The prophecy

di BubbyDae
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'appartamento 43 ***
Capitolo 2: *** Il suo nome ***
Capitolo 3: *** La nuova matricola ***
Capitolo 4: *** Un secondo 'primo incontro' ***
Capitolo 5: *** Il subconscio ***
Capitolo 6: *** La lettera rossa ***



Capitolo 1
*** L'appartamento 43 ***


Si era alzata come tutte le mattine, aveva bevuto il suo the caldo e mangiucchiato qualche biscotto al burro. Li amava moltissimo, ma non esagerava mai. Dopo essersi lavata e vestita, uscì di casa. Era diretta al supermercato, ma decise di fare una piccola deviazione verso il parco a ridosso sul mare. Non era vasto, ma grande abbastanza da poter contenere tutte le persone durante la Festa della Luna. Veniva tenuto molto bene e la vegetazione, tipica delle zone marittime, era rigogliosa. Offriva un panorama mozzafiato: una terrazza sul mare a ridosso della scogliera; oltre la ringhiera solo grandi rocce ed al di là l'oceano  Adorava quel paesaggio. Molto spesso prima e dopo le lezioni si fermava e respirava a pieni polmoni quell'aria salmastra frizzantina. La sua mano scorre delicata sui tubi di ferro ed ora è lì, affacciata per vedere il mare.

Abitava in un palazzo abbastanza antico adibito a dormitorio dell'università che frequentava, viveva da sola nell'appartamentino vicino alle scale antincendio al quinto piano. Finora nessuno era venuto a vivere con lei, a condividere quello spazio e quel silenzio. Non ci si trovava male, anzi le piaceva stare per conto suo e apprezzare i momenti liberi con se stessa, ma credeva che qualche chiacchierata potesse far passare il tempo tra un dovere l’altro. Aveva deciso di iscriversi a quell'università per la sua  posizione strategica tra le grandi metropoli, senza però perdere la tranquillità che tanto amava. Non era né in centro città né in sperduta campagna, per intenderci. La cittadina marittima aveva tutto: minimarket h24, un grande magazzino a poche fermate dell’autobus, tanti piccoli bar, una biblioteca enorme, un locale moderno e molte altre piccole cose. La sua Università era l'unica nella zona e le varie facoltà erano sparse qua e là all'interno dell'area del campus.

Era ad un bel po' di metri dai flutti là sotto che colpivano violentemente la scogliera, appoggiata alla ringhiera con i piedi su una delle barre orizzontali.
 


«ATTENZIONE!»
 

 

Mh?!

 

Una comitiva di ciclisti stava passando a pochi centimetri da lei a gran velocità.
Si spaventò e perse l'equilibrio.

 

Guardò giù. Sarebbe morta di sicuro.
 

L’urlo le morì in gola.

 
 

Cosa?!
 

 

Aveva le mani saldamente attaccate alla ringhiera ed i suoi piedi toccavano il suolo. Si girò di scatto, ma non vide nessuno.
 

 

Ho sentito qualcuno tirarmi delicatamente indietro…
Diamine che spaventò

 

 

Si toccò il lato sinistro del petto accarezzando la stoffa della camicetta che indossava per calmare il suo cuore. Non aveva idea di come avesse fatto, ma magicamente non era volata oltre la ringhiera e giù sulla scogliera.

Scossa, con le gambe tremanti, si sedette sulla panchina a qualche metro di distanza. Aspettò qualche minuto per riprendere fiato e per far cessare quel tremolio incontrollato. Continuava a guardarsi intorno cercando di capire se qualcuno avesse assistito alla scena o se qualcuno facesse particolarmente caso a lei. Nessuno in giro, nemmeno quei ciclisti che l'avevano spaventata un attimo prima; come se niente fosse successo. 
 

 

Su! Andiamo! Ho tante cose da fare.
 

 

Si alzò, si guardò nuovamente in giro e riprese la via verso il centro abitato raggiungendo in poco tempo il minimarket.
Comprò i suoi adorati biscotti, degli ortaggi e snack da spizzicare tra una sessione di studio e l'altra. Non appena uscì, fece per attraversare la strada sulle strisce pedonali, ma una macchina comparve ad un tratto a pochi metri da lei.
Non ebbe nemmeno il tempo di pensare.

 

Sarebbe morta nel giro di qualche secondo.

 

Non fu così.

 

Era lì, intera, sana e salva, sul marciapiede che fino a pochi secondi prima era lontano due metri da lei. Ricomparve nuovamente quella sensazione che qualcuno l'avesse spostata. Si girò e rigirò in cerca di quella persona per ringraziarla. Non trovò nessuno.

L'automobilista scese dal mezzo e molto scosso le chiese scusa. Non si capacitava come avesse fatto a percorrere molti metri senza accorgersene.
Le sue scuse seguitavano: «Mi dispiace moltissimo. Ero sovrappensiero. Ti chiedo scusa. Non-non ti avevo vista. Credevo di aver messo il freno a mano. Mi disp- », lo interruppe lei, «Faccia più attenzione, la prego. Se non si sente bene, vada a casa», subito l'autista annuì e dirigendosi verso la sua macchina, adesso accostata vicino alla file di macchine parcheggiate, ripeté sottovoce tra sé e sé che sarebbe corso a casa e avrebbe dormito tutto il giorno.
Le persone lì intorno accorsero spaventate dalla brusca frenata sentita poco prima. «Ti senti bene?», le chiese una signora sulla sessantina visibilmente preoccupata, «Vuoi che chiamo qualcuno? L’ambulanza? I tuoi genitori?».
La ragazza le rispose gentilmente declinando l’offerta e le ripetè di star bene.
Sarebbe tornata in fretta a casa e sarebbe andata a lezione come faceva sempre.

