Things my father said

di Luchawww
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 

Mentre tornavo dalla carrozza dei Capiscuola, mi girai e rigirai nervosamente tra mani la spilla di metallo color bronzo con la grossa “C” incisa.
L’avevo tenuta in tasca per tutto il tempo, fin da quando era stata recapitata a casa insieme alla consueta lettera, la lista dei libri e le raccomandazioni a trascorrere il settimo ed ultimo anno ad Hogwarts con impegno e diligenza, vista l’imminenza degli ultimi e decisivi esami, i M.A.G.O. Ovviamente non mi ero sognata di appuntarmela subito addosso, come aveva orgoliosamente suggerito mia madre. Sarebbe stato un suicidio sociale, vista già la nomea di secchiona che mi era stata affibbiata da mio fratello e dai miei cugini; anche se tutto sommato quest’ultimi avevano preso la cosa piuttosto alla leggera (una convintissima indifferenza da parte di Hugo, dei vaghi complimenti da parte di Albus, Lily e Dominique e delle frecciatine da James, Fred e Roxanne e il padre di quest’ultimi, accompagnate da discorsi poco lodevoli su quanto assomigliassi terribilmente a mia madre e, ancor peggio, a mio zio Percy). L’unica differenza tra me, mia madre (ed eventualmente lo zio Percy) era che io non avevo mai amato pavoneggiarmi dei miei successi scolastici e non ritenevo che questi dovessero essere considerati qualitativamente diversi da quelli che, per esempio, Albus otteneva nel Quidditch; anzi, a dirla tutta, a volte avrei dato volentieri un braccio per poter passare almeno un anno inosservata e libera dalle alte aspettative che ormai tutti quanti avevano su di me.
Mi morsi il labbro e mi appuntai di controvoglia la spilla sul mantello scuro della divisa, cercando di mimetizzarla inutilmente tra la lunga massa di capelli rossi che mi ricadeva fino al seno.
Avrei dovuto fare un giro di controllo sul treno, come mi era stato detto, per incitare i più scalmanati a darsi una tregua, ma proseguii ignorando le fatture che mi volavano sopra la testa e i forti starnazzi di qualche Detonatore Abbindolante che due Serpeverde del terzo anno si erano lasciati sfuggire ‘casualmente’ dalle mani.
«Ah, Rose, sei qua! Ti stavo cercando.»
Albus mi si parò davanti all’improvviso, spuntando dallo scompartimento alla mia destra.
«Ero… di là.» buttai lì, guardando altrove.
Albus mi rivolse un’occhiata comprensiva.
«Hai visto Scorpius?» chiese con aria di chi vuole cambiare velocemente discorso.
Assurdo ma vero, infatti, Albus aveva stretto un profondo legame con il giovane Malfoy, checchè ne sospettassero gli altri o ne mettesse in discussione la passata e profonda inimicizia tra i loro padri. Sebbene Albus fosse stato alla fine reputato ‘uomo di coraggio e di valore’ e quindi smistato a Grifondoro, egli non sdegnava la compagnia del biondo Serpeverde, la cui casa era comunque stata rivalutata negli ultimi anni dopo la caduta del Mago Oscuro che ne aveva, in passato tanto orgogliosamente rivendicato l’appartenenza. Malfoy junior, comunque, era molto diverso dal padre: era un ragazzo piuttosto silenzioso e schivo, il che faceva impazzire gran parte delle studentesse che già rimanevano ammaliate dalla sua notevole bella presenza, e pareva proprio privo dell’arroganza che era stata tanto caratteristica del padre.
«Sì, era di là, nella carrozza dei Capiscuola. Poi se n’è andato, ma non mi pare che avesse intenzione di andare ad inaugurare il suo distintivo con un giro di controllo» borbottai entrando nello scompartimento dietro di lui.
«Nemmeno tu, mi sembra» ammiccò Albus, prima di allontanarsi lungo il corridoio.
Lily voltò immediatamente la zazzera di lunghi e lisci capelli ramati verso di me e sorrise dolcemente.
«Oh, alla buon’ora!» Dominique abbassò la rivista che stava sfogliando e mi lanciò un’occhiata esasperata. «Cosa stavate facendo? Perché ci avete messo tanto?!»
«… Dom, lascia perdere. Comunque era una noia mortale.» Mi abbandonai sul sedile affianco a Lily cercando di sprofondarci il più possibile. Dominique tornò al “Cavillo” con un cipiglio indignato sul viso perfetto, sistemandosi un ciuffo di capelli biondo chiaro dietro l’orecchio.
Era davvero bella, ma fin troppo drammatica a volte. Tutta sua madre.
«Da quand’è che leggi il Cavillo, dì un po’» l’apostrofai dalle profondità del sedile.
«Bah» chiuse la rivista e la lanciò nel sedile di fronte, sotto lo sguardo curioso di Lily. «Roba di Lily. Roba che le ha dato quel suo amico Scamandro.»
Lily avvampò mimetizzando nel rossore le leggere lentiggini. «Il suo nome è Lysander! E sono anche amici di famiglia se è per questo, quind-»
«Si,si» Dominique scosse la mano nella direzione di Lily come per scacciare una mosca «Niente che valga la pena, comunque. Quest’anno devi cominciare a puntare quelli seri sai, ma per fortuna ci sarò io a farti aprire gli occhi.»
Lily esalò un verso di sufficienza e incrociò le braccia voltandosi verso il finestrino. «Ce li ho già ben aperti, grazie» ringhiò a mezza bocca.
Dominique prese ad esaminarsi le unghie come se non avesse sentito ribattere. Io non diedi nemmeno segno di volermi addentrare anche solo con la punta del naso nel discorso. Non ne volevo sapere e comunque quel tipo di argomenti non faceva per me.
Dominique, attraente ed intelligente com’era, si era subito lanciataa braccia aperte nell’universo dell’altro sesso e riteneva di essere in grado di dispensare consigli grazie alle sue esperienze; Lily invece, pur essendo piuttosto carina, era un poco più frenata, sicuramente, e io lo sapevo bene, per il fatto che avesse un’unica e grande fissazione per uno dei due gemelli Scamandro, figli dell’amica d’infanzia dei genitori. Amica della quale portava anche il nome - ed è inutile sottolineare che anche in questo fatto poteva interpretarci un segno fatale del destino.
Io, da grande sostenitrice dei sentimenti puri e nobili, la sostenevo alla grande, anche se con poca enfasi e non sopportavo che Dominique dovesse metterci le zampe ad ogni costo.
«Rose, dimmi un po’, chi è stato nominato Caposcuola oltre a te?» domandò ad un certo punto la bionda, con fare inquisitore e narici allargate, marcando con leggerissimo risentimento la parola Caposcuola. Lei, infatti, avrebbe desiderato l’incarico di Caposcuola solo per avere l’occasione di avvicinarsi maggiormente ai più brillanti e capaci studenti. Mi raddrizzai sul sedile e presi a lisciarmi un ciuffo di capelli rossi e ricci con aria pensosa.
«Mah… Rainold Light di Corvonero… Padme Macmillan di Tassorosso e Malfoy, ovviamente»
«Ah!» esclamò l’altra spalancando gli occhi «Sapevo che quella Macmillian sarebbe stata scelta, figurarsi, petulante com’è avrà rotto le Pluffe a tutti pur di conquistarsi la spilla».
Le lanciai uno sguardo poco convinto mentre lei continuava a sputare veleno.
«…Light, però, bel colpo. Miglior portiere che i Corvonero abbiano avuto da cinquant’anni a questa parte, diceva sempre James… e i migliori pettorali che il Mondo Magico abbia mai potuto vantare, direbbe chi l’ha visto senza maglietta» schioccò la lingua maliziosa mentre Lily ridacchiava dal suo angolino. «Per non parlare delle sue enormi mani da portiere» suggerì quest’ultima con fare cantilenante, voltandosi per prendere parte alla conversazione.
 «Ma diciamo che avrei apprezzato il fatto di essere Caposcuola anche solo per la presenza di Malfoy…» decretò pensierosa la bionda mentre scartava uno Zuccotto di Zucca dalla montagna di dolci che aveva sgraffignato dal carrello mezz’ora prima. Io non riuscii trattenere una risata, che uscì roca e sorpresa.
«Malfoy! Andiamo Dom…»
«Scherzi? Dai Rose, lo sai anche tu, lo sanno tutti.»
Mi allungai per prendere una Cioccorana, sollevata dall’improvvisa atmosfera allegra.
«Beh Rose, penso che chiunque sia provvisto di occhi possa rendersi conto che è un bel vedere…» buttò lì Lily guardandomi come per convincermi di qualcosa di ovvio. Scossi la testa sorridendo incredula; certamente sapevo che Malfoy fosse un ragazzo carino, e forse anche un po’ più sopra la soglia di carino, ma di sicuro nel complesso non era granchè di speciale. Beh, anche fosse stata la persona più affascinante e divertente del mondo, nessuno l’avrebbe mai scoperto vista la sua scarsa loquacità.
«Per me prendete un granchio… vi sembra tanto speciale perché sta sempre zitto…»
«Mhm… si, bello e tenebroso ci piace.» decretò Dominique con voce sfrigolante mentre Lily ridacchiava con la mano affondata in un barattolo di Gelatine TuttiGusti+1.
«No, l’unica pecca è che è amico di Al, e se è amico di Al…» Dominique lanciò uno sguardo alle due cugine con aria di chi la sa lunga
«…è chiaramente un deficiente» masticò Lily annuendo nella mia direzione.
Sbuffai divertita. Avendo la stessa età di Albus, avevo stretto con lui un legame più profondo rispetto a quello che mi relazionava con tutti gli altri cugini, forse perché sentivamo di condividere molto, a differenza di Dominique, che oltre ad appartenere ad una casa differente, Corvonero, aveva un’indole molto diversa dalla mia. Con Albus invece c’era sintonia, lui non era scalmanato come suo fratello James, ma non era nemmeno troppo diligente nello studio, a differenza mia. Nonché lo sbandierassi come un vanto, ma adoravo studiare, soprattutto perché letteralmente mi incantava tutto ciò che avesse a che fare con il Mondo Magico e poi perché non ero la degna figlia di mia madre per niente.
In realtà c’era solo una persona che ‘competeva’ con me per il fantomatico titolo di studente migliore del mio anno: Scorpius Malfoy. Ma come mi aveva raccomandato mio padre sei anni prima, mi ero messa in testa di superarlo in ogni materia, ache se mascheravo la cosa con finta indifferenza, soprattutto quando Albus tirava fuori il discorso.
Lui, d’altro canto, non poteva chiedere di meglio che avere due brillanti studenti come amici e vivere un po’ di rendita. Comunque, da quando Albus aveva stretto amicizia con il Serpeverde, al secondo anno, ci eravamo un po’ allontanati e io avevo trovato la compagnia di Lily, un anno più piccola di me, e Dominique. Hugo, neanche a parlarne. Lui passava il suo tempo praticamente solo con Fred e Roxanne, a tramare scherzi di ogni genere che finivano sempre per essere smontati dalla sottoscritta. 
Guardai fuori dal finestrino il paesaggio ormai scuro della notte. «Tra un po’ saremo arrivati».
«Chissà dove sono finiti quegli altri» chiese retoricamente Lily, alzandosi in piedi per infilarsi la divisa. Dominique sbuffò facendo Evanascere le cartacce dei dolciumi «Saranno in giro ad appendere per i piedi qualche primino, ora che James ha finito gli studi suppongo che qualcun altro debba prendere degnamente il suo posto.»
Mi alzai assumendo un cipiglio contrito «Sarà, ma questa volta consiglio loro di tenere le orecchie ben tese, non vorrei proprio dover sfoderare le mie facoltà di Caposcuola il primo giorno.»
Le due ridacchiarono e Dominique aggiunse: «Viste le terribili Fatture che eri in grado di lanciare anche PRIMA di diventare Caposcuola, penso che le tengano costantemente tese, le orecchie.»
Sorrisi furba, aprendo la porta dello scompartimento e dando un’occhiata fuori. Studenti correvano di qua e di là cercando di infilarsi la divisa mentre trasportavano i loro bagagli o raccimolavano alcuni oggetti dei Tiri Vispi Weasley da terra.
«Rosie! Ciao!» una ragazza bassa dal viso pieno e i corti capelli a caschetto mi sorrise mentre si sistemava la cravatta storta.
«Ciao Alice, non ti avevo vista al binario, fatte buone vacanze?»
«Oh, si, si, grazie, scusa ma devo correre, se mio padre mi vede arrivare in ritardo…» Sbuffò sonoramente «Ci vediamo al banchetto eh!»
«Okay» dissi e lei corse via, non prima di inciampare sul mio piede e rialzarsi rossa in viso.
«Che tenera» borbottò atona la voce di Dominique alle mie spalle. «É tutta suo padre» asserii sorridendo.
La adoravo, come adoravo il professor Paciok d'altronde. Ci avviammo verso l’uscita, con i bagagli appresso, mentre il treno rallentava lentamente, avvicinandosi alla banchina della stazione di Hogsmeade. Chissà dove diavolo si era cacciato Albus. Di solito adoravano scendere dal treno insieme assaporando l’aria notturna del villaggio magico. Ma sicuramente era con il suo amico e mentre lo pensai storsi il naso un po’ infastidita. Scendemmo un attimo dopo, mentre un sottofondo di urla emozionate dei bambini del primo anno e di borbottii sommessi di tutti gli altri ci attorniava. Intravidi subito la figura di Hagrid che richiamava sonoramente gli studenti del primo anno, mi guardai intorno, alzandomi sulle punte dei piedi, cercando Albus, ma niente.
«Ehi Rosie» fece Roxanne passandomi accanto, con la sua solita aria furba, i capelli scuri legati in un’alta coda.
«Ehi, Roxi, hai visto Albus?»
«Uh-uh non l’ha più visto nessuno.» disse divertita la voce di Hugo dietro di me. Mi girai per lanciargli un’occhiata incuriosita ma se l’era già svignata con gli altri due per accaparrarsi i posti sulla prima carrozza trainata dai Thestral.
«Lascia stare, sarà con il suo amichetto come al solito» sbuffò Lily alzando le spalle «Stai sicura che se lo sogna di arrivare in ritardo. Amici Caposcuola a parte, non credo vorrà pane, burro e una bella Strillettera targata Weasley, domani per colazione.»
Annuii più tranquilla e alzai gli occhi sul grande castello, mentre ci incamminavamo vero le carrozze. La costruzione portava ancora i segni della passata guerra, ma nel complesso era un paesaggio ancora molto suggestivo. Sbadigliai, sorprendendo me stessa di quanto mi sentissi stanca e mi ritrovai a non desiderare altro che un letto caldo e comodo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


«Può darsi che tu abbia ragione Lily, ma finchè non ti fai avanti non capirai mai se…»
«Senti, boh ora come ora non saprei che fare e poi-»
«Questo perché non trovi il coraggio»
Mugolai, aprendo un occhio e incontrando la federa chiara del cuscino. Sembrava il ripetersi del solito incubo: non bastava passare un’intera estate alla Tana, rinunciando ad ogni minima briciola di privacy e ad ogni occasione per farsi una sana dormita; no, le chiacchere ad alta voce la mattina presto mi avrebbero assillata per tutto l’anno scolastico.
«Svegliati pelandrona!»
Un cuscino mi rimbalzò all’altezza imprecisa del sedere, dato che ero un groviglio indecifrabile di coperte, arti e capelli. Con un unico movimento fulmineo mi rivoltai a pancia in su e lanciai uno sguardo orizzontale alla stanza.
Essendo Caposcuola avevo la mia camera da letto personale, corredata di una piccola libreria ed un tavolo in legno scuro. Tavolo su cui se ne stava elegantemente seduta una Dominique già pronta e pettinata, che mi lanciava uno sguardo vagamente interdetto, come se avessi interrotto il suo discorso.
«Muoviti che oggi ci danno gli orari… cavolo, dovresti essere te a dirmelo.» borbottò Lily lanciandomi la camicia. Mi strofinai gli occhi e biascicai qualcosa mentre mi vestivo.
«Sono rimasta alzata… non ho visto Albus tornare.»
Dominique saltò giù dal tavolo con un fruscio della gonna e rivolse gli occhi al cielo «Rose, avrà avuto le sue cose da fare.»
La fissai alzando un soppracciglio, mentre tentavo di annodarmi la cravatta e infilarmi le scarpe contemporaneamente e dovetti sembrare alquanto ridicola perché Lily me la prese tra le mani ridacchiando e mi aiutò a fare un nodo decente.
«Che cose e cose da fare, non si è fatto vedere nemmeno al banchetto. Cioè il banchetto di inizio anno! Dell’ULTIMO anno! Potrei sospettare che non sia nemmeno arrivato ad Hogwarts!»
Lily scosse la testa «Tranquilla, prima ho beccato Hugo e mi ha detto che era già sceso. Poi non ho ben capito perché continuasse a ridere…» si grattò il mento pensierosa «…ma sicuramente sarà perché anche tuo fratello fa parte della combriccola di Fred e Roxanne, ovvero quella dei deviati mentali»
Ridacchiai.
«Allora andiamo, che voglio parlargli e… Dom?» la bionda si girò mentre mi teneva aperta la porta per passare «Com’è che sai la parola d’ordine della Sala Comune?»  Dominique sorrise maliziosa «Ho le mie fonti.»
Lanciai uno sguardo interrogativo a Lily, ma mi rispose con un’alzata di spalle e un’espressione amara.
 
