Il Rito di Afrodite di Tinkerbell92 (/viewuser.php?uid=236997)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Trucco istantaneo post trauma ***
Capitolo 2: *** Intrattenimento al sapore di fragola ***
Capitolo 1 *** Trucco istantaneo post trauma ***
IL
RITO DI AFRODITE
Capitolo
I
"Trucco istantaneo post
trauma"
POV
KITTY
Ero ancora piuttosto
stordita dal lungo viaggio e dalla serie di eventi che aveva animato le
quarantotto ore precedenti. Non avevo nemmeno la forza di lamentarmi,
nonostante ne avessi tutti i diritti.
Insomma, un giorno sei
una tranquilla sedicenne californiana, con la prospettiva di una
brillante carriera da modella curvy e un canale Youtube di successo per
appassionati di makeup, il giorno dopo vieni attaccata da un
uccellaccio dello Stige, scopri di essere figlia di una
divinità greca e sei costretta a lasciare tutto e
trasferirti in uno speciale campo estivo a Long Island.
Non è
esattamente il massimo, no?
Lanciai
un’occhiata interrogativa a Miss Crowley, la mia manager,
mentre la seguivo un po’ barcollante: ci stavamo inerpicando
sul terreno scosceso di una grande collina e non riuscivo a capire come
facesse a tenere il passo, visto il lungo abito nero di gusto
vittoriano e la stampella di ferro che l’aiutava a camminare.
Quando si accorse che
la stavo fissando, si voltò verso di me, aggrottando le
sottili sopracciglia: - Qualcosa non va? Vuoi che ti aiuti a portare la
valigia?
Ruth Crowley era una
donna molto alta, dal fisico allampanato e sottile e la carnagione
chiara; portava i capelli color mogano perennemente raccolti e aveva
lineamenti piuttosto affilati. Non avevo idea di quanti anni avesse,
potevano essere trentacinque come cinquanta, i suoi occhi verdi erano
spesso nascosti dietro le lenti scure degli occhiali a goccia ed ero
piuttosto sicura, in quasi due anni di conoscenza, di non averla mai
vista a capo completamente scoperto. Solitamente indossava foulard o
eccentrici cappelli: quel giorno portava una bombetta scura da
gentleman inglese.
- Oh, io…
no, certo che no, ci mancherebbe!
Un ghigno sarcastico
si dipinse sulle labbra della donna: - Non sono una vecchietta
decrepita, Kitty. Questo affare è soltanto…
– indicò la stampella con un cenno della testa. -
Beh, vedrai. Tra poco ti spiegheremo tutto.
Decisi di non fare
altre domande.
Quando raggiungemmo la
cima, provai una nota di meraviglia di fronte allo scenario che mi si
parava davanti: il famoso Campo Mezzosangue era enorme, molto
più grande e fornito di qualsiasi campo estivo
avessi frequentato. La prima cosa che attirò la mia
attenzione, dopo i pittoreschi edifici disposti a forma di lettera
Omega e il fiume che attraversava la zona, fu la parete di arrampicata,
che mi portò alla mente ricordi piuttosto traumatici. Quando
avevo dieci anni, papà ebbe la brillante idea di provare il
brivido di una lezione gratuita, offerta da un suo vecchio compagno di
scuola, dimenticandosi, non si sa come, che entrambi soffrivamo di
vertigini ed eravamo negati in qualsiasi tipo di sport.
Lo sgradevole ricordo
fu accompagnato da una fitta di nostalgia: avevo salutato
papà all’aeroporto in modo impacciato e
frettoloso, senza potermi abbandonare a uno dei suoi soliti abbracci
calorosi.
Decisi di concentrarmi
su altro: il poligono di tiro con l’arco, l’arena,
il campo da tennis, il profumo delle fragole coltivate…
- Per prima cosa,
faremo una visitina alla Casa Grande, dove ti presenterò
Chirone e il Signor D – annunciò Miss Crowley.
– Poi ti affideremo a una dei tuoi compagni,
perché ti faccia fare il giro del campo e ti spieghi le
regole.
- Perché
non puoi farlo tu? – domandai con una certa tensione. Non ero
mai stata brava a interagire con le persone dal vivo, mi
risultava molto più facile comunicare tramite i video su
Youtube. Non avevo mai scordato le prese in giro a scuola per il mio
fisico formoso, la dislessia e il disturbo dell'attenzione. E sapevo di
non piacere granché nemmeno alle mie compagne modelle…
La mia manager
abbozzò un sorrisetto: - Avrò delle faccende da
sbrigare, che mi terranno impegnata fino a sera. Ma non preoccuparti:
il campo è pieno di ragazzi e ragazze come te. Farai meno
fatica ad ambientarti. E poi, in caso di bisogno, potrai sempre venire
da noi…
- Noi? – ripetei.
– Intendi tu, Chirone e il Signor D, oppure tu e…
il tuo compagno? È qui che abita?
