.

“Nei suoi occhi vi era qualcosa.” Disse. “Un bagliore rosso.”

“Non…” Tentò di protestare, ma Alex non le permise di separare il loro sguardo.

“Lo stesso rosso che ha abbattuto il drago.”

Lena non obiettò questa volta, non poteva, aveva visto la sua stessa magia negli occhi chiari della donna che amava.

“La troverò.” Assicurò.

 

Un urlo sulle mura spense le speranze di Lena. Una freccia passò loro accanto facendo sibilare l’aria.

Altre urla si unirono alla prima, altre frecce, e poi torce illuminarono le mura.

“Per l’ultima volta, Luthor, liberami dalle catene o penzoleremo dalle mura del tuo castello prima che la candela sia scesa di una tacca!”

“Non ti permetterò di uccidere ancora!” Rispose lei, angosciata.

“Sono solo vermi che strisciano, non sono come noi!”

“Non c’è nessun noi, lo hai appena detto.”

“Tu mi hai dato questa libertà, non credere che non sappia cosa il tuo incantesimo abbia fatto.”

Lena si bloccò sconvolta, non credeva che lei sapesse.

“Posso guarirti.” Quasi balbettò. Era stata lei, sì, ma poteva ancora rimediare.

“Guarirmi? Non sono mai stata così bene, così forte, così sicura.” Replicò.

Un’altra freccia sibilò accanto a loro e Lena scosse la testa cercando di pensare ad una soluzione, ma era difficile con la mente impegnata nel tessere quel complesso sortilegio creato dal fratello anni prima.

 

“Ti prego!” Urlò nel vedere la donna ignorarla e abbattere le mura della città, la sua spendente armatura era chiazzata di sangue, orrendo spettacolo agli occhi di chi la guardava. Era diventata il terribile mostro che tanto spesso aveva lottato e vinto.

“Vattene, Luthor.” Sibilò la giovane e mai aveva pronunciato quel cognome con tanto disprezzo.

“Avevi promesso che saresti tornata da me!” Le urlò ancora e questa volta la guerriera si voltò a guardarla, incurante degli avversari che lanciavano impotenti frecce verso di lei.

“Sono lacrime quelle che vedo?” Chiese la donna e sorrideva beffarda. “Torna a casa, quando avrò finito tornerò da te, come promesso.”

“No.” Sorrise nel vederla opporsi, nel vederla erigersi sulle rovine del muro da lei abbattuto e Lena lo vide di nuovo, quel bagliore rosso che macchiava il suo sguardo.

“No?” Ripeté e la sua fronte si corrugò forse leggendo nel suo sguardo la determinazione.

Creare quell’incantesimo avrebbe richiesto un immenso sforzo, ma era pronta. Lena alzò le mani e compose l’incantesimo creando verdi catene per la donna che amava.

 

“Dunque così finisce.” La parole della donna erano sorprendentemente calme. Lena si guardò attorno, erano circondate, la folla avanzava, una marea di volti indefiniti, una sola forza distruttrice. “Mi lascerai morire.”

Lena scosse la testa, ma i suoi pensieri erano confusi. “Lascia cadere l’incantesimo.” Suggerì la giovane.

“Non posso…” Mormorò lei. “Non te lo perdoneresti e sarebbe di nuovo colpa mia.”

“Non ci sarà nulla da perdonare se ci uccidono!” Sibilò allora lei furiosa.

La folla esitava, malgrado fossero lì per questo sapevano che davanti a loro vi era un’imbattibile guerriera e una temibile maga dei Luthor.

“Non tentenneranno ancora a lungo.” La incalzò la giovane.

Lena esitò, il verde brillio delle catene si affievolì e la prigioniera sorrise, un lampo di aspettativa che brillava nei suoi occhi.

Le dita di Lena formicolarono, sapeva che se lasciava andare quell’incantesimo avrebbe potuto scagliarne uno, forse due, prima di non avere più energie, sarebbero bastati per fuggire, ma lei… lei non se ne sarebbe andata prima di aver compiuto un massacro.

“Lena!” Un cavallo fendette la folla e Alex piombò nel cerchio creando scompiglio.

 

“Puoi trattenerla?”

“Sì. Ho legato l’incantesimo alla stanza, si nutre della sua stessa forza…” L’orrore che stava compiendo le diede la nausea, ma Alex annuì piano.

“Hai fatto la cosa giusta.” Le disse vedendo in lei il dubbio.

“Non lo so… le catene la feriscono, io…”

“Non possiamo lasciarla andare se non dopo averle tolto quello che l’ha resa ciò che è diventata.” Insistette Alex.

“Una scheggia.” Spiegò piano Lena. “Nell’occhio, un singolo frammento del mio incantesimo.”

“Puoi toglierla?”

“No.” Il fallimento bruciava nel suo petto, ma sapeva che era la verità, aveva fatto tutto il possibile, studiato ogni incantesimo conosciuto ed esplorato ogni possibile segreto rimasto inesplorato della magia, senza successo.

“Come…”

“Con il tempo forse svanirà.” Quella era la sua unica speranza, una delle magie più potenti che conoscesse e più impossibili da controllare: il tempo.

 

Alex teneva per le redini un secondo cavallo.

“Andiamo!” Urlò lasciando l’animale a Lena ed estraendo la spada, mentre guardava minacciosa i volti sorpresi che la accerchiavano.

Prima che Lena potesse pensare la sua prigioniera era già a cavallo. Un solo istante e poi le tese la mano. Lena la afferrò e si aggrappò a quel corpo caldo che da troppo tempo non stringeva. Il profumo della donna la avvolse e lei, malgrado la situazione, malgrado la paura e la stanchezza sorrise.

“Andrà tutto bene.” La sentì mormorare e poi la freccia attraversò il suo corpo.

Perse la prese e cadde a terra, cercando di respirare, ma sentendo solo un atroce bruciore invaderle la mente.

Dunque era così che finiva, nella polvere, attorniata da persone che la odiavano.

Due braccia forti la strinsero e lei si ritrovò a guardare dei limpidi occhi azzurri. Non vi erano più catene ai suoi polsi eppure lei era lì.

“Non ti permetto di morire, dannata Luthor!” Sibilò e Lena sorrise mentre alzava la mano e le accarezzava il volto.

“Non andare…” Mormorò come se fosse l’eco di un tempo ormai passato.

La donna strinse i denti e scosse la testa. Una spada la sfiorò e lei la allontanò con un ringhio rabbioso, ma non lasciò il suo corpo, non si separò da lei.

Chiamò il suo nome e la giovane tornò a guardare lei.

“Tornerai da me?” Chiese dolcemente.

Una singola lacrima scese lungo la sua guancia e Lena sorrise perché era rossa, rossa come il suo incantesimo.

“Sempre.” Bisbigliò la giovane e poi posò le labbra sulle sue.

Un respiro, i suoi occhi si chiusero e lei mormorò il suo nome, finalmente: “Kara…”

 

 

 

 

Note: Questa storia è la prima di una serie di quattro one-shot create su un’idea di DarkJessy94, la sfida era usare lo stesso prompt per storie completamente diverse. Visto che il suggerimento era perfetto e l’ispirazione buona mi sono lanciata.

Grazie Jessica!! So che non era proprio quello che volevi, ma… è stato divertente!

 

La prima storia da il tono della raccolta oltre che il titolo. Non ci sarà molto da ridere, ma quando si gioca con la kryptonite rossa è difficile che sia altrimenti.

Spero che queste storie ambientate in mondi diversi, ma che vedono sempre come protagoniste le nostre SuperCorp, vi piaceranno.

Fateci sapere!

 

 

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Capitolo 2
*** Solo un’altra notte ***


Solo un’altra notte

 

Lena sorrise, mentre si passava le dita sulle labbra.

La notte passata che ritornava nella sua mente con vividi flash.

 

“Perché non avevo mai visto quanto fossi bella?”

Era arrossita nel sentire quelle parole e nel vedere gli occhi di Kara così intensamente fissi su di lei.

Aveva riso, distogliendo lo sguardo, cercando di non tradire l’emozione che quelle parole causavano.

“Forse dovremmo pensare a…”

Le mani della donna si erano posate sul suo viso. Le sue mani asciutte, forti e morbide le avevano fatto sollevare il mento. Era così vicina…

“Pensare? Perché dovremmo pensare quando abbiamo così tanto da fare?”

Non aveva mai sentito la voce della donna così bassa, così provocante.

“Kara… cosa stai facendo?”

Aveva chiesto.

 

Chiuse gli occhi questa volta cercando di ricordare esattamente l’espressione di Kara in quel momento, i suoi occhi su di lei, così…

 

“Non quello che sto facendo…” Aveva mormorato. “Quello che sto per fare.”

 

Lena si morse il labbro, mentre pensava a quel primo delicato bacio.

 

“Kara…”

Aveva il cuore che batteva troppo veloce e si era appoggiata a lei, incapace di reggersi sulle proprie gambe. Aveva visto il sorriso soddisfatto di Kara ed era rabbrividita di anticipazione.

“Sono qua.”

Aveva assicurato la giovane, poi in un solo gesto l’aveva sollevata e portata nella camera da letto.

 

Un’aria sognante sulle labbra, Lena ridacchiò, sentendosi scioccamente felice. Non credeva potesse mai succedere, ma era successo! Era successo e non solo nei suoi sogni!

Il telefono squillò e Lena, incapace di smettere di sorridere, sollevò il ricevitore.

“Miss Luthor, c’è Alex Danvers per lei.” Le comunicò Jess.

“Va bene… falla passare, grazie.” Posò il ricevitore, la fronte corrucciata. Cosa poteva mai voler dire quella visita fatta di persona? Doveva preoccuparsi?

La porta si aprì e Alex si fece avanti, il viso teso della donna non prometteva nulla di buono. Lena si alzò, preoccupata.

“Kara sta bene?” Chiese subito e Alex sospirò.

“Inutile tergiversare, crediamo che Kara sia stata contaminata.”

“Contaminata? Dov’è? Posso fare qualcosa? Ha bisogno della tuta…” Iniziò, facendo il giro della scrivania, pronta a lanciarsi in qualsiasi progetto servisse per salvare la ragazza.

È più complicato di così.” Mormorò Alex e si sedette con un sospiro. “Non sappiamo dove sia, sappiamo solo che è stata colpita da un frammento di kryptonite rossa e che non è tornata alla base, non sappiamo che intenzioni abbia, ma l’ultima volta non è stato piacevole.”

Kryptonite rossa…” Mormorò lei, Kara le aveva parlato di quella volta e lei aveva visto le immagini, anche se all’epoca abitava ancora a Metropolis, non era stato bello.