La Sala grande era già gremita di studenti schiamazzanti che scartavano pacchi e aprivano le lettere appena recapitate dallo sciame di gufi. «Non sarà rimasto più nulla da mangiare!» si lamentò Dominique, congedandosi con uno sbuffo e andando dritta a sedersi vicino alla figura di un ragazzo di Corvonero che sembrava essere decisamente Rainold Light. Io e Lily ci scambiammo un’occhiata esasperata prima di infilarci in due posti vuoti quasi in fondo al tavolo, vicino ad Hugo e Fred che se la raccontavano animatamente senza degnarci di un saluto. Non appena ci fummo sedute, una mano mi battè sulla spalla.
«Ciao Rose! Ciao Lily!» ci voltammo sincronicamente per salutare il professor Paciock. Lui ci sorrise gentile mentre infilava la mano in una delle tante tasche del grembiule di pelle sporco che indossava. «Ciao Neville» salutò Lily con un cenno del capo.
«Passata una bella estate? Ho qua i vostri orari… scusate forse li ho un po’ sporcati» e con un gesto agitò via le traccie di terriccio dai fogli prima di consegnarceli. «Scusate la fretta, ma devo aiutare mia figlia a ritrovare il suo libro di Pozioni e andare a sistemare la serra numero 2… ci vediamo! Ah, con te Lily ci vediamo dopo!» ci fece l’occhiolino e troterellò fuori dalla sala grande lasciando una scia di macchie di terra sul marmo chiaro.
Scorsi velocemente l’orario di lunedì, notando che avrei avuto Aritmanzia alla prima ora e mi infilai il foglio in tasca. Non volevo rovinarmi la giornata scoprendo già cosa mi aspettava per tutta la settimana; okey che avevo scelto io le materie in cui avrei preso dei M.A.G.O., ma volevo lasciarmi l’effetto sorpresa. Ignorai le lamentele di Lily sul fatto che le avessero appioppato due ore di Cura Delle Creature Magiche subito dopo pranzo e su quanto non sopportasse tutto ciò che potesse essere viscido, peloso, zannuto e velenoso insieme.
Non so quante volte le avevo detto di mollarla, ma ogni volta mi rispondeva con un borbottio che suonava vagamente come ‘Lysander’.
Feci scorrere lo sguardo sul tavolo di Serpeverde ed individuai una nuca biondo chiaro; Malfoy stava di spalle ed un ragazzo dai capelli disordinati era chino su di lui e sembrava lo stesse implorando per qualcosa. Un gesto secco di diniego da parte del biondo fece alzare gli occhi al cielo all’altro.
«É Albus» Lily stava guardando nello stesso punto, mentre spezzava un tramezzino. Mi girai verso di lei tenendo gli occhi fissi sulla scenetta dall’altra parte della stanza.
«Ma che ci fa con la sciarpa?» chiesi, ma sentii addosso uno sguardo e notai che Hugo fissava me, poi Fred, poi i due che discutevano e di nuovo me. Ad un certo punto sia lui che Fred affondarono la testa dentro il calice di Succo di Zucca per mascherare, inutilmente, una grassa risata. «Buongiorno, che avete da ridere voi due cretini?» Roxanne si fece spazio tra i due che avevano preso a scuotere la testa vigorosamente e mollò sul tavolo due fogli. «I vostro orari… li ho fatti uguali ai miei, così siamo in tre a non avere speranze di combinare nulla nella vita.»
Lily prese a ridacchiare mentre io osservavo la figura di Albus che si avvicinava con un’espressione delusa e prendeva posto di fronte a me. Gli rivolsi uno sguardo severo, sperando che cogliesse al volo il fatto che mi sentissi offesa per la sera prima.
«Buon giorno, eh» sbottò Lily lanciandogli un’occhiata. Hugo, Fred e Roxanne trattennero a stento le risate mentre lo guardavano di sottecchi. «Tutto bene Albus?» lo apostrofò mio fratello prima di alzarsi e raccogliere la borsa. Albus gli rivolse un’occhiata gelida. «Si grazie» ribatté con freddezza.
«Allora ci si vede a pranzo» rispose l’altro, allontanandosi con gli altri due appresso, che a stento riuscivano a soffocare le risate. Una volta spariti oltre le porte della Sala Grande li sentimmo scoppiare in un fragoroso latrato.
«Che succede Al? Dove eri finito ieri? Ti sei perso l’ultimo banchetto di inizio anno della tua vita!» sputai fuori tutto d’un fiato puntandogli gli occhi inquisitori addosso. Lui si torse le mani e cominciò a giocherellare con una fetta di pane integrale, frantumandola.
«Cosa ha detto il Cappello Parlante?» chiese.
«Nulla di nuovo, a dire la verità» osservai pensierosa, ma Albus riprese a fissarmi nervoso.
«Devo parlarti, Rose…» dichiarò a mezza voce. Agitai la mano che brandiva la fetta di pane tostato «Sono qui, ti sto ascoltando» dissi, ma Albus lanciò un’occhiata a Lily.
«Che? Ah, oh…» la rossa si alzò con aria offesa «…scusa caro fratellino, mi tolgo di mezzo. Lo so che non sono esattamente la tua confidente preferita» sbottò acida mentre agguantava una mela e si risistemava gli occhiali sul naso.
«Lily…» sospirò Albus , ma lei mi salutò con la mano e si allontanò.
«Che miseriaccia succede? Perché porti la sciarpa?» tornai a caricare, con la fetta di pane ormai penzolante dalla mano. Albus si sporse verso di me con aria imbarazzata.
«Vedi… ieri, dopo che ci siamo beccati sul treno ho incontrato Scorpius e l’ho trascinato da Fred e Hugo che stavano facendo i soliti affari di routine…» aggrottai le sopracciglia senza capire «…si beh, dai, testavano la roba nuova che Fred ha sgraffignato allo zio… merce dei Tiri Vispi…insomma erano lì con dei primini e-»
 «COSA?! MA LO SANNO CHE É ILLEGALE?!» urlai sconcertata, mentre una buona porzione di gente presente in Sala Grande si girava a fissarmi. Mi schiarì la voce, sentendomi le orecchie e la faccia calda, e mi avvicinai ancora di più ad Albus.
«Questo gli costerebbe molto più di una sospensione! Ma scusa il tuo amico è Caposcuola e non ha detto niente?!» continuai inacidita, alzando il mento verso alla testa bionda che ci dava le spalle. Albus alzò gli occhi al cielo.
«Calma, aspetta… cioè boh, si, ha detto che non gli fregava niente, che quelli potevano anche farsi saltare la testa a vicenda purchè non lo mettessero in mezzo…» lo squadrai incredula.
«Gran coraggio il signorino… ma chi cavolo lo ha scelto come Caposcuola, diavolo…»
«Mi ascolti?!» Albus alzò la voce, scuotendomi la mano davanti. «Il punto del discorso è un altro…» sbuffai sonoramente ma stetti zitta.
«Insomma, ad un certo punto Fred mi ha passato una pasticca, che io credevo una Pasticca Vomitosa insomma, uguale, okay? Ma mi ha detto di provarla perché era una novità, già testata ovviamente… una sorta di cosa tipo “Piaghesciche Portatili” o che ne so io…» Lo interruppi con la mano che brandiva la fetta di pane.
«E tu vuoi dirmi che l’hai mangiata?» chiesi con voce molto calma, fissandolo. Albus tirò le labbra nervosamente in un sorriso forzato. «Rose… mi ha detto che non avrei mai avuto il coraggio…» Mollai la fetta di pane e presi a massaggiarmi le tempie. Okay, Albus non aveva mai brillato di particolare intelligenza, ma neppure un Elfo Domestico esageratamente masochista avrebbe mai accettato una pillola ‘anonima’ da Fred Weasley. Ma scherziamo? Oltretutto, il pensiero che si divertissero a testare i loro prodotti non brevettati sui poveri e incoscienti undicenni, primo, mi faceva pensare ai racconti di mamma e papà sulle bravate dello zio George e di suo fratello da giovani; secondo, mi faceva sentire uno schifo perché in sette anni non avevo potuto impedirlo.
«Al, credo che tu possa condividere almeno il novantacinquepercento del tuo patrimonio genetico con un Troll» sospirai pietrificandolo con lo sguardo. Lui si risedette con un’espressione malconcia. «…e ora?» chiesi timorosa. Lui sospirò e mi guardò con gli occhi verdi vacui.
«Ora ho un problemino qua sotto.»
La mia mandibola si lanciò a caduta libera verso il tavolo, mentre lo guardavo sconcertata. Albus prese ad agitarsi rosso in faccia «C-che hai capito!» sbottò «Vieni» aggiunse alzandosi e dirigendosi verso l’uscita della sala.
Raccattai la mia borsa e lo seguii. Sentendo un pizzicore alla nuca, mi voltai e vidi Malfoy che, ancora seduto al tavolo della sua Casa, ci osservava con un’espressione strana mentre uscivamo dalla sala. Sembrava a metà tra l’incredulo e l’infastidito e quell’apparente reazione mi spiazzò. Non era un tipo solitamente espressivo. Raggiungemmo l’armadio delle scope di Gazza e ci infilammo dentro.
«Guarda» Albus prese a slegarsi la sciarpa. Notai che la pelle sul collo era viscida e livida. Si sbottonò la camicia e con un’espressione di dolore se la sfilò. «Oddio…» mi coprii la bocca osservando una serie di grosse pustole violacee che ricoprivano una vasta parte di pelle; partivano dal collo e scendevano fino al petto.
«É doloroso» grugnì sofferente Albus.
«É disgustoso» asserii con faccia schifata.
Lui riprese a rivestirsi con lo sguardo piantato a terra. «Non vanno via… non so che fare. Forse ci vorrebbe una pozione, un antidoto boh…»
«Lo hai detto a Fred e Roxanne?»
«Io… no, ma credo che le abbiano testate anche su qualcun altro e visto la reazione… ho notato come ridevano sotto i baffi a colazione» borbottò.
«Parlerò io con loro» cominciai, ma Albus scosse la testa con veemenza
«Neanche per sogno. Giuro che non farò più lo stesso errore, ma giuro anche che non mi abbasserò tanto da dimostrargli di essere caduto vittima di un loro scherzo idiota… e non mi importa se magari hanno un antidoto per farle sparire» aggiunse pensoso e con aria ferita.
«Andiamo da Lumacorno» suggerii allora, ben decisa a non spingerlo a passare sopra il proprio orgoglio. Io ero esattamente come lui, potevo capire; ma lui scosse la testa nuovamente
«Lo sai che quel tipo di merce dovrebbe essere vietata ad Hogwarts, non posso dirgli cosa ho preso… e nemmeno mentirgli» mi anticipò. «Sono già andato anche da Madama Chips, ma non ha fatto altro che guardarmi sospettosa e chiedermi se avessi avuto a che fare con draghi… me la sono svignata prima che potesse tornare con la McGranitt» confessò. «Nemmeno Scorpius mi ha voluto aiutare» aggiunse con fastidio.
Gli rivolsi uno sguardo incuriosito, mentre mi sedevo su un grosso barattolo di Solvente Magico di Nonna Acetonella. «Di questo parlavate a colazione?».
Albus alzò gli occhi al cielo esasperato «Ha detto che non ci pensa nemmeno, che sono affari miei, che se ho i Vermicoli al posto del cervello non è un problema suo.» Non riuscì a mascherare un sorrisetto soddisfatto.
«Non posso che sostenere alla grande ogni sua parola in questo caso…» Ma un’occhiata implorante mi impedì di dare ulteriore manforte alle parole del biondo. Sbuffai.
«D’accordo. Farò qualche ricerca in biblioteca okay? Ma giuro che dopo questa non voglio più saperne niente…» Albus mi sorrise con tutti i trentadue denti mentre si riarrotolava la sciarpa intorno al collo. «Sono quasi certa che ci serva una pozione… ma dovremmo avere un posto dove prepararla... suggerirei il bagno di Mirtilla, ma ora è molto più frequentato di qualsiasi altro bagno… lo sai no, ogni giorno orde di primini cercano di aprire la Camera Dei Segreti sputacchiando biascichii sconnessi, nel tentativo di imitare il grande Harry Potter» Albus sghignazzò sonormente.
«Okay… ma tu Rose hai la camera da Caposcuola…» Alzai le mani prontamente, come per difendermi. «Scordatelo» dissi scuotendo la testa «Dominique verrà a trasferisi nel mio letto prima ancora che me ne accorga!» Albus si grattò la nuca pensieroso.
«Credo che chiederò a Scorpius.» concluse.
«Ma se hai detto che non gli importa niente?» chiesi incredula. Albus alzò le spalle.
«Non conosco altre soluzioni… poi magari se glielo chiedi tu…». Mi alzai di scatto.
«Che?!»
Albus assunse un sorriso stupido. «Massì, ti inventi la scusa che è una grande scocciatura aiutarmi ma che ci serve un posto per preparare la pozione in santa pace…» Incrociai le braccia sprezzante. «Non sarebbe una scusa dire che è una grande scocciatura aiutarti» grugnii.
«Ma lo farai… vero?» chiese di rimando con tono incerto. Lo guardai in quegli occhi verdi e grandi, che anche nella semioscurità dello sgabuzzino sembrava brillassero di luce propria.
«…Si» esalai.
Si lanciò ad abbracciarmi, ma quasi subito si allontanò pentendosi e mugugnando di dolore. «Ahi, credo di averne fatta scoppiare una» borbottò con quasi le lacrime agli occhi.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Una volta usciti da quell’armadio puzzolente e polveroso, Albus si diresse verso la Sala Comune, avendo stranamente un’ora buca, mentre io cercai di affrettarmi per arrivare alla remota aula di Aritmanzia. Mi fermai davanti alla finestra del corridoio del secondo piano e Appellai i miei libri di testo, che volteggiarono rapidamente sopra il cortile fino a raggiungermi. Quanto adoravo gli incantesimi di Appello.
«Rose! Ehi Rose!» mi voltai celando un’espressione scocciata. Possibile che ce ne fosse sempre una? Sarei arrivata sicuramente in ritardo.
Alice Paciock mi stava correndo goffamente incontro, ansimante e con le guancie arrossate.
«Hai… hai visto Lily?» mi chiese imbarazzata. Alzai un soppraciglio, inespressiva.
«Pensavo avesse Erbologia… con te» aggiunsi, sistemandomi i libri nella borsa. “
«Si, si… io…» si appiattì la frangia castano chiaro, sempre più rossa in viso. «…io volevo parlarle prima di iniziare la lezione… sai, riguardo ad una… cosa…» borbottò.
La fissai senza capire.
«Boh, magari prova a raggiungerla alla serra, ormai è tardi, sarà già lì»
Lei annuì pensierosa.
«Si. Beh, grazie comunque…» mi sorrise e trotterellò via con quel modo simile a quello del padre. «Ci vediamo a pranzo!» le urlai dietro. Mi voltai e rimasi pensierosa per un attimo in mezzo al corridoio. Dopo qualche secondo decisi che avevo altro di cui preoccuparmi e mi misi a correre verso l’aula di Aritmanzia, rischiando la vita a causa della cinghia della borsa che si impigliava continuamente nella gamba.
Malfoy frequentava Aritmanzia assieme a me. Anzi, a dire il vero aveva scelto quasi tutte le materie che avevo scelto io. Praticamente tutte quelle da scegliere, in realtà. Forse avrei trovato l’occasione per parlargli.
Vidi Dominique davanti all’aula, con le mani sui fianchi che mi squadrava con la sua solita aria scocciata e mi affrettai a raggiungerla. Dominique che frequetava Aritmanzia… strano vero? Infatti lo faceva su ordine della madre, la quale le aveva già scelto tutte le materie che avrebbe portato avanti già dal primo anno.
«Alla buon’ora! Ti devo raccontare una cosa…» gongolò con malizia.
«Si, si» borbottai annuendo, mentre mi sistemavo i capelli che durante la corsa mi erano finiti su per il naso.
«Ho parlato con Rainold sai… quello bello» Attaccò a parlare, decisa a non darmi tregua.
«Sai quanto sono pesanti le responsabilità di Caposcuola e tutto…»
«Ah si?» grugnii sarcastica, ma lei mi ignorò.
«…e con la squadra… dice che ha proprio bisogno di qualche svago…»
«Ma se è il primo giorno di scuola» dissi poco convinta. Dominique continuò a ignorarmi pesantemente.
«Per non parlare delle ronde notturne che dovrà fare… di sicuro avrà bisogno della compagnia giusta, e non le solite due secchione Caspiscuola…» Borbottai un sarcastico ‘grazie’. «…senza offesa ovviamente» aggiunse Dominique scuotendo i capelli comprensiva «…ma non sei il suo tipo».
La guardai cercando, invano, di trattenere una risata sarcastica. «Sai che me ne frega di essere il suo tipo» ribattei con disprezzo.
«Permesso» Mi voltai. Adam Zabini ci intimò, con un insolente gesto della mano, di levarci dalla porta. Gli lanciai un’occhiata acida di rimando e mi rispose aggrottando le sopracciglia scure. Tronfio, pomposo Serpeverde. Entrò seguito da Malfoy che mi rivolse un’occhiata fugace. «Weasley.» salutò.
Feci un cenno con la testa, mentre la voce acuta di Dominique mi perforò il timpano: «Oh, ciao Malfoy!» ma il biondo era già di spalle e non potè godersi la visione di mia cugina che si attorcigliava maliziosamente una ciocca di capelli sul dito. Non capii chi delle due avesse salutato, ma decisi che non me ne importava e presi posto in un banco in fondo, con Dominique che, con i suoi soliti attacchi di diarrea verbale, faceva sottofondo ai miei sbuffi.
La lezione fu un po’ piatta e noiosa, ma in pratica non sentii neanche la metà della spiegazione, tra mia cugina che non faceva che parlarmi di Light («E poi i suoi occhi! Vedessi! Le sue labbra… devono essere sicuramente morbide… e il suo profumo!») e le occhiate che ogni tanto lanciavo a Malfoy pensando a cosa avrei potuto dirgli.
Lui se ne stava seduto con le lunghe gambe distese e le mani intrecciate in grembo e sembrava guardasse dappertutto tranne che verso la Vector.
All’improvviso mi sentii un’idiota ad aver accettato di chiedergli personalmente la cosa. Accettato… che poi quell’infame di Albus mi aveva incastrato.
Non è che avessi chissà cosa contro Malfoy, ma semplicemente la sua presenza mi metteva a disagio. Il suo sguardo indagatore, i suoi silenzi che pesavano come macigni in mezzo alle conversazioni. Mi chiedevo che ci trovasse mio cugino. Non avevo mai davvero parlato con lui in quegli anni, se non a monosillabi o mezze frasi di circostanza. Forse le parole di mio padre mi avevano influenzata troppo (“Quel piccolo Scorpius, vedi di batterlo in tutte le prove. Rose...Non essere troppo amica con lui!”) ma sinceramente non era mai stato di mio interesse cercare di stringerci amicizia. Come per gli altri miei cugini e per mio fratello, d’altronde.
Albus non era mai stato capace di convincerci di quanto Scorpius fosse diverso dal padre e la dose di pregiudizio era stata rincarata negli anni da mio padre Ron che non faceva altro che sbottare ad ogni occasione “Tale padre tale figlio secondo me! Figurati, un Malfoy”.
 
«Grazie a Dio ora ho incantesimi!» riprese a sferragliare con la lingua Dominique, mentre raccoglievamo le nostre cose a fine lezione.
«Beh Dom» le dissi «…vai pure, io devo chiedere una cosa alla professoressa Vector» lei mi lanciò un’occhiata esasperata.
«Beh meglio, così magari riesco a beccare Rainold prima di entrare» e continuò a gongolare mentre dondolava sinuosamente giù per lascala. Lanciai un’occhiata dentro l’aula ancora semipiena; Zabini stava parlando senza sosta mentre il suo amico annuiva distrattamente, riponendo i libri nella borsa.
Feci un lungo respiro per farmi coraggio. Sentivo la sensazione di disagio che dilagava, man mano che mi avvicinavo.
«Ehm… Malfoy… posso parlarti un secondo?» borbottai.
Zabini si interruppe, rivolgendomi uno sguardo indagatore. Malfoy mi osservò imperscrutabile per qualche secondo prima di voltarsi verso l’altro. Il bruno alzò le sopracciglia scocciato e uscì dall’aula, non prima di biascicarmi addosso un ‘bei capelli Weasley’ e ghignare. Mi infilai le mani in tasca, nervosa. Malfoy aveva chiuso la borsa e mi stava fissando.
«Dimmi.»
Lo guardai nervosamente.
«Ehm passato belle vacanze?» sputai fuori con voce più stridula del consentito. Maledicendomi mentalmente, provvedetti a schiarirmi la voce.
Una rughetta gli si formò in mezzo alle sopracciglia.
«Albus te ne ha parlato?» chiese con voce inflessibile. Sbuffai, sollevata. Almeno non avrei dovuto girarci tanto intorno.
«Si… ovviamente mi ha anche detto che non lo hai voluto aiutare… e ti do ragione, è stato un vero incosciente» affermai con voce tornata ad un livello normale.
«Sospetto si tratti di bava di drago… ad alta concentrazione… solo una cosa così corrosiva può provocare una simile reazione» disse, mentre ci incamminavamo fuori dall’aula. La sua voce era calma e più profonda di quanto me la ricordassi. Era vacua e senza alcuna inflessione particolare, solo parole posate nell’aria.
Annuii «Credo anche io. E forse so anche che tipo di pozione può servirgli… l’unico problema» e qui sospirai «…non abbiamo un posto dove prepararla in tranquillità… e non so ancora quanto tempo ci potrei impiegare…».
Alcuni studenti ci passarono affianco strabuzzando gli occhi e parlottando tra loro. Lancia loro un’occhiata incuriosita e questi sgusciarono immediatamente dietro l’angolo.
«Se l’è cercata» ammise improvvisamente, sempre con aria assente. Mi voltai a guardarlo.
«Ovvio, e lo sa che è così… è proprio una scocciatura aiutarlo, ogni volta, ma…».
«…è come un fratello per te» terminò lui osservandomi. Annuii piano. Centrata in pieno.
«Da… da me non si può fare, la mia stanza da Caposcuola sarà troppo affollata in questi giorni» buttai lì, ma arrossì mentre mi lanciava uno sguardo interrogativo.
«Cioè, non che tenga fuggitivi o amanti sotto le assi del letto» esclamai con voce roca. Deficiente, ero una deficiente. «…sono invasa dalle cugine» borbottai imbarazzata.
Malfoy continuò a camminarmi accanto senza rispondere. Era alto, più alto di quanto mi ricordassi. Il mio naso arrivava appena sopra la sua spalla.
«Insomma, Albus mi ha supplicato di chiederti se possiamo usare la tua stanza, e immagino che prometta di non coinvolgerti in alcun modo» conclusi infine. Il biondo alzò le sopracciglia, come se non gli interessasse minimamente ogni parola che usciva dalla mia bocca.
«Sarebbe come aiutarlo e ormai gli ho detto che si deve arrangiare» asserì tranquillo.
Alzai le spalle.
«Vabbeh, troveremo un altr-»
«Ma va bene» mi interruppe, fermandosi davanti all’aula di Trasfigurazione. Lo guardai, spaesata dalla risposta. «O…kay» borbottai.
Ci fissammo per qualche secondo senza dire nulla. Il suo sguardo imperscrutabile contro il mio continuo sbattere di palpebre nervoso. Sospettavo non potesse esserci una persona meno espressiva di lui sulla faccia della Terra ed era proprio per questo motivo che mi sentivo scomoda davanti a lui.
Lo vidi socchiudere la bocca, in procinto di dire qualcosa, quando qualcuno mi strattonò il braccio violentemente, facendomi voltare.
«Rose! Non indovinerai mai cosa-» una Lily sorridente e macchiata di terriccio in fronte mi tirava la manica con agitazione. Si interruppe per fissare Malfoy, che nel frattempo aveva richiuso la bocca e la guardava con sottile curiosità.
«Ah» si ricompose e fece correre velocemente lo sguardo tra me e Malfoy e viceversa. «Ti aspetto dopo…»
«Scordatelo» esclamai subito «Dopo ho Pozioni e non voglio arrivare in ritardo… beh Malfoy-»
«Ci si vede» mi interruppe la sua voce apatica, dopodichè svicolò via tra la massa di studenti che entravano dell’aula.
Rimasi un tantino interdetta, ma mi ripresi presto, visto che Lily aveva cominciato a dondolarsi da un piede all’altro, sempre ancorata al mio braccio.
«Uhuh… ho interrotto qualcosa?» domandò con tono incerto. Le lanciai un’occhiataccia «Ma ti pare» borbottai e lei lasciò cadere il discorso, quasi sembrasse troppo sorpresa di chissà quale sospetto avesse mal partorito la sua mente.
«Ah» riprese, scuotendo le braccia a mulinello e piantandomi una gomitata nelle costole «Scusa… non immagini cosa ho saputo oggi!» «No, finchè non me lo dici non lo posso immaginare» le feci presente con voce dolorante, mentre correvo giù per le scale, diretta ai sotterranei. Sembrava sotto l’effetto di un Elisir dell’Euforia.
«Riguarda Lysander?» buttai lì senza la minima curiosità.
Ormai ero abituata alle ‘sconvolgenti’ notizie di Lily, che poi risultavano essere cose di minima importanza e per niente divertenti. Scosse la testa.
«No…magari» sospirò pensierosa «Riguarda Albus.» per un soffio non mancai l’ultimo gradino della scalinata, rischiando una veloce e disastrosa fine.
«C-che?!» borbottai mentre mi raddrizzavo la borsa che stava per strozzarmi. Pensavo che una cosa del genere Albus non l’avesse detta in giro. Persino a colazione aveva cacciato via Lily prima di confessarmela. Lei mi guardò confusa.
«Signorina Weasley, prego, vuole entrare» la voce di Lumacorno mi raggiunse oltre la porta. Il suo faccione tondo e rugoso mi guardava sorridente.
«Certo mi scusi» risposi prontamente e lanciai uno sguardo di impotenza a Lily.
«E anche lei, signorina Potter, dovrebbe andare a lezione se non sbaglio» continuò Lumacorno sorridendo ancora di più a mia cugina. «Per questi piccoli raduni avremo tempo alle riunioni del Lumaclub e ora se non le dispiace…» Lily venne invitata ad allontanarsi con un movimento della mano, ma prima di andare gesticolò qualcosa che non capii e mimò la parola ‘pranzo’.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Sfinita e con i capelli crespi da post-Pozioni mi trascinai in Sala Grande insieme ad Albus. Avevamo appena finito una sfrenante preparazione della Pozione Restringente e c’erano state le solite esplosioni di calderoni, accompagnate dalle urla di studenti incapaci che erano finiti per schizzarsi litrate di pozione addosso e ritrovarsi dita delle mani e nasi grandi come noccioline.
Il tutto contornato da una fumera e dei vapori che avrebbero fatto accartocciare la pelle di pietra di un gargoyle. Dovetti pure Appellare un ventaglio per fare aria a mio cugino che, con addosso la sciarpa, rischiava costantemente di soffocare.
Daltro canto, il fatto che Malfoy avesse accettato di ‘collaborare’ lo aveva tirato su di morale, anche se continuava a lamentarsi del dolore e a maledire Fred, Roxanne e tutto ciò che riguardasse i Tiri Vispi. Io me la ridevo sotto i baffi, sperando di avere al più presto l’occasione per sabotare i loro affari a scuola. Non avevo nulla in contrario a quella merce, alcune erano invenzioni a dir poco geniali e perfino mio padre aveva lavorato per un periodo con zio George; ma il fatto che si approfittassero degli ingenui ragazzi di prima faceva gridare giustizia ai miei geni Granger.
Bofonchiai un saluto mentre, a pranzo, mi lasciavo cadere pesantemente sulla panca, vicino a Lily. Albus, di fronte a me, prese a mangiare in silenzio, evitando gli sguardi e i borbottii che lo accompagnavano sin da quella mattina. Salutai Lily e mi riempii il piatto di patate arrosto.
«Ciao ragazzi…» una scompigliata Alice si sedette nell’unico posto libero, vicino ad Albus e sembrò quasi che si fosse ritrovata i carboni ardenti sotto il sedere, dai movimenti frenetici che prese a fare e dal rossore che dilagava sul viso. Lily le fece un sorriso enorme, prendendo ad agitarsi come lei.
«Ciao Alice… hai fatto a botte con una Tentacula Velenosa?» sghignazzò Hugo tre posti più in là, facendo ridere Fred e Roxanne. Lei, in risposta sorrise imbarazzata e io mi voltai di scatto verso di lui puntandogli contro la forchetta.
«TU. Faresti meglio a stare zitto» scandii con quanta più minacciosità le patate calde sulla lingua potevano consentirmi. Mi lanciò uno sguardo incredulo.
«Che hai adesso? Hai appena preso un Oltre Ogni Previsione invece del solito Eccezionale nei compiti delle vacanze?» mi apostrofò ghignando. Per tutta risposta feci un sorriso minaccioso. «Vedi di non farti venire ALTRE strane idee, perché se dovesse succedere qualcosa, sappi che te la infilo dove sai tu una grossa Tentacula Velenosa» sibilai e, non contenta, lanciai un’occhiata d’ammonimento anche a Fred. I due si scambiarono un’occhiata e un borbottio che sapeva di ‘zio Percy’, ma io ero troppo occupata ad evitare che Albus si soffocasse con la sua stessa lingua mentre si sforzava di non ridere, per inveire ulteriormente. Lui dovette sostenersi al braccio di Alice per non finire con la faccia nel piatto, da quanto tossiva forte. Da parte sua, lei rovesciò due piatti da portata dall’agitazione che l’aveva presa improvvisamente, la faccia più rossa di un Weasley agli estremi dell’imbarazzo. Lily salvò lo spezzatino che avrebbe rischiato di volare dappertutto.
«Alice stai bene?» le chiesi poco convinta, mentre mi riversavo il Succo di Zucca che si era rovesciato. Alice boccheggiò e annuì, proprio mentre mi arrivava un pestone sul piede sinistro. Guardai sconcertata Lily, che mi fissava con le guance gonfie e gli occhi fuori dalle orbite. «Questovolevodirti!» boccheggiò.
Io la guardai senza capire. Lei prese a fissarmi insistentemente con quei suoi occhi nocciola. Poi senza voltarsi, li puntò su un Albus che era tornato a mangiare tranquillamente e successivamente su Alice che aveva nascosto la faccia dietro un libro.
«Eh?» gracchiai; Lily ripeté il gioco di occhiate: me, Albus, Alice. Me, Albus, Alice.
Niente, elettroencefalogramma piatto.
Lily si battè una mano in testa sconsolata e mentre ero in procinto di chiederle chiarimenti, una zazzera bionda mi si abbattè sulla faccia, ostruendomi la visuale. Dominique mi aveva praticamente scavalcato e si era incastrata tra Lily e me.
«Ciao Dominique, che bello rivederti» affermai sarcastica, sputacchiando capelli biondi.
«Rose, Vitiuos mi ha detto di dirti che domani sera la McGranitt aspetta te e gli altri Caposcuola nel suo ufficio alle otto per assegnarvi i turni delle ronde notturne» mi riferì con disinteresse la bionda, osservando il riflesso dei suoi enormi occhi indaco nel retro di un cucchiaio. Sbuffai annuendo e facendomi un appunto mentale. Avrei dovuto fare i salti mortali per riuscire a mantenere ottimi voti in tutte le materie, con le ore notturne sottratte allo studio.
«Ah… e sei sporca qui» aggiunse indicando un punto a caso sulla mia faccia. Mi strofinai la guancia con veemenza mentre lei attaccava una concitata discussione con Lily su cosa avrebbe fatto durante le ronde notturne se fosse stata Caposcuola. Mi voltai cercando di ignorare il discorso. «Allora, quando inizi con il Quidditch?» buttai lì ad Albus, tentando di mettere insieme una conversazione ragionevole in quegli ultimi cinque minuti rimasti, che non comprendesse combinazioni di parole come ‘possenti pettorali’ o ‘polpacci sodi’.
«Boh… ora che sono il capitano e James è uscito… immagino che dovrò cercarmi un altro cacciatore… che possa tenere testa alle improvvisazioni di Roxanne» ammise pensieroso.
«Allora non c’è speranza, nessuno tiene testa a quella» gli urlò da tre posti più in là Fred, ridendo.
«Zitto un po’ Fred, che te non hai mai superato un provino di Quidditch» lo rimbeccò Roxanne, suscitando risate dall’intero tavolo di Grifondoro.
«Questo è perché non ci ho mai provato sul serio» ribatté l’altro, sorridendo da parte a parte.
«Come portiere ti tieni Finnigan?» continuai a rivolgermi ad Albus. Lui lanciò uno sguardo al ragazzo basso e corpulento in fondo al tavolo, che in quel momento era impegnato nella sua solita performance, la quale consisteva nel fingere di sfilarsi magicamente le mutande tenendo i pantaloni addosso; ora le stava facendo sparire e riapparire nella mano ripetutamente.
«Ha meno cervello di un Asticello, ma è carico al punto giusto» borbottò sorridendomi Albus.
«A parte che in questo stato non potrei nemmeno giocare» aggiunse, sussurrando con eloquenza, e io alzai le spalle guardando altrove.
«Prima del Quidditch sarai tornato normale» lo rassicurai e in quel momento non mi pentii affatto di aver accettato di aiutarlo. Anche se questo significava che mi doveva un favore. Un grosso favore.
 
«Me ne vado a Divinazione…» borbottò Albus, sistemandosi la sciarpa.
«Sei con i Corvonero vero?» roteai gli occhi verso una Dominique intenta a conversare con Finnigan, il quale la guardava beatamente estasiato senza seguire una sola parola. Albus mi rispose con un’occhiata sofferente, mordendosi il labbro superiore.
Lo salutai subito dopo, dirigendomi verso la guferia: avrei spedito la solita lettera che scrivevo a mia mia madre all’inizio di ogni anno, per assicurarle che andava tutto bene, che ero ancora sana e salva e che i miei cugini non mi stavano portando sulla strada dello scatafascio scolastico.
Fortunatamente avevo un’ora buca e avrei potuto prendermela con calma. Come aveva previsto mia madre, avevo mollato Divinazione alla prima occasione, non perché non mi piacesse Fiorenzo, anzi era una creatura alquanto interessante, ma non sembravo proprio portata per le discipline… beh, ‘campate in aria’ le avrebbe definite papà.
Lily daltro canto la frequentava senza rimpianti, potendo godere della presenza dello strambo Lysander e del fratello. Si arrabbiava sempre quando lo definivo così, ma in fondo era uguale identico a sua madre, leggermente svampito e spudoratamente sincero. Solitamente mi faceva rotolare dalle risate senza neppure rendersi conto, quando spuntava fuori con le sue considerazioni stravaganti. ‘Cosa? Mi sarei fatto crescere delle orecchie pelose, se mi avessi detto prima che oggi ci saremmo vestiti da panda’ era saltato fuori estasiato una volta, rivolgendosi a Dominique, che quel giorno aveva esagerato con il trucco-per-far-risaltare-gli-occhi. Inutile dire che Albus e Fred l’avevano presa in giro tutto il giorno.
Fortunatamente la guferia era deserta, tranne per il solito stormo di uccelli che pigolavano dolcemente nel sonno. Mi sbrigai a buttare giù qualche riga disordinata e svegliai un grosso barbagianni che mi beccò infastidito il dorso della mano fino a che non lo lasciai volare fuori dalla finestra con la mia lettera attaccata alla zampa. Lo guardai distrattamente per un po’, mentre volteggiava sul Lago Nero, prima di dirigermi in biblioteca.
 
