Rebirth

di The Mad Tinhatter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1: Death Eraser ***
Capitolo 2: *** Cap. 2: Curious ***
Capitolo 3: *** Cap. 3: Shopping! ***
Capitolo 4: *** Cap. 4: Dreaming Of You ***
Capitolo 5: *** Cap. 5: I Won't Say I'm In Love ***
Capitolo 6: *** Cap 6: Sharing Sweets ***
Capitolo 7: *** Cap. 7: This Year, Santa Was Late ***



Capitolo 1
*** Cap. 1: Death Eraser ***


Rebirth
 
Cap. 1: Death Eraser
 
“Just a day,
Just an ordinary day.
Just trying to get by.
Just a boy,
Just an ordinary boy.
But he was looking to the sky….”
Ordinary Day - Vanessa Carlton
 
“Solo un giorno,
Solo un giorno qualsiasi,
Cercando soltanto di tirare avanti,
Solo un ragazzo,
Solo un ragazzo qualsiasi,
Ma che stava guardando il cielo….”
 
Sicuramente suo padre pensava che lei non l’avrebbe mai fatto, che non sarebbe mai stata tanto curiosa. Del resto, per lui era un semplice strumento da lavoro, e sicuramente non pensava che avrebbe mai attirato l’attenzione di sua figlia.
Alla fine, era un semplice quaderno nero, no? E allora per quale motivo sembrava considerare l’elementare atto di scriverci su come una sorta di lavoro?
- Non toccarlo mai.
Ecco cosa le aveva sempre ripetuto, sin da quando era piccola. Le aveva detto che era una sorta di agenda, ma lei non ci aveva mai creduto.
Suo padre aveva sfruttato per diciotto anni quella sorta di timore reverenziale che provano i bambini per ciò che hanno vicino, ma non possono avere.
Ma gli anni erano passati, e Sayuri non era più una bambina. Quell’avvertimento non la toccava più di tanto.
E poi, aveva scoperto che quel quaderno non era l’unico, ma che in casa ce n’erano almeno due. Sicuramente suo padre non si sarebbe arrabbiato se ne avesse preso uno, anche solo per darci un’occhiata. Anzi, impegnato com’era, non si sarebbe nemmeno accorto della sua scomparsa.
Il suo piano era perfetto. Era tornata a casa prima da scuola, e non aveva trovato nessuno ad ostacolarla.
Aprì la porta dello studio. Non era mai stata in quella stanza da sola… la tentazione di restare a guardarsi intorno era forte, ma lei non doveva perdere tempo… suo padre era un tipo imprevedibile, sarebbe potuto tornare anche in quel preciso momento, e allora l’avrebbe beccata con le mani nel sacco.
L'impresa sembrò essere più semplice del previsto. Il quaderno nero, infatti, era proprio lì, sulla scrivania… le sarebbe bastato tendere il braccio per toccarlo.
Sayuri si soffermò qualche secondo per contemplarlo. La copertina era nera e lucida, e sopra c'era una scritta in inglese.
- Death Note… - mormorò la ragazza, leggendo.
Quaderno della morte. Sicuramente non era un titolo incoraggiante, e forse qualcun altro avrebbe considerato più saggio lasciarlo lì, ma molto spesso è la curiosità ad avere la meglio.
Fremente per l'emozione, Sayuri sfiorò la copertina, per poi afferrare il quaderno con le mani tremanti.
Ora, tutte le sue curiosità di quando era bambina su quel misterioso oggetto sarebbero state soddisfatte. Avrebbe finalmente saputo cosa quel quaderno veramente fosse.
Lo aprì, e cominciò a sfogliarne le pagine.
La prima cosa che vide fu una serie di regole.
"La persona il cui nome sarà scritto su questo quaderno morirà…".
Sayuri le lesse tutte, una ad una… ma suo padre non avrebbe mai potuto usare un oggetto del genere, no?
Girò pagina.
Davanti a lei comparve una lista di nomi. Mano a mano che andava avanti, però, vide che accanto ai nomi erano state aggiunte anche altre informazioni: Suicidio… Incidente stradale….
Tutte maniere per morire. E, con lo scorrere delle pagine, aumentavano anche i particolari… come se tutto facesse parte di un disegno prefissato… le mani della ragazza muovevano le pagine sempre più velocemente, e tremando sempre di più… la grafia cambiava, ma i nomi continuavano… centinaia di persone, tutte morte… tutte uccise ….
Stava cominciando a sudare freddo. Il pensiero che suo padre, e dunque, in qualche modo, anche lei, fosse stato coinvolto in una serie di omicidi non le piaceva affatto.
- Vedo che sei scioccata….
Una voce proveniva da dietro di lei. Si voltò.
Urlò, più forte che poté. Ciò che aveva davanti a sé… no, non poteva esistere.
Era una specie di mostro, uno di quegli esseri che vengono a trovarti soltanto negli incubi… con la differenza che, in quel caso, non si trattava di un incubo, bensì della realtà….
Ma non era decisamente il caso di farsi prendere dal panico, pensò Sayuri vedendo che il mostro esitava nel far di lei un sol boccone.
- Che cosa… chi sei?
- Mi chiamo Ryuk, e sono uno shinigami… più precisamente, lo shinigami di quel quaderno che ora stai tenendo in mano.
Sayuri si lasciò andare sulla poltrona lì accanto.
Uno shinigami. Un dio della morte. Ma non esistevano solo nelle favole?
- Quindi… questo quaderno è tuo, giusto? - disse la ragazza, senza fiato.
- Non proprio. Il proprietario del quaderno è, per ora, tuo padre… Light Yagami.
Che situazione balorda. Suo padre… anche lui aveva ricevuto la visita di questo tizio?
- E perché posso vederti?
- Hai toccato il quaderno, e solo coloro che toccano un quaderno della morte sono in grado di vederne lo shinigami.
Sayuri si rigirò il quaderno tra le mani.
- Quanti quaderni possiede mio padre?
- Tre… anche se, per ora, sono l'unico shinigami in circolazione!
Tre quaderni. Tre strumenti di morte.
Ryuk rise.
- Sconvolta, non è vero?
Sayuri annuì.
- Se vuoi, puoi utilizzarlo… basta che ci scrivi sopra un nome, aspetti quaranta secondi e… tac, è fatta!
- Non se ne parla nemmeno! Non sono un'assassina.
- Va bene… contenta tu!
Lo shinigami assunse un'aria divertita… evidentemente aveva qualcosa in mente.
- Che c'è? - domandò la ragazza, un po' stizzita.
- Te lo dirò… se prima tu mi darai una mela!
L'espressione follemente divertita di Ryuk non fece altro che alimentare la sua curiosità, e Sayuri si vide costretta ad accettare la proposta dello shinigami.
- Mi raccomando, che sia rossa e bella croccante! - le disse Ryuk mentre stava uscendo dalla stanza.
Che brutta faccenda, pensò Sayuri mentre raggiungeva la cucina. Sicuramente si trovava in una di quelle situazioni in cui ci si ritrova coinvolti senza volerlo.
E suo padre… lei lo vedeva come un uomo tranquillo… aveva sempre voluto il bene per lei e per sua madre, o almeno così le sembrava.
Invece, sembrava proprio che non fosse così. Le sembrava tutto piuttosto irreale. Se suo padre aveva scritto quei nomi su quel quaderno, allora era un assassino… lui, che aveva fatto della cattura dei criminali la vocazione della sua vita.
E lei… cosa avrebbe potuto fare? Ostacolarlo? E come? E poi… in fondo, era comunque suo padre….
Prese una mela dal frigo… rossa e croccante, proprio come lo shinigami aveva chiesto.
- Tieni, - disse la ragazza lanciando la mela a Ryuk, - e ora dimmi che cosa hai in mente.
- Sei una piccola amante della vita, giusto? Trovi l'idea di uccidere qualcuno ripugnante. Nonostante ciò, ho un'opportunità anche per te, anche se non hai intenzione di usare il quaderno.
Ryuk continuava ad avere un tono divertito. Chissà cos'aveva in mente….
- Apri il cassetto, e prendi il quaderno che ci troverai dentro.
Sayuri obbedì, sempre più sconcertata. Dentro il cassetto, un altro quaderno, uguale a quello che aveva trovato prima.
- Ora, ti darò un'opportunità che pochi umani hanno mai avuto, nonché un'ulteriore fonte di divertimento per me….
Ryuk trafficò un po’ con quello che, apparentemente, era il suo costume, e ne estrasse qualcosa.
Quel qualcosa, che Ryuk ora teneva nella mano scheletrica, era una gomma… sembrava una gomma normale, ma qualcosa diceva a Sayuri che non era proprio così.
- A cosa serve quella gomma? E perché dovrebbe essere… divertente?
Lo shinigami lasciò trascorrere qualche secondo prima di rispondere. Si stava proprio godendo il momento.
- Divertente perché… beh, non si sa mai quali potrebbero essere le conseguenze delle azioni di voi umani! Quanto all'utilità di questo oggettino… beh, se tu cancellerai con questa un nome dal Death Note che hai appena tolto dal cassetto… la persona con quel nome tornerà in vita!
Sayuri osservò attonita Ryuk che le posava la gomma sul palmo della mano.
Aveva ora il potere, anche dopo tanti anni dalla sua morte, di far rivivere una persona.
- Ora, non ti resta che sfogliare il quaderno… e scegliere!
Sayuri prese in mano il quaderno, e lo aprì.
Di nuovo, migliaia di nomi scorsero davanti ai suoi occhi. Nessuno in particolare la colpiva, erano quasi tutti nomi comuni, e senza un significato particolarmente illuminante.
Chissà chi erano, o chi avevano lasciato….
La scrittura era elegante, ma sicuramente diversa da quella, più ordinata, di suo padre… questo significava che non era stato lui l'unico possessore del quaderno.
Ad un tratto, però, la scrittura cambiò, e la cosa peculiare era che il cambiamento riguardava soltanto due nomi, e non una lista.
E poi… chi mai avrebbe potuto scrivere in quel modo? La scrittura era eccessivamente spigolosa, tremante, come se l'autore avesse avuto qualche difficoltà a tenere in mano la penna.
Non solo, ma non si trattava nemmeno di nomi giapponesi, ma inglesi o americani; il secondo, in particolare, sarebbe sembrato inusuale anche in un paese anglofono. Sayuri lo lesse con gli occhi.
L Lawliet.
Un nome formato da una sola lettera non era certo comune, anche nella stranezza di certi nomi che gli americani amavano dare.
E, più forte di quello provato per gli altri nomi, un desiderio di sapere chi ci fosse stato dietro invadeva Sayuri.
- Se cancello il nome di una persona, mi sarà possibile poi incontrarla? - domandò Sayuri allo shinigami.
- Questo non lo so - rispose Ryuk - ma penso che sia probabile di sì, soprattutto se la persona è morta nelle vicinanze.
Sayuri tornò a fissare il nome. Chi era quella persona? Un anziano, un ragazzo, o magari un bambino? Un criminale, o un innocente? C'era solo un modo per scoprirlo….
Sayuri sapeva che nessun altro nome l'avrebbe mai colpita in quel modo, e che anche andando avanti nella lettura non avrebbe cambiato idea. Era sempre stato così, per lei: la prima scelta si era sempre rivelata la più convincente.
Così, con un gesto deciso, passò la gomma su quel nome, e quello, quasi per magia, scomparve, pur essendo stato scritto ad inchiostro.
- Ho scelto - disse la ragazza, restituendo il quaderno e la gomma a Ryuk.
Lo shinigami prese i due oggetti, poi sfogliò il quaderno, sicuramente per scoprire il nome che era stato cancellato. Quando vide il vuoto lasciato dalla cancellatura, scoppiò a ridere, ancora più fragorosamente di prima.
Sayuri guardò l'orologio. La faccenda del quaderno l'aveva presa così tanto che si era completamente dimenticata che sarebbe dovuta uscire con le sue amiche, o, come lei amava definirle, "compagne di sventura"… tutte figlie di colleghi di suo padre, che non facevano altro che ostentare in ogni modo la loro ricchezza. Non era decisamente esaltante, specialmente dopo aver passato con loro diciotto anni di vita, ma aveva un appuntamento con loro e dare buca o arrivare in ritardo sarebbe sembrato poco carino… dunque, doveva assolutamente muoversi, e quello shinigami che continuava a ridere non l'avrebbe certo aiutata.
- Che c'è, ora? E non provare a farmi rosicare, devo uscire e sono già in ritardo.
- Hai scelto molto bene, ragazza… sarà proprio un bello spettacolo… ci voleva proprio, dopo tanti anni….
Sayuri sospirò. Non aveva alcuna idea di ciò che Ryuk avrebbe giudicato "divertente", ma aveva la strana impressione che non si trattasse di qualcosa di buono… del resto, si trattava di un dio della morte.
- Dovrai seguirmi per tutto il tempo? - domandò la ragazza.
- No… non sei la proprietaria del quaderno, perciò non sarai costretta ad avermi tra i piedi tutto il giorno.
- Ah… meno male…. - si lasciò scappare Sayuri.
- Perché… non mi trovi divertente?
- Temo proprio che la nostra definizione di "divertente" sia un po' diversa, sai? - rispose la ragazza, sorridendo.
- Comunque, ora devo proprio scappare, - continuò Sayuri, - … buon divertimento!
Sì, e spero di non doverti mai più vedere, anche se sei simpatico, pensò, mentre si dirigeva verso la sua camera.
Di tutto ciò che aveva pensato riguardo quel quaderno nero, niente involveva la morte di qualcuno, e ancora meno la presenza di un dio della morte. Per fortuna, la richiesta dello shinigami non era stata particolarmente gravosa, e lei si sarebbe potuta lasciare tutto allegramente alle spalle… tanto, la possibilità di trovare un inglese morto in Giappone e di riconoscerlo ed incontrarlo era irrisoria, con tutte le persone che abitavano lì!
Semplicemente, aveva fatto tornare in vita una persona, e magari questa, pur non conoscendola, le sarebbe stata riconoscente, niente di più.
Era molto più facile metterla in quel modo senza avere quel mostro davanti.
Entrò in camera, e si mise davanti allo specchio. Era già pronta, doveva solo controllare che tutto fosse a posto. Kaori le aveva detto per telefono che ci sarebbe stato anche qualche ragazzo carino, e presentarsi bene non avrebbe certo fatto male.
Non aveva ereditato molto dai suoi genitori, a dire il vero. Non era bionda come sua madre, e nemmeno affascinante come suo padre. L’unico dono che quest’ultimo le aveva fatto era il colore dei capelli, castano chiaro, ma niente di più.
Era fiera di questo, in fondo: il modo in cui appariva era quasi del tutto da attribuire a se stessa, o forse a qualche nonno… nessuno che non la conoscesse avrebbe mai potuto dire che lei era figlia di Light Yagami e Misa Amane.
Sayuri si sistemò il codino, onnipresente elemento della sua capigliatura. Era un residuo della sua infanzia: sua madre amava pettinarla facendo spuntare due codini dai capelli sciolti, esattamente come lei si pettinava da ragazzina… ma col tempo Sayuri aveva deciso di personalizzare un po’ i suoi capelli, eliminando uno dei due codini e legando l’altro con un elastico a forma di girasole – cosa che spesso faceva arricciare il naso alle sue compagne di scuola.
Anche il suo modo di vestire era particolare, e con esso era evidente il suo amore per i colori accesi. Sua madre adorava quello stile, mentre suo padre lo considerava improponibile… ma a lei non importava.
Dopo un’ultima controllata, Sayuri prese il suo inseparabile iPod e il cellulare, per poi uscire dall’appartamento.
Si infilò le cuffie nelle orecchie mentre scendeva. C’era l’ascensore, ma a lei piaceva fare le scale. Poteva anche correre, se stava attenta a non cadere.
Uscì fuori, e fece un bel respiro. Il suo palazzo si trovava in un quartiere residenziale dove il traffico era limitato, e l’aria ancora - più o meno – pura. Una volta raggiunto il centro non sarebbe stato più così.
Lasciare il suo appartamento era, il più delle volte, una liberazione. Soltanto quando era fuori da quel posto poteva dimenticarsi, per qualche ora, di essere figlia dell’uomo che occupava una delle più alte cariche nella difesa giapponese e di un’attrice famosa.
Per fortuna i suoi genitori non erano dei megalomani che pur di avere maggior visibilità esponevano ai media anche i propri figli, o per lei sarebbe stata la fine. Perché lei amava certamente l’attenzione, ma quando voleva lei, e sicuramente non quel tipo di attenzione.
Per strada era una semplice passante, una semplice ragazzina che camminava ascoltando musica, nulla di più… poteva dimenticare tutto, anche l’aver appena avuto un incontro ravvicinato con uno shinigami e l’averlo, forse, aiutato ad attuare uno dei suoi piani diabolici….
Sicura? Domandò una vocina nella sua testa.
Certo che ne sono sicura, ribatté lei, girando l’angolo, tanto, non incontrerò mai quell’L, né mai rivedrò quel dannato shinigami. Di che dovrei preoccuparmi?
Ma le bastò guardare davanti a sé per mandare ogni sua singola certezza al riguardo in frantumi.
Proprio lì, sui gradini del palazzo di fronte, era seduto un ragazzo.
Non era un ragazzo qualsiasi, si vedeva lontano un miglio. Perlomeno, non era uno che avrebbe mai abitato in uno di quei palazzi, dove chi ci viveva manteneva solitamente un certo standard di eleganza.
Il ragazzo che aveva di fronte, invece, indossava soltanto una maglia bianca e un paio di vecchi jeans. Niente scarpe, né calze.
Era particolare anche il modo in cui stava seduto – se di posizione seduta si poteva parlare. Era accovacciato, i piedi in equilibrio piuttosto precario sul gradino.
I capelli, nerissimi, erano scompigliati, e qualche ciocca ricadeva sugli occhi, anch’essi scurissimi e bordati da occhiaie così profonde che sembrava non avesse mai dormito in vita sua.
Il suo sguardo sembrava perso nel vuoto, spaesato… come se non sapesse esattamente dove guardare.
Come se fosse appena caduto dal cielo, pensò Sayuri istintivamente.
Lo sguardo del ragazzo si rivolse verso di lei. Lui la fissò, gli occhi sgranati – o erano naturalmente enormi? Magari perché, nonostante la parvenza orientale, non lo era completamente?
Sayuri si tolse gli auricolari. Non poteva essere vero….
E intanto lui continuava ad osservarla, come se si aspettasse qualcosa da lei.
I suoi occhi, la sua posizione… Sayuri non seppe mai cosa glielo fece capire, seppe solo che, in quel preciso momento, lei comprese. Quel ragazzo era lui.
- L… Lawliet… - mormorò la ragazza.
Lei sapeva chi lui fosse, e, magari, lui sapeva di quello che lei aveva fatto, dal suo sguardo….
Sayuri trovò naturale avvicinarsi al ragazzo.
E se magari non fosse stato lui? E se si fosse soltanto lasciata suggestionare dal tutto? Magari lui era soltanto un ragazzo un po’ strano che era capitato da quelle parti per sbaglio, e lei gli stava attribuendo un’identità che non aveva….
Lui continuava a guardarla, mentre lei si avvicinava.
- Ehm… per caso tu sei L….
- Non dirlo – la zittì lui.
Era lui… perché avrebbe dovuto rispondere così, se non lo era?
- Quindi… sei… sei tu? – domandò lei, non sapendo bene cosa dire.
Lui continuò a guardarla – o, per meglio dire, a fissarla – con aria interrogativa.
- Oh… beh, insomma… tu sei… risorto, giusto?
Era difficile trovare le parole giuste per definire quella situazione assurda.
- Sì – disse lui.
- Bene, allora – disse lei, sorridendo mentre si sedeva accanto al ragazzo sul gradino – io mi chiamo Sayuri, piacere.
Allungò la mano verso di lui affinché potesse stringerla, ma lui rimase fermo.
- Piacere – rispose, senza fare una piega.
Non le era sembrato scortese, anche se qualcuno avrebbe potuto pensare il contrario. Del resto, che ne sapeva lei di chi lui fosse? E poi, bisognava capirlo: era appena sceso dal cielo, ed era piuttosto normale che fosse un po' spaesato. Fosse stata lei al suo posto, avrebbe reagito in modo ben diverso, e non sarebbe rimasta certamente così tranquilla.
- Sei stata tu? - chiese lui.
- A farti ritornare? Sì, sono stata io.
Sayuri non sapeva bene che risposta aspettarsi. Un ringraziamento, forse….
L assunse un'espressione strana.
- Come hai fatto?
Di tutte le domande che poteva aspettarsi, quella era l'ultima. Lei avrebbe più pensato, almeno immediatamente, al semplice fatto di essere viva, piuttosto che al come.
- Io… non lo so, davvero, - rispose Sayuri, alzandosi e cominciando a camminare avanti e indietro, - ho soltanto preso un quaderno, e mi è stata data una gomma, e io ho cancellato il tuo nome….
Alla parola "quaderno" gli occhi del ragazzo si animarono ancora di più.
- Quaderno….
Fu come se qualcosa l'avesse improvvisamente svegliato. Sayuri poteva quasi vedere il suo cervello mettersi in moto, mentre la sua espressione si faceva sempre più concentrata.
- Ti conviene fare una passeggiata, sai? Aiuta a schiarirsi un po' le idee… ne avrei bisogno anch'io, a dire il vero.
Entrambi si alzarono, e cominciarono a camminare per la via. Anche il modo di camminare del ragazzo era particolare: la schiena curvata in avanti, e il passo un po' strascicato. Camminare non doveva essere certo un piacere, a piedi nudi, ma lui non si lamentava.
Sayuri guardò l'orologio. Era veramente in ritardo per l'appuntamento, e forse sarebbe stato meglio se avesse chiamato Kaori per dirle che non sarebbe venuta. Sinceramente, riteneva più interessante e costruttivo scambiare due parole con L piuttosto che perdere il suo tempo tra pettegolezzi e frivolezze… almeno per una volta.
Prese il cellulare, e digitò il numero dell'amica. L intanto la guardava, chiedendosi cosa stesse facendo.
- Pronto? - fece la voce squillante di Kaori.
- Ciao… sono Sayuri.
- Stai per arrivare? Ormai manchi solo tu! Asuka ha invitato qualche suo amico, e ci stiamo divertendo un mondo!
- Mi dispiace… ho avuto un contrattempo, e non posso più venire.
- Oh, beh, peccato. Sarà per un'altra volta, allora.
- Mi raccomando, divertiti anche per me! Ci sentiamo domani….
- Ciao!
Sayuri chiuse il telefono, decisamente sollevata.
- Avevi un appuntamento? - domandò L.
- Sì, ma ho deciso di non andarci. Non che fosse particolarmente esaltante, anzi, sono quasi contenta di poterlo evitare.
Era vero, in parte. La verità era che non se la sentiva proprio di lasciare solo quel ragazzo, che si trovava lì solo a causa sua.
Sicuramente L doveva aver capito parte di quei pensieri, perché disse: - Comunque, non c'era bisogno di cambiare i tuoi programmi per colpa mia.
- Colpa? Non preoccuparti, non mi dispiace. Te l'ho detto, non è che mi stia perdendo molto… soltanto una specie di sfilata di moda e qualche ragazzo, tutte cose che si possono trovare in una festa qualsiasi, no?
Non aveva l'aria di uno che avrebbe apprezzato quel genere di divertimento, perciò avrebbe potuto benissimo capirla.
- Già… niente di speciale - rispose lui, confermando ciò che Sayuri aveva pensato col suo tono di voce.
Continuarono a camminare, in silenzio. L non parlava molto, eppure Sayuri notava in lui qualcosa di strano, quasi di affascinante. La sua espressione era sempre concentrata, come se stesse cercando di capire da solo perché realmente si trovasse di nuovo sulla Terra.
Sembrava, però, che gli mancasse qualcosa, e ciò gli impediva di giungere alla soluzione.
C'erano tante cose che avrebbe voluto chiedergli: chi fosse, perché fosse morto… ma ce n'era una, in particolare, una curiosità che non vedeva l'ora di soddisfare.
- Posso chiederti una cosa? - fece la ragazza.
- Chiedi pure - rispose lui.
- Com'è il mondo dei morti?
Non sembrò stupito dalla domanda, forse era qualcosa che anche lui avrebbe chiesto.
- Non è come dicono che sia. Non è molto diverso da qui, a dire il vero. Niente nuvole, niente luci abbaglianti.
Non capitava certo tutti i giorni di parlare con una persona che aveva visto il regno dei morti. Era un luogo su cui tutti, almeno una volta nella vita, facevano almeno un pensiero… sapere che era simile al mondo dei vivi era da una parte avvilente, ma dall'altra rassicurante: perlomeno, avrebbe saputo come cavarsela.
L non sembrava molto loquace. Camminava lentamente, e non dava cenno di voler raddrizzare la schiena. Sayuri continuava a camminare al suo fianco, chiedendosi perché il ragazzo non avesse ancora cominciato a tempestarla di domande. Del resto, era appena tornato sulla Terra dopo, probabilmente, tanti anni: non era certo un viaggetto da niente.
- A cosa pensi? - domandò la ragazza. Terribilmente ficcanaso, lo riconosceva lei stessa.
Lo sguardo che il ragazzo le rivolse fu abbastanza eloquente.
- Scusa… - fece lei, - non volevo essere inopportuna, ma… insomma… ero solo curiosa.
- Più che legittimo, - rispose L. - Potrei rispondere alla tua domanda, ma non è detto che voglia farlo… o, almeno, non qui.
Evidentemente si trattava di qualcosa di segreto, e naturalmente non sarebbe stato opportuno parlarne lì, in mezzo alla strada.
- Va bene, allora non ti chiederò più niente… non qui, almeno! Tu potrai continuare a pensare, mentre io… ehi!
Si era fermata all'improvviso davanti ad una vetrina piuttosto colorata.
- Aspetta un attimo, torno subito! - disse, e si fiondò dentro il negozio.
Sayuri pensò che, anche senza parlarci, lo avrebbe comunque aiutato, per quello che avrebbe potuto fare….
Mentre L pensava, sembrava che gli mancasse qualcosa, come una spinta in avanti per trovare la soluzione.
E Sayuri voleva aiutarlo a concentrarsi… ovviamente a modo suo.
Era strana, lo sapeva, ma il modo perfetto per raggiungere l'assoluta concentrazione, mentre studiava o in generale mentre pensava, per lei era… mangiare caramelle. E, infatti, era appena entrata in un negozio di dolciumi.
Comprò due buste di caramelle, scegliendo con cura i gusti… male che vada, pensò, se lui non le avesse volute le avrebbe mangiate tutte lei….
- Ecco qua - disse lei uscendo dal negozio e porgendo al ragazzo una delle due buste, - spero che ti piacciano. Mi aiutano a concentrarmi, non so se su di te abbiano lo stesso effetto….
L non le rispose, ma prese soltanto in mano il sacchetto che la ragazza gli porgeva, e assaggiò una caramella.
- Ottima qualità - commentò lui.
- Le ho scelte apposta - disse Sayuri sorridendo - sono ai miei gusti preferiti.
Evidentemente il suo stratagemma aveva funzionato, perché l'espressione sul volto del ragazzo si fece più decisa, come se fosse ritornato ad occupare il posto che aveva prima.
Ma era evidente che lui aveva ancora bisogno di una mano, e lei, che in fondo si sentiva la responsabile di tutto ciò che era successo, voleva assolutamente dargliela.
- Hai un posto dove stare? - gli chiese.
Era altamente probabile che la risposta fosse negativa. Certamente non l'avrebbe fatto stare in casa sua, chissà cosa avrebbe pensato suo padre vedendolo! L'avrebbe sicuramente sbattuto fuori. Sua madre forse non si sarebbe lamentata, avrebbe capito che aveva bisogno di aiuto, almeno per un po' … ma meglio non rischiare.
In compenso, però, esistevano un sacco di posti in cui L avrebbe potuto alloggiare senza che il padre di Sayuri lo scoprisse.
- No, - rispose L, - ma non è questo che importa….
- Ma non trovi che sia meglio fermarsi un attimo per raccogliere le idee… magari in un hotel? Non preoccuparti, penserò a tutto io… so già dove andare.
L considerò attentamente la proposta della ragazza. Non sapeva ancora se poteva fidarsi completamente di lei, nonostante il suo atteggiamento sembrasse disponibile. In più, conosceva il suo vero nome e aveva avuto accesso ad un Death Note… a QUEL Death Note, in particolare. Se le sue mani si fossero rivelate quelle sbagliate, la situazione sarebbe potuta precipitare come era successo la volta precedente… addirittura, il quaderno nelle mani di quella ragazzina sarebbe potuto essere un’evoluzione della situazione creatasi con Light Yagami….
Ma lui era appena ripiombato in un mondo dove, nella migliore delle ipotesi, era passato poco tempo dalla sua morte e il suo successore aveva appena preso le redini del caso Kira… nella peggiore delle ipotesi, e non poteva assolutamente escluderla, era passato molto tempo e, magari, Kira era riuscito ad avere la meglio….
In ogni caso, lui non aveva più accesso alle stesse opportunità della sua precedente vita. Non aveva più l'eredità dei suoi genitori o Watari o i guadagni del suo mestiere di detective a sostenerlo economicamente. Non aveva più il potere di muovere intere organizzazioni con una sola parola.
Era solo, e da solo avrebbe dovuto organizzarsi, esaminare la situazione ed eventualmente reagire.
Per fare ciò, aveva come minimo bisogno di una base, di un luogo dove stare.
L'offerta della ragazza, in fondo, calzava a pennello. Avrebbe scoperto immediatamente se il luogo era spiato, e in più il fatto che fosse la ragazza a pagare la stanza l'avrebbe tenuta costantemente in contatto con lui… che avrebbe potuto così controllarla con maggior facilità per notare eventuali comportamenti sospetti.
- Va bene. Lascerò che sia tu ad occuparti di tutto - disse, prendendo una caramella alla fragola tra pollice e indice e mettendosela in bocca.
Per raggiungere il posto che Sayuri aveva scelto dovettero prendere la metropolitana.
La ragazza fu assai sorpresa nel vedere che L non abbandonava quella sua strana posizione seduta nemmeno nel caso di un normale sedile. Se ne stava lì, i piedi sul sedile, in posizione accovacciata, incurante degli sguardi curiosi delle persone, e qualcosa diceva a Sayuri che lui c'era abituato.
E poi, non parlava, o perlomeno non lo faceva soltanto per far prendere aria alla bocca, come la maggior parte dei ragazzi che lei conosceva.
Non ci volle molto perché arrivassero a destinazione.
In stazione, buona parte dei passanti li osservarono. Erano sicuramente una coppia che dava nell'occhio: lei, vestita di colori sgargianti e palesemente estivi nonostante fosse inverno; lui, con addosso solo una maglia bianca e un paio di jeans, completamente scalzo ed assolutamente incurante del freddo.
In men che non si dica, si ritrovarono di fronte ad un edificio imponente. L lo conosceva: era uno degli alberghi in cui aveva alloggiato mentre lavorava al caso Kira. Era a cinque stelle: se Sayuri pensava seriamente di potergli pagare la stanza per più di un giorno, o era ricchissima, o era una pazza sprovveduta.
- Non devi disturbarti. Non ho bisogno di una suite imperiale - le disse.
- Oh, ma non importa. Qui ho un conto fisso, alle spese pensa mio padre.
E quella, sicuramente, sarebbe stata una cosa ancora peggiore, pensò L. Non voleva assolutamente attirare l'attenzione di nessuno, figuriamoci del padre della ragazza, il quale, essendo sicuramente molto ricco, doveva essere un personaggio di un certo calibro.
Lanciò uno sguardo alla ragazza, cercando di farle capire cosa stesse pensando. Non voleva dirglielo chiaramente, dato che sicuramente lei si sarebbe insospettita, ma allo stesso tempo voleva farglielo capire.
- Non voglio disturbare tuo padre - disse lui, vedendo che l'entusiasmo della ragazza non esitava a scemare.
- Oh, non ti preoccupare… mio padre non saprà niente. Non è la prima volta che capita, sai? Insomma… amici troppo fuori da poter tornare a casa dopo una festa, coppiette in cerca di intimità… e nessuno della mia famiglia ha mai scoperto niente!
Probabilmente aveva dei genitori non molto presenti, ma lui non avrebbe potuto capirlo: per quello che ricordava, i suoi genitori non c'erano mai stati.
Entrarono nell'hotel. La hall era lussuosa, come lui la ricordava, eppure qualcosa era cambiato, come se tutto fosse stato modernizzato. Evidentemente era passato più tempo di quanto lui sperasse.
- Buona sera, signorina - disse un uomo alla reception, rivolgendosi a Sayuri.
- Buona sera, signor Masashi - rispose la ragazza, gentilmente ma, allo stesso tempo, con una certa familiarità.
- Ci sono stanze libere? Perché dovrei prenotarne una per stanotte… - continuò Sayuri.
- Sicuro. Per fortuna non è alta stagione, altrimenti avreste avuto un po' di difficoltà….
Si voltò, e prese una chiave dalla grande parete che le conteneva.
- Ecco qua… la stanza per lei - l'uomo rivolse la sua attenzione verso L, osservando i suoi piedi nudi e il suo abbigliamento non proprio elegante - … e per il signorino.
Sayuri prese le chiavi, sorridendo, per poi dirigersi assieme ad L verso l'ascensore.
- Chissà cos'avrà pensato il signor Masashi… - disse la ragazza, entrando nell'ascensore.
L le rivolse uno sguardo interrogativo.
- Beh, sai… che cosa si potrebbe pensare di una ragazza e un ragazzo che prenotano una stanza?
Ridacchiò. - Non preoccuparti - continuò - non ho intenzioni strane….
L parve trovare la cosa più allarmante che divertente. Alla faccia del non dare nell'occhio!
Arrivarono al piano giusto, poi attraversarono un lungo corridoio per arrivare alla stanza. Sayuri inserì la chiave nella serratura, e aprì la porta.
La stanza era grande quasi quanto un piccolo appartamento. Davanti a loro stava un divano a due posti, con davanti un tavolino e un televisore. Nella stanza adiacente c'era invece un letto matrimoniale, un armadio e una scrivania. Il bagno era grande e spazioso.
L notò che era cambiato ben poco dall'ultima volta che vi aveva alloggiato. E… come in tutti gli alberghi di quel tipo, ci sarebbe stata una cosa che lui avrebbe gradito parecchio….
Si diresse verso il letto, e guardò sul comodino… lì, avvolto da una carta dorata, stava uno dei motivi per cui L amava gli alberghi di un certo tipo… un cioccolatino.
Quasi sempre la qualità è ottima, pensò L, scartando uno dei due cioccolatini.
- Il signor Masashi si è proprio fatto delle idee strane… mi ha dato una matrimoniale! - disse Sayuri, lasciandosi andare sul letto, la testa a pochi centimetri dai piedi di L, il quale si era seduto nella sua solita posizione e si stava gustando per bene il suo cioccolatino.
Il ragazzo fu tentato di ritrarsi. Non amava particolarmente stare troppo vicino alle persone, o forse nemmeno ci era abituato. D'altronde, nessuno negli ultimi tempi si era avvicinato a lui tanto quanto Sayuri con la sua testa… tralasciando forse il periodo che aveva passato ammanettato a Light Yagami… che, in ogni caso, non gli era mai parso spontaneo e naturale come quella ragazza. Se stava solo recitando, sarebbe stata degna di un premio… sembrava reale.
Comunque, L dovette riconoscere che si era seduto tanto sul bordo che, se si fosse spostato ulteriormente, sarebbe finito sul comodino.
Con suo disappunto, Sayuri si alzò soltanto per prendere l'altro cioccolatino dal comodino a fianco.
- Buono, vero? - disse la ragazza mentre si lasciava sciogliere il cioccolato in bocca.
L annuì. Su quello erano sicuramente d'accordo. Aveva gusto, la ragazza.
- Beh, mi sembra che qui sia tutto a posto, giusto? Io devo proprio tornare a casa… per una volta che io e i miei genitori riusciamo a mangiare assieme, se arrivo pure in ritardo mio padre mi ucciderà!
- È tutto a posto… posso dormire da solo, non preoccuparti - rispose L.
Come se fosse stato semplice addormentarsi. Quanto tempo era che non dormiva come un normale essere umano? Due o tre ore, di solito, gli bastavano; o meglio, aveva sempre così tante cose per la testa che addormentarsi subito gli risultava praticamente impossibile.
E, ovviamente, quella notte non sarebbe stato diverso.
- Va bene… allora… se ti va ci vediamo domani… e se ti serve qualcosa non hai che da chiedere! Buonanotte!
Sayuri uscì dalla camera, e prese l'ascensore. Stava sorridendo, senza un motivo ben preciso. Quel diversivo, quell'L che si era improvvisamente materializzato davanti a lei, l'aveva rallegrata.
Era qualcosa di nuovo, sicuramente più esaltante dei soliti party con gli amici. In qualche modo, la faceva sentire utile. Stava aiutando qualcuno, una persona che sicuramente aveva più bisogno di una mano di un amico che ha bevuto troppo.
Sicuramente il giorno dopo, a scuola, Kaori l'avrebbe supplicata di dirle che cosa stesse facendo. Era curiosissima, ancora più di lei, che molte volte riconosceva di essere invadente.
Quando giunse a casa, trovò suo padre già seduto a tavola, elegantissimo anche in casa.
Sayuri lo aveva sempre conosciuto così, come un distinto signore in giacca e cravatta… come se fosse sempre al lavoro. Non aveva proprio l'aria di una persona che poteva uccidere solo volendolo. Non che avesse paura di lui: del resto, era sicura che non avrebbe mai toccato la sua famiglia; la cosa comunque le faceva un effetto strano.
- Ciao, papà… mamma?
- È di sopra… sta per arrivare.
Sayuri poggiò la borsa e il giubbotto sul divano, poi si sedette davanti a suo padre.
Ora avrebbe dovuto soltanto aspettare l'arrivo di sua madre, e poi che la cameriera, Chika, servisse la cena.
La loro non era una famiglia normale, Sayuri doveva ammetterlo.
Tanto per cominciare, non si vedevano quasi mai, tra studio, viaggi e lavoro. Allo stesso tempo, però, i suoi genitori cercavano di non farle mai mancare niente, e con questo si intende che quasi le bastava chiedere per avere ciò che voleva. Si sentiva viziatissima, in fondo… e fortunatamente non aveva mai preteso niente di eccessivo.
Sua madre arrivò poco dopo. Schioccò un bacio sulla guancia della figlia e baciò il marito.
Sayuri non era mai riuscita a capire come due persone così diverse fossero riuscite a stabilire una relazione. Sua madre era sempre allegra, sorridente e affettuosa, mentre suo padre sembrava molto più serio e distante. Non le avevano mai raccontato come fossero finiti assieme: sua madre le aveva soltanto detto che si era trattato di amore a prima vista, e le aveva augurato di sperimentare la stessa sensazione, un giorno.
Ma, per quanto Sayuri ci potesse credere, non le era ancora successo niente di simile.
Mentre Misa si sedeva, Sayuri rivolse il suo sguardo verso il padre, e per poco non sobbalzò vedendo che Ryuk era appena comparso alle spalle di Light.
Calma, pensò Sayuri. Solo lei e suo padre sapevano dell'esistenza dello shinigami, e se avesse visto la sua reazione sicuramente suo padre si sarebbe insospettito. Il fatto che lei avesse scoperto del quaderno e cancellato il nome di L non sarebbe dovuto uscire fuori per nessun motivo. Doveva stare attenta a come parlava.
- Com'è andata oggi, tesoro? - le chiese la madre.
- Bene - rispose Sayuri, sperando che non le chiedesse di scendere nei dettagli.
- Ho sentito Kaori, stasera… mi ha detto che non sei andata alla festa che aveva organizzato… come mai?
Brutta cosa, le mamme che familiarizzano troppo con le amiche delle figlie.
- Ho avuto un imprevisto… ho dovuto aiutare un amico in difficoltà - rispose la ragazza, mantenendosi sul vago.
Suo padre inarcò un sopracciglio. Light Yagami era sempre stato un po' sospettoso riguardo ai ragazzi frequentati dalla figlia.
- In che senso, "amico"? - domandò Light.
Sayuri, a quella domanda, scoppiò a ridere.
- Un amico, papà… non sarai mica geloso?
Misa sorrise. - Se c'è qualche problema, puoi parlarne con noi - disse.
- Non c'è nessun problema, niente che non possa risolvere da sola.
Figuriamoci se gliel'avrebbe detto. Primo, sua madre non le avrebbe mai creduto. Suo padre, invece, si sarebbe insospettito, e avrebbe magari preso provvedimenti.
Del resto, se L era morto un motivo c'era, e se questo in qualche modo era legato a suo padre, fargli sapere esattamente a chi lei avesse offerto una mano non sarebbe stato molto saggio.
- Va bene, allora… - disse sua madre, per poi rivolgersi al marito con tono adorante - … com'è andata oggi a lavoro?
Sayuri sapeva benissimo come sarebbe finita, a giudicare dal tono di voce della madre, e decise che forse sarebbe stato meglio non assistere.
- Ehm… forse è meglio che salga su. Sapete, avrei da studiare….
Cosa che, effettivamente, era vera. Sayuri salì le scale ed entrò in camera. Si sdraiò, vestita, sul letto, e sorrise.
Chissà cosa sta facendo adesso L
, pensò, prima di rialzarsi per prendere i libri.

