Love bites

di Napee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


•   Love bites





Sapeva che presto o tardi sarebbe arrivato quel momento. Era una cosa che Oikawa Tooru sapeva da tempo ormai, fin da quando gli avevano comunicato che era un omega, e poteva far finta di niente e rimandare quanto volesse l’inevitabile con pillole varie, ma quel momento della sua vita sarebbe arrivato presto e ormai non poteva più farci niente.
Secondo la lettera che l’ente sanitario gli aveva mandato, il suo primo ciclo fertile di calore sarebbe giusto fra poche settimane. Sarebbe durato circa tre giorni, al massimo sei.
Praticamente una settimana in cui il governo lo obbligava a farsi scopare da un alpha appositamente scelto per lui.
Uno sconosciuto in pratica.
Avrebbe passato una settimana con un vero e proprio estraneo al quale avrebbe donato la sua prima volta.
Anche contro la propria volontà dato che, quando il calore sarebbe sopraggiunto, tutto ciò che avrebbe voluto sarebbe stato un alpha.
E Tooru già pensava al dopo, a come si sarebbe sentito, a quanto avrebbe fatto male donare il suo corpo a qualcuno che non aveva nel cuore.
Da anni ormai amava in segreto il suo migliore amico, ma non aveva il coraggio di confessargli i suoi sentimenti. A che proposito poi?
Quale senso avrebbe avuto confessarglieli se poi tanto avrebbe passato una settimana fra le braccia un un alpha sconosciuto e non fra quelle di Hajime Iwaizumi?
Il campanello suonò improvviso e Tooru rabbrividì all’idea che potesse già essere l’alpha passato a prenderlo per portarlo in un love motel.
Scese le scale percependo il suo cuore smettere di battere ad ogni gradino che scendeva.
Aprì e Hajime Iwaizumi lo guardò storto con le guance un po’ arrossate.
“Iwa-chan? Cosa ci fai qui di domenica mattina?” La domanda gli nacque spontanea data la notissima abitudine del moro di stare sveglio fino a tardi il sabato sera a leggere fumetti e manga per poi dormire la domenica mattina fino all’ora di pranzo.
Diceva che in quella sera recuperava tutto ciò che non aveva il tempo di leggere durante la settimana e che per questo il sabato sera era sacro.
Tooru aveva rinunciato ad uscire il sabato sera o la domenica mattina con lui da tempo ormai. E aveva perso anche la voglia di piombare in quella camera che puzzava di calzini sporchi la mattina presto, per pregarlo in ogni modo possibile e provare a convincerlo ad alzarsi e andare a correre insieme.
“Non lo so, dimmelo tu…” aveva risposto dubbioso, mostrandogli fra le mani la lettera dell’ente sanitario che lo “chiamava al dovere” e gli forniva l’indirizzo dell’omega che aveva bisogno del suo aiuto.
“Penso ci sia stato un qualche errore del cazzo. Domani faccio chiamare mamma e-…”
“Nessun errore.” Ammise Tooru in un sospiro, tutto d’un fiato, espirando quel segreto che aveva custodito gelosamente per tutti i suoi sedici anni.
Hajime lo guardò sconvolto e confuso. I suoi occhi verde smeraldo non erano mai stati così pieni di dubbi e domande.
Una parte di Tooru se ne dispiaceva. Hajime era sempre stato onesto con lui, fin dall’inizio, non gli aveva mai nascosto niente, non aveva mai omesso niente.
Gli aveva parlato del suo secondo genere e goliardicamente, davanti ai loro amici, aveva ammesso di non veder l’ora di ricevere quella lettera e sperava solo che fosse una bella omega con dei seni da sballo.
Quando poi erano rimasti soli e Tooru aveva toccato l’argomento di nuovo, Hajime aveva ammesso di farsela sotto dalla paura e che, in fondo, era solo un ragazzo normale e la sua seconda natura lo spaventava da pazzi.
L’idea di perdere il controllo in compagnia di uno sconosciuto non lo entusiasmava affatto. Avrebbe potuto farsi male o fare male a quell’ipotetico omega… o peggio: marchiarlo. Hajime, nell’intimità della loro amicizia, gli aveva aperto il cuore e parlato con sincerità senza preoccuparsi di apparire debole. Davanti a Tooru non aveva bisogno di apparire forte e poteva lasciarsi andare e essere il vero sé stesso.
