Come Fumo Nero

di LilyShakarian
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I° ***
Capitolo 3: *** Capitolo II° ***
Capitolo 4: *** Capitolo III° ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV° ***
Capitolo 6: *** Capitolo V° ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI° ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII° ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII° ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX° ***
Capitolo 11: *** Capitolo X° ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI° ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII° ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIII° ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIV° ***
Capitolo 16: *** Capitolo XV° ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVI° ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVII° ***
Capitolo 19: *** Capitolo XVIII° ***
Capitolo 20: *** Capitolo XIX° ***
Capitolo 21: *** Capitolo XX° ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXI° ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Fissava il panorama sotto di sé, anche se le lacrime le appannavano la visuale. Come al solito, anche se ormai la notte regnava sovrana, la città era ancora illuminata e attiva, tanto da impedire la visione delle stelle nel cielo, persino da lassù. Il freddo di quella sera le scompigliava i capelli che ricadevano sul viso pallido, macchiato da alcune gocce cremisi, fuse col suo pianto. Strinse le mani in pugni chiusi, facendo cadere alcune gocce di sangue ai suoi piedi. Le spalle si scuotevano a ogni singhiozzo che emetteva, disperata come non mai per quello che stava accadendo. Presto sarebbe finito tutto. Poggiò prima un piede sul cornicione del grattacielo, poi un altro, aspettando che quel dolore si placasse tra un respiro e l'altro. Dischiuse lentamente gli occhi, lasciandosi trasportare dal brivido dell'altezza, così da prendere nuovamente il controllo delle proprie emozioni. Non voleva abbandonare il mondo, una volta lanciatasi nel vuoto, con quella malinconia che non le apparteneva. Stava per portare il peso in avanti ma la porta alle sue spalle si aprì di colpo, facendola esitare. Ne uscì un ragazzo trafelato e sconvolto, che la fissava con occhi sgranati.

« Non puoi farlo! » La voce affannata era sintomo che quel ragazzo avesse corso come un dannato per trovarsi lì. « Credi che questa sia la scelta migliore?» Lei esitò, lasciando che il vento accompagnasse quel silenzio, spezzato solo dal respiro del nuovo arrivato.

« Per me, ormai, non c'è più niente qui… » Gli rispose con rassegnazione.

« Non ha senso per me andare avanti. »

« Ed io allora? » Deglutì con forza il ragazzo, ancora paonazzo, mentre la guardava con espressione incredula e quasi oltraggiata. « Anche io faccio parte di quel tuo niente? Davvero la pensi così? » Lei volse appena il capo, il tanto giusto da poterlo guardare con la coda dell'occhio. Non voleva che lui stesse lì, in ansia per lei. Non lo meritava.

« E' stata una bella amicizia, finché è durata… » Rivolse nuovamente lo sguardo sotto di sé. « Senza di lei io non posso andare avanti. » Sibilò la ragazza con flebile tono di voce. Lui la guardò con indecisione, non sapeva proprio cosa fare in quel momento. Voleva afferrarla e stringerla a sé per rassicurarla ma non sapeva se sarebbe riuscito a farlo prima che lei facesse quella sciocchezza. Si morse le labbra quasi fino a sanguinare, avvicinandosi di qualche passo e con cautela.

« Anche se dovessi salvarmi da questa situazione… » Lui si fermò, ascoltandola. « ... non ci sarebbe nessuna vita per noi dopo tutto quello che ho fatto. Torna a casa, hai la tua famiglia che ti aspetta. »

« La mia famiglia sei tu! » Strinse la mano al petto, tirando con forza la maglietta come a volersi strappare il cuore e gettarglielo ai piedi in un ultimo gesto disperato. « Smettila, ti prego. Torna a casa con me. »

Il sorriso che le increspava le labbra era amaro, come le lacrime e il sangue che le rigavano il viso. Distese le braccia e si voltò lentamente, con attenzione, mentre il suo sguardo si rispecchiava in quello spaventato del ragazzo.

« Ci vediamo Begli Occhi. Fai quello che io e mia madre non siamo riuscite a fare… » Gli sorrise, finalmente radiosa come non aveva mai fatto, quasi avesse infine raggiunto quella pace tanto agognata. « Sopravvivi… »

Il ragazzo aprì il palmo della mano nel vano tentativo di afferrarla, ma lei sparì dalla sua visuale nel tempo di un respiro, quello stesso che gli si bloccò non appena la vide cadere. Sentì le gambe farsi molli e cedere sotto il suo peso. Le labbra tremanti si dischiusero, ma quel grido che tanto fremeva dalla voglia di uscire, fu soffocato dai singhiozzi e dallo shock di quella scena così surreale. Non ebbe il coraggio di guardare di sotto, la sua parte ancora razionale sapeva che era troppo alto per vedere qualcosa, ma anche solo il pensiero di lei schiantata al suolo e ormai riversa in una pozza di sangue, gli fece salire un conato di vomito. I minuti passarono tanto da diventare ore senza che se ne rendesse conto. Restò lì, immobile, avvolto da quel senso di oppressione che lo schiacciava fin dentro le viscere, ancora incredulo per quello che era appena successo. E che lui non era riuscito ad impedire in nessun modo.



Angolino delle autrici

Salve a tutte/i lettrici/lettori.
Come anticipato nella descrizione, questa sarà una storia in collaborazione tra me e LadyBarbero (LadyDabi qui su EFP). Il prologo è solo un assaggio della storia effettiva, vi garantiamo che i capitoli saranno ben più lunghi ( e ne siamo certe, visto che siamo già alla stesura del quarto!) Inoltre la mia collega si occupa della parte grafica, perciò se siete curiose/i di vedere le art dei personaggi, o semplicemente volete interagire con noi e seguirci per gli aggiornamenti, vi lasciamo i link delle nostre pagine! ;)

LilyShakarian (clicca qui)

LadyBarbero (clicca qui)

Mi raccomando, fateci sapere cosa pensate del prologo ;)

Gli aggiornamenti saranno settimanali, ogni giovedì!

A presto!

Lily&Lady

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Capitolo 2
*** Capitolo I° ***


Tokyo, nove anni dopo, presente.



« E così stavolta avremo anche Eraserhead dalla nostra eh? »

« Sssh, abbassa la voce, potrebbe sentirti… »

« Da quando ha un super udito, oltre la sua vista?! »

« Non ce l'ha, idiota, ma sta camminando proprio verso di noi! »

L'uomo diede una gomitata al compagno ed entrambi gli agenti di polizia si misero subito sull'attenti quando Aizawa gli passò davanti. Il Pro Hero non dedicò loro più di una delle sue occhiate annoiate e proseguì verso la porta della stanza dove si sarebbe tenuto l'incontro. Una volta raggiunta, la aprì ed entrò, trovando già Tsukauchi ad aspettarlo, assieme ad altri eroi. Una persona in particolare catturò il suo sguardo per più di qualche istante, anche lei sembrò sorpresa di vederlo lì, poi salutò il detective e raggiunse il suo posto.

« Grazie a tutti per essere qui. » Esordì Tsukauchi, spegnendo le luci e accendendo il proiettore. « Abbiamo richiesto la vostra presenza per la preoccupante situazione che di recente ha coinvolto noi della polizia direttamente. Pensiamo che possa essere un attacco specifico nei nostri confronti, da parte di qualche criminale organizzato. Alcuni dei nostri uomini sono stati brutalmente uccisi nell'arco delle scorse settimane. » Gli sguardi dei presenti si focalizzarono sulle foto degli agenti deceduti che avevano iniziato ad essere proiettate sul pannello bianco di fronte a loro.

« All'inizio abbiamo pensato che potesse trattarsi di qualche semplice caso isolato, di qualche criminale che aveva ucciso uno di noi per vendetta o mentre scappava dopo un crimine, ma poi abbiamo iniziato ad intravedere uno schema dietro il modo di agire del colpevole. E' per questo che abbiamo richiesto la presenza di Healing Water, anche se in questo caso vestirà semplicemente i panni della dottoressa Shuzenji, visto che le sue competenze potranno aiutarci a ricostruire un profilo psicologico dell'assassino. »

La donna restò in silenzio, limitandosi ad un cenno d'assenso del capo, mentre lo sguardo di Aizawa cadde nuovamente su di lei, finché il detective non riprese a parlare. « Inoltre siamo portati a credere che il sospettato disponga di un Quirk e non di uno semplice o banale, ma di uno pericoloso che gli permette di agire nell'ombra e indisturbato. Per questo abbiamo pensato di chiedere anche la collaborazione di Eraserhead, benché consapevoli dei suoi impegni alla U.A.. Non abbiamo ancora ben chiara l'intenzione di questo criminale, ma siamo portati a credere che sia pericoloso e che, se dovessimo riuscire a stanarlo, annullare la sua Unicità dovrebbe essere una priorità. » Tsukauchi continuò per un'alta mezzora a spiegare il motivo della presenza degli altri eroi, tutti con Quirk adeguati alle indagini.

« Quindi come abbiamo intenzione di procedere? » Chiese infine la Pro Hero dottoressa.

« Per il momento ci limiteremo a qualche indagine nelle zone dove sono avvenuti gli attacchi, magari in gruppo o ancora meglio in coppia, per non attirare l'attenzione. Evitate, se possibile, scontri diretti con l'assassino. Nel caso in cui dovesse capitarvi di trovarlo, a meno che non siate certi di poterlo prendere. » Il detective rivolse uno sguardo eloquente ad Aizawa, sembrava contasse parecchio su di lui e sulle sue abilità. Dopo gli ultimi dettagli, la riunione si concluse e i presenti iniziarono a defluire dalla stanza. La dottoressa fu l'ultima ad uscire e Aizawa aspettò che lo facesse, per poter chiudere la porta.

« Mizu. » Disse, affiancandola, mentre si incamminavano verso l'uscita.

« Shota. » Gli rispose lei, cercando di mantenere il suo stesso tono neutrale. Il silenzio calò pesante tra loro, finché Mizu non si decise a spezzarlo. « Non pensavo che ti avrebbero disturbato per questa indagine. »

« Già. »

Lei esitò, prima di proseguire. « Era da un po' che non ci capitava di lavorare assieme…»

« E' vero. »

La donna si voltò per fissarlo intensamente, non riusciva a capire perché l'avesse palesemente aspettata prima di andare via, se poi non faceva che rispondere lapidario. Aprì la bocca, in un ultimo tentativo di instaurare una conversazione, ma stavolta Aizawa la anticipò.

« Stavo pensando che potremmo sfruttare la nostra sinergia ancora una volta e occuparci delle indagini assieme. » Osservò l'espressione sul viso di Mizu illuminarsi.

« Ma certo! Proprio come ai vecchi tempi! » Esclamò infatti lei, entusiasta.

« Quasi. » Replicò lui, gelando l'atmosfera. Mizu tentennò, poi un sorriso amaro incurvò le sue labbra.

« Suppongo di si… »

Raggiunsero le porte della stazione di polizia in silenzio, poi si salutarono con la promessa di risentirsi presto, per mettersi d'accordo. Mizu si fermò dopo qualche passo e si voltò indietro, per osservare la schiena di Aizawa allontanarsi. Dopo che lui svoltò l'angolo, non fu più in grado di vederlo e, con un sospiro, riprese anche lei a camminare. Non si sarebbe mai aspettata di rivederlo così, per un'indagine, e nessuno aveva avuto il buonsenso di avvisarla. Forse perché ormai tra loro era finita da un pezzo, forse perché avevano deciso di mantenere i rapporti professionali, forse nemmeno lui sapeva che si sarebbero rivisti.

" Certo che per esservi lasciati da due anni, ci stai rimuginando parecchio." Si ammonì mentalmente da sola, mentre la sua mente tornava a quando si erano conosciuti.

Flashback, cinque anni prima.

Erano tutti riuniti in una sala, per molti di loro sarebbe stata la loro prima effettiva missione come Pro Hero. E lo sarebbe stato anche per lei.

« Sicura di poterti muovere comodamente in quell'abito succinto? » La provocò scherzosamente un suo ex compagno di corso. Mizu arrossì appena, borbottando.

« E tu non pensi che dovresti indossare un caso, per proteggerti quella testa bacata che ti ritrovi? »

« Ehi piano Shuzenji, questa ha fatto male! »

« Allora concentrati sulla missione e non sul mio costume. »

Mizu osservò il proprio abito, infondo non pensava fosse così scoperto come le aveva detto il suo ex compagno. Solo perché alcune parti del suo corpo erano rivestite con una retina permeabile... Era la soluzione ideale per il suo Quirk. Il detective di quell'indagine presentò al gruppo il resto degli eroi, quelli che avevano già collaborato con la polizia per altri casi.

« Healing Water, penso che tu ed Eraserhead dovreste combattere assieme, perciò farete coppia nella missione. » Entrambi i chiamati in causa asserirono e si scambiarono uno sguardo.

« Ho sentito molto parlare di te da mia nonna. Sarà un piacere lavorare assieme.» Gli sorrise cordiale, tendendogli la mano. Aizawa gliela strinse, ma rimase in silenzio, confuso per le parole della ragazza. Lei intuì quale fosse il problema e proseguì. « Mia nonna lavora alla U.A. ed è un'eroina professionista da tanto tempo, ma credo che ne passerà ancora parecchio prima che Recovery Girl decida di andare in pensione! »

L'espressione di Aizawa indicava che adesso fosse tutto più chiaro. La situazione in cui erano stati coinvolti richiedeva un intervento rapido, ma nel tragitto verso il punto d'incontro, i due decisero di approfondire un po' la loro conoscenza, per rendere al meglio durante lo scontro.

« Quindi sei un medico? » Le chiese senza guardarla, mentre controllava gli angoli, poi le fece cenno di seguirlo per proseguire.

« In realtà, anche se mi capita di prestare soccorso quando serve, sai in caso mia nonna non sia disponibile o non basti, sto studiando per diventare psicologa.» Proseguirono di soppiatto per un altro tratto, poi lei continuò, a bassa voce. « Sono convinta che un eroe abbia bisogno di stare in salute, ma questo non significa che quella mentale debba essere sottovalutata. Anzi credo che spesso lo status psicologico di un eroe sia la chiave di riuscita o meno delle missioni. La mia tesi verterà proprio su questo argomento. » Aizawa scavalcò un muro e le tese la mano per aiutarla a fare altrettanto.

« Non potrei essere più d'accordo. » Le rispose, issandola. Per lo sbalzo, i loro volti si ritrovarono estremamente vicini. Mizu arrossì vistosamente mentre Shota distolse lo sguardo, poi entrambi si schiarirono la voce per far passare quel momento d'imbarazzo. « Ma se sei un medico, di mente e corpo, cosa ci fai in prima linea? »

Lei si sentì colta sul vivo, ma cercò di restare calma nel rispondere, convinta che le parole di Aizawa non fossero un'accusa, come invece le erano state fatte in passato, ma semplice curiosità.

« Ho sempre desiderato poter offrire il mio supporto direttamente sul campo. Ho pensato che, piuttosto che curare un eroe ferito dopo una battaglia, avrei potuto fare la differenza curandolo direttamente lì, sul momento. Pensa quante situazioni spiacevoli si potrebbero evitare, soprattutto morti inutili… »

Aizawa si decise a guardarla, mentre camminavano ancora, e si stupì della decisione che trovò nei tratti fino a quel momento dolci di quella ragazza. Finora aveva avuto l'impressione che Mizu fosse fatta apposta per aiutare gli altri, ad una prima impressione avevo potuto notare come fosse solare, energica e sempre pronta ad offrire un sorriso, la persona ideale per prendersi cura di feriti e ammalati. Adesso però, stava iniziando a pensare che l'eroina avesse anche altre carte da svelare.

« Sicuramente è molto comodo, soprattutto in casi di disastri naturali o meno, dove la presenza di feriti è considerevole, ma stare direttamente sul campo di battaglia, in caso di scontro con super-cattivi, ti rende una lama a doppio taglio. Se il nemico dovesse rendersi conto delle tua abilità, saresti bersagliata e gli altri dovrebbero proteggerti, anziché concentrarsi sul reale pericolo. »

Prima che lei potesse rispondergli, si resero conto appena in tempo che delle lame stavano per colpirli. Mizu li protesse entrambi dentro una bolla d'acqua. Aizawa scoprì di potervi respirare al suo interno, ma si stupì comunque quando lei parlò.

« Te l'ho detto, il mio scopo è proteggere e prevenire, non essere protetta. Sono nata con un misero Quirk di acqua che lenisce, ma col tempo ho imparato a fare ben altro. » Fermato l'attacco, Mizu infranse la bolla ed entrambi si guardarono attorno, finché una risata non attirò i loro sguardi. Lo psicopatico era già pronto per una nuova offensiva, ma la sua risata si spense quando, provando ad attaccarli di nuovo con le proprie lame, non accadde nulla. Eraserhead aveva attivato il suo potere, annullando quello nemico, ed era pronto al contrattacco. Il villain però diede un segnale sonoro e sbucarono fuori altri quattro criminali. Tre di loro li attaccarono con le Unicità, ma Aizawa con fatica riuscì ad annullarli tutti. Uno di loro era semplicemente armato di una pistola, perciò Mizu lo rinchiuse in una bolla d'acqua. Stavolta non permise al suo ospite di respirare e aspettò ad esplodere la bolla finché il criminale non crollò, svenuto. Infine si occupò, con estrema precisione, di tenere idratati gli occhi del compagno, il quale mantenne attivò il suo Quirk e riuscì a mettere i villain fuori combattimento. La vicinanza delle sirene indicava che la polizia sarebbe arrivata presto.

« Siamo una bella squadra noi due, eh? » Gli chiese lei, offrendogli un pugno per la vittoria. L'uomo non rispose al gesto e lei lo guardò con finto fare offeso. « Guastafeste. » Stavolta Aizawa non poté fare a meno di sorriderle a sua volta, mentre Mizu scoppiava a ridere, felice per la gran riuscita della sua prima missione.



Fine flashback

Continuando a lavorare assieme era scattata la scintilla tra loro, erano davvero sinergici e la solarità di Mizu compensava il fare grigio e pigro di Shota, ma dopo tre anni insieme, Eraserhead aveva deciso di chiudere la loro relazione, convinto che Healing Water gli fosse legata solo per il suo senso del dovere, perché era l'unica che potesse permettergli di lavorare al meglio, visto che riusciva a idratargli gli occhi e guarirli in contemporanea, annullando di fatto ogni malus dato dal suo Quirk.

" Stai con me per la tua dannata sindrome da crocerossina!"

Aveva sbottato contro di lei un giorno, ma quelle parole che al tempo l'avevano ferita, facevano ancora male. Con questi tristi ricordi, ritornò al suo studio per rimettersi al lavoro, ma non era del tutto sicura che Shota avrebbe lasciato i suoi pensieri, quindi alla fine del suo turno, decise di andare al solito bar vicino al suo ufficio. Non era molto che il locale, il Doragon, aveva aperto, ma l'ambiente era sempre piacevole, allegro e vivace. Il tutto spesso e volentieri era da imputare alla cameriera che vi lavorava ogni giorno. Quando Mizu entrò, la trovò come suo solito a sistemare i tavolini del locale, mentre osservava le varie immagini trasmesse dal tv al plasma posto in alto alla parete. Continuavano a susseguirsi le notizie sugli interventi dei Pro Hero e dei loro successi nelle missioni. Tanto era presa dai notiziari che fece rovesciare un bicchiere d’acqua di uno dei clienti mentre era intenta a pulire. Kimiko, questo il nome dell'avvenente cameriera del Doragon, si scusò distrattamente con l'uomo, che con un sorriso le disse di non preoccuparsi. Mentre il cliente ripiegava il proprio giornale, dopo la brusca interruzione della sua lettura, Kimiko notò l'arrivo di Mizu, che le chiese se avesse bisogno di aiuto.

« No, tranquilla, grazie. Me la cavo da sola. » Rispose lei tenendo con attenzione lo straccio zuppo in modo da evitare il più possibile che gocciolasse ulteriormente mentre s’incamminava dietro il bancone, dove intanto Mizu prese il suo solito posto.

« Se quelle notizie ti turbano a tal punto, posso spegnere la TV » Osservò Gorou Fujiwara, guardandola con occhio attento dalla sua postazione dietro la cassa. Era il titolare del locale, nonché padre di Kimiko, per quanto ne sapeva Mizu.

« Figurati. Lascia pure che gli altri ammirino le eroiche imprese. » Sorrise divertita strizzando con cura lo straccio prima di riprendere il suo lavoro.

« Ehm ehm. » Si schiarì la gola la cliente appena arrivata. Kimiko sapeva perfettamente che Mizu fosse una Pro Hero, eppure non riusciva a non essere pungente su quell'aspetto. L'altra donna d'altra parte, aveva imparato a capire che la bionda cameriera non lo faceva con cattiveria, perciò aveva smesso di prenderla sul personale, ma non riusciva proprio a capire la sua avversione per gli eroi. Gorou servì il solito drink a Mizu, che lo ringraziò e guardando Kimiko gli chiese. « Ancora alle prese con i guai che combina sua figlia? » Risero entrambi, mentre Mizu sorseggiò la sua bevanda.

« Ormai è diventata una vera e propria abitudine. L’esperienza le manca completamente in questo ambiente, ma sono certo che non ci metterà molto ad adattarsi, lo ha sempre fatto. »

Alla Pro Hero non sfuggì lo sguardo paterno, colmo di affetto e ammirazione, che Gorou rivolse alla figlia.

« Effettivamente ho sempre pensato che non fosse proprio fatta per vestire i panni della cameriera. » Sentenziò Mizu, continuando a bere. « Ha una forza e un'energia che sprizzano da tutti i suoi pori. Senza nulla togliere al vostro locale, ovviamente, ma credo che potrebbe fare molto di più. » Gorou osservò di sottecchi Mizu, sapeva che la donna che frequentava il locale dall'apertura era una psicologa, l'aveva detto lei stessa durante una delle rare volte in cui aveva perso il controllo ed era diventata brilla. Non si aspettava però che fosse riuscita a costruire un profilo psicologico di Kimiko così in fretta, era di sicuro un'ottima osservatrice.

« Oh, ma sono perfettamente d'accordo. » Le rispose il titolare, con fierezza.

« Ma guardala. E' uno schianto, sarei un pazzo se non sfruttassi questa sua qualità al meglio, attira la maggior parte della clientela e le entrate sono assicurate.- Il ghigno malizioso che si formò sul suo volto fece ridere Mizu, che appena si fu calmata si mise ad osservare attentamente Gorou. « Che c'è? » Le chiese, sentendosi analizzato.

« Niente, pensavo solo che anche lei, per essere il gestore e proprietario del locale, è un uomo di bell’aspetto e piuttosto affascinante. » Si rese conto di ciò che aveva detto solo quando notò lo sguardo profondo dell'uomo su di lei. « N-no ecco, non intendevo… » Cercò di giustificarsi, diventando paonazza, facendo scoppiare in una risata Gorou, cosa che attirò l'attenzione di Kimiko. Effettivamente la donna non aveva tutti i torti, la figura del gestore del locale troneggiava tra i tavoli con un’eleganza che lo caratterizzava, forse anche per via del suo modo di vestire legato alla cultura giapponese. Infatti, non si vedeva mai indossare altri abiti al di fuori del kimono tradizionale. Il dettaglio che saltava di più all’occhio erano le sue sei corna e la lunga coda rettiliana avvolta da delle scaglie nere dai riflessi perlacei. Il suo sguardo cremisi poteva, a primo impatto, incutere un certo terrore, però appena le sue labbra si dischiudevano per proferire parola, il suo tono trasmetteva quella sensazione di protezione che solo un genitore può dare.

« Sembra che vi stiate divertendo. » Esclamò beffarda Kimiko, raggiungendoli.

« L’ordine del tavolo tre è pronto. Magari, questa volta, evita di rovesciartelo addosso. » Le consigliò il padre con tono quieto e un velo di sarcasmo. Yuurei, l'addetto alla preparazione dei piatti, le servì il vassoio sul bancone. « E fai attenzione, perché è ancora caldo. » Aggiunse, visto lo sguardo con cui la figlia lo stava guardando.

« Se continui con queste frecciatine, andrà a finire che Kimiko se ne andrà. » Aggiunse il ragazzo con una nota divertita prima di ritornare in cucina.

« Purtroppo questo lavoro mi serve. Sopporterò le frecciatine del “capo”. » Sorrise Kimiko afferrando il vassoio con cautela, come se tutto fosse fatto di cristallo.

I giorni erano trascorsi così sin dall'apertura, tra la goffaggine di Kimiko e le battute di Gorou, che sperava nel miglioramento della figlia. Non era il sogno di Kimiko lavorare in quel posto, sarebbe stato di suo gradimento impiegare le giornate in ben altre cose, come ad esempio leggere, passeggiare, magari uscire per conoscere qualcuno, anche se il suo modo di approcciarsi alle persone non era sempre dei migliori. Infatti, Kimiko viveva in un mondo suo, composto dalla maggior parte del tempo di solitudine, un po’ come i lupi che si staccano dal branco in cerca di tranquillità. Una cosa che sognava era di ritornare nella sua amata America, ma per via di forze maggiori, lei e Gorou avevano messo nuovamente radici in Giappone. E lei il Giappone lo odiava. Per Kimiko non aveva senso che ci fossero delle severe leggi legate all’utilizzo del quirk. Una di queste che la faceva particolarmente ridere era basata sul fatto che, se qualche malintenzionato ti attaccava per strada, eri obbligato ad attendere l’intervento di un Hero. Assolutamente vietato il difendersi da soli con il proprio quirk. Non sempre gli Hero riuscivano ad arrivare in tempo, anche se sui notiziari evidenziavano la maggior parte delle imprese andate a buon fine, piuttosto che i fatti di cronaca. Agli occhi della ragazza sembrava che tutti volessero insabbiare i brutti avvenimenti, idolatrando degli Hero che, a dirla tutto, comprendevano il novantanove per cento della popolazione. Cosa se ne fa la città di così tanti salvatori? Se tutta l’umanità ormai è in grado di sviluppare il Quirk, perché non si può difendere da sola? Deve per forza avere un simbolo per potersi sentire sicura? Le domande che le passavano per la testa erano davvero tante e tutte con leggera carica d’astio nei riguardi di queste persone che camminavano per strada, pavoneggiandosi davanti alle telecamere in cerca di acclamazione. Per cosa poi? Per aver compiuto qualcosa che poteva benissimo fare una persona senza un titolo? Per Kimiko erano tutte sciocchezze ma si guardò bene dall'esprimerle ad alta voce. Poggiato il piatto davanti al cliente che l'aveva ordinato, fissò Mizu. Certo non tutti gli Hero, forse, lo facevano per attirare l'attenzione e stare sotto i riflettori. Ad esempio quella donna che aveva preso a frequentare il bar praticamente non appena avevano aperto, non sembrava affatto che lo facesse per quel motivo. Kimiko però, non riusciva proprio a fidarsi di quelli come loro.

E aveva tutti i suoi dannatissimi motivi.


Angolo delle autrici

Eccoci qui, col primo capitolo effettivo della storia!
Abbiamo deciso, per questioni di lavoro, di cambiare il giorno di pubblicazione dei capitoli dal giovedì al lunedì!
Mi raccomando, fateci sapere se la storia vi sta piacendo, non mangiamo nessuno! ;)

Lascio i link delle nostre pagine FB per eventuali aggiornamenti.

LilyShakarian

LadyBarbero

A lunedì prossimo!

Lily&Lady

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Capitolo 3
*** Capitolo II° ***


Le macchine della polizia bloccavano l'entrata del vicolo in modo disordinato, evitando una qualsiasi via d'uscita e fuga. I lampeggianti ad intermittenza delle sirene illuminavano le mura esterne dei palazzi. La radio continuava a richiamare l'attenzione degli agenti, ma nessuno diede risposta dall'altra parte. I ratti si spostavano furtivi e veloci tra i bidoni della spazzatura, rifocillandosi degli avanzi di qualche leccornia proveniente dal migliore fast food della zona. Un forte boato li fece sparpagliare, spaventati per il rumore improvviso e sconosciuto, molto simile al tonfo di qualcosa che cade dall'alto.

«… Non vale neanche la pena assaggiarvi… » Commentò la voce inumana e dal tono ringhiante, sputando la saliva in eccesso contro i cinque corpi degli agenti di polizia riversi in un lago di sangue. La mano scura e dagli artigli affilati e affusolati si avvicinò al rosso cremisi che macchiava l'asfalto, intingendo due dita come un pennello pronto a dare colore su una tela ancora pallida. Quest'ultima sarebbe stata il muro davanti a sé, sul quale iniziò a tracciare delle lettere fino a comporre una parola unica e decisa: Useless.

°°°

Mizu stava sorseggiando il suo caffè caldo appena fatto, mentre passeggiava per andare al lavoro. Nonostante sapesse che era pericoloso, stava leggendo la prima pagina del giornale mentre camminava. Il titolo che aveva catturato la sua attenzione parlava della morte violenta di cinque agenti, i cui cadaveri erano stati ritrovati alle prime luci dell'alba. C'erano pochi dettagli in merito, la polizia era riuscita a mascherare il più possibile agli occhi curiosi e alle penne rapide dei giornalisti. Mizu sospirò, buttando fuori un po' di quella stanchezza che si stava accumulando e quella frustrazione per le indagini ad un punto morto. Il suo cellulare squillò, proprio mentre beveva il suo ultimo sorso e gettava il bicchiere di carta nell'immondizia. Mise il giornale sotto braccio e rispose con tono professionale.

« Healing Water. »

« Mizu, sono io. » La voce neutra di Aizawa la fece sobbalzare.

« Non pensavo avessi ancora il mio numero… »

« Me lo sono fatto dare per le indagini. » Mentì ma la donna non poteva saperlo.

« Che cosa ti serve, Eraserhead? » Gli rispose, cercando di celare la delusione. Stavolta fu il turno di Aizawa di rimanere in silenzio: Mizu era solita chiamarlo così solo quando era arrabbiata con lui o se si trovavano sul campo di battaglia di una missione.

« Non so se hai saputo le ultime notizie ma altri agenti sono stati trovati morti.»

« Stavo leggendo giusto ora. »

« Per quanto abbiano cercato di nascondere i dettagli, sembra che le notizie volino piuttosto in fretta. »

« Noi possiamo farci ben poco in merito, lo sai. E poi il nostro compito è un altro. Dovremmo chiamare Tsukauchi per sapere se hanno trovato qualcosa sulla scena del crimine. »

« L'ho fatto io prima di sentire te, ha detto che ci manderà i file via mail. »

« Perfetto, previdente come al solito, vedo. Stasera sarebbe meglio se perlustrassimo la zona, non credi? »

« Sì, sono d'accordo. Troviamoci al locale che c'è lì, vicino alla zona del massacro. »

« Non pensi sia meglio trovarci prima e andare assieme? »

« ...no, va bene così. Abiti civili, così non desteremo troppi sospetti in caso l'assassino sia ancora in zona. »

« Oh, sarà come un appuntamento allora. » Ironizzò Mizu, emettendo una breve risata. Per tutta risposta, l'uomo le chiuse il telefono in faccia.

Il solito guastafeste... stavo solo scherzando, ovviamente...”

Raggiunto l'edificio del Programma Educativo di Supporto Emotivo per Eroi, prese l'ascensore e salì fino al terzo piano. Come le porte del cubicolo si riaprirono, camminò fino al suo ufficio e si lasciò sprofondare sulla poltrona, facendo ciondolare la testa all'indietro. Chiuse gli occhi e cercò di focalizzare la mente sul lavoro che l'aspettava. Dopo qualche minuto si alzò, indossò il suo camice, si raccolse i capelli e si sedette alla scrivania, iniziando ad analizzare con cura le cartelle dei suoi pazienti.

« Forza, è ora di mettersi al lavoro, sarà un a lunga giornata… »

°°°

Gorou quella mattina era stato abbastanza magnanimo, lasciando liberi dagli impegni lavorativi sia Kimiko che Yuurei, i quali decisero comunque di alzarsi presto per sfruttare al meglio la loro giornata. Il proprietario doveva apportare alcune ristrutturazioni al locale, quindi preferiva non avere nessuno tra i piedi, soprattutto Kimiko e i suoi guai perenni. Era la prima volta che i due uscivano assieme per le strade frenetiche di Tokyo. Yuurei non faceva altro che voltarsi in più direzioni, catturato da più distrazioni. Lo stesso non si poteva dire di Kimiko, che guardava attorno a sé ma con lo stesso entusiasmo che si ha durante una veglia funebre. Infilò la mano dentro il sacchetto che portava con sé e porse un panino incartato a Yuurei per poi concentrarsi sul suo.

« Non pensi che sia fantastico? Guarda quanta gente! Amo tutto questo! » Esordì Yuurei euforico.

« Se continui così, la tua coda fungerà da elica e rischierai di prendere il volo. » Commentò secca Kimiko.

D'istinto e colto dall'imbarazzo, Yuurei portò velocemente una mano dietro di sé, bloccando la sua bianca e vaporosa coda. Il suo quirk gli dava un aspetto metà animale e metà umano, dettagli che lo distinguevano erano proprio la coda, le orecchie a punta, i canini pronunciati e i piedi che finivano come le zampe anteriori dei canidi, bianche come la sua coda e i suoi capelli. Un'altra particolarità di quel ragazzo era il suo albinismo, che lo faceva apparire come un fantasma. I suoi genitori non avevano dovuto faticare molto per scegliere un nome adatto a lui.

« Parliamo d'altro. » Il ragazzo si schiarì la voce prima di dare un morso al suo panino. « Non ti sembra strano che Gorou faccia dei restauri così presto? Mi sembra un po' sciocco, visto che il locale ha preso il via da poco. »

Di risposta la ragazza sollevò le spalle, mugolando lungamente un respiro mentre gustava il suo boccone. Ma prima che potesse proferire risposta, la sua attenzione venne cattura da un posto di blocco, dove si potevano vedere all'opera le forze di polizia affiancate ad alcuni Pro Hero. I due fecero ancora qualche passo ma vennero bloccati quasi subito da alcuni agenti.

« Ci dispiace ragazzi ma da qui in poi non si può passare. » Spiegò rapido uno di loro, sollevando le braccia per bloccare il passaggio. Intanto che Yuurei batteva più volte le palpebre con perplessità, Kimiko si mise in punta di piedi per agevolare la sua visuale, cercando in qualche modo di sapere cosa fosse successo.

« Sento un forte odore di sangue…» Bisbigliò il ragazzo mezzo lupo.

La ragazza si voltò verso di lui con maggiore curiosità e deglutendo il suo boccone. Uno strano chiacchiericcio catturò nuovamente la sua attenzione là dove era avvenuto quel qualcosa che la polizia cercava di nascondere. Ebbe solo il tempo di intravedere dei teli neri prima che gli agenti insistessero nel farli andare via con forza e decisione.

« Che modi…» Commentò acida la ragazza proseguendo nella direzione opposta. Yuurei attese ancora qualche secondo prima di seguirla. Sentirono parlottare delle persone, poco più avanti. Sembrava che avessero assistito al ritrovamento dei corpi da parte della polizia, infatti erano abbastanza sotto shock.

« Scusate, sapreste dirci cos'è successo? » Chiese Yuurei, avvicinandosi appena, seguito da Kimiko, a qualche passo di distanza.

« Sono morti degli agenti... non si sa cosa o chi li abbia uccisi... Era un lago di sangue... Hanno appena spostato i corpi, dovevano fare le foto prima di muovere qualsiasi cosa... Noi abbiamo chiamato i soccorsi stamattina presto, ma era già troppo tardi…» Yuurei ringraziò i testimoni con un mezzo inchino e iniziò ad incamminarsi assieme all'amica.

« Risulterà il solito fatto di cronaca insabbiato, vedrai. » Affermò Kimiko, quasi alterata.

« Non pensi che sia meglio così? Magari è qualcosa da niente che scatenerebbe del panico inutile. » Rispose il ragazzo massaggiandosi la nuca con lo sguardo rivolto al cielo.

« Ma certo! Dei poliziotti uccisi una cosa da niente?! Facciamo credere a tutti che gli eroi abbiano in mano le redini della situazione! » Commentò lei con sarcasmo. « Che vuoi che sia. Meglio nasconderli questi morti e far sì che la gente continui a passeggiare noncurante di un assassino che gira a piede libero.»

« Che ne sai? Magari l'hanno già catturato! »

« Oh sì, certo. Dalle loro facce mi sembrava tutto il contrario. »

« Quanto astio nei loro confronti Kimiko… » Asserì il ragazzo guardandola con occhi sottili.

« Credo sia normale, visto che non si parla d'altro che di notizie positive riguardo loro. » Concluse la ragazza aumentando il passo, chiaro segno che quella conversazione era morta lì.

°°°

Il tintinnio della campanella indicò l'aprirsi della porta del fast food. Mizu si guardò attorno, fino a scorgere la figura del collega, seduto poco più in là. Aizawa stava sorseggiando una bevanda, quando la figura della donna si materializzò davanti ai suoi occhi e prese posto davanti a lui.

« Ordiniamo qualcosa? » Chiese lei, ancora un po' trafelata.

« Non siamo qui per piacere. » Le ricordò lui, atono.

« Lo so perfettamente, hai ribadito il concetto fin troppo. Vorrei solo mangiare, visto che non ho ancora cenato. Tu fai come credi…» Si mise ad osservare il menù con stizza, le sopracciglia corrucciate mal celavano il suo stato d'animo. Calò il silenzio tra i due, che però fu interrotto da Mizu. « Avevo capito che saremmo rimasti in rapporti professionali ma non mi pare proprio che sia così. »

« Mizu…»

« No, Mizu un accidente. Se non riesci neanche a lavorare con me senza farmi sentire un'idiota solo perché provo a fare conversazione normalmente, allora non dovremmo neanche lavorare assieme. »

Aizawa sospirò, stanco. « Sai che non è quello che voglio. E' solo... complicato.»

« E' complicato perché tu lo stai rendendo tale. Io ci provo ad allentare la tensione, ma tu sei sempre sull'attenti. Ho capito, non vuoi avere niente a che fare con me, me ne sono fatta una ragione parecchio tempo fa…» Deglutì a fatica per mandare giù quel magone che le stava chiudendo la gola. « ..ma è lavoro. Per cui, potresti darmi tregua e trattarmi come una collega qualsiasi? Ordinare una cena assieme mentre parliamo di lavoro, si tratta solo di questo. Pensi di farcela senza darmi il tormento e farmi sentire uno schifo? Sarebbe davvero gentile da parte tua. »

Questa conversazione era il risultato di una rottura unilaterale e di quel silenzio che aveva permeato tra loro in quei due anni. Shota non le aveva dato alcun diritto di replica, aveva sentenziato la fine del loro rapporto e Mizu non aveva potuto far altro se non accettarlo. Quello di adesso era solo uno sfogo che l'uomo, per quanto allibito, si sarebbe dovuto aspettare.

« D'accordo, hai ragione. » Disse solo mentre lei, ancora un po' paonazza per avergli quasi urlato contro, riprendeva fiato. Quando un cameriere trovò il coraggio di interromperli per chiedere cosa volessero ordinare, Shota la spiazzò, ordinando il solito menù che Mizu prendeva sempre in passato. « Che c'è adesso? » Le chiese, quando il cameriere fu andato via, notando lo sguardo sbigottito che lei gli stava rivolgendo.

« Nulla, nulla... solo che a volte sei una contraddizione vivente. Non pensavo certo ti ricordassi cosa mi piace mangiare. »

« Non che fosse complicato da ricordare. »

Aspettarono una quindicina di minuti, finché quello che avevano ordinato non arrivò caldo sul loro tavolo. Entrambi mangiarono in silenzio i loro panini, poi tra una patatina e un sorso di bibita, si misero a parlare di lavoro.

« Sei riuscita a vedere i file di Tsukauchi? »

« Sì e trovo quella scritta piuttosto inquietante... E non solo perché è stata scritta col sangue. »

« Già. Useless, inutili. Il detective aveva ragione, questo è un attacco bello e buono alla polizia. »

« Non oso nemmeno fare il conto di tutti quelli che potrebbero volere una vendetta contro le forze dell'ordine... Criminali, supercriminali, vittime a cui non è stata fatta degnamente giustizia… »

« La lista è troppo ampia, dobbiamo cercare la chiave per restringere il campo.»

« Che cosa avevano in comune gli agenti assassinati? »

Aizawa lesse i fogli che aveva davanti, come cercando qualcosa. « Ad una prima occhiata niente, però forse dovremmo chiedere al detective di darci file più approfonditi in merito. »

« Osserva le foto dei corpi… » Mizu si sporse in avanti, avvicinandosi al collega per fargli osservare i reperti al meglio. « Il rapporto del corner dice che sono morti tutti dissanguati, per ferite di artigli in punti vitali. Anche senza leggere quello, però, dalle immagini è abbastanza chiaro. Da come sono disposti i cadaveri, sembra che il primo ad essere colpito sia stato lui. » Indicò un agente col dito affusolato. « Era già spacciato, è morto con un colpo solo ma questo ha messo gli altri due in allerta. Hanno provato a difendersi e a sparare, non sembra essere servito a niente però. L'aggressore si è liberato di loro in fretta. Richiamati dalle urla e dagli spari, infine, sono arrivate le due guardie. Con queste l'assassino se l'è presa con più calma, benché le luci e le sirene delle volanti avessero già attirato l'attenzione. »

« O è molto stupido o è abbastanza furbo da aver calcolato bene i tempi d'aggressione, per scappare prima che un qualsiasi Pro Hero potesse arrivare. »

« Propendo per la seconda. Sta giocando con noi e con le sue vittime. E sembra avere tutte le carte in regola per poterlo fare. Solo ancora non capisco il motivo… »

« La nostra priorità adesso è capire come anticipare le sue mosse. Se comprendessimo il suo schema, potremmo riuscire a prevenire il suo prossimo attacco e salvare le sue prossime vittime. »

« Sono d'accordo. » Mizu ritirò le cose dei loro vassoi e buttò la spazzatura. Andarono a pagare, la donna insistette per offrire la cena riuscendo a spuntarla e poi lasciarono il locale, per girare in zona e raccogliere testimonianze dirette. Era un qualcosa che avrebbero potuto anche fare dei semplici agenti, ma al contrario dei due Pro Hero, non avrebbero potuto difendersi in caso di aggressione.

Le strade erano ancora ben illuminate e gremite di persone, questo avrebbe diminuito il rischio di qualche imboscata, visto che l'assassino agiva nell'ombra e senza testimoni. Infatti la ricerca di qualcuno che avesse visto qualcosa da parte dei due eroi si rivelò un fiasco totale. Nessuno aveva visto niente, le telecamere di sicurezza dei negozi non coprivano l'angolo in cui era successo il fatto. Avevano a che fare con qualcuno che sembrava davvero sapere quello che stava facendo, non un semplice criminale in cerca di una maldestra vendetta.


Angolo delle autrici

Ben tornati a tutti! Grazie a chiunque stia leggendo la nostra storia, sappiamo che siete in molti, perciò... fatevi sentire! Vogliamo leggere le vostre opinioni ;)

Come sempre, vi lasciamo i link alle nostre pagine, nella mia oggi pubblicherò anche il bellissimo disegno di Mizu e Aizawa realizzato dalla mia collega, passate a darci un'occhiata!

LilyShakarian

LadyBarbero

A lunedì prossimo!
Lily&Lady

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Capitolo 4
*** Capitolo III° ***


Non sapeva nemmeno lei come ma fosse riuscita ad incastrare, tra le mille cose di cui si stava occupando, anche un pranzo con sua sorella minore. Umi stava facendo il tirocinio come pediatra alla U.A. assieme alla loro nonna, ma al contrario di lei e di Mizu, non disponeva di un quirk curativo. Riusciva a manipolare l'elemento dell'acqua ma ad un livello talmente basico che aveva preferito mettere da parte i progetti di diventare eroe, in favore di qualcosa di più concreto per le sue abilità ma comunque legato all'aiutare le persone. Umi adorava i bambini, era per questo che aveva preferito specializzarsi nel campo della pediatria.

« Eppure qui alla U.A. non è che si possano più definire bambini sai…» Le disse Recovery Girl, dopo aver salutato la nipote appena arrivata.

« Effettivamente la nonna non ha tutti i torti. » Aggiunse Mizu, dando un bacio ad entrambe.

« E' vero ma non trovate che siano adorabili? Vogliono salvare il mondo e si impegnano tanto per farlo! »

Umi a volte viveva in un mondo fatato, ma chi la conosceva, la adorava anche per questo. Prima che le tre donne potessero lasciare l'infermeria della scuola, dove la maggiore delle sorelle aveva raggiunto le altre due, la porta si aprì e Mizu sgranò gli occhi, ritrovandosi Aizawa davanti. Anche lui non riuscì a mascherare la sorpresa di averla trovata lì ma poi, ricordandosi dello studente che stava sorreggendo, si decise ad entrare.

« Oh no, Togata-kun, cos'hai combinato?? Ti sei fatto ancora male! » Chiese Umi apprensiva, mentre si affrettava ad indossare il suo stetoscopio.

« Mirio! » Lo rimproverò Ricovery Girl. « Hai strafatto anche stavolta? »

Il ragazzo biondo, seppur dolorante, si grattò la nuca con aria colpevole, dispiaciuto di averle fatte preoccupare. Shota e Mizu vennero lasciati in disparte.

« Ci incontriamo spesso, ultimamente. » Evidenziò Mizu, che proprio non sopportava quei silenzi imbarazzanti che cadevano tra loro.

« Già. Tu non gli dai un'occhiata? »

« Non mi sembra che sia messo così male da richiedere l'intervento di tre medici. » Ridacchiò lei, divertita. « Inoltre non è il mio tirocinio, non sarebbe giusto nei confronti di Umi. » A quelle parole Aizawa chiuse gli occhi e sorrise, anche se l'increspatura delle sue labbra era anche leggermente amara.

« Sempre prima gli altri… »

Mizu si voltò di scatto a guardarlo e fece per rispondergli a tono ma si morse le labbra, contò fino a dieci e poi parlò.

« E' il mio lavoro. » Forse non erano le parole più adatte, perché il tono con cui le rispose l'uomo fu gelido.

« Infatti. Lavoro. »

Mizu lo guardò, oltraggiata, poi buttò un occhio alle due donne che si stavano prendendo cura del ragazzo e fece cenno ad Aizawa di uscire per continuare la loro conversazione fuori. L'uomo la seguì all'esterno dell'infermeria e si chiuse la porta alle spalle.

Umi fece una visita approfondita allo studente, che continuava a dirle di stare bene, ma lei voleva assolutamente accertarsene. Dopo un veloce bacio di Recovery Girl, Mirio fu come nuovo, ma si beccò comunque una strigliata dall'anziana.

« Insomma dovresti stare più attento, siamo alla fine dell'anno scolastico, presto inizierai l'ultimo. Dovrai dare il buon esempio agli studenti più giovani. » Mirio sorrise sornione e fece per lasciare l'infermeria ma la sua mano si congelò sulla maniglia della porta, non appena giunse alle loro orecchie la voce di Mizu. L'anziana dottoressa Shuzenji fece cenno ad entrambi di tacere.

« Credo proprio che ci toccherà ascoltare una conversazione spiacevole e alla quale non dovremmo assistere, ragazzi… »

« Finirà mai questo farmi sentire in colpa per il mio lavoro..?! » Esplose da fuori Healing Water. « Era un problema prima e lo è tuttora a quanto pare, anche se non stiamo più insieme! » A quelle parole Mirio e Umi trattennero il fiato.

« Sai bene che non è quello il problema. Non lo è mai stato. E abbassa la voce, siamo comunque a scuola. » Il professor Aizawa cercò di placare la donna, mentre si massaggiava le tempie.

« E allora qual è? Cosa c'è di sbagliato nel volersi prendere cura degli altri? » Il tono di Mizu era cambiato, ora somigliava quasi ad una supplica sommessa.

« Non c'è nulla di sbagliato, Mizu. E' ovvio che sia ciò che ciascun eroe aspiri a realizzare ma, a volte, questo spirito di sacrificio non è necessario. Bisogna anche dare valore a se stessi. »

« Se non dessi valore a me stessa e a quello che faccio, non potrei fare il mio lavoro.» Mizu gli si avvicinò di qualche passo e sollevò il viso, cercando lo sguardo di Aizawa, finché non lo trovò. « Parliamoci chiaramente, Shota. Non era il fatto che io mi valorizzassi o meno il nostro problema. Mi hai dato della crocerossina. Come se non sapessi separare la nostra relazione dal lavoro. »

« Questo perché mi hai messo sempre prima di ogni cosa. »

« E non dovrebbe farti riflettere..? Ti avevo messo al centro del mio universo e tu te ne sei fregato altamente. » Ad entrambi non sfuggì il tempo passato della frase di lei. « Ma cosa ne parliamo a fare..? Tu sei convinto che il mio sentimento per te fosse pietà... quando non era affatto così… » La voce le tremò e gli occhi le divennero lucidi, perciò si allontanò, schiarendosi la gola. Shota le andò incontro ma lei arretrò.

« Mizu, ascolta... non è né il momento né il luogo adatto per parlarne. Mi dispiace essere arrivati a questo punto... me lo merito, visto che non ti ho lasciata spiegare due anni fa. »

« Infatti. Ora, ti sarei davvero grata se evitassi di rigirare il coltello nella piaga, perché probabilmente per te è tutto a posto ma per me no. Sono io quella che per due anni è rimasta a leccarsi le ferite per un tuo capriccio. Adesso sarebbe apprezzato se ti comportassi da adulto e la smettessi di farmi sentire in questo modo ogni volta che parliamo. » Tirò su col naso e prese un bel respiro. « Ti farò sapere quando potremo incontrarci per le indagini... Buona giornata e buon lavoro. »

La donna camminò a passo spedito verso l'uscita, avrebbe aspettato le altre due all'esterno. Era stata una pessima idea entrare in quella dannata scuola, sapeva che poteva esserci il rischio di incontrarlo.

Aizawa la guardò allontanarsi, indeciso se seguirla o meno ma pensò che non fosse il momento, dopotutto era andato in infermeria per portare uno studente. Di malavoglia, aprì la porta dell'infermeria e dalle espressioni imbarazzate di Mirio e Umi immaginò che avessero sentito la lite con Mizu.

« Togata, se stai bene è il momento di rientrare in classe. Grazie per esservi prese cura di lui. »

« Non c'è di che. » Gli rispose l'anziana.

Lo studente ringraziò a sua volta le due donne e poi seguì l'insegnante per i corridoi. Umi e Chiyo, immaginando che Mizu si fosse avviata all'esterno, si affrettarono a togliersi i camici e recuperare le loro cose per raggiungerla. La trovarono seduta in una delle prime panchine dopo il cancello, aveva le spalle basse e l'aria di chi non vorrebbe essere lì in quell'istante. La sorella minore la abbracciò e lei ricambiò senza esitazione quel gesto d'affetto.

« Quell'Aizawa... non è cambiato affatto eh? » Sentenziò nonna Chiyo, poggiando una mano sulla spalla della nipote maggiore.

« Avete sentito tutto..? »

« Ogni parola. » Rispose a bruciapelo Umi, staccandosi dalla sorella.

« Grande... Vorrei evitare di parlarne, se possibile… »

« D'accordo. Pensavo fosse finita, comunque. » Affermò la minore, con tutta l'innocenza di cui disponeva.

« E infatti è finita. » Confermò la sorella. « Più finita di così non si può. »

« Su, su, ragazze. Adesso scacciamo i cattivi pensieri e andiamo a pranzo! Non ci risparmieremo nemmeno sul dolce! »

Le parole di Recovery Girl fecero sorridere le ragazze e il buon umore non tardò a tornare.

« Conosco un posto carino. » Affermò Mizu. « Stavano facendo dei lavori di ristrutturazione, ma se li hanno completati, potremmo andare a mangiare lì. »

La donna le condusse al Doragon, fresco di rinnovo. Umi osservò con ammirazione la vetrata esterna, dove erano disegnati dei dragoni rossi e neri. Quando entrarono, Mizu non notò però effettivamente niente di diverso dal solito, perciò, mentre sua nonna e sua sorella prendevano posto ad un tavolo, si diresse al bancone per salutare il proprietario e chiedere informazioni in merito.

« Ho apportato alcune modifiche alle cucine. » Rispose Gorou con tono cordiale alla ragazza « Sono dispiaciuto per l’eventuale disagio, sapendo perfettamente che non vi è locale migliore di questo e che non c’è cliente più affezionata di te.» Concluse con un sorriso sornione. Mizu ridacchiò per l’atteggiamento dell’uomo, mentre si incamminava verso i posti occupati da Umi e Chiyo, ben consapevole che fosse la sua facciata dietro il bancone, per questo non andava preso sul serio ma ci si poteva ridere su. Intanto Kimiko si avvicinò per prendere l’ordinazione al tavolo, porgendo loro i menù.

« Allora, per te il solito? Oppure, avendo compagnia, vuoi cambiare? Ci sono le specialità del giorno, tra cui piatti composti. Preferenze? » Domandò con tono cordiale ma forzato, notando Recovery Girl in loro compagnia.

« Per me va benissimo il solito, grazie Kimiko. » Le sorrise, restituendole la stessa cordialità, notando però lo sguardo della bionda su sua nonna. « Voi cosa volete? Vi assicuro che si mangia benissimo, perciò non fate complimenti. »

« Avete qualcosa che non sia a base di carne? Preferisco evitare di mettere sotto i denti una povera creatura. » Chiese con ingenuità Umi.

« Disponiamo di carni provenienti dai migliori allevamenti biologici, dove le dolci creaturine corrono felici fino al giorno della loro macellazione. » Rispose la cameriera sorridente, portando il peso su un fianco. Mizu conosceva perfettamente il linguaggio del corpo, perciò non faticò a capire che la bionda si stesse alterando. « Se ci pensi mangiano erba tutto il giorno, quindi sono più verdura che carne. » Sottolineò Kimiko con sorriso beffardo.

Umi non sapeva che rispondere, a parte battere le palpebre più volte per la delucidazione così cruda appena data.

« Penso che un’insalata andrà benissimo, giusto Umi? » Tentò di rimediare la sorella maggiore, volendo evitare scontri verbali con Kimiko. « Tanto poi potrai rifarti col dolce. »

« S-sì! Andrà benissimo. Magari come contorno delle patatine… » Sorrise la minore, un po’ forzatamente.

« Per me del ramen. » Affermò nonna Chiyo.

« E dell’acqua per tutte e tre. » Concluse Mizu, riconsegnando i menù alla cameriera.

Dopo aver appuntato le ordinazioni nel blocchetto, Kimiko prese i menù e si avviò alle cucine per lasciare la comanda a Yuurei, che si sarebbe occupato del tutto. Una ventina di minuti dopo, aiutato da Gorou, Yuurei fece uscire l’ordinazione delle tre clienti, che Kimiko servì prontamente al tavolo ancora calde.

« Buon appetito a voi. Sopratutto alla verduriana. » Ridacchiò tra sé. Umi rivolse uno sguardo spaesato alla sorella, che le fece un cenno di negazione col capo. Non appena la cameriera si allontanò, la minore diede voce ai suoi dubbi.

« ...è normale che i clienti vengano trattati così? »

« Oh non farci caso e goditi il pasto, Kimiko è fatta così, non le piace nessuno.»

« Forse non dovrebbe fare la cameriera allora. » Osservò Recovery Girl, separando le sue bacchette.

« E’ quello che penso anche io. » Asserì Mizu, sforchettando sul suo cibo.

« Però lei dice di aver bisogno di lavorare, quindi… In realtà è abbastanza simpatica, quando non è di cattivo umore. Va presa così com’è. Poi il cibo è ottimo e il padrone del locale compensa la mancanza di maniere della figlia.»

Intanto che Mizu cercava di dare spiegazioni sensate, Kimiko rivolgeva sguardi disgustati alle sua spalle verso Recovery Girl mentre ritirava i piatti usati degli altri clienti. Avere una Pro Hero nel loro locale era la causa del suo malumore, anche se a conti fatti, in realtà ce n’erano ben due. Solo che, mentre alla presenza di Mizu aveva fatto il callo, a quella della vecchia di certo no e non le faceva affatto piacere. Qualche minuto dopo Gorou si avvicinò alla tavola delle tre donne, rassicurandosi che tutto procedesse bene ed il pasto fosse di loro gradimento.

« Tutto ottimo, come al solito. » Affermò Mizu, con un sorriso. Anche le altre due concordarono, facendo complimenti al cuoco. Quando finì di mangiare, il trio si congedò dopo aver pagato, con la ripromessa di tornare ancora. Il resto della serata proseguì piuttosto tranquilla al locale, qualche cliente nel pomeriggio e un po’ più di affollamento verso cena. Alla fine del turno, Gorou e Yuurei rimasero per il loro turno di pulizie, mentre Kimiko iniziò ad avviarsi verso casa. Per darle la sua indipendenza, Gorou le aveva comprato un bilocale non troppo lontano dal Doragon. Proprio a causa della breve distanza, e grazie anche al fatto di conoscere la strada a memoria, Kimiko stava camminando col naso incollato allo schermo luminoso del suo cellulare. Motivo per cui, quando qualcuno le andò inavvertitamente addosso, complici anche le ombre del vicolo, nemmeno se ne accorse e vi finì per sbattere malamente.

« E guarda un po’ dove vai, idiota! » Non si risparmiò , benché lei stessa fosse la prima ad avere la sua parte di colpa. Lo sconosciuto si limitò ad un’alzata di spalle silenziosa, per poi proseguire, mani in tasca, per la sua strada. Kimiko lo osservò allontanarsi per qualche secondo, ancora inviperita, finché, quando stava per decidersi a riprendere il cammino, sentì un peso mancante nella tasca posteriore dei suoi pantaloni. Le servì giusto una frazione di secondo per capire cosa fosse successo, non era solita usare borse ma era sicurissima di aver preso con sé il suo portafogli e di averlo infilato nella suddetta tasca.

« Figlio di… » Emise a denti stretti, giusto prima di fare retro front e seguirlo a grandi falcate. Non ci mise molto per raggiungerlo, il suo corpo rimase solido mentre le sue braccia assunsero una forma gassosa e scura, con le quali lo afferrò per il colletto del lungo cappotto e lo fece voltare verso di sé. In quel momento un dettaglio del viso dello sconosciuto catturò il suo sguardo: quegli occhi azzurro-turchese gli ricordarono una sua vecchia conoscenza. Gli rivolse un sorriso bieco, mentre i suoi occhi amaranto rilucevano di una luce sinistra.

« Credo proprio che tu abbia qualcosa di mio. La mamma non ti ha insegnato che non si ruba? » Con le braccia ancora in forma di fumo nero, gli afferrò le gambe e lo ribaltò con poca grazia. Iniziò a scuoterlo e a perquisirlo con foga, non lasciando allo sconosciuto il minimo tempo di reazione. Dalle tasche interne, iniziarono a cadere gli oggetti più disparati, tra cui orologi e cellulari, ma quello che catturò l’attenzione della ragazza fu un portafogli decorato con una trama di gattini.

« Credo proprio che questo sia mio, Begli Occhi. » Gli disse con scherno, buttandolo a terra. Riottenuto quello che voleva, Kimiko rivolse all’uomo un ultimo sguardo di disprezzo mentre le sue braccia riprendevano forma corporea, per poi proseguire noncurante verso il suo appartamento.

L’uomo rimase a terra, ancora scombussolato. Si mise a raccogliere gli oggetti rubati che la sua vittima gli aveva fatto cadere, mentre con lo sguardo non perse di vista la sinuosa donna bionda, finché lei non scomparve dietro un angolo.

Begli Occhi, così lo aveva chiamato. Una strana quanto assurda coincidenza. Solo lei era solita chiamarlo così, tanti anni prima, ma lei non c’era più. Anche lei lo aveva abbandonato. Eppure il dubbio atroce di quell’incontro fortuito non voleva lasciarlo in pace.

Non l’hai vista effettivamente morire…” Iniziò a ripetersi nella sua testa, mentre si incamminava nella stessa direzione della donna. Senza nemmeno rendersene conto, aveva preso a seguirla. Svoltato lo stesso angolo, la vide poco lontano mentre superava l’ingresso di un palazzo dalla ristrutturazione recente.

Chi era quella donna, che per pura casualità quella sera era passata da essere la sua vittima ad essere suo aggressore. Doveva sapere. Non poteva essere lei… ma se per caso lo fosse stata… avrebbe dovuto fargliela pagare per averlo lasciato solo.