I lineamenti spigolosi
di Ruth Crowley parvero addolcirsi: mi aveva parlato spesso del suo
partner storico, un tale di nome Francis, con cui manteneva una
relazione a distanza per impegni di lavoro.
- Mi hai scoperta. Ora
andiamo. Sei sicura di farcela con la valigia? Non avrai mica portato
tutti i tuoi trucchi da casa, vero?
- Ehm…
Assunsi
un’espressione inequivocabilmente colpevole. La donna
alzò gli occhi al cielo con fare divertito.
- Sei proprio degna
figlia di tua madre.
Pensavo di essere
ormai preparata a tutto, dopo l’attacco
dell’uccello malefico e la rivelazione su mia madre. Eppure,
mi sfuggì lo stesso un grido non appena vidi
l’uomo-cavallo che chiacchierava con un tizio mal vestito e
una specie di strana creatura mezza umana e mezza capra.
Le cose non andarono
meglio quando mi voltai verso Ruth per chiederle spiegazioni: aveva
lasciato cadere la stampella e scalciato via gli stivaletti, rivelando
quelli che avevano tutta l’aria di essere un piede di metallo
e lo zoccolo di un asino.
- Oh, così
va molto meglio! – sospirò, lasciandosi sfuggire
un sorriso di fronte alla mia espressione stupita.
– Mai visto
un’empusa? – scherzò. – E
nemmeno un centauro, un satiro e una divinità?
- Cos…
Prima che avessi il
tempo di replicare, il satiro corse incontro alla mia manager: aveva un
volto bello e radioso, con grandi occhi azzurri, guance piene, una
barba curata e due cornetti che spuntavano tra i ricci biondi. Era un
po’ più basso di Ruth, e indossava una giacca
leggera, color crema, sopra una graziosa camicia azzurra; attraverso
gli abiti si riuscivano a scorgere le forme tondeggianti del suo
fisico.
- Raven! –
esclamò, afferrandole le mani, visibilmente emozionato.
– Non vedevo l’ora che arrivassi, tesoro! E lei
deve essere…
- Raven? – ripetei,
incredula.
La donna, anzi,
l’empusa annuì: - Il mio vero nome è
Raven. Raven Crowley. E lui è il mio compagno, Francis
Aspen.
-Ehm…
Kathleen Page, piacere… – borbottai, stringendo la
mano al satiro, per poi voltarmi verso la rossa. –
Ruth… cioè, Raven, mi hai mentito anche sul tuo
nome?
- Non essere dura con
lei – soggiunse il centauro. – Raven ha fatto tutto
il possibile per proteggerti, in questi due anni. D’ora in
poi, non ci saranno più segreti. Io sono Chirone, il vostro
insegnante. Mentre lui – indicò l’uomo
mal vestito. – È il Signor D, il divino Dioniso,
direttore del campo.
Il dio del vino
abbozzò un grugnito, senza accennare ad alzarsi dalla panca
su cui sedeva: aveva folti ricci neri e un’inguardabile
camicia hawaiana, che suppongo fosse la cosa che mi aveva fatto
strillare di più, pochi istanti prima.
- Dunque –
continuò Chirone. – La nostra giovane semidea
è già stata riconosciuta?
Mi strinsi nelle
spalle, leggermente a disagio: - Ecco… non ufficialmente ma,
da quanto mi ha spiegato Ru-Raven, mia madre sarebbe
Afrodite…
Ebbi a malapena il
tempo di concludere il discorso, che una strana luce rossa
cominciò a brillare sopra la mia testa: alzai lo sguardo,
osservando a occhi sgranati una specie di ologramma a forma di cuore
che roteava sopra di me. Mi sentii pervadere da uno strano calore e,
quando il simbolo luminoso svanì, per poco non strillai
nuovamente.
- Devo…
devo specchiarmi – balbettai, correndo verso una delle
finestre della Casa Grande. La mia bocca si spalancò in una
grande O di stupore: i miei jeans e la maglietta firmata erano stati
sostituiti, come per magia, da un candido abito in stile greco, che
esaltava le mie curve morbide e ben definite; i miei lunghi capelli
biondi, che prima erano raccolti in uno chignon approssimato, ora
scendevano lungo la mia schiena in una vaporosa treccia decorata con
piccoli fiori, molto simile a quella di Rapunzel. Infine, il mio volto
era abbellito dalla più magistrale applicazione di makeup di
tutti i tempi: le sfumature perlacee dell’ombretto
risaltavano l’azzurro degli occhi, mentre le labbra erano
tinte di un intenso color rosso fragola.
Nemmeno affinando la
mia mano, già esperta, per altri dieci anni sarei riuscita a
rendermi più bella di allora.
La voce di Raven
Crowley mi costrinse a voltarmi: - Beh, direi che il problema del
riconoscimento è stato risolto.
