Come Fumo Nero di LilyShakarian (/viewuser.php?uid=15141)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I° ***
Capitolo 3: *** Capitolo II° ***
Capitolo 4: *** Capitolo III° ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV° ***
Capitolo 6: *** Capitolo V° ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI° ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII° ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII° ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX° ***
Capitolo 11: *** Capitolo X° ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI° ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII° ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIII° ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIV° ***
Capitolo 16: *** Capitolo XV° ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVI° ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVII° ***
Capitolo 19: *** Capitolo XVIII° ***
Capitolo 20: *** Capitolo XIX° ***
Capitolo 21: *** Capitolo XX° ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXI° ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Fissava
il panorama sotto di sé, anche se le lacrime le appannavano la
visuale. Come al solito, anche se ormai la notte regnava sovrana, la
città era ancora illuminata e attiva, tanto da impedire la
visione delle stelle nel cielo, persino da lassù. Il freddo di
quella sera le scompigliava i capelli che ricadevano sul viso
pallido, macchiato da alcune gocce cremisi, fuse col suo pianto.
Strinse le mani in pugni chiusi, facendo cadere alcune gocce di
sangue ai suoi piedi. Le spalle si scuotevano a ogni singhiozzo che
emetteva, disperata come non mai per quello che stava accadendo.
Presto sarebbe finito tutto. Poggiò prima un piede sul
cornicione del grattacielo, poi un altro, aspettando che quel dolore
si placasse tra un respiro e l'altro. Dischiuse lentamente gli occhi,
lasciandosi trasportare dal brivido dell'altezza, così da
prendere nuovamente il controllo delle proprie emozioni. Non voleva
abbandonare il mondo, una volta lanciatasi nel vuoto, con quella
malinconia che non le apparteneva. Stava per portare il peso in
avanti ma la porta alle sue spalle si aprì di colpo, facendola
esitare. Ne uscì un ragazzo trafelato e sconvolto, che la
fissava con occhi sgranati.
«
Non puoi farlo! » La voce affannata era sintomo che quel
ragazzo avesse corso come un dannato per trovarsi lì. «
Credi che questa sia la scelta migliore?» Lei esitò,
lasciando che il vento accompagnasse quel silenzio, spezzato solo dal
respiro del nuovo arrivato.
«
Per me, ormai, non c'è più niente qui… »
Gli rispose con rassegnazione.
«
Non ha senso per me andare avanti. »
«
Ed io allora? » Deglutì con forza il ragazzo, ancora
paonazzo, mentre la guardava con espressione incredula e quasi
oltraggiata. « Anche io faccio parte di quel tuo niente?
Davvero la pensi così? » Lei volse appena il capo, il
tanto giusto da poterlo guardare con la coda dell'occhio. Non voleva
che lui stesse lì, in ansia per lei. Non lo meritava.
«
E' stata una bella amicizia, finché è durata… »
Rivolse nuovamente lo sguardo sotto di sé. « Senza di
lei io non posso andare avanti. » Sibilò la ragazza con
flebile tono di voce. Lui la guardò con indecisione, non
sapeva proprio cosa fare in quel momento. Voleva afferrarla e
stringerla a sé per rassicurarla ma non sapeva se sarebbe
riuscito a farlo prima che lei facesse quella sciocchezza. Si morse
le labbra quasi fino a sanguinare, avvicinandosi di qualche passo e
con cautela.
«
Anche se dovessi salvarmi da questa situazione… » Lui si
fermò, ascoltandola. « ... non ci sarebbe nessuna vita
per noi dopo tutto quello che ho fatto. Torna a casa, hai la tua
famiglia che ti aspetta. »
«
La mia famiglia sei tu! » Strinse la mano al petto, tirando con
forza la maglietta come a volersi strappare il cuore e gettarglielo
ai piedi in un ultimo gesto disperato. « Smettila, ti prego.
Torna a casa con me. »
Il
sorriso che le increspava le labbra era amaro, come le lacrime e il
sangue che le rigavano il viso. Distese le braccia e si voltò
lentamente, con attenzione, mentre il suo sguardo si rispecchiava in
quello spaventato del ragazzo.
«
Ci vediamo Begli
Occhi.
Fai quello che io e mia madre non siamo riuscite a fare… »
Gli sorrise, finalmente radiosa come non aveva mai fatto, quasi
avesse infine raggiunto quella pace tanto agognata. «
Sopravvivi… »
Il
ragazzo aprì il palmo della mano nel vano tentativo di
afferrarla, ma lei sparì dalla sua visuale nel tempo di un
respiro, quello stesso che gli si bloccò non appena la vide
cadere. Sentì le gambe farsi molli e cedere sotto il suo peso.
Le labbra tremanti si dischiusero, ma quel grido che tanto fremeva
dalla voglia di uscire, fu soffocato dai singhiozzi e dallo shock di
quella scena così surreale. Non ebbe il coraggio di guardare
di sotto, la sua parte ancora razionale sapeva che era troppo alto
per vedere qualcosa, ma anche solo il pensiero di lei
schiantata
al suolo e ormai riversa in una pozza di sangue, gli fece salire un
conato di vomito. I minuti passarono tanto da diventare ore senza che
se ne rendesse conto. Restò lì, immobile, avvolto da
quel senso di oppressione che lo schiacciava fin dentro le viscere,
ancora incredulo per quello che era appena successo. E che lui non
era riuscito ad impedire in nessun modo.
Angolino
delle autrici
Salve
a tutte/i lettrici/lettori. Come anticipato nella descrizione,
questa sarà una storia in collaborazione tra me e LadyBarbero
(LadyDabi qui su EFP). Il prologo è solo un assaggio della
storia effettiva, vi garantiamo che i capitoli saranno ben più
lunghi ( e ne siamo certe, visto che siamo già alla stesura
del quarto!) Inoltre la mia collega si occupa della parte grafica,
perciò se siete curiose/i di vedere le art dei personaggi, o
semplicemente volete interagire con noi e seguirci per gli
aggiornamenti, vi lasciamo i link delle nostre pagine! ;)
LilyShakarian
(clicca qui)
LadyBarbero
(clicca qui)
Mi
raccomando, fateci sapere cosa pensate del prologo ;)
Gli
aggiornamenti saranno settimanali, ogni giovedì!
A
presto!
Lily&Lady
|
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Capitolo 2 *** Capitolo I° ***
Tokyo,
nove anni dopo, presente.
«
E così stavolta avremo anche Eraserhead dalla nostra eh? »
«
Sssh, abbassa la voce, potrebbe sentirti… »
«
Da quando ha un super udito, oltre la sua vista?! »
«
Non ce l'ha, idiota, ma sta camminando proprio verso di noi! »
L'uomo
diede una gomitata al compagno ed entrambi gli agenti di polizia si
misero subito sull'attenti quando Aizawa gli passò davanti. Il
Pro Hero non dedicò loro più di una delle sue occhiate
annoiate e proseguì verso la porta della stanza dove si
sarebbe tenuto l'incontro. Una volta raggiunta, la aprì ed
entrò, trovando già Tsukauchi ad aspettarlo, assieme ad
altri eroi. Una persona in particolare catturò il suo sguardo
per più di qualche istante, anche lei sembrò sorpresa
di vederlo lì, poi salutò il detective e raggiunse il
suo posto.
«
Grazie a tutti per essere qui. » Esordì Tsukauchi,
spegnendo le luci e accendendo il proiettore. « Abbiamo
richiesto la vostra presenza per la preoccupante situazione che di
recente ha coinvolto noi della polizia direttamente. Pensiamo che
possa essere un attacco specifico nei nostri confronti, da parte di
qualche criminale organizzato. Alcuni dei nostri uomini sono stati
brutalmente uccisi nell'arco delle scorse settimane. » Gli
sguardi dei presenti si focalizzarono sulle foto degli agenti
deceduti che avevano iniziato ad essere proiettate sul pannello
bianco di fronte a loro.
«
All'inizio abbiamo pensato che potesse trattarsi di qualche semplice
caso isolato, di qualche criminale che aveva ucciso uno di noi per
vendetta o mentre scappava dopo un crimine, ma poi abbiamo iniziato
ad intravedere uno schema dietro il modo di agire del colpevole. E'
per questo che abbiamo richiesto la presenza di Healing Water, anche
se in questo caso vestirà semplicemente i panni della
dottoressa Shuzenji, visto che le sue competenze potranno aiutarci a
ricostruire un profilo psicologico dell'assassino. »
La
donna restò in silenzio, limitandosi ad un cenno d'assenso del
capo, mentre lo sguardo di Aizawa cadde nuovamente su di lei, finché
il detective non riprese a parlare. « Inoltre siamo portati a
credere che il sospettato disponga di un Quirk e non di uno semplice o banale, ma
di uno pericoloso che gli permette di agire nell'ombra e
indisturbato. Per questo abbiamo pensato di chiedere anche la
collaborazione di Eraserhead, benché consapevoli dei suoi
impegni alla U.A.. Non abbiamo ancora ben chiara l'intenzione di
questo criminale, ma siamo portati a credere che sia pericoloso e
che, se dovessimo riuscire a stanarlo, annullare la sua Unicità
dovrebbe essere una priorità. » Tsukauchi continuò
per un'alta mezzora a spiegare il motivo della presenza degli altri
eroi, tutti con Quirk adeguati alle indagini.
«
Quindi come abbiamo intenzione di procedere? » Chiese infine la
Pro Hero dottoressa.
«
Per il momento ci limiteremo a qualche indagine nelle zone dove sono
avvenuti gli attacchi, magari in gruppo o ancora meglio in coppia,
per non attirare l'attenzione. Evitate, se possibile, scontri diretti
con l'assassino. Nel caso in cui dovesse capitarvi di trovarlo, a
meno che non siate certi di poterlo prendere. » Il detective
rivolse uno sguardo eloquente ad Aizawa, sembrava contasse parecchio
su di lui e sulle sue abilità.
Dopo gli ultimi dettagli, la
riunione si concluse e i presenti iniziarono a defluire dalla stanza.
La dottoressa fu l'ultima ad uscire e Aizawa aspettò che lo
facesse, per poter chiudere la porta.
«
Mizu. » Disse, affiancandola, mentre si incamminavano verso
l'uscita.
«
Shota. » Gli rispose lei, cercando di mantenere il suo stesso
tono neutrale. Il silenzio calò pesante tra loro, finché
Mizu non si decise a spezzarlo. « Non pensavo che ti avrebbero
disturbato per questa indagine. »
«
Già. »
Lei
esitò, prima di proseguire. « Era da un po' che non ci
capitava di lavorare assieme…»
«
E' vero. »
La
donna si voltò per fissarlo intensamente, non riusciva a
capire perché l'avesse palesemente aspettata prima di andare
via, se poi non faceva che rispondere lapidario. Aprì la
bocca, in un ultimo tentativo di instaurare una conversazione, ma
stavolta Aizawa la anticipò.
«
Stavo pensando che potremmo sfruttare la nostra sinergia ancora una
volta e occuparci delle indagini assieme. » Osservò
l'espressione sul viso di Mizu illuminarsi.
«
Ma certo! Proprio come ai vecchi tempi! » Esclamò
infatti lei, entusiasta.
«
Quasi. » Replicò lui, gelando l'atmosfera. Mizu
tentennò, poi un sorriso amaro incurvò le sue labbra.
«
Suppongo di si… »
Raggiunsero
le porte della stazione di polizia in silenzio, poi si salutarono con
la promessa di risentirsi presto, per mettersi d'accordo. Mizu si
fermò dopo qualche passo e si voltò indietro, per
osservare la schiena di Aizawa allontanarsi. Dopo che lui svoltò
l'angolo, non fu più in grado di vederlo e, con un sospiro,
riprese anche lei a camminare. Non si sarebbe mai aspettata di
rivederlo così, per un'indagine, e nessuno aveva avuto il
buonsenso di avvisarla. Forse perché ormai tra loro era finita
da un pezzo, forse perché avevano deciso di mantenere i
rapporti professionali, forse nemmeno lui sapeva che si sarebbero
rivisti.
"
Certo che per esservi lasciati da due anni, ci stai rimuginando
parecchio." Si ammonì mentalmente da sola, mentre la sua
mente tornava a quando si erano conosciuti.
Flashback,
cinque anni prima.
Erano
tutti riuniti in una sala, per molti di loro sarebbe stata la loro
prima effettiva missione come Pro Hero. E lo sarebbe stato anche per
lei.
«
Sicura di poterti muovere comodamente in quell'abito succinto? »
La provocò scherzosamente un suo ex compagno di corso. Mizu
arrossì appena, borbottando.
«
E tu non pensi che dovresti indossare un caso, per proteggerti quella
testa bacata che ti ritrovi? »
«
Ehi piano Shuzenji, questa ha fatto male! »
«
Allora concentrati sulla missione e non sul mio costume. »
Mizu
osservò il proprio abito, infondo non pensava fosse così
scoperto come le aveva detto il suo ex compagno. Solo perché
alcune parti del suo corpo erano rivestite con una retina
permeabile... Era la soluzione ideale per il suo Quirk. Il detective
di quell'indagine presentò al gruppo il resto degli eroi,
quelli che avevano già collaborato con la polizia per altri
casi.
«
Healing Water, penso che tu ed Eraserhead dovreste combattere
assieme, perciò farete coppia nella missione. » Entrambi
i chiamati in causa asserirono e si scambiarono uno sguardo.
«
Ho sentito molto parlare di te da mia nonna. Sarà un piacere
lavorare assieme.» Gli sorrise cordiale, tendendogli la mano.
Aizawa gliela strinse, ma rimase in silenzio, confuso per le parole
della ragazza. Lei intuì quale fosse il problema e proseguì.
« Mia nonna lavora alla U.A. ed è un'eroina
professionista da tanto tempo, ma credo che ne passerà ancora
parecchio prima che Recovery Girl decida di andare in pensione! »
L'espressione
di Aizawa indicava che adesso fosse tutto più chiaro. La
situazione in cui erano stati coinvolti richiedeva un intervento
rapido, ma nel tragitto verso il punto d'incontro, i due decisero di
approfondire un po' la loro conoscenza, per rendere al meglio durante
lo scontro.
«
Quindi sei un medico? » Le chiese senza guardarla, mentre
controllava gli angoli, poi le fece cenno di seguirlo per proseguire.
«
In realtà, anche se mi capita di prestare soccorso quando
serve, sai in caso mia nonna non sia disponibile o non basti, sto
studiando per diventare psicologa.» Proseguirono di soppiatto
per un altro tratto, poi lei continuò, a bassa voce. «
Sono convinta che un eroe abbia bisogno di stare in salute, ma questo
non significa che quella mentale debba essere sottovalutata. Anzi
credo che spesso lo status psicologico di un eroe sia la chiave di
riuscita o meno delle missioni. La mia tesi verterà proprio su
questo argomento. » Aizawa scavalcò un muro e le tese la
mano per aiutarla a fare altrettanto.
«
Non potrei essere più d'accordo. » Le rispose,
issandola. Per lo sbalzo, i loro volti si ritrovarono estremamente
vicini. Mizu arrossì vistosamente mentre Shota distolse lo
sguardo, poi entrambi si schiarirono la voce per far passare quel
momento d'imbarazzo. « Ma se sei un medico, di mente e corpo,
cosa ci fai in prima linea? »
Lei
si sentì colta sul vivo, ma cercò di restare calma nel
rispondere, convinta che le parole di Aizawa non fossero un'accusa,
come invece le erano state fatte in passato, ma semplice curiosità.
«
Ho sempre desiderato poter offrire il mio supporto direttamente sul
campo. Ho pensato che, piuttosto che curare un eroe ferito dopo una
battaglia, avrei potuto fare la differenza curandolo direttamente lì,
sul momento. Pensa quante situazioni spiacevoli si potrebbero
evitare, soprattutto morti inutili… »
Aizawa
si decise a guardarla, mentre camminavano ancora, e si stupì
della decisione che trovò nei tratti fino a quel momento dolci
di quella ragazza. Finora aveva avuto l'impressione che Mizu fosse
fatta apposta per aiutare gli altri, ad una prima impressione avevo
potuto notare come fosse solare, energica e sempre pronta ad offrire
un sorriso, la persona ideale per prendersi cura di feriti e
ammalati. Adesso però, stava iniziando a pensare che l'eroina
avesse anche altre carte da svelare.
«
Sicuramente è molto comodo, soprattutto in casi di disastri
naturali o meno, dove la presenza di feriti è considerevole,
ma stare direttamente sul campo di battaglia, in caso di scontro con
super-cattivi, ti rende una lama a doppio taglio. Se il nemico
dovesse rendersi conto delle tua abilità, saresti bersagliata
e gli altri dovrebbero proteggerti, anziché concentrarsi sul
reale pericolo. »
Prima
che lei potesse rispondergli, si resero conto appena in tempo che
delle lame stavano per colpirli. Mizu li protesse entrambi dentro una
bolla d'acqua. Aizawa scoprì di potervi respirare al suo
interno, ma si stupì comunque quando lei parlò.
«
Te l'ho detto, il mio scopo è proteggere e prevenire, non
essere protetta. Sono nata con un misero Quirk di acqua che lenisce,
ma col tempo ho imparato a fare ben altro. » Fermato l'attacco,
Mizu infranse la bolla ed entrambi si guardarono attorno, finché
una risata non attirò i loro sguardi. Lo psicopatico era già
pronto per una nuova offensiva, ma la sua risata si spense quando,
provando ad attaccarli di nuovo con le proprie lame, non accadde
nulla. Eraserhead aveva attivato il suo potere, annullando quello
nemico, ed era pronto al contrattacco. Il villain però diede
un segnale sonoro e sbucarono fuori altri quattro criminali. Tre di
loro li attaccarono con le Unicità, ma Aizawa con fatica
riuscì ad annullarli tutti. Uno di loro era semplicemente
armato di una pistola, perciò Mizu lo rinchiuse in una bolla
d'acqua. Stavolta non permise al suo ospite di respirare e aspettò
ad esplodere la bolla finché il criminale non crollò,
svenuto. Infine si occupò, con estrema precisione, di tenere
idratati gli occhi del compagno, il quale mantenne attivò il
suo Quirk e riuscì a mettere i villain fuori combattimento. La
vicinanza delle sirene indicava che la polizia sarebbe arrivata
presto.
«
Siamo una bella squadra noi due, eh? » Gli chiese lei,
offrendogli un pugno per la vittoria. L'uomo non rispose al gesto e
lei lo guardò con finto fare offeso. « Guastafeste. »
Stavolta Aizawa non poté fare a meno di sorriderle a sua
volta, mentre Mizu scoppiava a ridere, felice per la gran riuscita
della sua prima missione.
Fine
flashback
Continuando
a lavorare assieme era scattata la scintilla tra loro, erano davvero
sinergici e la solarità di Mizu compensava il fare grigio e
pigro di Shota, ma dopo tre anni insieme, Eraserhead aveva deciso di
chiudere la loro relazione, convinto che Healing Water gli fosse
legata solo per il suo senso del dovere, perché era l'unica
che potesse permettergli di lavorare al meglio, visto che riusciva a
idratargli gli occhi e guarirli in contemporanea, annullando di fatto
ogni malus dato dal suo Quirk.
"
Stai con me per la tua dannata sindrome da crocerossina!"
Aveva
sbottato contro di lei un giorno, ma quelle parole che al tempo
l'avevano ferita, facevano ancora male. Con questi tristi ricordi,
ritornò al suo studio per rimettersi al lavoro, ma non era del
tutto sicura che Shota avrebbe lasciato i suoi pensieri, quindi alla
fine del suo turno, decise di andare al solito bar vicino al suo
ufficio. Non era molto che il locale, il Doragon, aveva aperto, ma
l'ambiente era sempre piacevole, allegro e vivace. Il tutto spesso e
volentieri era da imputare alla cameriera che vi lavorava ogni
giorno. Quando Mizu entrò, la trovò come suo solito a
sistemare i tavolini del locale, mentre osservava le varie immagini
trasmesse dal tv al plasma posto in alto alla parete. Continuavano a
susseguirsi le notizie sugli interventi dei Pro Hero e dei loro
successi nelle missioni. Tanto era presa dai notiziari che fece
rovesciare un bicchiere d’acqua di uno dei clienti mentre era
intenta a pulire. Kimiko, questo il nome dell'avvenente cameriera del
Doragon, si scusò distrattamente con l'uomo, che con un
sorriso le disse di non preoccuparsi. Mentre il cliente ripiegava il
proprio giornale, dopo la brusca interruzione della sua lettura,
Kimiko notò l'arrivo di Mizu, che le chiese se avesse bisogno
di aiuto.
«
No, tranquilla, grazie. Me la cavo da sola. » Rispose lei
tenendo con attenzione lo straccio zuppo in modo da evitare il più
possibile che gocciolasse ulteriormente mentre s’incamminava
dietro il bancone, dove intanto Mizu prese il suo solito posto.
«
Se quelle notizie ti turbano a tal punto, posso spegnere la TV »
Osservò Gorou Fujiwara, guardandola con occhio attento dalla
sua postazione dietro la cassa. Era il titolare del locale, nonché
padre di Kimiko, per quanto ne sapeva Mizu.
«
Figurati. Lascia pure che gli altri ammirino le eroiche imprese. »
Sorrise divertita strizzando con cura lo straccio prima di riprendere
il suo lavoro.
«
Ehm ehm. » Si schiarì la gola la cliente appena
arrivata. Kimiko sapeva perfettamente che Mizu fosse una Pro Hero,
eppure non riusciva a non essere pungente su quell'aspetto. L'altra
donna d'altra parte, aveva imparato a capire che la bionda cameriera
non lo faceva con cattiveria, perciò aveva smesso di prenderla
sul personale, ma non riusciva proprio a capire la sua avversione per
gli eroi. Gorou servì il solito drink a Mizu, che lo ringraziò
e guardando Kimiko gli chiese. « Ancora alle prese con i guai
che combina sua figlia? » Risero entrambi, mentre Mizu
sorseggiò la sua bevanda.
«
Ormai è diventata una vera e propria abitudine. L’esperienza
le manca completamente in questo ambiente, ma sono certo che non ci
metterà molto ad adattarsi, lo ha sempre fatto. »
Alla
Pro Hero non sfuggì lo sguardo paterno, colmo di affetto e
ammirazione, che Gorou rivolse alla figlia.
«
Effettivamente ho sempre pensato che non fosse proprio fatta per
vestire i panni della cameriera. » Sentenziò Mizu,
continuando a bere. « Ha una forza e un'energia che sprizzano
da tutti i suoi pori. Senza nulla togliere al vostro locale,
ovviamente, ma credo che potrebbe fare molto di più. »
Gorou osservò di sottecchi Mizu, sapeva che la donna che
frequentava il locale dall'apertura era una psicologa, l'aveva detto
lei stessa durante una delle rare volte in cui aveva perso il
controllo ed era diventata brilla. Non si aspettava però che
fosse riuscita a costruire un profilo psicologico di Kimiko così
in fretta, era di sicuro un'ottima osservatrice.
«
Oh, ma sono perfettamente d'accordo. » Le rispose il titolare,
con fierezza.
«
Ma guardala. E' uno schianto, sarei un pazzo se non sfruttassi questa
sua qualità al meglio, attira la maggior parte della clientela
e le entrate sono assicurate.- Il ghigno malizioso che si formò
sul suo volto fece ridere Mizu, che appena si fu calmata si mise ad
osservare attentamente Gorou. « Che c'è? » Le
chiese, sentendosi analizzato.
«
Niente, pensavo solo che anche lei, per essere il gestore e
proprietario del locale, è un uomo di bell’aspetto e
piuttosto affascinante. » Si rese conto di ciò che aveva
detto solo quando notò lo sguardo profondo dell'uomo su di
lei. « N-no ecco, non intendevo… » Cercò di
giustificarsi, diventando paonazza, facendo scoppiare in una risata
Gorou, cosa che attirò l'attenzione di Kimiko. Effettivamente
la donna non aveva tutti i torti, la figura del gestore del locale
troneggiava tra i tavoli con un’eleganza che lo caratterizzava,
forse anche per via del suo modo di vestire legato alla cultura
giapponese. Infatti, non si vedeva mai indossare altri abiti al di
fuori del kimono tradizionale. Il dettaglio che saltava di più
all’occhio erano le sue sei corna e la lunga coda rettiliana
avvolta da delle scaglie nere dai riflessi perlacei. Il suo sguardo
cremisi poteva, a primo impatto, incutere un certo terrore, però
appena le sue labbra si dischiudevano per proferire parola, il suo
tono trasmetteva quella sensazione di protezione che solo un genitore
può dare.
«
Sembra che vi stiate divertendo. » Esclamò beffarda
Kimiko, raggiungendoli.
«
L’ordine del tavolo tre è pronto. Magari, questa volta,
evita di rovesciartelo addosso. » Le consigliò il padre
con tono quieto e un velo di sarcasmo. Yuurei, l'addetto alla
preparazione dei piatti, le servì il vassoio sul bancone. «
E fai attenzione, perché è ancora caldo. »
Aggiunse, visto lo sguardo con cui la figlia lo stava guardando.
«
Se continui con queste frecciatine, andrà a finire che Kimiko
se ne andrà. » Aggiunse il ragazzo con una nota
divertita prima di ritornare in cucina.
«
Purtroppo questo lavoro mi serve. Sopporterò le frecciatine
del “capo”. » Sorrise Kimiko afferrando il vassoio
con cautela, come se tutto fosse fatto di cristallo.
I
giorni erano trascorsi così sin dall'apertura, tra la
goffaggine di Kimiko e le battute di Gorou, che sperava nel
miglioramento della figlia. Non era il sogno di Kimiko lavorare in
quel posto, sarebbe stato di suo gradimento impiegare le giornate in
ben altre cose, come ad esempio leggere, passeggiare, magari uscire
per conoscere qualcuno, anche se il suo modo di approcciarsi alle
persone non era sempre dei migliori. Infatti, Kimiko viveva in un
mondo suo, composto dalla maggior parte del tempo di solitudine, un
po’ come i lupi che si staccano dal branco in cerca di
tranquillità. Una cosa che sognava era di ritornare nella sua
amata America, ma per via di forze maggiori, lei e Gorou avevano
messo nuovamente radici in Giappone. E lei il Giappone lo odiava. Per
Kimiko non aveva senso che ci fossero delle severe leggi legate
all’utilizzo del quirk. Una di queste che la faceva
particolarmente ridere era basata sul fatto che, se qualche
malintenzionato ti
attaccava per strada, eri obbligato ad attendere l’intervento
di un Hero. Assolutamente vietato il difendersi da soli con il
proprio quirk. Non sempre gli Hero riuscivano ad arrivare in tempo,
anche se sui notiziari evidenziavano la maggior parte delle imprese
andate a buon fine, piuttosto che i fatti di cronaca. Agli occhi
della ragazza sembrava che tutti volessero insabbiare i brutti
avvenimenti, idolatrando degli Hero che, a dirla tutto, comprendevano
il novantanove per cento della popolazione. Cosa se ne fa la città
di così tanti salvatori? Se tutta l’umanità ormai
è in grado di sviluppare il Quirk, perché non si può
difendere da sola? Deve per forza avere un simbolo per potersi
sentire sicura? Le domande che le passavano per la testa erano
davvero tante e tutte con leggera carica d’astio nei riguardi
di queste persone che camminavano per strada, pavoneggiandosi davanti
alle telecamere in cerca di acclamazione. Per cosa poi? Per aver
compiuto qualcosa che poteva benissimo fare una persona senza un
titolo? Per Kimiko erano tutte sciocchezze ma si guardò bene
dall'esprimerle ad alta voce. Poggiato il piatto davanti al cliente
che l'aveva ordinato, fissò Mizu. Certo non tutti gli Hero,
forse, lo facevano per attirare l'attenzione e stare sotto i
riflettori. Ad esempio quella donna che aveva preso a frequentare il
bar praticamente non appena avevano aperto, non sembrava affatto che
lo facesse per quel motivo. Kimiko però, non riusciva proprio
a fidarsi di quelli
come loro.
E
aveva tutti i suoi dannatissimi motivi.
Angolo
delle autrici
Eccoci
qui, col primo capitolo effettivo della storia! Abbiamo deciso,
per questioni di lavoro, di cambiare il giorno di pubblicazione dei
capitoli dal giovedì al lunedì! Mi raccomando,
fateci sapere se la storia vi sta piacendo, non mangiamo nessuno! ;)
Lascio
i link delle nostre pagine FB per eventuali aggiornamenti.
LilyShakarian
LadyBarbero
A
lunedì prossimo!
Lily&Lady
|
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Capitolo 3 *** Capitolo II° ***
Le
macchine della polizia bloccavano l'entrata del vicolo in modo
disordinato, evitando una qualsiasi via d'uscita e fuga. I
lampeggianti ad intermittenza delle sirene illuminavano le mura
esterne dei palazzi. La radio continuava a richiamare l'attenzione
degli agenti, ma nessuno diede risposta dall'altra parte. I ratti si
spostavano furtivi e veloci tra i bidoni della spazzatura,
rifocillandosi degli avanzi di qualche leccornia proveniente dal
migliore fast food della zona. Un forte boato li fece sparpagliare,
spaventati per il rumore improvviso e sconosciuto, molto simile al
tonfo di qualcosa che cade dall'alto.
«…
Non vale neanche la pena assaggiarvi… » Commentò
la voce inumana e dal tono ringhiante, sputando la saliva in eccesso
contro i cinque corpi degli agenti di polizia riversi in un lago di
sangue. La mano scura e dagli artigli affilati e affusolati si
avvicinò al rosso cremisi che macchiava l'asfalto, intingendo
due dita come un pennello pronto a dare colore su una tela ancora
pallida. Quest'ultima sarebbe stata il muro davanti a sé, sul
quale iniziò a tracciare delle lettere fino a comporre una
parola unica e decisa: Useless.
°°°
Mizu
stava sorseggiando il suo caffè caldo appena fatto, mentre
passeggiava per andare al lavoro. Nonostante sapesse che era
pericoloso, stava leggendo la prima pagina del giornale mentre
camminava. Il titolo che aveva catturato la sua attenzione parlava
della morte violenta di cinque agenti, i cui cadaveri erano stati
ritrovati alle prime luci dell'alba. C'erano pochi dettagli in
merito, la polizia era riuscita a mascherare il più possibile
agli occhi curiosi e alle penne rapide dei giornalisti. Mizu sospirò,
buttando fuori un po' di quella stanchezza che si stava accumulando e
quella frustrazione per le indagini ad un punto morto. Il suo
cellulare squillò, proprio mentre beveva il suo ultimo sorso e
gettava il bicchiere di carta nell'immondizia. Mise il giornale sotto
braccio e rispose con tono professionale.
«
Healing Water. »
«
Mizu, sono io. » La voce neutra di Aizawa la fece sobbalzare.
«
Non pensavo avessi ancora il mio numero… »
«
Me lo sono fatto dare per le indagini. » Mentì ma la
donna non poteva saperlo.
«
Che cosa ti serve, Eraserhead? » Gli rispose, cercando di
celare la delusione. Stavolta fu il turno di Aizawa di rimanere in
silenzio: Mizu era solita chiamarlo così solo quando era
arrabbiata con lui o se si trovavano sul campo di battaglia di una
missione.
«
Non so se hai saputo le ultime notizie ma altri agenti sono stati
trovati morti.»
«
Stavo leggendo giusto ora. »
«
Per quanto abbiano cercato di nascondere i dettagli, sembra che le
notizie volino piuttosto in fretta. »
«
Noi possiamo farci ben poco in merito, lo sai. E poi il nostro
compito è un altro. Dovremmo chiamare Tsukauchi per sapere se
hanno trovato qualcosa sulla scena del crimine. »
«
L'ho fatto io prima di sentire te, ha detto che ci manderà i
file via mail. »
«
Perfetto, previdente come al solito, vedo. Stasera sarebbe meglio se
perlustrassimo la zona, non credi? »
«
Sì, sono d'accordo. Troviamoci al locale che c'è lì,
vicino alla zona del massacro. »
«
Non pensi sia meglio trovarci prima e andare assieme? »
«
...no, va bene così. Abiti civili, così non desteremo
troppi sospetti in caso l'assassino sia ancora in zona. »
«
Oh, sarà come un appuntamento allora. » Ironizzò
Mizu, emettendo una breve risata. Per tutta risposta, l'uomo le
chiuse il telefono in faccia.
“
Il
solito guastafeste... stavo solo scherzando, ovviamente...”
Raggiunto
l'edificio del Programma Educativo di Supporto Emotivo per Eroi,
prese l'ascensore e salì fino al terzo piano. Come le porte
del cubicolo si riaprirono, camminò fino al suo ufficio e si
lasciò sprofondare sulla poltrona, facendo ciondolare la testa
all'indietro. Chiuse gli occhi e cercò di focalizzare la mente
sul lavoro che l'aspettava. Dopo qualche minuto si alzò,
indossò il suo camice, si raccolse i capelli e si sedette alla
scrivania, iniziando ad analizzare con cura le cartelle dei suoi
pazienti.
«
Forza, è ora di mettersi al lavoro, sarà un a lunga
giornata… »
°°°
Gorou
quella mattina era stato abbastanza magnanimo, lasciando liberi dagli
impegni lavorativi sia Kimiko che Yuurei, i quali decisero comunque
di alzarsi presto per sfruttare al meglio la loro giornata. Il
proprietario doveva apportare alcune ristrutturazioni al locale,
quindi preferiva non avere nessuno tra i piedi, soprattutto Kimiko e
i suoi guai perenni. Era la prima volta che i due uscivano assieme
per le strade frenetiche di Tokyo. Yuurei non faceva altro che
voltarsi in più direzioni, catturato da più
distrazioni. Lo stesso non si poteva dire di Kimiko, che guardava
attorno a sé ma con lo stesso entusiasmo che si ha durante una
veglia funebre. Infilò la mano dentro il sacchetto che portava
con sé e porse un panino incartato a Yuurei per poi
concentrarsi sul suo.
«
Non pensi che sia fantastico? Guarda quanta gente! Amo tutto questo!
» Esordì Yuurei euforico.
«
Se continui così, la tua coda fungerà da elica e
rischierai di prendere il volo. » Commentò secca Kimiko.
D'istinto
e colto dall'imbarazzo, Yuurei portò velocemente una mano
dietro di sé, bloccando la sua bianca e vaporosa coda. Il suo
quirk gli dava un aspetto metà animale e metà umano,
dettagli che lo distinguevano erano proprio la coda, le orecchie a
punta, i canini pronunciati e i piedi che finivano come le zampe
anteriori dei canidi, bianche come la sua coda e i suoi capelli.
Un'altra particolarità di quel ragazzo era il suo albinismo,
che lo faceva apparire come un fantasma. I suoi genitori non avevano
dovuto faticare molto per scegliere un nome adatto a lui.
«
Parliamo d'altro. » Il ragazzo si schiarì la voce prima
di dare un morso al suo panino. « Non ti sembra strano che
Gorou faccia dei restauri così presto? Mi sembra un po'
sciocco, visto che il locale ha preso il via da poco. »
Di
risposta la ragazza sollevò le spalle, mugolando lungamente un
respiro mentre gustava il suo boccone. Ma prima che potesse proferire
risposta, la sua attenzione venne cattura da un posto di blocco, dove
si potevano vedere all'opera le forze di polizia affiancate ad alcuni
Pro Hero. I due fecero ancora qualche passo ma vennero bloccati quasi
subito da alcuni agenti.
«
Ci dispiace ragazzi ma da qui in poi non si può passare. »
Spiegò rapido uno di loro, sollevando le braccia per bloccare
il passaggio. Intanto che Yuurei batteva più volte le palpebre
con perplessità, Kimiko si mise in punta di piedi per
agevolare la sua visuale, cercando in qualche modo di sapere cosa
fosse successo.
«
Sento un forte odore di sangue…» Bisbigliò il
ragazzo mezzo lupo.
La
ragazza si voltò verso di lui con maggiore curiosità e
deglutendo il suo boccone. Uno strano chiacchiericcio catturò
nuovamente la sua attenzione là dove era avvenuto quel
qualcosa che la polizia cercava di nascondere. Ebbe solo il tempo di
intravedere dei teli neri prima che gli agenti insistessero nel farli
andare via con forza e decisione.
«
Che modi…» Commentò acida la ragazza proseguendo
nella direzione opposta. Yuurei attese ancora qualche secondo prima
di seguirla. Sentirono parlottare delle persone, poco più
avanti. Sembrava che avessero assistito al ritrovamento dei corpi da
parte della polizia, infatti erano abbastanza sotto shock.
«
Scusate, sapreste dirci cos'è successo? » Chiese Yuurei,
avvicinandosi appena, seguito da Kimiko, a qualche passo di distanza.
«
Sono morti degli agenti... non si sa cosa o chi li abbia uccisi...
Era un lago di sangue... Hanno appena spostato i corpi, dovevano fare
le foto prima di muovere qualsiasi cosa... Noi abbiamo chiamato i
soccorsi stamattina presto, ma era già troppo tardi…»
Yuurei ringraziò i testimoni con un mezzo inchino e iniziò
ad incamminarsi assieme all'amica.
«
Risulterà il solito fatto di cronaca insabbiato, vedrai. »
Affermò Kimiko, quasi alterata.
«
Non pensi che sia meglio così? Magari è qualcosa da
niente che scatenerebbe del panico inutile. » Rispose il
ragazzo massaggiandosi la nuca con lo sguardo rivolto al cielo.
«
Ma certo! Dei poliziotti uccisi una cosa da niente?! Facciamo credere
a tutti che gli eroi abbiano in mano le redini della situazione! »
Commentò lei con sarcasmo. « Che vuoi che sia. Meglio
nasconderli questi morti e far sì che la gente continui a
passeggiare noncurante di un assassino che gira a piede libero.»
«
Che ne sai? Magari l'hanno già catturato! »
«
Oh sì, certo. Dalle loro facce mi sembrava tutto il contrario.
»
«
Quanto astio nei loro confronti Kimiko… » Asserì
il ragazzo guardandola con occhi sottili.
«
Credo sia normale, visto che non si parla d'altro che di notizie
positive riguardo loro. » Concluse la ragazza aumentando il
passo, chiaro segno che quella conversazione era morta lì.
°°°
Il
tintinnio della campanella indicò l'aprirsi della porta del
fast food. Mizu si guardò attorno, fino a scorgere la figura
del collega, seduto poco più in là. Aizawa stava
sorseggiando una bevanda, quando la figura della donna si
materializzò davanti ai suoi occhi e prese posto davanti a
lui.
«
Ordiniamo qualcosa? » Chiese lei, ancora un po' trafelata.
«
Non siamo qui per piacere. » Le ricordò lui, atono.
«
Lo so perfettamente, hai ribadito il concetto fin troppo. Vorrei solo
mangiare, visto che non ho ancora cenato. Tu fai come credi…»
Si mise ad osservare il menù con stizza, le sopracciglia
corrucciate mal celavano il suo stato d'animo. Calò il
silenzio tra i due, che però fu interrotto da Mizu. «
Avevo capito che saremmo rimasti in rapporti professionali ma non mi
pare proprio che sia così. »
«
Mizu…»
«
No, Mizu un accidente. Se non riesci neanche a lavorare con me senza
farmi sentire un'idiota solo perché provo a fare conversazione
normalmente, allora non dovremmo neanche lavorare assieme. »
Aizawa
sospirò, stanco. « Sai che non è quello che
voglio. E' solo... complicato.»
«
E' complicato perché tu lo stai rendendo tale. Io ci provo ad
allentare la tensione, ma tu sei sempre sull'attenti. Ho capito, non
vuoi avere niente a che fare con me, me ne sono fatta una ragione
parecchio tempo fa…» Deglutì a fatica per mandare
giù quel magone che le stava chiudendo la gola. « ..ma è
lavoro. Per cui, potresti darmi tregua e trattarmi come una collega
qualsiasi? Ordinare una cena assieme mentre parliamo di lavoro, si
tratta solo di questo. Pensi di farcela senza darmi il tormento e
farmi sentire uno schifo? Sarebbe davvero gentile da parte tua. »
Questa
conversazione era il risultato di una rottura unilaterale e di quel
silenzio che aveva permeato tra loro in quei due anni. Shota non le
aveva dato alcun diritto di replica, aveva sentenziato la fine del
loro rapporto e Mizu non aveva potuto far altro se non accettarlo.
Quello di adesso era solo uno sfogo che l'uomo, per quanto allibito,
si sarebbe dovuto aspettare.
«
D'accordo, hai ragione. » Disse solo mentre lei, ancora un po'
paonazza per avergli quasi urlato contro, riprendeva fiato. Quando un
cameriere trovò il coraggio di interromperli per chiedere cosa
volessero ordinare, Shota la spiazzò, ordinando il solito menù
che Mizu prendeva sempre in passato. « Che c'è adesso? »
Le chiese, quando il cameriere fu andato via, notando lo sguardo
sbigottito che lei gli stava rivolgendo.
«
Nulla, nulla... solo che a volte sei una contraddizione vivente. Non
pensavo certo ti ricordassi cosa mi piace mangiare. »
«
Non che fosse complicato da ricordare. »
Aspettarono
una quindicina di minuti, finché quello che avevano ordinato
non arrivò caldo sul loro tavolo. Entrambi mangiarono in
silenzio i loro panini, poi tra una patatina e un sorso di bibita, si
misero a parlare di lavoro.
«
Sei riuscita a vedere i file di Tsukauchi? »
«
Sì e trovo quella scritta piuttosto inquietante... E non solo
perché è stata scritta col sangue. »
«
Già. Useless, inutili. Il detective aveva ragione, questo è
un attacco bello e buono alla polizia. »
«
Non oso nemmeno fare il conto di tutti quelli che potrebbero volere
una vendetta contro le forze dell'ordine... Criminali,
supercriminali, vittime a cui non è stata fatta degnamente
giustizia… »
«
La lista è troppo ampia, dobbiamo cercare la chiave per
restringere il campo.»
«
Che cosa avevano in comune gli agenti assassinati? »
Aizawa
lesse i fogli che aveva davanti, come cercando qualcosa. « Ad
una prima occhiata niente, però forse dovremmo chiedere al
detective di darci file più approfonditi in merito. »
«
Osserva le foto dei corpi… » Mizu si sporse in avanti,
avvicinandosi al collega per fargli osservare i reperti al meglio. «
Il rapporto del corner dice che sono morti tutti dissanguati, per
ferite di artigli in punti vitali. Anche senza leggere quello, però,
dalle immagini è abbastanza chiaro. Da come sono disposti i
cadaveri, sembra che il primo ad essere colpito sia stato lui. »
Indicò un agente col dito affusolato. « Era già
spacciato, è morto con un colpo solo ma questo ha messo gli
altri due in allerta. Hanno provato a difendersi e a sparare, non
sembra essere servito a niente però. L'aggressore si è
liberato di loro in fretta. Richiamati dalle urla e dagli spari,
infine, sono arrivate le due guardie. Con queste l'assassino se l'è
presa con più calma, benché le luci e le sirene delle
volanti avessero già attirato l'attenzione. »
«
O è molto stupido o è abbastanza furbo da aver
calcolato bene i tempi d'aggressione, per scappare prima che un
qualsiasi Pro Hero potesse arrivare. »
«
Propendo per la seconda. Sta giocando con noi e con le sue vittime. E
sembra avere tutte le carte in regola per poterlo fare. Solo ancora
non capisco il motivo… »
«
La nostra priorità adesso è capire come anticipare le
sue mosse. Se comprendessimo il suo schema, potremmo riuscire a
prevenire il suo prossimo attacco e salvare le sue prossime vittime.
»
«
Sono d'accordo. » Mizu ritirò le cose dei loro vassoi e
buttò la spazzatura. Andarono a pagare, la donna insistette
per offrire la cena riuscendo a spuntarla e poi lasciarono il locale,
per girare in zona e raccogliere testimonianze dirette. Era un
qualcosa che avrebbero potuto anche fare dei semplici agenti, ma al
contrario dei due Pro Hero, non avrebbero potuto difendersi in caso
di aggressione.
Le
strade erano ancora ben illuminate e gremite di persone, questo
avrebbe diminuito il rischio di qualche imboscata, visto che
l'assassino agiva nell'ombra e senza testimoni. Infatti la ricerca di
qualcuno che avesse visto qualcosa da parte dei due eroi si rivelò
un fiasco totale. Nessuno aveva visto niente, le telecamere di
sicurezza dei negozi non coprivano l'angolo in cui era successo il
fatto. Avevano a che fare con qualcuno che sembrava davvero sapere
quello che stava facendo, non un semplice criminale in cerca di una
maldestra vendetta.
Angolo
delle autrici
Ben
tornati a tutti! Grazie a chiunque stia leggendo la nostra storia,
sappiamo che siete in molti, perciò... fatevi sentire!
Vogliamo leggere le vostre opinioni ;)
Come
sempre, vi lasciamo i link alle nostre pagine, nella mia oggi
pubblicherò anche il bellissimo disegno di Mizu e Aizawa
realizzato dalla mia collega, passate a darci un'occhiata!
LilyShakarian
LadyBarbero
A
lunedì prossimo! Lily&Lady
|
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Capitolo 4 *** Capitolo III° ***
Non
sapeva nemmeno lei come ma fosse riuscita ad incastrare, tra le mille
cose di cui si stava occupando, anche un pranzo con sua sorella
minore. Umi stava facendo il tirocinio come pediatra alla U.A.
assieme alla loro nonna, ma al contrario di lei e di Mizu, non
disponeva di un quirk curativo. Riusciva a manipolare l'elemento
dell'acqua ma ad un livello talmente basico che aveva preferito
mettere da parte i progetti di diventare eroe, in favore di qualcosa
di più concreto per le sue abilità ma comunque legato
all'aiutare le persone. Umi adorava i bambini, era per questo che
aveva preferito specializzarsi nel campo della pediatria.
«
Eppure qui alla U.A. non è che si possano più definire
bambini sai…» Le disse Recovery Girl, dopo aver salutato
la nipote appena arrivata.
«
Effettivamente la nonna non ha tutti i torti. » Aggiunse Mizu,
dando un bacio ad entrambe.
«
E' vero ma non trovate che siano adorabili? Vogliono salvare il mondo
e si impegnano tanto per farlo! »
Umi
a volte viveva in un mondo fatato, ma chi la conosceva, la adorava
anche per questo. Prima che le tre donne potessero lasciare
l'infermeria della scuola, dove la maggiore delle sorelle aveva
raggiunto le altre due, la porta si aprì e Mizu sgranò
gli occhi, ritrovandosi Aizawa davanti. Anche lui non riuscì a
mascherare la sorpresa di averla trovata lì ma poi,
ricordandosi dello studente che stava sorreggendo, si decise ad
entrare.
«
Oh no, Togata-kun, cos'hai combinato?? Ti sei fatto ancora male! »
Chiese Umi apprensiva, mentre si affrettava ad indossare il suo
stetoscopio.
«
Mirio! » Lo rimproverò Ricovery Girl. « Hai
strafatto anche stavolta? »
Il
ragazzo biondo, seppur dolorante, si grattò la nuca con aria
colpevole, dispiaciuto di averle fatte preoccupare. Shota e Mizu
vennero lasciati in disparte.
«
Ci incontriamo spesso, ultimamente. » Evidenziò Mizu,
che proprio non sopportava quei silenzi imbarazzanti che cadevano tra
loro.
«
Già. Tu non gli dai un'occhiata? »
«
Non mi sembra che sia messo così male da richiedere
l'intervento di tre medici. » Ridacchiò lei, divertita.
« Inoltre non è il mio tirocinio, non sarebbe giusto nei
confronti di Umi. » A quelle parole Aizawa chiuse gli occhi e
sorrise, anche se l'increspatura delle sue labbra era anche
leggermente amara.
«
Sempre prima gli altri… »
Mizu
si voltò di scatto a guardarlo e fece per rispondergli a tono
ma si morse le labbra, contò fino a dieci e poi parlò.
«
E' il mio lavoro. » Forse non erano le parole più
adatte, perché il tono con cui le rispose l'uomo fu gelido.
«
Infatti. Lavoro. »
Mizu
lo guardò, oltraggiata, poi buttò un occhio alle due
donne che si stavano prendendo cura del ragazzo e fece cenno ad
Aizawa di uscire per continuare la loro conversazione fuori. L'uomo
la seguì all'esterno dell'infermeria e si chiuse la porta alle
spalle.
Umi
fece una visita approfondita allo studente, che continuava a dirle di
stare bene, ma lei voleva assolutamente accertarsene. Dopo un veloce
bacio di Recovery Girl, Mirio fu come nuovo, ma si beccò
comunque una strigliata dall'anziana.
«
Insomma dovresti stare più attento, siamo alla fine dell'anno
scolastico, presto inizierai l'ultimo. Dovrai dare il buon esempio
agli studenti più giovani. » Mirio sorrise sornione e
fece per lasciare l'infermeria ma la sua mano si congelò sulla
maniglia della porta, non appena giunse alle loro orecchie la voce di
Mizu. L'anziana dottoressa Shuzenji fece cenno ad entrambi di tacere.
«
Credo proprio che ci toccherà ascoltare una conversazione
spiacevole e alla quale non dovremmo assistere, ragazzi… »
«
Finirà mai questo farmi sentire in colpa per il mio lavoro..?!
» Esplose da fuori Healing Water. « Era un problema prima
e lo è tuttora a quanto pare, anche se non stiamo più
insieme! » A quelle parole Mirio e Umi trattennero il fiato.
«
Sai bene che non è quello il problema. Non lo è mai
stato. E abbassa la voce, siamo comunque a scuola. » Il
professor Aizawa cercò di placare la donna, mentre si
massaggiava le tempie.
«
E allora qual è? Cosa c'è di sbagliato nel volersi
prendere cura degli altri? » Il tono di Mizu era cambiato, ora
somigliava quasi ad una supplica sommessa.
«
Non c'è nulla di sbagliato, Mizu. E' ovvio che sia ciò
che ciascun eroe aspiri a realizzare ma, a volte, questo spirito di
sacrificio non è necessario. Bisogna anche dare valore a se
stessi. »
«
Se non dessi valore a me stessa e a quello che faccio, non potrei
fare il mio lavoro.» Mizu gli si avvicinò di qualche
passo e sollevò il viso, cercando lo sguardo di Aizawa, finché
non lo trovò. « Parliamoci chiaramente, Shota. Non era
il fatto che io mi valorizzassi o meno il nostro problema. Mi hai
dato della crocerossina.
Come se non sapessi separare la nostra relazione dal lavoro. »
«
Questo perché mi hai messo sempre prima di ogni cosa. »
«
E non dovrebbe farti riflettere..? Ti avevo messo al centro del mio
universo e tu te ne sei fregato altamente. » Ad entrambi non
sfuggì il tempo passato della frase di lei. « Ma cosa ne
parliamo a fare..? Tu sei convinto che il mio sentimento per te fosse
pietà... quando non era affatto così… » La
voce le tremò e gli occhi le divennero lucidi, perciò
si allontanò, schiarendosi la gola. Shota le andò
incontro ma lei arretrò.
«
Mizu, ascolta... non è né il momento né il luogo
adatto per parlarne. Mi dispiace essere arrivati a questo punto... me
lo merito, visto che non ti ho lasciata spiegare due anni fa. »
«
Infatti. Ora, ti sarei davvero grata se evitassi di rigirare il
coltello nella piaga, perché probabilmente per te è
tutto a posto ma per me no. Sono io quella che per due anni è
rimasta a leccarsi le ferite per un tuo capriccio. Adesso sarebbe
apprezzato se ti comportassi da adulto e la smettessi di farmi
sentire in questo modo ogni volta che parliamo. » Tirò
su col naso e prese un bel respiro. « Ti farò sapere
quando potremo incontrarci per le indagini... Buona giornata e buon
lavoro. »
La
donna camminò a passo spedito verso l'uscita, avrebbe
aspettato le altre due all'esterno. Era stata una pessima idea
entrare in quella dannata scuola, sapeva che poteva esserci il
rischio di incontrarlo.
Aizawa
la guardò allontanarsi, indeciso se seguirla o meno ma pensò
che non fosse il momento, dopotutto era andato in infermeria per
portare uno studente. Di malavoglia, aprì la porta
dell'infermeria e dalle espressioni imbarazzate di Mirio e Umi
immaginò che avessero sentito la lite con Mizu.
«
Togata, se stai bene è il momento di rientrare in classe.
Grazie per esservi prese cura di lui. »
«
Non c'è di che. » Gli rispose l'anziana.
Lo
studente ringraziò a sua volta le due donne e poi seguì
l'insegnante per i corridoi. Umi e Chiyo, immaginando che Mizu si
fosse avviata all'esterno, si affrettarono a togliersi i camici e
recuperare le loro cose per raggiungerla. La trovarono seduta in una
delle prime panchine dopo il cancello, aveva le spalle basse e l'aria
di chi non vorrebbe essere lì in quell'istante. La sorella
minore la abbracciò e lei ricambiò senza esitazione
quel gesto d'affetto.
«
Quell'Aizawa... non è cambiato affatto eh? » Sentenziò
nonna Chiyo, poggiando una mano sulla spalla della nipote maggiore.
«
Avete sentito tutto..? »
«
Ogni parola. » Rispose a bruciapelo Umi, staccandosi dalla
sorella.
«
Grande... Vorrei evitare di parlarne, se possibile… »
«
D'accordo. Pensavo fosse finita, comunque. » Affermò la
minore, con tutta l'innocenza di cui disponeva.
«
E infatti è finita. » Confermò la sorella. «
Più finita di così non si può. »
«
Su, su, ragazze. Adesso scacciamo i cattivi pensieri e andiamo a
pranzo! Non ci risparmieremo nemmeno sul dolce! »
Le
parole di Recovery Girl fecero sorridere le ragazze e il buon umore
non tardò a tornare.
«
Conosco un posto carino. » Affermò Mizu. « Stavano
facendo dei lavori di ristrutturazione, ma se li hanno completati,
potremmo andare a mangiare lì. »
La
donna le condusse al Doragon, fresco di rinnovo. Umi osservò
con ammirazione la vetrata esterna, dove erano disegnati dei dragoni
rossi e neri. Quando entrarono, Mizu non notò però
effettivamente niente di diverso dal solito, perciò, mentre
sua nonna e sua sorella prendevano posto ad un tavolo, si diresse al
bancone per salutare il proprietario e chiedere informazioni in
merito.
«
Ho apportato alcune modifiche alle cucine. » Rispose Gorou con
tono cordiale alla ragazza « Sono dispiaciuto per l’eventuale
disagio, sapendo perfettamente che non vi è locale migliore di
questo e che non c’è cliente più affezionata di
te.» Concluse con un sorriso sornione. Mizu ridacchiò
per l’atteggiamento dell’uomo, mentre si incamminava
verso i posti occupati da Umi e Chiyo, ben consapevole che fosse la
sua facciata dietro il bancone, per questo non andava preso sul serio
ma ci si poteva ridere su. Intanto Kimiko si avvicinò per
prendere l’ordinazione al tavolo, porgendo loro i menù.
«
Allora, per te il solito? Oppure, avendo compagnia, vuoi cambiare? Ci
sono le specialità del giorno, tra cui piatti composti.
Preferenze? » Domandò con tono cordiale ma forzato,
notando Recovery Girl in loro compagnia.
«
Per me va benissimo il solito, grazie Kimiko. » Le sorrise,
restituendole la stessa cordialità, notando però lo
sguardo della bionda su sua nonna. « Voi cosa volete? Vi
assicuro che si mangia benissimo, perciò non fate complimenti.
»
«
Avete qualcosa che non sia a base di carne? Preferisco evitare di
mettere sotto i denti una povera creatura. » Chiese con
ingenuità Umi.
«
Disponiamo di carni provenienti dai migliori allevamenti biologici,
dove le dolci creaturine corrono felici fino al giorno della loro
macellazione. » Rispose la cameriera sorridente, portando il
peso su un fianco. Mizu conosceva perfettamente il linguaggio del
corpo, perciò non faticò a capire che la bionda si
stesse alterando. « Se ci pensi mangiano erba tutto il giorno,
quindi sono più verdura che carne. » Sottolineò
Kimiko con sorriso beffardo.
Umi
non sapeva che rispondere, a parte battere le palpebre più
volte per la delucidazione così cruda appena data.
«
Penso che un’insalata andrà benissimo, giusto Umi? »
Tentò di rimediare la sorella maggiore, volendo evitare
scontri verbali con Kimiko. « Tanto poi potrai rifarti col
dolce. »
«
S-sì! Andrà benissimo. Magari come contorno delle
patatine… » Sorrise la minore, un po’
forzatamente.
«
Per me del ramen. » Affermò nonna Chiyo.
«
E dell’acqua per tutte e tre. » Concluse Mizu,
riconsegnando i menù alla cameriera.
Dopo
aver appuntato le ordinazioni nel blocchetto, Kimiko prese i menù
e si avviò alle cucine per lasciare la comanda a Yuurei, che
si sarebbe occupato del tutto. Una ventina di minuti dopo, aiutato da
Gorou, Yuurei fece uscire l’ordinazione delle tre clienti, che
Kimiko servì prontamente al tavolo ancora calde.
«
Buon appetito a voi. Sopratutto alla verduriana.
»
Ridacchiò tra sé. Umi rivolse uno sguardo spaesato alla
sorella, che le fece un cenno di negazione col capo. Non appena la
cameriera si allontanò, la minore diede voce ai suoi dubbi.
«
...è normale che i clienti vengano trattati così? »
«
Oh non farci caso e goditi il pasto, Kimiko è fatta così,
non le piace nessuno.»
«
Forse non dovrebbe fare la cameriera allora. » Osservò
Recovery Girl, separando le sue bacchette.
«
E’ quello che penso anche io. » Asserì Mizu,
sforchettando sul suo cibo.
«
Però lei dice di aver bisogno di lavorare, quindi… In
realtà è abbastanza simpatica, quando non è di
cattivo umore. Va presa così com’è. Poi il cibo è
ottimo e il padrone del locale compensa la mancanza di maniere della
figlia.»
Intanto
che Mizu cercava di dare spiegazioni sensate, Kimiko rivolgeva
sguardi disgustati alle sua spalle verso Recovery Girl mentre
ritirava i piatti usati degli altri clienti. Avere una Pro Hero nel
loro locale era la causa del suo malumore, anche se a conti fatti, in
realtà ce n’erano ben due. Solo che, mentre alla
presenza di Mizu aveva fatto il callo, a quella della vecchia di
certo no e non le faceva affatto piacere. Qualche minuto dopo Gorou
si avvicinò alla tavola delle tre donne, rassicurandosi che
tutto procedesse bene ed il pasto fosse di loro gradimento.
«
Tutto ottimo, come al solito. » Affermò Mizu, con un
sorriso. Anche le altre due concordarono, facendo complimenti al
cuoco.
Quando finì di mangiare, il trio si congedò dopo aver
pagato, con la ripromessa di tornare ancora. Il resto della serata
proseguì piuttosto tranquilla al locale, qualche cliente nel
pomeriggio e un po’ più di affollamento verso cena. Alla
fine del turno, Gorou e Yuurei rimasero per il loro turno di pulizie,
mentre Kimiko iniziò ad avviarsi verso casa. Per darle la sua
indipendenza, Gorou le aveva comprato un bilocale non troppo lontano
dal Doragon. Proprio a causa della breve distanza, e grazie anche al
fatto di conoscere la strada a memoria, Kimiko stava camminando col
naso incollato allo schermo luminoso del suo cellulare. Motivo per
cui, quando qualcuno le andò inavvertitamente addosso,
complici anche le ombre del vicolo, nemmeno se ne accorse e vi finì
per sbattere malamente.
«
E guarda un po’ dove vai, idiota! » Non si risparmiò
, benché lei stessa fosse la prima ad avere la sua parte di
colpa. Lo sconosciuto si limitò ad un’alzata di spalle
silenziosa, per poi proseguire, mani in tasca, per la sua strada.
Kimiko lo osservò allontanarsi per qualche secondo, ancora
inviperita, finché, quando stava per decidersi a riprendere il
cammino, sentì un peso mancante nella tasca posteriore dei
suoi pantaloni. Le servì giusto una frazione di secondo per
capire cosa fosse successo, non era solita usare borse ma era
sicurissima di aver preso con sé il suo portafogli e di averlo
infilato nella suddetta tasca.
«
Figlio di… » Emise a denti stretti, giusto prima di fare
retro front e seguirlo a grandi falcate. Non ci mise molto per
raggiungerlo, il suo corpo rimase solido mentre le sue braccia
assunsero una forma gassosa e scura, con le quali lo afferrò
per il colletto del lungo cappotto e lo fece voltare verso di sé.
In quel momento un dettaglio del viso dello sconosciuto catturò
il suo sguardo: quegli occhi azzurro-turchese gli ricordarono una sua
vecchia conoscenza. Gli rivolse un sorriso bieco, mentre i suoi occhi
amaranto rilucevano di una luce sinistra.
«
Credo proprio che tu abbia qualcosa di mio. La mamma non ti ha
insegnato che non si ruba? » Con le braccia ancora in forma di
fumo nero, gli afferrò le gambe e lo ribaltò con poca
grazia. Iniziò a scuoterlo e a perquisirlo con foga, non
lasciando allo sconosciuto il minimo tempo di reazione. Dalle tasche
interne, iniziarono a cadere gli oggetti più disparati, tra
cui orologi e cellulari, ma quello che catturò l’attenzione
della ragazza fu un portafogli decorato con una trama di gattini.
«
Credo proprio che questo sia mio, Begli
Occhi. »
Gli disse con scherno, buttandolo a terra. Riottenuto quello che
voleva, Kimiko rivolse all’uomo un ultimo sguardo di disprezzo
mentre le sue braccia riprendevano forma corporea, per poi proseguire
noncurante verso il suo appartamento.
L’uomo
rimase a terra, ancora scombussolato. Si mise a raccogliere gli
oggetti rubati che la sua vittima gli aveva fatto cadere, mentre con
lo sguardo non perse di vista la sinuosa donna bionda, finché
lei non scomparve dietro un angolo.
Begli
Occhi, così
lo aveva chiamato. Una strana quanto assurda coincidenza. Solo lei
era
solita chiamarlo così, tanti anni prima, ma lei
non
c’era più. Anche lei lo aveva abbandonato. Eppure il
dubbio atroce di quell’incontro fortuito non voleva lasciarlo
in pace.
“
Non
l’hai vista effettivamente morire…” Iniziò
a ripetersi nella sua testa, mentre si incamminava nella stessa
direzione della donna. Senza nemmeno rendersene conto, aveva preso a
seguirla. Svoltato lo stesso angolo, la vide poco lontano mentre
superava l’ingresso di un palazzo dalla ristrutturazione
recente.
Chi
era quella donna, che per pura casualità quella sera era
passata da essere la sua vittima ad essere suo aggressore. Doveva
sapere. Non poteva essere lei… ma se per caso lo fosse stata…
avrebbe dovuto fargliela pagare per averlo lasciato solo.
Angolo
delle Autrici
Salve
gente! Eccoci con il terzo capitolo :3
La
storia inizia a prendere il via. Cosa ne pensate di Kimiko? E di
Mizu? Fatecelo sapere con i vostri commenti ^-^
Come
al solito vi lasciamo i link alle pagine FB
LilyShakarian
LadyBarbero
A
lunedì prossimo!