 
 

Era completamente fuori quel signore. Deve essere esaurito. Come si fa a non accorgersi che la macchina è in moto?!
Se la giornata continua così finirò seriamente all'ospedale.

 

 

Sembrava quasi che quella mattina tutti volessero porre fine alla sua vita.
Rise, non credeva nelle coincidenze e non ci avrebbe mai creduto.


 

Raggiunti gli alloggi studenteschi, prese l'ascensore e salì, salì...
 

Il rudere di metallo si bloccò tra il quarto ed il quinto piano.
Le luci si spensero.
Dopo qualche rumore non proprio rassicurante, iniziò a precipitare...

 

Urlò.
 

 

Il vuoto si fece sempre più pressante.
 

 

Il terrore nei suoi occhi.




Per qualche secondo li serrò come se fossero incollati saldamente.

Quando li riaprì, però, si ritrovò di fronte al suo appartamento.
Notò con la coda dell'occhio qualcuno alle sue spalle che la sorreggeva; e poco prima di vedere parte di quel corpo volatilizzarsi, si aggrappò con forza al suo braccio.

 

Sparì.

 



Sul pianerottolo del quinto piano di fronte all'appartamento 43 rimaneva solo una busta della spesa.

 

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Capitolo 2
*** Il suo nome ***


Ricomparve in una stanza di fronte a dei ragazzi.
 

Una stanza, a prima vista, molto accogliente. Le poche foto ed i pochi suppellettili davano l'idea che i ragazzi avessero appena traslocato insieme e non avessero ricordi da mostrare, nonostante ciò il mobilio sembrava fosse vissuto. L'atmosfera in quel momento era proprio quella di una casa in cui vivevano amici di vecchia data; o almeno finché non piombasse una sconosciuta in mezzo al salotto.
Il chiacchiericcio si interruppe.

 

«JONGIN!», urlò uno di loro; il quale non appena notò l'intrusa aggiunse, «YAH! CHI SEI TU?»
«PERCHÉ' TI SEI ATTACCATA AL MIO BRACCIO?», sbraitò la persona a cui era aggrappata.
«E TU PERCHÉ' MI STALKERI?!»
«IO TI STAL-», si grattò la testa imbarazzato e zittì.
«Dove mi trovo? P-Prima... Prima ero sull'ascensore, poi sul pianerottolo, adesso qui. Stavo per morire?! Sono morta?! Voi chi siete!?», disse spaventata la ragazza tremando come una foglia.
«Ti assicuriamo che sei viva», le sorrise un ragazzo basso con tono calmo.

 

La ragazza non smetteva di tremare, la fecero sedere e le porsero un po' di tisana calda.

 

«Jongin, chi è lei?», chiese il ragazzo con una spilla sottile in metallo che riportava la scritta 'leader'.
«Una ragazza che ho salvato stamattina...», si schiarì la voce, «SI È AGGRAPPATA LEI AL MIO BRACCIO! E comunque questa volta l'ho fatto perché ho notato qualcosa! Aveva bisogno di me!»
«Jongin, dici sempre così e poi ci tocca togliere la memoria alle persone», replicò amareggiato uno dei ragazzi più alti con delle belle spalle larghe.
«Hey! Sono presente. Voi non mi cancellerete la memoria!».
«Jongin, spiegami cos'è successo», intervenne il leader.
«Stavo camminando tranquillamente per la mia solita perlustrazione e mi sono imbattuto in questa ragazza. Stava uscendo dal dormitorio universitario e... ho come sentito una sensazione strana. Ve lo assicuro ha senso!», cercando l'assenso negli sguardi dei suoi compagni, «L'ho seguita fino al parco ed i ciclisti, che si trovavano a parecchi metri da lei, le sono magicamente comparsi di fianco facendola quasi cadere dalla ringhiera che dà sullo strapiombo e… l'ho presa all'ultimo secondo. L'ho seguita poi al supermercato e per poco non veniva investita da una macchina che fino a qualche secondo prima non c'era! A quel punto l'ho persa di vista, ma ha perso per terra una lettera. Una delle lettere nere che ultimamente vediamo! Mi sono perciò teletrasportato a casa sua e l'ascensore su cui era salita ha iniziato a precipitare. L'ho riportata sul pianerottolo di fronte al suo appartamento. ...Solo che lei mi si è aggrappata al braccio a quanto pare. Giuro! Ha tutto senso!»
«LA MIA SPESA!», urlò la ragazza dopo essersi ricordata di aver lasciato la borsa di fronte al suo appartamento, «Ma scusa... come facevi a sapere dov'era il mio appartamento? Aspetta… TELETRASPORTATO?!», chiese lei urlando e alzandosi di scatto. I ragazzi la fecero sedere di nuovo e le versarono un altro po' di tisana rilassante.
«Eh...»
«Jongin, parla!», disse il ragazzo con occhi da gatto.
«E' un po' che la seguo. La lettera l'ha ricevuta due giorni fa e gli era caduta mentre perlustravo il campus. Non gliel'ho mai ridata, non volevo stesse male», ammise il ragazzo bronzeo.
«Stessi male? Perché?»
«Perché tutti quelli che ne vengono in possesso poi spariscono. Non volevo che una ragazza come te sparisse», si rese conto delle sue parole solo quando tutti lo stavano guardando con gli occhi sgranati ed indagatori, «C-cioè... capitemi! L'ho vista che aiutava un sacco di persone al campus! E' una volontaria dell’università: aiuta durante i turni di ‘Studio assistito’ ed è nel comitato di orientamento matricole! Non può sparire una persona così utile! E' ovvio!», disse gesticolando.
«Jongin! Da quanto la segui?!», chiese il leader.
«Una settimana e mezza...», confessò infine lui con sguardo afflitto, «Ragazzi, appena l'ho vista ho sentito qualcosa… come se avessi bisogno di lei. Allora l'ho seguita, ma solo per curiosità. Dopo poco, però, hanno iniziato a capitarle cose anomale ed è una settimana che riceve ogni giorno queste lettere!»

