The daughter of Frost

di Jadis_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuga ***
Capitolo 2: *** A mali estremi, estremi rimedi. ***
Capitolo 3: *** Un Nuovo Mondo ***
Capitolo 4: *** Silente ***
Capitolo 5: *** Diagon Alley ***
Capitolo 6: *** è la bacchetta a scegliere il mago ***
Capitolo 7: *** In viaggio verso Hogwarts ***
Capitolo 8: *** Hogwarts ***
Capitolo 9: *** Lezione di Pozioni ***
Capitolo 10: *** Il Torneo ha inizio ***
Capitolo 11: *** 31 Ottobre ***
Capitolo 12: *** Ricordi dal passato ***
Capitolo 13: *** La Scelta ***
Capitolo 14: *** Non si sfugge al passato ***
Capitolo 15: *** Draghi ***
Capitolo 16: *** Il giorno della prova ***
Capitolo 17: *** L'Ungaro Spinato ***
Capitolo 18: *** La magia di Charn ***
Capitolo 19: *** Quasi tutta la verità ***
Capitolo 20: *** Doppiogioco ***
Capitolo 21: *** Sirius ***
Capitolo 22: *** Lezione di ballo ***
Capitolo 23: *** Un invito inaspettato ***
Capitolo 24: *** Preparativi ***
Capitolo 25: *** Rincontrarsi ***
Capitolo 26: *** Il Ballo del Ceppo ***
Capitolo 27: *** Soluzioni ***
Capitolo 28: *** Arrivo alla Tana ***
Capitolo 29: *** Bacio ***
Capitolo 30: *** Ritorno a scuola ***
Capitolo 31: *** L' incatesimo runico ***
Capitolo 32: *** Una sconcertante verità ***
Capitolo 33: *** Erchelil ***
Capitolo 34: *** Fuga da Azkaban ***
Capitolo 35: *** Lezione di Divinazione ***
Capitolo 36: *** Fronti Opposti ***
Capitolo 37: *** Lettera ***
Capitolo 38: *** Il labirinto ***
Capitolo 39: *** La Terza Prova ***
Capitolo 40: *** Chimera ***



Capitolo 1
*** Fuga ***


Avviso 

L'avvertimento OCC è stato messo per sicurezza in caso qualche personaggio risulti diverso rispetto al carattere originale.

I personaggi delle Saghe di "Harry Potter" e "Le Cronache di Narnia" sono proprietà dei rispettivi autori e suddetta storia non è scritta a scopo di lucro 


Buona Lettura.


****




Fuga

 


Nevicava da ore, ormai. La valle era una lunga distesa bianca sferzata dalla bufera. Nessuno si sarebbe avventurato oltre la soglia della propria abitazione. Alexandra incitava il suo cavallo: la povera bestia era già allo stremo delle forze e stava dando fondo alle sue ultime energie. Probabilmente dopo un centinaio di metri sarebbe caduta al suolo, sfinita. Gli ululati si susseguivano nell’aria come echi lontani facendo saltare il cuore in gola alla giovane donna. Erano sulle sue tracce, lo sapeva bene. La tempesta si stava calmando, permettendole di vedere meglio il sentiero, ma allo stesso tempo condannandola allo scoperto. Il cavallo cedette di schianto, facendola volare dalla sella, e mandandola con la faccia nella neve gelida: si era rotto una zampa.

"Maledizione!" urlò, battendo i pugni per terra. Si rimise in piedi e si scrollò di dosso la neve, ma ormai parte dei vestiti era bagnata.

"Non posso ucciderti... Non posso farlo, perdonami!" disse prima di prendere le sue cose da terra e scappare via.

Si immerse nel folto della foresta; i rami le graffiavano le parti lasciate scoperte dagli abiti,mentre gli stivali sprofondavano sempre di più nella neve fresca. Cadde a terra un paio di volte a causa di crampi doloranti alle gambe, ma non poteva fermarsi.

La slitta filava veloce sulla distesa bianca. Ginarrbrik spronava le renne a corre più veloce dando loro lievi frustate sul dorso. La pista lasciata dai lupi era facile da seguire: le tracce erano ben visibili. Jadis nascondeva perfettamente il suo nervosismo, ma la sua stretta intorno alla bacchetta era ferrea: le nocche della mano erano tutte bianche.

Alexandra non riusciva più a proseguire, la stanchezza la stava lentamente divorando.
"Devo trovare un riparo, e alla svelta" pensò, mentre si guardava freneticamente intorno.Gli occhi le caddero su di una piccola cavità semi nascosta dalla fitta vegetazione. Senza pensarci due volte si infilò al suo interno. La grotta era poco profonda e stretta, ma a lei bastava. Cercò di nascondere al meglio l'entrata e si distese in attesa di cadere fra le braccia di Morfeo


I lupi avevano perso da tempo la pista giusta: l'odore della ragazza si era come dissolto. Ginarrbrik arrestò la slitta non appena vide Maugrim avvicinarsi. Il capo della polizia segreta non doveva portare buone notizie, constatò il nano.

"Ebbene?" chiese la donna.

"Mia Signora, abbiamo perso le sue tracce."

"Com'è possibile?! Trovala! Ne va della tua vita!"

"Sì, Maestà."

"Ginarrbrik, torniamo al castello. E tu, Maugrim, non rientrare finché non la trovi! La voglio viva, è chiaro?"
 

Alexandra passò l'intera notte in quel piccolo spazio che sapeva di muffa e umidità. La mattina successiva si svegliò di soprassalto, colta da un vociare improvviso poco distante dal suo riparo. Mise la testa fuori stringendo tra le mani l'elsa della spada.

"Capitano, qui non c'è" disse Farkas.

"Continuate a cercare!" sbraitò in risposta il comandante.

La ragazza non poteva sbagliarsi: avrebbe riconosciuto quella voce fra mille.
"Maugrim" sibilò a denti stretti, rimettendosi dentro. Doveva andarsene alla svelta. Raccolse tutto, sistemò la lama al fianco e uscì. Il sole era appena sorto: qua e là qualche raggio faceva capolino in mezzo alla vegetazione, ma non bastava a darle una buona visibilità. Non poteva nemmeno accendere una lampada, altrimenti l'avrebbero individuata. Camminò nella semi oscurità, orientandosi con il muschio che cresceva sul tronco degli alberi in modo da sapere almeno dove fosse il nord, e quindi non perdersi in quella fitta foresta.

"Di sicuro avranno già trovato la grotta in cui mi sono fermata" pensò.

La polizia segreta aveva scovato finalmente delle tracce fresche. Avevano ispezionato la piccola cavità in cui Alexandra aveva trovato riparo per la notte; una serie di impronte usciva da lì.

"Seguite il fiuto. E mi raccomando, la Regina la vuole viva!"

"Agli ordini comandante!"


Finalmente la giovane riuscì ad uscire da quell'intricata foresta e per prima cosa si arrampicò sul crinale della vallata coperto da uno spesso strato di neve. Saranno state le dieci del mattino quando dalla cima della valle si mise a osservare la terra che si estendeva sotto i suoi piedi. In fondo a quella distesa lucida e candida riuscì a scorgere ciò che cercava. "La gola" pensò, mentre il cuore le mancò un battito per la gioia. Il confine con la terra di Archen era vicino.
 
 







Note dell'autrice:

Ben arrivati alla fine di questo primo capitolo, per chi non avesse letto "Le Cronache di Narnia" la terra di Archen è una delle terre alleate di Narnia e  viene descritta nel libro "Il cavallo e il ragazzo"terzo libro della saga.  Questa crossover è una vera follia e anche una sfida per me, visto che dovrò gestire e inserire un pò di personaggi e quindi mi scuso sin da subito in caso ci siano errori grammaticali o personaggi un pò OCC. Spero che vi piaccia :)
PS: Vi chiedo gentilmente di non massacrarmi in fondo si tratta della mia prima crossover e della mia prima storia in questo fandom. Siate clementi. 

Un Bacio e alla prossima <3
 

 

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Capitolo 2
*** A mali estremi, estremi rimedi. ***


A mali estremi , estremi rimedi
 
Maugrim sospirò: quella ragazzina era sparita nel nulla. Avevano seguito le sue tracce, ma le avevano perse dentro la foresta e nemmeno il fiuto li aveva aiutati. Ora si ritrovava  a salire con passo estremamente lento la lunga scalinata che portava alla sala del trono. Lei non gli avrebbe mai perdonato un fallimento come quello, lo sapeva bene. E di sicuro quel maledetto nano ne avrebbe gioito.

La Regina era stata avvisata del rientro al castello del suo fidato lupo e aveva subito abbandonato le carte che aveva davanti sulla scrivania, precipitandosi verso la sala principale; appena arrivata, vide il suo capitano con la coda fra le gambe.

"Non l'hai trovata?"

"No, Mia Signora."

"Ti avevo espressamente ordinato di non presentarti al mio cospetto finché non l'avresti ripresa!"

"Il fatto, Mia Signora, è che.... avrà ormai superato il confine..."

"Archen?"

"Sì."

"Fa’ il giro di ronda. A questa faccenda ci penso io."

"Agli ordini, Mia Signora."

" Ginarrbrik! Non far venire nessuno nei pressi delle mie stanze. Ho un debito da riscuotere."

"Come desiderate, Maestà."
 

La Regina chiuse la porta a chiave e a passo svelto si avvicinò a uno degli scaffali sistemati sulla parete di destra. I libri che ospitavano erano molteplici e dai più svariati argomenti, ma lei sapeva benissimo quale le occorreva. Prese un vecchio tomo nero leggermente impolverato e molto rovinato. Lo aprì e si mise a sfogliarlo, finché non trovò la pagina che le serviva.

"Bene, ecco l'Incantesimo di Richiamo " pensò. Lesse attentamente le parole arcaiche scritte in oro sulla pagina in pergamena, poi le pronunciò alta voce.

"Ikanor no derv aquati sarb!"

All'inizio, sembrò che non accadesse nulla; dopo un po’, tuttavia, il vento iniziò ad imperversare all’interno della stanza, creando un vortice che si quietò dopo qualche secondo. Ora la strega non era più sola nella camera. Guardò la figura che aveva appena evocato con attenzione. Un vecchio mantello nero, logoro e strappato, ricopriva quello che una volta era stato un mago potente, col volto secco e incavato dalla stanchezza, ma negli occhi c'era ancora quella fiamma.

"Non pensavo che fossi ridotto così male, Voldemort" esordì.

"Vuoi riscuotere il tuo debito, immagino..."

"Esatto, ma non è come pensi tu. "

"Sentiamo, allora."

"Ti ho aiutato a conquistare il tuo potere, ti ho perfino protetto da “tu-sai-cosa” e vedo che non è servito a molto, ma ora ho deciso di ridarti un corpo e quindi
una vita."

"Cosa devo fare per te?"

"Semplice: devi trovare una ragazza. Se la troverai, oltre a ridarti una vita, ti servirò Hogwarts e il Ministero della Magia su un piatto d'argento."

"Deve essere davvero importante per te, questa ragazzina. Altrimenti non mi daresti così tanto."

" Che lo sia, o meno, non ti riguarda. Tu devi solo trovarla."

"Niente di più facile."

"Non esserne così sicuro. Allora che fai, accetti?"

"Certo."

"Bene, ma rammenta questo: se fallirai, morirai per mano mia."

"Non fallirò."

"Lo spero per te, altrimenti farai parte della mia collezione privata di statue. Ora va’, ti aspetto qui al castello." disse, facendo dileguare l'incantesimo.



La guardia correva a perdifiato su per le scale ghiacciate che conducevano alla sala del trono. Aveva rischiato di cadere una decina di volte, ma non poteva assolutamente fermarsi. Arrivato nella sala venne fermato dal nano.

"Porto urgenti notizie per la Regina!" disse. Ginarrbrik lo squadrò per un paio di secondi, poi gli fece cenno di attendere.


Jadis venne disturbata dal bussare della porta.

"Chi è?"

"Mia Signora, c'è una guardia che chiede udienza: ha delle novità da riferire."

"Arrivo immediatamente."

Aprì la porta, il suo fedele nano l'attendeva in silenzio. Si recò velocemente nella sala del trono. La guardia, non appena la vide, si inginocchiò in segno di riverenza.

"Che novità porti?"

Il soldato alzò la testa. "Mia Regina, porto buone notizie dal confine. Colei che cercate ha lasciato una traccia."

"Che tipo di traccia?"

La guardia si sfilò la piccola borsa di cuoio che portava con sé e ne estrasse una freccia ancora intrisa di sangue su cui vi era incisa la frase “Un cuore di ghiaccio non teme la morte", e la porse alla donna.

"Riconoscerei una di queste frecce senza esitazione."

"L'abbiamo recuperata dal collo del boia di Esterwad. Ha fermato l'esecuzione di questa mattina e poi si è dileguata"

"In quanti sono sulle sue tracce?"

"Circa un centinaio d'uomini."

"Bloccate i confini."

"Sì, Mia Signora" pronunciò la guardia prima di congedarsi.

"Non siete preoccupata, Mia Signora?"

"No, ho già un mezzo che presto passerà all'azione. La fuga di Alexandra sta per terminare" sorrise malignamente la strega.



 





Note dell'Autrice:

Bene ecco il secondo capitolo. Le cose per la protagonista iniziano a farsi complicate. Voldemort riuscirà a riprendere Alexandra oppure verrà trasformato in statua da Jadis? Lo scopriremo nei prossimi capitoli. 

Un Bacio e Buona Lettura <3

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Capitolo 3
*** Un Nuovo Mondo ***


Un Nuovo Mondo 



"Ciò che mi chiedi, Aslan, è fattibile" disse pacatamente il preside di Hogwarts.

"Allora siamo d'accordo. "

"Quando pensi di portarla qui?"

"Domani, non possiamo attendere oltre."

"Immagino che Voldemort le starà già dando la caccia."

"Ahimè, sì" sospirò il leone, "e Hogwarts è l'unico posto dove potrà essere al sicuro."

"Non le accadrà nulla, finché sarò qui io."

"Ne sono certo."

 

 

Dopo essere fuggita alla svelta dalla piccola cittadina  aveva passato giorni a vagare in mezzo ai boschi, ma rifugiarsi in grotte e in capanne diroccate non era stato il massimo.  Per non parlare del fatto che aveva percorso molti chilometri di notte pur di non essere individuata dalle guardie della strega. La stanchezza, quella mattina, la fece alzare tardi; l'alba era ormai passata. Uscì fuori e cercò la prima fonte d'acqua per ripulirsi. Ruppe il leggero strato di ghiaccio e si immerse nell'acqua gelida del piccolo fiume. Era abituata al freddo, il ghiaccio lo aveva nelle vene sin dalla nascita. Si rivestì, fece colazione con un pezzo di pane e del formaggio e si rimise in cammino. 

 

 

 

"Voldemort, sai quello che devi fare. La ragazza è diretta a Archen, riportala qui."

"Ai tuoi ordini. Consideralo già fatto."

"Non essere così sicuro di te. Se fallisci, sai cosa ti aspetta."

"Lo so, ma te la porterò qui sta sera stessa" disse il mago oscuro, congedandosi con un inchino.

 

 

 

La gola sembrava ancora maledettamente lontana, e nonostante fosse abituata al freddo perenne la stanchezza di quelle ore di viaggio cominciava a farsi sentire, ma non vi erano più posti in cui fermarsi. La foresta era finita da un bel pezzo e ora camminava allo scoperto, senza alcuna possibilità di fuga e con gli occhi che le si chiudevano dalla stanchezza. Era sola, con l'unica certezza che sarebbe morta per sua stessa mano o per quella di lei. Le gambe le cedettero e cadde in ginocchio sulla neve gelida.

"Non posso, non devo arrendermi!" pensò, battendo il pugno per terra.

Eppure non riusciva più a muovere un muscolo: era esausta. Cercò di trascinarsi per qualche metro, ma il suo corpo non ne voleva sapere di andare avanti. Dovette arrendersi.

 

 

 

Avrebbe potuto smaterializzarsi, ma non aveva la più pallida idea di dove fossero i confini della terra di Narnia, e quindi si era dovuto accontentare di un cavallo e di un manipolo di uomini armati fino ai denti che non avevano niente a che fare con i suoi fedeli seguaci. Erano partiti al galoppo: Voldemort avrebbe spronato quell'animale fino allo sfinimento pur di mantenere la parola data. In fondo si trattava di una semplice ragazzina e non di un ficcanaso come Harry Potter. Già si stava pregustando il momento di vederlo morire davanti ai suoi occhi, e stavolta nemmeno Albus Silente in persona avrebbe potuto fare qualcosa: in fondo aveva una potente strega come alleata. All'interno della foresta, però, le cose iniziarono a complicarsi: le tracce che li avevano portati fin lì erano confuse con quelle dei vari animali che vivevano all'interno di quell'intricata boscaglia.

"Ci sono troppe impronte. Voi siete un mago, fate qualcosa!" esclamò uno dei soldati.

Voldemort lo afferrò per il collo. "Razza di idiota! L'avrei già fatto se avessi avuto con me la mia bacchetta, ma per tua fortuna è nelle mani di uno dei miei seguaci, altrimenti a quest'ora saresti già morto! " disse, per poi lasciarlo cadere con il sedere a terra.

"E voi che avete da guardare? Muovetevi! La ragazza va portata al castello prima del tramonto, chiaro?"

 

 

 

Ormai aveva ceduto. Era lì, in mezzo al nulla, con la gola alle spalle, in attesa del suo destino, che sarebbe arrivato a bordo di una slitta bianca. Il suo sguardo era fisso a terra quando un'enorme ombra comparve sulla neve. Alexandra sentì un respiro caldo sul suo viso, si fece coraggio e alzò gli occhi. Quello che vide la lasciò senza parole. Davanti a lei c'era un grande leone avvolto in una luce dorata.

"Non vorrai arrenderti?"

"No, ma sono stanca... "

Il leone le soffiò leggermente addosso; quel respiro infuse nuova forza alla giovane.

"Tu sei Aslan, giusto?"

"Esatto, bambina mia."

"Perché vieni in mio soccorso? Sai chi è mia madre... "

"Tu non sei come lei."

"Le somiglio, e il suo sangue mi scorre nelle vene."

"Non dovresti vergognartene. Tua madre non era così, ma nella vita si fanno delle scelte e lei ha preso quelle sbagliate."

"In che senso?"

"Non posso dirtelo io, figlia mia, questa è una cosa che devi scoprire tu. Ora, però, devi venire via con me."

"Dove?"

"In un altro mondo, dove per un pò sarai al sicuro."

"Che tipo di mondo?"

"Nel mondo umano, tra le mura di una scuola in cui imparerai a usare la tua magia al meglio."

"Non voglio usare la magia!"

"Non hai scelta. Un mago oscuro ti sta già dando la caccia su ordine di tua madre, e non si fermerà finché non ti troverà. La magia è l'unico modo che hai per difenderti e salvare Narnia."

"Dovrò combattere contro di lei?! Non posso farlo.... Non posso ucciderla..."

"Per salvare Narnia, devi salvare anche lei."

"Come?"

"Devi trovarlo tu il modo, ma per farlo hai bisogno della magia."

"Se non ho altra scelta... andiamo."

"Bene. Mi raccomando: sta' attenta, piccola mia. Ti accoglierà un mio caro amico, puoi fidarti di lui" detto questo, il grande leone soffiò sulla neve, creando un piccolo tornado che avvolse la ragazza.







Note dell'Autrice:
Siamo al punto di svolta. Alexandra è ormai tra le mura di Hogwarts , mentre Voldemort bè...avrà qualche problema con Jadis. Spero che questo capitolo vi piaccia. 

Un Bacio e Alla Prossima <3

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Capitolo 4
*** Silente ***


Silente
 

La giovane, all'inizio, non capì cosa stesse succedendo. Il tornado l'aveva avvolta e sollevata con facilità da terra, portandola sempre più in alto. Il grande e maestoso leone ora non era altro che un minuscolo puntino dorato sulla distesa bianca che pian piano svaniva lasciando posto al buio. Il viaggio le parve interminabile; eppure, durò quanto uno schiocco di dita e l'atterraggio non fu dei migliori: sbatté la schiena a terra, ritrovandosi distesa su un vecchio pavimento lucido di una stanza le cui caratteristiche erano ancora sfocate. Cercò di rimettersi lentamente in piedi e pian piano riuscì ad abituare gli occhi alla luce che aveva intorno. La camera in cui era finita si rivelò essere uno studio impolverato e disordinato. Vi erano scaffali ripieni di libri di ogni sorta, e appollaiata vicino a una scrivania vi era un'enorme fenice che teneva un occhio semi chiuso.

"Ben arrivata" l'accolse una voce proveniente da dietro le sue spalle.

Alexandra si girò per vedere il suo interlocutore e rimase alquanto sorpresa nel vedere davanti a lei un vecchio mago dalla lunga barba bianca, con gli occhiali a mezza luna ben fissi sul naso.

"Oh, non ti devi preoccupare, qui sei al sicuro. Vieni, accomodati" le disse l'anziano, invitandola a sedere su una delle due poltrone di fronte la scrivania in legno.

Un pò diffidente, la ragazza si sedette badando bene a non scollare i propri occhi dal suo interlocutore: in fondo non sapeva se fidarsi.

"Io sono Albus Silente, Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Aslan mi ha incaricato di proteggerti ed è ciò che farò. Vuoi dirmi almeno il tuo nome?"

"Mi chiamo Alexandra Jane Woodland."

"Woodland non è il cognome di tua madre"

"No, quello non lo uso. Woodland è l'unico legame che mi è rimasto con mio padre."

"Capisco, ma veniamo a noi. Hogwarts è una scuola divisa in quattro case con diverse caratteristiche, quindi per vivere qui hai bisogno di essere assegnata a una di esse" disse il preside, mentre alzatosi dalla poltrona si avvicinava a uno scaffale. 

"Questo è il Cappello Parlante, è lui che deciderà in quale casa metterti." Posò poi sulla testa della ragazza il vecchio cappello.

Alla giovane perse un colpo quando quel logoro tessuto di cuoio iniziò a parlare.

"Mmmm... Sei molto difficile da collocare: una testa brillante e un coraggio da vendere, sono ottime qualità sia per Corvonero che per Grifondoro. Dove ti metto? Be', hai anche un forte desiderio di metterti alla prova, di migliorare in ogni campo..." il cappello tacque pensieroso e Alexandra deglutì.

"Bene, ho deciso! Grifondoro!" esclamò qualche secondo dopo.

La giovane si sentì sollevata, anche se non sapeva spiegarne bene il motivo. Silente le tolse l'indumento di cuoio dal capo, riponendolo in cima allo scaffale da dove lo aveva recuperato.

"Grifondoro?"

"È la casa del coraggio, della lealtà e dalla cavalleria, fondata da Godric Grifondoro."

"Be', non sembra molto adatta a me..."

"Il cappello non la pensa così. E lui non sbaglia mai."         

"Spero che abbia fatto la scelta giusta..."

"Dovrai passare inosservata, ma per farlo dovrai leggere un bel pò di libri. In più, hai bisogno di una bacchetta e dell'occorrente per l'anno che affronterai qui. E, soprattutto, la tua copertura sarà la seguente: ti sei appena trasferita da New York , hai frequentato la Scuola di Magia e Stregoneria di  Ilvermorny e il tuo nome è Lara Lewis"

"Bene, dovrò faticare un bel pò" rispose ironica.

"Hagrid il guardaboschi, nonché professore di Cura delle Creature Magiche, ti accompagnerà a Diagon Alley, ma prima ti farò scortare nella torre in modo che tu possa cambiarti. I tuoi abiti, in questo mondo, potrebbero destare sospetti."
 

 
La ragazza venne condotta da un inserviente in cima alla torre dei Grifondoro. Dopo aver superato il ritratto di una Signora Grassa, si ritrovò all'interno di una sala circolare arredata con tavoli bassi, poltrone, pouf e drappi color rosso e oro, che erano rispettivamente i colori della casa. Gran parte della stanza, però, era occupata da un enorme camino in marmo in cui guizzavano le fiamme. L'inserviente, forse una specie di elfo o goblin (Alexandra non sapeva come identificare esattamente quell'essere), la condusse nel dormitorio femminile. Tra i numerosi letti a baldacchino con drappi in velluto rosso scuro, non ci mise molto a riconoscere il suo. Sul letto trovò, ben ordinati, degli abiti: un paio di jeans blu, una maglietta a maniche corte nera, e un giubbotto nero in pelle. Ai piedi del letto trovò un paio di scarponi, anch'essi neri, vicino a un baule che riportava le sue false iniziali. Alexandra aprì la cassa già piena di indumenti e libri che avrebbe dovuto leggere nell'arco di un mese in modo da essere informata il più possibile sul mondo magico. Sospirò; lentamente, si tolse la spada dal fianco e la mise nel cassone, badando bene di coprirla il meglio possibile, poi fece all'inserviente il cenno di uscire e iniziò a cambiarsi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 Note dell'Autrice:

Ebbene Alexandra è finalmente arrivata a Hogwarts. Ammetto che ero un pò indecisa sul dove collocarla, ma per scelte di copione ho deciso di metterala tra i Grifondoro in fondo ha coraggio da vendere. Colgo l'occasione per augurare un sereno e felice Natale a tutti. 

Un Bacio e alla prossima <3
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Diagon Alley ***


Diagon Alley
 
Le faceva uno strano effetto indossare quei vestiti. Doveva ammettere che erano comodi, anche se nulla avrebbe mai sostituito la sua tenuta da combattimento. L'inserviente apparve sulla soglia della porta e lei lo squadrò un attimo, prima di prendere il sacchetto di denaro posto sul letto.
Scesero nuovamente nello studio del preside. Oltre a Silente, nella stanza vi era un uomo alto più del normale, e Alexandra intuì che fosse un mezzo gigante: ne aveva visti molti come lui, ai confini nord di Narnia.

"Oh, eccoti qui!" esclamò l'anziano mago, "Hagrid, voglio presentarti la signorina Lara Lewis. Si è appena trasferita a Londra, e siccome non conosce bene  la nostra comunità magica vorrei che l'accompagnassi a Diagon Alley, di modo che faccia  gli acquisti necessari per l'anno che deve affrontare qui a Hogwarts."

"Nessun problema, professor Silente, avete affidato questa ragazza in mani sicure!"

"Oh, non ne dubito! Ha bisogno anche di una nuova bacchetta: sai dove portarla."

"Certo, professor Silente, lo so."

"Bene! Mi raccomando, Hagrid, sii prudente." disse infine il mago anziano, congedando i due.
 


Alexandra non aveva mai viaggiato a bordo di una moto volante e solo ora si rendeva veramente conto di soffrire di vertigini. Aveva guardato giù un paio di volte, ma la testa aveva preso subito a girarle, così per sicurezza si era aggrappata ancor di più al mezzo gigante.

"Non hai mai volato?"

"Non su una di queste."

Quelle furono le uniche frasi che si scambiarono per tutto il tragitto: nessuno dei due voleva ingoiare qualche moscerino. 
Percorsero lo stesso tragitto dell'espresso per Hogwarts, ma la giovane non se ne rese conto, poiché non osava guardare in basso; sua madre non avrebbe tollerato una paura del genere. 
Londra si presentò sotto ai suoi occhi all'improvviso; erano passati dalle verdeggianti radure alla città in così poco tempo che Alexandra non poté trattenere lo stupore. Non aveva mai visto un luogo simile: palazzi, strani edifici, strade e milioni di persone che viste dall'alto sembravano delle piccole formiche. Hagrid deviò a destra in modo da allontanarsi dal centro: doveva cercare un posto dove poter atterrare senza essere visto. Avvistò uno spiazzo deserto poco distante dalla loro meta e iniziò la discesa. Alexandra si preparò all'impatto, ma l'atterraggio fu morbido e silenzioso.
Rimettere i piedi per terra le fece tirare un sospiro di sollievo e il suo accompagnatore, vedendola, si mise a ridere. La giovane, sulle prime, fece l'offesa, ma alla fine sorrise; iniziava a starle simpatico, quell'omone.
 


Voldemort aveva setacciato ogni angolo di quella dannata foresta, ma della ragazza non vi erano tracce. Si era spinto anche oltre i confini di Narnia, fino ad arrivare ad Archen, senza trovare alcun indizio. Dovette rientrare al castello a mani vuote e con il sangue che gli ribolliva nelle vene: Jadis lo avrebbe deriso. Si fece annunciare dal nano e non dovette aspettare molto per essere ricevuto.

"Vedo che hai fallito." esordì la strega.

"Sì..."

"Lo immaginavo, ma in fondo non è stata colpa tua."

"Che intendi dire?"

"Che una mia vecchia conoscenza si è intromessa. Sai dov'è ora la ragazza?"

"No."

"Nell'unico posto in cui tu non puoi mettere piede."

"Hogwarts!" esclamò il mago oscuro.

"Già, e a questo punto non so cosa farmene di te..."

"Non vorrai rimangiarti l'accordo?!"

"No, sta' tranquillo, ma devi trovare una soluzione. Altrimenti sai cosa ti aspetta" disse pacatamente Jadis prima di congedare Voldemort.
 


Hagrid l'aveva condotta all'interno di un vecchio locale: Il Paiolo Magico. Era una locanda vecchia e dall'aspetto dismesso, come notò immediatamente la giovane. A quell'ora del mattino non era nemmeno molto affollata: c'erano solo due persone sedute al bancone, altre tre sedute a un tavolo al centro della sala e il barista dall'aspetto alquanto inquietante, che salutò con un cenno il mezzo gigante.

"Il solito, Hagrid?"

"No, Tom. Oggi non sono qui per bere, sono in missione per Hogwarts."

Alle parole missione e Hogwarts le persone presenti nella stanza si girarono a fissare i nuovi arrivati. 

"È stato un piacere, Tom" esclamò il mezzo gigante congedandosi.

Arrivarono nel retrobottega: era uno spazio angusto, in cui a parte un muro di mattoni, un secchio dell'immondizia e qualche ciuffo d'erba, non vi era nient'altro. Hagrid si avvicinò alla parete e con la punta dell'ombrello toccò in un determinato ordine alcuni laterizi. I mattoni iniziarono a spostarsi fino a rivelare dietro di loro una via piena zeppa di gente e negozi.

"Benvenuta a Diagon Alley!" le disse il mezzo gigante con un sorriso.











Note dell'Autrice: 

Mi scuso per averci messo tanto ad aggirnare, ma in questo periodo sono stata occupata. Allora Voldemort ha fallito, anche se non per colpa sua e la nostra potragonista è pronta per farsi un bel giretto per Diagon Alley. Spero che vi piaccia :)

Un Bacio e Alla prossima <3
 

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Capitolo 6
*** è la bacchetta a scegliere il mago ***


È la bacchetta a scegliere il mago
 



Alexandra non credeva ai suoi occhi. Ovunque volgesse lo sguardo rimaneva meravigliata dallo spettacolo che le si parava davanti.  I negozi si susseguivano uno di seguito all'altro, con le vetrine stracolme di oggetti magici, alcuni dei quali lei non aveva mai visto.  La via era affollata di persone: maghi e streghe effettuavano tranquillamente i loro acquisti nel cuore di Londra, all'insaputa dei babbani che ignoravano completamente la loro esistenza.

"Hai la lista con te?" le chiese Hagrid.

"Si, certo" rispose la giovane, tirando fuori dalla tasca del giacchetto un foglio di pergamena, per poi srotolarlo.

Lesse attentamente la lista di cose che le occorrevano con il mezzo gigante, che non aveva smesso di fissarla.

"Be', è bel po' di roba..." sospirò Alexandra.

"Non ti preoccupare, a comprare i libri e il resto non ci vorrà molto. La bacchetta è quella che richiede più tempo. Come mai la devi ricomprare?"

"La mia vecchia bacchetta era fatta di un materiale che non ama lasciare il luogo d'origine, quindi non appena messo piede a Londra ha smesso di funzionare."

"Be', questo è bel problema, ma vedrai: il negozio al quale siamo diretti avrà certamente una bacchetta adatta a te."
 

In poco meno di due ore avevano preso quasi tutto il necessario per la scuola; mancavano solo la bacchetta e una scopa, perché a quanto pare uno dei passatempi preferiti dei maghi era volare, il che era una bella difficoltà per lei, visto il suo problema con l'altezza. 
Si fermarono davanti al negozio di bacchette di Ollivander.

"Bene, tu va dentro. Io provvederò a comprare la scopa"  le sorrise Hagrid.

La giovane annuì e lentamente si avvicinò all'entrata della bottega. Mise la mano sulla maniglia della porta e, dopo aver preso un bel respiro, l'aprì facendo suonare leggermente il campanello posto sopra di essa. Si avvicinò al tavolo al centro della stanza piena zeppa di scaffali, i quali erano altrettanto strapieni di scatole contenenti bacchette. Non c'era nessuno, e per sicurezza Alexandra suonò il campanello posto sopra al mobile di legno massello. Il suono della campana si propagò per l'intera sala, interrompendo così quel pesante silenzio. Pochi attimi dopo comparve dal nulla un uomo anziano, sicuramente molto più giovane di Silente, anche se aveva ormai i capelli grigi. Le sorrise e poi scomparì dietro a uno dei tanti scaffali presenti nella piccola stanza. Alexandra, curiosa, lo seguì e lo vide prendere e aprire una di quelle numerose scatole. Le si avvicinò con estrema calma e le porse tra le mani un pezzo di legno finemente lavorato. La ragazza agitò la bacchetta e ruppe la lampada posta a fianco del tavolo.

"Be', direi che non ci siamo proprio" disse l'uomo, che si avvicinò nuovamente al ripiano. 

Prese un altro cofanetto e porse il contenuto tra le mani della ragazza. La giovane mosse la bacchetta, ma il risultato fu perfino peggiore del precedente: la vetrata della porta andò in mille pezzi.

"Nemmeno questa."

"Mi dispiace, non volevo..."

"Non si preoccupi; succede spesso, anche con sua madre fu difficile. La magia che possedete non si accorda molto bene con alcune bacchette."

"Lei sa chi sono? E mia madre ha frequentato Hogwarts?" domandò sorpresa.

"Ovvio. Vede , Silente mi ha avvisato e devo dire che non vedevo l'ora di conoscerla, mia cara. Mi ricordo che sua madre, quando venne a comprare la sua bacchetta, era accompagnata da suo nonno."

"Non ho mai conosciuto mio nonno..."

"Era un grand'uomo."

"Mia madre com'era?"

"Una strega dotata di un impareggiabile talento. I suoi poteri farebbero tremare persino "Tu-Sai-Chi"" disse, sparendo dietro l'ennesimo scaffale.

Ollivander prese una vecchia scatola impolverata e molto rovinata. Restò per un momento immobile, incerto sul da farsi, ma poi si precipitò a passo svelto verso Alexandra.

"Okay... Prova con questa" disse porgendogliela.

Stavolta la ragazza notò una certa affinità con la bacchetta: sentiva la sua magia scorre dentro a quel legno chiaro di quercia con estrema facilità.

"Interessante..."

"Interessante cosa?"

"Vede, quella bacchetta mi fu commissionata da suo nonno molto tempo fa. Doveva essere per sua madre, ma è la bacchetta a scegliere il mago e non viceversa."

"Cosa c'è di così strano? Perché questa bacchetta non ha scelto mia madre?"

"La bacchetta non scelse sua madre perché la sua magia era ancora indecisa, mentre la sua ha già scelto la sua direzione. Vede, il materiale della bacchetta che tiene in mano non viene da questo mondo, ma dal suo luogo natio: Charn. Il legno utilizzato per farla è uno dei meno flessibili e appartiene alla Quercia del Grande Inverno mentre il suo nucleo è una squama di drago bianco proveniente dalle Montagne del Nord."

Alexandra non riuscì a rispondere, poiché un leggero bussare la fece voltare in direzione della strada. Era Hagrid, con in mano una scopa modello Firebolt e una piccola gabbia in cui c'era un cucciolo di gatto.

"Spero che ti piacciano i felini."

La giovane sorrise e fece per uscire, ma Ollivander richiamò la sua attenzione.

"Mi aspetto grandi cose da lei... E si prepari, perché il tempo della battaglia è prossimo."
"Sa, in molti si aspettano tanto da me, ma io voglio solo salvare mia madre da ciò che è diventata" detto questo, uscì dal negozio con stretta tra le mani la bacchetta di quercia.










Note dell'Autrice:

Salve a tutti! Ammettetelo non vi aspettavate che aggiornassi così presto, be'... nemmeno io. Spero che il capitolo vi piaccia :)
Per chi non lo sapesse Charn è il luogo d'origine della Strega Bianca e compare nel primo libro della Saga delle Cronache di Narnia: "Il Nipote del Mago".

Un Bacio e Alla Prossima <3
 

 
 

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Capitolo 7
*** In viaggio verso Hogwarts ***


In viaggio verso Hogwarts
 


Si era stabilita in un piccolo appartamento nel cuore di Londra e aveva studiato ogni singolo libro che Silente le aveva fatto trovare nel suo baule a Hogwarts. Doveva ammettere che in Pozioni e Incantesimi era molto più avanti rispetto a un comune mago e questo le dette molta soddisfazione, ma la mancanza di casa si faceva sentire. Non era abituata ad avere chilometri e chilometri di cemento intorno, né ad avere  tutte le comodità che il mondo umano le offriva . A Narnia l'unico mezzo per muoversi liberamente era il cavallo, qui invece vi erano: autobus, macchine, treni , metropolitane e persino aeroporti, per non parlare poi dei mezzi usati dai maghi, il più famoso dei quali l'avrebbe riportata a Hogwarts quella mattina. Hagrid era passato a prenderla verso le 9:30 e l'aveva aiutata a prendere il piccolo bagaglio che aveva preparato  la sera precedente. Stava per chiudere l'appartamento, quando si ricordò di aver dimenticato dentro il piccolo Frodo (questo era  il nome che aveva dato al gatto regalatole dal mezzogigante); dandosi della stupida, si scusò con il gatto. Fortunatamente, a portarle la valigia lungo il tragitto verso la stazione ci aveva pensato il mezzogigante e non lei. King's Cross era enorme e se non ci fosse stato Hagrid Alexandra si sarebbe persa subito in mezzo a tutta quella folla che si dirigeva in gran fretta ai binari. La ragazza prese dalla tasca del giacchetto il biglietto: un semplice pezzo di carta su cui vi era scritto:

" Da Londra a Hogwarts
Binario 9  e ¾"

Osservò attentamente tutta la linea ferroviaria, ma non vi era traccia del suddetto binario ; eppure la sua guida proseguiva imperterrita. Hagrid si fermò di colpo tra i binari nove e dieci e per poco Alexandra non gli finì addosso. 

"Perché ci siamo fermati?" chiese.

"Perché siamo arrivati, basta solo oltrepassare quel muro ed è fatta" le sorrise il mezzo gigante.

La giovane non obbiettò; a volte dimenticava quanto il Mondo Magico fosse molto protettivo nei propri confronti, forse a causa soprattutto di quella famosa caccia alle streghe. Si fece coraggio e insieme al suo accompagnatore superò la barriera che la divideva dal binario. Fu una strana sensazione, qualcosa di inspiegabile, che scomparì non appena vide la locomotiva rossa avvolta dal vapore e tutte quelle persone intorno ad essa.