Francis Aspen
batté le mani entusiasta, mentre Chirone accennò
un piccolo inchino: - Ave, Kathleen Page, figlia di Afrodite. Vieni, ti
conduco alla tua cabina, dove potrai sistemare il bagaglio,
prima del tour guidato.
Non posso dire di
essere rimasta sorpresa, non appena vidi l’aspetto della
famigerata Cabina Dieci: un’enorme casa delle bambole, simile
a quella con cui giocavo da piccola, circondata da un intenso e
piacevole aroma – Hypnotic Poison? Shalimar? Chanel
N°5? Tutti insieme?
Chirone mi rivolse un
sorriso incoraggiante, mentre alcuni ragazzi e ragazze, dotati di una
bellezza straordinaria, si affacciarono alla soglia, squadrandomi con
fare incuriosito.
Indossavano la stessa
maglietta arancione che avevo visto addosso a tutti i semidei
incontrati durante il tragitto dalla Casa Grande alla mia nuova dimora.
- Lei è la
vostra nuova sorella, Kathleen – annunciò il
centauro, per poi rivolgersi nuovamente a me. – E loro sono i
tuoi fratelli e le tue sorelle. Lei – indicò una
fanciulla dai lineamenti orientali. – è il tuo
capo-cabina, Drew Tanaka. Bene, sistema pure la valigia, io vado a
chiamare la guida.
Replicai con un
borbottio che mescolava in modo indefinito le parole
“okay”, “grazie” e
“arrivederci”, mentre Drew si profuse in un
ossequioso saluto, per poi squadrarmi dall’alto al basso
quando l’insegnante si fu allontanato.
- Kathleen Page,
quindi – disse, in tono poco amichevole.
Annuii, visibilmente a
disagio: - Potete chiamarmi Kitty… cioè, quelli
che mi conoscono mi chiamano così…
– Sei
già stata riconosciuta e benedetta da nostra madre, a quanto
vedo… - continuò, ignorandomi. - Che
strano, non ho mai visto una figlia di Afrodite
così… in carne…
Ah.
L’ennesima persona pronta a far commenti sul mio fisico. Che
novità. Mi domandai quanto ci avrebbero messo tutti gli
altri a iniziare a prendermi in giro.
- Io la trovo
bellissima – commentò una ragazzina con le trecce
bionde. Drew la fulminò con lo sguardo, spingendola a
ritirarsi impaurita dietro uno dei fratelli.
- Ci mancherebbe
altro, Lacy! – sbottò. – Tutti i figli
di Afrodite sono bellissimi, anche quelli in sovrappeso! O quelli che
fanno commenti stupidi, come te! Comunque, non perdiamo tempo: John!
Porta dentro la valigia e fai sistemare la nuova arrivata.
Un ragazzo alto e
atletico, dai capelli castani, obbedì all’istante,
rivolgendomi un sorriso e invitandomi a entrare.
Gli altri membri della
Dieci mi scrutarono a fondo, chi con curiosità, chi con un
mezzo sorriso, chi con fare diffidente. Mi sentii piuttosto a disagio.
Il profumo era
più intenso all’interno della cabina, ma non mi
dava fastidio; le parenti erano tinte di rosa pallido, mentre una calda
luce filtrava attraverso le finestre dagli infissi color panna.
C’erano
diversi letti, disposti ordinatamente e provvisti di un morbido cuscino
e lenzuola azzurre; accanto a ciascun letto c’erano una
cassettiera blu, su cui poggiava un grande specchio a forma di cuore, e
un baule color perla con una targhetta
d’argento.
John mi
assegnò un comodo giaciglio posto sulla parete destra,
proprio sotto una delle finestre: - Ecco qua, Kitty. Benvenuta! Se
vuoi, posso portare il tuo baule alla casa di Efesto, mentre sarai
impegnata con il tour guidato del campo: incideranno il tuo nome sulla
targhetta.
- Ah…
fantastico, grazie.
Gli occhi blu di John
riflettevano una personalità dolce e calorosa. Tutto
l’opposto della nostra simpaticissima capo-cabina.
- Mi auguro ti
comporterai come si deve – disse, piombandomi alle spalle
come un falco. – Dovessi disonorare la Casa di Afrodite, te
la farò pagare cara. Prima di tutto, ricorda che gli effetti
della benedizione non dureranno per sempre: ci aspettiamo continuerai a
curare il tuo aspetto con dedizione. E magari, provare a perdere un
po’ di peso.
Mi morsi la lingua,
rivolgendole un sorriso velenosamente falso: avrei voluto risponderle
per le rime, ma ero appena arrivata e non volevo mettermi subito a
litigare.
- Seconda cosa
– continuò. – Ogni figlio di Afrodite
che si rispetti deve compiere il Rito di Passaggio: è molto
semplice, per dimostrare di essere degna della Cabina Dieci, dovrai
scegliere una persona al di fuori del nostro gruppo, farla innamorare
di te e poi spezzarle il cuore.
- Cosa? – esclamai.
– Ma questo è… crudele! Che senso ha?