 

In effetti è una settimana che mi capitano cose strane: dalla tazzina del caffè che mi è esplosa letteralmente in mano, ai ciclisti…
Ed il TELETRASPORTO?! Con tutti questi avvenimenti non mi sorprende più di tanto. Ora ci manca l'elefante che vola!

 

«Jongin, non potevi dirmelo prima?».
«Sì, ma Junmyeon ogni volta ve la prendete. Dovevo essere sicuro!».
«Scusate, io non sto capendo. Non so nemmeno chi siete. Ho rischiato di finire in ospedale ben tre volte oggi, ho lezione e devo anche recuperare la spesa!».
«Scusaci, hai ragione. Io sono Suho e sono il leader di questo piccola orda di vandali, molto piacere», si inchinò e iniziò a presentare gli altri, «Lui è Sehun, Baek, Lay, Chen, Xiumin, Yeol, Do ed il tuo stalker Kai».
Ognuno di loro si inchinò ed altrettanto fece 'lo stalker' tra gli sbuffi.
«Piacere, io sono Yun-Shin. Ok, ora, cosa sta succedendo?! E cosa sono queste lettere nere?! E mi volete spiegare la storia del teletrasporto?!»
«Sei di origine coreana, vero?», cambiando discorso.
«Sì, perché?».
«No, così... Sono affascinato dalla cultura orientale. Ogni nome ha un significato, vero?».
«'Yun' significa melodia e 'Shin' colei che crede. Ma cosa c'entra ora?!».


 

Ma… hanno quasi tutti nomi che ricordano l'oriente e hanno tutti gli occhi a mandorla. Ma mi prende in giro?!

 

«Hai proprio un bel nome!», Suho aveva uno strano presentimento.

 

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Capitolo 3
*** La nuova matricola ***


«Scusate, ma anche voi siete di origini orientali, no?! S-suho, giusto? Hai vissuto all'estero per non saperlo?», chiese la ragazza.

Intanto, estraneo a tutto, immerso nel suo piccolo mondo Jongin ripeteva: «Yun-Shin, Yun-Shin....» a bassa voce come un mantra.

Suho ne approfittò per scappare dalla domanda della ragazza e richiamò la sua attenzione «Kai, Kai...», sbuffò e di colpo urlò, «KAI!»
«Si! Ci sono!», alzandosi di scatto, agitato.
«Sei divertente!», disse Yun-Shin ridendo e facendolo arrossire. «Beh, quindi? Hai vissuto all'estero?».
«E' una storia lunga», rispose con tono evasivo e si rivolse a Lay, «Preparati».

Quest'ultimo si alzò, si avvicinò a YunShin la quale non capiva cosa stesse per succedere e le posò una mano sulla guancia come ad accarezzarla.

Si addormentò.

 


* Pianerottolo, 5° piano, Residenza studentesca *
 

Che mal di testa... Diamine.

 

YunShin aprì gli occhi. Di fronte a lei c'era la porta del suo appartamento, prese la busta della spesa ed entrò.

Non si era accorta che l'ascensore in fondo al pianerottolo era fuori servizio e delle strisce segnaletiche gialle ne sbarravano l'accesso. Durante la sua assenza, il palazzo venne invaso da tecnici e vigili del fuoco intenti ad effettuare rilevamenti e a riportare la situazione allo stato naturale.
Fortunatamente non c'era nessuno al suo interno. Non ci si spiega ancora come i cavi siano stati recisi così di netto, come se qualcuno li avesse tagliati. Nessuna inchiesta era stata aperta in quanto il palazzo era datato e con esso anche l'ascensore. In breve tempo gli studenti ed il personale se ne sarebbero dimenticati.

«Cavolo! Sono già le undici e un quarto! Quanto sono stata in giro?! La lezione è già iniziata!», se ne accorse quando, chiuso lo sportello del frigorifero, il suo sguardo si posò sull'orologio alla sua destra sopra la porta.

Decise di andare comunque in università. Per la lezione persa non c'era da preoccuparsi, si sarebbe fatta passare gli appunti dai suoi compagni di corso.