"Bene, il mio compito qui è finito" le disse Hagrid.

"Di già?"

"Sì, ma non ti preoccupare: ci rivedremo non appena arriverai a Hogwarts" le sorrise il mezzo gigante, che scomparì subito dopo, senza nemmeno dare il tempo alla giovane di rispondere. Alexandra si trovò da sola in mezzo a tutta quella confusione; be', non proprio sola, visto che con lei c'era Frodo, che dormiva beatamente infischiandosene di tutto e tutti. Lasciò la valigia al facchino e poi salì sul treno. L'interno era ancora più affascinante dell'esterno:  era tutto perfettamente decorato in vecchio stile, con gli scompartimenti che si affacciavano su un lungo corridoio dal pavimento in legno. Trovare uno scompartimento vuoto, constatò la ragazza, sarebbe stata un'impresa ardua. Girovagò per molto tempo, percorrendo quasi tutta la corsia e spostandosi di vagone in vagone, finché, dopo tutto quel peregrinare, la sua pazienza e la sua tenacia vennero ricompensate. Si sedette vicino al finestrino e finalmente il treno partì.
 



"Fate sempre tardi, voi due!" esclamò Hermione.

"Io non centro niente" le rispose Harry.

"Quindi vorresti dire che è tutta colpa mia?" disse alterato Ron.

"Ovvio, ti sei alzato un'ora dopo rispetto a quando è suonata la sveglia."

"Ok, ora basta, datemi una mano a cercare un posto!"

Il trio dovette faticare un bel po', e alla fine si dovettero accontentare di uno scompartimento in cui c'era una sola ragazza, con il suo gatto, che per fortuna apparteneva alla loro casa; anche se, constatò Hermione, non l'avevano mai vista nel dormitorio.

"Scusa, possiamo? Sai, il treno è già tutto pieno" esordì la giovane strega.

"Sì, certo, accomodatevi!" rispose Alexandra.

"Grazie. Io sono Hermione Granger e loro sono Ron Weasley e Harry Potter."

"Piacere di conoscervi. Io sono Lara Lewis, e lui" disse, indicando il gatto "è Frodo."

"Per caso sei nuova?" chiese Ron.

"Ron! Sei sempre il solito delicato" lo rimproverò Hermione

"Che ho detto di male?"

"Hermione, non ti preoccupare, non fa niente. Comunque, sì, sono nuova. Mi sono trasferita a Londra con i miei genitori per i loro motivi di lavoro, prima vivevo
in America e frequentavo la Scuola di Magia e Stregoneria di Ilvermorny."

"Sei la benvenuta tra noi" le sorrise Harry.

"Davvero?! In che casa eri?" esclamò tutta curiosa Hermione.

"Oh no ci risiamo, ecco che la saputella riprende il sopravvento!" disse Ron, beccandosi una gomitata nelle costole dalla ragazza. Alexandra non trattenne una risata.

"La mia casa era Wampus."

"Interessante."

"Non capisco cosa ci sia di così interessante."

"Non farci caso, lei è così" le rispose il ragazzo con gli occhiali.

"Ah, bene! Comunque penso che mi troverò bene in questa scuola."

"Ne sono certo" le rispose Harry con un sorriso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'Autrice:

Salve a tutti! Eccomi qui con un nuovo ed entusiasmate capitolo. La nostra cara protagonista è finalmente diretta a Hogwarts e non poteva non incontrare subito il nostro caro Golden Trio. Spero che vi piaccia :)

Un Bacio e Alla prossima <3
 
 
 

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Capitolo 8
*** Hogwarts ***


Hogwarts
 


I quattro ragazzi chiacchierarono molto durante il tragitto, ma solo Hermione aveva avuto dei sospetti sulla nuova compagna: Lara, infatti, non aveva riconosciuto Harry Potter, nonostante il nome del ragazzo fosse famoso in ogni luogo magico conosciuto. Qualcosa, quindi, non quadrava per la Grifondoro. Dopo ore passate in quella carrozza, finalmente scesero alla stazione di Hogsmeade. Alexandra inspirò a fondo l'aria resa umida dalla pioggia; sapeva che Hogwarts, da lì in avanti, sarebbe stata la sua unica casa. Vide Hagrid che cercava di radunare attorno a sé i bambini del primo anno. Il mezzogigante le sorrise e lei contraccambiò. 
"Ehi, Lara! Dobbiamo andare" la chiamò Harry. La ragazza si avviò insieme ai suoi nuovi compagni  a prendere il mezzo che l'avrebbe condotta a scuola. 
Alexandra aveva visto poco di Hogwarts; in fondo era stata lì solo per due ore e, a parte la strada per il dormitorio, le rimaneva ancora da vedere tutto il resto. Ecco perché non appena mise i piedi nella Sala Grande riuscì a stento a trattenere la propria meraviglia. Era una lunga ed enorme sala in cui vi erano posizionati cinque tavoli: quattro appartenevano alle case, e l'ultimo, posto su un piano rialzato rispetto agli altri, era quello dei professori, il cui scranno centrale – dove sedeva il preside – spiccava su tutti.  Appese a mezz'aria, delle candele illuminavano a dovere la stanza, mentre il soffitto riproduceva il cielo all'esterno, in quel momento stellato. La giovane si mise seduta vicino a Hermione, che le stava spiegando da minuti come funzionava il tutto a Hogwarts, mentre Harry e Ron le si sedettero di fronte accanto a un ragazzo dai capelli neri e lo sguardo gentile, che si presentò a lei con il nome di Neville Paciock.  La porta della sala si aprì nuovamente e vide gli studenti del primo anno accompagnati dalla professoressa McGranitt; mostravano tutti  lo stesso stupore che aveva avuto lei entrando.

"Ora avverrà la Cerimonia dello Smistamento. Immagino che la troverai molto differente da quella di Ilvermorny" le disse Hermione.

"Effettivamente lo è" le rispose Alexandra, mentre il Cappello Parlante si arrovellava sulla testa del primo studente. Alla fine, quest'ultimo venne smistato in Corvonero e fu accolto con grida euforiche da parte dei suoi compagni; ci furono poi due Grifondoro, un Serpeverde e due Tassorosso. Alla fine della Cerimonia il preside si alzò in piedi e impose silenzio.

"Cari ragazze e ragazzi, benvenuti e bentornati a Hogwarts" esordì raggiante l'anziano mago. "Prima di procedere con la nostra tradizionale cena, ho un annuncio importante da fare" si schiarì la voce, "Quest'anno la Coppa di Quidditch non si terrà, poiché la nostra scuola, dopo quasi cento anni, è stata scelta per ospitare un importante evento: Il Torneo Tremaghi!"

Un lungo applauso scaturì dai quattro tavoli e, pur non sapendo di cosa si trattasse, anche Alexandra si unì alle grida euforiche dei suoi compagni.

"La competizione inizierà il 31 ottobre con l'arrivo delle delegazioni delle scuole di Beauxbatons e di Durmstrang." Detto questo, il Preside si rimise seduto e i tavoli si riempierono di ogni sorta di pietanza.

Senza pensarci due volte, Ron si tuffò sul pollo invitando Alexandra a fare altrettanto, ma la giovane Grifondoro era abituata a ben altra etichetta e certe abitudini, seppur corrette, non si dimenticano facilmente: sua madre le aveva instillate in lei a suon di severe punizioni. 

"Ron, per amor del cielo!" intervenne Hermione, disgustata.

"Che ho fatto?" rispose lui, tra un morso e l'altro.

"Nulla, lasciamo stare..." sospirò la strega.

Alexandra rise di gusto insieme a Harry, che nonostante fosse abituato a quella scena da anni non riusciva mai a non ridere.
 


 
Voldemort si precipitò al castello della Strega Bianca. Forse aveva trovato la soluzione al problema "Hogwarts". La guardia, come sempre, lo squadrò, prima di farlo entrare nella sala del trono. Come al solito, Lei non c'era e stavolta dovette attendere parecchio. 

"Spero che porti buone notizie" esordì Jadis, accomodandosi sullo scranno reale.

Il Signore Oscuro fece un piccolo inchino.

"Certo, ma non so se ti piacerà."

"Procedi..."

"Hogwarts è stata scelta per ospitare il Torneo Tremaghi; potremmo far partecipare la ragazza e fare in modo che la coppa sia una passaporta per il tuo castello."

"Non deve rischiare la vita!"

"Non le succederà nulla, un mio infiltrato la proteggerà da ogni eventuale pericolo. Comunque, non capisco perché questa ragazzina sia così importante per te."

"Non sono affari tuoi. Bada bene: se le succede qualcosa, tu ne pagherai le conseguenze!"

"Non le accadrà nulla... ma tu manterrai la tua promessa?"

"Io mantengo sempre la parola data, Voldemort. Vedi di mantenere la tua." disse la Strega Bianca, congedando il Signore Oscuro.
 
 
 
 
 
 
 




Note dell'Autrice: 

Finalmente aggiorno scusate il ritardo, ma gli impegni ahimè sono sempre di più e io non riesco a trovare quasi mai il tempo per scrivere. Allora la nostra protagonista è Hogwarts e Hermione già sospetta qualcosa. Secondo voi Voldemort ce la farà nell'impresa? 

Un Bacio e Alla prossima <3

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Capitolo 9
*** Lezione di Pozioni ***


Lezione di Pozioni
 


Ambientarsi a Hogwarts non era per nulla semplice, lo doveva  ammettere, e se non fosse stato per Hermione si sarebbe persa ogni due secondi all'interno delle mura del castello. Purtroppo per lei, quella mattina la sua fidata compagna era dovuta andare in infermeria a causa di un malore avuto durante la notte. Erano già venti minuti che Alexandra girovagava alla ricerca dell'aula di Pozioni, sperando di trovarla al più presto: odiava fare tardi. Non aveva potuto nemmeno contare su Ron e Harry: quei due erano ancora a far colazione in Sala Grande e, ahimè, lei aveva ereditato la pazienza di sua madre, che era a tutti gli effetti uguale a zero. Sospirò per l'ennesima volta nel ripercorrere il corridoio principale.

"Signorina Lewis, dove sta andando?" la chiamò la voce della McGranitt .

"Professoressa! Stavo cercando l'aula di Pozioni" rispose.

"Devi scendere nei sotterranei del castello" le disse, indicandole anche la direzione da prendere.

"La ringrazio" le sorrise.

Ora, scendere nei sotterranei non era una delle cose migliori che si potesse augurare, essendo quello territorio dei Serpeverde. La ragazza ancora non riusciva bene a capire la forte rivalità tra Grifondoro e Serpeverde: in fondo per lei ogni casa era uguale all'altra e non gli importava molto delle loro stupide beghe. Girò a destra e iniziò a scendere le scale che l'avrebbero condotta nei sotterranei. Come c'era d'aspettarsi, lì, in quel corridoio semi buio, faceva molto più freddo che in qualsiasi altro luogo del castello, ma la giovane non ci fece caso; per lei era come avere addosso una brezza leggera. Il gelo, quello vero, l'aveva nel sangue. 
Non fu difficile trovare l'aula di Pozioni. Entrò nella stanza, constatando di essere in pieno orario. Si mise seduta alla postazione che le era stata assegnata e, ahimè, il destino volle che il suo "compagno di banco" fosse un Serpeverde. Alexandra squadrò per un attimo il ragazzo che aveva affianco: biondo, di altezza nella media, occhi grigi, un sorriso strafottente e quell'aria da superiore che solo un mago dal cosiddetto "Sangue Puro" avrebbe potuto avere. Spostò lo sguardo sul calderone che aveva davanti e così, dopo tanti anni, si sarebbe ritrovata a fare quello che sua madre le aveva obbligato: preparare pozioni. Non che le dispiacesse: in fondo erano meno pericolose rispetto a certi incantesimi in lingua runica e elfica che sapeva, ma risentire l'odore di alcuni ingredienti come la bava di lumache le stava dando il voltastomaco. 

"Ron, muoviti!" disse Harry, fiondandosi letteralmente giù per le scale.

"Arrivo!" rispose l'altro.

I due arrivarono con il fiatone davanti all'aula di Pozioni.

"Sei sempre il solito, Potter" lo sbeffeggiò il biondino.

"Malfoy, non mi pare il momento" rispose l'altro a denti stretti.

"Che c'è, non hai più fiato?"

"Ce l'ho eccome, furetto..."

Draco non poté replicare, poiché nella sala era appena entrato il professor Piton, ma lo sguardo furente che lanciò a Harry lasciò intendere che la questione non era ancora finita.

"Oggi faremo un breve ripasso. Vorrei che ognuno di voi preparasse il Distillato Soporifero. Gli ingredienti sapete dove potete trovarli" disse il mago, prima di riuscire dalla stanza.

A quanto pare, Piton aveva una gran fretta, constatò la giovane; una pozione come quella, per lei, era un stupidaggine. Si alzò dalla propria postazione per prendere gli ingredienti necessari e nelle giuste quantità. Prese dallo scaffale: muco di Vermicoli, lavanda, radici di valeriana, e l'ingrediente base, cioè una mescolanza di erbe essenziali nella maggior parte dei preparati. Ci mise poco a prepararla, anche se dovette aspettare ben settanta minuti, poiché il liquido doveva fermentare. Completò la pozione e rimase senza far nulla, mentre il resto dei suoi compagni era ancora ai primi stadi.  Ron per poco non aveva fatto esplodere il tutto, poiché aveva aggiunto due rametti di lavanda in più; eppure quella pozione era per principianti!

"Io ci rinuncio!" esclamò il rosso.

"Ti aiuto io" disse Alexandra.

Malfoy squadrò la ragazza, mentre aiutava quell'incapace di un Weasley. Era la prima volta che la vedeva, eppure conosceva a menadito ogni singolo Grifondoro. Aveva i capelli neri mezzi mossi e un'aria da saputella, simile a quella della Granger, ma a farlo indugiare ancora su lei furono gli occhi: erano verde smeraldo, con una leggera sfumatura argentea. Distolse lo sguardo non appena la ragazza si girò nella sua direzione.
 

 
Piton era stato convocato nell'ufficio del preside. Aveva dovuto buttare all'aria una lezione intera; non gli restava che sperare che la notizia che Silente doveva comunicargli fosse davvero di vitale importanza. Non sapeva nemmeno perché aveva lasciato ai suoi studenti un compito così facile, roba da bambini delle elementari del mondo babbano. Percorse tutto il corridoio del secondo piano fino ad arrivare davanti agli imponenti gargoyles di pietra posti a guardia dell'entrata.

"Sorbetto al limone" pronunciò, e questi rivelarono la scala a chiocciola per l'ufficio del preside.  Severus salì svogliatamente le scale e quando arrivò davanti

alla porta non bussò nemmeno: sapeva che non era necessario.

"Signor Preside" esordì.

"Ben arrivato, Severus."

"Voleva dirmi qualcosa?"

"È una questione estremamente delicata e solo tu puoi conoscerla."

"Mi dica."

"Vedi, in questa scuola c'è una ragazza molto speciale: tu hai conosciuto molto bene sua madre. Vorrei che tenessi sott'occhio questa giovane donna... Il suo
nome, qui, è Lara Lewis, e sospetto che Voldemort sia già sulle sue tracce."

"Non capisco... siate più chiaro."

"Lo so che l'hai vista. La sera d'apertura i tuoi occhi erano puntati sul tavolo dei Grifondoro."

"Sapevo che non vi sarebbe sfuggita la cosa, ma Jadis non ingaggerebbe mai Voldemort."

"Lo so, ma l'ha fatto."

"Impossibile! Lei non può averlo fatto, sapete benissimo che..."

"Sì, lo so, Severus, e nemmeno a me la cosa quadra del tutto, ma per favore: tieni sott'occhio la ragazza. So che per te non è facile, visto che è anche figlia di..."

"Lo farò, sapete cosa devo a lei."

"Lo so, le devo molto anch'io..." 
 
 
 




Note dell'Autrice:

Che dire Ron è il solito pasticcione  e pian piano il passato di Jadis sta uscendo e forse uscirà anche il vero nome del padre di Alexandra, un piccolo indizio ve l'ho lasciato di sicuro Piton lo conosceva assai bene ;)

Un Bacio e Alla Prossima <3 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** Il Torneo ha inizio ***


Il Torneo ha inizio
 


Ormai aveva capito che la vita a Hogwarts non era per nulla facile. Era lì da un mese e mezzo e già era stufa di studiare cose che sapeva già da anni, grazie ai severi e alquanto faticosi insegnamenti di sua madre, ma per sua sfortuna doveva recitare la parte di una semplice studentessa che imparava quelle cose per la prima volta. Si passò le mani in faccia nel tentativo di non sbadigliare per l'ennesima volta, mentre correggeva il saggio di Pozioni di Harry, che la guardava con trepidante attesa.

"Che c'è? Ho sbagliato qualcosa?" chiese il ragazzo.

"No, scusami... è che sono un pò stanca. Comunque il saggio va bene."

"Non so come ringraziarti."

"Non c'è di che" gli sorrise lei.

"Grazie davvero, senti... che ne dici di uscire a prendere un pò d'aria?"

"È un'ottima idea!"
 

 




"Devi agire stanotte" disse Voldemort.

"Mio Signore, agirò non appena tutti saranno nei loro rispettivi letti."

"Ricorda bene: metti il nome completo della ragazza nel Calice di Fuoco."

"Non temete, sarà fatto" pronunciò il Mangiamorte, prima di essere congedato dal Signore Oscuro.
 

 



Era impossibile fare una tranquilla camminata nei corridoi senza che le parole "Torneo TreMaghi" comparissero nelle conversazioni. Ormai all'inizio del grande evento mancavano solo poche ore e vi era trepidante attesa tra gli studenti. Alexandra si era dovuta informare  molto dettagliatamente sulla competizione. Da quanto riportato nei libri presi in prestito dalla biblioteca, aveva appreso che il Torneo TreMaghi era una gara fra le tre più grandi scuole di magia europee che si svolgeva ogni cinque anni, la cui pericolosità aveva costretto il Ministero della Magia a bloccare la competizione a causa delle morti troppo numerose. A quanto pare, però, quell'anno, grazie all' infaticabile lavoro di alcuni membri del ministero, il Torneo TreMaghi avrebbe ripreso il suo corso. La giovane era talmente immersa nei suoi pensieri che ormai aveva perso il filo del discorso con Harry.

"Tu che ne pensi?" le chiese il ragazzo.

"Di cosa?" chiese lei, colta alla sprovvista.

"Del Torneo! Ma mi stavi ascoltando poco fa?"

"Sì" mentì. "Comunque non so, in America non esistono competizioni del genere e non riesco a giudicare qualcosa senza averla mai vista"

"Nemmeno io l'ho mai vista, solo che gli annali parlano chiaro."

"In ogni gara ci sono incidenti, a volte mortali, ma come ho già detto non esprimo un parere. In fondo, non è in cima alla lista dei miei pensieri, in questo
momento."

"Ehi! Guardate lì!" esclamò di colpo un ragazzo di Tassorosso, indicando il cielo.

Tutti gli studenti si precipitarono verso le grandi finestre del corridoio. Una sfavillante carrozza trainata da ben otto cavalli alati si stava avvicinando al castello. Un enorme "Wow!" si levò dalla  folla quando il cocchio passò a pochi centimetri dai finestroni.

"C'è qualcosa nel Lago Nero!" gridò un Serpeverde.

Dalle acque scure emerse maestoso uno splendido veliero, la cui vela principale era decorata con un'aquila a due teste.

"Sono le delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons" disse sottovoce Hermione.

"Ma Ron dov'è?" le chiese Harry.

"Non ne ho idea, non era con voi?"

"No, siamo usciti dalla sala comune poco fa" le rispose Alexandra.

"Chissà dove si è cacciato..." sospirò la Grifondoro.

"Sono dietro di te!" disse Ron. " Puoi spostarti, che non vedo un tubo?"

Hermione si trattenne dal rispondere, ma pensò: "Il solito Ron", e rise leggermente.
 

 
In occasione dell'arrivo delle due scuole, la Sala Grande era stata decorata con i loro stemmi. I drappi erano appesi alle/sulle pareti e al centro della stanza, mentre dietro al tavolo dei professori spiccava il simbolo della scuola ospitante. Il vociare nella sala era assillante, ma al preside bastò un semplice gesto della mano per ottenere il silenzio. 

"Come tutti sapete, questo banchetto è in onore delle scuole di Durmstrang e Beauxbatons. Sono molto lieto del fatto che le abbiate accolte con grande entusiasmo. Questa sera il Torneo TreMaghi avrà inizio; mi duole però informarvi che solo gli studenti che hanno compiuto diciassette anni potranno parteciparvi."

"Ma non è giusto!" esclamarono quasi i tre quarti della sala.

"Le regole sono queste, non vogliamo altri incidenti mortali! Colgo anche l'occasione per presentarvi Bartemius Crouch e Ludo Bagman, gli organizzatori, promotori e giudici del Torneo. La competizione consiste in tre sfide che metteranno a dura prova le vostre capacità. Al vincitore verrà consegnata  la Coppa TreMaghi ed un premio che ammonta a mille galeoni d'oro" disse Silente, per poi materializzare dal nulla un enorme calice nel quale guizzavano fiamme azzurre.

"Questo è il Calice di Fuoco: sarà a lui a scegliere i nomi dei tre campioni. Chiunque voglia partecipare non deve far altro che gettare un foglio di pergamena tra le fiamme. Il Calice sarà protetto dalla Linea dell'Età , sfido chiunque di voi a tentare di superarla. La scelta dei campioni si terrà domani alle undici, quindi per iscrivervi avrete fino alle ventidue del 31 Ottobre. Bene gli annunci credo che siano finiti, quindi buon appetito" Il Preside si accomodò sullo scranno centrale, mentre i tavoli si riempirono di ogni sorta di pietanze. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Note dell'Autrice: 

Scusate l'assenza, ma lo studio mi toglie parecchio tempo. Il torneo sta per iniziare e a quanto pare stanno per iniziare anche i guai per la  nostra protagonista. Spero che il capitolo vi piaccia :)

Un Bacio e Alla prossima <3

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Capitolo 11
*** 31 Ottobre ***


31 Ottobre
 


L'euforia era alle stelle e Alexandra non ne poteva più di sentire discorsi sui probabili candidati per il Torneo Tremaghi. Non che non le importasse dell'evento; era solo che la sua testa era concentrata su problemi più importanti, legati soprattutto a sua madre. Sentiva la mancanza della sua terra natia, le mancava la possibilità di tirar di spada e di cavalcare liberamente per le valli incontaminate di Narnia, nonostante a Hogwarts fosse più libera e al sicuro. Essendo sabato e avendo già praticamente studiato ogni singola materia, decise di aprire il baule e di concedersi per una singola volta di tornare finalmente se stessa. Si infilò la sua tenuta da combattimento e prese la spada dal baule posto accanto al letto. Frodo dormiva beatamente, raggomitolato sulle morbide coperte.
"Ho un gatto davvero pigro" pensò, prima di lasciare il dormitorio. Aveva trovato un piccolo posto  ben appartato vicino al Lago Nero dove potersi esercitare con la lama senza essere disturbata. Passò inosservata per i corridoi del castello; gli studenti erano tutti nella sala in cui stava il Calice di Fuoco, intenti ad osservare chi si sarebbe candidato per la competizione. S'incamminò verso il Lago Nero, beandosi di quel bellissimo silenzio che la circondava. Arrivata a destinazione, sguainò la spada: sua madre le aveva sempre detto che quell'arma era appartenuta a suo nonno e che solo l'erede di Charn era degno di impugnarla. Iniziò a fare lenti e fluidi movimenti, come a voler eseguire un rituale che da tempo immemore non faceva più. Si sentì nuovamente se stessa, la ragazza che era sempre stata, ma che alla fine aveva dovuto cedere ad usare la magia, perché, nonostante quel momento l'avesse riavvicinata alla sua essenza, sapeva che qualcosa era cambiato e che non sarebbe potuta tornare indietro.
 

 
Fred e George Weasley erano pronti, avevano accolto a pieno la sfida di Silente. Avrebbero fatto di tutto pur di partecipare al Torneo.
"Qui finisce male" sospirò Ron, guardando i fratelli mentre bevevano la Pozione Invecchiante. Harry rise.
I due Weasley riuscirono a superare la Linea dell'Età e a mettere i loro nomi tra le fiamme; purtroppo per loro non avevano fatto i conti con Il Calice di Fuoco, che dopo aver esaminato la loro richiesta li aveva spediti fuori dal suo raggio d'azione, punendoli per la loro sfrontatezza. La comica scena che ne seguì fece sbellicare dal ridere l'intera scuola.
"Avevi ragione Ron!" disse il Prescelto, tra una risata e l'altra.
"Che idioti, nessuno può beffare Silente" pronunciò Hermione per poi uscire dalla sala, stufa di tutta quella ridicola storia.
Per lei era da pazzi scegliere di partecipare al Torneo Tremaghi; nessuno con un pizzico di ragione avrebbe messo a rischio la propria vita per mille galeoni d'oro e una stupida coppa. La Grifondoro emise un sospiro, mentre percorreva lentamente il corridoio centrale. Vide passare di sfuggita Lara, che si dirigeva in tutta fretta al dormitorio. La cosa che però attirò la sua attenzione era lo strano abbigliamento che aveva intravisto addosso alla sua compagna. Aveva sin da subito sospettato che qualcosa in quella ragazza non quadrasse. In ogni caso, una cosa era certa: Lara non aveva mai messo piede a Ilvermorny.
Decise quindi di seguirla nel tentativo di scoprire cosa nascondesse così bene a tutti, ma non appena arrivò nel dormitorio la trovò già comodamente seduta davanti al camino con la divisa scolastica, mentre leggeva un vecchio libro sulle famiglie di maghi purosangue e non.

"Ciao" la salutò.

"Ciao Herm, tutto bene?"

"Sì, più o meno..."

"Che intendi?"

"Che questo stupido torneo mi ha già stancato."

"Già. In questa scuola non si parla d'altro da più di un mese."

"Ma vedo che a te non importa molto."

"Sinceramente ho altri pensieri per la testa, e poi è solo una competizione."

"Che tipo di pensieri?" chiese curiosa Hermione.

"Sai, lo studio..." rispose vaga.

"Fa parte del tuo piano di studi anche quel libro?"

"No, ma che dici! Stavo cercando le origini del cognome di mio padre."

"Io l'ho letto, se vuoi posso darti una mano" sorrise. "Qual è il cognome che cerchi?"

"Woodland."

"Woodland? Aspetta, fammi pensare... No, mi dispiace, ma in quel libro non c'è."

"Ne sei sicura?" chiese sorpresa.

"Sì, sicurissima."

Alexandra si fece pensierosa. Possibile che sua madre le avesse mentito? Con molta probabilità sì, visto che non amava parlare del suo passato, specialmente dell'uomo che forse aveva amato. Con ogni probabilità, aveva risposto alle sue insistenti domande con un cognome fasullo.
"Maledizione!" esclamò mentalmente; era stata davvero ingenua.

"Lara, tutto bene?"

"Ehm... Sì... Scendiamo per la cena" sorrise.

Hermione acconsentì, anche se ora i suoi sospetti si facevano sempre più pesanti. Chi era davvero quella ragazza? E perché si trovava a Hogwarts?
 

 

"Spero che mi porti buone notizie" esordì la strega seduta sul trono.

"Certo. Come da programma, questa sera la ragazza verrà scelta dal Calice di Fuoco per partecipare al Torneo Tremaghi.  Abbiamo già incantato la coppa."

"Me ne compiaccio, ma ti ricordo che se le accade qualcosa tu farai una fine lenta e dolorosa."

"Alla ragazza non accadrà nulla, te lo garantisco."

"Fa' sì che le tue parole si trasformino in fatti."
 
 





Note dell'Autrice: 

Allora che dire? Be' la nostra cara Hermione nutre molti sospetti sulla protagonista e Jadis non si fida molto del piano di Voldemort. Spero che il capitolo vi piaccia :) 

Ps: Nel prossimo ci sarà una piccola indicazione sulla vera identità del papà di Alexandra xd

Un Bacio e Alla Prossima <3

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Capitolo 12
*** Ricordi dal passato ***


Ricordi dal passato
 


Ricordava bene quando aveva visto per la prima volta Jadis: erano da Ollivander con Lily.

Il campanello tintinnò leggermente e Severus non poté fare a meno di voltarsi. I suoi occhi si concentrarono sulla bambina appena entrata insieme a suo padre. Aveva due occhi verde smeraldo, con una leggera sfumatura argentea, e i capelli biondi e lisci tenuti da un cerchietto. Continuò a fissarla, finché Lily non gli diede una piccola gomitata.

"Lo sai che è maleducazione fissare la gente?!" lo rimproverò, nel modo più discreto possibile.

"Ma io non stavo guardando nessuno!" cercò di difendersi lui.

"Certo, come no" rise lei.
 

Jadis non era a suo agio nel mondo magico e non lo sarebbe mai stata, ma suo padre le aveva detto che tutto questo era per il suo bene. Si guardò intorno: scaffali strapieni di bacchette, una scrivania enorme e altri due bambini come lei che stavano per comprare la loro prima bacchetta magica.

"Signor Hawthorn! Ben arrivato" lo accolse Ollivander.

"Ha quello che le ho chiesto?" andò subito al sodo l'uomo.

"Sì, ovviamente" disse Ollivander, prima di sparire sul retro.
 

"Ehm... ciao! Io mi chiamo Lily" sorrise la piccola Evans.

"Ciao, io sono Jadis. E lui chi è?" ripose la bambina dai capelli color del grano.

"Lui è Severus."

Il giovane si fece avanti e, imbarazzato, porse la mano a Jadis.

"Piacere di conoscerti" disse quest'ultima.

Intanto, Ollivander tornò con in mano una scatola nera.

"Jadis, vieni" le disse con dolcezza il padre.

La bambina si avvicinò ai due uomini. Ollivander le porse la bacchetta. Ella la strinse tra le mani, ma non appena l'agitò non successe nulla. Riprovò un'altra volta, cercando di lanciare un semplice Incantesimo di Levitazione insegnatole tempo addietro dal padre, ma il risultato rimase lo stesso.

"Mi dispiace, papà" mormorò.

"Non fa nulla, piccola mia... Forse, quando sarai più grande, funzionerà" la incoraggiò l'uomo.


Severus sbatté gli occhi, cercando di ritornare alla realtà. Davanti a lui, come al solito, vi erano i saggi dei suoi studenti da correggere, ma non poteva fare a meno di pensare a lei. Quella ragazzina che il Preside gli aveva chiesto di tenere d'occhio era identica a sua madre: avevano gli stessi occhi e lo stesso identico carattere. L'unica pecca era che Lara aveva gli stessi capelli di quell'insopportabile malandrino che era suo padre. Piton non riusciva ancora ad accettarlo. Jadis era una brillante Corvonero, la strega più potente della sua generazione, roba da far invidia allo stesso Voldemort; eppure, si era innamorata di un inetto Grifondoro, come Lily, del resto. Si passò le mani in faccia, cercando di allontanare quegli inutili pensieri, e si decise a concentrasi sui compiti da correggere.
 
 
 
 
 
 
 


Note dell'Autrice: 

Finalmente riesco ad aggiornare *si applaude da sola*, mi scuso per averci messo molto, ma tra visite mediche e impegni vari, di tempo ne ho avuto ben poco. Come detto nel precedente capitolo, tra queste righe c'è un piccolo indizio sul padre di Alexandra, forse più di uno.  Spero che vi piaccia :)

Un Bacio e Alla prossima <3

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Capitolo 13
*** La Scelta ***


La scelta
 



Hermione e Alexandra uscirono dalla Torre dei Grifondoro. La seconda era sovrappensiero: i dubbi sull'identità di suo padre erano l'unica cosa che aveva per la testa. Aveva perfino perso il filo del discorso con l'amica, che vedendo l'aria assente della compagna aveva smesso di parlare non appena avevano imboccato il corridoio principale. Vi era una tale confusione che, alla fine, persino Lara aveva dovuto ridestarsi dai propri pensieri. Gli studenti si accalcavano in massa verso la Sala Grande, ormai strapiena. Tutti parlavano e persino scommettevano sui probabili Campioni che quella sera sarebbero stati scelti dal Calice di Fuoco. Hermione e Lara si misero sedute come sempre: la prima accanto a Neville e la seconda vicino a Harry e Ron.

"Tutto bene ragazze?" chiese il Prescelto a entrambe.

Hermione annuì, cercando di distogliere lo sguardo da Ron, che stava divorando il pollo.

"Sì, tutto bene" disse Alexandra, sorridendo. D'un tratto, però, avvertì uno strano presentimento: sembrava esserci qualcosa di diverso nell'aria, quella sera...
 




Jadis osservava silenziosa i monti innevati del nord dalla terrazza della sua camera. In cielo vi erano poche stelle e una timida luna che giocava a nascondino con le nuvole. Inspirò affondo l'aria gelida della notte con gli occhi sempre fissi sull'orizzonte, su quelle maledette montagne che la separavano da un passato cupo e doloroso. Odiava perdersi in quegli oscuri e tormentati giorni, ma sapeva che il passato, prima o poi, sarebbe venuto a bussare alla sua porta e questa volta non sarebbe riuscita a scappare. Diversi colpi alla porta la riscossero da quei pensieri.

"Chi è?" chiese.

"Mia Signora, il vostro tè" rispose il nano.

"Entra!"

Ginarrbrik entrò nella stanza e posò il vassoio sul basso tavolino vicino al letto.

"Non credo che osservarle vi aiuti."

"Lo so, ma casa mia è oltre quelle montagne."

"Ditemi: una volta che Voldemort avrà completato la missione, che ne sarà di lui?"

"Lui avrà ciò che si merita, Ginarrbrik. Pagherà per quello che ha fatto, ma fino ad allora è meglio per me far credere a tutti di essere un mostro come mia madre" disse pacatamente la strega, per poi portarsi la mano al petto e rigelare il suo cuore.
 



Finito il banchetto, alle ventidue in punto tutti gli studenti si riunirono nella sala in cui si trovava il Calice di Fuoco.
Silente pareva stranamente tranquillo, o almeno era quello che dava a vedere ai presenti: anche lui, come una certa alunna in incognito, provava una sorta di sensazione premonitrice... Cercò tuttavia di scacciarla, iniziando a schiarirsi la voce.

"Il tempo è giunto!" esordì euforico. "Questa sera sapremo i nomi dei tre campioni che si sfideranno nel Torneo Tremaghi!"
Un lungo applauso percorse le tribune allestite per l'occasione.

"Bene... Iniziamo!" Il Preside di Hogwarts tese la mano verso il Calice. Le fiamme iniziarono a danzare diventando rosse, finché un pezzo di pergamena non venne sputato in aria. Silente lo prese tra le mani.

"Il Campione di Beauxbatons è ... Fleur Delacour!" esclamò.

Una giovane ragazza dai capelli lunghi e biondi si alzò, accolta dagli applausi delle sue compagne; prese il biglietto dalle mani di Silente e sparì dietro la porta indicata da quest'ultimo.

Le fiamme ripresero la loro danza e lanciarono in aria il secondo biglietto.

"Il Campione di Durmstrang è... Viktor Krum!"

Si alzò un ragazzo dalla corporatura robusta e l'espressione seria, accompagnato da grida euforiche che non vennero soltanto dai suoi compagni; anche lui imboccò la porta.

Le fiamme si tinsero per l'ultima volta di rosso, facendo volteggiare in aria l'ultimo fatidico foglio di pergamena.

"Il Campione di Hogwarts è... Cedric Diggory!"

Un ragazzo snello e con i capelli castani si levò in piedi, incitato dagli applausi dei Tassorosso, e, come gli altri due Campioni, sparì anch'egli dietro la porta.

"Bene! I Campioni sono stati scelti. Da oggi, inizia la loro avventura nel Torneo Tremaghi!"

Il Calice, però, riprese a far danzare le sue fiamme e sputò in aria un altro pezzo di pergamena, che pacatamente si andò a posare tra le mani di Silente. 
Il preside srotolò il biglietto: i suoi timori vennero confermati. Guardò ogni singola faccia tra i banchi: tutti attesero che parlasse, ma la scelta delle parole non era facile. Aslan l'aveva avvisato che Jadis avrebbe fatto qualsiasi cosa per riprendersi sua figlia. Spostò lo sguardo sul pezzo di pergamena e poi su Alexandra, che deglutì.  
La ragazza era in completa tensione: sentiva che qualcosa non sarebbe andato per il verso giusto, ma non poteva assolutamente credere che sua madre potesse farle una cosa del genere. No, non era da lei! Eppure lo sguardo di Silente non lasciava dubbi: la sua copertura era ormai saltata.

Il Preside di Hogwarts, inevitabilmente, dovette pronunciare il suo falso nome: "Lara Lewis!".
La ragazza si alzò, con le gambe tremanti e le mani che le si erano ricoperte di una leggera brina.
Silente la guardò e le sussurrò: "Mi dispiace... non dovresti scoprirlo così." Poi, le porse il biglietto. La giovane donna srotolò il pezzo di pergamena, sul quale vi era scritto in stampatello:

"Alexandra Jane Polaris Hawthorn Black".
 
 















Note dell'Autrice:

Salve a tutti! Eccoci qua alla seconda svolta, scommetto che non vi aspettavate che la nostra cara protagonista in realtà è un Black e che Jadis nasconde qualcosa. Spero che il capitolo vi piaccia :) 

Spero di pubblicare il prossimo domenica xd. 

Un Bacio e Alla Prossima <3
 

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Capitolo 14
*** Non si sfugge al passato ***


Non si sfugge al passato
 



Alexandra si svegliò di colpo quella notte, ormai le capitava spesso. Nonostante fosse quasi inverno, la sua fronte era imperlata di sudore. Non dormiva bene da quella maledetta sera in cui il suo nome era uscito dalle fiamme del Calice di Fuoco. Non avrebbe mai creduto che sua madre potesse arrivare a tanto pur di riprenderla e fargliela pagare cara. La conosceva fin troppo bene e Alexandra sapeva cosa avesse in serbo per lei: stavolta, avrebbe rimpianto di venir rinchiusa in una putrida cella di ghiaccio. Cercò di richiudere gli occhi nella speranza che, almeno per quella notte, il suo passato l'avrebbe lasciata in pace.
 



Voldemort si era precipitato al castello della strega. Come sempre, dovette attendere un bel po', visto che la padrona della dimora era a fare il suo giro di ronda in slitta. Fece avanti e indietro per tutta la stanza, con lo sguardo delle guardie puntato addosso: lei, a quanto pare, non si fidava così tanto di lui.

Jadis venne avvisata della presenza del mago oscuro e raggiunse immediatamente la Sala del Trono.

"Spero che mi porti buone notizie" esordì, accomodandosi sullo scranno reale.

Voldemort fece un piccolo inchino.

"Certo! La ragazza è ufficialmente un Campione Tremaghi."

"Me ne compiaccio. Hai svolto un ottimo lavoro, ma se le capita qualcosa sai che fine ti attende..."

"Lo so, ma ho tutto sotto controllo."

"Bene, ora va'. Ho altro di cui occuparmi al momento" disse la strega, congedandolo.