Angolo delle Autrici


Salve gente! Eccoci con il terzo capitolo :3

La storia inizia a prendere il via. Cosa ne pensate di Kimiko? E di Mizu? Fatecelo sapere con i vostri commenti ^-^

Come al solito vi lasciamo i link alle pagine FB

LilyShakarian

LadyBarbero

A lunedì prossimo!

Lily&Lady

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Capitolo 5
*** Capitolo IV° ***


I capelli azzurri di lei erano sparsi sul cuscino, mentre quelli neri del compagno che la sovrastava le solleticavano il collo, sul quale lui stava lasciando una scia di baci caldi, lentamente. Le dita femminili erano avvinghiate alla schiena di lui, mentre il loro sudore si fondeva, insieme ai loro corpi. La bocca di Mizu richiamò con una dolce supplica quella di Shota, che non esitò ad accontentarla. La sentì gemere più forte, labbra contro labbra, mentre raggiungeva il piacere, per poi seguirla poco dopo. I sospiri spezzati di entrambi si mescolarono ma le loro bocche rimasero vicine e le loro lingue terminarono l’amplesso con una danza erotica ma dolce. Quando si separarono, Shota si lasciò cadere sul petto morbido di Mizu, che iniziò ad accarezzargli i capelli e gli poggiò un bacio sulla parte superiore della testa. Rimasero così, abbracciati e in silenzio, senza quel bisogno spasmodico di esternare quei sentimenti reciproci così ovvi. Almeno finché il tempo glielo concesse, perché il telefono iniziò a squillare. Aizawa, con i capelli ancora arruffati, si staccò di malavoglia dal corpo caldo della compagna e andò a rispondere, incurante della sua nudità. Mizu lo osservò allontanarsi e ascoltò la conversazione, dall’espressione corrucciata che assunse l’uomo non le fu difficile intuire che il loro tempo insieme era scaduto. Lo vide chiudere la chiamata e sbuffare, mentre iniziava a rivestirsi.

« Problemi? » Gli chiese, sollevandosi sui gomiti, senza preoccuparsi del fatto che quel gesto avrebbe spostato il lenzuolo, lasciando i suoi seni scoperti.

« Niente di grave, tranquilla, ma devo andare. » Le si avvicinò e le poggiò un bacio sulla fronte. « Tu perché non resti a letto? »

« Anche io ho del lavoro da sbrigare. Tanto vale occuparmene subito, visto che ormai sono libera. » Gli rispose, rassegnata. « Riusciamo a vederci più tardi? »

« Non te lo so dire, dipende da quanto sono gravi questi “casini burocratici” di cui mi hanno solo accennato. »

« Che vuoi farci? Non possono proprio fare a meno del grande Eraserhead. » Lo canzonò, divertita, issandosi per baciarlo. Lui la lasciò fare, poi si separarono, Mizu si alzò e indossò la vestaglia, ma quando Aizawa fu sulla soglia, lo fermò. « Aspetta, hai preso il flaconcino che ti ho preparato? »

Lui si tastò le tasche e poi fece un cenno di diniego con la testa. Mizu si avvicinò alla cassettiera, recuperò l’oggetto e glielo porse. « Sai che non dovresti scordarlo, l’ho riempito con la mia acqua proprio per aiutarti anche se non ci sono. » Glielo porse e approfittò di quel momento per sistemargli i capelli, legandoglieli in una coda.

« E’ solo una riunione… »

« Lo so ma non si sa mai… » Imbeccò lei, scoccandogli un ultimo bacio prima di spedirlo fuori dalla stanza.



Mizu si risvegliò trafelata e di soprassalto. Si guardò attorno nell’oscurità, era ancora a letto nella sua stanza, la sveglia segnava le quattro del mattino. Si toccò il volto, sentendolo bagnato. Scoprì che non lo era per il sudore, ma per le lacrime che dovevano esserle scese copiosamente durante quel sogno, che più che altro era un ricordo. “ Mannaggia a te, Mizu!” Si maledisse mentalmente mentre tornava a girarsi e rigirarsi nel letto, senza ottenere alcun risultato. Visto che il sonno sembrava volersi far desiderare, decise di alzarsi e farsi una tisana, mentre ragionava sul fatto che probabilmente quel ricordo era saltato fuori dal nulla a causa del litigio con Aizawa di qualche giorno prima. Non era solita abbattersi in questo modo, ma quando c’era di mezzo Shota, il discorso cambiava e lei mostrava tutte le sue debolezze di donna. Accese la tv, mentre sorseggiava la bevanda calda appena fatta, sperando che l’aiutasse a scacciare i pensieri negativi, ma non servì a niente e alle 5:30 era anche più sveglia di prima. Si trascinò verso la scrivania, avvolta nella coperta tipo bozzolo, e provò a mettersi a lavorare, consapevole che comunque quell’ora e mezza prima della sveglia, anche se fosse riuscita a dormire, non le sarebbe servita a molto.

Pensavo di essermene fatta una ragione… Invece a quanto pare no.” Un miagolio ai suoi piedi richiamò la sua attenzione.

« Oh Kotton, scusami, ho svegliato anche te? Perdonami. » Emise a bassa voce, prendendo in braccio il micio arancio tigrato ed iniziando a coccolarlo.

« Mammina oggi ha deciso che dormire non rientrava nelle priorità. Vuoi le crocchette, batuffolino mio? » Il gatto sembrò capire, perché strusciò la testa contro la mano della padrona. Mizu assecondò la richiesta dell’animale, restando ad osservarlo per un po’, poi si buttò in doccia e decise di prepararsi per raggiungere l’ufficio, anche se era molto presto. Avrebbe dovuto trovare un modo per affrontare la questione Shota, visto che avrebbe dovuto continuare a lavorarci insieme. Non poteva dare di matto ogni volta che ci parlava, o perderci il sonno. Quello che avrebbe voluto dirgli due anni fa, finalmente era riuscita a dirglielo, perciò doveva andare avanti e concentrarsi sul suo lavoro. Salutò Kotton prima di uscire, poi si recò all’edificio del P.E.S.E.E., Programma Educativo di Supporto Emotivo per Eroi, dove per miracolo trovò le porte già aperte, nonostante fosse lì in largo anticipo. Presa dalle sue cose, si era scordata che per quella mattinata avrebbe avuto un solo un paziente. Quando controllò chi fosse, però, imprecò mentalmente, perché dopo una notte come quella, non era pronta a svariate ore in compagnia di Endeavor. L’uomo arrivò in perfetto orario, con la sua solita aria corrucciata e la sua presenza imponente. La struttura non permetteva di usare i propri quirk ai pazienti, perciò di malavoglia si vide costretto a spegnere le sue fiamme poco prima di accomodarsi.

« Di tutte le persone che potevano capitarmi, dovevo fare terapia proprio con la figlia di quell’insopportabile di Ocean, per di più nipote della vecchia bacucca.»

« Buongiorno anche a lei, Enji. » Sospirò Mizu, sconsolata per l’atteggiamento del suo paziente. « Devo ammettere che mi stupisce che un uomo come lei abbia accettato di farsi aiutare, ero convinta che il suo orgoglio non glielo avrebbe permesso. » Conosceva Endeavor da quando era bambina, lui e suo padre erano

coetanei ed erano stati rivali per parecchio tempo, fatto dovuto all’inevitabile poca compatibilità dei loro quirk: da una parte le fiamme dell’inferno, dall’altra la potenza delle acque oceaniche.

« La situazione pare richiederne la necessità. » Le rispose, voltando il viso di lato.

« Come mai? » Chiese Mizu, assumendo una posa professionale e preparando il suo taccuino.

« Non penso siano affari tuoi, ragazzina. »

« Questo suo atteggiamento non ci porterà da nessuna parte, signor Todoroki. » Lo ammonì bonaria la dottoressa, senza perdere la sua fermezza. « La prego di ricordare che qui io sono il suo medico. Riesce a dimenticarsi chi ha davanti e trattarmi con il rispetto dovuto alla mia figura professionale? Perché se la risposta è no, temo che continuare a stare qui sia inutile. »

La flemma con cui Mizu lo aveva ripreso, lo imbarazzò. Si schiarì la voce e si sistemò meglio sulla poltrona, prima di risponderle.

« E’ per quello che è successo con mia moglie. » Iniziò, cercando di formulare un discorso logico. « Abbiamo avuto dei trascorsi turbolenti e adesso lei si trova in una clinica psichiatrica. Pensavo stesse meglio, ma continua a non volermi vedere. I suoi medici non mi permettono di incontrarla. »

Mizu appuntò sul bloc-notes le parole rapporto coniugale instabile affiancato ad un punto di domanda.

« Se non le permettono di incontrarla, avranno i loro motivi. » A quelle parole le fiamme sulla testa dell’uomo si riaccesero. « Per favore, si controlli. E soprattutto, mi faccia finire di parlare prima di scaldarsi. Evidentemente sua moglie non si sente ancora pronta per rivederla, quindi deve cercare di accettare questa sua volontà. Quando sarà il momento, sono certa che nessuno ostacolerà il vostro incontro. Nel frattempo, però, è molto importante che lei continui a mostrarsi presente. Non si lasci abbattere dal fatto che non gliela facciano ancora vedere. Sua moglie viene avvisata ogni volta che lei va a trovarla, perciò anche il solo fatto di mostrarle che sta continuando a provarci, per lei anzi per entrambi, credo sia davvero importante.» Enji sembrò riflettere profondamente sulle parole della ragazza. Era stato evasivo sul rapporto problematico con la moglie, ma Mizu qualcosa in più, grazie a suo padre, la sapeva. D’altra parte nove anni prima era stato Ocean a salvare Rei dall’ira del marito, rea di aver bruciato la parte sinistra del volto del figlio minore con dell’acqua bollente. Era stato proprio lui a farlo ragionare e fargli capire che la moglie avesse bisogno di aiuto. « Signor Todoroki… Enji-san… io vorrei che in questo studio si dimenticasse del suo ruolo là fuori. Non c’è nessuna copertina da mostrare, nessuno scandalo da coprire, vorrei solo che si sentisse libero di poter parlare tranquillamente, buttare fuori tutto ciò che la tormenta. Io lo custodirò gelosamente tra queste quattro mura e proverò con ogni mezzo di cui dispongo ad aiutarla a risolvere la sua situazione. Non pretendo che si fidi di me dall’oggi al domani, spero solo che continui a presentarsi qui per le sedute e di costruire questo rapporto di fiducia pezzo per pezzo. » Endeavor si alzò, sovrastando la dottoressa con la sua ombra imponente.

« Ci penserò. » Rispose, fissandola dall’alto, poco prima di lasciare lo studio. Dopo che fu uscito, Mizu rilasciò la posa rigida che aveva assunto, emettendo un lungo sospiro.

« Stavolta me ne è capitato un bello grosso e problematico. »

°°°

« Ecco i vostri tempura, buon appetito! » Si congedò dalla tavola Kimiko andando nuovamente dietro il bancone, in attesa di nuovi ordini da prendere. Gorou era intento a lucidare alcuni bicchieri, ascoltando con fare indifferente alcune conversazioni della clientela. Il fischiettio allegro di Yuurei - occupato ai fornelli - si poteva sentire fino alla sala, leggermente sovrastato dai video musicali trasmessi dalla tv al plasma. La giornata filava come sempre nella totale tranquillità e Kimiko non era stata ancora artefice di nessun guaio con i piatti. Adesso se ne stava lì, completamente annoiata e sospirante, picchiettando la penna contro il blocchetto a tempo di musica. Si lasciò scappare uno sbadiglio, ricevendo, per la sua maleducazione, un colpo di coda sulla coscia da parte di Gorou.

« Fa male! » Sibilò tra i denti massaggiandosi la parte appena colpita, il tutto seguito da un broncio che faceva invidia ad un mastino.

« La mano. Non è così difficile come gesto. » Sollevò la sua portandola alle labbra « Visto? »

« Sì, sì... che noioso. » Emise un leggero mugolio per il secondo colpo che ricevette nello stesso punto « Basta! Ci stai prendendo gusto?! »

« ...Forse… » Commentò flebile, osservando di sottecchi la ragazza che continuava a massaggiarsi la coscia dolente.

La campanella posta sopra la porta del locale suonò, avvertendo dell'ingresso di un nuovo cliente accolto da un caloroso benvenuto da parte di Gorou. Non perse tempo a fissare il nuovo arrivato, preferì punzecchiare con la punta della lunga coda rettiliana Kimiko invitandola, a suo modo, ad accogliere il nuovo arrivato. Con un gesto veloce della mano, la ragazza spinse via la coda dell'uomo, dirigendosi poi verso il tavolino appena occupato in un angolo appartato del locale. Mentre Kimiko si avvicinava, il cliente prese il menù posto sulla tavola, guardando i vari drink e cocktail disponibili, accavallando le gambe in una posizione più comoda.

« Benvenuto al Doragon. » Esordì la bionda con lo sguardo rivolto al blocchetto mentre appuntava un che palle sul foglio « Ha già in mente qualcosa oppure vuole... » Ma non ebbe il tempo di concludere la frase che i suoi occhi si incrociarono con quelli del cliente. Il breve attimo di stupore venne sostituito da quello paonazzo e carico di rabbia fuori controllo. « Tu?! Che diavolo ci fai qui?! » Batté con forza la mano sul tavolino, facendo sussultare e voltare i presenti, compreso Gorou.

Di tutta risposta, il ragazzo posò nuovamente il menù incrociando le dita tra loro, poggiando in seguito le mani sulla superficie appena colpita dalla ragazza. Complice la notte prima e l'ira per il furto subito, Kimiko non aveva notato i dettagli - non indifferenti - sul viso del ragazzo. Dei lunghi tagli precisi dividevano il suo volto a metà, iniziando dai lati delle labbra e finendo con una linea netta orizzontale appena sopra le orecchie. Da questa linea centrale, andando verso il basso, fino al collo e le clavicole, il ragazzo era completamente bruciato, o almeno, rattoppato con della pelle innestata in pessime condizioni, che ricordava delle ustioni di terzo grado. Le due estremità della pelle erano tenute salde da delle parti di metallo che somigliavano a grossi punti di spillatrice e che sormontavano la linea netta. Stessa cosa per le sue borse sotto gli occhi. Anche nelle sue mani non sembravano esser state risparmiate, una linea circolare le divideva dal polso e, da quello che mostrava parte dell'avambraccio scoperto, la bruciatura si estendeva maggiormente, forse in tutte le braccia. Quando il ragazzo accennò un sorriso, divertito dalla reazione della bionda, fece esaltare l'ennesimo taglio del labbro inferiore che lo percorreva fino al mento e, proprio da sotto il labbro, altri punti metallici per tenere salda anche l’ennesima ferita.

« Non si dovrebbe trattare in questa maniera la clientela... » Disse il ragazzo con tono canzonatorio. « Soprattutto i nuovi arrivati... fai una pessima pubblicità a questo posto. »

« Ma dai... » Rispose Kimiko poggiando entrambe le mani sul tavolino, portando il busto in avanti « Da quando trattare a modo un ladro , e stalker aggiungerei, come te dovrebbe fare cattiva pubblicità? Semmai è la tua presenza a non essere gradita in questo posto…» Concluse con un sorriso sarcastico.

« Oh... » Lui ricambiò il sorriso, schiarendosi un po' la voce « Da quello che so, anche l'utilizzo del proprio quirk in luogo pubblico fa la differenza... » Pronunciò con tono più alto, con l'intento di farsi sentire dai presenti, che iniziarono a bisbigliare tra loro « Siamo andati contro la legge entrambi, non credi? Avrò fatto quello che ho fatto... ma, di risposta, tu mi hai aggredito con la tua unicità... » Inclinò il capo fino a sostenerlo con una mano « Vista la tua prontezza di reazione dev'essere una cosa che fai spesso, vero? »

Il limite di sopportazione, che non andrebbe mai superato, della ragazza era davvero basso. Con un rapido scatto afferrò il colletto della giacca in pelle dell’individuo e lo tirò con forza verso di sé, costringendolo a sciogliere la posizione delle gambe per mantenere un buon equilibrio.

« Dimmi un po', sei in cerca di guai begli occhi? » Domandò Kimiko a denti stretti, immergendo le sue iridi magenta - rese ancora più luminose dalla rabbia - nelle pozze blu e profonde di lui « Non ho nessun problema a rendere questo Picasso del tuo viso un quadro completo e meno informe…» I denti quasi stridevano tanta era la pressione concentrata in quella serratura rabbiosa.

« Che paura... » Rispose il ragazzo con tono sarcastico « Almeno, come ultimo desiderio, potrei sapere il nome del mio carnefice? »

La bionda non ebbe il tempo di rispondere, anche se avrebbe tanto voluto colpire con un sonoro pugno sul quel sorrisetto odioso, ma Gorou esaudì la richiesta del ragazzo richiamando Kimiko con un severo e alterato tono di voce e bloccando in tempo la sua ira con forte presa sul suo polso. La trascinò via, obbligandola a lasciare la presa dal colletto di quell'individuo, spingendola con forza all'interno delle cucine. Yuurei con disinvoltura riprese le sue mansioni, facendo credere di essere estraneo ai fatti appena accaduti. Appena la porta si richiuse alle spalle di Gorou, Kimiko fu investita dal suo sguardo gelido. Era talmente furioso che le sue pupille rettilinee sembravano due spilli inghiottiti dal rosso cremisi delle sue iridi. D'impulso la ragazza voltò il viso dalla parte opposta a quella dell'uomo, massaggiandosi con cura il polso reduce dalla stretta.

« Vorrei delle spiegazioni. » Esordì Gorou, incrociando le braccia al petto «  Con una giusta motivazione abbastanza sensata da farmi desistere dal farti seriamente male... » Gorou poteva tollerare la sua sbadataggine e il suo essere poco accorta con le maniere nei confronti dei clienti, ma se c’era una cosa che non poteva accettare era quella, attirare l’attenzione, su di loro e sul locale, con baruffe da salood del vecchi film western.

« Quel tipo ieri sera mi ha derubata! Cosa dovevo fare? Dargli una pacca sulla spalla, complimentandomi, e porgergli anche il cellulare?! » Ringhiò la ragazza, distendendo le braccia con ovvia ironia.

« Forse era la scelta migliore... » Commentò Gorou « Sai bene che non voglio assolutamente che utilizzi il tuo potere come se fosse la normalità. Non siamo nella tua amata America, ragazzina…»

« Hai ragione! Anche se, non offenderti, ma definire carcere questo tuo amato Giappone è un eufemismo. » Ridacchiò nervosamente facendo ruotare gli occhi, incrociando anche lei le braccia sotto il petto.

« Rimediamo a questo tuo errore con la giusta punizione. » Ignorò completamente l'ironia della ragazza « Qualsiasi cosa ordinerà quel tizio verrà detratta dal tuo stipendio a tempo indefinito, intesi? »

Dopo l'attimo di stupore a quella sua idea di punizione, gli occhi della bionda di spalancarono maggiormente, esordendo con un forte « CHE COSA?! OLTRE AL DANNO LA BEFFA?! » Velocemente e con movimenti impacciati dettati dalla rabbia, sciolse il nodo del grembiulino nero da lavoro, buttandolo con poca grazia contro il pavimento. « Preferisco andarmene piuttosto che sfamare quello stronzo! » Con grandi falcate lasciò le cucine e, nel passare dalla sala per prendere l'uscita, buttò uno sguardo carico di rancore nella direzione dell'individuo che si era dileguato chissà da quanto. Poco le importava. Una volta lasciato il locale si avviò verso la zona del parco. Doveva assolutamente camminare e sfogare quella rabbia che la contaminava, tanto da farle venire una forte nausea e crampi allo stomaco. Avrebbe voluto calciare il cestino della spazzatura, ma si fermò quando vide passeggiare una familiare figura femminile dai capelli azzurri.


Angolino delle autrici


Buongiorno a tutte/i :3 Puntuali come un orologio svizzero, anche il capitolo fi oggi è stato pubblicato! State iniziando ad apprezzare anche voi Mizu e Kimiko? Ce la stiamo prendendo comoda per farvele conoscere al meglio, perciò fateci sapere cosa ne pensate :)

Sulle nostre pagine trovate anche i disegni delle nostre OC e presto ne arriveranno di altri. Come sempre vi lasciamo i link alle pagine Facebook.

LilyShakarian

LadyBarbero

A lunedì prossimo!

Lily&Lady

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Capitolo 6
*** Capitolo V° ***


Il parco in cui Kimiko si era rifugiata, alla ricerca di quiete e solitudine che stemperassero la sua rabbia, solitamente non era molto frequentato. Anche quel giorno, a parte i soliti atleti dediti al jogging e qualche coppia, non c‘era nessun altro. Se non che, ad un certo punto, da un angolo era spuntata la riconoscibile zazzera azzurra di Mizu un po’ sfatta, mentre passeggiava, probabilmente proprio nel percorso dal suo ufficio al Doragon.

« Guarda un po’ chi si vede. » Infilò le mani nelle tasche dei jeans, avvicinandosi alla ragazza. Mizu, ancora col naso nei suoi appunti, lo sollevò sulla sua interlocutrice, non appena ne udì la voce.

« Kimiko! » Esclamò, sorpresa di vederla lì e non al locale. « Cosa ci fai al parco? » Le chiese poi in tono cordiale, ma non le sfuggì la tensione della bionda. « Giornata libera o giornata storta? »

« Diciamo entrambe... » Si affiancò a lei, portando in avanti il capo per curiosare verso i suoi appunti « Tu invece? Che cos’è questa roba? » Arricciò le labbra incuriosita, sbirciando velocemente le varie scritture. Sfortunatamente per la sua indole curiosa, Mizu, come ogni medico che si rispetti, aveva una calligrafia illeggibile, motivo per cui le risultò impossibile capire di cosa potesse trattarsi, ma intuì fossero documenti del suo ufficio al P.E.S.E.E. La dottoressa ritrasse il taccuino verso il petto, poco prima di risponderle.

« Soliti casi di pazienti problematici, qualcuno più, qualcuno meno. » Si sistemò un ciuffo ribelle dietro l’orecchio. « Tutti Pro Hero, comunque, quindi dubito che la cosa possa interessarti. » Ridacchiò, prendendo un po’ in giro quel lato così ostico della bionda, sperando che la battuta la aiutasse a rilassarsi e sciogliersi.

« Ah… hai proprio ragione. » Stese le braccia sopra la testa stiracchiandosi per bene, lasciando sfuggire un sospiro annoiato solo al pensiero di sentire le questioni riguardanti gli Hero. « Anche se, onestamente, iniziano ad infastidirmi anche altri generi di individui… » Aggiunse, ripensando alle parole del ragazzo, ma sopratutto a quelle di Gorou « Maledizione se mi infastidiscono… » Si morse il labbro inferiore.

« Oh cielo, qualcuno che infastidisce Kimiko, che novità! » Ironizzò Mizu, scoppiando a ridere. La stilettata che le lanciò Kimiko con lo sguardo, non fece che accrescere le sue risa. « Perdonami, ma devi ammettere che anche tu hai un bel caratterino. Comunque… » Si avvicinò ad un chioschetto lì nei paraggi e ordinò due caffè. Furono pronti in un lampo, così la dottoressa ne porse uno alla bionda. « … perché non ne parliamo? Se ne hai voglia, per me sarà un piacere ascoltarti. » Le sorrise, con fare dolce e comprensivo, prendendo posto su una panchina e facendole un cenno di sedere accanto a lei. « Lo so, starai pensando “ ma non è stanca di sentire persone che si lamentano dei loro problemi tutto il giorno?” , ma ti dirò, ho scelto questo lavoro proprio perché mi piace ascoltare e aiutare come posso. Quindi, se ti va, sono qui. E non come strizza-cervelli, ma come potenziale amica. Sempre che il fatto che sia una Pro Hero non sia un problema.» La punzecchiò, facendole la linguaccia.

« E’ da anni che non parlo con qualcuno… » Storse nuovamente le labbra in una smorfia imbronciata davanti a quel gesto della ragazza, per poi prendere posto vicino a lei, afferrando il suo bicchiere. « Forse perché poi si inizia a parlare troppo. » Poggiò i gomiti sul poggia-schiena della panchina, lasciandosi scappare un profondo respiro rilassato « Un po’ come stai facendo tu adesso. Stai parlando troppo. Sembri una di quelle addestratrici di cani che insistono con vocine carine e biscottini a dargli comandi. » Inclinò il capo sulla spalla fissandola con occhi sottili.

« Pfff… scusa, scusa, davvero, ti prendo sul serio, credimi, ma se solo sapessi chi ho avuto come paziente oggi, capiresti perché la tua “ostilità” mi scivola di dosso. » Mizu sorseggiò il suo caffè caldo, affatto scomposta dalle provocazioni di Kimiko. « Comunque il mio intento non è certo quello di addomesticarti. Non credo sia possibile, nemmeno volendoci provare. Ho solo visto che eri tesa e ho pensato avessi bisogno di sfogarti, tutto qui. »

« Sì? » Soffiò una risata divertita, muovendo lentamente il suo bicchiere del caffè.

« Oh, almeno sono riuscita a strapparti una risata. Col mio paziente non ci sono riuscita.»

« Già! Non sapevo fossi così simpatica, merito del tuo paziente di oggi? »

« Nah, io sono sempre simpatica. » Affermò Mizu, con spavalderia. « Forse eri solo tu che non volevi che superassi il tuo muro. »

« Hai solo sbattuto la testa contro quel muro, però… » La fissò con un ampio sorriso « Almeno ho sentito il rumore... » Mizu non poté non scoppiare a ridere.
« Giusto, giusto… ma prima o poi i muri crollano, anche a furia di testate…» Ricambiò il sorriso, ma con sguardo deciso. « E io sarei proprio curiosa di vedere cosa ci si nasconde dietro. La maschera da dura non ti si addice, sei decisamente troppo carina. »

« Oh… secondo me non vorresti mai scoprire cosa si nasconde dietro quella maschera…» Sollevò il capo con leggera superiorità e un sorriso poco rassicurante, il tempo di lasciare la ragazza perplessa prima di darle una schicchera al centro della fronte.

« Ahia! » Si lamentò Mizu, massaggiandosi la parte dolorante, che aveva già preso ad arrossarsi. « Gorou non ti ha insegnato a mostrare rispetto verso chi è più grande? » Continuò con finto fare offeso, per poi tornare abbastanza seria da tener testa alla bionda. « E comunque, mia cara Kimiko, quello che potrei trovare là dietro, o meglio, là dentro, non mi spaventa. Credimi quando dico di averne viste tante in questi anni… Non dimenticare con chi stai parlando, sono pur sempre un Pro Hero e non lavoro di certo in uno dei posti più allegri della città… »

« Credo sia normale sentirne tante dalle tue parti, siete sempre immischiati in faccende grosse. » Finalmente iniziò a sorseggiare il suo caffè, constatando che fosse alla giusta temperatura. « Chissà però come la prenderesti nel sentire le vicende di una persona come tante, una delle tante persone anonime che passeggiano per le strade. Niente titolo, nessun riconoscimento speciale, nessun impiego particolare da permetterle di affiancarsi ad una persona importante. » Voltò appena il capo verso di lei, mordicchiando il bordo del bicchiere e scrutandola a fondo. Mizu sostenne il suo sguardo, seria.

« Non che me ne sia mai fregato qualcosa dell’importanza che i miei pazienti hanno al di fuori del mio studio, una volta che varcano la mia porta sono tutti uguali e i loro problemi vanno trattati allo stesso modo. Perciò… » Sorrise, cercando di alleggerire la pressione. « ...sei fortunata, il mio tariffario è pagato dallo stato, hai Shuzenji Mizu al tuo servizio, potresti approfittarne. » Le fece l’occhiolino. Come prima risposta ottenne un’espressione sospettosa e vigile, che pareva mettere sotto esame ogni dettaglio. Kimiko era chiaramente in allerta, come aspettandosi qualche mossa strana da parte sua.

« Mi domando cosa potrei risolvere nel parlare con qualcuno, visto che le stesse parole non portano a nulla. » Finì il suo caffè con un ultimo sorso. « Ma… tentare non dovrebbe nuocermi… » Sorrise appena, con una leggera forzatura. « Cosa vorresti sapere? »

« Io non “ voglio” sapere niente di particolare, Kimiko. » Enfatizzò volontariamente la parola. « Ti sto solo offrendo la possibilità di parlare di quello che tu preferisci. Sia questo il problema evidente che ti ha fatta scappare dal bar, no, non ci vuole un indovino per capirlo, o di quanto sia bello il tempo oggi.»

« Preferisco la pioggia. » Si grattò nervosamente la nuca, mugolando pensierosa. Per un attimo Mizu pensò che si sarebbe seriamente messa a parlare del tempo, ma poi lasciò che proseguisse. « Ho lasciato quel posto perché, secondo Gorou, dovevo sfruttare il mio stipendio per sfamare un ladro. » Fece schioccare la lingua contro i denti « Un ladro! Capisci? Solo perché mi sono ripresa il mio portafogli senza chiamare la polizia! » Rise nervosamente, scuotendo il capo.

« Aspetta, aspetta, andiamo con ordine altrimenti rischi solo di confondermi. Facciamo un passo indietro. Ladro? Qualcuno ha cercato di derubarti? »

« Cercato? No, no! Mi ha proprio derubata! » Al solo pensiero le prudevano le mani « Quel bastardo… ha avuto la faccia tosta di farsi vivo al locale oggi. La sera prima mi prende il portafogli e la mattina dopo si presenta con un radioso sorriso su quelle labbra orribili. » Emise un verso disgustato, esattamente come l’espressione che le si era dipinta sul volto. Mizu la ascoltò con attenzione.

« Ma se non sbaglio hai detto che te lo sei ripresa il portafogli, giusto? Mi sembra che tu sappia difenderti abbastanza bene da dei ladruncoli, quindi hai fatto bene a non scomodare la polizia per un nonnulla. Non capisco perché tuo padre sia sia alterato, però… » Affermò, realmente perplessa. Gorou le era sempre sembrato piuttosto pacifico, o quanto meno la facciata che mostrava dietro il bancone. Kimiko si guardò le unghie con indifferenza, senza sollevare lo sguardo.

« Ho usato il mio quirk… » Bisbigliò voltandosi dalla parte opposta a quella di Mizu.

« Oh, adesso capisco. » Asserì la dottoressa, iniziando ad avere un quadro più chiaro. « Immagino che Gorou si sia arrabbiato perché vuole solo il tuo bene e comunque io non ci trovo niente di male nell’esserti difesa da sola, in quel momento. Sia chiaro, usare i propri quirk in questi casi è sempre rischioso, in un’altra situazione avresti potuto mettere a rischio qualcun altro con la tua unicità. Qualcuno che stava passando lì per caso e che non c’entrava niente con la faccenda, un civile innocente. E’ solo per questo che esistono le leggi che regolamentano l’uso dei quirk ed è anche per questo che esistono gli eroi che disprezzi tanto. Perché sono persone che si addestrano per affrontare questo tipo di situazioni, anche se più in larga scala. Non ti giudico, anzi, penso tu abbia agito per il meglio, anche se farsi giustizia da soli si chiama vendetta, non giustizia, nel tuo caso penso che si possa accettare. Non sempre eroi o polizia fanno in tempo, per questa auto-difesa, quando non implica mettere in pericolo gli altri, io sarei favorevole all’utilizzo dei propri quirk. »

« Ci sono comunque sanzioni da pagare, anche se ero nel giusto. A Gorou preme la questione dello sborsare soldi in qualcosa di futile. » Accavallò le gambe alzando gli occhi al cielo. « Si è sempre comportato così, o almeno da quando lo conosco. Non sarebbe la prima volta che apre il portafogli per una mia colpa. » “Da quando lo conosco”? Pensò Mizu. Non erano padre e figlia? Si disse che non era il momento giusto per indagare.

« Ma in questo caso di quali sanzioni stiamo parlando? L’unico che potrebbe testimoniare contro di te, dovrebbe ammettere di essere stato il primo ad aggredirti, tentando di derubarti, perciò non vedo dove sia il rischio. »

« Tempo fa, leggemmo una notizia riguardante una donna, alla quale cadde un mazzo di chiavi in un tombino. Visto che il suo potere era quello di attrarre oggetti metallici, decise di risolvere il pasticcio da sola e venne sanzionata. » Sollevò le spalle, perplessa. « Gorou ha reagito malissimo a quella notizia, non tanto per la donna in sé, quanto per la possibilità che potessi fare lo stesso. Ho già speso anche troppo per te, tra vandalismo e sciocchezze, ci manca solo che inizi ad utilizzare la tua unicità per altre cose e siamo al completo”! » Cercò di imitare il tono di voce dell’uomo con la stessa espressione severa. « Quando quel bastardo ha spifferato il fattaccio, il colorito della faccia di Gorou si è confuso con quello dei suoi occhi. »

« Devi proprio avergliene fatte passare parecchie a tuo padre, per reagire in questo modo… » Commentò Mizu, guardando Kimiko sotto una nuova luce. « Ed io che pensavo ti limitassi ai disastri nel locale. » Ridacchiò sommessamente, poi tornò seria. « Comunque, ti ripeto, Gorou non ha nulla di cui preoccuparsi, perché quel criminale, per poter denunciare te, dovrebbe prima ammettere le sue colpe. E non penso che lo farà. »

« Il problema è che forse riporta qualche ematoma… non l’ho proprio trattato con i guanti di velluto. Ok recuperare i propri averi, ma se ci fosse una telecamera in quella stradina, non mostrerei il mio profilo migliore… » Sorrise divertita.

« Se ti preoccupa così tanto, posso provare ad informarmi. » Affermò Mizu, cercando di tranquillizzarla. E’ vero, Kimiko sembrava allegra nel raccontare come aveva strapazzato il delinquente, però la dottoressa era convinta che ci fosse dell’inquietudine dietro quella facciata, ora allegra, ora da dura.

« Se potessi farlo, mi faresti un enorme favore. » Commentò la bionda con un ampio sorriso « E vedrò di sdebitarmi come meglio posso, promesso. » Le mostrò la lingua divertita.

« Ah, tranquilla, per me non è certo un problema. E se può essere d’aiuto, dì pure a Gorou che pagherò io eventuali sanzioni. Solo per questa volta, sia chiaro. In cambio, gradirei solo fare altre chiacchierate come questa di oggi e conoscere la vera Kimiko. Ci stai? » Come risposta iniziale Kimiko mugolò lungamente, pensando alla sua proposta.

« Poco alla volta, ma si può fare. » Le porse la mano così da sigillare il loro accordo. Mizu le sorrise, entusiasta, stringendo non troppo forte nel ricambiare quel gesto.

« Affare fatto. Io stavo andando al locale per mangiare e bere qualcosa. Vieni con me?»

« Perfetto! » Si stiracchiò per bene prima di alzarsi dalla panchina e gettare il bicchiere vuoto nel cestino. Poco prima di entrare, una volta arrivate al Doragon, a Mizu squillò il telefono. Quando guardò lo schermo per leggere il messaggio, non riuscì a mascherare un lieve moto di sorpresa nel leggere il mittente. Aizawa la stava avvisando che era riuscito ad ottenere i file di cui avevano parlato, ma che era meglio vederli insieme di persona, in quanto siccome erano riservati, non poteva mandarglieli via mail. Gli rispose velocemente di passare a casa sua più tardi, visto che sembrava urgente, poi mise frettolosamente il telefono in borsa e superò la porta del Doragon con un sospiro. Una volta dentro, però, non ci mise molto a tornare la Mizu allegra e cordiale di sempre. Kimiko, avendola già preceduta, aveva ripreso il suo grembiule e lo aveva indossato con indifferenza, anche se lo sguardo soddisfatto di Gorou non le dava tregua. Si avvertiva chiaramente il suo “lo sapevo” che punzecchiava ripetutamente la schiena della ragazza. « Smetti di gongolare, guarda che se sono qui è solo merito di Mizu. » Gli brontolò in risposta, contrariata, a non riuscì a fargli perdere quella smorfia. Mizu aspettò che Kimiko le si avvicinasse per prendere la comanda, ordinò qualcosa di leggero e un drink bello forte. Della seconda richiesta, si occupò direttamente il gestore del locale, il quale la osservò con un sopracciglio alzato. Da quando la dottoressa frequentava il locale, era capitato che bevesse, ma mai nulla di così alcolico. « Ehi Doc, sicura della scelta? »
« Assolutamente, dopo un po’ di svago mi aspetta altro lavoro, quindi ne ho bisogno. » Confessò, poco entusiasta. « Piuttosto non dovrebbe gioire così tanto delle disgrazie di sua figlia, dovrebbe essere più comprensivo. Per una volta che l’atteggiamento difensivo di Kimiko le è servito davvero… E comunque, se può aiutarla a stare tranquillo, mi assicurerò che non ci fossero telecamere in quel vicolo, o nel caso dovessero essercene, controllerò i filmati. Come ho detto a Kimiko, mi occuperò anche di eventuali sanzioni, visto che mi pare di capire siano i soldi il problema principale. » Il dragonide la osservò con aria saccente.

« Se per lei è giusto “viziarla” con questi metodi, poi non se la prenda con me se se ne approfitta della sua gentilezza. » Si voltò per sistemare alcuni bicchieri, dopo averle servito il drink. « Fidarsi di Kimiko è un bene, magari la aiuta a sbloccare un po’ quel suo carattere, ma non fidarsi troppo è anche meglio, lo dico per lei, ovviamente… » Le sorrise col suo solito fare cordiale.

« Io non credo che sostenerla quando è nel giusto sia “viziarla” come dice lei. » Esordì la dottoressa, addentando la cannuccia nel suo bicchiere. « Forse invece è proprio questo quello di cui ha bisogno quella ragazza, qualcuno che si fidi di lei. » Osservò la bionda mentre si districava tra i tavoli e imprecava ad alta voce quando si sbatteva i fianchi agli spigoli. « Non so, Gorou-san… io vedo molto potenziale dentro quegli occhi. E mi creda, ne ho visti tanti sguardi come quello di Kimiko al lavoro… Lo vedo perfettamente che c’è qualcosa che non va. Non sono così ingenua come crede, forse mi sottovaluta per la mia aria troppo spensierata e cordiale. »

« No dottoressa, non mi fraintenda. » Rispose Gorou con tranquillità. « Semmai ritengo eccessiva la sua troppa gentilezza e dubito della sicurezza nelle sue parole, ma ripeto, se vuole tentare con lei, faccia pure. Vorrei solo metterla in guardia da quello che lei definisce come potenziale. Ringraziamo che non si sia spinta oltre con quel tizio, a prescindere da chi aveva ragione e chi no. » Sospirò con una nota un po’ rassegnata. « Io, ormai, mi limito a dare queste punizioni, perché con lei ho già provato anche troppo a farla aprire, ma non è servito a nulla. Forse ha proprio bisogno di una figura femminile. E’ anni che non ne vede una “amica”. »

Forse per l’alcol che iniziava ad entrare in circolo, o forse per le parole di Gorou, Mizu arrossì leggermente. Non era solita essere associata ad una figura di riferimento femminile. Come eroe si, come medico anche, ma come figura femminile no, per quello c’era sempre stata sua nonna. Si schiarì la gola e si decise a rispondere, dopo aver ponderato bene le parole. « Per quanto per altri forse Kimiko non valga la pena di combattere, per me non esiste una causa persa in partenza, perciò si, se me lo permetterà, la aiuterò come posso. Piuttosto, se non sono troppo indiscreta, dov’è sua madre? » Forse Gorou era la persona ideale per indagare sulla questione “genitori” di Kimiko. L’uomo la fissò a lungo, spostando poi lo sguardo sottile su più punti imprecisi del locale. Storse le labbra in alcune smorfie indecifrabili, come se facesse un po’ fatica ad entrare in alcuni dettagli.

« Non fa più parte della sua vita da un po’... forse, però, non è il caso di parlarne qui con la biondina che si aggira attorno… se non vuole scoprire da subito come potrebbe reagire con il suo potenziale. » Le sorrise ancora una volta facendo muovere lentamente la lunga coda alle sue spalle.

« Se il solo pensiero di sua madre può farla reagire in questo modo, allora forse non è il caso che ne parliamo noi due. Aspetterò che sia lei stessa, quando sarà pronta, a farne parola. » Trangugiò tutto d’un fiato il resto della bevanda e ne chiese un’altra uguale. Gorou le chiese se fosse sicura, visto che non aveva ancora mangiato, ma lei fece un cenno d’assenso abbastanza convinto. Non era abbastanza brilla per i suoi gusti ma allo stesso tempo non voleva esserlo troppo, in previsione del confronto con Shota.

« Sicura che stia per iniziare un’altra ora di lavoro a breve? » Domandò porgendole il suo secondo drink « La sua temperatura corporea sta salendo vertiginosamente… » Sollevò il mento con fare esperto nel discorso, da buon rettile in grado di notare questo genere di cose.

« Un’ora secondo i più rosei preventivi… » Mizu trangugiò mezzo bicchiere come nulla fosse, poi si decise a mangiare qualcosa dal piatto che finalmente le fu allungato dalla cucina. «...ma non è il lavoro il problema, quanto con chi… »

« Oh… » Sorrise malizioso, portando le mani all’altezza del ventre, coprendole con le ampie maniche del kimono. « Da come ha calcato la frase, deduco che non sia un paziente… o magari sbaglio? »

« No, non sbaglia. Una volta fuori dall’ufficio, raramente vedo pazienti fuori dall’orario di lavoro. Purtroppo non posso parlare di quello che sto facendo per motivi di riservatezza, ma come ho detto il problema è un altro. Una cosa di cui posso parlare ampliamente e sfogarmi, una buona volta! » Tracannò il resto della bibita, sporgendo il bicchiere verso Gorou, in segno di metterne ancora. « Lavorare con un ex con il quale pensavi fosse finita, ma in realtà gli muori ancora dietro, nonostante sia uno stronzo patentato, non è mai bello! » Le ciglia di Gorou quasi vibrarono nel sentire quelle informazioni, non gli dispiaceva sapere qualche pettegolezzo in più, soprattutto se si trattava degli Hero. Prese senza esitare la bottiglia, riempendole nuovamente il bicchiere.

« Possono essere una vera seccatura anche gli uomini, purtroppo. » La rassegnazione dipinse il suo viso « Ma, per esperienza, probabile che i suoi modi siano dovuti ai suoi stessi sentimenti, cara dottoressa… » Sorrise divertito.

« In che senso? » Chiese confusa. Non gli era sfuggita quella nota delusa nella sua voce.

« Su, dottoressa… lo saprebbe anche uno come Yuurei che uno che si comporta come la persona che deve incontrare, la tratta in quel modo perché reprime certi istinti… » Poggiò i gomiti sul bancone ed il mento sulle mani, fissandola intensamente.

« Ma quali istinti! » Sbottò Mizu, brilla, sbattendo il bicchiere sul tavolo. « Quel bradipo non ne ha, se non quelli di trattarmi come un’idiota che non è capace di amare… » L’azzurra represse un singhiozzo, mentre scacciava via velocemente una lacrima scappata al suo autocontrollo. « E dovrei anche vederlo in queste condizioni… Grandissima Mizu, ottimo lavoro… » Di risposta l’uomo sollevò le sopracciglia e arricciò le labbra in una smorfia divertita. Si voltò appena, prendendo la bottiglia del drink che le stava servendo, poggiandola davanti a lei.

« Ho la dispensa ben fornita, questa portala pure con te, ti servirà finita la tua consulenza con il signorino… » Mizu sollevò i suoi occhi, color oceano in quel momento, su Gorou. Era la prima volta che le dava del tu. Si vergognava da morire per essersi lasciata andare in quel modo, ma solo quando l’alcol inibiva i suoi freni era capace di essere così sincera con se stessa. Accettò di buon grado la gentilezza del padrone del Doragon e salutò sia lui che Kimiko, poco prima di lasciarsi il tintinnio della porta del locale alle spalle per dirigersi verso casa sua e l’incontro con Eraser Head.


Angolino delle autrici


Buongiorno a tutte/i :3

La storia procede, noi siamo totalmente immerse in questa storia e voi? Mi raccomando, fateci sapere cosa ne pensate :)

Sulle nostre pagine trovate anche i disegni delle nostre OC e presto ne arriveranno di altri. Come sempre vi lasciamo i link alle pagine Facebook.

LilyShakarian

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Capitolo 7
*** Capitolo VI° ***


Forse quei drink erano stati davvero un po’ troppi per Mizu, alla quale aveva preso a girare la testa mentre camminava verso casa. L’aria fredda della sera per fortuna la stava aiutando a smaltire l’eccesso di alcol assunto. Era combattuta, da una parte non voleva assolutamente vedere il collega, soprattutto se ripensava alla loro ultima discussione, dall’altra aveva voglia di rivederlo, probabilmente ormai conscia che i suoi sentimenti per Shota non fossero mai morti del tutto. Stava camminando guardandosi le scarpe, i suoi tacchi erano l’unico rumore udibile nella sua via, quando una volta arrivata al portone del suo palazzo, un altro paio non entrò nella sua visuale. Sollevò lo sguardo, pronta a salutare uno dei suoi vicini con un sorriso un po’ forzato, ma deglutì a fatica quando riconobbe nello sconosciuto proprio Aizawa. L’uomo era appoggiato al muro e la stava fissando col suo solito sguardo neutro, ma quando la vide traballare sulle sue gambe e quasi inciampare, la afferrò rapidamente per un braccio, riuscendo ad evitare prontamente che cadesse.

« Stai bene? » Le chiese, controllando il suo stato.

« Si, si… solo qualche bicchiere di troppo. » Indicò la bottiglia che le aveva donato Gorou, sollevandola per fargliela vedere. « Comunque, ciao. » Lo salutò, imbarazzata, mentre iniziava a cercare le chiavi, ben consapevole di avere lo sguardo scrutatore di Shota addosso. Dopo un tempo che le parve interminabile, finalmente Mizu riuscì a trovarle e ad aprire il portone. Mentre erano in ascensore, fu lui a spezzare il silenzio.

« E’ strano vederti esagerare, soprattutto nel bere. » 

« Oggi è stata una giornata pesante. » Ammise lei, massaggiandosi il collo. « Avevo bisogno di rilassarmi un po’. Non preoccuparti, sono già tornata sobria, possiamo lavorare senza problemi. » 

« Non ti stavo giudicando. »

« Oh, allora eri preoccupato per me? » Si voltò con un sorriso tronfio verso di lui, per prenderlo in giro, ma Shota rimase in silenzio, come per confermare quella frase. Alchè lei sbatté le palpebre più volte, sorpresa, e arrossì vistosamente, rimettendosi in una posizioni più rigida. Le ante dell’ascensore si aprirono e a Mizu sembrò di poter finalmente riprendere respiro. Dopo che la donna aprì la porta, lo invitò ad entrare. Per lui fu peggio di uno schiaffo in faccia, tornare in quella casa, dove tutto gli ricordava del loro tempo passato assieme, dove tutto aveva il suo profumo. Pensava di essere preparato, invece lo spiazzò.

« Riguardo quanto ci siamo detti l’altro giorno… » Esordì grattandosi la nuca, dopo aver chiuso la porta dietro di sé, ma fu interrotto da un miagolio. Kotton non perdeva mai l’occasione di salutare i nuovi arrivati, strusciandosi alle loro gambe, e così stava facendo con Shota. L’Hero sembrò dimenticarsi di ciò che stava per dire e si inchinò per accarezzare il micio fulvo. Mizu sorrise osservandoli, mentre si liberava dei tacchi e della borsa.

« Alla fine l’ho preso lo stesso, poco dopo che mi hai mollata su due piedi. » Confessò lei, cercando di smorzare la frase con un tono giocoso. « Ricordi? Avevamo deciso di prenderlo insieme. » Stavolta però non ci riuscì, finendo col evincere l’amarezza nelle sue parole. « E’ un gran coccolone, mi ha tenuto molta compagnia. » Shota spostò lo sguardo da Kotton su Mizu. Era girata di schiena e in quel momento quelle spalle gli sembrano così fragili che dovette faticare per sopprimere l’improvvisa voglia di abbracciarla per rassicurarla. Piuttosto si rialzò in piedi e si schiarì la gola, prima di risponderle.

« Dicevo, riguardo il discorso dell’altro giorno… » 

« Non dobbiamo parlarne per forza. » Lo bloccò lei, alzando una mano. « Siamo qui per lavoro. » 

« Vero, ma preferisco chiarire. » La fissò negli occhi e Mizu, per quanto perplessa, ricambiò. Lo invitò a sedersi sul divano, mentre lei andò in cucina a preparare del caffè. Erano due anni che Shota non entrava in quella casa, quella che era stata per la maggior parte del tempo la loro casa. Stava più tempo lì che nel suo appartamento, tanto che Mizu gli aveva chiesto di trasferirsi per vivere assieme, ma lui aveva preferito tenere casa sua e passare da lei quanto più tempo possibile. Notò uno dei cuscini diverso da come lo ricordava, ci avevano versato del caffè poco prima di un lungo bacio mozzafiato dopo una missione, preludio di una notte di fuoco. Mizu l’aveva lavato ma era rimasta la macchia, lui le aveva proposto di cambiarlo, ma lei gli aveva detto di lasciarlo così, in modo da far restare una traccia evidente come testimone della passione che li aveva consumati. Ora quel cuscino macchiato invece non c’era più, sostituito con uno certamente più nuovo e un po’ diverso. Quando Mizu tornò, gli porse la tazza di caffè caldo e si sedette affianco a lui. Shota si ritrovò a fissare le labbra di lei, complice la bevanda che stava assaporando, memore di quella serata di tanti anni prima. Cercò di concentrarsi e di non pensarci.

« Ho riflettuto sule cose che hai detto. » Esordì, spezzando l’imbarazzo di Mizu, creatosi mentre finivano di bere i loro caffè in silenzio. « Inizialmente non pensavo che avessi ragione, ma effettivamente ti devo delle scuse. Sia per averti ritenuta incapace di separare il lavoro dalla nostra relazione, sia per non averti permesso di replicare alla mia decisione. » 

« Shota, davvero… va tutto bene. Per lo meno, adesso. » Si affrettò lei a rispondergli. « Ho capito che cosa intendevi, probabilmente ti ho soffocato col mio comportamento troppo apprensivo. » Fece una piccola pausa, scegliendo le parole con cura. « Ma non posso farci niente se mi preoccupo… Se una persona tiene ad un’altra è normale che non voglia che gli accada niente, no? » Cercò il suo sguardo, trovandolo subito. « Anche tu prima eri preoccupato per me. Funziona così. Quello per cui posso scusarmi è il fatto che magari esagero un po’... Però almeno ora sono più serena, perché sono riuscita a dirti quello che volevo, portare questo peso per due anni non è stato semplice… ma credo anche che non lo sia stato nemmeno per te. » Gli sorrise, recuperando le tazze ormai vuote, ma nel prendere quella di Shota le loro dita si toccarono. Come scottata, lei lasciò cadere l’oggetto, che finì in frantumi per terra.

« Grande Mizu, complimenti per la goffagine. Faresti invidia a Kimiko! » Ironizzò, mentre recuperava i cocci. Nel farlo, si tagliò un dito, che cominciò a sanguinare. « Ahia! Ecco, continua così! » Si riprese nuovamente, quasi dimenticandosi di non essere sola.

« Sei sempre la solita… dovresti fare più attenzione. » La riprese Shota, prendendole la mano per controllare la ferita.

« Non è nulla… » Cercò di ritrarsi, ma la presa di Aizawa sul suo polso era ferrea. Lui frugò in tasca ed estrasse una boccetta, che Mizu riconobbe all’istante e ammutolì. « Quello non è collirio… » 

« No. E’ proprio quello che credi. Come hai detto prima, non sono stati anni difficili solo per te… » Ammise, senza guardarla.

« Shota… » Sussurrò Mizu, mordendosi il labbro e sentendo gli occhi pizzicare. « Sai bene che non funziona su di me… non posso curare me stessa con la mia acqua… » Con l’altra mano gli sollevò il mento, constringendolo a guardarla.

« Pensavo che così potesse andare bene… »  Le rispose, mentre sgranava i suoi occhi ormai rossi, per annullare il suo quirk. Con il potere di Mizu annullato, Aizawa versò poche gocce dell’acqua lenitiva di lei sul dito. La fissò senza sbattere le palpebre finché il piccolo taglio non si fu rimarginato completamente. Quando i suoi occhi tornarono normali, sospirarono entrambi.

« Così non avevamo mai provato… » Constatò lui, socchiudendo gli occhi. Mizu spostò la sua mano sul viso di Shota, avvicinandosi inconsciamente a lui, e un leggero rivolo d’acqua risalì fino a quegli occhi scuri lievemente arrossati, donando loro sollievo.

« Già… maledettamente compatibili… » Ammise lei in un soffio, spezzando la catena tra i loro sguardi solo quando entrambi chiusero gli occhi e le loro labbra si unirono.

§§§

Il suono insistente della sveglia che annunciava il nuovo giorno riempì la camera da letto, appena illuminata dalla flebile luce dell'alba che filtrava dalle tapparelle. Le lenzuola si spostarono ripetutamente, prima che una mano vi scivolasse all'esterno per spegnere, goffamente, quell'oggetto infernale, che cadde rovinosamente sul pavimento. Un lungo mugolio accompagnato dai suoni di ossa scricchiolanti, segnarono l'inizio del risveglio di Kimiko. Scostò via le lenzuola, prendendo posto al bordo del letto, massaggiandosi lungamente la testa mentre esprimeva con un rumoroso sbadiglio la sonnolenza ancora sovrana. Stropicciandosi per bene gli occhi con i dorsi delle mani, si diede una spinta decisa per alzarsi e strisciare a passi lenti verso la cucina. Gli occhi socchiusi le davano ancora la possibilità di stare attenta alla preparazione del suo caffè, rovesciandone solo un po' sui bordi del lavandino invece che all'interno della moka. Prendendo posto a tavola, nell'attesa che il liquido rigenerante fosse pronto, poggiò la testa sulla superficie di legno, chiudendo gli occhi per due minuti. Solo l'odore di bruciato la destò da quel pisolino, facendola saltare dalla sedia in preda al panico. Visto il danno combinato in  cucina, senza contare il terribile puzzo del caffè bruciato, le imprecazioni non si sprecarono.

Vorrà dire che aggiungerò più zucchero....” Pensò, mentre iniziava ad aggiungerne quattro cucchiai. Appena portò la tazza alle labbra, la faccia disgustata che espresse per quel sapore di carbone misto alla punta di dolciastro, era indescrivibile. Almeno la destò completamente dall'abbraccio del sonno insistente. Terminato a fatica di ingurgitare quell’intruglio infernale, andò verso il bagno per una doccia. Con labbra socchiuse, canticchiava una canzone inventata sul momento, lasciandosi avvolgere dal getto tiepido. Uscita dal box doccia si lavò per bene i denti ed il viso, filando nuovamente in camera per vestirsi. Non era così perfetta nel suo abbigliamento rispetto alle sue coetanee. Un paio di jeans, una maglia sbracciata e sopra una camicia a quadri rossa andavano benissimo per la nuova giornata di lavoro. Niente trucco per lei, era fastidioso se durante il lavoro le iniziava a prudere l’occhio e, nel grattarsi, dimenticava lo strato di mascara, facendola successivamente somigliare ad un panda. Prese la giacca dall’appendi-abiti posto vicino all’entrata, la sciarpa e, sistemati i lunghi capelli dopo aver avvolto quest’ultima al collo, indossò le scarpe e si diresse al Doragon. Le temperature erano calate vertiginosamente, segno evidente che presto sarebbe potuto nevicare. Alzò lo sguardo al cielo grigio, fissando le nuvole sempre più ammassate, sospirando rammaricata per aver scordato l’ombrello a casa. Dalla tasca nella giacca prese il cellulare, controllando le newsletter nella mattina. A quanto pare l’assassino X aveva colpito ancora, ma questa volta, nella sua solita cerchia di agenti di poliziotti, era stato coinvolto anche un Hero. Mentre faceva scorrere il dito lungo la notizia, potè leggere solo alcune informazioni riguardanti il malcapitato: possedeva un quirk del salto e, quanto pare, si trovava di pattuglia con gli agenti proprio per dar loro supporto con la sua abilità. Forse pensavano che potesse scappare con delle informazioni utili sull’assassino, ma, purtroppo per loro, non era andata così. Nessun’altra informazione sulla vittima, nessun nome né altri dati. Meglio celare per il momento il tutto, per non scatenare questo tanto temuto panico. Kimiko percorse ancora qualche metro prima di svoltare verso la via che conduceva al locale. Le strade erano già fin troppo affollate per essere solo le sette del mattino. Dopo aver riposto il cellulare nella tasca, controllò l’altra in cerca delle chiavi e, sollevando il capo, vide una figura seduta sui due gradini esterni del Doragon. Sollevò un sopracciglio mentre metteva a fuoco l’individuo che, una volta riconosciuto, le fece storcere il naso. Lui sollevò appena il capo quando la presenza della ragazza, udibile dal suono delle suole sull’asfalto umido, si face sempre più vicino. Scostò le labbra dal colletto di pelle del suo giubbotto, mostrando quel sorriso perfetto incorniciato da un viso che faceva invidia a Freddy Kruger. Lei di risposta spostò lo sguardo dalla parte opposta a quella di lui, superando la sua figura come se fosse un misero sassolino sul ciglio della strada. Non bastava l’intruglio proveniente dagli inferi di quella mattina per rovinarle la giornata, adesso ci stava lo stalker da sopportare, e per fortuna aveva preso l’abitudine di alzarsi presto proprio per evitare il contatto umano e prendere confidenza con il locale ancora vuoto.

« Buon giorno… »

Kimiko neanche gli rispose, era più interessante inserire le chiavi nella serratura della porta, entrare velocemente, e chiudersi dentro con più mandate. Questo era il suo piano calcolato in quei pochi secondi. Peccato che il tenebroso mise prontamente un piede tra la porta e l’uscio, così da impedirne la chiusura.

« Dai, fa freddo qui fuori… »

« Potevi stare a casa tua, invece di venire qui. » Rispose lei con tono serafico, mostrando il sorriso più falso che aveva. Lui ricambiò il sorriso con la stessa falsità e, senza demordere, mise più pressione contro la porta, afferrandola dalla maniglia ed entrando. Kimiko indietreggiò di un passo, perdendo appena l’equilibrio, squadrandolo torva in volto. Spinse con forza la porta chiudendola poi a chiave, sospirando nervosa mentre si sfilava goffamente la giacca e la sciarpa. Lui, dal canto suo, gironzolava a lenti passi per il locale, tenendo entrambe le mani dentro le tasche dei pantaloni. Emise un lungo fischio compiaciuto mentre fissava dei quadri appesi contro la parete.

« Non li avevo notati l’ultima volta… sono originali? »

« Ma che vuoi che ne sappia?! Ti sembro una critica d’arte?! » Sbottò lei che aveva già preso posto dietro il bancone, accendendo le macchine del caffè.

« Acida… »

« Oh, grazie! Finalmente un complimento! » Portò una mano al petto sbattendo le lunghe ciglia con fare imbarazzata. Lo sconosciuto sorrise voltandosi verso di lei e raggiungendola. Prese posto su una delle sedie regolabili, mettendosi comodo con le braccia incrociate sul bancone. Fissava i lunghi capelli della ragazza, ancora intenta a sistemare le macchinette. Ne contemplava la doppia tonalità, fissando maggiormente la parte bionda piuttosto che quella colorata di magenta, forse scaricato dai continui lavaggi. Sussultò appena quando Kimiko si voltò di scatto, avvicinandosi al bordo del bancone, poggiandovi le mani.

« Allora? » Domandò lei sollevando un sopracciglio « Hai intenzione di andartene…? »

« Devi ancora pagarmi i danni. Sai, no? »

« Ancora con questa storia? » Fece ruotare gli occhi, sollevando le spalle « Ti sei scaldato a sufficienza sostando qui, non basta? Potevo lasciarti fuori al freddo, ma ti ho graziato. »

« Preparami la colazione. » Poggiò il viso sulle braccia guardandola col solito sorriso, così da punzecchiarla maggiormente.

« Prego? » Commentò lei con una vocina acuta, portando una mano all’orecchio, incredula di aver davvero sentito quelle parole.

« Avanti… Non sto chiedendo chissà cosa. Un caffè… Magari accompagnato da un dolce. » Il suo sguardo si fece più sottile, accentuando di più i suoi occhi azzurri.

« Magari una bella fetta di- » Si morse il labbro inferiore, fermando il resto della frase poco carina e, sollevando gli occhi al soffitto, si voltò nuovamente per preparare due caffe. Doveva recuperare quello della mattina, molto importante per lei.