Ora la potete vedere camminare nell'area pedonale che porta agli edifici più lontani del campus.

 

Ora la potete vedere camminare nell'area pedonale che porta agli edifici più lontani del campus       




Ancora non capisco perché quel dannato ascensore si sia rotto.
Quei nastri non c'erano quando stavo entrando in casa. Tra l'altro l'avevo usato per salire, no?!
Sono stata in casa solo mezz'ora. Che si sia bloccato dopo che sono entrata in casa? No, impossibile... Non ho sentito nessun allarme.

 


Qualcosa le venne in mente...

*urla*

*lei nell'ascensore*

«La spesa!»

Un flashback. Forse.

 

Cos'è questo mal di testa improvviso?!
Mi ricordo di esser salita in ascensore! Ma allora come cavolo è possibile?! Che magari sia il ricordo di ieri e oggi ho fatto le scale senza accorgermene?!

*ride*

Ho davvero la testa tra le nuvole ultimamente.

 


 

 

* Il giorno dopo in università *
 

Entrò nell'edificio principale e si diresse nell'auletta del Comitato Orientamento Matricole.
 

«Hey, Yun! Come va?», chiese una ragazza appena riemersa da una pila di fogli, fogliettini e cartellette.
«Abbastanza bene. Ultimamente ho la testa fra le nuvole!», rispose alla collega ridendo.
«Ah senti... È arrivata questa lettera per te», gli porse una lettera nera e dopo essersi tuffata nuovamente nei documenti aggiunse, «Ah e... c'è un ragazzo che ha chiesto un incontro per le 12 in caffetteria. Puoi andarci?».

YunShin accettò. Mise la lettera, la cartellina con le informazioni del ragazzo e qualche brochure del campus nello zaino e si incamminò verso il bar.

Erano le 11.30, ci avrebbe messo dieci minuti a raggiungere la sala mensa e avrebbe avuto anche il tempo di pranzare.





 

*

 

Questa faccia mi è familiare. È anche molto carino!

 

 È anche molto carino!



Allora...
Questa bellissima matricola è: << Byun Baekhyun, 23 anni. Iscritto al corso di psicologia. "Vorrei aiutare le persone a sorridere". >>
Che carino~
YunShin ricomponiti! Sii professionale!
 


Dopo esser arrivata in caffetteria e aver preso un panino mozzarella, prosciutto e pomodori, si sedette ad uno dei tavolini. Mentre si gustava il suo pranzo, nel caos più totale di studenti affamati, i suoi occhietti guizzavano da una testa all'altra in cerca della matricola.

Eccolo lì, goffo ed impaurito, che si addentra nella fitta folla per conquistare il pranzo. Poco dopo lo si vede sbucare fuori con aria trionfante ed una piadina delle dimensioni della sua faccia nelle mani. YunShin non ha smesso tutto il tempo di fissarlo e sorridere. Si alzò e agitando le braccia riuscì a catturare l'attenzione di quel bel faccino.

«Ciao, scusa il ritardo. Sono Baekhyun, piacere», dice lui timidamente.
«Io sono YunShin, piacere mio. Nessun ritardo, sono arrivata in anticipo per pranzare»
«Ti dispiace se ne approfitto», disse lui indicando il suo bottino.
«Fai pure, ci mancherebbe altro! Nutriti, ragazzo».
«Ti ringrazio».
«Intanto che tu mangi, apri bene le orecchie. Faccio parte del comitato di orientamento matricole e oggi risponderò a tutte le tue domande. Di solito chi chiede aiuto lo fa per esser sicuro della scelta, per ricevere supporto in questo nuovo mondo e per tante altre ragioni. Starò con te per un paio d'ore massimo perché dopo ho lezione. Mi parlerai un po' di te, io ti parlerò dell'Università e vedremo se avrai bisogno di altri incontri. Questo è il mio ID su Telegram. Puoi contattarmi lì».

 

Lei continuò a parlare per una ventina di minuti spiegando del Regolamento, delle lezioni, l'organizzazione dell'Università e tante altre cose burocratiche. Il ragazzo continuava a masticare voracemente e ad ogni pausa della sua tutor annuiva con così tanta convinzione che qualche pezzetto di insalata scappava dalle sue fauci e finiva sul tovagliolo poggiato sul tavolo.

«Fin qui tutto chiaro?»,
«Shi. Duho hiaao!», boffonchiò lui con la piadina in bocca.
«Perfetto. Appena finisci di mangiare l'ultimo boccone sono a disposizione per le tue domande», sorridendo.
Ingoiato l'ultimo pezzo di pomodoro, la matricola chiese: «YunShin, ti senti al sicuro qui?».

 

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Capitolo 4
*** Un secondo 'primo incontro' ***


Se mi sento al sicuro?! C-che domanda è?!
 
 
 
 «No, scusa. Volevo solo sapere se ti piace e se ti trovi bene qui», chiese lui un po' in imbarazzo.
 «Ah... sì, certo! Mi trovo molto bene ed è un ambiente molto stimolante».
 «Cosa studi?».
 «Studio lingue e culture dell’asia, integro con qualche esame di antropologia. Molto interessante!».

Baekhyun notò qualcosa uscire dallo zaino.
 «E’ un invito?».
 «Non saprei. Credo di averla ricevuta diverse volte, ma non ho mai avuto il tempo di aprirla».
 «Sarà destino che non debba aprirla. Io la butterei a questo punto».
 