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Capitolo 2
*** Cap. 2: Curious ***


Cap. 2: Curious

Soltanto al suo risveglio Sayuri capì di essersi addormentata, completamente vestita, il libro da cui stava studiando calato sugli occhi. Per essersi addormentata in quel modo, sicuramente doveva essere stanchissima. Si alzò, stiracchiandosi, andò a farsi una doccia e poi uscì.
Doveva vedersi con le sue amiche per colazione, e sicuramente l'avrebbero tempestata di domande.
Uscì di casa, poi si recò alla stazione della metropolitana. Era piena di gente, come al solito, e quasi sicuramente avrebbe faticato a trovare un posto per sedersi. Il più delle volte restava tutto il tempo in piedi, anche se fortunatamente il viaggio era breve.
Quando scese dal treno, Sayuri trovò Kaori ad attenderla. Era una ragazza molto appariscente, forse per le extentions bionde che indossava sempre, il suo abbigliamento sempre all'ultima moda (a parte quando, come in quel momento, indossava la divisa scolastica) e la sua tendenza a voler essere sempre al centro dell'attenzione.
- Muoviti - disse - le altre ci stanno già aspettando giù!
Sayuri corse verso di lei. Quanta fretta!
- Dai… dobbiamo solo andare a mangiare un gelato, non siamo certo in ritardo!
Ma lo sguardo di Kaori era trepidante. Non si trattava solo di fretta.
- Che c'è? - le chiese dopo un po' Sayuri, esasperata.
- Oh, dai! Tanto lo sai già cosa voglio chiederti!
Ecco che comincia… Sayuri pensò bene di prepararsi mentalmente due o tre risposte, dato che sarebbe stata costretta inevitabilmente a dire qualche bugia.
- Dai, comincia pure con l'interrogatorio….
- Allora… per cominciare… con chi eri?
Domanda diretta. Tipico di Kaori.
- Ero con un amico… - . Amico. Era già la seconda volta che definiva L in quel modo, per copertura. Chissà se sarebbe mai potuto diventarlo per davvero. Era un tipo interessante, ma così diverso da lei….
- Sì, certo, un amico - rispose Kaori. Non ci credeva.
- Sì, un amico. Aveva un problema, e io gli ho dato una mano a risolverlo.
- Hmm… che genere di problema?
Curiosa fino al midollo, ed intenzionata a strappare la verità a Sayuri.
- Oh, beh… è appena arrivato in città e non ha un posto dove stare, così gli ho riservato una stanza nel mio albergo preferito….
- Sei stata in albergo con lui, quindi! - esclamò Kaori, tutta convinta di aver finalmente costretto a far confessare all'amica come realmente avesse trascorso la serata.
- No, aspetta un attimo… ma che ti salta in mente?
Kaori ridacchiò. - Ora dovrai assolutamente raccontarmi tutto!
- Ma se non abbiamo fatto proprio niente! L'ho solo accompagnato e poi ci ho scambiato quattro chiacchiere… e dopo sono filata a casa!
Kaori parve estremamente delusa, ma poi la sua espressione si rallegrò nuovamente.
- Beh, almeno è carino? Così magari potresti presentarmelo….
L non era brutto, assolutamente. Particolare, senza dubbio, ma non per questo brutto. Eppure c'era qualcosa (e con "qualcosa" dicasi "apparente completo disinteresse per qualunque cosa riguardi la moda") che diceva a Sayuri che lui non sarebbe mai andato bene per Kaori.
- Ti conosco bene, Kaori… non è proprio il tuo tipo.
- Oh, vabbè…. - disse Kaori, un po' delusa.
Finalmente uscirono, e raggiunsero le altre. La stazione era praticamente davanti alla scuola, e lì vicino c'era una gelateria dove - incredibile - facevano dei gelati buonissimi. Anche se era inverno, a loro non importava, e preferivano un gelato alla colazione tradizionale.
- Dobbiamo decidere dove incontrarci, stasera - disse Akane, un'altra amica di Sayuri.
- Non posso - disse Sayuri. Aveva promesso ad L che sarebbe andata da lui, e non aveva intenzione di venir meno alla sua promessa. Non che non sarebbe riuscito a cavarsela da solo, in condizioni normali… il punto era che le sue, in quel momento, non erano decisamente condizioni normali.
- Perché… cosa devi fare? - domandò Kaori, curiosa.
- Prima ti ho parlato di un amico… siccome è appena arrivato, devo dargli una mano ad ambientarsi… sai, portarlo a fare un giro….
- Sì, certo, a fare un giro….
- Sei sempre la solita maliziosa… dai, cosa credi che potrei combinare? È davvero solo un amico….
- Ovviamente. Me lo verrai a raccontare stasera, allora….
Si alzarono, e si diressero verso la scuola. La volontà di Sayuri per studiare non era moltissima, almeno in quel periodo, nonostante gli esami che incombevano. Il suo cervello decideva sempre di spegnersi nei periodi meno opportuni. Tutto sommato ci teneva ad andare bene a scuola. Del resto, suo padre era uno studente modello, il primo di tutto il Giappone, e lei si sentiva continuamente paragonata a lui.
Ovviamente sarebbe stato impossibile per lei essere brillante come il padre: avevano sempre tutti detto che lui era piuttosto fuori dal comune quanto a intelligenza, mentre invece lei si sentiva abbastanza normale.
Quel giorno, però, la voglia di fare la studentessa modello era pressoché inesistente, e la sola idea di stare ferma ad ascoltare il professore la faceva addormentare.
Prese una matita, e si mise a scarabocchiare qualcosa sul foglio bianco dove avrebbe dovuto scrivere gli appunti. Pensò a cosa avrebbe potuto fare quel pomeriggio.
Per prima cosa, sarebbe andata a fare la spesa. Il servizio in camera era buono, ma aveva la strana impressione che L non ne avrebbe usufruito se non costretto. Sembrava che volesse quasi tenersi nascosto dal mondo, come se avesse un segreto da proteggere… avrebbe evitato persino di vedere la cameriera.
Avrebbe comprato tanti dolci, sicuramente L non si sarebbe lamentato.
Si sarebbe portata qualche compito da fare… nonostante lei cercasse di non pensarci, gli esami si stavano avvicinando e la mole di cose da studiare si faceva sentire sempre di più.
Intanto, il suo scarabocchiare casuale sul foglio stava prendendo una forma. Questo le capitava spesso: l’ispirazione per un disegno vero e proprio di solito le arrivava dopo una mezz’ora di scarabocchi. Dato che stava pensando tanto a quel ragazzo, perché non disegnarlo? Magari essere ritratto gli avrebbe fatto piacere, del resto, lei se la cavava, pur non essendo un’artista.
- Oh, e questo chi è? – disse Kaori a un tratto, sbucando da dietro.
Sayuri sobbalzò. Era così tanto presa dal suo disegno, che nemmeno si era accorta del suono della campana.
- Lui… - disse Sayuri, infilando velocemente il disegno in mezzo a un quaderno, - … lui è un mio… amico.
- Fammi indovinare… eri con lui ieri sera? – domandò l’amica, sorridendo trionfante.
Sayuri sospirò. – Sì, ero con lui.
C’era solo da sperare che Kaori non facesse la pettegola e non andasse a dire tutto a sua madre. Non che avesse nulla da nascondere a sua madre, ma la situazione era delicata, e meno persone ne venivano a conoscenza, meglio era.
- Oh, beh, carino….
Quelle erano le tipiche parole di Kaori per non dire che qualcosa non rientrava nei suoi gusti. Se davvero avesse reputato L carino, non avrebbe aspettato un solo secondo a tempestare Sayuri di domande su di lui.
Non che queste sarebbero tardate ad arrivare, in ogni caso. Kaori era la curiosità in persona, e qualsiasi cosa potesse nascondere del pettegolezzo dietro era pane per i suoi denti.  
- Allora? – disse dopo un po’ Kaori.
- Allora cosa? – le rispose Sayuri.
- Insomma… come si chiama?
E Sayuri entrò nel pallone. Non poteva dirle quel nome, lei l’avrebbe spiattellato a sua madre anche senza volerlo. Non era, effettivamente, un problema di fiducia: Sayuri stessa l’aveva lasciata libera di parlare con sua madre anche di cose private. Sua madre era la sua migliore amica, perché no, quindi? Non le aveva mai tenuto nascosto niente. In questo caso, però, era tutto diverso: ne sarebbe potuto andare della vita di L.
- Non me lo vuoi dire? – domandò Kaori dopo qualche secondo.
- Oh, beh… è che lui non vuole farlo sapere in giro, insomma….
- Oh, ma di chi stiamo parlando, di un ragazzo o di un agente segreto? Via, è un nome, non il codice di un conto in banca!
Ahimè, Kaori, in questo caso è proprio il nome che è importante, pensò Sayuri.
Non le rimaneva che spiegarle, sempre nei limiti del possibile, la situazione. Anche se lei non avrebbe mai capito… e forse era un bene.
- Beh, si, è più o meno come parlare di un agente segreto, sai? Non posso spiegarti tutto, anche se buona parte della storia non la conosco nemmeno io… comunque, se il nome saltasse fuori, ci potrebbero essere delle… conseguenze.
Ciò che Sayuri ottenne come risposta fu una sonora risata.
- Dovresti scriverci un romanzo su, sai? Hai molta fantasia….
- Ma no, è tutto vero! Insomma… lui… potrebbe morire!
- Avanti… non c’è bisogno di tirare in ballo anche la morte… non me lo vuoi dire? Smetterò di chiedertelo, allora.
Era stata brava, in fondo. Era riuscita a dissuadere Kaori dal tirarle fuori con le tenaglie le informazioni che voleva.
Intanto, approfittandone della distrazione di Sayuri, Kaori aveva preso il quaderno dentro cui Sayuri aveva nascosto il disegno.
- Non vale! – disse Sayuri mentre cercava, invano, di strappare il quaderno dalle mani di Kaori.
La ragazza, intanto, aveva trovato il disegno, e lo stava osservando attentamente, lanciando ogni tanto un’occhiata a Sayuri.
- Che c’è? – chiese quest’ultima.
- Hmm… sai, stareste bene insieme….
- Stupida…. – rispose Sayuri, mentre suonava la campana d’inizio dell’ora successiva.
Non sopportava proprio quando le sue amiche cercavano di accoppiarla con qualcuno, la trovava un’abitudine piuttosto infantile.
Le ore che la separavano dalla pausa pranzo trascorsero lentamente.
- Scherzi a parte, - disse Kaori, mentre prendeva posto ad un tavolino occupandolo col suo vassoio – quel disegno è davvero fatto bene, Sayuri.
- Stai ancora pensando a quello? – le rispose Sayuri.
- Quale disegno? – domandò Akane.
Ecco, ora Kaori aveva attirato l’attenzione di tutto il gruppetto sul disegno. Ormai, tanto valeva vuotare il sacco.
- Ecco, si riferiva a questo disegno – disse, tirando fuori il quaderno dove l’aveva nascosto e mostrandolo anche alle altre – lui è il ragazzo con cui ero ieri sera. E non pensate cose strane… è solo un mio amico.
- Dicono tutte così – disse Akane, prendendo in mano il disegno.
- Non è male – continuò Asuka, osservando il disegno da dietro – disegni bene.
- Grazie – disse lei, tendendo la mano per farsi ridare il disegno.
- Però… certo che ne sei proprio gelosa, eh? – disse Kaori.
- No… è che ci tengo che torni a casa intatto, e con voi non è il caso di fidarsi – rispose Sayuri, ridendo. Meglio mettere la faccenda sul leggero.
- Sicura che stasera non ci sei? – disse Akane.
- No, davvero… magari ci vediamo di sera un’altra volta, no? Ormai ci vediamo tutti i giorni, non penso che una sera cambi qualcosa. E poi, magari potremmo incontrarci, se usciamo – rispose Sayuri.
- Eh già – disse Kaori – se uscite!
Per tutta risposta, Sayuri le diede uno scappellotto in testa.
- Sai Kaori… lo scherzo è bello quando dura poco.
- Va bene, scusa, non pensavo che ti saresti arrabbiata….
- Lascia perdere, dai… - rispose Sayuri – però basta allusioni strane!
Kaori sospirò. – E va bene…. – disse.
Sayuri sapeva che non sarebbe mai stata in grado di mantenere la parola troppo a lungo. Infatti, l’occhiolino e il sorrisetto che le rivolse mentre uscivano da scuola erano più che eloquenti. Sayuri rispose con una smorfia, per poi allontanarsi e dirigersi verso il primo negozio di alimentari.
A L piacciono le caramelle, pensò Sayuri mentre entrava nel negozio. Questo forse denotava qualcosa sui gusti del ragazzo. E non solo aveva apprezzato particolarmente la qualità dei cioccolatini dell’albergo, addirittura ci si era fiondato su come prima cosa dopo essere entrato nella stanza. Sicuramente da quel punto di vista doveva essere un buongustaio.
Ma non può amare tanto i dolci… insomma, è magrissimo! si disse.
Si, ma basta vedere te… anche a te i dolci piacciono, eppure non sei una botte.... rispose la solita vocina nella sua testa.
Ma sì, dai, sicuramente aveva un metabolismo assurdo come il suo.
Avrebbe comprato un po’ di schifezze, almeno così ne avrebbe approfittato… a casa, sua madre aveva impedito a Chika di comprare troppi dolci o patatine… era perennemente a dieta, dato che la sua professione le imponeva di essere sempre in forma smagliante, e non voleva rischiare, anche per quel poco che restava a casa, di “cadere in tentazione” . Sayuri doveva ammetterlo, sua madre a volte sembrava proprio una ragazzina.
Prese il carrello, e si diresse immediatamente al reparto dolciumi. Fece abbondante scorta di caramelle e cioccolato, scegliendone di tutti i tipi e, ovviamente, delle marche migliori. Avrebbe preso anche del gelato, probabilmente L era pazzo come lei e sarebbe stato dispostissimo a mangiarne a vagoni anche col freddo. Aveva proprio l’aria di uno che avrebbe potuto farlo… sempre che la sua teoria fosse giusta, e che lui amasse i dolci almeno quanto lei. Altrimenti, la regola sarebbe stata la stessa delle caramelle il giorno prima: se lui non ne avesse voluto, ci avrebbe pensato lei a fare man bassa di tutto.
Sayuri sperò solo che non fosse tutto il contrario di quello che si era aspettata: a parte un certo piacere nel mangiare caramelle e cioccolati, la sua reale passione era, magari, il pesce! E lei in quel momento non si sarebbe mai sognata di comprarne.
La sua destinazione successiva fu il reparto patatine, e come per i dolci Sayuri cercò il meglio.
Anche se non avesse accontentato L, perlomeno avrebbe accontentato sé stessa.
Sorrise, mentre si dirigeva alla cassa per pagare. L’espressione sorpresa della commessa nel vedere tutta quella roba, tra dolci e patatine, era uno spettacolo.
Dopo essere uscita dal negozio, Sayuri si diresse verso la fermata della metropolitana che l’avrebbe portata all’albergo.
Per fortuna non è troppo lontano, pensò Sayuri, non vorrei portare ad L un gelato sciolto!

*

La giornata stava passando abbastanza in fretta, con tutto quello che c’era da fare. Perlustrare tutta la stanza alla ricerca di telecamere nascoste gli era costata l’intera mattinata, e in quel momento era davanti alla televisione alla ricerca di qualche informazione che avesse potuto indicargli qualcosa su quanto tempo fosse passato dalla sua morte e cosa fosse successo nel frattempo.
Per prima cosa, aprì la lista dei canali disponibili. Se non fosse passato molto tempo, questa sarebbe dovuta essere pressoché invariata rispetto a quella che lui ricordava.
Non fu così. Molti canali erano scomparsi, qualcuno era completamente nuovo. Quanto tempo era passato dalla sua morte?
Quasi come in risposta alla sua domanda, accanto ad uno dei canali comparve l’avviso di trasmissione di un telegiornale. L non finì nemmeno di esaminare i canali, nonostante non fosse nemmeno a metà dell’elenco.
Solitamente, la prima cosa che veniva visualizzata in un telegiornale era la data del giorno.
Quasi trattenne il respiro, mentre sentiva la sigla d’apertura del telegiornale. Non era decisamente da lui comportarsi così… forse era perché non aveva dolci sotto mano.
Subito dopo, sullo schermo apparve un’annunciatrice, e con essa la grafica tipica di ogni telegiornale.
L sgranò gli occhi nel vedere la data di quel giorno.
15 Dicembre 2028.
Quando lui era scomparso, la data era 5 Novembre 2004.
Ventiquattro anni. Tanti, L sperò solo non fossero troppi.
Aveva un cattivo presentimento, che molto probabilmente quello stesso telegiornale avrebbe confermato.
Se quel Death Note era ancora intatto… forse i suoi successori non erano riusciti a distruggerlo, o, cercando di essere ottimisti, ancora stavano lavorando per recuperarlo. Ma sarebbe stato tutto molto stupido… a meno che non avesse qualche asso nella manica, quella Sayuri aveva l’aria di essere una semplice ragazzina, a cui comunque non sarebbe stato troppo difficile sottrarre il quaderno.
Poteva anche essere che lei non fosse la reale proprietaria del quaderno, e che dietro ci fosse qualcun altro….
Se Light Yagami fosse morto, probabilmente con la sua furbizia sarebbe riuscito a trovare un posto dove nascondere uno dei quaderni in circolazione per farlo trovare ad un suo degno successore… magari Sayuri ci aveva messo le mani sopra per sbaglio, era probabile.
Se anche Light Yagami fosse stato vivo, che cosa avrebbe mai trovato in una ragazzina così, tanto da affidarle il quaderno? Quaderno che lei, oltretutto, sembrava non aver usato per uccidere, ma per ridargli la vita….
Gli mancava qualcosa, la chiave di tutto, sicuramente. Avrebbe trovato un modo per parlarne con Sayuri senza insospettirla. Era una ragazzina, ma non sembrava stupida.
Continuò a guardare il telegiornale, e le sue paure furono, almeno in parte, confermate.
È tutto troppo tranquillo per non essere sospetto, pensò L. In un luogo popoloso come poteva essere il Giappone, o anche la sola Tokyo, i crimini erano necessariamente all’ordine del giorno. Anche senza scomodare serial killer, furti e uccisioni erano quasi quotidiani, normalmente.
Almeno, lo sarebbero stati in un mondo non governato da Kira.
Pochissime notizie di quel telegiornale erano dedicate al crimine, decisamente troppo poche per poter dire che la situazione fosse normale.
Sicuramente c’era qualcuno, là fuori, che giustiziava i criminali. Anche quei pochi che erano stati mostrati al telegiornale sarebbero morti dopo qualche secondo.
Ora, non gli restava altro che capire che ci fosse dietro… e in che modo fosse collegato a Sayuri.
- Ehi!
Una voce squillante e un bussare frenetico lo riscossero dai suoi pensieri. Si alzò dal divano, e andò ad aprire la porta.
Davanti a lui, non appena aprì la porta, comparve Sayuri. La ragazza reggeva due buste da spesa, e aveva un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
- Ciao! – esclamò lei, ed entrò nella stanza.
- Ciao – rispose lui, mentre Sayuri posava le buste sul tavolino e si sedeva sul divano.
Era tranquilla, pensò L, e si comportava esattamente come, molto probabilmente, avrebbe fatto se fosse entrata in casa di una sua amica. Rimase in piedi ad osservarla.
- Beh? – disse lei dopo un po’ – Non sei curioso?
L la guardò, perplesso.
- Strano – disse lei – sono davvero poche le persone che conosco che davanti ad una busta della spesa sanno resistere alla tentazione di vedere cosa c’è dentro.
Roba da mangiare, quasi sicuramente, pensò L. E, a giudicare dalla linea della ragazza, sicuramente non era niente di suo gusto. Persone come lui, che poteva mangiare vagoni di dolci senza mettere su un etto, erano abbastanza rare.
- C’è un po’ tutto quello che mi piace mangiare, qui dentro – continuò lei, tirando fuori il contenuto di una delle buste.
L fu un attimo sorpreso nel vedere uscire dalla busta caramelle e dolciumi di tutti i tipi.
Sayuri rise nel vedere la sua espressione.
- Lo so, a vedermi non sembra che mi piacciano i dolci… e non conta nemmeno il fatto che a casa mia mamma li abbia banditi, dato che recupero tutto ogni volta che esco di casa.
Prese una busta di caramelle, e la aprì.
- Ci scommetto che anche tu gradisci, l’ho intuito da come stavi mangiando le caramelle ieri – continuò, portandosi una caramella alla bocca.
L tornò a sedersi sul divano, accanto alla ragazzina, e prese una tavoletta di cioccolato tra le tante che Sayuri aveva comprato. Ci volevano proprio, un po’ di zuccheri.
Doveva trovare un modo per farle dire la verità… senza spaventarla troppo, perché altrimenti sarebbe scappata a gambe levate, e lui non poteva permettersi di perdere il suo appoggio.
- Peccato, però, avresti potuto aspettare ancora un po’ a comparire, no? Ti avrei fatto assaggiare dei dolci strepitosi! Li ho ordinati dall’Italia, dovrebbero arrivare tra qualche giorno…. – continuò Sayuri, presa dal suo discorso.
L la stava ascoltando, ma con poca attenzione. Doveva trovare un suo punto debole… non voleva farle del male, nemmeno con le parole, ma doveva trovare qualcosa su cui far leva, o almeno qualcosa che gli desse qualche indizio.
- Sei preoccupato per qualcosa? – disse Sayuri, all’improvviso.
- Ventiquattro anni…. – disse.
Non era esattamente quello che voleva fare, parlare di quanto tempo fosse passato dalla sua morte, ma era pur sempre un modo per intavolare una conversazione.
- Cosa? – disse lei.
- Sono passati ben ventiquattro anni da quando sono morto.
- è… è molto, per te?
L annuì.
- Come è successo? – domandò Sayuri.
Bene, pensò L. Ora basta indirizzare la discussione nel modo giusto.
- Hai mai sentito parlare di Kira?
Sayuri fece una faccia sorpresa.
- Sì, certo… dicono che sia una divinità, e che ci protegga dalle persone cattive. È una storia che mi hanno raccontato quando ero piccola, ma ci sono molti adulti che ci credono… mia madre per prima, ma lei non fa testo, è sempre stata un po’ infantile.
L registrò quel particolare. Non era raro certamente trovare delle signore che facessero “le giovani”, ma da qui ad essere giudicate infantili dalle proprie figlie….
- Tu, invece, ci credi?
- No… è una storia abbastanza inverosimile, non trovi? Con tutto il rispetto per gli dei…. Come mai me lo chiedi?
- Ho il sospetto – rispose L – che ad uccidermi sia stato proprio questo Kira. E che non sia una divinità, ma una persona.
Sayuri deglutì. Quindi qualcuno, questo Kira, aveva preso il quaderno e ci aveva scritto sopra il nome di L.  
- Chiunque sia stato, aveva una scrittura orribile – disse Sayuri, cercando di sdrammatizzare. – E, in ogni caso, si tratta solo di sospetti, no?
Era agitata, adesso, ed L non sapeva se fosse per l’idea di una persona in grado di uccidere scrivendo su un quaderno, o perché lei avesse qualcosa a che fare con Kira.
- Già. È solo un mio sospetto – disse L, cercando di calmarla.
Sayuri tentò di sorridere. – Quasi sicuramente non esiste, altrimenti mio padre non avrebbe più lavoro da svolgere.
L registrò anche quel particolare. Un padre che aveva a che fare con i criminali, o, come li aveva chiamati lei, le “persone cattive” .
Il ragazzo osservò Sayuri. Forse quello a cui stava pensando era azzardato, forse si stava solo lasciando suggestionare dal fatto che volesse a tutti i costi trovare un legame tra Sayuri e Light Yagami. Ma era passato tanto tempo, e quell’ipotesi era perfettamente plausibile….
- Cosa fa esattamente tuo padre? – le domandò.
- Oh, beh, non lo so esattamente, lui non ne parla molto a casa… ha a che fare con la difesa, comunque, ed è una carica molto alta, sicuramente….
Tipico di Light Yagami, cercare di raggiungere un posto alto in società. Quando lui l’aveva conosciuto, era un ragazzo ambizioso.
Passarono alcuni secondi. Ad un tratto, Sayuri si portò una mano alla fronte, per poi frugare nella borsa.
- Che sbadata… ho dimenticato di farti vedere una cosa.
Dalla borsa aveva tirato fuori un foglio.
- L’ho fatto stamattina a scuola, ti piace?
Era un disegno, e raffigurava lui. Non era fatto male, tuttavia il sapere che quella ragazzina aveva scelto lui come soggetto un po’ lo sconcertava.
- Non è male….
Sayuri continuava a sorridere, ma non sembrava soddisfatta dalla sua reazione.
- Scusa… magari la cosa ti ha messo in imbarazzo…. – disse.
- Non preoccuparti – rispose L, e tra loro cadde nuovamente il silenzio.
L continuava a guardare la ragazza. Il suo atteggiamento gli ricordava qualcuno. L’abbigliamento, in qualche modo, gli era familiare. La pettinatura, quel codino su un lato, era inequivocabilmente simile a quella di un’altra ragazza che aveva conosciuto. Ragazza che, a ben pensarci, avrebbe collimato tranquillamente con la descrizione che Sayuri aveva dato di sua madre.
C’era solo un modo per sapere la verità, e questo era il porre a Sayuri la domanda diretta. La somiglianza con Misa Amane c’era, ed L era quasi sicuro che l’infantile madre della ragazza fosse proprio lei. Se Sayuri gli avesse risposto in modo veritiero, lui sarebbe stato, almeno in parte, sicuro della buona fede della ragazza. In caso contrario, avrebbe potuto tranquillamente sospettare di lei.
- Sayuri – disse L all’improvviso.
- Che c’è? – rispose Sayuri.
- Dimmi la verità, ora.
La ragazza sorrise. – Perché mai dovrei raccontarti una bugia?
L ignorò quella domanda.
- Dimmi… chi sono i tuoi genitori?
Sayuri lo fissò, senza sapere bene cosa dire.


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Capitolo 3
*** Cap. 3: Shopping! ***


Cap. 3: Shopping!


“You don’t have to be cool,
Don’t have to be smart,
Don’t need to know anything all the time,
It’s alright if you’re a little bit out of it,
I don’t care,

I just wanna be your friend….”
Friend – Kaitlyn
 
“Non devi essere cool,
Non devi essere intelligente,
Non c’è bisogno che tu sappia sempre tutto,
Va bene se sei un po’ fuori,
Non m’importa,
Voglio solo essere tua amica….”
La ragazza lo guardò, un po’ sorpresa dalla domanda. Cercò di restare calma.
Suo padre non aveva ucciso L, quello era evidente. Non sarebbe mai riuscito ad avere quella scrittura, nemmeno volendolo. Se anche lui avesse conosciuto suo padre, non avrebbe mai potuto pensare che fosse implicato nella sua morte, no?
- Allora? – le disse L.
Sayuri non si era resa conto di essere rimasta per circa un minuto a guardare il ragazzo, indecisa se rispondere con la verità o meno.
In fondo, non sarebbe mai riuscita a tener su una bugia così grande. Mentire spudoratamente non era nella sua natura.
- Oh, si, scusa… mio padre si chiama Light Yagami. Come ti ho già detto, lavora nella polizia. Mia madre, invece, si chiama Misa Amane. Se non la conosci, è solo perché non hai ancora guardato abbastanza televisione. È un’attrice piuttosto famosa. Comunque… come mai me l’hai chiesto?
Tombola, pensò L. Aveva trovato chi stava cercando. Quando si era reso conto di essere tornato in vita, non aveva certamente pensato di avere la soluzione così, a portata di mano….
Aveva ancora bisogno di tempo, comunque, e di mezzi. Non poteva certamente svelare a Sayuri tutto ciò che suo padre aveva fatto, lei certamente non gli avrebbe creduto. Perdipiù, l’avrebbe sicuramente spaventata, e si sarebbe rifiutata di aiutarlo ancora. Avrebbe, magari, pensato che fosse impazzito, e lui sarebbe di nuovo rimasto solo.
Raccontarle una parte di verità, in ogni caso, non sarebbe stato troppo imprudente. Del resto, è difficile da trovare una persona che rimanga ad aiutare un’altra senza sapere esattamente perché.
- Prima ti ho parlato di Kira, e del fatto che io pensi che mi abbia ucciso. Mentre ero in vita, mi sono occupato di cercare di scoprirne l’identità. Purtroppo, lui mi ha ucciso prima che riuscissi ad incastrarlo. Data la tua vicinanza col quaderno in questione, ho pensato che uno dei tuoi genitori potesse essere Kira, ma….
- Ma?
- … purtroppo per me, nessuno dei due è la persona che sto cercando. Mi dispiace di essere stato così irruento. Se ti ho spaventata, perdonami.
- No, figurati – disse Sayuri, tornando a sorridere. – Quindi… sei una sorta di investigatore?
- Qualcosa del genere – rispose il ragazzo.
- Beh, allora meno male che i miei genitori non sono tra i sospettati.
Sayuri sorrideva nervosamente. Quella sua domanda così improvvisa l’aveva un po’ spiazzata. Nonostante lui le avesse detto che non erano stati i suoi genitori ad ucciderlo, c’era qualcosa nella sua espressione che ancora non la convinceva.
Tuo padre ha ucciso delle persone, con quel quaderno, disse la vocina nella sua mente.
Avrà avuto un motivo valido per farlo, ribatté Sayuri.
Esiste un “motivo valido” per uccidere delle persone, per caso?
Sayuri non lo sapeva. Aveva visto tanti film concludersi con la morte del cattivo di turno, ma non era sicura che potesse essere un paragone fattibile. Il mondo reale, e lei lo sapeva benissimo, non avrebbe mai potuto essere paragonato ad un film.
Ma, anche pensando che suo padre avesse usato quel quaderno per essere facilitato nella sua professione… cosa avrebbe potuto avere a che fare con L? Tutto sembrava, quel ragazzo, fuorché un criminale.
No, suo padre non avrebbe mai potuto ucciderlo, assolutamente. Meglio levarsi dalla testa queste teorie assurde.
- Insomma, io ora ti ho fatto tornare in vita, e tu vuoi… cercare vendetta, a quello che ho capito. Giusto? – domandò la ragazza.
- No, Sayuri, non vendetta. Giustizia.
La ragazza lo guardò, con sguardo interrogativo. C’erano delle occasioni in cui quei due termini avevano lo stesso significato, ma evidentemente questo non era il caso.
- Voglio evitare che altre persone facciano la mia stessa fine, anche se penso che sia già successo. A parte questo – disse L, posando la carta della barretta di cioccolato sul tavolo e allungando il braccio per prenderne un’altra – è una sfida aperta… tra me e Kira. E io odio perdere.
Sayuri continuava a guardarlo, stupita. La sua era una sfida…. La ragazza cominciò a domandarsi cosa realmente fosse successo ventiquattro anni prima… cosa realmente avesse portato quel ragazzo alla morte.
- E immagino che non riuscirai mai a vincere la tua sfida con i mezzi che hai a disposizione adesso….
- Hai ragione. Kira ora dispone di mezzi maggiori e sicuramente più avanzati dei miei in questo momento. Ma è solo questione di tempo, e in più come vantaggio ho il fatto che lui non sappia minimamente del mio ritorno.
- Se vuoi, posso fare quello che posso per darti una mano… - disse la ragazza.
Almeno potrò capire in che razza di situazione sono invischiata, pensò Sayuri.
Proprio come speravo, pensò L.
- Ti ringrazio.
La ragazza sorrise. – So già da dove cominciare, dandoti una mano – disse la ragazza.
- Sentiamo un po’ – rispose L.
Il sorriso della ragazza si allargò ulteriormente. – Vestiti!
- Vestiti? – domandò L, sconcertato.
- Beh, certo… non vorrai restare tutto il tempo con quei vestiti, giusto? E poi… ti serve un paio di scarpe! Per domani posso prestartene un paio di mio padre, ma prima o poi lui si accorgerebbe della loro sparizione, ed è meglio comprartene un altro paio. Domani è sabato, possiamo andare in giro per negozi!
Oh, no. Come non detto, pensò L, per niente interessato a comprare vestiti nuovi.
Sayuri osservò l’espressione contrariata di L. Sapeva benissimo che era evidente la sua allergia alla moda, ma era anche vero che non poteva tenere sempre gli stessi vestiti. Aveva almeno bisogno di un cambio… e poi, anche lei avrebbe dato uno sguardo alle vetrine. Giusto per unire l’utile al dilettevole.
- Non ho bisogno di vestiti, ci sono necessità molto più urgen….
Sayuri lo zittì. – Oh, no. Niente storie, assolutamente. E non preoccuparti… sarà divertente, te lo prometto.
Oh, lui non aveva alcun dubbio sul fatto che lei sarebbe stata capace di rendere l’esperienza divertente, ma in quel momento aveva altre priorità.
- Oh, dai – continuò la ragazza – l’hai detto pure tu, abbiamo dalla nostra l’effetto sorpresa… aspettare un altro giorno non comprometterà tutto, sicuramente!
L sospirò. In fondo, non aveva tutti i torti, le probabilità che Kira scoprisse di lui erano molto basse… sempre che lei non fosse andata da suo padre a raccontarle di lui, cosa piuttosto improbabile. Se così fosse stato, Light Yagami non avrebbe esitato ad usare nuovamente il quaderno contro di lui e, probabilmente, anche contro sua figlia, non tanto perché potessero effettivamente rappresentare un pericolo, quanto perché avrebbe sicuramente visto il suo ritorno alla vita come una presa in giro.
- Hai parlato a qualcuno di me? – domandò il ragazzo.
- Stai cercando di cambiare argomento, vero? Comunque no, o, almeno, non nel dettaglio. Stai tranquillo, nessuno qui sa il tuo nome, a parte me e, ovviamente, te.
Almeno dalla madre non ha ereditato la stupidità, pensò L, sollevato. Sayuri somigliava parecchio a Misa Amane, sotto certi punti di vista. Entrambe erano allegre e amichevoli, a prescindere dalla persona che avevano davanti. E lo erano in un modo perfettamente naturale.
Neanche Misa Amane gli aveva mai dato l’impressione di star recitando. Lei era semplicemente una pedina nelle mani di Kira, non aveva le stesse capacità mentali né, tantomeno, la stessa malizia. Non sarebbe mai finita in quella situazione, se Light Yagami non l’avesse trascinata con sé.
L sapeva di essere un personaggio che, spesso e volentieri, metteva in soggezione le persone attorno a lui. Questo non era successo con Misa Amane, e non stava succedendo con sua figlia Sayuri. Tanto per dire, nella sua vita precedente nessuno si sarebbe mai sognato di tirare in ballo l’argomento “vestiti” davanti a lui… né tantomeno lo avrebbe zittito in quel modo. Ma la cosa non lo turbava più di tanto.
- Allora… per domani hai deciso?
La ragazza stava cominciando a diventare impaziente.
- Ci penserò. Domani mattina ti farò sapere.
Un classico. “Ci penserò” era la tipica frase di una persona che non aveva la minima intenzione di fare qualcosa. Sayuri avrebbe anche potuto pregarlo in ginocchio, lui non avrebbe mai ceduto.