« Non mi chiedi come lo preferisco? »

« Assolutamente no. Lo prendi come il mio e zitto. »

Il buon profumo del caffè arrivò come una vampata di aria fresca per lei. Quel buon aroma che riusciva a placare le sue membra era una manna dal cielo, soprattutto con quel tizio a poca distanza. Poteva chiaramente sentire il suo sguardo indagatore addosso, ma questo non la distrasse dal riempire le due tazzine con il nettare scuro. Dopo aver poggiato due piattini, con cucchiaini ed un cioccolatino incartato, sistemò per bene le due tazzine, avvicinando il porta zucchero. Dolcificò il suo caffè con una sola bustina, facendo solo poche mescolate, impaziente di gustarlo. Appena portò il bordo della tazzina alle labbra, il caldo intruglio che si riversò lungo la gola non le fece trattenere un mugolio di compiacimento e benessere. Le sue gote quasi presero colore quando rilasciò un respiro di pura soddisfazione. Lui non smetteva di guardarla divertito dalla scena, continuando a mescolare le sue due bustine appena versate.

« In questo momento potrebbero succedermi le peggiori cose di questo mondo, tanto mi scivolerebbero addosso. » Disse Kimiko poggiando un braccio sul bancone in una posizione rilassata. L’espressione del ragazzo in quel momento si fece seria ed il suo sguardo si abbassò verso la tazzina.

« Ti basta così poco? » Chiese lui iniziando a sorseggiare il suo caffè.

« Sì, perché? » Inclinò appena la testa, sorridendo.

« Sei molto fortuna… »

« A quanto pare. »

Dopo aver finito, il ragazzo ripose la tazzina sul piattino, spostando lo sguardo altrove assorto da alcuni pensieri che presero spazio nella sua mente come un treno in corsa senza freni. Sembrava nervoso, tanto che prese a strapparsi con i denti alcune pellicine dall’interno della guancia. Kimiko lo guardava perplessa, facendo smorfie con le labbra senza comprendere quello strano cambiamento improvviso. Stava per fare una delle sue solite uscite velenose, ma venne presa in contropiede da lui.

« Niente dolce? Eppure mi sembra di averlo chiesto. »

Lei sbuffò, scuotendo la testa. Cambiamento? No, i ladri ed approfittatori non possono cambiare o avere qualche problema. « Vedo che c’è in cucina, basta che poi te ne vai. Inizi ad annoiarmi. » Dopo essersi stiracchiata per bene e portate le mani dietro la nuca, si avviò a passo lento verso le cucine. Controllò le varie dispense, trovando – oltre alle varie torte e crostate pronte dalla sera prima – un piatto di dorayaki, forse l’unica cosa servibile per quello sconosciuto.

« Vanno bene? Scordati qualunque altra cosa! » Con sua sorpresa non ottenne risposta e quando arrivò al bancone, trovò il posto dello sconosciuto completamente vuoto. La porta del locale era socchiusa, cosa che permetteva l’entrata dell’aria gelida. Dopo aver appoggiato il piatto sul bancone si diresse all’ingresso, dando un’occhiata all’esterno prima di chiuderlo.

« Per un caffè non ci stava bisogno di scappare. » Rifletté per un momento e, come colta da un’illuminazione, corse velocemente a controllare la cassa.

« Pffuuu… i soldi ci sono tutti… » Disse in un sospiro di sollievo. Però era strano, perché se ne sarebbe dovuto andare così? Si avvicinò nel punto dove stavano conversando per ritirare le tazzine vuote e fu proprio in quel momento che i suoi dubbi si fecero più insistenti, mandandola in confusione. Vicino al piattino del ragazzo era sistemata una banconota piegata e quando la ragazza la prese, dall’interno cadde qualcosa che tintinnò sulla superficie lucida.

« E questo cos’è? » Si domandò a voce alta prendendo quello strano oggetto, puntandolo verso la fonte di luce del lampadario. All’inizio non capì bene cosa fosse, ci dovette ragionare un po’ su, ma poi, controllandolo meglio sul palmo della mano anche se l’oggetto era consumato, riconobbe il plettro di una chitarra. La fronte si corrucciò confusa, forse quel tipo era un musicista fallito?


Angolino delle autrici

Eccoci qui col quinto capitolo! Non siate timidi, lo sappiamo che leggete, lasciateci un commentino sul nostro lavoro! ;)

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LilyShakarian

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Capitolo 8
*** Capitolo VII° ***


Le bocche di Mizu e Shota si riallacciarono con la bramosia di chi si cerca da tempo e si ritrova, le loro lingue si intrecciarono senza dover chiedere il permesso di entrare negli antri altrui. Le dita di Mizu si erano immerse nei capelli corvini del compagno, mentre lui la sovrastava, con un braccio poggiato sul divano a far peso. Erano ancora a terra, assieme ai cocci della tazza.

« Dovresti ricordare dove si trova la mia stanza… » Sussurrò lei con voce roca, riaprendo gli occhi languidi dopo essersi staccata per riprendere fiato. In risposta Aizawa emise solo un basso ringhio, infastidito dall’interruzione, poco prima di sollevarla di peso e iniziare a muoversi verso la prima porta sulla destra. Fosse dipeso da lui, avrebbe continuato quello che stavano facendo anche lì, ma si limitò ad accontentarla. Nessuno dei due stava pensando troppo a cosa stesse succedendo, l’alchimia tra loro era troppo forte, i loro corpi stavano urlando strenuamente quel bisogno di possedersi di nuovo a vicenda. Aizawa aprì la porta con un gesto poco graziato della gamba, che ripetè per richiuderla una volta entrato. Lasciò cadere Mizu sul letto per poi mettersi sopra di lei e sfilarle la gonna, mentre lei lo liberava della maglietta. Si baciarono ancora, mentre lei sbottonava qualche bottone della sua camicietta e lui si abbassava la zip. Shota ebbe giusto il tempo di indossare la protezione, prima che Mizu avvolgesse le braccia attorno al suo collo e lo attirasse a sé, in un chiaro invito a procedere. I loro corpi e i loro respiri si mescolarono, divenendo tutt’uno.

« Stavolta non è un sogno, vero? » Sussurrò lei inconsciamente, più a se stessa che a Shota. Lui però la sentì lo stesso e solo in quel momento si accorse delle lacrime che rigavano i lati del volto di Mizu, scendendo fino a macchiare il cuscino su cui erano sparse le sue onde azzurre. Le posò due baci teneri sugli occhi, poi sulle labbra, proseguendo giù fino al collo, senza fermare il ritmo con cui i loro corpi si univano.

« Apri gli occhi e guardami, sono proprio qui… » Le sussurrò con tono basso in un orecchio. Mizu schiuse gli occhi, divenuti ormai due pozze di oceano liquido, e si morse il labbro poco prima di cercare il contatto tra le loro bocche ancora una volta. In quel momento Mizu avrebbe tanto voluto urlargli addosso quelle parole non dette ma che le stavano facendo esplodere il petto. Si limitò a gemere più forte ed inarcare la schiena nel momento di massimo piacere, sentendo dei versi simili del compagno appena dopo di lei. Shota si lasciò cadere di fianco a lei, entrambi col fiato spezzato. Adesso che il momento di passione era passato, però, la realizzazione di ciò che avevano appena fatto iniziò a farsi sentire. Mizu osservo' Shota alzarsi e avvicinarsi alla finestra per guardare fuori e osservare il caos notturno che illuminava Tokyo. Vide chiaramente il suo sguardo pensieroso perso chissà dove, ma lontano da quella stanza. Ancora solo con la camicetta addosso, decise di raggiungerlo alle spalle e abbracciarlo da dietro, avvolgendo le braccia attorno alla vita di lui e poggiandogli un bacio sulla spalla sinistra. Shota le prese una delle mani, intrecciando le dita con le sue, e se la portò alle labbra, scoccando un bacio lieve. Rimasero così, in silenzio per un po', poi lui si voltò e sciolse quell’abbraccio, sedendosi per terra ai piedi del letto. Rilasciò un lungo sospiro, così Mizu si decise ad imitare i suoi movimenti, sedendosi accanto a lui. Le mani di Shota la afferrarono per i fianchi, finché non la trascinò sopra di sé, a cavalcioni. I loro sguardi incatenati, le labbra dischiuse, il leggero rossore sulle gote di lei.

« Mizu… non vorrei che quello che è successo creasse delle “ aspettative”... » Esordì lui, distogliendo lo sguardo. Lei trasalì impercettibilmente, prima di rispondere.

« In che senso? » Non fu certa di aver celato la nota di panico nella sua voce.

« Nel senso… » Aizawa si grattò la nuca. «… che non vorrei aver complicato ulteriormente le cose. » La guardò, aspettando che rispondesse, ma Mizu, confusa, non lo fece, quindi proseguì. « So cosa questo ha significato per te… ma non voglio che torniamo insieme. » Mizu sussultò. « Preferivo essere chiaro fin da subito. »

« Quindi cosa stai cercando di dirmi? » Gli chiese con tono grave, iniziando ad alzarsi ma lui la trattenne.

« Non lo so. Questa notte potrebbe essere la giusta conclusione che non abbiamo avuto due anni fa… » Vide chiaramente qualcosa rompersi nello sguardo di Mizu. «… o forse un nuovo inizio, non so dirtelo. Per il momento preferisco aspettare. Sto chiedendo troppo? »

« No. » Gli rispose, riprendendosi dallo stato semi catatonico. « Non stai chiedendo troppo, ma adesso tocca a te ascoltare me su cosa penso. » Il suo sguardo si fece più serio, affilato, famelico. Poggiò entrambe le mani sul letto, incatenando Shota sotto di lei. « Mi sta bene rispettare i tuoi tempi, se non provassi ancora qualcosa per me, non ne staremmo parlando. L’ultima volta mi hai completamente esclusa dalla tua decisione, stavolta non ti permetterò di farlo. » Fece aderire volontariamente i seni al petto dell’uomo. « Stavolta non ti permetterò di scappare… Perciò si, facciamo a modo tuo, ma ho tutte le intenzioni di farti capire che cosa hai perso due anni fa e che forse potresti riavere...» Mizu lo baciò, cogliendolo alla sprovvista, dondolandosi col bacino sopra di lui, sfrizionando sul cavallo dei pantaloni e approfondendo il bacio. Sentendo la reazione del bassoventre dell’uomo, si ritenne soddisfatta e si staccò da quel contatto. Gli legò i capelli in una coda, poi fece lo stesso coi suoi e si alzò in piedi, squadrandolo con la malizia di chi sa di aver vinto. « Adesso torniamo di là, abbiamo del lavoro da fare. » Aizawa la guardò prima basito, incredulo che lo stesse davvero lasciando in quelle condizioni, poi ricambiò il ghigno mentre si alzava, anche se il suo aveva l’incurvatura della sconfitta. Incuranti dell’essere ancora mezzo svestiti, presero le cartelle consegnate a Shota direttamente da Tsukauchi. Passarono il resto della nottata ad analizzare le informazioni accuratamente, finché non riuscirono a snodare la matassa e a capire cosa legasse i poliziotti morti tra loro.

« Erano tutti corrotti… » Esclamò Mizu, incredula.

« Corrotti mi sembra un’esagerazione. » La corresse Aizawa, più calmo.

« Erano tutti invischiati in casi misteriosamente irrisolti, coinvolgimento di Yakuza, sparizioni misteriose, omicidi senza un colpevole… io questa la chiamo corruzione.»

« Ma non sappiamo se sia davvero così. Sono solo supposizioni. Per quanto tutto si colleghi a questa conclusione, ci serve una prova concreta.»

Il cellulare di Shota e il cercapersone di Mizu squillarono in contemporanea.

« E’ la stazione di polizia…»

« Sbrighiamoci.»

Senza nemmeno il tempo di fare una doccia, vista l'urgenza, si rivestirono in fretta e uscirono dall'appartamento. Il taxi li portò più velocemente possibile alla stazione di polizia. Tsukauchi fu tentato di chiedergli come mai fossero arrivati insieme, ma si convinse che non fosse il momento adatto. Oltre a lui, ad accoglierli trovarono Tensei Iida, con un'espressione scura in volto.

« Abbiamo fatto prima possibile. » Affermò Mizu, mentre qualche ciuffo ribelle scappava dalla sua coda. Anche in questo caso, l'investigatore si chiese come mai anche Aizawa avesse i capelli legati, ma il suo ottimo intuito gli permise di capire la situazione ed evitare domande imbarazzanti, soprattutto in una situazione delicata come quella.

« Cos'è successo? » Chiese Aizawa, atono.

« Ci sono state altre vittime, stanotte. » Rispose Tsukauchi.

« Ancora poliziotti? Abbiamo scoperto un possibile collegamento tra le vittime.» Aggiunse Mizu.

« Perchè Ingenium e' qui? » Domando' Eraserhead. Tsukauchi osservò Iida e poi rispose a tutte le domande.

« Si, le vittime erano miei colleghi. Inoltre, come saprete, la Team Idaten di Ingenium e' famosa per essere composta da sidekick. Uno di loro, High Jump, dotato di quirk del salto, ha perso la vita nello scontro di stanotte. » Aizawa e Mizu lo guardarono sconvolti, lui digrignò i denti mentre lei si portò una mano alla bocca. « La situazione ci sta sfuggendo di mano. Le indagini sono ad un punto morto, non abbiamo nessuna pista e questo assassino riesce a non lasciare alcuna traccia di sé. Bisogna coinvolgere più Heroes, pattugliare maggiormente le strade con squadre organizzate, per evitare che cose come la tragedia di stanotte possano ripetersi.»

« Io e la Idaten offriremo tutto il supporto necessario. » Affermò Tensei, grave. Tsukauchi gli fece un cenno di ringraziamento col capo, poi si volse verso gli altri due Hero. « Voi cosa avete scoperto? Stavate parlando di un collegamento tra i poliziotti. »

« Si, ma sarebbe meglio non parlarne qui all’ingresso. » Rispose Aizawa, guardandosi attorno con circospezione.

« D’accordo, andiamo nel mio ufficio. »

« Io per ora vi saluto, vado ad avvisare la famiglia di High Jump…» Affermò Ingenium, congedandosi dal gruppo e uscendo dalla stazione di polizia. Una volta raggiunto l’ufficio di Tsukauchi, Aizawa e Mizu aggiornarono il detective sulle loro scoperte. Per esserne certi ed avere la sicurezza delle loro supposizioni, analizzarono tutti e tre insieme le cartelle degli agenti morti quella stessa notte, trovando la conferma della loro ipotesi proprio mentre la luce dell’alba iniziava a filtrare dalla finestra. Esausti, si ripromisero di mantenersi in contatto. Tsukauchi li informò che avrebbe indagato su altri potenziali agenti corrotti, così da concentrare le difese su di loro.

« Cerchi comunque di riposarsi un po’, detective.»

« Lo farò di certo, dottoressa. Grazie.»

Mizu e Aizawa lasciarono l'edificio, pronti a dirigersi ognuno verso casa sua, ma lei lo fermò.

« Ciò che abbiamo scoperto… Significa che anche quell’Hero era corrotto?»

« Non credo. Piuttosto è probabile che fosse in ronda e che abbia notato ciò che stava succedendo. Forse non ha nemmeno cercato di attaccare l’aggressore, stava solo cercando di scappare per consegnare le informazioni.»

« Una vittima innocente… » Disse lei in un soffio, con voce spezzata dalla stanchezza e dalla tristezza. Aizawa le strinse una mano e lei alzò lo sguardo verso di lui.

« Lavoreremo per far sì che sia l’unica.»

Lei gli sorrise e si allungò per scoccargli un bacio su una guancia.

« Ci vediamo presto, Shota.»

Mizu si incamminò verso casa e Aizawa rimase a guardare quella schiena allontanarsi, prima di fare lo stesso.

§§§

Dopo un’ora che lo sconosciuto lasciò il locale, Gorou e Yuurei arrivarono per occupare il loro posto al Doragon. Prima del loro ingresso, alcuni clienti si erano accomodati ai tavoli e Kimiko si era mobilitata per loro al meglio, facendo tutto da sola con grande stupore del proprietario. La ragazza sembrò abbastanza pensierosa durante tutta la giornata lavorativa e, per qualche strano motivo, non combino' guai neanche una volta. Tutto ciò fece insospettire Gorou che, forse per via delle basse temperature che interferivano col suo quirk rettiliano, facendolo carburare più lentamente, iniziò a farfugliare cose strane.

« Il giorno dell’apocalisse ormai è vicino… »

Fu il pensiero ad alta voce che espresse da dietro il bancone. L’uomo seduto di fronte lui a stento riuscì a non strozzarsi con il latte macchiato che stava sorseggiando, tossendo più volte, paonazzo in volto. Appena riprese colore e una respirazione regolare, si sistemò meglio sulla sedia regolabile, fissando il proprietario.

« Signor Fujiwara... ancora fissato con queste sciocche profezie? » Il detective Tsukauchi faticò a trattenere una risata, dando ancora qualche colpo di tosse. Il suo viso era segnato per quello che era accaduto quella stessa notte, le sue palpebre sembravano voler crollare da un momento all’altro. « Dovrebbe esserne felice invece di pensare ogni volta ai cattivi eventi. » Commentò, anche lui conscio che la mancanza di goffaggine della bionda fosse una novità'.

« Mai sentito della quiete prima della tempesta? Bene, questo è il caso. » Lo sguardo cremisi si assottigliò mentre fissava la ragazza intenta a servire i tavoli con una professionalità che lo stupì maggiormente. « Dunque, prepariamoci ai guai…»

« Più di quelli successi in questi giorni? No, non credo proprio. » Un sorriso amaro plasmò le labbra dell’uomo che contemplava la sua tazza ormai a metà. « Mi chiedo se verremo mai a capo di questa vicenda. E’ assurdo che non si abbia la minima traccia per dare almeno un volto a questo criminale. » Si massaggiò la fronte e la nuca nervosamente, chiudendo gli occhi per lasciare andare un lungo sospiro amareggiato mentre ripensava ai vari file e documenti ottenuti sulla vicenda di cui non poteva farne parola con il locandiere. Tsukauchi non era solito sfogarsi sulle indagini in corso, soprattutto con civili, ma complici la stanchezza e la frustrazione, si lascio' un po' andare. Gorou intanto prese due bicchieri, riempiendoli fino alla metà. Uno lo poggiò davanti all’uomo. « Non posso bere in servizio, lo sapete. Tanto meno così presto, avrei solo bisogno di dormire qualche ora. »

« Inumidisci appena le labbra, almeno rilassi un po’ la testa. Si vede che ti stai impegnando in queste indagini, ed è meglio che rallenti un po’… Proprio per cavarne piede o almeno provarci. » Gli sorrise. « Una mente rilassata lavora meglio. »

Di risposta Tsukauchi sorrise, facendo un cenno negativo con la testa, così Gorou decise che non fosse il caso di insistere oltre.

« Signore, so che non è un bel momento questo, vista la clientela numerosa, però…» Il detective a stento riusciva a parlare, spostando lo sguardo prima su Gorou e poi sulle persone intente nelle loro chiacchiere e consumazioni. « Glielo devo chiedere: ha visto qualcosa di strano, di recente? Andrebbe bene anche un solo un indizio, un indirizzo, una persona… qualcosa che mi permetta di credere che queste ricerche avranno una svolta. Sono stanco di vedere i miei colleghi e amici in sacchi neri. Non so ancora perché se la stiano prendendo con noi… » Mentì ma non era il caso di sbottonarsi troppo. « ... Ma nessuno ha diritto di proclamarsi giudice delle vite altrui… » Deglutì in modo forzato, stringendo i pugni con rabbia sulla superficie del bancone, senza dar peso alle ultime parole appena pronunciate. I denti quasi stridevano tanta era la pressione indotta dalla stretta.

Lo sguardo cremisi del gestore non si schiodò dal viso di Tsukauchi, contemplandone ogni singola smorfia e tensione. Era capitato spesso che in passato Gorou lasciasse informazioni utili alle indagini prese in carico dalla polizia, viste le sue conoscenze e anni alle spalle a contatto con persone di vario tipo e traffici, compresa anche la Yakuza. Le pupille rettilinee, strette come due aghi si aprirono appena alle ultime parole dell’uomo. Chiuse gli occhi qualche secondo, rilasciando un sospiro appena percettibile prima di proferire parola.

« Questa volta mi cogli impreparato, caro detective… » Rispose con una serietà sentita rare volte da lui, facendo sgranare gli occhi increduli di Tsukauchi che lo fissava con labbra dischiuse. « Però… posso assicurarti che se qualcosa non è visibile ad occhio umano, non è detto che non esista. » La pelle del viso si tirò in un’espressione solare, facendo abbassare lo sguardo dell’uomo seduto dall’altra parte del balcone. Per lui le informazioni che aveva tra le mani erano solo un pugno di mosche. Notando l’atteggiamento del detective, Gorou portò il peso in avanti per avvicinare le labbra all’orecchio di Tsukauchi, facendo scivolare alcune lunghe ciocche corvine dalle sue spalle. « Guarda bene ogni dettaglio… in questo caso, sono molto utili alcuni collegamenti che richiamano il passato. Smettila di basarti sui fatti recenti… qui c’è qualcosa che va avanti da anni… » Le labbra si distesero in un ampio sorriso. « … A volte i morti danno più informazioni dei vivi… » Si scostò lentamente da lui e, dopo una rapida occhiata allo sguardo spaesato dell’uomo alle sue parole, si avviò alla cassa per far pagare i clienti in fila.

Passò una mezz’ora da quella chiacchierata, prima che Tsukauchi prendesse capello ed impermeabile, congedandosi in silenzio dal locale. Gorou lo guardò brevemente, tra loro non venne scambiata più nessuna parola, neanche al momento del pagamento.

La giornata proseguì in tranquillità, con qualche risata a spezzare quest’ultima, ma per il resto trascorse normalmente. Appena staccato da lavoro, ancora assorta tra alcuni pensieri, Kimiko si avviò verso casa, facendo una piccola sosta al centro commerciale. Decise di comprare qualche vestito nuovo, così da cercare un po’ di relax e concentrare la mente su pensieri più tranquilli. Acquistò anche della cioccolata solubile e una bomboletta di panna montata, il clima sembrava proprio perfetto per coccolarsi un po’ e, appena lasciato il centro commerciale, per finire in bellezza, iniziò a nevicare. Anche se aveva affrettato il passo, appena varcò la porta di casa, dovette andare subito a farsi una doccia per riscaldarsi e dare una piega migliore ai capelli, ribelli per via del freddo. Indossò una felpa di due taglie più grande, legando i lunghi capelli in un’alta coda di cavallo. Sistemato il pentolino per la sua cioccolata calda, il suo sguardo venne catturato nuovamente dal plettro lasciato sopra la tavola insieme alle chiavi ed il cellulare. Si voltò nuovamente verso la cucina con una smorfia perplessa, spegnendo il fornello e versando il dolce liquido all’interno della tazza. Vi spruzzò su quasi l’intera bomboletta di panna, prendendo posto alla tavola proprio di fronte agli effetti personali lasciati. Mentre immergeva il cucchiaio nella panna, si concentrò su quel plettro, come se quello richiamasse alcuni vecchi ricordi che non riuscivano a riemergere, come bloccati da una forza maggiore che impediva loro di riaffiorare. Mugolò pensierosa mentre tirava via il cucchiaino dalle labbra, alzandosi di scatto per dirigersi alla camera da letto. Appena giunta al bordo del materasso si mise in ginocchio, sollevando la trapunta e cercando sotto il letto, per poi tirare fuori una grossa scatola. Si mise seduta con le gambe incrociate davanti allo scatolone, portando dietro l’orecchio una lunga ciocca di capelli scappata dall’acconciatura. Sulla scatola spiccava la scritta rossa Memories e, nel leggerla, a stento riusciva a tenere lo sguardo alto. Si sentiva come in colpa di un grave reato commesso, un senso di irrequietezza che le appesantiva il petto facendole quasi mancare il respiro. Il labbro inferiore veniva morso più volte e la lingua schioccava ripetutamente contro il palato nervosamente. Chiuse gli occhi e diede un respiro profondo, rassicurandosi mentalmente - e più volte - che sarebbe andato tutto bene e nessun malumore avrebbe sgretolato quella spessa corazza che si era costruita negli anni. Aprì i vari lati superiori della scatola, trovandosi davanti varie buste di lettere, delle bambole di pezza ormai consumate dal tempo, alcuni fiori secchi, vari foglietti spiegazzati e alcune foto ammucchiate. Strinse appena le labbra mentre fissava il tutto con sguardo sottile e, dopo un altro respiro profondo, prese i vari foglietti. Li sfogliò lentamente cercando di sistemarli dalle varie pieghe, leggendo poi le varie scritture appuntate.

Lo so che sei arrabbiata per il concerto che abbiamo saltato! Spero che il bento migliori la tua giornata!”

Questa volta sono sicura di essere migliorata! Ho studiato tutta la notte per preparare il bento perfetto! Spero ti piaccia!”

Questa mattina mi hanno chiamata a lavoro per un’urgenza, non ho potuto salutarti! Ti voglio bene, buona giornata Kim!”

Ho preparato del bento anche per quel bambino! Spero non si offenda! Facci amicizia, sembra così simpatico!”

Mi piace vederti nuovamente col sorriso! Sei così solare! Perdonami se ti dico queste cose… Ma ricordi molto il tuo papà! Baci, la mamma!

Le mani si abbassarono fino a poggiarsi sulle gambe. Gli occhi, in quel momento, sembravano spenti, riflettendo una nostalgia e tristezza indescrivibili. Le labbra si storsero appena, facendo assumere al viso un’espressione di chi a fatica trattiene la commozione. Mentre riponeva quei vari foglietti in ordine dentro la scatola, notò sul fondo alcuni piccoli oggetti: una chiave, due gettoni rosa da usare al parco divertimenti, il ciondolo di un gatto deforme che le fece storcere il naso perplessa e… un plettro. Lo prese con evidente curiosità, spostandolo tra le dita per osservarlo meglio. Inclinando il capo più volte, incuriosita, cerco' di capire chi, nella sua famiglia, avesse questa passione per la musica. Questo la destò da quell’attimo di malumore improvviso dato dalle precedenti letture. Eppure, anche se provava e riprovava a dare un volto a quelle figure del suo passato, queste restavano sempre ombre anonime in quei flebili ricordi. L’unico ricordo vivo che non smetteva mai di cessare era solo uno… quello di sua madre.


Angolino delle autrici

Eccoci col settimo capitolo ^-^

La storia vi sta piacendo? Cosa pensate di Mizu e Kimiko? Alcuni di voi ci hanno dato la loro opinione, ma ne aspettiamo tante altre ^^

Come al solito vi lasciamo i link alle pagine Facebook, dove vi ricordiamo che potete trovare i disegni riguardo la storia.

LiliShakarian

LadyBarbero

A lunedì prossimo ^_^

Lily&Lady

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII° ***


Erano passate due settimane dalla notte in cui era stato ucciso High Jump, la stessa in cui Mizu e Shota avevano ceduto ai loro bassi istinti, ritrovandosi nuovamente l’una tra le braccia dell’altro. Questo però non aveva cambiato di una virgola i loro rapporti, che si erano limitati al lavorativo. La situazione critica, comunque, aveva permesso che si incontrassero spesso, e per lo meno adesso riuscivano a parlarsi senza scontrarsi per la minima cosa. Anzi, era rinata quella complicità che in passato li aveva portati a legarsi.

Aizawa era seduto ad un tavolino esterno di un bar, in compagnia di Midnight e Present Mic, il trio era intento a discutere su questioni riguardanti la U.A., finché ad Eraserhead non arrivò una telefonata e poco dopo Mizu fece la sua comparsa. Gli altri due Pro Hero osservarono basiti il collega parlare tranquillamente con Healing Water.

« Ah, Hizashi, Nemuri. » Li salutò lei, dopo aver tirato un buffetto scherzoso a Shota, reo di averla presa in giro bonariamente.

« Dear Mizu! » Urlò Mic, puntandole gli indici contro. Midnight fu più modesta e si limitò a sorriderle e farle un cenno con la mano.

« Tranquilli, non ve lo rubo… » Affermò, lanciando uno sguardo complice a Shota. « Dovevo solo aggiornarlo sui turni di guardia e visto che ero nei paraggi, ne ho approfittato per farlo di persona. Adesso vado, buona giornata! » Si congedò cordiale, mentre Eraserhead riprese posto. Si accorse solo in quel momento degli sguardi sornioni dei suoi due colleghi.

« Un ritorno di fiamma, com’è… eccitante! » Esclamò la donna, in estasi.

« Non me l’avevi detto! » Lo accusò Mic, offeso.

« Non c’è niente da dire. Possiamo concentrarci sul lavoro? »

« NOIOSO! » Concordarono i due all’unisono. Il suo migliore amico, però, dopo un primo momento, non demorse.

« Adoro Mizu-dear, ero dispiaciuto quando vi siete lasciati. »

« Quando l’ha scaricata, vorrai dire. » Lo corresse Nemuri, con tono accusatorio. Aizawa roteò gli occhi, infastidito.

« Ancora con questa storia? Dopo tutto questo tempo? »

« Amico, lo sai come la penso, ma forse tu proprio non ti ricordi come eri love-love quando avete iniziato a conoscervi. » Midnight gli diede un cinque, in segno di approvazione.



Flashback.

Hizashi entrò nell’ufficio, cercando Shota, ma quando riuscì ad intravederlo con lo sguardo, si accorse che stava parlando al telefono. Fin lì niente di strano, ma quando Mic si avvicinò, riuscì a sentire qualche frammento di conversazione.

« Non posso, oggi ho del lavoro da fare… no, anche domani non va bene… posso venire da te più tardi, ma domattina dovrei andare via presto… capisco… sì, lo so, sono settimane che non riusciamo a vederci come si deve… adesso che stai facendo?... no io per adesso niente di che… buon lavoro allora, a domenica.»

« Decisamente sospetto… No, non ci credo… Può essere che… No, davvero, hai un appuntamento?! » Urlò Mic, sconvolto, spaventando l’amico, che fino a quel momento non si era accorto della sua presenza. « Shota, stai vedendo qualcuno e non dici nulla al tuo best friend?? »

« Ma smettila… » Provò a negare, ma non convinse l’amico nemmeno lontanamente. Mic iniziò a canticchiargli una canzone per prenderlo in giro riguardo la sua cotta segreta e il suo appuntamento misterioso. Aizawa si decise ad ignorarlo, schioccando la lingua infastidito, ma poi il suo telefono vibrò per un messaggio. Le labbra gli si incurvarono in un sorriso e lo sguardo gli si addolcì, lasciando Mic a bocca aperta, esterrefatto.

« This is LOVE! Devo assolutamente conoscere la persona che riesce a far fare ad uno come te un’espressione beata del genere! »



Fine flashback



« Non hai proprio potuto continuare a negare, quella volta. Era bello vederti felice, amico. »

« Perché hai dovuto rovinare tutto? » Gli domandò Nemuri con evidente fare scocciato. Anche se Mizu era sempre stata un po’ gelosa di lei e del rapporto che aveva con Shota, erano riuscite ad andare d’accordo e ad apprezzarsi a vicenda. « Era palese che non lo volessi nemmeno tu. Dopo che tra voi è finita, sei tornato il musone di sempre, guardavi il telefono continuamente. Io credevo che fossi semplicemente lo stesso di sempre, e avrei continuato a crederlo se Hizashi non mi avesse fatto notare quanto in realtà fossi di malumore. »

« Le cose tra noi non andavano. Lasciarsi è stata solo la cosa più logica. » Rispose Aizawa, sfinito dalla loro insistenza.

« Credimi, Shota. Ho sempre pensato fossi intelligente, ma stavolta ti stai sbagliando. Non so che problemi aveste, ma riuscivi ad essere meno lugubre del solito quando stavi con Mizu. »

« Sono d’accordo con Nemuri. E anche adesso che vi abbiamo rivisiti assieme… Quello era sempre LOVE! »

« Potremmo pensare al motivo per cui siamo qui, anziché alla mia vita? »  Sbottò Shota, scocciato. « Sapete meglio di me che a breve inizieranno gli esami d’ammissione alla scuola. Dobbiamo lavorare alla selezione delle prove. »

« Ah pensala come vuoi, friend, ma non credere che qualcuno non te la possa portare via, mentre tu sei indeciso. »

« D’altronde Mizu è una meringa azzurra e dolce, chi non la vorrebbe almeno assaggiare? » Lo stuzzicò Midnight, prima di tornare a lavorare sui loro documenti.



Intanto Mizu stava raggiungendo il P.E.S.E.E. per il suo turno, ma il cercapersone le squillò col numero di Tsukauchi. Quando arrivò in ufficio, si sbrigò a richiamarlo.

« Detective! Mi scusi se rispondo solo ora. Prego, mi dica pure. »

« Non si preoccupi, dottoressa. Ho immaginato fosse già al lavoro. E’ per questo che volevo avvisarla, ho mandato il suo nuovo partner proprio nel suo ufficio. Dovrebbe arrivare lì da lei tra poco. »

« Nuovo partner? » Chiese lei, confusa.

« Ah, Eraserhead non l’ha avvisata dunque. »

« No, temo di no. L’ho incontrato giusto mezz’ora fa proprio per parlare dei turni, ma non mi ha detto niente. Posso sapere di che sta parlando?»

« Che neanche lui sia stato informato..? » Chiese più a se stesso il detective. La porta dell’ufficio di Mizu si spalancò. Un ragazzo biondo, col giubotto in pelle e l’aria tronfia entrò senza aspettare l’invito, seguito da una donna, mortificata, che altri non era se non l’assistente di Mizu.

« Mi perdoni, dottoressa! Non sono riuscita a fermarlo, gli ho detto che senza appuntamento non… »

« Va tutto bene, Hana. Non preoccuparti, vai pure. » La congedò, tranquillizzandola, e la donna uscì chiudendo la porta.

« Dal trambusto immagino che il suo nuovo collega sia arrivato. » Tsukauchi rise nervosamente attraverso la cornetta. « Bene, allora lascerò che sia direttamente lui a spiegarle i dettagli. » Prima che Mizu potesse replicare, il detective aveva già chiuso la conversazione. Sconsolata, la dottoressa sospirò e si rivolse al suo ospite. L’aveva già visto, sapeva chi fosse solo di nome, ma non ci aveva mai lavorato insieme.

« Le sue ali sono davvero imponenti per il mio piccolo abitacolo, signor Hawks.» Gli si rivolse col suo tono neutro e professionale, facendogli però cenno di accomodarsi, dopo che lei stessa ebbe preso posto su una delle poltrone.

« Signor Hawks..? Ti prego, dottoressa, diamoci del tu. » Le sorrise con aria tronfia, allungandole la mano. « D’altronde d’ora in poi ci vedremo molto spesso. » Accentuò l’ultima parola volutamente, con sguardo ammiccante.

« Oh cielo… » Mizu, già esasperata dai modi eccentrici del nuovo arrivato, si decise a stringergli la mano. « Dottoressa Shuzenji Mizu, Pro Heroine Healing Water. » Hawks ricambiò la stretta, per poi portarsi la mano di lei alla bocca e posarvi un bacio veloce, giusto poco prima che lei riuscisse a tirarla via, imbarazzata e scocciata.

« Anche se ci stiamo dando del tu, preferirei non ti prendessi certe confidenze. Pensavo che il primato da cascamorto lo detenesse Capitan Celebrity, ma forse mi sbagliavo. » Hawks si mise a ridere e poi, senza abbandonare il suo sorriso beffardo, sollevò le mani in segno di resa.

« Colpa mia, volevo solo fare buona impressione sulla mia nuova collega. »

« Potresti spiegarmi meglio che significa? Nessuno si è degnato di dirmi niente.»

« E’ presto detto. Aizawa sarà impegnato con gli esami di ammissione alla U.A., quindi non gli sarà possibile proseguire con l’indagine. Visto quanto la situazione sembra critica, hanno pensato bene di mandare un pezzo grosso a sostituirlo. »

Effettivamente Mizu sapeva che Hawks fosse attualmente l’Hero posizionato terzo nella classifica degli eroi professionisti.

« Beh, non so bene cosa dire… Piacere, suppongo. Spero lavoreremo bene assieme. »

« Oh, lo spero anche io. » Ammiccò il ragazzo, lasciando Mizu piuttosto perplessa.

§§§

Ci furono degli strani cambiamenti al Doragon in queste due settimane. Questi non riguardavano qualche ristrutturazione o novità sui menù, ma qualcosa di davvero strano che lasciava Gorou ancora attonito oltre che dubbioso a livelli indescrivibili. Attualmente, si trovava – come al solito – dietro il bancone a servire alcuni drink su un vassoio, in attesa che Kimiko li prendesse e servisse ai rispettivi tavoli. Era proprio lei al centro di quei cambiamenti che tanto turbavano Gorou. La ragazza era più energica, precisa e rapida nel svolgere il suo lavoro. Tutto ciò dopo la strana routine che aveva instaurato con lui, il ragazzo sconosciuto.

 

Flash back



« Finalmente ti sei rifatto vivo. » Un mezzo sorriso curvò le labbra di Kimiko, mentre fissava il ragazzo che faceva il suo ingresso nel locale e prendeva posto al bancone. Lui, di risposta, la fissò con perplessità, inclinando un po’ la testa sulla spalla senza capire. Era troppo abituato a sentirla sbuffare e criticare da quando l’aveva conosciuta e questo suo strano comportamento lo metteva un po’ a disagio.

« Bene, quindi ti sono mancato? » Sorrise serafico, sostenendo il capo con la mano, cercando di riprendere le redini della situazione. Lei soffiò una risata, frugando dentro la tasca dei jeans.

« Ma per favore… » Lo canzonò poggiando sul bancone il plettro, spingendolo con le dita verso di lui. Il ragazzo lo fissò con curiosità, voltandosi poi verso di lei con sguardo indagatore. « Allora? Non lo riprendi? » Chiese lei poggiando le mani sui fianchi.

« Certo… » Rispose lui afferrando il plettro, girandolo più volte tra le dita per fissarne ogni parte. « E’ molto importante per me. Sei stata gentile a tenerlo e, soprattutto, restituirmelo. » Ripose l’oggetto dentro la tasca del suo giubbotto di pelle nera.

« Non sono mica una ladra come te. Ho pensato ti potesse servire. » Proferì cinica sollevando le spalle, riprendendo la lettura di una rivista che stava leggendo poco prima che lui arrivasse. Quelle parole confermarono alcuni dubbi di lui, che scosse la testa e trattenere una risata: lei non aveva fatto nessun collegamento con quell’oggetto, sembrava estranea ad ogni tipo di fatto che riguardasse quel ragazzo. Sporgendosi un po’ in avanti, cercò di curiosare la pagina che tanto interessava alla ragazza.

« Cosa leggi? »

« Mh… le nuove programmazioni del cinema. Però… »

« Però? »

« Non sembrano così tanto interessanti questi film. Ho paura di gettare del denaro inutilmente. »

Prendendo l’iniziativa, il ragazzo tirò verso di sé la rivista, voltandola dalla sua parte così da leggere meglio le programmazioni. Kimiko sbattè più volte le palpebre perplessa, mettendo subito dopo un broncio per il gesto di lui.

« Questo sembra interessante. » Commentò il ragazzo picchiettando con l’indice il manifesto del film. « Un cimitero che può riportare in vita le persone… sembra carino, non credi? » Concluse con mezzo sorriso mentre la fissava. La curiosità era ben visibile sul viso della bionda, che riprese la rivista per leggere il breve prologo del film.

« Bè… sembra di sì. Però… » Si grattò la nuca, ancora dubbiosa.

« Facciamo così… » Disse lui incrociando le braccia sul bancone. « Per sdebitarmi del tuo gesto, ti porterò al cinema. Così, se il film non ti piace, almeno non avrai speso neanche un soldo. »

« Credo di aver sentito male… » Rispose Kimiko incrociando le braccia al petto e sollevando un sopracciglio. « Vuoi seriamente portarmi al cinema? Cos’è? Una specie di appuntamento? »

« Ehi… Voglio solo sdebitarmi. Te l’ho detto, no? Sarebbe piacevole un appuntamento con te, non lo nego, ma la tua acidità nei miei confronti ha già tracciato un confine che non devo chiaramente superare. » Sollevò anche lui un sopracciglio senza smettere di mostrare il suo sorriso. Lei arricciò le labbra, corrugando la fronte non del tutto convinta. Forse era una qualche trappola per sfilarle nuovamente il portafogli. Eppure, l’ultima volta che si era fatto vedere, la possibilità di prendere i soldi dalla tasca la aveva avuta, ma non aveva toccato assolutamente nulla, lasciando tutto al suo posto. Sollevò il mento, guardandolo con aria di sfida ed un mezzo sorriso malizioso.

« Va bene… Ma attento a quello che fai. Non abbasserò la guardia neanche per mezzo secondo. » Gli porse la mano e lui, dopo un attimo di esitazione, la strinse con una leggera stretta. Anche se dal polso fin lungo il braccio si estendevano quelle strane bruciature, al tatto le sue mani sembravano abbastanza curate. Forse era davvero un musicista come lei pensava.

Il ragazzo attese nel locale Kimiko finché non staccò da lavoro e, una volta usciti dal Doragon, andarono insieme verso il cinema. Tennero le distanze l’uno dal fianco dell’altra mentre percorrevano la strada. Lui, con le mani in tasca, ogni tanto cercava di attaccare bottone e, con sua grande sorpresa, otteneva qualche risposta dalla ragazza - anche se a volte scocciata -, finché non arrivarono alla loro destinazione. Una volta che il film si concluse, restarono fuori dal cinema per scambiare qualche parola sul lungometraggio appena concluso.

« Alla fine non era male! Sono sorpresa! » Commentò Kimiko sollevando le braccia per stiracchiarsi i muscoli, assopiti per via della postura seduta durante la messa in onda. « La storia è stata davvero avvincente, oltre che strana. Non capisco perché questi morti, una volta tornati in vita, fossero così cattivi. » Portò l’indice sotto il mento pensandoci. Lui la fissava divertito, calciando via un sassolino che trovava fastidioso.

« Forse perché quelle persone non volevano davvero morire e portavano con sé il rimorso per la loro vita spezzata improvvisamente…»

« Quindi? Le loro anime diventano tipo demoniache? »

« Un qualcosa del genere… » Sorrise divertito. « Tutte quelle persone erano morte per qualche stupido incidente e non per loro volontà… » Esitò prima di proseguire, inchiodando il suo sguardo sottile in quello perplesso di lei. « Chissà se questo vale anche per chi si suicida…» Kimiko tirò leggermente la testa indietro, storcendo il capo stranita dalle sue parole, ma non ebbe il tempo di ribattere che lui le diede le spalle. « Magari si scoprirà se faranno un seguito. Ci si vede. » Sollevò un braccio in segno di saluto, svanendo lentamente tra la calca di persone che percorrevano distrattamente le strade.



Fine Flash Back



Anche se Kimiko era stata lasciata basita oltre che spaesata da quelle sue ultime parole sul film - per giunta senza permetterle di replicare- da quella volta il rapporto tra i due era cambiato. Forse proprio per via di quelle parole, nella mente di Kimiko si fece spazio il tarlo della curiosità che la spingeva lentamente verso quello strano ragazzo dall’identità sconosciuta. Lui si presentava nel locale con più frequenza, senza saltare un solo giorno. Lei si era più ammansita nei suoi confronti, mettendo da parte un po’ del veleno che era solita a gettargli contro. Inoltre, quando Kimiko aveva possibilità di staccare prima dal Doragon, sfruttavano quei giorni per andare insieme al cinema o per qualche passeggiata, percorrendo la strada con sempre meno distanza tra loro.

« Ehilà, stronzo! » L’esclamazione improvvisa ma allegra di Kimiko fece voltare la clientela presente e lo stesso proprietario prima verso di lei poi alla porta appena chiusa. « Finisco di servire gli ultimi tavoli e possiamo andare! » Concluse lei andando al bancone per prendere il vassoio e portare le varie ordinazioni. Tra sorrisini, chiacchiericci e risatine dei vari clienti, il ragazzo – colto dall’imbarazzo per la fantastica accoglienza di lei – si avviò con le mani in tasca e a testa bassa verso il balcone. Con i ciuffi corvini e ribelli della frangia cercava di celare l’evidente disagio, maledicendo Kimiko per la sua uscita improvvisa. Gorou non smise di fissarlo finché non prese posto, senza nascondere la serietà ed il disappunto di questa strana confidenza tra i due.

« Immagino che anche oggi vi dileguerete da qualche parte. » Proferì il locandiere pulendo la superficie del bancone con uno straccio. Lui, ripresa la stabilità delle sue emozioni, a quelle parole sollevò il capo, fissando Gorou divertito. Il sorriso era talmente ampio che i punti metallici del suo viso vennero messi in tira più del normale.

« Tranquillo, nonno. Non la sfioro nemmeno con un dito… per ora. Non esserne geloso prima del tempo. »

« Nonno? Non sono io ad averti dato questa confidenza che puzzava già dall’inizio di secondo fine. » Sollevò un sopracciglio fissandolo con maggiore severità soprattutto per l’allusione fatta, ma il ragazzo non si scompose.

« Dai, già sei vecchio, se continui così quelle rughe rovineranno quel bel viso. Ne risentirebbe la tua cara clientela… » Prese una patatina da una delle ciotole, gustandola trionfante, sostenendo senza nessuna fatica lo sguardo dell’uomo che a stento tratteneva le pulsazioni di un nervo della tempia. « Cerca di rilassarti, ormai è abbastanza grande da cavarsela da sola.» La rabbia scatenata da quelle parole si poteva leggere chiaramente nello sguardo cremisi di Gorou, tanto da farlo brillare più intensamente. Le unghie affilate delle sue mani si conficcarono dentro la superficie del bancone, intaccando il legno pregiato. Stava per sporgersi verso di lui, così da rivolgergli le peggiori parole di questo mondo, ma la figura di Kimiko, che spuntò all’improvviso al fianco del ragazzo, riuscì a far cessare la tempesta interiore del locandiere.

« Li hai presi?! » Domandò con grande curiosità la cameriera mentre indossava il cappotto e la sciarpa, pronta ad andare via. Di risposta il ragazzo le sorrise, sfilando dal taschino interno della sua giacca di pelle due biglietti che Kimiko prese al volo con entusiasmo. « Fantastico! Allora la cena la offro io! » Dopo un saluto veloce al padre, si avviò spedita verso l’uscita, continuando ad osservare quei biglietti e pregustando già la prima del film. Il ragazzo prese un’altra patatina dalla ciotola e, con espressione beffarda, fece un cenno di saluto alla militare verso Gorou, per poi seguire la ragazza che lo attendeva fuori. Il dragonide li fissò - finché poteva - dalle vetrate del Doragon, emettendo un lungo ringhio gutturale che fece chinare il capo alla clientela presente verso la loro consumazione.

« Geloso il vecchio… immagino che sia il motivo principale per il quale tu esca poco con le persone. »

« Oh! Ti ha minacciato? »

« Gli sguardi omicida si possono definire segno di minaccia? » Replicò con tono divertito.

« Assolutamente sì! » Ricambiò con lo stesso tono, soffiando una risata. « Eppure non stiamo facendo nulla di male, anzi, sto seguendo il consiglio di Mizu provando a rilassarmi un po’. »

« Questa Mizu ti ha detto di uscire con gli scippatori? » Chiese prendendole la guancia e tirandola.

« Ahia! Stai oltrepassando la linea di confine così! » Si liberò con uno schiaffo deciso contro la sua mano. « Comunque no, non mi spinge tra le braccia dei malintenzionati. E solo che mi piace ascoltare le tue teorie, facendo nascere in me una strana curiosità. » Sollevò lo sguardo al cielo, infilando le mani nelle tasche del giubbotto. Lui sbatté più volte le palpebre, incredulo per le parole appena sentite.

« Signorina acida, lei mi ha appena fatto un complimento! »

« Ma non è vero! » Rispose stizzita, rivolgendogli un’ occhiataccia.

« Ohohohoh… devo assolutamente appuntare questa giornata! Aggiorna anche la tua consigliera del grande progresso fatto! »

A quelle parole Kimiko gonfiò le guance imbronciata, voltando la testa di scatto dalla parte opposta a quella del ragazzo. Lui non potè nascondere un sorriso a quella buffa reazione. Nella sua mente vennero a galla vecchi ricordi legati alla sua infanzia, dove una bambina assumeva la stessa espressione quando, durante il gioco, lui ne usciva vincitore. Talmente era preso da quei ricordi che non si rese conto dello sguardo perplesso della ragazza che lo fissava.

« Sembri un pesce lesso. »

Lui scattò sull’attenti colto sul fatto, mettendo subito le mani nelle tasche dei pantaloni per poi guardare davanti a sé.

« Tsk… Parla quella con la faccia più gonfia di un pomodoro…»

« La mia faccia è bellissima! » Si porta le mani sulle guance, massaggiandole lentamente con movimenti circolari. « Senti la morbidezza di questa pelle liscia.» Il ragazzo trattenne a stento una risata, osservato dallo sguardo torvo di lei.

« Ok, ok… evito una delle mie battute infelici…»

« Ecco, bravo. » Spostò una ciocca dietro l’orecchio « Piuttosto, parlando di facce… » Indicò con l’indice il viso del ragazzo « Posso sapere che ti è successo? Sei stato vittima di un brutto incidente? »

« Oh… stai forse cercando di oltrepassare la linea di demarcazione che tu stessa hai segnato? » La fissò malizioso, facendo sorridere Kimiko.

« Che dici… » Scosse il capo, volgendo lo sguardo davanti al semaforo rosso « Chissà quante volte te l’hanno chiesto. Ormai sono giorni che facciamo queste uscite, mi sembrava normale domandarlo. Poi, se non vuoi rispondere, nessun problema. » Sollevò le spalle.

« Se io ti rispondessi… » Lei si voltò verso di lui di scatto, incuriosita dal suo tono serio. « Tu risponderesti ad una delle mie domande? »

« Tipo scambio reciproco? » Il ragazzo annuì col capo « Mh… Non sono riuscita a dare risposte a Mizu su alcune cose, non credo di riuscire con te… »

« Ci potresti almeno provare, no? Non sai neanche qual è la domanda che vorrei porti… » Assottigliò lo sguardo, seguendola mentre attraversavano la strada. Kimiko sospirò profondamente, spostando lo sguardo su più punti in cerca di una sicurezza e tranquillità emotiva, intimorita dall’eventuale domanda che lui le avrebbe posto.

« Dai… spara. Vediamo se posso risponderti. »

La fissò lungamente, prima di concentrare le sue due pozze azzurre altrove, colto da un improvviso disagio che a malapena riusciva a fargli pronunciare parola.

« Cosa ne pensi di questa società e degli Heroes che ne stanno a protezione? »

A quella domanda Kimiko non potè fare a meno di restare basita. Si aspettava qualcosa di più specifico, che andasse a scavare in un passato che per lei era meglio tenere nascosto nei meandri del suo cuore, un tasto ancora abbastanza dolente da premere, anche se erano passati degli anni. Piegò le labbra in un sorriso dai tratti amari prima di rispondergli.

« Quando da bambini si giocava ad interpretare il proprio idolo tra gli Hero, io preferivo starmene in disparte a leggere o a dare qualche calcio al pallone. Ho sempre covato un disprezzo per gli Heroes… li ho sempre visti sotto una cattiva luce. Da quello che ricordo, però, non ero la sola a pensarla così… » Si sistemò meglio la sciarpa, nascondendo le labbra sotto di essa « Non chiedermi di andare più nello specifico, ti basti sapere che non sopporto nulla di come va questo posto, sia delle sue regole che di chi fa in modo che esse vengano rispettate… »

« Eppure, questa Mizu di cui parli è una di loro… »

« E’ diverso… credimi. Lei, forse, è l’unica a distinguersi tra loro… »

« Se lo dici tu… » Sospirò sollevando gli occhi al cielo. « Comunque, sì. Sono stato vittima di un brutto incidente, anni fa. Neanche io posso entrare nello specifico… » Le sorrise, fermandosi davanti all’entrata del cinema. Kimiko ricambiò il suo sorriso, prendendo dalla tasca i due biglietti.

« Pensiamo a rilassarci un po’! »

« E poi chiudiamo in bellezza con del buon yakisoba.»

« Tu stai pensando solo a quello! » Gli sorrise, dandogli un colpo contro il braccio. Lui rise di rimando, per poi avviarsi insieme alla ragazza dentro la sala cinema.


Angolino delle autrici
Buonasera, scusate il ritardo nel postare il nuovo capitolo! A tal proposito volevamo dirvi una cosa: non date i nostri aggiornamenti per scontati. Se è perché siete sicuri che “tanto aggiornano il lunedì” il motivo che vi spinge a non lasciare commenti, sappiate che non è carino. Sappiamo che siete in tanti a leggere, prendervi anche un po' di tempo per lasciarci un commento non vi uccide, parola di Mizu e di Kimiko!

Detto ciò, come al solito vi lasciamo i link alle nostre pagine FB.

LiliShakarian

LadyBarbero

A lunedì prossimo (forse?)

Lily&Lady

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Capitolo 10
*** Capitolo IX° ***


Dopo la presentazione ufficiale di Hawks a Mizu, i due Pro Hero decisero di pranzare assieme, per conoscersi un po’ meglio. Anche in questo caso, la dottoressa optò per sponsorizzare l’ambiente accogliente del Doragon. Il collega la seguì con entusiasmo, almeno finché lei non si scusò un momento per fare una telefonata, allontanandosi un po’. Mizu tentò più volte di chiamare Shota, ma il telefono di quest’ultimo sembrava irraggiungibile. Sapeva bene che, anche lasciandogli un messaggio in segreteria, lui non l’avrebbe ascoltato, perciò si limitò ad un messaggio scritto.

Sapevi che mi avrebbero assegnato un nuovo partner al tuo posto? Se sì, sarebbe stato carino da parte tua avvisarmi… Chiamami appena riesci, buon lavoro.”

Tirò un lungo sospiro per poi raggiungere nuovamente il collega con un sorriso. Hawks sembrò ricambiare l’espressione, ma non si era perso i cambi di umore della dottoressa.

« Sei solita affrontare così gli imprevisti? » Le chiese, aprendole la porta del locale con galanteria.

« Così come? »

« Con questi tentativi di estrema positività. »

« Cerco il più possibile di non lasciarmi abbattere dalle minime cose. » Tentò, con poca convinzione. D’altra parte i suoi propositi funzionavano solo se non c’era di mezzo Shota.

« Punti a tuo favore. » Le fece l’occhiolino, seguendola dentro il Doragon. Mizu salutò con la sua solita cordialità il titolare e Hawks non mancò di notare l’estrema familiarità con cui la collega fu accolta. Sedettero ad un tavolo, iniziando a leggere i menù. « Sembra che tu venga qui spesso. »

« E’ vicino sia a casa che al lavoro, si mangia bene e apprezzo chi ci lavora, perciò si, direi che ho dei buoni motivi per venire spesso. »

« Era un modo elegante e discreto per farmi sapere che abiti in zona? » Le chiese ammiccante, facendola arrossire.

« Sei sempre così? » Gli chiese, in evidente imbarazzo. Non era abituata a quel tipo così aperto di persona.

« Così come? Affascinante? Intrigante? Irresistibile? »

« E modesto, aggiungerei. » Stavolta Mizu non poté fare a meno di ridere.

« Ma quanto chiacchierate voi due… » Con dipinta sul viso l’espressione di una che la sa lunga, Kimiko si avvicinò alla tavola poggiando una mano sopra essa. « Devo iniziare ad abituarmi al via vai di Hero qui dentro? » Sorrise beffarda, fissando con occhi sottili il ragazzo biondo. « Spero vivamente che il pavimento non si riempia di quelle piume, non mi danno gli extra per lavorare il doppio. »

« Dottoressa, non mi avevi detto dell’ulteriore motivo per venire qui. Sapendo di una cameriera così sexy, ti avrei seguita “al volo”. » Mizu ridacchiò nervosamente, congiungendo le mani in un segno di scuse verso Kimiko.

« Questo è il mio nuovo collega. Essendo un Hero io stessa, è normale che anche chi lavora con me lo sia. Hawks, ti sconsiglio vivamente questo atteggiamento con lei. Kimiko ha la sberla facile. » Hawks fece un fischio d’apprezzamento.

« D’altronde chi ha bisogno di guardare la cameriera, quando ha una collega così? » Mizu roteò gli occhi, scambiando uno sguardo d’intesa con Kimiko.

« Sto ancora cercando di capire se è solo scemo o se posso effettivamente lavorarci insieme…»

« Sappi che non ti invidio per niente. » Commentò la cameriera, massaggiandosi un occhio per rilassare l’evidente tic nervoso. Sfilò il blocchetto dalla tasca del grembiule. « Posso già prendere le ordinazioni? Oppure il signor “Narciso” deve avere i suoi tempi? » Hawks rise di gusto alle parole della bionda.

« Che caratterino! »

« Per me il solito, Kimiko. »

« Per me lo stesso di Mizu. »

« Hai preferenze sul tipo di carne? Vuoi fare cannibalismo con pollo oppure cambio con il pesce? » Sbatté velocemente le lunghe ciglia beffarda mentre appuntava gli ordini.

« Il pollo andrà alla grande. » Le rispose Hawks, ricambiando la sua stessa espressione.

« Perfetto. I vostri ordini saranno pronti a breve. » Rispose con cordialità, anche se mentre si avviava alle cucine per lasciare la comanda, si voltò in direzione di Mizu facendo segno col dito di recidere la gola.

« Credo proprio che tu non le piaccia affatto. » Sentenziò l’azzurra al collega. « Già è difficile che tolleri le persone, in più per gli Hero ha una certa avversione. E tu di certo non hai aiutato col tuo atteggiamento… »

« Che posso dire, sono fatto così. Sono uno spirito libero. » Ammiccò, ridacchiando.

« Lo vedo… ma cosa c’è oltre questa facciata impertinente? » Il tono serio di Mizu spiazzò Hawks. « Si vede che è una maschera ben costruita per il pubblico, non hai nemmeno idea di quante ne veda tutti i giorni. E non dimenticarti che sono una psicologa. » L’Hero la osservò profondamente per una manciata di secondi, poi con un sorriso un po’ più serio rispetto ai precedenti, le rispose.

« Forse ho sottovalutato la persona che mi sta davanti. »

« Lo credo anche io, ma d’altra parte siamo qui proprio per conoscerci meglio. Se dobbiamo scendere in missione insieme, è meglio cercare di capirci al meglio. Sappi che chi ti ha preceduto ha alzato di parecchio gli standard, io e lui abbiamo una coordinazione praticamente perfetta. »

« Stavolta sei tu che sottovaluti me, Doc. » Si scambiarono un sorriso, entrambi sicuri delle proprie potenzialità, poi presero a parlare mentre aspettavano il cibo.

In quel momento la campanella della porta annunciò l’ingresso dell’ennesimo cliente, quello che Gorou temeva. Era intento ad affettare un limone dietro il bancone e, quando mise a fuoco il nuovo arrivato, la lama del coltello calò giù così velocemente che la fetta del limone rotolò per il bancone fino a giungere proprio davanti al ragazzo che aveva preso posto.

« Ciao anche a te, nonno… » Esordì il ragazzo, colpendo con un dito la fetta del limone e rispedendola al mittente. « Sei arrabbiato anche oggi? » Gli sorrise sornione, incrociando le braccia sul bancone.

Gorou lo fissò lungamente, con la stessa espressione di un serial killer pronto a compiere l’omicidio. Infilzò il coltello con rabbia sul piano in legno avvicinandosi al ragazzo.

« E’ abbastanza chiaro che non mi piaci, soprattutto la tua faccia da falso approfittatore… Mi chiedo perché continui a punzecchiare sapendo che sei a rischio di vita… »

« Tu evita di provocarmi con le tue sottili minacce ed io prometto di fare il bravo ragazzo… o forse no. Mi piace farti incazzare. » Gli fece l’occhiolino senza essere ricambiato, se non con uno sguardo ancora più minaccioso.

« Basta voi due! Iniziate a diventare noiosi con questi battibecchi! » Esordì Kimiko portando i vassoi con le pietanze calde che servì in modo impeccabile.

« E lui che mi stimola a fare lo stronzo… » Commentò il ragazzo, prendendo un’oliva dalla ciotola posta davanti a sé. In risposta Kimiko sbuffò scuotendo il capo, sorridendo a Mizu.

« Vedo che anche tu a quanto pare hai trovato una compagnia piuttosto interessante. » Disse la dottoressa, ricambiando il sorriso ma con una nota più provocante. « Sembra che qualcuno abbia deciso di accettare i miei consigli e farsi degli amici, mi fa piacere. Chi è questo bel ragazzo, non me lo presenti? »

« Ehi, io non basto come bel ragazzo? » Chiese Hawks, intromettendosi con finta aria offesa. Entrambe le ragazze lo ignorarono.