 
Ha cambiato atteggiamento?

 
 
Tutto ad un tratto si spensero le luci.
I raggi solari non riuscivano a bucare le fitte nuvole nere nel cielo. Nella sala c’era abbastanza buio da costringere gli studenti ad accendere le torce dei loro cellulari.
YunShin era una ragazza forte con grinta da vendere, ma questa situazione la terrorizzava. Fin da piccola ha sempre temuto il buio; pensava che una piccola fobia non avrebbe dovuto abbatterla così, ma era più forte di lei.
 
La trovate lì, pietrificata, con le mani vicino al petto e gli occhi serrati.
«YunShin, stringimi la mano. Seguimi», il ragazzo fece per alzarsi toccandole il braccio.
«N-non posso. Non riesco a muovermi».
«Yun, la mano. Dammi la mano», dopo averla presa e stretta forte la tirò a sé costringendo la ragazza ad alzarsi. 
«Andiamo», e la trascinò via.

Girarono qualche angolo, attraversarono un paio di corridoi: ragazzi in giro con le torce del telefono si interrogavano su quale fosse la causa del blackout e molti professori sbuffavano scocciati per l’interruzione delle lezioni. Era abbastanza difficile muoversi nei corridoi con tutti quegli studenti che spingevano e gli venivano contro.

 
 
Raggiunsero il sottoscala dell’ala nord del Dipartimento di Psicologia come da accordi.
 
Baekhyun, vedendo il viso ancora terrorizzato della ragazza, cercò di tranquillizzarla.
«Apri gli occhi, Yun».
Aprì gli occhi e la mano che stringeva emanava una luce calda, molto dolce e poteva sentirne il tepore. Diventò sempre più bella e più calda ogni minuto che passava.
Si sentiva al sicuro, tranquilla e molto serena. Le sue mani erano legate a quelle del ragazzo e non avrebbe voluto lasciarle andare.
«Va meglio così?».
«Sì, grazie. Scusami, crederai che sia una fifona».
«Per nulla. Ognuno ha le sue paure, nessuno è infallibile».
«Come fai?», indicando con un cenno del capo le loro mani.
«Magia. E’ un segreto», disse dandogli un buffetto sul naso.
 
«Baek, eccomi. Mi sono accorto adesso del blackout. Perlustravo il giardino a causa di quelle strane nuvole».
«Tranquillo, portaci entrambi a casa nostra. Le ho mostrato il mio potere e devo parlare con Suho».
Kai annuì sconvolto e, senza replicare, toccò i due ragazzi.
Tutti e tre sparirono in un battito di ciglia.
 


 *
 
 
 
«Io non lo faccio un’altra volta! Mi rifiuto! Non le farebbe bene a distanza di così poche ore!»
Lay parlava in modo acceso con Suho e Baek in un angolo del salotto. Gli altri ragazzi cercavano di distrarre la studentessa. YunShin però aveva sentito benissimo quelle parole e nella sua testa riviveva quei flashback senza senso e che non ricordava di aver mai vissuto.
 
Ecco che riviveva nuovamente frammenti di una mattina che non ricordava…
«Mi dispiace. Non mi sono accorto!»
«Stia più attento!»
«Non sei asiatico?!»
 

Scattò in piedi ormai esausta da quella situazione: «Scusatemi se mi permetto, ma... è colpa vostra se mi ricordo qualcosa che credo di non aver mai vissuto? E poi… chi siete?».

Tutti e nove i ragazzi sbiancarono e si guardarono increduli.
 
«Tu... COSA?!», chiese il leader.
«Mi ricordo di un ascensore, io terrorizzata, delle urla e… credo dei ciclisti. Mi ricordo di esser apparsa e riapparsa, come poco fa. Tutto questo però non ha senso, o sì?!”
«Lay, l’hai fatto bene?!»
«Se faccio una cosa, la faccio bene»
«Ragazzi, e se fosse quasi immune al potere di Lay?», intervenne Kai.
«Possibile, ma perché?», rispose Chen.
«In effetti, ieri l’ho notato subito che il suo nome ha qualcosa che riconduce alla profezia».
«Ah sì, tu sei il ragazzo interessato all’Asia», le uscì dalla bocca senza pensarci.
«SI RICORDA!», urlò Kai.
 
«Non iniziare. Ci deve essere una spiegazione», disse il più serio di tutti, «Pensateci un attimo, da quando Jongin ha iniziato a starle appresso i casi sono aumentati o sbaglio? Una settimana e mezza... Che stiano pedinando noi per scoprire quello che sappiamo e che…», Do si bloccò un attimo fissando la ragazza, «ci fossimo imbattuti per caso nella cosa di cui parla la profezia?»
 
 
 
Sarai TU una ‘COSA’!