Lily&Lady
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Capitolo 5 *** Capitolo IV° ***
I
capelli azzurri di lei erano sparsi sul cuscino, mentre quelli neri
del compagno che la sovrastava le solleticavano il collo, sul quale
lui stava lasciando una scia di baci caldi, lentamente. Le dita
femminili erano avvinghiate alla schiena di lui, mentre il loro
sudore si fondeva, insieme ai loro corpi. La bocca di Mizu richiamò
con una dolce supplica quella di Shota, che non esitò ad
accontentarla. La sentì gemere più forte, labbra contro
labbra, mentre raggiungeva il piacere, per poi seguirla poco dopo. I
sospiri spezzati di entrambi si mescolarono ma le loro bocche
rimasero vicine e le loro lingue terminarono l’amplesso con una
danza erotica ma dolce. Quando si separarono, Shota si lasciò
cadere sul petto morbido di Mizu, che iniziò ad accarezzargli
i capelli e gli poggiò un bacio sulla parte superiore della
testa. Rimasero così, abbracciati e in silenzio, senza quel
bisogno spasmodico di esternare quei sentimenti reciproci così
ovvi. Almeno finché il tempo glielo concesse, perché il
telefono iniziò a squillare. Aizawa, con i capelli ancora
arruffati, si staccò di malavoglia dal corpo caldo della
compagna e andò a rispondere, incurante della sua nudità.
Mizu lo osservò allontanarsi e ascoltò la
conversazione, dall’espressione corrucciata che assunse l’uomo
non le fu difficile intuire che il loro tempo insieme era scaduto. Lo
vide chiudere la chiamata e sbuffare, mentre iniziava a rivestirsi.
«
Problemi? » Gli chiese, sollevandosi sui gomiti, senza
preoccuparsi del fatto che quel gesto avrebbe spostato il lenzuolo,
lasciando i suoi seni scoperti.
«
Niente di grave, tranquilla, ma devo andare. » Le si avvicinò
e le poggiò un bacio sulla fronte. « Tu perché
non resti a letto? »
«
Anche io ho del lavoro da sbrigare. Tanto vale occuparmene subito,
visto che ormai sono libera. » Gli rispose, rassegnata. «
Riusciamo a vederci più tardi? »
«
Non te lo so dire, dipende da quanto sono gravi questi “casini
burocratici” di cui mi hanno solo accennato. »
«
Che vuoi farci? Non possono proprio fare a meno del grande
Eraserhead. » Lo canzonò, divertita, issandosi per
baciarlo. Lui la lasciò fare, poi si separarono, Mizu si alzò
e indossò la vestaglia, ma quando Aizawa fu sulla soglia, lo
fermò. « Aspetta, hai preso il flaconcino che ti ho
preparato? »
Lui
si tastò le tasche e poi fece un cenno di diniego con la
testa. Mizu si avvicinò alla cassettiera, recuperò
l’oggetto e glielo porse. « Sai che non dovresti
scordarlo, l’ho riempito con la mia acqua proprio per aiutarti
anche se non ci sono. » Glielo porse e approfittò di
quel momento per sistemargli i capelli, legandoglieli in una coda.
«
E’ solo una riunione… »
«
Lo so ma non si sa mai… » Imbeccò lei,
scoccandogli un ultimo bacio prima di spedirlo fuori dalla stanza.
Mizu
si risvegliò trafelata e di soprassalto. Si guardò
attorno nell’oscurità, era ancora a letto nella sua
stanza, la sveglia segnava le quattro del mattino. Si toccò il
volto, sentendolo bagnato. Scoprì che non lo era per il
sudore, ma per le lacrime che dovevano esserle scese copiosamente
durante quel sogno, che più che altro era un ricordo. “
Mannaggia a te, Mizu!” Si maledisse mentalmente mentre tornava
a girarsi e rigirarsi nel letto, senza ottenere alcun risultato.
Visto che il sonno sembrava volersi far desiderare, decise di alzarsi
e farsi una tisana, mentre ragionava sul fatto che probabilmente quel
ricordo era saltato fuori dal nulla a causa del litigio con Aizawa di
qualche giorno prima. Non era solita abbattersi in questo modo, ma
quando c’era di mezzo Shota, il discorso cambiava e lei
mostrava tutte le sue debolezze di donna. Accese la tv, mentre
sorseggiava la bevanda calda appena fatta, sperando che l’aiutasse
a scacciare i pensieri negativi, ma non servì a niente e alle
5:30 era anche più sveglia di prima. Si trascinò verso
la scrivania, avvolta nella coperta tipo bozzolo, e provò a
mettersi a lavorare, consapevole che comunque quell’ora e mezza
prima della sveglia, anche se fosse riuscita a dormire, non le
sarebbe servita a molto.
“
Pensavo
di essermene fatta una ragione… Invece a quanto pare no.”
Un miagolio ai suoi piedi richiamò la sua attenzione.
«
Oh Kotton, scusami, ho svegliato anche te? Perdonami. » Emise a
bassa voce, prendendo in braccio il micio arancio tigrato ed
iniziando a coccolarlo.
«
Mammina oggi ha deciso che dormire non rientrava nelle priorità.
Vuoi le crocchette, batuffolino mio? » Il gatto sembrò
capire, perché strusciò la testa contro la mano della
padrona. Mizu assecondò la richiesta dell’animale,
restando ad osservarlo per un po’, poi si buttò in
doccia e decise di prepararsi per raggiungere l’ufficio, anche
se era molto presto. Avrebbe dovuto trovare un modo per affrontare la
questione Shota, visto che avrebbe dovuto continuare a lavorarci
insieme. Non poteva dare di matto ogni volta che ci parlava, o
perderci il sonno. Quello che avrebbe voluto dirgli due anni fa,
finalmente era riuscita a dirglielo, perciò doveva andare
avanti e concentrarsi sul suo lavoro. Salutò Kotton prima di
uscire, poi si recò all’edificio del P.E.S.E.E.,
Programma Educativo di Supporto Emotivo per Eroi, dove per miracolo
trovò le porte già aperte, nonostante fosse lì
in largo anticipo. Presa dalle sue cose, si era scordata che per
quella mattinata avrebbe avuto un solo un paziente. Quando controllò
chi fosse, però, imprecò mentalmente, perché
dopo una notte come quella, non era pronta a svariate ore in
compagnia di Endeavor. L’uomo arrivò in perfetto orario,
con la sua solita aria corrucciata e la sua presenza imponente. La
struttura non permetteva di usare i propri quirk ai pazienti, perciò
di malavoglia si vide costretto a spegnere le sue fiamme poco prima
di accomodarsi.
«
Di tutte le persone che potevano capitarmi, dovevo fare terapia
proprio con la figlia di quell’insopportabile di Ocean, per di
più nipote della vecchia bacucca.»
«
Buongiorno anche a lei, Enji. » Sospirò Mizu, sconsolata
per l’atteggiamento del suo paziente. « Devo ammettere
che mi stupisce che un uomo come lei abbia accettato di farsi
aiutare, ero convinta che il suo orgoglio non glielo avrebbe
permesso. » Conosceva Endeavor da quando era bambina, lui e suo
padre erano
coetanei
ed erano stati rivali per parecchio tempo, fatto dovuto
all’inevitabile poca compatibilità dei loro quirk: da
una parte le fiamme dell’inferno, dall’altra la potenza
delle acque oceaniche.
«
La situazione pare richiederne la necessità. » Le
rispose, voltando il viso di lato.
«
Come mai? » Chiese Mizu, assumendo una posa professionale e
preparando il suo taccuino.
«
Non penso siano affari tuoi, ragazzina. »
«
Questo suo atteggiamento non ci porterà da nessuna parte,
signor Todoroki. » Lo ammonì bonaria la dottoressa,
senza perdere la sua fermezza. « La prego di ricordare che qui
io sono il suo medico. Riesce a dimenticarsi chi ha davanti e
trattarmi con il rispetto dovuto alla mia figura professionale?
Perché se la risposta è no, temo che continuare a stare
qui sia inutile. »
La
flemma con cui Mizu lo aveva ripreso, lo imbarazzò. Si schiarì
la voce e si sistemò meglio sulla poltrona, prima di
risponderle.
«
E’ per quello che è successo con mia moglie. »
Iniziò, cercando di formulare un discorso logico. «
Abbiamo avuto dei trascorsi turbolenti e adesso lei si trova in una
clinica psichiatrica. Pensavo stesse meglio, ma continua a non
volermi vedere. I suoi medici non mi permettono di incontrarla. »
Mizu
appuntò sul bloc-notes le parole rapporto
coniugale instabile affiancato
ad un punto di domanda.
«
Se non le permettono di incontrarla, avranno i loro motivi. » A
quelle parole le fiamme sulla testa dell’uomo si riaccesero. «
Per favore, si controlli. E soprattutto, mi faccia finire di parlare
prima di scaldarsi. Evidentemente sua moglie non si sente ancora
pronta per rivederla, quindi deve cercare di accettare questa sua
volontà. Quando sarà il momento, sono certa che nessuno
ostacolerà il vostro incontro. Nel frattempo, però, è
molto importante che lei continui a mostrarsi presente. Non si lasci
abbattere dal fatto che non gliela facciano ancora vedere. Sua moglie
viene avvisata ogni volta che lei va a trovarla, perciò anche
il solo fatto di mostrarle che sta continuando a provarci, per lei
anzi per entrambi, credo sia davvero importante.» Enji sembrò
riflettere profondamente sulle parole della ragazza. Era stato
evasivo sul rapporto problematico con la moglie, ma Mizu qualcosa in
più, grazie a suo padre, la sapeva. D’altra parte nove
anni prima era stato Ocean a salvare Rei dall’ira del marito,
rea di aver bruciato la parte sinistra del volto del figlio minore
con dell’acqua bollente. Era stato proprio lui a farlo
ragionare e fargli capire che la moglie avesse bisogno di aiuto. «
Signor Todoroki… Enji-san… io vorrei che in questo
studio si dimenticasse del suo ruolo là fuori. Non c’è
nessuna copertina da mostrare, nessuno scandalo da coprire, vorrei
solo che si sentisse libero di poter parlare tranquillamente, buttare
fuori tutto ciò che la tormenta. Io lo custodirò
gelosamente tra queste quattro mura e proverò con ogni mezzo
di cui dispongo ad aiutarla a risolvere la sua situazione. Non
pretendo che si fidi di me dall’oggi al domani, spero solo che
continui a presentarsi qui per le sedute e di costruire questo
rapporto di fiducia pezzo per pezzo. » Endeavor si alzò,
sovrastando la dottoressa con la sua ombra imponente.
«
Ci penserò. » Rispose, fissandola dall’alto, poco
prima di lasciare lo studio. Dopo che fu uscito, Mizu rilasciò
la posa rigida che aveva assunto, emettendo un lungo sospiro.
«
Stavolta me ne è capitato un bello grosso e problematico. »
°°°
«
Ecco i vostri tempura, buon appetito! » Si congedò dalla
tavola Kimiko andando nuovamente dietro il bancone, in attesa di
nuovi ordini da prendere. Gorou era intento a lucidare alcuni
bicchieri, ascoltando con fare indifferente alcune conversazioni
della clientela. Il fischiettio allegro di Yuurei - occupato ai
fornelli - si poteva sentire fino alla sala, leggermente sovrastato
dai video musicali trasmessi dalla tv al plasma. La giornata filava
come sempre nella totale tranquillità e Kimiko non era stata
ancora artefice di nessun guaio con i piatti. Adesso se ne stava lì,
completamente annoiata e sospirante, picchiettando la penna contro il
blocchetto a tempo di musica. Si lasciò scappare uno
sbadiglio, ricevendo, per la sua maleducazione, un colpo di coda
sulla coscia da parte di Gorou.
«
Fa male! » Sibilò tra i denti massaggiandosi la parte
appena colpita, il tutto seguito da un broncio che faceva invidia ad
un mastino.
«
La mano. Non è così difficile come gesto. »
Sollevò la sua portandola alle labbra « Visto? »
«
Sì, sì... che noioso. » Emise un leggero mugolio
per il secondo colpo che ricevette nello stesso punto « Basta!
Ci stai prendendo gusto?! »
«
...Forse… » Commentò flebile, osservando di
sottecchi la ragazza che continuava a massaggiarsi la coscia dolente.
La
campanella posta sopra la porta del locale suonò, avvertendo
dell'ingresso di un nuovo cliente accolto da un caloroso benvenuto
da
parte di Gorou. Non perse tempo a fissare il nuovo arrivato, preferì
punzecchiare con la punta della lunga coda rettiliana Kimiko
invitandola, a suo modo, ad accogliere il nuovo arrivato. Con un
gesto veloce della mano, la ragazza spinse via la coda dell'uomo,
dirigendosi poi verso il tavolino appena occupato in un angolo
appartato del locale. Mentre Kimiko si avvicinava, il cliente prese
il menù posto sulla tavola, guardando i vari drink e cocktail
disponibili, accavallando le gambe in una posizione più
comoda.
«
Benvenuto al Doragon. » Esordì la bionda con lo sguardo
rivolto al blocchetto mentre appuntava un che
palle
sul
foglio « Ha già in mente qualcosa oppure vuole... »
Ma non ebbe il tempo di concludere la frase che i suoi occhi si
incrociarono con quelli del cliente. Il breve attimo di stupore venne
sostituito da quello paonazzo e carico di rabbia fuori controllo. «
Tu?! Che diavolo ci fai qui?! » Batté con forza la mano
sul tavolino, facendo sussultare e voltare i presenti, compreso
Gorou.
Di
tutta risposta, il ragazzo posò nuovamente il menù
incrociando le dita tra loro, poggiando in seguito le mani sulla
superficie appena colpita dalla ragazza. Complice la notte prima e
l'ira per il furto subito, Kimiko non aveva notato i dettagli - non
indifferenti - sul viso del ragazzo. Dei lunghi tagli precisi
dividevano il suo volto a metà, iniziando dai lati delle
labbra e finendo con una linea netta orizzontale appena sopra le
orecchie. Da questa linea centrale, andando verso il basso, fino al
collo e le clavicole,
il ragazzo era completamente bruciato, o almeno, rattoppato
con
della pelle innestata
in pessime condizioni, che ricordava delle ustioni di terzo grado. Le
due estremità della pelle erano tenute salde da delle parti di
metallo che somigliavano a grossi punti di spillatrice e che
sormontavano la linea netta. Stessa cosa per le sue borse sotto gli
occhi. Anche nelle sue mani non sembravano esser state risparmiate,
una linea circolare le divideva dal polso e, da quello che mostrava
parte dell'avambraccio scoperto, la bruciatura si estendeva
maggiormente, forse in tutte le braccia. Quando il ragazzo accennò
un sorriso, divertito dalla reazione della bionda, fece esaltare
l'ennesimo taglio del labbro inferiore che lo percorreva fino al
mento e, proprio da sotto il labbro, altri punti metallici per tenere
salda anche l’ennesima ferita.
«
Non si dovrebbe trattare in questa maniera la clientela... »
Disse il ragazzo con tono canzonatorio. « Soprattutto i nuovi
arrivati... fai una pessima pubblicità a questo posto. »
«
Ma dai... » Rispose Kimiko poggiando entrambe le mani sul
tavolino, portando il busto in avanti « Da quando trattare a
modo un ladro , e stalker aggiungerei, come te dovrebbe fare cattiva
pubblicità? Semmai è la tua presenza a non essere
gradita in questo posto…» Concluse con un sorriso
sarcastico.
«
Oh... » Lui ricambiò il sorriso, schiarendosi un po' la
voce « Da quello che so, anche l'utilizzo del proprio quirk in
luogo pubblico fa la differenza... » Pronunciò con tono
più alto, con l'intento di farsi sentire dai presenti, che
iniziarono a bisbigliare tra loro « Siamo andati contro la
legge entrambi, non credi? Avrò fatto quello che ho fatto...
ma, di risposta, tu mi hai aggredito con la tua unicità... »
Inclinò il capo fino a sostenerlo con una mano « Vista
la tua prontezza di reazione dev'essere una cosa che fai spesso,
vero? »
Il
limite di sopportazione, che non andrebbe mai superato, della ragazza
era davvero basso. Con un rapido scatto afferrò il colletto
della giacca in pelle dell’individuo e lo tirò con forza
verso di sé, costringendolo a sciogliere la posizione delle
gambe per mantenere un buon equilibrio.
«
Dimmi un po', sei in cerca di guai begli
occhi? »
Domandò Kimiko a denti stretti, immergendo le sue iridi
magenta - rese ancora più luminose dalla rabbia - nelle pozze
blu e profonde di lui « Non ho nessun problema a rendere questo
Picasso del tuo viso un quadro completo e meno informe…»
I denti quasi stridevano tanta era la pressione concentrata
in quella serratura rabbiosa.
«
Che paura... » Rispose il ragazzo con tono sarcastico «
Almeno, come ultimo desiderio, potrei sapere il nome del mio
carnefice? »
La
bionda non ebbe il tempo di rispondere, anche se avrebbe tanto voluto
colpire con un sonoro pugno sul quel sorrisetto odioso, ma Gorou
esaudì la richiesta del ragazzo richiamando Kimiko con un
severo e alterato tono di voce e bloccando in tempo la sua ira con
forte presa sul suo polso. La trascinò via, obbligandola a
lasciare la presa dal colletto di quell'individuo, spingendola con
forza all'interno delle cucine. Yuurei con disinvoltura riprese le
sue mansioni, facendo credere di essere estraneo ai fatti appena
accaduti. Appena la porta si richiuse alle spalle di Gorou, Kimiko fu
investita dal suo sguardo gelido. Era talmente furioso che le sue
pupille rettilinee sembravano due spilli inghiottiti dal rosso
cremisi delle sue iridi. D'impulso la ragazza voltò il viso
dalla parte opposta a quella dell'uomo, massaggiandosi con cura il
polso reduce dalla stretta.
«
Vorrei delle spiegazioni. » Esordì Gorou, incrociando le
braccia al petto « Con una giusta motivazione abbastanza
sensata da farmi desistere dal farti seriamente male... » Gorou
poteva tollerare la sua sbadataggine e il suo essere poco accorta con
le maniere nei confronti dei clienti, ma se c’era una cosa che
non poteva accettare era quella, attirare l’attenzione, su di
loro e sul locale, con baruffe da salood del vecchi film western.
«
Quel tipo ieri sera mi ha derubata! Cosa dovevo fare? Dargli una
pacca sulla spalla, complimentandomi, e porgergli anche il
cellulare?! » Ringhiò la ragazza, distendendo le braccia
con ovvia ironia.
«
Forse era la scelta migliore... » Commentò Gorou «
Sai bene che non voglio assolutamente che utilizzi il tuo potere come
se fosse la normalità. Non siamo nella tua amata America,
ragazzina…»
«
Hai ragione! Anche se, non offenderti, ma definire carcere
questo
tuo amato
Giappone
è un eufemismo. » Ridacchiò nervosamente facendo
ruotare gli occhi, incrociando anche lei le braccia sotto il petto.
«
Rimediamo a questo tuo errore con la giusta punizione. » Ignorò
completamente l'ironia della ragazza « Qualsiasi cosa ordinerà
quel tizio verrà detratta dal tuo stipendio a tempo
indefinito, intesi? »
Dopo
l'attimo di stupore a quella sua idea di punizione, gli occhi della
bionda di spalancarono maggiormente, esordendo con un forte «
CHE COSA?! OLTRE AL DANNO LA BEFFA?! » Velocemente e con
movimenti impacciati dettati dalla rabbia, sciolse il nodo del
grembiulino nero da lavoro, buttandolo con poca grazia contro il
pavimento. « Preferisco andarmene piuttosto che sfamare quello
stronzo! » Con grandi falcate lasciò le cucine e, nel
passare dalla sala per prendere l'uscita, buttò uno sguardo
carico di rancore nella direzione dell'individuo che si era dileguato
chissà da quanto. Poco le importava. Una volta lasciato il
locale si avviò verso la zona del parco. Doveva assolutamente
camminare e sfogare quella rabbia che la contaminava, tanto da farle
venire una forte nausea e crampi allo stomaco. Avrebbe voluto
calciare il cestino della spazzatura, ma si fermò quando vide
passeggiare una familiare figura femminile dai capelli azzurri.
Angolino
delle autrici
Buongiorno
a tutte/i :3 Puntuali come un orologio svizzero, anche il capitolo fi
oggi è stato pubblicato! State iniziando ad apprezzare anche
voi Mizu e Kimiko? Ce la stiamo prendendo comoda per farvele
conoscere al meglio, perciò fateci sapere cosa ne pensate :)
Sulle
nostre pagine trovate anche i disegni delle nostre OC e presto ne
arriveranno di altri. Come sempre vi lasciamo i link alle pagine
Facebook.
LilyShakarian
LadyBarbero
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Capitolo 6 *** Capitolo V° ***
Il
parco in cui Kimiko si era rifugiata, alla ricerca di quiete e
solitudine che stemperassero la sua rabbia, solitamente non era molto
frequentato. Anche quel giorno, a parte i soliti atleti dediti al
jogging e qualche coppia, non c‘era nessun altro. Se non che,
ad un certo punto, da un angolo era spuntata la riconoscibile zazzera
azzurra di Mizu un po’ sfatta, mentre passeggiava,
probabilmente proprio nel percorso dal suo ufficio al Doragon.
«
Guarda un po’ chi si vede. » Infilò le mani nelle
tasche dei jeans, avvicinandosi alla ragazza. Mizu, ancora col naso
nei suoi appunti, lo sollevò sulla sua interlocutrice, non
appena ne udì la voce.
«
Kimiko! » Esclamò, sorpresa di vederla lì e non
al locale. « Cosa ci fai al parco? » Le chiese poi in
tono cordiale, ma non le sfuggì la tensione della bionda. «
Giornata libera o giornata storta? »
«
Diciamo entrambe... » Si affiancò a lei, portando in
avanti il capo per curiosare verso i suoi appunti « Tu invece?
Che cos’è questa roba? » Arricciò le labbra
incuriosita, sbirciando velocemente le varie scritture.
Sfortunatamente per la sua indole curiosa, Mizu, come ogni medico che
si rispetti, aveva una calligrafia illeggibile, motivo per cui le
risultò impossibile capire di cosa potesse trattarsi, ma intuì
fossero documenti del suo ufficio al P.E.S.E.E. La dottoressa
ritrasse il taccuino verso il petto, poco prima di risponderle.
«
Soliti casi di pazienti problematici, qualcuno più, qualcuno
meno. » Si sistemò un ciuffo ribelle dietro l’orecchio.
« Tutti Pro Hero, comunque, quindi dubito che la cosa possa
interessarti. » Ridacchiò, prendendo un po’ in
giro quel lato così ostico della bionda, sperando che la
battuta la aiutasse a rilassarsi e sciogliersi.
«
Ah… hai proprio ragione. » Stese le braccia sopra la
testa stiracchiandosi per bene, lasciando sfuggire un sospiro
annoiato solo al pensiero di sentire le questioni riguardanti gli
Hero. « Anche se, onestamente, iniziano ad infastidirmi anche
altri generi di individui… » Aggiunse, ripensando alle
parole del ragazzo, ma sopratutto a quelle di Gorou «
Maledizione se mi infastidiscono… » Si morse il labbro
inferiore.
«
Oh cielo, qualcuno che infastidisce Kimiko, che novità! »
Ironizzò Mizu, scoppiando a ridere. La stilettata che le
lanciò Kimiko con lo sguardo, non fece che accrescere le sue
risa. « Perdonami, ma devi ammettere che anche tu hai un bel
caratterino. Comunque… » Si avvicinò ad un
chioschetto lì nei paraggi e ordinò due caffè.
Furono pronti in un lampo, così la dottoressa ne porse uno
alla bionda. « … perché non ne parliamo? Se ne
hai voglia, per me sarà un piacere ascoltarti. » Le
sorrise, con fare dolce e comprensivo, prendendo posto su una
panchina e facendole un cenno di sedere accanto a lei. « Lo so,
starai pensando “ ma non è stanca di sentire persone che
si lamentano dei loro problemi tutto il giorno?” , ma ti dirò,
ho scelto questo lavoro proprio perché mi piace ascoltare e
aiutare come posso. Quindi, se ti va, sono qui. E non come
strizza-cervelli, ma come potenziale amica. Sempre che il fatto che
sia una Pro Hero non sia un problema.» La punzecchiò,
facendole la linguaccia.
«
E’ da anni che non parlo con qualcuno… » Storse
nuovamente le labbra in una smorfia imbronciata davanti a quel gesto
della ragazza, per poi prendere posto vicino a lei, afferrando il suo
bicchiere. « Forse perché poi si inizia a parlare
troppo. » Poggiò i gomiti sul poggia-schiena della
panchina, lasciandosi scappare un profondo respiro rilassato «
Un po’ come stai facendo tu adesso. Stai parlando troppo.
Sembri una di quelle addestratrici di cani che insistono con vocine
carine e biscottini a dargli comandi. » Inclinò il capo
sulla spalla fissandola con occhi sottili.
«
Pfff… scusa, scusa, davvero, ti prendo sul serio, credimi, ma
se solo sapessi chi ho avuto come paziente oggi, capiresti perché
la tua “ostilità” mi scivola di dosso. »
Mizu sorseggiò il suo caffè caldo, affatto scomposta
dalle provocazioni di Kimiko. « Comunque il mio intento non è
certo quello di addomesticarti. Non credo sia possibile, nemmeno
volendoci provare. Ho solo visto che eri tesa e ho pensato avessi
bisogno di sfogarti, tutto qui. »
«
Sì? » Soffiò una risata divertita, muovendo
lentamente il suo bicchiere del caffè.
«
Oh, almeno sono riuscita a strapparti una risata. Col mio paziente
non ci sono riuscita.»
«
Già! Non sapevo fossi così simpatica, merito del tuo
paziente di oggi? »
«
Nah, io sono sempre simpatica. » Affermò Mizu, con
spavalderia. « Forse eri solo tu che non volevi che superassi
il tuo muro. »
«
Hai solo sbattuto la testa contro quel muro, però… »
La fissò con un ampio sorriso « Almeno ho sentito il
rumore... » Mizu non poté non scoppiare a ridere. «
Giusto, giusto… ma prima o poi i muri crollano, anche a furia
di testate…» Ricambiò il sorriso, ma con sguardo
deciso. « E io sarei proprio curiosa di vedere cosa ci si
nasconde dietro. La maschera da dura non ti si addice, sei
decisamente troppo carina. »
«
Oh… secondo me non vorresti mai scoprire cosa si nasconde
dietro quella maschera…» Sollevò il capo con
leggera superiorità e un sorriso poco rassicurante, il tempo
di lasciare la ragazza perplessa prima di darle una schicchera al
centro della fronte.
«
Ahia! » Si lamentò Mizu, massaggiandosi la parte
dolorante, che aveva già preso ad arrossarsi. « Gorou
non ti ha insegnato a mostrare rispetto verso chi è più
grande? » Continuò con finto fare offeso, per poi
tornare abbastanza seria da tener testa alla bionda. « E
comunque, mia cara Kimiko, quello che potrei trovare là
dietro, o meglio, là dentro, non mi spaventa. Credimi quando
dico di averne viste tante in questi anni… Non dimenticare con
chi stai parlando, sono pur sempre un Pro Hero e non lavoro di certo
in uno dei posti più allegri della città… »
«
Credo sia normale sentirne tante dalle tue parti, siete sempre
immischiati in faccende grosse. » Finalmente iniziò a
sorseggiare il suo caffè, constatando che fosse alla giusta
temperatura. « Chissà però come la prenderesti
nel sentire le vicende di una persona come tante, una delle tante
persone anonime che passeggiano per le strade. Niente titolo, nessun
riconoscimento speciale, nessun impiego particolare da permetterle di
affiancarsi ad una persona importante. » Voltò appena il
capo verso di lei, mordicchiando il bordo del bicchiere e scrutandola
a fondo. Mizu sostenne il suo sguardo, seria.
«
Non che me ne sia mai fregato qualcosa dell’importanza che i
miei pazienti hanno al di fuori del mio studio, una volta che varcano
la mia porta sono tutti uguali e i loro problemi vanno trattati allo
stesso modo. Perciò… » Sorrise, cercando di
alleggerire la pressione. « ...sei fortunata, il mio tariffario
è pagato dallo stato, hai Shuzenji Mizu al tuo servizio,
potresti approfittarne. » Le fece l’occhiolino. Come
prima risposta ottenne un’espressione sospettosa e vigile, che
pareva mettere sotto esame ogni dettaglio. Kimiko era chiaramente in
allerta, come aspettandosi qualche mossa strana da parte sua.
«
Mi domando cosa potrei risolvere nel parlare con qualcuno, visto che
le stesse parole non portano a nulla. » Finì il suo
caffè con un ultimo sorso. « Ma… tentare non
dovrebbe nuocermi… » Sorrise appena, con una leggera
forzatura. « Cosa vorresti sapere? »
«
Io non “ voglio” sapere niente di particolare, Kimiko. »
Enfatizzò volontariamente la parola. « Ti sto solo
offrendo la possibilità di parlare di quello che tu
preferisci.
Sia questo il problema evidente che ti ha fatta scappare dal bar, no,
non ci vuole un indovino per capirlo, o di quanto sia bello il tempo
oggi.»
«
Preferisco la pioggia. » Si grattò nervosamente la nuca,
mugolando pensierosa. Per un attimo Mizu pensò che si sarebbe
seriamente messa a parlare del tempo, ma poi lasciò che
proseguisse. « Ho lasciato quel posto perché, secondo
Gorou, dovevo sfruttare il mio stipendio per sfamare un ladro. »
Fece schioccare la lingua contro i denti « Un ladro! Capisci?
Solo perché mi sono ripresa il mio portafogli senza chiamare
la polizia! » Rise nervosamente, scuotendo il capo.
«
Aspetta, aspetta, andiamo con ordine altrimenti rischi solo di
confondermi. Facciamo un passo indietro. Ladro? Qualcuno ha cercato
di derubarti? »
«
Cercato? No, no! Mi ha proprio derubata! » Al solo pensiero le
prudevano le mani « Quel bastardo… ha avuto la faccia
tosta di farsi vivo al locale oggi. La sera prima mi prende il
portafogli e la mattina dopo si presenta con un radioso sorriso su
quelle labbra orribili. » Emise un verso disgustato,
esattamente come l’espressione che le si era dipinta sul volto.
Mizu la ascoltò con attenzione.
«
Ma se non sbaglio hai detto che te lo sei ripresa il portafogli,
giusto? Mi sembra che tu sappia difenderti abbastanza bene da dei
ladruncoli, quindi hai fatto bene a non scomodare la polizia per un
nonnulla. Non capisco perché tuo padre sia sia alterato, però…
» Affermò, realmente perplessa. Gorou le era sempre
sembrato piuttosto pacifico, o quanto meno la facciata che mostrava
dietro il bancone. Kimiko si guardò le unghie con
indifferenza, senza sollevare lo sguardo.
«
Ho usato il mio quirk… » Bisbigliò voltandosi
dalla parte opposta a quella di Mizu.
«
Oh, adesso capisco. » Asserì la dottoressa, iniziando ad
avere un quadro più chiaro. « Immagino che Gorou si sia
arrabbiato perché vuole solo il tuo bene e comunque io non ci
trovo niente di male nell’esserti difesa da sola, in quel
momento. Sia chiaro, usare i propri quirk in questi casi è
sempre rischioso, in un’altra situazione avresti potuto mettere
a rischio qualcun altro con la tua unicità. Qualcuno che stava
passando lì per caso e che non c’entrava niente con la
faccenda, un civile innocente. E’ solo per questo che esistono
le leggi che regolamentano l’uso dei quirk ed è anche
per questo che esistono gli eroi che disprezzi tanto. Perché
sono persone che si addestrano per affrontare questo tipo di
situazioni, anche se più in larga scala. Non ti giudico, anzi,
penso tu abbia agito per il meglio, anche se farsi giustizia da soli
si chiama vendetta, non giustizia, nel tuo caso penso che si possa
accettare. Non sempre eroi o polizia fanno in tempo, per questa
auto-difesa, quando non implica mettere in pericolo gli altri, io
sarei favorevole all’utilizzo dei propri quirk. »
«
Ci sono comunque sanzioni da pagare, anche se ero nel giusto. A Gorou
preme la questione dello sborsare soldi in qualcosa di futile. »
Accavallò le gambe alzando gli occhi al cielo. « Si è
sempre comportato così, o almeno da quando lo conosco. Non
sarebbe la prima volta che apre il portafogli per una mia colpa. »
“Da quando lo conosco”? Pensò Mizu. Non erano
padre e figlia? Si disse che non era il momento giusto per indagare.
«
Ma in questo caso di quali sanzioni stiamo parlando? L’unico
che potrebbe testimoniare contro di te, dovrebbe ammettere di essere
stato il primo ad aggredirti, tentando di derubarti, perciò
non vedo dove sia il rischio. »
«
Tempo fa, leggemmo una notizia riguardante una donna, alla quale
cadde un mazzo di chiavi in un tombino. Visto che il suo potere era
quello di attrarre oggetti metallici, decise di risolvere il
pasticcio da sola e venne sanzionata. » Sollevò le
spalle, perplessa. « Gorou ha reagito malissimo a quella
notizia, non tanto per la donna in sé, quanto per la
possibilità che potessi fare lo stesso. “
Ho
già speso anche troppo per te, tra vandalismo e sciocchezze,
ci manca solo che inizi ad utilizzare la tua unicità per altre
cose e siamo al completo”!
» Cercò di imitare il tono di voce dell’uomo con
la stessa espressione severa. « Quando quel bastardo ha
spifferato il fattaccio, il colorito della faccia di Gorou si è
confuso con quello dei suoi occhi. »
«
Devi proprio avergliene fatte passare parecchie a tuo padre, per
reagire in questo modo… » Commentò Mizu,
guardando Kimiko sotto una nuova luce. « Ed io che pensavo ti
limitassi ai disastri nel locale. » Ridacchiò
sommessamente, poi tornò seria. « Comunque, ti ripeto,
Gorou non ha nulla di cui preoccuparsi, perché quel criminale,
per poter denunciare te, dovrebbe prima ammettere le sue colpe. E non
penso che lo farà. »
«
Il problema è che forse riporta qualche ematoma… non
l’ho proprio trattato con i guanti di velluto. Ok recuperare i
propri averi, ma se ci fosse una telecamera in quella stradina, non
mostrerei il mio profilo migliore… » Sorrise divertita.
«
Se ti preoccupa così tanto, posso provare ad informarmi. »
Affermò Mizu, cercando di tranquillizzarla. E’ vero,
Kimiko sembrava allegra nel raccontare come aveva strapazzato il
delinquente, però la dottoressa era convinta che ci fosse
dell’inquietudine dietro quella facciata, ora allegra, ora da
dura.
«
Se potessi farlo, mi faresti un enorme favore. » Commentò
la bionda con un ampio sorriso « E vedrò di sdebitarmi
come meglio posso, promesso. » Le mostrò la lingua
divertita.
«
Ah, tranquilla, per me non è certo un problema. E se può
essere d’aiuto, dì pure a Gorou che pagherò io
eventuali sanzioni. Solo per questa volta, sia chiaro. In cambio,
gradirei solo fare altre chiacchierate come questa di oggi e
conoscere la vera Kimiko. Ci stai? » Come risposta iniziale
Kimiko mugolò lungamente, pensando alla sua proposta.
«
Poco alla volta, ma si può fare. » Le porse la mano così
da sigillare il loro accordo. Mizu le sorrise, entusiasta, stringendo
non troppo forte nel ricambiare quel gesto.
«
Affare fatto. Io stavo andando al locale per mangiare e bere
qualcosa. Vieni con me?»
«
Perfetto! » Si stiracchiò per bene prima di alzarsi
dalla panchina e gettare il bicchiere vuoto nel cestino. Poco prima
di entrare, una volta arrivate al Doragon, a Mizu squillò il
telefono. Quando guardò lo schermo per leggere il messaggio,
non riuscì a mascherare un lieve moto di sorpresa nel leggere
il mittente. Aizawa la stava avvisando che era riuscito ad ottenere i
file di cui avevano parlato, ma che era meglio vederli insieme di
persona, in quanto siccome erano riservati, non poteva mandarglieli
via mail. Gli rispose velocemente di passare a casa sua più
tardi, visto che sembrava urgente, poi mise frettolosamente il
telefono in borsa e superò la porta del Doragon con un
sospiro. Una volta dentro, però, non ci mise molto a tornare
la Mizu allegra e cordiale di sempre. Kimiko, avendola già
preceduta, aveva ripreso il suo grembiule e lo aveva indossato con
indifferenza, anche se lo sguardo soddisfatto di Gorou non le dava
tregua. Si avvertiva chiaramente
il suo “lo
sapevo” che
punzecchiava ripetutamente la schiena della ragazza. « Smetti
di gongolare, guarda che se sono qui è solo merito di Mizu. »
Gli brontolò in risposta, contrariata, a non riuscì a
fargli perdere quella smorfia. Mizu aspettò che Kimiko le si
avvicinasse per prendere la comanda, ordinò qualcosa di
leggero e un drink bello forte. Della seconda richiesta, si occupò
direttamente il gestore del locale, il quale la osservò con un
sopracciglio alzato. Da quando la dottoressa frequentava il locale,
era capitato che bevesse, ma mai nulla di così alcolico. «
Ehi Doc, sicura della scelta? » « Assolutamente, dopo
un po’ di svago mi aspetta altro lavoro, quindi ne ho bisogno.
» Confessò, poco entusiasta. « Piuttosto non
dovrebbe gioire così tanto delle disgrazie di sua figlia,
dovrebbe essere più comprensivo. Per una volta che
l’atteggiamento difensivo di Kimiko le è servito
davvero… E comunque, se può aiutarla a stare
tranquillo, mi assicurerò che non ci fossero telecamere in
quel vicolo, o nel caso dovessero essercene, controllerò i
filmati. Come ho detto a Kimiko, mi occuperò anche di
eventuali sanzioni, visto che mi pare di capire siano i soldi il
problema principale. » Il dragonide la osservò con aria
saccente.
«
Se per lei è giusto “viziarla” con questi metodi,
poi non se la prenda con me se se ne approfitta della sua gentilezza.
» Si voltò per sistemare alcuni bicchieri, dopo averle
servito il drink. « Fidarsi di Kimiko è un bene, magari
la aiuta a sbloccare un po’ quel suo carattere, ma non fidarsi
troppo è anche meglio, lo dico per lei, ovviamente… »
Le sorrise col suo solito fare cordiale.
«
Io non credo che sostenerla quando è nel giusto sia “viziarla”
come dice lei. » Esordì la dottoressa, addentando la
cannuccia nel suo bicchiere. « Forse invece è proprio
questo quello di cui ha bisogno quella ragazza, qualcuno che si fidi
di lei. » Osservò la bionda mentre si districava tra i
tavoli e imprecava ad alta voce quando si sbatteva i fianchi agli
spigoli. « Non so, Gorou-san… io vedo molto potenziale
dentro quegli occhi. E mi creda, ne ho visti tanti sguardi come
quello di Kimiko al lavoro… Lo vedo perfettamente che c’è
qualcosa che non va. Non sono così ingenua come crede, forse
mi sottovaluta per la mia aria troppo spensierata e cordiale. »
«
No dottoressa, non mi fraintenda. » Rispose Gorou con
tranquillità. « Semmai ritengo eccessiva la sua troppa
gentilezza e dubito della sicurezza nelle sue parole, ma ripeto, se
vuole tentare con lei, faccia pure. Vorrei solo metterla in guardia
da quello che lei definisce come potenziale. Ringraziamo che non si
sia spinta oltre con quel tizio, a prescindere da chi aveva ragione e
chi no. » Sospirò con una nota un po’ rassegnata.
« Io, ormai, mi limito a dare queste punizioni, perché
con lei ho già provato anche troppo a farla aprire, ma non è
servito a nulla. Forse ha proprio bisogno di una figura femminile. E’
anni che non ne vede una “amica”. »
Forse
per l’alcol che iniziava ad entrare in circolo, o forse per le
parole di Gorou, Mizu arrossì leggermente. Non era solita
essere associata ad una figura di riferimento femminile. Come eroe
si, come medico anche, ma come figura femminile no, per quello c’era
sempre stata sua nonna. Si schiarì la gola e si decise a
rispondere, dopo aver ponderato bene le parole. « Per quanto
per altri forse Kimiko non valga la pena di combattere, per me non
esiste una causa persa in partenza, perciò si, se me lo
permetterà, la aiuterò come posso. Piuttosto, se non
sono troppo indiscreta, dov’è sua madre? » Forse
Gorou era la persona ideale per indagare sulla questione “genitori”
di Kimiko. L’uomo la fissò a lungo, spostando poi lo
sguardo sottile su più punti imprecisi del locale. Storse le
labbra in alcune smorfie indecifrabili, come se facesse un po’
fatica ad entrare in alcuni dettagli.
«
Non fa più parte della sua vita da un po’... forse,
però, non è il caso di parlarne qui con la biondina che
si aggira attorno… se non vuole scoprire da subito come
potrebbe reagire con il suo potenziale.
»
Le sorrise ancora una volta facendo muovere lentamente la lunga coda
alle sue spalle.
«
Se il solo pensiero di sua madre può farla reagire in questo
modo, allora forse non è il caso che ne parliamo noi due.
Aspetterò che sia lei stessa, quando sarà pronta, a
farne parola. » Trangugiò tutto d’un fiato il
resto della bevanda e ne chiese un’altra uguale. Gorou le
chiese se fosse sicura, visto che non aveva ancora mangiato, ma lei
fece un cenno d’assenso abbastanza convinto. Non era abbastanza
brilla per i suoi gusti ma allo stesso tempo non voleva esserlo
troppo, in previsione del confronto con Shota.
«
Sicura che stia per iniziare un’altra ora di lavoro a breve? »
Domandò porgendole il suo secondo drink « La sua
temperatura corporea sta salendo vertiginosamente… »
Sollevò il mento con fare esperto nel discorso, da buon
rettile in grado di notare questo genere di cose.
«
Un’ora secondo i più rosei preventivi… »
Mizu trangugiò mezzo bicchiere come nulla fosse, poi si decise
a mangiare qualcosa dal piatto che finalmente le fu allungato dalla
cucina. «...ma non è il lavoro il problema, quanto con
chi…
»
«
Oh… » Sorrise malizioso, portando le mani all’altezza
del ventre, coprendole con le ampie maniche del kimono. « Da
come ha calcato la frase, deduco che non sia un paziente… o
magari sbaglio? »
«
No, non sbaglia. Una volta fuori dall’ufficio, raramente vedo
pazienti fuori dall’orario di lavoro. Purtroppo non posso
parlare di quello che sto facendo per motivi di riservatezza, ma come
ho detto il problema è un altro. Una cosa di cui posso parlare
ampliamente e sfogarmi, una buona volta! » Tracannò il
resto della bibita, sporgendo il bicchiere verso Gorou, in segno di
metterne ancora. « Lavorare con un ex
con
il quale pensavi fosse finita, ma in realtà gli muori ancora
dietro, nonostante sia uno stronzo patentato, non è mai bello!
» Le ciglia di Gorou quasi vibrarono nel sentire quelle
informazioni, non gli dispiaceva sapere qualche pettegolezzo in più,
soprattutto se si trattava degli Hero. Prese senza esitare la
bottiglia, riempendole nuovamente il bicchiere.
«
Possono essere una vera seccatura anche gli uomini, purtroppo. »
La rassegnazione dipinse il suo viso « Ma, per esperienza,
probabile che i suoi modi siano dovuti ai suoi stessi sentimenti,
cara dottoressa… » Sorrise divertito.
«
In che senso? » Chiese confusa. Non gli era sfuggita quella
nota delusa nella sua voce.
«
Su, dottoressa… lo saprebbe anche uno come Yuurei che uno che
si comporta come la persona che deve incontrare, la tratta in
quel modo
perché
reprime certi istinti… » Poggiò i gomiti sul
bancone ed il mento sulle mani, fissandola intensamente.
«
Ma quali istinti! » Sbottò Mizu, brilla, sbattendo il
bicchiere sul tavolo. « Quel bradipo non ne ha, se non quelli
di trattarmi come un’idiota che non è capace di amare…
» L’azzurra represse un singhiozzo, mentre scacciava via
velocemente una lacrima scappata al suo autocontrollo. « E
dovrei anche vederlo in queste condizioni… Grandissima Mizu,
ottimo lavoro… » Di risposta l’uomo sollevò
le sopracciglia e arricciò le labbra in una smorfia divertita.
Si voltò appena, prendendo la bottiglia del drink che le stava
servendo, poggiandola davanti a lei.
«
Ho la dispensa ben fornita, questa portala pure con te, ti servirà
finita la tua consulenza con il signorino… » Mizu
sollevò i suoi occhi, color oceano in quel momento, su Gorou.
Era la prima volta che le dava del tu. Si vergognava da morire per
essersi lasciata andare in quel modo, ma solo quando l’alcol
inibiva i suoi freni era capace di essere così sincera con se
stessa. Accettò di buon grado la gentilezza del padrone del
Doragon e salutò sia lui che Kimiko, poco prima di lasciarsi
il tintinnio della porta del locale alle spalle per dirigersi verso
casa sua e l’incontro con Eraser Head.
Angolino
delle autrici
Buongiorno
a tutte/i :3
La
storia procede, noi siamo totalmente immerse in questa storia e voi?
Mi raccomando, fateci sapere cosa ne pensate :)
Sulle
nostre pagine trovate anche i disegni delle nostre OC e presto ne
arriveranno di altri. Come sempre vi lasciamo i link alle pagine
Facebook.
LilyShakarian
LadyBarbero
A
lunedì prossimo!
Lily&Lady
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Capitolo 7 *** Capitolo VI° ***
Forse
quei drink erano stati davvero un po’ troppi per Mizu, alla
quale aveva preso a girare la testa mentre camminava verso casa.
L’aria fredda della sera per fortuna la stava aiutando a
smaltire l’eccesso di alcol assunto. Era combattuta, da una
parte non voleva assolutamente vedere il collega, soprattutto se
ripensava alla loro ultima discussione, dall’altra aveva voglia
di rivederlo, probabilmente ormai conscia che i suoi sentimenti per
Shota non fossero mai morti del tutto. Stava camminando guardandosi
le scarpe, i suoi tacchi erano l’unico rumore udibile nella sua
via, quando una volta arrivata al portone del suo palazzo, un altro
paio non entrò nella sua visuale. Sollevò lo sguardo,
pronta a salutare uno dei suoi vicini con un sorriso un po’
forzato, ma deglutì a fatica quando riconobbe nello
sconosciuto proprio Aizawa. L’uomo era appoggiato al muro e la
stava fissando col suo solito sguardo neutro, ma quando la vide
traballare sulle sue gambe e quasi inciampare, la afferrò
rapidamente per un braccio, riuscendo ad evitare prontamente che
cadesse.
«
Stai bene? » Le chiese, controllando il suo stato.
«
Si, si… solo qualche bicchiere di troppo. » Indicò
la bottiglia che le aveva donato Gorou, sollevandola per fargliela
vedere. « Comunque, ciao. » Lo salutò,
imbarazzata, mentre iniziava a cercare le chiavi, ben consapevole di
avere lo sguardo scrutatore di Shota addosso. Dopo un tempo che le
parve interminabile, finalmente Mizu riuscì a trovarle e ad
aprire il portone. Mentre erano in ascensore, fu lui a spezzare il
silenzio.
«
E’ strano vederti esagerare, soprattutto nel bere. »
«
Oggi è stata una giornata pesante. » Ammise lei,
massaggiandosi il collo. « Avevo bisogno di rilassarmi un po’.
Non preoccuparti, sono già tornata sobria, possiamo lavorare
senza problemi. »
«
Non ti stavo giudicando. »
«
Oh, allora eri preoccupato per me? » Si voltò con un
sorriso tronfio verso di lui, per prenderlo in giro, ma Shota rimase
in silenzio, come per confermare quella frase. Alchè lei
sbatté le palpebre più volte, sorpresa, e arrossì
vistosamente, rimettendosi in una posizioni più rigida. Le
ante dell’ascensore si aprirono e a Mizu sembrò di poter
finalmente riprendere respiro. Dopo che la donna aprì la
porta, lo invitò ad entrare. Per lui fu peggio di uno schiaffo
in faccia, tornare in quella casa, dove tutto gli ricordava del loro
tempo passato assieme, dove tutto aveva il suo
profumo.
Pensava di essere preparato, invece lo spiazzò.
«
Riguardo quanto ci siamo detti l’altro giorno… »
Esordì grattandosi la nuca, dopo aver chiuso la porta dietro
di sé, ma fu interrotto da un miagolio. Kotton non perdeva mai
l’occasione di salutare i nuovi arrivati, strusciandosi alle
loro gambe, e così stava facendo con Shota. L’Hero
sembrò dimenticarsi di ciò che stava per dire e si
inchinò per accarezzare il micio fulvo. Mizu sorrise
osservandoli, mentre si liberava dei tacchi e della borsa.
«
Alla fine l’ho preso lo stesso, poco dopo che mi hai mollata su
due piedi. » Confessò lei, cercando di smorzare la frase
con un tono giocoso. « Ricordi? Avevamo deciso di prenderlo
insieme. » Stavolta però non ci riuscì, finendo
col evincere l’amarezza nelle sue parole. « E’ un
gran coccolone, mi ha tenuto molta compagnia. » Shota spostò
lo sguardo da Kotton su Mizu. Era girata di schiena e in quel momento
quelle spalle gli sembrano così fragili che dovette faticare
per sopprimere l’improvvisa voglia di abbracciarla per
rassicurarla. Piuttosto si rialzò in piedi e si schiarì
la gola, prima di risponderle.
«
Dicevo, riguardo il discorso dell’altro giorno… »
«
Non dobbiamo parlarne per forza. » Lo bloccò lei,
alzando una mano. « Siamo qui per lavoro. »
«
Vero, ma preferisco chiarire. » La fissò negli occhi e
Mizu, per quanto perplessa, ricambiò. Lo invitò a
sedersi sul divano, mentre lei andò in cucina a preparare del
caffè. Erano due anni che Shota non entrava in quella casa,
quella che era stata per la maggior parte del tempo la loro
casa.
Stava più tempo lì che nel suo appartamento, tanto che
Mizu gli aveva chiesto di trasferirsi per vivere assieme, ma lui
aveva preferito tenere casa sua e passare da lei quanto più
tempo possibile. Notò uno dei cuscini diverso da come lo
ricordava, ci avevano versato del caffè poco prima di un lungo
bacio mozzafiato dopo una missione, preludio di una notte di fuoco.
Mizu l’aveva lavato ma era rimasta la macchia, lui le aveva
proposto di cambiarlo, ma lei gli aveva detto di lasciarlo così,
in modo da far restare una traccia evidente come testimone della
passione che li aveva consumati. Ora quel cuscino macchiato invece
non c’era più, sostituito con uno certamente più
nuovo e un po’ diverso. Quando Mizu tornò, gli porse la
tazza di caffè caldo e si sedette affianco a lui. Shota si
ritrovò a fissare le labbra di lei, complice la bevanda
che stava assaporando, memore di quella serata di tanti anni prima.
Cercò di concentrarsi e di non pensarci.
«
Ho riflettuto sule cose che hai detto. » Esordì,
spezzando l’imbarazzo di Mizu, creatosi mentre finivano di bere
i loro caffè in silenzio. « Inizialmente non pensavo che
avessi ragione, ma effettivamente ti devo delle scuse. Sia per averti
ritenuta incapace di separare il lavoro dalla nostra relazione, sia
per non averti permesso di replicare alla mia decisione. »
«
Shota, davvero… va tutto bene. Per lo meno, adesso. » Si
affrettò lei a rispondergli. « Ho capito che cosa
intendevi, probabilmente ti ho soffocato col mio comportamento troppo
apprensivo. » Fece una piccola pausa, scegliendo le parole con
cura. « Ma non posso farci niente se mi preoccupo… Se
una persona tiene ad un’altra è normale che non voglia
che gli accada niente, no? » Cercò il suo sguardo,
trovandolo subito. « Anche tu prima eri preoccupato per me.
Funziona così. Quello per cui posso scusarmi è il fatto
che magari esagero un po’... Però almeno ora sono più
serena, perché sono riuscita a dirti quello che volevo,
portare questo peso per due anni non è stato semplice…
ma credo anche che non lo sia stato nemmeno per te. » Gli
sorrise, recuperando le tazze ormai vuote, ma nel prendere quella di
Shota le loro dita si toccarono. Come scottata, lei lasciò
cadere l’oggetto, che finì in frantumi per terra.
«
Grande Mizu, complimenti per la goffagine. Faresti invidia a Kimiko!
» Ironizzò, mentre recuperava i cocci. Nel farlo, si
tagliò un dito, che cominciò a sanguinare. «
Ahia! Ecco, continua così! » Si riprese nuovamente,
quasi dimenticandosi di non essere sola.
«
Sei sempre la solita… dovresti fare più attenzione. »
La riprese Shota, prendendole la mano per controllare la ferita.
«
Non è nulla… » Cercò di ritrarsi, ma la
presa di Aizawa sul suo polso era ferrea. Lui frugò in tasca
ed estrasse una boccetta, che Mizu riconobbe all’istante e
ammutolì. « Quello non è collirio… »
«
No. E’ proprio quello che credi. Come hai detto prima, non sono
stati anni difficili solo per te… » Ammise, senza
guardarla.
«
Shota… » Sussurrò Mizu, mordendosi il labbro e
sentendo gli occhi pizzicare. « Sai bene che non funziona su di
me… non posso curare me stessa con la mia acqua… »
Con l’altra mano gli sollevò il mento, constringendolo a
guardarla.
«
Pensavo che così potesse andare bene… » Le
rispose, mentre sgranava i suoi occhi ormai rossi, per annullare il
suo quirk. Con il potere di Mizu annullato, Aizawa versò poche
gocce dell’acqua lenitiva di lei sul dito. La fissò
senza sbattere le palpebre finché il piccolo taglio non si fu
rimarginato completamente. Quando i suoi occhi tornarono normali,
sospirarono entrambi.
«
Così non avevamo mai provato… » Constatò
lui, socchiudendo gli occhi. Mizu spostò la sua mano sul viso
di Shota, avvicinandosi inconsciamente a lui, e un leggero rivolo
d’acqua risalì fino a quegli occhi scuri lievemente
arrossati, donando loro sollievo.
«
Già… maledettamente compatibili… » Ammise
lei in un soffio, spezzando la catena tra i loro sguardi solo quando
entrambi chiusero gli occhi e le loro labbra si unirono.
§§§
Il
suono insistente della sveglia che annunciava il nuovo giorno riempì
la camera da letto, appena illuminata dalla flebile luce dell'alba
che filtrava dalle tapparelle. Le lenzuola si spostarono
ripetutamente, prima che una mano vi scivolasse all'esterno per
spegnere, goffamente, quell'oggetto infernale, che cadde
rovinosamente sul pavimento. Un lungo mugolio accompagnato dai suoni
di ossa scricchiolanti, segnarono l'inizio del risveglio di Kimiko.
Scostò via le lenzuola, prendendo posto al bordo del letto,
massaggiandosi lungamente la testa mentre esprimeva con un rumoroso
sbadiglio la sonnolenza ancora sovrana. Stropicciandosi per bene gli
occhi con i dorsi delle mani, si diede una spinta decisa per alzarsi
e strisciare a passi lenti verso la cucina. Gli occhi socchiusi le
davano ancora la possibilità di stare attenta alla
preparazione del suo caffè, rovesciandone solo un po' sui
bordi del lavandino invece che all'interno della moka. Prendendo
posto a tavola, nell'attesa che il liquido rigenerante fosse pronto,
poggiò la testa sulla superficie di legno, chiudendo gli occhi
per due minuti. Solo l'odore di bruciato la destò da quel
pisolino, facendola saltare dalla sedia in preda al panico. Visto il
danno combinato in cucina, senza contare il terribile puzzo del
caffè bruciato, le imprecazioni non si sprecarono.
“
Vorrà
dire che aggiungerò più zucchero....” Pensò,
mentre iniziava ad aggiungerne quattro
cucchiai. Appena portò la tazza alle labbra, la faccia
disgustata che espresse per quel sapore di carbone misto alla punta
di dolciastro, era indescrivibile. Almeno la destò
completamente dall'abbraccio del sonno insistente. Terminato a fatica
di ingurgitare quell’intruglio infernale, andò verso il
bagno per una doccia. Con labbra socchiuse, canticchiava una canzone
inventata sul momento, lasciandosi avvolgere dal getto tiepido.
Uscita dal box doccia si lavò per bene i denti ed il viso,
filando nuovamente in camera per vestirsi. Non era così
perfetta nel suo abbigliamento rispetto alle sue coetanee. Un paio di
jeans, una maglia sbracciata e sopra una camicia a quadri rossa
andavano benissimo per la nuova giornata di lavoro. Niente trucco per
lei, era fastidioso se durante il lavoro le iniziava a prudere
l’occhio e, nel grattarsi, dimenticava lo strato di mascara,
facendola successivamente somigliare ad un panda. Prese la giacca
dall’appendi-abiti posto vicino all’entrata, la sciarpa
e, sistemati i lunghi capelli dopo aver avvolto quest’ultima al
collo, indossò le scarpe e si diresse al Doragon. Le
temperature erano calate vertiginosamente, segno evidente che presto
sarebbe potuto nevicare. Alzò lo sguardo al cielo grigio,
fissando le nuvole sempre più ammassate, sospirando
rammaricata per aver scordato l’ombrello a casa. Dalla tasca
nella giacca prese il cellulare, controllando le newsletter nella
mattina. A quanto pare l’assassino X aveva colpito ancora, ma
questa volta, nella sua solita cerchia di agenti di poliziotti, era
stato coinvolto anche un Hero. Mentre faceva scorrere il dito lungo
la notizia, potè leggere solo alcune informazioni riguardanti
il malcapitato: possedeva un quirk del salto e, quanto pare, si
trovava di pattuglia con gli agenti proprio per dar loro supporto con
la sua abilità. Forse pensavano che potesse scappare con delle
informazioni utili sull’assassino, ma, purtroppo per loro, non
era andata così. Nessun’altra informazione sulla
vittima, nessun nome né altri dati. Meglio celare per il
momento il tutto, per non scatenare questo tanto temuto panico.
Kimiko percorse ancora qualche metro prima di svoltare verso la via
che conduceva al locale. Le strade erano già fin troppo
affollate per essere solo le sette del mattino. Dopo aver riposto il
cellulare nella tasca, controllò l’altra in cerca delle
chiavi e, sollevando il capo, vide una figura seduta sui due gradini
esterni del Doragon. Sollevò un sopracciglio mentre metteva a
fuoco l’individuo che, una volta riconosciuto, le fece storcere
il naso. Lui sollevò appena il capo quando la presenza della
ragazza,
udibile dal suono delle suole sull’asfalto umido, si face
sempre più vicino. Scostò le labbra dal colletto di
pelle del suo giubbotto, mostrando quel sorriso perfetto incorniciato
da un viso che faceva invidia a Freddy Kruger. Lei di risposta spostò
lo sguardo dalla parte opposta a quella di lui, superando la sua
figura come se fosse un misero sassolino sul ciglio della strada. Non
bastava l’intruglio proveniente dagli inferi di quella mattina
per rovinarle la giornata, adesso ci stava lo stalker da sopportare,
e per fortuna aveva preso l’abitudine di alzarsi presto proprio
per evitare il contatto umano e prendere confidenza con il locale
ancora vuoto.
«
Buon giorno… »
Kimiko
neanche gli rispose, era più interessante inserire le chiavi
nella serratura della porta, entrare velocemente, e chiudersi dentro
con più mandate. Questo era il suo piano calcolato in quei
pochi secondi. Peccato che il tenebroso mise prontamente un piede tra
la porta e l’uscio, così da impedirne la chiusura.
«
Dai, fa freddo qui fuori… »
«
Potevi stare a casa tua, invece di venire qui. » Rispose lei
con tono serafico, mostrando il sorriso più falso che aveva.
Lui ricambiò il sorriso con la stessa falsità e, senza
demordere, mise più pressione contro la porta, afferrandola
dalla maniglia ed entrando. Kimiko indietreggiò di un passo,
perdendo appena l’equilibrio, squadrandolo torva in volto.
Spinse con forza la porta chiudendola poi a chiave, sospirando
nervosa mentre si sfilava goffamente la giacca e la sciarpa. Lui, dal
canto suo, gironzolava a lenti passi per il locale, tenendo entrambe
le mani dentro le tasche dei pantaloni. Emise un lungo fischio
compiaciuto mentre fissava dei quadri appesi contro la parete.
«
Non li avevo notati l’ultima volta… sono originali? »
«
Ma che vuoi che ne sappia?! Ti sembro una critica d’arte?! »
Sbottò lei che aveva già preso posto dietro il bancone,
accendendo le macchine del caffè.
«
Acida… »
«
Oh, grazie! Finalmente un complimento! » Portò una mano
al petto sbattendo le lunghe ciglia con fare imbarazzata. Lo
sconosciuto sorrise voltandosi verso di lei e raggiungendola. Prese
posto su una delle sedie regolabili, mettendosi comodo con le braccia
incrociate sul bancone. Fissava i lunghi capelli della ragazza,
ancora intenta a sistemare le macchinette. Ne contemplava la doppia
tonalità, fissando maggiormente la parte bionda piuttosto che
quella colorata di magenta, forse scaricato dai continui lavaggi.
Sussultò appena quando Kimiko si voltò di scatto,
avvicinandosi al bordo del bancone, poggiandovi le mani.
«
Allora? » Domandò lei sollevando un sopracciglio «
Hai intenzione di andartene…? »
«
Devi ancora pagarmi i danni. Sai, no? »
«
Ancora con questa storia? » Fece ruotare gli occhi, sollevando
le spalle « Ti sei scaldato a sufficienza sostando qui, non
basta? Potevo lasciarti fuori al freddo, ma ti ho graziato. »
«
Preparami la colazione. » Poggiò il viso sulle braccia
guardandola col solito sorriso, così da punzecchiarla
maggiormente.
«
Prego? » Commentò lei con una vocina acuta, portando una
mano all’orecchio, incredula di aver davvero sentito quelle
parole.
«
Avanti… Non sto chiedendo chissà cosa. Un caffè…
Magari accompagnato da un dolce. » Il suo sguardo si fece più
sottile, accentuando di più i suoi occhi azzurri.
«
Magari una bella fetta di- » Si morse il labbro inferiore,
fermando il resto della frase poco carina e, sollevando gli occhi al
soffitto, si voltò nuovamente per preparare due caffe. Doveva
recuperare quello della mattina, molto importante per lei.
«
Non mi chiedi come lo preferisco? »
«
Assolutamente no. Lo prendi come il mio e zitto. »
Il
buon profumo del caffè arrivò come una vampata di aria
fresca per lei. Quel buon aroma che riusciva a placare le sue membra
era una manna dal cielo, soprattutto con quel tizio a poca distanza.