Madama Prince, ormai curva e rinsecchita stirò le vecchie labbra raggrinzite verso la mia direzione, a mo’ di saluto, quando entrai. Ormai era abituata a vedermi ed era piuttosto gentile con me, tranne quando ci ritrovavamo io e Dominique per fare i compiti e lei parlottava tutto il tempo senza ritegno: allora sentivamo il sinistro scricchiolio del bastone della bibliotecaria e il suo sguardo severo sulla nuca, prima di beccarci la solita ramanzina.
Assaporai l’odore dei vecchi libri, sentendomi finalmente a casa. La biblioteca era deserta, nessuno si metteva a fare i compiti il primo giorno di scuola (nessuno tranne me, ma questa volta ero lì per altri motivi) quindi appoggiai la borsa ad una sedia e girai tranquillamente per gli scaffali, raccattando ogni tanto qualche libro. Dopo cinque minuti avevo già confiscato agli scaffali diverso materiale, come ‘Rimedi Magici Fai-Da-Te Per Gli Incidenti Casalinghi’, di cui aveva una copia esatta anche mamma in cucina, ‘Mille Antidoti Contro Il Vaiolo Di Drago’, ‘Stregonerie Per Spaventare Gli Amici E Ancor Più I Nemici’ e, nell’eventualità che ci fosse qualche riferimento utile, ‘Draghi, Come Crescerli Ed Accudirli’ rabbrividendo al pensiero di poter mai avere bisogno di un libro simile.
Mettendomi in punta di piedi, per arrivare ad uno scaffale particolarmente alto, feci scorrere l’indice sul dorso dei vecchi libri scuri di Medimagia e lo fermai su ‘Antologia Dei Veleni Presenti In Natura’. Feci per tentare di prenderlo, quando una mano dalla pelle chiara e più grande della mia lo sfilò con leggerezza tra i due libri vicini e me lo porse.
«Graz-» sollevai lo sguardo e incontrai due occhi grigio pallido.
Malfoy se ne stava in piedi di fronte a me, con sguardo assente. Mi chiesi come avevo fatto non sentirlo quando si era avvicinato.
«Che ci fai qui?» sussurrai sorpresa, appoggiando il libro su quelli scelti che avevo impilato ordinatamente. Lui alzò lievemente le spalle, continuando a fissarmi negli occhi.
«Ti aiuto».
Osservando i sui capelli ordinatamente pettinati da un lato, mi chiesi che aspetto avessero dovuto avere i miei, soprattutto dopo Pozioni. Probabilmente ricadevano sulle spalle flosci e disordinati. Subito dopo, mi chiesi perché me lo stavo chiedendo.
Lanciai un’occhiata a Madama Prince, che in quel momento se ne stava seduta su una poltroncina dietro al bancone e sembrava in procinto di addormentarsi.
«Pensavo non volessi averci niente a che fare» borbottai vaga mentre cominciavo a sentirmi scomoda sotto il suo persistente sguardo. Sembrò accorgersene e fece finta di osservare i libri alla sua sinistra.
«Infatti non sto aiutando Albus» rispose, infilandosi lentamente le mani in tasca.
«Non direttamente…» ribattei con un mezzo sorriso nervoso.
«Già».
Era proprio un tipo strano. La sua presenza mi faceva venire i brividi, nonostante mi stessi convincendo che era carino il fatto che fosse disposto a dare una mano.
«Non dirglielo» sussurrò all’improvviso, ridestandomi dai pensieri.
Lo guardai curiosa, ma annuii. Ovvio, non voleva sembrare incoerente. Mi voltai, pensando che finchè non lo avessi guardato in quegl’occhi indagatori, probabilmente mi sarei sentita meno impacciata e afferrai la pila di libri. Mi avvicinai e gliela posai tra le braccia che aveva teso, fissando il nodo della sua cravatta grigia e verde. Lui, muovendosi silenziosamente, andò ad appoggiarli sul tavolo e si sedette.
 «Direi di cominciare a dare un’occhiata a questi» borbottai, prendendo posto davanti a lui e sfilando penna e pergamena dalla borsa per prendere qualche appunto. Lui annuì e prese a slacciarsi i bottoni delle maniche della camicia per arrotolarle fino ai gomiti, scoprendo gli avambracci chiari. Distolsi lo sguardo nervosamente e affondai il naso in ‘Rimedi Magici Fai-Da-Te Per Gli Incidenti Casalinghi’.
Per i successivi venti minuti sfogliammo in silenzio i vari libri e io quasi mi dimenticai della sua presenza. Ogni tanto sentivo sfogliare delicatamente le pagine o richiudere un libro per prenderne un altro. Non trovai nulla di utile nemmeno in ‘Mille Antidoti Contro Il Vaiolo Di Drago’ e lo richiusi sbuffando e mordicchiando la penna d’oca. Sollevai lo sguardo e notai che Malfoy mi stava osservando; cominciai a sentirmi le orecchie calde e mi mossi infastidita sulla sedia.
«Trovato nulla?» sussurrai con la voce roca per via del lungo e precedente silenzio, mentre spostavo lo sguardo sulla sua spalla sinistra. Lui richiuse il pesante libro di Medimagia e si alzò dandomi le spalle.
«No. Cerco qualcos’altro» lo sentii dire, con la testa rivolta verso gli scaffali di fronte a me.
Osservai la sua figura alta e snella mentre certe parole di Dominique mi invasero all’improvviso il cervello (‘Sapessi che gli farei Rose! Ha un lato B talmente bello!’) arrossii violentemente mentre i miei occhi volavano in zona-non-consentita e ricacciai la faccia dietro a‘Draghi, Come Crescerli Ed Accudirli’ lanciando mentalmente epiteti di ogni tipo contro la bionda e contro il mio cervello che sembrava stesse andando in sovraccarico. Individuai il capitolo ‘Ustioni e Ferite Corrosive: Rimedi’ e cercai di concentrarmi.
«Mhm, credo di aver trovato quello che fa al caso nostro» borbottai dopo qualche minuto.
Alzai lo sguardo e non vedendo il biondo mi voltai. Era appoggiato ad uno scaffale poco lontano da me e sfogliava un vecchio volume malconcio. Lo rinfilò nello scaffale e si avvicinò per leggere oltre la mia spalla, appoggiando la mano allo schienale della mia sedia.
«Sembrerebbe una pozione abbastanza semplice» attaccai concentrata, scorrendo gli occhi sulla pagina giallognola. «A parte il fatto che deve rimanere in ebollizione per due notti consecutive, la preparazione richiede solamente venti minuti… gli ingredienti sono quelli basilari… tranne forse per il crine di unicorno che potrei provare a chiedere ad Hagrid… e le lacrime di fenice distillate, si quelle sono un problema» tamburellai con le dita sul tavolo, con lo sguardo fisso davanti a me, pensierosa, «Ma potrei chiederle alla McGranitt, dovrebbe conservarne un po’ nel suo ufficio… se la facessi passare come ricerca extrascolastica di sicuro non sarebbe un problema» sorrisi soddisfatta e mi voltai verso di lui per chiedergli cosa pensasse, ma mi ritrovai il suo viso orrendamente vicino. Spostò il braccio per sfogliare la pagina e prese a leggere con attenzione, sussurrando ogni tanto un ‘mhm’ vago.
Una sensazione strana mi pervase una volta realizzata la sua vicinanza. Aveva un profumo molto particolare che solleticava piacevolmente le narici. Leggermente dolciastro e piuttosto inebriante. Volsi lo sguardo oltre il vetro della finestra, sul prato illuminato dal sole. Lily doveva avermi attaccato parte della sua demenza quel giorno o forse erano solo le troppe emozioni del primo giorno di scuola che mi avevano scombussolato.
«Dovrebbe andare bene» lo sentii dire direttamente nell’orecchio. Mi voltai e lo vidi alzare lo sguardo dal libro.
«Bene» borbottai sommessamente.
Aveva preso a fissarmi curiosamente un punto ignoto sul mio viso, vicino al naso.
Interdetta, infilai agilmente il libro nella borsa, controllando che Madama Prince non mi stesse guardando. Pensai che avrei potuto contare una per una le sue ciglia da quanto lo avevo avuto vicino, ma cercai nervosamente di distrarmi, passando una mano tra i capelli (ancora umiditicci) e legando le cinghie della borsa. Malfoy si era mosso dall’altra parte del tavolo per agguantare distrattamente la sua borsa e mi aspettava sull’uscio della stanza.
«Come facevi a sapere ero in biblioteca?» chiesi curiosa, quando ci ritrovammo nel corridoio, fuori dal raggio delle occhiate sospettose della bibliotecaria.
«Lo immaginavo» sentii rispondere la sua voce calma e atona alla mia destra.
Pensierosa continuai a camminare, decidendo che avrei fatto meglio a stare zitta, visto le sue risposte vaghe. Mi dava l’impressione che non avesse avuto nessunissima voglia di stare lì o tanto meno di aiutarmi, ma che qualcun altro lo avesse spinto a farlo. Beh, nemmeno io facevo i salti di gioia, ma mica glielo avevo chiesto io di venire.
Accatastai in un angolo quei pensieri e ci salutammo davanti alle scale che mi avrebbero portato al piano dove c’era la Sala Comune di Grifondoro; mi feci un appunto mentale di non tentare di infilarmi in conversazioni da più di tre parole per volta con Malfoy.
«Hai dello sporco sul naso cara» mi avvertì poco dopo la Signora Grassa con un sorriso gentile, prima che potessi borbottare la parola d’ordine, alzando gli occhi al cielo.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


La mattina seguente scesi a fare colazione accompagnata da Albus e da una buona dose delle sue lamentele su quanto le pustole cominciassero a pulsare e non lo lasciassero dormire.
Lo rassicurai riferendogli i risultati dell’ora passata in biblioteca, eludendo prontamente il fatto che Malfoy si fosse presentato, offrendomi una mano nella ricerca.
«Meno male… ieri ero quasi tentato di somministrarmi una fattura Autoparalizzante per poter dormire senza contorcermi dal dolore» sospirò, sistemandosi di fronte a me al tavolo di Grifondoro.
Due profonde occhiaie grigiastre gli solcavano la pelle sotto gli occhi verde chiaro.
«’Giorno Rose» mi sbadigliò Lily due posti più avanti, prima di riprendere a borbottare freneticamente con Alice riguardo a chissà quale argomento.
Non feci in tempo ad afferrare un toast farcito, che un barbagianni paffuto mi volò in grembo, schioccando il becco allegramente. La Sala Grande era stata invasa dal solito sciame mattutino di gufi-postini.
«Chi è che ti scrive?» domandò Albus indicando la spessa busta che il barbagianni mi aveva abbandonato nel piatto.
«La mamma immagino…» borbottai, voltando la busta per leggerne il mittente e ficcandomela poi in tasca. L’avrei letta dopo con più calma. Albus sorrise.
«La zia Hermione è sempre così preoccupata eh», ma si interruppe quando un pacco gli volò dritto dentro il calice di Succo di Zucca.
Un gufetto piccolo e grigio (evidentemente quello che aveva recapitato il pacco) prese a svolazzare contento intorno alla testa di Al, soddisfatto della consegna. Una risata si alzò da tutto il tavolo, mentre mio cugino tentava di afferrarlo per la coda.
«Maledet- vieni qua! Ma perché mia madre adora questi cosi? Non poteva comprarsi un gufo NORMALE?» sbottò, afferrandolo al volo, mentre questo tentava di attaccare una fetta di pane lasciata incustodita.
«Secondo me lo fa apposta ad assegnargli solo le tue consegne» dissi, trattenendo una risata.
«In realtà sono indirizzate a me E a Lily, ma immagino che James si diverta a cambiare il nome sulla busta» grugnì Albus, scartando un pacco enorme di caramelle mou e addentandole, leggendo un piccolo biglietto.
«Questo è papà …niente, mi ricorda di andare a trovare Hagrid… tanto abbiamo Cura delle Creature Magiche. Ah, e di non mettermi nei guai… solita solfa. Come se ci fosse stato un anno nel quale lui non si fosse messo nei guai. Ehi, guarda che c’è un’altra lettera per te» indicò il barbagianni che ancora avevo in grembo, il quale aveva preso a beccarmi la cravatta giallo-rossa per attirare la mia attenzione. Una piccola lettera era rimasta nascosta sotto il mio piatto; la presi e capì subito che si trattava di una lettera della McGranitt.
«Niente di che… invita i Caposcuola nel suo ufficio questa sera, in modo da stabilire i turni delle ronde…» sbuffai; spezzai il toast a metà e ne diedi una parte al barbagianni, che si affrettò a volare fuori dalla finestra, diretto alla Guferia per un bel sonnellino.
Vidi Albus alzare vagamente le sopracciglia. «Non ti va?» buttò là, dando un’occhiata all’orario che spuntava dal mio libro di Cura delle Creature Magiche.
Mi grattai la testa pensierosa «Speravo di poter concludere questa storia della pozione, ma tanto dovrei lo stesso passare nel suo ufficio per un ingrediente…»
«Che c’è Weasley, ti butti sui filtri d’amore ora? Sei così disperata?»
Mi voltai, istintivamente pronta ad attaccare, sentendo quello schifoso tono beffardo.
Adam Zabini si era fermato a metà strada tra il tavolo di Grifondoro e il portone della Sala Grande e mi fissava con quel suo sorriso da demente. Non lo avevo mai sopportato, fin dal primo anno lui e tutta la sua famiglia non facevano altro mettere i bastoni fra le ruote a noialtri. Suo padre, specialmente, tentava in tutti i modì di creare scompigli all’interno della ripartizione degli Auror, al Ministero della Magia, nel quale lavorava lo zio Harry, mio padre e nel quale aveva lavorato anche mia madre. Malfoy, ovviamente alle sue calcagna, lanciò uno sguardo ad Albus e prese poi a guardare il soffitto, la rughetta di disapprovazione apparsa tra le sopracciglia.
«Gira al largo, o la prossima volta dovrai correre più veloce di quanto voli sul manico di scopa, per evitare le mie Fatture» gli rispose Albus, sorridento sarcasticamente «…non che ti ci voglia molto comunque» aggiunse, e riuscii quasi a vedere l’angolo della bocca di Malfoy che si arricciava in un sorrisetto, mentre continuava a fissare il soffitto.
Zabini giocava come cercatore di Serpeverde, e c’era da dire che da quando era entrato in squadra, la Casa non aveva vinto neanche una partita. Albus, invece, aveva ereditato il talento del padre e, come James faceva sempre la sua bella figura in campo.
Aspettammo che i due si allontanassero e poi ci alzammo per raggiungere il cortile.
«Oh, Rose, eccoti qui» come di consueto, una zazzera bionda con la gambe mi si era piantata davanti, proprio sulle scale del portone principale. «Dominique…» la salutai vagamente e occhieggiai il povero Rainold Light che se ne stava un po’ più lontano ad aspettarla. Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso e questo, evidentemente, anche perché lei aveva provveduto a fare quindici risvolti alla gonna della sua divisa.
«Ciao Dom, sempre in gran forma eh» sospirò Albus, frugando nella sua borsa, sperando di evitare la conversazione. Lei rispose sorridento meccanicamente.
«Ho incontrato Lumacorno e mi ha detto di avvisarti… cioè avvisarvi, che la prossima settimana vuole tenere la prima riunione del Lumaclub e ci terrebbe che noi, come al solito, facessimo la nostra apparizione».
I festini del Lumaclub erano ormai diventati un’abitudine e cercavamo sempre di trovare una scusa per saltarne qualcuno, ma liquidai mia cugina assicurandole che saremo venuti volentieri.
«Bene, vado a cercare Lily per dirglielo… prima era così impegnata a parlare con quel Lysander, mamma mia» e si ricongiunse al braccio del suo ammiratore con uno sbuffo.
 
Nel tratto di cortile che percorremmo per arrivare alla capanna di Hagrid, io e Albus discutemmo riguardo a qualche panzana da inventarci per saltare il festino e su quanto ormai fosse vecchio Lumacorno per passare il suo tempo a bere Idromele e rivangare il passato con i suoi studenti.
I Serpeverde erano già riuniti davanti al campo di zucche, dove Hagrid era impegnato a impilare casse di roba sospettosamente puzzolente. Ci salutò con un ‘ehi ragazzi passata bene l’estate?’ e prese subito a spiegarci che la lezione sarebbe consistita nel selezionare le viscere di cervo per trovare i pezzi più morbidi da dare in pasto agli Snasi.
Fu una lezione terribilmente noiosa e presto fummo tutti talmente imbrattati di roba viscida e maleodorante, che ci ritagliammo una pausa per prendere un po’ di aria fresca.
«Mannaggia, questa roba mi rimarrà addosso fino a giugno, giuro» borbottò Albus, analizzando lo sporco sulle maniche della camicia.
«Chiaro» sbuffai, tentando di raccogliermi i folti capelli con una matita.
Notai una piccola cosa bianca che cercava di saltare sulla mia gamba; la raccolsi incuriosita e vidi che era un origami a forma di rana. Mi voltai e vidi Malfoy che mi guardava, mentre si puliva le mani con uno straccio. La ranocchia di carta si aprì, mostrando al suo interno un messaggio; Albus lesse da sopra la mia spalla.
Malfoy ci suggeriva di iniziare a preparare la pozione quella sera stessa, perché era sicuro che la Sala Comune non sarebbe stata molto affollata e ricordava ad Albus si portare il Mantello dell’Invisibilità.
«Gli hai detto del mantello di tuo papà?!» gli soffiai nell’orecchio scandalizzata. Albus alzò le spalle «Non è mica un segreto di stato. Non sa che è QUEL Mantello… comunque mi sembra una buona idea» e si voltò verso il biondo alzando un pollice in segno di assenso.
Questo mi ricordò, a fine lezione, di chiedere in prestito ad Hagrid del crine di unicorno e questi mi diede un’intera coda, annuendo entusiasta.
 