Non ho mai fatto una cosa del genere, non penso nemmeno di esserne
capace!
- Finché
non lo farai, non potrai considerarti una di noi –
replicò perentoria la dispotica leader. – Discorso
chiuso. Ora fila fuori, è arrivata la tua guida.
Sospirai, facendo
appello a tutto il mio autocontrollo per non mandarla a quel paese.
Sbirciai un po’ titubante attraverso la soglia della cabina:
a pochi metri dall’ingresso, c’era una ragazza alta
e slanciata, dalla carnagione color caramello.
John mi diede
un’incoraggiante pacca sulla schiena: - Coraggio, anche se
è figlia di Ares, Rani non morde mica!
Obbedii
meccanicamente, raggiungendo la giovane guida con fare timido e
impacciato: - Ehm… ciao.
- Ciao! –
rispose lei con un sorriso. – Io sono Ranya Dandekar, figlia
di Ares. Puoi chiamarmi Rani. Tu sei Kathleen, giusto?
- Sì
– bofonchiai. – Puoi chiamarmi Kitty…
Durante il viaggio in
aereo, Raven mi aveva parlato dei semidei che abitavano il Campo
Mezzosangue: stando alla sua descrizione, i ragazzi di Ares non
brillavano per simpatia e bellezza, eppure, Rani era provvista di un
fascino esotico non indifferente.
I suoi capelli erano
neri, lunghi e lisci, raccolti in una coda alta; gli occhi erano
obliqui e magnetici, uno marrone scuro, l'altro color ambra. Aveva un
sorriso contagioso, illuminato da due file di denti dritti e
bianchissimi.
La muscolatura delle
braccia era ben definita, così come quella delle gambe,
fasciate da pantaloni neri e stretti, tagliati sopra il ginocchio;
portava una collanina con perline colorate al collo, identica a quella
di tutti gli altri ragazzi, e il suo polso sinistro era avvolto da un
braccialetto in pelle nero e con le borchie.
Mi offrì il
braccio, a cui mi aggrappai dopo un attimo di esitazione.
- Ti consiglio di
tenere alti gli orli del vestito – suggerì.
– Sarebbe un peccato se non uscisse illeso dal nostro
giretto.
***
Angolo
dell’Autrice: Lo so. Faccio schifo. Ho un
sacco di storie da aggiornare eppure eccone una nuova. Credo di dovermi
dare una calmata.
Beh,
cercherò di mettermi al lavoro in queste due settimane di
vacanza, giusto per portare avanti le altre long lasciate in sospeso,
inclusa la mia vecchia storia, sempre in questo fandom, che ho
riguardato e mi ha fatto mettere le mani nei capelli per contenuti e
imprecisioni varie (davvero, mi sono chiesta “Ho seriamente
scritto una cosa del genere?”). Che imbarazzo.
Vabbé, farò il possibile perché almeno
gli ultimi capitoli siano decenti.
Inviterei caldamente a
ignorare le storie pubblicate prima del 2015, se non le seguivate
già da prima, sono tutte imbarazzantissime e da revisionare.
Non credo
avrò connessione per queste due settimane, quindi, se
riuscirò a scrivere nuovi capitoli, li
pubblicherò una volta tornata a casa.
Vorrei cogliere
l’occasione per pubblicizzare la mia long prequel su Magnus
Chase, che purtroppo è relegata ancora alla sezione
“Altro”. Ci tengo particolarmente, quindi mi
farebbe piacere venisse seguita da più lettori (senza il
bisogno di recensirla, ci mancherebbe, mi farebbe piacere anche solo
ottenere qualche visualizzazione in più). Il titolo
è "Riley
Jenkins e gli Dèi di Asgard - Il fardello di Sigyn".
E, nonostante non sia
più attiva sul sito da quanto ho visto, vorrei pubblicizzare
anche l’autrice Volleydork, sperando di far cosa
gradita: lei ha scritto una storia su semidei nordici prima che uscisse
la meravigliosa saga di Magnus, e penso che meriti davvero tanto.
Dunque, passiamo alla
storia. Ammetto di essere piuttosto incuriosita dal Rito di Passaggio di Afrodite, ecco perché ho deciso di scrivere qualcosa a riguardo. Ci saranno due POV alternati, i capitoli dovrebbero essere una
decina (come il numero della casa di Afrodite, ops) e non penso saranno
molto lunghi.
Cronologicamente, ci
troviamo a poche settimane dalla conclusione di “The
Last Olympian”: non ho intenzione di far
comparire i personaggi principali della saga, ma darò spazio
ai secondari e, naturalmente, agli OC.
Sì, visto
che non ho dignità, i personaggi di Raven e Francis sono
ispirati a Crowley e Aziraphale di Good Omens. Quei due sono la mia nuova
OTP, quindi capitemi.
Naturalmente,
verrà spiegato come mai un’empusa, creatura non
proprio amichevole e serva di Ecate, sia diventata la custode di una
figlia di Afrodite. O come abbia fatto Kitty a pubblicare video su
Youtube per anni senza attirare trecento mostri.
