Tenebre negli occhi

di RosaRossa_99_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Blu ghiaccio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** The end ***
Capitolo 33: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Blu ghiaccio ***


Stavo camminando di ritorno dal lavoro ma ero talmente stanca che decisi di prendere una scorciatoia, era tardi e ancora non avevo cenato così che in quel momento il mio pensiero era solo rivolto al mio frigorifero e al mio letto. I lampioni erano per la maggior parte spenti e alcuni emanavano una luce flebile rendendo l’atmosfera lugubre, la luna si vedeva in lontananza coperta da una coltre di nuvole ed era tutto così silenzioso... C'era talmente tanto silenzio che riuscivo a sentire l’accelerare dei battiti del mio cuore. 
“Pessima idea” pensai tra me e me, “Sai benissimo che questa strada è tra le più desolate di Londra” mi ripeteva la vocina nella mia testa. 
Camminavo velocemente con il respiro mozzato in gola,  quasi correvo: mancava ancora poco all’incrocio della strada illuminata e a casa. 
“Mi sei mancata” 
mi bloccai di colpo, non udivo quella voce da troppo tempo e avrei voluto non sentirla per ancora molto. Il respiro mi si spezzò in gola e pensai anche di aver perso qualche battito per la paura. Sentì dei passi avvicinarsi prima lentamente poi sempre più velocemente, ma prima di poter riuscire a sbloccarmi dallo shock e a muovere un solo piede, il mio polso era stretto nella morsa di una mano maschile. Sapevo chi era, ero in grado di riconoscere quella voce e quelle mani tra mille altre. In un secondo la mia schiena era schiacciata contro il muro sporco di un qualche edificio della periferia di Londra, le sue forzute braccia ora mi imprigionavano e il suo petto ora era premuto contro il mio, non lasciandomi via di scampo. I nostri sguardi si incrociarono per una frazione di secondo, sufficiente affinché potessi vedere quella scintilla che era in grado di scatenarmi mille emozioni 
“Mi sei mancata” 
disse quella frase, quella stessa frase che avrei tanto voluto sentire, ma che ora non aveva più valore.
“Lasciami andare” 
sussurrai con gli occhi sbarrati mentre alzavo lo sguardo sul suo viso, illuminato a tratti da quella flebile luce che, seppur prima mi terrorizzava invece ora invece era diventata il mio unico conforto. Da quel ciuffo corvino spuntavano i suoi occhi blu ghiaccio in cui prima mi perdevo e che ora invece mi procuravano brividi lungo tutta la schiena. Ghignò.
“Lasciami andare ho detto” 
dissi con più convinzione provando a liberare i polsi, da cui ottenni solo l'aumentare della sua stretta, che mi scavò la pelle e face pulsare il sangue sotto di essa. Il mio corpo tremò sotto quel tocco così rude e il suo respiro aumentò. Mi lanciò un ultimo sguardo indecifrabile prima di lasciarmi e allontanarsi, mi diede le spalle e si incamminò verso la strada da cui era venuto. 
Non vedevo Seth da così tanto che avevo quasi dimenticato il suo tocco, la sua voce, il suo viso.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Un rumore assordante mi fece spalancare gli occhi. Erano le sei e venti e il trillo della sveglia era riuscita a tirarmi fuori dal regno dei sogni, interrompendo quell'incubo, che si ripeteva all’infinito nella mia testa. Rivivevo quell’incontro di una settimana fa nei miei sogni ogni notte, ogni volta che chiudevo gli occhi: quegli occhi e quelle labbra erano sempre lì a tormentarmi, quelle mani e quelle braccia erano sempre lì, pronte ad afferrarmi ed io mi sentivo sempre più soffocare…
Un altra sveglia suonò facendomi riprendere da quei pensieri, erano passati altri dieci minuti in cui la mia mente aveva ancora vagato, pensando sempre e solo a lui. Mi diedi uno schiaffetto in faccia, dovevo uscire da quel loop. Mi stiracchiai sbadigliando e scesi dal letto: oggi era l’ultimo giorno di tirocinio in ospedale, dopo questo il St. Thomas’ Hospital avrebbe deciso sul mio futuro, se assumermi a tempo pieno oppure no. 
Andai in bagno trascinando i piedi uno dietro l'altro, non ero affatto una persona mattiniera, se non fosse stato per il tirocinio avrei continuato a dormire fino alle undici quantomeno… ma per fortuna amavo il mio lavoro e soprattutto amavo fare del bene e aiutare le persone, anche se purtroppo non ci si riusciva sempre. Entrata nel mio piccolo bagnetto mi spogliai, lanciando il pigiama in qualche angolino poco definito della stanza ed entrai in doccia, aprì l'acqua e mi buttai sotto il getto gelido, sperando di riprendermi da quel tormento infinito che erano i miei pensieri su di lui, feci uno shampoo veloce e uscì dalla doccia, avvolgendomi in un telo bianco. Mi fermai davanti lo specchio intero, posizionato di fianco a questa, e guardai il volto, il mio volto, riflesso su di esso: una massa di capelli lunghi e rossi scendevano sul viso, restandogli appiccicata a causa dell'acqua e poi giù, dietro le spalle; due occhi verdi erano incastonati nelle occhiaie profonde, sintomo dei miei sogni irrequieti, e le lunghe ciglia rendevano il tutto più evidente; il mio viso era disseminato da piccole lentiggini che andavano da una guancia all’altra, colorando così la mia pelle pallida, che non vedeva luce del sole se non quella che riusciva a passare le schiere di nuvole che ricoprivano il cielo di Londra. 
Feci scendere l'asciugamano, che cadde a terra ai miei piedi: la dieta che avevo seguito aveva fatto i suoi miracoli, trasformando la mia figura un tempo paffutella, in snella e magrolina. Potevo ben tracciare le linee delle clavicole, le costole si intravedevano e perfino gli spigoli del bacino fuoriuscivano leggermente. Forse ero dimagrita anche fin troppo, ma non mi ero mai sentita apprezzata né tantomeno accettata dai miei coetanei e soprattutto da mia madre: lei era una donna perfetta in tutto e per tutto, sempre curata, con la piega e lo smalto perfetti e sempre con un chilo di meno piuttosto che di troppo. Scossi la testa, accennando un sorriso alla mia sagoma: mi ritenevo una donna forte che nonostante le avversità era riuscita nel suo sogno: diventare un medico. Be in realtà quasi, ancora non ero stata assunta ma tempo al tempo.
Mi diressi in camera da letto, indossai le prime mutande pulite che trovai nel cassetto insieme ad un reggiseno scoordinato e poi misi un maglione grigio di lana, adatto al tipico clima londinese, un paio di jeans e degli stivaletti in pelle. Legai i capelli quasi asciutti in una crocchia disordinata e applicai un po’ di mascara sulle ciglia. Guardai l'orologio, erano le sette in punto ed era l'ora di andare così presi la giacca, una sciarpa calda e scesi in strada per andare in ospedale. Il tirocinio iniziava alle sette e mezza e dal mio appartamento ci stavo una decina di minuti a piedi, ma ne impiegavo sempre una ventina perché mi piaceva così tanto respirare quell'aria frizzantina e osservare le strade ancora poco illuminate ma affollate da gente che iniziava il turno di lavoro da lì a poco. 
Attraversai il ponte che separava la mia casa dall'ospedale e dopo poco  entrai nella hall del St. Thomas', salutando l'infermiera di turno con un sorriso. Mi diressi negli spogliatoi dove misi la tenuta azzurra da tirocinante e quel camice bianco che mi aveva accompagnato per quasi un anno, presi la cartella delle visite e iniziai il mio giro. 
Scoprì che la signora Kristen, una vecchietta che quotidianamente scordava il mio nome, si era spenta durante la notte, troppo stanca per continuare a combattere contro il cancro, e che il signor Antonio, originario dell’Italia che mi raccontava sempre quanto il clima della sua patria fosse bello e solare e quanto invece quello di Londra fosse brutto e triste, era stato dimesso dopo una tac alla testa. Era sempre così in ospedale: c'era chi entrava, chi usciva e chi se ne andava per sempre… e non ci si faceva mai l'abitudine.
Dopo qualche nuovo e vecchio paziente e qualche controllo di routine mi incamminai verso la mia ultima visita: un ragazzo di 26 anni, dopo aver fatto un incidente con la moto, aveva riportato diversi traumi e un taglio che doveva essere curato. Arrivai nella stanza n°152, spostai la tenda e…

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


''Porca troia'' pensò la mia testa. Seth mi dava le spalle, la sua schiena nuda riportava vari lividi e graffi. ''Cosa diavolo ci fa qui?'' non riuscivo a smettere di pensare al fatto che il mio incubo si era presentato qui dopo neanche una settimana, lui sapeva che lavoravo qui, lui sapeva sempre tutto e no lasciava mai niente al caso… scommetto neanche quell'incidente. Volevo solo uscire da quella stanza, avrei lasciato la visita a qualcun altro, mi sarei inventata un malore o non so, solo per scappare via. Mentre elaboravo una scusa plausibile indietreggiai cercando di non fare rumore per uscire da quella stanza, quando urtai il carrellino delle medicazioni che ovviamente attirò la sua attenzione. ''Merda'' pensai bloccandomi immediatamente. Si girò di scatto, inchiodandomi alla porta con quei suoi occhioni e il suo tipico ghigno comparve sul suo viso. “Dottoressa Smith, ha visto un fantasma?”  Quanto avrei voluto prenderlo a schiaffi… ma purtroppo questo si che non mi avrebbe fatto ottenere il posto, e poi c'erano troppi testimoni che già avevano notato la mia tensione e probabilmente anche il mio pallore ancora più accentuato del solito. Chiusi gli occhi e feci un bel respiro, iniziai a ripetere nella mia testa che era il mio lavoro curare la gente e che, anche se era quello stesso ragazzo che mi aveva spezzato il cuore, avrei dovuto curarlo al meglio delle mie possibilità.  “Signor...”  Feci la vaga, fingendo di non ricordare il suo cognome (anche se lo sapevo perfettamente) e scarabocchiando qualcosa sulla sua cartella “Aniston, Seth Aniston. E da quando ci diamo del lei?”  rispose lui facendo aumentare quel ghigno così tanto da svelare i suoi denti perfetti. Mi risvegliai quando sentii una risatina, non mi ero accorta di essermi bloccata a fissarlo con la bocca semiaperta… che figura. Mi schiarii la gola facendo finta di non aver sentito quella frecciatina e appuntando il cognome da qualche parte sul foglio mi avvicinai cautamente a lui ispezionando il suo corpo ancora così perfetto anche se pieno di cicatrici e tatuaggi, una nuova ferita si sarebbe aggiunta alla collezione: un taglio lungo qualche centimetro andava dalla costola fino al pettorale, pochi centimetri più in là dal capezzolo. Quanto avrei voluto allungare le mani e accarezzare le sue spalle muscolose e i suoi addominali… ecco, questo è esattamente l'effetto che Seth Aniston aveva su di me. Era in grado di rompere ogni mio freno inibitore e di farmi fare pensieri sconci anche a distanza di anni. Cercai di calmare i mille pensieri spinti che mi erano venuti in mente e mi allontanai da lui, ritornando al carrellino delle medicazioni che presi e avvicinai a lui. Indossai dei guanti di lattice e immersi un batuffolo di cotone nel disinfettante che lentamente e con parecchia insicurezza lo avvicinai verso di lui, ma prima che potessi sfiorarlo ecco di nuovo le sue mani avvolte ai miei polsi, proprio come quella notte. Il mio viso era così vicino al suo che i nostri nasi quasi si toccavano: ero bloccata, quasi come se il mio corpo non mi appartenesse più e lui ne avesse preso il controllo.  Sentii un colpo di tosse e finalmente riacquistai la ragione, staccandomi violentemente da lui che come di consueto ghignò.  "Dottoressa Smith.. tutto bene?"  Era il Dt. Christian Colman, uno dei miei superiori, uomo sulla quarantina, capelli sempre portati indietro con il gel tranne per un ciuffetto ribelle che gli ricadeva davanti l'occhio verde destro. Un uomo molto affascinante sia di aspetto che di carisma, tanto che quasi tutte le mie colleghe gli cadevano ai piedi non rendendosi conto di quando fossero ridicole... "Hana..?"  La sua voce roca mi sveglio del tutto dai miei pensieri, facendomi arrossire.  " S-si, dottor Colman."  Lanciò un ultimi sguardo ad entrambi e uscì, lasciando la porta ben aperta. A quella visione Seth iniziò a ridere di gusto "Ha paura che possa farti qualcosa, Hana?" Lo guardai infuriata e mi incamminai verso l'uscita di quella stanza, non lo reggevo davvero più. Lui si alzò di scatto per seguirmi ma dovette risedersi subito per una fitta di dolore. Arrivata sull'uscio tirai un respiro profondo e ricordai a me stessa per l'ennesima volta qual era il mio compito, mi girai ritornando da lui con sguardo guardingo "Stia fermo per favore"  Sogghignò.  Gli pulii e cucii la ferita ed infine la fasciai. "Dovrà cambiare la benda e disinfettare il taglio almeno due volte al giorno, stando attento a non sudare o muoversi troppo. È una ferita molto profonda e se non la cura rischia di contrarre qualche infezione. Tra una decina di giorni ritorni per un controllo e tra un mese dovremmo poter levare i punti. Per quanto riguarda le altre lesioni dovrà mettere solo un po' di ghiaccio, sono sicura che è abituato a questo tipo di cose. Arrivederci"  Mi girai andandomene senza voltarmi ma sono sicura che mi stesse squadrando per bene. Uscita da quella stanza che ormai era troppo stretta per me, mi poggiai sul muro, buttando fuori con un sospiro tutto lo stress della situazione.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


L'ultimo giorno del tirocinio si era rivelato alla stesso tempo un disastro e un successo. Subito dopo la visita di Seth, il dottor Colman mi aveva comunicato che ero stata assunta a tempo indeterminato: ero orgogliosa di me stessa per essere arrivata dove ero ora, tutti quegli anni a lavorare, sudare e anche soffrire a volte, mi avevano ripagata bene: avevo avverato il mio sogno. C'erano stati dei momenti in cui avrei voluto lasciare perdere ma qualcosa dentro di me mi diceva sempre di non arrendermi e di andare avanti, di non ascoltare le altre persone ma di sentire sempre e solo quello che la mia vocina interiore mi suggeriva.  Il dottor Colman ,dopo avermi comunicato la notizia, con mia grande sorpresa, mi invitò ad accompagnarlo al ballo che si sarebbe tenuto per celebrare il Natale ormai alle porte. Lui era uno scapolo, per la precisione uno degli scapoli più ambiti di Londra grazie alla sua fama e al suo fascino. Cosa avrebbero dato le mie colleghe per essere al mio posto… aveva sempre avuto una sorta di debole verso di me, fin da quando avevo iniziato il tirocinio, aveva sempre un modo scherzoso di fare, il modo in cui mi toccava la spalla quando parlavamo, gli sguardi lanciati durante le prime visite ai pazienti; e se ne erano accorti tutti, le mie colleghe non mi rivolgevano la parola perché lui guardava solo me e i miei colleghi perché pensavano fossi raccomandata dato che ero sempre quella chiamata ad assisterlo. Non sapevo cosa rispondere, non volevo che pensasse che era ricambiato ne tantomeno potevo rifiutare anche se avrei voluto, mi aveva appena assunto e non volevo se ne pentisse per una stupidaggine del genere, non si sa mai con i dottori.  Quella sera era come uno di quei balli dove venivano sfoggiati vestiti e gioielli delle migliori fattezze, i migliori medici, chirurghi e personalità del campo medico erano tutti presenti e chiunque avrebbe ucciso per ricevere l'invito, tutti tranne me.  Ero una ragazza semplice, niente cose di lusso o di marca, mi piaceva vestire con colori scuri o neutri per passare inosservata, il mio passato mi aveva lasciato questo. Ero una ragazza molto insicura all'università, una di quelle di cui non ti ricordi neanche l'esistenza. In carne, senza amici e sola. E questo potrebbe sembrare strano, i miei genitori erano i proprietari di una delle più importanti aziende di aerei, la Royal Air Lines. Mia madre, Coraline, era una donna nata con la corona sulla testa, non l'ho mai vista struccata, senza un paio di tacchi e neanche senza un bel tagliere all'ultima moda di uno degli stilisti più famosi ma soprattutto costosi; mio padre, Paul, al contrario, era un uomo più semplice, di umili origini, che si era fatto da sé e che aveva lavorato tanto per arrivare dove era ora. Credo proprio di aver preso da lui anche se tutti dicono che sono identica a mia madre… tranne per il fatto che sono il suo esatto opposto. Ero stata a così tanti balli e tutti mi invidiavano per la mia famiglia e per i miei soldi, quando invece ero io a invidiare loro: per questo ero venuta a Londra dall'America, qui sarei stata anonima e avrei potuto vivere una vita normale, o almeno normale fino a quando non conobbi Seth.  

Flashback
 Andavo al secondo anno di università quando il mio aspetto subì un cambiamento radicale, e a seguito di questo arrivarono anche le prime ''amicizie''. Finita l'estate ero riuscita a perdere trenta chili, che mi conferirono un aspetto snello e femminile che ricominciata la mia solita vita da studente, mi permise di essere notata da un gruppo di ragazze, le più popolari del mi corso, che mi invitarono ad uscire con loro il venerdì sera seguente. Mi lasciai convincere perché, nonostante conoscessi la loro fama di persone false, erano state le prime ad avermi rivolto la parola e a comportarsi come "amiche". Quella sera arrivò, non mi allettava affatto l'idea di uscire e conoscere nuova gente, ero una persona molto timida. Quando stavo per scrivere a Dani, il 'boss', che stavo male e che quindi non sarei potuta uscire, il suono del mio campanello attirò la mia attenzione. Quando andai ad aprire le tre ragazze si precipitarono a casa mia senza nessun avvertimento o tanto meno invito. Mi obbligarono a cambiare i vestiti che avevo indosso, cioè una semplice gonna di jeans con una maglietta dei Rolling Stones, e iniziarono la trasformazione: Crystal mi fece i capelli, Regina il trucco e Dani scelse i vestiti per me. A fine serata non sembravo più io: i capelli ora ondulati mi cadevano lungo la schiena, gli occhi truccati di nero facevano risaltare le mie pupille verdi e i vestiti erano così attillati che mia madre ne sarebbe stata fiera quando io mi sentivo solo enormemente a disagio. Indossavo dei pantaloncini neri di pelle abbinati con degli stivali fin sopra il ginocchio e un top che lasciava poco all'immaginazione, si vedeva che quei vestiti appartenevano a Dani e non a me... Mi guardai allo specchio: non ero io quella persona, eppure per una sera avrei tanto voluto sentirmi come lei, sicura e sexy. Mi accarezzai i capelli indecisa sul da farsi, era come essere in un corpo estraneo. Dei rombi di motore mi smossero dai miei pensieri insieme ai gridolii isterici di Dani, Crystal e Regina che mi trascinarono di forza fuori di casa.  Un gruppo di moto era fermo davanti il mio cancello, impazienti e inquieti. Crystal e Regina ridacchiando si precipitarono sulla sella di due motori, quello blu elettrico e quello rosso sgargiante, Dani invece con più contegno si avvicinò sculettando all'unico ragazzo che ancora non si era tolto il casco. Appena fu ad un passo da lui questo si tolse il casco agitando i capelli e glielo sbatté contro per farselo tenere, scese dal motore e venne verso di me con passo sicuro.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Flashback
"Ciao amore, sei nuova da queste parti? Mi chiamo Sonny, e tu chi sei?
Era un ragazzo non troppo alto , pieno di tatuaggi nelle braccia e con lunghi capelli biondi che scuoteva di qua e di là, forse era lui il boss della banda?
Un bel ragazzo ma troppo montato..
"Mi chiamo.."
Neanche il tempo di finire la frase che Dani sbuffando venne verso di noi
''Andiamo amore o faremo tardi''
Disse enfatizzando la parola ''amore'' e tirandolo, in tutta risposta lui alzò gli occhi e mi mandò un bacio accompagnato da un occhiolino, montò sulla sua moto verde smeraldo con Dani dietro e senza neanche aspettare che lei si aggrappasse da qualche parte partì impennando. Rimasi lì a guardarli correre nelle strade desolate di Londra con la bocca mezza spalancata. Quando mi ripresi mi guardai in torno, anche Crystal e Regina erano sparite in sella alle moto ed io ero rimasta da sola se non per un BMW nero opaco che era stato in disparte e in silenzio per tutto il tempo. Era un motore enorme e mi faceva paura l’idea di salirci, anche perché il tipo in sella era un perfetto sconosciuto e non mi sembrava neanche così affidabile... Il ragazzo si scostò il ciuffo che gli cadeva sul viso coprendolo e impedendomi di scorgere quello che si nascondeva al di sotto... Rimasi incantata da tale bellezza: i capelli corvini e ricci gli cadevano disordinati sulla fronte e quegli occhi color ghiaccio mi tenevano inchiodata sul cemento. Stese il braccio per darmi il suo casco e alzò un sopracciglio quando non notò alcuna risposta da parte di mia
"Quando finisci di squadrarmi che dici di andare?" Ghignò
La mia vocina interiore mi rimproverò: si vede che proprio non ero abituata ad avere alcun tipo di contatto con ragazzi, tanto meno se questi erano così affascianti e belli…  Imbarazzata mi sbloccai prendendo il casco, cercando di nascondere il mio rossore con i capelli, e montati in sella, alzando la gamba che per miracolo riuscì a superare il sedile estremamente alto. Ringraziai mentalmente tutte le ore di palestra che avevo fatto. Non appena mi sedetti il riccio partì di corsa, a quanto pare era un vizio del gruppo quello di volerci far cadere dalle moto in corsa… e io fui costretta ad aggrapparmi al suo busto per non cadere a terra.
Le strade, le luci, le macchine passavano tutte così in fretta che diventavano un unico fascio di luce: mi sentivo libera e mi sembrava quasi di volare. Iniziai a ridacchiare provando ad allargare le braccia, come per prendere il volo ma una scaffa le fece tornare a stringere forte il busto del ragazzo, che sono convinta stesse pensando quanto fossi ridicola.
Dopo aver pensato di morire per un paio di volte, attraversato strade sconosciute e desolate e quasi fatto un incidente, giungemmo in un boschetto fuori la città pieno di ragazzi e altrettanti motori. Lo sconosciuto si fermò in mezzo alla folla e mi fece cenno di scendere con un segno della testa, così saltai giù dalla moto e quello se ne andò lasciandomi lì, da sola, ancora con il suo casco in mano. Spaesata iniziai a guardarmi intorno nella speranza di vedere facce familiari e finalmente vidi Regina e Crystal, così andai da loro.
Le ragazze vedendomi arrivare mi rivolsero un sorriso malizioso e poi mi diedero le spalle iniziando ad urlare quelli che pensai fossero i nomi dei ragazzi delle moto con cui erano andate. Anche loro mi avevano lasciata sola così mi feci spazio tra la folla di ragazzi ubriachi e ragazze molto poco vestite per cercare di capire dove fossi finita e quando giunsi in prima linea vidi una fila di motori che rombavano: cazzo ero finita in una gara clandestina.
Tra questi, oltre i ragazzi che si erano presentati al mio cancello, c'era anche il ragazzo misterioso che mi aveva abbandonata in mezzo a quelle persone.
Ero completamente spaesata, non avevo mai fatto nulla del genere ed ero sicura che qualcosa sarebbe andato storto…
non potevo tornare a casa e non sapevo dove fossi, non mi restava che rimanere a guardare e sperare di ritornare a casa. Dopo pochi minuti una ragazza in minigonna e reggiseno sventolò una bandiera segnando l'inizio della gara.
I motori partirono all'unisono, rombando e ricoprendo di terra le persone dietro di essi. La BMW del riccio si fece strada tra le dieci moto gareggianti, buttandone a terra una. Ero già pronta a correre per soccorrere il ragazzo ma prima che potessi questo si alzò barcollando e imprecando ad alta voce contro lui. Era il più veloce senza alcun dubbio, sapeva esattamente come rendere sua la strada, cosa di cui me ne ero accorta anche mentre ero in moto dietro di lui, ma vederlo dalle fila urlanti me ne fece rendere ancora più conto così iniziai a farmi trascinare dalla folla di ragazzi urlanti; alla fine cosa c’era di male in un po’ di divertimento? Iniziai ad urlare anch’io, non mi riconoscevo più, ero su di giri: non avevo mai fatto nulla di così estremo che iniziai a pensare che niente poteva andare storto.
Proprio quando la BMW stava per tagliare il traguardo, si sentirono delle sirene in lontananza e si iniziarono e vedere le luci lampeggianti: cazzo, la polizia ci aveva beccato. Fu il caos totale, ragazzi che correvano a destra e a sinistra spingendo e strattonando. Una ragazza cadde per terra e la folla iniziò a salirle addosso, mi svegliai da quella confusione facendomi spazio tra la folla a gomitate per tirarla su, le diedi la mano e lei la tirò, alzandosi e cominciando a correre. Iniziai a correre anch'io ma una delle moto mi tagliò la strada, facendomi cadere a terra. Una folla di ragazzi urlanti mi salì di sopra, procurandomi un dolore atroce al costato. Iniziai a pensare che quella serata mi sarebbe costata la vita. Restai immobile rannicchiata, cercando di coprirmi il viso e pregando.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Presente
Il ballo era tra pochi giorni e ancora non sapevo cosa avrei indossato. Le vacanze erano cominciate e questo mi permetteva di dedicarmi un po' di più a me stessa, la mattina correvo e il pomeriggio facevo degli esercizi per mantenermi in forma. 
Come ogni mattina mi svegliai alle sei, indossai il reggiseno sportivo, leggings e scarpe da ginnastica, presi il telefono e misi le cuffiette alle orecchie. Prima di uscire legai i capelli in una coda e pensai che avrei dovuto tagliarli, anche legati arrivavano quasi al sedere. Uscì di casa e iniziai la mia solita corsa in un parco vicino casa. 
Ritornai dopo circa due orette e mai mi sarei immaginata di trovare mia madre al cancello di casa…
"Mamma?! Che ci fai qui?"
Non vedevo mia mamma da ormai un anno e vederla davanti al mio portone senza un apparente motivo mi metteva un po' di paura
"Hana! Bambina mia, finalmente, ho aspettato così allungo che i miei capelli hanno iniziato a risentire dell'umidità di Londra…" 
Era sempre la solita..  soliti tacchi a spillo, solita gonna al ginocchio e solito tailleur, il trucco era perfetto così come i suoi capelli, acconciati all'insù e tenuti fermi da una spilletta di perle, altro che umidità… i miei capelli non erano così perfettamente perfetti neanche dopo una seduta di un'intera giornata dal migliore parrucchiere del mondo. 
“Scusa mamma… stavo correndo, potevi avvisarmi della tua visita! Mi sarei fatta trovare a casa..”
Aprì casa e lei subito entrò, iniziando a ispezionarla alla ricerca della più piccola briciola di polvere o oggetto fuori posto, pur non trovandone dato che sono una persona molto pulita e ordinata, o almeno per tutto quello che non riguarda il mio armadio…
"Gradisci qualcosa? Dovrei avere del tè da qualche parte"
"un bicchiere d'acqua va benissimo, grazie Hana"
Andai in cucina e lavai il bicchiere più bello che avevo, che apparteneva ad un servizio regalatomi da lei per i miei diciotto anni… si mia madre mi regalò un servizio di piatti e bicchieri. Ritornai in soggiorno dove mia madre si era accomodata nel divano davanti il camino. 
"Papà come sta? Come mai sei venuta, è successo qualcosa?" 
"Papà sta bene, è in viaggio di affari per comprare una nuova compagnia, ti manda un bacio e dice che è dispiaciuto di non poter venire per Natale... per quanto riguarda me, non posso farti una visita di piacere? Sono sempre tua madre.."
No, nessuna visita di piacere, mia mamma era venuta per uno scopo ben preciso, ma ancora non sapevo quale. 
"E che fine ha fatto quel… ragazzo? Come si chiamava?.. Stephan, Simon.."
"Seth, mamma. E ci siamo lasciati già da qualche anno, lo sai"
"Oh sisi, già. Meglio così, non mi piacevano affatto tutti quei tatuaggi... Comunque, sono venuta a sapere da Phoebe a cui l'ha detto Stephany e che l'ha sentito da Ria, che sei stata invitata dal Dottor Colman al ballo di Natale, è così?"
Mi chiese con gli occhi a cuoricino. Ecco il motivo.. dovevo immaginarlo
"Immagino che tu sappia già cosa indossare, che trucco fare, i capelli, le unghia, le scarpe…"
La frenai prima che divagasse, sussurrando
"Veramente no.."
Si fermò di colpo, a bocca aperta
"Hana Katerina Smith il ballo è tra pochissimi giorni! Non ti ho insegnato niente??" 
Eccola di nuovo che ricomincia sull'importanza dell'essere sempre ben preparati e ben vestiti e bla bla bla… c'era solo un modo per farla smettere, anche se mi sarebbe costato la dignità ed un'intera giornata…
"Ti va di accompagnarmi a scegliere e fare tutte queste cose mamma?"
Domanda giusta, finalmente il suo viso si illuminò e batté le mani, contenta ed eccitata... Avevo appena creato un mostro. 
Il tempo che mia madre si preparasse e cambiasse di abito almeno una decina di volte uscimmo alla ricerca disperata di cosa indossare a quel maledetto ballo, almeno non dovrò pagare io tutte quelle spese inutili…
Iniziammo il giro degli atelier più belli e costosi di Londra, dove fui costretta a provare almeno una cinquantina di vestiti estremamente colorati e decorati dove ovviamente non avevo voce in capitolo…
Erano già le sei del pomeriggio, e ancora non avevamo trovato niente che soddisfacesse un minimo mia madre  
 e così giungemmo nell'ultimo negozio, un piccolo atelier che quasi scompariva alla vista degli altri e dove entrammo solo dopo aver convinto mia mamma che quello aveva vestiti ugualmente belli agli altri. 
Era un posto diverso rispetto ai soliti atelier di lusso, era calmo e silenzioso, solo una dolce musica di sottofondo. Un profumo di rose ci accolse insieme ad una signora dai capelli bianchi e con un sorriso dolce che emanava sicurezza. Gli abiti erano disposti in modo molto ordinato, alcuni su manichini bianchi, altri appesi su grucce avvolte da nastrini di seta rosa e perline. L'unico camerino era posizionato in fondo e aveva le tende di seta anch'esse rosa chiaro e dinanzi ad esso vi era un divanetto rotondo bianco, affiancato da un tavolino con un vaso pieno di rose anch’esse bianche. Anche mia mamma sembrava colpita da quel design così essenziale e delicato e non pacchiano ed estroso come gli altri negozi. 
Iniziai a girare per guardare i vestiti, alla ricerca di quello che mi avrebbe rappresentato meglio, ma la signora mi fermò
“So cosa cerchi"
Mi guidò in un angolino del negozio con un unico vestito. Mi strizzò l'occhio e lo mise in camerino, accompagnandomi con una mano sulla schiena. Quando lo indossai la seta grigio perla mi scivolò giù per i fianchi fino a toccare terra, lo scollo dietro arrivava fino a sopra il sedere e due nastri dello stesso tessuto si intrecciavano sorreggendolo; il davanti era molto semplice, uno scollo morbido a V metteva in risalto il mio seno non troppo formoso. Sembrava che fosse stato cucito apposta per me, seguiva le mie forme e le mie curve non troppo accentuate e mi fasciava alla perfezione. Rimasi incantata dalla bellezza di quel vestito e per una volta mi sentì davvero bella. Uscii dal camerino pronta ad affrontare le critiche di mia mamma, che già aveva una decina di abiti in mano, ma con mia grande sorpresa la sua reazione fu un'altra. Lanciò gli abiti che aveva preso alla signora e si avvicinò a passo svelto verso di me, facendomi girare su me stessa ammirò quel vestito dalle fattezze perfette con gli occhi pieni di lacrime di gioia. 

Il giorno del ballo era arrivato, avevo indossato il vestito abbinandolo con dei sandali alti argentati che si chiudevano sulla caviglia e come gioielli solo degli orecchini pendenti di brillanti, uno dei regali di mia madre. I capelli erano raccolti ordinatamente in uno chignon alto e la frangetta, che mia madre mia aveva fatto fare, ricadeva sul' occhio sinistro. Le labbra erano dipinte di un rosso sgargiante e gli occhi truccati con del semplice mascara. 
Suonò il campanello, diedi un ultimo sguardo al mio riflesso e andai ad aprire, ancora mancava mezz'ora all'appuntamento, come mai era venuto prima?
"Dottor Col…"
Mi bloccai di colpo
"Seth???!"
Davanti ai miei occhi si parò il ragazzo dei miei desideri e dei miei sogni. 
"Hana…" 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Flashback
Ero per terra, ricoperta di lacrime e sangue, avevo paura. Non sapevo quanto tempo fosse passato, ormai non sentivo neanche più le urla esterne, era solo un rimbombare di rumori ovattati, un ultimo colpo e sentivo che sarei morta lì… riuscivo solo a meditare su cosa avrebbero pensato i miei, sarei stata una delusione per loro ...
Già vedevo i titoli sui giornali "Morta l'unica figlia dell'imprenditore e proprietario della Royal Air Lines: trovata deceduta in una gara clandestina"
I miei sensi mi stavano abbandonando, quanto meno la moto che stava sfrecciando verso di me avrebbe fatto finire il dolore in fretta.. così con i fari che mi accecavano chiusi gli occhi e aspettai la fine.
 