“Stiamo facendo del nostro meglio per rintracciarla, ma anche se la trovassimo il problema non cambia, quando è sotto l’effetto di quella kryptonite ragionarci è impossibile, fermarla molto difficile.”

“L’ultima volta è stata solo una questione di tempo, il suo organismo sollecitato dalla lotta ha espulso da solo la kryptonite.”

“Sì, ma si trattava di micro particelle inalate, questa volta è diverso, Brainy ha analizzato ogni fotogramma dei video sull’incidente e afferma che un minuscolo frammento si è infilato in uno dei suoi occhi. Non ha idea di cosa questo significhi, ma potrebbe rimanere lì fino a quando non lo estraiamo con la chirurgia o…”

Eve aprì la porta ed entrò nell’ufficio a passo di carica per poi bloccarsi di netto nel vedere Alex.

Eve, scusaci, ma in questo momento non posso…”

“Il nostro progetto… ehm… quello… è sparito!” Sbottò la donna, le guance rosse.

“Cosa?”

“Di cosa sta parlando?” Intervenne Alex, alzandosi di nuovo dalla sedia e guardando le due donne interrogativa.

“L’Harun-El.” Disse semplicemente Lena ignorando lo sguardo sbigottito di Eve. “Kara sa ogni cosa, do per scontato che lo sappia anche tu.” Alle sue parole Alex annuì e lei continuò. “Non può essere sparito, era custodito con un sistema criptato e biometrico, solo…” Si interruppe.

“Lena, stai bene?” Chiese Alex facendo un passo avanti nel vederla impallidire.

“Quando… quando è stata infettata Kara?” Avrebbe dovuto porre questa domanda prima, molto prima, ma era stata così distratta da non…

“Ieri sera.” Rispose Alex. “Credi che…” Si interruppe e guardò meglio Lena. “L’hai vista, ieri sera?” Domandò.

“Sì.” Lena si portò le mani al viso, incredula.

“Credi..?”

“Lei…” Prese un profondo respiro. “Deve aver aspettato che mi addormentassi e poi ha rubato i codici dalla mia cassaforte. Le mie impronte non saranno stati difficile da ottenere in casa mia, sfruttando la tecnologia del DEO al quale ha accesso.”

“Lena…” Alex esitò.

Eve, fammi avere i video di sorveglianza.”

“Sì.” La donna se ne andò quasi correndo mentre Alex scuoteva la testa.

“Mi dispiace, lei… non è  in sé, non farebbe mai nulla per ferirti.”

“Lo so.” Chiuse secca Lena e sapeva che era vero, Kara non le aveva fatto del male, si era solo presa quello che credeva fosse suo di diritto. “Dobbiamo scoprire se è davvero stata lei a prendere la pietra e cosa vuole farne.”

Alex sospirò poi annuì, aveva capito che Lena non aveva nessuna intenzione di parlare di quello che era successo la sera prima.

 

Il video scorreva davanti ai suoi occhi, Kara non aveva nemmeno provato a nascondersi e avrebbe potuto con la sua velocità, invece camminava per i corridoi con tranquillità, inserendo i codici e usando della tecnologia aliena per superare i sistemi di Lena. La ragazza sapeva che usando la sua forza avrebbe solo fatto partire il sistema di sicurezza che distruggeva l’Harun-El e le formule per replicarlo, era stata Lena stessa a dirglielo per rassicurarla sull’inviolabilità del suo sistema. Scosse la testa, sapeva che se fosse tornata a casa avrebbe trovato la propria cassaforte scardinata e i codici d’emergenza rubati.

Lena chiuse il computer con fastidio, malgrado tutte le sue precauzioni non si era aspettata un simile possibilità, era colpa sua se per Kara era stato così facile. Quella notte era stata così profondamente addormentata che rubarle le impronte doveva essere stato un gioco da ragazzi.

Cercò di concentrarsi su quello che davvero importava. Kara non era stata felice di saperla in possesso di quella pietra, ma non le aveva mai chiesto di restituirla o di consegnarla al DEO, era abbastanza intelligente da non farle scegliere tra la scienza e lei. Quindi era chiaro che non l’aveva presa con lo semplice scopo di sottraigliela, ma cosa avrebbe potuto fare con la pietra ora che ne era entrata in possesso?

 

Poco dopo Alex la contattò e lei si diresse al DEO per lavorare sulla stessa kryptonite che aveva creato in laboratorio mesi prima per salvare Sam e incarcerare Reign, ora la doveva preparare affinché servisse agli agenti a fermare Kara e ai medici a estrare il frammento dal suo occhio.

Cercò di non pensare a nulla, di concentrarsi solo sul suo lavoro e sono quando tornò da Alex con un prodotto finito comprese che era notte fonda.

“Vai a riposarti.” Suggerì Alex. “La troveremo.” Assicurò poi, prima che lei potesse obiettare. “Sarai la prima a saperlo.”

Lena annuì e tornò a casa, non vi era nulla che potesse fare a quel punto.

Era assurdo che solo quella mattina avesse lasciato l’appartamento baciando Kara, un sorriso sulle labbra, il cuore ricolmo di felicità e il corpo che ancora vibrava per la passione scaturita dai baci che Kara le aveva dato al suo risveglio.

Si infilò nella doccia e provò a scacciare i ricordi che ora erano solo più beffarde menzogne.

Quando rientrò nella sua camera avvolta nell’asciugamano percepì che non era sola. Si voltò, il cuore che batteva veloce, mentre riconosceva il profilo della donna nascosta nell’ombra.

“Vattene.” Disse, perché, malgrado la consapevolezza che la cosa migliore era trattenerla e avvisare Alex, voleva solo che la donna sparisse da davanti ai suoi occhi.

“Solo un’altra notte.” La voce era un respiro che accarezzava le sue labbra. Si era mossa così velocemente e ora era ad un solo soffio da lei.

“No.” Rispose, ignorando il rapido battito del proprio cuore a quell’improvvisa vicinanza, al suo profumo che ora l’avvolgeva, al calore del suo corpo che faceva vibrare la sua pelle.

“Solo un’altra notte…” Bisbigliò, mentre abbassava il viso e incontrava le sue labbra.

Lena la baciò perché non riuscì a farne a meno, poi si staccò da lei bruscamente.

“No!” Esigette, ma Kara scosse la testa e i suoi grandi occhi azzurri erano pieni di desiderio e di… dolcezza.

“Sto per andare via.” Mormorò e Lena comprese, finalmente, a cosa le servisse l’Harun-El. La donna se ne stava andando e aveva bisogno di una fonte di energia.

Il suo cuore sprofondò all’idea di non vederla mai più.

“Non lasciarmi partire senza un’ultima notte assieme. Abbiamo sprecato così tanto tempo.” La sua voce era solo un bisbiglio eppure era così vera, come i suoi occhi, come il suo sguardo. “Posso avere chi voglio, chiunque, ma voglio te… ancora una volta.”

La baciò di nuovo e Lena, questa volta, non riuscì, non volle, opporsi.

La sua bocca era fresca, la sua pelle era bollente. L’asciugamano cadde a terra, mentre le mani di Kara accarezzavano i suoi fianchi, con sorprendente delicatezza, fino a scendere sul suo sedere, dove si chiusero a coppa, sollevandola con estrema semplicità. La trasportò fino al letto dove la depose con attenzione, le labbra sempre incollate alle sue.

Lena si ritrovò a lottare con la tuta nera indossata dalla donna, la cerniera non era di fattura umana, ma la sua mente era troppo occupata per riflettere troppo a lungo su quel dettaglio. Quando ne venne a capo infilò le mani all’interno dell’indumento e con un solo movimento liberò le spalle della giovane.

Solo allora sciolse le loro bocche e baciò la pelle che aveva scoperto. La sua morbidezza e il suo profumo la inebriarono. Chiuse gli occhi, mentre Kara le mordeva il collo con dolcezza.

Li riaprì quando la donna si tirò indietro e iniziò a sfilarsi completamente la tuta, lo faceva con lentezza, osservando le sue reazioni, un sorriso che comparve nel vederla trattenere il respiro.

Lena si morse il labbro, poi, incapace di resistere, si sollevò sulle ginocchia e avvolse le braccia attorno al collo di Kara baciandola, gli occhi chiusi, il desiderio di rendere quel momento eterno.

Le mani di Kara tornarono su di lei ed entrambe ricaddero sul letto, i corpi ora nudi che premevano con desiderio uno contro l’altro.

Lena ansimò quando sentì la mano di Kara insinuarsi tra le sue gambe e, in un gesto spontaneo, si sistemò meglio, concedendo alla donna uno spazio maggiore.

Aprì la bocca per respirare quando la donna penetrò dentro di lei e un gemito di piacere sfuggì alle sue labbra. Ancora, urlava il suo corpo, mentre la sua mente cercava invano di ancorarla alla realtà, il piacere che lentamente aumentava.

“Kara!” Ansimò, fermandola. La donna la guardò perplessa. “È vero?” Chiese allora lei. “Questo? O è solo… la kryptonite?”

Le dita di Kara si mossero lentamente dentro di lei e lei ansimò piano, gli occhi aggrappati a quelli di Kara, temeva di apparire patetica ai suoi occhi, ma aveva bisogno di sapere.

“Ha importanza?” Chiese però l’aliena, il suo tono era duro, ma non freddo. Le sue dita non sembravano avere nessuna intenzione di ritrarsi, anzi continuavano a muoversi lentamente, come se volesse impedirle di gioire, ma al contempo mantenere alto il suo piacere.

“Sì.” Ammise lei.

“Anche adesso? Anche così?” Chiese la kryptoniana riferendosi chiaramente a quello che stavano facendo, poi, però, non la lasciò rispondere, invece incollò le loro bocche e aumentò improvvisamente il ritmo, facendola gemere sulle sue labbra.

Lena rovesciò la testa, mentre si lasciava andare nel piacere, furiosa con se stessa per aver ceduto e nel cedere, involontariamente, aver provato un piacere ancora maggiore.

“Kara…” Ansimò, ma la ragazza le appoggiò un dito sulle labbra.

Shhh” Disse e la baciò con desiderio.

Lena si lasciò andare di nuovo, facendo l’amore con lei e dandole il piacere che poco prima aveva ricevuto.

 

Ora sdraiata sul letto la osservava giacere accanto a lei. Le ricordava i dipinti rinascimentali, con Marte che dorme, nudo, dopo aver fatto l’amore con Venere, che ancora lo coccola e lo osserva. La guerra pacata dall’amore.

Ma chi era la guerra in quel letto?

Chiuse gli occhi mentre appoggiava un bacio sulle spalle nude di Kara.