Per quanto riguarda
Drew Tanaka, non mi è piaciuto per niente come è
stata caratterizzata nei libri, almeno fino a dove ho letto (purtroppo,
la saga di Eroi dell’Olimpo non mi ha presa molto):
l’ho trovata troppo stereotipata e poco realistica, quindi ho
intenzione di darle più spessore e renderla una vera
villain. Almeno ci proverò.
Oltretutto, vorrei
andare oltre gli stereotipi con cui sono bollati i vari figli delle
divinità, quindi aspettatevi di tutto: come ha
già visto Kitty, i figli di Ares non sono tutti scimmioni
rozzi e violenti. Rani è affascinante e gentile, anche se
potrebbe mostrare dei lati oscuri, come chiunque.
Avviso inoltre, che,
come al solito, tratterò coppie di tutti i tipi nella
storia, quindi chiunque sia contrario/contraria a contenuti LGBT
è sconsigliato/sconsigliata di proseguire nella lettura.
Spero non ci siano
incongruenze, che il capitolo vi sia piaciuto e che la storia si riveli
quantomeno interessante.
Grazie a tutti per
aver letto!
Tinkerbell92
|
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Capitolo 2 *** Intrattenimento al sapore di fragola ***
IL
RITO DI AFRODITE
Capitolo
II
"Intrattenimento al
sapore di fragola"
POV RANI
Non era la prima volta che Chirone mi chiedeva di fare la guida.
Generalmente questo onore veniva affidato ai figli di Atena, o di
Apollo, o… beh, diciamo a chiunque, tranne ai figli di Ares.
I miei fratelli mi prendevano bonariamente in giro per questo.
Attesi un paio di minuti fuori dalla Casa di Afrodite, prima che la
nuova arrivata si facesse viva: sembrava timida, insicura, quasi
intimorita. Le sorrisi, cercando di metterla a proprio agio.
- Ciao! Io sono Ranya Dandekar, figlia di Ares. Puoi chiamarmi Rani. Tu
sei Kathleen, giusto?
Lei abbassò lo sguardo, mordendosi le labbra carnose: -
Sì… puoi chiamarmi Kitty…
Non mi sorprendeva il fatto che fosse straordinariamente bella, quello
era scontato, eppure qualcosa in lei riuscì comunque a
colpirmi.
Era piuttosto formosa, di altezza poco inferiore al metro e settanta e
di carnagione chiara, leggermente rosata.
Grazie alla benedizione di sua madre, indossava un candido abito in
stile greco, che le evidenziava le curve morbide e generose, i capelli
biondi erano acconciati in una meravigliosa treccia e decorati con
fiorellini colorati e il volto da bambola era truccato alla perfezione.
Mi piaceva soprattutto il modo in cui i suoi occhioni azzurri
risaltavano grazie alla combinazione ombretto-matita-mascara.
Le offrii il braccio, gettando un’occhiata alla lunga gonna
del suo abito: - Ti consiglio di tenere alti gli orli del vestito.
Sarebbe un peccato se non uscisse illeso dal nostro giretto.
Lei si limitò ad annuire, poggiando una mano sul mio
avambraccio e sollevando leggermente la veste con quella libera,
lasciando scoperte le caviglie.
Le mostrai il campo da pallavolo, il laghetto, il poligono di tiro
– dove mi sentii, non so perché, desiderosa di
mostrarle le mie abilità – il sentiero boscoso, la
parete di arrampicata, l’anfiteatro e l’arena. Le
spiegai con dedizione il regolamento, che ormai avevo imparato a
memoria, e descrissi le attività settimanali, soffermandomi
in particolare sulla Caccia alla Bandiera e la Corsa delle
Bighe.
Durante il giretto turistico, Kitty parlò pochissimo: si
limitò principalmente ad annuire, rivolgendomi, di tanto in
tanto, domande brevi e concise - e rabbrividendo quando ci trovammo
dinnanzi alla parete di arrampicata.
Tuttavia, il suo umore mutò considerevolmente non appena la
portai alla stalla dei pegasi.
- Non ci posso credere!
Spalancò gli occhioni azzurri, lasciando la presa sulla
lunga gonna bianca, e, col volto acceso d’entusiasmo, si
fiondò ad accarezzare il primo equino alato che le
capitò sotto tiro – una femmina giovane e mansueta
di nome Lilly.
Mi venne spontaneo sorridere.
- Immagino tu abbia esperienza con i cavalli – osservai,
avvicinandomi. Lei si lasciò sfuggire una risatina.
- Beh… non con quelli alati, ma comunque sì, ho
praticato equitazione per anni. È l’unico sport
che mi riesce decentemente. E ho fatto di recente un servizio
fotografico in un maneggio.
- Un servizio fotografico? – ripetei. – Quindi sei
una modella.