 
 
«Come fai a dirlo? Kai si può esser solo fissato con una ragazza qualsiasi e loro potrebbero aver pensato che fosse lei a causa della coincidenza con il nome», intervenne Yeol.
«Oppure loro l’avevano già trovata e Jongin ha iniziato a seguirla poco dopo, accortosi della strana situazione», rispose l’altro.
Suho li interruppe e recitò: << Quando il tempo si tingerà di rosso e calerà il Grande Nero, gli elementi della vita affronteranno un lungo viaggio verso l'Oriente guidati dalla melodia nei loro cuori. Credere è la chiave per sfuggire al Buio. Senza la loro arma, periranno e l'esistenza cesserà >>, ed aggiunse, «Mi sembra troppo strano sia una coincidenza, Yeol».
«Indaghiamo», una voce giunse alle loro spalle. Sehun era appoggiato al muro e li guardava con aria tutt’altro che presente, «...ma ci serve... lucida».
«Sono d’accordo con te per una volta», lo frecciò il leader al quale Sehun rispose con una smorfia di scherno.
«Posso restituirle la memoria allora?».
«Si può?!», chiese lei.
«Certo, te l’ho solo nascosta. Io sono un guaritore. Quando mi chiedono di nascondere alcuni ricordi mi sembra di andare contro la mia natura. Mi sento meglio se te la posso restituire».
«Dopo questo ‘trattamento’ però dovete farmi capire di cosa parlate perché io non ci sto capendo nulla! Mi sembrate solo dei pazzi. Oppure sono morta! Non c'è altra spiegazione».
Alzando la mano di scatto Baek disse: «Te lo spiego io! E no, non siamo pazzi e non sei morta».
«Ti facevo più timido, sai?!», rise lei.
«Sono bravo nella recitazione oltre che nella magia», e le fece l'occhiolino.
 
 
Creò una piccola scintilla dalle sue mani e la fece girare intorno alle teste dei ragazzi scatenando le risate di tutti. Quella lucina si infilò nel naso di Suho, poi nell’orecchio di Yeol e, dopo aver fatto una capriola vicino al viso di Sehun, venne inglobata in una sfera d’acqua e si spense.
 
«SUHO! DAI!», urlò il ragazzo infastidito.
«Credo che YunShin rivorrebbe quelle ore che le abbiamo rubato ieri mattina», disse sorridendole.
«Andiamo!»,  Lay le tese la mano, «Di là c’è una piccola stanza degli ospiti».

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Capitolo 5
*** Il subconscio ***


«Siamo sicuri che sia lei?»
«Non lo so. Ma vorrei seguire questa pista per qualche settimana e vedere se porta a qualcosa. Io direi di mantenere attivo Baek all'interno dell'università, Kai in perlustrazione e…», si guardò in giro, «Magari, Do come compagno dei suoi corsi?»
«Si, e poi?! Devo pure cucinare per tutti? Non mi chiamo mica Kai! E nessuno tocca la MIA cucina», dopo una breve pausa aggiunse, «Perché non lo fai tu? Sei "l'appassionato dell'Asia", no?»
«Do ha sempre ragione.», intervenne Sehun.
«Ha sempre idee brillanti», continuò Baek con tono di scherno.
«Non mi farebbe male uscire un po'», concluse.
Riprendendo il discorso in merito alla profezia, «Vorrei che un paio di voi indagassero sul passato di Yun e ripercorressero l'albero genealogico. Guardate se c'è qualche cosa che riconduca alla profezia».
«Io e Chen. Va bene?», propose Xiumin.
«Perfetto. Yeol e Sehun, lascio a voi il compito di tenere al sicuro la casa. E… gli altri cerchino nuove persone colpite-»
«Sì, al solito, Suho! Al solito! Sembri mia madre», disse Baek.
 

 
*
 

 
Intanto nella stanza degli ospiti, Lay fece accomodare YunShin su una sedia a dondolo di legno antico color mogano.
Le disse di concentrarsi sul suo battito e di rilassarsi il più possibile.



 
TUM-TUM
TUM-TUM
 
TUM
 
 

TUM
 
 

Si rilassò e con lei anche il suo battito. Si sentiva leggera, un po' assonnata. In lontananza sentiva la voce delicata di Lay guidarla.
«Immagina di essere un lungo corridoio. Vedi tante porte».
«Non riesci a contarle tutte».
 
Le vedeva davvero.
Tutte in fila, una accanto all'altra sia a sinistra che a destra.
Una infinità di porte di legno, curate nei minimi dettagli.
Tutto intorno il nero assoluto e delle grandi vetrate come nelle cattedrali. Camminava in questo lungo corridoio, ma i suoi passi non rieccheggiavano. Nessun rumore, alcun suono, sentiva solo la voce di Lay sempre più lontana.
 
«Dovresti riuscire a trovare una porta diversa dalle altre. Una porta un po' più scura e molto nascosta. Fai attenzione.»
 
Le sembrava di aver visto qualcosa più indietro. Una porta uguale alle altre, ma che vide di sfuggita. Tornò indietro. Dieci, venti passi. Nessuna porta assomigliava a quella che cercava lei. Proprio nel momento in cui si girò per tornare sui suoi passi, vide con la coda dell'occhio una porta più scura e più bassa delle altre.
Ora le era di fronte. L'aveva trovata.
 
«Se l'hai trovata, aprila. Ricordati però che potresti sentirti male. Abbi coraggio e aprila. Io sarò qui».
 