“Mi dispiace.” Mormorò mentre spingeva la siringa di kryptonite nella sua pelle.

Kara le circondò il collo con la mano, ma non vi era forza nella sua stretta, malgrado ne avesse ancora abbastanza da spezzarglielo, e la rabbia che si aspettava nei suoi occhi era invece sorpresa.

“Mi hai tradita.” Comprese. “Mi fidavo di te.” Accusò e Lena sentì il suo cuore dolere.

“Ti toglieremo la kryptonite, starai bene.” Le assicurò cercando di ignorare quello sguardo ferito.

“Ti avrei portata con me…” Disse ancora lei, mentre il verde veleno si irradiava lungo la sua pelle. “Ti avrei consegnato l’universo…” Il suo capo si accasciò e i suoi occhi si chiusero.

Alex entrò nell’appartamento con un gruppo di agenti.

“Ha funzionato?” Chiese, cercando di ignorare il fatto che Lena fosse nuda e così sua sorella.

Ma Lena non la guardava, i suoi occhi erano fissi sul volto della giovane donna sul quale viso una singola lacrima stava tracciando una linea rossa sangue.

Estrasse la siringa e la gettò lontana dalla giovane, allontanando il venefico liquido che ancora conteneva.

“Mi dispiace.” Mormorò ancora posando un bacio sulla guancia della donna.

I medici sollevarono Kara e la sistemarono su di un lettino, avvolta nel lenzuolo di Lena che nel frattempo aveva indossato una vestaglia.

“Ci pensiamo noi a lei.” Assicurò Alex seguendo la sorella.

Lena, in silenzio, la lasciò andare via.

 

Era passata una settimana. Alex le aveva assicurato che Kara stava guarendo e che presto sarebbe stata in grado di riprendere la sua vita.

Lena osservava, senza vederlo, lo schermo del computer quando un piccolo tonfo dietro di lei le fece accelerare il cuore. Sperava che quell’incontro sarebbe stato rimandato ancora, ma era chiaro che Kara aveva deciso che era ora che loro due parlassero.

La donna entrò nell’ufficio indossando il costume da Supergirl, il suo volto era serio, teso.

Rimasero in silenzio entrambe per un lungo momento, poi Kara si schiarì la gola.

“Vorrei chiederti scusa e ringraziarti per quello che hai fatto.” Disse e il suo tono era terribilmente formale.

“Certo.” Si ritrovò a dire. Distolse lo sguardo cercando di non lasciare che le emozioni prendessero il sopravvento, sapeva che sarebbe successo, sapeva che quella singola lacrima era stato il segno che l’aveva persa, per sempre.

Kara annuì, fece qualche passo poi tornò a voltarsi.

“Quella notte è stata speciale per me, era speciale, sapevo di potermi fidare, sapevo che non mi avresti mai fatto del male...”

“Invece ti ho tradita.”

“So che ero pericolosa, ma non riesco a…”

“Perdonarmi.” Terminò per lei Lena. “Quella lacrima, quella che ti ha liberato dalla kryptonite, nel vederla ho capito. La persona che eri non avrebbe mai sprecato una lacrima se non fosse stato…”

“Vero.” Mormorò Kara. Dandole la risposta che aveva voluto quella notte, che aveva supplicato di avere. Ma ormai era tardi… troppo tardi.

Distolse lo sguardo dagli occhi pieni di lacrime dell’eroina di National City e tornò a guardare lo schermo del suo computer.

Il corpo caldo di Kara fu accanto al suo nello spazio di un respiro. Lena chiuse gli occhi mentre Kara posava un bacio sulle sue labbra.

“Mi dispiace.” Mormorò allora la kryptoniana, poi sparì com’era arrivata e Lena rimase sola.

 

 

 

 

Note: Se nella prima storia il mondo era fantasy, vi erano draghi, magia e cavalieri, questa volta siamo nella solita National City in una realtà solo leggermente diversa da quella che conosciamo.

Avrete ormai capito in linea generale qual è il prompt regalatomi da DarkJessy94, ma eccovi le sue testuali parole: “Però sarebbe bello se ci fosse un pezzo di kryptonite rossa nell'occhio che può andare via solo a causa di un pianto ahahah

Se la rideva lei… ma alla fine non fanno tanto ridere le storie saltate fuori! Ahahahahaha :-P

Ops

 

Importante, la frase che da il titolo alla storia e che dice Kara a Lena è tratta dalla serie “The Tunnel” la versione franco inglese, seconda stagione. Ho adorato quella scena, sapevo che prima o poi l’avrei usata per le SuperCorp ed ecco che è arrivata l’occasione giusta.

 

Spero che la storia vi sia piaciuta, anche se lascia un po’ l’amaro in bocca.

Fateci sapere!

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Fuga dal dolore ***


Fuga dal dolore

 

Kara passò la mano sul fianco della giovane con delicatezza, osservando con meraviglia il corpo di Lena.

“Sei bellissima.” Mormorò e arrossì quando Lena inclinò un poco la testa, un sorriso sulle labbra, gli occhi che brillavano.

“Ho sempre pensato che i Super non potessero arrossire.” La provocò con leggerezza e Kara arrossì ancora un poco. “Vieni qua…” Mormorò poi, attirandola tra le braccia. “Tu, sei bellissima.” Bisbigliò sulle sue labbra per poi baciarla con deliberata lentezza. Assaporando la sua bocca, il contatto delle loro lingue, i loro corpi nudi stretti uno all’altro.

Kara si separò con un sospiro soddisfatto e Lena sorrise di nuovo, giocando con uno dei boccoli biondi della giovane.

“Mio fratello vuole che vada a supervisionare le fabbriche di Metropolis.” Le disse.

“Di nuovo?!” Protestò lei.

“Credo abbia capito che qua a National City c’è qualcuno che mi piace… molto…” La smorfia di disappunto sul viso di Kara si trasformò in un sorriso che mostrava tutti i denti. Lena ridacchiò e posò un rapido bacio sulla sua bocca.

“Tornerai presto?” Chiese allora Kara.

“Non ci vorrà molto, prenderò un dirigibile della Luthor Corporation, abbiamo installato quei nuovi motori di cui ti parlavo, uno, massimo due giorni di volo, quattro per le incombenze a Metropolis e poi il volo di ritorno. Sarò a National City prima che tu abbia il tempo di sentire la mia mancanza.”

“Ma tu mi manchi appena te ne vai!” Insorse Kara.

Lena sorrise passando la mano sulle spalle della donna e accarezzandone la pelle morbida eppure così forte.

“Potresti venire a Metropolis…” Propose e il viso di Kara si incupì.

“Non posso… non ho più le libertà che avevo quando ero un cadetto o una recluta… mi dispiace.” Kara cercò disappunto nel suo sguardo, preoccupata.

“Ehi, non ti preoccupare, lo capisco. Il mantello rosso comporta onore, ma anche responsabilità.” Lena le prese il viso tra le mani e la baciò trattenendola qualche secondo più di prima, solo per rassicurarla.

“Ho paura che ti stuferai di nasconderti con me in questi…” Agitò la mano indicando la stanza scialba e vuota. “Tuguri, ho paura che l’eccitazione per il proibito ti venga a noia e…” Lena le posò un dito sulle labbra fermandola.

“Kara… ti amo. Non mi verrai mai a noia e, sì, vorrei che fosse diverso, vorrei poterti portare a cena, a teatro, presentarti ai miei amici, ma non importa, anche solo questi momenti rubati bastano.”

“Vorrei che ai Super fosse concesso amare chi desiderano.” Mormorò piano Kara, poi guardò Lena e scosse la testa. “Sono una sciocca, ho rovinato anche quel poco di tempo che abbiamo assieme.”

“Non rovini mai niente.” Di nuovo Lena sorrise e Kara si strinse a lei, affondando il viso nella sua spalla, inspirando il profumo dell’umana, ascoltando il calmo battito del suo cuore.

“Ti amo.” Mormorò e, anche se non poté vederlo, sentì il sorriso di Lena brillare sulle sue labbra.

 

***

“Kara!” Si voltò sorpresa di sentirsi chiamare e incontrò lo sguardo preoccupato e teso di Alex.

“La tua servitrice umana ti chiama per nome?” Chiese il comandante Non, suo zio, alzando un sopracciglio.

“Perdona l’errore, mia signora.” Si corresse subito Alex, ma Kara sapeva che se si era sbagliata era perché era molto più agitata di quanto lasciasse a vedere.

Chinò il capo in segno di perdono e poi chiese congedo dalla riunione. Uscì dalla stanza tallonata da Alex che sembrava aver dimenticato anche il protocollo di base e il passo di distanza che doveva osservare quando camminava accanto al suo Super.

Non appena furono sole in un angolo del giardino si fermò a guardarla.

“Alex, cosa succede? Vuoi farti riprendere dalla…”

“Il dirigibile che portava Lena a Metropolis sta avendo una grave avaria, temono che si schianterà.” Disse tutto d’un fiato la giovane e, prima che potesse dire altro, Kara si era già scagliata nel cielo.

Il suo cuore batteva veloce nel petto mentre tutti i suoi sensi si espandevano alla ricerca del dirigibile in pericolo, lo individuò, un secondo prima che prendesse fuoco. Come un fulmine attraversò lo spazio che la separava dal velivolo e si fiondò all’interno, lanciando lontano, nel cielo, ogni persona che trovava. Ovviamente Lena era accanto ai motori, l’elegante abito macchiato di grasso, il cappellino dimenticato a terra, il volto concentrato mentre, quasi bloccata nel tempo, dalla velocità di Kara, cercava di evitare il disastro. Kara la prese tra le braccia e la portò lontano dal dirigibile. Veloce scese a terra e la posò. Per un istante i loro occhi rimasero allacciati, Lena la guardò sorpresa, mentre Kara sorrideva.

“Va tutto bene…” Le mormorò, poi altri Super atterrarono accanto a lei, posando a terra gli umani che lei aveva allontanato dall’esplosione.

Zor-El.” La interpellò uno, identificando il simbolo sul suo petto. Kara fece un brusco passo indietro, lasciando andare Lena. “Questa non è la tua giurisdizione.”

Kara sbatté le palpebre cercando una giustificazione qualsiasi per la sua presenza in quel posto.

“Grazie per il vostro aiuto.” Intervenne Lena. Il Super chinò il capo verso di lei.

“Siamo qua per servire.” Rispose come voleva il rito. Lanciò a lei un altro sguardo, poi si voltò verso la sua squadra di reclute e ordinò di alzarsi in volo.

Kara spostò il peso da un piede all’altro.

“Vai.” Mormorò Lena, lanciandole appena uno sguardo.