Una luce fioca mi fece svegliare, sbattei le palpebre velocemente, ero morta? La luce era troppo accecante e non riuscivo a mettere ancora a fuoco le immagini, così mi stropicciai gli occhi.
Mi tirai su di scatto e un dolore lancinante mi rimise giù, di sicuro non ero morta a meno che in paradiso o inferno che sia non si provasse dolore, guardai in basso: una maglietta fin troppo grande avvolgeva il mio corpo. La alzai lentamente e vidi una grande benda con delle macchie di sangue che mi avvolgeva il costato. Alzai lo sguardo e mi guardai intorno.. dove cazzo ero finita??
Ero su un letto grande e davanti a me una vetrata che dava su un balcone con tanto di jacuzzi, al di là di questo potevo vedere un bosco, una pineta forse. Le pareti erano tutte rivestite da tronchi di legno, così come il tetto: sembrava un cottage. All'angolo un caminetto moderno pendeva dal tetto di travi e sotto questo era posizionata un tappeto di pelliccia bianca, dall'altra parte c’erano tre porte. Mi alzai sta volta più lentamente, e parecchio dolorante, con la testa che mi pulsava provai ad aprire la porta sulla sinistra, un guardaroba enorme si aprì davanti i miei occhi. C’erano solo vestiti maschili, a casa di chi ero finita? Mi avevano rapito? Salvata?
Provai con la porta centrale e trovai un bagno con in fondo una vasca da bagno dove entravano almeno quattro persone, posizionata davanti un'altra vetrata. Almeno la casa era proprio bella… Chiusi anche quella porta e provai con l'ultima. Prima che potessi toccare la maniglia questa si aprì spingendomi per terra. Una mano si tese davanti a me e mi afferrò,  tirandomi su senza alcuno sforzo. Guardai il viso del mio rapitore/salvatore e vidi il ragazzo misterioso della BMW che mi fissava con un sopracciglio alzato
"Dovresti stare a letto"
Mi disse con voce dura. Mi prese in braccio come se fossi una bambina e mi appoggiò a letto per poi tornare da dove era venuto. Prima che potesse andare, con voce tremolante richiamai la sua attenzione
"Chi sei? E cosa vuoi da me?'
Si girò ghignando
"Ti ho appena salvato la vita, Hana, dovresti ringraziarmi"
E chiuse la porta lasciandomi un sacco di punti interrogativi nella mia testa.
 
Presente
Seth si accasciò al mio ingresso, tenendosi con una mano sul muro e con l'altra il fianco destro. Le sue mani erano rosse, rosse di sangue, così da lasciare impronte su tutto il muro. Ero sconvolta, spaventata e soprattutto arrabbiata. Non avevo scelta, non potevo lasciarlo a morire, così feci appello a tutte le mie forze e lo trascinai in casa, macchiando il vestito e lasciando una scia di sangue su tutto il pavimento, mia mamma per fortuna era già partita se no si sarebbe sentita male alla vista del suo capolavoro rovinato, non alla vista di Seth ferito. Dovevo fare qualcosa, presi il telefono e digitai il numero dell'ambulanza ma prima di poter chiamare Seth parlò tra un colpo di tosse e un altro…
"N-non chiamare n-nessuno.. t-ti prego"
Conoscendo Seth, sapevo perfettamente che lui non pregava e non chiedeva aiuto se non in situazioni estreme... e quella probabilmente era una di quelle.
"Seth… io non sono in grado di…"
"Hana… ti prego, mi fido di te, so che ce la puoi fare"
Tirai un respiro e scrissi al dottor Colman che non sarei potuta andare a causa di un malessere improvviso, avrei affrontato le conseguenze in un secondo momento se ce ne fossero state, e subito mi precipitai in bagno a prendere la valigetta medica.
Quando tornati in soggiorno Seth si era spostato ed ora la sua schiena era poggiata sul divano seduto per terra e la testa china: era svenuto. A quella vista il cuore mi si strinse nel petto, era lui sta volta a dover essere salvato.
Mi chinai su di lui e presi il suo polso tra le mani e sentii il suo battito che era rallentato, notai un nuovo tatuaggio, una frase che diceva "never forget her", era per me? Ci avrei pensato dopo, dovevo curarlo. Cosa aveva combinato sta volta? Gli tolsi la maglietta ormai rossa per il sangue e subito notai un foro di proiettile… oddio.
Riaprì gli occhi sentendo me che lo chiamavo, era così pallido in volto… questo andava molto oltre le mie capacità, ero solo un medico e lui doveva essere operato.
"Seth… devi essere operato… ti prego"
Mi sorrise dandomi la mano e stringendola con tutta la forza che aveva
"Sei un o-ottimo medico, s-so che puoi f-farcela… m-a forse f-farai meglio a t-toglierti q-quel vestito.. s-sembri alquanto ingessata"
Provò a ridere ma iniziò di nuovo a tossire e sputare sangue.
"non è il momento di scherzare… io… io ci proverò Seth"
Lo feci distendere a terra e disinfettai la ferita, non c'era foro d'uscita: questo voleva dire che il proiettile era ancora dentro e doveva essere estratto il prima possibile.
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Non avevo mai operato in prima persona, avevo solo assistito, limitandomi a passare i vari oggetti o tenere sotto controllo battito e respiro, e nessuna di questi interventi aveva trattato l’estrazione di un bossolo di proiettile, in aggiunta senza avere gli strumenti e i macchinari necessari...Non avevo pinze per prendere il bossolo e l’unica speranza che avevo era quello di farlo a mani nude.
" Ti farà male, mordi questo"
Gli diedi un cuscino che lui si mise in bocca, poi lo feci distendere sul pavimento. Non mi era permesso né tremare né tentennare, così cercai di calmarmi e prendendo un bel respiro infilai due dita nella ferita, Seth iniziò a dimenarsi. Ero terrorizzata dall’idea di perderlo, e speravo che sarebbe andato tutto bene se no sarei stata responsabile della morte del ragazzo che avevo amato, e che, nel profondo del mio cuore, amavo ancora. Senza contare il fatto che sarei stata accusata di omicidio…
"Seth, Seth devo estrarre il proiettile, ti prego, stai fermo".
Lo implorai, cercando di tenerlo giù con la mano sinistra; aveva gli occhi chiusi ed era pallido, cercava di liberarsi dalla mia presa ma era troppo debole.
“Seth, ti prego, lo tocco quasi...”
Iniziai a piangere, se avesse continuato a muoversi avrei rischiato di lesionare qualche organo, e lì non avrei potuto fare niente. Aprì leggermente gli occhi e mi guardò per poi annuire, indicandomi di continuare.  Presi un altro respiro e infilai le due dita sempre più in profondità fino a toccare qualcosa di metallico: preso.  Lo estrassi cautamente, guardando Seth che per fortuna si era fermato, la parte più dolorosa era finita, ma il peggio doveva ancora venire: poteva prendere delle infezioni. Ora dovevo pulire e cucire la ferita. Quando finito bendai tutto e tirai un sospiro di sollievo. Restai con lui fino a quando non si addormentò stremato nella sua stessa pozza di sangue. Per fortuna il sangue si era fermato e il battito stava ritornando ad accelerare; mi alzai in silenzio per non svegliarlo e andai in bagno. Mi guardai allo specchio, il vestito era diventato bordeaux scuro e soltanto in alcune parti il colore originale si era conservato. Mi lavai strofinando le mani fino a farle diventare rosse, e poi la faccia e il collo.
"Hana"
Sentì la sua voce flebile chiamarmi e mi precipitai da lui
"Tutto bene?? Stai di nuovo sanguinando???"
Lui sorrise
"Grazie per non aver chiamato nessuno"
Mi avvicinai a lui, ignorando il suo 'grazie'
"Ce la fai ad alzarti?"
Lui annuì, così sostenendosi a me, con le sue ultime energie, si stese sul divano. Gli levai le scarpe e i pantaloni e lui ridacchiò, non gli risposi e lo coprii con una coperta sistemandogli un cuscino sotto la testa. Non dissi una parola, lo guardai soltanto con uno sguardo severo e andai a fare una doccia veloce per levarmi le ultime tracce di sangue. Indossai dei pantaloncini di tuta e una maglietta e poi ritornai in soggiorno: Seth dormiva di nuovo. Prima di coricarmi sull’altro divano gli controllai di nuovo il respiro e il battito che per fortuna si stavano regolarizzando.
Mi sdraiai guardando quel ragazzo che mi faceva sempre disperare e mi addormentai ammirando la sua bellezza.

Mi svegliai di soprassalto sentendo scricchiolare qualcosa e sentendo dei lamenti: chi era entrato in casa mia? Guardai il pavimento e vidi la pozza di sangue: Seth, dov'era finito? Gli stavano facendo del male? Afferrai la ciabatta da terra e andai verso il bagno da cui provenivano i lamenti. Spalancai la porta con la ciabatta pronta a colpire ma il braccio di Seth mi fermò in tempo
"Volevi attaccare un ferito? E poi cosa dovresti fare con quella ciabatta?"
"P-pensavo ti stessero facendo del male… e poi cosa.. cosa ci fai alzato Seth? Ti hanno sparato! Sei matto per caso?! E poi perché ti hanno sparato, questa me la devi spiegare, e perché non sei andato in ospedale?.."
"Calma calma calma Hana, volevo soltanto sciacquarmi la faccia, ce la faccio… e poi mi avresti protetto davvero? Con una ciabatta?”
Disse ridendo sotto i baffi.
"Be… si, penso… ma non cambiare argomento e rispondi! Perché sei venuto proprio da me…"
Tornò serio improvvisamente
"Hana... non posso risponderti... mi dispiace... qualcuno vuole farmi del male e tu eri l'unica che poteva aiutarmi… ma sono stato un cretino. Non dovevo venire. Ti ho messo in pericolo… se mi hanno seguito e sanno… me ne devo andare, e tu devi venire con me".
Ecco perché avevo lasciato Seth nonostante l'amassi più della mia vita, si metteva sempre in pericolo ed ero stufa di vederlo tornare a casa sanguinante... ero stata costretta a lasciarlo anche se, all’inizio, nonostante avessi scoperto che era il capo di una delle bande più pericolose di Londra, i the Cross, ci avevo provato, ma ne erano successe davvero troppe. Lo avevo pregato di non farsi rivedere più... e lui me lo aveva giurato... invece rieccolo qui, dopo tre lunghi anni, quando ormai avevo smesso di sperare in un suo ritorno ed ero andata avanti, più o meno.
"Tu non puoi venire qui e dirmi questo… io non verrò con te"
"Hana ti prego ti ho appena detto che sei in pericolo… tu DEVI venire con me!"
"Seth esci da casa mia o chiamo la polizia"
"Hana…"
"Ho detto FUORI!"
Non poteva stare in casa mia, d’altronde ormai era fuori pericolo, si era ripreso perfettamente per quanto ci era abituato. Lo accompagnai alla porta d’ingresso e lui uscì, senza opporre resistenza, e salì sulla macchina posteggiata davanti il mio cancello. Come poteva presentarsi prima nella stradina, poi in ospedale e ora a casa mia? Come poteva dirmi che ero in pericolo? Come? Quando chiusi la porta, mi accasciai contro di essa; avevo mille pensieri che mi giravano per la testa ed erano successe troppe cose...Dopo qualche momento il cellulare inizio a vibrare e senza guardare chi fosse risposi.
"Pronto?"
Dall’altro capo del telefono solo un respiro profondo
"Pronto??"
Chiamata terminata.. chi è l'idiota che fa scherzi del genere?? Sconvolta, posai il telefono sul mobile dell’ingresso e mi buttai a letto dove poco dopo mi riaddormentai.

Flashback
Ero in quella casa ormai da una settimana e le mie ferite iniziavano a guarire. Avevo scoperto il nome del ragazzo misterioso: Seth. Lo avevo sentito dire da quelli che credevo fossero i suoi amici. Mi aveva tenuta nascosta in quella stanza, senza darmi spiegazioni se non quella che tutto ciò fosse per la mia sicurezza, non avevo come andarmene da lì, ero come imprigionata, ma tuttavia non avevo paura, o almeno, non troppa. Avevo iniziato a fidarmi di quel ragazzo, nonostante fosse un perfetto sconosciuto, però ero stufa di quella situazione e volevo andare a casa mia. In un momento di coraggio mi alzai dal letto e mi incamminai verso la porta, non sapendo cosa mi aspettava. Aperta questa, vidi un pianerottolo con un corridoio con altre porte e poi delle scale che scendevano e da cui provenivano delle voci. Mi presi di coraggio e mi incamminai. Il legno ruvido degli scalini mi scorticava la pelle dei miei piedi nudi e le mie ferite ad ogni passo facevano sempre più male. Sapevo che per farle guarire del tutto sarei dovuta rimanere ferma per qualche settimana ma dovevo andarmene da quella casa.  Arrivai in un soggiorno che poteva essere grande quanto tutta la mia casa: un divano di pelle nera ad angolo stava in mezzo alla stanza con una delle tv più grandi che avessi mai visto, dietro di questa un tavolo da biliardo e un camino in pietra e legno, con due grandi poltrone di pelle nera posizionate davanti.  C’erano otto ragazzi, sei di questi li avevo già visti alla gara mentre altri due mi erano sconosciuti. Uno di questi si girò, guardandomi con un sopracciglio alzato e percorrendo con sguardo languido le mie gambe e le mie cosce coperte da una maglietta che bastava a mala pena a coprire le mutandine. In automatico cercai di tirarla il più giù possibile stringendo le cosce l’un l’altra.. forse era stata una pessima idea uscire da quella stanza. 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


 

 

 

Ora avevo tutti gli sguardi puntati su di me…Il ragazzo riccioluto che mi aveva squadrato poco prima sorrise maliziosamente, alzandosi dal divano e avanzando verso di me.
"E tu chi sei tesoro?"
Non conoscevo le intenzioni di quel ragazzo e così, impaurita, indietreggiai sbattendo contro la ringhiera delle scale e rantolai per il dolore provocato dalle ferite.
"l-lasciami, ti prego"
Mi sedetti sul gradino delle scale rannicchiandomi in posizione di difesa. Il ragazzo vedendomi così vulnerabile ghignò, accompagnato dalle risate degli altri sette, che si godevano la scena. Sentii un tonfo e alzai lo sguardo, sbirciando da sopra il braccio, vidi la figura di Seth e il ragazzo per terra
“Liam lasciala stare, è solo una ragazzina”
Seth si parò davanti me, proteggendomi da quegli sguardi inquisitori e maliziosi.  Era come un eroe, sempre lì a proteggermi e vegliare su di me. Se non fosse stato per lui adesso non sarei stata qui…
“Aniston.. ma perché ci tenevi nascosto questo bocconcino? Lo volevi tutto per te?”
Disse il ragazzo, Liam, ancora per terra, ridendo. Seth grugnì alla provocazione. Dietro di lui intravidi Sonny, il ragazzo dalla moto verde, che era seduto all’angolo del grosso divano, si sporse in avanti, aggirando il corpo di Seth che mi faceva da scudo e mi riconobbe
“Ma sei tu amore.. Com'è che ti chiamavi?”
Vedendo l’espressione del riccio di fonte a me, che nel frattempo si era contratta, si tirò indietro, rispondendo con aria quasi menefreghista
“Ah fa lo stesso”
Vidi i pugni di Seth stringersi e le nocche diventare bianche. Perché reagiva in quel modo? E perché mi aveva salvata di nuovo da quegli sguardi indiscreti?
“Sali e vestiti”
Dandomi le spalle sibilò quegli ordini e io subito mi voltai iniziando a correre, per quanto possibile, sui gradini.  Arrivata alla fine delle rampe sentii i ragazzi prendere in giro Seth dicendogli che si era ammorbidito. Probabilmente non aveva portato nessuna ragazza a casa sua senza, diciamo, combinare qualcosa?  Però con me era così diverso... sembrava quasi che gliene importasse qualcosa.  Ero fin troppo pensierosa, e stanca soprattutto. Mi rinchiusi nella stanza e andai in bagno, sapevo che non avrei dovuto fare la doccia ma ne avevo estremamente bisogno. Mi spogliai ed accesi l'acqua bollente, entrai nella doccia e mi lasciai trasportare dallo scrosciare dell'acqua, non guardando le ferite.  Alzai gli occhi e guardai il mio riflesso nella parete della doccia vetrata, ma notai una cosa che non sarebbe dovuta succedere: le ferite avevano ripreso a sanguinare. Usciva talmente tanto sangue che ormai l'acqua ai miei piedi si era tinta di rosso.  La testa iniziò a girare e pulsare, dovevo bloccare la fuoriuscita di altro sangue. Uscii di corsa dalla doccia, appoggiandomi sulla parete della doccia per non cadere ma l'acqua calda ne aveva fatto defluire troppo, infatti, mentre stavo per prendere un asciugamano, persi i sensi, distesa lì, nuda, su quel pavimento di cemento grigio.  Sentii il mio nome, ''Seth salvami'' pensai e riuscii a dire il suo nome. Avevo chiuso la porta del bagno a chiave per timore che qualcuno potesse entrare così Seth inziò a prenderla a calci per aprirla. L'unica cosa che ricordai prima di svenire fu il volto di Seth avvicinarsi e guardarmi pieno di rabbia e... paura?

Pdv Seth
Non so perché l'avevo portata qui, non la conoscevo neanche... Era la prima ragazza ad entrare in casa mia e la prima a dormire nel mio letto.  Non so perché ma in lei c’era qualcosa di diverso dalle altre... non so in che modo, ma sentivo che c'era qualcosa di speciale in lei. Forse era perché la vedevo così impaurita ed insicura... sembrava quasi un cerbiatto inerme alle luci dei fari. Eppure aveva un caratterino... era così testarda e intrepida, pronta a sfidarmi e a disubbidire ai miei comandi. Non aveva avuto paura di trasgredire alla mia richiesta di non uscire da quella fottuta stanza, pur ferita aveva fatto le scale ed era scesa per andarsene. Bene, era questo che voleva? L’avrei accontentata. Non avevo bisogno di giustificarmi con quei ragazzi, ero il loro capo e in quanto tale mi rispettavano e temevano, d’altronde era risaputo della mia fama, non lasciavo mai niente in sospeso, ne tantomeno di non vendicato.  Lanciai uno sguardo assassino ai miei otto e finalmente si zittirono, mi avevano dato delle palle mosce e del tenerone.. non ero assolutamente così, il contrario anzi. Non mi lasciavo intenerire da nessuno, figuriamoci da quella ragazzina viziata ed insopportabile. Non era nessuno per me.. o forse mi volevo autoconvincere che fosse così?  Il mio istinto mi disse di andare verso la stanza, dovevo cazziare quella bambina che mi aveva messa in questa posizione, glielo avevo detto di restare in camera e di non farsi vedere.. ma evidentemente era troppo difficile. Mentre stavo per salire l'ultimo gradino sentii un tonfo. I miei sensi si allertarono subito e il pensiero andò a quell’immatura con cui fino ad un momento prima avrei voluto urlare contro. Immediatamente aprii la porta della stanza ma lei non c'era, dov’era finita?? Iniziai a guardarmi intorno fino a che non sentii l'acqua della doccia scorrere e vidi la porta del bagno chiusa. Come poteva essere così stupida da farsi la doccia nonostante le ferite ancora aperte? Studiava anche medicina.. La chiamai e sentii una voce flebile provenire dal bagno. Era chiuso a chiave così presi a dare calci contro di questa fino a quando, dopo un tempo che mi sembrava interminabile, riuscii ad entrare. E la vidi lì, distesa per terra, nuda in una pozza di sangue. Il suo sguardo implorava il mio aiuto e sussurrò un'ultima volta il mio nome prima di svenire. Non sapevo a cosa erano dovuti i sentimenti che stavo provando in quel momento, però credevo di sentire rabbia e... paura? 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Pdv Seth
Mi precipitai verso quel corpicino, così indifeso e piccolo… era sdraiata a pancia in giù ma nonostante questo riuscii a scorgere la perfezione del suo corpo, del suo seno. Porca troia mi faceva un certo effetto… interruppi quei pensieri poco casti e afferrai l'asciugamano, avvolgendola in torno ad esso e cercando di non sbirciare, anche se la sensazione era forte. La presi in braccio, sollevandola dal pavimento, era così leggera e piccola che si perdeva tra le mie braccia, proprio come una bambina. La sua pelle bianca brillava sotto la luce soffusa e le sue labbra socchiuse lasciavano fuoriuscire un po’ d’aria. Era così bella anche in quelle condizioni… La portai nella stanza da letto e la poggiai su di esso, non mi interessava se si sarebbe sporcato di sangue. La coprì con le lenzuola fino all'ombelico e le misi la mia maglietta lasciando scoperte le sue ferite. Ero così spaventato dall’idea di perderla… lentamente tolsi l'asciugamano e vidi la sua ferita che si era riaperta: i punti che le avevo messo erano saltati. La curai con tutta la delicatezza possibile ascoltando il suo battito lento, che piano piano si rinvigoriva. Potevo solo aspettare il suo risveglio per cazziarla come mai avevo fatto in vita mia, la coprii e scesi le scale di corsa, sbattendo fuori casa il resto della banda che se ne andò ghignando e ridendo, ma non mi interessava. Corsi di nuovo di sopra e la trovai esattamente come l’avevo lasciata. Cautamente mi avvicinai a lei e mi sdraiai al suo fianco, tenendo una sua mano tra le mie e carezzandole il viso. Non so perché lo facevo ma sentivo che dovevo proteggere quella ragazza. Di solito le mie relazioni erano da una notte e via, non c'erano carezze e baci affettuosi, ma con lei… c'erano dei momenti in cui avrei solo voluto stringerla tra le mie braccia e cullarla. Mi stavo proprio rincretinendo. Restai così per ore, non so neanch’io quante. Calò la notte e la luna piena illuminava il suo profilo perfetto, sembrava la bella addormentata nel bosco. Le sue labbra erano come un richiamo, mi ipnotizzava guardarle e piano piano mi trovai sempre più vicino al suo viso. Le carezzai i capelli, portandoli dietro l’orecchio, cosa stavo facendo?  Chiusi gli occhi e sentii i nostri nasi sfiorarsi, poi le nostre labbra, ed il mio cuore ebbe un sussulto. Fu un bacio di pochissimi secondi ma che mi aveva aperto un mondo di sentimenti. Mi staccai all’istante e vidi i suoi occhi tremolare, si stava svegliando. Mi affrettai a scendere dal letto e uscii da quella stanza di corsa.  Forse avevano ragione gli altri... mi stavo rammollendo. 

Pdv Hana
Oggi
Finalmente era natale, la mia casa non aveva addobbi se non un piccolo alberello di quelli già addobbati. Mi alzai dal letto e iniziai la mia solita routine. Andai a correre e tornai a casa. Feci la doccia e notai sul ventre le cicatrici ancora ben visibili. Uscita mi avvolsi in un asciugamano e andai a fare colazione. Sentì il campanello bussare, chi poteva essere? I miei genitori come ogni anno erano andati alle Hawaii e non avevo amici.  Comunque aprii poco la porta per vedere chi fosse, un uomo sulla quarantina con una giacca di pelle nera e dei jeans strappati, anche questi neri, mi si parò davanti spingendomi indietro ed entrando in casa.  Rimasi alquanto perplessa e impaurita da quell’uomo.
"Chi sei? Cosa vuoi da me?"
Avanzava verso di me e io di conseguenza indietreggiavo, fino a trovarmi contro il muro. Sogghignò e chiuse la porta alle spalle. I suoi occhi neri come la pece mi fissavano intensamente e si leccò le labbra sottili da cui spuntava un dente d'oro. Cercai di scappare per chiudermi in bagno ma lui fu più veloce e mi afferrò il polso, tirandomi verso di lui, mi bloccò entrambe le mani con la sua e con l'altra mi tappò la bocca. Mi sentivo impotente di fronte quell'uomo, ogni mio tentativo di liberarmi era inutile. Il suo alito pesante sapeva di fumo e alcol ed era caldo a contatto con il mio collo, il mio fondoschiena a contatto con il suo bacino, che iniziava ad indurirsi. Cosa voleva farmi?
"Dov'é Aniston?"
Cercava lui.. Lui, la causa di tutti i miei problemi.
Gli morsi la mano e riuscii a liberarmi la bocca, iniziando a gridare aiuto, cosa che durò poco poiché mi riafferrò. Dopo pochi secondi la porta si aprì e sbucarono Liam, Sonny e Seth, tutti e tre armati di pistola. Grazie al cielo qualcuno mi aveva sentito, anche se avrei preferito che non fosse stato lui.
"Lasciala andare"
Seth disse a denti stretti. I miei occhi imploravano aiuto. L'uomo mi puntò una pistola alla testa, io iniziai a piangere.
"Ohh eccolo qui, il nostro eroe. Devi ridargliela o lei farà una brutta fine"
"Non l'ho io, Jack. Lasciala andare, lei non c'entra. È un ultimo avvertimento"
"Non mi fai paura Aniston. A quanto dicono è vero che ti sei rammollito.. però capisco il motivo"
Disse annusandomi i capelli. Rabbrividii al suo contatto, iniziando a piangere. A quel punto Seth non seppe resistere, uno sparo e il mio rapitore si ritrovò con un buco in testa. Gridai. Seth subito corse vero di me abbracciandomi. Mi dimenai, sbattendo i pugni sul suo torace. Ci accasciammo a terra e mi arresi alle sue braccia; nonostante tutti gli anni, tutte le cose successe e tutto il dolore che mi aveva causato sapevo che nel profondo del mio cuore era rimasto ancora un po' di amore verso di lui.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Eravamo lì, seduti a terra, uno nelle braccia dell’altro. Quella sensazione mi era mancata da morire… le sue braccia strette attorno a me, la sua voce rassicurante. Ma ritornai alla realtà, girando lo sguardo verso il corpo privo di vita accanto a noi...  Seth aveva ragione quando mi aveva detto che ero in pericolo. 
“Hana, non puoi più restare qui"
Alzai lo sguardo verso di lui che mi asciugò le lacrime, facendo scendere la sua mano sulla mia guancia ed io involontariamente la spinsi contro il suo tocco così rassicurante. Annuii lentamente, dovevo cedere. Ci alzammo insieme, sempre stretti l’un l’altro. Vidi Sonny e Liam avvolgere quel corpo in dei sacchi e ripulire la scena del crimine, sembravano così esperti, probabilmente lo avevano fatto mille altre volte. 
Era la prima volta che vedevo una cosa del genere, la morte si era impossessata di quel corpo rendendolo rigido e freddo, la bocca digrignata, gli occhi sbarrati. In ospedale non accadeva mai niente del genere, mai nessuno mi era morto davanti in un modo così cruento.
Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla pozza di sangue quasi nera che piano piano conquistava terreno sul mio pavimento... ero quasi incantata da quel colore e da quel suo allargarsi ed espandersi. Seth mi risvegliò dai miei pensieri prendendomi per mano, mi sorrise rassicurante e mi trascinò via da quella stanza. Lo seguii senza protestare e mi portò verso la mia camera, mi fece sedere sul mio letto matrimoniale mentre prese un borsone dall'armadio bianco e lo posò accanto a me. Iniziò a prendere vestiti e a piegarli, mettendoli nella valigia poi passò alla biancheria intima e le mie guancia si colorarono di rosso. Sembrava tutto così naturale... e normale. Mi piaceva guardarlo, mi faceva sentire come se niente di tutto quello che era appena successo fosse accaduto, come se nessuno potesse toccarci. Mi porse un paio di mutande in pizzo bianco, un reggiseno in pizzo del medesimo colore, dei jeans e un maglione pesante. Dovevo lasciare la mia casa, chissà per quanto.. Uscì dalla stanza sussurrandomi di cambiarmi e io mi persi nei pensieri per qualche secondo ancora per poi vestirmi, indossai degli stivali alti di pelle e uscii, lanciando un ultimo sguardo alla stanza e chiudendomi la porta alle spalle: quando tornerò? 
Prima di entrare in soggiorno un forte odore di candeggina invase le mie narici, tutto era come nuovo, sembrava che non fosse mai successo niente, se non per la porta d'ingresso totalmente distrutta.
Seth mi aspettava in piedi davanti la porta, guardava verso il basso e sbatteva il piede nervoso. Quando alzò lo sguardo non riuscì a trattenere un cenno di sorriso che ricambiai un po' insicura. Uscimmo dalla casa e ci avviammo verso la sua macchina, una Porsche bianca.
Seth mi aprì la portiera di davanti e io lo ringraziai in un sussurro mentre mi accomodavo sul sedile di pelle rossa. 
Poggiai la fronte sul vetro del finestrino, guardando distrattamente i passanti. 
Il viaggio in macchina con lui fu silenzioso e mi sembrò quasi infinito, gli altri due ragazzi se n'erano andati poco prima che uscissi dalla porta di casa, portandosi il corpo, il pavimento di legno era come nuovo, nessuna traccia lasciata, neanche mia madre si sarebbe accorta che tutto non andava. 
In quell’interminabile tragitto mi capitava di percepire il suo sguardo bruciare sulla mia pelle, ma non avevo il coraggio di girarmi a guardarlo, così continuavo a fissare tutto ciò che mi capitava sotto la mira degli occhi. Proseguimmo per circa un'ora o forse più e arrivammo in quel cottage, quel posto pieno di ricordi belli e brutti. 
Percorremmo l’entrata, una strada con alberi ai lati, e giungemmo all’ingresso del garage dove Seth posteggiò la macchina.
Scendemmo dalla macchina e percorremmo la strada fino a giungere all’ingresso della casa: un portone in legno alto almeno tre metri si ergeva sopra le nostre teste, Seth aprì la porta e aspettò che io entrassi. Presi un profondo respiro e mi accomodai all’interno di questa; il soggiorno era tale e quale all'ultima volta. 
 