« Non è assolutamente mio amico! Non scherziamo! » Agitò velocemente le mani davanti a sé, osservata con occhi torvi dal ragazzo in questione.

« Non c’è mica bisogno di nasconderlo. Non c’è nulla di male. » Rispose Mizu, cercando di placare le difese di Kimiko che avevano istantaneamente preso a rialzarsi. « Dai, presentamelo. Dalla faccia di tuo padre e dalle parole che si sono scambiati, mi sembra di capire che venga qui piuttosto spesso.» Accentuò le ultime parole, con fare di chi la sa lunga. Kimiko le rivolse un sorriso forzato.

« So che giochetto stai facendo… e non è assolutamente come pensi tu! »

« Va bene, sicuramente è come dici tu. Visto che sembri così restia… » Sotto lo sguardo divertito di Hawks, curioso di dove la dottoressa volesse andare a parare, Mizu si alzò e senza aspettare la mossa di Kimiko, che chiaramente non sarebbe arrivata, si incamminò verso il ragazzo del mistero, fino a trovarsi davanti a lui. Con il solito sorriso cordiale, gli porse la mano. « Shuzenji Mizu, piacere. Sono un’amica di quella timidona di Kimiko. »

Lui non si scompose minimamente, sollevando appena il capo dal bancone. Accennò ad un sorriso, voltando la testa al soffitto mentre si massaggiava il collo.

« So bene chi sei, Healing Water… Il nome di Ocean e le sue imprese sono abbastanza note, come la tua intera famiglia… »

« Ah, bene…» Ridacchiò Mizu nervosamente, abbassando la mano. « Immagino che l’astio per gli Hero sia ciò che ti ha permesso di conquistare la curiosità di Kimiko. »

« Se la mettiamo in questi termini… diciamo di sì… » Poggiò il viso contro il pugno, fissandola con aria beffarda.

« Oh beh, elemento ostico più elemento ostico meno, che differenza vuoi che faccia? Dopo Kimiko, ogni altra sfida sembra una passeggiata. » Gli rispose, ricambiando la stessa espressione. « E come ho detto a lei, affronto di molto peggio al lavoro… Per lo meno tu sembri piuttosto informato, non ho mai sentito il nome da Hero di mio padre pronunciato dalle labbra di Kimiko.» Le lanciò un’occhiata veloce per poi far tornare lo sguardo sul suo interlocutore.

« E’ proprio questo che dovrebbe farti capire che c’è differenza tra me e lei… no? Dottoressa… »

« Forse… Ma d’altra parte mi pare di capire che ormai sei di casa qui al Doragon, quindi ti converrà fare come Kimiko e arrenderti alla mia presenza, perché anche io sono cliente abituale. Rassegnati al fatto di incontrare questa Heroine piuttosto spesso. » L’espressione di Mizu era cordiale, ma dietro le sue parole c’era una sfida.

« Oh… non metterti sulla difensiva… tranquilla. Più che rassegnazione, userei come termine indifferenza. Ai miei occhi sei solo un pesce piccolo. » Sorrise divertito, inarcando un sopracciglio. Mizu sbatté le palpebre sbigottita, poi scoppiò a ridere, attirando gli sguardi dei clienti del locale. Quando le risa si furono placate, si asciugò una lacrima all’angolo dell’occhio.

« Oh cielo, Kimiko… hai trovato la tua anima gemella! » Esclamò divertita, rivolgendosi direttamente alla bionda. Poi dedicò un sorriso serio al ragazzo, fissandolo dritto negli occhi, ma stavolta quasi sussurrò, in modo che solo lui potesse sentire. « Ho già visto quello sguardo, Cicatrici. E non solo l’espressione, i tuoi occhi sono estremamente familiari… Vedremo quanto riuscirai a restare indifferente. Kimiko ci ha provato, ma non ce l’ha fatta… » Lo salutò con un gesto della mano e un sorriso eccessivamente cordiale, per poi tornare al suo tavolo. Hawks la accolse applaudendo.

« Brava Doc, ti sai far rispettare. » Presero entrambi a mangiare, dedicandosi nuovamente alle loro chiacchiere. Kimiko scosse il capo alla conclusione di quel breve dibattito, prendendo posto vicino al ragazzo.

« Ti avevo detto di non fare lo scemo con lei. » Premette l’indice contro la sua guancia bruciata.

« Reagisco male alle provocazioni… »

« Non ti ha provocato, hai iniziato tu col tuo solito spettacolino… » Gonfiò una guancia premendo il dito con più forza. Lui reagì con una smorfia indolenzita.

« Mi viene naturale… Non posso farci niente… »

« Cerca di resistere, ok? Almeno finché non stacco da lavoro. Porto il solito anche a te?»

« Fai tu… »

La ragazza sollevò le spalle, avviandosi arresa alle cucine. Da dietro il bancone, Gorou non aveva perso un attimo di quella strana scenetta, più avvincente di una telenovela, ma che gli migliorò la giornata. Lo scambio verbale tra Mizu ed il ragazzo fu un toccasana per lui, finalmente qualcuno era riuscito a mettere spalle al muro quello che lui considerava una vera e propria seccatura. Per tutta la giornata sul suo viso sarebbe rimasto stampato un sorriso trionfante e, per ringraziare tale allegria, appena Mizu ed Hawks si avvicinarono alla cassa per pagare, si affrettò a scuotere la testa.

« Consentimi di offrirvi il pasto, Mizu. » Le sorrise complice.

« Oh, questo sì che è un evento più unico che raro! A cosa devo tale onore? » Lo canzonò, riponendo il portafogli nella borsa.

« In effetti, si sa che i draghi sono restii a fare certi onori, ma se vengono ricompensati a dovere, sono i primi a ricambiare gli atti eroici. » Soffiò una risata, poggiando il gomito sul bancone per avvicinarsi a lei ed evitando di farsi sentire da altri. « Sto tollerando anche troppo la presenza di quel ragazzo e con il tuo bel caratterino hai messo in chiaro molte cose… »

« Ah ma non ho fatto nulla del genere. Ero solo curiosa di conoscere chi fosse riuscito ad ammansire un po’ Kimiko. Sbaglio o non si è sbattuta contro nessun angolo oggi? E non ha rovesciato neanche un vassoio! Sono sbalordita! Magari questo ragazzo potrebbe farle bene, volevo solo accertarmi che non fosse… come dire… tossico per lei. Ha già abbastanza armatura addosso, non servirebbe a niente se a sfondargliela fosse qualcuno messo peggio di lei… E su questo, effettivamente, ancora non ne sono certa. » Lo sguardo di Mizu cadde sulle cicatrici del ragazzo misterioso.

« Quel ragazzo, per lei, è più tossico di quello che credi. E ci si può accorgere di questo proprio dalla professionalità di Kimiko nell’adempiere al proprio lavoro… »

« In realtà almeno su questo aspetto, credo sia positivo. Se va bene il suo lavoro, tutti ne giovano. Suppongo che staremo a vedere come si evolverà questa faccenda. Lo sapete, per qualsiasi cosa, potete chiamarmi. Il numero ce l’avete.» Più volte era capitato che Mizu avesse ordinato qualcosa d’asporto, motivo per cui avevano il suo indirizzo e il suo cellulare.

« Spero di non arrivare mai a tanto e, come è arrivato nella vita di Kimiko, spero se ne vada in silenzio, lasciandola in pace. » Sospirò amareggiato volgendo uno sguardo rapido al diretto interessato. « Piuttosto… » Si assicurò che Hawks fosse distratto dall’aspetto del locale « E’ forse lui che ha causato i problemi dell’ultima volta? » Indicò il ragazzo alato con un cenno del capo. Mizu ci mise qualche secondo a capire di cosa Gorou stesse parlando, ma quando realizzò, arrossì vistosamente.

« NO! » Le uscì più acuto di quanto avrebbe voluto. « No, no, assolutamente non è lui. E preferirei cancellare in toto quella serata. Anzi, mi scuso. Ho davvero esagerato.»

« Addirittura cancellare la serata? Che sarà mai successo di così terribile? » La fissò sbigottito, soprattutto per la sua reazione.

« Niente, niente, ma non avrei dovuto bere in quel modo e sfogarmi così. »

« Si vedeva che ne avevi la necessità… Se proprio ti fa stare così male, perchè anche tu, proprio come hai consigliato a Kimiko, non trovi qualcuno con cui parlare? » Le sorrise.

« Oh ma io sto parlando con lei. » Rispose, complice.

« Se sono di troppo, volo via. » Affermò Hawks, grattandosi la nuca.

« Ma che… no, no. Per carità. Oggi è la serata degli equivoci… » Rise Mizu, per alleggerire lo stress. « La ringrazio per averci offerto il pranzo Gorou-san, ma adesso dobbiamo proprio andare. »

« Sempre qui a tua disposizione Mizu… Spero non ti assenterai da qui più del solito, ho davvero bisogno della tua presenza. » Chinò il capo in gesto di saluto.

« Certamente, lo sa che ormai sono di casa. A presto. » Salutò il titolare con un sorriso e un cenno della mano, copiato poco dopo da Hawks, ed entrambi lasciarono il Doragon. Una volta fuori, Mizu si portò le mani alla bocca e ci soffiò sopra, per scaldarle.

« Certo che fa proprio freddo, le temperature si sono abbassate parecchio. »

« Beh siamo a gennaio, è piuttosto normale. » Le rispose, avvolgendola con un’ala per tenerla al caldo. Il gesto stupì Mizu, che si voltò di scatto a guardarlo. « Anche questo è troppo? » Chiese lui, senza ricambiare lo sguardo.

« No, anzi. Questo è un gesto gentile molto apprezzato. »

« Io sono sempre gentile, avrai modo di scoprirlo. » Le sorrise, beffardo. « Quindi… insomma… da partner a partner, se hai bisogno di qualcuno con cui sfogarti, eccomi qui. » Mizu lo fissò, sbigottita. « Si, non ho potuto fare a meno di sentire. Ho un udito piuttosto sviluppato. » Lei gli sorrise.

« Lo terrò a mente, entrambe le cose intendo. Sia l’udito da spione che la gentile offerta di farmi da spalla. » Risero entrambi. « E ovviamente, vale anche per te. Tu sei bravo a sentire e io sono brava ad ascoltare. » Fu il turno di Hawks di guardarla basito, ma poi le sorrise.

« Cercherò di ricordarmelo. »

Mizu si fece accompagnare a casa e camminarono così, chiacchierando, mentre l’ala di Hawks la teneva al caldo e i primi fiocchi di neve della giornata iniziavano a cadere.

°°°

Per loro sarebbe stata l’ennesima serata in tranquillità una volta che lei, Kimiko, avesse staccato da lavoro. Il ragazzo dal nome sconosciuto si godette il suo pranzo e, con la scusa, lasciò che il tempo passasse, in attesa che la cameriera finisse il suo turno. Quando lasciarono il Doragon, fecero una lunga passeggiata per le strade trafficate di Tokyo, osservando le varie vetrine illuminate dei negozi. Non si sarebbero mai immaginati che quei pochi fiocchi di neve sarebbero diventati poco dopo una vera e propria nevicata.

« Ecco qui! Almeno ci scaldiamo un po’. » Sorrise Kimiko mentre gli porgeva la sua bevanda calda presa da un distributore poco distante dall’attico del palazzo dove sostavano e cercavano riparo. Il ragazzo ricambiò il sorriso, stringendo tra le mani infreddolite il contenitore della bevanda.

« Senti molto freddo? » Le domandò iniziando a dare alcuni sorsi.

« Sto bene… è che non sono una grande amante dell’inverno… » Soffiò contro il contenitore di plastica per poi condurlo alle labbra « Preferisco di gran lunga l’estate. Si evita di scivolare sulle strade, i capelli mantengono una piega definita e non ti si arrossano le mani, arrivando anche ad aprirsi… » Si guardò le nocche segnate dal freddo. Le iridi azzurre di lui la fissarono brevemente, voltandosi poi ad osservare la nevicata incessante.

« Forse è il caso di saltare il nostro appuntamento di domani. Le strade saranno piene di neve e non ci agevolerà la serata… »

« Come vuoi, vedrò di organizzarmi in altro modo. Magari sotto un plaid caldo ed una tazza fumante di cioccolata a fare maratona di serie tv. »

Lui sorrise con amarezza, notando la tranquillità con la quale lei si organizzò senza fare una piega per la sua assenza. Eppure, se ripensava a tanti anni prima, la persona dei suoi ricordi avrebbe reagito in modo completamente diverso, soprattutto se lui avesse rinunciato a vedersi. Finì la sua bevanda, lanciando il contenitore vuoto dentro un cestino della spazzatura.

« Bene, allora io vado. Ci si vede. »

« Vai già via? Non facciamo un pezzo di strada insieme? »

« Ho delle cose da fare, prendo una direzione diversa… »

« Alla fine prendiamo sempre strade diverse, non capisco che differenza fa… » Disse Kimiko seguendolo, ma lui la fermò bloccando il suo passo, voltandosi verso di lei e fissandola con serietà.

« Sei sorda? Ho detto che vado in una direzione completamente diversa rispetto alla solita. Ti si sono congelati i timpani forse? »

« Ehi… vedi di calmarti. Sei sulla difensiva per cosa? Il caffè era troppo amaro? »

« No, semplicemente hai ignorato quello che ho detto, facendo comunque di testa tua… è un atteggiamento che non sopporto... »

Kimiko non poté fare a meno di guardarlo perplessa e con occhi grandi. Anche se aveva iniziato di recente a frequentarlo, non aveva mai avuto reazioni così bipolari. Fece roteare gli occhi, sollevando le spalle in segno di resa e, dopo essersi sfilata via la sciarpa nera, la avvolse attorno al collo di lui, sistemandola meglio che poteva.

« Ultima volta che prendo l’iniziativa… ciao…» Mise il cappuccio del giubbotto sulla testa, oltrepassando la figura del ragazzo, prendendo così la strada di casa. Lui neanche si voltò per guardarla. Portò una mano alla sciarpa, tastandone la morbidezza e, affondando metà del viso in essa, ne annusò il profumo impregnato nel tessuto. I suoi occhi si assottigliarono nostalgici, guardando scorrere delle vecchie immagini di un passato difficile da dimenticare e superare. La vibrazione continua del telefono lo destò da quei ricordi. Una volta sfilato dalla tasca osservò il numero sul display che fece mutare la sua espressione nostalgica in una seria e di disappunto.

« Si? »

"Sai bene quanto io non sopporti le attese… Che aspettavi a rispondere?"

La voce maschile dall’altro capo del telefono proferiva con un tono abbastanza stizzito.

« Ero in compagnia, non potevo rispondere… »

"Spero in SUA compagnia… anche se potevi benissimo spostarti e rispondere…"

« Inizi a infastidirmi, Boss… ho bisogno di tempo. »

"Tempo ne hai avuto anche troppo, ragazzo. I patti erano abbastanza chiari, no? Tu la tua vendetta e noi la ragazza… parte del denaro l’hai voluta subito, come da te richiesto, adesso sono io a pretendere velocità nel compimento della missione."

« Il denaro serviva per portarla dalla mia parte. Non ne ho usufruito personalmente in fin dei conti… Quindi… »

" QUINDI NIENTE! Se non porti la ragazza il prima possibile andremo a prenderla da soli! Poi penseremo a te. Sai bene che non devi giocare con noi, né tanto meno alzare troppo la testa!"

Il ragazzo si morse il labbro inferiore, arrivando con i denti ad aprire la pelle già martoriata. Sentiva un grosso peso al petto che lo opprimeva per la brutta situazione in cui si era immischiato e dalla quale si voleva tirare fuori, rendendosi conto di aver commesso una vera e propria stronzata.

« Tenetevi pure l’altra parte del denaro… me ne sbatto di questa storia… si fotta la vendetta, me la sbrigherò da solo… e fareste bene a lasciare la ragazza… »

"Ahahahahah altrimenti che fai? Ahahahahahahah"

Chiuse la chiamata, lasciando che l’uomo continuasse a farsi beffa di lui. Domani avrebbe pensato al da farsi, per adesso si avviò a grandi falcate in cerca di un posto dove passare la notte.


Angolino delle autrici

Avete tremato che non aggiornassimo nemmeno oggi, vero? Come annunciato, quasi, abbiamo preso la settimana scorsa come pausa, per vedere se chi legge avrebbe recensito di più e così è stato. Ci riserviamo il diritto di prenderci altre pause occasionalmente :P

Come al solito vi lasciamo i link alle nostre pagine, andatevele a vedere che oggi c'è un bellissimo disegno nuovo!

LilyShakarian

LadyBarbero

A lunedì prossimo!

Lily&Lady

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Capitolo 11
*** Capitolo X° ***


Quella sera si alzò un forte vento e il cielo - dopo le lunghe nevicate dei giorni precedenti – minacciava temporale. Per fortuna Kimiko aveva staccato prima dal Doragon, così ebbe il tempo di noleggiare un film e rincasare in tutta tranquillità. Aveva preparato del riso al curry, uno dei suoi piatti preferiti, e dopo una lunga doccia, si era messa comoda sul divano per godersi il film. Peccato che, distrattamente, forse aveva premuto la selezione sbagliata: al posto del film d’azione presente tra le novità, aveva noleggiato un film d’amore e strappa lacrime. Per via delle custodie bianche e prive di copertina, non aveva neanche potuto cambiare subito il noleggio. Quindi, fiduciosa della scelta, era rientrata a casa come se niente fosse.

« Io ti amo, Annie. Perché deve finire così? »

« Perdonami… ma è giusto che torni a casa! »

Sulla faccia della ragazza era dipinta la peggiore espressione di disgusto mai vista. Il cucchiaio con la porzione di curry restò sospeso a mezz’aria, senza neanche avvicinarsi alle labbra.

« Ma che schifo! » Commentò quando i due protagonisti presero a baciarsi con una passione travolgente. « No, non posso guardare certe cose. Distrugge il mio appetito! » Poggiò il piatto sul tavolino davanti a lei e si affrettò a spegnere il lettore dvd, mettendo successivamente i canali della tv. Forse quella sera delle forze maggiori avevano deciso di complottare contro di lei. Ogni zapping portava a delle trasmissioni o film con tema l’amore. « … Qualcuno mi sta odiando in questo momento. Altrimenti non si spiega. » Spense la tv, riprendendo così a consumare il suo pasto. Dopo quella serata in cui avevano discusso, Kimiko non aveva più incontrato il ragazzo sconosciuto. Forse era passata più di una settimana dal loro ultimo incontro. Deglutì con forza l’ultimo boccone, alzandosi dal suo posto per lavare e sistemare il piatto. Trasse un respiro profondo una volta concluso il tutto, lasciandosi nuovamente cadere tra le soffici braccia del divano nel silenzio calato sul salotto. Mentre fissava il pallido soffitto, accompagnata dal continuo gocciolio del rubinetto, ripensava a quella sera, soprattutto allo strano comportamento del ragazzo. « Intanto è riuscito a rubarmi la sciarpa… » Storse le labbra e assottigliò lo sguardo magenta abbastanza stizzita. Lo strano comportamento di lui le aveva insidiato il tarlo del dubbio nella mente. Persa nei suoi pensieri intanto che contemplava il soffitto, di scatto voltò il capo verso la porta. Ebbe come l’impressione di non essere sola, sentiva addosso lo sguardo di qualcuno che, con insistenza, la fissava. Si alzò lentamente, avvicinandosi con furtività alla porta d’ingresso. Senza guardare subito dallo spioncino cercò, nel silenzio, di captare anche il minimo rumore sospetto. Ma oltre al suo respiro e al continuo gocciolio del rubinetto, non avvertì nulla di strano. Rilassò il corpo, osservando l’esterno dallo spioncino, assicurandosi dell’assenza di sconosciuti. E’ fu proprio in quel momento di tranquillità apparente che Kimiko venne sopraffatta. Con forza un braccio la cinse alle spalle, bloccandole le braccia, e una mano andò rapida contro il suo viso. Vani furono i tentativi di liberarsi. In un attimo si ritrovò un tessuto impregnato di liquido dall’odore nauseante davanti alla bocca e al naso, mentre una voce profonda cercava di rassicurarla.

 « Sssh, andrà tutto bene. Ora dormi…»

La vista le si fece sempre più offuscata e la presa delle sue mani contro le braccia dell’assalitore sempre più debole, finché tutto non divenne buio e maggiormente silenzioso. Proprio in quelle tenebre improvvise e silenzio assoluto, la mente di Kimiko venne assalita da improvvisi ricordi di un’infanzia passata, alla quale si era completamente estraniata nel corso degli anni.

 

Flash Back

 

Il dolce profumo dei ciliegi in fiore annunciava la primavera. Il viale era sommerso dai loro petali che avvolgevano come un manto di neve la strada. Le grida divertite dei bambini rendevano il parco giochi caotico e solare più del solito.

« Tana per te! »

« Non è giusto Kim! Se utilizzi ogni volta il tuo quirk non è divertente! » La ragazzina sorrise davanti all’espressione imbronciata del suo amico « Basta, cambiamo gioco. »

« Tanto vinco sempre io! Qualunque cosa facciamo! » Rispose lei con tono serafico, girando lentamente su stessa con sguardo saccente.

« Allora non giochiamo più, me ne torno a casa! » Seccato, il ragazzino si spolverò i pantaloni prendendo la strada verso l’uscita del parco. Lei lo fissò con perplessità, incredula riguardo il suo comportamento palesemente offeso. Di fretta lo seguì e con ghigno divertito lo afferrò per il braccio, facendolo voltare verso di lei.

« Dai begli occhi! Prometto di non usare più il mio potere! Ma se vinco io, avrai una punizione! » Lui la fissò stranito e con un velo di terrore

« Q-quale punizione? » Lei accentuò il suo ghigno mentre incrociava le braccia e sollevava il mento con fare altezzoso.

« Dovrai cedermi la tua chitarra! »

« Cosa?! Assolutamente no, Kim! Me l’ha regalata tua madre, quindi è mia! »

« Se perdi non sarà più tua! » Canticchiò la frase finendo con un fischio melodico. Lui si imbronciò, voltando lo sguardo torvo dalla parte opposta.

« Va bene… » Lei corrugò le sopracciglia, si avvicinò con due falcate decise e, una volta davanti a lui, gli pizzicò la guancia tirandola con forza.

« Sei proprio debole! Quando imparerai a crescere?! » Tirò con più forza, facendo arrossare la pelle del suo amico, che gemette indolenzito « Se continui a comportarti così darai solo ragione alle parole di tuo padre! Lo vuoi capire o no?»

« Sei mia amica, non voglio reagire male con te!» Disse lui a denti stretti strizzando gli occhi per il dolore alla guancia che continuava a venire pizzicata.

« E’ proprio per questo che devi reagire! Difendi ciò che è tuo con forza! Smettila di essere debole! » A quelle parole il suo amico sgranò gli occhi e con un poderoso colpo della mano si liberò dalla presa di lei. Si passò con rabbia il braccio sulla guancia, guardando l’amica che ricambiò con stupore.

« NON TI DARO’ MAI LA MIA CHITARRA KIM! FAI TUTTO CIO’ CHE VUOI, MA E’ MIA E BASTA! » Davanti a quella improvvisa presa di posizione, lei a stento riuscì a trattenere la risata caotica che smorzò quel breve momento intenso.

« Vai così begli occhi! Sei fantastico! »

Lui allentò la morsa dei pugni, rilassando le spalle. La fissò a lungo e con occhi grandi, unendosi poi alla fragorosa risata.


Fine Flash Back


« Svegliati, ragazzina. »

Sentiva la testa girare e la guancia sinistra farsi sempre più calda. La vista era ancora offuscata e le poche immagini che riusciva ad intravedere erano ancora troppo confuse, le sembrava di stare immersa sott’acqua e ogni volta che sbatteva le palpebre sembra peggiorare le cose. La visuale cambiò nuovamente, e un altro bruciore si irradiò anche sulla guancia destra, appena colpita dall’ennesimo schiaffo.

« Basta dormire, su. » Quella voce ovattata arrivava flebile e distorta alle sue orecchie. Sbatté ancora e ripetutamente le palpebre più che potè, così da poter mettere finalmente a fuoco anche il più piccolo particolare.

« Forse le avete dato una dose eccessiva, Boss. » Disse una seconda voce.

« Fidati, è meglio che rimanga buona così… altrimenti siamo tutti fottuti. »

Kimiko spostò il capo verso quelle voci anche se i suoi occhi non erano di grande aiuto. Riuscì solo a visualizzare delle masse scure che si spostavano lentamente, come spettatori incuriositi che fanno a gara per la postazione migliore vicino al palco. Mosse lentamente il capo, in cerca di altri particolari che potessero aiutarla a capire qualcosa, anche se in quelle condizioni era davvero difficile. Strizzò gli occhi, traendo un lungo respiro profondo, doveva assolutamente riprendere in mano il controllo del suo corpo il prima possibile. Dopo l’ennesimo tentativo di sbattere le palpebre e scuotere lentamente la testa, qualcosa finalmente catturò la sua attenzione. O per meglio dire qualcuno, che scatenò in lei un miscuglio di rabbia e stupore, distorcendo i lineamenti del suo volto già segnato dalla droga che le avevano somministrato. Poggiato contro una parete, con il viso nascosto dai ciuffi corvini, restava immobile proprio il ragazzo a cui, per qualche istante, aveva pensato poco prima. Gli avrebbe voluto urlare le peggiori imprecazioni esistenti, ma per via della bocca impastata riuscì a proferire solo qualche mugolio simile al lamento di un animale in fin di vita. Mentre il chiacchiericcio di quegli sconosciuti proseguiva, il ragazzo sollevò appena lo sguardo verso di lei. Era visibilmente distrutto e non solo per quella sua espressione da cane bastonato. Dalla poca visuale che Kimiko riusciva ad avere, sembrava riportare qualche ferita sul viso: l’occhio sinistro era gonfio, e dalle narici sembrava ci fosse del sangue rappreso. Curiosa, benché la testa le pesasse, non potè fare a meno di inclinarla sulla spalla per studiarlo meglio, questo finché una mano le afferrò con forza i capelli, obbligandola a reclinare il capo all’indietro.

« Allora, signorina… sai vero perché ti trovi qui? » Di risposta la ragazza riuscì a trovare la forza per sorridergli.

« Ti sputerei volentieri in faccia… ma ho la bocca completamente asciutta… peccato… » Ghignò, singhiozzando una risata divertita. L’uomo ricambiò l’espressione, lasciando andare la presa dai suoi capelli con una spinta in avanti del braccio, facendole ricadere il capo in avanti. Anche se la bionda chioma le copriva completamente il volto, non smise di ridacchiare, così da infastidire l’individuo: l’uomo sputò con rabbia sul pavimento, passandosi poi una mano tra i capelli colmi di brillantina e, tirando su col naso abbastanza stizzito, si mise di fronte a lei. Si dovette chinare sulle ginocchia per averla faccia a faccia, essendo quest’ultima legata con più giri di corda su una sedia.

« Ne hai fatti fuori ben venticinque… tutte persone fidate per me, con un ruolo molto importante… » Il sorriso che le rivolse non fu quello di un normale incontro tra amici.

« Perdonami, ma non riesco a capire… devi aver usato della roba ancora più pesante di quella data a me… » Replicò Kimiko, sorridendo. Un terzo schiaffo, questa volta dato col dorso della mano, venne inferto con una forza tale da aprirle il labbro inferiore. « Ahia… questa l’ho sentita… » Ribatté divertita, passando la lingua sulla ferita, leccando via qualche goccia di sangue.

« Sentimi bene… » Le afferrò con forza il viso obbligandola a guardarlo. A quel gesto il ragazzo misterioso provò a scostarsi dal muro per andare da lei, ma venne bloccato rapidamente da uno dei tizi e rimesso spalle al muro. « … è ora di smetterla di nascondersi… Kimiko Counter… » Ghignò divertito pronunciando quel nome. « E’ buffo sentire un nome giapponese con un cognome americano, non credete anche voi? » Gli altri uomini presenti iniziarono a ridere, mentre il viso di Kimiko, sentendo pronunciare il suo vero cognome, rimase di marmo, talmente era serio e impassibile. Le sue pupille strette erano inchiodate al viso di quell’uomo, come un rapace pronto ad uccidere la sua preda. « Oh… vedo che ora ho la tua totale attenzione… bene. »  Si alzò in piedi, dandole le spalle e sistemando con cura la cravatta del suo smoking scuro. « So bene che è stato triste per te, soprattutto in giovane età, dove i genitori sono indispensabili nella fase di crescita dei propri figli… » Sospirando profondamente infilò le mani in tasca, dondolandosi lentamente sulle punte dei piedi. « … purtroppo erano a rischio molte persone per via di quel quirk che la signora Helena Counter portava dentro di sé, oltre alle varie informazioni che era riuscita ad avere su di noi. Carina la copertura da infermiera che si era creata, andava tutto bene, all’inizio… ovviamente… » Si voltò nuovamente verso Kimiko, che sentì un tuffo al cuore a quelle informazioni che l’uomo le stava rivelando con estrema tranquillità. Adesso iniziava ad assemblare ogni minimo pezzo del suo puzzle mentale, soprattutto di alcuni episodi successi proprio in casa con sua madre, come quando lei in tutta fretta ordinava dei fascicoli posti sul tavolo. Inoltre, il più delle volte gli orari che le assegnavano in ospedale, risultavano troppo strani anche per una bambina. « Purtroppo » Proseguì l’uomo. « Se si fa la spia agli Hero sono abbastanza ovvi i rischi a cui si va incontro, no? La cosa più divertente, però, è che per via di questa copertura e delle varie informazioni prese… » Poggiò le mani sulle ginocchia della ragazza, avvicinando il viso al suo « … nessuno degli Hero che tanto aiutava ha mosso un dito per ricordarla nel migliore dei modi…anzi, le hanno voltato la faccia, permettendo a noi di insabbiare il tutto… buffo, vero? » Le rivolse un sorriso soddisfatto prima di rimettersi in posizione eretta. Kimiko sorrise, suo malgrado, ripensando all’espressione solare di sua madre dopo averla salutata per andare a “lavoro”. Poi, nella sua mente, iniziarono a scorrere tutti volti degli Hero conosciuti, ed il cuore di Kimiko sprofondò ancora di più in quel mare di odio covato in tanti anni. Sapeva bene degli agenti corrotti e di quello che avevano fatto e immaginava che dietro ci fossero anche gli Hero, ma mai avrebbe pensato che sua madre - a sua insaputa - fosse stata invischiata con loro e che per giunta li avesse aiutati. Non erano così false le parole di quell’uomo, soprattutto quando sottolineò il loro disinteresse per la morte della donna che per loro aveva dato la vita, in tutti i sensi. In quel momento si stava maledicendo per essersi concentrata solo sulla polizia e non sui volta faccia che tutte le persone imbecilli acclamavano… gli Hero. « Purtroppo non siamo perfetti neanche noi, abbiamo dimenticato qualcuno di molto importante… la sua cara figlioletta… » Il tono dell’uomo era di scherno, ma la ragazza non mosse nemmeno un muscolo ne emise alcun suono, restando immersa nei suoi pensieri. « Pensa, mi hanno riferito che, in punto di morte, ha pronunciato il tuo nome con quella vocina rotta dal pianto di chi sa che presto morirà! » La sua risata arrivò chiara e limpida alle orecchie di Kimiko, che puntò nuovamente lo sguardo su di lui fissandolo intensamente, maggiormente appena lui si voltò a braccia aperte verso i suoi uomini, richiedendo le loro acclamazioni e loro gliele concessero con grasse risate e qualche applauso. Si girò a guardarla divertito e trionfante, facendo la finta di piangere con espressioni idiote per sbeffeggiarla e stuzzicarla, convinto di averla in pugno. Proseguì così ancora per un po’, facendosi beffa di lei, credendo di aver finalmente dato fine alla sua battaglia: senza Kimiko ad uccidere i suoi sottoposti e a catturare l’attenzione della polizia su di loro, i suoi traffici e le corruzioni tra gli agenti si sarebbero nuovamente ristabiliti. Soprattutto se avessero consegnato il terribile assassino silenzioso e unico testimone del caso. Tanto chi le avrebbe creduto? Un assassino che uccide agenti di polizia e, di recente, anche un Hero. « Oh, dimenticavo! Prima dei festeggiamenti, sappi che il ragazzo lì… » Indicò con un gesto del capo il ragazzo sconosciuto tenuto ancora immobile contro la parete. « … ha lavorato per tutto il tempo solo per me. Cinema, cenette, dovresti ringraziarmi! » Le diede degli schiaffetti contro la guancia, sorridendole solare. « Bene signori! Ora possiamo fe- » La frase dell’uomo non proseguì. Quel bel sorriso di soddisfazione che manteneva stampato sul viso iniziò a spegnersi lentamente, lasciando il posto ad un’espressione stupita e di shock improvviso, emettendo un gemito roco. Dal fondo della gola uscì un verso misto tra un grido e un conato di vomito, mentre abbassava il capo verso il suo ventre.

« Mi perdoni, signorema, in tutto ciò, ha dimenticato di legarmi i capelli… » Esordì Kimiko con tono sincero, inclinando il capo sulla spalla. L’uomo la fissò brevemente prima di abbassare nuovamente il capo e guardare ciò che lo trapassava da parte a parte. Le punte dei capelli di Kimiko si erano avvolte tra loro, formando una massa scura e acuminata che si scagliò – nel momento di euforica distrazione - dritta e veloce contro l’addome dell’uomo. « Non che fosse così importante… » Continuò la ragazza, alzandosi lentamente in piedi. Le corde trapassarono il suo corpo, come se questo fosse fatto completamente di nebbia, rilasciando lunghi baffi di fumo nero che si perdevano attorno a lei. Una volta in piedi, passato lo stupore improvviso, tutti gli uomini presero le armi o sfoggiarono i loro quirk pronti ad attaccare. Sentendo caricare le armi e suoni strani di corpi che mutavano, Kimiko non potè fare a meno di ridere sguaiatamente, mentre l’uomo davanti a sé – ancora impalatocercava di prendere dalla tasca la sua arma. Il ragazzo misterioso, vista la situazione, venne liberato dalla presa e, con occhi spalancati e stupefatti, cercò di andare via da lì il prima possibile. Il Boss estrasse la sua pistola, ma non ebbe il tempo di impugnarla che Kimiko impresse più forza nel suo quirk, infilzando ancora di più quel corpo, macchiando la sua bella camicia bianca di rosso cremisi. La vittima iniziò a tossire e a sputare sangue dalla bocca, rantolando flebili gemiti di dolore. Gli uomini non sapevano se attaccare o meno, perché c’era il rischio di colpire il loro capo. La ragazza sollevò lentamente il braccio e il fumo seguì lo stesso movimento, alzando a mezz’aria il corpo dell’uomo che agitava le gambe con la poca forza rimasta.

« Come? Non ghigni più? » Disse con voce non sua dal tono profondo e ringhiante che immobilizzò e zittì tutti gli astanti. « Adesso farò provare a tutti voi una piccola parte del dolore che ho covato per anni… tutto quello che ho dovuto passare per colpa del vostro egoismo infimo… » Gli occhi dell’uomo si spalancarono e con la poca forza rimastagli, alzò una mano, ordinando col suo ultimo gesto ai suoi uomini di attaccare. Pochi secondi dopo la sua testa venne tagliata dal collo di netto e lasciata rotolare ai piedi dei suoi scagnozzi. Il corpo venne lanciato via dal fascio di fumo, sbattendo prima contro la parete e ricadendo con un suono sordo. Adesso anche le braccia di Kimiko erano avvolte dal fumo nero come la pece. I suoi capelli iniziarono ad ondeggiare, mutando colorazione da biondo grano a grigio fumo. Si voltò lentamente verso il resto del gruppo, mostrando ai presenti il suo volto segnato da varie crepe che aprivano la sua pelle su più punti, come un vaso di porcellana rotto. Le sclere si tinsero dello stesso colore delle sue iridi, evidenziando maggiormente il loro colore magenta che rifulgeva di una luce più intensa. Le labbra nere incorniciavano un ampio sorriso dalla dentatura seghettata, che si dischiuse sbuffando altro fumo nero. Il gruppo restò impietrito, senza sapere che fare oltre a scambiarsi sguardi, finché il panico non prese il sopravvento su di loro, spingendoli istintivamente ad attaccare alla cieca. Lanciando un urlo disperato per le nuove verità venute a galla, Kimiko si scagliò sugli uomini senza pietà. Contro il suo quirk i loro proiettili e le lame dei loro quirk erano inutili. Non si può colpire il fumo, ne tanto meno scalfirlo. Questo entrava dalle loro narici, bocca e condotti lacrimali, insinuandosi nella loro testa e premendo contro la statola cranica, fino ad ammassarsi sempre di più, comprimento completamente il loro cervello fino a farlo collassare. Mantenendo il fumo avvolto attorno alle braccia, lo usava come prolungamento per le sue dita, sfruttandole come lunghi artigli che affondavano nelle carni delle sue vittime, facendo il peggiore scempio dei loro corpi. Il sangue macchiò ogni angolo e parete di quella stanza, rilasciando un forte odore pesante, che si mescolava a quello forte di chiuso da giorni. Il ragazzo misterioso aveva già abbandonato la stanza del vecchio magazzino. Usando la parete come sostegno, si era trascinato zoppicante e intontito, il più lontano possibile da lì, ma i suoni delle armi da fuoco e le urla continue lo trattennero per qualche istante, facendolo voltare con evidente paura dipinta sul viso in quella direzione tanto temuta. Vide le luci della stanza scattare più volte, fino a spegnersi del tutto. Poi ancora urla e colpi di pistola, fino al totale silenzio. Deglutì con forza la poca saliva rimastagli, cercando di respirare solo dal naso. Quando sembrò che tutto fosse cessato, un ruggito infranse di netto il silenzio, facendolo scattare sull’attenti per riprendere la sua fuga. La porta del magazzino venne ridotta in mille pezzi dalla condensa di fumo nero che premette con forza contro essa, voltandosi poi verso l’individuo.

« Adesso penso a te…» Disse con voce roca la massa di fumo, mostrando un ampio sorriso maligno. Ansimante per l’agitazione il ragazzo continuò a trascinarsi lontano il più velocemente possibile, prendendo le scale che conducevano alla terrazza. Sentiva la morsa della morte sempre più vicina, un freddo pungente che gli accarezzava lentamente ogni singola vertebra della sua schiena. Un lungo fischio cantilenante alle sue spalle lo mise ancora più all’erta, facendogli aumentare l’adrenalina nel corpo e spronandolo a dare le ultime falcate finali per raggiungere la porta e chiuderla di tutta fretta dietro di lui con un colpo secco. Non perse d’occhio per un solo istante la porta, indietreggiando lentamente, allertato da qualsiasi cosa ne sarebbe venuta fuori. Sentì ancora quel fischio, questa volta ovattato. Segno evidente che lei era chiaramente là dietro, a pochi passi da lui. Le gambe gli cedettero all’improvviso e si ritrovò col fondoschiena sulla fredda pavimentazione della terrazza. Abbassando lo sguardo, potè scorgere il fumo uscire da ogni fessura della porta, per poi amalgamarsi in un unico punto fino a formare la figura di Kimiko ancora trasformata in quella creatura dagli occhi maligni e la pelle scheggiata. Lei inclinò il capo, osservando il ragazzo impaurito e tremante.

« Pensavi seriamente di prendermi in giro? » Lui non rispose e strisciò ancora più indietro, spingendosi con l’aiuto delle gambe « Prima cerchi di derubarmi e poi, come se nulla fosse, mi inviti ad uscire solo per avergli riconsegnato uno stupido plettro…patetico... » Attorno al braccio del ragazzo iniziarono ad avvolgersi lingue di fiamme azzurre e Kimiko non potè fare a meno di sollevare un sopracciglio con evidente perplessità. « Quanto puoi essere idiota? Non sai che è proprio dal fuoco che prende vita il fumo? » Lui ignorò completamente le sue parole e, preso dal panico, le scagliò contro un getto di fiamme. Lei non si smosse minimamente, tenendo le braccia incrociate al petto. Le fiamme la sfiorarono solo al lato sinistro, facendo bruciare parte della sua maglietta. Ciò che ottenne fu solo riuscire a disperdere un po’ il fumo, il quale però poi si riaddensò nuovamente. Lei fissò il tessuto continuare a bruciare fino a spegnersi, scuotendo il capo rassegnato. « Peccato, è fatta solo per supportare il mio quirk… comunque… » Iniziò ad avvicinarsi a lenti passi sinuosi verso la sua ultima vittima. « Hai fatto una cazzata alla quale, questa volta, darò un gran peso… e non c’è nessuno a farmi cambiare idea… » Il suo braccio si tramutò nuovamente in fumo, prendendo la forma di una lunga lama. Il ragazzo sgranò gli occhi, osservando quel fumo sollevarsi sopra di lui.

« Kim! Non lo fare! » Furono le sue uniche parole prima di chiudere gli occhi, temendo per la sua vita. Eppure, stava continuando a sentire il suo respiro irregolare ed i battiti insistenti del suo cuore contro il petto, oltre alle gocce di sudore che rigavano il suo viso segnato dalle bruciature. Prese coraggio, aprendo lentamente gli occhi per capire cosa fosse successo. La lama di fumo si era fermata a pochi centimetri dal suo viso, cosa che lo fece deglutire per lo sgomento. Spostò lo sguardo da quest’ultima, concentrandosi sulla ragazza che lo fissava immobile, con espressione sorpresa. L’abbreviazione del suo nome non era stata più pronunciata da tanti anni, soprattutto con quella strana confidenza, come se la conoscesse da una vita. Kimiko abbassò il braccio, lasciando che il fumo svanisse dalla sua figura facendola tornare al suo stato normale. I lunghi capelli grigi divennero nuovamente biondi e ricaddero sulle spalle disordinati, mentre le sclere ripresero lentamente il loro colore naturale. L’espressione di furia cieca che le distorceva i lineamenti del volto lasciò il posto a una di curiosità insistente e nella sua testa l’immagine di quel ragazzino che nei precedenti giorni aveva ripreso posto nei suoi pensieri si sovrappose a quella del ragazzo davanti a lei, facendole spalancare gli occhi dallo stupore. Con un po’ di inquietudine lui si alzò con cautela, restando a distanza dalla ragazza che con la testa inclinata lo fissava in silenzio.

« Ho fatto una cazzata… » Si inumidì le labbra con la punta della lingua, senza interrompere il contatto visivo con lei. « … proprio come te, sono stato accecato dalla vendetta… perchè… » Avanzò insicuro di un passo, sollevando appena le mani davanti a sé per farla stare tranquilla e imperile di scappare per un eventuale shock « … accidenti Kim, dopo un volo del genere da un grattacielo… tu dovevi essere morta… » Sorrise forzato e isterico, facendo un altro passo, mentre lei indietreggiò di risposta. Con labbra socchiuse e pupille strette, non riusciva a schiodare gli occhi da quelli di lui e, a quelle parole, scosse lentamente il capo incredula e spaventata allo stesso tempo. Stava rivivendo gli stessi istanti di dieci anni prima. Appena avuta la notizia della morte di sua madre, così strana e irreale, si era rimboccata le maniche da sola, indagando su quanto fosse successo. Quando era riuscita ad avere un quadro generale sull’accaduto dalle poche informazioni avute, la sua rabbia si era trasformata in vendetta, purtroppo bloccata dal fatto che gli agenti coinvolti non avevano un nome. Era stato proprio quel ragazzino ad aiutarla con la sua complicità e grazie ad alcune informazioni trapelate dal padre, un uomo abbastanza noto nel campo Hero, durante alcune conversazioni con sua madre che lui aveva origliato per caso, era riuscito a dare una svolta alla vendetta di Kimiko, la quale risalì agli agenti e li uccise uno per uno. Convinta che la sua vendetta fosse compiuta, credendo di non avere più nulla da condividere con quel mondo marcio, si era suicidata lanciandosi nel vuoto dal grattacielo più alto di Tokyo, non sapendo che il suo quirk, dalle caratteristiche di un parassita, lo avrebbe impedito. Ora quello strano incidente e quelle altrettanto strane testimonianze avute al tempo, grazie alle conferme di quell’uomo che ora giaceva senza vita, finalmente avevano un senso. Per qualche tempo aveva pensato che la madre fosse stata una stupida, coprendo orari assurdi alle colleghe, rinunciando al tempo con la propria figlia. Si sarebbe voluta spaccare la testa contro una parete solo per aver brevemente dubitato che sua madre non le volesse bene. Non solo, nel tempo aveva dimenticato quel ragazzino con egoismo tale da essere paragonato a quello dell’uomo appena ucciso, senza pensare minimamente a lui, che ora gli stava davanti e cercava di rimediare. Le lacrime rigarono con prepotenza il suo viso malinconico, facendo stupire il ragazzo.

 « Sono stato stupido, lo ammetto, potevo accertarmi della tua morte, ma ero troppo vigliacco per guardare di sotto. Ho evitato di seguire i tg dove parlavano di un tuo probabile ritrovamento. Il cimitero lo guardavo da lontano, non mi andava di rivederti in una foto… » Si avvicinò ancora. « Ti chiedo scusa, è solo… quando poi ti ho rivista… e mi avevi dimenticato... ho agito di impulso, proprio come mi avevi insegnato tu… solo in un modo diverso e maledettamente sbagliato…perché ho pensato che mi avessi lasciato solo... » Le confessò, porgendole la mano. « Andiamo via insieme, abbiamo tante cose da raccontarci. ». Quel sorriso. Anche se erano passati degli anni e ora ad incorniciarlo era un viso completamente devastato dalle ferite, restava comunque quello inconfondibile dello stesso ragazzino impacciato di un tempo. Finalmente riconobbe anche quei bellissimi occhi sorridenti che l’avevano sempre fatta impazzire.

« Touya… » Disse lei con voce rotta dalla commozione e agitazione per via dell’insieme di ricordi e sensazioni che la investirono come un treno in corsa, facendole sentire le gambe molli. Sentendo pronunciare il suo nome, il ragazzo non perse tempo. Avvicinandosi velocemente a lei, la cinse tra le braccia con forza e possessività, così da impedirle qualsiasi via di fuga. « Mi dispiace… mi dispiace davvero...» Strinse le mani sul suo giubbotto di pelle, affondando il viso nell’incavo del suo collo, muovendo il capo in segno di negazioni in risposta alle sue scuse. Touya la strinse di più a sé, cullandola appena. « Abbiamo un sacco di cose da dirci e credo che non basterà una notte... » Si scostò appena da lei poggiando la fronte contro la sua. « Adesso dobbiamo andare via di qui. Hai fatto un bel casino… » Sorrise appena e lei ricambiò, annuendo poi col capo mentre si asciugava le lacrime. Si mise al suo fianco così da permettergli di passare il braccio attorno alle sue spalle. Sostenendolo con l’altra mano che poggiò sull’altro fianco, lo sorresse per aiutarlo a lasciare quel posto prima dell’arrivo della polizia, conducendolo verso il proprio appartamento, dove avrebbero trovato un nascondiglio sicuro.


Angolino delle autrici.

Eccoci, avevamo bisogno di una piccola pausa settimana scorsa, ma siamo tornate! Un bel capitolo dedicato a Kimiko! Fateci sapere che ne pensate ;)

Come sempre lasciamo i link alle pagine

LilyShakarian

LadyBarbero

A lunedì prossimo!

Lily&Lady

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Capitolo 12
*** Capitolo XI° ***


« E’ impegnatissimo coi preparativi dell’esame d’ammissione, non l’ho mai visto così occupato! »

« Si, talmente occupato che per avere sue notizie devo chiedere a mia sorella minore come sta… »

« Dai, Mizu. Credimi davvero, qui alla U.A. è un periodaccio! Anche io e la nonna abbiamo tantissime cose da preparare! Saranno in troppi a farsi male, dobbiamo essere pronte a tutto. »

« Eppure tu, anche se sei impegnata, hai risposto… Scusami, non so perché divento così quando c’è di mezzo Shota... Ti lascio al tuo lavoro, tanto mi sta squillando l’avviso di chiamata, devo andare anche io. Ci risentiamo appena puoi. Ti voglio bene. »

« Ti voglio bene anche io sorellona e non preoccuparti. »

Mizu sospirò, chiudendo la chiamata, poi attese qualche secondo prima di rispondere all’altra.

« Healing Water. » Disse seria, con poco entusiasmo, mentre si massaggiava le tempie.

« Ehi, Doc. Sto passando a prenderti. » La voce gioviale di Hawks quasi le sfondò i timpani, tanto che fu costretta ad allontanare per qualche istante il telefono dall’orecchio.

« Cosa? Perché? Ho degli appuntamenti importanti stamattina, è urgente? » Chiese, spazientita. Avrebbe dovuto rivedere Endeavor e non era felice all’idea di spostare l’incontro.

« Temo proprio di si. Stanotte c’è stata una carneficina. » Il tono serio di Hawks la fece trasalire e bloccare all’istante.

« ...Quanti morti? » Domandò, dopo aver deglutito a fatica.

« Su per giù una decina, per il momento. Nessun Hero o poliziotto, comunque. »

Quell’ultima parte permise a Mizu di rilasciare il fiato, trattenuto inconsciamente. Poi però si accigliò.

« Civili? » La risposta di Hawks tardò ad arrivare. « ...Hawks? Mi senti? Pronto? » Provò a chiedere, ma nessuna risposta. Una folata di vento e un rumore di ali che sbattono, attirarono la sua attenzione alle sue spalle. Quando si voltò, trovò il collega con un sorriso, insolito anche per lui, considerata la situazione.

« Hai visto? Sono volato da te. »

« Oh per l’amor del cielo, Hawks, ti sembra il momento per questo umorismo?!»

« Rilassati, Doc. Erano tutti criminali, nessun civile. » Mizu parve rilassarsi all’istante.

« Allora come sappiamo che sono collegati al nostro caso? »

« Te ne parlerò mentre andiamo, non c’è tempo per discuterne restando qui. » Le si avvicinò e lei lo fissò, confusa. La sollevò di peso, come farebbe un cavaliere con una principessa, e spiegò le ali. Mizu sgranò gli occhi e tentò di divincolarsi.

« Non stai per farlo davvero… » Sussurrò atterrita, scatenando un ghigno sulle labbra del collega.

« Beh se sono venuto a prenderti, come pensavi che ci saremmo mossi se non volando? » Mizu gli lanciò un ultimo sguardo di supplica, ma capendo che non sarebbe servito, allacciò le braccia al collo del biondo, quasi rischiando di strozzarlo. Lui si alzò in volo e osservò divertito l’azzurra.

« Non pensavo avessi paura delle altezze. » La prese in giro.

« Non la ho, è il volare senza sicurezza a terrorizzarmi. »

« Così mi ferisci, Doc. Non ti fidi del tuo partner? » Chiunque si sarebbe lasciato ingannare dalla baldanza con cui l’aveva chiesto, ma Mizu percepì della vera delusione in quella domanda. Così decise di sollevare lo sguardo dall’incavo sicuro del collo di Hawks, per fissarlo dritto negli occhi.

« Certo che mi fido. » Affermò con decisione. Hawks ricambiò lo sguardo con dolcezza per una frazione di secondo, poi tornò la sua espressione biricchina.

« Non dovresti mai fidarti così in fretta, Doc… » Non le diede nemmeno il tempo per metabolizzare quella frase, che si lanciò in picchiata, mentre l’urlo acuto di Mizu e una promessa di vendetta risuonarono tra i tetti dei grattacieli.

Una volta a terra, la dottoressa dovette sedersi, a causa delle gambe molli. Prima però si preoccupò di rinchiudere Hawks in una bolla d’acqua, il tempo necessario per una giusta rivincita. Quando si fu ripresa e la bolla fu sciolta, osservò il collega, infradiciato da capo a piedi.

« Doc questo non era assolutamente necessario! » Affermò lui offeso, tossicchiando. Mizu rise di gusto, in quel momento sembrava un pulcino bagnato, così gli si avvicinò, gli poggiò le mani sul petto e lo fissò dritto negli occhi con sfida.

« Te lo dovevo… » Sussurrò con un tono malizioso ma che alle orecchie di Hawks risuonò fin troppo suadente. Mizu cominciò ad attirare l’acqua che impregnava i vestiti del collega. « ...ma non avrei comunque mai permesso che arrivassi così al colloquio. » Portò le mani tra i capelli di lui, sistemandoglieli all’indietro, mentre drenava via l’acqua rimasta. « Ecco fatto, a posto. » Disse, ancora un po’ divertita, ma quando incontrò lo sguardo di Hawks, si bloccò.

« Così non vale, Doc… » Le sussurrò, portandosi una mano di lei al volto, mentre con l’altra la avvicinò a sé, tirandola per un fianco. Mizu avvampò all’istante e si sottrasse da quel contatto, quasi scottata.

« Possibile che con te si vada sempre a parare in situazioni del genere?! » Affermò lei, imbarazzata, sistemandosi una ciocca azzurra dietro l’orecchio.

« Stavolta è colpa tua… Mizu. » Hawks sembrava stranamente a disagio, quasi fosse lui la vittima. Lei rimase un attimo spiazzata dal fatto che l’avesse chiamata per nome. « Sei tu che ti sei offerta su un piatto d’argento… »

« Prego?!? » Lei lo guardò, inviperita, mentre un mulinello iniziò a scorrerle attorno al corpo. « Un po’ di rispetto per una tua senpai! »

Hawks si portò le mani dietro la testa e la sua aria giocosa tornò quella di sempre.

« Di soli tre anni, Doc. » Mizu aprì la bocca per parlare ma poi la richiuse, gonfiando le guance col fiato accumulato per evitare di rispondergli. Stavolta il biondo scoppiò a ridere e lei lo seguì poco dopo. Nemmeno si accorse che il telefono le stava squillando in borsa.

Dall’altra parte Aizawa stava aspettando che gli squilli venissero interrotti dalla voce di Mizu. Erano due settimane che non si sentivano, da quando lei gli aveva scritto di avere un nuovo partner non era riuscito a rispondere a nessuna delle sue chiamate. Certo non stavano insieme, ma gli sembrava comunque scortese non provare a richiamarla per sentire cosa avesse da dirgli. E infondo sapeva anche lui di voler sentire la sua voce, come sapeva che la risposta che le aveva dato quella notte di quattro settimane prima non era stata totalmente sincera. Sapeva solo che era stata la migliore e la più giusta da dare in un periodo impegnato come quello che stavano vivendo. Lui era occupato quasi tutta la giornata a preparare l’esame, che si sarebbe svolto da lì a pochi giorni, mentre lei stava proseguendo sia col suo lavoro sia con le indagini. Si passò una mano tra i capelli, indeciso su cosa fare quando sentì la voce della segreteria. Stava per richiudere ma poi si decise a lasciarle un messaggio vocale, sicuro che lei lo avrebbe sentito.

Intanto i due Hero raggiunsero la scena del crimine, dove trovarono Tsukauchi ad attenderli. Poco prima di arrivare, Mizu aveva avvisato la sua segretaria di scusarsi con Endeavor e di informarlo che per quella mattina non ce l’avrebbe fatta. Inoltre le disse di fissargli un nuovo appuntamento il prima possibile. L’allegria che aveva accompagnato i due Hero durante il tragitto, si spense all’istante quando videro lo scempio compiuto nel magazzino di quell’edificio abbandonato.

« Oddio… » Mizu sgranò gli occhi e si portò una mano alla bocca, tentando a fatica di rimandare giù il conato di vomito risalito a quella vista. Non era solita vedere scene tanto atroci. Distolse lo sguardo, cercando di prendere fiato, ma l’odore acre del sangue rappreso e delle budella sparse non l’aiutò nell’impresa di non rimettere la colazione. « Scusatemi un momento… » Si allontanò dalla scena per non contaminare le prove, fece appena in tempo ad appoggiarsi ad una colonna e tenersi i capelli, prima di vomitare. Una volta finito, cercò di regolarizzare il fiato, mentre col suo quirk tentò di ripulire. Una mano le si poggiò sulla spalla.

« Tutto a posto? » Non le sfuggì il tono apprensivo di Hawks.

« Si, ora va meglio… grazie. Penso di potercela fare… »

Tornarono insieme da Tsukauchi e Mizu si inchinò, scusandosi.

« Non deve scusarsi, dottoressa. E’ una reazione del tutto normale. Persino noi abbiamo fatto fatica quando li abbiamo ritrovati. Non si preoccupi, davvero. »

« Come avete capito che si tratta dello stesso assassino? » Chiese Mizu, pallida.

« Il corner, ad una prima analisi sul campo, ha confermato che le ferite inferte hanno la stessa forma delle vittime tra la polizia. L’arma sembra essere la stessa, come anche la forza con cui è stata usata. Siamo quasi certi che si tratti di un quirk, visto che i tagli e le escoriazioni non coincidono con nessuna lama o oggetto contundente. Inoltre abbiamo scoperto che le vittime, come ho accennato ad Hawks, sono tutte criminali, ma c’è di più. A conferma del fatto che l’assassino è lo stesso, abbiamo scoperto che questi criminali erano tutti strettamente collegati ai casi di corruzione in cui erano coinvolti i nostri agenti deceduti. »

Entrambi gli Hero ascoltarono con attenzione il resoconto del detective, poi si misero entrambi ad analizzare la scena con maggiore attenzione. Hawks, dopo che furono scattate le foto, iniziò ad aiutare gli agenti nel recupero degli arti finiti in posti alti e disparati. Mizu invece si mise a cercare la testa di quello che, grazie ai documenti che portava addosso, era stato identificato come il boss del gruppo. Quando finalmente la trovò, inorridì per l’espressione rimasta impressa nella testa, quasi in un ultimo urlo di sofferenza e lo sgomento. La bocca aperta, gli occhi sgranati ma spenti e vitrei, nei quali si poteva ancora leggere il terrore provato nei confronti del suo aggressore. Osservandolo con più attenzione però, una volta superata la riluttanza, Mizu notò uno strano particolare. Dal taglio netto del collo fuoriusciva qualche rivolo di fumo nero. Fece rotolare appena di lato la testa, non c’era segno di bruciatura, solo un taglio quasi netto. Non sapendo come raccoglierlo, scattò qualche foto col cellulare, poi provò a racchiuderlo dentro una piccola sfera d’acqua. Il fumo emise qualche bolla, prima di mescolarsi completamente con il liquido, sciogliendosi dentro di esso. Mizu portò il campione con sé e lo mostrò al detective e ad Hawks.

« C’era del fumo nero che usciva dalla ferita all’attaccatura della testa del boss. Sono riuscita a raccogliere il campione, così che possa essere analizzato in laboratorio. »

« Grande, Doc! »

« Ottimo lavoro, Dottoressa. Lo faremo analizzare immediatamente. »

« Dovere. » Rispose lei, con un sorriso un po’ mesto e amaro.

§§§

« Sentito? Si vocifera che il simbolo della pace sia nuovamente in città. »

La risposta che Kimiko rivolse alle parole di Gorou fu un mugolio sonnacchioso a labbra serrate. Quella notte non aveva chiuso occhio, per le troppe informazioni ricevute, oltre all’improvvisa riconciliazione con il suo amico d’infanzia. Dopo aver condotto Touya al suo appartamento, si era presa cura di lui, medicandogli alcune ferite che i componenti della Yakuza gli avevano inferto per il suo improvviso cambio di bandiera. Non avevano scambiato molte parole tra loro, era ancora troppo lo stupore di quell’improvvisa riunione tra amici. Touya però, una volta che si era disteso nel letto, aveva preso quasi subito sonno, mentre Kimiko si era sdraiata davanti a lui senza smettere di fissarlo, arrivando così alle prime luci dell’alba. A fatica si era alzata dal letto per una doccia e, una volta vestita e pronta per un nuovo giorno di lavoro, aveva dato un’occhiata furtiva all’interno della camera da letto prima di lasciare l’appartamento. Chissà da quanto tempo non riposava il moro, visto che non si accorse del minimo rumore che Kimiko fece con le sue movenze da pachiderma in un negozio di cristalli.

« Kimiko… stai dormendo sul posto di lavoro? »

L’improvviso colpo di coda del locandiere contro il suo fianco fece svegliare bruscamente la bionda che, in effetti, si era appisolata come nulla fosse sul bancone. Si passò il dorso della mano sulle labbra, cancellando un rivolo di saliva.