Forse era stato proprio vedendo quanto fosse autentico Hajime che Tooru si era innamorato di lui.
Entrarono in casa Oikawa e si accomodarono sul divano in salotto.
I padroni di casa erano partiti per la loro ennesima luna di miele e forse era stato meglio così, almeno avevano tutta la privacy che quel momento richiedeva.
“C’è poco da spiegare in realtà…” iniziò Tooru nervoso, asciugandosi le mani sudaticce sui pantaloni.
“Sono un omega, Hajime, e proprio l’altro ieri ho ricevuto la lettera dove mi annunciavano che il mio primo calore dovrebbe sopraggiungere a breve.”
“Aspetta…” lo interruppe Hajime confuso.
“Come fa l’ente sanitario a sapere una cosa del genere?”
Tooru sorrise amaramente.
“Analisi del sangue, acquisti di medicine e gli stessi soppressori che il governo ci passa… noi omega siamo praticamente spiati ventiquattro ore al giorno.”
“Ma perché? Che bisogno c’è?”
“Perché se andassimo in calore in maniera incontrollata creeremmo il caos ovunque. Si dice che non esista niente di più forte dei feromoni di un omega in calore, che possono dare alla testa e ammaliare gli alpha fino al punto di convincerli a fare ciò che non vorrebbero.” Spiegò sputando fuori tutta la sua frustrazione e la rabbia per quella società che li demonizzava come bestie dalle quali sarebbe bene tenersi alla larga.
“Non sei riuscito a portarmi a correre nemmeno una domenica mattina, quindi forse fai proprio schifo come omega.” Lo punzecchiò Hajime, rilassando quel clima teso che si era creato fra loro e dandogli una spallata giocosa.
Tooru gli sorrise bisbigliando un “vaffanculo” fra un sorriso e l’altro.
Si misero alla play per tutto il giorno e si nutrirono con il cibo spazzatura che i genitori di Tooru avevano comprato per il loro nipotino.
Fu quando la notte fu calata, quando ormai quella domenica altro non era divenuta che una giornata passata in amicizia ad oziare, che Tooru iniziò a sentirsi diverso.
Qualcosa dentro di lui chiedeva attenzioni, una sorta di languore bisognoso imponeva di essere soddisfatto. Era come se avesse fame di qualcosa, una fame allucinante, ma non riusciva a capire di che cosa.
Iniziò anche a sudare molto, abbastanza affinché il joystick gli scivolasse di mano.
Sospettava che fosse il calore. Aveva letto a riguardo e più o meno i sintomi erano quelli.
“Hajime…” lo chiamò con un filo di voce appena, strascicato, implorante. Pareva quasi un gemito ansante.
Il moro si voltò nella sua direzione distogliendo gli occhi dallo schermo e il sorriso divertito gli morì sulle labbra.
Davanti a lui, Tooru Oikawa se ne stava seduto scomposto, con le gambe spalancate verso di lui, le guance in fiamme, il respiro mozzato in ansiti e lo sguardo ebbro di lussuria.
Sentiva persino il suo profumo.
Non aveva idea se quelli fossero i famosi e temibili feromoni omega, ma sapeva che Tooru aveva un profumo davvero squisito.
Invitante. Come un bel frutto maturo da mordere.
Deglutì spaventato appena realizzò ciò che il suo cervello aveva pensato.
“C-ci siamo?” Gli chiese balbettando e si diede mentalmente dell’idiota subito dopo.
Era ovvio che fosse giunto il momento cosa si aspettava? Qualche cartello luminoso sopra a Tooru?
Tooru annuì comunque, portandosi una mano sulla fronte a scacciare le gocce di sudore che gli scendevano dalla fronte.
“I-io… non ho i preservativi.” Lo informò e Tooru fece appena ad indicargli il cassetto del suo comodino.
Una vasta scelta di profilattici dai gusti più eccentrici faceva bella mostra nel cassetto e a Hajime restava solo l’imbarazzo della scelta.
“Si può sapere cosa ci fai con tutti questi cosi? Vuoi farti una tutina di lattice alla banana e mango o cosa?”
Tooru accennò un sorriso appena e salì sul letto che si frapponeva fra lui e l’alpha, con una luce negli occhi che Hajime non gli aveva mai visto prima.