*

L non aveva ancora capito come mai si trovasse lì, in una delle vie principali di Tokyo, indossando un paio di scarpe che non gli appartenevano e con una ragazzina che trotterellava al suo fianco sorridendo con aria vittoriosa.
- Sono stata brava a convincerti, vero?
- Sì – rispose lui, senza troppo entusiasmo.
Diciamo che, di fronte alla sua riluttanza, la ragazza aveva deciso di usare le maniere forti: gli aveva praticamente infilato le scarpe ai piedi e l’aveva trascinato per un braccio fuori dalla stanza.
- Oh, dai… sorridi! Senti il movimento, la vita della città… e non fa nemmeno freddo!
Su quello forse poteva anche avere ragione, non faceva molto freddo… ma L non faceva testo, non soffriva il freddo particolarmente.
- Non ti preoccupare, non ho intenzione di portarti solo per negozi di abbigliamento… qui in zona c’è una delle pasticcerie migliori di tutta Tokyo, ho assolutamente intenzione di farci un salto – continuò la ragazza.
Almeno il fatto che pensasse di portarlo in pasticceria, e non di farlo girare tutto il giorno alla ricerca di vestiti, era ammirevole.
L’espressione di L si illuminò leggermente, ma evidentemente per Sayuri non era abbastanza.
- Non importa. Sarai anche riluttante adesso, ma sono sicura che non appena entreremo nel vivo dello shopping, anche tu ti divertirai!
“Vivo dello shopping”? Forse Sayuri non aveva capito bene….
La ragazza poi cominciò un lungo discorso su cosa avrebbe visto bene addosso ad L e, soprattutto, addosso a sé stessa. L non la stava seguendo, per sua scelta. Vedere sé stesso con addosso qualcosa di diverso da un paio di jeans e una maglia bianca, come era vestito in quel momento, sarebbe stato qualcosa di assurdo.
- Allora… cosa ne pensi? – disse ad un tratto Sayuri.
- Wow – rispose L, senza nemmeno tentare di fingere entusiasmo.
- Dì la verità – disse la ragazza, diventando improvvisamente seria – non mi stavi seguendo.
- No – rispose lui, tranquillamente.
Sayuri scosse la testa. – Potrei anche essermi offesa… ma per oggi eviterò. Voglio che questa sia una giornata divertente anche per te, farò del mio meglio!
Le labbra di L si incurvarono in un sorriso. La ragazza sembrava sincera.
Camminarono per qualche minuto. C’erano vari negozi ad entrambi i lati della strada, ma evidentemente non erano ciò che Sayuri stava cercando, e sicuramente L non si sarebbe scomodato nel farglieli notare.
Ad un tratto, però, il sorriso di Sayuri si allargò ulteriormente, segno che doveva aver notato un negozio interessante, secondo il suo personale metodo di giudizio.
- Eccoci arrivati! – esclamò la ragazza e, senza farsi troppi problemi, prese L per un braccio e lo trascinò, correndo, verso il negozio. Non sembrava, ma era decisamente forte… o magari era solo la determinazione di far entrare L in un negozio di quel genere a spingerla.
L non riconobbe l’insegna del negozio, probabilmente doveva essere una marca uscita da poco… non che lui si fosse mai interessato di marche e moda.
Entrarono nel negozio, e subito Sayuri cominciò ad aggirarsi nei vari reparti con aria esperta.
- Troverò qualcosa di carino anche per te… giuro! – gli disse, prima di lanciarsi nella ricerca.
Anche L decise di farsi un giro del negozio… restare fermo ad aspettare Sayuri avrebbe contribuito ancora di più a farlo passare per un idiota.
Guardava i vestiti esposti con noncuranza, spesso chiedendosi come facessero ragazzi della sua età ad indossare indumenti del genere. E dire che, il più delle volte, era lui ad essere considerato strano.
- Posso aiutarla?
Una ragazza, vestita con una divisa da commessa, si era materializzata davanti a lui. Sembrava giovane, ed inesperta.
- No, grazie. Sto solo dando un’occhiata.
A dire il vero, stava soltanto ammazzando il tempo in qualche modo, aspettando il ritorno di Sayuri. Sicuramente l’avrebbe costretto ad indossare qualcosa di improponibile… sempre che si fosse data una mossa. In caso contrario, sarebbe stato lui a prenderla per un braccio e a portarla da qualche altra parte. Anche lui, nonostante il fisico non proprio imponente, aveva una certa forza.
Tuttavia, non ci fu bisogno di passare alle maniere forti. Ritrovò Sayuri poco dopo, accanto ai camerini, carica di roba da provare.
- Tieni questa – disse, indicando col mento la scatola da scarpe che teneva tra le mani.
Solo dopo essersi liberata dalle scarpe Sayuri poté mostrare ad L il risultato della sua ricerca: adagiato sul braccio sinistro teneva un abito rosso a maniche lunghe, che fino a prova contraria doveva essere destinato a lei, mentre sull’altro braccio teneva… uno “splendido” paio di jeans neri, assieme ad una “fantastica” felpa verde con decori gialli e ad una “magnifica” maglia coordinata.
L rimase qualche secondo a fissare gli indumenti, chiedendosi dove fosse finito il cervello di Sayuri nel momento in cui aveva effettuato la sua scelta, poi si decise ad aprire la scatola delle scarpe.
Grazie al cielo, niente colori fluo o altra roba del genere. Erano un paio di normalissime scarpe da ginnastica, gli sarebbero anche potute andar bene.
- Allora, che aspetti? – disse Sayuri, porgendogli il braccio destro – Non vai a provarli?
L fu tentato di risponderle con un no secco, ma l’espressione implorante della ragazza avrebbe intenerito perfino Attila.
Sospirando, prese i vestiti ed entrò in uno dei camerini per provarli, mentre Sayuri faceva lo stesso col vestito rosso.
Mentre si spogliava, L si chiese per quale ragione lo stesse facendo. Lui certamente non era tipo da intenerirsi di fronte alle richieste di una ragazza. A dire il vero, aveva avuto così pochi rapporti con l’altro sesso da non sapere bene nemmeno lui come tutto questo andasse interpretato.
Probabilmente, la giovane Yagami aveva ereditato dal padre la capacità di indurre le persone a fare ciò che lei volesse: ma mentre il padre aveva sempre utilizzato questa sua capacità per tessere le sue losche trame, lei la usava quasi inconsapevolmente.
Sicuramente doveva essere quello il motivo per cui lui si trovava in quel luogo, in quel momento.
Indossò controvoglia i vestiti che Sayuri gli aveva dato. A parte per le scarpe, si sentiva incredibilmente goffo e appariscente.
Ma chi me lo fa fare, pensò, mentre usciva dal camerino. Sperò soltanto che non ci fossero troppe persone nei paraggi ad ammirarlo nella sua nuova ed esclusiva veste.
Fortunatamente, c’era solo Sayuri, anche lei appena uscita dal camerino.
La ragazza lo squadrò da capo a piedi, poi, dopo essersi soffermata con lo sguardo sul suo volto, cominciò a ridere.
- Che c’è? – le domandò L, anche se sapeva benissimo quale fosse la risposta. Era normale, no? Lui non era fatto per indossare quei vestiti, e in effetti il suo primo impulso era quello di rientrare nel camerino e toglierseli di dosso.
- Oh, scusa… - disse lei, tra le risate – è che credo proprio che questi abiti non facciano per te….
Lo disse con una sfumatura affettuosa nella voce. Affetto… parola di cui L conosceva a malapena il significato.
- Piuttosto… io come sto? – continuò Sayuri, facendo una giravolta davanti a lui come se stesse sfilando.
Carina, quel vestito le dona, fu il primo pensiero di L.
Ma cosa cavolo sto pensando, fu il secondo.
- Allora? – domandò la ragazza, impaziente.
- Mah, sì, stai bene – bofonchiò L.
Una risposta del genere non avrebbe mai accontentato una ragazza normale, e infatti L si aspettava una reazione ancor più spazientita, invece Sayuri si limitò a sorridergli e a ringraziarlo.
Entrambi poi ritornarono nei camerini per cambiarsi di nuovo.
L si chiese che cosa gli fosse preso, in quel nanosecondo in cui aveva definito Sayuri carina. Insomma, non che non lo fosse, ma lui non era mai stato solito formulare giudizi su una ragazza, a meno che non fossero rilevanti per la risoluzione di qualche caso, e comunque non si era mai trattato di giudizi relativi all’aspetto fisico.
Doveva essere l’effetto malefico di quei vestiti, sicuramente.
Incredibile, pensò Sayuri, mentre si toglieva l’abito rosso che aveva appena provato. Decisamente, non era da lei comportarsi in quel modo. Se qualcun altro avesse provato a farle rivolgerle quel complimento striminzito, lei sicuramente avrebbe cercato in qualsiasi modo di strappare al malcapitato un giudizio più sostanzioso. Certamente non avrebbe esibito quel sorriso cretino, né avrebbe ringraziato in quel modo, quasi con timidezza. Lei non era timida, con L non lo era mai stata. Perché allora si era comportata in quel modo?
Arrivò ad una conclusione plausibile solo dopo essersi rivestita. Semplicemente, L non era tipo da sperticarsi in complimenti, e magari anche quel piccolo “Stai bene” per lui era tanto. Era davvero buffo con quegli abiti addosso… non che stesse male, ma l’espressione sul suo volto lasciava capire che non si sentiva molto a suo agio. Aveva riso di lui, ma l’aveva fatto con tenerezza.
Uscì dal camerino, col vestito rosso in mano. L non era nei dintorni, sicuramente era già uscito. Si avviò verso la cassa, quando vide L seduto nel suo solito strano modo su uno dei pouf colorati vicino all’uscita, al suo fianco la scatola da scarpe.
- Ti ho fatto aspettare molto? – domandò Sayuri.
L scosse la testa, poi si alzò, seguendola fino alla cassa. Sayuri notò che aveva ancora la scatola da scarpe con sé.
- Hai… hai deciso di prenderle? – domandò la ragazza.
- Sì – rispose L. Sayuri si limitò a sorridere, e a pagare.
Quando uscirono, il sorriso di Sayuri era ancora incredibilmente largo. Era contenta, contentissima… così felice che….
- Evvai! – esclamò Sayuri, abbracciando L con tanta energia da rischiare di far cadere entrambi a terra. Poi lo prese a braccetto, e ripresero a camminare.
- Non riesco a crederci, son riuscita a farti comprare un paio di scarpe! È incredibile….
L dovette ammetterlo, la felicità di Sayuri era contagiosa. Non che lui si sentisse altrettanto euforico, ma dovette ammettere che si sentiva molto meglio, con in una mano una busta con delle scarpe e Sayuri attaccata all’altro braccio….
Sayuri attaccata al braccio? Nella foga con cui aveva reagito la ragazza, L non aveva affatto registrato quel particolare. Sayuri era praticamente incollata al suo braccio. Lo stringeva.
- Ehm… - disse lui, indicando con lo sguardo il suo braccio.
- Ops, scusa – fece la ragazza, diventando tutt’a un tratto seria e staccandosi dal ragazzo.
Ma che mi è preso? pensò Sayuri tra sé e sé. Sicuramente sono diventata tutta rossa.
Certo, lei era sempre stata piuttosto espansiva dal punto di vista dei sentimenti, lei era quella che, se contenta per una sua amica, le saltava al collo e la abbracciava, ma fare la stessa cosa con un ragazzo come L sembrava avere un significato diverso.
- Bene – disse lei, cercando di rompere il silenzio che era improvvisamente caduto tra loro – Abbiamo pensato alle scarpe, ma per il resto?
Lui la guardò, leggermente allarmato.
- Oh, non ti preoccupare, non ho intenzione di farti provare altri vestiti come quelli… ho capito fin troppo bene che non ti piacciono. Dal prossimo negozio in poi, farò scegliere a te! Che cosa ti piacerebbe indossare?
L rimase qualche secondo in silenzio. Non aveva mai pensato di vestirsi in modo diverso da come era suo solito, e l’idea non lo attirava affatto. L’unica cosa su cui dava pienamente ragione alla ragazza era che aveva sicuramente bisogno di indumenti di ricambio, dato che in quel momento possedeva solo la maglia e i jeans che indossava. Doveva trovare qualcosa di simile.
- Credo che qualcosa di simile agli indumenti che ho addosso in questo momento vada più che bene.
Sayuri cercò di non mostrarsi troppo delusa. Certamente le avrebbe fatto più piacere se L si fosse mostrato bendisposto ad indossare qualcosa di completamente diverso, ma in fondo se l’aspettava, e forzarlo non avrebbe avuto alcun senso.
Sarebbe stato difficile trovare qualcosa del genere in una via come quella… ma non sarebbe stato impossibile. Squadrò il ragazzo da capo a piedi.
- Ok… allora… i jeans non penso siano troppo difficili da trovare… per quanto riguarda la maglia… oh, beh, qualcosa la troveremo!
L si rilassò. Per fortuna Sayuri aveva capito l’antifona.
- Va bene – rispose.
- Perfetto! Per i jeans, so già dove andare… non è molto lontano da qui – disse la ragazza.
Lo portò in una jeanseria di una marca che, apparentemente, era molto famosa. Pur dedicandosi quasi esclusivamente ad un tipo di tessuto, il negozio era enorme e dentro c’erano molti clienti.
- Bene… iniziamo la nostra ricerca! – esclamò la ragazza.
L si limitò a seguirla e ad osservarla mentre era all’opera. Prima di cominciare, lo squadrò un’ultima volta, per assicurarsi su che genere di jeans gli sarebbe sembrato più congeniale.
Poi cominciò ad aggirarsi per gli scaffali, osservando con occhio esperto i jeans esposti. Ogni volta che trovava un paio che potessero essere adatti ad L, li prendeva e li passava al ragazzo.
L si ritrovò dopo poco tempo carico di jeans da provare, e cominciò a domandarsi seriamente di quanti soldi Sayuri potesse disporre – o di quanto il suo conto stesse andando in rosso a causa sua.
Andò a provare i jeans che Sayuri gli aveva dato. Dovette ammettere che in quel caso la ragazza era stata proprio brava: riuscì a scegliere ben cinque paia di jeans, i più somiglianti a quelli che aveva addosso in quel momento. Quando uscì dal camerino, vide la ragazza che, davanti ad uno specchio, si stava provando un giubbotto. L scosse la testa. Era incorreggibile.
- Aiutami – disse lei appena lo vide uscire -  lo compro, o no?
L la guardò, stupito. Gli stava chiedendo consiglio su… qualcosa da indossare?
- Fai come vuoi – disse, senza sapere sinceramente come comportarsi.
Ma era evidente che quello che Sayuri cercava non era tanto una conferma su quanto quel giubbotto le stesse bene o meno, ma piuttosto una sorta di permesso da parte sua, come se si sentisse in colpa.
- Oh, va bene, allora lo prendo – disse, sorridendo.
Non appena uscirono dal negozio, Sayuri si tolse il giubbotto che aveva addosso e lo mise nella busta, indossando il nuovo acquisto. Giubbotto a parte, era soddisfatta. Erano riusciti a trovare le scarpe e i jeans, sicuramente anche trovare la maglia non sarebbe stato difficile. E, dopo una mattinata di compere, sicuramente un salto in pasticceria non sarebbe dispiaciuto a nessuno dei due.
- Ora ci manca solo la maglia – disse la ragazza.
- Già – rispose il ragazzo. Il suo umore non era quello che si sarebbe potuto definire allegro, ma sicuramente si sentiva meglio di prima, forse perché finalmente stava riuscendo a trovare qualcosa. E poi, con una presenza positiva come quella di Sayuri, che non faceva altro che sorridere, sarebbe stato impossibile non sentirsi bene, almeno un po’.
- Bene, lanciamoci nella ricerca, allora! – disse lei, entrando nel negozio successivo.

*

Un’ora e una decina di negozi dopo erano riusciti a trovare tutto ciò che serviva loro, Sayuri, a giudicare dal numero di buste che si stava portando dietro, forse anche di più.
L si domandò come facesse la ragazza ad avere così poca considerazione dei soldi che stava spendendo. Poteva benissimo capire che i suoi genitori fossero estremamente ricchi, ma non aveva mai visto nessuno avere così poca considerazione per il denaro. Certo, anche lui spesso aveva affrontato spese enormi senza troppi pensieri, ma senza dubbio si trattava di situazioni diverse da quella.
I suoi genitori sicuramente non erano molto assennati. Questo poteva capirlo per quanto riguardava Misa Amane, che forse avrebbe addirittura incoraggiato la figlia in quelle sue folli spese, ma non poteva dirsi la stessa cosa di Light Yagami. Molto probabilmente era così preso dal suo lavoro e dalla sua presunta missione da non preoccuparsi nemmeno di sua figlia.
- Eccoci arrivati! – esclamò Sayuri.
Fino a quel momento L non aveva fatto altro che seguire la ragazza, senza effettivamente curarsi di dove stessero andando. Solo allora si rese conto del luogo davanti a cui si trovavano. Era un locale grande e non troppo elegante, a giudicare da quello che si poteva vedere attraverso le ampie vetrate. Dentro vi erano molti ragazzi, la maggior parte della stessa età di Sayuri.
Non era un locale che L conosceva, sicuramente doveva essere di apertura relativamente recente.
Non appena entrarono, sentirono un profumo di dolci e cioccolato spandersi nell’aria. Sayuri vide gli occhi del ragazzo accanto a lei illuminarsi. Quello era sicuramente il suo elemento, molto più di tutti i negozi d’abbigliamento che gli aveva fatto visitare.
Ordinarono un intero vassoio di pasticcini e due cioccolate calde, poi presero posto ad uno dei tavolini, sedendosi uno di fronte all’altro. Il volto di L era illuminato da un leggero sorriso. Sayuri era stupita da come cercasse di dissimulare le sue emozioni. In quel momento, per esempio, soltanto i suoi occhi lo tradivano. E lì, seduto nella sua solita maniera ad un tavolino di una pasticceria, Sayuri sapeva che era felice.
- Ti piace questo posto? – gli domandò la ragazza.
Lui annuì, ma il suo sorriso non si allargò.
Forse è ancora dispiaciuto per la mattinata che gli ho fatto passare, pensò la ragazza.
- Senti, scusami per stamattina. Insomma, sono due giorni che ci conosciamo, e immagino di non sapere assolutamente nulla di te, ma mi sembra di aver capito che non ti piace proprio andare in giro per negozi… forse ho esagerato….
- Non scusarti – disse lui – anzi, forse dovrei ringraziarti. Se non fosse stato per te, forse non mi sarei nemmeno mai posto il problema dei vestiti. E poi… non devi preoccuparti. Alla fine, mi sono anche divertito.
In parte stava mentendo. Certo, la prima parte della mattinata non era stata sicuramente esaltante, ma una volta che la ragazza aveva capito esattamente ciò di cui lui aveva bisogno si era sentito molto meglio. E poi, era molto più semplice pensare positivo in un luogo come quello, aspettando una cioccolata e dei pasticcini che, a detta di Sayuri, sarebbero stati deliziosi. Una cosa che aveva apprezzato parecchio della ragazza nel poco tempo che aveva trascorso con lei era il suo gusto per il cibo. Anche in quel caso, era sicuro che ci sarebbe stato da fidarsi.
Pasticcini e cioccolate non tardarono ad arrivare. Sayuri fu la prima ad allungare una mano su quel ben di Dio, ed anche L non si fece pregare. Ancora una volta, il gusto della ragazza si rivelò infallibile: i dolci erano di alta qualità, e la cioccolata era deliziosa.
- Mi è sempre piaciuto venire qui – disse all’improvviso Sayuri, girando col cucchiaino la sua cioccolata.
- Mi ci portavano sempre, quando ero piccola. Non sono mai venuta con i miei genitori, però, mio padre era sempre troppo impegnato, e mia madre sempre a dieta – continuò la ragazza.
- Tremendo – rispose L.
- Già. Comunque, sono sempre venuta qui con mia zia, Sayu. Un giorno mi ha detto che da bambina mangiavo davvero troppi dolci. Un giorno l’ha detto a mia madre, e lei le ha risposto che le ricordavo qualcuno….
Mentre parlava, teneva gli occhi fissi su quelli del ragazzo.
L sapeva benissimo a chi si stesse riferendo Misa Amane, con quella frase. Si trattava senza ombra di dubbio di lui.
- Qualche golosone, sicuramente – rispose il ragazzo.
- Probabilmente. Ma non credo di esagerare, no? Insomma… qualche volta le mie amiche si chiedono come faccia a non ingrassare per qualche dolcetto di troppo, ma niente di che… mia madre, invece, secondo me è gelosa – disse lei, sorridendo.
Anche L sorrise con lei. Poteva tranquillamente immaginarsi Misa Amane osservare la figlia mangiare dolci davanti a lei e cercare di trattenersi dal mangiarne a sua volta.
Sayuri guardò fuori dalla grande vetrata, ed osservò la gente che camminava davanti al locale. Ad un tratto, vide una ragazza con gli occhiali da sole che si avvicinava. La ragazza aveva alcune ciocche dei capelli tinte di biondo, ed era vestita come se fosse appena uscita da una casa di moda.
Kaori, pensò Sayuri, riconoscendola.
La ragazza si fermò proprio davanti alla loro vetrata, si tolse gli occhiali e se li mise in testa come cerchietto. Poi sorrise, notando Sayuri, e mentre quest’ultima le faceva un cenno per salutarla, lei le fece un gesto come per dirle di aspettare, per poi continuare a camminare.
Sayuri scosse la testa. Sicuramente Kaori aveva tutta l’intenzione di entrare nel locale e unirsi a loro.
- Che succede? – domandò L.
- Oh, niente, è che ho appena visto una mia amica, Kaori, e sicuramente ora verrà da noi….
Il problema non era Kaori in sé, non le sarebbe certo dispiaciuto far conoscere L a qualche sua amica. Ciò che la preoccupava era la ormai nota capacità di Kaori di vedere del pettegolezzo praticamente ovunque, anche dove, come in quel momento, non ce n’era neanche l’ombra.
Aveva sicuramente preso fischi per fiaschi, e con ogni probabilità si sarebbe unita a loro e avrebbe cercato di carpire quante più informazioni possibile su una relazione tra lei e L che, di fatto, non esisteva.
- Come non detto – disse Sayuri a voce bassa, vedendo Kaori entrare ed avvicinarsi al loro tavolo.
- Ciao! – esclamò la nuova arrivata non appena li vide.
- Ciao – rispose Sayuri, mentre L si limitò a fare un cenno con la testa.
Kaori prese una sedia dal tavolino vicino, che era libero, si sedette accanto a Sayuri e L, e prese un pasticcino dal vassoio. Poi si voltò a guardare L.
- Ooooh, Sayuri, e così lui è il tuo amico, giusto? – disse la ragazza.
- Sì, è lui – rispose Sayuri.
- Beh, non me lo presenti? – domandò Kaori, un po’ contrariata.
- Oh, certo, che stupida – rispose Sayuri, ridacchiando – Kaori, lui è….
Si bloccò un attimo, titubante. Si era, per un attimo, dimenticata del fatto che il vero nome di L dovesse restare un segreto. Certamente spiattellarlo così a Kaori non sarebbe stata la cosa migliore da fare.
- Ryuzaki – disse prontamente il ragazzo – Rue Ryuzaki.
Sayuri cercò di non sembrare troppo stupita. Era evidente che L era stato costretto ad utilizzare un altro nome in diverse occasioni.
- Molto piacere, Ryuzaki – disse la ragazza, poi continuò – Vedo che vi state proprio divertendo, o mi sbaglio?
- Sì, diciamo di sì – rispose Sayuri – vero, Ryuzaki?
Il ragazzo annuì.
- Stavo aspettando il mio ragazzo qua fuori – disse Kaori – ma poi ho visto che c’eravate voi qua dentro, e ho deciso di passare a farvi un saluto… ma credo che tra poco me ne andrò, forse eravate impegnati….
- Avanti, Kaori, stavamo solo mangiando pasticcini e bevendo una cioccolata, niente di particolare…. – disse Sayuri.
- No, è che vi ho visti così, da soli… comunque – disse Kaori, rivolgendosi ad L – è riuscita a trascinare qui anche te, eh? Guarda, è una vergogna: se ne frega della dieta e la cosa non sembra avere il minimo effetto su di lei! Mi auguro soltanto che non ti faccia diventare una botte, sei così magro….
- Non… non credo proprio… - disse L, un po’ imbarazzato. Era evidente che, in passato, non era tanto la sua persona a creare imbarazzo nelle persone, quanto ciò che rappresentava. Di solito erano gli altri a rispondere a lui con tono imbarazzato, non certamente il contrario. Quest’altra ragazza, quest’amica di Sayuri era forse ancora più sfacciata di lei. Non che la cosa fosse necessariamente negativa, ma un po’ lo metteva in soggezione. Era abbastanza evidente quanto Kaori volesse sentirsi al centro dell’attenzione: lo si poteva vedere da come parlava, a voce alta e con tono squillante, o da come si muoveva, con ampi gesti.
- Comunque… vi conoscete da un po’, giusto? – domandò Kaori, prendendo un altro pasticcino.
- Sì, te l’ho detto, è un mio vecchio amico… eravamo vicini di casa – rispose Sayuri.
L si domandò come mai Sayuri stesse cercando di farlo passare per un amico d’infanzia. Ma sicuramente lei conosceva Kaori meglio di lui, ed era certo che se lei si stava inventando quella bugia di sana pianta c’era un motivo.
- Ooooh, wow, Sayuri, non me ne avevi mai parlato! Comunque – e rivolse un’occhiata complice all’amica – ieri alla fine non siete usciti, vero?
- Ehm… no, non siamo usciti dall’albergo… - rispose Sayuri.
L guardò le ragazze. Probabilmente il fatto che loro non fossero usciti aveva per loro un qualche significato strano che lui non riusciva a capire, ma quello che era certo era che Sayuri non era affatto contenta di ciò. La sua espressione, infatti, era quasi scandalizzata, e per quel poco che la conosceva doveva trattarsi di qualcosa di grave.
- Bene! – disse Kaori allegramente, poi si avvicinò ad L.
- Sai, Sayuri è proprio una brava ragazza – disse, a voce bassa – cerca di non farle del male e di tenertela stretta, altrimenti dovrai vedertela con me….
L la guardò, confuso. Cosa frullava per la testa di quella ragazza?
Sayuri, invece, sembrava ancora più contrariata di prima, nonostante ciò, continuava a sorridere; solo che, al posto del sorriso rilassato che aveva mentre era sola con lui, ora esibiva un sorrisetto nervoso.
- Kaori, mi accompagneresti un attimo in bagno? – domandò.
Sayuri non ne poteva più. Era giunto il momento di fare un bel discorsetto alla sua amica. Un conto era se certe battutine le faceva con lei, ma che scocciasse pure L non andava affatto bene.
Le due ragazze si alzarono, ed entrarono nella toilette femminile.
- Kaori, che ti salta in mente? – esclamò Sayuri.
- In… in che senso? – rispose l’amica.
- Insomma, la storia dell’albergo, e poi… “forse eravate impegnati”, oppure “è una brava ragazza, tienitela stretta”….
- Oh, beh, sai com’è, non ti ho mai vista molto spesso sola con un ragazzo senza che ci fosse qualcosa di tenero di mezzo.
- Immagino si possano ammettere eccezioni, no? Io e Ryuzaki siamo soltanto amici, te l’ho detto e ripetuto!
Ryuzaki. Sembrava così strano chiamarlo con quel nome falso.
- Sai, quando vi ho visti prima non sembrava….
- Cosa intendi dire con questo, Kaori?
L’insistenza dell’amica la stava solo facendo innervosire ancora di più.
- Sareste carini assieme, io continuo a dirlo. E poi, la tua espressione mentre vi stavo guardando da fuori….
- Che… che espressione? – domandò Sayuri, un po’ allarmata. Non riusciva proprio a capire dove Kaori volesse andare a parare.
- Eri sorridente, sembravi felice, rilassata. Sai, era da un po’ che non ti vedevo così, neanche con noi.
- è strano… sto bene con lui, questo è vero. Ma… avanti, non significa niente!
Kaori la guardò come se la sapesse lunga.
- Dillo, ti piace.
Sayuri dovette arrendersi all’insistenza dell’amica.
- Ok, è un bel ragazzo, ma questo non vuol dire che….
- L’hai detto! – disse Kaori, trionfante – Allora ho sempre avuto ragione io!
- Kaori, se una persona mi piace fisicamente, non significa che ne sia innamorata….
 - Allora, se ti piace solo fisicamente, perché sei sempre con lui?
Sayuri sospirò.
- Prima di tutto, non è che mi piaccia solo fisicamente. Diciamo che... è una buona compagnia, ecco. Te l’ho detto, sto bene con lui. Sono sempre con lui perché… sento che ne ha bisogno, ecco. Non può restare da solo, nella situazione in cui si trova, e in più sono passati ben ventiquattro anni da quando….
Si bloccò improvvisamente. Stava per rendere ogni sforzo di proteggere L vano, stava per svelare il suo segreto….
Che stupida, si disse Sayuri. E ora, chi o cosa avrebbe più dissuaso Kaori dal domandarle quale fosse il finale della frase?
- Ventiquattro anni da quando cosa? – domandò Kaori.
- Niente, niente… lascia perdere – rispose Sayuri e, vedendo che l’amica stava aprendo bocca, probabilmente per ripetere la sua domanda, continuò: - Forse è meglio ritornare di là, Ryuzaki potrebbe preoccuparsi. Del resto, lui è convinto che siamo andate semplicemente in bagno, e mi sa che ci siamo rimaste un po’ troppo….
Sicuramente nemmeno Kaori sarebbe stata tanto stupida da tirare in ballo la storia dei ventiquattro anni, anzi, se ne sarebbe dimenticata nel giro di mezz’ora, ed L non ne avrebbe mai saputo nulla, così come non avrebbe mai saputo nulla del fatto che lei lo reputasse carino. Non che fosse una cosa da nascondere, ma non avrebbe mai potuto sapere come avrebbe reagito.
Sì, è decisamente meglio così, che questa discussione resti soltanto tra me e Kaori e che, soprattutto, cada in fretta nel dimenticatoio, pensò Sayuri tra sé e sé.
Errato, si ritrovò a pensare, subito dopo aver aperto la porta del bagno.
L era lì, fermo davanti alla porta, e aveva tutta l’aria di aver ascoltato ogni singola parola che Kaori e Sayuri si erano scambiate.

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Capitolo 4
*** Cap. 4: Dreaming Of You ***


Cap. 4: Dreaming Of You
 
“Don’t say I’m out of touch,
With this rampant chaos - your reality,
I know well what lies beyond my sleeping refuge,
The nightmare I built my own world to escape….”
Imaginary – Evanescence
 
“Non dire che non riesci più a raggiungermi,
Con questo caos dilagante – la tua realtà,
So bene cosa si trova al di là del mio rifugio dormiente,
L’incubo per fuggire dal quale ho costruito il mio mondo….”
 
- Ryuzaki… - mormorò Sayuri, piuttosto imbarazzata. L, al contrario, sembrava perfettamente tranquillo.
Kaori, intanto, si mise a rovistare nella borsa, per poi tirarne fuori un cellulare.
- Oh, il mio ragazzo mi sta chiamando, sicuramente sarà già qui… è meglio se vado, è stato un piacere conoscerti, Ryuzaki!
Sayuri sapeva che stava fingendo, sicuramente perché, nonostante tutto ciò che le aveva detto, probabilmente era rimasta dell’opinione che lei provasse per lui qualcosa di più della semplice amicizia, e magari aveva considerato tutta la faccenda come “affari di coppia”.
Meglio così, si ritrovò a pensare Sayuri, almeno eviterà di combinare altri pasticci.
- Hai… hai sentito tutto? – domandò la ragazza.
- Quasi – rispose L, mentre si dirigevano nuovamente verso il tavolo – Stavo andando alla toilette, e vi ho sentite. Parlavate a voce molto alta.
Sayuri si sentì avvampare. Sicuramente, quel luogo non era il migliore per dare spettacolo, né tantomeno per sbandierare cose che avrebbe preferito tenere per sé.
Si sedette nuovamente al tavolo e, guardando distrattamente fuori, continuò a mangiare pasticcini.
Quella sarebbe stata una giornata perfetta, se Kaori, anche involontariamente, non l’avesse rovinata. Sayuri lo sapeva, Kaori era fatta così, e se la cosa non le aveva mai dato problemi con altri ragazzi, era perché si trattava di persone completamente diverse da L.
Dai, sembra che stia parlando di quest’uscita come di un appuntamento, pensò improvvisamente Sayuri. Il pensiero la fece sorridere. La sua mente, ogni tanto, le faceva brutti scherzi.
L e Sayuri continuarono a mangiare senza parlare. Non si trattava, tuttavia, di un silenzio pesante. Era come se né lei né L avessero nulla da dirsi, e la cosa sembrava quasi essere naturale, forse era perché entrambi erano ancora impegnati a mangiare pasticcini e a finire di bere la propria cioccolata. Avevano, effettivamente, qualcosa da fare, qualcosa che motivasse il loro silenzio.
Fu quando ebbero finito sia i dolci che la cioccolata che Sayuri cominciò a spazientirsi. Stava giusto cercando qualche parola per rompere il silenzio, quando sentì L precederla.
- Comunque, devi sapere che mi ha fatto piacere, in un certo senso – disse.
- Cosa? – domandò Sayuri. Era piuttosto incredula, dato che poteva benissimo immaginare quale parte dei suoi commenti L avesse apprezzato, ma da lui non si sarebbe mai aspettata che avrebbe dato ad essi tanto peso. Alla fine, anche i ragazzi come lui avevano un po’ di vanità, e certamente qualche giudizio positivo sul proprio aspetto fisico non era mai dispiaciuto a nessuno.
- Sapere che tu ti trovi bene con me. Perlomeno, non trascorri sei qui perché ti senti in dovere di farlo, ma perché ti fa piacere.
Sayuri era ancora più sorpresa di prima. Solitamente, i ragazzi si accorgevano di più dei commenti sul campo estetico, piuttosto che sul campo caratteriale.
Ma L non è un ragazzo qualunque, ricordò a sé stessa Sayuri.
Dopo aver pagato il conto, uscirono dal locale e presero la metropolitana per tornare in albergo.
Si sedettero entrambi sul divano, e L accese il televisore. Sullo schermo comparvero le immagini di un talk show. Evidentemente l’argomento della discussione non interessava al ragazzo, che preferì concentrarsi sui dolci che erano rimasti sul tavolino dalla sera precedente.
Sayuri si mise a guardare distrattamente il talk show, ma il suo era più un tenere fissi gli occhi sullo schermo che un effettivo prestare attenzione al programma.
La ragazza non sapeva bene perché, ma aveva assolutamente bisogno di parlare di qualcosa. Il silenzio tra lei e L era diventato incredibilmente pesante, molto diverso da quello che era sceso tra loro mentre si trovavano nella pasticceria.
- Allora… - cominciò Sayuri - … hai scoperto qualcosa di più su Kira?
L spostò la sua attenzione dai dolci verso la ragazza. – Ci ho riflettuto su per tutta la notte, e….
- … e? – fece la ragazza, un po’ impaziente.
- … sono giunto a delle conclusioni.
- Sentiamo – disse Sayuri. Magari, avendo a disposizione qualche teoria formulata dal ragazzo, avrebbe potuto essere d’aiuto non solo dal punto di vista economico.
- Ho esaminato lo scenario al momento della mia morte, e ho fatto alcune considerazioni. Anzitutto, non è stato Kira ad uccidermi, materialmente, ma qualcuno ai suoi ordini. Poi, dal momento in cui nessuno in quella stanza aveva in mano il quaderno, dubito che il mio assassino si trovasse accanto a me. In ogni caso, se Kira ha agito secondo le mie aspettative, quelle persone ora dovrebbero essere tutte morte.
- Quindi? – domandò Sayuri.
- Quindi, questo significa che in gioco c’è qualcun altro, qualcuno che non faceva parte della squadra con cui lavoravo, ma che tuttavia è riuscito ad intrufolarsi nella nostra base, e questo non è possibile.
- Come mai non potrebbe esserlo?
- Semplicemente perché avevo fatto installare nell’edificio i migliori sistemi di sicurezza, ed è altamente improbabile che qualcuno sia riuscito a metterli fuori uso, anche se aiutato. In ogni caso, devo scoprire di chi si tratta, e che fine abbia fatto.
- Beh, non dovrebbe essere difficile scoprirlo… penso proprio che siano poche le persone a questo mondo ad avere una scrittura così orribile… davvero, avresti dovuto vederla, non sembrava nemmeno umana….
L si illuminò, improvvisamente. Osservando la sua espressione, Sayuri notò che cercava in tutti i modi di nascondere le sue emozioni, mantenendo misurati i suoi movimenti ed evitando di sorridere o di lasciar trasparire qualcosa dalla sua bocca… ma erano gli occhi a tradirlo. Erano incredibilmente espressivi, e in quel momento Sayuri capì che il ragazzo aveva intuito qualcosa, qualcosa di particolarmente cruciale per tutta la faccenda.
- E se chi ha scritto il mio nome su quel quaderno non fosse un essere umano? – disse L.
- Ma… io non credo che…. – rispose Sayuri.
- Hai detto tu stessa che toccando uno di quei quaderni hai potuto vedere uno shinigami. E, se non mi sbaglio, gli shinigami non sono esseri umani.
L non aveva tutti i torti, ovviamente uno shinigami non era un essere umano, tuttavia c’era qualcosa che non la convinceva. Certo, lei aveva potuto parlare con Ryuk, ma dubitava che potesse essere stato lui ad uccidere L… senza parlare del fatto che era strettamente legato a suo padre, e suo padre, se ciò che le aveva detto L fosse stato vero, non era Kira e non aveva mai avuto a che fare con L.
Sempre che L ti abbia detto la verità, disse la solita vocina, instillandole improvvisamente il dubbio. Era probabile che le avesse mentito, forse perché a nessuno avrebbe mai fatto piacere sentire il proprio padre accusato di omicidio.
In ogni caso, avendo conosciuto Ryuk, non gli sembrava proprio il tipo che avrebbe potuto uccidere L.
È un dio della morte, Sayuri, il suo compito è uccidere, ribatté la vocina.
Sayuri, tuttavia, era convinta che si trattasse di una situazione diversa. Certo, lo shinigami aveva un’idea di divertimento sicuramente diversa dalla sua e certamente più macabra, oltre ad uno spiccato humour nero, ma c’era qualcosa che Sayuri non riusciva a spiegarsi, una sensazione a pelle, che le diceva che Ryuk non era la chiave di tutta quella faccenda. In ogni caso, lo shinigami avrebbe potuto comunque sapere qualcosa di più di quella situazione, anzi, dalla risata in cui era esploso dopo aver visto cancellato il nome di L era quasi sicura che sapesse molto di più di quanto non desse a vedere.
C’era un solo modo, comunque, per sapere se lo shinigami avesse qualcosa a che fare con tutta quella faccenda, ed era intrufolarsi nuovamente nello studio di suo padre, toccare nuovamente il quaderno e chiedere direttamente a Ryuk tutte le informazioni di cui aveva bisogno… sperando che non le chiedesse di svaligiare tutta la sua riserva di mele.
Improvvisamente, una brillante canzoncina pop risuonò nell’aria.
- Ops, scusa – disse Sayuri, mentre frugava nella borsetta, alla ricerca del cellulare.
- Pronto? – disse, rispondendo al telefono.
L notò che l’espressione sul suo volto si era fatta improvvisamente allegra.
- Sì, certo… domani? Ok… no, non preoccuparti, non vi tirerò nessun bidone… promesso, promesso… dai, ci vediamo domani…. – disse la ragazza, poi chiuse il telefono.
- Scusa, era Kaori… mi ha invitata domani a uscire con le altre… non ti dispiace, vero?
Sayuri si sentì per un momento molto stupida. Insomma, perché mai L avrebbe dovuto considerare la sua presenza come un qualcosa di scontato?
- No, figurati. Anzi, non vorrei che ti sentissi costretta a restare con me.
- Oh, ma tu lo sai… come ho già detto, mi fa piacere… è che loro sono le mie amiche, e anche se non sempre facciamo cose entusiasmanti, mi sembra in questo periodo di starle trascurando… e poi, domani mattina dovrei anche studiare, martedì ho un compito in classe di matematica, e sono sicura che sarà difficilissimo….
L era sempre stato piuttosto bravo in matematica… sicuramente Sayuri non avrebbe esitato a chiedergli aiuto, nel caso in cui l’avesse saputo. Non aveva comunque intenzione di dirglielo, la compagnia di Sayuri gli piaceva, ma era certo che passare una giornata da solo l’avrebbe aiutato a pensare meglio.
- Di che cosa si tratta, esattamente? – domandò L.
- Oh, studi di funzioni, tipico argomento da ultimo anno… sto già tremando al pensiero degli esami….
- Se ti preoccupi troppo, non migliorerai la situazione – disse L, tentando di rassicurarla. Lui non aveva mai potuto frequentare un normale liceo, di conseguenza non aveva mai conosciuto il panico che avrebbe potuto provare un adolescente normale in vista degli esami. Probabilmente, col suo carattere, non sarebbe nemmeno mai riuscito a concepire una situazione del genere, e forse proprio per questo le sue parole non avrebbero sortito sulla ragazza alcun effetto.
- Hai ragione, in fondo, agitarmi non mi servirà a niente… e poi, manca ancora qualche mese, preferirei davvero non pensarci, per ora….
Il cellulare di Sayuri squillò nuovamente, stavolta con una suoneria diversa.
La ragazza prese il telefono, lesse il messaggio e sorrise.
- Scusami, tra poco devo andare… oggi mia madre è riuscita a ritagliarsi un pomeriggio libero, e le poche volte che capita lo passiamo assieme… sai, è un po’ come se fosse la mia migliore amica.
L, improvvisamente, si allarmò. Lui poteva avere soltanto una minima idea di ciò che poteva voler dire essere migliori amici, o del rapporto che ci potesse essere tra una madre e una figlia, dal momento in cui non aveva mai avuto la possibilità di godere di nessuno di questi due tipi di legami, tuttavia alcune cose era riuscito ad immaginarle: parlare di cose segrete, e magari, specialmente per una ragazza, di ragazzi….
Sayuri gli aveva assicurato di non aver fatto parola con nessuno di lui ma, da quanto aveva potuto sentire mentre si trovavano in pasticceria, la ragazza per poco non si stava per lasciar scappare tutto di fronte a Kaori, ed era stata davvero una fortuna che si fosse trattenuta all’ultimo momento.
E se, complice un’atmosfera più rilassata dovuta all’ottimo rapporto madre-figlia, avesse davvero parlato troppo? Poteva dire che Misa Amane non brillasse per acume mentale, ma sicuramente non poteva essere tanto stupida, dato che le probabilità che al mondo esistesse un’altra persona come lui era davvero minima.
- Che succede? – domandò Sayuri.
Maledizione, pensò L. Aveva imparato, col tempo, a non lasciar trasparire nessuna emozione nemmeno dagli occhi, ma evidentemente o aveva perso l’allenamento, o la presenza di quella ragazzina lo stava facendo troppo sciogliere, e questo non andava bene. In quel caso poteva anche lasciar correre, del resto aveva comunque intenzione di esporle i suoi dubbi, ma in altre occasioni sarebbe potuto costargli caro.
- Per caso, ti sei lasciata scappare qualcosa su di me con tua madre? – domandò il ragazzo.
Si è accorto di cosa mi stavo per lasciar scappare con Kaori, pensò Sayuri, dispiaciuta. Maledetta la mia linguaccia.
- Non la vedo praticamente dall’altro ieri a cena, non avrei mai potuto parlarle di te, in ogni caso.
- Stai attenta, comunque – disse L.
- Oh, non preoccuparti – rispose la ragazza, prendendo la borsetta e le buste con dentro ciò che aveva comprato quella mattina, ed alzandosi per uscire. Salutò L con un – Ciao! – per poi chiudere la porta della camera dietro di sé.
Sayuri raggiunse presto la madre al loro ristorante preferito.
- Ciao, mamma… scusa il ritardo – disse la ragazza, sedendosi al tavolo. Ormai non avevano nemmeno bisogno di prenotare, ogni volta che potevano pranzare assieme andavano lì.
- Oh, hai fatto shopping, stamattina! Perché non me l’hai detto? Avresti anche potuto rimandare a stasera, ti avrei dato qualche consiglio! – esclamò Misa.
- Scusa, è che… - Sayuri scelse accuratamente le parole, non voleva insospettire la madre - … avevo bisogno di stare un po’ da sola, così sono andata a fare un giro ad Aoyama. Ho trovato delle cose davvero carine, come torniamo a casa ti faccio vedere!
Un cameriere si rivolse a loro e chiese che cosa volessero mangiare.
Sayuri, che era affamata nonostante i pasticcini che aveva mangiato da poco, ordinò un pranzo completo compreso di dessert, mentre Misa ordinò una semplice insalata e un po’ di pesce. Come sempre, era a dieta.
- Non mangi nient’altro? – domandò Sayuri.
- No, no… piuttosto tu, guarda che con tutta la roba che hai ordinato rischi di ingrassare!
- Io? Mamma, ormai dovresti conoscermi!
Misa assunse un’espressione piuttosto contrariata, sicuramente non dovuta solamente alla sua premura di madre.
Sayuri scosse la testa. Poteva capirla, sua madre non era come lei, e probabilmente se avesse mangiato tanti dolci quanti ne mangiava lei sarebbe davvero ingrassata; tuttavia certi comportamenti erano più tipici di un’adolescente, piuttosto che di una donna della sua età.
- Non è giusto, Sayuri! – esclamò Misa. La sua espressione sembrava proprio quella di una bambina che si accorgeva che la compagna stava giocando con una bambola più bella.
Sayuri rise. Era vero, sua madre sembrava proprio una ragazzina, ma forse era proprio questo il bello di stare con lei, ed il motivo per cui quei pomeriggi che passavano assieme fossero così divertenti.
- Dai, lascia perdere… piuttosto, cosa si fa stasera? – domandò la ragazza.
Misa sorrise. – Fammi vedere le tue mani! – disse.
Sayuri smise per un attimo di mangiare, e posò le mani sul tavolo, aperte affinché la madre potesse osservarle anche le dita.
Misa esaminò le mani della ragazza con occhio esperto.
- Guarda, hai delle unghie quasi migliori delle mie, è perfetto!
- Ehm, allora?
- Oh, scusa – disse Misa – è che la mia estetista mi ha detto di passare da lei, ha detto che deve raccontarmi un sacco di cose, e dato che è anche una nail artist….
Nail artist. Sayuri aveva sentito parlare più volte di quella professione, e aveva visto più volte gli splendidi decori che erano capaci di creare sulle unghie delle persone. Lei non aveva mai provato a farsi fare un trattamento del genere, ma sicuramente la cosa non le dispiaceva.
- Wow – disse.
Mentre un cameriere serviva il dolce a Sayuri, Misa rimase ferma a guardare la figlia. Anche se era sua madre, la cosa non poteva che imbarazzare la ragazza, che sentiva come se la donna davanti a lei volesse mangiare almeno una forchettata della torta che lei si stava gustando, ma stesse resistendo alla tentazione di chiedergliene un pezzo.
- Ne vuoi? – disse Sayuri, porgendole la forchetta.
- No, no, grazie – rispose Misa, ritraendosi come se infilzato da quella forchetta ci fosse stato un insetto orribile.
Sayuri sorrise. Se si fosse trovata con L, sicuramente lui non avrebbe rifiutato… anche se con ogni probabilità avrebbe direttamente ordinato una torta intera tutta per sé. Probabilmente in quel momento stava dando fondo a tutti i dolci che lei gli aveva portato. A ben pensarci, la scorta si era già dimezzata rispetto al giorno prima….
Se continua di questo passo, pensò, dovrò andare un’altra volta a fare incetta di dolci.
Pensare ad L la faceva sorridere. Era un ragazzo strano, probabilmente non sarebbe mai rimasta con lui se non si fosse trattato di una situazione particolare, ma sentiva di volergli bene, in un certo senso.
Lo conosco solo da due giorni, però, disse a sé stessa Sayuri. C’era comunque da dire che quei due giorni li aveva trascorsi quasi interamente con lui, e che se questo certamente non bastava per conoscerlo fino in fondo, perlomeno era capace di dire se lui le piacesse o meno.
- Che cos’hai? – domandò Misa alla figlia.
Sayuri si riscosse improvvisamente dai suoi pensieri.
- Niente, niente… perché?
- Stavi guardando per aria….
- Oh, no, mi stavo soltanto guardando un po’ in giro, nient’altro….
Misa Amane poteva anche non essere eccessivamente brillante, ma sicuramente non sarebbe mai caduta in un tentativo così spudorato di raggirarla.
- C’entra un ragazzo, vero?
Non poteva mentirle, anche perché sapeva benissimo che sua madre non le avrebbe mai creduto. Naturalmente sua madre avrebbe capito tutt’altro rispetto a ciò che era veramente, ma forse sarebbe stato meglio così.
- Sì, in un certo senso….
- Oh, wow! – esclamò Misa, eccitata – Allora ti devo assolutamente aiutare a conquistarlo! Anche se non credo che tu abbia problemi di questo genere, sei così carina… magari un giorno me lo presenti, vero? E, magari, se tutto tra voi procede bene, puoi anche invitarlo a casa, almeno tuo padre si abitua e non fa il geloso….
Nella mente di Sayuri apparve un’immagine piuttosto bizzarra: L che entrava in casa sua, le occhiate che gli avrebbe lanciato suo padre, l’espressione non propriamente contenta di sua madre nel vedere come si vestiva e di cosa si nutriva….
Per fortuna queste cose capitano soltanto con i fidanzati, dunque L non metterà mai piede in casa mia, pensò la ragazza, sollevata.
- Su, dimmi, è carino? – domandò Misa.
Beh, se per carino s’intende che ha degli occhi neri stupefacenti e dei bei capelli, allora sì... pensò la ragazza.
Un momento, un momento. Cos’ho appena pensato? disse la ragazza tra sé e sé.
Sicuramente si era trattato soltanto di quella stupida atmosfera frivola che sua madre creava automaticamente attorno a sé.
- Sì… - disse la ragazza – … ma preferirei cavarmela da sola, in questo caso….
- Come vuoi – rispose la madre – Ma se hai bisogno di un consiglio, io sono qui!
- Lo so, mamma, lo so…. – rispose Sayuri, alzandosi dal tavolo.
Avevano ormai finito di mangiare, e si sarebbero dirette immediatamente al centro estetico. Sayuri sapeva che i migliori lavori di nail art richiedevano molto tempo… senza tralasciare il fatto che sicuramente sua madre e l’estetista avrebbero avuto molto da dirsi, e che probabilmente avrebbero cercato di coinvolgere anche lei nella discussione….
Uscirono dal ristorante, e trovarono una splendida automobile nera ad attenderle.
- Non ci posso credere – disse Sayuri – Hai scomodato il tuo autista personale!
- Dai… se così possiamo viaggiare più veloci, perché no? – disse Misa, allegra.
- Sì, ma… a me non sarebbe dispiaciuto prendere la metropolitana… e poi, così tutti si accorgeranno di noi, e se mi rivedranno per strada non avrò più pace! 
- E allora? Alla tua età, sarei impazzita all’idea!
Sayuri sorrise. – E forse è per questo motivo che sei riuscita a fare carriera… ma per me non è lo stesso! – disse, entrando nella limousine.
La ragazza decise di godersi il viaggio. I vetri erano oscurati, dunque nessuno poteva vedere chi ci fosse dentro l’automobile, ma Sayuri invece poteva godersi i volti curiosi di chi cercava di guardare dentro… fu quasi delusa quando la macchina si fermò e Misa esclamò: - Siamo arrivate! – per poi scendere.
Sayuri la seguì. Si trovavano davanti ad un’insegna colorata e allegra. A giudicare dal gusto di sua madre, Sayuri poteva immaginare che la stessa atmosfera fosse riprodotta all’interno.
Fu accontentata. Ad accoglierle fu una donna di qualche anno più giovane di sua madre, che le salutò allegramente e che disse loro di accomodarsi e di attendere il ritorno suo e della sua assistente.
Sayuri si sedette su una delle poltrone, stendendo le braccia e le mani sui braccioli, aspettando l’estetista, che arrivò poco dopo.
Chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi completamente, mentre ascoltava, senza prestare ad esse alcuna attenzione, sua madre e la sua amica che si raccontavano gli ultimi pettegolezzi su chissà quale star passata di recente per quel centro.
 