Flashback
Mi risvegliai per l'ennesima volta in quella stanza. Ricordavo solo gli occhi di Seth, i suoi occhi blu ghiaccio e così tenebrosi. 
La testa mi girava e mi sentivo confusa, avevo dormito profondamente chissà per quanto. Ricordavo solo una sensazione di quella notte: mentre dormivo mi era sembrato di percepire una presenza accanto a me e poi qualcosa sulle mie labbra... chissà, forse l'insieme di tutti quegli avvenimenti mi aveva fatto immaginare tutto ciò... 
La porta si aprì lentamente riportandomi alla realtà e vidi il ciuffo corvino di Seth sbucare. Impallidii subito 
"M-mi dispiace, penso di aver combinato un macello nel bagno.." 
Gli scappò una risata, che stupida..
"Sei stata una stupida a fare la doccia nelle tue condizioni"
La sua voce tornò seria e nei suoi occhi c'era solo rimprovero. Venne verso di me e solo in quel momento notai il vassoio contenente del cioccolato, del latte e della frutta: effettivamente avevo un po' di fame.
Lasciai stare quel rimprovero anche se avrei tanto voluto rispondergli.. non era mica mio padre, però stava facendo così tanto per me…
"Grazie" 
Sussurrai a denti stretti, accettando il vassoio e posizionandolo sopra le gambe
"Mangia ora, tutto''
 Si, proprio un padre... iniziai a mangiare sotto il suo sguardo vigile, non so perché si comportava così con me... d'altronde ero solo una sconosciuta. 
Mi sforzai per finire di mangiare, quelle ciliegie e quelle fragole erano fin troppe, ma dovetti ingoiare tutto subito dopo l'occhiataccia di Seth. 
"Bene Hana, ce la fai ad alzarti?"
"Penso di si"
Misi i piedi giù dal lettone, era così alto che non toccavo il parquet neanche con la punta di questi, digrignai i denti per la fitta e scivolai giù, barcollando un po'. Lui mi afferrò dalla vita per sorreggermi e quello fu il primo momento in cui provai una forte attrazione verso di lui, oltre ad una sensazione di familiarità.
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Oggi

Seth camminò davanti a me facendomi strada e conducendomi verso il piano superiore. Giunti al pianerottolo ci avviammo verso sinistra, verso la sua stanza da letto. Aprì la porta ed entrò nella camera, posando il borsone sopra il grande letto posizionato al centro.
“Puoi stare qui, se vuoi... ti lascio un po’ di tempo per sistemarti. Se hai bisogno sono di sotto”
Mi rivolse un debole sorriso e uscì chiudendosi la porta alle spalle. Seguii con lo sguardo i suoi movimenti e appena chiuse la porta iniziai a ripercorrere con la mente tutte le sensazioni ed emozioni vissute in quel posto. Camminai sul parquet di legno scuro, sfiorando con le dita le pareti e poi i vetri di quella enorme finestra. Mi soffermai a fissare la jacuzzi, erano successe tante cose in quella vasca.  Era strano tornare in quella stanza da letto, così grande per una sola persona.   I ricordi avevano invaso la mia mente e non potevo fare altro che seguirli e perdermi in essi. Mi girai guardando il letto e mi avvicinai, sfiorai con i polpastrelli il copriletto di un morbido tessuto marrone, quella era l’unica cosa che era cambiata nella stanza. Mi lasciai andare in mezzo a quel lettone, distendendomi e fissando le travi del soffitto fino a quando non sentii la porta aprirsi e una voce familiare chiamarmi. Mi alzai di scatto, incredula
"Heljia?!"
”Mi avevano detto che eri tornata ma non volevo crederci fino a quando non ti avrei rivista con i miei occhi"
Un bel ragazzo biondo platino era poggiato allo stipite della porta, gli occhiali neri gli inquadravano il volto perfettamente rasato e i suoi occhi grigi mi scrutavano felici. Neanche lui era cambiato più di tanto, se non per quella buffa acconciatura. La mia bocca si aprì in un sorriso contagioso e di corsa scesi dal letto per tuffarmi fra le sue braccia. Questo ragazzo era diventato il mio migliore amico in tutti quegli anni passati con Seth, l’unico vero amico che io avessi mai avuto.
"Mi sei mancato così tanto…"
Dissi tenendolo stretto a me, per non lasciarlo scappare. Lui rideva mentre mi accarezzava i capelli
"E si vede di certo, cosa sono questi stracci che hai indosso? Non ti ho insegnato niente?"
Alzai lo sguardo verso di lui e scoppiai in una risata, una risata vera di quelle che non facevo da tempo. Il mio caro amico che mi dava consigli sulla moda, l'unico ragazzo con cui Seth sopportava (quasi) di vedermi. 
“Tesoro ho saputo che ti è successo, vuoi parlarmene?”
“Oh Hilija, è stato così brutto..”
Mi riabbracciò stretta confortandomi; mi era proprio mancato. Entrò Seth nella stanza e quando ci vide così avvinghiati strinse la mascella, Hilija non appena lo notò si allontanò da me intimorito.
“Vuoi mangiare qualcosa?’’
Si rivolse a me guardandomi fissa negli occhi e trasmettendomi mille e mille emozioni.
Annuii e ci avviammo verso la cucina: una stanza enorme con una cucina ultra moderna grigia e un’isola altrettanto grande con tanto di fornelli si parò ai miei occhi. Il tavolo posizionato subito dopo questa era apparecchiato per due persone. Io e Seth ci sedemmo a tavola e iniziammo a mangiare la carne che Liam aveva cucinato.
“È ottima”
“Grazie”
Mi correggo, che Seth aveva cucinato. Solitamente era Liam a cucinare, poiché Seth non ne era capace; chissà cos'altro era cambiato di lui. Dovevo affrontare ciò che era successo, non potevo fargliela passare liscia. Soprattutto perché c’ero anche io di mezzo. Smisi di mangiare, guardandolo negli occhi
“Chi era quell’uomo, Seth”
Anche lui posò le posate e mi guardò negli occhi, così come stavo facendo io.
“Quello che mi aveva sparato”
Al ricordo mi sentii male, voleva fare lo stesso a me?
“Cosa voleva da me?”
“Lo sai Hana, ti avevo avvertito che qualcuno avrebbe potuto farti del male”
“Cosa voleva da te allora, cosa hai che voleva?”
“Non posso dirtelo Hana, è troppo pericoloso per te”
“Fai reputare me cosa è pericoloso o meno”
“Testarda come sempre vero?”
Annuii con convinzione
“Beh, quello che posso dirti è che è un certa cosa che gli ho preso e che il suo capo vuole indietro a tutti i costi. Non posso dirti altro, non posso rischiare che ti accada qualcosa.. di nuovo” 

Flashback
“Non puoi più restare qui, ti riaccompagno a casa”
Aveva rotto quella magia che si era creata, come poteva abbandonarmi ora?
“Ma..ma”
“Hana, vestiti. Ti aspetto in soggiorno, ti do cinque minuti se no non mi interessa se sei vestita o non, ti vengo a prendere con la forza”
Inghiottii e annuii. Uscì sbattendo la porta, era sempre così lunatico... Dovetti faticare per vestirmi. Indossai un pantalone di tuta largo e un felpone, anche questo di qualche taglia in più e poi scesi le scale lentamente, arrivata a metà sentii i suoi passi venire verso di me, mi bloccai all’istante.
“Sei qui finalmente, non ho tutto il giorno”
Era così odioso... mi veniva da prenderlo a sberle.
"Sai mi sono proprio stancata a fare queste scale"
Dissi con tono provocatorio e per farlo arrabbiare ancora di più mi accasciai sul gradino e lui in tutta risposta sbuffò e mi prese in braccio. Sussultai, non me lo aspettavo. Mi teneva stretta al suo petto e io ebbi l’occasione di annusare il suo collo, sapeva di pulito e di menta. Questo ragazzo mi stava facendo impazzire, un momento prima lo avrei schiaffeggiato e invece ora…
Una Ferrari rossa ci aspettava all’ingresso della casa, fortunatamente non avevo incontrato nessun altro, non avrei retto un altro incontro con i suoi amici...Il tragitto fu lungo, una musica rock arieggiava nell’aria e non una parola, non uno sguardo. Mi lasciò a casa e quando scesi mi guardò un'ultima volta prima di sparire per le strade londinesi. 
Non sapevo se lo avrei rivisto ma nel mio cuore speravo di si…

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Oggi
Quelle parole mi avevano turbato nel profondo: cosa aveva fatto di così grave da essere quasi stato ucciso? Dopo quella rivelazione la cena non era durata ancora molto e comunque era proseguita in silenzio, ognuno a fissare il proprio piatto senza mai alzare lo sguardo. Avrei tanto voluto chiedergli spiegazioni, qualcosa in più o semplicemente urlargli contro tutta la rabbia che provavo nei suoi confronti. Una cosa era certa: una volta cascati nella vita di Seth Aniston... non se ne poteva più uscire. E così fu per me, gli anni passavano e la sua presenza nella mia vita (e nella mia testa) era sempre rimasta costante. Finii di mangiare un po' dopo Seth che nel frattempo si torturava le dita, non sapendo se guardarmi o meno. Mangiai l'ultimo boccone e Seth si alzò dal tavolo, finalmente trovando il coraggio per guardarmi negli occhi
"Andiamo"
Avrei tanto voluto restare ferma lì, ma il suo sguardo su di me mi fece scattare in piedi. Mi tenni a distanza mentre lui faceva strada per le scala, si fermò davanti la sua stanza e aprì la porta senza entrare
"Puoi dormire qui. Se hai bisogno sarò nel mio studio"
"Grazie..."
Entrai e lui chiuse la porta alle sue spalle, senza voltarsi a guardarmi. Tirai un sospiro di sollievo, una parte di me aveva paura che si sarebbe coricato con me, l'altra ci sperava.  Andai in bagno, era più grande di come lo ricordavo, e mi guardai allo specchio: gli occhi rossi e contornati da due occhiaie nere, il viso pallido per la stanchezza. Mi sciacquai la faccia e mi spogliai, indossando una maglietta della mia vecchia università;  mi andai a coricare e chiusi gli occhi, facendomi trasportare dalla stanchezza.

Flashback
Era un mese che ero a casa, e che quel ragazzo misterioso non si era fatto più vivo. La mia vita aveva ripreso a trascorrere normalmente con l'università e gli studi; al rientro Dani e le sue due amiche mi avevano squadrato dalla testa ai piedi, shoccate: pensavano fossi morta probabilmente. Il mio atteggiamento nei loro confronti fu solo di indifferenza, non si erano neanche degnate di chiamarmi o scrivermi dopo l'avvenimento. Ma sapevo a cosa andavo incontro e sapevo anche che loro non erano delle vere amiche e non lo sarebbero mai state, erano solo delle persone che mi avevano incasinato la vita.
Comunque conobbi Flora, una ragazza che scoprii essere nel mio stesso corso. Aveva lunghi capelli castani e due occhi color miele che splendevano sempre, una ragazza molto dolce e solare. Diventammo grandi amiche nel giro di così poco e anche compagne di studio. Avevamo gli stessi interessi e anche gli stessi voti tutto sommato, ci aiutavamo a vicenda ed era bello avere qualcuno su cui contare.
Quel giovedì sarebbe iniziata la pausa dalle lezioni per dedicarsi agli ultimi esami, così di fretta raccolsi le ultime cose dall'armadietto e uscii di corsa dall'università con Flora al seguito. Attraversammo il parcheggio chiacchierando ma con la coda dell'occhio notai una moto verde smeraldo con a cavallo un ragazzo; mi era familiare ma tuttavia ero troppo presa dalla voglia di ritornare a casa e distendermi sul divano, così affrettai il passo. Poco dopo aver fatto una decina di passi sentii il rumore di un rombo dietro di me
"Flora vai, ci sentiamo dopo"
La mia amica mi guardò stranita passando con lo sguardo il motore dietro di noi e chiedendomi in un sussurro se andasse tutto bene, io accennai un sorriso e annuii cosi lei se ne andò, girandosi ogni tanto a guardarmi. Mi girai di scatto e vidi proprio quella moto verde: il ragazzo si tolse il casco e un Sonny dai capelli corti si palesò davanti a me con un bel sorriso da conquistatore. Cosa voleva? 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Oggi
“Hana, Hana... svegliati tesoro, il sole è sorto e tu hai bisogno di un po’ di shopping terapeutico con il tuo amicone...”
Questi sussurri mi entrarono nell’orecchio svegliandomi da quel sonno così profondo e senza sogni. Socchiusi un occhio e mettendo a fuoco vidi un Helija sorridente che reggeva una tazza di caffè con dentro dei marshmallow. 
“Ancora cinque minuti...”
Biascicai le parole, tuffando il viso nel cuscino e arrotolandomi ancora di più in quel piumone così morbido e profumato, profumato di lui.
“No, no bellezza mia. Sorgi e splendi”
Sentii rumore di tende aprirsi e una luce accecante invadere la stanza e i miei occhi, non lasciandomi via di scampo.
Mugugnai, imprecando verso di lui e cercando di nascondermi ancora di più nelle coperte, ma Helija le tirò via, scoprendo la mia unica arma di difesa contro la luce. Mi girai guardandolo con sguardo cagnesco e imbronciato
"Sei cattivo…"
Lui rise
"Mi ringrazierai"
Mi porse la tazza ancora fumante che io accettai volentieri, avevo un certo languorino in effetti. Lo ringraziai sottovoce e bevvi tutto in un sorso; alcuni marshmallow erano rimasti sul fondo della tazza e non riuscivo a farli scendere in nessun modo, neanche dando dei colpetti sulla base, così mi astenni a guardarli con desiderio. Dopo una risatina nella mia visuale entrò un cucchiaino e io sorridendo ad Helija lo afferrai, precipitandomi a mangiare quei deliziosi dolcetti. Il mio amico sorrise dolcemente e si sedette sul letto accanto a me. Ancora con la bocca intenta a masticare gli chiesi
“Helija, ma, come mai ci fa uscire? Non sono segregata in questa prigione?”
“Sì effettivamente lo sei, però sai, Seth non è in casa... e comunque saremo al sicuro: i centri commerciali sono sempre così affollati… e per precauzione porto questa”
Disse alzando leggermente la maglietta e mostrandomi il manico di una pistola, sgranai gli occhi e lo guardai a bocca aperta... non so se era una buona idea.
“Lo so cosa pensi... ma Seth non può tenerti rinchiusa e uscire a distrarti ti farà solo bene. E poi, vorresti rinunciare ad un’intera mattinata di shopping sfrenato con me?”
Ero proprio terrorizzata da quello che avrebbe potuto fare Seth se lo avesse scoperto… così non vedendomi ancora del tutto convinta aggiunse con sorriso da complice,
“Offro io...”
A quel sorriso non sapevo proprio resistere, sbuffai ridacchiando con la bocca ancora sporca di caffè e mi alzai, dirigendomi verso il bagno, feci una doccia veloce e in dieci minuti ero già pronta e pettinata. Avevo indossato una gonna con piccoli scacchi neri e bianchi con sopra un maglioncino nero e ai piedi dei tronchetti. Helija mi guardò annuendo  approvando l’outfit e così ci avviammo verso l’uscita. Entrai nella sua berlina blu elettrica e ci avviammo verso uno dei più grandi centri commerciali di Londra. 
Passammo un’intera mattinata tra i negozi e le nostre mani ormai erano piene di pacchi e sacchetti. Helija era davvero bravo a capire i miei gusti e soprattutto mi era mancato passare del tempo con lui. Era così strano e confortante che il nostro rapporto, nonostante gli anni passati senza vederci ne sentirci, fosse rimasto tale e quale a prima. 
 
 
Flashback 
"Non cerco guai, Sonny"
Non gli lasciai neanche il tempo di dire una parola che già mi ero incamminata per la mia strada
"È per Seth. Ha bisogno di te... e gli devi la vita"
Mi bloccai a quelle parole, era da così tanto che non sentivo quel nome ed era passato altrettanto tempo che ormai lo stavo dimenticando, se non fosse stato per quelle piccole cicatrici che mi erano rimaste. Mi girai guardandolo confusa e aspettando una spiegazione: cosa avrei potuto fare per aiutarlo?
"Non posso spiegarti qui, salta su"
Mi disse riferendosi alla moto. Lo fissai indecisa sul da farsi, era quasi uno sconosciuto, non era una persona raccomandabile e aveva una moto da corsa. E io stavo per accettare un passaggio da lui verso un luogo ignoto, complimenti. La mia curiosità (la mia voglia di rivedere Seth) ebbe la meglio sul buonsenso, così mi avvicinai alla moto timorosa
"Non mordo mica... tieni"
Disse dandomi il casco che io indossai per poi salire sul sellino e avvinghiarmi a lui, proprio come avevo fatto qualche tempo prima con quel ragazzo che mi aveva tanto tormentato. 
Fece partire la moto e in un attimo fummo fuori dall'università. Percorremmo una serie di strade fino ad arrivare al confine della città, dove per lo più vi erano magazzini e grandi edifici abbandonati e che cadevano a pezzi. Ero terrorizzata, come mi era saltato in mente di fare una cosa del genere? Se mia madre lo avesse saputo... se avesse saputo tutto quello che mi era successo, che avevo combinato, nel giro di così poco tempo penso che mi avrebbe rinchiusa in un convento.
Arrivammo all'ingresso di un edificio al quanto mal messo, senza la maggior parte dei pezzi di cornicione e con la vernice scrostata; Sonny posteggiò la moto accanto all'ingresso di un box nascosto e aspettò che io scendessi per poi saltare giù anche lui, mi prese per il polso conducendomi verso una saracinesca chiusa e piena di graffiti. Rimasi dietro di lui pronta a scappare, la moto mi dava un senso di sicurezza anche perché le chiavi erano appese e sarei potuta "facilmente" correre via se le cose fossero andate storte, o almeno ci avrei provato considerando che non avevo la più pallida idea di come la si guidasse.
Bussò due colpi, poi uno e poi altri quattro e questa si aprì, producendo un rumore sinistro e poco rassicurante. All'interno di essa vi erano alcuni dei ragazzi che avevo visto a casa di Seth più altre ragazze poco vestite che bevevano e si strusciavano tra di loro, ballando una qualche canzone immaginaria, attirando l'attenzione dei ragazzi. 
"Guardate chi vi ho portato"
Esordì il biondo spingendomi dentro, ora si che ero nei guai... anche perché non vedevo l'unica persona che mi dava un senso di sicurezza e protezione. 
Lo sguardo dei ragazzi si spostò su di me ed uno esclamò accompagnato subito dopo da risatine e schiamazzi
"Ma quella... è la ragazza di Seth!"
La ragazza di Seth?? Ma di che stavano parlando??
"Vieni dolcezza"
Sonny mi riafferrò per il polso e mi trascinò di forza verso una stanza all'interno del box, cercai di opporre resistenza ma era praticamente inutile, così come liberarmi dalla sua presa.
Entrammo nella stanza e lui chiuse la porta per poi accendere le luci. All'interno di essa vi era un tavolo di legno con due sedie messe una di fronte all'altra, mi sembrava di essere in uno di quei film gialli dove i killer uccidono le loro vittime in modi spaventosi e terribilmente dolorosi... 
Si sedette in una delle due sedie indicandomi con la mano quella vuota. Inghiottii e lentamente avanzai verso quella, rimandando in piedi accanto ad essa
"Siediti per favore"
Non me lo feci ripetere due volte, era meglio assecondarlo in tutto e per tutto, o per quanto possibile...
"Ti ho portata qui perché devi aiutare Seth a essere scagionato. Beh vedi, ti ricordi la sera in cui hai avuto il privilegio di conoscere me, e Seth ovviamente? Ecco in quella piccola gara clandestina a quanto pare qualcuno ha cantato facendo il nome di Seth alla polizia. Ora è imputato e tu dovrai scarcerarlo"
Ascoltai in silenzio... cosa avrei potuto fare? Ero anch'io a quella gara e non volevo assolutamente avere la fedina macchiata o qualcosa de genere... 
"Cosa... come posso aiutarvi? Sai benissimo che anche io ero presente a quella gara..."
"Oh ma tesoro, puoi sempre mentire"
"Mentire??! Ma dove vuoi arrivare?"
"Vedi, tu sei una ragazza di buona famiglia, che studia medicina, con voti alti. Non hai cattive amicizie e neanche brutte influenze. Basta dire di aver incontrato casualmente Seth Aniston e che da lì... beh che quella sera l'avete passata insieme... sai cosa intendo"
Ero scioccata. Io? Mentire alla polizia? Ma si è bevuto il cervello? Non ero affatto capace di mentire... figuriamoci alla polizia... non poteva finire bene tutta questa storia
"Io... non posso. Questo va troppo oltre... non posso, mi dispiace."
Feci per alzarmi ma ecco di nuovo le sue mani sui miei polsi
"Oh avanti Hana... glielo devi. E poi non hai voglia di metterti in gioco? Esci le palle una volta tanto, osa e sii intrepida!"
Come potevo mentire spudoratamente su una cosa del genere? Non sapevo che dire... non potevo, non volevo farlo... però non avevo mai osato, non avevo mai fatto qualcosa di estremo, di così estremo (senza contare la famosa gara), e in un certo senso ero come spinta dal desiderio di farlo, di rompere gli schemi e le regole, di azzardare. E soprattutto di mettermi in buona luce davanti a Seth…
Annuii poco convinta
"Non so mentire"
Sorrise, capendo che ero cascata pienamente nel suo gioco.
"Ti spiegherà tutto Helija"
 
 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Oggi
Stavamo ancora camminando per il centro commerciale così affollato, con una tazza fumante in mano di caffè, chiacchierando del più e del meno
"No Helija!! Me lo devi presentare!!! Ti frequenti con un ragazzo e ancora non me ne hai parlato! Devo assolutamente conoscerlo!"
La mattina stava proseguendo nel migliore dei modi, stavamo scherzando e parlando e avevo scoperto l'inizio di una relazione, ero così felice per il mio migliore amico... mi sembrava così felice e spensierato… e anch'io finalmente ero riuscita a staccare la mente dalle mie angoscie, sembrava quasi una giornata qualunque
"Beh si chiama Ivan... ci siamo conosciuti per caso in una biblioteca. Tu sai quanto io ami leggere, e lui era lì che reggeva il mio libro preferito... con quegli occhiali così sexy... è stato amore a prima vista"
Aveva gli occhi pieni di luce quando ne parlava ed era bello avere una distrazione da tutto ciò che accadeva intorno.  La vibrazione del mio cellulare ci fece precipitare da quel piccolo paradiso che ci eravamo costruiti. Il nome di Seth spuntò sullo schermo del mio iPhone mandandomi totalmente in tilt, guardai Helija girando il telefono verso di lui in modo che potesse vedere CHI mi stesse chiamando e questo gli procurò un bel pallore cadaverico in viso, ed io non ero da meno. Risposi
"Hana?!?! Tutto bene?? Dove sei??? Perché non sei a casa???? Ti sei fatta del male???? Giuro che…"
Prima che potesse continuare lo bloccai
"Seth... si sto bene, è tutto ok. Sono con Hilija, non ti devi preoccupare"
"Con Helijia? A fare cosa? Dove cazzo siete? Gli avevo espressamente ordinato di non farti uscire!"
"Gliel'ho chiesto io, avevo bisogno di schiarirmi le idee... e poi siamo in un luogo affollato, e abbiamo con che proteggerci... non ti preoccupare è tutto sotto controllo. Stiamo tornando"
Così riattaccai, senza neanche lasciargli il tempo di replicare, e spensi il telefono. Helijia tirò un sospiro di sollievo
"Dobbiamo tornare non è vero?"
Annuii tristemente
"Grazie per avermi coperto..."
Gli sorrisi
"È questo che fanno gli amici: si coprono le spalle l'un altro"

Flashback
Dopo quello strano incontro Sonny mi aveva riaccompagnata a casa, il giorno dopo avrei dovuto incontrare un ragazzo della gang, Hilija mi sembra si chiamasse, che a quanto pare era un bugiardo professionista.  Cenai velocemente e mi andai a coricare. Ripensai a tutto ciò che era successo, mi sarei incasinata la vita, mi sarei rovinata il futuro, sarei finita in galera e il tutto solo per aiutare un affascinante ragazzo dagli occhi color del ghiaccio... e che occhi, li ricordavo ancora così bene, erano così impressi nella mia memoria che mi sembrava di averli davanti: due profonde gemme blu che ti ipnotizzano e ti obbligano a fare tutto ciò che ti viene comandato...  Dopo aver sparecchiato mi andai a coricare, addormentandomi velocemente e rivolgendo tutti i miei pensieri a quel ragazzo che mi aveva salvato la vita e a cui ora avrei ricambiato il favore.
Il trillo insopportabile del campanello di casa mi risvegliò dal mio profondo sonno, girai la testa con ancora un occhio chiuso e vidi che erano solo le cinque e mezza del mattino... chi poteva essere a quell'ora?! Il campanello iniziò a farsi insistente non lasciandomi altra scelta se non quella di alzarmi dal mio amato letto, così a piedi scalzi e sbadigliando mi diressi verso il soggiorno e aprì la porta. Un bel ragazzo alto e snello dalla testa rasata e dalla barba perfettamente curata si precipitò in casa mia.
"Tu devi essere Sarah... no, Mara? O forse era Lana?..."
"N-no... sono Hana... tu sei…?"
"Sono Hilija... e ti insegnerò tutto ciò che devi sapere sull'arte del mentire, tesoro"
Il ragazzo entrò in casa, chiudendosi la porta alle spalle e iniziò a girarmi intorno squadrandomi dalla testa ai piedi con quei suoi occhiali rotondi, mi sentì in imbarazzo sotto tutte quelle attenzioni, non ci ero abituata.
"Uhm bene. Ci sono delle buone basi su cui lavorare... molto bene, andiamoci a sedere"
Annuii e andammo in cucina, sedendoci nei due sgabelli alti dell'isola. Questo ragazzo era alquanto esuberante... mi sedetti con le gambe leggermente aperte e i gomiti sul tavolo, poggiando il mento sulle mani
"Nonono, non così"
Si mise con la schiena dritta, la gamba destra incrociata sulla sinistra e le mani intrecciate l'un l'altra sul ginocchio. Lo sguardo alto e gli occhi puntati nei miei
"Ma così..."
Lo imitai, o almeno ci provai. Mi corresse la postura del viso e delle braccia
"I tuoi movimenti sono la prima impressione che darai. Se avrai un atteggiamento sicuro sarai un passo avanti dal convincerli di quello che dirai"
Annuii prendendo nota mentalmente
"Facciamo un gioco: una verità, due bugie. Dimmi una bugia e due verità su di te, io dovrò capire quando menti"
Ci pensai su
"Stai già pensando troppo Rossa "
"Allora..."
"Mai iniziare una frase con una congiunzione, è sinonimo di incertezza”
Provai di getto
"Avevo un piccolo bassotto nero di nome Osso con una graziosa macchia bianca sull'occhio destro, mi sono fatta da me per arrivare fino a dove sono ora e vengo dall'America"
"Non avevi un cane. Troppi dettagli. Riprova"
"Mi chiamo Keterina di secondo nome, i miei genitori sono in possesso di una importante azienda di aerei e avevo una tata da bambina che si chiamava Mrs Schit"
"Non è possibile una tata con questo nome ahahah"
Fregato.
"Erano tutte vere..."
Gli sorrisi e lui ricambiò complice
"Impari in fretta Hana Katerina"
Continuammo così per ancora molto, mi diede un sacco di consigli, su come posizionare le labbra, sulle smorfie, come muovere le palpebre per imitare sorpresa o stupore e così via. Molto probabilmente i poliziotti che mi avrebbero interrogato sarebbero stati uomini, il che voleva dire che sarebbe stato più semplici abbindolarli e sedurli, convincendoli della mia verità
"Penso che tu possa ingannare chiunque. Ora passiamo alla mia fase preferita. Portami nella tua stanza"
Nella mia stanza?? Cosa doveva fare?
"Di qua"
Ci alzammo e ci incamminammo. 

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Flashback 
Erano passati alcuni giorni e la fatidica mattina in cui avrei avuto l’interrogatorio era finalmente, o meglio purtroppo, arrivata. Ci eravamo esercitati ogni giorno e avevo imparato così tanto in così poco tempo ma comunque non mi sentivo affatto pronta, e tanto meno sicura di me stessa... se non mi avessero creduto?? Avrei mentito alla polizia il che implicava dire addio alla mia vita, alla mia carriera appena iniziata e a tutto il resto... e questo solo per un ragazzo quasi del tutto sconosciuto... che mi aveva salvato la vita... con due occhi bellissimi... per non parlare delle labbra... oh, e dei suoi splendidi ricci ovviamente… dei suoi addominali… mamma mia cosa avrei fatto solo per poterlo rivedere, beh e si stava vedendo. Mannaggia a me e alla mia follia.
Mi preparai in modo più calmo e accurato di come facevo di solito, dovevo essere perfetta e dovevo riuscire ad entrare nel personaggio. Un ultimo sguardo allo specchio e uscii di casa, prendendo la macchina e guidando vero il mio patibolo.
Dopo una trentina di minuti di sano traffico londinese finalmente arrivai e posteggiai la mia 500 bianca davanti il commissariato; doveva andare tutto alla perfezione, mi guardai le gambe e tirai un po’ giù la gonna, era talmente stretta che riuscivo a mala pena a muovermi. Helija mi aveva detto come vestirmi, pettinarmi e truccarmi, si era divertito a spulciare il mio armadio alla ricerca di qualcosa di “decente” ma non trovando niente mi aveva trascinata a forza a fare delle compere. E questo era il risultato: una gonna blu un po’ sopra il ginocchio e una camicetta bianca, ai piedi dei tacchi a punta sempre blu. I capelli acconciati con una coda mossa e alle orecchie due orecchini di perle, altro regalo di mia mamma. Penso che se mi avesse incontrato per strada non mi avrebbe riconosciuto, sembravo quasi una di quelle ragazze dell'alta società, beh a cui effettivamente appartenevo ma di cui non me ne ero mai sentita parte.   
Presi un respiro, cercando di fermare i tremori alle mani, e scesi dalla macchina, impersonando quella ragazza così sicura di se stessa. Iniziai a camminare come mi aveva spiegato Helija, ancheggiando un po’, con la schiena dritta e la testa alta, esattamente l’opposto di come avrei camminato normalmente. Per fortuna mi era stato insegnato da bambina a camminare con i tacchi alti e i libri sulla testa, quindi non fu troppo difficile rispolverare quei ricordi e applicarli.
Salii le scale entrando nell’edificio e subito una donna bassa e robusta mi chiese di cosa avevo bisogno. Avrei TANTO volerle dire una cosa del tipo 'scusi, ho sbagliato palazzo!' per poi darmela a gambe, invece no, la mia lingua lunga rovinò quel piano di fuga
“Salve, sono qui per l’interrogatorio riguardante Seth Aniston”
Dissi con aria disinvolta. La donna sentendo il nome di Seth alzò lo sguardo di colpo, fulminandomi, e con voce disprezzante mi disse di seguirla, dopo essersi fatta lasciare un mio documento. Non aveva una bella fama il ragazzo… chissà quante altre volte era stato arrestato ed era riuscito comunque a scagionarsi.
Pregai mentalmente che non fosse lei ad interrogarmi, noi donne non siamo facili da convincere, e lei non mi sembrava da meno, anzi… Mi condusse in una stanza con un’unica piccola porta di metallo grigio con una finestrina posta in alto, all’interno un tavolo con due sedie poste l'una di fronte all’altra (esattamente come nel magazzino di Sonny) e di lato a noi un vetro opaco da cui, sicuramente, dietro qualcuno mi osservava sicuramente. 
Mi fece accomodare per poi uscire, grazie a dio! Ora diamo inizio ai giochi. 
 
 
Oggi
Neanche il tempo di aprire la porta che un Seth imbestialito si parò davanti a noi. Il viaggio in macchina era stata più una corsa contro il tempo che altro, eravamo arrivati in 10 minuti piuttosto che 40, prendendo quasi tutti i semafori rossi, avendo quasi investito un signore e dopo esserci quasi schiantati contro un'altra macchina... 
Il fumo quasi gli usciva dalle narici per quanto era arrabbiato, con la faccia estremamente contratta in una smorfia proferì parola
“Helija, in cucina. Tu, in camera tua”
Non osai ribattere e rivolsi uno sguardo di 'addio' al mio migliore amico, se lo sarebbe mangiato vivo, pezzetto per pezzetto. Superai il riccio di corsa e a testa bassa e non appena misi piede nel primo gradino iniziai a sentire le urla di Seth...
Arrivata nella cima delle scale mi accucciai dietro la ringhiera, sporgendo le orecchie verso la cucina, cercando di sentire quante più cose possibili. Dopo sarebbe toccato a me...
 
PDV Seth (qualche ora prima)
Mi svegliai presto quella mattina, avevo delle commissioni importanti da svolgere che non potevano aspettare. Il mio primo pensiero fu quello di andare a controllare quella splendida ragazza che ora dormiva indisturbata nel mio letto, un letto che un tempo avevamo condiviso e che poi, dopo la nostra rottura si era svuotato. Da quando se n'era andata non avevo avuto il coraggio di dormirci, era troppo grande per una sola persona e lei mi mancava da morire, ecco perché non era cambiato quasi nulla dall'ultima sua visita. 
Feci una doccia di corsa e mi precipitai da Hana la quale dormiva beatamente; mi presi qualche secondo per ammirarla: la bocca socchiusa, i capelli ramati che le cadevano disordinatamente sul viso, la pelle così candida che splendeva sotto quei pochi raggi di sole che filtravano dalla tenda chiusa della finestra, stringeva fra le braccia il cuscino, chissà chi immaginava ci fosse lì con lei e quanto avrei voluto essere io... un suo movimento improvviso mi fece riacquistare le capacità e così in silenzio richiusi la porta e uscii. Era incredibile come quella ragazza mi fosse entrata nella mente e ci fosse rimasta per tutti questi anni. Non ero riuscito ad andare avanti dopo lei, avevo avuto solo delle uscite fortuite con delle ragazze del tutto insignificanti, puttanelle che ridevano ad ogni cosa dicessi, anche quando non c'era niente di scherzoso. Solo lei era stata l'unica con cui fossi mai riuscito ad aprirmi, a parlare e a scherzare, oltre ad essere la mia ragazza era anche la mia complice, la mia partner e la mia migliore amica. 
Presi la mia moto preferita, quella grazie alla quale avevo conosciuto quella ragazza, e mi immisi nelle strade di Londra fino ad arrivare in aperta campagna un po’ fuori città. Percorsi varie stradine che costeggiavano campi di grano e altri tipi di verdure o che so io fino a giungere in un bosco, mi addentrai fino ad arrivare in una casetta posizionata nel nulla totale e posteggiai la moto vicino le macchine di Paul e Rick, due della banda. Scesi e bussai alla porta.
“Codice”
“Sono io, apri”
“Mi dispiace, sbagliato. Ritenta”
“Rick, se non apri questa porta entro tre secondi ti giuro che...”
“Sisi va bene, sto scherzando...”
Finalmente quella dannata porta si aprì e venni subito accolto da un abbraccio travolgente.
“Ciao, Gioia”
“Oh, sei tu... quando potrò uscire? Non ce la faccio più a stare con questi due imbecilli...”
Ridacchiai per la definizione data ai due e per i loro sguardi, era solo una bambina di sei anni ma era parecchio intelligente e furba per la sua età 
“Lo so Gioia, ma lo sai perfettamente che è rischioso per te uscire... e soprattutto ora”
Mi fece un sorriso malinconico e si ritirò nella sua stanza, trascinando la bambola di pezza per un braccio. Con i ragazzi sistemammo delle faccende e riferii tutti i nuovi avvenimenti e piani, prima di andare salutai Gioia con una carezza sulla guancia e rimontai in sella, ansioso di andare da Hana. Erano le dieci quando arrivai ed Hana doveva essere già in piedi in teoria. Salii le scale di corsa e bussai alla sua porta, nessuna risposta, forse dormiva ancora. Entrai di soppiatto e con mio grande shock non vidi nessuno su quel lettone. Iniziai a girare per la stanza, chiamandola; fuori non c’erano segni di infrazione e l’allarme della finestra era ancora attivo e il sistema di sblocco non era manomesso. Dov’era??? Come poteva andarsene dopo quello che era successo??? E poi Helija? Aveva un solo compito, uno solo!! 
Effettivamente non c’era neanche lui, non l’avevo visto entrando... forse erano insieme. Chiamai Hana sperando in una sua risposta che tardò troppo a venire... 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Flashback
Dopo qualche minuto un uomo in giacca e cravatta entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle e dirigendosi nella sedia di fronte alla mia. Mi alzai in piedi porgendogli la mano con garbo accompagnata da un sorriso
"Hana Katerina Smith"
L'uomo sulla sessantina, dopo avermi squadrata per bene ed essersi leccato le labbra, mi fece cenno con la mano di accomodarmi, così gli ubbidii dando inizio all'interrogatorio. Eravamo in quella stanzina da non so quanto tempo e piano piano sentivo le pareti rimpicciolirsi a causa di quelle domande così puntigliose, mi stava iniziando a mancare l’aria e non sapevo quanto ancora avrei retto.  Le domande dell'uomo erano molto acute e dirette, e lo erano anche le mie risposte, che davo di getto senza pensarci troppo. Voleva e aspettava un mio tentennamento ma non lo avrei accontentato facilmente... Ero preparata a tutto.
“Bene, signorina, come ha conosciuto il signor Aniston?”
“Diciamo che non l’ho proprio conosciuto, è stato più un incontro fortuito devo dire... e che incontro”
Dissi con voce maliziosa, sorridendo tra me e me
“Prego, descriva”
“La mattina vado sempre a correre per liberare la mente dai pensieri e caso volle che proprio quella mattina Seth stesse correndo nella direzione opposta. È stato come uno di quegli incontri da film romantici... Entrambi persi nei propri pensieri, non vedono dove corrono e beh finiscono a terra l’uno addosso all’altro. Dopo di ciò per farsi perdonare mi ha invitato a bere una tazza di caffè e da lì... insomma... che dire, mi ha conquistata”
“E la notte lei lo ha accompagnato alla gara clandestina.”
"Gara? No, diciamo che abbiamo fatto tutt’altra attività fisica, non so se mi spiego”
Il poliziotto rimase spiazzato dalle mie parole, guardò verso lo specchio e annuì.
“Abbiamo finito”
La porta si aprì dall’esterno e la poliziotta che mi aveva accolta la tenne facendomi passare. Prima di uscire mi voltai verso quello che mi aveva interrogato
“Lo so che Seth può sembrare un ragazzo spaccone e menefreghista, ma le assicuro: è solo un’armatura"
E me ne andai senza voltarmi indietro. A breve avremmo saputo il verdetto finale. 