“A-aspettavo… te…” sincopò come risposta, piombandogli addosso ed iniziando a strappargli i vestiti.
Hajime oppose una certa resistenza convinta che mano a mano divenne più blanda, sempre di più, finché non si lasciò avviluppare fra le spire di quel profumo dolciastro che lo faceva impazzire.
Lasciò che le mani impazienti di Oikawa li denudassero entrambi e poi si lasciò guidare sul letto, dove le labbra del suo migliore amico invocavano il suo nome come un devoto invoca il suo Dio.
Non seppe il momento esatto in cui decise di spegnere il cervello e non pensare più, non se ne rese nemmeno conto in verità.
Solo che a un certo punto, scivolare dentro Oikawa piegato a quattro zampe gli sembrava la cosa più corretta del mondo in quel momento.
Fare sesso con lui, godere a pieno del suo corpo bello e statuario, gli sembrava normale. Come se fino a quel momento non fosse mai stato il suo migliore amico.
Come se non ci fosse niente di strano nel fare sesso insieme quando i loro corpi s’incastravano così bene.
E quel profumo che lo chiamava era la cosa più deliziosa che le sue narici avessero mai sentito.
Come un piatto prelibato che aspetta di essere mangiato.
Hajime allungò il collo, si stese sulla schiena di Tooru e morse la sua carne rosea.
Ma quel profumo lo chiamava ancora. Forse un altro morso. Un altro e un altro ancora.
Ebbe un momento di lucidità quando lo sentì sussultare per il dolore. Guardò in basso e vide un po’ di sangue sulle natiche rosee di Tooru e un po’ sui suoi addominali.
Capì di aver perso completamente la testa fino a quel momento.
Capì di averlo preso con una forza talmente brutale da avergli persino fatto male.
Tornò a guardare davanti a sé per scusarsi con lui, ma la visione della sua schiena piena di morsi lividi gli impedì di pronunciare alcuna parola.
Lo allontanò da sé con forza e cercò di restare lucido. Si spalmò sulla parete opposta al letto e cercò un briciolo di lucidità nel freddo che il muro gli iniettava direttamente nelle ossa.
Si concentrò sull’odore di vernice e su quello del sangue che lo faceva sentire una merda.
Era un coglione. Era stato un vero stronzo e quello che aveva temuto si era infine avverato.
Tooru si avvicinò a lui implorante, chiamandolo e spalancandogli le gambe davanti in un chiaro invito.
Ma fu quando portò una mano fra le sue cosce che Hajime si sentì un vero verme. Sul dorso di quella mano spiccava uno dei suoi morsi.
Forse Tooru aveva provato a proteggersi dal marchio o forse aveva solo messo la mano sulla sua spalla… Hajime non lo sapeva, non riusciva a ricordarlo, ma il livido che sarebbe nato su quella pelle chiara gli avrebbe ricordato per sempre di come aveva trattato il suo migliore amico.
Si riavvicinò al letto con circospezione, cercando di non restare soggiogato ancora dal profumo di Tooru.
Si sdraiò sul materasso e attese che il suo migliore amico gli fosse addosso. Lo lasciò fare, gli lasciò dirigere i giochi godendosi l’esperienza dello stare sotto al più bello della scuola.
“T-ti amo… Hajime…” Uggiolò d’un tratto Oikawa, cogliendo il suo migliore amico di sorpresa.
“C-cosa?” Ansimò il moro in risposta, poggiando le mani sui fianchi instancabili di Oikawa per costringerlo a fermare la sua cavalcata.
“Che stai dicendo?”
“S-sono innamorato di te, Hajime.” Furono le ultime parole che Tooru ansimò dalle labbra prima di unirle con quelle del suo migliore amico.
E forse era il calore, forse era stato l’impeto della prima volta, Hajime non sapeva spiegarsi il motivo per il quale Tooru gli avesse detto quelle cose e poi lo avesse baciato.
Semplicemente lasciò perdere e, mentre Tooru riposava al suo fianco dopo l’amplesso, lui fissava intensamente il soffitto domandandosi se tutto quello fosse solo un triste scherzo del destino o se qualcuno stesse crudelmente giocando con i suoi sentimenti per Tooru.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***



Tooru aprì gli occhi e si ritrovò con il corpo indolenzito. Era come un formicolio leggero e piacevole.