- Modella curvy e Youtuber. Mi occupo principalmente di makeup e di
Body Positivity. Cioè… beh, me ne
occupavo… prima di finire confinata qui…
Mi rivolse un sorrisino imbarazzato.
- Non sei confinata – replicai. – Certo, ti
converrà stare qui per un po’, almeno quello che
basta per imparare a difenderti. Poi, potrai comunque tornare a casa
qualche volta. I semidei meno potenti, talvolta, riescono
più o meno a riprendersi le vecchie vite, perché
attirano meno mostri rispetto agli altri…
- E come faccio a capire quanto sono potente? Dipende dal genitore
divino?
- Beh…
Accarezzai distrattamente il muso di Lilly: - Il genitore divino
può senz’altro influire. I figli di Demetra e
Afrodite in genere non sono particolarmente potenti…
- Ma è magnifico!
Le sue gote piene si colorarono vivacemente.
Mi sfuggì una piccola risata: non capitava spesso di
incontrare un mezzosangue che gioisse all’idea di essere
potenzialmente più debole.
- Non voglio frenare il tuo entusiasmo – risposi infine.
– Ma bada bene, perché ho detto che “in
genere” i figli di Afrodite non sono molto potenti rispetto
agli altri, ma ce ne sono alcuni con poteri straordinari.
- Spero di non essere tra questi allora –
rabbrividì, spostandosi da un pegaso all’altro per
elargire carezze in modo equo. – Vorrei poter tornare a casa
prima possibile e restarci per buona parte dell’anno. Non
penso di essere adatta per questo stile di vita… voglio
dire, gli allenamenti, gli sport, l’arrampicata…
brrr… non fa per me. Immagino che, oltre a fare un sacco di
sport, seguiate anche una dieta piuttosto rigida…
- Seguiamo una dieta bilanciata. Se sei amante dei dolci…
credo che dovrai affidarti a traffici un po’ loschi per
averne.
Storse il naso in una smorfia, visibilmente delusa.
Mi venne spontaneo avvicinarmi e posarle una mano sulla spalla con fare
incoraggiante: doveva essere terribile per lei, ritrovarsi incastrata
in una nuova realtà, lontana da casa, costretta ad
allenarsi, per imparare a difendersi da mostri mitologici, e ad
adattarsi a uno stile di vita più sportivo.
La maggior parte dei miei fratelli – ma anche dei ragazzi
delle altre case – le avrebbe detto di chiudere il becco e
smetterla di lamentarsi, perché tanto ci trovavamo tutti
nella stessa situazione, ma io non ho mai trovato fosse giusto tappare
la bocca e invalidare i sentimenti altrui.
Sarà forse per il fatto che mi sono ritrovata per anni dalla
parte di quella zittita e costretta a reprimere le emozioni, per paura
di essere rimproverata o derisa…
- Non preoccuparti - dissi infine. - So che i figli di Afrodite hanno
spesso delle scorte di dolci nascoste. E io conosco qualcuno che
potrebbe procurarti senza problemi cioccolata, caramelle o pasticcini,
di tanto in tanto…
- Davvero? – chiese speranzosa.
Annuii: - Certo, puoi contare su di me. Ora che ci penso…
vieni, devo mostrarti un’altra cosa.
Il profumo delle fragole era intenso, inebriante.
Un nutrito gruppetto di semidei, per la maggior parte figli di Demetra,
si affaccendava qua e là per l’immenso campo,
prendendosi cura del terreno e dei frutti appena maturati, mentre un
satiro allietava il loro lavoro con il suono del proprio flauto.
Mi sedetti sul prato insieme a Kitty, poggiando tra me e lei il piccolo
cesto che Katie Gardner mi aveva gentilmente offerto.
- Omaggio di benvenuto da parte della progenie di Demetra –
annunciai. – Prendi pure, sono buonissime.
Dopo un attimo di esitazione, la biondina afferrò una delle
grosse fragole dal cestino e la addentò. Il colore del
frutto era pressoché identico a quello delle sue labbra.
Il suo volto si tinse di un’espressione estasiata: -
Diamine… sono deliziose… sono le fragole
più buone che abbia mai mangiato!
- Questo è certo – risposi, prendendone una a mia
volta. – La presenza del signor D e le cure dei ragazzi della
Casa Quattro rendono questi frutti unici nel loro genere. Mi rendo
conto che non siano alla pari di un bel pasticcino, ma…
- Oh, no, sono perfette, davvero!
Restammo in silenzio per un po’, mangiando le fragole e
lasciandoci accarezzare da una brezza leggera.
Sembrava che tutto stesse andando per il meglio, avevo addirittura
l’impressione che Kitty si fosse un po’
calmata… quando, volgendo lo sguardo a sinistra, verso la
stalla dei pegasi, notai due figure che si muovevano furtivamente, per
poi abbassarsi e cominciare a strisciare nell’erba alta.
Alzai gli occhi al cielo, scuotendo la testa: - Guai in arrivo.