Oggi
Dopo circa una ventina di minuti sentii la porta sbattere violentemente e qualcuno salire le scale di corsa. Mi allontanai in tempo dal pianerottolo, entrando in stanza e chiudendomi la porta alle spalle. Mi sedetti sul letto e aspettai che Seth facesse irruzione nella mia stanza senza bussare, mi alzai di scatto
“Seth... io”
Neanche il tempo di finire la frase che lui venne verso di me, prese il mio volto fra le sue grandi mani e mi baciò, mi baciò come solo lui sapeva fare. Mi erano mancate come l’aria quelle labbra, le avevo sognate la notte e desiderate su di me... ed ora tutto era reale. Mi sentivo viva, mi sentivo al mio posto. Ricambiai il bacio con desiderio e passione tirandolo verso di me e indietreggiando, fino a trovarci distesi nel letto, lui si reggeva con un braccio continuando a baciarmi, cercando di recuperare tutto il tempo perduto.
“Ti amo così tanto, Hana... non so cosa avrei fatto se ti fosse successo qualcosa”
Disse staccandosi leggermente dalle mie labbra, poggiando la fronte sulla mia.  Mi sentivo in paradiso, lui era il mio mondo. Come avevo potuto stare senza di lui per così tanto?
“Ti amo anch’io Seth, non ho mai smesso di farlo”
Sussurrai nel suo orecchio, aggrappandomi al suo collo. Lui per risposta ricominciò a baciarmi, con più desiderio di prima, oh quanto lo bramavo. I nostri corpi erano un groviglio indistinto, animati dall'amore che provavamo l'uno per l'altro
“Ti prego, fermami se..”
Si staccò dalle mie labbra dicendo quelle parole, e quei secondi per me furono interminabili. Lo zittii con un altro bacio e portai le mie mani tremanti sulla sua camicia, iniziando a sbottonare quei maledetti bottoni che speravano le nostre pelli. Lui era stato il mio primo e unico, lui era l’uomo della mia vita, ero stata una stupida a lasciarlo andare via. Non mi importava più il pericolo, tutto il male che mi aveva fatto: una volta che lo baciavi diventava una droga, e io ero stata troppo in astinenza. Stanco del supplizio si strappò la camicia di dosso, facendo saltare gli ultimi bottoni, e scese a baciarmi il collo, le clavicole, le spalle mentre le mie mani vagavano per il suo torace e la sua schiena piena di cicatrici e macchie d’inchiostro indelebile. Intrufolò le mani sotto la mia maglietta facendola salire lentamente, per poi strapparmela di dosso, portandosi con se il reggiseno. Si prese un secondo per ammirarmi, le labbra gonfie di baci e le guance rosse, i capelli scombinati sul cuscino e il mio petto irrequieto saliva e scendeva. Si leccò le labbra e scese a torturarmi i seni, uno con una mano e l’altro con la sua bocca e la sua lingua. Gemetti per la sorpresa, era così bello, quasi surreale. In un secondo ciò che copriva le nostre gambe era sparito, stavamo per diventare un corpo solo, uniti dalla passione e dall’amore. Fece scendere la mano verso il mio basso ventre, iniziando a massaggiarlo per poi penetrarmi con un dito. Ansimai un po’ per il piacere un po’ per il dolore, non ero più abituata.
“Ne sei sicura?”
Disse mentre continuava quella lenta tortura
“T-ti voglio, come no-on ho mai vol-luto nessuno”
Riuscii a dire tra un gemito ed un altro. Non se lo fece ripetere due volte, tolse il dito e mi riempì con tutto se stesso.
“Sei... così... calda”
Disse penetrandomi piano, le mie unghia aggrappate alla sua schiena. Una lacrime mi scese per il dolore ma che presto sparì e si trasformò in puro piacere. Iniziai a muovere i fianchi verso di lui che capì di poter accelerare. Era così bello. Con un colpo di fianco riuscì a girarmi e mettermi sopra di lui che mi guardava estasiato. Iniziai a muovermi lentamente per poi aumentare, fino a quando in uno spasmo comune non venimmo entrambi e mi accasciai su di lui. Rimanemmo così per non so quanto tempo, io sopra di lui e lui che mi accarezzava la schiena e mi baciava la testa. Era tutto perfetto, finalmente qualcosa stava andando nel verso giusto, ma si sa, tutto quello che è bello spesso finisce. 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


PDV Seth
Oggi
Mi svegliai così presto quel giorno, Hana era ancora accucciata su di me, non mi aveva mollato un attimo per tutta la notte, forse aveva paura che io potessi andar via… ma non sapeva che io ero il primo ad aver bisogno di lei per vivere. Tutto quel tempo senza di lei era scivolato via lentamente, ogni giornata era vuota e buia senza la sua presenza, e lentamente io ero sceso nell'oblio, perdendomi del tutto e non rendendomi conto delle cazzate che facevo. Mi fermai ad ammirarla, cercando di recuperare tutto il tempo perduto: era così bella mentre dormiva, nascosta fra le mie braccia e la guancia premuta contro il mio petto nudo. Il suo profumo era estasiante, così tanto da non riuscire a smettere di annusarlo, respirarlo. La sua pelle morbida sotto le mie mani, il suo corpo così piccolo in confronto al mio premuto contro di me, totalmente nudi. Potevo persino percepire il suo piccolo cuoricino battere, battere per me. Quella notte avevo cercato in tutti i modi di non muovermi per non svegliarla, per non privarmi di lei. La amavo come non avevo mai amato nessuna prima d’ora. Lei era mia, era fatta per me ed io ero suo, fatto per lei.  Ero un egoista, è vero... si meritava di meglio ma il solo pensiero di vederla tra le braccia di qualcuno al di fuori di me, solo l'idea che qualcun altro avrebbe potuto farla sentire così come la facevo stare io, mi mandava in collera... Un movimento riportò la mia attenzione su quella splendida creatura che si stava risvegliando. Le sue palpebre tremolanti piano piano si aprirono, permettendomi di vedere quei suoi occhioni da cerbiatto, alzò lo sguardo sorridendomi e io come un ebete ricambiai lasciandole un bacio sulla fronte.
“Buongiorno”
Mugugnò imbarazzata
“Ei...”
Fece per scendere dal mio corpo ma la sovrastai, facendola scivolare sotto di me. Le lenzuola stropicciate si abbassarono lasciandomi intravedere i suoi seni perfetti. Se quello non era paradiso, allora non so dove ero finito.

Flashback
PDV Hana
Uscita dal commissariato continuai a camminare a passo sicuro verso la macchina e quando vi entrai lasciai un sospiro di sollievo: ci ero riuscita.  Neanche il tempo di mettere in moto la macchina che il mio telefono cominciò a vibrare e il nome di “Sonny” apparve sullo schermo. Accesi la macchina e mi allontanai, imboccando una stradina secondaria e facendo appena in tempo a rispondere alla chiamata
“Pronto?”
“Allora? Com’è andata??”
“Ciao, Sonny... credo di essere stata abbastanza convincente...”
“Abbastanza? Hana non basta “abbastanza”, o lo sei stata o no”
“Si, scusami hai ragione.. si, beh, credo proprio di sì. Ho risposto a tutto così come mi avevate detto e non ho tentennato.. quindi direi di sì, è andata bene”
Tirò un respiro di sollievo
“Grazie Hana, ti faremo sapere”
Chiuse il telefono senza neanche lasciarmi il tempo di rispondere, così non mi restò che accendere la macchina e ritornare alla mia solita vita, cercando di scordare quell’episodio ma non il riccio che ormai si era impossessato della mia mente. 

PDV Seth
Se avessi beccato quel pezzo di merda che mi aveva tradito... lo avrei ucciso senza neanche pensarci due volte. Io, Seth Aniston, mai beccato per crimini ben più grandi... in carcere per una coglionata del genere! Una cazzo di gara clandestina! Ma stiamo scherzando? Non riuscivo a pensare altro, facevo avanti e indietro da quello stupido buco di fogna che era la mia cella, arrovellandomi per cercare di capire chi poteva avermi tradito in quel modo.  Erano tre fottute settimane, ventuno fottutissimi giorni che ero rinchiuso in quella gabbia. La mia rabbia aumentava di giorno in giorno, quando sarei riuscito ad uscire, perché ci sarei riuscito, sarei andato a trovare quel cornuto e lo avrei ucciso con le mie stesse mani, dovevo solo capire chi era. 

Mi ero appena assopito quando un rumore metallico mi svegliò di soprassalto; aprii leggermente un occhio per capire chi è che aveva interrotto il mio sonno per ritrovarmi uno di quei cazzo di poliziotti che mi guardava con disgusto e rabbia
“Alzati, Aniston. Per questa volta te la sei cavata”
Mi alzai di scatto avvicinandomi al poliziotto con sguardo malizioso e rivolgendogli un ghigno uscii da quel posto di merda. Finalmente ero libero e pronto a vendicarmi. 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Oggi
PDV Hana
Ero sotto di lui, mezza nuda se non per il lenzuolo. I nostri petti si alzavano e abbassavano all'unisono e tutto era così perfetto. Mi sentivo in paradiso.
Mentre i nostri visi si facevano sempre più vicini sentimmo dei colpi di pistola. Sgranai gli occhi, guardando preoccupata Seth che nel frattempo era corso giù dal letto, prendendo la mia biancheria e tirandomela e mettendosi in boxer, lo imitai vestendomi di corsa, indossando la sua maglietta
“Seth...”
“Vai in bagno, fai silenzio, chiuditi a chiave e non aprire a nessuno se non a me. Qualsiasi cosa tu senta non uscire, hai capito?!”
“No Seth… ti prego...”
Provai a convincerlo in lacrime a non lasciarmi, lui doveva venire al sicuro con me. Gli spari e le urla dei ragazzi si fecero più intense. Mi tirò giù dal letto e mi condusse verso il bagno, mi baciò la fronte e mi sussurrò un “Ti amo” prima di chiudere la porta. Mi accasciai contro di essa dopo averla chiusa e mi tappai le orecchie, cercando di estraniarmi da tutto quel fracasso. 

PDV Helija (il giorno prima)
Ieri sera mi ero beccato un bel cazziatone da Seth... ero veramente stufo dei suoi modi di fare. Era così... così... insopportabile. Si sentiva al centro del mondo e dell’universo. Ne avevo le palle piene di ubbidirgli come un bravo cagnolino, ero stufo di essere trattato in quel modo.  In automatico digitai un numero, uscendo da casa furtivamente. Dopo pochi secondi una voce femminile mi rispose
“Helija… quale onore ti devo?”
“Domani mattina. Vi farò entrare dal lato posteriore della casa. All’alba, incontriamoci nel bosco”
Riattaccai il telefono. Ormai il danno era fatto, potevo solo cogliere l’opportunità. 

PDV Seth
Presi la pistola nascosta sotto la scrivania e aspettai, fermo davanti la porta del bagno. La sentivo singhiozzare e questo mi spezzava il cuore, dovevo tenerla salva a tutti i costi. Dopo pochi secondi la porta della mia stanza iniziò ad essere presa a calci fin quando non resse più e si spaccò, permettendo così di entrare.
“Lo sapevo..”
Dissi a denti stretti
“Ciao, tesoro. Ti sono mancata?”
Kirby, una ragazza dai capelli castani a caschetto e con due occhi a mandorla neri come la pece, si ergeva davanti a me.
“Cosa vuoi, Kirby?”
”Lo sai benissimo cosa voglio. Dov’è?”
“Non te lo dirò mai”
“Seth non sto scherzando. Dove cazzo è mia figlia?!”
Ghignai
“Dovrai passare sul mio cadavere, e si da il caso che io sia l’unico a sapere dove si trova”
Nel frattempo si aggregarono a lei due ergumeni grandi quanto un armadio che entrando spararono un colpo di pistola.  Un gridolio uscì dal bagno. Cazzo. Kirby ghignò.
“Che ci nascondi, tesoro?”
Fece cenno ad uno dei due che si avvicinò verso di me ed in un balzo mi sovrastò disarmandomi. Cercai di liberarmi ma questo era il doppio di me
“Non c’è niente che ti interessi. Sono solo io”
"Chissà perché… non me la bevo tesoro"
Lei fece un cenno all’altro di sfondare la porta e quest’ultimo con un calcio la aprì, lasciando vedere la mia bellissima ragazza rannicchiata sul pavimento.
“Oh Seth. Ci sei ricascato? È lei? È lei la mitica ragazza che ti ha fatto addolcire così tanto negli ultimi anni? Beh sinceramente tesoro, mi aspettavo di meglio. Prendila”
L’uomo si avvicinò afferrandola per i polsi e trascinandola nella stanza. Cercai di dimenarmi e di liberarmi ma l’uomo mi stese con una gomitata alla nuca. Prima di svenire vidi Hana essere buttata a letto e sovrastata da quell’essere. 

Mi risvegliai con un dolore alla testa fortissimo, mi girava tutto e le voci erano confuse, sentivo Hana gridare il mio nome e piangere e sentivo delle risate maschili. Aprii gli occhi di scatto e mi ritrovai legato su una sedia. Non eravamo più a casa mia ma in un seminterrato credo, in una stanza tutta grigia illuminata da una lampadina mal funzionante. Hana di fronte a me su di un letto con mani e piedi legati, mi guardava disperata.
“H-hana..”
mi uscì con un sussurro
“Ma buongiorno, guarda chi si è appena svegliato. Giusto in tempo, non è vero Cori?”
Quella serpe disse rivolgendosi all’uomo il quale annuì fissando attentamente la mia ragazza e leccandosi le labbra.
“Lasciala andare. È una faccenda tra me e te”
“Non penso proprio tesoro.. credo che dovresti dare delle spiegazioni a... come hai detto che si chiama? Hana? Sisi, ad Hana.”
“Hana, mi dispiace… ti giuro che farò tutto quello che è in mio potere per…”
Prima che potessi finire la frase Kirby scoppiò in una risata
“Mi dispiace interrompere questo teatrino, è davvero così commovente. Ma ora dimmi Hana, sai perché vi abbiamo rapito?”
Hana mi guardava terrorizzata, non sapendo cosa rispondere
"Guarda me, non lui"
Proferì Kirby, afferrandole ferocemente il suo viso. Una lacrima le scese sulla guancia e scosse la testa. Lei per risposta rise
"immaginavo! Non le hai detto niente!"
"Kirby… se solo provi a torcerle un capello"
"Sisi seth come vuoi. Ma credo che tu le debba delle spiegazioni"
Hana ci guardava confusi. Dopo un attimo di silenzio ricominciò a parlare, io non sapevo cosa dire ne cosa fare
"Te lo dico io perché tutto questo, cara piccola bambinetta. Il tuo caro amore esattamente sei anni fa… be mi ha scopato come probabilmente non ha mai fatto neanche con te. Ed ha fatto centro! Nove mesi dopo nacque Gioia. Ma non contento due anni fa l'ha rapita, separandola da me!"
Poi rivolgendosi a me
"Tu non sapevi neanche della sua esistenza, perché me l'hai portata via!"
"Perché sei una madre di merda e lei merita di meglio"
Sibilai per poi rivolgermi ad Hana
"Te lo avrei detto… scusami, ti prego. È stato l'errore di una sola notte"
Lei continuava a fissare prima Kirby e poi me, incredula. Gli occhi della mia ragazza iniziarono a lacrimare, avrei dovuto dirglielo tanto tanto tempo fa.
“Seth dimmi dove cazzo è mia figlia, ho finito con le buone maniere."
Non potevo consegnarle mia figlia, non volevo
“Lasciala andare. Ti prego. Lascia andare Hana, è una questione tra me e te!”
Kirby scosse la testa
"Questa è tutta colpa tua Seth"
L’uomo iniziò ad avvicinarsi verso Hana e con le sue manone iniziò a toccarla, mentre lei si dimenava impotente.
“Fermati! Fermati! Ti prego fermati! Non la toccare!!”
Cercai di liberarmi dalla sedia ottenendo solo l’effetto contrario, le corde si strinsero ancora di più intorno ai miei polsi. Kirby rideva di gusto
"Senti come urla! Lo fa anche con te mentre te la sbatti?"
Le mani di Cori intanto vagavano sul basso ventre fino ad intrufolarsi nelle sue mutandine. Non resistetti, non dovevano toccarla. Di getto urlai
“È nel bosco! È nella casa nel bosco!”
Avevo appena perso mia figlia... l’avevo appena data in pasto ai leoni.
Kirby sorrise, guardando l’uomo che nel frattempo si era fermato.
“È stato semplice, grazie Hana. Tu, finisci il lavoro”
“NO, NO!! Ti ho detto dove si trova!! Lasciala andare!! No!!”
Mi imbavagliò la bocca impedendomi di urlare e obbligandomi a guardare quell’uomo che spogliava la mia ragazza.
Piansi, piansi come mai fino ad ora, guardando la disperazione nei suoi occhi verdi, che cercavano aiuto. Ed io impotente non potevo fare altro che guardarla, guardare come quel pezzo di merda la toccava.  Si tolse la cintura ed iniziò a frustarla, uno, due, tre colpi. Poi smise. Lei era svenuta. Ed anch’io di li a poco mi sarei arreso alla disperazione.

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Flashback 
PDV Hana
Erano passate quasi più di due settimane.. e ancora niente. Nessuna notizia. 
Seth era in prigione da circa tre settimane e io in quei giorni non avevo fatto altro che arrovellarmi e disperarmi nel tempo in cui non ero all’università o studiavo. 
Per fortuna gli studi mi tenevano abbastanza impegnata, ma la notte, quando mi coricavo, era il momento in cui la mia mente mi faceva brutti scherzi... non appena provavo ad addormentarmi i suoi occhi mi apparivano in mente, così luminosi e allo stesso tempo cupi. 
Come ogni giorno la mia routine era sempre la stessa: sveglia, università, casa. Non era più successo niente di vagamente eccitante dopo quell'interrogatorio e la mia vita aveva ripreso a scorrere noiosa e indisturbata.
Quel giorno avevo addosso una strana sensazione che non mi permetteva di seguire la lezione già noiosa di suo; il professore parlava senza sosta, il che mi faceva credere che a momenti neanche respirasse per quante parole e frasi diceva di seguito. Spostai lo sguardo dal professore ai miei colleghi. Erano tutti per i fatti loro: chi dormiva beatamente con la testa sul banco, chi dava libero sfogo alla propria arte e chi (il trio DCR, avevo iniziato a chiamarle così dato che erano sempre insieme e così unite da sembrare una sola persona) continuava a parlare di argomenti sicuramente poco inerenti alla lezione... 
Il mio sguardo vagava da un angolo all’altro della classe, tutte quelle persone così familiari eppure estranee. Tutte tranne una, una che non avrebbe dovuto trovarsi lì: Helijia. 
Mi stava fissando e non appena vide che lo avevo notato sorrise, facendomi cenno di uscire a cui rispose con un 'no' con il capo, ma lui ovviamente non si arrendeva, iniziando ad attirare l'attenzione su entrambi.
“Lei, signorina della quarta fila. Forse non trova l’argomento degno delle sue orecchie?”
La voce del professore interruppe la nostra “conversazione”, mettendomi al centro dell’attenzione. Divenni tutta rossa, non ero abituata ad avere tutti quegli sguardi puntati su di me. 
“A quanto pare la lezione non è gradita solo da lei, non è vero signorine ?”
Disse rivolgendosi a Crystal, Dani e Regina che ridevano di buongusto, probabilmente di me. 
“Bene. Dichiaro la lezione finita. Ringraziate le vostre colleghe, per martedì prossimo voglio una relazione approfondita di duecento pagine riguardante le malattie esantematiche. Arrivederci”
Prese le sue cose velocemente e infuriato lasciò la classe. Ora tutti gli sguardi erano diventati assassini ed erano rivolti esclusivamente a me... come se fosse stata tutta colpa mia. 
Aspettai che tutti abbandonassero l’aula per poi dirigermi da Hilija, appoggiato tranquillamente ad un muro della stanza.
“Cosa ci fai qui?”
“Ma ciao anche a te tesoro”
“Heljia.. saltiamo i convenevoli... grazie a te ho una relazione da fare per la settimana prossima...”
Ridacchiò sotto i baffi
“Beh ti auguro che sia un successo almeno quanto lo è stato l’interrogatorio. Ciao ciao”
“Aspetta Heljia! Che vuoi dire??”
lo raggiunsi prima che potesse andarsene. 
“Ce l’hai fatta, piccola allieva. È fuori”
O. Mio. Dio. 
Ce l’avevo fatta. Ero riuscita a scagionarlo. Non ci potevo credere. 
Gli saltai al collo per la felicità 
“Calma, calma. Non c’è bisogno di reagire in questo modo!”
Realizzai di aver mostrato un po' troppo entusiasmo e mi calmai, schiarendomi la gola. 
“Uhm... si sì scusa. Mi sono lasciata prendere”
Mi guardò interrogativo 
“Beh, dato che è tutto merito tuo... sta sera diamo una festa. Vuoi passare?”
 
Avevo detto di sì... io da sola... sarei andata a quella festa... e lo avrei rivisto. Lo avrei rivisto. 
Mi guardai allo specchio: una gonna nera con un top che lasciava tutta la schiena scoperta e stivali alti. Avevo messo molto mascara e raccolto i capelli in una crocchia disordinata. Dovevo farmi notare. Questo ragazzo mi stava cambiando profondamente, prima di conoscerlo non mi sarei mai immaginata di vestirmi in questo modo... e invece ora...
Uscii di casa e presi la macchina guidando fino al cottage dovevo avevo passato un bel po' di giorni; non entravo da così tanto che quasi mi ero dimenticata come era fatta. Prima di imboccare il vialetto già sentivo la musica a mille e potevo vedere le luci provenienti dalla casa che illuminavano il cielo buio. 
Posteggiai la macchina accanto ad una Porsche e mi avviai verso la porta d’ingresso, facendomi spazio tra la gente ubriaca. C’era persino un cespuglio che si muoveva da cui uscivano quattro piedi e provenivano suoni impossibili da scambiare. Scossi la testa e proseguii. Entrata in soggiorno vidi una marea di ragazzi e ragazze che si strusciavano l’un l’altro a tempo di musica; la confusione era talmente tanta che le finestre e le porte spalancate non bastavano a raffreddare l'ambiente che era diventato un forno. Così, a malincuore, levai  la giacca, la mia armatura, lasciando la schiena scoperta: quanto mi pentii di aver messo quel top... Incrociai le braccia al petto e mi avviai verso al cucina facendo slalom tra le persone. 
Riuscii ad entrare e con grande felicità scoprii che non c’era nessuno se non una coppietta che si sbaciucchiava in un angolino. Mi avvicinai all’isola cercando qualcosa di analcolico da bere, ma non trovai nulla. Così afferrai una birra e mi poggiai al bancone, ripensando al perché ero venuta. 
Quando alzai gli occhi dalla bottiglia, che nel frattempo si era magicamente svuotata, notai un ragazzo che mi osservava poggiato sullo stipite della porta, ondeggiava insieme alla porta e tutta la stanza girava, o ero io?
Mi si avvicinò lentamente e quando fu a pochi centimetri da me mi parlò 
“Che ci fa una bella ragazza come te qua tutta sola soletta?”
“N-non so-no sol-a”
Biascicai. Non ero proprio abituata a bere e quel poco che avevo ingerito già era salito.
“Ora ci sono io con te. Sono James”
“Han-na”
“Hanna? Piacere di conoscerti”
“N-no Han-na, Hana”
“Mi piace anche di più, Hana. Vuoi un altro bicchiere da bere?” 
Neanche il tempo di rispondere che mi ritrovai con un bicchiere in mano pieno di qualcosa dal colore rosa. Ne bevvi un sorso, sapeva di ciliegia, era delizioso. Lo scolai tutto d’un fiato e il ragazzo ridacchiando me ne offrì un altro, che finii pochi istanti dopo. 
“Ti va di ballare?”
Non riuscivo più a spicciare mezza parola così annuii semplicemente, facendomi trascinare da quel ragazzo nella pista da ballo. 
 
 
PDV Seth
La festa stava andando alla grande. Finalmente ero libero cazzo. 
Per festeggiare, oltre ad aver bevuto e fumato, una bella gnocca mi si strusciava contro, mentre ballavamo. Me la volevo scopare, così la presi per un polso e la tirai verso le scale per appartarmi in bagno o nello studio, la mia camera era off-limits. Non vi era mai entrata nessuna, a parte Hana. 
Arrivato circa a metà delle scale i miei occhi videro quella rossa, quella rossa che mi era entrata in testa e non ne voleva sapere di uscire. Mi bloccai di colpo vedendo che non era sola: quel viscido di James le stava con il fiato sul collo, facendola strisciare su di se come se fosse una puttana qualunque. Come cazzo si permetteva? 
Abbandonai quella troia che avevo rimorchiato e mi diressi a grandi passi verso il mio obiettivo. Spinsi James allontanandolo 
“Lei non è libera, vattene”
Dissi a denti stretti. James alzò le spalle e se ne andò, troppo ubriaco per controbbattere. 
“Cosa ci fai qui?”
La presi per le spalle, il viso pallido, gli occhi chiusi e le labbra viola. Cosa cazzo aveva bevuto? La trascinai di sopra nella mia stanza che avevo accuratamente chiuso a chiave per evitare sorprese poco gradite. Sorreggendola per tutto il tragitto la feci sedere sul letto e le diedi qualche buffetto per farla riprendere, ma continuava a barcollare
“Hana? Che cazzo hai bevuto??”
Farfugliò qualcosa e ridacchiò, tenendo sempre gli occhi chiusi. 
La portai in bagno di peso e le ficcai due dita in gola, facendole vomitare tutto lo schifo che aveva bevuto. 
Le sciacquai quel viso così bello e morbido al tatto. Dio che effetto mi faceva questa ragazza.. 
“Chi sei?”
Finalmente qualcosa di comprensibile...
“Sono Seth”
“Ohhh, Sssssseth. Proprio la persona che stavo cercando”
Disse ridacchiando
“Tu lo sai che mi piaci? Ma non capisco perché... sei così... tenebroso?” 
Scoppiò a ridere. Quindi le piacevo... Il che mi faceva uno strano effetto
“Andiamo, Hana. Ti porto a letto, stai delirando”
“E tu vieni con me?”
Mi fermai un attimo a guardarla: gli occhi lucidi e la pelle che aveva ripreso colore, ma ancora non era tornata la mia Hana pura e così delicata. 
“Sei ubriaca Hana”
“Ti prego… resta”
Disse avvicinandosi pericolosamente a me. Non sapevo come reagire... in altre circostanze e con qualsiasi altra ragazza non ci avrei pensato due volte, ma lei... lei non era una qualsiasi altra ragazza. 
“Hana fermati, ti prego”
Dissi sospirando e cercando di convincere anche me stesso. Le sue mani intanto si erano infilate sotto la maglietta e tracciavano dei cerchi leggeri sui miei fianchi. Porca puttana. Mi stava facendo impazzire senza fare niente. 
“Perché Seth? Non mi vuoi? Non sono abbastanza carina?”
Disse mettendosi il broncio e allontanandosi. Tirai un sospiro di sollievo, anche se mi sarebbe piaciuto continuare ad averla così vicino. 
“N-no, Hana non è questo”
Tentennai
“Sei una ragazza bellissima, ma sei ubriaca. Non posso, non posso farti questo.”
Roteò gli occhi e si buttò sul letto. 
Le passai una maglietta e mi voltai mentre si cambiava, lanciando qualche parolaccia come “porca paletta” o “cavolicchio”. La aiutai a distendersi e prima di andarmene le diedi un bacio sulla fronte. 
No, non stavo affatto bene. 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Flashback
PDV Hana
Mi svegliai di soprassalto con un mal di testa spaziale. Cosa era successo la scorsa notte? Ricordavo di essere andata ad una festa, di aver bevuto, poi un ragazzo e nient’altro. Vuoto totale. Mi guardai intorno: oh cavolo. Quella non era la mia stanza, ma la conoscevo altrettanto bene. Gira e rigira finivo sempre lì, in quella maledetta camera, in quel maledetto letto.  Lui non era accanto a me, per fortuna... scesi dal letto e notai di avere indosso una sua maglietta (questa scena l’avevo già vista). E se il ragazzo dei miei ricordi fosse lui... e se fosse successo qualcosa di cui non ricordavo?? Mentre provavo a ricordare, la porta del bagno si aprì, facendo fuoriuscire una nuvoletta di vapore dalla quale sbucò proprio lui, quel riccio mozzafiato con un solo asciugamano in vita, messo piuttosto basso oserei dire. Le goccioline d’acqua gli scendevano sul petto non troppo scolpito ma comunque perfetto, marcando i tatuaggi e le ferite di guerra, e fermandosi, bloccate dall’unica barriera che lo copriva. Rimasi lì ad osservarlo, anzi, mangiarlo con gli occhi, con la bocca spalancata. Quando si rese conto di essere osservato fece un colpo di tosse, quasi imbarazzato direi, e la vergogna si impossessò di me.
“N-noi due... non... che è successo la scorsa... notte? Non... non ricordo”
Dio che imbarazzo, che aumentò ancora di più quando mi resi conto di essere praticamente nuda.
Tirai le lenzuola del letto verso di me cercando di arrotolarmici dentro per coprirmi dai suoi sguardi maliziosi. Sicuramente ero rossa pomodoro ...
“Tranquilla, non abbiamo fatto niente, non ho dormito neanche qua. Ed in ogni caso non è il primo sedere che vedo, non ti coprire per me”
Disse ridacchiando, iniziandosi ad avvicinare cautamente verso di me e continuando a gustarsi la scena. Questa sua risposta mi fece imbarazzare così tanto da tirare di scatto le lenzuola che finalmente si staccarono dal letto ma mi fecero scaraventare sul pavimento, anzi peggio, sopra di lui.  In sostanza ci ritrovammo io sopra di lui, con il lenzuolo avvolto in una mia gamba, quindi praticamente ero nuda se non per le mutande e la maglietta che si era alzata, separati solo dalla mia biancheria e da quel sottile asciugamano. O porca... senti qualcosa là sotto diventare sempre più duro e grosso. Volevo morire.
“Oddio, scusa scusa. Scusa. Mi dispiace. Scusa”
Tutto il mio imbarazzo lo fece ridere di buon gusto. Almeno uno dei due si stava divertendo...
“È tutto normale Hana, tranquilla”
Disse ridendo a più non posso, mentre io ero immobilizzata sopra di lui, incapace di interrompere quel contatto.  Ad un certo punto smise e mi guardò dritto negli occhi, con un colpo di fianco invertì le posizioni, facendomi finire sotto di lui, afferrando i miei polsi con una mano e portandomeli sopra la testa. Ero stregata da lui, curiosa e desiderosa di sapere fin dove si fosse spinto. Non avevo mai avuto contatti di questo tipo, solo qualche bacio molto casto con qualche ex del passato. Si leccò le labbra, osservando le mie reazioni per vedere un qualche accenno di rifiuto, ma non ne trovò.  Lo ammirai con la bocca socchiusa, i riccioli ribelli ancora bagnati gli cadevano sul volto e le gocce cadevano sulla mia maglietta bianca, rendendola trasparente dove atterrate.  Il suo volto iniziò ad avvicinarsi, per un tempo che sembrò durare secoli, fino al fatidico momento: le nostre labbra si sfiorarono, in un bacio puro e casto. Lui si staccò di corsa cercando una qualche reazione da parte mia, la quale fu quella di avvolgere le braccia al suo collo per approfondire quel bacio. Quel bacio che stava scatenando in entrambi sensazioni mai provate.

Oggi
PDV Hana
Lo sguardo di Seth impotente su di me, disperato. Io ero come estraniata dal mio corpo, mi sembrava quasi di vedere tutto da spettatore esterno. Il dolore quasi non lo percepivo, mi fischiavano le orecchie e tutto rimbombava nella mia testa. L’uomo sopra di me si slacciò la cintura e iniziò a frustarmi, per puro divertimento. Uno, due, tre colpi. Buio.
“Sveglia”
Una voce femminile nell’orecchio accompagnata da uno schiaffo sul volto mi fecero riappropriare dei miei sensi. Il dolore iniziava ad intensificarsi ad ogni mio respiro, soprattutto nel ventre e nel petto.
“Ciao, Hana”
Aprii gli occhi di scatto cercando di alzarmi ma provocandomi ulteriore dolore dovuto alle corde strette sui polsi e a quelli che avrei ricordato essere tagli profondi dovuti alla cintura.
“S-Seth”
“Oh, però. Nonostante quello che hai saputo continui a pensare a lui. Un suggerimento: dimenticalo”
Piano piano tutto iniziava a riaffiorare nella mia testa, il nostro risveglio, i colpi di pistola, Seth colpito che sviene e poi anche io, risvegliata legata su di un letto, Seth che grida di lasciarmi stare, l’uomo che mi frusta, lo sguardo di Seth, Seth padre.  Seth padre, più lo ripetevo in testa più mi sembrava surreale. Una bambina di sei anni, lui me lo aveva tenuto nascosto per così tanto tempo... Anche dopo il nostro riavvicinamento, seppur durato così poco, lui non me ne aveva nemmeno accennato 
“Stai iniziando a ricordare eh?”
“T-tu sei... Kirby”
“Bingo”
“Dov’è Seth? Lasciami andare”
Ghignò
“Non penso proprio. Avendo te in mano, lui è come una docile bestiolina”
Finito di pronunciare quella frase se ne andò sbattendo la porta dietro di se e lasciandomi a combattere con i miei demoni. 