Appoggiò la mano sul pomello e, non appena girò, la porta si spalancò e un turbine di vento la scaraventò per terra. Sembrava fosse al centro di una tromba d'aria: foglie secche volavano e giravano, fotografie colpivano come proiettili le vetrate, pezzi di quotidiani stracciati correvano lungo il corridoio. Si era accovacciata sul pavimento con le braccia intorno alla testa, facendosi piccola piccola. Sbirciava di tanto in tanto quel putiferio che si stava scatenando. Non era spaventata, si sentiva quasi sollevata.
Una raffica di vento forte la sollevò di peso e la fece scivolare lungo quel pavimento nero liscio. Dopo aver percorso un bel po' di metri si arrestò e tornò la quiete.
 
«Yun Shin, ora sentirai un po' di freddo alle tempie. Sono io non preoccuparti. Chiudi gli occhi e conta fino a dieci. Quando li aprirai sarò di fronte a te».
 

Iniziò a contare.
Subito dopo sentì lievemente una sensazione di freddo sulla testa.
 

Tre...Quattro…
 

Il freddo aumentava ed iniziava a sentire un po' di nausea.
 

Cinque...Sei…
Sette…

 

Si sentiva la testa sempre più ghiacciata. Le era venuto un mal di testa tremendo e la nausea aumentava sempre più.
 

Otto...Nove...Die-
 

Aprì gli occhi di scatto. Il freddo era passato, ma il mal di testa la martellava. Lay era in piedi di fronte alla sedia, chinato a toccarle le tempie. Le sorrise.
 
«L-Lay, devo vomitare».
«Prima porta a sinistra, dopo il salone. La luce è di fianco alla porta».
 


 
*
 
 


Videro sfrecciare qualcuno nel bagno e poco dopo comparve Lay nel salotto.
«Che le hai fatto?».
«Purtroppo recuperare la memoria porta il mal di testa e una nausea pazzesca».
«L'hai provato sulla tua pelle?»
«Già. Spero le passi in fretta».
Pochi minuti dopo, Yun Shin comparve in salotto bianca come un cencio, con una mano sulla bocca e un'espressione bramosa di vendetta.
«Ahia! Ora ti strangola!», disse Xiumin.
Le si avvicinò Kai e dopo aver appoggiato delicatamente una mano sulla sua schiena chiese: «Come ti senti?»
«Mi sembra di aver corso contro un muro di cemento».
«Ricordi tutto?»
«Sì», deglutì, «E vi odio tutti».
Un paio di ragazzi risero.
«Pure io li odio», intervenne Do.
Yun sorrise, si sedette sul divano e Suho le porse un fazzoletto.
«Se vuoi, Kai ti riporta a casa, ma non ti consiglio un teletrasporto in queste condizioni. La camera degli ospiti è tua, se ti va di restare».
Lei annuì e si portò il fazzoletto alla bocca. Profumato e soffice al tatto, il fazzoletto riportava ricamata sull'angolo una lettera 'J' di colore blu.
 
«Appena ti sarai sentita meglio ti racconteremo tutto, o quasi. Stiamo valutando se la tua pista possa essere valida, perciò, non ci addentreremo in dettagli».
Annuì nuovamente. Mosse una mano.
«Mh?! Che vuole dire?»
«Credo che non gliene freghi nulla adesso, Suho», rispose Chen.
«Yun, ti accompagno di là così ti sdrai. La nausea potrebbe durare un paio di ore. Dovresti provare a dormire».
Annuì per la terza volta e con l'aiuto di Lay si alzò e si diresse nuovamente nella stanza in fondo al corridoio.
 
Potrei tirare su il cenone di Capodanno dell'anno scorso.
 
«Grazie, Lay. Sei molto gentile», ed appoggiata la testa sul cuscino si addormentò.

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Capitolo 6
*** La lettera rossa ***


Che buon odore!


YunShin aprì gli occhi lentamente. L'odore delicato di ammorbidente delle coperte si mescolava a quello del cibo proveniente dalla cucina.


Zuppa? Carne? Mmh… 


Nel sonno si era girata e rigirata così tanto da rimanere avviluppata nella coperta come un insaccato. Sulla parete di fronte a lei era rappresentato un paesaggio a dir poco fantastico: una serie di montagne delimitavano la scena, una distesa di erba verde riempiva tutto il murales e qua e là fiori in piccoli gruppi davano vivacità al paesaggio. Avrebbe giurato di averlo già visto in un suo libro di fiabe. Si girò dall'altro lato, di fianco al comò sulla stessa sedia su cui era seduta lei un paio d'ore prima c'era un piccolo Sehun addormentato con la bocca aperta. Sentì rumore di passi, chiuse gli occhi ed aspettò. Entrò piano piano qualcuno. YunShin avvertì un piccolo sbuffo delicato, probabilmente quella persona stava sorridendo. Dell'aria le sfiorò il viso, socchiuse gli occhi e vide Suho intento a mettere una copertina sul ragazzo completamente abbandonato sulla sedia. La ragazza richiuse gli occhi, Suho si avvicinò a lei e poco dopo se ne andò.


Cos'ha guardato? Mi avrà fissato?


Altri passi e la porta si aprì.


Non si può dormire tranquilli qui?!


Questa volta chiunque fosse entrato andò direttamente da lei. Un dito percorse tutta la sua guancia facendo piccoli cerchi. Le piccole carezze continuarono per diversi minuti. La tranquillizzarono e la fecero quasi addormentare. Il dito sparì dal suo viso ed il ragazzo avvicinò il suo a quello di YunShin appoggiandosi al materasso.