Il mago oscuro ubbidì a denti stretti: sapeva che era un pupazzo nelle sue mani e che non si sarebbe potuto ribellare. Era un rischio troppo alto.
 



La mattina seguente Alexandra si sentiva uno zombie, ma era più sopportabile delle occhiatacce e dei commenti dei compagni: le davano tutti dell'imbrogliona. Al dire il vero, non proprio tutti: Harry, Ron e Hermione erano al suo fianco.

"Lara, tutto ok?" le chiese il Prescelto.

"Non ha dormito nemmeno stanotte" rispose Hermione al suo posto.

"Non è colpa mia se non riesco a dormire..."

"Be', noi ti potremmo aiutare, se almeno ci dicessi cosa c'era scritto in quel biglietto."

"Hermione, non ricominciare, per favore!"

"Lara ha ragione, quando vorrà ce lo dirà" intervenne Ron per stemperare la tensione.

"Grazie Ron" rispose la Grifondoro alzandosi.

"Dove vai?" le chiese Harry.

"In un luogo in cui non ho gli occhi di tutti puntati addosso" disse, prima di uscire dalla Sala Grande.
 
Alexandra si incamminò lungo il corridoio principale, cercando di passare il più possibile inosservata.

"Ecco l'imbrogliona!" sentì esclamare alle sue spalle da quel Serpeverde che aveva avuto vicino il giorno della lezione di Pozioni.

La ragazza si girò e lo squadrò senza rispondere.

"Che c'è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?"

"A te, invece, alla nascita il cervello l'hanno dato?" rispose a tono la giovane donna.

Malfoy strinse i denti dalla rabbia: come osava quell'insulsa ragazzina rispondergli a quel modo?

"Vedo che ora è a te che hanno mangiato la lingua" disse Alexandra con un sorriso, per poi andarsene; aveva di meglio da fare invece di rispondere alle provocazioni di un Serpeverde.

Tornò in dormitorio e si distese sul letto: quel sabato l'avrebbe passato a dormire, ne aveva bisogno.
 



Congedato il mago oscuro, Jadis si rinchiuse nella propria camera. Il giro di ronda, come di consueto, non le aveva dato nessuna nuova informazione a parte quelle che sapeva già. L'esercito narniano era concentrato dentro Cair Paravel e a quanto pare persino Aslan aveva percepito quell'oscura presenza. La donna spostò lo sguardo verso le sempre innevate Montagne del Nord. Sapeva che da un momento all'altro l'esercito di Charn sarebbe arrivato: era questione di poco, ormai. Sua sorella avrebbe guidato quegli uomini in nome della loro madre, che finalmente avrebbe appeso la sua testa tra i trofei della sala del trono; forse era un bene che Alexandra non fosse a Narnia, ma non era al sicuro nemmeno a Hogwarts. Se disgraziatamente i suoi poteri fossero venuti a galla anche lì, sarebbe stata spacciata: doveva riportarla al più presto a casa e proteggerla da un passato che era difficile da comprendere e da sostenere.
Se ci fosse stato Sirius sarebbe stato diverso. Se l'era ripetuto tante di quelle volte che ormai non ci credeva nemmeno più, ma ogni tanto le piaceva pensare che sarebbe andato tutto diversamente se quella fatidica sera non avesse dato retta al Ministero. Persino Lily e James sarebbero rimasti vivi, e probabilmente non sarebbe arrivata al punto in cui si trovava ora, ma di una cosa era certa: Voldemort l'avrebbe pagata cara per quello che aveva fatto.
Strinse le mani a pugno: le nocche diventarono immediatamente bianche, mentre i ricordi di quella maledetta notte risalivano a galla, facendosi spazio nella sua mente.
 


"Gli ordini vanno rispettati!" le urlò il suo collega, ma Jadis non voleva sentire ragioni.


"Se non andiamo potrebbero morire!"

"Sei un Auror, come me, e devi obbedienza al Ministero. Gli ordini non si discutono!"

"Al diavolo gli ordini! Io vado!" esclamò, uscendo dalla sala.

La strega si smaterializzò a Godric's Hollow, ma ormai era troppo tardi. Vide Piton uscire dall'abitazione di Lily e James con in braccio il piccolo Harry.

"Perché non eri qui?! Li potevi salvare!" le urlò contro Severus.

Jadis non rispose, non subito almeno.

"Mi hanno trattenuta al Ministero! Ho fatto di tutto per venire qui!" esclamò, con le lacrime che iniziarono a scenderle copiose dagli occhi.

"Sei arrivata tardi!"

"Mi dispiace... io... maledizione!"

"Ora smettetela. È inutile che vi diate delle colpe insensate. Avete fatto il possibile." disse con calma Silente.

"Ma non è bastato" rispose la donna a denti stretti.

"Ahimè, no... ma ora dobbiamo pensare a Harry."

"Concordo" rispose Piton.
 

La strega si ridestò da quei ricordi e fece calmare la tempesta di neve che aveva inavvertitamente creato nella sua stanza. 
 
 
 
 






Note Autrice: 

Salve a tutti! . Come avrete sicuramente letto, la nostra cara Alexandra ha avuto il suo primo scontro con Malfoy e Jadis invece nasconde un passato alquanto complicato. Per chi non lo sapesse "Charn" è il luogo di nascita della Strega Bianca e comparte nel primo volume della Saga delle Cronache di Narnia scritta da C.S.Lewis.  Spero che il capitolo vi piaccia :)

Un Bacio e Alla Prossima <3

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Capitolo 15
*** Draghi ***


Draghi
 



Mancava davvero poco a quella prima dannata prova del Torneo, e l'ansia in lei cresceva. Alexandra si era scervellata giorno e notte nel tentativo di capire su cosa si basasse, ma con scarso risultato. Non le era stato d'aiuto nemmeno riprendere in prestito dalla biblioteca gli annali della competizione magica: purtroppo per lei, le sfide cambiavano ogni anno. Sospirò, cercando di ritornare con la testa alla lezione di Storia della Magia, materia altamente noiosa e insegnata da un fantasma: Il professor Rüf.  Doveva resistere due ore con quell'ectoplasma che blaterava di decreti, rivolte magiche e congressi che non avevano risolto un accidente: non poteva reggere, non con tutti quei pensieri per la testa. 

"Lara, tutto ok?" le bisbigliò Harry all'orecchio.

"No, mi sto annoiando a morte..."

"Ti capisco."

"Non so come faccia Hermione a seguirlo."

"Non lo so nemmeno io. Alcune volte penso che non sia umana, altrimenti la cosa non si spiega..."

"Be', beata lei... Ma, sbaglio o Ron si è addormentato?"

"Oh, no! Di nuovo!" esclamò a bassa voce.

"Ah, quindi succede spesso?"

"Quasi sempre" sospirò il Prescelto.
 



Le truppe che aveva mandato in avanscoperta le avevano portato brutte notizie: l'esercito guidato da sua sorella avanzava senza incontrare ostacoli sul proprio cammino.

"Generale, quanto tempo rimane prima che arrivi qui?" chiese la strega.

"Non molto, Maestà. Con questo ritmo, tra qualche mese saranno ai confini Nord di Narnia."

"Dobbiamo trovare un modo per rallentarli. Noi non siamo pronti per una battaglia e nemmeno Aslan lo è."

"Cosa proponete di fare?"

"Manderò Matgar per dar loro un avvertimento."
 




Fu un sollievo uscire dall'aula. Alexandra aveva la testa che le scoppiava: due ore di Storia della Magia erano impossibili da reggere, almeno per lei, Harry e Ron. 

"Una lezione fantastica! Non trovate?" disse Hermione.

"Sì, certo" si affrettò a rispondere Harry.

"Ehi, ragazzi!" esclamò Neville, correndo incontro al quartetto.

"Ciao, Neville! Che succede?" pronunciò Ron.

"Sono qui per Lara: mi è stato detto che Hagrid la sta cercando."

"Hagrid?" domandò perplessa la ragazza.

"Sì; ha detto che ha una cosa da mostrarti, ma devi indossare il Mantello dell'Invisibilità di Harry."

"Ok, grazie Neville. Harry, da quando hai un Mantello dell'Invisibilità?!" disse la Grifondoro.

"Da un po', è un regalo di Silente. Comunque andiamo nel dormitorio, lo prendiamo e andiamo da Hagrid" pronunciò il Prescelto.
 
 
 


Jadis non avrebbe mai pensato di ricorrere a Matgar, ma non aveva altra scelta. Scese le scale che conducevano a una grotta sotterranea situata sotto le prigioni del palazzo. Accese le torce che si trovavano lungo la parte centrale della cavità rocciosa e pronunciò: "Matgar nos gaul driet!"
Un ruggito fece vibrare le pareti, facendo crollare qualche stalattite. Quasi dal nulla comparve un enorme Drago Bianco, che si posizionò davanti alla strega. 

"Matgar vibrarg sao nat!" esclamò.

L'enorme creatura emise un altro ruggito e spiccò il volo verso la fessura che dava sull'esterno. La donna osservò l'animale sparire alla sua vista.
 



Avevano preso il Mantello dell'Invisibilità e si erano diretti da Hagrid. Il mezzo gigante, senza troppi convenevoli, li aveva fatti subito nascondere sotto l'indumento, e ora Alexandra e Harry seguivano il guardiacaccia e Madame Maxime all'interno della Foresta Proibita, in pieno giorno.

"Non ti sembra strano che una donna affascinante come lei abbia accettato l'invito di Hagrid?" chiese il Prescelto alla Grifondoro.

"L'amore è cieco, fidati: io ne so qualcosa." 

"Ma davvero?"

"Si, ma è una storia lunga, e riguarda mia madre."

"Non parli quasi mai dei tuoi genitori... Perché?"

"Non ci vado molto d'accordo."

"Io farei di tutto per riavere i miei al mio fianco."

"Lo so Harry... Ma, fidati, una madre come la mia non la auguro a nessuno."

"È così tremenda?"

"No, è molto peggio."

Hagrid si fermò di colpo davanti a dei cespugli; per poco i due ragazzi non gli finirono contro.

"Avviciniamoci alle siepi" bisbigliò Harry. Alexandra annuì.

Quello che videro li scioccò. In una piccola radura erano state portate quattro gabbie contenenti le più spietate creature esistenti: draghi.

"Oh, Hagrid! C'est super!" pronunciò la preside di Beauxbatons.

"Li hanno portati questa mattina, una volta anch'io ne avevo uno!"

"E perché non lo hai più?"

"Il Ministero me l'ha portato via, il mio bel povero Norberto."

"Oh, no... Ecco che riattacca con la storia di Norberto!" esclamò Harry da sotto il Mantello dell'Invisibilità.

"Norberto?"

"Sì, una storia lunga che ti racconterò; ma che pensi di fare, intanto?"

"Non lo so, ma ho la sensazione che martedì finirò arrostita."

"Non farla così tragica."

"Anzi, probabilmente finirò spiaccicata."

"Bisogna dirlo anche a Cedric."

"Lo so..." sospirò la ragazza, continuando a fissare le quattro gabbie.
 
 









Note dell'Autrice:

Salve! Eccomi finalmente ad aggiornare, mi scuso per averci messo troppo, ma ho avuto un pò d'impegni. Allora a quanto pare le cose per la nostra protagonista si mettono male e a Narnia la situazione non è da meno, speriamo che il "piccolo cucciolo" mandato dalla Strega Bianca risolva qualcosa. Spero che il capitolo vi piaccia :)

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Capitolo 16
*** Il giorno della prova ***


Il giorno della prova
 


Quel dannato martedì era ormai giunto. Alexandra faceva molta fatica a seguire la lezione di Trasfigurazione, poiché i suoi pensieri erano concentrati sulla prova che avrebbe dovuto affrontare quel pomeriggio. Aveva pensato sin da subito che il mondo magico, per certi versi, non era normale, ma con la storia del Torneo Tremaghi si era raggiunta la più totale follia. Come cavolo poteva il Ministero della Magia permettere a dei semplici studenti di affrontare dei draghi in carne e ossa?! Sospirò, cercando di riflettere sul da farsi; tanto, ormai, aveva perso il filo del discorso della professoressa McGranitt. Sapeva molto bene di avere una sola ed unica possibilità contro il proprio drago, ma avrebbe fatto saltare la sua copertura; eppure non vi era altra soluzione. La magia, almeno che non fosse di tipo elfico, non era molto efficace, e comunque sarebbe stato rischioso usarla. Il suggerimento di Harry era ancor meno fattibile: su una scopa non ci sarebbe mai salita per nulla al mondo. Non le restava altro che quell'unica opzione. E al diavolo il resto: in fondo, si trattava di un caso di estrema necessità.
 

 
L'attacco di Matgar aveva dato i suoi frutti: l'esercito guidato da sua sorella era stato decimato e costretto ad una lunga sosta in attesa di rinforzi. Jadis, però, sapeva che aveva solo rimandato l'inevitabile: la guerra era ormai all'orizzonte e nulla avrebbe potuto fermarla. Volse lo sguardo verso il mare: Cair Paravel brillava alla luce del sole del meriggio. Strinse le mani sulla balaustra in marmo del balcone. Come potevano pensare di affrontare da soli un intero esercito? Cosa diamine aveva in mente Aslan? Se sperava di riuscire a fermare sua sorella si sbagliava, giacché non c'era riuscita nemmeno lei quel giorno...
 
Charn era in fiamme; il fumo era visibile a chilometri di distanza. Jadis guardava con amarezza dalla terrazza del Palazzo Reale quello che sua sorella e sua madre avevano creato. Suo padre era morto soltanto tre giorni fa in circostanze misteriose; nonostante fosse la più giovane, aveva affidato a lei il regno, e non a Hilda. Quest'ultima, però, non aveva affatto accettato la decisione del padre, e appoggiata dalla loro stessa madre aveva attaccato la città pur di prendersi ciò che secondo lei le spettava di diritto: la corona.

"Vostra Maestà, vi scongiuro... vi prego, mettevi in salvo!" disse il servitore.

"Non posso andarmene... non posso permettere che Charn cada nelle loro mani, mio padre non me lo perdonerebbe mai!"

"Dovete, vostro padre capirà!"

"Lui ha affidato a me la corona, voleva a tutti i costi che..."

"Lo so, mia Signora, ma sapete che se oggi morirete i sacrifici di vostro padre saranno vani. Vi prego di darmi ascolto, altrimenti perderete tutto per sempre e nessuno
potrà tornare per salvare la vostra casa!"


Jadis guardò il servitore, poi posò nuovamente lo sguardo sulla città. Sapeva che la scelta che stava per prendere avrebbe condannato i suoi sudditi ad anni di atroci sofferenze, ma non aveva altra scelta. Se fosse morta li avrebbe condannati a una fine ben peggiore.

"E  sia. Verrò con te, ma prima devo prendere una cosa" disse la strega.

La giovane donna si fiondò all'interno del palazzo. Percorse il lungo corridoio velocemente e spalancò la porta di quelle che una volta erano le stanze di suo padre. Doveva portare via con sé l'unico oggetto che nessuno a parte lei ora poteva tenere tra le mani. Afferrò l'involucro in cui si trovava un'antica spada: la domina-draghi. Uscì, cercando di confondersi tra i servi del palazzo che venivano fatti evacuare alla svelta. Si infilò nell'armeria, si travestì da soldato e poi corse alle stalle.

L'esercito guidato da Hilda era ormai giunto alle porte del Palazzo Reale: le urla trionfanti dei guerrieri si udivano distintamente.

"Miei prodi! Oggi mi riprenderò ciò che è mio di diritto! Avanti con l'ariete!" urlò la donna.

Jadis assistette impotente, mentre il portone cadde a terra. Osservò sua sorella entrare con un ghigno trionfante sulla bocca. Diede un calcio al cavallo per farlo partire: doveva andarsene.
 
Si ridestò di colpo da quel lontano ricordo: la ringhiera era tutta coperta di ghiaccio.
 

 
La lezione di Trasfigurazione era finalmente terminata, ma ormai mancava davvero poco all'“ora X”.

"Come ti senti?" chiese preoccupato il Prescelto ad Alexandra.

"Ho paura" rispose schietta  la Grifondoro.

"Dài, andrà tutto bene!" la incoraggiò Ron.

"Senza offesa, ma non credo..."

"Non essere così pessimista. Silente non permetterà che ti accada qualcosa di brutto" la rimbeccò Hermione.

"Lo spero, perché di finire arrostita non ne ho molta voglia."

"Non ti succederà nulla. A me non è mai successo nulla di grave, eppure ho combattuto già tre volte con Tu-Sai-Chi" profferì Harry per incoraggiarla, mentre Hermione e
Ron sorrisero.

"Non so cosa farei senza di voi... Grazie, ragazzi."
 
 
 
 
 



Note dell'Autrice: 

Mi scuso, ma in quest'ultimo periodo ho un pò di problemi e mi è difficile trovare tempo per la scrittura, comunque nel prossimo capitolo succederà di tutto sappiatelo. 

Un Bacio e Alla Prossima <3

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Capitolo 17
*** L'Ungaro Spinato ***


L'Ungaro Spinato
 



Nella Sala Grande il vociare era assordante. Fred e George Weasley , nonostante il loro fallimento per partecipare al Torneo, non si erano arresi, anzi: avevano trovato il modo per guadagnare aprendo un giro di scommesse sui quattro campioni. Alexandra fissava il piatto, ma di mangiare non ne aveva voglia: le si era chiuso lo stomaco. Era impossibile rimpinzarsi di cibo come stava facendo Ron. Ma lui non deve affrontare un drago, sospirò la Grifondoro. Non sapeva nemmeno se sarebbe uscita viva da quello scontro, eppure non era questo il maggiore dei problemi. Aveva già affrontato una di quelle creature, una volta; il risultato, però, era stato tremendo e sua madre l'aveva rimproverata.

"Ce l'hai nel sangue e non sei nemmeno in grado di usarlo!"

"Madre... perdonatemi..."

"Perdonarti?! Tu non ti rendi conto della gravità della situazione, vero?! Tuo nonno si starà rivoltando nella tomba!".

"Io..."

"Tu cosa?! Alexandra, ricorda bene questo: quelle come noi un drago le riconosce subito, e non esiterà ad ingaggiare una lotta. Solo se userai questo dono potrai sopravvivere! E ora... fila a letto!"

Si riscosse da quei cupi pensieri non appena sentì l'orologio rintoccare la fatidica ora: era il momento di andarsi a preparare. Si alzò dal tavolo con estrema lentezza; ogni passo che faceva l'avvicinava al patibolo.

"Ci vediamo alla prova."

"Non vuoi che venga con te?" le chiese Harry.

"No, ho bisogno di  stare da sola" disse, per poi congedarsi dai tre che la fissarono con aria preoccupata, mentre svaniva dalla loro vista.

Alexandra percorse i vari corridoi fino al dormitorio. Sul letto trovò la tenuta da indossare per la prova: una tuta nera con strisce rosse ai lati dei pantaloni e delle maniche della giacca; sul retro di quest'ultima vi era stampato il suo falso cognome e una stella. Indossò gli abiti e poi aprì il baule per prendere la spada. Non sapeva se l'avrebbe usata, ma le parole di sua madre le riecheggiavano ancora in mente: " quelle come noi un drago le riconosce subito".  Decise di incantare la lama in modo da doverla chiamare in caso di bisogno con un semplice Incantesimo di Appello. Uscì dal dormitorio in fretta: doveva posizionare la sua unica speranza di salvezza il più vicino possibile al luogo della prova. 
 

 
"Dite che se la caverà, Vostra Maestà?" chiese il nano.

"Lo spero" rispose la donna, che tra le mani stringeva quell'ultimo pezzo che le era rimasto della figlia.
 

 
Alle tre in punto, i quattro Campioni vennero scortati sul luogo della prova e furono fatti accomodare dentro una tenda.

"Bene, ci siamo tutti" esordì Silente guardandosi intorno. 

La tensione era palpabile nell'aria, e Alexandra deglutì per l'ennesima volta, mentre il suo cuore sembrava pian piano rallentare.
Il Preside di Hogwarts tirò fuori – da dove non si sa – un piccolo sacchetto in velluto nero.

"La prova che affronterete oggi sarà molto pericolosa, quindi mi raccomando: siate prudenti, poiché la creatura con cui vi scontrerete è una delle più temibili del Mondo Magico. Sto parlando di un drago." Dopo quell'affermazione, l'anziano mago scrutò i volti dei quattro ragazzi per assicurarsi che avessero recepito bene le sue parole.

"Il vostro compito sarà quello di rubare l'uovo d'oro che la creatura custodisce entro il tempo limite di un'ora." Detto questo, mise davanti a Krum il sacchetto in velluto.

"Qui dentro ci sono le miniature di quattro draghi; ognuno di voi dovrà pescare da qui per sapere quale di loro affronterà. Vi auguro buona fortuna. Signor Krum, sta a lei aprire le danze."

Il ragazzo, un pò titubante, infilò la mano all'interno del sacchetto e la ritirò fuori dopo qualche secondo. Sul palmo aveva la minitura di un drago.

"Bene, il Signor Krum affronterà il Dragorugoso di Norvegia" disse Silente, per poi invitare Fleur a pescare; anche la ragazza, poco dopo, aveva ritirato fuori la mano.

"Lei, invece, Signorina Delacour, affronterà il Gallese Comune Verde" dichiarò il Preside, passando poi a Cedric, che come gli altri ci mise poco ad afferrare la sua miniatura.

"Il Signor Diggory affronterà Il Petardo Cinese" pronunciò l'anziano mago, prima di mettere il sacchetto di fronte alla ragazza di Grifondoro.

Lo sguardo che le lanciò Silente non la tranquillizzò per niente. Mise la mano all'interno e venne morsa da quella cavolo di miniatura, ma riuscì ad afferrarla lo stesso. Quando aprì la mano per vedere di che razza di drago si trattasse sbiancò. Sua madre le aveva parlato di ogni genere di creatura sputa fuoco esistente e gliele aveva classificate in ordine di pericolosità; quella che aveva sopra il suo palmo era solo uno scalino sotto al Biancolatte delle Montagne del Nord, cioè il drago più pericoloso esistente. 
Imprecò mentalmente, mentre la McGranitt  le posava una mano sulla spalla per rincuorarla.

"La Signorina Lewis affronterà L'Ungaro Spinato" dichiarò Silente.
 
 
 
 
 
 


Note dell'Autrice: 

E finalmente dopo eoni aggiorno. Mi dispiace per l'attesa, ma tra feste varie e visite mediche non ho avuto tempo per pubblicare questo capitolo che avevo pronto già da un bel pò. La situazione per la nostra protagonista si mette male e vi assicuro che nel prossimo si metterà molto peggio di così, spero che intanto questo breve capitolo vi piaccia. 

Un Bacio e Alla Prossima <3

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Capitolo 18
*** La magia di Charn ***


La magia di Charn
 


Avrebbe dovuto aspettare tre lunghe ore prima che dentro quella dannata arena i suoi occhi e quelli della creatura si sarebbero incrociati. Sarebbe stata battaglia vera, ma non per l'uovo d'oro. La creatura non ci avrebbe messo molto a identificarla per quello che lei realmente era: una domatrice di draghi, ultima erede di una grande dinastia di re e regine che si erano tramandati suddetta abilità di padre in figlio. La sua copertura sarebbe saltata all'istante, poiché non si sarebbe potuta rifiutare di usare la sua vera magia: ne andava della sua stessa vita, e lei non poteva assolutamente morire.  Deglutì per l'ennesima volta, con la testa china a guardare le mani strette a pugno, già fredde a causa della brina che vi era comparsa sopra.  

"Devo farcela" cercò di incoraggiarsi mentalmente, ma l'ansia la stava lentamente inghiottendo in una morsa ferrea.

"E anche Cedric Diggory è riuscito a sottrarre l'uovo al suo drago!" esclamò Lee Jordan, mentre un lungo applauso scaturiva dalle tribune.

Alexandra si alzò dalla panca, e molto lentamente si avviò verso l'entrata dell'arena. Si fermò sulla soglia e prese un bel respiro.

"Ormai ci siamo... È inutile farsi prendere dal panico, spero solo di saper fare la scelta giusta" pensò.

Il silenzio era pesante, ed ebbe paura che tutti potessero ascoltare il rumore del suo cuore che batteva all'impazzata. Fece qualche altro passo, cercando di capire in che razza di ambiente si trovasse. Era una zona rocciosa ben ricostruita, con l'acqua che impregnava tutto il pavimento e con una cavità in fondo alla quale probabilmente sarebbe uscito il drago. L'uovo d'oro era posizionato in bella vista su uno dei massi più alti, sotto il palco dove risiedevano i giudici e i vari insegnanti. Sapeva benissimo che, probabilmente, non appena si sarebbe avvicinata al suo obiettivo, l'Ungaro Spinato avrebbe fatto la sua comparsa, ma non aveva altre opzioni. Spostò lo sguardo sulle tribune silenziose e poi su Silente, che girò la clessidra dando ufficialmente inizio alla sua prova. Tirò fuori dalla manica la bacchetta, e pian piano iniziò ad avvicinarsi all'uovo d'oro, ma più avanzava e più riusciva a sentire il respiro della creatura. Deglutì ancora; qualche passo e sarebbe arrivata a destinazione, ma un sibilo nell'aria la fece tornare indietro. Era riuscita a spostarsi appena in tempo, altrimenti la coda del drago l'avrebbe presa in pieno, probabilmente uccidendola sul colpo.

"Fortuna che prima di tutto sono una combattente" pensò, ancora mezza inginocchiata con una mano poggiata a terra, l'altra a mezz'aria che teneva stretta la bacchetta e lo sguardo fisso su una pozza d'acqua.
La creatura emise un lungo ruggito e Alexandra alzò la testa per vederla. Era più imponente di quanto immaginasse, sicuramente un drago adulto, ricoperto di spine color avorio su quasi tutto il dorso e enormi fauci dalle quali spuntavano denti aguzzi.

"Maledizione!" imprecò mentalmente, mentre per la prima volta i loro sguardi si incrociarono. Due occhi gialli contro due pupille verde smeraldo. 
Il drago ruggì nuovamente e mosse la coda, colpendo l'uovo d'oro e facendolo volare verso l'entrata della tenda. Alexandra capì che la battaglia vera e propria era appena iniziata.

"Professor Silente, ma cosa succede?" chiese preoccupata la McGranitt.

"Semplice: l'Ungaro Spinato sta lottando per la sua libertà" rispose pacatamente il Preside.

"Cosa intendete dire?" incalzò la professoressa.

"Intendo dire che a volte le persone non sono quello che sembrano."

La donna spostò il proprio sguardo sulla ragazza all'interno dell'arena, ma non riuscì a comprendere le parole di Albus, anche se aveva sempre avuto la sensazione che quella giovane Grifondoro avesse qualcosa di familiare. 

"Ora ci divertiamo" sogghignò Draco Malfoy ai suoi due compagni di casata, Tiger e Goyle, che sogghignarono a loro volta.

"Qualcosa non quadra" disse Harry preoccupato.

"Miseriaccia! Il drago non ha più le catene ai piedi!" esclamò Ron, dopo aver tolto il binocolo da davanti agli occhi.

"Qui si mette male" rispose Hermione.

L'Ungaro Spinato era libero e iniziò a sputare fuoco contro la giovane, che si riparò in fretta dietro a uno dei massi.

"Signor Preside, fermi la prova!" disse concitata la direttrice della casa di Grifondoro.

"Minerva, non posso farlo."

"Perché? La ragazza sta rischiando la vita, se ne rende conto?"

"Me ne rendo conto, ma non posso fermare una lotta come questa. Qui non si tratta più del Torneo, ma di una battaglia tra un drago e una dominatrice."

"Una dominatrice? Pensavo che non esistessero più."

"Guardala bene. Possibile che non ti ricordi qualcuno? Eppure dovresti saperlo, c'è solo una nobile casata che ha questo dono."

Minerva guardò nuovamente la giovane donna. Quegli occhi verde smeraldo... come aveva potuto non ricordare a chi appartenessero?

"Vedo che ricordi."

"È la figlia di Jadis e Sirius... Lui lo sa che è qui?"

"No, non ancora, ma lo saprà presto. Gli ho scritto una lettera in cui lo informavo. Comunque, dopo informerò anche voi su tutta la questione, Minerva."
 
Era stufa di spostarsi di roccia in roccia; sapeva bene che sarebbe uscita da quella situazione soltanto in un modo.  Uscì allo scoperto e guardò negli occhi la creatura.

"Ora si gioca a modo mio! Accio Spada!" esclamò.

Dopo qualche attimo, davanti alla ragazza comparve la lama ancora inserita nel suo fodero.  Alexandra posò a terra la bacchetta: ormai le era inutile, anzi, le era sempre stata inutile. Portò la mano destra all'elsa della spada, decorata da due dragoni cinesi intrecciati tra loro, e la estrasse dal suo involucro. La lama era bianca come la neve, e su di essa vi erano una serie di simboli in una lingua sconosciuta al mondo magico. La guardò per un secondo, poi posò nuovamente gli occhi sul drago, che era già pronto a riattaccare. Un amaro sorriso le comparve sulle labbra: stava per diventare ciò che aveva sempre odiato, come sua madre, ma non aveva scelta. Posizionò la spada con la punta conficcata nel terreno, poi la strinse con entrambe le mani e disse: "Ringil No que gard fa" ("Ringil, mostrami la via"). Le lettere sulla lama presero a mescolarsi, finché non composero il nome del drago: Ancalagon. 

"Ancalagon, nome perfetto per te" pensò e fece appena in tempo a ripararsi da una nuova fiammata  creando uno scudo di ghiaccio spesso dal nulla.

"Hermione, sai cosa diamine succede?" chiese Ron.

"No non ne ho idea, eppure..."

"Eppure cosa?"

"Nulla, lascia stare, era solo uno stupido pensiero" rispose, anche se non ne era del tutto convinta.

Il drago non aveva alcuna intenzione di arrendersi, e, vedendo che il fuoco non sortiva più alcuno effetto, iniziò ad attaccare con la coda. Alexandra la respinse con la spada un paio di volte, poi, stufa, muovendo semplicemente la mano creò un muro di ghiaccio, in cui la coda della bestia rimase incastrata.– Il drago emise un ruggito, pronto rispondere con l'ennesima fiammata.

"Ancalagon, non ti piace la magia di Charn?" pronunciò divertita, e il drago, in tutta risposta, ruggì ancora una volta.

"A quanto pare no, ma ora facciamola finita!"
 
Più osservava la ragazza, più si rendeva conto che in quel momento era identica sua madre. Piton non avrebbe mai creduto di rivedere una cosa simile dopo tanti anni. Si ricordava perfettamente il girono in cui l'aveva visto fare a Jadis: era uno degli ultimi che aveva trascorso insieme a lei prima della catastrofe, ma non avrebbe mai pensato che quella ragazzina sapesse usare così bene quel dono.

La creatura tentò il suo ultimo assalto, spalancando le fauci e scagliandosi sulla ragazza.

"Schiocco" mormorò la Grifondoro, e ghiacciò il terreno muovendo muovendo soltanto la punta del piede destro. 

Il drago perse l'equilibrio e cadde con la testa a pochi centimetri da Alexandra, la quale puntò la spada su lui.

"Considerati fortunato. Mia madre ti avrebbe tagliato la testa, ma per tua fortuna io non sono come lei. Io non sono come Jadis. Ancalagon no verb tedrt ("Ancalagon ora sei mio")" pronunciò. 
 
 
 
 
 
 







Note dell'Autrice: 

E finalmente eccomi qua ad aggiornare la storia dopo secoli. Vi chiedo scusa, ma ho avuto da fare altrimenti avrei pubblicato il capitolo molto prima di oggi. La nostra cara Alexandra non è finita arrostita, ma la copertura ormai è saltata. Chissà come spiegherà tutta la verità al trio? Lo scopriremo nel prossimo capitolo.

Un bacio e alla prossima <3

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Capitolo 19
*** Quasi tutta la verità ***


Quasi tutta la verità
 


Aveva perso la sua copertura, ma ci aveva guadagnato un bel drago. L'Ungaro Spinato, infatti, non era stato rimandato indietro insieme agli altri, ma era rimasto a Hogwarts sotto le cure amorevoli di Hagrid. Inutili furono le proteste di molti insegnati e dei presidi delle altre due scuole, per non parlare poi di quelle di un certo Lucius Malfoy, tutte liquidate, comunque, da Silente. Alexandra, però, non riusciva più a vivere all'interno delle mura del castello, ormai. Aveva gli sguardi di tutta la scuola puntati contro; probabilmente la consideravano un mostro, e come poteva dar loro torto? Sospirò, mentre da sola percorreva la strada verso la piccola radura dove si allenava con la spada; tanto, ormai, non le serviva più nascondere chi realmente era. Appena arrivata, sguainò la lama e gettò il fodero a terra. Fece movimenti lenti e fluidi, ripetendo un rituale che seguiva da tempo immemore, beandosi di quel silenzio.

"Insegneresti anche a me?" le chiese una voce familiare.

La Grifondoro si sorprese nel vedere Harry a pochi passi da lei.

"Che ci fai qui?"

"Nulla, ero solo preoccupato per te."

"Pensavo che..."

" Credo che tu abbia avuto le tue ragioni per mentire."

"Non puoi nemmeno immaginarle."

"Allora, mi insegni?"

"Va bene, però ci serve un'altra spada."

"Nessun problema, il castello ne è pieno" disse sorridendo Harry, tirando fuori da sotto il mantello una lama.

"Bene, allora iniziamo!"
 

Hermione era chiusa in biblioteca da ore e aveva convinto Ron ad andare con lei, ma quest'ultimo si era addormentato su un tomo grande il doppio di lui.

"Eureka!" esclamò improvvisamente la Grifondoro.

Ron sobbalzò sulla sedia.

"Per la barba di Merlino, che succede? Mi hai fatto prendere un colpo!"

"Ho risolto il mio dubbio, e se non ti fossi addormentato avrei fatto anche prima!"

"Non puoi pretendere che uno come me non si addormenti in una biblioteca."

"Tu, in genere, ti addormenti su qualunque tipo di libro."

"Appunto, quindi figurati dentro una biblioteca."

"Sei un caso disperato..." sospirò Hermione.
 


"Da quanto sai combattere?"

"Avevo sei anni, quando ho iniziato. La stai  di nuovo tenendo male" rispose Alexandra, per poi avvicinarsi a Harry e risistemare la posizione delle mani di quest'ultimo sull'elsa della spada.

"Devi tenerla così, o rischi che il tuo avversario te la tolga al primo colpo."

" È stata tua madre ad insegnarti a tirar di spada?"

"Sì, e non solo, ma non voglio parlarne."

"Come posso aiutarti, se tu non mi spieghi che ci fai qui, e non mi dici chi sei realmente?"

"Io non voglio l'aiuto di nessuno!"

"Lara..."

"Non chiamarmi così!"

"E come dovrei chiamarti?!"

"Alexandra, questo è il mio vero nome!"

"Io voglio solo aiutarti... Quando vorrai dirmi la verità, sai dove trovarmi" disse Harry, abbandonando la spada a terra per poi andarsene.
 

"Mia figlia è qui da più di un mese e io vengo a saperlo solo ora?!" gridò Sirius Black.

"Ho potuto avvisarti solo ora, lo sai che non posso correre rischi" rispose pacatamente Silente.

"Com'è? Come sta? Sa di me?"

"Assomiglia molto a sua madre, sta bene e non gli ho ancora parlato di te."

"Immaginavo che assomigliasse tutta a sua madre!"

"Il problema, però, Sirius, è proprio sua madre."

"Con tutto il rispetto, non credo a una sola parola di quello che mi avete detto: Jadis non farebbe mai una cosa del genere, ci deve essere qualcosa sotto."

"Lo penso anch'io, ma nemmeno Aslan sa di cosa si tratti."

"La potrò vedere?"

"Si, ma prima dovesti spiegare la faccenda anche a Harry."

"Lo farò."
 

Aveva rinfoderato la spada poco dopo che il ragazzo se ne era andato. Lo aveva trattato davvero male e se ne sentiva profondamente in colpa: Harry era l'unica persona dentro quelle mura che potesse davvero capire a fondo la sua storia. Prese la lama che il ragazzo aveva buttato a terra e si avviò verso il dormitorio, sperando di trovare il Prescelto lì. Percorse i vari corridoi fino ad arrivare davanti al quadro della Signora Grassa.

"Parola d'ordine?"

"Guazzabuglio."

La donna annuì e le diede il permesso di entrare nella sala comune. Harry era lì, seduto sul divano di fronte al camino.

"Possiamo parlare?" chiese la Grifondoro.

"Uhm... Sì, certo" rispose il ragazzo, colto alla sprovvista.

"Volevo chiederti scusa. È solo che... insomma... non sono abituata a ricevere aiuto."

"Me ne sono reso conto."

"Vuoi ancora sapere la mia storia?"

"Certo, io la mia te l'ho già raccontata."

"Allora, prima, devi guardare questo" rispose la ragazza, tirando fuori dalla tasca il pezzo di pergamena uscito dal Calice di Fuoco quella dannata sera. Harry lesse attentamente il nome scritto sopra a quel foglio ingiallito.

"Sei una Black!" esclamò incredulo.

"A quanto pare si, ma non so chi sia mio padre."

"Io un Black lo conosco."

"Davvero?"

"Sì, il mio padrino Sirius."

"Magari potrà aiutarmi. Mia madre non ha mai voluto raccontarmi di mio padre."

"Mi dispiace..."

"No, non devi; in fondo, da lei non potrò mai aspettarmi nulla di buono."

"È così terribile tua madre?"

"Nel posto dal quale provengo la chiamano La Strega Bianca, ma non è un soprannome di bontà. Lei possiede poteri enormi, soprattutto legati al gelo, grazie ai quali ha assoggettato al suo volere un'intera terra: Narnia, la mia unica casa. Ho avuto una vita difficile, non ho mai visto la primavera da quando sono al mondo, e all'età di sei anni è iniziato il vero inferno. Ero un burattino nelle sue mani, e ogni volta che mi ribellavo finivo nelle celle del palazzo da lei costruito. Sono riuscita a scappare, ma senza l'aiuto di Aslan probabilmente non ce l'avrei mai fatta, e mia madre, in tutta risposta, ha dato l'ordine a Voldemort di uccidermi. Ecco perché non ho detto la verità a nessuno."

"Quindi le voci sul ritorno del Signore Oscuro sono vere? E Aslan chi è?"

"Ahimè, sì. Aslan è il Grande Leone, il vero e unico sovrano di Narnia e colui che l'ha creata."

"Capisco, ma io posso aiutarti: conosco molto bene Voldemort."

"Lo so, Harry, ma non voglio metterti in mezzo..."

"Io in mezzo ci sono comunque. Credimi, Voldemort, una volta completata la missione, verrà a prendere la mia testa."

"Be', ora sai tutta la verità, e se vorrai aiutarmi ne sarò più che lieta."

Il ragazzo le sorrise. "Vedrai, vinceremo noi questa battaglia".
 
 
 
 
















Note dell'Autrice: 

Salve a tutti! Questa settimana riesco ad aggiornare prima del previsto e penso che per mercoledì il prossimo capitolo sarà online, ma non vi assicuro nulla. Come avrete  letto abbiamo un Sirius Black infuriato e incredulo su quanto raccontatogli da Silente e Alexandra be'...lei si sfoga come può. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. 