PDV Heljia (il giorno prima)
Erano tutti morti. Liam, Ricky, Paul... tutti.  Ero stato un vigliacco a scappare non appena aperte le porte di casa e accolto il nemico. Quello che un tempo era un luogo sicuro ora sembrava il set di un film horror: corpi e sangue ovunque. Entrai iniziandi a camminare tra tutti quelli che un tempo erano come fratelli, nella speranza di trovare qualche sopravvissuto e giunto quasi alle scale sentii un rantolo. Corsi in cima e trovai Sonny poggiato sul muro che si teneva premuto il fianco.
“Heljia... dove... cosa...”
Prima di poter finire la frase svenne così lo afferrai e lo trascinai in bagno. Il proiettile era uscito ma dovevo fermare il sangue. Cauterizzai la ferita, dandogli delle pillole antidolorifiche, e aspettai il suo risveglio, che non tardò a venire.
“Sonny? Sonny!”
“Cosa.. cosa è successo. Dov’ è Liam?”
“Loro... loro sono entrati e... non... sono tutti morti Sonny”
Sbiancò ancora di più di quanto già non fosse, iniziando a respirare velocemente
"Dov'eri"
Mi allontanai da lui, con lo sguardo colpevole.
"Io... io"
"Heljia ricordo che eri in casa poco prima che loro entrassero, perché sei illeso"
"P-posso spiegare"
"Avanti, parla. O ti farò parlare io"
Disse cercando di alzarsi, afferrando il bordo del lavabo e tirandosi a fatica in piedi.
"Credo di aver combinato un casino, Sonny. Ed ora non so come rimediare... non pensavo... non pensavo che sarebbe successo tutto questo... loro dovevano... dovevano solo entrare e sparare qualche colpo come avvertimento... non...."
Non mi diede il tempo di finire la frase che mi saltò addosso atterrandomi e iniziandomi a prendere a pugni, con tutta la forza rimastagli. Cercavo di pararmi il viso ma non rispondevo ai colpi, me li meritavo.
"Tu! Come hai potuto! Eravamo una famiglia!! Ci hai tradito!"
Smise di colpirmi e si poggiò al muro con le mani tra i capelli, piangendo. Mi sedetti accanto a lui, anch'io con le lacrime agli occhi, non per il dolore dei pugni, ma per il pentimento di quello che avevo fatto.
"Mi dispiace Sonny... preferirei uccidermi con le mie stesse mani che ricommettere questo errore."
Lui continuava a singhiozzare, guardando dritto verso di se.
"Mi rendo conto che ora ti sarà impossibile fidarti di me... però ti prego, ascoltami. Seth e Hana sono vivi, li ha presi lei"
A queste parole si girò di scatto, un briciolo di speranza negli occhi.
"Seth mi ha fatto inserire un gps nella collana di Hana, se l'ha ancora addosso..."
"...possiamo rintracciarli"
Annuii.
"Dobbiamo chiamare i rinforzi"
Ci alzammo e uscimmo da quella casa per andare verso il nostro punto di ritrovo.
"Questo non vuole dire che mi fido di te, sappilo Heljia"
"Me ne rendo conto Sonny, forse un giorno..."
Entrò in macchina non volendo più ascoltarmi e partì, lasciandomi lì.

PDV Kirby
L'avevo in pugno. Finalmente avevo in pugno quel bastardo del mio ex... e quella troia della sua nuova "fidanzata"... ma poco importava, oggi sarei andata a riprendere mia figlia e li avrei uccisi entrambi. Sarebbe finito tutto.  Dopo essere andata a trovare quella puttana mi recai da Seth. Entrai nella sua stanza e lui era seduto legato su quella sedia, si era fatto molto più bello di quando ci davamo da fare... peccato che una bellezza così doveva essere sprecata. Non appena aprii la porta i suoi occhi si puntarono verso di me, brucianti di odio e disprezzo.
"Oh suvvia Seth, non guardarmi così. Un tempo i tuoi occhi esprimevano tutt'altri sentimenti..."
Dissi maliziosa avvicinandomi verso di lui e abbassandomi alla sua altezza.
"Devo dire che la tua ragazza non demorde... continua a chiedermi di te, bla bla bla... che le hai fatto per renderla così fedele?"
Dissi ridacchiando e iniziando a camminare verso la porta.  Sentii la sedia cigolare e prima di potermi girare mi ritrovai con una corda stretta al collo, iniziai a tirare gomitate ma lui non mollava, mi mancava l'aria. Non respiravo. Sentivo i polmoni bruciare e la testa girare.
"Non ti uccido solo perché sei la madre di mia figlia"
Mi accasciai fra le sue braccia, senza più aria nei polmoni e lui mi lasciò cadere per poi prendermi la pistola e sbattermela contro la testa, facendomi perdere completamente i sensi. 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Oggi
PDV Seth
Ero da solo in quella stanza da non so quanto tempo e non sapevo dove fosse Hana, dopo il mio risveglio lei era sparita e nonostante le mie urla lei non aveva risposto. Doveva essere viva, lei era il mio punto debole e serviva a Kirby per vendicarsi. Le avrebbero fatto altro male solo per farne a me.
Dovevo salvarla, anche a costo della mia vita; Kirby non avrebbe mai torto un capello a Gioia, ma dio sa solo cosa aveva in programma per Hana. Avrei salvato prima lei e poi mia figlia, ma sta volta avrei fatto perdere le tracce di tutti noi.
Mi avevano legato su una sedia ma non avevano considerato il fatto che io sapessi come liberarmi: presi un respiro profondo, mordendomi il labbro per non urlare e mi ruppi il polso della mano sinistra per farla passare dalle corde, riuscendo a liberare anche l’altra. Non appena finii sentii un rumore di chiavi fuori dalla porta che si aprì subito dopo, lasciando entrare quella troia. Mi bloccai di colpo tenendo ferme le corde, in modo da sembrare ancora legato. 
Dopo aver parlato, lei si girò per andarsene e io colsi l’occasione al volo, saltando dalla sedia per sorprenderla alle spalle, mettendola fuori gioco. Le presi la pistola e le chiavi che aveva e la legai stretta, imbavagliandola.
Uscii di soppiatto dalla porta ritrovandomi in un corridoio stretto e sporco, con varie porte ai lati, tutte di metallo arrugginito con una piccola finestrella sbarrata. Lei doveva per forza essere in una di quelle stanze. Il corridoio era totalmente libero così uscii e iniziai a chiamare il suo nome, senza ottenere risposta. Mi affacciai in ognuna di quelle finestre senza trovarla, per lo più erano armerie o ripostigli. Entrai in una stanza con delle mitragliatrici e la presi insieme a delle munizioni, mi sarebbero servite. Uscii dalla stanza e controllai le ultime cinque stanze. Finalmente alla penultima la trovai: era distesa su un lettino, con i polsi legati alla spalliera del letto, il petto e il fianco squarciato. Me l’avrebbero pagata.
Presi il mazzo di chiavi di Kirby e iniziai a cercare la chiave giusta, trovandola dopo poco. Entrai precipitandomi da lei
“Hana, sono qui, scusa mi dispiace, è tutta colpa mia se ti hanno fatto questo”
Mi inginocchiai davanti a lei cercando di percepire un qualsiasi segno vitale, per fortuna il suo petto di abbassava e alzava lentamente: era ancora viva. 
La slegai e la avvolsi con la mia maglietta, sollevandola in braccio e ignorando il dolore al polso. Dovevo farla uscire da qui. 
Non appena uscii dalla stanza sentii degli spari e degli uomini urlare, poi silenzio. Mi rinchiusi nella sua stanza, nascondendomi accanto la porta, poggiando Hana per terra e sostenendola con un braccio, mentre con l’altra mano sostenevo la pistola. 
Dei passi in corridoio si avvicinavano veloci, fino a fermarsi davanti la nostra porta. Si spalancò di botto e io subito puntai la pistola alla testa di... Sonny. 
 
Flashback 
PDV Seth 
Quelle labbra che avevo tanto agognato e sognato ora erano mie, ed erano molto meglio di quanto le avessi immaginate. 
Eravamo in quella posizione da non so quanto tempo, lei sotto di me, avvinghiata alla mia schiena, come a dirmi di non lasciarla andare, e non ne avevo alcuna intenzione. La mia erezione premeva contro l'asciugamano e chiedeva di essere liberata ma dovevo trattenermi, lei era così pura e così diversa dalle altre. 
Iniziò a fare dei leggeri movimenti con i fianchi, non potevo resistere a lungo senza strapparle di dosso quei pochi vestiti che aveva. Le afferrai la testa con una mano, stringendole i capelli nel pugno, e l'altra mano posizionata sulla sua coscia.  Lei sovrastata da me con la maglietta alzata fin sotto il seno, gli occhi languidi e le labbra gonfie di baci. Mi guardava come estasiata, ma non quanto lo ero io da quella visione. L'asciugamano che mi copriva si era aperto liberando la parte più intima di me, i suoi occhi scesero per il mio corpo e quando lo notarono le sue guancia si tramutarono di uno splendido rosso.
"Questo è l'effetto che mi fai"
Le sussurrai in un orecchio e la sentii deglutire imbarazzata. Riavvolsi l'asciugamano sotto il suo sguardo attento e indagatore, per poi tornare a guardarla.
"Voglio farti qualcosa che so per certo ti piacerà"
Le sussurrai in un orecchio, leccando il lobo e soffiandoci sopra. Lei in risposta sospirò dandomi spazio sul suo collo dove non persi un attimo, iniziai a baciarlo e morderlo, a leccarlo, e dove la mia lingua passava la sua pelle diventava d'oca ed era attraversata da brividi. Dio quanto avrei voluto renderla mia.
Accantonai quel pensiero e continuai la mia lenta discesa; arrivato alle spalle le spostai la maglia, lasciando scoperta la clavicola che iniziai a baciare. Le mie mani scesero verso il suo stomaco, provocandone dei sussulti, fino a raggiungere l'orlo della maglietta che esitai poco a tirare via, lasciando all'aria i suoi splendidi seni. 
Mi precipitai a massaggiare un capezzolo con una mano e l'altro con la bocca, avvolgendolo con la lingua e succhiandolo, sentendoli diventare sempre più turgidi al mio tocco. Il suo basso ventre spingeva contro la mia erezione, voglioso di ben altro. Ripresi quella lenta tortura accarezzandole le costole e scendendo sempre più giù, fino al bordo delle mutandine. Mi fermai e la guardai in cerca di approvazione che ottenni senza esitazione. Mi afferrò dal collo baciandomi con passione, rendendomi chiaro che voleva di più. E l'accontentai. Gliele sfilai dalle gambe e quando totalmente nuda la ammirai dall'alto, lei con le guance rosse di passione e di imbarazzo. Era così fottutamente perfetta.
Non ci pensai due volte, con un dito iniziai a tracciare il percorso delle sue anche fino ad addentrarmi nel suo punto più caldo, che spinsi cominciando a fare movimenti circolari. Lei gemette spingendo i fianchi verso di me, Dio com’era bella. 
Smisi quella tortura per cominciarne un'altra, le infilai un dito dentro, cazzo quanto era stretta e calda. Sussultò per quella sensazione così strana.
 
PDV Hana
Non potevo credere che tutto stava accendendo in quell'istante, avrei perso la mia verginità? 
La sua erezione mi faceva uno strano effetto, così come i suoi occhi su di me. Mi sentivo così calda e bagnata... 
Dopo aver giocato con i miei seni le sue dita si ritrovarono dentro di me. Sussultai per quella sensazione, bruciava ma allo stesso tempo era piacevole ed eccitante. Quando il dolore iniziò a diminuire e il mio corpo a rilassarsi, mi lasciai andare e quello fu il via per le sue dita che iniziarono a muoversi dentro e fuori, dentro e fuori. Poi se ne aggiunse un secondo e dopo pochi attimi il piacere prevalse tutti gli altri sensi. Di punto in bianco, quando stavo per abbandonarmi del tutto a quel piacere, smise di muoversi, uscendo le dita da me e portandosele alla bocca le leccò. Rimasi a bocca aperta, estasiata. 
"Hai un buon sapore"
Disse malizioso, per poi iniziare a baciarmi lo stomaco fino a scendere, giù e ancora più giù. Il fuoco in me si riaccese più forte di prima. La sua lingua dentro di me mi assaporava ed esplorava, le sue mani aggrappate alle mie cosce le tenevano aperte e i suoi riccioli le solleticavano rendendo tutto ancora più travolgente. Gli afferrai i ricci, stringendoli tra le mie dita, buttando la testa all'indietro e iniziando a gemere. Che stava scucendo?
Il calore in me si faceva sempre più grande fino a quando non esplosi in un turbinio di emozioni. Avevo avuto il mio primo orgasmo, ed era stato fantastico. 
Si distese accanto a me guardandomi, ancora con gli occhi pieni di passione. Mi girai anch'io, baciandolo e sentendo il mio sapore sulla sua bocca. 
Volevo fare anch'io qualcosa per lui. 
Iniziai ad accarezzare il suo torace scendendo fino all'asciugamano ma prima che potessi raggiungere il nodo la sua mano mi bloccò
''Non sei obbligata"
Disse autoconvincendosi
"Lo voglio fare"
Gli risposi, facendogli spostare la sua mano e liberando la sua erezione. L'istinto prevalse, la presi in una mano e iniziai a farla salire e scendere, stringendola e capendo cosa gli piaceva dal suo respiro e gemiti. Con l'altra mano scesi ad accarezzargli i testicoli, cosa che lo fece ansimare dal piacere, così coordinai i due movimenti con l'aumentare del suo respiro. Decisi di fare un ulteriore passo in avanti abbassandomi e guardandolo negli occhi, era curioso di ciò che volevo fare.
Lo presi in bocca mantenendo il contatto visivo e vidi le sue pupille sgranarsi e la bocca spalancarsi, lo stavo facendo bene? 
Iniziai a succhiare il suo membro e a massaggiare i testicoli e in tutta risposta lui buttò la testa all'indietro ansimando e aggrappandosi con una mano ai miei capelli. Sentii il suo membro farsi sempre più duro 
"S-sto per ahhh v-venire, d-Dio"
Volevo arrivare fino alla fine, che non tardò a venire. Un sapore salato mi prevalse il palato e ingoiai tutto, per poi alzarmi imbarazzata. Aveva un sapore strano ma in un certo qual senso 'buono'
"D-dove hai imparato"
Disse ancora con gli occhi chiusi
"I-io, non lo so, mi è venuto... spontaneo?"
Mi guardò facendo incrociare i nostri occhi, sorridendomi
"Mi sorprendi ogni giorno di più"
 
 
 

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Oggi
PDV Sonny
Avevo perso tutti, tutti i miei migliori amici erano morti e tutto questo solo a causa di una persona. Lo avevo coperto già una volta, era stato lui a spifferare tutto alla polizia qualche anno prima, ed io lo avevo beccato, ma ingenuamente gliel'avevo fatta passare liscia, incolpando Brody, un ragazzo che spacciava droga e che aveva fatto del male a molte donne. Seth lo aveva incastrato, facendolo beccare con un bel po' di chili di cocaina in macchina insieme ai resti dell'uomo che aveva aggredito Hana. Così Brody aveva ricevuto l'ergastolo e Seth si era 'vendicato'. Ma questa volta non l'avrebbe passata illeso. Dopo aver tirato fuori Hana e Seth lo avrei ucciso con le mie stesse mani. Conoscendolo si sarà dato alla fuga, ma lo avrei trovato anche in culo al mondo. Quel bastardo me l'avrebbe pagata.
Guidai sfrecciando per le strade della periferia di Londra arrivando nel nostro punto di ritrovo: il magazzino. Scesi dalla macchina tenendomi il fianco dolorante, l'effetto degli antidolorifici stava svanendo. Tutti quelli che rimanevano della banda erano lì, tranne i due a protezione della casa nel bosco di cui nessuno sapeva il contenuto.
"Perché tutta questa urgenza, Sonny? Che ti è successo al fianco?"
Flora fu la prima a parlare. Seth l'aveva coinvolta per diventare amica di Hana e proteggerla, era stata lei a chiamarci quando Jack si era intrufolato in casa sua
"Flora… mi dispiace…"
"Sonny mi stai spaventando… dove sono tutti, dov'è… dov'è Liam?"
I suoi occhi si stavano riempendo di lacrime
"Ci hanno teso un'imboscata al cottage… sono tutti… morti"
"No, no, no. È solo un brutto scherzo. Dov'è Liam? DOV'È?"
Mi precipitai ad abbracciarla mentre lei mi tirava pugni sullo sterno. Continuai a sussurrarle quanto mi dispiaceva mentre tutti gli altri erano sconvolti. Mi rivolsi a loro, tenendo stretta Flora
"Hanno preso Seth e Hana. Dobbiamo salvarli"
Tutti annuirono in consenso. Seth per noi non era solo un capo, ci aveva tirato fuori da situazioni di merda e ci aveva dato una seconda opportunità, una vita non proprio all'insegna della legalità, ma pur sempre una vita. Mi aveva tirato fuori dal circolo della droga, sostenendomi tutte le notti e non lasciandomi solo. Per me era come un fratello maggiore, un punto di riferimento. Gli dovevo la vita.
Non appena gli altri si allontanarono per rintracciare il GPS di Hana, mi rivolsi a Flora
"Flora ascoltami, ascoltami! Noi lo vendicheremo. Ti giuro che vendicheremo tuo fratello"
Liam era il mio migliore amico, lo avevo conosciuto molto prima di entrare nella banda e avevo convinto Seth a farlo entrare insieme alla sorella. Loro padre li picchiava e Liam non potendone più lo uccise; riuscimmo a farli scappare in tempo, poco prima che la polizia arrivasse.
"È stato Heljia, è stato lui a farli entrare. Non gliela faremo passare liscia, te lo giuro sulla mia vita. Ma adesso ascoltami, so che è dura ma dobbiamo riuscire a mettere i nostri sentimenti da parte. Seth ha bisogno di noi"
Lei annuii, asciugandosi le lacrime
"Sonny? Lo voglio uccidere io quel figlio di puttana"
Le sorrisi
"Gli daremo la morte che si merita"

Riuscimmo a localizzare Hana attraverso la collana: si trovavano a Staines, un paesino vicino all'aeroporto, un posto con abbastanza rumore da poter essere liberi di fare tutto. Dopo esserci divisi in quattro squadre da cinque ci avviammo verso il nemico. Dopo una quarantina di minuti arrivammo in una casa abbandonata e mal messa: si trovavano lì dentro. Quattro uomini armati rondavano attorno la casa, così la prima nostra squadra li mise fuori gioco, prendendo il loro posto mentre il quinto trascinava i corpi, nascondendoli dietro un cespuglio. La seconda e la terza squadra si avvicinarono all'ingresso, buttando la porta a terra e iniziando a sparare. Ancora nessun ferito dei nostri. Fu la volta del mio gruppo, entrammo al via libera nella casa, iniziando a cercare il posto dove li tenevano: una botola ben nascosta conduceva ad un piano seminterrato, trovato. La mia squadra iniziò a scendere, sparando contro le tre guardie che si trovarono impreparate. Non c'era più nessuno, così iniziammo la ricerca di Seth e Hana. Le prime stanze erano tutte vuote così mi diressi verso le ultime. Spalancai la penultima e mi sentii un qualcosa di freddo sulla tempia.
"Sonny?"
Mi girai a guardare chi fosse
"Seth!!"
"Come… la collana di Hana, sapevo che sarebbe tornata utile"
Annuii
"Aiutami a sollevare Hana, dobbiamo uscire di qui in fretta. Ho rinchiuso Kirby in una cella ma non so quanto ancora resterà svenuta"
"Seth… non c'era nessuno. Abbiamo abbattuto tutte le guardie e aperto tutte le stanze. Kirby non era qui"
Lui impallidì
"Merda. Dobbiamo andare alla casa nel bosco! Vuole prendere mia figlia!"
"Figlia…?"
"Si, Sonny, figlia. Ti spiegherò dopo"
Quante cose ci aveva tenuto nascoste? Sollevammo Hana che era svenuta e ci precipitammo fuori.

Flashback
PDV Hana
Dopo quel giorno la presenza di Seth era quasi del tutto scomparsa, forse si era già stancato di me. Non era il tipo che rincorreva una ragazza, soprattutto se quella ragazza non era una che si sarebbe concessa del tutto e subito. Quella volta era stata un'eccezione, ma non me n'ero pentita, per niente. Ci ripensavo ogni notte alle sue mani su di me, dentro di me…
"A cosa stavi pensando? Sei tutta rossa"
La voce di Flora mi riportò alla realtà. Oddio che imbarazzo
"Non c'è molto caldo qui?"
Dissi spostando il maglione come per far entrare aria
"Ehm, Hana. Ci sono 10 gradi! Non può esserci caldo! Certo che sei proprio strana"
"Si hai ragione, sono proprio strana"
Scoppiammo a ridere insieme. Flora si era presentata all'università da un giorno all'altro, non mi sembrava di averla mai vista prima, ma c'erano talmente tante persone che magari mi sbagliavo.

Dopo un pomeriggio passato con lei ritornai a casa. Dovevo studiare e iniziarmi a preparare per gli esami che sarebbero stati da un giorno all'altro ed ero parecchio indietro. Avevo studiato talmente poco in quel periodo che avevo paura che la mia media ne avrebbe risentito. Entrai in casa e mi diressi in cucina per bere un bicchiere d'acqua
"Sei qui"
Dalla paura il bicchiere mi cadde, frantumandosi in mille pezzi. Mi girai e nella penombra vidi… Seth?! Forse era solo la mia immaginazione che mi faceva brutti scherzi, a furia di pensarci ora ero arrivata anche a vederlo. In un battito di ciglia lui mi si avvicinò, prendendomi la testa tra le mani e baciandomi, senza darmi il tempo di realizzare. No, lui decisamente era lì, in carne ed ossa.
Il mio cuore iniziò a battere talmente veloce a quel bacio pieno di sensazioni mai provate, ma dovevo capire il perché di tutto questo. Non si faceva sentire ed ora? Si presentava a casa mia senza nessun avvertimento? E in più come diavolo era entrato? Non aveva mica le mie chiavi di casa… Contro voglia lo spinsi, interrompendo quella magia
"Mi sei mancata così tanto"
Mi stava spiazzando del tutto, era così incoerente. Se gli ero mancata perché non mi aveva cercato?
"Seth che ci fai qui?"
"Te l'ho detto, mi mancavi"
Fece di nuovo per riavvicinarsi ma lo schivai, dirigendomi in soggiorno
"Come hai fatto ad entrare?"
"È un interrogatorio?"
Disse ridendo
"Seth, sono seria. Non ti puoi presentare qui dal nulla, baciarmi e dirmi che ti sono mancata"
"Vuol dire che non ti fa piacere… il fatto che io sia venuto fin qui… solo per vedere te"
"Non è questo…"
"Che ne dici di parlare un po' meno? Voglio solo baciarti, non desidero niente di più al mondo"
Mi fece decisamente perdere un battito
"N-no Seth. Non riesco a capire cosa tu voglia da me…"
Lui sbuffò
"Non lo so neanch'io. Tu mi fai… mi fai uno strano effetto"
"Va bene… credo. Ma, come hai fatto ad entrare?"
Lui alzò le spalle
"Hai lasciato la finestra aperta"
Sbarrai gli occhi
"Seth!! Ma sei pazzo? Se ti avessero scambiato per un ladro?"
"Ti preoccupi per me?"
Disse malizioso, avvicinandosi
"N-no, non lo so"
Indietreggiai fino a scontrarmi con la parete e lui in un battibaleno fu davanti a me, bloccandomi la strada con le sue braccia ai lati della testa. Deglutii
"Seth…"
"Si, Hana?"
Non gli seppi più resistere, avevo combattuto troppo contro i miei sentimenti
"Baciami"
Sorrise malizioso
"Ai suoi ordini"

 

 

Bene, non odiatemi se sono sparita nel nulla più totale, ma ho avuto una serie di impedimenti che non mi hanno permesso di aggiornare la storia. Comunque, ecco qui un nuovo capitolo! Stavo anche pensando di aprire uno spin-off con la storia di Sonny e Flora, che ne dite? Aspetto i vostri pareri positivi e negativi

Ps. Ho revisionato tutti i capitoli precedenti a questo ma non ho cambiato il succo della storia, quindi non c'è bisogno che li rileggiate

XX
-R

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Oggi
PDV Seth
Ero in macchina con Sonny e Hana, che era ancora svenuta; le sue ferite avevano smesso di sanguinare ma necessitavano comunque di cure, Sonny l'avrebbe portata in ospedale e l'avrebbe protetta: io dovevo salvare mia figlia. Cinque dei nostri erano rimasti alla casa per pulire ogni traccia e gli altri si stavano dirigendo con noi verso il bosco. Dovevo delle spiegazioni a tutti, avevo tenuto Gioia nascosta per la sua sicurezza, non lo avevo detto neanche a Sonny. I due uomini che erano a protezione della casa erano due ex membri della banda di mio padre, dovevano tutto alla mia famiglia ed erano sempre stati fedeli. Quando uccisero mio padre io avevo preso il comando, avevo solo diciassette anni ma ero stato cresciuto per essere il leader dei The Cross e loro due mi avevano spalleggiato, aiutandomi ad ampliare la banda e a prendere sempre più controllo nelle strade londinesi.
Guardai Hana, il suo viso distorto da una smorfia di dolore, rannicchiata tra le mie braccia. Era tutta colpa mia se le avevano fatto del male; aveva fatto bene a lasciarmi, eravamo stati così poco insieme e io avevo combinato così tanti casini… ma mai fino a metterla in pericolo fisicamente. Forse avrei dovuto lasciarla e scappare via, portandomi tutti i problemi con me. Lei non si meritava una vita in fuga, e neanche la mia bambina; se fossero state lontane da me  sarebbero state fuori da ogni pericolo
"S-seth"
Abbassai lo sguardo che si incontrò con gli occhi lucidi di Hana
"Hana, mi dispiace…"
Neanche il tempo di finire la frase che avvolse le sue braccia al mio collo, tirandomi verso di lei e baciandomi. L'amavo, l'amavo così tanto che ero disposto a lasciarla andare
"Ti amo Seth"
"Ti amo anch'io"
Ci sussurrammo a vicenda.
Un pensiero mi balenò in testa
"Sonny, dove sono Liam e gli altri?"
Dallo specchietto retrovisore vidi la faccia di Sonny sbiancare
"Sonny?... L'ultima cosa che ho sentito erano degli… spari"
"Seth… chiunque fosse in quella casa… non… non ce l'ha fatta"
I miei occhi si sgranarono per la rabbia: avevo perso sei dei miei uomini più fedeli
"Dimmi chi è stato"
"Non davanti a lei"
"Puoi dire tutto davanti ad Hana, parla Sonny"
"Ti avevo avvertito… Helija li ha fatti entrare in casa"
Quel figlio di…
"N-no, non può essere stato lui, Heljia non lo… farebbe"
Hana era incredula, ancora più di me, e come darle torto: si fidava ciecamente di lui.
"Sonny è la verità?"
Lui annuì
"E non è tutto. C'è stato un precedente…"
"Cosa intendi?"
"È stato lui a dire alla polizia della gara clandestina"
Quel figlio di… e a pensare che per tutti quegli anni era stato amico di Hana… l'avrebbe potuta mettere in pericolo
"E tu perché l'hai protetto Sonny? Se lo avessi saputo probabilmente tutto questo si sarebbe potuto evitare!"
Dissi ormai fuori di me. Hana era rannicchiata e piangeva e Sonny aveva il senso di colpa scritto in faccia.
"M-mi dispiace… mi sembrava così dispiaciuto… è stato lui a ideare il piano per tirarti fuori…"
Lo guardai in cagnesco per zittirlo e mi rivolsi ad Hana
"Amore, ascoltami. Ti devo delle spiegazioni per… Gioia, e te le darò. Lo giuro sulla mia vita. Ora Sonny ti accompagnerà in ospedale e non ti lascerà da sola neanche mezzo secondo"
"E t-tu? D-dove andrai?"
"Devo salvare mia figlia, Hana…"
Lei annuii, era così comprensiva… le cose tra di noi erano cambiate, lo sentivo. Sentivo che sta volta lei non mi avrebbe lasciato andare
"Sonny accompagnami al magazzino e poi senza fermarti andate in ospedale. Se le succede qualche altra cosa…"
"La proteggerei a costo della mia vita, lo sai"
Annuii e quando arrivammo al magazzino scesi dalla macchina, baciando Hana come se fosse l'ultima volta.
 
PDV Kirby (Qualche ora prima)
Mi ero risvegliata con il cigolio della porta, Cory, il mio braccio destro, mi aveva trovato e slegato. Subito dopo sentimmo degli spari: ci stavano tendendo un'imboscata. Mi trascinò via, mentre i miei uomini urlavano e imploravano pietà, venendo subito messi a tacere dai colpi di pistola. Mi aveva tirato via, conducendomi in una porta nascosta da un armadio.
"Non c'è più niente da fare per loro, Kirby!"
Aveva ragione. Dovevo pensare a mia figlia
"So dove si trova"
Lui annuì
"Andiamo a prenderla"
E così la nostra corsa contro il tempo era iniziata, avevo lasciato i miei uomini indietro ma molti altri se ne sarebbero aggiunti. Avrei ripreso mia figlia e avrei ucciso quel bastardo di suo padre.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Flashback
PDV Hana
Da quel giorno Seth si era presentato ogni giorno a casa mia, a ogni mio rientro lui era sempre lì ad accogliermi e a coccolarmi. Iniziavo a sentire qualcosa di così forte e profondo per lui… ma non sapevo cos'ero per lui, cosa significavo, perché faceva tutto questo. Appena accennavo a voler uscire come una vera coppia lui si irrigidiva e mi dava una risposta fredda, era così strano… in altri momenti invece sembrava che avesse occhi solo per me, era così premuroso e gentile quasi. Sembrava che mi rispettasse ma non riuscivo a capire se ero una delle tante oppure… qualcos'altra cosa.
"Hana?"
Mi risvegliai dai miei pensieri, alzando il volto per guardare quello che tormentava i miei pensieri. Anche quel giorno lui era venuto a casa mia e ora eravamo distesi sul divano, io sopra di lui con le sue braccia strette intorno a me, come se non volesse lasciarmi andare
"Cos'hai? Sei strana…"
"Seth cosa sono io per te?"
Avevo bisogno di risposte
"Hana…"
Mi alzai dal suo corpo, rompendo quell'abbraccio che ora stava diventando soffocante
"Seth, davvero. Io non capisco… non capisco perché ti comporti così. Sono solo una delle tante per te?"
Anche lui si alzò, sedendosi accanto a me ma a distanza di sicurezza
"No, non sei una delle tante"
Si guardava le mani, torturandole. Gliele presi, tenendole strette tra le mie; aveva uno sguardo così tormentato.
"Ho bisogno di capire, ho bisogno di capire cosa sta succedendo tra di noi… quindi ti prego aiutami"
Dissi mentre una lacrima scendeva dai mie occhi. Il suo sguardo si addolcì
"Hana… ti prego mi uccide vederti così"
"Seth io credo di a…"
Prima che potessi finire la frase lui mi interruppe, alzandosi dal divano
"No, non dirlo. Ti prego. Non sprecare queste parole per uno come me… io non ti merito"
Disse dirigendosi alla porta d'ingresso. Io gli corsi in contro mettendomi davanti ad essa, per bloccarla
"Sono quello che sento per te, non respingermi… ti prego"
Lui non mi guardava negli occhi, i pugni stretti inizialmente si lasciarono andare, con un sospiro
"Non voglio metterti in pericolo… lo sai, lo sai in cosa sono immischiato"
"Non mi importa, io voglio te, solo te"
Gli presi il viso tra le mie mani tremolanti, cercando il suo sguardo
"Dimmi quello che provi per me, non fuggire da me, ti prego…"
"Hana… io… io… ti amo porca troia"
Non ci potevo credere. Mi precipitai tra le sue braccia, avvinghiandomi al collo e saltandogli addosso, avvolgendo le mie gambe al suo bacino. Ci guardammo negli occhi, finalmente riuscivo a decifrare i suoi sentimenti per me.
"Ti amo, Seth"
Lui sorrise. Ci eravamo lasciati andare. Iniziò a camminare, portandomi nella mia stanza. Eravamo pronti a concederci l'un l'altro. Si sedette sul letto, con me sempre seduta a cavalcioni su di lui
"Ne sei sicura…?"
In risposta lo baciai, trasmettendogli tutto il mio amore verso di lui, e iniziando a muovermi piano e insicura su di lui. "Mi fai impazzire"
Disse portando le sue mani sotto la mia maglietta e alzandola, fino a sfilarmela di dosso
"Sei la cosa più bella che io abbia mai visto"
Disse baciandomi il collo scendendo fino alla clavicola. Io spostai il collo per lasciargli più spazio, togliendo la sua maglietta e lanciandola sul pavimento. Mi aggrappai alla sua schiena nuda, tracciando linee e cerchi immaginari. Lui mi slacciò il reggiseno con gesto esperto, staccandosi dal mio collo e correndo a torturare i miei seni. Sapeva esattamente cosa mi piaceva, voleva solo darmi piacere e farmi stare bene.
Si alzò di colpo dal letto, sollevandomi con lui, per poi adagiarmi sul letto e salendo sopra di me.
"Ti ho voluto per così tanto tempo… non posso credere che finalmente sarai mia"
Disse baciandomi il naso. Io arrossii: mi voleva, mi bramava, mi desiderava.
Mi sfilò anche i pantaloni di tuta, insieme ai miei slip, lasciandomi totalmente nuda alla sua vista.
"Sei così fottutamente bella, Hana Katerina Smith"
Lo tirai a me, baciandolo e facendogli capire quanto lo volessi. Lui si tolse anche i suoi pantaloni con i boxer, rimanendo nudi. Prima di fare qualsiasi movimento mi richiese
"Hana, sei ancora in tempo per scappare via da me"
"Non ne ho alcuna intenzione, Seth"
Dissi guardandolo fisso negli occhi. Lui mi sorrise, prendendo un preservativo dalle tasche dei pantaloni e infilandoselo. Era pronto per me, e lo ero anch'io
"Ho paura di farti del male…"
Gli afferrai il viso tra le mie mani, annuendo. Lui mi baciò, entrando lentamente dentro di me. Sgranai gli occhi, aggrappandomi alla sua schiena, un bruciore fortissimo si insediò nel mio bassoventre. Lui si irrigidì, fermandosi
"Hana… scusami, mi dispiace"
Gli sorrisi, baciandolo e cercando di non pensare al dolore. Lui continuò ad entrare in me, fin quando non mi riempì con tutto se stesso. Iniziò a muoversi piano, entrando e uscendo delicatamente e scrutando tutte le mie espressioni. Il dolore piano piano stava iniziando a svanire, lasciando spazio al piacere. Si stava sforzando così tanto a non farmi del male, il suo viso teso, le sue spalle rigide. Un gemito uscì dalle mie labbra, volevo di più. Con tutta la forza che avevo in corpo capovolsi la situazione, iniziando a cavalcare il riccio sotto di me che mi guardava estasiato. Si aggrappò ai miei fianchi, aiutandomi nei miei movimenti incerti. Era così bello, lui ed io uniti in un corpo solo. Dopo pochi attimi Seth venne sussurrando il mio nome, e io subito dopo di lui. Mi accasciai accanto a lui, che subito mi strinse tra le sue braccia baciandomi la fronte.
"Ti amo, Hana Katerina Smith"
Gli sorrisi, stremata, e subito dopo ci addormentammo ancora nudi, l'uno nelle braccia dell''altro.