*
 
Quando uscirono, le unghie di Sayuri sembravano quelle di un’altra ragazza. Lei aveva sempre preferito una semplice french manicure, forse perché sicuramente più pratica, ora invece le sue unghie erano dipinte con smalto rosa brillantinato, mentre le punte erano decorate da smalto blu e argento. Il tempo era davvero volato, senza contare il fatto che sua madre si era fermata a parlare per un’oretta buona anche dopo aver terminato la manicure. Parlare di gossip sicuramente non era una delle priorità di Sayuri, ma qualche chiacchiera frivola in compagnia di sua madre le era servita per distrarsi un po’ da tutto ciò che le era capitato di recente.
Se tutto fosse andato come desiderava, la fatidica discussione con Ryuk su suo padre e sulla morte di L sarebbe avvenuta l’indomani mattina, quando suo padre molto probabilmente sarebbe stato di turno in centrale. Sua madre, invece, sarebbe partita per andare a girare il suo prossimo film – una commedia romantica che Sayuri non vedeva l’ora di guardare.
Pensare che suo padre fosse più coinvolto nella morte di L di quanto lei pensasse la rendeva nervosa, ma era qualcosa che, almeno per il momento, riusciva a controllare se evitava di pensarci. Dunque, fino al mattino seguente avrebbe dovuto trovare qualcosa con cui occupare la mente. Naturalmente avrebbe fatto vedere a sua madre i suoi ultimi acquisti, e questo sicuramente le avrebbe tenute occupate per un po’, poi magari si sarebbero buttate sul divano e avrebbero guardato qualche film strappalacrime. Sayuri sperò soltanto che tutto ciò bastasse per tenere il suo cervello buono e farla dormire tranquilla.
In ogni caso, le sue previsioni sulla serata si rivelarono – più o meno – esatte.
Non appena tornarono a casa, Sayuri mostrò alla madre ciò che aveva comprato quella mattina.
Misa si innamorò letteralmente del vestito rosso. – è così carino! Ogni tanto me lo presti, vero?
- Certamente, mamma – rispose Sayuri, appendendo l’abito ad una gruccia nel suo armadio.
Quando arrivò l’ora di cena, Sayuri temette che sua madre avrebbe cercato di rifilarle la solita insalatina, facendo leva sul suo senso di pietà (non avrebbe certo osato mangiare cibi calorici vedendo lei mangiare una misera insalata, vero?), invece Misa arrivò addirittura al punto di ordinare due pizze e concedersene una intera.
- Recupererò domani – disse – Sarò in viaggio e probabilmente non avrò neanche molta fame.
Dopo cena, si sedettero sul divano e, al contrario delle aspettative di Sayuri, non guardarono un film romantico e strappalacrime; facendo zapping, Misa aveva trovato una vecchia serie televisiva che davano quando lei era ragazzina. Era divertente, parlava di un otaku e di una ragazzina che risolvevano misteri.
- Quando avevo la tua età, mi piaceva moltissimo… tuo padre non l’ha mai potuta sopportare, ma del resto, lui dovrebbe tornare solo tra qualche ora…. – disse Misa.
- Già – rispose Sayuri ridendo.
E, infatti, anche dopo che entrambe si furono preparate per andare a dormire, Light Yagami non era ancora tornato.
Sayuri si coricò, relativamente tranquilla. Il pensiero di un’eventuale terribile verità ogni tanto si affacciava nella sua mente, ma lei provvedeva tempestivamente a scacciarlo. Sì, in quel momento lei era perfettamente tranquilla e in totale controllo di sé.
Sicura?
La solita vocina, implacabile, era arrivata a disturbarla.
Certamente, rispose lei, sonnecchiando.
E, ben presto, scomparve anche la vocina, mentre Sayuri cadeva nel sonno più profondo….
Tutto, attorno a lei, era buio. A parte qualche volta da piccola, non ne aveva mai avuto paura, ma in quel momento era diverso. Era come se, proprio lì, accanto a lei, stesse per accadere qualcosa di terribile, e che lei, non avendo la possibilità di vedere cosa le stesse succedendo attorno, fosse completamente inerme.
Poi, sentì delle voci. Erano voci lontane, quasi come delle eco, e ancora non poteva vedere da chi provenissero….
- Io so chi sei – rimbombò una delle voci.
Era una voce maschile, attutita come se appartenesse ad uno spirito, ad una persona che non esisteva più, se non attraverso quella voce….
- E allora dillo, se ne hai il coraggio – rispose un’altra voce, più ferma, più decisa ma soprattutto più umana.
Una forza completamente indipendente da lei costrinse Sayuri a voltarsi verso quella voce.
Una luce soffusa illuminò la scena. Sayuri vide suo padre, di spalle, e davanti a lui L, sempre nella solita posa ingobbita, le mani in tasca e l’espressione perfettamente impenetrabile.
- Tu… - Sayuri vide suo padre tirare fuori qualcosa dalla tasca e nasconderlo dietro la schiena, mentre L rispondeva - … sei… - si rese conto che quel qualcosa era una pistola, e che suo padre la stava alzando davanti a sé… doveva urlare ad L di stare attento, spostarsi, ma era come se il buio in cui era ancora immersa le avesse invaso anche la gola… doveva correre da lui, e trascinarlo via di peso prima che fosse troppo tardi, ma era come se tentacoli di quel buio opprimente la stessero tenendo ferma…. e, intanto, suo padre stava per premere il grilletto….
- … Kira.
BOOOM.
Sayuri si svegliò piangendo, seduta sul letto. Era scossa da un tremore incontrollabile, stava praticamente singhiozzando.
È solo un sogno, calmati, non c’è nulla di vero, disse a sé stessa per tranquillizzarsi, ma fu completamente inutile.
In quel sogno, era inerme. Completamente inutile. Aveva praticamente visto L morire, e non aveva potuto far niente per evitarlo. Cercò, tra le lacrime, di riprendere fiato.
Non è una reazione naturale, pensò. Era solo un incubo, e lei non si era mai comportata in quel modo, nemmeno da piccola… ma forse quel sogno aveva qualcosa di più serio dietro.
Quello che Sayuri sapeva, nonostante si sentisse ancora relativamente al sicuro, era che la situazione in cui si era ritrovata nel sogno sarebbe potuta essere reale.
L si sarebbe ritrovato, un giorno, in uno scontro faccia a faccia con Kira… poteva anche non essere suo padre (Sayuri aveva ancora conservato un briciolo di speranza al riguardo, anche se il sogno aveva minato parecchio il suo ottimismo), ma sicuramente sarebbe stato un avversario spietato, ed L, almeno al momento, non aveva nessun’arma a disposizione per difendersi, e lei sicuramente non gli sarebbe stata di alcun aiuto, a meno che non si facesse venire in mente qualcosa….
Il sogno era stato terribile, si era sentita come se L in quel momento fosse stata una delle persone più importanti della sua vita, era conscia del fatto che, se il buio l’avesse lasciata andare, lei si sarebbe messa in mezzo tra L e suo padre.
È qualcosa di cui dovrei preoccuparmi?
Non era il caso di pensarci in quel momento: sicuramente era ancora troppo suggestionata dall’incubo per poter ragionare lucidamente.
Forse, andare un attimo in cucina e bere un bicchiere d’acqua mi aiuterà a rischiararmi le idee.
Uscì dalla sua stanza, cercando di fare più silenzio possibile in modo da non svegliare nessuno. Mentre attraversava il corridoio, però, le venne un’idea.
Sicuramente non ci sarà nessuno nello studio. Forse questo è il momento migliore per scoprire la verità.
L’unica cosa che un po’ la sconvolgeva era che, forse perché era ancora scossa, se avesse scoperto una verità spiacevole non avrebbe avuto alcun dubbio su con chi schierarsi. Almeno su quello, si sarebbe dovuta prendere del tempo per riflettere.
Si accostò alla porta dello studio, per scoprire che la luce era accesa.
C’è qualcuno.
Sentì delle voci, e scoprì con una punta di orrore che una apparteneva a suo padre. Si ricordò improvvisamente del sogno, e fu scossa da un brivido.
- Anche dopo tanti anni, esistono ancora criminali così stupidi da cascarci. Ormai non c’è più soddisfazione nello scrivere i loro nomi su questo quaderno – lo sentì dire.
Sayuri sapeva che non avrebbe mai potuto parlare in quel tono a sua madre, e nemmeno a Chika. C’era solo un essere in quella casa a cui avrebbe potuto rivolgere quelle parole. Ryuk.
Lo shinigami, comunque, non tardò a farsi sentire.
- Non è colpa loro, in fondo sei tu che sei un gran furbacchione, Light. Ma c’è ancora una cosa che non ho capito… perché continui a lavorare per la polizia?
- Perché è un’ottima copertura, Ryuk – si sentì il rumore di qualcosa che veniva sgranocchiato, probabilmente una mela, o una patatina fritta – e poi, non tutti sono così tanto idioti. La criminalità ancora non è stata sconfitta, non ho ancora ottenuto l’effetto che volevo.  Molti di loro stanno affinando le tecniche, si nascondono il volto e diventano difficili da catturare… ed è per questo che lavoro per la polizia, per avere il massimo controllo delle operazioni ed essere tra i primi a vederne il volto e a scoprirne il nome. E poi, non posso ancora uscire allo scoperto.
- Come mai, Light? Sei ad un passo dall’avere il mondo intero ai tuoi piedi, e la situazione sta cominciando a diventare noiosa!
- Ti sbagli, Ryuk. Il mondo non è ancora ai miei piedi. Ci sono ancora tante persone che non apprezzano il mio operato, e, a differenza dei tempi passati, sono diventate molto più prudenti… anche salendo al potere, non sarei in grado di controllarli, e insieme potrebbero rovesciarmi. Mai sottovalutare ciò che potrebbe fare una folla di gente tutta insieme, Ryuk. Ma basterà dare loro una prova tangibile del mio potere, estirpare alla radice ogni forma di criminalità dalla faccia del pianeta, e anche loro si convinceranno definitivamente… e allora, finalmente, potrò uscire allo scoperto, perché il mondo sarà pronto per il mio regno, il regno di… - Sayuri strizzò gli occhi, già abbastanza sconvolta da quello che aveva sentito.
Dì “Light Yagami”, fai che il tuo sia un soprannome qualsiasi, ma, ti prego, non pronunciare quel nome….
- … Kira.
Sayuri si lasciò andare seduta contro la parete, completamente svuotata. Aveva sperato fino all’ultimo che suo padre non fosse Kira, che il fatto che lui possedesse il quaderno fosse una semplice coincidenza, e che lui non fosse il responsabile della morte di L… in quell’attimo, tutta la sua speranza era andata in frantumi.
Suo padre era un assassino, e lo era da ben ventiquattro anni, se non anche di più.
L’istinto più immediato era quello di restare lì e continuare a piangere, ma Sayuri sapeva che non era sicuramente la cosa migliore da fare: non avrebbe contribuito a mantenerle la mente lucida, e perdipiù suo padre sarebbe potuto uscire dallo studio, e avrebbe scoperto che stava origliando. Si sarebbe fatto qualche scrupolo, vedendo che si trattava di sua figlia? Non lo sapeva, ma nemmeno le interessava provarlo.
Si alzò, tirando su col naso, e raggiunse in silenzio la cucina. Fece attenzione a non accendere la luce, e a fare il minimo rumore possibile: così, se suo padre fosse uscito dallo studio nel frattempo, non si sarebbe accorto di lei. Si riempì un bicchiere d’acqua, e lo mandò giù tutto d’un fiato. Avrebbe sicuramente contribuito a sciogliere un po’ il groppone che aveva in gola, e forse sarebbe riuscita a dormire.
Mentre ritornava in camera, lanciò un’occhiata alla porta dello studio. La luce sembrava accesa, dunque suo padre non aveva ancora terminato la sua carneficina.
Chiuse la porta della sua stanza dietro di sé, si stese nel letto e si seppellì sotto la coltre di coperte. Era un ambiente decisamente ovattato, sin da piccola lì si sentiva al sicuro. Purtroppo, in quell’occasione le fu difficile trovare protezione sotto la trapunta. I cattivi pensieri non esitavano ad andare via, la delusione nei confronti di suo padre, la paura che potesse tornare a fare del male ad L, per non parlare della confusione e dall’agitazione portate dal sogno…. Impiegò molto tempo a prendere sonno.
Stavolta, stava camminando in uno splendido prato verde. Il tempo era perfetto, il cielo limpido e terso, non una nuvola. Era contenta, per qualche motivo, come se il tempo atmosferico riflettesse il suo stato d’animo. Ad un tratto, però, sentì un alito di vento accarezzarle il viso e, istintivamente, chiuse gli occhi.   
Li riaprì, e vide che qualcosa aleggiava davanti a lei… solo dopo qualche secondo riconobbe quel qualcosa come una persona.
Era L, ma in lui c’era qualcosa di strano: era come se fosse trasparente, un fantasma.
Inspiegabilmente, Sayuri sentì il suo cuore battere forte, provò l’istinto di allungare la mano e toccargli i capelli, ma qualcosa la frenò, forse il fatto che lui sembrasse fatto di spirito inconsistente.
Gli occhi del ragazzo la fissavano, colmi di rimprovero, e lei si sentì piena di vergogna.
- Non ce l’hai fatta – disse L. La sua voce era strana, quasi ultraterrena. Il suo tono di voce era severo e, quasi istintivamente, Sayuri chinò il capo.
- Mi dispiace… - mormorò lei.
- Non hai fatto niente… sono morto davanti ai tuoi occhi….
Cosa avrebbe dovuto dirgli? Che non era riuscita a muoversi, che se fosse dipeso da lei i loro ruoli si sarebbero invertiti, e in quel momento sarebbe stata lei il fantasma?
Sollevò gli occhi sul fantasma, e vide che i suoi occhi esprimevano una profonda tristezza.
- Addio… - sussurrò lui, e Sayuri lo vide allontanarsi, sospinto da una folata di vento, sempre più in alto, sempre più lontano….
Sayuri si mise a correre. – No! – urlò, ma L non le diede ascolto.
- Fermati, ti prego! Io… io ti….
L’erba era bagnata, e lei cadde, faccia a terra. Tutto si fece scuro… l’unica cosa che riusciva a sentire era l’odore dell’erba, e la sensazione della terra bagnata….
Spalancò gli occhi, e scoprì di essere in camera sua. Una luce piuttosto insistente filtrava attraverso la finestra, segno che ormai era giorno fatto.
Si sedette sul letto. Era stremata come se non avesse praticamente dormito, ed era stranamente lucida. Quel sogno, in qualche modo, le aveva portato chiarezza sul da farsi.
Sarebbe dovuta andare immediatamente a dire ad L cosa aveva sentito. Non avrebbe mai permesso che lui, in futuro, la guardasse in quel modo, con quello sguardo pieno di dolore e delusione. Non sarebbe rimasta ferma ad aspettare.
Ora, si sarebbe fatta una bella doccia, sarebbe corsa da lui e gli avrebbe detto tutto.
Entrò in bagno senza nemmeno aver fatto colazione.
Mangerò qualcosa in viaggio, pensò, anche se aveva lo stomaco completamente chiuso.
L’ultimo sogno l’aveva un po’ innervosita, nonché gettata nella confusione. Sapeva che il suo legame con L era qualcosa di particolare, diverso da quello che avrebbe potuto creare con qualsiasi altro ragazzo, ma non credeva che l’avrebbe portata a sognare cose simili.
Non puoi comandare la tua mente mentre dormi, ricordatelo, disse a sé stessa, mentre usciva dalla doccia. Si vestì velocemente, prese le chiavi di casa, la borsa e il giubbotto e attraversò la sala da pranzo, diretta verso la porta, pronta ad uscire… senza nemmeno accorgersi di chi ci fosse dentro, convinta di essere completamente sola, a parte per Chika, la domestica.
- Sayuri, dove vai così di fretta?
La ragazza si bloccò davanti alla porta, spaventata. La voce era quella di suo padre, e constatare ancora una volta quanto fosse identica a quella del sogno la spiazzava.
Si voltò, e lo vide seduto al tavolo mentre leggeva il giornale.
Calma, Sayuri. Lui non sa dove stai andando. E poi, del resto, sei una ragazza di diciotto anni, se esci di casa non c’è nulla di male.
- Io… io… stavo uscendo con delle mie amiche… tu, piuttosto, non eri di turno?
- No, ho deciso di prendermi la mattina libera. Piuttosto… tu non dovresti studiare?
Per la prima volta in tutta la sua vita, il tono con cui si rivolgeva a lei per ricordarle i suoi doveri scolastici le faceva accapponare la pelle, e sicuramente questo non era legato effettivamente a ciò che le stava dicendo.
- Sì… ma tanto, questo pomeriggio devo tornare a casa….
Era una bugia bella e buona, e Sayuri gliel’aveva rifilata pur sapendo alla perfezione che mentire a Light Yagami sarebbe stato più o meno come gettarsi in una gabbia piena di leoni famelici.
- Non mentirmi. So benissimo che hai un appuntamento con il tuo gruppo anche per questo pomeriggio.
Sayuri stava per rispondergli in malo modo, ma si bloccò al pensiero di ciò che suo padre era capace di fare, apparentemente non solo con i criminali (perché L non era un criminale, e Sayuri lo sapeva), ma anche con coloro che lo contrariavano.
- Va… va bene. Mi hai scoperto. Ora posso andare? – disse la  ragazza, cercando di mantenere un tono di voce misurato. Mostrarsi troppo nervosa avrebbe insospettito suo padre.
- Sayuri, non credi di star sottovalutando un po’ troppo il compito di martedì? Prendere un brutto voto solo per un’uscita con le amiche non mi sembra una cosa saggia. E poi, le vedi già stasera….
La voce di suo padre aveva assunto un tono particolare, e Sayuri sapeva benissimo che si trattava della sfumatura che utilizzava per convincere qualcuno a fare ciò che non voleva. Col tempo, aveva imparato che era assolutamente impossibile resistergli. Inoltre, in una situazione del genere, per evitare sospetti sarebbe stato meglio assecondarlo.
- Ok, hai ragione. Mi conviene restare a casa, e studiare.
Naturalmente, alla prima distrazione del padre, sarebbe scappata fuori. Sapeva perfettamente che lui si sarebbe accorto della sua assenza, ed era conscia della strigliata che si sarebbe beccata al suo ritorno, ma sicuramente comunicare ad L ciò che sapeva era più importante, sia che lui stesse sbagliando strada, sia che le avesse mentito.
- Bene. Resterò qui in sala da pranzo, giusto per assicurarmi che tu resti in casa e non tenti di andartene.
Sayuri cercò di non mostrarsi troppo sgomenta, e si rifugiò in camera sua.
Tirò fuori controvoglia il libro, e si sedette alla scrivania.
Se solo avessi il suo numero di telefono, potrei mandargli un messaggio….
Si ricordò poi che lui non possedeva un cellulare.
Bisogna comprargliene uno, allora.
Tentò di concentrarsi sulle formule matematiche, ma si rese conto che era difficile. Tanto per cominciare, le regole erano così tante che impararle a memoria tutte sarebbe stata un’utopia, e certe formule poi erano assolutamente incomprensibili. Inoltre, la sua mente era completamente invasa da altro.
Forse, se mio padre ha deciso di prendersi una mattinata libera proprio oggi, un motivo c’è, pensò.
Magari, ha scoperto di ieri notte… la stuzzicò la vocina.
No, non credo. Ho fatto attenzione a non farmi sentire….
Ma l’attenzione non è mai abbastanza, se c’è di mezzo Light Yagami.
Era vero. Non solo suo padre aveva un ottimo fiuto per le bugie, ma era a sua volta un ottimo bugiardo, ed era capacissimo di farti credere di averlo fregato, quando invece non era vero.
E poi, perché rischiare per uno che ti ha mentito spudoratamente?
Anche questo era vero. A ben pensarci, era difficile che L si fosse sbagliato, dato che era così sicuro di conoscere l’identità di Kira. Non sapeva esattamente perché le avesse mentito, probabilmente non voleva spaventarla, in ogni caso non se la sentiva di colpevolizzarlo per questo.
Avrà avuto i suoi motivi.
No, sei tu che hai la mente annebbiata, Sayuri.
La risposta della sua coscienza quasi la indignò, ma dovette rendersi conto che nessuno avrebbe mai potuto conoscerla meglio della sua coscienza.
Era strano, nonché assurdo. In condizioni normali, chiunque le avesse mentito in quel modo e su argomenti del genere l’avrebbe pagata molto cara, ma in quell’occasione Sayuri si sentiva come indebolita. Pensò di urlare in faccia a quel ragazzo tutto ciò che lei pensava sui bugiardi, ma scoprì di non avere il cuore per farlo.
Ripensò istintivamente ai sogni di quella notte, e all’ultima frase che aveva urlato….
- Io… io ti….
Dai, sai perfettamente come completarla, disse, implacabile, la sua coscienza.
Stai zitta.
È inutile, arriverà presto il momento in cui dovrai ammetterlo.
No. Se c’era una cosa che si rifiutava di pensare era che ciò che la legava ad L, almeno dal suo punto di vista, fosse QUELLO.
Lo conosceva solo da tre giorni, e se poteva accettare di essergli diventata amica in così poco tempo, non poteva accettare di provare qualcosa di più. Era semplicemente un’utopia.
Dio, che confusione.
Visto? Nemmeno tu sei sicura di quello che provi.
Sayuri decise di mettere a tacere perlomeno la sua coscienza, che sarebbe diventata ben presto molto sporca per averle impedito di studiare.
Si concentrò nuovamente sui libri, e fu solo verso le undici che decise di arrendersi, e di andare in cucina a prepararsi una tazza di tè.
Già che ci sono, posso prepararne un thermos e portarlo ad L domani.
Si recò in cucina, e cominciò a mettere l’acqua nel bollitore, mentre cercava il thermos negli armadietti. Purtroppo, il fatto di avere una domestica che si occupava praticamente di tutto aveva delle conseguenze: Sayuri non conosceva molto bene la cucina e non aveva la minima idea di dove i thermos si trovassero.
Finalmente, ne vide uno sul ripiano più alto di uno degli armadietti superiori: purtroppo, Sayuri non era molto alta, e dovette mettersi in punta di piedi per cercare di raggiungere il ripiano.
- Cosa sta facendo, signorina?
Sayuri prese il thermos, poi si voltò. Chika era appena entrata nella cucina, e si stava avvicinando a lei.
- Sto… sto preparando il tè, non vedi? – rispose Sayuri. Le dava del tu, del resto Chika era una ragazza di pochi anni più grande di lei, e proprio non se la sentiva di darle del lei. Mise il thermos sul tavolo, e aprì l’armadietto delle tazze.
- Ne vuoi una tazza? – domandò Sayuri.
- Va bene – rispose Chika, alzandosi per aiutarla.
- Oh, lascia stare – disse Sayuri, rifiutando l’aiuto della ragazza – faccio da sola, sono solo due tazze di tè.
Sayuri versò il tè, poi si sedette, e cominciò a sorseggiare la bevanda.
- Grazie – disse ad un certo punto Chika.
- Di cosa? – le disse Sayuri. In fondo, era semplicemente come parlare davanti ad una tazza di tè con una sua coetanea, non c’era nulla di strano. In più, le avrebbe dato una mano a distrarsi un po’, magari l’avrebbe aiutata a fare ordine nella sua mente, chissà.
- Sa, signorina, ultimamente mi sembra un po’ strana. Va tutto bene? – domandò Chika.
Sayuri non sapeva cosa risponderle. Insomma, era sicura che Chika non sarebbe andata a spifferare nulla a suo padre, ma ovviamente non avrebbe potuto raccontarle tutta la verità. Decise di raccontarle la parte che, forse, sarebbe stata più consona ad una ragazza della sua età.
- Ho conosciuto un ragazzo e non so bene cosa provo per lui, insomma, un problema tipico di una ragazzina. E non chiamarmi signorina… è così antico!
- Oh, va bene – disse Chika, sorridendo.
- In più – continuò Sayuri – lo conosco solo da tre giorni, e mi sembra impossibile che provi qualcosa del genere dopo così poco tempo… non è da me, sai.
- Sicura che non sia possibile?
- Io… non lo so, davvero. È che sono convinta che per provare qualcosa del genere bisogna conoscersi, passare del tempo assieme… io non lo conosco, effettivamente. Certo, le basi per un’amicizia ci sono, ma senza andare oltre. Invece, stanotte l’ho sognato, ho sognato che se ne stava andando, e….
- Capita, di fare questi sogni. Non sei la sola. E poi, può darsi che ci sia qualcosa di lui che ti attira… non lo conosco, può essere bellissimo, magari, oppure fa il misterioso….
Misterioso. Certamente L era un tipo molto misterioso, e non le aveva mai parlato di sé, a meno che non si fosse trattato di qualcosa inerente il caso di cui si stavano occupando. E, riguardo il fatto che fosse bello, in fondo era qualcosa che aveva sempre pensato. Sayuri sapeva che il motivo per cui in quel momento si trovava in quella condizione non risiedeva né nella bellezza, né nel mistero di L, o, almeno, non ne era la causa principale.
- Non credo, Chika. Queste sono cose che posso aver provato per altri ragazzi, ma credo proprio che questo non sia il caso. È assurdo, davvero, e non ho la minima idea di come comportarmi.
Chika sorrise. In fondo, un po’ la conosceva. Era vero, non avevano mai avuto molti contatti, sicuramente non come in quel momento, ma praticamente vivevano sotto lo stesso tetto da due anni, e Chika aveva imparato molte cose su di lei anche solo osservandola.
- In questo caso, credo che tu debba solo distrarti un po’, e vedere poi come ti sentirai quando lo rivedrai.
Distrarsi. La fa facile, lei.
- Grazie per il consiglio, cercherò di seguirlo – disse Sayuri, finendo di bere il suo tè – ma ora credo che tornerò sui libri. Non vorrei che mio padre mi scoprisse qui a chiacchierare.
- Va bene – rispose Chika, alzandosi – Comunque, fammi sapere come va a finire. Spero di esserti stata d’aiuto.
Sayuri ritornò in camera sua. Parlare con Chika le aveva fatto bene, l’aveva aiutata a sfogarsi, tuttavia il problema restava sempre lì, e non si sarebbe risolto se non, probabilmente, l’indomani pomeriggio.
La cosa che più la turbava era il fatto che non avesse quasi minimamente pensato a suo padre, in tutta quella faccenda; il semplice fatto che fosse suo padre avrebbe dovuto perlomeno spingerla a lasciar perdere L, anche senza andare direttamente contro di lui, no? In teoria, ciò che lega una figlia ad un padre dovrebbe essere forte, giusto? Non si può accantonare un legame del genere per stare con una persona appena conosciuta, vero?
Questo era ciò che Sayuri aveva sempre considerato logico, ma evidentemente in quel caso non funzionava. C’era solo una cosa che lei sapeva, ed era che, al di là di tutto ciò che poteva provare, non avrebbe mai lasciato L solo al suo destino. Suo padre aveva fatto in modo che lui morisse, e questo era semplicemente imperdonabile. Lei aveva sperato con tutto il cuore che non fosse suo padre il colpevole, ma lui l’aveva delusa.
Sai che se tuo padre scopre chi hai intenzione di aiutare, probabilmente non si farà troppi scrupoli e ti ucciderà? disse la vocina nella sua mente.
Sayuri lo sapeva, e aveva deciso che era un rischio che poteva affrontare. Lei era fatta così: se teneva ad una persona, era disposta a fare tutto per lei, e quel caso non faceva eccezione.
Aprì nuovamente il libro di matematica, ma era tutt’altro che concentrata, e inoltre era praticamente ora di pranzo. Anche se si fosse messa a studiare, sapeva che sarebbe stato tempo sprecato.
Non riuscì a mangiare molto neanche a pranzo, e per fortuna suo padre non sembrò trovare niente di strano nel suo comportamento.
Dopodiché, non le restava altro da fare se non prepararsi e aspettare l’arrivo delle sue amiche.
Quando si guardò allo specchio, vide che aveva un’aria parecchio sbattuta.
Nulla che non si possa nascondere con un po’ di trucco, pensò.
Dopo essersi sistemata a dovere, sembrava quasi che quello fosse un giorno qualunque, e che la ragazza davanti allo specchio fosse la Sayuri di sempre.
Il cellulare di Sayuri squillò, e questo voleva dire che le sue amiche la stavano aspettando. Sperò soltanto che non si accorgessero di nulla di strano, altrimenti l’avrebbero bombardata di domande e sarebbe stato tutto ancora più tremendo.
Si recarono ad un centro commerciale, dato che fuori faceva freddo. Mentre le sue amiche si fermavano, interessate, a guardare e commentare le vetrine dei negozi, Sayuri camminava quasi come estraniata dal mondo, e sicuramente i suoi pensieri non erano diretti ai vestiti nelle vetrine. Stranamente, si rese conto solo in quel momento di quanto tutta quella situazione fosse più grande di lei; del resto, era solo una ragazzina, fino a quel momento interessata quasi esclusivamente a divertirsi e a comportarsi, appunto, da adolescente. Era da un po’ che quel pensiero le sfiorava la mente, da prima che incontrasse L, ma solo ora ne era sicura: tutto ciò che la circondava in quel momento, i vestiti, i negozi, le stesse amiche, erano qualcosa di incredibilmente frivolo e privo di importanza.
Forse è solo qualcosa di momentaneo, tra qualche giorno passerà tutto.
- Ehi, Sayuri! – esclamò Kaori, trascinandola in un negozio – Che te ne pare?
Kaori indicò una giacca bianca per cui, in un’altra occasione, Sayuri sarebbe impazzita.
- Hmm… carina – rispose invece, per niente entusiasta.
- Sayuri… c’è per caso qualcosa che non va? Sembra che hai la testa per aria!
- No, no… tutto normale – rispose Sayuri, cercando di sorridere.
- Piuttosto… com’è finita ieri con Ryuzaki? Ha detto qualcosa sulla nostra conversazione?
- Non si è offeso… diciamo che ha pure gradito, in un certo senso.
- Hmm – fece Kaori – Allora credo di aver capito che cosa ti impensierisce tanto: tu provi qualcosa per lui, ma non sei sicura che lui ricambi… ho indovinato?
In parte era vero… insomma, Sayuri sicuramente provava qualcosa per L, ma non si era mai posta il problema di essere ricambiata, dato che non sapeva bene nemmeno lei che cosa provasse.
- Quasi – rispose Sayuri.
Per una volta, non si stava sbagliando completamente. Ma, fosse stato solo quello, sicuramente non sarebbe stata così tanto in pensiero.
- Dai, ora passiamo un pomeriggio tutte assieme e poi andiamo a mangiare una pizza… ai ragazzi ci pensiamo domani!
Sayuri si vide quasi costretta ad accettare. Avrebbe comunque tentato di tornare a casa presto, per parlare con Ryuk. Se avesse voluto aiutare L, avrebbe dovuto agire tempestivamente, prima che suo padre si rendesse conto di ciò che stava succedendo.
La serata passò tranquillamente. Nessuna delle sue amiche sospettò niente sul reale motivo della preoccupazione di Sayuri ma, considerando il suo umore serio come semplice conseguenza di qualche problema amoroso, fecero di tutto per tirarla su di morale. Difficile fu tentare di far tornare tutte a casa presto. Erano abituate a fare tardi quando uscivano, e i loro genitori spesso non erano attenti agli orari in cui le figlie tornavano a casa.
Quando Sayuri, finalmente, riuscì a tornare a casa, era sveglia e lucida, nonostante l’ora tarda. Si accertò che suo padre non fosse in casa, poi pensò al da farsi. Avrebbe esaminato nuovamente i quaderni, poi magari avrebbe chiesto qualche informazione a Ryuk. Era sicura che, anche se non fosse stato presente al momento, lo shinigami avrebbe potuto dirle tutto ciò che desiderava sapere.
Entrò nello studio. Non poteva ancora credere che, soltanto la notte prima, suo padre avesse ucciso delle persone in quella stanza. In ogni caso, non perse molto tempo a rimuginare su ciò che aveva sentito dire da suo padre, ma si diresse subito verso i cassetti in cui aveva trovato i quaderni.
- Di nuovo qui a curiosare, eh?
Sayuri si voltò. Ryuk era davanti a lei, anche se non aveva ancora toccato di nuovo il quaderno.
Che sciocca, pensò, per poterlo vedere di nuovo non mi serve toccare di nuovo il quaderno.
- Devo cercare delle cose – rispose Sayuri laconica, mentre apriva e cassetti e prendeva in mano i due quaderni.
Improvvisamente, mentre si trovava lì, inginocchiata sul pavimento, con Ryuk davanti a sé e due Quaderni della Morte in mano, si rese conto che in quella situazione c’era qualcosa di sbagliato.
Era una cosa a cui non aveva mai pensato prima. Sapeva che, in teoria, ad ogni quaderno corrispondeva uno shinigami, e che apparentemente uno shinigami non poteva separarsi dal quaderno a lui affidato; sicuramente Ryuk non avrebbe mai accettato di restare chiuso in quello studio, se non costretto.
Dunque, a rigor di logica, in quel momento davanti a lei non ci sarebbe dovuto essere solo uno shinigami, bensì due.
Forse questo è la chiave di tutto, pensò Sayuri, domandandosi dove si trovasse lo shinigami mancante. Forse c’era un modo per rendere libero uno shinigami, e non costringerlo a restare accanto al suo quaderno, o forse c’era qualcos’altro dietro….
Sayuri posò sulla scrivania il primo quaderno, quello appartenente a Ryuk, e si rigirò tra le mani l’altro quaderno, come se quel gesto avesse potuto farne comparire lo shinigami. Non accadde nulla.
La ragazza rimase per qualche secondo in silenzio, fissando il quaderno. Poi, alzò lo sguardo verso lo shinigami.
- Ryuk?
- Sì?
Sayuri fece un respiro profondo. – Dimmi… che fine ha fatto lo shinigami di questo quaderno?

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Capitolo 5
*** Cap. 5: I Won't Say I'm In Love ***


Cap. 5: I Won’t Say I’m In Love

“Anata o mamotte ikitai,
Tatoe nani ga okiyou tomo,
Boku no subete de anata o,
Mamori tsuzukete ikimasu….”