Un bacio e alla prossima <3

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Capitolo 20
*** Doppiogioco ***


Doppiogioco
 


Voldemort si trovava in un luogo imprecisato nei pressi delle campagne inglesi. Odiava quegli incontri così segreti, ma era di vitale importanza riferire ciò che aveva scoperto a quella donna. Attese paziente per più di mezz'ora.

"Madre e figlia hanno qualcosa in comune: la puntualità inesistente" pensò, seduto su di una vecchia panchina a cui mancavano delle assi; la sua pazienza stava per esaurirsi.

"Perdona il ritardo, ma tenere a bada quella ficcanaso di Anna è un'impresa ardua persino per me. Cosa c'è di così urgente?" disse una voce a qualche passo da lui. 

Il Signore Oscuro osservò la donna apparsa quasi dal nulla: era vestita di bianco, i capelli biondo platino accuratamente legati in uno chignon, due iridi azzurre che lo fissavano con sufficienza e, al collo, un ciondolo a forma di cristallo di neve. 

"Quello che sto per dirti non credo ti piacerà."

"Vieni al sodo."

"Ha una figlia."

"Jadis? Stai scherzando?!"

"No, tua figlia ha un erede, e ti assicuro che per entrambi è un bel problema: ha il dono di sua madre."

"Questo complica le cose. Dov'è questa ragazzina?"

"In un posto dove né tu né io possiamo mettere piede."

"Hogwarts... Trova il modo di portarla da me, altrimenti non manterrò la mia promessa!"

"Ho comunque quella di tua figlia."

"Non ti fidar troppo di Jadis: le persone non cambiano così repentinamente" disse la donna, prima di sparire in una coltre di fumo bianco.
 

 

Erano le due di notte, e Alexandra stava per entrare in un luogo a cui solo determinati studenti potevano accedere. Percorse il lungo corridoio buio del quinto piano, badando bene a non far alcun rumore e muovendosi lentamente nell'ombra, con l'unica luce della luna a farle da guida. Aveva un misto di tensione e adrenalina in corpo, come la notte in cui era riuscita a scappare dal castello di sua madre. Un rumore di passi attirò la sua attenzione: qualcuno si stava avvicinando. Vide una luce in lontananza e rimase in silenzio ad ascoltare i rumori. Passi decisi e lunghi, il respiro leggermente affannato, lo strusciare di qualcosa a terra, probabilmente una veste... "Piton!" esclamò mentalmente, e si appiattì ancora di più contro l'angolo del muro, mentre l'uovo era accuratamente posato sotto il piccolo tavolino a qualche passo da lei. L'attesa era snervante, tra il respiro bloccato, il cuore a mille e il rumore dei passi sempre più vicini. Il professore passò senza accorgersi minimamente della sua presenza; Alexandra aspettò che fosse quasi del tutto scomparso alla sua vista prima di staccarsi dal muro e riprendere l'uovo in mano. Come indicatole da Cedric, trovò l'accesso al bagno alla quarta porta a sinistra dopo la statua di Boris il Basito. Deglutì, prima di pronunciar la parola d'ordine.

"Frescopino" disse a bassa voce, guardandosi le spalle: Piton sarebbe potuto ricomparire da un momento all'altro. 

La porta si aprì dolcemente senza emettere il minimo rumore, e Alexandra entrò. La Grifondoro rimase a bocca aperta: l'enorme stanza era illuminata dalla tenue luce di un enorme candeliere, mentre l'intero bagno, compresa l'enorme vasca al centro, era tutto in marmo bianco. Un centinaio di rubinetti d'oro erano ai bordi della piscina. Da essi sgorgavano diversi tipi di bagnoschiuma. Inoltre, all'estremità sud della vasca, vi era anche un trampolino. Tende di lino ricoprivano le finestre dalle quali si intravedeva leggermente la luna piena, mentre una pila di asciugamani era posta sopra una panca in legno addossata al muro. In tutto quello spazio c 'era un solo e unico quadro raffigurante una sirena dormiente.
La ragazza cominciò a spogliarsi, e poi lentamente si immerse nell'acqua calda di quella splendida vasca. Per un attimo dimenticò tutto: la sua vita, sua madre e il Torneo, ma la realtà venne presto a bussare alla sua mente. 
Prese l'uovo d'oro e si immerse con esso sott'acqua. Una volta aperto, quello che la prima volta non era stato altro che un grido disumano si era trasformato nel canto melodioso e incantatore delle sirene:

"Vieni dove noi cantiamo,
e cerca ciò che ti abbiamo
portato via: è un qualcosa a te caro.
Un'ora di tempo tu avrai
o quel che è tuo mai più rivedrai."


Ascoltò quelle parole più volte, ma il significato di quella canzone continuava a rimanere un enigma. Decise di asciugarsi e di andarsene, prima che potesse in qualche modo essere scoperta da qualcuno.
 

 

"Abbiamo un problema" esordì sua l'anziana donna.

Hilda, ancora inginocchiata, alzò la testa.

"Che tipo di problema?"

"Tua sorella ha una figlia."

"Cosa?!"

"Sì, Voldemort me lo ha appena riferito. Spero che almeno tu mi porti buone notizie."

"Purtroppo metà delle mie truppe è stata debellata..."

"Com'è potuto accadere?! Ti ho affidato i migliori uomini che avevo!"

Hilda riabbassò il capo.

"Madre mia sorella ci ha scovato e ha mandato il suo drago: Narnia è troppo ben protetta."

"Non m'interessa! Trova il modo per entrare, e se non avrò tua sorella ai miei piedi, sai cosa ti aspetta."

"Sì, madre."

"Ora va', prendi dei rinforzi e trova il modo di entrare in quella dannata terra!"
 

 

Aveva saltato la colazione, ma non le importava. Si alzò dal letto e guardò fuori dalla finestra la piatta calma del Lago Nero. Rimase immobile; poi, d'improvviso, si portò una mano in fronte. "Ma certo! 'Vieni dove noi cantiamo'... Che stupida che sono! Ci sarei dovuta arrivare subito!" esclamò; tanto a quell'ora non c'era nessuno che potesse sentirla, poiché il dormitorio era deserto. Si preparò velocemente e scese per il pranzo, sperando di trovare gli altri già nella Sala Grande.
Ron e Harry erano seduti al tavolo dei Grifondoro, ma di Hermione non vi era traccia.

"Salve, ragazzi!" disse, accomodandosi accanto al Prescelto. 

"Ciao! Allora, hai risolto il mistero dell'uovo?" le chiese subito il Grifondoro.

"Risolto!"

"E noi potremmo saperlo?" domandò Ron.

"Volevo aspettare Hermione, ma non fa niente, glielo riferirò dopo. A quanto pare, la seconda prova si svolgerà nel Lago Nero. Il messaggio dell'uovo diceva che le sirene mi hanno portato via qualcosa a me caro, e che dovrò riprenderlo entro un'ora, altrimenti rimarrà loro per sempre."

"E come farai a respirare un'ora sott'acqua?"

"Per quello, Harry, penso di avere già una probabile soluzione." 

Hermione entrò a passo spedito nella Sala Grande con un tomo enorme sotto braccio. Arrivò dai tre e buttò il mastodontico libro davanti alla Grifondoro, che la guardò perplessa.

"Ma dove cavolo eri finita?" le chiese Harry.

"Cercavo una lettura leggera, quando mi sono imbattuta in questo libro. Alexandra, aprilo a pagina 394."

"E quella tu la chiami lettura leggera?" disse ironico Ron.

"Io almeno non ho votacci" rispose a tono Hermione.

Alexandra aprì il libro alla pagina indicatale dall'amica e rimase di stucco:  vi era riportato l'albero genealogico della sua famiglia. 

"Vedo che non ne eri a conoscenza."

"Mia madre non mi ha mai detto di avere una sorella, e soprattutto mi ha sempre detto che sua madre era morta quando era nata lei, ma qui non c'è nessuna data di morte sotto la sua fotografia. Devo saperne di più" disse, alzandosi dal tavolo.

"Dove vai?" le domandò Harry.

"Ovvio, in biblioteca. Hermione, vieni con me?"

"Sì, certo!"

Le due ragazze uscirono dalla Sala Grande.

"Harry, ma non dovevi chiederle quella cosa?"

"Sì, ma... non ne ho avuto il coraggio..."
 
 
 
 
















Note dell'Autrice: 

Salve a tutti! Ahimé, non ho potuto aggiornare mercoledì, scusatemi. Allora non vi aspettavate un colpo di scena del genere, vero? Be' io amo stupirvi. Ho lasciato un piccolo indizio nel capitolo per farvi capire chi sia la nonna di Alexandra, per quanto riguarda la zia mi sono ispirata a un personaggio dei " Cavalieri dello Zodiaco" e infatti le ho dato anche lo stesso nome. Spero che il capitolo vi sia piaciuto :)

Un bacio e alla prossima <3

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Capitolo 21
*** Sirius ***


Sirius

 



Non riusciva a capire il perché di quell'improvvisa convocazione nell'ufficio del Preside. Percorse pensierosa il lungo corridoio del secondo piano e si fermò davanti alle statue degli imponenti gargoyles.


"Sorbetto al limone" pronunciò, un pò titubante.


Le creature in pietra si scostarono, lasciando intravedere una scala a chiocciola che la Grifondoro salì lentamente.  L'ansia le cresceva a ogni passo, e una volta davanti alla porta dello studio deglutì, prima di bussare.


"Avanti" rispose una voce, invitandola a entrare, ma non sembrava appartenere a Silente. 


La ragazza si guardò subito intorno, ma, a parte un uomo che non aveva mai visto, non vi era traccia dell'anziano mago. Alexandra osservò meglio l'unica persona presente oltre a lei in quella stanza: aveva capelli neri leggermente mossi, una folta barba e occhi grigi, quasi come fossero d'argento.


"Chi siete?" chiese, stufa del silenzio che aveva intorno.


"Io sono tuo padre" rispose l'uomo.


"Mi...Mio...pa...padre?!" balbettò sconvolta.


"Come immaginavo, tua madre non ti ha mai detto nulla di me..." sospirò.


"Mia madre non mi ha neanche mai detto che ho una zia!"


"Ha fatto bene."


"Cosa?! Io ho diritto di sapere..."


"Ascoltami bene! Tua madre ha cercato di proteggerti..."


"Da cosa?! Sono stanca di non capirci nulla! E ora spunti tu, così, all'improvviso, e pretendi che ti ascolti!"


"Lo so, ma credimi, c'è un motivo: ha fatto tutto questo per proteggerti."


"E ingaggiare Voldemort sarebbe proteggermi?! Voglio la verità! Speravo che almeno tu..."


"Vuoi la verità?! Ne sei sicura?!"


"Cerco che ne sono sicura, signor Black!"


"Chiamami Sirius."


"Sei il padrino di Harry!" esclamò incredula.


"Sì, oltre a essere tuo padre."


La Grifondoro rimase in silenzio.


"Alexandra, so che per te tutto questo è difficile. Tua madre non era così, sai?"


"Questo me l'ha detto anche Aslan, ma vorrei sapere cos'è che l'ha cambiata."


"La morte di Lily e  quello che successe dopo. L'unico rammarico che ho è quello di non esserle stato affianco e di non aver potuto crescerti. Jadis era una delle migliori auror che il Ministero aveva, ma si è sempre sentita in colpa per quanto successo alla sua migliore amica e  a me. Aveva perso quasi tutto, ma il destino le ha riservato una brutta sorpresa. Mi ricordo che, prima di dirle addio, lei mi disse che era incinta e che si sarebbe dimessa dal suo incarico in modo da poterti crescere a Charn, e che avrebbe fatto di tutto per salvarmi, ma una volta tornata a casa non ne ebbe il tempo..."


"Salvarti da cosa?" lo interruppe la ragazza.


"Da Azkaban, poiché mi accusarono dell'omicidio dei coniugi Potter, ma questa è un'altra storia che poi ti racconterò. Ti stavo dicendo che tua madre non ebbe
il tempo di fare nulla; infatti, pochi giorni dopo il suo rientro a casa, tuo nonno morì avvelenato dalla moglie. Ora, nonostante fosse più piccola della sorella, il trono spettò di diritto a tua madre, poiché tuo nonno riteneva Jadis molto più preparata a governare. Solo che tua nonna e tua zia non volevano assolutamente cedere, e quindi decisero di prendere il potere con la forza attaccando il castello. Tua madre fu costretta a fuggire, e da lì in poi io non so cosa sia successo."


"Non mi ha mai detto nulla di tutto questo..."


"Voleva solo proteggerti, anche a costo di farsi odiare da te."


"Quindi tutto quello che mi ha insegnato..."


"Sì, serviva per aiutarti a difenderti. Non so cosa abbia in mente con Voldermort, ma penso che voglia fargliela pagare. Tua madre non è cambiata, fa solo finta di essere ciò che ha sempre detestato."


"Per difendermi da sua madre?"


"Esatto."


"Mia nonna è davvero così terribile?"


"È molto peggio..."


"Harry sa che sei mio padre?"


"Sì. Gliel'ho detto, e all'inizio è rimasto di stucco. Ora, però, devi ascoltarmi. Io e Silente ci siamo messi d'accordo: andrò a Narnia ad indagare, perché entrambi abbiamo lo stesso dubbio. Farò rapporto al Preside ogni mese, e se c'è qualche novità ti avviseremo. Nel frattempo sta' attenta, perché qualcosa non quadra da un po', e non mi riferisco a Voldemort."


"In che senso qualcosa non quadra?"


"Semplice: alcuni dei nostri contatti ci hanno riferito che il Signore Oscuro ha incontrato una donna, e dalla descrizione fatta sembra proprio che si tratti di tua nonna" intervenne Silente, riapparso all'improvviso nella stanza.


"Bene, quindi Voldemort mi dà la caccia per conto di due persone diverse!"


"Sì, è possibile. Solo che tua madre ti vuole viva, mentre molto probabilmente tua nonna ti vuole morta."


"Mi devi promettere che starai attenta" le chiese Sirius.


"Lo farò."











Note dell'Autrice: 

Salve a tutti! Perdonatemi se aggiorno solo ora, ma il tempo a mia disposizione in questi giorni è stato poco, anzi direi pochissimo. Non penso che vi aspettavate un simile primo incontro tra Alexandra e Sirius, ma effettivamente per la ragazza l'uomo resta pur sempre uno sconosciuto. Spero che vi piaccia e spero di poter aggiornare il prima possibile impegni permettendo. 

Un bacio e alla prossima <3

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Capitolo 22
*** Lezione di ballo ***


 
Lezione di Ballo
 


Vivere a Hogwarts le risultava già abbastanza difficile, ma dopo quella sconcertante verità il suo stato d'animo era altamente peggiorato. Aveva bisogno di sfogarsi, poiché l'odio verso la donna che l'aveva messa al mondo era diventato all'improvviso un enorme senso di colpa che le opprimeva il torace. Chissà quanto aveva sofferto sua madre in tutti quegli anni? E lei non se ne era nemmeno resa conto, troppo presa da quell'irrefrenabile voglia di andar via. Ora, invece, avrebbe desiderato solo tornare a casa, abbracciarla e chiederle scusa per non aver capito che intendeva proteggerla. Sperava che Sirius (non riusciva ancora a chiamarlo padre), in un modo o nell'altro, avrebbe potuto portarle quel messaggio che lei gli aveva affidato prima che se ne andasse dalla scuola. Sospirò, alzandosi dal letto. Fuori aveva ripreso a nevicare; avrebbe passato un altro sabato all'interno delle mura del castello a non far nulla, visto che, come al solito, insieme a Hermione si era anticipata i compiti di un'intera settimana. Uscì dalla Torre di Grifondoro, e durante il tragitto rifiutò le varie proposte per il Ballo del Ceppo, compresa quella di Draco Malfoy. Sicuramente i due gemelli Weasley, grazie ai suoi no, stavano facendo soldi a palate. Entrò nella Sala Grande e si mise seduta al tavolo della sua casa, ma Harry, Ron e Hermione non erano ancora arrivati, il che le parve abbastanza strano. Bevve il suo latte macchiato in silenzio, cercando di scacciare i vari pensieri che le ronzavano in testa, a cominciare dall'annuncio che la sera precedente la McGranitt aveva dato nella Sala Comune dei Grifondoro.
 

"Siccome il giorno del Ballo si avvicina, e io non voglio in alcun modo che la casa di cui mi vanto essere la direttrice faccia una figuraccia, ho deciso che voi Grifondoro prenderete delle lezioni di ballo con la sottoscritta" disse a voce alta, in modo da farsi sentire da tutti.

L'intera sala rimase ammutolita.

"Bene, vi aspetto domani sera alle nove in punto nell'aula di Trasfigurazione. Siate puntuali!"

 

Posò la tazza con delicatezza sopra il tavolo e sbuffò. Odiava ballare, anche se sapeva benissimo farlo. Si alzò da tavola e uscì dalla sala. Lungo il corridoio incontrò Ron, che, infuriato, le passò davanti senza nemmeno salutarla.

"Perdonalo, oggi per lui è stata una brutta giornata" le disse Harry, scusandosi per l'amico.

"Che è successo?"

"Ha solo visto Hermione accettare l'invito da parte di Victor Krum."

"La gelosia è una brutta bestia da tenere a bada..."

"Tu hai trovato il tuo cavaliere?"

"No, non ancora, e sinceramente vorrei evitare questo ballo."

"Perché?"

"Odio ballare."

"Peccato che i Campioni dovranno aprire le danze."

"Non rigirare il coltello nella piaga!"

"Cambiando argomento... Sai, sei strana da quando hai incontrato tuo padre, nonché mio padrino."

"Strana? Harry, devo ancora assimilare la cosa!"

"Va bene, ma tanto so che c'è dell'altro, sotto."

"E tu cosa mi tieni nascosto? Credi che non mi sia accorta che, ogni volta che vado via, tu ti metti a confabulare con Ron?"

"Ehm... Ci vediamo stasera!" disse il Prescelto.

"E io sarei quella strana?" pensò la Grifondoro.

 

Voldemort faceva avanti e indietro da più di mezz'ora sul quel pezzo di pavimento ghiacciato. Era nuovamente davanti alle porte della Sala del Trono della Strega Bianca, ma il dubbio messogli dalla madre di quest'ultima non lo lasciava in pace. Cosa intendeva quella donna? Effettivamente non sapeva nulla del passato di Jadis e non intendeva saperlo, ma c'era qualcosa che non andava, lo sentiva fin dentro le ossa, forse avrebbe fatto meglio ad indagare...
Finalmente, la guardia aprì l'enorme portone, facendolo ridestare da quei pensieri.

"Sua Maestà è pronta per ricevervi" disse il soldato.

Il Signore Oscuro entrò e si inchinò a pochi passi dallo scranno reale.

"Cosa ti porta da me? " chiese la donna.

"Perché non mi avete detto che è vostra figlia?" domandò lui, cercando di trattenere la rabbia.

"Perché non sono affari tuoi. È tutto qui ciò che dovevi riferirmi?"

"Se vi interessa saperlo, ha egregiamente superato la prima prova, sottomettendo il suo drago."

"Nel tuo tono c'è sfida.  Non ti azzardare a sfidarmi!"

"Non mi permetterei mai." 

La strega si alzò dal trono e strinse tra le mani la bacchetta, puntandola contro il Signore Oscuro.

"Ascoltami bene! Che lei sia mia figlia o meno a te non deve interessare! Sai quello che devi fare. Osa venire da me per una stupidaggine del genere ancora una volta, e ti assicuro che di te non resterà nemmeno la cenere a testimoniare la tua presenza su questo mondo! Spero di essere stata chiara!"

"Si, siete stata chiarissima."

"Bene, me ne compiaccio. Ora va', e fai modo che lei torni da me sana e salva" disse la donna, rimettendosi seduta sullo scranno reale.
 


La sera, il malumore di Ron era in parte compensato dal sorriso enorme che Hermione rivolgeva di tanto in tanto a Krum. Alexandra e Harry non sapevano come comportarsi con i loro amici: era già un miracolo che non fosse riesplosa la discussione violenta avvenuta nel dormitorio.

"Che atmosfera allegra" bisbigliò la Grifondoro.

"Già" rispose il Prescelto.

"Secondo te quanto andrà avanti?"

"Fino al ballo, come minimo..."

"Spero che chiariscano prima. Sai, non vorrei rivedere Hermione infuriata"

"Nemmeno io."

Il resto della cena si svolse in un pesante silenzio, con Ron che aveva spazzolato il vassoio del pollo e Hermione che continuava a farlo innervosire lanciando sorrisi a Victor. Uscirono tutti e quattro dalla Sala Grande, ma Harry e Alexandra si affiancarono a Ginny e  Neville.

"Allora, preoccupati?" chiese la giovane Weasley.

"Se intendi preoccupati per il fatto che prima o poi quei due si uccidano a vicenda, sì" disse ironica la Grifondoro.

"In realtà mi riferivo alla lezione di ballo."

"Secondo me sarà una bella esperienza" intervenne Neville.

"Oh, sì, certo! Come quando fai una verifica di Trasfigurazione" gli rispose il Prescelto, facendo ridere tutti.

"Io sono tranquillissima."

"Alexandra, tu sai ballare?" chiese stupita Ginny.

"Si, ahimè..."

"Perché 'ahimè'? Io la trovo una cosa fantastica!"

"Odia ballare" rispose Harry al suo posto.

"Non è che odio ballare, è solo che... insomma... mi imbarazza!"

"Fidati, è più imbarazzante il comportamento di Ron e Hermione" le sorrise Neville.
 


Non aveva toccato ancora il suo tè, che ormai si era completamente raffreddato. Jadis era affacciata al balcone della sua stanza, con lo sguardo fisso verso Cair Paravel e il mare apparentemente calmo sul quale la fortezza bianca si affacciava. Avrebbe voluto farsi trasportare da Aslan direttamente a Hogwarts per riprendere sua figlia, ma non poteva andarsene, non poteva permettere che anche Narnia fosse conquistata da sua madre. Strinse le mani intorno alla balaustra in marmo, mentre delle calde lacrime iniziavano a scendere dai suoi occhi. Non piangeva da tempo immemore, e ora non ce la faceva più a tenersi tutto dentro. Il bussare alla porta le fece quasi riprendere l'autocontrollo. Si asciugò in fretta le lacrime: non poteva mostrarsi debole.

"Entra pure" disse.

Il nano entrò, pronto a riprendere il vassoio, ma notò subito che il tè non era stato toccato.

"Mia Signora, state bene? Non avete toccato per niente il vostro tè."

"Sì, sto bene... Porta via tutto, non ho voglia di berlo. "

Ginarrbrik non osò replicare. Prese il vassoio d'argento e uscì dalla camera.
 


"Bene, bene... Ci siamo tutti" esordì la McGranitt.

Gli alunni erano seduti su delle cassapanche allestite per l'occasione nell'aula. Oltre a loro e alla professoressa, nella sala vi era anche Gazza, come addetto alla musica.

"Questa sera vi insegnerò il ballo con il quale si aprono le danze: il valzer. Non voglio assolutamente che voi mettiate in ridicolo la vostra illustre casa comportandovi come una balbettante massa di babbuini.  Non dovrete far altro che lasciarvi trasportare dalla musica e il vostro corpo farà il resto, poiché in ogni ragazzo c'è un leone pronto a balzare, mentre in ogni ragazza c'è un cigno pronto a venir fuori e danzare."

"Certo, come no. Preferisco essere un babbuino" disse Ron, ridendo sotto voce insieme a Harry.

"Signor Weasley, la prego, si alzi."

"Dice a me, professoressa?" rispose il ragazzo.

"Sì, certo che dico a lei! Venga qui."

Ron si alzò dalla propria postazione.

"Bene, ora metta la mano sul mio fianco."

"Dove?"

"Sul mio fianco!"

Il ragazzo obbedì.

"Per favore, Mastro Gazza, accenda la musica."

Il grammofono partì, intonando la melodia.

"E un, due e tre... su, signor Weasley! Segua il ritmo, si lasci trasportare!"
 

"Giuratemi che non glielo farete mai dimenticare!" disse Il Prescelto, rivolto ai due gemelli Weasley.

"Ci puoi contare" rispose George.
 








Note dell'Autrice:

Salve a tutti! Allora la nostra cara Alexandra è in preda ai sensi di colpa, mentre Jadis è stanca di nascondersi dietro una maschera. Harry invece nasconde qualcosa alla nostra proganista e ahimé saprete tutto sulla faccenda nel prossimo capitolo. Spero che vi sia piaciuto :)

Un bacio e alla prossima <3

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Capitolo 23
*** Un invito inaspettato ***


Un invito inaspettato



Al Ballo del Ceppo ormai mancava poco più di una settimana, e, malgrado gli sforzi per trovare un accompagnatore ideale, Alexandra ne era ancora sprovvista. Sbuffò per l'ennesima volta mentre si dirigeva da sola alla lezione di Cura delle Creature Magiche, poiché quella mattina non aveva sentito suonare quel cavolo di aggeggio comunemente chiamato sveglia, ma non era del tutto colpa sua: la McGranitt aveva intensificato le ore di ballo, riducendo la maggior parte degli studenti della sua casa a un mucchio di zombie, e lei,nonostante gli sforzi, quella mattina non era proprio riuscita ad alzarsi dal letto, e pur di non fare tardi aveva saltato la colazione.

"Ciao! Ben arrivata!" la salutò Hermione.

"Buongiorno! Dove sono Harry e Ron?"

"Non ne ho idea, pensavo che fossero con te."

"Io mi sono alzata e il dormitorio era già mezzo vuoto, quindi per non fare tardi ho corso."

"Sicuramente staranno ancora dormendo..."

"Be', non è colpa loro, questa volta."

"Lo so, Alexandra. Persino io riesco a malapena a tenermi in piedi" sbadigliò la Grifondoro.

"Fortuna che oggi è l'ultimo giorno di lezioni prima delle vacanze."
 



Erano già passate due ore da quando Silente era entrato nella sala del trono per conferire con Aslan. L'anziano mago aveva detto a Sirius di attendere fuori, e lui non aveva osato replicare. In fin dei conti, si trovava in un luogo diverso dal Mondo Magico, in cui vigevano altre regole comportamentali. Fu scortato da due guardie in un salone enorme, al cui interno, a parte qualche scaffale, due poltrone e un tavolo, non vi era nulla. Il silenzio era snervante, e dopo un pò cominciò a fare avanti e indietro per tutta la stanza, ma si stufò quasi subito e si fermò a guardare il paesaggio fuori dalla finestra. La neve ricopriva ogni cosa: un manto bianco, candido e freddo come la persona che lo aveva creato. Sirius ricordava bene il giorno in cui lei gli aveva mostrato questo potere nascosto.

"Jadis, va tutto bene?"

"No, devo parlarti. C'é una cosa che non ti ho detto e non voglio che ci siano segreti tra noi."

"Così mi spaventi."

" Io ti ho mentito."

"Su cosa? Jadis, spiegati!"

La donna appoggiò la mano sulla parete, e quest'ultima pian piano si ricoprì di un leggero strato di ghiaccio. Sirius la guardò incredulo.

"Questo 'dono', anche se per me è più un maledizione, l'ho ereditato da mia madre."

"C'è solo una strega al mondo con questo potere, e lei è..."

"Pericolosa, lo so" lo interruppe Jadis.

Il rumore dell'apertura della porta lo riportò alla realtà.

"Aslan è pronto per ricevervi" pronunciò la guardia.

Felpato annuì.
 

 

"Bene, oggi vi farò conoscere un animale molto speciale. Mi raccomando: state molto attenti, basta poco per farlo innervosire!" esordì Hagrid, per poi emettere un lungo fischio. Un rumore di zoccoli si fece pian piano sempre più vicino.

"Lui è Pegaso, è un esemplare di cavallo alato" pronunciò il mezzogigante non appena la creatura fece la sua comparsa.

Alexandra non si meravigliò come il resto dei suoi compagni; in fondo a Narnia, di esemplari come quello, ne aveva visti molti.

"Bene, chi vuole provare a toccarlo?"

Indietreggiarono quasi tutti all'istante, tranne una certa Grifondoro.

" Vedo che abbiamo una volontaria! Dai, su, Alexandra, avvicinati, non morde mica!"

La ragazza guardò prima Hagrid e poi la creatura.

"Ma tutte a me capitano?" pensò.

Si avvicinò piano al cavallo alato e attese. L'animale la scrutò per qualche secondo, sentì il suo odore, poi appoggiò il suo muso sulla fronte della Grifondoro e quest'ultima posò la mano sulla pelle del cavallo.

"Be', a quanto pare gli piaci" disse sorridendo il Mezzogigante.

Alexandra si staccò e accarezzò il muso di Pegaso.

"Bene, penso che sia pronto per farsi cavalcare da te" pronunciò Hagrid, per poi prendere la ragazza e metterla sul dorso del cavallo.

"No, no, aspetta! Io soffro di vertigini!" esclamò Alexandra, ma ormai era troppo tardi. Pegaso aveva spiccato il volo, e la giovane aveva stretto le braccia intorno al collo dell'animale e chiuso gli occhi istantaneamente.
 

 


"Il piano che avete in mente è rischioso" disse Aslan.

"Lo sappiamo" rispose Silente.

"Ma effettivamente è l'unica alternativa. Nemmeno io so tutto del piano di Jadis."

Sirius fece il suo ingresso nella sala in quel preciso momento.

"Tu devi essere il famoso Sirius Black?"

"Sì" rispose, facendo un piccolo inchino.

"Con me non servono tutti questi formalismi. Silente mi ha detto che ti sei offerto volontariamente."

"Sì, farei qualunque cosa per salvarla." 

"Di questo ne ero consapevole. All'inizio sarai scortato da una delle mie guardie; è molto facile perdersi. Considera Cair Paravel come casa tua."

"Buona fortuna" intervenne Silente.

Sirius sorrise, e con un inchino si congedò.
 

 


Aveva finalmente trovato il coraggio di aprire gli occhi. Stavano planando dolcemente sul  Lago Nero. Pegaso accarezzò l'acqua con le zampe anteriori, facendo inevitabilmente arrivare qualche spruzzo in faccia alla Grifondoro, ancora saldamente stretta al suo collo. Alexandra cercò di riprendersi; in fondo, quella sensazione di completa libertà che provava non era poi così male. Le trasmetteva una sorta di carica adrenalinica. Tolse le braccia dalla gola dell'animale e si aggrappò alla criniera di quest'ultimo. Quell'irrefrenabile paura dell'altezza sembrava di colpo sparita. Ricominciarono a salire, sorvolarono un pezzo della Foresta Proibita e poi placidamente atterrarono a qualche passo da Hagrid.

"Tutta intera?" le chiese il Mezzogigante, mentre l'aiutava a smontare da cavallo.

Alexandra annuì.

"Bene!" Fece Hagrid, per poi rivolgersi al resto degli studenti. "Per oggi la lezione è finita. Ci rivediamo dopo le vacanze!"
 

Aveva volato e si sentiva meravigliosamente bene. Aveva passato tutta l'ora di Pozioni con la testa che andava a quel momento, a quell'adrenalina che aveva avuto in corpo: non si era mai sentita così viva. Voleva a ogni costo riprovarla, e l'avrebbe sicuramente rifatto quel pomeriggio; però, a dorso di un drago, stavolta. 

"Per oggi è tutto. Sapete cosa voglio che facciate per le vacanze. Non accetterò giustificazioni." disse Piton.

Finalmente fu libera di uscire fuori e riprendere fiato. Se la testa era rimasta da un'altra parte per tutta la lezione, lo stomaco no: l'odore di alcuni ingredienti le dava ancora la nausea, nonostante fosse a Hogwarts da mesi.
Percorse il corridoio con una certa fretta, fino a che non arrivò alla torre dei Grifondoro. Doveva sbrigarsi, il tempo non prometteva nulla di buono, ma non appena vi mise piede all'interno trovò ad attenderla Harry.

"Ciao" la salutò il Prescelto.

"Ciao! Ti sei appena svegliato?"

"In un certo senso, sì."

"Pensavo che fossi con Ron."

"No, non mi andava. Tu dove vai così di fretta? Ho saputo che questa mattina hai cavalcato un cavallo alato."

"Sì, e volevo riprovare."

"Riprovare?"

"Ti ricordo che ho un drago."

"Ah, è vero!"

"Cos'hai? Ti vedo strano."

"Be'... ecco... io... insomma..."

"Tu cosa?"

"Mi chiedevo se volessi venire al Ballo con me..." disse Harry, portandosi la mano alla nuca.

"Certo" sorrise la Grifondoro.

"Dici... dici sul serio?"

"Sì, dico sul serio, perché tutta questa incredulità?"

"Vedi... io... non credevo che tu potessi accettare. Hai detto di no a mezza scuola."

"Mezza scuola non era te" rispose la ragazza, dandogli un bacio sulla guancia. "Scusami, ma devo andare a cambiarmi; ho un altro cavaliere che mi attende
da parecchio tempo" aggiunse, per poi imboccare le scale del dormitorio femminile.

Harry rimase lì, immobile, con il volto leggermente rosso e un sorriso leggero sulle labbra.
 
 
 
 
 
 
 



Note dell'Autrice: 

Salve a tutti! Sono ancora viva, quindi potete stare tranquilli: l'erba cattiva non muore mai. Lasciando perdere gli scherzi, ahimé questo periodo per me è davvero brutto e spero che passi in fretta. Spero che questo capitolo vi piaccia, sappiate che nel prossimo ne vedremo delle belle ;).

Un bacio e alla prossima <3 

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Capitolo 24
*** Preparativi ***


Preparativi 



Le tanto agognate vacanze natalizie erano finalmente giunte. Di norma, molti studenti avrebbero lasciato Hogwarts per passare il Natale con le loro famiglie, ma il grande evento che era in procinto di svolgersi tra le mura del castello li aveva fatti restare, anche se più per curiosità che per voglia di ballare. I preparativi per il Ballo del Ceppo erano in gran fermento e le lezioni di danza della McGranitt, per la grande gioia dei Grifondoro, proseguivano imperterrite ogni sera.

"Dite che prima o poi smetterà di chiamarci 'balbettante massa di babbuini'?" domandò il Prescelto ai compagni.

"Non credo, Harry" gli rispose Neville, con il naso quasi all'altezza del suo cappuccino.

"Io più che altro mi domando quando quei due la smetteranno" disse Ginny, indicando suo fratello e Hermione.

"Spero il prima possibile" intervenne Alexandra, mentre tratteneva l'ennesimo sbadiglio.
 

 
Voldemort aveva deciso di indagare su Jadis, ma nonostante gli sforzi non era apparso alcun documento che riportasse il nome della strega. In fondo se lo sarebbe dovuto aspettare, eppure continuava ad avere quella costante sensazione che qualcosa non andasse per il verso giusto: in quella donna c'era qualcosa di strano. Smise di fare avanti e indietro sul quel piccolo quadrato d'erba: la persona che attendeva, come di suo solito, era in ritardo.

"Allora, hai pensato a quello che ti ho detto su mia figlia?" disse una voce a pochi passi da lui.

Il Signore Oscuro posò lo sguardo verso la sua interlocutrice: era comparsa dal nulla come la scorsa volta. La osservò ancora: il vestito sempre rigorosamente bianco, due occhi d'argento e un sorriso strafottente. Non aveva nulla a che vedere con Jadis, non si assomigliavano per niente; forse solo il biondo dei loro capelli era simile, ma per il resto sembravano tutto, fuorché madre e figlia.

"Sì, ci ho pensato."

"E allora?"

"Non ho trovato nulla su lei."

"Mi pare ovvio: Jadis non è nata qui."

"Questo lo so, ma..."

"Davvero credevi che lei lasciasse in giro i documenti del suo passato nel mondo magico? Sei uno stolto!"

Voldemort strinse i pugni: non ci stava a essere insultato. Proprio lui, il più grande mago oscuro di tutti i tempi!

"Metti da parte l'orgoglio: io e te abbiamo un accordo, ricordi?"

"Sì, lo ricordo."

"Non ho fatto tutta questa fatica per nulla. Ti ricordo che la tua vita è nelle mie mani, e non ci metto nulla a togliertela!"

"Cosa vuoi che faccia?"

"Continua a far credere a mia figlia che la vita che hai te l'ha data lei, e portamela."

"Come desideri" rispose il Signore Oscuro, facendo un piccolo inchino.

"Ah! Un'ultima cosa... Voglio anche mia nipote."
 

 

"Smettila! Ti comporti come un ragazzino!" urlò Hermione, ormai al limite della sopportazione.

"Oh, no! Ricominciano..." sbuffò Harry.

"E tu come una ragazzina! Non fai altro che fare gli occhi dolci a quello stupido bulgaro!"

"Victor non è stupido! Invece tu sì!" pronunciò furibonda la Grifondoro, per poi andarsene a passo svelto dalla Sala Grande.

"Proprio un ottimo lavoro, Ron." commentò Alexandra.

"Non ti ci mettere anche tu!"

"Potevi pensarci prima, ma tu hai preferito invitare la francese. Quindi, mio caro, assumiti le tue colpe!"

Ron strinse leggermente i denti, afferrò la copia della Gazzetta del Profeta lasciata da Hermione sul tavolo e l'aprì su una pagina a caso.

"Non sarai stata troppo dura?" le chiese il Prescelto.

"No, è ora che si renda conto che la colpa è sua."

"E pensi che questo sia il modo giusto?"

"Harry, glielo abbiamo spiegato con le buone, ma ha fatto finta di niente, quindi o lo capisce con le cattive o peggio per lui..."

"Posta in arrivo!" urlò uno studente di Tassorosso.

Il primo gufo lasciò un pacco davanti a uno studente di Serpeverde. Il momento più esilarante fu quando Errol si schiantò sul tavolo, finendo dentro la ciotola del latte di Neville nel tentativo di lasciare un pacco a Ron.

" È ora di mandare questo gufo in pensione" commentò il Grifondoro, mentre prendeva la scatola lasciata all'inizio del tavolo.
 

 

Era stata costretta a farlo. I rapporti dai confini non erano per niente buoni e non aveva avuto scelta. L'esercito di sua sorella aveva ripreso la marcia verso Narnia ed era da poco arrivato ai margini della Terra di Archen. Doveva farli perdere tra quelle montagne, anche decimarli, se necessario. La tempesta di neve li avrebbe sicuramente costretti a tornare indietro, ma per quanto ancora sarebbe riuscita a tenerli lontani? Non lo sapeva, non poteva saperlo. Bevve un altro sorso del suo tè, nel silenzio della sua stanza, interrotto solo dal rumore del vento che sbatteva violentemente contro le pareti. Tutto parve assumere un'aria a lei familiare.
 

"Mamma, mamma!"

Non poteva sbagliarsi: la voce della sua piccola era inconfondibile.

"Che c'è, tesoro?"

"Posso andare fuori  a giocare con la neve?"

Alexandra aveva l'aria innocente di suo padre e il sorriso di suo nonno. La guardò ancora per un po' prima di risponderle. Sua figlia le assomigliava sin troppo, l'unica
cosa che la rendeva diversa da lei erano i capelli: neri come quelli del padre. La bambina aspettava con sguardo quasi  implorante una risposta.