Si stiracchiò e l’odore di sesso che impregnava le coperte fu il buongiorno che sperava di sentire.
Si rotolò nel letto e affondò la testa nel cuscino di Hajime.
Il suo profumo lo avvolse come un caldo abbraccio. Non era come averlo lì, nemmeno lontanamente si avvicinava alla bontà del profumo della sua pelle annusato direttamente da essa.
Ma per quel momento di assenza, Tooru poteva anche farselo andare bene.
Sbirciò al di fuori del letto, dove i vestiti giacevano a terra sul pavimento ed individuò la maglia di Hajime. Un sorriso eccitato gli distese le labbra.
Allungò la mano, acciuffò l’indumento e lo portò al naso inspirando forte.
Era sublime, l’odore di Hajime, l’odore di alpha era inebriante e seducente.
Era qualcosa che Tooru non aveva mai sentito così intensamente, ma era certo di non volervi rinunciare mai più.
Sentì la sua erezione svegliarsi fra le cosce e un liquido strano colargli fra le natiche.
Si era eccitato soltanto con l’odore di alpha?
Poteva anche essere così… aveva letto che durante il calore gli omega erano estremamente sensibili agli stimoli esterni, ma non credeva certo fino a quel punto.
Portò una mano dietro la schiena intenzionato a cercare un po’ di sollievo con le dita mentre affondava il naso nella maglia di Hajime, ma appena toccò la pelle intorno al suo orifizio, un bruciore improvviso lo fece gemere di dolore.
La porta si spalancò all’istante e un Hajime preoccupato e terrorizzato irruppe da essa vestito di tutto punto.
“Che succede? Stai male?” Gli chiese avvicinandosi al letto velocemente e Tooru ne approfittò per gettargli le braccia al collo e annusare il profumo della sua pelle.
Oh Dei del cielo era sublime!
Lo baciò senza attendere oltre ed iniziò a spogliarlo della maglietta.
Hajime si sforzò in tutti i modi di contrastarlo con dolcezza, ma la sua irruenza lo soverchiava.
“Tooru, stai fermo… aspetta un secondo!” Lo brontolò afferrandogli i polsi e tenendoglieli fermi a mezz’aria.
Tooru pareva incontenibile, attratto da lui, dal suo odore in un modo osceno. Quasi animalesco.
E una piccola parte di Hajime non poté che gioirne e illudersi che non fosse per il calore, che non fosse perché sentiva i suoi feromoni da alpha e ne veniva calamitato, ma bensì perché lo volesse Tooru stesso.
Non amava illudersi e vivere di fantasie, Hajime era sempre stato con i piedi per terra, ma mentire a sé stesso in quel momento e pensare che Tooru fosse realmente attratto da lui in quanto persona e non solo per il suo genere secondario, era una dolce bugia che gli fece arrossire le guance e battere forte il cuore.
Perché poteva odiare quel suo carattere civettuolo di merda, poteva non sopportare la sua altezzosità, ma amava Oikawa Tooru con ogni fibra del suo essere fin da quando erano dei mocciosi delle elementari.
E forse quella situazione paradossale faceva più male a lui che a Tooru stesso.
Magari quando quella settimana fosse volta al termine, Tooru lo avrebbe ringrazio per il suo “aiuto” con una bella pacca sulla spalla e amici come prima. Ma Hajime no… lui avrebbe portato nel cuore e nella mente il ricordo di ogni singolo giorno. E il senso di colpa gli avrebbe tolto il respiro ogni volta che ripensava alla schiena pallida del ragazzo che amava ingiuriata di morsi osceni.
“Ti ho sentito prima, era un lamento di dolore. Cosa ti fa male?” Gli chiese senza nemmeno guardarlo in faccia, iniziando ad estrarre dalla tasca del cappotto una bustina con riportato sopra il logo della farmacia.
“I-il… il sedere.” Borbottò Tooru con le lacrime agli occhi per la vergogna, proprio l’esatta copia di un bambino timidone.
Ad Hajime si strinse il cuore.
Quel sangue che aveva visto… era colpa sua, soltanto colpa sua.
Aveva sempre temuto di perdere il controllo, aveva sempre temuto che i feromoni omega soggiogassero la sua mente a tal punto da far del male a qualcuno.
Ed era successo.
Era accaduto con il ragazzo che amava.