“Non posso lasciarti qua…”

“Kara, non dovresti essere qui, si faranno ancora più domande se resti.” La voce di Lena era tesa. Si voltò verso gli spaventati passeggeri del dirigibile e iniziò a radunarli. Kara rimase ancora un istante indecisa, poi frustrata nel non poter, semplicemente, portare via Lena da lì, si alzò in volo e tornò a National City.

 

***

 

Kara camminava avanti e indietro nella stanza, agitata, frustrata, preoccupata. La porta si aprì e lei si precipitò sulla donna.

“Ero così preoccupata!” Esclamò catturando tra le braccia Lena e stringendola.

“Mi dispiace non averti potuto avvertire.” Affermò la donna lasciandosi avvolgere.

Kara si tirò indietro guardandola, passò le mani sul suo viso, come se temesse di vederla scomparire.

“Non dovevo lasciarti lì, da sola a…”

“Non ero sola e la conosci la politica dei Super: si aiuta in caso di pericolo di morte, ma poi…”

“Gli umani devo farcela da soli.” Concluse Kara.

Lena le accarezzò il volto.

“Non è stato così male, Lex ha mandato un altro dirigibile a prenderci, abbiamo solo dovuto aspettare.”

“Avrei voluto fare di più per te!”

“Sei venuta… ed è già più di quanto avresti dovuto fare.” Le disse Lena e sul volto ora vi era un’ombra di inquietudine.

“Alex mi ha detto che il tuo dirigibile stava avendo dei gravi problemi, non potevo rimanere lì ad aspettare che qualcun altro ti salvasse.” Protestò Kara.

“Dobbiamo fare attenzione… se ci scoprissero…” Lena rabbrividì e Kara la strinse a sé. Sapeva cosa sarebbe successo, sapeva che le avrebbero separate e non avrebbero potuto vedersi mai più. La politica era chiara, da entrambe le parti: nessun umano doveva intrattenere relazioni con un Super e nessun Super doveva intrattenere relazioni con un umano. Stavano infrangendo sia la legge degli umani che quella dei Super anche solo stringendosi tra le braccia in quel modo.

Rimasero in silenzio, perse entrambe in pensieri cupi. Sapevano cosa rischiavano, eppure non erano mai riuscite a fare a meno una dell’altra.

“Se ci separassero…” Lena doveva aver seguito il suo stesso filo di pensieri, ma Kara sollevò il suo mento e la guardò negli occhi.

“Non lo permetterò. Mai.” E le sue parole sembrarono pesanti, tanto che Lena rabbrividì di nuovo poi le accarezzò il viso, come a voler sciogliere la durezza così estranea nei suoi occhi.

“Fai l’amore con me.” Le mormorò e Kara la baciò, togliendole il respiro.

 

***

 

“Aprite la porta, polizia!” L’impetuoso bussare svegliò bruscamente Kara, Lena addormentata tra le sue braccia alzò la testa sorpresa, gli occhi sgranati.

“Vai!” Disse a Kara.

“Non posso lasciarti…”

“Non possono vederci assieme!” Sibilò Lena.

“Aprite o abbatteremo la porta!”

Lena si stava rivestendo in tutta fretta, ma lei stringeva i pugni, furiosa per quell’interruzione nel suo mondo, furiosa nel dover abbandonare Lena a chissà quale minaccia.

“Vai via!” Quasi supplicò la giovane e Kara stringendo i denti, sparì un secondo prima che la porta venisse abbattuta.

“Lena Luthor, la dichiaro in arresto.” Dichiarò il poliziotto, guardandosi attorno con bramosia, alla chiara ricerca della persona con cui lei doveva essere, visto l’insolito luogo in cui l’avevano scovata. “Siete sola?” Chiese allora l’uomo, mentre i suoi colleghi sciamavano nella stanza.

“Sì.” Dichiarò Lena, sistemandosi al meglio la camiciola. “Posso sapere di quale reato mi si accusa?”

“Furto di tecnologia.” Rispose l’uomo. “Forza, si volti.”

“Non credo ci sia bisogno delle manette.”

I poliziotti si agitarono nel vedere un Super comparire alla porta, il mantello rosso indicante il suo status che si agitava piano alle sue spalle.

“Questa è un’indagine umana…” Provò a dire il poliziotto incaricato dell’arresto, aveva perso gran parte della spavalderia.

“La tecnologia di cui miss Luthor è accusata di aver rubato, se leggo bene il verbale, è Super.” Precisò la donna, poi senza ulteriore indugio si fece avanti e prese Lena tra le braccia.

“Kara…” Bisbigliò Lena.

“Non permetterò loro di posare anche un solo dito su di te.” Rispose secca Kara, poi fece un cenno all’uomo. “Siamo qua per servire.” Disse ad alta voce poi spiccò il volo portandosi via Lena.

“Non avresti dovuto.”

“Ti porterò al commissariato, ma non prima che tu abbia contattato Lex e i tuoi avvocati. L’accusa è ridicola e falsa, tu puoi creare tutta la tecnologia che ti serve, non devi rubarla da noi.” Lena non poté fare a meno di sorridere a quelle parole, si appoggiò meglio contro la spalla della donna e chiuse gli occhi.

“Avrei voluto svegliarmi in un modo più tranquillo.” Ammise.

“Ieri sera è stato bellissimo.” Affermò allora Kara e Lena le diede un bacio sulla guancia.

“Grazie per non essere andata via.”

“Non permetterò a nessuno di separarci.” Assicurò, come spesso faceva, Kara.

 

***

 

“Due interi mesi!” Kara non vedeva Lena da sessanta giorni ed era al limite della sopportazione.

“La vedrai questa sera, è stata scarcerata per mancanza di prove da due giorni, ma, la mie fonti, mi assicurano che sarà presente anche lei alla Festa dell’Arrivo.”

“Lo so, ma questa sera è ancora troppo lontana!”

Alex scosse la testa, mentre la aiutava a togliersi il mantello.

“Se ti consola, la mia fonte, mi assicura che lei è frustrata quanto te dalla forzata lontananza.”

“Puoi dire Sam, sai? Anche se ‘la mia fonte’ fa più agente segreto.” Il sorriso divertito di Kara si ampliò quando vide Alex arrossire.

“Come…?”

“Una delle ultime volte che ci siamo viste Lena mi ha detto che Sam le ha raccontato tutto di come tu e lei… Ora che ci penso sono un po’ offesa che Sam abbia parlato con Lena, ma tu non abbia parlato con me.” Malgrado le sue parole il ghigno divertito non mostrava nessuna offesa. Alex era sempre più rossa.

“Non… te lo avrei detto quando ne fossi sicura…” Bofonchiò, ma vi era un sorriso sulle sue labbra.

“Ammettilo, ti piace fare l’agente segreto.” La incalzò Kara e Alex ridacchiò.

 

Lena era bellissima. Kara la guardò entrare al braccio del fratello e non poté più distogliere gli occhi da lei. L’abito bianco era decorato da fili di rame che disegnavano eleganti e delicati ingranaggi lungo parte del busto e sull’ampia gonna. Aveva i capelli raccolti in uno chignon e, al collo, portava un piccolo ciondolo: una pietra ingabbiata da oro rosso, bianco e giallo. Un simbolo del loro amore, un dono che Kara le aveva fatto molti anni prima e che Lena indossava spesso a discapito di oggetti più costosi ed elaborati.

Gli occhi della donna la trovarono subito nella folla e un sorriso felice adornò il suo viso. Il cuore di Kara fece una capriola di gioia e, come una calamita, si ritrovò a camminare verso di lei.

“Mia signora.” Alex le si parò davanti, uno sguardo allarmato negli occhi.

“Alex…” Kara si spostò un poco per vedere Lena che ora stava parlando con Sam.

“Lo so, lo so che volete vedervi, parlarvi, toccarvi, ma non davanti a tutta l’élite umana e Super!”

Kara lasciò cadere le spalle infastidita dalla verità contenuta nelle parole di Alex e lasciò che solo il suo sguardo raggiungesse Lena. Anche gli occhi della donna sembravano sconfitti nell’incontrare i suoi, ma contenevano anche una dolce promessa.

Lena danzò con molti uomini, Kara la osservava volteggiare con un misto di ammirazione, gelosia e frustrazione. Era terribilmente ingiusto.

Mentre affondava i denti in un delizioso dolcetto terrestre, unica fonte di consolazione dal non poter danzare con Lena, sentì una mano sfiorarle il braccio si voltò e incontrò gli occhi della donna che occupava i suoi pensieri.

“Perdonatemi.” Mormorò Lena, come se l’avesse urtata. Una volta ottenuta la sua attenzione puntò lo sguardo verso il giardino e poi sorrise, andandosene. Il cuore di Kara batteva veloce, mentre ricordava la prima volta in cui aveva baciato Lena. In quel giardino, a quella festa, molti anni prima di quel momento.

Attese qualche minuto poi si diresse con passo rapido verso i curati giardini che circondavano l’imponente edificio che ospitava la festa.

Sapeva dove andare, sapeva esattamente dove avrebbe trovato Lena. Camminò decisa, allontanandosi dagli ospiti e dalla musica, dalle luci e dalla confusione, fino ad arrivare alla statua con due Super, un uomo e una donna, che sorreggevano il mondo. Ricordava l’ilarità di Lena al riguardo, quella prima notte, le sue battute taglienti, i suoi occhi vivaci, erano solo ragazze e lei era di guardia, come recluta, neanche ancora cadetto, non poteva di certo far parte della festa…

Lena era lì, come molti anni prima, splendida nella luce soffusa della luna riflessa dagli intarsi di rosso metallo.

Non parlarono, ma le loro labbra si trovarono e con un bacio acceso dalla passione e dal desiderio lasciarono andare la tensione accumulata in quella lunga e forzata lontananza.

“Siamo folli!” Lena rise di gioia, baciandola ancora e Kara la imitò, perché era pazza sì e terribilmente innamorata.

 

***

 

“Kara, Kara!” Lena la stava chiamando, Kara cercò di scuotersi, ma vi era nebbia nella sua mente. “Svegliati!” Insistette Lena e il fatto che fosse terrorizzata sembrò riportare un po’ di lucidità al suo cervello.

“Cosa succede?” Chiese, cercando di alzarti.

“Ci hanno scoperte.” Scese, drastica, la sentenza della donna.

“No… io posso…” Solo allora sentì che bussavano alla porta.

“Hanno inondato la stanza di kryptonite verde, non riuscivo a svegliarti.”

“No, no, no!” Sentiva la disperazione prenderla.