"Va bene, ma vengo anch'io con te."

Alexandra allargo il suo sorriso e abbracciò sua madre.

"Dài, andiamo. Che ne dici se oggi facciamo un bel pupazzo di neve?"

"Si!" rispose la bambina, non contenendo l'entusiasmo.

 
Jadis si riprese di colpo da quel sogno a occhi aperti. Sua figlia non ricordava nulla di quei giorni; era stato davvero doloroso per lei togliere ad Alexandra tutti i suoi ricordi, ma si era detta che lo stava facendo per il suo bene. Ora non ne era del tutto convinta, e forse avrebbe fatto meglio a parlare ad Aslan dei suoi piani.
 

 
Ron aveva aperto il pacco.

"Mia madre mi ha mandato un vestito... Comunque ci deve essere un errore, questo è da donna!" esclamò il ragazzo.

"Non è da donna, Ron" gli rispose Alexandra.

"Ma che dici? Ginny, penso che sia per te."

"Io quello non lo metto!"

Alexandra, intanto, aveva iniziato a ridere.

"Che c'è da ridere?"

"Ti ho detto che non è da donna, ma da uomo! Ron, quello è un vestito da cerimonia!" disse, incapace di trattenere le risate.

"Ma sembra il vestito di zia Tessie. Puzza anche come la zia Tessie!"

"Mi spiace, ma dovrai indossarlo" cercò di consolarlo Harry.

 
 
 



Note dell' Autrice: 

Dopo secoli di assenza eccomi ad aggiornare. Vi chiedo scusa, ma il tempo a mia disposizone è veramente poco. Allora piaciuto il colpo di scena? Scommetto che non ve lo aspettavate.

Un bacio e alla prossima <3
 

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Capitolo 25
*** Rincontrarsi ***


Rincontrarsi

 


Era arrivato il giorno di Natale e con esso anche quel maledetto ballo. Alexandra sospirò per l'ennesima volta, tenendo tra le mani il vestito da cerimonia che aveva trovato nel suo baule.

"Forse, se uso la magia, posso renderlo quanto meno decente" pensò.

Non le piaceva, quell'abito, per lei era tutto fuorché bello a cominciare dal colore: giallo canarino. Senza contare che era troppo grande di almeno due taglie  in confronto alla sua.

"Ma dove cavolo l'hanno preso?" si domandò mentalmente, mentre per la frustrazione lo rimetteva nel baule.

"Alexandra!" esclamò Hermione.

"Ciao anche a te, Hermione!"

"È mezz'ora che ti cerco!"

"Cos'é successo di così grave? Ron ha tentato di prendere a pugni Krum?"

"No, ma che dici!"

"E allora?"

"C'è un Gufo che ha un pacco per te."

"Io non ricevo mai pacchi!"

"Ti dico che è per te. Vieni!" disse, prendendola per mano e trascinandola fuori dal dormitorio.

Sul tavolo accanto al camino della Sala Comune, un gufo attendeva con pazienza il destinatario del pacco.

"C'è scritto il tuo nome" le disse Hermione, indicando il biglietto posto sulla scatola.

Effettivamente il quadrato di pergamena, notò la Grifondoro, aveva il suo nome scritto sopra. Lo prese tra le mani e lo dispiegò; la calligrafia con cui l'interno era scritto non le risultò famigliare, almeno non subito. Lesse il messaggio ad alta voce, avendo notato l'evidente curiosità della compagna:

"Questo penso che l'apprezzerai. Goditi la serata. Buon Natale."

Finiva così, con quel semplice augurio: il mittente non si era nemmeno preso la briga di firmare con uno pseudonimo. 

"Allora? Che fai, non lo apri?"

"Sì, ma prima lascia che dia una ricompensa al nostro piccolo amico" rispose, per poi prendere dalla ciotola posta a poca distanza da lei un biscotto da offrire al gufo.

Il volatile apprezzò molto l'offerta, e dopo aver preso la sua "ricompensa" spiccò il volo, uscendo dalla finestra.

Alexandra tolse il nastro dalla scatola, ne alzò il coperchio e tirò fuori il contenuto.

"È bellissimo!" esclamò Hermione.

E lo era davvero: l'abito che teneva tra le mani era stupendo, ma aveva un profumo che la Grifondoro avrebbe riconosciuto tra mille.

"Mamma..." mormorò, mentre le lacrime iniziavano a pungerle gli occhi.

 

 

 

"Maestà, la Strega Bianca chiede udienza" disse la guardia, inginocchiata davanti al suo re.

A Sirius saltò il cuore in gola: la sua Jadis era a palazzo.

"Ditele che la riceverò" rispose pacatamente Aslan.

Il soldato fece un cenno d'assenso col capo e uscì dalla stanza.

"Sarai tu a parlarle" disse il leone, nello stesso tono.

"Ne siete sicuro?"

"È per il bene di vostra figlia" sospirò. "Buona fortuna."

 

 

 

Alexandra guardò l'orologio appeso sopra al camino: le 18:00 in punto scoccarono in quel preciso istante. Rimise l'abito dentro la scatola alla bell'e meglio: tanto l'avrebbe indossato da lì a poco.

"Sarà meglio andarci a preparare" disse, rivolta a Hermione.

"Sì, altrimenti fra qualche minuto troveremo la fila al bagno" rispose annuendo la compagna.

 

 

 

Sirius aveva ripercorso per la decima volta la sala deserta con passi lenti e pesanti: l'attesa lo stava divorando dentro. Respirò a pieni polmoni, cercando di combattere quel senso di ansia che aveva in corpo, ma era inutile, lo sapeva bene.

Jadis venne scortata da una giovane guardia fino alla Sala del Consiglio. Ginarrbrik la guardò con aria preoccupata: non l'aveva mai vista così tesa.

"Mia Signora, siete sicura che..."

"Sì, non preoccuparti. Aslan è l'unico che può comprendere le mie scelte" disse, per poi fare cenno al soldato di aprire la porta.

 

 

 

Si stava rimirando allo specchio e ancora non riusciva a capacitarsi di quanto fosse così identica a sua madre; forse solo i capelli stonavano in quel contesto.

"Sei stupenda!" esclamò una delle sue compagne.

Alexandra sorrise e non badò agli sguardi invidiosi del resto delle ragazze.

"Sono solo invidiose" le bisbigliò all'orecchio Hermione.

"Non l'avevo notato, sai?" le rispose sarcastica.

"Credo che dovremmo scendere: i nostri cavalieri ci attendono!"

"Mia madre mi ha sempre detto che una donna deve farsi attendere" replicò la Grifondoro.

 

 

 

La porta ormai era stata chiusa alle sue spalle. Jadis era immobile e guardava con una sorta di incredulità l'uomo che aveva di fronte. Gli anni passati ad Azkaban non sembravano averlo scalfito: la massa di capelli neri e ricci era ancora lì, perfettamente in ordine, anche se iniziava ad intravedersi qualche guizzo bianco tra quelle ciocche. Gli occhi argentei, quelli che avrebbe voluto anche per sua figlia, la squadravano, forse alla ricerca di un qualcosa che lei non era più.

"Sirius..." pronunciò flebilmente.

Felpato ne era rimasto affascinato: era bella da togliere il fiato. La osservò ancora a lungo: aveva una ciocca di capelli biondi davanti al viso come ai tempi in cui frequentava Hogwarts, ma ancora una volta a colpirlo furono gli occhi verdi come smeraldi, con quella sfumatura argentea che l'avevano fatto innamorare di lei. Lo scrutavano, nel tentativo di capire il perché della sua presenza. Avrebbe voluto stringerla a sé e baciarla, ma non era del tutto sicuro che lei fosse ancora la persona che aveva sposato.

"Cosa ci fai qui?!" domandò la donna, rompendo definitivamente quel silenzio che si era creato.

"Mi ha mandato Silente."

"Dov'è Aslan? Ho chiesto di parlare con lui."

"Ha detto che devi parlare con me" rispose, avvicinandosi a lei.

Jadis fece istintivamente qualche passo indietro.

"Io voglio parlare con lui, non con te."

"Ti dovrai accontentare di me" affermò lui, per poi spostarle una ciocca di capelli dal viso con delicatezza.

"Da quanto sei qui? E non eri a Azkaban?"

"Sono fuggito da Azkaban un anno fa. Sono qui da un mese."

"Chi ti ha messo al corrente della situazione? Silente o Aslan?"

"Nessuno di loro due."

"E chi allora?"

"La persona a cui hai messo Voldemort alle calcagna. Speri davvero che fargliela pagare serva a qualcosa?"

"Lui deve pagare per quello che ha fatto a Lily!"

"E nostra figlia? Lo sai in che casino l'hai messa?!"

"Certo che lo so! Credi che mi piaccia la cosa?!"

"Non lo so: tu non sei più la donna che ho sposato!"

"Hai ragione, non lo sono..."

"Perché cerchi una vendetta inutile? Non ti farà stare meglio."

"Sirius, non farmi la predica: tu non sei meglio di me!"

Felpato non seppe come replicare. Restò in silenzio, sperando che lei proseguisse.

"Non sono io quella che pur di prendere Codaliscia si è fatta dodici lunghi anni ad Azkaban!"

"Sai benissimo che dovevo prenderlo!"

"E dimmi, la cosa ti ha fatto stare meglio? Quando potevi benissimo venire con me, evitarti gli anni di prigione e veder crescere tua figlia? E vieni a farmi la predica quando tu, per la tua stupida caccia all'uomo, hai rinunciato a tutto!"

Sirius strinse le mani a pugno e si morse il labbro: Jadis aveva stramaledettamente ragione, e non c'era stato giorno in cui lui non avesse rimpianto la sua scelta. Sapeva di aver sbagliato.

"Non mi ha fatto stare meglio... e non farà stare bene nemmeno te."

"Lo so."

"Allora perché continui?"

"Perché non ho altra scelta!"

"Sì, invece!"

"No! Credi che non lo sappia? So che Voldemort è in combutta con mia madre!"

"Hai sempre e comunque una scelta."

"Quale? Quella di accettare la proposta di Aslan? "

"Non solo."

"Non chiedermi di fidarmi te: sai benissimo che non lo farei."

"E perché?"

"Perché ho già riposto in te la mia fiducia una volta, e mi hai deluso!"

"Mi dispiace..."

"Non me ne faccio nulla di un 'mi dispiace'! Io mi ero fidata di te! Mi avevi promesso che una volta fuggito da Azkaban saresti venuto da me, e invece ti sei messo a dare la caccia a Minus!"

"Non solo: Harry aveva bisogno di me."

"Harry è sempre stato ben protetto. Io avevo bisogno di te! Tua figlia aveva bisogno di te!"

"E adesso?"

"'E adesso' cosa?"

Sirius si avvicinò pericolosamente a lei. 

"Adesso hai ancora bisogno di me?" chiese, a pochi centimetri dal suo viso.

"Ti ho già detto che di te non mi fido..."

"Non ti ho chiesto se ti fidi o meno. Lo sai benissimo cosa intendo..."

"Guardia!" esclamò Jadis. "Il nostro incontro finisce qui!"

 

 

 

Harry faceva avanti e indietro da mezz'ora, mentre ogni tanto, come se fosse un tic nervoso, si risistemava la cravatta. Indossava un semplice gessato nero, che aveva noleggiato il sabato prima a Hogsmeade durante la solita gita scolastica, visto che aveva dimenticato il completo scelto prima della scuola alla Tana. Poteva però ritenersi fortunato: a Ron era andata davvero male.

Il rosso indossava un vecchio abito, probabilmente appartenuto a qualche suo lontano zio, pieno di merletti e dal colore indescrivibile. 

"Lo odio!" esclamò.

"Ti avevo detto di noleggiare quello smoking."

"Harry, lo sai com'è fatta mia madre..."

"Allora non ti lamentare!"

"Nervosetto?"

"Un po'..."

"Dài, andrà bene."

"Tu, invece?"

"Io?"

"Lo sai a cosa mi riferisco."

"Non ti preoccupare."

"Ron, non combinare casini..."

"Non farò nulla, promesso!"

 

 

 

Sirius afferrò Jadis per il braccio prima che potesse varcare la soglia della porta, e fece cenno alla guardia di richiuderla.

"Il nostro discorso non è ancora finito: esigo una risposta."

"Dovrebbe essere scontata." 

"Non credo alle risposte evidenti. Ho imparato molto tempo fa che tu la verità la nascondi molto bene."

"Be', non ti darò alcuna risposta, se non quella che reputi ovvia."

"Non lo inghiotti mai il tuo dannato orgoglio? "

"Lasciami!"

"Voglio una risposta! E non ti perderò di nuovo."

"Accontentati di quella ovvia!"

Sirius mollò la presa sul braccio di Jadis, si avvicinò alla porta e l'aprì quel poco che bastava per comunicare con la guardia.

"Fa' preparare una stanza, la Strega Bianca rimane qui."

"Come volete" rispose il soldato.

Felpato chiuse nuovamente l'uscio e vi si piazzò davanti.

"Che hai intenzione di fare?" chiese la donna.

"Nulla, solo farti restare qui."

"Stai scherzando, vero?!"

"No. Visto che non vuoi dirmi che piani hai, né tantomeno darmi una risposta, e siccome Aslan ci ha espressamente raccomandato di risolvere le nostre questioni per il bene di nostra figlia, non mi hai dato altra scelta. In fondo, mi sto solo assicurando che tu non faccia danni. Non ti permetterò di affrontare tua madre da sola, né di cercare una vendetta inutile."

"Non avrai le risposte che cerchi, e non ho bisogno della tua protezione!"

"Le avrò, prima o poi. Jadis, lo faccio solo per il tuo bene e per quello di nostra figlia. Non voglio perdervi, non ora che vi ho finalmente ritrovato..."

"Ripeto: non ho bisogno della tua protezione!"

"E io ti ripeto che non ti farò commettere stupidaggini! Prima o poi lo capirai. Nel frattempo, non credo tu abbia problemi: in fondo, questo posto è casa tua o sbaglio, Vostra Maestà?"










Note dell'Autrice :

Ciao a tutti! Perdonate la lunga assenza, ma devo ammettere che scrivere questo capitolo è stato davvero difficile. Spero che vi piaccia, comunque nel prossimo chissà se Harry riuscirà definitivamente a far breccia nel cuore della protagonista? Si accettano scomesse...scherzo. 

Un bacio e alla prossima <3 
 

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Capitolo 26
*** Il Ballo del Ceppo ***


Il Ballo del Ceppo
 

"La smetti di andare di qua e di là, per favore?" esclamò Ron al limite della sopportazione.

"Sono in ansia, non rompere!" rispose urlando Harry.

"La stai facendo venire anche a me! Harry, calmati, arriverà!"

"Ho paura che decida di non venire..."

"Harry, è obbligata, ricordi?"

"Ah, giusto! Ma non riesco a stare calmo lo stesso."

Ron emise un lungo sospiro.
 


 
Era seduta a terra con mezza schiena appoggiata al muro, le gambe raccolte contro il torace, le braccia incrociate sulle ginocchia , con adagiatavi la fronte. Stava piangendo e non riusciva a smettere. Non poteva trattarla in questo modo, non aveva alcun diritto di farlo; eppure, era rinchiusa dentro quella stanza ben sorvegliata da ore. Jadis si morse il labbro, maledicendosi mentalmente per non essere riuscita a tenergli testa come avrebbe voluto.
 

 
Hermione iniziò a scendere le scale dell'ingresso principale, sotto gli sguardi esterrefatti dei compagni. Indossava un abito rosa con lo scollo a “v”, tenuto alla vita da un sottile nastro di seta dello stesso colore. Era stupenda, anzi, bellissima, e Ron non poté che rimanerne ammaliato. Peccato, però, che quella sera lei avrebbe danzato con quel dannato bulgaro.

"È una principessa..." disse sottovoce Ron.

"Già" ammise Harry.

"Cosa ci trova in lui?"

"Non ne ho idea."

"Me la sono fatta portare via da uno stupido bulgaro" pronunciò a denti stretti.

"Non ti abbattere, Ron" cercò di consolarlo il Prescelto.
 

 
Sirius l'aveva trovata raggomitolata contro il muro. Era la prima volta che la vedeva così fragile e indifesa. Posò il vassoio con la cena sopra al piccolo tavolo al centro dell'enorme camera, la quale era a malapena illuminata da qualche candela e dal fuoco quasi del tutto spento del camino. Si avvicinò a quest'ultimo e mise due pezzi di legno al suo interno in modo da far rinvigorire la fiamma.

"Vattene. Non ho bisogno di te." disse Jadis al compagno, vedendo che non accennava ad andarsene.

"A me non sembra."

"Vattene!" ribatté lei con rabbia, alzando la testa per guardarlo in faccia. 

Felpato notò subito, anche con quella poca luce, gli occhi rossi e ancora lucidi della donna. Non poté non sentirsi in colpa: sapeva bene che la causa di quelle lacrime era lui.

"Sei sordo, per caso? Vai fuori da questa stanza!"

"No! Non me ne vado. Io e te dobbiamo chiarire."

"Cosa, di grazia?"

"Lo sai bene."

"Per me è tutto già chiarito."

"Per me no."

"Per me sì! Non voglio discutere oltre con te!"

"Devi, invece!"

"Devo?! Non credo proprio."

"Jadis, è per il bene di nostra figlia!"

"Non dirmi cos'è meglio per lei!"

"Certo, perché tu lo sai!"

"Molto più di te!" gridò la regina, stringendo le mani a pugno.

"Ma davvero?" rispose Sirius in tono sarcastico.

"L'ho cresciuta io, non tu!"

"Infatti è uguale a te: testarda come un mulo..."

"L'hai sempre saputo che ero testarda."

"Già..." sospirò l'uomo. "Ma non mi arrendo."
 

 
Alexandra si era fermata poco prima dell'inizio della rampa di scale. Avrebbe voluto tornare in dormitorio e restare lì fino alla mattina successiva, ma per colpa di quel maledetto Torneo era costretta a partecipare al ballo. I quattro campioni avrebbero aperto le danze, e lei, purtroppo, era una di loro. Deglutì, prima di farsi coraggio e iniziare a scendere i gradini.

"Uff... ma quanto ci mette?" chiese il Prescelto.

"Era dietro di me, ne sono sicura" gli rispose con dolcezza Hermione.

Ron sospirò per l'ennesima volta.

"Sai solo sospirare, tu?" chiese la Grifondoro.

"E che altro dovrei fare, Hermione?"

"Magari aiutarmi!"

"È più di un'ora che provo a farlo stare calmo, ma come vedi non funziona nulla!"

"Be', immagino come tu possa averlo consolato..." rispose sarcastica.

"Ehi! Cosa vorresti dire?!"

"Nulla, solo che hai la delicatezza di un rinoceronte!"

Harry, nel frattempo, si era fermato di colpo, con lo sguardo rivolto verso le scale. Non riusciva a credere ai suoi occhi: Alexandra era bellissima. La ragazza indossava uno splendido abito bianco come la neve, il cui corpetto con scollo a “v” era decorato da vari ghirigori in argento; la gonna aveva un leggero spacco. I capelli erano raccolti in una treccia non molto stretta e adagiata sulla spalla destra. I suoi occhi, grazie al trucco molto leggero, risaltavano ancora di più rispetto al solito.  Il Prescelto si avvicinò alle scale, e da buon cavaliere le porse il braccio.

"Ciao" lo salutò sorridendo la ragazza.

"Ciao, sei bellissima" rispose Harry.

"Grazie, Harry. Stai bene vestito così" gli rispose lei, lievemente in imbarazzo.

"Grazie" sorrise il ragazzo.

"Litigano di nuovo?" chiese Alexandra, indicando Ron e Hermione.

"Già..." sospirò Harry.
 

 
"Allora, te ne vai? Sprechi solo fiato."

"Tu dici? Io non credo."

"Sirius, sai benissimo che non cederò!"

"Ne dubito."

"Sei un illuso" ridacchiò Jadis, appoggiando la testa al muro.

"Sono semplicemente uno che non si arrende."

"Vedremo."

"Non chiedo poi molto..."

"No, chiedi sin troppo!"
 

 
Alexandra pregò che Harry fosse riuscito a imparare a ballare: non voleva farsi calpestare per l'ennesima volta i piedi , ma la partenza non si auspicava delle migliori. Il Prescelto era in ansia, e deglutì una ventina di volte prima che l'orchestra si decidesse finalmente a suonare. 

"Segui me e andrà tutto bene" gli sussurrò lei.

"Non è ballare che mi mette a disagio..."

"Ah, no?"

"No. Possibile che tu non ti sia accorta di avere tutti gli sguardi puntati addosso?"

"Mh... no."

Effettivamente era stata così presa dagli addobbi della Sala Grande che non aveva fatto minimamente caso agli sguardi dei suoi compagni, ma ora che Harry gliel'aveva fatto notare iniziò a comprendere pienamente la sua sensazione di disagio. Neanche lei era abituata ad avere così tanta attenzione, e la cosa non le piaceva per niente, ma per quella sera avrebbe resistito.
 

 
"Te ne vai, sì o no?"

"No."

Jadis sbuffò. "Sei insopportabile."

"Mai quanto te."

"Che spiritoso..."

"Dovresti saperlo."

"Già, mi ero dimenticata di questo tuo lato idiota!"

"Mi hai sposato principalmente per il mio lato idiota."

"Non me lo ricordare..."

"Mi odi così tanto?"

Avrebbe voluto dirgli che non lo odiava, non del tutto almeno, ma non riuscì a mandare giù il suo orgoglio: non avrebbe ceduto facilmente a quei dannati occhi argentei.

"Sì. Cos'altro ti aspettavi?"

"Be', non mi aspettavo un responso così negativo."

"Mi spiace per te, ma non puoi pretendere che ritorni tutto come un tempo."

"Non chiedo questo. Ti chiedo solo di darmi un'altra possibilità."

"Pensi davvero di meritarla?"

"Forse no..."

"Appunto."

"Non puoi essere cambiata così tanto..." 

"Le persone cambiano."

"Non così" rispose Sirius, avvicinandosi a lei e prendendole il viso tra le mani.

"Tu cerchi una me che non c'è più."

"Io credo che ci sia ancora" sorrise l'uomo.
 

 
Avevano ballato e si erano divertiti parecchio, fino a quando Ron e Hermione non avevano litigato nuovamente e quest'ultima era scappata dalla Sala Grande. Alexandra era andata alla sua ricerca, mentre Harry era rimasto con l'amico.
"Sono un vero idiota!" esclamò con rabbia Ron.

"Menomale che te lo dici da solo" sospirò il Prescelto.

"Sei davvero di gran conforto..."

"Ron, dovresti dirle che la ami."

"E se mi rifiutasse?"

"È un rischio che devi correre."

"Non voglio rovinare tutto..."

"Credi che così sia meglio? L'ha capito tutta la scuola che la ami."

"L'hanno capito tutti, tranne lei" lo corresse il Grifondoro.  

"Tu credi?"

"Sì..." sospirò.

"Mai le confesserai i tuoi sentimenti e mai lo saprai."

"Lo stesso penso che valga per te."

"Per me?"

"Harry, credi che non mi sia accorto di come guardi Alexandra? E della gelosia che hai provato quando ha accettato di ballare con Malfoy?"

"Lei non mi guarda come la guardo io..."

"Ne sei sicuro?"

"Sì" disse con amarezza.
 

 
L'aveva trovata sulle scale che piangeva. Alexandra si sedette accanto ad Hermione senza dire una parola.

"Perché è così idiota?" le chiese l'amica.

"Perché è innamorato, e anche tu lo sei."

La Grifondoro la fissò esterrefatta.

"Hermione, lui non se ne sarà reso conto, ma io sì."

"Non ti sfugge mai nulla, eh?"

"Osservo sempre, ma non intervengo. Queste sono questioni vostre."

"Lo so..."

"Comunque, se lo ami, dovresti dirglielo."

"Ci penserò su..."









Note dell'autrice:

Salve a tutti! Chiedo scusa per la lunga assenza, ma ho dovuto affrontare l'ennesimo periodo difficile. Come vede le cose tra Jadis e Sirius si stanno pian piano aggiustando,mentre il nostro quartetto affronta dei problemi di cuore non inddifferenti. Spero di aggiornare il più presto possibile. 

Un Bacio <3  

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Capitolo 27
*** Soluzioni ***


Soluzioni

 


Era passato già qualche giorno dal ballo, ma la situazione tra Ron e Hermione non sembrava essere mutata di una virgola. Alexandra e Harry avevano provato in mille modi a farli ragionare, ma con scarsi risultati. La mora stava tamburellando da più di dieci minuti sul tavolo, mentre con lo sguardo osservava quei due mandarsi occhiatacce a non finire. Il Prescelto sapeva molto bene che la ragazza avrebbe sbottato, rischiando di far togliere punti alla sua stessa casa.

"La smetti?" affermò con gentilezza.

Alexandra lo osservò dubbiosa.

"Di fare cosa?" chiese, infatti.

"Di tamburellare sul tavolo e di guardare Ron e Hermione."

"Va bene, la faccio finita..." rispose controvoglia.

"Lo so che la situazione ti scoccia, ma per il momento non possiamo farci nulla" sospirò Harry.

"Questo lo credi tu" disse, alzandosi dal tavolo.

"Cosa vuoi fare?"

"Per il momento esco solo da qui."

 

 

 

Stava sorseggiando il suo tè in assoluto silenzio, mentre fuori imperversava l'ennesima tempesta di neve che aveva creato. Aslan era lì da una decina di minuti e non si era ancora degnato di parlarle, ma lo sguardo serio del leone le faceva presagire una lunga e difficile conversazione. Posò la tazza sul piattino in argento e attese. Il felino emise un lungo sospiro prima di rivolgerle la parola.

"Per quanto tempo continuerai così?"

"Sai bene che non mi è facile perdonare."

"Non è una qualità che ti manca" disse con pacatezza il leone.

"La fai sempre così facile, tu" rispose la donna, un po' seccata.

"Jadis, ti stai solo torturando."

"Forse... e allora?"

"Allora dico solo che dovresti smetterla. Non si sfugge all'amore: lo sai molto bene questo."

La strega sospirò. Come sempre, Aslan aveva dannatamente ragione.

"Non puoi affrontare tutto questo da sola. Il peso che ti porti addosso è troppo anche per te" continuò il leone.

"Metà di quel peso è anche colpa tua."

"Hai accettato tu, mi sembra."

"Già..." sospirò nuovamente la donna. "L'ho fatto solo per il bene di mia figlia" aggiunse poco dopo.

"Lo so, ma non puoi più proteggerla da sola."

"E dovrei fidarmi di lui? Stai scherzando, spero!"

"Lo ami?"

Jadis guardò sbalordita il felino: una domanda così diretta, da parte di Aslan, non se la sarebbe mai aspettata. Si morse il labbro: sapeva di non poter mentire anche a lui.

"...Sì."

"Allora devi fidarti di Sirius. Le persone possono commettere degli errori nel corso della loro vita."

"Lasciarmi e farmi crescere nostra figlia da sola lo chiami un errore?"

"Si, lo chiamo così. Non sempre facciamo le scelte giuste: tu ne sai qualcosa."

Eh, già: lei ne sapeva qualcosa. Aveva sbagliato troppe volte e ora ne stava pagando appieno tutte le conseguenze. Strinse i pugni, mentre le lacrime iniziavano a pungerle gli occhi: se solo non avesse fatto a modo suo, forse sua figlia sarebbe al suo fianco ora.

"Ti consiglio solo di riflettere e di fare ciò che è meglio per il tuo cuore."


 

 

Uscita dalla Sala Grande, percorse tutto il corridoio centrale cercando di darsi una calmata. Non ne poteva più di quei due, ammise con amarezza: avrebbe trovato una soluzione al più presto. Si fermò davanti all'accesso del chiostro ormai coperto dal bianco candido della neve, e un magone le si formò in gola. Le mancava casa sua, ora più che mai, e avrebbe fatto qualunque cosa per tornarci, ma era bloccata in un mondo che sentiva non appartenerle. Non che Hogwarts fosse male, ma lì non poteva prendere l'iniziativa e andarsene a cavallo, nè tantomeno tirar di spada tutti i giorni. Sospirò e riprese a camminare per il corridoio, cercando inutilmente di scacciare quei  pensieri.

"Ehi, Alexandra!" si sentì chiamare da una voce alle sue spalle. Si girò e vide Neville venirle incontro con stampato in faccia un sorriso a trentadue denti.

"Ciao, Neville" rispose sottotono.

"Qualcosa non va?" le chiese lui preoccupato.

"No, va tutto bene. Ho solo un po' nostalgia di casa..."

"Capisco" mormorò il ragazzo. "Ho saputo che ci sarai anche tu alla Tana per Capodanno " disse, cercando di cambiare argomento.

"Sì, a quanto pare sono tutti ansiosi di conoscermi."

"Sei la figlia di due dei loro più cari amici, mi pare ovvio che i genitori di Ron vogliano conoscerti."

"Magari loro sapranno dirmi qualcosa in più su i miei genitori."

"Credo proprio di sì."

La ragazza sorrise debolmente. "Mi aiuteresti con un piccolo piano?"

"Che tipo di piano?" domandò  allarmato il ragazzo.

"Nulla di pericoloso, tranquillo" lo rassicurò lei. "Mi devi solo aiutare a risolvere la situazione tra Ron e Hermione."

"OK, ci sto!"

 

 

 

Entrò nella stanza e vide Jadis davanti alla finestra, intenta a osservare la tempesta di neve . Non aveva capito il perché di  quella sua improvvisa convocazione  in quella camera. Fece un bel respiro prima di parlare, in modo da annunciare così la sua presenza.

"Volevi vedermi?"

Jadis sembrò essere colta alla sprovvista, come una persona che si riprende da un sogno a occhi aperti. Si girò verso Sirius, e lo squadrò per qualche secondo prima di rispondere.

"Sì" affermò, ostentando una finta sicurezza che faticava a mantenere.

"Di cosa mi devi parlare?"

"Per favore, accomodati." 

Solo in quel momento Sirius si rese conto di quanto la donna stentasse a controllare i suoi nervi. Si sedette su una delle due poltrone poste davanti al camino e attese che lei continuasse.

Jadis inspirò profondamente prima di parlare.

"Io... ecco... non so da dove cominciare."

Felpato la guardò dubbioso, ma per la prima volta, dopo quasi un mese, la vide fragile.

"Mi dispiace... ho sbagliato" disse lei con un filo di voce e lo sguardo basso nel tentativo di nascondere le lacrime.

"Sì, hai sbagliato... ma ho sbagliato anch'io. Ho fatto errori peggiori di questi" rispose lui, prendendole il volto fra le mani e asciugandole le lacrime con le dita.

"Sirius, ho messo in pericolo mia... nostra figlia!"

"Troveremo una soluzione."

"Sai bene che non è così."

"Lo so, ma..."

"No, nessun ma. Lo sai che è legata a un contratto magico e che non possiamo interferire. Il nostro problema, al momento, è un altro."

"Mi ami?" chiese lui, anche se sapeva già la risposta.

"Sì" rispose lei dolcemente.

Sirius sorrise, per poi stringerla a sé e baciarla.








Note Autrice: 

Salve a tutti! Dopo eoni torno ad aggiornare. Volevo solo avvisarvi che anche il prossimo capitolo, forse anche due saranno di transito, ma ci saranno molti indizi per le scene principali. Volevo anche dirvi che questa storia avrà un sequel nel quel verrà aggiunto un terzo fandom. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Vi auguro un Buon e Felice Natale. 

Un Bacio <3

Jadis_ 

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Capitolo 28
*** Arrivo alla Tana ***


 

Arrivo alla Tana


Nonostante la sua paura di volare si fosse attutita, Alexandra continuava a preferire i mezzi da terra ferma come i treni. Già, perché almeno vi erano meno possibilità di schiantarsi contro un albero nel bel mezzo di chissà quale foresta a bordo di una macchina volante. Poggiò maggiormente la schiena al sedile posteriore e sospirò. Harry si trattenne dal ridere vedendo l'ennesima espressione tesa della mora.

"Non ti azzardare a ridere" disse con sguardo minaccioso la ragazza.

"Ti sembra che io stia ridendo?" domandò il Prescelto.

"No, affatto. Ti stai solo trattenendo dal farlo" puntualizzò.

"Sei troppo tesa."

"Sai bene che non amo molto volare."

"A meno che non si tratti del tuo drago" la punzecchiò lui.

"Be', lì la faccenda è diversa!" si difese malamente la Grifondoro.

"Se la piantate sarebbe meglio" intervenne Ron.

"Ma tu non dormivi?" chiese Harry.

"No."

"Pensavo di sì, visto che sei stato molto silenzioso."

"Non avevo voglia di immischiarmi nelle faccende di voi due piccioncini."

"Cosa?!" esclamò Alexandra, staccando di colpo la schiena dal sedile.

"Sì, sembrate due piccioncini!"

"Ron, smettila, che è meglio!" rispose il Prescelto, cercando di calmare gli animi prima che si surriscaldassero.

La mora ignorò il commento del ragazzo e tornò ad appoggiarsi al sedile puntando lo sguardo fuori dal finestrino.
 

 
Nessuna nuova notizia dal fronte, il che le parve abbastanza strano: sua madre e sua sorella non si sarebbero mai arrese, di questo ne era pienamente convinta. Jadis si portò una mano al viso nel tentativo di scacciare ogni inquietudine, continuando a camminare lungo il porticato del chiostro.
La sua  maggiore preoccupazione, comunque, restava sua figlia. Al senso di colpa che si portava addosso fin da troppo tempo si era aggiunta la paura di poterla perdere per sempre: si era ormai quasi del tutto convinta che la vita di Alexandra fosse la sola ad essere in reale pericolo, e sapeva bene che se sua madre fosse venuta a conoscenza del suo piccolo segreto la situazione sarebbe inevitabilmente cambiata. Segreto che, tra l'altro, solo Aslan, e forse Silente, sapevano: sua figlia ne era del tutto all'oscuro.
Sospirò, cercando di pensare al da farsi.
 


La Ford Anglia atterrò dolcemente a pochi passi da una strana costruzione. La Tana, infatti, possedeva una struttura del tutto irregolare: all'edifico principale, nel corso degli anni, erano state aggiunte delle stanze che le facevano raggiungere un'altezza di diversi piani. La costruzione sembrava quindi reggersi in piedi per miracolo, anzi, per magia. Alexandra scese dalla macchina subito dopo il guidatore: William Weasley, detto "Bill". Era venuto a prenderli a King's Cross al posto del Signor Weasley, che a quanto pare era stato trattenuto al Ministero per una questione della massima importanza. La ragazza si guardò intorno, cercando di capire in che razza di posto bizzarro fosse finita, ma si sorprese nel vedere che era circondato da acri ed acri di verde.

"Vedo che ti piace qui" le disse Harry.

"Mi ricorda il posto da cui vengo..." ammise la mora.

"Non ne parli mai."

"Perché non ne ho molta voglia."

"Te l'ho già detto una volta: se non ti apri completamente con me, non riuscirò ad aiutarti."

"Lo so, ma al momento non voglio parlarne."

"E va bene" sospirò il Prescelto. "Ci staranno sicuramente aspettando dentro" aggiunse poi subito. 

Solo in quell'attimo Alexandra si accorse che gli unici ad essere ancora rimasti all'aperto, presso la macchina, erano proprio lei e Harry.

"Sì, andiamo" disse, cercando di farsi coraggio per affrontare quella situazione.
 

 
Il suo esercito era quasi allo stremo; Hilda era davvero stanca di quella situazione, da cui sembrava non esserci via d'uscita. Narnia era protetta dannatamente bene: sua sorella le aveva reso le cose difficili sin da subito e continuava a rendergliele tali. In fondo, non si sarebbe aspettata nulla di diverso da Jadis: era sempre stata molto combattiva e sicuramente non si sarebbe arresa.
Eppure, questa volta, Hilda aveva la sensazione che la sorella cercasse di proteggere qualcosa di molto importante. Jadis, infatti, si era esposta più del dovuto mandando quel suo dannato drago a fermare l'avanzata delle truppe di Charn. Qualcosa, non le quadrava bene del tutto: sua sorella era sempre stata, in ogni occasione passata, molto riflessiva e molto attenta a giocare i suoi assi nella manica nel momento opportuno. Tutta questa fretta non era da lei.
Continuò a camminare avanti e indietro per la sala. Il suo pensare, purtroppo, venne interrotto dall'arrivo rumoroso di una guardia.
Hilda si voltò ad osservare in cagnesco il nuovo arrivato: odiava essere disturbata mentre si trovava nel suo studio privato.

"Perdonate l'intrusione, mia Signora..." disse deglutendo il soldato. "Ma vostra madre desidera vedervi urgentemente."
La donna si limitò ad annuire.
 

 
Alexandra entrò nell'abitazione con una certa titubanza mentre Harry veniva accolto come uno di famiglia da una donna bassa, leggermente paffuta e che, come il resto della famiglia Weasley, aveva i capelli rossi.
La ragazza gettò un'occhiata intorno, capendo immediatamente di trovarsi nella cucina della casa. La stanza era alquanto piccola: la maggior parte dello spazio era occupato da un grosso tavolo in legno. Nel camino già scoppiettava il fuoco, e la radio era accesa e sintonizzata su di un programma del Mondo Magico. Quel che attirò maggiormente la curiosità della mora, però, fu un enorme orologio senza numeri le cui lancette rappresentavano i membri della famiglia Weasley.  Alexandra non riusciva a capire l'utilità di quell'artefatto, ma in fondo non poteva pretendere di conoscere a menadito tutte le stranezze dei maghi inglesi.

"Lei è Alexandra" disse il Prescelto, indicandola mentre lei stava ancora ferma sulla soglia della porta.

La Signora Weasley la squadrò per qualche secondo, facendola sentire subito a disagio. Alexandra non amava essere al centro dell'attenzione: era una cosa che aveva sempre odiato, ma cercò di mantenere la calma.

"Salve..." disse, portandosi una mano tra i capelli nel tentativo di togliersi una ciocca ribelle davanti al viso, ma con scarso risultato, poiché quest'ultima le ricadde di fronte agli occhi nemmeno un secondo dopo.

La donna le sorrise dolcemente, per poi avvicinarsi e abbracciarla come aveva fatto con Harry.

"Benvenuta alla Tana" l'accolse, spostandole amorevolmente il ciuffetto ribelle dietro l'orecchio.

"Grazie..."

"Anche tua madre aveva questo piccolo problema. Ricordo che una volta Sirius, stanco della cosa, aveva preso un paio di forbici per  tagliare del tutto quella sua 'ciocca
ribelle' , ma Jadis  lo fermò: odiava che le venissero toccati i capelli!"

Alexandra rise leggermente: sapeva molto bene che sua madre odiava farsi toccare i capelli. Sinceramente, però, non ne aveva mai compreso il motivo.

"Tipico di mia madre" ammise, poco dopo.

"Tu le somigli molto" sorrise la donna.

"Forse sì..." disse la ragazza. In fondo, non era del tutto convinta di assomigliare a sua madre: a parte gli occhi, non vedeva altri punti in comune con lei.

"Be', Harry mi ha detto che hai un bel caratterino..."

La mora guardò male il ragazzo, che in sua difesa alzò le spalle.

"Diciamo che sono testarda."