Il resto della giornata passò in modo così lento che sembrò che qualcuno avesse usato un Giratempo e avesse costretto tutti ad assistere a quattro ore di Storia della Magia, invece che a due.
Quando ritornai in Sala Comune mi affrettai a infilare nella borsa tutto quello che mi sarebbe tornato utile per la pozione, più il libro della biblioteca.
Albus, nel frattempo, era ritornato giù da Hagrid per scambiare qualche parola e chiedergli se sarebbe venuto alla riunione del Lumaclub o se sarebbe stato almeno disposto a coprire la nostra assenza con Lumacorno.
«Rose, ti cercavo» Lily balzò fuori dal quadro della Signora Grassa e affondò nella poltrona vicino la mia, davanti al fuoco.
«Cos’hai lì? Cibo?» chiesi, osservando un cestino che aveva sulle ginocchia.
«Ah… sì, speravo ti andasse di cenare con me qua, tanto per stare un po’ insieme»
Mi chiesi che necessità c’era, visto che io e lei ci incrociavamo ogni benedetta volta che scendevamo le scale del dormitorio.
«Che succede?» sospirai. Lei si liscò con una mano una ciocca di capelli ramati e si aggiustò gli occhiali, lanciando un’occhiata nell’angolo della Sala Comune, dove Fred, Roxanne e Hugo armeggiavano con un sacchetto, ridendo. Li guardai male.
«Pensi che Albus abbia una buona opinione di Alice?» mi chiese ad un certo punto.
Io la fissai per un po’, sperando che quella non si trattasse proprio di quel tipo di conversazione che cercavo sempre di evitare.
«Non saprei, sì?» buttai lì, alzando le spalle e dando un’occhiata all’orologio.
«Sai…» iniziò, addentando un panino preso dal cesto e offrendomene uno «…credo che a lei lui piaccia… praticamente da sempre… quindi volevo un po’ aiutarla.»
Aggrottai la fronte, cercando di nascondere il mio totale disinteresse per la cosa.
«Ti fa male stare troppo con Dominique… di solito è lei che non ha altro che questo per la testa»
«Non che non abbia altro per la testa! Ma Alice è mia amica e mi chiedevo se potevi chiedere ad Albus se le interessa» esclamò, abbassando subito la voce.
«Al è tuo fratello» esclamai, sputacchiando briciole «Puoi chiederglielo tranquillamente»
«Ma con te ha più confidenza» sussurrò con una vena di amarezza. Guardai per un po’ le fiamme saltellare nel camino e poi le dissi che sì, avrei provato a parlarci. Mi chiesi se gli altri avessero già finito di cenare e se ce l’avrei fatta ad arrivare dalla McGranitt in tempo.
«Non ci posso credere!»
Io e Lily ci voltammo per vedere un esasperato Albus entrare in Sala Comune, la divisa completamente sporca di viscere macilente, gli occhi strabuzzanti e la sciarpa di traverso.
«Maledetto Gazza! Mi chiedo perché non lo abbiano ancora cacciato fuori a calci, sta a stento in piedi! Ah, ma è ancora capace di rompere le pal-» 
«Che diavolo succede?» esclamai, tirandomi su dalla poltrona. Fred, Roxanne e Hugo fissavano ora Albus incuriositi.
«Massì» sbottò lui, lanciando la borsa su un tavolo. Notai che teneva le scarpe in mano, invece che ai piedi. «Mi ha chiesto che cosa ci facessi in giro a quest’ora… ed ero da Hagrid. L’ho aiutato con un po’ di cose e quando sono rientrato quel-» e qui ringhiò «di Gazza mi ha urlato contro, perché stavo ‘insozzando il pavimento di roba lercia’ e che a lui questo ‘non va giù’ e mi ha rifilato una punizione!» disse quasi urlando, mentre si lasciava cadere su una sedia.
«Bella mossa, mi sa che è la prima che dà quest’anno» rise Hugo, fissandolo «Quando gli ho lanciato un Frisbee Zannuto contro non si è azzardato a dire niente»
«Questo perché Vitious ti aveva chiesto di mostrargli come funziona» aggiunse Roxanne, squadrandolo divertita.
«Vabbeh, non sarà né la prima né l’ultima Al… non c’è alunno in tutta Hogwarts che non ne abbia ricevuta una da lui…» tentai di rincuorarlo.
«Si, ma il problema è che devo andare ‘sta sera!» sbottò, tentando inutilmente di abbassare la voce.
Lo guardai paralizzata. Questo significava che mi avrebbe lasciato andare nel ‘covo delle serpi’ da sola?
«…e io ormai ho detto a Scorpius che per ‘sta sera va bene. Scusa Rose.» sussurrò, con aria atterrita.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Livida di rabbia, mi ritrovai a percorrere i corridoi così velocemente che un paio di frati in un dipinto fecero volare via dalle proprie mani i calici dalla sorpresa.
«Affari da sbrigare, eh signorinella?» li sentii biascicare, mentre giravo l’angolo e raggiungevo il corridoio dell’ufficio della Preside.
Ancora non ci credevo che quello scemo di mio cugino fosse riuscito a farsi piazzare una punizione da Gazza proprio quella sera. Un quarto d’ora prima ero felice che la situazione si sarebbe potuta risolvere senza troppi problemi e ora… beh, sapevo che sarebbe stata lunga e dolorosa. Se non riuscivo a sostenere un discorso di tre parole con Malfoy, figurarsi passarci una serata a creare pozioni nella SUA stanza, nel SUO dormitorio.
Mi infilai la mano in tasca per controllare che il Mantello dell’Invisibilità fosse al suo posto, ma le mie dita incontrarono una busta di pergamena.
La tirai fuori e rallentai il passo per leggere la lettera di mia madre. Niente di speciale… diceva che le mancavo già (anzi, che le mancavamo già) e che non vedeva l’ora che tornassimo per Natale. Inoltre mi aveva allegato una lista di libri interessanti e utili che avrei potuto utilizzare in biblioteca per prepararmi ai M.A.G.O.
Già, come se quella fosse stata la prima delle mie preoccupazioni, in quel momento.
Comunque il pensiero nostalgico del calore casalingo occupò la mia mente fino a quando non mi ritrovai davanti ai gargoyle di pietra.
Borbottai ‘Piuma di Zucchero’ e questi saltarono di lato per lasciarmi passare.
L’ufficio della McGranitt era sempre lo stesso; ma comunque, come potei capire dai racconti di mio zio Harry, era sempre stato uguale. Librerie alte fino al soffitto e ricolme di libri troneggiavano sulla scrivania posta al centro e sui tavoli lungo le pareti si trovava una serie di strani oggetti sibilanti.
«Buonasera Rose» mi salutò calma la Professoressa McGranitt, stirando le labbra nella mia direzione.
Su due paffute poltroncine erano seduti Padme Macmillan e Rainold Light. Mi voltai e vidi Malfoy in piedi vicino al grande armadio sulla sinistra, le braccia incrociate e lo sguardo rivolto verso terra. Quest’ultimo però si sollevò per scrutarmi, una volta che la McGranitt fece il mio nome.
Scivolai velocemente fino alla poltrona vuota, dopo aver ricambiato con un’occhiata nervosa e attesi.
Il discorso della Preside fu piuttosto lungo e noioso e consistette principalmente nel metterci in guardia di fronte alle responsabilità delle quali eravamo ora investiti; ci raccomandava di occuparci dell’ordine disciplinare all’interno dei nostri dormitori e di fare tante altre cose noiose alle quali non riuscii a prestare attenzione; ero intenta a ripetermi mentalmente gli ingredienti e i procedimenti per preparare la pozione, in modo da potermi poi sbrigare e lasciarmi alle spalle la serata.
Quando passò a parlare delle ronde, Padme Macmillan si offrì, fortunatamente, di dividerse l’ala est del castello con Light (e questo non mi stupì affatto) per il primo mese di scuola, lasciando il resto dei corridoi a me e Malfoy.
«Professoressa, potrei chiederle una cosa?» chiesi, una volta che l’espressione della McGranitt fece intuire che la riunione fosse finita.
Non ebbi alcun problema ad ottenere le lacrime di Fenice, poichè lei era sempre stata molto disponibile ad aiutarmi in ogni mio interesse extrascolatico; non servirono molte parole che mi ritrovai con una fialetta piena di quelle provenienti dalla storica Fanny.
Sempre più nervosa, seguii gli altri fuori dall’ufficio della McGranitt e insieme scendemmo le scale, per dividerci nel Salone d’Ingresso.
«Okay…» sospirai, una volta che io e il biondo fummo soli.
Cercando di essere più concisa possibile, spiegai velocemente, con voce incerta, che Albus non sarebbe potuto venire e per quale motivo, preoccupandomi di farcire il tutto con qualche insulto. Malfoy mi ascoltò senza proferire parola e assunse un’espressione indecifrabile.
«Credo che aspettare a farla sia solo peggio per lui, però…» aggiunsi, con tono vago.
La mia voce faceva quasi eco nel vuoto della Sala d’Ingresso e questo mi dava sempre più l’impressione che stessi parlando da sola. Lo guardai sentendomi a disagio.
«Mhm… non ci vorrà molto. Se non ci sono problemi dovremmo cavarcela in una mezz’ora» disse dopo un po’.
Sorrisi mentalmente, pensando che quella fosse probabilmente la frase più lunga che avessi sentito pronunciare dalla sua bocca e annuii.
«Hai il Mantello? Non credo che i Serpeverde sarebbero contenti di vederti gironzolare per il loro dormitorio» aggiunse e si voltò dirigendosi verso i sotterranei. Mi corressi pensando che forse avrei sentito più di una frase di senso compiuto venire da lui, quella sera. Gli risposi di sì e lo seguii. Se i corridoi del castello erano fiocamente illuminati, i sotterranei erano completamente bui, data la rara presenza di una torcia affissa al muro. Riuscii a seguire Malfoy solo grazie ai deboli riflessi chiari dei suoi capelli, in netto contrasto con l’oscurità.
Naturalmente sapevo dove si trovasse la Sala Comune dei Serpeverde, ma dovetti tastare comunque le pareti fredde e un po’ umide per capire dove fossi. Ad un certo punto, Malfoy si fermò e io mi dovetti mettere seriamente d’impegno per non finirgli addosso. Capii che non potevo rischiare di incontrare qualche Sepeverde notturno a spasso per i sotterranei e infilai la mano in tasca per prendere il Mantello; mi nascosi al meglio sotto di esso e sfiorai il gomito di Malfoy per fargli capire che potevamo proseguire. Lui si voltò e mi guardò dritto negli occhi. Non che potesse vedermi in faccia, ovviamente, ma per un secondo ebbi l’impressione che potesse vedere attraverso il Mantello. Mi sentii un’idiota e fissai il suo viso, senza imbarazzo, essendo nascosta.
La luce della torcia affianco a lui metteva in risalto i suoi lineamenti appuntiti e la sua pelle liscia. Il profilo della sua mascella si addolciva terminando sul mento leggermente squadrato.
I suoi occhi vagarono dai miei fino ad un punto imprecisato al di sopra della mia fronte.
«Pucey» borbottò, alzando il mento. Mi sentii confusa, chiedendomi cosa diavolo gli dicesse il cervello, finchè non capii che Pucey era il nome di un suo compagno di Casa, che stava in quel momento passando dietro di me.
«Malfoy. Pensi di rientrare? O ti fai un giro?» mi voltai per vedere questo Pucey, che era basso e un po’ tarchiato, ma dal tono di voce gentile.
«Non sono affari tuoi, Pucey. Potrei metterti in punizione» ribattè Malfoy.
Ma dopo due secondi di silenzio, scoprì i denti sorridendo nella sua direzione.
Non credevo di poter cadere così vittima della demenza da mettermi quasi a CONTARE i denti di una persona, ma questi erano estremamente bianchi e regolari e il sorriso sul quel viso stonava talmente tanto da essere piacevole. Lo fissai incredula, incurante del fatto che potesse o non potesse vedere l’espressione sulla mia faccia.
«Ah! Dai, ti riservo la poltrona migliore allora,» e il Serpeverde si voltò verso un muro, biascicando una parola d’ordine che non sentii. «Grazie, un’altra volta. Sono stanco» rispose il biondo, lanciando un’occhiata nella mia direzione. Seguimmo il tipo in questione attraverso il varco che si era aperto nel muro e dovetti quasi scattare per non rimanere chiusa fuori.
La Sala Comune di Serpeverde era molto regale. Grigio e verde erano i toni predominanti, ma un bel fuoco rosso scoppiettava nel camino e due o tre studenti se ne stavano sdraiati sui divani intorno ad esso. Con orrore riconobbi Zabini, il quale era impegnato a chiacchierare con una ragazzina di terza dalla carnagione molto pallida. Cercai di districarmi alla ben’e meglio tra i tavoli e i divanetti e seguii Malfoy attraverso la Sala Comune. Cominciavo ad avere caldo e mi trattenni dallo sbuffare, visto che tutti gli studenti sembravano avere un impellente bisogno di parlare con lui.
Finalmente, un po’ incuriosita, lo seguii giù per una scala a chiocciola. A quanto pare i loro dormitori si trovavano ancora più al di sotto del livello dei sotterranei.
Ce la misi tutta nel cercare farmi largo in quello spazio angusto e, fortunatamente non urtai nessun Serpeverde di passaggio.
Entrammo nella stanza in fondo, dove una grossa C era incisa sulla targhetta della porta. La stanza era grande, forse più della mia (o forse la mia sembrava piccola per il perenne disordine e il perenne affollamento); il letto a baldacchino dai tendaggi verde smeraldo era in mezzo alla stanza, ma c’era un grande tavolo in mogano su un lato e una piccola libreria. Dalle finestre si vedeva l’acqua scura del Lago Nero.
Mentre mi sfilavo il Mantello, Malfoy si chinò sul suo baule per tirarne fuori un calderone.
«Muffilato» sussurrai, puntando la bacchetta sulla porta e rimasi tentennante sul lanciare o meno un incantesimo Colloportus, per evitare di essere disturbati. Ma l’idea di chiudermi a chiave con Malfoy in una stanza non mi allettava particolarmente.
«C’è già una Maledizione su quella» lo sentii dire, dall’altra parte della stanza.
«Se qualcuno che non sia io tentasse di aprirla, le dita delle sue mani comincerebbero a piegarsi al contrario, fino a spezzarsi»
Lo fissai sconcertata e inorridita. Mi rivolse un’espressione annoiata. «Non hai idea di cosa siano capaci di fare le Serpeverde» aggiunse con tono vago, come giustificandosi.
Tirai fuori l’occorrente dalla borsa, un po’ più rilassata nel vedere un Malfoy quasi socievole.
Cominciai a preparare gli ingredienti, mentre lui accendeva un Fuoco Magico sotto il calderone e cercai di concentrarmi al massimo, come se fossi ad un test di Pozioni; questo un po’ per far passare il tempo più velocemente e un po’ per dimenticarmi della sua presenza vagante per la stanza.
Il fuoco emanava un bel tepore, ma dopo cinque minuti di tagliuzzamenti e dosaggi, sentivo i capelli incresparsi e appiccicarmisi alle guance. Feci una pausa e passeggiai per la stanza, rileggendo le istruzioni di preparazione, mentre Malfoy ripesava ogni ingrediente, assicurandosi che fosse perfetto. D’altronde eravamo i due migliori studenti di Pozioni e, nonostante questa in particolare fosse una pozione piuttosto rigida e complicata, probabilmente avremmo potuto prepararla ad occhi chiusi. La situazione, però, mi rendeva molto tesa e più avevo caldo, più mi muovevo e più mi muovevo, più ero irrequieta. Più diventavo irrequieta, più ero sicura di rischiare di parlare a sproposito.
Presi a maledirmi in silenzio, mentre i miei occhi vagavano su Malfoy, il quale era di schiena e sembrava non accorgersi affatto di tutto quel caldo.
«Vuoi aprire una finestra?» lo sentii chiedere, mentre mi sventolavo con il libro, agonizzando.
«Magari… no, aspetta si possono aprire? Non rischiamo tipo… un’inondazione» borbottai, sentendo la bocca incollata e mi avvicinai al tavolo.
Vidi il suo profilo sogghignare, mentre diluiva il Pus di Bubotubero e me lo passava. Lo travasai, fissandolo e proseguii con gli altri passaggi, cercando di concentrarmi.
«Sono incantate… in realtà non ci sono finestre che danno sul Lago», sentii dire la sua voce.
Man mano che mi servivano gli ingredienti, me li passava cautamente e mi osservava mescolare il calderone. Ormai dovevo avere le guance paonazze dal caldo, ma, dopo un’ultima mescolata, emisi un sospiro di sollievo.
«Ora dobbiamo aspettare solo quindici minuti per le lacrime di Fenice» dissi, spostandomi dal viso i capelli. Mi sedetti su una sedia e appoggiai i gomiti sul tavolo, reggendomi il mento con le mani. Per fortuna gran parte della seccatura era risolta.
Lo guardai abbassare il fuoco con un colpo di bacchetta e prendere posto di fronte a me.
La sensazione scomoda che se ne era stata buona buona in un angolo della mia testa per quei dieci minuti, mi si scagliò addosso attanagliandomi lo stomaco come una Piovra Gigante.
Mi rivolse il suo solito sguardo indagatore, che mi riusciva difficile da sopportare e che mi obbligò a distogliere gli occhi da quelli suoi grigio pallido. Notai che si era tolto la cravatta e che il colletto della camicia era allentato, lasciando intravedere parte delle clavicole.
Non so perché mi venne in mente proprio in quel momento, ma ripensai a mio padre, a mia madre e a mio zio e a quanto raccontavano di aver dovuto sopportare a scuola, soprattutto a causa di quel maledetto Malfoy e di tutta la sua famiglia. Mi chiesi se anche lui fosse così in fondo, anche se non poteva essere, visto che era amico di Albus. Però pensai che la sua presenza mi dava sempre i brividi e che nessuno, nemmeno Albus, poteva asserire che non ci fosse nulla di strano o… quasi inquietante, in lui.
Sbadigliai e chiusi gli occhi, pensando ironicamente a cosa avrebbe detto mio padre se avesse saputo che mi trovavo in camera con Scorpius Malfoy di notte e che chiunque avesse voluto aprire la porta si sarebbe ritrovato le dita piegate al contrario.
«Mi dispiace»
Sollevai le palpebre con fatica, e credetti di aver sentito male per colpa del torpore che il caldo mi stava provocando. Malfoy mi guardava con un’espressione strana e io fui sicura di essermi persa qualche pezzo. «Scusa…?» borbottai sommessamente, raddrizzandomi sulla sedia.
«Zabini» buttò lì e subito aggrottò le sopracciglia. «Fa così con tutti» aggiunse.
Ripensai all’episodio accaduto in Sala Grande quella mattina e diedi un’alzata di spalle.
«Non importa. Sono… insomma, siamo abituati a ritorsioni di ogni tipo da parte dei figli di ex Mangiamorte» borbottai senza pensare; ma mi morsi subito il labbro e mi girai a fissarlo.
«Scusa, non intendevo…» biascicai in fretta.
Lui prese a fissare intensamente il calderone e trascorse un silenzio tombale che mi sembrò durare ore, prima che aprisse la bocca per dire:
«Non credere che sia fiero della mia famiglia»
Il suo tono era quasi aspro, e la sua mascella si era serrata, mettendo in tensione la pelle delle guance.
Mi sentii in imbarazzo e più che mai a disagio.
«Sarà meglio mettere l’ultimo ingrediente» sussurrai dopo un po’, sapendo di essere diventata rossa dalla vergogna.
 
Mi sentii uno schifo sin quando non mi ritrovai nel mio letto, poco dopo. Malfoy mi aveva accompagnata fino all’uscita della Sala Comune di Serpeverde per assicurarsi che non incontrassi nessuno e io lo avevo salutato, ricordandogli di lasciare la pozione in ebollizione per due notti.
Avevo camminato fino alla Sala Comune con un senso di assenza addosso, ripensando a come lui aveva cercato di essere gentile con me e alla frase che mi era scappata subito dopo. Solitamente non distoglieva mai lo sguardo, ma quella volta lo aveva fatto.
E io non riuscii a dormire per tutta la notte.
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Socchiusi gli occhi, sentendo le coperte tendersi sopra la mia spalla e fissai per qualche secondo il confuso miscuglio di colori che mi trovavo davanti.
«Rose… Rose… svegliati… o non troverai niente a colazione»
«…Hugo… spezzo il manico di scopa… se mangia ‘a mia porzione» grugnii sommariamente di rimando. Sentii un fruscìo e una mano che mi scrollava con enfasi la spalla.
«…ice?» borbottai con roca sorpresa, emergendo dall’abisso di coperte.
La faccia paffuta e dalle guance rosee di Alice Paciock mi fissava preoccupata.
«Hai dormito fino adesso… gli altri sono tutti scesi… se aspetti ancora, libereranno la Sala Grande» mormorò, fissandomi allarmata. «Stai bene?» aggiunse, quando mi vide tirarmi su a forza e guardarmi intorno confusa. Borbottai un sì e mi strofinai la faccia con le mani, sospirando a pieni polmoni. Che ore erano? Quanto avevo dormito? Forse due ore. Semi incosciente mi trascinai per la stanza, tentando di coprirmi con qualcosa che sembrasse l’uniforme.
«Credevamo fossi già scesa, ma giù non c’eri… e visto che dovevo recuperare il mio manuale di Pozioni ho pensato di controllare che non fossi…» ma non la ascoltai. Cercai di mettere a fuoco ciò che mi circondava e man mano che la visione si faceva più nitida, con un tuffo al cuore, il mio cervello mi notificò che non aveva eliminato il ricordo della sera precedente.
«…A posto» biascicai, passandomi la mano tra i capelli, cercando di districarne i nodi.
Filai fuori dalla stanza, lasciandola lì in piedi accanto al mio letto, con il libro di Pozioni in mano ed un’espressione confusa.


Cinque minuti più tardi mi ritrovai ad arrancare per i corridoi, diretta alla Sala Grande e senza il minimo appetito. Al secondo piano mi scontrai anche con delle ragazze di prima, che si preoccuparono di scappare via il più veloce possibile, vedendo la mia espressione truce.
La Sala Grande era già mezza vuota, ma mi fiondai velocemente sul tavolo di Grifondoro, cercando di non incrociare nessuno sguardo da parte dei pochi studenti rimasti.
Albus e Lily, che stavano chiaccherando sottovoce, si voltarono immediatamente, squadrandomi sorpresi. Abbandonai la borsa nel posto vuoto di fianco al mio e sorvolai con lo sguardo il tavolo, in cerca del Succo di Zucca.
«Buongiorno» sentii Lily dire, mentre cercava di trattenere un risolino. Albus mi rivolse uno sguardo incuriosito, grattandosi dietro l’orecchio.
«Tutto a posto?» mormorò, fissandomi.
Borbottai qualcosa riguardo al fatto che avessi solo dormito male e afferrai un cucchiaio argentato per riflettermici dentro. Un cisposo occhio color nocciola, contornato da una bella occhiaia grigiastra e da una buona dose di lentiggini, mi restituì lo sguardo.
«Beh, io vado, altrimenti arrivo in ritardo a Pozioni» esclamò Lily allegra, tirandosì su dalla panca e afferrando le sue cose. Mi rivolse un’ultima occhiata furba e filò via, verso la Sala d’Ingresso.
Continuai a mangiucchiare un pezzo di pane, mentre sentivo lo sguardo di Albus addosso.
«Ho parlato con Scorpius e ha detto che la preparazione della pozione è andata bene» buttò lì, dopo un po’. Istintivamente, il mio sguardo volò al tavolo dei Serpeverde, ma non intravidi la solita testa bionda. L’espressione di Malfoy durante il discorso della sera prima balenò nel mio cervello e smisi masticare, abbandonando il sandwich nel piatto.
«Si… tra un paio di giorni sarà pronta» esalai, con voce roca.
«…ma mi ha anche detto che non ci avete messo molto…» aggiunse lui, vagamente.
«Incantesimi» borbottai scuotendo lievemente la testa, facendogli capire che avremmo dovuto posticipare il discorso; questo anche perché vidi una figura avvicinarsi a noi.
Un ragazzo piuttosto magro, dai lineamenti dolci e dai trasognati occhi azzurro chiaro, si era fermato vicino a noi scrutandoci; teneva una grossa cassa di legno tra le braccia, la quale emanava un forte odore di cipolle.
«Ciao» disse sorridendo beato.
«Ciao Lysander» rispose Albus, mentre raccoglieva i suoi libri dal tavolo.
Questi dondolò da un piede all’altro con aria felice; i due fratelli Scamandro erano praticamente identici, in modo speculare. L’unica cosa che li differenziava era che Lysander portava un orecchino di legno, molto simile a quello dello zio Bill.
«Avete visto Lily? Le ho portato un po’ di Radigorde… oggi noi Corvonero abbiamo lezione con i Serpeverde, quindi pensavo di lasciargliele prima di andare» esclamò, spostando il suo sguardo su di me, che ceravo di tirarmi su dalla panca e mettermi la borsa a tracolla.
«Lily è già andata a Pozioni… e noi stiamo andando ad Incantesimi…» rispose vago Albus, cercando di far trapelare il fatto che avessimo fretta e, come potevo immaginare, che volesse continuare al più presto la nostra conversazione.
«Ah» esalò dispiaciuto Lysander «…beh, me le porto dietro, così le mostro al professor Paciok. Sarà felice.»  E si voltò per andarsene, la stessa espressione sognante sul viso.
«Sarà felicissimo» borbottai, mentre questi era già lontano.
«…di appestare tutta la Serra numero tre con quella puzza» aggiunse Albus, ghignando.
«Ah» mugolò, roteando la spalla con un’espressone di dolore «Maledetto Gazza… ieri mi ha fatto lucidare tutte le coppe e i distintivi della Sala dei Trofei almeno sette volte. Per non parlare di quelli con sopra il nome di mio padre… quella targa per i benefici resi alla scuola l’avrò consumata, a forza di passarci sopra il Solvente».
 
Quando arrivammo ad Incantesimi, trovammo l’aula completamente stipata di oggetti di varie forme e misure e il gruppo dei Tassorosso del settimo anno che se ne stava rintanato nell’unico angolo libero.
Il vecchio Vitious ci annunciò allegro che ci saremmo esercitati con gli Incantesimi di Evanescenza e ci fece segno di trovarci un posto dove sederci. Un’impresa, dato che banchi e sedie erano praticamente sotterrati.
«Ma hanno svuotato la Stanza delle Necessità qui dentro?» borbottò mio cugino, mentre liberava due sedie incastrate tra loro e le sistemava in fondo.
Gli incantesimi di Evanescenza erano di per sé semplici da produrre. Persino i piccoli maghi, non ancora coscienti del loro potere magico e non ancora in grado di controllarlo, erano capaci di esercitarli, se messi sotto pressione.
Per questo motivo erano abbastanza difficili da gestire, soprattutto perché Vitious ci raccomandava di far riapparire ciò che scompariva, esattamente nel posto dov’era precedentemente.
In breve tempo tutta l’aula fu pervasa da un vociare concitato e da una marea di incantesimi che svolazzavano a destra e a manca.
«Allora?» mi appellò mio cugino, una volta che trovammo un po’ di privacy.
Agitai stancamente la bacchetta verso la teiera che avevo di fronte e questa sbuffò infastidita una lama di vapore. Non ero proprio in forma quella mattina.
«Tutto bene… tra un paio di giorni potrai cominciare a prenderla» dissi con un po’ di esasperazione, riferendomi alla Pozione.
«Sei così strana oggi. Non è che è successo qualcosa, vero?» e agitò anche lui casualmente la bacchetta, finendo per far Evanescere una gamba del banco di fronte: Padme Macmillan, la quale ci era seduta sopra, lanciò un grido di sorpresa e si ritrovò per terra.
«Cosa vuoi che sia successo… ho solo dormito poco, una volta tornata a letto» risposi, mentre mio cugino si preoccupava chinarsi il più possibile, per nascondersi dietro una pila di vecchi libri.
«Anche perché una volta finito sarai tornata subito in Sala Comune, no…?» sussurrò Albus con voce un po’ tentennante, lanciando occhiate furtive tutt’intorno.
Lo fissai, ma i miei occhi gonfi di sonno non resero abbastanza allo sguardo scioccato e curioso che gli stavo rivolgendo.
«Albus… che stai insinuando?» chi chiesi, sorpresa quanto lui, quando vide la mia espressione. Lui presa ad agitarsi sulla sedia, cercando con improvvisa urgenza un’oggetto abbastanza piccolo da far Evanescere.
«Perché, cosa insinui… che io… stia insinando» sparò fuori, con voce incerta e gli occhi spalancati. Lo fissai per qualche secondo e poi mi raddrizzai sulla sedia e mi concentrai sulla mia teiera, facendola Evanescere con un colpo deciso di bacchetta; quest’ultima sputò fuori anche qualche scintilla verdognola.
«Non intendo sostenere un discorso del genere. Non ha senso» esclamai, facendo trapelare quasi troppo fastidio.
Cadde un piccolo silenzio, durante il quale Albus mi lanciò occhiate oblique a non finire.
La mancanza di sonno e quel discorso ambiguo mi facevano sembrare tutto un po’ irreale.
Quando feci riapparire la teiera, questa sbuffò fuori un piccolo soffio di vapore caldo dalla contentezza. Sentii caldo alla faccia e mi ricordai dell’afa che pervadeva la stanza di Malfoy, durante la preparazione della pozione, la sera prima.
Non capivo perché questa cosa continuasse a balenarmi in testa. Solitamente non soffrivo troppo delle conseguenze della mia mancanza di tatto. Solitamente ero la copia esatta di mio padre.
«Mi dispiace che tu abbia dovuto perdere ore di sonno per me… ti sono veramente debitore» sospirò dopo un po’ Albus, un po’ più rilassato grazie al fatto che dopo dieci tentativi, il suo portacenere fosse riapparso nel posto giusto.
«Già» risposi sovrappensiero. «…comunque tu avresti fatto la stessa cosa per me» aggiunsi, per non sembrare troppo rude.
«Solo che saperti a passare del tempo con Scorpius mi fa strano» azzardò, dando un’alzata di spalle.
«Non ce l’ho passato volontariamente» precisai, facendo Evanescere nuovamente la teiera e prendendo bene la mira per farla apparire in cima alla scrivania di Vicious.
Questa apparì a metà strada tra me e la meta, volteggiò in aria e si infranse per terra con uno schianto.
 
«Santo cielo» sbottai stancamente, lanciando i miei libri sul tavolo nell’angolo della Sala Comune.
Avevo intenzione di sfruttare quell’ora buca dopo il pranzo per poter rimettere in ordine i miseri appunti presi durante l’ora precedente di Difesa Contro Le Arti Oscure. Per quanto ne potessi sapere io, quegli indecifrabili segni che avevo prese a rileggere velocemente, potevano significare qualsiasi cosa. Ero sull’orlo del delirio e desideravo solo dormire.
«Cavolo… vorrei che questa giornata finisse ora» sbuffò Albus, prendendo posto accanto a me e tirando fuori una lunga pergamena dalla borsa; su di essa degli schemi colorati presero ad animarsi, dopo che lui l’ebbe sfiorata con la bacchetta.
«Come fai a pensare al Quidditch in questo momento…» mormorai retoricamente, senza alzare la testa dai miei scarabocchi sugli Incantesimi Acquatici. «Taci. È l’unica cosa alla quale vorrei riuscire a pensare» mi rispose lui, mordendosi il labbro inferiore dalla concentrazione.
«James mi ha passato alcuni suoi vecchi schemi, ma temo che con la squadra che Light vuole mettere su quest’anno, con quelli non abbiamo speranze» continuò pensieroso.
«Tanto hai tempo per quelli… e poi Light è solo un armadio che sa usare un manico di scopa. Persino io capisco che non c’è un minimo di tattica nei loro schemi di gioco» borbottai tenendomi la fronte e abbandonandomi sullo schienale della sedia.
«Mah… sta di fatto che devo pensare a qualcosa di nuovo…».
Sbuffai sonoramente, costringendomi a tornare alla mia pergamena. «Hai tempo comunque» conclusi con un’alzata di spalle.
«Un cavolo… Le selezioni sono tra pochissimo e non ho idea di chi si candiderà quest’anno!» escalmò Albus, afferrando con forza la pergamena e rificcandola dove l’aveva presa. «Mi fai copiare i tuoi appunti di Difesa Contro Le Arti Oscure?»
«Vai» borbottai, indicandogli la pergamena che stavo tentanto di trascrivere in lingua corretta. «Se ci capisci qualcosa.»
In quel momento Lily stava entrando dal buco del ritratto, la già nota cassa di Radigorde tra le braccia e una alquando svolazzante Dominique affianco. Qualche ragazzino del primo anno si girò verso un i suoi compagni per sussurrare qualcosa riguardo al fatto che quest’ultima non fosse di Grifondoro.
Solitamente gli altri compagni di Casa non erano disturbati dal fatto che mia cugina facesse continuamente irruzione nel nostro Dormitorio (C’era da dire che alcuni ragazzi fossero addirittura lusingati), ma i nuovi arrivati lo percepivano come una sorta di invasione.
«Santo cielo Lily, quell’odore è disgustoso.» Sollevai lo sguardo e la vidi scuotere la testa in direzione di mia cugina.
Lily roteò gli occhi al cielo e poi prese quasi a correre verso di noi, quando ci vide. La bionda la seguì quasi saltellando.
«Ciao, voi non avete mai lezione, vero?» chiesi meccanicamente, incrociando un’occhiata con Albus.
«A dire il vero si… devo andare a Divinazione. Ma sono stufa di portarmi in giro questa» disse, indicando con lo sguardo la cassa. “
«Quel Lysander» tubò infastidita Dominique, scuotendo la testa.
Lily, una volta poggiata la cassa a terra si rigirò verso di lei, sistemandosi gli occhiali con un gesto vicino all’essere violento. «Devi smetterla di farti i fatti miei Dom!» sbottò alzando la voce. Le sue guance erano diventate paonazze.
«Dovete proprio litigare qua, ora, vero?» si lamentò Albus. Le due non si degnarono di rispondergli, ma si allontanarono continuando a rimbeccarsi l’una con l’altra.
«Di solito aspettano le riunioni del Lumaclub per discutere di queste cose. Sai, per rendere le cose un pochino più discrete» dissi sarcasticamente, scrutando le facce dei miei compagni di Casa che seguivano curiose le due protagoniste del litigio che oltrepassavano il ritratto.
«Dobbiamo ancora trovare una scusa per quello» mi ricordò Albus, dando un’occhiata all’orologio.
«Ci dormirò ‘sta notte» sbadigliai. Albus mi rise quasi in faccia.
«Non credevo che sarei stato IO a ricordarlo a te, ma… ‘sta notte abbiamo Astronomia con i Serpeverde».
 