“Kara, guardami!” Lena attirò il suo volto. “Entreranno e noi non possiamo farci nulla.” Dichiarò ed era mortalmente seria. “Sapevamo che poteva succedere, lo abbiamo sempre saputo.”

“Non lascerò che…” Kara cercò di scuotere la testa, non riusciva a sentire, non riusciva a pensare!

“Ascoltami molto bene.” Chiese Lena. “Voglio che tu ti arrenda.”

“No.”

“Sì, ti faranno del male se ti opponi, stanno usando la kryptonite, significa che ci saranno solo umani oltre quella porta e non avranno remore a farti del male, lo sai che non aspettano altro.”

“Non voglio…”

“Kara.”

Ci fu un tremendo colpo e la porta cedette. Lena non separò le mani dal suo volto.

“Ti amo, Kara, niente di quello che potranno farmi mi farà rimpiangere il tempo passato con te, non un bacio, non un sorriso, non un solo istante…” La strapparono dalle sue braccia con violenza.

“No!” Kara cercò di alzarsi in piedi, ma le sue gambe non vollero collaborare. Strinse i pugni.

“Prendetela.” Richiese una donna, chiaramente a capo del gruppo, un ghigno divertito sulle labbra.

“Kara, no!” Urlò Lena, anticipando quello che i soldati non avevano ancora capito, ma Kara non la ascoltò, racimolando tutte le sue forze sbatté lontano i due soldati che le si stavano avvicinando, poi si scagliò contro quelli che tenevano Lena.

“Sparatele.” Chiese allora l’ufficiale in comando.

“No!” Fu ancora Lena ad urlare. Prima non aveva opposto resistenza, ma ora colpì il soldato che aveva una mano sul suo braccio e si strappò dalla presa del secondo, raggiungendo Kara un istante prima che il colpo fosse esploso.

La giovane cadde a terra appena trattenuta dalle braccia di Lena.

Il suo respiro era un rantolo.

“Va tutto bene.” Mormorò Lena, stringendola. “Tutto bene.” Le sorrise mentre una lacrima le scivolava lungo il viso.

“Lena…” Chiamò Kara e lei appoggiò le labbra sulle sue.

Shhh. Andrà tutto bene.”

La giovane Luthor alzò la testa e guardò l’ufficiale in comando.

“Colonello Haley.” Disse come se il semplice leggere il cartellino sul suo petto fosse una minaccia. “Sapete chi sono, se questa donna non verrà curata immediatamente non importa in quale profondo buco lei deciderà di nascondersi, non ci sarà nulla che mi impedirà di trovarla.”

La donna alzò la testa in segno di sfida i loro occhi si incontrarono e si scontrarono, ma fu il colonello a cedere. Con un brusco cenno della testa acconsentì e diede rapidi ordini ai suoi soldati.

Kara fu portata via ormai svenuta e Lena la guardò sparire, consapevole che quella poteva essere l’ultima volta che posava lo sguardo su di lei.

 

***

 

Kara si ergeva nella piazza silenziosa, i Super erano immobili, gli occhi fissi su di lei. Il generale Zod fece un passo avanti e Astra posò la mano sulla sua spalla, staccandole il mantello.

Lo sguardo della donna era triste, ma sapeva che andava fatto, era stata una concessione permettere che fosse una sua parente ad eseguire quel disonorante rito.

Il mantello che portava con fierezza da un anno le fu tolto dalle spalle e fu consegnato al generale che, con un singolo violento gesto, lo strappò in due. Il suono del tessuto fu l’unico rumore nella piazza.

Kara non lasciò che neppure una lacrima solcasse il suo volto, invece rimase ferma, la mente lontana da quella piazza in cui si stava compiendo il peggior disonore per un Super.

“Kara Zor-El.” Pronunciò il generale Zod e come un sol uomo i Super si voltarono, dandole la schiena. L’uomo la guardò per un’ultima volta poi si voltò a sua volta.

Astra le consegnò un cristallo contenente il suo destino, il suo nuovo incarico, e poi, con uno sguardo triste, anche lei si voltò.

Era finita.

La piazza si vuotò, ma Kara rimase immobile al centro fino a quando Alex non venne a prenderla.

“Kara… dobbiamo andare.” Le disse con dolcezza e lei le annuì.

 

Sapeva dove sarebbe stata mandata, anche senza leggere il cristallo, vi era solo un luogo nel sistema solare che era occupato da soli kryptoniani: la Luna; lì sarebbe finita.

La piccola base lunare era usata come osservatorio e come luogo di sperimentazione, Lena aveva sempre sognato di andarci, ma per Kara era solo una prigione.

Osservò la Terra, un pallone verde-azzurro nel cielo, e sentì la solita intensa mancanza. Non aveva idea di dove fosse stata mandata Lena, Alex, prima di salutarla, impossibilitata a seguirla sulla Luna, le aveva detto che avrebbe indagato, ma in quanto disonorata non aveva diritto a niente che provenisse dalla Terra, neppure un messaggio. Ma, anche se avesse saputo, cosa cambiava?

Aveva giurato di non permettere a niente e nessuno di mettersi tra di loro ed ora vi erano l’intero spazio tra la Terra e la Luna a separale, oltre che due intere specie senzienti.

“Ehi, ti chiami Kara, non è vero?” Ruotò la testa verso il kryptoniano appena entrato e annuì. “Cuore spezzato?” Chiese lui, ma nel vederla alzarsi per andarsene alzò le mani. “Ehi, no, non volevo offenderti, mi chiamo Dax-Ur e volevo solo dirti che potrei avere qualcosa per te…”

“Ti ringrazio, ma non ho bisogno di nulla.”

“No?” Chiese lui. “Ti ho vista, sai, sei qui da una settimana e tutto quello che fai, oltre ai tuoi compiti, è guardare la Terra.”

“Mi dispiace, ma non ho proprio voglia di parlarne, credo che sia meglio se…”

L’uomo le tese un piccolo sacchetto e sorrise.

È solo una polvere rossa che abbiamo trovato sulla Luna, un meteorite caduto molti anni fa. Un respiro di quella polvere e ti sentirai subito meglio.”

“Non…” Kara guardò la mano tesa, poi scosse la testa. “Grazie, ma no.”

“Sai dove trovarmi se cambi idea.” L’uomo le fece l’occhiolino e se ne andò lasciandola di nuovo sola.

 

Gli occhi di Lena erano così pieni di tristezza. Kara tese la mano per raggiungerla, ma lo spazio tra loro cresceva e cresceva ancora, per quanto lei corresse non riusciva a raggiungere Lena, poi la donna urlò e Kara sentì il cuore esploderle nel petto.

Si svegliò tremando, le lacrime agli occhi, il terrore che non se ne andava.

Non era la prima volta che faceva quel sogno e, una parte di lei, sapeva che non voleva smettere di farlo, perché, per quanto fosse orribile, Lena era di nuovo lì, davanti a lei.

Passarono le settimane e poi i mesi, ma il dolore non accennava a diminuire, perché lei non voleva lasciarlo andare.

L’uomo che le aveva offerto la polvere rossa, Dax-Ur, sembrava conoscere tutti alla base, segno che era lì da molto tempo, Kara non gli aveva più parlato però, un giorno, dopo essersi svegliata da un incubo ed essere uscita dalla stanza in pieno orario notturno lo trovò che osservava la Terra.

“Brutti sogni?” Chiese Dax nel vederla arrivare. Kara annuì poi guardò meglio l’uomo e si chiese se non avessero più cose in comune di quello che credeva. “Sì, anche io sono stato esiliato qui per aver amato.”

Le sorrise, poi infilò la mano in tasca e ne estrasse un pacchetto, lo aprì, mettendo in mostra la sottile polvere rossa di cui le aveva parlato, per poi ispirarne un piccolo quantitativo. Chiuse gli occhi per alcuni secondi e quando li aprì vi era un sorriso divertito sulle sue labbra.

“Aiuta.” Le disse per poi mettere via il pacchetto.

Kara guardò il suo viso rilassato ora e si chiese se non fosse il caso di provare.

L’uomo osservò il dubbio nei suoi occhi e sorrise.

“Cosa vorrebbe lui? Vederti distrutta dal dolore?”

“Lei.” Lo corresse Kara. “Vorrebbe…” Ricordava le ultime parole di Lena, ‘andrà tutto bene’ aveva detto, ma non stava andando tutto bene.

Dax le tese il pacchetto e Kara ne prese un pizzico.

“Un bel respiro.” Suggerì l’uomo e Kara obbedì.

La sua mente si rilassò e per la prima volta da mesi si sentì forte, sicura, capace di ogni cosa. Era una bella sensazione. Sorrise.

“Oh, ma allora sai farlo.” Ironizzò Dax. “Se ne vorrai ancora sai dove trovarmi e, che sia chiaro, non voglio nulla in cambio.”

 

“La polvere non basta più!” Gli disse Kara, sentiva il dolore prendere di nuovo il sopravvento, non voleva sentirsi di nuovo come l’incapace che si era fatta portare via Lena. Voleva sentirsi bene, ma la polvere rossa sembrava non avere più effetto.

“Non devi esagerare, non so quale siano gli effetti di un quantitativo maggiore.” L’avvisò il kryptoniano.

“Per favore!” Nel vederla disperata Dax sospirò.

“Vedrò cosa posso fare…” Promise e due giorni dopo le consegnò un cristallo grande quanto un chicco di riso. “È un cristallo puro, non tagliato…”

“Come devo usarlo?” Chiese Kara, avida, la notte prima era stata svegliata di nuovo dall’incubo e non voleva più che accadesse, voleva pensare a Lena in un modo diverso, voleva ricordare i loro momenti migliori, non il terribile giorno in cui le era stata strappata via.

“Non sono sicuro che sia una buona idea.” Le disse, ma nel vedere il suo sguardo l’uomo cedette. “La persona che produce la polvere rossa dice che inserendo il cristallo nell’occhio… dovrebbe influenzare la chimica del tuo cervello in maniera permanente, ma non ha idea di quanto l’effetto possa essere forte.”

Kara non esitò neppure, con un singolo movimento spinse il granello rosso nel suo occhio.

Quando rialzò la testa vi era una smorfia sul suo volto.

“Perché abbiamo sempre pensato in piccolo?” Chiese a Dax che la guardava preoccupato. “Perché rimanere qua su questo stupido e grigio satellite?”

 

***

 

Kara tamburellò con noncuranza sul tavolo in mogano, incidendo nel legno piccoli solchi.

“Questo…” La donna alzò gli occhi dal dossier, fissandola. “Questo cambierebbe tutto.” Disse.

Lei non le rispose, invece sogghignò.