"Molto testarda" intervenne Ron.

"Parla quello che non lo è" rispose lei prontamente, facendo ridere metà delle persone presenti in quella piccola stanza.

"Fa' come se fossi a casa tua" le disse con un sorriso la signora Weasley.

"La ringrazio, Signora Weasley."

"Non mi devi ringraziare, sei di famiglia! Comunque, chiamami Molly."
 

 
Fu scortata dalla guardia fino alla veranda che dava sul giardino del palazzo, che in quel momento era coperto da uno spesso strato di neve. Sua madre, come d'abitudine era seduta al tavolo a sorseggiare il suo tè.

"Volevate vedermi, madre?" esordì Hilda, annunciando in tal modo la sua presenza.

La donna posò la tazzina sul vassoio d'argento e si voltò ad osservare la figlia.

"Un'altra notte insonne, mia cara?" le chiese, con finta preoccupazione.

"Non preoccupatevi per me, madre" rispose Hilda con un sorriso tirato.

"Ho deciso che attaccherete la terra di Archen" pronunciò la donna, senza il benché minimo segno di dubbio sul volto.

"Ma madre, questa è una follia!" esclamò Hilda incredula.

"Non del tutto."

"Che intendete dire?"

"L'attacco non sarà altro che una trappola per far uscire tua sorella dalla terra in cui si trova."

"Sapete bene che così rischieremo più del dovuto!"

"Lo so benissimo, ma fino ad ora non mi pare che i tuoi piani siano stati migliori."

"Madre... Prima di tentare l'attacco, vi chiedo solo di poter fare un ultimo tentativo."

"Cos'hai in mente?"

"Vorrei provare a risalire il Grande Fiume."

"Questa sì che è un'idea folle!"

"Non meno folle della vostra, ma questa almeno ha maggiori possibilità di riuscita senza la perdita di alcun uomo."

"E va bene. Ma se fallisci anche questa volta, delegherò il comando delle mie truppe a Voldemort."

"Cosa?! Ma quel mago è solo un incapace!"

"Sempre meno di te."

 








Note dell'Autrice:

Ebbene sì, non ci credo nemmeno io, ma finalmente aggiorno questa storia. Vi chiedo scusa per la lunga assenza, ma questo capitolo è stato abbastanza complicato da scrivere, poiché non ero sicura di introdurre nella storia cose che qui vengono solo accennate, ma che più avanti spiegherò. Spero di aggiornare presto.

Un Bacio <3 

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Capitolo 29
*** Bacio ***


Bacio 

Non era riuscita a dormire: l'inquietudine causata da uno strano incubo l'aveva tenuta sveglia per quasi tutta la notte. Si portò una mano al viso e sospirò, per poi scendere dal letto; tanto, ormai, con tutto il baccano proveniente dalla cucina, non sarebbe comunque riuscita a recuperare nemmeno un'ora di sonno. Si diresse in bagno e si preparò velocemente, nascondendo le occhiaie con del trucco per evitare che Harry potesse farle qualunque tipo di domanda al riguardo: iniziava a essere stanca di tutte quelle attenzioni da parte del ragazzo. Scese le scale con calma, rimuginando, forse un po' troppo, sulle immagini assai confuse del sogno.
 
Le veniva offerta dell'acqua da un ragazzo di cui non riusciva a distinguere il volto. La beveva tranquillamente, ma poco dopo si sentiva soffocare. Le mancava l'aria e il suo respiro si faceva sempre più affannoso: l'acqua da lei bevuta era avvelenata. Si girava verso l'unica persona che era lì con lei , con gli occhi che imploravano pietà e la mano protesa in cerca di aiuto, senza però riceverne alcuno...
 
"Buongiorno, Alexandra!" disse una voce familiare. La Grifondoro si riprese dai suoi pensieri, ritrovandosi di fronte la faccia sorridente di Neville.

"Buongiorno, Neville" rispose con un sorriso.

"Allora, come la risolviamo la situazione tra quei due?" chiese immediatamente il ragazzo.

"Ti spiego tutto dopo colazione" rispose lei, per poi dirigersi in cucina: aveva dannatamente bisogno di un caffè.
 


 
"Sono sicuro che mi nasconde qualcosa" disse improvvisamente Sirius.

Silente annuì.

"È possibile che sia così" disse, con tono pacato.

"Ma vorrei sapere cosa..." sospirò Felpato.

"Ogni cosa a suo tempo. Per il momento dobbiamo capire le intenzioni dei nostri nemici."

"Lo so, ma..."

"No, niente “ma” Sirius. Capisco la tua preoccupazione, ma devi fidarti di Jadis: non hai altra scelta."
 


 
Dopo aver fatto colazione, Alexandra aveva riunito Neville, Luna e Ginny nella sala adiacente la cucina.

"E Harry?" chiese subito la Corvonero.

"Faremo a meno di lui. So di certo che non approverebbe il mio piano, né tantomeno i miei metodi."

"Che hai intenzione di fare?" chiese a quel punto Ginny.

"Semplice: attireremo entrambi con una scusa in una camera della casa e li chiuderemo dentro, e finché non chiariranno una volta per tutte la loro situazione non
usciranno da lì."

"Dannatamente drastico..." commentò Neville.

Alexandra gli rivolse immediatamente un'occhiataccia.

"Ci state o no?" domandò poi.

"Si, ci stiamo!" ripose la Weasley per tutti.
 

 
Jadis non era affatto tranquilla: glielo si poteva leggere in faccia. Era la decima volta che percorreva la sala del consiglio in tutta la sua lunghezza, nel tentativo di capire cosa fare nell'eventualità che sua figlia scoprisse l'intera mole di bugie che le aveva propinato per tutti  quegli anni. Sicuramente Alexandra sarebbe stata  furiosa con lei, e non avrebbe potuto biasimarla, ma non era del tutto convita di riuscire a reggere la sua rabbia, e forse il suo odio, per l'ennesima volta. Sospirò, portandosi una mano al volto per asciugare una lacrima sfuggitale dall'occhio: non era il momento di piangersi addosso, non sarebbe comunque servito a molto. Avrebbe solo voluto maledire il giorno in cui suo padre le aveva rivelato l'origine della sua stirpe...
 
Aveva bussato con delicatezza alla porta in legno dello studio del padre, per poi riabbassare la mano sul fianco, restando immobile davanti all'entrata in attesa di una risposta.

"Entra pure" disse una voce un po' roca.

Jadis entrò nella stanza, e non si meravigliò di non trovarla completamente in ordine.

"Come mai mi avete convocata, padre?" chiese, puntando lo sguardo sull'uomo seduto alla scrivania, che era intento a firmare uno dei tanti documenti che aveva vicino.

"Ti devo parlare" rispose semplicemente suo padre, alzando il proprio sguardo su lei.

"E di cosa?"

"Ti sei mai chiesta il perché tu riesca a domare un drago o a usare la magia senza l'uso di una bacchetta, o senza gesti o parole?"

"Sì, qualche volta me lo sono chiesta, ma non ho saputo trovare alcuna risposta a questa domanda" ammise Jadis.

" Allora oggi sarò io a darti la risposta."

"Perché proprio oggi?"

"Perché ormai sei pronta per saperla."
 

"È inutile che cerchi una soluzione: sai bene che non c'è" disse una voce dolce e profonda alle sue spalle.

Jadis interruppe il suo ricordo e si girò verso il nuovo arrivato.

"Deve esserci, Aslan" rispose.

"Ahimè, no" ribadì il leone con tono pacato.

"E allora cosa dovrei fare, secondo te?"

"Dovresti parlare con tua figlia e dirle ciò che è in realtà."

"Sai bene che non è cosa facile, e che non capirebbe le mie scelte!"

"Io credo di sì."

"Non posso farle questo..."

"È meglio che sia tu a dirglielo, piuttosto che lo scopra da sola."
 

 
Si erano già messi tutti in posizione: Neville avrebbe portato Ron nella stanza con la scusa di fargli vedere un autografo del suo giocatore preferito di Quidditch, e Ginny avrebbe condotto lì Hermione con la scusa di aver trovato un libro molto particolare; Luna avrebbe poi chiuso la camera e tenuto la chiave in custodia. Alexandra, invece, avrebbe dovuto distrarre Harry.

"Che hai?" le domandò il Prescelto.

"Nulla, perché?" chiese perplessa la ragazza.

"Alexandra, credi che sia così stupido da non accorgermi che c'è qualcosa che non va?"

"Non so di cosa parli."

"Ah no? Ultimamente sei fredda nei miei confronti..."

"Ora non ho voglia di parlare di questo!"

"Tu non ne hai mai voglia, il che è diverso!"

"Harry, smettila! Sono stanca di queste tue attenzioni! Io non ho bisogno di essere protetta!"

"Invece ne hai bisogno!"

"Credevo che almeno tu fossi in grado di capirmi, ma mi sbagliavo..." disse con tono amaro la ragazza.

"Mi spieghi come posso capirti se ogni volta che ti chiedo di qualcosa su di te eviti l'argomento? Io non so come comportarmi con te. Non mi ha nemmeno voluto parlare di ciò che ti ha detto  Sirius..."

Alexandra fu colta alla sprovvista dalle affermazioni del ragazzo: era vero lei evitava sempre quegli argomenti, ed era vero anche che non aveva spiccicato alcuna parola su quanto le era stato riferito da suo padre.

"So che non è facile parlare di queste cose" aggiunse Harry.

"Perché le vorresti sapere?"

"Perché voglio conoscere la vera Alexandra, quella che si cela dietro questa finta maschera" rispose con  dolcezza il ragazzo.

"Le fragilità e debolezze non vanno mai mostrate."

"Ma io non sono tuo nemico, no?"

"No, sei mio amico, ma..."

"Vorrei essere qualcosa di più di un semplice amico per te" disse il Prescelto, interrompendola.

Alexandra lo guardò sorpresa e deglutì.

"Da quanto sei innamorato di me?" chiese titubante.

"Da un bel po' di tempo, ma non importa. Tanto so già che per te non è lo stesso..." ripose con rassegnazione Harry.

"Ne sei davvero sicuro?"

"Tu non mi guardi come ti guardo io..."

"Forse no, ma questo non dimostra nulla."

"Non tentare di illudermi: me ne farò una ragione..."

"Ma io non ti sto illudendo! Non l'ho mai fatto, e mai lo farei."

"A me sembra di sì."

La mora sospirò, cercando poi di spostare una ciocca di capelli dietro l'orecchio, con scarso risultato.

"Allora, se è come dici tu, non dovrei correre alcun rischio con il prossimo gesto..."

"Cioè?" chiese immediatamente Alexandra con tono perplesso.

Harry accorciò la distanza tra loro due. Le spostò la ciocca di capelli neri dietro l'orecchio con delicatezza, per poi prendere il suo volto tra le mani e posare dolcemente le sue labbra su quelle di lei.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note Autrice: 

Sono tornata! Scusate, ma alcuni capitoli sono un po' difficili da scrivere e questo, ahimè è uno di quelli. Spero che vi sia piaciuto. 

Un Bacio <3 

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Capitolo 30
*** Ritorno a scuola ***


Ritorno a scuola
 

Il piano di Alexandra aveva in parte funzionato, constatò Harry. Ron e Hermione sembravano essere tornati quelli di un tempo, o quantomeno non litigavano più davanti ai loro amici e a tutta la scuola. Questo fece tirare un sospiro di sollievo al Prescelto, che nonostante quell'apparente stato di calma era convinto che tra i due ci fosse ancora qualche incomprensione rimasta irrisolta. Si rimise a posto gli occhiali, prima di tornare a concentrarsi sul tema che stava scrivendo per Pozioni, ma la sua mente continuava a pensare ad altro, tanto che alla fine dovette rinunciare e chiudere la pergamena.  Sospirò, adagiando poi la schiena contro la poltrona rossa della Sala Comune dei Grifondoro.
Hermione gli aveva riferito dei continui incubi di Alexandra e del fatto che peggiorassero notte dopo notte.  Il ragazzo aveva provato più volte a tirare fuori l'argomento nelle conversazioni con la mora, ma con scarsi risultati: desiderava davvero sapere cosa le stesse succedendo.
Harry si portò una mano tra i capelli, mentre la sua memoria lo riportava a quella sera alla Tana. Il bacio era stato dolce e lento, ma non appena si erano staccati, nonostante tutte le parole che si erano detti pochi istanti prima di quel contatto, lei aveva fatto nuovamente un passo indietro e le cose da quel giorno erano rimaste così. Era ormai pienamente convinto che i suoi sentimenti non fossero ricambiati e che  forse quella sera aveva solo preso Alexandra in un momento di debolezza. Ricacciò indietro le lacrime che minacciavano di uscire dai suoi occhi e si alzò dalla poltrona: aveva bisogno di una boccata d'aria fresca.
 

 

"Mia Signora, mi avete fatto chiamare?" domandò Ginarrbrik, dopo essersi inchinato al cospetto della donna.

"Sì" affermò Jadis, guardando il nano negli occhi. "Ho preso una decisione..."

"Non starete pensando di consegnarvi?" chiese incredulo il mezz'uomo.

La strega esitò un secondo prima di rispondere. "Sì, ma prima ci sono alcune cose da sistemare."

"Ma è una follia, Maestà!" esclamò il nano.

"Credi che non lo sappia?!" rispose con rabbia la donna.

Ginarrbrik restò in silenzio, abbassando lo sguardo e il capo verso il pavimento.

"So molto bene che è una pazzia, ma è la cosa migliore per Narnia e..." si interruppe per qualche secondo, "…per mia figlia."

"Cosa devo fare per voi, Maestà?" domandò a quel punto il mezz'uomo con rassegnazione: nulla avrebbe fatto cambiare idea alla sua regina.

"Va' al mio castello, portami i vari libri di magia che ho nel mio studio e la scatolina nera poggiata sulla mia scrivania" ordinò lei.

"Sarà fatto" rispose il nano, per poi congedarsi.
 

 

Era la decima volta che percorreva quel tratto di stanza, immersa nei suoi pensieri. Aveva esposto la sua idea alla madre, ma non aveva un vero e proprio piano d'attacco.
Hilda sospirò, portandosi una mano tra i lunghi capelli biondi, e chiuse gli occhi, fermandosi di colpo al centro della sala con le mani strette a pugno. Doveva trovare al più presto una dannata soluzione: non avrebbe permesso a quell'inutile mago da quattro soldi di prendere il comando del proprio esercito.
Ma lei come avrebbe fatto a catturare sua sorella? Jadis era sempre stata migliore in tutto e nel combattimento uno contro uno sapeva trasformarsi in una vera, spietata macchina da guerra. Hilda aveva combattuto al suo fianco molte volte e aveva visto di persona cos'era capace di fare. Un brivido percorse la schiena della donna al solo ricordo di quelle battaglie.
Per la rabbia batté un pugno sul tavolo in legno, facendo traballare il candelabro d'oro che vi era posto sopra. Quella contro la sorella era una guerra persa già in partenza.
 

 

Sirius era irrequieto da giorni, ormai: a malapena dormiva. Jadis si era nuovamente allontanata da lui e non riusciva a capirne il motivo, ma aveva uno strano presentimento. Ne aveva già parlato con Silente e quest'ultimo gli aveva semplicemente detto che doveva fidarsi delle scelte della strega, ma Felpato non riusciva a farlo. Percorse il lungo corridoio che lo separava dalle stanze della donna con l'ansia che cresceva a ogni passo. Deglutì, appena prima di bussare contro la porta in legno della camera.

Jadis si girò di scatto verso l'entrata della sua stanza. Si rischiarò la voce e pronunciò: "Avanti."

Sirius abbassò la maniglia ed entrò, puntando gli occhi sulla strega.

La regina osservò per qualche minuto l'uomo, notando subito le profonde occhiaie sotto gli occhi grigi ed il misto di preoccupazione e serietà nel suo sguardo. A quella vista, sentì uno strano senso di colpa salirle in petto.

"Cosa mi nascondi?" domandò Sirius, interrompendo quel pesante silenzio che si era venuto a creare.

La strega fu colta di sorpresa: non si sarebbe mai aspettata una domanda tanto diretta. "Nulla" rispose, cercando di essere il più credibile possibile.

"Menti, come al tuo solito" l'accusò lui.

"Non sto mentendo" ribatté la donna in tono pacato.

"Ormai ti conosco, Jadis."

"Ne sei sicuro?"

"Sì" rispose con convinzione Sirius.

Sul volto della strega comparve un mezzo sorriso.

"Ti ripeto la mia domanda: cosa mi nascondi?"

La donna rimase in silenzio: non sapeva cosa rispondere.

"Credevo che un po'  ti fidassi di me."

"Non è questione di fiducia, Sirius."

"E di cosa, allora?!"

"Io... Non posso dirtelo... mi dispiace..."

Felpato uscì dalla stanza, sbattendo con rabbia la porta in legno. La strega guardò la scena senza pronunciare una parola per fermarlo, ma non appena lui sparì dalla sua vista delle lacrime iniziarono a scendere dai suoi occhi e il senso di colpa divenne ancor più opprimente.
 

 

Lo aveva illuso.
Aveva fatto credere a Harry di ricambiare i suoi sentimenti, ma non era affatto vero.
Dopo quel bacio, Alexandra aveva riflettuto molto ed era arrivata alla conclusione che per lei il Prescelto non era altro che un amico; il migliore, sì, ma pur sempre un amico e nulla più.
Continuò a camminare intorno al Lago Nero, buttando ogni tanto lo sguardo sullo specchio d'acqua; nonostante tutto, Harry era il problema meno difficile da risolvere, anche se l'idea di dovergli spezzare il cuore la faceva star maledettamente male, ma sapeva bene che lui non era il tipo di persona che voleva al suo fianco. Per quanto fosse un bravo ragazzo, non riusciva a sopportare le sue attenzioni: aveva bisogno di qualcuno che la capisse e non che la compatisse, e Harry, purtroppo, la compativa.
Si morse leggermente il labbro, per poi sospirare: la calma delle acque del Lago Nero creava uno strano contrasto con la tempesta che imperversava nel suo animo. Ormai dormiva poche ore a notte: gli incubi non facevano altro che tormentarla. Erano sempre le stesse due scene: nella prima veniva avvelenata e nella seconda uccisa trafitta da una spada.
Quest'ultimo sogno, la scorsa notte, l'aveva fatta svegliare di colpo; non riuscendo a trattenere un urlo, aveva finito per svegliare l'intero dormitorio femminile. Aveva tremato e cercato di riprendere fiato per una buona mezz'ora, mentre le sue compagne tentavano in tutti i modi di tranquillizzarla. Alla fine, Hermione aveva chiamato d'urgenza la McGranitt, che l'aveva portata in infermeria.
Non riusciva a capire a cosa fossero dovuti o chi fosse quel ragazzo che nel sogno le faceva del male, ma aveva la strana sensazione che le cose da lei sognate fossero accadute realmente. Guardò un'ultima volta lo specchio d'acqua, prima di decidere di rientrare dentro le mura del castello.
 
 
 
 
 
 



Note dell'Autrice:

Mi scuso per l'ora in cui pubblico questo capitolo, ma sono tornata a casa ora. Non credo che ci sia molto da dire in merito al suo contenuto se non  il fatto che molte scelte fatte qui saranno spiegate più avanti e soprattutto avranno un senso nel seguito di questa storia. Vi chiedo solo di non linciarmi. 

Un bacio e spero a presto.

Jadis_ 

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Capitolo 31
*** L' incatesimo runico ***


L' incantesimo runico
 


"Allora è vero" esordì una voce profonda alle sue spalle.

"Sai bene che non ho altra scelta" controbatté la donna, senza voltare il proprio volto verso il nuovo arrivato.

"Sai che non è vero: hai molte altre scelte" rispose pacatamente il leone.

"E dimmi, quali sarebbero?" domandò scettica la strega.

"Non dovrei essere io a dirtele."

Jadis si girò di scatto verso il suo interlocutore. "Aslan, ormai ho deciso!"

" La tua scelta ti porterà..."

"...Alla morte, ne sono consapevole."

"Tua figlia ha bisogno di te da viva, non da morta!"

"Non sono in grado più di proteggerla e questa è l'ultima carta che ho per salvarle la vita" disse la donna, cercando invano di  trattenere le lacrime.

" Non è così."

"Ti ho già detto come la penso al riguardo: non andrò a Hogwarts!"

"Sirius aveva ragione..."

"Su cosa?" chiese perplessa la donna.

"Sul fatto che sei dannatamente testarda" rispose con dolcezza e tranquillità il leone.

"Le persone difficilmente cambiano."

"Almeno dirai a tua figlia la verità?"

"Si, lo farò" sorrise amaramente la strega.
 

 

Voldemort attendeva come al solito nella sala adiacente a quella del trono.
Era stranamente pensieroso: aveva perso ogni contatto con Jadis e ogni suo tentativo di rimettere piede a Narnia era miseramente fallito. Ormai era del tutto convinto che quella donna non fosse come diceva di essere, ma aveva comunque dei dubbi. Nessuna strega era mai riuscita a suscitare in lui un misto di paura e rispetto, nemmeno la madre di quest'ultima che, nonostante regnasse su uno dei più vasti imperi che avesse mai visto, non aveva nulla a che fare con la figlia.
Ingrid era crudele e spietata; eppure, ogni volta che la guardava, vedeva solo quella maniacale smania di potere e vendetta che, pur di essere saziata, avrebbe distrutto tutto e tutti. In Jadis, invece, c'era la stessa scintilla che aveva visto in Lily Potter: l'amore di una madre verso la propria prole. Il Signore Oscuro aveva imparato a sue spese come un sentimento simile fosse ben più pericoloso di un'armata di maghi e streghe o di un grande e potente esercito.
Sospirò: forse le sue erano solo stupide supposizioni.
 


 
Era già da due ore che consultava manuali di magia runica alla ricerca dell'incantesimo che le serviva. Alla seconda prova mancava poco meno di una settimana e lei, come una stupida, si era ridotta all'ultimo. Sbuffò, mentre voltava per l'ennesima volta pagina, con solo la bacchetta a farle luce e il Mantello dell'Invisibilità di Harry ben poggiato sulle spalle. Doveva fare in fretta: se l'avessero scoperta a quell'ora della notte, nel reparto proibito della biblioteca scolastica, avrebbe passato dei grossi e seri guai. Chiuse il tomo e lo posò sul suo scaffale, prendendone subito un altro e cominciando immediatamente a sfogliarlo. Finalmente, l'occhio le cadde su quello che stava cercando: Alexandra sorrise soddisfatta. Prese subito la pergamena che aveva portato con se e vi scrisse sopra la formula dell'incantesimo.
 


 
"Ha qualcosa di davvero stupido in mente" esordì Sirius.

Silente annuì. "Farebbe di tutto per sua figlia. Persino..."

"Persino?"

"Persino morire" pronunciò amaramente il preside.

Il cuore di Felpato mancò un battito. "Non le permetterò di sacrificarsi!"

" Entrambi sappiamo che è una donna testarda."

"Lo so, ma per quale motivo dovrebbe rischiare così tanto?"

"Le madri farebbero qualunque cosa pur di proteggere i propri figli. Lily ha fatto lo stesso con Harry: si è sacrificata per lui."

"Lo so..."

" Capisco che per te non sia facile d'accettare, ma devi essere forte per il bene di Alexandra."
 


 
"Sei riuscita a trovare l'incantesimo?" le chiese immediatamente Harry, non appena si accomodò al tavolo dei Grifondoro.

"Sì, anche se mi ci è voluto un pò" sospirò la mora, posando il libro di pozioni sul tavolo.

"Si trova lì dentro?" domandò il ragazzo, vedendo che dal tomo usciva  il bordo di un foglio di pergamena.

Alexandra annuì.

"Sicura di volerlo usare? Neville ti aveva  proposto di usare quella strana pianta..."

"Per favore, non ricominciare" sbuffò la ragazza. "Questo incantesimo è molto meno rischioso di quella specie di alga."

" È solo che mi preoccupo per te."

"Non dovresti, Harry."

"Mi è impossibile. Nonostante tutto, i miei sentimenti per te non sono cambiati di una virgola."

"Lo so e mi dispiace ancora, ma..."

"Ma non mi ami, lo so... Me l'hai detto chiaramente."

Alexandra vide la tristezza nella sguardo del Prescelto mentre pronunciava quelle parole.

"Comunque spero che funzioni" disse il ragazzo, nel tentativo di ritornare all'argomento iniziale.

"Funzionerà, di questo ne sono certa! Durerà poco più di un'ora, però..."

Harry sorrise leggermente, ma dentro di se continuava a non essere tranquillo.
 


 
Dopo ore di attesa, finalmente il più potente mago oscuro vivente venne ricevuto nella Sala del Trono. Voldemort entrò lentamente all'interno della stanza, mentre uno squillo di tromba annunciava la sua presenza alla padrona di casa, che era seduta comodamente sul suo trono. L'uomo, come al solito, si avvicinò ancora di qualche passo allo scranno reale, dopodiché si inchinò.

"Spero che questa volta tu mi abbia portato buone notizie" disse in tono sprezzante la regina.

Voldemort alzò il capo e puntò il suo sguardo su lei. "Non proprio..."

"Cioè? Spiegati!" esclamò la donna, alzandosi di scatto.

"Non posso più fornirvi informazioni su vostra figlia: non sono desiderato nella sua terra..."

"Sei un buono a nulla!" urlò con rabbia lei.

"...Però ho applicato l'incantesimo sulla Coppa Tremaghi."

" Non sei poi così incapace."

Una guardia entrò di corsa nella sala, interrompendo la conversazione tra i due.

"Come osi disturbarmi!"

"Perdonatemi, mia Signora, ma vostra figlia chiede urgentemente udienza" disse tutto d'un fiato il soldato; il poveretto tremava dalla testa ai piedi.

Voldemort non poté fare a meno di sorridere.

"Falla entrare" rispose la donna.
 


 
Ginarrbrik aveva fatto come richiesto: era andato al vecchio castello, aveva preso ogni singolo libro di magia presente nello studio della sua Signora e la piccola scatolina nera posta sulla scrivania. Il nano si era sempre chiesto cosa contenesse quel piccolo portagioie, ma Jadis aveva sempre sviato l'argomento. Aveva portato tutto nelle stanze private di Jadis a Cair Paravel, aiutato naturalmente da alcune guardie fidate.

"Ho fatto come mi avete richiesto" esordì il mezz'uomo, facendo un piccolo inchino.

"Ottimo lavoro, Ginarrbrik."

"Siete ancora sicura della vostra scelta?"

"Si, non ne ho altre."

" Aslan vi aveva proposto di andare a Hogwarts..."

"Meglio di no" disse con un sospiro la donna. "Peggiorerei solo le cose: mia madre farebbe di tutto per avere la mia testa."

"Questo lo so..."

"Ora voglio solo che mi ascolti attentamente" disse la strega, cambiando improvvisamente discorso: sul viso aveva un'espressione seria.

Il nano annuì.
 

 

Hilda entrò nella sala con un sorriso spavaldo in volto. Si inchinò al cospetto della madre senza degnare di uno sguardo Voldemort.

"Allora, questa volta sei riuscita a fare quello che ti ho chiesto?" chiese in tono quasi derisorio sua madre.

La donna alzò il proprio volto da terra e tirò fuori dalla sacca a tracolla una specie di pugnale.

Ingrid sorrise compiaciuta. "Mi sorprende che tu non abbia fallito."

Hilda storse leggermente il labbro alle parole della madre. "Non sono un fallimento come credete, madre" rispose in tono sarcastico, porgendo poi
l'arma alla donna.

Ingrid osservò l'oggetto per qualche secondo, soppesandolo tra le proprie mani. Era una daga dalla lama ondulata, decorata finemente ai bordi con
strani arabeschi. Al centro di essa, scritto in maniera elegante, vi era un nome: Rumpelstiltskin.










Note dell'Autrice: 

Sono riusciuta finalmente a pubblicare il capitolo. Comunque credo che ora a molti di voi sarà chiaro il fandom che aggiungerò nel seguito di questa storia. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, per qualunque domanda sono a disposizione potete trovarmi anche su Facebook. 

Un Bacio 

Jadis_
 

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Capitolo 32
*** Una sconcertante verità ***


 

Una sconcertante verità 


Il fatidico giorno ormai era arrivato. Alexandra non aveva dormito quasi per niente a causa dell'ansia e dei continui sogni, a cui non riusciva a dare una spiegazione logica. L'unica certezza che aveva era la presenza di quel ragazzo in ogni sua visione onirica. Si alzò controvoglia dal letto e decise di andare immediatamente a vestirsi. Una volta pronta, uscì dalla propria Sala Comune per andare a far colazione in Sala Grande. Il corridoio centrale, quella mattina, era affollatissimo: i gemelli Weasley avevano incominciato a raccogliere le prime scommesse riguardanti la Seconda Prova del torneo, che si sarebbe svolta quello stesso pomeriggio. Sospirò, chiudendo gli occhi nel tentativo di scacciare la tensione: l'idea di doversi tuffare nelle acque gelide del Lago Nero non le andava per niente a genio.

"Alexandra!"

La ragazza sentì improvvisamente urlare il suo nome e si girò di scatto verso la direzione da cui proveniva la voce. Vide Ron venirle incontro, con un'espressione preoccupata in viso.

"Va tutto bene?" gli domandò, iniziando leggermente a turbarsi a propria volta.

"Non... non trovo da nessuna parte Harry e Hermione!" rispose nel più completo panico il rosso.

"Magari sono in Sala Grande."

Ron scosse la testa. "Ho guardato in ogni angolo, persino in biblioteca, ma non li ho trovati."

"Vedrai, compariranno" disse Alexandra con poca convinzione: la cosa iniziava ad essere strana anche per lei.

 

 

 

Come ex -Auror sapeva benissimo difendersi dalle Maledizioni Senza Perdono, ma Jadis dubitava fortemente che sua madre ne avrebbe scagliata una contro di lei. Era convinta che Ingrid non l'avrebbe uccisa subito: molto probabilmente, avrebbe tentato di controllare la sua mente per usarla come una specie di arma contro i suoi nemici e poi, una volta vinta la guerra, si sarebbe sbarazzata di lei tagliandole la testa davanti al popolo di Charn.Ecco perché la strega, quella mattina, si trovava china sui libri che si era fatta portare: doveva assolutamente cercare un incantesimo difensivo difficile da spezzare o aggirare. Avrebbe dato del filo da torcere a sua madre fino alla fine.Sospirò quando chiuse l'ennesimo tomo di magia senza aver ancora trovato nulla di utile da poter quantomeno prendere in considerazione. Decise di alzarsi dalla poltrona e uscire dalla stanza per fare due passi, ma non fece in tempo: la porta del suo studio si aprì di scatto.

 

 

Harry e Hermione non si erano presentati alla lezione di Pozioni e questo fece preoccupare maggiormente Alexandra. Non era da loro sparire in quel modo: il Prescelto non l'avrebbe mai lasciata sola in una situazione simile, anzi, sarebbe stato al suo fianco. Tutto questo non le quadrava e ormai a quella dannata sfida del Torneo Tremaghi mancavano solo un paio d'ore, che lei, purtroppo suo malgrado, avrebbe dovuto passare a sentire Piton blaterare su come si preparasse un Antidoto per Veleni Comuni, quando avrebbe potuto benissimo impiegarle per cercare i suoi amici, ma non poteva adoperare lo stesso trucco di Ron: non era mai stata brava a fingersi malata, al contrario del rosso, che sembrava avere molta esperienza in merito. Sospirò lievemente, senza riuscire a non pensare al peggio.

 

 

 

Sirius stava fermo sulla soglia della porta. Jadis lo osservò per qualche secondo, notando la stretta rabbiosa sulla maniglia e l'espressione tutt'altro che serena sul suo volto. Possibile che Felpato avesse scoperto già tutto? No, era assolutamente impensabile...

"Aslan mi ha appena riferito che hai rifiutato la sua proposta" esordì l'uomo, stringendo con maggior forza la maniglia.

"Non sono affari che ti riguardano" rispose la strega con estrema tranquillità.

"E ad Alexandra non hai minimamente pensato?!"

"A differenza di te l'ho fatto per ben quattordici anni! Andare a Hogwarts avrebbe solo peggiorato le cose!"

"Per quanto mi rinfaccerai questa cosa?!"

"Finché avrò vita! Non accetto lezioni da te! L'ho cresciuta io e so bene cos'è meglio per lei!"

"Oh, certo! Infatti è grazie a una tua idea che si trova nei guai in cui è ora!"

Jadis strinse i pugni dalla rabbia. "Non ti azzardare a farmi la paternale! Non hai alcun diritto di farmela: tu non sei meglio di me!"

"Hai ragione, non sono meglio di te... ma io almeno le cose non te le nascondo..."

"Ascoltami bene, perché questa è l'ultima volta che te lo ripeterò: io non ti devo spiegazioni! Fino ad ora sono rimasta da sola, senza di te, e non ho intenzione di cambiare atteggiamento soltanto perché sei improvvisamente ricomparso nella mia vita. Non sarai mai come un tempo, mi sono spiegata?!" urlò la strega in preda all'ira.

"Sì, sei stata chiarissima" rispose l'uomo, per poi andarsene sbattendo la porta.

 

 

 

Si trovava inginocchiato su di un freddo pavimento di marmo bianco. Non capiva in che razza di posto fosse finito, né tanto meno chi lo avesse evocato. La guardia che era dietro di lui lo aveva subito gettato a terra e ammanettato – molto probabilmente con manette anti-magia – in modo da impedirgli di fuggire, poi un silenzio pesante era piombato nella stanza, interrotto solo dal suo respiro e da quello dell'altro uomo. Chiuse gli occhi e sospirò con frustrazione: cosa stava accadendo?

 

 

 

Alexandra, alle due in punto, salì nel dormitorio femminile e iniziò a prepararsi per la prova. Non aveva visto Ron a pranzo e nemmeno gli altri sapevano che fine avesse fatto. Possibile che fosse scomparso anche lui? No, sarebbe stato davvero preoccupante; forse a lezione di Pozioni non aveva fatto finta di star male e Madama Chips l'aveva trattenuto in Infermeria...

 

 

 

"Quanto tempo, mio caro" esordì una voce, spezzando il silenzio di quella stanza.

Rumpelstiltskin provò ad alzare la testa, ma la guardia gliela tenne giù.

"Alzerai lo sguardo solo quando Sua Maestà ti darà l'ordine di farlo" ringhiò l'uomo, a un soffio dal suo orecchio.

"Soldato, lasciaci soli" pronunciò la donna, mentre se ne stava in piedi davanti al suo trono.

La guardia annuì e si congedò con un piccolo inchino.

"Gradirei che mi guardassi in faccia, caro."

Il Signore Oscuro alzò lo sguardo su lei e notò la daga tra le mani della donna. "Ingrid" disse, digrignando i denti.

"Sorpreso di rivedermi?"

"Ti avrei preferita morta, ma a quanto pare non tutti i desideri si realizzano."

"Già, non dirlo a me. Sono mesi che tento di sbarazzarmi di alcune spine nel fianco, ma a quanto pare il destino non mi aiuta."

"E dovrei aiutarti io?"

"Non hai molta scelta" disse la donna, avvicinandosi a lui. "Finché avrò questa in mio possesso ti sarà un tantino impossibile evitare di obbedirmi" aggiunse, con un ghigno malefico sul volto, facendo oscillare la daga davanti agli occhi dell'uomo.

"Come l'hai avuta? L'avevo data a Belle!"

"Dovresti sapere che ottengo tutto quello che voglio, caro."

"Cosa le hai fatto?!"

"Nulla, tranquillo. Per mia figlia, ingannarla è stato abbastanza semplice: una manciata di polvere soporifera non ha mai ucciso nessuno."

"Non hai abbastanza tirapiedi, cara?"

"Ne ho, ma, vedi... mi serve qualcuno senza scrupoli e tu fai al caso mio."

"E sentiamo, cosa mi ordinerai di fare?"

"Oh, vedrai, mio caro..."

 

 

 

Controllò una decina di volte il suo braccio sinistro per essere completamente certa di aver disegnato correttamente la runa rappresentante il simbolo dell'acqua, prima di uscire dal dormitorio e dirigersi a passo molto lento verso il Lago Nero. La prova sarebbe iniziata nel giro di pochi minuti e dell'unica persona al mondo che avrebbe potuto davvero tranquillizzarla anche solo con un sorriso non vi era traccia. Sospirò, nel tentativo di non pensare nuovamente al peggio e di cercare di portare la sua mente alla gara che avrebbe affrontato da lì a poco. Il tipo di creatura che abitava gli abissi più profondi del Lago Nero non era una delle più amichevoli del Mondo Magico, anzi, tutt'altro. Le sirene sarebbero state un bel problema d'affrontare, se l'incantesimo runico avesse smesso di funzionare di punto in bianco. Alexandra le conosceva abbastanza bene: a Narnia ce ne erano molte e aveva imparato a distinguerle. Sapeva bene che a differenza di un drago non erano immuni alla magia comune e che conoscevano molto bene le lingue antiche come il celtico, l'elfico e runico. Sarebbe stato assai difficile sorprenderle in caso di battaglia, quindi aveva una sola, unica opzione per uscire viva da quell'inferno d'acqua. Chiuse gli occhi un secondo ed espirò forte. Devo farcela a ogni costo, pensò.

"Sei pronta?" le chiese Ron.

La mora riaprì gli occhi e si voltò, trovandosi il rosso a qualche passo di distanza da lei: non si era minimamente resa conto del suo arrivo.

"No, ma devo" rispose con rassegnazione.

"Non li ho trovati, purtroppo..." sospirò il rosso. "Madama Chips mi ha spedito dalla McGranitt per essermi finto malato... mi sono preso un mese di punizione e ho fatto perdere 10 punti alla nostra casa..." aggiunse in tono dispiaciuto.

"Poco m'importa dei punti della casa, mi spiace che tu ti sia beccato una punizione. Hai almeno spiegato il motivo della tua messa in scena alla professoressa?"

"Sì..."

"E?"

"È stata molto vaga in merito..."

"Spiegati."

"Mi ha rassicurato dicendomi che li aveva convocati il Preside per una questione di massima importanza sul Torneo Tremaghi."

"Toglimi una curiosità: Harry c'era quando ti sei svegliato questa mattina nel dormitorio?"

"No..."

Alexandra si fece subito pensierosa e nella sua mente ogni tassello iniziò a posizionarsi al suo posto, delineando una sconcertante verità. Ciò che avrebbe dovuto recuperare in fondo al Lago Nero non era un oggetto, ma una persona...

"Ron..." mormorò, voltandosi di colpo verso il rosso. "So dove sono Harry e Hermione."

"Dove?" chiese preoccupato.

"Negli abissi del Lago Nero... Harry è la cosa più preziosa che mi è stata sottratta."










Note Autrice: 

Salve a tutti! Come avrete letto finalmente ci avviciniamo allo svolgimento della seconda prova, preparatevi a un bel colpo di scena. 

Un bacio.