My All – Ayumi Hamasaki
 
“Voglio proteggerti,
Qualunque cosa succeda,
Continuerò a proteggerti,
Facendo tutto ciò che è in mio potere”
- Mela – disse Ryuk, tendendo la mano.
Sayuri scosse la testa, e scese in cucina per prendergliene una. Alla fine, decise di prendere l’intero sacchetto, sicuramente quella discussione le sarebbe costata molte mele.
- Allora – disse Sayuri, lanciando un frutto allo shinigami – dimmi che cosa è successo.
Era piuttosto impaziente, voleva sapere esattamente cosa fosse accaduto.
- Lo shinigami di quel quaderno… è morto. Sai, esiste un modo per uccidere anche gli shinigami!
Sayuri sgranò gli occhi. Dunque, non solo suo padre aveva ucciso esseri umani, ma anche dei della morte.
- E quale sarebbe? – domandò la ragazza, lanciando a Ryuk un’altra mela.
- Beh – disse lo Shinigami, sgranocchiando la mela – Basta che questi si affezioni ad un umano, e che sia disposto a sacrificarsi per salvargli la vita. E tu sai qual è il vero compito di noi shinigami, vero?
- Sì, voi decidete chi deve morire e quando, giusto? Ma… cosa c’entra con tutta questa situazione? – domandò Sayuri.
- C’entra, eccome se c’entra – rispose Ryuk. Sembrava divertito, e la cosa un po’ irritava Sayuri. Come poteva ridere se la situazione era così seria?
- Vedi, noi abbiamo il compito di uccidere le persone usando i nostri Death Note – continuò lo shinigami - ma se per caso dovessimo compiere un’azione che, al contrario, allungasse la vita di un umano… se dovessimo uccidere una persona per proteggere la vita di un’altra….     
- Ho capito. Morireste, giusto?
- Sì – disse Ryuk – Voglio dire, è una cosa piuttosto stupida da farsi, cosa vuoi che valga la vita di un umano….
- Beh – rispose Sayuri, un po’ infastidita – credo di avere una visione leggermente diversa rispetto alla tua, in ogni caso… mio padre avrebbe fatto innamorare uno shinigami di sé per poi mettersi in pericolo, facendo in modo che lo shinigami uccidesse qualcun altro per salvarlo?
Sayuri sapeva che suo padre era un uomo sicuro di sé, ma dubitava che lo sarebbe stato tanto da correre un tale rischio. Ma, forse, un tempo le cose erano diverse, o magari era così tanto deciso ad eliminare L da rischiare addirittura la propria vita… perché lei lo aveva intuito, la scomparsa dello shinigami mancante aveva sicuramente qualcosa a che fare con la morte di L.
- Guarda, se fosse stato per tuo padre, avrei anche capito, ma… una come lei…. – disse Ryuk, finendo di mangiare la mela che aveva in mano.
- Lei chi? – domandò Sayuri, sempre più sgomenta. Suo padre aveva sicuramente messo in pericolo la vita di questa persona, forse deliberatamente proprio per fare in modo che lo shinigami uccidesse L….
Ryuk tese nuovamente la mano davanti a lei, e la ragazza gli porse un’altra mela.
- Lei… Misa Amane. L aveva minacciato di arrestarla, accusandola di essere Kira, e Rem, quella stupida shinigami, si era affezionata troppo a lei e pensava che fosse degna di un sacrificio… ha ucciso L e il suo maggiordomo, poi è diventata un mucchietto di cenere. A proposito… mi sembra di non averti ancora spiegato chi sia L… ma credo che tu lo conosca fin troppo bene, giusto?
- Non dirlo a mio padre, ok? – disse Sayuri, allarmata.
Ryuk fece spallucce. – Finché la cosa è divertente….
Non sapeva se potersi fidare, ma in ogni caso era troppo tardi per pentirsi di essere finite in quella situazione, e comunque se suo padre l’avesse scoperta, lei l’avrebbe saputo.
Certo, quando sentirai un dolore al petto, allora sì che sarà troppo tardi. La sua coscienza non sembrava essere molto d’accordo con lei.
- Grazie – disse Sayuri, riponendo i quaderni per poi uscire dallo studio.
Si preparò velocemente e si mise a letto. Era ancora sconcertata da tutto quello che aveva scoperto. In meno di due giorni, l’immagine che aveva di suo padre era stata completamente stravolta. Non solo aveva ucciso delle persone, ma aveva permesso che sua madre corresse un pericolo. Sayuri sapeva che sua madre aveva sempre amato suo padre, probabilmente anche allora avrebbe accettato di fare qualunque cosa per lui, anche essere accusata e condannata al suo posto. In quel momento, si chiese che cosa li tenesse uniti, perché fossero ancora assieme, ma anche, in fondo, perché sua madre fosse ancora viva. Del resto, se era solo una pedina, suo padre avrebbe fatto in fretta a sbarazzarsene….
Sayuri allontanò qual pensiero dalla mente, e si concentrò piuttosto sulla dinamica dell’omicidio di L. Dunque, l’intruso di cui L aveva parlato era la shinigami, Rem. Era stata lei ad ucciderlo, materialmente, ma c’era da dire che, se sua madre era una pedina nelle mani di suo padre, anche Rem non avrebbe potuto far altro che seguirla.
A ben pensarci, se Rem si trovava nel mondo degli umani era perché il suo Death Note apparteneva a qualcuno, e se era così legata a sua madre, forse la proprietaria del quaderno era lei….
Mia madre non è un’assassina, e in ogni caso in questo momento non fa uso del Death Note, pensò Sayuri.
Cercò di addormentarsi, ma era estremamente difficile. Anche quando prese sonno, i suoi sogni furono costellati da immagini di suo padre e di sua madre, e dall’immagine di una shinigami, dai lineamenti molto simili a quelli di Ryuk ma più femminili, che scriveva qualcosa su un quaderno e poi si trasformava in polvere.
Quando si svegliò, la mattina seguente, fu come se non avesse dormito, e il fatto che questo fosse praticamente accaduto per due giorni di seguito non contribuiva a migliorare la situazione. Certo, avrebbe potuto usare il trucco per nascondere i segni più evidenti, ma avrebbe minacciato di addormentarsi durante le ore di scuola.
Devo restare sveglia, pensò Sayuri, mentre prendeva posto nell’aula, stasera devo raccontare tutto ad L.
Il professore entrò nella classe. Sayuri ascoltò a malapena il suo saluto agli alunni, dopodiché le fu completamente impossibile prestargli ulteriormente attenzione.
La sua mente cominciò a vagare, e con essa la sua mano, che si mise a scarabocchiare qualcosa sul quaderno sul quale, teoricamente, avrebbe dovuto prendere appunti.
Pensò ad L, a come avrebbe reagito quando gli avrebbe detto tutto ciò che aveva scoperto, se l’avrebbe ringraziata o l’avrebbe fatta sentire una stupida dicendole che lui in realtà c’era già arrivato, e non c’era bisogno di rischiare così tanto; pensò a come avrebbe potuto reagire lei nel vederlo, visto il modo in cui erano cambiati i suoi sentimenti dopo quei sogni; pensò a suo padre, a come si era rivolto a lei, e si chiese se per caso lui avesse intuito cosa lei avesse in mente; pensò a sua madre, usata senza alcuno scrupolo da suo padre, e tuttavia incapace di odiarlo; pensò a quella povera shinigami, anche lei vittima di suo padre….
- Sayuri! Sayuri!
Una mano le scosse la spalla, e lei improvvisamente riprese contatto col mondo. Si voltò, e vide Kaori che la scrutava preoccupata.
- Cosa è successo? – domandò Sayuri.
- E me lo chiedi? Hai poggiato un gomito sul banco e ti sei presa il mento con la mano, mentre con l’altra scarabocchiavi, e fin qui va bene, poi hai chiuso gli occhi… non potevo avvertirti perché il professore stava spiegando, per fortuna non ti ha scoperta… comunque, è finita l’ora e mi sembrava giusto svegliarti….
Sayuri si stropicciò gli occhi con le mani, e abbassò lo sguardo sul quaderno. Per poco non sobbalzò.
Tra tutti gli scarabocchi che aveva fatto prima di addormentarsi spiccava particolarmente una L scritta in corsivo, marcata come se ci avesse passato su la penna più volte. Chiuse il quaderno di scatto, non voleva che Kaori facesse domande.
Per fortuna oggi non dobbiamo restare a scuola anche di pomeriggio, pensò Sayuri, sbadigliando.
Passò il resto della mattinata a fissare il vuoto, mentre la sua mente vagava da tutt’altra parte rispetto a dove sarebbe dovuta essere. La campanella di fine lezioni fu una benedizione per lei.
Decise che sarebbe andata a comprare altri dolci, poi avrebbe pranzato con L. A casa sarebbe stata sola con Chika, e in ogni caso avrebbe dovuto passare comunque il pomeriggio con lui. Inoltre, doveva comunicargli tutte le informazioni in suo possesso, e doveva riuscire a capire quale sarebbe stata la sua reazione nel vederlo, per chiarire quali fossero i suoi sentimenti per lui.
Quando bussò alla porta della camera, cercò di non mostrarsi troppo agitata.
Il ragazzo aprì, e lei prontamente disse: - Ciao… ti dispiace se oggi pranzo con te? Devo parlarti di una cosa.
Cercò di non concentrarsi troppo sul volto di L: i suoi occhi erano troppo profondi, e lei non era ancora abbastanza lucida da poter sostenere tranquillamente il suo sguardo.
- Entra – disse L, occhieggiando la busta piena di dolci che Sayuri aveva portato.
- Di cosa mi devi parlare? – domandò il ragazzo, mentre Sayuri poggiava la busta e lo zaino sul divano.
La ragazza fece un bel respiro profondo.
- Ho scoperto chi è Kira, e come sei morto.
L cercò di mantenersi tranquillo, ma Sayuri sapeva che sotto sotto stava fremendo per la curiosità.
- Dimmi tutto – disse L, il tono di voce perfettamente calmo.
- Beh, non so se tu ti fossi sbagliato, o se mi avessi mentito… ma Kira… Kira è mio padre, Light Yagami. L’ho sentito da lui, l’altra sera, mentre stava utilizzando il Death Note nel suo studio.
L annuì, poi si voltò verso di lei, e la guardò dritto negli occhi.
- Allora non mi sono mai sbagliato… ti ho mentito, l’altro giorno. Perdonami.
Come si sarebbe dovuta comportare, lei? Cosa avrebbe fatto, normalmente?
Ti ha raccontato una bugia, Sayuri. Da un altro ragazzo non l’avresti mai accettato, perché lui dovrebbe essere un’eccezione?
Normalmente, avrebbe tirato un bello schiaffo all’incauto bugiardo, e non si sarebbe mai più fatta vedere.
Avanti, dagli questo benedetto schiaffo e vattene. Così impara.
Gli occhi del ragazzo continuavano a fissarla, e lei si sentì improvvisamente impotente. Non avrebbe mai potuto fargli del male, nemmeno per fargli capire che aveva sbagliato a non raccontarle da subito la verità. Non ne aveva il cuore.
Aveva sempre detto che quegli occhi erano belli e profondi, ma mai aveva pensato che potessero avere una qualche influenza sulle sue azioni.
Basta. È tutta suggestione, devo assolutamente smetterla.
Si sedette sul divano, cercando di restare alla distanza massima da lui. Forse evitando i contatti diretti tutta quella inquietudine le sarebbe passata.
Ti stai per caso rammollendo? domandò la voce nella sua testa.
- Ti ho offesa? – domandò L. Sicuramente doveva avere un’aria sconvolta.
- No, per quello no… è che… insomma, si tratta di mio padre! Capisci? Mio padre è un assassino, ha causato la morte di un sacco di persone, e poi… ha ucciso te!
Sayuri si bloccò. Sapeva di aver messo fin troppa enfasi in quell’ultimo frammento di frase, come se la sola vita di L fosse nettamente più importante di quella di milioni di altre persone….
Sentì il rumore della pelle del divano, e si voltò verso L. Il ragazzo si era girato completamente verso di lei, e si stava sbilanciando in avanti, il braccio proteso davanti a sé.
Cos’ha intenzione di fare? pensò Sayuri.
Lentamente, si stava avvicinando a lei. La sua mano era vicinissima….
Le accarezzò il volto con l’indice. Il suo tocco era delicatissimo, le aveva a malapena sfiorato la guancia, come se avesse avuto paura di farle del male, tuttavia fu abbastanza per farla arrossire. Si voltò dall’altra parte per non farsi vedere.
Non ti sta per niente dando una mano, disse la vocina.
- Tutto bene? – domandò L.
- Oh… sì, sì, certo, tutto ok! – disse Sayuri, cercando di ricomporsi e prendendo un pacchetto di cioccolatini – Che ne dici di mangiare, mentre ti racconto tutto il resto?
L annuì, e cominciarono a mangiare, mentre Sayuri raccontava al ragazzo tutta la verità sulla sua morte.
- … e così, non solo mio padre ti ha ucciso, ma si è anche servito di mia madre e di quella povera shinigami!
L non aveva fatto altro che annuire e mangiare durante tutto il racconto di Sayuri. Prese la parola solo dopo che lei ebbe finito.
- Bene… ora tutto quadra, dunque… resta solo una cosa da chiarire…. – disse.
- Che cosa? – domandò Sayuri.
- Tu. Che cosa hai intenzione di fare? Del resto, si tratta di tuo padre….
- Mi stai chiedendo se ho intenzione di schierarmi con te o con mio padre?
- Già. Si tratta di una situazione delicata, e se lo desideri puoi andartene. Ti prometto che non verrai coinvolta ulteriormente in questa faccenda.
Sayuri scosse la testa con energia.
- Scordatelo. Io… non approvo ciò che mio padre ha fatto. Una volta Ryuk, lo shinigami del quaderno che ho trovato, mi ha definita “amante della vita”, come potrei apprezzare l’operato di un assassino? E poi… - si bloccò un attimo, incerta se parlare o meno. Se avesse continuato, avrebbe fatto capire ad L che forse provava qualcosa per lui.
C’è per caso qualcosa di male? Anche se gli dimostri di tenerci a lui, non è detto che ci sia necessariamente qualcosa di più.
- … poi… ho deciso di non lasciarti da solo. Non m’importa se non ti conosco, io farò di tutto per aiutarti. Quello che stai facendo è giusto, e so che non ce la potrai mai fare da solo.
L aprì la bocca per dire qualcosa, ma Sayuri lo interruppe.
- Non m’importa – continuò lei, abbozzando un piccolo sorriso – se ci saranno dei pericoli da affrontare. Mio padre, tanto, prima o poi scoprirà comunque che sono stata nel suo ufficio, e in tal caso potrebbe uccidermi anche se dovessi andarmene ora. Ormai… ormai ci sono. Non posso più andarmene.
L la guardò, un po’ perplesso.
- Se è questo ciò che vuoi, va bene – disse – Ma sappi che da questo momento non potrai più ritirarti, soprattutto dopo avermi fornito queste informazioni. Sarò io a non lasciarti andare, nel caso in cui tu voglia tirarti indietro.
Sayuri annuì. Sapeva che non c’era il pericolo che ciò accadesse. Il motivo per cui lei si trovava in quella stanza in quel momento andava ben oltre il suo senso di giustizia.
Si ricordò improvvisamente del giorno in cui l’aveva incontrato per la prima volta, del suo sguardo che vagava nel vuoto… rivolse il suo sguardo verso di lui, e lo vide fragile e senza difese: cosa ci sarebbe stato, durante un eventuale scontro, tra lui e suo padre? Niente. L non aveva un’arma, e sicuramente non sarebbe mai riuscito a possederne una, in quel momento.
In quel momento aveva solo lei, e sarebbe stata lei a proteggerlo.
Mantenne un fermo sorriso mentre prendeva una tavoletta di cioccolato dalla busta della spesa e la apriva. Si sentiva incredibilmente stanca, ma era contenta di essere riuscita a dire tutto ad L.
Sbadigliò, cercando inutilmente di non farsi vedere da L. Doveva restare sveglia, aveva assolutamente bisogno di ripassare matematica per il compito e inoltre sarebbe stato abbastanza imbarazzante addormentarsi lì.
- Sei stanca? – disse il ragazzo. Sayuri si bloccò, mentre prendeva il libro dallo zaino.
- Oh, no! E poi, non posso dormire, devo studiare matematica.
Non ne aveva voglia, e sicuramente non sarebbe stata concentrata a dovere, ma senza dubbio il professore non avrebbe mai accettato una scusa come: “Non ho studiato perché dovevo aiutare un mio amico a salvare il mondo da un pericoloso criminale, che altri non è che mio padre” . Inoltre, prendere un brutto voto in una materia in cui aveva sempre preso almeno la sufficienza avrebbe insospettito suo padre, che avrebbe pensato, e non a torto, che si stesse dedicando a tutt’altro.
Sicuramente le sarebbe sembrato tutto più leggero se ci fosse stato qualcuno ad aiutarla… e aveva già un’idea su chi sarebbe potuto essere il fortunato.
L le rivolse uno sguardo interrogativo, mentre lei lo osservava, come per scrutarlo.
- Un momento… tu… insomma, hai l’aria di uno che è bravo in matematica… insomma… potresti darmi una mano? Per favore!
Ti stai per caso rincitrullendo? domandò la voce nella sua testa.
Sayuri si chiese cosa stesse facendo di sbagliato.
Beh, stai cercando di convincerlo facendogli gli occhi dolci, rispose la voce.
Sayuri ridacchiò all’idea. Sicuramente L stava pensando che fosse impazzita.
Tanto con lui non attacca, pensò Sayuri.
L alzò gli occhi al cielo. – Va bene – disse.
Sayuri lo guardò, stupita, poi tirò fuori il libro dallo zaino. L si avvicinò a lei, tanto che quasi Sayuri poteva sentire il calore del suo corpo, erano praticamente spalla contro spalla….
Non pensarci, disse Sayuri a sé stessa.
La ragazza aprì il libro alla pagina da cui avrebbe dovuto iniziare.
- Ecco qui… vedi, è difficilissimo! – disse, poi fece per girare la pagina.
Si bloccò. Anche L, come lei, aveva avuto l’idea di passare alla pagina successiva, e mentre entrambi compivano lo stesso gesto, le loro dita si sfiorarono.
Sayuri rimase immobile per qualche secondo, come se fosse stata gelata, senza nemmeno respirare. Il suo cuore mancò un battito.
E smettila, pensò Sayuri, rivolta al suo corpo che sembrava reagire in modo completamente sballato rispetto alla sua mente.
Il ragazzo non sembrò particolarmente turbato da ciò che era appena successo, e Sayuri pensò bene di lasciare a lui il compito di girare le pagine.
L cominciò la sua spiegazione, e Sayuri si rese conto che, in qualche modo, era più coinvolgente di quella fornita dal professore.
È perché si tratta di lui, non per altro, giusto?
Forse era così, forse era per la sua voce calma, forse perché cercava sempre di guardarla negli occhi….
No, quello contribuisce soltanto a distrarmi.
Era comunque evidente quanto L fosse competente in materia. Sicuramente doveva essere intelligentissimo, in ogni caso. Aveva sfidato suo padre e, alla fine, era riuscito a scoprire il suo crimine, sicuramente doveva avere un cervello fuori dal comune.
Dopo la spiegazione, fecero assieme qualche esercizio, e Sayuri si rese conto di aver capito più o meno tutto. Alla fine, però, era stanchissima.
- Pausa! – disse, stiracchiandosi dopo aver terminato l’ennesimo esercizio. Si abbandonò sul divano, mentre L (che era sempre vicinissimo a lei) prendeva una busta di caramelle.
- Se vuoi, c’è anche il tè, ne ho portato un thermos, è nella borsa – disse la ragazza. Non aveva assolutamente voglia di alzarsi per prenderlo, stava troppo comoda su quel divano, e in più era incredibilmente stanca… fece appena in tempo a vedere L saltare giù dal divano per andare a prendere il thermos nella borsa….
Sognava. Era in una foresta, di notte. Davanti a sé vedeva ben poco, solo alberi e rami. Stava spostando tutto ciò che trovava davanti a sé, tentando di andare avanti, pur senza avere un luogo preciso in cui andare.
Poi, vide due occhi brillare nel buio, e cominciò a correre verso di essi. Man mano che si avvicinava, la luce aumentava, come se il sole stesse sorgendo… Sayuri fissava la terra sotto i suoi piedi mentre correva, poi alzò lo sguardo davanti a sé….
Era lui. Quegli occhi erano di L.
Continuò a correre verso di lui, e quando lo raggiunse lo abbracciò, buttandogli le braccia al collo… lo strinse forte a sé, non voleva lasciarlo andare per nessun motivo al mondo….
- Ti voglio bene… - mormorò.
Rimase lì, abbracciata a lui, per un tempo che sembrò simile ad un’eternità….
Dopo un po’, aprì gli occhi. Mise a fuoco ciò che aveva davanti a lei, e si ritrovò a fissare il soffitto.
Un momento… mi sono addormentata sul divano, dovrei avere il televisore davanti a me….
Si trovava adagiata su qualcosa di morbido, che evidentemente non era il divano. Si tirò su seduta, e mise meglio a fuoco tutta la situazione: aveva dormito sdraiata sul letto della stanza, nonostante quando si era addormentata non si trovasse lì.
Si guardò attorno, e vide L seduto dall’altra parte del letto, un lecca lecca in una mano e una tazza di tè nell’altra, lo sguardo rivolto verso di lei. Istintivamente, la ragazza pensò al sogno che aveva fatto.
Oh no, pensò, imbarazzata.
In quel momento pensò anche che, se lei si trovava in quel letto, era perché qualcuno doveva avercela trasportata di peso, e quel qualcuno non poteva essere stato altri che L.
La cosa peggiore era che, pur non essendo sonnambula, aveva l’odiosa abitudine di replicare nella realtà tutti i gesti che faceva nei sogni e le parole che diceva, ovviamente sempre nei momenti meno opportuni.
Improvvisamente, una serie di immagini si materializzò nella sua mente: L che la prendeva in braccio e la adagiava sul letto, per poi sedersi accanto a lei e, magari, accarezzarle i capelli come aveva fatto poche ore prima con la sua guancia. Particolarmente quest’ultimo pensiero fece accelerare i battiti del suo cuore.
- Oh, no! – disse Sayuri, stavolta a voce alta.
Sicuramente l’idea non ti è dispiaciuta, vero?
No, a ben pensarci non le sarebbe dispiaciuto, ma a turbarla in quel momento non era tanto il fatto che lei apprezzasse da parte di L attenzioni di quel tipo, quanto il fatto che una parte delle sue immagini mentali avesse avuto un corrispettivo reale.
La cosa che un po’ la rassicurava era il fatto che, con ogni probabilità, mimando l’atto di abbracciare il ragazzo si era ritrovata a stringere il vuoto e non lui, ma… e se avesse sentito le sue parole?
Sciocchezze. E poi, che c’entra, sarebbero potute benissimo essere rivolte a qualcun altro.
- Tutto bene? – domandò il ragazzo.
Sayuri si voltò nuovamente verso di lui. Per qualche ragione, gli occhi del ragazzo trovavano sempre il modo di incontrare i suoi.
- Io… sì, sì! Però… insomma… tu… ecco, tu hai….
Che razza di idiota.
Sayuri poté quasi vedere la piccola creatura che albergava nella sua mente portarsi una mano alla fronte e scuotere la testa.
L annuì.
- E… per caso… ho detto qualcosa mentre dormivo?
- Niente di intelligibile.
- E ho… fatto qualcosa di strano, mentre dormivo?
- No, niente. Hai dormito, e basta.
- Bene, allora! – disse Sayuri, esibendo un sorriso nervoso. Lanciò uno sguardo all’orologio appeso alla parete della stanza, e si rese conto che era piuttosto tardi.
- Io – disse, stiracchiandosi – credo che sia ora di tornare a casa. Ho dormito troppo qui, mi sa!
Si alzò dal letto, prese la borsa e il thermos, ormai vuoto – ma quanto tempo aveva dormito? – e uscì dalla camera.
Non appena chiuse dietro di sé il portone d’ingresso dell’albergo una sferzata di vento gelido la colpì.
Almeno così ti svegli, disse la vocina nella sua testa, e Sayuri sospettò che non si stesse riferendo soltanto al fatto che si era appena addormentata in quella camera d’albergo.

*

L le aveva mentito, di nuovo. Per meglio dire, aveva omesso una parte di verità, probabilmente quella che Sayuri non avrebbe mai voluto sentire, a giudicare dalle sue reazioni dopo il risveglio.
Lui sapeva che c’era qualcosa di strano in tutta quella faccenda, e non tutto stava andando come sperava.
Anzitutto, non che ritenesse la ragazza stupida, ma non credeva che sarebbe riuscita a scoprire la verità così in fretta. In secondo luogo, tutto il comportamento della ragazza in quella giornata era stato incredibilmente fuori dal comune. Lei non solo aveva considerato di poco conto il fatto che le avesse mentito, ma aveva scelto di restare accanto a lui, nonostante fossero coinvolti i suoi parenti più stretti.
Per il resto del tempo, si era comportata in modo più o meno normale, a parte quando lui le aveva accarezzato la guancia. Era l’unico modo che aveva per cercare di rassicurarla, capiva perfettamente che sapere di avere un padre assassino non doveva essere entusiasmante, e in questo senso lui non era mai stato bravo con le parole.
Allo stesso modo, capiva come mai la ragazza si fosse addormentata: probabilmente non aveva dormito per tutta la notte. Quello che non riusciva a spiegarsi completamente era ciò che accadde mentre lei dormiva.
Lui quasi non se n’era accorto: era intento a sorseggiare la sua tazza di tè e, giusto per mantenere la mente allenata, a risolvere qualche problema preso dal libro di Sayuri. Soltanto dopo un po’ si era voltato e aveva notato che la ragazza stava dormendo. Aveva un respiro lento e silenzioso, e la sua espressione mostrava tranquillità. Ad un tratto, però, il suo volto si era contratto in una smorfia.
Forse sta scomoda, seduta così, aveva pensato.
Si era alzato, e l’aveva presa in braccio per portarla nella camera da letto. I suoi gesti furono cauti e delicati. Cercò di limitare al minimo il contatto fisico, sia perché non voleva svegliarla, sia perché non aveva mai amato particolarmente la vicinanza fisica alle persone, ed era sicuro che nemmeno Sayuri in quel caso ne sarebbe stata troppo contenta.
Mentre la sollevava, però, la ragazza aveva reagito in modo strano, circondandogli il collo con le braccia. L pensò di averla svegliata, e che lei si fosse aggrappata a lui per paura di cadere.
Gli bastò guardarla per capire che non era così, e che lei stava ancora dormendo.
Sentì, mentre la trasportava, che Sayuri stava stringendo ancora di più il suo collo; o, meglio, lo stava abbracciando: il modo in cui aveva poggiato la testa sul suo petto era inequivocabile. La bocca della ragazza si era incurvata in un sorriso sereno, e le sue labbra si erano schiuse per pronunciare qualcosa che L non aveva capito.
Il ragazzo non poté negare di aver provato una sensazione strana. Non era mai stato così tanto vicino, fisicamente parlando, ad un’altra persona.
Non sapeva come reagire, e sicuramente restare fermo con Sayuri aggrappata a lui non sarebbe servito a niente. Si avviò velocemente verso la camera da letto, e, con suo grande sollievo, la ragazza mollò la presa non appena la adagiò sul letto.
La ragazza continuava a sorridere nel sonno, mentre lui si era seduto accanto a lei sul letto, e la osservava. Del resto, non aveva nient’altro da fare.
Tutta quella faccenda era andata un po’ oltre rispetto a quanto si aspettasse. Aveva sperato che la ragazza lo aiutasse fino alla fine senza sapere esattamente a chi lui stesse dando la caccia. Ovviamente, l’avrebbe allontanata, o le avrebbe assicurato un posto sicuro in cui stare non appena avesse scoperto un modo per trovarsi faccia a faccia con Light Yagami ed incastrarlo. Sayuri avrebbe scoperto tutto solo successivamente, e lui avrebbe solo dovuto spiegarle come stavano le cose.
La situazione, invece, era ora completamente diversa. Non solo lei sapeva, ma era comunque disposta ad aiutarlo. Conscia del pericolo che stava rischiando, non si era tirata indietro. Oggettivamente, non si trattava di un comportamento intelligente, ma L sapeva che vi erano varie ragioni per cui una persona si poteva comportare in modo stupido.
Si chiese che cosa effettivamente legasse quella ragazza addormentata al suo fianco a lui.
Non gli era mai capitato di sentire il bisogno di domandarsi una cosa del genere, dato che non c’era mai stata una persona che gliene avesse data la possibilità. Era sempre stato circondato da persone che lo ammiravano o lo temevano, ma nessuno aveva mai tentato di stabilire un rapporto più stretto. L’unica persona con cui aveva mai avuto un rapporto che andava oltre il timore o l’ammirazione era Watari, per lui quasi come un padre. Stavolta, si trattava di un legame completamente diverso.
L non aveva mai potuto dire di essere realmente amico di qualcuno, ma forse in quel caso si trattava di qualcosa di simile.
Sapeva di non essere il tipico ragazzo che ispira amicizia, e il fatto che nonostante ciò Sayuri gli fosse vicina non gli dispiaceva, gli dava quasi un’idea di normalità.
Lui non era né sarebbe mai stato simile ai ragazzi che, sicuramente, lei frequentava; anche eliminata la minaccia di Kira non avrebbe mai potuto vivere nel suo mondo: come spesso si era limitato a fare, l’avrebbe osservato attraverso Sayuri, attraverso il suo modo di comportarsi, attraverso i suoi racconti.
L non poté che meravigliarsi quando la ragazza, svegliandosi, gli aveva chiesto cosa avesse detto durante il sonno, per poi andarsene in fretta e furia. Semplicemente, non era da lei.
Per la prima volta in tutta la sua vita e in tutta la sua carriera di investigatore, L non aveva la minima idea di cosa passasse per la testa di una persona.

*

Sayuri chiuse la porta di casa dietro di sé. Sperò, invano, di poter chiudere fuori anche tutto ciò che sentiva dentro, le avrebbe fatto proprio comodo.
Comportandoti così, non stai facendo altro che del male a te stessa, Sayuri.
Non poteva essere, semplicemente. Lei non si era mai tirata indietro di fronte ai sentimenti, ma in quel caso la situazione era così assurda….
Lei era soltanto una ragazzina, la sua vita aveva sempre girato attorno alla scuola, alle amicizie, a tante cose frivole; ora, dopo aver conosciuto L, era entrata in contatto con un mondo quasi opposto al suo. Sapeva perfettamente che accettare quei sentimenti avrebbe praticamente voluto dire abbandonare tutto ciò a cui era abituata precedentemente, poiché si trattava di due aspetti della sua vita che non si sarebbero mai potuti conciliare.
Come se la tua vita non fosse già abbastanza stravolta.
Non… non sarebbe dovuta andare così!
Sayuri aveva sempre avuto un’idea chiara di come sarebbe stato il suo futuro: si sarebbe sposata con un bravo ragazzo che l’amasse, che possibilmente non avesse problemi economici e che fosse piaciuto anche ai suoi genitori e alle sue amiche. Insieme avrebbero avuto una vita tranquilla, magari anche uno o due bambini, e il loro mondo sarebbe stato pieno di amore e felicità. Il tutto per combinare assieme i suoi sogni romantici e la raccomandazione dei genitori di trovarsi un buon partito. Probabilmente lui sarebbe stato un figlio di un collega di suo padre, e si sarebbe trovato benissimo in casa sua.
Sayuri vide improvvisamente tutto quel sogno dissolversi, per lasciar posto alla realtà: L, i suoi capelli neri spettinati, i suoi occhi che la scrutavano, e che avevano quell’effetto così strano su di lei….
Basta, pensò.
Da quando in qua t’importa del giudizio di tuo padre? disse la solita vocina.
Era vero, in fondo: aveva avuto storie con ragazzi che, sicuramente, a suo padre non sarebbero piaciuti proprio per niente.
Storielle da nulla, ribatté la ragazza.
Quella era una situazione molto diversa. Per quanto un ragazzo avesse mai potuto attirarla, non lo aveva mai fatto in quel modo e con quegli effetti. Le sue amiche più timide avevano sempre invidiato la spigliatezza con cui si rivolgeva ai ragazzi: sempre sicura di sé, sempre allegra, mai imbarazzata. Quella parte di sé, evidentemente, davanti ad L veniva mandata alle ortiche.
Quello che provava, in un certo senso, era più importante di quello che aveva provato per qualsiasi altro ragazzo, semplicemente perché ciò che la teneva legata ad L aveva una natura più forte di una semplice e pura attrazione fisica.
Non puoi più farci niente. Ormai è destino.
Sayuri mise a tacere quella voce, pur sapendo che prima o poi avrebbe dovuto affrontarla, ed entrò in cucina. Vide Chika, da sola, che stava tirando fuori qualcosa, probabilmente un piatto precotto, dal frigo. Non appena vide la ragazza, si inchinò.
- Scusa, non… non aspettavo nessuno per stasera. Preparo subito qualcos’altro.
- Non importa, uno di quelli andrà benissimo. Basta metterli nel microonde, giusto? – rispose Sayuri. Chika annuì.
- E poi – continuò Sayuri – ceniamo assieme. È così deprimente mangiare da sole!
Si sedettero a tavola. Non appena cominciarono a mangiare, Chika domandò: - Allora… l’hai rivisto? È cambiato qualcosa?
Sayuri annuì, per poi scuotere la testa. – Non è cambiato assolutamente niente, anzi, le sensazioni sono, in qualche modo… peggiorate.
- Non parlare così – disse Chika, sorridendo – non è una cosa brutta, quello che ti sta succedendo. Dovresti essere felice, lo sei sempre stata in momenti del genere.
- Questo è il punto, Chika – rispose Sayuri – non c’è mai stato un “momento del genere”! Insomma, ho già provato qualcosa per altri ragazzi, ma non è mai stato nemmeno lontanamente simile a questo… e lui… è completamente diverso da qualunque ragazzo abbia mai conosciuto!
- Ed è qualcosa che ti dà fastidio?
Sayuri scosse la testa. – No, ma non è questo il punto. Insomma, tu mi vedresti più con uno che sia simile a me, magari uno dei miei amici… e lui non è così.
- Non puoi scegliere di chi innamorarti, Sayuri – disse Chika. Sembrava la copia vivente della sua coscienza. E, tuttavia, Sayuri dovette riconoscere che aveva ragione.
- Non fare così – continuò Chika, vedendola ancora pensierosa – probabilmente lui avrà già capito cosa provi. Non cercare di reprimere i tuoi sentimenti. È un errore terribile da commettere. Non prendertela con te stessa per ciò che senti, e vedrai che andrà tutto bene.
Continuarono a mangiare in silenzio, finché ad un tratto Sayuri disse: - Chika, sei mai stata nella mia situazione?
La ragazza davanti a lei annuì.
- Chi era lui?
Ogni modo per parlare d’altro che di lei e L era buono.
Chika sorrise leggermente. – Sai, prima di venire qui a lavorare frequentavo la scuola superiore, come te. C’era un ragazzo, un mio compagno di classe. Ero innamorata di lui, ma ero troppo timida e non avevo il coraggio di dichiararmi. Purtroppo, ho dovuto abbandonare la scuola prima che mi decidessi a fare qualcosa. Non l’ho più visto, dall’ultimo giorno in cui l’ho incontrato a scuola. È per questo che dico a te di non lasciarti sfuggire quest’occasione.
Sayuri sorrise debolmente. – Mi dispiace per quello che ti è successo… grazie… grazie per il consiglio, comunque.
Finirono di mangiare, e Sayuri aiutò Chika a mettere a posto, poi salì in camera sua.
Si sedette sul letto, e respirò profondamente. Chika aveva ragione, in fondo. Sayuri stessa riconosceva che era perfettamente inutile crucciarsi per ciò che provava, dato che farlo non avrebbe giovato né a lei, né al suo rapporto con L.
Gli hai promesso di restare con lui. Le tue parole potrebbero essere tranquillamente prese per una dichiarazione d’amore.
Sayuri non mise a tacere quella voce, per una volta.
Sei d’accordo, non è vero?
La ragazza sospirò. Una parte di lei voleva seguire il consiglio di Chika, l’altra voleva continuare ad ignorare i suoi sentimenti. A quale avrebbe dovuto dare ragione?
Non puoi evitare di provare ciò che provi.
Cosa avrebbe dovuto fare?
Anche se dovessi reprimere tutto, non smetteresti comunque di pensare a lui.
Era tutto vero. Cercare di nascondere tutto non avrebbe contribuito a farla stare meglio. In più, continuava a pensare a lui e, dopo tutto ciò che era successo quella sera, il pensiero le faceva venire le farfalle nello stomaco.
Sei innamorata di lui, è inutile che tu dica di no.
Sayuri ci pensò un attimo. Sapeva di essere ad un solo passo dall’ammetterlo, ormai. In fondo, non poteva esserci altra spiegazione. Lui le aveva toccato una guancia, e il suo stomaco aveva fatto le capriole, le loro dita si erano sfiorate, e il suo cuore aveva perso un battito, era stata per un attimo tra le sue braccia, e arrossiva al solo ripensarci.
Smettila di fare la stupida. Fai come hai sempre fatto, anche stavolta. Non farti tutti questi problemi, ed entra nel mondo dei sogni.
Già, perché lei l’aveva sempre chiamato così. Il mondo dei sogni. Quando sei innamorata, e ti sembra improvvisamente che tutto il resto del mondo scompaia, non hai occhi che per lui e ti senti leggera come una nuvola….
Sarebbe bello, vero?
La prospettiva la allettava, in fondo. Perché no, se dopotutto le cose non erano destinate a cambiare?
Si alzò dal letto, si mise in pigiama e si mise sotto le coperte. Era decisamente più tranquilla, come se in qualche modo la sua mente si stesse sciogliendo, assieme al nodo allo stomaco che ormai persisteva da due giorni.
Il suo cuore era pronto. A dire il vero, lo era sempre stato, e forse proprio per questo aveva cominciato a comportarsi in modo così strano.
La sua mente, almeno fino a quel momento, non aveva fatto altro che dirle quanto quei comportamenti fossero irrazionali, ma quando mai un sentimento del genere è stato pienamente razionale? E cosa le importava se suo padre non fosse stato d’accordo? Non si stava forse già mettendo contro di lui, e in modo addirittura peggiore, decidendo di aiutare L?
Chiuse gli occhi, e si addormentò quasi subito. Fu una notte senza sogni, ma tuttavia quando si svegliò Sayuri scoprì di star sorridendo. Era da qualche giorno che non lo faceva, non sicuramente in quel modo. Si sentiva la testa leggera, come se durante la notte qualcuno gliel’avesse svuotata.
Scoprì di non aver dormito meglio durante tutta quella settimana, si sentiva perfettamente sveglia. Nonostante ciò, però le sembrava di vivere in un mondo parallelo, come se ciò che aveva attorno non fosse reale.
Benvenuta nel mondo dei sogni, disse la vocina nella sua mente, stavolta stranamente benevola. O era soltanto lei che vedeva tutto sotto una luce più positiva?
Si fece la doccia e si vestì, scegliendo accuratamente gli abiti da infilare in borsa per cambiarsi: non avrebbe fatto in tempo a tornare a casa, e doveva essere più carina possibile quando sarebbe andata da L. Scelse l’abito rosso che aveva comprato assieme a lui, un paio di collant a righe colorate e gli stivaletti neri. Per sicurezza, mise nella borsa la matita per gli occhi, l’ombretto e il lucidalabbra. Era una cosa che non aveva mai fatto, ma quello era un momento speciale, e naturalmente farsi vedere al meglio le avrebbe dato una mano.
Non appena entrò in cucina, vide un grande pacco sul tavolo.
- Che cos’è? – domandò a Chika, che stava spolverando.
- L’ha portato il postino poco fa. Credo che siano i tuoi cioccolati.
Il sorriso di Sayuri si allargò ulteriormente.
Allora credo proprio che tornerò un attimo a casa a prendere un po’ del contenuto del pacco. L sarà contento.
- Sembri molto più serena rispetto a ieri sera… oggi devi rivederlo? – disse Chika.
Sayuri sapeva perfettamente a chi si stava riferendo, e annuì.
- Buona fortuna, allora – disse la giovane domestica.
- Grazie – rispose Sayuri, uscendo di casa.
Quando arrivò a scuola vide Kaori che, nervosa, camminava avanti e indietro per la classe. Sayuri non aveva dimenticato il compito di matematica di quella mattina ma, forse perché L le aveva praticamente fatto ripetizioni, forse perché si sentiva completamente immune da qualsiasi sentimento negativo, non ci stava dando particolarmente peso.
- Come fai ad essere così tranquilla! – esclamò l’amica appena la vide.
Sayuri avrebbe voluto dirle tutto, ma aveva la strana sensazione che in quel momento sarebbe stato come parlare al muro. Si limitò a sorridere, e rispose: - Non lo so, a dire il vero….
Si sedette, e aspettò l’arrivo del professore, sorbendosi nel frattempo una Kaori preoccupatissima riguardo a quanto poco avesse studiato matematica negli ultimi tempi.
- … poi, ecco, forse ieri avrei fatto meglio ad aprire un po’ il libro invece di farmi la manicure! E lo shopping avrebbe potuto attendere! Maledizione!
La ragazza si placò solo dopo l’arrivo del professore in aula, per dirigersi con aria disperata al suo posto.
Anche mentre il docente distribuiva i fogli del compito, Sayuri mantenne un’espressione perfettamente tranquilla, mentre Kaori aveva tutta l’aria di star pregando il primo dio di passaggio affinché le desse una mano.
Sayuri osservò la funzione davanti a sé, ed improvvisamente sentì la voce di L che le spiegava tutto risuonare nella mente: ora le bastava soltanto seguire passo passo le istruzioni. Continuò a sorridere, mentre posava la punta della penna sul foglio e cominciava a scrivere. Sicuramente i suoi compagni avevano pensato che fosse impazzita, nessuno aveva mai sorriso in quel modo durante un compito in classe, ma nessuno di loro avrebbe mai potuto capire cosa stesse provando in quel momento: il solo sentir risuonare nella sua mente la voce di L, il solo avere l’impressione che quel suono fosse replicato nelle sue orecchie la rendeva in qualche modo felice, come se lui fosse vicino a lei in quel momento per aiutarla.
- Sayuri?
Kaori stava bisbigliando nella sua direzione, cercando di evitare di farsi notare dal professore.
- Come cavolo faccio a trovare quel dannatissimo asintoto obliquo?
La risposta era abbastanza semplice, e Sayuri scrisse la formula su un foglietto, che poi passò all’amica.
- Ti adoro! – sussurrò Kaori, facendo il gesto del pollice in alto.
Dopo due ore, il professore ritirò tutti i fogli.
Sayuri, che per una volta era perfettamente sicura dell’esattezza del suo compito, si abbandonò sul banco, la testa poggiata sulle braccia conserte.
- Ancora quel sorrisetto sul volto? Guarda che così non mi fai mica sentire meglio! – esclamò Kaori, che si era piantata davanti al suo banco.
- Com’è andata? – domandò Sayuri.
- Secondo te? Uno schifo… almeno sono riuscita a trovare l’asintoto obliquo, però! E a te?
- Io? Tutto bene, almeno credo!
Kaori la guardò. – Tu non me la racconti giusta….
- Cosa te lo fa pensare? – disse Sayuri. Di solito parole del genere l’avrebbero un po’ irritata, ma in quel momento lei si sentiva troppo leggera perché qualcosa le desse fastidio, e inoltre c’era ben poco da nascondere, a dire il vero.
- Fammi indovinare… Ryuzaki è un genio in matematica, e ti ha spiegato tutto per bene! Ho indovinato?
Se Kaori avesse usato il suo intuito per scopi più costruttivi, probabilmente i suoi voti scolastici sarebbero stati molto più alti.
- Sì… ed è anche un bravo insegnante, sai?
- Davvero? Bene, se per caso vi mettete assieme potrebbe dare una mano anche a me e alle altre!
Sayuri continuò a sorridere, forse in un modo che poteva essere definito stupido. Certo, l’idea di stare con lui non le dispiaceva, ma non era sicura che lui avrebbe accettato di spiegare matematica anche alle sue amiche.
- Hmm – fece Kaori di fronte al silenzio dell’amica – non mi hai detto di stare zitta né sei rabbrividita all’idea di te assieme a Ryuzaki… c’è forse sotto qualcosa? C’è per caso qualcosa che non so?
- Più o meno – rispose Sayuri.
- Sei definitivamente innamorata di lui. Giusto?
Sayuri sospirò, e annuì. Non ci sarebbe stato nulla di male nel svelarglielo, vero? Era la sua migliore amica, e le migliori amiche hanno il diritto di sapere certe cose….
Kaori, per tutta risposta, la abbracciò con energia, cogliendola di sorpresa.
- Era ora! Finalmente te ne sei resa conto! Bisogna festeggiare!
- Ma io… non credo che….
- Niente storie! Oggi, in mensa, una fetta di dolce in più per tutte!
- Va bene… - disse Sayuri.
Il resto della giornata, fetta di dolce in più (anche se Sayuri trovò spazio nel suo stomaco per una terza fetta) compresa, passò così in fretta che Sayuri sembrò non accorgersene.
Tornò a casa più in fretta che poté, e corse in camera a cambiarsi. Poi si fiondò in cucina, e aprì la scatola dei dolci.
Dentro c’erano un sacco di leccornie, prevalentemente al cioccolato: oltre a due vasetti di crema da spalmare, vi era una scatola di cioccolatini incartati in carta dorata, varie confezioni di quelli che sembravano dei tronchetti ricoperti di cioccolato, due confezioni di merendine dall’aria piuttosto invitante e, avvolte nella carta in modo da non rompersi, delle uova di cioccolato.
Sayuri prese un po’ di tutto, e mentre si apprestava a chiudere la borsa e la scatola, suo padre entrò in cucina. Sayuri quasi sobbalzò.
È tuo padre. In teoria, non dovresti avere alcun motivo per spaventarti, perciò stai calma.
- Ciao, papà – disse.
- Scusa se ti ho spaventata, non volevo.
- Ma no, figurati! Piuttosto, che ci fai in casa?
- A dire il vero, sono appena tornato. Il martedì pomeriggio sono sempre libero, te ne sei scordata?
- Oh, scusa, è vero.
Gli occhi di Light Yagami scrutarono prima il volto di Sayuri, lanciarono un’occhiata alla borsa della ragazza e, infine, si soffermarono sulla scatola lì accanto.
- Cioccolato, giusto? – domandò. Sayuri annuì.
- Hai gusto per i dolci. Mi ricordi qualcuno.
Lo sguardo di Light si fece improvvisamente gelido, e Sayuri cominciò ad avere veramente paura. Infatti, entrambi sapevano benissimo a chi suo padre si stesse riferendo.
Mantieni il controllo. È ciò che lui vuole, scoprire se stai combinando qualcosa di losco.
- Oh, chi? – domandò la ragazza, fingendosi entusiasta.
- Un mio vecchio amico – rispose l’uomo.
- E… che fine ha fatto? – continuò la ragazza, che avrebbe cercato di troncare quella conversazione prima possibile.
Il volto di Light si contrasse in una smorfia. – Morto, purtroppo. Più di vent’anni fa.
- Oh… mi dispiace – disse Sayuri, cercando di suonare più convincente possibile.
- Ora devo andare, comunque. Devo far assaggiare questi dolci a Kaori, sicuramente ne sarà felicissima.
Chiuse in fretta la borsa, e corse fuori. L’aria fredda la aiutò a liberarsi dalla tensione accumulata durante quella discussione, e il pensiero di andare da L la fece tornare di buonumore. Non vedeva l’ora di rivederlo.