“Super.” E sputò il termine con disgusto. “Nei loro eleganti mantelli rossi nascondono solo debolezze e menzogne. Non sono dei, sono solo topi in fuga dalla nave che affondava.”

“Profughi di un pianeta lontano.” Ripeté la donna, tornando a guardare i fogli che aveva davanti. “Krypton.”

“Pubblicate la notizia.” Ordinò Kara alzandosi.

“Aspettate. Perché lo fate? Questo articolo causerà un incendio.”

“Miss Grant.” Pronunciò lei con un ghigno. “Lo faccio perché mi va.” Rispose, poi.

“Deve esserci un motivo.” Insistette la donna.

Kara la guardò con un brillio negli occhi, per la prima volta l’influente Cat Grant parve leggermente intimorita il che fece sorridere ancora di più la kryptoniana.

“Perché li voglio veder cadere dai loro piedistalli, voglio smascherare il loro inganno: non sono nulla, non valgono nulla.”

Cat la guardò per un lungo istante, poi annuì.

“Pubblicherò la notizia.” Promise.

“Non mi aspettavo nulla di diverso.” Affermò.

“Mi varrà un Pulitzer… mi ritengo in debito, se siete qui conoscete la mia influenza, quindi se mai avrete bisogno di qualcosa venite da me.”

Kara ghignò divertita all’idea di aver bisogno di un’umana, poi scomparve facendo svolazzare qualche foglio.

 

La notizia era sulla bocca di tutti, i presidenti, i primi ministri, i re, i sultani, i dittatori, ogni rappresentante del suo popolo chiedeva a gran voce la verità ai Super. Non erano dunque venuti per servire? Era vero che non erano altro che fuggiaschi tanto fortunati da trovare un pianeta da abitare? Non dovevano forse, loro, ringraziare gli umani per averli accolti, invece che essere gli umani a ringraziare ogni giorno per il loro arrivo? Non dovevano forse cambiare i rapporti di forza? Le concessioni economiche e politiche?

Kara scese delicatamente al centro della piazza che aveva visto la sua umiliazione ormai mesi prima, un sorriso sulle labbra.

Zor-El!” Urlò Non uscendo dall’edificio.

“Sì, zio?” Chiese lei, giocando con un boccolo biondo.

“Cosa hai fatto?”

“Ho detto la verità… non è forse quello che deve sempre fare un Super?”

“Perché, Kara?” Domandò Astra, sopraggiunta a sua volta. “Ci hai esposti ad un pericolo senza precedenti, non capisci? E solo per… vendetta?”

“Vendetta?” Chiese lei, divertita. “Non ho fatto altro che omaggiare i principi nei quali vi siete ammantati. Avete deciso che ero io quella imperfetta, ma, ora, ho mostrato al mondo che tutto ciò che siete voi è una menzogna.” Fece una pausa, notando con divertimento un gruppo di Super radunarsi attorno alla piazza. “Il che rende me, l’unica onesta.”

“Stai soffrendo, posso capirlo, ma questo non era il modo di…?”

“Tu, parli a me, di sofferenza?” Sbottò Kara. “Non sai nulla della sofferenza!”

“Catturatela!” Ordinò Non e le guardie la circondarono. Kara scoppiò a ridere mentre la portavano via, senza neanche che lei si opponesse.

“Non potete farmi nulla di peggio di quello che già mi avete fatto.” Disse, ridendo ancora.

 

***

 

“Kara…” Alex entrò nella cella con lo sguardo teso.

“Credevo che quello non fosse il modo giusto di chiamare la tua padrona.” Si mosse appena nell’ombra della sua prigione gli occhi che brillavano nel buio.

“Cosa ti è successo?”

“Cosa mi è successo?” Rispose Kara, facendo un passo in avanti guardandola dalle sbarre d’acciaio alieno, troppo forti per essere spezzate o piegate, persino da lei. “Mi è stato tolto la persona che più amavo al mondo!”

“E questa è la tua risposta?” Domandò Alex e il suo tono si era fatto duro. “Dax-Ur mi ha detto quello che hai fatto. Hai alterato la tua mente con della kryptonite rossa!”

“Non giudicare, non sai quello che provavo!”

“Certo che lo so! Chi credi che sia stata al fianco di Lena in tutti questi mesi?”

Kara strinse i denti guardando la donna con odio.

“Non ha importanza.” Disse, incrociando le braccia.

Alex non la ascoltò neppure.

“Sai come ha occupato lei il suo tempo? Tirando i fili che aveva tessuto in tutti questi anni. Amicizie, alleanze, favori, informazioni, ha raccolto un piccolo tesoro tra i Super e lo stava mettendo a frutto.”

Kara scosse la testa.

“Tenta di ritrovare la sua posizione tra gli umani, malgrado l’ignominia di aver amato una Super?” Chiese con sprezzante astio.

“Tentava di cambiare la legge. Tentava di cambiare il mondo anche solo di un poco, quel poco che bastava per concederle di amarti.”

“Non è possibile.”

“No, non lo è, ma Lena è una donna che non accetta la sconfitta e sono anni che preparava il momento il cui avrebbe dovuto tirare le file del suo lento e accurato lavorio.” Alex si avvicinò ancora alle sbarre e nei suoi occhi vi era tutto il rimprovero di una sorella maggiore e della delusione. “Mentre lei lottava per voi, tu rinunciavi.”

Kara sbatté i pugni contro il metallo, furiosa.

“Non ho mai rinunciato a lei! Non ho mai dimenticato, neppure per un istante.”

“Dillo a Lena.” Mormorò Alex. “Dillo a lei che a causa della tua brillante rivelazione si ritrova con un pugno di mosche, con nulla tra le mani. Tutto in fumo, il lavoro diplomatico, politico ed economico di anni evaporato con un solo titolo di giornale.”

“No!” Kara diede un altro pugno alle sbarre furibonda, ma Alex non cedette.

“L’ho trovata che piangeva disperata, tra le mani il CatJournal. Mi ha guardata e ha detto solo due parole. Le vuoi sapere?” Kara scuoteva la testa, ma Alex continuò, decisa, imperterrita. “Mi ha detto: l’ho persa.”

I pugni di Kara stringevano le sbarre con ferocia, ma il suo viso era attraversato dal dolore. Una lacrima rossa come il fuoco che bruciava dentro di lei scese lungo la sua guancia, una singola goccia cremisi cadde a terra e Kara si accasciò.

“Cosa ho fatto?” Chiese, orripilata dalle sue stesse azioni.

Alex le posò una mano sulla spalla.

“Piangeva.” Disse ancora, come a voler infierire, ma il suo tono era dolce adesso. “Piangeva, ma poi un’espressione nuova è brillata nei suoi occhi. Un nuovo piano, una nuova idea. Non smetterà mai di provare. Tu, cosa vuoi fare?”

Kara sollevò il viso, solcato di lacrime.

“Lotterò con lei.” Mormorò. “Lotterò per lei.”

 

 

 

 

Note: Terza storia della raccolta questa volta con in un mondo diverso da quello che conosciamo, dai toni steampunk che spero vi siano piaciuti. Mi rammarico per questo ritardo, non volevo darvi un finale senza speranza, ma non potevo neppure risolvere tutto con poche frasi, quindi eccovi ancora una volta un finale amaro con una punta di speranza, spero che non vi dispiaccia troppo.

Sempre i miei ringraziamenti e le vostre maledizioni a Jess a cui dovete la raccolta. ;-)

La prossima storia non tarderà, promesso!

Ciao ciao

 

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Capitolo 4
*** Una scheggia di rosso colore ***


Una scheggia di rosso colore

 

In un tempo non troppo lontano un bisbiglio giunse all’orecchio di tre perfide streghe: una fanciulla dal cuore d’oro avrebbe fatto tremare il loro trono.

Le tre megere non esitarono e un potente incantesimo fu scagliato: con oscuri mormorii crearono una scheggia di rosso colore, forte abbastanza da spegnere della giovane il cuore.

Ma l’Equilibrio assestò la bilancia e alla magia una postilla fu aggiunta: “ad una lacrima versata la maledizione finirà spezzata.”

 

Kara rigida nel suo elegante abito maschile osservava il cielo notturno.

“Devi dirglielo…” Bisbigliò la spada che portava al fianco.

“Zitta, Alex.”

“Devi dirle che suo fratello sta impazzendo.” Insistette imperterrita la spada.

“Un giorno ti farò fondere.” Replicò lei, posando la mano sull’elsa.

La spada tacque, ma Kara strinse l’elsa fino a farsi sbiancare le dita.

“So quello che prova per me.” Affermò con sicurezza. “Non mi lascerà.”

“Allora diglielo.”

Kara ruotò su se stessa facendo ondeggiare il rosso mantello che la proteggeva dal freddo notturno.

“Lo farò, ma non perché l’hai suggerito tu.”

Si mosse per i corridoi del castello con passo sicuro fino a quando non raggiunse la stanza in cui soggiornava la sua ospite.

Il suo viso si irrigidì, mentre bussava.

“Kara.” Il sorriso sulle labbra di Lena fece ammorbidire il suo sguardo.

“C’è una cosa che vorrei mostrarti.” Disse.

“È notte fonda.” Le fece notare la donna.

“Ne sono consapevole, osservavo le stelle prima di venire da te.”

Negli occhi indefinibilmente azzurri o verdi di Lena brillò una luce divertita.

“Avremmo potuto farlo assieme.” Fece notare.

“Dovevi riposare, eri stanca.”

“Mi hai fatto ballare tutta la sera.” Il sorriso di Lena si ingrandì ancora e Kara se ne compiacque.

“Questo, però, non può aspettare.” Ricordò a se stessa e alla donna.

“Molto bene.” Lena uscì dalla stanza e la guardò interrogativa.

“Seguimi.” Chiese lei, ma, come era ormai abitudine attese che la donna fosse al suo fianco prima di incamminarsi.

Camminarono lungo i silenziosi corridoi fino all’ala Ovest, lì dove vi erano le sue stanze.

Kara lanciò uno sguardo alla donna che la accompagnava. Era degna di lei: bella, sicura, intelligente.

Non doveva temere nulla. Si bloccò: lei non temeva nulla! Di certo non che Lena decidesse di andarsene. Non poteva, aveva promesso e poi, ne era sicura, Lena l’amava.

Aprì la porta e indicò l’ampio salotto, invitando la donna ad entrare.

Per la prima volta la giovane la guardò perplessa.

“Cosa volevi mostrarmi?” Chiese. Non aveva paura, non di lei, non ne aveva mai avuta. Eppure vi era della tensione nei suoi occhi, non sapeva cosa aspettarsi.