Jadis_ 

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Capitolo 33
*** Erchelil ***


Erchelil
 

All’esatto centro del Lago Nero erano state allestite tre enormi torri di legno.  Alla base di due di esse si trovavano i quattro campioni, accoppiati in ordine di classifica, e sulla terza vi era la giuria. Gli spettatori stavano sulle terrazze poste a sommità delle torri, con gli sguardi puntati sulle acque calme e gelide sotto di loro. Alexandra chiuse gli occhi e ispirò affondo, cercando di calmare i suoi nervi, ma con scarso risultato: la sola idea che Harry e Hermione fossero sott'acqua le faceva ribollire il sangue nelle vene dalla rabbia.

"Benvenuti!" esordì entusiasta Silente. "Oggi daremo il via alla Seconda Prova del Torneo Tremaghi! Ai nostri campioni, la scorsa notte, è stato sottratto qualcosa di molto importante. Il loro compito sta nel dover riprendere ciò che è stato preso loro con l'inganno e per farlo avranno solo un'ora di tempo" disse, e invitò i quattro partecipanti ad avvicinarsi al bordo della piattaforma.

La mora deglutì un paio di volte, sciolse le braccia e si preparò a scattare. Doveva a tutti i costi recuperare entrambi, al diavolo le regole, poco le importavano: Harry e Hermione erano suoi amici. Guardò un un'ultima volta il simbolo sul braccio e pregò con tutta se stessa che l'incantesimo runico durasse giusto il tempo per permetterle di completare la prova. Il via venne dato da un piccolo sparo. Alexandra esitò un secondo volgendo lo sguardo verso Ron, che la rassicurò con un sorriso. Prese un ultimo respiro e poco dopo di Fleur si tuffò in acqua.


"Ron, vedrai: ce la farà" sussurrò Ginny al fratello, teso come una corda di violino nonostante avesse appena cercato di rassicurare la mora appena tuffatasi.

"Lo so, però..." rispose, ma non riuscì a completare la frase: aveva una paura folle che qualcosa andasse storto.


Non vedeva nulla ad eccezione del simbolo runico, che al contatto con l'acqua si era illuminato. Estrasse quindi la bacchetta.
"Lumos" pronunciò, in modo da farsi un po’ di luce. Controllò per prima cosa il suo corpo, ma l'unico cambiamento  percepì era di riuscire a respirare senza fatica sott'acqua, eppure non aveva le branchie.
Mise la bacchetta tra i denti e iniziò a nuotare verso il basso, affidandosi completamente all'istinto.


La preoccupazione di Ron continuava ad aumentare e i tentativi di Neville, Luna e Ginny di calmarlo non avevano avuto effetto: quella sensazione che qualcosa sarebbe andato storto continuava a perseguitarlo. Lanciò uno sguardo verso la giuria e notò sul viso di Silente un'espressione tutt'altro che serena.


Era arrivata sul fondale a fatica e in quel momento stava attraversando un immenso boschetto di alghe con i sensi ben vigili: era dell'inizio della prova che si sentiva spiata. Sentì un rumore a qualche metro di distanza e dovette fermare il respiro per sentire meglio. Sembrava non esserci nulla, ma poi vide qualcosa: un pezzo di coda. Non riuscì però a identificare a quale razza di sirena appartenesse. Si passò la bacchetta nella mano destra e riprese lentamente a nuotare.


"Dieci a uno che quella non torna su" sghignazzò Draco Malfoy seguito a ruota dai suoi due compari e dal sorriso alquanto compiaciuto del padre che lo teneva d'occhio dalla tribuna della giuria.
Lucius, però, non poteva permettere a quella stupida ragazzina di morire: il Signore Oscuro non glielo avrebbe mai perdonato. Era compito suo far sì che la Grifondoro arrivasse sino all'ultima prova viva e vegeta, quindi sarebbe dovuto intervenire nel caso fosse successo qualcosa e sarebbe passato così anche da eroe. Sorrise quasi malignamente nel puntare nuovamente lo sguardo sulle acque del Lago Nero.


Alexandra arrivò nel punto esatto in cui erano tenute le quattro persone in ostaggio. Quello che vide le fece ancor di più aumentare la rabbia nelle vene. Gli ostaggi erano ancorati al fondale da quattro palle di ferro legate alle loro gambe con una corda, non erano coscienti e il loro colorito era più simile a quello di un fantasma che a quello di una persona viva. Notò subito che non respiravano, sicuramente merito dell'incantesimo che era stato lanciato su di loro. Si avvicinò lentamente, non badando molto alle figure che circolavano intorno al luogo: al momento erano solo ombre distanti, ma era meglio sempre rimanere all'erta. Non sapeva bene cosa fare, lì sotto c'erano sia Harry che Hermione e non era del tutto sicura che Krum sarebbe arrivato a salvare la sua amica: si fidava poco di quel bulgaro. Fortunatamente il suo timore fu subito confutato dall'arrivo del campione di Drumstrang seguito a ruota da Cedric Diggory. Entrambi liberarono i loro ostaggi: Hermione e una ragazza di Corvonero che Alexandra aveva visto solo a lezione. All'appello mancava solo Fleur, ma sembrava essere sparita nel nulla.


"La campionessa di Beauxbatons è stata costretta al ritiro, mentre sia il campione di Hogwarts  che il campione di Drumstrang hanno portato a termine il loro incarico" disse Silente.

Ron scrutò le acque del lago: dove diamine era finita Alexandra?


Alexandra attese per un po', ma la  campionessa francese non comparve. Osservò il simbolo sul braccio e notò che metà di esso era tornato ad essere un semplice scarabocchio, segno che l'incantesimo stava per finire il suo effetto. Si guardò intorno e liberò Harry. Si diresse poi verso l'ultimo ostaggio e puntò la bacchetta sulla catena: la Grifondoro non se la sentiva di lasciare una povera bambina indifesa in mezzo a un branco di spietate creature. Tuttavia, non fece in tempo a pronunciare alcun incantesimo, giacché si ritrovò un tridente puntato alla gola da parte di una sirena.

"Solo uno!" disse la creatura, spingendo ancora di più l'arma contro le carni della ragazza.

Alexandra annuì e attese che la sirena si allontanasse. Guardò prima la bambina incatenata e poi di nuovo lei: sapeva che ciò che stava per fare l'avrebbe messa in pericolo. Preso un bel respiro e spezzò la catena dell'ultimo ostaggio.  

Il grido che seguì quel gesto fu disumano e si diffuse in tutto il lago, arrivando sino in superficie.


"Che vi avevo detto? Quella non torna viva" disse ridendo Draco, mentre dal fondo dello specchio d'acqua emergevano le figure di Harry e della bambina.


La mora iniziò a nuotare più velocemente che poteva, ma le sirene, a differenza di lei, avevano una marcia in più e l'incantesimo runico si stava esaurendo man mano: ben presto non sarebbe più stata in grado di respirare sott'acqua, e già in quel momento cominciava a fare fatica.


Ron aiutò, insieme a Neville, Harry e la bambina a salire a bordo della prima pedana della torre in legno.

"Dov’è Alexandra?" chiese subito il Prescelto.

"Non è ancora riemersa..." rispose il rosso.


La ragazza si sentì afferrare per una gamba e trascinare giù. Cercò di opporsi in ogni modo, ma la sirena era più forte di lei e ormai l'incantesimo runico l'aveva abbandonata. Continuò a divincolarsi, ma la presa continuava a rimanere salda e aveva perso anche la bacchetta nella fretta di risalire a galla. Si guardò intorno, nel disperato tentativo di trovare un modo per uscire da quella situazione: ormai aveva poco fiato disponibile.


"La prego, faccia qualcosa!" disse in tono concitato la McGranitt al preside di Hogwarts, ma Silente continuò a rimanere impassibile, con lo sguardo rivolto all'acqua.


Alexandra sentì le forze venirle meno:  era ormai questione di qualche secondo prima che svenisse. Continuò a guardarsi freneticamente intorno e alla fine il suo sguardo cadde su delle lunghe alghe. Non pronunciò alcun incantesimo, agì semplicemente d’istinto: le bastò solo guardarle affinché si allungassero ed attorcigliassero intorno al collo della sirena che la tratteneva. Sentì la presa svanire e nuotò forsennatamente verso la superficie.

"Erchelil!" urlarono all'unisono le altre sirene. Anche questo grido si diffuse per tutti gli abissi fino ad arrivare in superficie.

La mora riemerse e venne tirata sulla piattaforma da Ron e Neville. Tremava, ma non per il freddo. Non riusciva a capire come avesse fatto: la sua magia non era mai stata così potente e così libera. Ma non ebbe altro tempo per pensare, dato che Harry l'abbracciò di colpo.

"Stai bene?" le domandò il Prescelto.

"C-credo...credo di sì..."

"Potevi morire, lo sai?"

"Sì, lo so… ma non potevo lasciare quella bambina lì sotto: tu non hai visto quello che ho visto io."

"Lo so, ma… ero preoccupato… credevo che… che non ti avrei più rivista..."

"Ci vuole ben altro per farmi fuori" disse ironicamente la mora.

"Visto lo straordinario coraggio dimostrato da parte della campionessa di Grifondoro, la giuria ha deciso di assegnarle il secondo
posto, a pari merito con Cedric Diggory!" annunciò Silente, dichiarando poi la prova come conclusa.


Jadis osservò nuovamente il ciondolo posto con cura in quella scatolina nera che si era fatta portare insieme ai libri: si era illuminato nuovamente, come quattordici anni fa.
 








Note:

Per ragioni di trama non posso svelarvi il significato della parola "Erchelil", ma vi sarà dato più avanti quando rivelerò pian piano il segreto della nostra protagonista. 







 

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Capitolo 34
*** Fuga da Azkaban ***


Fuga da Azkaban



Ancora non riusciva a capire cosa fosse successo il giorno della seconda prova. Ricordava solo l'alga che si stringeva sempre più intorno al collo della sirena, la sua magia irrefrenabile e poi  Harry che l'abbracciava per tranquillizzarla. Ricordava anche di come le mani le tremassero, ma non per il freddo: per paura. Sì,perché per la prima volta in vita sua aveva avuto paura di sé stessa e delle sue doti magiche. Alexandra continuò a passeggiare per il lungo corridoio centrale, troppo presa dai suoi pensieri per accorgersi degli sguardi di ammirazione da parte dei suoi compagni: aveva messo a rischio la sua vita per salvare anche la sorellina di Fleur, ma non si sentiva un'eroina: aveva quasi ucciso una creatura magica. Sarà pur stata in pericolo di vita, ma non aveva mai provato la sensazione di avere quasi ucciso qualcuno e il non provare rimorso per ciò che aveva fatto la spaventava. Nei giorni successivi aveva evitato di usare la propria magia senza l'uso della bacchetta, per paura di perderne nuovamente il controllo, ma quella mattina si era decisa a provare nuovamente a usarla in quel modo.
Si era diretta in una stanza segreta del castello che aveva scoperto per caso. Aveva appreso in seguito, dopo aver consultato vari libri sui luoghi di Hogwarts, che quella sala non era altro che la Stanza delle Necessità, la quale compariva agli studenti bisognosi di aiuto. Era entrata al suo interno e vi aveva trovato uno specchio. Non aveva capito subito il perché della  presenza di un simile oggetto. Si era concentrata e aveva cercato di far riaffiorare le stesse emozioni avute durante quei pochi, interminabili minuti sott'acqua, e poco dopo la superficie riflettente davanti a lei era andata in mille pezzi. Non aveva pronunciato alcun incantesimo, non aveva mosso alcun muscolo, ma i suoi occhi si erano illuminati di una luce dorata.
Sospirò, portandosi una mano sul volto, e si fermò davanti all'entrata della Sala Grande. Che razza di strega era?



"Allora è vero" esordì Silente.

Il leone lo guardò e annuì.

"Non credevo che una simile strega potesse rinascere."

"Sai bene quanto me che lei dipende anche da lui. Sono come il giorno e la notte: nessuno dei due può esistere senza l'altro" rispose con calma Aslan.

"Ma Alexandra sa di essere..."

"No, non lo sa" si affrettò a rispondere il leone.

"Quella ragazza ha il diritto di saperlo" replicò pacatamente il Preside.

"Lo so, ma non sta a noi dirglielo."



Jadis non aveva mai smesso di fissare di tanto in tanto quel piccolo e dannato ciondolo all’interno di quella scatoletta nera. Era preoccupata  che tutto ciò che aveva fatto in quei lunghi e difficili anni potesse diventare vano. Si era sempre detta di farlo per il bene della figlia, ma in fondo sapeva che c'era anche un altro motivo: paura.
Già, aveva avuto paura delle doti magiche di Alexandra. Ricordava bene quando la sua bambina, a sei anni, era già in grado di uccidere una persona senza muovere un muscolo: per questo aveva deciso di contenere la sua magia. Ora che anche l'ultimo sigillo era caduto non poteva più fare nulla: sua figlia avrebbe dovuto imparare da sola a convivere con la propria natura, giacché lei, nel giro di qualche giorno, si sarebbe consegnata all'esercito di sua sorella accampato ai confini nord di Narnia.



Harry aveva notato lo strano comportamento della mora. Dal giorno della prova la ragazza non si faceva avvicinare né toccare da nessuno, nemmeno da lui. La vide entrare nella Sala Grande, ma il sorriso che aveva sulle labbra scomparve immediatamente non appena guardò l'espressione sul volto di Alexandra: non riusciva a capire cosa le stesse succedendo. Tentò comunque di rimanere sorridente, seppur in maniera tirata, non appena lei gli si sedette di fronte.

"Ciao" la salutò come al solito.

"Ciao..." rispose sottotono la ragazza, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo e aprendo mestamente la copia della Gazzetta del Profeta accanto alla sua tazza di latte
macchiato.

Harry sospirò sconsolato e tornò a fare colazione, ma non smise di guardare Alexandra.



"Si può sapere cosa vuoi da me?!" urlò Tremotino , battendo i pugni contro le fredde sbarre della cella in cui era stato rinchiuso.

"Sei troppo impaziente, mio caro" rispose con scherno la donna davanti alla cella.

"Non usare quel tono con me!"

"Altrimenti? Oh, lo so che vorresti uccidermi, ma non puoi: te l'ho vietato, ricordi?"

"Giuro che me la pagherai cara, Ingrid!" sbraitò il mago, stringendo i denti dalla rabbia.

"Suvvia, non essere sciocco..."

"Dimentichi che sono immortale!"

"E tu dimentichi che io ho la daga" replicò, per poi avvicinarsi minacciosamente alle sbarre. "Te la restituirò solo quando avrai fatto ciò che devi."
 Sogghignò leggermente, per poi sfoderare il piccolo pugnale e puntarlo contro l'uomo: "Signore Oscuro, voglio che tu uccida Elsa e Anna di Arendelle: le mie nipoti!"  



Sirius era furioso: furioso con sé stesso per aver fatto la scelta sbagliata, ma anche con Jadis, che ogni volta gli faceva pesare la cosa. Ogni suo tentativo di avvicinarsi a lei e chiederle scusa, alla fine, era risultato inutile: la donna lo respingeva e lo umiliava. Diede un pugno al muro, rischiando di rompersi le dita, ma la rabbia era tanta e non sapeva più come sfogarla. Poggiò la fronte contro il muro e maledì il giorno in cui Peter Minus fu scelto come Custode Segreto, perché era da lì che tutto era inevitabilmente andato a rotoli. Nell'arco di poche settimane aveva perso il suo più caro amico, sua moglie e la libertà. Se solo non avesse rifiutato la proposta di James e Lily,  probabilmente la catastrofe non sarebbe mai avvenuta e avrebbe potuto veder crescere sia Alexandra che Harry. Chiuse gli occhi e mandò giù a fatica il magone che gli era salito in gola.

"Non credevo di trovarti qui" disse una voce alle sue spalle.

Felpato si girò di scatto verso la figura ferma sulla soglia della porta. "E dove vuoi che vada?" disse subito.

Jadis sospirò prima di rispondere. "A casa."

"Non posso e non voglio."

"Come puoi essere così testardo? Alexandra è quella che ha più bisogno di te… non io."

"Tu hai bisogno di me quanto lei… forse anche di più."

"Ti ho già detto che..."

"Non ti sto chiedendo che tutto torni come un tempo" si affrettò a dire l'uomo. "Ti sto solo chiedendo di dirmi cos'hai in mente. Non voglio che affronti tua madre da sola:
so quanto quella donna possa essere pericolosa." aggiunse.

"No che non lo sai. Tutto quello che sto facendo è per il bene di mia… nostra figlia" si corresse all’ultimo la donna.

"Cosa mi nascondi?"

"Non capiresti."

"Mettimi alla prova..."

"Non posso: di te non mi fido."

Sirius sentì una fitta al cuore non appena udì quelle parole, ma in fondo non poteva pretendere che lei si fidasse di lui.

"Dimmi almeno se riguarda nostra figlia" insistette lui.

"Sì..." mormorò lei.

"Jadis… ti prego..."

"Posso solo dirti che Alexandra non è una strega comune. Non è nemmeno come me..."

"Che significa?"

"Non posso dirti altro… è un segreto di cui nemmeno tua figlia è a conoscenza..." disse, per poi voltarsi e andarsene da quella stanza, senza dare modo a Sirius di replicare.

Felpato la guardò andare via: che significava tutto questo? Che razza di strega era sua figlia?
 
 


Sconcertante Fuga da Azkaban

Nella notte dieci ex Mangiamorte rinchiusi ad Azkaban sono evasi dalle loro celle. Non si è ancora capito bene il modo in cui siano riusciti a scappare, ma molto probabilmente ad aiutarli nell'impresa è stato il ricercato Sirius Black: l'unico ad essere riuscito ad evadere fino ad ora. Il Ministero raccomanda assoluta prudenza in caso vi imbatteste in uno di loro e di lasciare il lavoro della cattura agli Auror. Tra i nomi che spiccano degli evasi c'è quello di Bellatrix Lestrange, torturatrice dei coniugi Paciock, tuttora ricoverati al San Mungo.

Alexandra non riuscì più a proseguire la lettura dell'articolo che spiccava in prima pagina sulla Gazzetta del Profeta. Deglutì un paio di volte, stringendo tra le mani il giornale e soffermandosi a guardare le foto dei dieci evasi una ad una. Sapeva bene cosa significasse tutto questo: Voldemort si preparava alla guerra. Posò il giornale sul tavolo e iniziò a bere il suo latte macchiato, ma lo stomaco le si era chiuso a causa della rabbia.

"L'hai letto anche tu, vero?" le chiese Hermione, mentre le si sedeva accanto.

"Sì" sospirò la mora.

"Sono preoccupato per Neville" intervenne Harry.

Alexandra alzò lo sguardo e vide il ragazzo in questione seduto accanto a Luna, mentre stringeva convulsamente la Gazzetta. Sospirò, prima di rispondere: "Lo so."

"Voldemort si prepara per la guerra?" chiese d'improvviso Ron, arrivato poco dopo Hermione.

"Sì..."

"Cerca te" disse Harry, con un  palpabile terrore nella voce.

"Esattamente" annuì Alexandra, "e non si fermerà finché non mi avrà"



"Ho liberato i tuoi scagnozzi come era nei patti, ma non vedo ancora risultati" disse con tono severo, al limite del rabbioso, la donna davanti a lui.

"Arriveranno presto" rispose il mago oscuro, senza guardarla in faccia.

"Lo spero per te, Voldemort. La mia pazienza ha un limite."

"Manca solo una prova e sarà qui, ve lo giuro."

"Non giurare! Non sei in grado di mantenere un giuramento!" urlò Ingrid.

"Ve la porterò qui. La coppa del torneo è una passaporta e io stesso farò in modo che sia vostra nipote a toccarla per prima."

"Ho bisogno di fatti, non di parole. Muoviti!" gridò ancora la strega: stava per esaurire quella poca pazienza che le era rimasta.

Voldemort non osò più replicare e con un piccolo inchino si congedò dalla donna. Doveva  sbrigarsi, altrimenti questa volta sarebbe sul serio diventato polvere.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 35
*** Lezione di Divinazione ***


Lezione di Divinazione


Ancora un giorno e finalmente sua sorella sarebbe stata nelle sue mani. Hilda sorrise con soddisfazione nell'immaginare davanti a sé una Jadis in catene e sofferente, ma sapeva che sarebbe rimasta solo un'immagine nella sua mente: sua madre le aveva proibito di torcerle un solo capello. Sospirò e si strinse nel proprio cappotto puntando lo sguardo verso la torre più alta di Cair Paravel che si intravedeva all'orizzonte, oltre la foresta innevata.
 

 
Per quanto la neve le desse un senso di calma, le mura di Hogwarts e le attenzioni di Harry ormai le stavano strette. Era stanca di sentirsi dire se stava bene, se dormiva, se mangiava: non aveva bisogno di una balia. Aveva solo bisogno di capire che razza di strega era. Alexandra si portò una mano tra i capelli prima di alzarsi dal tavolo dei Grifondoro, prendendo con sé tutto il necessario per la prima lezione della giornata: Divinazione, strana ma affascinante materia insegnata dalla stravagante professoressa Sibilla Cooman. Hermione le aveva sconsigliato di prendere parte a quel corso, poiché a parer suo si trattava di una materia inutile, ma la mora aveva voluto comunque fare di testa sua. Uscì dalla Sala Grande e percorse velocemente il corridoio centrale per poi svoltare a destra, in modo da dirigersi verso la Torre Nord del castello. Probabilmente, lei e qualche altra persona sarebbero state le uniche puntuali per l’inizio della lezione. Sia Harry che Ron ancora non si erano nemmeno degnati di alzarsi dal letto; come di loro solito, avrebbero saltato la colazione e corso a perdifiato per mezzo castello pur di cercare di arrivare con meno ritardo possibile.
"Che dormiglioni"pensò la strega, salendo le scale a chiocciola che l'avrebbero condotta in aula.
 


"Devo chiederti un favore, Aslan" esordì la donna nella sala del trono a Cair Paravel.

"Sei sicura davvero di volerlo fare?" domandò un'ultima volta il leone.

"Sì" rispose decisa la strega.

"Allora accetterò qualunque cosa mi chiederai."

"Vorrei che facessi avere questa lettera e questa a scatolina nera a mia figlia."

"Consideralo già fatto."

"Ti prego solo di aspettare domani per la consegna."

Il leone annuì.

"Falle avere anche questi, per favore" disse, sfilandosi dalle dita gli anelli con i sigilli reali di Narnia e di Charn. "E questa" aggiunse, facendo comparire la propria
bacchetta.

"Sarà fatta ogni cosa. E per quanto riguarda Sirius?"

"Lui… gli verranno date le dovute spiegazioni domani. Ci penserà Ginarrbrik."

"Dovresti dargliele tu."

"Mi fermerebbe..."

"E farebbe una cosa giusta."

"Sai anche tu che questa è la scelta migliore. Non si tratta solo di proteggere mia figlia, ma anche Narnia."

"Lo so."

"Sirius capirà le mie ragioni… almeno, spero" sospirò Jadis.
 

 
L'aula non era delle migliori: l'odore dell'umidità,mischiato a quello dell'incenso e a quello di qualche strana erba, faceva venire il voltastomaco, per non parlare della scarsa illuminazione data dai candelabri arabeggianti, mezzi arrugginiti dal tempo e dall'usura. Alexandra si mise seduta su un puff bordò e posò la propria borsa accanto a sé. La stanza era strapiena di oggetti usati: candele, fondi di caffè e tè, piume impolverate sparse qua e là sugli scaffali, libri mezzi strappati o lasciati in giro sui tavolini rotondi posti sulle varie gradinate,  e anch'essi, come tutto l'ambiente ad eccezione dei lampadari, decorati bordò. La mora incrociò le braccia al petto e spostò lo sguardo sulla cattedra, anch'essa in disordine come tutto il resto, e poi sulla tazza di tè rovesciata al contrario sul piattino posta davanti a sé.
"Forse avrei dovuto dar retta a Hermione" si ritrovò a pensare,mentre pian piano l'aula iniziava a riempirsi; come al solito, affianco a lei, provato dalla corsa appena fatta, si sedette Harry.

"Anche questa mattina di corsa, eh?" commentò ironica la strega.

"Forse non avrei dovuto dar retta a Ron" replicò il Prescelto.

"Togli il forse. Stare fino alle due di notte a giocare a scacchi dei maghi non è affatto una buona idea."

"Ora ti preoccupi per me?" domandò con ironia il ragazzo.

"Non ricominciare..."

"Oh, scusami se cerco di capire cosa passa nella tua mente!"

"Non c'è nulla da capire."

"So che qualcosa ti turba, quindi smettila di fingere che non sia così."

"Non ti riguarda" tagliò corto la mora e Harry serrò le labbra per la rabbia.

 


"Vostra, Maestà" esordi la guardia in ginocchio davanti a lei. "Una missiva da vostra figlia: la principessa Hilda."

"Leggila" ordinò la donna.

"Sì, Maestà" affermò il soldato, aprendo la lettera. "Mia cara madre, entro domani a mezzogiorno sarò di ritorno a Charn e porterò con me quanto da voi richiesto. Firmato, la vostra devota figlia Hilda" lesse con calma l'uomo.

"Me ne compiaccio" commentò Ingrid con un ghigno di trionfo sul volto, posando la tazza di tè sul tavolino. "Fa preparare la vecchia stanza al secondo piano: voglio che la mia nuova ospite si senta a suo agio, domani."

"Sarà fatto, mia Regina" disse il soldato, congedandosi con un piccolo inchino.
 


"Oggi affronteremo la lettura dei fondi del tè. Non pensate che sia facile, la Divinazione non lo è mai" esordì la Cooman, camminando e gesticolando per la classe. "Aprite il vostro libro a pagina 34."

Alexandra tirò fuori il libro dalla propria borsa e lo aprì sulla pagina richiesta, dove campeggiava a lettere cubitali il Titolo: 

"Interpretazione dei fondi delle foglie del tè"
Simbologia e significato delle varie figure

Dopodiché iniziava una lunga lista di forme con relativa spiegazione, lunga almeno una decina di pagine.

"Bene, chi vuole provare per primo?" chiese retoricamente la professoressa. "Signor Weasley, perché non inizia lei? Giri la tazza della sua compagna e mi dica cosa vede sul fondo."

Con riluttanza, Ron fece come richiesto. Girò e prese tra le mani la tazza di Alexandra, iniziando poi a cercare il simbolo delineatosi sul fondo sulle varie pagine del libro, ma non riuscì a trovarlo, così controllò ancora una volta.

"Qualcosa non va, Signor Weasley?" domandò a quel punto la Cooman.

"Non trovo il simbolo nel libro, professoressa."

"Allora me lo descriva."

"Va bene" annuì il rosso "Sono tre spirali... credo che si congiungono in un punto centrale."

Alexandra alzò un sopracciglio. Forse Ron si era semplicemente sbagliato nel descrivere il simbolo che aveva visto. 

La professoressa restò in silenzio per qualche secondo, prima di avvicinarsi di scatto e prendere tra le mani la tazza tenuta fino a qualche secondo prima dal  suo alunno. Osservò bene la figura formatasi e poi puntò lo sguardo sulla ragazza a cui apparteneva la ciotola. Posò lo sguardo su ogni dettaglio del suo viso e questo fece rabbrividire la mora.

"Per oggi la lezione è finita" disse infine la donna con espressione sconvolta, posando l'oggetto in ceramica davanti alla ragazza di Grifondoro.

Alexandra prese la tazza tra le mani e vide esattamente ben chiaro sul fondo il simbolo descritto da Ron: Il Triskell. Iniziò a tremare e la presa sull'oggetto venne meno. La ciotola cadde a terra, si ruppe in mille pezzi e la mora in fretta e furia prese la sua roba e uscì dall'aula prima che qualcuno potesse chiederle spiegazioni.

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Capitolo 36
*** Fronti Opposti ***


Avviso:

Come promesso in  questo capitolo ci saranno alcune rivelazioni che non posso più rimandare per questioni di trama. Quanto scritto qui sarà più chiaro nei prossimi capitoli e nel probabile seguito di questa storia.

Vi auguro una buona lettura. 

Jadis_
 

Fronti Opposti 


 

Quella mattina era stata convocata d'urgenza nell'ufficio del Preside. La cosa le era parsa subito strana e mentre saliva a passo lento le scale a chiocciola la sua preoccupazione aumentava. Alexandra si fermò di colpo davanti alla porta in legno massello dello studio, prese un bel respiro per farsi coraggio e poi bussò, attendendo il permesso per entrare.



Mancavano una decina di minuti alle otto e Hilda, con un manipolo di soldati, se ne stava al limitare del bosco ai confini settentrionali di Narnia, poco dopo il Guado di Beruna, in attesa di Jadis.

"Siete davvero sicura che vostra sorella verrà?" chiese uno dei suoi uomini.

"Lei mantiene sempre la parola data" rispose secca. Sapeva bene che per sua sorella l'onore contava più di ogni altra cosa, non l'avrebbe mai macchiato.



Non faceva altro che andare avanti e indietro per tutto lo studio. Si era detta che doveva essere paziente, ma la pazienza era una qualità che non aveva mai avuto. Ingrid si fermò di colpo, poggiando le mani sulla scrivania, ed emise una specie di sospiro. Nonostante questo risultato la conducesse verso la vittoria, qualcosa non le quadrava. Jadis non si sarebbe mai consegnata di sua spontanea volontà. Sua figlia era sempre stata una persona combattiva sin dalla tenera età: la parola resa non era nel suo vocabolario. Cosa le nascondeva?



"Entra" disse una voce bassa e profonda che la mora riconobbe subito.  

 Aprì la pesante porta, accedendo così allo studio di Silente. Lasciò che l'uscio si chiudesse da sé, mentre avanzava piano nella stanza, che si presentava in disordine come l’ultima volta in cui vi aveva messo piede. Si fermò a pochi passi dal leone che le si parava dinanzi e si inchinò in segno di riverenza.

" Ora alzati, figlia di Eva" ordinò Aslan, ma Alexandra non si mosse: aveva paura. Non era pronta a sentire quello che il leone doveva dirle.

"Alzati" ordinò con tono più severo e lei non poté evitare di ubbidire. Si rimise in piedi, ma abbassò lo sguardo.

"Perché sono qui?" chiese in un sussurro la mora.

"Credo che tu lo sappia già."

"Cerco di negarlo a me stessa… non può..." la ragazza non riuscì a terminare la frase.

"E’ per il tuo bene."

"No, è una pazzia."

"Figlia di Eva, tutto questo è stato necessario" replicò ancora il leone, con tono pacato.

"Perché?! Voglio un motivo!" esclamò a quel punto la Grifondoro.

"Il Triskell, sai bene a chi appartiene."

"Lo so, ma non posso essere quella persona e non vedo come tutto questo c’entri con mia madre che si consegna a mia nonna."

"Charn è stata fondata da lei, cioè da te. Tu sei l'unica al mondo che può fermare tua nonna."

"Non puoi dire sul serio?! Io… non posso essere..." si interruppe la mora, ricacciando indietro le lacrime.

"Figlia di Eva, le prove sulla tua natura le hai avute."

"Perché mia madre non mi ha detto mai chi sono?! Perché anche tu mi hai tenuta nascosta una cosa simile?!" gridò la ragazza in preda alla rabbia.

"La tua magia non è cosa facile da gestire, tua madre ha fatto del suo meglio. Non era nei miei compiti rivelarti chi eri."

Alexandra strinse i pugni. "Suppongo che Jane non sia il mio secondo nome."

"No, non lo è. Alexandra è il tuo secondo nome."



"Cosa non faresti per non macchiarti l'onore" disse Hilda in tono di scherno alla donna appena arrivata.

"Almeno sei puntuale, ma non ti facevo così sciocca, sorella" continuò a schernirla.

"Io credevo che tu non fossi più il cagnolino di nostra madre, ma a quanto pare mi sbagliavo" replicò Jadis con ironia.

"Non sei nella posizione di fare battute ironiche."

"Tu dici? A me non sembra, sai?."

Hilda strinse i pugni ed emise un lungo sospiro. "Non sei cambiata affatto. Ti credi superiore a tutto."

"Sicuramente sono superiore a te, cagnolino" incalzò Jadis a mo’ di scherno.

"Giuro che ti ammazzo!" esclamò con rabbia l’altra donna.

Jadis rise di gusto. "E poi cosa dirai a nostra madre? Che ti bastano delle semplici provocazioni per perdere le staffe?"

"Ti odio!"

"Oh, questo lo so da quando sono nata, mia cara."

"Ci tenevo a ribadirtelo. Sono anni che non ci vediamo."

"Tranquilla, non mi sei mancata affatto."

"Sei sempre stata la preferita di nostro padre!"

"E tu di nostra madre. Vogliamo continuare con le ovvietà o vogliamo andare? Non credo che nostra madre pazienti così a lungo e io sono stufa di dover parlare con un cagnolino da guardia come te."

Hilda si morse il labbro, per poi dare l'ordine ai suoi uomini di prepararsi a partire.



Era rimasta immobile, come impietrita dalla cosa. Non poteva essere vero, forse era solo un dannato incubo. Si sarebbe sicuramente svegliata da un momento all'altro, ma l'orologio a pendolo dello studio le diede la conferma definitiva: non stava sognando. Si passò una mano tra i capelli, cercando di darsi una calmata, ma le sue gambe continuavano a tremare. Si sedette sulla prima poltrona libera che trovò, senza riuscire a dire una parola. D’altro canto, però, tutto quello che le era successo da quando aveva messo piede a Hogwarts aveva ora acquisito un senso.  

"So che non è facile" disse il leone, che era rimasto a fissarla per quel breve lasso di tempo.

"No, non lo è fatto. Non è piacevole scoprire che il tuo nome..." si fermò la mora: non aveva il coraggio di pronunciare quel nome.

"Morgana" disse Aslan. "Morgana Alexandra Polaris Hawthorn Black. Questo è il tuo nome completo."



Ancora pochi minuti e finalmente il pezzo fondamentale per attuare il suo piano sarebbe stato suo, ma la sensazione che dietro a quella resa si celasse qualcosa di losco non accennava ad andarsene.
Ingrid si sedette sulla poltrona e si mise a fissare l'unico quadro ancora esistente che raffigurasse suo marito. Non aveva idea del perché lo avesse tenuto: forse perché lui era stato l'unico ad amarla davvero, oppure perché in un modo o nell'altro voleva sbattergli il suo successo in faccia. In quei lunghi anni, in fondo, aveva assoggettato ogni Regno del Nord facendo diventare Charn un impero, ma era un risultato di poco conto. Il suo obiettivo erano le Terre del Sud, quelle governate da Aslan, ma senza l'arma perfetta non le avrebbe mai conquistate.
 Jadis era quell'arma, eppure la sua resa l'aveva lasciata perplessa. Nascondeva qualcosa, di questo ormai ne era più che convinta, ma cosa? Possibile che stesse facendo tutto questo solo per salvare Narnia? No... no, c'era sicuramente dell'altro ed era sicura che riguardasse sua nipote. Quella ragazzina era un mistero e nonostante la sua giovane età poteva essere un grave problema per la riuscita del suo piano. Sospirò: non le restava che affidarsi, suo malgrado, a quel impiastro di Voldemort.


 

"No, non può averlo fatto!" esclamò Sirius, per poi lentamente sprofondare sulla poltrona con i pugni chiusi per la rabbia. "Deve essere pazza!"

Ginarrbrik non disse nulla: si limitò a restare fermo, a pochi passi dalla soglia della porta.

"Perché non è venuta lei a dirmelo?" domandò Felpato.

"L'avreste fermata."

"Ovvio! L'avrei aiutata a fare una scelta più sensata!"

"Voi non capite" disse il nano, scuotendo la testa.

"Cosa? Cosa dovrei capire?!"

"Dovreste sapere che lei ha sempre un piano."

"Questo è un piano suicida!"

"Fidatevi di lei, per una volta. Non dovete per forza fare sempre l'eroe. La mia Signora sa quello che fa."




Sentire il suo nome per intero le provocò i brividi lungo la schiena.

"Posso farti una domanda?" chiese a quel punto la mora.

"Tutte quelle che vuoi." rispose con calma il leone.

"Il ragazzo che vedo nei miei incubi è chi penso chi sia?"

"Sì, è lui."

"Ed è vivo?"

"Non puoi vendicarti..."

"Non voglio vendicarmi per una cosa successa più di duemila anni fa. Voglio solo sapere se è vivo."

"Sì, Merlino è vivo. Non potete esistere uno senza l'altra. Il vostro destino è uno solo: distruggervi o amarvi."

"Il destino è una cosa che mi creo io."

"Figlia di Eva, non puoi sfuggire a questo."

"No, ma posso comunque cercare di cambiarlo. Ora, però, l'unica cosa che voglio è salvare mia madre."



Charn non era più come la ricordava.
Le strade erano deserte, i suoni del mercato giornaliero scomparsi, e la neve dominava su tutto. Le si strinse il cuore nel vedere il suo regno ridotto a un fantasma. Si sentiva in colpa: in fondo, era anche e soprattutto colpa sua. Se avesse capito prima le intenzioni di sua madre, forse tutto questo non sarebbe mai successo.
D'improvviso, la carovana si fermò. Era stata talmente presa dai suoi pensieri da non accorgersi che avevano superato da un bel pezzo l'entrata principale del palazzo reale. Smontò da cavallo e subito fu affiancata da due guardie che le legarono i polsi: non oppose resistenza, sarebbe stato inutile. Venne scortata fino alla sala del trono e fatta inginocchiare a terra. Per una volta dovette inghiottire il suo orgoglio, mentre il banditore annunciava a gran voce l'arrivo di sua madre. Provò a stringere le mani a pugno, mentre sua sorella si inginocchiava a poca distanza da lei.

"Ti diverte la cosa?" sussurrò Jadis.

"Non immagini quanto, sorella" replicò Hilda.

"Sei peggiorata, allora" pronunciò l’altra con un sorrisino.

"Non vedo l'ora che ti tolga quel dannato sorriso dalla bocca."

"Non ci riuscirà."
 

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Capitolo 37
*** Lettera ***


Lettera
 


Alexandra non riusciva nemmeno più a guardarsi allo specchio da quando la verità le era piombata di colpo addosso. Faceva ancora fatica a credere di essere la nemesi del mago più famoso e amato di tutti tempi: Merlino. L'uomo che in passato le aveva distrutto la vita per ironia della sorte poteva essere la sua unica speranza. Non aveva idea di quanto fosse potente sua nonna, né di quanto fosse grande il suo esercito: l'aiuto da parte di quella sottospecie di stregone, quindi, non era da buttar via, anche se avesse dovuto inghiottire l'orgoglio, cosa assai ardua per lei.
Strinse i pugni al punto di far sbiancare le nocche e infine sospirò, cercando di buttar fuori tutta la tensione che aveva in corpo ormai da diversi giorni. Osservò poi gli oggetti che Aslan aveva lasciato per lei: i sigilli di Narnia e Charn, la bacchetta di sua madre, la spada dei re della terra di Narnia e la scatolina nera che ancora non aveva avuto il coraggio di aprire, così come la lettera che vi era legata insieme.
Si mise seduta sul letto e con la mano tremante afferrò la pergamena, staccandola piano dalla scatolina nera. Prese un bel respiro e l'aprì lentamente, come se da un momento all'altro avesse potuto prendere fuoco. Riconobbe subito la scrittura precisa e chiara di sua madre, così come la lingua in cui era stata redatta: narniano antico. Tentò di tranquillizzarsi e poi iniziò a leggere, immersa nello strano silenzio del dormitorio dei Grifondoro.
    