Poteva chiaramente sentire il suo sguardo indagatore addosso, ma
questo non la distrasse dal riempire le due tazzine con il nettare
scuro. Dopo aver poggiato due piattini, con cucchiaini ed un
cioccolatino incartato, sistemò per bene le due tazzine,
avvicinando il porta zucchero. Dolcificò il suo caffè
con una sola bustina, facendo solo poche mescolate, impaziente di
gustarlo. Appena portò il bordo della tazzina alle labbra, il
caldo intruglio che si riversò lungo la gola non le fece
trattenere un mugolio di compiacimento e benessere. Le sue gote quasi
presero colore quando rilasciò un respiro di pura
soddisfazione. Lui non smetteva di guardarla divertito dalla scena,
continuando a mescolare le sue due bustine appena versate.
«
In questo momento potrebbero succedermi le peggiori cose di questo
mondo, tanto mi scivolerebbero addosso. » Disse Kimiko
poggiando un braccio sul bancone in una posizione rilassata.
L’espressione del ragazzo in quel momento si fece seria ed il
suo sguardo si abbassò verso la tazzina.
«
Ti basta così poco? » Chiese lui iniziando a sorseggiare
il suo caffè.
«
Sì, perché? » Inclinò appena la testa,
sorridendo.
«
Sei molto fortuna… »
«
A quanto pare. »
Dopo
aver finito, il ragazzo ripose la tazzina sul piattino, spostando lo
sguardo altrove assorto da alcuni pensieri che presero spazio nella
sua mente come un treno in corsa senza freni. Sembrava nervoso, tanto
che prese a strapparsi con i denti alcune pellicine dall’interno
della guancia. Kimiko lo guardava perplessa, facendo smorfie con le
labbra senza comprendere quello strano cambiamento improvviso. Stava
per fare una delle sue solite uscite velenose, ma venne presa in
contropiede da lui.
«
Niente dolce? Eppure mi sembra di averlo chiesto. »
Lei
sbuffò, scuotendo la testa. Cambiamento? No, i ladri ed
approfittatori non possono cambiare o avere qualche problema. «
Vedo che c’è in cucina, basta che poi te ne vai. Inizi
ad annoiarmi. » Dopo essersi stiracchiata per bene e portate le
mani dietro la nuca, si avviò a passo lento verso le cucine.
Controllò le varie dispense, trovando – oltre alle varie
torte e crostate pronte dalla sera prima – un piatto di
dorayaki, forse l’unica cosa servibile per quello sconosciuto.
«
Vanno bene? Scordati qualunque altra cosa! » Con sua sorpresa
non ottenne risposta e quando arrivò al bancone, trovò
il posto dello sconosciuto completamente vuoto. La porta del locale
era socchiusa, cosa che permetteva l’entrata dell’aria
gelida. Dopo aver appoggiato il piatto sul bancone si diresse
all’ingresso, dando un’occhiata all’esterno prima
di chiuderlo.
«
Per un caffè non ci stava bisogno di scappare. »
Rifletté per un momento e, come colta da un’illuminazione,
corse velocemente a controllare la cassa.
«
Pffuuu… i soldi ci sono tutti… » Disse in un
sospiro di sollievo. Però era strano, perché se ne
sarebbe dovuto andare così? Si avvicinò nel punto dove
stavano conversando per ritirare le tazzine vuote e fu proprio in
quel momento che i suoi dubbi si fecero più insistenti,
mandandola in confusione. Vicino al piattino del ragazzo era
sistemata una banconota piegata e quando la ragazza la prese,
dall’interno cadde qualcosa che tintinnò sulla
superficie lucida.
«
E questo cos’è? » Si domandò a voce alta
prendendo quello strano oggetto, puntandolo verso la fonte di luce
del lampadario. All’inizio non capì bene cosa fosse, ci
dovette ragionare un po’ su, ma poi, controllandolo meglio sul
palmo della mano anche se l’oggetto era consumato, riconobbe il
plettro di una chitarra. La fronte si corrucciò confusa, forse
quel tipo era un musicista fallito?
Angolino
delle autrici
Eccoci
qui col quinto capitolo! Non siate timidi, lo sappiamo che leggete,
lasciateci un commentino sul nostro lavoro! ;)
Come
sempre vi lasciamo anche i link alle pagine Facebook, dove troverete
i disegni relativi alla storia!
LilyShakarian
LadyBarbero
A
lunedì prossimo! ;)
Lily&Lady
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Capitolo 8 *** Capitolo VII° ***
Le
bocche di Mizu e Shota si riallacciarono con la bramosia di chi si
cerca da tempo e si ritrova, le loro lingue si intrecciarono senza
dover chiedere il permesso di entrare negli antri altrui. Le dita di
Mizu si erano immerse nei capelli corvini del compagno, mentre lui la
sovrastava, con un braccio poggiato sul divano a far peso. Erano
ancora a terra, assieme ai cocci della tazza.
«
Dovresti ricordare dove si trova la mia stanza… »
Sussurrò lei con voce roca, riaprendo gli occhi languidi dopo
essersi staccata per riprendere fiato. In risposta Aizawa emise solo
un basso ringhio, infastidito dall’interruzione, poco prima di
sollevarla di peso e iniziare a muoversi verso la prima porta sulla
destra. Fosse dipeso da lui, avrebbe continuato quello che stavano
facendo anche lì, ma si limitò ad accontentarla.
Nessuno dei due stava pensando troppo a cosa stesse succedendo,
l’alchimia tra loro era troppo forte, i loro corpi stavano
urlando strenuamente quel bisogno di possedersi di nuovo a vicenda.
Aizawa aprì la porta con un gesto poco graziato della gamba,
che ripetè per richiuderla una volta entrato. Lasciò
cadere Mizu sul letto per poi mettersi sopra di lei e sfilarle la
gonna, mentre lei lo liberava della maglietta. Si baciarono ancora,
mentre lei sbottonava qualche bottone della sua camicietta e lui si
abbassava la zip. Shota ebbe giusto il tempo di indossare la
protezione, prima che Mizu avvolgesse le braccia attorno al suo collo
e lo attirasse a sé, in un chiaro invito a procedere. I loro
corpi e i loro respiri si mescolarono, divenendo tutt’uno.
«
Stavolta non è un sogno, vero? » Sussurrò lei
inconsciamente, più a se stessa che a Shota. Lui però
la sentì lo stesso e solo in quel momento si accorse delle
lacrime che rigavano i lati del volto di Mizu, scendendo fino a
macchiare il cuscino su cui erano sparse le sue onde azzurre. Le posò
due baci teneri sugli occhi, poi sulle labbra, proseguendo giù
fino al collo, senza fermare il ritmo con cui i loro corpi si
univano.
«
Apri gli occhi e guardami, sono proprio qui… » Le
sussurrò con tono basso in un orecchio. Mizu schiuse gli
occhi, divenuti ormai due pozze di oceano liquido, e si morse il
labbro poco prima di cercare il contatto tra le loro bocche ancora
una volta. In quel momento Mizu avrebbe tanto voluto urlargli addosso
quelle parole non dette ma che le stavano facendo esplodere il petto.
Si limitò a gemere più forte ed inarcare la schiena nel
momento di massimo piacere, sentendo dei versi simili del compagno
appena dopo di lei. Shota si lasciò cadere di fianco a lei,
entrambi col fiato spezzato. Adesso che il momento di passione era
passato, però, la realizzazione di ciò che avevano
appena fatto iniziò a farsi sentire. Mizu osservo' Shota
alzarsi e avvicinarsi alla finestra per guardare fuori e osservare il
caos notturno che illuminava Tokyo. Vide chiaramente il suo sguardo
pensieroso perso chissà dove, ma lontano da quella stanza.
Ancora solo con la camicetta addosso, decise di raggiungerlo alle
spalle e abbracciarlo da dietro, avvolgendo le braccia attorno alla
vita di lui e poggiandogli un bacio sulla spalla sinistra. Shota le
prese una delle mani, intrecciando le dita con le sue, e se la portò
alle labbra, scoccando un bacio lieve. Rimasero così, in
silenzio per un po', poi lui si voltò e sciolse
quell’abbraccio, sedendosi per terra ai piedi del letto.
Rilasciò un lungo sospiro, così Mizu si decise ad
imitare i suoi movimenti, sedendosi accanto a lui. Le mani di Shota
la afferrarono per i fianchi, finché non la trascinò
sopra di sé, a cavalcioni. I loro sguardi incatenati, le
labbra dischiuse, il leggero rossore sulle gote di lei.
«
Mizu… non vorrei che quello che è successo creasse
delle “ aspettative”... » Esordì lui,
distogliendo lo sguardo. Lei trasalì impercettibilmente, prima
di rispondere.
«
In che senso? » Non fu certa di aver celato la nota di panico
nella sua voce.
«
Nel senso… » Aizawa si grattò la nuca. «…
che non vorrei aver complicato ulteriormente le cose. » La
guardò, aspettando che rispondesse, ma Mizu, confusa, non lo
fece, quindi proseguì. « So cosa questo
ha
significato per te… ma non voglio che torniamo insieme. »
Mizu sussultò. « Preferivo essere chiaro fin da subito.
»
«
Quindi cosa stai cercando di dirmi? » Gli chiese con tono
grave, iniziando ad alzarsi ma lui la trattenne.
«
Non lo so. Questa notte potrebbe essere la giusta conclusione che non
abbiamo avuto due anni fa… » Vide chiaramente qualcosa
rompersi nello sguardo di Mizu. «… o forse un nuovo
inizio, non so dirtelo. Per il momento preferisco aspettare. Sto
chiedendo troppo? »
«
No. » Gli rispose, riprendendosi dallo stato semi catatonico. «
Non stai chiedendo troppo, ma adesso tocca a te ascoltare me su cosa
penso. » Il suo sguardo si fece più serio, affilato,
famelico. Poggiò entrambe le mani sul letto, incatenando Shota
sotto di lei. « Mi sta bene rispettare i tuoi tempi, se non
provassi ancora qualcosa per me, non ne staremmo parlando. L’ultima
volta mi hai completamente esclusa dalla tua decisione, stavolta non
ti permetterò di farlo. » Fece aderire volontariamente i
seni al petto dell’uomo. « Stavolta non ti permetterò
di scappare… Perciò si, facciamo a modo tuo, ma ho
tutte le intenzioni di farti capire che cosa hai perso due anni fa e
che forse potresti riavere...» Mizu lo baciò,
cogliendolo alla sprovvista, dondolandosi col bacino sopra di lui,
sfrizionando sul cavallo dei pantaloni e approfondendo il bacio.
Sentendo la reazione del bassoventre dell’uomo, si ritenne
soddisfatta e si staccò da quel contatto. Gli legò i
capelli in una coda, poi fece lo stesso coi suoi e si alzò in
piedi, squadrandolo con la malizia di chi sa di aver vinto. «
Adesso torniamo di là, abbiamo del lavoro da fare. »
Aizawa la guardò prima basito, incredulo che lo stesse davvero
lasciando in quelle condizioni, poi ricambiò il ghigno mentre
si alzava, anche se il suo aveva l’incurvatura della sconfitta.
Incuranti dell’essere ancora mezzo svestiti, presero le
cartelle consegnate a Shota direttamente da Tsukauchi. Passarono il
resto della nottata ad analizzare le informazioni accuratamente,
finché non riuscirono a snodare la matassa e a capire cosa
legasse i poliziotti morti tra loro.
«
Erano tutti corrotti… » Esclamò Mizu, incredula.
«
Corrotti mi sembra un’esagerazione. » La corresse Aizawa,
più calmo.
«
Erano tutti invischiati in casi misteriosamente irrisolti,
coinvolgimento di Yakuza, sparizioni misteriose, omicidi senza un
colpevole… io questa la chiamo corruzione.»
«
Ma non sappiamo se sia davvero così. Sono solo supposizioni.
Per quanto tutto si colleghi a questa conclusione, ci serve una prova
concreta.»
Il
cellulare di Shota e il cercapersone di Mizu squillarono in
contemporanea.
«
E’ la stazione di polizia…»
«
Sbrighiamoci.»
Senza
nemmeno il tempo di fare una doccia, vista l'urgenza, si rivestirono
in fretta e uscirono dall'appartamento. Il taxi li portò più
velocemente possibile alla stazione di polizia. Tsukauchi fu tentato
di chiedergli come mai fossero arrivati insieme, ma si convinse che
non fosse il momento adatto. Oltre a lui, ad accoglierli trovarono
Tensei Iida, con un'espressione scura in volto.
«
Abbiamo fatto prima possibile. » Affermò Mizu, mentre
qualche ciuffo ribelle scappava dalla sua coda. Anche in questo caso,
l'investigatore si chiese come mai anche Aizawa avesse i capelli
legati, ma il suo ottimo intuito gli permise di capire la situazione
ed evitare domande imbarazzanti, soprattutto in una situazione
delicata come quella.
«
Cos'è successo? » Chiese Aizawa, atono.
«
Ci sono state altre vittime, stanotte. » Rispose Tsukauchi.
«
Ancora poliziotti? Abbiamo scoperto un possibile collegamento tra le
vittime.» Aggiunse Mizu.
«
Perchè Ingenium e' qui? » Domando' Eraserhead. Tsukauchi
osservò Iida e poi rispose a tutte le domande.
«
Si, le vittime erano miei colleghi. Inoltre, come saprete, la Team
Idaten di Ingenium e' famosa per essere composta da sidekick. Uno di
loro, High Jump, dotato di quirk del salto, ha perso la vita nello
scontro di stanotte. » Aizawa e Mizu lo guardarono sconvolti,
lui digrignò i denti mentre lei si portò una mano alla
bocca. « La situazione ci sta sfuggendo di mano. Le indagini
sono ad un punto morto, non abbiamo nessuna pista e questo assassino
riesce a non lasciare alcuna traccia di sé. Bisogna
coinvolgere più Heroes, pattugliare maggiormente le strade con
squadre organizzate, per evitare che cose come la tragedia di
stanotte possano ripetersi.»
«
Io e la Idaten offriremo tutto il supporto necessario. »
Affermò Tensei, grave. Tsukauchi gli fece un cenno di
ringraziamento col capo, poi si volse verso gli altri due Hero. «
Voi cosa avete scoperto? Stavate parlando di un collegamento tra i
poliziotti. »
«
Si, ma sarebbe meglio non parlarne qui all’ingresso. »
Rispose Aizawa, guardandosi attorno con circospezione.
«
D’accordo, andiamo nel mio ufficio. »
«
Io per ora vi saluto, vado ad avvisare la famiglia di High Jump…»
Affermò Ingenium, congedandosi dal gruppo e uscendo dalla
stazione di polizia. Una volta raggiunto l’ufficio di
Tsukauchi, Aizawa e Mizu aggiornarono il detective sulle loro
scoperte. Per esserne certi ed avere la sicurezza delle loro
supposizioni, analizzarono tutti e tre insieme le cartelle degli
agenti morti quella stessa notte, trovando la conferma della loro
ipotesi proprio mentre la luce dell’alba iniziava a filtrare
dalla finestra. Esausti, si ripromisero di mantenersi in contatto.
Tsukauchi li informò che avrebbe indagato su altri potenziali
agenti corrotti, così da concentrare le difese su di loro.
«
Cerchi comunque di riposarsi un po’, detective.»
«
Lo farò di certo, dottoressa. Grazie.»
Mizu
e Aizawa lasciarono l'edificio, pronti a dirigersi ognuno verso casa
sua, ma lei lo fermò.
«
Ciò che abbiamo scoperto… Significa che anche
quell’Hero era corrotto?»
«
Non credo. Piuttosto è probabile che fosse in ronda e che
abbia notato ciò che stava succedendo. Forse non ha nemmeno
cercato di attaccare l’aggressore, stava solo cercando di
scappare per consegnare le informazioni.»
«
Una vittima innocente… » Disse lei in un soffio, con
voce spezzata dalla stanchezza e dalla tristezza. Aizawa le strinse
una mano e lei alzò lo sguardo verso di lui.
«
Lavoreremo per far sì che sia l’unica.»
Lei
gli sorrise e si allungò per scoccargli un bacio su una
guancia.
«
Ci vediamo presto, Shota.»
Mizu
si incamminò verso casa e Aizawa rimase a guardare quella
schiena allontanarsi, prima di fare lo stesso.
§§§
Dopo
un’ora che lo sconosciuto lasciò il locale, Gorou e
Yuurei arrivarono per occupare il loro posto al Doragon. Prima del
loro ingresso, alcuni clienti si erano accomodati ai tavoli e Kimiko
si era mobilitata per loro al meglio, facendo tutto da sola con
grande stupore del proprietario. La ragazza sembrò abbastanza
pensierosa durante tutta la giornata lavorativa e, per qualche strano
motivo, non combino' guai neanche una volta. Tutto ciò fece
insospettire Gorou che, forse per via delle basse temperature che
interferivano col suo quirk rettiliano, facendolo carburare più
lentamente, iniziò a farfugliare cose strane.
«
Il giorno dell’apocalisse ormai è vicino… »
Fu
il pensiero ad alta voce che espresse da dietro il bancone. L’uomo
seduto di fronte lui a stento riuscì a non strozzarsi con il
latte macchiato che stava sorseggiando, tossendo più volte,
paonazzo in volto. Appena riprese colore e una respirazione regolare,
si sistemò meglio sulla sedia regolabile, fissando il
proprietario.
«
Signor Fujiwara... ancora fissato con queste sciocche profezie? »
Il detective Tsukauchi faticò a trattenere una risata, dando
ancora qualche colpo di tosse. Il suo viso era segnato per quello che
era accaduto quella stessa notte, le sue palpebre sembravano voler
crollare da un momento all’altro. « Dovrebbe esserne
felice invece di pensare ogni volta ai cattivi eventi. »
Commentò, anche lui conscio che la mancanza di goffaggine
della bionda fosse una novità'.
«
Mai sentito della quiete prima della tempesta? Bene, questo è
il caso. » Lo sguardo cremisi si assottigliò mentre
fissava la ragazza intenta a servire i tavoli con una professionalità
che lo stupì maggiormente. « Dunque, prepariamoci ai
guai…»
«
Più di quelli successi in questi giorni? No, non credo
proprio. » Un sorriso amaro plasmò le labbra dell’uomo
che contemplava la sua tazza ormai a metà. « Mi chiedo
se verremo mai a capo di questa vicenda. E’ assurdo che non si
abbia la minima traccia per dare almeno un volto a questo criminale.
» Si massaggiò la fronte e la nuca nervosamente,
chiudendo gli occhi per lasciare andare un lungo sospiro amareggiato
mentre ripensava ai vari file e documenti ottenuti sulla vicenda di
cui non poteva farne parola con il locandiere. Tsukauchi non era
solito sfogarsi sulle indagini in corso, soprattutto con civili, ma
complici la stanchezza e la frustrazione, si lascio' un po' andare.
Gorou intanto prese due bicchieri, riempiendoli fino alla metà.
Uno lo poggiò davanti all’uomo. « Non posso bere
in servizio, lo sapete. Tanto meno così presto, avrei solo
bisogno di dormire qualche ora. »
«
Inumidisci appena le labbra, almeno rilassi un po’ la testa. Si
vede che ti stai impegnando in queste indagini, ed è meglio
che rallenti un po’… Proprio per cavarne piede o almeno
provarci. » Gli sorrise. « Una mente rilassata lavora
meglio. »
Di
risposta Tsukauchi sorrise, facendo un cenno negativo con la testa,
così Gorou decise che non fosse il caso di insistere oltre.
«
Signore, so che non è un bel momento questo, vista la
clientela numerosa, però…» Il detective a stento
riusciva a parlare, spostando lo sguardo prima su Gorou e poi sulle
persone intente nelle loro chiacchiere e consumazioni. « Glielo
devo chiedere: ha visto qualcosa di strano, di recente? Andrebbe bene
anche un solo un indizio, un indirizzo, una persona… qualcosa
che mi permetta di credere che queste ricerche avranno una svolta.
Sono stanco di vedere i miei colleghi e amici in sacchi neri. Non so
ancora perché se la stiano prendendo con noi… »
Mentì ma non era il caso di sbottonarsi troppo. « ... Ma
nessuno ha diritto di proclamarsi giudice delle vite altrui… »
Deglutì in modo forzato, stringendo i pugni con rabbia sulla
superficie del bancone, senza dar peso alle ultime parole appena
pronunciate. I denti quasi stridevano tanta era la pressione indotta
dalla stretta.
Lo
sguardo cremisi del gestore non si schiodò dal viso di
Tsukauchi, contemplandone ogni singola smorfia e tensione. Era
capitato spesso che in passato Gorou lasciasse informazioni utili
alle indagini prese in carico dalla polizia, viste le sue conoscenze
e anni alle spalle a contatto con persone di vario tipo e traffici,
compresa anche la Yakuza. Le pupille rettilinee, strette come due
aghi si aprirono appena alle ultime parole dell’uomo. Chiuse
gli occhi qualche secondo, rilasciando un sospiro appena percettibile
prima di proferire parola.
«
Questa volta mi cogli impreparato, caro detective… »
Rispose con una serietà sentita rare volte da lui, facendo
sgranare gli occhi increduli di Tsukauchi che lo fissava con labbra
dischiuse. « Però… posso assicurarti che se
qualcosa non è visibile ad occhio umano, non è detto
che non esista. » La pelle del viso si tirò in
un’espressione solare, facendo abbassare lo sguardo dell’uomo
seduto dall’altra parte del balcone. Per lui le informazioni
che aveva tra le mani erano solo un pugno di mosche. Notando
l’atteggiamento del detective, Gorou portò il peso in
avanti per avvicinare le labbra all’orecchio di Tsukauchi,
facendo scivolare alcune lunghe ciocche corvine dalle sue spalle. «
Guarda bene ogni dettaglio… in questo caso, sono molto utili
alcuni collegamenti che richiamano il passato. Smettila di basarti
sui fatti recenti… qui c’è qualcosa che va avanti
da anni… » Le labbra si distesero in un ampio sorriso. «
… A volte i morti danno più informazioni dei vivi…
» Si scostò lentamente da lui e, dopo una rapida
occhiata allo sguardo spaesato dell’uomo alle sue parole, si
avviò alla cassa per far pagare i clienti in fila.
Passò
una mezz’ora da quella chiacchierata, prima che Tsukauchi
prendesse capello ed impermeabile, congedandosi in silenzio dal
locale. Gorou lo guardò brevemente, tra loro non venne
scambiata più nessuna parola, neanche al momento del
pagamento.
La
giornata proseguì in tranquillità, con qualche risata a
spezzare quest’ultima, ma per il resto trascorse normalmente.
Appena staccato da lavoro, ancora assorta tra alcuni pensieri, Kimiko
si avviò verso casa, facendo una piccola sosta al centro
commerciale. Decise di comprare qualche vestito nuovo, così da
cercare un po’ di relax e concentrare la mente su pensieri più
tranquilli. Acquistò anche della cioccolata solubile e una
bomboletta di panna montata, il clima sembrava proprio perfetto per
coccolarsi un po’ e, appena lasciato il centro commerciale, per
finire in bellezza, iniziò a nevicare. Anche se aveva
affrettato il passo, appena varcò la porta di casa, dovette
andare subito a farsi una doccia per riscaldarsi e dare una piega
migliore ai capelli, ribelli per via del freddo. Indossò una
felpa di due taglie più grande, legando i lunghi capelli in
un’alta coda di cavallo. Sistemato il pentolino per la sua
cioccolata calda, il suo sguardo venne catturato nuovamente dal
plettro lasciato sopra la tavola insieme alle chiavi ed il cellulare.
Si voltò nuovamente verso la cucina con una smorfia perplessa,
spegnendo il fornello e versando il dolce liquido all’interno
della tazza. Vi spruzzò su quasi l’intera bomboletta di
panna, prendendo posto alla tavola proprio di fronte agli effetti
personali lasciati. Mentre immergeva il cucchiaio nella panna, si
concentrò su quel plettro, come se quello richiamasse alcuni
vecchi ricordi che non riuscivano a riemergere, come bloccati da una
forza maggiore che impediva loro di riaffiorare. Mugolò
pensierosa mentre tirava via il cucchiaino dalle labbra, alzandosi di
scatto per dirigersi alla camera da letto. Appena giunta al bordo del
materasso si mise in ginocchio, sollevando la trapunta e cercando
sotto il letto, per poi tirare fuori una grossa scatola. Si mise
seduta con le gambe incrociate davanti allo scatolone, portando
dietro l’orecchio una lunga ciocca di capelli scappata
dall’acconciatura. Sulla scatola spiccava la scritta rossa
Memories
e,
nel leggerla, a stento riusciva a tenere lo sguardo alto. Si sentiva
come in colpa di un grave reato commesso, un senso di irrequietezza
che le appesantiva il petto facendole quasi mancare il respiro. Il
labbro inferiore veniva morso più volte e la lingua schioccava
ripetutamente contro il palato nervosamente. Chiuse gli occhi e diede
un respiro profondo, rassicurandosi mentalmente - e più volte
- che sarebbe andato tutto bene e nessun malumore avrebbe sgretolato
quella spessa corazza che si era costruita negli anni. Aprì i
vari lati superiori della scatola, trovandosi davanti varie buste di
lettere, delle
bambole di pezza ormai consumate dal tempo, alcuni fiori secchi, vari
foglietti spiegazzati e alcune foto ammucchiate. Strinse appena le
labbra mentre fissava il tutto con sguardo sottile e, dopo un altro
respiro profondo, prese i vari foglietti. Li sfogliò
lentamente cercando di sistemarli dalle varie pieghe, leggendo poi le
varie scritture appuntate.
“
Lo
so che sei arrabbiata per il concerto che abbiamo saltato! Spero che
il bento migliori la tua giornata!”
“
Questa
volta sono sicura di essere migliorata! Ho studiato tutta la notte
per preparare il bento perfetto! Spero ti piaccia!”
“
Questa
mattina mi hanno chiamata a lavoro per un’urgenza, non ho
potuto salutarti! Ti voglio bene, buona giornata Kim!”
“
Ho
preparato del bento anche per quel bambino! Spero non si offenda!
Facci amicizia, sembra così simpatico!”
“Mi
piace vederti nuovamente col sorriso! Sei così solare!
Perdonami se ti dico queste cose… Ma ricordi molto il tuo
papà! Baci, la mamma!
Le
mani si abbassarono fino a poggiarsi sulle gambe. Gli occhi, in quel
momento, sembravano spenti, riflettendo una nostalgia e tristezza
indescrivibili. Le labbra si storsero appena, facendo assumere al
viso un’espressione di chi a fatica trattiene la commozione.
Mentre riponeva quei vari foglietti in ordine dentro la scatola, notò
sul fondo alcuni piccoli oggetti: una chiave, due gettoni rosa da
usare al parco divertimenti, il ciondolo di un gatto deforme che le
fece storcere il naso perplessa e… un plettro. Lo prese con
evidente curiosità, spostandolo tra le dita per osservarlo
meglio. Inclinando il capo più volte, incuriosita, cerco' di
capire chi, nella sua famiglia, avesse questa passione per la musica.
Questo la destò da quell’attimo di malumore improvviso
dato dalle precedenti letture. Eppure, anche se provava e riprovava a
dare un volto a quelle figure del suo passato, queste restavano
sempre ombre anonime in quei flebili ricordi. L’unico ricordo
vivo che non smetteva mai di cessare era solo uno… quello di
sua madre.
Angolino
delle autrici
Eccoci
col settimo capitolo ^-^
La
storia vi sta piacendo? Cosa pensate di Mizu e Kimiko? Alcuni di voi
ci hanno dato la loro opinione, ma ne aspettiamo tante altre ^^
Come
al solito vi lasciamo i link alle pagine Facebook, dove vi ricordiamo
che potete trovare i disegni riguardo la storia.
LiliShakarian
LadyBarbero
A
lunedì prossimo ^_^
Lily&Lady
|
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Capitolo 9 *** Capitolo VIII° ***
Erano
passate due settimane dalla notte in cui era stato ucciso High Jump,
la stessa in cui Mizu e Shota avevano ceduto ai loro bassi istinti,
ritrovandosi nuovamente l’una tra le braccia dell’altro.
Questo però non aveva cambiato di una virgola i loro rapporti,
che si erano limitati al lavorativo. La situazione critica, comunque,
aveva permesso che si incontrassero spesso, e per lo meno adesso
riuscivano a parlarsi senza scontrarsi per la minima cosa. Anzi, era
rinata quella complicità che in passato li aveva portati a
legarsi.
Aizawa
era seduto ad un tavolino esterno di un bar, in compagnia di Midnight
e Present Mic, il trio era intento a discutere su questioni
riguardanti la U.A., finché ad Eraserhead non arrivò
una telefonata e poco dopo Mizu fece la sua comparsa. Gli altri due
Pro Hero osservarono basiti il collega parlare tranquillamente con
Healing Water.
«
Ah, Hizashi, Nemuri. » Li salutò lei, dopo aver tirato
un buffetto scherzoso a Shota, reo di averla presa in giro
bonariamente.
«
Dear
Mizu!
» Urlò Mic, puntandole gli indici contro. Midnight fu
più modesta e si limitò a sorriderle e farle un cenno
con la mano.
«
Tranquilli, non ve lo rubo… » Affermò, lanciando
uno sguardo complice a Shota. « Dovevo solo aggiornarlo sui
turni di guardia e visto che ero nei paraggi, ne ho approfittato per
farlo di persona. Adesso vado, buona giornata! » Si congedò
cordiale, mentre Eraserhead riprese posto. Si accorse solo in quel
momento degli sguardi sornioni dei suoi due colleghi.
«
Un ritorno di fiamma, com’è… eccitante! »
Esclamò la donna, in estasi.
«
Non me l’avevi detto! » Lo accusò Mic, offeso.
«
Non c’è niente da dire. Possiamo concentrarci sul
lavoro? »
«
NOIOSO! » Concordarono i due all’unisono. Il suo migliore
amico, però, dopo un primo momento, non demorse.
«
Adoro Mizu-dear,
ero
dispiaciuto quando vi siete lasciati. »
«
Quando l’ha scaricata, vorrai dire. » Lo corresse Nemuri,
con tono accusatorio. Aizawa roteò gli occhi, infastidito.
«
Ancora con questa storia? Dopo tutto questo tempo? »
«
Amico, lo sai come la penso, ma forse tu proprio non ti ricordi come
eri love-love
quando
avete iniziato a conoscervi. » Midnight gli diede un cinque, in
segno di approvazione.
Flashback.
Hizashi
entrò nell’ufficio, cercando Shota, ma quando riuscì
ad intravederlo con lo sguardo, si accorse che stava parlando al
telefono. Fin lì niente di strano, ma quando Mic si avvicinò,
riuscì a sentire qualche frammento di conversazione.
«
Non posso, oggi ho del lavoro da fare… no, anche domani non va
bene… posso venire da te più tardi, ma domattina dovrei
andare via presto… capisco… sì, lo so, sono
settimane che non riusciamo a vederci come si deve… adesso che
stai facendo?... no io per adesso niente di che… buon lavoro
allora, a domenica.»
«
Decisamente sospetto… No, non ci credo… Può
essere che… No, davvero, hai un appuntamento?! » Urlò
Mic, sconvolto, spaventando l’amico, che fino a quel momento
non si era accorto della sua presenza. « Shota, stai vedendo
qualcuno e non dici nulla al tuo best
friend??
»
«
Ma smettila… » Provò a negare, ma non convinse
l’amico nemmeno lontanamente. Mic iniziò a
canticchiargli una canzone per prenderlo in giro riguardo la sua
cotta segreta e il suo appuntamento misterioso. Aizawa si decise ad
ignorarlo, schioccando la lingua infastidito, ma poi il suo telefono
vibrò per un messaggio. Le labbra gli si incurvarono in un
sorriso e lo sguardo gli si addolcì, lasciando Mic a bocca
aperta, esterrefatto.
«
This
is LOVE!
Devo
assolutamente conoscere la persona che riesce a far fare ad uno come
te un’espressione beata del genere! »
Fine
flashback
«
Non hai proprio potuto continuare a negare, quella volta. Era bello
vederti felice, amico. »
«
Perché hai dovuto rovinare tutto? » Gli domandò
Nemuri con evidente fare scocciato. Anche se Mizu era sempre stata un
po’ gelosa di lei e del rapporto che aveva con Shota, erano
riuscite ad andare d’accordo e ad apprezzarsi a vicenda. «
Era palese che non lo volessi nemmeno tu. Dopo che tra voi è
finita, sei tornato il musone di sempre, guardavi il telefono
continuamente. Io credevo che fossi semplicemente lo stesso di
sempre, e avrei continuato a crederlo se Hizashi non mi avesse fatto
notare quanto in realtà fossi di malumore. »
«
Le cose tra noi non andavano. Lasciarsi è stata solo la cosa
più logica. » Rispose Aizawa, sfinito dalla loro
insistenza.
«
Credimi, Shota. Ho sempre pensato fossi intelligente, ma stavolta ti
stai sbagliando. Non so che problemi aveste, ma riuscivi ad essere
meno lugubre del solito quando stavi con Mizu. »
«
Sono d’accordo con Nemuri. E anche adesso che vi abbiamo
rivisiti assieme… Quello era sempre LOVE!
»
«
Potremmo pensare al motivo per cui siamo qui, anziché alla mia
vita? » Sbottò Shota, scocciato. « Sapete
meglio di me che a breve inizieranno gli esami d’ammissione
alla scuola. Dobbiamo lavorare alla selezione delle prove. »
«
Ah pensala come vuoi, friend,
ma non credere che qualcuno non te la possa portare via, mentre tu
sei indeciso. »
«
D’altronde Mizu è una meringa azzurra e dolce, chi non
la vorrebbe almeno assaggiare? » Lo stuzzicò Midnight,
prima di tornare a lavorare sui loro documenti.
Intanto
Mizu stava raggiungendo il P.E.S.E.E. per il suo turno, ma il
cercapersone le squillò col numero di Tsukauchi. Quando arrivò
in ufficio, si sbrigò a richiamarlo.
«
Detective! Mi scusi se rispondo solo ora. Prego, mi dica pure. »
«
Non si preoccupi, dottoressa. Ho immaginato fosse già al
lavoro. E’ per questo che volevo avvisarla, ho mandato il suo
nuovo partner proprio nel suo ufficio. Dovrebbe arrivare lì da
lei tra poco. »
«
Nuovo partner? » Chiese lei, confusa.
«
Ah, Eraserhead non l’ha avvisata dunque. »
«
No, temo di no. L’ho incontrato giusto mezz’ora fa
proprio per parlare dei turni, ma non mi ha detto niente. Posso
sapere di che sta parlando?»
«
Che neanche lui sia stato informato..? » Chiese più a se
stesso il detective. La porta dell’ufficio di Mizu si spalancò.
Un ragazzo biondo, col giubotto in pelle e l’aria tronfia entrò
senza aspettare l’invito, seguito da una donna, mortificata,
che altri non era se non l’assistente di Mizu.
«
Mi perdoni, dottoressa! Non sono riuscita a fermarlo, gli ho detto
che senza appuntamento non… »
«
Va tutto bene, Hana. Non preoccuparti, vai pure. » La congedò,
tranquillizzandola, e la donna uscì chiudendo la porta.
«
Dal trambusto immagino che il suo nuovo collega sia arrivato. »
Tsukauchi rise nervosamente attraverso la cornetta. « Bene,
allora lascerò che sia direttamente lui a spiegarle i
dettagli. » Prima che Mizu potesse replicare, il detective
aveva già chiuso la conversazione. Sconsolata, la dottoressa
sospirò e si rivolse al suo ospite. L’aveva già
visto, sapeva chi fosse solo di nome, ma non ci aveva mai lavorato
insieme.
«
Le sue ali sono davvero imponenti per il mio piccolo abitacolo,
signor Hawks.» Gli si rivolse col suo tono neutro e
professionale, facendogli però cenno di accomodarsi, dopo che
lei stessa ebbe preso posto su una delle poltrone.
«
Signor
Hawks..?
Ti prego, dottoressa, diamoci del tu. » Le sorrise con aria
tronfia, allungandole la mano. « D’altronde d’ora
in poi ci vedremo molto spesso. » Accentuò l’ultima
parola volutamente, con sguardo ammiccante.
«
Oh cielo… » Mizu, già esasperata dai modi
eccentrici del nuovo arrivato, si decise a stringergli la mano. «
Dottoressa Shuzenji Mizu, Pro Heroine Healing Water. » Hawks
ricambiò la stretta, per poi portarsi la mano di lei alla
bocca e posarvi un bacio veloce, giusto poco prima che lei riuscisse
a tirarla via, imbarazzata e scocciata.
«
Anche se ci stiamo dando del tu, preferirei non ti prendessi certe
confidenze. Pensavo che il primato da cascamorto lo detenesse Capitan
Celebrity, ma forse mi sbagliavo. » Hawks si mise a ridere e
poi, senza abbandonare il suo sorriso beffardo, sollevò le
mani in segno di resa.
«
Colpa mia, volevo solo fare buona impressione sulla mia nuova
collega. »
«
Potresti spiegarmi meglio che significa? Nessuno si è degnato
di dirmi niente.»
«
E’ presto detto. Aizawa sarà impegnato con gli esami di
ammissione alla U.A., quindi non gli sarà possibile proseguire
con l’indagine. Visto quanto la situazione sembra critica,
hanno pensato bene di mandare un pezzo grosso a sostituirlo. »
Effettivamente
Mizu sapeva che Hawks fosse attualmente l’Hero posizionato
terzo nella classifica degli eroi professionisti.
«
Beh, non so bene cosa dire… Piacere, suppongo. Spero
lavoreremo bene assieme. »
«
Oh, lo spero anche io. » Ammiccò il ragazzo, lasciando
Mizu piuttosto perplessa.
§§§
Ci
furono degli strani cambiamenti al Doragon in queste due settimane.
Questi non riguardavano qualche ristrutturazione o novità sui
menù, ma qualcosa di davvero strano che lasciava Gorou ancora
attonito oltre che dubbioso a livelli indescrivibili. Attualmente, si
trovava – come al solito – dietro il bancone a servire
alcuni drink su un vassoio, in attesa che Kimiko li prendesse e
servisse ai rispettivi tavoli. Era proprio lei al centro di quei
cambiamenti che tanto turbavano Gorou. La ragazza era più
energica, precisa e rapida nel svolgere il suo lavoro. Tutto ciò
dopo la strana routine che aveva instaurato con lui, il ragazzo
sconosciuto.
Flash
back
«
Finalmente ti sei rifatto vivo. » Un mezzo sorriso curvò
le labbra di Kimiko, mentre fissava il ragazzo che faceva il suo
ingresso nel locale e prendeva posto al bancone. Lui, di risposta, la
fissò con perplessità, inclinando un po’ la testa
sulla spalla senza capire. Era troppo abituato a sentirla sbuffare e
criticare da quando l’aveva conosciuta e questo suo strano
comportamento lo metteva un po’ a disagio.
«
Bene, quindi ti sono mancato? » Sorrise serafico, sostenendo il
capo con la mano, cercando di riprendere le redini della situazione.
Lei soffiò una risata, frugando dentro la tasca dei jeans.
«
Ma per favore… » Lo canzonò poggiando sul bancone
il plettro, spingendolo con le dita verso di lui. Il ragazzo lo fissò
con curiosità, voltandosi poi verso di lei con sguardo
indagatore. « Allora? Non lo riprendi? » Chiese lei
poggiando le mani sui fianchi.
«
Certo… » Rispose lui afferrando il plettro, girandolo
più volte tra le dita per fissarne ogni parte. « E’
molto importante per me. Sei stata gentile a tenerlo e, soprattutto,
restituirmelo. » Ripose l’oggetto dentro la tasca del suo
giubbotto di pelle nera.
«
Non sono mica una ladra come te. Ho pensato ti potesse servire. »
Proferì cinica sollevando le spalle, riprendendo la lettura di
una rivista che stava leggendo poco prima che lui arrivasse. Quelle
parole confermarono alcuni dubbi di lui, che scosse la testa e
trattenere una risata: lei non aveva fatto nessun collegamento con
quell’oggetto, sembrava estranea ad ogni tipo di fatto che
riguardasse quel ragazzo. Sporgendosi un po’ in avanti, cercò
di curiosare la pagina che tanto interessava alla ragazza.
«
Cosa leggi? »
«
Mh… le nuove programmazioni del cinema. Però… »
«
Però? »
«
Non sembrano così tanto interessanti questi film. Ho paura di
gettare del denaro inutilmente. »
Prendendo
l’iniziativa, il ragazzo tirò verso di sé la
rivista, voltandola dalla sua parte così da leggere meglio le
programmazioni. Kimiko sbattè più volte le palpebre
perplessa, mettendo subito dopo un broncio per il gesto di lui.
«
Questo sembra interessante. » Commentò il ragazzo
picchiettando con l’indice il manifesto del film. « Un
cimitero che può riportare in vita le persone… sembra
carino, non credi? » Concluse con mezzo sorriso mentre la
fissava. La curiosità era ben visibile sul viso della bionda,
che riprese la rivista per leggere il breve prologo del film.
«
Bè… sembra di sì. Però… » Si
grattò la nuca, ancora dubbiosa.
«
Facciamo così… » Disse lui incrociando le braccia
sul bancone. « Per sdebitarmi del tuo gesto, ti porterò
al cinema. Così, se il film non ti piace, almeno non avrai
speso neanche un soldo. »
«
Credo di aver sentito male… » Rispose Kimiko incrociando
le braccia al petto e sollevando un sopracciglio. « Vuoi
seriamente portarmi al cinema? Cos’è? Una specie di
appuntamento? »
«
Ehi… Voglio solo sdebitarmi. Te l’ho detto, no? Sarebbe
piacevole un appuntamento con te, non lo nego, ma la tua acidità
nei miei confronti ha già tracciato un confine che non devo
chiaramente superare. » Sollevò anche lui un
sopracciglio senza smettere di mostrare il suo sorriso. Lei arricciò
le labbra, corrugando la fronte non del tutto convinta. Forse era una
qualche trappola per sfilarle nuovamente il portafogli. Eppure,
l’ultima volta che si era fatto vedere, la possibilità
di prendere i soldi dalla tasca la aveva avuta, ma non aveva toccato
assolutamente nulla, lasciando tutto al suo posto. Sollevò il
mento, guardandolo con aria di sfida ed un mezzo sorriso malizioso.
«
Va bene… Ma attento a quello che fai. Non abbasserò la
guardia neanche per mezzo secondo. » Gli porse la mano e lui,
dopo un attimo di esitazione, la strinse con una leggera stretta.
Anche se dal polso fin lungo il braccio si estendevano quelle strane
bruciature, al tatto le sue mani sembravano abbastanza curate. Forse
era davvero un musicista come lei pensava.
Il
ragazzo attese nel locale Kimiko finché non staccò da
lavoro e, una volta usciti dal Doragon, andarono insieme verso il
cinema. Tennero le distanze l’uno dal fianco dell’altra
mentre percorrevano la strada. Lui, con le mani in tasca, ogni tanto
cercava di attaccare bottone e, con sua grande sorpresa, otteneva
qualche risposta dalla ragazza - anche se a volte scocciata -, finché
non arrivarono alla loro destinazione. Una volta che il film si
concluse, restarono fuori dal cinema per scambiare qualche parola sul
lungometraggio appena concluso.
«
Alla fine non era male! Sono sorpresa! » Commentò Kimiko
sollevando le braccia per stiracchiarsi i muscoli, assopiti per via
della postura seduta durante la messa in onda. « La storia è
stata davvero avvincente, oltre che strana. Non capisco perché
questi morti, una volta tornati in vita, fossero così cattivi.
» Portò l’indice sotto il mento pensandoci. Lui la
fissava divertito, calciando via un sassolino che trovava fastidioso.
«
Forse perché quelle persone non volevano davvero morire e
portavano con sé il rimorso per la loro vita spezzata
improvvisamente…»
«
Quindi? Le loro anime diventano tipo demoniache?
»
«
Un qualcosa del genere… » Sorrise divertito. «
Tutte quelle persone erano morte per qualche stupido incidente e non
per loro volontà… » Esitò prima di
proseguire, inchiodando il suo sguardo sottile in quello perplesso di
lei. « Chissà se questo vale anche per chi si suicida…»
Kimiko tirò leggermente la testa indietro, storcendo il capo
stranita dalle sue parole, ma non ebbe il tempo di ribattere che lui
le diede le spalle. « Magari si scoprirà se faranno un
seguito. Ci si vede. » Sollevò un braccio in segno di
saluto, svanendo lentamente tra la calca di persone che percorrevano
distrattamente le strade.
Fine
Flash Back
Anche
se Kimiko era stata lasciata basita oltre che spaesata da quelle sue
ultime parole sul film - per giunta senza permetterle di replicare-
da quella volta il rapporto tra i due era cambiato. Forse proprio per
via di quelle parole, nella mente di Kimiko si fece spazio il tarlo
della curiosità che la spingeva lentamente verso quello strano
ragazzo dall’identità sconosciuta. Lui si presentava nel
locale con più frequenza, senza saltare un solo giorno. Lei si
era più ammansita nei suoi confronti, mettendo da parte un po’
del veleno che era solita a gettargli contro. Inoltre, quando Kimiko
aveva possibilità di staccare prima dal Doragon, sfruttavano
quei giorni per andare insieme al cinema o per qualche passeggiata,
percorrendo la strada con sempre meno distanza tra loro.
«
Ehilà, stronzo!
» L’esclamazione improvvisa ma allegra di Kimiko fece
voltare la clientela presente e lo stesso proprietario prima verso di
lei poi alla porta appena chiusa. « Finisco di servire gli
ultimi tavoli e possiamo andare! » Concluse lei andando al
bancone per prendere il vassoio e portare le varie ordinazioni. Tra
sorrisini, chiacchiericci e risatine dei vari clienti, il ragazzo –
colto dall’imbarazzo per la fantastica accoglienza di lei –
si avviò con le mani in tasca e a testa bassa verso il
balcone. Con i ciuffi corvini e ribelli della frangia cercava di
celare l’evidente disagio, maledicendo Kimiko per la sua uscita
improvvisa. Gorou non smise di fissarlo finché non prese
posto, senza nascondere la serietà ed il disappunto di questa
strana confidenza tra i due.
«
Immagino che anche oggi vi dileguerete da qualche parte. »
Proferì il locandiere pulendo la superficie del bancone con
uno straccio. Lui, ripresa la stabilità delle sue emozioni, a
quelle parole sollevò il capo, fissando Gorou divertito. Il
sorriso era talmente ampio che i punti metallici del suo viso vennero
messi in tira più del normale.
«
Tranquillo, nonno. Non la sfioro nemmeno con un dito… per ora.
Non esserne geloso prima del tempo. »
«
Nonno? Non sono io ad averti dato questa confidenza che puzzava già
dall’inizio di secondo fine. » Sollevò un
sopracciglio fissandolo con maggiore severità soprattutto per
l’allusione fatta, ma il ragazzo non si scompose.
«
Dai, già sei vecchio, se continui così quelle rughe
rovineranno quel bel viso. Ne risentirebbe la tua cara clientela…
» Prese una patatina da una delle ciotole, gustandola
trionfante, sostenendo senza nessuna fatica lo sguardo dell’uomo
che a stento tratteneva le pulsazioni di un nervo della tempia. «
Cerca di rilassarti, ormai è abbastanza grande da cavarsela da
sola.» La rabbia scatenata da quelle parole si poteva leggere
chiaramente nello sguardo cremisi di Gorou, tanto da farlo brillare
più intensamente. Le unghie affilate delle sue mani si
conficcarono dentro la superficie del bancone, intaccando il legno
pregiato. Stava per sporgersi verso di lui, così da
rivolgergli le peggiori parole di questo mondo, ma la figura di
Kimiko, che spuntò all’improvviso al fianco del ragazzo,
riuscì a far cessare la tempesta interiore del locandiere.
«
Li hai presi?! » Domandò con grande curiosità la
cameriera mentre indossava il cappotto e la sciarpa, pronta ad andare
via. Di risposta il ragazzo le sorrise, sfilando dal taschino interno
della sua giacca di pelle due biglietti che Kimiko prese al volo con
entusiasmo. « Fantastico! Allora la cena la offro io! »
Dopo un saluto veloce al padre, si avviò spedita verso
l’uscita, continuando ad osservare quei biglietti e pregustando
già la prima del film. Il ragazzo prese un’altra
patatina dalla ciotola e, con espressione beffarda, fece un cenno di
saluto alla militare verso Gorou, per poi seguire la ragazza che lo
attendeva fuori. Il dragonide li fissò - finché poteva
- dalle vetrate del Doragon, emettendo un lungo ringhio gutturale che
fece chinare il capo alla clientela presente verso la loro
consumazione.
«
Geloso il vecchio… immagino che sia il motivo principale per
il quale tu esca poco con le persone. »
«
Oh! Ti ha minacciato? »
«
Gli sguardi omicida si possono definire segno di minaccia? »
Replicò con tono divertito.
«
Assolutamente sì! » Ricambiò con lo stesso tono,
soffiando una risata. « Eppure non stiamo facendo nulla di
male, anzi, sto seguendo il consiglio di Mizu provando a rilassarmi
un po’. »
«
Questa Mizu ti ha detto di uscire con gli scippatori? » Chiese
prendendole la guancia e tirandola.
«
Ahia! Stai oltrepassando la linea di confine così! » Si
liberò con uno schiaffo deciso contro la sua mano. «
Comunque no, non mi spinge tra le braccia dei malintenzionati. E solo
che mi piace ascoltare le tue teorie, facendo nascere in me una
strana curiosità. » Sollevò lo sguardo al cielo,
infilando le mani nelle tasche del giubbotto. Lui sbatté più
volte le palpebre, incredulo per le parole appena sentite.
«
Signorina acida, lei mi ha appena fatto un complimento! »
«
Ma non è vero! » Rispose stizzita, rivolgendogli un’
occhiataccia.
«
Ohohohoh… devo assolutamente appuntare questa giornata!
Aggiorna anche la tua consigliera del grande progresso fatto! »
A
quelle parole Kimiko gonfiò le guance imbronciata, voltando la
testa di scatto dalla parte opposta a quella del ragazzo. Lui non
potè nascondere un sorriso a quella buffa reazione. Nella sua
mente vennero a galla vecchi ricordi legati alla sua infanzia, dove
una bambina assumeva la stessa espressione quando, durante il gioco,
lui ne usciva vincitore. Talmente era preso da quei ricordi che non
si rese conto dello sguardo perplesso della ragazza che lo fissava.
«
Sembri un pesce lesso. »
Lui
scattò sull’attenti colto sul fatto, mettendo subito le
mani nelle tasche dei pantaloni per poi guardare davanti a sé.
«
Tsk… Parla quella con la faccia più gonfia di un
pomodoro…»
«
La mia faccia è bellissima! » Si porta le mani sulle
guance, massaggiandole lentamente con movimenti circolari. «
Senti la morbidezza di questa pelle liscia.» Il ragazzo
trattenne a stento una risata, osservato dallo sguardo torvo di lei.
«
Ok, ok… evito una delle mie battute infelici…»
«
Ecco, bravo. » Spostò una ciocca dietro l’orecchio
« Piuttosto, parlando di facce… » Indicò
con l’indice il viso del ragazzo « Posso sapere che ti è
successo? Sei stato vittima di un brutto incidente? »
«
Oh… stai forse cercando di oltrepassare la linea di
demarcazione che tu stessa hai segnato? » La fissò
malizioso, facendo sorridere Kimiko.
«
Che dici… » Scosse il capo, volgendo lo sguardo davanti
al semaforo rosso « Chissà quante volte te l’hanno
chiesto. Ormai sono giorni che facciamo queste uscite, mi sembrava
normale domandarlo. Poi, se non vuoi rispondere, nessun problema. »
Sollevò le spalle.
«
Se io ti rispondessi… » Lei si voltò verso di lui
di scatto, incuriosita dal suo tono serio. « Tu risponderesti
ad una delle mie domande? »
«
Tipo scambio reciproco? » Il ragazzo annuì col capo «
Mh… Non sono riuscita a dare risposte a Mizu su alcune cose,
non credo di riuscire con te… »
«
Ci potresti almeno provare, no? Non sai neanche qual è la
domanda che vorrei porti… » Assottigliò lo
sguardo, seguendola mentre attraversavano la strada. Kimiko sospirò
profondamente, spostando lo sguardo su più punti in cerca di
una sicurezza e tranquillità emotiva, intimorita
dall’eventuale domanda che lui le avrebbe posto.
«
Dai… spara. Vediamo se posso risponderti. »
La
fissò lungamente, prima di concentrare le sue due pozze
azzurre altrove, colto da un improvviso disagio che a malapena
riusciva a fargli pronunciare parola.
«
Cosa ne pensi di questa società e degli Heroes che ne stanno a
protezione? »
A
quella domanda Kimiko non potè fare a meno di restare basita.
Si aspettava qualcosa di più specifico, che andasse a scavare
in un passato che per lei era meglio tenere nascosto nei meandri del
suo cuore, un tasto ancora abbastanza dolente da premere, anche se
erano passati degli anni. Piegò le labbra in un sorriso dai
tratti amari prima di rispondergli.
«
Quando da bambini si giocava ad interpretare il proprio idolo tra gli
Hero, io preferivo starmene in disparte a leggere o a dare qualche
calcio al pallone. Ho sempre covato un disprezzo per gli Heroes…
li ho sempre visti sotto una cattiva luce. Da quello che ricordo,
però, non ero la sola a pensarla così… »
Si sistemò meglio la sciarpa, nascondendo le labbra sotto di
essa « Non chiedermi di andare più nello specifico, ti
basti sapere che non sopporto nulla di come va questo posto, sia
delle sue regole che di chi fa in modo che esse vengano rispettate…
»
«
Eppure, questa Mizu di cui parli è una di loro… »
«
E’ diverso… credimi. Lei, forse, è l’unica
a distinguersi tra loro… »
«
Se lo dici tu… » Sospirò sollevando gli occhi al
cielo. « Comunque, sì. Sono stato vittima di un brutto
incidente, anni fa. Neanche io posso entrare nello specifico…
» Le sorrise, fermandosi davanti all’entrata del cinema.
Kimiko ricambiò il suo sorriso, prendendo dalla tasca i due
biglietti.
«
Pensiamo a rilassarci un po’! »
«
E poi chiudiamo in bellezza con del buon yakisoba.»
«
Tu stai pensando solo a quello! » Gli sorrise, dandogli un
colpo contro il braccio. Lui rise di rimando, per poi avviarsi
insieme alla ragazza dentro la sala cinema.
Angolino
delle autrici Buonasera, scusate il ritardo nel postare il nuovo
capitolo! A tal proposito volevamo dirvi una cosa: non date i nostri
aggiornamenti per scontati. Se è perché siete sicuri
che “tanto aggiornano il lunedì” il motivo che vi
spinge a non lasciare commenti, sappiate che non è carino.
Sappiamo che siete in tanti a leggere, prendervi anche un po' di
tempo per lasciarci un commento non vi uccide, parola di Mizu e di
Kimiko!
Detto
ciò, come al solito vi lasciamo i link alle nostre pagine FB.
LiliShakarian
LadyBarbero
A
lunedì prossimo (forse?)
Lily&Lady
|
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Capitolo 10 *** Capitolo IX° ***
Dopo
la presentazione ufficiale di Hawks a Mizu, i due Pro Hero decisero
di pranzare assieme, per conoscersi un po’ meglio. Anche in
questo caso, la dottoressa optò per sponsorizzare l’ambiente
accogliente del Doragon. Il collega la seguì con entusiasmo,
almeno finché lei non si scusò un momento per fare una
telefonata, allontanandosi un po’. Mizu tentò più
volte di chiamare Shota, ma il telefono di quest’ultimo
sembrava irraggiungibile. Sapeva bene che, anche lasciandogli un
messaggio in segreteria, lui non l’avrebbe ascoltato, perciò
si limitò ad un messaggio scritto.
“
Sapevi
che mi avrebbero assegnato un nuovo partner al tuo posto? Se sì,
sarebbe stato carino da parte tua avvisarmi… Chiamami appena
riesci, buon lavoro.”
Tirò
un lungo sospiro per poi raggiungere nuovamente il collega con un
sorriso. Hawks sembrò ricambiare l’espressione, ma non
si era perso i cambi di umore della dottoressa.
«
Sei solita affrontare così gli imprevisti? » Le chiese,
aprendole la porta del locale con galanteria.
«
Così come? »
«
Con questi tentativi di estrema positività. »
«
Cerco il più possibile di non lasciarmi abbattere dalle minime
cose. » Tentò, con poca convinzione. D’altra parte
i suoi propositi funzionavano solo se non c’era di mezzo Shota.
«
Punti a tuo favore. » Le fece l’occhiolino, seguendola
dentro il Doragon. Mizu salutò con la sua solita cordialità
il titolare e Hawks non mancò di notare l’estrema
familiarità con cui la collega fu accolta. Sedettero ad un
tavolo, iniziando a leggere i menù. « Sembra che tu
venga qui spesso. »
«
E’ vicino sia a casa che al lavoro, si mangia bene e apprezzo
chi ci lavora, perciò si, direi che ho dei buoni motivi per
venire spesso. »
«
Era un modo elegante e discreto per farmi sapere che abiti in zona? »
Le chiese ammiccante, facendola arrossire.
«
Sei sempre così? » Gli chiese, in evidente imbarazzo.
Non era abituata a quel tipo così aperto di persona.
«
Così come? Affascinante? Intrigante? Irresistibile? »
«
E modesto, aggiungerei. » Stavolta Mizu non poté fare a
meno di ridere.
«
Ma quanto chiacchierate voi due… » Con dipinta sul viso
l’espressione di una che la sa lunga, Kimiko si avvicinò
alla tavola poggiando una mano sopra essa. « Devo iniziare ad
abituarmi al via vai di Hero qui dentro? » Sorrise beffarda,
fissando con occhi sottili il ragazzo biondo. « Spero vivamente
che il pavimento non si riempia di quelle piume, non mi danno gli
extra per lavorare il doppio. »
«
Dottoressa, non mi avevi detto dell’ulteriore motivo per venire
qui. Sapendo di una cameriera così sexy, ti avrei seguita “al
volo”. » Mizu ridacchiò nervosamente, congiungendo
le mani in un segno di scuse verso Kimiko.
«
Questo è il mio nuovo collega. Essendo un Hero io stessa, è
normale che anche chi lavora con me lo sia. Hawks, ti sconsiglio
vivamente questo atteggiamento con lei. Kimiko ha la sberla facile. »
Hawks fece un fischio d’apprezzamento.
«
D’altronde chi ha bisogno di guardare la cameriera, quando ha
una collega così? » Mizu roteò gli occhi,
scambiando uno sguardo d’intesa con Kimiko.
«
Sto ancora cercando di capire se è solo scemo o se posso
effettivamente lavorarci insieme…»
«
Sappi che non ti invidio per niente. » Commentò la
cameriera, massaggiandosi un occhio per rilassare l’evidente
tic nervoso. Sfilò il blocchetto dalla tasca del grembiule. «
Posso già prendere le ordinazioni? Oppure il signor “Narciso”
deve avere i suoi tempi? » Hawks rise di gusto alle parole
della bionda.
«
Che caratterino! »
«
Per me il solito, Kimiko. »
«
Per me lo stesso di Mizu. »
«
Hai preferenze sul tipo di carne? Vuoi fare cannibalismo con pollo
oppure cambio con il pesce? » Sbatté velocemente le
lunghe ciglia beffarda mentre appuntava gli ordini.
«
Il pollo andrà alla grande. » Le rispose Hawks,
ricambiando la sua stessa espressione.
«
Perfetto. I vostri ordini saranno pronti a breve. » Rispose con
cordialità, anche se mentre si avviava alle cucine per
lasciare la comanda, si voltò in direzione di Mizu facendo
segno col dito di recidere la gola.
«
Credo proprio che tu non le piaccia affatto. » Sentenziò
l’azzurra al collega. « Già è difficile che
tolleri le persone, in più per gli Hero ha una certa
avversione. E tu di certo non hai aiutato col tuo atteggiamento…
»
«
Che posso dire, sono fatto così. Sono uno spirito libero. »
Ammiccò, ridacchiando.
«
Lo vedo… ma cosa c’è oltre questa facciata
impertinente? » Il tono serio di Mizu spiazzò Hawks. «
Si vede che è una maschera ben costruita per il pubblico, non
hai nemmeno idea di quante ne veda tutti i giorni. E non dimenticarti
che sono una psicologa. » L’Hero la osservò
profondamente per una manciata di secondi, poi con un sorriso un po’
più serio rispetto ai precedenti, le rispose.
«
Forse ho sottovalutato la persona che mi sta davanti. »
«
Lo credo anche io, ma d’altra parte siamo qui proprio per
conoscerci meglio. Se dobbiamo scendere in missione insieme, è
meglio cercare di capirci al meglio. Sappi che chi ti ha preceduto ha
alzato di parecchio gli standard, io e lui abbiamo una coordinazione
praticamente perfetta. »
«
Stavolta sei tu che sottovaluti me, Doc. » Si scambiarono un
sorriso, entrambi sicuri delle proprie potenzialità, poi
presero a parlare mentre aspettavano il cibo.
In
quel momento la campanella della porta annunciò l’ingresso
dell’ennesimo cliente, quello che Gorou temeva. Era intento ad
affettare un limone dietro il bancone e, quando mise a fuoco il nuovo
arrivato, la lama del coltello calò giù così
velocemente che la fetta del limone rotolò per il bancone fino
a giungere proprio davanti al ragazzo che aveva preso posto.
«
Ciao anche a te, nonno… » Esordì il ragazzo,
colpendo con un dito la fetta del limone e rispedendola al mittente.
« Sei arrabbiato anche oggi? » Gli sorrise sornione,
incrociando le braccia sul bancone.
Gorou
lo fissò lungamente, con la stessa espressione di un serial
killer pronto a compiere l’omicidio. Infilzò il coltello
con rabbia sul piano in legno avvicinandosi al ragazzo.
«
E’ abbastanza chiaro che non mi piaci, soprattutto la tua
faccia da falso approfittatore… Mi chiedo perché
continui a punzecchiare sapendo che sei a rischio di vita… »
«
Tu evita di provocarmi con le tue sottili
minacce
ed io prometto di fare il bravo ragazzo… o forse no. Mi piace
farti incazzare. » Gli fece l’occhiolino senza essere
ricambiato, se non con uno sguardo ancora più minaccioso.
«
Basta voi due! Iniziate a diventare noiosi con questi battibecchi! »
Esordì Kimiko portando i vassoi con le pietanze calde che
servì in modo impeccabile.
«
E lui che mi stimola a fare lo stronzo… » Commentò
il ragazzo, prendendo un’oliva dalla ciotola posta davanti a
sé. In risposta Kimiko sbuffò scuotendo il capo,
sorridendo a Mizu.
«
Vedo che anche tu a quanto pare hai trovato una compagnia piuttosto
interessante. » Disse la dottoressa, ricambiando il sorriso ma
con una nota più provocante. « Sembra che qualcuno abbia
deciso di accettare i miei consigli e farsi degli amici, mi fa
piacere. Chi è questo bel ragazzo, non me lo presenti? »
«
Ehi, io non basto come bel ragazzo? » Chiese Hawks,
intromettendosi con finta aria offesa. Entrambe le ragazze lo
ignorarono.