Quella notta la torre di Astronomia sembrava più buia del solito, o forse erano solo le mie palpebre che facevano fatica a stare aperte. Quella giornata stava diventando interminabile e non riuscii a ricordare di un’altra occasione come quella, durante la quale desideravo arrotolarmi tra le coperte calde più di ogni altra cosa al mondo.
Sbadigliai, mentre appoggiavo il mio occhio destro contro il telescopio. Quella sera dovevamo osservare e trascrivere la posizione delle sessantatre lune di Giove. Una cosa impossibile vista la mia condizione fisica e mentale in quel momento.
Durante gli altri anni, le singole Case frequentavano Astronomia separatamente, ma quell’ultimo anno il piano di studi mirava a far risparmiare agli studenti il maggior numero di ore per prepararsi ai M.A.G.O…. così i Grifondoro si ritrovavano con i Serpeverde anche in quell’occasione. Questi, comunque, se ne stavano in disparte rispetto a noi, compilando le loro mappe silenziosamente.
Purtroppo quella sera avevo già incrociato lo sguardo di Malfoy e ci eravamo salutati distrattamente con un cenno del capo. Scrutai il cielo scuro, fregandomene altamente di puntare il telescopio verso Giove; cercai di non pensare a quando avrei voluto sotterrarmi nel mio letto per il resto dei miei giorni.
«Rose, a che punto sei? Posso controllare un-» sentii la voce di Albus al mio fianco. Come al solito tentava di scopiazzare quel tanto che bastava. Ma immaginai fosse stupito nel vedere che sulla mia pergamena ci fosse solo qualche macchietta di sporco e un tratto di inchiostro eseguito per testarne la scrivenza.
«Andrò a chiedere a Scorp…» lo sentii borbottare. Mi ero incantata guardando le stelle fare strani giochi di luce all’interno del mio telescopio. Socchiudendo l’occhio le vidi sdoppiarsi, quadruplicarsi… pigramente mi staccai da esso e osservai la lunga distesa scura di foresta sotto di noi. Mi girai a mezzo busto e osservai con aria assente i miei compagni del settimo anno che si concentravano e si davano tutta la pena del mondo per completare quella diavolo di mappa.
Mi resi conto di essere davvero troppo stanca per darle importanza. I miei occhi si fermarono su Malfoy.
Avvolto in un pesante cardigan nero, si sporgeva verso Albus per indicargli con aria concentrata svariati punti su una mappa. Vidi le sue labbra muoversi concitatamente, mentre spiegava che no, l’asteroide più piccolo non aveva l’aspetto della nostra luna e che non aveva un’orbita ellittica. Vidi i riflessi della luna giocare sui suoi capelli. Mio cugino lo ascoltava ed annuiva, prendendo appunti. Desiderai tutt’a un tratto di essere anche io lì con lui, ad ascoltare tutte quelle cose che già sapevo perfettamente, perché mia madre mi aveva regalato un modellino magico del sistema solare quando avevo solo otto anni. Li vidi scambiarsi un’occhiata. Una battuta di Albus. Una risata (una stirata di labbra accompagnata da un’alzata di soppracciglia da parte di Malfoy). Vidi Albus mollare una pacca di gratitudine sulla spalla di Malfoy e tornare verso la mia direzione. Mi precipitai a scarabocchiare qualche numero a caso sul foglio, annuendo con finta concentrazione.
«Sai… stavo pensando…» cominciò Albus, controllando il compito con aria soddisfatta.
«Eh» esalai rocamente, mentre mi riappiccicavo con enfasi al mio telescopio. Il mio sguardo curioso e assonnato era stato nuovamente intercettato dal biondo, che ora richiudeva il suo libro con aria assente, dando dimostrazione di aver finito il lavoro.
«Scorpius mi ha detto che non torna a casa per Natale. Quasi quasi rimango a fargli compagnia.»
Indietreggia con il collo, per darmi la possibilità di squadrarlo scioccata.
«Sei scemo? Ci aspettano con ansia a casa… credimi… come ogni anno! Addirittura Victorie torna dall’Egitto con Teddy e lo zio Bill» esclamai non credendo alle mie orecchie. Albus alzò le spalle, chiaramente disinteressato.
«Beh…» bobottai stancamente «…se rimani tu, rimaniamo tutti. Questo è chiaro».
E con veemenza ficcai il mio compito in bianco nel libro di Astronomia che avevo di fianco.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Il resto della settimana volò come mai era successo durante gli anni precedenti. Le prime sventagliate di gelo autunnale si erano abbattute su tutta Hogwarts nel giro di pochi giorni e ovunque si andasse si poteva incrociare un nervosissimo Gazza che con dedizione riparava ogni fessura nei muri della scuola, per eliminare gli spifferi.
«Maledetti… se prendo quelli che mi hanno riempito l’ufficio di Neve Sfioccante Incantata, li appendo per i pollici… oh si, eccome se li appendo.» Lo sentii grugnire mercoledì mattina, mentre correvo in Sala Grande per pranzare.
Ora che l’anno aveva cominciato ad ingranare, avevo raccolto le mie solite energie e mi ero tuffata nello studio con operosità e diligenza. Quando Albus era libero dalla vita scolastico/mondana mi seguiva in biblioteca e si faceva aiutare con i compiti, altrimenti passavo i miei pomeriggi liberi in totale solitudine, vagliando curiosamente qualche libro che mia madre mi aveva consigliato.
A proposito di lei, non le avevo ancora scritto riguardo al Natale, perché sapevo che l’avrebbe presa malissimo ed un altro turbine emotivo avrebbe solo rischiato di portarmi ad una crisi.
Deviai impazientemente lo scopettone che Gazza cercava di piantarmi sulle caviglie e svicolai fino al tavolo di Grifondoro, contenta di poter posare il mio enorme carico di libri.
«Wow, siamo tornati nel pieno delle forze vedo» esclamò esultante mio cugino, che un attimo prima era intento a leggere una lunga lettera.
«Certamente» sorrisi, riempiendomi con enfasi il piatto di patate arrosto. Speravo di riuscire a mangiare in fretta e correre di nuovo in biblioteca, visto che avevamo un’ora buca.
«Io invece vedo che siamo tornati in piena salute» biascicai masticando, mentre indicavo con il mento l’assenza della solita sciarpa. Albus abbassò lo sguardo sul suo petto, strofinandosi il collo con una mano. «Già, la pozione ha funzionato alla grande. Almeno di questo non mi devo più preoccupare» annuì, sorridendo nella mia direzione.
«Hai fretta di andare?» mi chiese sogghignando, mentre mi fissava trangugiare il polpettone «Non ti ho mai vista molestare una pietanza in quel modo».
«Si» deglutii, levandomi un lungo ciuffo di capelli dal viso «Biblioteca» e bevvi un lungo sorso di Succo di Zucca.
«Bene… vedi di riuscire a venire al festino di Lumacorno però» borbottò lui di rimando; si voltò verso il centro della tavolata di Grifondoro, portandosi le mani a coppa davanti alla bocca.
«EHI! FINNIGAN!» Un testone biondo, accompagnanto da altre facce curiose, si girò verso di noi.
«Vedi di venire da Lumacorno ‘sta sera, che dobbiamo parlare della squadra» urlò mio cugino, semi alzato dalla panca. Il tizio annuì sorridendo; «Sicuro amico!» urlò di rimando, alzando un pollice in segno di assenso; dopodichè si rigettò a capofitto tra le ragazzine del secondo anno che erano tanto impegnate ad ascoltare le sue prodezze.
«Devo fargli sapere che ha buone probabilità di essere sbattuto fuori» mi sussurrò con sguardo intenso, una volta che si fu riseduto. «Inoltre è sempre circondato da ragazze…»
«E questo è un male per un giocatore di Quidditch, immagino…» risposi con aria vaga, mentre mi servivo un’enorme fetta di budino. Albus strabuzzò gli occhi.
«Lo distrae dal gioco» sibilò deciso.
Sentii le mie sopracciglia alzarsi fin quasi all’attaccatura dei capelli, dall’espressione scettica che avevo assunto.
«E tu non sei per niente invidioso di lui… mhm, si… ora capisco molte cose» buttai lì, sempre con lo stesso tono noncurante. Albus si strofinò la punta del naso, prendendo un po’ di colore sulle guance pallide.
«Che dici… solo perché non mi impegno… guarda che se volessi, anche io-» ma non seppi mai cosa avrebbe potuto fare anche lui se avesse voluto, perché si interruppe alzando lo sguardo sopra la mia spalla.
«Ehilà Scorp»
Sentii il boccone budinoso pesante come un macigno sulla lingua e mi sforzai il più possibile per mandarlo giù e non soffocarmici. Reattivamente mi voltai e vidi Malfoy in piedi dietro di me.
La prospettiva dalla quale lo stavo guardando, lo fece apparire stranamente più alto. Le maniche del suo cardigan decorate con i colori della sua Casa erano arrotolate fino ai gomiti e le mani erano ben piantate nelle tasche dei pantaloni neri. I capelli, pettinati lateralmente, avevano un che di scompigliato e qualche ciocca ricadeva sulla fronte e sugli occhi chiari ed imperscrutabili.
«Ciao» rispose atono.
Il suo sguardo guizzò rapidamente nel mio, prima di distaccarsi mentre prendeva a frugare nella sua borsa.
«Tieni» disse dopo un po’, tendendo ad Albus un libro. Quando il suo braccio mi passò accanto, riuscii a sentire il profumo che mi ricordò quello che avevo sentito in biblioteca tempo prima.
«Ah» esclamò Albus, afferrando prontamente il libro e girandoselo tra le mani, prima di ficcarlo nella borsa. «Interessante? Ti è servito?»
Malfoy diede una leggera alzata di spalle e annuì. Io continuai a punzecchiare distrattamente con la forchetta la mia porzione di budino.
«Beh… per qualsiasi cosa fammi sapere, comunque» sentii Albus dire.
«D’accordo, grazie…» rispose la voce dell’altro, dietro alle mie spalle. «Ci si vede dopo. Ciao Weasley» mi voltai interdetta per borbottare un ‘ciao’ gutturale di rimando e lo vidi girare i tacchi ed andarsene. Rimasi un po’ imbambolata a fissare il piatto, con la testa completamente svuotata.
Albus mi guardò sottecchi e si portò le mani dietro la testa.
«Che libro è?» chiesi con finto disinteresse, mentre abbandonavo il martoriato budino nel piatto.
Mio cugino mi fissò per un po’, prima di chiedere con sincera curiosità:
«Ti interessa?»
Scossi la testa poco convinta.
«Beh… mi sembra solo strano che uno come Malfoy chieda in prestito un libro da TE» borbottai. Lui aggrottò le sopracciglia. «Grazie. Comunque non te lo dico»
«Perché?!» esclamai stupita, fissandolo. Lui arricciò un labbro ghignando.
«Perché ti incuriosisce tanto?»
Mi tormentai un po’ la manica della mia camicia. «Così…» risposi.
Lanciai un’occhiata al bordo della sua borsa, nella speranza di avvistarne il titolo, ma lui fu più veloce di me e lo spinse sul fondo con un movimento lesto della mano. «AH!» esclamò, guardandomi con un sorriso da parte a parte. «Non è roba che fa per te, sai» aggiunse, vedendo la mia espressione insoddisfatta.
Che diavolo avevano da nascondere? Se credeva che così facendo avrebbe influito sulla mia voglia matta di sapere… beh, aveva ragione. Sbuffai sonoramente, ri-caricandomi tra le braccia la mole di libri.
«Vabbè, teneteveli i vostri segreti da ragazzi, io vado ad impiegare meglio il mio tempo…» e mi allontanai sentendolo ridere. A volte mi mandava veramente in bestia.
Gli avrei chiesto di venire con me in biblioteca, ma sapevo che sarebbe filato nella Stanza delle Necessità ad esercitarsi con il manico di scopa. Lo faceva quasi sempre, quando aveva tempo, perché si era messo in testa di dover diventare più bravo di qualsiasi altro nella sua famiglia.
Scossi la testa verso il pavimento, mentre percorrevo il corridoio del terzo piano e sentii improvvisamente una risata provenire da dietro un grosso gargoyle di pietra.
Mi fermai ed ascoltai attentamente.
«Avremmo dovuto farlo questa sera»
«Ma dai, hai visto la sua faccia! Ahaha! Ne è valsa la pena!»
Aggrottai le sopracciglia e mi avvicinai. Vidi subito una testa di capelli rossi e un viso familiare.
«Hugo!» esclamai, vedendo che se ne stava accovacciato, appoggiando la schiena contro la statua. Fred e Roxanne si immobilizzarono immediatamente, il sorriso congelatosi sul loro volto.
«Rose…» Roxanne si sforzò di rivolgermi un sorrisetto, ma io non cambiai espressione e continuai a fissare mio fratello.
«Che ci fate qua? Avete combinato qualcosa?» sibilai, squadrando Hugo con severità.
«No, mamma» rispose lui con voce cantilenante. Il suo sguardo, identico a quello di mio padre, piantato nel mio. Fred rise sotto i baffi, portandosi una mano alla bocca.
«Tutto a posto Rose… gironzolavamo…» fece Roxanne, rivolgendo lo sguardo verso il soffitto.
Notai che sulle spalle aveva una spolverata di qualcosa di bianco, simile a neve. Feci due più due e sentii il mio sguardo farsi ancora più minaccioso.
«Andate a gironzolare da un’altra parte. Temo che Gazza abbia rispolverato le sue belle catene ‘sta mattina» brontolai, rivolta a tutti e tre. «Anche se non mi dispiacerebbe se le usasse un po’ su di te, sai Hugo» aggiunsi, con un finto sorriso. Lui si alzò, fissandomi cupamente.
Sapeva che era meglio non rispondermi a tono in quelle occasioni; in passato lo avevo salvato molte volte, mentendo spudoratamente di fronte alle accuse fatte contro di lui dalle vittime dei loro soliti scherzi. I tre si allontanarono senza proferire parola, lanciando sguardi alla mia spilla di Caposcuola. Li sentii continuare a ridere, una volta che scesero la rampa di scale.
 
Quando arrivai in biblioteca, Madama Prince nemmeno mi salutò. Ormai era abituata a vedermi spesso; addirittura mi lasciava tutti i libri che tiravo fuori nel solito posto, ovvero l’angolo vicino alla finestra nell’ala sinistra, senza rimettermeli via.
Mi tuffai subito nella lettura di “Tutto Sulla Fabbricazione delle Bacchette” per approfondire le nozioni riguardanti l’uso degli elementi naturali per produrre effetti magici.
Assorta nella lettura, non mi accorsi nemmeno della porta della biblioteca che si apriva per lasciare passare un piccolo gruppetto di ragazze che confabulavano eccitate. Sentii solo il vecchio bastone di Madama Prince che picchiettava il pavimento per incitare il silenzio.
Fissando il vuoto e pensando a come sarebbe stata una carriera come fabbricante di Bacchette, mi ricordai improvvisamente che dovevo ancora finire il mio compito di Astronomia. Mi dedicai a quello per un po’, finchè non mi accorsi che mi serviva la “Guida Magica all’Universo Visibile” per approfondire i dettagli. E questa si trovava nell’ala opposta della Bilbioteca, nel reparto ‘Scienze Magiche’. Mi grattai il naso distrattamente e mi alzai. Quando emergevo da una lettura, la realtà intorno mi pareva improvvisamente surreale e ovattata, specialmente se il libro era interessante.
Libro… Pensai al libro che Albus aveva prestato a Malfoy e mi scervellai per un’attimo, chiedendomi che cavolo di libro fosse. Forse una guida per diventare degli emeriti imbecilli che accettano pastiglie e pastigliette sospette dai propri cugini vandali?
Mi mossi velocemente tra gli scaffali, incrociando lo sguardo di alcuni alunni che erano intenti come me a ricercare qualche vecchio volume. Scorsi addirittura Dominique; la vidi di schiena, piegata su un enorme libro. Stupita, mi allontanai velocemente, sperando che non mi vedesse.
«Ah» esclamai, quando mi sentii scontrare contro la spalla di qualcuno.
Una ragazza dal viso affilato e i capelli scuri si voltò infastidita verso di me. Dal colore della sua uniforme, intuii che fosse di Serpeverde. Non mi degnò di una parola, ma si voltò verso le sue compagne di Casa, prendendo parte al discorso.
«Eccolo. Milfred, segnati che il mercoledì dopo il pranzo viene qua» sussurrò la ragazza più lontana da me; notai i suoi occhi sporgenti.
«Ah-ah» rispose quella che si chiamava Milfred; una ragazza tarchiata e dal viso vagamente grottesco.
«Come è bello» sussurrò con voce commossa la ragazza con la quale mi ero scontrata; aveva preso ad affacciarsi allo scaffale, fissando un punto che non vedevo.
«I suoi capelli… e quello sguardo. Mi fa sciogliere» lagnò l’altra di rimando. «Ieri ho raccolto il foglio che gli era caduto, gliel’ho ridato e lui mi ha detto ‘grazie’!» biascicò eccitata la ragazza tarchiata, incitando un risolino di gruppo. Fissai le etichette sugli scaffali e capii che dovevo superarle per arrivare alla sezione giusta.
«Permesso… Per le mutande di Merlino, levatevi.» Sibilai spazientita, cercando di farmi spazio tra loro. Queste si ritirarono infastidite, borbottando alle mie spalle ‘Ah è quella Weasley’. Scossi la testa e mi feci strada fino allo spazio dall’altra parte.
Anche lì c’era un lungo tavolo d’ebano dove poter fare i compiti. Sull’angolo più lontano da me, proprio sotto la finestra, se ne stava seduto Malfoy.
Mi bloccai per un attimo, indecisa se proseguire o tornare indietro sui miei passi; ma ricordai che dietro di me c’erano quelle tre cretine e decisi di starmene dov’ero.
Evidentemente anche lui aveva avuto l’idea di piazzarsi in biblioteca e portarsi avanti con i compiti. Era concentrato a scrivere su un lungo rotolo di pergamena, mordendosi lateralmente il labbro inferiore e corrugando le sopracciglia. Sentii il lieve grattare della penna d’oca sulla carta. Forse se mi fossi mossa lentamente, non avrebbe percepito la mia presenza.
Mi voltai, dandogli le spalle, e cercai nervosamente il libro del quale avevo bisogno, ma notai che non c’era. Sentii il fruscio della penna interrompersi.
Mi voltai mesta, le spalle tese nervosamente. Lui aveva alzato lo sguardo e mi fissava incuriosito.
«Ergh… Scusa. Cercavo un libro. Fai come se non ci fossi…» sussurrai nervosamente.
Lui mi squadrò lentamente da capo a piedi e senza battere ciglio, allungò il braccio per prendere il libro che aveva affianco, ammassato in mezzo a molti altri sul tavolo.
«Credo sia questo» disse a voce bassa, dopo essersi schiarito lievemente la voce. Io mi avvicinai con passo incerto ed abbassai lo sguardo sulla copertina raffigurante il sistema solare ed un grosso telescopio.
«Si, beh… se lo stai usando non importa» borbottai, torcendomi distrattamente l’orlo inferiore della camicia. Lui si alzò in piedi, porgendomi il tomo con entrambe le mani.
«Ho finito. Puoi prenderlo.» Sussultai intimamente per la vicinanza della sua voce; nel silenzio della biblioteca sembrava tre volte più profonda. Afferrai il libro, sostenendo con il mio sguardo il suo. Ormai ci avevo fatto quasi l’abitudine; quel grigio non era poi così spento, come lo vedevo solitamente.
«Ehm» esalai dopo quasi un minuto di silenzio «… comunque dietro quello scaffale ci sono tipo… delle ragazze di Serpeverde che ti spiano. Credo stiano tramando qualcosa…»
Non seppi perché sentii il bisogno di dirlo. Forse perché quel silenzio mi stava facendo salire la consueta sensazione di disagio. Lui spostò il suo sguardo verso gli scaffali dietro di me, con un’aria per niente stupita.
«Quindi» continuai «…se fossi in te, terrei gli occhi aperti» abbassai lo sguardo sul libro che avevo in mano, con aria distratta.
«In Sala Comune è anche peggio» sentii dire la sua voce. Sorrisi rivolta al pavimento. C’era un che di ironico nel tono della sua voce.
«Grazie comunque» aggiunse e io alzai lo sguardo per intercettare il lieve sorrisetto rassegnato che mi rivolse. Sentii le mie guance scaldarsi e mi affrettai a salutarlo, ringraziandolo di rimando; percepii l’ondata di sguardi acidi provenienti dalle tre ragazzine, quando tornai indietro sui miei passi.
Mi sfiorai leggermente la guancia, mentre camminavo verso la mia solita postazione, e mi accorsi che sì, effettivamente era calda e quindi significava che ero arrossita. Che diamine mi succedeva? Insomma, non ero mica una ragazzina del secondo anno che passava i pomeriggi a spiare i ragazzi e a sbavarci dietro. Mi sentii un’idiota.
Pensai ai commenti che le tipe di Serpeverde stavano facendo su Malfoy. Credevano davvero fosse tutta questa magnificenza? Anche Lily e Dominique… insomma.
Io c’ero sempre stata piuttosto lontana, vedendolo come amico di mio fratello. Neanche per un secondo avrei pensato a quanto fossero ‘ fantastici i suoi capelli’ o ‘profondi i suoi occhi’ o… come sembrassero morbide le sue labbra… o… quanto fosse intensa la sua voce… o… o quanto scioccasse vedere un suo raro sorriso, o qualcosa di simile… Scossi la testa violentemente.
Le cose erano sempre andate allo stesso modo in quegli anni; ci eravamo sempre rapportati l’uno con l’altro con cordiale indifferenza. Semplicemente ora che ci avevo parlato per più di una volta e per più di zero virgola cinque secondi, sentivo maggiormente la sua… influenza. Era… era… solo la sua, diciamo pure, “silenziona presenza” che modificava l’ambiente che avevo attorno. Sembrava quasi una corda scordata, un puntino grigio in mezzo a tutto quel colore che emanava la felicità straripante degli altri.
Ripensai a ciò che aveva detto quella sera; non era fiero della sua famiglia. Forse si sentiva addosso la vergogna per quello che avevano fatto i suoi nonni e suo padre. Forse ciò che desiderava era solo passare inosservato, così che nessuno potesse additarlo per gli errori dei quali non era nemmeno responsabile.
Con la testa pulsante di pensieri, mi chinai nuovamente sul mio compito di Astronomia, costringendomi a finirlo per una buona volta.
 