Scusatemi per il ritardo T___T purtroppo tra università e congiunzioni astrali varie il tempo per scrivere si è ridotto drasticamente T___T un grazie enorme a chi sta seguendo questa fanfic, la vostra pazienza è incredibile! Spero comunque che questo capitolo vi sia piaciuto!

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Capitolo 6
*** Cap 6: Sharing Sweets ***


Cap. 6: Sharing Sweets
 
“It’s a world where madness craves,
It’s a world where hope’s enslaved,
Oh, I tremble for my love always….”

Tremble For My Beloved – Collective Soul
 
“È un mondo dove la pazzia implora,
è un mondo in cui la speranza è imprigionata,
Oh, io ho paura per il mio amore, sempre….”
 
Mentre aspettava che la porta della camera si aprisse in risposta al suo bussare, Sayuri sentì il suo cuore accelerare spaventosamente i battiti. Era qualcosa che sapeva non sarebbe riuscita a controllare tanto facilmente, ma che avrebbe preferito evitare. Era felice, ma non poteva fare a meno di essere nervosa: ora avrebbe visto il comportamento di L nei suoi confronti con occhi totalmente diversi rispetto a prima, e lei stessa si sarebbe rapportata a lui in modo diverso, probabilmente.
La porta, infine, si aprì, ed L accolse la ragazza nella stanza. Non appena Sayuri lo vide, il sorriso che aveva stampato in faccia da quella mattina si allargò ulteriormente.
- Ciao! – disse la ragazza allegramente. Come suo solito, poi, si sedette sul divano e posò la borsa sul tavolino.
L si sedette al suo fianco, mentre lei rovistava nella borsa per tirare fuori ciò che aveva preso da casa.
L osservò stupito i pacchetti colorati che la ragazza stava tirando fuori: si trattava senza dubbio di dolci, eppure stranamente L non aveva mai avuto l’opportunità di assaggiare nulla di simile.
- Guarda cos’ho portato! – esclamò la ragazza, indicando i dolci che aveva appena tolto dalla borsa. – Li ho ordinati dall’Italia, sono buonissimi, assaggiane uno!
Il ragazzo non si fece pregare, e la sua mano si mosse istintivamente verso una delle confezioni doppie di tronchetti di cioccolato. Sayuri lo imitò.
- Che cosa sono? – domandò L.
Per rispondergli, Sayuri osservò più da vicino la confezione, e provò a leggere ciò che vi era scritto su.
- K… I… N… D… E… R… oh, non lo so, è una parola inglese che non ho mai sentito….
- Infatti non è inglese – rispose il ragazzo – è tedesco. Vuol dire “bambino”.
Sayuri scoppiò a ridere. – Grazie, sono proprio un’ignorante….
- Non hai mai studiato tedesco, immagino – disse L.
- No, solo inglese a scuola… è difficile, è così diverso dal giapponese… e tu? Conosci molte lingue?
- Giapponese, inglese, francese, tedesco, un po’ di italiano e qualche parola di russo.
Sayuri lo osservò a bocca aperta.
- Ma… allora puoi leggere tu quello che c’è scritto sulla confezione! – esclamò la ragazza passandogli la sua confezione, dato che ormai L aveva aperto la sua.
Un ottimo modo per sfiorargli “casualmente” la mano, giusto? disse la vocina, con aria complice.
Sayuri la ignorò, pur sapendo benissimo che il suo obiettivo era esattamente quello. Sicuramente il suo cuore non l’avrebbe ringraziata, ma la sensazione che anche quel semplice contatto le aveva fatto provare il giorno prima era stata incredibile. Ora che riusciva a vedere tutto sotto una luce più positiva, anche quella sensazione assumeva un significato diverso.
L prese il pacchetto, usando come sempre solo pollice e indice, e la sola vicinanza delle loro mani bastò a far quasi mozzare il respiro a Sayuri.
E dire che l’avevi quasi premeditato, intervenne nuovamente la voce.
- Il ripieno è alla nocciola – disse il ragazzo – ed è ricoperto di cioccolato.
- Buono, allora! – esclamò la ragazza, porgendo la mano per farsi ridare il pacchetto. Tentò di leggere nuovamente ciò che c’era scritto sulla confezione: - K… I… N… D… E… R… B… U… E… N… O… oh, è inutile, tanto per me è arabo – disse, scartando uno dei due tronchetti contenuti nella confezione e addentandolo.
- Oh, ma è buonissimo, vero?
L annuì. – Hai buon gusto, davvero – disse, finendo il primo Kinder Bueno.
Beh, è un complimento, pensò Sayuri, felice, e inoltre lui è un esperto in fatto di dolci, se mi ha detto che ho buon gusto vuol dire che sono riuscita a colpirlo!
Come se li avessi fatti con le tue mani. La vocina era tornata ad essere la solita: pungente ed implacabile.
- Posso chiederti un favore? – domandò il ragazzo.
- Certo, tutto quello che vuoi! – rispose prontamente la ragazza.
Non ti sembra di star esagerando?
Purtroppo, Sayuri era fatta così: sempre disposta a fare tutto ciò che era in suo potere per rendere felici coloro che amava. E aveva l’impressione che L avesse bisogno di felicità molto più di qualunque altra persona avesse mai conosciuto.
- Avrei bisogno di un cellulare e di un portatile. Devo effettuare delle ricerche, e inoltre vorrei che tu avessi un recapito telefonico che non sia il numero della stanza d’albergo, in modo tale da potermi contattare in qualsiasi momento nel caso in cui ti serva aiuto… ovviamente per quanto concerne tuo padre.
Sayuri sorrise. – Oh, non c’è problema! Ti posso dare il mio vecchio portatile e il mio vecchio cellulare, non saranno gli ultimi modelli, ma… ouch!
L l’aveva leggermente colpita in testa con uno dei Kinder Bueno che aveva in mano. Sayuri si voltò, e vedendo L che ancora brandiva il tronchetto di cioccolato come se fosse stato un oggetto contundente non riuscì a restare seria.
- Scusa – disse lui.
In un’altra situazione e con un altro ragazzo al suo posto, Sayuri avrebbe pensato che fosse pazzo: prima l’aveva colpita, poi si era scusato, non era un comportamento normale.
Naturalmente, L era un caso a parte, e Sayuri non riusciva proprio ad arrabbiarsi con lui.
- Grazie per la disponibilità – continuò L – ma credo che la cosa migliore da fare sia comprare tutto. Anzi, è il caso che anche tu compri un cellulare nuovo. Tuo padre è un uomo molto sospettoso, e anche se non ti sei mai comportata in modo strano di fronte a lui potrebbe aver deciso di spiare le tue telefonate solo per esserne effettivamente sicuro. E, naturalmente, le nostre conversazioni non devono essere spiate, altrimenti tutti i nostri sforzi saranno stati vani.
- Va bene – disse Sayuri. La verità era che si sentiva stupida, soprattutto mettendosi al confronto con un ragazzo intelligente come L. Quella sensazione sicuramente doveva essere riflessa nella sua espressione, visto il modo in cui L la stava guardando, sorridendo come se stesse cercando di consolarla.
- Scusa, è che… insomma… quando me ne esco con certe idee mi sento proprio un’idiota – disse lei.
- Invece, io credo che tu non lo sia – disse L. – Fino a questo momento, sei riuscita a tenere tutto nascosto a tuo padre… e tu, che lo conosci da ben diciotto anni, dovresti sapere meglio di me che si tratta di un’impresa ardua.
Un altro complimento? Il secondo in meno di mezz’ora?
Sayuri gli sorrise. – Grazie – disse – anche se non credo di star facendo nulla di particolare al riguardo.
- L’importante è che tuo padre venga a sapere di ciò che stai facendo il più tardi possibile.
- Terrò duro, allora! – rispose la ragazza, aprendo la scatola di cioccolatini dorati che aveva davanti a sé. Anche parlando di un argomento delicato come quello riusciva a restare allegra.
- Tra poco andrò a comprare tutto ciò che mi hai chiesto… ma prima devo assaggiare tutti questi dolci! Con te, rischio di non trovare più nulla al mio ritorno!
Effettivamente, L dovette concludere che aveva ragione: era sempre stato l’unico a mangiare costantemente dolci tra le persone che conosceva, e non era abituato a dividerli con qualcun altro.
Solo quando ebbe assaggiato tutto Sayuri decise di uscire per comprare tutto ciò che serviva.
- Mi raccomando, non finire tutto! – disse, prendendo la borsa e uscendo.
L rimase seduto sul divano, e continuò a mangiare dolci. Ricordava perfettamente cosa era abituato a fare nella sua vita precedente: mangiava in continuazione, senza preoccuparsi di quanto mangiava, sicuro che, terminato il contenuto di un vassoio di pasticcini, Watari sarebbe stato pronto a portargliene un altro. Stavolta, come ormai non faceva altro che ripetersi, era diverso: non solo la quantità di dolci, per quanto comunque impressionante, era nettamente minore, ma addirittura aveva al suo fianco una ragazza che mangiava più o meno come lui e che, naturalmente, voleva la sua parte.
Decise di diminuire il ritmo. Forse masticare più lentamente gli avrebbe dato una mano. Sayuri forse si sarebbe arrabbiata se lui non le avesse lasciato nulla, ma in tutta sincerità non era quello ciò che lo preoccupava. No, non gli interessava l’eventuale ramanzina che gli avrebbe fatto, così come non gli era mai importato per nessun altra persona; semplicemente, non avrebbe voluto vederla triste.
Era strano da pensare, specialmente per uno come lui, ma in qualche modo quella ragazza gli piaceva.
Decise di accendere il televisore, ma sfortunatamente per lui Sayuri aveva poggiato il telecomando accanto allo schermo, così il ragazzo dovette alzarsi per andarlo a prendere. Subito dopo essere sceso dal divano, istintivamente si infilò una mano nella tasca dei jeans, come se si fosse appena reso conto di averci lasciato qualcosa dentro. Le sue dita incontrarono alcuni pezzi di carta. Li tirò fuori dalla tasca e li osservò. Erano delle banconote.
Non si trattava sicuramente di una fortuna, ma erano sufficienti a comprare qualche oggetto di medio valore.
Poi, accadde qualcosa di strano. In quei giorni, L aveva sempre avuto la strana impressione di star dimenticando qualcosa, come se nella sua mente mancasse un tassello importante. Era una sensazione insopportabile per uno come lui, abituato ad avere ogni situazione sempre sotto controllo. Era come se la morte gli avesse portato via alcuni ricordi, e che il ritorno alla vita gliene avesse restituito immediatamente solo una parte. Naturalmente, il suo rinnovato impegno contro Kira gli impediva di soffermarsi su quella sensazione, ma nei pochi momenti in cui ci pensava, lo trovava frustrante.
Gli era bastato uno sguardo a quelle banconote per tornare a ricordare qualcosa.
Fino a quel momento aveva sempre pensato di non avere altro sostegno economico al di fuori di Sayuri, ma ora riconosceva che non era vero.
Quando era ancora in vita, aveva chiesto a Watari di depositare del denaro in banca, aprendo un conto a cui avrebbero avuto accesso solo lui e Watari. L’anziano maggiordomo, al tempo, era rimasto stupito dall’ordine impartitogli da L, domandandosi l’utilità di un conto separato, ma il ragazzo sapeva benissimo ciò che stava facendo. Le condizioni economiche in quel momento erano ancora abbastanza rosee, ma dopo qualche anno la situazione sarebbe potuta cambiare; inoltre, come aveva detto a Watari, nell’eventualità della sua morte i suoi successori avrebbero potuto usufruire del denaro.
Le cose erano andate un po’ in maniera diversa, e Watari era morto assieme a lui, ma L era sicuro che quei soldi, in quell’occasione, gli sarebbero serviti.
Sorse però un altro problema: per poter usufruire del conto avrebbe avuto bisogno di una carta, e naturalmente per farsela fare avrebbe avuto bisogno di documenti. Riuscire a procurarseli legalmente era abbastanza improbabile, senza contare il fatto che non aveva alcuna intenzione di fornire il suo vero nome. Sapeva dell’esistenza di metodi non eccessivamente rischiosi per ottenere documenti falsi, ma in ogni caso non si trattava di un problema immediato, dal momento in cui mancavano ancora vari elementi al suo piano per incastrare Light Yagami.
Accese la televisione, sperando di trovare qualche programma televisivo interessante. Con suo grande disappunto, non vi era praticamente nulla di suo interesse. Si sedette nuovamente sul divano, ad aspettare pazientemente il ritorno di Sayuri.
 
*
 
Sayuri si fermò sul pianerottolo per prendere fiato.
Caspita, questo computer pesa tantissimo, pensò.
Bussò alla porta della camera.
- è aperto – rispose L.
Sayuri entrò, si sedette sul divano e poggiò la busta accanto a sé. Poi lanciò uno sguardo ai dolci sul tavolino, e vide che la maggior parte era ancora lì, intatta.
L allungò la mano sul tavolino, e prese un pacchetto di Kinder Bueno. L’ultimo pacchetto.
- No! – esclamò Sayuri, mentre il ragazzo apriva il pacchetto – L’ultimo Kinder Bueno no!
Incrociò le braccia e assunse un’aria offesa.
Sentì poi qualcosa toccarle la spalla, e si voltò verso L. Il ragazzo le stava porgendo uno dei due Kinder Bueno.
- Tieni – disse. La ragazza prese il Kinder Bueno, tornando a sorridere.
- Grazie – rispose.
Sayuri sapeva che probabilmente lui avrebbe preferito tenere per sé entrambi i Kinder Bueno, eppure aveva deciso di darne uno a lei.
Meriterebbe un bell’abbraccio, pensò.
Meglio di no, per ora, disse la vocina. Lui potrebbe, ehm, non essere d’accordo.
Scacciò dalla sua mente quel pensiero, e concluse che avrebbe resistito alla tentazione di abbracciarlo solo e soltanto perché altrimenti sarebbe sembrata troppo intraprendente.
Sono i ragazzi a dover fare il primo passo, aveva sempre pensato.
- Beh, perché invece non apriamo questi? – disse Sayuri, indicando gli ovetti avvolti in carta colorata. L ne prese uno, e glielo porse. Il contatto con le dita di L fu per Sayuri, come già aveva avuto modo di constatare, come una scarica elettrica.
Dovrai abituarti.
Scartò il piccolo uovo, e lo aprì. Dentro c’era una scatolina gialla, che sicuramente conteneva la sorpresa. Sayuri aprì anche quella. Dentro vi erano un sacco di pezzettini di plastica, e un foglietto di carta.
- Oh, credo che sia da montare – disse.
- Passamelo – disse L, tendendo la mano verso di lei. La ragazza gli passò il mucchietto di pezzetti di plastica.
- Aspetta, ti do anche il foglietto con le istruzioni… - disse la ragazza.
- Non ne ho bisogno – disse lui, osservando i pezzi.
Sayuri osservò le mani di L muoversi mentre assemblava il piccolo gioco. Si trattava di una specie di fiore i cui petali si schiudevano schiacciandone lo stelo, rivelando una piccola ape sorridente.
- Che carina! – esclamò Sayuri, mentre L le porgeva il giochino.
- Piuttosto – disse il ragazzo – hai preso tutto ciò che ti ho chiesto?
- Certamente – rispose Sayuri, prendendo la busta che aveva poggiato al suo fianco, e tirandone fuori tutti i nuovi acquisti.
- Ecco il computer – disse la ragazza, porgendogli una pesante scatola rettangolare – ed ecco il cellulare – continuò, mettendogli in mano una scatola più piccola.
- Il tuo? – domandò L.
- Il mio è già al sicuro nella borsetta, non preoccuparti – rispose la ragazza.
L aprì la scatola del cellulare, e lo tirò fuori prendendolo tra pollice e indice e osservandolo con aria sconcertata. Sicuramente l’oggetto che aveva in mano avrebbe eseguito perfettamente il suo lavoro, ma….
- Tutto a posto? Forse non ti piace il colore? – domandò Sayuri.
L scosse la testa.
Un cellulare di colore blu fosforescente. Non si tratta certamente del colore migliore del mondo.
Tuttavia, L dovette ammettere che non era il caso di lamentarsi troppo: era già tanto se ce l’aveva, un cellulare. Purtroppo, il tempo in cui poteva permettersi di pretendere qualcosa di meglio apparteneva ormai a un’altra vita.
Il ricordo del conto segreto aveva significato un passo verso l’indipendenza, almeno dal punto di vista economico.
Ti dispiace la compagnia di Sayuri?
No, la verità era che tutta quella situazione effettivamente non gli dispiaceva, ma talvolta affioravano alcuni particolari pronti a ricordargli che forse, nella sua vita precedente, non avrebbe mai potuto sopportare una ragazza come lei, e probabilmente l’avrebbe scacciata non appena se ne fosse presentata l’occasione. Erano completamente opposti: lui, serio e taciturno; lei, allegra e loquace. Se si fossero trovati in una situazione di vita comune, si sarebbero odiati reciprocamente, con ogni probabilità.
In quel momento, però, sapeva che la ragazza non stava con lui per puro senso del dovere… c’era, anzi, più di una probabilità che Sayuri fosse ancora lì perché effettivamente si trovava bene con lui. La cosa era abbastanza assurda, pur piacevole, ed era per questo che L desiderava al più presto raggiungere la completa indipendenza: riteneva Sayuri non perfettamente conscia del pericolo a cui stava andando incontro, e anche se fosse sopravvissuta sarebbe stata costretta a vedere la morte sua o di suo padre. L aveva idea di cosa significasse guardare la morte in faccia, e non aveva idea di che effetto avrebbe potuto avere su una ragazzina come Sayuri. Era vero, lui aveva cominciato a risolvere casi addirittura prima dei diciotto anni, ma era così diverso da Sayuri e, in generale, da un qualsiasi ragazzo normale che il suo caso non poteva essere considerato più di tanto.
Sayuri apparteneva al suo mondo, un mondo dove avrebbe vissuto spensierata per tutta la sua giovinezza e dove avrebbe condotto una vita normale. Fare in modo che restasse legata a lui avrebbe probabilmente significato ucciderla, in un modo o nell’altro, e questa era l’ultima cosa che L voleva.
Poi, tutto sommato, cosa gli sarebbe servito per portare a termine il suo compito e tentare di vincere la sua sfida contro Kira? Non molte cose, solo un computer e una certa disponibilità finanziaria, e in quel momento lui aveva entrambe.
Ora, l’unica cosa che avrebbe dovuto fare era dire a Sayuri che non aveva più bisogno del suo aiuto, e di continuare per la sua strada senza rischiare inutilmente.
Lei probabilmente si sarebbe offesa e, delusa, se ne sarebbe andata.
Probabilmente l’idea non le piacerà, ma le passerà subito.
Bene, ora non gli restava altro da fare che parlarle del conto in banca segreto, lei avrebbe capito.
C’era tuttavia qualcosa che lo bloccava. Pensò al tempo che aveva passato con lei, e lo mise al confronto con la sua vecchia vita… era come se, in quel momento, avesse qualcosa in più, e, come già aveva concluso da tempo, qual qualcosa in più era arrivato addirittura a piacergli, tanto da non voler, in quel momento, lasciarlo andare.
No, pensò.
Era la regola numero uno per chi lavorava nel suo campo: evitare coinvolgimenti sentimentali di qualsiasi tipo. Lui non aveva mai avuto problemi al riguardo: per carattere tendeva a non legarsi eccessivamente alle persone con cui lavorava.
Affezionarsi ad una persona rientrava nei “coinvolgimenti sentimentali”?
Al 100%, pensò L.
- Allora, non provi il computer? – disse Sayuri.
- Certamente – disse il ragazzo, aprendo la scatola rettangolare.
Aveva deciso di non dire niente, e di lasciare la situazione invariata.
Egoista.
Il computer era di un normalissimo nero metallizzato, ma non era il colore ciò che interessava ad L. Ovviamente, avrebbe dovuto avere un dispositivo per captare la rete wireless (che, quasi sicuramente, era presente nell’hotel), e qualche potenzialità in più gli avrebbe fatto comodo.
Sayuri guardò l’orologio, e si rese conto che era tardi. Aveva perso troppo tempo a cercare le cose migliori per L, e non si era resa conto dell’orario. Inoltre, suo padre sarebbe tornato per cena, e anche se la prospettiva di restare faccia a faccia con lui non le piaceva per niente, sapeva che si sarebbe insospettito se non fosse tornata in tempo. Solitamente tornava a casa tardi soltanto di venerdì o di sabato sera, ed era sicura che suo padre l’avesse notato; il restare troppo fuori casa anche durante la settimana non avrebbe sicuramente dato l’impressione che fosse tutto perfettamente normale. Inoltre, restare lì non avrebbe avuto molto senso: L sarebbe stato troppo preso dal nuovo computer per prestarle attenzione, sarebbe stata soltanto d’intralcio.
- Io… devo andare. Credo che mio padre sia a cena a casa, oggi – disse Sayuri.
- No, aspetta – disse L – Devo installare un programma nei nostri cellulari, per evitare che le nostre chiamate siano intercettate, e ovviamente dobbiamo scambiarci i numeri.
- Va bene – disse la ragazza, tirando fuori il suo nuovo telefono. Era lo stesso modello di quello di L, ma di colore rosa shocking, e la ragazza vi aveva già attaccato una serie di pendagli che assieme, probabilmente, avrebbero pesato più dello stesso cellulare.
L pensò che certi colori sarebbero dovuti essere banditi dal mondo della telefonia, ma purtroppo non era così, e Sayuri era liberissima di scegliersi un cellulare del colore che preferiva, anche se una tinta del genere non sarebbe passata inosservata, nell’evenienza di dover chiamare di fronte ad altre persone.
L non impiegò molto tempo ad installare il programma anti-spia nei loro cellulari, gli bastò una decina di minuti. Non si era lasciato scoraggiare dal fatto che il computer che Sayuri gli aveva dato fosse di venticinque anni più moderno rispetto a quelli a cui era abituato.
- Bene… per i numeri? – domandò Sayuri.
- Sicuramente assieme alle nuove schede ti avranno dato dei fogli con tutti i dati, giusto? – domandò L.
Sayuri annuì, e frugò nella busta per prenderli.
- Ecco, questo è il mio, e questo è il tuo.
- Bene – disse L – Ora tu salverai il mio numero nel tuo telefono, e così farò io con il tuo.
- Perfetto, ma… con che nome ti salvo? Certamente L non va bene… Ryuzaki?
L scosse la testa. Non era un nome eccessivamente comune, e se fosse saltato all’occhio di Light Yagami sicuramente non ci avrebbe messo molto a collegare tutto….
- Hideki. Usa questo nome.
- Oooh, come Ryuuga Hideki! – esclamò la ragazza.
L si voltò verso di lei. – Come? – disse.
- Ryuuga Hideki… è un attore, e un cantante. Ogni tanto mia madre gira qualche film con lui, è abbastanza famoso.
- Che coincidenza – disse L, pur sapendo benissimo che non era così. 
Sayuri salvò il nuovo numero sul suo cellulare, e lo stesso fece L.
- Perfetto. Hai un accendino con te, per caso? – domandò il ragazzo.
- No – rispose la ragazza – Perché, fumi?
L scosse la testa. – Devi bruciare i fogli con i numeri il prima possibile. È l’unico modo per eliminarli.
- Ok. C’è un distributore, proprio qui vicino all’albergo, credo di poterne comprare uno – rispose la ragazza.
- Perfetto. Mi raccomando, cerca di non farti vedere da nessuno.
- Va bene. Ora vado, non voglio che papà si insospettisca.
Sayuri uscì dall’albergo, e prese un accendino dal distributore accanto. Decise di bruciare i fogli lì sul posto, ma avrebbe dovuto trovare un modo per nascondersi: avrebbe attratto parecchio l’attenzione se avesse appiccato un fuoco per strada. Un angolo nascosto sarebbe andato benissimo.
Sayuri sperò solo che suo padre non decidesse di passare per quella strada proprio in quel momento.
Andò tutto bene, e i fogli con i numeri furono ridotti ad un mucchietto di cenere.
La ragazza ritornò a casa in fretta, aspettandosi di trovare suo padre seduto al tavolo della sala da pranzo, magari leggendo il giornale. Invece, non trovò nessuno.
Si affacciò in cucina, e vide Chika che sorseggiava una tazza di tè.
- Ciao, dov’è papà? – domandò Sayuri.
- Non lo so… non è ancora tornato.
- Strano – rispose la ragazza – oggi dovrebbe essere a cena a casa.
Chika fece spallucce.
- Non importa. E non disturbarti per la cena, ho ancora un po’ di dolci da mangiare.
Aprì uno degli armadietti della cucina, e prese un paio di merendine.
- Beh, sicuramente in questo periodo sarai in vena di mangiare cose dolci, vero?
Sayuri sorrise. – Immagino di sì – disse, scartando la prima merendina.
Subito dopo aver mangiato, Sayuri si chiuse nella sua stanza, e si buttò sul letto.
Si sentiva bene. Era vero, quel pomeriggio non era successo niente tra lei e L, ma anche solo vederlo la rendeva felice.
Sei proprio messa male, disse la vocina.
Chiuse gli occhi, e si rilassò. Doveva soltanto stare attenta a non addormentarsi vestita sul letto.
Il cellulare squillò. La suoneria non era familiare a Sayuri, dunque doveva essere il cellulare nuovo. La ragazza si riscosse improvvisamente dal suo momentaneo torpore, e saltò a sedere sul letto.
Era L.
E chi altri avrebbe potuto essere?
- Ciao – disse L.
- C-ciao – rispose Sayuri. Anche il semplice sentire la sua voce aveva un qualche effetto su di lei.
- Come va con tuo padre? – domandò il ragazzo.
- Stasera non è tornato a casa. È strano, ma credo di esserne sollevata. È sempre più difficile sostenere il suo sguardo, sembra che mi stia sempre scrutando, come se volesse carpirmi qualche segreto!
- In effetti, abbiamo qualcosa da nascondere, noi due.
- Certo, sei tu il segreto! Mio padre ha sempre avuto uno sguardo penetrante ma, ecco, sembra quasi che in questo periodo lo sia più del solito. Mi fa paura, a volte.
- Cerca di stare tranquilla – disse il ragazzo. Il fatto che si preoccupasse di come si sentisse era una cosa carina da parte sua.
- Ci proverò.
- Beh, credo che sia tutto, per stasera – disse il ragazzo.
Sayuri prese fiato, come se avesse voluto dire qualcos’altro. La verità era che aveva la mente completamente vuota. Non voleva chiudere la telefonata, e avrebbe voluto dire a L che le sarebbe bastato sentire la sua voce, che avrebbe potuto parlare di ciò che voleva, e lei non avrebbe fatto altro che ascoltarlo… si sarebbe addormentata sentendo la sua voce….
La troverebbe una cosa assurda, disse la solita, realista vocina.
- Io… volevo prima ringraziarti.
- Per cosa?
- Per ieri. La lezione di matematica. Il compito è andato benissimo.
- Figurati. Per me non è stato un peso aiutarti. Ora però devo lasciarti.
Preferisce collaudare il computer nuovo piuttosto che parlare con te, insinuò la vocina.
Gli serve per le indagini, immagino che ora sia piuttosto impegnato, devo capirlo.
- Certo. Ci sentiamo, allora.
- Va bene. Buonanotte.
- B-buonanotte anche a te. Dormi… dormi bene.
Aveva già chiuso.
“Dormi bene”? Tutto questo è ciò che sai dire?
Non si trattava certamente della cosa più intelligente da dire.
Oh, beh, certamente meglio di fare scena muta, ribatté Sayuri, infilandosi il pigiama.
 
*
 
La scuola, forse per l’inizio dei rientri pomeridiani sempre più concentrati sugli imminenti esami, si era fatta sempre più impegnativa. Ogni giorno Sayuri tornava a casa che ormai era ora di cena, stanchissima. Lei e i suoi compagni ormai non aspettavano altro che l’inizio delle vacanze per il Capodanno. Ciò che infastidiva Sayuri, però, non era tanto il fatto di fare lezione fino a tardi. Le sembrava quasi incredibile, ma anche in quei pochi giorni di lontananza L le mancava.
Beh, certo, avrebbe potuto chiamarlo, ma probabilmente sarebbe sembrata invadente, e a lui non sarebbe piaciuto.
Inoltre, se lui avesse voluto sentirla, avrebbe chiamato.
In ogni caso, ogni sera gli aveva mandato un messaggio, giusto per informarlo della situazione. Effettivamente, c’era poco da dire. Suo padre non era quasi mai in casa, e Sayuri era molto sollevata di questo. In diciotto anni di vita, Sayuri non si era mai resa conto di quanto gli occhi di suo padre potessero essere freddi e minacciosi, e la sensazione era amplificata dal fatto che lei avesse effettivamente qualcosa da nascondere. Casa sua era sempre stata per lei un luogo in cui sentirsi sicura; l’allarme teneva lontani i malintenzionati, e il fatto che suo padre lavorasse dalla parte della giustizia le dava l’impressione di essere invulnerabile.
Era tutto cambiato. Lei era alle prese con un segreto e con una responsabilità più grandi di lei, sapeva che anche un dettaglio, una distrazione sarebbero potuti essere fatali; casa sua, specialmente con suo padre dentro, era diventato un luogo da evitare.
A tutto ciò, ovviamente, si aggiungevano i problemi di una normale ragazzina.
In ogni caso, Sayuri non aveva né il tempo né la voglia di provare paura, almeno finché non fosse stato necessario. La sua mente era proiettata verso il giorno seguente: ormai la settimana era finita, l’indomani sarebbe stato sabato e lei sarebbe finalmente andata di nuovo da L.
In quel momento era in piedi davanti all’armadio, senza avere la minima idea di cosa indossare il giorno seguente.
Se ci fosse mamma saprebbe come consigliarmi, pensò.
Alla fine riuscì a scegliere cosa si sarebbe messa per andare in discoteca l’indomani notte, ma per l’indomani pomeriggio niente da fare.
Kaori le aveva chiesto di andare a ballare con lei, e ovviamente lei non si era fatta pregare. Amava ballare, e nonostante tutta la situazione questo non era cambiato.
Il fatto che avesse già scelto i vestiti per una serata in discoteca e non quelli per quella che poteva dirsi una semplice uscita, però, era assai grave.
Ho tutto il tempo per pensarci domani mattina, pensò Sayuri, sbadigliando.
No, rispose la vocina, domani mattina devi andare a prendere il regalo per L, te ne sei per caso scordata?
Oh, certo, il regalo. Sapeva già cosa comprare, ed era sicura che sarebbe stato un regalo azzeccato. Era sempre stata brava a fare regali, e particolarmente in quel caso non avrebbe dovuto fallire.
Quando si svegliò, il giorno dopo, si sentiva piena di vitalità. Rimandò la scelta dei vestiti da indossare per l’incontro con L a quel pomeriggio, si vestì con le prime cose che le capitarono sottomano e uscì.
Ritornò a casa con un pacco piuttosto voluminoso, qualche pacchettino per le sue amiche, un quotidiano e un settimanale di sudoku. Infilò i giornali nella borsa, e nascose il pacco grande nell’armadio.
Arrivò il fatidico momento di scegliere definitivamente come vestirsi. Sayuri rimase qualche minuto ad osservare con aria sconsolata i capi appesi nell’armadio. Non poteva dire di non possedere roba da vestire, ma in certe occasioni sembra sempre di non avere nulla di adatto.
Avanti, disse la vocina, nemmeno si accorgerà di ciò che indosserai. Non è il tipo che si rende conto di certe cose. Inoltre, non credo sia il caso di preoccuparti troppo. Hai sempre avuto un ottimo gusto nel vestirti.
Oh, e va bene! pensò, prendendo dall'armadio le prime cose che non la facessero assomigliare ad uno spaventapasseri, ossia un maglioncino viola a righe e un paio di jeans scuri.
Era in tremendo ritardo.
Ma se non è nemmeno un appuntamento, ribatté, e non a torto, la vocina.
Era vero, ma in ogni caso, dovendo tornare a casa prima per prepararsi ad uscire con Kaori, non avrebbe avuto molto tempo per stare con L, e avrebbe fatto meglio a muoversi.
Prese la borsa e uscì, infilandosi le cuffie del lettore mp3 nelle orecchie. Cominciò a canticchiare la canzone che stava ascoltando; sapeva che la gente avrebbe pensato che fosse pazza, ma in quel momento non le importava.
Non appena entrò nella camera e vide L, la prima tentazione fu quella di abbracciarlo, tuttavia si limitò ad un semplice - Ciao - .
- Entra - disse L, e lei si addentrò nella stanza.
Era cambiato qualcosa rispetto all'ultima volta: sul tavolino, i dolciumi circondavano il computer portatile, aperto e in funzione.
- Come procede? - disse la ragazza, indicando il pc.
- Non come speravo - rispose il ragazzo.
- Come mai? - domandò Sayuri.
- Non so se te l'ho già detto, ma ho vissuto tutta la mia infanzia in un orfanotrofio, la Wammy's House, in Inghilterra.
- Un orfanotrofio? Ma allora….
- Non so cosa sia successo ai miei genitori, ero troppo piccolo per ricordarlo. Comunque, non è questo ciò che importa, adesso.
- E allora cosa c'entra?
- Lasciami parlare. Anche i miei successori sono stati ospitati nella Wammy's House. Li ho scelti io, personalmente. I loro progressi mi sono sempre stati comunicati attraverso un'area protetta del sito dell'orfanotrofio, di cui eravamo a conoscenza soltanto io, il direttore dell'orfanotrofio e il vicedirettore. Ovviamente, l'accesso all'area riservata sarebbe stato successivamente garantito ai miei successori, e se tutto fosse andato come previsto, anche ora sarei potuto accedere al sito, e sapere se i miei successori, o almeno uno di essi, sta ancora dando la caccia a Kira, o se invece sono entrambi morti.
- Invece?
- Invece pare che il sito sia stato reso inutilizzabile. Qualsiasi azione io compia, a parte accedere all'home page, mi viene negata. Ora, questo può voler dire due cose. La prima, nonché quella più auspicabile, è che i miei successori abbiano deciso di modificare il sito, sentendolo magari minacciato da Kira, ma che stiano ancora cercando di portare a termine la loro missione. La seconda eventualità è che i miei successori siano morti, e che i dati siano stati nascosti per un qualche motivo.
- Che cosa vorresti fare? - domandò Sayuri.
- Cercherò prima di tutto di entrare forzatamente nel sito. Nel caso in cui ciò sia possibile, e dell'area segreta del sito sia rimasto qualcosa, suppongo non ci vogliano più di due giorni. In caso contrario, dovremo cercare un modo diverso per capire cosa sia successo ai miei successori… e l'unico metodo che mi viene in mente è controllare se i loro nomi sono scritti su uno dei quaderni di tuo padre, dato che è molto probabile che tuo padre abbia usato come arma un Death Note.
- Beh, allora posso semplicemente dare uno sguardo non appena torno a casa! Anzi, se vuoi vado adesso e torno subito! - disse Sayuri, alzandosi dal divano.
- No! - esclamò L, e la ragazza si bloccò.
Perché non la vuoi far andare? Certamente ti risparmierebbe un bel po' di tempo e di fatica, pensò L.
È troppo pericoloso, concluse. Ha già avuto troppa fortuna, sperare che non venga scoperta un'altra volta è troppo. La sua presenza è troppo preziosa.
- È meglio evitare pericoli, se non è necessario. Non che pensi che tu sia tanto stupida da entrare in azione mentre tuo padre è in casa - disse, vedendo che la ragazza apriva la bocca per ribattere - ma tuo padre è un uomo difficile da prevedere. Ha i suoi mezzi per scoprire ciò che vuole, ed è attento ai minimi dettagli. Meno hai a che fare con ciò che lo riguarda direttamente, meglio è.
Si preoccupa per me, pensò Sayuri, sorridendo.
- Bene, allora cosa posso fare, ora?
- Resta qui mentre lavoro al computer. Qui sei più al sicuro che in qualsiasi altro luogo, e poi….
- … e poi, non ti va di stare da solo, vero? Ok, tanto mi sono portata un paio di sudoku da fare, e un giornale da leggere… non ti disturberò!
Naturalmente avrebbe di gran lunga preferito che lui trovasse un po' di tempo per lei invece di stare davanti a quel computer, ma già il fatto che le avesse detto di restare lì con lui era notevole. Qualsiasi cosa lui avesse potuto dire sulla sicurezza e su suo padre, Sayuri era sicura che L la volesse lì con lui semplicemente perché se lei non ci fosse stata ne avrebbe sentito la mancanza. La sua non era una certezza, piuttosto era qualcosa che intuiva.
Prese il giornalino di sudoku e la matita, e cominciò a risolvere uno schema, mentre L era concentrato sullo schermo del pc.
Tra loro regnava il massimo silenzio, rotto ogni tanto solo dal ronzio del computer.
- Uff - fece ad un tratto Sayuri. Era arrivata ad uno schema piuttosto difficile, e si era appena resa conto di aver messo la maggior parte dei numeri al posto sbagliato. Prese la gomma per cancellare tutto.
- Ferma.
Sayuri non si era resa conto che L si era mosso dalla sua posizione davanti al computer, e ora sentiva la sua voce pericolosamente vicina al suo orecchio.
- Ti do un indizio - disse il ragazzo - il cinque è qui - e indicò uno dei quadrati dello schema, poggiando così la sua spalla su quella di Sayuri.
E calmati, ordinò Sayuri al suo cuore, che sembrava battere più veloce di un cavallo al galoppo.
- G-grazie - disse Sayuri.
- Di niente - rispose L - mi piacciono i sudoku.
Sayuri immaginava qualcosa del genere, e sarebbe stata felice di risolvere qualche schema con lui, tuttavia il ragazzo tornò immediatamente al lavoro, senza lasciarsi distrarre.
Sayuri terminò la griglia che stava svolgendo, poi si alzò e andò dietro al divano, proprio nel punto in cui L era seduto.
La ragazza lanciò un'occhiata allo schermo del pc. Vide una casella con una serie di numeri, che venivano digitati freneticamente da L.
- Hai bisogno di una mano? - domandò Sayuri.
- Forse - rispose il ragazzo - anche se non credo che tu abbia le conoscenze di un hacker.
- No, per niente - ammise la ragazza - Ma se c'è qualcos'altro di cui hai bisogno….
- … potrò contare su di te. Me l'hai già detto un sacco di volte - disse L girandosi. Sul suo volto c'era l'accenno di un sorriso.
- Era proprio quello che volevo dire - rispose Sayuri, sorridendo a sua volta.
La ragazza poi si girò. La risposta di L, nonostante il suo sorriso, le aveva dato l'impressione di aver esagerato.
Forse dovrei smettere di essere così… oppressiva, pensò, mentre si avvicinava alla finestra per guardare fuori. La vista non era un granché, trovandosi l'albergo nel centro di Tokyo, ma era sicuramente meglio di niente.
Non appena Sayuri si affacciò, vide che fuori era diventato tutto bianco.
- Wow! - esclamò, rivolta ad L - Vieni, nevica!
Si vergognò immediatamente del suo eccessivo entusiasmo, e immaginò che la reazione del ragazzo sarebbe stata un semplice girarsi, per tornare immediatamente dopo al suo lavoro, così aprì la finestra per godersi da sola lo spettacolo.
Non temeva il freddo, almeno non quando si sentiva felice come in quel momento, ed era sicura che anche per L era così.
Poggiò le mani sul davanzale, e si concentrò sullo spettacolo che aveva davanti; solo dopo qualche minuto si accorse di un'altro paio di mani, anch'esse appoggiate al davanzale, a pochi centimetri dalle sue. L era accanto a lei, e anche lui ammirava lo spettacolo della neve.
Sayuri ritrasse le mani, come se si fosse scottata.
- Tutto bene? - disse il ragazzo, con aria preoccupata.
- S-sì. Tutto a posto. Non sapevo che la neve piacesse anche a te.
- Credo che sia perché sono ventiquattro anni che non ne vedo neanche un fiocco. E, anche precedentemente, non ne ho vista molta.
- Ma in Inghilterra, dove vivevi prima, non hai mai visto la neve? So che lì nevica molto….
- Non ho mai amato restare all'aperto - disse L, continuando a guardare la città innevata - e poi, ho trascorso solo una piccola parte della mia vita alla Wammy's House. E anche il tempo che ho passato in Giappone, l'ho trascorso concentrato sui casi che mi venivano affidati. Non ho avuto molti attimi di tregua.
- … e ora? - domandò la ragazza.
- Ora, sicuramente la situazione è molto più distesa. Sento di avere tutto sotto controllo, molto più rispetto a ventiquattro anni fa. Stiamo andando incontro a vari ostacoli, ma sto riuscendo a trovare delle soluzioni alternative. Stavolta, sono sicuro di vincere.
- Meglio così. Speriamo bene - disse Sayuri.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, intenti ad osservare la neve che cadeva.
L, ad un tratto, si voltò verso Sayuri. La ragazza era troppo concentrata sulla neve per accorgersi del suo sguardo.
Osservò il suo volto sorridente, e il suo corpo leggermente proteso in avanti fuori dalla finestra. Infine, il suo sguardo si soffermò sulle mani della ragazza, ancora poggiate al davanzale. Sayuri non ci aveva fatto caso, ma c'era un piccolo ragno sul marmo, che camminava diretto verso le sue mani.
Era un ragno minuscolo, del tutto incapace di fare del male a qualcuno, tuttavia gli sembrò gentile avvertirla.
- Sayuri - disse, e la ragazza si voltò verso di lui - hai un ragno vicino alla mano.
La reazione della ragazza fu imprevedibile: dopo essersi voltata e aver visto il ragno, cacciò un urlo spaccatimpani e cercò rifugio nel luogo in quel momento più vicino, ovvero fra le braccia di L.
Il secondo dopo, Sayuri si era già scordata del ragno che, fino a un attimo prima, minacciava di attaccarla.
Sentì le braccia di L che si chiudevano sulla sua schiena, come per proteggerla, ed ebbe la sensazione di essere assolutamente invulnerabile. Sentiva il profumo del ragazzo… profumo di dolci… naturale, essendo il suo unico cibo….
Chiuse gli occhi, sperando di poter far durare quel secondo per sempre….
- Sayuri… il ragno è andato via - disse L, e Sayuri sciolse lentamente l'abbraccio.
- Scusami… - disse la ragazza.
- Non è colpa tua se hai paura dei ragni - rispose L. Sembrava un po' imbarazzato.
- Certo, non è colpa mia se i ragni mi fanno reagire in questo modo, ma… insomma… da quanto ho capito, non gradisci un certo tipo di… contatto.
Cominciò a prendere il giubbotto. Stava cominciando a farsi tardi, e ancora si sarebbe dovuta preparare.
- Bene, allora io… - fece la ragazza, prendendo la borsa.
- Quello che hai detto è vero - disse L improvvisamente. Sayuri si bloccò.
- Può darsi, però, che con te ciò non valga - continuò il ragazzo.
Sayuri sgranò gli occhi, incredula. Poi disse, sorridendo: - Oh, beh… grazie! Ora però devo proprio scappare, sicuramente Kaori mi starà già aspettando sotto casa… dobbiamo andare in discoteca, e domani dobbiamo fare le torte di Natale assieme… quindi, credo che tornerò qui lunedì… proprio il giorno di Natale!
- Non lo passi con la tua famiglia? - domandò L.
- Oh, no… i miei sono impegnati, e poi devi aprire il tuo regalo!
Regalo? pensò L. Non aveva mai festeggiato il Natale in quel modo. Certo, Watari gli regalava sempre qualcosa, ma si trattava perlopiù di dolci, e ne era perennemente circondato, dunque non contavano….
- Non era necessario… - disse.
- Beh, siamo compagni di avventura, un regalo a Natale mi pare il minimo!
L scosse la testa. Sapeva quello che le parole di Sayuri implicava, e si meravigliò di non averci pensato da solo, indipendentemente dalla ragazza: anche lui avrebbe dovuto farle un regalo. Probabilmente lei non se lo sarebbe aspettato, credendolo completamente privo di finanze. Anche senza scomodare il conto segreto, le banconote che si era ritrovato in tasca sarebbero bastate per qualcosa di adatto. L'indomani sarebbe uscito per prendere qualcosa; sicuramente in quel periodo molti negozi sarebbero stati aperti anche la domenica.
- Bene… allora io vado! - disse Sayuri, infilandosi il giubbotto e dirigendosi verso la porta.
- Stai attenta - disse L. - Tuo padre non è l'unico pericolo, a questo mondo.
Sayuri si voltò. Sicuramente L non aveva un'alta opinione delle discoteche.
- Non preoccuparti… so badare a me stessa. Grazie per il pensiero, comunque - rispose la ragazza, uscendo dalla stanza.
 