« … Non voglio neanche sapere che cosa hai fatto questa notte… »

« Cosa dovrei aver fatto stanotte? » Rispose lei con voce impastata dal sonno, lasciando che uno sbadiglio completasse ed evidenziasse al meglio il suo stato fisico. « Mi sono fatta prendere dalle serie tv. » Si stropicciò gli occhi arrossati, massaggiando le evidenti borse sotto gli stessi.

« A questo punto potevi evitare di venire. Sono stanco di investire su piatti e bicchieri che puntualmente tu… » Nel voltarsi verso di lei, notò che la ragazza si era nuovamente appisolata sul bancone in modo scomposto, riprendendo il suo ronfare. Gorou non poté nascondere il nervo pulsante che, lentamente, si estese dalla tempia fino alla guancia, facendo rifulgere i suo occhi di un rosso intenso pronto ad esplodere.

« KIMIKO, IL CAFFE’! MOLTO LUNGO! » La voce squillante di Yuurei che intervenne rapidamente, smorzò sul nascere la paternale brutale da parte dell’uomo-drago che, appena fu interrotto, si girò di spalle per sfogare la sua ira sui bicchieri sporchi. Kimiko aprì a fatica le palpebre, trovandosi davanti il faccino del ragazzo albino, completamente ignara di quello che stava per accadere poco prima.

« E tu che ci fai qui? »

« Ci lavoro, oltre a salvarti la vita. » Rispose secco lui, poggiando davanti alla ragazza una tazza di caffè « Succedono già troppe cose strane, ci manca solo che impazzisca Gorou e mandi a fuoco il locale! »

« Sarebbe davvero molto figo. » Commentò la bionda, sorridendo anche se ancora assonnata, mentre prendeva la sua tazza di caffè. Intenta a sorseggiare l’intruglio, sentì vibrare la tasca dei suoi jeans. Estrasse il telefono cercando di focalizzare sullo schermo – un po’ troppo luminoso per i suoi occhi stanchi- il messaggio appena ricevuto.

Esiste qualcosa in questa casa che non sia rosa o viola? Che schifo.

Il sonno venne spazzato via in un lampo, lasciando il posto alla rabbia che Kimiko impresse con un sonoro pugno sul bancone, facendo sussultare i presenti. Si rimboccò le maniche e prese a scrivere velocemente la risposta.

Scusa se queulla è casa mia! Dovvuresti ringrassiartmi per avertuin assistit.

Poco dopo arrivò la risposta con allegata una foto che mostrava Touya intento a bere da una tazza decorata con motivi floreali. La sua espressione sembrava quella di un sapientone, incorniciata dagli occhiali con montatura rosa che Kimiko usava per la lettura.

Oh, abbiamo una dislessica arrabbiata! Cosa la affligge, signorina?

Kimiko si morse con forza il labbro inferiore, trattenendo a fatica una risata isterica. Paonazza in volto, trasse un lungo respiro profondo, riponendo il cellulare nella tasca.

« Tutto bene? » Chiese Yuurei, incuriosito dalle sue strane quanto ambigue espressioni facciali.

« Benissimo… » Rispose lei a denti stretti con un sorriso forzato, accompagnato da un tic nervoso all’occhio « Ricordami dove si trova quel negozio di abbigliamento di cui mi parli tanto…»

« Ah! Si trova al centro commerciale di Kiyashi! Lo riconosci subito perché ha un’insegna rossa e come logo un panda! »

« Un panda? » Lo fissò perplessa.

« Sì! E’ un negozio fantastico, tutto a prezzi super convenienti! Vuoi che ci andiamo assieme? » Iniziò a scodinzolare con frenesia ed entusiasmo.

« No, vado da sola. Grazie per l’informazione. » Lasciò la tazza nel lavabo e, preso lo straccio da sopra il bancone, si avviò ai tavoli lasciando Yuurei impietrito.

« Oh, povera creatura… Vuoi un po’ di colla per i cocci del tuo cuoricino? » Esordì Gorou con tono sarcastico.

« Non mi aveva mai liquidato così… » Rispose Yuurei avviandosi a capo chino alle cucine, accompagnato da una nube negativa che aleggiava sopra di lui.

« … Giovani… » Commentò Gorou sollevando un sopracciglio.

§§§

Mizu era ancora molto scossa dalla scena del crimine, tanto da rimanere silenziosa e non fare una piega nemmeno quando Hawks la riaccompagnò a casa nuovamente in volo. Le chiese più volte se stesse bene e provò a salire fino al suo appartamento, volendo accertarsi che la donna riposasse a dovere, ma lei non glielo permise.

« Mi prometti che ti prenderai una pausa? » Chiese infine, sconsolato per la testardaggine di lei. Mizu asserì col capo.

« Si, ne ho bisogno. Starò a casa per riprendermi e stasera cercherò di rimediare a quello che non ho potuto fare stamattina in ufficio. »

« Bene, questo mi rassicura. Ti terrò aggiornata su cosa scoprono in laboratorio.» Hawks fece per riprendere il volo, ma Mizu lo trattenne per una mano.

« Volevo solo… dirti grazie. Sei un compagno sorprendentemente affidabile dietro quella facciata da casanova. » Il ragazzo rimase molto colpito dalle parole della donna. Sorridendole sincero, le rispose senza il suo solito tono giocoso.

« Grazie a te per queste parole. » Le poggiò un bacio sulla mano e volò via. Mizu, con le gote leggermente arrossate per quel gesto, lo osservò per un po’ mentre si allontanava, poi entrò nel suo palazzo e salì fino al suo appartamento. Lanciò via i tacchi e la borsa, permettendo in seguito a Kotton di rinfrancarle l'animo, tra coccole e fusa. Per scrupolo, dopo essersi lasciata andare sul letto, lasciò che la voce metallica della segreteria riproducesse eventuali messaggi. Ce n’erano ben tre. Il primo era della sua segretaria, la quale la avvisava, mortificata, che Enji Todoroki si era presentato in ufficio prima che lei potesse annullare l’appuntamento e che se ne era andato abbastanza spazientito. Il secondo iniziò con una pausa silenziosa, tanto che Mizu credette fosse un messaggio vuoto, per lo meno finché la voce di Shota non la fece scattare come una molla, facendola sedere.

Ehi… ho provato a chiamarti. Ho visto le tue telefonate. Qui a scuola è il caos, fortuna che tra qualche giorno sarà tutto finito. Comunque, spero che il tuo nuovo collega ti sia utile nell’indagine. Magari fammi sapere come sta procedendo.

Senza preoccuparsi di salutare, il messaggio si concluse così, lasciando una Mizu confusa a fissare il vuoto. Il suono del terzo messaggio la riscosse. Endeavor non aveva preso affatto bene l’appuntamento mancato e aveva chiesto di potersi vedere già l’indomani, col suo solito tono autoritario e burbero. Decise che gli avrebbe risposto quella sera, una volta tornata in ufficio. Riascoltò ancora una volta il messaggio di Shota, ancora perplessa che l’avesse liquidata così in fretta.

E’ già tanto che mi abbia risposto…” Si disse tra sé, alzandosi per fare un bagno. Sentiva ancora l’odore di quel massacro tra le narici e sulla pelle. Mentre osservava l’acqua della vasca accumularsi, rifletté su chi mai avrebbe potuto compiere una tale atrocità. Un giustiziere, forse? Non sarebbe stato strano, il fenomeno dei Vigilanti era abbastanza comune, specie in alcune zone, per quanto illegali e considerati alla stregua dei villain dalla legge. Eppure non se ne era mai visto uno così efferato. Qualsiasi fosse la sua motivazione, e trattandosi di corruzione e Yakuza, Mizu non poté che pensare ad una vendetta personale, ma non era certo quello il modo per ottenere giustizia. Chi se non qualcuno disilluso dal sistema avrebbe agito in quella maniera, senza contattare Hero e polizia, preferendo occuparsene da solo? Per un momento, l’immagine di Kimiko le balenò in mente, lei non aveva mai nascosto il suo disprezzo per gli Hero e il loro operato. Di certo non poteva essere coinvolta, si disse Mizu, ma di sicuro potevano essercene altri che la pensavano in quel modo.

Anche Kimiko si è fatta giustizia da sola in quel vicolo, quella notte…” Le disse una vocina interiore piuttosto insistente. L’azzurra scosse il capo, come per cancellare quei pensieri e si immerse completamente nell’acqua. Lì, in mezzo al suo elemento naturale, avrebbe potuto rilassarsi al meglio e più rapidamente, visto che la giornata non era ancora finita.


Angolino delle autrici

Oggi non ci dilunghiamo troppo, fateci sapere se la fic vi sta piacendo ^^

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Capitolo 13
*** Capitolo XII° ***


Kimiko stava per lasciare il Doragon, ma Gorou richiamò la sua attenzione, facendo cenno con la mano di avvicinarsi. Dall’ampia manica del kimono rosso estrasse una busta gialla, come quelle rilasciate alle poste.

«  La paga di questo mese. » 

«  Ah, non ricordavo fosse oggi. » Commentò aprendo la piega della busta per darci un’occhiata, assicurandosi che le banconote fossero giuste.

« Quanta fiducia riponi in me, Kimiko. »  Sentenziò il locandiere incrociando le braccia al petto.

«  Resti sempre un mezzo-drago e so bene quanto tu sia attaccato ai soldi. », ridacchiò sistemando la busta nella tasca interna del suo giubbotto «  Allora vado, ci si vede domani. » 

« Appena è possibile vorrei scambiare qualche parola con te, in privato, ovviamente. »  La bionda esitò ad aprire la porta d’ingresso del locale.

« Mi hai preceduta, stavo pensando la stessa cosa. Però, più che scambiare parole, avrei davvero tante, forse troppe, domande da porti, caro Gorou. »  Notò benissimo il sopracciglio di lui che si inarcava sospettoso delle sue parole.

«  Oh, è da tanto che non ricevo domande da parte tua. Spero di riuscire a darti delle risposte. » 

«  Lo farai, eccome se lo fai. » Gli dedicò un sorriso prima di varcare la porta e chiudersela alle spalle.

Anche con il brusco arrivo di Touya nella sua nuova vita, i dubbi non erano assolutamente cessati, soprattutto dopo le rivelazione di quella notte. Mentre avanzava per le strade affollate, diretta al centro commerciale di Kiyashi, rimuginava sull’accaduto. Venne presa alla sprovvista, sussultando di soprassalto,  quando un grido improvviso la destò dai suoi pensieri. Voltandosi vide una donna rannicchiata su stessa che indicava a degli agenti di polizia un criminale in fuga con la sua borsetta. Mettendosi sulle punte dei piedi, scorse tra le varie capigliature una massa verde gelatinosa che lasciava cadere varie banconote al suo passaggio durante la sua fuga. Le arrivò alle orecchie qualche commento dei passanti.

« Deve essere lo stesso Villain che ha svaligiato la banca. » 

« Mi chiedo dove siano gli Hero. » 

Sorrise a quelle parole e scrollò le spalle, riprendendo il suo tragitto come nulla fosse. Quando giunse al centro commerciale ne rimase disorientata solo dall’impatto visivo. Una moltitudine di negozi invadeva anche i piani superiori di quello stabile, oltre il caos di voci delle tante persone.  Deglutì con forza della saliva in eccesso, scuotendo il capo prima di rimettersi in marcia.

«  Dove lo trovo un negozio con un’insegna rossa e il logo di un panda? » sorrise forzata mentre faceva scorrere le sguardo sui vari negozi a schiera. Dopo aver schivato dei commessi troppo invadenti, che cercavano di rifilarle oggetti strani a prezzi super scontati, driblando poi dei ragazzini in corsa che presi dal gioco ignoravano ogni cosa gli si parava davanti, arrivò finalmente alla sua meta. Trattenne una risata quando posò gli occhi sul quel logo che raffigurava quello che sembrava un panda: a lei le ricordava una creatura mutante uscita dal peggiore dei fumetti. Varcato l’ingresso potè notare quanto l’apparenza ingannasse. L’interno era davvero super ordinato, con nuove collezioni di abbigliamento davvero bellissime e all’ultima moda. Ancora più interessati i prezzi che leggeva curiosa ogni volta che girava le etichette.

« Posso esserle d’aiuto? » Si voltò subito verso la donna, grattandosi la nuca imbarazzata.

«  Ecco… mh… dovrei prendere alcune cose per un amico. » 

«  Deve fare un regalo? » Non  ricambiò il sorriso di quella commessa così gentile, anzi.

«  Assolutamente no. Vorrei solo evitare che, dopo aver usufruito di tazze, occhiali e chissà cos’altro, indossasse anche i miei vestiti. » 

«  Prego? »  La commessa la fissò confusa e con lieve disagio.

«  Lasci stare. » Agitò le mani davanti a sé. « Mi servono magliette, pantaloni, scarpe, magari qualche felpa e… »  Deglutì con forza, senza guardare negli occhi la commessa.

« E? »  Inclinò appena il capo verso la ragazza che con frenesia si staccava le pellicine dal labbro inferiore leggermente rossa in volto.

«  e… del… »  Incrociò le braccia, massaggiandole con le mani in evidente disagio «  …Intimo… » Detto ciò si avviò senza aspettare risposta a controllare delle felpe, lasciando la commessa perplessa.

Sotto gli occhi divertiti dei presenti, Kimiko camminava diretta all’uscita del centro commerciale. Uscì dal negozio con ben sette buste, tutte stracolme di indumenti.  Fissandosi i le scarpe, cercava di ignorare gli sguardi su di sé, completamente paonazza in volto.

Non riuscivo a smettere! E’ forse questo il tanto citato shopping compulsivo?!

Pensò tra sé sospirando con disagio. Non le sembrò vero quando, giunta alla fermata, il bus arrivò dopo pochi minuti, almeno avrebbe evitato altri sguardi oltre alla lunga camminata fino al suo appartamento. Sistemò le buste sul posto libero accanto a lei, traendo un lungo respiro profondo mentre si accasciava contro il vetro del finestrino. Stava per appisolarsi per l’ennesima volta, i movimenti dei bus erano come una dolce culla impossibile da ignorare. Ma proprio in quel momento di completa beatitudine il suo cellulare iniziò a vibrare insistentemente. Lo estrasse sbuffando rumorosamente, maggiormente quando lesse il nome di Touya sul display.

«  Che hai combinato? » Rispose con tono stizzito, pronta a ricevere le peggiori notizie, tipo la cucina andata a fuoco.

«  Ehi, ciao! La fiducia l’abbiamo gettata nel cesso con una bella tirata di sciacquone? » 

«  Sei il secondo che mi fa presente della poca fiducia! » Sorrise divertita «  Allora? E’ successo qualcosa? » 

«  Nulla, volevo solo sapere dov’eri finita. » Scostò un attimo l’apparecchio per controllare l’ora «  Dovevi essere a casa tipo… due ore fa? In che guaio ti sei cacciata stavolta? » 

« Ah, anche tu non trabocchi di fiducia, a quanto sento! » Sghignazzò, volgendo lo sguardo fuori dal finestrino «  Comunque arriverò a breve. Non dovrei metterci molto col bus. » 

«  Ottimo. Pensavo che questo ritardo dipendesse da uno scontro ravvicinato con il simbolo della pace. » 

«  In che senso? »  Chiese incuriosita.

«  Stanno trasmettendo l’impresa eroica avvenuta oggi di All Might in tv… ha salvato un ragazzino delle medie preso in ostaggio da un villain melmoso. Pensavo fossi tu! »  Ridacchiò, inclinando il capo verso la tv.

«  Ah… quindi alla fine l’hanno preso. » Alzò lo sguardo in su ripensando allo strano essere in fuga « Stai sereno, se ci fossi stata io al posto di quel villain non sarebbe finita così tranquillamente. » 

«  Uhh… che presuntuosa. Uno dei tanti difetti che ti sono rimasti, Kim. »  Rise nuovamente, coinvolgendo anche la ragazza, che scosse la testa.

«  Dai, credo che manchino altre due fermate e arrivo. » 

«  Ok. » 

Chiuse la chiamata, poggiando la testa contro il finestrino.

Ci mancava solo il ritorno sul campo di quello stronzo di All Might…”

Pensò tra se lasciando il suo posto per poi pigiare il tasto del bus e prenotare la sua fermata. 

§§§

L’ incontro con Endeavor l’aveva lasciata pensierosa. L’Hero non aveva fatto altro che parlare di suo figlio Shoto e del fatto che presto sarebbe entrato alla U.A. e avrebbe dimostrato di essere il prossimo Eroe Numero Uno. E lei aveva reagito, forse anche troppo.

Flashback

« Insomma Enji-san, mi potrebbe spiegare quest’ossessione del titolo di Eroe Numero Uno? »  

« Cosa ne può capire una ragazzetta come te? » Rispose duro, schioccando la lingua. Un nervo sulla tempia di Mizu cominciò a pulsare.

« Forse ho sentito male, signor Endeavor, ma ho come l’impressione che lei mi abbia appena insultata.» Prese il silenzio dell’uomo come una conferma. « Sa ha proprio ragione, io sono solo una semplice e povera illusa che crede ancora che la principale preoccupazione di un Hero debba essere l’aiutare gli altri, non una stupida classifica! » 

A quelle parole Enji si alzò di scatto, rovesciando la sedia e infiammandosi. Aveva i denti digrignati e i pugni serrati, ma Mizu non si scompose. Prima che lui potesse parlare, si alzò composta e lenta. I suoi occhi cerulei divennero freddi e della tonalità delle profondità marine. I suoi capelli si sollevarono, mentre un mulinello iniziò a vorticarle addosso.

« Devo forse ricordarle ancora una volta dove si trova, Enji-san? Stavolta farò in modo che non se ne dimentichi. » Il mulinello d’acqua schizzò via serpentino verso il suo paziente, finché non lo avvolse completamente, spegnendo le sue fiamme e bagnandolo completamente. « Magari la aiuterà anche a ricordare chi ha davanti.» Il serpente d’acqua risollevò la sedia e tornò verso Mizu, portando via con sé ogni residuo d’acqua. Enji fissò la donna con sgomento per qualche secondo, poi abbassò lo sguardo e riprese posto a sedere. 

« Avevo quasi scordato che sei la figlia di quel bastardo di Ocean. »

« Per quanto le fiamme possano bruciare, l’acqua le spegnerà sempre. »  Rispose pacata, tornando anche lei a sedere.

Fine flashback

Il resto della seduta era proseguito tranquillo, ma ancora non capiva perché Endeavor fosse così ossessionato da quel titolo. Era quasi riuscita a farlo sbottonare sul figlio, o più in generale sui suoi figli e sulla moglie, ma poi l’uomo si era nuovamente rinchiuso in se stesso e non aveva più parlato. Un po’ si pentiva di aver esagerato, forse si era spinta troppo oltre il livello professionale, ma da una parte era lieta di averlo fatto, il suo ruolo non doveva permetterle di farsi mancare di rispetto. Mentre lasciava l’edificio del P.E.S.E.E., il telefono le squillò per un messaggio di Hawks.

Ehi Doc, spero tu stia meglio. Birretta al Doragon per finire questa giornata?”

Prima che potesse rispondergli, gliene arrivò un altro, stavolta di Aizawa.

Prima ed unica serata libera, prima degli esami.”

Non c’era nessuna domanda o invito, ma già il farglielo sapere, implicava che la volesse vedere.

« Beh, ragazzi, sapete che c’è? Oggi non ci sono per nessuno.»  Spense il telefono, senza rispondere ai messaggi e andò a casa, ma giusto il tempo per cambiarsi e indossare la sua tenuta da Hero. Non Mizu, non la dottoressa Shuzenji, ma nei panni di Healing Water si mise a pattugliare le strade. Alcuni, pur non conoscendola ma credendola una Pro Hero esordiente, la fermarono per delle foto. Lei, seppur un po’ imbarazzata, acconsentì. Non era per quello che era entrata in azione, ma di certo non avrebbe negato quel gesto ai civili. Pattugliò le strade in notturna, ma si rivelò una serata piuttosto tranquilla, almeno finché non alzò gli occhi al cielo e vide del fumo in direzione dell’isola artificiale di Odaiba. Cavalcando un getto d’acqua, si mosse velocemente verso la zona, fermandosi sulla spiaggia.

« Signori, state calmi… » Esordì vedendo le facce in apprensione dei presenti. 

« ...qualcuno potrebbe gentilmente spiegarmi cos’è successo? »  

« Dei villain hanno preso in ostaggio i passeggeri di quel traghetto e poi hanno attaccato una delle colonne del ponte!»  Le rispose un uomo, spaventato. « Ci sono famiglie lì sopra, bambini! »  

« Per non parlare del ponte, si stanno organizzando per far esplodere anche l’altra colonna… crollerà con tutti quelli che ci sono sopra! » 

« Se solo ci fossero All Might e Ocean… » Mizu al nome di suo padre tentennò mezzo secondo, poi si riprese. “ D’accordo, stasera volevo distrarmi, ma questo mi pare un po’ eccessivo…” Si disse, prima di dare disposizioni ai presenti.

« Chiamate gli Hero, io cercherò di prendere tempo!» Affermò prima di gettarsi in acqua. Come se la sua velocità si fosse decuplicata, sfruttando la pressione dell’acqua generata dalle mani, Mizu raggiunse il battello quasi all’istante. Emerse solo con la parte superiore della testa, cercando di localizzare i villain mentre restava nascosta. Ne contò almeno cinque, di cui due impegnati alla colonna, probabilmente intenti a generare un esplosivo coi loro quirk, mentre gli altri facevano la guardia agli ostaggi. Uno era a poppa, armato, che si guardava attorno. Mizu manipolò l’acqua per sollevarsi all’altezza del battello e rinchiuse il villain in una bolla d’acqua. Le sue urla vennero ovattate, così svenne prima che gli altri potessero accorgersi di qualcosa.

« Fuori uno. »

Sgusciò silenziosa lungo la parte destra dell’imbarcazione, finché non raggiunse il ponte. Restando nascosta, notò gli ostaggi riuniti al centro mentre i due villain erano sui bordi. Quello dalla sua parte si ritrovò risucchiato da una colonna d’acqua, che lo scaraventò in mare, lontano. L’altro, allertato dalla scena, cominciò a guardarsi attorno. Aveva delle sporgenze sulle braccia, come artigli, e una coda longilinea.

« Brutta stronza! » Le urlò contro, con la sua voce gracchiante, attirando anche l’attenzione dei due impegnati sulla colonna. Mizu schioccò la lingua, innervosita, e si parò davanti agli ostaggi, la sua priorità era proteggerli. L’umanoide le si scagliò addosso, ma Mizu lo scaraventò al bordo con un idro-getto potente, facendogli perdere i sensi. Nel frattempo gli altri due riuscirono ad attivare l’esplosione, sotto lo sguardo atterrito di Mizu che avvolse tutti gli ostaggi e se stessa in un enorme sfera d’acqua, per proteggerli dall’impatto. L’onda d’urto tentò di spazzarli via, ma Healing Water, con non poco sforzo, mantenne salde le difese. Al contrario, i due villain furono lanciati via in mare, feriti o forse morti, la loro vita per loro valeva meno di quel gesto.

Mizu, per lo sforzo, sarebbe volentieri crollata a terra ma non era quello il momento di prendersi una pausa. Mentre i civili si chiedevano perplessi come potessero respirare dentro la sfera d’acqua, ignari che fosse proprio Mizu a permetterglielo, osservarono la Hero poggiarli in mare, più lontano possibile, mentre con sforzo immane, raccolse l’acqua del mare, manipolandola per sostituire la colonna del ponte distrutta.

« Fate presto, dannazione... » Emise a denti stretti e con gli occhi a fessura puntati sulla colonna d’acqua. Resistette finché ogni muscolo non le dolse all’inverosimile, poi, finalmente, la figura di All Might atterrò sul ponte assieme a Cementos, che si mise immediatamente all’opera per ripristinare le colonne mancanti. Mizu crollò in un abbraccio di piume, senza nemmeno rendersi conto che Hawks era lì a sorreggerla.

« Sei stata grandiosa, Doc… » Le sussurrò alzandosi in volo, per portarla sulla spiaggia. Mizu però riprese i sensi e dopo i secondi che impiegò per capire cosa stesse succedendo, si fece lasciare sul bagnasciuga. Lì, con le ultime forze, mise le mani in acqua e creò un’onda gentile che riportò tutti gli ostaggi incolumi a riva, ma anche i villain finiti in acqua. Hawks la sollevò, permettendole di riposarsi, mentre All Might si occupò di consegnare i restanti villain agli agenti accorsi sul posto, poi gli Hero furono sommersi dai giornalisti.

« Cosa volevano questi villain? »

« Ci sono state vittime? »

« Chi è questa Heroine? »

Il simbolo della speranza offrì alle telecamere un gran sorriso rassicurante.

« Non sappiamo cosa avessero intenzione di fare questi villain o cosa volessero ottenere con questo gesto. L’importante è che non ci siano riusciti, anche stavolta la giustizia ha fatto il suo corso. Non ci sono state vittime, né sul ponte né sul battello, grazie al tempestivo intervento di questa Pro Hero. »

« Il suo nome è Healing Water. » Aggiunse Hawks.

« E’ una nuova Hero? » Continuarono i reporter.

« No, ha sempre aiutato noi Hero ad affrontare la nostra oscurità, ma era ora che tornasse a brillare di luce propria. » Con quest’ultima frase enigmatica, Hawks spiegò le ali e portò via Mizu, lasciando i giornalisti ad osservarli volare lontano.

Intanto alla U.A. stavano per terminare i preparativi della giornata, in sottofondo la televisione trasmetteva le notizie. Hizashi, che aveva già finito la sua parte, sedeva al contrario su una sedia, mentre sorseggiava una birra da una lattina e osservava lo scorrere delle immagini. Il suo tossire improvviso, richiamò l’attenzione di Aizawa, anche lui finalmente libero dai suoi impegni e pronto a rientrare a casa.

« Tutto bene? » Chiese all’amico, dandogli delle pacche sulla schiena.

« Quella non è Mizu-dear? » Chiese dopo aver deglutito, indicano la televisione. Shota sgranò gli occhi e li puntò sul televisore. Anche Umi, lì nei paraggi, sentito il nome della sorella, accorse a vedere preoccupata. La voce di All Migh stava spiegando l’accaduto e tranquillizzando i presenti e i telespettatori, ma Aizawa non lo stava ascoltando. I suoi occhi erano atterriti e fissi sul corpo di Mizu, tenuta in braccio da Hawks. Rimase a fissare il televisore anche dopo che lo vide portarla via in volo, con espressione vuota. Hizashi intanto si era girato da Umi e le aveva poggiato una mano sulla spalla.

« Sono certo che Mizu-dear stia bene. » Poi si rivolse all’amico. « Shota. Vai. »

Aizawa si riscosse a quelle parole e corse velocemente fuori dall’edificio, verso casa di Mizu. Sperò vivamente che l’Hero l’avesse portata lì. Arrivato al palazzo, salì rapidamente le scale fino all’appartamento di Mizu e pregò che la donna non avesse cambiato il posto segreto dove teneva la chiave di riserva. Per sua fortuna, la trovò esattamente dove ricordava, così aprì la porta e poi chiamò Mizu a gran voce. Non rispose nessuno ma le luci erano accese. Fece per incamminarsi verso la sua camera da letto, ma proprio da quella porta emerse la figura di Hawks. I due si squadrarono qualche secondo, cercando di capire reciprocamente se l’altro fosse una minaccia, poi Shota superò Hawks incurante ed entrò nella stanza. Vide Mizu a letto, ancora con la suit da Hero, il suo petto che si alzava e abbassava regolarmente lo fece sospirare di sollievo. La raggiunse e le scostò i capelli dal viso, nel momento in cui anche Hawks rientrò nella stanza.

« Come sta? » Chiese grave Aizawa.

« E’ forte ma si è sforzata parecchio, ha bisogno di riposo. » Hawks si avvicinò e gli tese la mano, con fare cordiale. « Suppongo che le presentazioni siano d’obbligo. »

« Ti conosco. »

« Bene, ma temo di non poter dire lo stesso. »

« Eraserhead. » Shota si decise a ricambiare il gesto e a stringere la mano di Hawks.

« Ah, quindi sei tu! Anche io ho sentito parlare di te. E se non sbaglio sei anche il precedente partner di Mizu. »

« Già… » Aizawa tornò ad osservare la donna, senza preoccuparsi di nascondere il suo cipiglio preoccupato. « Senti, adesso puoi andare. Resto io con lei. Immagino che con lei a terra, tu abbia il doppio del lavoro da sbrigare. »

Hawks sorrise per quel malcelato tentativo di liberarsi di lui cortesemente, ma acconsentì. Se Eraserhead era corso immediatamente da Mizu dopo aver saputo cosa le era successo, doveva avere i suoi motivi e iniziava a sospettare quali fossero. Avevano sicuramente a che fare col fatto che fosse entrato a casa di lei senza sfondare la porta, ma con le chiavi.

« Però non capisco perché non si sia curata da sola. » Chiese più a se stesso, come pensando a voce alta.

« Il suo quirk le permette di curare gli altri, ma non se stessa. » Rispose Shota, senza guardarlo, mentre teneva una mano di Mizu tra le sue. A quel punto Hawks si sentì veramente di troppo.

« Vado, sono certo sia in ottime mani. »

« Le farò sapere che sei stato tu a riportarla a casa. »

Beh per lo meno gioca pulito” Pensò Hawks sorridendo, mentre usciva dalla finestra. Dopo che l’ospite se ne fu andato, Aizawa sfilò la Hero suit a Mizu per poi farle indossare il pigiama e metterla sotto le coperte. Si stese affianco a lei, osservando il suo petto sollevarsi regolare, poi la fece girare su un fianco e la strinse tra le braccia, prendendo poi sonno a sua volta.


Angolino delle autrici

Scusate il ritardo di oggi! Settimana prossima non ci sarà un nuovo capitolo!

Ci risentiamo tra due settimane!

Lily&Lady

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Capitolo 14
*** Capitolo XIII° ***


Quel giorno dal Doragon staccò nel tardo pomeriggio. Dalle sei del mattino non si era fermata un secondo e se solo ci avesse provato, Gorou sarebbe comparso come per magia al suo fianco, dandole altre mansioni per “tenersi occupata”. Certo, come se non lo fosse, soprattutto in quel periodo. Anche se la convivenza con Touya era cominciata da poco, non la si poteva descrivere come una passeggiata. La presenza del ragazzo la faceva sentire a disagio, cosa abbastanza strana per lei visto tutto ciò che aveva fatto. Ogni volta che lui le rivolgeva la parola, avvertiva una strana irrequietezza, oltre quella sensazione fastidiosa di ricevere più volte dei pugni allo stomaco. Anche sostenere lo sguardo con lui era un’impresa davvero ardua, il contatto visivo tra loro si poteva cronometrare.

Si chiamano sensi di colpa, cara mia.”

Ripeteva quella vocina interiore e non mentiva. Sparire per tutti quegli anni, lasciando credere a quello che un tempo era il tuo migliore amico, confidente e fratello che praticamente eri già polvere, non era stata una mossa proprio perfetta. E’ vero, la sua testa era davvero una matassa incasinata, con solo stampato l’obiettivo del suicidio, ma visto che le cose adesso erano cambiate, poteva dedicare qualche minuto a pensare al suo passato e ogni volta che assemblava quel suo puzzle di ricordi immaginario, si leggeva una sola parola: Egoista.

E questo egoismo non si placava, visto che ogni volta che lui provava ad aprire il discorso “spiegazioni”, lei trovava sempre il modo di sorvolare la questione. Non sarebbe stato il massimo per lei ammettere gli errori e dare ragione a lui, troppo difficile.

Appena giunse al suo appartamento si soffermò davanti alla porta, facendo un bel respiro profondo così da accantonare nuovamente quei pensieri e finalmente varcare l’entrata.

Mai l’avesse fatto.

Il cordiale “sono a casa” morì in un respiro davanti alla scena che si trovò davanti. Il tavolo era ricolmo di barattoli di soba vuoti e altrettanti dentro il lavandino che facevano capolino formando una torre. Cartacce varie abbandonate su più punti della mobilia, compreso il pavimento, e varie magliette lasciate sulle sedie e sul divano. E proprio su quest’ultimo l’artefice di tutto ciò se ne stava comodamente sdraiato come un pascià, in attesa che le sue schiave gli imboccassero gli acini della più succulenta uva. Ancora sull’uscio della porta, Kimiko strinse il pomello così forte da riprodurre degli strani rumori scricchiolanti. Touya, avvertita finalmente la sua presenza, spostò il capo fissandola con sorriso solare, innescando il pulsare del nervo sulla tempia della ragazza.

« Bentornata Kim… devi aver avuto molto da fare. »

Lei neanche rispose. Tenne fisso lo sguardo omicida su di lui mentre chiudeva lentamente la porta, facendo scattare la serratura con più mandate. Continuando a mantenere gli occhi su di lui - con un’ inquietante espressione da pazza- si sfilò via la giacca di pelle, tardando un po’ ad appenderla visto che, non guardando cosa stava facendo, non riuscí a prendere il gancio dell’appendiabiti al primo colpo.

Lui serrò le labbra ed assottigliò lo sguardo confuso, chiedendosi di quale strana sostanza si fosse fatta la ragazza. Intanto Kimiko si avvicinò lentamente al divano, con strani tic nervosi che le provocavano spasmi muscolari ad ogni passo. Touya si mise seduto per lasciarle spazio e lei non perse tempo per prendere posto vicino a lui. Poggiate le mani sulle ginocchia continuò a fissarlo, inclinando appena il capo sulla spalla e tirando leggermente il lato del labbro per provare un accenno di sorriso. Touya sospirò profondamente cercando in tutti i modi di fissarla serio, ma l’espressione di lei gli provocò uno strano senso di ansia. Quell’espressione l’aveva già vista in alcuni componenti della sua famiglia e non si poteva associare assolutamente alla tranquillità. Si schiarì la voce, facendo un cenno col capo per indicare alla ragazza la tv.

« Hai sentito le imprese della tua amica? »

« Chi sarebbe la mia amica? » Chiese facendo l’ingenua, sbattendo le lunghe ciglia, pronta ad esplodere da un momento all’altro. Lui deglutì, allungando il braccio per prendere il telecomando dal tavolino. Con uno scatto, Kimiko gli afferrò il polso iniziando a stringerlo lentamente.

« Lasciala pure accesa… »

« Kim… le tue unghiette stanno trapassando lo strato di pelle bruciata… »

« Davvero? Non dirmi che sei preoccupato? Da quello che ho visto le mani non ti servono… » Indicò con l’altra mano il mucchio di spazzatura.

« Beh… ho pensato che lavorando in un bar, ti piacesse pulire… » Sorrise sarcastico, ma ciò fece stringere di più la presa attorno al suo polso.

« Adesso vado a farmi una doccia e tu, da bravo ragazzo che soggiorni a sbaffo in casa mia, rimetti tutto in ordine… ok? » Sorrise solare, tirandolo appena.

« Potrei… magari quando metti a posto il casino che tu hai lasciato per anni nella mia vita, no? » Il sarcasmo si spense in un’istante, lasciando posto alla serietà che ne valorizzava di più il suo sguardo penetrante. Kimiko serrò i denti, sollevando appena il labbro superiore in una smorfia disgustata e con un gesto secco gli lasciò il polso. Fece per alzarsi, ma questa volta fu il ragazzo a trattenerla per non farla scappare come le altre volte.

« Touya… lasciami. Usa questa forza per sistemare la casa che ti accoglie…»

« Quando tu smetterai di scappare dalle cose più serie che ci riguardano…»

« Ci? Sei tu che ti stai mettendo il problema. Ormai è passato, si va avanti. »

« Come scusa? Parli proprio tu che per una cazzo di vendetta hai mandato a puttane tutto?! Vedo che tua madre non è tornata comunque in vita, ops! » Gli occhi di lei iniziarono a rifulgere in una tonalità più intensa, mentre lui sorrideva con aria beffarda, sapendo di aver toccato il tasto giusto.

« Non provare a nominarla…»

« Altrimenti che fai? Mi uccidi? Ah, giusto! Meglio prendere la strada più facile. Eliminato il problema la signorina espia le sue colpe! » Le lasciò il braccio, così da poter applaudire. « Che brava! Ne ho conosciuto una simile a te, solo che lei ha preferito la strada della pazzia così da farsi rinchiudere lontano dai problemi… Proprio delle grandi donne dalle grandi responsabilità! »

No, Kimiko non gli permise di finire il tutto con un sorriso o con un nuovo applauso. Concluse il tutto con un forte e sonoro schiaffo contro la sua guancia che gli fece voltare il capo. Rimase in silenzio a guardarlo per un po’, osservando sgorgare dei rivoli di sangue da alcuni punti metallici.

« Sarò pure una stronza ed egoista del cazzo… » Disse a denti stretti. « Ma tu fai proprio schifo… »

Lo superò dandogli una leggera spallata, dirigendosi verso la camera da letto per lasciarlo da solo in quel silenzio che proprio lui, questa volta, aveva creato.

Così non mi stai aiutando affatto.” Pensò tra sé mentre chiudeva a chiave la porta. Nemmeno perse tempo a togliersi scarpe e vestiti. Si lasciò cadere sul morbido materasso, sospirando profondamente mentre chiudeva le palpebre. Non avvertí nessun rumore particolare dall’altra stanza, tranne quello delle trasmissioni tv. Inspirò profondamente sistemandosi di fianco sperando, mentre chiudeva lentamente gli occhi assonnati, che se ne fosse andato.

§§§



Mizu si risvegliò con una sensazione di piacevole tepore. Dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte, si guardò attorno. Con la pallida luce dell’alba che iniziava già a filtrare dalle tende, riuscì a distinguere la figura che le riposava accanto, con un braccio attorno a lei. Osservò il volto di Shota e notò quanto anche lui avesse bisogno di riposo, il lavoro alla U.A. lo stava davvero sfinendo. Gli spostò una ciocca dal viso, senza sapere che lui avesse fatto lo stesso con lei la notte prima, e tentò di alzarsi senza svegliarlo. Oltre a domandarsi come mai lui fosse lì, guardandosi allo specchio si rese anche conto di non aver più indosso i suoi abiti da Hero, forse era stato proprio Shota a cambiarglieli. Raggiunse la cucina e iniziò a preparare del caffè e delle uova per colazione. Poco dopo, mentre era di spalle, la voce bassa di Shota la fece sobbalzare.

« Come stai? » Le chiese, raggiungendola.

« Bene. Ieri non mi hanno ferita, ero solo sfinita. Era tanto, troppo, che non agivo sul campo. » Versò il caffè caldo in due tazze, poi ne porse una all’uomo. « Non ero più abituata, sto perdendo colpi, dovrei riprendere ad allenarmi. » Spense il fornello e servì le uova nei piatti, aggiungendo qualche fetta di pane. « Come mai sei qui? » Gli chiese poi, iniziando a mangiare.

« Ho visto il notiziario ieri, dovresti chiamare tua sorella, anche lei si è presa un bello spavento. »

« Si, capisco, ma perché tu sei qui? »

« Pensavo ti fosse successo qualcosa. » Si grattò nervosamente la nuca.

« Insomma, non riesci a dirlo, ma ti sei preoccupato. Ho capito. » Kotton si strusciò alle gambe di Shota facendo le fusa, poi saltò sul tavolo e iniziò a miagolare. Mizu gli fece un grattino, prima di farlo scendere e aprirgli una scatoletta di cibo.

« Senti, Mizu… » Iniziò Aizawa, ma lei lo fermò.

« No, aspetta, Shota. Vorrei prima dire qualcosa io. » Prese un lungo respiro e lo guardò negli occhi. « So quello che ho detto, che ti avrei fatto capire cos’hai perso e tutte quelle baggianate mentre cercavo di essere forte e non perdere quel poco di dignità che mi era rimasta. In queste settimane che sei sparito, ho capito che, per quanto io ci provi, non serve a niente. E’ evidente che non proviamo le stesse cose, mi stavo solo imponendo in maniera sciocca e immatura su di te. » Gli sorrise, in modo tranquillo. « E’ finita e devo lasciarti andare, passare oltre. Restare buoni amici e colleghi, senza risentimenti o strascichi di sentimenti passati. »

« Il fatto che io mi sia fiondato qui quindi non significa niente? » Mizu sobbalzò, Aizawa aveva alzato la voce, palesemente spazientito.

« Cosa devo dirti, Shota? Non li capisco i tuoi segnali! Facciamo l’amore ma mi sbatti in faccia che non vuoi una relazione con me. Mi eviti, poi corri al mio capezzale. Non ci capisco più niente! E sono stanca di aspettarti, davvero. »

« C’entra per caso Hawks? » Il tono di Eraserhed si fece più pungente e il suo sguardo si assottigliò. Mizu lo guardò, allibita.

« Cosa?! No! Adesso sei davvero infantile! Perché stai mettendo in mezzo lui, quando il problema sei tu!» Entrambi non si erano resi conto di essersi alzati in piedi e di starsi urlando contro. Mizu prese in braccio Kotton e si diresse all’ingresso, dove aprì la porta. « Grazie per essere passato e per esserti preoccupato, ma penso che tu debba schiarirti un po’ le idee, Shota. Ci sentiamo. » Aizawa guardò Mizu sbigottito, lo stava davvero cacciando. Raccolse le sue cose e se ne andò in silenzio. Dopo che fu uscito e la porta fu chiusa, entrambi si accasciarono sui rispettivi lati sulla porta. Dopo qualche minuto, Shota si alzò e andò via, mentre Mizu rimase lì a terra, con Kotton tra le braccia.

« Perché deve sempre andare così, Kotton? Io lo so che noi siamo diversi, siamo meglio di così, perché continuiamo a ferirci? » Il micio fissò la padrona con i suoi enormi occhi verdi, confuso. Il suono del telefono la costrinse ad alzarsi per rispondere.

« Healing Water. » Emise con tono basso e roco.

« Ehi, Doc. Non dirmi che dormivi ancora e ti ho svegliata! » La voce di Hawks risuonò squillante come sempre, ma un po’ offuscata dal vento.

« No tranquillo, ero sveglia. Sei in volo? »

« Si, sto giusto andando al laboratorio delle analisi. Ho avvisato di contattare me, visto lo stato catatonico in cui ti ho lasciata nel tuo letto ieri. »

« Sorvolerò su questo doppio senso… cosa intendi? Sei stato tu a riportarmi a casa? »

« In carne, ossa e piume. Eraserhead non te l’ha detto? »

« Stavamo discutendo di altre faccende e... deve averlo scordato. »

« Immagino… » Disse, malizioso.

« Puoi anche smetterla di immaginarti cosa sia successo, abbiamo solo litigato alla grande. »

« Come mai? »

« Non mi va di parlarne… Piuttosto, verresti a prendermi? Vorrei venire al laboratorio insieme a te. »

« Dammi cinque minuti. »

Chiusero la chiamata e lei iniziò a prepararsi, finché poco dopo non sentì bussare alla finestra.

« Non potresti usare anche tu la porta, come le persone normali? » Lo ammonì, scocciata, riavvolgendosi in fretta nella vestaglia.

« Ma io non sono normale come gli altri » Sentenziò, sicuro di sé per poi ridere di gusto quando Mizu alzò gli occhi al cielo.

« Aspettami qui, faccio in fretta. » La donna fece per andarsene, ma poi fu colta da un’illuminazione. « Aspetta! Sei stato tu o Shota a cambiarmi i vestiti stanotte?? »

« Temo sia stato lui, per sua fortuna. Possiamo rimediare se ti aiuto a rivestirti ora. » La squadrò con un finto fare famelico e Mizu, paonazza per la rabbia e l’imbarazzo, gli lanciò una ciabatta, mancandolo miseramente. « Troppo lenta, Doc. » Mizu si allontanò verso il bagno, tra le risa dell’Hero che echeggiavano persino nel corridoio. Guardò il suo riflesso nello specchio della doccia, era ancora rossa per la vergogna.

Ah e quindi Shota si immagina le cose eh? Ma per piacere, ammetti almeno con te stessa che sei intrigata da Hawks!” Si immerse sotto il getto dell’acqua, ma non la aiutò a calmarsi. Dopo una doccia rapida, si vestì velocemente e si legò i capelli in una coda alta.

« Pronta. » Confermò rientrando in stanza e trovandosi una scena piuttosto insolita: Hawks cercava di accarezzare il gatto ma Kotton gli soffiava.

« Al tuo micio non piaccio. »

« Ho l’impressione che preferirebbe darti la caccia, sei un uccello dopotutto. »

Mizu salutò Kotton, consigliando ad Hawks di non fare lo stesso, poi si lasciò prendere in braccio e partirono in volo alla volta del laboratorio. L’Hero si accorse subito che la dottoressa era più nervosa del solito.

« Hai qualche idea su cosa ci diranno? » Le chiese per allentare un po’ la tensione.

« No… nessuna. » La vide arrossire e distogliere immediatamente lo sguardo.

« Che c’è, Doc? Non è mica la prima volta che voli tra le mie braccia. » Le fece, sornione. « O e la mia estrema vicinanza a farti questo effetto? »

« Ci provi proprio gusto a mattermi a disagio, vero? »

« Solo un pochino. » Ammise lui, ammiccante. Mizu lasciò perdere, arrendendosi divertita, poi cambiò discorso.

« Comunque grazie per ieri, sono un po’ arrugginita. »

« Se hai bisogno di qualcuno con cui allenarti, devi solo chiedere. La mia agenzia sarà ben lieta di accoglierti.» Mizu gli sorrise sinceramente per quell’offerta.

Atterrarono davanti al laboratorio e quando entrarono, scoprirono che il detective Tsukauchi era già lì da qualche minuto e li stavano aspettando.

« Ah dottoressa, non pensavo sarebbe venuta anche lei. »

« In quest’indagine ci sono dentro fino al collo anche io, non potevo mancare. Ieri non mi hanno ferita, è bastato un po' di riposo per tornare come nuova. »

Proseguirono verso l’ufficio del ricercatore con cui avrebbero parlato, ma Healing Water si sorprese di conoscerlo. L’uomo, sulla cinquantina, le sorrise e le strinse calorosamente la mano.

« Mizu! Non posso crederci, sei davvero tu? Ricordo quando Lysa ti portava al lavoro con sé e io ti offrivo sempre una caramella, anche se lei non voleva che mangiassi troppi zuccheri. » Alla donna si illuminarono gli occhi, mentre l’Hero e il Detective osservavano confusi la scena.

« Adesso, ricordo! Signor Hirasa! Non sapevo lavorasse qui, certo che il mondo è davvero piccolo. » Il trio si accomodò mentre Mizu diede qualche delucidazione ai suoi colleghi. « Mia madre era medico e lavorava nello stesso ospedale col signor Hirasa, ma sto parlando di vent’anni fa. »

« Non dovresti farmi sentire così vecchio. » Ridacchiò lui. « Passando alle cose serie, immagino che il motivo per cui siete qui, sia il risultato del campione raccolto dall’ultima scena del crimine, corretto? »

« Esattamente, cosa può dirci a riguardo? » Chiese Tsukauchi. Il dottor Hirasa si fece tremendamente cupo e serio in viso.

« La sostanza diluita nell’acqua che ci avete fornito, presenta una chiara natura di forma parassitaria. Non ci sentiamo di escludere che quel fumo nero abbia una propria coscienza e che risieda in uno o più ospiti. Inoltre era mescolato con DNA dal doppio cromosoma X, quindi l’ospite che ha compiuto il massacro mediante il parassita, è una donna. » Mizu trasalì. « Non vi ho detto ancora la cosa peggiore e che ci impensierisce di più: non riusciamo a spiegarci in che modo, ma queste tracce di DNA allo stesso tempo sono collegate a quello di All Might… »

La notizia lasciò i presenti ammutoliti, sbigottiti e confusi.


Angolino delle autrici

Ben ritrovati! Anche oggi nn ci dilunghiamo troppo, fateci sapere cosa pensate del proseguimento della storia ^^

Vi lasciamo come sempre i link alle pagine FB

LilyShakarian

LadyBarbero

A presto!
Lily&Lady

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Capitolo 15
*** Capitolo XIV° ***


« Ecco i vostri ordini, signori » disse Kimiko con un mezzo sorriso servendo i piatti al tavolo « E buon appetito. »

« Dall’aspetto e il buon profumo sembrano proprio deliziosi! » aggiunse uno dei commensali, strofinando le mani pronto a consumare la sua portata.

La ragazza si congedò con un breve inchino, riprendendo subito dopo la sua postazione dietro al bancone.

« Sembri più riposata rispetto ai giorni precedenti » commentò Gorou, fissandola di traverso « Hai finalmente fatto pace col tuo letto? »

« Mettiamola pure così. » Rispose la ragazza, prendendo dal taschino il telefono così da curiosare un po’ sulle news che internet offriva. In effetti la giornata sembrava essere iniziata abbastanza bene. Dopo la discussione avuta la sera precedente col ragazzo, al suo risveglio si sarebbe aspettata il caos rimasto dalla sera prima, magari come gesto dispettoso da parte di Touya. Ma – come in un bellissimo sogno dal quale non si sarebbe voluta svegliare – con grande stupore si era ritrovata il salone e la cucina in perfette condizioni. Con espressione soddisfatta in volto, aveva osservato ogni angolo, finendo col buttare uno sguardo sul divano dove il ragazzo se ne stava disteso e addormentato, forse sfinito per il duro lavoro. Con movenze feline così da evitare di svegliarlo, aveva preso il cambio dalla camera e si era avviata in bagno. Dopo aver fatto una doccia in tranquillità ed indossato il cambio pulito, aveva mangiato un boccone al volo e si era diretta a lavoro nel caos mattutino.

« Stavo pensando di rinnovare l’iscrizione in palestra… » storse le labbra mentre era intenta a scorrere il dito sul display.

« Proprio ora che hai ripreso la freschezza ed il riposo giusto? » il locandiere sospirò, scuotendo il capo contrario alle parole di Kimiko « Secondo me quello che ti serve è uno svago come si deve. »

« Tipo? »

« Che ne so… magari le cose che fanno tutte le ragazze della tua età. »

« Ricoprirsi di trucco appariscente con annessi vestiti sgargianti e girare per negozi e locali pronte a balzare sul primo ragazzo che capita a tiro? Nah… » sorrise divertita, riponendo il cellulare nella tasca « Non sono fatta per questo genere di cose. » lasciò il suo posto per andare a prendere una nuova ordinazione. Gorou la fissò con leggera perplessità lasciando che un sospiro desse voce ai suoi pensieri di padre ormai arreso all’evidenza. Prima che potesse aggiungere altri commenti, il tintinnio della campanella all’ingresso, segnò l’arrivo di un nuovo cliente. Quando gli sguardi di Kimiko e Gorou si puntarono quasi simultaneamente sulla porta, notarono la figura di Mizu. La donna, però, per quanto stesse sorridendo e li stesse salutando con la mano, sembrava più pallida del solito.

« Guarda chi si vede! » esordì la bionda poggiando una mano sul fianco « Ancora stremata dalla missione? » mostrò un ghigno divertito. L’azzurra specchiò i suoi occhi in quelli magenta della cameriera e sembrò prendersi qualche attimo di troppo per ponderare la sua risposta.

« Già… mi ha davvero stremata. Si vede che sono sempre chiusa in un ufficio. »

« Oh… chiusa in ufficio o in qualche posticino segreto con il pollo? » la fissò a lungo con espressione maligna « Le ultime riprese mostrano la dolce Mizu tra le braccia dell’uomo alato che prendono il volo verso terre sconosciute. » A quelle parole, Mizu sgranò gli occhi e arrossì vistosamente.

« Per favore Kimiko, non ti ci mettere pure tu! Non ero nemmeno cosciente! » Kimiko portò entrambe le mani sul viso in una finta espressione di stupore.

« Oh my god! Chissà cos’altro sarà successo! » Mizu aggrottò le sopracciglia e si preparò a risponderle a tono, ma poi chiuse la bocca, si guardò attorno e cambiò completamente espressione, assumendone una più tronfia.

« E invece il tuo nuovo amichetto dove l’hai lasciato? »

« Ti riferisci a To- » si morse il labbro prima di completare il nome, forse non era il caso di pronunciarlo, viste le conoscenze di Mizu. Si schiarì la voce con qualche colpo di tosse guardandola vaga « Lo stronzo è chissà dove… onestamente non è affar mio di cosa fa o dove va. »

« Certo, certo… esattamente come il “pollo”. » La dottoressa le sorrise complice. « Perché non mi porti qualcosa da bere e mi fai compagnia come finisci il turno? » Kimiko mugolò pensierosa.

« Non ho nulla di interessante da fare, quindi… perchè no? Basta che non andiamo al karaoke o in qualche locale alla moda… » le fece cenno di accomodarsi, andando a prepararle il solito drink sotto lo sguardo curioso di Gorou che stava spostando gli occhi prima sua una e poi sull’altra. Mizu intercettò lo sguardo dell’uomo e gli sorrise, salutandolo.

« Come va? » Gli chiese, avvicinandosi.

« Sempre come al solito. Inizia qualche dolorino per l’età, ma nulla di così interessante. Tu invece? Sicura di stare bene? »

« Suvvia, Gorou-san, quale vecchiaia e vecchiaia, è sempre il solito. Sfido chiunque qui al locale a non subire il suo fascino. Per quanto riguarda me, si, sto bene. E’ solo un periodo molto intenso. » Per quanto gli piacessero il gestore del Doragon e i suoi dipendenti, erano comunque civili e preferiva non sbottonarsi troppo sulle faccende del lavoro.

« Vedi di non fare sforzi eccessivi. Capisco la tua posizione, ma strafare non aiuta né te né gli altri. » Gli sorrise congedandosi per andare verso la cassa. Intanto Kimiko preparò il suo drink poggiandolo con leggera forza davanti a Mizu senza smettere di scrutarla. La dottoressa sbatté le palpebre più volte, perplessa.

« Non c’è bisogno di sbattere il bicchiere. Se hai qualcosa da dire, dimmi pure, Kimiko. »

« In genere, se qualcuno mi propone di passare del tempo insieme, finisce sempre che io passi dei guai. Sono sospettosa… » sollevò lo sguardo al soffitto « e forse anche un pochino stressata… »

« Ah lo so, lo so che sei iper sospettosa “ Kim”. » Mizu ridacchiò. « Posso chiamarti così? » La cameriera cercò di nascondere una vena pulsante per quel diminutivo che risuonava come un eco nella sua testa con lo stesso tono di voce di Touya.

« Va bene… » Mostrò un sorriso più tirato del solito.

« Sei in pausa? » Le chiese, sorseggiando la bevanda.

« Chiamiamola pure pausa. Quei clienti stanno occupando i posti non so da quanto ormai. » alzò lo sguardo verso l’orologio da parete, notando che mancavano ancora quindici minuti per staccare da lavoro. Fissò nuovamente i clienti e, dopo aver fatto spallucce, si sfilò via il grembiule da lavoro, sistemandolo sul braccio. « Lascio questo e prendo la mia roba, tu finisci pure il tuo drink. »

« Ti aspetto qui. » Rispose, continuando a bere e dando una sbirciata ai messaggi sul cellulare. Kimiko lasciò il grembiule al suo posto,salutò velocemente Yuurei, alle prese con le cucine, poi prese il suo cappotto e si avviò silenziosa verso Mizu. Giunta alle sue spalle curiosò verso il display del suo cellulare.

« Messaggi con il pollo o con mister occhiaie perenni? » Mizu si portò immediatamente il cellulare al petto e la guardò malissimo, arrossendo.

« Questo non è carino, Kim. Stai violando la mia privacy, potrebbe anche essere una questione di lavoro! »

« Certo, chiamiamolo lavoro. » Le sorrise maliziosa. Fece un cenno con la mano verso Gorou e lui di risposta ricambiò chinando appena il capo. « Il drink lo offre la casa. » indossò il cappotto « Vogliamo andare? » Sorrise divertita avviandosi verso la porta del locale. La dottoressa imitò il gesto di saluto verso Gorou, aggiungendo un mezzo inchino di ringraziamento per la bevanda offerta, e poi seguì la bionda fuori dal Doragon.

« Allora, facciamo un patto. Io ti parlo dei miei problemi con “ il pollo e occhiaie perenni”, se tu mi parli di Cicatrici. » Esordì Mizu, mentre i loro piedi lasciavano impronte sulla neve. La bionda sospirò lungamente, sistemandosi il colletto.

« Credi sia davvero interessante parlare di lui? Perché per il momento ho solo da dire tante e forse troppe cose negative. Non ci sta bisogno di fare patti per tutto questo, forse dovrei parlare un po’ a prescindere. Anche perché non riesco a capire se sono nel torto oppure no. » Sospirò nuovamente portando le mani nelle tasche. « Parlarne con Gorou non serve a nulla e con Yuurei, beh… tra uomini ci si spalleggia sempre quindi sarebbe del tutto inutile. »

« Sono qui per ascoltarti. » Le disse Mizu, stavolta guardandola seria e incoraggiante.

« Mh… continua a chiedermi cose alle quali, per il momento, non posso dare risposta. Probabilmente per mia vigliaccheria… »

« Parlami un po’ di lui. Chi è, una vecchia fiamma? Perché mi sembra di capire che non sia una nuova conoscenza, ma più un fantasma del passato.» Kimiko la fissò con espressione disgustata appena sentì pronunciare la parola fiamma.

« No, please… non mettiamoci l’amore di mezzo. » si grattò la nuca imbarazzata « Se devo essere sincera… non ho mai avuto storie o contatti con nessun ragazzo in tutta la mia vita. » Mizu si bloccò di scatto e la fissò sbalordita. « Fai per via di impegni o la testa completamente altrove, ma nella mia vita nessun ragazzo ha mai fatto capolino, soprattutto lui. » abbassò lo sguardo « E’ solo un amico di vecchia data perso di vista e, se devo dire bene le cose come stanno, me lo ricordavo completamente diverso, in tutto. »

« Scusami, tiro un po’ il freno a mano perchè sto veramente capendo poco. » Rispose la dottoressa, riprendendo a camminare. « Mi ha lasciata davvero sorpresa sapere che non hai mai avuto una storia. Insomma, posso capire che Gorou-san sia iper protettivo, ma tu sei una bella ragazza e, caratteraccio a parte, non penso avresti difficoltà a trovare un ragazzo. »

« Beh, non posso negare che certe proposte non siano arrivate. Numeri di telefono, battutine. Solo che non mi hanno mai stimolata o affascinata a quel punto. Nemmeno sessualmente. » si portò l’indice al mento, pensierosa.

« Non che ci sia qualcosa di male o di sbagliato in questo, sia chiaro. Semplicemente non me l’aspettavo. » Rispose Mizu, flemmatica. « E invece questo tuo amico riapparso dal tuo passato? Sei felice che sia nuovamente nella tua vita? »

« Non lo so nemmeno io. Come ti ho già detto, le troppe domande mi mettono in perenne disagio… un effetto che mi mancava! » sorrise forzatamente « E questo succede con lui, perché o tu o Gorou, ma anche Yuurei, non mi trasmettete lo stesso effetto. »
« Allora forse verso questa persona provi davvero qualcosa di diverso, se ti fa sentire diversamente rispetto agli altri. Magari è perché proprio non accetti l’idea di poter provare amore. » Kimiko la fissò distrattamente.

« Che ne so… dubito che il disagio sia compreso in questo amore che tanto viene nominato. Non provo batticuore o vuoti allo stomaco, non riesco proprio a guardarlo appena mi chiede di approfondire alcune cose lasciate in sospeso. E no, non riguardano cose amorose… » le sorrise divertita « In conclusione, credo che non mi innamorerò mai di nessuno, perché puntualmente si soffre e io non voglio assolutamente questo… »

« L’amore si mostra in tante forme, Kim. Non necessariamente con le farfalle allo stomaco. Mi sembra di capire che gli vuoi bene, ma che c’è qualcosa che non ti permette di lasciarti completamente andare al vostro rapporto, qualunque esso sia. Hai detto che è cambiato, ma non hai pensato che magari sei cambiata anche tu? Siete cresciuti e siete diversi entrambi, vi state ancora riallineando. Se vuoi che le cose migliorino, però, devi trovare il coraggio e la forza di affrontare i demoni del passato che vi hanno separati. Non puoi sperare che faccia solo lui passi avanti, devi essere anche tu ad andare incontro, altrimenti non vi riavvicinerete mai. » Mizu alzò gli occhi al cielo ormai scuro e pieno di stelle, mentre la condensa formatasi mentre parlava, si disperdeva nell’aria. « Dovresti prenderti il tempo per capire cosa vuoi, se preferisci che sparisca di nuovo allora non fare niente, lascia tutto irrisolto e sarà lui ad andarsene. Perché per quanto ci tenga, a furia di sbattere su un muro, anche lui prima o poi si stancherà. Se invece vorresti che restasse, allora… beh saprai meglio di me quali sono gli argomenti spinosi da affrontare con lui. » Lo sguardo magenta si assottigliò su alcune parole. Da una parte avrebbe voluto stare ferma nei suoi silenzi, così da permettere a Touya di andarsene dalla sua vita, ma il flebile pensiero della sua schiena che spariva lentamente nell’oscurità non la lasciava del tutto indifferente. Scosse il capo lentamente, concentrandosi sul suo respiro.