    
Jadis riconobbe subito quei passi lenti e pesanti che si facevano strada all'interno della Sala del Trono. Rimase a testa bassa, con lo sguardo rivolto verso il pavimento in marmo, che le rimandò un riflesso deformato della figura appena entrata nella stanza. L'odore di fiori di gelso le punse il naso, portandole alla mente vecchi ricordi che scacciò subito dalla mente.

"Per una volta hai mantenuto la tua parola" esordì Ingrid con aria di sufficienza.

Hilda alzò la testa, ma rimase inginocchiata. "Non dovreste dubitare mai della mia parola, madre."

Jadis non poté far a meno di esprimere il suo disgusto in una smorfia contratta. Sua sorella era rimasta il solito cagnolino ubbidiente.

"Lasciami da sola con lei" ordinò la donna con severità.

Hilda annuì e fece cenno anche ai suoi soldati di uscire, ma non poté far a meno di lanciare un'ultima occhiata alla strega inginocchiata in terra prima di abbandonare la stanza.
    

    
"Anna!" esclamò la ragazza, non trovando più la sorella dietro di lei.

"Sono qui!" rispose una rossa di capelli, comparendo dalla porta laterale. "Dobbiamo andarcene. Tremotino non si fermerà finché non ci avrà uccise" aggiunse.

"Non possiamo lasciare il nostro regno..."

"Elsa, non abbiamo scelta. Torneremo a salvare Arendelle. Da morte serviamo a poco."

La bionda guardò la sorella e poi il portale davanti a sé. 
    

    
Il silenzio che seguì fu lungo e pesante. L'unico rumore furono i passi di sua madre che le girava intorno, squadrandola da capo a piedi.

"Avete finito di ammirarmi, madre?" domandò con ironia la strega bianca.

"Temevo che avessi perso l'uso della parola" rispose a tono la donna.

"Per vostra sfortuna, no" alzò la testa Jadis.

"Leggo il solito odio nei tuoi occhi."

"Certe cose non cambiano mai!"

"Già… sei sempre stata dalla parte di tuo padre."

"Non dovreste nemmeno osare nominarlo! So che l'avete ucciso voi!"

"Era un dannato incompetente! Ho costruito un impero senza di lui!"

"Sicuramente era più saggio di voi!"

"Non credo che sarebbe felice di vederti qui ai miei piedi,non pensi? Con la tua resa mi hai consegnato Charn per sempre."

"Siete troppo sicura di voi."

"Eri l'unica che poteva fermarmi. Tua figlia è solo una mocciosa!"

"Mia figlia è la vera regina di Charn!"

"E una ragazzina dovrebbe impensierirmi? È solo una tua pallida copia."

"Scommetto che non sapete nemmeno che aspetto abbia."

"So che è la tua copia" disse subito Ingrid, con un sorriso trionfante sul volto.

Jadis la guardò per un secondo e poi scoppiò a ridere.

"Cosa c'è di così divertente?!"

"Hai dei pessimi informatori. Mia figlia non mi somiglia affatto."

La donna si morse il labbro dalla rabbia: l'avrebbe fatta pagare cara a Voldemort e ai suoi Mangiamorte per quell'informazione sbagliata. Prese la campanella sul piedistallo accanto al trono e la suonò.

"Sai che la troverò, e quando avverrà la farò uccidere davanti ai tuoi occhi!" pronunciò con rabbia la regina.

"Credetemi, madre. Non vi piacerà affatto l'aspetto di mia figlia, né la spada che impugnerà."

"Mi riprenderò quella dannata spada!"

"Non questa volta" sorrise con scherno Jadis.
     

    

"Come ha preso la verità?" chiese l'anziano mago.

"Non credo l'accetterà facilmente. Dobbiamo darle tempo" rispose con calma il leone.

" Lo so, ma..." sospirò Silente. "Non ha molto tempo. Merlino mi ha chiesto di lei… vuole vederla..."

"Sai anche tu che non accetterà mai di incontrare l'uomo che le ha distrutto la vita."

"Questo lo so, ma le cose sono cambiate da allora."

"Non credo si possa dimenticare un tradimento come quello, Silente."

"Lui, però, la vuole vedere lo stesso..."

"Di questo ne sono consapevole, ma è pur sempre figlia di Jadis."

"Lo so..."
    

    
La presa sulla lettera, ben presto, iniziò ad allentarsi. Le mani non facevano altro che tremarle e a fatica stava contenendo le lacrime.
Le poche parole che sua madre le aveva scritto trasmettevano tutta la fatica e i sacrifici fatti per lei, e questo la fece sentire maggiormente in colpa.
Non riuscì a finire di leggere. Chiuse la pergamena e scoppiò a piangere, portandosi le mani al volto.
    
    

"Elsa, dobbiamo muoverci! Non lo terranno a bada a lungo!"

"Si lo so..." rispose la bionda con un mormorio.

"Lo so che non vuoi andartene."

"Anna, non capisci… ho questi dannati poteri e non riesco nemmeno a proteggere Arendelle e te, dannazione!"

"Elsa..." la rossa le posò una mano sulla spalla. "So come ti senti, ma lui è il Signore Oscuro e nostra zia un'arpia. Torneremo e ci riprenderemo Arendelle."

La bionda annuì e strinse la mano alla sorella. "Andiamo" pronunciò, per poi varcare il portale.
    


    
Alexandra cercò di ridarsi un contegno non appena sentì qualcuno salire le scale. Nascose tutto immediatamente, tranne la scatolina nera: era ancora curiosa di sapere cosa contenesse.

"Sei qui! Ero preoccupata" disse con sollievo Hermione.

"Tranquilla, sto bene."

"Sicura? Non mi sembra..."

"Hermione, per favore, non ho voglia di parlarne" liquidò subito l'argomento la mora.

"Sei strana..."

"Vi spiegherò tutto più in là, promesso." disse la ragazza, alzandosi subito dal letto e infilando la scatolina nella tasca dei pantaloni.

"Sono mesi che prometti e poi non spieghi nulla. Se non parli non possiamo aiutarti."

"Nessuno può aiutarmi" rispose secca Alexandra, uscendo dal dormitorio a passo svelto. 

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Capitolo 38
*** Il labirinto ***


Il labirinto 


"Come hai potuto fallire?!" esclamò la donna, su tutte le furie. L'eco delle sue urla si sparse in ogni stanza del castello.

"Non sei nemmeno in grado di completare uno stupido ordine!" continuò ad inveire, con la mano sinistra stretta attorno all'impugnatura della daga.

"Sono entrate in un portale" rispose l'uomo con pacatezza.

"Dovevi seguirle, ti avevo dato un ordine!"

"Dovresti formulare meglio i tuoi ordini, mia cara" disse con un ghigno sul volto il Signore Oscuro.

"Non giocare con me, Rumplestiltskin!"

"Non è nel mio stile starmene buono."

A quel punto Ingrid si avvicinò, prese il viso dell'uomo e lo strinse forte con la mano destra. "Non ho alcun problema a farti fuori. Il tuo potere mi farebbe comodo. Ora ascoltami bene: trova le mie nipoti e non tornare qui, finché non le avrai uccise."
 

 
Alexandra sospirò, fissando il piatto davanti a sé ancora integro. La voglia di mangiare le era passata, faceva davvero fatica a mandare giù più di qualche boccone. La preoccupazione per sua madre e l'ansia per l'imminente terza prova del Torneo Tremaghi le divoravano lo stomaco. I tentativi di farla svagare da parte dei suoi amici erano stati del tutto inutili. Decise di alzarsi dal tavolo dei Grifondoro e senza dire nulla si avviò verso l'uscita della Sala Grande.
 

 
Jadis era stata portata nella sua vecchia stanza, quella in cui aveva vissuto fino al giorno della fuga. I ricordi erano subito riaffiorati nella sua mente e questo l'aveva costretta ad uscire sul piccolo balcone per prendere aria. Avrebbe dovuto immaginarsi un colpo così meschino da parte di sua madre; in fondo, pur di farla crollare, avrebbe usato ogni mezzo. Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. L'aria di casa non era la stessa dei suoi ricordi. Era cambiata molto la sua terra: aveva potuto vederla con i suoi occhi durante le uscite forzate fuori dal palazzo. Tutto il popolo doveva vedere la sua resa. Aveva deluso suo padre, Charn e se stessa dando una responsabilità enorme a sua figlia, ma non aveva avuto scelta. Ricordava ancora bene il giorno in cui suo padre le aveva parlato per la prima volta di quella dannata profezia:

"Figlia mia, siediti" disse l'uomo, invitandola ad accomodarsi sulla poltrona davanti al camino.

Jadis ubbidì.

"Quello che sto per dirti deve rimanere tra noi."

"Sì, padre. Come desideri."

"Bene. Esiste una profezia che una veggente del tempio fece più di un secolo fa." pronunciò il re, guardando la figlia. "Riguarda quello che ti raccontai qualche mese or
sono. Lo ricordi?"


"Si, padre. Non potrei mai dimenticarlo."

"La profezia parla del ritorno di Morgana e della sua battaglia contro la Regina del Nord."

"Ma la Regina del Nord è mia madre!" esclamò sorpresa Jadis.

"Questo lo so..."

"Tutto questo non ha alcun senso!"

"Jadis, lo ha."

"Non amo mia madre, questo è vero, però..."

"Non la credi capace di uccidermi? Sei troppo buona e ingenua, figlia mia."

"Se sapete che farà una cosa del genere, perché non fate qualcosa?"

"Perché non ho prove certe e questo è il mio destino. Un giorno capirai, credimi."

"Non sono comunque la persona che voi dite, padre."

"Infatti la persona di cui parlo non è ancora nata."

La strega alzò un sopracciglio, non capendo bene le parole dell'uomo.

"Nascerà presto, però" disse il re, poggiando la mani sul ventre leggermente tondo della figlia.

Jadis guardò suo padre incredula "No… non potete dire sul serio..."

"Figlia mia, io non mento."

"Come potete esserne così sicuro?"

"Il giorno in cui mi fu detto della profezia, la veggente mi disse che lei sarebbe rinata dalla mia progenie e mi diede questo" disse il re, tirando fuori dalla tasca destra della giacca una piccola scatolina nera. "Dentro vi è un ciondolo, un Triskell per la precisione. Apparteneva a lei, ma non so perché fosse custodito nel tempio" aggiunse, per poi porgerle la custodia in velluto.

La strega prese la scatolina con leggera titubanza tra le mani e l'aprì lentamente. "Avrebbe potuto rendervi nonno anche mia sorella"

"No. Sai meglio di me quanto lei sia incapace di amare, ma in fondo non è nemmeno colpa sua" sospirò l'uomo. "Comunque, quel ciondolo dovrebbe brillare alla nascita di mia nipote, almeno questo è quello che mi è stato riferito."

"Non credo di essere in grado di affrontare una cosa simile..."

"Non dubitare mai della tue capacità. So che sei in grado di affrontare tutto, Jadis."
 

 
"La trappola è pronta?" domandò Voldemort.

"Sì, mio signore. La ragazza non ha alcuno scampo" rispose il Mangiamorte.

"Spero per te che sia così"

"Fidatevi di me. Non appena toccherà quella coppa, lei sarà in mano vostra"
 

 
"Non può continuare così" sospirò Harry, vedendo andar via Alexandra.

"Lo so, ma non possiamo costringerla a mangiare" rispose Ron, tra un boccone e l'altro.

"O a dirci cosa nasconde" aggiunse Hermione.

"Cioè?" chiese con dubbio il Prescelto.

"Non lo so, ma da quando ha parlato con il preside… insomma… non sembra più lei."
 

 
Se n'era andata sulle rive del Lago Nero e aveva appoggiato la schiena contro il tronco di un albero, beandosi per un attimo di quel meraviglioso silenzio, mentre si rigirava il ciondolo che aveva appeso al collo tra le mani. Quel dannato Triskell, lo stesso che era comparso nei fondi del tè durante la lezione di divinazione: la Cooman non la guardava più in faccia da quel giorno, anzi tremava al suo solo passaggio. Alexandra chiuse gli occhi e sospirò. Secoli e secoli e non era cambiato nulla: il suo nome, il suo volto facevano ancora paura, forse troppa. Si sarebbe portata a vita questa cattiva fama e non poteva farci nulla, non al momento, almeno.
 
 


Jadis si riprese di colpo non appena udì bussare contro la sua porta. Non disse nulla: tanto sarebbero entrati lo stesso. Incrociò le braccia al petto non appena vide sua madre varcare la soglia.

"Avete una faccia delusa, madre. Le vostre urla si sono sentite fin qua su" disse subito con tono di scherno.

"Ti diverte la cosa, non è vero?" chiese la donna, leggermente irritata dall'atteggiamento della figlia.

"Molto, direi. Vedervi fallire mi dà gioia."

"Non ti ricordavo così irritante."

"Cosa volete? Un secondo round, per caso?" chiese la strega, cercando di stuzzicarla.

"No, sono venuta a dirti che presto tua figlia ci raggiungerà. Voldemort, a differenza di Rumplestiltskin, non è una completa delusione."

"La vostra sicurezza mi fa ridere."

"Non ha più nessuno che possa proteggerla" disse decisa Ingrid.

"Questo lo credete voi" rispose con un sorrisino sul volto Jadis.
 

 
Malgrado le sue proteste, Harry aveva voluto accompagnarla all'incontro al campo da Quidditch. Durante il tragitto era rimasta in completo silenzio, mentre inutilmente tentava di scacciare i soliti foschi pensieri.

"Ma che… che fine ha fatto il campo da gioco?!" esclamò il Prescelto, avendo davanti a sé un paesaggio diverso rispetto al normale.

Alexandra si girò verso il ragazzo, alzando un sopracciglio, e lui in tutta risposta la invitò a guardare davanti a sé. Troppo presa dai suoi dannati problemi, non si era
nemmeno accorta di essere arrivata a destinazione.

"Straordinario..." mormorò, affascinata dall'enorme labirinto dinanzi a sé.

"Stai scherzando, spero?"

"No, affatto. Fino ad ora mi sembra la prova con meno pericolo, anche se ci si può aspettare di tutto."

"Sai bene che sarà così. Sei strana… ultimamente, intendo..."

"Ho già detto ad Hermione che non voglio parlarne. Se mi hai accompagnata qui per farmi un interrogatorio, puoi anche andartene" disse secca la mora.

"Non ti riconosco davvero più..." disse in tono amareggiato il Prescelto.

"Harry, mi dispiace, ok? Non posso dirti quello che sta accadendo. Finiresti per odiarmi anche tu e non voglio che succeda."

"Perché dovrei odiarti?"

"Perché non sono quello che sembro."

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Capitolo 39
*** La Terza Prova ***


La terza prova


Il fatidico giorno era arrivato. Alexandra non era affatto tranquilla: durante l'incontro, Silente aveva chiaramente spiegato quali pericoli vi fossero all'interno del labirinto e naturalmente aveva tranquillizzato Harry per la sorte del campo da Quidditch. Altre creature, forse più pericolose di quelle che aveva affrontato durante le due prove precedenti, l'attendevano nascoste in quel dedalo di vie oscure e strette.
Avrebbe dovuto usare ancora la magia celtica? Non ne era sicura. Sospirò, riportando l'attenzione sul libro che aveva davanti. Lesse per ore, cercando di scacciare tutta la tensione, rimanendo nella biblioteca poco affollata per tutto il pomeriggio. 


"Mi spiegate che ci facciamo qui?" domandò perplesso Ron.

"Se non si sposta da lì, non possiamo agire" sussurrò Hermione.

"Concordo, ‘Mione" annuì Harry.

I tre erano nascosti dietro a uno degli scaffali della biblioteca e ogni tanto gettavano un'occhiata verso il tavolo a cui era seduta Alexandra.

"Ehi, consideratemi. Che ci facciamo qui?" chiese ancora il rosso.

"Dobbiamo controllare un libro che ha preso in prestito qualche giorno fa, siccome la cosa mi è sembrata strana" spiegò la giovane strega.

"E io a che vi servo?"

"Tu sei il diversivo. Devi distrarla."

"Sempre a me questi compiti ingrati..." sbuffò Ron.

"Non ti lamentare, faticherai davvero poco. Dalle questo e il gioco è fatto" disse Hermione, porgendo una piccola borsa in cuoio al ragazzo.

"Che c'è qui dentro?"

"Un libro che sicuramente catturerà la sua attenzione."



"Quindi il Signore Oscuro vi da la caccia? Ho capito bene?" chiese per l'ennesima volta in dieci minuti Emma Swan.

"Sono tre volte che Elsa ripete la stessa identica cosa, come fai a non capire Swan?!" disse alzando gli occhi al cielo in modo teatrale Regina Mills.

"Non ricominciate" intervenne a quel punto David Nolan.

"Non è colpa mia se tua figlia è un’idiota!"

"Ehi!"

"Smettetela subito! Siete adulte, comportatevi come tali!" esclamò Biancaneve.

Emma sbuffò e incrociò le braccia al petto, lanciando un'occhiataccia a Regina.

"Comunque al momento non è in città e Belle è ancora in ospedale, quindi dovremmo attendere per capire cosa stia realmente succedendo" si intromise la Fata Turchina per calmare le acque. 


Ingrid non faceva altro che camminare avanti e indietro per il suo ufficio. Elsa e Anna le erano sfuggite ancora  e questo complicava le cose. Doveva eliminarle se voleva riprendersi il trono che sua sorella le aveva rubato anni addietro, ma non aveva idea di dove fossero finite.
"Questo succede, quando mi affido a degli incompetenti" sospirò, fermandosi davanti alle vetrate che davano sul cortile interno. Le sue guardie stavano allestendo la nuova esecuzione: l'ennesimo ribelle a cui il boia avrebbe tagliato la testa.
Riportare lì  sua figlia non si era rivelata un'ottima idea: i ribelli si erano rianimati a vederla ancora viva e vegeta. Una volta ottenuto ciò che desiderava, avrebbe fatto giustiziare Jadis sulla pubblica piazza per sancire definitivamente il suo dominio incontrastato, ma prima doveva risolvere le questioni che, suo malgrado, si erano presentate sul suo cammino, bloccandolo rovinosamente. Oltre al problema causato dall'inadeguatezza di Tremotino, doveva assolutamente liquidare quello legato alla missione affidata a Voldemort. Si era fidata ciecamente delle parole del mago oscuro, ma quelle di sua figlia l'avevano fatta dubitare. Possibile che...? No, sarebbe stato assurdo, anche se avrebbe giustificato la resa di sua figlia e l'assenza della spada.

"Sono solo sciocchezze. Nessuno farebbe rinascere una strega simile" pensò, scacciando subito quei pensieri dalla mente.



Alexandra non si accorse affatto dell'arrivo di Ron. La lettura, come al solito, l’aveva rapita.

"Oh, finalmente! Ho girato tutta Hogwarts per trovarti" esordì il ragazzo, in modo da farle alzare lo sguardo da quelle pagine.

La ragazza alzò un sopracciglio, non capendo il motivo per il quale il rosso avrebbe dovuto cercarla. "E perché?" chiese infatti.

"Dovevo mostrarti una cosa, o, meglio, Hermione mi ha chiesto di farlo" mentì Ron.

"Come mai non è venuta lei? Di solito a quest'ora del pomeriggio è sempre qui in biblioteca."

"Aveva promesso a Neville di aiutarlo con un compito di Storia della Magia."

"Allora cosa devi mostrarmi?"

"Questo" pronunciò il rosso, porgendole la borsa che gli aveva dato in precedenza Hermione.

La mora la prese tra le mani e non esitò ad aprirla. Ne tirò fuori un libro con una copertina blu notte.

"Un libro?" chiese scettica.

"Ha detto che potrebbe catturare la tua attenzione, ma non so di preciso a cosa si riferisse."

"Non fa nulla" sospirò leggermente Alexandra, aprendo il volume. Sulla copertina vi era il nome di sua madre. "Apparteneva a mia madre" mormorò, "è un libro di favole. Me le raccontava da piccola... Non so come sia finito qui" aggiunse, con dolcezza nella voce.

"Ti manca?"

"Tanto."

"Tra un po' la rivedrai."

"Non credo. La situazione è complicata, Ron."



"E nell'attesa, che dovremmo fare?" chiese Emma.

"Magari evitare domande idiote come questa, Swan. L'ha appena detto: dobbiamo attendere" disse Regina.

"Ma io non riesco a stare ferma!"

"Se vuoi, so come farti passare il tempo. Ci sono numerosi documenti che attendono la tua firma."

"Ehm… l'attenderanno ancora per molto tempo."

Regina fece comparire tra le mani una palla di fuoco.

"Va bene, li firmo!"

"Non sembrano anche a te una coppia sposata?" bisbigliò Elsa alla sorella.

"Effettivamente, sì" mormorò in risposta Anna.

"Sempre a litigare come due ragazzine. Fortuna che Henry non ha ripreso da voi." sospirò David.



Jadis fu costretta ad assistere impotente all'ennesima esecuzione. Mandò giù il groppo che le era salito in gola. Non poteva fare nulla per il suo popolo e questo la stava pian piano distruggendo. Venne riportata in stanza e fu libera di sfogare le lacrime trattenute fino a quel momento. Durò tutto un breve attimo e si ricompose giusto in tempo.

"Bussare non è il tuo forte" esordì, sentendo la porta aprirsi all'improvviso.

"Devo ricordarti che sei una prigioniera?" rispose Hilda.

"E cos'ho di così tanto speciale da far persino scomodare il comandante dell'esercito di Charn?"

" Volevo sincerarmi che tu stessi bene" pronunciò con ironia la donna.

"Oh, ma che carina" ribatté con il medesimo tono Jadis.

"Visto? E pensare che c'è chi dice che io non ti voglia bene" rise di gusto Hilda.

"Che gente cattiva... Cosa vuoi davvero?" chiese la strega stufa di tutta quella farsa.

"Te l'ho detto."

"Non ho voglia di giocare, sorella. Te lo ripeto un'ultima volta: cosa vuoi?"

"Nulla di che. Nostra madre mi manda a dirti che la coppa del torneo a cui prende parte tua figlia è una passaporta. Ben presto anche lei sarà qui."

"Di’ a nostra madre di non cantare vittoria. Potrebbe avere una brutta sorpresa."



Il piano aveva funzionato alla perfezione. Hermione e Harry erano riusciti a introdursi nel giusto reparto della biblioteca e si erano messi subito alla ricerca del libro preso in prestito da Alexandra.

"L'hai trovato?" chiese il Prescelto.

"Non ancora" rispose Hermione, mentre guardava attentamente ogni ripiano della scaffalatura che aveva di fronte.

"Sicura che sia questo il reparto?"

"Si, senza alcun dubbio."

"Forse è in quest'altro scaffale."

"Harry, l'ho trovato!" disse tutta contenta la giovane strega. 

"Dov'è?"

"Nel ripiano più alto, a destra. Dovresti arrivarci tu, con la scala."

Il ragazzo salì i gradini di legno e dovette allungare leggermente il braccio per poter prendere il volume in questione. "Storia delle streghe?" domandò scettico, una volta sceso dalla scala.

"Sì, esatto." affermò Hermione, aprendo subito il libro. Iniziò a controllare pagina per pagina, notando però una certa discrepanza con ciò che lei ricordava di aver letto in
passato.

"Qualcosa non va?" chiese Harry.

"Questo volume dovrebbe essere nel Reparto Proibito, non qui."

"Non dire sciocchezze."

"Non le dico. C'è il timbro sul retro della copertina."

"Ma... da quel che sappiamo, non è mai uscita dal dormitorio di notte, e poi perché metterlo lì?"

"Forse ha agito di giorno e l'ha messo qui, perché qualcuno stava per scoprirla" ipotizzò la ragazza.

"Non riesco comunque a trovare un senso... Cos'ha di diverso rispetto a quello che usiamo per studiare?"

"Credo di avere la risposta" pronunciò Hermione, mostrando a Harry il nome sulla copertina interna:


Proprietà del re di Charn Liam Hawthorn
Donato alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts nell'anno 1972


"Suo nonno, giusto?"

"Sì, esatto, ma ci deve essere dell'altro. Sarà meglio esaminarlo, ma fuori di qui."
 


 
"Non capisco, perché non mi permettete di estorcere quello che nasconde con la forza?"

"Possibile che tu sia così ingenua?" domandò Ingrid severa.

"So che resisterà, ma..."

"Hilda, sai bene che morirebbe piuttosto che cedere. Io, di lei morta, non me ne faccio nulla. Le hai riferito quello che ti ho detto?"

"Sì, madre."

"E allora?" domandò impaziente la regina.

"Dice che non vi dovete adagiare sugli allori, potreste avere una brutta sorpresa."

La strega strinse le mani a pugno fino a far sbiancare le nocche. "Prima o poi si pentirà di quello che ha detto e si inchinerà davanti al mio trionfo!" pronunciò con rabbia.
 


 
Si stava costringendo a mangiare per l'ennesima volta. Mancavano due ore all'ultima prova del Torneo Tremaghi e Alexandra aveva bisogno di tutte le sue forze per affrontarla al meglio, ma il suo stomaco era ancora più chiuso di quanto lo fosse stato nei giorni passati. Sospirò, mettendo giù la forchetta.
"Tutta colpa di quel dannato libro" pensò. Non era stata una scelta saggia quella di introdursi furtivamente nel Reparto Proibito della biblioteca, anche se la questione era di vitale importanza. Le servivano alcune informazioni e non aveva voluto aspettare il permesso scritto, infrangendo così un'altra regola della scuola; il tutto in pieno giorno, con il rischio di essere scoperta. Per poco non era successo, ma almeno aveva fatto in tempo a strappare quella pagina. Non riusciva a capire perché suo nonno avesse donato a Hogwarts quella versione di "Storia delle streghe" priva delle modifiche che erano state apportate alla pagina dedicata a Morgana. Era da sciocchi fare una cosa simile. Fortunatamente, l'aveva trovato prima di Hermione, altrimenti sarebbe successo il finimondo. Quel ritratto avrebbe davvero fatto sì che tutto saltasse per aria.
 


 
"Manca una pagina" disse Hermione.

"Quale?" chiese Harry.

"Il ritratto di Morgana… non ha senso, perché strapparlo?"

"Non ne ho idea."

"C'è qualcosa sotto, ci dev'essere un collegamento. È l'unica pagina che manca."

Il Prescelto scosse la testa.

"Aspetta…” disse piano Hermione, con l’aria di chi si è ricordato improvvisamente di un dettaglio importante per la risoluzione di un caso. “Alla lezione della Cooman... cosa le era apparso nei fondi del tè?"

"Un… ce l'ho sulla punta della lingua… Ah, sì! Un Triskell, ma tu non credi a queste cose."

"Harry, non mi sei d'aiuto così. Qui dice che il Triskell è il simbolo di Morgana."

"Non starai pensando che è tutto collegato?"

"Non lo so" sospirò la ragazza. "Non so davvero più cosa pensare."
 

 
Uscì dalla Sala Grande quando ormai mancava appena un’ora alla fatidica prova. Si diresse nel dormitorio e aprì il baule. Tirò fuori ciò che le serviva e lo richiuse.
Alexandra si cambiò in fretta e poi si guardò nello specchio del bagno. Era incredibile come il suo volto, in tutti quegli anni, non fosse cambiato affatto: le ricordava quel suo ritratto da ragazzina che tanto l'aveva fatta rimanere di sasso. Il pensiero la fece sorridere amaramente: ricordava persino il giorno, il luogo e l'artista che lo aveva dipinto…

Chiuse gli occhi e sospirò: quei tempi erano passati, ormai. Guardò ancora un'ultima volta il suo riflesso, poi decise di uscire dal dormitorio.
Mentre percorreva il corridoio centrale, la tensione e la paura iniziarono a prendere il sopravvento. Non aveva idea di cosa sarebbe successo quella notte, ma aveva la netta sensazione che non sarebbe stato nulla di buono.
 

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Capitolo 40
*** Chimera ***


Chimera
 

"Le hai trovate?" domandò Ingrid all'uomo davanti a sé.

"Sì" rispose Tremotino.

"E allora?!" esclamò spazientita la strega.

Sul viso del Signore Oscuro apparve un sorriso di scherno. "Sono a Storybrooke."

La donna strinse le mani a pugno. "Resti lo stesso al mio servizio."
 


"Benvenuti all'ultima prova del Torneo Tremaghi! Questa sera, finalmente, sapremo il nome del vincitore!" esordì entusiasta il Preside di Hogwarts.
"Ciò che tra poco dovranno affrontare i quattro campioni va ben oltre le semplici capacità magiche" continuò, facendo poi una breve pausa. "In quel labirinto, oltre a creature magiche mai viste prima, ad attenderli ci saranno le loro peggiori paure. Solo il migliore tra loro riuscirà a raggiungere la coppa al centro del labirinto." Guardò uno ad uno i partecipanti, soffermandosi sulla Grifondoro. "Bene, si preparino a partire i due campioni di Hogwarts!" disse infine.

Alexandra prese un bel respiro e si posizionò davanti all'apertura del labirinto che le era stata assegnata. Chiuse gli occhi e cercò la concentrazione necessaria, anche se la testa continuava a dirle di scappare. Prese un altro respiro e poi guardò davanti a sé: il corridoio era buio ed era invaso da una strana nebbia. Strinse la bacchetta tra le dita e si voltò per sorridere un'ultima volta ai suoi amici seduti sugli spalti: aveva la sensazione che non li avrebbe più rivisti.
 


"Non vuole incontrarmi?" chiese piano il ragazzo dai capelli corvini, appena entrato nella Sala del Trono.

"Questo non lo so" rispose il leone.

"Capisco..."

"Non credo ti odi."

"Morgana sa fingere bene."

"Non è la persona che ricordi, Merlino."

"Silente mi ha accennato qualcosa, ma..."

"Nessun ma" lo interruppe Aslan. "Devi fidarti. Ha bisogno di te."
 


"Ho paura..." mormorò Harry, nonostante avesse ricambiato il piccolo sorriso di Alexandra.

"Ce la farà. Ne sono sicura" provò a tranquillizzarlo Hermione.

"Sì, Harry. Ha la pelle e la testa dura" intervenne Ron, dando una pacca sulla spalla al Prescelto.
 


Lo sparo del cannone fece trasalire tutti i presenti. Alexandra fu la prima a farsi avanti. Leggermente titubante, mosse i primi passi verso l'entrata, che le si chiuse dietro non appena ne varcò del tutto la soglia. D'improvviso, il chiasso e le illuminazioni degli spalti lasciarono il posto ad un silenzio spettrale e al buio totale. Si fece immediatamente luce con la bacchetta, che però riuscì a illuminare ben poco. Procedette lentamente, metro per metro, tendendo l'orecchio a ogni minimo rumore. Doveva stare all’erta, non aveva idea di quali creature ci fossero nei paraggi. Percorse tutto il corridoio e poi, seguendo l'istinto, svoltò un paio di volte a destra e una a sinistra, ritrovandosi in un piccolo cortile.
 


La notizia ricevuta da Tremotino aveva completamente fatto saltare i suoi piani. Non se ne faceva più un bel niente del Signore Oscuro, adesso che le sue nipoti erano a Storybrooke, sicuramente ben protette dalla ex Regina Cattiva e dalla sua stupida combriccola, di cui faceva parte anche la Salvatrice. Sbuffò, sedendosi sulla poltrona del suo studio. Non aveva che un'unica scelta: scendere in campo personalmente.
 


Alexandra si fermò in quello spiazzo qualche secondo prima di proseguire dritta, sperando di aver preso la direzione giusta per il centro del labirinto. Avanzò per qualche decina di metri, poi svoltò tre volte a sinistra, trovando un altro cortile, che era un po' più grande del precedente. Lo strusciare di qualcosa a terra, però, attirò la sua attenzione. Non era sola: qualcosa si muoveva nella sua direzione.

"Lumos Maxima" pronunciò, facendo sì che la bacchetta emanasse più luce. Ciò che vide le fece gelare il sangue nelle vene.
 


Aveva le mani strette intorno alla balaustra in ferro del balcone e lo sguardo rivolto in direzione della terra di Narnia. Aveva distintamente percepito l'arrivo di una fonte di magia e sapeva bene a chi appartenesse. Jadis chiuse gli occhi e sospirò, mentre un altro ricordo invadeva la sua mente:

"Ho solo una domanda, padre."

L'uomo smise di prestare la sua attenzione alle carte che stava leggendo e la spostò sulla figlia. "Dimmi."

"Sapete bene che la figura di Morgana..."

Il re la interruppe: "La risposta è sì. Lui è già rinato."

"Questo vuol dire che..." la strega si bloccò.

"Dipende da cosa decideranno."

"Non permetterò che lui la uccida!"

"Jadis, non so cosa accadrà, ma non puoi e non devi intralciare il loro destino. Hanno due scelte: amarsi o distruggersi, e non è detto che sia Merlino a vincere."
 


Davanti a lei, avanzava una figura con la testa di leone, il corpo di capra e la coda di drago, che sembrava essere uscita dai meandri più oscuri dell'Ade: una Chimera. I suoi occhi parevano emanare uno sguardo affamato.
Alexandra indietreggiò di qualche passo, cercando di riflettere su cosa potesse fare in quella situazione, ma non ebbe abbastanza tempo per pensare. La creatura, infatti, tentò un primo attacco che, fortunatamente, andò a vuoto.

"Non ho intenzione di essere la tua cena!" esclamò, indietreggiando verso l'apertura alle sue spalle, ma quella si chiuse in fretta. "Dannazione!"

La Chimera prese ad avanzare verso di lei, agitando in aria la propria coda. Era questione di pochi istanti prima che sferrasse un secondo attacco.
 


Delle stelle rosse comparvero in cielo: qualcuno dei campioni aveva deciso di abbandonare la competizione.  Harry sentì il proprio cuore perdere un battito e strinse le mani a pugno.

"Vedrai che non è lei" disse immediatamente Ron.

"Come fai a esserne sicuro?"

"Non si è fatta battere da un drago, né da una sirena. Non saranno di certo uno stupido labirinto e qualche creatura di poco conto a fermarla. Sono sicuro che vincerà il torneo."

Il Prescelto sorrise appena, poco convinto della risposta ricevuta.
 
 


"Sei pensierosa" disse Emma, interrompendo il silenzio tra loro.

"Ho la sensazione che tutto questo sia..."

"Sbagliato?" chiese la bionda, interrompendola. "L'amore non è mai sbagliato, Regina."

"Non intendevo quello che c'è tra noi due, Swan."

"Che cosa, allora?"

"Il conflitto in cui siamo finiti. Manca qualcosa. Sono sicura che la spiegazione dataci da Elsa e Anna sia solo una parte della verità."

"Intendi dire che..."

La mora la interruppe: "No, Emma. Loro non sanno niente di più di ciò che hanno detto. L'unico che può chiarire tutto è Tremotino, ma Ingrid lo
controlla."

"Già..." sospirò la bionda. "ma sono convinta che si sistemerà tutto."

"Non incominciare con i discorsi sulla speranza."

"Ehi! Guarda che non sono mia madre!"

"Per mia fortuna" sorrise piano Regina.
 


Aveva evitato ogni singolo attacco da parte della Chimera, che non le aveva dato un attimo di tregua.

"Non posso continuare così..." pensò la Grifondoro, cercando di riprendere fiato. Quella dannata creatura era veloce e agile nei movimenti. Doveva trovare al più presto una soluzione, o per lei sarebbe stata la fine. 
 


"Come mai mi avete fatta chiamare madre?" chiese Hilda, stando sulla soglia della porta.

Ingrid alzò lo sguardo su lei. "Prepara l'esercito: andiamo a Storybrooke."

"Siete forse impazzita?"

"Non osare discutere i miei ordini! Le tue cugine sono lì."

"Ma avete il Signore Oscuro..."

"Non me ne faccio nulla di Tremotino!" la interruppe la donna.

"E Voldemort?"

"Ha ancora il suo compito da portare a termine."

"Madre, è solo una stupida ragazzina!"

"Non credo lo sia. Tua sorella non si sarebbe arresa così facilmente se sua figlia fosse stata una stupida ragazzina."

"Non credo sia una così grande minaccia."

"Come sempre sottovaluti il tuo avversario. Per questo tua sorella è sempre stata migliore di te."

"Lei non è migliore di me " pronunciò a labbra serrate Hilda.

"Ti batterebbe ad occhi chiusi. Lo sai bene questo e non credo che sua figlia sia da meno."

"Se lo dite voi..."

"Non dirmi che ti senti ferita nell'orgoglio? Sei patetica. Ora va', non ti voglio più tra i piedi."
 
 


La creatura scattò verso di lei. Alexandra attese il momento adatto e chiamò a sé la bacchetta che era stata fino a qualche giorno prima in possesso di sua madre. Si spostò leggermente e colpì la Chimera di lato, tramutandola nell'arco di pochi secondi in una statua di pietra. Restò ferma lì per qualche minuto, cercando di regolarizzare i suoi battiti.
 


"Sono rimasti solo lei e Cedric " disse Hermione.

"Lo so" mormorò Harry.

"Cedric non è alla sua altezza" commentò Ron.

"Non è questo a preoccuparmi… ho come la sensazione che..." il Prescelto si interruppe.

"Che lei non possa tornare" finì per lui l'amica.
 


Riprese a camminare. Svoltò a destra e a sinistra molte volte, fidandosi solo del proprio istinto, mentre la stanchezza, pian piano, iniziava a farsi sentire. Doveva difendersi persino dal labirinto stesso, che tentava di fermarla in ogni modo. Si strappò gli abiti e si graffiò la pelle contro le siepi, ma non le importò. Voleva solo porre fine a quel calvario.
 


"Abbiamo fermato anche quel Tassorosso" disse il Mangiamorte.

"Me ne compiaccio" rispose Lucius. "Adesso il piano può dirsi concluso" sogghignò, poi.
 


Finalmente eccola lì, in fondo a quel corridoio, posta su un piedistallo: la dannata coppa Tremaghi.  Alexandra si mise a correre, mossa più che altro dall'adrenalina che le era risalita in corpo. La fine di tutta quella vicenda era a portata di mano e nessuno poteva impedirle di afferrarla...
Si bloccò di colpo.
Non c'era nessuno, oltre a lei... possibile che fossero stati tutti battuti? Si voltò: a parte il buio e le pareti del dedalo, non vide altro. La sensazione di scappare ritornò prepotentemente nella sua testa e strinse la bacchetta tra le mani. Voleva mettere un punto fermo a quella storia, ma poi cosa sarebbe successo?  A questo non aveva minimamente pensato. 

"Non esitare. Io sono con te" una voce a lei familiare riecheggiò tra quelle siepi.

"Aslan!" esclamò, ma non lo vide.

" Non aver paura. Va'."

La Grifondoro riprese a correre verso il trofeo e lo afferrò. La sensazione che provò fu molto strana, dandole l’idea di turbinare in un vortice di colori e suoni, ma scomparve in pochi secondi.
Alexandra atterrò di petto su un qualcosa di compatto e freddo. La coppa le sfuggì via dalle mani, rotolando qualche metro più avanti. Tentò di rimettersi in piedi, ma cadde a terra: la sua stanchezza era tale che alla fine svenne.

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