«
Non è assolutamente mio amico! Non scherziamo! » Agitò
velocemente le mani davanti a sé, osservata con occhi torvi
dal ragazzo in questione.
«
Non c’è mica bisogno di nasconderlo. Non c’è
nulla di male. » Rispose Mizu, cercando di placare le difese di
Kimiko che avevano istantaneamente preso a rialzarsi. « Dai,
presentamelo. Dalla faccia di tuo padre e dalle parole che si sono
scambiati, mi sembra di capire che venga qui piuttosto
spesso.»
Accentuò le ultime parole, con fare di chi la sa lunga. Kimiko
le rivolse un sorriso forzato.
«
So che giochetto stai facendo… e non è assolutamente
come pensi tu! »
«
Va bene, sicuramente è come dici tu. Visto che sembri così
restia… » Sotto lo sguardo divertito di Hawks, curioso
di dove la dottoressa volesse andare a parare, Mizu si alzò e
senza aspettare la mossa di Kimiko, che chiaramente non sarebbe
arrivata, si incamminò verso il ragazzo del mistero, fino a
trovarsi davanti a lui. Con il solito sorriso cordiale, gli porse la
mano. « Shuzenji Mizu, piacere. Sono un’amica
di
quella timidona di Kimiko. »
Lui
non si scompose minimamente, sollevando appena il capo dal bancone.
Accennò ad un sorriso, voltando la testa al soffitto mentre si
massaggiava il collo.
«
So bene chi sei, Healing Water… Il nome di Ocean e le sue
imprese sono abbastanza note, come la tua intera famiglia… »
«
Ah, bene…» Ridacchiò Mizu nervosamente,
abbassando la mano. « Immagino che l’astio per gli Hero
sia ciò che ti ha permesso di conquistare la curiosità
di Kimiko. »
«
Se la mettiamo in questi termini… diciamo di sì…
» Poggiò il viso contro il pugno, fissandola con aria
beffarda.
«
Oh beh, elemento ostico più elemento ostico meno, che
differenza vuoi che faccia? Dopo Kimiko, ogni altra sfida sembra una
passeggiata. » Gli rispose, ricambiando la stessa espressione.
« E come ho detto a lei, affronto di molto peggio al lavoro…
Per lo meno tu sembri piuttosto informato, non ho mai sentito il nome
da Hero di mio padre pronunciato dalle labbra di Kimiko.» Le
lanciò un’occhiata veloce per poi far tornare lo sguardo
sul suo interlocutore.
«
E’ proprio questo che dovrebbe farti capire che c’è
differenza tra me e lei… no? Dottoressa… »
«
Forse… Ma d’altra parte mi pare di capire che ormai sei
di casa qui al Doragon, quindi ti converrà fare come Kimiko e
arrenderti alla mia presenza, perché anche io sono cliente
abituale. Rassegnati al fatto di incontrare questa Heroine piuttosto
spesso. » L’espressione di Mizu era cordiale, ma dietro
le sue parole c’era una sfida.
«
Oh… non metterti sulla difensiva… tranquilla. Più
che rassegnazione, userei come termine indifferenza.
Ai
miei occhi sei solo un pesce piccolo. » Sorrise divertito,
inarcando un sopracciglio. Mizu sbatté le palpebre sbigottita,
poi scoppiò a ridere, attirando gli sguardi dei clienti del
locale. Quando le risa si furono placate, si asciugò una
lacrima all’angolo dell’occhio.
«
Oh cielo, Kimiko… hai trovato la tua anima gemella! »
Esclamò divertita, rivolgendosi direttamente alla bionda. Poi
dedicò un sorriso serio al ragazzo, fissandolo dritto negli
occhi, ma stavolta quasi sussurrò, in modo che solo lui
potesse sentire. « Ho già visto quello sguardo,
Cicatrici.
E
non solo l’espressione, i tuoi occhi sono estremamente
familiari… Vedremo quanto riuscirai a restare indifferente.
Kimiko
ci ha provato, ma non ce l’ha fatta… » Lo salutò
con un gesto della mano e un sorriso eccessivamente cordiale, per poi
tornare al suo tavolo. Hawks la accolse applaudendo.
«
Brava Doc, ti sai far rispettare. » Presero entrambi a
mangiare, dedicandosi nuovamente alle loro chiacchiere. Kimiko scosse
il capo alla conclusione di quel breve dibattito, prendendo posto
vicino al ragazzo.
«
Ti avevo detto di non fare lo scemo con lei. » Premette
l’indice contro la sua guancia bruciata.
«
Reagisco male alle provocazioni… »
«
Non ti ha provocato, hai iniziato tu col tuo solito spettacolino…
» Gonfiò una guancia premendo il dito con più
forza. Lui reagì con una smorfia indolenzita.
«
Mi viene naturale… Non posso farci niente… »
«
Cerca di resistere, ok? Almeno finché non stacco da lavoro.
Porto il solito anche a te?»
«
Fai tu… »
La
ragazza sollevò le spalle, avviandosi arresa alle cucine. Da
dietro il bancone, Gorou non aveva perso un attimo di quella strana
scenetta, più avvincente di una telenovela, ma che gli
migliorò la giornata. Lo scambio verbale tra Mizu ed il
ragazzo fu un toccasana per lui, finalmente qualcuno era riuscito a
mettere spalle al muro quello che lui considerava una vera e propria
seccatura. Per tutta la giornata sul suo viso sarebbe rimasto
stampato un sorriso trionfante e, per ringraziare tale allegria,
appena Mizu ed Hawks si avvicinarono alla cassa per pagare, si
affrettò a scuotere la testa.
«
Consentimi di offrirvi il pasto, Mizu. » Le sorrise complice.
«
Oh, questo sì che è un evento più unico che
raro! A cosa devo tale onore? » Lo canzonò, riponendo il
portafogli nella borsa.
«
In effetti, si sa che i draghi sono restii a fare certi onori, ma se
vengono ricompensati a dovere, sono i primi a ricambiare gli atti
eroici. » Soffiò una risata, poggiando il gomito sul
bancone per avvicinarsi a lei ed evitando di farsi sentire da altri.
« Sto tollerando anche troppo la presenza di quel ragazzo e con
il tuo bel caratterino hai messo in chiaro molte cose… »
«
Ah ma non ho fatto nulla del genere. Ero solo curiosa di conoscere
chi fosse riuscito ad ammansire un po’ Kimiko. Sbaglio o non si
è sbattuta contro nessun angolo oggi? E non ha rovesciato
neanche un vassoio! Sono sbalordita! Magari questo ragazzo potrebbe
farle bene, volevo solo accertarmi che non fosse… come dire…
tossico per lei. Ha già abbastanza armatura addosso, non
servirebbe a niente se a sfondargliela fosse qualcuno messo peggio di
lei… E su questo, effettivamente, ancora non ne sono certa. »
Lo sguardo di Mizu cadde sulle cicatrici del ragazzo misterioso.
«
Quel ragazzo, per lei, è più tossico di quello che
credi. E ci si può accorgere di questo proprio dalla
professionalità di Kimiko nell’adempiere al proprio
lavoro… »
«
In realtà almeno su questo aspetto, credo sia positivo. Se va
bene il suo lavoro, tutti ne giovano. Suppongo che staremo a vedere
come si evolverà questa faccenda. Lo sapete, per qualsiasi
cosa, potete chiamarmi. Il numero ce l’avete.» Più
volte era capitato che Mizu avesse ordinato qualcosa d’asporto,
motivo per cui avevano il suo indirizzo e il suo cellulare.
«
Spero di non arrivare mai a tanto e, come è arrivato nella
vita di Kimiko, spero se ne vada in silenzio, lasciandola in pace. »
Sospirò amareggiato volgendo uno sguardo rapido al diretto
interessato. « Piuttosto… » Si assicurò che
Hawks fosse distratto dall’aspetto del locale « E’
forse lui che ha causato i problemi dell’ultima volta? »
Indicò il ragazzo alato con un cenno del capo. Mizu ci mise
qualche secondo a capire di cosa Gorou stesse parlando, ma quando
realizzò, arrossì vistosamente.
«
NO! » Le uscì più acuto di quanto avrebbe voluto.
« No, no, assolutamente non è lui. E preferirei
cancellare in toto quella serata. Anzi, mi scuso. Ho davvero
esagerato.»
«
Addirittura cancellare la serata? Che sarà mai successo di
così terribile? » La fissò sbigottito,
soprattutto per la sua reazione.
«
Niente, niente, ma non avrei dovuto bere in quel modo e sfogarmi
così. »
«
Si vedeva che ne avevi la necessità… Se proprio ti fa
stare così male, perchè anche tu, proprio come hai
consigliato a Kimiko, non trovi qualcuno con cui parlare? » Le
sorrise.
«
Oh ma io sto parlando con lei. » Rispose, complice.
«
Se sono di troppo, volo via. » Affermò Hawks,
grattandosi la nuca.
«
Ma che… no, no. Per carità. Oggi è la serata
degli equivoci… » Rise Mizu, per alleggerire lo stress.
« La ringrazio per averci offerto il pranzo Gorou-san, ma
adesso dobbiamo proprio andare. »
«
Sempre qui a tua disposizione Mizu… Spero non ti assenterai da
qui più del solito, ho davvero bisogno della tua presenza. »
Chinò il capo in gesto di saluto.
«
Certamente, lo sa che ormai sono di
casa. A
presto. » Salutò il titolare con un sorriso e un cenno
della mano, copiato poco dopo da Hawks, ed entrambi lasciarono il
Doragon. Una volta fuori, Mizu si portò le mani alla bocca e
ci soffiò sopra, per scaldarle.
«
Certo che fa proprio freddo, le temperature si sono abbassate
parecchio. »
«
Beh siamo a gennaio, è piuttosto normale. » Le rispose,
avvolgendola con un’ala per tenerla al caldo. Il gesto stupì
Mizu, che si voltò di scatto a guardarlo. « Anche questo
è troppo? » Chiese lui, senza ricambiare lo sguardo.
«
No, anzi. Questo è un gesto gentile molto apprezzato. »
«
Io sono sempre gentile, avrai modo di scoprirlo. » Le sorrise,
beffardo. « Quindi… insomma… da partner a
partner, se hai bisogno di qualcuno con cui sfogarti, eccomi qui. »
Mizu lo fissò, sbigottita. « Si, non ho potuto fare a
meno di sentire. Ho un udito piuttosto sviluppato. » Lei gli
sorrise.
«
Lo terrò a mente, entrambe le cose intendo. Sia l’udito
da spione che la gentile offerta di farmi da spalla. » Risero
entrambi. « E ovviamente, vale anche per te. Tu sei bravo a
sentire e io sono brava ad ascoltare. » Fu il turno di Hawks di
guardarla basito, ma poi le sorrise.
«
Cercherò di ricordarmelo. »
Mizu
si fece accompagnare a casa e camminarono così,
chiacchierando, mentre l’ala di Hawks la teneva al caldo e i
primi fiocchi di neve della giornata iniziavano a cadere.
°°°
Per
loro sarebbe stata l’ennesima serata in tranquillità una
volta che lei, Kimiko, avesse staccato da lavoro. Il ragazzo dal nome
sconosciuto si godette il suo pranzo e, con la scusa, lasciò
che il tempo passasse, in attesa che la cameriera finisse il suo
turno. Quando lasciarono il Doragon, fecero una lunga passeggiata per
le strade trafficate di Tokyo, osservando le varie vetrine illuminate
dei negozi. Non si sarebbero mai immaginati che quei pochi fiocchi di
neve sarebbero diventati poco dopo una vera e propria nevicata.
«
Ecco qui! Almeno ci scaldiamo un po’. » Sorrise Kimiko
mentre gli porgeva la sua bevanda calda presa da un distributore poco
distante dall’attico del palazzo dove sostavano e cercavano
riparo. Il ragazzo ricambiò il sorriso, stringendo tra le mani
infreddolite il contenitore della bevanda.
«
Senti molto freddo? » Le domandò iniziando a dare alcuni
sorsi.
«
Sto bene… è che non sono una grande amante
dell’inverno… » Soffiò contro il
contenitore di plastica per poi condurlo alle labbra «
Preferisco di gran lunga l’estate. Si evita di scivolare sulle
strade, i capelli mantengono una piega definita e non ti si arrossano
le mani, arrivando anche ad aprirsi… » Si guardò
le nocche segnate dal freddo. Le iridi azzurre di lui la fissarono
brevemente, voltandosi poi ad osservare la nevicata incessante.
«
Forse è il caso di saltare il nostro appuntamento di domani.
Le strade saranno piene di neve e non ci agevolerà la serata…
»
«
Come vuoi, vedrò di organizzarmi in altro modo. Magari sotto
un plaid caldo ed una tazza fumante di cioccolata a fare maratona di
serie tv. »
Lui
sorrise con amarezza, notando la tranquillità con la quale lei
si organizzò senza fare una piega per la sua assenza. Eppure,
se ripensava a tanti anni prima, la persona dei suoi ricordi avrebbe
reagito in modo completamente diverso, soprattutto se lui avesse
rinunciato a vedersi. Finì la sua bevanda, lanciando il
contenitore vuoto dentro un cestino della spazzatura.
«
Bene, allora io vado. Ci si vede. »
«
Vai già via? Non facciamo un pezzo di strada insieme? »
«
Ho delle cose da fare, prendo una direzione diversa… »
«
Alla fine prendiamo sempre strade diverse, non capisco che differenza
fa… » Disse Kimiko seguendolo, ma lui la fermò
bloccando il suo passo, voltandosi verso di lei e fissandola con
serietà.
«
Sei sorda? Ho detto che vado in una direzione completamente diversa
rispetto alla solita. Ti si sono congelati i timpani forse? »
«
Ehi… vedi di calmarti. Sei sulla difensiva per cosa? Il caffè
era troppo amaro? »
«
No, semplicemente hai ignorato quello che ho detto, facendo comunque
di testa tua… è un atteggiamento che non sopporto... »
Kimiko
non poté fare a meno di guardarlo perplessa e con occhi
grandi. Anche se aveva iniziato di recente a frequentarlo, non aveva
mai avuto reazioni così bipolari. Fece roteare gli occhi,
sollevando le spalle in segno di resa e, dopo essersi sfilata via la
sciarpa nera, la avvolse attorno al collo di lui, sistemandola meglio
che poteva.
«
Ultima volta che prendo l’iniziativa… ciao…»
Mise il cappuccio del giubbotto sulla testa, oltrepassando la figura
del ragazzo, prendendo così la strada di casa. Lui neanche si
voltò per guardarla. Portò una mano alla sciarpa,
tastandone la morbidezza e, affondando metà del viso in essa,
ne annusò il profumo impregnato nel tessuto. I suoi occhi si
assottigliarono nostalgici, guardando scorrere delle vecchie immagini
di un passato difficile da dimenticare e superare. La vibrazione
continua del telefono lo destò da quei ricordi. Una volta
sfilato dalla tasca osservò il numero sul display che fece
mutare la sua espressione nostalgica in una seria e di disappunto.
«
Si? »
"Sai
bene quanto io non sopporti le attese… Che aspettavi a
rispondere?"
La
voce maschile dall’altro capo del telefono proferiva con un
tono abbastanza stizzito.
«
Ero in compagnia, non potevo rispondere… »
"Spero
in SUA compagnia… anche se potevi benissimo spostarti e
rispondere…"
«
Inizi a infastidirmi, Boss… ho bisogno di tempo. »
"Tempo
ne hai avuto anche troppo, ragazzo. I patti erano abbastanza chiari,
no? Tu la tua vendetta e noi la ragazza… parte del denaro
l’hai voluta subito, come da te richiesto, adesso sono io a
pretendere velocità nel compimento della missione."
«
Il denaro serviva per portarla dalla mia parte. Non ne ho usufruito
personalmente in fin dei conti… Quindi… »
"
QUINDI NIENTE! Se non porti la ragazza il prima possibile andremo a
prenderla da soli! Poi penseremo a te. Sai bene che non devi giocare
con noi, né tanto meno alzare troppo la testa!"
Il
ragazzo si morse il labbro inferiore, arrivando con i denti ad aprire
la pelle già martoriata. Sentiva un grosso peso al petto che
lo opprimeva per la brutta situazione in cui si era immischiato e
dalla quale si voleva tirare fuori, rendendosi conto di aver commesso
una vera e propria stronzata.
«
Tenetevi pure l’altra parte del denaro… me ne sbatto di
questa storia… si fotta la vendetta, me la sbrigherò da
solo… e fareste bene a lasciare la ragazza… »
"Ahahahahah
altrimenti che fai? Ahahahahahahah"
Chiuse
la chiamata, lasciando che l’uomo continuasse a farsi beffa di
lui. Domani avrebbe pensato al da farsi, per adesso si avviò a
grandi falcate in cerca di un posto dove passare la notte.
Angolino
delle autrici
Avete
tremato che non aggiornassimo nemmeno oggi, vero? Come annunciato,
quasi, abbiamo preso la settimana scorsa come pausa, per vedere se
chi legge avrebbe recensito di più e così è
stato. Ci riserviamo il diritto di prenderci altre pause
occasionalmente :P
Come
al solito vi lasciamo i link alle nostre pagine, andatevele a vedere
che oggi c'è un bellissimo disegno nuovo!
LilyShakarian
LadyBarbero
A
lunedì prossimo!
Lily&Lady
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Capitolo 11 *** Capitolo X° ***
Quella
sera si alzò un forte vento e il cielo - dopo le lunghe
nevicate dei giorni precedenti – minacciava temporale. Per
fortuna Kimiko aveva staccato prima dal Doragon, così ebbe il
tempo di noleggiare un film e rincasare in tutta tranquillità.
Aveva preparato del riso al curry, uno dei suoi piatti preferiti, e
dopo una lunga doccia, si era messa comoda sul divano per godersi il
film. Peccato che, distrattamente, forse aveva premuto la selezione
sbagliata: al posto del film d’azione presente tra le novità,
aveva noleggiato un film d’amore e strappa lacrime. Per via
delle custodie bianche e prive di copertina, non aveva neanche potuto
cambiare subito il noleggio. Quindi, fiduciosa della scelta, era
rientrata a casa come se niente fosse.
«
Io
ti amo, Annie. Perché deve finire così? »
«
Perdonami…
ma è giusto che torni a casa! »
Sulla
faccia della ragazza era dipinta la peggiore espressione di disgusto
mai vista. Il cucchiaio con la porzione di curry restò sospeso
a mezz’aria, senza neanche avvicinarsi alle labbra.
«
Ma che schifo! » Commentò quando i due protagonisti
presero a baciarsi con una passione travolgente. « No, non
posso guardare certe cose. Distrugge il mio appetito! » Poggiò
il piatto sul tavolino davanti a lei e si affrettò a spegnere
il lettore dvd, mettendo successivamente i canali della tv. Forse
quella sera delle forze maggiori avevano deciso di complottare contro
di lei. Ogni zapping portava a delle trasmissioni o film con tema
l’amore.
« … Qualcuno mi sta odiando in questo momento.
Altrimenti non si spiega. » Spense la tv, riprendendo così
a consumare il suo pasto. Dopo quella serata in cui avevano discusso,
Kimiko non aveva più incontrato il ragazzo sconosciuto. Forse
era passata più di una settimana dal loro ultimo incontro.
Deglutì con forza l’ultimo boccone, alzandosi dal suo
posto per lavare e sistemare il piatto. Trasse un respiro profondo
una volta concluso il tutto, lasciandosi nuovamente cadere tra le
soffici braccia del divano nel silenzio calato sul salotto. Mentre
fissava il pallido soffitto, accompagnata dal continuo gocciolio del
rubinetto, ripensava a quella sera, soprattutto allo strano
comportamento del ragazzo. « Intanto è riuscito a
rubarmi la sciarpa… » Storse le labbra e assottigliò
lo sguardo magenta abbastanza stizzita. Lo strano comportamento di
lui le aveva insidiato il tarlo del dubbio nella mente. Persa nei
suoi pensieri intanto che contemplava il soffitto, di scatto voltò
il capo verso la porta. Ebbe come l’impressione di non
essere sola, sentiva addosso lo sguardo di qualcuno che, con
insistenza, la fissava. Si alzò lentamente, avvicinandosi con
furtività alla porta d’ingresso. Senza guardare subito
dallo spioncino cercò, nel silenzio, di captare anche il
minimo rumore sospetto. Ma oltre al suo respiro e al continuo
gocciolio del rubinetto, non avvertì nulla di strano. Rilassò
il corpo, osservando l’esterno dallo spioncino, assicurandosi
dell’assenza di sconosciuti. E’ fu proprio in quel
momento di tranquillità apparente che Kimiko venne
sopraffatta. Con forza un braccio la cinse alle spalle, bloccandole
le braccia, e una mano andò rapida contro il suo viso. Vani
furono i tentativi di liberarsi. In un attimo si ritrovò un
tessuto impregnato di liquido dall’odore nauseante davanti alla
bocca e al naso, mentre una voce profonda cercava di rassicurarla.
«
Sssh, andrà tutto bene. Ora dormi…»
La
vista le si fece sempre più offuscata e la presa delle sue
mani contro le braccia dell’assalitore sempre più
debole, finché tutto non divenne buio e maggiormente
silenzioso. Proprio in quelle tenebre improvvise e silenzio assoluto,
la mente di Kimiko venne assalita da improvvisi ricordi di
un’infanzia passata, alla quale si era completamente estraniata
nel corso degli anni.
Flash
Back
Il
dolce profumo dei ciliegi in fiore annunciava la primavera. Il viale
era sommerso dai loro petali che avvolgevano come un manto di neve la
strada. Le grida divertite dei bambini rendevano il parco giochi
caotico e solare più del solito.
«
Tana per te! »
«
Non è giusto Kim! Se utilizzi ogni volta il tuo quirk non è
divertente! » La ragazzina sorrise davanti all’espressione
imbronciata del suo amico « Basta, cambiamo gioco. »
«
Tanto vinco sempre io! Qualunque cosa facciamo! » Rispose lei
con tono serafico, girando lentamente su stessa con sguardo saccente.
«
Allora non giochiamo più, me ne torno a casa! » Seccato,
il ragazzino si spolverò i pantaloni prendendo la strada verso
l’uscita del parco. Lei lo fissò con perplessità,
incredula riguardo il suo comportamento palesemente offeso. Di fretta
lo seguì e con ghigno divertito lo afferrò per il
braccio, facendolo voltare verso di lei.
«
Dai begli
occhi!
Prometto di non usare più il mio potere! Ma se vinco io, avrai
una punizione! » Lui la fissò stranito e con un velo di
terrore
«
Q-quale punizione? » Lei accentuò il suo ghigno mentre
incrociava le braccia e sollevava il mento con fare altezzoso.
«
Dovrai cedermi la tua chitarra! »
«
Cosa?! Assolutamente no, Kim! Me l’ha regalata tua madre,
quindi è mia! »
«
Se perdi non sarà più tua! » Canticchiò la
frase finendo con un fischio melodico. Lui si imbronciò,
voltando lo sguardo torvo dalla parte opposta.
«
Va bene… » Lei corrugò le sopracciglia, si
avvicinò con due falcate decise e, una volta davanti a lui,
gli pizzicò la guancia tirandola con forza.
«
Sei proprio debole! Quando imparerai a crescere?! » Tirò
con più forza, facendo arrossare la pelle del suo amico, che
gemette indolenzito « Se continui a comportarti così
darai solo ragione alle parole di tuo padre! Lo vuoi capire o no?»
«
Sei mia amica, non voglio reagire male con te!» Disse lui a
denti stretti strizzando gli occhi per il dolore alla guancia che
continuava a venire pizzicata.
«
E’ proprio per questo che devi reagire! Difendi ciò che
è tuo con forza! Smettila di essere debole! » A quelle
parole il suo amico sgranò gli occhi e con un poderoso colpo
della mano si liberò dalla presa di lei. Si passò con
rabbia il braccio sulla guancia, guardando l’amica che ricambiò
con stupore.
«
NON TI DARO’ MAI LA MIA CHITARRA KIM! FAI TUTTO CIO’ CHE
VUOI, MA E’ MIA E BASTA! » Davanti a quella improvvisa
presa di posizione, lei a stento riuscì a trattenere la risata
caotica che smorzò quel breve momento intenso.
«
Vai così begli
occhi!
Sei fantastico! »
Lui
allentò la morsa dei pugni, rilassando le spalle. La fissò
a lungo e con occhi grandi, unendosi poi alla fragorosa risata.
Fine
Flash Back
«
Svegliati, ragazzina. »
Sentiva
la testa girare e la guancia sinistra farsi sempre più calda.
La vista era ancora offuscata e le poche immagini che riusciva ad
intravedere erano ancora troppo confuse, le sembrava di stare immersa
sott’acqua e ogni volta che sbatteva le palpebre sembra
peggiorare le cose. La visuale cambiò nuovamente, e un altro
bruciore si irradiò anche sulla guancia destra, appena colpita
dall’ennesimo schiaffo.
«
Basta dormire, su. » Quella voce ovattata arrivava flebile e
distorta alle sue orecchie. Sbatté ancora e ripetutamente le
palpebre più che potè, così da poter mettere
finalmente a fuoco anche il più piccolo particolare.
«
Forse le avete dato una dose eccessiva, Boss. » Disse una
seconda voce.
«
Fidati, è meglio che rimanga buona così…
altrimenti siamo tutti fottuti. »
Kimiko
spostò il capo verso quelle voci anche se i suoi occhi non
erano di grande aiuto. Riuscì solo a visualizzare delle masse
scure che si spostavano lentamente, come spettatori incuriositi che
fanno a gara per la postazione migliore vicino al palco. Mosse
lentamente il capo, in cerca di altri particolari che potessero
aiutarla a capire qualcosa, anche se in quelle condizioni era davvero
difficile. Strizzò gli occhi, traendo un lungo respiro
profondo, doveva assolutamente riprendere in mano il controllo del
suo corpo il prima possibile. Dopo l’ennesimo tentativo di
sbattere le palpebre e scuotere lentamente la testa, qualcosa
finalmente catturò la sua attenzione. O per meglio dire
qualcuno,
che scatenò in lei un miscuglio di rabbia e stupore,
distorcendo i lineamenti del suo volto già segnato dalla droga
che le avevano somministrato. Poggiato contro una parete, con il viso
nascosto dai ciuffi corvini, restava immobile proprio il ragazzo a
cui, per qualche istante, aveva pensato poco prima. Gli avrebbe
voluto urlare le peggiori imprecazioni esistenti, ma per via della
bocca impastata riuscì a proferire solo qualche mugolio simile
al lamento di un animale in fin di vita. Mentre il chiacchiericcio di
quegli sconosciuti proseguiva, il ragazzo sollevò appena lo
sguardo verso di lei. Era visibilmente distrutto e non solo per
quella sua espressione da cane bastonato. Dalla poca visuale che
Kimiko riusciva ad avere, sembrava riportare qualche ferita sul viso:
l’occhio sinistro era gonfio, e dalle narici sembrava ci fosse
del sangue rappreso. Curiosa, benché la testa le pesasse, non
potè fare a meno di inclinarla sulla spalla per studiarlo
meglio, questo finché una mano le afferrò con forza i
capelli, obbligandola a reclinare il capo all’indietro.
«
Allora, signorina… sai vero perché ti trovi qui? »
Di risposta la ragazza riuscì a trovare la forza per
sorridergli.
«
Ti sputerei volentieri in faccia… ma ho la bocca completamente
asciutta… peccato… » Ghignò, singhiozzando
una risata divertita. L’uomo ricambiò l’espressione,
lasciando andare la presa dai suoi capelli con una spinta in avanti
del braccio, facendole ricadere il capo in avanti. Anche se la bionda
chioma le copriva completamente il volto, non smise di ridacchiare,
così da infastidire l’individuo: l’uomo sputò
con rabbia sul pavimento, passandosi poi una mano tra i capelli colmi
di brillantina e, tirando su col naso abbastanza stizzito, si mise di
fronte a lei. Si dovette chinare sulle ginocchia per averla faccia a
faccia, essendo quest’ultima legata con più giri di
corda su una sedia.
«
Ne hai fatti fuori ben venticinque… tutte persone fidate per
me, con un ruolo molto importante… » Il sorriso che le
rivolse non fu quello di un normale incontro tra amici.
«
Perdonami, ma non riesco a capire… devi aver usato della roba
ancora più pesante di quella data a me… » Replicò
Kimiko, sorridendo. Un terzo schiaffo, questa volta dato col dorso
della mano, venne inferto con una forza tale da aprirle il labbro
inferiore. « Ahia… questa l’ho sentita… »
Ribatté divertita, passando la lingua sulla ferita, leccando
via qualche goccia di sangue.
«
Sentimi bene… » Le afferrò con forza il viso
obbligandola a guardarlo. A quel gesto il ragazzo misterioso
provò
a scostarsi dal muro per andare da lei, ma venne bloccato rapidamente
da uno dei tizi e rimesso spalle al muro. « … è
ora di smetterla di nascondersi… Kimiko Counter… »
Ghignò divertito pronunciando quel nome. « E’
buffo sentire un nome giapponese con un cognome americano, non
credete anche voi? » Gli altri uomini presenti iniziarono a
ridere, mentre il viso di Kimiko, sentendo pronunciare il suo vero
cognome, rimase di marmo, talmente era serio e impassibile. Le sue
pupille strette erano inchiodate al viso di quell’uomo, come un
rapace pronto ad uccidere la sua preda. « Oh… vedo che
ora ho la tua totale attenzione… bene. » Si alzò
in piedi, dandole le spalle e sistemando con cura la cravatta del suo
smoking scuro. « So bene che è stato triste per te,
soprattutto in giovane età, dove i genitori sono
indispensabili nella fase di crescita dei propri figli… »
Sospirando profondamente infilò le mani in tasca, dondolandosi
lentamente sulle punte dei piedi. « … purtroppo erano a
rischio
molte persone per via di quel quirk che la signora Helena Counter
portava dentro di sé, oltre alle varie informazioni che era
riuscita ad avere su di noi. Carina la copertura da infermiera che si
era creata, andava tutto bene, all’inizio… ovviamente…
» Si voltò nuovamente verso Kimiko, che sentì un
tuffo al cuore a quelle informazioni che l’uomo le stava
rivelando con estrema tranquillità. Adesso iniziava ad
assemblare ogni minimo pezzo del suo puzzle mentale, soprattutto di
alcuni episodi successi proprio in casa con sua madre, come quando
lei in tutta fretta ordinava dei fascicoli posti sul tavolo. Inoltre,
il più delle volte gli orari che le assegnavano in ospedale,
risultavano troppo strani anche per una bambina. « Purtroppo »
Proseguì l’uomo. « Se si fa la spia agli Hero sono
abbastanza ovvi i rischi a cui si va incontro, no? La cosa più
divertente, però, è che per via di questa copertura e
delle varie informazioni prese… » Poggiò le mani
sulle ginocchia della ragazza, avvicinando il viso al suo « …
nessuno degli Hero che tanto aiutava ha mosso un dito per ricordarla
nel migliore dei modi…anzi, le hanno voltato la faccia,
permettendo a noi di insabbiare il tutto… buffo, vero? »
Le rivolse un sorriso soddisfatto prima di rimettersi in posizione
eretta. Kimiko sorrise, suo malgrado, ripensando all’espressione
solare di sua madre dopo averla salutata per andare a “lavoro”.
Poi, nella sua mente, iniziarono a scorrere tutti volti degli Hero
conosciuti, ed il cuore di Kimiko sprofondò ancora di più
in quel mare di odio covato in tanti anni. Sapeva bene degli agenti
corrotti e di quello che avevano fatto e immaginava che dietro ci
fossero anche gli Hero, ma mai avrebbe pensato che sua madre - a sua
insaputa - fosse stata invischiata con loro e che per giunta li
avesse aiutati. Non erano così false le parole di quell’uomo,
soprattutto quando sottolineò il loro disinteresse per la
morte della donna che per loro aveva dato la vita, in tutti i sensi.
In quel momento si stava maledicendo per essersi concentrata solo
sulla polizia e non sui volta faccia che tutte le persone imbecilli
acclamavano… gli Hero. « Purtroppo non siamo perfetti
neanche noi, abbiamo dimenticato qualcuno di molto importante…
la sua cara
figlioletta…
» Il tono dell’uomo era di scherno, ma la ragazza non
mosse nemmeno un muscolo ne emise alcun suono, restando immersa nei
suoi pensieri. « Pensa, mi hanno riferito che, in punto di
morte, ha pronunciato il tuo nome con quella vocina rotta dal pianto
di chi sa che presto morirà! » La sua risata arrivò
chiara e limpida alle orecchie di Kimiko, che puntò nuovamente
lo sguardo
su di lui fissandolo intensamente, maggiormente appena lui si voltò
a braccia aperte verso i suoi uomini, richiedendo le loro
acclamazioni e loro gliele concessero con grasse risate e qualche
applauso. Si girò a guardarla divertito e trionfante, facendo
la finta di piangere con espressioni idiote per sbeffeggiarla e
stuzzicarla, convinto di averla in pugno. Proseguì così
ancora per un po’, facendosi beffa di lei, credendo di aver
finalmente dato fine alla sua battaglia: senza Kimiko ad uccidere i
suoi sottoposti e a catturare l’attenzione della polizia su di
loro, i suoi traffici e le corruzioni tra gli agenti si sarebbero
nuovamente ristabiliti. Soprattutto se avessero consegnato il
terribile assassino
silenzioso
e
unico testimone del caso. Tanto chi le avrebbe creduto? Un assassino
che uccide agenti di polizia e, di recente, anche un Hero. «
Oh, dimenticavo! Prima dei festeggiamenti, sappi che il ragazzo lì…
» Indicò con un gesto del capo il ragazzo sconosciuto
tenuto ancora immobile contro la parete. « … ha lavorato
per tutto il tempo solo per me. Cinema, cenette, dovresti
ringraziarmi! » Le diede degli schiaffetti contro la guancia,
sorridendole solare. « Bene signori! Ora possiamo fe- »
La frase dell’uomo non proseguì. Quel bel sorriso di
soddisfazione che manteneva stampato sul viso iniziò a
spegnersi lentamente, lasciando il posto ad un’espressione
stupita e di shock improvviso, emettendo un gemito roco. Dal fondo
della gola uscì un verso misto tra un grido e un conato di
vomito, mentre abbassava il capo verso il suo ventre.
«
Mi perdoni, signore…
ma,
in tutto ciò, ha dimenticato di legarmi i capelli… »
Esordì Kimiko con tono sincero, inclinando il capo sulla
spalla. L’uomo la fissò brevemente prima di abbassare
nuovamente il capo e guardare ciò che lo trapassava da parte a
parte. Le punte dei capelli di Kimiko si erano avvolte tra loro,
formando una massa scura e acuminata che si scagliò –
nel momento di euforica distrazione - dritta e veloce contro l’addome
dell’uomo. « Non che fosse così importante…
» Continuò la ragazza, alzandosi lentamente in piedi. Le
corde trapassarono il suo corpo, come se questo fosse fatto
completamente di nebbia, rilasciando lunghi baffi di fumo nero che si
perdevano attorno a lei. Una volta in piedi, passato lo stupore
improvviso, tutti gli uomini presero le armi o sfoggiarono i loro
quirk pronti ad attaccare. Sentendo caricare le armi e suoni strani
di corpi che mutavano, Kimiko non potè fare a meno di ridere
sguaiatamente, mentre l’uomo davanti a sé – ancora
impalato
– cercava
di prendere dalla tasca la sua arma.
Il ragazzo misterioso,
vista la situazione, venne liberato dalla presa e, con occhi
spalancati e stupefatti, cercò di andare via da lì il
prima possibile. Il Boss estrasse la sua pistola, ma non ebbe il
tempo di impugnarla che Kimiko impresse più forza nel suo
quirk, infilzando ancora di più quel corpo, macchiando la sua
bella camicia bianca di rosso cremisi. La vittima iniziò a
tossire e a sputare sangue dalla bocca, rantolando flebili gemiti di
dolore. Gli uomini non sapevano se attaccare o meno, perché
c’era il rischio di colpire il loro capo. La ragazza sollevò
lentamente il braccio e il fumo seguì lo stesso movimento,
alzando a mezz’aria il corpo dell’uomo che agitava le
gambe con la poca forza rimasta.
«
Come? Non ghigni più? » Disse con voce non sua dal tono
profondo e ringhiante che immobilizzò e zittì tutti gli
astanti. « Adesso farò provare a tutti voi una piccola
parte del dolore che ho covato per anni… tutto quello che ho
dovuto passare per colpa del vostro egoismo infimo… »
Gli occhi dell’uomo si spalancarono e con la poca forza
rimastagli, alzò una mano, ordinando col suo ultimo gesto ai
suoi uomini di attaccare. Pochi secondi dopo la sua testa venne
tagliata dal collo di netto e lasciata rotolare ai piedi dei suoi
scagnozzi. Il corpo venne lanciato via dal fascio di fumo, sbattendo
prima contro la parete e ricadendo con un suono sordo. Adesso anche
le braccia di Kimiko erano avvolte dal fumo nero come la pece. I suoi
capelli iniziarono ad ondeggiare, mutando colorazione da biondo grano
a grigio fumo. Si voltò lentamente verso il resto del gruppo,
mostrando ai presenti il suo volto segnato da varie crepe che
aprivano la sua pelle su più punti, come un vaso di porcellana
rotto. Le sclere si tinsero dello stesso colore delle sue iridi,
evidenziando maggiormente il loro colore magenta che rifulgeva di una
luce più intensa. Le labbra nere incorniciavano un ampio
sorriso dalla dentatura seghettata, che si dischiuse sbuffando altro
fumo nero. Il gruppo restò impietrito, senza sapere che fare
oltre a scambiarsi sguardi, finché il panico non prese il
sopravvento su di loro, spingendoli istintivamente ad attaccare alla
cieca. Lanciando un urlo disperato per le nuove verità venute
a galla, Kimiko si scagliò sugli uomini senza pietà.
Contro il suo quirk i loro proiettili e le lame dei loro quirk erano
inutili. Non si può colpire il fumo, ne tanto meno scalfirlo.
Questo entrava dalle loro narici, bocca e condotti lacrimali,
insinuandosi nella loro testa e premendo contro la statola cranica,
fino ad ammassarsi sempre di più, comprimento completamente il
loro cervello fino a farlo collassare. Mantenendo il fumo avvolto
attorno alle braccia, lo usava come prolungamento per le sue dita,
sfruttandole come lunghi artigli che affondavano nelle carni delle
sue vittime, facendo il peggiore scempio dei loro corpi. Il sangue
macchiò ogni angolo e parete di quella stanza, rilasciando un
forte odore pesante, che si mescolava a quello forte di chiuso da
giorni. Il ragazzo misterioso aveva già abbandonato la stanza
del vecchio magazzino. Usando la parete come sostegno, si era
trascinato zoppicante e intontito, il più lontano possibile da
lì, ma i suoni delle armi da fuoco e le urla continue lo
trattennero per qualche istante, facendolo voltare con evidente paura
dipinta sul viso in quella direzione tanto temuta. Vide le luci della
stanza scattare più volte, fino a spegnersi del tutto. Poi
ancora urla e colpi di pistola, fino al totale silenzio. Deglutì
con forza la poca saliva rimastagli, cercando di respirare solo dal
naso. Quando sembrò che tutto fosse cessato, un ruggito
infranse di netto il silenzio, facendolo scattare sull’attenti
per riprendere la sua fuga. La porta del magazzino venne ridotta in
mille pezzi dalla condensa di fumo nero che premette con forza contro
essa, voltandosi poi verso l’individuo.
«
Adesso penso a te…» Disse con voce roca la massa di
fumo, mostrando un ampio sorriso maligno. Ansimante per l’agitazione
il ragazzo continuò a trascinarsi lontano il più
velocemente possibile, prendendo le scale che conducevano alla
terrazza. Sentiva la morsa della morte sempre più vicina, un
freddo pungente che gli accarezzava lentamente ogni singola vertebra
della sua schiena. Un lungo fischio cantilenante alle sue spalle lo
mise ancora più all’erta, facendogli aumentare
l’adrenalina nel corpo e spronandolo a dare le ultime falcate
finali per raggiungere la porta e chiuderla di tutta fretta dietro di
lui con un colpo secco. Non perse d’occhio per un solo istante
la porta, indietreggiando lentamente, allertato da qualsiasi cosa ne
sarebbe venuta fuori. Sentì ancora quel fischio, questa volta
ovattato. Segno evidente che lei
era
chiaramente là dietro, a pochi passi da lui. Le gambe gli
cedettero all’improvviso e si ritrovò col fondoschiena
sulla fredda pavimentazione della terrazza. Abbassando lo sguardo,
potè scorgere il fumo uscire da ogni fessura della porta, per
poi amalgamarsi in un unico punto fino a formare la figura di Kimiko
ancora trasformata in quella creatura dagli occhi maligni e la pelle
scheggiata. Lei
inclinò il capo, osservando il ragazzo impaurito e tremante.
«
Pensavi seriamente di prendermi in giro? » Lui non rispose e
strisciò ancora più indietro, spingendosi con l’aiuto
delle gambe « Prima cerchi di derubarmi e poi, come se nulla
fosse, mi inviti ad uscire solo
per
avergli riconsegnato uno stupido plettro…patetico... »
Attorno al braccio del ragazzo iniziarono ad avvolgersi lingue di
fiamme azzurre e Kimiko non potè fare a meno di sollevare un
sopracciglio con evidente perplessità. « Quanto puoi
essere idiota? Non sai che è proprio dal fuoco che prende vita
il fumo? » Lui ignorò completamente le sue parole e,
preso dal panico, le scagliò contro un getto di fiamme. Lei
non si smosse minimamente, tenendo le braccia incrociate al petto. Le
fiamme la sfiorarono solo al lato sinistro, facendo bruciare parte
della sua maglietta. Ciò che ottenne fu solo riuscire a
disperdere un po’ il fumo, il quale però poi si
riaddensò nuovamente. Lei fissò il tessuto continuare a
bruciare fino a spegnersi, scuotendo il capo rassegnato. «
Peccato, è fatta solo per supportare il mio quirk…
comunque… » Iniziò ad avvicinarsi a lenti passi
sinuosi verso la sua ultima vittima. « Hai fatto una cazzata
alla quale, questa volta, darò un gran peso… e non c’è
nessuno a farmi cambiare idea… » Il suo braccio si
tramutò nuovamente in fumo, prendendo la forma di una lunga
lama. Il ragazzo sgranò gli occhi, osservando quel fumo
sollevarsi sopra di lui.
«
Kim! Non lo fare! » Furono le sue uniche parole prima di
chiudere gli occhi, temendo per la sua vita. Eppure, stava
continuando a sentire il suo respiro irregolare ed i battiti
insistenti del suo cuore contro il petto, oltre alle gocce di sudore
che rigavano il suo viso segnato dalle bruciature. Prese coraggio,
aprendo lentamente gli occhi per capire cosa fosse successo. La lama
di fumo si era fermata a pochi centimetri dal suo viso, cosa che lo
fece deglutire per lo sgomento. Spostò lo sguardo da
quest’ultima, concentrandosi sulla ragazza che lo fissava
immobile, con espressione sorpresa. L’abbreviazione del suo
nome non era stata più pronunciata da tanti anni, soprattutto
con quella strana confidenza, come se la conoscesse da una vita.
Kimiko abbassò il braccio, lasciando che il fumo svanisse
dalla sua figura facendola tornare al suo stato normale. I lunghi
capelli grigi divennero nuovamente biondi e ricaddero sulle spalle
disordinati, mentre le sclere ripresero lentamente il loro colore
naturale. L’espressione di furia cieca che le distorceva i
lineamenti del volto lasciò il posto a una di curiosità
insistente e nella sua testa l’immagine di quel ragazzino che
nei precedenti giorni aveva ripreso posto nei suoi pensieri si
sovrappose a quella del ragazzo davanti a lei, facendole spalancare
gli occhi dallo stupore. Con un po’ di inquietudine lui si alzò
con cautela, restando a distanza dalla ragazza che con la testa
inclinata lo fissava in silenzio.
«
Ho fatto una cazzata… » Si inumidì le labbra con
la punta della lingua, senza interrompere il contatto visivo con lei.
« … proprio come te, sono stato accecato dalla vendetta…
perchè… » Avanzò insicuro di un passo,
sollevando appena le mani davanti a sé per farla stare
tranquilla e imperile di scappare per un eventuale shock « …
accidenti Kim, dopo un volo del genere da un grattacielo… tu
dovevi essere morta… » Sorrise forzato e isterico,
facendo un altro passo, mentre lei indietreggiò di risposta.
Con labbra socchiuse e pupille strette, non riusciva a schiodare gli
occhi da quelli di lui e, a quelle parole, scosse lentamente il capo
incredula e spaventata allo stesso tempo. Stava rivivendo gli stessi
istanti di dieci anni prima. Appena avuta la notizia della morte di
sua madre, così strana e irreale, si era rimboccata le maniche
da sola, indagando su quanto fosse successo. Quando era riuscita ad
avere un quadro generale sull’accaduto dalle poche informazioni
avute, la sua rabbia si era trasformata in vendetta, purtroppo
bloccata dal fatto che gli agenti coinvolti non avevano un nome. Era
stato proprio quel ragazzino ad aiutarla con la sua complicità
e grazie ad alcune informazioni trapelate dal padre, un uomo
abbastanza noto nel campo Hero, durante alcune conversazioni con sua
madre che lui aveva origliato per caso, era riuscito a dare una
svolta alla vendetta di Kimiko, la quale risalì agli agenti e
li uccise uno per uno. Convinta che la sua vendetta fosse compiuta,
credendo di non avere più nulla da condividere con quel mondo
marcio, si era suicidata lanciandosi nel vuoto dal grattacielo più
alto di Tokyo, non sapendo che il suo quirk, dalle caratteristiche di
un parassita, lo avrebbe impedito. Ora quello strano incidente e
quelle altrettanto strane testimonianze avute al tempo, grazie alle
conferme di quell’uomo che ora giaceva senza vita, finalmente
avevano un senso. Per qualche tempo aveva pensato che la madre fosse
stata una stupida, coprendo orari assurdi alle colleghe, rinunciando
al tempo con la propria figlia. Si sarebbe voluta spaccare la testa
contro una parete solo per aver brevemente dubitato che sua madre non
le volesse bene. Non solo, nel tempo aveva dimenticato quel ragazzino
con egoismo tale da essere paragonato a quello dell’uomo appena
ucciso, senza pensare minimamente a lui, che ora gli stava davanti e
cercava di rimediare. Le lacrime rigarono con prepotenza il suo viso
malinconico, facendo stupire il ragazzo.
«
Sono stato stupido, lo ammetto, potevo accertarmi della tua morte, ma
ero troppo vigliacco per guardare di sotto. Ho evitato di seguire i
tg dove parlavano di un tuo probabile ritrovamento. Il cimitero lo
guardavo da lontano, non mi andava di rivederti in una foto… »
Si avvicinò ancora. « Ti chiedo scusa, è solo…
quando poi ti ho rivista… e mi avevi dimenticato... ho agito
di impulso, proprio come mi avevi insegnato tu… solo in un
modo diverso e maledettamente sbagliato…perché ho
pensato che mi avessi lasciato solo... » Le confessò,
porgendole la mano. « Andiamo via insieme, abbiamo tante cose
da raccontarci. ». Quel sorriso. Anche se erano passati degli
anni e ora ad incorniciarlo era un viso completamente devastato dalle
ferite, restava comunque quello inconfondibile dello stesso ragazzino
impacciato di un tempo. Finalmente riconobbe anche quei bellissimi
occhi sorridenti che l’avevano sempre fatta impazzire.
«
Touya… » Disse lei con voce rotta dalla commozione e
agitazione per via dell’insieme di ricordi e sensazioni che la
investirono come un treno in corsa, facendole sentire le gambe molli.
Sentendo pronunciare il suo nome, il ragazzo non perse tempo.
Avvicinandosi velocemente a lei, la cinse tra le braccia con forza e
possessività, così da impedirle qualsiasi via di fuga.
« Mi dispiace… mi dispiace davvero...» Strinse le
mani sul suo giubbotto di pelle, affondando il viso nell’incavo
del suo collo, muovendo il capo in segno di negazioni in risposta
alle sue scuse. Touya la strinse di più a sé,
cullandola appena. « Abbiamo un sacco di cose da dirci e credo
che non basterà una notte... » Si scostò appena
da lei poggiando la fronte contro la sua. « Adesso dobbiamo
andare via di qui. Hai fatto un bel casino… » Sorrise
appena e lei ricambiò, annuendo poi col capo mentre si
asciugava le lacrime. Si mise al suo fianco così da
permettergli di passare il braccio attorno alle sue spalle.
Sostenendolo con l’altra mano che poggiò sull’altro
fianco, lo sorresse per aiutarlo a lasciare quel posto prima
dell’arrivo della polizia, conducendolo verso il proprio
appartamento, dove avrebbero trovato un nascondiglio sicuro.
Angolino
delle autrici.
Eccoci,
avevamo bisogno di una piccola pausa settimana scorsa, ma siamo
tornate! Un bel capitolo dedicato a Kimiko! Fateci sapere che ne
pensate ;)
Come
sempre lasciamo i link alle pagine
LilyShakarian
LadyBarbero
A
lunedì prossimo!
Lily&Lady
|
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Capitolo 12 *** Capitolo XI° ***
«
E’ impegnatissimo coi preparativi dell’esame
d’ammissione, non l’ho mai visto così occupato! »
«
Si, talmente occupato che per avere sue notizie devo chiedere a mia
sorella minore come sta… »
«
Dai, Mizu. Credimi davvero, qui alla U.A. è un periodaccio!
Anche io e la nonna abbiamo tantissime cose da preparare! Saranno in
troppi a farsi male, dobbiamo essere pronte a tutto. »
«
Eppure tu, anche se sei impegnata, hai risposto… Scusami, non
so perché divento così quando c’è di mezzo
Shota... Ti lascio al tuo lavoro, tanto mi sta squillando l’avviso
di chiamata, devo andare anche io. Ci risentiamo appena puoi. Ti
voglio bene. »
«
Ti voglio bene anche io sorellona e non preoccuparti. »
Mizu
sospirò, chiudendo la chiamata, poi attese qualche secondo
prima di rispondere all’altra.
«
Healing Water. » Disse seria, con poco entusiasmo, mentre si
massaggiava le tempie.
«
Ehi, Doc. Sto passando a prenderti. » La voce gioviale di Hawks
quasi le sfondò i timpani, tanto che fu costretta ad
allontanare per qualche istante il telefono dall’orecchio.
«
Cosa? Perché? Ho degli appuntamenti importanti stamattina, è
urgente? » Chiese, spazientita. Avrebbe dovuto rivedere
Endeavor e non era felice all’idea di spostare l’incontro.
«
Temo proprio di si. Stanotte c’è stata una carneficina.
» Il tono serio di Hawks la fece trasalire e bloccare
all’istante.
«
...Quanti morti? » Domandò, dopo aver deglutito a
fatica.
«
Su per giù una decina, per il momento. Nessun Hero o
poliziotto, comunque. »
Quell’ultima
parte permise a Mizu di rilasciare il fiato, trattenuto
inconsciamente. Poi però si accigliò.
«
Civili? » La risposta di Hawks tardò ad arrivare. «
...Hawks? Mi senti? Pronto? » Provò a chiedere, ma
nessuna risposta. Una folata di vento e un rumore di ali che
sbattono, attirarono la sua attenzione alle sue spalle. Quando si
voltò, trovò il collega con un sorriso, insolito anche
per lui, considerata la situazione.
«
Hai visto? Sono volato
da
te. »
«
Oh per l’amor del cielo, Hawks, ti sembra il momento per questo
umorismo?!»
«
Rilassati, Doc. Erano tutti criminali, nessun civile. » Mizu
parve rilassarsi all’istante.
«
Allora come sappiamo che sono collegati al nostro caso? »
«
Te ne parlerò mentre andiamo, non c’è tempo per
discuterne restando qui. » Le si avvicinò e lei lo
fissò, confusa. La sollevò di peso, come farebbe un
cavaliere con una principessa, e spiegò le ali. Mizu sgranò
gli occhi e tentò di divincolarsi.
«
Non stai per farlo davvero… » Sussurrò atterrita,
scatenando un ghigno sulle labbra del collega.
«
Beh se sono venuto a prenderti, come pensavi che ci saremmo mossi se
non volando? » Mizu gli lanciò un ultimo sguardo di
supplica, ma capendo che non sarebbe servito, allacciò le
braccia al collo del biondo, quasi rischiando di strozzarlo. Lui si
alzò in volo e osservò divertito l’azzurra.
«
Non pensavo avessi paura delle altezze. » La prese in giro.
«
Non la ho, è il volare senza sicurezza a terrorizzarmi. »
«
Così mi ferisci, Doc. Non ti fidi del tuo partner? »
Chiunque si sarebbe lasciato ingannare dalla baldanza con cui l’aveva
chiesto, ma Mizu percepì della vera delusione in quella
domanda. Così decise di sollevare lo sguardo dall’incavo
sicuro del collo di Hawks, per fissarlo dritto negli occhi.
«
Certo che mi fido. » Affermò con decisione. Hawks
ricambiò lo sguardo con dolcezza per una frazione di secondo,
poi tornò la sua espressione biricchina.
«
Non dovresti mai fidarti così in fretta, Doc… »
Non le diede nemmeno il tempo per metabolizzare quella frase, che si
lanciò in picchiata, mentre l’urlo acuto di Mizu e una
promessa di vendetta risuonarono tra i tetti dei grattacieli.
Una
volta a terra, la dottoressa dovette sedersi, a causa delle gambe
molli. Prima però si preoccupò di rinchiudere Hawks in
una bolla d’acqua, il tempo necessario per una giusta
rivincita. Quando si fu ripresa e la bolla fu sciolta, osservò
il collega, infradiciato da capo a piedi.
«
Doc questo non era assolutamente necessario! » Affermò
lui offeso, tossicchiando. Mizu rise di gusto, in quel momento
sembrava un pulcino bagnato, così gli si avvicinò, gli
poggiò le mani sul petto e lo fissò dritto negli occhi
con sfida.
«
Te lo dovevo… » Sussurrò con un tono malizioso ma
che alle orecchie di Hawks risuonò fin troppo suadente. Mizu
cominciò ad attirare l’acqua che impregnava i vestiti
del collega. « ...ma non avrei comunque mai permesso che
arrivassi così al colloquio. » Portò le mani tra
i capelli di lui, sistemandoglieli all’indietro, mentre drenava
via l’acqua rimasta. « Ecco fatto, a posto. »
Disse, ancora un po’ divertita, ma quando incontrò lo
sguardo di Hawks, si bloccò.
«
Così non vale, Doc… » Le sussurrò,
portandosi una mano di lei al volto, mentre con l’altra la
avvicinò a sé, tirandola per un fianco. Mizu avvampò
all’istante e si sottrasse da quel contatto, quasi scottata.
«
Possibile che con te si vada sempre a parare in situazioni del
genere?! » Affermò lei, imbarazzata, sistemandosi una
ciocca azzurra dietro l’orecchio.
«
Stavolta è colpa tua… Mizu. » Hawks sembrava
stranamente a disagio, quasi fosse lui la vittima. Lei rimase un
attimo spiazzata dal fatto che l’avesse chiamata per nome. «
Sei tu che ti sei offerta su un piatto d’argento… »
«
Prego?!? » Lei lo guardò, inviperita, mentre un
mulinello iniziò a scorrerle attorno al corpo. « Un po’
di rispetto per una tua senpai! »
Hawks
si portò le mani dietro la testa e la sua aria giocosa tornò
quella di sempre.
«
Di soli tre anni, Doc. » Mizu aprì la bocca per parlare
ma poi la richiuse, gonfiando le guance col fiato accumulato per
evitare di rispondergli. Stavolta il biondo scoppiò a ridere e
lei lo seguì poco dopo. Nemmeno si accorse che il telefono le
stava squillando in borsa.
Dall’altra
parte Aizawa stava aspettando che gli squilli venissero interrotti
dalla voce di Mizu. Erano due settimane che non si sentivano, da
quando lei gli aveva scritto di avere un nuovo partner non era
riuscito a rispondere a nessuna delle sue chiamate. Certo non stavano
insieme, ma gli sembrava comunque scortese non provare a richiamarla
per sentire cosa avesse da dirgli. E infondo sapeva anche lui di
voler sentire la sua voce, come sapeva che la risposta che le aveva
dato quella notte di quattro settimane prima non era stata totalmente
sincera. Sapeva solo che era stata la migliore e la più giusta
da dare in un periodo impegnato come quello che stavano vivendo. Lui
era occupato quasi tutta la giornata a preparare l’esame, che
si sarebbe svolto da lì a pochi giorni, mentre lei stava
proseguendo sia col suo lavoro sia con le indagini. Si passò
una mano tra i capelli, indeciso su cosa fare quando sentì la
voce della segreteria. Stava per richiudere ma poi si decise a
lasciarle un messaggio vocale, sicuro che lei lo avrebbe sentito.
Intanto
i due Hero raggiunsero la scena del crimine, dove trovarono Tsukauchi
ad attenderli. Poco prima di arrivare, Mizu aveva avvisato la sua
segretaria di scusarsi con Endeavor e di informarlo che per quella
mattina non ce l’avrebbe fatta. Inoltre le disse di fissargli
un nuovo appuntamento il prima possibile. L’allegria che aveva
accompagnato i due Hero durante il tragitto, si spense all’istante
quando videro lo scempio compiuto nel magazzino di quell’edificio
abbandonato.
«
Oddio… » Mizu sgranò gli occhi e si portò
una mano alla bocca, tentando a fatica di rimandare giù il
conato di vomito risalito a quella vista. Non era solita vedere scene
tanto atroci. Distolse lo sguardo, cercando di prendere fiato, ma
l’odore acre del sangue rappreso e delle budella sparse non
l’aiutò nell’impresa di non rimettere la
colazione. « Scusatemi un momento… » Si allontanò
dalla scena per non contaminare le prove, fece appena in tempo ad
appoggiarsi ad una colonna e tenersi i capelli, prima di vomitare.
Una volta finito, cercò di regolarizzare il fiato, mentre col
suo quirk tentò di ripulire. Una mano le si poggiò
sulla spalla.
«
Tutto a posto? » Non le sfuggì il tono apprensivo di
Hawks.
«
Si, ora va meglio… grazie. Penso di potercela fare… »
Tornarono
insieme da Tsukauchi e Mizu si inchinò, scusandosi.
«
Non deve scusarsi, dottoressa. E’ una reazione del tutto
normale. Persino noi abbiamo fatto fatica quando li abbiamo
ritrovati. Non si preoccupi, davvero. »
«
Come avete capito che si tratta dello stesso assassino? »
Chiese Mizu, pallida.
«
Il corner, ad una prima analisi sul campo, ha confermato che le
ferite inferte hanno la stessa forma delle vittime tra la polizia.
L’arma sembra essere la stessa, come anche la forza con cui è
stata usata. Siamo quasi certi che si tratti di un quirk, visto che i
tagli e le escoriazioni non coincidono con nessuna lama o oggetto
contundente. Inoltre abbiamo scoperto che le vittime, come ho
accennato ad Hawks, sono tutte criminali, ma c’è di più.
A conferma del fatto che l’assassino è lo stesso,
abbiamo scoperto che questi criminali erano tutti strettamente
collegati ai casi di corruzione in cui erano coinvolti i nostri
agenti deceduti. »
Entrambi
gli Hero ascoltarono con attenzione il resoconto del detective, poi
si misero entrambi ad analizzare la scena con maggiore attenzione.
Hawks, dopo che furono scattate le foto, iniziò ad aiutare gli
agenti nel recupero degli arti finiti in posti alti e disparati. Mizu
invece si mise a cercare la testa di quello che, grazie ai documenti
che portava addosso, era stato identificato come il boss del gruppo.
Quando finalmente la trovò, inorridì per l’espressione
rimasta impressa nella testa, quasi in un ultimo urlo di sofferenza e
lo sgomento. La bocca aperta, gli occhi sgranati ma spenti e vitrei,
nei quali si poteva ancora leggere il terrore provato nei confronti
del suo aggressore. Osservandolo con più attenzione però,
una volta superata la riluttanza, Mizu notò uno strano
particolare. Dal taglio netto del collo fuoriusciva qualche rivolo di
fumo nero. Fece rotolare appena di lato la testa, non c’era
segno di bruciatura, solo un taglio quasi netto. Non sapendo come
raccoglierlo, scattò qualche foto col cellulare, poi provò
a racchiuderlo dentro una piccola sfera d’acqua. Il fumo emise
qualche bolla, prima di mescolarsi completamente con il liquido,
sciogliendosi dentro di esso. Mizu portò il campione con sé
e lo mostrò al detective e ad Hawks.
«
C’era del fumo nero che usciva dalla ferita all’attaccatura
della testa del boss. Sono riuscita a raccogliere il campione, così
che possa essere analizzato in laboratorio. »
«
Grande, Doc! »
«
Ottimo lavoro, Dottoressa. Lo faremo analizzare immediatamente. »
«
Dovere. » Rispose lei, con un sorriso un po’ mesto e
amaro.
§§§
«
Sentito? Si vocifera che il simbolo della pace sia nuovamente in
città. »
La
risposta che Kimiko rivolse alle parole di Gorou fu un mugolio
sonnacchioso a labbra serrate. Quella notte non aveva chiuso occhio,
per le troppe informazioni ricevute, oltre all’improvvisa
riconciliazione con il suo amico d’infanzia. Dopo aver condotto
Touya al suo appartamento, si era presa cura di lui, medicandogli
alcune ferite che i componenti della Yakuza gli avevano inferto per
il suo improvviso cambio di bandiera. Non avevano scambiato molte
parole tra loro, era ancora troppo lo stupore di quell’improvvisa
riunione tra amici. Touya però, una volta che si era disteso
nel letto, aveva preso quasi subito sonno, mentre Kimiko si era
sdraiata davanti a lui senza smettere di fissarlo, arrivando così
alle prime luci dell’alba. A fatica si era alzata dal letto per
una doccia e, una volta vestita e pronta per un nuovo giorno di
lavoro, aveva dato un’occhiata furtiva all’interno della
camera da letto prima di lasciare l’appartamento. Chissà
da quanto tempo non riposava il moro, visto che non si accorse del
minimo rumore che Kimiko fece con le sue movenze da pachiderma in un
negozio di cristalli.
«
Kimiko… stai dormendo sul posto di lavoro? »
L’improvviso
colpo di coda del locandiere contro il suo fianco fece svegliare
bruscamente la bionda che, in effetti, si era appisolata come nulla
fosse sul bancone. Si passò il dorso della mano sulle labbra,
cancellando un rivolo di saliva.
«
… Non voglio neanche sapere che cosa hai fatto questa notte…
»
«
Cosa dovrei aver fatto stanotte? » Rispose lei con voce
impastata dal sonno, lasciando che uno sbadiglio completasse ed
evidenziasse al meglio il suo stato fisico. « Mi sono fatta
prendere dalle serie tv. » Si stropicciò gli occhi
arrossati, massaggiando le evidenti borse sotto gli stessi.