« Anni fa, provai questo affetto amorevole nei riguardi di una persona. Nemmeno lei era una santa, ma riusciva sempre a farsi perdonare in ogni modo. La vita mi sembrava perfetta, non avevo bisogno di nulla, finché qualcuno non ebbe la brillante idea di strapparmela via per motivi che non sto qui a spiegarti… fu proprio in quell’istante che la mia esistenza iniziò a fare schifo, dovrei nuovamente aprirmi a qualcuno così da agevolarmi la discesa verso il basso? Non mi va di toccare il fondo onestamente…» Mizu si fermò nuovamente, stavolta più risoluta. « Kim.. » Fece voltare la bionda verso di sé e le mise le mani sulle spalle. « Ascoltami bene… E’ vero, amare qualcuno, in qualsiasi modo, fa male, perché permettiamo a quella persona di ferirci, anche involontariamente, però… otteniamo anche molto altro in cambio, non solo dolore. Sei ferita, lo vedo chiaramente. Non so nemmeno se questa ferita si sia richiusa o se sia una cicatrice, ma posso assicurarti che è normale. Tutti soffriamo, chi più chi meno, chi subisce cose peggiori di altri, chi è semplicemente più sensibile, ma se permettiamo alle cose che ci capitano di controllarci, non saremo mai liberi di essere ciò che siamo realmente. Devi scusarmi, al lavoro non mi sarei mai permessa di cercare un contatto fisico così diretto con un mio paziente, ma tu sei una mia amica, o almeno vorrei che lo fossi. Anche dicendoti questo io mi sto aprendo a te, sto lasciando uno spazio che ti può permettere di ferirmi, ma sono io a deciderlo, sono io a rischiare. E’ sempre una nostra scelta e un po’ di sofferenza, spesso, vale la presenza di alcune persone al nostro fianco. » Questa volta il sorriso di Kimiko era tutto tranne che forzato. Tanto era la dolcezza espressa dal suo viso che le gote le si arrossarono, complice il freddo e quella strana somiglianza con sua madre che, con la stessa premura che mostrava Mizu in quel momento, cercava di supportare la figlia in tutte le sue scelte. Chissà se l’azzurra sarebbe stata così propensa a porgerle la mano e i suoi consigli se avesse saputo chi lei fosse realmente. Inclinò appena il capo sulla spalla senza smettere di guardarla.

« Ti metterai nei guai standomi vicina… in questo caso… » le diede una schicchera contro la fronte « Farai schifo insieme a me! » le rivolse il miglior sorriso che aveva.

« Ehi! Sono io che dovrei darle a te le schicchere! » Affermò offesa, massaggiandosi il punto dolente. « Il rispetto per i senpai è sempre più sconosciuto in queste nuove generazioni… Tu e Hawks avete già qualcosa in comune!» Con la mano, Kimiko misurò la differenza tra le loro altezze.

« Sei bassa per essere una senpai… ma almeno sei agevolata con il pollo! »

« La mia altezza c’entra ben poco, sei tu ad essere una gigantessa per essere una giapponese! » Mizu fece qualche passo camminando sulle punte dei piedi, facendo scoppiare a ridere Kimiko. « E comunque... cos’è tutta questa convinzione che tra me e Hawks ci sia qualcosa? » La bionda fece ruotare gli occhi.

« Non ti piace che si prenda confidenza, ma ti fai portare in volo più volte dal polletto. » prese il cellulare cercando una cosa, voltando poi lo schermo verso Mizu « Li chiamano paparazzi, non si sa dove andavate, ma qui non mi sembri svenuta. Spaventata si, ma vedo che sei bene avvinghiata a lui. »

Mizu sgranò gli occhi e strappò letteralmente di mano il cellulare a Kimiko, portandoselo praticamente attaccato al naso. Non poteva credere che fossero riusciti a fotografarli da quell’altezza e ora riusciva anche a capire meglio il sospetto di Aizawa. Sospirò sconfitta, restituendo il cellulare all’altra ragazza e abbassando le spalle.

« Ora capisco meglio alcune cose… » Ammise più con sé stessa che altro.

« Certo che i giornalisti ne sanno una più del diavolo, riescono a far credere sempre quello che vogliono… » Si fece passare la foto e la inoltrò ad Hawks, insieme ad un messaggio.

Guarda un po’ cosa gira in rete. Mi aspetto di trovare un articolo su di noi a breve. Cosa facciamo?”

Non dovette attendere troppo per la risposta.

Assolutamente niente, più gli si da corda, più continuano. E poi non c’è da preoccuparsi, in fondo non c’è nessun noi, giusto? :p”

Mizu rimase un po’ spiazzata da quella risposta, come se la cosa le dispiacesse. Si diede mentalmente dell’idiota e rispose con un semplice:

Hai ragione.”

Poi mise via il telefono, ma quell’espressione un po’ delusa non sfuggì alla bionda.

« Allora, anziana senpai…» esordì Kimiko con mezzo sorriso « Ora è il tuo momento sul palco delle confessioni… »

« Ehm… cosa dovrei confessare esattamente? » Chiese Mizu con un sorriso confuso.

« Fai le tue domande, kohai, e avrai le tue risposte. » Disse infine, con finto tono saccente.

« Avete già fatto sesso o siete fermi al bacio? »

« EEEEH?! » Squittì Mizu a voce talmente alta da far girare i passanti. « Ma sei matta?! Di che stai parlando? Io e Hawks non abbiamo quel tipo di relazione, siamo solo colleghi! »

« Quindi siete fermi al bacio. Volevo saperne di più per avere qualche dritta. » ci rifletté un attimo « Forse le ali sono scomode in certe occasioni… dici che le tiene piegate o del tutto aperte? »

« Kimiko guarda che hai davvero frainteso! Non ho mai baciato Hawks! »

Ma ammetti che forse vorresti.” Anche la sua mente era contro di lei.

« Abbiamo solo un rapporto professionale e… non voglio immaginare come tiene le ali mentre fa sesso! »

Probabilmente avvolge la sua partner e poi le spiega nel culmine” Si disse mentalmente, per poi scuotere la testa per cercare di scacciare quei pensieri.

« Vorrei evitare di immaginare certe cose… » Ammise, coprendosi gli occhi e arrossendo. « Non perché sia eccessivamente pudica, ma… Ho già una persona che mi piace e non è Hawks… »

« Dai… non sarà mica mister occhiaie? » La guardò contraria « Sei così energica e socievole con tutti, praticamente l’opposto di quel tipo… non è neanche così conosciuto come “pro Hero”... »

« Non sai che gli opposti si attraggono? » Mizu fece un sorriso triste.

« Purtroppo non si sceglie di chi innamorarsi… E Shota è l’amore della mia vita. » Fece una breve pausa. « O almeno, lo credevo fino a qualche tempo fa. Ora non ne sono più così sicura… »

« Dovresti seguire gli stessi consigli che hai dato a me. » le diede una pacca sulla spalla « Fanculo il passato e via al presente, vai da chi ti fa sentire bene o almeno provaci. » Mizu emise una breve risata.

« Hai perfettamente ragione, ma sai… è molto più facile dare consigli altri altri. Quando poi si tratta di se stessi, è tutto un altro paio di maniche… » Sospirò pesantemente. « Vedi, con Shota è stata una bella relazione, che pensavo sarebbe durata per sempre, ma poi.. Ha deciso che il suo “ sempre” era finito. Adesso che ci siamo ritrovati è tutto così complicato… Nessuno dei due sa bene cosa vuole, forse vorremmo stare insieme ma anche noi siamo troppo feriti. Oppure è davvero arrivato il momento di chiudere questo capitolo… Sarò onesta, almeno con te: Hawks non mi è totalmente indifferente, ma… non so nemmeno il suo nome se non quello da Hero! Non so nulla su di lui, se non che è un irriverente pennuto su cui si può davvero fare affidamento. Anche Shota è affidabile, ma… è molto più assente e non capisco esattamente cosa provi. » Mizu guardò Kimiko. « Ma guardami, io che ti ascolto e do consigli per problemi seri e poi finisco per lamentarmi della mia vita sentimentale! Ti sarò sembrata estremamente frivola… Non che mi manchino gli altri problemi, ma almeno pensando a questi non rifletto su tutto il resto… »

« Nah… frivola no. Noto solo che avevi bisogno di parlare anche tu con qualcuno. » continuò ad avanzare « Prova a vederla così… se ti piace aiutare gli altri è giusto vedere se, proprio i tuoi consigli, riescono ad aiutare le persone. Metti in pratica quello che hai detto a me, così la prossima volta riuscirai a dare migliori consigli. »

« Mi spiace se i miei consigli fanno pena. » Ridacchiò nervosamente. « Il vero problema è che non so ancora se sono pronta a lasciarmi Shota alle spalle… Una parte di me lo amerà sempre, però… forse è tempo di capire se posso avere un’opportunità con qualcun altro. »

« No “senpai”, hai interpretato male quello che volevo dire. » le sorrise « I tuoi consigli non posso sapere se sono giusti o sbagliati, anche perchè non li ho messi in pratica, ma proverò a farlo, per vedere se questo gioverà alla mia persona. Tu dovresti fare lo stesso nella tua situazione. Lasciati quel passato alle spalle, fai nuove esperienze e buttati a capofitto. » si grattò la nuca « Nel caso ti facessi male vedrò di aiutarti sollevandoti per un braccio. » fece spallucce.

« Vedi che sei una tenerona quando ti lasci andare? » Mizu la prese a braccetto. « E, per quello che vale, farei lo stesso per te. »

Chissà se prenderesti davvero la mano sporca di sangue di un’assassina

Le sorrise divertita.

« Facciamo un salto al supermercato, ho da prendere delle cose… »

« Ti accompagno volentieri, sono curiosa di vedere cosa comprende il tuo regime alimentare per essere cresciuta in questo modo così nordico! »

Le diede delle pacchetta sul dorso della mano.

« Non ti faccio scervellare inutilmente. » le rivolse un nuovo sorriso « Il segreto è la genetica. Perché, tadan! Io sono americana! » Mizu sgranò gli occhi.

« Come? Questa mi è nuova… Hai il sangue misto oppure sei solo americana? »

« Mamma americana, papà giapponese. » ci riflettè su « Anche se dall’aspetto ricorda tutto tranne che un occhi a mandorla. »

« Anche mia madre ha parenti americani, infatti ha un nome straniero ed è stata in America per gli studi. Sarebbe Lysa ma qui traslitta in Risa. »

« Mh… quindi Helena sarebbe? Herena? » trattenne una risata, cosa che invece Mizu non fece.

« Esattamente. » La dottoressa era davvero contenta che finalmente la ragazza stesse affrontando con lei l’argomento spinoso di sua madre.

« Per fortuna ha avuto la brillante idea di darmi un nome giapponese, almeno si evitavano storpiature. » dipinse sul volto un’espressione soddisfatta.

« Lo hanno scelto insieme, lei e Gorou-san? » Tentò Mizu, sperando di non esagerare. Kimiko si fermò davanti all’entrata del supermercato, voltandosi verso di lei con aria seria. Gli occhi sembravano brillare mentre si immergevano nelle pozze azzurre di Mizu. Socchiuse le labbra, dall’aspetto ci si aspettava una qualche risposta secca ma, in un attimo, la faccia buffa seguita da una fragorosa risata spezzò quel momento di leggera tensione.

« Dai… seriamente sei convinta che Gorou sia mio padre? » si asciugò una lacrima « Eppure sei abbastanza intelligente per dedurre certe cose… soprattutto su Gorou… non noti mai i suoi sguardi strani verso un determinato tipo di clientela? »

« Beh avevo il sospetto che non lo fosse ma, proprio perché sono intelligente, stavo prendendo il discorso alla larga, perché non sapevo come avresti reagito. » Entrarono nel negozio ed iniziarono a girare per i vari reparti, con Kimiko che portava avanti il carrello e Mizu indicava i prezzi della merce in sconto. « E comunque no, non li ho notati, cosa intendi per sguardi strani ? » La bionda mugolò pensierosa mentre osservava il retro dei contenitori della soba.

« Gli sguardi strani che rivolge al sesso femminile. Gorou non è un grande amante delle donne. » ripose sullo scaffale uno dei barattoli « Stima più le banane, per dirla in modo divertente. »

« Oh, non sapevo avesse quel tipo di gusti. Non che a me crei qualche disagio, ma… è un vero peccato, sono certa che molte clienti se lo sapessero, scoppierebbero in lacrime. »

« Meglio saperlo a voce che vedere il tuo tutore avvinghiato ad un tizio dall’identità sconosciuta. » mise nel carrello vari barattoli di soba « Credo che rimasi almeno due mesi confusa da quella scena. » Mizu scoppiò a ridere. « Se non sbaglio avevo...mh.. 15 anni? »

« Ma quindi, com’è che è il tuo tutore? » Chiese l’azzurra, asciugandosi una lacrima creata dalle troppe risa. Kimiko poggiò le braccia sul carrello spingendolo verso la prossima corsia.

« Sembrerà una risposta stupida, ma credimi, è andata davvero così. Hai presente quei racconti fantasy dove una ragazza cade all’improvviso dal cielo? Ecco, una cosa del genere. » fece spallucce fissandola con perplessità.

« Cos’è successo ai tuoi genitori? » Chiese la dottoressa, stavolta fattasi seria. Kimiko sorrise con amarezza, fissando le varie cose all’interno del carrello.

« Lui circondato dalla fama… lei qualche metro sotto terra… » spinse di più il carrello distanziandosi da Mizu. L’azzurra non le permise di lasciarla indietro e aumentò il passo, poi quando la raggiunse, le poggiò una mano su un avambraccio.

« Non scappare. Sono qui, non c’è nessun altro che ti sta ascoltando, non temere. » Puntò i suoi occhi sul viso di Kimiko, aspettando che si girasse.

« Circondato dalla fama, eh? Avere un genitore che sceglie di diventare un eroe professionista, non è sempre il massimo, lo so bene. Si, non ci voleva un genio per capirlo, considerata la tua estrema avversione per gli Hero… »

« Oh, no senpai, cadi in errore… » ridacchiò nervosamente « Lui non sa neanche che io esisto, non sono una di quelle messe da parte per seguire un sogno. Per scelta di mia madre sono sempre rimasta anonima sulla paternità. Infatti, qualora mi chiedessi chi esso sia, non potrei mai dirtelo, altrimenti infrangerei una promessa a cui mia madre teneva tantissimo. »

« Stai tranquilla, non ho bisogno di chiedertelo. Posso però dirti che credo sia stato un errore. Per me tua madre avrebbe dovuto per lo meno informarlo della tua esistenza e permettergli di agire di conseguenza. » La mente di Mizu stava già iniziando a collegare le varie informazioni. Un pezzo grosso degli Hero, talmente tanto da decidere di nascondergli l’esistenza di una figlia. Per di più Kimiko era mezza americana. La sua avversione per l’operato degli Hero era ben nota e ora la faccenda del DNA femminile, con tracce di quello di All Might. Sperava davvero di sbagliarsi e che quelle fossero tutte coincidenze. Osservò la bionda con apprensione, sapendo che solo con lo sguardo non sarebbe riuscita a percepire tutto il dolore che si portava dentro, tutta quell’oscurità. « Spero che un giorno mi parlerai di ciò che è successo ad Helena. Senza pressione, solo se e quando avrai voglia. » Kimiko le sorrise con una nota divertita.

« Sono certa che capiterà quell’occasione, senpai, ma questo non è il giorno… »

« Oh lo so, oggi si parla di ragazzi! » Mizu spezzò la tensione del momento.

« Hai davvero intenzione di mangiare quella roba? » Disse, indicando la quantità di scatole di soba nel carrello. « A parte che è davvero troppa per una sola persona… Hai a disposizione la deliziosa cucina di Yuurei e preferisci queste schifezze? »

« Ah no! Questa roba non è mica per me! » rispose con spontaneità « Lo stronzo ha la fissa di mangiare questa roba, vive di soba. » indicò gli scaffali « Io prendo tutto l’occorrente per del buon riso al curry. »

« Aspetta… hai fatto tante manfrine prima e ora mi dici che vivete assieme? » La bionda si grattò la nuca, mettendo su un buffo broncio.

« … comunque è uno stronzo e si comporta male… »

« Per quale ragione gli permetti di vivere a casa tua, allora? »

« Perchè non mi va che stia in giro da solo… tutto qua… » Mizu le sorrise dolcemente.

« Mi sembra che tu allora abbia già la risposta ai tuoi quesiti di prima. » Kimiko la guardò con perplessità, sbattendo più volte le palpebre senza capire.

« Finiamo di fare la spesa… altrimenti si riprende quel maledetto argomento sull’amore… »

« Vuoi forse dirmi che non è un chiaro segno? E’ ovvio che gli vuoi bene e parecchio. Ti importa che non stia male e che non sia solo, se non è affetto profondo questo. E per risposta intendevo che non vuoi che si allontani da te, è questa la realtà. Cerca di essere meno dura con te stessa, sei troppo rigida, ti metti troppi limiti. »

« Avrei dei dubbi sulla questione del preoccuparmi che non stia male… » assottigliò lo sguardo « Con l’ultimo schiaffo che gli ho sferrato devo avergli strappato mezza faccia… » borbottò con indifferenza.

« E il motivo per cui l’hai colpito? Ne valeva la pena? Non c’era una soluzione che non implicasse la violenza? »

« Secondo me no… ho provato anche soddisfazione, visto che non smetteva di punzecchiarmi… » ripensò all’episodio « Accidenti se mi è piaciuto! » Mizu alzò gli occhi al cielo.

« Non ho ancora sentito il motivo per cui l’hai colpito. » Kimiko scosse il capo, prendendo gli ultimi ingredienti dagli scaffali.

« Lavoro duramente tutti i giorni perchè, che piaccia o non piaccia, i soldi servono. Ok che l’appartamento non è in affitto ma di mia proprietà e capisco che lui possa essere stato in strada per chissà quanto tempo e con chi… non gli costava nulla mettere in ordine la casa in mia assenza. Invece mi sono trovata davanti il devasto totale! E lui? In panciolle sul divano a guardare la tv! Non sono una schiava, ma una sua amica. » digrignò i denti nervosamente mentre si avviava alla cassa « Quando gli ho fatto notare questa cosa, ha iniziato a prendere vari discorsi pur di pararsi il culo e far passare me come quella stronza e insensibile! Non scherziamo! » Mizu sospirò, sorridendo.

« Una coppia sposata che litiga… D’accordo, daccordo, risponderò seriamente.» Aggiunse vedendo lo sguardo truce della bionda. « Però davvero, seriamente Kim. Hai deciso di farlo stare da te, forse parlare delle regole per una buona convivenza darebbe più risultati che menarlo non appena sbaglia, non credi? E’ vero, tu non sei la sua schiava e lui ha sicuramente sbagliato a lasciare tutto in disordine, ma nemmeno lui è il cane da colpire quando combina un guaio. Dovresti provare a parlargli, a spiegarli come vivere insieme pacificamente, soprattutto se sta a scrocco. E poi decidere se è il caso di affrontare quegli argomenti spinosi.»

« Il problema è che se inizio a parlargli, lui va a prendere un altro argomento che per il momento non mi va di affrontare. » iniziò a prendere le varie pietanze sbattendole sulla cassa « Perchè lui vuole solo quel maledetto argomento, principino viziato del cavolo! »

« Stai calma.. non è innervosendoti che risolverai comunque. Cerca di spiegargli che per ora non sei pronta, se non glielo dici, lui non può leggerti nel pensiero. Magari capirà e aspetterà che sia tu ad affrontare il discorso. » Kimiko sospirò arresa mentre estraeva il portafogli per pagare il conto. In effetti non gli aveva detto chiaramente che quell’argomento era un tasto davvero dolente per lei, quindi si limitava ad evitare l’argomento cambiando discorso o uscendo di casa con qualche scusa pensata sul momento. Fece ruotare gli occhi, avvertendo nuovamente quello strano disagio solo all’idea di dovergli parlare.

« Sono sicura che si concluderà a pugni e calci… » sollevò le spalle prima di prendere le buste. Stavolta fu il turno di Mizu di roteare gli occhi verso il cielo.

« E chi lo sa, a questo punto credo sia il vostro modo contorto di comunicare…» La bionda inclinò appena il capo, augurandosi tutto tranne quel brutto finale fatto di schiaffi e morsi. « Ricordati che la padrona delle tue azioni sei tu, perciò se non vuoi che finisca in modo violento, devi metterci anche la tua parte per far in modo che non accada. Se invece entri subito in modalità “miccia pronta all’esplosione” non risolvi granché… »

« Quando sento di stare per esplodere, immaginerò una matassa di gattini ciccioni che respirano a fatica per via dei rotolini in eccesso. » Mizu rise di gusto.

« Si, credo possa funzionare. E se non dovesse bastare, mandami un messaggio. Ti manderò le foto del mio gatto ciccione. » Gli occhi di Kimiko iniziarono a brillucicare.

« Hai un gattino ciccione?! Adoro i gattini ciccioni! » Mizu estrasse il telefono e mostrò a Kimiko delle immagini del micio fulvo.

« Si chiama Kotton, è un coccolone. »

« Oh! Che carino! Vorrei anche io un gattino! Ma, per adesso, mi accontento del pan-bradipo… shit»

« A ciascuno il proprio animaletto, suppongo. » Mizu aiutò Kimiko con le buste fino a casa sua. « Vuoi che salga per dire due paroline al tuo? Tra l’altro non posso continuare a chiamarlo Cicatrici, dovrai dirmi il suo nome.» Kimiko rimase con le spalle rivolte verso il portone.

« Nah, non ci sta bisogno di salire. Se con indifferenza alzerai lo sguardo verso la finestra del secondo piano, lo noterai che sbircia da dietro la tenda. » disse a denti stretti con uno strano tic nervoso all’occhio destro « In questo momento mi sento come nel film Misery non deve morire. » Mizu fece come suggerito ed effettivamente notò l’ombra del ragazzo, riconoscendolo dalla capigliatura a spazzola.

« Qualcuno era in pensiero per te. Dai, vai e non trattarlo troppo male. »  L’azzurra consegnò le buste a Kimiko e la salutò con un gesto della mano. « Ci vediamo presto e, per qualsiasi cosa, il mio numero lo hai. E’ un po’ il caos in questo periodo, ma troverò sempre un po’ di tempo per te. » 

« E’ già tanto quello che hai fatto oggi, quindi…» si schiarì la voce « Grazie…» disse in un flebile sussurro avviandosi verso il portone dopo aver ricambiato il saluto con un gesto del capo. Si voltarono di spalle, ognuna per la propria strada ma entrambe con un sorriso ad incurvare le loro labbra.


Angolino delle autrici

Eccoci! Finalmente il pc ha finito l'aggiornamento, così abbiamo potuto pubblicare. Capitolo bello corposo, con le nostre due eroine a confronto, che se la spassano un po' da buone amiche.

Da oggi, inoltre, oltre i link alle pagine FB, vi lasceremo anche i link di Instagram, dove effettivamente siamo più attive. Se vi va, supportateci e seguiteci lì ^^
P.s. Andate a vedervi i profili, che c'è fresco fresco il disegno delle due patate insieme <3

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Alla settimana prossima!

Lady&Lily

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Capitolo 16
*** Capitolo XV° ***


Lasciò le scarpe all’entrata dell’appartamento e sfilò via il cappotto, portando successivamente le buste della spesa sopra la tavola, sfilando da esse le varie cibarie acquistate. Con sguardo quasi accusatorio e le braccia incrociate al petto, Touya fissava ogni minima azione di lei, in attesa che magari iniziasse a parlare. Per canto suo Kimiko continuava con indifferenza a mettere tutto in ordine, prendendo delle pentole e padelle per preparare il riso al curry. Il respiro pesante e crescente di Touya per il nervoso che provava nell’essere ignorato, finalmente la fece voltare verso la sua direzione.

« Qualche problema? » 

« Vediamo…» Inclinò il capo sulla spalla, guardando pensieroso il soffitto « A parte non aver salutato, mi stai completamente ignorando. Un grazie per aver riordinato casa, come mi hai detto, sicuramente non mi avrebbe fatto così tanto schifo. Stesso per un saluto. » Kimiko lo guardò perplessa, sbattendo più volte le palpebre mentre sistemava la pentola sul fuoco.

« Potevi salutare anche tu e poi ringraziarti di cosa scusa? Hai solo fatto il tuo dovere. Semmai dovresti essere tu a ringraziarmi, no? » E tanti cari saluti ai consigli di Mizu. Kimiko si morse l’interno della guancia, non era così che avrebbe voluto andassero le cose. Di risposta lui storse le labbra contrariato, facendo andare in tiro i vari punti metallici sul suo viso.

« Hai ancora voglia di litigare? Vuoi che ti porga l’altra guancia? » 

« Ma smettila…» Sbatté con forza l’anta del mobile dove stavano riposte le pentole « In questo momento quello che tira fuori gli artigli sei tu, non di certo io…»  Sapeva di non essere completamente onesta con quelle parole, ma le sue difese si alzavano quasi in automatico quando c’era Touya di mezzo. Si voltò verso di lui, poggiando il fianco contro il bordo del tavolo « Dimmi dove sta il problema? » 

« Sai dove sta il problema, Kim…» Si avvicinò a grandi falcate accorciando la distanza tra le loro figure. Lei fece ruotare gli occhi, poggiando una mano sul fianco.

« Perché vuoi sapere cosa è successo dieci anni fa? Più che altro… Pensi che placherebbe l’odio che nutri nei miei riguardi? Mi accuseresti comunque di averti abbandonato e di aver permesso lo scempio sul tuo corpo. E, sicuramente, anche la tua mente…» Puntò gli occhi contro i suoi, fissandoli con serietà. Touya si morse appena il labbro inferiore, sfuggendo allo sguardo della ragazza con uno scatto del viso. Quella reazione non portò soddisfazione nelle tasche di Kimiko, anzi. Nella sua mente vide nuovamente plasmarsi l’immagine di Touya che le voltava le spalle, inghiottito lentamente dalle tenebre. Ora era lei a mordersi il labbro e spostare lo sguardo, rendendosi conto che non se la cavava poi tanto male a ferire con le parole, soprattutto toccare dei tasti dolenti. Non era poi così diversa da lui, forse era anche per questo che tra loro si era instaurata subito una piacevole amicizia in giovane età. Però, spiegargli così su due piedi quello che aveva passato era davvero difficile in quel momento e proprio non se la sentiva. Sollevò nuovamente gli occhi su di lui, osservando ogni dettaglio del suo viso. Notò che attorno ad uno dei punti metallici la pelle risultava più arrossata e con del sangue rappreso. Proprio il punto che aveva colpito lei la sera precedente. Si avvicinò di un passo, sollevando la mano verso il suo volto. Touya -di reazione- scostò il capo all’indietro prima del suo tocco, facendo ritrarre la mano di lei. Con diffidenza, lui spostò lo sguardo prima sul viso di Kimiko e poi sulla mano ancora ferma a mezz’aria.

« Vada due volte… ma alla terza vedo bene di stare all’erta…» 

« Gli schiaffi vanno dati con forza, non con il tocco di una piuma.» Gli sorrise divertita, avvicinando nuovamente la mano al suo viso. Questa volta lui restò immobile, socchiudendo gli occhi al suo tocco e permettendole di esaminare la ferita. « Credo ci sia un’infezione. Siediti un attimo.»  

Con curiosità la guardò avviarsi al bagno, prendendo posto su una delle sedie, come da lei richiesto. Kimiko tornò in cucina con il kit di pronto soccorso, sistemandolo sulla tavola e aprendolo. Dopo aver imbevuto un batuffolo di cotone con la soluzione disinfettante si avvicinò a lui.

« Puoi togliere quella graffetta? Altrimenti è inutile medicarti. » 

« Nessun problema…» Sbottonò con un click il cerchietto metallico, lasciandolo sulla tavola. Con cautela, Kimiko iniziò a tamponare la ferita eliminando i residui di sangue e siero.

« Ti fa male? » 

« Pizzica un poco… ma ci sono abituato. » Sorrisero entrambi, divertiti, poi lei prese del nastro medico, strappandone un pezzo.

« Per un po’ lascia questo. Il tempo che la ferita si rimargini. Dovrebbe fungere allo stesso modo della graffetta. » 

« Va bene, dottoressa. » Kimiko non poté evitare un sorrisino beffardo mentre riponeva tutto in modo ordinato dentro la cassetta. Sua madre faceva l’infermiera, qualcosina l’aveva imparata anche lei, soprattutto quando in passato l’aveva osservata rattoppare lei e il suo amico d’infanzia dopo le loro scorribande.

« Senti, Touya…» Lui sollevò il capo verso di lei, che con le dita stava picchiettando sulla scatola di plastica « Non ho mai detto che terrò all’oscuro il mio passato, non sarebbe giusto nei tuoi confronti e neanche nei miei…» spostò lo sguardo altrove «Ti chiedo solo di lasciarmi il tempo e darmi la possibilità di trovare la forza per poterne parlare con tranquillità. Evitando interruzioni, vorrei che tutto il discorso filasse liscio, così da non riprenderlo mai più.» il ragazzo la fissò con sguardo amareggiato.

« Come preferisci… però vorrei porti una domanda ed esigo subito una risposta, senza giri di parole né silenzi…» Kimiko lo guardò con curiosità, annuendo col capo « Con quella ne hai parlato? Sei riuscita a confidare questo passato? » 

« Quella? Stai parlando di Mizu? No, nulla in più di quello che sapevi anche tu. Ho solo accennato di un volo dal cielo…» Il ragazzo la fissò stranito « …anche lei mi ha guardata così, non chiedermi altri dettagli…» 

« Come preferisci…» sospirò lungamente poggiando il capo contro il pugno chiuso.

« Dai, parliamo d’altro. » Si avviò verso il bagno. « Devo pensare a un nuovo nome per te. » Colto dalla curiosità, lui non poté fare a meno di sedersi nuovamente composto, seguendola con lo sguardo mentre Kimiko riprendeva posto davanti ai fornelli.

« In che senso? » 

« Non posso chiamarti Touya con tanta facilità in presenza di altre persone, soprattutto di Mizu, lei è un Hero e ne conosce altrettanti, magari anche… »   

« Già…» rispose vago.

« Inoltre, sono estranea ai fatti che ti riguardano. Se ti nominassi davanti a lei, o anche ad altri, potrei finire per metterti involontariamente nei guai. Visto che anche tu però non parli del passato, deduco che ci siano questioni familiari di mezzo…» Aprì il sacchetto di riso. « Sono comunque a conoscenza di chi sia tuo padre e della sua fama… quindi…»  Lui - ancora più incuriosito- si alzò mettendo la sedia al contrario così, una volta seduto, poggiò le braccia sullo schienale.

« Sarei proprio curioso di sapere come mi nominavi davanti ad Acquagirl» 

« Io stronzo e lei cicatrici. » Soffiò una leggera risatina.

« Dai, pensavo di peggio… avevi già in mente qualcosa per il nome? Possibilmente qualcosa di figo. » Lei mugolò pensierosa, portando l’indice sotto il mento.

« Riesci ancora a dare quella tonalità azzurra alle fiamme? » 

« Ovviamente. Posso vantarmi di raggiungere alte temperature, superiore anche a quelle del bastardo…» Kimiko ricordava bene il perché di quel termine forte e dispregiativo nei riguardi di quell’uomo. Annuì alle sue parole, voltandosi con un mezzo sorriso.

« Talmente forti da riuscire a carbonizzare un corpo? Un po’ come le fiamme dei forni crematori? » 

« Già… anche più. Io stesso ho problemi se le utilizzo eccessivamente…» Si guardò le braccia abbastanza, stizzito. Lei gli sorrise con un po’ di amarezza, voltandosi nuovamente verso la cucina.

« Ricordano tanto i fuochi fatui, quelli che seguono i defunti… come si chiamerebbero in giapponese? » 

« Hitodama…» 

« Mh… troppo lungo e suona troppo femminile… mh…» Sollevò il capo al soffitto, sgranando di colpo gli occhi come se fosse colta dall’idea perfetta 

« Cremazione invece? » 

« Dabi…» 

« Good! Mi piace! Breve e semplice! » Gli sorrise schioccando le mani e tenendole giunte davanti alle labbra sorridenti « Accettato?! » Touya storse le labbra, facendo finta di pensarci seriamente, tenendola per un po’ sulle spine. Poi, mostrandole il suo miglior sorriso, annuì con il capo facendo esultare la ragazza.

« Bene! Prepariamo questo riso al curry e via di serie tv! » 

« Questa volta scelgo io…» Rispose lui, avviandosi velocemente a prendere il telecomando.

« Dai! Non sono poi così male quelle che scelgo! » Mise il broncio, voltandosi stizzita.

« Convinta tu…» Premette il tasto del menù per cercare qualcosa di interessante, osservato da una Kimiko sorridente e soddisfatta per aver ristabilito la stessa tranquillità che avevano in passato. 

                                                         **********

Mizu stava camminando per strada, tenuta sportiva, borsone e coda alta. Non aveva avuto più notizie da Shota da quella mattina di qualche giorno prima. Gli esami della U.A. erano finalmente iniziati e lui, in quanto professore, doveva assistervi. Anche sua sorella e sua nonna erano impegnatissime, la gente tendeva a farsi parecchio male durante le prove d’ammissione. Non credeva comunque che lui, anche libero da impegni, si sarebbe fatto sentire. Non dopo l’ultima discussione avuta che l’aveva portata a sbatterlo fuori di casa.

« Ma con tutto quello che sta succedendo, proprio a Shota ti metti a pensare? »  Si riprese, parlando da sola a voce alta, come nulla fosse. « Hai un paziente problematico come Endeavor che sta dando segni di cedimento delle difese e potrebbe sbottonarsi con te, hai le indagini in corso e anche lì c’è stata una svolta anomala ed importante e tu pensi a Shota? Sei proprio un imbecille… » 

Per non parlare dei pensieri che hai su Kimiko…” Si disse, stavolta mentalmente. Era quasi certa che la ragazza fosse collegata ai crimini della sua indagine, ma non sapeva ancora come. Non stava fingendo con lei e con il loro avvicinamento ma si era sforzata di rimanere naturale quando la bionda le aveva dato involontariamente informazioni essenziali.

« Con chi stai parlando? » Le chiese Hawks con tono gioviale e curioso. Mizu, strappata dai suoi pensieri, si portò una mano al petto e lo guardò atterrita.

« E tu da dove salti fuori?! » 

« Ti sei fermata davanti alle porte, ho visto che non entravi e sono uscito a capire perché ti fossi bloccata. » 

« No, niente… tutto a posto… solo un po’ di stress da sfogare. » Il ragazzo le aprì la porta in un gesto galante ed entrambi entrarono nell’edificio. Mizu aveva accettato l’invito di Hawks di andare nella sua agenzia per allenarsi, per questo era lì in tenuta sportiva. Fu accolta con entusiasmo dagli aiutanti, ma tra tutti non riusciva a capire con chi si sarebbe allenata. Solo in quel momento, mentre camminava affianco ad Hawks, fece caso al suo abbigliamento: indossava dei pataloni grigi, di tuta, mobidi, mentre il torso tonico era ben fasciato in una canottiera bianca. I polsi e le nocche erano bendati, ma la cosa che fece arrossire la dottoressa fu notare i capelli del ragazzo, legati in un codino. Notando lo sguardo di lei su di sé, le sorrise furbo.

« Che c’è? Hai un debole per i ragazzi coi capelli legati? » Le chiese, con tono canzonatorio ma giocoso.

Colpita e affondata…” Pensò lei, distogliendo lo sguardo immediatamente, ma senza poter impedire che quella tonalità pomodoro le tingesse il viso.

« Sul serio?? » Ridacchiò Hawks, interpretando la sua reazione come conferma della sua ipotesi. « Allora dovrò legarli più spesso. » Concluse, ammiccante.

« Strano, ricordavo di essere venuta qui per allenarmi, non per queste chiacchiere futili. » Affermò offesa, mettendosi in posizione difensiva. Hawks fece un fischio d’approvazione.

« Siamo nervosetti, eh? Oppure non accetti la verità? » Disse, dispiegando le ali e lanciandosi all’attacco. Il loro scambio di battute stava entusiasmando il pubblico, composto dagli aiutanti dell’agenzia, incuriositi dalla complicità tra il loro boss e la donna. Mizu ricambiò il ghigno dipinto sul volto di Hawks.

« E quale sarebbe questa verità? » Chiese, lanciando contro il ragazzo numerosi getti d’acqua in sequenza, che il suo avversario prontamente schivò.

« Che io ti piaccio. » Le sussurrò all’orecchio, dopo esserle arrivato alle spalle e averla cinta con le braccia. « Troppo lenta, Mizu. » Affermò, riprendendo il suo tono normale, così che tutti potessero sentire. « E ti lasci trasportare troppo dalle emozioni. Ti saresti lasciata catturare troppo velocemente.» 

« Invece io credo che tu mi stia sottovalutando. Forse volevo proprio che ti avvicinassi… » Disse, voltando appena il viso verso il suo “aggressore”. Hawks fece appena in tempo a notare una strana luce brillare nello sguardo di lei, prima di che i capelli azzurri di lei iniziassero a sollevarsi come tra i flutti del mare. Si ritrovò in una sfera d’acqua abbastanza grande da comprenderli entrambi. Dopo neanche un minuto il fiato iniziò a mancargli e la presa sulla donna si allentò. Mizu sgusciò via, ma gli si pose davanti. Lei non risentiva del suo stesso problema, poteva respirare sott’acqua, e avrebbe potuto tranquillamente concedergli di fare lo stesso, ma invece gli si avvicinò, gli prese il viso tra le mani, e lo baciò, passandogli un po’ d’aria. Hawks sgranò gli occhi, ma poi li chiuse e la attirò maggiormente a sé, cingendole i fianchi con le mani. Sotto gli occhi dei presenti, la bolla d’acqua si infranse in tante piccole gocce che si fusero nell’atmosfera. 

« Certo che sei una che sa come togliere il fiato… » Sussurrò Hawks, non appena il bacio finì. Mizu si schiarì la gola e si portò un ciuffo ribelle dietro l’orecchio.

« Forse è meglio che il resto dell’allenamento lo proseguiate da soli. »  Sentenziò un aiutante, indicando l’uscita della palestra e raggiungendola poco dopo, insieme al resto del gruppo. Mizu tentò di fermarli, dicendo loro che non era necessario, ma non la ascoltarono.

« Grandioso. Adesso si che si saranno fatti un’idea sbagliata. » Si stava già pentendo della sua scelta.

« E quale sarebbe? »  

« Che ti ho baciato perché provo qualcosa per te. »  

« Ah e non è così? » Mizu tentennò prima di rispondere.

« Lo sai che l’ho fatto per non farti affogare, era solo un allenamento. » Tentò l’azzurra, ma le sue parole risultarono poco credibili anche alle sue stesse orecchie.

« Dici? Avresti potuto tranquillamente dissolvere la sfera, o permettermi di respirare. Si, so che sei in grado di farlo. » Incalzò avvicinandosi a lei a braccia conserte e con aria tronfia.

« Sii serio, come potrei provare qualcosa quando non so praticamente chi sei? »  Le parole di Mizu arrestarono l’incedere spavaldo di Hawks. « Io conosco Hawks, l’Hero geniale entrato nella top ten dei Pro a soli 18 anni e che l’ha scalata fino a raggiungerne il terzo posto in un solo anno. Conosco il collega affidabile, si, ma anche schivo e che si nasconde dietro una facciata piacente. Non so quando scherzi e quando invece dovrei prenderti sul serio, ma soprattutto… non so nemmeno il tuo nome. »  

Hawks riprese a camminare verso Mizu, che invece arretrava ad ogni passo dell’altro. Lo sguardo del ragazzo si era fatto più tagliente e serio, cosa che stava spaventando la dottoressa. Mizu si trovò spalle al muro e quando Hawks la raggiunse, si fermò davanti a lei, poggiando entrambe le mani sulla parete ai lati della donna, mentre dispose le ali in modo da coprirli da occhi indiscreti.

« Tanto per cominciare, non c’è nessuna “facciata”, quello è il mio vero io, dico sempre quello che penso. Il fatto che lo faccia con un sorriso, non significa che sia meno vero. » Il suo sguardo era fisso in quello agitato di lei. « Quando ero solo un bambino, ho salvato una famiglia da un incidente in auto. E’ lì che è iniziata, da quel momento è successo tutto molto in fretta. » Accorciò lo spazio tra loro e vide chiaramente l’azzurra deglutire. « Infine… il mio nome è Keigo Takami. » Annullò completamente la distanza tra loro, unendo le sue labbra a quelle di Mizu. L’azzurra, dopo un primo attimo di indecisione, si lasciò andare al bacio, ricambiandolo con trasporto.

Insomma, Kimiko ci aveva visto più lungo di me su questa faccenda…” Si ritrovò a pensare dopo che si staccarono.

« Ehm… bene… » Esordì, schiarendosi la gola. « Appurato che mi sbagliavo… adesso potremmo concentrarci sul mio allenamento? Avrai notato che non è il difendermi il problema, quanto la resistenza. Stavo pensando che dovremmo concentrarci su… » Il suo sproloquio fu interrotto da una risata di Keigo.

« Sei incorreggibile, davvero una guastafeste. Una donna senza romanticismo! » La prese in giro. « Hai rovinato l’atmosfera. » Continuò con tristezza teatrale, portandosi una mano sul cuore. Mizu roteò gli occhi e scosse la testa, divertita.

« Adesso non è proprio il momento per continuare quel discorso, rimettiamoci al lavoro! »

« D’accordo, ma non credere che finisca qui. » La minacciò con un sorriso, mentre entrambi riprendevano le posizioni per l’allenamento.


Angolino delle autrici

Non ci dilunghiamo oltre, ma teniamo a ringraziare chi ci sta sostenendo con commenti positivi e costruttivi ^-^

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LilyShakarian

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Capitolo 17
*** Capitolo XVI° ***


La primavera era ormai nel pieno della sua stagione a Tokyo. Gli alberi di ciliegio che abbellivano le strade sbocciavano in un’esplosione di petali che, come coriandoli in un giorno di festa, innondavano l’asfalto. Marzo era ormai passato e finalmente ci si poteva vestire più leggeri. Un clima davvero perfetto per Kimiko che aveva un debole per le stagioni estive. Si sistemò alcune pieghe della maglietta e vagò per le strade tentando di riordinare le idee. Comprese subito dove la stavano portando i piedi. Quel giorno aveva già concluso il suo turno al Doragon e, anche se ancora titubante, si era fatta coraggio per riprendere alcune vie del suo passato. Se voleva entrare nei dettagli della vita passata di sua madre, così da avere maggiori informazioni sul da farsi, doveva assolutamente superare l’ostacolo malinconia e andare nel luogo giusto per i suoi scopi: la casa dove aveva vissuto per anni con sua madre. Una volta arrivata, sfilò dalla tasca dei pantaloni la chiave che custodiva nella sua scatola dei ricordi inserendola successivamente e con prudenza nella serratura. Appena aprì la porta la polvere che si sollevò la fece starnutire più volte e lacrimare, costringendola a tenere un braccio attorno a naso e bocca. Con occhi socchiusi si avviò lungo il corridoio d’ingresso, facendo scricchiolare ad ogni passo il parquet. Niente usanze a questo giro, le scarpe non le avrebbe tolte nemmeno sotto tortura su quei centimetri di polvere. Malgrado tutto, riusciva quasi a sentire nella sua mente il rimprovero di sua madre quando, più di una volta, era entrata in casa con gli anfibi bagnati, calpestando la superficie lustrata in modo impeccabile pochi minuti prima. Un sorriso piegò le sue labbra mentre saliva al piano di sopra, diretta allo studio di Helena. Giunta davanti alla porta, strinse con forza il pomello, pronta a girarlo ed entrare. Peccato che la stessa grinta formatasi durante il tragitto iniziò a scemare, facendo tremare la presa e rendendo il suo braccio più molle della gelatina. Deglutì con forza, mordendosi il labbro inferiore. Ormai era lì, non poteva fare marcia indietro consolandosi con un semplice “proverò domani”, sapeva già che sarebbe diventato un terribile circolo vizioso, proprio come succedeva nei tentativi di affrontare certi argomenti spinosi con Touya. Chiuse gli occhi e, prendendo coraggio, spinse con forza la porta cigolante. Con capo chino, restò immobile sull’uscio della porta, aprendo lentamente un occhio e successivamente l’altro. La luce che filtrava dalle fessure delle tapparelle illuminava la scrivania con le varie scartoffie lasciate ordinatamente e i vari portapenne che Kimiko, da piccola, aveva decorato con brillantini e lettere tridimensionali, più tre portafoto sistemati non molto distanti dal pc portatile. I libri archiviati in ordine alfabetico erano ricoperti da un velo di polvere, con qualche ragnatela negli angoli dello scaffale. Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, avviandosi a passi lenti verso la scrivania. Ne accarezzò la superficie con le dita, tirando via con esse lo strato di polvere. Quando finì di circondare il bordo, prese lentamente posto sulla sedia girevole, tirandola appena in avanti. Poggiò le braccia sui braccioli rivestiti di pelle, immedesimandosi per una attimo in sua madre quando, abbastanza concentrata sulle sue faccende, non sentiva la presenza di Kimiko avvicinarsi, sobbalzava non appena quest’ultima sbucava alle sue spalle con un urlo. Le labbra della ragazza si incresparono nuovamente in un sorriso, che si evidenziò maggiormente quando iniziò ad osservare le foto nei riquadri. In una ci stava lei insieme a sua madre, nella seconda una piccola Kimiko di appena sei anni. Nell’ultima, che prese tra le mani, ci stavano nuovamente le due, in compagnia di un giovane Touya. Certo che era davvero cambiato in quegl’anni, pensò tra sé mentre sfilava via la foto dal riquadro, poggiandola un attimo sulla scrivania. Scosse brevemente il capo, non era il momento di lasciarsi andare ai teneri ricordi. Aprì i vari cassetti, cercando al loro interno qualche fascicolo che legasse sua madre alle indagini a cui stava lavorando, ma - a parte vari quaderni con annotati degli strani calcoli e qualche informazione di poco conto- non trovò nulla che le potesse servire. Sbuffò un po’ amareggiata, sollevando lentamente lo sguardo verso il portatile. Senza il minimo di esitazione sollevò lo schermo premendo il tasto di accensione. Per far passare quei minuti durante l’avvio del pc, iniziò a tamburellare le dita sulle ginocchia, mangiucchiando qualche pellicina che staccava dall’interno della guancia. Sgranò gli occhi entusiasta appena lo schermo risultò avviato, peccato che venne tutto smorzato dall’apertura della finestra che richiedeva l’inserimento della password.

« Ma che palle dai! » 

Provò subito a digitare il nome di sua madre.  Ovviamente il messaggio di errore non si fece attendere, facendo sbuffare rumorosamente Kimiko. Tentò ancora senza demordere, prima con la data di nascita di sua madre, poi con la sua... niente, ancora errore. Per il forte pugno che sferrò sulla scrivania quasi faceva cascare i vari portapenne. Poi, colta dall’improvvisa soluzione, anche se questo le dipinse un’espressione contrariata, digitò il nome di suo padre. Peccato... anche in questo caso il messaggio dava sempre errore.

« Scherziamo? » 

Nuovo tentativo con il nome da Hero dell’uomo. Ma niente.

«  Avevi forse un amante, mamma? Mi metti seriamente in difficoltà così! » 

Affondò le dita tra i capelli grattando con violenza la cute in cerca di altre password, ma proprio non le veniva in mente altro. Si lasciò sprofondare contro lo schienale imbottito, chiudendo gli occhi e sospirando arresa, ma la porta che si aprì e richiuse al piano di sotto e il chiacchiericcio, la misero nuovamente sull’attenti, mandandola in preda all’agitazione. Chi si sarebbe preso la briga – e la confidenza- di entrare in quella casa? Cercando di recuperare le redini della situazione, trattenne il respiro per concentrarsi sulle voci e rumori. I due uomini si scambiavano qualche parola riguardo ad alcune indagini in corso. Dai toni sembravano abbastanza amareggiati nel trovarsi lì. Peccato che per Kimiko non fosse proprio il momento adatto per soggiornare e continuare ad ascoltare, visto che i due stavano salendo verso il piano superiore. Chiuse il portatile staccando i fili dalla presa elettrica, per poi prenderlo sotto braccio. Recuperò anche la foto che aveva lasciato poco prima, avviandosi velocemente alla finestra. Sollevò la tapparella, il tanto giusto da potervi sgusciare e saltare di sotto, atterrando con leggiadria poco prima di poggiare i piedi al suolo. Non esitò né si voltò, fece solo caso - con la coda dell’occhio -  alla volante della polizia parcheggiata fuori dal cancello della casa. Poi, senza una meta precisa e colta da un improvviso attacco di panico, iniziò a correre velocemente per le strade, infilandosi in ogni vicolo che incrociava. Non capiva il perché di quella reazione. Poteva ucciderli e continuare in pace le sue indagini. Forse perchè la lista delle persone da eliminare era stata tutta spuntata, quindi che motivo c’era di eliminare degli innocenti? Anche se non era il miglior pensiero coerente a cui potesse aggrapparsi, visto che - per non essere scoperta - aveva strappato la vita ad un Hero che non aveva fatto nulla di male, si era solo trovato nel luogo e momento sbagliato. Dopo tanto correre iniziò a rallentare, finendo passo dopo passo per fermarsi completamente trafelata e con un battito talmente accelerato che il cuore sembrava uscirle dal petto. Si mise spalle al muro, lasciandosi cadere con la complicità delle gambe molli per via della tensione che andava calando. Deglutendo a fatica cercava di riprendere un respiro regolare, stringendo al petto il portatile. Reclinò il capo contro il muro, spostando una mano verso la tasca dei pantaloni per estrarre il cellulare che vibrava con insistenza. Pensava che nel sedersi si fosse sbloccato lo schermo, incasinando e attivando chissà quale applicazione. Invece, sul display, segnava la chiamata in arrivo di Touya, oltre all’avviso di più di sette chiamate perse.

« Che succede? » Rispose senza il minimo accenno di saluto come suo solito.

« Forse dovrei essere io a farti questa domanda. Dove cazzo ti trovi? » Il suo tono serio e preoccupato le fece perdere qualche battito. Impossibile, quegli agenti non potevano già essere sulle sue tracce! Non erano mica in un film dove si scopre tutto con uno schiocco di dita! Stava per rispondere, ma il ragazzo proseguì.

« C’è un assedio di giornalisti alla U.A. Qualcuno, a quanto pare, ha manomesso i cancelli dell’istituto. Per il fiatone che sento, dubito che tu NON c’entri qualcosa… » Kimiko tirò un sospiro di sollievo alla sua spiegazione.

« Posso giurarti, su tutto quello che vuoi, che sono estranea ai fatti. » Abbassò la testa fissando il portatile « Ho avuto cose più importanti da fare… » Sentendo quel tono malinconico, dall’altra non ebbe risposta per qualche secondo, poi Touya proseguì.

« Inviami la tua posizione, arrivo il prima possibile. Tu resta lì… »

La ragazza fissò lo schermo appena lui chiuse la chiamata. Andò nella sezione apposita, inviando come richiesto la sua posizione, poggiando poi la nuca contro la parete ed emettendo un un lungo sospiro. Passarono più di venti minuti poi, finalmente, Touya riuscì a trovare il vicolo dove la ragazza si era rifugiata. Il suo volto era girato dalla parte opposta alla sua, quindi Kimiko non poté vedere l’espressione di tranquillità del ragazzo nell’aver constatato che lei stesse bene. Si avvicinò prendendo posto vicino a lei, fissando il muro davanti a loro.

« Sei riuscita ad andare in quel posto? » Di risposta lei annuì col capo senza aggiungere nulla, facendo sospirare lui «Come mai hai preso il portatile? »

« Perché ho appurato che quella casa non è più sicura… » I suoi occhi erano smarriti, mentre cercavano un punto preciso su cui fermarsi  « Sai… avevo intenzione di abitare nuovamente lì, un giorno… evidentemente ci sta qualcosa che impedisce ogni ri allacciamento al passato… »   

« Bè… io sono qui… » Lei si volse sorridendogli dolcemente, Touya ricambiò con un mezzo sorriso.

« Sai… oggi, per la prima volta, mi sono lasciata prendere dal panico… » 

« Seria? » Per la prima volta, dopo tanto, la guardò con stupore « Chi è che ha avuto il grande privilegio di mandare nel pallone la ragazza demoniaca?! » 

« Dai… » Sorrise « Sono stata colta alla sprovvista… non mi aspettavo che la polizia irrompesse in quella casa… » 

« Perché non li hai uccisi? » Lei abbassò lo sguardo.

« Ho provato a farmi qualche idea, ma inciampo miseramente sull’incoerenza…forse, la verità, è che non sono poi tanto forte come credevo...o come mi rappresentano i giornali... » Volse nuovamente lo sguardo su di lui.

« I giornali e le persone dicono tante cose… magari lo fanno per trovare un senso alla loro vita inutile… quindi buttano sarcasmo o parole in più per sentirsi superiori… ma di superiore hanno solo il piano dove abitano. » Kimiko non poté trattenere le risate, osservata da Touya soddisfatto di aver scatenato quella reazione, mettendola così nuovamente a suo agio e tranquillità.

« Sei incoerente con te stesso se parli così. Anche tu giudichi a primo impatto. » 

« Più che giudicare io insulto, e non ci trovo nulla di male ad esprimere ciò che penso al diretto interessato, soprattutto faccia a faccia e non dietro una rivista o pc… Come mio padre faceva con me, continuava ogni giorno e quando poteva ad insultarmi... » Lei sorrise appena nel sentire l’ultima frase.

« Forza. » Proseguì Touya alzandosi e spolverandosi i pantaloni « Non possiamo stare qui fino a domani… andiamo a fare una passeggiata. » Le sfilò il portatile sistemandolo sottobraccio, porgendole poi la mano libera per aiutarla ad alzarsi. Senza esitazione Kimiko la strinse, issandosi in piedi. Senza lasciargli la mano si diede una spolverata con l’altra, tirandolo subito dopo con sé verso l’uscita del vicolo. Lui la fissò con sgomento, soprattutto le loro mani.

« Ehi… » Sollevò le due mani ancora unite « Ci scambieranno per una coppia così… » 

« E quindi? Non sei tu che hai appena detto “tanto la gente parla a prescindere? Hai già rinunciato alla coerenza? » Gli sorrise divertita.

« Touché, Kim…» Ricambiò il sorriso affiancandosi a lei, stringendo leggermente le dita attorno alle sue « Chissà perché quegli agenti si trovavano nella vostra vecchia casa… che abbiano scoperto qualcosa su di te? » 

« Mh… non credo… non è mai successo per tanto tempo. » 

« C’è sempre una prima volta per tutto, Kim… » Lei fece ruotare gli occhi contrariata, non le piaceva quando lui iniziava a fare l’esperto. Dava l’impressione dell’uomo ormai vissuto.

« Parliamo invece dell’irruzione dei paparazzi alla U.A. » Cambiò immediatamente discorso evitando la paternale del ragazzo « Qualche giornalista affamato di informazioni ha usato il suo quirk? » 

« Mi sembra strano che tra i paparazzi esista qualcuno con un quirk simile… »  Sollevò gli occhi verso il cielo « Da quello che accennavano in tv, i cancelli sono stati disintegrati, se così si può dire. Impossibile che tra i giornalisti ci sia qualcuno con una unicità così potente. Chi fa determinati mestieri, come ad esempio il giornalista, fotografo o agente di polizia è perché il proprio quirk non ha una determinata capacità che gli permette di svolgere un lavoro un poco più serio… » 

« Come mestiere più serio intendi l’Hero? » 

« Beh… ormai le persone con le giuste capacità non pensano ad altro… il modo migliore per fare soldi, mettendo in secondo piano la vita delle persone… »  L’espressione di Touya si fece seria, lasciando Kimiko incuriosita da tale reazione. Rispetto a lei sembrava nutrire più astio nei confronti degli eroi. Cercò di alleggerire la tensione accarezzandogli lentamente le dita e, in cambio, ottenne la stessa azione da parte sua.

« Lasciamo perdere… Ti va di andare a bere qualcosa? Anche se avrei già voglia di gelato… » 

« Vada per qualcosa di fresco… basta che non andiamo al Doragon… non ho proprio intenzione di sentire il nonnetto e le sue frecciate… » 

« Mi trovi assolutamente d’accordo! » Sorrise divertita, avviandosi con lui in cerca di qualche posticino tranquillo.

§§§

Aveva corso trafelata a più non posso, arrivando addirittura ad usare il suo quirk per andare più veloce. Aveva provato a prendere un taxi, ma era rimasto imbottigliato nel traffico e lei aveva fretta, molta fretta. La notizia dell’attacco alla U.A. l’aveva agitata parecchio e la sua solita calma era andata farsi benedire. Quando le era arrivato il messaggio del notiziario, era con Hawks alla centrale. Visti gli sviluppi degli esami del DNA, uniti ai suoi sospetti e alle indagini correlate ai criminali morti, alcuni agenti erano stati mandati a seguire una pista. Lei e Hawks volevano andare con loro, ma la notizia dell’attacco alla scuola le aveva fatto cambiare idea. Aveva chiesto ad Hawks di andare comunque senza di lei, si sarebbero sentiti più tardi. L’Hero non era stato molto entusiasta all’idea, ma aveva acconsentito. E così Mizu si era fiondata alla U.A. senza stare troppo a pensarci. Una volta arrivata, le macchine della polizia la misero ancora più in allarme. Tentò di passare, ma fu fermata dagli agenti.

« Mi spiace signorina, non si può passare. » Mizu cercò spazientita la sua patente da Hero.

« Healing Water, devo passare agente. » Verificata la sua identità, il poliziotto non fece ulteriori storie e le permise di passare oltre. La donna superò le porte dell’edificio e si affrettò a raggiungere l’infermeria. Qui vi trovò sua sorella Umi, intenta ad occuparsi di alcuni studenti andati in panico. Come vide che stava bene, sospirò di sollievo.

« Mizu! » Esclamò la minore non appena la notò. « Che ci fai qui? » 

« Ho sentito dell’attacco e mi sono preoccupata. » La abbracciò non appena fu libera dagli studenti. 

« In realtà non c’è stato un vero attacco, stiamo tutti bene, solo un po’ di spavento. »  

« Meglio così, dov’è la nonna? »  

« Il preside ha riunito tutti i professori per una riunione d’emergenza, dovrebbero finire a breve. Vuoi aspettarla qui? »  

« No, vado alla sala d’attesa. » Mizu poggiò un bacio sulla tempia alla sorella minore e si diresse con più calma al luogo stabilito. Non aveva ben chiaro cosa fosse successo, ma doveva sapere, sperando che il tutto non fosse collegato alle indagini che stava seguendo. Si sedette nelle poltroncine accanto alla porta dell’ufficio del preside e attese, per sua fortuna meno di quanto avesse immaginato. Dopo poco infatti la porta si aprì e i professori iniziarono ad uscire, tutti con espressioni preoccupate dipinte sul volto, ad eccezione di uno. Osservò l’imponente figura di All Might passarle davanti col suo solito sorriso, non l’aveva mai visto di persona, figurarsi così da vicino. Quando l’Hero non fu più nella sua visuale, lei scattò incontro alla nonna e le prese le mani tra le sue, contenta che stesse bene. Prima che potessero parlarsi, Mizu fu salutata da Midnight e Present Mic.

« Sono felice che anche voi stiate bene. » Sorrise ad entrambi, finché dietro di loro non scorse Shota. Si scambiarono uno sguardo silenzioso, Mizu si morse il labbro inferiore per sopprimere l’impeto di abbracciarlo, mentre lui distolse lo sguardo ma smise di muoversi. Nonna Chiyo le diede una carezza e le sorrise rassicurante, per poi dirigersi verso l’infermeria. Mizu e Shota rimasero soli, in un silenzio che fu spezzato solo dopo qualche minuto da lei.

« Cos’è successo? » Chiese, facendo qualche passo verso di lui. Aizawa si poggiò ad una parete, guardando fisso davanti a sé.