Flashback (un anno dopo)
La situazione con Seth era cambiata, lui era cambiato. Ogni sera tornava a casa con nuove ferite, nuovi tagli, ed io ero sempre lì a curarlo. Non avevo tempo di pensare a lui, dovevo pensare alla mia carriera, al mio futuro; mi mancavano circa due anni per laurearmi ed ero rimasta indietro con le materie a causa sua, e ne aveva risentito anche la media. Ogni giorno io insistevo per fargli lasciare quella vita alle spalle, di scegliere me. Ma lui si chiudeva a riccio lasciandomi fuori dal suo mondo, mondo che io non riuscivo a comprendere. Non sapevo bene in cosa era immischiato ma avevo la certezza che quasi tutto quello che faceva era illegale, e un giorno o un altro lo avrebbero beccato, ne ero convinta. Io lo amavo, lo amavo così tanto… ma mi feriva stare con lui, vederlo tornare ogni sera ricoperto di sangue, a volte anche di qualcun altro. Non potevo più continuare, non volevo più continuare.
Anche mia mamma quando lo aveva conosciuto non lo aveva visto di buon occhio; lo aveva incontrato per caso in una delle sue rare visite a sorpresa e non lo aveva preso affatto bene. Quando Seth se n'era andato, lei in tutta furia mi si era rivolta contro, cercando in tutti i modi di farci lasciare. Ma ero troppo fiduciosa, troppo fiduciosa che lui scegliesse me alla sua banda.
Il campanello della porta bussò: Seth era arrivato. Presi un respiro di coraggio e andai ad aprirgli, facendolo entrare
"Ciao, Hana"
"Seth…"
Lui si accigliò, non capendo perché non fossi già fra le sue braccia
"Sediamoci un attimo, per favore"
Lo implorai con le lacrime agli occhi. Il suo sguardo si stava facendo sempre più consapevole
"Seth… io non posso continuare così"
"Di cosa stai parlato Hana?"
"Io, tu… non funzioniamo insieme. Io non… posso, non voglio rovinarmi il futuro a causa tua! Io ho paura che da un giorno all'altro mi chiamino per dirmi che sei finito in ospedale! O peggio ancora che ti hanno trovato morto in qualche angolo della strada!!! Io non voglio questo, non lo voglio. Ti ho chiesto tante, troppe volte di lasciar perdere tutto e scegliere me! E tu non lo hai mai fatto, anche se hai rischiato di ferirmi. Mi dispiace, mi dispiace Seth"
Le lacrime scendevano libere sulle mie guance ma la sua faccia era di pietra, come se avesse spento tutti i sentimenti. Con un colpo secco si alzò dal divano dirigendosi verso la porta, uscì sbattendosela dietro violentemente.
Quella fu l'ultima volta che vidi Seth Aniston.

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Oggi
PDV Seth
Ero al magazzino da due minuti quando arrivarono gli altri membri della banda, che di corsa scesero dalle auto per venirmi in contro: dovevo anche a loro delle spiegazioni.
In macchina non avevo potuto parlare né con Sonny né con Hana, volevo parlarne singolarmente dato che erano il mio migliore amico e la mia ragazza.
Dalla macchina scese Flora che si precipitò verso di me, in lacrime
"Flora, mi dispiace così tanto per Liam"
Dissi abbracciandola, lei ricambiò asciugandosi un occhio
"Non posso ancora credere che tutto questo sia successo proprio ai nostri compagni… mi sembra solo ieri quando ho tolto dalla strada Ken, liberato Jody dalla prigione in cui era stato ingiustamente rinchiuso, portato via Samuel da tutti i pregiudizi a causa del suo colore di pelle. Non posso scordare di quando trovai Kylie riversa nel suo stesso sangue su un marciapiedi dopo essere stata stuprata, di Olivia tirata via dal giro della prostituzione. Non posso dimenticare Liam"
Dissi guardando Flora, ancora stretta tra le mie braccia
"salvato dalla pena di morte a cui sarebbe stato sicuramente condannato. Loro tutti, voi tutti avete scelto di seguirmi. Ed io vi ho deluso"
"No, Seth, non ci hai delusi"
Mi sussurrò Flora. Continuai
"Mi dispiace, devo scusarmi con tutti voi. Loro sono stati uccisi per difendere me ed Hana, ed un segreto che ormai porto da troppi anni… Non vi ho detto niente, nonostante voi siate la mia unica vera famiglia, ho avuto paura a fidarmi… e mi dispiace"
Guardai i loro volti interrogativi
"Ho preso una cosa preziosa a Kirby: nostra figlia. È una bambina di sei anni, si chiama Gioia.  Insieme ai due più vecchi membri della banda, che voi non avete mai visto, l'abbiamo portata via dalle mani di Kirby e per tutto questo tempo è stata nascosta a tutti. Ma ora lei sa dove la nascondo, per questo ha rapito me e Hana, usandola come arma contro di me."
Mi bloccai un attimo, cercando di tenere a freno la paura incondizionata di poter perdere tutto in un battito di ciglia.
"Oggi forse riusciremo a porre fine ad una grande guerra, che ci divora ormai da anni. È qui che si decideranno le sorti del nostro futuro: per questo vi chiedo di combattere con me ancora una volta, non posso promettervi che sarà l'ultima, ma quello che posso dirvi è che vincendo ricorderemo i nostri sei compagni, manterremo vive le loro memorie, vendicandoli e uccidendo ogni singolo membro dei nostri nemici. Siete con me?"
Un coro di 'si' si alzò all'unisono
"Bene, ma un'ultima cosa: Kirby è mia"
 
PDV Kirby
Eravamo tutti là: gli ultimi venti membri della banda, radunati in un seminterrato fatiscente. Me l'avrebbero pagata, Seth e i suoi. Non avrei lasciato nessuno dei suoi in vita, a cominciare da Hana, volevo che lui vedesse quanto per me fosse semplice portargli via le persone che amava.
"Faremo vedere a quei bastardi cosa vuol dire mettersi contro gli Snakes; hanno preso mia figlia! L'hanno rapita sotto il mio naso, hanno ucciso i nostri fratelli, uccidendoli senza pietà! E di sicuro la pietà è proprio quello che non avranno. Li uccideremo uno a uno, come fossero vacche al macello, tormentandoli, distruggendoli piano piano. Voglio sentire la loro paura, ci nutriremo della loro terrore!"
Sentivo le loro urla di approvazione, erano totalmente ai miei piedi
"Uccideteli tutti, io mi occuperò di Hana e poi di Seth"
 
PDV Seth
La corsa nel bosco durò solo pochi attimi. In un battito di ciglia eravamo là in quella casa. E c'erano anche gli Snakes. Scendemmo dalle macchine armati fino al collo e così fecero i nostri avversari.
Eravamo entrambi a numero pari, entrambi venti. Sarebbe stato uno scontro onesto. Cory, il membro più grosso della banda si fece avanti. Dov'era Kirby? Perché non prendeva parola lei?
"Lasciaci la bambina, e nessun altro si farà del male. Ognuno per la propria strada"
"Dovrete passare sul mio corpo per averla"
Sibilai trai denti, guardandomi intorno per cercare quella cagna. Lui ghignò
"Stai cercando qualcuno per caso?"
"Dov'è lei"
"Si sta occupando di una certa faccenda che aveva lasciato in sospeso…"
Il sangue mi si gelò nelle vene. Hana.
Dovevo scegliere fra lei e mia figlia.

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


PDV Kirby
Tutti si erano diretti nel bosco, ma io dovevo vendicarmi. Dovevo uccidere quella troia, quella troia che Seth amava così tanto. Avevo bisogno di vendetta, non mi interessava nient'altro. L'avrei sgozzata lentamente esattamente come si fa con le bestie e avrei mandato i suoi resti a Seth, come preannuncio di quello che avrei fatto a lui, se fosse sopravvissuto ai miei seguaci.
Ero riuscita a pedinarli senza farmi scoprire e ormai ero alle costole della macchina della cagna. Arrivammo in una strada buia e desolata, in aperta campagna; ancora bel lontana dalla calca della città.
Spinsi al massimo l'acceleratore, affiancando la loro macchina.

PDV Hana
"Merda"
Sonny lanciò un'imprecazione guardando dallo specchietto retrovisore. Mi girai anch'io e notai una macchina sbucare fuori dal nulla che si avvicinava sempre di più fino ad affiancarsi a noi. Sonny la riconobbe: Kirby.
"Hana tieniti"
La macchina di Kirby iniziò a spingere la nostra per farci andare fuori strada. Voleva farci precipitare nel burrone di fianco a noi.
"Sonny!! Sta attento!!"
Gridai: Kirby aveva accelerato, sorpassandoci e piantandosi di fronte a noi e obbligandoci a frenare di colpo. Scese dalla macchina iniziando a sparare colpi alla rinfusa.
"Stai giù!"
Urlò Sonny. I colpi di pistola si infransero sul finestrino, riducendolo in mille pezzi. Mi parai gli occhi e la testa, mentre le piccole schegge si disseminavano ovunque come proiettili.
"Hana, scendi da dietro! Presto!"
Con le poche forze che avevo aprii lo sportello posteriore, ma prima di scendere vidi spuntare da sotto il sedile il manico di una pistola; la afferrai trascinandomi via dalla macchina. Sonny, ancora davanti, aveva in mano un'arma e stava aspettando il momento giusto per sparare. Mi accasciai a terra tenendomi stretta al petto sotto la felpa quell'arma che avrebbe fatto l'esatto opposto di quello a cui avevo prestato giuramento: mai ferire volontariamente qualcuno
Ripensai al mio lavoro e a come Seth aveva chiamato l'ospedale, inventandosi qualche scusa sul fatto che mi sarei assentata a tempo indeterminato. Probabilmente qualcuno gli doveva favori, non mi avevano ancora assunta ufficialmente che già mancavo da settimane, senza una spiegazione logica.
Un altro sparo mi fece cacciare un gridolio di paura
"Haaaana… piccola Haaaana. Vuoi giocare a nascondino?"
Tremavo dalla paura, cos'era successo a Sonny?
Vidi degli stivaletti da sotto la macchina, che si aggiravano intorno ad essa. Fino a che non li persi di vista.
"BUH"
Saltai dalla paura, indietreggiando e staccandomi dalla macchina; il volto di Kirby era sbucato da sopra il tettuccio della macchina. Scese con un salto, avanzando verso di me
"Oh se solo potesse vederti Seth! Se solo potesse immaginare quello che ti farò e che poi farò a lui… gli spedirò il tuo corpo pezzo per pezzo, fino a portarlo alla follia! Come ha fatto con me! Ucciderò ogni persona con cui avrà legami, parlerà, guarderà soltanto! Lo lascerò solo!! Gli porterò via tutto. Iniziando da te, piccola mocciosa"
Mi prese per i capelli, sollevandomi da terra. Non avevo più forze per combattere ma mi ricordai della pistola… era la mia unica chance
"Questo non accadrà mai"
Sussurrai premendo il grilletto da sotto la felpa.
I suoi occhi si sgranarono. In un secondo che mi sembrò interminabile mi lasciò e io caddi a terra, con lei vicino a me. Eravamo entrambe stese sulla terra, i suoi occhi ormai vitrei mi fissavano, ancora pieni di odio e veleno. Dal buco sul suo petto fuoriusciva così tanto sangue che ormai aveva raggiunto anche il mio viso. Mi lasciai andare, troppo stanca.

PDV Seth
Mia figlia era chiusa in quella casa, a pochi passi da dove si stava svolgendo la battaglia. Dopo la breve conversazione con Cory, da vigliacco quale era, mi aveva sparato un colpo, prendendomi di sfioro la spalla. Quello era stato il via alla sparatoria. Non aveva neanche avuto il tempo di scappare via che un proiettile gli aveva attraversato il cranio da parte a parte. La mia mira era quello che mi aveva fatto distinguere.
I miei avevano decimato gli avversari, che si trovavano persi senza una guida. Correvano da un albero ad un altro, cercando di ripararsi dai proiettili. Erano nostri.
Mancavano gli ultimi sette membri degli Snakes, quando qualcosa di totalmente imprevisto accadde; da dietro un albero una mano lanciò una piccola bomba a mano. Cazzo.
"AL RIPARO!"
Urlai, buttandomi a terra dietro un masso e parandomi la testa.
Intorno a me si era alzata una coltre di fumo e polvere, le urla dei miei compagni le sentivo ovattate, le mie orecchie fischiavano. Vidi la mano di Joseff, uno della banda, tendersi verso di me, l'afferrai. Mi tirò su e corremmo dietro un altro albero.
"Seth! Seth! Seth!"
La sua voce la sentivo in lontananza, mentre il fischio si andava quietando
"SETH!"
"Cosa… cosa è successo? Feriti?"
Joseff scosse la testa
"Mia, Ben e Marcus sono morti e Christian è rimasto ferito"
"Chi cazzo è stato?!"
"È lui. Helija è qui"
"Quel bastardo..."
Helija era in grado di costruire una bomba con qualsiasi cosa gli capitasse a tiro, e ora era qui. Avrebbe fatto meglio a scappare.
"ESCI FUORI BASTARDO TRADITORE!"
Urlai. Da dietro un albero poco distante vidi il suo maledetto viso
"Non penso proprio Seth, non sono così stupido"
"Dimmi perché! Perché ci hai traditi!"
"Beh... Ho sempre avuto un debole per Kirby e da quando ci siamo incontrati per caso alla gara clandestina… riuscivo a controllarmi a fatica e purtroppo, spesso, mi sono fatto scappare cose che
non avrei dovuto dire… un tempo davvero avrei fatto tutto per te, ma le cose cambiano. Non mi hai mai apprezzato e dato il giusto merito, mi hai sempre messo in disparte! Con Kirby non è così,
lei mi apprezza…"
Non riuscivo a capire, debole?...
"Ah certo. Forse non lo avrai ancora capito"
Disse ridendo
"Devi sapere che sono tutt'altro che gay, e beh… questo ovviamente mi è convenuto, oltre a sapere tutto di te: non sai quante volte ho aiutato Hana a vestirsi, oppure 'per sbaglio' l'ho sorpresa in bagno, mentre era tutta nuda…"
Che verme viscido
"Io ti ammazzo"
Potevo percepire il suo ghigno compiaciuto pur non vedendolo
"Vienimi a prendere"
Uscii allo scoperto, sparando ai lati degli alberi e uccidendo i due che vi si nascondevano dietro, e seguito dai miei compagni ci addentrammo ancora di più nel bosco. Correvo, avanti a tutti, con
unico obiettivo: quello di prenderlo. Mi fermai di colpo, lo avevo perso di vista
Da dietro sentii i miei compagni correre e gridare
"Seth! Li abbiamo uccisi tutti. Manca solo lui"
Era in trappola.
Ci aggirammo nel bosco, stando attenti a percepire qualsiasi rumore. Un altro fischio nell'aria ci riportò all'attenzione
"CORRETE!"
Un'altra bomba era stata lanciata da davanti a noi, da sopra un albero. La miccia stava per esaurirsi, così senza pensarci l'afferrai al volo, lanciandola con tutta la forza che avevo vero l'albero.
Non appena toccò la sua corteccia esplose, spaccando l'albero in due e provocandone un'incendio. La cima dell'albero si schiantò a terra e sentimmo un urlo: Helija era rimasto incastrato al di sotto dei suoi rami. Il fuoco intanto iniziava a divorare ogni cosa avesse intorno
"Non… non puoi lasciarmi qui. Avanti Seth! Liberami! In nome dei bei vecchi tempi… t-ti prego"
Guardai Flora
"Voglio che bruci vivo. Voglio vederlo morire. Esattamente come ha fatto con mio fratello"
Annuì.
"No- no ragazzi. Avanti. Era tutto un gioco, uno scherzo stupido! Mica volevo farvi del male!"
Il fuoco era ormai ai suoi piedi
"Vi prego! No, no, nooo!!"
Iniziò a urlare come un animale, le fiamme piano piano lo stavano divorando, lasciando intravedere solo la sua sagoma bloccata tra i rami che si dimenava forsennata.
"Flora… dobbiamo andare"
"Ancora un secondo"
Prese la pistola e la puntò verso di lui, sparò un colpo, due colpi tre colpi. Scaricò un intero caricatore contro quella sagoma che ormai non si vedeva più.
"Dobbiamo scappare, prima di rimanere intrappolati"
La spinsi dalla schiena, i suoi occhi ancora riflettevano l'odio profondo nei suoi confronti. Aveva vendicato Liam.
Corsi alla capanna, buttando giù la porta
"USCITE! È finito tutto! Dobbiamo andarcene"
Vidi la mia bambina in lacrime correre verso di me
"Papà!"
La presi in braccio, stringendola forte a me
"È tutto finito, te lo prometto amore mio. Te lo prometto"
Fuori il fuoco iniziava a divampare
"Andiamo alle macchine, svelti"
Uscimmo tutti di corsa e ci infilammo in macchina. Ora che la mia bambina era salva avrei cercato Hana
"Gioia, ascoltami. Devi andare con Flora, è una mia cara amica. Devo fare ancora un'ultima cosa e poi prometto che non ti lascerò più"
Lei annuì, triste, dando la mano a Flora e salendo in macchina partì.
Le avevo mentito. Sarei sparito, per tenerla in salvo. Lei e Hana.
Presi la moto che tenevamo di riserva nel piccolo box della casetta e partii. Si stavano dirigendo in ospedale, dovevo solo sperare che ci erano arrivati.

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


PDV Seth
Correvo nelle strade desolate delle campagne di Londra, con solo lei nella mia testa. Dovevo salvarla. Dopo poco vidi due sagome di macchine sul ciglio della strada. Merda, ero arrivato tardi. Non appena arrivai vicino a queste, buttai la moto per terra scendendo di corsa. C'erano due corpi distesi per terra.
Ti prego, dio, fa che non sia morta, ti prego.
Corsi vicino loro, prendendo un respiro. C'era una pozza di sangue unica e non si capiva da chi provenisse. Erano Kirby e Hana.
Mi precipitai da Hana, spostandole i capelli dal suo bel viso: il suo respiro fioco fuoriusciva dalle labbra dischiuse. Tra le mani aveva una pistola e vi era un bossolo vicino al corpo di Kirby. Era stata lei ad ucciderla. La mia piccola… cos'era stata costretta a fare… le avevo rubato l'anima, se solo fossi potuto tornare indietro niente di tutto ciò sarebbe successo.
La sollevai leggermente, mettendola seduta tra le mie braccia
"Hana! Amore! Ti prego, rispondimi!"
Le parlai disperato, accarezzandole il volto sporco di sangue. Vidi i suoi occhi aprirsi leggermente e le sue labbra muoversi debolmente.
"Seth…"
I nostri sguardi si incontrarono e io inizia a piangere
"Pensavo di averti persa…"
Lei sorrise, alzando una mano verso la mia guancia e la accarezzò dolcemente, per poi farla cadere pesantemente per terra, svenendo di nuovo.
"Ok amore, lasciati andare. Ci sono io. Non ti accadrà nient'altro… te lo prometto"
Le sussurrai posando la mia fronte contro la sua.
Sembrava non avere ulteriori ferite gravi, tranne dei graffi sul viso, nascosti da tutto quel sangue. La presi in braccio dirigendomi verso la macchina di Kirby, poiché l'altra macchina era totalmente distrutta, e la feci distendere nei sedili posteriori. Tornai indietro ripensando a dove fosse Sonny e per incendiare tutto e cancellare le prove. Mi avvicinai alla macchina e sporgendomi dal finestrino distrutto mi accorsi di Sonny, disteso nel sedile del guidatore, anche lui privo di sensi.
"Sonny!"
Spalancai lo sportello e lo vidi con il petto sanguinante. Gli sentii il battito: anche lui era vivo, ma ancora per poco.
Lo caricai sulle spalle, facendolo entrare in macchina; ritornai alla macchina cospargendola di benzina presa dal mio motore e detti fuoco ad entrambi, insieme al corpo di Kirby. Poi partì a tutta velocità verso l'ospedale.

"HO BISOGNO DI AIUTO!!! HO DUE FERITI GRAVI IN MACCHINA!"
Subito dei soccorritori con delle barelle si avvicinarono, portandosi Sonny e Hana.
Sta volta non sarei scappato dalle mie responsabilità. Non avrei lasciata Hana da sola. Varcai le porte dell'ospedale, inseguendo la barella di Hana che entrò in una stanza, a cui io non potei entrare. Quella di Sonny era entrata in sala operatoria, avevo sentito i medici dire che lo avevo portato giusto in tempo: altri dieci minuti e non si sarebbe più potuto fare niente.
Guardai dal vetro della porta la mia ragazza essere presa e messa su un lettino. Mi sentii toccare la spalla da una mano grossa e forzuta
"Signore? La prego di seguirci, dobbiamo farle delle domande"
Mi girai e vidi due poliziotti, che non appena mi riconobbero subito portarono le mani al manico della pistola. Annuii porgendo i polsi che subito vennero imprigionati dalle manette.
Mi portarono in una stanza, un ufficio all'ultimo piano dell'ospedale. Dal vetro dietro la scrivania potevo vedere tutto l'ospedale, che aveva una forma a semicerchio, e il piazzale da cui arrivavano le ambulanze, oltre ad avere una vista pazzesca. Mi fermai un attimo cercando di trovare quella in cui Hana era stata messa
"Prego, si accomodi Signor… "
"Aniston"
Mi sedetti in una delle due sedie poste dietro la scrivania, il più autoritario dei due poliziotti si sedette di fronte a me, invece l'altro spostò la sedia il più lontano possibile da me.
"Mi racconti cosa è successo"


Dopo circa un'ora di interrogatorio riuscii a convincere i due poliziotti del fatto che ci fosse stato un incidente, a cui avevo assistito e soccorso i due superstiti. Il che in parte era vero ma omisi il fatto che li conoscevo molto bene.
Girai l'angolo della stanza, prendendo una penna e un foglio e sedendomi su un divanetto lì vicino, iniziando a scrivere.

Chiusi la lettera, portandomela alle labbra e baciandola. Mi alzai dal divanetto avviandomi a gran passi verso quella della mia ragazza, quando riconobbi una certa persona
"Dott. Colman!"
Lui si girò lentamente, scrutandomi con occhi sgranati
"S-signor… ho fatto quello che mi ha detto! La signorina Smith non ha perso il lavoro!! Glielo giuro!!"
Mi doveva un favore: si era indebitato fino all'osso per uso di droga e io lo avevo aiutato ad uscirne ma in cambio lui avrebbe soccorso me e tutta la banda fino a quando non lo avessi deciso io, ecco perché incontrai Hana in questo ospedale qualche tempo prima ed ecco perché lei era diventata la preferita di Colman, glielo avevo ordinato per renderla il medico più bravo di tutti. Dopo la ferita dell'arma da fuoco ero andata da lei perché mi mancava tremendamente, rivederla in ospedale mi aveva fatto riaffiorare tutti i ricordi; volevo fosse lei a curarmi e magari in quel modo sarei riuscito a rientrare nelle sue grazie.
In ogni caso il favore di non licenziare Hana e di non fare domande era stato l'ultimo, quello che lo aveva liberato da me e dal nostro patto.
Lo fermai subito.
"Lo so, puoi tranquillizzarti. Non ti ho fermato per questo"
"Ho fatto qualcosa di sbagliato?... Sono di nuovo nei casini?"
"No. Ho bisogno di un ultimo favore però"
Stava per aprire bocca e protestare ma non gliene lasciai spazio
"Devi dare questa ad Hana, per favore"
Dissi con le lacrime agli occhi, tendendo la mano con la lettera. Lui mi guardò interrogativo
"Cosa…?"
"Fallo e basta. Quando si sarà svegliata le consegnerai questa lettera."
Lui dubbioso la prese, mettendosela nel taschino del camice.
Feci per andarmene
"Devi fare di tutto affinché Sonny e Hana si rimettano. Se non sarà così e verrò a sapere che qualcosa di male è accaduto anche ad uno solo di loro… la verrò a cercare fino in capo al mondo"
Dissi girando la testa lateralmente, per poi andarmene.
Era stata la cosa giusta. Non sarei riuscita a lasciarla andare di presenza, e anche solo il fatto di consegnarle la lettera mi metteva paura, anzi terrore.
Uscii dall'ospedale guardandomi un'ultima volta indietro e autoconvincendomi di aver fatto la cosa giusta. Montai in macchina e mi diressi verso l'aeroporto.

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


PDV Hana
Una luce fioca mi fece risvegliare. Aprii gli occhi lentamente, cercando di mettere a fuoco il più possibile. Mi stropicciai gli occhi, mettendomi lentamente a sedere, procurandomi una fitta al petto. I ricordi iniziarono ad affiorare: la corsa in macchina, Sonny, Kirby…
Mi guardai intorno spaesata e confusa, come ci ero arrivata qui? Riconoscevo quella stanza, ci ero stata in così tante occasioni… ma sta volta vi ero io sul lettino dell'ospedale. Era così bianca che la luce riflettendoci sopra mi accecava quasi, abbagliandomi e impedendomi di mettere bene a fuoco; ci volle un po' affinché i miei occhi si abituassero, la grande finestra aveva le tende spalancate da cui si poteva vedere tutto l'ospedale. Abbassai lo sguardo, seguendo i fili attaccati al mio corpo che mi condussero alle macchine poste di fianco al mio letto; avevo solo quella che segnava il mio battito, simbolo che la mia respirazione andava bene e non aveva bisogno di una macchina che lo aiutasse; questa suonava un ritmo lento e pacato, con le linee che avevano dei picchi di ugual misura e perfettamente distanziati, simbolo della mia guarigione. Staccai i cavi procurandomi un sussulto, causato dallo scotch perfettamente aderito alla mia pelle .
"Sai dov'è la mia mamma?"
Saltai leggermente in aria a quella voce: alzai lo sguardo e vidi sulla poltrona di pelle bianca e beige posta all'angolo una bambina che stringeva un orsacchiotto. Poteva avere non più di sette anni, era vestita con una salopette in jeans e una maglietta rosa con le maniche a sbuffo. La guardai confusa, girandomi verso la porta per vedere se ci fosse qualcuno nelle vicinanze ma niente
"T-ti sei persa?"
Lei scosse la testa, scendendo con un balzo dalla poltrona e si avvicinò a me timidamente. La osservai avanzare a piccoli passi mentre si trascinava dietro quel peluche. Aveva un che di familiare… I suoi capelli castani come la pece erano raccolti in due codine ricciolute e i suoi occhi color ghiaccio mi penetravano a fondo, inchiodandomi nel lettino.
Merda. Realizzai chi fosse quella bambina
"Tu sei… sei Gioia"
Le dissi incredula, lei nel frattempo si era seduta sul letto accanto a me.
Annuì
"Allora lo sai?"
Oddio, una tenaglia chiuse le mie budella. Come potevo dirle che la sua mamma non c'era più… per colpa mia?
Rimasi bloccata a fissarla con gli occhi sgranati e la bocca spalancata.
"Ti senti male?"
Lei disse preoccupata, avvicinandosi e mettendomi una mano sulla fronte, come per sentire la mia temperatura. Le presi la sua manina stringendola tra le mie
"N-no, sto bene"
Le sorrisi forzatamente, vedendo la sua preoccupazione in quel suo visino paffuto. Lei guardò il suo peluche, guardando poi me e porgendomelo
"Quando sto male Boh è sempre con me e dopo averlo stretto per un pò mi sento sempre meglio"
Era così ingenua e dolce… come le avevo potuto fare una cosa del genere? Non avrebbe più rivisto sua madre…
Presi il suo orsetto, a cui mancava un occhio, stringendolo e ringraziandola. Mi decisi a parlare, ovviamente non le avrei detto che sua mamma era morta, mi sarei dovuta inventare un qualcosa molto velocemente perché la sua faccina mi squadrava e i suoi occhi cercavano di captare ogni mio pensiero, quei occhi che erano gli stessi di Seth e avevano quasi lo stesso potere su di me
"Gioia, vedi…"
"Signorina Smith!! Vedo che si è ripresa!"
Mi voltai di scattò notando il Dott. Colman entrare nella stanza sorridente, l'ultima volta che lo avevo sentito era stato prima del ballo, non lo avevo mai richiamato per scusarmi o dargli delle spiegazioni ma d'altronde neanche lui si era fatto sentire.
"Dott. Colman! Io… non l'ho mai richiamata… immagino che ora lei voglia licenziarmi…"
"Non dica sciocchezze! Piuttosto misuriamo la pressione"
Poi si rivolse alla bimba, sempre seduta accanto a me che lo guardava preoccupata e con aria protettiva.
"Piccolina che ne dici di uscire un attimo? Fuori c'è una persona che ti aspetta"
Lei mi guardò, sussurrandomi all'orecchio con la bocca coperta dalla sua manina
"Se hai paura stringi forte Boh e chiudi gli occhi, pensando a un bel prato verde con tante farfalle. Me lo dice sempre il mio papà"
Disse sorridendo per poi uscire e lasciarmi da sola con il dottore, che chiuse la porta non appena la piccolina scomparve dalla nostra visuale
"Dov'è suo padre?"
Gli chiesi, indicando con la testa la bambina che era appena uscita
"L'altro ragazzo con cui sono arrivata come sta?"
"Sonny se la caverà, ora è sotto osservazione; ha appena finito l'intervento di estrazione del proiettile. Ora Hana... Seth mi ha chiesto di darti questa"
Disse sfilandosi dalla taschino del camice un foglio piegato con cura e posandolo accanto al mio letto sul piccolo comodino, lo guardai confusa
"Come fa a conoscere Seth?"
"Diciamo solo che gli dovevo dei favori… non devi sapere altro"
Uscì dalla stanza, lasciandomi di nuovo da sola. Guardai il foglio e lo presi, aprendolo e iniziando a leggerlo.

 

Cara Hana,
devo spiegarti e dirti molte cose e cercherò di farlo con questa lettera.
Iniziamo da Gioia. Immagino che tu ormai l'avrai conosciuta: è una bambina incredibile, anche se ha solo sei anni riesce ad avere la maturità e intelligenza di una persona adulta! È sempre stata così sorprendente… con le sue domande puntigliose e schiette. E i suoi occhietti inquisitori… è impossibile mentirle, lei lo capirà subito.
Sei anni fa, per sbaglio, ho messo incinta Kirby ed è nata lei. Io non ho saputo niente della sua esistenza se non dopo il primo anno e mezzo della sua vita, grazie a degli infiltrati che ero riuscito ad immettere nel suo clan. Da quel momento la mia vita è cambiata del tutto. Ho deciso di portarla via da sua mamma, dopo le cose che mi hanno raccontato: lei non sapeva come accudirla ed è sempre stata nota per i suoi sbalzi d'umore e per le sue "abitudini", poco adatte per una bambina così piccola. Due anni fa finalmente sono riuscita a portargliela via, nascondendola per tutto questo tempo a tutti, anche a Sonny. Nessuno sapeva della sua esistenza perché ero terrorizzata dall'idea di perderla ed è anche per questo che non ti ho più cercata, anche se ti volevo indietro più di ogni altra cosa al mondo… non volevo che tu portassi un peso del genere sulle spalle, un segreto che ti avrebbe messa in pericolo, cosa che è successa... Ma poi ti ho incontrato per caso, prima in quel vicoletto e poi in questo ospedale… e mi sono reso conto di quanto mi mancasse qualcosa nella vita e di quanto fosse incompleta. E quel qualcosa eri proprio tu. Tu mi completavi, in un certo senso mi rendevi una persona migliore.