«
A questo punto potevi evitare di venire. Sono stanco di investire su
piatti e bicchieri che puntualmente tu… » Nel voltarsi
verso di lei, notò che la ragazza si era nuovamente appisolata
sul bancone in modo scomposto, riprendendo il suo ronfare. Gorou non
poté nascondere il nervo pulsante che, lentamente, si estese
dalla tempia fino alla guancia, facendo rifulgere i suo occhi di un
rosso intenso pronto ad esplodere.
«
KIMIKO, IL CAFFE’! MOLTO LUNGO! » La voce squillante di
Yuurei che intervenne rapidamente, smorzò sul nascere la
paternale brutale da parte dell’uomo-drago che, appena fu
interrotto, si girò di spalle per sfogare la sua ira sui
bicchieri sporchi. Kimiko aprì a fatica le palpebre,
trovandosi davanti il faccino del ragazzo albino, completamente
ignara di quello che stava per accadere poco prima.
«
E tu che ci fai qui? »
«
Ci lavoro, oltre a salvarti la vita. » Rispose secco lui,
poggiando davanti alla ragazza una tazza di caffè «
Succedono già troppe cose strane, ci manca solo che impazzisca
Gorou e mandi a fuoco il locale! »
«
Sarebbe davvero molto figo. » Commentò la bionda,
sorridendo anche se ancora assonnata, mentre prendeva la sua tazza di
caffè. Intenta a sorseggiare l’intruglio, sentì
vibrare la tasca dei suoi jeans. Estrasse il telefono cercando di
focalizzare sullo schermo – un po’ troppo luminoso per i
suoi occhi stanchi- il messaggio appena ricevuto.
Esiste
qualcosa in questa casa che non sia rosa o viola? Che schifo.
Il
sonno venne spazzato via in un lampo, lasciando il posto alla rabbia
che Kimiko impresse con un sonoro pugno sul bancone, facendo
sussultare i presenti. Si rimboccò le maniche e prese a
scrivere velocemente la risposta.
Scusa
se queulla è casa mia! Dovvuresti ringrassiartmi per avertuin
assistit.
Poco
dopo arrivò la risposta con allegata una foto che mostrava
Touya intento a bere da una tazza decorata con motivi floreali. La
sua espressione sembrava quella di un sapientone, incorniciata dagli
occhiali con montatura rosa che Kimiko usava per la lettura.
Oh,
abbiamo una dislessica arrabbiata! Cosa la affligge, signorina?
Kimiko
si morse con forza il labbro inferiore, trattenendo a fatica una
risata isterica. Paonazza in volto, trasse un lungo respiro profondo,
riponendo il cellulare nella tasca.
«
Tutto bene? » Chiese Yuurei, incuriosito dalle sue strane
quanto ambigue espressioni facciali.
«
Benissimo… » Rispose lei a denti stretti con un sorriso
forzato, accompagnato da un tic nervoso all’occhio «
Ricordami dove si trova quel negozio di abbigliamento di cui mi parli
tanto…»
«
Ah! Si trova al centro commerciale di Kiyashi! Lo riconosci subito
perché ha un’insegna rossa e come logo un panda! »
«
Un panda? » Lo fissò perplessa.
«
Sì! E’ un negozio fantastico, tutto a prezzi super
convenienti! Vuoi che ci andiamo assieme? » Iniziò a
scodinzolare con frenesia ed entusiasmo.
«
No, vado da sola. Grazie per l’informazione. » Lasciò
la tazza nel lavabo e, preso lo straccio da sopra il bancone, si
avviò ai tavoli lasciando Yuurei impietrito.
«
Oh, povera creatura… Vuoi un po’ di colla per i cocci
del tuo cuoricino? » Esordì Gorou con tono sarcastico.
«
Non mi aveva mai liquidato così… » Rispose Yuurei
avviandosi a capo chino alle cucine, accompagnato da una nube
negativa che aleggiava sopra di lui.
«
… Giovani… » Commentò Gorou sollevando un
sopracciglio.
§§§
Mizu
era ancora molto scossa dalla scena del crimine, tanto da rimanere
silenziosa e non fare una piega nemmeno quando Hawks la riaccompagnò
a casa nuovamente in volo. Le chiese più volte se stesse bene
e provò a salire fino al suo appartamento, volendo accertarsi
che la donna riposasse a dovere, ma lei non glielo permise.
«
Mi prometti che ti prenderai una pausa? » Chiese infine,
sconsolato per la testardaggine di lei. Mizu asserì col capo.
«
Si, ne ho bisogno. Starò a casa per riprendermi e stasera
cercherò di rimediare a quello che non ho potuto fare
stamattina in ufficio. »
«
Bene, questo mi rassicura. Ti terrò aggiornata su cosa
scoprono in laboratorio.» Hawks fece per riprendere il volo, ma
Mizu lo trattenne per una mano.
«
Volevo solo… dirti grazie. Sei un compagno sorprendentemente
affidabile dietro quella facciata da casanova. » Il ragazzo
rimase molto colpito dalle parole della donna. Sorridendole sincero,
le rispose senza il suo solito tono giocoso.
«
Grazie a te per queste parole. » Le poggiò un bacio
sulla mano e volò via. Mizu, con le gote leggermente arrossate
per quel gesto, lo osservò per un po’ mentre si
allontanava, poi entrò nel suo palazzo e salì fino al
suo appartamento. Lanciò via i tacchi e la borsa, permettendo
in seguito a Kotton di rinfrancarle l'animo, tra coccole e fusa. Per
scrupolo, dopo essersi lasciata andare sul letto, lasciò che
la voce metallica della segreteria riproducesse eventuali messaggi.
Ce n’erano ben tre. Il primo era della sua segretaria, la quale
la avvisava, mortificata, che Enji Todoroki si era presentato in
ufficio prima che lei potesse annullare l’appuntamento e che se
ne era andato abbastanza spazientito. Il secondo iniziò con
una pausa silenziosa, tanto che Mizu credette fosse un messaggio
vuoto, per lo meno finché la voce di Shota non la fece
scattare come una molla, facendola sedere.
…
Ehi…
ho provato a chiamarti. Ho visto le tue telefonate. Qui a scuola è
il caos, fortuna che tra qualche giorno sarà tutto finito.
Comunque, spero che il tuo nuovo collega
ti sia utile nell’indagine. Magari fammi sapere come sta
procedendo.
Senza
preoccuparsi di salutare, il messaggio si concluse così,
lasciando una Mizu confusa a fissare il vuoto. Il suono del terzo
messaggio la riscosse. Endeavor non aveva preso affatto bene
l’appuntamento mancato e aveva chiesto di potersi vedere già
l’indomani, col suo solito tono autoritario e burbero. Decise
che gli avrebbe risposto quella sera, una volta tornata in ufficio.
Riascoltò ancora una volta il messaggio di Shota, ancora
perplessa che l’avesse liquidata così in fretta.
“
E’
già tanto che mi abbia risposto…” Si disse tra
sé, alzandosi per fare un bagno. Sentiva ancora l’odore
di quel massacro tra le narici e sulla pelle. Mentre osservava
l’acqua della vasca accumularsi, rifletté su chi mai
avrebbe potuto compiere una tale atrocità. Un giustiziere,
forse? Non sarebbe stato strano, il fenomeno dei Vigilanti
era
abbastanza comune, specie in alcune zone, per quanto illegali e
considerati alla stregua dei villain dalla legge. Eppure non se ne
era mai visto uno così efferato. Qualsiasi fosse la sua
motivazione, e trattandosi di corruzione e Yakuza, Mizu non poté
che pensare ad una vendetta personale, ma non era certo quello il
modo per ottenere giustizia. Chi se non qualcuno disilluso dal
sistema avrebbe agito in quella maniera, senza contattare Hero e
polizia, preferendo occuparsene da solo? Per un momento, l’immagine
di Kimiko le balenò in mente, lei non aveva mai nascosto il
suo disprezzo per gli Hero e il loro operato. Di certo non poteva
essere coinvolta, si disse Mizu, ma di sicuro potevano essercene
altri che la pensavano in quel modo.
“
Anche
Kimiko si è fatta giustizia da sola in quel vicolo, quella
notte…” Le disse una vocina interiore piuttosto
insistente. L’azzurra scosse il capo, come per cancellare quei
pensieri e si immerse completamente nell’acqua. Lì, in
mezzo al suo elemento naturale, avrebbe potuto rilassarsi al meglio e
più rapidamente, visto che la giornata non era ancora finita.
Angolino
delle autrici
Oggi
non ci dilunghiamo troppo, fateci sapere se la fic vi sta piacendo ^^
I
link delle pagine, come al solito:
LilyShakarian
LadyBarbero
A
lunedì!
Lily&Lady
|
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Capitolo 13 *** Capitolo XII° ***
Kimiko
stava per lasciare il Doragon, ma Gorou richiamò la sua
attenzione, facendo cenno con la mano di avvicinarsi. Dall’ampia
manica del kimono rosso estrasse una busta gialla, come quelle
rilasciate alle poste.
«
La paga di questo mese. »
«
Ah, non ricordavo fosse oggi. » Commentò aprendo la
piega della busta per darci un’occhiata, assicurandosi che le
banconote fossero giuste.
«
Quanta fiducia riponi in me, Kimiko. » Sentenziò
il locandiere incrociando le braccia al petto.
«
Resti sempre un mezzo-drago e so bene quanto tu sia attaccato ai
soldi. », ridacchiò sistemando la busta nella tasca
interna del suo giubbotto « Allora vado, ci si vede
domani. »
«
Appena è possibile vorrei scambiare qualche parola con te, in
privato, ovviamente. » La bionda esitò ad aprire
la porta d’ingresso del locale.
«
Mi hai preceduta, stavo pensando la stessa cosa. Però, più
che scambiare parole, avrei davvero tante, forse troppe, domande da
porti, caro Gorou. » Notò benissimo il
sopracciglio di lui che si inarcava sospettoso delle sue parole.
«
Oh, è da tanto che non ricevo domande da parte tua. Spero di
riuscire a darti delle risposte. »
«
Lo farai, eccome se lo fai. » Gli dedicò un sorriso
prima di varcare la porta e chiudersela alle spalle.
Anche
con il brusco arrivo di Touya nella sua nuova vita, i dubbi non erano
assolutamente cessati, soprattutto dopo le rivelazione di quella
notte. Mentre avanzava per le strade affollate, diretta al centro
commerciale di Kiyashi, rimuginava sull’accaduto. Venne presa
alla sprovvista, sussultando di soprassalto, quando un grido
improvviso la destò dai suoi pensieri. Voltandosi vide una
donna rannicchiata su stessa che indicava a degli agenti di polizia
un criminale in fuga con la sua borsetta. Mettendosi sulle punte dei
piedi, scorse tra le varie capigliature una massa verde gelatinosa
che lasciava cadere varie banconote al suo passaggio durante la sua
fuga. Le arrivò alle orecchie qualche commento dei passanti.
«
Deve essere lo stesso Villain che ha svaligiato la banca. »
«
Mi chiedo dove siano gli Hero. »
Sorrise
a quelle parole e scrollò le spalle, riprendendo il suo
tragitto come nulla fosse. Quando giunse al centro commerciale ne
rimase disorientata solo dall’impatto visivo. Una moltitudine
di negozi invadeva anche i piani superiori di quello stabile, oltre
il caos di voci delle tante persone. Deglutì con forza
della saliva in eccesso, scuotendo il capo prima di rimettersi in
marcia.
«
Dove lo trovo un negozio con un’insegna rossa e il logo di un
panda? » sorrise forzata mentre faceva scorrere le sguardo sui
vari negozi a schiera. Dopo aver schivato dei commessi troppo
invadenti, che cercavano di rifilarle oggetti strani a prezzi super
scontati, driblando poi dei ragazzini in corsa che presi dal gioco
ignoravano ogni cosa gli si parava davanti, arrivò finalmente
alla sua meta. Trattenne una risata quando posò gli occhi sul
quel logo che raffigurava quello che sembrava un panda: a lei le
ricordava una creatura mutante uscita dal peggiore dei fumetti.
Varcato l’ingresso potè notare quanto l’apparenza
ingannasse. L’interno era davvero super ordinato, con nuove
collezioni di abbigliamento davvero bellissime e all’ultima
moda. Ancora più interessati i prezzi che leggeva curiosa ogni
volta che girava le etichette.
«
Posso esserle d’aiuto? » Si voltò subito verso la
donna, grattandosi la nuca imbarazzata.
«
Ecco… mh… dovrei prendere alcune cose per un amico. »
«
Deve fare un regalo? » Non ricambiò il sorriso di
quella commessa così gentile, anzi.
«
Assolutamente no. Vorrei solo evitare che, dopo aver usufruito di
tazze, occhiali e chissà cos’altro, indossasse anche i
miei vestiti. »
«
Prego? » La commessa la fissò confusa e con lieve
disagio.
«
Lasci stare. » Agitò le mani davanti a sé. «
Mi servono magliette, pantaloni, scarpe, magari qualche felpa e…
» Deglutì con forza, senza guardare negli occhi la
commessa.
«
E? » Inclinò appena il capo verso la ragazza che
con frenesia si staccava le pellicine dal labbro inferiore
leggermente rossa in volto.
«
e… del… » Incrociò le braccia,
massaggiandole con le mani in evidente disagio « …Intimo…
» Detto ciò si avviò senza aspettare risposta a
controllare delle felpe, lasciando la commessa perplessa.
Sotto
gli occhi divertiti dei presenti, Kimiko camminava diretta all’uscita
del centro commerciale. Uscì dal negozio con ben sette buste,
tutte stracolme di indumenti. Fissandosi i le scarpe, cercava
di ignorare gli sguardi su di sé, completamente paonazza in
volto.
“
Non
riuscivo a smettere! E’ forse questo il tanto citato shopping
compulsivo?! ”
Pensò
tra sé sospirando con disagio. Non le sembrò vero
quando, giunta alla fermata, il bus arrivò dopo pochi minuti,
almeno avrebbe evitato altri sguardi oltre alla lunga camminata fino
al suo appartamento. Sistemò le buste sul posto libero accanto
a lei, traendo un lungo respiro profondo mentre si accasciava contro
il vetro del finestrino. Stava per appisolarsi per l’ennesima
volta, i movimenti dei bus erano come una dolce culla impossibile da
ignorare. Ma proprio in quel momento di completa beatitudine il suo
cellulare iniziò a vibrare insistentemente. Lo estrasse
sbuffando rumorosamente, maggiormente quando lesse il nome di Touya
sul display.
«
Che hai combinato? » Rispose con tono stizzito, pronta a
ricevere le peggiori notizie, tipo la cucina andata a fuoco.
«
Ehi, ciao! La fiducia l’abbiamo gettata nel cesso con una bella
tirata di sciacquone? »
«
Sei il secondo che mi fa presente della poca fiducia! » Sorrise
divertita « Allora? E’ successo qualcosa? »
«
Nulla, volevo solo sapere dov’eri finita. » Scostò
un attimo l’apparecchio per controllare l’ora «
Dovevi essere a casa tipo… due ore fa? In che guaio ti sei
cacciata stavolta? »
«
Ah, anche tu non trabocchi di fiducia, a quanto sento! »
Sghignazzò, volgendo lo sguardo fuori dal finestrino «
Comunque arriverò a breve. Non dovrei metterci molto col bus.
»
«
Ottimo. Pensavo che questo ritardo dipendesse da uno scontro
ravvicinato con il simbolo della pace. »
«
In che senso? » Chiese incuriosita.
«
Stanno trasmettendo l’impresa eroica avvenuta oggi di All Might
in tv… ha salvato un ragazzino delle medie preso in ostaggio
da un villain melmoso. Pensavo fossi tu! » Ridacchiò,
inclinando il capo verso la tv.
«
Ah… quindi alla fine l’hanno preso. » Alzò
lo sguardo in su ripensando allo strano essere in fuga « Stai
sereno, se ci fossi stata io al posto di quel villain non sarebbe
finita così tranquillamente. »
«
Uhh… che presuntuosa. Uno dei tanti difetti che ti sono
rimasti, Kim. » Rise nuovamente, coinvolgendo anche la
ragazza, che scosse la testa.
«
Dai, credo che manchino altre due fermate e arrivo. »
«
Ok. »
Chiuse
la chiamata, poggiando la testa contro il finestrino.
“
Ci
mancava solo il ritorno sul campo di quello stronzo di All
Might…”
Pensò
tra se lasciando il suo posto per poi pigiare il tasto del bus e
prenotare la sua fermata.
§§§
L’
incontro con Endeavor l’aveva lasciata pensierosa. L’Hero
non aveva fatto altro che parlare di suo figlio Shoto e del fatto che
presto sarebbe entrato alla U.A. e avrebbe dimostrato di essere il
prossimo Eroe
Numero Uno.
E lei aveva reagito, forse anche troppo.
Flashback
«
Insomma Enji-san, mi potrebbe spiegare quest’ossessione del
titolo di Eroe Numero Uno? »
«
Cosa ne può capire una ragazzetta come te? » Rispose
duro, schioccando la lingua. Un nervo sulla tempia di Mizu cominciò
a pulsare.
«
Forse ho sentito male, signor Endeavor, ma ho come l’impressione
che lei mi abbia appena insultata.» Prese il silenzio dell’uomo
come una conferma. « Sa ha proprio ragione, io sono solo una
semplice e povera illusa che crede ancora che la principale
preoccupazione di un Hero debba essere l’aiutare gli altri, non
una stupida classifica! »
A
quelle parole Enji si alzò di scatto, rovesciando la sedia e
infiammandosi. Aveva i denti digrignati e i pugni serrati, ma Mizu
non si scompose. Prima che lui potesse parlare, si alzò
composta e lenta. I suoi occhi cerulei divennero freddi e della
tonalità delle profondità marine. I suoi capelli si
sollevarono, mentre un mulinello iniziò a vorticarle addosso.
«
Devo forse ricordarle ancora una volta dove si trova, Enji-san?
Stavolta farò in modo che non se ne dimentichi. » Il
mulinello d’acqua schizzò via serpentino verso il suo
paziente, finché non lo avvolse completamente, spegnendo le
sue fiamme e bagnandolo completamente. « Magari la aiuterà
anche a ricordare chi ha davanti.» Il serpente d’acqua
risollevò la sedia e tornò verso Mizu, portando via con
sé ogni residuo d’acqua. Enji fissò la donna con
sgomento per qualche secondo, poi abbassò lo sguardo e riprese
posto a sedere.
«
Avevo quasi scordato che sei la figlia di quel bastardo di Ocean. »
«
Per quanto le fiamme possano bruciare, l’acqua le spegnerà
sempre. » Rispose pacata, tornando anche lei a sedere.
Fine
flashback
Il
resto della seduta era proseguito tranquillo, ma ancora non capiva
perché Endeavor fosse così ossessionato da quel titolo.
Era quasi riuscita a farlo sbottonare sul figlio, o più in
generale sui suoi figli e sulla moglie, ma poi l’uomo si era
nuovamente rinchiuso in se stesso e non aveva più parlato. Un
po’ si pentiva di aver esagerato, forse si era spinta troppo
oltre il livello professionale, ma da una parte era lieta di averlo
fatto, il suo ruolo non doveva permetterle di farsi mancare di
rispetto. Mentre lasciava l’edificio del P.E.S.E.E., il
telefono le squillò per un messaggio di Hawks.
“Ehi
Doc, spero tu stia meglio. Birretta al Doragon per finire questa
giornata?”
Prima
che potesse rispondergli, gliene arrivò un altro, stavolta di
Aizawa.
“Prima
ed unica serata libera, prima degli esami.”
Non
c’era nessuna domanda o invito, ma già il farglielo
sapere, implicava che la volesse vedere.
«
Beh, ragazzi, sapete che c’è? Oggi non ci sono per
nessuno.» Spense il telefono, senza rispondere ai
messaggi e andò a casa, ma giusto il tempo per cambiarsi e
indossare la sua tenuta da Hero. Non Mizu, non la dottoressa
Shuzenji, ma nei panni di Healing Water si mise a pattugliare le
strade. Alcuni, pur non conoscendola ma credendola una Pro Hero
esordiente, la fermarono per delle foto. Lei, seppur un po’
imbarazzata, acconsentì. Non era per quello che era entrata in
azione, ma di certo non avrebbe negato quel gesto ai civili.
Pattugliò le strade in notturna, ma si rivelò una
serata piuttosto tranquilla, almeno finché non alzò gli
occhi al cielo e vide del fumo in direzione dell’isola
artificiale di Odaiba. Cavalcando un getto d’acqua, si mosse
velocemente verso la zona, fermandosi sulla spiaggia.
«
Signori, state calmi… » Esordì vedendo le facce
in apprensione dei presenti.
«
...qualcuno potrebbe gentilmente spiegarmi cos’è
successo? »
«
Dei villain hanno preso in ostaggio i passeggeri di quel traghetto e
poi hanno attaccato una delle colonne del ponte!» Le
rispose un uomo, spaventato. « Ci sono famiglie lì
sopra, bambini! »
«
Per non parlare del ponte, si stanno organizzando per far esplodere
anche l’altra colonna… crollerà con tutti quelli
che ci sono sopra! »
«
Se solo ci fossero All Might e Ocean… » Mizu al nome di
suo padre tentennò mezzo secondo, poi si riprese. “
D’accordo, stasera volevo distrarmi, ma questo mi pare un po’
eccessivo…” Si disse, prima di dare disposizioni ai
presenti.
«
Chiamate gli Hero, io cercherò di prendere tempo!»
Affermò prima di gettarsi in acqua. Come se la sua velocità
si fosse decuplicata, sfruttando la pressione dell’acqua
generata dalle mani, Mizu raggiunse il battello quasi all’istante.
Emerse solo con la parte superiore della testa, cercando di
localizzare i villain mentre restava nascosta. Ne contò almeno
cinque, di cui due impegnati alla colonna, probabilmente intenti a
generare un esplosivo coi loro quirk, mentre gli altri facevano la
guardia agli ostaggi. Uno era a poppa, armato, che si guardava
attorno. Mizu manipolò l’acqua per sollevarsi
all’altezza del battello e rinchiuse il villain in una bolla
d’acqua. Le sue urla vennero ovattate, così svenne prima
che gli altri potessero accorgersi di qualcosa.
«
Fuori uno. »
Sgusciò
silenziosa lungo la parte destra dell’imbarcazione, finché
non raggiunse il ponte. Restando nascosta, notò gli ostaggi
riuniti al centro mentre i due villain erano sui bordi. Quello dalla
sua parte si ritrovò risucchiato da una colonna d’acqua,
che lo scaraventò in mare, lontano. L’altro, allertato
dalla scena, cominciò a guardarsi attorno. Aveva delle
sporgenze sulle braccia, come artigli, e una coda longilinea.
«
Brutta stronza! » Le urlò contro, con la sua voce
gracchiante, attirando anche l’attenzione dei due impegnati
sulla colonna. Mizu schioccò la lingua, innervosita, e si parò
davanti agli ostaggi, la sua priorità era proteggerli.
L’umanoide le si scagliò addosso, ma Mizu lo scaraventò
al bordo con un idro-getto potente, facendogli perdere i sensi. Nel
frattempo gli altri due riuscirono ad attivare l’esplosione,
sotto lo sguardo atterrito di Mizu che avvolse tutti gli ostaggi e se
stessa in un enorme sfera d’acqua, per proteggerli
dall’impatto. L’onda d’urto tentò di
spazzarli via, ma Healing Water, con non poco sforzo, mantenne salde
le difese. Al contrario, i due villain furono lanciati via in mare,
feriti o forse morti, la loro vita per loro valeva meno di quel
gesto.
Mizu,
per lo sforzo, sarebbe volentieri crollata a terra ma non era quello
il momento di prendersi una pausa. Mentre i civili si chiedevano
perplessi come potessero respirare dentro la sfera d’acqua,
ignari che fosse proprio Mizu a permetterglielo, osservarono la Hero
poggiarli in mare, più lontano possibile, mentre con sforzo
immane, raccolse l’acqua del mare, manipolandola per sostituire
la colonna del ponte distrutta.
«
Fate presto, dannazione... » Emise a denti stretti e con gli
occhi a fessura puntati sulla colonna d’acqua. Resistette
finché ogni muscolo non le dolse all’inverosimile, poi,
finalmente, la figura di All Might atterrò sul ponte assieme a
Cementos, che si mise immediatamente all’opera per ripristinare
le colonne mancanti. Mizu crollò in un abbraccio di piume,
senza nemmeno rendersi conto che Hawks era lì a sorreggerla.
«
Sei stata grandiosa, Doc… » Le sussurrò alzandosi
in volo, per portarla sulla spiaggia. Mizu però riprese i
sensi e dopo i secondi che impiegò per capire cosa stesse
succedendo, si fece lasciare sul bagnasciuga. Lì, con le
ultime forze, mise le mani in acqua e creò un’onda
gentile che riportò tutti gli ostaggi incolumi a riva, ma
anche i villain finiti in acqua. Hawks la sollevò,
permettendole di riposarsi, mentre All Might si occupò di
consegnare i restanti villain agli agenti accorsi sul posto, poi gli
Hero furono sommersi dai giornalisti.
«
Cosa volevano questi villain? »
«
Ci sono state vittime? »
«
Chi è questa Heroine? »
Il
simbolo della speranza offrì alle telecamere un gran sorriso
rassicurante.
«
Non sappiamo cosa avessero intenzione di fare questi villain o cosa
volessero ottenere con questo gesto. L’importante è che
non ci siano riusciti, anche stavolta la giustizia ha fatto il suo
corso. Non ci sono state vittime, né sul ponte né sul
battello, grazie al tempestivo intervento di questa Pro Hero. »
«
Il suo nome è Healing Water. » Aggiunse Hawks.
«
E’ una nuova Hero? » Continuarono i reporter.
«
No, ha sempre aiutato noi Hero ad affrontare la nostra oscurità,
ma era ora che tornasse a brillare di luce propria. » Con
quest’ultima frase enigmatica, Hawks spiegò le ali e
portò via Mizu, lasciando i giornalisti ad osservarli volare
lontano.
Intanto
alla U.A. stavano per terminare i preparativi della giornata, in
sottofondo la televisione trasmetteva le notizie. Hizashi, che aveva
già finito la sua parte, sedeva al contrario su una sedia,
mentre sorseggiava una birra da una lattina e osservava lo scorrere
delle immagini. Il suo tossire improvviso, richiamò
l’attenzione di Aizawa, anche lui finalmente libero dai suoi
impegni e pronto a rientrare a casa.
«
Tutto bene? » Chiese all’amico, dandogli delle pacche
sulla schiena.
«
Quella non è Mizu-dear?
»
Chiese dopo aver deglutito, indicano la televisione. Shota sgranò
gli occhi e li puntò sul televisore. Anche Umi, lì nei
paraggi, sentito il nome della sorella, accorse a vedere preoccupata.
La voce di All Migh stava spiegando l’accaduto e
tranquillizzando i presenti e i telespettatori, ma Aizawa non lo
stava ascoltando. I suoi occhi erano atterriti e fissi sul corpo di
Mizu, tenuta in braccio da Hawks. Rimase a fissare il televisore
anche dopo che lo vide portarla via in volo, con espressione vuota.
Hizashi intanto si era girato da Umi e le aveva poggiato una mano
sulla spalla.
«
Sono certo che Mizu-dear
stia
bene. » Poi si rivolse all’amico. « Shota. Vai. »
Aizawa
si riscosse a quelle parole e corse velocemente fuori dall’edificio,
verso casa di Mizu. Sperò vivamente che l’Hero l’avesse
portata lì. Arrivato al palazzo, salì rapidamente le
scale fino all’appartamento di Mizu e pregò che la donna
non avesse cambiato il posto segreto dove teneva la chiave di
riserva. Per sua fortuna, la trovò esattamente dove ricordava,
così aprì la porta e poi chiamò Mizu a gran
voce. Non rispose nessuno ma le luci erano accese. Fece per
incamminarsi verso la sua camera da letto, ma proprio da quella porta
emerse la figura di Hawks. I due si squadrarono qualche secondo,
cercando di capire reciprocamente se l’altro fosse una
minaccia, poi Shota superò Hawks incurante ed entrò
nella stanza. Vide Mizu a letto, ancora con la suit da Hero, il suo
petto che si alzava e abbassava regolarmente lo fece sospirare di
sollievo. La raggiunse e le scostò i capelli dal viso, nel
momento in cui anche Hawks rientrò nella stanza.
«
Come sta? » Chiese grave Aizawa.
«
E’ forte ma si è sforzata parecchio, ha bisogno di
riposo. » Hawks si avvicinò e gli tese la mano, con fare
cordiale. « Suppongo che le presentazioni siano d’obbligo.
»
«
Ti conosco. »
«
Bene, ma temo di non poter dire lo stesso. »
«
Eraserhead. » Shota si decise a ricambiare il gesto e a
stringere la mano di Hawks.
«
Ah, quindi sei tu! Anche io ho sentito parlare di te. E se non
sbaglio sei anche il precedente partner di Mizu. »
«
Già… » Aizawa tornò ad osservare la donna,
senza preoccuparsi di nascondere il suo cipiglio preoccupato. «
Senti, adesso puoi andare. Resto io con lei. Immagino che con lei a
terra, tu abbia il doppio del lavoro da sbrigare. »
Hawks
sorrise per quel malcelato tentativo di liberarsi di lui
cortesemente, ma acconsentì. Se Eraserhead era corso
immediatamente da Mizu dopo aver saputo cosa le era successo, doveva
avere i suoi motivi e iniziava a sospettare quali fossero. Avevano
sicuramente a che fare col fatto che fosse entrato a casa di lei
senza sfondare la porta, ma con le chiavi.
«
Però non capisco perché non si sia curata da sola. »
Chiese più a se stesso, come pensando a voce alta.
«
Il suo quirk le permette di curare gli altri, ma non se stessa. »
Rispose Shota, senza guardarlo, mentre teneva una mano di Mizu tra le
sue. A quel punto Hawks si sentì veramente di troppo.
«
Vado, sono certo sia in ottime mani. »
«
Le farò sapere che sei stato tu a riportarla a casa. »
“
Beh
per lo meno gioca pulito” Pensò Hawks sorridendo, mentre
usciva dalla finestra. Dopo che l’ospite se ne fu andato,
Aizawa sfilò la Hero suit a Mizu per poi farle indossare il
pigiama e metterla sotto le coperte. Si stese affianco a lei,
osservando il suo petto sollevarsi regolare, poi la fece girare su un
fianco e la strinse tra le braccia, prendendo poi sonno a sua volta.
Angolino
delle autrici
Scusate
il ritardo di oggi! Settimana prossima non ci sarà un nuovo
capitolo!
Ci
risentiamo tra due settimane!
Lily&Lady
|
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Capitolo 14 *** Capitolo XIII° ***
Quel
giorno dal Doragon staccò nel tardo pomeriggio. Dalle sei del
mattino non si era fermata un secondo e se solo ci avesse provato,
Gorou sarebbe comparso come per magia al suo fianco, dandole altre
mansioni per “tenersi occupata”. Certo, come se non lo
fosse, soprattutto in quel periodo. Anche se la convivenza con Touya
era cominciata da poco, non la si poteva descrivere come una
passeggiata. La presenza del ragazzo la faceva sentire a disagio,
cosa abbastanza strana per lei visto tutto ciò che aveva
fatto. Ogni volta che lui le rivolgeva la parola, avvertiva una
strana irrequietezza, oltre quella sensazione fastidiosa di ricevere
più volte dei pugni allo stomaco. Anche sostenere lo sguardo
con lui era un’impresa davvero ardua, il contatto visivo tra
loro si poteva cronometrare.
“Si
chiamano sensi di colpa, cara mia.”
Ripeteva
quella vocina interiore e non mentiva. Sparire per tutti quegli anni,
lasciando credere a quello che un tempo era il tuo migliore amico,
confidente e fratello
che
praticamente eri già polvere, non era stata una mossa proprio
perfetta. E’ vero, la sua testa era davvero una matassa
incasinata, con solo stampato l’obiettivo del suicidio, ma
visto che le cose adesso erano cambiate, poteva dedicare qualche
minuto a pensare al suo passato e ogni volta che assemblava quel suo
puzzle di ricordi immaginario, si leggeva una sola parola: Egoista.
E
questo egoismo non si placava, visto che ogni volta che lui provava
ad aprire il discorso “spiegazioni”, lei trovava sempre
il modo di sorvolare la questione. Non sarebbe stato il massimo per
lei ammettere gli errori e dare ragione a lui, troppo difficile.
Appena
giunse al suo appartamento si soffermò davanti alla porta,
facendo un bel respiro profondo così da accantonare nuovamente
quei pensieri e finalmente varcare l’entrata.
Mai
l’avesse fatto.
Il
cordiale “sono
a casa”
morì
in un respiro davanti alla scena che si trovò davanti. Il
tavolo era ricolmo di barattoli di soba vuoti e altrettanti dentro il
lavandino che facevano capolino formando una torre. Cartacce varie
abbandonate su più punti della mobilia, compreso il pavimento,
e varie magliette lasciate sulle sedie e sul divano. E proprio su
quest’ultimo l’artefice di tutto ciò se ne stava
comodamente sdraiato come un pascià, in attesa che le sue
schiave gli imboccassero gli acini della più succulenta uva.
Ancora sull’uscio della porta, Kimiko strinse il pomello così
forte da riprodurre degli strani rumori scricchiolanti. Touya,
avvertita finalmente la sua presenza, spostò il capo
fissandola con sorriso solare, innescando il pulsare del nervo sulla
tempia della ragazza.
«
Bentornata Kim… devi aver avuto molto da fare. »
Lei
neanche rispose. Tenne fisso lo sguardo omicida su di lui mentre
chiudeva lentamente la porta, facendo scattare la serratura con più
mandate. Continuando a mantenere gli occhi su di lui - con un’
inquietante espressione da pazza- si sfilò via la giacca di
pelle, tardando un po’ ad appenderla visto che, non guardando
cosa stava facendo, non riuscí a prendere il gancio
dell’appendiabiti al primo colpo.
Lui
serrò le labbra ed assottigliò lo sguardo confuso,
chiedendosi di quale strana sostanza si fosse fatta la ragazza.
Intanto Kimiko si avvicinò lentamente al divano, con strani
tic nervosi che le provocavano spasmi muscolari ad ogni passo. Touya
si mise seduto per lasciarle spazio e lei non perse tempo per
prendere posto vicino a lui. Poggiate le mani sulle ginocchia
continuò a fissarlo, inclinando appena il capo sulla spalla e
tirando leggermente il lato del labbro per provare un accenno di
sorriso. Touya sospirò profondamente cercando in tutti i modi
di fissarla serio, ma l’espressione di lei gli provocò
uno strano senso di ansia. Quell’espressione l’aveva già
vista in alcuni componenti della sua famiglia e non si poteva
associare assolutamente alla tranquillità. Si schiarì
la voce, facendo un cenno col capo per indicare alla ragazza la tv.
«
Hai sentito le imprese della tua amica? »
«
Chi sarebbe la mia amica? » Chiese facendo l’ingenua,
sbattendo le lunghe ciglia, pronta ad esplodere da un momento
all’altro. Lui deglutì, allungando il braccio per
prendere il telecomando dal tavolino. Con uno scatto, Kimiko gli
afferrò il polso iniziando a stringerlo lentamente.
«
Lasciala pure accesa… »
«
Kim… le tue unghiette stanno trapassando lo strato di pelle
bruciata… »
«
Davvero? Non dirmi che sei preoccupato? Da quello che ho visto le
mani non ti servono… » Indicò con l’altra
mano il mucchio di spazzatura.
«
Beh… ho pensato che lavorando in un bar, ti piacesse pulire…
» Sorrise sarcastico, ma ciò fece stringere di più
la presa attorno al suo polso.
«
Adesso vado a farmi una doccia e tu, da bravo ragazzo che soggiorni a
sbaffo in casa mia, rimetti tutto in ordine… ok? »
Sorrise solare, tirandolo appena.
«
Potrei… magari quando metti a posto il casino che tu hai
lasciato per anni nella mia vita, no? » Il sarcasmo si spense
in un’istante, lasciando posto alla serietà che ne
valorizzava di più il suo sguardo penetrante. Kimiko serrò
i denti, sollevando appena il labbro superiore in una smorfia
disgustata e con un gesto secco gli lasciò il polso. Fece per
alzarsi, ma questa volta fu il ragazzo a trattenerla per non farla
scappare come le altre volte.
«
Touya… lasciami. Usa questa forza per sistemare la casa che ti
accoglie…»
«
Quando tu smetterai di scappare dalle cose più serie che ci
riguardano…»
«
Ci? Sei tu che ti stai mettendo il problema. Ormai è passato,
si va avanti. »
«
Come scusa? Parli proprio tu che per una cazzo di vendetta hai
mandato a puttane tutto?! Vedo che tua madre non è tornata
comunque in vita, ops! » Gli occhi di lei iniziarono a
rifulgere in una tonalità più intensa, mentre lui
sorrideva con aria beffarda, sapendo di aver toccato il tasto giusto.
«
Non provare a nominarla…»
«
Altrimenti che fai? Mi uccidi? Ah, giusto! Meglio prendere la strada
più facile. Eliminato il problema la signorina espia le sue
colpe! » Le lasciò il braccio, così da poter
applaudire. « Che brava! Ne ho conosciuto una simile a te, solo
che lei ha preferito la strada della pazzia così da farsi
rinchiudere lontano dai problemi… Proprio delle grandi donne
dalle grandi responsabilità! »
No,
Kimiko non gli permise di finire il tutto con un sorriso o con un
nuovo applauso. Concluse il tutto con un forte e sonoro schiaffo
contro la sua guancia che gli fece voltare il capo. Rimase in
silenzio a guardarlo per un po’, osservando sgorgare dei rivoli
di sangue da alcuni punti metallici.
«
Sarò pure una stronza ed egoista del cazzo… »
Disse a denti stretti. « Ma tu fai proprio schifo… »
Lo
superò dandogli una leggera spallata, dirigendosi verso la
camera da letto per lasciarlo da solo in quel silenzio che proprio
lui, questa volta, aveva creato.
“Così
non mi stai aiutando affatto.” Pensò tra sé
mentre chiudeva a chiave la porta. Nemmeno perse tempo a togliersi
scarpe e vestiti. Si lasciò cadere sul morbido materasso,
sospirando profondamente mentre chiudeva le palpebre. Non avvertí
nessun rumore particolare dall’altra stanza, tranne quello
delle trasmissioni tv. Inspirò profondamente sistemandosi di
fianco sperando, mentre chiudeva lentamente gli occhi assonnati, che
se ne fosse andato.
§§§
Mizu
si risvegliò con una sensazione di piacevole tepore. Dopo aver
sbattuto le palpebre un paio di volte, si guardò attorno. Con
la pallida luce dell’alba che iniziava già a filtrare
dalle tende, riuscì a distinguere la figura che le riposava
accanto, con un braccio attorno a lei. Osservò il volto di
Shota e notò quanto anche lui avesse bisogno di riposo, il
lavoro alla U.A. lo stava davvero sfinendo. Gli spostò una
ciocca dal viso, senza sapere che lui avesse fatto lo stesso con lei
la notte prima, e tentò di alzarsi senza svegliarlo. Oltre a
domandarsi come mai lui fosse lì, guardandosi allo specchio si
rese anche conto di non aver più indosso i suoi abiti da Hero,
forse era stato proprio Shota a cambiarglieli. Raggiunse la cucina e
iniziò a preparare del caffè e delle uova per
colazione. Poco dopo, mentre era di spalle, la voce bassa di Shota la
fece sobbalzare.
«
Come stai? » Le chiese, raggiungendola.
«
Bene. Ieri non mi hanno ferita, ero solo sfinita. Era tanto, troppo,
che non agivo sul campo. » Versò il caffè caldo
in due tazze, poi ne porse una all’uomo. « Non ero più
abituata, sto perdendo colpi, dovrei riprendere ad allenarmi. »
Spense il fornello e servì le uova nei piatti, aggiungendo
qualche fetta di pane. « Come mai sei qui? » Gli chiese
poi, iniziando a mangiare.
«
Ho visto il notiziario ieri, dovresti chiamare tua sorella, anche lei
si è presa un bello spavento. »
«
Si, capisco, ma perché tu sei qui? »
«
Pensavo ti fosse successo qualcosa. » Si grattò
nervosamente la nuca.
«
Insomma, non riesci a dirlo, ma ti sei preoccupato. Ho capito. »
Kotton si strusciò alle gambe di Shota facendo le fusa, poi
saltò sul tavolo e iniziò a miagolare. Mizu gli fece un
grattino, prima di farlo scendere e aprirgli una scatoletta di cibo.
«
Senti, Mizu… » Iniziò Aizawa, ma lei lo fermò.
«
No, aspetta, Shota. Vorrei prima dire qualcosa io. » Prese un
lungo respiro e lo guardò negli occhi. « So quello che
ho detto, che ti avrei fatto capire cos’hai perso e tutte
quelle baggianate mentre cercavo di essere forte e non perdere quel
poco di dignità che mi era rimasta. In queste settimane che
sei sparito, ho capito che, per quanto io ci provi, non serve a
niente. E’ evidente che non proviamo le stesse cose, mi stavo
solo imponendo in maniera sciocca e immatura su di te. » Gli
sorrise, in modo tranquillo. « E’ finita e devo lasciarti
andare, passare oltre. Restare buoni amici e colleghi, senza
risentimenti o strascichi di sentimenti passati. »
«
Il fatto che io mi sia fiondato qui quindi non significa niente? »
Mizu sobbalzò, Aizawa aveva alzato la voce, palesemente
spazientito.
«
Cosa devo dirti, Shota? Non li capisco i tuoi segnali! Facciamo
l’amore ma mi sbatti in faccia che non vuoi una relazione con
me. Mi eviti, poi corri al mio capezzale. Non ci capisco più
niente! E sono stanca di aspettarti, davvero. »
«
C’entra per caso Hawks? » Il tono di Eraserhed si fece
più pungente e il suo sguardo si assottigliò. Mizu lo
guardò, allibita.
«
Cosa?! No! Adesso sei davvero infantile! Perché stai mettendo
in mezzo lui, quando il problema sei tu!» Entrambi non si erano
resi conto di essersi alzati in piedi e di starsi urlando contro.
Mizu prese in braccio Kotton e si diresse all’ingresso, dove
aprì la porta. « Grazie per essere passato e per esserti
preoccupato, ma penso che tu debba schiarirti un po’ le idee,
Shota. Ci sentiamo. » Aizawa guardò Mizu sbigottito, lo
stava davvero cacciando. Raccolse le sue cose e se ne andò in
silenzio. Dopo che fu uscito e la porta fu chiusa, entrambi si
accasciarono sui rispettivi lati sulla porta. Dopo qualche minuto,
Shota si alzò e andò via, mentre Mizu rimase lì
a terra, con Kotton tra le braccia.
«
Perché deve sempre andare così, Kotton? Io lo so che
noi siamo diversi, siamo meglio di così, perché
continuiamo a ferirci? » Il micio fissò la padrona con i
suoi enormi occhi verdi, confuso. Il suono del telefono la costrinse
ad alzarsi per rispondere.
«
Healing Water. » Emise con tono basso e roco.
«
Ehi, Doc. Non dirmi che dormivi ancora e ti ho svegliata! » La
voce di Hawks risuonò squillante come sempre, ma un po’
offuscata dal vento.
«
No tranquillo, ero sveglia. Sei in volo? »
«
Si, sto giusto andando al laboratorio delle analisi. Ho avvisato di
contattare me, visto lo stato catatonico in cui ti ho lasciata nel
tuo letto ieri. »
«
Sorvolerò su questo doppio senso… cosa intendi? Sei
stato tu a riportarmi a casa? »
«
In carne, ossa e piume. Eraserhead non te l’ha detto? »
«
Stavamo discutendo di altre faccende e... deve averlo scordato. »
«
Immagino… » Disse, malizioso.
«
Puoi anche smetterla di immaginarti cosa sia successo, abbiamo solo
litigato alla grande. »
«
Come mai? »
«
Non mi va di parlarne… Piuttosto, verresti a prendermi? Vorrei
venire al laboratorio insieme a te. »
«
Dammi cinque minuti. »
Chiusero
la chiamata e lei iniziò a prepararsi, finché poco dopo
non sentì bussare alla finestra.
«
Non potresti usare anche tu la porta, come le persone normali? »
Lo ammonì, scocciata, riavvolgendosi in fretta nella
vestaglia.
«
Ma io non sono normale come gli altri » Sentenziò,
sicuro di sé per poi ridere di gusto quando Mizu alzò
gli occhi al cielo.
«
Aspettami qui, faccio in fretta. » La donna fece per andarsene,
ma poi fu colta da un’illuminazione. « Aspetta! Sei stato
tu o Shota a cambiarmi i vestiti stanotte?? »
«
Temo sia stato lui, per sua fortuna. Possiamo rimediare se ti aiuto a
rivestirti ora. » La squadrò con un finto fare famelico
e Mizu, paonazza per la rabbia e l’imbarazzo, gli lanciò
una ciabatta, mancandolo miseramente. « Troppo lenta, Doc. »
Mizu si allontanò verso il bagno, tra le risa dell’Hero
che echeggiavano persino nel corridoio. Guardò il suo riflesso
nello specchio della doccia, era ancora rossa per la vergogna.
“
Ah
e quindi Shota si immagina le cose eh? Ma per piacere, ammetti almeno
con te stessa che sei intrigata da Hawks!” Si immerse sotto il
getto dell’acqua, ma non la aiutò a calmarsi. Dopo una
doccia rapida, si vestì velocemente e si legò i capelli
in una coda alta.
«
Pronta. » Confermò rientrando in stanza e trovandosi una
scena piuttosto insolita: Hawks cercava di accarezzare il gatto ma
Kotton gli soffiava.
«
Al tuo micio non piaccio. »
«
Ho l’impressione che preferirebbe darti la caccia, sei un
uccello dopotutto. »
Mizu
salutò Kotton, consigliando ad Hawks di non fare lo stesso,
poi si lasciò prendere in braccio e partirono in volo alla
volta del laboratorio. L’Hero si accorse subito che la
dottoressa era più nervosa del solito.
«
Hai qualche idea su cosa ci diranno? » Le chiese per allentare
un po’ la tensione.
«
No… nessuna. » La vide arrossire e distogliere
immediatamente lo sguardo.
«
Che c’è, Doc? Non è mica la prima volta che voli
tra le mie braccia. » Le fece, sornione. « O e la mia
estrema
vicinanza
a farti questo effetto? »
«
Ci provi proprio gusto a mattermi a disagio, vero? »
«
Solo un pochino. » Ammise lui, ammiccante. Mizu lasciò
perdere, arrendendosi divertita, poi cambiò discorso.
«
Comunque grazie per ieri, sono un po’ arrugginita. »
«
Se hai bisogno di qualcuno con cui allenarti, devi solo chiedere. La
mia agenzia sarà ben lieta di accoglierti.» Mizu gli
sorrise sinceramente per quell’offerta.
Atterrarono
davanti al laboratorio e quando entrarono, scoprirono che il
detective Tsukauchi era già lì da qualche minuto e li
stavano aspettando.
«
Ah dottoressa, non pensavo sarebbe venuta anche lei. »
«
In quest’indagine ci sono dentro fino al collo anche io, non
potevo mancare. Ieri non mi hanno ferita, è bastato un po' di
riposo per tornare come nuova. »
Proseguirono
verso l’ufficio del ricercatore con cui avrebbero parlato, ma
Healing Water si sorprese di conoscerlo. L’uomo, sulla
cinquantina, le sorrise e le strinse calorosamente la mano.
«
Mizu! Non posso crederci, sei davvero tu? Ricordo quando Lysa ti
portava al lavoro con sé e io ti offrivo sempre una caramella,
anche se lei non voleva che mangiassi troppi zuccheri. » Alla
donna si illuminarono gli occhi, mentre l’Hero e il Detective
osservavano confusi la scena.
«
Adesso, ricordo! Signor Hirasa! Non sapevo lavorasse qui, certo che
il mondo è davvero piccolo. » Il trio si accomodò
mentre Mizu diede qualche delucidazione ai suoi colleghi. « Mia
madre era medico e lavorava nello stesso ospedale col signor Hirasa,
ma sto parlando di vent’anni fa. »
«
Non dovresti farmi sentire così vecchio. » Ridacchiò
lui. « Passando alle cose serie, immagino che il motivo per cui
siete qui, sia il risultato del campione raccolto dall’ultima
scena del crimine, corretto? »
«
Esattamente, cosa può dirci a riguardo? » Chiese
Tsukauchi. Il dottor Hirasa si fece tremendamente cupo e serio in
viso.
«
La sostanza diluita nell’acqua che ci avete fornito, presenta
una chiara natura di forma parassitaria. Non ci sentiamo di escludere
che quel fumo nero abbia una propria coscienza e che risieda in uno o
più ospiti. Inoltre era mescolato con DNA dal doppio cromosoma
X, quindi l’ospite che ha compiuto il massacro mediante il
parassita, è una donna. » Mizu trasalì. «
Non vi ho detto ancora la cosa peggiore e che ci impensierisce di
più: non riusciamo a spiegarci in che modo, ma queste tracce
di DNA allo stesso tempo sono collegate a quello di All Might…
»
La
notizia lasciò i presenti ammutoliti, sbigottiti e confusi.
Angolino
delle autrici
Ben
ritrovati! Anche oggi nn ci dilunghiamo troppo, fateci sapere cosa
pensate del proseguimento della storia ^^
Vi
lasciamo come sempre i link alle pagine FB
LilyShakarian
LadyBarbero
A
presto! Lily&Lady
|
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Capitolo 15 *** Capitolo XIV° ***
«
Ecco i vostri ordini, signori » disse Kimiko con un mezzo
sorriso servendo i piatti al tavolo « E buon appetito. »
«
Dall’aspetto e il buon profumo sembrano proprio deliziosi! »
aggiunse uno dei commensali, strofinando le mani pronto a consumare
la sua portata.
La
ragazza si congedò con un breve inchino, riprendendo subito
dopo la sua postazione dietro al bancone.
«
Sembri più riposata rispetto ai giorni precedenti »
commentò Gorou, fissandola di traverso « Hai finalmente
fatto pace col tuo letto? »
«
Mettiamola pure così. » Rispose la ragazza, prendendo
dal taschino il telefono così da curiosare un po’ sulle
news che internet offriva. In effetti la giornata sembrava essere
iniziata abbastanza bene. Dopo la discussione avuta la sera
precedente col ragazzo, al suo risveglio si sarebbe aspettata il caos rimasto dalla sera prima, magari come gesto dispettoso da parte di Touya. Ma –
come in un bellissimo sogno dal quale non si sarebbe voluta svegliare
– con grande stupore si era ritrovata il salone e la cucina in
perfette condizioni. Con espressione soddisfatta in volto, aveva
osservato ogni angolo, finendo col buttare uno sguardo sul divano
dove il ragazzo se ne stava disteso e addormentato, forse sfinito per
il duro
lavoro.
Con movenze feline così da evitare di svegliarlo, aveva preso
il cambio dalla camera e si era avviata in bagno. Dopo aver fatto una
doccia in tranquillità ed indossato il cambio pulito, aveva
mangiato un boccone al volo e si era diretta a lavoro nel caos
mattutino.
«
Stavo pensando di rinnovare l’iscrizione in palestra… »
storse le labbra mentre era intenta a scorrere il dito sul display.
«
Proprio ora che hai ripreso la freschezza ed il riposo giusto? »
il locandiere sospirò, scuotendo il capo contrario alle parole
di Kimiko « Secondo me quello che ti serve è uno svago
come si deve. »
«
Tipo? »
«
Che ne so… magari le cose che fanno tutte le ragazze della tua
età. »
«
Ricoprirsi di trucco appariscente con annessi vestiti sgargianti e
girare per negozi e locali pronte a balzare sul primo ragazzo che
capita a tiro? Nah… » sorrise divertita, riponendo il
cellulare nella tasca « Non sono fatta per questo genere di
cose. » lasciò il suo posto per andare a prendere una
nuova ordinazione. Gorou la fissò con leggera perplessità
lasciando che un sospiro desse voce ai suoi pensieri di padre ormai
arreso all’evidenza. Prima che potesse aggiungere altri
commenti, il tintinnio della campanella all’ingresso, segnò
l’arrivo di un nuovo cliente. Quando gli sguardi di Kimiko e
Gorou si puntarono quasi simultaneamente sulla porta, notarono la
figura di Mizu. La donna, però, per quanto stesse sorridendo e
li stesse salutando con la mano, sembrava più pallida del
solito.
«
Guarda chi si vede! » esordì la bionda poggiando una
mano sul fianco « Ancora stremata dalla missione? »
mostrò un ghigno divertito. L’azzurra specchiò i
suoi occhi in quelli magenta della cameriera e sembrò
prendersi qualche attimo di troppo per ponderare la sua risposta.
«
Già… mi ha davvero stremata. Si vede che sono sempre
chiusa in un ufficio. »
«
Oh… chiusa in ufficio o in qualche posticino segreto con il
pollo? » la fissò a lungo con espressione maligna «
Le ultime riprese mostrano la dolce Mizu tra le braccia dell’uomo
alato che prendono il volo verso terre sconosciute. » A quelle
parole, Mizu sgranò gli occhi e arrossì vistosamente.
«
Per favore Kimiko, non ti ci mettere pure tu! Non ero nemmeno
cosciente! » Kimiko portò entrambe le mani sul viso in
una finta espressione di stupore.
«
Oh
my god!
Chissà cos’altro sarà successo! » Mizu
aggrottò le sopracciglia e si preparò a risponderle a
tono, ma poi chiuse la bocca, si guardò attorno e cambiò
completamente espressione, assumendone una più tronfia.
«
E invece il tuo nuovo amichetto dove l’hai lasciato? »
«
Ti riferisci a To- » si morse il labbro prima di completare il
nome, forse non era il caso di pronunciarlo, viste le conoscenze di
Mizu. Si schiarì la voce con qualche colpo di tosse
guardandola vaga « Lo stronzo è chissà dove…
onestamente non è affar mio di cosa fa o dove va. »
«
Certo, certo… esattamente come il “pollo”. »
La dottoressa le sorrise complice. « Perché non mi porti
qualcosa da bere e mi fai compagnia come finisci il turno? »
Kimiko mugolò pensierosa.
«
Non ho nulla di interessante da fare, quindi… perchè
no? Basta che non andiamo al karaoke o in qualche locale alla moda…
» le fece cenno di accomodarsi, andando a prepararle il solito
drink sotto lo sguardo curioso di Gorou che stava spostando gli occhi prima
sua una e poi sull’altra. Mizu intercettò lo sguardo
dell’uomo e gli sorrise, salutandolo.
«
Come va? » Gli chiese, avvicinandosi.
«
Sempre come al solito. Inizia qualche dolorino per l’età,
ma nulla di così interessante. Tu invece? Sicura di stare
bene? »
«
Suvvia, Gorou-san, quale vecchiaia e vecchiaia, è sempre il
solito. Sfido chiunque qui al locale a non subire il suo fascino. Per
quanto riguarda me, si, sto bene. E’ solo un periodo molto
intenso. » Per quanto gli piacessero il gestore del Doragon e i
suoi dipendenti, erano comunque civili e preferiva non sbottonarsi
troppo sulle faccende del lavoro.
«
Vedi di non fare sforzi eccessivi. Capisco la tua posizione, ma
strafare non aiuta né te né gli altri. » Gli
sorrise congedandosi per andare verso la cassa. Intanto Kimiko
preparò il suo drink poggiandolo con leggera forza davanti a
Mizu senza smettere di scrutarla. La dottoressa sbatté le
palpebre più volte, perplessa.
«
Non c’è bisogno di sbattere il bicchiere. Se hai
qualcosa da dire, dimmi pure, Kimiko. »
«
In genere, se qualcuno mi propone di passare del tempo insieme,
finisce sempre che io passi dei guai. Sono sospettosa… »
sollevò lo sguardo al soffitto « e forse anche un
pochino stressata… »
«
Ah lo so, lo so che sei iper sospettosa “ Kim”. »
Mizu ridacchiò. « Posso chiamarti così? »
La cameriera cercò di nascondere una vena pulsante per quel
diminutivo che risuonava come un eco nella sua testa con lo stesso
tono di voce di Touya.
«
Va bene… » Mostrò un sorriso più tirato
del solito.
«
Sei in pausa? » Le chiese, sorseggiando la bevanda.
«
Chiamiamola pure pausa. Quei clienti stanno occupando i posti non so
da quanto ormai. » alzò lo sguardo verso l’orologio
da parete, notando che mancavano ancora quindici minuti per staccare
da lavoro. Fissò nuovamente i clienti e, dopo aver fatto
spallucce, si sfilò via il grembiule da lavoro, sistemandolo
sul braccio. « Lascio questo e prendo la mia roba, tu finisci
pure il tuo drink. »
«
Ti aspetto qui. » Rispose, continuando a bere e dando una
sbirciata ai messaggi sul cellulare.
Kimiko lasciò il grembiule al suo posto,salutò velocemente Yuurei,
alle prese con le cucine, poi prese il suo cappotto e si avviò
silenziosa verso Mizu. Giunta alle sue spalle curiosò verso il
display del suo cellulare.
«
Messaggi con il pollo o con mister occhiaie perenni? » Mizu si
portò immediatamente il cellulare al petto e la guardò
malissimo, arrossendo.
«
Questo non è carino, Kim. Stai violando la mia privacy,
potrebbe anche essere una questione di lavoro! »
«
Certo, chiamiamolo lavoro.
» Le sorrise maliziosa. Fece un cenno con la mano verso Gorou e
lui di risposta ricambiò chinando appena il capo. « Il
drink lo offre la casa. » indossò il cappotto «
Vogliamo andare? » Sorrise divertita avviandosi verso la porta
del locale. La dottoressa imitò il gesto di saluto verso
Gorou, aggiungendo un mezzo inchino di ringraziamento per la bevanda
offerta, e poi seguì la bionda fuori dal Doragon.
«
Allora, facciamo un patto. Io ti parlo dei miei problemi con “
il pollo e occhiaie perenni”, se tu mi parli di Cicatrici. »
Esordì Mizu, mentre i loro piedi lasciavano impronte sulla
neve. La bionda sospirò lungamente, sistemandosi il colletto.
«
Credi sia davvero interessante parlare di lui? Perché per il
momento ho solo da dire tante e forse troppe cose negative. Non ci
sta bisogno di fare patti per tutto questo, forse dovrei parlare un
po’ a prescindere. Anche perché non riesco a capire se
sono nel torto oppure no. » Sospirò nuovamente portando
le mani nelle tasche. « Parlarne con Gorou non serve a nulla e
con Yuurei, beh… tra uomini ci si spalleggia sempre
quindi sarebbe del tutto inutile. »
«
Sono qui per ascoltarti. » Le disse Mizu, stavolta guardandola
seria e incoraggiante.
«
Mh… continua a chiedermi cose alle quali, per il momento, non
posso dare risposta. Probabilmente per mia vigliaccheria… »
«
Parlami un po’ di lui. Chi è, una vecchia fiamma? Perché
mi sembra di capire che non sia una nuova conoscenza, ma più
un fantasma del passato.» Kimiko la fissò con
espressione disgustata appena sentì pronunciare la parola
fiamma.
«
No, please…
non
mettiamoci l’amore di mezzo. » si grattò la nuca
imbarazzata « Se devo essere sincera… non ho mai avuto
storie o contatti con nessun ragazzo in tutta la mia vita. »
Mizu si bloccò di scatto e la fissò sbalordita. «
Fai per via di impegni o la testa completamente altrove, ma nella mia
vita nessun ragazzo ha mai fatto capolino, soprattutto lui. »
abbassò lo sguardo « E’ solo un amico di vecchia
data perso di vista e, se devo dire bene le cose come stanno, me lo
ricordavo completamente diverso, in tutto. »
«
Scusami, tiro un po’ il freno a mano perchè sto
veramente capendo poco. » Rispose la dottoressa, riprendendo a
camminare. « Mi ha lasciata davvero sorpresa sapere che non hai
mai avuto una storia. Insomma, posso capire che Gorou-san sia iper
protettivo, ma tu sei una bella ragazza e, caratteraccio a parte, non
penso avresti difficoltà a trovare un ragazzo. »
«
Beh, non posso negare che certe proposte non siano arrivate. Numeri
di telefono, battutine. Solo che non mi hanno mai stimolata o
affascinata a quel punto. Nemmeno sessualmente. » si portò
l’indice al mento, pensierosa.
«
Non che ci sia qualcosa di male o di sbagliato in questo, sia chiaro.
Semplicemente non me l’aspettavo. » Rispose Mizu,
flemmatica. « E invece questo tuo amico riapparso dal tuo
passato? Sei felice che sia nuovamente nella tua vita? »
«
Non lo so nemmeno io. Come ti ho già detto, le troppe domande
mi mettono in perenne disagio… un effetto che mi mancava! »
sorrise forzatamente « E questo succede con lui, perché
o tu o Gorou, ma anche Yuurei, non mi trasmettete lo stesso effetto.
» « Allora forse verso questa persona provi davvero
qualcosa di diverso, se ti fa sentire diversamente rispetto agli
altri. Magari è perché proprio non accetti l’idea
di poter provare amore. » Kimiko la fissò
distrattamente.
«
Che ne so… dubito che il disagio sia compreso in questo amore
che
tanto viene nominato. Non provo batticuore o vuoti allo stomaco, non
riesco proprio a guardarlo appena mi chiede di approfondire alcune
cose lasciate in sospeso. E no, non riguardano cose amorose… »
le sorrise divertita « In conclusione, credo che non mi
innamorerò mai di nessuno, perché puntualmente si
soffre e io non voglio assolutamente questo… »
«
L’amore si mostra in tante forme, Kim. Non necessariamente con
le farfalle allo stomaco. Mi sembra di capire che gli vuoi bene, ma
che c’è qualcosa che non ti permette di lasciarti
completamente andare al vostro rapporto, qualunque esso sia. Hai
detto che è cambiato, ma non hai pensato che magari sei
cambiata anche tu? Siete cresciuti e siete diversi entrambi, vi state
ancora riallineando. Se vuoi che le cose migliorino, però,
devi trovare il coraggio e la forza di affrontare i demoni del
passato che vi hanno separati. Non puoi sperare che faccia solo lui
passi avanti, devi essere anche tu ad andare incontro, altrimenti non
vi riavvicinerete mai. » Mizu alzò gli occhi al cielo
ormai scuro e pieno di stelle, mentre la condensa formatasi mentre
parlava, si disperdeva nell’aria. « Dovresti prenderti il
tempo per capire cosa vuoi, se preferisci che sparisca di nuovo
allora non fare niente, lascia tutto irrisolto e sarà lui ad
andarsene. Perché per quanto ci tenga, a furia di sbattere su
un muro, anche lui prima o poi si stancherà. Se invece
vorresti che restasse, allora… beh saprai meglio di me quali
sono gli argomenti spinosi da affrontare con lui. » Lo sguardo
magenta si assottigliò su alcune parole. Da una parte avrebbe
voluto stare ferma nei suoi silenzi, così da permettere a
Touya di andarsene dalla sua vita, ma il flebile pensiero della sua
schiena che spariva lentamente nell’oscurità non la
lasciava del tutto indifferente. Scosse il capo lentamente,
concentrandosi sul suo respiro.