« E’ stato violato il terzo livello di sicurezza. Una delle porte è stata in parte sgretolata.»

« Chi è stato? » Stavolta lui la guardò, sapeva quali fossero i suoi timori perciò non tardò a rispondere.

« A causa di All Might eravamo sotto assedio dei giornalisti. » “ Gli stessi che paparazzano te e Hawks” Avrebbe voluto aggiungere, ma non gli sembrò il caso, non in quel momento. « Nessuno di loro avrebbe potuto fare una cosa simile, comunque. Quindi pensiamo che sia stato un attacco mirato. Cercheremo di capire chi fosse il bersaglio e intensificheremo la sicurezza. »

Mizu sospirò.

« Tu stai bene? » Gli chiese, pur conoscendo la risposta.

« Non ci sono stati feriti. »

« E io non ti ho chiesto il bollettino per la telecronaca. »

« Si, sto bene… Sono solo un po’ in pensiero per i ragazzi. » Ammise infine. « Anche se sembra siano riusciti a gestire al meglio la situazione. »

« Meglio così, abbiamo bisogno di nuove leve pronte all’azione. »

« Tu dici? Mi sembra che di Hero ce ne siano fin troppi. »

« Non si è mai abbastanza nella lotta per la giustizia e la difesa degli innocenti.»

« Giusto, dimenticavo con chi sto parlando… »

« Shota, io… niente, volevo solo accertarmi che fosse tutto a posto. Ora vado. » Si girò, pronta ad andarsene, ma Aizawa la fermò, trattenendola per un polso.

« Aspetta. »

Mizu quasi sobbalzò per il gesto e lo fissò, confusa per quella richiesta improvvisa. Shota la tirò a sé e la strinse tra le braccia.

« E’ dalla sera a casa tua che volevo farlo, ma abbiamo discusso e mi dispiace. »

« Shota, no… » Tentò lei, con poca convinzione. « Non puoi farmi questo proprio quando cerco di andare avanti… » Lui la strinse più forte.

« Con Hawks? » Chiese in un sussurro che le fece venire i brividi. « Lui non ha bisogno di te, io sì. » Mizu si staccò appena, quel tanto che bastava per osservarlo con occhi sgranati.

« Ti rendi conto che non puoi giocare con me in questo modo..? Mi allontani, ti riavvicini, mi eviti, chiudi ogni possibilità di futuro tra noi e poi fai queste uscite… sii chiaro una buona volta e dimmi cosa vuoi. »

Shota le prese il viso tra le mani e la baciò con dolcezza.

« Sistemare le cose. »

« Bene, mi fa piacere che tu l’abbia capito… » Poggiò le mani su quelle di lui. « Ma io non funziono in base ai tuoi sbalzi d’umore, perciò anche io devo capire cosa voglio ora. » Le scansò dal suo viso e si allontanò, senza voltarsi a guardare alle sue spalle.


Angolino delle autrici

Scusate, un po' in ritardo ma eccoci :P

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LilyShakarian

LadyBarbero

Alla prossima!
Lily&Lady




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Capitolo 18
*** Capitolo XVII° ***


Dopo qualche ultima chiacchiera con Umi e Chiyo, Mizu era rientrata a casa un po’ di malumore. Con tutto quello che le stava accadendo attorno, le sembrava di non avere più il controllo e che le redini della sua vita le fossero scivolate di mano. Sdraiata sul letto, mentre coccolava quella palla di pelo rossa che era il suo gatto, ripensava ai recenti avvenimenti, sia lavorativi che privati. Le indagini stavano procedendo in una direzione che non le piaceva affatto, il coinvolgimento di Kimiko era sempre più una certezza; stava trascurando un po’ troppo il suo lavoro al P.E.S.E.E. a causa delle indagini; in più Shota che le rivelava di voler sistemare le cose, proprio nel periodo in cui lei e Keigo si erano avvicinati. A distrarla dai suoi pensieri, l’ Hero piumato bussò alla sua finestra, era certa fosse lui, nessun altro si presentava in quel modo

Mizu fece scorrere il vetro della porta finestra e gli permise di entrare.

« Come mai al buio, gocciolina ? » Hawks entrò senza troppi complimenti, nonostante i miagolii di protesta di Kotton e si mosse per accendere la luce ma Mizu lo fermò. La scrutò attentamente e nemmeno il buio gli impedì di notare l’espressione provata della donna. La fece sedere sul letto, mettendosi accanto a lei, e le accarezzò il viso con una mano, sorridendole incoraggiante. « Allora, che succede? »

« E’ solo un periodo molto stressante… stanno succedendo un sacco di cose e mi sento un po’ travolta… »

« E’ normale, devi solo riprendere fiato e riassestarti. »

« Hai ragione. » Ricambiò il sorriso, sentendosi già molto più rilassata dalla presenza e dal conforto del ragazzo, così poggiò una mano su quella di Keigo che ancora stava sul suo viso. « Come mai sei qui? » Gli chiese poi, rispecchiando le sue pozze azzurre negli occhi castani di lui.

« Solo darti qualche notizia in più. Dopo che sei partita a razzo verso la U.A., noi ci siamo mossi verso la casa di una donna di nome Helena Curt. » Mizu sobbalzò, Helena era lo stesso nome della madre di Kimiko. « Era tra i nomi rilevanti degli Hero uccisi dai criminali trovati in brandelli qualche mese fa. A quanto pare era un’infiltrata in un caso di esperimenti condotti dalla yakuza. Si è fidata delle persone sbagliate, alcuni agenti corrotti, che l’hanno venduta. Non sto nemmeno a dirti che anche questi rientrano tra le vittime dello stesso carnefice del quale abbiamo recuperato il campione. La casa era abbandonata da tempo, ma controllando l’inventario, abbiamo scoperto che è sparito un portatile. Inoltre… » E stavolta Hawks abbassò lo sguardo, un po’ titubante. « … a quanto pare aveva una figlia. »

« Kimiko. » Emise debolmente Mizu, chiudendo gli occhi.

« Già, il nome è quello. Sappiamo che è stata presa in affido da un certo Gorou Fujiwara, che le ha dato il suo cognome. Nelle analisi di laboratorio, le tracce del DNA di All Might erano mescolate con quello di Helena Curt. »

Mizu sgranò gli occhi.

« Mi stai dicendo che non solo il nostro assassino sembra controllato o servirsi di un parassita, ma che è.. la figlia di All Might..?! »

« Non sono io a dirlo, ma i risultati dei test. »

« E non è possibile che ci siano stati degli errori? »

« Sono stati ripetuti più volte, vista la gravità della situazione. Sempre stesso risultato. »

Le lacrime iniziarono a rigare il viso della donna, che probabilmento non si era nemmeno resa conto. Aveva lo sguardo sgranato fissò a terra, nel vuoto.

« Keigo… » Emise debole. « Io conosco quella ragazza. » Stavolta fu il turno del ragazzo di sobbalzare. « L’hai vista anche tu, è la cameriera del Doragon. »

Hawks sospirò.

« Come pensi di gestire la situazione? » Mizu rimase spiazzata da quella domanda, non si aspettava che le desse questa possibilità.

« Ascolta… io ho iniziato a conoscerla meglio e sono certa che sia convinta che questo sia il suo unico modo per avere giustizia. Ha visto solo un sistema corrotto che le ha portato via sua madre, suo padre è un Hero ma non sa nemmeno della sua esistenza, per questo li detesta tanto. »

« La stai giustificando? » Le chiese, scettico.

« Giustificando no, condanno assolutamente ciò che ha fatto, ma cercare di comprendere, questo si. Credimi, non è una persona cattiva, ma solo sfortunata. Va riabilitata, non rinchiusa. Voglio farle capire che c’è un modo diverso per ottenere giustizia, che non sia farsela da sé. Voglio essere quell’Hero di cui le persone come lei hanno bisogno, quello che riesce a dare la speranza che le cose possono funzionare, se siamo noi a volerlo. Uccideresti un animale solo perché, se minacciato, il suo istinto lo porta a difendersi con i propri artigli? O proveresti a insegnargli cos’è giusto, facendogli imparare cosa vuol dire ricevere una carezza come ricompensa degli sforzi? »

Hawks la strinse a sé, non riuscendo a reprimere l’impeto causato dalla compassione della donna.

« Mizu, tu… non pensavo potesse esistere una persona capace di pensarla in questo modo… »

Le prese il volto tra le mani e la baciò teneramente, ma anche con l’estremo bisogno di un contatto più intimo, quasi a voler amalgamare le loro anime. Mizu non si sottrasse e anzi ricambiò con la stessa necessità. Si lasciò accompagnare dal movimento di Hawks, che la fece sdraiare sul letto. Keigo lasciò le sue labbra per scendere a baciarle l’incavo tra i seni, mentre le slacciava la camicetta. Lei gli mise le dita tra i capelli biondi, sussurrando il suo nome con voce roca. In quel momento, i dubbi e la razionalità andarono a farsi benedire, lasciando spazio alla passione che la bruciava ad ogni tocco di Keigo. Ormai nudi entrambi, si lasciarono solleticare la pelle dalle piume delle ali di Hawks, che si avvolsero a racchiuderli entrambi, mentre i loro corpi si univano.


§§§

La mattina successiva, Mizu si svegliò estremamente rilassata. Si stiracchiò, facendo attenzione a non svegliare il ragazzo accanto a lei, poi si fermò qualche istante per osservarlo mentre ancora dormiva. Gli scostò i capelli dal viso, sorridendo con dolcezza, e gli diede un bacio sulla fronte, prima di lasciare il letto un po’ contro voglia. Preparò la colazione per entrambi e, dopo aver mangiato la sua, ripose la porzione di Keigo nel microonde. Fece una doccia veloce e si vestì per andare al lavoro, ma prima di uscire lasciò un biglietto al ragazzo.

Scusami se sono uscita senza salutare, ma il lavoro chiama. Tu riposati, ti ho lasciato la colazione nel microonde. Fai pure come se fossi a casa tua. Più tardi parleremo di persona di quello che è successo stanotte… Un bacio.

Mizu”

Dopo una carezza veloce al micio, si chiuse la porta alle spalle e si diresse al Programma Educativo di Supporto Emotivo per Eroi, dove finalmente avrebbe potuto dedicare del tempo al suo paziente preferito. Quando arrivò nel suo ufficio, Endeavor la stava già aspettando.

« Buongiorno Enji-san. » Gli sorrise, solare.

« Buongiorno. » Rispose lui, un po’ spiazzato dal buonumore della donna.

« Oggi può dirmi tutto quello che vuole, perché sarà la nostra ultima seduta. » Continuò la dottoressa, cordiale. Endeavor la fissò sorpreso per quell’affermazione così improvvisa. « Ho deciso momentaneamente di ritirarmi da questo lavoro, per dedicarmi alla carriera da Hero. Sento che è lì al momento che dovrei stare, in mezzo alle persone che vorrei difendere. » L’uomo la scrutò attentamente.

« Conoscendo tuo padre, mi chiedevo come mai questa decisione non fosse ancora arrivata. »

« Serviva la giusta motivazione, come per ogni cosa suppongo. » Disse, sorridente e il suo umore riuscì a contagiare persino il suo paziente, che abbozzò un mezzo sorriso.

« Ovviamente, se dovesse aver bisogno, potremmo comunque vederci per delle sedute private. Non le negherei mai a lei, Enji-san. » L’uomo arrossì appena e si grattò la nuca, distogliendo lo sguardo. « Cielo, spero non sia suonato come un tentativo di flirt, senza offesa, lei è un uomo bello e affascinante ma potrebbe essere mio padre! » Ridacchiò, divertita dall’equivoco.

« Shoto ha iniziato la scuola. » Esordì lui, cambiando discorso e attirando la completa attenzione di Mizu. « Lui probabilmente crede che non mi importi, ma è colpa mia se lo pensa. L’ho trattato come uno strumento per raggiungere i miei scopi, è normale che mi odi. »

« Io non penso la odi, signore. E sempre suo figlio, se vedrà un cambiamento nel suo atteggiamento, magari riuscirete a riavvicinarvi. » Endeavor osservò Mizu così intensamente da farla arrossire.

« Forse Shoto no, ma Natsuo si e non lo biasimo. Mia figlia Fuyumi invece cerca costantemente di riparare la famiglia che io ho creato e distrutto al tempo stesso. E mia moglie… mia moglie piange ancora la perdita di Touya, l’ha spezzata e io ho solo saputo infierire. » Chinò il capo verso il basso, emettendo un lungo respiro.

« Sa cosa vedo io, signore? Vedo un uomo, un marito, un padre distrutto dai propri sbagli ma che sta iniziando a capire di averli commessi, a prenderne atto e forse a rimediare. » Gli mise la mano sulla spalla. Lui sollevò il capo per guardarla e la vide sorridergli incoraggiante. « Ci vorrà del tempo, è vero, ma se permetterà anche alla sua famiglia di vedere questo suo lato pronto a redimersi, sono certa che prima o poi riuscirete a tornare uniti. »

Il cerca-persone di Endeavor interruppe quel momento di confessione.

« Devo andare… ma penserò all’offerta di altre sedute. »

« Ci conto, dopotutto non è solo mio paziente, ma anche un amico di famiglia. Sono certa che anche mio padre la pensi così. »

L’uomo fece un cenno del capo, mentre Mizu si mise a scrivere la sua lettera di dimissioni. Quando la consegnò, il suo dirigente era un po’ spiazzato da quel gesto improvviso, ma la cosa non la preoccupo’, le sue motivazioni erano tutte nella lettera. Avrebbe recuperato le sue cose solo in un secondo momento, perciò lasciò l’edificio spensierata, convinta che niente avrebbe potuto rovinarle l’umore quel giorno. Sfortunatamente per lei, invece, la chiamata di sua sorella Umi riuscì nell’intento.

« Pronto? »

« Mizu… » Emise la minore con tono affranto, facendo trasalire l’azzurra. « E’... è successa una cosa… »

« Umi, mi stai spaventando… dove sei? Che è successo? »

« Sono a scuola. I ragazzi della I° A erano andati ad un’esercitazione di soccorso… Sono appena rientrati, assieme al resto dei professori… » Fece una breve pausa, non sapendo bene come proseguire. « Sono… sono stati attaccati, Mizu... » L’azzurra si bloccò di colpo, era la classe di Shota. « … Probabilmente dagli stessi che hanno distrutto la porta l’altro giorno, ancora non so niente… »

« Stanno bene? Ci sono feriti? » Chiese in palese apprensione, mentre saliva su un taxi.

« S-si… i ragazzi stanno bene, solo alcuni se la sono cavata con qualche ferita superficiale, ma… Aizawa-sensei, lui… » Mizu si sentì morire dentro. « Lui è grave, Mizu… la nonna si sta occupando di lui. »

« Sto arrivando. » Chiuse la conversazione senza ulteriori saluti e intimò all’autista di sbrigarsi. Dieci minuti dopo si stava ripetendo la scena di qualche giorno prima, dove lei aveva varcato le porte della U.A. di corsa e trafelata. Anche in questo caso, si fiondò in infermeria; vide gli studenti un po’ malconci e sentì la voce di All Might dietro una tenda, ma poi i suoi occhi sgranati si paralizzarono sulla figura inerme di Shota. Vide sua nonna stremata nel tentativo di velocizzargli la guarigione, perciò si avvicinò, tentando di mantenere la calma, e le mise una mano sulla spalla.

« Ci penso io ora. » Se Recovery Girl era visibilmente provata dall’estremo utilizzo del sui quirk, si spaventò nel vedere quanto fosse pallida la nipote, ma si spostò comunque per lasciarla fare. Mizu si pose davanti al corpo di Shota e gli poggiò le mani sul petto. Poco dopo entrambi furono avvolti da una bolla d’acqua iridescente, che iniziò a guarire le ferite dell’uomo. L’azzurra rimase in quella posizione per ore, senza mai mostrare un cenno di cedimento, finché non fu perfettamente certa che ogni osso si fosse rinsaldato, ogni articolazione rimessa a posto e il sangue avesse ripreso a scorrere normalmente. Osservò con sguardo fisso e serio il monitor che segnava il battito di Shota, ora regolare. Aveva la fronte imperlata di sudore e i vestiti impregnati per lo sforzo prolungato. L’infermeria era quasi vuota ora, erano rimaste solo sua nonna e sua sorella, ma durante quelle ore alcuni erano passati per sincerarsi delle condizioni di Aizawa. Quando Mizu dissolse la bolla, però, rimase immobile a fissare il volto rilassato dell’uomo. Allungò la mano e con l’indice percorse la cicatrice formatasi sotto l’occhio destro.

« Non ho fatto in tempo… » Sussurrò, flebile. « Non sono stata abbastanza veloce… »

« Ma che dici?! Sei stata bravissima! » La ammonì Umi. « Adesso vieni a riposarti, ne hai bisogno. »

« No, è colpa mia… E’ stata colpa mia… » Iniziò a singhiozzare, lasciandosi andare sul petto dell’uomo. « ...solo colpa mia! » Le due osservarono l’azzurra lasciarsi andare ad un pianto disperato. « Mi dispiaceee… » Chiyo fece per avvicinarsi alla nipote maggiore, ma uno scossone la fece desistere. Il terreno sotto di loro iniziò a tremare visibilmente e le due si strinsero.

« Ci mancava solo un terremoto! » Esclamo Umi, spaventata. Chiyo invece si fece più scura in volto ed osservò attentamente Mizu.

« No, non è un terremoto. Usciamo e andiamo a chiamare tuo padre. »

Lasciarono l’azzurra in infermeria e uscirono, tentando di muoversi nonostante gli scossoni sempre più forti. Furono soccorse da All Might, che le recuperò, prendendole in braccio.

« Ma che sta succedendo..? » Chiese Umi, confusa. « Oddio, non ditemi che stanno attaccando la scuola?! » Sentenziò terrorizzata.

« No, temo sia qualcosa di peggio… » Affermò l’Hero, fermandosi davanti ad una finestra. Tutti e tre trattennero il fiato nel notare un onda anomala pronta a schiantarsi sul distretto.

« Com’è possibile? Così dal nulla..? » Chiese All Might, sconcertato.

« Sarà una catastrofe… spazzerà migliaia di vite… » Sentenziò Umi, inorridita, portandosi le mani alla bocca.

« Bisogna chiamare Aoi e in fretta! Nel frattempo cerchiamo di contenere i danni! » Sentenziò Chiyo. Fu dichiarato lo stato d’allerta e alcuni Hero vennero incaricati di gestire momentaneamente lo Tsunami, prima che si scagliasse sulla popolazione e nell’attesa di Ocean. N° 13 utilizzò il suo Black Hole per risucchiare l’acqua, mentre Endeavor la stava facendo evaporare con le sue fiamme, altri ancora invece stavano cercando di evacuare velocemente la zona. Furono venti minuti di terrore, finché Aoi Shuzenji non fu portato in cima all’edificio e con notevole sforzo dissolse lo tsunami. Mentre nell’ora successiva i civili venivano riaccompagnati alle proprie case, Aoi mosse la sua sedia a rotelle verso l’infermeria. Per fortuna non c’erano stati feriti o danni irreparabili, grazie all’intervento tempestivo degli Hero, ma restava da capire cosa lo avesse scatenato. Ocean aprì la porta e scorse sua figlia maggiore ancora intenta a piangere.

« Mizu. » La riprese con voce ferma ma pacata.

« P-papà…? » Disse lei, tirando su col naso, voltandosi appena verso di lui. Aoi sospirò ma mosse le ruote verso di lei.

« Ti sei resa conto di quello che è appena successo? » Lo sguardo confuso di lei fu una risposta eloquente. « Sembra che le tue emozioni abbiano avuto il sopravvento… Per poco non scagliavi uno tsunami sul centro di Tokyo. »

« Cosa?! » Esclamò sbalordita, rialzandosi e asciugandosi le lacrime. « Non ne sarei capace neppure volendo… »

« A quanto pare non è così, tesoro… » La guardò colpevole. « Credo che il tuo vecchio ti abbia caricato di una responsabilità che non volevi. »

« Per l’amor del cielo! Ho fatto del male a qualcuno! » Esclamò, entrando in panico.

« No, no, stai tranquilla. Per fortuna stanno tutti bene, solo qualche disguido in città. Però tesoro, dovrai imparare a dominare questo potere, come al tempo feci io. »

Mizu osservò attentamente suo padre, poi spostò lo sguardo su Shota e asserì.

« Si. Nessuno deve stare male per colpa mia… »

§§§

« Assurdo… » Si grattò con rabbia la cute, arruffando la bionda capigliatura « Le ho davvero provate tutte, ma questa password si fa proprio desiderare. » Aggiunse in un sospiro mentre con le dita della mano libera picchiettava sul bordo del portatile. Dal precedente giorno praticamente non aveva chiuso occhio. Al turno mattutino di lavoro, anche se stremata, aveva messo tutto l’impegno possibile e immaginabile per far passare l’ora, così da rientrare velocemente a casa per rimettersi all’opera con quel maledetto pc. Stese le braccia sopra la testa, stiracchiando i muscoli più che poteva, lasciandosi poi andare contro lo schienale del divano. Si sfilò gli occhiali da vista, massaggiandosi il setto nasale indolenzito.

« Perché non ti prendi una pausa? » Consigliò il moro avvicinandosi a lei con una tazza di caffè fumante. « Rischi il collasso totale se continui così… inoltre non otterrai nulla se la tua testa è un groviglio di dubbi… » Kimiko prese la tazza con un broncio appena accennato dipinto sul viso, contrariata dalle parole di Touya. Si spostò poi il tanto che bastava perché anche lui prendesse posto vicino a lei.

« Non riesco a sopportarlo. Pensavo di conoscere perfettamente mia madre… ma, a quanto pare, ci stavano tante cose che mi nascondeva… » Sbuffò, sorseggiando un po’ di caffè, senza smettere di fissare lo schermo e quel messaggio di accesso negato che, ormai, era diventato uno sfondo fisso di quel portatile. Il ragazzo la fissò perplesso e, senza pensarci ancora, abbassò le schermo del portatile con un veloce scatto.

« Touya?! » Pronunciò stizzita lei andando a riaprirlo, ma la presa al polso di lui fermò all’istante la sua azione « Vuoi forse litigare? » Ringhiò Kimiko.

« Certo che sei cocciuta… quando ti fissi su una cosa fai di tutto per portarla termine… » Con un movimento deciso, lei si liberò dalla sua presa. « Sai… mi ricordi… uhm… »

« Non provarci nemmeno a nominare quel bastardo… » Con rabbia diede un altro sorso, poggiando poi la tazza sul tavolino. Sostenendosi poi il capo con le mani, si liberò di quella improvvisa tensione con una lunga inspirazione. Era ovvio che la stanchezza iniziava a farsi sentire, quegli scatti improvvisi di ira venivano a galla proprio quando il suo corpo era ormai esausto. Lui sorrise, la conosceva meglio di se stesso. Spostando i cuscini e sistemandoli in modo un po’ disordinato, si distese comodamente, porgendo una mano verso di lei.

« Vieni qui… » La invitò con un mezzo sorriso. Kimiko guardò confusa prima la mano e poi lui.

« Eh? »

« Dai…sdraiati un po’ con me…»

Dopo quell’ultimo discorso che avevano avuto, Touya si comportava spesso in modo sospettoso. È vero, anche da piccoli aveva sempre avuto quel modo di fare nei suoi confronti un po’ troppo affettuoso per lei, ma quando si erano ritrovati dopo tutti quegli anni, quelle sue apprensioni non le aveva più notate. A parte, come pensava spesso, dopo che gli aveva esternato i suoi pensieri riguardo a raccontargli perché non si era fatta mai vedere per tutti quegli anni. Si accarezzò il braccio un po’ titubante, distogliendo più volte lo sguardo dalla sua mano ancora tesa verso di lei.

« … Kim… vuoi farmi morire in questa posizione? Devi solo sdraiarti vicino a me…» Sorrise beffardo « Hai forse paura? » Quelle ultime parole furono abbastanza persuasive per lei, che si voltò di scatto e prese subito il suo spazio accanto a lui. Poggiò la testa nell’incavo del suo collo, lasciando che Touya le cingesse la spalla col braccio. I battiti del suo cuore erano come una melodia ed il suo respiro una perfetta culla che lentamente la accompagnava nel mondo dei sogni. Intanto lui si mise a giocare con una ciocca dei suoi lunghi capelli dorati, avvolgendola piano tra le dita.

« Se continui così rischio di risvegliarmi tra qualche anno… » Mormorò lei, poggiando la mano contro il suo petto.

« Certo che sono davvero lunghi… tra poco ti chiameranno per pulire le strade… » Ghignò divertito.

« Scemo... piuttosto, adesso che ci penso, se Mizu ci vedesse in questo momento, confermerebbe i pensieri che aveva su di noi. »

« Tipo? » Abbassò lo sguardo verso di lei, incuriosito dalle sue parole.

« Dice che sembriamo la tipica coppia sposata, per via dei nostri atteggiamenti.» Soffiò appena una risata assonnata. Lui restò in silenzio, lasciando che i ciuffi ribelli gli coprissero la visuale.

« Lo trovi così divertente? » La domanda arrivò alle orecchie di Kimiko con una strana serietà, facendole dischiudere le palpebre e lasciandola spiazzata. La curiosità si fece spazio in ogni cellula del suo corpo, spingendola a sollevarsi appena per poterlo guardare. Il viso di Touya era inespressivo, senza indugio alcuno sosteneva lo sguardo di lei con serietà, tanto da farle provare una leggera scossa di disagio fino allo stomaco.

« Forse hai frainteso. Volevo solo- »

« Dire che non sono all’altezza? Non adatto? » Lei inclinò il capo, confusa dalle sue parole.

« Non volevo assolutamente dire questo…»

« Ma lo pensavi… »

« No! Non puoi dire una cosa del genere, Touya! Soprattutto per gli anni passati assieme! »

« E dieci di totale assenza dove non ti sei degnata di farti viva. Vuoi continuare?» Kimiko serrò le labbra, trovandosi completamente spiazzata. La sua espressione fece sorridere Touya con amarezza, spingendolo a voltare lo sguardo altrove. Lei, almeno questa volta, non poteva assolutamente controbattere. Il discorso era ben diverso dall’ultima sfuriata avuta. In quel momento si malediceva. Tra tutte le cose di cui aveva parlato con Mizu, non aveva chiesto come ci si doveva comportare in una situazione del genere, ma una cosa di quella discussione era risultata veritiera da parte dell’azzurra: se solo pensava alla risposta da dare a Touya in quel momento, sentiva quello strano senso di vertigine alla bocca dello stomaco. Forse erano quei tanto nominati sentimenti di cui Mizu parlava? Ma perché proprio ora? Probabilmente, quando si è troppo giovani, a certe cose non si bada tanto, soprattutto se non sei la tipa che pensa ventiquattro ore su ventiquattro ai ragazzi e alle relazioni. Ora si ritrovava faccia a faccia con la sua maturità, con quello che un tempo era il suo migliore amico accasato con lei. L’unica persona che gli era rimasta e la teneva legata al suo passato, non così tanto brutto se ripensava al tempo trascorso insieme da ragazzini. L’unico uomo che conosceva tutto di lei e che era tornato nella sua vita senza bisogno di destreggiarsi con complimenti troppo audaci. Con lo sguardo basso, rivolto alle bruciature del suo collo, continuava a creare la sua matassa di pensieri e sensazioni, destandosi da essi non appena il tocco della mano del ragazzo si poggiò piano contro il suo viso. Ancora una volta lei avvertì quella strana sensazione, voltandosi lentamente verso di lui. Sentì chiaramente le gote scaldarsi, soprattutto quando i suoi occhi si immersero in quelli nostalgici di lui. Spinse piano il viso contro la sua mano, assottigliando lo sguardo per quelle lente e piacevoli carezze delle sue dita.

« Non ho mai pensato nemmeno per un secondo che tu non fossi adatto… » Si sollevò maggiormente, poggiando la fronte contro quella del ragazzo, facendo di riflesso socchiudere anche i suoi occhi « Odiavo i modi che tuo padre usava nei tuoi confronti… perché, per me, non sei mai stato e mai ti ho considerato un fallimento… e c’è una parte di me che non vuole sapere cosa ti sia successo, perché non so come potrei reagire… » Le dita sinuose accarezzarono i punti metallici del suo viso, mentre lui, flebilmente, pronunciò il suo nome. Le loro labbra si incurvarono in un sorriso complice, ma poco prima che esse sigillassero quel momento, una forte scossa mise entrambi sull’attenti, facendoli voltare verso la finestra.

« Un terremoto?! » Esordì lei prima che Touya le stringesse a sé, riparandola da eventuali cadute di calcinacci. Dal soffitto cadde della polvere e di colpo l’intero impianto elettrico saltò in uno scatto. Da dietro la porta si potevano sentire le voci dei vicini che di corsa lasciavano il palazzo in preda al panico. Kimiko fece lentamente capolino dalle braccia del ragazzo, guardandosi attorno nell’improvviso buio che li avvolgeva.

« Dovremmo andare via anche noi? »

« No. » Rispose lui, guardando verso la finestra « Saremmo già sepolti vivi a quest’ora… certo che è strano. Era da un po’ che non capitava. » Aggiunse ascoltando le sirene in lontananza. Kimiko sollevò appena il capo verso di lui, voltandosi poi anche lei nella direzione del ragazzo.

§§§

« Lo sai vero che la mia è un’agenzia di soli portatori di quirk di fuoco? » Endeavor non poteva credere all’assurda richiesta di Ocean.

« Ne sono perfettamente consapevole, ma è mia figlia Enji. E io non posso insegnarle, non ridotto in questo stato… » L’Hero n° 2 osservò attentamente l’ex collega, era dannatamente serio. « Sei l’unico a cui possa chiedere, l’unico di cui mi fidi. Acqua e fuoco, per quanto diversi, sono due quirk elementali. Insegnale a contenere il potere dell’oceano… per favore. »

Per quanto gli costasse ammetterlo, Enji doveva molto ad Aoi. Era stato lui ad impedirgli di sfogare la rabbia su sua moglie, quando Rei aveva ferito Shoto.

« D’accordo, la terrò nella mia agenzia, ma solo finché non avrà imparato. » Si strinsero la mano e Aoi gli sorrise.

« Grazie, è più che sufficiente. »


Angolino delle autrici

Capitolo bello ricco questa settimana ^^ Finalmente siamo entrate nella trama canonica di MHA, fateci sapere che ne pensate! :D

Vi lasciamo i nostri link Intagram, grazie per chiunque vorrà seguirci anche lì.

LilyShakarian

LadyBarbero

Alla prossima!
Lily&Lady




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Capitolo 19
*** Capitolo XVIII° ***


La mattina successiva, sia sui tg, sia sui vari siti di informazione di cui internet disponeva, non erano trapelate troppe informazioni riguardo il fatto accaduto il giorno precedente. Dalle immagini e filmati resi disponibili, si era vista solo l’impresa di Ocean che metteva al suo posto una strana onda anomala. Non si sapeva di preciso se essa fosse stata causata da qualche villain o condizione atmosferica – anche se strana- ma in ogni caso, era stato mantenuto un sospettoso silenzio sull’accaduto. Stesso procedimento si ebbe sui nomi degli assalitori della USJ, anche questo caso era avvolto dalle nubi di mistero. Nessun nome sugli assalitori, nessuna notizia su ipotetiche vittime, il nulla. Solo l’immagine di quella che sembrava una strana creatura che, legata e tenuta sotto controllo, veniva caricata sulla camionetta della polizia, ma oltre questo, spesso le notizie accennavano degli strani eventi che avevano colpito la città su più punti, soprattutto nel distretto di Hosu. Uno strano individuo, ormai conosciuto come Lo Stermina Eroi, si aggirava per le varie periferie a mietere le vite proprio degli stessi eroi dai quali si era fatto questo nome. Questa notizia non era passata inosservata, soprattutto da Kimiko. Ci stava il rischio che potessero collegare quei crimini ai suoi e, se avesse potuto, avrebbe risolto lei stessa i problemi causati da questo strano individuo. Non che le importasse di colpo qualcosa degli eroi, assolutamente no, ma visto che la sua vendetta ormai si era compiuta, voleva evitare ogni connessione possibile con i suoi omicidi. Touya quella mattina si era svegliato prima di lei, lasciandole un post-it dove la avvisava che sarebbe tornato in tarda serata. Non si fece troppe domande sul suo comportamento, anche perché era da un po’ di tempo che il ragazzo non usciva spesso di casa per conto suo, però qualcosina passava per la testa della ragazza. Forse il bacio interrotto l’aveva messo un po’ troppo a disagio per vederla durante la colazione. Anche se, conoscendo il tipo di persona, difficilmente lui si sarebbe sentito così. L’importante per lei, in quel momento, era che non si mettesse nei guai, ora come ora non avrebbe assolutamente voluto perderlo, soprattutto per una sciocchezza come un furto andato male.

Una volta finito il suo turno a lavoro, tornò a casa solo per indossare la sua zentai, compagna di tante avventure e assalti. Calata la notte poi, pattugliò più volte le zone prese di mira dallo sconosciuto assassino, ma purtroppo di lui non c’era alcuna traccia. L’amarezza e la rabbia si fecero subito sentire mentre passeggiava sul tetto di uno dei grattacieli. Sospirando, osservava dalla sua altezza le varie luci del traffico che illuminavano quella notte troppo silenziosa.

Lo scrosciare dell’acqua attirò la sua attenzione dietro di sé, visto che non stava piovendo era un rumore un po’ anomalo. Una colonna proprio di quell’elemento era risalita dalla strada fino al tetto, ma la cosa che accigliò Kimiko fu vederci Mizu accomodata sopra, nei suoi abiti da Hero. L’azzurra, raggiunta l’altezza desiderata, scese con eleganza e calma, facendo echeggiare il suono dei suoi tacchi che si poggiavano sul tetto.

« Stai passando una bella serata, Kimiko? » Chiese, neutra, ma la bionda notò subito che nell’atteggiamento dell’altra c’era qualcosa di diverso. I suoi occhi azzurri erano di una tonalità molto scura, come rispecchiassero i fondali più profondi dell’oceano, e il suo sguardo era serio e freddo. Dopo quell'attimo di leggero stupore nel vedere Mizu così determinata, il viso di Kimiko assunse l'espressione del più folle degli psicopatici. Il suo viso e le parti di pelle lasciate scoperte dalla zentai, si aprirono in strane crepe dalle quali uscivano dei baffi di fumo nero.  I lunghi capelli biondi si avvolsero tra loro, formando una lunga e ondeggiante chioma grigia. Le labbra nere incorniciavano il suo sorriso affilato, facendolo schioccare come un predatore pronto al balzo letale. Gli occhi completamente tinti dal color magenta, rifulgevano intensi e luminosi, sostenendo quelli profondi dell'azzurra.

« Mi chiedevo quando sarebbe arrivato questo momento... » Un profondo ringhio gutturale spezzò di netto il silenzio « Non sono poi tanto stupidi gli Hero...eh, Mizu- san? » Sorrise divertita, voltandosi completamente verso di lei.

L’azzurra assottigliò lo sguardo per non rendere palese il suo orrore alla vista di quel cambiamento.

« Sto ancora parlando con te oppure col tuo simbionte? » Emise chiara e pacata, avanzando qualche passo verso l’altra.

« Ah! E’ questa la cosa divertente! Conoscendo la cameriera goffa e impacciata, si potrebbe pensare che sia controllata da qualcosa o qualcuno… » Incrociò le braccia sotto il petto, scuotendo il capo in segno di negazione « … ma non è così! Se certe cose sono successe é solo per mio volere, non sono stata manipolata proprio da nessuno, figurati dal mio quirk… » 

« Non mi piace dare niente per scontato, dovevo chiederti almeno questo. »  Mizu avanzò ancora, con passo lento. « Comunque, non siamo in molti a sapere di te. Non ancora per lo meno. Per adesso ho scelto di proteggerti, andando oltre i miei doveri, perché io ho visto dietro la facciata della cameriera goffa. » Iniziò a girare attorno a Kimiko, rivolgendo sempre il viso verso di lei, mentre continuava a parlare. « E’ così che pensavi di fare giustizia ad Helena? »  Chiese tagliente e Kimiko accusò il colpo. « Tua madre era un Hero, pensi sarebbe fiera di quello che hai fatto? Cosa direbbe la donna che è stata la compagna di All Might? » Rispecchiò il suo sguardo serio in quello sorpreso dell’altra. «  Come vedi so parecchie cose su di te, Kimiko-chan. »  

« Sai anche perchè i suoi colleghi Hero, come vigliacchi, non si sono presentati al suo funerale? » Inclinò la testa sulla spalla, fissandola con sguardo vuoto « Chissà se veramente si preoccuperebbe di quello che sta facendo sua figlia… dopo la delusione che le hanno recato i suoi amici e compagni… » Attorno alla sua figura, si avvolse lentamente un lungo serpente fatto di fumo, che rivolse la testa verso Mizu « Avanti… trova risposta a questo atteggiamento, rivolgendo le colpe solo a quello che ho fatto… lo reputi sbagliato farsi giustizia da soli? Se la vostra comunità è questa, continuerò a farlo ogni volta che ne avrò occasione… » 

Stavolta Mizu non riuscì a nascondere una smorfia schifata alla vista del serpente che avvolgeva sinuosamente Kimiko. Pur volendo tentare di risolvere con le parole, notando quell’atteggiamento aggressivo, un mulinello d’acqua iniziò a vorticarle addosso, per difenderla.

« Erano corrotti, ecco perché non erano presenti. Erano i responsabili della sua morte. Li condanno per questo, come farebbe la legge. Mia madre, però, era lì. Ho scoperto che erano colleghe sai? Quanto è piccolo il mondo! Lei, mio padre e altri Hero degni di questo nome erano presenti ad omaggiare una donna e il suo coraggio. Cosa che invece tu non fai, comportandoti in questo modo… Se penso che tu abbia sbagliato a farti giustizia da sola? Si, lo penso, ma tutti sbagliamo. Basta vedere il disastro che stavo per combinare, seppur involontariamente, con quello tsunami… No sta a me giudicare, spetta alla legge, ma ho voluto proteggerti perché finora ho pensato che ti fossi comportata così a causa della tua sfiducia nei confronti delle forze dell’ordine, degli Hero e del sistema giudiziario, a causa di quello che è successo ad Helena, ma io non ti ho forse sempre dimostrato che gli Hero proteggono e aiutano? Non ho forse sempre teso la mia mano verso di te? Se sono qui è proprio per darti la possibilità di ricominciare, nel modo giusto stavolta….. ma vista la tua ultima frase, devo anche avvisarti che in caso contrario, non mi risparmierò dal fermarti con tutte le mie forze. » Il suo sguardo si accese, come ad indicare che fosse pronta allo scontro, per quanto non lo stesse cercando.

« Ti rendi conto delle cazzate che stai dicendo?! » Il tono di Kimiko si accese, facendo ringhiare e spalancare la bocca del serpente « Omaggiare?! Persone presenti?! Se questo fosse vero mia madre sarebbe ancora qui con me! » Il fumo che usciva dalle sue crepe divenne più intenso, avanzando come un onda su tutta la pavimentazione. « Siete solo degli egoisti che pensano solo a se stessi! Avete lasciato tutto il peso di quella cazzo di missione sulle spalle di mia madre! E poi?! Alla sua tomba non avete nemmeno speso una fottuta parola su di lei! » Il suo corpo si dissolse improvvisamente, riprendendo forma davanti a Mizu e spingendola ad indietreggiare « E’ troppo facile proferire tante belle parole, quando la tua vita non è stata l’inferno in cui mi avete condotta… » Con uno scatto afferrò il collo di Mizu, spingendola via con forza. « Ora è il tuo turno, Hero! Uccidimi adesso, oppure continuerò il mio operato senza fermarmi! » 

« Tua madre ha accettato il suo incarico! » Sbottò l’azzurra sistemandosi. « Tua madre, come molti altri Hero, ha dato la sua vita per la sua causa! » A grandi falcate raggiunse Kimiko. « Tua madre era un’eroina che conosceva il significato della parola sacrificio! »  Quasi le urlò in faccia, guardandola dal basso. « Tu non hai idea di cosa l’abbia motivata a farlo, a mettersi in pericolo. La missione non è andata come avrebbe dovuto, perché ci sono stati dei traditori, ma non credere che Helena sia stata lasciata da sola, perché non è così! Se si fosse saputo al tempo, credi che non sarebbe intervenuto nessuno? Era una missione segreta! E questo dovresti capirlo, visto che la tua stessa esistenza lo era! » Le puntò più volte il dito sul petto, per enfatizzare. « Ma sai una cosa? Tu non riesci a vedere il buono che ti circonda e le cose belle che hai vicino… Tratti Gorou come una pezza da piedi, senza mostrare un minimo di riconoscenza per essersi preso cura di te. Vogliamo parlare del tuo amico d’infanzia? Altro tasto dolente. E ho perso il conto delle volte che io ti ho offerto il mio aiuto e la mia compagnia più sinceri. La verità, Kimiko, è che tu vedi tutto nero, esattamente come il tuo fumo… » Mizu avvolse entrambe in una bolla d’acqua, ma non concesse all’altra la possibilità di respirarci dentro. «  … ma il fumo nell’acqua si dissolve, perciò sarà mio compito farti cambiare idea. » Kimiko non poté nascondere il suo sorriso macabro. Pur non essendo riuscita a prendere abbastanza fiato, visto la velocità con cui l’azzurra le aveva rinchiuse dentro l’acqua, mosse velocemente gli occhi attorno a sé, per cercare una soluzione repentina, poi si concentrò, chiuse gli occhi e ogni fibra del suo corpo rilasciò del fumo nero, che andò ad incrementare il simbionte. L’acqua prese a vorticare e a tingersi di nero, tanto che Mizu fu costretta ad uscire dalla bolla e tossire. Kimiko continuò ad espandere il suo fumo, finché il simbionte non fu abbastanza grande da infrangere la bolla. Una volta fuori, anche Kimiko tossì, mentre i suoi polmoni si espansero alla ricerca dell’aria, e il simbionte osservò serafico Mizu, mostrandole la bocca aperta. Mizu fece un balzo all’indietro, senza dare le spalle ai suoi avversari. Li scrutò attentamente, doveva stare attenta a non sottovalutarli, dopotutto avevano mietuto già molte vittime. « Non voglio farti del male, ma mi stai costringendo… »

« Ti ho già detto che se vuoi fermarmi, dovrai uccidermi. » Kimiko assottigliò lo sguardo e allungò il braccio nella direzione di Mizu, come in un ordine silenzioso per il simbionte, che si scagliò contro l’azzurra. Healing Water direzionò dei getti d’acqua contro il serpente di fumo nero, creando delle piccole fessure nel suo corpo, ma non fermando la sua avanzata. Atterrì quando si trovò i denti del simbionte a pochi centimetri dal viso. Le leccò una guancia con la lingua viscida, come per assaggiarla, poi sferrò un morso alla spalla destra della donna, conficcandole i denti della carne. L’urlo di Mizu fu coperto dal rimbombo di un tuono. Per il dolore, un ginocchio le cedette, strinse i denti e rialzandosi caricò un getto più potente dritto in faccia al serpente, ancora attaccato alla sua spalla. Il simbionte fece un verso acuto e gracchiante prima di dissolversi. Mentre l’azzurra riprendeva fiato, però, il serpente nero riemerse dal corpo di Kimiko come nuovo.

« Tutto qui quello che sai fare, Mizu-san? » Il tono usato da Kimiko era derisorio, come il ghigno sul suo volto e su quello del simbionte. « E’ bastato Fade a metterti al tappeto? » 

« Quella roba ha anche un nome? Che cucciolo… » Mizu si riposizionò, maledicendo il non potersi curare con la sua stessa acqua. « Però dovreste farmi entrambi il favore di non sottovalutarmi. » L’azzurra sollevò il braccio sano e articolò le dita in direzione di Kimiko. Questa dopo poco iniziò a sentirsi sempre più stretta nella sua tuta, a causa del tessuto bagnato che si stava restringendo sempre di più attorno al suo corpo. Avendole impedito i movimenti, generò dell’acqua sopra di sé, che prese la forma di uno squalo e glielo schiantò addosso. L’impatto gettò Kimiko a terra con forza, facendo  dissolvere nuovamente il simbionte.

« Magari ti stancherai di generarlo ogni volta… »  

Kimiko si riprese, seppur un po’ intontita dal colpo. Osservò l’azzurra che stava di fronte a lei, ferita ma combattiva. 

« Perché? » Chiese, alzandosi. « Perché combatti..? Perché non rinunci come hanno fatto tutti gli altri?! » Digrignò i denti e si scagliò contro Mizu, lasciando che Fade la avvolgesse interamente. L’azzurra si ritrovò avvolta nel fumo, che la stringeva attorno alla gola. Prima di soffocare del tutto, fece un movimento della mano sinistra dal basso verso l’alto, creando un vortice d’acqua tutt’attorno che attirò il fumo, liberandola.

« Te l’ho già detto… » Disse con voce flebile. « Sono qui per dimostrarti che ti sbagli… e visto che le parole non servono, lo sto facendo coi fatti… »  

Le due continuarono ad attaccarsi senza sosta, utilizzando i loro quirk: Mizu continuava a grondare sangue dalla spalla, la sua pelle e la sua tuta erano squarciate in più punti dalle artigliate e dai morsi di Fade; Kimiko invece aveva preso più danni contundenti dalla potenza dell’acqua, che l’aveva schiantata a terra più volte, riempiendola di lividi e tumefazioni, e sfinendola a causa del respiro messo a dura prova dalle bolle. Il combattimento si era protratto per delle ore, con le due che si erano spostate di tetto in tetto, finché con l’ultimo colpo Fade aveva scaraventato Mizu fuori, facendola cadere sulla strada, in un volo dal terzo piano, ma la stessa sorte toccò a Kimiko, visto che l’azzurra era riuscita a trascinarla con sé. Doloranti e ammaccate, rimasero qualche minuto stese a terra, la bionda era sicura di essersi slogata un polso e forse aveva persino qualche costola incrinata, mentre l’azzurra sentiva delle fitte lancinanti alla gamba sinistra, che per la sua esperienza in campo medico sembrava rotta. Tuttavia, se la avvolse in un sostegno d’acqua momentaneo e si rialzò, così come Kimiko, nonostante il busto le facesse male anche solo respirando.

« Non credere… che sia… finita… » Disse Mizu, combattiva nonostante fosse allo stremo.

« Questo.. non è… niente… » Le rispose Kimiko, che non aveva perso il suo umorismo pungente nemmeno ridotta in quello stato. Al cenno di sfida dell’azzurra, lei reagì andandole incontro e sferrandole un pugno allo stomaco, in contemporanea con quello che Mizu le diede al viso. Healing Water crollò a terra, tra i conati a vuoto, mentre sul viso della villain si aprì un taglio e sullo zigomo spuntò l’ennesimo livido. Kimiko barcollò, fino a cadere anche lei seduta a terra e poi lasciandosi andare di lato, opposto a quello della posizione supina in cui era raggomitolata Mizu, in preda agli spasmi. Kimiko tentò con un ultimo sforzo di raggiungerla strisciando, pronta a chiudere la questione per sempre e aggiungere Mizu alla sua lista di vittime, ma l’istinto la fece bloccare. La osservò, anche se aveva la vista appannata per gli occhi rigonfi, quella donna aveva cercato sempre e solo di aiutarla, forse l’unica ad averci provato davvero in tutti quegli anni. Non se la sentiva di ucciderla, non dopo tutto quello che avevano passato, dalle chiacchiere tra amiche a quella stessa sera piena di violenza. Nel suo momento di riflessione, qualcosa fece ombra su entrambe. Mizu era svenuta, ma Kimiko riuscì a vedere un paio d’ali spiegate. La figura sollevò con cura il corpo di Mizu e se lo strinse a sé.

« A quanto pare non meritavi affatto la sua compassione. » Disse solo, sistemandosi al meglio per ripartire in volo, ma prima che potesse farlo, una voce gridò e una figura emerse da un vicolo.

« KIM! »  

Dabi corse velocemente verso la scena, non preoccupandosi più se le ombre della notte lo stessero nascondendo o meno, e si inchinò sulla bionda. « Razza di stupida… » La strinse a sé con forza quasi disperata, mentre lei gli sorrise proprio poco prima di perdere i sensi. Touya la sollevò e poi lanciò uno sguardo glaciale verso Hawks. 

« Pensavo che gli eroi aiutassero le persone ferite… soprattutto uno che si porta dietro la fama di donnaiolomh… ormai non ci sta più nulla su cui stupirsi… nascondere la vostra vera faccia dietro una licenza va di moda…» 

« Qui gli unici che si nascondono, sono i ratti che agiscono nell’ombra. Come la tua cameriera. »  

« E’ una persona normale… come tutti… che cerca di continuare a vivere, ma soprattutto sopravvivere, in questo mondo manomesso da voi dei ranghi alti… »
« Puoi anche evitarmi il sermone anti-hero, con me non attacca proprio. E lei è una criminale, se non è stata ancora arrestata, deve solo ringraziare Mizu. Invece guarda come l’ha ridotta, bella riconoscenza. Dammi retta, addomestica un po’ meglio la tua micetta, perché nessuno oltre Mizu sarà disposto a proteggerla. »  

« Pff… perdonami se sorrido… devo seriamente ringraziare perché non l’avete arrestata? Quindi dovremmo chinarci a voi ed elogiarvi anche per non aver arrestato i nostri assassini? Coloro che hanno distrutto le nostre vite? Gli eroi salvano le persone, non permettono che venga versato sangue… insegna a quella sirenetta che con false promesse e bugie non si risolve niente… contano i fatti e voi, in questo siete davvero pessimi… » 

« Stai cercando di convincere delle tue ragioni la persona sbagliata. Il mio ideale è un mondo che non necessiti più dei servizi degli Hero, ma è quasi un sogno irrealizzabile. Sia perché c’è chi si fa giustizia da solo come la tua amica, sia perché il sistema non funziona. Noi ci proviamo, ma non possiamo essere ovunque. Mi parli di dimostrazione coi fatti? Sfido chiunque a fare quello che Mizu ha fatto per la biondina. Non sono state solo parole, ha dimostrato più volte coi fatti, sia con lei che con tutti, ma se voi siete troppo ciechi e vedete solo marcio ovunque, anche dove non c’è, beh… forse dovreste rivalutare il vostro metro di giudizio. »  

« E’ facile parlare così quando si conosce solo una persona in questa vicenda. Non sai nulla di quello che ha passato Kimiko… di noi… i veri nemici, quelli davvero malvagi, si trovano proprio vicino a voi… mangiano con voi… magari ridono insieme a voi… se sei accecato da qualcosa per quella donna, non è affar mio… e se davvero credi di essere migliore di noi, impara a ragionare con la testa di una persona che ha praticamente perso tutto.... arrivando al punto di percorrere l’unica strada, quella ovvia… il suicidio. » Gli sorrise con amarezza. « Ora, se non ti dispiace, avrei da mettere in sesto la mia micettachissà, magari ci saranno altre occasioni per parlare… »  

« Invece tu non sei accecato dall’ira e dalla vendetta, vedo. Dammi retta, se fosse come dici, quando finalmente qualcuno ti tende la mano e ti dimostra che puoi vivere diversamente, dovresti cogliere l’occasione. Altrimenti tutte queste parole sono solo fumo e niente di concreto, visto che la vostra è una grande lamentela sul come vanno le cose. Cercate di cambiarle nel modo sbagliato ma poi quando avete la possibilità di farlo nel modo giusto non vi sta più bene? Allora mi chiedo cosa vogliate veramente. Caos? Distruzione? Che altri soffrano come successo a voi. Persone come me e come Mizu non lo trovano giusto e provano a porvi rimedio diversamente, coi loro mezzi. » Spiegò le ali e si librò in aria. « Vedremo se il destino ci farà incontrare di nuovo. Di certo non sarei gentile come Mizu, se fosse sul campo di battaglia. » Detto ciò, si alzò in volo verso l’ospedale, lasciando Dabi con il naso all’in sù, mentre lo osservava allontanarsi. Poi anche lui si voltò, dirigendosi al Doragon, con la bionda tra le braccia.


Angolino delle autrici

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Capitolo 20
*** Capitolo XIX° ***


Il Doragon aveva chiuso da un po’ ormai, l’esterno del locale era completamente avvolto dalle tenebre della notte. Solo dall’entrata posteriore, usata per scaricare le merci, si sentiva del movimento e dalle fessure della porta filtrava una fioca luce. Il silenzio venne interrotto dal suono di pentole e piatti che cadevano sul pavimento e dalle voci che, abbastanza alterate, cercavano di sovrastarsi l’una contro l’altra. Dabi, così si faceva chiamare fuori dalle mura domestiche, venne scagliato con forza contro una parete, afferrato successivamente per il collo dalla mano di Gorou che ne avvolgeva con rabbia le carni bruciate. Seduto in un angolo delle cucine, Yuurei trattenne il fiato, spaventato davanti a quella disputa, stringendo di più a se il corpo di Kimiko che aveva avvolto nella sua felpa.

« Non avevo mai e ripeto MAI chiesto chissà cosa! È troppo chiedere tranquillità?! Sì?! » Chiese con voce tuonante il locandiere mentre le dita si stringevano maggiormente al collo del moro « Andava tutto perfettamente, tutto filava liscio. Finché non sei subentrato tu mandando tutto in malora!» 

« Comodo addossare colpe a me quando la responsabilità di gestirla era solo tua!» Rispose acido e ringhiante Dabi, stringendo il polso dell’uomo con tutta la forza che aveva « Forse se l’avessi aiutata non saremmo in questa situazione!»  Gli occhi di Gorou si accesero a quelle parole.

« Adesso ti permetti anche di farmi la paternale?! Tu, piccolo bastardo insignificante approfittatore!» 

« Basta! Vi sembra il momento di litigare?! Siete seri o cosa?!» La voce contrariata di Yuurei interruppe lo scambio di parole dei due che, ora in silenzio e con la faccia dipinta dalla rabbia, non smettevano di fissarsi. « Kimiko ha bisogno di cure e voi che fate? Cercate di curarla in una gara a chi addossa più colpe?! In questo momento siete solo complici della sua sofferenza!» Abbassò il capo verso la bionda, osservando il suo viso privo di sensi. « Penseremo al da farsi dopo, ma ora lei ha la priorità.» 

Gorou fece l’ennesima smorfia contrariata, premendo un’ultima volta il ragazzo contro la parete prima di lasciare la presa e avviarsi all’esterno del locale. Dabi si massaggiò il collo, schioccando nervoso la lingua contro i denti. Sicuramente quel discorso l’avrebbe ripreso il prima possibile col diretto interessato.

« Non è solo preoccupato per il locale…» Proseguì Yuurei a capo chino «… credo sia la prima volta che la vede ridotta così. È normale che sia preoccupato.» 

« Non mi dava l’impressione di uno preoccupato per la salute di sua figlia. Sembrava più concentrato sui pensieri di cosa sarebbe successo al suo bel locale, non pensando che va avanti anche grazie a lei.» 

« A nche Kimiko poteva evitare tutto questo casino. Magari proprio mostrando gratitudine a Gorou...» 

« Stai dando ragione a lui? Sei proprio un cane...» 

« Non sto dando ragione a nessuno di voi… Rifletto solo su quello che ci hai raccontato e tutto il resto. Posso essere onesto? Mi sento in colpa di averle permesso di allontanarsi da me, di non essere stato più presente come faceva Mizu. Forse non saremmo in questa situazione se avessi capito dall’inizio le sue intenzioni...» Dabi lo fissò con serietà e un leggero velo di rabbia « Non potevo immaginare che Kimiko fosse l’artefice di tutto questo. Non sapevo minimamente che portasse dentro così tanto rancore... Tu per lei che hai fatto? Ammetti di non aver mosso un dito per aiutarla o starle più vicino.»  Poco prima che Dabi potesse rispondergli la porta si aprì. 

« Portala sul furgone.» Ordinò Gorou a Yuurei che, senza esitazione, si avviò al veicolo « Tu invece vedi di stare al tuo posto...» Intimò a Dabi voltandogli poi le spalle. Quest’ultimo, abbastanza contrario da quella presa di posizione, seguì il mezzo lupo, salendo con lui dalla parte posteriore del furgone. Prese posto vicino al ragazzo, voltando lo sguardo verso Kimiko ancora incosciente. Intanto Gorou, dopo aver chiuso il locale, si mise al posto di guida, senza dare indicazione ai due sulla destinazione. Metà del tragitto passò in completo silenzio finché Yuurei decise di affrontare un argomento per colmare alcune lacune che gli erano sempre passate per la testa.

« Gorou, come hai conosciuto Kimiko? Si vede lontano un miglio che non è tua figlia, soprattutto dal vostro odore abbastanza diverso...» Dabi non poté fare a meno di voltarsi verso l’uomo chiamato in causa, curioso della risposta. Sempre che non mantenesse il silenzio stampa. Gorou alzò lo sguardo sullo specchietto retrovisore, scrutando entrambi brevemente prima di concentrarsi nuovamente sulla strada.

« Non è stato un caso, questo è sicuro. » Quando proferì, Dabi ne rimase sorpreso. Forse, finalmente, avrebbe avuto qualche informazione che Kimiko si rifiutava di dargli da quando si erano ritrovati.

« Conoscevo bene sua madre, visto che ero proprio io a passarle alcune informazioni, utili per le sue indagini.» Yuurei storse il capo incuriosito « Sua madre era una pro-hero abbastanza conosciuta, soprattutto in America. Si sa che certe imprese raggiungono anche il Giappone, come tutto il mondo. Poi, un giorno, sparì improvvisamente dalle luci dei riflettori, senza lasciare nessuna traccia. Strano si fosse già dimessa, ma la gente poteva pensare qualunque cosa, visto che lei stessa, oltre al silenzio, non aveva lasciato nessuna intervista o dichiarazione scritta. Finché, dopo anni, la sua figura riprese spazio, proprio qui in Giappone.» 

« Forse era troppo occupata a fare la mamma? Deve essere dura per un eroe avere anche il compito di badare ai propri figli.» Domandò Yuurei con perplessità, mentre un ghigno divertito storse i lineamenti di Dabi.

«È questo il punto divertente. Nessuno sapeva che avesse una figlia, soprattutto un compagno, io stesso ne ero all’oscuro e, sinceramente, neanche mi importava del perché fosse sparita e poi ricomparsa dal nulla.» 

«Ok...ma Kimiko era con te quando vi ho conosciuti, quindi sapevi qualcosa... giusto?» Continuò Yuurei. Lo sguardo di Dabi si assottigliò maggiormente verso Gorou, in attesa della sua risposta.

« Vidi Kimiko da bambina una o due volte, quando incontravo sua madre per darle le informazioni, aveva all’incirca sei forse sette anni. Probabilmente nella sua mente aveva memorizzato il mio volto ed il suo quirk mi ha rintracciato dopo la morte di Helena. I dettagli del mio corpo non passano inosservati, ricordo che lei rimaneva sempre rapita dalle mie corna e dalla lunga coda rettiliana.» 

« Aspetta, mi sto perdendo.» Gorou sospirò.

« Kimiko ha un quirk senziente, una rara qualità di questi tempi. Ne dispone una percentuale molto bassa di persone. Questi quirk hanno la capacità di parlare e agire a seconda della volontà di chi li ospita. Fade, così venne chiamato, può agire anche senza che lei lo nomini. Ebbi la possibilità di parlare con lui e mi raccontò del tentativo di suicidio di Kimiko... » Yuurei deglutì con forza la poca saliva rimastagli « Dopo che Helena venne uccisa, Kimiko tolse la vita agli agenti che furono citati nell’articolo. Quelli che, stranamente, si trovavano già sul posto dando i primi soccorsi. Non sto qui a spiegare tutto, ma la circostanza dell’accaduto era davvero molto strana, sia per me, che per Kimiko stessa. È alquanto strano che una donna venga uccisa da un villain con tutti quei posti di blocco e dell’assassino nessuna traccia, no?» Sorrise con amarezza l’uomo « Il caso venne archiviato in breve tempo, almeno, così fecero loro. Kimiko non lasciò perdere nulla e si mise sulle tracce degli impostori, uccidendoli senza nessuna esitazione. Il fatto che sia arrivata a loro, mi fa pensare che sia stata aiutata. Come faceva una ragazzina di soli tredici anni a sapere certe informazioni?» Dabi si pietrificò, era stato proprio lui, grazie ad alcuni discorsi origliati da suo padre al telefono, a venire a conoscenza di certe cose e, senza esitazione, aveva riferito ogni singolo dettaglio delle telefonate alla ragazza.