“Una lettera.” Prese il documento dalla sua scrivania e la strinse tra le mani. “Proviene dalle terre dei Luthor.”

“La mia famiglia…”

“Tuo fratello.” Precisò lei e vide la preoccupazione balenare negli occhi di Lena.

Per lui era lì, per pagare il prezzo della sua sfida. Una vita per una vita. Lena si era offerta di pagare il suo debito e Kara, per gioco, aveva deciso di accettare lo scambio.

Tese la lettera alla donna che l’aprì con trepidazione. Kara osservò la sua espressione di paura trovare conferma in ogni parola, vide i suoi occhi concentrarsi e il suo viso impallidire.

Quando ebbe finito di leggere Lena era calma. Alzò gli occhi su di lei e le consegnò la lettera.

Kara la guardò.

“Tuo fratello sta impazzendo.” Riassunse.

“Se potessi mandargli una lettera, assicurargli che non mi fai del male che…” Si interruppe.

“Sarebbe inutile.” Rimarcò lei.

“Penserebbe che si tratti di un inganno.” Comprese Lena. Ruotò lo sguardo e i suoi occhi caddero sul dipinto che molti anni prima era stato fatto a Kara, un sorriso dolce adornava il suo viso.

“Volevo che lo sapessi, ma non c’è nulla che tu possa fare.” Chiuse la questione Kara. “Ora puoi tornare a dormire.”

La spada si agitò al suo fianco e Kara vi appoggiò la mano sopra, infastidita.

“Io…” Lena esitò ed era strano in lei.

“Non c’è nulla che tu possa fare.” Ripeté.

Lena annuì. Insieme uscirono dalla stanza e Kara la accompagnò di nuovo nella sua camera.

“Buona notte.” Disse per poi voltarsi.

“Kara.” La chiamò la donna. “Perché me lo hai detto se non posso farci nulla, se non hai una soluzione per me?”

“Perché era giusto che tu sapessi.” Ripeté decisa, poi ruotò su se stessa e si allontanò.

 

Al sicuro nella sua stanza fissava il soffitto, mentre l’alba iniziava a rischiarare il cielo.

“Temi di non trovarla a colazione? Temi che sia fuggita?”

“Lo ha fatto una volta, non è finita bene per lei.”

“Se ricordo bene non è finita bene per te. Quella volta è tornata indietro per aiutarti, anche se non meritavi un’oncia della sua compassione.” Sibilò la spada. “Ma questa volta…” Kara lanciò la spada nell’armadio udendo con soddisfazione l’acciaio sbattere contro il legno.

Furiosa si alzò dal letto e cambiò gli abiti che la sera prima non si era nemmeno sprecata di togliere, poi si osservò allo specchio osservando i suoi lineamenti delicati, i suoi occhi azzurri, sicuri e fermi. Non avrebbe esitato. Alex poteva dire quello che voleva, lei sapeva che Lena non l’avrebbe mai abbandonata.

Scese la scale con deliberata lentezza ed entrò nella sala da pranzo con altrettanta tranquillità.

Lena era lì, seduta al tavolo, la tazza fumante tra le mani, ma gli occhi persi a fissare qualcosa troppo lontano per essere visto.

“Buongiorno.” Disse e la donna sobbalzò.

“Buongiorno.” Rispose poi, solo l’ombra di un sorriso sulle sue labbra.

“Non hai dormito.” Comprese al volo lei. “Devi dormire.” Affermò.

“Dopo quello che mi hai fatto leggere? Come potevo dormire?” Chiese. “Ma certo, tu non puoi capire.”

Il suo tono la fece arrabbiare, come all’inizio, quando spaccava ogni cosa perché Lena la indisponeva, perché non obbediva, perché era sarcastica e pungente.

“Anche io ho una sorella.” Precisò lei e in un gesto automatico appoggiò la mano all’elsa, ma la spada era di sopra, nel suo armadio.

Lena scosse la testa, come se non valesse nemmeno la pena provare a spiegare un concetto così alieno come…

“Mangiamo.” Chiuse la discussione Kara e la servitù, precisa come sempre e attenta ad ogni suo desiderio, entrò con la colazione.

Dopo passeggiarono nelle serre, ma Lena era distante, pensierosa, chiusa. Non sembrava altro che un’ombra della donna che era stata nelle ultime settimane.

“Non avrei dovuto dirtelo.” Sbottò lei, infastidita.

“Questa è la tua sola remora?” Chiese Lena e lei la guardò sorpresa di vedere la rabbia sul suo volto.

Non le rispose, invece continuò a camminare.

“Credevo che tu fossi cambiata, credevo di poter vedere in te un briciolo della donna che ho visto nel dipinto, la donna che ho deciso di salvare quella notte, nella neve, la donna che mi ha regalato la sua biblioteca, la donna con cui ho ballato, nei cui occhi ho pensato di intravvedere…” Scosse la testa. “Ma mi sbagliavo.”

La fissò e nei suoi occhi vi era una singola lacrima che le scivolò lungo il viso.

Kara la osservò perplessa.

“Non sarò mai più la ragazza nel dipinto.”

“L’ho capito ieri notte e pensare che…” Di nuovo si interruppe, un’altra lacrima scivolò lungo il suo viso. Kara ne osservò affascinata il tragitto lungo la guancia e questa voltò sollevò la mano per raccoglierla.

Lena quasi sussultò al suo tocco, ma non si sottrasse.

“Non ho mai capito il pianto.” Affermò.

“Lo so.” Bisbigliò Lena, i suoi occhi corsero alle sue labbra, un istante, poi si voltò e andò via.

Kara rimase sola nel giardino.

“Non capisco le lacrime.” Disse aspettando la risposta di Alex, un commento, una delle sue frasi taglienti, ma ci fu solo silenzio, la sua fedele spada non era al suo fianco.

 

La luna sorse ad illuminare il castello e Kara che osservava i proprio occhi su di un volto che era il suo, ma non riconosceva. Il dipinto era una verità di un tempo ormai passato, una verità che non riconosceva più come propria.

“Ero debole, fragile, patetica, non lo sono più, ora sono forte, determinata, ammirata.”

“Eppure non riesci a farti amare.”

“Dovevo lasciarti nell’armadio.” Si lamentò, ma era confortante il peso della spada al suo fianco, non che lei avesse bisogno di qualcosa come il conforto.

“Vuoi che ti ami, significa che dopo tutto un cuore ce l’hai ancora.” Non si lasciò zittire Alex.

“Lo sai che ce l’ho.” Replicò lei. “Altrimenti non…”

“Altrimenti non ti saresti innamorata di lei?” Provò Alex e lei non ribatté questa volta. “Perché non le dimostri il tuo amore?”

“Come? Le ho dato tutto quello che voleva, il mio castello è a sua disposizione, ogni cosa che…”

“Lasciala andare.” La interruppe Alex.

“Mai!” Si infuriò lei. “Lei ha promesso di rimanere qua, con me, per sempre!”

“Ma tu puoi scioglierla da quella promessa.” Kara scosse la testa a quelle parole.

“Non se ne andrebbe.”

“Se ne sei così sicura, allora lasciala andare.”

 

Trovò Lena appoggiata al parapetto del balcone gli occhi persi lontano.

Lì avevano danzato qualche notte prima. Tutto era stato perfetto mentre erano una nelle braccia dell’altra.

“So cosa significa perdere tutto.” Disse e Lena si voltò a guardarla, il suo viso era stanco.

“Conosco la tua storia.” Mormorò la donna, tornando a guardare il cielo. La sua storia era stata la sua unica richiesta di fronte allo scambio. “Sona stata abbastanza sciocca da credere di poter spezzare la maledizione e…”

“Puoi andare.” Le parole sfuggirono dalle sue labbra, ma nel dirle lei si irrigidì. Non aveva importanza, nulla ne aveva, se voleva andarsene che andasse, avrebbe trovato di meglio, avrebbe trovato qualcuno che la amasse esattamente per quello che era. Lena non era nulla. Se se ne andava allora non era niente.

“Aspetta, cosa?”

“Vai.” Disse fredda.

“Non stai…”

“Sto dicendo che puoi andare, vai, ti sciolgo dalla promessa, vuoi salvare tuo fratello? Salvalo.”

“Io… grazie! Non pensavo, ma…”

“E non tornare mai più.” Le sue parole bloccarono il sorriso sulle labbra di Lena.

“Kara…”

“Vattene, se è quello che vuoi davvero.” Ruotò su se stessa e se ne andò abbandonando il balcone e la notte stellata. Lasciando Lena alla sua decisione.

 

Sola nella sua stanza camminava avanti e indietro.

“Non se ne andrà.” Mormorò piano. Ricordò la musica, le dita di Lena appoggiate sulle sue spalle mentre volteggiavano, ricordò i pomeriggi passati a leggere, una accanto all’altra, gli occhi di Lena che cercavano i suoi oltre le pagine, ricordò le ore passate a cavalcare e i lunghi momenti dedicati alle migliorie dei suoi feudi. “Non se ne andrà. Sceglierà me.”

Quando bussarono alla sua porta aprì con sicura arroganza e rimase sorpresa nel vedere Lena vestita con abiti semplici, un mantello verde drappeggiato sulle spalle.

“Dunque hai deciso.” Comprese e sentì la rabbia scaldarle il cuore.

“Non puoi chiedermi di scegliere…” Spiegò la donna e il suo viso era fermo, serio. “Ma se tu…”

Kara fece un passo indietro, scomparendo nel buio della sua stanza. Lena esitò, ma poi fece un passo avanti, lasciandosi a sua volta avvolgere dall’oscurità.

“Puoi andare.” Non si sarebbe rimangiata la parola, lei.

“Vieni con me.” Mormorò allora Lena gli occhi che non si separavano dai suoi, come se cercasse qualcosa in lei, come se scavasse nel suo animo.

“Perché dovrei abbandonare il mio castello per…”

“Per me.” Era vicina ora, in qualche modo si era avvicinata a lei mentre parlavano, così vicina che i respiri si mescolavano. “Per me…” Mormorò ancora.

“Arrogante da parte tua credere che mi importi di te.” Sbottò Kara e Lena annuì piano facendo un passo indietro. Rimasero in silenzio, poi, forse, la donna lesse qualcosa nel suo sguardo, perché per la prima volta da quando era arrivata abbassò gli occhi.

“Mi dispiace.” Ammise e la sua sembrava una sconfitta.

Kara strinse i pugni.

“Puoi andare, vai. Sei libera.”

Lena non si mosse, semplicemente la guardò mentre lei la fissava.

“Non tornare.” Le ricordò ancora.