«
Anni fa, provai questo affetto amorevole nei riguardi di una persona.
Nemmeno lei era una santa, ma riusciva sempre a farsi perdonare in
ogni modo. La vita mi sembrava perfetta, non avevo bisogno di nulla,
finché qualcuno non ebbe la brillante idea di strapparmela via
per motivi che non sto qui a spiegarti… fu proprio in
quell’istante che la mia esistenza iniziò a fare schifo,
dovrei nuovamente aprirmi a qualcuno così da agevolarmi la
discesa verso il basso? Non mi va di toccare il fondo onestamente…»
Mizu si fermò nuovamente, stavolta più risoluta. «
Kim.. » Fece voltare la bionda verso di sé e le mise le
mani sulle spalle. « Ascoltami bene… E’ vero,
amare qualcuno, in qualsiasi modo, fa male, perché permettiamo
a quella persona di ferirci, anche involontariamente, però…
otteniamo anche molto altro in cambio, non solo dolore. Sei ferita,
lo vedo chiaramente. Non so nemmeno se questa ferita si sia richiusa
o se sia una cicatrice, ma posso assicurarti che è normale.
Tutti soffriamo, chi più chi meno, chi subisce cose peggiori
di altri, chi è semplicemente più sensibile, ma se
permettiamo alle cose che ci capitano di controllarci, non saremo mai
liberi di essere ciò che siamo realmente. Devi scusarmi, al
lavoro non mi sarei mai permessa di cercare un contatto fisico così
diretto con un mio paziente, ma tu sei una mia amica, o almeno vorrei
che lo fossi. Anche dicendoti questo io mi sto aprendo a te, sto
lasciando uno spazio che ti può permettere di ferirmi, ma sono
io a deciderlo, sono io a rischiare. E’ sempre una nostra
scelta e un po’ di sofferenza, spesso, vale la presenza di
alcune persone al nostro fianco. » Questa volta il sorriso di
Kimiko era tutto tranne che forzato. Tanto era la dolcezza espressa
dal suo viso che le gote le si arrossarono, complice il freddo e
quella strana somiglianza con sua madre che, con la stessa premura
che mostrava Mizu in quel momento, cercava di supportare la figlia in
tutte le sue scelte. Chissà se l’azzurra sarebbe stata
così propensa a porgerle la mano e i suoi consigli se avesse
saputo chi lei fosse realmente. Inclinò appena il capo sulla
spalla senza smettere di guardarla.
«
Ti metterai nei guai standomi vicina… in questo caso… »
le diede una schicchera contro la fronte « Farai schifo insieme
a me! » le rivolse il miglior sorriso che aveva.
«
Ehi! Sono io che dovrei darle a te le schicchere! » Affermò
offesa, massaggiandosi il punto dolente. « Il rispetto per i
senpai è sempre più sconosciuto in queste nuove
generazioni… Tu e Hawks avete già qualcosa in comune!»
Con la mano, Kimiko misurò la differenza tra le loro altezze.
«
Sei bassa per essere una senpai… ma almeno sei agevolata con
il pollo! »
«
La mia altezza c’entra ben poco, sei tu ad essere una
gigantessa per essere una giapponese! » Mizu fece qualche passo
camminando sulle punte dei piedi, facendo scoppiare a ridere Kimiko.
« E comunque... cos’è tutta questa convinzione che
tra me e Hawks ci sia qualcosa? » La bionda fece ruotare gli
occhi.
«
Non ti piace che si prenda confidenza, ma ti fai portare in volo più
volte dal polletto. » prese il cellulare cercando una cosa,
voltando poi lo schermo verso Mizu « Li chiamano paparazzi, non
si sa dove andavate, ma qui non mi sembri svenuta. Spaventata si, ma
vedo che sei bene avvinghiata a lui. »
Mizu
sgranò gli occhi e strappò letteralmente di mano il
cellulare a Kimiko, portandoselo praticamente attaccato al naso. Non
poteva credere che fossero riusciti a fotografarli da quell’altezza
e ora riusciva anche a capire meglio il sospetto di Aizawa. Sospirò
sconfitta, restituendo il cellulare all’altra ragazza e
abbassando le spalle.
«
Ora capisco meglio alcune cose… » Ammise più con
sé stessa che altro.
«
Certo che i giornalisti ne sanno una più del diavolo, riescono
a far credere sempre quello che vogliono… » Si fece
passare la foto e la inoltrò ad Hawks, insieme ad un
messaggio.
“Guarda
un po’ cosa gira in rete. Mi aspetto di trovare un articolo su
di noi a breve. Cosa facciamo?”
Non
dovette attendere troppo per la risposta.
“
Assolutamente
niente, più gli si da corda, più continuano. E poi non
c’è da preoccuparsi, in fondo non c’è
nessun noi, giusto? :p”
Mizu
rimase un po’ spiazzata da quella risposta, come se la cosa le
dispiacesse. Si diede mentalmente dell’idiota e rispose con un
semplice:
“
Hai
ragione.”
Poi
mise via il telefono, ma quell’espressione un po’ delusa
non sfuggì alla bionda.
«
Allora, anziana senpai…» esordì Kimiko con mezzo
sorriso « Ora è il tuo momento sul palco delle
confessioni… »
«
Ehm… cosa dovrei confessare esattamente? » Chiese Mizu
con un sorriso confuso.
«
Fai le tue domande, kohai, e avrai le tue risposte. » Disse
infine, con finto tono saccente.
«
Avete già fatto sesso o siete fermi al bacio? »
«
EEEEH?! » Squittì Mizu a voce talmente alta da far
girare i passanti. « Ma sei matta?! Di che stai parlando? Io e
Hawks non abbiamo quel tipo di relazione, siamo solo colleghi! »
«
Quindi siete fermi al bacio. Volevo saperne di più per avere
qualche dritta. » ci rifletté un attimo « Forse le
ali sono scomode in certe occasioni… dici che le tiene piegate
o del tutto aperte? »
«
Kimiko guarda che hai davvero frainteso! Non ho mai baciato Hawks! »
“
Ma
ammetti che forse vorresti.” Anche la sua mente era contro di
lei.
«
Abbiamo solo un rapporto professionale e… non voglio
immaginare come tiene le ali mentre fa sesso! »
“
Probabilmente
avvolge la sua partner e poi le spiega nel culmine” Si disse
mentalmente, per poi scuotere la testa per cercare di scacciare quei
pensieri.
«
Vorrei evitare di immaginare certe cose… » Ammise,
coprendosi gli occhi e arrossendo. « Non perché sia
eccessivamente pudica, ma… Ho già una persona che mi
piace e non è Hawks… »
«
Dai… non sarà mica mister occhiaie? » La guardò
contraria « Sei così energica e socievole con tutti,
praticamente l’opposto di quel tipo… non è
neanche così conosciuto come “pro Hero”... »
«
Non sai che gli opposti si attraggono? » Mizu fece un sorriso
triste.
«
Purtroppo non si sceglie di chi innamorarsi… E Shota è
l’amore della mia vita. » Fece una breve pausa. « O
almeno, lo credevo fino a qualche tempo fa. Ora non ne sono più
così sicura… »
«
Dovresti seguire gli stessi consigli che hai dato a me. » le
diede una pacca sulla spalla « Fanculo il passato e via al
presente, vai da chi ti fa sentire bene o almeno provaci. »
Mizu emise una breve risata.
«
Hai perfettamente ragione, ma sai… è molto più
facile dare consigli altri altri. Quando poi si tratta di se stessi,
è tutto un altro paio di maniche… » Sospirò
pesantemente. « Vedi, con Shota è stata una bella
relazione, che pensavo sarebbe durata per sempre, ma poi.. Ha deciso
che il suo “ sempre” era finito. Adesso che ci siamo
ritrovati è tutto così complicato… Nessuno dei
due sa bene cosa vuole, forse vorremmo stare insieme ma anche noi
siamo troppo feriti. Oppure è davvero arrivato il momento di
chiudere questo capitolo… Sarò onesta, almeno con te: Hawks non mi è totalmente indifferente, ma… non so
nemmeno il suo nome se non quello da Hero! Non so nulla su di lui, se
non che è un irriverente pennuto su cui si può davvero
fare affidamento. Anche Shota è affidabile, ma… è
molto più assente e non capisco esattamente cosa provi. »
Mizu guardò Kimiko. « Ma guardami, io che ti ascolto e
do consigli per problemi seri e poi finisco per lamentarmi della mia
vita sentimentale! Ti sarò sembrata estremamente frivola…
Non che mi manchino gli altri problemi, ma almeno pensando a
questi non rifletto su tutto il resto… »
«
Nah… frivola no. Noto solo che avevi bisogno di parlare anche
tu con qualcuno. » continuò ad avanzare « Prova a
vederla così… se ti piace aiutare gli altri è
giusto vedere se, proprio i tuoi consigli, riescono ad aiutare le
persone. Metti in pratica quello che hai detto a me, così la
prossima volta riuscirai a dare migliori consigli. »
«
Mi spiace se i miei consigli fanno pena. » Ridacchiò
nervosamente. « Il vero problema è che non so ancora se
sono pronta a lasciarmi Shota alle spalle… Una parte di me lo
amerà sempre, però… forse è tempo di
capire se posso avere un’opportunità con qualcun altro.
»
«
No “senpai”, hai interpretato male quello che volevo
dire. » le sorrise « I tuoi consigli non posso sapere se
sono giusti o sbagliati, anche perchè non li ho messi in
pratica, ma proverò a farlo, per vedere se questo gioverà
alla mia persona. Tu dovresti fare lo stesso nella tua situazione.
Lasciati quel passato alle spalle, fai nuove esperienze e buttati a
capofitto. » si grattò la nuca « Nel caso ti
facessi male vedrò di aiutarti sollevandoti per un braccio. »
fece spallucce.
«
Vedi che sei una tenerona quando ti lasci andare? » Mizu la
prese a braccetto. « E, per quello che vale, farei lo stesso
per te. »
“Chissà
se prenderesti davvero la mano sporca di sangue di un’assassina”
Le
sorrise divertita.
«
Facciamo un salto al supermercato, ho da prendere delle cose…
»
«
Ti accompagno volentieri, sono curiosa di vedere cosa comprende il
tuo regime alimentare per essere cresciuta in questo modo così
nordico! »
Le
diede delle pacchetta sul dorso della mano.
«
Non ti faccio scervellare inutilmente. » le rivolse un nuovo
sorriso « Il segreto è la genetica. Perché,
tadan! Io sono americana! » Mizu sgranò gli occhi.
«
Come? Questa mi è nuova… Hai il sangue misto oppure sei
solo americana? »
«
Mamma americana, papà giapponese. » ci riflettè
su « Anche se dall’aspetto ricorda tutto tranne che un
occhi a mandorla. »
«
Anche mia madre ha parenti americani, infatti ha un nome straniero ed
è stata in America per gli studi. Sarebbe Lysa ma qui
traslitta in Risa. »
«
Mh… quindi Helena sarebbe? Herena? » trattenne una
risata, cosa che invece Mizu non fece.
«
Esattamente. » La dottoressa era davvero contenta che
finalmente la ragazza stesse affrontando con lei l’argomento
spinoso di sua madre.
«
Per fortuna ha avuto la brillante idea di darmi un nome giapponese,
almeno si evitavano storpiature. » dipinse sul volto
un’espressione soddisfatta.
«
Lo hanno scelto insieme, lei e Gorou-san? » Tentò Mizu,
sperando di non esagerare. Kimiko si fermò davanti all’entrata
del supermercato, voltandosi verso di lei con aria seria. Gli occhi
sembravano brillare mentre si immergevano nelle pozze azzurre di
Mizu. Socchiuse le labbra, dall’aspetto ci si aspettava una
qualche risposta secca ma, in un attimo, la faccia buffa seguita da
una fragorosa risata spezzò quel momento di leggera tensione.
«
Dai… seriamente sei convinta che Gorou sia mio padre? »
si asciugò una lacrima « Eppure sei abbastanza
intelligente per dedurre certe cose… soprattutto su Gorou…
non noti mai i suoi sguardi strani
verso
un determinato tipo di clientela? »
«
Beh avevo il sospetto che non lo fosse ma, proprio perché sono
intelligente, stavo prendendo il discorso alla larga, perché
non sapevo come avresti reagito. » Entrarono nel negozio ed
iniziarono a girare per i vari reparti, con Kimiko che portava avanti
il carrello e Mizu indicava i prezzi della merce in sconto. « E
comunque no, non li ho notati, cosa intendi per sguardi
strani ?
» La bionda mugolò pensierosa mentre osservava il retro
dei contenitori della soba.
«
Gli sguardi strani che rivolge al sesso femminile. Gorou non è
un grande amante delle donne. » ripose sullo scaffale uno dei
barattoli « Stima più le banane, per dirla in modo
divertente. »
«
Oh, non sapevo avesse quel tipo di gusti. Non che a me crei qualche
disagio, ma… è un vero peccato, sono certa che molte
clienti se lo sapessero, scoppierebbero in lacrime. »
«
Meglio saperlo a voce che vedere il tuo tutore avvinghiato ad un
tizio dall’identità sconosciuta. » mise nel
carrello vari barattoli di soba « Credo che rimasi almeno due
mesi confusa da quella scena. » Mizu scoppiò a ridere. «
Se non sbaglio avevo...mh.. 15 anni? »
«
Ma quindi, com’è che è il tuo tutore? »
Chiese l’azzurra, asciugandosi una lacrima creata dalle troppe
risa. Kimiko poggiò le braccia sul carrello spingendolo verso
la prossima corsia.
«
Sembrerà una risposta stupida, ma credimi, è andata
davvero così. Hai presente quei racconti fantasy dove una
ragazza cade all’improvviso dal cielo? Ecco, una cosa del
genere. » fece spallucce fissandola con perplessità.
«
Cos’è successo ai tuoi genitori? » Chiese la
dottoressa, stavolta fattasi seria. Kimiko sorrise con amarezza,
fissando le varie cose all’interno del carrello.
«
Lui circondato dalla fama… lei qualche metro sotto terra…
» spinse di più il carrello distanziandosi da Mizu.
L’azzurra non le permise di lasciarla indietro e aumentò
il passo, poi quando la raggiunse, le poggiò una mano su un
avambraccio.
«
Non scappare. Sono qui, non c’è nessun altro che ti sta
ascoltando, non temere. » Puntò i suoi occhi sul viso di
Kimiko, aspettando che si girasse.
«
Circondato dalla fama, eh? Avere un genitore che sceglie di diventare
un eroe professionista, non è sempre il massimo, lo so bene.
Si, non ci voleva un genio per capirlo, considerata la tua estrema
avversione per gli Hero… »
«
Oh, no senpai, cadi in errore… » ridacchiò
nervosamente « Lui non sa neanche che io esisto, non sono una
di quelle messe da parte per seguire un sogno. Per scelta di mia
madre sono sempre rimasta anonima sulla paternità. Infatti,
qualora mi chiedessi chi esso sia, non potrei mai dirtelo, altrimenti
infrangerei una promessa a cui mia madre teneva tantissimo. »
«
Stai tranquilla, non ho bisogno di chiedertelo. Posso però
dirti che credo sia stato un errore. Per me tua madre avrebbe dovuto
per lo meno informarlo della tua esistenza e permettergli di agire di
conseguenza. » La mente di Mizu stava già iniziando a
collegare le varie informazioni. Un pezzo grosso degli Hero, talmente
tanto da decidere di nascondergli l’esistenza di una figlia.
Per di più Kimiko era mezza americana. La sua avversione per
l’operato degli Hero era ben nota e ora la faccenda del DNA
femminile, con tracce di quello di All Might. Sperava davvero di
sbagliarsi e che quelle fossero tutte coincidenze. Osservò la
bionda con apprensione, sapendo che solo con lo sguardo non sarebbe
riuscita a percepire tutto il dolore che si portava dentro, tutta
quell’oscurità. « Spero che un giorno mi parlerai
di ciò che è successo ad Helena. Senza pressione, solo
se e quando avrai voglia. » Kimiko le sorrise con una nota
divertita.
«
Sono certa che capiterà quell’occasione, senpai, ma
questo non è il giorno… »
«
Oh lo so, oggi si parla di ragazzi! » Mizu spezzò la
tensione del momento.
«
Hai davvero intenzione di mangiare quella roba? » Disse,
indicando la quantità di scatole di soba nel carrello. «
A parte che è davvero troppa per una sola persona… Hai
a disposizione la deliziosa cucina di Yuurei e preferisci queste
schifezze? »
«
Ah no! Questa roba non è mica per me! » rispose con
spontaneità « Lo stronzo ha la fissa di mangiare questa
roba, vive di soba. » indicò gli scaffali « Io
prendo tutto l’occorrente per del buon riso al curry. »
«
Aspetta… hai fatto tante manfrine prima e ora mi dici che
vivete assieme? » La bionda si grattò la nuca, mettendo
su un buffo broncio.
«
… comunque è uno stronzo e si comporta male… »
«
Per quale ragione gli permetti di vivere a casa tua, allora? »
«
Perchè non mi va che stia in giro da solo… tutto qua…
» Mizu le sorrise dolcemente.
«
Mi sembra che tu allora abbia già la risposta ai tuoi quesiti
di prima. » Kimiko la guardò con perplessità,
sbattendo più volte le palpebre senza capire.
«
Finiamo di fare la spesa… altrimenti si riprende quel
maledetto argomento sull’amore… »
«
Vuoi forse dirmi che non è un chiaro segno? E’ ovvio che
gli vuoi bene e parecchio. Ti importa che non stia male e che non sia
solo, se non è affetto profondo questo. E per risposta
intendevo che non vuoi che si allontani da te, è questa la
realtà. Cerca di essere meno dura con te stessa, sei troppo
rigida, ti metti troppi limiti. »
«
Avrei dei dubbi sulla questione del preoccuparmi che non stia male…
» assottigliò lo sguardo « Con l’ultimo
schiaffo che gli ho sferrato devo avergli strappato mezza faccia…
» borbottò con indifferenza.
«
E il motivo per cui l’hai colpito? Ne valeva la pena? Non c’era
una soluzione che non implicasse la violenza? »
«
Secondo me no… ho provato anche soddisfazione, visto che non
smetteva di punzecchiarmi… » ripensò all’episodio
« Accidenti se mi è piaciuto! » Mizu alzò
gli occhi al cielo.
«
Non ho ancora sentito il motivo per cui l’hai colpito. »
Kimiko scosse il capo, prendendo gli ultimi ingredienti dagli
scaffali.
«
Lavoro duramente tutti i giorni perchè, che piaccia o non
piaccia, i soldi servono. Ok che l’appartamento non è in
affitto ma di mia proprietà e capisco che lui possa essere
stato in strada per chissà quanto tempo e con chi… non
gli costava nulla mettere in ordine la casa in mia assenza. Invece mi
sono trovata davanti il devasto totale! E lui? In panciolle sul
divano a guardare la tv! Non sono una schiava, ma una sua amica.
» digrignò i denti nervosamente mentre si avviava alla
cassa « Quando gli ho fatto notare questa cosa, ha iniziato a
prendere vari discorsi pur di pararsi il culo e far passare me come
quella stronza e insensibile! Non scherziamo! » Mizu sospirò,
sorridendo.
«
Una coppia sposata che litiga… D’accordo, daccordo,
risponderò seriamente.» Aggiunse vedendo lo sguardo
truce della bionda. « Però davvero, seriamente Kim. Hai
deciso di farlo stare da te, forse parlare delle regole per una buona
convivenza darebbe più risultati che menarlo non appena
sbaglia, non credi? E’ vero, tu non sei la sua schiava e lui ha
sicuramente sbagliato a lasciare tutto in disordine, ma nemmeno lui è
il cane da colpire quando combina un guaio. Dovresti provare a
parlargli, a spiegarli come vivere insieme pacificamente, soprattutto
se sta a scrocco. E poi decidere se è il caso di affrontare
quegli argomenti spinosi.»
«
Il problema è che se inizio a parlargli, lui va a prendere un
altro argomento che per il momento non mi va di affrontare. »
iniziò a prendere le varie pietanze sbattendole sulla cassa «
Perchè lui vuole solo quel maledetto argomento, principino
viziato del cavolo! »
«
Stai calma.. non è innervosendoti che risolverai comunque.
Cerca di spiegargli che per ora non sei pronta, se non glielo dici,
lui non può leggerti nel pensiero. Magari capirà e
aspetterà che sia tu ad affrontare il discorso. » Kimiko
sospirò arresa mentre estraeva il portafogli per pagare il
conto. In effetti non gli aveva detto chiaramente che quell’argomento
era un tasto davvero dolente per lei, quindi si limitava ad evitare
l’argomento cambiando discorso o uscendo di casa con qualche
scusa pensata sul momento. Fece ruotare gli occhi, avvertendo
nuovamente quello strano disagio solo all’idea di dovergli
parlare.
«
Sono sicura che si concluderà a pugni e calci… »
sollevò le spalle prima di prendere le buste. Stavolta fu il
turno di Mizu di roteare gli occhi verso il cielo.
«
E chi lo sa, a questo punto credo sia il vostro modo contorto di
comunicare…» La bionda inclinò appena il capo,
augurandosi tutto tranne quel brutto finale fatto di schiaffi e
morsi. « Ricordati che la padrona delle tue azioni sei tu,
perciò se non vuoi che finisca in modo violento, devi metterci
anche la tua parte per far in modo che non accada. Se invece entri
subito in modalità “miccia pronta all’esplosione”
non risolvi granché… »
«
Quando sento di stare per esplodere, immaginerò una matassa di
gattini ciccioni che respirano a fatica per via dei rotolini in
eccesso. » Mizu rise di gusto.
«
Si, credo possa funzionare. E se non dovesse bastare, mandami un
messaggio. Ti manderò le foto del mio gatto ciccione. »
Gli occhi di Kimiko iniziarono a brillucicare.
«
Hai un gattino ciccione?! Adoro i gattini ciccioni! » Mizu
estrasse il telefono e mostrò a Kimiko delle immagini del
micio fulvo.
«
Si chiama Kotton, è un coccolone. »
«
Oh! Che carino! Vorrei anche io un gattino! Ma, per adesso, mi
accontento del pan-bradipo… shit…
»
«
A ciascuno il proprio animaletto, suppongo. » Mizu aiutò
Kimiko con le buste fino a casa sua. « Vuoi che salga per dire
due paroline al tuo? Tra l’altro non posso continuare a
chiamarlo Cicatrici, dovrai dirmi il suo nome.» Kimiko rimase
con le spalle rivolte verso il portone.
«
Nah, non ci sta bisogno di salire. Se con indifferenza alzerai lo
sguardo verso la finestra del secondo piano, lo noterai che sbircia
da dietro la tenda. » disse a denti stretti con uno strano tic
nervoso all’occhio destro « In questo momento mi sento
come nel film Misery
non deve morire. »
Mizu fece come suggerito ed effettivamente notò l’ombra
del ragazzo, riconoscendolo dalla capigliatura a spazzola.
«
Qualcuno era in pensiero per te. Dai, vai e non trattarlo troppo
male. » L’azzurra consegnò le buste a Kimiko
e la salutò con un gesto della mano. « Ci vediamo presto
e, per qualsiasi cosa, il mio numero lo hai. E’ un po’ il
caos in questo periodo, ma troverò sempre un po’ di
tempo per te. »
«
E’ già tanto quello che hai fatto oggi, quindi…»
si schiarì la voce « Grazie…» disse in un
flebile sussurro avviandosi verso il portone dopo aver ricambiato il
saluto con un gesto del capo. Si voltarono di spalle, ognuna per la
propria strada ma entrambe con un sorriso ad incurvare le loro
labbra.
Angolino
delle autrici
Eccoci!
Finalmente il pc ha finito l'aggiornamento, così abbiamo
potuto pubblicare. Capitolo bello corposo, con le nostre due eroine a
confronto, che se la spassano un po' da buone amiche.
Da
oggi, inoltre, oltre i link alle pagine FB, vi lasceremo anche i link
di Instagram, dove effettivamente siamo più attive. Se vi va,
supportateci e seguiteci lì ^^ P.s. Andate a vedervi i
profili, che c'è fresco fresco il disegno delle due patate
insieme <3
LilyShakarianFB
LilyShakarianIG
LadyBarberoFB
LadyBarberoIG
Grazie
a tutti in anticipo per il supporto ^^
Alla
settimana prossima!
Lady&Lily
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Capitolo 16 *** Capitolo XV° ***
Lasciò
le scarpe all’entrata dell’appartamento e sfilò
via il cappotto, portando successivamente le buste della spesa sopra
la tavola, sfilando da esse le varie cibarie acquistate. Con sguardo
quasi accusatorio e le braccia incrociate al petto, Touya fissava
ogni minima azione di lei, in attesa che magari iniziasse a parlare.
Per canto suo Kimiko continuava con indifferenza a mettere tutto in
ordine, prendendo delle pentole e padelle per preparare il riso al
curry. Il respiro pesante e crescente di Touya per il nervoso che
provava nell’essere ignorato, finalmente la fece voltare verso
la sua direzione.
«
Qualche problema? »
«
Vediamo…» Inclinò il capo sulla spalla, guardando
pensieroso il soffitto « A parte non aver salutato, mi stai
completamente ignorando. Un grazie
per
aver riordinato casa, come mi hai detto, sicuramente non mi avrebbe
fatto così tanto schifo. Stesso per un saluto. » Kimiko
lo guardò perplessa, sbattendo più volte le palpebre
mentre sistemava la pentola sul fuoco.
«
Potevi salutare anche tu e poi ringraziarti di cosa scusa? Hai solo
fatto il tuo dovere. Semmai dovresti essere tu a ringraziarmi, no? »
E tanti cari saluti ai consigli di Mizu. Kimiko si morse l’interno
della guancia, non era così che avrebbe voluto andassero le
cose. Di risposta lui storse le labbra contrariato, facendo andare in
tiro i vari punti metallici sul suo viso.
«
Hai ancora voglia di litigare? Vuoi che ti porga l’altra
guancia? »
«
Ma smettila…» Sbatté con forza l’anta del
mobile dove stavano riposte le pentole « In questo momento
quello che tira fuori gli artigli sei tu, non di certo io…»
Sapeva di non essere completamente onesta con quelle parole, ma le
sue difese si alzavano quasi in automatico quando c’era Touya
di mezzo. Si voltò verso di lui, poggiando il fianco contro il
bordo del tavolo « Dimmi dove sta il problema? »
«
Sai dove sta il problema, Kim…» Si avvicinò a
grandi falcate accorciando la distanza tra le loro figure. Lei fece
ruotare gli occhi, poggiando una mano sul fianco.
«
Perché vuoi sapere cosa è successo dieci anni fa? Più
che altro… Pensi che placherebbe l’odio che nutri nei
miei riguardi? Mi accuseresti comunque di averti abbandonato e di
aver permesso lo scempio sul tuo corpo. E, sicuramente, anche la tua
mente…» Puntò gli occhi contro i suoi, fissandoli
con serietà. Touya si morse appena il labbro inferiore,
sfuggendo allo sguardo della ragazza con uno scatto del viso. Quella
reazione non portò soddisfazione nelle tasche di Kimiko, anzi.
Nella sua mente vide nuovamente plasmarsi l’immagine di Touya
che le voltava le spalle, inghiottito lentamente dalle tenebre. Ora
era lei a mordersi il labbro e spostare lo sguardo, rendendosi conto
che non se la cavava poi tanto male a ferire con le parole,
soprattutto toccare dei tasti dolenti. Non era poi così
diversa da lui, forse era anche per questo che tra loro si era
instaurata subito una piacevole amicizia in giovane età. Però,
spiegargli così su due piedi quello che aveva passato era
davvero difficile in quel momento e proprio non se la sentiva.
Sollevò nuovamente gli occhi su di lui, osservando ogni
dettaglio del suo viso. Notò che attorno ad uno dei punti
metallici la pelle risultava più arrossata e con del sangue
rappreso. Proprio il punto che aveva colpito lei la sera precedente.
Si avvicinò di un passo, sollevando la mano verso il suo
volto. Touya -di reazione- scostò il capo all’indietro
prima del suo tocco, facendo ritrarre la mano di lei. Con diffidenza,
lui spostò lo sguardo prima sul viso di Kimiko e poi sulla
mano ancora ferma a mezz’aria.
«
Vada due volte… ma alla terza vedo bene di stare all’erta…»
«
Gli schiaffi vanno dati con forza, non con il tocco di una piuma.»
Gli sorrise divertita, avvicinando nuovamente la mano al suo viso.
Questa volta lui restò immobile, socchiudendo gli occhi al suo
tocco e permettendole di esaminare la ferita. « Credo ci sia
un’infezione. Siediti un attimo.»
Con
curiosità la guardò avviarsi al bagno, prendendo posto
su una delle sedie, come da lei richiesto. Kimiko tornò in
cucina con il kit di pronto soccorso, sistemandolo sulla tavola e
aprendolo. Dopo aver imbevuto un batuffolo di cotone con la soluzione
disinfettante si avvicinò a lui.
«
Puoi togliere quella graffetta? Altrimenti è inutile
medicarti. »
«
Nessun problema…» Sbottonò con un click
il
cerchietto metallico, lasciandolo sulla tavola. Con cautela, Kimiko
iniziò a tamponare la ferita eliminando i residui di sangue e
siero.
«
Ti fa male? »
«
Pizzica un poco… ma ci sono abituato. » Sorrisero
entrambi, divertiti, poi lei prese del nastro medico, strappandone un
pezzo.
«
Per un po’ lascia questo. Il tempo che la ferita si rimargini.
Dovrebbe fungere allo stesso modo della graffetta. »
«
Va bene, dottoressa. » Kimiko non poté evitare un
sorrisino beffardo mentre riponeva tutto in modo ordinato dentro la
cassetta. Sua madre faceva l’infermiera, qualcosina l’aveva
imparata anche lei, soprattutto quando in passato l’aveva
osservata rattoppare lei e il suo amico d’infanzia dopo le loro
scorribande.
«
Senti, Touya…» Lui sollevò il capo verso di lei,
che con le dita stava picchiettando sulla scatola di plastica «
Non ho mai detto che terrò all’oscuro il mio passato,
non sarebbe giusto nei tuoi confronti e neanche nei miei…»
spostò lo sguardo altrove «Ti chiedo solo di lasciarmi
il tempo e darmi la possibilità di trovare la forza per
poterne parlare con tranquillità. Evitando interruzioni,
vorrei che tutto il discorso filasse liscio, così da non
riprenderlo mai più.» il ragazzo la fissò con
sguardo amareggiato.
«
Come preferisci… però vorrei porti una domanda ed esigo
subito una risposta, senza giri di parole né silenzi…»
Kimiko lo guardò con curiosità, annuendo col capo «
Con quella
ne
hai parlato? Sei riuscita a confidare questo passato? »
«
Quella?
Stai parlando di Mizu? No, nulla in più di quello che sapevi
anche tu. Ho solo accennato di un volo dal cielo…» Il
ragazzo la fissò stranito « …anche lei mi ha
guardata così, non chiedermi altri dettagli…»
«
Come preferisci…» sospirò lungamente poggiando il
capo contro il pugno chiuso.
«
Dai, parliamo d’altro. » Si avviò verso il bagno.
« Devo pensare a un nuovo nome per te. » Colto dalla
curiosità, lui non poté fare a meno di sedersi
nuovamente composto, seguendola con lo sguardo mentre Kimiko
riprendeva posto davanti ai fornelli.
«
In che senso? »
«
Non posso chiamarti Touya con tanta facilità in presenza di
altre persone, soprattutto di Mizu, lei è un Hero e ne conosce
altrettanti, magari anche… »
«
Già…» rispose vago.
«
Inoltre, sono estranea ai fatti che ti riguardano. Se ti nominassi
davanti a lei, o anche ad altri, potrei finire per metterti
involontariamente nei guai. Visto che anche tu però non parli
del passato, deduco che ci siano questioni familiari di mezzo…»
Aprì il sacchetto di riso. « Sono comunque a conoscenza
di chi sia tuo padre e della sua fama… quindi…»
Lui - ancora più incuriosito- si alzò mettendo la sedia
al contrario così, una volta seduto, poggiò le braccia
sullo schienale.
«
Sarei proprio curioso di sapere come mi nominavi davanti ad
Acquagirl…»
«
Io stronzo
e
lei cicatrici.
» Soffiò una leggera risatina.
«
Dai, pensavo di peggio… avevi già in mente qualcosa per
il nome? Possibilmente qualcosa di figo. » Lei mugolò
pensierosa, portando l’indice sotto il mento.
«
Riesci ancora a dare quella tonalità azzurra alle fiamme? »
«
Ovviamente. Posso vantarmi di raggiungere alte temperature, superiore
anche a quelle del bastardo…»
Kimiko
ricordava bene il perché di quel termine forte e dispregiativo
nei riguardi di quell’uomo. Annuì alle sue parole,
voltandosi con un mezzo sorriso.
«
Talmente forti da riuscire a carbonizzare un corpo? Un po’ come
le fiamme dei forni crematori? »
«
Già… anche più. Io stesso ho problemi se le
utilizzo eccessivamente…» Si guardò le braccia
abbastanza, stizzito. Lei gli sorrise con un po’ di amarezza,
voltandosi nuovamente verso la cucina.
«
Ricordano tanto i fuochi fatui, quelli che seguono i defunti…
come si chiamerebbero in giapponese? »
«
Hitodama…»
«
Mh… troppo lungo e suona troppo femminile… mh…»
Sollevò il capo al soffitto, sgranando di colpo gli occhi come
se fosse colta dall’idea perfetta
«
Cremazione invece? »
«
Dabi…»
«
Good!
Mi piace! Breve e semplice! » Gli sorrise schioccando le mani e
tenendole giunte davanti alle labbra sorridenti « Accettato?! »
Touya storse le labbra, facendo finta di pensarci seriamente,
tenendola per un po’ sulle spine. Poi, mostrandole il suo
miglior sorriso, annuì con il capo facendo esultare la
ragazza.
«
Bene! Prepariamo questo riso al curry e via di serie tv! »
«
Questa volta scelgo io…» Rispose lui, avviandosi
velocemente a prendere il telecomando.
«
Dai! Non sono poi così male quelle che scelgo! » Mise il
broncio, voltandosi stizzita.
«
Convinta tu…» Premette il tasto del menù per
cercare qualcosa di interessante, osservato da una Kimiko sorridente
e soddisfatta per aver ristabilito la stessa tranquillità che
avevano in passato.
**********
Mizu
stava camminando per strada, tenuta sportiva, borsone e coda alta.
Non aveva avuto più notizie da Shota da quella mattina di
qualche giorno prima. Gli esami della U.A. erano finalmente iniziati
e lui, in quanto professore, doveva assistervi. Anche sua sorella e
sua nonna erano impegnatissime, la gente tendeva a farsi parecchio
male durante le prove d’ammissione. Non credeva comunque che
lui, anche libero da impegni, si sarebbe fatto sentire. Non dopo
l’ultima discussione avuta che l’aveva portata a
sbatterlo fuori di casa.
«
Ma con tutto quello che sta succedendo, proprio a Shota ti metti a
pensare? » Si riprese, parlando da sola a voce alta, come
nulla fosse. « Hai un paziente problematico come Endeavor che
sta dando segni di cedimento delle difese e potrebbe sbottonarsi con
te, hai le indagini in corso e anche lì c’è stata
una svolta anomala ed importante e tu pensi a Shota? Sei proprio un
imbecille… »
“
Per
non parlare dei pensieri che hai su Kimiko…” Si disse,
stavolta mentalmente. Era quasi certa che la ragazza fosse collegata
ai crimini della sua indagine, ma non sapeva ancora come. Non stava
fingendo con lei e con il loro avvicinamento ma si era sforzata di
rimanere naturale quando la bionda le aveva dato involontariamente
informazioni essenziali.
«
Con chi stai parlando? » Le chiese Hawks con tono gioviale e
curioso. Mizu, strappata dai suoi pensieri, si portò una mano
al petto e lo guardò atterrita.
«
E tu da dove salti fuori?! »
«
Ti sei fermata davanti alle porte, ho visto che non entravi e sono
uscito a capire perché ti fossi bloccata. »
«
No, niente… tutto a posto… solo un po’ di stress
da sfogare. » Il ragazzo le aprì la porta in un gesto
galante ed entrambi entrarono nell’edificio. Mizu aveva
accettato l’invito di Hawks di andare nella sua agenzia per
allenarsi, per questo era lì in tenuta sportiva. Fu accolta
con entusiasmo dagli aiutanti, ma tra tutti non riusciva a capire con
chi si sarebbe allenata. Solo in quel momento, mentre camminava
affianco ad Hawks, fece caso al suo abbigliamento: indossava dei
pataloni grigi, di tuta, mobidi, mentre il torso tonico era ben
fasciato in una canottiera bianca. I polsi e le nocche erano bendati,
ma la cosa che fece arrossire la dottoressa fu notare i capelli del
ragazzo, legati in un codino. Notando lo sguardo di lei su di sé,
le sorrise furbo.
«
Che c’è? Hai un debole per i ragazzi coi capelli legati?
» Le chiese, con tono canzonatorio ma giocoso.
“
Colpita
e affondata…” Pensò lei, distogliendo lo sguardo
immediatamente, ma senza poter impedire che quella tonalità
pomodoro le tingesse il viso.
«
Sul serio?? » Ridacchiò Hawks, interpretando la sua
reazione come conferma della sua ipotesi. « Allora dovrò
legarli più spesso. » Concluse, ammiccante.
«
Strano, ricordavo di essere venuta qui per allenarmi, non per queste
chiacchiere futili. » Affermò offesa, mettendosi in
posizione difensiva. Hawks fece un fischio d’approvazione.
«
Siamo nervosetti, eh? Oppure non accetti la verità? »
Disse, dispiegando le ali e lanciandosi all’attacco. Il loro
scambio di battute stava entusiasmando il pubblico, composto dagli
aiutanti dell’agenzia, incuriositi dalla complicità tra
il loro boss e la donna. Mizu ricambiò il ghigno dipinto sul
volto di Hawks.
«
E quale sarebbe questa verità? » Chiese, lanciando
contro il ragazzo numerosi getti d’acqua in sequenza, che il
suo avversario prontamente schivò.
«
Che io ti piaccio. » Le sussurrò all’orecchio,
dopo esserle arrivato alle spalle e averla cinta con le braccia. «
Troppo lenta, Mizu. » Affermò, riprendendo il suo tono
normale, così che tutti potessero sentire. « E ti lasci
trasportare troppo dalle emozioni. Ti saresti lasciata catturare
troppo velocemente.»
«
Invece io credo che tu mi stia sottovalutando. Forse volevo proprio
che ti avvicinassi… » Disse, voltando appena il viso
verso il suo “aggressore”. Hawks fece appena in tempo a
notare una strana luce brillare nello sguardo di lei, prima di che i
capelli azzurri di lei iniziassero a sollevarsi come tra i flutti del
mare. Si ritrovò in una sfera d’acqua abbastanza grande
da comprenderli entrambi. Dopo neanche un minuto il fiato iniziò
a mancargli e la presa sulla donna si allentò. Mizu sgusciò
via, ma gli si pose davanti. Lei non risentiva del suo stesso
problema, poteva respirare sott’acqua, e avrebbe potuto
tranquillamente concedergli di fare lo stesso, ma invece gli si
avvicinò, gli prese il viso tra le mani, e lo baciò,
passandogli un po’ d’aria. Hawks sgranò gli occhi,
ma poi li chiuse e la attirò maggiormente a sé,
cingendole i fianchi con le mani. Sotto gli occhi dei presenti, la
bolla d’acqua si infranse in tante piccole gocce che si fusero
nell’atmosfera.
«
Certo che sei una che sa come togliere il fiato… »
Sussurrò Hawks, non appena il bacio finì. Mizu si
schiarì la gola e si portò un ciuffo ribelle dietro
l’orecchio.
«
Forse è meglio che il resto dell’allenamento lo
proseguiate da soli. » Sentenziò un aiutante,
indicando l’uscita della palestra e raggiungendola poco dopo,
insieme al resto del gruppo. Mizu tentò di fermarli, dicendo
loro che non era necessario, ma non la ascoltarono.
«
Grandioso. Adesso si che si saranno fatti un’idea sbagliata. »
Si stava già pentendo della sua scelta.
«
E quale sarebbe? »
«
Che ti ho baciato perché provo qualcosa per te. »
«
Ah e non è così? » Mizu tentennò prima di
rispondere.
«
Lo sai che l’ho fatto per non farti affogare, era solo un
allenamento. » Tentò l’azzurra, ma le sue parole
risultarono poco credibili anche alle sue stesse orecchie.
«
Dici? Avresti potuto tranquillamente dissolvere la sfera, o
permettermi di respirare. Si, so che sei in grado di farlo. »
Incalzò avvicinandosi a lei a braccia conserte e con aria
tronfia.
«
Sii serio, come potrei provare qualcosa quando non so praticamente
chi sei? » Le parole di Mizu arrestarono l’incedere
spavaldo di Hawks. « Io conosco Hawks, l’Hero geniale
entrato nella top ten dei Pro a soli 18 anni e che l’ha scalata
fino a raggiungerne il terzo posto in un solo anno. Conosco il
collega affidabile, si, ma anche schivo e che si nasconde dietro una
facciata piacente. Non so quando scherzi e quando invece dovrei
prenderti sul serio, ma soprattutto… non so nemmeno il tuo
nome. »
Hawks
riprese a camminare verso Mizu, che invece arretrava ad ogni passo
dell’altro. Lo sguardo del ragazzo si era fatto più
tagliente e serio, cosa che stava spaventando la dottoressa. Mizu si
trovò spalle al muro e quando Hawks la raggiunse, si fermò
davanti a lei, poggiando entrambe le mani sulla parete ai lati della
donna, mentre dispose le ali in modo da coprirli da occhi indiscreti.
«
Tanto per cominciare, non c’è nessuna “facciata”,
quello è il mio vero io, dico sempre quello che penso. Il
fatto che lo faccia con un sorriso, non significa che sia meno vero.
» Il suo sguardo era fisso in quello agitato di lei. «
Quando ero solo un bambino, ho salvato una famiglia da un incidente
in auto. E’ lì che è iniziata, da quel momento è
successo tutto molto in fretta. » Accorciò lo spazio tra
loro e vide chiaramente l’azzurra deglutire. « Infine…
il mio nome è Keigo Takami. » Annullò
completamente la distanza tra loro, unendo le sue labbra a quelle di
Mizu. L’azzurra, dopo un primo attimo di indecisione, si lasciò
andare al bacio, ricambiandolo con trasporto.
“
Insomma,
Kimiko ci aveva visto più lungo di me su questa faccenda…”
Si ritrovò a pensare dopo che si staccarono.
«
Ehm… bene… » Esordì, schiarendosi la gola.
« Appurato che mi sbagliavo… adesso potremmo
concentrarci sul mio allenamento? Avrai notato che non è il
difendermi il problema, quanto la resistenza. Stavo pensando che
dovremmo concentrarci su… » Il suo sproloquio fu
interrotto da una risata di Keigo.
«
Sei incorreggibile, davvero una guastafeste. Una donna senza
romanticismo! » La prese in giro. « Hai rovinato
l’atmosfera. » Continuò con tristezza teatrale,
portandosi una mano sul cuore. Mizu roteò gli occhi e scosse
la testa, divertita.
«
Adesso non è proprio il momento per continuare quel discorso,
rimettiamoci al lavoro! »
«
D’accordo, ma non credere che finisca qui. » La minacciò
con un sorriso, mentre entrambi riprendevano le posizioni per
l’allenamento.
Angolino
delle autrici
Non
ci dilunghiamo oltre, ma teniamo a ringraziare chi ci sta sostenendo
con commenti positivi e costruttivi ^-^
Vi
lasciamo i nostri link Intagram, grazie per chiunque vorrà
seguirci anche lì.
LilyShakarian
LadyBarbero
Alla
prossima! Lily&Lady
|
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Capitolo 17 *** Capitolo XVI° ***
La
primavera era ormai nel pieno della sua stagione a Tokyo. Gli alberi
di ciliegio che abbellivano le strade sbocciavano in un’esplosione
di petali che, come coriandoli in un giorno di festa, innondavano
l’asfalto. Marzo era ormai passato e finalmente ci si poteva
vestire più leggeri. Un clima davvero perfetto per Kimiko che
aveva un debole per le stagioni estive. Si sistemò alcune
pieghe della maglietta e vagò per le strade tentando di
riordinare le idee. Comprese subito dove la stavano portando i piedi.
Quel giorno aveva già concluso il suo turno al Doragon e,
anche se ancora titubante, si era fatta coraggio per riprendere
alcune vie del suo passato. Se voleva entrare nei dettagli della vita
passata di sua madre, così da avere maggiori informazioni sul
da farsi, doveva assolutamente superare l’ostacolo malinconia e
andare nel luogo giusto per i suoi scopi: la casa dove aveva vissuto
per anni con sua madre. Una volta arrivata, sfilò dalla tasca
dei pantaloni la chiave che custodiva nella sua scatola dei
ricordi inserendola successivamente e con prudenza nella
serratura. Appena aprì la porta la polvere che si sollevò
la fece starnutire più volte e lacrimare, costringendola a
tenere un braccio attorno a naso e bocca. Con occhi socchiusi si
avviò lungo il corridoio d’ingresso, facendo
scricchiolare ad ogni passo il parquet. Niente usanze a questo giro,
le scarpe non le avrebbe tolte nemmeno sotto tortura su quei
centimetri di polvere. Malgrado tutto, riusciva quasi a sentire nella
sua mente il rimprovero di sua madre quando, più di una volta,
era entrata in casa con gli anfibi bagnati, calpestando la superficie
lustrata in modo impeccabile pochi minuti prima. Un sorriso piegò
le sue labbra mentre saliva al piano di sopra, diretta allo studio di
Helena. Giunta davanti alla porta, strinse con forza il pomello,
pronta a girarlo ed entrare. Peccato che la stessa grinta formatasi
durante il tragitto iniziò a scemare, facendo tremare la presa
e rendendo il suo braccio più molle della gelatina. Deglutì
con forza, mordendosi il labbro inferiore. Ormai era lì, non
poteva fare marcia indietro consolandosi con un semplice “proverò
domani”, sapeva già che sarebbe diventato un terribile
circolo vizioso, proprio come succedeva nei tentativi di affrontare
certi argomenti spinosi con Touya. Chiuse gli occhi e, prendendo
coraggio, spinse con forza la porta cigolante. Con capo chino, restò
immobile sull’uscio della porta, aprendo lentamente un occhio e
successivamente l’altro. La luce che filtrava dalle fessure
delle tapparelle illuminava la scrivania con le varie scartoffie
lasciate ordinatamente e i vari portapenne che Kimiko, da piccola,
aveva decorato con brillantini e lettere tridimensionali, più
tre portafoto sistemati non molto distanti dal pc portatile. I libri
archiviati in ordine alfabetico erano ricoperti da un velo di
polvere, con qualche ragnatela negli angoli dello scaffale. Lasciò
cadere le braccia lungo i fianchi, avviandosi a passi lenti verso la
scrivania. Ne accarezzò la superficie con le dita, tirando via
con esse lo strato di polvere. Quando finì di circondare il
bordo, prese lentamente posto sulla sedia girevole, tirandola appena
in avanti. Poggiò le braccia sui braccioli rivestiti di pelle,
immedesimandosi per una attimo in sua madre quando, abbastanza
concentrata sulle sue faccende, non sentiva la presenza di Kimiko
avvicinarsi, sobbalzava non appena quest’ultima sbucava alle
sue spalle con un urlo. Le labbra della ragazza si incresparono
nuovamente in un sorriso, che si evidenziò maggiormente quando
iniziò ad osservare le foto nei riquadri. In una ci stava lei
insieme a sua madre, nella seconda una piccola Kimiko di appena sei
anni. Nell’ultima, che prese tra le mani, ci stavano nuovamente
le due, in compagnia di un giovane Touya. Certo che era davvero
cambiato in quegl’anni, pensò tra sé mentre
sfilava via la foto dal riquadro, poggiandola un attimo sulla
scrivania. Scosse brevemente il capo, non era il momento di lasciarsi
andare ai teneri ricordi. Aprì i vari cassetti, cercando al
loro interno qualche fascicolo che legasse sua madre alle indagini a
cui stava lavorando, ma - a parte vari quaderni con annotati degli
strani calcoli e qualche informazione di poco conto- non trovò
nulla che le potesse servire. Sbuffò un po’ amareggiata,
sollevando lentamente lo sguardo verso il portatile. Senza il minimo
di esitazione sollevò lo schermo premendo il tasto di
accensione. Per far passare quei minuti durante l’avvio del pc,
iniziò a tamburellare le dita sulle ginocchia, mangiucchiando
qualche pellicina che staccava dall’interno della guancia.
Sgranò gli occhi entusiasta appena lo schermo risultò
avviato, peccato che venne tutto smorzato dall’apertura della
finestra che richiedeva l’inserimento della password.
«
Ma che palle dai! »
Provò
subito a digitare il nome di sua madre. Ovviamente il messaggio
di errore non si fece attendere, facendo sbuffare rumorosamente
Kimiko. Tentò ancora senza demordere, prima con la data di
nascita di sua madre, poi con la sua... niente, ancora errore. Per il
forte pugno che sferrò sulla scrivania quasi faceva cascare i
vari portapenne. Poi, colta dall’improvvisa soluzione, anche se
questo le dipinse un’espressione contrariata, digitò il
nome di suo padre. Peccato... anche in questo caso il messaggio dava
sempre errore.
«
Scherziamo? »
Nuovo
tentativo con il nome da Hero dell’uomo. Ma niente.
«
Avevi forse un amante, mamma? Mi metti seriamente in difficoltà
così! »
Affondò
le dita tra i capelli grattando con violenza la cute in cerca di
altre password, ma proprio non le veniva in mente altro. Si lasciò
sprofondare contro lo schienale imbottito, chiudendo gli occhi e
sospirando arresa, ma la porta che si aprì e richiuse al piano
di sotto e il chiacchiericcio, la misero nuovamente sull’attenti,
mandandola in preda all’agitazione. Chi si sarebbe preso la
briga – e la confidenza- di entrare in quella casa? Cercando di
recuperare le redini della situazione, trattenne il respiro per
concentrarsi sulle voci e rumori. I due uomini si scambiavano qualche
parola riguardo ad alcune indagini in corso. Dai toni sembravano
abbastanza amareggiati nel trovarsi lì. Peccato che per Kimiko
non fosse proprio il momento adatto per soggiornare e continuare ad
ascoltare, visto che i due stavano salendo verso il piano superiore.
Chiuse il portatile staccando i fili dalla presa elettrica, per poi
prenderlo sotto braccio. Recuperò anche la foto che aveva
lasciato poco prima, avviandosi velocemente alla finestra. Sollevò
la tapparella, il tanto giusto da potervi sgusciare e saltare di
sotto, atterrando con leggiadria poco prima di poggiare i piedi al
suolo. Non esitò né si voltò, fece solo caso -
con la coda dell’occhio - alla volante della polizia
parcheggiata fuori dal cancello della casa. Poi, senza una meta
precisa e colta da un improvviso attacco di panico, iniziò a
correre velocemente per le strade, infilandosi in ogni vicolo che
incrociava. Non capiva il perché di quella reazione. Poteva
ucciderli e continuare in pace le sue indagini. Forse perchè
la lista delle persone da eliminare era stata tutta spuntata, quindi
che motivo c’era di eliminare degli innocenti? Anche se non era
il miglior pensiero coerente a cui potesse aggrapparsi, visto che -
per non essere scoperta - aveva strappato la vita ad un Hero che non
aveva fatto nulla di male, si era solo trovato nel luogo e momento
sbagliato. Dopo tanto correre iniziò a rallentare, finendo
passo dopo passo per fermarsi completamente trafelata e con un
battito talmente accelerato che il cuore sembrava uscirle dal petto.
Si mise spalle al muro, lasciandosi cadere con la complicità
delle gambe molli per via della tensione che andava calando.
Deglutendo a fatica cercava di riprendere un respiro regolare,
stringendo al petto il portatile. Reclinò il capo contro il
muro, spostando una mano verso la tasca dei pantaloni per estrarre il
cellulare che vibrava con insistenza. Pensava che nel sedersi si
fosse sbloccato lo schermo, incasinando e attivando chissà
quale applicazione. Invece, sul display, segnava la chiamata in
arrivo di Touya, oltre all’avviso di più di sette
chiamate perse.
«
Che succede? » Rispose senza il minimo accenno di saluto come
suo solito.
«
Forse dovrei essere io a farti questa domanda. Dove cazzo ti trovi? »
Il suo tono serio e preoccupato le fece perdere qualche battito.
Impossibile, quegli agenti non potevano già essere sulle sue
tracce! Non erano mica in un film dove si scopre tutto con uno
schiocco di dita! Stava per rispondere, ma il ragazzo proseguì.
«
C’è un assedio di giornalisti alla U.A. Qualcuno, a
quanto pare, ha manomesso i cancelli dell’istituto. Per il
fiatone che sento, dubito che tu NON c’entri qualcosa… »
Kimiko tirò un sospiro di sollievo alla sua spiegazione.
«
Posso giurarti, su tutto quello che vuoi, che sono estranea ai fatti.
» Abbassò la testa fissando il portatile « Ho
avuto cose più importanti da fare… » Sentendo
quel tono malinconico, dall’altra non ebbe risposta per qualche
secondo, poi Touya proseguì.
«
Inviami la tua posizione, arrivo il prima possibile. Tu resta lì…
»
La
ragazza fissò lo schermo appena lui chiuse la chiamata. Andò
nella sezione apposita, inviando come richiesto la sua posizione,
poggiando poi la nuca contro la parete ed emettendo un un lungo
sospiro. Passarono più di venti minuti poi, finalmente, Touya
riuscì a trovare il vicolo dove la ragazza si era rifugiata.
Il suo volto era girato dalla parte opposta alla sua, quindi Kimiko
non poté vedere l’espressione di tranquillità del
ragazzo nell’aver constatato che lei stesse bene. Si avvicinò
prendendo posto vicino a lei, fissando il muro davanti a loro.
«
Sei riuscita ad andare in quel posto? » Di risposta lei annuì
col capo senza aggiungere nulla, facendo sospirare lui «Come
mai hai preso il portatile? »
«
Perché ho appurato che quella casa non è più
sicura… » I suoi occhi erano smarriti, mentre cercavano
un punto preciso su cui fermarsi « Sai… avevo
intenzione di abitare nuovamente lì, un giorno…
evidentemente ci sta qualcosa che impedisce ogni ri allacciamento al
passato… »
«
Bè… io sono qui… » Lei si volse
sorridendogli dolcemente, Touya ricambiò con un mezzo sorriso.
«
Sai… oggi, per la prima volta, mi sono lasciata prendere dal
panico… »
«
Seria? » Per la prima volta, dopo tanto, la guardò con
stupore « Chi è che ha avuto il grande privilegio di
mandare nel pallone la ragazza demoniaca?! »
«
Dai… » Sorrise « Sono stata colta alla sprovvista…
non mi aspettavo che la polizia irrompesse in quella casa… »
«
Perché non li hai uccisi? » Lei abbassò lo
sguardo.
«
Ho provato a farmi qualche idea, ma inciampo miseramente
sull’incoerenza…forse, la verità, è che
non sono poi tanto forte come credevo...o come mi rappresentano i
giornali... » Volse nuovamente lo sguardo su di lui.
«
I giornali e le persone dicono tante cose… magari lo fanno per
trovare un senso alla loro vita inutile… quindi buttano
sarcasmo o parole in più per sentirsi superiori… ma di
superiore hanno solo il piano dove abitano. » Kimiko non poté
trattenere le risate, osservata da Touya soddisfatto di aver
scatenato quella reazione, mettendola così nuovamente a suo
agio e tranquillità.
«
Sei incoerente con te stesso se parli così. Anche tu giudichi
a primo impatto. »
«
Più che giudicare io insulto, e non ci trovo nulla di male ad
esprimere ciò che penso al diretto interessato, soprattutto
faccia a faccia e non dietro una rivista o pc… Come mio padre
faceva con me, continuava ogni giorno e quando poteva ad
insultarmi... » Lei sorrise appena nel sentire l’ultima
frase.
«
Forza. » Proseguì Touya alzandosi e spolverandosi i
pantaloni « Non possiamo stare qui fino a domani…
andiamo a fare una passeggiata. » Le sfilò il portatile
sistemandolo sottobraccio, porgendole poi la mano libera per aiutarla
ad alzarsi. Senza esitazione Kimiko la strinse, issandosi in piedi.
Senza lasciargli la mano si diede una spolverata con l’altra,
tirandolo subito dopo con sé verso l’uscita del vicolo.
Lui la fissò con sgomento, soprattutto le loro mani.
«
Ehi… » Sollevò le due mani ancora unite «
Ci scambieranno per una coppia così… »
«
E quindi? Non sei tu che hai appena detto “tanto
la gente parla a prescindere”?
Hai già rinunciato alla coerenza? » Gli sorrise
divertita.
«
Touché, Kim…» Ricambiò il sorriso
affiancandosi a lei, stringendo leggermente le dita attorno alle sue
« Chissà perché quegli agenti si trovavano nella
vostra vecchia casa… che abbiano scoperto qualcosa su di te?
»
«
Mh… non credo… non è mai successo per tanto
tempo. »
«
C’è sempre una prima volta per tutto, Kim… »
Lei fece ruotare gli occhi contrariata, non le piaceva quando lui
iniziava a fare l’esperto. Dava l’impressione dell’uomo
ormai vissuto.
«
Parliamo invece dell’irruzione dei paparazzi alla U.A. »
Cambiò immediatamente discorso evitando la paternale del
ragazzo « Qualche giornalista affamato di informazioni ha usato
il suo quirk? »
«
Mi sembra strano che tra i paparazzi esista qualcuno con un quirk
simile… » Sollevò gli occhi verso il cielo
« Da quello che accennavano in tv, i cancelli sono stati
disintegrati,
se così si può dire. Impossibile che tra i giornalisti
ci sia qualcuno con una unicità così potente. Chi fa
determinati mestieri, come ad esempio il giornalista, fotografo o
agente di polizia è perché il proprio quirk non ha una
determinata capacità che gli permette di svolgere un lavoro un
poco più serio… »
«
Come mestiere più serio intendi l’Hero? »
«
Beh… ormai le persone con le giuste capacità non
pensano ad altro… il modo migliore per fare soldi, mettendo in
secondo piano la vita delle persone… »
L’espressione di Touya si fece seria, lasciando Kimiko
incuriosita da tale reazione. Rispetto a lei sembrava nutrire più
astio nei confronti degli eroi. Cercò di alleggerire la
tensione accarezzandogli lentamente le dita e, in cambio, ottenne la
stessa azione da parte sua.
«
Lasciamo perdere… Ti va di andare a bere qualcosa? Anche se
avrei già voglia di gelato… »
«
Vada per qualcosa di fresco… basta che non andiamo al Doragon…
non ho proprio intenzione di sentire il nonnetto e le sue frecciate…
»
«
Mi trovi assolutamente d’accordo! » Sorrise divertita,
avviandosi con lui in cerca di qualche posticino tranquillo.
§§§
Aveva
corso trafelata a più non posso, arrivando addirittura ad
usare il suo quirk per andare più veloce. Aveva provato a
prendere un taxi, ma era rimasto imbottigliato nel traffico e lei
aveva fretta, molta fretta. La notizia dell’attacco alla U.A.
l’aveva agitata parecchio e la sua solita calma era andata
farsi benedire. Quando le era arrivato il messaggio del notiziario,
era con Hawks alla centrale. Visti gli sviluppi degli esami del DNA,
uniti ai suoi sospetti e alle indagini correlate ai criminali morti,
alcuni agenti erano stati mandati a seguire una pista. Lei e Hawks
volevano andare con loro, ma la notizia dell’attacco alla
scuola le aveva fatto cambiare idea. Aveva chiesto ad Hawks di andare
comunque senza di lei, si sarebbero sentiti più tardi. L’Hero
non era stato molto entusiasta all’idea, ma aveva acconsentito.
E così Mizu si era fiondata alla U.A. senza stare troppo a
pensarci. Una volta arrivata, le macchine della polizia la misero
ancora più in allarme. Tentò di passare, ma fu fermata
dagli agenti.
«
Mi spiace signorina, non si può passare. » Mizu cercò
spazientita la sua patente da Hero.
«
Healing Water, devo passare agente. » Verificata la sua
identità, il poliziotto non fece ulteriori storie e le permise
di passare oltre. La donna superò le porte dell’edificio
e si affrettò a raggiungere l’infermeria. Qui vi trovò
sua sorella Umi, intenta ad occuparsi di alcuni studenti andati in
panico. Come vide che stava bene, sospirò di sollievo.
«
Mizu! » Esclamò la minore non appena la notò. «
Che ci fai qui? »
«
Ho sentito dell’attacco e mi sono preoccupata. » La
abbracciò non appena fu libera dagli studenti.
«
In realtà non c’è stato un vero attacco, stiamo
tutti bene, solo un po’ di spavento. »
«
Meglio così, dov’è la nonna? »
«
Il preside ha riunito tutti i professori per una riunione
d’emergenza, dovrebbero finire a breve. Vuoi aspettarla qui?
»
«
No, vado alla sala d’attesa. » Mizu poggiò un
bacio sulla tempia alla sorella minore e si diresse con più
calma al luogo stabilito. Non aveva ben chiaro cosa fosse successo,
ma doveva sapere, sperando che il tutto non fosse collegato alle
indagini che stava seguendo. Si sedette nelle poltroncine accanto
alla porta dell’ufficio del preside e attese, per sua fortuna
meno di quanto avesse immaginato. Dopo poco infatti la porta si aprì
e i professori iniziarono ad uscire, tutti con espressioni
preoccupate dipinte sul volto, ad eccezione di uno. Osservò
l’imponente figura di All Might passarle davanti col suo solito
sorriso, non l’aveva mai visto di persona, figurarsi così
da vicino. Quando l’Hero non fu più nella sua visuale,
lei scattò incontro alla nonna e le prese le mani tra le sue,
contenta che stesse bene. Prima che potessero parlarsi, Mizu fu
salutata da Midnight e Present Mic.
«
Sono felice che anche voi stiate bene. » Sorrise ad entrambi,
finché dietro di loro non scorse Shota. Si scambiarono uno
sguardo silenzioso, Mizu si morse il labbro inferiore per sopprimere
l’impeto di abbracciarlo, mentre lui distolse lo sguardo ma
smise di muoversi. Nonna Chiyo le diede una carezza e le sorrise
rassicurante, per poi dirigersi verso l’infermeria. Mizu e
Shota rimasero soli, in un silenzio che fu spezzato solo dopo qualche
minuto da lei.
«
Cos’è successo? » Chiese, facendo qualche passo
verso di lui. Aizawa si poggiò ad una parete, guardando fisso
davanti a sé.
«
E’ stato violato il terzo livello di sicurezza. Una delle porte
è stata in parte sgretolata.»
«
Chi è stato? » Stavolta lui la guardò, sapeva
quali fossero i suoi timori perciò non tardò a
rispondere.