« Comunque, dopo essersi saziata della sua vendetta, diciamo una parte, decise di togliersi la vita. Forse questa azione ha risvegliato il suo vero quirk che, dissolvendo il corpo del suo ospite, ha evitato il peggio, conducendola a me in forma di massa di fumo nero.» 

Il veicolo si fermò presso alcuni edifici di un quartiere poco illuminato da alcuni lampioni. Ad aspettarli un uomo vestito con abiti eleganti e qualche anello alle dita. I capelli brizzolati erano leggermente acconciati con qualche velo di brillantina. Appena vide Gorou scendere dal veicolo non potè nascondere un sorriso entusiasta, dal quale rilasciò una tirata di fumo della sua sigaretta. Sistemò meglio gli occhiali sul setto nasale, gettando via il mozzicone per rivolgergli un saluto con la mano.

« Riprenderemo il discorso con più calma. Adesso seguitemi e non fiatate.» 

Prima che i due ragazzi smontassero dal camion, Dabi prese posizione, strappando via il corpo di Kimiko dalle braccia del mezzo lupo e stringendola a sé mentre scendevano dal mezzo. Yuurei non si ribellò a quel gesto, avvertì dal moro una strana angoscia, trasmessa dai suoi occhi freddi e vuoti in quel momento.

« È un vero piacere rivederti dopo tanto, soprattutto ricevere una richiesta proprio da te.» Disse l’individuo facendo capolino dalla figura di Gorou, osservando la ragazza ferita « Ah… questa volta si è fatta davvero male…» 

« Poche chiacchiere, Giran... non è il momento…» 

« Giusto, giusto. Prego, seguitemi pure…» 

L’uomo li condusse all’interno di un edificio, passando vari corridoi e superando varie porte. Ad attenderli, in una sala, un’equipe medica composta da cinque persone già vestite e pronte all’assistenza. Gorou fece fermare i due ragazzi, prendendo Kimiko tra le braccia. Doveva essere svestita e sistemata per eventuali operazioni e l’unico adatto a quel compito era solo lui, non avrebbe permesso che il suo corpo venisse toccato da altre mani. Una volta richiusa la porta alle sue spalle, i due ragazzi rimasero da soli nella sala. Dabi si appoggiò con le spalle contro una parete, Yuurei prese posto sul divano di pelle nera, sfogliando qualche rivista per passare il tempo. Tra i due non ci stava nessun argomento di conversazione, condividevano solo i minuti incessanti di attesa per le condizioni di Kimiko. Trascorse più di un’ora prima che quella porta si aprisse, facendo mettere sull’attenti i due ragazzi.

« Se volete, potete vederla. È sveglia, un po’ intontita dalla morfina, ma sta bene. » 

« Cazzo se è sveglia! Quella stronza mi ha quasi staccato una mano a morsi!» Commentò uno dei medici mentre si reggeva una mano fasciata e impregnata di macchie di sangue. Dabi e Yuurei sorrisero divertiti, ma solo il moro si avviò verso la porta.

«Tu non vieni?» Domandò il moro, notando il mezzo lupo seguire Gorou e Giran. 

« No... avrò tempo più tardi per salutarla. L’importante è che stia bene. Inoltre, devo aiutare Gorou con il locale. Dubito che Kimiko sarà attiva già da domani.» Gli sorrise e, dopo averlo salutato con un cenno del capo, si avviò verso l’uscita. Dabi lo fissò brevemente per poi andare verso la stanza nella quale avevano sistemato Kimiko. Era la prima volta che la vedeva ridotta così, soprattutto attaccata a quei macchinari e flebo. Il rumore della porta che si chiudeva le fece aprire gli occhi, sorridendo quando vide il ragazzo che ricambiò senza esitazione. Si tolse la giacca di pelle e prese posto sull’unica sedia presente nella stanza.

« Non perdi tempo per fare guai, eh?» Sorrise divertito accarezzandole la fronte avvolta dalle bende.

« Si stava ancora lamentando per quel morsetto? Che esagerato... » Sibilò con voce divertita e impastata per via dei farmaci nel suo corpo, muovendo lentamente il capo contro la mano di lui « Grazie, Touya… » 

« Di cosa? » 

« Per avermi aiutata… » 

« Kim… se ti avessi davvero aiutata, adesso non saresti qui…» Soffiò quelle parole con amarezza, avvicinando il viso al suo così da poggiare la fronte contro quella della ragazza. « Questa mattina sono uscito per cercare un nuovo appartamento, così da stare lontani da occhi indiscreti… soprattutto da quella Hero… » 

« Lei non c’entra nulla…» 

« No? Chi ti ha conciata così? Sei solo inciampata sul marciapiede? » 

« Touya… è iniziato tutto da me, non accusarla se non sai com’è andata. Non so nemmeno perché ho fatto una cosa del genere. » Chiuse gli occhi, liberandosi di un sospiro « Volevo scovare quello stermina eroi di cui si parla tanto. Non volevo che le colpe delle sue azioni cadessero sui miei crimini. Poi, Mizu è intervenuta… sa che sono io l’artefice di tutto ciò. Non so perché, ma ho avuto paura… » 

« Kim… » Pronunciò il suo nome con flebile fiato. Non era così sbagliato il suo intento di cercare una nuova abitazione, soprattutto ora che quella donna sapeva. Non le avrebbe permesso di portarla via da lui. Si morse leggermente il labbro al solo pensiero, ritornando in sé quando Kimiko proseguì.

« Magari, prima di ritrovarti, avrei accettato di essere rinchiusa in una prigione… tanto mi sentivo sempre sola. » Indolenzita, scostò la mano dal materasso per poggiarla sul viso del ragazzo « Però, da quando sei tornato, la mia vita è cambiata così tanto e in poco tempo. Completamente investita da un fiume di emozioni che pensavo di aver perso lungo la strada… » 

« Fiume… anche qui la presenza di Mizu si fa sentire… » Farfugliò nervoso, facendo sorridere lei.

« Dai… sai che anche lei c’entra in questo cambiamento… e hai capito cosa intendo. » Strofinò piano la fronte contro la sua, facendo socchiudere gli occhi del ragazzo « Non mi va di essere separata ancora da te. Non posso accettarlo…» Il suo tono di voce non era solo smorzato dalla debolezza fisica, ma anche dalle lacrime di quella tensione che l’aveva accompagnata per tutto il giorno, forse anche per tutto il tempo. Con una strana dolcezza che pensava anche lui persa nel tempo, asciugò le sue lacrime con delicati movimenti delle dita e, accompagnato da quel momento creatosi tra loro, non esitò un solo secondo di più. Distrusse con un solo gesto quel distacco creatosi per troppo tempo tra loro, sigillando le loro labbra in un lungo bacio tanto desiderato, reso ancora più intenso dal trasporto di Kimiko che, come lui, mostrò senza nessun dubbio e tentennamento. Le labbra poi si dischiusero in un sorriso mentre i loro occhi non smettevano di perdersi gli uni negli altri. Era solo il primo dei tanti baci che si scambiarono quella notte, finché Kimiko, ormai sfinita, non si addormentò, sorvegliata per tutto il tempo dal moro. 

§§§

Keigo portò Mizu all’ospedale più vicino, volando velocemente. Lei respirava a fatica tra le sue braccia, era malconcia ma non in fin di vita. Raggiunto l’edificio, l’hero la lasciò in mani più esperte per farla rimettere in sesto poi si chiese se fosse il caso di avvisare la sua famiglia. Grattandosi la nuca, imbarazzato dalla situazione insolita visto che i parenti della sua ragazza non lo conoscevano, rifletté su chi contattare. L’unica che gli venne in mente fu Recovery Girl: per quanto lui non avesse studiato alla Yuei, si conoscevano e sapeva come rintracciarla. Cercò uno dei telefoni pubblici dell’ospedale e digitò il numero del liceo, chiedendo di poter parlare con l’anziana dottoressa.

« Hawks! Quando mi hanno passato la telefonata, mi chiedevo cosa potesse volere l’eroe numero 3 da me… » 

« Mi creda, avrei voluto tutto meno che disturbarla, soprattutto vista l’ora tarda… » 

« Suppongo riguardi mia nipote. » Mentre Keigo si chiedeva come la donna l’avesse capito, Chiyo lo anticipò. « Non siete discreti quanto credete, i giornali vi hanno immortalati più volte. Dunque, che succede? Se stai chiamando me, dev’essere successo qualcosa. » 

« Sì, signora. Mizu è stata appena ricoverata all’ospedale della prefettura, stanotte c’è stato uno scontro violento con un villain e lei è rimasta ferita. » Dall’altra parte della cornetta, sentì l’anziana fremere.

« Come sta? E’ grave? »  

« Diciamo che ne ha date tante, ma ne ha anche prese. Non è in pericolo di vita, comunque. » Chiyo sospirò di sollievo.

« D’accordo, arriviamo il prima possibile. » La donna chiuse la conversazione e ne iniziò una seconda con il figlio, per avvisarlo delle condizioni di Mizu. Poi andò all’alloggio di Umi, la svegliò e informò anche lei, cercando di evitare che entrasse in panico. Mentre la ragazza si vestiva in fretta e furia, Chiyo rivolse lo sguardo a qualche alloggio più in là. Si mosse verso quella porta e bussò più volte, energicamente. Un Aizawa più assonnato del solito socchiuse appena la porta, per vedere chi fosse.

« Spero tu sappia che ore sono. Che succede? » Chiese, con la voce impastata.

« Mizu è all’ospedale. Ho pensato che volessi saperlo. » Shota spalancò gli occhi e il resto della porta.

« Cos’è successo?! » Chiese poi, mentre si sfilava il sacco a pelo.

« Vieni, ti spiego mentre iniziamo a muoverci. »  

Il trio fu raggiunto dai coniugi Shuzenji e tutti insieme si misero in moto verso l’ospedale.

« Perché sta venendo anche lui con noi? » Domandò Aoi sprezzante indicando Shota, come se lui non fosse lì. La moglie lo rimproverò, mentre sua madre gli diede una spiegazione blanda a bassa voce. Eraser Head non fece una piega, continuando ad osservare la strada in movimento dal finestrino.

Un’ora dopo la chiamata di Hawks, il gruppo arrivò all’ospedale. La dottoressa Risa Shuzenji, che lavorava lì, si fece indicare dall’accettazione dove fosse sua figlia e il gruppo raggiunse la stanza 394. Quando entrarono, trovarono Keigo che parlava con un medico e Mizu a letto, addormentata. Quando Shota la vide, pallida e immobile, ebbe un sussulto e si sentì il sangue gelare. Rimase lì impalato sulla porta, mentre Umi si fiondò al capezzale della sorella e Risa spinse la sedia a rotelle del marito. Chiyo invece si avvicinò ad Hawks e al medico.

« Voi dovete essere i familiari. » Esordì questi, stringendo la mano dell’anziana. « La signorina Shuzenji ha riportato parecchie escoriazioni, fortunatamente non profonde e che quindi non lasceranno cicatrici, ad eccezione di quella alla spalla destra. Deltoide, parte del bicipite e parte del pettorale hanno subito delle micro-lacerazioni, dove i denti della cosa che l’ha morsa sono entrati in profondità » Gli occhi dei presenti si spostarono sulle sacche di ghiaccio istantaneo poggiate sulla spalla bendata.

« La gamba sinistra ha subito una micro frattura composta poco sopra la caviglia, meno grave ma dovrà comunque tenere il gesso per due, meglio tre, settimane. Non siamo riusciti a curarla con i quirk, perciò avrà bisogno di riposo e riabilitazione, nonché trattamenti specifici e di un attento iter medico al fine di limitare al massimo i danni funzionali. » Il medico rivolse un ultimo sorriso incoraggiante ai presenti.

« Non siete riusciti a curarla per via del suo quirk: Mizu può creare un’acqua dalle potenti proprietà curative, ma con la quale non può curare se stessa e, a quanto pare, le impedisce che qualsiasi quirk curativo funzioni su di lei. »  Ammise Risa, osservando la figlia con cipiglio preoccupato.

« Beh per il volo che ha fatto, è stata fortunata: nessun trauma cranico, né danni alla colonna vertebrale. Potrà tornare a camminare, nei giusti tempi sarà come nuova e potrà riprendere il suo lavoro. » Alle parole del medico, Aoi tirò un sospiro lungo e sollevato, almeno sua figlia non avrebbe condiviso la sua sorte sulla sedia a rotelle. 

Aizawa si avvicinò ad Hawks e gli parlò sottovoce.

« Sai dirmi di più sull’aggressore? E’ collegato al caso che stavate seguendo? »  

Keigo si prese qualche secondo per osservarlo, dall’espressione del viso di Shota trapelava chiaramente l’ansia per le condizioni di Mizu. Sospirò pesantemente prima di rispondere.

« Non lo so, non l’ho visto. Quando sono arrivato, era già sparito. » Non sapeva bene perché mentire per proteggere quella donna. Avrebbe potuto tranquillamente consegnare le informazioni alla polizia, che avrebbe iniziato a cercarla, ma sapeva che Mizu sarebbe stata male per questo. Aizawa digrignò appena i denti e si allontanò appena, poi i presenti lasciarono che il tempo scorresse inesorabilmente.

Qualche ora più tardi, Mizu riprese conoscenza. Il bip del monitor a fianco al suo letto segnava un battito regolare. Sbatté più volte le palpebre e, come la vista non fu più appannata, notò le persone attorno a lei. Umi e sua madre le sorrisero dolcemente, mentre sua nonna avvicinò la sedia di Aoi, così che entrambi potessero vederla da vicino. Oltre loro, con lo sguardo Mizu scorse Keigo appoggiato alla parete e Shota che osservava fuori dalla finestra.

« Tesoro, come ti senti? » Le chiese Risa, aiutandola a sistemarsi.

« Come un panno appena sbattuto… » Ammise Mizu, con voce roca. Mentre i suoi familiari ridacchiavano per quelle parole, Mizu cercò Keigo con lo sguardo. Lui si avvicinò e le prese una mano tra le sue. Alla tacita domanda di lei riguardo Kimiko e se l’avesse presa, lui rispose solo con un cenno di diniego silenzioso. Il gesto intimo tra i due, però, non passò inosservato alla famiglia.

« E quindi chi sarebbe questo giovanotto? » Domandò giuliva sua madre.

« Oltre ad essere l’hero numero tre… » Aggiunse suo padre, squadrandolo.

« E’ il mio colleg…»  

« Il suo ragazzo. » Hawks interruppe Mizu prima che potesse finire e osservò le reazioni dei presenti con un grosso sorriso sornione stampato sulel labbra. Mizu arrossì vistosamente e gli strinse la mano, come per punirlo, poi si voltò immediatamente a guardare verso Shota, che però parve incurante alla notizia e rimase a fissare l’esterno.

Quando il medico, poco dopo, entrò nella stanza, ammonì i presenti per la caciara creatasi da quella notizia e li congedò, dicendo che la paziente doveva riposare. Aizawa chiese di poter restare qualche altro minuto, chiedendo ad Hawks di fare lo stesso, per discutere con entrambi di una faccenda importante. Il dottore acconsentì, ma intimò di non rimanere per troppo tempo, poi uscì, portandosi dietro la famiglia Shuzenji.

« Visto il vostro impegno nelle indagini, credo siate a conoscenza delle ultime voci. A quanto pare è comparso uno stermina eroi, la polizia sta valutando l’ipotesi che siano collegati, se non la stessa persona. »  

« No, non credo lo siano. » Ammise Hawks, guadagnandosi un’occhiataccia di Mizu.

« Nemmeno io. » Asserì Aizawa « Il modus operandi è diverso, l’assassino che state cercando voi uccide gli agenti, solo un hero è stato vittima casuale, mentre quest’altro criminale se la prende con gli eroi. E’ possibile che sia stato lui ad attaccarti stasera. » Concluse, rivolgendo finalmente lo sguardo verso l’azzurra.

« Sì, è possibile. » Concordò lei. «  Come lo è anche che siano la stessa persona e che semplicemente abbia cambiato i suoi obbiettivi. Non possiamo escludere nulla. » Hawks le lanciò un’occhiata ammonitrice, ma lei sorresse il suo sguardo. « Non appena sarò in grado di lavorare, mi accerterò personalmente della questione. »  I due uomini non sembrarono particolarmente entusiasti all’idea, ma prima che potessero mostrare qualche rimostranza, Mizu alzò una mano per fermarli. « Non cercate di dissuadermi, sarebbe fiato sprecato. Come penso sappiate, ho iniziato a lavorare per l’agenzia di Endeavor, perciò che vi piaccia o meno, questi sono i rischi del mio lavoro. » Indicò le fasciature sulle sue ferite. « E sta solo a me decidere se accettarli o meno. Detto ciò, Shota, grazie per averci informati sugli ultimi avvenimenti. E per essere passato a vedere come stavo. »

« Figurati. » Rispose semplicemente, lapidario.

« Keigo, vorrei qualche informazione in più su questo stermina eroi, ti spiacerebbe portarmi il suo fascicolo la prossima volta che vieni a trovarmi? »

« Non sarà un problema. » La rassicurò.

« Grazie ad entrambi, adesso scusatemi, ma sono veramente a pezzi e vorrei riposare.»

I due hero si congedarono, Shota superò la porta e andò a destra, mentre Keigo poggiò un bacio a filo di labbra su quelle di Mizu e una volta uscito, andò a sinistra. Non passò molto tempo prima che Mizu chiudesse nuovamente gli occhi, per lasciarsi ad un sonno senza sogni.




Angolino delle autrici

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Capitolo 21
*** Capitolo XX° ***


« Dimmi, sei per caso impazzita..? » La voce di Hawks non nascondeva il suo tono alterato. Nelle due settimane in cui Mizu era rimasta all’ospedale, Keigo era andato a trovarla quasi tutti i giorni e, sotto richiesta di lei, l’aveva tenuta aggiornata sullo stermina eroi. La loro indagine invece sembrava tornata ad un punto morto. Mizu sospirò.

« Aiutami a rivestirmi, per favore. » Oggi l’avrebbero dimessa, ma aveva un altra settimana di stop da passare a casa e poi avrebbe iniziato con la fisioterapia. Quella per la gamba sarebbe stata più semplice e veloce, mentre quella per la spalla la spaventava un po’, nonostante il medico in quelle settimane l’avesse rassicurata sul fatto di essere fortunata e che, con gli accorgimenti giusti, avrebbe recuperato del tutto. 

Keigo si mosse immediatamente per andarle incontro e aiutarla, nonostante non fosse sereno per le ultime parole dell’azzurra.

« Mizu, pensa bene a ciò che hai detto. Vuoi davvero mettere a rischio la tua carriera per quella criminale..? » Lei sollevò il viso, sorridendo, e lo scosse in un leggero diniego, poi portò l’unica mano in grado di usare sulla guancia del ragazzo.

« Non capisci? Quella ragazza ha bisogno di aiuto… Ed è proprio per il mio lavoro, per quello che sono, perché sono un Hero che devo farlo. Ho fatto giuramento di aiutare gli altri, perché voglio farlo. »  

« E su questo siamo d’accordo, ti ricordo che sono un Hero anche io. » Le rispose più calmo, ricoprendo la mano di lei con la sua. « Ma non pensi che la prigione sia sufficiente..? » Mizu abbassò il viso.

« Kimiko non ha bisogno di una gabbia, quanto invece di aiuto concreto e io posso darglielo. »  

« Si e guarda come ti ha ripagato. Gran bella riconoscenza. » Keigo digrignò i denti e Mizu strinse maggiormente la presa tra le loro mani.

« Non lo faccio per la sua riconoscenza, Keigo. Sono una psicologa e sono un Hero, faccio del bene senza pretesa di qualcosa in cambio. Ci sono cose che prescindono dal proprio lavoro stipendiato, come c’è una cosa giusta da fare che non sempre è compresa dalla legge. » Hawks sembrò riflettere attentamente su quelle parole. « Per favore… fidati di me e lasciamelo fare. » Si fissarono reciprocamente negli occhi, in quelli dell’azzurra lui potè leggervi la sua supplica e cedette.

« D’accordo, facciamo come vuoi tu, ma solo per stavolta. Se ti tocca di nuovo, non risponderò delle mie azioni, né della sua salute. » Mizu ridacchiò.

« Certo, grand uomo. E grazie… per tutto. » Lo attirò in basso verso di sé e lo baciò. Lui non si fece pregare e ricambiò subito, stringendola appena a sé, cercando di non farle male. L’ambiente si stava un po’ scaldando, ma il medico che si schiariva la voce attirò la loro attenzione e li fece staccare. Superato il primo momento di imbarazzo, Mizu firmò i propri documenti di dimissione e salutò il dottore, ringraziandolo per tutto. Poi si lasciò sollevare dolcemente dalle braccia robuste di Hawks e gli poggiò un bacio sul collo poco dopo che lui ebbe spiegato le ali per prendere il volo.

« Ehi attenta gocciolina, io cerco di fare il bravo e tu così mi provochi. » 

« Chi ha detto che devi fare il bravo..? » Mizu gli morse il lobo dell’orecchio, facendolo ridere divertito.

« Qualcuno sembra aver sofferto un po’ di solitudine in ospedale… »  

« Già… avrei proprio bisogno che qualcuno si prendesse cura di me… »  

Arrivarono al palazzo dove era situato l’appartamento di Mizu ed entrarono dalla terrazza. Keigo tentò di salutarla con un bacio sulla tempia, dopo averla sistemata a letto, ma Mizu lo attirò a sé, fino a farlo cadere sopra di lei.

« Mizu… » La riprese Hawks con voce roca e poca convinzione. « Hai sentito il medico, devi riposare… » 

« Dopo, ci sarà tutto il tempo questa settimana per riposarmi… Adesso voglio solo che mi stringi e che fai l’amore con me… » Gli occhi di Keigo si fissarono sulle labbra dischiuse di lei, in quel dolce invito che non esitò a cogliere.

« Cosa devo fare io con te…? » Emise con tono basso, cedendo e iniziando a togliersi la giacca. Lei gli sorrise, avvolgendogli l’unico braccio abile attorno al collo.

« Fare la cosa che ti riesce meglio: coccolarmi, viziarmi e farmi stare bene… »  Hawks ridacchiò per quella risposta, aiutandola a liberarsi dei vestiti. Al caldo, sotto le coperte, mentre fuori aveva iniziato a piovere, si persero in baci teneri e dolci carezze, mentre i loro corpi si univano più volte.

Qualche ora più tardi, nel tardo pomeriggio, si decisero a lasciare il caldo confortevole del letto, Keigo aiutò Mizu a vestirsi mentre le rubava qualche bacio e poi fece lo stesso. La lasciò alla stazione di polizia, dopo un ultimo sguardo per assicurarsi delle sue intenzioni, poi si organizzò una cena veloce e riprese la sua ronda notturna. Mentre sorvolava il distretto illuminato sotto di sé, notò una zazzera scura che attirò la sua attenzione. Lo seguì dall’alto della sua posizione, vedendo che si addentrava in vicoli più bui. Continuò a stargli dietro, finché una fiammata azzurra non lo costrinse ad una virata e ad atterrare a qualche metro di distanza.

« Cosa diavolo vuoi, Hero numero tre? » La luce turchese delle sue fiamme illuminava ancora le sue dita. Hawks gli sorrise beffardo, ripiegando le ali.

« Sei l’amico della cameriera. Immagino che anche lei si stia leccando ancora le ferite. » Dabi si fece più minaccioso, fulminandolo con il suo sguardo di ghiaccio. « Stai calmo, non sto cercando lei, ma lo stermina eroi. Mi auguro vivamente che ciò che Mizu stia facendo per lei valga davvero la pena… » Touya cambiò espressione, sentendo quel nome, quasi lo avesse incuriosito. Anche lui ne aveva sentito parlare in quelle settimane, era una figura che lo affascinava parecchio.

« Come ho già detto quella sera, la pesciolina può dire quello che vuole, son tutte bugie e promesse vuote senza i fatti. » Hawks sbuffò, sorridendo amaramente.

« Purtroppo per te, Mizu non è una che sparge inutilmente parole nel vento. Dì pure alla tua amica biondina, che se la polizia non le starà più alle calcagna, sarà solo merito suo. » Un lampo confuso attraversò gli occhi di Dabi, ma non si scompose di mezzo millimentro dalla sua posizione difensiva. « Solo io e Mizu siamo a conoscenza del fatto che sia lei l’assassina di quei poliziotti e criminali, nonché di quell’Hero innocente. La “pesciolina” ha intenzione di sfruttare questo particolare, per far ricollegare gli omicidi allo stermina eroi, in modo che Kimiko sia pulita. » Touya sgranò gli occhi, senza proferire parola. Rimase a scrutare l’Hero, incerto se stesse dicendo o meno la verità. Hawks spiegò le ali e lo lasciò ai suoi pensieri, con un ultimo cenno della mano.

§§§

Durante le settimane di assenza della cameriera, Gorou non rimase con le mani in mano. In quel lasso di tempo assunse tre nuovi aiutanti, referenziati come lui voleva, soprattutto abbastanza fidati. Avrebbero dato una mano a Yuurei e anche a Kimiko una volta finita la degenza, era giunto il momento di ampliare il personale al Doragon così da poterlo gestire al meglio e non avere più problemi nelle eventualità. Non sapeva quale Kami ringraziare per questo, ma fortunatamente non si era presentata la polizia al locale, quindi la situazione era abbastanza stabile e tranquilla. Intanto Kimiko se ne stava ancora sdraiata sul letto della stanza di quello strano edificio che aveva tutto tranne che l’aspetto di un vero e proprio ospedale. A farle compagnia c’era Giran, lo strano individuo che, da quello che le era stato riferito sia da Yuurei che da Touya, l’aveva aiutata permettendole di rimettersi lentamente in sesto grazie proprio a quel posto dove ora soggiornava e ai suoi contatti tra i medici del crimine. Non amava la compagnia di quell’uomo, anche perché continuava a fumare dentro la sua stanza senza preoccuparsi di lei. Le concedeva qualche carineria solo ogni tanto, aprendo la finestra e facendo cambiare aria quando si ricordava di farlo. Mentre la ragazza consumava un budino al cioccolato, o almeno ci provava visto il fumo che puntualmente spostava via da davanti al suo viso con la mano, guardava sul piccolo schermo della tv il festival sportivo, dove gli studenti della prestigiosa U.A. si stavano destreggiando in varie prove per accaparrarsi l’attenzione dei migliori Hero che ne osservavano le abilità. Con un po’ di stupore sul viso, notò la figura dell’eroe Endeavor presiedere al grande evento. Lo sguardo era cupo e aggressivo mentre dagli spalti fissava il susseguirsi degli scontri. Normale fosse lì: tra gli studenti spiccava il ragazzo prodigio Shouto Todoroki, possessore di ben due quirk, ghiaccio e fuoco, anche se Kimiko notò che preferiva sfruttare solo la sua parte destra, ovvero quella del ghiaccio. Conosceva bene quella famiglia, o almeno, il loro cognome. Lo stesso che accompagnava quello di Touya. Quando erano piccoli il ragazzo era molto restio a parlare dei componenti della sua famiglia, soprattutto di suo padre. Ricordava bene quando sua madre Helena provava, con domande mirate, a sapere qualcosa di più su di loro, ma Touya era sempre pronto con una risposta di circostanza e tagliava subito corto. Sia Kimiko che sua madre erano a conoscenza di poco, ad esempio che Touya aveva tre fratelli, due maschi e una femmina, e che i rapporti andavano bene solo con due di essi, ma che Kimiko e Helena non avevano mai conosciuto personalmente. L’unica figura che avevano visto spesso era la loro madre. Come scordare quella bellissima donna dai capelli candidi come la neve e lo sguardo spento e malinconico, lo stesso che mostrava Touya in varie circostanze. Capitava spesso che Helena e quella donna si fermassero a parlare quando quest’ultima passava a casa loro per portare via Touya, ma anche lei evitava – con sorrisi abbastanza forzati- certe domande da parte della mamma di Kimiko. Chissà se le cicatrici che ora portava il ragazzo sul proprio corpo dipendevano dai grandi silenzi e dal velo di mistero che circondava la sua famiglia.

« Visto? Quel ragazzo ha un’abilità come la tua. » Le fece notare l’uomo indicando lo schermo dove veniva ripreso uno studente con la testa di un uccello, molto simile a quella di un corvo. Almeno la distrasse dalla serie di pensieri e ricordi che si erano ammassati con tumulto. Mostrandole il suo sorriso privo di un dente che Kimiko guardava ogni volta con ribrezzo, quello che trasmetteva alla ragazza maggiormente era una strana sensazione di viscido,  soprattutto di persona di cui non ci si poteva assolutamente fidare.

« Diciamo di sì, anche se sembra che il suo quirk sia, come dire… un po’ timido. Cosa che Fade non è. » Alzò appena le spalle senza degnarlo di uno sguardo, finendo con calma il suo dolce. Lui non smise di sorriderle, scuotendo appena il capo nel notare la vaga somiglianza caratteriale con Gorou. Anche se nelle loro vene non scorreva lo stesso sangue, il dragonide era riuscito a trasmetterle molto dei suoi tratti caratteriali negli anni di convivenza, soprattutto la poca fiducia e freddezza nell’approcciarsi a nuovi individui.

« Ah, hai ragione. » Annuì l’uomo. « Conta però che quelli sono ancora pulcini alle prime armi, ma un domani potrebbero diventare degli eroi provetti. »  Kimiko in risposta fece una smorfia contrariata che fece scappare una risata a Giran.

« Dai dai, non innervosirti. Piuttosto, ho delle informazioni per te molto importanti. » Kimiko tenne il cucchiaino in bocca. « Lo stermina-eroi» Colta dall’improvvisa curiosità, lasciò subito il contenitore del dessert sul comodino, mugolando un po’ indolenzita mentre si sistemava contro i cuscini.

« Ok… Dimmi tutto e che siano informazioni veritiere. » 

« Alle mie orecchie le informazioni arrivano sempre esatte, non preoccuparti. »  Si alzò dalla sedia per aprire la finestra , accendendo l’ennesima sigaretta « Pare che questo losco personaggio abbia colpito un eroe abbastanza importante in città… Ingenium? Lo conosci, vero? » Kimiko deglutì con forza i pochi residui di dolce rimasti in bocca, lasciando che un sospiro rompesse quel silenzio di attesa. Eccome se lo conosceva visto che, per un errore inaspettato, si era ritrovata a dover togliere la vita ad uno dei suoi sidekick in una sua missione.

« Così tutti i miei crimini potrebbero ricadere su di lui… » Giocò con le dita intrecciandole più volte tra loro con nervosismo abbastanza evidente « Tutto ciò che ho fatto per mia madre sarebbe distrutto in un soffio come un castello di sabbia… » Giran, di risposta, tirò le labbra in una smorfia quasi rattristata nel notare il dispiacere dipingersi sul volto della ragazza.

« Credo sarebbe successo comunque. So, da alcune fonti, che poco tempo fa ci stava un uomo che si divertiva a far fuori personaggi abbastanza conosciuti nel giro degli Yakuza. Poi, stranamente, i decessi si conclusero e iniziarono a perire molti eroi. Credo ci sia un collegamento abbastanza palese tra i due assassini. » Soffiò una manciata di fumo. « Anche se hai iniziato la tua vendetta in contemporanea con le azioni di questo criminale, i fatti si sarebbero collegati comunque, visti i suoi precedenti… » 

« È normale che mi senta un po’ inutile in questo momento? » L’uomo le poggiò una mano sul ginocchio quasi per confortarla.

« Se ti può far star meglio, pensa che gli assassini di tua madre adesso le fanno compagnia sotto terra e non stanno più in giro a farsi grasse risate credendosi onnipotenti. Anche nell’aldilà non avranno vita facile con lei… » Prima che Kimiko potesse rispondergli, la porta si aprì, mostrando la figura di Touya con una faccia abbastanza segnata. Giran scostò la sua mano e si congedò in silenzio per lasciarli soli. Nello stesso silenzio, il moro prese posto sulla sedia che spinse in avanti per portarsi più vicino al letto della ragazza.

« Come stai? » Chiese con voce pacata, anche se quel sorriso forzato era tutto un programma.

« Bene, qualche dolorino qua e là. » Gli sorrise « Hai tardato, hai avuto qualche problema con Gorou? » 

« Nah… dal fronte Doragon sembra andare tutto bene e il trasferimento nella nuova abitazione si è concluso al meglio. Non vedo l’ora che tu esca da qui per fartelo vedere. Credo che ti piacerà… » Le accarezzò piano il viso.

« Non allontanarti dalla domanda, “Dabi”… la tua espressione sta chiaramente dicendo tutt’altro. » Il ragazzo si massaggiò il collo, sbuffando abbastanza nervoso.

« Venendo qui, sono incappato nel pollo dalle ali scarlatte. » Kimiko trasalì, scostandosi a fatica dai cuscini con l’intento di saperne di più « Calma… non ha fatto nulla di che, a parte accennarmi delle intenzioni del pesciolino» 

« Che intenzioni? Ti hanno forse minacciato? » Chiese stizzita la bionda.

« In un primo momento lo credevo anche io… invece, a detta del pollo, la tua cara amichetta ha intenzione di darti un alibi per far si che ogni accusa degli omicidi ricada sullo stermina- eroi» Kimiko si lasciò andare con un sospiro nuovamente contro i cuscini. La testa iniziò a girarle, non per i dolori fisici, bensì per l’accumularsi di nuovi pensieri nei riguardi di Mizu. Possibile che dopo quello scontro avesse ancora intenzione di aiutarla? Quali erano le sue vere intenzioni? La poca fiducia di Kimiko la portava a pensare a qualche ricatto da parte dell’azzurra, eppure – anche se quella vocina era flebile e lontana- qualcosa dentro di lei le sussurrava parole diverse, facendo accenni nei riguardi di una ragazza che, forse, si stava davvero preoccupando per lei.

« Sarà buffo quello che sto per dire e suonerà abbastanza strano, soprattutto a me che sto per dirlo… » Kimiko lo guardò perplessa. « I suoi modi di fare, la sua determinazione per salvare un’assassina… più volte in lei vedo plasmarsi l’immagine di tua madre. Per lei la parola impossibile era l’ultima della lista, praticamente inesistente… » La ragazza storse le labbra, abbassando lo sguardo sulle pieghe delle lenzuola.

« Ancora non mi fido pienamente di lei… » Proseguì il moro « Però, forse inconsciamente tu hai iniziato a farlo, visto che quando strisciavi verso il suo corpo inerme, le tue intenzioni erano tante, tranne quella di ucciderla una volta per tutte… » Il momento venne interrotto dall’annuncio del vincitore della sfida trasmessa in tv. Lo sconfitto era Shouto Todoroki e, alla notizia, il moro non potè che mostrare una faccia stupita. Kimiko non si smosse di un millimetro e voltò il capo dalla parte opposta al ragazzo, pensando alle parole dette da lui. Il suo sguardo era perso in un punto impreciso della parete grigia. Quella stessa sera sarebbe stata dimessa da quel posto, così da poter visitare la nuova abitazione scelta per loro appositamente da Gorou.


Angolino delle autrici

Allora cari lettori e lettrici, la storia vi sta piacendo? Speriamo di si!

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LilyShakarian

LadyBarbero

Alla prossima!
Lily&Lady

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Capitolo 22
*** Capitolo XXI° ***


« E così avete iniziato i tirocini per gli apprendisti. » Chiese Mizu ad Endeavor, mentre una ragazza le spingeva la sedia a rotelle. Avrebbe preferito usare delle stampelle, finché non poteva camminare, ma non potendo ancora muovere il braccio le era impossibile. Di stare ferma a casa a riposo, come il medico le aveva suggerito, non se ne parlava proprio. E visto che non poteva aiutare in missione, per lo meno si teneva informata sulle ultime notizie in agenzia. « Hawks mi ha detto che anche da lui è arrivato uno studente della U.A. Mi pare si faccia chiamare Tsukuyomi.» Endeavor le camminava affianco lentamente, pensieroso e corrucciato.

« Non era necessario che venissi, non sei di nessuna utilità qui in queste condizioni. Non puoi nemmeno addestrarti. »

« Lo so… e non è mia intenzione creare disturbo, ma con tutto quello che è successo, non ce la faccio a stare a casa senza fare niente…»

« Eppure dovresti. » Le rispose secco, senza guardarla. Mizu attese qualche secondo, prima di fare una domanda scomoda.

« Dov’è Shoto? » Enji si fermò. « Credevo avrebbe fatto il suo tirocinio qui. » L’uomo la squadrò dall’alto, col suo sguardo ardente.

« Qui non sei la mia strizza-cervelli. Qui sei solo l’hero Healing Water e sei tu quella che risponde. » La ragazza roteò gli occhi, sospirando.

« L’ho visto al torneo, comunque. » Continuò lei, dando cenno per riprendere a farsi spingere. « E’ stato davvero fenomenale, dico sul serio. Mi ha sorpreso che abbia perso in finale con quel ragazzo biondo. » Si fece pensierosa. « Com’è che si chiama… Bakugo? Spero trovi al più presto una guida che lo aiuti ad incanalare tutta quella potenza e quella rabbia… » Enji la guardò con la coda dell’occhio.

« Shoto è andato a visitare sua madre. » Lo sguardo di Mizu si spostò velocemente sul suo interlocutore.

« Questa è un’ottima notizia, Enji-san! Un piccolo passo per volta… » Gli sorrise, incoraggiante. L’uomo distolse lo sguardo, schioccando la lingua. Poi si fermò, piazzandosi davanti a lei.

« Sto andando all’ospedale generale di Hosu, adesso è lì che si trova mio figlio. Vieni con me. »

L’ ordine imperativo del suo capo la fece quasi trasalire, ma non obiettò. Lo seguì, ben consapevole dello scontro che alcuni studenti della U.A. avessero avuto con lo stermina eroi: Stain. Le indagini sul caso a cui stavano lavorando lei e Hawks, gli omicidi compiuti da Kimiko, era stato chiuso non appena era riuscita a sviare i sospetti sullo stermina eroi. Il fatto che la bionda avesse attaccato un sidekick della Team Idaten e che poi Stain avesse quasi ucciso Ingenium le aveva facilitato le cose. Arrivati all’ospedale di Hosu, raggiunsero la stanza dove stavano in degenza gli studenti coinvolti nello scontro col pericoloso criminale. All’esterno, incontrarono un manipolo di persone che si stavano apprestando ad entrare, tra queste Mizu riconobbe l’hero Gran Torino. Gli altri, con delle veloci presentazioni, scoprì che erano Manual, un sidekick idrocineta della Idaten, e Tsuragame Kenji, il commissario del dipartimento di polizia di Hosu. Endeavor fece cenno ai tre che avrebbe aspettato fuori, approfittando del passaggio di un medico per accertarsi delle condizioni del figlio. Mizu lo riprese, dicendo che sarebbe potuto entrare e controllarle di persona, ma l’hero numero due grugnì infastidito e non la ascoltò. L’azzurra sbuffò esasperata dalla cocciutaggine dell’uomo e si appoggiò al muro. Dallo spiraglio della porta lasciato aperto, riuscì a sentire l’argomento della discussione all’interno.

« Gli agenti della legge detentori di poteri incredibili e letali, possono utilizzare i loro poteri conformemente al regolamento. Questa norma potrebbe cadere a loro causa da un momento all’altro, ma è ancora in vigore… questo grazie all’eccellente condotta dei loro predecessori, au. » Il commissario fece una breve pausa. « Quindi per voi tre eroi apprendisti… utilizzare le proprie specialità per ferire il prossimo senza la supervisione diretta dei vostri mentori, indipendentemente se la persona ferita sia un criminale o meno… è una grave violazione della legge, au! » Mizu trasalì, non poteva credere che il commissario volesse realmente punire l’atto di coraggio e la prontezza di quei tre giovani eroi. E per di più anche i loro responsabili, Endeavor, Gran Torino e Manual. Senti un ragazzo intervenire e lo identificò come il giovane Todoroki.

« E lei ci sta dicendo che, per seguire la legge, dovremmo lasciare delle persone morire!? »

« Allora stai dicendo che la legge dovrebbe piegarsi alle convenienze altrui, au!? » Replicò il commissario. Mizu trattenne il fiato, quel dialogo le fece tornare alla mente quello tra lei e Kimiko proprio su quell’argomento.

« Salvare la gente è il compito di un eroe! » Insistette Shoto, con convinzione. L’azzurra non poteva che essere d’accordo, ma qual era il confine tra giusto e sbagliato? Non lo aveva forse già superato, aiutando Kimiko?

Alla fine, anche il commissario “piegò la legge alla sua convenienza”, mantenendo la faccenda nascosta ai media, oscurando i meriti dei ragazzi per proteggerli e facendo ricadere il tutto su Endeavor.

Allora non esiste solo il bianco o il nero, mio caro commissario… A volte ciò che è più giusto, non è compreso nella legge…” Era sempre più convinta del suo pensiero. Gli adulti lasciarono la stanza e il commissario Kenji spiegò la situazione ad Endeavor, non appena questi si fu liberato del medico.

« A tal proposito… » Rispose l’hero di fuoco. « Ho saputo che lo stermina eroi è qui, che una costola rotta gli ha perforato un polmone e che sta ricevendo il trattamento per le fratture multiple riportate nello scontro. » Indicò Mizu con la mano. « Healing Water si è recentemente unita alla mia agenzia. Dispone di potenziale curativo ed essendo una psicologa, può aiutarvi a tracciare un profilo psicologico del detenuto. » Quattro paia di occhi si posarono sull’azzurra, che ricambiò un po’ titubante, viste le sue condizioni.

« Se posso essere d’aiuto, lo farò volentieri. Cosa potete dirmi su di lui?» Gran Torino e Manual si congedarono, mentre il commissario iniziò ad accompagnare Mizu ed Endeavor verso la stanza del criminale.

« Chizome Akaguro, 31 anni, sangue tipo B, precedentemente impegnato nell’attività di vigilante col nome Stendhal. Il suo quirk di coagulazione gli permette di immobilizzare l’avversario di cui ingerisce il sangue, per un massimo di otto minuti, a seconda del tipo. Ha massacrato diciassette eroi e feriti gravemente altri ventitré, in modo che non potessero più esercitare la loro professione. Ha urlato più volte che solo All Might abbia il diritto di batterlo, in quanto ritiene che gli altri hero siano impostori che abusano del loro potere per fare quello che vogliono e per ottenere fama e fortuna. Nonostante questo, mentre era in uno stato di incoscienza, ha salvato uno degli studenti che era stato preso da uno dei Nomu. Dopo che si sarà ripreso, verrà trasferito direttamente al Tartaro, au. »

« Ha detto che si faceva chiamare Stendhal? » Chiese lei, dubbiosa.

« Si, quando era un vigilante. Perché? »

« Beh… In psicologia la sindrome di Stendhal è una patologia psicosomatica che può insorgere al cospetto di un'opera d'arte particolarmente evocativa. Si manifesta come una sensazione di malessere diffuso, alla quale si aggiungono crisi di panico, ansia, palpitazioni, difficoltà respiratorie e sensazione di svenimento, spesso accompagnati a disturbi del contenuto e della forma del pensiero con intuizioni e percezioni deliranti, associate a disturbi delle senso-percezioni con allucinazioni uditive o fenomeni illusionali. In altri casi ancora sono stati registrati disturbi affettivi, con umore orientato in senso depressivo, con contenuti di colpa e di rovina o, viceversa, in senso maniacale di euforia e manifestazioni di estasi. A livello psichico, invece, la Sindrome di Stendhal porta a sviluppare un vago senso di irrealtà, al quale si accompagna un improvviso bisogno di tornare alla propria terra e di parlare la propria lingua.

Mi sembra quasi impossibile che sia stata una scelta di appellativo completamente casuale. »

« Credo potrà verificarlo di persona, dottoressa, au. » Il commissario aprì la porta scorrevole e la invitò ad entrare.

« Vi chiederei la cortesia di aspettare fuori, se volete lasciate pure uno spiraglio aperto, si sentirà tutto benissimo, ma per lo meno il paziente sarà meno intimorito. » I due accettarono il consiglio dell’azzurra e rimasero all’esterno, mentre Mizu entrò, muovendo la carrozzina in avanti lentamente, con una mano sola, fino a trovarsi vicina al materasso. L’uomo era stato legato con delle cinghie ai polsi e alle caviglie, aveva una flebo attaccata al braccio ma il battito sullo schermo era troppo veloce per una persona addormentata.

« Questi figli di puttana non si sono nemmeno preoccupati di darmi le giuste dosi di morfina…» Emise tra i rantoli, schiudendo gli occhi. Non ci mise molto a notare la figura vicino a sé. Girò il viso verso di lei, dedicandole un sorriso sghembo. « E tu chi saresti, il mio cane da guardia? »

« Hanno sbagliato, avrebbe dovuto riposare ancora, ma forse l’hanno fatto per farla parlare con me. Io sono Healing Water e sono una Pro Hero. » Stain rise a fatica, probabilmente per il dolore.

« L’ennesimo falso eroe di questo mondo corrotto. »

« In realtà sono qui per capire che cosa l’ha spinto a compiere i crimini di cui è accusato, anche se... forse ha ragione su di me, forse non sono degna di fregiarmi del titolo di hero, visti i miei dubbi su cosa sia effettivamente giusto e cosa no... »

« Oooh abbiamo una calzamaglia in crisi qui…»

« Stendhal, è così che si faceva chiamare quando era un vigilante, no? » L’uomo perse il suo sorriso e prese ad ascoltarla seriamente. « Ricordo di aver letto un rapporto su un vigilante con questo nome, qualche anno fa. Immagino che fosse un’esagerazione, ma riportava che, con un solo colpo, quel vigilante fosse riuscito ad eliminare gli elementi più pericolosi della Tenchu Kai, un’organizzazione di criminali violenti dotati di quirk. »

« Nessun esagerazione, ragazzina. A quel tempo desideravo solo l’epurazione di questa società marcia, per riportarla sul sentiero della rettitudine. Non è forse lo stesso per cui si battono gli eroi? Ma poi ho capito… agli eroi non importa un accidente degli altri, importa solo di se stessi. Tendono a credere di essere umani superiori e invincibili, che diventano un’altra persona solo perché indossano una maschera. Sono dei pazzi pretenziosi i cui peccati sono ancora maggiori di quelli dei malvagi, perché non sono disposti a sporcarsi le mani per un bene superiore, mancano di determinazione… E ne mancavo anch’io, ma sono stato illuminato. Io so quello che va fatto e sono disposto a farlo.»

« Questo non è aiutare le persone, questa non è giustizia... noi hero siamo sostenitori della vera giustizia, mentre il resto sono azioni scellerate! » Stain rise nuovamente col fiato corto.

« Curioso, mi sono state rivolte parole simili in passato, sono stato definito un “folle assassino da strada”, ma solo perché voi non riuscite a vedere lo scopo più alto come invece riesco a fare io… Coloro che peccano di generosità, non capiscono che non agire per il meglio, non fermare il male, equivale a schierarsi col male stesso.»

« Ed è questo che ha fatto quindi, schierarsi col male? »

« Un male necessario, che non tutti possono comprendere. »

Mizu sospirò profondamente e chiuse gli occhi per qualche secondo, poi li riaprì e si avvicinò fino ad essere attaccata al lato del letto.

« Forse trascenderò il mio ruolo con queste parole, ma dirò esattamente ciò che penso. Conosco un’altra persona che la pensa come lei. Per quanto condanni le vostre azioni, non riesco a biasimarvi completamente, la vostra sfiducia nel sistema non è del tutto insensata. Corruzione, ingiustizia, criminali che riescono a farla franca e si, anche eroi che pensano al loro tornaconto personale. Tutto questo è reale, esiste, non avrebbe senso negarlo.

Quello di cui mi rammarico è che abbiate perso la speranza nelle persone come noi. Quelli che intendono aiutare realmente il prossimo ci sono e combattono là fuori ogni giorno, con i loro mezzi. Non con violenza o crudeltà, ma con coraggio e gentilezza.» Gli poggiò la mano libera sul braccio, da prima lui tentò di scostarlo, ma non ci riuscì e poté solo assistere confuso. Un velo leggero d’acqua iniziò a scorrergli sulla pelle, mentre il potere curativo di Mizu stava velocizzando la guarigione delle sue ossa. Per tutto il tempo, l’azzurra lo fissò negli occhi con compassione e determinazione al tempo stesso. Non smise finché non lo senti prendere un respiro a pieni polmoni, ormai rigenerati.

« Cosa volevi dimostrare con questo? » Le chiese qualche secondo dopo, guardandola serio.

« Niente, volevo solo che stesse meglio, perché la sua espressione sofferente mi stava facendo stare male. Ho saputo che mentre era inconscio, ha salvato uno dei ragazzi, lo può considerare un occhio per occhio, se la fa sentire meglio. Lei verrà trasferito nel Tartaro appena si sarà ristabilito, lì trascorrerà la sua detenzione punitiva per i suoi crimini e mi auguro che questi gesti, sia il mio che il suo verso quel ragazzino, la faranno riflettere. Avrà parecchio tempo per farlo. »

Detto ciò, Mizu interruppe il contatto della sua mano e richiamando l’acqua a sé, girò la sedia a rotelle e lasciò la stanza, raggiungendo i due uomini ancora fuori.

« Spero abbiate ottenuto tutte le spiegazioni che volevate. Adesso scusatemi, ma sono davvero stanca.» Disse infine, congedandosi e chiedendo alla ragazza che si stava occupando di lei di riportarla a casa.

§§§§§

Gli impostori che pullulano in questa società,e i criminali che usano i propri poteri impunemente... vanno tutti eliminati. Tutto questo... lo faccio per una società più giusta!

Lo stermina-eroi, si voltò lentamente verso l'eroe numero due Endeavor. La determinazione che trasmetteva il suo sguardo, riusciva a penetrarti l'anima, insidiandosi in ogni cellula del corpo, come una malattia rara della quale ancora non si conosce la cura.

Un altro impostore...Devo sistemare...Qualcuno deve farlo...Deve coprirsi di sangue...Deve ridare vita...al significato di Eroe!Forza, impostori, fatevi avanti! L'unico in grado di uccidermi è soltanto un vero eroe! Soltanto All Might!

Il video sul cellulare si fermò ancora una volta e velocemente il pollice sul display cliccò nuovamente sul cerchio per riavviarlo, proseguendo così in un loop senza fine. Quelle parole continuavano a ronzare instancabili nella testa di Kimiko, come se esse fossero la nuova hit del momento. Non poteva fare a meno di fissare il viso di quell'uomo che anche se era fisicamente mal concio, la sua voce e le sue parole rendevano le sue carni ferite di un affascinante e forte impatto. Si rivedeva tantissimo in quel discorso, così poetico alle sue orecchie, parole solo per veri intenditori, tralasciando ovviamente solo la parte dell'eroe numero uno. Sembrava quasi una condanna per lei, perchè in ogni dove, quel nome si palesava a lei puntuale come un’orologio. Lasciò il posto dal divano della sua nuova casa tranquilla e indipendente, una delle classiche abitazioni a schiera con un piccolo giardino all'entrata. Non sapeva cosa potesse farsene di un'abitazione a due piani, troppo abituata al suo bilocale. Ogni volta, per andare in camera da letto, doveva fare una rampa di scale, stesso se doveva usare il bagno, non proprio il massimo della comodità. La nota positiva però, era il rapporto che andava crescendo tra lei e Touya. Ancora non erano arrivati oltre, ma finalmente - ora che avevano una maggiore privacy- potevano concedersi più attenzioni, tra baci e carezze consumati nella notte. Anche se il suo aspetto fisico era cambiato e non esprimeva le migliori intenzioni, le attenzioni e la delicatezza delle sue mani erano qualcosa di indescrivibile, come se conoscesse il suo corpo alla perfezione, come se ne fosse lui stesso il proprietario. La sua voce sussurava più volte parole che lei non avrebbe mai immaginato di ricevere e le sue labbra si posavano sulle sue e il resto del corpo trasmettendo piacevoli brividi mai provati. Peccato che quella mattina il moro avesse deciso di alzarsi prima e uscire per conto suo, lasciandole il solito post-it per avvertirla di stare a riposo e non combinare guai, aggiungendo che se davvero teneva a lui, doveva fare come diceva senza alcuna iniziativa nata da inutili rancori. Sottile minaccia che riusciva nell'intento di tenere la ragazza lontano da altri casini. Una volta arrivata in cucina, riempì il bollitore d'acqua sistemandolo successivamente sul fornello, prendendo posto su una sedia per non affaticarsi troppo essendo ancora in convalescenza. Una notifica sul cellulare stoppò il video in corso, spingendola contro voglia a leggere. La mail segnava una nuova notizia sulla questione stermina-eroi, così decise di aprire il link ed osservare l'intervista. I due giornalisti iniziarono a commentare la vicenda dello stermina-eroi Stain, andando più nello specifico con alcune informazioni molto interessanti. Dopo aver indossato gli auricolari, Kimiko si spostò verso il piano cottura, iniziando a preparare la tazza e la bustina di tisana alla malva in attesa che l'acqua bollisse. Nell'intervista si parlava delle strane creature presenti durante la cattura di Stain, nominandole come Nomu. Queste avevano un chiaro collegamento con la stessa creatura catturara alla USJ, un essere privo di volontà paragonabile ad un vero e proprio zombie. Chiaro segno tutto ciò, che sia lo stermina-eroi che quei Nomu, erano tutti collegati all'unione dei cattivi. Spense il fornello, tenendo lo sguardo basso mentre i due giornalisti continuavano a commentare, versando con cautela l'acqua nella tazza.

« Se non sbaglio ti avevo detto di stare a riposo… »

La voce improvvisa la spaventò tanto che, per poco, non le fece versare il bollitore addosso.

« Prima o poi ti prenderai il vizio di salutare quando entri in casa, vero? » Domandò con un sospiro, sfilando via gli auricolari. Touya le sorrise, poggiando sul tavolo alcune buste per poi sfilarsi via la giacca.

« Veramente ho salutato, semmai dovresti iniziare ad abbassare il volume del telefono. »

« Volevo ascoltare ogni minimo dettaglio del notiziario sullo stermina-eroi. »

« Hai sentito anche tu? » Le domandò mentre sistemava le varie cibarie nei ripiani e nel frigo « Le sue parole sono state davvero interessanti… »

« Già, ma ora ci trovo un po' di incoerenza in tutto ciò… » Rispose prendendo posto a tavolo, seguita da Touya che non potè fare a meno di fissarla con perplessità.

« Se davvero fosse collegato all'unione dei cattivi » Proseguì Kimiko « Perchè attaccare degli studenti? Il suo obiettivo sono i falsi eroi e non risultano ragazzini alle prime armi tra le sue vittime, anzi. A quanto hanno detto ne ha salvato anche uno... » Touya si massaggiò il mento, sospirando pensieroso.

« Magari ci stava solo una collaborazione tra lui e l'unione, per seguire un obiettivo specifico... »

« No, Touya, ne dubito fortemente. » Il moro la fissò intensamente, curioso della sua spiegazione « L'obiettivo dell'unione era di far cadere l'eroe numero uno nel peggiore degli scandali, attaccando e sicuramente uccidendo gli studenti affidatigli nell'istituto. Dall'altra parte abbiamo un uomo che crede fortemente nei suoi ideali di giustizia per far cadere tutti gli eroi, urlando a gran voce che solo proprio l'eroe numero uno può sconfiggerlo. Non mira a distruggere la figura di All Might, ma a far cadere questa società corrotta. »

Touya rimase in un silenzio riflessivo, concentrandosi sul discorso della ragazza che non faceva una piega. In effetti la teoria di una collaborazione così faceva acqua da tutte le parti. Eppure, nella sua mente, continuavano a balenare le parole e l’ideologia di Stain, che andavano a pari passo con ciò che lui bramava. Una vendetta giusta nei riguardi di colui che faceva di tutto per sembrare un eroe, ma che di quest'ultimo ne aveva solo il titolo. Era talmente preso dai suoi pensieri da non accorgersi delle braccia di Kimiko che lo avvolsero, destandosi solo appena gli baciò una guancia.

« Qualcosa non torna nel mio discorso? » Domandò lei prendendo posto sulle sue ginocchia, sorridendogli dolcemente.

« Kim... il tuo discorso scorre alla perfezione. » La baciò piano sulle labbra. « Però... se entrambi in qualche modo fossero collegati, avrei l'intenzione di approfittare della cosa. »

« In che senso? » Lo guardò perplessa, inclinando la testa sulla spalla.

«Trovare il modo di risalire all'unione, così da portare avanti le parole di Stain. Da solo non potrei fare nulla, ma grazie ad un supporto, forse le cose potrebbero funzionare. »

«Vuoi farti aiutare da dei folli che uccidono dei ragazzini? Sei pazzo quanto loro... » Touya la trattenne a sè prima che lei potesse alzarti.

« Non ho detto questo Kim. Ho parlato di portare avanti un'ideologia giusta, non solo per me, ma per noi... »

« E non possiamo fare tutto noi due? Devo solo rimettermi in sesto, poi potremo collaborare. » Touya si morse il labbro, spostando lo sguardo altrove. Non riusciva a sostenere lo sguardo della bionda che lo fissava dispiaciuta e stizzita. I silenzi le diedero la risposta.

« Non negherò mai le tue capacità… » Ruppe improvvisamente il silenzio, facendole voltare il volto con le dita obbligandola a guardarlo « Però, questa non è la tua battaglia e non saresti abbastanza, diciamo, lucida per potermi dare una mano... capisci cosa intendo? »

« Se non mi dai una spiegazione chiara e specifica, la mia testa si soffermerà solo ad una parte del tuo discorso. Facendomi credere di essere una figura inutile al tuo fianco... » Lui soffiò una leggera risata e la faccia imbronciata di lei, che a stento tratteneva le lacrime, lo fece ridere maggiormente.

« Le donne capiscono sempre quello che vogliono... » Portandole una mano dietro la nuca, fece avvicinare i loro visi « Kim, il tuo scopo l'hai già raggiunto, ovvero quello di vendicare la morte di tua madre. La tua battaglia l’hai vinta, con le tue sole forze...»

« Però... se ricade tutto su Stain... »

« E allora? Noi sappiamo chi è la vera artefice di tutto e credimi, provo uno certa invidia nei tuoi confronti, perchè sei riuscita nel tuo con le tue sole capacità. Questa però è la mia battaglia ed è giusto che me ne occupi io... inoltre, non saresti mai in grado di uccidere una persona senza un motivo. »

« Se questa persona ti ha fatto del male, lo posso fare eccome... »

« Quante volte ho avuto disguidi con la pesciolina? Eppure non mi risulta che tu ti sia schierata dalla mia parte... anzi, più volte ho come avuto l'impressione che fossi dalla sua... » Kimiko spostò lo sguardo, incapace di continuare a guardarlo, sentendosi quasi in colpa per quello che provava dopo lo scontro con Mizu. Lui però non si scompose, sapeva bene che quella reazione sarebbe stata ovvia.

« Sei in un momento instabile, non solo fisicamente. » Proseguì lui. « La tua testa sta cercando di assemblare più tasselli, come è giusto che sia. Per questo devi capire il mio punto di vista e permettermi di agire a modo mio. Da te chiedo solo supporto e sostegno morale, lascia che del resto me ne occupi io personalmente, ok? » Lei annuì in silenzio, mettendosi a giocare un po’ nervosamente col colletto della sua maglietta.

« Non posso fare davvero proprio nulla? Oltre a darti sostegno morale? »

« Dovrai fare solo una cosa per me, davvero importante. » Lei lo guardò curiosa « Dovrai contattare il tuo vecchio e darmi i giusti nominativi per arrivare all'unione dei cattivi. Puoi farlo? »

« Certo... non è un problema... »

« Bene... » La strinse a sè, alzandosi dal suo posto e sollevandola di peso tra le sue braccia « Adesso pensiamo un po' a noi... » La bionda non potè fare a meno di arrossire e tirare le labbra in un sorriso « Ti voglio tutta per me... e magari completamente mia... »

« Non lo sono già? » Sorrise divertita, facendo ricambiare lui con una nota maliziosa nella sua espressione.

« Non del tutto... » Lei rispose con una faccia di chi aveva capito, mentre lentamente Touya la portava con sé al piano di sopra.





Angolino delle autrici

Lily: personalmente questo capitolo lo ritengo mooolto importante, quindi ci terrei davvero tanto alle vostre opinioni <3

Ci auguriamo entrambe che la storia vi stia piacendo, fatecelo sapere con qualche commento ^^

Vi lasciamo i nostri link Intagram, visto che pubblichiamo lì i disegni di Lady, grazie per chiunque vorrà seguirci.

LilyShakarian

LadyBarbero

Alla prossima!
Lily&Lady




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