- Come?
Kitty mi guardò allarmata. Ridacchiai, dandole un
paio di colpetti sul braccio con fare rassicurante.
- Tranquilla, non per noi. Per loro.
Indicai le figure striscianti che si avvicinavano sempre di
più, puntando chiaramente verso il campo di fragole: -
Travis e Connor Stoll, figli di Ermes. Stanno per fare uno scherzo ai
ragazzi di Demetra. E qui si giunge a un bivio di natura etica: da un
lato so che dovrei fermarli, dall’altro sono curiosa di
vedere cos’hanno progettato e quante se ne prenderanno quando
Katie li beccherà…
La figlia di Afrodite sembrò ponderare seriamente sulla
cosa, poi si sporse appena verso di me e mormorò: - Io sarei
molto curiosa di vedere cosa accadrà…
Allargai il sorriso, poi presi un’altra fragola, mordendone
un’estremità: - Mi piace come ragioni.
Kitty arrossì lievemente e distolse lo sguardo, rivolgendo
la propria attenzione ai due babbei, che nel frattempo si erano
appostati a circa un metro dal limite dell’orto.
Mi resi conto che Connor teneva tra le mani una scatolina
dall’aria sospetta. Scambiò un cenno
d’intesa col fratello e, sghignazzando, ne rimosse il
coperchio.
Si udì un ronzio sommesso, mentre strani insettini
metallici, molto simili a piccole cavallette, presero il volo in
direzione degli ignari lavoratori.
Il primo si posò sopra il frutto che Kyle, uno tra i ragazzi
più giovani della Cabina Quattro, aveva appena colto e stava
per porre nella grande cesta alle proprie spalle.
Il ragazzo eseguì d’istinto un movimento rapido e
brusco per scacciare la creatura scocciatrice e quella, in tutta
risposta… esplose.
Un’esplosione piccola, insufficiente per ferire il
malcapitato in modo grave, ma abbastanza forte da spappolare la
fragola, facendo schizzare una parte di polpa maciullata sul viso del
figlio di Demetra.
Fu l’inizio del caos.
Gli Stoll, ancora a terra, si rotolavano dalle risate, osservando i
semidei in difficoltà, che agitavano scompostamente le
braccia per scacciare gli insetti e si ritrovavano sempre
più imbrattati dei miseri resti delle fragole esplose.
Somigliava molto alla scena di un campo di battaglia.
Kitty sgranava gli occhi, sconvolta, e, di tanto in tanto, si voltava
verso di me, quasi a chiedere spiegazioni.
- Tranquilla – le sussurrai infine. – Hanno fatto
di peggio. E tra poco la pagheranno.
Non ci volle molto, infatti, prima che Katie Gardner si facesse strada
tra i compagni, il volto contratto dalla rabbia e la camminata sicura
di una supereroina vendicatrice.
- Via! – gridò, rivolta a fratelli e lavoratori di
altre cabine. – Tutti fuori dall’orto!
Pur con una certa fatica, i ragazzi obbedirono, riuscendo a evacuare la
zona colpita in tempo record. Come immaginai che Katie avesse previsto,
gli insetti non seguirono i semidei nella loro frettolosa ritirata: si
limitarono a continuare la strage del raccolto, aggrappandosi ai frutti
ed esplodendo.
La capocabina della Casa Quattro si inginocchiò a
terra, posando una mano sulle zolle umide, e, pochi istanti dopo, due
enormi radici verdi emersero come serpi dal terreno, catturando gli
Stoll che si stavano dando alla fuga.
Mentre le radici sollevavano in aria le due pesti urlanti,
sbatacchiandole qua e là, Katie uscì a sua volta
dal perimetro dell’orto, tendendo le mani verso la zona
devastata e ordinando a fratelli e sorelle di aiutarla.
Ancora una volta, i figli di Demetra si organizzarono con una prontezza
e una sincronia tali da lasciare ammirata persino me, una figlia di
Ares avvezza a coordinare gli schieramenti durante le battaglie.
Una cupola di rampicanti ricoprì ben presto la parte di
campo incriminata, lasciando però un buco di modeste
dimensioni in cima.
A quel punto, Katie rivolse nuovamente la propria attenzione agli
Stoll: li rimproverò per un minuto abbondante, mentre le sue
radici-serpente continuavano a strapazzarli per bene; ripeté
più volte il concetto di duro lavoro e vivacizzò
il discorso con insulti che avrebbero scatenato un applauso da parte
dei miei fratelli della Casa Cinque.
A un certo punto, Kitty si lasciò sfuggire uno piccolo
grido, quando Connor le piombò davanti, appeso a testa in
giù. La visuale offriva al figlio di Ermes una bella
panoramica della scollatura della bionda.
Seppur sconvolto per essere appena stato shakerato da una pianta
assassina, ebbe il tempo di assumere un’espressione a
metà tra il sorpreso e il divertito, di guardarci entrambe
in faccia e dire “Salve”, prima di venire sollevato
nuovamente in aria e gettato, assieme al fratello,
all’interno della cupola di rampicanti.