«
A causa di All Might eravamo sotto assedio dei giornalisti. » “
Gli stessi che paparazzano te e Hawks” Avrebbe voluto
aggiungere, ma non gli sembrò il caso, non in quel momento. «
Nessuno di loro avrebbe potuto fare una cosa simile, comunque. Quindi
pensiamo che sia stato un attacco mirato. Cercheremo di capire chi
fosse il bersaglio e intensificheremo la sicurezza. »
Mizu
sospirò.
«
Tu stai bene? » Gli chiese, pur conoscendo la risposta.
«
Non ci sono stati feriti. »
«
E io non ti ho chiesto il bollettino per la telecronaca. »
«
Si, sto bene… Sono solo un po’ in pensiero per i
ragazzi. » Ammise infine. « Anche se sembra siano
riusciti a gestire al meglio la situazione. »
«
Meglio così, abbiamo bisogno di nuove leve pronte all’azione.
»
«
Tu dici? Mi sembra che di Hero ce ne siano fin troppi. »
«
Non si è mai abbastanza nella lotta per la giustizia e la
difesa degli innocenti.»
«
Giusto, dimenticavo con chi sto parlando… »
«
Shota, io… niente, volevo solo accertarmi che fosse tutto a
posto. Ora vado. » Si girò, pronta ad andarsene, ma
Aizawa la fermò, trattenendola per un polso.
«
Aspetta. »
Mizu
quasi sobbalzò per il gesto e lo fissò, confusa per
quella richiesta improvvisa. Shota la tirò a sé e la
strinse tra le braccia.
«
E’ dalla sera a casa tua che volevo farlo, ma abbiamo discusso
e mi dispiace. »
«
Shota, no… » Tentò lei, con poca convinzione. «
Non puoi farmi questo proprio quando cerco di andare avanti… »
Lui la strinse più forte.
«
Con Hawks? » Chiese in un sussurro che le fece venire i
brividi. « Lui non ha bisogno di te, io sì. » Mizu
si staccò appena, quel tanto che bastava per osservarlo con
occhi sgranati.
«
Ti rendi conto che non puoi giocare con me in questo modo..? Mi
allontani, ti riavvicini, mi eviti, chiudi ogni possibilità di
futuro tra noi e poi fai queste uscite… sii chiaro una buona
volta e dimmi cosa vuoi. »
Shota
le prese il viso tra le mani e la baciò con dolcezza.
«
Sistemare le cose. »
«
Bene, mi fa piacere che tu l’abbia capito… »
Poggiò le mani su quelle di lui. « Ma io non funziono in
base ai tuoi sbalzi d’umore, perciò anche io devo capire
cosa voglio ora. » Le scansò dal suo viso e si
allontanò, senza voltarsi a guardare alle sue spalle.
Angolino
delle autrici
Scusate,
un po' in ritardo ma eccoci :P
Vi
lasciamo i nostri link Intagram, grazie per chiunque vorrà
seguirci anche lì.
LilyShakarian
LadyBarbero
Alla
prossima! Lily&Lady
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Capitolo 18 *** Capitolo XVII° ***
Dopo
qualche ultima chiacchiera con Umi e Chiyo, Mizu era rientrata a casa
un po’ di malumore. Con tutto quello che le stava accadendo
attorno, le sembrava di non avere più il controllo e che le
redini della sua vita le fossero scivolate di mano. Sdraiata sul
letto, mentre coccolava quella palla di pelo rossa che era il suo
gatto, ripensava ai recenti avvenimenti, sia lavorativi che privati.
Le indagini stavano procedendo in una direzione che non le piaceva
affatto, il coinvolgimento di Kimiko era sempre più una
certezza; stava trascurando un po’ troppo il suo lavoro al
P.E.S.E.E. a causa delle indagini; in più Shota che le
rivelava di voler sistemare le cose, proprio nel periodo in cui lei e
Keigo si erano avvicinati. A distrarla dai suoi pensieri, l’
Hero piumato bussò alla sua finestra, era certa fosse lui,
nessun altro si presentava in quel modo
Mizu
fece scorrere il vetro della porta finestra e gli permise di entrare.
«
Come mai al buio, gocciolina
?
» Hawks entrò senza troppi complimenti, nonostante i
miagolii di protesta di Kotton e si mosse per accendere la luce ma
Mizu lo fermò. La scrutò attentamente e nemmeno il buio
gli impedì di notare l’espressione provata della donna.
La fece sedere sul letto, mettendosi accanto a lei, e le accarezzò
il viso con una mano, sorridendole incoraggiante. « Allora, che
succede? »
«
E’ solo un periodo molto stressante… stanno succedendo
un sacco di cose e mi sento un po’ travolta… »
«
E’ normale, devi solo riprendere fiato e riassestarti. »
«
Hai ragione. » Ricambiò il sorriso, sentendosi già
molto più rilassata dalla presenza e dal conforto del ragazzo,
così poggiò una mano su quella di Keigo che ancora
stava sul suo viso. « Come mai sei qui? » Gli chiese poi,
rispecchiando le sue pozze azzurre negli occhi castani di lui.
«
Solo darti qualche notizia in più. Dopo che sei partita a
razzo verso la U.A., noi ci siamo mossi verso la casa di una donna di
nome Helena Curt. » Mizu sobbalzò, Helena era lo stesso
nome della madre di Kimiko. « Era tra i nomi rilevanti degli
Hero uccisi dai criminali trovati in brandelli qualche mese fa. A
quanto pare era un’infiltrata in un caso di esperimenti
condotti dalla yakuza. Si è fidata delle persone sbagliate,
alcuni agenti corrotti, che l’hanno venduta. Non sto nemmeno a
dirti che anche questi rientrano tra le vittime dello stesso
carnefice del quale abbiamo recuperato il campione. La casa era
abbandonata da tempo, ma controllando l’inventario, abbiamo
scoperto che è sparito un portatile. Inoltre… » E
stavolta Hawks abbassò lo sguardo, un po’ titubante. «
… a quanto pare aveva una figlia. »
«
Kimiko. » Emise debolmente Mizu, chiudendo gli occhi.
«
Già, il nome è quello. Sappiamo che è stata
presa in affido da un certo Gorou Fujiwara, che le ha dato il suo
cognome. Nelle analisi di laboratorio, le tracce del DNA di All Might
erano mescolate con quello di Helena Curt. »
Mizu
sgranò gli occhi.
«
Mi stai dicendo che non solo il nostro assassino sembra controllato o
servirsi di un parassita, ma che è.. la figlia di All
Might..?! »
«
Non sono io a dirlo, ma i risultati dei test. »
«
E non è possibile che ci siano stati degli errori? »
«
Sono stati ripetuti più volte, vista la gravità della
situazione. Sempre stesso risultato. »
Le
lacrime iniziarono a rigare il viso della donna, che probabilmento
non si era nemmeno resa conto. Aveva lo sguardo sgranato fissò
a terra, nel vuoto.
«
Keigo… » Emise debole. « Io conosco quella
ragazza. » Stavolta fu il turno del ragazzo di sobbalzare. «
L’hai vista anche tu, è la cameriera del Doragon. »
Hawks
sospirò.
«
Come pensi di gestire la situazione? » Mizu rimase spiazzata da
quella domanda, non si aspettava che le desse questa possibilità.
«
Ascolta… io ho iniziato a conoscerla meglio e sono certa che
sia convinta che questo sia il suo unico modo per avere giustizia. Ha
visto solo un sistema corrotto che le ha portato via sua madre, suo
padre è un Hero ma non sa nemmeno della sua esistenza, per
questo li detesta tanto. »
«
La stai giustificando? » Le chiese, scettico.
«
Giustificando no, condanno assolutamente ciò che ha fatto, ma
cercare di comprendere, questo si. Credimi, non è una persona
cattiva, ma solo sfortunata. Va riabilitata, non rinchiusa. Voglio
farle capire che c’è un modo diverso per ottenere
giustizia, che non sia farsela da sé. Voglio essere quell’Hero
di cui le persone come lei hanno bisogno, quello che riesce a dare la
speranza che le cose possono funzionare, se siamo noi a volerlo.
Uccideresti un animale solo perché, se minacciato, il suo
istinto lo porta a difendersi con i propri artigli? O proveresti a
insegnargli cos’è giusto, facendogli imparare cosa vuol
dire ricevere una carezza come ricompensa degli sforzi? »
Hawks
la strinse a sé, non riuscendo a reprimere l’impeto
causato dalla compassione della donna.
«
Mizu, tu… non pensavo potesse esistere una persona capace di
pensarla in questo modo… »
Le
prese il volto tra le mani e la baciò teneramente, ma anche
con l’estremo bisogno di un contatto più intimo, quasi a
voler amalgamare le loro anime. Mizu non si sottrasse e anzi ricambiò
con la stessa necessità. Si lasciò accompagnare dal
movimento di Hawks, che la fece sdraiare sul letto. Keigo lasciò
le sue labbra per scendere a baciarle l’incavo tra i seni,
mentre le slacciava la camicetta. Lei gli mise le dita tra i capelli
biondi, sussurrando il suo nome con voce roca. In quel momento, i
dubbi e la razionalità andarono a farsi benedire, lasciando
spazio alla passione che la bruciava ad ogni tocco di Keigo. Ormai
nudi entrambi, si lasciarono solleticare la pelle dalle piume delle
ali di Hawks, che si avvolsero a racchiuderli entrambi, mentre i loro
corpi si univano.
§§§
La
mattina successiva, Mizu si svegliò estremamente rilassata. Si
stiracchiò, facendo attenzione a non svegliare il ragazzo
accanto a lei, poi si fermò qualche istante per osservarlo
mentre ancora dormiva. Gli scostò i capelli dal viso,
sorridendo con dolcezza, e gli diede un bacio sulla fronte, prima di
lasciare il letto un po’ contro voglia. Preparò la
colazione per entrambi e, dopo aver mangiato la sua, ripose la
porzione di Keigo nel microonde. Fece una doccia veloce e si vestì
per andare al lavoro, ma prima di uscire lasciò un biglietto
al ragazzo.
“
Scusami
se sono uscita senza salutare, ma il lavoro chiama. Tu riposati, ti
ho lasciato la colazione nel microonde. Fai pure come se fossi a casa
tua. Più tardi parleremo di persona di quello che è
successo stanotte… Un bacio.
Mizu”
Dopo
una carezza veloce al micio, si chiuse la porta alle spalle e si
diresse al Programma
Educativo di Supporto Emotivo per Eroi, dove finalmente avrebbe
potuto dedicare del tempo al suo paziente preferito. Quando arrivò
nel suo ufficio, Endeavor la stava già aspettando.
«
Buongiorno Enji-san. » Gli sorrise, solare.
«
Buongiorno. » Rispose lui, un po’ spiazzato dal buonumore
della donna.
«
Oggi può dirmi tutto quello che vuole, perché sarà
la nostra ultima seduta. » Continuò la dottoressa,
cordiale. Endeavor la fissò sorpreso per quell’affermazione
così improvvisa. « Ho deciso momentaneamente di
ritirarmi da questo lavoro, per dedicarmi alla carriera da Hero.
Sento che è lì al momento che dovrei stare, in mezzo
alle persone che vorrei difendere. » L’uomo la scrutò
attentamente.
«
Conoscendo tuo padre, mi chiedevo come mai questa decisione non fosse
ancora arrivata. »
«
Serviva la giusta motivazione, come per ogni cosa suppongo. »
Disse, sorridente e il suo umore riuscì a contagiare persino
il suo paziente, che abbozzò un mezzo sorriso.
«
Ovviamente, se dovesse aver bisogno, potremmo comunque vederci per
delle sedute private. Non le negherei mai a lei, Enji-san. »
L’uomo arrossì appena e si grattò la nuca,
distogliendo lo sguardo. « Cielo, spero non sia suonato come un
tentativo di flirt, senza offesa, lei è un uomo bello e
affascinante ma potrebbe essere mio padre! » Ridacchiò,
divertita dall’equivoco.
«
Shoto ha iniziato la scuola. » Esordì lui, cambiando
discorso e attirando la completa attenzione di Mizu. « Lui
probabilmente crede che non mi importi, ma è colpa mia se lo
pensa. L’ho trattato come uno strumento per raggiungere i miei
scopi, è normale che mi odi. »
«
Io non penso la odi, signore. E sempre suo figlio, se vedrà un
cambiamento nel suo atteggiamento, magari riuscirete a riavvicinarvi.
» Endeavor osservò Mizu così intensamente da
farla arrossire.
«
Forse Shoto no, ma Natsuo si e non lo biasimo. Mia figlia Fuyumi
invece cerca costantemente di riparare la famiglia che io ho creato e
distrutto al tempo stesso. E mia moglie… mia moglie piange
ancora la perdita di Touya, l’ha spezzata e io ho solo saputo
infierire. » Chinò il capo verso il basso, emettendo un
lungo respiro.
«
Sa cosa vedo io, signore? Vedo un uomo, un marito, un padre distrutto
dai propri sbagli ma che sta iniziando a capire di averli commessi, a
prenderne atto e forse a rimediare. » Gli mise la mano sulla
spalla. Lui sollevò il capo per guardarla e la vide
sorridergli incoraggiante. « Ci vorrà del tempo, è
vero, ma se permetterà anche alla sua famiglia di vedere
questo suo lato pronto a redimersi, sono certa che prima o poi
riuscirete a tornare uniti. »
Il
cerca-persone di Endeavor interruppe quel momento di confessione.
«
Devo andare… ma penserò all’offerta di altre
sedute. »
«
Ci conto, dopotutto non è solo mio paziente, ma anche un amico
di famiglia. Sono certa che anche mio padre la pensi così. »
L’uomo
fece un cenno del capo, mentre Mizu si mise a scrivere la sua lettera
di dimissioni. Quando la consegnò, il suo dirigente era un po’
spiazzato da quel gesto improvviso, ma la cosa non la preoccupo’,
le sue motivazioni erano tutte nella lettera. Avrebbe recuperato le
sue cose solo in un secondo momento, perciò lasciò
l’edificio spensierata, convinta che niente avrebbe potuto
rovinarle l’umore quel giorno. Sfortunatamente per lei, invece,
la chiamata di sua sorella Umi riuscì nell’intento.
«
Pronto? »
«
Mizu… » Emise la minore con tono affranto, facendo
trasalire l’azzurra. « E’... è successa una
cosa… »
«
Umi, mi stai spaventando… dove sei? Che è successo? »
«
Sono a scuola. I ragazzi della I° A erano andati ad
un’esercitazione di soccorso… Sono appena rientrati,
assieme al resto dei professori… » Fece una breve pausa,
non sapendo bene come proseguire. « Sono… sono stati
attaccati, Mizu... » L’azzurra si bloccò di colpo,
era la classe di Shota. « … Probabilmente dagli stessi
che hanno distrutto la porta l’altro giorno, ancora non so
niente… »
«
Stanno bene? Ci sono feriti? » Chiese in palese apprensione,
mentre saliva su un taxi.
«
S-si… i ragazzi stanno bene, solo alcuni se la sono cavata con
qualche ferita superficiale, ma… Aizawa-sensei, lui… »
Mizu si sentì morire dentro. « Lui è grave, Mizu…
la nonna si sta occupando di lui. »
«
Sto arrivando. » Chiuse la conversazione senza ulteriori saluti
e intimò all’autista di sbrigarsi. Dieci minuti dopo si
stava ripetendo la scena di qualche giorno prima, dove lei aveva
varcato le porte della U.A. di corsa e trafelata. Anche in questo
caso, si fiondò in infermeria; vide gli studenti un po’
malconci e sentì la voce di All Might dietro una tenda, ma poi
i suoi occhi sgranati si paralizzarono sulla figura inerme di Shota.
Vide sua nonna stremata nel tentativo di velocizzargli la guarigione,
perciò si avvicinò, tentando di mantenere la calma, e
le mise una mano sulla spalla.
«
Ci penso io ora. » Se Recovery Girl era visibilmente provata
dall’estremo utilizzo del sui quirk, si spaventò nel
vedere quanto fosse pallida la nipote, ma si spostò comunque
per lasciarla fare. Mizu si pose davanti al corpo di Shota e gli
poggiò le mani sul petto. Poco dopo entrambi furono avvolti da
una bolla d’acqua iridescente, che iniziò a guarire le
ferite dell’uomo. L’azzurra rimase in quella posizione
per ore, senza mai mostrare un cenno di cedimento, finché non
fu perfettamente certa che ogni osso si fosse rinsaldato, ogni
articolazione rimessa a posto e il sangue avesse ripreso a scorrere
normalmente. Osservò con sguardo fisso e serio il monitor che
segnava il battito di Shota, ora regolare. Aveva la fronte imperlata
di sudore e i vestiti impregnati per lo sforzo prolungato.
L’infermeria era quasi vuota ora, erano rimaste solo sua nonna
e sua sorella, ma durante quelle ore alcuni erano passati per
sincerarsi delle condizioni di Aizawa. Quando Mizu dissolse la bolla,
però, rimase immobile a fissare il volto rilassato dell’uomo.
Allungò la mano e con l’indice percorse la cicatrice
formatasi sotto l’occhio destro.
«
Non ho fatto in tempo… » Sussurrò, flebile. «
Non sono stata abbastanza veloce… »
«
Ma che dici?! Sei stata bravissima! » La ammonì Umi. «
Adesso vieni a riposarti, ne hai bisogno. »
«
No, è colpa mia… E’ stata colpa mia… »
Iniziò a singhiozzare, lasciandosi andare sul petto dell’uomo.
« ...solo colpa mia! » Le due osservarono l’azzurra
lasciarsi andare ad un pianto disperato. « Mi dispiaceee…
» Chiyo fece per avvicinarsi alla nipote maggiore, ma uno
scossone la fece desistere. Il terreno sotto di loro iniziò a
tremare visibilmente e le due si strinsero.
«
Ci mancava solo un terremoto! » Esclamo Umi, spaventata. Chiyo
invece si fece più scura in volto ed osservò
attentamente Mizu.
«
No, non è un terremoto. Usciamo e andiamo a chiamare tuo
padre. »
Lasciarono
l’azzurra in infermeria e uscirono, tentando di muoversi
nonostante gli scossoni sempre più forti. Furono soccorse da
All Might, che le recuperò, prendendole in braccio.
«
Ma che sta succedendo..? » Chiese Umi, confusa. « Oddio,
non ditemi che stanno attaccando la scuola?! » Sentenziò
terrorizzata.
«
No, temo sia qualcosa di peggio… » Affermò
l’Hero, fermandosi davanti ad una finestra. Tutti e tre
trattennero il fiato nel notare un onda anomala pronta a schiantarsi
sul distretto.
«
Com’è possibile? Così dal nulla..? » Chiese
All Might, sconcertato.
«
Sarà una catastrofe… spazzerà migliaia di vite…
» Sentenziò Umi, inorridita, portandosi le mani alla
bocca.
«
Bisogna chiamare Aoi e in fretta! Nel frattempo cerchiamo di
contenere i danni! » Sentenziò Chiyo. Fu dichiarato lo
stato d’allerta e alcuni Hero vennero incaricati di gestire
momentaneamente lo Tsunami, prima che si scagliasse sulla popolazione
e nell’attesa di Ocean. N° 13 utilizzò il suo Black
Hole per risucchiare l’acqua, mentre Endeavor la stava facendo
evaporare con le sue fiamme, altri ancora invece stavano cercando di
evacuare velocemente la zona. Furono venti minuti di terrore, finché
Aoi Shuzenji non fu portato in cima all’edificio e con notevole
sforzo dissolse lo tsunami. Mentre nell’ora successiva i civili
venivano riaccompagnati alle proprie case, Aoi mosse la sua sedia a
rotelle verso l’infermeria. Per fortuna non c’erano stati
feriti o danni irreparabili, grazie all’intervento tempestivo
degli Hero, ma restava da capire cosa lo avesse scatenato. Ocean aprì
la porta e scorse sua figlia maggiore ancora intenta a piangere.
«
Mizu. » La riprese con voce ferma ma pacata.
«
P-papà…? » Disse lei, tirando su col naso,
voltandosi appena verso di lui. Aoi sospirò ma mosse le ruote
verso di lei.
«
Ti sei resa conto di quello che è appena successo? » Lo
sguardo confuso di lei fu una risposta eloquente. « Sembra che
le tue emozioni abbiano avuto il sopravvento… Per poco non
scagliavi uno tsunami sul centro di Tokyo. »
«
Cosa?! » Esclamò sbalordita, rialzandosi e asciugandosi
le lacrime. « Non ne sarei capace neppure volendo… »
«
A quanto pare non è così, tesoro… » La
guardò colpevole. « Credo che il tuo vecchio ti abbia
caricato di una responsabilità che non volevi. »
«
Per l’amor del cielo! Ho fatto del male a qualcuno! »
Esclamò, entrando in panico.
«
No, no, stai tranquilla. Per fortuna stanno tutti bene, solo qualche
disguido in città. Però tesoro, dovrai imparare a
dominare questo potere, come al tempo feci io. »
Mizu
osservò attentamente suo padre, poi spostò lo sguardo
su Shota e asserì.
«
Si. Nessuno deve stare male per colpa mia… »
§§§
«
Assurdo… » Si grattò con rabbia la cute,
arruffando la bionda capigliatura « Le ho davvero provate
tutte, ma questa password si fa proprio desiderare. » Aggiunse
in un sospiro mentre con le dita della mano libera picchiettava sul
bordo del portatile. Dal precedente giorno praticamente non aveva
chiuso occhio. Al turno mattutino di lavoro, anche se stremata, aveva
messo tutto l’impegno possibile e immaginabile per far passare
l’ora, così da rientrare velocemente a casa per
rimettersi all’opera con quel maledetto pc. Stese le braccia
sopra la testa, stiracchiando i muscoli più che poteva,
lasciandosi poi andare contro lo schienale del divano. Si sfilò
gli occhiali da vista, massaggiandosi il setto nasale indolenzito.
«
Perché non ti prendi una pausa? » Consigliò il
moro avvicinandosi a lei con una tazza di caffè fumante. «
Rischi il collasso totale se continui così… inoltre non
otterrai nulla se la tua testa è un groviglio di dubbi…
» Kimiko prese la tazza con un broncio appena accennato dipinto
sul viso, contrariata dalle parole di Touya. Si spostò poi il
tanto che bastava perché anche lui prendesse posto vicino a
lei.
«
Non riesco a sopportarlo. Pensavo di conoscere perfettamente mia
madre… ma, a quanto pare, ci stavano tante cose che mi
nascondeva… » Sbuffò, sorseggiando un po’
di caffè, senza smettere di fissare lo schermo e quel
messaggio di accesso negato che, ormai, era diventato uno sfondo
fisso di quel portatile. Il ragazzo la fissò perplesso e,
senza pensarci ancora, abbassò le schermo del portatile con un
veloce scatto.
«
Touya?! » Pronunciò stizzita lei andando a riaprirlo, ma
la presa al polso di lui fermò all’istante la sua azione
« Vuoi forse litigare? » Ringhiò Kimiko.
«
Certo che sei cocciuta… quando ti fissi su una cosa fai di
tutto per portarla termine… » Con un movimento deciso,
lei si liberò dalla sua presa. « Sai… mi ricordi…
uhm… »
«
Non provarci nemmeno a nominare quel bastardo… » Con
rabbia diede un altro sorso, poggiando poi la tazza sul tavolino.
Sostenendosi poi il capo con le mani, si liberò di quella
improvvisa tensione con una lunga inspirazione. Era ovvio che la
stanchezza iniziava a farsi sentire, quegli scatti improvvisi di ira
venivano a galla proprio quando il suo corpo era ormai esausto. Lui
sorrise, la conosceva meglio di se stesso. Spostando i cuscini e
sistemandoli in modo un po’ disordinato, si distese
comodamente, porgendo una mano verso di lei.
«
Vieni qui… » La invitò con un mezzo sorriso.
Kimiko guardò confusa prima la mano e poi lui.
«
Eh? »
«
Dai…sdraiati un po’ con me…»
Dopo
quell’ultimo discorso che avevano avuto, Touya si comportava
spesso in modo sospettoso. È vero, anche da piccoli aveva
sempre avuto quel modo di fare nei suoi confronti un po’ troppo
affettuoso
per
lei, ma quando si erano ritrovati dopo tutti quegli anni, quelle sue
apprensioni non le aveva più notate. A parte, come pensava
spesso, dopo che gli aveva esternato i suoi pensieri riguardo a
raccontargli perché non si era fatta mai vedere per tutti
quegli anni. Si accarezzò il braccio un po’ titubante,
distogliendo più volte lo sguardo dalla sua mano ancora tesa
verso di lei.
«
… Kim… vuoi farmi morire in questa posizione? Devi solo
sdraiarti vicino a me…» Sorrise beffardo « Hai
forse paura? » Quelle ultime parole furono abbastanza
persuasive per lei, che si voltò di scatto e prese subito il
suo spazio accanto a lui. Poggiò la testa nell’incavo
del suo collo, lasciando che Touya le cingesse la spalla col braccio.
I battiti del suo cuore erano come una melodia ed il suo respiro una
perfetta culla che lentamente la accompagnava nel mondo dei sogni.
Intanto lui si mise a giocare con una ciocca dei suoi lunghi capelli
dorati, avvolgendola piano tra le dita.
«
Se continui così rischio di risvegliarmi tra qualche anno…
» Mormorò lei, poggiando la mano contro il suo petto.
«
Certo che sono davvero lunghi… tra poco ti chiameranno per
pulire le strade… » Ghignò divertito.
«
Scemo... piuttosto, adesso che ci penso, se Mizu ci vedesse in questo
momento, confermerebbe i pensieri che aveva su di noi. »
«
Tipo? » Abbassò lo sguardo verso di lei, incuriosito
dalle sue parole.
«
Dice che sembriamo la tipica coppia sposata, per via dei nostri
atteggiamenti.» Soffiò appena una risata assonnata. Lui
restò in silenzio, lasciando che i ciuffi ribelli gli
coprissero la visuale.
«
Lo trovi così divertente? » La domanda arrivò
alle orecchie di Kimiko con una strana serietà, facendole
dischiudere le palpebre e lasciandola spiazzata. La curiosità
si fece spazio in ogni cellula del suo corpo, spingendola a
sollevarsi appena per poterlo guardare. Il viso di Touya era
inespressivo, senza indugio alcuno sosteneva lo sguardo di lei con
serietà, tanto da farle provare una leggera scossa di disagio
fino allo stomaco.
«
Forse hai frainteso. Volevo solo- »
«
Dire che non sono all’altezza? Non adatto?
» Lei inclinò il capo, confusa dalle sue parole.
«
Non volevo assolutamente dire questo…»
«
Ma lo pensavi… »
«
No! Non puoi dire una cosa del genere, Touya! Soprattutto per gli
anni passati assieme! »
«
E dieci di totale assenza dove non ti sei degnata di farti viva. Vuoi
continuare?» Kimiko serrò le labbra, trovandosi
completamente spiazzata. La sua espressione fece sorridere Touya con
amarezza, spingendolo a voltare lo sguardo altrove. Lei, almeno
questa volta, non poteva assolutamente controbattere. Il discorso era
ben diverso dall’ultima sfuriata avuta. In quel momento si
malediceva. Tra tutte le cose di cui aveva parlato con Mizu, non
aveva chiesto come ci si doveva comportare in una situazione del
genere, ma una cosa di quella discussione era risultata veritiera da
parte dell’azzurra: se solo pensava alla risposta da dare a
Touya in quel momento, sentiva quello strano senso di vertigine alla
bocca dello stomaco. Forse erano quei tanto nominati sentimenti
di
cui Mizu parlava? Ma perché proprio ora? Probabilmente, quando
si è troppo giovani, a certe cose non si bada tanto,
soprattutto se non sei la tipa che pensa ventiquattro ore su
ventiquattro ai ragazzi e alle relazioni. Ora si ritrovava faccia a
faccia con la sua maturità, con quello che un tempo era il suo
migliore amico accasato con lei. L’unica persona che gli era
rimasta e la teneva legata al suo passato, non così tanto
brutto se ripensava al tempo trascorso insieme da ragazzini. L’unico
uomo
che
conosceva tutto di lei e che era tornato nella sua vita senza bisogno
di destreggiarsi con complimenti troppo audaci. Con lo sguardo basso,
rivolto alle bruciature del suo collo, continuava a creare la sua
matassa di pensieri e sensazioni, destandosi da essi non appena il
tocco della mano del ragazzo si poggiò piano contro il suo
viso. Ancora una volta lei avvertì quella strana sensazione,
voltandosi lentamente verso di lui. Sentì chiaramente le gote
scaldarsi, soprattutto quando i suoi occhi si immersero in quelli
nostalgici di lui. Spinse piano il viso contro la sua mano,
assottigliando lo sguardo per quelle lente e piacevoli carezze delle
sue dita.
«
Non ho mai pensato nemmeno per un secondo che tu non fossi adatto…
» Si sollevò maggiormente, poggiando la fronte contro
quella del ragazzo, facendo di riflesso socchiudere anche i suoi
occhi « Odiavo i modi che tuo padre usava nei tuoi confronti…
perché, per
me,
non sei mai stato e mai ti ho considerato un fallimento… e c’è
una parte di me che non vuole sapere cosa ti sia successo, perché
non so come potrei reagire… » Le dita sinuose
accarezzarono i punti metallici del suo viso, mentre lui,
flebilmente, pronunciò il suo nome. Le loro labbra si
incurvarono in un sorriso complice, ma poco prima che esse
sigillassero quel momento, una forte scossa mise entrambi
sull’attenti, facendoli voltare verso la finestra.
«
Un terremoto?! » Esordì lei prima che Touya le
stringesse a sé, riparandola da eventuali cadute di
calcinacci. Dal soffitto cadde della polvere e di colpo l’intero
impianto elettrico saltò in uno scatto. Da dietro la porta si
potevano sentire le voci dei vicini che di corsa lasciavano il
palazzo in preda al panico. Kimiko fece lentamente capolino dalle
braccia del ragazzo, guardandosi attorno nell’improvviso buio
che li avvolgeva.
«
Dovremmo andare via anche noi? »
«
No. » Rispose lui, guardando verso la finestra « Saremmo
già sepolti vivi a quest’ora… certo che è
strano. Era da un po’ che non capitava. » Aggiunse
ascoltando le sirene in lontananza. Kimiko sollevò appena il
capo verso di lui, voltandosi poi anche lei nella direzione del
ragazzo.
§§§
«
Lo sai vero che la mia è un’agenzia di soli portatori di
quirk di fuoco? » Endeavor non poteva credere all’assurda
richiesta di Ocean.
«
Ne sono perfettamente consapevole, ma è mia figlia Enji. E io
non posso insegnarle, non ridotto in questo stato… »
L’Hero n° 2 osservò attentamente l’ex collega,
era dannatamente serio. « Sei l’unico a cui possa
chiedere, l’unico di cui mi fidi. Acqua e fuoco, per quanto
diversi, sono due quirk elementali. Insegnale a contenere il potere
dell’oceano… per favore. »
Per
quanto gli costasse ammetterlo, Enji doveva molto ad Aoi. Era stato
lui ad impedirgli di sfogare la rabbia su sua moglie, quando Rei
aveva ferito Shoto.
«
D’accordo, la terrò nella mia agenzia, ma solo finché
non avrà imparato. » Si strinsero la mano e Aoi gli
sorrise.
«
Grazie, è più che sufficiente. »
Angolino
delle autrici
Capitolo
bello ricco questa settimana ^^ Finalmente siamo entrate nella trama
canonica di MHA, fateci sapere che ne pensate! :D
Vi
lasciamo i nostri link Intagram, grazie per chiunque vorrà
seguirci anche lì.
LilyShakarian
LadyBarbero
Alla
prossima! Lily&Lady
|
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Capitolo 19 *** Capitolo XVIII° ***
La
mattina successiva, sia sui tg, sia sui vari siti di informazione di
cui internet disponeva, non erano trapelate troppe informazioni
riguardo il fatto accaduto il giorno precedente. Dalle immagini e
filmati resi disponibili, si era vista solo l’impresa di Ocean
che metteva al suo posto una strana onda anomala. Non si sapeva di
preciso se essa fosse stata causata da qualche villain o condizione
atmosferica – anche se strana- ma in ogni caso, era stato
mantenuto un sospettoso silenzio sull’accaduto. Stesso
procedimento si ebbe sui nomi degli assalitori della USJ, anche
questo caso era avvolto dalle nubi di mistero. Nessun nome sugli
assalitori, nessuna notizia su ipotetiche vittime, il nulla. Solo
l’immagine di quella che sembrava una strana creatura che,
legata e tenuta sotto controllo, veniva caricata sulla camionetta
della polizia, ma oltre questo, spesso le notizie accennavano degli
strani eventi che avevano colpito la città su più
punti, soprattutto nel distretto di Hosu. Uno strano individuo, ormai
conosciuto come Lo
Stermina Eroi,
si aggirava per le varie periferie a mietere le vite proprio degli
stessi eroi dai quali si era fatto questo nome. Questa notizia non
era passata inosservata, soprattutto da Kimiko. Ci stava il rischio
che potessero collegare quei crimini ai suoi e, se avesse potuto,
avrebbe risolto lei stessa i problemi causati da questo strano
individuo. Non che le importasse di colpo qualcosa degli eroi,
assolutamente no, ma visto che la sua vendetta ormai si era compiuta,
voleva evitare ogni connessione possibile con i suoi omicidi. Touya
quella mattina si era svegliato prima di lei, lasciandole un post-it
dove la avvisava che sarebbe tornato in tarda serata. Non si fece
troppe domande sul suo comportamento, anche perché era da un
po’ di tempo che il ragazzo non usciva spesso di casa per conto
suo, però qualcosina passava per la testa della ragazza. Forse
il bacio interrotto l’aveva messo un po’ troppo a disagio
per vederla durante la colazione. Anche se, conoscendo il tipo di
persona, difficilmente lui si sarebbe sentito così.
L’importante per lei, in quel momento, era che non si mettesse
nei guai, ora come ora non avrebbe assolutamente voluto perderlo,
soprattutto per una sciocchezza come un furto andato male.
Una
volta finito il suo turno a lavoro, tornò a casa solo per
indossare la sua zentai, compagna di tante avventure e assalti.
Calata la notte poi, pattugliò più volte le zone prese
di mira dallo sconosciuto assassino, ma purtroppo di lui non c’era
alcuna traccia. L’amarezza e la rabbia si fecero subito sentire
mentre passeggiava sul tetto di uno dei grattacieli. Sospirando,
osservava dalla sua altezza le varie luci del traffico che
illuminavano quella notte troppo silenziosa.
Lo
scrosciare dell’acqua attirò la sua attenzione dietro di
sé, visto che non stava piovendo era un rumore un po’
anomalo. Una colonna proprio di quell’elemento era risalita
dalla strada fino al tetto, ma la cosa che accigliò Kimiko fu
vederci Mizu accomodata sopra, nei suoi abiti da Hero. L’azzurra,
raggiunta l’altezza desiderata, scese con eleganza e calma,
facendo echeggiare il suono dei suoi tacchi che si poggiavano sul
tetto.
«
Stai passando una bella serata, Kimiko? » Chiese, neutra, ma la
bionda notò subito che nell’atteggiamento dell’altra
c’era qualcosa di diverso. I suoi occhi azzurri erano di una
tonalità molto scura, come rispecchiassero i fondali più
profondi dell’oceano, e il suo sguardo era serio e freddo. Dopo
quell'attimo di leggero stupore nel vedere Mizu così
determinata, il viso di Kimiko assunse l'espressione del più
folle degli psicopatici. Il suo viso e le parti di pelle lasciate
scoperte dalla zentai, si aprirono in strane crepe dalle quali
uscivano dei baffi di fumo nero. I lunghi capelli biondi si
avvolsero tra loro, formando una lunga e ondeggiante chioma grigia.
Le labbra nere incorniciavano il suo sorriso affilato, facendolo
schioccare come un predatore pronto al balzo letale. Gli occhi
completamente tinti dal color magenta, rifulgevano intensi e
luminosi, sostenendo quelli profondi dell'azzurra.
«
Mi chiedevo quando sarebbe arrivato questo momento... » Un
profondo ringhio gutturale spezzò di netto il silenzio «
Non sono poi tanto stupidi gli Hero...eh, Mizu- san?
» Sorrise divertita, voltandosi completamente verso di lei.
L’azzurra
assottigliò lo sguardo per non rendere palese il suo orrore
alla vista di quel cambiamento.
«
Sto ancora parlando con te oppure col tuo simbionte? » Emise
chiara e pacata, avanzando qualche passo verso l’altra.
«
Ah! E’ questa la cosa divertente! Conoscendo la cameriera goffa
e impacciata, si potrebbe pensare che sia controllata da qualcosa o
qualcuno… » Incrociò le braccia sotto il petto,
scuotendo il capo in segno di negazione « … ma non è
così! Se certe cose sono successe é solo per mio
volere, non sono stata manipolata proprio da nessuno, figurati dal
mio quirk… »
«
Non mi piace dare niente per scontato, dovevo chiederti almeno
questo. » Mizu avanzò ancora, con passo lento. «
Comunque, non siamo in molti a sapere di te. Non ancora per lo meno.
Per adesso ho scelto di proteggerti, andando oltre i miei doveri,
perché io ho
visto dietro
la facciata della cameriera goffa. » Iniziò a girare
attorno a Kimiko, rivolgendo sempre il viso verso di lei, mentre
continuava a parlare. « E’ così che pensavi di
fare giustizia ad Helena? » Chiese tagliente e Kimiko
accusò il colpo. « Tua madre era un Hero, pensi sarebbe
fiera di quello che hai fatto? Cosa direbbe la donna che è
stata la compagna di All Might? » Rispecchiò il suo
sguardo serio in quello sorpreso dell’altra. « Come
vedi so parecchie cose su di te, Kimiko-chan.
»
«
Sai anche perchè i suoi colleghi Hero, come vigliacchi, non si
sono presentati al suo funerale? » Inclinò la testa
sulla spalla, fissandola con sguardo vuoto « Chissà se
veramente si preoccuperebbe di quello che sta facendo sua figlia…
dopo la delusione che le hanno recato i suoi amici e compagni…
» Attorno alla sua figura, si avvolse lentamente un lungo
serpente fatto di fumo, che rivolse la testa verso Mizu «
Avanti… trova risposta a questo atteggiamento, rivolgendo le
colpe solo a quello che ho fatto… lo reputi sbagliato farsi
giustizia da soli? Se la vostra comunità è questa,
continuerò a farlo ogni volta che ne avrò occasione…
»
Stavolta
Mizu non riuscì a nascondere una smorfia schifata alla vista
del serpente che avvolgeva sinuosamente Kimiko. Pur volendo tentare
di risolvere con le parole, notando quell’atteggiamento
aggressivo, un mulinello d’acqua iniziò a vorticarle
addosso, per difenderla.
«
Erano corrotti, ecco perché non erano presenti. Erano i
responsabili della sua morte. Li condanno per questo, come farebbe la
legge. Mia madre, però, era lì. Ho scoperto che erano
colleghe sai? Quanto è piccolo il mondo! Lei, mio padre e
altri Hero degni di questo nome erano presenti ad omaggiare una donna
e il suo coraggio. Cosa che invece tu non fai, comportandoti in
questo modo… Se penso che tu abbia sbagliato a farti giustizia
da sola? Si, lo penso, ma tutti sbagliamo. Basta vedere il disastro
che stavo per combinare, seppur involontariamente, con quello
tsunami… No sta a me giudicare, spetta alla legge, ma ho
voluto proteggerti perché finora ho pensato che ti fossi
comportata così a causa della tua sfiducia nei confronti delle
forze dell’ordine, degli Hero e del sistema giudiziario, a
causa di quello che è successo ad Helena, ma io non ti ho
forse sempre dimostrato che gli Hero proteggono e aiutano? Non ho
forse sempre teso la mia mano verso di te? Se sono qui è
proprio per darti la possibilità di ricominciare, nel modo
giusto stavolta….. ma vista la tua ultima frase, devo anche
avvisarti che in caso contrario, non mi risparmierò dal
fermarti con tutte le mie forze. » Il suo sguardo si accese,
come ad indicare che fosse pronta allo scontro, per quanto non lo
stesse cercando.
«
Ti rendi conto delle cazzate che stai dicendo?! » Il tono di
Kimiko si accese, facendo ringhiare e spalancare la bocca del
serpente « Omaggiare?! Persone presenti?! Se questo fosse vero
mia madre sarebbe ancora qui con me! » Il fumo che usciva dalle
sue crepe divenne più intenso, avanzando come un onda su tutta
la pavimentazione. « Siete solo degli egoisti che pensano solo
a se stessi! Avete lasciato tutto il peso di quella cazzo di missione
sulle spalle di mia madre! E poi?! Alla sua tomba non avete nemmeno
speso una fottuta parola su di lei! » Il suo corpo si dissolse
improvvisamente, riprendendo forma davanti a Mizu e spingendola ad
indietreggiare « E’ troppo facile proferire tante belle
parole, quando la tua vita non è stata l’inferno in cui
mi avete condotta… » Con uno scatto afferrò il
collo di Mizu, spingendola via con forza. « Ora è il tuo
turno, Hero! Uccidimi adesso, oppure continuerò il mio operato
senza fermarmi! »
«
Tua madre ha accettato il suo incarico! » Sbottò
l’azzurra sistemandosi. « Tua madre, come molti altri
Hero, ha dato la sua vita per la sua causa! » A grandi falcate
raggiunse Kimiko. « Tua madre era un’eroina che conosceva
il significato della parola sacrificio!
» Quasi le urlò in faccia, guardandola dal basso.
« Tu non hai idea di cosa l’abbia motivata a farlo, a
mettersi in pericolo. La missione non è andata come avrebbe
dovuto, perché ci sono stati dei traditori, ma non credere che
Helena sia stata lasciata da sola, perché non è così!
Se si fosse saputo al tempo, credi che non sarebbe intervenuto
nessuno? Era una missione segreta!
E questo dovresti capirlo, visto che la tua stessa esistenza lo era!
» Le puntò più volte il dito sul petto, per
enfatizzare. « Ma sai una cosa? Tu non riesci a vedere il buono
che ti circonda e le cose belle che hai vicino… Tratti Gorou
come una pezza da piedi, senza mostrare un minimo di riconoscenza per
essersi preso cura di te. Vogliamo parlare del tuo amico d’infanzia?
Altro tasto dolente. E ho perso il conto delle volte che io ti ho
offerto il mio aiuto e la mia compagnia più sinceri. La
verità, Kimiko, è che tu vedi tutto nero, esattamente
come il tuo fumo… » Mizu avvolse entrambe in una bolla
d’acqua, ma non concesse all’altra la possibilità
di respirarci dentro. « … ma il fumo nell’acqua
si dissolve, perciò sarà mio compito farti cambiare
idea. » Kimiko non poté nascondere il suo sorriso
macabro. Pur non essendo riuscita a prendere abbastanza fiato, visto
la velocità con cui l’azzurra le aveva rinchiuse dentro
l’acqua, mosse velocemente gli occhi attorno a sé, per
cercare una soluzione repentina, poi si concentrò, chiuse gli
occhi e ogni fibra del suo corpo rilasciò del fumo nero, che
andò ad incrementare il simbionte. L’acqua prese a
vorticare e a tingersi di nero, tanto che Mizu fu costretta ad uscire
dalla bolla e tossire. Kimiko continuò ad espandere il suo
fumo, finché il simbionte non fu abbastanza grande da
infrangere la bolla. Una volta fuori, anche Kimiko tossì,
mentre i suoi polmoni si espansero alla ricerca dell’aria, e il
simbionte osservò serafico Mizu, mostrandole la bocca aperta.
Mizu fece un balzo all’indietro, senza dare le spalle ai suoi
avversari. Li scrutò attentamente, doveva stare attenta a non
sottovalutarli, dopotutto avevano mietuto già molte vittime. «
Non voglio farti del male, ma mi stai costringendo… »
«
Ti ho già detto che se vuoi fermarmi, dovrai uccidermi. »
Kimiko assottigliò lo sguardo e allungò il braccio
nella direzione di Mizu, come in un ordine silenzioso per il
simbionte, che si scagliò contro l’azzurra. Healing
Water direzionò dei getti d’acqua contro il serpente di
fumo nero, creando delle piccole fessure nel suo corpo, ma non
fermando la sua avanzata. Atterrì quando si trovò i
denti del simbionte a pochi centimetri dal viso. Le leccò una
guancia con la lingua viscida, come per assaggiarla, poi sferrò
un morso alla spalla destra della donna, conficcandole i denti della
carne. L’urlo di Mizu fu coperto dal rimbombo di un tuono. Per
il dolore, un ginocchio le cedette, strinse i denti e rialzandosi
caricò un getto più potente dritto in faccia al
serpente, ancora attaccato alla sua spalla. Il simbionte fece un
verso acuto e gracchiante prima di dissolversi. Mentre l’azzurra
riprendeva fiato, però, il serpente nero riemerse dal corpo di
Kimiko come nuovo.
«
Tutto qui quello che sai fare, Mizu-san?
»
Il
tono usato da Kimiko era derisorio, come il ghigno sul suo volto e su
quello del simbionte. « E’ bastato Fade a metterti al
tappeto? »
«
Quella roba ha anche un nome? Che cucciolo… » Mizu si
riposizionò, maledicendo il non potersi curare con la sua
stessa acqua. « Però dovreste farmi entrambi il favore
di non sottovalutarmi. » L’azzurra sollevò il
braccio sano e articolò le dita in direzione di Kimiko. Questa
dopo poco iniziò a sentirsi sempre più stretta nella
sua tuta, a causa del tessuto bagnato che si stava restringendo
sempre di più attorno al suo corpo. Avendole impedito i
movimenti, generò dell’acqua sopra di sé, che
prese la forma di uno squalo e glielo schiantò addosso.
L’impatto gettò Kimiko a terra con forza, facendo
dissolvere nuovamente il simbionte.
«
Magari ti stancherai di generarlo ogni volta… »
Kimiko
si riprese, seppur un po’ intontita dal colpo. Osservò
l’azzurra che stava di fronte a lei, ferita ma combattiva.
«
Perché? » Chiese, alzandosi. « Perché
combatti..? Perché non rinunci come hanno fatto tutti gli
altri?! » Digrignò i denti e si scagliò contro
Mizu, lasciando che Fade la avvolgesse interamente. L’azzurra
si ritrovò avvolta nel fumo, che la stringeva attorno alla
gola. Prima di soffocare del tutto, fece un movimento della mano
sinistra dal basso verso l’alto, creando un vortice d’acqua
tutt’attorno che attirò il fumo, liberandola.
«
Te l’ho già detto… » Disse con voce
flebile. « Sono qui per dimostrarti che ti sbagli… e
visto che le parole non servono, lo sto facendo coi fatti… »
Le
due continuarono ad attaccarsi senza sosta, utilizzando i loro quirk:
Mizu continuava a grondare sangue dalla spalla, la sua pelle e la sua
tuta erano squarciate in più punti dalle artigliate e dai
morsi di Fade; Kimiko invece aveva preso più danni contundenti
dalla potenza dell’acqua, che l’aveva schiantata a terra
più volte, riempiendola di lividi e tumefazioni, e sfinendola
a causa del respiro messo a dura prova dalle bolle. Il combattimento
si era protratto per delle ore, con le due che si erano spostate di
tetto in tetto, finché con l’ultimo colpo Fade aveva
scaraventato Mizu fuori, facendola cadere sulla strada, in un volo
dal terzo piano, ma la stessa sorte toccò a Kimiko, visto che
l’azzurra era riuscita a trascinarla con sé. Doloranti e
ammaccate, rimasero qualche minuto stese a terra, la bionda era
sicura di essersi slogata un polso e forse aveva persino qualche
costola incrinata, mentre l’azzurra sentiva delle fitte
lancinanti alla gamba sinistra, che per la sua esperienza in campo
medico sembrava rotta. Tuttavia, se la avvolse in un sostegno d’acqua
momentaneo e si rialzò, così come Kimiko, nonostante il
busto le facesse male anche solo respirando.
«
Non credere… che sia… finita… » Disse
Mizu, combattiva nonostante fosse allo stremo.
«
Questo.. non è… niente… » Le rispose
Kimiko, che non aveva perso il suo umorismo pungente nemmeno ridotta
in quello stato. Al cenno di sfida dell’azzurra, lei reagì
andandole incontro e sferrandole un pugno allo stomaco, in
contemporanea con quello che Mizu le diede al viso. Healing Water
crollò a terra, tra i conati a vuoto, mentre sul viso della
villain si aprì un taglio e sullo zigomo spuntò
l’ennesimo livido. Kimiko barcollò, fino a cadere anche
lei seduta a terra e poi lasciandosi andare di lato, opposto a quello
della posizione supina in cui era raggomitolata Mizu, in preda agli
spasmi. Kimiko tentò con un ultimo sforzo di raggiungerla
strisciando, pronta a chiudere la questione per sempre e aggiungere
Mizu alla sua lista di vittime, ma l’istinto la fece bloccare.
La osservò, anche se aveva la vista appannata per gli occhi
rigonfi, quella donna aveva cercato sempre e solo di aiutarla, forse
l’unica ad averci provato davvero in tutti quegli anni. Non se
la sentiva di ucciderla, non dopo tutto quello che avevano passato,
dalle chiacchiere tra amiche a quella stessa sera piena di violenza.
Nel suo momento di riflessione, qualcosa fece ombra su entrambe. Mizu
era svenuta, ma Kimiko riuscì a vedere un paio d’ali
spiegate. La figura sollevò con cura il corpo di Mizu e se lo
strinse a sé.
«
A quanto pare non meritavi affatto la sua compassione. » Disse
solo, sistemandosi al meglio per ripartire in volo, ma prima che
potesse farlo, una voce gridò e una figura emerse da un
vicolo.
«
KIM! »
Dabi
corse velocemente verso la scena, non preoccupandosi più se le
ombre della notte lo stessero nascondendo o meno, e si inchinò
sulla bionda. « Razza di stupida… » La strinse a
sé con forza quasi disperata, mentre lei gli sorrise proprio
poco prima di perdere i sensi. Touya la sollevò e poi lanciò
uno sguardo glaciale verso Hawks.
«
Pensavo che gli eroi
aiutassero
le persone ferite… soprattutto uno che si porta dietro la fama
di donnaiolo…
mh…
ormai non ci sta più nulla su cui stupirsi… nascondere
la vostra vera faccia dietro una licenza va di moda…»
«
Qui gli unici che si nascondono, sono i ratti
che
agiscono nell’ombra. Come la tua cameriera. »
«
E’ una persona normale… come tutti… che cerca di
continuare a vivere, ma soprattutto sopravvivere, in questo mondo
manomesso da voi dei ranghi alti… » « Puoi
anche evitarmi il sermone anti-hero, con me non attacca proprio. E
lei è una criminale, se non è stata ancora arrestata,
deve solo ringraziare Mizu. Invece guarda come l’ha ridotta,
bella riconoscenza. Dammi retta, addomestica un po’ meglio la
tua micetta, perché nessuno oltre Mizu sarà disposto a
proteggerla. »
«
Pff… perdonami se sorrido… devo seriamente ringraziare
perché non l’avete arrestata? Quindi dovremmo chinarci a
voi ed elogiarvi anche per non aver arrestato i nostri assassini?
Coloro che hanno distrutto le nostre vite? Gli eroi salvano
le
persone, non permettono che venga versato sangue… insegna a
quella sirenetta che con false promesse e bugie non si risolve
niente… contano i fatti e voi, in questo siete davvero
pessimi… »
«
Stai cercando di convincere delle tue ragioni la persona sbagliata.
Il mio ideale è un mondo che non necessiti più dei
servizi degli Hero, ma è quasi un sogno irrealizzabile. Sia
perché c’è chi si fa giustizia da solo come la
tua amica, sia perché il sistema non funziona. Noi ci
proviamo, ma non possiamo essere ovunque. Mi parli di dimostrazione
coi fatti? Sfido chiunque a fare quello che Mizu ha fatto per la
biondina. Non sono state solo parole, ha dimostrato più volte
coi fatti, sia con lei che con tutti, ma se voi siete troppo ciechi e
vedete solo marcio ovunque, anche dove non c’è, beh…
forse dovreste rivalutare il vostro metro di giudizio. »
«
E’ facile parlare così quando si conosce solo una
persona in questa vicenda. Non sai nulla di quello che ha passato
Kimiko… di noi… i veri nemici, quelli davvero malvagi,
si trovano proprio vicino a voi… mangiano con voi…
magari ridono insieme a voi… se sei accecato da qualcosa per
quella donna, non è affar mio… e se davvero credi di
essere migliore di noi, impara a ragionare con la testa di una
persona che ha praticamente perso tutto....
arrivando al punto di percorrere l’unica strada, quella ovvia…
il suicidio. » Gli sorrise con amarezza. « Ora, se non ti
dispiace, avrei da mettere in sesto la mia micetta…
chissà,
magari ci saranno altre occasioni per parlare… »
«
Invece tu non sei accecato dall’ira e dalla vendetta, vedo.
Dammi retta, se fosse come dici, quando finalmente qualcuno ti tende
la mano e ti dimostra che puoi vivere diversamente, dovresti cogliere
l’occasione. Altrimenti tutte queste parole sono solo fumo e
niente di concreto, visto che la vostra è una grande lamentela
sul come vanno le cose. Cercate di cambiarle nel modo sbagliato ma
poi quando avete la possibilità di farlo nel modo giusto non
vi sta più bene? Allora mi chiedo cosa vogliate veramente.
Caos? Distruzione? Che altri soffrano come successo a voi. Persone
come me e come Mizu non lo trovano giusto e provano a porvi rimedio
diversamente, coi loro mezzi. » Spiegò le ali e si librò
in aria. « Vedremo se il destino ci farà incontrare di
nuovo. Di certo non sarei gentile come Mizu, se fosse sul campo di
battaglia. » Detto ciò, si alzò in volo verso
l’ospedale, lasciando Dabi con il naso all’in sù,
mentre lo osservava allontanarsi. Poi anche lui si voltò,
dirigendosi al Doragon, con la bionda tra le braccia.
Angolino
delle autrici
Continuate
a farci sapere cosa ne pensate ^^
Vi
lasciamo i nostri link Intagram, grazie per chiunque vorrà
seguirci anche lì.
LilyShakarian
LadyBarbero
Alla
prossima! Lily&Lady
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Capitolo 20 *** Capitolo XIX° ***
Il
Doragon aveva chiuso da un po’ ormai, l’esterno del
locale era completamente avvolto dalle tenebre della notte. Solo
dall’entrata posteriore, usata per scaricare le merci, si
sentiva del movimento e dalle fessure della porta filtrava una fioca
luce. Il silenzio venne interrotto dal suono di pentole e piatti che
cadevano sul pavimento e dalle voci che, abbastanza alterate,
cercavano di sovrastarsi l’una contro l’altra. Dabi, così
si faceva chiamare fuori dalle mura domestiche, venne scagliato con
forza contro una parete, afferrato successivamente per il collo dalla
mano di Gorou che ne avvolgeva con rabbia le carni bruciate. Seduto
in un angolo delle cucine, Yuurei trattenne il fiato, spaventato
davanti a quella disputa, stringendo di più a se il corpo di
Kimiko che aveva avvolto nella sua felpa.
«
Non avevo mai e ripeto MAI chiesto chissà cosa! È
troppo chiedere tranquillità?! Sì?! » Chiese con
voce tuonante il locandiere mentre le dita si stringevano
maggiormente al collo del moro « Andava tutto perfettamente,
tutto filava liscio. Finché non sei subentrato tu mandando
tutto in malora!»
«
Comodo addossare colpe a me quando la responsabilità di
gestirla era solo tua!» Rispose acido e ringhiante Dabi,
stringendo il polso dell’uomo con tutta la forza che aveva «
Forse se l’avessi aiutata non saremmo in questa situazione!»
Gli occhi di Gorou si accesero a quelle parole.
«
Adesso ti permetti anche di farmi la paternale?! Tu, piccolo bastardo
insignificante approfittatore!»
«
Basta! Vi sembra il momento di litigare?! Siete seri o cosa?!»
La voce contrariata di Yuurei interruppe lo scambio di parole dei due
che, ora in silenzio e con la faccia dipinta dalla rabbia, non
smettevano di fissarsi. « Kimiko ha bisogno di cure e voi che
fate? Cercate di curarla in una gara a chi addossa più colpe?!
In questo momento siete solo complici della sua sofferenza!»
Abbassò il capo verso la bionda, osservando il suo viso privo
di sensi. « Penseremo al da farsi dopo, ma ora lei ha la
priorità.»
Gorou
fece l’ennesima smorfia contrariata, premendo un’ultima
volta il ragazzo contro la parete prima di lasciare la presa e
avviarsi all’esterno del locale. Dabi si massaggiò il
collo, schioccando nervoso la lingua contro i denti. Sicuramente quel
discorso l’avrebbe ripreso il prima possibile col diretto
interessato.
«
Non è solo preoccupato per il locale…» Proseguì
Yuurei a capo chino «… credo sia la prima volta che la
vede ridotta così. È normale che sia preoccupato.»
«
Non mi dava l’impressione di uno preoccupato per la salute di
sua figlia.
Sembrava più concentrato sui pensieri di cosa sarebbe successo
al suo bel locale, non pensando che va avanti anche grazie a lei.»
«
A nche Kimiko poteva evitare tutto questo casino. Magari proprio
mostrando gratitudine a Gorou...»
«
Stai dando ragione a lui? Sei proprio un cane...»
«
Non sto dando ragione a nessuno di voi… Rifletto solo su
quello che ci hai raccontato e tutto il resto. Posso essere onesto?
Mi sento in colpa di averle permesso di allontanarsi da me, di non
essere stato più presente come faceva Mizu. Forse non saremmo
in questa situazione se avessi capito dall’inizio le sue
intenzioni...» Dabi lo fissò con serietà e un
leggero velo di rabbia « Non potevo immaginare che Kimiko fosse
l’artefice di tutto questo. Non sapevo minimamente che portasse
dentro così tanto rancore... Tu per lei che hai fatto? Ammetti
di non aver mosso un dito per aiutarla o starle più vicino.»
Poco prima che Dabi potesse rispondergli la porta si aprì.
«
Portala sul furgone.» Ordinò Gorou a Yuurei che, senza
esitazione, si avviò al veicolo « Tu invece vedi di
stare al tuo posto...» Intimò a Dabi voltandogli poi le
spalle. Quest’ultimo, abbastanza contrario da quella presa di
posizione, seguì il mezzo lupo, salendo con lui dalla parte
posteriore del furgone. Prese posto vicino al ragazzo, voltando lo
sguardo verso Kimiko ancora incosciente. Intanto Gorou, dopo aver
chiuso il locale, si mise al posto di guida, senza dare indicazione
ai due sulla destinazione. Metà del tragitto passò in
completo silenzio finché Yuurei decise di affrontare un
argomento per colmare alcune lacune che gli erano sempre passate per
la testa.
«
Gorou, come hai conosciuto Kimiko? Si vede lontano un miglio che non
è tua figlia, soprattutto dal vostro odore abbastanza
diverso...» Dabi non poté fare a meno di voltarsi verso
l’uomo chiamato in causa, curioso della risposta. Sempre che
non mantenesse il silenzio stampa. Gorou alzò lo sguardo sullo
specchietto retrovisore, scrutando entrambi brevemente prima di
concentrarsi nuovamente sulla strada.
«
Non è stato un caso, questo è sicuro. » Quando
proferì, Dabi ne rimase sorpreso. Forse, finalmente, avrebbe
avuto qualche informazione che Kimiko si rifiutava di dargli da
quando si erano ritrovati.
«
Conoscevo bene sua madre, visto che ero proprio io a passarle alcune
informazioni, utili per le sue indagini.» Yuurei storse il capo
incuriosito « Sua madre era una pro-hero abbastanza conosciuta,
soprattutto in America. Si sa che certe imprese raggiungono anche il
Giappone, come tutto il mondo. Poi, un giorno, sparì
improvvisamente dalle luci dei riflettori, senza lasciare nessuna
traccia. Strano si fosse già dimessa, ma la gente poteva
pensare qualunque cosa, visto che lei stessa, oltre al silenzio, non
aveva lasciato nessuna intervista o dichiarazione scritta. Finché,
dopo anni, la sua figura riprese spazio, proprio qui in Giappone.»
«
Forse era troppo occupata a fare la mamma? Deve essere dura per un
eroe avere anche il compito di badare ai propri figli.» Domandò
Yuurei con perplessità, mentre un ghigno divertito storse i
lineamenti di Dabi.
«È
questo il punto divertente. Nessuno sapeva che avesse una figlia,
soprattutto un compagno, io stesso ne ero all’oscuro e,
sinceramente, neanche mi importava del perché fosse sparita e
poi ricomparsa dal nulla.»
«Ok...ma
Kimiko era con te quando vi ho conosciuti, quindi sapevi qualcosa...
giusto?» Continuò Yuurei. Lo sguardo di Dabi si
assottigliò maggiormente verso Gorou, in attesa della sua
risposta.
«
Vidi Kimiko da bambina una o due volte, quando incontravo sua madre
per darle le informazioni, aveva all’incirca sei forse sette
anni. Probabilmente nella sua mente aveva memorizzato il mio volto ed
il suo quirk mi ha rintracciato dopo la morte di Helena. I dettagli
del mio corpo non passano inosservati, ricordo che lei rimaneva
sempre rapita dalle mie corna e dalla lunga coda rettiliana.»
«
Aspetta, mi sto perdendo.» Gorou sospirò.
«
Kimiko ha un quirk senziente, una rara qualità di questi
tempi. Ne dispone una percentuale molto bassa di persone. Questi
quirk hanno la capacità di parlare e agire a seconda della
volontà di chi li ospita. Fade, così venne chiamato,
può agire anche senza che lei lo nomini. Ebbi la possibilità
di parlare con lui e mi raccontò del tentativo di suicidio di
Kimiko... » Yuurei deglutì con forza la poca saliva
rimastagli « Dopo che Helena venne uccisa, Kimiko tolse la vita
agli agenti che furono citati nell’articolo. Quelli che,
stranamente, si trovavano già sul posto dando i primi
soccorsi. Non sto qui a spiegare tutto, ma la circostanza
dell’accaduto era davvero molto strana, sia per me, che per
Kimiko stessa. È alquanto strano che una donna venga uccisa da
un villain con tutti quei posti di blocco e dell’assassino
nessuna traccia, no?» Sorrise con amarezza l’uomo «
Il caso venne archiviato in breve tempo, almeno, così fecero
loro. Kimiko non lasciò perdere nulla e si mise sulle tracce
degli impostori, uccidendoli senza nessuna esitazione. Il fatto che
sia arrivata a loro, mi fa pensare che sia stata aiutata. Come faceva
una ragazzina di soli tredici anni a sapere certe informazioni?»
Dabi si pietrificò, era stato proprio lui, grazie ad alcuni
discorsi origliati da suo padre al telefono, a venire a conoscenza di
certe cose e, senza esitazione, aveva riferito ogni singolo dettaglio
delle telefonate alla ragazza.
«
Comunque, dopo essersi saziata della sua vendetta, diciamo una parte,
decise di togliersi la vita. Forse questa azione ha risvegliato il
suo vero
quirk
che, dissolvendo il corpo del suo ospite, ha evitato il peggio,
conducendola a me in forma di massa di fumo nero.»