«Oh insomma, spostati un po’ Rose!» esclamò mia cugina impazientemente, facendosi posto accanto a me sul divanetto. Venni schiaffeggiata da un’ammasso di capelli biondi, mentre biascicavo infastidita di non rompere.
L’unica cosa vantaggiosa dei festini del Lumaclub, era che Lumacorno ci offriva sempre un’abbondante cena. Ma dopo di essa, tutto si trasformava in una noia mortale; questo perché noi eravamo tutti un po’ stufi, dopo sette anni, di venire trascinati in giro dal professore come souvenir a grandezza umana, per essere presentati ai nuovi alunni come i figli di coloro che avevano salvato il mondo magico. Sorrisi un po’ esasperata guardando Lumacorno che mi indicava ad un ragazzino del terzo anno; mi voltai verso Lily ed incontrai la sua espressione annoiata.
«Uccidetemi» sbadigliò Fred, accavallando le gambe. Per lo meno ci eravamo conquistati i posti più comodi, dove poter sorseggiare della Burrobirra in santa pace.
Arrivò Albus e si lasciò cadere nel posto di fronte a me, sbuffando e tenendosi le meningi. «Allora?» chiese Hugo «Novità?»
Albus si allungò per prendere una Burrobirra a sua volta. «Mah… mi sa che tengo Finnigan. Per ora solo due ragazzi e una ragazza del quinto anno mi hanno detto che vorrebbero provare per il ruolo di cacciatore. Poi mi mancherebbe un battitore, visto che Thomas non c’è più…” borbottò, contando sulle dita della mano.
«Quasi quasi ci provo io. Mi ci vedo come battitore» esclamò Fred, mimando a mezz’aria un colpo con una mazza invisibile. Roxanne rise, squadrandolo scettico. «Certo, come no».
«Ehi» sbuffò l’altro indignato, ma con un sorriso sulla faccia «Guarda che io ho preso tutto da papà, mica come te!» e gli sferrò un pugno amichevole sulla spalla.
«Beh, le selezioni sono questo fine settimana, giù al Campo di Quidditch» si rivolse a lui Albus, con uno sguardo speranzoso. Lui strizzò l’occhio per fargli capire di poterci contare.
«Un altro di famiglia non fa mai male in squadra. Chiederei a Rose o a Lily, ma so che è già tanto se non cadono dal manico di scopa» aggiunse, sogghignando.
Io nemmeno gli risposi, ma Lily gli fece il verso, lanciandogli contro una delle Api Frizzole che aveva in grembo. Alice sorrise sotto i baffi, lanciando un’occhiata ad Albus. Ora che mi veniva in mente, non avevo ancora parlato a mio cugino del fatto che lui le piacesse. Decisi di tenermelo per me, finchè lui non mi avesse detto che diavolo di libro aveva prestato a Malfoy.
«Ciaooo!» Dominique sorrise sventolando una mano e si alzò così velocemente che sembrava che qualcuno le avesse piazzato una Caccabomba sotto il sedere. La guardammo trotterellare fino dall’altra parte della stanza, incontro al suo amato Light.
«Bleah» borbottò Lily, ficcandosi un’altra manciata di Api Frizzole in bocca. «Ormai non si muove più se non ha il suo tirapiedi» masticò con espressione amara.
«Aspetta che venga stracciato da Grifondoro nella prossima partita, e vedrai come diventerà improvvisamente meno interessante» commentò Hugo, sarcasticamente.
«Veramente siamo contro i Serpeverde.» Ribattè Albus «… ma tranquilli che poi tocca anche a lui e alla sua bella squadra.» Aggiunse, prima di fare un lungo sorso dal bicchiere.
«Come sono messi i Serpeverde quest’anno?» chiese Roxanne, sostituendo il posto di Dominique al mio fianco. Albus diede un’alzata di spalle
«Hanno i loro assi nella manica. Chissà» commentò alla fine, mal celando un vago sorrisetto. Lo fissai per un po’ e poi allungai la mano per attingere dalla riserva di dolciumi di Lily.
«Pensavo venissi con Lysander» le sussurrai. Lei spalancò gli occhi e si portò una mano alla bocca «Mi ha detto che suo fratello ha avuto uno strano attacco dopo Cura delle Creature Magiche… sospetta sia stato causato dal contatto avuto con i Quintaped di Hagrid. Però magari passa dopo» e si lasciò andare ad un sorriso sognante.
«Come mai me lo chiedi, comunque» sussurrò dopo un po’. Io risposi con un’espressione vaga ed un ‘Così’, ma lei mi guardò al di sopra dei suoi occhiali, in un modo molto simile a quello del fratello.
«Tu devi vedere qualcuno questa sera?» mi punzecchiò, sogghignando.
La guardai stupefatta, scuotendo la testa. Che diavolo insinuavano tutti, ultimamente?
«Dai, confessami qualche segretuccio» continuò, facendo schioccare la lingua per infastidirmi. Distolsi lo sguardo scocciata e mi guardai un po’ intorno. Sembrava che la festa dovesse andare avanti fino a tarda notte, perché le persone incaricate di fare i camerieri continuavano a portare bibite da una parte all’altra della stanza.
Sentii un pizzicore alla nuca e mi voltai, accorgendomi di essere osservata. Finnigan se ne stava in piedi, vicino alla finestra e mi lanciava occhiate penetranti. Aggrottai la fronte e lui alzò le soppracciglia, allargando ancora di più il sorriso sbilenco che aveva sul viso. Stranamente non era circondato da ragazzine, in quell’occasione.
«Ah, si» sentii la voce di Albus dire «Finnigan mi ha chiesto sei sei libera Rose. Credo che sia interessato a te.»
Una risata si alzò dai miei cugini, mentre io mi guardavo intorno scioccata.
«Cosa?!» sussurrai rivolta a mio cugino. Quello scimmione di Finnigan era interessato a me? Non ero sicura nemmeno che sapesse il mio nome. Lui affondò una risata nell’ennesimo sorso di Burrobirra e mi indicò con lo sguardo un punto alle mie spalle. Mi rigirai e incrociai di nuovo lo sguardo del ragazzo. Aveva preso a muovere la mano nella mia direzione, facendomi segno di avvicinarmi. Rabbrividii infastidita. Forse era meglio mettere le cose subito in chiaro.
«Ciao. Che c’è?» chiesi tutta d’un fiato, una volta alzatami dal divano e arrivatagli di fronte. Lui tentò inutilmente di lanciarmi qualche sguardo ammalliatore, ma gli riuscii solo di avere una panoramica della mia zona seno.
«Ehi bella. Tutto bene?» sussurrò, prendendosi una pausa per bere un sorso. Guardai una gocciolina colare giù dal suo mento e scivolargli sul colletto della camicia elegante che indossava.
«Bevi qualcosa?» mi chiese, alzando lo sguardo fino ai miei occhi per la prima volta.
«No» risposi, quasi troppo in fretta; non seppi cosa aggiungere. Di solito tipi come lui (anzi, lui e basta) erano interessati alle ragazzine lascive e dalla femminilità straripante. Come poteva aver preso di mira una come me?
«Sei carina ‘sta sera. Anzi, lo sei sempre. Strano che non me ne sia accorto in questi anni, eppure siamo in classe assieme, eheheh» si avvicinò placidamente, fissandomi con insistenza.
«Già, strano» borbottai sarcastica, senza sapere cosa aggiungere.
«Comunque non so cosa ti abbia detto Albus a proposito, ma non sono-» ma lui mi interruppe poggiando un dito sulle mie labbra e sussurrando ‘shh’. Io mi scostai dalla sua mano e lo guardai con puro disgusto.
«Facciamo come se non fosse successo niente, ok? Magari la prossima volta sarai più rilassata e potremmo parlarci con più calma» e il suo sguardo scivolò nuovamente sulla mia scollatura.
Vidi la sua mano alzarsi, per sfiorarmi i capelli, ma deviai prontamente il suo attacco e feci qualche passo indietro. Desideravo sputargli addosso un’efficace rispostaccia, ma la pena che provavo per lui in quel momento mi fece solo desiderare di allontanarmi e tornare dai miei cugini.
Inutile dire che questi erano piegati a ridere. Maledetti.
«Accidenti, Rose. Potresti fare il provino da Cacciatrice. Non so come te la cavi con i Bolidi, ma per quanto riguarda gli approcci romantici dei ragazzi, hai un talento innato nel deviarli!» esclamò Fred, dandomi una grossa pacca sulla spalla. Grugnii qualcosa di incomprensibile e mi voltai verso Albus.

«Questa me la paghi, sia chiaro» tuonai con voce minacciosa.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


«Sono carico. Sono davvero carico ‘sta mattina»
«A-ah» borbottai di rimando ad Albus, senza alzare gli occhi.
Era il sabato mattina che tanto aspettava; tra poco meno di un’ora sarebbe iniziata la prima partita di Quidditch dell’anno. Lui, come al solito, era elettrizzato e in quel momento se ne stava in piedi davanti al muro vicino al suo letto, con i capelli ancora arruffati, impegnato a far rimbalzare una piccola pallina da tennis contro di esso. Lo faceva spesso prima delle partite, per scaricare la tensione.
«Sento che è la giornata giusta» continuò a dire, più a sé stesso che a me, mentre riafferrava al volo la pallina che aveva rimbalzato con la potenza di un missile.
Seduta a gambe incrociate sul suo letto, io ero molto presa nel correggiere il suo compito di Pozioni; purtroppo durante l’avvicinarsi delle partite, lui era sempre troppo “distratto” per impegnarsi vagamente nello studio e quindi mi supplicava di dare un’occhiata a quei pochi testi che in un modo o nell’altro riusciva a comporre. Io disapprovavo fermamente il suo metodo di studio ed ero anche parecchio dubbiosa sul sistema che adottava per sbrigare i compiti, ma alla fine accettavo sempre di correggerli.
«La Luparia è una pianta, non un fungo…» esalai stancamente ad un certo punto, mentre con la bacchetta correggevo l’errore sulla sua pergamena.
Lui si fermò a fissarmi con un’espressione confusa, come se non sapesse minimamente di cosa stessi parlando (e molto probabilmente era così); mormorò un ‘ah’ con tono stupito e ricominciò a lanciare ripetutamente la pallina contro il muro.
«Comunque la squadra è buona; gli ultimi allenamenti sono andati bene. Il tempo è perfetto. Credo che oggi non perderemo» continuò esultante, mentre assumeva un’espressione concentrata.
Picchiettai la bacchetta su un altro paio di errori ed alzai gli occhi per squadrarlo con aria di sufficienza.
«Perché, avete mai perso?» chiesi retoricamente, inclinando la testa leggermente.
Lui ghignò compiaciuto. «No, effettivamente no. Però anche se oggi dovessimo perdere… beh, credo che non me la prenderò. Insomma, è la vita…»
«Stai farneticando» annunciai, tornando al compito. Cancellai mezzo paragrafo con un colpo di bacchetta.
Sentii il materasso inclinarsi lateralmente sotto il peso di Albus, il quale si era appena lasciato cadere pesantemente al mio fianco, sbuffando.
«Non so come spiegarti. Credo che sarei contento lo stesso. Lo so che non puoi capire.»
«Il tuo compito fa schifo» lo troncai, riportandolo brutalmente alla realtà. Quando era agitato, Albus perdeva sempre la testa e io mi stufavo di sentire i suoi sproloqui cavallereschi.
«Si…?» chiese, cambiando tono e guardando la pergamena oltre la mia spalla. Vide che con le cancellature il testo si era praticamente dimezzato e assunse un’espressione amareggiata.
«Vabbeh, se vuoi questa sera ti aiuto a riscriverlo… ma ti prego, non farmi subire oltre questa roba» gli dissi, tentando di usare un tono incoraggiante. Lui mi fissò un po’ pensieroso finchè non afferrò il compito dalle mie mani e lo rificcò nel baule.
«Non sono bravo in queste cose. Non fanno per me. Sei tu quella brava e intelligente…» borbottò vagamente, mentre afferrava il suo manico di scopa per passarselo tra le dita e controllare che fosse tutto a posto. Sollevai le sopracciglia, fissando distrattamente la coda della scopa.
«Sai che roba. Tanti libri e buona memoria. Non è nulla di speciale» borbottai con uno slancio di sincerità. Alla fine era la verità; sapevo di essere brava nello studio, ma ero anche cosciente di non sapermela cavare su altri fronti. Quali? Non so, i rapporti umani, per esempio?
«Sei come Scorpius» rispose lui, pizzicando distrattamente i rametti sporgenti dalla coda. Strabuzzai gli occhi ma lui non mi vide.
«In che senso?» domandai, cercando di trattenere lo stupore e il tono quasi infastidito.
«Massì…» esalò lui, sempre senza guardarmi, «Tutti e due intelligenti… bravi… e, beh, Capiscuola…» e dicendo questo i suoi occhi saettarono verso la mi spilla.
«Capirai!» ribattei trattentendo una risata «A parte che se le cose stessero come ai tempi dei nostri genitori, ovvero che ci fossero solo due Capiscuola, probabilmente non sarei stata scelta… Con la questione della pari dignità tra tutte le Case, ora che ce ne sono quattro…» quasi mi persi via nel discorso, pensando tragicamente a come sarebbe stato fare, solamente in due, i ‘cani da guardia’ per i corridoi di Hogwarts.
«Cavolate» borbottò Albus di rimando, squadrandomi «Sareste stati scelti comunque. Siete le persone migliori che io conosca.» Prese a fissare il pavimento con leggero imbarazzo.
Lo fissai stupita e mi sentii arrossire per il complimento. Sapevo che Albus avesse una buona opinione di me, ma mi stupì sentire quelle parole uscire dalla sua bocca.
Piombammo in un silenzio imbarazzante, durante il quale guardai fuori dalla finestra, fissando il cielo chiaro e libero da nuvole. Non avevo idea di come rispondere a quell’intima confessione.
«Forse…» iniziai, ma lui mi interuppe. «Si, forse dovremmo andare. Devo fare il mio primo discorso di incoraggiamento alla mia squadra» e si alzò schiarendosi la voce.
«Okay. Ci vediamo al campo allora» ribattei, alzandomi insieme a lui. Lui mi fissò ancora per un po’, alzando il mento (era poco più basso di me) e poi prese a frugare nel suo baule.
«Ehilà, chi c’è qua» cantilenò una voce.
Ci girammo sincronicamente verso l’entrata del Dormitorio, vedendo quel bell’imbusto di Finnigan sulla porta; era vestito della sua divisa da Quidditch scarlatta e mi fissava sogghignando a braccia incrociate. Si preoccupò di gonfiare ben bene i bicipiti.
«Beh, a dopo Al» borbottai prontamente, prima di schizzare fuori dalla stanza, oltrepassando Finnigan senza guardarlo.
«Te ne vai di già? Beh, la nostra porta è sempre aperta. Vieni a fare il tifo per me dopo, eh? Ci conto, bella» lo sentii dire alle mie spalle, mentre scendevo le scale.
 
 
 
«Brrr… Sto morendo!» esclamò Lily per la centesima volta, mentre poco dopo percorrevamo il cortile esterno della scuola, dirette al Campo di Quidditch. Un gruppo vociante di persone ci passò accanto, puntando la stessa direzione; alcuni di loro trasportavano degli enormi striscioni dei colori della casa di appartenenza. Mi strinsi ancora di più la sciarpa intorno al collo e alla bocca, mentre un’energumero con uno stendardo di Serpeverde a mo’ di mantello mi passava affianco.
«Mi si screpoleranno tutte le labbra» sbuffò Dominique, mentre si sistemava i paraorecchi pelosi sulla testa. Alzai gli occhi al cielo, esasperata.
«Eddai… non fa COSÍ freddo» esclamai spazientita; salutai Hagrid che spuntava dalla folla e questi mi rispose con un grosso sorriso, alzando la manona nella mia direzione. Indossava una gigantesca sciarpona rossa e gialla, probabilmente sferruzzata a maglia da lui stesso.
«Hai portato il binocolo? Non voglio passare tutta la partita a chiedermi cosa stia succedendo» chiese Lily, voltandosi verso di me. Io annuii di rimando. Tanto lo sapevo che lei e Dominique se lo sarebbero tenuto stretto durante tutta la partita, usandolo per guardare meglio i giocatori nei loro pantaloni attillati della divisa da Quidditch.
Arrivate al campo, dovemmo combattere per riuscire a stringerci in tre posti liberi tra le file più alte delle tribune; sotto di noi, vedemmo una marea di studenti che gridavano eccitati, sventolando cappelli e sciarpe. Intravidi anche un ragazzetto del secondo anno che sparava scintille rosse dalla bacchetta, bruciacciando le nuche degli sventurati seduti davanti. Mi morsi il labbro infastidita, sapendo che anche se gliene avessi urlate quattro, non mi avrebbe certamente sentita.
Nelle tribune di fronte a noi, gli studenti di Serpeverde esultavano con la stessa enfasi, cercando di incitare i Corvonero a seguire il loro coro di incoraggiamento.
«Tu tiferai per Grifondoro, spero» Lily si rivolse a Dominique, squadrandola con severità. Questa alzò il naso arrossato verso il campo ancora vuoto, sbirciando chissà cosa.
«Tiferò per Albus ovviamente» ribattè dopo un po’ con poca convinzione. Io e Lily ci scambiammo uno sguardo.
«Mi chiedo perché ancora le domandi certe cose…» le sussurrai, tentando di ricordarle quanto poco interesse avesse Dom per il gioco in sé. Per lei, le partite di Quidditch erano solo una sorta di vetrina, dove lei potesse ammirare la ‘mercanzia’ offerta dai giocatori.
 «Ragazzi che casino. Un piccoletto del primo anno mi ha quasi centrato nell’occhio con la sua bacchetta… Idiota.» Hugo si era fatto strada tra la folla per raggiungerci, tenendo un grosso Omniocolo appeso al collo. «Mi chiedo cosa ci sperino ancora a fare i Serpevedre… non hanno possibilità contro di noi» urlò sopra la folla, mentre sfilava da sotto il pesante mantello un pacchetto di caramelle Mou e se le ficcava a vagonate in bocca.
«Buongiorno ragazzi!» tuonò ad un certo punto sul campo una voce magicamente alterata «Qui è Lisa Jordan, che è felice di vedervi così numerosi alla prima partita di Quidditch della stagione! Fatevi sentire!» e si alzò un boato di rimando da tutto il campo.
Un po’ assordata, risi guardando la Preside McGranitt che la fissava severamente, seduta vicino a lei nel posto di cronista. Nonostante l’età ormai avanzata, la sua passione per il Quidditch e per la sua squadra di Grifondoro era sempre forte e ad ogni partita assisteva guardando dal suo ormai abituale posto; da quello che avevo saputo, inoltre, anche il padre di Lisa Jordan aveva sempre commentato le partite di Qudditch quando era a scuola e anche lui, come lei, aveva la mania di lasciarsi andare con i favoritismi verso la propria squadra e, molto spesso, con gli insulti nei confronti di quella avversaria.
«Ecco la nuova squadra di Grifondoro entrare in campo», continuò, urlando nel megafono magico, elencando tutti i nomi dei giocatori. Vidi Albus in prima fila, molto più basso degli altri componenti della sua squadra, che salutava la folla esultante mentre insieme agli altri entrava in campo.
Non feci in tempo a sfilare il binocolo da sotto il mantello, che Lily e Dominique me lo strapparono dalle mani, dividendosi le lenti una a testa. Sussultai quasi soffocando, sentendo la cordicina tendersi improvvisamente. Io esalai un respiro spezzato, mentre mi sfilavo la corda del binocolo dal collo e glielo lasciavo. Imbronciata, mi strofinai la gola e guardai Fred sfilare sull’erba saltellando e scuotendo la mazza da Battitore con entusiasmo. La squadra si allineò a metà campo, come di consueto.
«Fantastico, ora non ci vedo un cavolo, Dom!» esclamò Lily, tirando il binocolo dalla sua parte.
La voce di Lisa Jordan annunciò, con meno enfasi, l’entrata in campo della squadra di Serpeverde «…la quale ha da poco acquisito un nuovo giocatore! Un applauso!» sentii dire, mentre strizzavo gli occhi per vedere Albus che sembrava applaudisse con più foga del necessario.
Una fila indistinta di giocatori in divisa verde smeraldo aveva fatto la sua apparizione, marciando sul campo nella direzione della squadra di Grifondoro.
«Quello è Malfoy!» decretò Lily, quasi urlando.
Sentii l’aria fare un balzo e interrompere il suo flusso nei miei polmoni. Sembrò che qualcuno mi avesse schiaffeggiata con Calderone. Avevo sentito bene?
«No» esclamai prontamente con un tono stupido e mi lanciai sul binocolo, deviando la testa di Dominique con maestrìa. La sentii biascicare qualcosa, mentre con concentrazione sondavo il campo attraverso le lenti ingranditrici.
Mi fermai quando intravidi la figura di Zabini che salutava i tifosi di Serpeverde; proprio dietro di lui, in divisa verde e con i capelli mossi dal vento, Malfoy entrava in campo. Il suo viso era inespressivo come al solito, ma i suoi passi percorrevano il campo pestando l’erba con decisione.
Era tutto molto sbagliato.
Non che stonasse sul campo, anzi, c’era da dire che nel ruolo di giocatore di Quidditch stesse piuttosto bene, ma… Era tutto molto sbagliato.
Zoomai, guardandolo scambiarsi un’occhiata con un sorridente Albus, prima che quest’ultimo si parasse davanti a Zabini, il capo squadra dei Serpeverde, e gli stringesse la mano.
«Si, è Malfoy» decretai con fermezza, scollandomi dopo ancora qualche secondo dal binocolo. Sentivo la gola asciutta, ma almeno l’aria aveva ricominciato a scorrermi nei polmoni.
Lily e Dominique mi fissavano entrambe con un’aria strana.
Con molta lentezza, Dom mi sfilò il binocolo dalle mani, sempre con lo sguardo piantato nel mio e riprese a guardare la partita che era iniziata. Tirai su con il naso, guardandomi intorno; notai che Hugo non si era minimamente accorto del mio comportamento idiota, ma evidentemente Lily l’aveva notato, perchè quando incrociai il suo sguardo, notai che mi stava ancora fissando con la stessa espressione.
Ad un certo punto spalancò gli occhi e aprì la bocca, formando una perfetta ‘O’ con le labbra.
«Cosa?» la appellai, confusa. Ma avevo già un’idea di ciò che avrebbe detto.
«Tu… e Malfoy» pronunciò lei con voce piatta, scioccata dalle sue stesse parole. Oltre quegli occhiali dalla montatura scura, credetti quasi di poter vedere il suo cervello lavorare con impegno.
«No» seppi solo rispondere seccamente, ma mi affrettai ad aggiungere una risata sarcastica, che uscii gracchiante e stonata. Avrei voluto lanciarmi giù dalla tribuna. Ma che mi saltava in mente di reagire in quel modo?
«Lo sapevo!» esclamò lei, spalancando ancora di più le palpebre e lasciando fiorire un leggero sorriso stupito sulle sue labbra. Nel frattempo si era sentito il fischio dell’arbitro che segnalava chissà quale punizione o scorrettezza, seguito dai commenti della Jordan che non sentii.
«Sapevi cosa?! Non c’è proprio niente da sapere» esclamai poco dopo con fastidio, mentre cominciavo a perdere la pazienza. Lily tacque per dieci minuti buoni e io mi sforzai di ritornare a guardare la partita (Grifondoro aveva già segnato due volte e io avevo perso di vista il biondo).
«Quella volta che vi ho visti in corridoio…» continò tutto un tratto la sua voce al mio fianco, con sempre più il tono di chi ha scoperto di avere un baule di Galeoni nascosto sotto il cuscino.
Scossi la testa per farle capire di chiudere lì il discorso e lei non proseguì oltre. Ritornò a guardare attraverso il binocolo, insieme a Dominique, ma continuai a sentire le sue occhiate trafiggermi ad intervalli di qualche secondo.
Io continuai ad osservare il gioco, sentendo il vento freddo che mi sferzava le guance accaldate.
Da quando in qua Malfoy era interessato al Quidditch? Non riuscii a spiegarmelo, mentre addocchiavo la sua testa bionda che sfrecciava per il campo. A quanto pareva, egli ricopriva il ruolo di Cacciatore, perché lo vidi più volte avvicinarsi alla porta avversaria, tentando con successo di segnare. Che fosse riuscito nel suo intento, lo capii solamente grazie alle urla esultanti della tribuna di Serpeverde, perché senza binocolo non riuscivo a vedere neanche la Pluffa.
«Maledetti! Spero che Albus prenda in fretta il Boccino…»
«Io spero che Fred faccia fuori qualche serpe con una mazzata” sentii urlare Hugo, poco dietro le mie orecchie.
Deglutii, cercando di seguire i commenti di Lisa Jordan, sopra il chiassoso vociare della folla.
«…e Serpeverde è in vantaggio… accidenti. D’altronde dopo tutti questi anni di sconfitte, anche loro hanno bisogno di un piccolo contentino» la sentii dire, prima che la sua voce venisse troncata improvvisamente da una sgridata da parte della Preside McGranitt.
Il mio sguardo si perse su un giocatore in rosso scarlatto, che volava più lontano dagli altri, marcato strettamente da un avversario; immaginai fosse mio cugino e sperai intimamente che avesse già avvistato il Boccino.
Sussultai, sentendo un’improvviso coro di urla proveniente dalla tribuna di fronte.
«Ahia! Quel Bolide deve aver fatto male! Il Capitano Zabini chiede un time-out all’arbitro per il compagno ferito!» sentii dire la voce di Jordan, ma un confabulare incuriosito da parte dei miei compagni Grifondoro e un muoversì improvviso di teste curiose mi occultò la visione di ciò che era successo.
«Ahhh! Lo sapevo che avrebbe fatto fuori qualcuno! Grande Fred!» urlò Hugo, mentre Dominique e Lily si aggrappavano simultaneamente al binoco, tenendo le bocche spalancate.
«Che succede? Chi si è fatto male?» chiesì, stringendomi a loro.
«Fred… Fred ha fatto partire un Bolide…» ma Lily non finì e invece mi lasciò il suo lato del binocolo per osservare quello che accadeva.
Radunati in mezzo al campo, vidi i giocatori di Serpeverde e quelli di Grifondoro. Zabini aveva preso ad urlare contro Albus, indicando con la mano il suo compagno… Malfoy.
Il biondo si stava tenendo il braccio sinistro, che pendeva con un’angolatura strana dalla sua spalla. Trattenni il respiro, mentre mi premevo con ancora più forza il binocolo contro l’occhio.
«Ahi, ahi… dev’essere un braccio rotto. Ma non è la prima volta che succede una cosa del genere» sentii la cronista in sottofondo. Zabini aveva smesso di urlare dopo essere stato interrotto da Malfoy, il quale incitava il resto dei giocatori a ripredere la parita. Vidi il suo sguardo acceso, ma tutt’altro che sofferente, nonostante il braccio ormai inutilizzabile e piuttosto sanguinante.
La partita riprese come prima e Lily mi lasciò guardare dal binocolo, preferendo fare il tifo e saltellarmi accanto più liberamente. Con un nodo alla gola, seguivo avidamente i movimenti dei giocatori, vedendo che il biondo aveva ripreso a giocare con più energia, nonostante si tenesse stretto al petto il braccio sinistro.
A parte questo inconveniente, la partita continuò senza problemi. Serpeverde era in vantaggio e Albus percorreva in lungo e in largo il campo, facendo saettare lo sguardo alla ricerca del Boccino.
Mi chiesi se quella volta la vittoria sarebbe potuta cadere nelle mani dei Serpeverde, ma mi consolò vedere l’incapace Cercatore di quella squadra che si lasciava galleggiare in aria, squadrando il campo sottostante con aria disperata.
Con un senso di inquietudine mi resi conto di non essere più molto tesa per il possibile risultato della partita. Insomma, Serpeverde, Grifondoro… che differenza avrebbe fatto? Era solo Quidditch… Aggrottai la fronte, scettica persino nei riguardi dei miei stessi pensieri.
«L’ha visto, l’ha visto!» sentii urlare cinque voci contemporaneamente tutto intorno a me e non feci in tempo a cercare mio cugino attraverso le lenti appannate, che un boato si scatenò dalla tribuna di Grifondoro.  Lo addocchiai all’improvviso, vedendolo a poco più un metro dal terreno erboso, con un braccio alzato sopra la testa. Probabilmente aveva visto il Boccino ed era sceso in picchiata talmente veloce che non me n’ero accorta.
Come ogni fine partita, non capii esattamente cosa stesse succedendo, perché venivo sballonzolata qua e là dai miei compagni di Casa saltellanti e urlanti. Lily addirittura mi si ancorò al collo, urlando e ridendo, mentre Hugo faceva esplodere scintille rosse-oro dalla bacchetta; queste brillarono sopra le nostre teste, prima di fiondarsi a cascata sulla squadra di Grifondoro, la quale era riatterrata e esultava alla stessa maniera. Cominciai ad urlare anche io, scuotendo il binocolo, essendo l’unica cosa che avevo in mano.
Per tre minuti buoni non vidi più nulla se non sciami di colori e facce felici che mi circondavano, mentre con enorme fatica mi facevo strada insieme agli altri per scendere dalle tribune e correre incontro alla nostra squadra. A poco meno di venti metri da loro, vidi la McGranitt che stritolava ogni singolo membro della squadra di Grifondoro in un rigido abbraccio.
I giocatori, un po’ imbarazzati ma ancora totalmente euforici cominciarono ad intonare un coro casuale; in prima fila vidi Finnigan, che con entrambe le braccia levate verso il cielo, si era teatralmente inginocchiato a terra, rivolto verso Albus. Quest’ultimo sorrise, il Boccino d’Oro ancora stretto nel pugno.
Io e gli altri eravamo arrivati quasi abbastanza vicini da congratularci personalmente con lui, quando lo vidi allungare un braccio verso la squadra di Serpeverde, che passava accanto ed era minata da espressioni truci ed amareggiate. Albus tirò bruscamente Malfoy fuori dalla fila e gli saltò quasi addosso, nel tentativo di lanciargli un braccio sulle spalle e condividere con lui il successo.
Non il successo di Grifondoro, ma il successo di tutti quelli che come giocatori avevano dato il massimo… e soprattutto, immaginai, il successo che aveva raggiunto Malfoy nella sua primissima partita. Infatti, se non fosse stato per lui, Serpeverde non avrebbe totalizzato nemmeno un punto.
Il mio cervello sembrò passare alla modalità moviola, mentre vedevo che il biondo rispondeva con il braccio sano alla stretta di mio cugino. Vidi un sorriso allargarsi sul suo viso, quando Albus esultò nei confronti di tutta la squadra di Serpeverde, che, dapprima confusa, poi si sciolse in un applauso.
«Fantastico ragazzi!»
«Grandi!»
«Prima vittoria di una lunga serie!»
«Potter regna!»
Fummo tutti sovrastati dalle varie voci che si complimentavano con i giocatori ed io stessa, quando Albus incrociò il mio sguardo, sorrisi e gridai un «Bravissimo!», mentre il mio sguardo scivolava su Malfoy, ancora accanto a lui. Lui mi guardò per un attimo e io mi corressi, con tono incerto, borbottando «Anzi, bravissimi…» ma la mia voce fu probabilmente travolta da quelle di Fred e Hugo, che avevano cominciato a urlare improbabili canzonette celebrative del successo del cugino.
Il coro e l’atmosfera vittoriosa accompagnarono le squadre mentre scendevano verso il castello; io, Lily e Dominique, ascoltammo per l’ennesima volta Hugo che faceva il riepilogo di tutte le azioni più interessanti della partita «E SBAM! Proprio così! Cavoli, ora che ti ho visto lanciare certi Bolidi, Fred, credo che ti starò ben lontano!» esclamò, rivolto al rosso che in quel momento camminava affianco a noi con un sorriso da parte a parte.
Dietro di noi, invece, sentii gli altri giocatori parlare eccitati tra loro.
«Favoloso! Ehi, che ne dite se ‘sta sera si festeggia in Sala Comune?» ascoltai Albus dire, rivolto ai suoi compagni.
«Grande idea Al. Ah, e già che ci sei, avvisa tua cugina Rose che con lei la festa può continuare nel mio dormitorio»
Non feci in tempo a rendermi conto con orrore che la voce che aveva pronunciato quelle parole appartenesse a quel troglodita di Finnigan, che un rumore scioccante sferzò l’aria.
Un rumore secco, come di carne contro carne. Prima che io e gli altri ci potessimo girare, un coro di ‘oooh’ preoccupato e qualche urlo si alzarono dalla folla dietro e tutt’intorno a noi.
Voltandomi, incontrai lo sguardo sconcertato di Albus; guardava Malfoy che, alla sua destra, era fermo in una posizione stranamente inclinata in avanti, con un braccio abbandonato lungo il fianco e l’altro a sorreggere una mano chiusa a pugno. Con un’espressione indescrivibile, stava fissando Finnigan, che era a terra e si teneva una mano tozza chiusa a coppa intorno al naso.
«Che dia-» lo sentii gorgogliare attraverso del probabile sangue che gli colava dalle narici. Fissava Malfoy con sguardo terrorizzato.
«SIGNOR MALFOY!» tuonò la voce della professoressa McGranitt, mentre si avvicinava con passo veloce e gli occhi fuori dalle orbite. La folla intorno a noi si era ammutolita e anche il mio cervello si era completamente spento.
Gli occhi miei, di Albus, di tutti quanti fissarono la Preside che sgridava Malfoy con tono solenne, mentre quest’ultimo rispondeva con uno sguardo già tornato vacuo. Io non riuscii a sentire una parola, tanto ero scossa. La mia mentre si compresse al massimo, per sfornare un’idea che mi sembrò tanto assurda quanto logica: Malfoy aveva tirato un pugno a Finnigan per difendermi dalle sue parole?
La mia bocca era spalancata e ringraziai il fatto di avere avvolta intorno al viso la sciarpa e nascondere così la mia espressione da pesce lesso ammutolito.
«Se ne vada in Infermeria, per l’amor del cielo. E anche lei, Finnigan. Questo non rimarrà impunito!» esclamò la McGranitt, accompagnando le sue parole aspre con un movimento del braccio che intimò tutti di proseguire verso il castello.
Il silenzio era piombato su tutti e prima di ricominciare a camminare, incontrai gli occhi di Albus, stupiti quanto i miei. Lui aprì la bocca per dire qualcosa al suo amico biondo, ma questi accellerò il passo, senza proferire parola. Sussultai quando mi passò accanto, ma vidi che non si voltò verso di me, né disse niente. Mi limitai a guardare confusa la sua nuca bionda, mentre con passo fermo proseguivo verso il castello. Una parte di me avrebbe voluto rincorrerlo e chiedergli perché lo avesse fatto, ma mi resi conto che chiederglielo sarebbe sembrata quasi un’accusa… e inoltre c’erano troppe persone intorno.
Già.
Tutte quelle persone avevano visto Malfoy difendermi tirando un pugno in faccia ad un compagno di squadra del suo migliore amico. Cogitai a lungo, mentre i borbottii sommessi di Lily e Dominique facevano da sottofondo.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