 

Feci una pausa, asciugandomi una lacrima ribelle. Perché non era qui a dirmi tutto questo di persona?

 

Per questo ti ho cercato quando sono rimasto ferito… ma non avrei mai immaginato quanto le cose si sarebbero complicate. Se solo avessi saputo… se solo avessi saputo che tutto questo ti avrebbe portato qui, distesa sul letto di un ospedale piena di ferite… e con il peso di Kirby. Perché lo so Hana, ma non preoccuparti non lo scoprirà nessuno, nessuno mai verrà a sapere cosa è successo; me ne sono già occupato.
Ora ascoltami bene amore mio. Io me ne andrò via, scomparirò dalla tua vita, portandomi tutti i problemi con me. Ma tu Hana, tu devi andare avanti, farti una vita tua, lontana da tutto il male che ti ho fatto, lontana da ogni pericolo, lontana da me. Lo so che mi detesterai e odierai perché me ne sono andato, e credimi se ti dico che anch'io mi odio per averti fatto questo… ma preferisco che sia così piuttosto che vederti soffrire ancora e ancora per me, vederti in pericolo… non voglio che tu passi una vita in fuga. Per questo sono disposto a rinunciare a te: il mio amore supera il mio egoismo, non voglio che ti accada più nulla.

 

Mi bloccai di colpo. Mi aveva abbandonato. Afferrai il telefono accanto a me, posizionato sul comodino, e inizia a digitare il suo numero ma la linea cadeva in continuazione. La segreteria mi riferì che il numero non era più attivo.
Rimasi bloccata, guardando il telefono. Non poteva finire così.
Ripresi a leggere la lettera velocemente, con le lacrime che mi appannavano la vista

 

Ti chiedo solo una cosa: prenditi cura di mia figlia, te ne prego. Siete le due persone più care al mondo. Sapere che lei sarà con te e tu con lei per me è un modo per avervi vicino, in un certo senso. So quanto è difficile, quanto sarà complicato per te guardarla ogni giorno e mentirle su me e su sua madre… e accetterò un tuo rifiuto, se non ti sentirai pronta a farlo. Ma ti prego, pensaci. Ne ha passate tante, è cresciuta senza una mamma e quasi senza un papà… per lei desidero solo una famiglia che la ami come solo tu potresti fare.
Non appena avrai deciso potrai rivolgerti a Flora. Ha delle disposizioni ben precise a seconda della tua decisione, che spero con tutto me stesso essere positiva.
Forse ora ti starai chiedendo qual è il mio collegamento con Flora… lei è una dei miei. Mi dispiace non avertelo mai detto ma sapevo non avresti accettato una guardia del corpo, così insomma… siete diventate amiche. Perdonala, lei ti vuole bene. Aveva degli ordini precisi, e uno di questi era quello di non uscire allo scoperto… è stata lei a chiamarci quando quell'uomo è entrato in casa tua. È merito suo se hai potuto dormire tranquillamente. Quindi ti prego, perdonala, e prenditela con me piuttosto.
Hana un'ultima cosa. Heljia è morto, faceva il doppiogiochista con Kirby e aveva una mezza relazione con lei. Si è rivelato una persona molto diversa da quella che conoscevi, in tutto e per tutto. Ma per lui non mi dispiace, ha ricevuto quello che si meritava. Ha preso in giro tutti noi.
Penso di averti spiegato tutto con questa lettera. Non sarei mai riuscito a lasciarti andare di presenza, ecco perché te l'ho scritta.
Mi dispiace per come sono andate le cose, mi dispiace di averti rovinato la vita, mi dispiace che tu mi abbia conosciuto, ma posso ancora rimediare, uscendo dalla tua vita e facendoti tornare a respirare.
Tu devi essere libera, libera da me. Ti amo Hana e ti amerò per il resto della mia vita.

Per sempre tuo, Seth

 

Avevo il cuore spezzato in un'infinità di pezzi, e sta volta non sarei stata in grado di riassemblarlo.

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


PDV Hana

Era passata una settimana, una settimana da quella fottuta lettera. Ero stata dimessa il giorno dopo averla letta, mentre Sonny mostrava buoni segni di ripresa ma era ancora ricoverato in ospedale e costretto a letto.

I poliziotti erano venuti a farci domande riguardo l'incidente ed entrambi ci eravamo messi d'accordo sulla stessa versione, uguale a quella sua lui... Così se ne erano andati, non trovando nessun capo d'accusa.

Ancora non avevo affrontato Flora, né tanto meno avevo preso una decisione su Gioia; il dottor Colman mi aveva proposto di ritornare a lavorare in ospedale ma avevo rifiutato, licenziandomi definitivamente. Non volevo più entrare in quel posto, non ne volevo più sapere niente. Mi ricordava troppo come lui mi avesse abbandonata, come mi avesse lasciata lì con mille domande, senza un suo addio, senza assolutamente niente.

I giorni erano passati lentamente, distesa a letto o sul divano, a fissare il soffitto. Non avevo più pianto, non provavo più dolore: avevo spento tutte le mie emozioni. Dopo aver letto quella lettera avevo pianto per tutta la notte, non riuscendo a chiudere occhio, ma al mattino il mio viso pallido e i miei occhi rossi e umidi avevano perso espressività, era come se fossi entrata in una sorta di trance, dalla quale sarebbe stato difficile uscire.

Ero sul letto quando lo squillare del mio telefono richiamò la mia attenzione, una piccola, minuscola parte di me sperava fosse lui… risposi senza guardare chi fosse

"Hana"

Dissi semplicemente, con una voce del tutto senza emozioni

"Sono Flora…"

Forse il momento in cui l'avrei dovuta affrontare era arrivato.

Non sentendomi parlare continuò lei

"Senti lo so… lo so e mi dispiace, Hana. Io ti volevo, ti voglio davvero bene…"

La bloccai, sussurrando tra i denti

"Perché non mi hai mai detto niente… eri la mia unica amica"

"Hana, non potevo!"

Sentii una vocina in sottofondo e Flora allontanare il telefono dall'orecchio e coprire il microfono. Dopo pochi istanti una vocina parlò

"Ehm… sono Gioia! Spero che tu ti sia ripresa! Ma… non è che… potrei riavere il mio Boh? Lui è l'unico amico che mi è rimasto da quando… da quando mamma e papà sono andati via!"

Disse scoppiando in lacrime. Mi sentii una vera merda. Me ne ero totalmente dimenticata di quell'orsetto che ora mi stava guardando dall'angolo del comodino.

"N-no, tesoro non piangere! Boh sta benissimo! Sai è rimasto ancora un po' con me perché… perché ha incontrato una coniglietta e se ne è innamorato perdutamente! Ma non riusciva a convincerla a venire anche lei da te… ma sai che ti dico? Ora le parlo io!"

Mi guardai intorno, vedendo il mio coniglietto, Betty, che da piccola portavo sempre con me. Mi alzai dal letto, dirigendomi verso la cassapanca su cui era poggiato, e lo presi scuotendolo un po' per levargli la polvere di dosso

"Betty! Sai che c'è una bambina bellissima pronta a darti tanto amore e tante carezze e coccole?"

Mi fermai un attimo

"Gioia, vuoi parlarle anche tu?"

Lei sussurrò un sì, iniziando a parlare

"Ciao Betty, mi chiamo Gioia. Lo so che tu e il mio Boh vi siete innamorati… ma lui mi manca tanto! Non posso più parlare con nessuno, non ho più nessuno che mi ascolti e consoli…"

Le lacrime iniziarono a scendere, sentendo quanto quella bambina fosse sola e triste. Mi aveva scosso dentro, facendomi tornare a sentire qualcosa. Forse lei poteva salvarmi dal baratro in cui stavo cadendo.

Le avevo portato via il suo unico conforto ma nonostante questo non si era messa a urlare come un qualsiasi bambino normale avrebbe fatto… parlava con una maturità tale da spaventarmi. Era tutta suo padre.

"Ma non importa… io voglio bene a Boh, quindi se tu non vorrai venire con me… non importa. Non ti preoccupare Betty"

Iniziò a singhiozzare. Ripresi la situazione in mano

"Gioia!! Betty mi ha appena detto di aver cambiato idea!!! Lei sarebbe onorata di venire a stare con te! Oggi stesso lei e Boh si traferiranno da te!"

Lei incredula al telefono rispose eccitata

"Davvero??? Grazie, grazie, grazie!"

Mi scappò una risata a vederla così felice. Cosa che stava trasmettendo anche a me.

"Gioia, che ne dici di passarmi Flora? Così ci mettiamo d'accordo su quando posso portarli!"

"Sisisisi, grazie Hana!"

La voce di Flora dall'altro lato della cornetta mi riportò alla realtà

"Va bene, la terrò. Gioia verrà a stare con me"

Dall'altro lato calò il silenzio per qualche secondo

"Oh… Hana, non sai quanto è bello sentirtelo dire…"

"Portala oggi a casa mia. Di pomeriggio"

"Grazie, Hana. Davvero"

Disse prima di riattaccare.

Quella bambina poteva essere la mia unica chance.

 

Erano le quattro precise quando il campanello bussò. Mi ero fatta una doccia, sistemandomi e ordinando la casa. Cosa che non facevo dal rientro dell'ospedale.

Mi precipitai ad aprire la porta, venendo investita da un abbraccio travolgente. Le sorrisi, carezzandole la testolina

"Ciao piccolina! In soggiorno ci sono due belle sorprese che ti aspettano"

Le dissi teneramente indicandole la strada. I suoi occhi si illuminarono e il suo sorriso si aprì mostrandomi i suoi dentini; mi superò correndo in soggiorno e dopo aver girato un po' finalmente trovò i due peluche.

"Ciao Betty! Finalmente ci conosciamo di persona! Io sono Gioia!"

Poi rivolgendosi a Boh

"È molto carina, bravo Boh"

Prese i due giocattoli, portandoseli al petto e iniziò a girare su sé stessa, felice.

Rimasi a guardarla con le lacrime che rischiavano di cadere. Mi ricordava tremendamente lui, in tutto. E questo mi portava nostalgia e tristezza, ma anche gioia e un senso di felicità. Era come averlo con me, anche se in modo molto lontano.

Un colpetto di tosse richiamò la mia attenzione, e vidi Flora carica di pacchi all'entrata

"Oh, scusami"

Le dissi prendendole qualcosa dalle mani. Mi ringraziò con un sorriso quando mi spostai, permettendole l'ingresso. Lasciammo tutte le cose all'ingresso e poi, dopo esserci assicurate che Gioia stesse giocando in soggiorno, andammo in cucina, socchiudendo la porta per tenerla d'occhio.

Ci accomodammo sull'isola, sedendoci a distanza di uno sgabello e iniziammo a fissare entrambe le nostre mani.

"Mi dispiace!"

Dicemmo contemporaneamente, fissandoci negli occhi e sorridendo

"Hana, non potevo dirti niente… non sai quante volte avrei voluto mandare a fanculo tutti e dirti ogni cosa! Ma non potevo, non potevo… per me sei stata davvero un'amica e ti voglio bene, te ne vorrò sempre"

Mi disse con le lacrime che minacciavano di uscire

"Flora, mi dispiace… averti tratta in quel modo, non essermi fatta sentire in questo tempo… tu sei stata la mia unica vera amica, che sia stato vero o no. Non- non riuscivo a capacitarmene, di lui che mi abbandona e mi lascia così…"

Dissi sull'orlo di un pianto isterico. Tutte le mie emozioni che avevo cercato di tenere a freno erano riemerse. Lei si spostò, sedendosi accanto a me e prendendo le mie mani fra le sue, spronandomi a parlare

"Non capisco perché lo abbia fatto… che voglia proteggermi o no… lui lo sapeva, sapeva che non lo avrei lasciato andare, nonostante tutto quello che è successo. L'ho già perso una volta, e me ne sono pentita amaramente. Preferisco avere una vita con lui in fuga o in pericolo, che una non vita senza…"

Lei mi sorrise amaramente, asciugandomi le lacrime dal volto

"Non riesco ad odiarlo, non riesco ad essere delusa da lui. Non ci riesco. Lo amo ancora di più, se possibile, perché ha voluto mettere me e la sua bambina davanti ogni cosa."

Lei annuì, apprensiva. La guardai speranzosa

"T-tu… sai dov'è?"

Lei si morse il labbro, scuotendo la testa

"Non lo ha detto a nessuno, Hana… mi dispiace"

Annuii sconsolata

"Dovevo immaginarlo…"

Restammo qualche minuto in silenzio fin quando lei non parlò di nuovo

"Sei sicura di Gioia…?"

Alzai gli occhi su di lei

"Si, in soli cinque minuti è riuscita a farmi sorridere e farmi sentire bene e… felice. È un modo per portarlo sempre con me…"

Dissi annuendo con convinzione. Lei mi sorrise, tornando seria di colpo

"Hana, dovete andarvene di qua"

La guardai, inarcando le sopracciglia

"Andare...? Dove? Perché?"

"Qua non siete al sicuro. Ormai tutti sanno di te e di Gioia, e non potremo tenervi d'occhio per sempre. L'unico modo per tenervi al sicuro è quello di fare perdere le vostre tracce."

Abbassai lo sguardo sulle mie mani. In questa città non avevo stretto legami e non avevo più un lavoro. Forse ricominciare tutto daccapo mi avrebbe fatto solo bene.

"Dove dovremmo andare?"

Lei sorrise, consapevole del fatto che mi aveva convinta

"Seth ha acquistato una villa in Francia, nei pressi di Èze"

Non conoscevo questa località, non conoscevo proprio la Francia. Vedendo il mio sguardo perplesso mi spiegò

"È un paese vicino al mare, che sorge su una collina. Vi abitano poche persone e questo ci sarà di aiuto, oltre al fatto che saremo in aperta campagna, immersi nel bosco"

"Ci?..."

Chiesi confusa. Lei annuì sorridente

"Mica vi lascio andare da sole! Qualcuno che parla bene il francese dovrà pure esserci…!"

La mia bocca si aprì in un sorriso, accantonando per un attimo il pensiero di Seth.

 

QUALCHE MESE DOPO

Il posto era incantevole. La villetta era sommersa dal verde e dalla natura, tutto intorno a noi si stagliavano vaste infinite di vigneti e il blu del mare che si mescolava con l'azzurro del cielo ci regalava ogni sera tramonti indimenticabili.

La casa, costruita interamente in mattoni, aveva un gusto classico ed elegante. Era composta da tre piani. L'accesso dava su un enorme salone con a destra un camino che si ergeva imponente sulla stanza, attorniato da dei divani in camoscio bianchi, e a sinistra un elegante tavolo da pranzo in legno antico per 12 persone occupava una gran parte della stanza, posto accanto a una serie di finestre che rendevano l'ambiente estremamente illuminato; nella parte centrale, a separare i due ambienti, un altro tavolo circolare era posto al centro, anch'esso in legno, con un vaso pieno di fiori freschi. Dietro di questo vi erano due porte: una ospitava un bagno, grande la metà del salotto, composto interamente in marmo e con le pareti in pietra. Al centro di esso una vasca da bagno in stile classico rendeva la stanza principesca.

L'altra porta conduceva alla cucina. Un ambiente anche questo illuminato dalla presenza di sei grandi finestre; al centro della stanza vi era un'isola con degli sgabelli su cui ogni mattina facevamo colazione.

Le scale per salire al piano superiore erano poste nel salotto, di fianco ai divani.

Salite si accedeva in un'area con delle poltrone in tessuto bianco e una televisione a settantacinque pollici. Vi era anche un bar, con una fornitura di alcool impressionante. Bottiglie di vino erano posizionate ordinatamente sugli scaffali, rendendolo prezioso.

Superato il soggiorno vi era un corridoio con tre porte. Nella prima sulla destra vi era la stanza di Gioia, una cameretta che ogni bambina avrebbe sognato. Il letto era a forma di carrozza, come la zucca di Cenerentola, uno dei suoi cartoni preferiti, nella porta di fonte un bagno decisamente troppo grande per una bimba di soli sette anni.

La porta di fronte era un'altra stanza da letto, la stanza di Flora.

Un letto a baldacchino era posto di lato alla stanza e dava su un balconcino privato che si affacciava sulla piscina esterna e sul mare, anche questa stanza aveva un bagno privato.

L'ultima stanza invece era una biblioteca, una stanza piena di librerie che arrivavano al soffitto e cumuli di libri; il soffitto alto permetteva lo spazio a dei soppalchi di attraversarla per tutto il perimetro. Era una stanza in cui ultimamente amavo trascorrere il tempo. Le letture mi tenevano impegnate la mente, mi impedivano di pensare a lui… che mi mancava così tanto. Non sapevo che fine avesse fatto, neanche se stesse bene… non avevamo sue notizie, tutti ne avevano perso le tracce. Ormai su tutti i telegiornali era spuntata la notizia di tutti i suoi crimini, della sparatoria, di Kirby (tutte cose che avevamo tenuto ben nascoste a Gioia, non ancora in grado di reggere delle notizie del genere): era diventato un ricercato in tutta Inghilterra. Sonny era stato dimesso giusto in tempo dall'ospedale e ormai era ben lontano da Londra; non avevamo tracce neanche di lui. Era come se tutto il passato fosse stato cancellato in un attimo, se non fosse stato per tutte le foto segnaletiche… potevo percepire il suo sguardo glaciale anche da una singola foto in bianco e nero, potevo ricordare il ghiaccio dei suoi occhi, la morbidezza delle sue labbra, il suo profumo…

L'ultimo piano, da cui si accedeva dal soggiorno, infine si apriva in un anticamera con dei divani rosa cipria. Le finestre circondavano la stanza e le tende con dei leggeri disegni romantici svolazzavano libere. Davanti i due divani vi era un camino laccato in bianco. Sulla destra vi era l'accesso per la mia stanza da letto. Un letto a baldacchino in ferro battuto e con delle tende bianche si ergeva al centro della stanza, ai lati due eleganti tavolini in vetro e ferro lo spalleggiavano con dei paralumi sempre nelle tonalità del rosa. Sulla destra vi erano altre due porte: la prima conduceva al bagno, coperto interamente di marmo bianco, la seconda invece portava ad una cabina armadio, arredata con eleganti armadi in legno bianco, con una toilette e con una scarpiera. Al mio arrivo la cabina armadio era stata riempita di gioielli, scarpe, vestiti e borse dalle più eleganti fatture. Tutti fatti su misura per me.

La stanza aveva un balconcino privato che si affacciava sulla casetta privata per gli ospiti, che era grande quanto tutta la mia casa, se non di più, e dava sul vigneto infinito e sulla collina dove si ergeva il paese.

Quel posto era un vero e proprio paradiso, ma per me non lo era, non lo era se non avevo lui accanto. 

 

"Hana! Andiamo a fare una passeggiata al lago?"

La piccola Gioia fece capolino nella biblioteca, dove al mio solito ero assorta a leggere un libro. Stavo leggendo 'Cime tempestose' e la storia di Heathcliff e Catherine in un certo senso mi ricordava la mia: una passione talmente tanto forte da distruggere entrambi.

"Hanaaaa!"

Mi risvegliai dai pensieri che correvano liberi nella mia testa. Alzai lo sguardo incontrandomi con gli occhioni di Gioia. Le sorrisi, chiudendo il libro e alzandomi dalla poltrona bordeaux, posta di fianco ad una finestra e un caminetto. Le porsi la mano conducendola fuori dalla villa. In quei due mesi avevamo stretto moltissimo, era una bambina speciale, allegra, intelligente… mi rendeva felice stare con lei o anche semplicemente rincorrerci sul prato. Riuscivo a staccare la mente quando mi era vicina, anche perché non volevo che vedesse il buio nei miei occhi e la mia tristezza.

"Ti piace qui piccolina?"

Le chiesi mentre camminavamo verso il lago, a pochi passi dalla casa. Lei alzò lo sguardo accennando un sorriso

"Io si. Ma tu no"

Mi fermai, sedendomi sul prato e iniziando a piangere. Non avevo mai pianto ancora di fronte a lei, credevo sempre di riuscire ad indossare una maschera in sua presenza, invece… solitamente quando mi chiudevo in camera iniziava la mia pena, non poteva vedermi né sentirmi nessuno e potevo dare sfogo a tutta la mia tristezza. Avevo iniziato a mangiare pochissimo e uscire sempre di meno, tranne quando era Gioia che mi chiedeva. Anche se io non me ne rendevo conto lei cercava sempre di starmi il più vicina possibile, tenendomi distratta e impegnando la mia mente.

"Mamma, vedrai che tutto questo dolore passerà. Ci sono io a consolarti nel frattempo"

Disse sedendosi accanto a me e avvolgendomi con le sue braccine.

Mamma. Non mi aveva mai chiamata così, non avevo mai fatto niente di che per meritarmelo.

La guardai, il suo visino così buffo mi scrutava, i suoi occhietti pieni di tristezza. Avevo pianto più io di una bambina di sei, quasi sette anni. Lei aveva perso entrambi i genitori invece era qui a consolarmi, come poteva.

Le sorrisi debolmente, iniziando a riempirla di baci su tutto il suo visino. Lei mi ricompensò con una dolce risata, che mi fece dimenticare tutto il dolore. Poi si fermò, guardandomi con timidezza

"Posso- posso chiamarti mamma vero?"

Il mio sorriso si aprì ancora di più

"Ne sarei estremamente felice, amore mio"

 

La giornata proseguì nel migliore dei modi. Gioia non mi aveva mollata un secondo facendomi ridere a crepa pelle e io le ero infinitamente grata per questo. Si erano fatte le sette di sera così ci avviammo a casa, più unite che mai.

"Zia Flora! Siamo a casa!"

Urlò Gioia, asciugandosi i piedi sporchi di fango all'ingresso

Il viso di Flora sbucò fuori dalla cucina, qualcosa non andava

"Tesoro! Sto preparando la cena… che ne dici se nel mentre vai a giocare con Boh e Betty? Ti chiamo appena è pronto"

Gioia annuì, correndo verso le scale per andare nella sua stanza. Io invece corsi da Flora. Non appena entrai la guardai bene, il volto rigato dalle lacrime, le labbra screpolate, gli occhi pesti. Strabuzzai gli occhi, precipitandomi da lei

"Flora!! Che è successo?? Stai bene?!"

Lei scosse la testa

"Hana, forse è meglio che tu ti sieda"

Non sapevo che il mio mondo sarebbe ulteriormente crollato nel giro di pochi secondi.

Non appena mi sedetti lei mi passò l'Ipad, con un video del telegiornale. La guardai con occhi interrogativi, anche se una piccola parte di me sapeva cosa stavo per vedere e sentire

"Fallo partire"

Ubbidii, premendo play e iniziando ad ascoltare la voce della giornalista del telegiornale.

"Buonasera, qui è Angela Key al telegiornale straordinario delle 6pm.

Questa mattina vi è stato un incidente mortale a Belfast, Irlanda, sulla A12. Una macchina si è scontrata ferocemente contro il guardrail, incendiandosi nell'immediato: per i due conducenti non c'è stata via di scampo. Si riportano due morti, identificati solo attraverso le impronte dentali, unico elemento di riconoscimento ritrovato a seguito dell'incendio che ha distrutto interamente il veicolo e i corpi dei due uomini.

Ufficiale: terminano le ricerche su Seth Aniston e Sonny Darpes.

I due erano tra i più ricercati di Inghilterra e Irlanda; la loro fuga è finalmente giunta al termine, portando giustizia alle famiglie di tutte le loro vittime.

Questo è tutto, ora passiamo alla cronaca rosa: il principe Harry e la moglie Meghan hanno avuto un bel maschietto!"

Buttai l'Ipad contro la finestra della stanza, frantumandola in mille pezzi. Così come il mio cuore che ormai si era sgretolato definitivamente.

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Una settimana, due settimane, tre settimane. Eravamo di nuovo punto e a capo.

Flora aveva spedito Gioia dai miei genitori, non volevo che mi vedesse in queste condizioni. Loro credevano che la avessi adottata, cosa in parte vera, salvandola da una vita in orfanotrofio. E Gioia era stata talmente tanto convincente che i miei ci avevano creduto senza troppe domande. Lei non sapeva che in realtà era davvero un'orfana… e non lo avrebbe saputo. Le avevamo detto che i suoi genitori erano partiti per un lungo viaggio d'affari e che presto sarebbero tornati ma lei sarebbe dovuta rimanere con noi. Non sembrava averci creduto ma non aveva chiesto altro, rendendoci meno faticoso mentire.

I miei genitori all'inizio non credevano che sarei stata in grado di gestirla, dicendo che ancora ero troppo immatura ed era troppo presto per formarmi una famiglia. Volevano che pensassi prima a farmi una carriera, ma presto cambiarono idea, conoscendo la bambina vivace e felice che era; se ne erano subito innamorati, e lei di loro. Avevano capito che lei non era un impedimento per il mio futuro, anzi mi faceva bene, spronandomi a migliorare. Mi avevano proposto di entrare nell'azienda di famiglia non appena avevano scoperto che avevo lasciato il lavoro e che mi ero trasferita in Francia e di questo loro erano stati molto felici, nel profondo non avevano mai accettato il mio lavoro né la mia città, troppo caotica e frenetica. Erano venuti a farci visita un mese fa e ne erano rimasti talmente tanto colpiti da non insistere più sul farmi entrare nell'azienda di mio padre, vedendomi felice e spensierata, o almeno di facciata.

Sembravano così lontani quei tempi… ora avevo smesso completamente di mangiare, ero come un fantasma costantemente in pena. Ero arrivata a talmente tante volte in cui stavo per farla finita… ma poi ripensavo sempre a Gioia, avrebbe perso la sua seconda mamma, la sua ultima famiglia disposta a tutto per lei. Sarebbe rimasta sola, di nuovo, e sta volta anche lei si sarebbe spezzata.

Ma ora non ce la facevo, dovevo prima guarire, dimenticarlo, per poterla riaccogliere. Flora cercava di starmi il più vicina possibile, obbligandomi a mangiare quel tanto che mi bastava per continuare e tenendomi sempre compagnia, non lasciandomi quasi mai sola. Ma la notte lei non sapeva che io la passavo con gli occhi spalancati, fissi al soffitto. Flora aveva preso l'abitudine di dormire con me, per non lasciarmi sola, ma non sapeva che ogni notte mi alzavo: andavo in bagno e spostavo una mattonella del pavimento, nella quale tenevo nascosto quello che mi aiutava a superare le giornate con più facilità, rendendomi meno morta e spegnendo tutto nella mia testa. Tutti i ricordi, tutte le sensazioni, tutte le emozioni. 

Così quella notte non fu diversa. Mi alzai non appena sentii il respiro di Fiona appesantirsi e sgattaiolai in bagno, chiudendomela alle spalle. Mi accasciai alla parete prendendo un respiro, poi mi accovacciai a terra, vicino il lavabo, spostando la mattonella al lato di esso ed estraendone un sacchetto trasparente. Dentro di esso vi erano delle pilloline viola, le ultime tre della confezione. Ne estrassi una con la mano tremante soffermandomi a guardarla un attimo: una cosa così piccola era in grado di farmi sentire così bene… almeno per qualche ora. Vedevo solo lui nella mia testa e l'ecstasy me l'avrebbe fatta dimenticare, cancellato come se non fosse mai esistito.

La portai alla bocca, ingoiandola senza pensarci due volte, sdraiandomi sul pavimento e guardando il soffitto. Quando le mie palpebre iniziarono a farsi pesanti e la mia mente a svuotarsi capii che la droga aveva fatto il suo effetto.

 

Mi svegliai di soprassalto: ero ancora distesa sul pavimento ghiacciato del mio bagno. Mi asciugai la fronte sudata e mi accorsi di avere la gola totalmente secca e asciutta così decisi di alzarmi, tirandomi su aggrappata al lavello, barcollando ancora per gli effetti della droga. Uscii il più silenziosamente possibile, notando ancora Flora addormentata, e iniziai a scendere le scale. Il che fu un'impresa poiché la testa mi girava pericolosamente; rischiai di cadere e scivolare una decina di volte ma riuscii sempre ad aggrapparmi al corrimano in vetro che accompagnava le scale, evitando così di fare rumore e svegliarla: avrebbe scoperto delle mie pilloline della felicità e sicuramente questo non l'avrebbe resa altrettanto felice. Finalmente arrivai al piano terra e non appena posai un piede sul parquet intrapresi un balletto di vittoria, girandomi su me stessa saltellando, ma un giramento di testa mi fece finire con il sedere a terra. Per fortuna dalla mia stanza non si sentiva niente così come se nulla fosse, e non percependo il dolore sul coccige, mi rialzai correndo e inciampando sui miei stessi piedi verso la cucina. Il vetro che avevo rotto, ora sostituito temporaneamente con un pannello in legno, mi riportò alla realtà per un millesimo di secondo. Lui non c'era più. Poi la mia testa accantonò il pensiero. Acqua, mi serviva acqua.

Aprii il frigo afferrando una bottiglia e richiudendo subito l'anta, la vista di tutto quel cibo mi aveva fatto salire la nausea. Stappai la bottiglia iniziando a bere con avidità e rovesciandone un po' sulla maglietta bianca. Sulla sua maglietta bianca.

"Al diavolo"

Mormorai guardando la chiazza prendere spazio sulla maglia, un po' come aveva fatto lui, impossessandosi piano piano di me. Me la sfilai barcollando, buttandola nel tritarifiuti e azionandolo. Vidi la maglietta strapparsi e dilaniarsi, così come lo era il mio cuore. Non appena questa fu totalmente distrutta realizzai. Strabuzzai gli occhi, portandomi le mani ai capelli e iniziando a tirarli. Avevo distrutto il suo unico ricordo, anche se ormai aveva perso il suo odore

"No, no, NO! Perché hai voluto farmi questo?! Perché??!! Perché mi hai abbandonato… perché sei morto…"

Sentivo la mia voce affievolirsi, così come l'effetto della droga assunta qualche ora prima. Mi accovacciai sul pavimento, coperta solo dalla biancheria intima, rannicchiandomi e iniziando a dondolarmi avanti e indietro. Il dolore stava iniziando a tornare. Quel dolore al petto così forte e insistente. Ed ecco il suo volto tornare a popolare la mia mente, tutti i nostri momenti felici, la sua voce così sensuale quando diceva di amarmi…

"VATTENE VIA!"

Urlai prendendomi a schiaffi per levarmelo dalla testa, ma questo fece solo intensificare i miei pensieri.

DING DONG

Il suono del campanello mi fece saltare leggermente in aria. Alzai il mio viso stravolto dalle lacrime e dai graffi, chi poteva essere? Mi alzai lentamente, poggiando la schiena contro il ripiano del lavabo e facendo forza con le gambe. Avanzai lentamente verso la porta d'ingresso, trascinandomi come un corpo morto. Non mi importava chi fosse, in quel momento avrei tanto voluto che fosse un ladro, con una pistola puntata verso di me, pronto a sparare e a spedirmi da lui. Avrei fatto di tutto per rivederlo. Al diavolo i miei, al diavolo Flora, al diavolo Gioia. Non potevo continuare, la stavo rovinando. Lei non si meritava questo, sarebbe stata mille volte meglio senza di me, solo con la zia Flora a sostenerla… non sarei mai potuta guarire, chi volevo prendere in giro? Ormai era troppo tardi per me.

Mi ritrovai davanti alla porta, ferma, impassibile. La mia mano tremava mentre avanzava verso la chiave che serrava la porta. Uno, due tre scatti. La porta era aperta. Dovevo solo girare il pomello e tutto il mio dolore sarebbe potuto terminare all'istante.

Spalancai la porta, trovandomi due sagome di uomini alti e possenti: era arrivato il momento. Chiusi gli occhi facendo un passo indietro e permettendo il loro ingresso, pronta a ricevere il colpo finale

"Hana… c-cosa hai fatto"

Inarcai le sopracciglia, quella voce… quella voce la conoscevo, la conoscevo troppo bene. Spalancai gli occhi e lui era davanti a me

"Sono in paradiso?"

Dissi, prima di svenire. L'ultima cosa che sentii furono delle calde braccia afferrarmi prima che potessi schiantarmi al suolo e delle parole

"Non posso credere di averti fatto questo"

Buio totale

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Capitolo 32
*** The end ***


"Piccola mia… perché… perché ti sei ridotta così"

Inarcai le sopracciglia, accigliandomi e strizzando gli occhi. Sentivo la sua voce, così reale… era come se fosse accanto a me, come se fosse realmente lì presente, a parlarmi e risvegliarmi dal mio stato di dormiveglia.

"S-seth… "

Bisbigliai. I ricordi dell'altra sera erano appannati; ricordavo di aver preso l'ecstasy, di essere scesa a bere, di aver distrutto la sua maglia, poi il campanello suonare e quei due uomini davanti la porta… e dopo solo buio. La droga mi aveva fatto dimenticare tutto.

"Sono qui, amore mio. Apri gli occhi"

Forse mi avevano ucciso e ora ero nell'aldilà… e lui era proprio lì ad aspettarmi

"Mhh"

Aprii gli occhi venendo investita da una luce angelica. Il suo viso così reale entrò nella mia visuale. Allungai una mano senza toccarlo realmente, per la paura che potesse scomparire da un momento all'altro, interrompendo quella visione. La mia mano sospesa a mezz'aria, a pochi centimetri dal suo bellissimo viso più scavato, stanco, ma sempre perfettamente perfetto, i suoi capelli leggermente più lunghi, i cui ricci cadevano ribelli su quegli splendidi occhi. Mi sarebbe piaciuto arrotolarli fra le dita, così come facevo un tempo

"Sembri così reale… è così il paradiso allora"

Sospirai, beandomi di quella visione. Vidi il suo volto incupirsi leggermente, così come era solito fare quando qualcosa non gli andava particolarmente a genio

"Mi sei mancato così tanto"

Dissi scoppiando a piangere e ritirando la mano di scatto, richiudendo gli occhi

"Amore, guardami. Sono qui davanti a te"

Io scossi la testa, rifiutandomi. Faceva così male pensare che quella era solo una visione, un inganno della mia mente

"Tu sei viva, siamo entrambi vivi"

Mi disse, avvicinandosi

"Nono, non è vero!"