Il
veicolo si fermò presso alcuni edifici di un quartiere poco
illuminato da alcuni lampioni. Ad aspettarli un uomo vestito con
abiti eleganti e qualche anello alle dita. I capelli brizzolati erano
leggermente acconciati con qualche velo di brillantina. Appena vide
Gorou scendere dal veicolo non potè nascondere un sorriso
entusiasta, dal quale rilasciò una tirata di fumo della sua
sigaretta. Sistemò meglio gli occhiali sul setto nasale,
gettando via il mozzicone per rivolgergli un saluto con la mano.
«
Riprenderemo il discorso con più calma. Adesso seguitemi e non
fiatate.»
Prima
che i due ragazzi smontassero dal camion, Dabi prese posizione,
strappando via il corpo di Kimiko dalle braccia del mezzo lupo e
stringendola a sé mentre scendevano dal mezzo. Yuurei non si
ribellò a quel gesto, avvertì dal moro una strana
angoscia, trasmessa dai suoi occhi freddi e vuoti in quel momento.
«
È un vero piacere rivederti dopo tanto, soprattutto ricevere
una richiesta proprio da te.» Disse l’individuo facendo
capolino dalla figura di Gorou, osservando la ragazza ferita «
Ah… questa volta si è fatta davvero male…»
«
Poche chiacchiere, Giran... non è il momento…»
«
Giusto, giusto. Prego, seguitemi pure…»
L’uomo
li condusse all’interno di un edificio, passando vari corridoi
e superando varie porte. Ad attenderli, in una sala, un’equipe
medica composta da cinque persone già vestite e pronte
all’assistenza. Gorou fece fermare i due ragazzi, prendendo
Kimiko tra le braccia. Doveva essere svestita e sistemata per
eventuali operazioni e l’unico adatto a quel compito era solo
lui, non avrebbe permesso che il suo corpo venisse toccato da altre
mani. Una volta richiusa la porta alle sue spalle, i due ragazzi
rimasero da soli nella sala. Dabi si appoggiò con le spalle
contro una parete, Yuurei prese posto sul divano di pelle nera,
sfogliando qualche rivista per passare il tempo. Tra i due non ci
stava nessun argomento di conversazione, condividevano solo i minuti
incessanti di attesa per le condizioni di Kimiko. Trascorse più
di un’ora prima che quella porta si aprisse, facendo mettere
sull’attenti i due ragazzi.
«
Se volete, potete vederla. È sveglia, un po’ intontita
dalla morfina, ma sta bene. »
«
Cazzo se è sveglia! Quella stronza mi ha quasi staccato una
mano a morsi!» Commentò uno dei medici mentre si reggeva
una mano fasciata e impregnata di macchie di sangue. Dabi e Yuurei
sorrisero divertiti, ma solo il moro si avviò verso la porta.
«Tu
non vieni?» Domandò il moro, notando il mezzo lupo
seguire Gorou e Giran.
«
No... avrò tempo più tardi per salutarla. L’importante
è che stia bene. Inoltre, devo aiutare Gorou con il locale.
Dubito che Kimiko sarà attiva già da domani.» Gli
sorrise e, dopo averlo salutato con un cenno del capo, si avviò
verso l’uscita. Dabi lo fissò brevemente per poi andare
verso la stanza nella quale avevano sistemato Kimiko. Era la prima
volta che la vedeva ridotta così, soprattutto attaccata a quei
macchinari e flebo. Il rumore della porta che si chiudeva le fece
aprire gli occhi, sorridendo quando vide il ragazzo che ricambiò
senza esitazione. Si tolse la giacca di pelle e prese posto
sull’unica sedia presente nella stanza.
«
Non perdi tempo per fare guai, eh?» Sorrise divertito
accarezzandole la fronte avvolta dalle bende.
«
Si stava ancora lamentando per quel morsetto? Che esagerato... »
Sibilò con voce divertita e impastata per via dei farmaci nel
suo corpo, muovendo lentamente il capo contro la mano di lui «
Grazie, Touya… »
«
Di cosa? »
«
Per avermi aiutata… »
«
Kim… se ti avessi davvero aiutata, adesso non saresti qui…»
Soffiò quelle parole con amarezza, avvicinando il viso al suo
così da poggiare la fronte contro quella della ragazza. «
Questa mattina sono uscito per cercare un nuovo appartamento, così
da stare lontani da occhi indiscreti… soprattutto da quella
Hero… »
«
Lei non c’entra nulla…»
«
No? Chi ti ha conciata così? Sei solo inciampata sul
marciapiede? »
«
Touya… è iniziato tutto da me, non accusarla se non sai
com’è andata. Non so nemmeno perché ho fatto una
cosa del genere. » Chiuse gli occhi, liberandosi di un sospiro
« Volevo scovare quello stermina eroi di cui si parla tanto.
Non volevo che le colpe delle sue azioni cadessero sui miei crimini.
Poi, Mizu è intervenuta… sa che sono io l’artefice
di tutto ciò. Non so perché, ma ho avuto paura…
»
«
Kim… » Pronunciò il suo nome con flebile fiato.
Non era così sbagliato il suo intento di cercare una nuova
abitazione, soprattutto ora che quella donna sapeva. Non le avrebbe
permesso di portarla via da lui. Si morse leggermente il labbro al
solo pensiero, ritornando in sé quando Kimiko proseguì.
«
Magari, prima di ritrovarti, avrei accettato di essere rinchiusa in
una prigione… tanto mi sentivo sempre sola. »
Indolenzita, scostò la mano dal materasso per poggiarla sul
viso del ragazzo « Però, da quando sei tornato, la mia
vita è cambiata così tanto e in poco tempo.
Completamente investita da un fiume di emozioni che pensavo di aver
perso lungo la strada… »
«
Fiume… anche qui la presenza di Mizu si fa sentire… »
Farfugliò nervoso, facendo sorridere lei.
«
Dai… sai che anche lei c’entra in questo cambiamento…
e hai capito cosa intendo. » Strofinò piano la fronte
contro la sua, facendo socchiudere gli occhi del ragazzo « Non
mi va di essere separata ancora da te. Non posso accettarlo…»
Il suo tono di voce non era solo smorzato dalla debolezza fisica, ma
anche dalle lacrime di quella tensione che l’aveva accompagnata
per tutto il giorno, forse anche per tutto il tempo. Con una strana
dolcezza che pensava anche lui persa nel tempo, asciugò le sue
lacrime con delicati movimenti delle dita e, accompagnato da quel
momento creatosi tra loro, non esitò un solo secondo di più.
Distrusse con un solo gesto quel distacco creatosi per troppo tempo
tra loro, sigillando le loro labbra in un lungo bacio tanto
desiderato, reso ancora più intenso dal trasporto di Kimiko
che, come lui, mostrò senza nessun dubbio e tentennamento. Le
labbra poi si dischiusero in un sorriso mentre i loro occhi non
smettevano di perdersi gli uni negli altri. Era solo il primo dei
tanti baci che si scambiarono quella notte, finché Kimiko,
ormai sfinita, non si addormentò, sorvegliata per tutto il
tempo dal moro.
§§§
Keigo
portò Mizu all’ospedale più vicino, volando
velocemente. Lei respirava a fatica tra le sue braccia, era malconcia
ma non in fin di vita. Raggiunto l’edificio, l’hero la
lasciò in mani più esperte per farla rimettere in sesto
poi si chiese se fosse il caso di avvisare la sua famiglia.
Grattandosi la nuca, imbarazzato dalla situazione insolita visto che
i parenti della sua ragazza non lo conoscevano, rifletté su
chi contattare. L’unica che gli venne in mente fu Recovery
Girl: per quanto lui non avesse studiato alla Yuei, si conoscevano e
sapeva come rintracciarla. Cercò uno dei telefoni pubblici
dell’ospedale e digitò il numero del liceo, chiedendo di
poter parlare con l’anziana dottoressa.
«
Hawks! Quando mi hanno passato la telefonata, mi chiedevo cosa
potesse volere l’eroe numero 3 da me… »
«
Mi creda, avrei voluto tutto meno che disturbarla, soprattutto vista
l’ora tarda… »
«
Suppongo riguardi mia nipote. » Mentre Keigo si chiedeva come
la donna l’avesse capito, Chiyo lo anticipò. « Non
siete discreti quanto credete, i giornali vi hanno immortalati più
volte. Dunque, che succede? Se stai chiamando me, dev’essere
successo qualcosa. »
«
Sì, signora. Mizu è stata appena ricoverata
all’ospedale della prefettura, stanotte c’è stato
uno scontro violento con un villain e lei è rimasta ferita. »
Dall’altra parte della cornetta, sentì l’anziana
fremere.
«
Come sta? E’ grave? »
«
Diciamo che ne ha date tante, ma ne ha anche prese. Non è in
pericolo di vita, comunque. » Chiyo sospirò di sollievo.
«
D’accordo, arriviamo il prima possibile. » La donna
chiuse la conversazione e ne iniziò una seconda con il figlio,
per avvisarlo delle condizioni di Mizu. Poi andò all’alloggio
di Umi, la svegliò e informò anche lei, cercando di
evitare che entrasse in panico. Mentre la ragazza si vestiva in
fretta e furia, Chiyo rivolse lo sguardo a qualche alloggio più
in là. Si mosse verso quella porta e bussò più
volte, energicamente. Un Aizawa più assonnato del solito
socchiuse appena la porta, per vedere chi fosse.
«
Spero tu sappia che ore sono. Che succede? » Chiese, con la
voce impastata.
«
Mizu è all’ospedale. Ho pensato che volessi saperlo. »
Shota spalancò gli occhi e il resto della porta.
«
Cos’è successo?! » Chiese poi, mentre si sfilava
il sacco a pelo.
«
Vieni, ti spiego mentre iniziamo a muoverci. »
Il
trio fu raggiunto dai coniugi Shuzenji e tutti insieme si misero in
moto verso l’ospedale.
«
Perché sta venendo anche lui con noi? » Domandò
Aoi sprezzante indicando Shota, come se lui non fosse lì. La
moglie lo rimproverò, mentre sua madre gli diede una
spiegazione blanda a bassa voce. Eraser Head non fece una piega,
continuando ad osservare la strada in movimento dal finestrino.
Un’ora
dopo la chiamata di Hawks, il gruppo arrivò all’ospedale.
La dottoressa Risa Shuzenji, che lavorava lì, si fece indicare
dall’accettazione dove fosse sua figlia e il gruppo raggiunse
la stanza 394. Quando entrarono, trovarono Keigo che parlava con un
medico e Mizu a letto, addormentata. Quando Shota la vide, pallida e
immobile, ebbe un sussulto e si sentì il sangue gelare. Rimase
lì impalato sulla porta, mentre Umi si fiondò al
capezzale della sorella e Risa spinse la sedia a rotelle del marito.
Chiyo invece si avvicinò ad Hawks e al medico.
«
Voi dovete essere i familiari. » Esordì questi,
stringendo la mano dell’anziana. « La signorina Shuzenji
ha riportato parecchie escoriazioni, fortunatamente non profonde e
che quindi non lasceranno cicatrici, ad eccezione di quella alla
spalla destra. Deltoide, parte del bicipite e parte del pettorale
hanno subito delle micro-lacerazioni, dove i denti della cosa che
l’ha morsa sono entrati in profondità » Gli occhi
dei presenti si spostarono sulle sacche di ghiaccio istantaneo
poggiate sulla spalla bendata.
«
La gamba sinistra ha subito una micro frattura composta poco sopra la
caviglia, meno grave ma dovrà comunque tenere il gesso per
due, meglio tre, settimane. Non siamo riusciti a curarla con i quirk,
perciò avrà bisogno di riposo e riabilitazione, nonché
trattamenti
specifici e di un attento iter medico al fine di limitare al massimo
i danni funzionali. » Il medico rivolse un ultimo sorriso
incoraggiante ai presenti.
«
Non siete riusciti a curarla per via del suo quirk: Mizu può
creare un’acqua dalle potenti proprietà curative, ma con
la quale non può curare se stessa e, a quanto pare, le
impedisce che qualsiasi quirk curativo funzioni su di lei. »
Ammise Risa, osservando la figlia con cipiglio preoccupato.
«
Beh per il volo che ha fatto, è stata fortunata: nessun trauma
cranico, né danni alla colonna vertebrale. Potrà
tornare a camminare, nei giusti tempi sarà come nuova e potrà
riprendere il suo lavoro. » Alle parole del medico, Aoi tirò
un sospiro lungo e sollevato, almeno sua figlia non avrebbe condiviso
la sua sorte sulla sedia a rotelle.
Aizawa
si avvicinò ad Hawks e gli parlò sottovoce.
«
Sai dirmi di più sull’aggressore? E’ collegato al
caso che stavate seguendo? »
Keigo
si prese qualche secondo per osservarlo, dall’espressione del
viso di Shota trapelava chiaramente l’ansia per le condizioni
di Mizu. Sospirò pesantemente prima di rispondere.
«
Non lo so, non l’ho visto. Quando sono arrivato, era già
sparito. » Non sapeva bene perché mentire per proteggere
quella donna. Avrebbe potuto tranquillamente consegnare le
informazioni alla polizia, che avrebbe iniziato a cercarla, ma sapeva
che Mizu sarebbe stata male per questo. Aizawa digrignò appena
i denti e si allontanò appena, poi i presenti lasciarono che
il tempo scorresse inesorabilmente.
Qualche
ora più tardi, Mizu riprese conoscenza. Il bip del monitor a
fianco al suo letto segnava un battito regolare. Sbatté più
volte le palpebre e, come la vista non fu più appannata, notò
le persone attorno a lei. Umi e sua madre le sorrisero dolcemente,
mentre sua nonna avvicinò la sedia di Aoi, così che
entrambi potessero vederla da vicino. Oltre loro, con lo sguardo Mizu
scorse Keigo appoggiato alla parete e Shota che osservava fuori dalla
finestra.
«
Tesoro, come ti senti? » Le chiese Risa, aiutandola a
sistemarsi.
«
Come un panno appena sbattuto… » Ammise Mizu, con voce
roca. Mentre i suoi familiari ridacchiavano per quelle parole, Mizu
cercò Keigo con lo sguardo. Lui si avvicinò e le prese
una mano tra le sue. Alla tacita domanda di lei riguardo Kimiko e se
l’avesse presa, lui rispose solo con un cenno di diniego
silenzioso. Il gesto intimo tra i due, però, non passò
inosservato alla famiglia.
«
E quindi chi sarebbe questo giovanotto? » Domandò
giuliva sua madre.
«
Oltre ad essere l’hero numero tre… » Aggiunse suo
padre, squadrandolo.
«
E’ il mio colleg…»
«
Il suo ragazzo. » Hawks interruppe Mizu prima che potesse
finire e osservò le reazioni dei presenti con un grosso
sorriso sornione stampato sulel labbra. Mizu arrossì
vistosamente e gli strinse la mano, come per punirlo, poi si voltò
immediatamente a guardare verso Shota, che però parve
incurante alla notizia e rimase a fissare l’esterno.
Quando
il medico, poco dopo, entrò nella stanza, ammonì i
presenti per la caciara creatasi da quella notizia e li congedò,
dicendo che la paziente doveva riposare. Aizawa chiese di poter
restare qualche altro minuto, chiedendo ad Hawks di fare lo stesso,
per discutere con entrambi di una faccenda importante. Il dottore
acconsentì, ma intimò di non rimanere per troppo tempo,
poi uscì, portandosi dietro la famiglia Shuzenji.
«
Visto il vostro impegno nelle indagini, credo siate a conoscenza
delle ultime voci. A quanto pare è comparso uno stermina
eroi,
la polizia sta valutando l’ipotesi che siano collegati, se non
la stessa persona. »
«
No, non credo lo siano. » Ammise Hawks, guadagnandosi
un’occhiataccia di Mizu.
«
Nemmeno io. » Asserì Aizawa « Il modus operandi è
diverso, l’assassino che state cercando voi uccide gli agenti,
solo un hero è stato vittima casuale, mentre quest’altro
criminale se la prende con gli eroi. E’ possibile che sia stato
lui ad attaccarti stasera. » Concluse, rivolgendo finalmente lo
sguardo verso l’azzurra.
«
Sì, è possibile. » Concordò lei. «
Come lo è anche che siano la stessa persona e che
semplicemente abbia cambiato i suoi obbiettivi. Non possiamo
escludere nulla. » Hawks le lanciò un’occhiata
ammonitrice, ma lei sorresse il suo sguardo. « Non appena sarò
in grado di lavorare, mi accerterò personalmente della
questione. » I due uomini non sembrarono particolarmente
entusiasti all’idea, ma prima che potessero mostrare qualche
rimostranza, Mizu alzò una mano per fermarli. « Non
cercate di dissuadermi, sarebbe fiato sprecato. Come penso sappiate,
ho iniziato a lavorare per l’agenzia di Endeavor, perciò
che vi piaccia o meno, questi sono i rischi del mio lavoro. »
Indicò le fasciature sulle sue ferite. « E sta solo a me
decidere se accettarli o meno. Detto ciò, Shota, grazie per
averci informati sugli ultimi avvenimenti. E per essere passato a
vedere come stavo. »
«
Figurati. » Rispose semplicemente, lapidario.
«
Keigo, vorrei qualche informazione in più su questo stermina
eroi, ti spiacerebbe portarmi il suo fascicolo la prossima volta che
vieni a trovarmi? »
«
Non sarà un problema. » La rassicurò.
«
Grazie ad entrambi, adesso scusatemi, ma sono veramente a pezzi e
vorrei riposare.»
I
due hero si congedarono, Shota superò la porta e andò a
destra, mentre Keigo poggiò un bacio a filo di labbra su
quelle di Mizu e una volta uscito, andò a sinistra. Non passò
molto tempo prima che Mizu chiudesse nuovamente gli occhi, per
lasciarsi ad un sonno senza sogni.
Angolino
delle autrici
Attendiamo
come sempre i vostri pareri ^^
Vi
lasciamo i nostri link Intagram, grazie per chiunque vorrà
seguirci anche lì.
LilyShakarian
LadyBarbero
Alla
prossima! Lily&Lady
|
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Capitolo 21 *** Capitolo XX° ***
«
Dimmi, sei per caso impazzita..? » La voce di Hawks non
nascondeva il suo tono alterato. Nelle due settimane in cui Mizu era
rimasta all’ospedale, Keigo era andato a trovarla quasi tutti i
giorni e, sotto richiesta di lei, l’aveva tenuta aggiornata
sullo stermina eroi. La loro indagine invece sembrava tornata
ad un punto morto. Mizu sospirò.
«
Aiutami a rivestirmi, per favore. » Oggi l’avrebbero
dimessa, ma aveva un altra settimana di stop da passare a casa e poi
avrebbe iniziato con la fisioterapia. Quella per la gamba sarebbe
stata più semplice e veloce, mentre quella per la spalla la
spaventava un po’, nonostante il medico in quelle settimane
l’avesse rassicurata sul fatto di essere fortunata e che, con
gli accorgimenti giusti, avrebbe recuperato del tutto.
Keigo
si mosse immediatamente per andarle incontro e aiutarla, nonostante
non fosse sereno per le ultime parole dell’azzurra.
«
Mizu, pensa bene a ciò che hai detto. Vuoi davvero mettere a
rischio la tua carriera per quella criminale..? » Lei sollevò
il viso, sorridendo, e lo scosse in un leggero diniego, poi portò
l’unica mano in grado di usare sulla guancia del ragazzo.
«
Non capisci? Quella ragazza ha bisogno di aiuto… Ed è
proprio per il mio lavoro, per quello che sono, perché sono un
Hero che devo farlo. Ho fatto giuramento di aiutare gli altri, perché
voglio farlo. »
«
E su questo siamo d’accordo, ti ricordo che sono un Hero anche
io. » Le rispose più calmo, ricoprendo la mano di lei
con la sua. « Ma non pensi che la prigione sia sufficiente..? »
Mizu abbassò il viso.
«
Kimiko non ha bisogno di una gabbia, quanto invece di aiuto concreto
e io posso darglielo. »
«
Si e guarda come ti ha ripagato. Gran bella riconoscenza. »
Keigo digrignò i denti e Mizu strinse maggiormente la presa
tra le loro mani.
«
Non lo faccio per la sua riconoscenza, Keigo. Sono una psicologa e
sono un Hero, faccio del bene senza pretesa di qualcosa in cambio. Ci
sono cose che prescindono dal proprio lavoro stipendiato, come c’è
una cosa giusta da fare che non sempre è compresa dalla legge.
» Hawks sembrò riflettere attentamente su quelle parole.
« Per favore… fidati di me e lasciamelo fare. » Si
fissarono reciprocamente negli occhi, in quelli dell’azzurra
lui potè leggervi la sua supplica e cedette.
«
D’accordo, facciamo come vuoi tu, ma solo per stavolta. Se ti
tocca di nuovo, non risponderò delle mie azioni, né
della sua salute. » Mizu ridacchiò.
«
Certo, grand
uomo. E
grazie… per tutto. » Lo attirò in basso verso di
sé e lo baciò. Lui non si fece pregare e ricambiò
subito, stringendola appena a sé, cercando di non farle male.
L’ambiente si stava un po’ scaldando, ma il medico che si
schiariva la voce attirò la loro attenzione e li fece
staccare. Superato il primo momento di imbarazzo, Mizu firmò i
propri documenti di dimissione e salutò il dottore,
ringraziandolo per tutto. Poi si lasciò sollevare dolcemente
dalle braccia robuste di Hawks e gli poggiò un bacio sul collo
poco dopo che lui ebbe spiegato le ali per prendere il volo.
«
Ehi attenta gocciolina,
io
cerco di fare il bravo e tu così mi provochi. »
«
Chi ha detto che devi fare il bravo..? » Mizu gli morse il lobo
dell’orecchio, facendolo ridere divertito.
«
Qualcuno sembra aver sofferto un po’ di solitudine
in
ospedale… »
«
Già… avrei proprio bisogno che qualcuno si prendesse
cura di
me… »
Arrivarono
al palazzo dove era situato l’appartamento di Mizu ed entrarono
dalla terrazza. Keigo tentò di salutarla con un bacio sulla
tempia, dopo averla sistemata a letto, ma Mizu lo attirò a sé,
fino a farlo cadere sopra di lei.
«
Mizu… » La riprese Hawks con voce roca e poca
convinzione. « Hai sentito il medico, devi riposare… »
«
Dopo, ci sarà tutto il tempo questa settimana per riposarmi…
Adesso voglio solo che mi stringi e che fai l’amore con me…
» Gli occhi di Keigo si fissarono sulle labbra dischiuse di
lei, in quel dolce invito che non esitò a cogliere.
«
Cosa devo fare io con te…? » Emise con tono basso,
cedendo e iniziando a togliersi la giacca. Lei gli sorrise,
avvolgendogli l’unico braccio abile attorno al collo.
«
Fare la cosa che ti riesce meglio: coccolarmi, viziarmi e farmi stare
bene… » Hawks ridacchiò per quella
risposta, aiutandola a liberarsi dei vestiti. Al caldo, sotto le
coperte, mentre fuori aveva iniziato a piovere, si persero in baci
teneri e dolci carezze, mentre i loro corpi si univano più
volte.
Qualche
ora più tardi, nel tardo pomeriggio, si decisero a lasciare il
caldo confortevole del letto, Keigo aiutò Mizu a vestirsi
mentre le rubava qualche bacio e poi fece lo stesso. La lasciò
alla stazione di polizia, dopo un ultimo sguardo per assicurarsi
delle sue intenzioni, poi si organizzò una cena veloce e
riprese la sua ronda notturna. Mentre sorvolava il distretto
illuminato sotto di sé, notò una zazzera scura che
attirò la sua attenzione. Lo seguì dall’alto
della sua posizione, vedendo che si addentrava in vicoli più
bui. Continuò a stargli dietro, finché una fiammata
azzurra non lo costrinse ad una virata e ad atterrare a qualche metro
di distanza.
«
Cosa diavolo vuoi, Hero numero tre? » La luce turchese delle
sue fiamme illuminava ancora le sue dita. Hawks gli sorrise beffardo,
ripiegando le ali.
«
Sei l’amico della cameriera. Immagino che anche lei si stia
leccando ancora le ferite. » Dabi si fece più
minaccioso, fulminandolo con il suo sguardo di ghiaccio. « Stai
calmo, non sto cercando lei, ma lo stermina
eroi. Mi
auguro vivamente che ciò che Mizu stia facendo per lei valga
davvero la pena… » Touya cambiò espressione,
sentendo quel nome, quasi lo avesse incuriosito. Anche lui ne aveva
sentito parlare in quelle settimane, era una figura che lo
affascinava parecchio.
«
Come ho già detto quella sera, la pesciolina
può
dire quello che vuole, son tutte bugie e promesse vuote senza i
fatti. » Hawks sbuffò, sorridendo amaramente.
«
Purtroppo per te, Mizu non è una che sparge inutilmente parole
nel vento. Dì pure alla tua amica biondina, che se la polizia
non le starà più alle calcagna, sarà solo merito
suo. » Un lampo confuso attraversò gli occhi di Dabi, ma
non si scompose di mezzo millimentro dalla sua posizione difensiva. «
Solo io e Mizu siamo a conoscenza del fatto che sia lei l’assassina
di quei poliziotti e criminali, nonché di quell’Hero
innocente. La “pesciolina” ha intenzione di sfruttare
questo particolare, per far ricollegare gli omicidi allo stermina
eroi,
in modo che Kimiko sia pulita. » Touya sgranò gli occhi,
senza proferire parola. Rimase a scrutare l’Hero, incerto se
stesse dicendo o meno la verità. Hawks spiegò le ali e
lo lasciò ai suoi pensieri, con un ultimo cenno della mano.
§§§
Durante
le settimane di assenza della cameriera, Gorou non rimase con le mani
in mano. In quel lasso di tempo assunse tre nuovi aiutanti,
referenziati come lui voleva, soprattutto abbastanza fidati.
Avrebbero dato una mano a Yuurei e anche a Kimiko una volta finita la
degenza, era giunto il momento di ampliare il personale al Doragon
così da poterlo gestire al meglio e non avere più
problemi nelle eventualità. Non sapeva quale Kami ringraziare
per questo, ma fortunatamente non si era presentata la polizia al
locale, quindi la situazione era abbastanza stabile e tranquilla.
Intanto Kimiko se ne stava ancora sdraiata sul letto della stanza di
quello strano edificio che aveva tutto tranne che l’aspetto di
un vero e proprio ospedale. A farle compagnia c’era Giran, lo
strano individuo che, da quello che le era stato riferito sia da
Yuurei che da Touya, l’aveva aiutata permettendole di
rimettersi lentamente in sesto grazie proprio a quel posto dove ora
soggiornava e ai suoi contatti tra i medici del crimine. Non amava la
compagnia di quell’uomo, anche perché continuava a
fumare dentro la sua stanza senza preoccuparsi di lei. Le concedeva
qualche carineria solo ogni tanto, aprendo la finestra e facendo
cambiare aria quando si ricordava di farlo. Mentre la ragazza
consumava un budino al cioccolato, o almeno ci provava visto il fumo
che puntualmente spostava via da davanti al suo viso con la mano,
guardava sul piccolo schermo della tv il festival sportivo, dove gli
studenti della prestigiosa U.A. si stavano destreggiando in varie
prove per accaparrarsi l’attenzione dei migliori Hero che ne
osservavano le abilità. Con un po’ di stupore sul viso,
notò la figura dell’eroe Endeavor presiedere al grande
evento. Lo sguardo era cupo e aggressivo mentre dagli spalti fissava
il susseguirsi degli scontri. Normale fosse lì: tra gli
studenti spiccava il ragazzo prodigio Shouto Todoroki, possessore di
ben due quirk, ghiaccio e fuoco, anche se Kimiko notò che
preferiva sfruttare solo la sua parte destra, ovvero quella del
ghiaccio. Conosceva bene quella famiglia, o almeno, il loro cognome.
Lo stesso che accompagnava quello di Touya. Quando erano piccoli il
ragazzo era molto restio a parlare dei componenti della sua famiglia,
soprattutto di suo padre. Ricordava bene quando sua madre Helena
provava, con domande mirate, a sapere qualcosa di più su di
loro, ma Touya era sempre pronto con una risposta di circostanza e
tagliava subito corto. Sia Kimiko che sua madre erano a conoscenza di
poco, ad esempio che Touya aveva tre fratelli, due maschi e una
femmina, e che i rapporti andavano bene solo con due di essi, ma che
Kimiko e Helena non avevano mai conosciuto personalmente. L’unica
figura che avevano visto spesso era la loro madre. Come scordare
quella bellissima donna dai capelli candidi come la neve e lo sguardo
spento e malinconico, lo stesso che mostrava Touya in varie
circostanze. Capitava spesso che Helena e quella donna si fermassero
a parlare quando quest’ultima passava a casa loro per portare
via Touya, ma anche lei evitava – con sorrisi abbastanza
forzati- certe domande da parte della mamma di Kimiko. Chissà
se le cicatrici che ora portava il ragazzo sul proprio corpo
dipendevano dai grandi silenzi e dal velo di mistero che circondava
la sua famiglia.
«
Visto? Quel ragazzo ha un’abilità come la tua. »
Le fece notare l’uomo indicando lo schermo dove veniva ripreso
uno studente con la testa di un uccello, molto simile a quella di un
corvo. Almeno la distrasse dalla serie di pensieri e ricordi che si
erano ammassati con tumulto. Mostrandole il suo sorriso privo di un
dente che Kimiko guardava ogni volta con ribrezzo, quello che
trasmetteva alla ragazza maggiormente era una strana sensazione di
viscido, soprattutto di persona di cui non ci si poteva
assolutamente fidare.
«
Diciamo di sì, anche se sembra che il suo quirk sia, come
dire… un po’ timido. Cosa che Fade non è. »
Alzò appena le spalle senza degnarlo di uno sguardo, finendo
con calma il suo dolce. Lui non smise di sorriderle, scuotendo appena
il capo nel notare la vaga somiglianza caratteriale con Gorou. Anche
se nelle loro vene non scorreva lo stesso sangue, il dragonide era
riuscito a trasmetterle molto dei suoi tratti caratteriali negli anni
di convivenza, soprattutto la poca fiducia e freddezza
nell’approcciarsi a nuovi individui.
«
Ah, hai ragione. » Annuì l’uomo. « Conta
però che quelli sono ancora pulcini alle prime armi, ma un
domani potrebbero diventare degli eroi provetti. » Kimiko
in risposta fece una smorfia contrariata che fece scappare una risata
a Giran.
«
Dai dai, non innervosirti. Piuttosto, ho delle informazioni per te
molto importanti. » Kimiko tenne il cucchiaino in bocca. «
Lo stermina-eroi…
»
Colta dall’improvvisa curiosità, lasciò subito il
contenitore del dessert sul comodino, mugolando un po’
indolenzita mentre si sistemava contro i cuscini.
«
Ok… Dimmi tutto e che siano informazioni veritiere. »
«
Alle mie orecchie le informazioni arrivano sempre esatte, non
preoccuparti. » Si alzò dalla sedia per aprire la
finestra , accendendo l’ennesima sigaretta « Pare che
questo losco personaggio abbia colpito un eroe abbastanza importante
in città… Ingenium? Lo conosci, vero? » Kimiko
deglutì con forza i pochi residui di dolce rimasti in bocca,
lasciando che un sospiro rompesse quel silenzio di attesa. Eccome se
lo conosceva visto che, per un errore inaspettato, si era ritrovata a
dover togliere la vita ad uno dei suoi sidekick in una sua missione.
«
Così tutti i miei crimini potrebbero ricadere su di lui…
» Giocò con le dita intrecciandole più volte tra
loro con nervosismo abbastanza evidente « Tutto ciò che
ho fatto per mia madre sarebbe distrutto in un soffio come un
castello di sabbia… » Giran, di risposta, tirò le
labbra in una smorfia quasi rattristata nel notare il dispiacere
dipingersi sul volto della ragazza.
«
Credo sarebbe successo comunque. So, da alcune fonti, che poco tempo
fa ci stava un uomo che si divertiva a far fuori personaggi
abbastanza conosciuti nel giro degli Yakuza. Poi, stranamente, i
decessi si conclusero e iniziarono a perire molti eroi. Credo ci sia
un collegamento abbastanza palese tra i due assassini. » Soffiò
una manciata di fumo. « Anche se hai iniziato la tua vendetta
in contemporanea con le azioni di questo criminale, i fatti si
sarebbero collegati comunque, visti i suoi precedenti… »
«
È normale che mi senta un po’ inutile in questo momento?
» L’uomo le poggiò una mano sul ginocchio quasi
per confortarla.
«
Se ti può far star meglio, pensa che gli assassini di tua
madre adesso le fanno compagnia sotto terra e non stanno più
in giro a farsi grasse risate credendosi onnipotenti. Anche
nell’aldilà non avranno vita facile con lei… »
Prima che Kimiko potesse rispondergli, la porta si aprì,
mostrando la figura di Touya con una faccia abbastanza segnata. Giran
scostò la sua mano e si congedò in silenzio per
lasciarli soli. Nello stesso silenzio, il moro prese posto sulla
sedia che spinse in avanti per portarsi più vicino al letto
della ragazza.
«
Come stai? » Chiese con voce pacata, anche se quel sorriso
forzato era tutto un programma.
«
Bene, qualche dolorino qua e là. » Gli sorrise «
Hai tardato, hai avuto qualche problema con Gorou? »
«
Nah… dal fronte Doragon sembra andare tutto bene e il
trasferimento nella nuova abitazione si è concluso al meglio.
Non vedo l’ora che tu esca da qui per fartelo vedere. Credo che
ti piacerà… » Le accarezzò piano il viso.
«
Non allontanarti dalla domanda, “Dabi”…
la
tua espressione sta chiaramente dicendo tutt’altro. » Il
ragazzo si massaggiò il collo, sbuffando abbastanza nervoso.
«
Venendo qui, sono incappato nel pollo
dalle
ali scarlatte. » Kimiko trasalì, scostandosi a fatica
dai cuscini con l’intento di saperne di più «
Calma… non ha fatto nulla di che, a parte accennarmi delle
intenzioni del pesciolino…
»
«
Che intenzioni? Ti hanno forse minacciato? » Chiese stizzita la
bionda.
«
In un primo momento lo credevo anche io… invece, a detta del
pollo,
la tua cara amichetta ha intenzione di darti un alibi per far si che
ogni accusa degli omicidi ricada sullo stermina-
eroi…
»
Kimiko si lasciò andare con un sospiro nuovamente contro i
cuscini. La testa iniziò a girarle, non per i dolori fisici,
bensì per l’accumularsi di nuovi pensieri nei riguardi
di Mizu. Possibile che dopo quello scontro avesse ancora intenzione
di aiutarla? Quali erano le sue vere intenzioni? La poca fiducia di
Kimiko la portava a pensare a qualche ricatto da parte dell’azzurra,
eppure – anche se quella vocina era flebile e lontana- qualcosa
dentro di lei le sussurrava parole diverse, facendo accenni nei
riguardi di una ragazza che, forse, si stava davvero preoccupando per
lei.
«
Sarà buffo quello che sto per dire e suonerà abbastanza
strano, soprattutto a me che sto per dirlo… » Kimiko lo
guardò perplessa. « I suoi modi di fare, la sua
determinazione per salvare un’assassina… più
volte in lei vedo plasmarsi l’immagine di tua madre. Per lei la
parola impossibile
era
l’ultima della lista, praticamente inesistente… »
La ragazza storse le labbra, abbassando lo sguardo sulle pieghe delle
lenzuola.
«
Ancora non mi fido pienamente di lei… » Proseguì
il moro « Però, forse inconsciamente tu hai iniziato a
farlo, visto che quando strisciavi verso il suo corpo inerme, le tue
intenzioni erano tante, tranne quella di ucciderla una volta per
tutte… » Il momento venne interrotto dall’annuncio
del vincitore della sfida trasmessa in tv. Lo sconfitto era Shouto
Todoroki e, alla notizia, il moro non potè che mostrare una
faccia stupita. Kimiko non si smosse di un millimetro e voltò
il capo dalla parte opposta al ragazzo, pensando alle parole dette da
lui. Il suo sguardo era perso in un punto impreciso della parete
grigia. Quella stessa sera sarebbe stata dimessa da quel posto, così
da poter visitare la nuova abitazione scelta per loro appositamente
da Gorou.
Angolino
delle autrici
Allora
cari lettori e lettrici, la storia vi sta piacendo? Speriamo di si!
Vi
lasciamo i nostri link Intagram, grazie per chiunque vorrà
seguirci anche lì.
LilyShakarian
LadyBarbero
Alla
prossima! Lily&Lady
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Capitolo 22 *** Capitolo XXI° ***
«
E così avete iniziato i tirocini per gli apprendisti. »
Chiese Mizu ad Endeavor, mentre una ragazza le spingeva la sedia a
rotelle. Avrebbe preferito usare delle stampelle, finché non
poteva camminare, ma non potendo ancora muovere il braccio le era
impossibile. Di stare ferma a casa a riposo, come il medico le aveva
suggerito, non se ne parlava proprio. E visto che non poteva aiutare
in missione, per lo meno si teneva informata sulle ultime notizie in
agenzia. « Hawks mi ha detto che anche da lui è arrivato
uno studente della U.A. Mi pare si faccia chiamare Tsukuyomi.»
Endeavor le camminava affianco lentamente, pensieroso e corrucciato.
«
Non era necessario che venissi, non sei di nessuna utilità qui
in queste condizioni. Non puoi nemmeno addestrarti. »
«
Lo so… e non è mia intenzione creare disturbo, ma con
tutto quello che è successo, non ce la faccio a stare a casa
senza fare niente…»
«
Eppure dovresti. » Le rispose secco, senza guardarla. Mizu
attese qualche secondo, prima di fare una domanda scomoda.
«
Dov’è Shoto? » Enji si fermò. «
Credevo avrebbe fatto il suo tirocinio qui. » L’uomo la
squadrò dall’alto, col suo sguardo ardente.
«
Qui non sei la mia strizza-cervelli. Qui sei solo l’hero
Healing Water e sei tu quella che risponde. » La ragazza roteò
gli occhi, sospirando.
«
L’ho visto al torneo, comunque. » Continuò lei,
dando cenno per riprendere a farsi spingere. « E’ stato
davvero fenomenale, dico sul serio. Mi ha sorpreso che abbia perso in
finale con quel ragazzo biondo. » Si fece pensierosa. «
Com’è che si chiama… Bakugo? Spero trovi al più
presto una guida che lo aiuti ad incanalare tutta quella potenza e
quella rabbia… » Enji la guardò con la coda
dell’occhio.
«
Shoto è andato a visitare sua madre. » Lo sguardo di
Mizu si spostò velocemente sul suo interlocutore.
«
Questa è un’ottima notizia, Enji-san! Un piccolo passo
per volta… » Gli sorrise, incoraggiante. L’uomo
distolse lo sguardo, schioccando la lingua. Poi si fermò,
piazzandosi davanti a lei.
«
Sto andando all’ospedale generale di Hosu, adesso è lì
che si trova mio figlio. Vieni con me. »
L’
ordine imperativo del suo capo la fece quasi trasalire, ma non
obiettò. Lo seguì, ben consapevole dello scontro che
alcuni studenti della U.A. avessero avuto con lo stermina eroi:
Stain. Le indagini sul caso a cui stavano lavorando lei e Hawks, gli
omicidi compiuti da Kimiko, era stato chiuso non appena era riuscita
a sviare i sospetti sullo stermina eroi. Il fatto che la bionda
avesse attaccato un sidekick della Team Idaten e che poi Stain avesse
quasi ucciso Ingenium le aveva facilitato le cose. Arrivati
all’ospedale di Hosu, raggiunsero la stanza dove stavano in
degenza gli studenti coinvolti nello scontro col pericoloso
criminale. All’esterno, incontrarono un manipolo di persone che
si stavano apprestando ad entrare, tra queste Mizu riconobbe l’hero
Gran Torino. Gli altri, con delle veloci presentazioni, scoprì
che erano Manual, un sidekick idrocineta della Idaten, e Tsuragame
Kenji, il commissario del dipartimento di polizia di Hosu. Endeavor
fece cenno ai tre che avrebbe aspettato fuori, approfittando del
passaggio di un medico per accertarsi delle condizioni del figlio.
Mizu lo riprese, dicendo che sarebbe potuto entrare e controllarle di
persona, ma l’hero numero due grugnì infastidito e non
la ascoltò. L’azzurra sbuffò esasperata dalla
cocciutaggine dell’uomo e si appoggiò al muro. Dallo
spiraglio della porta lasciato aperto, riuscì a sentire
l’argomento della discussione all’interno.
«
Gli agenti della legge detentori di poteri incredibili e letali,
possono utilizzare i loro poteri conformemente al regolamento. Questa
norma potrebbe cadere a loro causa da un momento all’altro, ma
è ancora in vigore… questo grazie all’eccellente
condotta dei loro predecessori, au. » Il commissario fece una
breve pausa. « Quindi per voi tre eroi apprendisti…
utilizzare le proprie specialità per ferire il prossimo senza
la supervisione diretta dei vostri mentori, indipendentemente se la
persona ferita sia un criminale o meno… è una grave
violazione della legge, au! » Mizu trasalì, non poteva
credere che il commissario volesse realmente punire l’atto di
coraggio e la prontezza di quei tre giovani eroi. E per di più
anche i loro responsabili, Endeavor, Gran Torino e Manual. Senti un
ragazzo intervenire e lo identificò come il giovane Todoroki.
«
E lei ci sta dicendo che, per seguire la legge, dovremmo lasciare
delle persone morire!? »
«
Allora stai dicendo che la legge dovrebbe piegarsi alle convenienze
altrui, au!? » Replicò il commissario. Mizu trattenne il
fiato, quel dialogo le fece tornare alla mente quello tra lei e
Kimiko proprio su quell’argomento.
«
Salvare la gente è il compito di un eroe! » Insistette
Shoto, con convinzione. L’azzurra non poteva che essere
d’accordo, ma qual era il confine tra giusto e sbagliato? Non
lo aveva forse già superato, aiutando Kimiko?
Alla
fine, anche il commissario “piegò la legge alla sua
convenienza”, mantenendo la faccenda nascosta ai media,
oscurando i meriti dei ragazzi per proteggerli e facendo ricadere il
tutto su Endeavor.
“
Allora
non esiste solo il bianco o il nero, mio caro commissario… A
volte ciò che è più giusto, non è
compreso nella legge…” Era sempre più convinta
del suo pensiero. Gli adulti lasciarono la stanza e il commissario
Kenji spiegò la situazione ad Endeavor, non appena questi si
fu liberato del medico.
«
A tal proposito… » Rispose l’hero di fuoco. «
Ho saputo che lo stermina eroi è qui, che una costola rotta
gli ha perforato un polmone e che sta ricevendo il trattamento per le
fratture multiple riportate nello scontro. » Indicò Mizu
con la mano. « Healing Water si è recentemente unita
alla mia agenzia. Dispone di potenziale curativo ed essendo una
psicologa, può aiutarvi a tracciare un profilo psicologico del
detenuto. » Quattro paia di occhi si posarono sull’azzurra,
che ricambiò un po’ titubante, viste le sue condizioni.
«
Se posso essere d’aiuto, lo farò volentieri. Cosa potete
dirmi su di lui?» Gran Torino e Manual si congedarono, mentre
il commissario iniziò ad accompagnare Mizu ed Endeavor verso
la stanza del criminale.
«
Chizome Akaguro, 31 anni, sangue tipo B, precedentemente impegnato
nell’attività di vigilante col nome Stendhal. Il suo
quirk di coagulazione gli permette di immobilizzare l’avversario
di cui ingerisce il sangue, per un massimo di otto minuti, a seconda
del tipo. Ha massacrato diciassette eroi e feriti gravemente altri
ventitré, in modo che non potessero più esercitare la
loro professione. Ha urlato più volte che solo All Might abbia
il diritto di batterlo, in quanto ritiene che gli altri hero siano
impostori che abusano del loro potere per fare quello che vogliono e
per ottenere fama e fortuna. Nonostante questo, mentre era in uno
stato di incoscienza, ha salvato uno degli studenti che era stato
preso da uno dei Nomu. Dopo che si sarà ripreso, verrà
trasferito direttamente al Tartaro, au. »
«
Ha detto che si faceva chiamare Stendhal? » Chiese lei,
dubbiosa.
«
Si, quando era un vigilante. Perché? »
«
Beh… In psicologia la sindrome di Stendhal è una
patologia psicosomatica che può insorgere al cospetto di
un'opera d'arte particolarmente evocativa. Si manifesta come una
sensazione di malessere diffuso, alla quale si aggiungono crisi di
panico, ansia, palpitazioni, difficoltà respiratorie e
sensazione di svenimento, spesso accompagnati a disturbi
del contenuto e della forma del pensiero con intuizioni e percezioni
deliranti, associate a disturbi delle senso-percezioni con
allucinazioni uditive o fenomeni illusionali. In altri casi ancora
sono stati registrati disturbi affettivi, con umore orientato in
senso depressivo, con contenuti di colpa e di rovina o, viceversa, in
senso maniacale di euforia e manifestazioni di estasi. A
livello psichico, invece, la Sindrome di Stendhal porta a sviluppare
un vago senso di irrealtà, al quale si accompagna un
improvviso bisogno di tornare alla propria terra e di parlare la
propria lingua.
Mi
sembra quasi impossibile che sia stata una scelta di appellativo
completamente casuale. »
«
Credo potrà verificarlo di persona, dottoressa, au. » Il
commissario aprì la porta scorrevole e la invitò ad
entrare.
«
Vi chiederei la cortesia di aspettare fuori, se volete lasciate pure
uno spiraglio aperto, si sentirà tutto benissimo, ma per lo
meno il paziente sarà meno intimorito. » I due
accettarono il consiglio dell’azzurra e rimasero all’esterno,
mentre Mizu entrò, muovendo la carrozzina in avanti
lentamente, con una mano sola, fino a trovarsi vicina al materasso.
L’uomo era stato legato con delle cinghie ai polsi e alle
caviglie, aveva una flebo attaccata al braccio ma il battito sullo
schermo era troppo veloce per una persona addormentata.
«
Questi figli di puttana non si sono nemmeno preoccupati di darmi le
giuste dosi di morfina…» Emise tra i rantoli, schiudendo
gli occhi. Non ci mise molto a notare la figura vicino a sé.
Girò il viso verso di lei, dedicandole un sorriso sghembo. «
E tu chi saresti, il mio cane da guardia? »
«
Hanno sbagliato, avrebbe dovuto riposare ancora, ma forse l’hanno
fatto per farla parlare con me. Io sono Healing Water e sono una Pro
Hero. » Stain rise a fatica, probabilmente per il dolore.
«
L’ennesimo falso eroe di questo mondo corrotto. »
«
In realtà sono qui per capire che cosa l’ha spinto a
compiere i crimini di cui è accusato, anche se... forse ha
ragione su di me, forse non sono degna di fregiarmi del titolo di
hero, visti i miei dubbi su cosa sia effettivamente giusto e cosa
no... »
«
Oooh abbiamo una calzamaglia in crisi qui…»
«
Stendhal, è così che si faceva chiamare quando era un
vigilante, no? » L’uomo perse il suo sorriso e prese ad
ascoltarla seriamente. « Ricordo di aver letto un rapporto su
un vigilante con questo nome, qualche anno fa. Immagino che fosse
un’esagerazione, ma riportava che, con un solo colpo, quel
vigilante fosse riuscito ad eliminare gli elementi più
pericolosi della Tenchu Kai, un’organizzazione di criminali
violenti dotati di quirk. »
«
Nessun esagerazione, ragazzina. A quel tempo desideravo solo
l’epurazione di questa società marcia, per riportarla
sul sentiero della rettitudine. Non è forse lo stesso per cui
si battono gli eroi? Ma poi ho capito… agli eroi non importa
un accidente degli altri, importa solo di se stessi. Tendono a
credere di essere umani superiori e invincibili, che diventano
un’altra persona solo perché indossano una maschera.
Sono dei pazzi pretenziosi i cui peccati sono ancora maggiori di
quelli dei malvagi, perché non sono disposti a sporcarsi le
mani per un bene superiore, mancano di determinazione…
E
ne mancavo anch’io, ma sono stato illuminato. Io so quello che
va fatto e sono disposto a farlo.»
«
Questo non è aiutare le persone, questa non è
giustizia... noi hero siamo sostenitori della vera giustizia, mentre
il resto sono azioni scellerate! » Stain rise nuovamente col
fiato corto.
«
Curioso, mi sono state rivolte parole simili in passato, sono stato
definito un “folle
assassino da strada”, ma
solo perché voi non riuscite a vedere lo scopo più alto
come invece riesco a fare io… Coloro che peccano di
generosità, non capiscono che non agire per il meglio, non
fermare il male, equivale a schierarsi col male stesso.»
«
Ed è questo che ha fatto quindi, schierarsi col male? »
«
Un male necessario, che non tutti possono comprendere. »
Mizu
sospirò profondamente e chiuse gli occhi per qualche secondo,
poi li riaprì e si avvicinò fino ad essere attaccata al
lato del letto.
«
Forse trascenderò il mio ruolo con queste parole, ma dirò
esattamente ciò che penso. Conosco un’altra persona che
la pensa come lei. Per quanto condanni le vostre azioni, non riesco a
biasimarvi completamente, la vostra sfiducia nel sistema non è
del tutto insensata. Corruzione, ingiustizia, criminali che riescono
a farla franca e si, anche eroi che pensano al loro tornaconto
personale. Tutto questo è reale, esiste, non avrebbe senso
negarlo.
Quello
di cui mi rammarico è che abbiate perso la speranza nelle
persone come noi. Quelli che intendono aiutare realmente il prossimo
ci sono e combattono là fuori ogni giorno, con i loro mezzi.
Non con violenza o crudeltà, ma con coraggio e gentilezza.»
Gli poggiò la mano libera sul braccio, da prima lui tentò
di scostarlo, ma non ci riuscì e poté solo assistere
confuso. Un velo leggero d’acqua iniziò a scorrergli
sulla pelle, mentre il potere curativo di Mizu stava velocizzando la
guarigione delle sue ossa. Per tutto il tempo, l’azzurra lo
fissò negli occhi con compassione e determinazione al tempo
stesso. Non smise finché non lo senti prendere un respiro a
pieni polmoni, ormai rigenerati.
«
Cosa volevi dimostrare con questo? » Le chiese qualche secondo
dopo, guardandola serio.
«
Niente, volevo solo che stesse meglio, perché la sua
espressione sofferente mi stava facendo stare male. Ho saputo che
mentre era inconscio, ha salvato uno dei ragazzi, lo può
considerare un occhio
per occhio,
se la fa sentire meglio. Lei verrà trasferito nel Tartaro
appena si sarà ristabilito, lì trascorrerà la
sua detenzione punitiva per i suoi crimini e mi auguro che questi
gesti, sia il mio che il suo verso quel ragazzino, la faranno
riflettere. Avrà parecchio tempo per farlo. »
Detto
ciò, Mizu interruppe il contatto della sua mano e richiamando
l’acqua a sé, girò la sedia a rotelle e lasciò
la stanza, raggiungendo i due uomini ancora fuori.
«
Spero abbiate ottenuto tutte le spiegazioni che volevate. Adesso
scusatemi, ma sono davvero stanca.» Disse infine, congedandosi
e chiedendo alla ragazza che si stava occupando di lei di riportarla
a casa.
§§§§§
Gli
impostori che pullulano in questa società,e i criminali che
usano i propri poteri impunemente... vanno tutti eliminati. Tutto
questo... lo faccio per una società più giusta!
Lo
stermina-eroi, si voltò lentamente verso l'eroe numero due
Endeavor. La determinazione che trasmetteva il suo sguardo, riusciva
a penetrarti l'anima, insidiandosi in ogni cellula del corpo, come
una malattia rara della quale ancora non si conosce la cura.
Un
altro impostore...Devo sistemare...Qualcuno deve farlo...Deve
coprirsi di sangue...Deve ridare vita...al significato di Eroe!Forza,
impostori, fatevi avanti! L'unico in grado di uccidermi è
soltanto un vero eroe! Soltanto All Might!
Il
video sul cellulare si fermò ancora una volta e velocemente il
pollice sul display cliccò nuovamente sul cerchio per
riavviarlo, proseguendo così in un loop senza fine. Quelle
parole continuavano a ronzare instancabili nella testa di Kimiko,
come se esse fossero la nuova hit del momento. Non poteva fare a meno
di fissare il viso di quell'uomo che anche se era fisicamente mal
concio, la sua voce e le sue parole rendevano le sue carni ferite di
un affascinante e forte impatto. Si rivedeva tantissimo in quel
discorso, così poetico alle sue orecchie, parole solo per veri
intenditori, tralasciando ovviamente solo la parte dell'eroe numero
uno. Sembrava quasi una condanna per lei, perchè in ogni dove,
quel nome si palesava a lei puntuale come un’orologio. Lasciò
il posto dal divano della sua nuova casa tranquilla e indipendente,
una delle classiche abitazioni a schiera con un piccolo giardino
all'entrata. Non sapeva cosa potesse farsene di un'abitazione a due
piani, troppo abituata al suo bilocale. Ogni volta, per andare in
camera da letto, doveva fare una rampa di scale, stesso se doveva
usare il bagno, non proprio il massimo della comodità. La nota
positiva però, era il rapporto che andava crescendo tra lei e
Touya. Ancora non erano arrivati oltre, ma finalmente - ora che
avevano una maggiore privacy- potevano concedersi più
attenzioni, tra baci e carezze consumati nella notte. Anche se il suo
aspetto fisico era cambiato e non esprimeva le migliori intenzioni,
le attenzioni e la delicatezza delle sue mani erano qualcosa di
indescrivibile, come se conoscesse il suo corpo alla perfezione, come
se ne fosse lui stesso il proprietario. La sua voce sussurava più
volte parole che lei non avrebbe mai immaginato di ricevere e le sue
labbra si posavano sulle sue e il resto del corpo trasmettendo
piacevoli brividi mai provati. Peccato che quella mattina il moro
avesse deciso di alzarsi prima e uscire per conto suo, lasciandole il
solito post-it per avvertirla di stare a riposo e non combinare guai,
aggiungendo che se davvero teneva a lui, doveva fare come diceva
senza alcuna iniziativa nata da inutili rancori. Sottile minaccia che
riusciva nell'intento di tenere la ragazza lontano da altri casini.
Una volta arrivata in cucina, riempì il bollitore d'acqua
sistemandolo successivamente sul fornello, prendendo posto su una
sedia per non affaticarsi troppo essendo ancora in convalescenza. Una
notifica sul cellulare stoppò il video in corso, spingendola
contro voglia a leggere. La mail segnava una nuova notizia sulla
questione stermina-eroi, così decise di aprire il link ed
osservare l'intervista. I due giornalisti iniziarono a commentare la
vicenda dello stermina-eroi Stain, andando più nello specifico
con alcune informazioni molto interessanti. Dopo aver indossato gli
auricolari, Kimiko si spostò verso il piano cottura, iniziando
a preparare la tazza e la bustina di tisana alla malva in attesa che
l'acqua bollisse. Nell'intervista si parlava delle strane creature
presenti durante la cattura di Stain, nominandole come Nomu. Queste
avevano un chiaro collegamento con la stessa creatura catturara alla
USJ, un essere privo di volontà paragonabile ad un vero e
proprio zombie. Chiaro segno tutto ciò, che sia lo
stermina-eroi che quei Nomu, erano tutti collegati all'unione dei
cattivi. Spense il fornello, tenendo lo sguardo basso mentre i due
giornalisti continuavano a commentare, versando con cautela l'acqua
nella tazza.
«
Se non sbaglio ti avevo detto di stare a riposo… »
La
voce improvvisa la spaventò tanto che, per poco, non le fece
versare il bollitore addosso.
«
Prima o poi ti prenderai il vizio di salutare quando entri in casa,
vero? » Domandò con un sospiro, sfilando via gli
auricolari. Touya le sorrise, poggiando sul tavolo alcune buste per
poi sfilarsi via la giacca.
«
Veramente ho salutato, semmai dovresti iniziare ad abbassare il
volume del telefono. »
«
Volevo ascoltare ogni minimo dettaglio del notiziario sullo
stermina-eroi. »
«
Hai sentito anche tu? » Le domandò mentre sistemava le
varie cibarie nei ripiani e nel frigo « Le sue parole sono
state davvero interessanti… »
«
Già, ma ora ci trovo un po' di incoerenza in tutto ciò…
» Rispose prendendo posto a tavolo, seguita da Touya che non
potè fare a meno di fissarla con perplessità.
«
Se davvero fosse collegato all'unione dei cattivi » Proseguì
Kimiko « Perchè attaccare degli studenti? Il suo
obiettivo sono i falsi eroi e non risultano ragazzini alle prime armi
tra le sue vittime, anzi. A quanto hanno detto ne ha salvato anche
uno... » Touya si massaggiò il mento, sospirando
pensieroso.
«
Magari ci stava solo una collaborazione tra lui e l'unione, per
seguire un obiettivo specifico... »
«
No, Touya, ne dubito fortemente. » Il moro la fissò
intensamente, curioso della sua spiegazione « L'obiettivo
dell'unione era di far cadere l'eroe numero uno nel peggiore degli
scandali, attaccando e sicuramente uccidendo gli studenti affidatigli
nell'istituto. Dall'altra parte abbiamo un uomo che crede fortemente
nei suoi ideali di giustizia per far cadere tutti gli eroi, urlando a
gran voce che solo proprio l'eroe numero uno può sconfiggerlo.
Non mira a distruggere la figura di All Might, ma a far cadere questa
società corrotta. »
Touya
rimase in un silenzio riflessivo, concentrandosi sul discorso della
ragazza che non faceva una piega. In effetti la teoria di una
collaborazione così faceva acqua da tutte le parti. Eppure,
nella sua mente, continuavano a balenare le parole e l’ideologia
di Stain, che andavano a pari passo con ciò che lui bramava.
Una vendetta giusta nei riguardi di colui che faceva di tutto per
sembrare un eroe, ma che di quest'ultimo ne aveva solo il titolo. Era
talmente preso dai suoi pensieri da non accorgersi delle braccia di
Kimiko che lo avvolsero, destandosi solo appena gli baciò una
guancia.
«
Qualcosa non torna nel mio discorso? » Domandò lei
prendendo posto sulle sue ginocchia, sorridendogli dolcemente.
«
Kim... il tuo discorso scorre alla perfezione. » La baciò
piano sulle labbra. « Però... se entrambi in qualche
modo fossero collegati, avrei l'intenzione di approfittare della
cosa. »
«
In che senso? » Lo guardò perplessa, inclinando la testa
sulla spalla.
«Trovare
il modo di risalire all'unione, così da portare avanti le
parole di Stain. Da solo non potrei fare nulla, ma grazie ad un
supporto, forse le cose potrebbero funzionare. »
«Vuoi
farti aiutare da dei folli che uccidono dei ragazzini? Sei pazzo
quanto loro... » Touya la trattenne a sè prima che lei
potesse alzarti.
«
Non ho detto questo Kim. Ho parlato di portare avanti un'ideologia
giusta, non solo per me, ma per noi... »
«
E non possiamo fare tutto noi due? Devo solo rimettermi in sesto, poi
potremo collaborare. » Touya si morse il labbro, spostando lo
sguardo altrove. Non riusciva a sostenere lo sguardo della bionda che
lo fissava dispiaciuta e stizzita. I silenzi le diedero la risposta.
«
Non negherò mai le tue capacità… » Ruppe
improvvisamente il silenzio, facendole voltare il volto con le dita
obbligandola a guardarlo « Però, questa non è la
tua battaglia e non saresti abbastanza, diciamo, lucida per potermi
dare una mano... capisci cosa intendo? »
«
Se non mi dai una spiegazione chiara e specifica, la mia testa si
soffermerà solo ad una parte del tuo discorso. Facendomi
credere di essere una figura inutile al tuo fianco... » Lui
soffiò una leggera risata e la faccia imbronciata di lei, che
a stento tratteneva le lacrime, lo fece ridere maggiormente.
«
Le donne capiscono sempre quello che vogliono... » Portandole
una mano dietro la nuca, fece avvicinare i loro visi « Kim, il
tuo scopo l'hai già raggiunto, ovvero quello di vendicare la
morte di tua madre. La tua battaglia l’hai vinta, con le tue
sole forze...»
«
Però... se ricade tutto su Stain... »
«
E allora? Noi sappiamo chi è la vera artefice di tutto e
credimi, provo uno certa invidia nei tuoi confronti, perchè
sei riuscita nel tuo con le tue sole capacità. Questa però
è la mia battaglia ed è giusto che me ne occupi io...
inoltre, non saresti mai in grado di uccidere una persona senza un
motivo. »
«
Se questa persona ti ha fatto del male, lo posso fare eccome... »
«
Quante volte ho avuto disguidi con la pesciolina?
Eppure non mi risulta che tu ti sia schierata dalla mia parte...
anzi, più volte ho come avuto l'impressione che fossi dalla
sua... » Kimiko spostò lo sguardo, incapace di
continuare a guardarlo, sentendosi quasi in colpa per quello che
provava dopo lo scontro con Mizu. Lui però non si scompose,
sapeva bene che quella reazione sarebbe stata ovvia.
«
Sei in un momento instabile, non solo fisicamente. » Proseguì
lui. « La tua testa sta cercando di assemblare più
tasselli, come è giusto che sia. Per questo devi capire il mio
punto di vista e permettermi di agire a modo mio. Da te chiedo solo
supporto e sostegno morale, lascia che del resto me ne occupi io
personalmente, ok? » Lei annuì in silenzio, mettendosi a
giocare un po’ nervosamente col colletto della sua maglietta.
«
Non posso fare davvero proprio nulla? Oltre a darti sostegno morale?
»
«
Dovrai fare solo una cosa per me, davvero importante. » Lei lo
guardò curiosa « Dovrai contattare il tuo vecchio e
darmi i giusti nominativi per arrivare all'unione dei cattivi. Puoi
farlo? »
«
Certo... non è un problema... »
«
Bene... » La strinse a sè, alzandosi dal suo posto e
sollevandola di peso tra le sue braccia « Adesso pensiamo un
po' a noi... » La bionda non potè fare a meno di
arrossire e tirare le labbra in un sorriso « Ti voglio tutta
per me... e magari completamente mia... »
«
Non lo sono già? » Sorrise divertita, facendo ricambiare
lui con una nota maliziosa nella sua espressione.
«
Non del tutto... » Lei rispose con una faccia di chi aveva
capito, mentre lentamente Touya la portava con sé al piano di
sopra.
Angolino
delle autrici
Lily:
personalmente questo capitolo lo ritengo mooolto importante, quindi
ci terrei davvero tanto alle vostre opinioni <3
Ci
auguriamo entrambe che la storia vi stia piacendo, fatecelo sapere
con qualche commento ^^
Vi
lasciamo i nostri link Intagram, visto che pubblichiamo lì i
disegni di Lady, grazie per chiunque vorrà seguirci.
LilyShakarian
LadyBarbero
Alla
prossima! Lily&Lady
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