Questa volta Lena annuì, si voltò e andò via. Kara ascoltò i passi della donna risuonare sulle scale, attese un lungo momento, poi presa da un desiderio irrefrenabile corse sulle mura del castello per guardarla un’ultima volta.

Ed eccola lì in groppa ad un cavallo che si allontanava i capelli scuri che le si agitavano sulle spalle.

“Se n’è andata.” Comprese.

“Lasciarla andare era la cosa giusta da fare.” Mormorò Alex al suo fianco. “Forse, in te, c’è davvero ancora un cuore.”

Kara non si mosse, mentre guardava Lena sparire nella foresta. Sbatté gli occhi e, sorpresa, alzò la mano alla guancia.

Una singola lacrima cremisi macchiò le sue dita.

Con un ansimo sorpreso si ritrovò a piegarsi sulle ginocchia, mentre tutto il dolore che avevano causato la sua arroganza e la sua indifferenza ricadevano su di lei. Una mano gentile, calda, rassicurante, anche se un po’ tremante, si appoggiò alla sua spalla.

“Kara…” Mormorò la voce ed era diversa da quella che aveva ascoltato per anni, diversa eppure così simile. Ruotò la testa e osservò la donna che aveva chiamato sorella.

“Alex?” Chiese, incredula malgrado l’evidenza.

“Hai spezzato la maledizione!” Esclamò lei, mentre lacrime di gioia scendevano lungo le sue guance.

“Fa male…” Si lamentò, stringendosi il petto, ma era un dolore ben diverso da quello fisico quello che stava provando.

“Lo so.” Alex la avvolse tra le braccia, lacrime che scivolavano sul suo sorriso. “Lo so.” Mormorò ancora. “Ma, ora, andrà tutto bene.”

Kara alzò lo sguardo e guardò verso l’orizzonte, verso Lena che ormai era un puntino lontano.

“È andata via…” Bisbigliò sentendo altre lacrime sgorgare dai suoi occhi.

“Tornerà.” Assicurò Alex con un sorriso.

“Le ho detto di non tornare, non sa che sono cambiata, non sa che…”

“Ora dobbiamo affrontare un problema che per troppo tempo abbiamo ignorato: Reign e le streghe che l’hanno creata, vanno fermate.”

Kara si aggrappò al balcone e osservò la nube che oscurava il Nord, le terre infestate dalla terribile Reign poi ruotò lo sguardo verso Sud e le terre degli uomini, dove Lena stava cavalcando.

“Tornerà.” Affermò di nuovo Alex e la sua mano si strinse di nuovo sulla sua spalla. “Tornerà e tu sarai la donna che ha sempre voluto conoscere.”

 

***

 

Lena aprì gli occhi, svegliata dai tuoni. Si alzò dal letto e guardò dalla finestra, lontano, oltre le foreste, su tra i monti a Nord la tempesta infuriava, così violenta da risuonare fino alle sue orecchie.

Tornò nel letto e cercò di riaddormentarsi, ma c’era qualcosa che la tormentava.

Un viso delicato che incorniciava occhi azzurri pieni di dolcezza le balenò alla mente e lei sbuffò infastidita.

Le aveva detto di non tornare e di certo sarebbe stato da pazzi volerla vedere ancora, desiderare che i suoi occhi si posassero di nuovo su di lei. Doveva smetterla, la sua era stata una fantasia, generata da un dipinto fatto da un artista particolarmente dotato. Kara Zor-El non avrebbe mai più sorriso in quel modo.

Un fulmine brillò nel cielo e un istante dopo un terribile rumore sconquassò il cielo. Qualsiasi fosse l’origine di quella tempesta era contenta di non esserne vicina. Chiuse gli occhi e lasciò che il sonno tornasse.

Il mattino dopo, mentre faceva colazione con Lex arrivò un servitore trafelato.

“Mio signore, mia signora, notizie dal Nord. Le streghe sono state sconfitte, si dice che Reign stessa sia caduta.”

“Non dobbiamo più temere la terribile giustizia di quella pazza?” Chiese sollevato Lex. “Niente più tasse al Nord! Niente più violenza incontrollata, questa è la migliore notizia dell’anno.” Sorrise e si voltò a guardarla. “Dopo il tuo ritorno a casa sana e salva.” Un brillio di paura passò nei suoi occhi e Lena rabbrividì ricordando come l’aveva trovato, febbricitante e quasi folle, mentre studiava mappe e creava armi per attaccare il castello degli El e liberare sua sorella, uccidendo l’arrogante Zor-El.

“Sappiamo a chi dobbiamo questa grande impresa?” Domandò l’uomo al servitore che fece ruotare gli occhi verso Lena, preoccupato.

“Dicono… dicono che sia stata Lady Zor-El.” Affermò. “Le voci raccontano di un’epica battaglia in cui entrambe le donne sono uscite sconfitte.”

“No…” Lena si alzò in piedi. “Non è possibile, Kara non aveva nessun interesse a scontrarsi con Reign.”

“Così dicono le voci, mia signora.” Il servitore piegò il capo e Lex lo congedò.

Lena si sedette di nuovo, la mente persa nei pensieri.

“Lena…” Mormorò suo fratello. “Devi dimenticare quel brutto momento della tua vita, lei non può più farti male.”

“Non me ne ha mai fatto.” Replicò lei. “Avrebbe potuto… ma…” Si interruppe e guardò Lex. “Devo tornare da lei.” Si alzò e questa volta corse in camera sua, preparando il necessario per il viaggio.

“Lena, non puoi!”

“Posso e lo farò.” Prese le mani del fratello che l’aveva seguita e le strinse. “Lex, devo assicurarmi che stia bene, poi tornerò a casa.”

“Se credi di doverle qualcosa ti sbagli! Le hai dato un anno della tua vita ed è già stato troppo.”

“Lo devo a me, non a lei.” Spiegò nell’unico modo che poteva. Lex la guardò ancora per un lungo istante, poi annuì e lei gli sorrise. “Andrà tutto bene.”

 

Mentre cavalcava nella foresta ripensò a quello che aveva detto al fratello, alla tempesta delle notti precedenti, alle parole del servitore. Cosa avrebbe fatto se il castello verso cui stava cavalcando fosse stato vuoto? E se Kara fosse stata presente? Cosa avrebbe detto nel rivederla dopo che le aveva detto di non presentarsi mai più?

La sua mente era piena di dubbi, eppure doveva sapere, doveva vedere con i suoi occhi che Kara stava bene.

Le eleganti porte si aprirono per lei che cavalcò fino alle stalle, prima che potesse interrogare uno stalliere, però, una donna di fece avanti. Era severa nei suoi abiti neri, i capelli castano rossi tagliati corti e la postura dritta e rigida.

“Devo parlare con Lady Zor-El.” Disse, mentre con un brivido si chiedeva se non era stata sostituita, così in fretta, da quella donna.

“Lei…” La giovane abbassò il capo e fu con paura molto più intensa che Lena fece un passo avanti, una paura che in un certo senso la sorprese. “Dovete vedere con i vostri stessi occhi.” Concluse lei e poi la guidò lungo i corridoi e le scale fino all’ala Ovest. Lena si guardò attorno sorpresa, vi erano molte più persone al castello e poche indossavano la livrea con la S degli El. Poteva sentire bambini ridere, vedeva ragazzi rincorrersi per i corridoi e nell’aria vi era profumo di cibo. La severa e rigida etichetta a cui era abituata sembrava essere scomparsa. Improvvisamente ebbe ancora più paura. Kara non avrebbe mai tollerato nulla del genere nel suo palazzo.

La donna aprì la porta e le indicò di entrare, con timore Lena si ritrovò ancora una volta in quelle stanze che per mesi aveva abitato con lei… con la sua carceriera che, per qualche motivo, aveva imparato ad…

Interruppe il corso dei suoi pensieri impedendosi di concludere la frase eppure, i suoi occhi, traditori, corsero al dipinto che tanto spesso aveva guardato interrogandosi su quale donna sarebbe stata Kara senza il peso della maledizione.

“Da questa parte.” La giovane aprì la porta della camera da letto e Lena vi entrò silenziosamente. Nell’ampio letto a baldacchino giaceva Kara. Il suo viso era pallido, ma segnato da lividi scuri, un taglio spariva tra i capelli biondi e il suo respiro era debole.

Lena si avvicinò, il cuore che batteva veloce, poi gli occhi di Kara si aprirono e la giovane la guardò per un lungo istante.

“Sei… tornata…” Mormorò con voce roca e debole.

“Sì.” Lena si inginocchiò accanto al letto. Negli occhi di Kara vi era qualcosa di diverso, qualcosa che riconosceva eppure…

Una lacrima sgorgò dagli occhi azzurri della giovane mentre un sorriso riapriva una ferita al labbro, senza che Kara sembrasse accorgersene.

“Sei tornata.” Ripeté piano.

Lena ruotò lo sguardo verso la donna che silenziosa aspettava vicino alla porta, poi tornò a guardare Kara.

“Cosa ti hanno fatto?” Chiese piano, alzò la mano e sfiorò il viso di Kara martoriato.

“Oh… Reign non era molto contenta di scoprire che non poteva più fare la prepotente.”

“No…” Lena scosse la testa, non parlava dei lividi, delle ferite. “Chi ti ha… cambiato?” Ripeté e Kara la guardò per un lungo momento, un sorriso timido sulle labbra, gli occhi pieni di lacrime.

“Tu.” Mormorò.

“Io?” Chiese. Non capiva, non poteva essere… lei…

“Ho capito cosa volesse dire piangere quando ti ho visto andare via.” Ammise. “Perché, io… ti amavo anche nella mia freddezza, alterigia, arroganza... io ti amo.” Mormorò Kara e la sua debolezza fisica sembrò solo rendere più forti le sue parole.

Lena sfiorò quel volto cercando negli occhi di Kara la donna di cui, ora poteva ammetterlo, si era, contro ogni previsione, contro ogni logica, innamorata.

“Sì?” Chiese piano.

“Sì.” Confermò Kara. “Ma posso capire che per te sia diverso… solo vorrei che tu mi dessi la possibilità di…” Lena si era sollevata e ora era piegata su di lei, un ampio sorriso sulle labbra.

“Ho sempre visto te, dentro di lei.” Ammise.

Lena guardò la donna di cui aveva visto il lato peggiore e sorrise, avrebbe amato scoprire come poteva essere dolce il suo cuore. Chiuse gli occhi e depose un delicato bacio su quelle labbra che non aveva mai osato baciare.

 

 

 

Note: Finalmente il lieto fine che chiude la raccolta.

Spero che vi sia piaciuta l’idea quanto è piaciuta a me, anche se poi ci ho messo mesi e mesi a condividerla con voi… ;-)

 

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