*
 
- … e poi, mi ha detto di stare attenta, stasera. È stato davvero carino - disse Sayuri a Kaori, mentre si truccavano allo specchio. Kaori aveva voluto sapere tutto quello che era successo quel pomeriggio, e Sayuri, nei limiti del possibile, l'aveva accontentata.
- Wow - disse Kaori, prendendo una boccetta di smalto per le unghie dorato, che si abbinava perfettamente col vestito che indossava - Allora, è quasi fatta!
- Non parlare troppo presto - rispose Sayuri, mettendosi l'ombretto.
- Oh, un po' di ottimismo non fa mai male… piuttosto, perché non l'hai invitato? Così sei uno schianto, non sarebbe riuscito a resisterti!
- Non è tipo da discoteca, ecco… - rispose Sayuri, sistemando l'elastico con cui teneva legato il codino su un lato della testa.
- Beh, in effetti… sai, sembra davvero un tipo strano, sai?
- Ma è per questo che mi piace… piuttosto, il tuo ragazzo?
- Lasciamo perdere… l'ho mollato stamattina, stavo cominciando ad annoiarmi, con lui….
- Vedrai, prima o poi incontrerai anche tu quello giusto - rispose Sayuri, aprendo l'armadio per scegliere la giacca da indossare.
- Speriamo, prima o poi… ma stasera si fa baldoria!
Sayuri scosse la testa. Al contrario dell'amica, quella sera non aveva alcuna voglia di esagerare.
Dopo aver finito di prepararsi, raggiunsero la discoteca in metropolitana.
Appena entrate, si buttarono nella folla di gente che ballava.
Sayuri si sentiva bene. Il motivo principale per cui le piaceva andare in discoteca non era bere, o per i ragazzi, ma semplicemente ballare.
Amava muoversi a tempo di musica, lo trovava abbastanza liberatorio. In quel periodo, poi, aveva particolarmente bisogno di svagarsi.
Kaori era entrata decisa a restare accanto a lei, ma era sparita non appena un ragazzo l'aveva invitata a ballare.
- Tra poco arriverà anche il tuo momento! – le urlò l’amica.
Sayuri, invece, preferì continuare a ballare da sola. Ogni tanto, Kaori tornava da lei. Sembrava che si stesse divertendo un mondo.
- è fantastico! – urlò Kaori, cercando di sovrastare la musica e facendo una giravolta.
Molto probabilmente doveva aver bevuto qualcosa, dato che proprio per Kaori non ci sarebbe dovuto essere nulla di speciale in una discoteca, visto che ci andava quasi tutti i sabati.
Sayuri, al contrario, decise di avvicinarsi al banco del bar solo quando cominciò a sentirsi troppo stanca per ballare. Si sedette su uno degli sgabelli e ordinò un drink.
- Offro io – disse un ragazzo accanto a lei. Sayuri si girò verso di lui, per vedere se si trattava di qualcuno che conosceva. Non l’aveva mai visto.
- Grazie – disse, tuttavia. Era una cosa carina, sempre se lui si fosse limitato a bere qualcosa con lei.
- Ti ho vista ballare, prima – disse il ragazzo. Era carino, ma forse troppo comune.
Beh, dopo che hai a che fare con uno come L, tutti i ragazzi ti sembrano comuni, pensò Sayuri, sorseggiando il suo drink.
Il ragazzo stava parlando, ma Sayuri non riusciva a captare bene le sue parole, forse perché la musica era troppo alta.
- … allora, beh, pensavo che magari potremmo finire i nostri drink e conoscerci meglio in un posto più tranquillo. Ti va?
Sayuri ormai sapeva benissimo cosa intendessero quasi tutti i ragazzi con “conoscerci meglio” . E, almeno in un ambiente come quello di una discoteca, raramente si trattava di fare semplicemente una chiacchierata.
- Mi dispiace, sono fidanzata – rispose Sayuri. Naturalmente era una bugia, ma dire qualcosa del genere sarebbe probabilmente stato l’unico modo per uscirne tranquillamente.
- Sai, con un tipo alto, muscoloso – continuò la ragazza enfatizzando il tutto con i gesti - … e molto, molto geloso.
Il ragazzo davanti a lei sembrò capire l’antifona.
- Scusami, allora – disse, finendo il suo drink e ritornando sulla pista da ballo.
Sayuri rimase seduta ancora qualche minuto, cercando l’amica. Kaori era più vicina a lei di quanto si immaginasse.
- Ehi! – esclamò Kaori, spuntando da dietro e andando a sedersi nel posto lasciato vuoto dal ragazzo, un po’ barcollante. – Quel tipo, l’hai mandato via tu? – disse. Ora, sembrava davvero che avesse bevuto qualche drink di troppo.
- Sì – rispose Sayuri.
- Aaah, cattiva! Non si trattano così i ragazzi! Ti ha almeno offerto da bere?
Sayuri annuì.
- Solo lui?
- Sì… tu, invece….
- Oh, beh, sì, un paio….
Un po’ troppi, mi sa….
- Ma non ho esagerato, come puoi vedere! – continuò Kaori. – Possiamo permetterci un altro bicchierino, vero? – disse, colpendole il gomito.
- Per oggi, credo basti così.
- Vabbè, ma possiamo continuare a ballare! – esclamò Kaori, scendendo dallo sgabello e tirando con sé Sayuri, cercando di farle fare una giravolta.
Dal momento in cui non avrebbero avuto nessuno ad accompagnarle a casa, sarebbe stato meglio mantenersi sobrie per prendere tranquillamente la metropolitana. Viste le condizioni di Kaori, probabilmente avrebbero comunque dovuto prendere un taxi, ma sarebbe stato meglio tenere la ragazza sott’occhio, cosa che Sayuri non era affatto sicura di riuscire a fare, in mezzo a tutta quella gente.
- Forse è meglio se torniamo a casa – disse.
- Ma no! La festa non è nemmeno ancora iniziata! – urlò Kaori, delusa.
Sayuri scosse la testa.
- E dai! Possiamo far tardi! I miei non ci sono!
Sayuri dovette trascinarla fuori dalla discoteca di peso. Una volta fuori, chiamò un taxi per portarle a casa di Kaori.
Si sentiva un po’ la guastafeste della situazione, forse l’amica non aveva tutti i torti. La verità era che vedere Kaori in quelle condizioni (che, a ben pensarci, non erano nemmeno poi così gravi) le aveva dato una brutta sensazione. Forse frequentare L la stava inducendo a pensare come lui, chissà.
Raggiunsero casa di Kaori. – C’è nessuno? – disse la giovane padrona di casa, entrando nell’appartamento.
Ma se è stata lei a dirmi che saremmo state sole in casa, pensò Sayuri.
Trascinò l’amica in camera, e le diede una mano ad infilarsi il pigiama, dopodiché si infilarono sotto le coperte.
- Uff – bofonchiò Kaori, dimenandosi nel letto – E pensare che potremmo essere ancora lì a scatenarci! È troppo presto!
- Kaori… sono quasi le due – replicò Sayuri, sbadigliando.
- è comunque troppo presto, e tu non hai bevuto proprio niente!
Meglio non vedermi ubriaca, sicuramente, pensò Sayuri.
Kaori poi scoppiò a ridere. – Però – disse, tra una risata e l’altra – Certo che l’amore ti rende strana, eh! Se fa quest’effetto, non credo di volermi innamorare anch’io!
Era vero. Almeno in parte, lei era cambiata. Per la prima volta in tutta quella serata, Sayuri si ritrovò a ridere assieme all’amica.

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Capitolo 7
*** Cap. 7: This Year, Santa Was Late ***


Cap. 7: This Year, Santa Was Late
 
“I'm staring at my feet,
My cheeks are turning red,
I'm searching for the words inside my head,
'Cause I'm feeling nervous,
Tryin' to be so perfect,
'Cause I know you're worth it, you're worth it…”

Things I’ll Never Say – Avril Lavigne
 
“Sto fissando i miei piedi,
Le mie guance arrossiscono,
Sto cercando le parole nella mia mente,
Perché mi sento nervosa,
Cercando di essere così perfetta,
Perché so che tu lo meriti, lo meriti…”
 
 
Il mattino dopo, si svegliarono piuttosto tardi; o, per meglio dire, Sayuri trascinò Kaori fuori dal letto prima che fosse troppo tardi per uscire a comprare gli ingredienti per le torte.
Quando tornarono era già ora di pranzo, dunque rimandarono la preparazione dei dolci al pomeriggio.
- Ora mi dici come mai hai insistito così tanto per prendere il pan di spagna al cioccolato più grande – disse Kaori, aprendo una confezione di ramen precotto.
Sayuri le lanciò uno sguardo piuttosto eloquente.
- Ok, ho capito. Vuoi preparare una torta anche per Ryuzaki, che da quello che mi hai detto è addirittura più goloso di te.
Sayuri sorrise. – Vedi, c’è un motivo se sei la mia migliore amica!
- Non è colpa mia se in questi ultimi giorni stai pensando solo a lui! – esclamò Kaori. Non sembrava contrariata, tuttavia c’era qualcosa di strano nella sua voce. Sayuri pensò bene di cambiare argomento, e parlare delle decorazioni per le torte.
- Con tutto quello che abbiamo comprato, credo proprio che non avremo problemi – rispose Kaori.
Si misero subito al lavoro. Sayuri decise di fare una semplice torta ripiena di panna, che avrebbe poi decorato con della glassa e delle statuine di zucchero.
- Ti sta uscendo bene – disse Kaori, mentre Sayuri finiva di preparare la glassa, mettendone un po’ in vari bicchierini, in modo tale da poterla poi colorare. Kaori, invece, sembrava avere dei problemi con la crema per farcire la torta, e la sua espressione era a dir poco disperata.
- Oh, cavoli… maledetta me che non ho preso quella già pronta!
- Te l’avevo detto, io, ma tu non mi hai voluto dare retta… - disse Sayuri, ricoprendo la torta di glassa bianca.
- Certo, ma non è colpa mia se in televisione fanno sembrare tutto così semplice! La fanno sempre facile: “Mettete un po’ di questo, un po’ di quello, mescolate ed ecco pronta la vostra crema!” . Beh, non credo proprio che questa cosa liquida possa essere una crema decente!
Sayuri continuò a decorare la sua torta.
- E tu, invece, te ne stai lì, sorridente, a decorare la tua perfetta torta alla panna per il tuo amato, del tutto incurante della mia situazione!
Nel suo tono di voce non c’era traccia di cattiveria, così Sayuri si voltò verso di lei e, sorridente come Kaori aveva appena detto, le disse: - Beh, puoi usare anche tu la panna… verrà comunque deliziosa, te lo assicuro! – e le lanciò la bottiglietta della panna spray.
- In effetti, non hai tutti i torti… anche se non mi sarebbe dispiaciuto dimostrare di saper fare qualcosa di più complicato – rispose Kaori, tornando a sorridere.
Sayuri tornò alla sua torta. Si fece uno schema mentale di dove tutte le decorazioni sarebbero dovute andare.
La scritta al centro, di sicuro. Poi, Babbo Natale, la renna e l’abete ai lati. La casetta dietro, assieme alla fragola. E un po’ di panna a fare da neve, se Kaori non l’ha consumata tutta.
- Senti – disse Kaori all’improvviso – non hai mai pensato che quello che provi per Ryuzaki sia… insomma… poco sano?
- Cosa? – disse Sayuri, alzando dalla torta la punta del cono di carta ripieno di glassa rossa.
- Beh, insomma… sei sempre con lui, e sembra che da quando lo conosci qualcosa in te sia cambiato… mi sembri più seria, prima eri più spensierata… e poi, insomma, questa storia della torta… non l’hai mai fatto per nessuno…. 
A dire il vero, non era stato solamente l’essersi innamorata di L ad aver cambiato qualcosa in lei, ma tutta la situazione in generale, il trovarsi davanti ad una persona tanto vicina a lei quanto letale, soprattutto per il ruolo che lei aveva deciso di assumere… per la prima volta in tutta la sua vita aveva una responsabilità. Era normale che tutto ciò si riflettesse sul suo comportamento, ma era qualcosa che Kaori non avrebbe mai dovuto sapere.
- Può darsi che sia qualcosa di… non normale… ma credo anche che sia qualcosa che non si può capire, se non la si prova. Sei mai stata nella mia situazione?
- Beh, sì, qualche volta….
- Dico per davvero, Kaori.
La ragazza rimase qualche secondo a pensarci, poi scosse la testa.
- Capiterà anche a te. E allora capirai perché sto facendo tutto questo.
Rimasero qualche minuto in silenzio.
- Oh, dai, basta! – esclamò ad un tratto Kaori – Ci mancano solo gli occhi a forma di cuoricino e gli angioletti a svolazzare intorno! E magari stai già pensando di andare da lui, stasera, e fargli la dichiarazione!
Sayuri quasi lasciò cadere il cono di carta che stava usando per decorare.
- Beh, insomma, è la vigilia di Natale, quale momento migliore?
Kaori non aveva esattamente tutti i torti, dato che la vigilia di Natale era sempre stato considerato un giorno abbastanza romantico.
- Sai, credo che a certe cose debbano pensarci i ragazzi, Kaori.
- Beh, allora stasera potresti aspettarti qualche sorpresa!
- Non ci conterei troppo – rispose Sayuri.
– Mi auguro solo che lui non ti faccia soffrire, altrimenti poi toccherà a me consolarti!
Tornarono alle loro torte, e Sayuri finì di scrivere “Merry Christmas” con la glassa rossa.
- Che te ne pare? – domandò all’amica.
- Vedi? Tu sei brava anche con le decorazioni. Io riesco a malapena a fare un albero di Natale striminzito! – rispose Kaori.
- Ma no, è carino! – rispose Sayuri, prendendo due Babbo Natale da una bustina.
Dopo un po’, finirono anche di decorare le torte.
- Sono esausta! – disse Kaori, buttandosi sul divano. Sayuri la imitò.
- Devi ammettere però che preparare una torta non è che sia così faticoso….
- Certo, ma tu sei una cuoca provetta, dunque la tua opinione al riguardo è irrilevante.
Rimasero per un po’ sedute sul divano a guardare la televisione, poi Sayuri decise di tornare a casa. Oltre a cenare, avrebbe dovuto impacchettare il regalo di L, e il suo talento nell’incartare regali era equivalente a quello di Kaori nel preparare creme.
Non appena entrò, sentì Chika chiamarla dalla cucina.
- è arrivato un pacco, è per te e per tuo padre – disse la giovane domestica, porgendo una busta a Sayuri, e prendendo la torta dalle mani della ragazza, per metterla in frigo.
- Chi lo manda? – domandò la ragazza, prendendo il pacco.
- Tua madre. Sicuramente vuole farsi perdonare per non essere qui per Natale.
Sayuri sorrise. Tipico di sua madre. Poggiò la busta sul tavolo, e la aprì. Dentro c’erano due pacchetti, e una lettera, che Sayuri lesse subito.
 
“Ciao!
Purtroppo le riprese mi impegnano tantissimo, e non riuscirò a trascorrere il Natale con voi… ma non preoccupatevi! Vi ho spedito qualcosa che sicuramente vi farà sentire meno la mia mancanza… spero almeno di averci azzeccato! In ogni caso, me lo farete certamente sapere per Capodanno….
 
Un bacio,
Mamma – Misa”
 
La carta da lettere era adornata da tanti cuoricini rossi, e l’inchiostro profumava di ciliegia.
È incorreggibile, pensò Sayuri, incapace di trattenere un sorriso.
Prese il suo pacchetto, che era piuttosto pesante, e lo aprì. Dentro vi era un bel libro dalla copertina nera, con in primo piano l’immagine di due mani che reggevano una mela. Sayuri cominciò a sfogliarlo. Naturalmente, c’era una dedica.
“Era il mio libro preferito, da ragazza. Spero che piaccia anche a te!”
Il resto della prima pagina era decorato da cuoricini. Chissà che libro doveva essere. Riuscire a far leggere sua madre non era un’impresa da niente.
Dopo aver cenato, Sayuri salì in camera, e si sedette sul letto. I suoi occhi andarono dal libro, che aveva poggiato accanto a sé, all’armadio, dove giaceva, ancora non incartato, il regalo per L.
Se leggo un po’ prima di mettermi ad incartare quel regalo non succede niente, giusto? Solo un paio di pagine….
Cominciò a leggere. Quando staccò gli occhi dal libro, era quasi mezzanotte.
- Oh no! – esclamò Sayuri, alzandosi improvvisamente. Quel libro era decisamente coinvolgente. Tirò fuori carta da regalo e nastri vari più in fretta che poté, sperando che suo padre non fosse ancora tornato, o che fosse già a letto.
Prese il regalo dall’armadio. Sicuramente non sarebbe stato un bene se suo padre l’avesse beccata ad incartare un oggetto di quel tipo, dato che non avrebbe mai potuto giustificarsi dicendo che era per una delle sue amiche. No, decisamente, le sue amiche non avrebbero mai apprezzato un regalo di quel genere.
Stese mezzo rotolo di carta sul letto, e ci poggiò sopra il regalo.
Forse ho esagerato, pensò, cercando di riavvolgere parte della carta.
Dopo un minuto di prove, riuscì a trovare la misura giusta. Prese le forbici e tagliò la carta, sperando di non combinare disastri. Non era mai stata brava con le forbici.
Finalmente, dopo un quarto d’ora di peripezie e qualche aggiustatina alla carta il pacco era pronto. Aveva cercato di sistemare il nastro in modo tale da coprire i pezzi di scotch che aveva usato per tenere insieme il tutto, e il risultato non era poi così orrendo.
Quello che importa, alla fine, è ciò che c’è dentro, pensò, riponendo carta, forbici e pacchetto nell’armadio.
 
*
 
Il mattino dopo si svegliò col sorriso sulle labbra. Natale non era una festa tipica giapponese, e le scuole erano comunque aperte, ma l’idea di dare – e ricevere – regali era qualcosa che Sayuri adorava. Inoltre, non vedeva l’ora di vedere la faccia di L mentre apriva il regalo, e mentre mangiava la torta.
Come arrivò a scuola, vide Kaori che la aspettava con un pacchetto tra le mani. Sayuri sorrise, e tirò fuori il suo pacchetto dalla borsa.
- Buon Natale! – esclamò Kaori, porgendole il suo pacchetto. Sayuri lo aprì. Era un cd musicale che stava cercando da molto tempo, ma che non aveva mai trovato.
- Grazie! – esclamò Sayuri, abbracciando l’amica. – Ora apri il tuo, però!
Kaori aprì il suo regalo, per trovare un paio di orecchini. Sayuri sapeva quanto Kaori adorasse quel genere di cose, e in effetti la reazione della ragazza fu entusiasta.
- Sono splendidi – disse la ragazza, correndo in bagno per provarli.
- Nessuna chiamata, ieri notte? – disse Kaori, non appena fu tornata dal bagno.
- No – rispose Sayuri, che a dire la verità la notte prima era così presa dal libro e dal regalo da essersi completamente scordata che fosse la vigilia di Natale.
- Peccato – rispose l’amica.
- Non importa, tanto lo vedrò comunque questo pomeriggio. E poi, non mi sembra per niente tipo da ricordarsi di certe occasioni.
Non illuderti troppo, disse la vocina, incredibilmente seria. Eviterai di essere delusa.
Sayuri la ignorò. Essere pessimista non era affatto nella sua natura.
- Buona fortuna, allora! Che cosa gli devi regalare? – domandò Kaori.
- è un segreto – disse Sayuri – Ma sono sicura che gli piacerà tantissimo.
- Lo spero per te! Sai, mi sembra un po’ un tipo difficile… naturalmente mi farai sapere tutto, vero? – disse Kaori, tornando al suo banco.
Sayuri annuì, e tirò fuori i libri. Aveva con sé anche il regalo di sua madre, ma non le sembrò saggio mettersi a leggere durante la spiegazione della professoressa.
- Non ne posso più! – disse Kaori, allo squillo dell’ultima campanella.
- Coraggio… pensa che tra qualche mese sarà tutto finito! – rispose Sayuri, che stava già pregustando la serata con L.
- Certo – disse Kaori, mentre uscivano – e poi ci sono gli esami, i test di ammissione all’università… nemmeno un attimo di respiro!
- Basta non pensarci! – rispose Sayuri, separandosi dall’amica.
Doveva fare in fretta: avrebbe mangiato qualcosa (niente di pesante, però, dopotutto c’era la torta) e poi sarebbe corsa da L.
Una volta a casa e una volta mangiato, prese il regalo per L e la torta. Sperò soltanto che la metropolitana non fosse piena di gente, sarebbe stato difficile affrontare la folla con tutta quella roba in mano. In una situazione come quella, avere come sua madre un autista personale le avrebbe fatto parecchio comodo. Prima di uscire prese qualche barretta di cioccolato dalla sua riserva personale, che sarebbe stato fondamentale per provare il regalo di L. Si portò dietro anche il libro che sua madre le aveva regalato: le mancavano pochi capitoli per finirlo, e contava di continuare a leggere una volta trovato un posto a sedere in metropolitana.
Fortunatamente, riuscì a trovare un posto, e ancora più fortunatamente riuscì ad evitare che la torta finisse spiaccicata da qualche parte.
Quando, finalmente, raggiunse la porta della camera di L si sentiva stanchissima e non vedeva l’ora di poggiare i due pacchi da qualche parte.
- Buon Natale! – esclamò la ragazza, non appena L le aprì la porta.
Il ragazzo la guardò, perplesso, e Sayuri vide il suo sguardo spostarsi dalla busta col regalo che reggeva in una mano alla torta incartata che reggeva con l’altra, soffermandosi particolarmente sulla seconda.
- Entra – disse il ragazzo, lasciandole spazio per farla entrare. Sayuri poggiò tutto il suo carico sul solito tavolino, mentre L si sedette sul divano davanti al solito computer, con cui probabilmente aveva trascorso tutta la giornata.
- Lavori anche oggi? – domandò Sayuri.
- Naturalmente – rispose L – Devo riuscire a trovare una soluzione il prima possibile, e finora non sono riuscito a concludere niente di significativo.
- Posso tranquillamente cercare i nomi sui quaderni di mio padre, non c’è nessun….
- No – la interruppe L, con decisione. – Come ti ho già detto, non è necessario che tu rischi la vita, se è possibile procedere seguendo un’altra strada.
Sayuri sospirò. Avrebbe voluto allungare una mano per accarezzargli i capelli, avrebbe voluto dirgli che, dopotutto, non avrebbe potuto essere più in pericolo di così, e che in ogni caso avrebbe rischiato la vita per lui senza batter ciglio, ma si limitò a dirgli: - Beh, se è questo che vuoi… - e a lasciarsi andare sul divano.
L era tornato immediatamente al suo lavoro, concentrandosi sullo schermo del computer proprio come se Sayuri non si fosse trovata lì.
È così preso dalla sua missione, si è anche dimenticato della torta, pensò Sayuri.
Ti sta ignorando, rispose la vocina.
Non era decisamente un pensiero rassicurante, perciò Sayuri decise di toglierselo dalla testa. Dopo un po’, però, far finta di essere da sola e guardare la televisione cominciarono ad annoiarla. Si chiese cosa frullasse per la testa di quel ragazzo, che motivazioni avesse per continuare imperterrito il suo lavoro, tanto da ignorare completamente una persona che si trovava nella stessa sua stanza.
Essere trattata come parte integrante dell’arredamento, inoltre, non corrispondeva ai suoi programmi per quel pomeriggio. Doveva assolutamente attirare l’attenzione del ragazzo su di sé, a costo anche di scollarlo da quel computer.
Forse avrebbe dovuto dargli il suo regalo in quel momento… no, per quel dono lei aveva immaginato un’atmosfera completamente diversa….
Frugò nella sua borsa, facendo più rumore possibile. In realtà, stava solo cercando ispirazione sul da farsi. Avrebbe evitato volentieri di staccare il ragazzo dal computer con le maniere forti.
Frugando, le sue mani afferrarono un cd. Era il regalo di Kaori. Finalmente, le venne in mente qualcosa di plausibile. Se non altro, tra loro non ci sarebbe stato silenzio.
- Posso mettere questo cd? – domandò Sayuri.
L quasi sobbalzò. Sayuri non pensava di avere una voce tanto squillante.
- Fai pure – rispose il ragazzo, schiacciando un tasto per aprire il lettore cd del portatile, senza nemmeno staccare gli occhi dallo schermo.
Sayuri mise il cd nel lettore, e mentre questo caricava, disse: - Potresti mettere l'undicesima?
Sayuri sapeva che il suo comportamento in quell'occasione sarebbe potuto essere considerato irritante, e di fatto il suo scopo era quello, ma L rimase impassibile mentre premeva alcuni tasti per accontentarla.
Come la canzone partì, a Sayuri venne in mente un modo infallibile per farsi notare….
Questo non può ignorarlo, pensò.
- Kono natsu bokutachi wa yori tsuyoku kagayaki wo masu…. *
Sayuri sapeva di non essere esattamente un usignolo, e a giudicare dall'occhiata che L le aveva lanciato, anche lui l'aveva notato.
- Lo so, cantata da me sembra più la colonna sonora di un film horror - disse la ragazza.
- Si vede che non te ne intendi - rispose L, accennando un sorriso - A dire la verità, è molto peggio.
Nelle sue parole non c'era cattiveria, e Sayuri scoppiò a ridere.
- Beh,  comunque è evidente che non sei riuscito a resistere al mio canto!
Il ragazzo fece per tornare al computer, ma Sayuri lo bloccò.
- Lo sai che non è carino ignorare chi ti sta accanto? E poi, è Natale! Quindi almeno per oggi niente lavoro, solo relax, regali e la torta!
L si convinse a lasciar perdere il computer, sia perché sapeva che Sayuri avrebbe comunque insistito fino a portarlo all'esasperazione, sia perché vi era una remota possibilità che, dopotutto, la ragazza avesse ragione.
Lui non aveva mai vissuto realmente il Natale. Stava sempre lavorando, e quel giorno, per molti di festa, per lui diventava un giorno normale. Non aveva mai fatto un regalo vero e proprio a nessuno, e ne aveva sempre ricevuti pochi.
Quel giorno, invece, c'erano alcuni particolari che erano diversi. Prima di tutto, si trovava accanto ad una persona a cui voleva bene e che stava cercando in tutti i modi di scollarlo dal monitor per fargli trascorrere del tempo con lei; in secondo luogo, anche lui aveva un regalo da dare.
Data la sua poca esperienza al riguardo non era sicuro che le sarebbe piaciuto. Era totalmente una frana in qualsiasi cosa riguardasse i rapporti umani, e sfortunatamente per lui fare un regalo rientrava nella categoria.
Nella sua vita non si era mai curato troppo dei sentimenti della gente, forse perché non ne aveva mai sentito il bisogno. Ma, come ormai si ritrovava sempre più volte a pensare, le avventure della sua nuova vita lo avevano portato a cambiare alcuni aspetti del suo pensiero.
Per esempio, in quel momento sperava che suo regalo avrebbe fatto sorridere Sayuri. A differenza di lui, lei sorrideva spesso, e sarebbe stato felice se, almeno per una volta, la causa del suo sorriso fosse stata lui.
Chiuse il portatile, restituendo il cd alla sua proprietaria.
- Vedo che hai deciso di darmi retta - disse allegra la ragazza, tirando fuori dalla borsa un coltello, dei fazzoletti, due cucchiaini e dei piattini di plastica. L si domandò quanto spazio ci dovesse essere in quello zainetto.
- Cominciamo dalla torta? - domandò Sayuri, sapendo perfettamente che il ragazzo non aspettava altro. Cominciò a scartarla senza attendere risposta.
L osservò le decorazioni della torta. Sicuramente era stata Sayuri a fare la torta: la grafia tipica da adolescente della scritta di glassa non poteva essere che la sua. Sperò vivamente che il gusto della ragazza per i dolci si riflettesse anche nella cucina, e che il suo talento nel fare torte non fosse lo stesso che aveva nel canto.
Osservò la ragazza tagliare due fette della torta e metterle nei piattini.
- Tieni - disse Sayuri, porgendogli uno dei piatti e un cucchiaino. - Spero che ti piaccia.
Un po' esitante, L prese un pezzetto della torta col cucchiaino, e se lo portò alla bocca.
Era una semplice torta cioccolato e panna, ma L sentiva che c'era qualcosa di più.
Ora che ci pensava, Watari non gli aveva mai, effettivamente, fatto una torta, ma si era sempre affidato alle migliori pasticcerie. Il sapore di quelle torte era indubbiamente ottimo, ma in quel momento si accorse che avevano tutte qualcosa che mancava.
Sayuri aveva fatto quella torta esclusivamente per lui, e mentre la assaporava poteva quasi vedere la ragazza che, sorridente come suo solito, spalmava la glassa sulla torta, o la decorava con la panna, sperando che il suo impegno fosse apprezzato.
Inutile dirlo, era probabilmente il dolce migliore che avesse mai assaggiato.
Sayuri non aveva ancora toccato la sua fetta, attendendo un commento da parte di L. Il ragazzo aveva assaggiato la torta, poi si era fermato, improvvisamente pensieroso.
La ragazza gli si avvicinò. - Tutto bene? - domandò.
L si voltò verso di lei, guardandola negli occhi. Il suo sguardo era molto intenso, e Sayuri sentì il cuore accelerare. Aveva un'espressione strana, che Sayuri non gli aveva mai visto in volto. Sembrava quasi che volesse baciarla lì, seduta stante.
Bene, pensò Sayuri, cercando di calmarsi.
Evidentemente, però, si trattava solo dell' immaginazione di Sayuri, perché L distolse velocemente lo sguardo e tornò alla sua torta, forse con troppa energia, dato che ci aveva quasi immerso il viso.
- Tutto… tutto bene? - disse la ragazza. L annuì.
- Non ti piace la torta? - continuò Sayuri.
- Al contrario, è deliziosa - rispose lui.
- Oh, davvero? - disse lei, sprizzando di felicità.
Sayuri non vedeva l'ora di dargli il suo regalo. Magari sarebbe stato felice, magari avrebbe sorriso, magari l'avrebbe ringraziata proprio nel modo che lei avrebbe desiderato….
Smettila di sognare ad occhi aperti, disse la vocina rompiscatole.
Sayuri era così impaziente di vedere la reazione del ragazzo che lo lasciò a malapena finire la torta, e L si ritrovò ben presto con un bel pacco colorato davanti a sé.
- Forza, aprilo! - disse Sayuri, fremendo per l'entusiasmo.
Il ragazzo snodò il grande fiocco che chiudeva il regalo, poi tolse la carta, lavorando sempre ed esclusivamente con pollice e indice.
- Una… una macchina per fare cioccolatini? - disse L, una volta aperto il regalo.
Un oggetto particolare, sicuramente, e indubbiamente azzeccato.
- Non ti piace? Se vuoi posso riportarlo al negozio e prendere qualcos'altro, non c'è problema….
- Grazie - la interruppe L. Cercò di accennare un sorriso: sapeva che a Sayuri questo sarebbe piaciuto.
- Meno male - disse Sayuri, sorridendo più che mai. - Ora, se vuoi, possiamo provarla! Ho anche portato del cioccolato.
L annuì, e Sayuri aprì la scatola per tirare fuori l'apparecchio.
- Bene… non dovrebbe essere difficile da usare, giusto? - disse Sayuri. - Basta collegarlo alla corrente, accenderlo, far fondere il cioccolato e versarlo negli stampi….
La ragazza collegò la macchina alla corrente, poi cominciò ad esaminarla per cercare l'interruttore. La sua attenzione si concentrò sulla grande manopola sul davanti dell'oggetto: la girò, ma non avvenne niente.
- Non puoi semplicemente guardare le istruzioni? - disse L.
- No! - esclamò la ragazza. - Tu puoi permetterti di costruire le sorprese di quegli ovetti di cioccolato senza guardare le istruzioni, dunque io posso benissimo trovare un semplice interruttore!
- è che mi sembri in difficoltà, se vuoi ti do una mano - rispose L e, senza aspettare una risposta da parte della ragazza, le si accovacciò accanto.
Bene, se la ricerca prima mi sembrava difficile ora, con lui praticamente attaccato a me, sarà impossibile! pensò Sayuri, constatando che il suo sangue stava rapidamente fluendo dal cervello alle guance.
- Oh, eccolo, è qua dietro - disse L, premendo un interruttore sul retro dell'apparecchio, a cui Sayuri non aveva nemmeno fatto caso.
- Tutto bene? - domandò L, rivolto verso Sayuri. Era ancora vicinissimo a lei, e ancora una volta Sayuri non poté fare a meno di notare quanto fossero profondi i suoi occhi.
- Sì… tutto bene…. - rispose lei, rialzandosi.
Ecco, hai fatto la solita figura della stupida, disse a sé stessa.
- Sei tutta rossa. Hai preso freddo fuori? Potresti avere la febbre – disse L.
- No, sul serio… sto benissimo – rispose Sayuri, cercando di ricomporsi e andando a prendere la barretta di cioccolato che aveva nella borsa.
- Ecco – disse, spezzando la barretta e girando la manopola dell’apparecchio (che non era un interruttore, ma serviva a regolare la temperatura) – ora dobbiamo solo lasciarla sciogliere un po’ .
Aspettarono in silenzio, anche se non ci volle molto. Non appena la cioccolata si fu sciolta, Sayuri, con cautela, la versò negli stampi per fare i cioccolatini.
- E ora, invece, dobbiamo aspettare che si solidifichi… - disse la ragazza. L, invece, si alzò.
- Ehi, dove vai? – gli domandò la ragazza, ma lui parve ignorarla. A quanto pareva, però, stava andando nella camera da letto. Sayuri lo sentì trafficare con un cassetto.
Cosa diavolo sta facendo? pensò la ragazza, allungando il collo per cercare, invano, di vedere qualcosa.
Il ragazzo tornò poco dopo, e Sayuri fu sorpresa di notare una nota di nervosismo nei suoi occhi. Sembrava preoccupato per qualcosa.
- Ora mi dici cosa sei andato a fare in camera – disse Sayuri, sicura che L non le avrebbe risposto.
- Certamente – rispose invece lui, tirando fuori qualcosa dalla tasca.
Era una piccola bustina di carta colorata, chiusa da un pezzetto di scotch e da un piccolo fiocco.
- Per te – disse L alla ragazza, che lo fissava a bocca aperta.
Ci volle qualche secondo affinché Sayuri si riprendesse dalla sorpresa e tendesse la mano a prendere la bustina.
- I-io… - disse, mentre apriva, con mani leggermente tremanti, il pacchetto.
Dentro vi era una catenina a cui era appeso un piccolo ciondolo colorato a forma di lecca lecca.
Sayuri fissò il suo regalo, alla ricerca di qualcosa da dire. L l’aveva veramente presa alla sprovvista. Si trattava solo di un piccolo oggetto, ma a Sayuri sembrò di aver ricevuto la cosa più preziosa del mondo.
Non trovando parole sufficientemente adatte all’occasione, Sayuri abbracciò L con energia. Forse con troppa energia, dato che finirono entrambi distesi dall’altra parte del divano.
- Grazie – disse, le labbra vicine all’orecchio del ragazzo.
Sarebbe rimasta abbracciata a lui per sempre…. Un po’ controvoglia, però, si rialzò, ritrovandosi a pochi centimetri dal volto di L. L’espressione del ragazzo era strana, un po’ spaventata, forse. Sayuri rimase ferma qualche secondo in quella posizione.
Che cosa aspetti? Rimettiti composta, prima che gli vengano in mente cose strane.
Un po’ delusa, Sayuri seguì quel consiglio, e si sedette meglio sul divano.
La vocina, tanto per non essere meno pungente del solito, aggiustò il tiro.
O forse dovrei dire “cosa ti aspettavi?” , disse.
Sayuri quasi si pentì di quel ringraziamento così caloroso, e si alzò per andare a provare il regalo.
Entrò in bagno, e si mise davanti allo specchio. Cercò di mettersi la catenina, ma il gancio era troppo piccolo e troppo duro perché lei riuscisse ad aprirlo abbastanza e per abbastanza tempo prima di mollare la presa.
Ora mi tocca chiedere il suo aiuto. Maledetto ciondolo, pensò. La prospettiva di avere le mani di L estremamente vicine alla sua nuca era allettante, ma dopo la brutta figura di qualche minuto prima – perché lui sicuramente aveva capito che cosa lei si aspettasse, aveva un grande spirito di osservazione – forse sarebbe stato meglio evitare quel tipo di contatto.
- Potresti darmi una mano? Non riesco ad agganciarla – disse, tornando dove si trovava L.
Il ragazzo si alzò, e si diresse verso di lei. Prese in mano il ciondolo, e lo fece scivolare attorno al collo della ragazza.
Le sue mani… così vicine….
Sayuri si domandò per un secondo se, per caso, L non avesse avuto qualche strano potere magico. Quello di cui era certa, però, era che il semplice averlo così vicino stava portando la velocità dei battiti del suo cuore a livelli allarmanti, secondo il suo metro di giudizio.
Respira e, possibilmente, evita di fare la figura della stupida.
Si era persino dimenticata di portarsi i capelli davanti per lasciare la nuca libera. L li scostò con delicatezza, poi cercò di agganciare la catenina, riuscendoci al primo tentativo.
- Perché devi sempre riuscire dove io fallisco? – disse Sayuri, girandosi verso L. Il ragazzo rispose con un’alzata di spalle.
È vicino… così vicino che ti basterebbe avvicinarti ancora poco poco per poterlo baciare….
- Come… come mi sta? – domandò la ragazza.
- Bene – rispose il ragazzo, che non si era mosso nemmeno di un millimetro.
Ci gode così tanto a tenermi sulle spine in questo modo? pensò Sayuri.
Visto che è una cosa che desideri tanto, bacialo e basta! fece la ormai onnipresente vocina.
No, rispose Sayuri. Sapeva benissimo che ciò che avrebbe provato nel sentire le labbra di L sulle sue sarebbe stato ad ogni modo indescrivibile, ma sapeva che quel bacio avrebbe avuto tutto un altro sapore, se fosse stato lui a baciarla.
- Sicura che vada tutto bene? Sei sempre più rossa – disse L, portano una mano alla fronte della ragazza, per sentirne la temperatura. Sayuri lo guardò negli occhi, e li vide colmi di preoccupazione. Sapeva che non avrebbe dovuto osare guardarlo dritto negli occhi. Era un po’ come gli occhi della Medusa, ma naturalmente con effetti ben diversi. Non appena lui ritrasse la mano, Sayuri lo abbracciò. Tutti i suoi propositi di evitare, almeno per un po’, il contatto fisico, erano stati demoliti da quello sguardo.
Non l’aveva baciato, certo, ma forse per quel giorno anche il solo abbracciarlo e averlo comunque così vicino le sarebbe bastato.
- Sto benissimo – disse Sayuri, la testa poggiata sulla spalla di L, e i capelli del ragazzo che le solleticavano il naso. Era vero, non si sarebbe potuta sentire meglio.
Sciolse lentamente l’abbraccio, e tornò a sedersi sul divano.
- Sono pronti – disse Sayuri, tirando fuori i cioccolatini. L seguì il suo esempio, e si sedette anche lui. Sayuri lo guardò nuovamente negli occhi. Sembrava decisamente meno preoccupato di prima.
Mangiarono i cioccolatini in silenzio, anche se Sayuri non poté fare a meno di osservare L con attenzione: il modo in cui prendeva i cioccolatini, sempre e rigorosamente fra pollice e indice, il modo in cui se li portava alla bocca….
- Sono abbastanza buoni. A quanto pare il tuo regalo funziona – disse L, una volta finiti i cioccolatini.
- Beh, in effetti sì… sono contenta di averti regalato qualcosa di utile, anche se poi il cioccolato lo devo portare io – rispose Sayuri.
- In fondo, tutto ciò che mi hai portato mi è stato utile. Spero un giorno di riuscire a ricambiare in maniera appropriata.
Quello che L non le aveva detto era che la sua stessa presenza gli era stata in qualche modo utile, e per ragioni completamente indipendenti dal caso Kira. Fosse stato solo per l’utilità economica, l’avrebbe già lasciata andare.
- Oh, non importa. Mi basta essere tua amica. Perché noi siamo amici, vero?
- Dopo tutto quello che è successo, suppongo di sì – disse L.
- Allora non devi preoccuparti di tutto il resto. In fondo, essere amici di qualcuno significa anche questo… fare un favore a qualcuno e non chiedere niente in cambio – rispose Sayuri.
Sì, forse la loro era amicizia. In fondo, anche lui cercava, nei limiti del possibile, di renderla felice.
Il cellulare di Sayuri squillò. La ragazza vide chi la stava chiamando.
È papà. Che cosa vorrà?
- Pronto? – disse la ragazza, rispondendo.
- Sayuri… potresti dire a Chika di preparare un posto in più a cena stasera? Sto per tornare a casa.
- Stai per tornare? – fece Sayuri, stupita. – Beh… sì, glielo dirò.
- Mi aspetto che ci sia anche tu. È da molto che non passiamo del tempo assieme.
- Certo. Ci sarò.
- A dopo, allora – disse Light, prima di chiudere.
- Devo scappare, mi dispiace. Stasera mio padre torna a cena a casa, e devo prendergli qualcosa per Natale… devo fare in modo che tutto sia perfettamente normale – disse Sayuri, raccogliendo le sue cose.
- Stai attenta – le fece L.
- Sei davvero un tesoro a preoccuparti per me, ma davvero, ormai so cavarmela da sola – rispose Sayuri, correndo verso la porta. – E grazie per il regalo! – continuò, mandandogli un bacio con la mano, prima di chiudere dietro di sé la porta della stanza.
“Sei davvero un tesoro”? E quel bacio con la mano? Se volevi fare la figura della cretina, beh, ci sei proprio riuscita!
Beh, non era una delle conseguenze dell’innamorarsi di una persona, il comportarsi da perfetti idioti?
Il problema è che niente di ciò che sto facendo sta avendo l’effetto desiderato, pensò Sayuri.
E se fosse perché, semplicemente, non gli piaci?
Era un’ipotesi che Sayuri si era sempre rifiutata di considerare, ma che effettivamente era plausibile.
E se, semplicemente, non fossi alla sua altezza?
Sayuri aveva sempre avuto una stima di sé abbastanza alta, ma sapeva perfettamente quali fossero i suoi limiti.
L era un ragazzo bellissimo, ma soprattutto la sua intelligenza era fuori dal comune. Sayuri si era sempre reputata una ragazza intelligente, ma davanti a lui non poteva che sembrare una stupida, nonostante lui continuasse a dirle che non era così. Qualsiasi cosa lei dicesse, o era sbagliata o comunque era banale. Cos’avrebbe dovuto fare per colpire quel ragazzo? Avrebbe per caso dovuto sfoggiare tutte le sue abilità oratorie lanciandosi in intricate discussioni filosofiche o scientifiche? Beh, sicuramente questo l’avrebbe stupito, magari anche in maniera positiva.
Il punto era che semplicemente lei non ci sarebbe mai riuscita, era uno dei suoi famosi limiti.
Quello che era peggio, inoltre, era che lei tendeva ad esprimere il suo affetto per qualcuno in maniera fisica, ed L forse non ci era abituato, o magari addirittura non gradiva.
Forse è meglio se lo lascio perdere per un paio di giorni. Ha tutta l’aria di riuscire a cavarsela benissimo, e in questi ultimi giorni gli sono stata fin troppo  attaccata.
Sospirò, mentre entrava in un negozio per prendere qualcosa per suo padre. Una bella penna sarebbe andata benissimo, e lui sarebbe stato soddisfatto.
Quando tornò a casa, per sua grande fortuna, c’era solo Chika ad attenderla.
- Papà ha chiamato – disse Sayuri entrando in cucina – Ha detto che stasera torna a cena a casa.
Aveva il fiatone: per evitare brutte sorprese da parte di suo padre si era fatta una corsa fino a casa.
- Vedo che ti ha avvertita da poco… eri col tuo principe azzurro?
Definire L principe azzurro non era decisamente un paragone appropriato. Lui era decisamente più bello del classico principe azzurro.
- Diciamo – rispose Sayuri – E, naturalmente, è meglio che papà non lo scopra. Sai com’è, potrebbe diventare geloso.
- Oh, non ti preoccupare. Ormai sei cresciuta, immagino che capirà – disse Chika.
Si trattasse solo di capire che sono cresciuta… pensò Sayuri.
- Va bene, ma visto che ancora non c’è niente di certo, forse è meglio evitare di farglielo sapere, per ora. Acqua in bocca, dunque!
- Va bene, se è questo che vuoi… che dici, apparecchio in sala?
- Sì – rispose Sayuri – Immagino che papà lo gradirebbe. Mangi con noi? Sai, è triste stare da soli per Natale.
- Oh, no. Sono molto stanca, preferisco andare a letto presto.
Sayuri pensò, improvvisamente, ad una cosa: si era dimenticata di comprare un regalo a Chika, con tutto l’entusiasmo che aveva messo nel pensare ad un regalo per L.
Che stupida. E pensare che sto per fare un regalo a mio padre, un uomo che non esiterebbe due secondi ad uccidermi solo perché sto intralciando i suoi piani.
Suo padre arrivò poco dopo.
- Ciao, Sayuri - disse nel vederla.
- Ciao, papà. Buon Natale - rispose la ragazza, cercando di sembrare il più tranquilla possibile.
- Chika, è pronta la cena? - domandò Light alla giovane cameriera.
- Quasi, signor Yagami… intanto potreste cominciare a sedervi, ho già apparecchiato.
Sayuri seguì suo padre in sala da pranzo. Il tavolo era piuttosto lungo, e Sayuri sperò che Chika avesse apparecchiato ai due capi della tavola, in modo tale da porre una considerevole distanza fra lei e suo padre. Non fu accontentata: Chika aveva posto i due piatti ai lati della tavola, esattamente uno di fronte all'altro.
Sayuri non fu molto contenta di ciò, e la sua espressione lo confermò, tanto che suo padre le chiese se ci fosse qualcosa che non andava.
- No… niente - rispose Sayuri.
Sicuramente non farai fortuna come giocatrice di poker, disse la vocina, che non mancava di essere sarcastica anche in una situazione come quella.
Chika arrivò con la prima pietanza, e dopo essere stati serviti, Light e Sayuri mangiarono in silenzio.
- Hai un'espressione strana… è come se volessi dirmi qualcosa - disse Light ad un tratto.
- No… non c'è niente che ti devo dire - rispose la figlia.
- Sicura? Se c'è qualcuno che ti dà fastidio, se hai qualche problema puoi dirmelo… del resto, sono tuo padre.
- Ma no… cosa ti fa pensare che abbia problemi del genere….
Sayuri non capiva dove suo padre volesse andare a parare.
- Sai, se hai bisogno di un po' di protezione in più, posso mandarti qualcuno….
- Oh, papà! Non ho bisogno della scorta!
- Sei la mia unica figlia, è normale che sia un po' protettivo….
Certamente, per poi potermi uccidere alla prima occasione, pensò Sayuri.
Tra di loro cadde il silenzio, rotto solamente dal rumore delle posate.
- O, forse, stai cercando di nascondermi qualcosa….
Sayuri alzò lo sguardo dal piatto, e incontrò quello di suo padre. Era uno sguardo penetrante, un po' come se, solo grazie a quello, avesse potuto scoprire ogni suo singolo segreto….
- Carino, il tuo ciondolo. Chi te l'ha regalato? - continuò Light, senza dare alla figlia tempo di rispondergli.
- Oh, è stata Kaori. Il suo regalo di Natale.
- Molto… peculiare, devo dire. Non pensavo che a Kaori piacessero cose del genere. È un regalo che non mi aspetterei da una persona come lei.
- Credo che tu ti stia sbagliando su di lei….
- Capisco. Del resto, sei tu la sua migliore amica, suppongo che la conosca meglio di me.
In realtà, sembrava che lui continuasse a non crederle, e lei certamente non si stava comportando in maniera naturale… ma perché suo padre non le aveva ancora fatto niente? O meglio, perché, forse involontariamente, la teneva sulle spine in quel modo? Tra lui ed L ormai non sapeva più chi scegliere.
Finirono di mangiare in silenzio, ma Sayuri continuava a sentirsi addosso lo sguardo di suo padre, e anche la torta che Chika aveva preparato perse la sua dolcezza.
- Ti ho comprato un regalo - disse Sayuri prendendo il pacchetto e porgendolo al padre.
Light lo aprì. - È una bella penna - disse - mi sarà molto utile.
Il tono in cui Light pronunciò quest'ultima frase fece rabbrividire Sayuri.
La userà per scrivere sul Death Note. A questo non avevo pensato.
- Ho anch'io un regalo per te - disse l'uomo., tirando fuori una scatolina, chiusa da un fiocco di seta. Il marchio sulla scatola era quello di una delle più grandi gioiellerie di Tokyo.
Sayuri prese la scatola, sciolse il fiocco e la aprì. Dentro vi erano un paio di orecchini. Non le erano nuovi: li aveva infatti visti mentre faceva shopping con sua madre, anche se per qualche motivo non li aveva presi subito; eppure erano degli splendidi cerchi che sicuramente le avrebbero donato e che avrebbe indossato molto volentieri. Ora, però, regalati da suo padre, acquistavano tutto un altro valore.
- Grazie, sono bellissimi - disse, pur sapendo che non avrebbe mai avuto il coraggio di indossarli.
Dopo un po' decise di salire in camera, con la scusa di essere stanca e che sarebbe dovuta andare a scuola l'indomani; si stese sul letto e continuò a leggere il suo libro. Si addormentò piuttosto tardi, e fu sollevata di non dover (o, meglio, non voler) andare da L il giorno dopo. Finita la scuola, sarebbe tornata subito a casa, e poi sarebbero iniziate le vacanze di Capodanno. Aveva riposto gli orecchini nel cassetto del comodino, decisa a non tirarli più fuori da lì.
 