Il buco in cima venne prontamente chiuso e, per un bel po’,
dall’interno si udirono le grida disperate degli Stoll, a cui
facevano eco le esplosioni degli insetti metallici.
Mi alzai in piedi, applaudendo con entusiasmo, mentre Kitty
restò seduta, ancora visibilmente scossa.
- Esibizione magistrale, ragazzi! – mi complimentai.
– Avessi un elmo, me lo sfilerei, per posarlo ai piedi della
vostra comandante!
- Grazie, Rani – rispose Katie, seria in volto. –
Accetterei il tuo elmo, se non fossi furibonda con quei due idioti.
È vero che le fragole perdute possono venir rimpiazzate in
fretta, ma io e i ragazzi abbiamo lavorato duramente per tutto il
pomeriggio e questo stupido scherzo è stato una mancanza di
rispetto imperdonabile. Chirone darà loro una punizione
esemplare, quando gli riferirò l’accaduto.
- Poco ma sicuro – commentai, accomodandomi nuovamente
accanto alla biondina.
Le sorrisi, dandole una piccola spallata: - Ehi, tutto bene?
Lei sembrò destarsi da chissà quali pensieri: -
Ah… sì, certo… devo solo…
metabolizzare, credo, il fatto di aver appena visto delle radici
giganti strapazzare due ragazzi e… e una cupola di
rampicanti spuntata per magia dal terreno, il tutto nel giro di pochi
secondi… e…
Si interruppe, sforzandosi di trattenere una risatina.
- Che c’è? – domandai, divertita dalla
sua espressione buffa.
- Niente, mi è venuta in mente la faccia… la
faccia che ha fatto… - scoppiò a ridere,
faticando non poco a finire il discorso. – La faccia che ha
fatto… quel ragazzo… quando… quando
era qui davanti, a testa in giù… e aveva gli
occhi proprio all’altezza delle mie…
Mi lasciai contagiare dalla risata, fino a quando entrambe restammo
quasi senza fiato.
Rossa in volto, Kitty si asciugò le lacrime, emettendo
strani rumori col naso. Vederla così mi provocò
una sensazione piacevole: forse stava iniziando a smaltire un po' di
angoscia.
Uno dei fiori che abbellivano la sua lunga treccia bionda sporgeva in
fuori, in procinto di staccarsi. Mi venne istintivo sistemarlo,
avvertendo un lieve solletico sulle dita quando le sfiorai i capelli.
Lei restò in silenzio per alcuni istanti’, poi mi
sorrise: - Sai… spero che la cosa non ti offenda
ma… non dai affatto l’idea di essere una figlia di
Ares. Voglio dire… sei gentile, empatica… hai
fatto di tutto per mettermi a mio agio…
Diedi un’alzata di spalle: - È vero che la maggior
parte dei miei fratelli ha un carattere più irruento, ma
penso che molti semidei, figli di Ares inclusi, spesso cerchino di
calcare gli stereotipi il più possibile, talvolta
esagerando. Credo che sia il desiderio di rendere fieri i nostri
genitori divini, o la paura di deluderli, o entrambe le cose, a
spingere molti di noi a indossare una maschera o ad accentuare
determinate caratteristiche. Comunque – le strizzai
l’occhio. – anche se il mio comportamento non
rispecchia i canoni della Casa Cinque, il sangue di Ares si manifesta
in me in altri modi. Per esempio... se non sbaglio, tra poco ci
sarà la lezione di Scherma…
***
Angolo
dell’Autrice: Allora, questo capitolo
è stato un parto, ho fatto una fatica terribile a scriverlo
e penso si veda, non ne sono molto soddisfatta.
Spero non vi abbia fatto schifo e che Rani come personaggio risulti
gradevole.
Ah, nel caso non l'avessi specificato, pur essendo una Youtuber a Kitty
non era permesso utilizzare il cellulare, veniva ripresa soltanto con
delle telecamere, il tutto sotto la sorveglianza di Raven Crowley. Ma
verràspiegato anche più avanti.
Non so perchè, ma io immagino che Katie Gardner sia
badass e mi piace pensare che i figli di Demetra abbiano grandi poteri
e che sembrino più "deboli" degli altri perchè
generalmente hanno un carattere pacato che li frena dal mettersi in
mostra. Magari ho sbagliato, in tal caso mea culpa, mi
prenderò questa piccola licenza poetica sperando che non dia
fastidio a nessuno.
Ah, so che nei libri viene indicata Miranda Gardiner, come capocabina,
ma da quanto ho capito dovrebbe essere sostitutiva quando Katie non
è presente (?)
Spero inoltre che vi faccia piacere sapere che gli Stoll saranno
personaggi principali nella storia.
Bene, per il momento è tutto.
Grazie per aver letto, alla prossima!
Tinkerbell92
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