 

L’entusiasmo per la vittoria si riaccese presto, una volta tornati in Sala Comune, e non passò molto tempo che tutti si lasciarono andare ai festeggiamenti.
Roxanne si precipitò a tirare fuori le Burrobirre che lei, Fred e Hugo avevano sgraffignato ai Tre Manici di Scopa ed incitò il resto della squadra a cantare (diciamo pure urlare) con lei.
Tutti gli studenti di Grifondoro si affrettarono a prendere parte all’euforia generale e presto persi di vista Lily e Dominique; durante il tragitto fino alla torre non mi avevano degnata di una parola, nonostante avessero continuato a lanciarmi occhiate circospette.
Io ero in uno stato di simil confusione e non me la sentivo molto di festeggiare insieme agli altri.
Albus, evidentemente, era dello stesso umore perché si era accasciato pesantemente su una sedia lontana dalla folla, tenendo ancora stretto il manico di scopa. Ogni tanto qualcuno veniva a battergli allegramente una mano sulla spalla e lui rispondeva con un debole sorriso.
Pervasa dal calore eccessivo all’interno della stanza, cercai di farmi spazio per salire fino ai dormitori per spogliarmi; dopo qualche spallata e qualche urlo di gioia dritto nell’orecchio, riuscii ad arrancare fino alla porta. Corsi verso il mio letto e mi levai freneticamente la sciarpa e il pesante mantello.
«Ah»
Mi voltai, con ancora metà della sciarpa avvolta attorno al collo.
«Ah» mormorai di riamando, con voce ovattata dalla lana. Lily e Dominique erano sedute sul mio letto e io nemmeno le avevo viste.
«Non vai a festeggiare?» buttò lì aspramente la bionda, torcendosi distrattamente un ciuffo di capelli. Diedi un’alzata di spalle, gettando alla rinfusa la mia roba nel baule.
«…o sei troppo in pena per il tuo ragazzo?» aggiunse, trafiggendomi con un’occhiata. Lily alzò gli occhi al cielo e schioccò la lingua.
«Dai, Dom…» ma mi guardò anche lei in attesa di risposta.
«Eh?» gracchiai, mentre mi sfilavo dai lunghi capelli una foglia che era rimasta impigliata.
«Potevi anche dircelo sai. Insomma, pensavamo che tra di noi ci dicessimo tutto» esclamò Dominique all’improvviso, alzandosi dal letto ed allargando le braccia con esasperazione.
La guardai in silenzio. Stava scherzando?
«Se credi che io e Malfoy abbiamo una storia o roba simile, prendi un granchio, te lo assicuro» borbottai, sentendomi le orecchie calde dall’indignazione. Soffocai una risata, rendendomi conto del tipo di conversazione che stavamo avendo. Okay, forse qualcuno avrebbe potuto interpretare quello che era successo in maniera così… diciamo CREATIVA, ma guardando bene in faccia la realtà chiunque si sarebbe potuto rendere conto che le cose non stessero così… no?
«Beh» borbottò Lily, dopo un po’, aggiustandosi nervosamente gli occhiali sul naso «Noi vorremmo solo che fossi sincera con noi… insomma, fai sempre finta che queste cose non ti interessino e poi ‘qualcuno’ fa un simile gesto nei tuoi confronti e… beh… una si chiede cosa ci sia dietro…»
Questa volta risi sguaiatamente, portandomi una mano alla fronte. Dominique mi squadrava a braccia incrociate e Lily aveva cominciato a fissare con insistenza il pavimento.
«Non mi interessano davvero queste cose, tanto meno mi interessa nascondervele! Se siete alla ricerca di gossip, state certe che non troverete informazioni piccanti che mi riguardino…» dissi molto lentamente, cercando di convincerle. Ma sapere che si stavano preoccupando di quelle cose mi faceva cadere le braccia. Dopo tutti quegli anni, ancora non mi conoscevano?
«E allora?» ricaricò Dominique, alzano le sopracciglia perfettamente ritoccate.
«E allora è molto più probabile che Finnigan si sia beccato un pugno per aver mancato di rispetto ad Albus» buttai lì, frugando per finta tra i libri sul mio comodino.
Dicendo quello, il sorriso sparì dalle mie labbra; le mie cugine, però, non lo videro, perché il mio viso era coperto dalla cascata di capelli ricci.
Avevo ragione? Probabilmente si… ma soprattutto… perché mi preoccupavo così tanto?
«Comunque smettetela di pensare a questa roba… per favore» aggiunsi con voce più piatta, lanciando loro un’occhiata. Lily lasciò fiorire un sorriso e alzò le spalle.
«Okay, raggiungiamo gli altri dai. Scommetto che si saranno già scolati tutta la Burrobirra» disse, avviandosi verso la scala a chiocciola.
Dominique mi lanciò un’ultima occhiata (molto più rilassata) e la seguì.
Mi guardai intorno, un po’ stordita da quella conversazione ed infine decisi di scendere e fare compagnia ad Albus. Sempre che anche lui non volesse sottopormi al terzo grado.
Sogghignai, tuttavia, ripensando alla faccia sconvolta di Finnigan e gongolai un po’ per quella piccola vendetta che gli era stata servita. Mi feci di nuovo largo tra la folla e adocchiai mio cugino, ancora seduto sulla stessa sedia.
«Che fai?» gli chiesi casualmente.
Lui mi guardò, passandosi una mano tra i capelli. Non sembrava in vena di festeggiare.
«Credo che andrò in Infermeria. Mi accompagni?» buttò lì, dopo un po’, guardando il resto della sua squadra intavolare una danza della vittoria.
Fui sul punto di dire un ‘no’ secco e ripensai alla conversazione appena avuta di sopra.
«…la goccia che farebbe traboccare il calderone» borbottai, rivolta al pavimento.
«Eh?»
«Niente. Va bene, andiamo» aggiunsi frettolosamente.
 
Ci lasciammo la caotica Sala Comune alle spalle e per un po’ camminammo in silenzio. Il sole era ancora alto nel cielo, da come potei vedere attraverso i grandi finestroni gotici del corridoio, ma un forte vento scuoteva i rami degli alberi più alti. La Foresta Proibita era percorsa da forti raffiche di vento che facevano muovere le cime degli alberi come le onde di un enorme e tetro mare.
I corridoi erano piuttosto vuoti, tranne per un ragazzetto di prima che rivolse un enorme sorriso di ammirazione a mio cugino, prima di sgattaiolare dietro l’angolo.
«Così avete intascato la prima vittoria della stagione…» buttai lì casualmente, tentando di riempire quel silenzio scomodo.
Albus esalò un sospiro soddisfatto «Già. Comunque sono contento che Scorpius se la sia cavata… insomma, per aver giocato per la prima volta, è andato benissimo. Si vede che gli allenamenti nella Stanza delle Necessità sono serviti a qualcosa.»
Alzai le sopracciglia stupita, ma non aggiunsi nulla al riguardo. Avrei dovuto immaginare che Albus lo avesse aiutato ad allenarsi. Ad un tratto mi balenò in mente una cosa.
«Il libro che gli avevi prestato… era sul Quidditch, vero?» chiesi, girandomi verso di lui.
Alzò le sopracciglia, sogghignando «Sì. Quello che mi aveva regalato papà tempo fa».
Annuii pensierosa, riprendendo a guardare fuori dalle finestre. I nostri passi rimbombavano nel silenzio della scuola semi deserta.
«Avrei anche potuto dirtelo… ma diciamo che preferivamo non parlarne fino alla partita» sentii la sua voce dire.
Alzai le spalle con aria assente.
«Non che mi interessasse particolarmente saperlo» buttai lì, con noncuranza. Lui schioccò la lingua scetticamente, ma non rispose.
Poco dopo, arrivammo davanti all’enorme porta dell’Infermeria e mio cugino la aprì, lasciandomi passare. Incrociammo Zabini che stava uscendo, il manico di scopa issato su una spalla; ci squadrò con disprezzo e passò oltre senza aprire bocca.
La grande stanza era semivuota, ma appena entrammo, l’anziana Madama Chips ci lanciò uno sguardo indagatore, soffermandosi sulla divisa da Quidditch di Albus, ancora imbrattata di terriccio.
Alzò gli occhi al cielo e tornò nel suo ufficio, reggendo un ammasso di garze tra le braccia.
La luce pomeridiana filtrava tra i vetri e c’era un’atmosfera quasi surreale. Albus mi fece strada, fino in fondo alla sala. Rallentai un po’ il passo, indugiando su ciò che stavo facendo. Perché avevo acconsentito ad accompagnarlo? Non mi andava di vedere Malfoy… insomma, non proprio.
«Ehi» salutò mio cugino, che era davanti a me di qualche passo.
Malfoy era seduto sul letto in ferro battuto dell’Infermeria; teneva la testa appoggiata alla testiera e sembrava fissasse intensamente il soffitto. Mi accorsi che non indossava più la parte superiore della divisa verde smeraldo da Quidditch, ma una semplice maglia a maniche corte azzurro chiaro. I miei occhi vennero rapiti per qualche secondo, mentre osservavo la linea che formava il profilo del suo viso scendere lungo il collo, dove risaltava il pomo d’Adamo, fino ad arrivare bordo della maglietta. La sua pelle diafana rapiva i riflessi che entravano dalle finestre. Vederlo svestito della solita ordinata divisa scolastica mi fece uno strano effetto.
«Ehi…» disse, dopo essersi schiarito la voce, voltandosi lentamente verso di noi.
Notai che il braccio sinistro era avvolto in una stretta fasciatura che iniziava dalla spalla e arrivava a coprire l’intera mano. Mi sentii un’idiota a non riuscire a guardarlo in faccia, ora che ci aveva visto, ma avevo sentito le mie orecchie ardere dall’imbarazzo.
Albus si sedette con nonchalance sul letto e indicò la bendatura sorridendo.
«Era uscito quasi completamente l’osso, vero? Brutta storia» asserì con l’aria di chi la sa lunga sulle fratture da Bolide. In realtà ero quasi sicura che non ne avesse beccato uno neanche per sbaglio, durante quei sette anni di partite. Mi guardai intorno, sentendomi a disagio ad essere l’unica in piedi, e mi sedetti sull’unica sedia vicino al comodino. Questa, ovviamente, stridette un po’ sul pavimento e io mi schiarii la voce per mascherare il rumore (inutilmente).
Fissai il copriletto candido, maledicendomi ancora per essere venuta lì.
«Questione di qualche ora e sarà a posto» sentii Malfoy dire.
Albus rise simpaticamente, battendogli una mano sul ginocchio. Sentii i passi affrettati di Madama Chips che si muoveva tra i letti dietro di noi.
«Poteva andarti peggio amico, veramente. Comunque hai fatto un gran lavoro» disse mio cugino, con aria soddisfatta. Evidentemente era compiaciuto delle imprese del suo amico.
Guardai Albus (continuando ad ignorare placidamente lo sguardo di Malfoy) e lo vidi girarsi e cercare con lo sguardo qualcosa o qualcuno all’interno della stanza.
«Finnigan deve essere già uscito… o? In Sala Comune però, non l’ho visto.»
Un’agitazione mi invase. Avrei preferito non venisse fuori ‘quel’ discorso. Mi sfregai le punte delle scarpe l’una con l’altra, prestando attenzione alla conversazione ma non dando la minima impressione di voler partecipare.
«Madama Chips l’ha cacciato. Tentava di lanciarmi Maledizioni dal suo letto» sentii il biondo dire e io soffocai un ghigno, sempre rivolta al marmo chiaro del pavimento. Probabilmente Madama Chips gli aveva aggiustato il naso in un attimo, con un colpo di bacchetta, ma lui avrebbe voluto approfittare della fortuna di avere Malfoy sotto tiro.
Tornai a fissare il letto e vidi la mano destra appoggiata sul lenzuolo bianco. La pelle candida faceva contrasto con le sbucciature rossastre sulle nocche, forse causate dal pugno.
«Zabini era qui» continuò mio cugino con aria interrogativa.
«Si, è preoccupato che mi buttino fuori dalla squadra» rispose l’altro.
Albus emise un lungo soffio preoccupato, seguito da una risata, «Sarebbe un record credo. Squalificato dopo la prima partita!»
Vidi il braccio di Malfoy sussultare appena; immaginai avesse risposto con un sorrisetto.
«Ah… ho dimenticato di ridargli quella» lo sentii dire con tono pensieroso.
Vidi Albus voltarsi verso il fondo del letto, che probabilmente Malfoy stava indicando; vi era appoggiato uno dei manici di scopa d’ordinanza che la scuola forniva agli studenti che non ne avevano uno proprio. Evidentemente il biondo se l’era portato dietro senza rendersene conto, avendo raggiunto l’Infermeria subito dopo la partita.
«L’ho incrociato mentre entravo, se vuoi gli corro incontro e glielo riporto…?» suggerì cortesemente mio cugino, afferrando la scopa.
«Si, grazie.»
Sollevai lo sguardo per vedere Albus che si tirava su dal letto; mi guardò per un secondo.
«Mi aspetti qua?» borbottò frettolosamente.
Gracchiai un ‘sì’ e lo vidi allontanarsi verso la porta alle mie spalle; l’oltrepassò e questa si richiuse subito dopo con un tonfo. Calò il silenzio, interrotto solo dai passi dell’infermiera e dal russare profondo proveniente dal retro di una tenda che nascondeva l’ultimo letto, vicino al muro.
Perfetto. Proprio non aspettavo altro.
Ci impiegai un po’ ad alzare lo sguardo; non mi pareva molto educato fare finta che lui non ci fosse, dopotutto. Lui era di nuovo poggiato alla testiera e guardava il soffitto. Quando mi schiarii casualmente la voce, tesa come una corda di violino, lui voltò lo sguardo dalla mia parte, squadrandomi inespressivo con quegli occhi chiari. Il colore della sua maglia ne esaltavano la tonalità e solo dopo qualche secondo, mi resi conto di essermi persa a fissarli.
Mi ripresi, spostando la mia attenzione su altro. Sentivo il senso di disagio avanzare marciando a passo militare dentro il mio stomaco.
«Fa male?» chiesi stupidamente, indicando il braccio fasciato. Mi pentii subito di aver aperto bocca, perché la mia voce uscii più acuta del solito.
Lui si raddrizzò e si sedette sul bordo del letto, guardandomi.
«No» sussurrò.
Sentii i brividi sulle braccia e pensai che Madama Chips avesse aperto qualche finestra per far entrare aria fresca. Avrei voluto riavere la sciarpa con me per poterci avvolgere la faccia e nascondermi; invece mi morsi distrattamente il labbro.
Sobbalzai, quando lui allungò il braccio destro, ma vidi che lo aveva fatto per raggiungere una boccetta anonima, appoggiata sul comodino. L’altro braccio inerme poggiato lungo il fianco, lo vidi armeggiare con l’unica mano libera, tentando di aprire l’ampolla di vetro. Doveva essere una sorta di pozione curativa; lo intuii dal colore.
«Scusa, ti dispiacerebbe…?» sussurrò ad un certo punto, dopo essersi rassegnato nel tentare di aprirla. Lo fissai un po’ confusa e notai che sulla guancia sinistra, proprio sotto l’occhio, aveva un brutto graffio rossastro, che risaltava sulla pelle chiara.
Vidi che tendeva la boccetta verso la mia direzione.
«Ah» mormorai, «Aspetta, ti aiuto» la presi dalla sua mano, sfiorandogli le dita, e l’aprii velocemente, mentre sentivo il cuore battermi forte. Sapevo che mi stava guardando, mentre mi voltavo verso il comodino e prendevo un batuffolo di cotone. Mi schiarii nuovamente la voce, mentre facevo impregnare il batuffolo, poggiandolo sull’apertura della boccetta.
Indugiai un secondo, non sapendo cosa fare esattamente, ma lui allungò lentamente verso di me la mano dalle nocche ferite. Mi avvicinai, spostandomi sul bordo esterno della sedia e senza pensarci troppo, ignorando l’agitazione, presi la sua mano nella mia e cominciai a tamponare piano le ferite con il cotone. Nonostante il colorito marmoreo, la sua pelle era calda… la sua mano, inoltre, era grande quasi il doppio della mia. Notai questa cosa e mi sentii arrossire, ma continuai a picchiettare il batuffolo sulle ferite, sperando che i miei capelli mascherassero la mia espressione imbarazzata.
Lui continuava a non proferire parola.
Vidi la sua pelle cominciare rimarginarsi magicamente sotto l’effetto della pozione e mi fermai per osservare curiosamente quell’effetto. Un lungo ciuffo di capelli rossi mi cascò davanti agli occhi e feci quasi per riportarmelo dietro l’orecchio, quando la mano di Malfoy si mosse dalla mia, alzandosi fino all’altezza del mio viso chinato; le sue dita raccolsero il ciuffo di capelli e lo portarono delicatamente dietro il mio orecchio, sfiorando la mia guancia diventata tiepida.
Lo fissai, sentendo un nodo allo stomaco; ero sicura di essere arrossita più che mai.
Lui rispondeva al mio sguardo con la solita espressione imperscrutabile, ma l’occhiata che mi rivolgeva sembrava più intensa del solito… o forse erano solo le luci della stanza.
Socchiusi la bocca, sicura che avrei dovuto dire qualcosa per interrompere quello strano momento.
«Non sarebbe servito farlo» borbottai alla fine con voce arsa, lanciando un’occhiata alla sua mano ormai guarita e poi tornando a guardarlo.
Lui non mi rispose, ma vidi i suoi occhi vagare sul il mio viso, in contemplazione. A cosa stava pensando? Avrei voluto saperlo. Forse non avrei dovuto chiederlo, ma in fondo… la questione mi riguardava, o almeno credevo mi riguardasse.
Lui si spostò casualmente i capelli dal viso, in un modo molto simile a quello di Albus; deglutì silenziosamente e distolse lo sguardo.
«Non importa» mormorò atono, dopo quelli che sembrarono millenni. Prese a controllarsi la fasciatura del braccio, ruotando leggermente la spalla. Le sue spalle erano piuttosto larghe e squadrate.
Feci per dirgli che la mia non voleva suonare come una predica e che probabilmente un giorno o l’altro Finnigan se lo sarebbe beccato lo stesso un pugno in faccia, per qualche altro motivo, ma la ‘conversazione’ venne stroncata dall’entrata di Albus (che evidentemente era ritornato senza che me ne fossi accorta).
«Okay, per fortuna l’ho beccato prima che arrivasse ai sotterranei» annunciò, ansimando come se avesse corso; e probabilmente era così, perché si chinò, poggiando le mani sulle ginocchia e prendendo fiato.
Guardandolo, mi sentii un po’ disorientata… era come se l’atmosfera che c’era si fosse infranta e che il senso di irrequietezza mi avesse investito nuovamente.
Era tutto molto… strano.
«Grazie Al» rispose il biondo, continuando ad esaminarsi le bende del braccio con aria assorta.
«Comunque sarà ora che ti compri un manico di scopa tutto tuo, amico!» ghignò Albus, poggiando le mani sui fianchi «Non posso certo continuare a prestarti il mio per i nostri allenamenti clandestini» e rise sonoramente, mentre Malfoy lo guardava di sottecchi, divertito.
«Ci penserò per Natale» borbottò con poca convinzione.
 
Poco dopo Albus e io eravamo nuovamente diretti verso la Sala Comune; ci eravamo congedati definitivamente dal biondo dopo che Madama Chips era uscita dall’ufficio per lanciare ad Albus un’altra occhiata di disapprovazione, questa volta accompagnata da un invito ad andarsene.
Io ero riuscita a malapena a salutarlo, biascicando qualcosa incomprensibile. Ero ancora molto confusa da quello che era successo, non sapevo come sentirmi.
«Tutto ok?» sentii remotamente la voce di Albus chiedere, una volta che fummo di nuovo nei pressi del quadro della Signora Grassa. Sembrava avermi letto nel pensiero.
«Hai un aspetto strano. Devo stare attento a non lasciarvi troppo da soli, a voi due.»
«Cosa intendi dire?!» sbottai, riaffiorando dalla mia trance contemplativa e sentendo le orecchie accaldarsi. Lui mi rispose con uno sguardo allarmato, dilatando gli occhi verde brillante.
«Niente di niente, stai tranquilla» gracchiò, con tono canzonatorio.
Resistetti nel rispondere sgarbatamente un ‘meglio così!’ e tirai dritto.
La mia mano destra si alzò a toccare la guancia che poco prima Malfoy aveva sfiorato.
Perché mi turbava così tanto?