"Guardami!"

Disse afferrandomi il volto tra le sue mani. Spalancai gli occhi, le sue mani emanavano un calore che con il loro tocco riuscirono a riscaldare tutto il mio corpo. Iniziò a fare dei movimenti circolari con i pollici, carezzandomi le guance e asciugandomi le lacrime

"Guardami… posso toccarti… tu puoi toccare me…"

Mi prese una mano e se la portò sul suo cuore

"Questo continua a battere, proprio come il tuo"

Stavolta portò la mia mano sul mio cuore, e questo mi fece ritornare in me. Potevo sentire i nostri cuori battere all'impazzata, i nostri corpi troppo caldi per essere privi di vita, i nostri respiri unirsi e diventare uno solo. Eravamo entrambi vivi, uno di fronte l'altro.

Ritirai la mano dalla sua presa, presa da una consapevolezza che mi stava consumando

"T-tu… io… il telegiornale… la macchina… l'incidente"

Dissi tutto d'un fiato, trattenendo le lacrime che rischiavano di uscire nuovamente

"Era tutto una finta, amore mio. Sono vivo, così come Sonny"

"N-non è possibile"

Non mi fece continuare, le sue labbra erano sulle mie, impegnate in un bacio disperato e agognato da entrambi da troppo tempo. Rimasi interdetta per qualche secondo, prima di avvolgere le mie braccia a lui, attirandolo il più vicino possibile a me. Quanto mi erano mancate quelle labbra, così calde e soffici al tatto, così diverse dalle mie che ora erano screpolate e livide. Il suo sapore era sempre uguale, invadendo la mia bocca di caffè e sigarette, quanto avevo desiderato assaporarlo di nuovo, e ora lui era lì. Non appena si staccò da quel bacio, poggiò la sua fronte contro la mia e io scoppiai a piangere, non riuscendomi più a trattenere

"Credevo di averti perso… credevo che non ti avrei più rivisto…"

La mia voce disperata e le mie braccia ancora avvinghiate a lui, per non lasciarlo allontanare da me, di nuovo

"Shhh… lo so Hana, mi dispiace, non sai quanto mi dispiaccia. Non ti lascerò mai più. Te lo giuro. Niente più potrà separarci, niente più mi farà allontanare da te. È tutto finito"

Mi asciugava le lacrime mentre mi sussurrava parole confortanti. Il suo tocco mi era mancato come l'aria, i suoi baci erano stati in grado di far battere di nuovo il mio cuore.

"Perché te ne sei andato… perché hai finto di essere morto… perché hai voluto causarmi tutto questo dolore… sarei voluta scappare con te! Avrei preferito una vita orribile ma con te, che senza!"

Lui sospirò, sedendosi sul letto accanto a me e continuando a tenermi la mano, carezzandola, per non interrompere il contatto con me. Il suo sguardo perso nel vuoto, gli occhi lucidi

"All'inizio avevo pensato di scappare, lasciarmi tutto indietro, alle spalle. Solo per poter fare andare avanti te e Gioia. Io non ero fatto per te Hana, la mia vita ti avrebbe rovinato, logorato e distrutto, soprattutto dopo quello che era successo… pensavo di essere in grado di affrontare tutti i problemi, insieme, ma dopo averti vista in quelle condizioni, cosa ti avevano fatto… ero terrorizzato dall'idea che se ci fosse stata una prossima volta non sarei stato in grado di riabbracciarti. Ti ho amato troppo per vederti essere distrutta da me. L'unica soluzione era lasciarvi andare, entrambe. Gioia sarebbe cresciuta solo con qualche vago ricordo di me, lontana da tutto il male che le avrei procurato. E tu pure"

Mi fissò negli occhi, mostrandomi tutto il pentimento

"Allora… che ci fai qui"
Continuò a fissarmi negli occhi, cercando di leggere le mie emozioni, che erano parecchio contrastanti. Una parte lo voleva rifiutare per tutto il male che mi aveva causato, ma l'altra invece lo rivoleva indietro solo perché quello avrebbe posto fine ad ogni mia sofferenza. Non avevo mai smesso di amarlo

"Dopo che Sonny è uscito dall'ospedale, io sono riuscito a rintracciarlo, prima che si venisse a scoprire tutto sui nostri 'lavori' precedenti. Mi ha detto di te Hana, di come ti avessi rotta dentro, di come non riuscissi ad andare avanti. Pensavo che con il tempo potessi guarire ma non è stato così… Jack, il vostro giardiniere, aveva l'ordine di proteggervi e di mettersi in contatto con me per qualsiasi cosa. E così io ero sempre informato su te, su Gioia, su tutto. Mi ha riferito che quando tu eri con Gioia sembravi quasi rifiorire, ma questo finiva non appena lei si allontanava un attimo. Ha visto quanto tu ti sia spenta e logorata. E me lo ha riferito. Mi ha riferito che non hai più mangiato, delle pillole, delle notti sveglia. Mi ha detto tutto. Così ho capito, ho capito della cazzata che avevo fatto. Non avrei dovuto lasciarti andare, mai. Stare lontano da te, nonostante fosse solo per il tuo bene, ti stava uccidendo.

Così io e Sonny organizzammo un piano che mi avrebbe permesso di ritornare da te. In un mese avevo organizzato tutto, ci saremo fatti credere morti in un incidente, così da scomparire dalla faccia della terra e in modo da poter vivere finalmente liberi. Prendemmo due corpi dall'obitorio, molto simili a noi fisicamente, e togliemmo ogni traccia identificativa dal loro corpo, inserendo tracce di DNA nostro. Li mettemmo in una macchina che comandavamo a distanza, con all'interno una bomba pronta a scoppiare. Bastò premere un solo tasto per far divampare il fuoco, procurato dallo scoppio, che cancellò ogni possibilità di identificarli, tranne per dei denti che avevamo lasciato di proposito. Così tutti finalmente ci hanno creduto morti e adesso io e te potremmo vivere la vita che ci meritiamo. Insieme"

Eravamo liberi. Finalmente liberi da tutto. Avremmo potuto ricominciare una vita felice insieme, come una vera e propria famiglia. Le mie lacrime ripresero a scendere, ma sta volta piene di gioia. Niente più ci avrebbe separati. Lo tirai dalla maglietta baciandolo e cercando di trasmettergli tutto l'amore e la felicità che provavo in quel momento

"Sposami e rendimi l'uomo più fortunato del mondo"

Lo guardai, gli occhi appannati, i muscoli della bocca pieni di dolore per quanto stessi sorridendo. Annuii più e più volte

"Ti amo Hana Katerina Smith, e questo non cambierà mai"

"Ti amo Seth Aniston, ora e per sempre"

 

 

 

 

 

 

Questa non è la fine, ma solo l'inizio di una nuova storia d'amore, un amore che sta volta non verrà spezzato ma rimarrà sempre legato e unito. Due persone che si amano e lo faranno fino alla fine dei loro giorni.

Ma questa è anche la fine della nostra storia, combattuta e piena di impedimenti e problemi. Dopo ben più di un anno è giunta al termine, questo momento doveva pure arrivare… vi lascio con le lacrime agli occhi. Che dire… spero che abbiate amato i personaggi così come ho fatto io, che vi siate potuti celare nelle loro emozioni e nelle loro avventure, nei loro caratteri così contrastanti e nell'amore provato dai due protagonisti. Ma soprattutto vi auguro di trovare qualcuno che vi faccia sentire speciali e unici, in grado di poter affrontare la qualsiasi. Qualcuno che vi sia sempre accanto e che vi ami incondizionatamente e infinitamente.

Non mi rimane che svelarvi una sorpresa… ci sarà un epilogo. Dopo di questo sarà tutto realmente finito.

A presto, prestissimo

XX

-R

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Capitolo 33
*** Epilogo ***


 

 

EPILOGO

 

DUE ANNI DOPO

PDV Hana

Mi svegliai di soprassalto, con un malessere ingiustificato; erano solo le cinque del mattino e ancora non avevo fatto colazione. Mi alzai di scatto, attenta a non svegliare Seth, ancora assopito accanto a me, restando seduta con la schiena poggiata alla spalliera in legno del letto. Mi guardai intorno, leggermente spaesata: il letto a baldacchino era posto nel centro della stanza e la finestra che dava sulla giungla faceva intravedere il sole sorgere e illuminare lentamente ogni cosa. L'isola si stava risvegliando, potevo sentire i richiami delle scimmie, i ruggiti lontani dei leoni e gli stormi degli uccelli esotici alzarsi in volo. Ogni mattina era come vederlo per la prima volta, uno spettacolo magico e incredibile.

Un leggero movimento richiamò la mia attenzione: mio marito si era girato, beandomi della sua visione. Mi faceva ancora uno strano effetto vederlo lì, vicino a me, con la bocca socchiusa e i ricci, ora più corti, che gli coprivano il volto, ormai da uomo e non più da ragazzo, ma pur sempre bello e perfetto.  Soprattutto mi stupiva ancora quanto fosse strano chiamarlo 'marito'; non potevo ancora crederci nonostante fosse passato più di un anno dal nostro matrimonio. Era incredibile come avevamo superato tutti gli ostacoli ed eravamo restati sempre l'uno di fianco all'altro dopo il fatidico 'sì': ora potevamo vivere la nostra vita nel modo più felice possibile.

Un conato improvviso mi fece risvegliare dai miei pensieri, così mi alzai di corsa, precipitandomi in bagno, dove non appena mi chinai sul water vomitai tutta la cena del giorno prima. Restai lì, ancora per qualche minuto, con la speranza che la nausea svanisse, cosa che accadde dopo poco. Mi alzai, dirigendomi verso il lavello per lavarmi i denti e sciacquarmi il viso sudato. Alzai gli occhi, cercando di capire cosa mi aveva indotto il voltastomaco. Mi toccai la fronte ma non era calda, quindi l'influenza era da escludere; non avevo mal di pancia perciò non poteva essere neanche un avvelenamento da cibo. Stavo per andare in camera da letto, quando mi bloccai sulla porta, con un pensiero in mente. Tornai indietro, verso lo specchio intero posto di fianco la doccia. Mi guardai un attimo, ero sempre io ma c'era qualcosa di diverso… abbassai lo sguardo al mio ventre. Lo accarezzai, sollevando la maglietta e mettendomi di profilo. Poteva essere vero? Vi era un leggerissimo rigonfiamento, quasi impercettibile, eppure c'era. Mi precipitai a prendere l'agendina che tenevo nel cassetto del lavabo, sfogliandola velocemente fino ad arrivare ad oggi: avevo un ritardo.

Rimasi immobile, con la speranza che iniziava a farsi strada piano piano, proprio quando stavo iniziando a perderla ecco che accadeva l'impensabile. Forse oggi avremmo smentito tutti i medici che mi avevano visitato, se le mie presupposizioni erano giuste questo avrebbe voluto significare che forse la nostra famiglia si sarebbe allargata.

Era ormai da più di un anno che eravamo sposati e ci eravamo trasferiti dalla villetta in Francia, lasciandola a Sonny e Flora, che nel giro di qualche tempo si erano innamorati. Non appena Flora aveva rivisto Sonny, dopo averlo creduto morto, non aveva potuto che cedere ai suoi sentimenti nascosti. Così come Sonny, che era sempre stato segretamente innamorato di Flora, le aveva rivelato il suo amore, e così quei due erano diventati inseparabili, proprio come me e Seth.

Dopo poco ci eravamo trasferiti in Madagascar, lì nessuno avrebbe potuto riconoscere Seth, che anche se creduto morto la sua foto era ovunque, e finalmente avremmo potuto vivere la vita che agognavamo tanto. Io ero diventata volontaria di Medici Senza Frontiere, invece Seth aveva investito un po' del suo denaro in un rifugio per animali a rischio di estinzione e di bracconaggio. Nel giro di cinque settimane aveva messo su un vero e proprio santuario, con vari recinti spaziosi per gli animali e un team di veterinari, nutrizionisti e quant'altro al suo servizio. Aveva salvato dei rinoceronti a cui erano stati tolti i corni da dei bracconieri, due giraffe che aveva trovato impigliate in cavi metallici e dei leoni, alcuni con ferite di pallottole e altri con le zampe incastrate in tenaglie; ognuno di essi era stato curato e assistito e sarebbe stato rilasciato nel loro habitat naturale non appena del tutto guariti e rimessi in sesto. Vivevamo la vita dei nostri sogni, era tutto perfetto.

Aprii lo sportello dell'armadietto dove tenevamo gli asciugamani e vi frugai all'interno: nascosti dietro dei teli da bagno verdi vi erano gli ultimi due test. Li afferrai entrambi, andando a sedermi sul wc e

facendo ciò che il test richiedeva. Non appena finito aspettai, richiudendo la tavolozza del water e sedendomi in attesa. Il tempo sembrava trascorrere così lentamente… quei tre minuti mi sembrarono interminabili. Per tutto il tempo rimasi a fissare le punte dei miei piedi scalzi, chiedendomi se la nostra vita sarebbe cambiata dopo quel test. Un 'beep' arrivò alle mie orecchie: il test aveva dato il suo risultato.

Non avevo il coraggio di guardare, ero così spaventata… non volevo deludere di nuovo Seth, non volevo che tutti i tentativi fossero vani. Sta volta, se fosse stato negativo di nuovo, avrei rinunciato definitivamente. Contai fino a dieci, lentamente, e poi guardai: un 'più' lampeggiava sul piccolo schermo di quell'apparecchio. Ero incinta.

Rimasi lì, scioccata e incredula, a fissare quel simbolino che voleva dire che finalmente tutti i nostri desideri si erano avverati.

Feci anche l'altro test, per esserne sicura. Anche quello dopo poco risultò essere positivo.

Un sorriso piano piano si impossessò del mio viso. Avremmo avuto un bambino tutto nostro, un fratellino o sorellina per Gioia. Corsi verso l'uscita del bagno, precipitandomi in camera da letto con ancora gli occhi incollati ai test, increduli.

I dottori mi avevano detto che a causa della droga assunta sarebbe stato quasi impossibile per me rimanere incinta. Seth mi era stato accanto per tutto il tempo, aiutandomi a disintossicarmi, tenendomi la testa mentre davo l'anima e asciugandomi la fronte sudata, sussurrando parole di incoraggiamento. Non si era arrabbiato con me, aveva capito che quello era il mio unico modo per smettere di soffrire. La assumevo per dimenticarlo e per svuotare la mente, ma ore che era lì con me era diventato lui stesso la mia droga. E allo stesso tempo la mia cura, la mia salvezza. Ci vollero poche settimane e finalmente stetti bene. Non avevo più bisogno.

Uscii dal bagno di corsa, svegliando Seth che si alzò di scatto, preoccupato da tutta quella mia foga, e probabilmente anche dalla mia faccia sorridente e rigata dalle lacrime

"H-Hana? Tutto bene?"

Alzai lo sguardo, incontrando gli occhi preoccupati ancora assonnati di mio marito che mi fissavano, cercando di captare le mie emozioni.

"Sono incinta"

Vidi il suo viso essere illuminato da una luce splendente, il suo sorriso diventare sempre più grande, e le lacrime, lacrime che gli scendevano a fiumi. Lacrime di felicità. Sapevo che lui ogni volta che il test era negativo si chiudeva in bagno e piangeva, ma non appena lo vedevo mi sorrideva, rassicurandomi e dicendomi che non era colpa mia. Che se doveva succedere allora non avremmo dovuto fare altro che aspettare e non perdere la speranza. Mi diceva sempre che in ogni caso lui era lì con me e che non mi avrebbe abbandonato, il che era la mia paura più grande. Lui era lì, con Gioia, e mi sarebbe anche bastato questo.

Non disse una parola, il suo viso esprimeva più di quanto la sua voce avrebbe potuto fare. Si alzò correndomi incontro, sollevandomi e iniziando a farmi girare. Sembravamo due bambini che si divertivano a giocare per quanto eravamo felici.

Scoppiammo a ridere non appena cademmo sul letto, guardandoci negli occhi

"Ogni giorno tu mi rendi la persona più felice e fortunata della terra"

Mi disse, baciandomi dolcemente.

 

In quei mesi restai a casa, coccolata e curata da Seth e Gioia, che non mi lasciarono mai sola. Gioia aveva preso la notizia benissimo, voleva tanto un fratellino o sorellina. Quando glielo avevamo detto lei mi si era avvicinata, poggiando le sue mani sulla mia pancia, ormai pronunciata, e aveva sussurrato

"Spero tanto che tu sia una femminuccia, ma in ogni caso ti amerò incondizionatamente. Sarò sempre la tua sorellona e la tua migliore amica. Non ti lascerò mai piangere e mi prenderò cura di te. Ti voglio bene"

Quelle parole avevano fatto stringere il cuore a me e Seth. Non aveva affatto preso da Kirby… lei era così buona e innocente. Gioia non sapeva ancora come fosse morta la madre, le avevamo detto che aveva avuto un incidente e lei all'inizio era stata male ma poi si era ripresa. Non aveva quasi più ricordi di lei, e quelli che le erano rimasti la vedevano sempre ubriaca o incattivita. Lei non l'aveva mai vista come una madre, mi ricordo ancora quella frase che mi disse quando avevamo deciso di parlarle

"Io…non l'ho mai considerata la mia mamma. Me la ricordo a mala pena, e tutto quello che mi è rimasto di lei non è positivo. Suppongo che vada bene… lei mi ha dato alla luce, ma non è stata lei a crescermi. Per me sei tu la mia mamma. Sei tu che mi stai accudendo e sei sempre tu che mi sei stata accanto più di chiunque altro. Quindi non importa. Tutto quello di cui ho bisogno è qui, siete tu, papà e la mia sorellina o fratellino, siete voi la mia famiglia. Vi voglio bene"

Poi ci aveva abbracciati, come a sigillare quella promessa silenziosa di rimanere sempre insieme e che in qualsiasi caso lei ci avrebbe amati, esattamente come avremmo fatto noi. 

Nove mesi dopo, il 17 febbraio, nacque Ntsika, sana e in perfetta salute. Gioia le aveva dato questo nome, dicendo che un nome africano avrebbe completato e unito ancora di più la nostra famiglia. Infatti a scuola le avevano insegnato che in Africa ognuno era considerato come un fratello e una sorella, tutti facevano parte di una comunità in cui ci si aiutava a vicenda e dove nessuno veniva lasciato indietro.

 

QUATTRO ANNI DOPO

"Sono a casa!"

Aprii la porta di casa di rientro da lavoro. Oggi era stata una giornata faticosa nel tendone allestito per assistere i bambini: erano finalmente arrivate le provette dei vaccini e tutto il team li aveva somministrati a quei piccoli che non si potevano permettere delle cure vere in ospedale. Per fortuna la nostra associazione di medici volontari era più che ben disposta ad aiutarli gratuitamente, ripagati solo dai loro sorrisi e dalle lacrime dei genitori riconoscenti.

Entrai nel soggiorno, posando nell'angolino la mia borsa medica. Alzai lo sguardo, non vedendo nessuno nei paraggi. Solitamente, non appena mi richiudevo la porta alle spalle, venivo accolta dagli abbracci della mia famiglia.

"Seth? Gioia? Ntsika? Dove siete?"

Mi incamminai, sorpassando i divani in legno e il grande openspace che dava sulla cucina.

"Ragazzi?!"

Nessuna risposta. Dove si erano cacciati?

Continuai a camminare, entrando nel salotto. L'amaca appesa sulle travi del soffitto era vuota, solitamente Seth amava sedervisi e ammirare la giungla dinanzi a lui, con Gioia e Ntsika tra le sue braccia. Raccontava loro sempre delle storie avventurose, come aveva salvato i ghepardi da un gruppo di bracconieri o come quando aveva incontrato un esemplare di anaconda, lunga quasi quattro metri, e loro l'ascoltavano rapite, anche Ntsika, che ora aveva solo quattro anni, mostrava un'intelligenza fuori dal comune, un po' come la sorellina. Gioia era cresciuta, mantenendo quel patto fatto molti anni prima alla sua sorellina. Era la bambina più felice e allegra di questo mondo. Soprattutto dopo l'arrivo della Ntsika, che aveva accudito e che amava con tutto il cuore. Gli anni passati in Madagascar l'avevano fatta diventare legatissima a Seth ed era come la sua ombra: tutto quello che lui faceva, lei eri lì a copiarlo o aiutarlo. Amava passare il tempo con lui, soprattutto quando andava al rifugio ad accudire gli animali, portandosi dietro la piccolina, che si divertiva a dare da mangiare alle giraffe.

Mi fermai un attimo a guardare la foto di famiglia appesa sul camino in pietra, nel centro del salotto: era stata fatta due settimane dopo la nascita di Ntsika. Mi ricordavo quel giorno come se fosse passato da pochissimo, era la prima volta in cui Gioia la incontrava e subito l'aveva voluta tenere in braccio, sussurrandole quanto la amasse e che la avrebbe protetta a tutti i costi. Le aveva anche regalato Boh e Betty, dicendole che sarebbero stati i suoi due angeli custodi, e da quel momento dove era Ntsika vi erano anche i due peluche. Seth mi era appena venuto a prendere dall'ospedale, portandomi a casa e Gioia mi era corsa incontro, abbracciandomi fortissimo. Si era spaventata a causa delle due settimane di convalescenza, infatti non ero stata dimessa subito dall'ospedale a causa di una febbre che mi aveva costretta a letto. Dopo avermi stretto forte a lei, si era diretta da Seth, che teneva in braccio la piccola nuova arrivata. Lui si era abbassato, permettendole di conoscere la sorellina, e da quel momento Gioia non aveva mai lasciato il suo fianco. I miei genitori, che erano venuti in Madagascar per badare a Gioia mentre noi eravamo in ospedale, si intenerirono di quel momento, scattando la foto e tante altre che tennero in un album. Anche loro si innamorarono di quella bambina, e come non farlo: era paffutella, con i capelli rossi, che risaltavano sulla sua pelle bianca, e due occhioni di un azzurro profondo. Era l'unione perfetta tra me e Seth.

 

Accanto a quella foto ve ne era un'altra del mio matrimonio, uno dei giorni più felici della mia vita: era appena finita la cerimonia in cui eravamo diventati ufficialmente marito e moglie e la foto aveva catturato esattamente il momento in cui ci eravamo guardati, consapevoli di essere diventati una cosa sola, consapevoli del fatto che nessuno dei due avrebbe abbandonato più l'altro, consapevoli del fatto che finalmente saremmo riusciti a stare insieme e niente ci avrebbe più separati. Una vera famiglia.

La cerimonia si era tenuta su una costa sabbiosa dell'isola, in un gazebo bianco decorato con dei fiori tipici del posto. Un tappeto di petali faceva da navata, su cui io avevo camminato per arrivare all'altare, con il mio vestito bianco. Era un vestito semplice, senza decorazioni, con un leggero strascico. Morbido sulla gonna e aderente sul petto, con una leggera scollatura sul davanti e sul dietro. I capelli erano appuntati con dei fiori bianchi e gialli all'interno, tirati leggermente in su e lasciati poi mossi. Non posso scordare lo sguardo di Seth non appena mi vide: totalmente rapito e incredulo, mi aveva guardato con la bocca aperta, facendosi sfuggire un 'wow'.

Ci eravamo scambiati le nostre promesse, guardandoci negli occhi. Le ricordo ancora entrambe:

"Seth Aniston. Da quando ti ho conosciuto, fin dal primo momento, ho subito capito che saresti diventato parte fondamentale della mia vita, anche se non volevo ammetterlo, anche se ho combattuto per allontanarmi da te… (e ce l'avevo quasi fatta); ma quando ti ero lontana mi sentivo incompleta. Quando ci siamo incontrati per la prima volta ricordo esattamente quello che provai: ero attratta da te, come una calamita, non riuscivo a starti lontano per qualche strana ragione. Ogni scusa era buona per vederti, parlarti, anche se mi davi le tue solite rispostine poco carine ed eri sempre così evasivo… Eri tu che popolavi i miei pensieri. Eri tu, sempre e solo tu. Quando mi sono allontanata da te avevo troppa paura di quello che mi stavi facendo… io, che ero sempre abituata a dipendere solo esclusivamente da me stessa… ora invece vivevo per un'altra persona. Sentivo che la mia vita senza di te non valeva essere vissuta. E poi ci siamo rincontrati. E da quel momento non ho saputo più dirti di no, nonostante abbia provato ad allontanarti, tu eri sempre lì, pronto a difendermi e a riconquistarmi. Abbiamo vissuto così tanti momenti insieme… eppure nessuno di questi per me è stato, è abbastanza. Perché non mi basterebbe una sola vita da vivere con te. Ti amerò sempre, in ogni momento della mia vita. Anche quando mi farai arrabbiare, anche quando farai di testa tua, mettendoti nei casini, io sarò sempre lì, a perdonarti e aiutarti. Sarò sempre lì a sostenerti e amarti incondizionatamente. Tu eri, sei e sarai sempre la mia metà, la mia anima gemella"

"Hana Katerina Smith. Credo che dopo questa promessa la mia non potrebbe reggere il confronto… ma ci provo. Perché lo sai, non sono una persona che molla, come non ho mai mollato con te. La prima volta che ti ho visto mi eri sembrata una ragazzina impaurita, timida, così diversa dalle altre… ricordo la sensazione di quando ti stringesti a me su quella moto, ricordo come le tue piccole braccia si erano aggrappate a me e le tue piccole mani avvinghiate alla mia giacca, tenendoti così vicina. Eri così impaurita… ma nonostante questo non lo volevi far vedere. Avevo bisogno della tua vicinanza per qualche inspiegabile ragione, ed è proprio per sentire il tuo calore, il tuo respiro sul mio collo che mi mandava scariche elettriche in tutto il corpo, che iniziai ad accelerare… non per far finire tutto in fretta, ma per averti sempre più vicina. Ricordo come, senza più paura, allargasti le braccia, sentendoti libera; era come se volessi prendere il volo. E il tuo sorriso… il tuo sorriso è stato in grado di farmi perdere battiti. Quella tua espressione da bambina, spensierata e caparbia…  mi ha fatto girare la testa. Quando ero con te mi sentivo esattamente in quel modo, come te su quella moto: felice e libero.

Neanch'io riuscivo a starti lontano, per qualche strana ragione il mio cuore mi riportava sempre da te, ti desiderava come non aveva mai fatto prima. E ora che ti vedo qui, in questo abito, con questa luce negli occhi… non posso che dirgli grazie. Grazie per avermi fatto conoscere la mia compagna di vita, il mio amore, la madre di mia figlia, Gioia, e ora moglie. Ti amo Hana Katerina Smith, così tanto che non basterebbero mille vite per esprimerlo"

Quelle promesse… non le avevamo scritte. Le avevamo dette, improvvisandole, con tutta la sincerità possibile, con tutto l'amore che provavamo l'uno verso l'altro.

Dopo di queste finalmente ci eravamo scambiati le fedi.

Avevamo festeggiato a casa nostra, nel terrazzo che dava sulla costa dell'isola; una cerimonia molto semplice e per pochi. Erano venuti i miei genitori, Flora e Sonny, i due uomini di Seth che avevano badato a Gioia negli ultimi anni, e altri membri fidati della sua banda. Nonostante non fossimo più di una trentina ci eravamo divertiti e la giornata era trascorsa nel migliore dei modi. Gioia ci aveva fatto da damigella e aveva indossato un vestitino color avorio con dei ricami sulle spalline ed era stata lei a portarci le fedi nuziali; Seth invece indossava dei pantaloni beige e una camicia bianca, potevo ancora ricordare i suoi capelli scompigliati dal vento e il suo sorriso che non era mai svanito, per tutto il resto della serata.

Mi asciugai una lacrima che era scesa silenziosa, quelle foto mi ricordavano sempre quanto fossi fortunata ad avere quella famiglia. Mi guardai di nuovo intorno, cercando la mia famiglia e chiamandoli, senza ottenere risposta. Forse erano andati al rifugio? Stavo per uscire di casa quando sentii un rumore soffuso venire dall'altra parte della casa. Non appena imboccai il corridoio che portava alle stanze da letto quello che vidi mi lasciò senza parole: petali e candele erano dispersi come a segnare un percorso, lo seguii incantata. I petali erano esattamente come quelli del nostro matrimonio, e per un momento mi sembrò di camminare di nuovo in quella spiaggia, andando incontro a mio marito. Continuai a seguire quel percorso che mi portò nel terrazzino privato con la jacuzzi, alzai gli occhi e quello che vidi era talmente perfetto da sembrare un sogno. Seth era lì, vestito con dei pantaloni bianchi e una camicia blu, che gli faceva risaltare le due gemme che aveva per occhi. Così bello che mi sembrava più una visione. Tra le mani un mazzo di fiori, i miei preferiti: delle calle bianche. Si avvicinò a me, che me ne stavo bloccata all'entrata del corridoio, sorridendomi e facendomi perdere un battito. Quello era mio marito. Mi aprì la porta a vetri, porgendomi la mano. Io ero in condizioni tremende… la camicetta sporca di terra e dei semplici jeans, ma a lui sembrava non importare. La afferrai, rimanendo ancora in uno stato di trance, non sapevo che dire. Mi portò al centro del terrazzo, dove vi era allestito un tavolo apparecchiato con due sedie, le luci tutte intorno, appese sulle travi della tettoia e le candele posate intorno a noi, rendevano l'atmosfera magica.

 

PDV Seth

Lei era lì, così fottutamente bella. Anche se con il viso stanco dal lavoro e con i vestiti sgualciti, per me rimaneva la donna più bella del mondo. Non riuscivo ancora a capire perché avesse accettato di sposarmi, perché mi amasse così tanto… io ero così… imperfetto. Pieno di casini, una vita da criminale alle spalle e un'anima nera. E lei mi aveva accettato comunque, aiutandomi a migliorare e trasformandomi in una persona nuova.

Le avevo organizzato una sorpresa, una cena romantica al chiaro di luna. Le bambine erano andate a casa di Mikia, la veterinaria che lavorava con noi al rifugio, lasciandoci la serata libera. Volevo che per una sera si rilassasse, non pensando al lavoro né a nient'altro. Desideravo che capisse quanto lei era fondamentale nella mia vita.

Ed eccola lì, con un'espressione confusa stampata in quel viso angelico e gli occhi increduli. Le avevo preso i suoi fiori preferiti, facendomeli spedire poiché non esistevano nella nostra isola. Avevo preparato tutti i suoi piatti preferiti, componendo una cena da dieci portate tra primi, secondi e dolci. E infine avevo scaldato la jacuzzi per farla rilassare.

Le porsi la mano, portandola al centro del terrazzo. Una dolce musica partì dalle casse posizionate in vari angoli e la attirai a me, stringendola forte e immergendomi nel profumo dei suoi capelli. Era tutto così perfetto. La guardai negli occhi, che le si erano appannati per la felicità, baciandola con trasporto

"Sei la mia felicità. Ti amo, Hana"

Lei sorrise, poggiando la fronte sulla mia e facendo sfiorare i nostri nasi sussurrò

"Riesci sempre a stupirmi. Ti amo, Seth"

Ed è lì che capii che ero davvero l'uomo più fortunato della terra.

 

 

THE END

 

 

Eccoci qui. La storia è ufficialmente terminata nel migliore dei modi per i nostri due protagonisti.

Personalmente ho amato ognuno dei personaggi, anche la stessa Kirby, che si è fatta tanto odiare da voi, in realtà non era che una ragazza con una valanga di risentimenti nei confronti di Seth. Era pronta a tutto pur di riavere sua figlia, anche se alla fine si fa accecare dalla vendetta, perdendo di vista il suo obiettivo.

Sonny e Flora invece sono così carini insieme… ho deciso di dare un lieto fine anche a loro, perché dopo la morte di Liam, fratello di Flora e migliore amico di Sonny, meritavano di ricominciare. E perché no? Magari lo stesso Liam, anche se morto, ha contribuito nel loro avvicinamento, unendoli nel dolore.

Gioia e Ntsika sono i personaggi più dolci e innocenti di tutta la storia. Gioia è il motore dell'azione, che in un certo senso fa ricordare a Seth cosa voglia dire amare. Ntsika, la nuova arrivata, invece è come il collante della famiglia, la pedina mancante.

E ora passiamo a Hana e Seth. Loro sono riusciti a superare tutto, restando insieme fino alla fine e lasciandosi indietro tutto il male. Sono cresciuti insieme, migliorandosi a vicenda e dandosi tutto l'amore possibile. Soprattutto Hana, lei riesce ad andare avanti, superare la morte di Kirby, la droga, tutto il male che Seth le ha procurato, e riesce a trasformare tutto questo in positivo, accettando di sposare il nostro Seth. Lui invece si sente l'uomo più fortunato del mondo, non capisce come Hana possa essersi innamorata di uno come lui… e forse proprio perché se lo chiede, proprio perché dice di avere una 'anima oscura' che Hana se ne innamora. Lui è sempre stato buono, anche se costretto dalle circostanze a non esserlo. Si è sempre definito come il cattivo della situazione, ma senza mai volerlo essere. E alla fine se ne rende conto, si rende conto grazie ad Hana che lui nel profondo ha un animo buono.

Detto questo… spero davvero che la storia vi sia piaciuta e che vi abbia coinvolto. Ora vi lascio ringraziando tutti colore che mi hanno seguito e mostrato il loro appoggio. Un grazie di cuore,

XX

La vostra -R

 

 

 

 

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