“È colpa mia… sono stato un mostro ieri, perdonami.” Si scusò a testa bassa, cercando i suoi occhi castani titubante. Ad accoglierlo però trovò il sorriso più bello di tutti.
“Non preoccuparti…” gli rispose Tooru, carezzandogli una guancia con dolcezza. Hajime si perse in quel dolce gesto e si lasciò cullare per le derive della sua mente.
Chiuse gli occhi e lasciò che Tooru lo guidasse finché le loro labbra non si toccarono ancora, di nuovo, in un nuovo bacio.
Ancora un bacio.
E uno ancora.
Hajime capì che le labbra di Tooru erano come un canto di sirena irresistibile nel momento esatto in cui i suoi boxer volarono via chissà dove.
E se avesse seguito l’istinto sarebbe stato solamente la triste copia del giorno precedente. Lo sapeva che sarebbe andata così.
Sentiva il suo corpo muoversi perfettamente in sincronia con quello di Tooru e scivolavano l’uno sull’altro come se fossero stati concepiti per quell’esatto momento e per fare quello che stavano facendo.
Era come se l’universo avesse trovato il suo perché seguendo l’armonia dei loro corpi che si amavano e si desideravano.
Ma con l’ultimo barlume di lucidità che la mente gli concesse, Hajime prese Tooru per un braccio e lo fece issare in piedi contro la parete.
I fianchi dell’omega si sporsero invitanti verso di lui proponendogli un’offerta deliziosamente accattivante.
Ma invece Hajime prese la busta in plastica della farmacia e ne estrasse una pomata lenitiva. Se ne spalmò una dose generosa sulle dita e le inserì nell’orifizio implorante del suo migliore amico.
Il gemito che fece vibrare la gola di Tooru somigliò più a delle fusa che a un verso umano.
Ed era una vera delizia sentirlo così, vederlo contorcersi sotto ai suoi occhi e fra le sue mani grazie al piacere che gli stava donando. Era come una favola splendida che le sue orecchie non avevano mai sentito.
“È una pomata lenitiva e antisettica…” si sforzò di pronunciare per informarlo, ma in realtà non sapeva nemmeno quanto capisse realmente delle sue parole.
Tooru non rispose, si limitò a gettare indietro la testa, flettersi come un giunco alla ricerca delle sue labbra, e chiedere di più, sempre di più, ancora di più.
Perché solo due dita non bastavano e quel bruciore era divenuto un incendio incontenibile mescolato con il piacere.
E presto o tardi sarebbe impazzito del tutto, Tooru, se Hajime non avesse deciso di prendere in mano la situazione.
Fu proprio quello che fece in effetti. Senza alcun preavviso, Hajime estrasse le dita, arpionò i fianchi di Tooru e lo penetrò cercando di fare più piano possibile.
Si aggrappò a quei lividi purpurei che nascevano sulla sua pelle, si aggrappò al ricordo di aver ferito l’amore della sua vita ed il senso di colpa gli concesse concentrazione.
Non si lasciò soggiogare dai feromoni di Tooru, non lasciò che quella bestia dell’altro giorno riavesse il sopravvento.
Lasciò invece che fosse il cuore a guidarlo e non l’istinto.
Lo amò piano, con tutta la calma del mondo, distribuendo baci e carezze dove solo il giorno prima aveva dato solo dolore.
Ed il piacere crebbe velocemente fra loro, come una fiamma lì consumò fino a che il culmine non li colse entrambi.
Tooru ansimò l’estasi raggiunta con un lungo gemito e si liberò imbrattando tutto il muro.
Hajime invece si allontanò appena in tempo per sporcarlo sul sedere.
Lo abbracciò di getto, da dietro, senza un reale motivo, solo per esternare quella felicità che sentiva nel cuore.
Perché avevano appena fatto l’amore.
Perché non lo aveva ferito.
Perché era stato immensamente più bello della brutale sveltina del giorno prima.
“Ti amo, Tooru.”
“Iwa-chan…” pigolò Tooru sentendosi improvvisamente esausto. Aveva le gambe malferme, tremavano in continuazione e minacciavano di non reggerlo oltre.
Hajime lo sorresse e lo portò a letto con sé dove una giornata intera di coccole li avrebbe uniti in quel nido abbozzato che Tooru si era creato quella mattina stessa.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Dopo una settimana da quando Tooru era andato in calore per la sua prima volta, sembrava che nulla fosse successo.