*
 
Il giorno dopo fu per Sayuri estenuante. Dal momento in cui sarebbe tornata a casa subito dopo, decise di non risparmiarsi: del resto, l'esame finale incombeva, e nonostante lei non amasse particolarmente lo studio non era una cosa che poteva tralasciare.
Tornò a casa con un leggero mal di testa, che sapeva sarebbe scomparso dopo qualche ora di sonno.
Ma, naturalmente, tutti i suoi piani andarono in fumo quando le squillò il cellulare. Non si trattava del solito cellulare, a cui avrebbe potuto chiamare Kaori per organizzare un'uscita a cui Sayuri avrebbe potuto tranquillamente non partecipare; si trattava del cellulare che usava solo per comunicare con L.
- Pronto? - disse, rispondendo.
- Sei sola?
- Sì. Perché?
- Ce la faresti a venire qui? Ho bisogno di te, ora.
Sayuri sospirò. In quello stato non gli sarebbe mai stata utile, ma ci avrebbe provato comunque.
- Va bene, arrivo. Porto anche qualcosa da mettere sotto i denti, ok?
- Mi fido del tuo gusto, ormai dovresti averlo capito.
- Perfetto… a dopo allora!
Sayuri chiuse il telefono. Un po' controvoglia si rimise le scarpe, poi prese dalla credenza un vasetto di quella crema alla nocciola tanto buona che aveva ordinato dall'Italia, e riuscì a rimediare un pacco di pane da tramezzini.
- Chika, oggi sono fuori a mangiare - disse alla cameriera.
- Dovresti smetterla di mangiare quelle cose, ti faranno male - le rispose Chika. A volte le diceva cose che avrebbe dovuto dirle sua madre; sicuramente l'avere praticamente la responsabilità di un'intera casa l'aveva resa più matura.
Non appena arrivò da L, si lasciò cadere di peso sul divano.
- Cosa volevi dirmi? – domandò al ragazzo, che si sedette accanto a lei, come sempre davanti al computer.
- Non sono riuscito a forzare il sito. Credo proprio che dovrai cercare quei nomi sui Death Note di tuo padre, nonostante tutti i rischi che ciò comporterà.
Sayuri sospirò. – Non potevi semplicemente parlarmene per telefono? Avrei concluso tutto in meno di dieci minuti. Oggi ho avuto una giornata tremenda.
- Avresti dovuto dirmelo. Sai, ho sempre pensato che, in questi casi, parlare faccia a faccia fosse l’opzione migliore. Si corrono meno rischi di essere intercettati.
- Hai ragione. In fondo, stiamo lavorando per una causa superiore, giusto?
L annuì.
- Piuttosto… ho portato un po’ di carburante per i nostri cervelli. Sicuramente ti piacerà – disse Sayuri, tirando fuori il vasetto e il pane.
- Mi spieghi cosa stai facendo davanti a quel computer? Mi hai appena detto di non essere riuscito a far nulla per quel sito – disse Sayuri, mentre spalmava la crema sul pane.
- Ricerca – rispose L.
Sayuri fece spallucce, poi gli porse una fetta di pane.
- Sono sicura che ti piacerà – disse Sayuri. L annuì, lo sguardo sempre rivolto allo schermo del computer. Il ragazzo prese la fetta, e cominciò a mangiare. Sayuri lo imitò.
- Buono, non trovi? – disse Sayuri, ancora con la bocca piena. L annuì nuovamente.
Sayuri mise una mano sulla spalla del ragazzo, e gli disse: - Guarda che puoi rispondermi….
L si voltò verso di lei, e la scrutò con uno dei suoi soliti sguardi penetranti.
- Sembri stanca – disse.
- Come? – fece Sayuri.
- Si vede dal tuo sguardo. È inutile che cerchi di sembrare riposata. Forse è meglio se torni a casa e vai a dormire.
- Oh, no, non fa niente… è ancora presto, posso restare qui, per ora… poi, come tornerò a casa, controllerò i nomi sui Death Note, va bene?
- Come vuoi… - rispose L.
Sayuri prese il telecomando, e accese le televisione. – Sai se c’è qualcosa di interessante da guardare?
- Non accendo la televisione dall’ultima volta che l’hai accesa tu, credo.
- Allora vuol dire che mi cercherò da sola qualcosa da guardare.
Rimasero qualche minuto in silenzio.
- Senti – disse Sayuri, mentre faceva zapping – Non te l’ho mai chiesto, ma perché ti siedi sempre in quel modo?
- Perché così riesco a migliorare le mie capacità di ragionamento del 40%.
- Oh, beh, allora penso proprio che dovrò imitarti, almeno la smetterò di fare sempre la figura della stupida – rispose la ragazza, togliendosi le scarpe e portandosi le ginocchia al petto.
- Tu non sei stupida – disse L. Sembrava molto serio al riguardo.
- No, certo. Ma al confronto con te… quando sono con te, tutto quello che dico sembra o stupido, o banale. Cosa dovrei fare? Non dirmi che, per discutere bene con te, devo prendermi una laurea!
- No – rispose L – Non devi fare assolutamente nulla. Mi piaci così.
Sayuri impiegò qualche secondo a realizzare ciò che il ragazzo aveva detto.
- Grazie… - rispose.
“Mi piaci così”….
- Ehi, quel film non potrebbe piacerti? – disse L alla ragazza che, sovrappensiero, continuava a cambiare canale.
Sullo schermo c’erano un ragazzo e una ragazza che, in un’aula di scienze, erano intenti ad osservare qualcosa con un microscopio.
- Oh, è la scena della cipolla! – esclamò Sayuri dopo qualche secondo. L le lanciò uno sguardo interrogativo.
Sayuri si lanciò con entusiasmo nella spiegazione, era raro che L non sapesse qualcosa.
- Beh, il film è tratto dal libro che sto leggendo adesso… e in questa scena i due protagonisti osservano delle cellule di cipolla e dicono in che fase della mitosi si trovano… sarebbe interessante vederlo, da noi non hanno mai fatto di queste cose….
- Non sapevo fossi interessata nelle scienze – rispose L.
- Oh, non è tanto per quello… credo di essere abbastanza ignorante al riguardo! No, credo sia perché è comunque una cosa interessante….
- Comunque, visto che il libro ti sta piacendo, puoi continuare a guardare il film…. - rispose L.
- Certo… sempre se a te non da fastidio! - disse Sayuri, rannicchiandosi ancora di più. L scosse la testa e tornò a fissare lo schermo.
Sayuri si domandò cosa L stesse facendo con quel computer, e fu tentata di sbirciare, ma la trattenne la paura di essere considerata una ficcanaso, per non parlare del fatto che L l'avrebbe allontanata, e dal momento che si trovavano spalla a spalla, un contatto del genere era cosa rara.
Sayuri si concentrò sul film, sentendosi stranamente rilassata. Quello era il primo momento tranquillo della giornata, e la stanchezza delle ore precedenti stava cominciando a pesare su di lei.
E se chiudessi gli occhi? Solo per un attimo… pensò la ragazza. Non ci sarebbe stato nulla di male, si sarebbe solo riposata un attimo….
Senza quasi accorgersene, chiuse gli occhi e inclinò la testa su un lato, trovando subito un comodo appoggio… per qualche secondo le voci del film riempirono le sue orecchie, poi la ragazza sprofondò nel sonno….
 
*
 
Incorreggibile, pensò L, guardando la ragazza. Si era addormentata sulla sua spalla.
L accennò un sorriso. Era immerso nel silenzio, a parte per il ronzio del computer e per il respiro calmo e regolare della ragazza. Sapeva che la cosa più logica da fare sarebbe stata svegliare la ragazza e dirle di tornare a casa, ma non voleva disturbarla e, cosa assai strana, non gli dispiaceva averla lì con lui, anche addormentata.
Per non svegliarla in quel momento stava usando il mouse con la mano sinistra, cosa assai scomoda.
L si chiese se per caso non avesse superato il punto di non ritorno, per quanto riguardava i sentimenti che provava per la ragazza.
Se fosse stato così, e quasi sicuramente lo era, ciò avrebbe significato un maggior pericolo per Sayuri, dato che suo padre non avrebbe esitato ad usarla per avvicinarlo, e se la vita della ragazza fosse stata in pericolo, lui non avrebbe esitato ad intervenire.
Doveva poi chiedersi se la ragazza ricambiasse i suoi sentimenti. Se così fosse stato, probabilmente sarebbe stata raggiante di gioia, ma allo stesso tempo sarebbe stata più riluttante ad abbandonarlo, mettendo a rischio la sua incolumità.
Come se anche adesso fosse disposta ad abbandonarti, realizzò.
Anche lui sarebbe stato felice di stare con lei. Se fosse riuscito a sconfiggere Kira, avrebbero avuto una vita intera davanti a loro. Forse quello sarebbe potuto essere un altro motivo per combattere.
Ma se questo non fosse successo? Se non avesse sconfitto Kira, o se fosse morto nel tentativo?
La scusa del metterla in pericolo non era valida, riconobbe; lei era già in pericolo in quel momento, e lui avrebbe fatto di tutto per tenerla lontana dallo scontro finale. Forse, in quel momento, la cosa migliore da fare era dirle tutto, per quanto strano potesse essere.
Tornò ad osservare lo schermo. Stava cercando informazioni generali, ma si stava concentrando particolarmente su Light Yagami. Proprio come si era aspettato, si era laureato in legge col massimo dei voti, poi aveva intrapreso la stessa carriera del padre, ma raggiungendo vette decisamente più alte: in poco più di cinque anni, grazie alla sua dedizione al lavoro (ma anche grazie ad un certo quaderno nero, pensò L) era diventato capo della polizia giapponese.
Era senza dubbio una carica influente, che gli aveva permesso di acquistare molto potere. Sulla destra della pagina che stava visitando spiccava una foto recente di Light Yagami, ed L riconobbe subito il volto affilato e il sorriso apparentemente innocente che aveva da ragazzo.
Non è cambiato di una virgola, pensò.
 
*
 
Sayuri si svegliò, infastidita da qualcosa che le solleticava il naso. Aprì gli occhi, e vide davanti a sé una ciocca di capelli neri che sicuramente non le appartenevano. Cercò di ricordare cosa avesse fatto la sera prima: si ricordava perfettamente di L e del film, ma le mancava il pezzo fondamentale in cui lei tornava a casa e si metteva a letto.
Questo poteva significare solo una cosa….
Sayuri scostò i capelli per osservare meglio la scena. A giudicare dal dolore al collo, realizzò di aver poggiato la testa per troppo tempo su una superficie non troppo morbida.
- Ben svegliata - disse una voce molto vicina a lei.
Oh no….
- Cacchio - disse, la voce ancora impastata dal sonno.
In quella posizione, vedeva la scena un po' sottosopra, ma allo stesso tempo aveva paura di rimettere la testa in posizione normale: temeva di scoprire dove esattamente avesse dormito.
- Avanti, alzati. Non preoccuparti, sei ancora in tempo per la scuola - continuò la voce.
Massaggiandosi il collo, si sedette in posizione normale.
Sayuri si guardò intorno, trovandosi praticamente faccia a faccia con L.
Istintivamente, balzò in piedi e, nel tentativo di allontanarsi il più velocemente possibile da quel divano, inciampò sulla gamba del tavolino e cadde in avanti, sbattendo un ginocchio per terra.
L si alzò prontamente per andare in suo soccorso.
- Tutto bene? - disse, esaminandole il ginocchio.
- Nulla di rotto. Puoi smetterla di preoccuparti - rispose Sayuri, ancora scioccata.
- Ho… ho… ho dormito… - continuò la ragazza.
- Sì - rispose L. - Sulla mia spalla.
- Oh, no… ahi! - esclamò la ragazza, scattando in piedi e venendo interrotta dal dolore al ginocchio. - Non avresti potuto svegliarmi, o mettermi sul letto?
Sembrava veramente arrabbiata.
- Sembravi così tranquilla… non ho voluto svegliarti - rispose L.
Sayuri sospirò, e si fiondò in bagno. Naturalmente i suoi capelli facevano schifo, per fortuna in borsa aveva sempre una spazzola per i casi d'emergenza.
Anche quella volta non aveva potuto fare a meno di passare per una cretina, e non si sarebbe meravigliata se L l'avesse chiamata "Bella Addormentata"… sempre che la ritenesse bella.
Si mise a posto l'elastico della coda, e si guardò allo specchio. Naturalmente, dato che le sfortune non vengono da sole, aveva il lato sinistro della guancia tutto rosso, avendolo tenuto per troppo tempo sulla spalla di L, ed era assolutamente impresentabile. Cercò di mascherare tutto col trucco, poi scappò fuori dal bagno.
Sarebbe dovuta arrivare in orario a scuola a tutti i costi: non che le importasse più di tanto, ma suo padre avrebbe saputo della sua assenza, e lei non si sarebbe potuta permettere nulla che l'avrebbe fatto insospettire.
- Io corro a scuola… grazie per avermi tenuta qui stanotte! - disse Sayuri, prendendo la borsa e fiondandosi verso la porta.
La ragazza corse verso la stazione della metropolitana.
È già tardi… speriamo di farcela.
Prese al volo il primo treno disponibile, e trovò un posto a sedere accanto al finestrino.
Pensò a tutto quello che era successo la sera prima, al modo in cui si era lasciata andare tanto da addormentarsi sulla spalla di un ragazzo. Lei non si era mai preoccupata di gesti del genere in precedenza, ma in quel caso la questione era diversa: prima di tutto, si trattava del ragazzo che amava, e secondo, nonostante lui avesse detto di no, era sicura di averlo infastidito per tutta la notte.
Proprio per questo, il suo comportamento si rivelava a tratti contradditorio, e non si sarebbe sorpresa se, per una volta, L fosse confuso: da una parte voleva stare con lui, dall'altra aveva sempre paura di esagerare.
Forse, se tu gli comunicassi i tuoi sentimenti, riusciresti a fargli capire cosa ti passa per la testa, e risolveresti il tuo problema, disse la vocina.
Aveva ragione, in fondo: se avesse ricevuto un rifiuto, avrebbe saputo esattamente come comportarsi, mentre se la sua risposta fosse stata affermativa….
Il volto di Sayuri s'illuminò con un sorriso al pensiero, e la sua mente si riempì di pensieri positivi.
Lui mi vuole bene, credo, anche se a modo suo. Ho ottime possibilità di successo!
Non pensò troppo alla possibilità di essere respinta… lei era fatta così: cercava sempre di pensare che tutte le situazioni si potevano risolvere positivamente.
Gli dirò tutto… alla prima occasione possibile!
Aveva più di una giornata per pensare a quello che avrebbe detto, dal momento in cui contava di rivedere L solo l'indomani sera. In quel momento si sentiva leggera come un palloncino, e fu in quello stato che entrò a scuola.
- Sayuri? - fece Kaori, non appena la vide.
- Sì? - rispose la ragazza.
- Dov'eri ieri notte? Chika ha chiamato a casa, e tu non eri ancora tornata… ed era molto tardi. Cos'hai combinato?
- Oh, lascia perdere. È una storia lunga.
- E non credi che io debba essere la prima a conoscerla? Sono la tua migliore amica….
- Va bene. Per farla breve, sono andata da Ryuzaki per guardare un film assieme, mi sono addormentata e lui non ha voluto svegliarmi - rispose Sayuri.
Ci volle qualche minuto perché Kaori smettesse di ridere.
- Non ci posso credere! Ti sei addormentata nel bel mezzo di un appuntamento!
- Beh, insomma, ero stanchissima… e poi, non trovi che sia stato carino da parte sua lasciarmi lì a dormire accanto a lui?
- Oh, certo. Vabbè che il tuo è un tipo strano, ma di solito queste cose ai ragazzi non piacciono! - disse Kaori, tornando al suo posto.
La giornata trascorse tranquillamente; Sayuri però si rese conto della pressione che gli insegnanti stavano esercitando su di loro: Aprile si stava avvicinando, e con esso gli esami di ammissione all'università; e mentre molti suoi compagni avevano già le idee chiare sul loro futuro, Sayuri non aveva la minima idea di cosa avrebbe fatto. In quel periodo stava cercando di impegnarsi un po' di più: forse applicandosi sulle varie materie avrebbe scoperto cosa le piacesse di più.
Finì le lezioni solo alle otto di sera, e non vedeva l'ora di tornare a casa e farsi una bella doccia.
Come la sera precedente, i suoi piani furono demoliti da uno squillo dal solito cellulare. Lo tirò fuori dalla borsa, e vide che c'era un messaggio non letto.
Incontriamoci al campo da tennis del centro sportivo della Todai.
Sicuramente L aveva un motivo ben preciso per incontrarla in quel luogo, e Sayuri era curiosa di sapere cosa volesse.
E poi, avrai la tua occasione per dirgli cosa provi….
Sayuri si sentì improvvisamente invadere dal panico. Aveva promesso a sé stessa che gli avrebbe detto tutto il prima possibile, e non aveva intenzione di ritirare la sua promessa, ma non si era preparata niente da dire, e aveva una paura matta di fare scena muta.
Cercò di pensare a qualcosa mentre si trovava sulla metropolitana, ma il suo cuore batteva troppo forte, e le impediva di ragionare al meglio.
C’erano un sacco di cose che gli avrebbe voluto dire… quanto fossero profondi i suoi occhi, e come la faceva sentire ogni volta che posava lo sguardo su di lei… quanto fosse dolce il suo sorriso, seppur raro e appena accennato… il fatto che stare con lui fosse la cosa che desiderava di più al mondo….
Il viaggio però durò troppo poco per permetterle di formulare un discorso sensato. Entrò in un bagno per controllare di avere un aspetto presentabile, si sistemò trucco e capelli. Presentarsi ad un’occasione del genere in uniforme scolastica non sarebbe stata certo la cosa migliore, ma non aveva assolutamente tempo per tornare a casa e cambiarsi. Si lisciò un po’ la gonna, poi uscì dalla stazione e corse verso il campo da tennis, che si trovava proprio davanti all’uscita.
Fece un respiro profondo.
Calma… stai calma. Andrà tutto bene.
Tanto per renderle le cose più difficili, il cancello che portava al campo era chiuso, e per entrare si sarebbe dovuta arrampicare sul muretto di recinzione.
- Ehi! – urlò – Sei già lì?
- Ci sono – rispose L.
Sayuri cercò di arrampicarsi.
Ora mi riempirò tutta di polvere….
Il vero problema, tuttavia, sopraggiunse una volta che fu arrivata in cima.
Ora, se scendendo dovessi cadere, non solo ci farei una meschina figura, ma mi farei anche decisamente male….
L si trovava poco più in là, probabilmente immerso in qualche pensiero dei suoi.
- Potresti darmi una mano, per favore?
Il ragazzo accorse prontamente, e le porse una mano. Sayuri rise.
- Pensi che la tua mano sia in grado di sorreggermi?
- Se dovessi cadere, io sarei comunque qui – rispose il ragazzo.
- Hai ragione – rispose Sayuri, prendendo la mano del ragazzo. Stava tremando, e non era soltanto per l’altezza da cui sarebbe dovuta saltare.
Concluse la discesa senza troppi problemi, ma sapeva che la parte più difficile di quella serata non sarebbe stata quella. Lasciò andare con riluttanza la mano di L.
- Perché mi hai invitata a venire qui? – domandò.
- Perché… perché e un luogo importante per la storia di cui siamo protagonisti.
- Importante? E in che senso?
- In questo luogo ho sfidato tuo padre per la prima volta.
- Come? Sai giocare a tennis? E chi ha vinto?
L annuì. – Ha vinto lui, quella volta. Così come ha vinto quando ho cercato di lottare contro di lui e contro il suo quaderno.
Sayuri gli si avvicinò. – Ma ora siamo qui, giusto? Lo sconfiggeremo, vero?
L annuì. – Siamo in due, stavolta. E se il destino… se tu mi hai permesso di tornare in questo mondo, è perché devo prendermi la mia rivincita. E chissà… magari potremmo organizzare un’altra partita, sempre qui….
Sayuri annuì. Da quel momento, sarebbe toccato a lei parlare. Era arrivato il momento.
- L… devo parlarti di una cosa importante.
- Dimmi – rispose il ragazzo.
Sayuri fece un respiro profondo. – Ecco… non so nemmeno da dove cominciare, a dire il vero. Non mi sembra nemmeno possibile, forse… non ho mai conosciuto nessuno come te, tutti i miei amici sono così diversi, se ti conoscessero sono sicura che non crederebbero alle mie parole… non so nemmeno come spiegarlo… siamo così diversi, ma è più forte di me… il modo in cui mi sento quando tu sei accanto a me… so di essere al sicuro, eppure mi sembra quasi che la terra sotto di me scompaia… e sono felice, sai? Molto felice… e mi basta solo un tuo sguardo, un tuo sorriso, una tua parola per farmi sentire così… basta soltanto che un tuo dito mi sfiori, ed ecco che il cuore comincia a battermi tanto da farmi male… non riesco ad evitarlo, non posso controllare il mio cuore… a volte tutto ciò mi fa comportare da stupida, so che te ne sei accorto, e anche adesso non so perché ti stia dicendo tutte queste cose… ma c’è una cosa che so. L, lo so che tutto questo ti sembrerà strano, lo so che non condividerai mai, e che il mio sogno è destinato ad essere cancellato in questo momento, ma io….
Sayuri si bloccò improvvisamente.
Che fai? Non bloccarti, non adesso, non ora che stai per dirgli quelle parole….
L, che fino al secondo prima era rimasto a qualche metro da lei, fermo a guardarla, si stava avvicinando.
Uno, due, tre passi, è sempre più vicino….
- … io….
Era così vicino che avrebbe potuto toccare il suo viso senza nemmeno tendere tutto il braccio….
- … ti….
Era così vicino che l’unica cosa che riusciva a vedere davanti a sé erano i suoi occhi….
- … amo….
Accadde tutto in un attimo. Sayuri non riuscì nemmeno ad accorgersene, quando sentì le labbra di L sulle sue.
La stava baciando. Era solo un bacio, solo un piccolo bacio, ma si sentiva quasi come se stesse per svenire. Quando il ragazzo si separò da lei, sembrò quasi che, invece di pochi secondi, fosse passata un’eternità. Lui continuava a guardarla negli occhi… ora sapeva che effetto questo avesse su di lei.
Sayuri sorrise. Si sentiva la ragazza più felice del mondo. Incurante di tutto, abbracciò L, stringendolo più forte che poteva. Sentiva le braccia del ragazzo sulla sua schiena, e in quel momento seppe che anche lui era lì per proteggerla, che tra le sue braccia era forse l’unico luogo in cui si sentiva realmente al sicuro… non voleva separarsi da lui. Ora che sapeva che lui era suo, non avrebbe mai voluto sciogliere quell’abbraccio.
Mentre sorrideva, sentiva gli occhi bagnarsi di lacrime. Era davvero così felice?
- Va tutto bene? – disse L, accarezzandole una guancia con un dito.
Sayuri annuì. – Credo di non essere mai stata così felice.
L le sorrise. Era il solito sorriso appena accennato, quello che Sayuri adorava. – Sono contento che sia così.
- Credo… credo che ora però debba andare. Chika si starà preoccupando, non mi vede da ieri – disse Sayuri. Lei non voleva andarsene. Sarebbe voluta restare con lui in quel campo, anche per tutta la notte….
- Ti accompagno a casa – disse L, improvvisamente.
- Grazie – rispose Sayuri. Stava sorridendo come se i muscoli del suo volto fossero stati incapaci di muoversi. Non appena saltò giù dal muretto, scoprì di vedere il mondo con occhi diversi; o meglio, in quel momento riusciva soltanto a vedere lui, L, che le camminava accanto, le loro mai che ad ogni movimento si sfioravano, i loro sguardi che si incontravano….
Rimasero in silenzio fino alla stazione della metropolitana: semplicemente, non avevano bisogno di parlare.
Sayuri ruppe il silenzio solo una volta che ebbero trovato un posto sul treno.
- Sai, credo che tutta questa storia di tornare a casa in orario ricordi un po’ Cenerentola… tu saresti il principe, ti andrebbe bene?
- Suppongo che non sia il ruolo più adatto per me. Non sono vestito in modo adeguato – rispose L.
- Hai ragione, forse – disse Sayuri, posandogli una mano sul ginocchio – ma per me, credo che tu sia ancora migliore!
L la guardò. Era lo specchio della felicità, con quello splendido sorriso a trentadue denti. Non avrebbe mai creduto che un solo gesto e così piccolo potesse bastare per rendere così felice una persona. Non sapeva ancora esattamente cosa l’avesse spinto a farlo, ma sapeva che se lei era felice, automaticamente lo sarebbe stato anche lui. E, soprattutto, sapeva che se lei non avesse parlato, sarebbe stato lui ad iniziare un discorso simile. Poteva ciò che provava per lei definirsi amore?
Scesero dal treno; il viaggio non era durato molto.
- Forse è meglio se vado verso casa da sola… papà potrebbe essere dentro a spiare dalla finestra in attesa del mio ritorno – disse Sayuri.
- Hai ragione – rispose L – Per una volta, non ci avevo pensato. Allora… ci vediamo domani….
Aveva pronunciato quell’ultima frase abbassando leggermente la voce.
- Ehi… hai paura che mi padre abbia un super udito e riesca a sentirti anche fino a qui? Prima di andare via, aspetta un attimo….
L la fissò con aria interrogativa.
- Beh, sei stato tu a baciarmi… non credo che sia una cosa equa!
Si avvicinò a lui e lo baciò, alzandosi sulla punta dei piedi.
- Così va meglio… ora vado, a domani!
Sayuri corse fuori dalla stazione.
Mi ha baciata, l’ho baciato.
Era così euforica che non riusciva a smettere di correre. Addio preoccupazioni, addio tristezza: in quel momento c’era posto solo per la felicità.
Quando tornò a casa, trovò Chika ad attenderla. Sicuramente la stava aspettando per farle la ramanzina, come biasimarla?
- Sono tornata! – disse, dopo aver aperto la porta.
- Oh, sei tu Sayuri… beh, era ora che tornassi a casa!
- Hai ragione… ho avuto delle cose da fare, tutto qui….
Chika sorrise.
- E visto che sei così felice, immagino che non ti sia successo nulla di brutto, giusto?
Sayuri scosse la testa. – Domani ti racconto tutto… ora però preferirei andare a letto, sono molto stanca….
Salì velocemente, e si preparò per dormire. Mentre si infilava il pigiama, si sentiva come in uno stato di trance… semplicemente, non poteva ancora credere che tutti gli avvenimenti di quella sera fossero reali… eppure, mentre era sdraiata sul letto, continuava a rivivere quei momenti… quel bacio… forse solo in quel momento si rese conto che tutto ciò era accaduto veramente, e sorridendo si addormentò.

* Traduzione: "Brilleremo di più quest'estate soltanto vivendo appieno il presente" . La canzone è "Glitter" di Ayumi Hamasaki.


Ok... dopo questo ritardo incredibile nella pubblicazione non so cosa dirvi... scusatemiii ç__ç in questi ultimi mesi purtroppo l'università non è stata clemente con me ç__ç spero comunque che questo capitolo vi piaccia *prepara ombrello per i pomodori*
Naturalmente un grazie a tutti coloro che seguono e che ogni tanto lasciano qualche commento, siete fantastici =)

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