Cosa diamine sta facendo?!


Sottovoce qualcuno disse: «Kai, lasciala stare! Vieni via». Kai si alzò lentamente e dopo pochi secondi la porta si richiuse con un piccolo KLAK.


Oh dio. Quel ragazzo è strano.
Però… è davvero carino e gentile.


Aprì gli occhi, si liberò dalla stretta della coperta intorno al suo corpo e si mise a fissare il comò. Era antico pure quello, molto probabilmente apparteneva alla stessa collezione da cui proveniva la sedia a dondolo. Sopra ad esso vi erano due statuine in bronzo: un piccolo Buddha e una donna che non riconosceva.

 

«N-no. Basta», Sehun parlò.



 

Sta parlando nel sonno? 


Si alzò e raggiunse la sedia a dondolo.

 

«Per favore, basta», disse Sehun con tono agitato.

«Sehun, svegliati. Va tutto bene»

«N-No!», gridò lui.

«Sehun», disse dolcemente lei toccandogli una spalla.

 

Sehun cacciò un urlo, sgranò gli occhi ed afferrò il braccio di YunShin. Ansimava come se avesse corso una maratona, il suo sguardo ancora perso nel vuoto e la sua mano stringeva sempre più forte.

«Sehun! YunShin, cos'è successo?», accorse Suho e dietro di lui Kai e Xiumin.

«Credo abbia avuto un incubo»

«Sehun, va meglio?», chiese Kai.

«S-sì. Scusate»

«Andiamo. È pronta la cena», disse Xiumin sorridendo.

YunShin fece per muoversi, ma la mano di Sehun prese saldamente la sua.

«Tutto ok?», chiese lei girandosi verso il ragazzo.

«Sì, posso tenerla per un po'?»

 

Sbalordita, dopo aver tentennato un po' in preda alla confusione, rispose con un piccolo "ok". Sehun la guidò fuori dalla stanza fino in cucina dove quasi tutti erano seduti al tavolo.

 

«YunShin, ho fatto una zuppa di germogli di soia e riso. Se te la senti, ho fatto anche un po' di maiale saltato», le sorrise Do porgendogli la ciotola di zuppa.

«Va bene la zuppa. Sono ancora un po' sottosopra», rispose.

Lay spostò la sedia di fianco a lui e le fece cenno di sedersi. Alla sua sinistra c'era Chen e, di fronte a lei, Baek si stava infilando in bocca un bel po' di riso seguito da due pezzi di carne. Lo fissò e Baek, accortosi del suo sguardo, le sorrise mostrando del riso tra i denti. YunShin scoppiò a ridere.

«Baek! Chiudi la bocca!», lo guardo in cagnesco Do.

«L-Ho fat idehe», sputazzando del maiale.

«Baek, daiii! Guardaaa!», si lamentò Chen indicando pezzetti di cibo masticato sul tavolo.

«La bocca, Baek!», Do era furioso.

«Vedo-Vedo che è un tuo vizio sputare sul tavolo», disse YunShin riprendendo fiato.

Baek mentre guardava Do con aria di sfida, finì di masticare e mando giù. Si rivolse verso la studentessa e disse: «Questa è la mia vera natura e loro non mi apprezzano», disse con tono triste ed infilò le bacchette nuovamente nella sua ciotola di riso prendendone una vagonata.

«Ma tu fai schifo!», alla sinistra di Baek, Xiumin si stava lamentando.

Sehun e Chan avevano iniziato a ridere.

«Non prendetemi per il culo!», il tono permaloso di Baek non venne minimamente considerato.

 

La cena si svolse tra le chiacchere e le risate. YunShin mangiò la sua zuppa tranquillamente snocciolando ogni tanto qualche piccola frase.

 

«YunShin, ti è piaciuta?», chiese Do comparendole alle spalle. La ragazza sobbalzò. «Scusami. Non volevo spaventarti».

«Tranquillo. Si si, era molto buona».

«Mi fa molto piacere. Per domani posso prepararti qualcosa per pranzo?»

«No, non preoccuparti. Mangio in mensa. Graz-»

«Non ti avveleno mica! Permettimelo, mi farebbe piacere».

«Hai già loro da sfamare».

«Una bocca in più non mi dà problemi. E poi preferisco dare da mangiare a te piuttosto che a Baek», facendole l'occhiolino.

«DO! NON OSARE PRIVARMI DEI TUOI MANICARETTI!», urlò l'altro.

«Cucino per chi voglio e-»

 

Tutti si bloccarono e scattarono in piedi.

Il loro sguardo rivolto verso la porta-finestra che dava sul giardino.


«Ragaz-», Chen le bloccò la bocca con la mano.


Le luci nella stanza iniziarono ad affievolirsi.
Baek corse al fianco di YunShin e le prese la mano.
Il suo cuore batteva all'impazzata, non capiva cosa stesse succedendo.

La porta-finestra si spalancò e volò dentro un grosso corvo, nel becco una busta rossa.
La lanciò sopra al tavolo e volò via.

La porta-finestra sbatté violentemente nel richiudersi e la luce iniziò a tornare vivida come prima.

 

«Rossa?!», dissero in coro i ragazzi.


Suho la prese, la rigirò tra le mani e dopo aver visto il destinatario sgranò gli occhi.


«Questa volta è per noi».

 

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