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Natale si stava avvicinando e nel dubbio che sarei rimasta a Hogwarts o fossi tornata a casa per le vacanze, decisi di approfittare della presenza della Biblioteca per portarmi avanti con lo studio.
Il mio obiettivo era di arrivare all’anno nuovo con gran parte del programma svolto, in modo da poter trascorrere gli ultimi mesi di scuola, oltre che a svolgere gli esami finali, a vagliare le opzioni riguardanti ciò che mi sarebbe piaciuto fare dopo gli studi. A differenza di Albus, che sapevo si sarebbe concentrato sulla sua carriera di giocatore di Quidditch e avrebbe tentato di entrare nella quadra nazionale, io non avevo ancora ben chiaro cosa fare; c’erano davvero troppe cose che mi interessavano e nemmeno le lunghe chiacchierate serali con mia mamma davanti alle innumerevoli tazze di tè mi erano state d’aiuto. A sentire lei, avevo tutte le carte in regola per intraprendere una virtuosa carriera al Ministero della Magia (come lei stessa aveva fatto), ma più si avvicinava il momento decisivo, più il mio cervello e il mio stomaco si rifiutavano di prendere in considerazione questa eventualità. Il fatto era che sentivo il mio cuore ambire a qualcosa di diverso, ma ancora non sapevo cosa, e per una persona razionale come me era davvero difficile accettare quell’insolita sensazione. L’unico che sembrava capirmi davvero era mio padre Ron; sapeva esattamente di cosa ero capace, ma quando sollevavo il discorso a pranzo, l’unica sua reazione era quella di guardarmi con i suoi sinceri occhi azzurri e dirmi “Fai quello che ti rende felice, Rosie”.
Fosse stato facile capirlo.
Tamburellai con la penna d’oca sul bordo del tavolo della Biblioteca, mentre il mio sguardo si perdeva nel paesaggio rosato del tramonto, fuori dalla finestra. Davanti a me, la relazione di Antiche Rune che avevo provato a riscrivere per la terza volta. Qualcosa non andava, non riuscivo a concentrarmi. Probabilmente avevo bisogno di una pausa da tutta quella mole di lavoro; anche quel giorno infatti, avevo saltato il pranzo ed ero corsa in Biblioteca direttamente dopo le due ore di Pozioni, un paio di panini nella borsa.
È che non mi andava molto di stare al tavolo con gli altri Grifondoro, dopo l’ultima partita di Quidditch. Anche se sapevo che fosse irrazionale pensarlo, mi sentivo come se avessi tutti gli sguardi addosso. Tranne quello di Finnigan, il quale, le poche volte che mi guardava, lo faceva ormai con timore, sia che ci incrociassimo nei corridoi, sia che fossimo in Sala Comune; la sua espressione di disarmo faceva sempre rotolare Albus e Hugo dalle risate. Per lo meno aveva smesso di fare battute.
Anche le lezioni stavano diventando una tortura. Ormai trovavo addirittura confortante la presenza di Dominique ad Aritmanzia, che almeno mi sollevava dall’onere di dover pensare inondandomi di discorsi superficiali, senza nemmeno pretendere una risposta in cambio – le bastava qualche cenno di muto incoraggiamento per andare avanti a parlare per ore.
Non sapevo spiegarmi quel malessere, ma avevo bisogno di stare da sola, o almeno così credevo.
Malfoy ed io non ci eravamo più parlati dall’ultima volta in Infermeria, a malapena ci eravamo incrociati. Questo anche perché finite le lezioni me la svignavo prima di tutti gli altri e perché, appunto, ormai mangiavo raramente in Sala Grande. Le uniche volte che lo vedevo era quasi sempre ignaro e di schiena, e io non mi preoccupavo di farmi notare.
Non ero riuscita bene a capire cosa fosse successo il giorno della partita, il perché di quell’improvvisa vicinanza, intimità forse, anche se di intimo non c’era stato proprio nulla. Eppure quella volta i suoi occhi non mi aveva solamente guardato attraverso, come facevano di solito; mi avevano guardata dentro, come se mi vedessero per la prima volta. Questo mi aveva fatta sentire vulnerabile, impedendomi di dormire serenamente la notte - non come l’ultima volta a causa del senso di colpa… questo era un altro tipo di irrequietezza. La stessa irrequietezza che mi continuava ad accompagnare in quei giorni sempre più prossimi a Natale, la stessa irrequietezza di chi non sa cosa vuole e di chi si rende conto che forse non se l’è mai nemmeno chiesto.
Poggiai la penna e ricacciai la pergamena nella borsa, concludendo che sarebbe stato inutile insistere. Ci avrei pensato l’indomani.
Un gorgoglìo proveniente da un punto impreciso dentro di me mi ricordò che i due panini a pranzo non erano bastati e che forse sarebbe stato il caso di presentarmi in Sala Grande e cenare decentemente. Anche perché quella sera sarei rimasta alzata a lungo: era la prima sera di molte in cui avrei dovuto sorvegliare l’ala est del castello. Insieme a Malfoy.
Il gorgoglio si fece più feroce, tanto che mi strinsi la mano sullo stomaco.


La Sala Grande era gremita di gente che si stava già rimpinzando, quando arrivai. Mi sedetti noncurante degli sguardi dei miei compagni e cercai di essere più discreta possibile.
Due posti più in là, Lily, che era intenta a parlare con Albus, si sporse per guardarmi.
«Ciao Rose, sei uscita dalla caverna?» chiese sogghignando, mentre anche il fratello si girava incuriosito.
Quest’ultimo teneva in mano una lettera e sembrava che fosse quello il motivo della loro conversazione; tuttavia, avendo già i piatti vuoti e la pancia piena, decisero di alzarsi e di venirsi a sedere proprio di fronte a me, non prima che Albus si rificcasse la lettera in tasca.
«Avevo un po’ di fame e stanotte mi tocca stare su fino a tardi» bofonchiai con la bocca già piena di pasticcio.
«Una buona occasione per farti viva allora» commentò sarcasticamente Albus, mentre mi guardava di sottecchi. Ricambiai con uno sguardo colpevole, ma non risposi. Di tutti, Albus era quello che stava patendo di più quel mio momento di crisi. Aveva già cercato di parlarmi, ma lo avevo liquidato dicendo che volevo semplicemente attenermi al mio monolitico piano di studi e che non ci fosse nulla che non andava.
«Comunque io devo svignarmela, ho gli allenamenti stasera» proseguì mio cugino, sfilando una patata arrosto dal mio piatto. «Salutami Scorpius» aggiunse, facendomi l’occhiolino prima di alzarsi.
Masticando, lo guardai uscire dalla Sala; quando tornai al mio piatto Lily mi stava ancora fissando dietro le grandi lenti con sguardo interrogativo.
«Doferi di Cafofscuola» mormorai dentro il calice di Succo di Zucca, per rispondere al suo sguardo interrogativo. «Le prime ronde» aggiunsi, pulendomi la bocca sul tovagliolo.
«Ah!» Continuò a giochicchiare con le punte dei suoi lunghi capelli, osservandomi curiosa.
«Stai bene Rose?»
«Sono solo stanca» risposi quasi con troppa fretta. Deglutii e ripresi, con tono più dolce «Tu? Novità con Lysander?»
Il viso di Lily si illuminò e prese a sorridere, sognante.
«Mi ha invitata da lui a Natale! Ha detto che vuole farmi vedere il suo allevamento di Plimpi d’acqua dolce e insegnarmi a come prendermene cura nei mesi invernali. Sai, quando c’è particolarmente freddo, vanno messi in un acquario e-» ma si interruppe all’improvviso, probabilmente dopo aver letto lo scarso interesse nei miei occhi.
«Comunque chissà, non abitano così lontano da noi. Potrei pensare di fare un salto quando torneremo a casa per le feste» osservò pratica, accompagnando il tutto con un sorriso incerto.
«Come fai a sapere che ti piace?» chiesi all’improvviso.
Non so come mi fosse uscita la domanda, né da dove. Avevo preso ad attaccare una fetta di torta di mele ed era sorta così, spontaneamente. Me ne pentii subito mentre Lily mi rivolgeva uno sguardo interdetto e confuso.
«Lascia perdere» sbottai sbrigativa, mentre riprendevo ad ingozzarmi cercando di concentrarmi su quello che avrei dovuto fare quella sera.
«No no» iniziò lei, unendo le punte delle dita in maniera pensierosa «Beh… ecco, quando sono vicina a lui mi sento lo stomaco sottosopra, mi sento il cuore battere a mille, come se stessi per vomitare» decretò con aria sognante.
La squadrai con uno sguardo scettico.
«Ma è tremendo»
Lily rise così forte da far voltare alcuni Grifondoro che erano seduti vicini a noi.
«Ma è anche la sensazione più bella del mondo! Per quanto possa essere terribile la mia giornata, vederlo mi fa sentire leggera, come se camminassi sulle nuvole» abbassò lo sguardo sul tavolo, arrossendo violentemente «…poi sento un calore irradiarsi dentro e scendere…»
«OK GRAZIE, credo di aver capito» sbottai frettolosa, mentre sentivo anche io il rossore irradiarsi dal mio collo. Era proprio lì dove non volevo andare a parare.
Lily si scostò i capelli dal viso, imbarazzata e prese a mordersi il labbro.
«Non è come dice Dominique, Rose. Se ti piace davvero, lo senti dappertutto» concluse appoggiando il mento sulla mano e guardando nel vuoto con aria sognante.
Mi schiarii la voce incerta, non sapendo cosa dire.
«Ma perché me lo chiedi?» domandò all’improvviso, tornando a guardarmi, l’espressione ebete ancora presente.
Alzai le spalle e assunsi la mia migliore espressione di indifferenza mentre raccoglievo la borsa.
«Ma te ne vai di già?» continuò Lily, una nota di delusione nella sua voce.
Annuii frettolosamente e prima che potesse ribattere ero già a metà strada tra il tavolo e l’uscita; lanciai una veloce occhiata al tavolo dei Serpeverde: Malfoy non c’era. Probabilmente aveva già finito di cenare. Feci un profondo respiro prima di incamminarmi verso la Sala Comune dove avrei abbandonato i miei libri e mi sarei preparata mentalmente per la nottata.
 
 
L’orologio al mio polso segnava ancora le nove meno un quarto quando raggiunsi il Salone d’Ingresso e nessuno degli altri Capiscuola era ancora arrivato. Per qualche strana ragione, l’agitazione e la fretta mi avevano fatta arrivare prima del dovuto. Mi passai nervosamente una mano tra i capelli appena lavati mentre osservavo le vecchie armature all’entrata, sperando che il tempo scorresse più in fretta. Odiavo aspettare. Oltretutto, dal nervoso, avevo rovesciato mezza bottiglia di Shampoo-Magico-Magici-Ricci che mi aveva regalato mia madre finendo per sentirne l’odore pungente di rosa non appena sfioravo i capelli o voltavo la testa. Sperai intimamente che nessuno se ne accorgesse.  Mentre mi maledicevo mentalmente, vidi Rainold Light e Padme Macmillan girare l’angolo del corridoio e avvicinarsi; entrambi mi rivolsero un sorrisetto di circostanza che ricambiai con tensione visibile.
«Allora noi ci facciamo l’ala ovest e la zona al limitare della Foresta Proibita, giusto?» incalzò Padme da dietro la pesante sciarpa di Tassorosso che portava al collo; si stava rivolgendo più a Rainold che a me. Lui annuì infilandosi un paio di guanti.
«Direi di iniziare dai giardini prima che scenda troppo la temperatura» bofonchiò, tirandosi su la zip del giaccone «La prossima volta ci alterniamo» aggiunse, prima di alzare lo sguardo sopra la mia testa e fare un cenno con il capo.
«Malfoy»
«Buonasera» sentii dire la voce di Malfoy alla mia destra.
Evidentemente era salito dalle scale dei sotterranei e ci aveva raggiunto senza che nemmeno lo sentissi. Mi voltai leggermente per ricambiare il saluto con un’occhiata ed un cenno del capo. Lui aveva lo sguardo fisso a terra.
«Allora noi andiamo» decretò Padme con fermezza, prima di oltrepassarci in direzione dell’uscita.
Rimanemmo noi due nell’ingresso.
Malfoy si strinse nel suo cardigan nero, infilandosi le mani in tasca.
«Ti… ti va di partire dall’Aula di Difesa Contro le Arti Oscure e da lì salire fino alla Guferia?» buttai lì cercando di mantenere un tono pratico e convincente, le dita delle mie mani che pizzicavano nervosamente il bordo inferiore del maglione oversize che indossavo.
Lui annuì con aria assente e prese a camminare verso il corridoio ovest. Presa alla sprovvista più del solito dal suo silenzio, lo seguii interdetta, consapevole che sarebbe stata una serata piuttosto tesa. Avevo una leggera sensazione di nausea, ma probabilmente era stata la fragranza dello shampoo a stordirmi.
«Stai studiando molto?» esordii dopo qualche secondo, nel disperato tentativo di alleviare la tensione. Il silenzio si faceva ancora più ridondante nella quiete del castello vuoto. Per fortuna la semioscurità giocava a nostro favore e nascondeva le espressioni di disagio.
«Ci provo. Ultimamente ho la testa da un’altra parte.» rispose Malfoy con voce calma, guardando dritto davanti a sé. Passammo davanti ad una torcia appesa al muro e per un attimo vidi l’ombra di due leggere occhiaie solcargli il volto. Mi sentii davvero di capirlo.
«A chi lo dici. Spero che per te sia il Quidditch» ribattei con un mezzo sorriso nervoso che voleva essere comprensivo; ma lui continuò a non guardarmi.
«Più o meno» buttò là laconico, senza la minima inflessione vocale.
Sbuffai internamente cominciando a percepire la solita frustrazione che mi prendeva dopo dieci minuti di conversazione con lui. Non si sforzava nemmeno.
Improvvisamente sentii una rabbia montarmi dentro, una rabbia che era rimasta sopita quelle ultime settimane dopo la partita. Una rabbia che forse non era nemmeno diretta a lui, ma che mi fece comunque sbottare.
«Senti, se vuoi ci dividiamo e ci rivediamo qua tra quindici minuti. Così possiamo sbrigarcela più velocemente.»
Mi resi conto che il mio tono era sembrato più scocciato di quanto volessi. Malfoy si fermò e si voltò, guardandomi finalmente negli occhi. Sembrava vagamente dispiaciuto, ma sostenne comunque il mio sguardo. Si grattò lentamente il naso con la mano destra e intravidi i lividi ormai chiari sulle nocche. Mi si strinse lo stomaco.
«Ecco…» iniziai incerta.
«Va bene» decretò con tono tranquillo. Mi scrutò un’ultima volta con i suoi occhi grigi prima di voltarsi.
«Tra quindici minuti» ripeté, cominciando a camminare verso l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure.
Amareggiata, lo guardai incamminarsi per qualche secondo, prima di dirigermi a passo pesante verso l’aula di Incantesimi, sul lato opposto. Possibile che dovessi essere a tutti i costi così indisponente? Scossi la testa nervosamente mentre un’armatura alzava un braccio in segno di saluto.
«Non sei stata affatto carina, sai?» disse una voce altera alla mia sinistra; mi voltai e vidi Violet, una vecchia amica della Signora Grassa, che mi seguiva facendosi largo tra un quadro e l’altro, cercando di stare al mio passo.
«Non sei un po’ lontana da casa?» sbottai sarcasticamente mentre scandagliavo il corridoio con lo sguardo. Lei rispose con uno sbuffo.
«Voi Weasley siete esperti nel capire tardi le cose» ribatté con tono indispettito, dandosi arie di chi la sa lunga. La guardai farsi spazio tra un gruppo di monaci per raggiungere il quadro successivo, il tutto tenendo in equilibrio un enorme calice di vino nella mano destra.
«Ma non sono affari miei. Buona serata» e accelerò, diretta probabilmente alla torre di Grifondoro per una bevuta notturna con l’amica.
«Questo è poco ma sicuro» dissi al nulla.
 
Feci presto ad esaminare il resto delle aule e dei corridoi poiché l’unico visitatore indesiderato che incrociai fu Pix che si divertiva a lanciare i vecchi tomi di Storia della Magia sulla testa dei poveri sventurati Elfi Domestici che stavano pulendo le aule. Gli lanciai una fattura, mancandolo, ma il tentativo fu sufficiente a farlo scappare via tra le risate, non prima di aver fatto una doppia capriola con pernacchia finale. Pochi minuti dopo ero tornata al punto in cui io e Malfoy ci eravamo divisi, ma di lui non c’era traccia. Alzai lo sguardo speranzosa, ma gli occupanti dei dipinti sopra di me stavano tutti dormendo molto profondamente, alcuni russando senza ritegno. Scrutai l’orologio per l’ennesima volta e spostai il mio peso da un piede all’altro, ripetutamente. Forse era successo qualcosa? O forse Malfoy aveva finito il suo giro e se n’era andato a dormire lasciandomi là come una scema? Dubitavo fosse così. Percorsi velocemente il corridoio opposto, ma le aule erano tutte vuote; decisi quindi di dirigermi verso la Guferia.
Ero appena alla seconda rampa di scale, quando sentii una voce. Con un balzo oltrepassai il famoso gradino mancante della scala e seguii quel suono. Una luce riverberava nel corridoio e sembrava provenire da uno dei grossi ripostigli che Gazza usava per stipare la merce di contrabbando che confiscava agli studenti in procinto di spedirla chissà dove. Incuriosita, mi avvicinai all’entrata. La luce era accesa e una figura si stagliava davanti ad essa. Era Malfoy.
Ma ero troppo confusa per dire qualunque cosa. Malfoy era completamente diverso da come l’aveva visto prima. Indossava un abito nero, molto elegante, e i capelli biondo chiaro erano accuratamente pettinati all’indietro in un modo che ricordava molto il padre, o almeno, per come lo avevo visto quelle poche volte alla stazione di King’s Cross; ma la cosa strana e alquanto disturbante, era l’espressione sul suo volto: i lineamenti appuntiti erano deformati in un ghigno derisorio e negli occhi gli si rifletteva la luce proveniente dalle torce lungo i muri, dando allo sguardo un’aria glaciale. Irto in tutta la sua altezza, camminava avanti e indietro con le mani dietro la schiena e sembrava guardare verso un punto in fondo all’aula che non mi era visibile.
«Malfoy?» sussurrai incerta, incapace di togliere gli occhi dal ragazzo.
«Come loro. Sei come loro. Perché credi di appartenere alla stessa Casa?» la voce che uscì dalla bocca di Malfoy era spaventosa e sembrava far tremare le pareti.
«Non meriti la sua amicizia. Lei ti disprezza, non sarai mai degno. Non puoi evitarlo.» Le parole risuonarono lapidarie e minacciose, Malfoy esplose in una risata malvagia fissando intensamente qualcosa di fronte a lui.
Cosa stava succedendo? Con chi stava parlando? Cosa era successo alla sua voce?
«Malfoy?» urlai questa volta, facendo girare il ragazzo.
Lui si voltò di scatto e mi guardò dall’alto della sua figura elegantemente vestita, il ghigno che si allargava più che mai, scoprendo i denti perlacei. Le pupille dei suoi occhi… le pupille dei suoi occhi si stavano stringendo, fino a diventare due tagli verticali neri in uno sfondo grigio.
«Riddikulus» sentì una voce provenire dall’interno dell’aula e un attimo dopo Malfoy, o quello che credevo fosse Malfoy, era esploso in mille pezzi, lasciando dietro di sé una nube di fumo biancastro. Mi precipitai a guardare dentro l’aula, appoggiandomi allo stipite della porta.
Malfoy, quello vero, era appoggiato contro un armadio in fondo al ripostiglio, le mani incrociate in grembo reggevano la Bacchetta. Il suo volto era in ombra.
«Cos… cos’era quello? Che è successo?!” esclamai senza fiato, scostandomi i capelli dal viso.
Malfoy fece un passo uscendo dalla lama d’ombra e mi guardò; aveva l’aria mesta e sembrava vagamente imbarazzato.
«Era solo un Molliccio di cui Gazza non si è mai liberato» rispose, la voce cupa. Si strofinò stancamente gli occhi con una manica del cardigan e sembrava non riuscire a sostenere il mio sguardo. Osservai alla mia destra il baule aperto dal quale probabilmente era uscito il Molliccio e lo richiusi con un calcio ben assestato. Mi sentii incapace di pensare lucidamente; la mia mente cominciava a mettere insieme i pezzi di quanto avevo visto, ma si rifiutava di razionalizzare. Mi voltai altrettanto imbarazzata verso Malfoy; mi sentivo come se avessi visto qualcosa che non avrei dovuto vedere. Come se avessi origliato un segreto imbarazzante che non avrei mai dovuto conoscere.
«Mi spiace che ti abbia spaventato» aggiunse il ragazzo, grattandosi dietro all’orecchio, mentre continuava a guardare in basso. Non capivo se fosse imbarazzato quanto me o se fosse…ferito?
Mi schiarii la voce.
«Ti va di uscire da qua?» borbottai nervosamente; non sapevo come comportarmi in quei frangenti, ma decisi di seguire il mio istinto. Lui annuì lentamente e mi seguì fuori dal ripostiglio.
Salimmo le scale fino alla Guferia in totale silenzio, ma pensai che fosse meglio così. Tuttavia questo mi fece risuonare nella testa ciò che avevo appena sentito (“Sei come loro. Non meriti la sua amicizia. Lei ti disprezza, non sarai mai degno”) …mi arrovellai per un attimo sul significato di quelle parole. Se i Mollicci di trasformavano in ciò che le persone temevano di più, questo significava che ciò che Malfoy temeva di più era sé stesso? Oppure di poter diventare in qualche modo così simile al padre? L’amicizia che aveva paura di non meritare era quella di Albus, il figlio del salvatore del Mondo Magico? E da chi aveva paura di essere disprezzato? Forse da Lily, anch’essa figlia dell’uomo che suo padre aveva tanto detestato?
Continuai a mordermi il labbro pensosamente mentre aprivo il pesante portone della Guferia. Sentii subito un’arietta fresca sferzarmi il volto. Il cielo notturno era completamente limpido e si vedevano chiaramente le stelle brillare. I gufi appollaiati sui trespoli regalavano un sottofondo di pigolii e versetti che faceva sentire meno soli, dopo tutti quei minuti passati in silenzio. Malfoy si sedette sulla panca di pietra vicino alla finestra dalla quale mi ero sporta per guardare fuori. Non volevo imporgli il mio sguardo indagatore, sapevo di aver già involontariamente violato la sua privacy. Lui comunque se ne stava con gli occhi chiusi e la testa appoggiata contro il muro di pietra, immobile. Forse stava pensando.
Una folata di vento mi scompigliò i lunghi capelli e lo vidi allargare le narici e inspirare lentamente. Osservai il suo viso rilassarsi e la sua bocca schiudersi in un dolce sospiro. Il vento aveva scompigliato anche i suoi capelli dorati, facendolo sembrare un po’ meno ordinato del solito e più simile alla sua versione post partita di Quidditch. Accompagnato dal pesante cardigan scuro, questo look lo faceva sembrare appena alzato dal letto. Sorrisi pensando a questa immagine, ma ritrovai il contegno subito dopo, prendendo a fissare insistentemente una cacca di gufo sul davanzale della finestra per distrarmi.
Mi schiarii la voce.
«Per quel che vale… quello che i Mollicci ci mostrano non è reale» buttai fuori tutto d’un fiato, cercando di suonare incoraggiante.
Alzai lentamente lo sguardo, scorgendolo mentre si mordeva il labbro inferiore pensieroso. Intercettò i miei occhi e il suo viso si ammorbidì in segno di gratitudine. Si alzò dalla panca e mi si avvicino, lo sguardo puntato sulla distesa di alberi che era la Foresta Proibita. Io lo guardai da sotto in su, cominciando a sentire nuovamente quella sensazione di nausea, solo che questa volta sentivo le orecchie tappate e le guance cominciare a scaldarsi. La luce della luna si rifletteva sul suo viso e in quel momento mi sentii dispiaciuta per lui. Mi dispiacque per il modo in cui probabilmente si vedeva, perché non c’era nulla, NULLA di simile tra quel ragazzo e il Molliccio che avevo visto poco prima.
Non c’era nulla di simile tra lui e la persona che temeva di essere.
Rimasi a bocca asciutta quando mi resi conto che lo avevo detto ad alta voce.
«Non c’è nulla di simile tra te e la persona che temi di essere».
La mia voce era uscita sicura, senza tremare. Le parole rimasero sospese nel silenzio, il fruscio degli alberi scossi dal vento l’unica cosa che le accompagnava. Le avevo pronunciate con così tanta convinzione che le mie dita si erano serrate contro la pietra fredda del davanzale e le mie nocche erano sbiancate.
Malfoy si girò verso di me, gli occhi spalancati che riflettevano i raggi lunari tanto da sembrare fatti di vetro. Il suo sguardo esplorò il mio viso, che era molto vicino, indugiò un millisecondo di più sulle mie labbra ancora socchiuse prima di riagganciarsi ai miei occhi nocciola.
«Grazie, Rose» sussurrò, tornando ad abbassare lo sguardo sulle proprie mani.
Stemmo a guardare il cielo notturno ancora per un po’, prima che l’imbarazzo crescente ci fece propendere per il salutarci e andare verso i nostri rispettivi dormitori. Tutto il coraggio che avevo impiegato nel pronunciare le ultime parole mi aveva infatti lasciato prosciugata ed ero tornata a sentirmi il viso caldo. Sospirai di sollievo quando ci congedammo con un imbarazzante “buona notte”, anche se tornando verso la Sala Comune di Grifondoro continuai a pensare a quello che avevo visto; ma più di ogni altra cosa mi continuava a balenare alla mente il volto di Malfoy e la luce lunare che lo illuminava… i suoi occhi chiari, il suo sguardo vulnerabile… il suo sguardo che indugiava sulle mie labbra.
Mi sembrò di camminare sulle nuvole mentre facevo gli ultimi passi che mi dividevano dal letto; quella notte mi addormentai con un senso di calore che mi irradiava da dentro.

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