Non era mutato niente nel loro rapporto. Erano amici e si comportavano come tali. Passavano sempre meno tempo insieme da soli però. Hajime non aveva potuto fare a meno di notare come Tooru fosse in difficoltà in alcuni momenti e cercasse un appiglio ogni volta che lui gli proponeva di passare un po’ di tempo insieme.
A scuola, al club era lui. Era l’insopportabile altezzoso di sempre con quella bella faccia e quel carattere da schiaffi.
Se si trattava di lui invece, ecco che cambiava rapidamente comportamento e se la dava metaforicamente a gambe.
Hajime ne soffriva di questo suo atteggiamento schivo, ma sentiva anche lui un certo imbarazzo fra loro che appena pochi giorni non erano riusciti ancora a dissipare.
Avevano scopato come animali per una settimana, si erano graffiati, morsi feriti e poi amati, coccolati, baciati. Le loro bocche avevano conosciuto il sapore del sangue, ma anche il sapore della pelle l’uno dell’altro finché non si erano riempite di parole d’amore che Hajime ancora non sapeva se fossero autentiche o meno.
Da parte sua lo erano state quantomeno. Sdraiati sul letto di Tooru, coperti con le lenzuola che sapevano di loro due e l’odore di omega tranquillo ad arieggiare intorno a lui, Hajime lo aveva baciato svegliandolo e gli aveva confessato i suoi sentimenti con naturalezza.
“Sono innamorato di te da una vita, ti amo Tooru Oikawa.”
E Tooru aveva riso felice e lo aveva baciato in risposta, asserendo che per lui era lo stesso e che non aspettava altro che di udire quelle parole.
I restanti giorni di calore li avevano passati in quel letto senza essere realmente capaci di levarsi le mani di dosso.
Si erano amati in ogni modo possibile e alla mattina dell’ottavo giorno, quando il profumo di Tooru era tornato normale e non più dannatamente invitante, Hajime si era visto sbattere fuori di casa senza nemmeno il tempo di dire mezza parola.
Aveva capito che Tooru si vergognasse incredibilmente, aveva capito cosa frullava in quella testa bacata che ragionava secondo la logica del “se non lo vedo, non è successo”. Aveva cercato un modo per parlarci quel giorno, prima della scuola, ma quel cretino del suo amico se l’era battuta a gambe levate e si era fatto accompagnare dal padre ad un orario improponibile.
Una volta a scuola era riuscito ad intercettarlo, ma di parlarne non c’era stato verso.
Tooru glissava e se la dava letteralmente a gambe ogni volta che percepiva quel l’argomento avvicinarsi.
Poi gli impegni erano subentrati nelle loro vite e vedersi ogni giorno non era più così possibile.
Il club di pallavolo e gli allenamenti li tenevano occupati, in particolare Tooru che, vedendo arrivare sempre più vicino il giorno della partita contro la Karasuno, aveva iniziato ad allenarsi fino allo stremo.
Delle volte addirittura si tratteneva fino a tardi dopo gli allenamenti con la squadra e continuava a provare e riprovare i suoi servizi micidiali.
Hajime sapeva che fosse il suo modo di sfogare il nervosismo: prepararsi al peggio e dare tutto sé stesso in quello che faceva era tipico di Oikawa dopotutto.
Sospettava però che ci fosse coinvolto anche il loro vecchio kohai Kageyama, l’anemesi di Tooru dei tempi delle medie. Non aveva mai saputo il motivo reale per cui il suo migliore amico lo odiasse a morte, aveva da sempre bevuto la scusa banale che Tooru aveva rifilato ai più e l’aveva presa come buona senza farsi troppe domande.
“È un alzatore come me. È pura competizione.”
Ma vedendolo lì in palestra alle tre del mattino, stremato, sudato e talmente stanco da non riuscire nemmeno a reggersi in piedi, Hajime iniziava a classificare quella scusa come l’ennesima cazzata.
Frustrato perché l’ennesima palla aveva impattato contro la rete, Oikawa aveva sbattuto i piedi e ringhiato fra i denti una serie di imprecazioni davvero poco eleganti.
“E ci baci tua madre con quella bocca?” Esordì per farsi notare dall’amico.
Oikawa verteva in uno stato pietoso: le occhiaie sotto agli occhi erano scure e profonde come abissi. Sembrava persino pallido e più magro e Hajime ebbe il dubbio che non si stesse nutrendo con regolarità.
D’altro canto, anche Hajime non lo faceva. Dopo quella settimana non aveva fatto altro che pensare a Tooru, a quanto lo amasse e come lo stesse facendo stare male il suo comportamento schivo. Mangiare con lo stomaco pieno di pensieri non era poi ‘sta gran cosa.
“Iwa-chan… che ci fai qui?” Domandò Tooru sentendosi messo alle strette. Un senso di panico lo avvolse. Era come se fosse finalmente in trappola, almeno era così che si sentiva.
“Ti aspettavo a casa tua, ma non tornavi.”
“Ho bisogno di allenarmi, i miei servizi non vanno nemmeno più nell’altro campo.” Si giustificò prendendo un altro pallone fra le mani e chiudendo lì la questione. Senza nemmeno sapere cosa volesse Hajime, senza nemmeno preoccuparsi del fatto che lo avesse aspettato fino alle tre di notte.
Hajime sentì i suoi nervi saltare uno ad uno.
Osservò il servizio di Oikawa con attenzione ed in silenzio finché la palla non impattò fragorosa contro la rete per l’ennesima volta. A quel punto si concesse di commentare.
“Sei talmente stanco che non riesci nemmeno più a saltare, è per questo che non te ne va bene una.”
“Finché non ne faccio una, non torno a casa.” Commentò a testa bassa il capitano della Seijo e Hajime fu sicuro di aver sentito la propria pazienza volatilizzarsi e abbandonarlo.
“Ti propongo l’alternativa: smetti di comportarti come un coglione.” Berciò incrociando le braccia al petto e costringendosi sulla soglia della palestra.
Se avesse avanzato anche solo di mezzo passo, era certo che avrebbe fatto coriandoli con il suo migliore amico.
Oikawa sorrise derisorio.
“Anche tu ci baci tua madre con quella bocca?”
“Ci ho baciato pure te e non ho sentito lamentele.” Stavolta vide il servizio dell’amico impattare contro il soffitto della palestra.
“Avrai spaventato a morte qualche piccione con quel colpo.” Commentò in seguito, godendosi l’esatto momento in chi gli occhi imbarazzati e furiosi di Oikawa si posarono su di lui.
“Se sei qui per questo, non voglio parlarne. Anzi, lascia proprio perdere la questione per favore.” Mise in chiaro il capitano, con una voce gelida e un comportamento talmente rigido da sembrare robotico.
“Quindi, quello che hai detto, erano solo cazzate perché eri in calore?” Chiese irritato e ferito, ignorando le parole dell’amico.
“Ti ho detto che non voglio discuterne, Hajime.”
“E io ti ho chiesto se erano solo cazzate, Tooru.” Replicò altrettanto gelido, avanzando di un passo nella sua direzione. Sentiva già le mani tremargli per la tensione.
“No che non lo erano!” Gli urlò in faccia Oikawa, abbassando lo sguardo fino a farlo impattare con il parquet e le sue scarpe degli allenamenti.
“Ero sincero, Hajime. Quello che ho confessato, lo provo davvero.” Aggiunse infine, sentendo la sua voce farsi meno ferma e gli occhi riempirsi di lacrime.
Non voleva che accadesse questo, non voleva crollare davanti a lui in quel modo. Non voleva più mostrarsi fragile agli occhi del suo Iwa-chan.
Intravide le scarpe del suo amico entrare nel suo campo visivo e chiuse gli occhi nel momento esatto in cui la mano calda e grande di Iwaizumi si poggiò fra i suoi capelli fradici di sudore.
Hajime lo spinse contro di sé, offrendogli la sua spalla come caldo conforto per piangere e Tooru si lasciò andare ad un pianto fatto di frustrazione e dolore.
“Perché sei scappato allora? Perché ti sei rintanato negli allenamenti invece di ascoltare quello che anche io avevo da dirti?”
“Perché mi avresti detto ancora una volta che mi ami, perché ci saremmo messi insieme e sarebbe…”
“Si sarebbe saputo il tuo secondo genere.” Concluse per lui Hajime, mordendosi l’interno della guancia quando Tooru annuì silenzioso.
Non aveva pensato a questo… non aveva pensato a come si sarebbe sentito Tooru se il suo segreto fosse stato rivelato. Aveva pensato solo a sé stesso, Hajime, ascoltando solo i suoi sentimenti e quel senso di frustrazione derivante dal fatto che Tooru lo stesse ignorando.
Se il segreto fosse venuto fuori, Tooru avrebbe perso tutto: il posto in squadra, il rispetto della gente e per non parlare dell’emarginazione a cui sarebbe stato costretto.
Era stato uno stupido. Si era comportato da stupido.
“Era più facile fuggire.” Aggiunse infine Tooru dopo qualche secondo di silenzio. Alzò lo sguardo umido di lacrime e trovò l’espressione contratta del suo amico ad accoglierlo.
“Iwa-chan…”
“Perdonami.” Esordì interrompendolo con la viglia di piangere a pungergli gli occhi.
“Ti ho cercato fino a ora solo per ottenere quello che volevo io senza pensare a quello che volevi tu.”
Oikawa accolse le sue scuse con un sorriso sereno sulle labbra. Carezzò la sua guancia ispida di barba e lo baciò dolcemente sulle labbra.
Lo aveva perdonato. Lo avrebbe sempre perdonato.
Le loro labbra si separarono con il rumore ovattato di un bacio scambiato di nascosto. I loro occhi si guardarono per secondi interminabili, scambiandosi frasi d’amore segrete che non potevano esprimere a parole.
Ma erano le mani che agivano per loro, stringendosi attorno ai corpi e impedendogli di allontanarsi.
Perché ci voleva distanza.
Perché stare insieme non poteva essere possibile.
Perché Oikawa avrebbe perso tutto.
Ma sembravano motivazioni futili e lontane mente le loro mani li spogliavano di tutte le insicurezze, di tutte le frustrazioni, dei pregiudizi e delle ingiustizie.
Poi anche le loro bocche si ribellarono alla tirannia dell’imposizione. Si cercarono ancora, ancora e ancora, trovandosi a metà strada come se non si fossero mai separate.
“Ti amo, Tooru”
“Anche io Hajime.”
Si baciarono con la foga e la fretta di chi è concio che quel bacio sia l’ultimo addio. E le lacrime al sapore di un malinconico per sempre si aggiunsero presto al sapore della passione.
Si accasciarono sui vestiti che erano caduti a terra. Il parquet della palestra era sporco e aveva un odore sgradevole, ma Tooru non desiderava essere da nessun altra parte che non fossero le braccia di Hajime.
Gli scivolò dentro con calma e pazienza. I loro corpi si conoscevano a memoria e si incastravano alla perfezione come se fossero stati creati appositamente per quello.
Due pezzi di un puzzle che si completano. Due metà di un intero.
“Oh… Ti amo così tanto!” Gemette Tooru gettando indietro la testa preda del piacere più intenso.
“Anche io…” rispose Hajime, baciandogli la mano con il segno dei suoi denti.
Fecero l’amore consacrando i loro sentimenti una volta per tutte.
Non avevano più bisogno del mondo, in quel momento si bastavano a vicenda.
Tooru raggiunse l’apice poco dopo, soffocando una preghiera accorata sulle labbra del suo amato.
“Dentro, ti prego.”
“Ma-…”
“Almeno per una volta voglio sentirlo.”
E Hajime lo accontentò. Non avrebbe mai saputo negargli qualcosa.
Lo baciò appassionatamente mentre l’orgasmo lo coglieva e si liberava dentro Tooru per la prima volta.
Il knot si gonfiò fra loro tenendoli uniti e incastrati in quell’abbraccio d’amore e d’addio. Una lacrima corse via dalle ciglia di Tooru e Hajime la raccolse con le sue labbra.
Pensava che gli avrebbe fatto male, pensava che sarebbe stato doloroso. Ma lo era in modo diverso. Non fisico, ma emotivo.
Era legato all’unica persona al mondo a cui volesse essere legato, erano uniti insieme in quell’abbraccio intimo per la prima volta e per l’ultima.
Era bello. Era straziante.

Ti amo, ma non posso averti

Ti amo e ti amo troppo per costringerti ad una vita che non vuoi

Il sapore di un addio silenzioso iniziò a diffondersi nell’aria, ma Tooru non voleva pensarci. Non in quel momento. Non nel loro piccolo frammento di per sempre.

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